Nel J9 tituto Superiore di Magistero ^kmmiwilp: in jlox*
FIRENZE
COI TIPI DI M. CULLIMI E C.
alla Galileiana
1885
Proprietà letteraria
Oli esemplari di questo libro non muniti della firma
originale dell’Amore si riterranno falsili a 0 i n
lore procederà contro I ralsiflcnlnn . ’ Au '
■ *.« **
PARTE PRIMA
FILOSOFI A.
SULLA TEORICA
DELLA
DIANA CONOSCENZA E DELLA MORALE
IN RELAZIONE
COLLE DOTTRINE DI E. KANT.
Sommario. — I. Argomento o sua opportunità. — II. No¬
zione del Vero e del Bene. Loro fondamento reale.
_ IH. Principali facoltà conoscitive o morali del¬
l'uomo.— IV. Leggi razionali e legge morale. Loro
fondamento c valore. — V. Senso, intelletto e ragione
pura speculativa secondo, il Kant, ed ufficio loro.
. VI. Valore c limiti della ragione para speculativa.
Tre ordini di cognizioni umane. Differenza tra la Ma¬
tematica, la Fisica e la Metafisica, secondo il Kant.
— VII. Distinzione kantiana del fenomeno dal nou¬
meno. In qual senso vero può ammettorsi tal distin¬
tone. _ Vili. Teorica della relatività della cono¬
scenza umana. - IX. Conno sul Neokantismo. Cenno
sul nuovo Criticismo o Realismo tedesco ed inglese.
L’ inconoscibile di Spencer. — X. In qual senso c
dentro quali confini la conoscenza umana si può e si
deve ammettere come relativa, -r- XI. Obbietto o va¬
lore della ragiono pratica o morale, secondo il Kant.
Vi li a contraddizione fra la Critica della ragione pui a
eia Critica della ragione pratica? Giudizj opposti di.
SULLA TEORICA
varj scrittori. - XII. Due criterj, secondo noi, per
risolvere il quesito. Criterio soggettivo : Secondo 1 in¬
tendimento del Kant vi è contraddizione fra quello due
Critiche? Breve raffronto delle tro Critiche di lui.
XIII. Criterio oggettivo: Le ideo morali sono asso¬
lute ed oggettive anche pel Kant, oppure sono rela¬
tive e soggettive? La ragione umana può scindersi in
duo facoltà, in ragione speculativa e in ragione mo¬
rale, opposte fra loro? L’intoresse teorico può egli
separarsi dall'interesse pratico della ragione? Le dot¬
trine di Kant sulla conoscenza umana o sulla Morale,
considerate oggettivamente, non isfuggono alla con¬
traddizione. — XIV. La relatività della conoscenza
umana e dolla scienza, nell'odierno significato, impli¬
ca logicamente una Morale affatto relativa. Nostra
dottrina sulle relazioni oggettive, necessario o natu¬
rali fra il conoscere o l'operare umano, o però tra il
Vero ed il Bene.
Tre fatti notabili ed importanti nell’ordine filo¬
sofico e scientifico e nell’ordine morale mi paro do¬
vrebbero fermare oggidì l’attenzione dello studioso
e del pensatore. Questi fatti sono: La moderna
teoria della relatività della conoscenza umana-, il
ritorno di parecchie menti, specie in Germania, alla
filosofia speculativa e pratica del Kant; una ten¬
denza quasi generale presso gli odierni scienziati
c filosofi a porre in discussione la Morale ed a cercarne
nuovi fondamenti, considerandola alcuni come re¬
iva instabile ed evolutiva, altri come assoluta
oggettiva, universale ed iucrolkbil» • ’
*—«
dell’umana conoscenza e della morale 0
sistemi scientifici e filosofici. Di quei tre fatti mi
propongo d’esaminare con brevità nel presente lavoro
i primi due segnatamente, e di vedere così qual
relazione logica c naturale corra fra il sapere o il
conoscere e l’operare umano, e se il Kant cadesse
o no in contraddizione co’suoi principj teoretici di¬
versi da quelli morali. Determinato così il campo
di queste indagini, non debbo nè voglio qui esa¬
minare i varj sistemi morali antichi e moderni: i
quali ultimi, come accennai in altro mio lavoro (Studj
critici di Filosofia morale e sociale, Firenze, 1882),
possono ridursi principalmente alla Morale razionali¬
sta ed assoluta, alla Morale indipendente, alla Mo¬
rale dei Positivisti e alla Morale evoluzionista; men¬
tre la Morale spiritualista e la teologica son comuni
sì all’evo antico e sì al moderno.
II.
Il Vero ed il Bene sono concettiuniversali. Uni¬
versali, perchè gli uomini tutti, anche i meno civili
e colti, hanno un certo sentimento ed una certa
nozione della Verità e del Bene, come si ravvisa-
altresì nei loro discorsi e giudizj e nell'azioni loro.
Universale il concetto di Vero, perchè la mente
nostra l’applica agli esseri tutti che vengano in qual¬
che modo in attinenza con lei ; anzi l’applica alle
stesse operazioni dello spirito, e quindi a’sentimenti,
a’pensieri, alle cognizioni, a’giudizj, ai ragionamenti,
alla scienza, all’arte, agli stessi atti della libera vo¬
lontà. Dunque così al gran mare dell’essere come
fi SULLA TEORICA
a tutto l’ordine del conoscere e, sotto un certo ri¬
spetto, all’ordine dell'operare si estende il concetto
di Vero. Universale il concetto di Bene, perchè la
mente nostra riconosce c giudica buone le cose tutte,
che siano quello che debbono essere por natura loro,
che sieno amabili o per intrinseche perfezioni, o
per Tatile e pel diletto che ci procurano ; e perche
a tutti gli atti umani, in quanto procedono dalla
ragione c dalla volontà libera, e sono conformi alla
legge inorale, si applica dalla mente il concetto di
Buono.-Se pertanto il Vero ed il Buono hanno il
carattere dell’universalità, in che troveranno il loro
fondamento? Non possono averlo, quali concetti, nello
spiritò umano, anzi in veruna mente finita, perchè
le menti finite sono contingenti e individuali, non
necessario ed universali, c perchè non possono fave
a meno di usare, fra gli altri, quei due concetti.
Non possono averlo in alcuna delle cose mondiali,
perche l’individuale e il particolare non può mai
scambiarsi coll’universale. Il vero fondamento del
Uro e del Beno non può ravvisarsi che nella na¬
tura medesima degli enti in universale -, e però il
ero ct i ,i Bene hanno il carattere dcll’obbiettività.
»2"T iemm » « i.
nota ad altro * r* ° l0tlavÌ!l 'l ue3t l esser
quindi giudicarla ver, o fll | , , duna . 0Ma > 0
intanto, la cosa in .a ■ * 3 '’ uona 0 catt ' va 1 ma,
v»a o no» vi“1"““'’ T"° C ' ,e a !"*»
’ bU0 ” a 0 ”™ ^ona, indipcnden-
dell’umana conoscenza e della modale 7
temente dal giudizio è dal volere delle menti finite.
V'ha pertanto il Vero oggettivo universale, come il
Bene oggettivo universale, fondati sulla stessa natura
degli enti. Anzi il concetto universale che noi ab¬
biamo del Vero e del Bene conserva questo carattere
di universalità, perchè fondato in una necessità non
formale, nè soggettiva, si materiale od ontologica ed
oggettiva. . . ‘ .
III.
D’altra parte', il Vero ed il Bene oggettivi pos¬
sono stare disgiunti da ogni intelligenza e da ogni
volontà? No, perchè' il Vero suppone una mente
che lo' conosca, e il Bone suppone una volontà che
l ami e che lo voglia conseguire. Le cose tutte, vere
od intelligibili, o buone od amabili, richiedono per¬
tanto una relazione naturale coll’Intelligenza e colla
Volontà. Inoltre, gli esseri finiti corno avrebbero in sè
stessi, e specie gli enti irragionevoli, il carattere della
verità e della bontà, senza una Monte ed una Volontà
infinita che li abbia appunto creati e veri e buoni?
E questa Mente e Volontà assoluta non potrebbesi
concepire se non come essenzialmente vera e buona
in sè stessa. Il Vero ed il Bene, benché fondati sulla
natura degli esseri, hanno dunque attinenza natu¬
rale e necessaria coll’Intelletto e colla Volontà. Ora,
nell’uomo esistono diverse facoltà deputate a cono¬
scere il Vero, ad amare ed operare il Bene. Ogni
entità, come ha natura e leggi sue proprie, così ha
un fine speciale ; ogni funzione ed atto ha un termi-
8
SULLA. TEORICA'
ne proprio : e
io : e però termine, fine, oggetto immediato-
della Intelligenza è il Vero ; termine, fine, oggetto
immediato della Volontà il Bene. Qui non mi fermo-
a dimostrare le intime relazioni da una parte fra
il Vero ed il Buono, dall’altra fra il concetto di fine
e il concetto di Bene , avendone discorso a lungo
ne’ miei Elementi scientifici di Etica c Diritto (ca¬
po IV, seconda edizione, Roma, 1884). Diconsi in¬
tellettuali, conoscitive, razionali tutte quelle facoltà
onde l’uomo intende, conosce o scuopre il Vero;
diconsi morali quelle facoltà ond’egli ama, vuole c
pratica il Bene. Quattro sono le facoltà principali
dello spirito umano : il Senso, l’Intelletto, la Ragione
e la Volontà. Le prime tre appartengono all’ordine
della conoscenza, l’ultima all’ordine della moralità. Il
Senso ha immediata relazione con gliobbiettisensibili
e porge all’intelligenza la materia del conoscimento.
L Intelletto apprende le cose sensibili ed intp.llio-i'hn;
dell’umana conoscenza e della morale !)
ha . leggi suo proprio. Ciò. posto, quali sono le leggi
dell’Intelligenza e della Volontà umana, e qual fon¬
damento e valore hanno esse? Poiché l'Intelligenza
e la Volontà sono due facoltà diverse, come diverso
è l’obbictto loro, cioè il Vero ed il Bene, anco le
rispettive leggi dovranno essere differenti. Queste
due facoltà umane non potrebbero varcare dalla
potenza all’atto e conseguire il fine loro, senza una
regola, una norma, una legge che le indirizzasse
alla vespettiva mèta. Ora, le leggi che governano la
Intelligenza nel conoscimento e nel possesso del Vero
diconsi razionali, c ne tratta di proposito la Logica ;
la legge che governa la Volontà nella pratica del
Bene dicesi morale, c ne parla espressamente l’Etica.
In queste leggi dello spirito umano c segnatamente
nelle razionali, va distinto l’elemento formale dal¬
l’elemento materiale . L’elemento formale risguarda
più direttamente l’intelligenza, forma del conosci¬
mento ; l’elemento materiale risguarda più diretta-
mente Soggetto, la materia del conoscimento. Dico
più direttamente, non esclusivamente, perchè ogni
conoscenza suppone due termini distinti ma inse¬
parabili, cioè un soggetto intelligente ed un obbietto
inteso in atto o capace di essere inteso. E quindi
non può darsi una Logica puramente formale, come
non può darsi una Logica puramente materiale.
Imperocché le nozioni, i concetti, i giudizj, iraziocinj
sono atti ed operazioni della mente ; la forma nel
giudizio, nel raziocinio ed' in ogni ragionamento è
posta dalla mente nostra ; i giudizj, i raziocini
10
SULL \ TEORICA
son governati da leggi proprie : ma intanto, lo no¬
stre idee, le nozioni, i concetti sono vuoti d'ogni con¬
tenuto, non sono oggettivi, non hanno cioè alcuna
rispondenza colla natura degli obbietti? L’csperien-
za e la ragiono dimostrano che vi ha naturale ri¬
spondenza ed armonia fra i concetti nostri, le idee
c gli obbietti. Ove non esistesse questa relazione,
potrebbesi domandare: Come c donde la mente nos¬
tra formerebbe le idee, i concetti, .le cognizioni tutte?
Ogni giudizio, poi, ed ogni raziocinio ha la rispettiva
materia, oltre la forma; c la varietà dei nostri giud'izj
e raziocini dipende non tanto dalla mente unica clic li
forma, quanto dalladiversità della materia onde risu.l ;
tano. Lo leggi logicali ed i priucipj della ragione hai),
no, pertanto, un fondamento reale ed un valore ogget¬
tivo, perchè fondati sulla reale attinenza fra la mente
nostra e le cose intelligibili, è perchè mostrammo già
che .1 Vero e oggettivo ed universale. Può cHi darsi-
JW ‘T' C,1,! SÌS ° Mri U " senza la'
Z “ lT" eS “ dmi una qua-
, PC “v 60s,anza ? »«. poo formo :
.>C d ir caosaiì,a • «• ~ -»
D’altra parte Finteli cd apoditticamente,
la C ausr;“ tt0 PU C ° nCC P Ìrc »tto senza
È logicamente imponibile .\ S ° 3tan “’ e vicCT ersa?
Je ggi razionali hanno un fi» i^® 1 P r,nci PJ « le
ore oggettivo, C però u„. nda “ 5ato rca le, un va-
Se questa ò la nnt .. * CCI tezza assoluta.
!eggi razionai; che diw taLT* 10 & U Valore de,lc
della legge morale ? Come
dell’umana conoscenza e della modale 1 1
le leggi razionali non sono fondate esclusivamente
sulla forma della conoscenza o sulla mente nostra,
ma principalmente sull’essenza degli obbietti intel¬
ligibili, e però sul Vero oggettivo ; così la legge mo¬
rale non ha il suo fondamento sulla volontà umana,
ma sulla natura stessa degli enti amabili e rispetta¬
bili, c però sul Bene oggettivo. E come la natura
delle cose intelligibili e il Vero oggettivo servono
all’uomo di criterio c di norma nelle sue cognizioni
e ne’suoi giudizj ; così la natura degli enti amabili e
rispettabili c il Bene oggettivo gli sono di criterio
e di norma nelle sue libere azioni. Può l’uomo di¬
sconoscere il Vero c non seguire le leggi naturali del
pensiero nell'ordine della conoscenza ; può ribellarsi
alla legge morale, non praticare il Bene e giudicare
non rettamente le sue azioni e quelle degli altri : ma
restano sempre il Vero ed il Bene oggettivi, ma non si
distruggono per questo le leggi eterne ed immutabili
del pensiero e della volontà. E come gli errori di alcu¬
ni uomini, i sofismi e lo scetticismo di altri uonlianno
alterate, non che distrutte, le leggi del pensiero lima¬
no, nè abbattuta la Verità oggettiva ; così le prave
azioni di alcuni e le false dottrine morali di altri non
hanno cambiata la legge morale assoluta, non hanno
abbattuto il Bene oggettivo, nèsradicata dal mondo la
moralità. Tuttavia l’errore torna sempre funesto nella
speculazione e nella pratica, e conviene quindi ado¬
perarsi a tutt’uomo a fuggirlo ed a combatterlo.
Fermate tali verità, passo ad esaminare breve¬
mente le dottrine speculative e morali del Kant in
|SULLA TEORICA
relazione colle teorie moderne delle relativi* delle
conoscenza umane, 1» quel teorie mene log,cernente
ad una Morale soggettiva e relativa.
\r
Il Kant è generalmente considerato non solo
qual fondatore del Criticismo filosofico, sì anche quale
autore della moderna teoria della relatività della
conoscenza umana. E ciò nondimeno, tutti ricono¬
scono che non v’ha sistema filosofico morale più ri¬
gido ed assoluto di quello dol Kant ! Come si spie¬
ga questo fatto? Il Kant non ammise relativa, nel¬
l’odierno significato, la conoscenza umana, oppure
nella Morale si contraddisse fondandola su principi
assoluti ed oggettivi ? Ecco il quesito che dobbia¬
mo esaminare, gettando un rapido sguardo sulla
filosofia kantiana. So negli scritti del filosofo di Ivo—
nigsberga la chiarezza della forma e la coerenza
logica, in senso formale o materiale, fossero pari alh
novità dei concetti, alla profondità e all' acutezz;
dell ingegno critico c speculativo di cui dette provi
l’autore segnatamente nelle tre Critiche, io pensi
che nessun filosofo antico o moderno potrebbe ugua
! “ Kimt Ma “mnquo vogliasi giudicaro
on può negarsi che la filosofia c la scienza in gc
2“™ Smunte del nuov
K il fT ,'* 6 *«*»» s P ccu lczione
4 stata considerata unallndc rl*^ P '"
&iandc Introduzione alla F
DELlT’.MANA CONOSCENZA E DELLA MORALE * •’
losofia pura ed alla Scienza in generale, come dissi
altrove (Principio, intendimento c storia della classi¬
ficazione delle umane conoscenze secondo Francesco
Bacone. Parte terza, capo XI, 2 a edizione, Firenze,
1880). Come gli antichi supponevano che il sole e gli
astri girassero intorno alla terra, così il Kant nella
Critica della Ragionpura volle far girare gli obbietti
intorno allo spirito umano per ricercare e determinare
le leggi dell’umana conoscenza. Ma se in Àstronorniail
sistema Tolemaico fu abbattuto, perchè falso, da quello
di Copernico, potrebbe avere ugual sorte nella Filo¬
sofia speculativa il sistema del Kant? Crediamo di
no, benché questo sistema non possa accettarsi, per
gli errori , ond'ò viziato, qual canone certo, incon¬
cusso e definitivo della mente, e quale sulstratum
della Filosofia e della Scienza.
Che posso io conoscere e sapere ? Che devo io
fare? Che posso io sperare? Ecco le tre domande che
il Kant rivolse a sè stesso nella Critica della Ragion
pura, e nelle quali sta il germe di tutta, la Filosofia
speculativa e pratica di lui. Alla prima domanda
non si poteva rispondere senza esaminare 1 origine
e il valore delle nostre cognizioni, c le attinenze
loro con le facoltà del nostro spirito e con gli obbietti.
Nelle nostre cognizioni ravvisa il Kant due elementi :
uno formale, soggettivo, a priori, puro, necessario,
permanente; l'altro materiale, oggettivo, a posteriori,
contingente, mutabile. Il primo elemento è fornito
dallo spirito, il secondo dagli obbietti distinti da
noi e fuori di noi. Il tempo o lo spazio, le rappro-
SULLA TU0H1CA
sentazioni o intuizioni, i concetti puri o le categoria
sono gli elementi a priori, formali, necessarj, uni¬
versali, della nostra conoscenza. Ma da chi e in
qual modo si conoscono gli obbietti ? Tre sono pel
Kant le principali facoltà umane conoscitive: Senso,
Intelletto e Ragione. Dico principali, perchè egli,
dopo aver distinto recisamente il Senso dalla Intel¬
ligenza, suddivide quest’ultima in Intelletto, Giudizio
c Ragione. Il Senso porge all'Intelligenza l'elemento
materiale, molteplice c variabile delle cognizioni
sperimentali. L'Intelletto è la facoltà dei concetti
puri, apriori, o categorie, che non hanno per sè alcun .
\alore nè reale nè oggettivo, nelle quali però con¬
siste 1 elemento formale, necessario ed universale
della conoscenza. L Intelletto prende i suoi materiali
dal Senso e li ordina secondo alcuni de'suoi con¬
cetti puri che costituiscono la forma di tutti i giu-
d.zj Dcdici, com'è noto, sono i concetti puri, a
pluralità! ! ? atCS ° nc clementar i e sono: unità,
L* 11 ’ re>lli ' . ne 8. MÌ0M > ‘imito; sostanza,
Quest'’T'r a ’ possiljlllt à, esistenza, necessità.
«sto trm puri ° c * tcsoHc cic -
categoric comnles alle c l uattr o grandi
*««® c di modaiS. r nt ; tà> di quaiità; di rcia_
dall’esperienza m ■ ° a e ^ or * e non derivano
qual modo ? sotto nonlT 0 ! re ? dono Possibile. In
1 fenomeni alle cate e chepcrò tra-
gettivo, non ci dà un v Spazi0 ’ non ha valore og-
dl cui parla non li pos J° Sapere ) lacchè gli obbietti
fotal b le colonne d’K rc ^ m °i U “
in essenziali ed uccido t v m Generatesi distinguono
L o Valiti. essenziali foriti’“““ ° “ c01 ' ;1 " 1 ' io forme o leggi del * ° T® Ìn S ° lo cate S oric >
applicare ai fenomeni nSlCr ° ^ blS0 ° na solamente
Occorre appena osservare el,o 1
>c che la prova diretta
dell’umana conoscenza e della MODALE rJ
della relatività della conoscenza sarebbe valida sola¬
mente quando fosse dimostrato vero e fondato il Cri¬
ticismo, clic tutta la realtà vuol ridurre ad un mero
fenomeno, ed i nostri concetti e le leggi del pensiero
a mere forme dello spirito, vuote d’ogni valore ogget¬
tivo e reale. La prova indiretta, poi, risguarda il me¬
todo seguito dal Kant e le conclusioni a cui egli
giunse nella Critica della ragion pura, allorché tolse
in esame le tre massime idee della ragione e tento di
conoscere la essenza intima dell’/o, dell Universo e
di Dio, applicandovi le sue categorie !
I noumeni, le cose in sò medesime, sono adun¬
que inconoscibili ; e quindi la scienza degl intel¬
ligibili o Metafisica non ha un valore oggettivo, anzi
non è possibile. E tuttavia il Kant colle sue di¬
stinzioni tra il fenomeno e il noumeno, fra la intui¬
zione sensibile c la intuizione intellettuale, fi a le
puve idee, le cose di fatto e le coso di coscienza,
fra il sapere teorico e il sapere pratico, e quindi
avendo ammesso come fatto certo e primitivo la
legge morale, non rannicchiava tutta la coscenza
umana nel puro sensibile, nel fenomeno ; o almeno,
lasciava aperto qualche sentiero alla ragione pei pe¬
netrare nel mondo intelligibile e delle cose in sè. Beu
diversa, e sotto alcuni aspetti assai più ristretta, è la
teorica della relatività della conoscenza nei princi¬
pali rappresentanti del nuovo Criticismo e Realismo
tedesco ed inglese. Dico sotto alcuni aspetti, perchè
il nuovo Criticismo e Realismo ha dato al fenomeno
un valore diverso da quello kantiano ■, ma per altri
30 SULLA TEORICA
riguardi, e nulla tuona della conoscenza e soprattutto
nella Morale, ò rimastodi gran lunga inferiore al Kant.
IX.
Gl’immediati successori del Kant, movendo
dalla pura intuizione intellettiva o trascendentale
che permetteva di cogliere il nuomeno e l’assoluto,
cercarono di penetrare l'essenza intima delle cose
e di ricostruire così tutta la Metafisica, oltre dare
un valore oggettivo alla Morale ed ai tre postulati
kantiani. Ma il Comte in Francia e l’FTamilton in
Ingkiltera si opposero recisamente all’ Idealismo
trascendentale e ad ogni Metafisica, dichiarando
vana la ricerca delle cause prime e finali, e pro¬
pugnando la relatività della conoscenza. Visto bensì
che il mero Positivismo non dava ragione di tutti
gli elementi della conoscenza, nè valeva a spiegare *
datamente l'origine e la natura de' varj ordini
e di* S C r L C Vedut0 COme ,e dottri ne di Ilerbart
travano molta Caduto ^egelianismo, incon-
e scienziati 1 avore 5 in Smania alcuni filosofi
elative del GH ' alle dottrine S P 0 '
cerearono negli C ° me 1,HeImholtz '
della raoio* - k ntlam anteriori alla Critica '
80fi -CCall% fil .r fia n ^;edifilo-
ch lari re e consolidare W ra 9 ion P ura P er
ela fi losofia critica. VvÌ ttnna della conoscenza
tengono conto dei nr e °l vantia ni da una parte
wi -^p;cr:^,rr“ sperimOT -
uct0 sapere umano
OKU.’ UMANA CONOSCENZA lì DELLA MOKA LE 31
deriva dal pensiero, non potendosi concepire il mondo
senza il pensiero.
Principali rappresentanti del Neokantismo filo¬
sofico in Germania sono il LaDge, il Liebmann e
lo Schultze (1). Secondo il Lange, la coscienza e la
sensazione sono il limite d’ogni cognizione; il mondo
non c che una nostra idea. Difatti, la realtà o la
cosa ò un gruppo di fenomeni che noi concepiamo
uniti per astrazione di ulteriori nessi e di muta¬
menti interni ; la forza è quella proprietà della
cosa clic abbiamo conosciuto per determinati effetti
su altre cose ; la materia ò ciò che, in una cosa,
poniamo come base dello forze conosciute e che indi
non possiamo sciogliere in altre forze (2). Dunque
materia e forza, egli conclude coU’Helmholtz, sono
astrazioni nostre dal reale. Ma esiste questo reale, ed
abbiamo noi conoscenza della cosa insè? Il fenomeno
ci mena per fermo al concetto d’un che problematico
c che dobbiamo ammettere come causa del fenome¬
no. Ma intanto la cosa in se, il noumeno, è una mera
creazione della nostra mente, ed ignoriamo se abbia
(1) Lange , Gcschichte des Materialismus , 18 74 -
Liebmann, Kantvnd die Ejpigonen , 1865. Zar Analysis der
Wirhlichlceit, ISSO. - Schultze, Kant und Darwin, 1S75.
Philosophie der Natunoissenschafl, 1881-S2.
(2) Vedi G. Cesca, Storia e dottrina del Criticismo ,
1884. - Vedi pure duo pregevoli scritti di G. Barzel-
lotti : La nuova Scuola del Kant e la Filosofia scientifica
contemporanca in Germania , 1880-, o Le condizioni presentì
della Filosofia c il problema della Morale , 1882.
32 SULLA TEORICA
un significato fuori della nostra esperienza ! - Alle
medesime conclusioni e venuto il Liebmann. I pi in*
cipj a priori , leggi della ragione, son necessarj (egli
dice) per osservare, sperimentare c pensare. Bensì
tutto il nostro mondo è un fenomeno ; più, tutta
la realtà è fenomenica od empirica, dacché noi
non possiamo uscire dalla sfera sensibile delle no¬
stre rappresentazioni. Tempo, spazio, moto, causa¬
lità, per noi sono concetti puramente soggettivi. E
però il Liebmann ammette solo una realtà empirica,
non riconosce alcuna realtà assoluta e nega ogni
valore alla cosa in sé. — Anche lo Schultze concorda
in sostanza col Kant e arriva alle stesse conclusioni
del Lange c del Liebmann. Salvochò lo Schultze
nsguarda il tempo e lo spazio non quali ' concetti
ma quali intuizioni a priori, ed ammetto la causa¬
lità quale unica categoria. Ciò posto, tutte le nostre
rappresentazioni, egli dice, hanno un carattere sog-
Sciti™, l lerellè " m Vha rappresentazione senza
coscienza, ne questa senza quella. E però noi
,ttal * in 86 ’ raa ,] " alc
carico e e.seil„zl:: h ;~ Ì0 “;- H °" a °
ouali fon,..., • r, 1 uca son P 01 la stessa cosa,
Idi che? della cosa h,
”oe possiamo noTreTcsiT™ 0 la . natara ’ ma di cui
rebbo la base dM ì 1S enza ' altrimenti mauebe-
Vicn d ^que ammem dallo Scrk 00 ' La ^ **
rispetto alla nostro , Schultzo come ipotetica,
alo,,. ... * D0Stra c °Sn.zione. E però egli non dà
alcUD valore oggettivo*
^otafisica ed ai tre
dell’umana conoscenza e della morale 33
massimi concetti di Dio, dell’Anima e della Materia,
perchè non sono obbietti della nostra intuizione, ma
nostri meri concetti.
Dal fenomenalismo de'più recenti Kantiani in
Germania diversifica il nuovo Criticismo tedesco
ed inglese, il quale pone e riconosce alcun che di
reale nelle nostre cognizioni. Diamo un cenno, a
questo proposito, delle teoriche di Helmholtz, Wundt,
Goring e Riehl, di Spencer e Lewes (1).
L'Helmholtz ammette la causalità come una leg¬
ge a priori ; ma all’intuizione dello spazio dà un'ori¬
gine sperimentale, come pure agli assiomi di Geo¬
metria. Quanto alla sensazione e alla percezione,
vi distinguo l’elemento soggettivo dall’oggettivo. La
sensazione, nell’aspetto fisico, è un effetto della
qualità esterna sopra uno speciale apparato nervoso ;
c riguardo alla nostra rappresentazione, ella fe un
segno di riconoscimento della qualità oggettiva. Le
nostre intuizioni o rappresentazioni, poi, sono l'effetto
che gli obbietti percepiti o rappresentati han cagio¬
nato sul nostro sistema nervoso e sulla nostra co¬
scienza, e però sono segni o simboli delle cose. - Il
(1) IlroLiinOLTZ , Pkysiologischc Optile, 18G7. Die
Tkatsachen in dcr Walirnchmung, 1879. —- Wundt, Dogi!:,
ISSO. Grundxiigc dcr physiologische Psychologie, 1881. —
GoRING, Sistcm dcrkritUche Pkilosophic, 1874-75. — IIieul,
Derphilosopische Krilictsmus, 1876-79. — Spencer, First
Principici , 1862. Principici of Psychology, 1S55. — Lkwes,
Problema of life and Mind, 1875. Gcschichtc der neucrcn
Philosopkie (trad. tcd.), 187G.
Valdarnini
3
34 SULLA TEOIUCA
Wandt non mena buono al Kant che spazio e tempo
siano forme a priori della sensibilità. Lo spazio,,
per lui, oltre non essere a priori, sarebbe un con¬
cetto e non già una intuizione. Vero ed unico prin¬
cipio a priori è il pensiero logico co’suoi caratteri
di spontaneità evidenza ed universalità. Il pensiero
logico, postulato d’ogni nostra esperienza, segue ,
operando, alcune leggi che derivano dalla sua stessa
natura, quali sono gli assiomi d’identità, di contrad¬
dizione, di ragion sufficiente. Da queste leggi del
pensiero provengono lo categorie di sostanza, db
causa e di fine. Le categorie, per la stessa origine
loro, hanno un valore non assoluto ma relativo, per¬
chè si applicano entro i limiti della nostra espe¬
rienza. Così, il concetto di forza c la causalità sup¬
posta inerente alla materia; il concetto di materia-
ha un carattere ipotetico; il concetto di spirito do¬
ma da una nostra illusione' TI n- • i
a differenza dei .. TT , 11 Ge gnoseologica.
,5* ZZng*** V ual °
ci PJ pari a priori JclK ' “8"’™"°-1 P"«-
essere scoperti dallo cenza non potendo
dogmaticamente quali n' M ’ ■ bÌS ° Sna ammetterli
tenta di mostrl-e c ' 11 Rio H invece,
Kant s’asconde il rca i- 10 10 , 11 fonora cnalismo del
cognizione oggettiva C .'° ren“ ooe -
II tempo ò la , V, 1 tcm P° 0 lo spazio-
coscienza- lo ^ a ^ re * az ‘ on i colla nostra
esterne colli m!/ 210 ° ' a coes ' ste nza delle relazioni
dotto delle nostre^ n ° Stra ’ Dicesi materia 51 F 0 '
o consisto
esistenti che oppongono resi-
dell' umana conoscenza e della morale 37
stenza ed occupano lo spazio. Dai concetti di ma¬
teria, di spazio e di tempo non può andar separato
il moto, il quale è una sintesi dall’esperienze di forza,
di tensione muscolare e cambia continuamente di po¬
sizione. Ora si domanda: Questi concetti e fenomeni,
realtà, tempo, spazio, materia, moto, hanno essi un
valore puramente soggettivo, od anche un valore
oggettivo? Sono essi realtà unicamente per noi, o
sono realtà in se medesimi? Questi fenomeni, non
essendo un mero prodotto della nostra coscienza,
hanno anche per Spencer una realtà oggettiva. E
tuttavia egli tiene fermo più che mai sulla relati¬
vità della conoscenza. Imperocché se Spencer am¬
mette una causa reale assoluta di tutti questi reali
relativi, cioè una realtà, un tempo, uno spazio, una
materia, un moto ed una forza assoluti, compresi
tutti nella formula dell’Assoluto inconoscibile; egli
però conclude che le nostre cognizioni non hanno
alcuna attinenza con l’Assoluto inconoscibile, e che
indi questa Realtà assoluta è ignota ed inconosci¬
bile alla mente umana. Segni o manifestazioni di
questa medesima Realtà ignota ed inconoscibile
sono pure la Materia e lo Spirito. - Accennata così
la dottrina di SpcDcer, potremmo, fra molte altre
obbiezioni, rivolgergli questa : Se tutto le nostre
conoscenze sono relative, conforme voi ammettete,
con qual diritto asserite che in noi e fuori di noi
ci sono certe relazioni assolute?
Il realismo di Spencer, fondato sui segni o
simboli delle cose sentite e percepite, e che cerca
gg SULLA TEORICA
di comporre il dissidio tra realisti e idealisti, è un
realismo trasfigurato. Il Lewes non va pienamente
d'accordo con lo Spencer e fonda il realismo ra¬
gionato (nasonaded Roalistnus). Perche realismo
ragionato? Perchè afferma la realtà di ciò che vien
dato in ogni fatto o negli stati di coscienza, e per¬
chè giustifica quest’affermazione. Il Lewes, pertanto,
muove dalla coscienza, che ci rende certi di due
fatti, cioè del me e del non-ms, uniti fra loro. Di-
fatti, non possiamo negare la sensazione e l’esistenza
del mondo esterno. La psicogenia mostra che l’ordine
esterno determina l’interno, e non viceversa. Gli
idealisti, per negare la realtà dell’oggetto, son co¬
stretti a dividere colla riflessione il soggetto dal-
1 oggetto •, la qual divisione non accade nò può farsi
nel|a sensazione. Ma la distinzione fra il soggetto
e 1 oggetto comincia nella percezione. Questa, pel
Lewes, non è un simbolo dell’azione esterna, ma
una gitante che non altera il reale: il simbolo
cS™ ri4 “- La dell» per¬
si 6 ,7 “ un * «pM°a ma
il ;r os T wtra ' ^ «w™. 0
b °uo, r cose come
nosco la realtà ■ ■ meutre d Lewes rico-
fisima della Combatte
uomeno e noum Pnn 1 .’ La dlst,nzi one tra fe-
e Può ammettersi so^am^'t ^ ha valore oggettivo,
nazione: i n ta l caso •. “ 6 Come art ificio di clas-
in rel azio ne colla mc'nt» . ’ 1
l>uvo fenomeno. Errano giqdealist° Ve SÌ , fermin0 al
e PWa idea non possi™ W Wtl ’ perche dalla sola
Posino varcare alla realtà, o perchè
dell'umana CONOSCENZA E DELLA .MUIIALE 43
la scienza non può fondarsi a priori. Errano i Sog¬
gettivisti, perchè i concetti e le idee hanno attinenza
non pure col soggetto intelligente, si anche e in modo
principale con gli obbietti ch'esse ci rappresentano.
Errano quindi i seguaci del puro fenomalismo, perchè
il fenomeno stesso, vuoi interno (stato della coscienza)
vuoi esterno, è una realtà, perchè il fenomeno implica
l'esistenza e la natura della cosa in cui esso appare,
l’esistenza e la natura del soggetto senziente ed intel¬
lettivo al quale appare. E che tutto non sia fenomeno
venne già dimostrato dallo scienze sperimentali e
segnatamente dalla Geologia, la quale dimostra che
un tempo gli esseri sensitivi ed i ragionevoli, cioè i
bruti c l’uomo, non esistevano sulla Terra, eppure
questa già esisteva con le sue qualità, con le sue forze
e le sue leggi ! Errano i nuovi Realisti, perchè, esa¬
gerando la parte soggettiva nella sensazione o nel¬
la percezione, o togliendo il suo reale fondamento
all’ astrazione, alcuni riducono a mero simbolo il
sentire, il percepire e il concepire, altri dicono non
potersi mai e in vcrun modo conoscere le cose in
sè stesse, cioè le naturali e vere loro qualità. La
diversità delle nostre percezioni c sensazioni, dei
nostri stati di coscienza, non che la varietà dei nostri
concetti e delle nostre idee, implica la diversità natu¬
rale dogli obbietti sensibili e intelligibili da noi per¬
cepiti, sentiti e intesi, c distinti da noi. Certo, la
facoltà di sentire o di percepire è nostra, come nostre
sono le sensazioni e le percezioni ; certo, chi pone
forma nei nostri giudizi e la mente nostia . ma,
?
SULLA TEORICA
d’altra parte, le nostre sensazioni e percezioni, i
nostri giudizi mutano col mutarsi degli obbietti, o dei
modi in clic gli obbietti a noi si palesano. E che il
Senso e l’Intelligenza non s’ingannino, nè clic si fog¬
gino a loro talento le cose, ne abbiamo una conferma
luminosa e certa, quando l’esperienza ci mostra (per
cagiond’esempio)che le coso reali,gii percepite, cono¬
sciute c giudicate da noi, se poi misurate c pesate,
decomposte ed analizzate, corrispondono ora esatta¬
mente, ora approssimativamente ai nostri modi di
percepire e sentire, di conoscere c giudicare. Dunque,
materia, spirito, realtà assoluta, sostanza, cause, forze,
leggi, c va dicendo, non sono meri fenomeni, nè mere
nostre astrazioni, ma sono realità in sè stesse e rela¬
zioni oggettive d’esse realità colla natura e con le leggi
dello Spirito nostro.
Ma dunque, mi sichiederà, la conoscenza umana è
relativa od assoluta? Relativa, rispondo io. Relativa
c non assoluta, perchè limitata, imperfetta, relativa è
men f nostra ’ la 1 uale non avendo create le cose,
p o conoscerle in modo perfetto ed assolato, come
“il" * T‘° ‘ nfìllìU 0 Piattissima. Relativa,
t Attiva o natalo
't,“r T 8 1““* k* oggettiva.
^^^°rt“ oi r ,igìfai ' : ^ rohè
fattive dell? mi X f lM1 T 00110
ss, «lai «mo 50 im Mlo ‘ “°™ ««^ien-
assorge alla scienza e dii • daUarte spontanea
a pratica, in armonia
io
dell’umana conoscenza e della morale
collo spirito e colla natura! Relativa, perchè la forma
e la materia del conoscere hanno intima relazione
fra loro. Relativa, infine, perchè ha persilo immediato
fondamento la coscienza nostra, non solitaria, ma con
tutte, le sue relazioni , con sò stessa, con gli enti ragio¬
nevoli, coll’universo sensibile e con Dio : relazioni
che bisogna riconoscere talquali, perchè poste da natu¬
ra ed inseparabili. Fermato ciò, sensazioni, perce¬
zioni, idee, giudizi,ragionamenti, verità, scienza han¬
no valore oggettivo e reale; materia, anima ed assoluto
non sono mere astrazioni ; e la mente umana può
cogliere, entro certi confini, la natura delle cose va¬
lendosi dcH’csperienza e della ragione: quindi è pos¬
sibile una scienza degl’intelligibili, la vera Metafisica.
XI.
Dalla ragione pura speculativa il Kant distingue
la ragione pratica o morale. È noto che nella Critica
della ragione pura egli esaminò le condizioni ed i
limiti della ragiono teoretica, por rispondere alla sua
dimanda : (Rie posso io sapore? Invece nella Critica
della ragion pratica e nei Fondamenti della Morale
esamina l’obbietto e il valore della ragione pratica,
per rispondere alle altre due dimande : Che devo
io fare ? Che posso io sperare ? Ufficio della ra¬
gione pratica non ò veramente lo speculare, ma
l’operare, ed ha per obbietto suo il Bene, l’attuazio¬
ne del dovere colla virtù. Il Kant aveva già distinto
profondamente il mondo della Natura dal. mondo
della Libertà inorale, per riservare quest’ ultimo alla
4G
SULLA TEORICA
ragione pratica ed assegnarle un primato sullaragionc
speculativa. Esiste la legge morale, come fatto primi¬
tivo, certo ed universale:ecco il punto dal quale muove
tlVO, Certo eU UU1 Versali;.UUUU II («uiu uu-i mnui c
il Kant. La legge morale comanda e obbliga assoluta-
mente, è un imperativo categorico (Katcgorisches Im¬
perati?). Ma a chi comanda essa? Comanda agli enti
ragionevoli che sono fine in sè stessi ccl a sè medesimi.
Chi l’effettua ? II Volere buono, che ha un valore asso¬
luto e supremo. Questo Volcresi determina da sè e per
sè, è autonomo e libero essenzialmcnte.Macomelibero
essenzialmente e come autonomo, e che indi opera solo
pel rispetto alla legge o non per altri motivi, il Vo¬
lere buono e libero appartiene al mondo sovrasscnsi-
bile, non a quello sensibile o fenomenico. E cosi Ra¬
gionepratica pura, Volontà pura, Legge morale sono
inseparabili nel regno dei noumeni c dei fini. Ma
uomo aqnal mondo egli appartiene’Pcl ICant, l’uomo
appartiene al mondo sensibile, come fenomeno, e al
mondo intelligibile, come noumeno. Adunque l’uomo
nel pnmo rispetto nou è libero, perehò sottoposto allo
•oggi e alla causalità della Natura sensibile ; nel se-
nd„ r, sp0tto 6 libero . Pe r divenire buono ed acqui-
doveritLT ^ a " Ch ' I ’“° m0 «"»PÌ°ro il
lc.ge morale “ pratloare 11 kt " s por la stima della
A PW “ llri Ma intanto l’uomo,
modo conseguirla? V^^ falioità ’ In I ™ 1
disinteressalo alla ?| 0Ì! Co1 ris P olt!>
do moralmente sè si ■ ’ 0 ln d I porfezionan-
La Boralo cosi con “ al Bene sommo.
51 “"«P’ta, affinché abbia iU„ 0 pieno
dell’ umana conoscenza e della morale 47
e vero compimento, esige tre postulati : la libertà,
Y immortalità dell’anima e l'esistenza di Dio. Senza
libertà, come il volere potrebbe uniformarsi alla leg¬
go morale ? Ove lo spirito non fosse immortale, come
attuare il sommo Bene e conseguire nella vita pre¬
sente la santità o la massima perfezione morale ?
Senza Dio, creatore e Legislatore morale del mondo'
e giusto Giudice, come attuare il Bene sommo e quin¬
di armonizzare la felicità vera colla virtù ?
È chiaro che la Ragiono pratica ha un valore
assoluto anche pel Kant, perchè ella non si contenta
del fenomeno, ma parte dal noumeno, cioè dalla Leg¬
ge morale assoluta ed universale ; cd esige, qual suo
termine e compimento, il noumeno, cioèitrc postulati
morali. “ In questi postulati la Ragione pratica, vin¬
cendo tutti gli ostacoli, ci porge dello affermazioni,
alle quali la Ragione teoretica non poteva autoriz¬
zarci; ed infatti coll’asseverare l’immortalità dell’ani¬
ma scioglie un problema nel quale laRagiono teoretica
non trovava che paralogismi; coll’ammettere la libertà
e il mondo intelligibile al quale noi, come soggetti
liberi, apparteniamo, stabilisce un principio in cui la
Ragione teoretica non trovava che antinomie; c final¬
mente col porre nc\\’ Ideale della Ragiono (in Dio) la
condizione dclsommoBcne, riesce per suo proprio uso a
determinarlo quanto basta, mentre la Ragion pura lo
doveva lasciare affatto indeterminato n (Cantoni, E.
Kant, voi. II, p. 191).
E qui sorge un quesito tanto grave quanto dif¬
ficile : Vi ha non dubbia contraddizione fra la dot-
4J} SULLA TEOIUCa
trina speculativa c la dottrina morale del Kant, fra
la Critica della ragion pura e la Critica della ra¬
gion pratica? I giudizj d'uomini insigni non sono
concordi su questo punto, anzi gli uni opposti agli
altri. I più ammettono che vi sia contraddizione ;
pochi altri affermano il contrario. Per esempio, Cou-
sin, B. Saint-Hilaire, Renouvier, Barni, Conti, Fouil-
lée direttamente, e il Rosmini indirettamente vi rav¬
visano contraddizione ; il Cantoni e il Fiorentino (1)
vi riscontrano anzi conciliazione ed armonia. Pre¬
feriamo di accennare la difesa e poi diremo l’animo
nostro. Il Cantoni più volte nega vi sia contraddizione
ed osserva: u Kant avverte nel modo più esplicito e
risolato che i principj e i concetti morali, riguardanti
nella Ragione pratica il mondo nouraenico, non hanno
e non possono avere nessun valore perla Ragione teo¬
retica, e non valgono in nessun modo ad allargare il
**'!■ ™>; ni, r.403).
sto nlnnun 11 • * *' raon ^° intelligibile, rima-
“ r “ s,0M Eretica, s ; dischiude alla
«toliic, 185G. - R>’vr\irTr, ; ' e / a 'U>ne alla Morale d’Ari-
1859. -Barxi, Examen, rfc ^ ri tique générale,
18M - ■t'OSTl; Storia della Pi rUl bene su-
l’uomo si pronono n c con dizionc soggettiva onde-
filale consiste il bene mmo è la ^cità, nella
«“'e fdicitìi dipoiT m ° «.«io-
dsli'armooia dollVono c„n °®f CÌ ° 6
,a v ‘rtù. Ora nu cstp 1 eg S c borale mediante
1 Kt ° dM “Risicai, necessarie por
dell’umana conoscenza e della modale ò 3
conseguire il fine ultimo prescritto dalla legge mora¬
le, non le vediamo unite c armonizzate dalle cause
della natura : dunque per la libertà si richiede un’al¬
tra causa, Dio, affinchè la Morale abbia il suo com¬
pimento. Quest’armonia esiste, dunque Dio esiste ne¬
cessariamente. Ecco il nesso, da una parte, fra la
Critica del giudizio e la Critica della ragion pratica
e, dall’altra, fra la Morale, la Teologia morale o la
Religione ; sebbene il Kant si adoperasse di continuo
a voler mantenere autonoma la Morale, cioè indi¬
pendente non pure dalla Religione, sì anche dalla
Teologia razionale.
XIII.
Ora lasciamo i criterj soggettivi del Kant, gl’in-
•tcndimenti suoi, per fermo retti e nobili, e conside¬
riamo oggettivamentele sue dottrine speculative e mo¬
rali. Ecco, secondo me, il vero criterio per risolvere
il quesito posto qua sopra.
1 ® I concetti puri dell’ intelletto vedemmo es¬
ser privi, pel Kant, d'ogni valore oggettivo e reale, ed
acquistarlo soltanto applicati, nelle intuizioni sensi¬
bili, non alle cose in sè, ma ai fenomeni : le tre mas¬
sime ideo della ragione, l’Io, il Mondo, Dio, non avere
alcun valore oggettivo, ma essere solo principj rego¬
lativi non costitutivi della ragione nelle sue specula¬
zioni. Dunque i concetti e le idee non hanno pel Kant
valore oggettivo ; o se pure, ne acquistano uno ri¬
stretto e relativo, applicati al mondo fenomenico. Ciò
posto, le idee morali come le risguarda il Kant? Che
SULLA TEORICA
valore assegna loro ? Alla legge morale, ammessa anco
da lui come certa, dà un valore oggettivo, assoluto e
universale. Dunque l’idea della legge morale non c un
puro concetto, una categoria deH’intelletto nostro, c
ancor meno una forma della.sensibilità ; e quindi è
un’idea oggettiva, assoluta, necessaria anco pel Ivant.
L’idea della legge morale implica le altre di volere
puro buono, di sommo bene, e quelle di libertà, di
Dio, d’immortalità, per avere il suo compimento c la
sua efficacia. Ora tutte queste idee morali non sono
relative e soggettive, ma hanno caratteriopposti, non
dipendenti dalla nostra intelligenza.
2° Legge morale, libertà pura, fine, Bene, e va
dicendo, sono anche pel Kant noumeni o fenomeni?
Sono cose in se, noumeni, non fenomeni. Ma se la
Ragione speculativa non può trascendere il mondo
sensibile e fenomenico, poteva il Kant entrare colla
sua ragione nel mondo intelligibile, dei noumeni, al-
meno p er aver l’idea di Legge morale, del dovere
categorico ed assoluto ?
calativi"^ V “ l8 ' 111 ' Iisli ” 2Ì0n0 fra la legione spe-
P à „ i S T r‘“ : '» —« Ragione
*. T m suiie Terit “ moraii -
Tanto i voto elio i| Kan , ” Mrl teorici.
speculativa e sì l a • ‘‘ ama pura s * la Ragione
distingue la Filosofia C?- 81 ?' I ^ oltrG . c gli stesso
™ro(i moral ° s “P e ‘
Morale, Critica della P • ^ meta Mù della
corale elementare 0 a '^ l0n P rat ^ ca ) e in Dottrina
e - Oia la scienza morale non va eoo-
DELL'UMANA CONOSCENZA li DELLA MODALE Òl>
fusa coll’aWe, colla pratica della moralità. Quindi il
Rosmini osservava giustamente: u La filosofia è una
specie di dottrina, non è azione. Quando si dice filo¬
sofia pratica, non vuole intendersi che la filosofia sia
attiva ; ma solo, clic quella parte di dottrina c ordi¬
nata a dirigere l’azione della vita .,.
4° Del rimanente, si accetti pure la distin¬
zione: ma va notato elio altro è distinguere, altro se¬
parare e contrapporre. Kant non si restringe a distin¬
guere la Ragione speculativa dalla pratica, ma con¬
trappone l’una all’altra: imperocché, mentre la prima
si ferma al fenomeno, nulla sa di certo intorno al
noumeno e però intorno alla legge morale, alla libertà,
all’anima, all’universo, a Dio ; la seconda, invece,
ammette come certa la legge morale, ed esige il valore
oggettivo e reale, sia pure nell’interesse pratico, dcl-
l’idce di libertà, della vita oltremondana e di Dio.
Qui, adunque, non v’ò più. mera distinzione o subordi-
nazioue, ma vera contrapposizione di due facoltà, che
sostanzialmente sono identiche formando nell’uomo
la stessa e unica Ragione 1
5° Similmente, non può ammettersi la sepa¬
razione del fine o interesse teorico da quello pratico
dacché questo supponga quello e anzi ne dipenda,
secondo l’aforisrao: Nil volitum qninpraecognitum. E
il Ivant stesso diceva, che ogni interesse della ragiono
é finalmente pratico. Nou vale pertanto distinguere
il sapere teorico da quello pratico, dacché la pratica
o l’arte riflessa richieda per necessità la teorica •, c
2
'Jg SULLA TEORICA
perchè, ad ogni modo, il sapere pratico non deve mai
trovarsi in opposizione col sapere teorico.
Esaminato così il quesito nei suoi veri aspetti e
però con criterj oggettivi, non si può negare che fra
le dottrine speculative del Kant e quelle morali, come
risulta dall'esame comprensivo della Critica della Ra¬
gion pura e della Critica della Ragion gnat ica, non
siavi contraddizione.
XIV.
Poiché il sapere pratico suppone lo speculativo,
e la pratica viene preceduta o illuminata dalla teorica,
il principio della relatività della conoscenza umana,
nell odierno significato, implica per necessità una Mo¬
lale soggettiva o relativa. Ogni nostra cognizione, la
verità, la scienza sono relative ? Or bene, le idee e
le venta morali c la scienza morale saranno parimente
ic ative pei la mente nostra, per la mente di ciascun
omo. e i elativa è la conoscenza, se questa non può
ma. coglier» la natura dell» coso, vice a mncar0 il
or, «rio assduto, oggettivo, nulvctsaledd Vero. Ma
non La' e " 0 °86 ctli ™, assoluto del Vero,
Mt™ assT!”?,n PPm a otitoi ° «turale, og-
bruivo, assoluto del Bene F ■ , , .
illuminata e preceduta dall ^ ? * V ° l0ntà °P era
=»"«tti, principj » V*»
■relative non mro • - J teoricl rel ativi saranno
1 «MfcJ SU cu** “T m0ra,i «uomo, si anello
*“ Potranno non aow"''ii° 8 '‘ prItlei P.i morali
re 11 cara ttere della relatività
:ì7
dell’ umana conoscenza e della morale
•e quindi un carattere soggettivo, contingento c mu¬
tabile. Nè si opponga, per avventura, che i concetti
•ed i principj morali costituiscono il sapere pratico c
sono indipendenti dalle speculazioni della mente e
dalle opinioni scientifiche, perchè abbiamo visto qua
sopra non potersi ammettere questa separazione. E
volendo anche far tale concessione, volendo per esem¬
pio ammettere col Kant clic l’uomo sia certo a priori,
naturalmente, della legge morale e dei suoi caratteri,
resterebbe sempre la difficoltà di sapere scegliere tra
beni e beni conosciuti, di attenersi a un partito anzi¬
ché a un altro, di confrontar bene l’azioni colla legge
morale e però di giudicarle rettamente. Inbuonalogica,
la relatività della conoscenza mena dritto dritto alla
relatività della Morale. E difatti, Erberto Spencer
nei Dati della Morale non discorre egli d’una morale
relativa e di una morale assoluta? La morale relativa
governa la condotta delle presenti società umane,
imperfetto nell’esser loro, e che hanno cognizioni rela¬
tive ; la morale assoluta potrà effettuarsi, egli dice,
•quando l’uomo e la società avrauno conseguita, pei
legge di evoluzione, la loro perfezione vera : allora
l’Etica assoluta formulerà la condotta ideale dell’uomo
e della società. Ma che significato e valore attribuisce
Spencer alla morale assoluta ? La morale assoluta per
lui consiste nell’ideale della condotta che, sotto le
condizioni derivate dall’unione sociale, dev’essere at¬
tuata per assicurare a ciascun uomo ed a tutto il
• consorzio civile la massima felicità. Dunque 1 assoluto
(dice il Guyau stesso nella Morale inglese contempo-
oS SULLA TKORIGA
retnea), vagheggiato dall’Etica evolutiva eli Spencer/
è semplicemente il limite a cui tende l’evoluzione della
vita. Altra conferma l’abbiamo in Kant stesso. Egli
ammise la Morale assoluta, necessaria,universale, non
particolare, contingente c relativa: bensì per fondare
questa Morale, non si attenne più a’suoiprincipj spe¬
culativi, alla relatività della conoscenza e al fenome¬
no, ma partì da un principio morale certo ed uni¬
versale, penetrò e rimase nel mondo intelligibile o dei
noumeni. Questa contraddizione logica e metafisica nel
sistema del Kant gli salvò la sua Morale, formalistica
o astratta se vuoisi, ma nobile, pura, elevata. Spencer,
invece, propugna una Morale evoluzionista, con-
■orme alla relatività della conoscenza umana : ma
egli pure non evita ogni contraddizione, quando nel-
l^meny le dimenila affatto la EeaL assohUcl
Z"«‘ mmCSa Pt!TO P 01 ' meta Usi¬
le qua,, che, osserva giustamente il Fouiilée (li-
nan Z1 al concetto d’uoa Tto„n- , uce , ai
nere indifferente il monisti ! P ° tCSS °
al quesito su\wiócc'° l j ‘ ,l | r ’ l0S 'j fo ° '° SM " zia '
gnisioni, e però il divento modellT' * T"* °°'
l'crso^'UomoeDio haun'effi ° 0MeI,irc rUn! -
neHascienza rnotai,, 0 nella^““«lutareopemiciosa
La dottrina sulla cono^ * a pnvata e pubblica.
garsi dai Principj morali ^ Umana Q on può segre¬
go c dentro quali ' ’ Abblam ° Mostrato in qual
a conoscenza umana r ’ ^ ° relaliva anche per noi
““«^iuoènni iirr’ 50 ‘ "*»; U con-
* ° l'altro di rda-
dell'umana conoscenza e della morale oO
siona , perchè l’ordine sta nell’armonia di relazioni.
Queste relazioni sono reali e ideali, onde gli enti sono
ordinati fra loro, e questi hanno relazione colla nostra
coscienza e colla mente nostra mercè le idee che li
rappresentano. La coscienza non è mero fenomeno,
ma realtà sostanziale ; non vive solitaria, ma in at¬
tinenza col mondo c con Dio. Il Vero e il Bene sono
oggettivi perchè fondati sulla natura e sul fine degli
enti : le leggi del pensiero e la legge morale hanno
un valore oggettivo, non sono mero creazioni della
mente, pure nostre astrazioni. Fra il senso, l’intellet¬
to e gli obbietti sensibili ed intelligibili passano natu¬
rali e necessarie relazioni, come pure fra la volontà
e la legge morale assoluta. Come dalle particolari no¬
zioni e da’giudizj dell’uomo va distinta la verità og¬
gettiva, universale; una; cosila legge morale c il Bene
oggettivo ed assoluto vanno distinti da’liberi atti e
da’giudizj morali degli uomini. Negato il valore og¬
gettivo alla Verità c al Bene, tolte le reali e neces¬
sarie attinenze tra le facoltà dello spirito nostro e
gli esseri ; la cognizione, la verità, la scienza, la mo¬
ralità, la coscienza, l’universo, Dio, ci parrebbero illu¬
sioni o meri fenoneni : sicché avrebbe avuto ragione
il Leopardi quando cantava l ’infinita vanita del
tutto !
10 SPIRITUALISMO SCIENTIFICO
E LA VITA SOCIALE.
I.
Ogni linguaggio veramente umano, clic sia ca¬
pace di esprimere un certo grado d’incivilimento d’un
popolo intero, ha vocaboli proprj e distinti per signi-
fare oggetti non pii materiali, come Anima, Spirito,
-f , Zo Cesctenca, Pensiero, Dio. E questi vocaboli,
pefatonars, dei linguaggi e eoi progredire deliri
■ornila non 81 cancellano nò dal volgo né dal dotti
óTsSr,:; dclla sc!enM
™.r«;r:r i, ' mMiodivCT “-” ra P iic,e -
P°to. m mono oerto è querfXf°tt b °°“ ^ T
^ le cose più car e l v ‘ 10 fatto universale, clic
avvi una parte • enerato del genere umano
sparisco al senso ^ ^T 81 ’ C, ' e n ° n ® cor P° e non
J a coscienza l'iò ;i C pur esiste e si sente, vi
llere umano ha semnro ^ ° Sp,rito - E come il ge-
gando altari e terjp qUalche divinità, eri-
“ ik “-liver:itai'r tMnd0 "» • bigioni,
u 'o: abbia mo infatti la Rei ' CI ” P ® v mirabili pro-
coltào, se vuoisi,^stTfatt POtUt ° T ’
subentrano due altre seienzeTp t UmanÌ ' AU ° rft
fisica, per ricerca™ , ? Psicolo G ia e la Meta-
di ciò che dimandai !| rminare n ° n ° he la natura
i! fine della Materia ^ raSÌOne stcssa ed
13 lnor e an ma ed organata. E così
E I.A VITA SOCIALE
GO
dalla nozione scientifica della Materia passiamo alla
ricerca della nozione scientifica dell’Àniina umana.
IV.
Como si è rinnovata profondamente la Fisica,
non può non rinnovarsi la vecchia Psicologia o l’an¬
tica Metafisica, perchè nell’uomo corpo e spirito sono
congiunti, perchè nell’universo ci sono esseri matcrn-vli,
sensitivi o ragionevoli, e perchè le scienze tutto han¬
no parentela più o meno stretta fra di loro. Abbiamo
già detto in che consisteva l’antico e il moderno Spi¬
ritualismo. Conviene ora esaminare la nuova dottrina
scientifica intorno all’Anima umana.
La scienza positiva contemporanea ha un meto¬
do suo proprio, il metodo d’osservazione, analatico ed
oggettivo, opposto al metodo deduttivo, psicologico e
soggettivo, tanto caro allaMctafisica ed alla Psicologia
tradizionale. E non si contenta l’odierna Scienza posi¬
tiva di osservare ed analizzare il mondo corporeo, ma
vuol descriver fondo a tutti gli esseri mondiali, spie¬
gare le cause, le leggi, lo attinenze, l’ordine, l’essenza,
l’origine ed il fine delle cose tutto ^ insomma , vuo¬
le surrogarsi alla vecchia Metafisica, che ritiene orinai
non solo spodestata, si anche morta c seppellita! In
qual maniera studia essa latto l'uomo? Lo studia
valendosi dell'osservazione esterna, dell’esperienza
sensibile, c dell’analisi fisica e fisiologica : quasi che
nell’uomo non ci sia altro che una massa di materia
organata, un sistema di forze meccaniche c fisiolo¬
giche. di moti meccanici e vitali, di organi c fan-
Ì3
-Q lo SPIRITUALISMO SCIENTIFICO
zioni, da sottoporsi direttamente o ai sensi esterni,.
o ai nuovi e mirabili strumenti dell'osservazione c
dell’analisi sperimentale, come il dinamometro, il micro¬
scopio, la bilancia chimica, il termometro, il coltello
anatomico, e somiglianti !La nuova Psicologia scienti¬
fica o sperimentale crede di spiegar tutti i fatti del¬
l’uomo, i sensitivi, gl’intellettuali ed i morali, mercè
l’osservazione esterna c l’analisi fisiologica, facendoli
tutti generare dal puro nostro organismo. Vediamolo
brevemente.
Noi siamo capaci, come gli animali bruti, di
sensazioni e di moto ; ed infatti il corpo nostro ha
distinti organi per sentire e per muoversi. Che anzi,
recenti esperienze hanno scoperto organi della per¬
cezione esterna distinti da quelli della sensazione.
Così, tagliando i lobi cerebrali, si perde subito la
facoltà di \edeie, mentre il nervo ottico ò ancora-
eccitabile, sensibile la rètina, mobilissima l’iride. Non
solamente alla facoltà di percepire e dì sentire, si an-
ff a " e allr .° «Mollo Ol¬
le avrebbero per sede • ° 801150 0 1 istinto anima¬
li cervelletto i cem- CGri l 1 ' 1 mediani clic riuniscono
’ ° Mf i *.a« 0 va dicendo ili sansa
lì La Vita sociale
71
spirituale, l’immaginazione, il pensiero, la volontà e
quindi tutti i sentimenti morali, tutti gli atti razio¬
nali e volitivi, risederebbero nei centri superiori o
nei lobi cerebrali.
Quanto alla coscienza, la Fisiologia non è giunta
a scoprirne la causa vera ed efficiente, ma ne può
determinare l’organo e la condizione. Secondo l’Her-
tzen, l’attività mentale, di cui è tipo la coscienza,
seguo i cambiamenti della forza nervosa \ cresce o
decresce conformo i cambiamenti d'innervazione o
d’enervazione che subisce la temperatura vitale. La
integrazione della forza nervosaòcondizione organica
della coscienza. E già Claudio Bernard aveva dimo¬
strato che ogni fenomeno della vita, dalla più semplice
funzione vitale sino ai fatti più elevati dell’iutelU—
genza e della volontà, ha per causa un lavorìo d’or¬
ganamento, e per effetto un lavorìo disgregativo d’ele¬
menti fisici e chimici.
I progressi ed irisultamenti analitici della Fisio¬
logia c della Psicologia sperimentale hanno certo gio¬
vato a rischiarare le tenebre da cui era avvolta la
vecchia e tradizionale Psicologia , quando presu¬
meva di spiegare l’unione fra l’anima ed il corpo, e
di stabilire le attinenze fra il morale ed il fisico della
vita umana.
Ma la nuova Psicologia è riuscita, almeno finora,
a spiegare la natura dell’uomo, le cause tutte e le
leggi del senso, della intelligenza e della volontà? Ha
potuto essa fornirci co’suoi metodi una nozione esatta
e scientifica della coscienza e dello spirito? No, dacché
:
72' LO SPIRITUALISMO SCIENTIFICO
il filosofo e la comune degli uomini non possono certo
appagarsi di queste definizioni : Il pensiero è un moto
o una trasformazione della sostanza cerebrale ; lo spi¬
rito è un polipaio d'imagini; la virtù ed il vizio sono
meri prodotti come il vetriolo ; il genio è il predomi¬
nio d'una facolta organica sulle altre; l’attività dell’in¬
telligenza è una danza continua delle cellule cerebrali;
il me o la coscienza è un gruppo di fatti organici.
A dimostrare false scientificamente queste defi¬
nizioni valga esaminare un sol fatto dello Spirito. Se
il pensiero fosse un moto cerebrale, e quindi se fosse
materia per le sue rispettive proprietà, noi saremmo
incapaci di fare qualunque giudizio, e di poterlo ana¬
lizzare e spiegare, dacché il confronto di due idee
(soggetto e predicato) c il giudizio ricavatone, sono
attributi del pensiero che ripugnano assolutamente
con a impcnctiabilità, 1 estensione e la divisibilità
e a materia c con le prerogative del moto. Rife-
mm„ gl. argomenti addotti dalli cigno modico 0 no-
2 ,? «T° fa ' ini
fan» con notrèbb r “ I>1 "' K0 " ,ati ™ «idea !>, perché
Parimente il moto |,llla ' lca percezione ?
4d giudizio, si polrobbo PMt,0e !l ra W >rescntativ0
4ai moti dolio pai-ticoilo A '°7 re,ldor
re e dimostrate delle scienze positive, ha rimesso in
onore l’osservazione interna ed ha rinnovato il meto¬
do psicologico e metafisico. In ogni epoca i grandi
pensatori hanno distinto il scuso intimo dai sensi
esterni, l’esperienza sensibile dall'ospericnza interio¬
re, il metodo induttivo psicologico c storico, dal me¬
todo induttivo lisico. Per quali ragioni ? Perchè due
sono gli ordini dei fatti che a noi si manifestano, i
fatti del mondo esteriore c del corpo nostro, ed i fatti
della coscienza o dello spirito, i quali ultimi non pos¬
sono essere spiegati dalla mera osservazione esterna - ,
perchè due sono gli ordini delle realità mondiali, la
realtà fìsica e la realtà dell’io negli esseri pensanti-,
e infine, perchè nelle cose tutto bisogna distinguere
l’elemento sensibile dall’elemento intelligibile o, pa¬
usare il linguaggio della scuola del Kant, il fenomeno
dal noumeno. L’esperienza interna o la coscienza non
pure sente e indaga gli atti spirituali, ma ne spiega
le cause, lo facoltà e le leggi, distinguendo ciò che
spetta all’organismo da ciò che spetta alito, allo spi¬
rito, e coglie finalmente la realtà stessa dell io. Se pci-
tanto ha un gran valore l’esperienza clic indaga i
fatti dell’universo materiale, compresivi quelli del
corpo nostro, non ha minor valore positivo lossena-
zione interna che ci fa conoscere quest altro ordino
di fatti c ci rivela l’essenza eia realtà dell io. Che
anzi, l’osservazione interiore illumina c perfeziona
l’esperienza esterna, applicando i principj universali
di causalità e di finalità ai fenemeni del mondo sen¬
sibile e materiale. Affermando ciò non intendo am-
'D LO SPIRITUALISMO SCIENTIFICO
mettere con qualche filosofo esagerato che tutto nel
mondo sia spirito : come falso o il materialismo uni¬
versale, così falso è l’idealismo e lo spiritualismo uni¬
versale. In ogni nostra cognizione vi è l’idea, fatto
dell'intelligenza, ma vi ha la sua parte anche il sen¬
so ; nell'universo esiste la materia sotto mille forme,
ma v’è anche lo spirito, che si palesa in noi ed a noi
come senso, come pensiero, come volontà, come amo¬
re, come coscienza. Impcrtanto il nuovo Spirituali¬
smo scientifico, valendosi dei risultamenti e progressi
delle discipline positive, e rimettendo in uso ed onore
il microscopio della coscienza, fa della Psicologia una
scienza veramente induttiva e si travaglia nella so¬
luzione dei grandi problemi metafisici, riponendo nel-
1 esperienza interiore, come già praticarono Aristotile,
san Tommaso, i più insigni e migliori Cartesiani, il
oibnitz cd altri, il principio fondamentale ed il me-
concCn- COmPÌUt0 de " C SUC Ì,UlaSÌ,1Ì 6 dcll ° SU °
unioni* è ^ ; neI1 ’ uomo vi « mei
tà. Ecco i risulf 6 1 S ° StaUZe ’ ma vera e propria un
Positiva modem^Ifatr ^ C ° nclusÌ0ni dclla Scienz
fenomeni del covn * ' S P Illtuad ‘ son o congiunti ;
dirsi, a tutto rie-nr •* le * azi onc. E se non pi
dell’anima hanno i Tìm^-’ ^ h SÌnsolc faco11
esempio che alla facoltà d r/sni CerQhrali > 1 5(
1 onda esattamente que
E LA VITA SOCIALE > ‘
la data parte del cervello, alla facoltà B il cervel¬
letto, alla facoltà C i lobi cerebrali, alla facoltà D i
corpi striati} il fatto si c che da un lato .varie sono le
potenze dell’anima, c dall’altro vediamo nel corpo no¬
stro organi diversi, e che ogni fatto spirituale viene
accompagnato da un fatto fisiologico. Vero ò che la
Psicologia scientifica sperimentale non ammetto nel¬
l’uomo facoltà distinte, quali il senso, la intelligenza,
la volontà ; riconosce solamente i fenomeni psichici,
vale a dire le sensazioni, i pensieri, le volizioni. E lo
stesso Hcrbart impugnava la vecchia distinzione e
pluralità di potenze originarie nell’ anima nostra.
Eccettoehò si potrebbe osservare che una è certa¬
mente l’essenziale energia dello spirito umano 5 ma
la varietà irriducibile de’suoi atti implica la varietà
delle sue potenze, pur non cessando d’essere una nel
fondo suo. Comunque sia, queste correlazioni tra i
fatti della coscienza ed i fenomeni del corpo, questa
rispondenza fra lo attività dello spirito c la struttura
del corpo e segnatamente del cervello, questa mede¬
sima unità della vita umana, portano forse scientifi¬
camente e logicamente a concludere che materia or¬
ganata ed Ànima sono in fondo cosa identica, c che
però gli organi cerebrali generano le facoltà dette
spirituali 0, se vuoisi, che i fatti psichici non diver¬
sificano sostanzialmente dai fenomeni fisiologici ed
hanno in questi la loro causa vera, unica cd efficien¬
te ? Ecco quello che, stando pure alla scienza nei
confini dell’osservazione, non può menar buono nean¬
che lo Spiritualismo scientifico moderno. Il fisiologo
LO SPIRITUALISMO SCIENTIFICO
osserva le funzioni del corpo vivente e distingue gli
organi rispettivi ; analizza gli clementi della vita,
procede man inano dal semplice al complesso, dalla
vita locale alla centrale, dalla varietà dei fenomeni
vitali all’unità apparente delle cause della vita stessa.
Ora, il metodo puramente fisiologico vale come ana¬
lisi sperimentalo, ma non può valere come sintesi ove
presuma di ricercare e stabilire la causa vera, il prin¬
cipio di tutti i fatti della coscienza. E, a buon conto,
la sintesi fisiologica vi darà sempre un’unità fìsica,
cioè un’unità apparente, non reale, non vera, ma sem¬
pre composta c molteplice, perchè materiale ; vi darà
insorama la risultante di più funzioni organiche e
nicnt altro. Con questi metodi non si può dunque
analizzare i fatti veri dello spirito, quali sono le idee,
i pensieri, i sentimenti, gli affetti, le volizioni, e ancor
meno si può i icci'carc c stabilire il principio unifi-
utoie di tutti quei fatti, perchè la coscienza ci atte¬
sta la semplicità, l’unità, l’identità, l’attività e la
■berta delh o.U q Uestc sono vane par0 , 0 destituite
ogm valore oggettivo, ma sono fatti reali, incon¬
cussi, quantunque siano fatti rio .
•coi sensi esterni d potcrsi P ei ’ ce P irc
io i temi; Rechiamone alcune prove.
|loÌa hanT StarC . Ch ° nè ]a Flsica > ^ la Fi-
^ della inteUigLta cldl trar ? he ^ ^ M 8 ° n “
effetto di causo o v r ° a Volonta sono un mero
che, non può rev ^ ^ ,Ucccanicllc e fisiologi-
?SÌchic o, 8e ^aziontTensie n ro dUb r°- ^ ^ ^
veQ ga e sia da noi aJL ' V ° llz,one > Perchè av¬
vento spiegato, esige non
E LA VITA SOCIALE
79
solamente la condizione organica, ma un soggetto uno
q indivisibile, non materiale, che senta, pensi, voglia,
ed abbia coscienzadei rispettivi sentimenti e pensieri
e delle sue volizioni. Ora, questa unità reale e indi¬
visibile, sensitiva, intelligente e volitiva, consapevole
di se e degli atti suoi, e quindi personale, domandasi
appunto me, io } spirito. Altri la chiami pure Causa
o Forza, ma è sempre una Forza vivente e reale, non
astratta c però inerente ad un soggetto \ una Forza
spirituale, cioè sensitiva, intelligente e volitiva, non
meccanica nè fisiologica come le altre forze della Na¬
tura o del corpo nostro.
2° Mentre nel corpo vivente non si dà vera uni¬
tà, ma unione soltanto, ed i fatti fisiologici non pos¬
sono tutti ridursi ad un solo principio ; invece il me
unifica, nel senso stretto della parola, tutti i fatti del
sentire, del conoscere e del volere. Il che dimostra che
1-Jo è davvero uno e impartibile nell’csser suo, e che si
mantiene identico a se stesso in mezzo a tanta varietà
di fatti clic genera ed unisce, c dei quali ha coscienza.
3° Crii atti più elevati e cospicui dell’animo no¬
stro oltrepassano evidentemente nell’obbietto, nella
durata, nel fine, nel valore, ogni fatto del corpo vi -
vento. Certi affetti, certi sentimenti spirituali, certo
idee, certe volizioni possono,.attuate, cambiare la vita
d’un uomo, decidere le sorti d’una nazione, dare im¬
pulso ad una nuova civiltà. Il principio, la causa vera
di essi fatti, non può dunque trovarsi nel corpo no¬
stro e negli obbietti sensibili, ma nel pensiero, nella
volontà, nella coscienza. E di fatti, Keplero, Newton
80 LO SPIRITUALISMO SCIENTIFICO
e Faraday non confessarono d’aver dovuto ad una
rivelazione interiore lo loro più mirabili scoperte
scientifiche ? Nò va dimenticato ciò che scrisse Co¬
lombo uc’suoi Bicordi: u Quand’io stava a meditare
solitario lungo il mare, la voce delle onde accorda-
vasi alla segreta voce dell’anima mia per parlarmi di
questa nuova terra
4° Il principio di causalità domina tutti gli es¬
seri materiali e sensitivi: nel mondo corporeo signo¬
reggia il determinismo. Anche gli atti del pensiero
e della volontà umana hanno le rispettive cause e
leggi. ma con questa differenza, che ogni essere della
natura obbedisce o ciecamente o istintivamente alle
cause ed alle leggi prefisse e costanti dell’universo ;
mentre la ragione e la volontà dell’uomo ora trasgre¬
discono, almeno in parte, queste leggi; ora pongo¬
no da se certi motivi diversi da quelli della materia
el senso, e si propongono altri fini nei loro atti ;
a».r,loUau°al S e„so ed * mater! , „
sm 1 evento. Ad„„ que il «, ollre aTW oirasc „,
ZZ rrr* ,iWo 0 «“onomo,almenoentro
5 ,j “ a malcna inorganica ed organata,
le cause fin ^ ° i’ lnto ' oomc 'diligenza, comprende
perfezionando sé rii n UmvcmIe del Bene,
ignorando e tra’sfor m a T eSSen Umani P ensanti>
sensibile che 1 Dd ° in Parte lo stesso mondo
ossi, insieme con gli
*- - utto armonioso e perfettibile in
sommo grado.
E LA VITA SOCIALE
81
Ecco quello che riconosce ed ammette lo Spiri¬
tualismo scientifico moderno. La scienza positiva con¬
temporanea non può negare queste verità, che diver¬
samente invaliderebbe i suoi principj fondamentali e,
oso dire, il metodo e la maggior parte delle sue con¬
clusioni. Il nuovo Realismo scientifico ammette le cose
in sè, oltre i fenomeni. L’esperienza testimonia che
ogni realtà è una nella sua varietà, molteplice nell’uni¬
tà sua. La scienza positiva ammette il processo evo¬
lutivo, insenso di perfezionamento, delle cose tutte mon¬
diali, crede non perituralamateria, ma solo trasforma¬
bile. Or bene, lo Spiritualismo scientifico moderno,
facendo tesoro della stessa scienza positiva, riconosce
lanaturaela realtà deH’io, oltre distinguere i fatti dello
spirito da quelli del corpo vivente ; mantiene l’unità
dell’io pur ammettendo la varietà de’suoi atti; proclama
l’anima umana perfettibile indefinitamente ; non la
separa dal corpo e dal mondo, ma le riconosce pro¬
prietà e leggi sue particolari ; la considera come una
forza ed una causa, ma qual forza e causa personale.
E seia materia, come realtà e forza, ò indistruttibile,
non avrà diritto anche lo Spiritualismo scientifico mo—
derno, ch’è un progresso della Filosofia perenne, di
credere indistruttibile ed immortale, perchè consape •
vole di sè, quest’altra forza e realtà dell’universo,
l ’anima umana ?
Il vero Spiritualismo scientifico moderno non può
adunque consentire, in nome della stessa scienza positi¬
va, con certi insigni cultori dellaPsicologia fisiologica,
quali il Taine ed il Ferrière, che l’anima umana sia
Valdarnini 6
JJ3 LO SPIRITUALISMO SCIENTIFICO
una. pura individualità vitale, una risultante di forze
organiche; che l’istinto e la volontà siano il risultato
dell’azione riHessa dei nervi ; che la volontà ecl il
pcusicro umano vengano sottoposti alle cause ed alle
leggi fatali, costanti, generali del mondo corporeo; che
non esistano le cause finali nell’Universo ; che Dio
sia la pura legge di tutte le forze cosmiche onde si
genera l’armonia universale. Ammessi questi princi¬
pi) natura umana c l’universo intero sono inespli¬
cabili, quando si voglia proprio indagare il midollo c
non la sola corteccia delle cose, quando si voglia ri¬
cercare c stabilire le cause, le ragioni, le leggi, l’ordine
supremo di tutto il reale.
Vi.
ila il nuovo Spiritualismo, oltre essere in ar-
, ”' ,odo 6 Wwi certi c positivi dell)
STt'. 1 * dÌ fa “° ° civili e po-
La differenzatrarr... uu i tì C1 010410 S0(:i età animali
a o* «indo, essenziale, fra la vera soci et;
li LA VITA SOCIALI'
83
umana, capace di progresso indefinito, e le parziali
ed imperfette associazioni di alcune specie di ani¬
mali, ci fanno subito arguire una radicale differenza
tra l’uomo ed i bruti. Nò si opponga che questo di¬
vario trova la sua ragione, nell’essere l'uomo il più
perfetto degli animali. Sì, l’uomo è il più perfetto
dogli animali, ma non tanto per il suo organismo e
per il senso, quanto per la sua intelligenza e per la
sua volontà, che lo fanno consapevole di se, che lo
costituiscono persona, che lo sottraggono in parte alle
cause e leggi fatali dell’universo materiale, che forma¬
no insomma il suo spirito. La vita umana sociale può
dirsi non abbia confini, perchè dalla famiglia si esten¬
de a tutta l’umanità consociata, e perchè le presenti
società civili sono figlio delle generazioni e società
umane ora spente, come noi prepariamo le future
società civili. La perfezione graduata della vita socia¬
le consta di più o diversi clementi, quali sono: verità
e scienza, linguaggio e letteratura, economia privata
•e politica, moralità, doveri e diritti sociali, consuetudini
morali e giuridiche, istituzioni civili e religiose, arti
manuali cd arti belle, e per ultimo lo Stato. Questi
ed altri elementi della vita sociale non sono dati dal
puro organismo e dal senso dell’uomo, ma sono effetto
principalmente della nostra intelligenza e volontà,
sono prodotti dello spirito umano. Il corpo nostro
perisce, ma le opere dello spirito sono immortali ;
tramontano le generazioni umane, ma sopravvive sotto
mille forme la loro civiltà; cade la potenza materiale
delle nazioni, ma restano in piedi le sane loro istitu-
LO SPIRITUALISMO SCIENTIFICO
zioni civili. Così, la Grecia fa domata eolie anni dar
Romaui; ma la Filosofia, la Letteratura, le Ai ti Belle,
produzioni dello spirito greco, dominarono poi le menti
romano. Che resta oggi del Partenone e dell’Acropoli
di Atene ? Poche rovino ; ma la Scienza, la Poesia e
l’Arte greca hanno trionfato sulla matcriae sul tempo.
L’impero romano, opera segnatamente delle armi con¬
quistatrici, non c più da secoli ; ma il Diritto civi¬
le romano vive c vivrà perpetuo. La vita sociale uma¬
na è dunque armonia di varj elementi, come armonia
di elementi varj è la civiltà che ne deriva.
Questi elementi non possono affatto segregarsi dal
corpo e dal senso, nè possono recarsi ad atto senza
l’aiuto del corpo vivente; ma intanto sono vera opera
dellaniraaraziooale,non delcorponèdel scuso. Inoltre,
la eh iltà ed il piogresso umano tengono arcanamente
unite le presenti generazioni colle passate, non tanto
per le memorie, gli affetti, le tradizioni dei nostri cari,
quanto per la scienza, la letteratura, le arti liberali,
le istituzioni civili, politiche e religiose, cose tutte
che costituiscono .1 fondo o la parto essenziale della
mila presente. Aneto il mondo raa(erÌ!ll mantiene salde
CCCì M S!0V “ ri00rin0 ’ cI ’ e
0 segnatamene 1 °r> ' ‘ UlCCu le Scienze Naturali
enctemente k B„ta nicia ^
(0 Orni, ptrij., v, l, c Iv 8
ANDREA CESALPINO FILOSOFO
5)3.
nuove piante, precorse Linneo ed altri insigni bota¬
nici moderni in una sistematica e razionale cassa¬
zione dei vegetabili, divinò per esperienza e per
ragionamento la grande circolazione del sangue ; e
quindi precorse l’ITarvcy, come in Fisica ed Astro¬
nomia Copernico aveva preceduto Galilei, come questi
precorse il Newton, e come nei principii del Diritto
internazionale applicati alla guerra ed alla pace un
altro grande Italiano, contemporanco del Cesalpino,
vo’dirc Alberico Gentile, col suo trattato Dejure belli
aveva preceduto Ugonc Grozio. Ma questa, per or¬
dinario, c la sorte dell’ingegno italiano, novatore per
eccellenza ; il quale o resta dimenticato per alcuni
secoli, come avvenne a G. B. Vico, o gli stranieri no
usurpano e gli contendono le sue vere scoperte. Ba¬
stona, infatti, c’inscgnachepiù volte gl’italiani hanno-
seminato i più peregrini e fecondi prodotti dell'in¬
gegno ; ed i forestieri li hanno poi mietuti, vagliati c
spacciati come propri !
In secondo luogo, il Cesalpino non fu un gretto
commentatore di Aristotile ed un seguace servile del-
Peripato, ma riusci egli pure novatore nelle Scienze
Naturali, senza l’aiuto del microscopio, inventato 17
anni dopo la sua morte, e privo di tutti quei mirabili
ed efficaci strumenti de’quali dispongono gli scenziati
dei tempi nostri ; e tuttavolta in più rami dello sci¬
bile sgombrò la via a’suoi successori, quali furono
Marcello Malpighi, Harvey, Grcw, Tournefort ,
Linneo, Pristlcy, Morgagni ed altri.
Continuando l’indirizzo positivo che Leonardo-
'.ili Ali
da Vinci aveva
salpino facevasi
AXDKEA CES ALPINO FILOSOFO
•a dato alle Scieuzc sperimentali, il Ce-
isi forte dell’autorità di Aristotile nel
metodo induttivo, ma spesso ne abbandonava le orme
dove non poteva seguirlo, come nella Fisica •, e però
coglieva il meglio dei libri logici dello Stagirita ed
attingeva largamente alla Storia dagli animali, lo¬
data assai dal Buffon c dal Cuvier. Non intendo dire
con questo che al nostro fflosofo naturalista non deb-
.basi imputare alcun errore nello studio della Natura
inorganica ed organata, e che rispetto al metodo spe¬
rimentale Francesco Bacone c il Galilei non facessero
.clic perfezionare il metodo seguito dal Cesalpino. In¬
tendo solo dire ch’egli cooperò moltissimo a rimettere
in onore l’osservazione e l’esperienza, soffocate dalle
ascetiche idealità del Medio Evo, dalle minute di¬
stinzioni e dai sillogismi della Scolastica \ e quindi
richiamò le Scieuze sperimentali al retto loro' sen-
tieio. Il senso e 1 esperienza non debbono essere di-
ANDREA CESALPI.NO FILOSOFO 93
gel, il più ardito metafisico del secol nostro, seguen¬
do le dottrine fisiche di Platone affermava, verso la
fine dell’agosto 1801, dovervi essere una lacuna tra
Marte e Giove : mentre il nostro Piazzi circa otto
mesi prima aveva scoperto Cerere !
Adunque il Cesalpino, non solo per le sue mira¬
bili scoperte nella Mineralogia, nella Chimica, nella
Botanica e nella Fisiologia, ma ancora pel metodo
sperimentale da lui seguito, per l’uso razionale del¬
l’autorità scientifica e per taluni concetti nuovi, come
dimostreremo più avanti, segua il principio dell’età
moderna. Onde scrisse il Mamiani nel Rinnovamento
dell'antica Filosofia italiana : l£ Se faremo studio
profondo nel Cesalpino...., vedremo quanta sapienza
riluce dentro quel senno, e come la Filosofia odierna
sperimentale in Italia si appicca al filo delle opinioni
che aristoteliche si addimandarono. „
II.
Il Cesalpino lo chiainamrnoqua sopra novatore e
filosofo. È novatore non solo per le sue stupendo e utili
scoperte scientifiche già note, sì anche pel metodo
onde vi giunse : e questa novità di dottrine e di me¬
todi la sente egli stesso e ne discorre apertamente.
Come il Machiavelli nel proemio a’suoi Discorsi
immortali dice d’essereentrato pcruna vianou ancora
battuta da alcuno rispetto alla Scienza politica; come
Alberico Gentile fin dal principio del suo famoso trat¬
tato Dejure belli dichiara d’intraprendere un'opera
90 ANDREA CESALP1XO FILOSOFO
ra e difficile, quella cioè (li stabilire le leggi alla
... t • _ ,11 miftefA mnn fi n
nuova
-- ww
disumana di questo mondo, alla
guerra ; così il Cesalpino nella dedica o prefazione*
delle principali sue opere accenna d’essere novatore e
filosofo.-Non panni cosa sterileillibrochesonoperpub-
blicare, dopo avere studiato Filosofia per molti anni,
dim in philosophice studiis versor multosjam annos,
egli premette alle Questioni peripatetiche. Ài nostri
tempi, scrive nella prefazione alle Questioni mediche ,
sono stati ritrovati rimedj nuovi ed ottimi ( nova qui-
dem remedia atque optima ) ignoti agli antichi. Per
essere utile agli studiosi, aggiunge nel proemio al
trattato sulle Piante, mi sono ingolfato in un vasto
mare : ingrcssus autem sum gurgitem vastum. Ed
ivi prosegue nel chiarire il fine ed il metododella sua
nuova classazione delle piante, cassazione conforme
non pure ai dettamidellasanalogica,sìanchealle qua¬
lità essenziali deivegetabili.“ Ogni scienza, egli dice,
consistendo nell’unire lo cose somiglianti e nel distin¬
guere le dissimili tra loro, mi sono studiato di fare
nella storia universale delle piante una distribuzione
di esse per generi e per classi o specie, secondo lo
differenze desunte dalla natura stessa 5 sccundim
uxgerentias rei naturavi indicantes. „
Bensì alla partizione universale delle piante era
egb armato mercè l’induzione, ebe ha da precedere
a divisione. Tre, pel filosofo Aretino, sono ! processi
peir I ' i “ ellcll ° toccare la
divisione
P 1 P 1 °gressu.„. perfectionem
ANDREA CESALPINO FILOSOFO 97
attìngimus : inductione scilicet , divisione , definii ione.
Colla induzione vediamo la somiglianza e la con¬
venienza ; colla divisione, la dissomiglianza e la dif¬
ferenza ; colla definizione, la sostanza propria di
ciascuna cosa. L’induzione va dal singolare all’uni¬
versale e porge alla mente ogni materia intelligibile;
la divisione trova la differenza degli universali ten¬
dendo a quegli enti che nella specie sono individui; la
definizione poi risolve le specie nei loro principii fino
agli elementi, cominciando dal singolare. Imperocché
siapiù facile, a mo’d’csempio, definire l’uomo che l’ani¬
male. E quindi Aristotile insegnò doversi ascendere
dal singolare all’universale (1) ; e dove non arrivano
i sensi vi supplisca l’analogia (2). Nè diversamente
aveva PÀlighicri concepito l’induzione, quando sta¬
biliva che la natura delle cose e delle potenze loro
non può conoscersi che per gli effetti :
Ogni forma 9ustanzial, che scita
È da materia, ed è con lei unita,
Specifica virtude ha in sò colletta,
La qual senza operar non è sentita,
Nè si dimostra ina’chc per effetto,
Come per verdi frondo in pianta vita (3).
Ed eccoci entrati nel campo vero della Filo¬
sofia speculativa del Ccsalpino.
(1) Qincst. pcrip., 1, 1.
(2) Appendìx ad Quccst. perip., c. V.
(3) Purgatorio , canto XVIII.
Valdarnini 7
98
ANDREA CESALPINO FILOSOFO
in.
S’illuderebbe chi nelle opere del Cesalpino vo¬
lesse ritrovare un sistema rigoroso e compiuto di
Filosofia razionale. Come le regole logicali del Galilei
vannno desunte dai varj suoi scritti c specialmente
dal Saggiatore ; così lo dottrine filosofiche del Cesal-
pino bisogna ricercarle soprattutto nello Questioni
peripatetiche e ne\Y Appendice allo medesime, pub¬
blicata l’anno stesso della sua morte 1603 e nou facile
a trovarsi dovunque.
Il metodo, la filosofia prima e la scienza, gli
universali, Dio e le sue relazioni col mondo, l'uomo
e le sue facoltà, non che l’ultima sua destinazione,
formano anche pel Cesalpino il subbietto della Filo¬
sofia ; le quali materie mi accingo ad esporre e ad
esaminare brevemente.
Stabilito cheilsensoel’intclletto sono le due facoltà
necessarie alla conoscenza umana, e che il corpo non
è necessario alle operazioni del senso e dell’intelletto,
perchè le cose sensibili ed intelligibili ricevonsi nel¬
l’anima senza la materia, quantunque gli organi del
senso non possano stare senza materia (1) ; egli fissa
\ Chej SeC ° ndo 1 P recetti di Aristotile negli
1 , a . 1C1 P os ^ et ù°ri, deve usare la mento umana
e a ricerca del vero e nella formazione della scienza.
•He 0086 Daturali dobbiamo elevarci al soprassensi.
Perip-, c. IV.
(1) Appendix ad Quceet.
ANDREA CES ALPINO FILOSOFO 99
bile per via naturale (via naturali), che consiste
nel muovere eia quello che a noi è più noto, per
quanto all’uomo è dato di sapere. E quali cose a
noi sono più note ? Le cose individuali e sensibili ;
queste poi si rendono intelligibili, astratte le condi¬
zioni della materia ; e così abbiamo l'universale che
forma l’obbietto della intelligenza : unde universale
consurgit. quod est obiectum intellectus (l).L’operazio-
ne dell’intelletto, poi, non è quiete, ma un certo moto.
La Filosofia Prima è scienza universale : quod
prima philosophia universali sit scienlia (2). La
Filosofia Prima, fondamento di tutte le altre scienze,
non si vale della dimostrazione, nè della definizione:
primam philosophiam ncque demonstradone, ncque
definitine uti (3). Per qual ragione ? Perchè si fonda
su’prirai principii o questi sono superiori all’intel¬
letto umano e da esso indipendenti '.prima principia
non in nostra sunl potestate. La Filosofia Prima tratta
del primo genere della sostanza *, dovecchè l’Astro-
logia tratta del corpo sensibile ed eterno : de corpore
sensibili et (eterno agii; le Matematiche hanno per ob-
bietto le sostanze incorruttibili ; le Scienze Naturali
riguardano le sostanzo corruttibili (4). E manifesto
che il Cesalpino distingueva le scienze secondo i gene-
(1) Appendi® ad Quasi, perip., c. II.
(2) Quoeat. pcrip., I, 4.
(3) Ivi, I, 3.
14) Ivi, I, 4.
j()0 ANDREA CESALP1N0 FILOSOFO
ri della sostanza, e però mirava ad una classifica¬
zione obbiettiva del sapere umano ; come nell’ap¬
pendice alle Questioni peripatetiche ammetteva le idee
in senso oggettivo ed universale, aventi cioè un es¬
sere proprio [smini esse habent in se) e quali note od
ioiagini delle cose che rappresentano tutti gii obbietti
della stessa natura. E così evitava gli errori del sog¬
gettivismo, che mena facilmente allo scetticismo ne¬
gando la naturale relazione fra l’intelletto nostro e le
cose intelligibili mercè l’idea, fra la mente e lo cose.
Infine, ogni scienza dipende da principii notissimi,
tali sarebbero quelli di sostanza e di causalità, appro¬
vati dall'universale consentimento: oranis enim scien-
tia pendet ex principia notissimis omnium consensu
approbalis (1).
Se la sostanza è un principio, e se la Filosofia
Prima tratta del primo genere della sostanza, che in¬
tendeva mai per questa il filosofo Aretino ? Sostanza
c ciò che sussiste per sè, c non aderisce ad altra cosa:
Substantia dicitur qua per se subsistit, non enim inest
alteri(2). Or qui vuoisi notare che le definizioni della
sostanza date posteriormente da Cartesio e da Spi¬
noza non differiscono da quella del Cesalpino, salvo-
e a cu ma, diversa e meno chiara, tale insomma
da ingenerare il sospetto di Panteismo reale (3).
-L
«Jsì 4olM1 * ■ 2-»
^^^reindìgeatadexistcndim.ESpi
ANDREA CESALPINO FILOSOFO
101
Giusta i pi’incipii del nostro filosofo, la sostanza
si spiega per quello che sia e indi risguarda l'essenza ;
mentre gli accidenti, che non esistono fuori della
sostanza, si riferiscono alla quantità, alla qualità,
insomma si riferiscono alle altre nove categorie o
predico menti, secondo ladottrina Aristotelica. Inoltre,
la sostanza non riceve il più ed il meno, perchè è
indivisibile ed immateriale : quea sine, maleria est.
La sostanza prende anche il nome di forma , a cui
si contrappone la materia. La forma, secondo Ari¬
stotile, veniva prima della materia, perchè l’atto sem¬
plice è prima della potenza: onde l’atto puro ammet-
tevasi come principio di tutte le cose e costituiva
la sostanza. La materia poi non era sostanza per
sè, ma in virtù dell’atto § della forma (1). Movendo
da questa teorica il Cesalpino considerava pur la
sostanza come fine c come perfezione degli esseri :
finis cnim et perfectio substantia est ; ed aggiungeva
sapientemente che il fino di ciascun ente si conosce
dallo sue operazioni (2), come dall’effetto si argui¬
sce la causa.
Dalla sostanza o forma indivisibile, immate¬
riale, una, dipendono le sostanze finite o, com’ci le
chiama, le forme naturali, che sono certe partecipa¬
zioni del sommo Bene, o come tali non sono divisibili
la definì : per subslanliam intellign id, qnod in se est et
per se concìpitur.
(1) Appendi.* ad Qucest. perip., c. II.
(2) Ivi, c. III.
I
102
ANDREA CESALPINO FILOSOFO
nò materiali ; ma si dividono accidentalmente, in
quanto cioè sono ricevute nella materia, per cui la
natura corporea ad esse tutte si rende necessaiia .
solum natura corporea omnibus necessaria est. Adun¬
que, le forme naturali o sostanze finite vanno a in¬
dividuarsi, per così dire, nella materia ; ma questa
alla sua volta non può del tutto separarsi dalla forma :
quia omnino Materia separari nequit a Forma.
E qui non ti sembra di ravvisare nel Cesalpi-
no il precursore di Spinoza? Io sono propenso a
crederlo ; ma con questo divario : che il filosofo olan¬
dese, oltre non aver distinto la sostanza infinita dalle
sostanze finite, e quindi non far cenno aperto della
creazione sostanzialo, libera, ad extra, perchè tutti
gli esseri mondiali, così estesi come pensanti, non
erano che modi di due attributi infiniti, dell’estensione
e del pensiero divini : in quel cambio il filosofo di
Arezzo non pure distingue la sostanza o forma dalla
materia, e però la sostanza infinita da quelle finite,
ma distingue chiaramente l'Intelletto divino dal-
1 umana intelligenza, che si moltiplica secondo la mol-
ìtudine degli uomini ; oltre il pensiero ammette an-
« • aiurnubbu i
che il senso non dorìva+A/Un» • i. .,
(l) Avpendix Qmst. per i p., c . L
ANDREA CGSALPINO FILOSOFO 103
seri tutti, e quindi anche la materia, in quanto le
cose tutte scorrono da Lui (1) 5 ed ora sembra che
si avvicini aU'Emanatismo spirituale, come quando
afferma che ogni anima ripete la sua prima origine
dal cielo, c che il lume, interiore, cioè l’intelletto
onde l’uomo conosce le cose, gli viene partecipato
dalla sostanza immateriale che sola genera la scien¬
za (2) \ ed ora pare si accosti al Dualismo aristote¬
lico, ammettendo da una parto Dio, intelletto infinito
ed eterno, e dall’altra la Materia prima, non generabile
e indeterminata ( 3 ); non bisogna al tempo stesso di¬
menticare che nella prima del quinto delle Questioni
peripatetiche aveva distinto la successione degli es¬
seri nel tempo per leggi c cause naturali dalla prima
creazione di tutti gli animali c degli altri esseri per
efficienza dcH’Entc primo : cum alia sit prima om¬
nium animalium et cceterorum entium creatio, guce
a primo Ente in principio ejjluxit ; alia eorundem
successio. Ed altrove accenna alla conservazione e
provvidenza del mondo per opera dell’Ente uno e su¬
premo : ab Uno igitur sunt omnia et conservantur (4).
D'altra parte, il Cesalpino dmmise la genera¬
zione spontanea degli esseri organati, in vii tù del
(1) Appendix ad Quaist. perip., c. V.
(2) Ivi, c. V.
(3) u Nos igitur dicimua primain Materiata ultiranm
esse Bubiectumin quod resolvuntur trasmutabilm quatenus
trasmutabilia sunt-, neque componi amplius actu otpotentia,
esset enim generabili n. Qucest. perip., IV., V.
(4) Appendix ad Quasi, perip., c. I.
104 ANDREA CESALP1X0 FILOSOFO
calore e dell’azione del sole ; disse che ogni genera¬
zione si eflettua nel tempo j che bisogna pai tiie da
ciò ch’ò meno perfetto per avere ciò cli’è più per¬
fetto, anche secondo Aristotile ; che la prima gene¬
razione degli animali perfetti procede dal verme ;
e. da ultimo, asserì non potersi dare altre sostanze
fuorché le animate e le parti degli esseri animati.
Laonde a taluni è parso di ravvisare nel Cesalpino il
precursore di Lamarck e di Darwin rispetto alla dot¬
trina dell’Evoluzione o del trasformismo delle specie.
Non può negarsi una certa analogia fra queste
proposizioni dell’insigne nostro Naturalista ed alcuni
punti fondamentali della teorica Darwiniana. Ma,
dopo le cose da noi esposte, come sarebbe non con¬
forme a verità cd a giustizia accusare il Cesalpino
d aver negato assolutamente la creazione dell' Univer¬
so, ed accusarlo anche d’ateismo e d’empietà, come
piacque al Taurel (1) cd al Parker (2), e non dargli
tutto ciò che gli spetta qual fisiologo e filosofo na¬
turalista, nel che sbagliò lo stesso Puccinotti; così ra¬
to n vuole che non si possa a tutto rigore considerare
qua e antesignano dell'odierna teorica dell’EvoIu-
zione, perche il Cesalpino nelle Questioni perita-
“ m,so "»» s «'» videniia divina.
ANDREA CISALPINO FILOSOFO
10S
e le forme naturali non si fanno nò si corrompono: spe-
cies autem et forma neque fit neque corrumpitur (1); e
quindi affermò lespecie essere eterne, e solo corrompersi
in qualche tempo gl’individui (2). E nella prefazione al
trattato sulle Piante aggiunse che la natura non pro¬
duce nuove forme, nò dà vita a nuove bellezze delle
cose : non quod natura novas edat formas, aut novas
rerum pulchritudines ejjingat. Il qual pronunciato
senza dubbio pecca di esagerazione ; ma intanto ò
chiaro che si oppone all’odierno trasformismo.
Piuttosto conviene ammettere che il Cesalpino,
medico insigne e filosofo ad un tempo, accennasse qua
e là meglio di tutti i suoi predecessori e contempo¬
ranei la stretta relazione tra il corpo vivente, il senso,
l’intelletto e il mondo esteriore, e quindi precorresse
l’odierna Psicologia sperimentale, senza però con¬
fondere una cosa coll’altra, e senza cadere nel mate¬
rialismo e nel sensismo. Imperocché s'egli errava nel-
l’insegnare che tutta l’anima sensitiva risieda nel
cuore, peraltro distingueva gli organi corporali dal
senso, dimostrava tutte le sensazioni esser provate
ed unificate dall’anima ; la ragione essere differente
dal senso ed a questo superiore ; l’anima umana es¬
sere immortale. Quanto alla conoscenza, distingueva
le sensazioni dalle idee che sono oggettive, ammet-
(1) Quasst. perip., IV, 8. •
(2) c °me Carlo Alberto, Maz-
Gioberti, M a miani t0 M O a EUlanUele, ManZOnÌ ’
•«co, nè filosofo della storia* 011 ^ ^ St °”
P^ò i diritti del futuro pi *’ ® anC ° r men ° USUr '
del nostro politico e mn , ® dd futur0 0mei '°
•di Terenzio Mamiani ** * ® d 1 menti filosoficl
PATRIOTA, STATISTA E FILOSOFO IH
Questo nome suona caro e venerato all’animo
nostro. Rari in ogni tempo e presso qualunque na¬
zione sono stati gli uomini che coll’ingegno, coll’ani-
mo, coll’operosità, col carattere, coll’esempio, abbiano
saputo e voluto nobilitare l’uomo, il cittadino, la pa¬
tria, il mondo delle nazioni, la scienza, la filosofia, la
civiltà umana. Il più grande fra tutti gli elogj d un
uomo preclaro è sempre la verità : ed io pure mi at¬
terrò al vero, sicuro che al Mamiani non potrà venirne
danno nè macchia, a lui che del vero fu sempre
amante passionato, e ricercatore acuto e indefesso.
IL
L’ingegno, l’animo e la vita del Mamiani furono
sempre dominati o ispirati da due nobili sentimenti,
da duo eccelsi ideali, cioè dalla patria nostra diletta
c dalla filosofia. Egli vagheggiava un modello perfet¬
tissimo del cittadino e del sapiente ; onde ricordava
con ammirazione Socrate e Platone, Varrone, Maico
Tullio e Boezio, Dante, Michelangelo e Campanella,
c l’antico popolo di Reggio e di Metaponto, popolo di
filosofi , morti por la libertà e per la sapienza.
Miserande erano le condizioni politiche e civili
d’Italia, e non liete nè prospere le sorti della Filoso¬
fia nazionale nel primo quarto del secol nostro. La
Patria serva e divisa 5 la Religione cristiana fr&ntesa
da molti, che pareva la volessero nemica di libertà -,
laFilosofia speculativa imbevuta del sensismo di Con-
diUac. Ora, la potenza 0 la grandezza dell’antica
Roma signora di sè ] gli splendori e la libertà dei
IJ5 TEHEXZIO mamiani
nostri Comuni ; l’antica purezza e 1 efficacia moiale
del Cristianesimo, religione divina in se ma essen¬
zialmente umana e civile ne’suoi effetti ; le glorie
della Filosofia italiana dalla scuola Pitagorica fino a
G. B. Vico, e quindi il primato civile e intellettuale
d'Italia già venuto meno : queste rimembranze, al
cospetto delle miserie ed umiliazioni italiane dopo i
nefandi trattati del 1815o dopo i moti infelici del 21,
dovevano straziare l'animo del giovine Mamiani, nato
a cose grandi. Ma egli non disperò : la Storia gl’in-
segnava che il popolo italiano cadde più volte, ma
non perì mai e risorso più tardi con forze nuovo e
gagliarde. E però una fede invitta e perseverante
nei futuri destini della Patria animava l'ingegno c
il cuore del nostro giovine patriota, poeta, letterato,
pensatore, filosofo.
L Italia è sacra e starà eterna! Ecco il motto fati¬
dico che ripeteva sovente il Mamiani agli oppressori
e agli oppressi, nella patria sua e fuori durante il lungo
esilio. La suamente, robusta e moltiforme per natura,
nudrìtadi studj svariatissimi e profondi, vagheggiava
unaquintaenuovaepocadiciviltà italiana,chetornasso
a splendore c profitto dclfuniverso mondo civile. La
nuo\a foima della nostra civiltà doveva soprattutto
essere incarnai ndJa indipendenza e libertà d’Italia;
ne a distinzione dell'Autorità spirituale dalla Potestà
i e e P°^| ca * a Loma stessa.Fin dalla sua gioventù,
T ani ? a men ^ cet Ll cuore, il pensiero e il senti-
en o, apoesiaekscienza, il cittadino eilfilosofo cooi-
onevano una stupenda armonia ed unità. E queste
PATRIOTA, STATISTA E FILOSOFO 113
doti e qualità diverse sono appunto necessario a con¬
cepire un alto ideale, ad avvisarne i mezzi per at¬
tuarlo, a porsi davvero all’opera per dagli almeno le
prime fattezze, lasciando ad altri, fossero pure gli
avvenire, il compimento q la perfezione dell’opera
grande.
Napoleone I disse che nel mondo sociale vi sono
due forze poderoso ed efficaci, la spada e lo spirito ;
ma soggiunse che lo spirito vince finalmente la spada.
Al risorgimento politico, intellettuale e morale Italia,
e però ad iniziare la nuova epoca di nostra civiltà, il
Mamiani reputava esser necessarie quelle due grandi
forze, la spada e lo spirito, le armi o il pensiero. E della
necessità di contcmperarc alle armi gli studj abbiamo
esempj antichissimi in casa nostra, nelle città fa¬
mose di Metaponto, Crotcme, Taranto, Locri eReggio,
famiglie e collegj di filosofi e di guerrieri. Ma lo spi¬
rito, vale a dire la intelligenza e l’animo, la lettera¬
tura, l’arte, la scienza, la filosofia, insomma la rige¬
nerazione intellettuale e morale degl’italiani dove¬
vano, secondo lui, precedere edaccompagnare le armi,
perchè bene apparecchiata, illuminata, compiuta e
durevole fosse la vittoria di queste, e indi perchè alle
imprese guerresche potesse e dovesse soprastare la
opera feconda della civiltà vera. E qui appare tutta
la nobiltà del conte Mamiani, come patriota, citta¬
dino e uomo di Stato.
Già fino dal 1838, assai prima di Cavour, l’esule
Mamiani inculcava ne’suoi scritti doversi abituare
« le menti, e sopratutto le giovanili, a scorgere ed a
, . Q
Valclarnmi
114 TERENZIO IMMUNI
riverire nell’eccelsa Roma la sola e legittima città
capitale d’Italia E sul cadere del 47 vaticinava
prossima e solennemente giurava la salvezza del¬
l'Italia intera. M Cademmo per le discordie e la cor¬
ruttela (egli diceva ai Perugini), e per li soli con-
trarj loro noi potremo risorgere. Inebriamoci, a così
dire, della carità cittadina, e un qualche tempo al¬
meno viviamo dimentichi di noi stessi e ricordevoli
unicamente della patria comune : cd io vel giuro
per gli spiriti sacri e immortali dei martiri della li¬
bertà, noi salveremo l’Italia, e tutta la salveremo o
per sempre „. E ancor dopo le italiche vittorie e le
sconfitte del 48 e 49, gloriose le une, non umilianti
le altre ; dopo la caduta di Roma e di Venezia c la
sconfitta di Novara, egli non disperò delle sorti d’Ita¬
lia, e ripeteva in Genova sopra la fredda e venerata
spoglia di Carlo Alberto : L’Italia farà da sè.
HI.
Ma quali furono gli atti più cospicui del Mamia-
m come patriota e statista, e quali mezzi ravvisava
eg cconcj ed opportuni a rigenerare politicamente
«ralente l'Italia ? Nato a Pesaro il !0 settembre
Eom ''7' “ nlara a K> e " a 22 anni ed era studente a
^ -do avvennero ipr ìmi ffioti UboraU nol _
mtramonr° r n ‘ ltttori Principali » fileno
» fa-
tatti d'aver 1 -a ^ pr ' s ‘ oni delio Spielbergo, rei
Sol i no tr! Cra ‘° k Ub “ a dd 'a patria In
nostro giovine patrizio non solo attendeva a
PATRIOTA, STATISTA E FILOSOFO 11 ì>
larghi studj letterarj, filosofici e storici, ma s’ispirava
insieme alle glorie passate di Roma e d’Italia; e non
tardò guari ad esprimere, in una certa sua poesia,
concetti e sentimenti liberali. Onde il padre suo, conte
della Rovere, lo richiamò a Pesaro, dove fioriva in
allora la scuola classica marchigiana del Pcrticari,
del Leopardi, del Cassi e di altri minori, e che fu
anche patria del principe dei musicisti italiani, del¬
l’immortale Rossini.
Chi non percorre la nostra bella Italia non può
conoscerla nò amarla degnamente ; clic quanto più
si conosce c si pregia una cosa, e tanto più si ama.
Dal 1826 al 30 il Mamiani percorre l’Italia media e
la superiore, e ritorna più volte alla nativa Pesaro.
Nel 26 conobbe in Firenze i principali scrittori dcl-
l'Antologia fondata dal Vieusscux, quali erano Gr.
Capponi, Tommaseo, Niccolini, Giordani, Poerio, Col¬
lctta : ingegni tutti liberali, robusti ed eletti, che non
potendo in allora e da soli bandire e combattere una
guerra di nazionale indipendenza intendevano col
pensiero c colla penna a rigenerare la Penisola serva
e divisa. Più tardi lo vediamo a Torino, dove in¬
segna per due anni le patrie lettere nell’Accademia
militare. Ma il primo periodo d'intellettuale e civile
preparazione pel giovine patriota ò oramai finito.
Mentre il Mamiani attende in Pesaro a dar
compimento, degna e classica forma a’suoi Inni sacri
perchè meglio ritraggano i suoi nuovi ideali civili,
politici e religiosi, ne viene distolto dai moti liberali
del 31 nelle Romagnc c nell’Italia media. Risponde
TERENZIO MAMIANI
lieto c volenteroso all’appello della patria ; eletto a
deputato di Pesaro, siede poi a Bologna ministro del¬
l’Interno c però membro del Governo 'provvisorio
ilelle provincia unita italiane. M’avvicinarsi delle
truppe austriache, solo il Mamiaui corre animoso dal
generale Zucchi scongiurandolo a resistere colle po¬
che milizie cittadine. Ma prevalse londa straniera
invadente e il Governo provvisorio dovè trasferirsi
ad Ancona. Dopo il fatto d’ariuc, non inglorioso, di
Rimini, disperando oramai di potere più a lungo
tener fronte alle agguerrite e soverchiane forze stra¬
niere, il Governo provvisorio venne a patti col cardi¬
nale Benvenuti, stabilendo di concedere amnistia ge¬
nerale agli insorti, c di restaurare il Governo ponti¬
ficio. Ma al giovine o delicato Mamiani non parve
dignitoso quell’atto c rifiutò sdcgnoeamcntc di fir¬
marlo, anteponendo l’esilio volontario all’amnistia 1
Sul ponte del vascello che portava lui con altri pri-
gonicu italiani a Venezia, il cugino del Leopardi,
pieno di fede nei destini d'Italia, nonostante i fatti
dolorosi e la realtà del presente, concepì l’inno stupendo
ai Patriarchi. Dalla prisca civiltà, dalla storia del
popolo italiano sempre risorgente c dall’eccelsa natu-
a c uomo Egli traeva gli auspicj perle sorti non
1 e o piogressive del genere umano e segnata-
nente della stirpe latina: XItalia è sacra c starà
eterna !
Ma ogni fede, c però anche la fede del cittadino
ta c snrrptt^T’if ' ana ’ c l uan ^° non sia accompagna¬
la c sorretta dalle onpm T,’’ • . . .
P c. L il Mamiani si accinse su-
e del
PATRIOTA, STATISTA lì FILOSOFO 117
bito a corroborare la sua fedo di patriota ed a colo¬
rire il suo ideale col pensiero, colla penna, coll'esempio,
coll'azione, colla vita intera. Da Venezia fu condot¬
to a Marsiglia, dove gli fu comunicata la sua con¬
danna all'esilio perpetuo. Dal 31 al 47 visse dignito¬
samente a Parigi, dedicandosi tutto all'avvenire della
patria, al culto delle lettere, al rinnovamento della
filosofia in Italia. Considerando tutte le reali condi¬
zioni della nostra penisola e d’Europa non gli sem¬
brava guari fattibile il disegno ardito c vasto di
Giuseppe Mazzini, esule egli pure fino dal 31. E però
dopo un breve carteggio col fervido ed eloquente apo¬
stolo dell’italica democrazia, il Mamiani, pur con¬
corde con lui nel fine supremo, di far cioè libera e
indipendente l’Italia, opinava si dovesse battere altra
via. E così di fronte alla Giovine Italia si costi¬
tuì un Comitato nazionale presieduto in Parigi dal
Mamiani. Pensiero ed azione; Dio e popolo : ecco
il motto assennato e pratico dell’apostolo civile ge¬
novese. Pensiero, concordia ed azione ; rigenerazione
intellettuale e morale degli Italiani; miglioramento
economico del popol minuto, osservanza e fiducia nel
medesimo per liberare l’Italia : ecco le massime fon¬
damentali che dal canto suo predicava e inculcava il
Mamiani.
E poiché l’azione dev’essere preceduta e illumi¬
nata dal pensiero, così la letteratura, la poesia, la
storia, la filosofia sono principalmente rivolte dal¬
l’esule Pesarese a rivendicare la libertà c indipen¬
denza della patria. Compone \'Ausonio, c vi canta
UJj TERE.NZ!0 MAMUNI
patrii e civili sentimenti. Scrive il Rinnovamento
dell’antica Filosofia italiana, e (oltre dedicarlo alla
sua città natale) vi pone in maggiore evidenza il
pensiero speculativo e insieme pratico degl Italiani j
con esso libro richiama alla mente de’ suoi conna¬
zionali e fa meglio conoscere agli stranieri il nome,
le dottrine, il metodo scientifico d’ingegni nostrani,
quali furono il Pomponaccio, il Cremonini, lo Zaba-
rella, il Cardano, il Eizolio, il Telesio, il Della Porta,
il Valla, il Bruno, il Campanella, e Andrea Cesal-
pino, ingegno sommo, inventivo e acutissimo non
pure nelle fisiche ma eziandio nelle metafisiche di¬
scipline. E così il Mamiani accennava ad altri la
via per fare nuove ed impensate ricerche. Ma non
contento di questo, chiude il suo libro col vivo de¬
siderio ed augurio che sorga presto nella nostra
patria una scaola novella da cui si pigli ad ereditare
con franco animo l’antica sapienza speculativa e le
antiche arti metodiche. In progresso medita i Dia¬
loghi dx Scienza prima, ove distilla il succo nutritivo
oave della sua mente profonda, e vi raccomanda,
speme per l’Italia, una filosofia alta e piena di vita,
Um / aCC - lUd M let ? raassime Perfezioni dell’essere
0106 ll - pens, ’ ero s ùnte, la fede incrollabile .
t ZI 6 li offre nel 46 al Popolo
TÌZT maiPerÌtUr °’ ÌQ 8 e S Q0 d ’ a *ore immenso
e ui sublime speranza. •
tesse avvenire^ ^ nsor81mento politico italiano po-
aal a Q escogitarne i mezzi
PATRIOTA, STATISTA E FILOSOFO 119
pratici e morali. Come Dante per ritornare a civile
grandezza l’Italia, già donna di provinole, mirava
prima col suo divino poema a rigenerare moralmente
l'uomo e la società civile e religiosa ; cosi il Mamiani
credeva necessaria la rigenerazione delle menti e
degli animi italiani perchè indi risorgessero politi¬
camente. Di qui il suo concetto dell’educazione mo¬
rale e intellettuale del popolo, dei modi per attuarla,
dei doveri e diritti delle moltitudini: cose tutte
esposte è determinate magistralmente nei Documenti
pratici, che seguono al Parere dello stesso Mamiani
sulle cose italiane, e che meritano d’essere anche ai
nostri giorni attentamente considerate. Dalla pub¬
blicazione di quei pratici Documenti alla proclama¬
zione delle varie Costituzioni italiane nel 48 corse
appena un decennio ! Il pensiero e gli studj prece¬
devano dunque le riforme civili e le armi, e ne as¬
sicuravano le prime vittorie.
Anche le solenni riunioni dei dotti italiani nelle
più colte e principali città della Penisola giovarono
assai a maturare il risorgimento politico della Na¬
zione. Ora vuoisi notare che la prima idea dei nostri
congressi scientifici si deve al Mamiani, avendone
egli accennata la utilità e convenienza ne’ suoi Do¬
cumenti pratici. Del primo congresso di Pisa nel 39
non potè il nostro esule partecipare ; ma nel 73 con¬
vocò sul Campidoglio la XI di queste riunioni e potè
bandire al mondo civile che oramai u libero il pen¬
siero, una la patria, il congresso degli scenziati ita¬
liani scioglieva in Roma l’antico voto n .
120 teresziomamiam
Ma riprendiamo o seguiamo rapidamente gli
eventi. Per opera di Carlo Alberto, il Mamiani ave¬
va nel 47 rimesso piede in Italia, ospitato prima a
Torino, poi a Genova. Ma ne a Pc3aro, nè a Roma
volle far ritorno se non dopo la promulgazione dello
Statuto pontificio, avendo giurato che sarebbe rien¬
trato in patria solo pa' la povta dell’onora ! A Ge¬
nova fonda il giornale politico la Lega italiana, il
cui vasto e nobile programma, mentre era una con¬
ferma delle sue idee intorno alla rigenerazione in¬
tellettuale e morale degl’italiani, rivelava le doti emi¬
nenti del pubblicista ed i sani principi sulla vera
missione della stampa, detta oggidì il quarto potere
dello Stato ; come pure faceva palese le nobili aspi¬
razioni del cittadino c del filosofo a ricollocare nel
primo seggio la sapienza civile degl’italiani. E sotto
questo ì ispetto 1 opera del Mamiani si riannodava alle
idee dell’autore del Primato o del Rinnovamento
civi e d Italia. Eletto a deputato di Pesaro e poi no¬
minato Ministro dell'Interno, propone all’Assemblea
romana liberali e savie riformo d’ordine politico ed
amministrativo ; parla nobile c franco a Pio IX, mira
6 empre, come deputato e ministro, col pensiero, colla
esilV:f 1 :, att, ',H 1,UnÌV - a ltalia > e s P osa a ^ e reali
della civili & P ° ^ & * tl 1 ficozza e pre-
IbnTdf *T r “ "" KC ° vera
.iniani Non 1 6 ancora si s P in S e il Ma-
■ • Non solo ammetto la > reaRj^obbietUva u _^lle
j- AtX
PATRIOTA, STATISTA E FILOSOFO 127
idee, ma pare voglia conciliare l’esperienza interna
ed esterna con {'intuito delle idea, intuizione che non
è più sentimento nè percezione. E dopo aver pro¬
pugnato che ogni idea universale è ante rem, mentre
ogni nostra cognizione è post rem, conclude reciso :
“ O credete all’idee, ovvero disperate di mai salire
a certezza c universalità di scienza „.
Ne’ Dialoghi di Scienza prima scrisse che Dio
era conosciuto dalla mente nostra non quale oggetto
immediato d'intuito, ma sotto la relazione comune
dell’essere. Invece nei Principj d’Ontologia non pure
fa consistere l a pietra angolare di tutta la scienza
n el reale sussistere dell'Assolu to, ma propugna che la
mente umana intuisce l’Assoluto, cioè il Vero, il Bello,
il Buono, il Santo. Onde quel contatto marginale della
nostra mente coll’ Assoluto e la famosa teorica degl’m-
flitssi divini, che vogliamo compendiare colle stesse
parole del Mamiani: “ L’a zione occ ulta dell’Assoluto
sull’animo nostro ha cinque forme originali e diverse,
e cioè la creativa, la in telle ttiva, la estetica, la mo¬
rale c la re ligio sa. Per la prima aziono l’uomo esiste,
per la seconda egli afferma, per la terza ammira, perla
quarta ap prov a, per l’ultima adora „. — Certo,queste
dottrine filosofiche sono ardite ed esagerate. Ma chi
potrebbe dire che non abbiano alcun fondamento, clic
siano false tutte c di sana pianta, ove si consideri tutti
gli elementi neccssarj a formare la conoscenza uma¬
na, ove scrutiamo a fondo Tesser nostro in sè e nelle
suo relazioni, ne’suoi concetti più elevati e senti¬
menti più nobili, ove infine si badi alla natura puris¬
mi ììwlMX.
v*
ci'H-C
apantia
0UU OLu'ÌQ,
TERENZIO MAMIANI
sima della scienza clic rispecchia nella mente nostra
finita ed imperfetta, la realtà, la grandezza e la per¬
fezione dell’universo? Del rimanente, ogni gran pen¬
satore e novatore ha sempre qualcosa di manche¬
vole e di erroneo accanto ai suoi peregrini concetti
ed alle sue verità. Por esempio, al Vico, creatore
della Filosofia della Storia, fu contestata la teoria
dei corsi storici ; al Leibnitz, autore del famoso
trattato sulle Monadi e che avea chiarito da pari
suo ed applicato universalmente il concetto di forza,
venne a buon conto rimproverata l’armonia presta¬
bilita.
Ma l'ingegno filosofico del Mamiani spicca alto
c sicuro il volo nei Principj di Cosmologia, là ove
segnatamente discorre della vita e del fine nell’Uni¬
verso, e dove stabilisce e compie la nuova teorica
del Progresso. Tesoreggiando la parte inventiva,
sana e vera delle dottrine del Leibnitz circa l’ori¬
gine, la natura e l’ordinamento dell’Universo, o
giovandosi dei mirabili progressi delle scienze spe¬
rimentali, due grandi nostri filosofi hanno scrutato a
fondo c con novità di concetti l’essenza intima, la
prima origino, le correlazioni supreme, l'armonia
e l’ordine, nonché il fine ultimo dello cose tutte:
>1 Mamiani nei detti Principj di Cosmologia, e più
taici il Conti nell Armonia della cose. Io penso che
mora nessuno li abbia superati su questo subbietto
capita issirno della Filosofia, trattato da essi con
acume e larghezza di vedute, con sapere consuma¬
ssimo e, specie del Mamiani, con analisi fine per
PATRIOTA, STATISTA E FILOSOFO 12!)
ciò che risguarda i principj causali c formativi, le
relazioni supreme e finali così della vita vegetativa
ed animale, come della vita umana e razionale.
La teorica dell'umano progresso non è nuova;
si deve segnatamente al Turgot, al Condorcet, al-
l’Herder, al Kant e al Fichte. Ma il nostro Mamiani
ha dimostrato con novità di prove razionali c spe¬
rimentali la necessità del progresso indefinito non
sulla Terra unicamente, ma nell’Universo intero
mercè la vita razionalo c morale degli esseri .intel¬
ligenti e liberi. E quanto al progresso umano sociale,
questo dovrà alla perfine condurre alla massima ci¬
viltà, armonizzando le forme parziali di progresso e
d’incivilimento dei varj popoli, che tutte possono
ridursi a sei, cioè l’attività, la scienza, la libertà,
l'arte, lo Stato e la moralità. E poiché il risultamento-
finale e durevole del progresso e perfezionamento di
molte nazioni non può esser mai l’opera esclusiva di
ciascuna di esse, come la Storia dimostra ; esso vuol
essere attribuito a certo organismo occulto di tutte,
che si svolge e si perfeziona per disegno e lavoro ma-
raviglioso della natura. E così il Mamiani rinnovava
e compivalaTeorica del Progresso, e stabiliva l’Unità
organica del mondo delle nazioni.
Questa cd altre dottrine del Mamiani, come la
sua teorica della Percezione, hanno davvero fattezze
native e indole schiettamente nazionale, e bastereb¬
bero da sole a far glorioso il nome d'un uomo e a dar
vita ad una Scuola filosofica italiana, teista spiritua¬
lista civile e liberale ad un tempo. Il Mamiani credo
Valdarninì 9
]30 TERENZIO ATAMANI
nc fosse internamente persuaso; onde vi tornava so¬
pra più volte c sotto diversi aspetti nelle «altre sue
opere, c segnatamente nella Rivista di Filosofia delle
scuole Udirne da Ini fondata e diretta per 15 anni.
V.
Ma la filosofia del Mamiani fu non meno spe¬
culativa e profonda, elio pratica c civile : a nessuno
dei più gravi problemi sociali del nostro secolo ri¬
mase straniera. Tutte le questioni sociali si possono
in fondo ridurre a quattro : religiosa, morale, eco¬
nomica (l), politica. ÀI Mamiani parve ornai risoluto
presso di noi il problema politico, ritenendo egli suf¬
ficienti c sicure le nostre guarentigie costituzionali,
e stimandola libertà più c meglio che un diritto, un
dovere. Al problema religioso rivolse egli la mente
«no dalla sua gioventù, mirando ad una religione pu¬
ra, ottima, universale, conforme alla natura razionale
O religiosa dell'uomo, o olio fosso ad un tempo emi¬
nentemente civile o morale. A questo idealo egli mirò
»« vai;, suo, scritti,dagl'/,,,,; sacri „ W| ,
r 1" ^•"‘l’oMvae^tua id
D 0 .° n ^ cm P 0 > lordine morale, l’ordine giuiùdico
e or me economico ? L’ingegno umano e la scienza
, ani ™ ancora ns P 03t ° a questa formidabile do-
* . SC . P Urc Un Scorno arriveranno il pensa¬
sti nrp* ^ SC ‘ enZa . ad armonizzare quei tre ordini
fiJLT 6 r dÌVCrSÌ elementi sociali, dubitiamo
V aVUa prati0a 8i «"* -empre e do-
daiia mmie
acuta»! ‘ h “ "r7- KMt
’ cne * ra * e arti umane due sono
Ti LA QUESTIONE ECONOMICO-SOCIALE 13o
le più difficili : l’arte d'educare e quella di governare,
gli uomini.
Quindi ogni secolo ha avuto gravi problemi so¬
ciali da risolvere. Di questi problemi alcuni sono di
indole generale perchè riguardano il mondo delle
nazioni o l’umanità consociata, tal sarebbe il ricono¬
scimento pratico e giuridico de’diritti naturali degli
uomini ; altri sono particolari, riguardanti cioè una
sola nazione, tal sarebbe il modo di conciliare l'unità
c la integrità dell’impero Austro-Ungarico col prin¬
cipio d’autonomia e di libertà delle varie schiatte e
popolazioni che oggi formano quell’impero.
A quattro possiamo ridurre le principali que¬
stioni sociali dei tempi nostri e sono le infrascritte.
1° La questione morale, non tanto per la varietà
e moltiplicità dei sistemi scientifici morali che oggi
più che mai si contendono il campo, quanto per lo
scadimento pressoché universale del senso etico.
Quindi convien ricercare le cagioni tutte di questo
fatto, ravvivare e rinvigorire negli uomini il senti¬
mento morale, e praticare nelle relazioni vuoi private
vuoi pubbliche i sommi principj di moralità e onestà
e di equità naturale.
2° La questione religiosa , non solo pei doveri
dell’uomo verso Dio e nell’interesse della sua desti¬
nazione oltremondana, ma per istabilire e mante¬
nere in modo più sicuro l’unità morale fra gli uomini
tutti. Ai nostri tempi, invece, non solo permane la
diversità delle religioni positive che possono dar ésca
a divisioni di popoli e fomentare guerre stermi-
IL 1UMIANI
136
natrici e da barbari, ma sempre più vivo si palesa il
conflitto fra la ragione e la fede,, tra il domina e
l’esperienza illuminata, fra la scienza c la religione.
In qual modo comporre il dissidio tra i principj della
scienza e i diritti della ragione da un lato, fra le
verità di senso comune e le aspirazioni dell'anima
umana dall’altro, essendo l’uomo costituito dalla na¬
tura animalo religioso ?
8° La questione politica, la quale risguarda non
tanto la forma di Governo, lo più sicure ed ampie
guarentigie costituzionali, quanto e meglio la libertà
civile e politica, che le democrazie moderne vor¬
rebbero portare col fatto all’ultima sua espressione.
Oia ognun vede che siffatto problema presenta gra¬
vissimo difficoltà, ove specialmente si riconosca cs- •
sere la libertà per gli uomini particolari e per le
nazioni, pei governati e per gli stessi governanti,
non solo un diritto ma un dovere.
4° La questione economica, vale a dire la ric¬
chezza d, pochi e la quasi indigenza dei proletari
che cosi,tu,senno i quattro quinti del genere umano! Il
rim to d, proprietà individuale e le condizioni miser-
r k > Ìl Capi ‘ ale e U “"0 «peeial-
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E LA QUESTIONE ECONOIIICO-SOCIALE 137
salario e quindi nella reale a compita emancipa¬
zione del quarto stato ?
Lo quattro grandi questioni sociali si riducono
in sostanza a due : al problema morale cd a quello
economico sociale, che hanno carattere di universa¬
lità vera e propria, riguardando essi il genere umano
nell’ampio giro del tempo o dello spazio sulla Terra.
Noi ci occupiamo qui della sola questione economica
sociale e del modo di risolverla praticamente in Italia,
secondo le dottrine c gli espedienti del Mamiani, de¬
sumendo lo une c gli altri dai varj scritti di lui.
Ma prima diamo un cenno storico della questione
medesima.
II.
La questione economica non c nuova nè mo¬
derna, ma può dirsi rimonti alle prime società civili.
Ogni epoca e ogni grande Istituzione sociale, come
lo Stato c la Chiesa, han tentato di risolvere o a
modo loro o in conformità dei tempi l’arduo c com¬
plicato problema. Ma è stata sempre una soluzione
parziale e provvisoria, mai totale, generale o defi¬
nitiva, sia per la natura dei mezzi adottati, sia per
la stessa nativa diseguaglianza degli uomini c
per le nuove esigenze della civiltà progrediente.
La istituzione delle caste nell’antico Oriente, la di¬
visione legale fra i liberi e gli schiavi nella Grecia
c nel mondo romano, le corporazioni religiose isti¬
tuite dalla Chiesa, il sistema feudale nel medio evo.
le stesse corporazioni d’arti e mestieri appo i nostri
138 IL MAMUNI
Comuni c le nostre Repubbliche, si credettero spc-
dieuti efficaci a risolvere la questione economica so-
cialc, e quindi furono adottati per Scongiurare il
pericolo. Ma nè il Paganesimo che negava agli schia¬
vi ed ai servila personalità morale e giuridica, nè il
Cristianesimo che riconosceva nei volghi servili la
personalità umana c l’eguaglianza morale, e pre¬
dicava ai ricchi la carità, ai poveri la rassegnazione,
nè le istituzioni sociali del medio evo in Italia ed
altrove, riuscirono a risolvere la questione economica,
ma ol’aggiornarono semplicemente, o la indirizzarono
per una nuova strada.
I nuovi principj del Cristianesimo neppure nel
medio evo valsero ad appagare sempre lo plebi, a
distoglierle dai beni presenti esortandole a restar
povere e tranquille. u I pensieri c gli affètti dell'uomo
staccati a forza dalla vita presente, nondimeno di
tratto in tratto vi tornavano, c il sentimento della vita
irrompeva fortemente e violentemente. È questo senti¬
mento che in Italia nel 1035, al tempo della lega dei
valvassori minori contro i maggiori, faceva cospirare
anc ie gli uomini di servii condizione contro ipadroni,
e darsi giudici, ragioni e leggi. Parimente nel 1387
vediamo nel Canavcsc, Vercellese e Vallese, nella
mna e Tarantasia e in altre parti, il popolo
i nnViT 10 a^ 6 t0lrc 0 ca «)pagna sollevarsi contro
mm-P ì tl * vast ‘ mot i dei contadini misero a ru-
di li fn eBta “ Ìa - la ricchezza c la povertà. Col
sistema dello p.ccolc industrie, l’operaio poteva sce-
:r c tra ; d,vcrsi P adl '°"i quello che gli faceva mi-
ST COnd ' Z10 "' ; 11 Ch0 «« “'-va di stimolo a rcn-
*«*“» “1 ambita Papera m Si
voro V),. 0 ,- e ’i " n C ° rt ° ei l ailibrio tr a capitalo e 1»-
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« s“ V-'; ° Ì,,dUSl, ' !a - » * 'intedia co-
-i caoitalist' asolanti, PCi-cU alla lega di questi
P'tabst, possono contrapporre la propria eoa piti
E LA QUESTIONE ECONO.MICO-SOCIALE . HI
sicura e pronta efficacia. Venendo meno le piccole-
industrie e scomparendo gradatamente il ceto medio,
alla perfine il cajiitale e il lavoro si troveranno l’uno
di fronte all altro. JE già il conflitto è cominciato
qua e la in più luoghi e sotto aspetti diversi : vi è
un cumulo di odii mal repressi che anelano la ven¬
detta o almouo la rivincita. Tantoché, ove non si
pensi in tempo ai firnedj, vi è da temere uno scon¬
volgimento sociale nell’ordine politico ed economico.
Ma quali rimedj adottare e come prevenire un ri¬
volgimento sociale, clic potrebbe essere il più ter¬
ribile nella storia del genere umano ? Ecco l’arduo-
problema economico sociale, ecco la sfinge moderna,
che preoccupa la mente del filosofo, del filantropo,,
dell’economista e dell’uomo di Stato.
III.
Alla pratica soluzione di questo formidabile pro¬
blema in Italia il nostro compianto Mamiani involse
per oltre quarant’anni (1S3S-.1SS2) la mente, il cuore,
gli studj suoi ampj e consumati. “ Quella comunanza
di uomini (egli scriveva fino dal 1838) elio non sa-
trovar modo, o non vuole, di schermire dalle neces¬
sità estreme della vita gl’indigenti onesti e d’ogni
fatica volonterosi, non può dirsi con proprietà sa-
piente e civile, ma sotto apparenze molto contrarie è-
barbara e insipiente tuttavia. Le genti educate ed
agiate sono dalla natura e da Dio costituite madri
e tutrici delle infime plebi, e di queste hanno a.
render conto molto severo sì innanzi alle società urna-
•jjO IL MAMU
ne e sì innanzi a Dio padre dei poveri „ (1). Fer¬
mato ciò, il Mamiani rigettando le strambe utopie dei
Comunisti e dei Socialisti moderni perchè ingiuste
e non attuabili, e scegliendo quelle riforme e quei
miglioramenti sociali che erano o che gli parevano
possibili e praticabili in Italia, esule a Parigi segnò
ne’ suoi Documenti pratici intorno alla rigenerazione
morale intellettuale ed economica degli Italiani, al¬
cune linee di quel vasto disegno onde il secol nostro
intendeva e intende a migliorare le condizioni del
popol minuto. I mezzi da lui proposti per soddisfare
ai diritti che riguardano la sussistenza sono gl’in¬
frascritti.
1° Abolire i dazj c le imposte d'ogni natura che
gravano più propriamente sull’infimo popolo.
2° Francarlo dalle viete tasse parrocchiali as¬
segnato all’ adempimento di certi atti solenni, civili
e religiosi.
•j° Moltiplicare e perfezionare gli ospedali, i
ìicovcri, i monti di pietà c simili altri istituti di
pubblica beneficenza.
4 Propagare il più che si può tali istituti anche
per i villaggj e le campagne, c imitare da per tutto
esempio d alcuni Comuni rurali, che a loro spese
provvedono i contadini di medico e medicine.
ò Rifornì are ed ampliare le leggi e i regola¬
menti circa ai patti e alle mutue relazioni tra i fab-
(1) Scritti politici , edizione
renze, Le Monnicr, I853.
ordinata dall’autore. - Fi
143
e la questione economico- soci a Lu¬
bricanti, capomastri e bottegai da un lato, e gli ope¬
rai, giornalieri, manuali e apprendisti dall.’altro,
porgendo a tutti i secondi guarentigia e soccorso nei
termini dell equità, e contro l'egoismo e la durezza
dei primi.
G° Istituire in ogni città, dove gli operai so¬
vrabbondino, due sorte di lavorerìe pubbliche per¬
manenti : 1 una pei rozzi braccianti, l'altra per gli
operai delle arti comuni.
7° Tali istituti ordineranno per guisa i rego-
menti c le discipline proprie, c con si fatta misura
proporzioneranno le loro mercedi, da non sopraffare
in nulla le industrie de’privati; mentre toglieranno
a queste l’arbitrio di soverchiare gli operai in nes¬
suna cosa.
• 8° In tali lavorerìe ed officine pubbliche non
debbono gli operai nè esser costretti a vivere rin¬
chiusi, nè perdere alcuna porzione di quella indi¬
pendenza, di atti c pensieri che la civile libertà con¬
cede ad ogni uomo onesto. I lavori, poi, scelti e
ordinati in quelle saranno volti con provvidenza ed
accorgimento alla pubblica utilità, e segnatamente
a quella del popol minuto.
9° L’ammissione a tali opificj sarà concessa ad
ogni operaio il quale darà prova di aver offerto in¬
vano l’opera sua nelle officino privato. E il pericolo
della soverchia c non strettamente necessaria fre¬
quenza degli operai in quelle lavorerìe sarà evitato,
con fare strette più dell’uso ordinario le discipline, le
quali poi debbono esser pensate c trovate con in-
1 1 [ IL JIAMIAN1
gegnò SÌ fatto da convertirle in buoni e quotidiani
metodi educativi.
IO 0 - Tutto ciò richiede che il tesoro arricchisca
abbondevolmente per altre vie. Nuova fonte di ric¬
chezza pubblica può divenire la tassa detta progres¬
siva, ed una sull’eredità trasversali proporzionata al
grado più o meno stretto di parentela, e il rendere
mobili e circolanti i beni immobili c camerali, o per
ultimo il fare sparmio di tutta l’immensa moneta
che inghiottono e scialacquano i grossi eserciti stan¬
ziali, i gran favoriti di corte, i doganieri, e mille
altre specie di ufficiali e di salariati o perniciosi o
superflui.
11° Con molto valsente tenuto in. riserbo, si
ovvierà a quegli accidenti imprevisti che turbano
a un tratto 1 economie delle industrie e del lavoro
quotidiano. Così gl’italiani, antichi fondatori delle
Case di lavoro , perfezioneranno conforme ai bisogni
dell età nostra il pietoso trovato degli avi loro.
12 Riguardo alle campagne, bisogna in primo
luogo riformare ed ampliare il codice forese od agra¬
rio, perchè si tutelino con più efficacia i patti e le
relazioni giornaliere fra i possidenti e i coloni, mi¬
gliorando le condizioni di questi ultimi, e mallevat¬
ole contro ogni ingiustizia e sopruso.
13 In secondo luogo, bisogna istituire in ogni
P noia compagnie di assicurazione (sovvenute dal
mune) contro i danni delle gragnuole, delle carestie,
jpizoozie ed inondazioni, affinchè i contadini si veg-
accertato ogni anno il frutto del loro sudore.
E LA QUESTIONE ECONO.MICO-SOCIALE 143
E quando il raccolto sarà favorevole ed abbondante,
i contadini concorreranno per la lor quota al pa¬
gamento della tassa di assicurazione.
14° Un Consiglio superiore, aiutato dai suc¬
cursali delle provincie, prenda in cura speciale lo
studio e la vigilanza degl’interessi del popol minuto.
A questo Consiglio saranno ascritti molti uomini
pratici e versati in dottrine particolari relative ai
fini proposti, e tutti splenderanno di specchiata pro¬
bità o di zelo grande verso i poveri.
15° Una parte del Consiglio medesimo prov-
vederà specialmente alla vita sana del popolo , pro¬
movendo le società di temperenza felicemente ini¬
ziate in America e in Inghilterra, ed esaminando
l’interno delle officine, la materia e la qualità dei
lavori, i cibi quotidiani, gli alloggj, le vesti e simili
obbietti. E sarà bene imitare Leopoldo I di Toscana,
il quale a spese dell’erario fece murare in luogo ario¬
so gran numero di casette decenti ed acconce per l’in¬
fimo popolo. Questi pagherebbe una modica pigione.
16° L’altra parte del Consiglio veglierà gli an¬
damenti del popolo, la qualità delle sue industrie e
de’suoi negozj. Vedrà pure ilConsiglio quel che sia da
ristorare degli antichi Statuti delle arti e quello che
sia da aggiungervi : ad ogni modo, promoverà le con¬
gregazioni e consorterie legali degli operai, dei ca-
pomastri e d'ogni specie di artieri, con l’intento di
accrescere ad ognuno i mezzi di produzione, e se-
gnatamentelo spirito di fratellanza e disciplina. Si¬
milmente, il Consiglio promoverà con zelo perseve-
Valdarnini
||(5 IL IMMUNI
rante le anioni e consorterie dei piccoli proprietarj
e dei fittajoli, compensando per tal guisa i danni e
gl’inconvenienti dei poderi troppo angusti. Veglierà,
infine, sulle pubbliche mostre, sui comizj agrarj, su¬
gl’incoraggiamenti e sui premj da assegnare ; stu¬
dierà il valore de’ nuovi ritrovati e degli ultimi per¬
fezionamenti, ed agevolerà ai poveri artieri lo smal¬
timento de’ rispettivi lavori, contro il monopolio dei
troppo ricchi, cd a freno degl’ incettatori e riven¬
ditori.
17° Il Consiglio procaccerà di mettere in buono
accordo fra loro gl’ istituti di carità e beneficenza,
facendo che si accostino tutti a certa unità di mas¬
sime direttrici, e che l'opera dell’ uno v P rcndo a chiarire e ad inculcar!
cono circa la questione sociale. Mentre il
!
i
:
1
lì LA QUESTIONE ECONOMICO-SOCIALE 147
•essa Lettera esaminava il Mamiani se la nuova Ke-
pubblica francese potesse fornir lavoro quotidiano
agli operai che ne mancassero, tornava a racco¬
mandare la istituzione di lavorerìe pubbliche, ma
con lo infrascritte cautele affinchè non divenissero
perniciose allo Stato c non turbassero 1’ operosità
economica dei privati.
1° Lo pubbliche officine debbono istituirsi uni¬
versalmente c poco meno che in qualunque grosso
Comune, per evitare una soverchia accumulazione di
popolo in quelle sole città dove fossero pubbliche la¬
vorone. Converrà, inoltre, cercar compensi nuovi e
gagliardi, noll’istituiro officine in tutto lo Stato a fa¬
vore dell'agricoltura, affinchè i contadini non siano
indotti a lasciar la villa e ricoverarsi nelle città.
2° Bisogna decretare che nello officine dello Stato
sicno raccolti solamente quegli operai a’quali nessuna
privata industria ha potuto fornir lavoro. Imperocché
le lavorerìo pubbliche sono costituite per supplire e
riparare alla insufficenza delle industrie private, dalle
quali ricevono limitazione e misura.
3° Il Governo procaccerà, per non rovinare
molte industrie private, elio i lavori molteplici e sva¬
riati da lui condotti siano di qualità da non potersi
dai privati cittadini imprendere con profitto. Il che
importa che le manifatture pubbliche quanto più cre¬
scono, e tanto più costino e siano a maggiore scapito
del tesoro.
4° Avviata la generale istituzione degli opificj
•comuni, il prezzo della mano d’opera non potrà smi-
HS
IL MA.MIAM
nuire tanto e sì presto, quanto si vede ne’paesi dove
il numero delle braccia soverchia il bisogno. Però,
tutte quelle industrie le quali competono con gli stra¬
nieri, mercè del buon mercato e del potere scemare'
fino all’ultimo estremo i salarj, cesseranno e si an¬
nulleranno.
Y.
Dalla teoria conviene a suo tempo scendere al¬
l’applicazione. E così fece il Mamiani. Divenuto Mi¬
nistro costituzionale sotto Pio IX, nel giugno 1848-
il Mamiani compilò e sottopose all’Assemblea roma¬
na una proposta di legge per la istituzione di un .Mi¬
nistero speciale di pubblica beneficenza . È pregio del¬
l’opera riferire, tralasciando le funzioni speciali e
straordinarie del nuovo Ministero, le sue funzioni
generali non tanto per far conoscere la natura e la.
missione di esso Ministero, quanto perchè ci sembra,
che quelle funzioni ed attribuzioni generali possano
anche oggidì servir di lume per la riforma e il rior¬
dinamento dello nostre Opere pie.
1 II Ministro di pubblica beneficenza procura
in genere la riforma, il perfezionamento e la molti¬
plicazione degl’ istituti e delle opere di beneficenza
c ie sono in atto, e la fondaz ione e 1’avviamento de-
E LA QUESTIONE ECONOMICO-SOCIALE 119
tuzionc cd ogni opera rivolta all’educazione morale e
intellettuale delle infime classi.
2° Procura con mezzi mediati o immediati di
approssimare le opere tutto di beneficenza a certa
unità e collegamento, affinchè se ne aumenti da ogni
lato l'efficacia, e non ne siano gli effetti o troppo par¬
ziali o manchevoli.
3° Promuove presso i Consigli deliberanti le
leggi c gli ordinamenti giovevoli alle classi indi¬
genti c al popolo minuto.
4° Sopraintende agl’istituti laicali di beneficenza
da lui fondati o dal Governo posseduti, e a qualun¬
que disegno e impresa *da lui o dal Governo attuata,
e la quale intende al sollievo e all’educazione delle
classi inferiori.
5° Sopraintende similmente a quegli istituti e
opere laicali di beneficenza e di educazione popo¬
lare, le quali sono posto dai fondatori sotto il riguar-
damento e la cura immediata di chi governa.
G° S’ingerisce, d’accordo coi Municipj o coi Ret¬
tori privati, nel regolamento di quegli istituti ed
opere coraunitativc o private, alle quali viene in
soccorso il Governo con il denaro pubblico, o con
altra maniera efficace e ragguardevole di ajuto.
7° Quanto alle fondazioni e congregazioni, o
similmente a qualunque specie ed atto di pubblica
beneficenza, dipendenti al tutto dai Municipj o dalla
carità di privati, c che si rimangono esclusi dalle
tre dette categorie, il Ministro ne piglia cognizione
esatta e particolareggiata, ed esige copia autentica
IL MAMIANI
150
degli statuti c dei regolamenti. Invigila clic non con¬
travvengano in nulla alle leggi universali dello Stato.
Promove e propone in seno de Consessi legislativi
quei provvedimenti c quelle cautele che impediscono
alle beneficenze d’istituto municipale o privato di
fuorvia.e c corrompersi. Risponde ai consigli richie¬
sti, e invita per via officiosa a modificare, migliorare,
propagare e in ogni guisa perfezionare l’opera della
beneficenza. Similmente invita e procura la colle¬
ganza e reciprocazione degli ufficj ed aiuti fra l'uno
istituto e l’altro, o in genero favorisce e caldeggia
per ogni modo l'azione loro.
Occorre appena far notarle che il Mamiani, met¬
tendo così in pratica le sue nuove dottrine sociali,
tentava di dare all’opera del Governo quell’ampiezza
e quell efficacia che si accorda generalmente con le
libei tà co privati, e con ogni trasformazione c pro¬
gresso nello spirito di associazione e di civile con¬
sorzio. Sulla quale Istituzione egli ritornò più. tardi
nei Saggi di Filosofia civile. Ma è noto che il Mini¬
stero di pubblica beneficenza non ebbe fortuna negli
Stati Romani, mentre alle idee del Mamiani si fece
m sostanza buon viso in Toscana, dove al Ministero
ella Istruzione pubblica fu aggiunto l’ufficio di tu¬
bare c dirigere la pubblica beneficenza.
VI.
lennpir/ il Mamiani fece a tutti manifesto so
sociali D i eC0 6U ° P on ^ crato volume sulle Qucstion
’ ° ° ln mczzo a tante vicende politiche ita
obodugui
-•-t-
E LA QUESTIONE ECONO.MICO-SC CIALE 151
liane ed europee dal 48 in poi, in mezzo a’ suoi
profondi studj filosofici cd alle sue occupazioni di
statista, non aveva perduto d’occhio i progressi teo¬
rici e le fasi pratiche della questione economica so¬
ciale nelle diverse parti d’Europa. Girando l’occhio
della mente nell’essenza profonda e nelle attinenze
della questione sociale, c pur tenendo conto dei sug¬
gerimenti dell'esperienza e della riflessione por oltre
quarantanni, nella suddetta opera Egli esaminò acu¬
tamente i due massimi problemi dell’età nostra, fra
loro distinti ina non separati, cioè il problema ino¬
rale c quello economico. Intorno al secondo problema,
ecco in breve le dottrine o le proposte che il Mamiaui
professava e additava per risolvere in Europa e se¬
gnatamente in Italia la questione sociale.
L’autore delle Questioni sociali ammette le¬
gittimo il diritto della proprietà individuale ; affer- *
ma, contro certi Economisti, che il lavoro non crea,
ma presuppone la proprietà ; rigetta le strambe teo¬
riche di Proudhon e le altre nò giuste nò pratica¬
bili dei moderni Comunisti c dei Socialisti esagerati;
reputa non assoluto il diritto al lavoro. Ma, d’altra
parte, egli deplora gli effetti della libera concorrenza
che ritiene sia causa dell’ anarchia economica ; è
seriamente preoccupato dal fatto che i quattro quinti
del genere umano formano la classe intera dei pro-
letarj : e quindi pensa e propone un sistema di ri¬
forme rivolte ad armonizzare la produzione e il
capitale, gl’interessi e le sorti del proletario, si¬
stema che si compendia nelle seguenti proposte :
i
132 IL AI AM [ANI
1° Istituire un magistrato speciale col nome
di Tribuni del popolo, eletto dal corpo intero dei
lavoranti, il quale tuteli ed invigili i diritti e gl’in¬
teressi del proletario.
3° Abolizione del dazio consumo.
2° Fondazione di colonie per riparare all’ ec¬
cedenza annua della popolazione, secondo la teo¬
rica di Malthus.
4° Favorire e proteggere 1’ emigrazioni volon¬
tarie, quando pure al Governo apparisse nè difficile
nò dispendioso il tragittare i nostri emigranti da
una provincia interna ad un' altra, per esempio in
Sardegna, nelle campagne romane, in più parti di¬
sabitate ed incolte della Sicilia c della Puglia.
5° Proteggere ed allargare le Società coope¬
rative, nelle quali il lavorante, oltre alla sua mer¬
cede, divida coi socj il modesto lucro ricavato dalle
pioduzioni, e pelò sia nel tempo stesso comproprie-
taiio. Quanto si dilateranno questo società, tanto
più effettuabile apparirà la Cassa di pensioni per i
1600 i e gl invalidi, alimentata da quoto versatevi
a ogni libera corporazione di artigiani, e da elar¬
gizioni del Governo in proporziono delle somme ri¬
sparmiate o dai singoli membri o da una intera
• norT A 1 i rtÌerÌ ’ C CU ‘ amm i Q istrazione però
°" “ ai i» mano del Governo.
del l a T? com P r °P r ^ario anche il lavoratore
del fondo da lui coltivato.
oc ni Gn | are 1° imposte ai contadini proprietari.
on are Scuole governative professionali,
E LA QUESTIONE ECONO.MICO-SOCIALE lo3
cioè di arti e mestieri, in unione con le Provincie
ed i Comuni quanto alle spese ; nelle quali scuole
sarebbero accolti i figli dei lavoranti, compiuta
1' istruzione elementare.
9° Riformare le Scuole tecniche, adattandole
ai mestieri ordinarj ; e quanto alle grosse borgate
c alla campagna, ammaestrarvi i contadini subur¬
bani negli clemeuti di agricoltura e di pastorizia.
10° Provvedere ad un Manuale popolare di
agraria.
11° Dove manchi l'insegnamento elementare,
supplirvi con le scuole dette ambulanti.
12° Prestazioni al buon colono per ajutarlo a
divenire comproprietario ; e dono degli utensili al
giovine proletario, ghà prestatigli quando entrò nelle
officine urbane e noi fondi rustici in possesso ed
uso dello Stato.
Dall’ attuazione di queste riforme e proposte
il Mamiani si riprometteva la graduata cessazione
della servitù del salario e quindi la emancipazione
reale a compita del quarto stato.
Ma in qual modo lo Stato avrebbe provveduto
a quello nuove ed incessanti spese ? Con le infra¬
scritte riforme, secondo il Mamiani, oltre al pro¬
vento delle consuete imposte.
1° Cancellazione dell’ esercito stanziale.
2° Imposta prediale e mobiliare temperatamente
progressiva.
3° Incameramento dell’ eredità trasversali dal
terzo grado in giù.
154 IL MAMIANI
4° Sbassamento della rendita pubblica dal quat¬
tro al tre e al due e mezzo, secondo luoghi e tempi.
5° Amministrazione disimplicata e scemamente
di ufficiali e di paghe.
6° Ogni legatario pagherà una volta soltanto
il decimo del valsente legatogli..
7° Monopolio delle miniere.
VII.
Non tutte le riforme c le proposte sociali messe
innanzi dal Mamiani sono guari praticabili, nè
tutte collimano con la inviolabilità del diritto na¬
turale di proprietà individuale, oltre accordare un
soverchio ingerimento allo Stato moderno nelle ma¬
terie economiche. Noi non potremmo quindi accet¬
tare senz’ alcuna restrizione e temperamento tutte
e singole le dottrine economiche e sociali del Ma¬
miani, nè crediamo che si possa mai giungere a
pienamente e stabilmente risolvere il problema
conomico sociale, come ci studiammo dimostrare
a suo uogo in due nostri libri, negli Elementi scien¬
tifici di Etica e Diritto o nella Filosofia morale
e sociale (1). Ma intanto, nobile, alto, eminente-
” e -i°iT ,le • Gd . Umanitario « il fine a cui rivol-
rifnrm anai ^ n * 1° su
La disciplina o educazione ci fa passare dallo
stato di animale a quello d’uomo. Un animale è pel
suo istinto medesimo tutto ciò che può essere ; una
ragione a lui superiore ha preso anticipatamente per
esso tutte lo cure necessarie. Ma l’uomo ha bisogno
della sua propria ragione. Costui non ha istinto, c
conviene che formi da so stesso il disegno della sua
condotta. Ma, siccome non ne possiede la immediata
capacitò, e viene al mondo nello stato selvaggio, ha
bisogno dell’aiuto altrui.
La specie umana c obbligata a cavare a grado
a grado da sò stessa colie proprie sue forze tutte le
qualità naturali che appartengono all’umanità. Una
generazione educa l'altra. Se ne può cercare il primo
principio in uno stato selvaggio o in uno stato per¬
fetto di civiltà -, ma, nel secondo caso, bisogna pure
ammettere che l’uomo sia poi ricaduto nello stato
selvaggio c nella barbane.
9 _ La disciplina impedisce all’uomo di lasciarsi
deviare dal suo destino, dall'umanità, pur Io sue
inclinazioni animali. Occorro, por esempio, oh essa
lo moderi, perché egli non si gotti noi porle» o corno
no animalo feroce, 0 come uno stordito^ a
dina è puramente negativa, perche si resinose
soovliarc l'uomo della sua selvatichezza; 1 istruzione,
^ ° -nèh parte positiva dell’educazione.
*■ “ir ™ ioho- coiste nell' indipondeoza da
, , • T a disciplina sottomette 1’ uomo alle
r Lvfmou» e lincia a fargli sentirò la
E, l'autorità dolio leggi stesse. Ma ciò dovesse.
Valdarnini
226 la pedagogia di e. kant
fatto per tempo. Così, maudansi per tempo i bam¬
bini alla scuola, non perchè vi apprendano qualcosa,
ma perchè vi si avvezzino a restare tranquillamente
seduti e ad osservare puntualmente ciò che loro vien
comandato, affinchè in progresso di tempo sappiano
cavar subito buon partito da tutte le idee che ver¬
ranno loro in mente.
Ma l'uomo è così portato naturalmente alla
libertà che, quando vi abbia preso una lunga abitu¬
dine, le sacrifica tutto. Ora questa è la precisa ra¬
gione onde conviene per tempo ricorrere alla disci¬
plina ; chè altrimenti sarebbe troppo difficile di
cambiar poi il carattere di lui, e seguirà allora tutti
i suoi capriccj. Parimente, si vede che i selvaggj
non si abituano mai a vivere come gli Europei,
quantunque restino per lungo tempo ai servigj loro.
Il che non deriva già in essi, come opinano Rous¬
seau ed altri, da una nobile tendenza alla libertà, ma
da una certa rozzezza, perchè l'uomo appo essi non
si è ancora spogliato in qualche maniera della na¬
tura animale. E però dobbiamo avvezzarci per tempo
a sottometterci ai precetti della ragione. Quando
all uomo si è lasciato seguire la piena sua volontà
pei tutta la gioventù c non gli si è mai resistito in
nulla, ci conserva una certa selvatichezza per tutta
la vita. Rè alcuna utilità reca ai giovani un affetto
materno esagerato, dacché più tardi si pareranno loro
dinanzi ostacoli da tutte le parti, c troveranno do¬
vunque contrarietà quando piglieranno parte agli
affari del mondo.
INTRODUZIONE
Un vizio, nel quale ordinariamente si cade ncl-
1’ educazione dei grandi, e quello di non opporre
loro alcuna resistenza nella loro gioventù, perché
son destinati a comandare. Nell’ uomo la tondenza
alla libertà richiedo ch’egli deponga la sua rozzez¬
za : nell’animale bruto, al contrario, questo non e
necessario per l’istinto di lui.
L’uomo ha bisogno di sorveglianza e di cul¬
tura. La cultura abbraccia la disciplina e l'istru¬
zione. Nessun animale, che noi sappiamo, ha bisogno
di quest’ultima ; imperocché veruno di essi apprendo
alcun che da’ suoi antenati, salvo quegli uccelli clic
imparano a cantare. Infatti, gli uccelli sono am¬
maestrati nel canto dai loro genitori ; ed è mirabil
cosa il vedere, come in una scuola, i genitori can¬
tare con tutte le proprie forze davanti ai loro nati
e questi'adoperarsi a cavare gli stessi suoni dalle
loro tenere gole. Se taluno volesse convincersi che
gli uccelli non cantano per istinto, ma clic imparano
a cantare, basta ne faccia la prova ed è questa :
levi ai canarini la metà delle uova loro e vi sosti¬
tuisca uova di passero ; ed ancora coi piccoli ca¬
narini mescoli insieme passeri giovanissimi. Li metta
in una gabbia donde non possano udire i passeri
di fuori ; essi impareranno il canto dai canarini e
così avremo passeri cantanti. Nò meno stupendo e
il fatto, che ogni specie d’uccelli conserva m tut e
le generazioni un certo canto principale; cosi la
tradizione del canto è la più fedele nel mondo
L’ uomo non può diventare vero uomo che per
228 la pedagogia di e. kant
educazione ; egli e ciò eh essa, lo fu. \ uolsi notai e
eh’ egli può riceverò questa educazione soltanto da
altri uomini, che l’abbiano egualmente ricevuta dagli
altri. Quindi la mancanza di disciplina e d’ istru¬
zione in certi uomini li rende assai cattivi innesti i
dei loro allievi. Se un essere di natura superiore
si prendesse cura della nostra educazione, vedrebbesi
allora ciò che noi possiamo divenire. Ma siccome
l’educazione, da una parte, insegna qualcosa agli
uomini, e, dall’altra, non fa che svolgere in loro
certe qualità, non si può sapere fin dove portino le
nostre disposizioni naturali. Se almeno si facesse
una esperienza coll’ aiuto dèi grandi e col riunire
le forze di molti, ciò ne illuminerebbe sulla que¬
stione di sapere fin dove l’uomo può arrivare per
questa via. Ma una cosa tanto degna di osserva¬
zione per una mente speculativa quanto triste per
un amico dell’ umanità si è il vedere, clic la più
parte dei grandi non pensano che a se stessi e non
pigliano alcuna parte alle interessanti esperienze
sulla educazione, per fare avanzare di qualche altro
passo verso la perfezione la natura umana.
3. - Non vi ha alcuno clic, essendo stato trascura¬
to nella sua gioventù, siaincapaco di ravvisare nell’età
matura in elio venne trascurato, vuoi nella disciplina,
vuoi nella cultura (poiché si può chiamar cosi la istru¬
zione).Chi non possicdecultura di sorta e bruto pollinoli
Ita disciplina o educazione e selvaggio. La mancanza
di disciplina è un male peggioro della mancanza di
cultura, perche a questa si può ancora rimediare più
INTRODUZIONE
225 )
tardi, mentre non si può più mandar via la selvati¬
chezza e correggere un difetto di disciplina. Forse
l’educazione diverrà sempre migliore, e ciascuna del¬
le generazioni venture farà un passo di più verso il
perfezionamento dell’ umanità ; imperocché il gran
segreto della perfezione della natura umana dimora
nel problema stesso dell’educazione. Si può cammi¬
nare oramai per questa via ; difatti, oggidì si prin¬
cipia a giudicare esattamente e a vedere in modo
chiaro in clic proprio consiste unabuoua educazione.
E reca dolce conforto il pensare che la natura umana
sarà sempre più e meglio dispiegata e migliorata dal¬
l’educazione, e che si può arrivare a darle quella tor¬
ma che veramente le conviene. In ciò consiste la pro¬
spettiva della felicità avvenire della specie umana.
L’abbozzo d'una teorica dell’educazione è un
ideale nobilissimo, c che non tornerebbe punto noci¬
vo, quando anche non fossimo in grado di effettuarlo.
Non bisogna considerare un’idea come vana e rite¬
nerla come un bel sogno, perchè certi ostacoli ne im¬
pediscono l’effettuazione.
Un ideale altro non è ohe il concetto d una per-
lezione che non si ò riscontrato ancora noU'esporicn-
za : tal sarebbe, per esempio, l'idea 4 una repubblica
perfetta, governata secondo le regole dell» g.nst.z.a.
Si dirà dunque impossibile? Basta, ,u pruno nego,
Che la nostra idea non sia falsa; in seconde lungo,
ohe non sia impossibile assolutamente d, vincere luti,
„u ostacoli per tradurla in atto. Se, poniamo ca¬
scano mentisse, la veracità sarebbe per questo una
0
230 I.A PEDAGOGIA DI E. KANT
chimera ? L’idea eli una educazione clic dispieghi
nell'uomo tutte le sue disposizioni naturali è vera as¬
solutamente.
Con l’educazione presente l'uomo non consegue
appieno il fine della sua esistenza. Imperocché quan¬
ta diversità non corre tra gli uomini nel loro modo
di vivere ! Ne tra loro può essere uniformità di vita
se non in quanto essi operino secondo gli stessi prin-
cipj e questi principj divengano per loro come una
seconda natura. Noi possiamo almeno lavorare intor¬
no al disegno d’una educazione conforme all’intento
che dobbiamo proporci, e lasciare istruzioni agli av¬
venire che potranno a grado a grado metterle in
pratica. Osservate, per esempio, i fiori detti orecchi
di orso: quando li tiriamo dallo radici, hanno tutti
il medesimo colore •, quando invece se no pianta il
seme, otteniamo colori tutti differenti e svariatissimi.
La natura ha dunque riposto in loro certi germi del
colore, e basta, per isvilupparvcli, seminare e pian¬
tare convenientemente questi fiori. Il somigliante
accade nell’uomo !
Vi sono molti germi nell'umanità, e spetta a noi
svolgere con debita proporzione le nostre disposizioni
naturali, dare all’umanità tutto il suo dispiegamento,
e adoperarci a conseguire la nostra destinazione. Gli
animali compiono il loro destino spontaneamente e
senza conoscerlo. L’uomo, al contrario, e obbligato
a cercar di conseguire il fine suo ; il che non può
egli fare se prima non ne ha un’idea. L’individuo
umano non può compiere da se questa destinazione.
INTRODUZIONE
231
Se ainmettesi una prima coppia del genere umano
realmente educata, bisogna sapere altresì com’essa
ha educato i suoi figli- I primi genitori danno ai
loro figli un primo esempio ; questi lo imitano, e così
dispiegansi alcune disposizioni naturali. Ma tutti
non possono esser educati a questo modo, giacché
ordinariamente gli esernpj si offrono ai bambini se¬
condo l’occasione. In altri tempi gli uomini non ave¬
vano alcuna idea della perfezione onde la natura
umana è capace ; noi stessi non l’abbiamo ancora in
tutta la sua purezza. È corto del pari che tutti gli
sforzi individuali, clic hanno per fine la cultura dei
nostri allievi, non potranno mai far sì che costoro
giungano a conseguire la loro destinazione. Questo
fine non può esser dunque conseguito dall’uomo sin¬
golo, ma unicamente dalla specie umana.
4. - L’educazione c un’arte, la cui pratica ha bi-
sogno d’essere perfezionata ila più generazioni. Cia¬
scuna generazione, provvedala delle conoscenze dello
precedenti generazioni, è sempre pii in grado di ar¬
rivare a una educazione che in una giusta piopoi-
zionc c in conformità Sol loro fine svolga tutte le
nostre disposizioni naturali e cosi guidi tutta la spc-
eie umana alla sua destiuazionc. - La Provvidenza
ha voluto ohe l'uomo fosse obbligato a cava™ da se
stesso il bene, 0 in qualche modo gli dice Edia
nel mondo. Io ho mosso in te ogni speco d. alt tudin.
porilbcno. Ora a te solospcttasvilupparlcpcr ,1 bene;
e quindi la tua felicità 0 la tua infelicità dipende da
te ., Cosi il Creatore potrebbe parlare agli nomini !
232 1A PEDAGOGIA DI E. KANT
5.-L'uomo deve innanzi tutto svolgere le sue
attitudini per il bene ; la Provvidenza non lo ha
messe in lui bcll’e formate, ma come semplici dispo¬
sizioni, c però non vi è ancora distinzione di mo¬
ralità. Render se stesso migliore, educare se me¬
desimo, e, s’egli è cattivo, svolgere in sè la mora¬
lità, ecco il dovere dell'uomo. Quando vi si riflet¬
ta consideratamente, si vedo quanto ciò sia difficile.
L'educazione, pertanto, c il più grande e il più ar¬
duo problema che ci possa esser proposto. Di fatti le
cognizioni dipendono dall’educazione, e questa di¬
pende alla sua volta da quelle. Onde non potrebbe
l'educazione progredire elio di mano in mano ; e noi
possiamo arrivare a farcene un’idea esatta solo in
quanto ciascuna generazione trasmette le sue spe-
rienze e le sue cognizioni alla generazione posteriore
clic vi aggiunge qualcòsa di suo c le tramanda così
aumentate aqucllachele succede. Qual cultura e qua¬
le sperienza dunque non suppone questa idea? E
però essa non poteva sorgere che tardi, e noi stessi
non 1 abbiamo ancora innalzata al suo più alto grado
di purezza. Si tratta di sapere se l’cducazionc nel¬
l’uomo singolo debba imitare la cultura che l’uma¬
nità in gcnciale ricevo dalle suo diverse genera¬
zioni.
-Lia le umane scoperte ve ne ha duo difficilis¬
sime, e sono l’arte di governare gli uomini e l’arto
di educarli ; c però si disputa ancora su queste idee.
Ora, donde principieremo a svolgere le naturali
disposizioni dell’uomo ? Bisogna muovere dallo stato
INTRODUZIONE 233
barbaro o da auo stato già culto ? Non è agevol
cosa il concepire uno svolgimento partendo dalla
barbarie (per la difficoltà somma di farci un’idea
del primo uomo) ; e noi vediamo che, ogni qualvolta
si sono prese le mosse da questo stato, 1 uomo è
ricaduto nella selvatichezza, e che però sono stati
sempre necessari nuovi sforzi per uscirne. Anche nei
popoli assai civili ritroviamo un avanzo di barbarie,
attestato dai più antichi monumenti scritti a noi
tramandati ; e qual grado di cultura non suppone
già la scrittura stessa ? E da questo punto, cioè dalla
invenzione della scrittura, si potrebbe anzi far co¬
minciare il mondo, rispetto alla civiltà.
Poiché le nostre disposizioni naturali non si
svolgono da sè stesse, ogni educazione è un’arte. -
La natura non ci ha dato per questo hnc alcun
istinto. - L’origine, come il suo relativo progresso,
dell’arte educativa, è o meccanica, senza disegno
sottoposta a date circostanze, o ragiona « L«to
•d’educare non risulta meccanicamente dalle caco
. stanze in che apprendiamo per esperienza se una
data cosa ci è dannosa od utile. Ogni arte di questo
-onere clic sarebbe puramente meccanica, con i
s „ 1-ioune perche non seguirebbe
f b0 m0lt ' Cn oln-c “ia’nto Che l’arte delMn-
alcnna norma. 0 1 W
caziono 0 1» P f*°” io „,J , or ,„odo d» con-
nata ” 0 d « linnzion m I genitori, ebe hanno
sognuo I. educazione, sono gin
3i rcgoinnoirr,i.Mn ..or rendere
23 i
LA PEDAGOGIA DI E. KANT
questi migliori, è necessario di fare uno studio della
Pedagogia ; diversamente nulla se ne può sperare,
e l’educazione viene affidata ad uomini educati non
bene. Al meccanismo nell’arte educativa bisogna so¬
stituire la scienza, altrimenti ella non sarà clic uno
sforzo continuo, cd una generazionepotrebbe distrug¬
gere quanto un’altra avesse edificato.
6. - Un principio di Pedagogia, al quale dovreb¬
bero mirare segnatamente gli uomini che propongono
norme di arte educativa, ò questo : Che non devc-
si educare i fanciulli secondo lo stato presente della
specie umana, ma secondo uno stato migliore, pos¬
sibile nell’avvenire, cioè secondo l'idea dell’umanità
o della sua intera destinazione. Questo principio 6
d’una importanza tragrande. I genitori educano per
10 più i loro figli per la società presente, sia puro
corrotta. Dovrebbero, al contrario, dar loro una edu¬
cazione migliore, perche un miglioro stato ne possa
venir fuori nell’avvenire. Ma qui si parano dinanzi
due ostacoli : 1° I genitori non si curano per ordi¬
nario che di una cosa sola, ed è che i figli loro fac¬
ciano buona figura nel mondo ; 2° I principi ri-
sguaidano i proprj sudditi oomc strumenti dei loro
disegni.
I genitori pensano alla casa, i principi allo Stato,
fxli uni e gli altri non si propongono per fine ultimo
11 bene generale e la perfezione a cui è destinata
1 umanità. Le basi fondamentali d’uu disegno d’edu¬
cazione fa d uopo che abbiano un carattere mondiale.
Ma il bene generale è un’idea che possa tornar
INTRODUZIONE -315
dannosa al nostro bene particolare? Niente affatto !
Imperocché, quantunque sembri che gli si debba
sacrificare qualcosa, veniamo cosi a lavorar meglio
pel bene del nostro stato presente. E allora quante
nobili conseguenze ! Una buona educazione è proprio
la sorgente d’ogni bene nel mondo. I germi che sono
riposti nell’uomo debbono svilupparsi ognor di vantag¬
gio ; imperocché nelle disposizioni naturali dell uomo
non v’ha principio di male. La sola causa del male
sta nel non sottoporre a norme la natura. Nell uomo
non vi sono che i germi per il bene.
Da chi dee provenire il miglioramento dello
stato sociale? Dai principi o dai sudditi? Conviene
clic questi si migliorino prima da sé stessi, 0 fac¬
ciano la metà di strada per andare incontro a go
verni buoni ? Se, invece, devo partire dai principi
questo miglioramento, si cominci dunque a rifor¬
mare la loro educazione; poiché si é commesso per
lungo tempo questo grave sbaglio, di non resistere
„vii stessi principi nella loro gioventù. Un
albero°cho rosta isolato in mozzo ad un campo pei de
la sua dirittura nel crescere c stendo lungi . suo.
rami ' al contrario, quello elio cresco nel mezzo
una foresta si mantiene diritto, per la reste» a
ohe «li oppongono gli alberi vicini, e cerea al di-
olio 0 i opp j A vviene lo stesso nei ffirn-
^-“rnvale a Meglio siano educati da qua,-
ouno dei tafsudditi che dai loro pari. Non si può
attendere il bene doli-alto so prima non vi sava
migliorata l’edncazionel Qui bisogna dunque con-
23G la pedagogia, di i:. kant
tare più sugli sforzi dei privati che sul concorso
dei principi, come hanno giudicato Basedow ed
altri ; dacché l’esperienza c’insegna che i principi
nell’educazione badano meno al bene del mondo che
a quello del loro Stato, c vi scorgono solo un mezzo
per giungere ai loro fini. Se col denaro soccorrono
la educazione, si riservano il diritto di stabilire le
norme che loro convengano. Lo stesso va detto per
tutto ciò che risguarda la cultura dello spirito umano
c l’incremento dello umane conoscenze. Questi due
risultamenti non sono procurati dal potere c dal
•denaro, ma solo facilitati ; bensì potrebbero procu¬
rarli ove lo Stato non prelevasse le imposto uni¬
camente nell’interesse del suo erario. Ncppur le Ac¬
cademie li hanno dati finora, ed oggi più che mai
non si scorge alcun segno ch’esse comincino a darli.
7. - La direzione delle scuole dovrebbe per¬
tanto dipendere dal senno di persone competenti ed
illustri. Ogni cultura comincia dai privati e da
questi poi si diffonde. La natura umana non può
avvicinarsi di mano in mano al suo fine che per
gli sforzi di persone dotate di generosi e grandi
sentimenti, le quali s’interessano al bene del mondo
sociale e sono in grado di concepire uno stato mi¬
gliore, come possibile, nell’avvenire. Intanto alcuni
potenti riguardano il loro popolo come, in certa
guisa, una parte del regno animale, e mirano sola¬
mente alla propagazione. Al più desiderano ch’esso
abbia una certa abilità, ma solo a fine di potersi
giovare dei proprj sudditi come di strumenti più
ìvrnouuzioNE
237
acconcj ai loro disegni. I privati devono certamente
badare al fine della natura fisica, ma devono so¬
prattutto curare lo svolgimento della umanità, e
far sì ch’ella diventi non solo più abile, ma an¬
cora più inorale \ da ultimo, cosa molto più difficile,
adoperarsi a elio i posteri arrivino ad un più alto
grado di perfezione.
8 . - L’educazione, pertanto, deve :
1° Disciplinare gli uomini. Disciplinarli vuol
dire cercar d’impedire clic la parte animale non
soffochi la parte veramente umana, così nell’umano
individuo come nella società. Dunque la disciplina
consiste semplicemente nello spogliar l’uomo dc.la.
sua selvatichezza.
90 D evc coltivarli La cultura abbraccia la
istruzione ed i varj insegnamenti &sa fornisce
labilità : 0 questa è il possesso d un attitud,ne suf¬
ficiente a tutti i lini elio possiamo proporci. Lss.
dunque non determina da sé alcun tino ma lascia
dunque • . costjinzC . Alcune arti sono utili
questa cura comc sarebbero le arti
in ogni cinp ^ nitro non sono buone elio
di loggoi l’arte della musica, elio
in riSpCt, ° v,H J itTfe possiede. L'abilità 6 in
rende M** ° M molti fini elio
certo modo infinita, &
Jovn altresì enrarc che l'uomo
divenga „ crrt autorità. Questa
dicesi propriamente civiltà. Essa
238 LA PEDAGOGIA DI E. KANT
richiede certi modi cortesi, gentilezza c quella pru¬
denza onde possiamo giovarci degli altri uomini pei
nostri fini ; e si regola secondo il gusto mutabile
di ogni secolo. Così amiamo ancora, dopo alcuni
anni, le cerimonie in società.
4° Deve, finalmente, curare nell’uomo la mo¬
ralità. Ed invero, non basta che l’uomo sia capace
di ogni sorta di fini ; occorre altresì clx’ ci sappia
farsi una massima di scegliere tra quelli soltanto
i buoni. Diconsi buoni que’ fini clic sono necessa¬
riamente approvati da ognuno e che pouno essere
al tempo stesso i fini di ciascuno.
9. - L’uomo può essere guidato, disciplinato,
istruito in modo affatto meccanico, ed illuminato
•veramente. Si guidano i cavalli, i cani, e si può
guidare anche gli uomini.
Ma non basta guidare i fanciulli ; preme so¬
prattutto eli’ essi imparino a pausare. Occorre ba¬
dare ai principj dai quali derivano tutte le azioni.
È dunque manifesto quante cose richiede una vera
educazione! Ma ncH’educazionc privata la quarta
condizione, che è la più importante, viene per lo
più assai trascurata; poiché insegnasi ai fanciulli ciò
che stimiamo essenziale, e intanto si lascia la morale
al predicatore. Ma non ò forse importante d’inse¬
gnare ai fanciulli a odiare il vizio, non per la sem¬
plice ìagione che Dio l’ha proibito, ma perchè di
natura sua è spregevole ! Altrimenti e’ si lasciauo
indurre nel vizio, pensando che il male potrebbe
esser lecito se Dio non l’avcsse vietato, c clic si
INTRODUZIONE 230
può far benissimo una eccezione a favor loro. Dio,
ch'e l’essere sovranamente santo, non vuole se non
ciò cb’ò buono. Egli vuole che noi pratichiamo la
virtù per il suo valore intrinseco e non perchè Ei
lo esiga.
Noi viviamo in un’epoca di disciplina, di cul¬
tura e di civiltà, ma che non è ancora quella della
moralità vera. Nelle presenti condizioni si può dire
che la felicità degli Stati cresce di pari grado colla
infelicità degli uomini. E non si tratta ancora di
sapere se noi saremmo piu felici nello stato di bai-
barie, dove non esiste tutta questa nostra cultura,
che nello stato presente. Come si può, difatti, render
felici gli uomini, se non li rendiamo morali e savj ? La
quantità del male appo essi non verrà così diminuita.
Bisogna fondare scuole sperimentali prima di
poter creare quelle normali. L’educazione e l’istru¬
zione non debbono essere puramente meccaniche,
ma riposare su principj. Tuttavia non hanno da
fondarsi sul puro ragionamento, ma in un certo senso
anche sul meccanismo. L’Austria non ha guari che
scuole normali, istituite giusta un disegno contro
il quale si sono a buon diritto sollevate molte ob¬
biezioni, ed al quale si poteva rimproverare un
cieco meccanismo. Tutte le altre scuole dovevano
regolarsi su quelle, e si negava altresì un ufficio
pubblico a chi non avesse frequentato quelle scuole
Tali prescrizioni dimostrano quale e quanta parte
abbia in certe cose il Governo ; e non e possie di
arrivare a qualcosa di buono con sbatti ordinamenti.
2i0
Li PEDAGOGIA DI E. KANT
Si crede da’ piu che non sia necessario di fare
spcricnzc in materia di educazione, e che si può
giudicare con la sola ragione se una cosa sara buona
o cattiva, ila qui sta un grave errore, c l’esperienza
ne insegna clic i nostri tentativi hanno spesso dato
risultamcnti opposti affatto a quelli che ci attende¬
vamo. È dunque chiaro clic, sondo qui necessaria
l'esperienza, nessuna generazione d uomini può fare
un disegno compiuto d’educazione. La sola scuola
sperimentale clic abbia finora incominciato in qual¬
che modo a battere questa via c stato l’Istituto di
Dessau. Nonostante parecchi difetti che gli potremmo
rimproverare, ma che del rimanente si riscontrano in
tutti i primi sperimenti, bisogna concedergli questa
gloria, ch’esso non ha cessato di spronare a nuovi ten¬
tativi. In un certo modo esso è stato l’unica scuola do¬
ve i maestri avessero libertà di lavorare secondo i prò*
prj metodi c disegni, e dove fossero uniti fra loro c
si mantenessero in relazione con tutti i dotti della
Germania.
10. - L’educazione comprende le cura necessarie
ai bambini c la cultura.
La cultura c: 1° negativa, come disciplina clic
si restringe ad impedire le colpe ; 2° c positiva, co¬
me istruzione c direziono ( Anfilhrung ) , c sotto
questo rispetto merita il nome di cultura. La dire¬
ziona serve di guida nella pratica di ciò clic si vuole
apprendere. Di qui la differenza tra il precettore,
che è semplicemente un maestro, e il governatore
[Hofmeister), che è un direttore. Il primo dà soltnn-
INTRODUZIONE . 2 i I
to l’educazione della scuola; il secondo, quella della
vita.
II primo periodo dell’ educazione è quello in
cui l’allievo deve mostrare soggezione ed obbedienza
passiva ; il secondo, quello in cui gli si permette far
uso della sua riflessione e della sua libertà, ma pur¬
ché sottometta l’una e l’altra a certe leggi. Nel primo
periodo il costringimento è meccanico, nel secondo è
morale.
11 . - L'educazione b privata o pubblica. Que¬
st’ ultima si riferisce all' insegnamento che può sem¬
pre rimaner pubblico. La pratica dei precetti si
lascia all’educazione privata. Un’educazione pub -
blica compiuta è quella che riunisce ad un tempo
la istruzione c la cultura morale. Il suo line con¬
siste nel promuovere una buona educazione privata.
Una scuola dove si pratichi questo si chiama un
Istituto di educazione. Di somiglianti Istituti non
può esservi gran copia, né potrebbero essi ammet¬
tere un gran numero di allievi ; imperocché sono
costosissimi, e la semplice istituzione di questi Col¬
legi richiede molte spese. Lo stesso va detto degli
ospedali. Gli edifizj loro necessarj, il trattamento dei
direttori, dei sorveglianti o dei domestici assorbiscono
la metà decentrate : ed è oramai provato che se si
distribuisse questo denaro ai poveri nelle ispettive
loro case, e’sarebbero curati assai meglio. - ^difficile
ancora di ottenere che i ricchi mandino i loro
figliuoli negl’istituti educativi.
Fine di questi Istituti pubblici e il perfezio¬
namento dell’educazione domestica. Se i genitori o
1G
Valdarnini
242 LA PEDAGOGIA DI E. KANT
quelli che li assistono nell’educare i loro figli aves¬
sero ricevuto una buona educazione, la spesa degli
Istituti pubblici potrebbe non esser più necessaria.
Quindi bisogna farvi delle prove e formarvi persone
adatte, affinchè ci possano dare in progresso una
buona educazione domestica.
L’educazione privata è data dai genitori stessi,
o, se per caso non ne abbiano il tempo, la capacità o
il gusto, da altre persone che li aiutano in ciò, me¬
diante una ricompensa. Ma questa educazione data
così da persone ausiliarie ha il gravissimo difetto di
dividere l’autorità fra i genitori ed il precettore. Il
fanciullo deve regolarsi secondo i precetti dei suoi
maestri, e deve in pari tempo seguire i capricci
de’suoi genitori. E necessario che in questo genere
di educazione i genitori depougano tutta la loro au¬
torità in mano dei maestri.
Ma fin dove l’educazione privata è preferibile
alla educazione pubblica, o questa a quella ? L’ edu¬
cazione pubblica, in generale, sembra più vantag¬
giosa dell educazione domestica, non solamente in
rispetto all abilità, si anche in rispetto al vero carat¬
tere di cittadino. L’educazione domestica, oltre non
correggere i difetti appresi in famiglia, li aumenta.
12 . - Quanto tempo deve durare l’educazione ?
Fino a che la natura ha voluto che l’uomo si governi
da se stesso, fino a che si svilpppi in lui l’istinto
del sesso, fino a che egli può divenire padre cd es¬
ser tenuto di educare alla sua volta, ossia fino al-
. 1 età di circa 1G anni. Decorsa quest’età, si può
ricoiiere a maestri clic proseguano a coltivarlo, e
INTRODUZIONE 243
sottoporlo ad uua celata disciplina, ma la sua edu¬
cazione regolare é finita.
13. - La soggezione dell’allievo è positiva o ne¬
gativa. Positiva, in quanto ei deve fare ciò che gli
viene comandato, non potendo ancora giudicare da
se c non avendo ancora appreso l’arte d’imitare.
Negativa, in quanto l’allievo dee faro ciò che de¬
siderano gli altri, se vuole ch’essi dal canto loro
facciano qualcosa che gli torni piacevole. Nel primo
caso egli è esposto ad essere punito; nel secondo,
a non ottenere ciò elio desidera : o qui, benché
possa oramai riflettere, ei dipende dal suo piacere.
14. - Uno dei più grandi problemi dell’educa¬
zione si ò di poter conciliare la sommissione all au¬
torità legittima coll’uso della libertà, Imperocché
l'autorità é necessaria! àia in qual modo coltivare
la libertà per mezzo dell’àutorità ? Bisogna che io
avvezzi il mio allievo a soffrire che la sua libertà
venga sottoposta all’autorità altrui, c che in pati
tempo io gl’insegni a far retto uso della sua libertà.
Senza questa condizione, in lui non vi sarebbe che
puro meccanismo ; l’uomo sfornito di vera educa¬
zione non sa far uso della sua libertà. Fa duopo
ch’egli senta per tempo la resistenza inevitabile
della società, perché impari a conoscere quanto o
difficile di bastare a sé stesso, di tollerare le pri¬
vazioni c di acquistare quanto basti a rendersi in¬
dipendente. \ ,
Cui devesi por mente alle infrascritte regole.
1» Bisogna lasciar libero il fanciullo fino dalla sua
2ii LA PEDAGOGIA 1)1 E. KANT
prima età c in tutti i suoi movimenti (salvo in quelle
occasioni in cui può farsi del male come, per esempio,
se prendesse in mano uno strumento tagliente), a
patto bensì di non impedire la libertà altrui, come
quando grida, o manifesta il suo brio in modo trop¬
po l’umoroso e da recar disturbo agli altri. 2 11 Gli si
deve mostrare ch’ei può conseguire i suoi lini, a patto
bensì ch’egli permetta agli altri di conseguire i loro
proprj •, ad esempio, non si farà niente di piacevole
per lui s’ei non fa ciò clic desideriamo, come d’im¬
parare ciò che gli viene insegnato e via dicendo.
3° Bisogna provargli che l’autorità, il costringimento
a cui si sottopone, ha per fine disegnargli ad usar
bene della sua libertà, che lo educhiamo ed istru¬
iamo affinchè possa un giorno esser libero, cioè fare
a meno del soccorso altrui. Questo pensiero sorge
assai tardi nella mente dei fanciulli, poiché non riflet¬
tono nei primi anni che dovranno un giorno prov¬
vedere da se stessi al loro mantenimento. Credono
che la cosa andrà sempre come nella casa paterna,
cioè ch’essi avranno da mangiare e da bere senza
darsene alcun pensiero. Ora senza questa idea, i
fanciulli, segnatamente quelli dei ricchi ed i figli
dei principi, restano per tutta la vita, come gli abi¬
tanti di Otahiti. L’educazione pubblica ha qui ma¬
nifestamente i più grandi vantaggj : vi s’impara a
conoscere la misura delle proprie forze ed i limiti
che c impone il diritto altrui. Non vn si gode alcun
privilegio,poiché vi sentiamo dovunque la resistenza,
e ci eleviamo sopra gli altri solo per merito proprio.
INTRODUZIONE
245
Questa educazione pubblica e la migliore immagine
della vita del cittadino.
Resta ancora una difficoltà clic non vuol essere
qui dimenticata, e riguarda la cognizione anticipata
del sesso, .a fine di preservare i giovinetti dal vizio
prima dcll’elà matura. Vi ritorneremo sopra più
innanzi.
TRATTATO.
15. - La Pedagogia, o scienza dell’educazione, si’
distingue in fisica e in pratica. L'educazione fisica c-
quella che l'uomo ha comune con gli animali, c ri-
sguarda le cure della vita corporea. L’educaziom
pratica o morale (si chiama pratico tutto quello
che si riferisce alla libertà) c quella che risguarda
la cultura dell’uomo, perche costui possa vivere come
ente libero. Quest’ultiraa è l’educazione della per¬
sona, 1 educazione d’un ente libero, che può bastare-
a sè stesso e tenere il suo vero posto in società, ma.
che altresì è capace d’avere per sè un valore in¬
trinseco. %
Quindi 1 educazione consiste: 1° nella cultura
scolastica o meccanica, che risguarda l’abilità ; essa
pertanto è didattica (e sta nell’opera del maestro) ' r
“° ne ^ a ^ura prammatica, che si riferisce alla
prudenza (e sta nell’opera del governatore) ; 3° nella
cultura morale, e si riferisco alla moralità.
L uomo ha bisogno della cultura scolastica o
ella istruzione, per mettersi in grado di conseguire
tutti i suoi fini. Essa gli dà un valore come in—
G0 LA PEDAGOGIA DI E. KANT
re che La disciplina non tratti i fanciulli come schiavi,,
e far sì ch’e’sentano sempre la loro libertà, ma in guisa
tale da non ledere quella degli altri: ne segue pertanto
che conviene abituarli alla resistenza. Parecchi geni¬
tori ricusano tutto a’ioro figliuoli per esercitare così
la loro pazienza, esigendo da questi più che da se
stessi. Ma è una crudeltà. Dato al bambino quanto
gli abbisogna, e poi ditegli : Tu nc hai abbastanza.
Ma è assolutamente necessario che questa sentenza
sia irrevocabile. Non fato alcuna attenzione alle grida
dei bambini e non credete loro, quando credano di
ottenere qualcosa per questa via; ma se lo dimandano
con dolcezza, date ai medesimi ciò che loro torna
utile. Si avvezzcranno'così ad essere sinceri; e, come
non importuneranno alcuno colle grida, ciascuno sarà,
in compenso, benevolo]con essi. La Provvidenza pare
veramente abbia dato ai fanciulli un aspetto piace¬
vole per incantare lo persone adulte. Nulla v’ha di
più funesto per essi che una disciplina ostinata e ser¬
vile, intesa a piegare la loro volontà.
Per ordinario si grida ai medesimi: Eh via!
non ti vergogni, questa cosa c indecente ! e somi¬
glianti espressioni, le quali non dovrebbero mai ado¬
perarsi nella prima educazione. Il bambino non ha
ancora idea alcuna di vergogna e di convenienza ;
non ha di che arrossire, non deve arrossire ; e di¬
venterà solamente più timido. Si troverà impacciato
dinanzi agli altri, e fuggirà volentieri la loro presenza.
Quindi nasce in lui una riservatezza male intesa cd
una molesta dissimulazione. Non osa più dimandar
dell’educazione fisica 261
nulla, mentre dovrebbe poter dimandar tutto;nascon¬
de i proprj sentimenti, e si mostra sempre diverso
da quello che è, mentre dovrebbe poter dire tutto
francamente. Invece di star sempre appo i suoi ge¬
nitori, li evita c si getta nello braccia dei domestici
più compiacenti.
Nè meglio di questa educazione irritante gio¬
vano la burla c le continue carezze, d ulto ciò rende
tenace il fanciullo nella sua volontà, lo rende fìnto,
•e, manifestandogli una debolezza ne suoi genitoii,
gli toglie il rispetto dovuto ai medesimi. Ma, se viene
educato in modo clic nulla possa ottenere con le grida,
egli diverrà libero senza essere sfacciato, o modesto
senza essere timido. Non si può tollerare un insolente.
Certi uomini hanno un aspetto così insolente da far
sempre temere qualche villania ; ve n’ha degli altri,
.all’opposto, che al solo vederli si giudica suino inca¬
paci di dire una villania a qualcuno. Possiamo sempre
mostrarci aperti e franchi, purché vi si unisca una
•certa bontà. Si sente dire spesso che i grandi hanno
un aspetto veramente regale; ma questo m essi al ro
non 6 die un certo sguardo insolente, a cu. s, abl-
-tuarono da giovani, non avendo trovato alcuna ics,
5t °° Tutto ciò riguarda solamente Mutazione ne¬
gativa. Difatti, molte debolezze delfuomo non prò-
vengono da quanto non gli insegna, ma » q«c
tanto che gli comunicane le false «F-
, W d'esempio, lo jmbùoi
parlando dei ragni, dei rospi,
202 LA PEDAGOGIA DI E. KANT
bambini potrebbero certamente prendere i ragni,,
come pigliano le altre cose. Ma, siccome le nutrici,
veduto un ragno, palesano nella faccia il loro spa¬
vento, questo si comunica al bambino con una certa
simpatia. Molti lo conservano per tutta la vita e,
sotto questo rispetto, rimangono sempre fanciulli.
Imperocché i ragni sono certamente dannosi allo
mosche, e il loro morso è per esse velenoso, ma
l’uomo non ha di che temerne. In quanto al rospo,
è un animale innocuo al pari di una rana verde-
o di qualunque altro animale.
32. - La parte positiva dell’educazione fisica è
la cultura ; per questa l’uomo si distingue dal bruto.
La cultura consiste principalmente nell’esercizio delle
facoltà dello spirito. Quindi i genitori debbono por¬
gerne ai figli occasioni favorevoli. La prima cd es¬
senziale regola è di fare a meno, per quanto e
possibile, d’ogni strumento. Bisogna dunque abolire
1 uso delle dande e delle girelle, lasciando che il
bambino si trascini per terra finché impari a cam¬
minare da sé, giacché a questo modo camminerà
più sicuramente. Gli strumenti riescono dannosi alla
abilità naturale. Così, ci serviamo d’una corda per
misurare una certa estensione, ma si può fare ugual¬
mente colla semplice vista ; ricorriamo ad un oriolo
pei determinare il tempo, ma basterebbe guardare
la posizione del sole ; ci serviamo d'un compasso
per conoscere in qual regione é situata una foresta,
ma si può anche sapere osservando il sole se di
giorno e le stelle se di notte. Aggiungiamo che--
dell’educazione fisica 263
invece di servirci di una barca per passare nel¬
l'acqua, si può nuotare. Il celebre Franklin si ma¬
ravigliava che l’esercizio del nuoto, cosi piacevole
ed utile, non fosse appreso da ognuno : e ne indi¬
cava così il modo facile per apprenderlo. Si lasci
cadere un uovo in un fiume dove, stando tu ritto
e toccando co’ piedi il fondo, la testa almeno ti ri¬
manga fuori dell’acqua. Cerca allora quell uovo.
Nell’abbassarti, fa risalire i piedi in alto, e, perche
l’acqua non ti entri in bocca, solleva la testa sulla
nuca, ed avrai così la giusta posizione necessaria a
nuotare. Allora basta mettere in moto le mani, e si
nuota. — L’essenziale sta nel coltivare 1 abilita natu¬
rale. Il più delle volte basta una semplice indica¬
zione; spesso il fanciullo stesso è fecondo d’invenzio¬
ni, e si crea da se gli strumenti.
33 - Ciò che bisogna osservare nell’educazione
fisica, e però in quella del corpo, si riferisce o al¬
l’uso del moto volontario, o all’uso degli organi e
senso. Nel primo caso il fanciullo deve semprei am-
tarai ila sè. Quindi ha bisogno di fora», d, ab.»,
di colorita, di sicurezza. Egli devo. P«' e J •
poter traversare luoghi stretti, sabre su altezze a
piceo, donde si scorge l'abisso dinanzi c no, ca^
r ; i , . «:ii„Tifi Se un uomo non può
minare su palchi vac.llan . cte
far tutto questo, egli aoi . T) es .
potrebbe essere. Pache ['Istituto Mantrop «*
sau ne ha dato l'esempio. imi.b siicu stìtati .
genere sono stati fatti co, fa-°" ndo 00me gli
Restiamo assai meravigliati m ie a S
2G-Ì LA PEDAGOGIA DI E. KANT
Svizzeri sino dall’infanzia si avvezzino a salire sulle
montagne e fin dove li spinga la propria agilità, con.
quanta sicurezza traversino i luoghi più stretti e
saltino al di là dei precipizj, dopo aver giudicato
con un’occhiata di potervi riuscire senza pericolo.
Sia la più parte degli uomini han paura d’una cadu-
tapresentata loro dalla immaginazione; e questa paura
ne paralizza talmente le membra che por essi ci
sarebbe davvero pericolo disaltare oltre. Questa paura
cresce ordinariamente coll’età, c si riscontra in specie
negli uomini che hanno molte occupazioni mentali.
Simili sperimenti nei fanciulli in realtà non sono
i più pericolosi. Per l’età loro, il corpo è meno pesante
del nostro, cnon cadono tanto gravemente.Di più, non
hanno le ossa nè cosi fragili, nò cosi dure come sono
quelle degli adulti. I fanciulli sperimentano da se
stessi le loro forze. Ad esempio, li vediamo spesso
arrampicarsi senza un fino determinato. La corsa
è un moto salutare c clic fortifica il corpo. Saltare,
alzar pesi, tirare, lanciare, gettar sassi verso una
mira, lottare, correre, e tutti gli escrcizj di questo
genere sono eccellenti. La danza regolare non pare
convenga ancora ai fanciulli.
Il tiro a segno, vuoi per la distanza vuoi per
colpii e il bersaglio, esercita pure i sensi e parti¬
colarmente la vista. Il giuoco della palla è uno dei
migliori pei fanciulli, perchè richiede una corsa salu¬
tare. In generale i migliori giuochi sono quelli che,
oltio s\ilupparc labilità, sono ancora esercitazioni
pei sensi; ad esempio, quelli clic esercitano la vista
DELL EDUCAZIONE FISICA
26 o
nel giudicare esattamente la distanza, la grandezza
e la proporzione, nel trovare la posizione dei luoghi
secondo le regioni, il che si può fare coll'aiuto del
sole, e via dicendo. Tutti questi esercizj sono ec¬
cellenti. Assai, vantaggiosa ò pure la immaginazione
locale, ossia l’abilità di rappresentarci tutte le cose
nei rispettivi luoghi dove si sono vedute j ossa da,
per esempio, la soddisfazione di ritrovarci in una
foresta, osservando gli alberi vicino ai quali siamo
prima passati. Dicasi lo stesso della memoria locale,
onde sappiamo non solamente in qual libro si è letta
una cosa, ma altresì in qual parte del libro stesso.
Così, il musico ha il tasto in mente, onde non ha
più bisogno di cercarlo. È del pari utilissimo di
coltivare l’orecchio dei fanciulli, e d’insegnar loro a
discernere se una cosa c lontana o vicina ed in qual
direzione.
Il giuoco alla mosca cicco elei fanciulli era già
noto appo 1 Greci. In generale, i giuochi dei fanciulli
seno pressoché universali. Quelli noti o praticati m
Germania ritrovansi anche in Inghilterra, in Francia
ed altrove. Hanno lo propria origino da una corto
naturaleinclinaaionc dei fanciulli! ilgiu.coal .mosco
cicca, per esemplo, nasce in css, dal i
sapore corno potrebbero aiutarsi so fossero pm.d un
senso. La trottola é nn giuoco particolare ma -,u-
sorte di giacchi da bambini foro, seon g—
argomento di riflessimi 1 ultcriouj,so^ ^ esmpilJj
casiono d'importanti scopei ■ ° , questo
scrisse una dissertazione sulla t.otio , i
266 LA PEDAGOGIA DI E. KANT
poi fornì ad un capitano di vascello inglese 1 ’ oc¬
casione d’inventare uno specchio, col quale si può mi¬
surare sopra un vascello l’altezza delle stelle.
I fanciulli amano gli strumenti rumorosi, come le
piccole trombette, i piccoli tamburi, e cose simili. Ma
questi strumenti non hanno alcun valore, perchè i
bambini stessi li rendono disadatti. Meglio sarebbe
che imparassero da sè medesimi a tagliare una canna,
dove potrebbero soffiare.
Anche l'altalena è un buon esercizio ; può gio¬
vare alla salute dei fanciulli e anco delle persone
adulte ; ma i fanciulli han qui bisogno d’essere sor¬
vegliati, perchè il moto che vi cercano può essere
molto rapido. L’aquilone è un giuoco innocentissimo 5
serve a coltivare la destrezza del corpo, stantecliè
il sollevarsi in aria dell’aquilone dipende da una
certa posizione riguardo al vento.
Pigliando interesse a questi giuochi il fanciullo
rinunzia ad altri bisogni, e così a grado a grado si
avvezza a privarsi di altro cose di maggiore impor¬
tanza. Di più, acquista l’abito a star sempre occupato,
ma i suoi giuochi debbono avere anche un fine. Im¬
perocché, più il suo corpo si fortifica e s’indurisce in
questa guisa, più e’ divien sicuro contro le conse¬
guenze corruttive della mollezza. La ginnastica
stessa deve ristringersi a guidar la natura; non deve
procurare grazie forzate. Alla disciplina, e non alla
istruzione, spetta il primo passo. Educando il corpo
deifanciulli, non va però dimenticato che li formiamo
per la società. Rousseau dice : u Non arriverete mai
DELL EDUCAZIONE FISICA
267 -
a formare dei savj, se prima non fate dei monelli „.
Ma da un fanciullo svegliato si caverà piuttosto un
uomo dabbene, che da un impertinente un cameriere-
discreto. Il fanciullo non ha da essere importuno in
società, ma non deve mostrarsi neppure insinuante.
Verso quanti lo chiamano a se, deve mostrarsi fami¬
liare, senza importunità; franco, senza impertinenza.
Per ottenere questo da lui, bisogna non guastarlo in
niente, non ispirargli idee di decoro, che varranno
solo a renderlo timido e selvaggio, o che, d’altra
parte, gli suggeriranno il desiderio di farsi valere. In
un fanciullo niente v’ha di più ridicolo che una pru¬
denza senile, od una sciocca presunzione. Nel secondo
caso è nostro dovere di far maggiormente sentire al
fanciullo i suoi difetti, ma procurando insieme di non
fargli troppo sentire la nostra superiorità ed autorità,
perchè egli si formi da so stesso, come un uomo che-
dee vivere in società ; perocché se il mondo è abba¬
stanza grande per lui, dev’essere non meno grande
anche per gli altri. _^
Toby, nel Tnstram Shandy, dice a una mosca]
oh» l’avo™ molestato per tango tempo o oh. lasca
soapparc dalla finestra: « Va’, catt.vo ammalo .1-
mondo h abbastanza grande per me e pe. e. „
Ciasouno potrebbe pigliare questo detto per dms .
Non dobbiamo renderei importa», gl. um «gb ■
il mondo è abbastanza glande P ei * , .
34,-SiamoeosU^ta.U^Unrm.
tl «a dalla Liberti,. Altra eosa b
LA PEDAGOGIA DI E. KANT
2GS
dar leggi alla libertà, ed altra coltivar la natura. La
natura del corpo e quella dell’anima si accordano
in questo : coltivandole devcsi cercare d'impedir loro
che si guastino, e l’arte aggiunge ancora qualcosa alla
natura del corpo ed a quella dell'anima. Si può dun¬
que, in un certo senso, dimandar fisica la cultura
dell’anima quanto quella del corpo.
Ma questa cultura fisica dell’anima si distinguo
dalla cultura morale, poiché 1’ una si riferisce alla
^Natura, l’altra alla Libertà. Un uomo può essere col¬
tissimo fisicamente; può avere ornatissimo lo spirito,
ma esser privo di cultura morale, ed essere un cat¬
tivo uomo.
Bisogna distinguere la cultura jisica dalla cul¬
tura pratica, che è prammatica o morale. Quest’ul-
tima si propone di render l’uomo più morale clic
■ colto.
Divideremo la cultura Jisica dello spirito in cul-
tuia libera e in scolastica. La cultura liberà si ri¬
duce, sto per dire, ad uno svago; mentre la cultura
scolastica è cosa seria. La prima è quella che ha
luogo naturalmente nell’allievo; nella seconda, egli
può essere considerato come soggetto ad un obbligo.
Anche nel giuoco possiamo essere occupati, il clic
si chiama occupare i nostri ozj ; ma possiamo essere
obbligati ad occuparci, e questo dicesi lavorare. La
cultura scolastica sarà dunque un lavoro pel fanciullo,
■c la cultura libera uno svago.
- Sono stati proposti varj sistemi di educa¬
zione per cercare, cosa davvero lodevolissima, il mi-
dell’educazione fisica 2G!)
glior metodo educativo. Si è pensato, fra gli altri,
di lasciare clic i fanciulli apprendano tutto come un
divertimento. Lichtenberg, in una puntata del Ma¬
gazzino di Gottinga , deride l’opinione di quanti vo¬
gliono che si tenti di lasciar fare ogni cosa ai fanciulli
come un divertimento, mentre dovrebbero essere abi¬
tuati per tempo a serie occupazioni, dovendo essi
entrare un giorno nella vita scria del mondo. Quel
metodo produce un effetto detestabile. Il fanciullo devo
giuncare, aver le sue ore di ricreazione, ma deve
anche apprendere a lavorare. È bene certamente di
esercitare la sua abilità e di coltivare il suo spirito,,
ma a queste due sorte di cultura vogliono esser de¬
dicate ore diverse. La tendenza alia infingaida 00 ine
costituisce per l’uomo una grande infelicità; e piu
egli è abbandonato a questa tendenza, più gli torna
poi difficile di mettersi al lavoro.
Nel lavoro l’occupazione non è piacevole per
se stessa, mas’ intraprende per un altio fine. L°c
cupazione nello svago è piacevole in se, nò qumc
c’c bisogno di proporsi alcun fine. Se vogliamo pas¬
seggiare, la passeggiata stessa ò fine, c quinci p
lunga è la strada fatta, più ci «
Le distrazioni non devono osser mai tollerato,
almeno nella senola, porctó finiscono per degenerare
in una certa tendenza, in una corta abitudine. An
che le più bolle qualità dell'ingegno si perdono in
un uomo so-ctto alla distrazione. Quantunque . fan-
ossi non i—
metà, rispondono in senso contrario, non sanno quei
che leggono, c somiglianti. lg
Valdarnini
274
LA PEDAGOGIA DI E. KANT
La memoria devesi coltivare per tempo, procu¬
rando bensì di coltivare insieme anche la intelligenza.
Si coltiva la memoria : 1° facendole ritenere i
nomi che trovansi nelle narrazioni ; 2° merce la let¬
tura e la scritt ura, esercitando i fanciulli a leggere-
attentamente e senza bisogno di compitare ; 3° con¬
io studio delle Lingue, che i fanciulli debbono capire,
avauti di passare a leggerne qualcosa. Quello clic di-
cesi il mondo dipinto (’orbis pictus), quando sia de¬
scritto convenientemente, rende i più grandi scrvigj,
e possiamo incominciarlo dalla Botanica, dalla Mi¬
neralogia e dall a Fisica generale. Per descriverne gli
obbietti, fa mestieri d’imparare a disegnare e a mo¬
dellare, e quindi vi abbisognano le Matematiche. Lo
prime cognizio ni scientifiche debbono soprattutto aver
per obbietto la Geografia così matematica come fisica.
I racconti di viaggj, spiegati per via d’incisioni e di
carte, condurranno poi alla Geografia politica. Dallo-
stato presente della superficie della terra si risalirà,
al suo stato primitivo, e si arriverà alla Geografia
antica, alla Storia antica, e via dicendo.
Leli istruzione del fanciullo bisogna cercare di
•anirc a grado a grado il sapere e il potere. Fra tutte
le scienze la Matematica pare sia la più adatta a
far conseguile questo fine. Inoltre, bisogna unire la-
scienza e la parola (la facilità del dire, l’eleganza
eloquenza). Ma occorre altresì che il fanciullo im¬
pari a distinguere perfettamente la scienza dalla
mp ice opinione e dalla credenza. A questo modo
ouncià in lui una mente retta, e un gusto giusto
dell’educazione fisica 275
se non /ne o delicato. Il gusto da coltivarsi sarà
prima quello dei sensi, degli ocelli specialmente, e
infine quello delle idee.
Vi debbono essere norme per tutto ciò che pu^
coltivare l’intelletto. È anche utilissimo di astrarle,
affinchè l’intelletto non proceda in modo puramente
meccanico, ma abbia coscienza della regola che segue.
Riesce ancora di grande utilità l’esprimere le
norme con una certa formula c tramandarle così alla
memoria. Se abbiamo in mente la regola e ne di¬
mentichiamo l’uso, non si pena molto a ritrovarla.
E qui si domanda : Convicn principiare dallo studio
delle regole astratte, o le si devono apprendere dopo
averne fatto uso, oppure conviene far procedere i
pad passo lo regole e il rispettive uso? Quest ul¬
timo è il solo partito conveniente : nell alito caso
l’uso rimane incertissimo finché non stame arrivai,
alle regole. Occorre altresì, ove s, presenti 1 occa¬
sione, ordinare per classi le regole; e necessarieHuano
unite fra loro. Dunque, sotto questo
diversa dalla cultura P^^'^^gna alcun che
rxtrsrr--—
dello spirito. Essa e fisica ^ m ^ S
a) Nella cultura/ ^ fano gll 0 non ha bisogno
tica c dalla disciplina c ‘
276 LA PEDAGOGIA DI E. KANT
di conoscere alcuna massima. È cultura passiva pel
discepolo, che deve.seguire l’altrui direzione. Altri
pensano per lui.
b) La cultura morali si fonda sulle massime,
e non sulla disciplina. Tutto e perduto, quando la
si voglia fondare sull'esempio, sulle minacce, sulla
punizione, e via dicendo. Sarebbe allora una pura
disciplina. Bisogna fare in modo che l’allievo operi
bene secondo le proprie sue massime e non p#r abi¬
tudine, e che non faccia solamente il bene, ma che
lo faccia perchè è bene in sè. Imperocché tutto il
valore morale delle azioni risiede nelle massime del
bene. Tra l’educazione fisica e l’educazione morale
corre questo divario : la prima è passiva per 1 al¬
lievo, mentre la seconda è attiva. Fa d’uopo ch’egli
veda sempre il principio fondamentale dell’ azione
e il vincolo che la rannoda all’ idea del dovere.
2° Cxiltura particolare dello facoltà dello spirito.
Questa cultura risguarda l’intelligenza, i sensi, la
imaginazione, la memoria, l’attenzione e lo spirito
(Witz) come qualità peculiare. Abbiamo già parlato
della cultura dei sensi, per esempio della vista. I 11
quanto alla immaginazione, devesinotare una cosa ed
è, che i fanciulli son dotati di una immaginazione
potentissima, e però non ha bisogno d’ essere svilup¬
pata ed estesa con favole e novelle. Piuttosto dev'es¬
sere frenata e sottoposta a regole, senza lasciarla però
disoccupata del tutto.
Le carte geografiche sono una grande attrattiva
per tutti i fanciulli, anche pei bambini. Benché stan-
dell’educazione fisica 217
chi d’ogni altro stadio, essi imparano ancora qual¬
cosa per mezzo delle carte. Questa pei fanciulli è
una distrazione eccellente, dove la immaginazione,
senza divagar troppo, trova da fermarsi su certe
ligure. Onde si potrebbe far loro incominciare gli stu-
dj dalla Geografia, cui sarebbero unite figure di ani¬
mali, di piante, eccetera, destinate a vivificare la Geo¬
grafia stessa. La Storia dovrebbe venire più tardi.
Riguardo all’attenzione, vuoisi notare ch’essaba
bisogno & d’essere fortificata in generale. Unire forte¬
mente i nostri pensieri ad un oggetto meglio che
una prerogativa è una debolezza del nostro senso
interiore, il quale si mostra indocile in questo caso
e non si lascia applicare dove noi vogliamo. Nemica
d'ogni educazione si c appunto la distrazione. La me¬
moria suppone l’attenzione.
2S. - Ora passiamo alla cultura delle facoltà su¬
periori dello spirito , che sono l’intelletto, il giu mio
« 1» ragione. Si può cominciare dal formare in quaò-
chemodo passivameli tel’iiitollotto, chiedendogli esernpj
che si applichino all. regola, o al centrano I.
dinon "P 8tel °“°“ oltane certe cose che por am¬
mencì senea capirle! E fi
— ‘ PriMÌPÌÌ -
bisogna por
lente ohe 9 «i si tratta d’una ragione
2"8 LA PEDAGOGIA DI E. ICAXT
non ancora diretta o educata. Essa pei tanto non deve
sempre voler ragionare, ma badare di non ragionar
troppo su quanto è superiore alle nostre idee. Qui
non si parla ancora della ragione speculativa, ma
della riflessione su ciò che avviene secondo la legge
degli effetti e delle cause. V’ha una ragione pratica
sottoposta al suo impero ed alla sua direzione.
Il miglior modo di coltivare le facoltà dello spiri¬
to consiste nel far da se tutto quello che si vuol
fare; per esempio, mettere in pratica la regola gram¬
maticale che abbiamo imparata. Si capisce segnata-
mente una carta geografica, quando possiamo ese¬
guirla da noi. Il miglior mezzo di comprendere è
quello di fare. Quello che s’impara e si ritiene più
stabilmente e meglio è appunto ciò che s’impara in
qualche maniera da noi stessi. Ma pochi sono gli
uomini che siano in grado di far da maestri a se
medesimi. Questi chiamansi grecamente autodida-
scali (a , j~c5'.5icx“oi).
Isella cultura della ragione bisogna praticare il
metodo di Socrate. Costui infatti, che chiamava so
stesso 1 ostetricante della intelligenza de’suoi uditori,
ne suoi dialoghi, conservatici in qualche maniera da
Platone, ci dà esempj del come si può guidare anco
le persone d’età matura a tirar fuori certe idee dalla
loro propria ragione. Su molti punti non ò necessario
che i fanciulli esercitino la mente loro. Non devono
ragionare su tutto. Non hanno bisogno di conoscere
le ragioni di quanto può conferire alla loro educa¬
zione ; ma quando si tratta del dovere, necessita
dell’educazione fisica
farne loro conoscere i principj. Tuttavia si deve in
generale fare in modo da cavar da loro stessi le
cognizioni razionali, piuttosto che d’introdurvcle. Il
metodo socratico dovrebbe servir di norma al me¬
todo catechetico. Esso è certamente un po'lungo ; e
torna difficile il condurlo in maniera tale da fare
imparare agli altri qualcosa, mentre si cavano le
•cognizioni dalla mente d’uno. Il metodo meccani¬
camente catechetico giova pure in molte scienze, come
nell’insegnamento della religione rivelata. Nella re¬
ligione universale, al contrario, devesi praticale il
metodo socratico. Ma per tutto ciò che dev essere
insegnato storicamente, si raccomanda il metodo mec¬
canicamente catechetico.
39. - Dobbiamo qui trattare anche la cultura del
sentimento del piacere o del castigo. Dev essere
negativa; il sentimento non dev’essere effeminato.
La inclinazione alla effeminatezza c pei 1 uomo il
più funesto di tutti i mali della vita. Dunque preme
sommamente d’avvezzare per tempo i gio\ani a
punto all’ altro, per
280 LA PEDAGOGIA DI E. KANT
cada loro qualcosa di sinistro. Il padre, invece, che
li sgrida, che li picchia quando non sieno stati
buoni, li conduce talvolta in campagna, e quivi li
lascia, correre, giuocare c divertirsi a loro posta,
conforme alla loro età.
Si crede di esercitare la pazienza de’giovinetti
facendo loro attendere una cosa per lungo tempo.
Il che non dovrebbe essere punto necessario. Ma essi
hanbisognodipazienza nellemalattio einaltre contin¬
genze della vita. Di due sorta è la pazienza: consiste
o nel rinunziare ad ogni speranza, o nel prendere nuo¬
vo coraggio. La prima non c necessaria, quando si
desideri unicamente il possibile; e si può aver sem¬
pre la seconda, quando non altro si desideri che il
giusto. Ma tanto funesto è il perdere la speranza
nelle malattie, quanto è favorevole il coraggio al
ristabilirsi della salute. Chi ò capace di mostrarne
ancora nel suo stato fisico o morale, non rinuncia
alla speranza.
Non bisogna render più timidi i fanciulli. Que-
sto accade principalmente quando ci rivolgiamo ad
essi con parole ingiuriose e quando si umiliano spes¬
so. Conviene pertanto biasimare quelle parole che
molti genitori indirizzano ai loro figli : Eh, non ti
vergogni ! Non vedesi di che i fanciulli potrebbero
vergognarsi, quando, per esempio, mettono in bocca
il loro dito. Si può dir loro che ciò non sta bene,
questo non essendo l’uso: ma dobbiamo dir lo*' 0
che si vergognino solamente quando mentono. La
natura ha dato all’ uomo il rossore della vergogna,
dell’educazione FISICA 281
perchè si palesi quand'egli mente. Se dunque i ge¬
nitori parlassero di vergogna ai loro figli solamente
quando mentono, essi conserverebbero fino alla morte
questo rossore per la menzogna. Ma se li facciamo
arrossire di continuo, si darà loro una timidezza
che non li abbandonerà più.
Come abbiamo detto qua sopra, non devesi pie¬
gare la volontà dei fanciulli, ma dirigerla per modo-
che ella sappia cedere agli ostacoli naturali. Sulle
prime il fanciullo deve obbedire ciecamente. Non
è conforme a natura eh’ egli comandi con le sue
grida, e che il forte obbedisca al debole. Dunque
non va mai ceduto alle grida dei fanciulli c dei
bambini stessi, perchè ottengano così ciò che vo¬
gliono. Qui i genitori per lo più &’ ingannano, e cre¬
dono di poter rimediare al male più tardi ricusando
ai loro figli quanto dimandano. Ma e assuido i
negar loro senza ragiope quello eh’ essi' attenti on
dalla bontà dei genitori, coll’unico intento
vogip ie du r T ii"Tr::r
la loro volontà ed i un trastullo
ordinariamente sino « o do Jn cui co _
pei genitori segna & ind J enZ a reca loro
minciano a parlare. L’opposizione ai
LA PEDAGOGIA DI E. KANT
282
conoscere come debbono governarsi. — Importante
la regola da praticarsi coi bambini è questa : andare
a soccorrerli quando gridano e si teme che non
accada loro qualche male, ma lasciarli gridare quando
lo fanno per cattivo umore. E una somigliante con¬
dotta bisogna costantemente tenere più tardi. La
resistenza che in questo caso trova il bambino è
affatto naturale e propriamente negativa poiché ri¬
fiuta semplicemente di cedere a lui. Molti figliuoli,
invece, ottengono dai loro genitori quello che desi¬
derano, mercé le preghiere. Ove si lasci ottenere
loro ogni cosa con le grida, essi divengono cattivi ;
ma se ottengono tutto con le preghiere, diventano
dolci. Bisogna dunque cedere alla preghiera del fan¬
ciullo, salvo che non ci sia qualche potente ragione
in conti ario. Ma quando ci siano queste ragioni per
non cedere, non bisogna lasciarsi più commuovere
da molte preghiere. Ogni rifiuto dev’essere irrevo¬
cabile. Ecco un mezzo certo per non ripetere così
di frequente il rifiuto.
Supponete che vi sia nel fanciullo (cosa da po¬
tei si ammettere assai di rado) una tendenza naturale
alla indocilità; il miglior partito si è, quando egli
non faccia niente per rendersi a noi piacevole, di
non fai niente per lui. — Piegando la sua volontà,
t, ispiriamo sentimenti servili ; la resistenza natu¬
rale, al contrario, genera la docilità.
40. La cultuì a morale vuoisi fondare su certe
massime, non sulla disciplina. Questa impedisce i
- 5 1 ucllc formano la maniera di pensare. Bi-
dell’educazione fisica 283
sogna fare in modo che il fanciullo si avvezzi ad
operare secondo le massime , e non secondo certi
motivi. La disciplina non genera che gli abiti, i
quali svaniscono con gli anni. Necessita che il fan¬
ciullo impari ad operare secondo certe massime, di
cui veda egli stesso la convenienza. Non occorre
dimostrare come sia difficile di ottenere questo dai
bambini, e come la cultura morale richieda molte
cognizioni da parte dei genitori e dei maestri.
Quando un fanciullo mente, per esempio, non
si deve punire, ma trattarlo con disprezzo, dirgli
che in avvenire non gli crederemo più, e somi
glianti. Ma se lo castighiamo quando fa male, e Io
ricompensiamo quando fa bene, egli a b° ia a *
bene per essere ben trattato ; e quanc o piu a
entrerà nel mondo dove le cose procedono altnmcn >,
dove cioè egli può fare il bene ed il male senza
riceverne ricompensa o castigo, non penserà
mezzi per conseguire il suo fine, e sarà buono o cat¬
tivo secondo 1’ utile proprio.
Le massime della coadotta amaca vanno "te¬
sante dall' nomo stesso. Dcvcsi ceicaic p
d'inculcare ai fanciulli, mediante 1.•
l'idea di ciò che ò bene o male. S.^-^
dare la moralità, non bisogna punire. ^ '
è qualcosa di così santo c sn ^appari colla
abbassare a questo P»"‘° ° |M „1 C deb-
disciplina. I primi sfora' ., qualo consiste
buco tendere a fermare .1^ • ’ imc . Queste
nell’abito d’operare secondo cerio
281 LA PEDAGOGIA DI E. KANT
dapprima sono le massime della scuola e poi quelle
dell' umanità. Sul principio il fanciullo obbedisce a
certe leggi. Anche le massime sono leggi, ma per¬
sonali o soggettive, perchè derivano dall’ intelligenza
stessa dell’uomo. Niuna trasgressione alla legge della
scuola deve restare impunita, ma la pena vuol es¬
sere sempre proporzionata alla colpa.
Quando si vuol formare il carattere dei fanciulli
preme assai di mostrar loro in tutte le cose un certo
disegno, certe leggi, che essi ponno seguire fedelmen¬
te. Quindi, a ino’ d’esempio, si stabilisce loro un
tempo per dormire, per lavorare, per ricrearsi; questo
tempo, stabilito che sia, non devesi più nè allungare
nè abbreviare. Nelle cose indifferenti si può lasciare
l’elezione ai fanciulli, a patto bensì che poi osservino
sempre la legge che han fatto a sè stessi. — Non bi¬
sogna tentare, per altro, di dare a un fanciullo il ca-
ìatteie di un cittadino, ma-quello di un fanciullo.
Gli uomini che non si sono proposti certe regole
non potrebbero inspirare molta fiducia; spesso ci ac¬
cade di non poterli comprendere, nè mai sappiamo da
qual verso conviene pigliarli. Vero è che non di rado
si biasima la gente che opera sempre secondo certe
i e^olc, come un tale che ha sempre un'ora cd un
tempo stabilito per ogni azione ; ma sovente questo
biasimo è ingiusto, e quella regolarità è una favore¬
vole disposizione al carattere, benché sembri una
tortura.
Elemento essenziale del carattere d’un fanciullo,
e segnatamente d'uno scolare, è soprattutto l'obbe-
dell’educazione fisica 285
dienza. Questa è di due sorte: prima, un’obbedienza
alla volontà assoluta di cbi dirige -, seconda, un’obbe¬
dienza ad una volontà riguardata coma ragionevole
c buona. L’obbedienza può venire dal costringimento,
dall'autorità, e allora è assoluta ; o dalla fiducia, c in
questo caso è volontaria. Importantissima è la secon¬
da-, ma anche la prima è assolutamente necessaria,
perchè questa prepara il fanciullo al rispetto delle
leggi che dovrà più tardi osservare come cittadino,
quand’anche non gli andassero a genio.
Si deve dunque sottoporre i fanciulli ad una
certa legge di necessità. Ma questa legge, dev’essere
universale, e bisogna averla sempre dinanzi al a
mente nello scuole. Il maestro non devo mostrare al¬
cuna predilezione, alcuna preferenza pei un a ° cl
tra molti : chè diversamente la legge cessele
universale. Quando il tannilo vedo> d». tu»,
gli alivi non sono sottoposti alla medesima legge nomo
lui, diviene ostinato. presentata in
Si dico sempre che ogni cosa P . clin£lzion e.
modo tale ai fanciulli che la faccl ‘™ P ma pareC chic
Il che in molti casi è c J 0 dove ri. E ciò
cose vogliono esser loio p . tutta la vita,
in progresso tornerà loro ^ funz ioni unite
Imperocché nei servizj p u > ^ solo pu ò
alle cariche, ed in molti a Ove supponessimo
guidarci c non la indinone. ^ sare bbe
che il fanciullo non compien . c d ’ a ltra parte
sempre meglio di forniig ienC f - u ii 0 quantunque
egli sa che ha doveri come
286 LA PEDAGOGIA DI E. KANT
veda più difficilmente d’averne come uomo. Se com¬
prendesse ancor questo, il che solo con gli anni è
possibile, l'obbedienza sarebbe ancor più perfetta.
Ogni violazione d’un ordine pel fanciullo è un
mancare di obbedienza, che porta seco una puni¬
zione. Ma non è inutile di punire anche una semplice
negligenza. La pena è fisica o morale.
La pena è morale quando si attutisce la nostra
inclinazione ad essere onorati cd amati, due aiuti,
della moralità, come quando si umilia, o si accoglie
freddamente il fanciullo. Tale inclinazione dev’essere,
finche si può, conservata. Ora questa sorta di pena è
la migliore, perchè aiuta la moralità; per esempio, se
un fanciullo ménte, castigo sufficiente ed il migliore
per lui è un’occhiata di disprezzo.
La pena fisica consiste o nel ricusai’e al fan¬
ciullo ciò che desidera, o nell’infliggergli una certa
punizione. La prima sorta di pena si avvicina a
quella morale, ed è negativa. Le altre pene vanno
adoperate con precauzione, affinchè non generino di¬
sposizioni servili (indoles servilis). Non conviene
dar ricompense ai fanciulli, perchè ciò li rende in¬
tei essati e genera in essi disposizioni mercenarie
(indoles mercenaria).
Inoltre. 1 obbedienza risguarda ora il fanciullo,
01 a il giovinetto. Il mancare d’obbedienza deve
sempio avere la sua pena. Questa punizione, che
si merita l’uomo per la sua condotta, o è affatto
naturale , come sarebbe la malattia che si procura
il fanciullo quando mangia troppo ; e questa specie
dall’educazione fisica 287
di pena è la migliore, perchè l’uomo la subisce non
solamente nella infanzia, ma per tutta la vita. 0
la pena è artificiale. Il bisogno di essere stimati ed
amati è un espediente sicuro per rendere i castighi
durabili. Le pone fisiche vanno adoperate solo come
rimedio alla insufficienza delle pene morali. Quando
il castigo morale non ha più efficacia e si ricorre
alla pena fisica, bisogna rinunziare per sempre a
formare con questo mezzo un buon carattere. Ma
sulle prime la pena fisica serve a riparare la man¬
canza di riflessione nel fanciullo.
Non approdano i castighi inflitti con segni ma¬
nifesti di collera. I fanciulli non vi scorgono allora
che gli effetti della passione altrui, e considerano
sè stessi come vittime di questa passione. In o ene
rale, bisogna fare in modo che i fanciulli stessi ve
dano come il fine vero e ultimo delle pepe inflitte sia
il loro miglioramento. È assurdo pietendere c e :
fanciullo da voi punito vi renda grazie, ^i ac
mani, e via dicendo - , sarebbe un volerne ai
schiavo. Quando le pene fisiche sono c i lC fl
ripetute, formano caratteri ‘“Egoismo
quando i genitori puniscono 1 fig P . „
Lo, non fanno cberonderlUncorapmcgo ^«n
sono sempre i pm cattivi qrxo facilmcntc
intrattabili, ma questi spesso *
con le buone maniere. i nuella
L'obbodionna de, giovinetto o -ve-
del fanciullo, e sta nel sottomette- », v
dovere, l'aro una eosa per dovere eqn.vale
283 LA PEDAGOGIA DI E. KANT
bedirc la ragione. Parlar di dovere ai fanciulli è
fiato sprecato; essi alla fin fine concepiscono il dovere
come una cosa da farsi sotto pena di essere fiustati.
Unicamente dai suoi istinti potrebbe esser guidato il
fanciullo ; ma, quando cresce, gli necessita 1 idea del
dovere. Parimente, non dcvesi cercare di mettere
innanzi ai fanciulli il sentimento della vergogua, ma
riserbarlo alla età giovanile. .Difatti non può aversi
tal sentimento se prima non siasi radicata la no¬
zione dell’onore.
Una seconda qualità, cui bisogna soprattutto mi¬
rare nella formazione del carattere del fanciullo, è
la veracità. Questo infatti è il tratto principale e
l’attributo essenziale del carattere. Un uomo che món¬
te non ha carattere, c 6e v’ha in lui qualcosa di buo¬
no lo deve al suo temperamento. Molti fanciulli hanno
una tendenza alla menzogna, che spesso deriva uni¬
camente da una talquale vivacità d’immaginazione. Ù
dovere dei padri segnatamente di badare che i figli
non contraggano questo abito, poiché le madri non
vi annettono per ordinario che niuna o poca impor¬
tanza ; se pure esse non vi trovino una prova lusin¬
ghiera delle attitudini e dello capacità superiori dei
loro figli. Qui torna opportuno di ricorrere al senti¬
mento della vergogna, poiché il fanciullo in questo
caso lo comprende benissimo. In noi si manifesta il
rossore della vergogna quando mentiamo, ma que¬
sta non ò sempre una prova di aver mentito o di
mentire. Sovente arrossiamo della impudenza onde
altri ci accusa d’una colpa. Non devesi cercare a ve-
dfi.l’educaziónf. FISICA
28!)
mn costo di trai’ di bocca ai fanciulli la verità per
via di punizioni, avesse pure a cagionare qualche
danno la loro menzogna : e’saranno allora puniti per
questo danno. La sola pena che ai mendaci convenga
è la perdita della stima.
Possiamo dividere le pene ancora in negative o
in positive. Le negative si applicherebbero alla infin-
gardia, o alla mancanza di moralità o almeno di gen¬
tilezza, come la menzogna, il dispetto di cortesia, la
insocialità. Le pene positive sono riservate alla mal¬
vagità. Preme sommamente di non tener rancoio
verso i fanciulli.
Una terza qualità del carattere del fanciullo c
la socialità. Egli deve pur conservare con gli altri
relazioni di amicizia, e non vivere sempre c tutto per
sè. Parecchi maestri, c vero, sono contrarj a questa
idea; ma è ingiustissimo. I fanciulli debbono cosi
prepararsi al più dolce di tutti i piaceri della vita.
19
Valdarnini
2 dovesse
oggi pagare il suo creditore, «
T\ Itf “suo creditore, farebbe cosa gia-
occorre sia libeio eia 0 meritoria ■ ma pa-
correndo un povero foJ. mi0 . Si domando-
“n'oTtro se l’a necessiti. ' pud giustificare la
tÌloX 'Sdì certo I non si potrebbe concep.re un
298 la pedagogia di e. kant
solo caso in cui potesse ciò scusarsi, almeno davanti
ai fanciulli; clic altrimenti essi piglierebbero la più
lieve cosa por una necessità e si permetterebbero
spesso di mentire. Se ci fosso un libro di questo ge¬
nere, gli si potrebbe consacrare con grande utilità
un’ora ogni di, per insegnare ai fanciulli a conoscere
ed a pigliare a cuore i diritti degli uomini, che sono '
eccitamento posto da Dio sulla terra.
In rispetto all’obbligo di essere benefici, questo ò
un dovere imperfetto. Occorre meno affievolire che
eccitare l’animo dei fanciulli per renderlo sensibile
alle sventure altrui. Che il fanciullo sia tutto pene¬
trato non dal sentimento, ma dall’idea del dovere!
Molte persone son divenute realmente dure di cuore
perchè, altre volte essendosi mostrate compassione-
voli, furono di sovente tratto in inganno. E inutile di
voler far sentire a un fanciullo il lato meritorio delle
azioni. I preti commettono assai volte l’errore di pre¬
sentare gli atti di beneficenza come qualcosa di
meritorio. Anche senza riflettere che, agli occhi di
Dio, non possiamo far mai che il nostro dovere, si
può dire che adempiamo semplicemente 1’ obbligo
nostro beneficando i poveri. Difatti, la disuguaglianza
del benessere tra gli uomini deriva da mere condi¬
zioni accidentali. Dunque, se posseggo beni di for¬
tuna li debbo a quelle circostanze che han favorito
me o chi mi ha preceduto, c però devo pensaro anco
alla società di cui sono membro.
Si eccita l’invidia in un fanciullo avvezzandolo
a stimare sè stesso giusta il valore degli altri. Deve,
dell’educazioxe P11ATICA 299
al contrario, stimar se giusta le ideo della sua ra¬
giono. Cosi l’umiltà vera e propria è un confronto
del nostro valore colla perfezione morale, La reli¬
gione cristiana, per esempio, comandando agli uomini
di paragonar sò medesimi al modello sovrano della
perfezione, li rendo umili piuttosto che insegnar loro
la umiltà. Far consistere l'umiltà nello stimar se meno
degli altri c assurdo. — Vedi come questo o quel fan¬
ciullo si porta bene! e somiglianti espressioni. Parlar
così ai fanciulli non c certo il modo d’inspirar loro
nobili sentimenti. Quando l’uomo stima sè, giusta il
valore degli altri, cerca o di elevarsi sopra loro, o di
abbassarli. Il secondo caso c proprio dell' invidia.
Allora non si pensa che a trovar difetti negli altri-,
solo a questa condizione si reggo al confronto, c si
riesce superiori. Lo spirito di emulazione applicato
non bene produce l’invidia. Quando volessimo per¬
suadere alcuno che una cosa 6 fattibile, qui l’emu¬
lazione potrebbe giovare : come, puta caso, quan o
esigo da un fanciullo un certo compito e gli mostro
che altri han potuto farlo.
A un fanciullo non va permesso di umiliare gli
nitri in qualsiasi modo. Conviene ndoprarsi a sof¬
focare ogni superbia fondata sui vantaggi
na. Ma bisogno fondare m pari tempo a ^
cioè una modesta fiducia in tó “f*'” 0 .
r",:^rro g auro,obestane, non curarsi
affatto dc’giudizj altrui.
300
LA PEDAGOGIA DI E. KANT
Tatti i desiderj umani sono o formali (libertà c
potere), o materiali (relativi ad un oggetto,) cioè
desiderj d’opinione o di piacere -, o, lilialmente, ri¬
guardano la semplice durata di queste due cose, come
clementi della felicita.
Son desiderj della prima specie quelli degli onori,
del potere e delle ricchezze. Appartengono alla se¬
conda specie i desiderj del piacere sessuale (voluttà),
delle cose (benessere materiale) c della società (con¬
versazione). Sono, infine, desiderj della terza specie
l’amore della vita, della salute, delle comodità (il
desiderio d’essere scevro di cure nell’avvenire).
I vizj sono quelli o di malignità, o di bassez¬
za, o di grettezza d’animo. Alla prima specie ap¬
partengono la invidia, la ingratitudine e la gioia per
la sventura altrui -, alla seconda, la ingiustizia, la
infedeltà (falsità), il disordine, vuoi nel dissipare le
proprie sostanze, vuoi nel rovinarsi la salute (in¬
temperanza) e la propria reputazione ; alla terza
specie, la durezza di cuore, l'avarizia c la infingardi
(effeminatezza).
Le virtù sono o di puro merito, o di obbligò'
sione stretta, o d 'innocenza. La prima classe com¬
prende la magnanimità (che consiste nel domare se
stesso, vuoi nella collera, vuoi nell’amore del benes¬
sere materiale e delle ricchezze), la beneficenza, il
dominio sopra sè stesso. Spettauo alla seconda classe
l’onestà, la decenza e la dolcezza’, alla terza infino,
la buona fede, la modestia e la temperanza.
Si domanda : l’uomo è moralmente buono o cat-
. dell’EDUCAZIONE PRATICA 3»1
tivo per sua natura ? Io rispondo : egli non è mo¬
ralmente buono nò cattivo, perchè non ò un essere
morale per natura ; ©'diviene morale quando innalza
la sua ragione fino alle idee del dovere e della legge.
Si può dir tuttavia che l’uomo racchiudo in sè tendenze
originario per tutti i vizj, avendo inclinazioni ed
istinti che lo spingono da una parte, mentre la sua
ragione l’attira dalla parte opposta. Egli dunque
potrebbe divenire moralmente buono solo in grazia
della virtù, ossia d’una forza esercitata sopra se
stesso, quantunque possa rimanere innocente finche
non si destano le suo passioni.
La maggio.' parte dei vizj dorivano dallo stato
di civiltà quando fa violenza alla natura; c c.ò nond.-
meno la nostra destinazione corno uomini « 4. usci
dal puro stato di natura dove non cor» d.fle.on»
tra noi o gli animali bruti. L'arto perfetta ..teina
alla natura. , „„„ „„„ p .i
Nell’ educazione tutto dipendo, a . ‘ g[
ò: si stabiliscano dovunque buoni P ri “ W
facciano comprender bene od
Questi debbono imparare a sos . uue U d.o 1
..cedi tutto
surdo ; il timore dclh P P stima di sò
degli «“ ini istori.™ JPepini». *«™i;
medesimi o la le c la condotta a.
il pregio ìntrinseo a , sentimento ; una
moti del cuore , l inre “ *» devozione mesta,
pietà serena odi animo boto a una de
cupa e selvaggia-
302
I.A PEDAGOGIA DI E. KANT
Ma bisogna anzitutto preservare i giovani dal
pericolo di stimar troppo i meriti della fortuna ( me¬
rita fortunaà).
43. - Se togliamo ad esame l’educazione dei
fanciulli nella sua attinenza colla Religione, la prima
questione da risolvere c questa : Si può inculcare
per tempo ai fanciulli idee religioso? Ecco un punto
di Pedagogia sul quale si è molto disputato. Le idee
religiose suppongono sempre qualche Teologia. Ora,
come insegnare una Teologia alla prima gioventù,
che non conosce ancora il mondo, c neppure se stes¬
sa ? I fanciulli, che non hanno ancora la nozione
del dovere, come potrebbero capire un dovere im¬
mediato verso Lio ? Ciò che v’ ha di certo si è,
che se potesse avvenire che i fanciulli non fossero
mai presenti ad alcun atto di venerazione verso
1 Ente supremo, e non udissero mai pronunziare il
nome di Dio, sarebbe allora conforme all’ ordine
delle cose d attirare prima la loro attenzione sulle
cause finali e su quanto si addice all’ uomo , di
esercitarvi il loro giudizio, d’istruirli sull’ordine
e sulla bellezza de’ fini della natura, di aggiungervi
poi una cognizione più estesa e perfetta del sistema
dell universo, e di venir così alla idea d’ un Ente
upiemo, d un Legislatore. Ma siccome ciò non e
possibile nello stato presente della società, come non
1 o \ietaisi che i fanciulli non odano pronunziare
i nome di Dio e non siano presenti ad atti di de-
ìonc veiso di Imi, se volessimo attendere per
insegnar loro qualcosa intorno a Dio, ne deriverebbe
dell’educazione PRATICA 303
nel loro animo o una grande indifferenza per la
divinità, o una idea falsa, come il timore della po¬
tenza divina. Ora, poiché bisogna evitare che questa
idea metta radice nella immaginazione dei fanciulli,
devesi cercare per tempo d’inculcar loro idee reli¬
giose. Il che, per altro, non vuol essere un mero
esercizio di memoria, nè una pura imitazione affet¬
tata, ma devesi al contrario seguir sempre a via
naturale. I fanciulli, pur non avendo ancora 1 idea
astratta del dovevo, dcll'obbligazione, della condotta
buona o cattiva, capiranno esservi una leggo del
dovere, o ch'cssa non consisto noi piacere, nell ut.le
o in altri simili considerazioni elle la
ma in qualcosa di generalo che non s. fonda sm
• capriccj umani. Bensì il maestro medesimo d
toi p q r;sit;e tutto riferire a Dio nella indura,
e attribuire ancor questa a Lui. lei ]a
mostrerà in primo por Lequilibrio loro, ma
ind^rcttameute^ancbe^per 1’ uomo affinchè possa ren¬
dersi felice. fin a* principio un’idea
La miglior via pe m .. a o- 0 nare per ana-
chiara di Dio sarcb c que^ ^ m paJre 0 , ie
logia il concetto di . cosi fclieemento
abbia cura di no,1““^ onere nn,ano corno nna
a concepire 1 unita
sola famiglia. , Tfeliffione ? La re-
° b °’ aÌ "T;Sr^2ei, inquanto
ligione è la legge che risied
Mi U PEDAGOGIA DI E. KANT
riceve da un legislatore c da un giudice l'autorità
che ha su noi ; è la morale applicata alla cognizione
di Dio. Se la religione non si unisce alla inorale,
essa altro non è che una maniera di sollecitare il
favore celeste. 1 cantici, lo preghiere, il frequentare
lo chiese, tutto ciò deve servire unicamente a dare
all' uomo nuove forze ed un nuovo coraggio per di¬
ventare migliore ; altro non deve essere che la pura
espressione di un cuore animato dall’ idea del do¬
vere ; tutto ciò c preparazione al bene, ina non co¬
stituisce il bene in se. Non possiamo piacere all’Ente
supremo se non diventando migliori.
Ai fanciulli conviene anzitutto insegnare la
legge che hanno entro di loro. L’uomo ò dispregevole
agli stessi occhi suoi quando cade nel vizio. Questo
disprezzo ha la sua ragione in sò, e non già nella
considerazione che Dio ha proibito il male ] impe¬
rocché non è necessario che ogni legislatore sia nel
tempo stesso autore della legge. Così un principe
può vietare il furto ne’ suoi Stati, e nondimeno egli
potrebbe non essere 1’ autore della proibizione del
furto. Quindi 1 uomo riconosce che la sua buona
condotta può solo renderlo degno della felicità. La
legge divina deve nel tempo stesso apparire come
una legge naturale, poiché non c arbitraria. La re¬
ligione rientra dunque nella moralità.
Ha non bisogna cominciare dalla Teologia. La
religione elio sia fondata semplicemente sulla Teolo¬
gia, non può contenere alcun che di morale. Essa
non ispirerà altri sentimenti clic il timore da una
dell’educazione pratica 30S
parto e la speranza del premio dall'altra ; e quin¬
di produrrà un culto superstizioso. La Morale de¬
ve pertanto venir prima della Teologia. E così ab¬
biamo la Religione.
Dimandasi coscienza la legge considerata in
noi. La coscienza è veramente 1’ applicazione dello
nostre azioni a questa legge. I rimorsi della coscienza
resteranno inefficaci, ove non li consideriamo come rap¬
presentanti di Dio, il cui trono sublime è fuori c
sopra di noi, ma che ha pure stabilito in noi un tii-
bunale. D’ altra parte, quando la religione non è
accompagnata dalla coscienza morale resta inefficace.
La religione senza la coscienza morale, come ab¬
biamo detto, è un culto superstizioso. Si pretende
servire Dio con lodarlo, per esempio, col celebrarne
la potenza e la sapienza, senza curarsi di osservare
lo leggi divine, senza neppur conoscere e studiare a
sapienza e potenza di Lui. Taluni cercano in quelle
lodi una sorta di narcotico per la loro coscienza, o
una sorta di cuscino sul quale sperano riposare tran-
non * i» g-* «.-*»
lo idee religiose, me posiamo tuttavia
loro alcune ; queste bensì debbono essere piuttosto
negative efaL positive. È inutile d. ar re tare ^
mole ai fanciulli 1 questo non pub dar loro eh u idea
falsa della pietà. La vera
sta nell'opera,-e secondo 1» volontà d Ln. . e
massimale si devo i^—
terossc loro ed anche nosti , I ^
Valdarnini
;JOG LA PEDAGOGIA DI E. KANT
nome di Dio non sia profanato così spesso. Invocarlo
nei desiderj e negli augurj, sia pure con intendi¬
mento pietoso, è una vera profanazione. Ogni qual¬
volta gli uomini pronunziano il nome Dio, e’ dovreb¬
bero essere tutti compresi di rispetto ; dovrebbero
pertanto farne uso di rado e mai leggermente. Il
fanciullo deve imparare a riverire Dio, prima come
signore della sua vita e dell'universo, poi come pro¬
tettore o provvidente deH’uomo, e finalmente come
suo giudice. Dicesi che Newton si raccogliesse uu mo¬
mento ogni qualvolta pronunziava il nomo di Dio.
Unendo e rendendo ciliare nella mente del
fanciullo ad un tempo le nozioni di Dio c del do¬
vere, gl’insegniamo a rispettar meglio le cure prov¬
videnziali di Dio verso le sue creature, e lo pre¬
serviamo dalla tendenza alla distruzione ed alla cru¬
deltà, che in tanti modi si compiace di tormentare
i piccoli animali. Si dovrebbe nello stesso tempo
istruire la gioventù a scoprire il bene nel male,
mostrandole, per esempio, modelli di nettezza e di
operosità negli animali di rapina e negli insetti. Essi
fan ricordare agli uomini cattivi il rispetto della
legge. Gli uccelli che danno la caccia ai vermi, sono
i difensori de’giardini ; c così prosegui.
Bisogna pertanto inculcare ai fanciulli certe
nozioni intorno all’Ente supremo, affinchè quand/cssi
vedono gli altri pregare, sappiano a chi o perchè si
fanno quelle preghiere. Ma poche hanno da essere
tali nozioni e, come dicemmo qui sopra, puramente
negative. Devesi cominciare ad imprimerle fin dalla
dell’educazione pratica 301
prima età neH’animo dei fanciulli, ma insieme badare
ch’essi non istimino gli uomini secondo la pratica
della rispettiva religione ; imperocché, nonostante la
diversità dei culti religiosi, trovasi dovunque unità
di Religione.
44. - Aggiungeremo, per concludere, alcune
osservazioni, rivolte particolarmente ai fanciulli che
entrano nellagiovinezza.Aquest’età il giovinetto prin¬
cipia a fare certe distinzioni che non faceva prima.
Viene ili luogo la differenza dei sessi. La
natura ha in qualche modo gettato là sopra il velo
del segreto, come se la ci fosse qualcosa di meno
decente per l’uomo e che per lui fosse un mero bisogno
della vita animale. Essa ha cercato d unirlo con ogni
sorta di moralità possibile. Gli stessi popoli selvaggi
conservano su questo punto una specie di pudore e
di ritegno. I fanciulli curiosi fanno talvolta certe di¬
mando su questa materia alle porsone adulte, per
esempio : Donde nascono i bambini ? Ma possiamo con¬
tentarli facilmente o dando risposte insignificanti, o
dicendo loro che ia dimanda è propi io da barn ini
Meccanico è lo svolgimento di questo tendenze
nel giovinetto; e, come in tutti gl'istinti che si dispie¬
gano in lui, non ha bisoguo di conoscerne prime^ og¬
getto- È dunque impossibile di mantener qui , g pa¬
netto nella ignoranza e nella innocenza o i
compagna. Il silenzio non fa che aggravalo li male;
Dna prova ci è fomitadall'edncaz.ono dei noeta “ 0
nati. Secondo l'educazione dell'età nostra*
giustamente che di queste cose bisogna pollare «,
•JOb LA PEDAGOGIA DI E. KANT
vinetto senz’ambagi, in modo chiaro o preciso. Per
fermo si tocca un tasto delicato, poiché non so ne
fa volentieri soggetto di conversazione pubblica. Ma
tutto sarà ben fatto se gli parliamo di ciò in modo
serio e conveniente, e se penetriamo nelle sue incli¬
nazioni.
L’età dei 13 o dei 14 anni è e quella ordina¬
riamente in cui la tendenza per il sesso dispiegasi
ne' giovinetti (se avviene prima, vuol dire che i
fanciulli sono stati corrotti e perduti da cattivi escm-
pj). A quell’età il giudizio loro si ò già formato, c
la natura l’ba provvidamente preparato affinchè pos¬
siamo allora discorrere di tal oggetto con essi.
Non v’ò cosa che tanto fiacchi lo spirito e il cor¬
po quanto la specie di voluttà che l’uomo consuma
sopra sè stesso ; non occorre diro ch'essa è contraria
alla natura umana. E quindi non si deve più tener
celata al giovinetto. Bisogna mostrargliela in tutto
l’orrore suo, e dirgli elio si rende cosi disadatto alla
propagazione della specie, che rovina le sue forze
fisiche, che si prepara una vecchiaia precoce, che con -
suma il suo spirito, e va dicendo.
Per fuggire le tentazioni di questo genere bi¬
sogna stare occupati sempre e non concedere al letto
ed al sonno altre ore che le necessarie. A questo modo
il giovinetto caccerà via dalla mente i pensieri cattivi 5
poiché, sebbene l'oggetto esista nella pura immagina¬
zione, egli usa ancora la forza vitale. Quando la incli¬
nazione si porta sull’altro sesso, almeno s’incontra
sempre qualche resistenza; ma quando è rivolta sopra
DELL’EDUCAZIONE l'UATlCA 309
l’individuo stesso, può ad ogui momento essere ap¬
pagata. Rovinoso ò l’effetto fisico’, ma le conseguenze
morali sono ancor più funeste. Qui si varcano i con¬
fini della natura, e la tendenza non è mai sazia,
perchè non trova mai alcuna soddisfazione reale. Ri¬
spetto ai giovani, alcuni precettori han posto la qui-
stione : Può ad un giovane permettersi di formare
unione con una persona di sesso diverso? Sebisognasse
scegliere uno di questi duo partiti, il secondo sarebbe
certamente migliore. Nel primo caso il giovane opere-
rebbe contro natura - , ma nel secondo, no. La natura ia
destinato a diventare uomo, e quindi anche a pro¬
pagare la specie umana, appena è in grado di proteg
gere sè stesso; ma i bisogni, a’quali deve neces¬
sariamente sottostare l’uomo nella società civile non
gli consentono di poter ancor» allevare .suor SgU.
Qui pertanto egli va contro l'ordine ernie. U n,^'
partito pel giovane, e questo k per In. «ohe u
vere, sta nell'attenderc ohe sia in grado d uni...
regolarmente in matrimonio. P“ ra “ 0 ^ btl on
mostrerà non solo uomo dabbene, s.
cittadino. tempo a dimostrare alla
Il giovine apprenda pe. ^mp ^ mMÌlMn0
donna tutto il rispetto c 0 ^ j, epararsi così
la stima con lodevole operosità, ed a piepa
all'onore d’nna ““ il gi»™* 110 ’
La seconda diff corainc ia a porre e
oramai ad entrare nel dei ceti e ladisu-
quella che risguarda la fanciullo, non
guaglianza degli uomini. Finche
310 LA PEDAGOGIA DI E. KANT
bisogna fargli notare questa differenza. Non gli si
deve permettere di comandare ai domestici. S’egli
osserva che i suoi genitori comandano ai domestici,
gli si può sempre dire : Noi li manteniamo, e però
essi ci obbediscono. I fanciulli ignorano del tutto que¬
sta differenza, se i genitori non ne porgono loro l’idea.
Convien dimostrare al giovinetto come la disugua¬
glianza degli uomini sia un ordine di cose derivato
dai vantaggj onde certi uomini hanno cercato di di¬
stinguersi dagli altri. La coscienza dell’eguaglianza
degli uomini, nonostante la disuguaglianza civile, può
essergli inspirata a poco a poco.
45. - Fa mestieri di avvezzare il giovine a sti¬
mar se giusta il proprio valore, c non secondo il va¬
lore altrui. La stima degli altri, in tutto ciò clic non
costituisce affatto il valore dell’uomo, è vanità. Bi¬
sogna, inoltre, insegnare al giovine a fare ogni cosa
coscenziosamente, ed a porre ogni cura non tanto di
parere, quanto di essere. Avvezzatelo a far sì che
in ogni contingenza della vita, presa ch’egli abbia
la sua risoluzione, questa non resti vana ; meglio
sarebbe di non venire in alcuna deliberazione, e di
lasciar sospesa la cosa. Insegnategli la moderazione
ne’suoi rapporti col mondo e la pazienza nel lavoro :
Sustine et abetine ; insegnategli la temperanza nc’
piaceri. Quando l’uomo non desidera unicamente i
piaceri, ma sa ancora essere paziente nel lavoro, di¬
viene un membro utile alla società e si preserva
dalla noia.
Conviono pure istruire il giovine a mostrarsi
DELL'EDUCAZIONE 1MIAT1CA 311
festevole e di buon umore. La serenità dcH’anirao
deriva naturalmente dalla coscienza tranquilla. Rac¬
comandatogli pertanto di conservare lo stesso tem¬
peramento. Con l’esercizio egli può arrivare amo- ■
strarsi sempre di buon umore in società.
Abituatelo a considerare molto cose come do¬
veri. Un’azione dev'essere pregevole, non perche si
accorda colla mia inclinazione, ma perche nel farla
io compio il mio dovere.
Bisogna educare il giovine all’amore verso gh
altri c poi a tutti i sentimenti verso l’umanità. Nel¬
l’animo nostro v’ha qualcosa che vuole c'interessiamo
di noi stessi, di coloro coi quali siamo cresciuti non
dio educati, o del bene universale. Va rose fam.liaro
questo interesse ai fanciulli perchè riscaldi le anime
loro. Essi debbono gioire del bene universale, quando
anche non torni a vantaggio della patria o d,
‘“ 0d Conviene abituarli ad nneordare una mediocre
stima al godimento de'piaoen ndln vi• •
nirè i, timore puerile Eseguire
strare ai giovani che il P ia
ciò ohe promette. loro atten2 ;„ne
Bisogna, per ultime, torma a „ U a
ii -i* ri! rpndorsi conto 0 o m o
sulla necessita di rende ine de n a vita pos-
propria condotta, perdi • * acq ùistato.
sano stimare debitamen
LA MISSIONE BELLA DONNA
NULLA. SOCIETÀ ODIERNA.
I.
Chi esaminasse con occhio diligente, acuto od
imparziale tutte le cagioni e tutti gli umani indivi¬
dui che in un modo o nell'altro concorrono al pro¬
gresso ed al perfezionamento della specie umana,
vedrebbe che alla donna spetta non picciola parte
di gloria in questo progresso indefinito. Anzi tutte,
come osservò uno storico nostro contemporaneo, se
1 uomo incontra spesso la morte per la salvezza della
patria, la donna corre pericolo della vita ogni qual¬
volta mette alla luce una creatura umana. Onde il
Leopardi (Canto notturno di un pastore errante del'
l'Asia ) scriveva :
Nasce l’uomo a fatica,
Ed è rischio di morte il nascimento.
Dalla cuna alla tomba, dalle più modeste cure della
famiglia a'più alti e gloriosi ufficj dello Stato, dai
primi rudimenti del sapere e del viver civile alle
più nobili manifestazioni del pensiero ed al più squi¬
sito incivilimento cui sieno pervenuti gli umani con-
LA MISSIONE DELLA DONNA ECC.
313 .
sorzj, nella prospera e nell’avversa fortuna, in pace
ccl in guerra, nelle arti, nelle scienze e nelle lettere,
in ogni tempo e presso le nazioni tutte, per via più
o meno diretta, in modo ora occulto ora palese, vi
scorgi sempre l’opera e l’efficacia della donna ne vaij-
suoi ufficj di sorella, di figlia, di amante, di sposa,
di madre, di cittadina, di cultrice d’ogni arte li¬
berale od ispiratrice de’più nobili sentimenti, d’eroina
del dovcree,seoccorre,di martire del sacrifizio. Senza
la donna, oltre non potersi' conservare o perpetuare
il genere umano, l’opera divina della creazione non
sarebbe stata compiuta, non avi ebbe avuto i
più bello e vero coronamento.
IL
Sollevata dal Creatore ad un grado sì nobile,
destinata a sì alto ufficio, la donna non fu m »
tempo c debitamente pregiata dagli uomini, n
ellastessa o non volle sempre corrispondere al a sua
missione. Nel paganesimo essa o fu tenu a s • j
o fu considerata del tutto inferiore all’uomo e qual
mero strumento di voluttà. Pei atio un 8V0 iaero
basso e misero stato, se ufficio,
tutte le sue facolta e compì umana
non mancò affatto nel progresso della -v ^
l’opera di lei, giacché la natuia s . res trin-
di quando in quando i calpes a i invano
prò-
le donne si volevano appa ^ Qultara in^
cacciavasi loro una buon
314 LA MISSIONE DELLA DONNA
tellettualc, chi nei più aspri pericoli della patria,
nelle arti e nelle lettere faccvasi tuttavia sentire
l’impulso animatore della donna greca. Infatti; dii non
ricorda come la giovinetta, la sposa e la madre inspi¬
rassero animo forte alla greca gioventù, che prima
della battaglia acconciavasi la bella persona, quasi
.traesse a convito e alla danza? Chi non ricorda come
Socrate rassomigliasse il suo modo di filosofare al¬
l’arte della madre sua Fenarete ? Chi non ricorda le
ispirazioni di un'Aspasia, c il valore poetio dell’in¬
felice Saffo, molti versi della quale possono reggerò
al confronto di quelli più affettuosi d’Anacreonte? E
questi non imitò poi la fanciulla di Lesbo ? - Invano
l’antica lloma negava alla donna ogni personalità giu-
'ridica, che ivi pure non mancavano stupendi esempi
di amor patrio c di senno. Chi non ricorda infatti
la pacò fra i Romani ed i Sabini, stipulata (checche
ne pensi la critica moderna) per int.crcessiono delle
rispettive donne? E, per tacere dello influsso della
ninfa Egeria su Nuraa Pompilio, la storia non ha
essa glorificato l'eroismo di Clelia ; le preghiere,
ispirate da vivo amor patrio, della madre e della sposa
di Coriolano ; il sacrifizio di Virginia ; la rettitu¬
dine e l’anuegazione delle madri dei Gracchi e degli
Scipioui, esempio rinnovato ai nostri giorni dall’eroica
madre dei fratelli Cairoli ? L’opera della donna non
fu adunque del tutto manchevole od impotente nella
civiltà pagana, e presso le schiatte che abitavano al
mezzodì c all’occidente del mondo antico.
Rinobilitata dal Cristianesimo e tenuta in.mag-
NULLA SOCIETÀ ODlÈllNÀ 315
giorc stima appo i vigorósi popoli del settentrione,
La clonna ; ritornò man mano signora di sò, fu pro¬
clamata degna o ■ inseparabile compagna dcH’uomo.
Èssa allora comprese tutta la nobiltà della sua natura,
andò via via perfezionandosi, e cooperò efficacemente
a rialzare la stessa dignità umana, e a far progredire
la civiltà. Lasciati gli Dèi falsi c bugiardi, abbrac¬
ciata la religione di Cristo, la donna se uc fa la più
valida sostenitrice c propagatine©, come ci,testi¬
monia la madre di Agostino il santo, la imperatrice
Eletta madre di Costantino; Teodolinda regina dei
Longobardi, c' molte altre rioordate dall’istoria. Nel
medio evo i più intrepidi c cortesi cavalieri cingono
la spada-in difesa della donna e della fede; un Abe¬
lardo,'famoso disputatore nelle più aride c nelle pm
alte questioni di filosofia e teologia in Paii D i ne
colo XH, ò attratto dalla bellezza c dall’ingegno
d'Eloisa, nobile creatura (dico il Cousin) che amo come
santa Teresa e scrisse talvolta come eneca " .
donna ispira il canto dei trovatori, e porgo ra
alle’ lingue romanze ; Beàtnce si 6 che sia
stare l’ingegno più universal l . a]la
vissuto nei tempi di mezzo al
Ugnato Papato, lo richiama a a
316 LA .MISSIONE DELLA DONNA
suo vero ufficio. Instigatrice a nobili imprese, la don¬
na piglia non di rado la lira, ne trae suoni armoniosi
e delicati, come Gaspara Stampa, Veronica Gambara
e Vittoria Colonna. Altre maneggiano con onore il*
pennello, come SofonisbaAnqùisciola, Barbara Longhi
e Teodora Danti, pittrice c matematica insigne; e ta¬
lune maneggiano perfinolo scalpello, come a'dì nostri la '
egregia e valenteAmaliaDuprè. Moltissime poiriesco-
no eccellenti nella musica. Una Margherita illuminae
rende civile la Scozia ; più tardi Maria Teresa c
Caterina II a governano sapientemente due più te¬
muti Imperi d’Europa. In tempi a noi più vicini
la signora di Stiicl predicava la Comunione intel¬
lettuale dei popoli; Albertina-Necker scriveva di
Pedagogia, ed in molte osservazioni sullo sviluppo
della intelligenza e degli affetti del bambino fu più
acuta di Emanuele Kant. La signora Swetchino,
oriunda della Russia, onorava gli uomini più illustri
della Francia contemporanea e alla sua volta era
da essi meritamente onorata. In Ginevra tenne cat¬
tedra di lettere italiane la nostra Caterina Ferrucci,
e poi scriveva un insigne trattato smW Educazione
morale della donna italiana. Taccio poi gl’illustri
nomi dello signore De Spuches Galati, Milli, Fuii
Fusinato, Alinda Brunamonti ed altre, per ricor¬
dare quello della perugina marchesa Florenzi, che
a nostri giorni coltivò con onorato successo una delle
più difficili e la più universale delle discipline ra¬
zionali, vo dire la Filosofia. Ecco ricordati, in questi
pochi csempj, i meriti insigni del gentil sesso.
NELLA SOCIETÀ ODIERNA
ni
III.
A questi meriti la donna moderna può e deve
aggiungerne degli altri, adempiendo sempre il suo
nobile mandato, perfezionando sè stessa, e coope¬
rando efficacemente ai multiformi aspetti della civiltà
e dell’umano progresso. Poiché la uatura della donna
non cambia, e poiché dal Cristianesimo é stata sol¬
levata al suo più alto c vero grado, ella ha sempre
c dovunque il medesimo fine da conseguire. Ma m
gran parte variano i modi per adempiere sì alta
missione, secondo che mutano le condizioni politiche,
intellettuali e morali della società in mezzo alla quale,
vive la donna. Questa, inoltre, si é perfettibile e non
perfetta, né può sottrarsi, in mezzo agli sp e
della civiltà nostra, alle leggi che governano il gra¬
duato avanzamento del genere umano, osi, po
in oggi la donna ispirare animo al guerr.ero pei la
stessa idea e per le stesse cagioni onde Io ispira
tempi di meco ? E le sole doti mota!.,
da Ima conveniente cattura intellettuale sainbb no
oggidì sufficienti a .cadere, non diri.
spettata la donna, “‘.^““notanefieo o potente
congiunture della vita tatto
influsso negli nomini «1» consistere il
Vediamo, portante, >n ‘ ^ nelIa 80 „ietà
vero e compiuto ufficio d ^ ^ cavat teri
odierna, tenendo fermi da ™ giuste o
essenziali, e dall’ altro tenendo con
razionali esigenze dei nostii temp
I.A .MISSIONI' DELLA DONNA
m
vi.
Nel suo librò La dolina e là scienza -1' onorevole
SalvatdreMorelliassegnavaun triplice scopo alla donna,
cioè di partorire 1’ uomo, di educarlo, di muoverlo o
dirigerlo al bene. E per l’illustre professore gine¬
vrino, Ernesto Naville, il véro ufficio della donna
consiste in opere di educazione, di pietà e di mise¬
ricordia (Il Dovere: discorso alle signore di Ginevra
c di Losanna). E sta bene: ma noi'vogliaiio consi¬
derare la donna in modo più esplicito c sotto qualche
altro aspetto, vale a dire in tutte le sue più affet-
tuose e più solenni manifestazioni. Cominciamo a
riguardare la donna come sorella.
Dopo il rispetto che il figlio deve ai genitori,
viene quello verso la sorella. Ah ! chi può mai com¬
prendere tutta la dolcezza e la soavità di questo
meno ? I più gentili e nobili sentimenti clic poi fanno
caro e degno di stima 1-' uomo in società, egli deve
apprenderli ed esercitarli in famiglia e specie con
le sorelle. Queste, per ordinario pazienti, soavi, gra¬
ziose, capaci di profondo c puro affetto fraterno,
destano rispetto ed amore, raddolciscono l’animo,
fanno più miti le correzioni dei genitori, formano
a piu bella e fida compagnia del fratello. Quando
esse lasciano la casa c il nome del padre per assii-
meie quello d un altro uomo, o quando inesorabile
morte le rapisco anzi tempo, la casa paterna pare
cnenga un deserto. È la sorella Paolina che, nel
NELLA SOCIETÀ ODIERNA 319
primo caso, inspira al Leopardi uno dei più belli
suoi canti. È la buona Manétta Pellico che rinunzia
alle gioie torrone, si ritira in un chiostro e prega
pel fratello Silvio prigioniero allo Spielbergo; e quel-
1' atto magnanimo ispira versi affettuosi all’ amico
di lui, all’intrepido Maroncelli ! “ La sorella è al¬
l’uomo la prima compagna, la prima amica, quella
che all’ uomo fa presentire le dolcezze innocenti del-
1’ amore di donna. L'ineguaglianza degli anni e la
severità de’ modi pone tra genitori e figliuoli certa
distanza che accresce 1 affetto vero rinforzandolo co
rispetto, ma clic richiede come a ristoro altri eser-
cizj del cuore. Col fratello ogni cosa comune: la me¬
moria, le gioie, i patimenti, i piccoli enoii.... n
luoghi di pochi e poveri e sovente divisi, abitanti
la famiglia è patria e universo. La sorella in que
ire tenaci infonde qualche parola di amoie .
lo sguardo, le lagrime di donna ritemprano, per
fiera che sia, la virile durezza, e a generosi a
spengono. Onde sorella è dolce e poetico nomerò
di questo nome si
rapilo nel 1874 all'Italia, alle lettere, alla
V.
a „ annsa la donna ha un
Se poi diviene amante P > opGr0 sità.
più vasto campo dove eterei ai ^ . zi
È il- forte adopra o pensa.
326
I.A MISSIONE DELLA DONNA
Vili.
E voi specialmente, donne italiane, abbiatevi:
pure questo vanto, o sappiate ognor più meritarvelo :
a vostro senno molte fiate pensa ed opera il letterato,
l’artista, l’uomo di scienza, e talvolta anche l’uomo
di Stato ! Per citarvi un solo esempio, senza l’im¬
pulso, il conforto e l’approvazione di due egregie-
donne, la contessa Balbo e la siguora Pellico madre
di Silvio, questi avrebbe egli scritto e reso di pub¬
blica ragiono Le mie Prigioni, libro che ha fatto
palpitare tanti cuori, che noi da giovinetti leggevamo
piangendo e fremendo, e che ha cooperato, più di
molte battaglie, alla libertà e indipendenza d'Italia?'
Sicché la donna, oltre poter da so coltivare non
senza gloria lo lettere ed alcune razionali discipline,
e divenire eccellente nelle arti liberali, può c deve
inspirare il letterato c l'artista, animare lo scien¬
ziato, c può altresì correggerlo quando certe suo-
teorie pugnino con i più nobili sentimenti del¬
l’animo e col senso comune, che il più delle volte
lasciando parlar la natura, diceva il Mamiani, fa-
la spia della verità. Infatti, se il Rousseau avesse
pensato a sua madre o se avesse potuto interro¬
garla, avrebbe egli scritto quel terribile voto, che
i figli non dovessero mai conoscere i loro parenti ?'
E se alcuni oggidì, oltre dover meglio badare alla
prova certa e compiuta dei fatti e alle sane regole
«ella logica, pensassero alla nobiltà dell’uomo e in¬
terrogassero il cuore profetico della donna, verreb-
NELLA SOCIETÀ ODIERNA
327
bero essi a certe conclusioni c teorie che procla¬
mano non punto dissimilo da quella dei bruti la
discendenza di nostra progenie ?
Quanto alle lettere, tanta c l’efficacia della don¬
na, che se ad una letteratura moderna rimangono
estranee le donna, e’vuol dire eh’essa non ha vita.
l>en è vero che la donna, soggiungo quel dottissimo
ed acuto ingegno del Bonghi, devo entrare in una
letteratura più come direttrice clic come operaia 5
allora col suo criterio lino c giusto, con quella sua
delicata spontaneità di sentire, con quella sua at¬
titudine a scovrire le pieghe del cuore,.... con quel
suo vivere nel presente, colla sua inclinazione a
non accontentarsi, secondo l’indole, se non o d un
pensiero ben circoscritto 0 d’un affetto infinito 0
col potere tutto suo di sancire col sorriso e colla
grazia il giudizio ch’esprime, ha un influsso po¬
tente ed utile nella letteratura d’un popolo mo¬
derno. Oltre di clic, per il suo posto nella fami
glia e nella società, la donna è lo -strnmen 0 pm
adatto e più sicuro della diffusione della^ coltuia 0
por la natura dolio suo ocoupao.cn, P°^bbe fcr
niro il maggior numero do’lcttcr. d'un l.bro (R. Boa
6K iwS lu Matura italiana non *.***.•
in Italia. Lotterà prima). donna
Dieeva egregia^ diretammt0
LA MISSIONE DELLA DONNA
32S
dello scoraggiamento. Infelice quell'uomo che, tutto
assorto nelle questioni politiche, non ha poi un con¬
forto nel seno della famiglia ! E quanto l’aspre e
continue battaglie della politica .snervino l’uomo, noi
già lo vedemmo negli ultimi anni e nella fine del
compianto deputato Civinini: l’amorevoli curo della
madre c il pensiero dei figli non furono più capaci
a salvarlo da morte immatura! Non vi dirò poi come
gli affetti domestici e la soavità della donna pos¬
sano informare a pacatezza ed a maggiore equità
l’animo del legislatore e dell'uomo di Stato, poiché
la vita umana dev’essere, tutta un’armonia. Così una
saggia economia domestica ottenuta per cura della
donna, può servire di norma, fatte le debite pro-
. P orz ‘oni, a chi deve amministrare il tesoro del Co¬
mune, della Provincia, dello Stato.
IX.
Ove poi consideriamo la donna come prima
educati ice de figli, essa deve infondere per tempo
nell'animo del giovinetto non solo i precetti morali,
ma può eziandio, secondo l’opportunità, fargli co¬
noscere alcuno massime di prudenza e di saviezza
politica. E non si creda che sia questo un mero sogno,
un vano parto della mia fantasia. No, era il Tom¬
maseo stesso che raccomandava d’iniziare per tempo,
ilici cò 1 educazione, i giovinetti alla conoscenza c
‘ a pratica di quelle norme che si riferiscono al
viver civile e politico. Mi sia concesso, pertanto, di
riferire 1’ autorevoli parole di quell’ uomo illustre,
NELLA SOCIETÀ ODIERNA 329
clic non fa alieno dalla vita politica, ma che anzi
ebbe tanta parte nel risorgimento della nostra na¬
zione. u Ed io tengo per vero (scriveva egli nel
trattato sulla Donna) che la politica nostra sia cosi
piena di miserie c di passioni e di pericoli, appunto
porche troppo tarda disciplina è a’figliuoli nostri;
appunto perchè primi maestri di politica sono ad
essi le tragedie dell’Alfieri e i giornali di Francia ;
appunto perchè il nome di patria suona loro nella
mente innanzi che nel cuore, o suona come figura
vettorica
Sicché la donna può e deve giovare all uomo
in tutto, non pure nella scienza come abbiamo ac¬
cennato, ma talvolta anco nelle dispute filosofiche e
religiose. Narra inflitti S. Agostino che la madie, i
lui entrò nella stanza dov’egli con un amico ragio¬
nava di filosofia, c i dialoghi si scrivevano di mano
in mano : si scrissero anche lo d, lo. ; al le
Monica mostrando di mcrav.gliarsi, disse j ?
esser olla sapiente: « E peschi, non saro o , * jL
italiane oggi non manca, salvo pocio ®°
modo di apprendere siffatta.educazionee^ ^ ^
Nò voglio dire con c i ueS \ ‘ Uo occupazioni
rinunziare, per lo studio, a fi ^ c j ob
proprie della sua indole, de ^Jdrc’di famiglia;
s’addicono alla donna di ca , ‘ d bban fare un
nè presumo che le donne m K alunn i di
corso di studj, come viene pi dell’Università:
u» Liceo, „ donna in
che allora tanto vaueb scenziato, in
ingegnere, in avvocato, in medico,
letterato di professione.
332
LA MISSIONE DELLA DONNA
È noto che il Boccaccio fu tra i primi col suo
libro De clarìs mulieribus ad illustrare 1’ ingegno
femminile. Più tardi, uno scrittore del Quattrocento
volle dimostrare la preminenza della donna in tutte
le facoltà e in tutte le doti, nell’intelletto, nella bel¬
lezza, nella nobiltà, nel conversare (Vedi E. Magliani,
Storia letteraria delle Donne italiane). Altri hanno
sentenziato, come Francesco Coccio nel libro sulla
Nobiltà della Donna, aver la donna sortito da na¬
tura, al pari dell’uomo, forte ragione , mente c favella,
e tendere ad uno stesso fine. Invece il Lamennais,
il Cousin ed altri negarono alla donna prerogati¬
ve intellettuali. Noi certamente non siamo dello
stesso parere •, anzi manteniamo elio se qualcuna
di esse, fornita di non comune ingegno, avrà tem¬
po agio e voglia di attendere a studj speciali o
di coltivare qualche parte nobilissima dell’umano
sapere, ciò non le sarà nè dovrebbe esserle vietato
dagli uomini e dalla società, vuoi per intolleranza,
vuoi per invidia. E ne abbiamo prove luminose nei
due recenti Istituti superiori di Magistero femminile
in Roma e Firenze, dove si dà una istruzione quasi
universitaria alla donna e dove parecchie alunne
hanno conseguito con felice successo il diploma supc¬
riore nelle discipline letterarie, storiche, morali e
pedagogiche. Ma io intendeva parlare di quella soda
e retta cultura intellettuale e morale, di cui oggi
piu che mai abbisogna non pure la giovinetta delle
classi piivilegiatc dalla fortuna o di nobile linguag¬
gio, sì anche la donna del ceto medio o della bor-
NELLA SOCIETÀ ODIERNA 333
gbesia, salvo le debite differenze. E per conseguire
questo intento, basta che da un lato si riordini le
nostre scuole femminili, segnatamente le Scuole nor¬
mali, che per cultura e nel fine pedagogico sono infe¬
riori a quelle tedesche; dall’altro, chela donna com¬
prenda meglio il suo ufficio, e quindi sprechi meno
tempo e danari nelle mode ricercate, nel lusso c in
certe frivolezze che la fanno apparire più/unwwioc ìe
donna. In quanto all’istruzione media femminile, in¬
vece di fare apprendere alle nostre giovinetteuu po di
grammatica c di far loro pronunziarealla meglio qual-
che centinaio di vocaboli francesi ed inglesi, tanto
per mostrarsi dotte o brioso in alcune società, non
sarebbe più utile insegnare prima alle medesimo a
parlare c scrivere convenientemente Inaiano?
invece di tenerle per lungo tempo rinchiuse fra
quattro mura d'un monastero o d'un Istitutoi no,
sempre arioso ed igienico e tenerlo occ*to per
molto ore al pianoforte, ai ricami e a a 11
femminili, non sarebbe più vantaggioso cond I •
respirare le pure auro dell'aperta campagna del
giardino, e cogliere il destro d' insegnar 1™ ^giene
menti di scienze fisiche d, stoua^na^^ Ma
domestica, e somiglian M dell’Istoria
ritrarrebbe la donna dal P ^jjjg, ariosamente
antica e moderna, piuttos mani?
di leggere ogni — ignoro
Io non nego la beata ‘ cs , ere coltivata; ma
che l’immaginazione pu p rome ssi Sposi,
i buoni romanzi, a comiuci
LA .MISSIONE DELLA DONNA
331
si contano sulle dita, e l’immaginazione dev' essere
governata dalla ragione, come il cuore dev’essere il¬
luminato dall’ intelletto.
Or bene, dirò io alle donne italiane : Siete voi
disposte a rinunziare ad ogni frivolezza che vi renda
meno perfette o meno degne di stima ? Siete voi di¬
sposte ad arricchire, anche a patto di qualche an-
negazione, il vostro intelletto di sode ed utili cognU
zioni? In caso affermativo, come ne ho fiducia piena,
voi mostrerete di comprendere l’alto ufficio che vi
spetta nella società odierna, potrete compierlo de¬
gnamente, c sarete stimate dagli uomini probi ed
.assennati 5 diversamente, oltre venir meno alla vostra
missione, voi non otterrete che il plauso dell’uomo
fiivolo 0 dell idiota, e troverete chi v’aduli, non mai
chi vi stimi e vi ami d’un affetto sincero e dura¬
turo. L qui voi potreste accusarmi di troppa fran¬
chezza, non mai (lo spero) di poca lealtà e di poco
rispetto e interesse per la vostra dignità e pel vostro
avvenne. Ma questa è la sola ricompensa ch’io at-
-tendo dalle gentili mie legatrici c dal cortese lettore.
XI.
Un altro dovere incombe oggi alla donna, se
uo tutelare la propria dignità, se vuol meglio ga¬
rantire la sua indipendenza entro i confini del con¬
venevole, se ama di aver qualche parte nella pub¬
ica vita 0 di concorrere, al pari dell’uomo, ad
a ^ CLlnc ^ unz i°ni ' per esempio quelle del
1 ico insegnamento, ed altre simili più confacenti
NELLA SOCIETÀ ODIERNA
m
alla natura di essa. Alla donna insomma, a qualunque
ceto appartenga, occorre una professione. Ed invero,
si trova ella in una condizione non pnnto o non
molto agiata ? E ragion vuole che provveda one¬
stamente alla propria sussistenza. La fortuna le
concesse un avito censo ? Ma chi prevede tutti i casi
della vita ? E quindi è prudente consiglio apparec¬
chiarsi per tempo*, onde la comune sentenza: Impara
l'arte a mettila da piarle. Nè alla donna agiata e di
non oscuro liguaggio mancheranno vie, secondo le
sue naturali tendenze, dove spiegare la sua attività :
come le lingue, la musica, le lettere, la pittura, 1 piu
delicati c squisiti lavori femminili ; non occorre poi
dire che ogni specie di lavoro onesto ha la sua no
biltà, o almeno il suo pregio. •
Quanto al proprio stato, la donna s amaca a-
ruomo par formare la famiglia? E m tal caso eli
davo concorrerà colla sua abilità, mossone quand
, abbia suadenti beni di fortuna, « rendere mano
non
gravi
residenze del matrimonio. 0 la donna, sia pei
elezione ^
non vuole o non può 1. divenire sp0 sa
assumere quello d'un altro uomo 0 “™“ ?„ il
0 madre? E allora si fa “ >“ fa su»
bisogno di provvedere on ' s ‘““°“ slrel , a da necessitò
sussistenza. 0, senza css i n _
economiche, desidera di
dipendente dall'uomo, e 1 P* ^ ? £, ori d on to clic
modo agli uffici dc ”“ moltOT i in grado di oc-
in tal caso la donna,
336 LA MISSIONE DELLA DONNA
cuparo degnamente quei tali uffici e però di ap-
parecchiarvisi con sufficiente istruzione, deve pur
anco esser capace di esercitarli con tutte quelle virtù
che sono richieste dalla vita civile e dalla natura
stessa di quel dato ufficio. E qui pure giova ri¬
cordare la grave autorità del Tommaseo, il quale,
dopo aver raccomandato che tutte le donne abbiano
alle mani una professione che, occorrendo, possa loro
campare la vita, scrive queste formali parole : lt A
taluno dei più facili esercizj civili si addestrino ; e
affrettino il tempo quando la donna potrà vivere la
vita indipendente daU’uomo, potrà seco trattare da
pari a pari, e per amore e per ragione e per dove¬
re gli cederà, non per legge iniqua o per necessità
ferrea 5 quando in molte funzioni della privata e della
pubblica vita la donna potrà tenere le veci dell’uomo,
ed essergli aiutatrice ed amica nel pieno significato
del nobilissimo nome ; quando il tempo di fare il
bene le mancherà, non le vie {La Donna). „
XII.
E sia questa e non altra, 0 Donne italiane, la
vostra più alta e vera emancqyazìona. Chi di voi
andasse in cerca di altri privilegj , od agognasse
uno stato ben diverso da quello destinatovi dalla
natura e nobilitato dal Cristianesimo, e volesse di
donna convertirsi in uomo, verrebbe meno alla sua
missione, snaturerebbe se stessa e compromette¬
rebbe la sua dignità. E quei pochi tra gli uomini
che van predicando 1’ assoluta vostra emancipazione
NELLA SOCIETÀ ODIERNA 337
o la vostra eguaglianza in tutto e per tutto coll' uo¬
mo , o essi non hanno un giusto concetto della
donna, o non sta loro a cuore la dignità e il vero
perfezionamento di lei. Quella donna, infatti, che
presumesse tener le veci dell uomo in ogni disci¬
plina razionale, in tutta l’interminabile scala degli
ufficj civili e politici, e in ogni pubblica rappre¬
sentanza, dovrebbe innanzi tutto abbandonare le
pacate care della famiglio, rinunziare ai più dolo,
affetti di madre, e quindi sottoporsi a lunghi e se¬
veri studj, temprare l'animo ed il gracile corpo a
duro fatiche, allo quotidiane ed aspro battaglie della
pubblica vita. Oh! se sapeste quanto ma, costone
cari agli uomini-certi onori, certi elog), «rie glorie
non sempre durature; oc sapeste quanta prudenze
quanto sapere, quanti sacrifici, quanti trav gli t
chiedono certe incombenze onorevoli e - A » «J*
della pubblica vita, e qual cumulo 1 P
, >1 .. nitro chi disconosca od ignori
seco ! Non v a, P c ’ yogtra immaginazione
quanto possauo esalta , ■ titoli, come
certi gradi sociali, alcune igm £ su premo,
di Prefetto, di Magistrato>, d i P
di Deputato, di Sen f*°”' to \ Q difficoltà di ben go-
Ma avete ma. °°“ 81 un tumulto, di pre¬
vernare un popolo, innocue tutte
" ^ -Si 0 :—^' ti ° politici P Avete
le conseguenze deg agitazioni della di-
mai considerato la g»
plomazia, le controv - pu bblica stampa, le
d’ una critica smoda a go
Vàldarn%n\
»
338 la missione della donna
ire dei partiti politici, le difficoltà della tribuna, gli
odj segreti, le basse invidie , la guerra sovente
implacabile c sleale di chi vuole occupare quel po¬
sto eminente o lucroso ?
E, al postutto, clic mai significa donna eman¬
cipata ? Significa donna francata da ogni giogo, che
ha x'igettata l’obbedienza di figlia, la dolcezza di
amante, la dipendenza di sposa, la nobile servitù
di madre •, in una parola l’onore stupendo del sa¬
crifizio ! Una donna che oltre ripetere uguaglianza
di diritti.coll’uomo, vuol con esso comunanza di
ufficj ; una donna insomma che nelle pagine inal¬
terabili dell’ indole sua, che nelja storia della sua
gentilezza, che nello specchio del suo cuore, che
nei decreti dell’Archetipo eterno legge assolutamente
a rovescio di quel che sta scritto sulla missione di
di lei (A. Alfani : La Donna).
Ora, non è questa l’emancipazione che deve
cercare la vera donna, cioè la donna, onesta ed as¬
sennata. Noi pure vogliamo l’emancipazione di lei;
vogliamo ch’ella si emancipi dall’ignoranza, da certi
pregiudizj religiosi e sociali, da ogni frivolezza, dal-
l’imitare certe mode o corrompitrici del buon costume
o rovinatrici d’ogni patrimonio, dal ripetere c spesso
praticare quella sciocca e superba sentenza: Oggi si
fa cosi! Per amor del cielo, griderò io pure con Paolo
Ferrari, non emancipatevi, gentili Signore! Appena
emancipate cessereste di essere così utili apostoli
delle nobili e caritatevoli imprese; perchè appena
emancipate cessereste di comandare. Senza crnan.-
NELLA SOCIETÀ ODIERNA 339
•cipazione, noi uomini crediamo di comandare noi !
E voi nel segreto confidente de’vostri amabili ci-
caleggj, ridete pianino pianino della nostra maschia
e gloriosa dabbenaggine, per la quale crediamo di
comandare, c si obbedisce ! La vostra potenza mo¬
rale c fisiologica sta ncH’osscre donne: se diven¬
taste uomini (s’intende per quella finzione giuridica
che chiamano emancipazione), ogni prestigio vostro
svanirebbe. Ma finche siete e volete esser donno e
vi consacrato all’esercizio delle vostre qualità carat¬
teristiche, la grazia, l’amore, la carità, chi governa
il mondo siete voi. Noi andiamo solennemente a de¬
porro i nostri voti in un'urna; ci accogliamo c
deliberiamo intorno ai destini della patria ; ordi¬
niamo una guerra, una pace, un'alleanza, o petto¬
ruti decantiamo l’energia maschile, l’attività del sen¬
no dell’uomo! No ; dentro di noi in ognuno di quei
supremi momenti fremeva un pensiero i o
un pensiero di amante, di sposa di figha d «wj*
«Ita. .a
gio, nel sottoscrivere quel trattato (
conferenze pel Collegio di Amsu Milano, 187o).
XIII-
• della donna deve pertanto
La vera 61 ° Q iorr n£ n te rispettare ed amare
consistere nel farsi m oa te dentro i con-
dall'uomo, nel fa '*di sopra,
fini e noi modo che » > > 0j se occorro,
al reale progresso ° . lft aocietà civile, che
a salvare o almeno raddrizzare
UÌO LA MISSIONE DELLA DONNA
li a il suo principio e fondamento nella famiglia, di-
cui Ja donua è guida e conforto. Solo per questa
via e mediante l’istruzione e l’educazione, ripeterò
col brioso ed arguto scrittore G. Hamilton Caval¬
letti, le donne potranno rimettersi sul capo la loro
corona di regine, attirando intorno a se il genio,
il talento, l’onestà e il coraggio. Sia la loro amicizia
il premio di .ogni nobile sentimento, sia la loro sti¬
ma il guiderdone di ogni nobile fatto, sia la loro
intimità il compenso di ogni nobile fatica. Non è
adunque sognando emancipazioni assurde dove non
esiste mancipio, non è aspirando alle naturali pre¬
minenze dell’uomo, non è coll'addottorarsi nelle scien¬
ze giuridiche, filosofiche o naturali, che le donne
rialzeranno il vero loro stato sociale ; sì, al con¬
trario, coll’ aumentare il loro valore, col forzarci .ad
amarle e stimarle di più, col rendersi ognor più
degne del caro nome di spose, del santo nome di
madri. Ma (prosegue il Cavalletti) finche al pen¬
satore esse preferiranno un uomo che non ha altro
merito che di avere un bravo cavallo da corsa, ed
è spesso un mediocrissimo cavaliere; finche al poeta
esse anteporranno l'uomo clic sa farsi meglio il
nodo della cravatta; finche allontaneranno dalla loro
società un uomo che ha il torto di anteporre una
forma di cappello ad un’altra ; finche all’uomo sin¬
cero, leale, integro preferiranno un uomo che sap¬
pia fare i daddoli e le moine ; finché i sentimenti
piaceranno loro sulla bocca dell’uomo c non cure¬
ranno quelli del cuore ; finchc un uomo volgare con
NELLA SOCIETÀ ODIERNA 3'il
nnczzo milione di patrimonio sarà più certo di ot¬
tenere le loro grazie che un cuore nobile, un animo
•elevato con cinquantamila lire; finché un babbuino
sentimentale riceverà il dolce deposito dello loro
confidenze, ed uno schietto galantuomo avrà appena
un cenno di saluto ; finché esse saranno una lot¬
teria nella quale troppo spesso i vincitori sono gl im¬
becilli... ; lo stato morale e sociale della donna non
si eleverà certamente: la società si avvierà al de¬
cadimento ; le donne pian piano più non saranno che
femmine.
XIV.
Ed ora mi pare utile di far l'epilogo delle cose
•dette fin qui. Abbiamo accennato dapprima la na-
tura e 1’ ufficio della donna, senza la qua P
klh creazione non sarebbe stata compiuta, ne po-
trebbesi conservare e FPOt«il^
Poi, esaminando in ° volgarc , abbiamo
donna presso i P a S ani c ^ dlC la donna,
provato colla .tona a anche quando,
esercito in gran pa • s , cbbe in coato
■7 C r Pa "tedila voluttà; afi¬
di schiava o quale quan t a parte
biamo veduto, l’umano progresso ed in-
abbia preso a do . dal Cl . ls tianesimo richiamata
civilimcnto, dopoché ftlt0 ufficio- E quan-
cd elevata al suo ' cl ° c^ sia ] a stessa na-
tunque in lei 8 « n P r ° ® abbiana0 detto che i mezzi
itura.e lo stesso fino» P
LA MISSIONE DELLA DONNA
342
per compiere la sua missione doveauo mutare se¬
condo la civiltà, secondo le condizioni politiche,
intellettuali, religiose e morali. E però, accennato-
l’ufficio che le assegnano il Morelli e il Naville,
noi abbiamo considerato la donna in tutte le sue
principali attinenze e nelle sue più nobili manife¬
stazioni, vale a dire come sorella, come amante e
sposa, come madre, come educatrice ed institutricc,
come cittadina, come ispiratrice d’ogni- nobile sen¬
timento all' artista, all* uomo di scienza o di lettere,
non che all’uomo di Stato. Abbiamo poi dimostrato la
necessità d’ una conveniente cultura nella donna ai
tempi nostri, affinchè possa meglio compiere quell’uf¬
ficio tanto nobile e così complesso; ed abbiamo dimo¬
strato eziandio la necessità o la convenienza nella
donna di apprendere in oggi una professione sì per
soddisfare meglio ed in ogni congiuntura all’ esi¬
genze della vita, si per incominciare la sua più
razionale o giusta emancipazione c rendersi, dentro
certi confini, indipendente dall'uomo. Abbiamo com¬
battuto, per altro, l’assoluta e falsa emancipazione
della donna, perchè contraria alla natura e al no¬
bilissimo fine di lei, non che al bene della società
ed al progresso del genere umano.
Tanta e 1 efficacia delle donne, che da esse ven¬
nero sovente grandi ajuti, o grandi impedimenti
non solo alla libertà d’un popolo, sì anche al bene-
od al male dell' uomo singolo, delle famiglie e dello
Stato. La donna è per sua natura la ispiratrice, o,
se vuoisi, la regina dell’uomo e della società. Ma. ili
NELLA SOCIETÀ ODIERNA 345
suo regno, piuttosto che sconfinato ed assolato, vuole
essere un regno di pace, d’ispirazione, di nobili
sentimenti; insomma Indonna (siami permessa questa
similitudine) a guisa de’principi costituzionali, deve
regnare e non governare. — Ma Voi, donne italiane,
vorrete appunto regnare, non governare ; Voi, come
' foste di grande ajuto al nostro risorgimento politico,
sarete altresì di grande stimolo ed ajuto al nostro
risorgimento •intellettuale e morale, che dipende in
parte da Voi. In .peata grata Mieta, non saprò,
scegliere più acconce od autorevoli parole cito qttd c
dell'illustre Tommaseo, per chiudere il P 10S0 “
discorso. La donna italiana, d'
sapiente dell'ubbidire, 80 P'“" 1 ® ^ “ d desfas .
occorra, c guarentigia a noi di men
DEGLI
ISTITUTI SUPERIORI DI MAGISTERO FEMMINILE.
La creazione di due Istituti superiori di Magi¬
stero femminile inltalia, uno a Roma e l’altro a Firenze,
in virtù della legge 25 giugno 1882, e l’ordinamento
delle discipline scientifiche e letterario che vi sono e
vi debbono essere insegnate, secondo il Regolamento
organico 19 novembre 1882, ci porgerebbero materia
a molte e svariate considerazioni non prive d’inte¬
resse speculativo e pratico. Qui non intendiamo di
enumeiarle e di svolgerle tutte, ma non possiamo
astenerci dall'acccnnarne le più rilevanti e dal pi¬
gliare in esame particolare il come nei due nuovi
Istituti letterarj e scientifici femminili debbono
esseie insegnate alcune materie importantissime,
quali sono appunto la Filosofia teoretica, la Morale e
la Pedagogia.
I.
E prima di tutto dimandiamo : Era necessaria
in Italia la creazione di due Istituti superiori di
Magistero femminile, mentre abbiamo non pure le
SULL’OtlDlNAMENTO DEGL'ISTITUTI SUPERIORI ECC. 313
Scuole normali femminili, ma alle donne stesse non,
è vietato dalla legge Casati sull’istruzione pubblica
di frequentare i Ginnasj, i Licei, le Università, e
di addottorarsi in qualunque disciplina ? Posto così il
quesito, non sarebbe giustificata la creazione di quei
due Istituti superiori femminili. Ove però si consi¬
deri che la missione della donna nella famiglia e
nella civile società si palesa chiaramente ben diversa
, da quella dell’uomo ; che gli studj femminili debbono
esser rivolti essenzialmente alla cultura della donna
come madre di famiglia, com’cducatrice ed istitutrice,
e non all’esercizio di elevate e gravi professioni sociali,
come quelle di avvocato, di medico, d’ingegnere, di
capitano, c va discorrendo; che quasi tutto 1 insegna¬
mento nelle Scuole normali femminili ora viene xm^
tito dagli uomini; ed infine, cheidue nuovi Istitutimon
sono equiparati interamente alle prime Universitari
Regno: la fondazione'loro apparisce »noo«^
tamonte necessaria, certo conveniente ed joituna.
Vero è che alcuno j^dìritti^degli uomini
m parte, si viene a lede e ^ # pcdag0 _
laureati in Lett ° rc . C e d 16 hanno scelto la car-
già, o in altre disciph , _ . u dotto ri piu
riera lucrosa dell'insegna p0sto nelle
difficilmente d'ora i^ anzl fcmmin ili, avendo per
Scuole normali e secondario ^ ^ Istltutl
competitrici le donne a ‘‘ ^ italian e, della Storia
all’ insegnamento delle Uet Lingue
e Geografia, della Pedagogia o ^ tcdesca . E
moderne straniere, franooso, m B
3-iO SULl/ORDlNAMENTO DEGL’iSTlTUTl SUPERIORI
un’osservazione eli questo genere non sarebbe de¬
stituita di fondamencnto ; ma starebbe sempre il fatto
clic l’uomo, laureato in qualcuna di esse discipline,
ha una più larga ed elevata carriera dinanzi a se.
E poi, come negare alla donna questo diritto in una
società liberale e civile, che non pure vuol rialzata
la condizione intellettuale e migliorata la condizione
economica della donna, ma che tende ogni giorno a
dilatare una certa eguaglianza civile e giuridica della
donna stessa ? Altri, invece, potrebbe osservare che
le donne in generale o non sono portate a lunghi e
severi studj, o che esse non hanno capacità mentale
ed attitudine didattica pari a quelle dell’uomo. La
quale obbiezione certo non reggerebbe dinanzi a
fatti storici e ad esetnpj particolari, e dinanzi al
fine stesso di quei due Istituti, il quale consiste nel
compiere e rinvigorire l’istruzione secondaria della
donna, e nel formare abili insegnanti in alcune
materie (qui sopra ricordate) per le Scuole nor¬
mali e secondarie femminili. Ad ogni modo, la
più elementare prudenza consiglierebbe di atten¬
dere nuove prove e nuoA'i risultainenti di questa
prima istituzione italiana. E diciamo nuove prove
e nuovi risultamene, perchè quelli già dati in questi
tre anni da ambedue gl’istituti sono favorevolissimi
e confortanti. Le allieve che vi studiarono e vi
ottennero il diploma, ora sono direttrici abili di Edu¬
candati e Istituti femminili, o insegnano con valore
nelle Scuole normali femminili, inferiori e superiori.
Alcune di esse alunne mostrarono attitudine anche
DI MAGISTERO FEMMINILE 317
ai gravi studj filosofici e pedagogici, c si segnalarono,
in specie all’Istituto superiore di Roma, negli esami
di Stato pel diploma in Lettere italiane, m Pedago¬
gia e Morale, e in Storia.
In quanto a noi, che abbiamo sempre avuto un
alto concetto della donna c della sua nobile missione
sociale, noi vogliamo anzi riguardare la.fondazione
di questi due Istituti superiori femminili non solo
come opportuna c conveniente pei le accennai -
gioni, ma altresì come uno dei tanti mezzi ondo
avviarci alla pratica colazione della »«“*:
che da ogni parto minaccia d’irrompere fimo»",d.
sommergere quanto le si pari dinanz,. Imporoe *
noi siamo d’avviso cho la quest,ono somalo va con
sidorata sotto vario forme o sotto ir™» ’
Additiamo di volo ipriaeipali. sono probi
tive famiglie onde si compone la nazione P
e morigerati, oppure si fanno s ° ostu ™ ‘ ]o ha viva
to morale della questione sociale Un P P
c giusto, e quindi amme °° vit j O itrcmonda-
una giustizia soprannatura e mate ria e del
na; oppure non va piu. ia ^ ^ caIc0 l 0 e all’utile
senso, tutto per lui si J e y a questione-
bone inteso ? È l'aspo»» g oye rao ch’è adat-
sociale. Scelta quella forma e morali,
ta alle sue condizioni civi i, ^ forma, esercita
una data nazione si contenta senza ne .
saviamente la libertà e 1 V ^ ^ |£ e parlavo de
gare i suoi doveri ; opp ul
348 sull’ordinamento degl’ istituti superiori
suoi diritti, vorrebbe la libertà spinta all’eccesso,
è desiderosa di novità rendendo instabile ogni reggi¬
mento politico e tutte le altre istituzioni clic ne di¬
pendono ? E l’aspetto politico della questione sociale.
In quella stessa nazione, mantenendosi l'armonia fra
i diversi ordini della cittadinanza e vivo il rispetto
del diritto di proprietà individuale e collettiva, si
stabilisce un’equa proporzione di mercede e d'utilità
fra 1' operaio e il capitalista ; e nelle famiglie si
•consuma e si spende in proporzione almeno dell’en¬
trata e del guadagno : oppure, inimicatesi fra loro le
diverse classi sociali, il capitalista non si cura di far
lavorare o non ricompensa equamente il lavoro, svo¬
gliato è l’operaio, vede nel proprietario il suo mor¬
tale nemico e ritiene essere una ingiustizia, anzi un
furto la proprietà individuale? E nelle famiglie non
abbienti o poco agiate l'entrata è minore dell’uscita,
o non si pensa coi modesti risparinj al dimani ? Ecco
l’aspetto economico della quistione sociale.
In tale stato di cose, la donna colla sua spedalo
missione nella famiglia e nella civile società, c come
esempio vivente di pace e di rassegnazione, o come
educatrice ed istitutrice, e come massaja e, nel caso
nostro, come professionista, può efficacemente con-
tiibuire o a risolvere in parte l’ardua c complicata
quistione sociale, o ad attenuarne gli effetti, quando
a lei non fosse dato nè di risolverla parzialmente,
nò di ritardarla o di arrestarla. Ma perchè la donna
sia capace di quest'opera altamente morale civile
-ed utilissima, in lei che cosa si richiede ? Nella vera
DI MAGISTERO FEMMINILE 319
donna, di cui intendiamo parlare, si richiede mora¬
lità a tutta prova ed in tutta l’estensione del termi¬
ne, non disgiunta da un puro ed elevato sentimento
religioso; si richiede una soda cultura, in cui entrino
anche lo nozioni elementari circa lo Stato e l’eco¬
nomia; si richiede un’attitudine speciale, studio molto
e singoiar valore nell’insegnamento, quando voglia
o debba esercitare questo nobile ufficio ; si riduce e,
infine, costante dignità o modestia, condito di soavità
c di grazia, evitando così ogni frivolezza nel dire,
nel fare e nel vestire, come ogni presunzione e verso
l’uomo o verso lo altro donne forse
lei mn non per questo meno degno d. stima.Tut¬
elò supera le forse naturali della donna inette da
sana 0 vigorosa educamene ed tstrumone da un
sentimento c da un elevato conre 0^ ^ dimand ar
sioue sulla terra ai „ e au „„ esiger troppo
troppo alla donna. Ano i vodia, e
da lei, purché essa V0 ^ ,a ^ tC " aCe a ” te del ]’ a o.no in
senza ch’ella presuma di * 1 ^ alcune
società e di emanciparsi, tota ’ ÌMm egua-
donno vorrebbero bramando ali ' 1Um »
glianza di diritti, non badando esse « “o ,
dei diritti implica l’eguagbansa Jet do^ ^ ^
Premesse c chiarite queste co » Magistero
dinamento dei due Istituti sU P conducente al'
femminile sia in tutto c pei
fine da noi vagheggi^ 0.
330 SULL0HD1NAMENT0 DEGL’iSTITLTI SUPERIORI
IL
la uno Stato libero e civile come il nostro, ogni
Istituto educativo e d’istruzione secondaria, sia tec¬
nica sia classica, deve mirare (secondo me) a tre
principalissimi fini inseparabili tra loro, a voler
eh’ esso riesca utile davvero e sia bene ordinato.
l°Deve impartire agli alunni, destinati a diventare
.liberi cittadini, una buona cultura generale, sia pu¬
re elementare, tanto letteraria quanto scientifica.
2° Deve preparare convenientemente agli studj su-
riori. 3° Deve poter avviare alle professioni manuali
cd agli impieghi minori quegli alunni che non
potessero o non volessero proseguire gli studj. A
questo triplice fine dovrebbero pertanto mirare non
solo gl’ Istituti tecnici, i Licci, e le Scuole normali
maschili e femminili, ma la stessa Scuola tecnica. Le
Università e gli altri Istituti superiori in generale
hanno, invece, o debbono avere per fine specula¬
tivo .la ricerca del vero e il progresso della scienza,
e per fine pratico le professioni liberali e le car¬
riere superiori negli ufficj dello Stato.
I due Istituti superiori di Magistero femminile,
non essendo equiparati in tutto e per tutto ailc Uni¬
versità, ed essendo destinati alle donno esclusiva¬
mente, dovrebbero mirare direttamente a compiere
c rinvigorire la cultura letteraria o scientifica della
•donna, e a x-enderla capace d’insegnare nelle Scuole
normali e secondarie femminili. E questo, invero,
•c stato il duplice fine che ha guidato la mente del
DI MAGISTERO FEMMINILE 331
legislatore nel coordinare la quantità e la qualità
delle materie di studio nei due Istituti superiori
femminili. A tutte le alunne, pertanto, corre ob¬
bligo di apprendervi Lettere italiane, Geografia e
Storia generale, Storia d’Italia, antica medievale e
moderna, Elementi di Logica e Psicologia, Morale
e Pedagogia, Istituzioni d’igiene, Matematica, Ele¬
menti di Fisica e di Chimica, Storia Naturale e
Geografia fisica, Lingua e letteratura francese, in¬
glese e tedesca, Disegno e Lavori femminili. Ciò
per la cultura superiore della douna. le quanto alla
professione loro di maestre, le future insegnasi! han¬
no facoltà di scegliere ed approfondire nel secondo
biennio quegli studj che debbono metterle in grado
di conseguire il diploma d-insegnamento o nello L ■
tere italiane, o nella Storia e Geografi*ella
Pedagogia e Morale, 0 nelle Lingue mo
niere e sono francese, inglese c te ,,
Non possiamo ohe lodare . legislatore da.ve,
mantenuti obbligatorj 1 Uvon faccia
questi Istituti superiori,
pur la maestra, non ces P . uj a i] a donna
guida principale delta pressoché quo-
occorre speciale abilita Digean0 poi, si rende
tidiano in siffatti iavon.• don ° neschi pi ù squisiti
necessario per gli > stessl vido consiglio di met-
e delicati-, e pero e s a p jf c il 0 studio delle
terlo fra le materie obbh ° ‘ to anche alle isti-
Scienze sperimentali sl , e oeuza di questa di¬
luzioni d’igiene, perche la cono
3o2 sull’ordinamento degl’istituti superiori
sciplina nella sua applicazione risguarcla tutti, e
segnatamente chi deve attendere alla famiglia ed
alle cure domestiche, e chi deve educare la prima
gioventù, come appunto è la donna; che anzi, l’Igiene
fa parte dell’educazione fisica, quantunque Ales¬
sandro Bain opini il contrario. La Matematica, gli
Elementi di Fisica c di Chimica, la Storia Natu¬
rale, gli Elementi di Logica e la Psicologia, par¬
rebbe dovessero alla donna servire di mera cultura
superiore, o di sussidio e di complemento allo studio
di certe altre materie. Imperocché, secondo il Re¬
golamento organico di quei due Istituti, non può
l'alunna essere abilitata legalmente ad insegnare
Matematiche, Fisica, Chimica e Storia naturale.
Clic alla donna siasi negato il diploma di ma¬
gistero in Matematica e nelle Scienze spcrimeutali,
la cosa spiegasi facilmente perchè nei due nuovi
Istituti non si dà ora un corso compiuto e supe¬
riore di quelle scienze, e porche nelle Scuole nor¬
mali o in quelle superiori femminili l’insegnamento
delle Scienze fisiche e naturali tiene un posto se¬
condario o dcv'esscrvi impartito in modo elemen¬
tarissimo. Inoltre, quelle Scienze non riguardano
direttamente la prima e vera missione educatrice
della donna, nè sono le più confacenti alle naturali
inclinazioni della donna in generale, segnatamente
la Matematica e la Chimica.
Ma qui pure abbiamo notevoli eccezioni, per¬
chè talune allieve hanno mostrato singolare attitu -
dine allo studio delle Matematiche e delle Scienze
DI MAGISTERO FEMMINILE
m
fisiche. Il Governo, poi, suole affidare l’insegnamento
elementare anche di queste materie nello Scuole pre¬
paratorie o inferiori normali alle giovani che in uno
de’due Istituti superiori conseguirono il Diploma o
in Lettere, o in Storia, o in Pedagogia! Non sa¬
rebbe adunque più logico ed opportuno concedere
addirittura il diploma nelle Scienze fisiche e ila-
tematiche, ed ampliarne il relativo insegnamento ?
ni.
Ci resta da esaminare il modo in che l’inse¬
gnamento delle materie filosofiche propriamente dette
e della Pedagogia viene ordinato cd affidato nei due
nuovi Istituti. A tutte le alunno è fatto obbligo di
studiare per un anno nel primo biennio gli elementi di
Logica e di Psicologia, e la Morale nel 2‘ biennio.
Più, nel secondo biennio tutte debbono seguire un
corso di Pedagogia. Finalmente, le S*™.. dm
amano d'cssorc abilitato « 11 -iosegn.mento. tirila P*
dagogia teorica c pratica debbono stod,a,c pe.
00 T°ti P dftdt F int°rodòt.a anche negl.
dell' intelletto. Ma non s »PP‘ a filosofiche, ossia
le ragioni per cui tutte e a Pcdago gia deb-
Logica, Psicologia e Mora e gsbre! q uì l'onorc-
bono essere affidate ad un s Q poteva e può
volo Ministro Baccelli, al qua e Oberali e buona
negare elevato ingegno, 8 ® atl “ rQZ i 0 ne in Italia,
volontà di migliorare la pubblica ist ^
Valdarninì
Boi SULLORDINAMENTO DEGL'ISTITUTI SUPERIORI
non fu ben corrisposto da chi ebbe il mandato di fare
nuo schema di Regolamento organicopercoordinarvi
anche le materie filosofiche e pedagogiche, c di sta¬
bilire il modo in che l’insegnamento di queste di¬
scipline doveva essere affidato c distribuito. E lo
dimostriamo brevemente.
Il professore di Filosofia c di Pedagogia sarebbe
tenuto a fare non meno di undici lezioni per set¬
timana nei respettivi corsi ! E noto che i professori
•di Filosofia ne’Licei fanno da sei ad otto lezioni la
settimana, e tre lezioni i professori di Università.
Come presumere seriamente clic un Professore dia
con zelo ed efficacia non meno di dodici lezioni per
settimana in materie difficili, disparate c soltanto
affini tra loro? Diciamo in materie dispaiale, poiché
la Logica e la Psicologia sono ben differenti dalla
Morale e più ancora dalla Pedagogia. Nè si dica,
per avventura, che ivi trattasi di dar nozioni ele¬
mentari sii quelle scienze ; imperocché, oltre restare
il fatto che le son materie ben diverse, la istituzione
elementare risguarda soltanto la Logica. materia
nuova per lo alunne, ma non risguarda la Psicologia
e ancor meno la Pedagogia e la Morale, già studiate
elementarmente dalle giovani o nelle Scuole normali
o nelle Scuole secondarie e preparatorie all’ Istituto
superiore femminile. Chi vuole ottenere il diploma
in Pedagogia, deve seguire un corso speciale di
Psicologia : ma ognun sa che questa ultima scienza
ai nostri giorni ha fatto progressi notevoli, nè può
essere affatto separata dallo studio delle scienze
DI MAGISTERO FEMMINILE 3OD
sperimentali, come per esempio la Fisiologia. Che
anzi, noi troviamo un altro difetto nell’ordine delle
materie obbligatorie per conseguire il diploma in
Pedagogia. Ivi ò detto che 1’ alunna potrà scegliere
un corso di Matematica, o di Fisica, o di Storia
Naturale. Non sarebbe stato più razionalo di pre¬
scriverle addirittura il corso speciale di Storia Na¬
turale, in mancanza d’ uno studio a parte su la
Biologia e la Fisiologia ?
Ritornando alla Morale ed alla Pedagogia, que¬
ste due scienze, fra loro assai differenti, non possono
nò debbono essere insegnate in modo elementare nei
due Istituti femminili superiori. La Morale pura e
applicata, individuale e sociale, e c c 8U PP 0 "®
cognizione di altre scienze affini, quali sono le di¬
scipline giuridiche e sociali, ò
molto vasta e complicata, fi i> ità
d’ un solo docente. L inse ° n qecon dario, non
può servire.di meio aj ^ cittadino si
i Doveri .;i ^“ormali secondarie, perni»
studiano già nelle oc obbligate a
le alunne de’due Istituti supei‘ 0 ro hò infine
studiar l’Etica nel secon o » anche ]a Scieu-
il diploma di Pedagogia compren
za Morale. i a Morale come
So poi si volesse eonsidciare s „ p8 .
deile materie di P uia ragione del-
una
riore, allora non
ragione de,-
336 sull'ordixajiento degl'istituti superiori
l’assoluta dimenticanza d’ogni più elementare isti¬
tuzione di Economia sociale e di Diritto. Come ! in
un Istituto superiore d’ educazione e d’istruzione
femminile si prescrive’l’insegnamento dell’Igiene e
della Chimica, e non si fa parola de’ primi rudi¬
menti d’Economia e di Diritto positivo, mentre in
uno Stato libero, coni’ e il nostro, si affida legal¬
mente alla donna il nobile mandato di fornire la
prima educazione ed istruzione ai futuri cittadini
d’Italia, di educare ed istruire le future maestre e
madri di famiglia, oltre la missione propria di cia¬
scuna donna, cioè di farsi ella stessa educatrice dei
proprj figli e savia amministratrice dell’ azienda
domestica? Anzi, ritornando al nostro concetto (espo¬
sto qua sopra) intorno al giovamento grande clic
può la donna fornire nella soluzione pratica della
complicata e formidabile quistione sociale, anche
nell’aspetto fioUtico ed economico, a noi parrebbe
necessario clic nei duo Istituti superiori femmi¬
nili dovesse pur trovar luogo l’insegnamento co¬
mune delle prime nozioni di Economia sociale e di
Diritto , segnatamente del Diritto civile e privato
e del Diritto costituzionale.
Veniamo alla Pedagogia. Le giovani tutte, che
amino dedicarsi all’ insegnamento privato o pub¬
blico, hanno da apprender bene l’arte difficilissima
di educare e d’istruire; e molto più devono attendere
a questa scienza ed a quest’arte le alunne clic vo¬
gliono abilitarsi all’ insegnamento della Pedagogia
stessa. Ora, è noto che secondo i più recenti prò-
DI MAGISTERO FEMMINILE 357
«ramini governativi. i maestri c le maestre per
conseguire la patente elementare di grado supcriore,
i maestri per essere dichiarati idonei all Ispettorato
scolastico, son obbligati a sostenere, fra le altic
prove, un esame di Pedagogia storica, teoretica ed
applicata.
E questo largo, elevato e compiuto insegnamento
della Scienza pedagogica, teoretica, pratica c storica,
viene oggidì propugnato anche in Italia da valorosi
c dotti pedagogisti ; i quali pensano clic la Pedago¬
gia teoretica, so vuole uscire dal campo delle gene¬
ralità e cessare di ridursi ad una metodica astra ta
o formalo, non possa fare « mono d. mollc
scienze affini, quali sono la Biologia»
fisica, In Psicologia o la Logica, la Morale
h Sociologia c la Filosofia politica. Ma sottoponili
US a^u» tara considerevole questa smnma ;
scienze «ffini troppo elevala, o nducendo 1 ms»
mento pedagogico nei fino
entro più modesti limiti, P » ^ ,„ torario o
monto elio deve “ 8S ™“| 0 d Minano pur seni-
filosofici,e università , tale insomma
pre una sci^ tutto il sapere o tutta
da richiedere tutto i "‘o o
l’operosità d’ un solo piofcssoi convcl . 1 . e bbc divi-
Pcr queste principali ragi » sup6 rio-
■doro, anello «O »^ "^„o delle tre
re, l'insog, lamento della. » posologia, Logica e
disciplino pura, non o 1 aUr0 „ duo professori.
Morale, affidando 1 una e
3o8 sull’ordinamento degl’ istituti superiori
E allora si potrebbe anco estendere a tre anni l’in¬
segnamento teorico e pratico della Pedagogia per le
alunne che amassero di prendervi il diploma : ove
tale insegnamento si volesse mantenere per soli due
anni, il professore di Pedagogia dovrebbe insegnare
anche la Psicologia applicata alla Scienza pedagogica.
IV.
Gli studj superiori di Lettere italiane, di Storia,
di Filosofia, di Pedagogia e della stessa Botanica, a
voler che riescano scrj e fecondi, richiedono la cono¬
scenza della lingua e letteratura latina. E però ame¬
remmo clic presso i due Istituti superiori femminili
fosse istituita una cattedra di Lettere latine, come
pare no abbia intendimento 1’ on. ministro Coppino.
Ma altre innovazioni bisognerebbe fare nei due Isti¬
tuti, fissando e ripartendo nell’infrascritto modo le
discipline sia per la cultura generale, sia per gli
studj speciali in attinenza co’ varj diplomi di abilita¬
zione.
Discipline comuni da studiarsi nel primo bien¬
nio : Lettere italiane, Storia generale, Psicologia e
Logica, Fisica e Chimica, Storia naturale e Geo¬
grafia fisica,Matematiche, Lingua latina, Lingue mo¬
derne straniere, Disegno, Istituzioni d'igiene, Lavori
femminili.
I diplomi speciali dovrebbero essere cinque :
1° Diploma di Lettere italiane 5 2° di Storia c Geo¬
grafia; 3° di Pedagogia e Morale; 4° di Lingue stra-
DI .MAGISTERO FEMMINILE 359
nicrc, francese, inglese e tedesco ; 5° di Scienze
fisiche e Matematiche.
GT insegnamenti speciali per otteuere ciascuno
di questi Diplomi di abilitazione sarebbero ripartiti
nel seguente modo :
Pel diploma in Lettera italiane: Lettere italiane ,
Letteratura greca e latina comparata coll’italiana;
Storia d’Italia, antica, mediocvale e moderna -, Mo¬
rale; Pedagogia; Lingua c letteratura latina; Due
lingue e letterature straniere moderne a scelta de -
l’alunna. ...
Pel diploma in Storia a Geografia : Le disci¬
pline identiche a quelle pel diploma in Lettere ita¬
liane, ad eccezione della Letteratura greca c latina
comparata coll’ italiana, alla quale sarebbero sosti¬
tuite la Fisica terrestre e la Etnografia.
Pel diploma in Pedagogia e Morale: Pedago
teoretica e pratica; Filosofia morate-. Ps.colog ;
Fisiologia umana; Igiene aPP 1 ^ 3, “ nt *J e mo der-
Lcttere italiane; Storia i « ‘ > j; n ° ■ „j ese e tedesca
Le italiane; Let, età,una “„^i» ««-
contpanateoon.aLe»».^-^.
iia, antica e moderna, = „
Pel diploma m j Cosmo grafia ;
Fisica; Chimica; Geometria c Trigonome-
Storia Naturale; Al D eb
360 sull’ordlnauento degl'istituti superiori ecg.
(ria; Igiene e Chimica fisiologica; Disegno; Conta¬
bilità domestica; Lettere italiane; Pedagogia; Mo¬
rale ; Lingua latina.
Non occorro dimostrare che l’attuazione di que¬
sto largo disegno di studj femminili superiori esige¬
rebbe la riforma parziale delle nostre Scuole normali
femminili. Come son ordinate presentemente, massi¬
me per ciò che si attiene all’insegnamento letterario,
morale e didattico, le nostre Scuole normali, oltre non
essere coordinate bene con i due Istituti superiori
femminili, non corrispondono adeguatamente al fine
loro speciale, c si rimangono inferiori alla Scuola
normale tedesca (Das Lehrerseminar) dove si pre¬
parano i veri educatori del popolo.
Koi siamo fermamente persuasi che una riforma
e un riordinamento, di studj, come abbiamo a larghi
tratti delineato qui sopra, tornerebbe di grande
utilità e decoro al fine speculativo c pratico dei due
Istituti superiori di Magistero femminile, creazione
ancor questa dell’Italia nuova che molto si ripro¬
mette dall opera salutare e benefica della donna.
SULLA RIFORMA DE’LICE!
P.
DEGL’ ISTITUTI TECNICI IN ITALIA.
So**»»». - I. E.gta- rf
to. — II. Ginnasio c Liceo ; buio la teem
leoni». Loro somiglianze e
rione secondarie classica e Iconica in 111 >’ J" 6
ìin /ìniii. «àcuolc secondarie in Geimanit •
nata con quella delle - ^ 8trat ‘ v0
Distratti da questioni P ‘ deraro i problemi
finanziarie, non avvezzi a co
302 SULLA RIFORMA DE’LICEI
pedagogici e gli ordinamenti delle scuole sott’ogni
loro aspetto, morale intellettuale ed economico, gl’ita¬
liani in generale poco o punto badano al modo in
clic viene ordinata c impartita la pubblica istru¬
zione. Lo stesso Parlamento non crede necessario di
spendere molto tempo e cure speciali in questo ra¬
mo di pubblica amministrazione ; bensì il Ministro
dell’Istruzione pubblica va soggetto egli pure alle
vicende politiche, alle crisi parlamentari e mini¬
steriali ; e non di rado la politica invado anche il
tempio pacifico di Minerva, e fa sentire i suoi influssi
al personale insegnante. Eppure si tratta di formare
gl Italiani stessi \ trattasi del modo in che debba
essere educata ed istruita la crescente generazione ;
si tratta del come e quando i novelli cittadini ed
i futuri governanti d’Italia debbano compiere i loro
studj ; si tratta di stabilire quanti anni debbano
consumarvi e quanta spesa vi occorra ! La sarebbe
dunque una questione di alto interesso morale ed
economico, teorico e pratico, privato c pubblico. Il
Paese, invece, poco opunto vi bada: ed ceco una dello
principali cagioni per cui l’istruzione pubblica ince¬
ndale, e segnatamente l’istruzione secondaria classica
e tecnica, letteraria e scientifica, non ha avuto ancora
presso di noi un ordinamento stabile e razionale.
E poiché ogni Ministro che sale al potere, come
ci ammaestra 1 esperienza di questi ultimi anni, fa o
pi omette innovazioni nel pubblico insegnamento se¬
condario ; c poiché i lamenti nel pubblico non sono
cessati, e gli esami di licenza tecnica c liceale (ma
K DEGL’ISTITUTI TECNICI IN ITALIA 303
soprattutto liceale) non sempre corrispondono alla
viva espettazione del Governo e del Paese ; stimo
esser cosa utile ed opportuna il ripigliare qucst’ardua
questione di vivo e grande interesse nazionale,dibat¬
tuta più volto, sebbene per altri fini e rispetti, in pre¬
giati periodici e specialmente nella Nuova Antologia,
da uomini insigni quali sono il Villari, il Luzzatti, il
Ferri, il Gabelli, il Barzcllotti, ed altri. Come inse¬
gnante, io non parlerò qui della capacità intellettuale,
letteraria scientifica o didattica, dei nostri profes¬
sori nelle scuole secondarie, delle norme e cr.terj
nelle nomine e promozioni del corpo
delle condizioni economiche fette da o - >
Provincie e dai Comuni ni professor, anched f ut
egli nitri pubblici ufficiali ; ne istituita gu
paragone tra i nostri insegnanti e M-tdolla Gc
nanfa, dell' Impero Anstro-Unganeo, do a I ...»
o di altre nazioni. Ma facendo tesoro;«■«■£££.
lunquc siasi esperienza da me acqui
, gnamento liceale, tecnico o «“P'™. ' onte ordina-
sè Btesso e nei suoi effetti socia i letteraria
mento della nostra istruzione sei} manEcne re tal
c scientifica, per vedere so ‘ Q
quale, ovvero se debba essere mod
n.
• s’ rltslln. le"ge Casati 13 uo
È notorio che in vir u 0 secon daria in
vcmbre 1859, la istruzione ; n Massica e in
. Italia si distingue indue g iaI ^ nuindi abbiamo
tecnica o industriale e professici
361 SULLA INFORMA DE’ LICEI
quattro sorte d’istituti: Ginnasio c Liceo, Scuola tec¬
nica c Istituto tecnico, aventi ciascuno un essere pro¬
prio, e dai quali istituti gli alunni escono forniti d’una
licenza o diploma. Bensì il Ginnasio serve nel tempo
stesso di fondamento e di preparazione al Liceo,
•come la Scuola tecnica agl’istituti tecnici profes¬
sionali c industriali. Difatti, nel Ginnasio s’insogna
oggigiorno italiano, latino e greco, storia antica,
geografia, matematica, storia naturale c disegno ;
nel Liceo poi lettere italiane, latine c greche,
storia e geografia, matematica, filosofia, storia na¬
turale, fisica e le prime nozioni di chimica. Ideila
Scuola tecnica gli alunni sono ammaestrati in ita¬
liano, storia c geografia, matematiche c contabilità,
calligrafia c disegno, francese, elementi di fisica c
di storia naturale, doveri c diritti del cittadino.
Dell’Istituto tecnico, secondo 1’art. 275 della legge
Casati, s insegnavano : letteratura italiana, storia c
geogiafia, lingua inglese c tedesca, istituzioni di
diiitto amministrativo c di diritto commerciale, eco¬
nomia pubblica, materia commerciale, aritmetica
sociale, chimica, fisica c meccanica elementare, al¬
gebra, geometria piana e solida, c trigonometria
rettilinea, disegno ed elementi di geometria descrit¬
tiva, agronomia e storia naturale. E con 1’ ultimo
Decreto del 5 giugno 1885 furono stabilite le in¬
frascritte materie, suddivise nelle rispettive cinque
sezioni dell' Istituto : Agraria, Calligrafia, Chimica,
Computisteria, Costruzioni, Diritto civile, commer¬
ciale ed amministrativo, Disegno, Elementi di Lo-
E DEGL’ISTITUTI TECNICI IN ITALIA 3Go
gica e di Etica, Economia, Estimo, Fisica, Geo¬
grafia, Lettere italiane, Lingua francese, inglese e
tedesca, Legislazione rurale, Matematica, Mercio-
logia, Ragioneria, Storia civile, Storia naturale,
Statistica e Scienza finanziaria, Topografia.
Ognun vede qual notevole differenza corre fra
gl’istituti classici o letterari e gl’istituti tecnici o-
professionali : in questi prevalgono le scienze posi¬
tive, in quelli le lettere. I primi servono, in modo
speciale, di gradino nll'Cniversitlt; i secondi avviano
'alle professioni ed agli uiliej minoiine o . ta o
mitre, lo Scuole classiche e le Scuole tecniche hanno
questo di comune: Che sì lo uno corno le altre danno
ài giovani una cultura generale, fondamento degna
altro studio, e corrodo necessario ad ogm vern o.
tadino che sia degno di tal nome, che e.o togli»
rendersi conto dei propri doveri socia i et
bene i suoi diritti civili e politici.
ni.
per quello clic si rifcriacea fonnQ ^ g ,. 8tu dj.
e al modo in che s’insegna uberalo vorrebbe
Fortunatamente, nessun > • ‘ ^ naz ^ on alità e
imitare il sistema tedesco m ‘ r j amc ntari, quale
di franchigie costituziona i e p ^ ^ Bismarck.
viene inteso e praticato e a ^ ^ ^ quintessenza dei
Ma quanto agli studj, P aie
36tì SULLA RIFORMA DE* LICEI
metodi educativi e didattici e del sapere umano si
ritrovi in Germania, e solo in Prussia la si possa ap¬
prendere : il cervello del mondo prima era Parigi,
oggi è Berlino! Confrontiamo adunque l’istruzione
secondaria tedesca con la nostra, che già conosciamo.
In Prussia l’insegnamento secondario viene im¬
partito in tre specie d’istituti nazionali: ne’Ginnasj,
corrispondenti al nostro Ginnasio e al nostro Liceo
riuniti, onde in alcune parti della Germania il Gin¬
nasio è detto anche Liceo •, nelle Scuole Reali ( Beai-
schulen ) di moderna istituzione, le quali hanno una
certa somiglianza colla nostra Scuola tecnica ed Isti¬
tuto tecnico uniti*, nei Proginnasj e nelle Scuole bor¬
ghesi ( Biirgerschulen ), che servono di preparazione
quelli al Ginnasio, queste alla Scuola Reale, o sono
strettamente coordinati gli uni a’Ginnasj superiori,
le altre alle Scuole Reali superiori. Le Scuole bor¬
ghesi della Germania (una specie delle nostre Scuole
tecniche) hanno per fine, considerate in sò stesse,
più una cultura generale inferiore, che un insegna¬
mento pratico o professionale. Vi si compie general¬
mente il corso intero in 6ei anni, e in qualcuna s’in¬
segna anche il latino. Ma le discipline comuni a
tutte le Scuole borghesi tedesche sono le infrascritte:
Religione, tedesco, francese, inglese, geografia, sto¬
ria, matematiche, fisica, storia naturale, disegno c
•calligrafia.
Ora, qual fine educativo e scientifico si pro¬
pongono i Ginnasj tedeschi e le Scuole Reali,
c quali materie vi sono insegnate? u Fine di-
E degl’istituti TECNICI IN ITALIA 361
retto del Ginnasio (dice il prof. Francesco Pullè
nella sua erudita relazione sulla Istruzione secon¬
daria in Germania) c quello di preparare per lo
studio scientifico delle Università. L’istruzione clic
vi viene impartita però, nel suo contenuto c nella sua
forma, c ordinata in modo da rendere la monte atta
e fornita dei mezzi necessari per raggiungere qualun¬
que grado e specie di coltura intellettuale. Il centi o
di gravità degli studj ginnasiali c l’insegnamento lin¬
guistico, e si fonda pei Ginnasj tedeschi sulle tre
lingue letterarie che rappresentano la vita delle tre
più grandi famiglie umane, attrici della storia c della
civiltà europea : la greca, la latina e la tedesca.
“ Il concetto informatore del programma deg 1
studi ginnasiali si ò : nella conoscenza dello lingue,
aprire al pensiero lo spirito dell’antmhità e le forme
dell’espressione ; abbracciare nella stona 1 con
■ dell’umanità e del progresso civile e nel a s o
tararia formare l'idea nazionale. Nella geogr ^
storia, naturale, nella fisica e nella «nata» ^
prender le relazioni dell'uomo eolia naturi ^
di quello colle forze di questa : • ' amca to
all’esattezza del ealcoloedeig.^^“
dei mezzi pratici e delle necessda posavo. _ ^
a contemplare dalla elevatezza . iuoven( j 0 da un
comprendendoli nel loro spiri ° ^ dcl]c CO sc. Colle
■criterio morale, P roCoa ° V ®' , ivor8e materie, messe in
cognizioni acquistate 0 ' da]la disciplina sco-
contatto c collegate dal consapevolmente
. letica, l'intelletto giovanile s, v.
668 SULLA RIFORMA DE’ LICEI
abituando e si conquista questo liberalissimo modo
di pensare, che poi applicherà o ai suoi studj futuri
o alla pratica della vita.
“ Lo Scuole Reali invece, conforme alla loro ori¬
gine, hanno un fine più limitato c più direttamente
pratico. Esse sono destinate a fornire una generale
coltura scientifica, come preparazione a quelle pro¬
fessioni, per le quali gli studj universitari non sono
richiesti. La loro principale differenza dai Ginnasj
consiste in ciò, clic l’insegnamento classico scema, e
di altrettanto cresce in suo luogo quello delle materie
scientifiche. Il latino vi c mantenuto, ma ridotto a due
terzi dell’orario settimanale nelle classi inferiori, alla
metà incirca in quello superiori. Il greco n’ò escluso
del tutto : invece si dà un posto maggiore alle lingue
moderne; il tedesco c il francese hanno un orario più
ricco clic non nei Ginnasj; vi s’insegna l’inglese nello
treclassisuperiori, ed in alcuni casi, facoltativamente,
lo spagnolo o l'italiano. Questo ricco apparato lin¬
guistico però non viene trattato, come nei Ginnasj,
da un punto di vista scientifico, ma solamente da quello
pratico, per l’uso moderno e del commercio. .,
E però nel Ginnasio tedesco s’insegna: Religione,
tedesco, latino, greco, storia e geografia, matematiche,
storia naturale, fisica ; e in alcuni Ginnasj superiori
della Prussia, come nel Ginnasio Federico Guglielmo,
si aggiunge l’insegnamento del disegno, del francese
c dell’inglese. Le stesse materie s’insegnano nella
Scuola Reale, fuorché il greco che viene sostituito dal
francese, inglese o spagnolo. Ecco pertanto gl’insc-
E DEGL’ISTITUTI TECNICI IN ITALIA 3G9
giramenti che si danno nel Ginnasio e nella Scuola
Reale superiori, uniti insieme : Religione, tedesco,
latino, greco, francese, inglese, ebraico, storia c geo¬
grafia, aritmetica e matematica, storia naturale, fisica
e chimica, disegno c calligrafia. Più tardi, in alcune
città della Germania sorsero scuole industriali per
soddisfare a certi bisogni e tendenze locali 5 coinè
tra noi, per cagione d'esempio, e sorta la Scuola in¬
dustriale e professionale di Vicenza che ha surrogato
quell’istituto tecnico, perchè più vantaggiosa a coloro
che, a poca distanza, a Schio lavorano nel grandioso
e prospero stabilimento industriale del benemerito
seuatorc A. Rossi. Presso la Scuola industriale nel
centro di Berlino s'insegna: Religione, tedesco, fran¬
cese, inglese, storia e geografia, aritmetica, materna-
tica pura ad applicata, fisica c chimica, chimica
pratica nel laboratorio, storia naturale, calhgia . ,
disegno a mano libera c disegno geometrico.
Il Ginnasio superiore tedesco, con 1 esame b
sturila o di licenza, schiude le Porte dol^
versità; c le Scuole Reali di l u ‘ m01 J degl’inge-
loro licenziati di passare
ai
IL/ W” *- . . *V
gneri, di essere ammessi ^^o'di’volontariato, di
tare e a godere i benefi ‘ nci Ministeri. E qui gio-
aspirare alla carriera u ‘ . licenziati dai nostri
va ricordare che anche a * ;1 benefizio del
Licei ed Istituti Aitare, sono am-
volontariato quanto _ , i;ce{iU) e a n a facolta di
messi all’Università (t sezione fi s i c0 -ma-
matematiebe quelli (tecni .) 34
Valdarnini
370 SULLA RIFORMA DE’ LICEI
tematica ; inoltre possono tutti aspirare ai pubblici
uffizj minori, come nelle Poste, nelle strade ferrate,
nelle Prefetture, nelle Intendenze di finanza e nei
Ministeri. .
Ed orapotrebbesi domandare: Perchè nei Gin¬
nasi tedeschi non è compresa la filosofia, e nelle
Scuole Reali non s’insegna economica politica, sta¬
tistica, diritto positivo, computisteria c ragioneria,
estimo ed agraria, che troviamo invece presso i nostri
Istituti tecnici, ne’quali bensì manca il latino ? Nei
Ginnasj tedeschi (eccettuati alcuni pochi dove si
studia la logica formalo, o la propedeutica filosofica)
non avvi l’insegnamento della filosofia per due ra¬
gioni: 1° perchè, a differenza d’Italia per il con¬
trasto e la separazione fra la Chiesa e lo Stato, là si
mantiene vigoroso l’insegnamento della religione, sia
cattolica sia protestante, secondo la confessione reli¬
giosa degli alunni ; 2° perchè i giovani, oramai bene
apparecchiati c riflessivi, apprendono la filosofia nelle
Università ordinate diversamente dalle nostre: di fat¬
ti nelle Università tedesche la facoltà filosofica com¬
prende altresì quella filologica e storica, quella fisi¬
co-matematica e di storia naturale. Per altro, se ai
nostri Istituti tecnici manca il latino, onde i giovani
licenziati (eccetto quelli della sezione matematica)
non sono ammessi all’Università, e in fatto di cultu¬
ra letteraria sono generalmente inferiori ai licenziati
dal Liceo; le Scuole Reali tedesche, paragonateagl’Isti-
tuti tecnici italiani, hanno il capitale difetto di non
apparecchiare direttamente gli animi alle lotte nobili
E DEGL’ISTITUTI TECNICI IN ITALIA 871
a feconde della vita pratica sociale ed agli ufficj
amministrativi, perchè non vi si danno le principali
nozioni di scienze morali o sociali, come la morale,
l’economia politica, la statistica, il diritto, la compu¬
tisteria, e somiglianti.
IY.
I nostri G-innasj e Licei non hanno subito no¬
tevoli e sostanziali cambiamenti, almeno in ciò che
riguarda la natura e il numero delle materie d’inse¬
gnamento. Non così gl’istituti tecnici, dalla loro crea¬
zione fino al 1885 : e però giova esaminare i prin¬
cipali mutamenti introdotti in essi coi programmi del
1871, del 1876 e del 1885.
Nei programmi del 1865 non si provvedeva
sufficientemente alla cultura letteraria e morale de
giovani ; non si distingueva un doppio orine 4. stadi
negl'istituti, studj penerai, c teorie, da un , V
Mi . pratici dall'altro ; infine la temone fis,=o-ma
, ematici era unita a quella industnalo A que*
inconvenienti si procuri di rimodare dal Mistero
d’agricoltura industria e commercio (
pendevano allora “Mastico 1871-72,
grammi al principio d de p a circolare
precedati dalle relative is ruz ^ sanzionat ; con
ministeriale del 17 otto re ’ l’onorevole
R. Decreto del 30 marZ °,? 8 '^ iglio superiore per
Domenico Berti, a nome ^ ^ Qtta relazione al
l’istruzione tecnica nella ™ r neva ques te savie
Ministro il 1° agosto 187 p r
372 SULLA RIFORMA de’ licei
riforme: P Ripartizione della sezione di meccanica
c costruzioni in sczìodc fisico—matematica, c in
sezione industriale; 2 a Prolungamento del corso
delle sezioni negl’istituti; 3 a Ampliamento o mi¬
glior distribuzione della cultura generale c scien¬
tifica, c della cultura speciale ; 4 a Riordinamento dei
programmi d’insegnamento; 5 a Connessione de¬
gl’ Istituti tecnici con le Scuole superiori, c nonno
per l’attuazione del riordinamento degl’istituti.
In ordine a tali riforme, il corso degli studj
tecnici da tre fu portato a quattro anni : gli studj
del primo anno comuni a tutte le sezioni, giusta il
Regolamento del 18G5, furono estesi a tutto il pri¬
mo biennio in comune e determinati nelle seguenti
materie : Lettere italiane, storia c geografia, lingua
francese, inglese o tedesca, matematiche elementari,
storia naturale, fisica, nozioni generali di chimica,
c disegno ornamentale. Clic anzi, per rinforzare la
cultura letteraria e morale, alcuni insegnamenti di
cultura generale, come l’italiano, la storia c la geo¬
grafia, vennero protratti nelle varie sezioni per tutta¬
la durala del corso tecnico ; agli studj lettcrarj si
volle aggiunto ed unito lo studio della Psicologia c
delle principali nozioni ed applicazioni della Logica,
restringendo ilprimoalle facoltà essenziali dell'anima,
alloro svolgimento e al destino immortale di essa, il
secondo alla teorica del giudizio e del raziocinio,
e alle norme fondamentali dell’ arte critica. Impe¬
rocché il Consiglio superiore di istruzione tecnica
é d’avviso (diceva 1’ esimio relatore Berti) u clic
n degl’istituti TECNICI IN ITALIA 373
•nulla tanto giovi a restaurare gli studj letterari
e all’ incremento della cultura generale quanto i
buoni studj filosofici. Speriamo clic il tempo ci con¬
cederà d’introdurre noi nostri Istituti un vigoroso
insegnamento di morale, che, oltre al servire di
preparazione o di aiuto alle diverse discipline giu¬
ridiche ed economiche, tornerà eziandio di vantag¬
gio all’educazione dell’animo, alla quale si deve
mirare negli Istituti tecnici non meno operosamente
clic nelle altro scuole Finalmente, le sezioni
degl' Istituti furono divise in cinque : seziono fismo-
matcmctica, industriale, agronomica, commerciale,
c quella di ragioneria ; lo prime quattro da com¬
piersi ciascuna in quattro anni, 1 ultima in un .
dopo aver conseguita la licenza nella sezione coin
mordale. , . • •
Ma pii. notevoli c piofonde mno^.on sul»
■Menzioni sai piograni™ bcllcmc ,iti delle
Commissione «I ^ jc larevisione
scienze sperimenta , g j u dj Z io e al-
dei programmi stessi ’ ”,priore distriuione
V approvamene del C°™=> ctl n »ovi programmi,
tecnica le opportune n j> Decreto u n0 ~
gVIs,itati farete ai «se riforme,
vembre 187G. Ilcco 1 l .
paragonate con quelle c c
37 i SULLA RIFORMA DE’ LICEI
1 ° Fu ristretta al solo primo anno la cultura
generale, comune a tutte le Sezioni, facendo pre¬
valere nei tre anni successivi la cultura speciale-
tecnica.
2° A chigavesse ottenuto la licenza ginnasiale
o di scuola tecnica, fu data facoltà di iscriversi al.
secondo anno d’istituto, purché avesse prima supe¬
rato l'esame nelle materie del primo.
3° Fu ristretto rinsegnamento delle matema¬
tiche per la sezione fisico-matematica 5 ma vi fa¬
aggiunta la trigonometria sferica, che non s’insegna
nelle Università^cui debbono presentarsi gli alunni
dell’Istituto col diploma di licenza, anche senza lo
studio del latino, prima di essere ammessi alle Scuole
di applicazione.
4° La sezione agronomica fu distinta in due,
con nuova distribuzione di materie c con indirizzo-
più pratico : in sezione di agronomia , destinata a
formare gli amministratori rurali c i direttori di
p aziende agrarie ; in sezione di agrimensura , per co¬
lmo clic si danno alla professione di periti stimatori
di fabbriche, e di periti misuratori di campi.
5° Alla sezione commerciale fu riunita quella
di ragioneria, da compiersi in quattro anni perchè
1 esperienza fatta in alcuni Istituti aveva già dati
buoni risultamenti.
G° In quest’ultima seziono la statistica fu unita
all economia politica ajiplicata, avendo sempre cura
di far prevalere nell’Istituto la parte applicata alla
teoretica. Bensì mentre nei programmi del 1871 il
E DEGL’ISTITUTI TECNICI IN ITALIA 37 0
diritto amministrativo era obbligatorio nella sezione
di ragioneria, in quelli del 1816 non se ne parla
affatto !
7° L’economia politica teoretica, qual parte della
cultura generale scientifica, fa estesa a tutte le
sezioni.
8 ° Infine, s’introdusse un nuovo insegnamento
comune a tutte le sezioni, e che nell’anno scolastico
1S77-7S fu reso obbligatorio in tutti gl'istituti tecnici
del Regno, cioò gli Elementi scientifici di Etica ci¬
vile c Diritto, con doppio intendimento : di prepa-
rare lo menti allo stadio del Dirittoposavo e del-
l'economia politica, o di temperare .1 cara, o de
giovani formando non solo « abita profe^—,, ma
cittadini degni per virtù moral. e emù E -
il nobile desiderio acconnato lino da
presidente del Consiglio snpenore
ca, onorevole Berti, venne urc dal
il ministro Calatabiano irebbe lodo P
Consiglio stesso e dai P 1 ’ 0 ^^ ^alfeta grande-
gli uomini imparziali . della crescen te
mente a cuore l’cducazion
generazione. . v i 1077 , ecco per-
Secondo i nuovi program*speciali,
tanto la distribuzione delle male ^ Lettere
Insegnamenti comuni a a o-QQtrrafiii., matemati-
italianc, lingua francese, sitera, b ° natur ale ;
che, disegno, fisica, chinu ca » ^^ cnt - scientifici. di
economia politica teoietic. , dalle nozioni di
etica civile e di diritto, P lC
370 sulla riforma de’ licei
psicologia c di logica. Seguono le materie speciali
delle cinque sezioni (oltre le materie in comune) nel-
•J’ordine infrascritto :
Sezione fisico-matematica : Lingua inglese e
tedesca.
Sezione di agrimensura: Costruzioni, geometria
pratica, agraria, estimo, diritto privato positivo.
Sezione agronomica : Costruzioni, geometria
pratica, diritto privato positivo, agraria, estimo, chi¬
mica applicata all’agricoltura.
Sezione di commercio c di ragioneria : Diritto
privato positivo, teoria della statistica ed ccouomia
politica applicata, computisteria c ragioneria.
Sezione industriale : Teoria della statistica ed
economia politica applicata.
V.
Ritornati gl’ Istituti tecnici sotto la dipendenza
del Ministero dell’Istruzione pubblica pel Decreto
leale del 26 dicembre 1S77, si pensò j)iù volte in
questi ultimi anni a riordinare la istruzione tecnica
di primo c di secondo grado. Il Ministro Baccelli
aveva nominata una Commissione per la riforma
della Scuola tecnica c dell’ Istituto tecnico. L’ on.
Ministro Ceppino ha fatto tesoro delle proposte di
netta Commissione ] c quindi abbiamo la recente
riforma degli studj tecnici, approvata con Decreto
reale del 21 giugno 1SS5.
Alla Scuola tecnica si è conservato il suo du¬
plice line teorico e pratico, cioè di preparare i gio-
e degl’istituti TECNICI IN ITALIA 377
vani all’Istituto e di fornire “ una certa istruzione
reale e pratica ai giovani che volessero darsi al
piccolo traffico, agli umili ufficj pubblici ed alla mi¬
lizia E però nel terzo ed ultimo anno gli alunni
si dividono in due sezioni, con diverso programma
di studj e con metodi di csercizj convenienti e prò-
prj, sccondochè intendono di passare all’Istituto, o
di sottoporsi all'esame di licenza per entrare nella
vita pratica del lavoro utile. Per 1’ ammissione al-
V Istituto tecnico si richiede l’esame m queste ma¬
terie : Calligrafia, Disegno, Geografia, Lingua fran¬
cese, Lingua italiana, Matematica (Aritmetica ra¬
zionale e Geometria), Storia antica, orientalo e gioca,
Storia d'Italia, Dovari a Diritti dal
rioni di Storia naturala. Por ffr* 1» ““
tannica si richiede olirà lo’ io ‘ 8 teria-
(salvo la Storia antica), 1 esame 1 , t i
Un Escrcizj di Lingua franaata, no. .
di Aritmetica, nelle Lozioni
di Mineralogia. . on o conservate
Riguardo all’Istituto toc» co, s “° la sc .
le cinque vecchie sezioni, sue l '* . Commcrc io c
zione industriale in due lami, „-. n0c Ragioneria
Ragioneria privata, diAmniinis sezione
pubblica. Gli studj dal . tutti gli
Fisico-matematica si sono 1 s tadj speciali
alunni dell’Istituto, de terni nn q . 0 ^ cr ciascuna
tecnici e pratici ncl^ sCC ° UC . 1 ° in( | 0 i e s ua particolare,
sezione, secondo il fi nc e . vo n’cbbc a for-
Ondo la soriana Fisino-matamatic
378
SULLA RIFORMA DE* LICEI
marcii Liceo scientifico moderno, e le altre Sezioni
altrettante Scuole professionali.
Ecco, pertanto, le materie comuni a tutte lo
sezioni : Chimica generale ed clementi di Chimica
organica ; Disegno ornamentale geometrico c a mano
libera; Fisica elementare; Geografia Lettere; ita¬
liane; Lingua francese; Matematica (Algebra e Geo¬
metria) ; Storia generale ; Storia naturale.
Materie speciali per le rispettive Sezioni.
Sezione Fisico-matematica : Chimica (eserci¬
tazioni) ; Disegno di applicazioni ornamentali c di
architettura ; Elementi di Logica e di Etica ; Fi¬
sica complementare ; Lettere italiane ; Lingua in¬
glese o tedesca ; Matematica (complementi c Trigo¬
nometria) ; Storia complementare. Sezione di Agri¬
mensura : Agronomia, Agricoltura ed Economia
rurale ; Chimica (esercitazioni) ; Costruzioni e Di¬
segno relativo ; Estimo ; Fisica (Meccanica e Idrau¬
lica) ; Legislazione rurale ; Lettere italiano ; Mate¬
matica (Trigonometria ed esercitazioui, Geometria
descrittiva c Disegno relativo) ; Topografia e Di¬
segno relativo. Sezione di Agronomia : Agronomia,
Agricoltura ed Economia rurale ; Tecnologia rurale
e Zootecnia ; Chimica agraria ed esercitazioni ; Ele¬
menti di Topografia e di Costruzioni, e Disegni re¬
lativi; Fisica (Meccanica, Idraulica o Meteorologia) ;
Legislazione rurale ; Lettere italiane; Storia natu¬
rale applicata all’Agricoltura. Sezione di Commercio
e Ragioneria: Calligrafia ; Computisteria e Ragio¬
neria (parte generale e speciale); Scienza economica,
e degl’istituti TECNICI IN ITALIA 37S>
Economia applicata, Statistica e Scienza finanziaria;
Elementi di Diritto civile, commerciale ed ammini¬
strativo ; Merciologia ed esercitazioni ; Lettere ita¬
liane; Lingua francese, inglese o tedesca;Storia com¬
plementare (delle colonie o delle industrie c dei com-
merej). Sezione Industriale : Chimica; Disegno 01 -
namentale ; Fisica elementare ; Geografia ; Lettele
italiane ; Lingua francese; Matematica; Storia ge¬
nerale ; Storia naturale.
Questa riforma segna certamente un notevole
progresso nell’ordinamento generale dei nostri s u ]
Liei di primo e' di secondo grado. *£» ^
ohe sia una riforma compiuta c e '
pare davvero : ansi nella Beiamone al He si fa co ^
prendere che dallo stesso Ministero «sente_
desiderio di ulteriori modificamo»! e '‘"Jf della
nefica intorno all’assetto “'S 1 * 01 ® °. n p attuale
istruzione tecnica secondaria. > te0 _
Scuola tecnica e bene Cù0Vcl |^ a S cu|Ìc pre¬
nci alle Scuole di arti 6 “ Cb ’ iftndi? La seziono
fessionali inferiori, per „i e or dinaria-
Fisico-matematica dell'f 8tlt ^ j vcrH ità, come può
mente prepara i 8 * ova ?'^ moderno, so non vi si
dirsi un vero Liceo scic ^ ^ noto c he in Ger-
studia affatto la lingua latina. gQ ]ft Scuo i a
mania il latino si studia ano ^ ^ i#| e re-
Rcalc. Perchè abolire le no della Logica e
stringere l’insegnamento e ^. o _ roa t e matica? Dcl-
dell’Etica alla sola sezione i alcan bisogno
la Logica e delia Morale no» ha»»
380 SULLA RIFORMA Dii’ LICIil
gli scolari delle altre quattro sezioni, i quali poi la¬
sciamo affatto gli studj ? Infine, perché abolire gli
elementi scientifici del Diritto razionale, mentre que¬
sto è fondamento del Diritto positivo c della stessa
Economia sociale ? Il presente ordinamento della
Scuola c dell’ Istituto tecnico non ha dunque rag¬
giunto il suo ideale.
VI.
Ma dall’altro lato, si può egli diro che l’istruzione
classica da noi sia perfetta sott’ogni rispetto? I nostri
Ginnasj e Licei sono in piena armonia coll’esigenzc
de’buoni metodi, coll’avanzamento delle lettere c dello
scienze, coi bisogni e collo nuove condizioni della so¬
cietà odierna? E tutte lo nostre Scuole secondarie mi¬
rano esse ad un fine principale, ad infondere nell’ani¬
mo della gioventù una sana o vigorosa educazione
morale c civile? Ognuno si troverebbe fortemente im¬
pacciato a rispondere a queste domande : il che si¬
gnifica, clic molto ci rosta ancora da fare per le nostre
Scuole secondarie, classiche c tecniche.
Vero è che un compiuto c razionale ordinamento
della istruzione secondaria presenta non poche c serie
difficolta per natura sua ; e difficilmente presso qua¬
lunque nazione può essere opera d’un solo periodo di
tempo c d un legislatore solo. Quindi non deve recar
meiaviglia so nell’Italia nuova, tenendo conto ancora
delle sue condizioni politiche, intellettuali c morali,
il giavissimo problema d’un compiuto c stabile assetto
delle Scuole secondarie non ha avuto fin qui la mi-
E DF.Gl’ ISTIrUTl TECNICI IN ITALIA 381
"liore ed ultima soluzione. Quattro, secondo me, sono
i principali quesiti a cui deve rispondere un razionale
fecondo e stabile ordinamento dei nostri Istituti se-
condarj vuoi lotterarj o classici, vuoi tecnici o pro¬
fessionali :
a) Cultura generale degli alunni.
I) Metodi in armonia con lo svolgimento gra¬
duato delle facoltà umane, e in pari tempo con 1 pro¬
gressi e fini della scienza. _ •
a) Relazioni fra i Ginnasj, i Licei c le Univer¬
si,, fra lo Scuole tecniche, gl'Mtutì e la Un,ver-
sitò, i Politecnici od altro scuole saperlo,,.
d) Attinenze dello nostre scuole s“™ d ”' c0 ° '
la vita pratica c con gli uffici minor. «1 “ Statm^
Ed ora esaminiamo brevemente 1 qua ^
per vedere poi quali rimedj principali oceor.aco .
nostre scuole.
VII.
a; Quali materie si dovranno tn*&*
ciascun istituto secondai io P‘^ ss nell’Istituto?
nasio e nel Liceo, nella Scuo a ec ” . ò e3S3r c
La scelta eia quantità di osso matouc,^^
arbitraria, oppure deve cs.cic ^ ^ v ; debbon
me, a criterj ben definiti . ^ definiti, i q uab
essere certe norme, anzi cn ^ gtcss0 c he si pro¬
si desumono principalmente a ^ ^ogni sociali
pone il legislatore, vero interpre ^ ^Hoscuole,
nell’istituire o nel riordinare cia finc immediato
Ogni istituto ha due fini esscn
382 SULLA RIFORMA DE’LICEI
cioè di provvedere alla cultura generale della cre¬
scente gioventù studiosa e dei futuri cittadini ; un
fine mediato, che sta ora allappateceliiare le menti
a studj superiori, ora nell’abilitare a certe profes¬
sioni, o a certi ufficj minori nello Stato, e all’am¬
ministrazione delle proprie sostanze.
La cultura generale cambia secondo i pro¬
gressi dello scibile umano e secondo le peculiari
condizioni della società civile. Trent’ anni fa, per
esempio, dalla classe più numerosa dei veri cittadini,
dalla borghesia, in Italia non si sentiva il bisogno
di apprendere certe cognizioni politiche e scientifi¬
che, perchè allora la borghesia aveva minore im¬
portanza sociale di fronte al clero e all’ aristocrazia,
e perchè mancavano al paese istituzioni liberali, che
portan seco nuovi diritti c doveri. A voler com¬
piere ed esercitar bene questi doveri e diritti so¬
ciali, richieggonsi opportune cognizioni c un più
alto grado di cultura intellettualo. Come pure dalle
nuove condizioni sociali è sorta la convenienza di
rendere più colta ed istruita la donna, senza cadere
per questo nell’opposto eccesso. Ma la vera c soda
■cultura d’un popolo non deve consistere soltanto
nell istruzione della mente, si anche e principalmente
nella retta educazione dell’ animo, come richiedono
la natura e il fine dell’ uomo considerato e in sè
stesso, e in relazione colla famiglia e colla società,
senza qui entrare nel campo religioso. L’istruzione
non è fine a sè stessa e all’ umana società, ma piut¬
tosto e mezzo all’ educazione morale e civile. La
E DEGL’ISTITUTI TECNICI IN ITALIA 383
prima ha per fine diretto la conoscenza del vero -,
la seconda mira alla pratica del bene.
Ciò posto, se le materie clic oggidì s’insegnano
nelle nostre scuole secondarie soddisfano in generale
ai bisogni della mente e alle nuove condizioni sociali,
per ciò che attiene al sapere, non sono pero le piu
adatte, considerate fra loro c da sole, ad invigorire
il scuso morale, a prodarre mia 0 ““
educazione, che torni vantangiosa alle singole fami¬
glie o all' intero consorzio civile. He.
da°*ogici e scientifici, in buona parte della stampa
a “liberalo, nel Parlamento e ne. paese pressai
generali o frequenti sono le "ri « sècot
rizzo educativo delle nostro scucem»
darle. AU’ insegnamento. re ìgm mim care
c razionalmente impaitito, tare come
in nessun grado delUi— 9Ì ‘
giudicano molti uomini i us ii secondarie
voluto o saputo contrapporre mo ingegnamen to
in generale un vigoroso stadj CODS iderati
morale, coordinandovi pu» | . q molta parte della
nell’aspetto educativo. d eleva to sentimento
nostra gioventù manca 1 P , no bili, l’affetto
del bene, l’entusiasmo pei e c s j t i retti, il ca-
disinteressato, la fermezza n
rattere morale.
Vili.
n0 arduo ed importante
b) Altro quesito non m ^ sapcre inse¬
di è quello del metodo, non
3SÌ SULLA RIFORMA DE’ LICEI
gnaro quanto nel coordinare le materie di studio:
quesito che non si può risolvere convenientemente,
ove non si badi al graduato e armonico svolgimento
delle facoltà umane. Con qual ordine si svolgono le
facoltà dell’uomo ? Prima il senso, la fantasia c la mo-
moria ; poi la immaginazioncintellettiva e la ragione,
colle sue varie operazioni o facoltà secondarie, come
l’attenzione, la riflessione, l’astrazione, l’analisiclasin-
tesi, la comparazione ; per ultimo, la volontà libera.
Ora, queste facoltà non sono l’una dall’altra se¬
parato, come l'esperienza o la ragione ci attcstano ;
ma sono invece strettamente congiunto, perchè tutte
dipendono dallo stesso ed unico principio che in noi
sente, intende e vuole. Bensì 1’ una prevale sull’altre
nelle diverse età dell’uomo, e secondo la natura degli
obbietti a cui son rivolte le operazioni intellettive e
morali di lui. A questo naturale c graduato di-
spiegarsi delle facoltà umane, a quest’ armonia loro
meravigliosa, deve sempre corrispondere l'ordina¬
mento degli studj e un acconcio metodo d’insegna¬
mento nelle nostre scuole, dalle prime classi elemen¬
tari all’ Università.
Per chiarire meglio le nostre ideo, gioverà qui
fare un’osservazione’ pratica. In virtù del R. Decreto
22 settembre 187G, la filosofia s’insegnava in tutti
e tre i corsi liceali ; mentre prima cominciavasi a
studiare nel second’anno di Liceo. E nella Rela¬
zione che precedeva quel R. Decreto diccvasi che
nel prira’anno liceale l’insegnamento della filosofia
dovesse consistere segnatamente nella lettura e nello
E degl’istituti TECNICI IX ITALIA 38'Ò
studio di luoghi filosofici Latini, e nella spiegazione
della nomenclatura filosofica, di cui tanta parte si
chiarisce colla lingua greca. — Senza disconoscere
le intenzioni più che rette del legislatore, a noi pare
(confortati in ciò dall’esperienza) che sarebbe stato
miglior partito ritornare alle vecchie disposizioni,
cioè principiare lo studio della filosofia nel secondo
anno di Liceo, perchè le menti de giovani sono
allora più riflessive e mature, ed hanno acquistato
nuove e più sode cognizioni di letteratura, di sto¬
ria e di matematica nel primo anno liceale , dalle
quali trarranno poi giovamento nello studio della
filosofia stessa. Vediamo infatti che in Austria s in¬
segna la propedeutica filosofica solo nella classe Vili,
od ultimo anno del Ginnasio-liceo ; , e no Gmnasj
di Boltzen o di Klangcnfilrt la logica /orma
studia nello ultimo duo classi, comspondentmdfe¬
condo e terzo anno del nostro Liceo In Trace .
poi, ««ero corso di
l'ultimo anno d. Liceo ' ; l nostri
otto ore d'insegnamento P« “ ^ ^ ge .
alunni, appena usciti a un ver o insc-
ncralmente ben prepara liceale, sia per
gnamento di filosofia sa perficiali
la tonerà età, sia pei aWtuatialla n-
cognizioni, sia per no poteva giovare
flessione e al ragionamen o - - m0 co rso liceale
gran, fatto spendere tutte » 1 p. oso fica , che si
nell’ insegnar loro la nom p 0 studio delle
può di mane in mano apprendere
Valdarnini
"380 SULLA RIFORMA DE’LICEI
singolo parti della filosofia elementare 5 e ancor
meno avrebbe giovato spenderlo per intiero nella
lettura o nello studio di luoghi filosofici latini, por
esempio nel De OJJiciis e nel Da Leyibus di Cice¬
rone, perchè tali studj c letture presuppongono un
corso ordinato, già compiuto, di filosofia razionale
e morale. Più tardi l’insegnamento liceale filosofico
si restrinse a soli due anni, cominciando lo studio
della Psicologia e della Logica nel secondo, e ri¬
servando al terzo la Morale. Ma con P. Decreto
del 23 ottobre 1884 l’insegnamento filosofico è stato
di nuovo esteso a tutti e tre i corsi liceali, asse¬
gnando al primo lo studio della parte più generale
della Logica. - Per le ragioni suddette, converrebbe
tornare al vecchio sistema, cioè principiai’e addi¬
rittura lo studio della filosofia elementare nel secondo
corso liceale, e compierlo in due soli anni.
Siffatto ordinamento c siffatto metodo converrà
poi che nelle scuole secondarie si trovi in armonia
perfetta con i progressi della scienza o con i fini
dell’ insegnamento. Lo studio della Filosofia e dello
•Scienze naturali, a cagion d’ esempio, deve esser
fatto in modo ben diverso da quello in che facevasi
venti anni addietro : e qui siamo già incamminati
per la retta via. La Storia greca e romana dovrà
essere insegnata nel Ginnasio e nell’Istituto tecnico
in modo differente, per la diversità del fine di esso
studio nei due Istituti ; all’ insegnamento della Chi¬
mica non potrà darsi nel Liceo quell’ estensione o
profondidà che deve avere presso l’Istituto tecnico.
E DEGL’ISTITUTI TECNICI IN ITALIA 387
Governo e professori debbono pertanto aver di mira
questi quattro punti essenzialissimi : 1° Lo svolgi¬
mento armonico di tutte le facoltà umane; 2* La
•cultura generale degli alunni; 3° Il progresso dello
scibile ; 4° Il fine pratico della scuola.
IX.
c) Come le scuole inferiori od elementari, oltre
avere un fine proprio, debbono servire di fondamento
e di preparazione agl’istituti secondarj, così questi
vogliono essere coordinati razionalmente allo scuole
superiori e di perfezionamento. E però i nostri Licei
ed Istituti tecnici, specialmente in alcune seziom,
come in quella fisico-matematica e di a S ron0 “ ia ’
■debbono avere stretta relazione col or inam
.degli studi nelle Universi.!., «M*-***
Scuole superiori di
per la stessa ragione, i G. J ^ tcomcho ag Ii
legati strettamente a U , 1 ha m flM
Istituti professionali, be U rog i on di
più speculativo che pratico, S ® . P ge ins ° mm a à
mezzo die di fine, a ' 0S ^ip er il Liceo, parrebbe
destinato a preparale g j s6 avere un fine
che anche la Scuola tecnic re p arar e le
più speculativo ch ® ^Jistìtuto tecnico, anziché
menti a studj super io fes9 i 0 ni, per quanto
presumere di abilitare a ^ , ione precoce super¬
umili sieno, e di dare un * s ^ dimostrato non
Sciale inefficace, che 1 es P erI v uon0 risultamento.
.condurre da sola a verna pratico e
388
SULLA RIFORMA DE’LICEI
Ma se la Scuola tecnica, com’era prima ordi¬
nata, non corrispondeva nè al suo fine speculativo,
cioè di dare una conveniente cultura generale, o di.
preparar bene gli alunni all’Istituto, nè al fine pratico,
ossia di abilitare a’più modesti ufiicj nella vita pri¬
vata e pubblica; anche il Ginnasio, il Liceo e l’Isti¬
tuto, nelle attinenze loro cogli studj superiori, hanno
i loro difetti. Così, nel Ginnasio si dovrebbe inse¬
gnare la lingua francese, materia non solo di cultura
generale, ma eziandio necessaria agli studj succes¬
sivi nel Liceo e nelle Scuole superiori ; c lasciar da
parte la Storia Naturale, che viene ripresa nel Liceo
in modo più esteso e profondo. Inoltre, come studiar
bene le Scienze naturali senz’aver prima studiato¬
la Fisica ? Nel LiRco, poi, hanno troppa estensione
alcune materie, come la matematica, le scienze fisico¬
chimiche ed il greco, dacché queste materie, spinta
oltre i debiti confini , non sono d'interesse generale,,
non danno per se un risultamcnto pratico, si ripren¬
dono quasi daccapo nelle rispettive Facoltà univer¬
sità) ic, richiedono molto tempo nel corso liceale con
grave scapito delle altre materie.
Tale inconveniente non ha luogo negl’istituti
classici della Germania. Ecco quello che scriveva
in proposito l’egregio professor Pullè nella citata sua
i dazione: “La parte più importante ve l’hanno l'arit¬
metica e la matematica ( elementare , come si vede dai
piogrammi) per far vero il principio, che le lingue,
classiche e la matematica sono il centro dello studio
ginnasiale. Yicn dopo lamica, quindi la storia natu-
E DEGL’ ISTITUTI TECNICI IN ITALIA 389
vale. La chimica e per sè, o perchè ancora troppo
poco è venuta a scientifiche conclusioni, ed è tuttavia
da riguardarsi come in via di sviluppo, non viene,
nei Ginnasj almeno, accettata come materia obbli¬
gatoria. Così anche alla storia naturale non si dà
una sostanziale importanza : anzi per regola, dove
manchi un buon maestro per questo insegnamento,
nella classo IV c V le due ore vanno impiegate per
l'aritmetica eia geografia. A questo punto va fatta
un’ osservazione importante. L’insegnamento delle
scienze positive nei Ginnasj o Licei c ordinato non
tanto ad un fine pedagogico, quanto acciò che il .gio¬
vane, che vi compio la sua educazione, ne esca con
una generale coltura, sappia qual posto occupa cia¬
scuna scienza nell’ insieme dello scibile e si avvezzi
a liberamente pensare. Per questo vai tanto m e-
gnamento realistico per coloro che -n d Una ti a
professioni giuridiche, alle
V ÌnSCSnan,e ^° m“ peTqueste ultime, quel tanto che
scienze esatte Ma per q ^ ^ do , tutt0
se ne apprende nel L la fisica, lachi-
insuffieientc, poiché al rfetfa mat6 .
mica, la storia naturale, e &U ? a n ^ llcipio e ripetute
matica, vengon riprese quasi calzallte è quello
quasi alla lettera. L’ esempio P ^ anni ne l
della fisica generale, che appi ‘ ^ bienna le al-
Liceo, viene ripresa pei un a , ti tem po eia
l'Università. Or» per Ucw , o lo
fatica sono irrornss, talmente p»
sono all’ Università „•
390 SULLA RIFORMA DE’ LICEI
Ad ogni modo, chi volesse approfondirsi nelle
matematiche elementari e nel greco, per indi pro¬
seguire i medesimi studj nelle Facoltà di scienze
fisico-matematiche e di lettere, potrebbe frequentare
alcune lezioni facoltative da stabilirsi nell’ ultimo
anno dei nostri corsi liceali. Nell’ Istituto tecnico,
poi, converrebbe insegnare la lingua latina nella se¬
zione fisico-matematica, essendo questa direttamente
coordinata all’Università.
X.
d) Finalmente, un compiuto e razionale ordi¬
namento degli studj liceali e tecnici deve provve¬
dere non solo alla cultura generale degli alunni e
ad apparecchiare le giovani menti e studj superiori,
quando esse vogliano e possano dedicarvisi, ma deve
altresì avere un fine pratico, abilitando i giovani a
certi ufficj minori presso le società private o presso
10 Stato, e fornire tutte quelle cognizioni che fanno
11 buon cittadino.
Non tutti i giovani ch’escono dai nostri Licei
sono in grado, per le condizioni economiche della
famiglia o per altri motivi, di proseguire i loro studj
nell’Università e negl’istituti superiori. Essi pertanto
cercano un’occupazione negli Ufficj postali, comu¬
nali e provinciali, nelle Prefetture, nelle Intendenze
di finanza, nei Ministeri, nelle Strade ferrate, nelle
Biblioteche, c via dicendo. Coloro poi che frequentano
gl Istituti tecnici si dànno tutti, meno quelli della
sezione fisico-matematica ed altri pochi fortunati.
E degl’ ISTITUTI TECNICI LN ITALIA 391
acl una professione libera, come i periti agrimensori;
o ad un impiego presso le Amministrazioni private
o pubbliche, secondo i lori studj e la capacità.
Inoltre, il diploma di licenza tecnica o liceale, confe¬
risce loro certi diritti pubblici, non solo il diritto
al voto politico, sì anche 1 altro di essere giurati (a
25 anni) presso la Corte d’Assise. Or bene, come
potranno adempiere convenienteinentesì gravi doveri
ed esercitar bene sì nobili diritti quei giovani, che,
secondo l’attuale ordinamento dei nostri Licei, non
vi hanno apprese nè vi apprendono le nozioni piu
•elementari del diritto pubblico interno, e che (po¬
tendo anche sedere nei Consigli amministrativi del
Comune e della Provincia) non. sanno mente d.
Economia politica c d’Amministraz.on= ? So pò. ca¬
cano un modesto collocamento nello Poa *®>
letture, nelle Intenderne di finanza, nelleStradefer
rate, nei Ministeri, come potranno sostenere, gl, am
■ , j; „nn avendo appreso nel Uinnasiu
senza nuovi studj 1 ^ n *u contabilità c la
enei Liceo ne ^ itiv0 ? E quindi, o
computisteria, 1 dovran no sostenere questi
nuove spese o fatiche ^ classiclie> od avremo
giovani licenziati . f Quanto ag u alunni dei-
in società altri sjjos • _ diritto amministra-
l’Istituto tecnico, le sezioni* 1 come nel 1877
tivo vanno estese aim ento, a tutte le se-
furono estesi, con savi I economia teoretica,
ziom dell fstitnto g ^
di etica civile e dii ut
392
SULLA RIFORMA DE’ 1ICEI
Conclusione.
Ed ora concludiamo. Quali pronti cd efficaci
riraedj vanno recati ai nostri Istituti secoudarj clas¬
sici e tecnici? A mio parere , eccoli brevemente :
1° Si metta obbligatorio lo studio del francese nel
Ginnasio, e si tolga la storia naturale. 2° Si restrin¬
ga il programma di matematica, di fisica e chimica,
e del greco nel Liceo per quegli alunni, che non si
danno poi nell’Università alle matematiche, alle let¬
tere ed alla filosofia. 3° Nella terza classe liceale si*
stabiliscano corsi superiori facoltativi di matema¬
tica e di greco pecchi ha interesse di approfittar¬
ne. 4° Vi si insegnino pure le nozioni elementari
di economia politica e di diritto amministrativo.
Quanto agli studj tecnici : 1° Si coordini net¬
tamente e definitivamente la Scuola tecnica all'Isti¬
tuto tecnico nel terzo anno. 2° Si renda più. pratica
la Scuola tecnica per i licenziandi, collegandola al¬
tresì alle Scuole professionali inferiori o di arti e
mestieri. 3 Si metta obbligatorio il latino per con¬
seguile la licenza nella sezione Fisico-matematica
dell Istituto. 4° Si estendano a tutte le sezioni del¬
l’Istituto gli Elementi di Logica c di Etica. 5° Si
icnda obbligatorio lo studio dell’Economia teoretica
sociale a tutte le Sezioni, eccetto a quella Fisico-ma-
tematica. G° Si ristabilisca il corso elementare di
Diritto razionale. 7° Si porti a cinque anni il corso
compiuto dell Istituto, quando non si credesse me-
e degl’istituti TECNICI IN ITALIA 393
gl io di stabilirò in quattro anni il corso teorico
o pratico della Scuola tecnica.
A questo modo, mi pare che i nostri Licei ed
Istituti tecnici possano davvero rispondere al fine
loro speculativo e pratico, alla ragione dei tempi e
alle condizioni del nostro paese, e riuscire superiori
o migliori dei Ginnasj tedeschi, e delle Scuole reali
e borghesi della Germania. Comunque sia, in ogni
riforma de’nostri Istituti mezzani e superiori, classici
e tecnici, non dimentichiamo la massima che fino
dal 1S38 inculcava il Mamiani ne'suoi Documenti
pratici intorno alla rigenerazione intellettuale e mo¬
rale degl’italiani : u Gli studj che mirano a poco
alto fine e versano sopra materie futili ne emano
di nudrirsi di scienza profonda, snervano 1 intelletto
e l’animo. „
appendice
ALBERICO GENTILE
E IL DIRITTO INTERNAZIONALE.
« Allicricus ilio fuit, qucra non Brilannia modo, seti
et tota Europa pracccplorom in Jure suum eolil
et agnoscit »•
Jl. PrecuiD, Elogio di Scipione Ganlue.
I.
Fra tante e nobili glorie italiane fin qui di¬
menticate v’era il nome di un insigne Marchigiano,
che. più d'ogni altro meriterebbe di far parte ■
quella storia, « magnifica e peenhare de,U Ita
liani fuori d'Italia, che Cesare Balbo m fine gin
nani jwn* « » . connazl0 nali.
vissinri «itti nato a San-
Questa gloria italiana m0 rto
ginesio (provincia di Macerata) nel UM
esule in Inghilterra a 19 e t “"j” a metà del
Visse dunque ABonc» e la se»
secolo XVI, che fu una dell epoc P ^
religiosa. E questo Q Bran0 e di Cam-
Francesco Bacone, i Elisa betta : epoca famosa,
panella, di Filippo II e di JM
ALBERICO GENTILE
398
per grandi avvenimenti politici e religiosi, per in¬
gegni preclari e fortissimi caratteri.
Matteo Gentile, valente medico, venuto in so¬
spetto d’avere abbracciato la riforma religiosa, esulò
dalla patria conducendo seco il giovine Alberico e
l’altro figlio minore Scipione. Alberico, ebe avea
già studiato la scienza del diritto nell’Università di
Perugia ed avea tenuto l’ufficio di magistrato in
Ascoli Piceno, non poteva non essere amato e pre¬
giato nella culta Germania, dov’erasi rifugiato col
fratello e col padre, che fu protomedico in Carniola.
Il duca di Wiirtemberg, l’Elettore Palatino e tutte le
Università dei loro Stati tennero in alto pregio il
nostro Alberico per il suo ingegno e per la molta sua
dottrina. Più tardi, Matteo ed Alberico si recarono
nella dotta ed ospitale Inghilterra, mentre Scipione
rimase in Germania ; e, stimato egli pure e di forte
ingegno, divenne successivamente professore di Di¬
ritto nelle Università di Heidelberga, di Altorf e
di Norimberga, dove morì a 53 anni nel 1016.
Matteo fu archiatro della regina Elisabetta, e morì
a Londra nel 1602.
In grazia d’un suo eloquente discorso che salvò
da morte l’ambasciatore spagnolo nella corte di Elisa-
betta, Alberico Gentile fu eletto dal re di Spagna
ad avvocato della Corona e dei connazionali di¬
moranti in Inghilterra. Fu inoltre professore al Col¬
legio di San Giovanni Battista in Oxford, l’Atene
d’Inghilterra, e in appresso fu lettore primario di
Giurisprudenza in quella celebre Università, che
lì IL DIRITTO INTERNAZIONALE 390
■nel 1583 in occasione della festa anniversaria fu
visitata, com’è noto, da un altro insigne italiano,
da Giordano Bruno. Onde a vcrun altro, meglio
che ai tre Gentili, ma soprattutto ad Alberico s’at¬
tagliano quelle splendide parole clic C. Balbo lasciò
scritte nel Sommario delle cose d’Italia : “ Mira¬
bile ingegno italiano che, chiusagli una via, ne trova
altre ed altre infinite ; che, chiusagli la patria ad
operare, opera fuori, corca, trova campi in tutti i
paesi, in tutte lo colture ! „
IL
Se non che, somma ed universale gloria si ac-
smistò Alberico Gentileper le sue opere e spcoialmen-
te pel suo famoso trattato Dejwre belli. Non meno d.
quaranta sono gli scritti fin qui conosciuti deU illu-
stre Marchigiano. Primeggiano su tutti le ha oji ■
lutato universalmen ditfeoGrozio, autore
Mica dirilto, e quale P" ccurù /pradier-Fodóró
ael De jvre Belli et scrisse che
(Grotius et son temjps), a ^ . mcgnasse u leggi
Alberico Gentile fu ^ P quello ohe dice su
della pace e della guerra . Ecco q
400 ’ ALBERICO GENTILE
t a l proposito Eraerico Amari nella Critica di una
scienza delle Legislazioni comparate (cap. IV, art.
ir, in nota), opera non conosciuta degnamente,
come avviene spesso di altri libri italiani : lt Sebi
bene il titolo dell’opera di Gentili sia solamente De
jure belli , pure io dico avere fondato la scienza del
diritto della guerra e della pace, sì perchè il libro
III di quello tratta interamente delle paci, come
perchè in altri due trattati, l’uno De Legationibus
e l’altro De armis Eomanis in due libri, nel primo
dei quali tratta delle guerre ingiuste, c nel secondo
delle giuste dei Komani, copiosamente parla del gius
delle genti della pace ; laonde in queste tre opere
tutto il diritto internazionale è compreso. Lo stesso
Grazio, quantunque per debolezza d’amor proprio
d’autore ne abbassi il merito, pure per candore di
scienziato confessa essersene non raramente giovato;
e chi confronti le opere di questi due grandi uo¬
mini, vedrà che Grazio non esagerò gli obblighi suoi
col nostro Gentili
Che altri ingegni italiani avessero trattato della
Guerra e qualcuno di loro avesse per avventura
tentato di applicare la scienza delle leggi all’uso
della guerra prima di Alberico Gentile, ciò non viene
impugnato dallo stesso autore del De jure belli o
dal Grazio, e lo attestano il Tiraboschi, £. Amari
e P. S. Mancini. Ma prima di Alberico nessuno
e rasi elevato sì alto ; ond’egli stesso rivendica a sè
questo primato fin dal principio del suo trattato fa¬
moso : Magnam atque difficilem rem aggredior.. • • ••
E IL D1IUTT0 INTERNAZIONALE
401
Non baleni libri illi de hoc jure, non olii vili, qui
cxtcnt. Non ti sembra egli che quelle prime parole
trovino un degno raffronto in queste altre, onde il
Machiavelli, restauratore della scienza politica in
Italia, palesa c attesta la novità del suo metodo e
dell'opera sua ? lt Ho deliberato entrare per una via
la quale, non essendo stata per ancora da alcuno pesta
se la mi arrecherà fastidio c difficulta , mi poti eb¬
be ancora arrecare premio, mediante quelli che
umanamente di queste mie fatiche considerassero
{Discorsi, I) „• Agl’intelletti novatori non può man-
care la consapevolezza dell’opera loro, come non
mancava al grande contemporaneo del nostro Gen¬
tile, all’autore del Nuovo Organo , il quale sapeva
di additare alle scienze sperimentali un metodo veto,
ma nuovo e non ancora praticato fuor, d Italia :
• quac via vera est, sed intentata.
Mirabile potenza dell’ingegno italiano, nevato e
speculativo e pitico ad un tempo! Cocce .. m
PÌ ^ÌTn7^:r S rMe “cono 1 Fimi. P"
alla mente enciclopedica. dj^ ^ di rÌ3 a-
taneo del Gen * lle ’ D ° albeggi delle leggi (leges
lire alle fonti del 111 ’ trattat ° S Tilla Giustizia um-
legum) e di scrivere ^ ^ dovea C om-
versale. Ma delle cinq tratt ò c he della prima,
porsi l’opera sua, c ° 26
Valdarnini
/ t Q2 ALBERICO GENTILE
per aforismi, che risguarcla la certezza delle leggi
nella loro intimazione (1).
ni.
Ma veniamo senz’altro a dare un cenno dell ope¬
ra insigne di Alberico, Dejure belli. Questo trattato,
che fu dall’autore dedicato a Roberto conto d’Es-
sex, è diviso in tre libri. Rei primo, data la no¬
zione della Guerra, si esamina in chi risiede l'au¬
torità di muover guerra, e per qual fine s’intraprende ;
poi si dice quando la difesa è necessaria, quando
utile c quando onesta; infine si esamina le cause
che spingono alla guerra, che vicn fatta ora per
necessità, ora per utilità, ora per cause naturali ed
umane-, e si conclude che, dovendosi anteporre l’onesto
all’utile (III, c. 12), la guerra vuol esser fatta per
una causa onesta. Il secondo libro tratta del come
e quando si dichiari la guerra, dell’inganno e degli
strattagemmi ; e qui l'autore detto clic “ fondamento
della giustizia è la fede vuole con Marco Tullio
che il giuramento e la fede sicno rispettati anello
dai combattenti: tueri inter bella fiderà. In progresso
tratta delle regole che vanno osservate verso i bel¬
ligeranti, verso i parlamentarj, verso i prigionieri,
verso quelli che hanno deposto le armi \ e infine
(1) Vedi i nostri due libri: F. Bacone e la Classifi¬
cazione delle scienze. Parte terza, capo VII, seconda edi¬
zione. Firenze, 1880. — Elementi scientifici di Etica c Di¬
ritto, capo XIV e XXI, seconda edizione. Roma, 1884.
E IL DIRITTO INTERNAZIONALE
403
.-parla degli assedj, del come vogliono essere trat¬
tati i non combattenti, del rispetto cioè verso i sup¬
plichevoli, le donne e i fanciulli, della facoltà di
dar sepoltura ai morti in battaglia, la violazione
del qual diritto da parte dei nemici sarebbe im¬
proba ed empia. E termina questa seconda parte
•con fervide parole a Dio, perchè si rimuova dalle
guerre la barbarie, la crudeltà, l’odio inestinguibile;
e perchè non le genti cristiane dai barbari, ma
questi da quelle apprendano le leggi ed i modi più
equi ed umani di guerreggiare. Il terzo libro c
•tutto consacrato al fine vero ed ultimo delle guerra,
vo'dire alla pace, ai modi più equi nel ristabilirla,
All’amicizia ed alleanza tra Stato e Stato. .
Questo breve cenno mi pare sia sufficiente a
dimostrare la grave importanza di tale r ,Opera : onde
ai spiega facilmente perchè tutti i P m insigni trat¬
tatisti moderni del pubblico diritto ricordino con
molte lodi il nome e la dottrina di Alberico Gentile.
CI se iù quel suo trattato egli non sempre indaga
, ? * metodo rigorosamente scientifico, le
a fondo, e co eminenti del giure
ragioni supreme e le le OD 1 ^ ^
universale di gu*»» ^ esemp j 0 con
mirabile erudizi ,^ . occorre tener
autorevoli e n vivesse il nostro Gentile, e
-"In prto» ad « ltore ^
*°. de “ 0 ° fcui ^mirava, questo il concetto
-fine altissimo a cui e 0
404 AL1IEIUCO GENTILE
nobilissimo pei’ cui il nome di Alberico va associato
ai nostri tempi e vivrà immortale. Non pago di u^ eie
stabilite e di volere applicate le leggi alluso della
guerra, non pago di aver raccomandato clic la guer¬
ra sia fatta sempre per cause oneste e giuste, quel
forte e magnanimo intelletto invoca dal Padre del—
l’eterna giustizia, clic voglia rimuovere ogni motivo
di contrasto fra i popoli, che cessi ogni guerra, sia
pur mossa da cause giuste :Tu pater justitiae, Deus „
eliam has lolle causas nobis, tolle bellum omne : eia,
Domine, paceni in diabus nostris, da •pacava (I, e.
25). Nò si creda che Alberico, esule della patria, e
che viveva in un secolo pieno di persecuzioni e tri¬
stamente famoso per tante guerre politiche e religiose,
abbia invocato una pace transitoria, la pace solo per
l’età sua e per i suoi contemporanei !No ; egli, am¬
maestrato dalle discordie e dai gravissimi danni di
molto e diverse guerre, dai mali che esso arrecano
•all'umanità, dal ritardo e dagli ostacoli clic ne pro¬
vengono alla civiltà ed al progresso dell’umana fami¬
glia, invocava, precorrendo ai magnanimi tentativi
del Leibnitz e del Kant {Disegno di paca perpetua
fra le nazioni) ed allo aspirazioni di molte anime
generose del secolo XIX, la pace perpetua ed uni¬
versale, con quelle memorande parole onde chiudeva
il suo trattato : u Deus autem optimus maximus
faciat, principes imponeva bellis omnem Jìnem, et
jura pacis ac foederum colera sanctc. . . . JEtiaiU
Deus, etiam impone tu bellis finem : tu nobis pa-
cem effi.ee n . .
e ir. Diurno internazionale
405
IV.
Chi può, adunque, negare la importanza tra¬
grande di quest’ Opera e la sua opportunità ? Sono
ornai decorsi circa tre secoli da che fu scritto il Da
jurahdli, ma le crudeltà della guerra non sono affatto
cessate, ed anche a’nostri giorni ne abbiamo avuto
tristi esempi in conflitti memorabili ; nè ancora tutta
Europa sembra disposta a custodire santamente i
diritti della pace e dei popoli. Bensì il Diritto in¬
ternazionale, che può dirsi fondato dal grandeMarchi-
giano, ha progredito non poco, e gli ultimi congressi
europei ne sono stati la più solenne testimonianza,
e, se non compiuta, certo la più retta ed umana
applicazione. Quanto all’epoca d’una pace universale
e perpetua, clic sì ardentemente invocava il nostro
Alberico, se per ora appare assai lontana, giova per
altro ricordare lo splendido e solenne trionfo che nel
1872 riportò in Ginevra il principio delUròifrafo
Muterà la sua indi-
omaI ,■ ‘Coiaio, u proclamatasi «tomento
pondon» od unita- * olto3tM .u dinaosi al
di ordine 4. cavdt ^ , cbi primo formuli,
mondo mteiolas.it 0 „ acrra c d invocò
il diritto dolio g0"*> * ”
40G ALBERICO GENTILE
la pace universale. Il Romagnosi fu il primo a dire-
che l’Italia doveva rendere ad Alberico la debita
giustizia. Questo voto fu accolto dall’illustre profes¬
sore P. S. Mancini e dal Municipio di Sanginesio,
quando seppe clic Tommaso Erslcine Holland, pio-
fossore di Diritto internazionale nella celebre Uni¬
versità di Oxford, aveva in un pubblico discorso-
rivendicato gl’insigni meriti del suo immortale pre¬
cessore, Alberico Gentile. Ma la gloria d’aver dato
corpo e vita, per così dire, a questo nobile desiderio,
spetta all’operoso e fervido pubblicista Pietro Sbar¬
baro, mentre insegnava Filosofia del Diritto nel¬
l’Ateneo di Macerata. Di fatto, il Consiglio acca¬
demico di quella Università, convocato in adunanza
straordinaria il 27 marzo 1875, udita una bella
relazione dello stesso prof. Sbarbaro, unanime de¬
liberava di esprimere pubblicamente il voto che si
costituisse, sotto la presidenza dell’ insigne giure¬
consulto P. S. Mancini, un Comitato internazionale
per erigere in Italia un monumento ad Alberico
Gentile.
Questa nobile iniziativa fu encomiata univer¬
salmente. Osiamo dire che forse mai somiglianti pro¬
poste ebbero un successo più splendido. Tutti i più
autorevoli periodici d’Italia vi fecero plauso, o la
proposta fu bene accolta anche dalla stampa estera,
specialmente in Inghilterra, Germania, Francia e
Belgio. Parecchie Università e le principali Acca¬
demie scientifiche c letterarie del Jlcgno aderirono
alla proposta dell’Ateneo maceratese. I più insigni
E IL DIRITTO INTERNAZIONALE
407
uomini (l’Italia in ogni ramo del sapere, illustri
statisti e scienziati stranieri, tra’ quali vanno qui
ricordati Bismarck e Gladstone, Holtzendorff, Er-
skine Holland. Laurent e il compianto Labou-
laye (1) , o accettarono di far parte del Comitato
(1) Merita d’essere riferita per intiero la seguente let¬
tera, che in quciroccasiono scrisse al prof. Sbarbaro, se¬
gretario del Comitato internazionale, l’eminente giurecon¬
sulto, storico c pubblicista E. Luboulayc.
« Mon elici- Profcsseur,
a Versailles, 25 avril 1S75.
. L’ idée d' honorcr la mdmoiro à'Alberico Gonidi est
oxcellcntc; jc m* y associerai bica volonticrs. Alberico a
ctd le précurseur do Grotius, et à ec t.tre .1 ménte qu o
lo tiro de T ombre où on 1’ a laissd trop longtemps .i 1 on
pouvait donnei: un. boa». ddi.lo» d. »» Jur, MU «J
rdunir dea documenta sur sa vie, et des lett c ,
esiste, on lui roudrait lo plus parfait Uommago que puu^
désiror uu bomme de lettrcs apres sa tcmps
dori vaine, qui sommes ravement pensée s dcrèto
et cn notre pays, , '°^ av0 " s 01 | ;P ] U3) n os iddes sewi-
qu’un jour, quand nous n j rumnn itd. C’est eetto
rout la cftUSe d ° 1 ’faìt dddftìgncr la fortune, Ics placcs et
illusion qui nous fait dd 6 C3 tdans l’aventi-.
tout co que lnfoule cn ' ic ’^ sa tom bc, ne sernit-il paa Gcr
Si Gentili pouvnit sortii: do cc ^ a to «td pour
de penso.- qu’on se aei-ico Ma-
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DELLO STESSO AUTORE
1. Elementi scientifici di Etica e di Diritto. Seconda
edizione emendata ed accresciuta. — Un Mol. L. 2,50.
2. Filosofia Morale e Sociale. — Un volume, L. 3.
3. Traduzione italiana della Teodicea di A. De Marge *
rie , con una Prefazione di A. Conti. — Duo voi. L. (ì.
4. Principio, intendimento e storia della classificazione dcl-
l’umane conoscenze secondo Francesco Bacone. Secon¬
da edizione riveduta ed ampliata notabilmente. — Un
volume, L. 3.
5. Dottrina dell’Evoluzione e sue conseguenze teoriche e
pratiche. Discorso Accademico. — L. 1.
6. Elogio funebre di Ile Vittorio Emanuele II. — Opusco¬
lo, 1878.
7. Esposizione critica del sistema filosofico di Marco Wahl-
tuch. — Opuscolo, L. 0,50.
S. Critiche varie.
In corso di pubblicazione :
Elementi scientifici di Psicologia e di Logica. Seconda edi¬
zione emendata ed accresciuta. — Un volume, L. 2,00.
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