Powered By Blogger

Welcome to Villa Speranza.

Welcome to Villa Speranza.

Search This Blog

Translate

Friday, November 29, 2024

GRICE E VALDARNINI

 Nel J9 tituto Superiore di Magistero ^kmmiwilp: in jlox* 




FIRENZE 


COI TIPI DI M. CULLIMI E C. 

alla Galileiana 



1885 








Proprietà letteraria 



Oli esemplari di questo libro non muniti della firma 

originale dell’Amore si riterranno falsili a 0 i n 

lore procederà contro I ralsiflcnlnn . ’ Au ' 


■ *.« ** 










PARTE PRIMA 



FILOSOFI A. 



















SULLA TEORICA 



DELLA 


DIANA CONOSCENZA E DELLA MORALE 


IN RELAZIONE 


COLLE DOTTRINE DI E. KANT. 



Sommario. — I. Argomento o sua opportunità. — II. No¬ 

zione del Vero e del Bene. Loro fondamento reale. 

_ IH. Principali facoltà conoscitive o morali del¬ 

l'uomo.— IV. Leggi razionali e legge morale. Loro 

fondamento c valore. — V. Senso, intelletto e ragione 

pura speculativa secondo, il Kant, ed ufficio loro. 


. VI. Valore c limiti della ragione para speculativa. 

Tre ordini di cognizioni umane. Differenza tra la Ma¬ 

tematica, la Fisica e la Metafisica, secondo il Kant. 

— VII. Distinzione kantiana del fenomeno dal nou¬ 

meno. In qual senso vero può ammettorsi tal distin¬ 

tone. _ Vili. Teorica della relatività della cono¬ 

scenza umana. - IX. Conno sul Neokantismo. Cenno 

sul nuovo Criticismo o Realismo tedesco ed inglese. 

L’ inconoscibile di Spencer. — X. In qual senso c 

dentro quali confini la conoscenza umana si può e si 

deve ammettere come relativa, -r- XI. Obbietto o va¬ 

lore della ragiono pratica o morale, secondo il Kant. 

Vi li a contraddizione fra la Critica della ragione pui a 

eia Critica della ragione pratica? Giudizj opposti di. 





SULLA TEORICA 


varj scrittori. - XII. Due criterj, secondo noi, per 

risolvere il quesito. Criterio soggettivo : Secondo 1 in¬ 

tendimento del Kant vi è contraddizione fra quello due 

Critiche? Breve raffronto delle tro Critiche di lui. 

XIII. Criterio oggettivo: Le ideo morali sono asso¬ 

lute ed oggettive anche pel Kant, oppure sono rela¬ 

tive e soggettive? La ragione umana può scindersi in 

duo facoltà, in ragione speculativa e in ragione mo¬ 

rale, opposte fra loro? L’intoresse teorico può egli 

separarsi dall'interesse pratico della ragione? Le dot¬ 

trine di Kant sulla conoscenza umana o sulla Morale, 

considerate oggettivamente, non isfuggono alla con¬ 

traddizione. — XIV. La relatività della conoscenza 

umana e dolla scienza, nell'odierno significato, impli¬ 

ca logicamente una Morale affatto relativa. Nostra 

dottrina sulle relazioni oggettive, necessario o natu¬ 

rali fra il conoscere o l'operare umano, o però tra il 

Vero ed il Bene. 



Tre fatti notabili ed importanti nell’ordine filo¬ 

sofico e scientifico e nell’ordine morale mi paro do¬ 

vrebbero fermare oggidì l’attenzione dello studioso 

e del pensatore. Questi fatti sono: La moderna 

teoria della relatività della conoscenza umana-, il 

ritorno di parecchie menti, specie in Germania, alla 

filosofia speculativa e pratica del Kant; una ten¬ 

denza quasi generale presso gli odierni scienziati 

c filosofi a porre in discussione la Morale ed a cercarne 

nuovi fondamenti, considerandola alcuni come re¬ 

iva instabile ed evolutiva, altri come assoluta 

oggettiva, universale ed iucrolkbil» • ’ 


*—« 








dell’umana conoscenza e della morale 0 

sistemi scientifici e filosofici. Di quei tre fatti mi 

propongo d’esaminare con brevità nel presente lavoro 

i primi due segnatamente, e di vedere così qual 

relazione logica c naturale corra fra il sapere o il 

conoscere e l’operare umano, e se il Kant cadesse 

o no in contraddizione co’suoi principj teoretici di¬ 

versi da quelli morali. Determinato così il campo 

di queste indagini, non debbo nè voglio qui esa¬ 

minare i varj sistemi morali antichi e moderni: i 

quali ultimi, come accennai in altro mio lavoro (Studj 

critici di Filosofia morale e sociale, Firenze, 1882), 

possono ridursi principalmente alla Morale razionali¬ 

sta ed assoluta, alla Morale indipendente, alla Mo¬ 

rale dei Positivisti e alla Morale evoluzionista; men¬ 

tre la Morale spiritualista e la teologica son comuni 

sì all’evo antico e sì al moderno. 


II. 


Il Vero ed il Bene sono concettiuniversali. Uni¬ 

versali, perchè gli uomini tutti, anche i meno civili 

e colti, hanno un certo sentimento ed una certa 

nozione della Verità e del Bene, come si ravvisa- 

altresì nei loro discorsi e giudizj e nell'azioni loro. 

Universale il concetto di Vero, perchè la mente 

nostra l’applica agli esseri tutti che vengano in qual¬ 

che modo in attinenza con lei ; anzi l’applica alle 

stesse operazioni dello spirito, e quindi a’sentimenti, 

a’pensieri, alle cognizioni, a’giudizj, ai ragionamenti, 

alla scienza, all’arte, agli stessi atti della libera vo¬ 

lontà. Dunque così al gran mare dell’essere come 





fi SULLA TEORICA 


a tutto l’ordine del conoscere e, sotto un certo ri¬ 

spetto, all’ordine dell'operare si estende il concetto 

di Vero. Universale il concetto di Bene, perchè la 

mente nostra riconosce c giudica buone le cose tutte, 

che siano quello che debbono essere por natura loro, 

che sieno amabili o per intrinseche perfezioni, o 

per Tatile e pel diletto che ci procurano ; e perche 

a tutti gli atti umani, in quanto procedono dalla 

ragione c dalla volontà libera, e sono conformi alla 

legge inorale, si applica dalla mente il concetto di 

Buono.-Se pertanto il Vero ed il Buono hanno il 

carattere dell’universalità, in che troveranno il loro 

fondamento? Non possono averlo, quali concetti, nello 

spiritò umano, anzi in veruna mente finita, perchè 

le menti finite sono contingenti e individuali, non 

necessario ed universali, c perchè non possono fave 

a meno di usare, fra gli altri, quei due concetti. 

Non possono averlo in alcuna delle cose mondiali, 

perche l’individuale e il particolare non può mai 

scambiarsi coll’universale. Il vero fondamento del 

Uro e del Beno non può ravvisarsi che nella na¬ 

tura medesima degli enti in universale -, e però il 

ero ct i ,i Bene hanno il carattere dcll’obbiettività. 


»2"T iemm » « i. 


nota ad altro * r* ° l0tlavÌ!l 'l ue3t l esser 


quindi giudicarla ver, o fll | , , duna . 0Ma > 0 

intanto, la cosa in .a ■ * 3 '’ uona 0 catt ' va 1 ma, 

v»a o no» vi“1"““'’ T"° C ' ,e a !"*» 

’ bU0 ” a 0 ”™ ^ona, indipcnden- 










dell’umana conoscenza e della modale 7 

temente dal giudizio è dal volere delle menti finite. 

V'ha pertanto il Vero oggettivo universale, come il 

Bene oggettivo universale, fondati sulla stessa natura 

degli enti. Anzi il concetto universale che noi ab¬ 

biamo del Vero e del Bene conserva questo carattere 

di universalità, perchè fondato in una necessità non 

formale, nè soggettiva, si materiale od ontologica ed 

oggettiva. . . ‘ . 


III. 


D’altra parte', il Vero ed il Bene oggettivi pos¬ 

sono stare disgiunti da ogni intelligenza e da ogni 

volontà? No, perchè' il Vero suppone una mente 

che lo' conosca, e il Bone suppone una volontà che 

l ami e che lo voglia conseguire. Le cose tutte, vere 

od intelligibili, o buone od amabili, richiedono per¬ 

tanto una relazione naturale coll’Intelligenza e colla 

Volontà. Inoltre, gli esseri finiti corno avrebbero in sè 

stessi, e specie gli enti irragionevoli, il carattere della 

verità e della bontà, senza una Monte ed una Volontà 

infinita che li abbia appunto creati e veri e buoni? 

E questa Mente e Volontà assoluta non potrebbesi 

concepire se non come essenzialmente vera e buona 

in sè stessa. Il Vero ed il Bene, benché fondati sulla 

natura degli esseri, hanno dunque attinenza natu¬ 

rale e necessaria coll’Intelletto e colla Volontà. Ora, 

nell’uomo esistono diverse facoltà deputate a cono¬ 

scere il Vero, ad amare ed operare il Bene. Ogni 

entità, come ha natura e leggi sue proprie, così ha 

un fine speciale ; ogni funzione ed atto ha un termi- 










SULLA. TEORICA' 



ne proprio : e 



io : e però termine, fine, oggetto immediato- 



della Intelligenza è il Vero ; termine, fine, oggetto 

immediato della Volontà il Bene. Qui non mi fermo- 

a dimostrare le intime relazioni da una parte fra 

il Vero ed il Buono, dall’altra fra il concetto di fine 



e il concetto di Bene , avendone discorso a lungo 

ne’ miei Elementi scientifici di Etica c Diritto (ca¬ 



po IV, seconda edizione, Roma, 1884). Diconsi in¬ 

tellettuali, conoscitive, razionali tutte quelle facoltà 

onde l’uomo intende, conosce o scuopre il Vero; 

diconsi morali quelle facoltà ond’egli ama, vuole c 

pratica il Bene. Quattro sono le facoltà principali 

dello spirito umano : il Senso, l’Intelletto, la Ragione 

e la Volontà. Le prime tre appartengono all’ordine 



della conoscenza, l’ultima all’ordine della moralità. Il 

Senso ha immediata relazione con gliobbiettisensibili 

e porge all’intelligenza la materia del conoscimento. 

L Intelletto apprende le cose sensibili ed intp.llio-i'hn; 












dell’umana conoscenza e della morale !) 

ha . leggi suo proprio. Ciò. posto, quali sono le leggi 

dell’Intelligenza e della Volontà umana, e qual fon¬ 

damento e valore hanno esse? Poiché l'Intelligenza 

e la Volontà sono due facoltà diverse, come diverso 

è l’obbictto loro, cioè il Vero ed il Bene, anco le 

rispettive leggi dovranno essere differenti. Queste 

due facoltà umane non potrebbero varcare dalla 

potenza all’atto e conseguire il fine loro, senza una 

regola, una norma, una legge che le indirizzasse 

alla vespettiva mèta. Ora, le leggi che governano la 

Intelligenza nel conoscimento e nel possesso del Vero 

diconsi razionali, c ne tratta di proposito la Logica ; 

la legge che governa la Volontà nella pratica del 

Bene dicesi morale, c ne parla espressamente l’Etica. 

In queste leggi dello spirito umano c segnatamente 

nelle razionali, va distinto l’elemento formale dal¬ 

l’elemento materiale . L’elemento formale risguarda 

più direttamente l’intelligenza, forma del conosci¬ 

mento ; l’elemento materiale risguarda più diretta- 

mente Soggetto, la materia del conoscimento. Dico 

più direttamente, non esclusivamente, perchè ogni 

conoscenza suppone due termini distinti ma inse¬ 

parabili, cioè un soggetto intelligente ed un obbietto 

inteso in atto o capace di essere inteso. E quindi 

non può darsi una Logica puramente formale, come 

non può darsi una Logica puramente materiale. 

Imperocché le nozioni, i concetti, i giudizj, iraziocinj 

sono atti ed operazioni della mente ; la forma nel 

giudizio, nel raziocinio ed' in ogni ragionamento è 

posta dalla mente nostra ; i giudizj, i raziocini 





10 



SULL \ TEORICA 



son governati da leggi proprie : ma intanto, lo no¬ 

stre idee, le nozioni, i concetti sono vuoti d'ogni con¬ 

tenuto, non sono oggettivi, non hanno cioè alcuna 

rispondenza colla natura degli obbietti? L’csperien- 

za e la ragiono dimostrano che vi ha naturale ri¬ 

spondenza ed armonia fra i concetti nostri, le idee 

c gli obbietti. Ove non esistesse questa relazione, 

potrebbesi domandare: Come c donde la mente nos¬ 

tra formerebbe le idee, i concetti, .le cognizioni tutte? 

Ogni giudizio, poi, ed ogni raziocinio ha la rispettiva 

materia, oltre la forma; c la varietà dei nostri giud'izj 

e raziocini dipende non tanto dalla mente unica clic li 

forma, quanto dalladiversità della materia onde risu.l ; 



tano. Lo leggi logicali ed i priucipj della ragione hai), 

no, pertanto, un fondamento reale ed un valore ogget¬ 

tivo, perchè fondati sulla reale attinenza fra la mente 

nostra e le cose intelligibili, è perchè mostrammo già 

che .1 Vero e oggettivo ed universale. Può cHi darsi- 


JW ‘T' C,1,! SÌS ° Mri U " senza la' 


Z “ lT" eS “ dmi una qua- 


, PC “v 60s,anza ? »«. poo formo : 


.>C d ir caosaiì,a • «• ~ -» 


D’altra parte Finteli cd apoditticamente, 


la C ausr;“ tt0 PU C ° nCC P Ìrc »tto senza 

È logicamente imponibile .\ S ° 3tan “’ e vicCT ersa? 

Je ggi razionali hanno un fi» i^® 1 P r,nci PJ « le 


ore oggettivo, C però u„. nda “ 5ato rca le, un va- 


Se questa ò la nnt .. * CCI tezza assoluta. 


!eggi razionai; che diw taLT* 10 & U Valore de,lc 


della legge morale ? Come 










dell’umana conoscenza e della modale 1 1 


le leggi razionali non sono fondate esclusivamente 

sulla forma della conoscenza o sulla mente nostra, 

ma principalmente sull’essenza degli obbietti intel¬ 

ligibili, e però sul Vero oggettivo ; così la legge mo¬ 

rale non ha il suo fondamento sulla volontà umana, 

ma sulla natura stessa degli enti amabili e rispetta¬ 

bili, c però sul Bene oggettivo. E come la natura 

delle cose intelligibili e il Vero oggettivo servono 

all’uomo di criterio c di norma nelle sue cognizioni 

e ne’suoi giudizj ; così la natura degli enti amabili e 

rispettabili c il Bene oggettivo gli sono di criterio 

e di norma nelle sue libere azioni. Può l’uomo di¬ 

sconoscere il Vero c non seguire le leggi naturali del 

pensiero nell'ordine della conoscenza ; può ribellarsi 

alla legge morale, non praticare il Bene e giudicare 

non rettamente le sue azioni e quelle degli altri : ma 

restano sempre il Vero ed il Bene oggettivi, ma non si 

distruggono per questo le leggi eterne ed immutabili 

del pensiero e della volontà. E come gli errori di alcu¬ 

ni uomini, i sofismi e lo scetticismo di altri uonlianno 

alterate, non che distrutte, le leggi del pensiero lima¬ 

no, nè abbattuta la Verità oggettiva ; così le prave 

azioni di alcuni e le false dottrine morali di altri non 

hanno cambiata la legge morale assoluta, non hanno 

abbattuto il Bene oggettivo, nèsradicata dal mondo la 

moralità. Tuttavia l’errore torna sempre funesto nella 

speculazione e nella pratica, e conviene quindi ado¬ 

perarsi a tutt’uomo a fuggirlo ed a combatterlo. 


Fermate tali verità, passo ad esaminare breve¬ 

mente le dottrine speculative e morali del Kant in 







|SULLA TEORICA 

relazione colle teorie moderne delle relativi* delle 

conoscenza umane, 1» quel teorie mene log,cernente 

ad una Morale soggettiva e relativa. 



\r 



Il Kant è generalmente considerato non solo 

qual fondatore del Criticismo filosofico, sì anche quale 

autore della moderna teoria della relatività della 

conoscenza umana. E ciò nondimeno, tutti ricono¬ 

scono che non v’ha sistema filosofico morale più ri¬ 

gido ed assoluto di quello dol Kant ! Come si spie¬ 

ga questo fatto? Il Kant non ammise relativa, nel¬ 

l’odierno significato, la conoscenza umana, oppure 

nella Morale si contraddisse fondandola su principi 

assoluti ed oggettivi ? Ecco il quesito che dobbia¬ 

mo esaminare, gettando un rapido sguardo sulla 

filosofia kantiana. So negli scritti del filosofo di Ivo— 

nigsberga la chiarezza della forma e la coerenza 



logica, in senso formale o materiale, fossero pari alh 

novità dei concetti, alla profondità e all' acutezz; 

dell ingegno critico c speculativo di cui dette provi 

l’autore segnatamente nelle tre Critiche, io pensi 

che nessun filosofo antico o moderno potrebbe ugua 


! “ Kimt Ma “mnquo vogliasi giudicaro 


on può negarsi che la filosofia c la scienza in gc 


2“™ Smunte del nuov 


K il fT ,'* 6 *«*»» s P ccu lczione 


4 stata considerata unallndc rl*^ P '" 

&iandc Introduzione alla F 









DELlT’.MANA CONOSCENZA E DELLA MORALE * •’ 


losofia pura ed alla Scienza in generale, come dissi 

altrove (Principio, intendimento c storia della classi¬ 

ficazione delle umane conoscenze secondo Francesco 

Bacone. Parte terza, capo XI, 2 a edizione, Firenze, 

1880). Come gli antichi supponevano che il sole e gli 

astri girassero intorno alla terra, così il Kant nella 

Critica della Ragionpura volle far girare gli obbietti 

intorno allo spirito umano per ricercare e determinare 

le leggi dell’umana conoscenza. Ma se in Àstronorniail 

sistema Tolemaico fu abbattuto, perchè falso, da quello 

di Copernico, potrebbe avere ugual sorte nella Filo¬ 

sofia speculativa il sistema del Kant? Crediamo di 

no, benché questo sistema non possa accettarsi, per 

gli errori , ond'ò viziato, qual canone certo, incon¬ 

cusso e definitivo della mente, e quale sulstratum 

della Filosofia e della Scienza. 


Che posso io conoscere e sapere ? Che devo io 

fare? Che posso io sperare? Ecco le tre domande che 

il Kant rivolse a sè stesso nella Critica della Ragion 

pura, e nelle quali sta il germe di tutta, la Filosofia 

speculativa e pratica di lui. Alla prima domanda 

non si poteva rispondere senza esaminare 1 origine 

e il valore delle nostre cognizioni, c le attinenze 

loro con le facoltà del nostro spirito e con gli obbietti. 

Nelle nostre cognizioni ravvisa il Kant due elementi : 

uno formale, soggettivo, a priori, puro, necessario, 

permanente; l'altro materiale, oggettivo, a posteriori, 

contingente, mutabile. Il primo elemento è fornito 

dallo spirito, il secondo dagli obbietti distinti da 

noi e fuori di noi. Il tempo o lo spazio, le rappro- 






SULLA TU0H1CA 


sentazioni o intuizioni, i concetti puri o le categoria 

sono gli elementi a priori, formali, necessarj, uni¬ 

versali, della nostra conoscenza. Ma da chi e in 

qual modo si conoscono gli obbietti ? Tre sono pel 

Kant le principali facoltà umane conoscitive: Senso, 

Intelletto e Ragione. Dico principali, perchè egli, 

dopo aver distinto recisamente il Senso dalla Intel¬ 

ligenza, suddivide quest’ultima in Intelletto, Giudizio 

c Ragione. Il Senso porge all'Intelligenza l'elemento 

materiale, molteplice c variabile delle cognizioni 

sperimentali. L'Intelletto è la facoltà dei concetti 

puri, apriori, o categorie, che non hanno per sè alcun . 

\alore nè reale nè oggettivo, nelle quali però con¬ 

siste 1 elemento formale, necessario ed universale 

della conoscenza. L Intelletto prende i suoi materiali 

dal Senso e li ordina secondo alcuni de'suoi con¬ 

cetti puri che costituiscono la forma di tutti i giu- 

d.zj Dcdici, com'è noto, sono i concetti puri, a 


pluralità! ! ? atCS ° nc clementar i e sono: unità, 

L* 11 ’ re>lli ' . ne 8. MÌ0M > ‘imito; sostanza, 


Quest'’T'r a ’ possiljlllt à, esistenza, necessità. 


«sto trm puri ° c * tcsoHc cic - 


categoric comnles alle c l uattr o grandi 


*««® c di modaiS. r nt ; tà> di quaiità; di rcia_ 


dall’esperienza m ■ ° a e ^ or * e non derivano 

qual modo ? sotto nonlT 0 ! re ? dono Possibile. In 

1 fenomeni alle cate e chepcrò tra- 

gettivo, non ci dà un v Spazi0 ’ non ha valore og- 

dl cui parla non li pos J° Sapere ) lacchè gli obbietti 

fotal b le colonne d’K rc ^ m °i  U “ 


in essenziali ed uccido t v m Generatesi distinguono 


L o Valiti. essenziali foriti’“““ ° “ c01 ' ;1 " 1 ' io forme o leggi del * ° T® Ìn S ° lo cate S oric > 

applicare ai fenomeni nSlCr ° ^ blS0 ° na solamente 


Occorre appena osservare el,o 1 


>c che la prova diretta 





dell’umana conoscenza e della MODALE rJ 

della relatività della conoscenza sarebbe valida sola¬ 

mente quando fosse dimostrato vero e fondato il Cri¬ 

ticismo, clic tutta la realtà vuol ridurre ad un mero 

fenomeno, ed i nostri concetti e le leggi del pensiero 

a mere forme dello spirito, vuote d’ogni valore ogget¬ 

tivo e reale. La prova indiretta, poi, risguarda il me¬ 

todo seguito dal Kant e le conclusioni a cui egli 

giunse nella Critica della ragion pura, allorché tolse 

in esame le tre massime idee della ragione e tento di 

conoscere la essenza intima dell’/o, dell Universo e 

di Dio, applicandovi le sue categorie ! 


I noumeni, le cose in sò medesime, sono adun¬ 

que inconoscibili ; e quindi la scienza degl intel¬ 

ligibili o Metafisica non ha un valore oggettivo, anzi 

non è possibile. E tuttavia il Kant colle sue di¬ 

stinzioni tra il fenomeno e il noumeno, fra la intui¬ 

zione sensibile c la intuizione intellettuale, fi a le 

puve idee, le cose di fatto e le coso di coscienza, 

fra il sapere teorico e il sapere pratico, e quindi 

avendo ammesso come fatto certo e primitivo la 

legge morale, non rannicchiava tutta la coscenza 

umana nel puro sensibile, nel fenomeno ; o almeno, 

lasciava aperto qualche sentiero alla ragione pei pe¬ 

netrare nel mondo intelligibile e delle cose in sè. Beu 

diversa, e sotto alcuni aspetti assai più ristretta, è la 

teorica della relatività della conoscenza nei princi¬ 

pali rappresentanti del nuovo Criticismo e Realismo 

tedesco ed inglese. Dico sotto alcuni aspetti, perchè 

il nuovo Criticismo e Realismo ha dato al fenomeno 

un valore diverso da quello kantiano ■, ma per altri 






30 SULLA TEORICA 


riguardi, e nulla tuona della conoscenza e soprattutto 


nella Morale, ò rimastodi gran lunga inferiore al Kant. 


IX. 


Gl’immediati successori del Kant, movendo 

dalla pura intuizione intellettiva o trascendentale 

che permetteva di cogliere il nuomeno e l’assoluto, 

cercarono di penetrare l'essenza intima delle cose 

e di ricostruire così tutta la Metafisica, oltre dare 

un valore oggettivo alla Morale ed ai tre postulati 

kantiani. Ma il Comte in Francia e l’FTamilton in 

Ingkiltera si opposero recisamente all’ Idealismo 

trascendentale e ad ogni Metafisica, dichiarando 

vana la ricerca delle cause prime e finali, e pro¬ 

pugnando la relatività della conoscenza. Visto bensì 

che il mero Positivismo non dava ragione di tutti 

gli elementi della conoscenza, nè valeva a spiegare * 

datamente l'origine e la natura de' varj ordini 


e di* S C r L C Vedut0 COme ,e dottri ne di Ilerbart 

travano molta Caduto ^egelianismo, incon- 

e scienziati 1 avore 5 in Smania alcuni filosofi 


elative del GH ' alle dottrine S P 0 ' 


cerearono negli C ° me 1,HeImholtz ' 


della raoio* - k ntlam anteriori alla Critica ' 


80fi -CCall% fil .r fia n ^;edifilo- 

ch lari re e consolidare W ra 9 ion P ura P er 


ela fi losofia critica. VvÌ ttnna della conoscenza 

tengono conto dei nr e °l vantia ni da una parte 


wi -^p;cr:^,rr“ sperimOT - 


uct0 sapere umano 







OKU.’ UMANA CONOSCENZA lì DELLA MOKA LE 31 


deriva dal pensiero, non potendosi concepire il mondo 

senza il pensiero. 


Principali rappresentanti del Neokantismo filo¬ 

sofico in Germania sono il LaDge, il Liebmann e 

lo Schultze (1). Secondo il Lange, la coscienza e la 

sensazione sono il limite d’ogni cognizione; il mondo 

non c che una nostra idea. Difatti, la realtà o la 

cosa ò un gruppo di fenomeni che noi concepiamo 

uniti per astrazione di ulteriori nessi e di muta¬ 

menti interni ; la forza è quella proprietà della 

cosa clic abbiamo conosciuto per determinati effetti 

su altre cose ; la materia ò ciò che, in una cosa, 

poniamo come base dello forze conosciute e che indi 

non possiamo sciogliere in altre forze (2). Dunque 

materia e forza, egli conclude coU’Helmholtz, sono 

astrazioni nostre dal reale. Ma esiste questo reale, ed 

abbiamo noi conoscenza della cosa insè? Il fenomeno 

ci mena per fermo al concetto d’un che problematico 

c che dobbiamo ammettere come causa del fenome¬ 

no. Ma intanto la cosa in se, il noumeno, è una mera 

creazione della nostra mente, ed ignoriamo se abbia 



(1) Lange , Gcschichte des Materialismus , 18 74 - 

Liebmann, Kantvnd die Ejpigonen , 1865. Zar Analysis der 

Wirhlichlceit, ISSO. - Schultze, Kant und Darwin, 1S75. 

Philosophie der Natunoissenschafl, 1881-S2. 


(2) Vedi G. Cesca, Storia e dottrina del Criticismo , 

1884. - Vedi pure duo pregevoli scritti di G. Barzel- 

lotti : La nuova Scuola del Kant e la Filosofia scientifica 

contemporanca in Germania , 1880-, o Le condizioni presentì 

della Filosofia c il problema della Morale , 1882. 








32 SULLA TEORICA 


un significato fuori della nostra esperienza ! - Alle 

medesime conclusioni e venuto il Liebmann. I pi in* 

cipj a priori , leggi della ragione, son necessarj (egli 

dice) per osservare, sperimentare c pensare. Bensì 

tutto il nostro mondo è un fenomeno ; più, tutta 

la realtà è fenomenica od empirica, dacché noi 

non possiamo uscire dalla sfera sensibile delle no¬ 

stre rappresentazioni. Tempo, spazio, moto, causa¬ 

lità, per noi sono concetti puramente soggettivi. E 

però il Liebmann ammette solo una realtà empirica, 

non riconosce alcuna realtà assoluta e nega ogni 

valore alla cosa in sé. — Anche lo Schultze concorda 

in sostanza col Kant e arriva alle stesse conclusioni 

del Lange c del Liebmann. Salvochò lo Schultze 

nsguarda il tempo e lo spazio non quali ' concetti 

ma quali intuizioni a priori, ed ammetto la causa¬ 

lità quale unica categoria. Ciò posto, tutte le nostre 

rappresentazioni, egli dice, hanno un carattere sog- 

Sciti™, l lerellè " m Vha rappresentazione senza 

coscienza, ne questa senza quella. E però noi 


,ttal * in 86 ’ raa ,] " alc 

carico e e.seil„zl:: h ;~ Ì0 “;- H °" a ° 


ouali fon,..., • r, 1 uca son P 01 la stessa cosa, 


Idi che? della cosa h, 


”oe possiamo noTreTcsiT™ 0 la . natara ’ ma di cui 


rebbo la base dM ì 1S enza ' altrimenti mauebe- 


Vicn d ^que ammem dallo Scrk 00 ' La ^ ** 


rispetto alla nostro , Schultzo come ipotetica, 

alo,,. ... * D0Stra c °Sn.zione. E però egli non dà 



alcUD valore oggettivo* 



^otafisica ed ai tre 






dell’umana conoscenza e della morale 33 

massimi concetti di Dio, dell’Anima e della Materia, 

perchè non sono obbietti della nostra intuizione, ma 

nostri meri concetti. 


Dal fenomenalismo de'più recenti Kantiani in 

Germania diversifica il nuovo Criticismo tedesco 

ed inglese, il quale pone e riconosce alcun che di 

reale nelle nostre cognizioni. Diamo un cenno, a 

questo proposito, delle teoriche di Helmholtz, Wundt, 

Goring e Riehl, di Spencer e Lewes (1). 


L'Helmholtz ammette la causalità come una leg¬ 

ge a priori ; ma all’intuizione dello spazio dà un'ori¬ 

gine sperimentale, come pure agli assiomi di Geo¬ 

metria. Quanto alla sensazione e alla percezione, 

vi distinguo l’elemento soggettivo dall’oggettivo. La 

sensazione, nell’aspetto fisico, è un effetto della 

qualità esterna sopra uno speciale apparato nervoso ; 

c riguardo alla nostra rappresentazione, ella fe un 

segno di riconoscimento della qualità oggettiva. Le 

nostre intuizioni o rappresentazioni, poi, sono l'effetto 

che gli obbietti percepiti o rappresentati han cagio¬ 

nato sul nostro sistema nervoso e sulla nostra co¬ 

scienza, e però sono segni o simboli delle cose. - Il 



(1) IlroLiinOLTZ , Pkysiologischc Optile, 18G7. Die 

Tkatsachen in dcr Walirnchmung, 1879. —- Wundt, Dogi!:, 

ISSO. Grundxiigc dcr physiologische Psychologie, 1881. — 

GoRING, Sistcm dcrkritUche Pkilosophic, 1874-75. — IIieul, 

Derphilosopische Krilictsmus, 1876-79. — Spencer, First 

Principici , 1862. Principici of Psychology, 1S55. — Lkwes, 

Problema of life and Mind, 1875. Gcschichtc der neucrcn 

Philosopkie (trad. tcd.), 187G. 


Valdarnini 











34 SULLA TEOIUCA 


Wandt non mena buono al Kant che spazio e tempo 

siano forme a priori della sensibilità. Lo spazio,, 

per lui, oltre non essere a priori, sarebbe un con¬ 

cetto e non già una intuizione. Vero ed unico prin¬ 

cipio a priori è il pensiero logico co’suoi caratteri 

di spontaneità evidenza ed universalità. Il pensiero 

logico, postulato d’ogni nostra esperienza, segue , 

operando, alcune leggi che derivano dalla sua stessa 

natura, quali sono gli assiomi d’identità, di contrad¬ 

dizione, di ragion sufficiente. Da queste leggi del 

pensiero provengono lo categorie di sostanza, db 

causa e di fine. Le categorie, per la stessa origine 

loro, hanno un valore non assoluto ma relativo, per¬ 

chè si applicano entro i limiti della nostra espe¬ 

rienza. Così, il concetto di forza c la causalità sup¬ 

posta inerente alla materia; il concetto di materia- 


ha un carattere ipotetico; il concetto di spirito do¬ 

ma da una nostra illusione' TI n- • i 


a differenza dei .. TT , 11 Ge gnoseologica. 


,5* ZZng*** V ual ° 


ci PJ pari a priori JclK ' “8"’™"°-1 P"«- 


essere scoperti dallo cenza non potendo 


dogmaticamente quali n' M ’ ■ bÌS ° Sna ammetterli 


tenta di mostrl-e c ' 11 Rio H invece, 


Kant s’asconde il rca i- 10 10 , 11 fonora cnalismo del 

cognizione oggettiva C .'° ren“ ooe - 

II tempo ò la , V, 1 tcm P° 0 lo spazio- 

coscienza- lo ^ a ^ re * az ‘ on i colla nostra 

esterne colli m!/ 210 ° ' a coes ' ste nza delle relazioni 

dotto delle nostre^ n ° Stra ’ Dicesi materia 51 F 0 ' 


o consisto 


esistenti che oppongono resi- 






dell' umana conoscenza e della morale 37 

stenza ed occupano lo spazio. Dai concetti di ma¬ 

teria, di spazio e di tempo non può andar separato 

il moto, il quale è una sintesi dall’esperienze di forza, 

di tensione muscolare e cambia continuamente di po¬ 

sizione. Ora si domanda: Questi concetti e fenomeni, 

realtà, tempo, spazio, materia, moto, hanno essi un 

valore puramente soggettivo, od anche un valore 

oggettivo? Sono essi realtà unicamente per noi, o 

sono realtà in se medesimi? Questi fenomeni, non 

essendo un mero prodotto della nostra coscienza, 

hanno anche per Spencer una realtà oggettiva. E 

tuttavia egli tiene fermo più che mai sulla relati¬ 

vità della conoscenza. Imperocché se Spencer am¬ 

mette una causa reale assoluta di tutti questi reali 

relativi, cioè una realtà, un tempo, uno spazio, una 

materia, un moto ed una forza assoluti, compresi 

tutti nella formula dell’Assoluto inconoscibile; egli 

però conclude che le nostre cognizioni non hanno 

alcuna attinenza con l’Assoluto inconoscibile, e che 

indi questa Realtà assoluta è ignota ed inconosci¬ 

bile alla mente umana. Segni o manifestazioni di 

questa medesima Realtà ignota ed inconoscibile 

sono pure la Materia e lo Spirito. - Accennata così 

la dottrina di SpcDcer, potremmo, fra molte altre 

obbiezioni, rivolgergli questa : Se tutto le nostre 

conoscenze sono relative, conforme voi ammettete, 

con qual diritto asserite che in noi e fuori di noi 

ci sono certe relazioni assolute? 


Il realismo di Spencer, fondato sui segni o 

simboli delle cose sentite e percepite, e che cerca 





gg SULLA TEORICA 


di comporre il dissidio tra realisti e idealisti, è un 

realismo trasfigurato. Il Lewes non va pienamente 

d'accordo con lo Spencer e fonda il realismo ra¬ 

gionato (nasonaded Roalistnus). Perche realismo 

ragionato? Perchè afferma la realtà di ciò che vien 

dato in ogni fatto o negli stati di coscienza, e per¬ 

chè giustifica quest’affermazione. Il Lewes, pertanto, 

muove dalla coscienza, che ci rende certi di due 

fatti, cioè del me e del non-ms, uniti fra loro. Di- 

fatti, non possiamo negare la sensazione e l’esistenza 

del mondo esterno. La psicogenia mostra che l’ordine 

esterno determina l’interno, e non viceversa. Gli 

idealisti, per negare la realtà dell’oggetto, son co¬ 

stretti a dividere colla riflessione il soggetto dal- 

1 oggetto •, la qual divisione non accade nò può farsi 

nel|a sensazione. Ma la distinzione fra il soggetto 

e 1 oggetto comincia nella percezione. Questa, pel 

Lewes, non è un simbolo dell’azione esterna, ma 

una gitante che non altera il reale: il simbolo 


cS™ ri4 “- La dell» per¬ 

si 6 ,7 “ un * «pM°a ma 


il ;r os T wtra ' ^ «w™. 0 


b °uo, r cose come 


nosco la realtà ■ ■ meutre d Lewes rico- 


fisima della Combatte 


uomeno e noum Pnn 1 .’ La dlst,nzi one tra fe- 


e Può ammettersi so^am^'t ^ ha valore oggettivo, 

nazione: i n ta l caso •. “ 6 Come art ificio di clas- 


in rel azio ne colla mc'nt» .  ’ 1 


l>uvo fenomeno. Errano giqdealist° Ve SÌ , fermin0 al 


e PWa idea non possi™ W Wtl ’ perche dalla sola 


Posino varcare alla realtà, o perchè 








dell'umana CONOSCENZA E DELLA .MUIIALE 43 


la scienza non può fondarsi a priori. Errano i Sog¬ 

gettivisti, perchè i concetti e le idee hanno attinenza 

non pure col soggetto intelligente, si anche e in modo 

principale con gli obbietti ch'esse ci rappresentano. 

Errano quindi i seguaci del puro fenomalismo, perchè 

il fenomeno stesso, vuoi interno (stato della coscienza) 

vuoi esterno, è una realtà, perchè il fenomeno implica 

l'esistenza e la natura della cosa in cui esso appare, 

l’esistenza e la natura del soggetto senziente ed intel¬ 

lettivo al quale appare. E che tutto non sia fenomeno 

venne già dimostrato dallo scienze sperimentali e 

segnatamente dalla Geologia, la quale dimostra che 

un tempo gli esseri sensitivi ed i ragionevoli, cioè i 

bruti c l’uomo, non esistevano sulla Terra, eppure 

questa già esisteva con le sue qualità, con le sue forze 

e le sue leggi ! Errano i nuovi Realisti, perchè, esa¬ 

gerando la parte soggettiva nella sensazione o nel¬ 

la percezione, o togliendo il suo reale fondamento 

all’ astrazione, alcuni riducono a mero simbolo il 

sentire, il percepire e il concepire, altri dicono non 

potersi mai e in vcrun modo conoscere le cose in 

sè stesse, cioè le naturali e vere loro qualità. La 

diversità delle nostre percezioni c sensazioni, dei 

nostri stati di coscienza, non che la varietà dei nostri 

concetti e delle nostre idee, implica la diversità natu¬ 

rale dogli obbietti sensibili e intelligibili da noi per¬ 

cepiti, sentiti e intesi, c distinti da noi. Certo, la 

facoltà di sentire o di percepire è nostra, come nostre 

sono le sensazioni e le percezioni ; certo, chi pone 

forma nei nostri giudizi e la mente nostia . ma, 







SULLA TEORICA 


d’altra parte, le nostre sensazioni e percezioni, i 

nostri giudizi mutano col mutarsi degli obbietti, o dei 

modi in clic gli obbietti a noi si palesano. E che il 

Senso e l’Intelligenza non s’ingannino, nè clic si fog¬ 

gino a loro talento le cose, ne abbiamo una conferma 

luminosa e certa, quando l’esperienza ci mostra (per 

cagiond’esempio)che le coso reali,gii percepite, cono¬ 

sciute c giudicate da noi, se poi misurate c pesate, 

decomposte ed analizzate, corrispondono ora esatta¬ 

mente, ora approssimativamente ai nostri modi di 

percepire e sentire, di conoscere c giudicare. Dunque, 

materia, spirito, realtà assoluta, sostanza, cause, forze, 

leggi, c va dicendo, non sono meri fenomeni, nè mere 

nostre astrazioni, ma sono realità in sè stesse e rela¬ 

zioni oggettive d’esse realità colla natura e con le leggi 

dello Spirito nostro. 



Ma dunque, mi sichiederà, la conoscenza umana è 

relativa od assoluta? Relativa, rispondo io. Relativa 

c non assoluta, perchè limitata, imperfetta, relativa è 


men f nostra ’ la 1 uale non avendo create le cose, 

p o conoscerle in modo perfetto ed assolato, come 


“il" * T‘° ‘ nfìllìU 0 Piattissima. Relativa, 


t Attiva o natalo 


't,“r T 8 1““* k* oggettiva. 


^^^°rt“ oi r ,igìfai ' : ^ rohè 


fattive dell? mi X f lM1 T 00110 

ss, «lai «mo 50 im Mlo ‘ “°™ ««^ien- 


assorge alla scienza e dii • daUarte spontanea 


a pratica, in armonia 








io 



dell’umana conoscenza e della morale 

collo spirito e colla natura! Relativa, perchè la forma 

e la materia del conoscere hanno intima relazione 

fra loro. Relativa, infine, perchè ha persilo immediato 

fondamento la coscienza nostra, non solitaria, ma con 

tutte, le sue relazioni , con sò stessa, con gli enti ragio¬ 

nevoli, coll’universo sensibile e con Dio : relazioni 

che bisogna riconoscere talquali, perchè poste da natu¬ 

ra ed inseparabili. Fermato ciò, sensazioni, perce¬ 

zioni, idee, giudizi,ragionamenti, verità, scienza han¬ 

no valore oggettivo e reale; materia, anima ed assoluto 

non sono mere astrazioni ; e la mente umana può 

cogliere, entro certi confini, la natura delle cose va¬ 

lendosi dcH’csperienza e della ragione: quindi è pos¬ 

sibile una scienza degl’intelligibili, la vera Metafisica. 


XI. 


Dalla ragione pura speculativa il Kant distingue 

la ragione pratica o morale. È noto che nella Critica 

della ragione pura egli esaminò le condizioni ed i 

limiti della ragiono teoretica, por rispondere alla sua 

dimanda : (Rie posso io sapore? Invece nella Critica 

della ragion pratica e nei Fondamenti della Morale 

esamina l’obbietto e il valore della ragione pratica, 

per rispondere alle altre due dimande : Che devo 

io fare ? Che posso io sperare ? Ufficio della ra¬ 

gione pratica non ò veramente lo speculare, ma 

l’operare, ed ha per obbietto suo il Bene, l’attuazio¬ 

ne del dovere colla virtù. Il Kant aveva già distinto 

profondamente il mondo della Natura dal. mondo 

della Libertà inorale, per riservare quest’ ultimo alla 






4G 



SULLA TEORICA 



ragione pratica ed assegnarle un primato sullaragionc 

speculativa. Esiste la legge morale, come fatto primi¬ 

tivo, certo ed universale:ecco il punto dal quale muove 



tlVO, Certo eU UU1 Versali;.UUUU II («uiu uu-i mnui c 


il Kant. La legge morale comanda e obbliga assoluta- 

mente, è un imperativo categorico (Katcgorisches Im¬ 

perati?). Ma a chi comanda essa? Comanda agli enti 

ragionevoli che sono fine in sè stessi ccl a sè medesimi. 

Chi l’effettua ? II Volere buono, che ha un valore asso¬ 

luto e supremo. Questo Volcresi determina da sè e per 

sè, è autonomo e libero essenzialmcnte.Macomelibero 

essenzialmente e come autonomo, e che indi opera solo 

pel rispetto alla legge o non per altri motivi, il Vo¬ 

lere buono e libero appartiene al mondo sovrasscnsi- 

bile, non a quello sensibile o fenomenico. E cosi Ra¬ 

gionepratica pura, Volontà pura, Legge morale sono 

inseparabili nel regno dei noumeni c dei fini. Ma 

uomo aqnal mondo egli appartiene’Pcl ICant, l’uomo 

appartiene al mondo sensibile, come fenomeno, e al 

mondo intelligibile, come noumeno. Adunque l’uomo 

nel pnmo rispetto nou è libero, perehò sottoposto allo 

•oggi e alla causalità della Natura sensibile ; nel se- 

nd„ r, sp0tto 6 libero . Pe r divenire buono ed acqui- 


doveritLT ^ a " Ch ' I ’“° m0 «"»PÌ°ro il 


lc.ge morale “ pratloare 11 kt " s por la stima della 

A PW “ llri Ma intanto l’uomo, 


modo conseguirla? V^^ falioità ’ In I ™ 1 


disinteressalo alla ?| 0Ì! Co1 ris P olt!> 


do moralmente sè si ■ ’ 0 ln d I porfezionan- 


La Boralo cosi con “ al Bene sommo. 


51 “"«P’ta, affinché abbia iU„ 0 pieno 







dell’ umana conoscenza e della morale 47 

e vero compimento, esige tre postulati : la libertà, 

Y immortalità dell’anima e l'esistenza di Dio. Senza 

libertà, come il volere potrebbe uniformarsi alla leg¬ 

go morale ? Ove lo spirito non fosse immortale, come 

attuare il sommo Bene e conseguire nella vita pre¬ 

sente la santità o la massima perfezione morale ? 

Senza Dio, creatore e Legislatore morale del mondo' 

e giusto Giudice, come attuare il Bene sommo e quin¬ 

di armonizzare la felicità vera colla virtù ? 


È chiaro che la Ragiono pratica ha un valore 

assoluto anche pel Kant, perchè ella non si contenta 

del fenomeno, ma parte dal noumeno, cioè dalla Leg¬ 

ge morale assoluta ed universale ; cd esige, qual suo 

termine e compimento, il noumeno, cioèitrc postulati 

morali. “ In questi postulati la Ragione pratica, vin¬ 

cendo tutti gli ostacoli, ci porge dello affermazioni, 

alle quali la Ragione teoretica non poteva autoriz¬ 

zarci; ed infatti coll’asseverare l’immortalità dell’ani¬ 

ma scioglie un problema nel quale laRagiono teoretica 

non trovava che paralogismi; coll’ammettere la libertà 

e il mondo intelligibile al quale noi, come soggetti 

liberi, apparteniamo, stabilisce un principio in cui la 

Ragione teoretica non trovava che antinomie; c final¬ 

mente col porre nc\\’ Ideale della Ragiono (in Dio) la 

condizione dclsommoBcne, riesce per suo proprio uso a 

determinarlo quanto basta, mentre la Ragion pura lo 

doveva lasciare affatto indeterminato n (Cantoni, E. 

Kant, voi. II, p. 191). 


E qui sorge un quesito tanto grave quanto dif¬ 

ficile : Vi ha non dubbia contraddizione fra la dot- 






4J} SULLA TEOIUCa 


trina speculativa c la dottrina morale del Kant, fra 

la Critica della ragion pura e la Critica della ra¬ 

gion pratica? I giudizj d'uomini insigni non sono 

concordi su questo punto, anzi gli uni opposti agli 

altri. I più ammettono che vi sia contraddizione ; 

pochi altri affermano il contrario. Per esempio, Cou- 

sin, B. Saint-Hilaire, Renouvier, Barni, Conti, Fouil- 

lée direttamente, e il Rosmini indirettamente vi rav¬ 

visano contraddizione ; il Cantoni e il Fiorentino (1) 

vi riscontrano anzi conciliazione ed armonia. Pre¬ 

feriamo di accennare la difesa e poi diremo l’animo 

nostro. Il Cantoni più volte nega vi sia contraddizione 

ed osserva: u Kant avverte nel modo più esplicito e 

risolato che i principj e i concetti morali, riguardanti 

nella Ragione pratica il mondo nouraenico, non hanno 

e non possono avere nessun valore perla Ragione teo¬ 

retica, e non valgono in nessun modo ad allargare il 


**'!■ ™>; ni, r.403). 


sto nlnnun 11 • * *' raon ^° intelligibile, rima- 


“ r “ s,0M Eretica, s ; dischiude alla 


«toliic, 185G. - R>’vr\irTr, ; ' e / a 'U>ne alla Morale d’Ari- 

1859. -Barxi, Examen, rfc ^ ri tique générale, 


18M - ■t'OSTl; Storia della Pi rUl bene su- 


l’uomo si pronono n c con dizionc soggettiva onde- 

filale consiste il bene mmo è la ^cità, nella 


«“'e fdicitìi dipoiT m ° «.«io- 


dsli'armooia dollVono c„n °®f CÌ ° 6 


,a v ‘rtù. Ora nu cstp 1 eg S c borale mediante 

1 Kt ° dM “Risicai, necessarie por 







dell’umana conoscenza e della modale ò 3 

conseguire il fine ultimo prescritto dalla legge mora¬ 

le, non le vediamo unite c armonizzate dalle cause 

della natura : dunque per la libertà si richiede un’al¬ 

tra causa, Dio, affinchè la Morale abbia il suo com¬ 

pimento. Quest’armonia esiste, dunque Dio esiste ne¬ 

cessariamente. Ecco il nesso, da una parte, fra la 

Critica del giudizio e la Critica della ragion pratica 

e, dall’altra, fra la Morale, la Teologia morale o la 

Religione ; sebbene il Kant si adoperasse di continuo 

a voler mantenere autonoma la Morale, cioè indi¬ 

pendente non pure dalla Religione, sì anche dalla 

Teologia razionale. 


XIII. 


Ora lasciamo i criterj soggettivi del Kant, gl’in- 

•tcndimenti suoi, per fermo retti e nobili, e conside¬ 

riamo oggettivamentele sue dottrine speculative e mo¬ 

rali. Ecco, secondo me, il vero criterio per risolvere 

il quesito posto qua sopra. 


1 ® I concetti puri dell’ intelletto vedemmo es¬ 

ser privi, pel Kant, d'ogni valore oggettivo e reale, ed 

acquistarlo soltanto applicati, nelle intuizioni sensi¬ 

bili, non alle cose in sè, ma ai fenomeni : le tre mas¬ 

sime ideo della ragione, l’Io, il Mondo, Dio, non avere 

alcun valore oggettivo, ma essere solo principj rego¬ 

lativi non costitutivi della ragione nelle sue specula¬ 

zioni. Dunque i concetti e le idee non hanno pel Kant 

valore oggettivo ; o se pure, ne acquistano uno ri¬ 

stretto e relativo, applicati al mondo fenomenico. Ciò 

posto, le idee morali come le risguarda il Kant? Che 






SULLA TEORICA 


valore assegna loro ? Alla legge morale, ammessa anco 

da lui come certa, dà un valore oggettivo, assoluto e 

universale. Dunque l’idea della legge morale non c un 

puro concetto, una categoria deH’intelletto nostro, c 

ancor meno una forma della.sensibilità ; e quindi è 

un’idea oggettiva, assoluta, necessaria anco pel Ivant. 

L’idea della legge morale implica le altre di volere 

puro buono, di sommo bene, e quelle di libertà, di 

Dio, d’immortalità, per avere il suo compimento c la 

sua efficacia. Ora tutte queste idee morali non sono 

relative e soggettive, ma hanno caratteriopposti, non 

dipendenti dalla nostra intelligenza. 


2° Legge morale, libertà pura, fine, Bene, e va 

dicendo, sono anche pel Kant noumeni o fenomeni? 

Sono cose in se, noumeni, non fenomeni. Ma se la 

Ragione speculativa non può trascendere il mondo 

sensibile e fenomenico, poteva il Kant entrare colla 

sua ragione nel mondo intelligibile, dei noumeni, al- 


meno p er aver l’idea di Legge morale, del dovere 

categorico ed assoluto ? 


calativi"^ V “ l8 ' 111 ' Iisli ” 2Ì0n0 fra la legione spe- 

P à „ i S T r‘“ : '» —« Ragione 


*. T m suiie Terit “ moraii - 


Tanto i voto elio i| Kan , ” Mrl teorici. 

speculativa e sì l a • ‘‘ ama pura s * la Ragione 

distingue la Filosofia C?- 81 ?' I ^ oltrG . c gli stesso 

™ro(i moral ° s “P e ‘ 

Morale, Critica della P • ^ meta Mù della 


corale elementare 0 a '^ l0n P rat ^ ca ) e in Dottrina 

e - Oia la scienza morale non va eoo- 







DELL'UMANA CONOSCENZA li DELLA MODALE Òl> 

fusa coll’aWe, colla pratica della moralità. Quindi il 

Rosmini osservava giustamente: u La filosofia è una 

specie di dottrina, non è azione. Quando si dice filo¬ 

sofia pratica, non vuole intendersi che la filosofia sia 

attiva ; ma solo, clic quella parte di dottrina c ordi¬ 

nata a dirigere l’azione della vita .,. 


4° Del rimanente, si accetti pure la distin¬ 

zione: ma va notato elio altro è distinguere, altro se¬ 

parare e contrapporre. Kant non si restringe a distin¬ 

guere la Ragione speculativa dalla pratica, ma con¬ 

trappone l’una all’altra: imperocché, mentre la prima 

si ferma al fenomeno, nulla sa di certo intorno al 

noumeno e però intorno alla legge morale, alla libertà, 

all’anima, all’universo, a Dio ; la seconda, invece, 

ammette come certa la legge morale, ed esige il valore 

oggettivo e reale, sia pure nell’interesse pratico, dcl- 

l’idce di libertà, della vita oltremondana e di Dio. 

Qui, adunque, non v’ò più. mera distinzione o subordi- 

nazioue, ma vera contrapposizione di due facoltà, che 

sostanzialmente sono identiche formando nell’uomo 

la stessa e unica Ragione 1 


5° Similmente, non può ammettersi la sepa¬ 

razione del fine o interesse teorico da quello pratico 

dacché questo supponga quello e anzi ne dipenda, 

secondo l’aforisrao: Nil volitum qninpraecognitum. E 

il Ivant stesso diceva, che ogni interesse della ragiono 

é finalmente pratico. Nou vale pertanto distinguere 

il sapere teorico da quello pratico, dacché la pratica 

o l’arte riflessa richieda per necessità la teorica •, c 







'Jg SULLA TEORICA 


perchè, ad ogni modo, il sapere pratico non deve mai 


trovarsi in opposizione col sapere teorico. 


Esaminato così il quesito nei suoi veri aspetti e 

però con criterj oggettivi, non si può negare che fra 

le dottrine speculative del Kant e quelle morali, come 

risulta dall'esame comprensivo della Critica della Ra¬ 

gion pura e della Critica della Ragion gnat ica, non 

siavi contraddizione. 


XIV. 



Poiché il sapere pratico suppone lo speculativo, 

e la pratica viene preceduta o illuminata dalla teorica, 

il principio della relatività della conoscenza umana, 

nell odierno significato, implica per necessità una Mo¬ 

lale soggettiva o relativa. Ogni nostra cognizione, la 


verità, la scienza sono relative ? Or bene, le idee e 


le venta morali c la scienza morale saranno parimente 

ic ative pei la mente nostra, per la mente di ciascun 

omo. e i elativa è la conoscenza, se questa non può 

ma. coglier» la natura dell» coso, vice a mncar0 il 


or, «rio assduto, oggettivo, nulvctsaledd Vero. Ma 


non La' e " 0 °86 ctli ™, assoluto del Vero, 


Mt™ assT!”?,n PPm a otitoi ° «turale, og- 

bruivo, assoluto del Bene F ■ , , . 


illuminata e preceduta dall ^ ? * V ° l0ntà °P era 


=»"«tti, principj » V*» 


■relative non mro • - J teoricl rel ativi saranno 

1 «MfcJ SU cu** “T m0ra,i «uomo, si anello 


*“ Potranno non aow"''ii° 8 '‘ prItlei P.i morali 

re 11 cara ttere della relatività 






:ì7 



dell’ umana conoscenza e della morale 

•e quindi un carattere soggettivo, contingento c mu¬ 

tabile. Nè si opponga, per avventura, che i concetti 

•ed i principj morali costituiscono il sapere pratico c 

sono indipendenti dalle speculazioni della mente e 

dalle opinioni scientifiche, perchè abbiamo visto qua 

sopra non potersi ammettere questa separazione. E 

volendo anche far tale concessione, volendo per esem¬ 

pio ammettere col Kant clic l’uomo sia certo a priori, 

naturalmente, della legge morale e dei suoi caratteri, 

resterebbe sempre la difficoltà di sapere scegliere tra 

beni e beni conosciuti, di attenersi a un partito anzi¬ 

ché a un altro, di confrontar bene l’azioni colla legge 

morale e però di giudicarle rettamente. Inbuonalogica, 

la relatività della conoscenza mena dritto dritto alla 

relatività della Morale. E difatti, Erberto Spencer 

nei Dati della Morale non discorre egli d’una morale 

relativa e di una morale assoluta? La morale relativa 

governa la condotta delle presenti società umane, 

imperfetto nell’esser loro, e che hanno cognizioni rela¬ 

tive ; la morale assoluta potrà effettuarsi, egli dice, 

•quando l’uomo e la società avrauno conseguita, pei 

legge di evoluzione, la loro perfezione vera : allora 

l’Etica assoluta formulerà la condotta ideale dell’uomo 

e della società. Ma che significato e valore attribuisce 

Spencer alla morale assoluta ? La morale assoluta per 

lui consiste nell’ideale della condotta che, sotto le 

condizioni derivate dall’unione sociale, dev’essere at¬ 

tuata per assicurare a ciascun uomo ed a tutto il 

• consorzio civile la massima felicità. Dunque 1 assoluto 

(dice il Guyau stesso nella Morale inglese contempo- 





oS SULLA TKORIGA 


retnea), vagheggiato dall’Etica evolutiva eli Spencer/ 

è semplicemente il limite a cui tende l’evoluzione della 

vita. Altra conferma l’abbiamo in Kant stesso. Egli 

ammise la Morale assoluta, necessaria,universale, non 

particolare, contingente c relativa: bensì per fondare 

questa Morale, non si attenne più a’suoiprincipj spe¬ 

culativi, alla relatività della conoscenza e al fenome¬ 

no, ma partì da un principio morale certo ed uni¬ 

versale, penetrò e rimase nel mondo intelligibile o dei 

noumeni. Questa contraddizione logica e metafisica nel 

sistema del Kant gli salvò la sua Morale, formalistica 

o astratta se vuoisi, ma nobile, pura, elevata. Spencer, 


invece, propugna una Morale evoluzionista, con- 


■orme alla relatività della conoscenza umana : ma 

egli pure non evita ogni contraddizione, quando nel- 

l^meny le dimenila affatto la EeaL assohUcl 


Z"«‘ mmCSa Pt!TO P 01 ' meta Usi¬ 


le qua,, che, osserva giustamente il Fouiilée (li- 


nan Z1 al concetto d’uoa Tto„n- , uce , ai 


nere indifferente il monisti ! P ° tCSS ° 


al quesito su\wiócc'° l j ‘ ,l | r ’ l0S 'j fo ° '° SM " zia ' 

gnisioni, e però il divento modellT' * T"* °°' 

l'crso^'UomoeDio haun'effi ° 0MeI,irc rUn! - 


neHascienza rnotai,, 0 nella^““«lutareopemiciosa 

La dottrina sulla cono^ * a pnvata e pubblica. 

garsi dai Principj morali ^ Umana Q on può segre¬ 

go c dentro quali ' ’ Abblam ° Mostrato in qual 

a conoscenza umana r ’ ^ ° relaliva anche per noi 


““«^iuoènni iirr’ 50 ‘ "*»; U con- 

* ° l'altro di rda- 








dell'umana conoscenza e della morale oO 

siona , perchè l’ordine sta nell’armonia di relazioni. 

Queste relazioni sono reali e ideali, onde gli enti sono 

ordinati fra loro, e questi hanno relazione colla nostra 

coscienza e colla mente nostra mercè le idee che li 

rappresentano. La coscienza non è mero fenomeno, 

ma realtà sostanziale ; non vive solitaria, ma in at¬ 

tinenza col mondo c con Dio. Il Vero e il Bene sono 

oggettivi perchè fondati sulla natura e sul fine degli 

enti : le leggi del pensiero e la legge morale hanno 

un valore oggettivo, non sono mero creazioni della 

mente, pure nostre astrazioni. Fra il senso, l’intellet¬ 

to e gli obbietti sensibili ed intelligibili passano natu¬ 

rali e necessarie relazioni, come pure fra la volontà 

e la legge morale assoluta. Come dalle particolari no¬ 

zioni e da’giudizj dell’uomo va distinta la verità og¬ 

gettiva, universale; una; cosila legge morale c il Bene 

oggettivo ed assoluto vanno distinti da’liberi atti e 

da’giudizj morali degli uomini. Negato il valore og¬ 

gettivo alla Verità c al Bene, tolte le reali e neces¬ 

sarie attinenze tra le facoltà dello spirito nostro e 

gli esseri ; la cognizione, la verità, la scienza, la mo¬ 

ralità, la coscienza, l’universo, Dio, ci parrebbero illu¬ 

sioni o meri fenoneni : sicché avrebbe avuto ragione 

il Leopardi quando cantava l ’infinita vanita del 

tutto ! 








10 SPIRITUALISMO SCIENTIFICO 



E LA VITA SOCIALE. 



I. 


Ogni linguaggio veramente umano, clic sia ca¬ 

pace di esprimere un certo grado d’incivilimento d’un 

popolo intero, ha vocaboli proprj e distinti per signi- 

fare oggetti non pii materiali, come Anima, Spirito, 

-f , Zo Cesctenca, Pensiero, Dio. E questi vocaboli, 

pefatonars, dei linguaggi e eoi progredire deliri 

■ornila non 81 cancellano nò dal volgo né dal dotti 


óTsSr,:; dclla sc!enM 


™.r«;r:r i, ' mMiodivCT “-” ra P iic,e - 


P°to. m mono oerto è querfXf°tt b °°“ ^ T 

^ le cose più car e l v ‘ 10 fatto universale, clic 


avvi una parte • enerato del genere umano 


sparisco al senso ^ ^T 81 ’ C, ' e n ° n ® cor P° e non 

J a coscienza l'iò ;i C pur esiste e si sente, vi 

llere umano ha semnro ^ ° Sp,rito - E come il ge- 

gando altari e terjp qUalche divinità, eri- 


“ ik “-liver:itai'r tMnd0 "» • bigioni, 

u 'o: abbia mo infatti la Rei ' CI ” P ® v  mirabili pro- 


coltào, se vuoisi,^stTfatt POtUt ° T ’ 


subentrano due altre seienzeTp t UmanÌ ' AU ° rft 

fisica, per ricerca™ , ? Psicolo G ia e la Meta- 


di ciò che dimandai !| rminare n ° n ° he la natura 


i! fine della Materia ^ raSÌOne stcssa ed 


13 lnor e an ma ed organata. E così 






E I.A VITA SOCIALE 



GO 



dalla nozione scientifica della Materia passiamo alla 

ricerca della nozione scientifica dell’Àniina umana. 


IV. 


Como si è rinnovata profondamente la Fisica, 

non può non rinnovarsi la vecchia Psicologia o l’an¬ 

tica Metafisica, perchè nell’uomo corpo e spirito sono 

congiunti, perchè nell’universo ci sono esseri matcrn-vli, 

sensitivi o ragionevoli, e perchè le scienze tutto han¬ 

no parentela più o meno stretta fra di loro. Abbiamo 

già detto in che consisteva l’antico e il moderno Spi¬ 

ritualismo. Conviene ora esaminare la nuova dottrina 

scientifica intorno all’Anima umana. 


La scienza positiva contemporanea ha un meto¬ 

do suo proprio, il metodo d’osservazione, analatico ed 

oggettivo, opposto al metodo deduttivo, psicologico e 

soggettivo, tanto caro allaMctafisica ed alla Psicologia 

tradizionale. E non si contenta l’odierna Scienza posi¬ 

tiva di osservare ed analizzare il mondo corporeo, ma 

vuol descriver fondo a tutti gli esseri mondiali, spie¬ 

gare le cause, le leggi, lo attinenze, l’ordine, l’essenza, 

l’origine ed il fine delle cose tutto ^ insomma , vuo¬ 

le surrogarsi alla vecchia Metafisica, che ritiene orinai 

non solo spodestata, si anche morta c seppellita! In 

qual maniera studia essa latto l'uomo? Lo studia 

valendosi dell'osservazione esterna, dell’esperienza 

sensibile, c dell’analisi fisica e fisiologica : quasi che 

nell’uomo non ci sia altro che una massa di materia 

organata, un sistema di forze meccaniche c fisiolo¬ 

giche. di moti meccanici e vitali, di organi c fan- 


Ì3 







-Q lo SPIRITUALISMO SCIENTIFICO 


zioni, da sottoporsi direttamente o ai sensi esterni,. 


o ai nuovi e mirabili strumenti dell'osservazione c 


dell’analisi sperimentale, come il dinamometro, il micro¬ 

scopio, la bilancia chimica, il termometro, il coltello 

anatomico, e somiglianti !La nuova Psicologia scienti¬ 

fica o sperimentale crede di spiegar tutti i fatti del¬ 

l’uomo, i sensitivi, gl’intellettuali ed i morali, mercè 

l’osservazione esterna c l’analisi fisiologica, facendoli 

tutti generare dal puro nostro organismo. Vediamolo 

brevemente. 


Noi siamo capaci, come gli animali bruti, di 

sensazioni e di moto ; ed infatti il corpo nostro ha 

distinti organi per sentire e per muoversi. Che anzi, 

recenti esperienze hanno scoperto organi della per¬ 

cezione esterna distinti da quelli della sensazione. 

Così, tagliando i lobi cerebrali, si perde subito la 

facoltà di \edeie, mentre il nervo ottico ò ancora- 

eccitabile, sensibile la rètina, mobilissima l’iride. Non 

solamente alla facoltà di percepire e dì sentire, si an- 

ff a " e allr .°  «Mollo Ol¬ 

le avrebbero per sede • ° 801150 0 1 istinto anima¬ 


li cervelletto i cem- CGri l 1 ' 1 mediani clic riuniscono 

’ ° Mf i *.a« 0 va dicendo ili sansa 








lì La Vita sociale 



71 



spirituale, l’immaginazione, il pensiero, la volontà e 

quindi tutti i sentimenti morali, tutti gli atti razio¬ 

nali e volitivi, risederebbero nei centri superiori o 

nei lobi cerebrali. 


Quanto alla coscienza, la Fisiologia non è giunta 

a scoprirne la causa vera ed efficiente, ma ne può 

determinare l’organo e la condizione. Secondo l’Her- 

tzen, l’attività mentale, di cui è tipo la coscienza, 

seguo i cambiamenti della forza nervosa \ cresce o 

decresce conformo i cambiamenti d'innervazione o 

d’enervazione che subisce la temperatura vitale. La 

integrazione della forza nervosaòcondizione organica 

della coscienza. E già Claudio Bernard aveva dimo¬ 

strato che ogni fenomeno della vita, dalla più semplice 

funzione vitale sino ai fatti più elevati dell’iutelU— 

genza e della volontà, ha per causa un lavorìo d’or¬ 

ganamento, e per effetto un lavorìo disgregativo d’ele¬ 

menti fisici e chimici. 


I progressi ed irisultamenti analitici della Fisio¬ 

logia c della Psicologia sperimentale hanno certo gio¬ 

vato a rischiarare le tenebre da cui era avvolta la 

vecchia e tradizionale Psicologia , quando presu¬ 

meva di spiegare l’unione fra l’anima ed il corpo, e 

di stabilire le attinenze fra il morale ed il fisico della 

vita umana. 


Ma la nuova Psicologia è riuscita, almeno finora, 

a spiegare la natura dell’uomo, le cause tutte e le 

leggi del senso, della intelligenza e della volontà? Ha 

potuto essa fornirci co’suoi metodi una nozione esatta 

e scientifica della coscienza e dello spirito? No, dacché 







72' LO SPIRITUALISMO SCIENTIFICO 


il filosofo e la comune degli uomini non possono certo 

appagarsi di queste definizioni : Il pensiero è un moto 

o una trasformazione della sostanza cerebrale ; lo spi¬ 

rito è un polipaio d'imagini; la virtù ed il vizio sono 

meri prodotti come il vetriolo ; il genio è il predomi¬ 

nio d'una facolta organica sulle altre; l’attività dell’in¬ 

telligenza è una danza continua delle cellule cerebrali; 

il me o la coscienza è un gruppo di fatti organici. 


A dimostrare false scientificamente queste defi¬ 

nizioni valga esaminare un sol fatto dello Spirito. Se 

il pensiero fosse un moto cerebrale, e quindi se fosse 

materia per le sue rispettive proprietà, noi saremmo 

incapaci di fare qualunque giudizio, e di poterlo ana¬ 

lizzare e spiegare, dacché il confronto di due idee 

(soggetto e predicato) c il giudizio ricavatone, sono 

attributi del pensiero che ripugnano assolutamente 

con a impcnctiabilità, 1 estensione e la divisibilità 

e a materia c con le prerogative del moto. Rife- 

mm„ gl. argomenti addotti dalli cigno modico 0 no- 


2 ,? «T° fa ' ini 


fan» con notrèbb r “ I>1 "' K0 " ,ati ™ «idea !>, perché 


Parimente il moto |,llla ' lca percezione ? 


4d giudizio, si polrobbo PMt,0e !l ra W >rescntativ0 

4ai moti dolio pai-ticoilo A '°7 re,ldor 



re e dimostrate delle scienze positive, ha rimesso in 

onore l’osservazione interna ed ha rinnovato il meto¬ 

do psicologico e metafisico. In ogni epoca i grandi 

pensatori hanno distinto il scuso intimo dai sensi 

esterni, l’esperienza sensibile dall'ospericnza interio¬ 

re, il metodo induttivo psicologico c storico, dal me¬ 

todo induttivo lisico. Per quali ragioni ? Perchè due 

sono gli ordini dei fatti che a noi si manifestano, i 

fatti del mondo esteriore c del corpo nostro, ed i fatti 

della coscienza o dello spirito, i quali ultimi non pos¬ 

sono essere spiegati dalla mera osservazione esterna - , 

perchè due sono gli ordini delle realità mondiali, la 

realtà fìsica e la realtà dell’io negli esseri pensanti-, 

e infine, perchè nelle cose tutto bisogna distinguere 

l’elemento sensibile dall’elemento intelligibile o, pa¬ 

usare il linguaggio della scuola del Kant, il fenomeno 

dal noumeno. L’esperienza interna o la coscienza non 

pure sente e indaga gli atti spirituali, ma ne spiega 

le cause, lo facoltà e le leggi, distinguendo ciò che 

spetta all’organismo da ciò che spetta alito, allo spi¬ 

rito, e coglie finalmente la realtà stessa dell io. Se pci- 

tanto ha un gran valore l’esperienza clic indaga i 

fatti dell’universo materiale, compresivi quelli del 

corpo nostro, non ha minor valore positivo lossena- 

zione interna che ci fa conoscere quest altro ordino 

di fatti c ci rivela l’essenza eia realtà dell io. Che 

anzi, l’osservazione interiore illumina c perfeziona 

l’esperienza esterna, applicando i principj universali 

di causalità e di finalità ai fenemeni del mondo sen¬ 

sibile e materiale. Affermando ciò non intendo am- 






'D LO SPIRITUALISMO SCIENTIFICO 


mettere con qualche filosofo esagerato che tutto nel 

mondo sia spirito : come falso o il materialismo uni¬ 

versale, così falso è l’idealismo e lo spiritualismo uni¬ 

versale. In ogni nostra cognizione vi è l’idea, fatto 

dell'intelligenza, ma vi ha la sua parte anche il sen¬ 

so ; nell'universo esiste la materia sotto mille forme, 

ma v’è anche lo spirito, che si palesa in noi ed a noi 

come senso, come pensiero, come volontà, come amo¬ 

re, come coscienza. Impcrtanto il nuovo Spirituali¬ 

smo scientifico, valendosi dei risultamenti e progressi 

delle discipline positive, e rimettendo in uso ed onore 

il microscopio della coscienza, fa della Psicologia una 

scienza veramente induttiva e si travaglia nella so¬ 

luzione dei grandi problemi metafisici, riponendo nel- 

1 esperienza interiore, come già praticarono Aristotile, 

san Tommaso, i più insigni e migliori Cartesiani, il 

oibnitz cd altri, il principio fondamentale ed il me- 


concCn- COmPÌUt0 de " C SUC Ì,UlaSÌ,1Ì 6 dcll ° SU ° 



unioni* è ^ ; neI1 ’ uomo vi « mei 

tà. Ecco i risulf 6 1 S ° StaUZe ’ ma vera e propria un 


Positiva modem^Ifatr ^ C ° nclusÌ0ni dclla Scienz 

fenomeni del covn * ' S P Illtuad ‘ son o congiunti ; 


dirsi, a tutto rie-nr •* le * azi onc. E se non pi 


dell’anima hanno i Tìm^-’ ^ h SÌnsolc faco11 


esempio che alla facoltà d r/sni CerQhrali > 1 5( 


1 onda esattamente que 










E LA VITA SOCIALE > ‘ 


la data parte del cervello, alla facoltà B il cervel¬ 

letto, alla facoltà C i lobi cerebrali, alla facoltà D i 

corpi striati} il fatto si c che da un lato .varie sono le 

potenze dell’anima, c dall’altro vediamo nel corpo no¬ 

stro organi diversi, e che ogni fatto spirituale viene 

accompagnato da un fatto fisiologico. Vero ò che la 

Psicologia scientifica sperimentale non ammetto nel¬ 

l’uomo facoltà distinte, quali il senso, la intelligenza, 

la volontà ; riconosce solamente i fenomeni psichici, 

vale a dire le sensazioni, i pensieri, le volizioni. E lo 

stesso Hcrbart impugnava la vecchia distinzione e 

pluralità di potenze originarie nell’ anima nostra. 

Eccettoehò si potrebbe osservare che una è certa¬ 

mente l’essenziale energia dello spirito umano 5 ma 

la varietà irriducibile de’suoi atti implica la varietà 

delle sue potenze, pur non cessando d’essere una nel 

fondo suo. Comunque sia, queste correlazioni tra i 

fatti della coscienza ed i fenomeni del corpo, questa 

rispondenza fra lo attività dello spirito c la struttura 

del corpo e segnatamente del cervello, questa mede¬ 

sima unità della vita umana, portano forse scientifi¬ 

camente e logicamente a concludere che materia or¬ 

ganata ed Ànima sono in fondo cosa identica, c che 

però gli organi cerebrali generano le facoltà dette 

spirituali 0, se vuoisi, che i fatti psichici non diver¬ 

sificano sostanzialmente dai fenomeni fisiologici ed 

hanno in questi la loro causa vera, unica cd efficien¬ 

te ? Ecco quello che, stando pure alla scienza nei 

confini dell’osservazione, non può menar buono nean¬ 

che lo Spiritualismo scientifico moderno. Il fisiologo 





LO SPIRITUALISMO SCIENTIFICO 


osserva le funzioni del corpo vivente e distingue gli 

organi rispettivi ; analizza gli clementi della vita, 

procede man inano dal semplice al complesso, dalla 

vita locale alla centrale, dalla varietà dei fenomeni 

vitali all’unità apparente delle cause della vita stessa. 

Ora, il metodo puramente fisiologico vale come ana¬ 

lisi sperimentalo, ma non può valere come sintesi ove 

presuma di ricercare e stabilire la causa vera, il prin¬ 

cipio di tutti i fatti della coscienza. E, a buon conto, 

la sintesi fisiologica vi darà sempre un’unità fìsica, 



cioè un’unità apparente, non reale, non vera, ma sem¬ 

pre composta c molteplice, perchè materiale ; vi darà 

insorama la risultante di più funzioni organiche e 

nicnt altro. Con questi metodi non si può dunque 

analizzare i fatti veri dello spirito, quali sono le idee, 

i pensieri, i sentimenti, gli affetti, le volizioni, e ancor 

meno si può i icci'carc c stabilire il principio unifi- 

utoie di tutti quei fatti, perchè la coscienza ci atte¬ 

sta la semplicità, l’unità, l’identità, l’attività e la 

■berta delh o.U q Uestc sono vane par0 , 0 destituite 


ogm valore oggettivo, ma sono fatti reali, incon¬ 

cussi, quantunque siano fatti rio . 


•coi sensi esterni d potcrsi P ei ’ ce P irc 


io i temi; Rechiamone alcune prove. 


|loÌa hanT StarC . Ch ° nè ]a Flsica > ^ la Fi- 


^ della inteUigLta cldl trar ? he ^ ^ M 8 ° n “ 

effetto di causo o v r ° a Volonta sono un mero 

che, non può rev ^ ^ ,Ucccanicllc e fisiologi- 


?SÌchic o, 8e ^aziontTensie n ro dUb r°- ^ ^ ^ 


veQ ga e sia da noi aJL ' V ° llz,one > Perchè av¬ 



vento spiegato, esige non 







E LA VITA SOCIALE 



79 


solamente la condizione organica, ma un soggetto uno 

q indivisibile, non materiale, che senta, pensi, voglia, 

ed abbia coscienzadei rispettivi sentimenti e pensieri 

e delle sue volizioni. Ora, questa unità reale e indi¬ 

visibile, sensitiva, intelligente e volitiva, consapevole 

di se e degli atti suoi, e quindi personale, domandasi 

appunto me, io } spirito. Altri la chiami pure Causa 

o Forza, ma è sempre una Forza vivente e reale, non 

astratta c però inerente ad un soggetto \ una Forza 

spirituale, cioè sensitiva, intelligente e volitiva, non 

meccanica nè fisiologica come le altre forze della Na¬ 

tura o del corpo nostro. 


2° Mentre nel corpo vivente non si dà vera uni¬ 

tà, ma unione soltanto, ed i fatti fisiologici non pos¬ 

sono tutti ridursi ad un solo principio ; invece il me 

unifica, nel senso stretto della parola, tutti i fatti del 

sentire, del conoscere e del volere. Il che dimostra che 

1-Jo è davvero uno e impartibile nell’csser suo, e che si 

mantiene identico a se stesso in mezzo a tanta varietà 

di fatti clic genera ed unisce, c dei quali ha coscienza. 


3° Crii atti più elevati e cospicui dell’animo no¬ 

stro oltrepassano evidentemente nell’obbietto, nella 

durata, nel fine, nel valore, ogni fatto del corpo vi - 

vento. Certi affetti, certi sentimenti spirituali, certo 

idee, certe volizioni possono,.attuate, cambiare la vita 

d’un uomo, decidere le sorti d’una nazione, dare im¬ 

pulso ad una nuova civiltà. Il principio, la causa vera 

di essi fatti, non può dunque trovarsi nel corpo no¬ 

stro e negli obbietti sensibili, ma nel pensiero, nella 

volontà, nella coscienza. E di fatti, Keplero, Newton 




80 LO SPIRITUALISMO SCIENTIFICO 


e Faraday non confessarono d’aver dovuto ad una 

rivelazione interiore lo loro più mirabili scoperte 

scientifiche ? Nò va dimenticato ciò che scrisse Co¬ 

lombo uc’suoi Bicordi: u Quand’io stava a meditare 

solitario lungo il mare, la voce delle onde accorda- 

vasi alla segreta voce dell’anima mia per parlarmi di 

questa nuova terra 


4° Il principio di causalità domina tutti gli es¬ 

seri materiali e sensitivi: nel mondo corporeo signo¬ 

reggia il determinismo. Anche gli atti del pensiero 

e della volontà umana hanno le rispettive cause e 

leggi. ma con questa differenza, che ogni essere della 

natura obbedisce o ciecamente o istintivamente alle 

cause ed alle leggi prefisse e costanti dell’universo ; 

mentre la ragione e la volontà dell’uomo ora trasgre¬ 

discono, almeno in parte, queste leggi; ora pongo¬ 

no da se certi motivi diversi da quelli della materia 

el senso, e si propongono altri fini nei loro atti ; 


a».r,loUau°al S e„so ed * mater! , „ 


sm 1 evento. Ad„„ que il «, ollre aTW oirasc „, 


ZZ rrr* ,iWo 0 «“onomo,almenoentro 


5 ,j “ a malcna inorganica ed organata, 


le cause fin ^ ° i’ lnto ' oomc 'diligenza, comprende 


perfezionando sé rii n UmvcmIe del Bene, 

ignorando e tra’sfor m a T eSSen Umani P ensanti> 


sensibile che 1 Dd ° in Parte lo stesso mondo 


ossi, insieme con gli 


*- - utto armonioso e perfettibile in 



sommo grado. 







E LA VITA SOCIALE 



81 


Ecco quello che riconosce ed ammette lo Spiri¬ 

tualismo scientifico moderno. La scienza positiva con¬ 

temporanea non può negare queste verità, che diver¬ 

samente invaliderebbe i suoi principj fondamentali e, 

oso dire, il metodo e la maggior parte delle sue con¬ 

clusioni. Il nuovo Realismo scientifico ammette le cose 

in sè, oltre i fenomeni. L’esperienza testimonia che 

ogni realtà è una nella sua varietà, molteplice nell’uni¬ 

tà sua. La scienza positiva ammette il processo evo¬ 

lutivo, insenso di perfezionamento, delle cose tutte mon¬ 

diali, crede non perituralamateria, ma solo trasforma¬ 

bile. Or bene, lo Spiritualismo scientifico moderno, 

facendo tesoro della stessa scienza positiva, riconosce 

lanaturaela realtà deH’io, oltre distinguere i fatti dello 

spirito da quelli del corpo vivente ; mantiene l’unità 

dell’io pur ammettendo la varietà de’suoi atti; proclama 

l’anima umana perfettibile indefinitamente ; non la 

separa dal corpo e dal mondo, ma le riconosce pro¬ 

prietà e leggi sue particolari ; la considera come una 

forza ed una causa, ma qual forza e causa personale. 

E seia materia, come realtà e forza, ò indistruttibile, 

non avrà diritto anche lo Spiritualismo scientifico mo— 

derno, ch’è un progresso della Filosofia perenne, di 

credere indistruttibile ed immortale, perchè consape • 

vole di sè, quest’altra forza e realtà dell’universo, 

l ’anima umana ? 


Il vero Spiritualismo scientifico moderno non può 

adunque consentire, in nome della stessa scienza positi¬ 

va, con certi insigni cultori dellaPsicologia fisiologica, 

quali il Taine ed il Ferrière, che l’anima umana sia 

Valdarnini 6 




JJ3 LO SPIRITUALISMO SCIENTIFICO 


una. pura individualità vitale, una risultante di forze 

organiche; che l’istinto e la volontà siano il risultato 

dell’azione riHessa dei nervi ; che la volontà ecl il 

pcusicro umano vengano sottoposti alle cause ed alle 

leggi fatali, costanti, generali del mondo corporeo; che 

non esistano le cause finali nell’Universo ; che Dio 

sia la pura legge di tutte le forze cosmiche onde si 

genera l’armonia universale. Ammessi questi princi¬ 

pi) natura umana c l’universo intero sono inespli¬ 

cabili, quando si voglia proprio indagare il midollo c 

non la sola corteccia delle cose, quando si voglia ri¬ 

cercare c stabilire le cause, le ragioni, le leggi, l’ordine 

supremo di tutto il reale. 



Vi. 



ila il nuovo Spiritualismo, oltre essere in ar- 


, ”' ,odo 6 Wwi certi c positivi dell) 


STt'. 1 * dÌ fa “° °  civili e po- 

La differenzatrarr... uu i tì C1 010410 S0(:i età animali 

a o* «indo, essenziale, fra la vera soci et; 









li LA VITA SOCIALI' 



83 


umana, capace di progresso indefinito, e le parziali 

ed imperfette associazioni di alcune specie di ani¬ 

mali, ci fanno subito arguire una radicale differenza 

tra l’uomo ed i bruti. Nò si opponga che questo di¬ 

vario trova la sua ragione, nell’essere l'uomo il più 

perfetto degli animali. Sì, l’uomo è il più perfetto 

dogli animali, ma non tanto per il suo organismo e 

per il senso, quanto per la sua intelligenza e per la 

sua volontà, che lo fanno consapevole di se, che lo 

costituiscono persona, che lo sottraggono in parte alle 

cause e leggi fatali dell’universo materiale, che forma¬ 

no insomma il suo spirito. La vita umana sociale può 

dirsi non abbia confini, perchè dalla famiglia si esten¬ 

de a tutta l’umanità consociata, e perchè le presenti 

società civili sono figlio delle generazioni e società 

umane ora spente, come noi prepariamo le future 

società civili. La perfezione graduata della vita socia¬ 

le consta di più o diversi clementi, quali sono: verità 

e scienza, linguaggio e letteratura, economia privata 

•e politica, moralità, doveri e diritti sociali, consuetudini 

morali e giuridiche, istituzioni civili e religiose, arti 

manuali cd arti belle, e per ultimo lo Stato. Questi 

ed altri elementi della vita sociale non sono dati dal 

puro organismo e dal senso dell’uomo, ma sono effetto 

principalmente della nostra intelligenza e volontà, 

sono prodotti dello spirito umano. Il corpo nostro 

perisce, ma le opere dello spirito sono immortali ; 

tramontano le generazioni umane, ma sopravvive sotto 

mille forme la loro civiltà; cade la potenza materiale 

delle nazioni, ma restano in piedi le sane loro istitu- 







LO SPIRITUALISMO SCIENTIFICO 


zioni civili. Così, la Grecia fa domata eolie anni dar 

Romaui; ma la Filosofia, la Letteratura, le Ai ti Belle, 

produzioni dello spirito greco, dominarono poi le menti 

romano. Che resta oggi del Partenone e dell’Acropoli 

di Atene ? Poche rovino ; ma la Scienza, la Poesia e 

l’Arte greca hanno trionfato sulla matcriae sul tempo. 

L’impero romano, opera segnatamente delle armi con¬ 

quistatrici, non c più da secoli ; ma il Diritto civi¬ 

le romano vive c vivrà perpetuo. La vita sociale uma¬ 

na è dunque armonia di varj elementi, come armonia 

di elementi varj è la civiltà che ne deriva. 



Questi elementi non possono affatto segregarsi dal 

corpo e dal senso, nè possono recarsi ad atto senza 

l’aiuto del corpo vivente; ma intanto sono vera opera 

dellaniraaraziooale,non delcorponèdel scuso. Inoltre, 

la eh iltà ed il piogresso umano tengono arcanamente 

unite le presenti generazioni colle passate, non tanto 

per le memorie, gli affetti, le tradizioni dei nostri cari, 

quanto per la scienza, la letteratura, le arti liberali, 

le istituzioni civili, politiche e religiose, cose tutte 

che costituiscono .1 fondo o la parto essenziale della 

mila presente. Aneto il mondo raa(erÌ!ll mantiene salde 


CCCì M S!0V “ ri00rin0 ’ cI ’ e 


0 segnatamene 1 °r> ' ‘ UlCCu le Scienze Naturali 


enctemente k B„ta nicia ^ 


(0 Orni, ptrij., v, l, c Iv 8 









ANDREA CESALPINO FILOSOFO 



5)3. 


nuove piante, precorse Linneo ed altri insigni bota¬ 

nici moderni in una sistematica e razionale cassa¬ 

zione dei vegetabili, divinò per esperienza e per 

ragionamento la grande circolazione del sangue ; e 

quindi precorse l’ITarvcy, come in Fisica ed Astro¬ 

nomia Copernico aveva preceduto Galilei, come questi 

precorse il Newton, e come nei principii del Diritto 

internazionale applicati alla guerra ed alla pace un 

altro grande Italiano, contemporanco del Cesalpino, 

vo’dirc Alberico Gentile, col suo trattato Dejure belli 

aveva preceduto Ugonc Grozio. Ma questa, per or¬ 

dinario, c la sorte dell’ingegno italiano, novatore per 

eccellenza ; il quale o resta dimenticato per alcuni 

secoli, come avvenne a G. B. Vico, o gli stranieri no 

usurpano e gli contendono le sue vere scoperte. Ba¬ 

stona, infatti, c’inscgnachepiù volte gl’italiani hanno- 

seminato i più peregrini e fecondi prodotti dell'in¬ 

gegno ; ed i forestieri li hanno poi mietuti, vagliati c 

spacciati come propri ! 


In secondo luogo, il Cesalpino non fu un gretto 

commentatore di Aristotile ed un seguace servile del- 

Peripato, ma riusci egli pure novatore nelle Scienze 

Naturali, senza l’aiuto del microscopio, inventato 17 

anni dopo la sua morte, e privo di tutti quei mirabili 

ed efficaci strumenti de’quali dispongono gli scenziati 

dei tempi nostri ; e tuttavolta in più rami dello sci¬ 

bile sgombrò la via a’suoi successori, quali furono 

Marcello Malpighi, Harvey, Grcw, Tournefort , 

Linneo, Pristlcy, Morgagni ed altri. 


Continuando l’indirizzo positivo che Leonardo- 







'.ili Ali 


da Vinci aveva 

salpino facevasi 



AXDKEA CES ALPINO FILOSOFO 


•a dato alle Scieuzc sperimentali, il Ce- 


isi forte dell’autorità di Aristotile nel 



metodo induttivo, ma spesso ne abbandonava le orme 

dove non poteva seguirlo, come nella Fisica •, e però 

coglieva il meglio dei libri logici dello Stagirita ed 

attingeva largamente alla Storia dagli animali, lo¬ 

data assai dal Buffon c dal Cuvier. Non intendo dire 

con questo che al nostro fflosofo naturalista non deb- 

.basi imputare alcun errore nello studio della Natura 

inorganica ed organata, e che rispetto al metodo spe¬ 

rimentale Francesco Bacone c il Galilei non facessero 

.clic perfezionare il metodo seguito dal Cesalpino. In¬ 

tendo solo dire ch’egli cooperò moltissimo a rimettere 

in onore l’osservazione e l’esperienza, soffocate dalle 

ascetiche idealità del Medio Evo, dalle minute di¬ 

stinzioni e dai sillogismi della Scolastica \ e quindi 

richiamò le Scieuze sperimentali al retto loro' sen- 

tieio. Il senso e 1 esperienza non debbono essere di- 










ANDREA CESALPI.NO FILOSOFO 93 


gel, il più ardito metafisico del secol nostro, seguen¬ 

do le dottrine fisiche di Platone affermava, verso la 

fine dell’agosto 1801, dovervi essere una lacuna tra 

Marte e Giove : mentre il nostro Piazzi circa otto 

mesi prima aveva scoperto Cerere ! 


Adunque il Cesalpino, non solo per le sue mira¬ 

bili scoperte nella Mineralogia, nella Chimica, nella 

Botanica e nella Fisiologia, ma ancora pel metodo 

sperimentale da lui seguito, per l’uso razionale del¬ 

l’autorità scientifica e per taluni concetti nuovi, come 

dimostreremo più avanti, segua il principio dell’età 

moderna. Onde scrisse il Mamiani nel Rinnovamento 

dell'antica Filosofia italiana : l£ Se faremo studio 

profondo nel Cesalpino...., vedremo quanta sapienza 

riluce dentro quel senno, e come la Filosofia odierna 

sperimentale in Italia si appicca al filo delle opinioni 

che aristoteliche si addimandarono. „ 


II. 


Il Cesalpino lo chiainamrnoqua sopra novatore e 

filosofo. È novatore non solo per le sue stupendo e utili 

scoperte scientifiche già note, sì anche pel metodo 

onde vi giunse : e questa novità di dottrine e di me¬ 

todi la sente egli stesso e ne discorre apertamente. 


Come il Machiavelli nel proemio a’suoi Discorsi 

immortali dice d’essereentrato pcruna vianou ancora 

battuta da alcuno rispetto alla Scienza politica; come 

Alberico Gentile fin dal principio del suo famoso trat¬ 

tato Dejure belli dichiara d’intraprendere un'opera 







90 ANDREA CESALP1XO FILOSOFO 


ra e difficile, quella cioè (li stabilire le leggi alla 


... t • _ ,11 miftefA mnn fi n 



nuova 



-- ww 


disumana di questo mondo, alla 

guerra ; così il Cesalpino nella dedica o prefazione* 

delle principali sue opere accenna d’essere novatore e 

filosofo.-Non panni cosa sterileillibrochesonoperpub- 

blicare, dopo avere studiato Filosofia per molti anni, 

dim in philosophice studiis versor multosjam annos, 

egli premette alle Questioni peripatetiche. Ài nostri 

tempi, scrive nella prefazione alle Questioni mediche , 

sono stati ritrovati rimedj nuovi ed ottimi ( nova qui- 

dem remedia atque optima ) ignoti agli antichi. Per 

essere utile agli studiosi, aggiunge nel proemio al 

trattato sulle Piante, mi sono ingolfato in un vasto 

mare : ingrcssus autem sum gurgitem vastum. Ed 

ivi prosegue nel chiarire il fine ed il metododella sua 

nuova classazione delle piante, cassazione conforme 

non pure ai dettamidellasanalogica,sìanchealle qua¬ 

lità essenziali deivegetabili.“ Ogni scienza, egli dice, 

consistendo nell’unire lo cose somiglianti e nel distin¬ 

guere le dissimili tra loro, mi sono studiato di fare 

nella storia universale delle piante una distribuzione 

di esse per generi e per classi o specie, secondo lo 

differenze desunte dalla natura stessa 5 sccundim 

uxgerentias rei naturavi indicantes. „ 


Bensì alla partizione universale delle piante era 

egb armato mercè l’induzione, ebe ha da precedere 

a divisione. Tre, pel filosofo Aretino, sono ! processi 


peir I ' i “ ellcll ° toccare la 


divisione 


P 1 P 1 °gressu.„. perfectionem 








ANDREA CESALPINO FILOSOFO 97 


attìngimus : inductione scilicet , divisione , definii ione. 

Colla induzione vediamo la somiglianza e la con¬ 

venienza ; colla divisione, la dissomiglianza e la dif¬ 

ferenza ; colla definizione, la sostanza propria di 

ciascuna cosa. L’induzione va dal singolare all’uni¬ 

versale e porge alla mente ogni materia intelligibile; 

la divisione trova la differenza degli universali ten¬ 

dendo a quegli enti che nella specie sono individui; la 

definizione poi risolve le specie nei loro principii fino 

agli elementi, cominciando dal singolare. Imperocché 

siapiù facile, a mo’d’csempio, definire l’uomo che l’ani¬ 

male. E quindi Aristotile insegnò doversi ascendere 

dal singolare all’universale (1) ; e dove non arrivano 

i sensi vi supplisca l’analogia (2). Nè diversamente 

aveva PÀlighicri concepito l’induzione, quando sta¬ 

biliva che la natura delle cose e delle potenze loro 

non può conoscersi che per gli effetti : 


Ogni forma 9ustanzial, che scita 

È da materia, ed è con lei unita, 


Specifica virtude ha in sò colletta, 


La qual senza operar non è sentita, 


Nè si dimostra ina’chc per effetto, 


Come per verdi frondo in pianta vita (3). 


Ed eccoci entrati nel campo vero della Filo¬ 

sofia speculativa del Ccsalpino. 



(1) Qincst. pcrip., 1, 1. 


(2) Appendìx ad Quccst. perip., c. V. 


(3) Purgatorio , canto XVIII. 


Valdarnini 7 





98 



ANDREA CESALPINO FILOSOFO 



in. 


S’illuderebbe chi nelle opere del Cesalpino vo¬ 

lesse ritrovare un sistema rigoroso e compiuto di 

Filosofia razionale. Come le regole logicali del Galilei 

vannno desunte dai varj suoi scritti c specialmente 

dal Saggiatore ; così lo dottrine filosofiche del Cesal- 

pino bisogna ricercarle soprattutto nello Questioni 

peripatetiche e ne\Y Appendice allo medesime, pub¬ 

blicata l’anno stesso della sua morte 1603 e nou facile 

a trovarsi dovunque. 


Il metodo, la filosofia prima e la scienza, gli 

universali, Dio e le sue relazioni col mondo, l'uomo 

e le sue facoltà, non che l’ultima sua destinazione, 

formano anche pel Cesalpino il subbietto della Filo¬ 

sofia ; le quali materie mi accingo ad esporre e ad 

esaminare brevemente. 


Stabilito cheilsensoel’intclletto sono le due facoltà 

necessarie alla conoscenza umana, e che il corpo non 

è necessario alle operazioni del senso e dell’intelletto, 

perchè le cose sensibili ed intelligibili ricevonsi nel¬ 

l’anima senza la materia, quantunque gli organi del 

senso non possano stare senza materia (1) ; egli fissa 


\ Chej SeC ° ndo 1 P recetti di Aristotile negli 


1 , a . 1C1 P os ^ et ù°ri, deve usare la mento umana 

e a ricerca del vero e nella formazione della scienza. 

•He 0086 Daturali dobbiamo elevarci al soprassensi. 



Perip-, c. IV. 



(1) Appendix ad Quceet. 










ANDREA CES ALPINO FILOSOFO 99 


bile per via naturale (via naturali), che consiste 

nel muovere eia quello che a noi è più noto, per 

quanto all’uomo è dato di sapere. E quali cose a 

noi sono più note ? Le cose individuali e sensibili ; 

queste poi si rendono intelligibili, astratte le condi¬ 

zioni della materia ; e così abbiamo l'universale che 

forma l’obbietto della intelligenza : unde universale 

consurgit. quod est obiectum intellectus (l).L’operazio- 

ne dell’intelletto, poi, non è quiete, ma un certo moto. 


La Filosofia Prima è scienza universale : quod 

prima philosophia universali sit scienlia (2). La 

Filosofia Prima, fondamento di tutte le altre scienze, 

non si vale della dimostrazione, nè della definizione: 

primam philosophiam ncque demonstradone, ncque 

definitine uti (3). Per qual ragione ? Perchè si fonda 

su’prirai principii o questi sono superiori all’intel¬ 

letto umano e da esso indipendenti '.prima principia 

non in nostra sunl potestate. La Filosofia Prima tratta 

del primo genere della sostanza *, dovecchè l’Astro- 

logia tratta del corpo sensibile ed eterno : de corpore 

sensibili et (eterno agii; le Matematiche hanno per ob- 

bietto le sostanze incorruttibili ; le Scienze Naturali 

riguardano le sostanzo corruttibili (4). E manifesto 

che il Cesalpino distingueva le scienze secondo i gene- 



(1) Appendi® ad Quasi, perip., c. II. 


(2) Quoeat. pcrip., I, 4. 


(3) Ivi, I, 3. 


14) Ivi, I, 4. 







j()0 ANDREA CESALP1N0 FILOSOFO 


ri della sostanza, e però mirava ad una classifica¬ 

zione obbiettiva del sapere umano ; come nell’ap¬ 

pendice alle Questioni peripatetiche ammetteva le idee 

in senso oggettivo ed universale, aventi cioè un es¬ 

sere proprio [smini esse habent in se) e quali note od 

ioiagini delle cose che rappresentano tutti gii obbietti 

della stessa natura. E così evitava gli errori del sog¬ 

gettivismo, che mena facilmente allo scetticismo ne¬ 

gando la naturale relazione fra l’intelletto nostro e le 

cose intelligibili mercè l’idea, fra la mente e lo cose. 

Infine, ogni scienza dipende da principii notissimi, 

tali sarebbero quelli di sostanza e di causalità, appro¬ 

vati dall'universale consentimento: oranis enim scien- 

tia pendet ex principia notissimis omnium consensu 

approbalis (1). 


Se la sostanza è un principio, e se la Filosofia 

Prima tratta del primo genere della sostanza, che in¬ 

tendeva mai per questa il filosofo Aretino ? Sostanza 

c ciò che sussiste per sè, c non aderisce ad altra cosa: 

Substantia dicitur qua per se subsistit, non enim inest 

alteri(2). Or qui vuoisi notare che le definizioni della 


sostanza date posteriormente da Cartesio e da Spi¬ 

noza non differiscono da quella del Cesalpino, salvo- 


e a cu ma, diversa e meno chiara, tale insomma 

da ingenerare il sospetto di Panteismo reale (3). 



-L 


«Jsì 4olM1 * ■ 2-» 


^^^reindìgeatadexistcndim.ESpi 












ANDREA CESALPINO FILOSOFO 



101 



Giusta i pi’incipii del nostro filosofo, la sostanza 

si spiega per quello che sia e indi risguarda l'essenza ; 

mentre gli accidenti, che non esistono fuori della 

sostanza, si riferiscono alla quantità, alla qualità, 

insomma si riferiscono alle altre nove categorie o 

predico menti, secondo ladottrina Aristotelica. Inoltre, 

la sostanza non riceve il più ed il meno, perchè è 

indivisibile ed immateriale : quea sine, maleria est. 

La sostanza prende anche il nome di forma , a cui 

si contrappone la materia. La forma, secondo Ari¬ 

stotile, veniva prima della materia, perchè l’atto sem¬ 

plice è prima della potenza: onde l’atto puro ammet- 

tevasi come principio di tutte le cose e costituiva 

la sostanza. La materia poi non era sostanza per 

sè, ma in virtù dell’atto § della forma (1). Movendo 

da questa teorica il Cesalpino considerava pur la 

sostanza come fine c come perfezione degli esseri : 

finis cnim et perfectio substantia est ; ed aggiungeva 

sapientemente che il fino di ciascun ente si conosce 

dallo sue operazioni (2), come dall’effetto si argui¬ 

sce la causa. 


Dalla sostanza o forma indivisibile, immate¬ 

riale, una, dipendono le sostanze finite o, com’ci le 

chiama, le forme naturali, che sono certe partecipa¬ 

zioni del sommo Bene, o come tali non sono divisibili 



la definì : per subslanliam intellign id, qnod in se est et 


per se concìpitur. 


(1) Appendi.* ad Qucest. perip., c. II. 


(2) Ivi, c. III. 









102 



ANDREA CESALPINO FILOSOFO 



nò materiali ; ma si dividono accidentalmente, in 

quanto cioè sono ricevute nella materia, per cui la 

natura corporea ad esse tutte si rende necessaiia . 

solum natura corporea omnibus necessaria est. Adun¬ 

que, le forme naturali o sostanze finite vanno a in¬ 

dividuarsi, per così dire, nella materia ; ma questa 

alla sua volta non può del tutto separarsi dalla forma : 

quia omnino Materia separari nequit a Forma. 


E qui non ti sembra di ravvisare nel Cesalpi- 

no il precursore di Spinoza? Io sono propenso a 

crederlo ; ma con questo divario : che il filosofo olan¬ 

dese, oltre non aver distinto la sostanza infinita dalle 

sostanze finite, e quindi non far cenno aperto della 



creazione sostanzialo, libera, ad extra, perchè tutti 

gli esseri mondiali, così estesi come pensanti, non 



erano che modi di due attributi infiniti, dell’estensione 

e del pensiero divini : in quel cambio il filosofo di 

Arezzo non pure distingue la sostanza o forma dalla 

materia, e però la sostanza infinita da quelle finite, 

ma distingue chiaramente l'Intelletto divino dal- 

1 umana intelligenza, che si moltiplica secondo la mol- 

ìtudine degli uomini ; oltre il pensiero ammette an- 



« • aiurnubbu i 


che il senso non dorìva+A/Un» • i. ., 




(l) Avpendix Qmst. per i p., c . L 








ANDREA CGSALPINO FILOSOFO 103 


seri tutti, e quindi anche la materia, in quanto le 

cose tutte scorrono da Lui (1) 5 ed ora sembra che 

si avvicini aU'Emanatismo spirituale, come quando 

afferma che ogni anima ripete la sua prima origine 

dal cielo, c che il lume, interiore, cioè l’intelletto 

onde l’uomo conosce le cose, gli viene partecipato 

dalla sostanza immateriale che sola genera la scien¬ 

za (2) \ ed ora pare si accosti al Dualismo aristote¬ 

lico, ammettendo da una parto Dio, intelletto infinito 

ed eterno, e dall’altra la Materia prima, non generabile 

e indeterminata ( 3 ); non bisogna al tempo stesso di¬ 

menticare che nella prima del quinto delle Questioni 

peripatetiche aveva distinto la successione degli es¬ 

seri nel tempo per leggi c cause naturali dalla prima 

creazione di tutti gli animali c degli altri esseri per 

efficienza dcH’Entc primo : cum alia sit prima om¬ 

nium animalium et cceterorum entium creatio, guce 

a primo Ente in principio ejjluxit ; alia eorundem 

successio. Ed altrove accenna alla conservazione e 

provvidenza del mondo per opera dell’Ente uno e su¬ 

premo : ab Uno igitur sunt omnia et conservantur (4). 


D'altra parte, il Cesalpino dmmise la genera¬ 

zione spontanea degli esseri organati, in vii tù del 



(1) Appendix ad Quaist. perip., c. V. 


(2) Ivi, c. V. 


(3) u Nos igitur dicimua primain Materiata ultiranm 

esse Bubiectumin quod resolvuntur trasmutabilm quatenus 

trasmutabilia sunt-, neque componi amplius actu otpotentia, 

esset enim generabili n. Qucest. perip., IV., V. 


(4) Appendix ad Quasi, perip., c. I. 







104 ANDREA CESALP1X0 FILOSOFO 


calore e dell’azione del sole ; disse che ogni genera¬ 

zione si eflettua nel tempo j che bisogna pai tiie da 

ciò ch’ò meno perfetto per avere ciò cli’è più per¬ 

fetto, anche secondo Aristotile ; che la prima gene¬ 

razione degli animali perfetti procede dal verme ; 

e. da ultimo, asserì non potersi dare altre sostanze 

fuorché le animate e le parti degli esseri animati. 

Laonde a taluni è parso di ravvisare nel Cesalpino il 

precursore di Lamarck e di Darwin rispetto alla dot¬ 

trina dell’Evoluzione o del trasformismo delle specie. 


Non può negarsi una certa analogia fra queste 

proposizioni dell’insigne nostro Naturalista ed alcuni 

punti fondamentali della teorica Darwiniana. Ma, 

dopo le cose da noi esposte, come sarebbe non con¬ 

forme a verità cd a giustizia accusare il Cesalpino 

d aver negato assolutamente la creazione dell' Univer¬ 

so, ed accusarlo anche d’ateismo e d’empietà, come 

piacque al Taurel (1) cd al Parker (2), e non dargli 

tutto ciò che gli spetta qual fisiologo e filosofo na¬ 

turalista, nel che sbagliò lo stesso Puccinotti; così ra¬ 

to n vuole che non si possa a tutto rigore considerare 

qua e antesignano dell'odierna teorica dell’EvoIu- 

zione, perche il Cesalpino nelle Questioni perita- 


“ m,so "»» s «'» videniia divina. 










ANDREA CISALPINO FILOSOFO 



10S 


e le forme naturali non si fanno nò si corrompono: spe- 

cies autem et forma neque fit neque corrumpitur (1); e 

quindi affermò lespecie essere eterne, e solo corrompersi 

in qualche tempo gl’individui (2). E nella prefazione al 

trattato sulle Piante aggiunse che la natura non pro¬ 

duce nuove forme, nò dà vita a nuove bellezze delle 

cose : non quod natura novas edat formas, aut novas 

rerum pulchritudines ejjingat. Il qual pronunciato 

senza dubbio pecca di esagerazione ; ma intanto ò 

chiaro che si oppone all’odierno trasformismo. 


Piuttosto conviene ammettere che il Cesalpino, 

medico insigne e filosofo ad un tempo, accennasse qua 

e là meglio di tutti i suoi predecessori e contempo¬ 

ranei la stretta relazione tra il corpo vivente, il senso, 

l’intelletto e il mondo esteriore, e quindi precorresse 

l’odierna Psicologia sperimentale, senza però con¬ 

fondere una cosa coll’altra, e senza cadere nel mate¬ 

rialismo e nel sensismo. Imperocché s'egli errava nel- 

l’insegnare che tutta l’anima sensitiva risieda nel 

cuore, peraltro distingueva gli organi corporali dal 

senso, dimostrava tutte le sensazioni esser provate 

ed unificate dall’anima ; la ragione essere differente 

dal senso ed a questo superiore ; l’anima umana es¬ 

sere immortale. Quanto alla conoscenza, distingueva 

le sensazioni dalle idee che sono oggettive, ammet- 



(1) Quasst. perip., IV, 8. • 


(2)  c °me Carlo Alberto, Maz- 

Gioberti, M a miani t0 M O a EUlanUele, ManZOnÌ ’ 


•«co, nè filosofo della storia* 011 ^ ^ St °” 


P^ò i diritti del futuro pi *’ ® anC ° r men ° USUr ' 

del nostro politico e mn , ® dd futur0 0mei '° 


•di Terenzio Mamiani ** * ® d 1 menti filosoficl 







PATRIOTA, STATISTA E FILOSOFO IH 


Questo nome suona caro e venerato all’animo 

nostro. Rari in ogni tempo e presso qualunque na¬ 

zione sono stati gli uomini che coll’ingegno, coll’ani- 

mo, coll’operosità, col carattere, coll’esempio, abbiano 

saputo e voluto nobilitare l’uomo, il cittadino, la pa¬ 

tria, il mondo delle nazioni, la scienza, la filosofia, la 

civiltà umana. Il più grande fra tutti gli elogj d un 

uomo preclaro è sempre la verità : ed io pure mi at¬ 

terrò al vero, sicuro che al Mamiani non potrà venirne 

danno nè macchia, a lui che del vero fu sempre 

amante passionato, e ricercatore acuto e indefesso. 


IL 


L’ingegno, l’animo e la vita del Mamiani furono 

sempre dominati o ispirati da due nobili sentimenti, 

da duo eccelsi ideali, cioè dalla patria nostra diletta 

c dalla filosofia. Egli vagheggiava un modello perfet¬ 

tissimo del cittadino e del sapiente ; onde ricordava 

con ammirazione Socrate e Platone, Varrone, Maico 

Tullio e Boezio, Dante, Michelangelo e Campanella, 

c l’antico popolo di Reggio e di Metaponto, popolo di 

filosofi , morti por la libertà e per la sapienza. 


Miserande erano le condizioni politiche e civili 

d’Italia, e non liete nè prospere le sorti della Filoso¬ 

fia nazionale nel primo quarto del secol nostro. La 

Patria serva e divisa 5 la Religione cristiana fr&ntesa 

da molti, che pareva la volessero nemica di libertà -, 

laFilosofia speculativa imbevuta del sensismo di Con- 

diUac. Ora, la potenza 0 la grandezza dell’antica 

Roma signora di sè ] gli splendori e la libertà dei 






IJ5 TEHEXZIO mamiani 


nostri Comuni ; l’antica purezza e 1 efficacia moiale 

del Cristianesimo, religione divina in se ma essen¬ 

zialmente umana e civile ne’suoi effetti ; le glorie 

della Filosofia italiana dalla scuola Pitagorica fino a 

G. B. Vico, e quindi il primato civile e intellettuale 

d'Italia già venuto meno : queste rimembranze, al 

cospetto delle miserie ed umiliazioni italiane dopo i 

nefandi trattati del 1815o dopo i moti infelici del 21, 

dovevano straziare l'animo del giovine Mamiani, nato 

a cose grandi. Ma egli non disperò : la Storia gl’in- 

segnava che il popolo italiano cadde più volte, ma 

non perì mai e risorso più tardi con forze nuovo e 

gagliarde. E però una fede invitta e perseverante 

nei futuri destini della Patria animava l'ingegno c 

il cuore del nostro giovine patriota, poeta, letterato, 

pensatore, filosofo. 



L Italia è sacra e starà eterna! Ecco il motto fati¬ 

dico che ripeteva sovente il Mamiani agli oppressori 

e agli oppressi, nella patria sua e fuori durante il lungo 

esilio. La suamente, robusta e moltiforme per natura, 

nudrìtadi studj svariatissimi e profondi, vagheggiava 

unaquintaenuovaepocadiciviltà italiana,chetornasso 

a splendore c profitto dclfuniverso mondo civile. La 

nuo\a foima della nostra civiltà doveva soprattutto 

essere incarnai ndJa indipendenza e libertà d’Italia; 

ne a distinzione dell'Autorità spirituale dalla Potestà 

i e e P°^| ca * a Loma stessa.Fin dalla sua gioventù, 

T ani ? a men ^ cet Ll cuore, il pensiero e il senti- 


en o, apoesiaekscienza, il cittadino eilfilosofo cooi- 

onevano una stupenda armonia ed unità. E queste 









PATRIOTA, STATISTA E FILOSOFO 113 


doti e qualità diverse sono appunto necessario a con¬ 

cepire un alto ideale, ad avvisarne i mezzi per at¬ 

tuarlo, a porsi davvero all’opera per dagli almeno le 

prime fattezze, lasciando ad altri, fossero pure gli 

avvenire, il compimento q la perfezione dell’opera 

grande. 


Napoleone I disse che nel mondo sociale vi sono 

due forze poderoso ed efficaci, la spada e lo spirito ; 

ma soggiunse che lo spirito vince finalmente la spada. 

Al risorgimento politico, intellettuale e morale Italia, 

e però ad iniziare la nuova epoca di nostra civiltà, il 

Mamiani reputava esser necessarie quelle due grandi 

forze, la spada e lo spirito, le armi o il pensiero. E della 

necessità di contcmperarc alle armi gli studj abbiamo 

esempj antichissimi in casa nostra, nelle città fa¬ 

mose di Metaponto, Crotcme, Taranto, Locri eReggio, 

famiglie e collegj di filosofi e di guerrieri. Ma lo spi¬ 

rito, vale a dire la intelligenza e l’animo, la lettera¬ 

tura, l’arte, la scienza, la filosofia, insomma la rige¬ 

nerazione intellettuale e morale degl’italiani dove¬ 

vano, secondo lui, precedere edaccompagnare le armi, 

perchè bene apparecchiata, illuminata, compiuta e 

durevole fosse la vittoria di queste, e indi perchè alle 

imprese guerresche potesse e dovesse soprastare la 

opera feconda della civiltà vera. E qui appare tutta 

la nobiltà del conte Mamiani, come patriota, citta¬ 

dino e uomo di Stato. 


Già fino dal 1838, assai prima di Cavour, l’esule 

Mamiani inculcava ne’suoi scritti doversi abituare 

« le menti, e sopratutto le giovanili, a scorgere ed a 


, . Q 


Valclarnmi 








114 TERENZIO IMMUNI 


riverire nell’eccelsa Roma la sola e legittima città 

capitale d’Italia E sul cadere del 47 vaticinava 

prossima e solennemente giurava la salvezza del¬ 

l'Italia intera. M Cademmo per le discordie e la cor¬ 

ruttela (egli diceva ai Perugini), e per li soli con- 

trarj loro noi potremo risorgere. Inebriamoci, a così 

dire, della carità cittadina, e un qualche tempo al¬ 

meno viviamo dimentichi di noi stessi e ricordevoli 

unicamente della patria comune : cd io vel giuro 

per gli spiriti sacri e immortali dei martiri della li¬ 

bertà, noi salveremo l’Italia, e tutta la salveremo o 

per sempre „. E ancor dopo le italiche vittorie e le 

sconfitte del 48 e 49, gloriose le une, non umilianti 

le altre ; dopo la caduta di Roma e di Venezia c la 

sconfitta di Novara, egli non disperò delle sorti d’Ita¬ 

lia, e ripeteva in Genova sopra la fredda e venerata 

spoglia di Carlo Alberto : L’Italia farà da sè. 


HI. 



Ma quali furono gli atti più cospicui del Mamia- 

m come patriota e statista, e quali mezzi ravvisava 

eg cconcj ed opportuni a rigenerare politicamente 

«ralente l'Italia ? Nato a Pesaro il !0 settembre 


Eom ''7' “ nlara a K> e " a 22 anni ed era studente a 

^ -do avvennero ipr ìmi ffioti UboraU nol _ 


mtramonr° r n ‘ ltttori Principali » fileno 


» fa- 


tatti d'aver 1 -a ^ pr ' s ‘ oni delio Spielbergo, rei 


Sol i no tr! Cra ‘° k Ub “ a dd 'a patria In 

nostro giovine patrizio non solo attendeva a 








PATRIOTA, STATISTA E FILOSOFO 11 ì> 


larghi studj letterarj, filosofici e storici, ma s’ispirava 

insieme alle glorie passate di Roma e d’Italia; e non 

tardò guari ad esprimere, in una certa sua poesia, 

concetti e sentimenti liberali. Onde il padre suo, conte 

della Rovere, lo richiamò a Pesaro, dove fioriva in 

allora la scuola classica marchigiana del Pcrticari, 

del Leopardi, del Cassi e di altri minori, e che fu 

anche patria del principe dei musicisti italiani, del¬ 

l’immortale Rossini. 


Chi non percorre la nostra bella Italia non può 

conoscerla nò amarla degnamente ; clic quanto più 

si conosce c si pregia una cosa, e tanto più si ama. 

Dal 1826 al 30 il Mamiani percorre l’Italia media e 

la superiore, e ritorna più volte alla nativa Pesaro. 

Nel 26 conobbe in Firenze i principali scrittori dcl- 

l'Antologia fondata dal Vieusscux, quali erano Gr. 

Capponi, Tommaseo, Niccolini, Giordani, Poerio, Col¬ 

lctta : ingegni tutti liberali, robusti ed eletti, che non 

potendo in allora e da soli bandire e combattere una 

guerra di nazionale indipendenza intendevano col 

pensiero c colla penna a rigenerare la Penisola serva 

e divisa. Più tardi lo vediamo a Torino, dove in¬ 

segna per due anni le patrie lettere nell’Accademia 

militare. Ma il primo periodo d'intellettuale e civile 

preparazione pel giovine patriota ò oramai finito. 


Mentre il Mamiani attende in Pesaro a dar 

compimento, degna e classica forma a’suoi Inni sacri 

perchè meglio ritraggano i suoi nuovi ideali civili, 

politici e religiosi, ne viene distolto dai moti liberali 

del 31 nelle Romagnc c nell’Italia media. Risponde 







TERENZIO MAMIANI 


lieto c volenteroso all’appello della patria ; eletto a 

deputato di Pesaro, siede poi a Bologna ministro del¬ 

l’Interno c però membro del Governo 'provvisorio 

ilelle provincia unita italiane. M’avvicinarsi delle 

truppe austriache, solo il Mamiaui corre animoso dal 

generale Zucchi scongiurandolo a resistere colle po¬ 

che milizie cittadine. Ma prevalse londa straniera 

invadente e il Governo provvisorio dovè trasferirsi 

ad Ancona. Dopo il fatto d’ariuc, non inglorioso, di 

Rimini, disperando oramai di potere più a lungo 

tener fronte alle agguerrite e soverchiane forze stra¬ 

niere, il Governo provvisorio venne a patti col cardi¬ 

nale Benvenuti, stabilendo di concedere amnistia ge¬ 

nerale agli insorti, c di restaurare il Governo ponti¬ 

ficio. Ma al giovine o delicato Mamiani non parve 

dignitoso quell’atto c rifiutò sdcgnoeamcntc di fir¬ 

marlo, anteponendo l’esilio volontario all’amnistia 1 

Sul ponte del vascello che portava lui con altri pri- 

gonicu italiani a Venezia, il cugino del Leopardi, 

pieno di fede nei destini d'Italia, nonostante i fatti 

dolorosi e la realtà del presente, concepì l’inno stupendo 

ai Patriarchi. Dalla prisca civiltà, dalla storia del 

popolo italiano sempre risorgente c dall’eccelsa natu- 

a c uomo Egli traeva gli auspicj perle sorti non 

1 e o piogressive del genere umano e segnata- 


nente della stirpe latina: XItalia è sacra c starà 

eterna ! 



Ma ogni fede, c però anche la fede del cittadino 


ta c snrrptt^T’if ' ana ’ c l uan ^° non sia accompagna¬ 

la c sorretta dalle onpm T,’’ • . . . 


P c. L il Mamiani si accinse su- 



e del 








PATRIOTA, STATISTA lì FILOSOFO 117 


bito a corroborare la sua fedo di patriota ed a colo¬ 

rire il suo ideale col pensiero, colla penna, coll'esempio, 

coll'azione, colla vita intera. Da Venezia fu condot¬ 

to a Marsiglia, dove gli fu comunicata la sua con¬ 

danna all'esilio perpetuo. Dal 31 al 47 visse dignito¬ 

samente a Parigi, dedicandosi tutto all'avvenire della 

patria, al culto delle lettere, al rinnovamento della 

filosofia in Italia. Considerando tutte le reali condi¬ 

zioni della nostra penisola e d’Europa non gli sem¬ 

brava guari fattibile il disegno ardito c vasto di 

Giuseppe Mazzini, esule egli pure fino dal 31. E però 

dopo un breve carteggio col fervido ed eloquente apo¬ 

stolo dell’italica democrazia, il Mamiani, pur con¬ 

corde con lui nel fine supremo, di far cioè libera e 

indipendente l’Italia, opinava si dovesse battere altra 

via. E così di fronte alla Giovine Italia si costi¬ 

tuì un Comitato nazionale presieduto in Parigi dal 

Mamiani. Pensiero ed azione; Dio e popolo : ecco 

il motto assennato e pratico dell’apostolo civile ge¬ 

novese. Pensiero, concordia ed azione ; rigenerazione 

intellettuale e morale degli Italiani; miglioramento 

economico del popol minuto, osservanza e fiducia nel 

medesimo per liberare l’Italia : ecco le massime fon¬ 

damentali che dal canto suo predicava e inculcava il 

Mamiani. 


E poiché l’azione dev’essere preceduta e illumi¬ 

nata dal pensiero, così la letteratura, la poesia, la 

storia, la filosofia sono principalmente rivolte dal¬ 

l’esule Pesarese a rivendicare la libertà c indipen¬ 

denza della patria. Compone \'Ausonio, c vi canta 








UJj TERE.NZ!0 MAMUNI 


patrii e civili sentimenti. Scrive il Rinnovamento 

dell’antica Filosofia italiana, e (oltre dedicarlo alla 

sua città natale) vi pone in maggiore evidenza il 

pensiero speculativo e insieme pratico degl Italiani j 

con esso libro richiama alla mente de’ suoi conna¬ 

zionali e fa meglio conoscere agli stranieri il nome, 

le dottrine, il metodo scientifico d’ingegni nostrani, 

quali furono il Pomponaccio, il Cremonini, lo Zaba- 

rella, il Cardano, il Eizolio, il Telesio, il Della Porta, 

il Valla, il Bruno, il Campanella, e Andrea Cesal- 

pino, ingegno sommo, inventivo e acutissimo non 

pure nelle fisiche ma eziandio nelle metafisiche di¬ 

scipline. E così il Mamiani accennava ad altri la 

via per fare nuove ed impensate ricerche. Ma non 

contento di questo, chiude il suo libro col vivo de¬ 

siderio ed augurio che sorga presto nella nostra 

patria una scaola novella da cui si pigli ad ereditare 

con franco animo l’antica sapienza speculativa e le 

antiche arti metodiche. In progresso medita i Dia¬ 

loghi dx Scienza prima, ove distilla il succo nutritivo 

oave della sua mente profonda, e vi raccomanda, 

speme per l’Italia, una filosofia alta e piena di vita, 


Um / aCC - lUd M let ? raassime Perfezioni dell’essere 


0106 ll - pens, ’ ero s ùnte, la fede incrollabile . 


t ZI 6 li offre nel 46 al Popolo 


TÌZT maiPerÌtUr °’ ÌQ 8 e S Q0 d ’ a *ore immenso 

e ui sublime speranza. • 


tesse avvenire^ ^ nsor81mento politico italiano po- 

aal a Q escogitarne i mezzi 











PATRIOTA, STATISTA E FILOSOFO 119 


pratici e morali. Come Dante per ritornare a civile 

grandezza l’Italia, già donna di provinole, mirava 

prima col suo divino poema a rigenerare moralmente 

l'uomo e la società civile e religiosa ; cosi il Mamiani 

credeva necessaria la rigenerazione delle menti e 

degli animi italiani perchè indi risorgessero politi¬ 

camente. Di qui il suo concetto dell’educazione mo¬ 

rale e intellettuale del popolo, dei modi per attuarla, 

dei doveri e diritti delle moltitudini: cose tutte 

esposte è determinate magistralmente nei Documenti 

pratici, che seguono al Parere dello stesso Mamiani 

sulle cose italiane, e che meritano d’essere anche ai 

nostri giorni attentamente considerate. Dalla pub¬ 

blicazione di quei pratici Documenti alla proclama¬ 

zione delle varie Costituzioni italiane nel 48 corse 

appena un decennio ! Il pensiero e gli studj prece¬ 

devano dunque le riforme civili e le armi, e ne as¬ 

sicuravano le prime vittorie. 


Anche le solenni riunioni dei dotti italiani nelle 

più colte e principali città della Penisola giovarono 

assai a maturare il risorgimento politico della Na¬ 

zione. Ora vuoisi notare che la prima idea dei nostri 

congressi scientifici si deve al Mamiani, avendone 

egli accennata la utilità e convenienza ne’ suoi Do¬ 

cumenti pratici. Del primo congresso di Pisa nel 39 

non potè il nostro esule partecipare ; ma nel 73 con¬ 

vocò sul Campidoglio la XI di queste riunioni e potè 

bandire al mondo civile che oramai u libero il pen¬ 

siero, una la patria, il congresso degli scenziati ita¬ 

liani scioglieva in Roma l’antico voto n . 






120 teresziomamiam 


Ma riprendiamo o seguiamo rapidamente gli 

eventi. Per opera di Carlo Alberto, il Mamiani ave¬ 

va nel 47 rimesso piede in Italia, ospitato prima a 

Torino, poi a Genova. Ma ne a Pc3aro, nè a Roma 

volle far ritorno se non dopo la promulgazione dello 

Statuto pontificio, avendo giurato che sarebbe rien¬ 

trato in patria solo pa' la povta dell’onora ! A Ge¬ 

nova fonda il giornale politico la Lega italiana, il 

cui vasto e nobile programma, mentre era una con¬ 

ferma delle sue idee intorno alla rigenerazione in¬ 

tellettuale e morale degl’italiani, rivelava le doti emi¬ 

nenti del pubblicista ed i sani principi sulla vera 

missione della stampa, detta oggidì il quarto potere 

dello Stato ; come pure faceva palese le nobili aspi¬ 

razioni del cittadino c del filosofo a ricollocare nel 

primo seggio la sapienza civile degl’italiani. E sotto 

questo ì ispetto 1 opera del Mamiani si riannodava alle 

idee dell’autore del Primato o del Rinnovamento 

civi e d Italia. Eletto a deputato di Pesaro e poi no¬ 

minato Ministro dell'Interno, propone all’Assemblea 

romana liberali e savie riformo d’ordine politico ed 

amministrativo ; parla nobile c franco a Pio IX, mira 

6 empre, come deputato e ministro, col pensiero, colla 


esilV:f 1 :, att, ',H 1,UnÌV - a ltalia > e s P osa a ^ e reali 


della civili & P ° ^ & * tl 1 ficozza e pre- 

IbnTdf *T r “ "" KC ° vera 


.iniani Non 1 6 ancora si s P in S e il Ma- 


■ • Non solo ammetto la > reaRj^obbietUva u _^lle 



j- AtX 


















PATRIOTA, STATISTA E FILOSOFO 127 



idee, ma pare voglia conciliare l’esperienza interna 

ed esterna con {'intuito delle idea, intuizione che non 

è più sentimento nè percezione. E dopo aver pro¬ 

pugnato che ogni idea universale è ante rem, mentre 

ogni nostra cognizione è post rem, conclude reciso : 

“ O credete all’idee, ovvero disperate di mai salire 

a certezza c universalità di scienza „. 


Ne’ Dialoghi di Scienza prima scrisse che Dio 

era conosciuto dalla mente nostra non quale oggetto 

immediato d'intuito, ma sotto la relazione comune 

dell’essere. Invece nei Principj d’Ontologia non pure 

fa consistere l a pietra angolare di tutta la scienza 

n el reale sussistere dell'Assolu to, ma propugna che la 

mente umana intuisce l’Assoluto, cioè il Vero, il Bello, 

il Buono, il Santo. Onde quel contatto marginale della 

nostra mente coll’ Assoluto e la famosa teorica degl’m- 

flitssi divini, che vogliamo compendiare colle stesse 

parole del Mamiani: “ L’a zione occ ulta dell’Assoluto 

sull’animo nostro ha cinque forme originali e diverse, 

e cioè la creativa, la in telle ttiva, la estetica, la mo¬ 

rale c la re ligio sa. Per la prima aziono l’uomo esiste, 

per la seconda egli afferma, per la terza ammira, perla 

quarta ap prov a, per l’ultima adora „. — Certo,queste 

dottrine filosofiche sono ardite ed esagerate. Ma chi 

potrebbe dire che non abbiano alcun fondamento, clic 

siano false tutte c di sana pianta, ove si consideri tutti 

gli elementi neccssarj a formare la conoscenza uma¬ 

na, ove scrutiamo a fondo Tesser nostro in sè e nelle 

suo relazioni, ne’suoi concetti più elevati e senti¬ 

menti più nobili, ove infine si badi alla natura puris¬ 



mi ììwlMX. 


v* 



ci'H-C 


apantia 


0UU OLu'ÌQ, 












TERENZIO MAMIANI 


sima della scienza clic rispecchia nella mente nostra 

finita ed imperfetta, la realtà, la grandezza e la per¬ 

fezione dell’universo? Del rimanente, ogni gran pen¬ 

satore e novatore ha sempre qualcosa di manche¬ 

vole e di erroneo accanto ai suoi peregrini concetti 

ed alle sue verità. Por esempio, al Vico, creatore 

della Filosofia della Storia, fu contestata la teoria 

dei corsi storici ; al Leibnitz, autore del famoso 

trattato sulle Monadi e che avea chiarito da pari 

suo ed applicato universalmente il concetto di forza, 

venne a buon conto rimproverata l’armonia presta¬ 

bilita. 


Ma l'ingegno filosofico del Mamiani spicca alto 

c sicuro il volo nei Principj di Cosmologia, là ove 

segnatamente discorre della vita e del fine nell’Uni¬ 

verso, e dove stabilisce e compie la nuova teorica 

del Progresso. Tesoreggiando la parte inventiva, 

sana e vera delle dottrine del Leibnitz circa l’ori¬ 

gine, la natura e l’ordinamento dell’Universo, o 

giovandosi dei mirabili progressi delle scienze spe¬ 

rimentali, due grandi nostri filosofi hanno scrutato a 

fondo c con novità di concetti l’essenza intima, la 

prima origino, le correlazioni supreme, l'armonia 

e l’ordine, nonché il fine ultimo dello cose tutte: 

>1 Mamiani nei detti Principj di Cosmologia, e più 

taici il Conti nell Armonia della cose. Io penso che 

mora nessuno li abbia superati su questo subbietto 

capita issirno della Filosofia, trattato da essi con 

acume e larghezza di vedute, con sapere consuma¬ 

ssimo e, specie del Mamiani, con analisi fine per 







PATRIOTA, STATISTA E FILOSOFO 12!) 


ciò che risguarda i principj causali c formativi, le 

relazioni supreme e finali così della vita vegetativa 

ed animale, come della vita umana e razionale. 


La teorica dell'umano progresso non è nuova; 

si deve segnatamente al Turgot, al Condorcet, al- 

l’Herder, al Kant e al Fichte. Ma il nostro Mamiani 

ha dimostrato con novità di prove razionali c spe¬ 

rimentali la necessità del progresso indefinito non 

sulla Terra unicamente, ma nell’Universo intero 

mercè la vita razionalo c morale degli esseri .intel¬ 

ligenti e liberi. E quanto al progresso umano sociale, 

questo dovrà alla perfine condurre alla massima ci¬ 

viltà, armonizzando le forme parziali di progresso e 

d’incivilimento dei varj popoli, che tutte possono 

ridursi a sei, cioè l’attività, la scienza, la libertà, 

l'arte, lo Stato e la moralità. E poiché il risultamento- 

finale e durevole del progresso e perfezionamento di 

molte nazioni non può esser mai l’opera esclusiva di 

ciascuna di esse, come la Storia dimostra ; esso vuol 

essere attribuito a certo organismo occulto di tutte, 

che si svolge e si perfeziona per disegno e lavoro ma- 

raviglioso della natura. E così il Mamiani rinnovava 

e compivalaTeorica del Progresso, e stabiliva l’Unità 

organica del mondo delle nazioni. 


Questa cd altre dottrine del Mamiani, come la 

sua teorica della Percezione, hanno davvero fattezze 

native e indole schiettamente nazionale, e bastereb¬ 

bero da sole a far glorioso il nome d'un uomo e a dar 

vita ad una Scuola filosofica italiana, teista spiritua¬ 

lista civile e liberale ad un tempo. Il Mamiani credo 


Valdarninì 9 







]30 TERENZIO ATAMANI 


nc fosse internamente persuaso; onde vi tornava so¬ 

pra più volte c sotto diversi aspetti nelle «altre sue 

opere, c segnatamente nella Rivista di Filosofia delle 

scuole Udirne da Ini fondata e diretta per 15 anni. 



V. 


Ma la filosofia del Mamiani fu non meno spe¬ 

culativa e profonda, elio pratica c civile : a nessuno 

dei più gravi problemi sociali del nostro secolo ri¬ 

mase straniera. Tutte le questioni sociali si possono 

in fondo ridurre a quattro : religiosa, morale, eco¬ 

nomica (l), politica. ÀI Mamiani parve ornai risoluto 

presso di noi il problema politico, ritenendo egli suf¬ 

ficienti c sicure le nostre guarentigie costituzionali, 

e stimandola libertà più c meglio che un diritto, un 

dovere. Al problema religioso rivolse egli la mente 

«no dalla sua gioventù, mirando ad una religione pu¬ 

ra, ottima, universale, conforme alla natura razionale 

O religiosa dell'uomo, o olio fosso ad un tempo emi¬ 

nentemente civile o morale. A questo idealo egli mirò 

»« vai;, suo, scritti,dagl'/,,,,; sacri „ W| , 


r 1" ^•"‘l’oMvae^tua id 


 D 0 .° n ^ cm P 0 > lordine morale, l’ordine giuiùdico 

e or me economico ? L’ingegno umano e la scienza 


, ani ™ ancora ns P 03t ° a questa formidabile do- 

* . SC . P Urc Un Scorno arriveranno il pensa¬ 


sti nrp* ^ SC ‘ enZa . ad armonizzare quei tre ordini 

fiJLT 6 r dÌVCrSÌ elementi sociali, dubitiamo 


V aVUa prati0a 8i «"* -empre e do- 


daiia mmie 


acuta»! ‘ h “ "r7- KMt 


’ cne * ra * e arti umane due sono 








Ti LA QUESTIONE ECONOMICO-SOCIALE 13o 


le più difficili : l’arte d'educare e quella di governare, 

gli uomini. 


Quindi ogni secolo ha avuto gravi problemi so¬ 

ciali da risolvere. Di questi problemi alcuni sono di 

indole generale perchè riguardano il mondo delle 

nazioni o l’umanità consociata, tal sarebbe il ricono¬ 

scimento pratico e giuridico de’diritti naturali degli 

uomini ; altri sono particolari, riguardanti cioè una 

sola nazione, tal sarebbe il modo di conciliare l'unità 

c la integrità dell’impero Austro-Ungarico col prin¬ 

cipio d’autonomia e di libertà delle varie schiatte e 

popolazioni che oggi formano quell’impero. 


A quattro possiamo ridurre le principali que¬ 

stioni sociali dei tempi nostri e sono le infrascritte. 


1° La questione morale, non tanto per la varietà 

e moltiplicità dei sistemi scientifici morali che oggi 

più che mai si contendono il campo, quanto per lo 

scadimento pressoché universale del senso etico. 

Quindi convien ricercare le cagioni tutte di questo 

fatto, ravvivare e rinvigorire negli uomini il senti¬ 

mento morale, e praticare nelle relazioni vuoi private 

vuoi pubbliche i sommi principj di moralità e onestà 

e di equità naturale. 


2° La questione religiosa , non solo pei doveri 

dell’uomo verso Dio e nell’interesse della sua desti¬ 

nazione oltremondana, ma per istabilire e mante¬ 

nere in modo più sicuro l’unità morale fra gli uomini 

tutti. Ai nostri tempi, invece, non solo permane la 

diversità delle religioni positive che possono dar ésca 

a divisioni di popoli e fomentare guerre stermi- 







IL 1UMIANI 



136 



natrici e da barbari, ma sempre più vivo si palesa il 

conflitto fra la ragione e la fede,, tra il domina e 

l’esperienza illuminata, fra la scienza c la religione. 

In qual modo comporre il dissidio tra i principj della 

scienza e i diritti della ragione da un lato, fra le 

verità di senso comune e le aspirazioni dell'anima 

umana dall’altro, essendo l’uomo costituito dalla na¬ 

tura animalo religioso ? 



8° La questione politica, la quale risguarda non 

tanto la forma di Governo, lo più sicure ed ampie 

guarentigie costituzionali, quanto e meglio la libertà 

civile e politica, che le democrazie moderne vor¬ 

rebbero portare col fatto all’ultima sua espressione. 

Oia ognun vede che siffatto problema presenta gra¬ 

vissimo difficoltà, ove specialmente si riconosca cs- • 

sere la libertà per gli uomini particolari e per le 

nazioni, pei governati e per gli stessi governanti, 

non solo un diritto ma un dovere. 


4° La questione economica, vale a dire la ric¬ 

chezza d, pochi e la quasi indigenza dei proletari 

che cosi,tu,senno i quattro quinti del genere umano! Il 


rim to d, proprietà individuale e le condizioni miser- 


r k > Ìl Capi ‘ ale e U “"0 «peeial- 


fii T„ ", ”T° ' 1Uasi in aperto co,, - 


„ lìr r r p0n '° “«evolute « ™io. 


alla nel’ itt0 ' d,e tla U«"i » spinto «no 


Può il°.e 0 ', 0 ' ° dlntt0 1,1 Possedere c di testare? 

pili "° S . lro -P'-omettar.i di risolvere il 


Ln Z) m (00me il 


0 nella »™‘'“»‘a Ma sorbir M 







E LA QUESTIONE ECONOIIICO-SOCIALE 137 


salario e quindi nella reale a compita emancipa¬ 

zione del quarto stato ? 


Lo quattro grandi questioni sociali si riducono 

in sostanza a due : al problema morale cd a quello 

economico sociale, che hanno carattere di universa¬ 

lità vera e propria, riguardando essi il genere umano 

nell’ampio giro del tempo o dello spazio sulla Terra. 

Noi ci occupiamo qui della sola questione economica 

sociale e del modo di risolverla praticamente in Italia, 

secondo le dottrine c gli espedienti del Mamiani, de¬ 

sumendo lo une c gli altri dai varj scritti di lui. 

Ma prima diamo un cenno storico della questione 

medesima. 


II. 


La questione economica non c nuova nè mo¬ 

derna, ma può dirsi rimonti alle prime società civili. 

Ogni epoca e ogni grande Istituzione sociale, come 

lo Stato c la Chiesa, han tentato di risolvere o a 

modo loro o in conformità dei tempi l’arduo c com¬ 

plicato problema. Ma è stata sempre una soluzione 

parziale e provvisoria, mai totale, generale o defi¬ 

nitiva, sia per la natura dei mezzi adottati, sia per 

la stessa nativa diseguaglianza degli uomini c 

per le nuove esigenze della civiltà progrediente. 

La istituzione delle caste nell’antico Oriente, la di¬ 

visione legale fra i liberi e gli schiavi nella Grecia 

c nel mondo romano, le corporazioni religiose isti¬ 

tuite dalla Chiesa, il sistema feudale nel medio evo. 

le stesse corporazioni d’arti e mestieri appo i nostri 






138 IL MAMUNI 


Comuni c le nostre Repubbliche, si credettero spc- 

dieuti efficaci a risolvere la questione economica so- 

cialc, e quindi furono adottati per Scongiurare il 

pericolo. Ma nè il Paganesimo che negava agli schia¬ 

vi ed ai servila personalità morale e giuridica, nè il 

Cristianesimo che riconosceva nei volghi servili la 

personalità umana c l’eguaglianza morale, e pre¬ 

dicava ai ricchi la carità, ai poveri la rassegnazione, 

nè le istituzioni sociali del medio evo in Italia ed 

altrove, riuscirono a risolvere la questione economica, 

ma ol’aggiornarono semplicemente, o la indirizzarono 

per una nuova strada. 



I nuovi principj del Cristianesimo neppure nel 

medio evo valsero ad appagare sempre lo plebi, a 

distoglierle dai beni presenti esortandole a restar 

povere e tranquille. u I pensieri c gli affètti dell'uomo 

staccati a forza dalla vita presente, nondimeno di 

tratto in tratto vi tornavano, c il sentimento della vita 

irrompeva fortemente e violentemente. È questo senti¬ 

mento che in Italia nel 1035, al tempo della lega dei 

valvassori minori contro i maggiori, faceva cospirare 

anc ie gli uomini di servii condizione contro ipadroni, 

e darsi giudici, ragioni e leggi. Parimente nel 1387 

vediamo nel Canavcsc, Vercellese e Vallese, nella 

mna e Tarantasia e in altre parti, il popolo 


i nnViT 10 a^ 6 t0lrc 0 ca «)pagna sollevarsi contro 

mm-P ì tl * vast ‘ mot i dei contadini misero a ru- 

di li fn eBta “ Ìa -  la ricchezza c la povertà. Col 

sistema dello p.ccolc industrie, l’operaio poteva sce- 


:r c tra ; d,vcrsi P adl '°"i quello che gli faceva mi- 

ST COnd ' Z10 "' ; 11 Ch0 «« “'-va di stimolo a rcn- 


*«*“» “1 ambita Papera m Si 

voro V),. 0 ,- e ’i " n C ° rt ° ei l ailibrio tr a capitalo e 1»- 


AtomtVoll b ° n °| ZJ n °" Si 1WSSOno P iil avcr0 001 


« s“ V-'; ° Ì,,dUSl, ' !a - » * 'intedia co- 


-i caoitalist' asolanti, PCi-cU alla lega di questi 

P'tabst, possono contrapporre la propria eoa piti 







E LA QUESTIONE ECONO.MICO-SOCIALE . HI 

sicura e pronta efficacia. Venendo meno le piccole- 

industrie e scomparendo gradatamente il ceto medio, 

alla perfine il cajiitale e il lavoro si troveranno l’uno 

di fronte all altro. JE già il conflitto è cominciato 

qua e la in più luoghi e sotto aspetti diversi : vi è 

un cumulo di odii mal repressi che anelano la ven¬ 

detta o almouo la rivincita. Tantoché, ove non si 

pensi in tempo ai firnedj, vi è da temere uno scon¬ 

volgimento sociale nell’ordine politico ed economico. 

Ma quali rimedj adottare e come prevenire un ri¬ 

volgimento sociale, clic potrebbe essere il più ter¬ 

ribile nella storia del genere umano ? Ecco l’arduo- 

problema economico sociale, ecco la sfinge moderna, 

che preoccupa la mente del filosofo, del filantropo,, 

dell’economista e dell’uomo di Stato. 


III. 


Alla pratica soluzione di questo formidabile pro¬ 

blema in Italia il nostro compianto Mamiani involse 

per oltre quarant’anni (1S3S-.1SS2) la mente, il cuore, 

gli studj suoi ampj e consumati. “ Quella comunanza 

di uomini (egli scriveva fino dal 1838) elio non sa- 

trovar modo, o non vuole, di schermire dalle neces¬ 

sità estreme della vita gl’indigenti onesti e d’ogni 

fatica volonterosi, non può dirsi con proprietà sa- 

piente e civile, ma sotto apparenze molto contrarie è- 

barbara e insipiente tuttavia. Le genti educate ed 

agiate sono dalla natura e da Dio costituite madri 

e tutrici delle infime plebi, e di queste hanno a. 

render conto molto severo sì innanzi alle società urna- 





•jjO IL MAMU 


ne e sì innanzi a Dio padre dei poveri „ (1). Fer¬ 

mato ciò, il Mamiani rigettando le strambe utopie dei 

Comunisti e dei Socialisti moderni perchè ingiuste 

e non attuabili, e scegliendo quelle riforme e quei 

miglioramenti sociali che erano o che gli parevano 

possibili e praticabili in Italia, esule a Parigi segnò 

ne’ suoi Documenti pratici intorno alla rigenerazione 

morale intellettuale ed economica degli Italiani, al¬ 

cune linee di quel vasto disegno onde il secol nostro 

intendeva e intende a migliorare le condizioni del 

popol minuto. I mezzi da lui proposti per soddisfare 

ai diritti che riguardano la sussistenza sono gl’in¬ 

frascritti. 


1° Abolire i dazj c le imposte d'ogni natura che 

gravano più propriamente sull’infimo popolo. 


2° Francarlo dalle viete tasse parrocchiali as¬ 

segnato all’ adempimento di certi atti solenni, civili 

e religiosi. 


•j° Moltiplicare e perfezionare gli ospedali, i 

ìicovcri, i monti di pietà c simili altri istituti di 

pubblica beneficenza. 


4 Propagare il più che si può tali istituti anche 

per i villaggj e le campagne, c imitare da per tutto 

esempio d alcuni Comuni rurali, che a loro spese 

provvedono i contadini di medico e medicine. 


ò Rifornì are ed ampliare le leggi e i regola¬ 

menti circa ai patti e alle mutue relazioni tra i fab- 



(1) Scritti politici , edizione 

renze, Le Monnicr, I853. 



ordinata dall’autore. - Fi 









143 



e la questione economico- soci a Lu¬ 

bricanti, capomastri e bottegai da un lato, e gli ope¬ 

rai, giornalieri, manuali e apprendisti dall.’altro, 

porgendo a tutti i secondi guarentigia e soccorso nei 

termini dell equità, e contro l'egoismo e la durezza 

dei primi. 


G° Istituire in ogni città, dove gli operai so¬ 

vrabbondino, due sorte di lavorerìe pubbliche per¬ 

manenti : 1 una pei rozzi braccianti, l'altra per gli 

operai delle arti comuni. 


7° Tali istituti ordineranno per guisa i rego- 

menti c le discipline proprie, c con si fatta misura 

proporzioneranno le loro mercedi, da non sopraffare 

in nulla le industrie de’privati; mentre toglieranno 

a queste l’arbitrio di soverchiare gli operai in nes¬ 

suna cosa. 


• 8° In tali lavorerìe ed officine pubbliche non 

debbono gli operai nè esser costretti a vivere rin¬ 

chiusi, nè perdere alcuna porzione di quella indi¬ 

pendenza, di atti c pensieri che la civile libertà con¬ 

cede ad ogni uomo onesto. I lavori, poi, scelti e 

ordinati in quelle saranno volti con provvidenza ed 

accorgimento alla pubblica utilità, e segnatamente 

a quella del popol minuto. 


9° L’ammissione a tali opificj sarà concessa ad 

ogni operaio il quale darà prova di aver offerto in¬ 

vano l’opera sua nelle officino privato. E il pericolo 

della soverchia c non strettamente necessaria fre¬ 

quenza degli operai in quelle lavorerìe sarà evitato, 

con fare strette più dell’uso ordinario le discipline, le 

quali poi debbono esser pensate c trovate con in- 







1 1 [ IL JIAMIAN1 


gegnò SÌ fatto da convertirle in buoni e quotidiani 

metodi educativi. 


IO 0 - Tutto ciò richiede che il tesoro arricchisca 

abbondevolmente per altre vie. Nuova fonte di ric¬ 

chezza pubblica può divenire la tassa detta progres¬ 

siva, ed una sull’eredità trasversali proporzionata al 

grado più o meno stretto di parentela, e il rendere 

mobili e circolanti i beni immobili c camerali, o per 

ultimo il fare sparmio di tutta l’immensa moneta 

che inghiottono e scialacquano i grossi eserciti stan¬ 

ziali, i gran favoriti di corte, i doganieri, e mille 

altre specie di ufficiali e di salariati o perniciosi o 

superflui. 


11° Con molto valsente tenuto in. riserbo, si 

ovvierà a quegli accidenti imprevisti che turbano 

a un tratto 1 economie delle industrie e del lavoro 

quotidiano. Così gl’italiani, antichi fondatori delle 

Case di lavoro , perfezioneranno conforme ai bisogni 

dell età nostra il pietoso trovato degli avi loro. 


12 Riguardo alle campagne, bisogna in primo 

luogo riformare ed ampliare il codice forese od agra¬ 

rio, perchè si tutelino con più efficacia i patti e le 

relazioni giornaliere fra i possidenti e i coloni, mi¬ 

gliorando le condizioni di questi ultimi, e mallevat¬ 

ole contro ogni ingiustizia e sopruso. 


13 In secondo luogo, bisogna istituire in ogni 

P noia compagnie di assicurazione (sovvenute dal 


mune) contro i danni delle gragnuole, delle carestie, 

jpizoozie ed inondazioni, affinchè i contadini si veg- 


accertato ogni anno il frutto del loro sudore. 








E LA QUESTIONE ECONO.MICO-SOCIALE 143 


E quando il raccolto sarà favorevole ed abbondante, 

i contadini concorreranno per la lor quota al pa¬ 

gamento della tassa di assicurazione. 


14° Un Consiglio superiore, aiutato dai suc¬ 

cursali delle provincie, prenda in cura speciale lo 

studio e la vigilanza degl’interessi del popol minuto. 

A questo Consiglio saranno ascritti molti uomini 

pratici e versati in dottrine particolari relative ai 

fini proposti, e tutti splenderanno di specchiata pro¬ 

bità o di zelo grande verso i poveri. 


15° Una parte del Consiglio medesimo prov- 

vederà specialmente alla vita sana del popolo , pro¬ 

movendo le società di temperenza felicemente ini¬ 

ziate in America e in Inghilterra, ed esaminando 

l’interno delle officine, la materia e la qualità dei 

lavori, i cibi quotidiani, gli alloggj, le vesti e simili 

obbietti. E sarà bene imitare Leopoldo I di Toscana, 

il quale a spese dell’erario fece murare in luogo ario¬ 

so gran numero di casette decenti ed acconce per l’in¬ 

fimo popolo. Questi pagherebbe una modica pigione. 


16° L’altra parte del Consiglio veglierà gli an¬ 

damenti del popolo, la qualità delle sue industrie e 

de’suoi negozj. Vedrà pure ilConsiglio quel che sia da 

ristorare degli antichi Statuti delle arti e quello che 

sia da aggiungervi : ad ogni modo, promoverà le con¬ 

gregazioni e consorterie legali degli operai, dei ca- 

pomastri e d'ogni specie di artieri, con l’intento di 

accrescere ad ognuno i mezzi di produzione, e se- 

gnatamentelo spirito di fratellanza e disciplina. Si¬ 

milmente, il Consiglio promoverà con zelo perseve- 

Valdarnini 





||(5 IL IMMUNI 


rante le anioni e consorterie dei piccoli proprietarj 

e dei fittajoli, compensando per tal guisa i danni e 

gl’inconvenienti dei poderi troppo angusti. Veglierà, 

infine, sulle pubbliche mostre, sui comizj agrarj, su¬ 

gl’incoraggiamenti e sui premj da assegnare ; stu¬ 

dierà il valore de’ nuovi ritrovati e degli ultimi per¬ 

fezionamenti, ed agevolerà ai poveri artieri lo smal¬ 

timento de’ rispettivi lavori, contro il monopolio dei 

troppo ricchi, cd a freno degl’ incettatori e riven¬ 

ditori. 


17° Il Consiglio procaccerà di mettere in buono 

accordo fra loro gl’ istituti di carità e beneficenza, 

facendo che si accostino tutti a certa unità di mas¬ 

sime direttrici, e che l'opera dell’ uno v P rcndo a chiarire e ad inculcar! 

cono circa la questione sociale. Mentre il 


















lì LA QUESTIONE ECONOMICO-SOCIALE 147 


•essa Lettera esaminava il Mamiani se la nuova Ke- 

pubblica francese potesse fornir lavoro quotidiano 

agli operai che ne mancassero, tornava a racco¬ 

mandare la istituzione di lavorerìe pubbliche, ma 

con lo infrascritte cautele affinchè non divenissero 

perniciose allo Stato c non turbassero 1’ operosità 

economica dei privati. 


1° Lo pubbliche officine debbono istituirsi uni¬ 

versalmente c poco meno che in qualunque grosso 

Comune, per evitare una soverchia accumulazione di 

popolo in quelle sole città dove fossero pubbliche la¬ 

vorone. Converrà, inoltre, cercar compensi nuovi e 

gagliardi, noll’istituiro officine in tutto lo Stato a fa¬ 

vore dell'agricoltura, affinchè i contadini non siano 

indotti a lasciar la villa e ricoverarsi nelle città. 


2° Bisogna decretare che nello officine dello Stato 

sicno raccolti solamente quegli operai a’quali nessuna 

privata industria ha potuto fornir lavoro. Imperocché 

le lavorerìo pubbliche sono costituite per supplire e 

riparare alla insufficenza delle industrie private, dalle 

quali ricevono limitazione e misura. 


3° Il Governo procaccerà, per non rovinare 

molte industrie private, elio i lavori molteplici e sva¬ 

riati da lui condotti siano di qualità da non potersi 

dai privati cittadini imprendere con profitto. Il che 

importa che le manifatture pubbliche quanto più cre¬ 

scono, e tanto più costino e siano a maggiore scapito 

del tesoro. 


4° Avviata la generale istituzione degli opificj 

•comuni, il prezzo della mano d’opera non potrà smi- 








HS 



IL MA.MIAM 



nuire tanto e sì presto, quanto si vede ne’paesi dove 

il numero delle braccia soverchia il bisogno. Però, 

tutte quelle industrie le quali competono con gli stra¬ 

nieri, mercè del buon mercato e del potere scemare' 

fino all’ultimo estremo i salarj, cesseranno e si an¬ 

nulleranno. 



Y. 



Dalla teoria conviene a suo tempo scendere al¬ 

l’applicazione. E così fece il Mamiani. Divenuto Mi¬ 

nistro costituzionale sotto Pio IX, nel giugno 1848- 

il Mamiani compilò e sottopose all’Assemblea roma¬ 

na una proposta di legge per la istituzione di un .Mi¬ 

nistero speciale di pubblica beneficenza . È pregio del¬ 

l’opera riferire, tralasciando le funzioni speciali e 

straordinarie del nuovo Ministero, le sue funzioni 

generali non tanto per far conoscere la natura e la. 

missione di esso Ministero, quanto perchè ci sembra, 

che quelle funzioni ed attribuzioni generali possano 

anche oggidì servir di lume per la riforma e il rior¬ 

dinamento dello nostre Opere pie. 



1 II Ministro di pubblica beneficenza procura 

in genere la riforma, il perfezionamento e la molti¬ 

plicazione degl’ istituti e delle opere di beneficenza 

c ie sono in atto, e la fondaz ione e 1’avviamento de- 











E LA QUESTIONE ECONOMICO-SOCIALE 119 


tuzionc cd ogni opera rivolta all’educazione morale e 

intellettuale delle infime classi. 


2° Procura con mezzi mediati o immediati di 

approssimare le opere tutto di beneficenza a certa 

unità e collegamento, affinchè se ne aumenti da ogni 

lato l'efficacia, e non ne siano gli effetti o troppo par¬ 

ziali o manchevoli. 


3° Promuove presso i Consigli deliberanti le 

leggi c gli ordinamenti giovevoli alle classi indi¬ 

genti c al popolo minuto. 


4° Sopraintende agl’istituti laicali di beneficenza 

da lui fondati o dal Governo posseduti, e a qualun¬ 

que disegno e impresa *da lui o dal Governo attuata, 

e la quale intende al sollievo e all’educazione delle 

classi inferiori. 


5° Sopraintende similmente a quegli istituti e 

opere laicali di beneficenza e di educazione popo¬ 

lare, le quali sono posto dai fondatori sotto il riguar- 

damento e la cura immediata di chi governa. 


G° S’ingerisce, d’accordo coi Municipj o coi Ret¬ 

tori privati, nel regolamento di quegli istituti ed 

opere coraunitativc o private, alle quali viene in 

soccorso il Governo con il denaro pubblico, o con 

altra maniera efficace e ragguardevole di ajuto. 


7° Quanto alle fondazioni e congregazioni, o 

similmente a qualunque specie ed atto di pubblica 

beneficenza, dipendenti al tutto dai Municipj o dalla 

carità di privati, c che si rimangono esclusi dalle 

tre dette categorie, il Ministro ne piglia cognizione 

esatta e particolareggiata, ed esige copia autentica 








IL MAMIANI 



150 


degli statuti c dei regolamenti. Invigila clic non con¬ 

travvengano in nulla alle leggi universali dello Stato. 

Promove e propone in seno de Consessi legislativi 

quei provvedimenti c quelle cautele che impediscono 

alle beneficenze d’istituto municipale o privato di 

fuorvia.e c corrompersi. Risponde ai consigli richie¬ 

sti, e invita per via officiosa a modificare, migliorare, 

propagare e in ogni guisa perfezionare l’opera della 

beneficenza. Similmente invita e procura la colle¬ 

ganza e reciprocazione degli ufficj ed aiuti fra l'uno 

istituto e l’altro, o in genero favorisce e caldeggia 

per ogni modo l'azione loro. 


Occorre appena far notarle che il Mamiani, met¬ 

tendo così in pratica le sue nuove dottrine sociali, 

tentava di dare all’opera del Governo quell’ampiezza 

e quell efficacia che si accorda generalmente con le 

libei tà co privati, e con ogni trasformazione c pro¬ 

gresso nello spirito di associazione e di civile con¬ 

sorzio. Sulla quale Istituzione egli ritornò più. tardi 

nei Saggi di Filosofia civile. Ma è noto che il Mini¬ 

stero di pubblica beneficenza non ebbe fortuna negli 

Stati Romani, mentre alle idee del Mamiani si fece 

m sostanza buon viso in Toscana, dove al Ministero 

ella Istruzione pubblica fu aggiunto l’ufficio di tu¬ 

bare c dirigere la pubblica beneficenza. 



VI. 



lennpir/ il Mamiani fece a tutti manifesto so 

sociali D i eC0 6U ° P on ^ crato volume sulle Qucstion 

’ ° ° ln mczzo a tante vicende politiche ita 









obodugui 





-•-t- 



E LA QUESTIONE ECONO.MICO-SC CIALE 151 


liane ed europee dal 48 in poi, in mezzo a’ suoi 

profondi studj filosofici cd alle sue occupazioni di 

statista, non aveva perduto d’occhio i progressi teo¬ 

rici e le fasi pratiche della questione economica so¬ 

ciale nelle diverse parti d’Europa. Girando l’occhio 

della mente nell’essenza profonda e nelle attinenze 

della questione sociale, c pur tenendo conto dei sug¬ 

gerimenti dell'esperienza e della riflessione por oltre 

quarantanni, nella suddetta opera Egli esaminò acu¬ 

tamente i due massimi problemi dell’età nostra, fra 

loro distinti ina non separati, cioè il problema ino¬ 

rale c quello economico. Intorno al secondo problema, 

ecco in breve le dottrine o le proposte che il Mamiaui 

professava e additava per risolvere in Europa e se¬ 

gnatamente in Italia la questione sociale. 


L’autore delle Questioni sociali ammette le¬ 

gittimo il diritto della proprietà individuale ; affer- * 

ma, contro certi Economisti, che il lavoro non crea, 

ma presuppone la proprietà ; rigetta le strambe teo¬ 

riche di Proudhon e le altre nò giuste nò pratica¬ 

bili dei moderni Comunisti c dei Socialisti esagerati; 

reputa non assoluto il diritto al lavoro. Ma, d’altra 

parte, egli deplora gli effetti della libera concorrenza 

che ritiene sia causa dell’ anarchia economica ; è 

seriamente preoccupato dal fatto che i quattro quinti 

del genere umano formano la classe intera dei pro- 

letarj : e quindi pensa e propone un sistema di ri¬ 

forme rivolte ad armonizzare la produzione e il 

capitale, gl’interessi e le sorti del proletario, si¬ 

stema che si compendia nelle seguenti proposte : 









132 IL AI AM [ANI 


1° Istituire un magistrato speciale col nome 

di Tribuni del popolo, eletto dal corpo intero dei 

lavoranti, il quale tuteli ed invigili i diritti e gl’in¬ 

teressi del proletario. 


3° Abolizione del dazio consumo. 


2° Fondazione di colonie per riparare all’ ec¬ 

cedenza annua della popolazione, secondo la teo¬ 

rica di Malthus. 


4° Favorire e proteggere 1’ emigrazioni volon¬ 

tarie, quando pure al Governo apparisse nè difficile 

nò dispendioso il tragittare i nostri emigranti da 

una provincia interna ad un' altra, per esempio in 

Sardegna, nelle campagne romane, in più parti di¬ 

sabitate ed incolte della Sicilia c della Puglia. 


5° Proteggere ed allargare le Società coope¬ 

rative, nelle quali il lavorante, oltre alla sua mer¬ 

cede, divida coi socj il modesto lucro ricavato dalle 

pioduzioni, e pelò sia nel tempo stesso comproprie- 

taiio. Quanto si dilateranno questo società, tanto 

più effettuabile apparirà la Cassa di pensioni per i 

1600 i e gl invalidi, alimentata da quoto versatevi 

a ogni libera corporazione di artigiani, e da elar¬ 

gizioni del Governo in proporziono delle somme ri¬ 

sparmiate o dai singoli membri o da una intera 


• norT A 1 i rtÌerÌ ’ C CU ‘ amm i Q istrazione però 


°" “ ai i» mano del Governo. 


del l a T? com P r °P r ^ario anche il lavoratore 

del fondo da lui coltivato. 


oc ni Gn | are 1° imposte ai contadini proprietari. 

on are Scuole governative professionali, 










E LA QUESTIONE ECONO.MICO-SOCIALE lo3 


cioè di arti e mestieri, in unione con le Provincie 

ed i Comuni quanto alle spese ; nelle quali scuole 

sarebbero accolti i figli dei lavoranti, compiuta 

1' istruzione elementare. 


9° Riformare le Scuole tecniche, adattandole 

ai mestieri ordinarj ; e quanto alle grosse borgate 

c alla campagna, ammaestrarvi i contadini subur¬ 

bani negli clemeuti di agricoltura e di pastorizia. 


10° Provvedere ad un Manuale popolare di 

agraria. 


11° Dove manchi l'insegnamento elementare, 

supplirvi con le scuole dette ambulanti. 


12° Prestazioni al buon colono per ajutarlo a 

divenire comproprietario ; e dono degli utensili al 

giovine proletario, ghà prestatigli quando entrò nelle 

officine urbane e noi fondi rustici in possesso ed 

uso dello Stato. 


Dall’ attuazione di queste riforme e proposte 

il Mamiani si riprometteva la graduata cessazione 

della servitù del salario e quindi la emancipazione 

reale a compita del quarto stato. 


Ma in qual modo lo Stato avrebbe provveduto 

a quello nuove ed incessanti spese ? Con le infra¬ 

scritte riforme, secondo il Mamiani, oltre al pro¬ 

vento delle consuete imposte. 


1° Cancellazione dell’ esercito stanziale. 


2° Imposta prediale e mobiliare temperatamente 

progressiva. 


3° Incameramento dell’ eredità trasversali dal 

terzo grado in giù. 




154 IL MAMIANI 


4° Sbassamento della rendita pubblica dal quat¬ 

tro al tre e al due e mezzo, secondo luoghi e tempi. 


5° Amministrazione disimplicata e scemamente 

di ufficiali e di paghe. 


6° Ogni legatario pagherà una volta soltanto 

il decimo del valsente legatogli.. 


7° Monopolio delle miniere. 


VII. 



Non tutte le riforme c le proposte sociali messe 

innanzi dal Mamiani sono guari praticabili, nè 

tutte collimano con la inviolabilità del diritto na¬ 

turale di proprietà individuale, oltre accordare un 

soverchio ingerimento allo Stato moderno nelle ma¬ 

terie economiche. Noi non potremmo quindi accet¬ 

tare senz’ alcuna restrizione e temperamento tutte 

e singole le dottrine economiche e sociali del Ma¬ 

miani, nè crediamo che si possa mai giungere a 

pienamente e stabilmente risolvere il problema 

conomico sociale, come ci studiammo dimostrare 

a suo uogo in due nostri libri, negli Elementi scien¬ 

tifici di Etica e Diritto o nella Filosofia morale 

e sociale (1). Ma intanto, nobile, alto, eminente- 


” e -i°iT ,le • Gd . Umanitario « il fine a cui rivol- 


rifnrm anai ^ n * 1° su 



La disciplina o educazione ci fa passare dallo 

stato di animale a quello d’uomo. Un animale è pel 

suo istinto medesimo tutto ciò che può essere ; una 

ragione a lui superiore ha preso anticipatamente per 

esso tutte lo cure necessarie. Ma l’uomo ha bisogno 

della sua propria ragione. Costui non ha istinto, c 

conviene che formi da so stesso il disegno della sua 

condotta. Ma, siccome non ne possiede la immediata 

capacitò, e viene al mondo nello stato selvaggio, ha 

bisogno dell’aiuto altrui. 


La specie umana c obbligata a cavare a grado 

a grado da sò stessa colie proprie sue forze tutte le 

qualità naturali che appartengono all’umanità. Una 

generazione educa l'altra. Se ne può cercare il primo 

principio in uno stato selvaggio o in uno stato per¬ 

fetto di civiltà -, ma, nel secondo caso, bisogna pure 

ammettere che l’uomo sia poi ricaduto nello stato 



selvaggio c nella barbane. 


9 _ La disciplina impedisce all’uomo di lasciarsi 


deviare dal suo destino, dall'umanità, pur Io sue 

inclinazioni animali. Occorro, por esempio, oh essa 

lo moderi, perché egli non si gotti noi porle» o corno 

no animalo feroce, 0 come uno stordito^ a 

dina è puramente negativa, perche si resinose 

soovliarc l'uomo della sua selvatichezza; 1 istruzione, 

^ ° -nèh parte positiva dell’educazione. 


*■ “ir ™ ioho- coiste nell' indipondeoza da 

, , • T a disciplina sottomette 1’ uomo alle 


r Lvfmou» e lincia a fargli sentirò la 

E, l'autorità dolio leggi stesse. Ma ciò dovesse. 


Valdarnini 






226 la pedagogia di e. kant 


fatto per tempo. Così, maudansi per tempo i bam¬ 

bini alla scuola, non perchè vi apprendano qualcosa, 

ma perchè vi si avvezzino a restare tranquillamente 

seduti e ad osservare puntualmente ciò che loro vien 

comandato, affinchè in progresso di tempo sappiano 

cavar subito buon partito da tutte le idee che ver¬ 

ranno loro in mente. 


Ma l'uomo è così portato naturalmente alla 

libertà che, quando vi abbia preso una lunga abitu¬ 

dine, le sacrifica tutto. Ora questa è la precisa ra¬ 

gione onde conviene per tempo ricorrere alla disci¬ 

plina ; chè altrimenti sarebbe troppo difficile di 

cambiar poi il carattere di lui, e seguirà allora tutti 

i suoi capriccj. Parimente, si vede che i selvaggj 

non si abituano mai a vivere come gli Europei, 

quantunque restino per lungo tempo ai servigj loro. 

Il che non deriva già in essi, come opinano Rous¬ 

seau ed altri, da una nobile tendenza alla libertà, ma 

da una certa rozzezza, perchè l'uomo appo essi non 

si è ancora spogliato in qualche maniera della na¬ 

tura animale. E però dobbiamo avvezzarci per tempo 

a sottometterci ai precetti della ragione. Quando 

all uomo si è lasciato seguire la piena sua volontà 

pei tutta la gioventù c non gli si è mai resistito in 

nulla, ci conserva una certa selvatichezza per tutta 

la vita. Rè alcuna utilità reca ai giovani un affetto 

materno esagerato, dacché più tardi si pareranno loro 

dinanzi ostacoli da tutte le parti, c troveranno do¬ 

vunque contrarietà quando piglieranno parte agli 

affari del mondo. 









INTRODUZIONE 



Un vizio, nel quale ordinariamente si cade ncl- 

1’ educazione dei grandi, e quello di non opporre 

loro alcuna resistenza nella loro gioventù, perché 

son destinati a comandare. Nell’ uomo la tondenza 

alla libertà richiedo ch’egli deponga la sua rozzez¬ 

za : nell’animale bruto, al contrario, questo non e 

necessario per l’istinto di lui. 


L’uomo ha bisogno di sorveglianza e di cul¬ 

tura. La cultura abbraccia la disciplina e l'istru¬ 

zione. Nessun animale, che noi sappiamo, ha bisogno 

di quest’ultima ; imperocché veruno di essi apprendo 

alcun che da’ suoi antenati, salvo quegli uccelli clic 

imparano a cantare. Infatti, gli uccelli sono am¬ 

maestrati nel canto dai loro genitori ; ed è mirabil 



cosa il vedere, come in una scuola, i genitori can¬ 

tare con tutte le proprie forze davanti ai loro nati 

e questi'adoperarsi a cavare gli stessi suoni dalle 

loro tenere gole. Se taluno volesse convincersi che 

gli uccelli non cantano per istinto, ma clic imparano 

a cantare, basta ne faccia la prova ed è questa : 

levi ai canarini la metà delle uova loro e vi sosti¬ 

tuisca uova di passero ; ed ancora coi piccoli ca¬ 

narini mescoli insieme passeri giovanissimi. Li metta 

in una gabbia donde non possano udire i passeri 

di fuori ; essi impareranno il canto dai canarini e 

così avremo passeri cantanti. Nò meno stupendo e 

il fatto, che ogni specie d’uccelli conserva m tut e 

le generazioni un certo canto principale; cosi la 

tradizione del canto è la più fedele nel mondo 


L’ uomo non può diventare vero uomo che per 










228 la pedagogia di e. kant 


educazione ; egli e ciò eh essa, lo fu. \ uolsi notai e 

eh’ egli può riceverò questa educazione soltanto da 

altri uomini, che l’abbiano egualmente ricevuta dagli 

altri. Quindi la mancanza di disciplina e d’ istru¬ 

zione in certi uomini li rende assai cattivi innesti i 

dei loro allievi. Se un essere di natura superiore 

si prendesse cura della nostra educazione, vedrebbesi 

allora ciò che noi possiamo divenire. Ma siccome 

l’educazione, da una parte, insegna qualcosa agli 

uomini, e, dall’altra, non fa che svolgere in loro 

certe qualità, non si può sapere fin dove portino le 

nostre disposizioni naturali. Se almeno si facesse 

una esperienza coll’ aiuto dèi grandi e col riunire 

le forze di molti, ciò ne illuminerebbe sulla que¬ 

stione di sapere fin dove l’uomo può arrivare per 

questa via. Ma una cosa tanto degna di osserva¬ 

zione per una mente speculativa quanto triste per 

un amico dell’ umanità si è il vedere, clic la più 

parte dei grandi non pensano che a se stessi e non 

pigliano alcuna parte alle interessanti esperienze 

sulla educazione, per fare avanzare di qualche altro 

passo verso la perfezione la natura umana. 


3. - Non vi ha alcuno clic, essendo stato trascura¬ 

to nella sua gioventù, siaincapaco di ravvisare nell’età 

matura in elio venne trascurato, vuoi nella disciplina, 

vuoi nella cultura (poiché si può chiamar cosi la istru¬ 

zione).Chi non possicdecultura di sorta e bruto pollinoli 

Ita disciplina o educazione e selvaggio. La mancanza 

di disciplina è un male peggioro della mancanza di 

cultura, perche a questa si può ancora rimediare più 






INTRODUZIONE 



225 ) 


tardi, mentre non si può più mandar via la selvati¬ 

chezza e correggere un difetto di disciplina. Forse 

l’educazione diverrà sempre migliore, e ciascuna del¬ 

le generazioni venture farà un passo di più verso il 

perfezionamento dell’ umanità ; imperocché il gran 

segreto della perfezione della natura umana dimora 

nel problema stesso dell’educazione. Si può cammi¬ 

nare oramai per questa via ; difatti, oggidì si prin¬ 

cipia a giudicare esattamente e a vedere in modo 

chiaro in clic proprio consiste unabuoua educazione. 


E reca dolce conforto il pensare che la natura umana 

sarà sempre più e meglio dispiegata e migliorata dal¬ 

l’educazione, e che si può arrivare a darle quella tor¬ 

ma che veramente le conviene. In ciò consiste la pro¬ 

spettiva della felicità avvenire della specie umana. 


L’abbozzo d'una teorica dell’educazione è un 

ideale nobilissimo, c che non tornerebbe punto noci¬ 

vo, quando anche non fossimo in grado di effettuarlo. 

Non bisogna considerare un’idea come vana e rite¬ 

nerla come un bel sogno, perchè certi ostacoli ne im¬ 

pediscono l’effettuazione. 


Un ideale altro non è ohe il concetto d una per- 

lezione che non si ò riscontrato ancora noU'esporicn- 

za : tal sarebbe, per esempio, l'idea 4 una repubblica 

perfetta, governata secondo le regole dell» g.nst.z.a. 

Si dirà dunque impossibile? Basta, ,u pruno nego, 

Che la nostra idea non sia falsa; in seconde lungo, 

ohe non sia impossibile assolutamente d, vincere luti, 

„u ostacoli per tradurla in atto. Se, poniamo ca¬ 

scano mentisse, la veracità sarebbe per questo una 










230 I.A PEDAGOGIA DI E. KANT 


chimera ? L’idea eli una educazione clic dispieghi 

nell'uomo tutte le sue disposizioni naturali è vera as¬ 

solutamente. 


Con l’educazione presente l'uomo non consegue 

appieno il fine della sua esistenza. Imperocché quan¬ 

ta diversità non corre tra gli uomini nel loro modo 

di vivere ! Ne tra loro può essere uniformità di vita 

se non in quanto essi operino secondo gli stessi prin- 

cipj e questi principj divengano per loro come una 

seconda natura. Noi possiamo almeno lavorare intor¬ 

no al disegno d’una educazione conforme all’intento 

che dobbiamo proporci, e lasciare istruzioni agli av¬ 

venire che potranno a grado a grado metterle in 

pratica. Osservate, per esempio, i fiori detti orecchi 

di orso: quando li tiriamo dallo radici, hanno tutti 

il medesimo colore •, quando invece se no pianta il 

seme, otteniamo colori tutti differenti e svariatissimi. 

La natura ha dunque riposto in loro certi germi del 

colore, e basta, per isvilupparvcli, seminare e pian¬ 

tare convenientemente questi fiori. Il somigliante 

accade nell’uomo ! 


Vi sono molti germi nell'umanità, e spetta a noi 

svolgere con debita proporzione le nostre disposizioni 

naturali, dare all’umanità tutto il suo dispiegamento, 

e adoperarci a conseguire la nostra destinazione. Gli 

animali compiono il loro destino spontaneamente e 

senza conoscerlo. L’uomo, al contrario, e obbligato 

a cercar di conseguire il fine suo ; il che non può 

egli fare se prima non ne ha un’idea. L’individuo 

umano non può compiere da se questa destinazione. 







INTRODUZIONE 



231 


Se ainmettesi una prima coppia del genere umano 

realmente educata, bisogna sapere altresì com’essa 

ha educato i suoi figli- I primi genitori danno ai 

loro figli un primo esempio ; questi lo imitano, e così 

dispiegansi alcune disposizioni naturali. Ma tutti 

non possono esser educati a questo modo, giacché 

ordinariamente gli esernpj si offrono ai bambini se¬ 

condo l’occasione. In altri tempi gli uomini non ave¬ 

vano alcuna idea della perfezione onde la natura 

umana è capace ; noi stessi non l’abbiamo ancora in 

tutta la sua purezza. È corto del pari che tutti gli 

sforzi individuali, clic hanno per fine la cultura dei 

nostri allievi, non potranno mai far sì che costoro 

giungano a conseguire la loro destinazione. Questo 

fine non può esser dunque conseguito dall’uomo sin¬ 

golo, ma unicamente dalla specie umana. 


4. - L’educazione c un’arte, la cui pratica ha bi- 

sogno d’essere perfezionata ila più generazioni. Cia¬ 

scuna generazione, provvedala delle conoscenze dello 

precedenti generazioni, è sempre pii in grado di ar¬ 

rivare a una educazione che in una giusta piopoi- 

zionc c in conformità Sol loro fine svolga tutte le 

nostre disposizioni naturali e cosi guidi tutta la spc- 

eie umana alla sua destiuazionc. - La Provvidenza 

ha voluto ohe l'uomo fosse obbligato a cava™ da se 

stesso il bene, 0 in qualche modo gli dice Edia 

nel mondo. Io ho mosso in te ogni speco d. alt tudin. 


porilbcno. Ora a te solospcttasvilupparlcpcr ,1 bene; 

e quindi la tua felicità 0 la tua infelicità dipende da 

te ., Cosi il Creatore potrebbe parlare agli nomini ! 









232 1A PEDAGOGIA DI E. KANT 


5.-L'uomo deve innanzi tutto svolgere le sue 

attitudini per il bene ; la Provvidenza non lo ha 

messe in lui bcll’e formate, ma come semplici dispo¬ 

sizioni, c però non vi è ancora distinzione di mo¬ 

ralità. Render se stesso migliore, educare se me¬ 

desimo, e, s’egli è cattivo, svolgere in sè la mora¬ 

lità, ecco il dovere dell'uomo. Quando vi si riflet¬ 

ta consideratamente, si vedo quanto ciò sia difficile. 

L'educazione, pertanto, c il più grande e il più ar¬ 

duo problema che ci possa esser proposto. Di fatti le 

cognizioni dipendono dall’educazione, e questa di¬ 

pende alla sua volta da quelle. Onde non potrebbe 

l'educazione progredire elio di mano in mano ; e noi 

possiamo arrivare a farcene un’idea esatta solo in 

quanto ciascuna generazione trasmette le sue spe- 

rienze e le sue cognizioni alla generazione posteriore 

clic vi aggiunge qualcòsa di suo c le tramanda così 

aumentate aqucllachele succede. Qual cultura e qua¬ 

le sperienza dunque non suppone questa idea? E 

però essa non poteva sorgere che tardi, e noi stessi 

non 1 abbiamo ancora innalzata al suo più alto grado 

di purezza. Si tratta di sapere se l’cducazionc nel¬ 

l’uomo singolo debba imitare la cultura che l’uma¬ 

nità in gcnciale ricevo dalle suo diverse genera¬ 

zioni. 


-Lia le umane scoperte ve ne ha duo difficilis¬ 

sime, e sono l’arte di governare gli uomini e l’arto 

di educarli ; c però si disputa ancora su queste idee. 


Ora, donde principieremo a svolgere le naturali 

disposizioni dell’uomo ? Bisogna muovere dallo stato 











INTRODUZIONE 233 


barbaro o da auo stato già culto ? Non è agevol 

cosa il concepire uno svolgimento partendo dalla 

barbarie (per la difficoltà somma di farci un’idea 

del primo uomo) ; e noi vediamo che, ogni qualvolta 

si sono prese le mosse da questo stato, 1 uomo è 

ricaduto nella selvatichezza, e che però sono stati 

sempre necessari nuovi sforzi per uscirne. Anche nei 

popoli assai civili ritroviamo un avanzo di barbarie, 

attestato dai più antichi monumenti scritti a noi 

tramandati ; e qual grado di cultura non suppone 

già la scrittura stessa ? E da questo punto, cioè dalla 

invenzione della scrittura, si potrebbe anzi far co¬ 

minciare il mondo, rispetto alla civiltà. 


Poiché le nostre disposizioni naturali non si 

svolgono da sè stesse, ogni educazione è un’arte. - 

La natura non ci ha dato per questo hnc alcun 


istinto. - L’origine, come il suo relativo progresso, 


dell’arte educativa, è o meccanica, senza disegno 

sottoposta a date circostanze, o ragiona « L«to 


•d’educare non risulta meccanicamente dalle caco 

. stanze in che apprendiamo per esperienza se una 


data cosa ci è dannosa od utile. Ogni arte di questo 

-onere clic sarebbe puramente meccanica, con i 

s „ 1-ioune perche non seguirebbe 


f b0 m0lt ' Cn oln-c “ia’nto Che l’arte delMn- 


alcnna norma. 0 1 W 


caziono 0 1» P f*°” io „,J , or ,„odo d» con- 


nata ” 0 d « linnzion m I genitori, ebe hanno 


sognuo I. educazione, sono gin 


3i rcgoinnoirr,i.Mn ..or rendere 






23 i 



LA PEDAGOGIA DI E. KANT 

questi migliori, è necessario di fare uno studio della 

Pedagogia ; diversamente nulla se ne può sperare, 

e l’educazione viene affidata ad uomini educati non 

bene. Al meccanismo nell’arte educativa bisogna so¬ 

stituire la scienza, altrimenti ella non sarà clic uno 

sforzo continuo, cd una generazionepotrebbe distrug¬ 

gere quanto un’altra avesse edificato. 


6. - Un principio di Pedagogia, al quale dovreb¬ 

bero mirare segnatamente gli uomini che propongono 

norme di arte educativa, ò questo : Che non devc- 

si educare i fanciulli secondo lo stato presente della 

specie umana, ma secondo uno stato migliore, pos¬ 

sibile nell’avvenire, cioè secondo l'idea dell’umanità 

o della sua intera destinazione. Questo principio 6 

d’una importanza tragrande. I genitori educano per 


10 più i loro figli per la società presente, sia puro 

corrotta. Dovrebbero, al contrario, dar loro una edu¬ 

cazione migliore, perche un miglioro stato ne possa 

venir fuori nell’avvenire. Ma qui si parano dinanzi 

due ostacoli : 1° I genitori non si curano per ordi¬ 

nario che di una cosa sola, ed è che i figli loro fac¬ 

ciano buona figura nel mondo ; 2° I principi ri- 


sguaidano i proprj sudditi oomc strumenti dei loro 

disegni. 


I genitori pensano alla casa, i principi allo Stato, 

fxli uni e gli altri non si propongono per fine ultimo 


11 bene generale e la perfezione a cui è destinata 

1 umanità. Le basi fondamentali d’uu disegno d’edu¬ 

cazione fa d uopo che abbiano un carattere mondiale. 

Ma il bene generale è un’idea che possa tornar 






INTRODUZIONE -315 


dannosa al nostro bene particolare? Niente affatto ! 

Imperocché, quantunque sembri che gli si debba 

sacrificare qualcosa, veniamo cosi a lavorar meglio 

pel bene del nostro stato presente. E allora quante 

nobili conseguenze ! Una buona educazione è proprio 

la sorgente d’ogni bene nel mondo. I germi che sono 

riposti nell’uomo debbono svilupparsi ognor di vantag¬ 

gio ; imperocché nelle disposizioni naturali dell uomo 

non v’ha principio di male. La sola causa del male 

sta nel non sottoporre a norme la natura. Nell uomo 

non vi sono che i germi per il bene. 


Da chi dee provenire il miglioramento dello 

stato sociale? Dai principi o dai sudditi? Conviene 

clic questi si migliorino prima da sé stessi, 0 fac¬ 

ciano la metà di strada per andare incontro a go 

verni buoni ? Se, invece, devo partire dai principi 

questo miglioramento, si cominci dunque a rifor¬ 

mare la loro educazione; poiché si é commesso per 

lungo tempo questo grave sbaglio, di non resistere 

„vii stessi principi nella loro gioventù. Un 

albero°cho rosta isolato in mozzo ad un campo pei de 

la sua dirittura nel crescere c stendo lungi . suo. 

rami ' al contrario, quello elio cresco nel mezzo 

una foresta si mantiene diritto, per la reste» a 

ohe «li oppongono gli alberi vicini, e cerea al di- 

olio 0 i opp j A vviene lo stesso nei ffirn- 


^-“rnvale a Meglio siano educati da qua,- 

ouno dei tafsudditi che dai loro pari. Non si può 

attendere il bene doli-alto so prima non vi sava 

migliorata l’edncazionel Qui bisogna dunque con- 






23G la pedagogia, di i:. kant 


tare più sugli sforzi dei privati che sul concorso 

dei principi, come hanno giudicato Basedow ed 

altri ; dacché l’esperienza c’insegna che i principi 

nell’educazione badano meno al bene del mondo che 

a quello del loro Stato, c vi scorgono solo un mezzo 

per giungere ai loro fini. Se col denaro soccorrono 

la educazione, si riservano il diritto di stabilire le 

norme che loro convengano. Lo stesso va detto per 

tutto ciò che risguarda la cultura dello spirito umano 

c l’incremento dello umane conoscenze. Questi due 

risultamenti non sono procurati dal potere c dal 

•denaro, ma solo facilitati ; bensì potrebbero procu¬ 

rarli ove lo Stato non prelevasse le imposto uni¬ 

camente nell’interesse del suo erario. Ncppur le Ac¬ 

cademie li hanno dati finora, ed oggi più che mai 

non si scorge alcun segno ch’esse comincino a darli. 


7. - La direzione delle scuole dovrebbe per¬ 

tanto dipendere dal senno di persone competenti ed 

illustri. Ogni cultura comincia dai privati e da 

questi poi si diffonde. La natura umana non può 

avvicinarsi di mano in mano al suo fine che per 

gli sforzi di persone dotate di generosi e grandi 

sentimenti, le quali s’interessano al bene del mondo 

sociale e sono in grado di concepire uno stato mi¬ 

gliore, come possibile, nell’avvenire. Intanto alcuni 

potenti riguardano il loro popolo come, in certa 

guisa, una parte del regno animale, e mirano sola¬ 

mente alla propagazione. Al più desiderano ch’esso 

abbia una certa abilità, ma solo a fine di potersi 

giovare dei proprj sudditi come di strumenti più 







ìvrnouuzioNE 



237 



acconcj ai loro disegni. I privati devono certamente 

badare al fine della natura fisica, ma devono so¬ 

prattutto curare lo svolgimento della umanità, e 

far sì ch’ella diventi non solo più abile, ma an¬ 

cora più inorale \ da ultimo, cosa molto più difficile, 

adoperarsi a elio i posteri arrivino ad un più alto 


grado di perfezione. 


8 . - L’educazione, pertanto, deve : 


1° Disciplinare gli uomini. Disciplinarli vuol 

dire cercar d’impedire clic la parte animale non 

soffochi la parte veramente umana, così nell’umano 

individuo come nella società. Dunque la disciplina 

consiste semplicemente nello spogliar l’uomo dc.la. 

sua selvatichezza. 


90 D evc coltivarli La cultura abbraccia la 

istruzione ed i varj insegnamenti &sa fornisce 

labilità : 0 questa è il possesso d un attitud,ne suf¬ 

ficiente a tutti i lini elio possiamo proporci. Lss. 


dunque non determina da sé alcun tino ma lascia 

dunque • . costjinzC . Alcune arti sono utili 


questa cura comc sarebbero le arti 


in ogni cinp ^ nitro non sono buone elio 


di loggoi l’arte della musica, elio 


in riSpCt, ° v,H J itTfe possiede. L'abilità 6 in 

rende M** ° M molti fini elio 


certo modo infinita, & 


Jovn altresì enrarc che l'uomo 


divenga „ crrt autorità. Questa 


dicesi propriamente civiltà. Essa 







238 LA PEDAGOGIA DI E. KANT 


richiede certi modi cortesi, gentilezza c quella pru¬ 

denza onde possiamo giovarci degli altri uomini pei 

nostri fini ; e si regola secondo il gusto mutabile 

di ogni secolo. Così amiamo ancora, dopo alcuni 

anni, le cerimonie in società. 


4° Deve, finalmente, curare nell’uomo la mo¬ 

ralità. Ed invero, non basta che l’uomo sia capace 

di ogni sorta di fini ; occorre altresì clx’ ci sappia 

farsi una massima di scegliere tra quelli soltanto 

i buoni. Diconsi buoni que’ fini clic sono necessa¬ 

riamente approvati da ognuno e che pouno essere 

al tempo stesso i fini di ciascuno. 


9. - L’uomo può essere guidato, disciplinato, 

istruito in modo affatto meccanico, ed illuminato 

•veramente. Si guidano i cavalli, i cani, e si può 

guidare anche gli uomini. 


Ma non basta guidare i fanciulli ; preme so¬ 

prattutto eli’ essi imparino a pausare. Occorre ba¬ 

dare ai principj dai quali derivano tutte le azioni. 

È dunque manifesto quante cose richiede una vera 

educazione! Ma ncH’educazionc privata la quarta 

condizione, che è la più importante, viene per lo 

più assai trascurata; poiché insegnasi ai fanciulli ciò 

che stimiamo essenziale, e intanto si lascia la morale 

al predicatore. Ma non ò forse importante d’inse¬ 

gnare ai fanciulli a odiare il vizio, non per la sem¬ 

plice ìagione che Dio l’ha proibito, ma perchè di 

natura sua è spregevole ! Altrimenti e’ si lasciauo 

indurre nel vizio, pensando che il male potrebbe 

esser lecito se Dio non l’avcsse vietato, c clic si 









INTRODUZIONE 230 


può far benissimo una eccezione a favor loro. Dio, 

ch'e l’essere sovranamente santo, non vuole se non 

ciò cb’ò buono. Egli vuole che noi pratichiamo la 

virtù per il suo valore intrinseco e non perchè Ei 

lo esiga. 


Noi viviamo in un’epoca di disciplina, di cul¬ 

tura e di civiltà, ma che non è ancora quella della 

moralità vera. Nelle presenti condizioni si può dire 

che la felicità degli Stati cresce di pari grado colla 

infelicità degli uomini. E non si tratta ancora di 

sapere se noi saremmo piu felici nello stato di bai- 

barie, dove non esiste tutta questa nostra cultura, 

che nello stato presente. Come si può, difatti, render 

felici gli uomini, se non li rendiamo morali e savj ? La 

quantità del male appo essi non verrà così diminuita. 


Bisogna fondare scuole sperimentali prima di 

poter creare quelle normali. L’educazione e l’istru¬ 

zione non debbono essere puramente meccaniche, 

ma riposare su principj. Tuttavia non hanno da 

fondarsi sul puro ragionamento, ma in un certo senso 

anche sul meccanismo. L’Austria non ha guari che 

scuole normali, istituite giusta un disegno contro 

il quale si sono a buon diritto sollevate molte ob¬ 

biezioni, ed al quale si poteva rimproverare un 

cieco meccanismo. Tutte le altre scuole dovevano 

regolarsi su quelle, e si negava altresì un ufficio 

pubblico a chi non avesse frequentato quelle scuole 

Tali prescrizioni dimostrano quale e quanta parte 

abbia in certe cose il Governo ; e non e possie di 

arrivare a qualcosa di buono con sbatti ordinamenti. 








2i0 



Li PEDAGOGIA DI E. KANT 


Si crede da’ piu che non sia necessario di fare 

spcricnzc in materia di educazione, e che si può 

giudicare con la sola ragione se una cosa sara buona 

o cattiva, ila qui sta un grave errore, c l’esperienza 

ne insegna clic i nostri tentativi hanno spesso dato 

risultamcnti opposti affatto a quelli che ci attende¬ 

vamo. È dunque chiaro clic, sondo qui necessaria 

l'esperienza, nessuna generazione d uomini può fare 

un disegno compiuto d’educazione. La sola scuola 

sperimentale clic abbia finora incominciato in qual¬ 

che modo a battere questa via c stato l’Istituto di 

Dessau. Nonostante parecchi difetti che gli potremmo 

rimproverare, ma che del rimanente si riscontrano in 

tutti i primi sperimenti, bisogna concedergli questa 

gloria, ch’esso non ha cessato di spronare a nuovi ten¬ 

tativi. In un certo modo esso è stato l’unica scuola do¬ 

ve i maestri avessero libertà di lavorare secondo i prò* 

prj metodi c disegni, e dove fossero uniti fra loro c 

si mantenessero in relazione con tutti i dotti della 

Germania. 


10. - L’educazione comprende le cura necessarie 

ai bambini c la cultura. 


La cultura c: 1° negativa, come disciplina clic 

si restringe ad impedire le colpe ; 2° c positiva, co¬ 

me istruzione c direziono ( Anfilhrung ) , c sotto 

questo rispetto merita il nome di cultura. La dire¬ 

ziona serve di guida nella pratica di ciò clic si vuole 

apprendere. Di qui la differenza tra il precettore, 

che è semplicemente un maestro, e il governatore 

[Hofmeister), che è un direttore. Il primo dà soltnn- 






INTRODUZIONE . 2 i I 



to l’educazione della scuola; il secondo, quella della 

vita. 



II primo periodo dell’ educazione è quello in 

cui l’allievo deve mostrare soggezione ed obbedienza 

passiva ; il secondo, quello in cui gli si permette far 

uso della sua riflessione e della sua libertà, ma pur¬ 

ché sottometta l’una e l’altra a certe leggi. Nel primo 

periodo il costringimento è meccanico, nel secondo è 

morale. 


11 . - L'educazione b privata o pubblica. Que¬ 

st’ ultima si riferisce all' insegnamento che può sem¬ 

pre rimaner pubblico. La pratica dei precetti si 

lascia all’educazione privata. Un’educazione pub - 

blica compiuta è quella che riunisce ad un tempo 

la istruzione c la cultura morale. Il suo line con¬ 

siste nel promuovere una buona educazione privata. 

Una scuola dove si pratichi questo si chiama un 



Istituto di educazione. Di somiglianti Istituti non 

può esservi gran copia, né potrebbero essi ammet¬ 

tere un gran numero di allievi ; imperocché sono 

costosissimi, e la semplice istituzione di questi Col¬ 

legi richiede molte spese. Lo stesso va detto degli 

ospedali. Gli edifizj loro necessarj, il trattamento dei 

direttori, dei sorveglianti o dei domestici assorbiscono 

la metà decentrate : ed è oramai provato che se si 

distribuisse questo denaro ai poveri nelle ispettive 

loro case, e’sarebbero curati assai meglio. - ^difficile 

ancora di ottenere che i ricchi mandino i loro 


figliuoli negl’istituti educativi. 


Fine di questi Istituti pubblici e il perfezio¬ 

namento dell’educazione domestica. Se i genitori o 


1G 



Valdarnini 











242 LA PEDAGOGIA DI E. KANT 


quelli che li assistono nell’educare i loro figli aves¬ 

sero ricevuto una buona educazione, la spesa degli 

Istituti pubblici potrebbe non esser più necessaria. 

Quindi bisogna farvi delle prove e formarvi persone 

adatte, affinchè ci possano dare in progresso una 

buona educazione domestica. 


L’educazione privata è data dai genitori stessi, 

o, se per caso non ne abbiano il tempo, la capacità o 

il gusto, da altre persone che li aiutano in ciò, me¬ 

diante una ricompensa. Ma questa educazione data 

così da persone ausiliarie ha il gravissimo difetto di 

dividere l’autorità fra i genitori ed il precettore. Il 

fanciullo deve regolarsi secondo i precetti dei suoi 

maestri, e deve in pari tempo seguire i capricci 

de’suoi genitori. E necessario che in questo genere 

di educazione i genitori depougano tutta la loro au¬ 

torità in mano dei maestri. 


Ma fin dove l’educazione privata è preferibile 

alla educazione pubblica, o questa a quella ? L’ edu¬ 

cazione pubblica, in generale, sembra più vantag¬ 

giosa dell educazione domestica, non solamente in 

rispetto all abilità, si anche in rispetto al vero carat¬ 

tere di cittadino. L’educazione domestica, oltre non 

correggere i difetti appresi in famiglia, li aumenta. 


12 . - Quanto tempo deve durare l’educazione ? 

Fino a che la natura ha voluto che l’uomo si governi 

da se stesso, fino a che si svilpppi in lui l’istinto 

del sesso, fino a che egli può divenire padre cd es¬ 

ser tenuto di educare alla sua volta, ossia fino al- 

. 1 età di circa 1G anni. Decorsa quest’età, si può 

ricoiiere a maestri clic proseguano a coltivarlo, e 






INTRODUZIONE 243 


sottoporlo ad uua celata disciplina, ma la sua edu¬ 

cazione regolare é finita. 


13. - La soggezione dell’allievo è positiva o ne¬ 

gativa. Positiva, in quanto ei deve fare ciò che gli 

viene comandato, non potendo ancora giudicare da 

se c non avendo ancora appreso l’arte d’imitare. 

Negativa, in quanto l’allievo dee faro ciò che de¬ 

siderano gli altri, se vuole ch’essi dal canto loro 

facciano qualcosa che gli torni piacevole. Nel primo 

caso egli è esposto ad essere punito; nel secondo, 

a non ottenere ciò elio desidera : o qui, benché 

possa oramai riflettere, ei dipende dal suo piacere. 


14. - Uno dei più grandi problemi dell’educa¬ 


zione si ò di poter conciliare la sommissione all au¬ 

torità legittima coll’uso della libertà, Imperocché 

l'autorità é necessaria! àia in qual modo coltivare 

la libertà per mezzo dell’àutorità ? Bisogna che io 

avvezzi il mio allievo a soffrire che la sua libertà 

venga sottoposta all’autorità altrui, c che in pati 

tempo io gl’insegni a far retto uso della sua libertà. 

Senza questa condizione, in lui non vi sarebbe che 

puro meccanismo ; l’uomo sfornito di vera educa¬ 

zione non sa far uso della sua libertà. Fa duopo 

ch’egli senta per tempo la resistenza inevitabile 

della società, perché impari a conoscere quanto o 

difficile di bastare a sé stesso, di tollerare le pri¬ 

vazioni c di acquistare quanto basti a rendersi in¬ 

dipendente. \ , 


Cui devesi por mente alle infrascritte regole. 


1» Bisogna lasciar libero il fanciullo fino dalla sua 








2ii LA PEDAGOGIA 1)1 E. KANT 


prima età c in tutti i suoi movimenti (salvo in quelle 

occasioni in cui può farsi del male come, per esempio, 

se prendesse in mano uno strumento tagliente), a 

patto bensì di non impedire la libertà altrui, come 

quando grida, o manifesta il suo brio in modo trop¬ 

po l’umoroso e da recar disturbo agli altri. 2 11 Gli si 

deve mostrare ch’ei può conseguire i suoi lini, a patto 

bensì ch’egli permetta agli altri di conseguire i loro 

proprj •, ad esempio, non si farà niente di piacevole 

per lui s’ei non fa ciò clic desideriamo, come d’im¬ 

parare ciò che gli viene insegnato e via dicendo. 

3° Bisogna provargli che l’autorità, il costringimento 

a cui si sottopone, ha per fine disegnargli ad usar 

bene della sua libertà, che lo educhiamo ed istru¬ 

iamo affinchè possa un giorno esser libero, cioè fare 

a meno del soccorso altrui. Questo pensiero sorge 

assai tardi nella mente dei fanciulli, poiché non riflet¬ 

tono nei primi anni che dovranno un giorno prov¬ 

vedere da se stessi al loro mantenimento. Credono 

che la cosa andrà sempre come nella casa paterna, 

cioè ch’essi avranno da mangiare e da bere senza 

darsene alcun pensiero. Ora senza questa idea, i 

fanciulli, segnatamente quelli dei ricchi ed i figli 

dei principi, restano per tutta la vita, come gli abi¬ 

tanti di Otahiti. L’educazione pubblica ha qui ma¬ 

nifestamente i più grandi vantaggj : vi s’impara a 

conoscere la misura delle proprie forze ed i limiti 

che c impone il diritto altrui. Non vn si gode alcun 

privilegio,poiché vi sentiamo dovunque la resistenza, 

e ci eleviamo sopra gli altri solo per merito proprio. 





INTRODUZIONE 



245 


Questa educazione pubblica e la migliore immagine 

della vita del cittadino. 


Resta ancora una difficoltà clic non vuol essere 

qui dimenticata, e riguarda la cognizione anticipata 

del sesso, .a fine di preservare i giovinetti dal vizio 

prima dcll’elà matura. Vi ritorneremo sopra più 

innanzi. 










TRATTATO. 



15. - La Pedagogia, o scienza dell’educazione, si’ 

distingue in fisica e in pratica. L'educazione fisica c- 

quella che l'uomo ha comune con gli animali, c ri- 

sguarda le cure della vita corporea. L’educaziom 

pratica o morale (si chiama pratico tutto quello 

che si riferisce alla libertà) c quella che risguarda 

la cultura dell’uomo, perche costui possa vivere come 

ente libero. Quest’ultiraa è l’educazione della per¬ 

sona, 1 educazione d’un ente libero, che può bastare- 

a sè stesso e tenere il suo vero posto in società, ma. 

che altresì è capace d’avere per sè un valore in¬ 

trinseco. % 


Quindi 1 educazione consiste: 1° nella cultura 

scolastica o meccanica, che risguarda l’abilità ; essa 

pertanto è didattica (e sta nell’opera del maestro) ' r 

“° ne ^ a ^ura prammatica, che si riferisce alla 

prudenza (e sta nell’opera del governatore) ; 3° nella 

cultura morale, e si riferisco alla moralità. 


L uomo ha bisogno della cultura scolastica o 

ella istruzione, per mettersi in grado di conseguire 

tutti i suoi fini. Essa gli dà un valore come in— 


G0 LA PEDAGOGIA DI E. KANT 


re che La disciplina non tratti i fanciulli come schiavi,, 

e far sì ch’e’sentano sempre la loro libertà, ma in guisa 

tale da non ledere quella degli altri: ne segue pertanto 

che conviene abituarli alla resistenza. Parecchi geni¬ 

tori ricusano tutto a’ioro figliuoli per esercitare così 

la loro pazienza, esigendo da questi più che da se 

stessi. Ma è una crudeltà. Dato al bambino quanto 

gli abbisogna, e poi ditegli : Tu nc hai abbastanza. 

Ma è assolutamente necessario che questa sentenza 

sia irrevocabile. Non fato alcuna attenzione alle grida 

dei bambini e non credete loro, quando credano di 

ottenere qualcosa per questa via; ma se lo dimandano 

con dolcezza, date ai medesimi ciò che loro torna 

utile. Si avvezzcranno'così ad essere sinceri; e, come 

non importuneranno alcuno colle grida, ciascuno sarà, 

in compenso, benevolo]con essi. La Provvidenza pare 

veramente abbia dato ai fanciulli un aspetto piace¬ 

vole per incantare lo persone adulte. Nulla v’ha di 

più funesto per essi che una disciplina ostinata e ser¬ 

vile, intesa a piegare la loro volontà. 


Per ordinario si grida ai medesimi: Eh via! 

non ti vergogni, questa cosa c indecente ! e somi¬ 

glianti espressioni, le quali non dovrebbero mai ado¬ 

perarsi nella prima educazione. Il bambino non ha 

ancora idea alcuna di vergogna e di convenienza ; 

non ha di che arrossire, non deve arrossire ; e di¬ 

venterà solamente più timido. Si troverà impacciato 

dinanzi agli altri, e fuggirà volentieri la loro presenza. 

Quindi nasce in lui una riservatezza male intesa cd 

una molesta dissimulazione. Non osa più dimandar 






dell’educazione fisica 261 


nulla, mentre dovrebbe poter dimandar tutto;nascon¬ 

de i proprj sentimenti, e si mostra sempre diverso 

da quello che è, mentre dovrebbe poter dire tutto 

francamente. Invece di star sempre appo i suoi ge¬ 

nitori, li evita c si getta nello braccia dei domestici 

più compiacenti. 


Nè meglio di questa educazione irritante gio¬ 

vano la burla c le continue carezze, d ulto ciò rende 

tenace il fanciullo nella sua volontà, lo rende fìnto, 

•e, manifestandogli una debolezza ne suoi genitoii, 

gli toglie il rispetto dovuto ai medesimi. Ma, se viene 

educato in modo clic nulla possa ottenere con le grida, 

egli diverrà libero senza essere sfacciato, o modesto 

senza essere timido. Non si può tollerare un insolente. 

Certi uomini hanno un aspetto così insolente da far 

sempre temere qualche villania ; ve n’ha degli altri, 

.all’opposto, che al solo vederli si giudica suino inca¬ 

paci di dire una villania a qualcuno. Possiamo sempre 

mostrarci aperti e franchi, purché vi si unisca una 

•certa bontà. Si sente dire spesso che i grandi hanno 

un aspetto veramente regale; ma questo m essi al ro 

non 6 die un certo sguardo insolente, a cu. s, abl- 

-tuarono da giovani, non avendo trovato alcuna ics, 


5t °° Tutto ciò riguarda solamente Mutazione ne¬ 

gativa. Difatti, molte debolezze delfuomo non prò- 

vengono da quanto non gli insegna, ma » q«c 

tanto che gli comunicane le false «F- 

, W d'esempio, lo jmbùoi 

parlando dei ragni, dei rospi, 








202 LA PEDAGOGIA DI E. KANT 


bambini potrebbero certamente prendere i ragni,, 

come pigliano le altre cose. Ma, siccome le nutrici, 

veduto un ragno, palesano nella faccia il loro spa¬ 

vento, questo si comunica al bambino con una certa 

simpatia. Molti lo conservano per tutta la vita e, 

sotto questo rispetto, rimangono sempre fanciulli. 

Imperocché i ragni sono certamente dannosi allo 

mosche, e il loro morso è per esse velenoso, ma 

l’uomo non ha di che temerne. In quanto al rospo, 

è un animale innocuo al pari di una rana verde- 

o di qualunque altro animale. 


32. - La parte positiva dell’educazione fisica è 

la cultura ; per questa l’uomo si distingue dal bruto. 

La cultura consiste principalmente nell’esercizio delle 

facoltà dello spirito. Quindi i genitori debbono por¬ 

gerne ai figli occasioni favorevoli. La prima cd es¬ 

senziale regola è di fare a meno, per quanto e 

possibile, d’ogni strumento. Bisogna dunque abolire 

1 uso delle dande e delle girelle, lasciando che il 

bambino si trascini per terra finché impari a cam¬ 

minare da sé, giacché a questo modo camminerà 

più sicuramente. Gli strumenti riescono dannosi alla 

abilità naturale. Così, ci serviamo d’una corda per 

misurare una certa estensione, ma si può fare ugual¬ 

mente colla semplice vista ; ricorriamo ad un oriolo 

pei determinare il tempo, ma basterebbe guardare 

la posizione del sole ; ci serviamo d'un compasso 

per conoscere in qual regione é situata una foresta, 

ma si può anche sapere osservando il sole se di 

giorno e le stelle se di notte. Aggiungiamo che-- 






dell’educazione fisica 263 


invece di servirci di una barca per passare nel¬ 

l'acqua, si può nuotare. Il celebre Franklin si ma¬ 

ravigliava che l’esercizio del nuoto, cosi piacevole 

ed utile, non fosse appreso da ognuno : e ne indi¬ 

cava così il modo facile per apprenderlo. Si lasci 

cadere un uovo in un fiume dove, stando tu ritto 

e toccando co’ piedi il fondo, la testa almeno ti ri¬ 

manga fuori dell’acqua. Cerca allora quell uovo. 

Nell’abbassarti, fa risalire i piedi in alto, e, perche 

l’acqua non ti entri in bocca, solleva la testa sulla 

nuca, ed avrai così la giusta posizione necessaria a 

nuotare. Allora basta mettere in moto le mani, e si 

nuota. — L’essenziale sta nel coltivare 1 abilita natu¬ 

rale. Il più delle volte basta una semplice indica¬ 

zione; spesso il fanciullo stesso è fecondo d’invenzio¬ 

ni, e si crea da se gli strumenti. 


33 - Ciò che bisogna osservare nell’educazione 

fisica, e però in quella del corpo, si riferisce o al¬ 

l’uso del moto volontario, o all’uso degli organi e 

senso. Nel primo caso il fanciullo deve semprei am- 

tarai ila sè. Quindi ha bisogno di fora», d, ab.», 

di colorita, di sicurezza. Egli devo. P«' e J • 

poter traversare luoghi stretti, sabre su altezze a 


piceo, donde si scorge l'abisso dinanzi c no, ca^ 


r ; i , . «:ii„Tifi Se un uomo non può 


minare su palchi vac.llan . cte 


far tutto questo, egli aoi . T) es . 


potrebbe essere. Pache ['Istituto Mantrop «* 


sau ne ha dato l'esempio. imi.b siicu stìtati . 


genere sono stati fatti co, fa-°" ndo 00me gli 

Restiamo assai meravigliati m ie a S 







2G-Ì LA PEDAGOGIA DI E. KANT 


Svizzeri sino dall’infanzia si avvezzino a salire sulle 

montagne e fin dove li spinga la propria agilità, con. 

quanta sicurezza traversino i luoghi più stretti e 

saltino al di là dei precipizj, dopo aver giudicato 

con un’occhiata di potervi riuscire senza pericolo. 

Sia la più parte degli uomini han paura d’una cadu- 

tapresentata loro dalla immaginazione; e questa paura 

ne paralizza talmente le membra che por essi ci 

sarebbe davvero pericolo disaltare oltre. Questa paura 

cresce ordinariamente coll’età, c si riscontra in specie 

negli uomini che hanno molte occupazioni mentali. 


Simili sperimenti nei fanciulli in realtà non sono 

i più pericolosi. Per l’età loro, il corpo è meno pesante 

del nostro, cnon cadono tanto gravemente.Di più, non 

hanno le ossa nè cosi fragili, nò cosi dure come sono 

quelle degli adulti. I fanciulli sperimentano da se 

stessi le loro forze. Ad esempio, li vediamo spesso 

arrampicarsi senza un fino determinato. La corsa 

è un moto salutare c clic fortifica il corpo. Saltare, 

alzar pesi, tirare, lanciare, gettar sassi verso una 

mira, lottare, correre, e tutti gli escrcizj di questo 

genere sono eccellenti. La danza regolare non pare 

convenga ancora ai fanciulli. 


Il tiro a segno, vuoi per la distanza vuoi per 

colpii e il bersaglio, esercita pure i sensi e parti¬ 

colarmente la vista. Il giuoco della palla è uno dei 

migliori pei fanciulli, perchè richiede una corsa salu¬ 

tare. In generale i migliori giuochi sono quelli che, 

oltio s\ilupparc labilità, sono ancora esercitazioni 

pei sensi; ad esempio, quelli clic esercitano la vista 










DELL EDUCAZIONE FISICA 



26 o 



nel giudicare esattamente la distanza, la grandezza 

e la proporzione, nel trovare la posizione dei luoghi 

secondo le regioni, il che si può fare coll'aiuto del 

sole, e via dicendo. Tutti questi esercizj sono ec¬ 

cellenti. Assai, vantaggiosa ò pure la immaginazione 

locale, ossia l’abilità di rappresentarci tutte le cose 

nei rispettivi luoghi dove si sono vedute j ossa da, 

per esempio, la soddisfazione di ritrovarci in una 

foresta, osservando gli alberi vicino ai quali siamo 

prima passati. Dicasi lo stesso della memoria locale, 

onde sappiamo non solamente in qual libro si è letta 

una cosa, ma altresì in qual parte del libro stesso. 

Così, il musico ha il tasto in mente, onde non ha 

più bisogno di cercarlo. È del pari utilissimo di 

coltivare l’orecchio dei fanciulli, e d’insegnar loro a 

discernere se una cosa c lontana o vicina ed in qual 



direzione. 


Il giuoco alla mosca cicco elei fanciulli era già 

noto appo 1 Greci. In generale, i giuochi dei fanciulli 

seno pressoché universali. Quelli noti o praticati m 

Germania ritrovansi anche in Inghilterra, in Francia 

ed altrove. Hanno lo propria origino da una corto 

naturaleinclinaaionc dei fanciulli! ilgiu.coal .mosco 

cicca, per esemplo, nasce in css, dal i 


sapore corno potrebbero aiutarsi so fossero pm.d un 

senso. La trottola é nn giuoco particolare ma -,u- 


sorte di giacchi da bambini foro, seon g— 


argomento di riflessimi 1 ultcriouj,so^ ^ esmpilJj 


casiono d'importanti scopei ■ ° , questo 


scrisse una dissertazione sulla t.otio , i 








266 LA PEDAGOGIA DI E. KANT 


poi fornì ad un capitano di vascello inglese 1 ’ oc¬ 

casione d’inventare uno specchio, col quale si può mi¬ 

surare sopra un vascello l’altezza delle stelle. 


I fanciulli amano gli strumenti rumorosi, come le 

piccole trombette, i piccoli tamburi, e cose simili. Ma 

questi strumenti non hanno alcun valore, perchè i 

bambini stessi li rendono disadatti. Meglio sarebbe 

che imparassero da sè medesimi a tagliare una canna, 

dove potrebbero soffiare. 


Anche l'altalena è un buon esercizio ; può gio¬ 

vare alla salute dei fanciulli e anco delle persone 

adulte ; ma i fanciulli han qui bisogno d’essere sor¬ 

vegliati, perchè il moto che vi cercano può essere 

molto rapido. L’aquilone è un giuoco innocentissimo 5 

serve a coltivare la destrezza del corpo, stantecliè 

il sollevarsi in aria dell’aquilone dipende da una 

certa posizione riguardo al vento. 


Pigliando interesse a questi giuochi il fanciullo 

rinunzia ad altri bisogni, e così a grado a grado si 

avvezza a privarsi di altro cose di maggiore impor¬ 

tanza. Di più, acquista l’abito a star sempre occupato, 

ma i suoi giuochi debbono avere anche un fine. Im¬ 

perocché, più il suo corpo si fortifica e s’indurisce in 

questa guisa, più e’ divien sicuro contro le conse¬ 

guenze corruttive della mollezza. La ginnastica 

stessa deve ristringersi a guidar la natura; non deve 

procurare grazie forzate. Alla disciplina, e non alla 

istruzione, spetta il primo passo. Educando il corpo 

deifanciulli, non va però dimenticato che li formiamo 

per la società. Rousseau dice : u Non arriverete mai 







DELL EDUCAZIONE FISICA 



267 - 


a formare dei savj, se prima non fate dei monelli „. 

Ma da un fanciullo svegliato si caverà piuttosto un 

uomo dabbene, che da un impertinente un cameriere- 

discreto. Il fanciullo non ha da essere importuno in 

società, ma non deve mostrarsi neppure insinuante. 

Verso quanti lo chiamano a se, deve mostrarsi fami¬ 

liare, senza importunità; franco, senza impertinenza. 

Per ottenere questo da lui, bisogna non guastarlo in 

niente, non ispirargli idee di decoro, che varranno 

solo a renderlo timido e selvaggio, o che, d’altra 

parte, gli suggeriranno il desiderio di farsi valere. In 

un fanciullo niente v’ha di più ridicolo che una pru¬ 

denza senile, od una sciocca presunzione. Nel secondo 

caso è nostro dovere di far maggiormente sentire al 

fanciullo i suoi difetti, ma procurando insieme di non 

fargli troppo sentire la nostra superiorità ed autorità, 

perchè egli si formi da so stesso, come un uomo che- 

dee vivere in società ; perocché se il mondo è abba¬ 

stanza grande per lui, dev’essere non meno grande 


anche per gli altri. _^ 


Toby, nel Tnstram Shandy, dice a una mosca] 


oh» l’avo™ molestato per tango tempo o oh. lasca 

soapparc dalla finestra: « Va’, catt.vo ammalo .1- 

mondo h abbastanza grande per me e pe. e. „ 

Ciasouno potrebbe pigliare questo detto per dms . 

Non dobbiamo renderei importa», gl. um «gb ■ 

il mondo è abbastanza glande P ei * , . 


34,-SiamoeosU^ta.U^Unrm. 


tl «a dalla Liberti,. Altra eosa b 






LA PEDAGOGIA DI E. KANT 



2GS 


dar leggi alla libertà, ed altra coltivar la natura. La 

natura del corpo e quella dell’anima si accordano 

in questo : coltivandole devcsi cercare d'impedir loro 

che si guastino, e l’arte aggiunge ancora qualcosa alla 

natura del corpo ed a quella dell'anima. Si può dun¬ 

que, in un certo senso, dimandar fisica la cultura 

dell’anima quanto quella del corpo. 


Ma questa cultura fisica dell’anima si distinguo 

dalla cultura morale, poiché 1’ una si riferisce alla 

^Natura, l’altra alla Libertà. Un uomo può essere col¬ 

tissimo fisicamente; può avere ornatissimo lo spirito, 

ma esser privo di cultura morale, ed essere un cat¬ 

tivo uomo. 


Bisogna distinguere la cultura jisica dalla cul¬ 

tura pratica, che è prammatica o morale. Quest’ul- 

tima si propone di render l’uomo più morale clic 

■ colto. 


Divideremo la cultura Jisica dello spirito in cul- 

tuia libera e in scolastica. La cultura liberà si ri¬ 

duce, sto per dire, ad uno svago; mentre la cultura 

scolastica è cosa seria. La prima è quella che ha 

luogo naturalmente nell’allievo; nella seconda, egli 

può essere considerato come soggetto ad un obbligo. 

Anche nel giuoco possiamo essere occupati, il clic 

si chiama occupare i nostri ozj ; ma possiamo essere 

obbligati ad occuparci, e questo dicesi lavorare. La 

cultura scolastica sarà dunque un lavoro pel fanciullo, 

■c la cultura libera uno svago. 


- Sono stati proposti varj sistemi di educa¬ 

zione per cercare, cosa davvero lodevolissima, il mi- 





dell’educazione fisica 2G!) 


glior metodo educativo. Si è pensato, fra gli altri, 

di lasciare clic i fanciulli apprendano tutto come un 

divertimento. Lichtenberg, in una puntata del Ma¬ 

gazzino di Gottinga , deride l’opinione di quanti vo¬ 

gliono che si tenti di lasciar fare ogni cosa ai fanciulli 

come un divertimento, mentre dovrebbero essere abi¬ 



tuati per tempo a serie occupazioni, dovendo essi 

entrare un giorno nella vita scria del mondo. Quel 

metodo produce un effetto detestabile. Il fanciullo devo 

giuncare, aver le sue ore di ricreazione, ma deve 

anche apprendere a lavorare. È bene certamente di 

esercitare la sua abilità e di coltivare il suo spirito,, 

ma a queste due sorte di cultura vogliono esser de¬ 

dicate ore diverse. La tendenza alia infingaida 00 ine 

costituisce per l’uomo una grande infelicità; e piu 

egli è abbandonato a questa tendenza, più gli torna 

poi difficile di mettersi al lavoro. 


Nel lavoro l’occupazione non è piacevole per 

se stessa, mas’ intraprende per un altio fine. L°c 

cupazione nello svago è piacevole in se, nò qumc 

c’c bisogno di proporsi alcun fine. Se vogliamo pas¬ 

seggiare, la passeggiata stessa ò fine, c quinci p 

lunga è la strada fatta, più ci « 


Le distrazioni non devono osser mai tollerato, 


almeno nella senola, porctó finiscono per degenerare 

in una certa tendenza, in una corta abitudine. An 

che le più bolle qualità dell'ingegno si perdono in 

un uomo so-ctto alla distrazione. Quantunque . fan- 


ossi non i— 


metà, rispondono in senso contrario, non sanno quei 

che leggono, c somiglianti. lg 


Valdarnini 







274 



LA PEDAGOGIA DI E. KANT 



La memoria devesi coltivare per tempo, procu¬ 

rando bensì di coltivare insieme anche la intelligenza. 

Si coltiva la memoria : 1° facendole ritenere i 

nomi che trovansi nelle narrazioni ; 2° merce la let¬ 

tura e la scritt ura, esercitando i fanciulli a leggere- 

attentamente e senza bisogno di compitare ; 3° con¬ 

io studio delle Lingue, che i fanciulli debbono capire, 

avauti di passare a leggerne qualcosa. Quello clic di- 

cesi il mondo dipinto (’orbis pictus), quando sia de¬ 

scritto convenientemente, rende i più grandi scrvigj, 

e possiamo incominciarlo dalla Botanica, dalla Mi¬ 

neralogia e dall a Fisica generale. Per descriverne gli 

obbietti, fa mestieri d’imparare a disegnare e a mo¬ 

dellare, e quindi vi abbisognano le Matematiche. Lo 

prime cognizio ni scientifiche debbono soprattutto aver 

per obbietto la Geografia così matematica come fisica. 

I racconti di viaggj, spiegati per via d’incisioni e di 

carte, condurranno poi alla Geografia politica. Dallo- 

stato presente della superficie della terra si risalirà, 

al suo stato primitivo, e si arriverà alla Geografia 

antica, alla Storia antica, e via dicendo. 


Leli istruzione del fanciullo bisogna cercare di 

•anirc a grado a grado il sapere e il potere. Fra tutte 

le scienze la Matematica pare sia la più adatta a 

far conseguile questo fine. Inoltre, bisogna unire la- 

scienza e la parola (la facilità del dire, l’eleganza 

eloquenza). Ma occorre altresì che il fanciullo im¬ 

pari a distinguere perfettamente la scienza dalla 

mp ice opinione e dalla credenza. A questo modo 

ouncià in lui una mente retta, e un gusto giusto 






dell’educazione fisica 275 


se non /ne o delicato. Il gusto da coltivarsi sarà 

prima quello dei sensi, degli ocelli specialmente, e 

infine quello delle idee. 


Vi debbono essere norme per tutto ciò che pu^ 

coltivare l’intelletto. È anche utilissimo di astrarle, 

affinchè l’intelletto non proceda in modo puramente 

meccanico, ma abbia coscienza della regola che segue. 


Riesce ancora di grande utilità l’esprimere le 

norme con una certa formula c tramandarle così alla 

memoria. Se abbiamo in mente la regola e ne di¬ 

mentichiamo l’uso, non si pena molto a ritrovarla. 

E qui si domanda : Convicn principiare dallo studio 

delle regole astratte, o le si devono apprendere dopo 

averne fatto uso, oppure conviene far procedere i 

pad passo lo regole e il rispettive uso? Quest ul¬ 

timo è il solo partito conveniente : nell alito caso 

l’uso rimane incertissimo finché non stame arrivai, 

alle regole. Occorre altresì, ove s, presenti 1 occa¬ 

sione, ordinare per classi le regole; e necessarieHuano 

unite fra loro. Dunque, sotto questo 


diversa dalla cultura P^^'^^gna alcun che 


rxtrsrr--— 


dello spirito. Essa e fisica ^ m ^ S 


a) Nella cultura/ ^ fano gll 0 non ha bisogno 

tica c dalla disciplina c ‘ 











276 LA PEDAGOGIA DI E. KANT 


di conoscere alcuna massima. È cultura passiva pel 

discepolo, che deve.seguire l’altrui direzione. Altri 

pensano per lui. 


b) La cultura morali si fonda sulle massime, 

e non sulla disciplina. Tutto e perduto, quando la 

si voglia fondare sull'esempio, sulle minacce, sulla 

punizione, e via dicendo. Sarebbe allora una pura 

disciplina. Bisogna fare in modo che l’allievo operi 

bene secondo le proprie sue massime e non p#r abi¬ 

tudine, e che non faccia solamente il bene, ma che 

lo faccia perchè è bene in sè. Imperocché tutto il 

valore morale delle azioni risiede nelle massime del 

bene. Tra l’educazione fisica e l’educazione morale 

corre questo divario : la prima è passiva per 1 al¬ 

lievo, mentre la seconda è attiva. Fa d’uopo ch’egli 

veda sempre il principio fondamentale dell’ azione 

e il vincolo che la rannoda all’ idea del dovere. 


2° Cxiltura particolare dello facoltà dello spirito. 

Questa cultura risguarda l’intelligenza, i sensi, la 

imaginazione, la memoria, l’attenzione e lo spirito 

(Witz) come qualità peculiare. Abbiamo già parlato 

della cultura dei sensi, per esempio della vista. I 11 

quanto alla immaginazione, devesinotare una cosa ed 

è, che i fanciulli son dotati di una immaginazione 

potentissima, e però non ha bisogno d’ essere svilup¬ 

pata ed estesa con favole e novelle. Piuttosto dev'es¬ 

sere frenata e sottoposta a regole, senza lasciarla però 

disoccupata del tutto. 


Le carte geografiche sono una grande attrattiva 

per tutti i fanciulli, anche pei bambini. Benché stan- 






dell’educazione fisica 217 


chi d’ogni altro stadio, essi imparano ancora qual¬ 

cosa per mezzo delle carte. Questa pei fanciulli è 

una distrazione eccellente, dove la immaginazione, 

senza divagar troppo, trova da fermarsi su certe 

ligure. Onde si potrebbe far loro incominciare gli stu- 

dj dalla Geografia, cui sarebbero unite figure di ani¬ 

mali, di piante, eccetera, destinate a vivificare la Geo¬ 

grafia stessa. La Storia dovrebbe venire più tardi. 


Riguardo all’attenzione, vuoisi notare ch’essaba 

bisogno & d’essere fortificata in generale. Unire forte¬ 

mente i nostri pensieri ad un oggetto meglio che 

una prerogativa è una debolezza del nostro senso 

interiore, il quale si mostra indocile in questo caso 

e non si lascia applicare dove noi vogliamo. Nemica 

d'ogni educazione si c appunto la distrazione. La me¬ 

moria suppone l’attenzione. 


2S. - Ora passiamo alla cultura delle facoltà su¬ 

periori dello spirito , che sono l’intelletto, il giu mio 

« 1» ragione. Si può cominciare dal formare in quaò- 


chemodo passivameli tel’iiitollotto, chiedendogli esernpj 


che si applichino all. regola, o al centrano I. 


dinon "P 8tel °“°“ oltane certe cose che por am¬ 

mencì senea capirle! E fi 


— ‘ PriMÌPÌÌ - 



bisogna por 



lente ohe 9 «i si tratta d’una ragione 






2"8 LA PEDAGOGIA DI E. ICAXT 


non ancora diretta o educata. Essa pei tanto non deve 

sempre voler ragionare, ma badare di non ragionar 

troppo su quanto è superiore alle nostre idee. Qui 

non si parla ancora della ragione speculativa, ma 

della riflessione su ciò che avviene secondo la legge 

degli effetti e delle cause. V’ha una ragione pratica 

sottoposta al suo impero ed alla sua direzione. 


Il miglior modo di coltivare le facoltà dello spiri¬ 

to consiste nel far da se tutto quello che si vuol 

fare; per esempio, mettere in pratica la regola gram¬ 

maticale che abbiamo imparata. Si capisce segnata- 

mente una carta geografica, quando possiamo ese¬ 

guirla da noi. Il miglior mezzo di comprendere è 

quello di fare. Quello che s’impara e si ritiene più 

stabilmente e meglio è appunto ciò che s’impara in 

qualche maniera da noi stessi. Ma pochi sono gli 

uomini che siano in grado di far da maestri a se 

medesimi. Questi chiamansi grecamente autodida- 

scali (a , j~c5'.5icx“oi). 


Isella cultura della ragione bisogna praticare il 

metodo di Socrate. Costui infatti, che chiamava so 

stesso 1 ostetricante della intelligenza de’suoi uditori, 

ne suoi dialoghi, conservatici in qualche maniera da 

Platone, ci dà esempj del come si può guidare anco 

le persone d’età matura a tirar fuori certe idee dalla 

loro propria ragione. Su molti punti non ò necessario 

che i fanciulli esercitino la mente loro. Non devono 

ragionare su tutto. Non hanno bisogno di conoscere 

le ragioni di quanto può conferire alla loro educa¬ 

zione ; ma quando si tratta del dovere, necessita 




dell’educazione fisica 



farne loro conoscere i principj. Tuttavia si deve in 

generale fare in modo da cavar da loro stessi le 

cognizioni razionali, piuttosto che d’introdurvcle. Il 

metodo socratico dovrebbe servir di norma al me¬ 

todo catechetico. Esso è certamente un po'lungo ; e 

torna difficile il condurlo in maniera tale da fare 

imparare agli altri qualcosa, mentre si cavano le 

•cognizioni dalla mente d’uno. Il metodo meccani¬ 

camente catechetico giova pure in molte scienze, come 

nell’insegnamento della religione rivelata. Nella re¬ 

ligione universale, al contrario, devesi praticale il 

metodo socratico. Ma per tutto ciò che dev essere 

insegnato storicamente, si raccomanda il metodo mec¬ 

canicamente catechetico. 



39. - Dobbiamo qui trattare anche la cultura del 

sentimento del piacere o del castigo. Dev essere 

negativa; il sentimento non dev’essere effeminato. 

La inclinazione alla effeminatezza c pei 1 uomo il 

più funesto di tutti i mali della vita. Dunque preme 

sommamente d’avvezzare per tempo i gio\ani a 




punto all’ altro, per 









280 LA PEDAGOGIA DI E. KANT 


cada loro qualcosa di sinistro. Il padre, invece, che 

li sgrida, che li picchia quando non sieno stati 

buoni, li conduce talvolta in campagna, e quivi li 

lascia, correre, giuocare c divertirsi a loro posta, 

conforme alla loro età. 


Si crede di esercitare la pazienza de’giovinetti 

facendo loro attendere una cosa per lungo tempo. 


Il che non dovrebbe essere punto necessario. Ma essi 

hanbisognodipazienza nellemalattio einaltre contin¬ 

genze della vita. Di due sorta è la pazienza: consiste 

o nel rinunziare ad ogni speranza, o nel prendere nuo¬ 

vo coraggio. La prima non c necessaria, quando si 

desideri unicamente il possibile; e si può aver sem¬ 

pre la seconda, quando non altro si desideri che il 

giusto. Ma tanto funesto è il perdere la speranza 

nelle malattie, quanto è favorevole il coraggio al 

ristabilirsi della salute. Chi ò capace di mostrarne 

ancora nel suo stato fisico o morale, non rinuncia 

alla speranza. 


Non bisogna render più timidi i fanciulli. Que- 

sto accade principalmente quando ci rivolgiamo ad 

essi con parole ingiuriose e quando si umiliano spes¬ 

so. Conviene pertanto biasimare quelle parole che 

molti genitori indirizzano ai loro figli : Eh, non ti 

vergogni ! Non vedesi di che i fanciulli potrebbero 

vergognarsi, quando, per esempio, mettono in bocca 

il loro dito. Si può dir loro che ciò non sta bene, 

questo non essendo l’uso: ma dobbiamo dir lo*' 0 

che si vergognino solamente quando mentono. La 

natura ha dato all’ uomo il rossore della vergogna, 









dell’educazione FISICA 281 


perchè si palesi quand'egli mente. Se dunque i ge¬ 

nitori parlassero di vergogna ai loro figli solamente 

quando mentono, essi conserverebbero fino alla morte 

questo rossore per la menzogna. Ma se li facciamo 

arrossire di continuo, si darà loro una timidezza 

che non li abbandonerà più. 


Come abbiamo detto qua sopra, non devesi pie¬ 

gare la volontà dei fanciulli, ma dirigerla per modo- 

che ella sappia cedere agli ostacoli naturali. Sulle 

prime il fanciullo deve obbedire ciecamente. Non 

è conforme a natura eh’ egli comandi con le sue 

grida, e che il forte obbedisca al debole. Dunque 

non va mai ceduto alle grida dei fanciulli c dei 

bambini stessi, perchè ottengano così ciò che vo¬ 

gliono. Qui i genitori per lo più &’ ingannano, e cre¬ 

dono di poter rimediare al male più tardi ricusando 

ai loro figli quanto dimandano. Ma e assuido i 

negar loro senza ragiope quello eh’ essi' attenti on 

dalla bontà dei genitori, coll’unico intento 


vogip ie du r T ii"Tr::r 


la loro volontà ed i un trastullo 


ordinariamente sino « o do Jn cui co _ 


pei genitori segna & ind J enZ a reca loro 


minciano a parlare. L’opposizione ai 








LA PEDAGOGIA DI E. KANT 



282 


conoscere come debbono governarsi. — Importante 

la regola da praticarsi coi bambini è questa : andare 

a soccorrerli quando gridano e si teme che non 

accada loro qualche male, ma lasciarli gridare quando 

lo fanno per cattivo umore. E una somigliante con¬ 

dotta bisogna costantemente tenere più tardi. La 

resistenza che in questo caso trova il bambino è 

affatto naturale e propriamente negativa poiché ri¬ 

fiuta semplicemente di cedere a lui. Molti figliuoli, 

invece, ottengono dai loro genitori quello che desi¬ 

derano, mercé le preghiere. Ove si lasci ottenere 

loro ogni cosa con le grida, essi divengono cattivi ; 

ma se ottengono tutto con le preghiere, diventano 

dolci. Bisogna dunque cedere alla preghiera del fan¬ 

ciullo, salvo che non ci sia qualche potente ragione 

in conti ario. Ma quando ci siano queste ragioni per 

non cedere, non bisogna lasciarsi più commuovere 

da molte preghiere. Ogni rifiuto dev’essere irrevo¬ 

cabile. Ecco un mezzo certo per non ripetere così 

di frequente il rifiuto. 


Supponete che vi sia nel fanciullo (cosa da po¬ 

tei si ammettere assai di rado) una tendenza naturale 

alla indocilità; il miglior partito si è, quando egli 

non faccia niente per rendersi a noi piacevole, di 

non fai niente per lui. — Piegando la sua volontà, 

t, ispiriamo sentimenti servili ; la resistenza natu¬ 

rale, al contrario, genera la docilità. 


40. La cultuì a morale vuoisi fondare su certe 

massime, non sulla disciplina. Questa impedisce i 


- 5 1 ucllc formano la maniera di pensare. Bi- 






dell’educazione fisica 283 


sogna fare in modo che il fanciullo si avvezzi ad 

operare secondo le massime , e non secondo certi 

motivi. La disciplina non genera che gli abiti, i 

quali svaniscono con gli anni. Necessita che il fan¬ 

ciullo impari ad operare secondo certe massime, di 

cui veda egli stesso la convenienza. Non occorre 

dimostrare come sia difficile di ottenere questo dai 

bambini, e come la cultura morale richieda molte 

cognizioni da parte dei genitori e dei maestri. 


Quando un fanciullo mente, per esempio, non 

si deve punire, ma trattarlo con disprezzo, dirgli 

che in avvenire non gli crederemo più, e somi 

glianti. Ma se lo castighiamo quando fa male, e Io 

ricompensiamo quando fa bene, egli a b° ia a * 

bene per essere ben trattato ; e quanc o piu a 

entrerà nel mondo dove le cose procedono altnmcn >, 

dove cioè egli può fare il bene ed il male senza 

riceverne ricompensa o castigo, non penserà 

mezzi per conseguire il suo fine, e sarà buono o cat¬ 

tivo secondo 1’ utile proprio. 


Le massime della coadotta amaca vanno "te¬ 

sante dall' nomo stesso. Dcvcsi ceicaic p 

d'inculcare ai fanciulli, mediante 1.• 


l'idea di ciò che ò bene o male. S.^-^ 


dare la moralità, non bisogna punire. ^ ' 


è qualcosa di così santo c sn ^appari colla 

abbassare a questo P»"‘° ° |M „1 C deb- 


disciplina. I primi sfora' ., qualo consiste 


buco tendere a fermare .1^ • ’ imc . Queste 


nell’abito d’operare secondo cerio 










281 LA PEDAGOGIA DI E. KANT 


dapprima sono le massime della scuola e poi quelle 

dell' umanità. Sul principio il fanciullo obbedisce a 

certe leggi. Anche le massime sono leggi, ma per¬ 

sonali o soggettive, perchè derivano dall’ intelligenza 

stessa dell’uomo. Niuna trasgressione alla legge della 

scuola deve restare impunita, ma la pena vuol es¬ 

sere sempre proporzionata alla colpa. 


Quando si vuol formare il carattere dei fanciulli 

preme assai di mostrar loro in tutte le cose un certo 

disegno, certe leggi, che essi ponno seguire fedelmen¬ 

te. Quindi, a ino’ d’esempio, si stabilisce loro un 

tempo per dormire, per lavorare, per ricrearsi; questo 

tempo, stabilito che sia, non devesi più nè allungare 

nè abbreviare. Nelle cose indifferenti si può lasciare 

l’elezione ai fanciulli, a patto bensì che poi osservino 

sempre la legge che han fatto a sè stessi. — Non bi¬ 

sogna tentare, per altro, di dare a un fanciullo il ca- 

ìatteie di un cittadino, ma-quello di un fanciullo. 


Gli uomini che non si sono proposti certe regole 

non potrebbero inspirare molta fiducia; spesso ci ac¬ 

cade di non poterli comprendere, nè mai sappiamo da 

qual verso conviene pigliarli. Vero è che non di rado 

si biasima la gente che opera sempre secondo certe 

i e^olc, come un tale che ha sempre un'ora cd un 

tempo stabilito per ogni azione ; ma sovente questo 

biasimo è ingiusto, e quella regolarità è una favore¬ 

vole disposizione al carattere, benché sembri una 

tortura. 


Elemento essenziale del carattere d’un fanciullo, 

e segnatamente d'uno scolare, è soprattutto l'obbe- 





dell’educazione fisica 285 


dienza. Questa è di due sorte: prima, un’obbedienza 

alla volontà assoluta di cbi dirige -, seconda, un’obbe¬ 

dienza ad una volontà riguardata coma ragionevole 

c buona. L’obbedienza può venire dal costringimento, 

dall'autorità, e allora è assoluta ; o dalla fiducia, c in 

questo caso è volontaria. Importantissima è la secon¬ 

da-, ma anche la prima è assolutamente necessaria, 

perchè questa prepara il fanciullo al rispetto delle 

leggi che dovrà più tardi osservare come cittadino, 

quand’anche non gli andassero a genio. 


Si deve dunque sottoporre i fanciulli ad una 

certa legge di necessità. Ma questa legge, dev’essere 

universale, e bisogna averla sempre dinanzi al a 

mente nello scuole. Il maestro non devo mostrare al¬ 

cuna predilezione, alcuna preferenza pei un a ° cl 

tra molti : chè diversamente la legge cessele 


universale. Quando il tannilo vedo> d». tu», 

gli alivi non sono sottoposti alla medesima legge nomo 


lui, diviene ostinato. presentata in 


Si dico sempre che ogni cosa P . clin£lzion e. 

modo tale ai fanciulli che la faccl ‘™ P ma pareC chic 

Il che in molti casi è c J 0 dove ri. E ciò 


cose vogliono esser loio p . tutta la vita, 


in progresso tornerà loro ^ funz ioni unite 


Imperocché nei servizj p u > ^ solo pu ò 


alle cariche, ed in molti a Ove supponessimo 


guidarci c non la indinone. ^ sare bbe 


che il fanciullo non compien . c d ’ a ltra parte 


sempre meglio di forniig ienC f - u ii 0 quantunque 

egli sa che ha doveri come 










286 LA PEDAGOGIA DI E. KANT 


veda più difficilmente d’averne come uomo. Se com¬ 

prendesse ancor questo, il che solo con gli anni è 

possibile, l'obbedienza sarebbe ancor più perfetta. 


Ogni violazione d’un ordine pel fanciullo è un 

mancare di obbedienza, che porta seco una puni¬ 

zione. Ma non è inutile di punire anche una semplice 

negligenza. La pena è fisica o morale. 


La pena è morale quando si attutisce la nostra 

inclinazione ad essere onorati cd amati, due aiuti, 

della moralità, come quando si umilia, o si accoglie 

freddamente il fanciullo. Tale inclinazione dev’essere, 

finche si può, conservata. Ora questa sorta di pena è 

la migliore, perchè aiuta la moralità; per esempio, se 

un fanciullo ménte, castigo sufficiente ed il migliore 

per lui è un’occhiata di disprezzo. 


La pena fisica consiste o nel ricusai’e al fan¬ 

ciullo ciò che desidera, o nell’infliggergli una certa 

punizione. La prima sorta di pena si avvicina a 

quella morale, ed è negativa. Le altre pene vanno 

adoperate con precauzione, affinchè non generino di¬ 

sposizioni servili (indoles servilis). Non conviene 

dar ricompense ai fanciulli, perchè ciò li rende in¬ 

tei essati e genera in essi disposizioni mercenarie 

(indoles mercenaria). 


Inoltre. 1 obbedienza risguarda ora il fanciullo, 

01 a il giovinetto. Il mancare d’obbedienza deve 

sempio avere la sua pena. Questa punizione, che 

si merita l’uomo per la sua condotta, o è affatto 

naturale , come sarebbe la malattia che si procura 

il fanciullo quando mangia troppo ; e questa specie 





dall’educazione fisica 287 


di pena è la migliore, perchè l’uomo la subisce non 

solamente nella infanzia, ma per tutta la vita. 0 

la pena è artificiale. Il bisogno di essere stimati ed 

amati è un espediente sicuro per rendere i castighi 

durabili. Le pone fisiche vanno adoperate solo come 

rimedio alla insufficienza delle pene morali. Quando 

il castigo morale non ha più efficacia e si ricorre 

alla pena fisica, bisogna rinunziare per sempre a 

formare con questo mezzo un buon carattere. Ma 

sulle prime la pena fisica serve a riparare la man¬ 



canza di riflessione nel fanciullo. 


Non approdano i castighi inflitti con segni ma¬ 

nifesti di collera. I fanciulli non vi scorgono allora 

che gli effetti della passione altrui, e considerano 

sè stessi come vittime di questa passione. In o ene 

rale, bisogna fare in modo che i fanciulli stessi ve 

dano come il fine vero e ultimo delle pepe inflitte sia 

il loro miglioramento. È assurdo pietendere c e : 

fanciullo da voi punito vi renda grazie, ^i ac 

mani, e via dicendo - , sarebbe un volerne ai 

schiavo. Quando le pene fisiche sono c i lC fl 

ripetute, formano caratteri ‘“Egoismo 


quando i genitori puniscono 1 fig P . „ 


Lo, non fanno cberonderlUncorapmcgo ^«n 


sono sempre i pm cattivi qrxo facilmcntc 


intrattabili, ma questi spesso * 


con le buone maniere. i nuella 


L'obbodionna de, giovinetto o -ve- 


del fanciullo, e sta nel sottomette- », v 


dovere, l'aro una eosa per dovere eqn.vale 










283 LA PEDAGOGIA DI E. KANT 


bedirc la ragione. Parlar di dovere ai fanciulli è 

fiato sprecato; essi alla fin fine concepiscono il dovere 

come una cosa da farsi sotto pena di essere fiustati. 

Unicamente dai suoi istinti potrebbe esser guidato il 

fanciullo ; ma, quando cresce, gli necessita 1 idea del 

dovere. Parimente, non dcvesi cercare di mettere 

innanzi ai fanciulli il sentimento della vergogua, ma 

riserbarlo alla età giovanile. .Difatti non può aversi 

tal sentimento se prima non siasi radicata la no¬ 

zione dell’onore. 


Una seconda qualità, cui bisogna soprattutto mi¬ 

rare nella formazione del carattere del fanciullo, è 

la veracità. Questo infatti è il tratto principale e 

l’attributo essenziale del carattere. Un uomo che món¬ 

te non ha carattere, c 6e v’ha in lui qualcosa di buo¬ 

no lo deve al suo temperamento. Molti fanciulli hanno 

una tendenza alla menzogna, che spesso deriva uni¬ 

camente da una talquale vivacità d’immaginazione. Ù 

dovere dei padri segnatamente di badare che i figli 

non contraggano questo abito, poiché le madri non 

vi annettono per ordinario che niuna o poca impor¬ 

tanza ; se pure esse non vi trovino una prova lusin¬ 

ghiera delle attitudini e dello capacità superiori dei 

loro figli. Qui torna opportuno di ricorrere al senti¬ 

mento della vergogna, poiché il fanciullo in questo 

caso lo comprende benissimo. In noi si manifesta il 

rossore della vergogna quando mentiamo, ma que¬ 

sta non ò sempre una prova di aver mentito o di 

mentire. Sovente arrossiamo della impudenza onde 

altri ci accusa d’una colpa. Non devesi cercare a ve- 






dfi.l’educaziónf. FISICA 



28!) 



mn costo di trai’ di bocca ai fanciulli la verità per 

via di punizioni, avesse pure a cagionare qualche 

danno la loro menzogna : e’saranno allora puniti per 

questo danno. La sola pena che ai mendaci convenga 

è la perdita della stima. 


Possiamo dividere le pene ancora in negative o 

in positive. Le negative si applicherebbero alla infin- 

gardia, o alla mancanza di moralità o almeno di gen¬ 

tilezza, come la menzogna, il dispetto di cortesia, la 

insocialità. Le pene positive sono riservate alla mal¬ 

vagità. Preme sommamente di non tener rancoio 

verso i fanciulli. 



Una terza qualità del carattere del fanciullo c 

la socialità. Egli deve pur conservare con gli altri 

relazioni di amicizia, e non vivere sempre c tutto per 




sè. Parecchi maestri, c vero, sono contrarj a questa 

idea; ma è ingiustissimo. I fanciulli debbono cosi 

prepararsi al più dolce di tutti i piaceri della vita. 



19 



Valdarnini 









2 dovesse 

oggi pagare il suo creditore, « 


T\ Itf “suo creditore, farebbe cosa gia- 


occorre sia libeio eia 0 meritoria ■ ma pa- 


correndo un povero foJ. mi0 . Si domando- 


“n'oTtro se l’a necessiti. ' pud giustificare la 

tÌloX 'Sdì certo I non si potrebbe concep.re un 












298 la pedagogia di e. kant 


solo caso in cui potesse ciò scusarsi, almeno davanti 

ai fanciulli; clic altrimenti essi piglierebbero la più 

lieve cosa por una necessità e si permetterebbero 

spesso di mentire. Se ci fosso un libro di questo ge¬ 

nere, gli si potrebbe consacrare con grande utilità 

un’ora ogni di, per insegnare ai fanciulli a conoscere 

ed a pigliare a cuore i diritti degli uomini, che sono ' 

eccitamento posto da Dio sulla terra. 


In rispetto all’obbligo di essere benefici, questo ò 

un dovere imperfetto. Occorre meno affievolire che 

eccitare l’animo dei fanciulli per renderlo sensibile 

alle sventure altrui. Che il fanciullo sia tutto pene¬ 

trato non dal sentimento, ma dall’idea del dovere! 

Molte persone son divenute realmente dure di cuore 

perchè, altre volte essendosi mostrate compassione- 

voli, furono di sovente tratto in inganno. E inutile di 

voler far sentire a un fanciullo il lato meritorio delle 

azioni. I preti commettono assai volte l’errore di pre¬ 

sentare gli atti di beneficenza come qualcosa di 

meritorio. Anche senza riflettere che, agli occhi di 

Dio, non possiamo far mai che il nostro dovere, si 

può dire che adempiamo semplicemente 1’ obbligo 

nostro beneficando i poveri. Difatti, la disuguaglianza 

del benessere tra gli uomini deriva da mere condi¬ 

zioni accidentali. Dunque, se posseggo beni di for¬ 

tuna li debbo a quelle circostanze che han favorito 

me o chi mi ha preceduto, c però devo pensaro anco 

alla società di cui sono membro. 


Si eccita l’invidia in un fanciullo avvezzandolo 

a stimare sè stesso giusta il valore degli altri. Deve, 








dell’educazioxe P11ATICA 299 


al contrario, stimar se giusta le ideo della sua ra¬ 

giono. Cosi l’umiltà vera e propria è un confronto 

del nostro valore colla perfezione morale, La reli¬ 

gione cristiana, per esempio, comandando agli uomini 

di paragonar sò medesimi al modello sovrano della 

perfezione, li rendo umili piuttosto che insegnar loro 

la umiltà. Far consistere l'umiltà nello stimar se meno 

degli altri c assurdo. — Vedi come questo o quel fan¬ 

ciullo si porta bene! e somiglianti espressioni. Parlar 

così ai fanciulli non c certo il modo d’inspirar loro 

nobili sentimenti. Quando l’uomo stima sè, giusta il 

valore degli altri, cerca o di elevarsi sopra loro, o di 

abbassarli. Il secondo caso c proprio dell' invidia. 

Allora non si pensa che a trovar difetti negli altri-, 

solo a questa condizione si reggo al confronto, c si 

riesce superiori. Lo spirito di emulazione applicato 

non bene produce l’invidia. Quando volessimo per¬ 

suadere alcuno che una cosa 6 fattibile, qui l’emu¬ 

lazione potrebbe giovare : come, puta caso, quan o 

esigo da un fanciullo un certo compito e gli mostro 


che altri han potuto farlo. 


A un fanciullo non va permesso di umiliare gli 


nitri in qualsiasi modo. Conviene ndoprarsi a sof¬ 

focare ogni superbia fondata sui vantaggi 

na. Ma bisogno fondare m pari tempo a ^ 


cioè una modesta fiducia in tó “f*'” 0 . 


r",:^rro g auro,obestane, non curarsi 

affatto dc’giudizj altrui. 







300 



LA PEDAGOGIA DI E. KANT 


Tatti i desiderj umani sono o formali (libertà c 

potere), o materiali (relativi ad un oggetto,) cioè 

desiderj d’opinione o di piacere -, o, lilialmente, ri¬ 

guardano la semplice durata di queste due cose, come 

clementi della felicita. 


Son desiderj della prima specie quelli degli onori, 

del potere e delle ricchezze. Appartengono alla se¬ 

conda specie i desiderj del piacere sessuale (voluttà), 

delle cose (benessere materiale) c della società (con¬ 

versazione). Sono, infine, desiderj della terza specie 

l’amore della vita, della salute, delle comodità (il 

desiderio d’essere scevro di cure nell’avvenire). 


I vizj sono quelli o di malignità, o di bassez¬ 

za, o di grettezza d’animo. Alla prima specie ap¬ 

partengono la invidia, la ingratitudine e la gioia per 

la sventura altrui -, alla seconda, la ingiustizia, la 

infedeltà (falsità), il disordine, vuoi nel dissipare le 

proprie sostanze, vuoi nel rovinarsi la salute (in¬ 

temperanza) e la propria reputazione ; alla terza 

specie, la durezza di cuore, l'avarizia c la infingardi 

(effeminatezza). 


Le virtù sono o di puro merito, o di obbligò' 

sione stretta, o d 'innocenza. La prima classe com¬ 

prende la magnanimità (che consiste nel domare se 

stesso, vuoi nella collera, vuoi nell’amore del benes¬ 

sere materiale e delle ricchezze), la beneficenza, il 

dominio sopra sè stesso. Spettauo alla seconda classe 

l’onestà, la decenza e la dolcezza’, alla terza infino, 

la buona fede, la modestia e la temperanza. 


Si domanda : l’uomo è moralmente buono o cat- 




. dell’EDUCAZIONE PRATICA 3»1 


tivo per sua natura ? Io rispondo : egli non è mo¬ 

ralmente buono nò cattivo, perchè non ò un essere 

morale per natura ; ©'diviene morale quando innalza 

la sua ragione fino alle idee del dovere e della legge. 

Si può dir tuttavia che l’uomo racchiudo in sè tendenze 

originario per tutti i vizj, avendo inclinazioni ed 

istinti che lo spingono da una parte, mentre la sua 

ragione l’attira dalla parte opposta. Egli dunque 

potrebbe divenire moralmente buono solo in grazia 

della virtù, ossia d’una forza esercitata sopra se 

stesso, quantunque possa rimanere innocente finche 


non si destano le suo passioni. 


La maggio.' parte dei vizj dorivano dallo stato 

di civiltà quando fa violenza alla natura; c c.ò nond.- 

meno la nostra destinazione corno uomini « 4. usci 

dal puro stato di natura dove non cor» d.fle.on» 

tra noi o gli animali bruti. L'arto perfetta ..teina 


alla natura. , „„„ „„„ p .i 


Nell’ educazione tutto dipendo, a . ‘ g[ 


ò: si stabiliscano dovunque buoni P ri “ W 

facciano comprender bene od 


Questi debbono imparare a sos . uue U d.o 1 


..cedi tutto 


surdo ; il timore dclh P P stima di sò 


degli «“ ini istori.™ JPepini». *«™i; 


medesimi o la le c la condotta a. 


il pregio ìntrinseo a , sentimento ; una 


moti del cuore , l inre “ *» devozione mesta, 


pietà serena odi animo boto a una de 


cupa e selvaggia- 








302 



I.A PEDAGOGIA DI E. KANT 



Ma bisogna anzitutto preservare i giovani dal 

pericolo di stimar troppo i meriti della fortuna ( me¬ 

rita fortunaà). 


43. - Se togliamo ad esame l’educazione dei 

fanciulli nella sua attinenza colla Religione, la prima 

questione da risolvere c questa : Si può inculcare 

per tempo ai fanciulli idee religioso? Ecco un punto 

di Pedagogia sul quale si è molto disputato. Le idee 

religiose suppongono sempre qualche Teologia. Ora, 

come insegnare una Teologia alla prima gioventù, 

che non conosce ancora il mondo, c neppure se stes¬ 

sa ? I fanciulli, che non hanno ancora la nozione 

del dovere, come potrebbero capire un dovere im¬ 

mediato verso Lio ? Ciò che v’ ha di certo si è, 

che se potesse avvenire che i fanciulli non fossero 

mai presenti ad alcun atto di venerazione verso 

1 Ente supremo, e non udissero mai pronunziare il 

nome di Dio, sarebbe allora conforme all’ ordine 

delle cose d attirare prima la loro attenzione sulle 

cause finali e su quanto si addice all’ uomo , di 

esercitarvi il loro giudizio, d’istruirli sull’ordine 

e sulla bellezza de’ fini della natura, di aggiungervi 

poi una cognizione più estesa e perfetta del sistema 

dell universo, e di venir così alla idea d’ un Ente 

upiemo, d un Legislatore. Ma siccome ciò non e 

possibile nello stato presente della società, come non 

1 o \ietaisi che i fanciulli non odano pronunziare 

i nome di Dio e non siano presenti ad atti di de- 

ìonc veiso di Imi, se volessimo attendere per 

insegnar loro qualcosa intorno a Dio, ne deriverebbe 







dell’educazione PRATICA 303 


nel loro animo o una grande indifferenza per la 

divinità, o una idea falsa, come il timore della po¬ 

tenza divina. Ora, poiché bisogna evitare che questa 

idea metta radice nella immaginazione dei fanciulli, 

devesi cercare per tempo d’inculcar loro idee reli¬ 

giose. Il che, per altro, non vuol essere un mero 

esercizio di memoria, nè una pura imitazione affet¬ 

tata, ma devesi al contrario seguir sempre a via 

naturale. I fanciulli, pur non avendo ancora 1 idea 

astratta del dovevo, dcll'obbligazione, della condotta 

buona o cattiva, capiranno esservi una leggo del 


dovere, o ch'cssa non consisto noi piacere, nell ut.le 


o in altri simili considerazioni elle la 

ma in qualcosa di generalo che non s. fonda sm 

• capriccj umani. Bensì il maestro medesimo d 


toi p q r;sit;e tutto riferire a Dio nella indura, 

e attribuire ancor questa a Lui. lei ]a 


mostrerà in primo por Lequilibrio loro, ma 


ind^rcttameute^ancbe^per 1’ uomo affinchè possa ren¬ 

dersi felice. fin a* principio un’idea 


La miglior via pe m .. a o- 0 nare per ana- 


chiara di Dio sarcb c que^ ^ m paJre 0 , ie 


logia il concetto di . cosi fclieemento 


abbia cura di no,1““^ onere nn,ano corno nna 


a concepire 1 unita 


sola famiglia. , Tfeliffione ? La re- 


° b °’ aÌ "T;Sr^2ei, inquanto 

ligione è la legge che risied 







Mi U PEDAGOGIA DI E. KANT 


riceve da un legislatore c da un giudice l'autorità 

che ha su noi ; è la morale applicata alla cognizione 

di Dio. Se la religione non si unisce alla inorale, 

essa altro non è che una maniera di sollecitare il 

favore celeste. 1 cantici, lo preghiere, il frequentare 

lo chiese, tutto ciò deve servire unicamente a dare 

all' uomo nuove forze ed un nuovo coraggio per di¬ 

ventare migliore ; altro non deve essere che la pura 

espressione di un cuore animato dall’ idea del do¬ 

vere ; tutto ciò c preparazione al bene, ina non co¬ 

stituisce il bene in se. Non possiamo piacere all’Ente 

supremo se non diventando migliori. 


Ai fanciulli conviene anzitutto insegnare la 

legge che hanno entro di loro. L’uomo ò dispregevole 

agli stessi occhi suoi quando cade nel vizio. Questo 

disprezzo ha la sua ragione in sò, e non già nella 

considerazione che Dio ha proibito il male ] impe¬ 

rocché non è necessario che ogni legislatore sia nel 

tempo stesso autore della legge. Così un principe 

può vietare il furto ne’ suoi Stati, e nondimeno egli 

potrebbe non essere 1’ autore della proibizione del 

furto. Quindi 1 uomo riconosce che la sua buona 

condotta può solo renderlo degno della felicità. La 

legge divina deve nel tempo stesso apparire come 

una legge naturale, poiché non c arbitraria. La re¬ 

ligione rientra dunque nella moralità. 


Ha non bisogna cominciare dalla Teologia. La 

religione elio sia fondata semplicemente sulla Teolo¬ 

gia, non può contenere alcun che di morale. Essa 

non ispirerà altri sentimenti clic il timore da una 





dell’educazione pratica 30S 


parto e la speranza del premio dall'altra ; e quin¬ 

di produrrà un culto superstizioso. La Morale de¬ 

ve pertanto venir prima della Teologia. E così ab¬ 

biamo la Religione. 


Dimandasi coscienza la legge considerata in 

noi. La coscienza è veramente 1’ applicazione dello 

nostre azioni a questa legge. I rimorsi della coscienza 

resteranno inefficaci, ove non li consideriamo come rap¬ 

presentanti di Dio, il cui trono sublime è fuori c 

sopra di noi, ma che ha pure stabilito in noi un tii- 

bunale. D’ altra parte, quando la religione non è 

accompagnata dalla coscienza morale resta inefficace. 

La religione senza la coscienza morale, come ab¬ 

biamo detto, è un culto superstizioso. Si pretende 

servire Dio con lodarlo, per esempio, col celebrarne 

la potenza e la sapienza, senza curarsi di osservare 

lo leggi divine, senza neppur conoscere e studiare a 

sapienza e potenza di Lui. Taluni cercano in quelle 

lodi una sorta di narcotico per la loro coscienza, o 


una sorta di cuscino sul quale sperano riposare tran- 


non * i» g-* «.-*» 

lo idee religiose, me posiamo tuttavia 

loro alcune ; queste bensì debbono essere piuttosto 

negative efaL positive. È inutile d. ar re tare ^ 

mole ai fanciulli 1 questo non pub dar loro eh u idea 

falsa della pietà. La vera 


sta nell'opera,-e secondo 1» volontà d Ln. . e 

massimale si devo i^— 


terossc loro ed anche nosti , I ^ 


Valdarnini 









;JOG LA PEDAGOGIA DI E. KANT 


nome di Dio non sia profanato così spesso. Invocarlo 

nei desiderj e negli augurj, sia pure con intendi¬ 

mento pietoso, è una vera profanazione. Ogni qual¬ 

volta gli uomini pronunziano il nome Dio, e’ dovreb¬ 

bero essere tutti compresi di rispetto ; dovrebbero 

pertanto farne uso di rado e mai leggermente. Il 

fanciullo deve imparare a riverire Dio, prima come 

signore della sua vita e dell'universo, poi come pro¬ 

tettore o provvidente deH’uomo, e finalmente come 

suo giudice. Dicesi che Newton si raccogliesse uu mo¬ 

mento ogni qualvolta pronunziava il nomo di Dio. 


Unendo e rendendo ciliare nella mente del 

fanciullo ad un tempo le nozioni di Dio c del do¬ 

vere, gl’insegniamo a rispettar meglio le cure prov¬ 

videnziali di Dio verso le sue creature, e lo pre¬ 

serviamo dalla tendenza alla distruzione ed alla cru¬ 

deltà, che in tanti modi si compiace di tormentare 

i piccoli animali. Si dovrebbe nello stesso tempo 

istruire la gioventù a scoprire il bene nel male, 

mostrandole, per esempio, modelli di nettezza e di 

operosità negli animali di rapina e negli insetti. Essi 

fan ricordare agli uomini cattivi il rispetto della 

legge. Gli uccelli che danno la caccia ai vermi, sono 

i difensori de’giardini ; c così prosegui. 


Bisogna pertanto inculcare ai fanciulli certe 

nozioni intorno all’Ente supremo, affinchè quand/cssi 

vedono gli altri pregare, sappiano a chi o perchè si 

fanno quelle preghiere. Ma poche hanno da essere 

tali nozioni e, come dicemmo qui sopra, puramente 

negative. Devesi cominciare ad imprimerle fin dalla 





dell’educazione pratica 301 



prima età neH’animo dei fanciulli, ma insieme badare 

ch’essi non istimino gli uomini secondo la pratica 

della rispettiva religione ; imperocché, nonostante la 

diversità dei culti religiosi, trovasi dovunque unità 

di Religione. 


44. - Aggiungeremo, per concludere, alcune 

osservazioni, rivolte particolarmente ai fanciulli che 

entrano nellagiovinezza.Aquest’età il giovinetto prin¬ 

cipia a fare certe distinzioni che non faceva prima. 

Viene ili luogo la differenza dei sessi. La 


natura ha in qualche modo gettato là sopra il velo 



del segreto, come se la ci fosse qualcosa di meno 

decente per l’uomo e che per lui fosse un mero bisogno 

della vita animale. Essa ha cercato d unirlo con ogni 

sorta di moralità possibile. Gli stessi popoli selvaggi 

conservano su questo punto una specie di pudore e 

di ritegno. I fanciulli curiosi fanno talvolta certe di¬ 

mando su questa materia alle porsone adulte, per 

esempio : Donde nascono i bambini ? Ma possiamo con¬ 

tentarli facilmente o dando risposte insignificanti, o 

dicendo loro che ia dimanda è propi io da barn ini 

Meccanico è lo svolgimento di questo tendenze 

nel giovinetto; e, come in tutti gl'istinti che si dispie¬ 

gano in lui, non ha bisoguo di conoscerne prime^ og¬ 

getto- È dunque impossibile di mantener qui , g pa¬ 

netto nella ignoranza e nella innocenza o i 

compagna. Il silenzio non fa che aggravalo li male; 

Dna prova ci è fomitadall'edncaz.ono dei noeta “ 0 

nati. Secondo l'educazione dell'età nostra* 

giustamente che di queste cose bisogna pollare «, 











•JOb LA PEDAGOGIA DI E. KANT 


vinetto senz’ambagi, in modo chiaro o preciso. Per 

fermo si tocca un tasto delicato, poiché non so ne 

fa volentieri soggetto di conversazione pubblica. Ma 

tutto sarà ben fatto se gli parliamo di ciò in modo 

serio e conveniente, e se penetriamo nelle sue incli¬ 

nazioni. 


L’età dei 13 o dei 14 anni è e quella ordina¬ 

riamente in cui la tendenza per il sesso dispiegasi 

ne' giovinetti (se avviene prima, vuol dire che i 

fanciulli sono stati corrotti e perduti da cattivi escm- 

pj). A quell’età il giudizio loro si ò già formato, c 

la natura l’ba provvidamente preparato affinchè pos¬ 

siamo allora discorrere di tal oggetto con essi. 


Non v’ò cosa che tanto fiacchi lo spirito e il cor¬ 

po quanto la specie di voluttà che l’uomo consuma 

sopra sè stesso ; non occorre diro ch'essa è contraria 

alla natura umana. E quindi non si deve più tener 

celata al giovinetto. Bisogna mostrargliela in tutto 

l’orrore suo, e dirgli elio si rende cosi disadatto alla 

propagazione della specie, che rovina le sue forze 

fisiche, che si prepara una vecchiaia precoce, che con - 

suma il suo spirito, e va dicendo. 


Per fuggire le tentazioni di questo genere bi¬ 

sogna stare occupati sempre e non concedere al letto 

ed al sonno altre ore che le necessarie. A questo modo 

il giovinetto caccerà via dalla mente i pensieri cattivi 5 

poiché, sebbene l'oggetto esista nella pura immagina¬ 

zione, egli usa ancora la forza vitale. Quando la incli¬ 

nazione si porta sull’altro sesso, almeno s’incontra 

sempre qualche resistenza; ma quando è rivolta sopra 





DELL’EDUCAZIONE l'UATlCA 309 


l’individuo stesso, può ad ogui momento essere ap¬ 

pagata. Rovinoso ò l’effetto fisico’, ma le conseguenze 

morali sono ancor più funeste. Qui si varcano i con¬ 

fini della natura, e la tendenza non è mai sazia, 

perchè non trova mai alcuna soddisfazione reale. Ri¬ 

spetto ai giovani, alcuni precettori han posto la qui- 

stione : Può ad un giovane permettersi di formare 

unione con una persona di sesso diverso? Sebisognasse 

scegliere uno di questi duo partiti, il secondo sarebbe 

certamente migliore. Nel primo caso il giovane opere- 

rebbe contro natura - , ma nel secondo, no. La natura ia 

destinato a diventare uomo, e quindi anche a pro¬ 

pagare la specie umana, appena è in grado di proteg 

gere sè stesso; ma i bisogni, a’quali deve neces¬ 

sariamente sottostare l’uomo nella società civile non 

gli consentono di poter ancor» allevare .suor SgU. 

Qui pertanto egli va contro l'ordine ernie. U n,^' 

partito pel giovane, e questo k per In. «ohe u 

vere, sta nell'attenderc ohe sia in grado d uni... 

regolarmente in matrimonio. P“ ra “ 0 ^ btl on 


mostrerà non solo uomo dabbene, s. 


cittadino. tempo a dimostrare alla 


Il giovine apprenda pe. ^mp ^ mMÌlMn0 


donna tutto il rispetto c 0 ^ j, epararsi così 


la stima con lodevole operosità, ed a piepa 


all'onore d’nna ““ il gi»™* 110 ’ 


La seconda diff corainc ia a porre e 


oramai ad entrare nel dei ceti e ladisu- 


quella che risguarda la fanciullo, non 


guaglianza degli uomini. Finche 








310 LA PEDAGOGIA DI E. KANT 


bisogna fargli notare questa differenza. Non gli si 

deve permettere di comandare ai domestici. S’egli 

osserva che i suoi genitori comandano ai domestici, 

gli si può sempre dire : Noi li manteniamo, e però 

essi ci obbediscono. I fanciulli ignorano del tutto que¬ 

sta differenza, se i genitori non ne porgono loro l’idea. 

Convien dimostrare al giovinetto come la disugua¬ 

glianza degli uomini sia un ordine di cose derivato 

dai vantaggj onde certi uomini hanno cercato di di¬ 

stinguersi dagli altri. La coscienza dell’eguaglianza 

degli uomini, nonostante la disuguaglianza civile, può 

essergli inspirata a poco a poco. 


45. - Fa mestieri di avvezzare il giovine a sti¬ 

mar se giusta il proprio valore, c non secondo il va¬ 

lore altrui. La stima degli altri, in tutto ciò clic non 

costituisce affatto il valore dell’uomo, è vanità. Bi¬ 

sogna, inoltre, insegnare al giovine a fare ogni cosa 

coscenziosamente, ed a porre ogni cura non tanto di 

parere, quanto di essere. Avvezzatelo a far sì che 

in ogni contingenza della vita, presa ch’egli abbia 

la sua risoluzione, questa non resti vana ; meglio 

sarebbe di non venire in alcuna deliberazione, e di 

lasciar sospesa la cosa. Insegnategli la moderazione 

ne’suoi rapporti col mondo e la pazienza nel lavoro : 

Sustine et abetine ; insegnategli la temperanza nc’ 

piaceri. Quando l’uomo non desidera unicamente i 

piaceri, ma sa ancora essere paziente nel lavoro, di¬ 

viene un membro utile alla società e si preserva 

dalla noia. 


Conviono pure istruire il giovine a mostrarsi 








DELL'EDUCAZIONE 1MIAT1CA 311 


festevole e di buon umore. La serenità dcH’anirao 

deriva naturalmente dalla coscienza tranquilla. Rac¬ 

comandatogli pertanto di conservare lo stesso tem¬ 

peramento. Con l’esercizio egli può arrivare amo- ■ 

strarsi sempre di buon umore in società. 


Abituatelo a considerare molto cose come do¬ 

veri. Un’azione dev'essere pregevole, non perche si 

accorda colla mia inclinazione, ma perche nel farla 


io compio il mio dovere. 


Bisogna educare il giovine all’amore verso gh 

altri c poi a tutti i sentimenti verso l’umanità. Nel¬ 

l’animo nostro v’ha qualcosa che vuole c'interessiamo 

di noi stessi, di coloro coi quali siamo cresciuti non 

dio educati, o del bene universale. Va rose fam.liaro 

questo interesse ai fanciulli perchè riscaldi le anime 

loro. Essi debbono gioire del bene universale, quando 

anche non torni a vantaggio della patria o d, 


‘“ 0d Conviene abituarli ad nneordare una mediocre 


stima al godimento de'piaoen ndln vi• • 


nirè i, timore puerile Eseguire 


strare ai giovani che il P ia 


ciò ohe promette. loro atten2 ;„ne 


Bisogna, per ultime, torma a „ U a 


ii -i* ri! rpndorsi conto 0 o m o 


sulla necessita di rende ine de n a vita pos- 


propria condotta, perdi • * acq ùistato. 


sano stimare debitamen 










LA MISSIONE BELLA DONNA 



NULLA. SOCIETÀ ODIERNA. 



I. 


Chi esaminasse con occhio diligente, acuto od 

imparziale tutte le cagioni e tutti gli umani indivi¬ 

dui che in un modo o nell'altro concorrono al pro¬ 

gresso ed al perfezionamento della specie umana, 

vedrebbe che alla donna spetta non picciola parte 

di gloria in questo progresso indefinito. Anzi tutte, 

come osservò uno storico nostro contemporaneo, se 

1 uomo incontra spesso la morte per la salvezza della 

patria, la donna corre pericolo della vita ogni qual¬ 

volta mette alla luce una creatura umana. Onde il 

Leopardi (Canto notturno di un pastore errante del' 

l'Asia ) scriveva : 


Nasce l’uomo a fatica, 


Ed è rischio di morte il nascimento. 


Dalla cuna alla tomba, dalle più modeste cure della 

famiglia a'più alti e gloriosi ufficj dello Stato, dai 

primi rudimenti del sapere e del viver civile alle 

più nobili manifestazioni del pensiero ed al più squi¬ 

sito incivilimento cui sieno pervenuti gli umani con- 










LA MISSIONE DELLA DONNA ECC. 



313 . 



sorzj, nella prospera e nell’avversa fortuna, in pace 

ccl in guerra, nelle arti, nelle scienze e nelle lettere, 

in ogni tempo e presso le nazioni tutte, per via più 

o meno diretta, in modo ora occulto ora palese, vi 

scorgi sempre l’opera e l’efficacia della donna ne vaij- 

suoi ufficj di sorella, di figlia, di amante, di sposa, 

di madre, di cittadina, di cultrice d’ogni arte li¬ 

berale od ispiratrice de’più nobili sentimenti, d’eroina 

del dovcree,seoccorre,di martire del sacrifizio. Senza 

la donna, oltre non potersi' conservare o perpetuare 

il genere umano, l’opera divina della creazione non 

sarebbe stata compiuta, non avi ebbe avuto i 

più bello e vero coronamento. 


IL 



Sollevata dal Creatore ad un grado sì nobile, 

destinata a sì alto ufficio, la donna non fu m » 

tempo c debitamente pregiata dagli uomini, n 


ellastessa o non volle sempre corrispondere al a sua 

missione. Nel paganesimo essa o fu tenu a s • j 


o fu considerata del tutto inferiore all’uomo e qual 


mero strumento di voluttà. Pei atio un 8V0 iaero 

basso e misero stato, se ufficio, 


tutte le sue facolta e compì umana 


non mancò affatto nel progresso della -v ^ 


l’opera di lei, giacché la natuia s . res trin- 


di quando in quando i calpes a i invano 


prò- 


le donne si volevano appa ^ Qultara in^ 


cacciavasi loro una buon 





314 LA MISSIONE DELLA DONNA 


tellettualc, chi nei più aspri pericoli della patria, 

nelle arti e nelle lettere faccvasi tuttavia sentire 

l’impulso animatore della donna greca. Infatti; dii non 

ricorda come la giovinetta, la sposa e la madre inspi¬ 

rassero animo forte alla greca gioventù, che prima 

della battaglia acconciavasi la bella persona, quasi 

.traesse a convito e alla danza? Chi non ricorda come 

Socrate rassomigliasse il suo modo di filosofare al¬ 

l’arte della madre sua Fenarete ? Chi non ricorda le 

ispirazioni di un'Aspasia, c il valore poetio dell’in¬ 

felice Saffo, molti versi della quale possono reggerò 

al confronto di quelli più affettuosi d’Anacreonte? E 

questi non imitò poi la fanciulla di Lesbo ? - Invano 

l’antica lloma negava alla donna ogni personalità giu- 

'ridica, che ivi pure non mancavano stupendi esempi 

di amor patrio c di senno. Chi non ricorda infatti 

la pacò fra i Romani ed i Sabini, stipulata (checche 

ne pensi la critica moderna) per int.crcessiono delle 

rispettive donne? E, per tacere dello influsso della 

ninfa Egeria su Nuraa Pompilio, la storia non ha 

essa glorificato l'eroismo di Clelia ; le preghiere, 

ispirate da vivo amor patrio, della madre e della sposa 

di Coriolano ; il sacrifizio di Virginia ; la rettitu¬ 

dine e l’anuegazione delle madri dei Gracchi e degli 

Scipioui, esempio rinnovato ai nostri giorni dall’eroica 

madre dei fratelli Cairoli ? L’opera della donna non 

fu adunque del tutto manchevole od impotente nella 

civiltà pagana, e presso le schiatte che abitavano al 

mezzodì c all’occidente del mondo antico. 


Rinobilitata dal Cristianesimo e tenuta in.mag- 









NULLA SOCIETÀ ODlÈllNÀ 315 


giorc stima appo i vigorósi popoli del settentrione, 


La clonna ; ritornò man mano signora di sò, fu pro¬ 

clamata degna o ■ inseparabile compagna dcH’uomo. 

Èssa allora comprese tutta la nobiltà della sua natura, 

andò via via perfezionandosi, e cooperò efficacemente 

a rialzare la stessa dignità umana, e a far progredire 

la civiltà. Lasciati gli Dèi falsi c bugiardi, abbrac¬ 

ciata la religione di Cristo, la donna se uc fa la più 

valida sostenitrice c propagatine©, come ci,testi¬ 

monia la madre di Agostino il santo, la imperatrice 

Eletta madre di Costantino; Teodolinda regina dei 

Longobardi, c' molte altre rioordate dall’istoria. Nel 

medio evo i più intrepidi c cortesi cavalieri cingono 

la spada-in difesa della donna e della fede; un Abe¬ 

lardo,'famoso disputatore nelle più aride c nelle pm 

alte questioni di filosofia e teologia in Paii D i ne 

colo XH, ò attratto dalla bellezza c dall’ingegno 


d'Eloisa, nobile creatura (dico il Cousin) che amo come 


santa Teresa e scrisse talvolta come eneca " . 

donna ispira il canto dei trovatori, e porgo ra 

alle’ lingue romanze ; Beàtnce si 6 che sia 


stare l’ingegno più universal l . a]la 


vissuto nei tempi di mezzo  al 


Ugnato Papato, lo richiama a a 








316 LA .MISSIONE DELLA DONNA 


suo vero ufficio. Instigatrice a nobili imprese, la don¬ 

na piglia non di rado la lira, ne trae suoni armoniosi 

e delicati, come Gaspara Stampa, Veronica Gambara 

e Vittoria Colonna. Altre maneggiano con onore il* 

pennello, come SofonisbaAnqùisciola, Barbara Longhi 

e Teodora Danti, pittrice c matematica insigne; e ta¬ 

lune maneggiano perfinolo scalpello, come a'dì nostri la ' 

egregia e valenteAmaliaDuprè. Moltissime poiriesco- 

no eccellenti nella musica. Una Margherita illuminae 

rende civile la Scozia ; più tardi Maria Teresa c 

Caterina II a governano sapientemente due più te¬ 

muti Imperi d’Europa. In tempi a noi più vicini 

la signora di Stiicl predicava la Comunione intel¬ 

lettuale dei popoli; Albertina-Necker scriveva di 

Pedagogia, ed in molte osservazioni sullo sviluppo 

della intelligenza e degli affetti del bambino fu più 

acuta di Emanuele Kant. La signora Swetchino, 

oriunda della Russia, onorava gli uomini più illustri 

della Francia contemporanea e alla sua volta era 

da essi meritamente onorata. In Ginevra tenne cat¬ 

tedra di lettere italiane la nostra Caterina Ferrucci, 

e poi scriveva un insigne trattato smW Educazione 

morale della donna italiana. Taccio poi gl’illustri 

nomi dello signore De Spuches Galati, Milli, Fuii 

Fusinato, Alinda Brunamonti ed altre, per ricor¬ 

dare quello della perugina marchesa Florenzi, che 

a nostri giorni coltivò con onorato successo una delle 

più difficili e la più universale delle discipline ra¬ 

zionali, vo dire la Filosofia. Ecco ricordati, in questi 

pochi csempj, i meriti insigni del gentil sesso. 








NELLA SOCIETÀ ODIERNA 



ni 



III. 


A questi meriti la donna moderna può e deve 

aggiungerne degli altri, adempiendo sempre il suo 

nobile mandato, perfezionando sè stessa, e coope¬ 

rando efficacemente ai multiformi aspetti della civiltà 

e dell’umano progresso. Poiché la uatura della donna 

non cambia, e poiché dal Cristianesimo é stata sol¬ 

levata al suo più alto c vero grado, ella ha sempre 

c dovunque il medesimo fine da conseguire. Ma m 

gran parte variano i modi per adempiere sì alta 

missione, secondo che mutano le condizioni politiche, 

intellettuali e morali della società in mezzo alla quale, 

vive la donna. Questa, inoltre, si é perfettibile e non 

perfetta, né può sottrarsi, in mezzo agli sp e 

della civiltà nostra, alle leggi che governano il gra¬ 

duato avanzamento del genere umano, osi, po 

in oggi la donna ispirare animo al guerr.ero pei la 

stessa idea e per le stesse cagioni onde Io ispira 

tempi di meco ? E le sole doti mota!., 

da Ima conveniente cattura intellettuale sainbb no 

oggidì sufficienti a .cadere, non diri. 


spettata la donna, “‘.^““notanefieo o potente 

congiunture della vita tatto 


influsso negli nomini «1» consistere il 


Vediamo, portante, >n ‘ ^ nelIa 80 „ietà 

vero e compiuto ufficio d ^ ^ cavat teri 


odierna, tenendo fermi da ™ giuste o 


essenziali, e dall’ altro tenendo con 

razionali esigenze dei nostii temp 









I.A .MISSIONI' DELLA DONNA 





vi. 


Nel suo librò La dolina e là scienza -1' onorevole 

SalvatdreMorelliassegnavaun triplice scopo alla donna, 

cioè di partorire 1’ uomo, di educarlo, di muoverlo o 

dirigerlo al bene. E per l’illustre professore gine¬ 

vrino, Ernesto Naville, il véro ufficio della donna 

consiste in opere di educazione, di pietà e di mise¬ 

ricordia (Il Dovere: discorso alle signore di Ginevra 

c di Losanna). E sta bene: ma noi'vogliaiio consi¬ 

derare la donna in modo più esplicito c sotto qualche 

altro aspetto, vale a dire in tutte le sue più affet- 

tuose e più solenni manifestazioni. Cominciamo a 

riguardare la donna come sorella. 


Dopo il rispetto che il figlio deve ai genitori, 

viene quello verso la sorella. Ah ! chi può mai com¬ 

prendere tutta la dolcezza e la soavità di questo 

meno ? I più gentili e nobili sentimenti clic poi fanno 

caro e degno di stima 1-' uomo in società, egli deve 

apprenderli ed esercitarli in famiglia e specie con 

le sorelle. Queste, per ordinario pazienti, soavi, gra¬ 

ziose, capaci di profondo c puro affetto fraterno, 

destano rispetto ed amore, raddolciscono l’animo, 

fanno più miti le correzioni dei genitori, formano 

a piu bella e fida compagnia del fratello. Quando 

esse lasciano la casa c il nome del padre per assii- 

meie quello d un altro uomo, o quando inesorabile 

morte le rapisco anzi tempo, la casa paterna pare 

cnenga un deserto. È la sorella Paolina che, nel 





NELLA SOCIETÀ ODIERNA 319 


primo caso, inspira al Leopardi uno dei più belli 

suoi canti. È la buona Manétta Pellico che rinunzia 

alle gioie torrone, si ritira in un chiostro e prega 

pel fratello Silvio prigioniero allo Spielbergo; e quel- 

1' atto magnanimo ispira versi affettuosi all’ amico 

di lui, all’intrepido Maroncelli ! “ La sorella è al¬ 

l’uomo la prima compagna, la prima amica, quella 

che all’ uomo fa presentire le dolcezze innocenti del- 

1’ amore di donna. L'ineguaglianza degli anni e la 

severità de’ modi pone tra genitori e figliuoli certa 

distanza che accresce 1 affetto vero rinforzandolo co 

rispetto, ma clic richiede come a ristoro altri eser- 

cizj del cuore. Col fratello ogni cosa comune: la me¬ 

moria, le gioie, i patimenti, i piccoli enoii.... n 

luoghi di pochi e poveri e sovente divisi, abitanti 

la famiglia è patria e universo. La sorella in que 

ire tenaci infonde qualche parola di amoie . 

lo sguardo, le lagrime di donna ritemprano, per 

fiera che sia, la virile durezza, e a generosi a 

spengono. Onde sorella è dolce e poetico nomerò 


di questo nome si 


rapilo nel 1874 all'Italia, alle lettere, alla 


V. 


a „ annsa la donna ha un 

Se poi diviene amante P > opGr0 sità. 


più vasto campo dove eterei ai ^ . zi 


È il- forte adopra o pensa. 








326 



I.A MISSIONE DELLA DONNA 



Vili. 


E voi specialmente, donne italiane, abbiatevi: 

pure questo vanto, o sappiate ognor più meritarvelo : 

a vostro senno molte fiate pensa ed opera il letterato, 

l’artista, l’uomo di scienza, e talvolta anche l’uomo 

di Stato ! Per citarvi un solo esempio, senza l’im¬ 

pulso, il conforto e l’approvazione di due egregie- 

donne, la contessa Balbo e la siguora Pellico madre 

di Silvio, questi avrebbe egli scritto e reso di pub¬ 

blica ragiono Le mie Prigioni, libro che ha fatto 

palpitare tanti cuori, che noi da giovinetti leggevamo 

piangendo e fremendo, e che ha cooperato, più di 

molte battaglie, alla libertà e indipendenza d'Italia?' 

Sicché la donna, oltre poter da so coltivare non 

senza gloria lo lettere ed alcune razionali discipline, 

e divenire eccellente nelle arti liberali, può c deve 

inspirare il letterato c l'artista, animare lo scien¬ 

ziato, c può altresì correggerlo quando certe suo- 

teorie pugnino con i più nobili sentimenti del¬ 

l’animo e col senso comune, che il più delle volte 

lasciando parlar la natura, diceva il Mamiani, fa- 

la spia della verità. Infatti, se il Rousseau avesse 

pensato a sua madre o se avesse potuto interro¬ 

garla, avrebbe egli scritto quel terribile voto, che 

i figli non dovessero mai conoscere i loro parenti ?' 

E se alcuni oggidì, oltre dover meglio badare alla 

prova certa e compiuta dei fatti e alle sane regole 

«ella logica, pensassero alla nobiltà dell’uomo e in¬ 

terrogassero il cuore profetico della donna, verreb- 








NELLA SOCIETÀ ODIERNA 



327 



bero essi a certe conclusioni c teorie che procla¬ 

mano non punto dissimilo da quella dei bruti la 

discendenza di nostra progenie ? 


Quanto alle lettere, tanta c l’efficacia della don¬ 

na, che se ad una letteratura moderna rimangono 

estranee le donna, e’vuol dire eh’essa non ha vita. 

l>en è vero che la donna, soggiungo quel dottissimo 

ed acuto ingegno del Bonghi, devo entrare in una 

letteratura più come direttrice clic come operaia 5 

allora col suo criterio lino c giusto, con quella sua 



delicata spontaneità di sentire, con quella sua at¬ 

titudine a scovrire le pieghe del cuore,.... con quel 

suo vivere nel presente, colla sua inclinazione a 

non accontentarsi, secondo l’indole, se non o d un 

pensiero ben circoscritto 0 d’un affetto infinito 0 

col potere tutto suo di sancire col sorriso e colla 

grazia il giudizio ch’esprime, ha un influsso po¬ 

tente ed utile nella letteratura d’un popolo mo¬ 

derno. Oltre di clic, per il suo posto nella fami 

glia e nella società, la donna è lo -strnmen 0 pm 

adatto e più sicuro della diffusione della^ coltuia 0 

por la natura dolio suo ocoupao.cn, P°^bbe fcr 

niro il maggior numero do’lcttcr. d'un l.bro (R. Boa 

6K iwS lu Matura italiana non *.***.• 

in Italia. Lotterà prima). donna 


Dieeva egregia^ diretammt0 






LA MISSIONE DELLA DONNA 



32S 


dello scoraggiamento. Infelice quell'uomo che, tutto 

assorto nelle questioni politiche, non ha poi un con¬ 

forto nel seno della famiglia ! E quanto l’aspre e 

continue battaglie della politica .snervino l’uomo, noi 

già lo vedemmo negli ultimi anni e nella fine del 

compianto deputato Civinini: l’amorevoli curo della 

madre c il pensiero dei figli non furono più capaci 

a salvarlo da morte immatura! Non vi dirò poi come 

gli affetti domestici e la soavità della donna pos¬ 

sano informare a pacatezza ed a maggiore equità 

l’animo del legislatore e dell'uomo di Stato, poiché 

la vita umana dev’essere, tutta un’armonia. Così una 

saggia economia domestica ottenuta per cura della 

donna, può servire di norma, fatte le debite pro- 

. P orz ‘oni, a chi deve amministrare il tesoro del Co¬ 

mune, della Provincia, dello Stato. 


IX. 


Ove poi consideriamo la donna come prima 

educati ice de figli, essa deve infondere per tempo 

nell'animo del giovinetto non solo i precetti morali, 

ma può eziandio, secondo l’opportunità, fargli co¬ 

noscere alcuno massime di prudenza e di saviezza 

politica. E non si creda che sia questo un mero sogno, 

un vano parto della mia fantasia. No, era il Tom¬ 

maseo stesso che raccomandava d’iniziare per tempo, 

ilici cò 1 educazione, i giovinetti alla conoscenza c 

‘ a pratica di quelle norme che si riferiscono al 

viver civile e politico. Mi sia concesso, pertanto, di 

riferire 1’ autorevoli parole di quell’ uomo illustre, 







NELLA SOCIETÀ ODIERNA 329 


clic non fa alieno dalla vita politica, ma che anzi 

ebbe tanta parte nel risorgimento della nostra na¬ 

zione. u Ed io tengo per vero (scriveva egli nel 

trattato sulla Donna) che la politica nostra sia cosi 

piena di miserie c di passioni e di pericoli, appunto 

porche troppo tarda disciplina è a’figliuoli nostri; 

appunto perchè primi maestri di politica sono ad 

essi le tragedie dell’Alfieri e i giornali di Francia ; 

appunto perchè il nome di patria suona loro nella 

mente innanzi che nel cuore, o suona come figura 

vettorica 


Sicché la donna può e deve giovare all uomo 

in tutto, non pure nella scienza come abbiamo ac¬ 

cennato, ma talvolta anco nelle dispute filosofiche e 


religiose. Narra inflitti S. Agostino che la madie, i 

lui entrò nella stanza dov’egli con un amico ragio¬ 

nava di filosofia, c i dialoghi si scrivevano di mano 

in mano : si scrissero anche lo d, lo. ; al le 


Monica mostrando di mcrav.gliarsi, disse j ? 

esser olla sapiente: « E peschi, non saro o , * jL 


italiane oggi non manca, salvo pocio ®° 

modo di apprendere siffatta.educazionee^ ^ ^ 


Nò voglio dire con c i ueS \ ‘ Uo occupazioni 

rinunziare, per lo studio, a fi ^ c j ob 


proprie della sua indole, de ^Jdrc’di famiglia; 

s’addicono alla donna di ca , ‘ d bban fare un 

nè presumo che le donne m K alunn i di 


corso di studj, come viene pi dell’Università: 


u» Liceo, „ donna in 


che allora tanto vaueb scenziato, in 


ingegnere, in avvocato, in medico, 


letterato di professione. 





332 



LA MISSIONE DELLA DONNA 


È noto che il Boccaccio fu tra i primi col suo 

libro De clarìs mulieribus ad illustrare 1’ ingegno 

femminile. Più tardi, uno scrittore del Quattrocento 

volle dimostrare la preminenza della donna in tutte 

le facoltà e in tutte le doti, nell’intelletto, nella bel¬ 

lezza, nella nobiltà, nel conversare (Vedi E. Magliani, 

Storia letteraria delle Donne italiane). Altri hanno 

sentenziato, come Francesco Coccio nel libro sulla 

Nobiltà della Donna, aver la donna sortito da na¬ 

tura, al pari dell’uomo, forte ragione , mente c favella, 

e tendere ad uno stesso fine. Invece il Lamennais, 

il Cousin ed altri negarono alla donna prerogati¬ 

ve intellettuali. Noi certamente non siamo dello 

stesso parere •, anzi manteniamo elio se qualcuna 

di esse, fornita di non comune ingegno, avrà tem¬ 

po agio e voglia di attendere a studj speciali o 

di coltivare qualche parte nobilissima dell’umano 

sapere, ciò non le sarà nè dovrebbe esserle vietato 

dagli uomini e dalla società, vuoi per intolleranza, 

vuoi per invidia. E ne abbiamo prove luminose nei 

due recenti Istituti superiori di Magistero femminile 

in Roma e Firenze, dove si dà una istruzione quasi 

universitaria alla donna e dove parecchie alunne 

hanno conseguito con felice successo il diploma supc¬ 

riore nelle discipline letterarie, storiche, morali e 

pedagogiche. Ma io intendeva parlare di quella soda 

e retta cultura intellettuale e morale, di cui oggi 

piu che mai abbisogna non pure la giovinetta delle 

classi piivilegiatc dalla fortuna o di nobile linguag¬ 

gio, sì anche la donna del ceto medio o della bor- 





NELLA SOCIETÀ ODIERNA 333 


gbesia, salvo le debite differenze. E per conseguire 

questo intento, basta che da un lato si riordini le 

nostre scuole femminili, segnatamente le Scuole nor¬ 

mali, che per cultura e nel fine pedagogico sono infe¬ 

riori a quelle tedesche; dall’altro, chela donna com¬ 

prenda meglio il suo ufficio, e quindi sprechi meno 

tempo e danari nelle mode ricercate, nel lusso c in 

certe frivolezze che la fanno apparire più/unwwioc ìe 

donna. In quanto all’istruzione media femminile, in¬ 

vece di fare apprendere alle nostre giovinetteuu po di 

grammatica c di far loro pronunziarealla meglio qual- 

che centinaio di vocaboli francesi ed inglesi, tanto 

per mostrarsi dotte o brioso in alcune società, non 

sarebbe più utile insegnare prima alle medesimo a 

parlare c scrivere convenientemente Inaiano? 

invece di tenerle per lungo tempo rinchiuse fra 

quattro mura d'un monastero o d'un Istitutoi no, 

sempre arioso ed igienico e tenerlo occ*to per 

molto ore al pianoforte, ai ricami e a a 11 

femminili, non sarebbe più vantaggioso cond I • 

respirare le pure auro dell'aperta campagna del 

giardino, e cogliere il destro d' insegnar 1™ ^giene 


menti di scienze fisiche d, stoua^na^^ Ma 


domestica, e somiglian M dell’Istoria 


ritrarrebbe la donna dal P ^jjjg, ariosamente 

antica e moderna, piuttos mani? 


di leggere ogni — ignoro 


Io non nego la beata ‘ cs , ere coltivata; ma 


che l’immaginazione pu p rome ssi Sposi, 


i buoni romanzi, a comiuci 







LA .MISSIONE DELLA DONNA 



331 


si contano sulle dita, e l’immaginazione dev' essere 

governata dalla ragione, come il cuore dev’essere il¬ 

luminato dall’ intelletto. 


Or bene, dirò io alle donne italiane : Siete voi 

disposte a rinunziare ad ogni frivolezza che vi renda 

meno perfette o meno degne di stima ? Siete voi di¬ 

sposte ad arricchire, anche a patto di qualche an- 

negazione, il vostro intelletto di sode ed utili cognU 

zioni? In caso affermativo, come ne ho fiducia piena, 

voi mostrerete di comprendere l’alto ufficio che vi 

spetta nella società odierna, potrete compierlo de¬ 

gnamente, c sarete stimate dagli uomini probi ed 

.assennati 5 diversamente, oltre venir meno alla vostra 

missione, voi non otterrete che il plauso dell’uomo 

fiivolo 0 dell idiota, e troverete chi v’aduli, non mai 

chi vi stimi e vi ami d’un affetto sincero e dura¬ 

turo. L qui voi potreste accusarmi di troppa fran¬ 

chezza, non mai (lo spero) di poca lealtà e di poco 

rispetto e interesse per la vostra dignità e pel vostro 

avvenne. Ma questa è la sola ricompensa ch’io at- 

-tendo dalle gentili mie legatrici c dal cortese lettore. 


XI. 


Un altro dovere incombe oggi alla donna, se 

uo tutelare la propria dignità, se vuol meglio ga¬ 

rantire la sua indipendenza entro i confini del con¬ 

venevole, se ama di aver qualche parte nella pub¬ 

ica vita 0 di concorrere, al pari dell’uomo, ad 


a ^ CLlnc ^ unz i°ni ' per esempio quelle del 

1 ico insegnamento, ed altre simili più confacenti 







NELLA SOCIETÀ ODIERNA 




alla natura di essa. Alla donna insomma, a qualunque 

ceto appartenga, occorre una professione. Ed invero, 

si trova ella in una condizione non pnnto o non 

molto agiata ? E ragion vuole che provveda one¬ 

stamente alla propria sussistenza. La fortuna le 

concesse un avito censo ? Ma chi prevede tutti i casi 

della vita ? E quindi è prudente consiglio apparec¬ 

chiarsi per tempo*, onde la comune sentenza: Impara 

l'arte a mettila da piarle. Nè alla donna agiata e di 

non oscuro liguaggio mancheranno vie, secondo le 


sue naturali tendenze, dove spiegare la sua attività : 


come le lingue, la musica, le lettere, la pittura, 1 piu 

delicati c squisiti lavori femminili ; non occorre poi 

dire che ogni specie di lavoro onesto ha la sua no 


biltà, o almeno il suo pregio. • 


Quanto al proprio stato, la donna s amaca a- 

ruomo par formare la famiglia? E m tal caso eli 

davo concorrerà colla sua abilità, mossone quand 

, abbia suadenti beni di fortuna, « rendere mano 



non 



gravi 



residenze del matrimonio. 0 la donna, sia pei 


elezione ^ 


non vuole o non può 1. divenire sp0 sa 


assumere quello d'un altro uomo 0 “™“ ?„ il 


0 madre? E allora si fa “ >“ fa su» 


bisogno di provvedere on ' s ‘““°“ slrel , a da necessitò 


sussistenza. 0, senza css i n _ 


economiche, desidera di 


dipendente dall'uomo, e 1 P* ^ ? £, ori d on to clic 


modo agli uffici dc ”“ moltOT i in grado di oc- 

in tal caso la donna, 







336 LA MISSIONE DELLA DONNA 


cuparo degnamente quei tali uffici e però di ap- 

parecchiarvisi con sufficiente istruzione, deve pur 

anco esser capace di esercitarli con tutte quelle virtù 

che sono richieste dalla vita civile e dalla natura 

stessa di quel dato ufficio. E qui pure giova ri¬ 

cordare la grave autorità del Tommaseo, il quale, 

dopo aver raccomandato che tutte le donne abbiano 

alle mani una professione che, occorrendo, possa loro 

campare la vita, scrive queste formali parole : lt A 

taluno dei più facili esercizj civili si addestrino ; e 

affrettino il tempo quando la donna potrà vivere la 

vita indipendente daU’uomo, potrà seco trattare da 

pari a pari, e per amore e per ragione e per dove¬ 

re gli cederà, non per legge iniqua o per necessità 

ferrea 5 quando in molte funzioni della privata e della 

pubblica vita la donna potrà tenere le veci dell’uomo, 

ed essergli aiutatrice ed amica nel pieno significato 

del nobilissimo nome ; quando il tempo di fare il 

bene le mancherà, non le vie {La Donna). „ 


XII. 


E sia questa e non altra, 0 Donne italiane, la 

vostra più alta e vera emancqyazìona. Chi di voi 

andasse in cerca di altri privilegj , od agognasse 

uno stato ben diverso da quello destinatovi dalla 

natura e nobilitato dal Cristianesimo, e volesse di 

donna convertirsi in uomo, verrebbe meno alla sua 

missione, snaturerebbe se stessa e compromette¬ 

rebbe la sua dignità. E quei pochi tra gli uomini 

che van predicando 1’ assoluta vostra emancipazione 






NELLA SOCIETÀ ODIERNA 337 


o la vostra eguaglianza in tutto e per tutto coll' uo¬ 

mo , o essi non hanno un giusto concetto della 

donna, o non sta loro a cuore la dignità e il vero 

perfezionamento di lei. Quella donna, infatti, che 

presumesse tener le veci dell uomo in ogni disci¬ 

plina razionale, in tutta l’interminabile scala degli 

ufficj civili e politici, e in ogni pubblica rappre¬ 

sentanza, dovrebbe innanzi tutto abbandonare le 

pacate care della famiglio, rinunziare ai più dolo, 

affetti di madre, e quindi sottoporsi a lunghi e se¬ 

veri studj, temprare l'animo ed il gracile corpo a 

duro fatiche, allo quotidiane ed aspro battaglie della 

pubblica vita. Oh! se sapeste quanto ma, costone 

cari agli uomini-certi onori, certi elog), «rie glorie 


non sempre durature; oc sapeste quanta prudenze 


quanto sapere, quanti sacrifici, quanti trav gli t 

chiedono certe incombenze onorevoli e - A » «J* 


della pubblica vita, e qual cumulo 1 P 


, >1 .. nitro chi disconosca od ignori 


seco ! Non v a, P c ’ yogtra immaginazione 

quanto possauo esalta , ■ titoli, come 


certi gradi sociali, alcune igm £ su premo, 


di Prefetto, di Magistrato>, d i P 


di Deputato, di Sen f*°”' to \ Q difficoltà di ben go- 

Ma avete ma. °°“ 81 un tumulto, di pre¬ 

vernare un popolo, innocue tutte 


" ^ -Si 0 :—^' ti ° politici P Avete 

le conseguenze deg agitazioni della di- 


mai considerato la g» 


plomazia, le controv - pu bblica stampa, le 


d’ una critica smoda a go 


Vàldarn%n\ 



» 








338 la missione della donna 


ire dei partiti politici, le difficoltà della tribuna, gli 

odj segreti, le basse invidie , la guerra sovente 

implacabile c sleale di chi vuole occupare quel po¬ 

sto eminente o lucroso ? 


E, al postutto, clic mai significa donna eman¬ 

cipata ? Significa donna francata da ogni giogo, che 

ha x'igettata l’obbedienza di figlia, la dolcezza di 

amante, la dipendenza di sposa, la nobile servitù 

di madre •, in una parola l’onore stupendo del sa¬ 

crifizio ! Una donna che oltre ripetere uguaglianza 

di diritti.coll’uomo, vuol con esso comunanza di 

ufficj ; una donna insomma che nelle pagine inal¬ 

terabili dell’ indole sua, che nelja storia della sua 

gentilezza, che nello specchio del suo cuore, che 

nei decreti dell’Archetipo eterno legge assolutamente 

a rovescio di quel che sta scritto sulla missione di 

di lei (A. Alfani : La Donna). 


Ora, non è questa l’emancipazione che deve 

cercare la vera donna, cioè la donna, onesta ed as¬ 

sennata. Noi pure vogliamo l’emancipazione di lei; 

vogliamo ch’ella si emancipi dall’ignoranza, da certi 

pregiudizj religiosi e sociali, da ogni frivolezza, dal- 

l’imitare certe mode o corrompitrici del buon costume 

o rovinatrici d’ogni patrimonio, dal ripetere c spesso 

praticare quella sciocca e superba sentenza: Oggi si 

fa cosi! Per amor del cielo, griderò io pure con Paolo 

Ferrari, non emancipatevi, gentili Signore! Appena 

emancipate cessereste di essere così utili apostoli 

delle nobili e caritatevoli imprese; perchè appena 

emancipate cessereste di comandare. Senza crnan.- 






NELLA SOCIETÀ ODIERNA 339 


•cipazione, noi uomini crediamo di comandare noi ! 


E voi nel segreto confidente de’vostri amabili ci- 

caleggj, ridete pianino pianino della nostra maschia 

e gloriosa dabbenaggine, per la quale crediamo di 

comandare, c si obbedisce ! La vostra potenza mo¬ 

rale c fisiologica sta ncH’osscre donne: se diven¬ 

taste uomini (s’intende per quella finzione giuridica 

che chiamano emancipazione), ogni prestigio vostro 

svanirebbe. Ma finche siete e volete esser donno e 

vi consacrato all’esercizio delle vostre qualità carat¬ 

teristiche, la grazia, l’amore, la carità, chi governa 

il mondo siete voi. Noi andiamo solennemente a de¬ 

porro i nostri voti in un'urna; ci accogliamo c 

deliberiamo intorno ai destini della patria ; ordi¬ 

niamo una guerra, una pace, un'alleanza, o petto¬ 

ruti decantiamo l’energia maschile, l’attività del sen¬ 

no dell’uomo! No ; dentro di noi in ognuno di quei 

supremi momenti fremeva un pensiero i o 

un pensiero di amante, di sposa di figha d «wj* 


«Ita. .a 


gio, nel sottoscrivere quel trattato ( 

conferenze pel Collegio di Amsu Milano, 187o). 


XIII- 


• della donna deve pertanto 


La vera 61 ° Q iorr n£ n te rispettare ed amare 


consistere nel farsi m oa te dentro i con- 


dall'uomo, nel fa '*di sopra, 

fini e noi modo che » > > 0j se occorro, 


al reale progresso ° . lft aocietà civile, che 

a salvare o almeno raddrizzare 






UÌO LA MISSIONE DELLA DONNA 


li a il suo principio e fondamento nella famiglia, di- 

cui Ja donua è guida e conforto. Solo per questa 

via e mediante l’istruzione e l’educazione, ripeterò 

col brioso ed arguto scrittore G. Hamilton Caval¬ 

letti, le donne potranno rimettersi sul capo la loro 

corona di regine, attirando intorno a se il genio, 

il talento, l’onestà e il coraggio. Sia la loro amicizia 

il premio di .ogni nobile sentimento, sia la loro sti¬ 

ma il guiderdone di ogni nobile fatto, sia la loro 

intimità il compenso di ogni nobile fatica. Non è 

adunque sognando emancipazioni assurde dove non 

esiste mancipio, non è aspirando alle naturali pre¬ 

minenze dell’uomo, non è coll'addottorarsi nelle scien¬ 

ze giuridiche, filosofiche o naturali, che le donne 

rialzeranno il vero loro stato sociale ; sì, al con¬ 

trario, coll’ aumentare il loro valore, col forzarci .ad 

amarle e stimarle di più, col rendersi ognor più 

degne del caro nome di spose, del santo nome di 

madri. Ma (prosegue il Cavalletti) finche al pen¬ 

satore esse preferiranno un uomo che non ha altro 

merito che di avere un bravo cavallo da corsa, ed 

è spesso un mediocrissimo cavaliere; finche al poeta 

esse anteporranno l'uomo clic sa farsi meglio il 

nodo della cravatta; finche allontaneranno dalla loro 

società un uomo che ha il torto di anteporre una 

forma di cappello ad un’altra ; finche all’uomo sin¬ 

cero, leale, integro preferiranno un uomo che sap¬ 

pia fare i daddoli e le moine ; finché i sentimenti 

piaceranno loro sulla bocca dell’uomo c non cure¬ 

ranno quelli del cuore ; finchc un uomo volgare con 





NELLA SOCIETÀ ODIERNA 3'il 


nnczzo milione di patrimonio sarà più certo di ot¬ 

tenere le loro grazie che un cuore nobile, un animo 

•elevato con cinquantamila lire; finché un babbuino 

sentimentale riceverà il dolce deposito dello loro 

confidenze, ed uno schietto galantuomo avrà appena 

un cenno di saluto ; finché esse saranno una lot¬ 

teria nella quale troppo spesso i vincitori sono gl im¬ 

becilli... ; lo stato morale e sociale della donna non 

si eleverà certamente: la società si avvierà al de¬ 

cadimento ; le donne pian piano più non saranno che 


femmine. 



XIV. 


Ed ora mi pare utile di far l'epilogo delle cose 

•dette fin qui. Abbiamo accennato dapprima la na- 

tura e 1’ ufficio della donna, senza la qua P 

klh creazione non sarebbe stata compiuta, ne po- 

trebbesi conservare e FPOt«il^ 

Poi, esaminando in ° volgarc , abbiamo 


donna presso i P a S ani c ^ dlC la donna, 

provato colla .tona a anche quando, 


esercito in gran pa • s , cbbe in coato 


■7 C r Pa "tedila voluttà; afi¬ 

di schiava o quale quan t a parte 


biamo veduto, l’umano progresso ed in- 


abbia preso a do . dal Cl . ls tianesimo richiamata 

civilimcnto, dopoché ftlt0 ufficio- E quan- 


cd elevata al suo ' cl ° c^ sia ] a stessa na- 


tunque in lei 8 « n P r ° ® abbiana0 detto che i mezzi 

itura.e lo stesso fino» P 







LA MISSIONE DELLA DONNA 



342 


per compiere la sua missione doveauo mutare se¬ 

condo la civiltà, secondo le condizioni politiche, 

intellettuali, religiose e morali. E però, accennato- 

l’ufficio che le assegnano il Morelli e il Naville, 

noi abbiamo considerato la donna in tutte le sue 

principali attinenze e nelle sue più nobili manife¬ 

stazioni, vale a dire come sorella, come amante e 

sposa, come madre, come educatrice ed institutricc, 

come cittadina, come ispiratrice d’ogni- nobile sen¬ 

timento all' artista, all* uomo di scienza o di lettere, 

non che all’uomo di Stato. Abbiamo poi dimostrato la 

necessità d’ una conveniente cultura nella donna ai 

tempi nostri, affinchè possa meglio compiere quell’uf¬ 

ficio tanto nobile e così complesso; ed abbiamo dimo¬ 

strato eziandio la necessità o la convenienza nella 

donna di apprendere in oggi una professione sì per 

soddisfare meglio ed in ogni congiuntura all’ esi¬ 

genze della vita, si per incominciare la sua più 

razionale o giusta emancipazione c rendersi, dentro 

certi confini, indipendente dall'uomo. Abbiamo com¬ 

battuto, per altro, l’assoluta e falsa emancipazione 

della donna, perchè contraria alla natura e al no¬ 

bilissimo fine di lei, non che al bene della società 

ed al progresso del genere umano. 


Tanta e 1 efficacia delle donne, che da esse ven¬ 

nero sovente grandi ajuti, o grandi impedimenti 

non solo alla libertà d’un popolo, sì anche al bene- 

od al male dell' uomo singolo, delle famiglie e dello 

Stato. La donna è per sua natura la ispiratrice, o, 

se vuoisi, la regina dell’uomo e della società. Ma. ili 








NELLA SOCIETÀ ODIERNA 345 


suo regno, piuttosto che sconfinato ed assolato, vuole 

essere un regno di pace, d’ispirazione, di nobili 



sentimenti; insomma Indonna (siami permessa questa 

similitudine) a guisa de’principi costituzionali, deve 

regnare e non governare. — Ma Voi, donne italiane, 

vorrete appunto regnare, non governare ; Voi, come 

' foste di grande ajuto al nostro risorgimento politico, 

sarete altresì di grande stimolo ed ajuto al nostro 

risorgimento •intellettuale e morale, che dipende in 

parte da Voi. In .peata grata Mieta, non saprò, 

scegliere più acconce od autorevoli parole cito qttd c 

dell'illustre Tommaseo, per chiudere il P 10S0 “ 

discorso. La donna italiana, d' 

sapiente dell'ubbidire, 80 P'“" 1 ® ^ “ d desfas . 

occorra, c guarentigia a noi di men 




DEGLI 



ISTITUTI SUPERIORI DI MAGISTERO FEMMINILE. 



La creazione di due Istituti superiori di Magi¬ 

stero femminile inltalia, uno a Roma e l’altro a Firenze, 

in virtù della legge 25 giugno 1882, e l’ordinamento 

delle discipline scientifiche e letterario che vi sono e 

vi debbono essere insegnate, secondo il Regolamento 

organico 19 novembre 1882, ci porgerebbero materia 

a molte e svariate considerazioni non prive d’inte¬ 

resse speculativo e pratico. Qui non intendiamo di 

enumeiarle e di svolgerle tutte, ma non possiamo 

astenerci dall'acccnnarne le più rilevanti e dal pi¬ 

gliare in esame particolare il come nei due nuovi 

Istituti letterarj e scientifici femminili debbono 

esseie insegnate alcune materie importantissime, 

quali sono appunto la Filosofia teoretica, la Morale e 

la Pedagogia. 


I. 


E prima di tutto dimandiamo : Era necessaria 

in Italia la creazione di due Istituti superiori di 

Magistero femminile, mentre abbiamo non pure le 







SULL’OtlDlNAMENTO DEGL'ISTITUTI SUPERIORI ECC. 313 

Scuole normali femminili, ma alle donne stesse non, 

è vietato dalla legge Casati sull’istruzione pubblica 

di frequentare i Ginnasj, i Licei, le Università, e 

di addottorarsi in qualunque disciplina ? Posto così il 

quesito, non sarebbe giustificata la creazione di quei 

due Istituti superiori femminili. Ove però si consi¬ 

deri che la missione della donna nella famiglia e 

nella civile società si palesa chiaramente ben diversa 

, da quella dell’uomo ; che gli studj femminili debbono 

esser rivolti essenzialmente alla cultura della donna 

come madre di famiglia, com’cducatrice ed istitutrice, 

e non all’esercizio di elevate e gravi professioni sociali, 

come quelle di avvocato, di medico, d’ingegnere, di 

capitano, c va discorrendo; che quasi tutto 1 insegna¬ 

mento nelle Scuole normali femminili ora viene xm^ 

tito dagli uomini; ed infine, cheidue nuovi Istitutimon 

sono equiparati interamente alle prime Universitari 

Regno: la fondazione'loro apparisce »noo«^ 


tamonte necessaria, certo conveniente ed joituna. 


Vero è che alcuno j^dìritti^degli uomini 


m parte, si viene a lede e ^ # pcdag0 _ 


laureati in Lett ° rc . C e d 16 hanno scelto la car- 


già, o in altre disciph , _ . u dotto ri piu 


riera lucrosa dell'insegna p0sto nelle 


difficilmente d'ora i^ anzl fcmmin ili, avendo per 


Scuole normali e secondario ^ ^ Istltutl 


competitrici le donne a ‘‘ ^ italian e, della Storia 


all’ insegnamento delle Uet Lingue 


e Geografia, della Pedagogia o ^ tcdesca . E 

moderne straniere, franooso, m B 







3-iO SULl/ORDlNAMENTO DEGL’iSTlTUTl SUPERIORI 

un’osservazione eli questo genere non sarebbe de¬ 

stituita di fondamencnto ; ma starebbe sempre il fatto 

clic l’uomo, laureato in qualcuna di esse discipline, 

ha una più larga ed elevata carriera dinanzi a se. 

E poi, come negare alla donna questo diritto in una 

società liberale e civile, che non pure vuol rialzata 

la condizione intellettuale e migliorata la condizione 

economica della donna, ma che tende ogni giorno a 

dilatare una certa eguaglianza civile e giuridica della 

donna stessa ? Altri, invece, potrebbe osservare che 

le donne in generale o non sono portate a lunghi e 

severi studj, o che esse non hanno capacità mentale 

ed attitudine didattica pari a quelle dell’uomo. La 

quale obbiezione certo non reggerebbe dinanzi a 

fatti storici e ad esetnpj particolari, e dinanzi al 

fine stesso di quei due Istituti, il quale consiste nel 

compiere e rinvigorire l’istruzione secondaria della 

donna, e nel formare abili insegnanti in alcune 

materie (qui sopra ricordate) per le Scuole nor¬ 

mali e secondarie femminili. Ad ogni modo, la 

più elementare prudenza consiglierebbe di atten¬ 

dere nuove prove e nuoA'i risultainenti di questa 

prima istituzione italiana. E diciamo nuove prove 

e nuovi risultamene, perchè quelli già dati in questi 

tre anni da ambedue gl’istituti sono favorevolissimi 

e confortanti. Le allieve che vi studiarono e vi 

ottennero il diploma, ora sono direttrici abili di Edu¬ 

candati e Istituti femminili, o insegnano con valore 

nelle Scuole normali femminili, inferiori e superiori. 

Alcune di esse alunne mostrarono attitudine anche 







DI MAGISTERO FEMMINILE 317 


ai gravi studj filosofici e pedagogici, c si segnalarono, 

in specie all’Istituto superiore di Roma, negli esami 

di Stato pel diploma in Lettere italiane, m Pedago¬ 

gia e Morale, e in Storia. 


In quanto a noi, che abbiamo sempre avuto un 

alto concetto della donna c della sua nobile missione 

sociale, noi vogliamo anzi riguardare la.fondazione 

di questi due Istituti superiori femminili non solo 

come opportuna c conveniente pei le accennai - 

gioni, ma altresì come uno dei tanti mezzi ondo 

avviarci alla pratica colazione della »«“*: 


che da ogni parto minaccia d’irrompere fimo»",d. 

sommergere quanto le si pari dinanz,. Imporoe * 

noi siamo d’avviso cho la quest,ono somalo va con 

sidorata sotto vario forme o sotto ir™» ’ 


Additiamo di volo ipriaeipali. sono probi 


tive famiglie onde si compone la nazione P 


e morigerati, oppure si fanno s ° ostu ™ ‘ ]o ha viva 

to morale della questione sociale Un P P 


c giusto, e quindi amme °° vit j O itrcmonda- 


una giustizia soprannatura e mate ria e del 


na; oppure non va piu. ia ^ ^ caIc0 l 0 e all’utile 

senso, tutto per lui si J e y a questione- 


bone inteso ? È l'aspo»» g oye rao ch’è adat- 


sociale. Scelta quella forma e morali, 


ta alle sue condizioni civi i, ^ forma, esercita 

una data nazione si contenta senza ne . 


saviamente la libertà e 1 V ^ ^ |£ e parlavo de 

gare i suoi doveri ; opp ul 






348 sull’ordinamento degl’ istituti superiori 


suoi diritti, vorrebbe la libertà spinta all’eccesso, 

è desiderosa di novità rendendo instabile ogni reggi¬ 

mento politico e tutte le altre istituzioni clic ne di¬ 

pendono ? E l’aspetto politico della questione sociale. 

In quella stessa nazione, mantenendosi l'armonia fra 

i diversi ordini della cittadinanza e vivo il rispetto 

del diritto di proprietà individuale e collettiva, si 

stabilisce un’equa proporzione di mercede e d'utilità 

fra 1' operaio e il capitalista ; e nelle famiglie si 

•consuma e si spende in proporzione almeno dell’en¬ 

trata e del guadagno : oppure, inimicatesi fra loro le 

diverse classi sociali, il capitalista non si cura di far 

lavorare o non ricompensa equamente il lavoro, svo¬ 

gliato è l’operaio, vede nel proprietario il suo mor¬ 

tale nemico e ritiene essere una ingiustizia, anzi un 

furto la proprietà individuale? E nelle famiglie non 

abbienti o poco agiate l'entrata è minore dell’uscita, 

o non si pensa coi modesti risparinj al dimani ? Ecco 

l’aspetto economico della quistione sociale. 


In tale stato di cose, la donna colla sua spedalo 


missione nella famiglia e nella civile società, c come 


esempio vivente di pace e di rassegnazione, o come 

educatrice ed istitutrice, e come massaja e, nel caso 

nostro, come professionista, può efficacemente con- 

tiibuire o a risolvere in parte l’ardua c complicata 

quistione sociale, o ad attenuarne gli effetti, quando 

a lei non fosse dato nè di risolverla parzialmente, 

nò di ritardarla o di arrestarla. Ma perchè la donna 

sia capace di quest'opera altamente morale civile 

-ed utilissima, in lei che cosa si richiede ? Nella vera 





DI MAGISTERO FEMMINILE 319 


donna, di cui intendiamo parlare, si richiede mora¬ 

lità a tutta prova ed in tutta l’estensione del termi¬ 

ne, non disgiunta da un puro ed elevato sentimento 

religioso; si richiede una soda cultura, in cui entrino 

anche lo nozioni elementari circa lo Stato e l’eco¬ 

nomia; si richiede un’attitudine speciale, studio molto 

e singoiar valore nell’insegnamento, quando voglia 

o debba esercitare questo nobile ufficio ; si riduce e, 

infine, costante dignità o modestia, condito di soavità 

c di grazia, evitando così ogni frivolezza nel dire, 

nel fare e nel vestire, come ogni presunzione e verso 


l’uomo o verso lo altro donne forse 

lei mn non per questo meno degno d. stima.Tut¬ 

elò supera le forse naturali della donna inette da 


sana 0 vigorosa educamene ed tstrumone da un 

sentimento c da un elevato conre 0^ ^ dimand ar 


sioue sulla terra ai „ e au „„ esiger troppo 


troppo alla donna. Ano i vodia, e 


da lei, purché essa V0 ^ ,a ^ tC " aCe a ” te del ]’ a o.no in 

senza ch’ella presuma di * 1 ^ alcune 


società e di emanciparsi, tota ’ ÌMm egua- 


donno vorrebbero bramando ali ' 1Um » 


glianza di diritti, non badando esse « “o , 


dei diritti implica l’eguagbansa Jet do^ ^ ^ 


Premesse c chiarite queste co » Magistero 


dinamento dei due Istituti sU P conducente al' 

femminile sia in tutto c pei 

fine da noi vagheggi^ 0. 







330 SULL0HD1NAMENT0 DEGL’iSTITLTI SUPERIORI 



IL 


la uno Stato libero e civile come il nostro, ogni 

Istituto educativo e d’istruzione secondaria, sia tec¬ 

nica sia classica, deve mirare (secondo me) a tre 

principalissimi fini inseparabili tra loro, a voler 

eh’ esso riesca utile davvero e sia bene ordinato. 

l°Deve impartire agli alunni, destinati a diventare 

.liberi cittadini, una buona cultura generale, sia pu¬ 

re elementare, tanto letteraria quanto scientifica. 

2° Deve preparare convenientemente agli studj su- 

riori. 3° Deve poter avviare alle professioni manuali 

cd agli impieghi minori quegli alunni che non 

potessero o non volessero proseguire gli studj. A 

questo triplice fine dovrebbero pertanto mirare non 

solo gl’ Istituti tecnici, i Licci, e le Scuole normali 

maschili e femminili, ma la stessa Scuola tecnica. Le 

Università e gli altri Istituti superiori in generale 

hanno, invece, o debbono avere per fine specula¬ 

tivo .la ricerca del vero e il progresso della scienza, 

e per fine pratico le professioni liberali e le car¬ 

riere superiori negli ufficj dello Stato. 


I due Istituti superiori di Magistero femminile, 

non essendo equiparati in tutto e per tutto ailc Uni¬ 

versità, ed essendo destinati alle donno esclusiva¬ 

mente, dovrebbero mirare direttamente a compiere 

c rinvigorire la cultura letteraria o scientifica della 

•donna, e a x-enderla capace d’insegnare nelle Scuole 

normali e secondarie femminili. E questo, invero, 

•c stato il duplice fine che ha guidato la mente del 







DI MAGISTERO FEMMINILE 331 


legislatore nel coordinare la quantità e la qualità 

delle materie di studio nei due Istituti superiori 

femminili. A tutte le alunne, pertanto, corre ob¬ 

bligo di apprendervi Lettere italiane, Geografia e 

Storia generale, Storia d’Italia, antica medievale e 

moderna, Elementi di Logica e Psicologia, Morale 

e Pedagogia, Istituzioni d’igiene, Matematica, Ele¬ 

menti di Fisica e di Chimica, Storia Naturale e 

Geografia fisica, Lingua e letteratura francese, in¬ 

glese e tedesca, Disegno e Lavori femminili. Ciò 

per la cultura superiore della douna. le quanto alla 

professione loro di maestre, le future insegnasi! han¬ 

no facoltà di scegliere ed approfondire nel secondo 

biennio quegli studj che debbono metterle in grado 

di conseguire il diploma d-insegnamento o nello L ■ 

tere italiane, o nella Storia e Geografi*ella 

Pedagogia e Morale, 0 nelle Lingue mo 

niere e sono francese, inglese c te ,, 


Non possiamo ohe lodare . legislatore da.ve, 


mantenuti obbligatorj 1 Uvon faccia 


questi Istituti superiori, 


pur la maestra, non ces P . uj a i] a donna 


guida principale delta pressoché quo- 


occorre speciale abilita Digean0 poi, si rende 

tidiano in siffatti iavon.• don ° neschi pi ù squisiti 


necessario per gli > stessl vido consiglio di met- 


e delicati-, e pero e s a p jf c il 0 studio delle 


terlo fra le materie obbh ° ‘ to anche alle isti- 

Scienze sperimentali sl , e oeuza di questa di¬ 


luzioni d’igiene, perche la cono 








3o2 sull’ordinamento degl’istituti superiori 

sciplina nella sua applicazione risguarcla tutti, e 

segnatamente chi deve attendere alla famiglia ed 

alle cure domestiche, e chi deve educare la prima 

gioventù, come appunto è la donna; che anzi, l’Igiene 

fa parte dell’educazione fisica, quantunque Ales¬ 

sandro Bain opini il contrario. La Matematica, gli 

Elementi di Fisica c di Chimica, la Storia Natu¬ 

rale, gli Elementi di Logica e la Psicologia, par¬ 

rebbe dovessero alla donna servire di mera cultura 

superiore, o di sussidio e di complemento allo studio 

di certe altre materie. Imperocché, secondo il Re¬ 

golamento organico di quei due Istituti, non può 

l'alunna essere abilitata legalmente ad insegnare 

Matematiche, Fisica, Chimica e Storia naturale. 


Clic alla donna siasi negato il diploma di ma¬ 

gistero in Matematica e nelle Scienze spcrimeutali, 

la cosa spiegasi facilmente perchè nei due nuovi 

Istituti non si dà ora un corso compiuto e supe¬ 

riore di quelle scienze, e porche nelle Scuole nor¬ 

mali o in quelle superiori femminili l’insegnamento 

delle Scienze fisiche e naturali tiene un posto se¬ 

condario o dcv'esscrvi impartito in modo elemen¬ 

tarissimo. Inoltre, quelle Scienze non riguardano 

direttamente la prima e vera missione educatrice 

della donna, nè sono le più confacenti alle naturali 

inclinazioni della donna in generale, segnatamente 

la Matematica e la Chimica. 


Ma qui pure abbiamo notevoli eccezioni, per¬ 

chè talune allieve hanno mostrato singolare attitu - 

dine allo studio delle Matematiche e delle Scienze 






DI MAGISTERO FEMMINILE 





fisiche. Il Governo, poi, suole affidare l’insegnamento 

elementare anche di queste materie nello Scuole pre¬ 

paratorie o inferiori normali alle giovani che in uno 

de’due Istituti superiori conseguirono il Diploma o 

in Lettere, o in Storia, o in Pedagogia! Non sa¬ 

rebbe adunque più logico ed opportuno concedere 

addirittura il diploma nelle Scienze fisiche e ila- 

tematiche, ed ampliarne il relativo insegnamento ? 



ni. 


Ci resta da esaminare il modo in che l’inse¬ 

gnamento delle materie filosofiche propriamente dette 

e della Pedagogia viene ordinato cd affidato nei due 

nuovi Istituti. A tutte le alunno è fatto obbligo di 

studiare per un anno nel primo biennio gli elementi di 

Logica e di Psicologia, e la Morale nel 2‘ biennio. 

Più, nel secondo biennio tutte debbono seguire un 

corso di Pedagogia. Finalmente, le S*™.. dm 

amano d'cssorc abilitato « 11 -iosegn.mento. tirila P* 

dagogia teorica c pratica debbono stod,a,c pe. 


00 T°ti P dftdt F int°rodòt.a anche negl. 


dell' intelletto. Ma non s »PP‘ a filosofiche, ossia 

le ragioni per cui tutte e a Pcdago gia deb- 


Logica, Psicologia e Mora e gsbre! q uì l'onorc- 


bono essere affidate ad un s Q poteva e può 


volo Ministro Baccelli, al qua e Oberali e buona 

negare elevato ingegno, 8 ® atl “ rQZ i 0 ne in Italia, 


volontà di migliorare la pubblica ist ^ 


Valdarninì 





Boi SULLORDINAMENTO DEGL'ISTITUTI SUPERIORI 

non fu ben corrisposto da chi ebbe il mandato di fare 

nuo schema di Regolamento organicopercoordinarvi 

anche le materie filosofiche e pedagogiche, c di sta¬ 

bilire il modo in che l’insegnamento di queste di¬ 

scipline doveva essere affidato c distribuito. E lo 

dimostriamo brevemente. 


Il professore di Filosofia c di Pedagogia sarebbe 

tenuto a fare non meno di undici lezioni per set¬ 

timana nei respettivi corsi ! E noto che i professori 

•di Filosofia ne’Licei fanno da sei ad otto lezioni la 

settimana, e tre lezioni i professori di Università. 

Come presumere seriamente clic un Professore dia 

con zelo ed efficacia non meno di dodici lezioni per 

settimana in materie difficili, disparate c soltanto 

affini tra loro? Diciamo in materie dispaiale, poiché 

la Logica e la Psicologia sono ben differenti dalla 

Morale e più ancora dalla Pedagogia. Nè si dica, 

per avventura, che ivi trattasi di dar nozioni ele¬ 

mentari sii quelle scienze ; imperocché, oltre restare 

il fatto che le son materie ben diverse, la istituzione 

elementare risguarda soltanto la Logica. materia 

nuova per lo alunne, ma non risguarda la Psicologia 

e ancor meno la Pedagogia e la Morale, già studiate 

elementarmente dalle giovani o nelle Scuole normali 

o nelle Scuole secondarie e preparatorie all’ Istituto 

superiore femminile. Chi vuole ottenere il diploma 

in Pedagogia, deve seguire un corso speciale di 

Psicologia : ma ognun sa che questa ultima scienza 

ai nostri giorni ha fatto progressi notevoli, nè può 

essere affatto separata dallo studio delle scienze 






DI MAGISTERO FEMMINILE 3OD 


sperimentali, come per esempio la Fisiologia. Che 

anzi, noi troviamo un altro difetto nell’ordine delle 

materie obbligatorie per conseguire il diploma in 

Pedagogia. Ivi ò detto che 1’ alunna potrà scegliere 

un corso di Matematica, o di Fisica, o di Storia 

Naturale. Non sarebbe stato più razionalo di pre¬ 

scriverle addirittura il corso speciale di Storia Na¬ 

turale, in mancanza d’ uno studio a parte su la 


Biologia e la Fisiologia ? 


Ritornando alla Morale ed alla Pedagogia, que¬ 

ste due scienze, fra loro assai differenti, non possono 

nò debbono essere insegnate in modo elementare nei 

due Istituti femminili superiori. La Morale pura e 

applicata, individuale e sociale, e c c 8U PP 0 "® 

cognizione di altre scienze affini, quali sono le di¬ 

scipline giuridiche e sociali, ò 


molto vasta e complicata, fi i> ità 


d’ un solo docente. L inse ° n qecon dario, non 


può servire.di meio aj ^ cittadino si 


i Doveri .;i ^“ormali secondarie, perni» 


studiano già nelle oc obbligate a 


le alunne de’due Istituti supei‘ 0 ro hò infine 


studiar l’Etica nel secon o » anche ]a Scieu- 


il diploma di Pedagogia compren 


za Morale. i a Morale come 


So poi si volesse eonsidciare s „ p8 . 


deile materie di P uia ragione del- 



una 


riore, allora non 



ragione de,- 





336 sull'ordixajiento degl'istituti superiori 

l’assoluta dimenticanza d’ogni più elementare isti¬ 

tuzione di Economia sociale e di Diritto. Come ! in 

un Istituto superiore d’ educazione e d’istruzione 

femminile si prescrive’l’insegnamento dell’Igiene e 

della Chimica, e non si fa parola de’ primi rudi¬ 

menti d’Economia e di Diritto positivo, mentre in 

uno Stato libero, coni’ e il nostro, si affida legal¬ 

mente alla donna il nobile mandato di fornire la 

prima educazione ed istruzione ai futuri cittadini 

d’Italia, di educare ed istruire le future maestre e 

madri di famiglia, oltre la missione propria di cia¬ 

scuna donna, cioè di farsi ella stessa educatrice dei 

proprj figli e savia amministratrice dell’ azienda 

domestica? Anzi, ritornando al nostro concetto (espo¬ 

sto qua sopra) intorno al giovamento grande clic 

può la donna fornire nella soluzione pratica della 

complicata e formidabile quistione sociale, anche 

nell’aspetto fioUtico ed economico, a noi parrebbe 

necessario clic nei duo Istituti superiori femmi¬ 

nili dovesse pur trovar luogo l’insegnamento co¬ 

mune delle prime nozioni di Economia sociale e di 

Diritto , segnatamente del Diritto civile e privato 

e del Diritto costituzionale. 


Veniamo alla Pedagogia. Le giovani tutte, che 

amino dedicarsi all’ insegnamento privato o pub¬ 

blico, hanno da apprender bene l’arte difficilissima 

di educare e d’istruire; e molto più devono attendere 

a questa scienza ed a quest’arte le alunne clic vo¬ 

gliono abilitarsi all’ insegnamento della Pedagogia 

stessa. Ora, è noto che secondo i più recenti prò- 






DI MAGISTERO FEMMINILE 357 


«ramini governativi. i maestri c le maestre per 

conseguire la patente elementare di grado supcriore, 

i maestri per essere dichiarati idonei all Ispettorato 

scolastico, son obbligati a sostenere, fra le altic 

prove, un esame di Pedagogia storica, teoretica ed 

applicata. 


E questo largo, elevato e compiuto insegnamento 

della Scienza pedagogica, teoretica, pratica c storica, 

viene oggidì propugnato anche in Italia da valorosi 

c dotti pedagogisti ; i quali pensano clic la Pedago¬ 

gia teoretica, so vuole uscire dal campo delle gene¬ 

ralità e cessare di ridursi ad una metodica astra ta 

o formalo, non possa fare « mono d. mollc 

scienze affini, quali sono la Biologia» 

fisica, In Psicologia o la Logica, la Morale 


h Sociologia c la Filosofia politica. Ma sottoponili 


US a^u» tara considerevole questa smnma ; 


scienze «ffini troppo elevala, o nducendo 1 ms» 

mento pedagogico nei fino 


entro più modesti limiti, P » ^ ,„ torario o 

monto elio deve “ 8S ™“| 0 d Minano pur seni- 


filosofici,e università , tale insomma 


pre una sci^ tutto il sapere o tutta 

da richiedere tutto i "‘o o 


l’operosità d’ un solo piofcssoi convcl . 1 . e bbc divi- 

Pcr queste principali ragi » sup6 rio- 


■doro, anello «O »^ "^„o delle tre 

re, l'insog, lamento della. » posologia, Logica e 


disciplino pura, non o 1 aUr0 „ duo professori. 


Morale, affidando 1 una e 






3o8 sull’ordinamento degl’ istituti superiori 

E allora si potrebbe anco estendere a tre anni l’in¬ 

segnamento teorico e pratico della Pedagogia per le 

alunne che amassero di prendervi il diploma : ove 

tale insegnamento si volesse mantenere per soli due 

anni, il professore di Pedagogia dovrebbe insegnare 

anche la Psicologia applicata alla Scienza pedagogica. 


IV. 


Gli studj superiori di Lettere italiane, di Storia, 

di Filosofia, di Pedagogia e della stessa Botanica, a 

voler che riescano scrj e fecondi, richiedono la cono¬ 

scenza della lingua e letteratura latina. E però ame¬ 

remmo clic presso i due Istituti superiori femminili 

fosse istituita una cattedra di Lettere latine, come 

pare no abbia intendimento 1’ on. ministro Coppino. 

Ma altre innovazioni bisognerebbe fare nei due Isti¬ 

tuti, fissando e ripartendo nell’infrascritto modo le 

discipline sia per la cultura generale, sia per gli 

studj speciali in attinenza co’ varj diplomi di abilita¬ 

zione. 


Discipline comuni da studiarsi nel primo bien¬ 

nio : Lettere italiane, Storia generale, Psicologia e 

Logica, Fisica e Chimica, Storia naturale e Geo¬ 

grafia fisica,Matematiche, Lingua latina, Lingue mo¬ 

derne straniere, Disegno, Istituzioni d'igiene, Lavori 

femminili. 


I diplomi speciali dovrebbero essere cinque : 

1° Diploma di Lettere italiane 5 2° di Storia c Geo¬ 

grafia; 3° di Pedagogia e Morale; 4° di Lingue stra- 






DI .MAGISTERO FEMMINILE 359 


nicrc, francese, inglese e tedesco ; 5° di Scienze 

fisiche e Matematiche. 


GT insegnamenti speciali per otteuere ciascuno 

di questi Diplomi di abilitazione sarebbero ripartiti 

nel seguente modo : 


Pel diploma in Lettera italiane: Lettere italiane , 

Letteratura greca e latina comparata coll’italiana; 

Storia d’Italia, antica, mediocvale e moderna -, Mo¬ 

rale; Pedagogia; Lingua c letteratura latina; Due 

lingue e letterature straniere moderne a scelta de - 


l’alunna. ... 


Pel diploma in Storia a Geografia : Le disci¬ 

pline identiche a quelle pel diploma in Lettere ita¬ 

liane, ad eccezione della Letteratura greca c latina 

comparata coll’ italiana, alla quale sarebbero sosti¬ 

tuite la Fisica terrestre e la Etnografia. 


Pel diploma in Pedagogia e Morale: Pedago 

teoretica e pratica; Filosofia morate-. Ps.colog ; 


Fisiologia umana; Igiene aPP 1 ^ 3, “ nt *J e mo der- 


Lcttere italiane; Storia i « ‘ > j; n  ° ■ „j ese e tedesca 


Le italiane; Let, età,una “„^i» ««- 


contpanateoon.aLe»».^-^. 


iia, antica e moderna, = „ 


Pel diploma m j Cosmo grafia ; 


Fisica; Chimica; Geometria c Trigonome- 


Storia Naturale; Al D eb 






360 sull’ordlnauento degl'istituti superiori ecg. 


(ria; Igiene e Chimica fisiologica; Disegno; Conta¬ 

bilità domestica; Lettere italiane; Pedagogia; Mo¬ 

rale ; Lingua latina. 


Non occorro dimostrare che l’attuazione di que¬ 

sto largo disegno di studj femminili superiori esige¬ 

rebbe la riforma parziale delle nostre Scuole normali 

femminili. Come son ordinate presentemente, massi¬ 

me per ciò che si attiene all’insegnamento letterario, 

morale e didattico, le nostre Scuole normali, oltre non 

essere coordinate bene con i due Istituti superiori 

femminili, non corrispondono adeguatamente al fine 

loro speciale, c si rimangono inferiori alla Scuola 

normale tedesca (Das Lehrerseminar) dove si pre¬ 

parano i veri educatori del popolo. 


Koi siamo fermamente persuasi che una riforma 

e un riordinamento, di studj, come abbiamo a larghi 

tratti delineato qui sopra, tornerebbe di grande 

utilità e decoro al fine speculativo c pratico dei due 

Istituti superiori di Magistero femminile, creazione 

ancor questa dell’Italia nuova che molto si ripro¬ 

mette dall opera salutare e benefica della donna. 





SULLA RIFORMA DE’LICE! 


P. 


DEGL’ ISTITUTI TECNICI IN ITALIA. 



So**»»». - I. E.gta- rf 


to. — II. Ginnasio c Liceo ; buio la teem 

leoni». Loro somiglianze e 


rione secondarie classica e Iconica in 111 >’ J" 6 

ìin /ìniii. «àcuolc secondarie in Geimanit • 


nata con quella delle - ^  8trat ‘ v0 


Distratti da questioni P ‘ deraro i problemi 

finanziarie, non avvezzi a co 









302 SULLA RIFORMA DE’LICEI 


pedagogici e gli ordinamenti delle scuole sott’ogni 

loro aspetto, morale intellettuale ed economico, gl’ita¬ 

liani in generale poco o punto badano al modo in 

clic viene ordinata c impartita la pubblica istru¬ 

zione. Lo stesso Parlamento non crede necessario di 

spendere molto tempo e cure speciali in questo ra¬ 

mo di pubblica amministrazione ; bensì il Ministro 

dell’Istruzione pubblica va soggetto egli pure alle 

vicende politiche, alle crisi parlamentari e mini¬ 

steriali ; e non di rado la politica invado anche il 

tempio pacifico di Minerva, e fa sentire i suoi influssi 

al personale insegnante. Eppure si tratta di formare 

gl Italiani stessi \ trattasi del modo in che debba 

essere educata ed istruita la crescente generazione ; 

si tratta del come e quando i novelli cittadini ed 

i futuri governanti d’Italia debbano compiere i loro 

studj ; si tratta di stabilire quanti anni debbano 

consumarvi e quanta spesa vi occorra ! La sarebbe 

dunque una questione di alto interesso morale ed 

economico, teorico e pratico, privato c pubblico. Il 

Paese, invece, poco opunto vi bada: ed ceco una dello 

principali cagioni per cui l’istruzione pubblica ince¬ 

ndale, e segnatamente l’istruzione secondaria classica 

e tecnica, letteraria e scientifica, non ha avuto ancora 

presso di noi un ordinamento stabile e razionale. 


E poiché ogni Ministro che sale al potere, come 

ci ammaestra 1 esperienza di questi ultimi anni, fa o 

pi omette innovazioni nel pubblico insegnamento se¬ 

condario ; c poiché i lamenti nel pubblico non sono 

cessati, e gli esami di licenza tecnica c liceale (ma 








K DEGL’ISTITUTI TECNICI IN ITALIA 303 


soprattutto liceale) non sempre corrispondono alla 

viva espettazione del Governo e del Paese ; stimo 

esser cosa utile ed opportuna il ripigliare qucst’ardua 

questione di vivo e grande interesse nazionale,dibat¬ 

tuta più volto, sebbene per altri fini e rispetti, in pre¬ 

giati periodici e specialmente nella Nuova Antologia, 

da uomini insigni quali sono il Villari, il Luzzatti, il 

Ferri, il Gabelli, il Barzcllotti, ed altri. Come inse¬ 

gnante, io non parlerò qui della capacità intellettuale, 

letteraria scientifica o didattica, dei nostri profes¬ 

sori nelle scuole secondarie, delle norme e cr.terj 

nelle nomine e promozioni del corpo 

delle condizioni economiche fette da o - > 


Provincie e dai Comuni ni professor, anched f ut 

egli nitri pubblici ufficiali ; ne istituita gu 

paragone tra i nostri insegnanti e M-tdolla Gc 

nanfa, dell' Impero Anstro-Unganeo, do a I ...» 

o di altre nazioni. Ma facendo tesoro;«■«■£££. 

lunquc siasi esperienza da me acqui 

, gnamento liceale, tecnico o «“P'™. ' onte ordina- 


sè Btesso e nei suoi effetti socia i letteraria 


mento della nostra istruzione sei} manEcne re tal 

c scientifica, per vedere so ‘ Q 


quale, ovvero se debba essere mod 


n. 


• s’ rltslln. le"ge Casati 13 uo 

È notorio che in vir u 0 secon daria in 


vcmbre 1859, la istruzione ; n Massica e in 


. Italia si distingue indue g iaI ^ nuindi abbiamo 


tecnica o industriale e professici 







361 SULLA INFORMA DE’ LICEI 


quattro sorte d’istituti: Ginnasio c Liceo, Scuola tec¬ 

nica c Istituto tecnico, aventi ciascuno un essere pro¬ 

prio, e dai quali istituti gli alunni escono forniti d’una 

licenza o diploma. Bensì il Ginnasio serve nel tempo 

stesso di fondamento e di preparazione al Liceo, 

•come la Scuola tecnica agl’istituti tecnici profes¬ 

sionali c industriali. Difatti, nel Ginnasio s’insogna 

oggigiorno italiano, latino e greco, storia antica, 

geografia, matematica, storia naturale c disegno ; 

nel Liceo poi lettere italiane, latine c greche, 

storia e geografia, matematica, filosofia, storia na¬ 

turale, fisica e le prime nozioni di chimica. Ideila 

Scuola tecnica gli alunni sono ammaestrati in ita¬ 

liano, storia c geografia, matematiche c contabilità, 

calligrafia c disegno, francese, elementi di fisica c 

di storia naturale, doveri c diritti del cittadino. 

Dell’Istituto tecnico, secondo 1’art. 275 della legge 

Casati, s insegnavano : letteratura italiana, storia c 

geogiafia, lingua inglese c tedesca, istituzioni di 

diiitto amministrativo c di diritto commerciale, eco¬ 

nomia pubblica, materia commerciale, aritmetica 

sociale, chimica, fisica c meccanica elementare, al¬ 

gebra, geometria piana e solida, c trigonometria 

rettilinea, disegno ed elementi di geometria descrit¬ 

tiva, agronomia e storia naturale. E con 1’ ultimo 

Decreto del 5 giugno 1885 furono stabilite le in¬ 

frascritte materie, suddivise nelle rispettive cinque 

sezioni dell' Istituto : Agraria, Calligrafia, Chimica, 

Computisteria, Costruzioni, Diritto civile, commer¬ 

ciale ed amministrativo, Disegno, Elementi di Lo- 







E DEGL’ISTITUTI TECNICI IN ITALIA 3Go 


gica e di Etica, Economia, Estimo, Fisica, Geo¬ 

grafia, Lettere italiane, Lingua francese, inglese e 

tedesca, Legislazione rurale, Matematica, Mercio- 

logia, Ragioneria, Storia civile, Storia naturale, 

Statistica e Scienza finanziaria, Topografia. 


Ognun vede qual notevole differenza corre fra 

gl’istituti classici o letterari e gl’istituti tecnici o- 

professionali : in questi prevalgono le scienze posi¬ 

tive, in quelli le lettere. I primi servono, in modo 

speciale, di gradino nll'Cniversitlt; i secondi avviano 

'alle professioni ed agli uiliej minoiine o . ta o 

mitre, lo Scuole classiche e le Scuole tecniche hanno 

questo di comune: Che sì lo uno corno le altre danno 

ài giovani una cultura generale, fondamento degna 

altro studio, e corrodo necessario ad ogm vern o. 

tadino che sia degno di tal nome, che e.o togli» 

rendersi conto dei propri doveri socia i et 

bene i suoi diritti civili e politici. 


ni. 


per quello clic si rifcriacea fonnQ ^ g ,. 8tu dj. 


e al modo in che s’insegna uberalo vorrebbe 


Fortunatamente, nessun > • ‘ ^ naz ^ on alità e 


imitare il sistema tedesco m ‘ r j amc ntari, quale 


di franchigie costituziona i e p ^ ^ Bismarck. 


viene inteso e praticato e a ^ ^ ^ quintessenza dei 

Ma quanto agli studj, P aie 








36tì SULLA RIFORMA DE* LICEI 


metodi educativi e didattici e del sapere umano si 

ritrovi in Germania, e solo in Prussia la si possa ap¬ 

prendere : il cervello del mondo prima era Parigi, 

oggi è Berlino! Confrontiamo adunque l’istruzione 

secondaria tedesca con la nostra, che già conosciamo. 


In Prussia l’insegnamento secondario viene im¬ 

partito in tre specie d’istituti nazionali: ne’Ginnasj, 

corrispondenti al nostro Ginnasio e al nostro Liceo 

riuniti, onde in alcune parti della Germania il Gin¬ 

nasio è detto anche Liceo •, nelle Scuole Reali ( Beai- 

schulen ) di moderna istituzione, le quali hanno una 

certa somiglianza colla nostra Scuola tecnica ed Isti¬ 

tuto tecnico uniti*, nei Proginnasj e nelle Scuole bor¬ 

ghesi ( Biirgerschulen ), che servono di preparazione 

quelli al Ginnasio, queste alla Scuola Reale, o sono 

strettamente coordinati gli uni a’Ginnasj superiori, 

le altre alle Scuole Reali superiori. Le Scuole bor¬ 

ghesi della Germania (una specie delle nostre Scuole 

tecniche) hanno per fine, considerate in sò stesse, 

più una cultura generale inferiore, che un insegna¬ 

mento pratico o professionale. Vi si compie general¬ 

mente il corso intero in 6ei anni, e in qualcuna s’in¬ 

segna anche il latino. Ma le discipline comuni a 

tutte le Scuole borghesi tedesche sono le infrascritte: 

Religione, tedesco, francese, inglese, geografia, sto¬ 

ria, matematiche, fisica, storia naturale, disegno c 

•calligrafia. 


Ora, qual fine educativo e scientifico si pro¬ 

pongono i Ginnasj tedeschi e le Scuole Reali, 

c quali materie vi sono insegnate? u Fine di- 







E degl’istituti TECNICI IN ITALIA 361 


retto del Ginnasio (dice il prof. Francesco Pullè 

nella sua erudita relazione sulla Istruzione secon¬ 

daria in Germania) c quello di preparare per lo 

studio scientifico delle Università. L’istruzione clic 

vi viene impartita però, nel suo contenuto c nella sua 

forma, c ordinata in modo da rendere la monte atta 

e fornita dei mezzi necessari per raggiungere qualun¬ 

que grado e specie di coltura intellettuale. Il centi o 

di gravità degli studj ginnasiali c l’insegnamento lin¬ 

guistico, e si fonda pei Ginnasj tedeschi sulle tre 

lingue letterarie che rappresentano la vita delle tre 

più grandi famiglie umane, attrici della storia c della 

civiltà europea : la greca, la latina e la tedesca. 


“ Il concetto informatore del programma deg 1 

studi ginnasiali si ò : nella conoscenza dello lingue, 

aprire al pensiero lo spirito dell’antmhità e le forme 

dell’espressione ; abbracciare nella stona 1 con 

■ dell’umanità e del progresso civile e nel a s o 


tararia formare l'idea nazionale. Nella geogr ^ 

storia, naturale, nella fisica e nella «nata» ^ 

prender le relazioni dell'uomo eolia naturi ^ 

di quello colle forze di questa : • ' amca to 


all’esattezza del ealcoloedeig.^^“ 

dei mezzi pratici e delle necessda posavo. _ ^ 


a contemplare dalla elevatezza . iuoven( j 0 da un 

comprendendoli nel loro spiri ° ^ dcl]c CO sc. Colle 

■criterio morale, P roCoa ° V ®' , ivor8e materie, messe in 

cognizioni acquistate 0 ' da]la disciplina sco- 


contatto c collegate dal consapevolmente 


. letica, l'intelletto giovanile s, v. 









668 SULLA RIFORMA DE’ LICEI 


abituando e si conquista questo liberalissimo modo 

di pensare, che poi applicherà o ai suoi studj futuri 

o alla pratica della vita. 


“ Lo Scuole Reali invece, conforme alla loro ori¬ 

gine, hanno un fine più limitato c più direttamente 

pratico. Esse sono destinate a fornire una generale 

coltura scientifica, come preparazione a quelle pro¬ 

fessioni, per le quali gli studj universitari non sono 

richiesti. La loro principale differenza dai Ginnasj 

consiste in ciò, clic l’insegnamento classico scema, e 

di altrettanto cresce in suo luogo quello delle materie 

scientifiche. Il latino vi c mantenuto, ma ridotto a due 

terzi dell’orario settimanale nelle classi inferiori, alla 

metà incirca in quello superiori. Il greco n’ò escluso 

del tutto : invece si dà un posto maggiore alle lingue 

moderne; il tedesco c il francese hanno un orario più 

ricco clic non nei Ginnasj; vi s’insegna l’inglese nello 

treclassisuperiori, ed in alcuni casi, facoltativamente, 

lo spagnolo o l'italiano. Questo ricco apparato lin¬ 

guistico però non viene trattato, come nei Ginnasj, 

da un punto di vista scientifico, ma solamente da quello 

pratico, per l’uso moderno e del commercio. ., 


E però nel Ginnasio tedesco s’insegna: Religione, 

tedesco, latino, greco, storia e geografia, matematiche, 

storia naturale, fisica ; e in alcuni Ginnasj superiori 

della Prussia, come nel Ginnasio Federico Guglielmo, 

si aggiunge l’insegnamento del disegno, del francese 

c dell’inglese. Le stesse materie s’insegnano nella 

Scuola Reale, fuorché il greco che viene sostituito dal 

francese, inglese o spagnolo. Ecco pertanto gl’insc- 





E DEGL’ISTITUTI TECNICI IN ITALIA 3G9 


giramenti che si danno nel Ginnasio e nella Scuola 

Reale superiori, uniti insieme : Religione, tedesco, 

latino, greco, francese, inglese, ebraico, storia c geo¬ 

grafia, aritmetica e matematica, storia naturale, fisica 

e chimica, disegno c calligrafia. Più tardi, in alcune 

città della Germania sorsero scuole industriali per 

soddisfare a certi bisogni e tendenze locali 5 coinè 

tra noi, per cagione d'esempio, e sorta la Scuola in¬ 

dustriale e professionale di Vicenza che ha surrogato 

quell’istituto tecnico, perchè più vantaggiosa a coloro 

che, a poca distanza, a Schio lavorano nel grandioso 

e prospero stabilimento industriale del benemerito 

seuatorc A. Rossi. Presso la Scuola industriale nel 

centro di Berlino s'insegna: Religione, tedesco, fran¬ 

cese, inglese, storia e geografia, aritmetica, materna- 

tica pura ad applicata, fisica c chimica, chimica 

pratica nel laboratorio, storia naturale, calhgia . , 

disegno a mano libera c disegno geometrico. 


Il Ginnasio superiore tedesco, con 1 esame b 


sturila o di licenza, schiude le Porte dol^ 


versità; c le Scuole Reali di l u ‘ m01 J degl’inge- 

loro licenziati di passare 



ai 



IL/ W” *- . . *V 


gneri, di essere ammessi ^^o'di’volontariato, di 

tare e a godere i benefi ‘ nci Ministeri. E qui gio- 

aspirare alla carriera u ‘ . licenziati dai nostri 


va ricordare che anche a * ;1 benefizio del 


Licei ed Istituti Aitare, sono am- 


volontariato quanto _ , i;ce{iU) e a n a facolta di 

messi all’Università (t sezione fi s i c0 -ma- 


matematiebe quelli (tecni .) 34 


Valdarnini 








370 SULLA RIFORMA DE’ LICEI 


tematica ; inoltre possono tutti aspirare ai pubblici 

uffizj minori, come nelle Poste, nelle strade ferrate, 

nelle Prefetture, nelle Intendenze di finanza e nei 


Ministeri. . 


Ed orapotrebbesi domandare: Perchè nei Gin¬ 

nasi tedeschi non è compresa la filosofia, e nelle 

Scuole Reali non s’insegna economica politica, sta¬ 

tistica, diritto positivo, computisteria c ragioneria, 

estimo ed agraria, che troviamo invece presso i nostri 

Istituti tecnici, ne’quali bensì manca il latino ? Nei 

Ginnasj tedeschi (eccettuati alcuni pochi dove si 

studia la logica formalo, o la propedeutica filosofica) 

non avvi l’insegnamento della filosofia per due ra¬ 

gioni: 1° perchè, a differenza d’Italia per il con¬ 

trasto e la separazione fra la Chiesa e lo Stato, là si 

mantiene vigoroso l’insegnamento della religione, sia 

cattolica sia protestante, secondo la confessione reli¬ 

giosa degli alunni ; 2° perchè i giovani, oramai bene 

apparecchiati c riflessivi, apprendono la filosofia nelle 

Università ordinate diversamente dalle nostre: di fat¬ 

ti nelle Università tedesche la facoltà filosofica com¬ 

prende altresì quella filologica e storica, quella fisi¬ 

co-matematica e di storia naturale. Per altro, se ai 

nostri Istituti tecnici manca il latino, onde i giovani 

licenziati (eccetto quelli della sezione matematica) 

non sono ammessi all’Università, e in fatto di cultu¬ 

ra letteraria sono generalmente inferiori ai licenziati 

dal Liceo; le Scuole Reali tedesche, paragonateagl’Isti- 

tuti tecnici italiani, hanno il capitale difetto di non 

apparecchiare direttamente gli animi alle lotte nobili 







E DEGL’ISTITUTI TECNICI IN ITALIA 871 


a feconde della vita pratica sociale ed agli ufficj 

amministrativi, perchè non vi si danno le principali 

nozioni di scienze morali o sociali, come la morale, 

l’economia politica, la statistica, il diritto, la compu¬ 

tisteria, e somiglianti. 


IY. 



I nostri G-innasj e Licei non hanno subito no¬ 

tevoli e sostanziali cambiamenti, almeno in ciò che 

riguarda la natura e il numero delle materie d’inse¬ 

gnamento. Non così gl’istituti tecnici, dalla loro crea¬ 

zione fino al 1885 : e però giova esaminare i prin¬ 

cipali mutamenti introdotti in essi coi programmi del 


1871, del 1876 e del 1885. 


Nei programmi del 1865 non si provvedeva 

sufficientemente alla cultura letteraria e morale de 

giovani ; non si distingueva un doppio orine 4. stadi 


negl'istituti, studj penerai, c teorie, da un , V 


Mi . pratici dall'altro ; infine la temone fis,=o-ma 

, ematici era unita a quella industnalo A que* 

inconvenienti si procuri di rimodare dal Mistero 

d’agricoltura industria e commercio ( 


pendevano allora “Mastico 1871-72, 


grammi al principio d de p a circolare 


precedati dalle relative is ruz ^ sanzionat ; con 

ministeriale del 17 otto re ’ l’onorevole 


R. Decreto del 30 marZ °,? 8 '^ iglio superiore per 

Domenico Berti, a nome ^ ^ Qtta relazione al 

l’istruzione tecnica nella ™ r neva ques te savie 

Ministro il 1° agosto 187 p r 








372 SULLA RIFORMA de’ licei 


riforme: P Ripartizione della sezione di meccanica 

c costruzioni in sczìodc fisico—matematica, c in 

sezione industriale; 2 a Prolungamento del corso 

delle sezioni negl’istituti; 3 a Ampliamento o mi¬ 

glior distribuzione della cultura generale c scien¬ 

tifica, c della cultura speciale ; 4 a Riordinamento dei 

programmi d’insegnamento; 5 a Connessione de¬ 

gl’ Istituti tecnici con le Scuole superiori, c nonno 

per l’attuazione del riordinamento degl’istituti. 


In ordine a tali riforme, il corso degli studj 

tecnici da tre fu portato a quattro anni : gli studj 

del primo anno comuni a tutte le sezioni, giusta il 

Regolamento del 18G5, furono estesi a tutto il pri¬ 

mo biennio in comune e determinati nelle seguenti 

materie : Lettere italiane, storia c geografia, lingua 

francese, inglese o tedesca, matematiche elementari, 

storia naturale, fisica, nozioni generali di chimica, 

c disegno ornamentale. Clic anzi, per rinforzare la 

cultura letteraria e morale, alcuni insegnamenti di 

cultura generale, come l’italiano, la storia c la geo¬ 

grafia, vennero protratti nelle varie sezioni per tutta¬ 

la durala del corso tecnico ; agli studj lettcrarj si 

volle aggiunto ed unito lo studio della Psicologia c 

delle principali nozioni ed applicazioni della Logica, 

restringendo ilprimoalle facoltà essenziali dell'anima, 

alloro svolgimento e al destino immortale di essa, il 

secondo alla teorica del giudizio e del raziocinio, 

e alle norme fondamentali dell’ arte critica. Impe¬ 

rocché il Consiglio superiore di istruzione tecnica 

é d’avviso (diceva 1’ esimio relatore Berti) u clic 







n degl’istituti TECNICI IN ITALIA 373 


•nulla tanto giovi a restaurare gli studj letterari 

e all’ incremento della cultura generale quanto i 

buoni studj filosofici. Speriamo clic il tempo ci con¬ 

cederà d’introdurre noi nostri Istituti un vigoroso 

insegnamento di morale, che, oltre al servire di 

preparazione o di aiuto alle diverse discipline giu¬ 

ridiche ed economiche, tornerà eziandio di vantag¬ 

gio all’educazione dell’animo, alla quale si deve 

mirare negli Istituti tecnici non meno operosamente 

clic nelle altro scuole Finalmente, le sezioni 

degl' Istituti furono divise in cinque : seziono fismo- 

matcmctica, industriale, agronomica, commerciale, 

c quella di ragioneria ; lo prime quattro da com¬ 

piersi ciascuna in quattro anni, 1 ultima in un . 

dopo aver conseguita la licenza nella sezione coin 


mordale. , . • • 


Ma pii. notevoli c piofonde mno^.on sul» 


■Menzioni sai piograni™ bcllcmc ,iti delle 


Commissione «I ^ jc larevisione 


scienze sperimenta , g j u dj Z io e al- 


dei programmi stessi ’ ”,priore distriuione 

V approvamene del C°™=> ctl n »ovi programmi, 

tecnica le opportune n j> Decreto u n0 ~ 


gVIs,itati farete ai «se riforme, 


vembre 187G. Ilcco 1 l . 


paragonate con quelle c c 







37 i SULLA RIFORMA DE’ LICEI 


1 ° Fu ristretta al solo primo anno la cultura 

generale, comune a tutte le Sezioni, facendo pre¬ 

valere nei tre anni successivi la cultura speciale- 

tecnica. 


2° A chigavesse ottenuto la licenza ginnasiale 

o di scuola tecnica, fu data facoltà di iscriversi al. 

secondo anno d’istituto, purché avesse prima supe¬ 

rato l'esame nelle materie del primo. 


3° Fu ristretto rinsegnamento delle matema¬ 

tiche per la sezione fisico-matematica 5 ma vi fa¬ 

aggiunta la trigonometria sferica, che non s’insegna 

nelle Università^cui debbono presentarsi gli alunni 

dell’Istituto col diploma di licenza, anche senza lo 

studio del latino, prima di essere ammessi alle Scuole 

di applicazione. 


4° La sezione agronomica fu distinta in due, 

con nuova distribuzione di materie c con indirizzo- 

più pratico : in sezione di agronomia , destinata a 

formare gli amministratori rurali c i direttori di 

p aziende agrarie ; in sezione di agrimensura , per co¬ 


lmo clic si danno alla professione di periti stimatori 

di fabbriche, e di periti misuratori di campi. 


5° Alla sezione commerciale fu riunita quella 

di ragioneria, da compiersi in quattro anni perchè 

1 esperienza fatta in alcuni Istituti aveva già dati 

buoni risultamenti. 


G° In quest’ultima seziono la statistica fu unita 

all economia politica ajiplicata, avendo sempre cura 

di far prevalere nell’Istituto la parte applicata alla 

teoretica. Bensì mentre nei programmi del 1871 il 






E DEGL’ISTITUTI TECNICI IN ITALIA 37 0 


diritto amministrativo era obbligatorio nella sezione 

di ragioneria, in quelli del 1816 non se ne parla 

affatto ! 


7° L’economia politica teoretica, qual parte della 

cultura generale scientifica, fa estesa a tutte le 


sezioni. 


8 ° Infine, s’introdusse un nuovo insegnamento 

comune a tutte le sezioni, e che nell’anno scolastico 

1S77-7S fu reso obbligatorio in tutti gl'istituti tecnici 

del Regno, cioò gli Elementi scientifici di Etica ci¬ 

vile c Diritto, con doppio intendimento : di prepa- 

rare lo menti allo stadio del Dirittoposavo e del- 

l'economia politica, o di temperare .1 cara, o de 

giovani formando non solo « abita profe^—,, ma 

cittadini degni per virtù moral. e emù E - 

il nobile desiderio acconnato lino da 

presidente del Consiglio snpenore 

ca, onorevole Berti, venne urc dal 


il ministro Calatabiano irebbe lodo P 


Consiglio stesso e dai P 1 ’ 0 ^^ ^alfeta grande- 

gli uomini imparziali . della crescen te 


mente a cuore l’cducazion 


generazione. . v i 1077 , ecco per- 


Secondo i nuovi program*speciali, 

tanto la distribuzione delle male ^ Lettere 


Insegnamenti comuni a a o-QQtrrafiii., matemati- 

italianc, lingua francese, sitera, b ° natur ale ; 


che, disegno, fisica, chinu ca » ^^ cnt - scientifici. di 

economia politica teoietic. , dalle nozioni di 


etica civile e di diritto, P lC 




370 sulla riforma de’ licei 


psicologia c di logica. Seguono le materie speciali 

delle cinque sezioni (oltre le materie in comune) nel- 

•J’ordine infrascritto : 


Sezione fisico-matematica : Lingua inglese e 

tedesca. 


Sezione di agrimensura: Costruzioni, geometria 

pratica, agraria, estimo, diritto privato positivo. 


Sezione agronomica : Costruzioni, geometria 

pratica, diritto privato positivo, agraria, estimo, chi¬ 

mica applicata all’agricoltura. 


Sezione di commercio c di ragioneria : Diritto 

privato positivo, teoria della statistica ed ccouomia 

politica applicata, computisteria c ragioneria. 


Sezione industriale : Teoria della statistica ed 

economia politica applicata. 


V. 


Ritornati gl’ Istituti tecnici sotto la dipendenza 

del Ministero dell’Istruzione pubblica pel Decreto 

leale del 26 dicembre 1S77, si pensò j)iù volte in 

questi ultimi anni a riordinare la istruzione tecnica 

di primo c di secondo grado. Il Ministro Baccelli 

aveva nominata una Commissione per la riforma 

della Scuola tecnica c dell’ Istituto tecnico. L’ on. 

Ministro Ceppino ha fatto tesoro delle proposte di 

netta Commissione ] c quindi abbiamo la recente 

riforma degli studj tecnici, approvata con Decreto 

reale del 21 giugno 1SS5. 


Alla Scuola tecnica si è conservato il suo du¬ 

plice line teorico e pratico, cioè di preparare i gio- 







e degl’istituti TECNICI IN ITALIA 377 


vani all’Istituto e di fornire “ una certa istruzione 

reale e pratica ai giovani che volessero darsi al 

piccolo traffico, agli umili ufficj pubblici ed alla mi¬ 

lizia E però nel terzo ed ultimo anno gli alunni 

si dividono in due sezioni, con diverso programma 

di studj e con metodi di csercizj convenienti e prò- 


prj, sccondochè intendono di passare all’Istituto, o 


di sottoporsi all'esame di licenza per entrare nella 

vita pratica del lavoro utile. Per 1’ ammissione al- 

V Istituto tecnico si richiede l’esame m queste ma¬ 

terie : Calligrafia, Disegno, Geografia, Lingua fran¬ 

cese, Lingua italiana, Matematica (Aritmetica ra¬ 

zionale e Geometria), Storia antica, orientalo e gioca, 

Storia d'Italia, Dovari a Diritti dal 

rioni di Storia naturala. Por ffr* 1» ““ 


tannica si richiede olirà lo’ io ‘ 8 teria- 


(salvo la Storia antica), 1 esame 1 , t i 


Un Escrcizj di Lingua franaata, no. . 


di Aritmetica, nelle Lozioni 


di Mineralogia. . on o conservate 


Riguardo all’Istituto toc» co, s “° la sc . 


le cinque vecchie sezioni, sue l '* . Commcrc io c 


zione industriale in due lami, „-. n0c Ragioneria 

Ragioneria privata, diAmniinis sezione 


pubblica. Gli studj dal . tutti gli 


Fisico-matematica si sono 1 s tadj speciali 


alunni dell’Istituto, de terni nn q . 0 ^ cr ciascuna 


tecnici e pratici ncl^ sCC ° UC . 1 ° in( | 0 i e s ua particolare, 

sezione, secondo il fi nc e . vo n’cbbc a for- 

Ondo la soriana Fisino-matamatic 




378 



SULLA RIFORMA DE* LICEI 

marcii Liceo scientifico moderno, e le altre Sezioni 

altrettante Scuole professionali. 


Ecco, pertanto, le materie comuni a tutte lo 

sezioni : Chimica generale ed clementi di Chimica 

organica ; Disegno ornamentale geometrico c a mano 

libera; Fisica elementare; Geografia Lettere; ita¬ 

liane; Lingua francese; Matematica (Algebra e Geo¬ 

metria) ; Storia generale ; Storia naturale. 


Materie speciali per le rispettive Sezioni. 


Sezione Fisico-matematica : Chimica (eserci¬ 

tazioni) ; Disegno di applicazioni ornamentali c di 

architettura ; Elementi di Logica e di Etica ; Fi¬ 

sica complementare ; Lettere italiane ; Lingua in¬ 

glese o tedesca ; Matematica (complementi c Trigo¬ 

nometria) ; Storia complementare. Sezione di Agri¬ 

mensura : Agronomia, Agricoltura ed Economia 

rurale ; Chimica (esercitazioni) ; Costruzioni e Di¬ 

segno relativo ; Estimo ; Fisica (Meccanica e Idrau¬ 

lica) ; Legislazione rurale ; Lettere italiano ; Mate¬ 

matica (Trigonometria ed esercitazioui, Geometria 

descrittiva c Disegno relativo) ; Topografia e Di¬ 

segno relativo. Sezione di Agronomia : Agronomia, 

Agricoltura ed Economia rurale ; Tecnologia rurale 

e Zootecnia ; Chimica agraria ed esercitazioni ; Ele¬ 

menti di Topografia e di Costruzioni, e Disegni re¬ 

lativi; Fisica (Meccanica, Idraulica o Meteorologia) ; 

Legislazione rurale ; Lettere italiane; Storia natu¬ 

rale applicata all’Agricoltura. Sezione di Commercio 

e Ragioneria: Calligrafia ; Computisteria e Ragio¬ 

neria (parte generale e speciale); Scienza economica, 








e degl’istituti TECNICI IN ITALIA 37S> 


Economia applicata, Statistica e Scienza finanziaria; 

Elementi di Diritto civile, commerciale ed ammini¬ 

strativo ; Merciologia ed esercitazioni ; Lettere ita¬ 

liane; Lingua francese, inglese o tedesca;Storia com¬ 

plementare (delle colonie o delle industrie c dei com- 

merej). Sezione Industriale : Chimica; Disegno 01 - 

namentale ; Fisica elementare ; Geografia ; Lettele 

italiane ; Lingua francese; Matematica; Storia ge¬ 

nerale ; Storia naturale. 


Questa riforma segna certamente un notevole 

progresso nell’ordinamento generale dei nostri s u ] 

Liei di primo e' di secondo grado. *£» ^ 

ohe sia una riforma compiuta c e ' 


pare davvero : ansi nella Beiamone al He si fa co ^ 


prendere che dallo stesso Ministero «sente_ 


desiderio di ulteriori modificamo»! e '‘"Jf della 

nefica intorno all’assetto “'S 1 * 01 ® °. n p attuale 

istruzione tecnica secondaria. > te0 _ 


Scuola tecnica e bene Cù0Vcl |^ a S cu|Ìc pre¬ 


nci alle Scuole di arti 6 “ Cb ’ iftndi? La seziono 

fessionali inferiori, per „i e or dinaria- 


Fisico-matematica dell'f 8tlt ^ j vcrH ità, come può 

mente prepara i 8 * ova ?'^ moderno, so non vi si 


dirsi un vero Liceo scic ^ ^ noto c he in Ger- 

studia affatto la lingua latina. gQ ]ft Scuo i a 


mania il latino si studia ano ^ ^ i#| e re- 

Rcalc. Perchè abolire le no della Logica e 


stringere l’insegnamento e ^. o _ roa t e matica? Dcl- 


dell’Etica alla sola sezione i alcan bisogno 


la Logica e delia Morale no» ha»» 






380 SULLA RIFORMA Dii’ LICIil 


gli scolari delle altre quattro sezioni, i quali poi la¬ 

sciamo affatto gli studj ? Infine, perché abolire gli 

elementi scientifici del Diritto razionale, mentre que¬ 

sto è fondamento del Diritto positivo c della stessa 

Economia sociale ? Il presente ordinamento della 

Scuola c dell’ Istituto tecnico non ha dunque rag¬ 

giunto il suo ideale. 


VI. 


Ma dall’altro lato, si può egli diro che l’istruzione 

classica da noi sia perfetta sott’ogni rispetto? I nostri 

Ginnasj e Licei sono in piena armonia coll’esigenzc 

de’buoni metodi, coll’avanzamento delle lettere c dello 

scienze, coi bisogni e collo nuove condizioni della so¬ 

cietà odierna? E tutte lo nostre Scuole secondarie mi¬ 

rano esse ad un fine principale, ad infondere nell’ani¬ 

mo della gioventù una sana o vigorosa educazione 

morale c civile? Ognuno si troverebbe fortemente im¬ 

pacciato a rispondere a queste domande : il che si¬ 

gnifica, clic molto ci rosta ancora da fare per le nostre 

Scuole secondarie, classiche c tecniche. 


Vero è che un compiuto c razionale ordinamento 

della istruzione secondaria presenta non poche c serie 

difficolta per natura sua ; e difficilmente presso qua¬ 

lunque nazione può essere opera d’un solo periodo di 

tempo c d un legislatore solo. Quindi non deve recar 

meiaviglia so nell’Italia nuova, tenendo conto ancora 

delle sue condizioni politiche, intellettuali c morali, 

il giavissimo problema d’un compiuto c stabile assetto 

delle Scuole secondarie non ha avuto fin qui la mi- 







E DF.Gl’ ISTIrUTl TECNICI IN ITALIA 381 


"liore ed ultima soluzione. Quattro, secondo me, sono 

i principali quesiti a cui deve rispondere un razionale 

fecondo e stabile ordinamento dei nostri Istituti se- 

condarj vuoi lotterarj o classici, vuoi tecnici o pro¬ 

fessionali : 


a) Cultura generale degli alunni. 


I) Metodi in armonia con lo svolgimento gra¬ 

duato delle facoltà umane, e in pari tempo con 1 pro¬ 

gressi e fini della scienza. _ • 


a) Relazioni fra i Ginnasj, i Licei c le Univer¬ 

si,, fra lo Scuole tecniche, gl'Mtutì e la Un,ver- 

sitò, i Politecnici od altro scuole saperlo,,. 


d) Attinenze dello nostre scuole s“™ d ”' c0 ° ' 

la vita pratica c con gli uffici minor. «1 “ Statm^ 


Ed ora esaminiamo brevemente 1 qua ^ 


per vedere poi quali rimedj principali oceor.aco . 

nostre scuole. 


VII. 


a; Quali materie si dovranno tn*&* 


ciascun istituto secondai io P‘^ ss nell’Istituto? 


nasio e nel Liceo, nella Scuo a ec ” . ò e3S3r c 


La scelta eia quantità di osso matouc,^^ 


arbitraria, oppure deve cs.cic ^ ^ v ; debbon 

me, a criterj ben definiti . ^ definiti, i q uab 


essere certe norme, anzi cn ^ gtcss0 c he si pro¬ 

si desumono principalmente a ^ ^ogni sociali 

pone il legislatore, vero interpre ^ ^Hoscuole, 


nell’istituire o nel riordinare cia finc immediato 


Ogni istituto ha due fini esscn 








382 SULLA RIFORMA DE’LICEI 


cioè di provvedere alla cultura generale della cre¬ 

scente gioventù studiosa e dei futuri cittadini ; un 

fine mediato, che sta ora allappateceliiare le menti 

a studj superiori, ora nell’abilitare a certe profes¬ 

sioni, o a certi ufficj minori nello Stato, e all’am¬ 

ministrazione delle proprie sostanze. 


La cultura generale cambia secondo i pro¬ 

gressi dello scibile umano e secondo le peculiari 

condizioni della società civile. Trent’ anni fa, per 

esempio, dalla classe più numerosa dei veri cittadini, 

dalla borghesia, in Italia non si sentiva il bisogno 

di apprendere certe cognizioni politiche e scientifi¬ 

che, perchè allora la borghesia aveva minore im¬ 

portanza sociale di fronte al clero e all’ aristocrazia, 

e perchè mancavano al paese istituzioni liberali, che 

portan seco nuovi diritti c doveri. A voler com¬ 

piere ed esercitar bene questi doveri e diritti so¬ 

ciali, richieggonsi opportune cognizioni c un più 

alto grado di cultura intellettualo. Come pure dalle 

nuove condizioni sociali è sorta la convenienza di 

rendere più colta ed istruita la donna, senza cadere 

per questo nell’opposto eccesso. Ma la vera c soda 

■cultura d’un popolo non deve consistere soltanto 

nell istruzione della mente, si anche e principalmente 

nella retta educazione dell’ animo, come richiedono 

la natura e il fine dell’ uomo considerato e in sè 

stesso, e in relazione colla famiglia e colla società, 

senza qui entrare nel campo religioso. L’istruzione 

non è fine a sè stessa e all’ umana società, ma piut¬ 

tosto e mezzo all’ educazione morale e civile. La 












E DEGL’ISTITUTI TECNICI IN ITALIA 383 


prima ha per fine diretto la conoscenza del vero -, 

la seconda mira alla pratica del bene. 


Ciò posto, se le materie clic oggidì s’insegnano 

nelle nostre scuole secondarie soddisfano in generale 

ai bisogni della mente e alle nuove condizioni sociali, 

per ciò che attiene al sapere, non sono pero le piu 

adatte, considerate fra loro c da sole, ad invigorire 

il scuso morale, a prodarre mia 0 ““ 


educazione, che torni vantangiosa alle singole fami¬ 

glie o all' intero consorzio civile. He. 

da°*ogici e scientifici, in buona parte della stampa 

a “liberalo, nel Parlamento e ne. paese pressai 


generali o frequenti sono le "ri « sècot 


rizzo educativo delle nostro scucem» 

darle. AU’ insegnamento. re ìgm mim care 


c razionalmente impaitito, tare come 


in nessun grado delUi— 9Ì ‘ 

giudicano molti uomini i us ii secondarie 


voluto o saputo contrapporre mo ingegnamen to 

in generale un vigoroso stadj CODS iderati 


morale, coordinandovi pu» | . q molta parte della 

nell’aspetto educativo. d eleva to sentimento 


nostra gioventù manca 1 P , no bili, l’affetto 

del bene, l’entusiasmo pei e c s j t i retti, il ca- 


disinteressato, la fermezza n 

rattere morale. 


Vili. 


n0 arduo ed importante 

b) Altro quesito non m ^ sapcre inse¬ 


di è quello del metodo, non 








3SÌ SULLA RIFORMA DE’ LICEI 


gnaro quanto nel coordinare le materie di studio: 

quesito che non si può risolvere convenientemente, 

ove non si badi al graduato e armonico svolgimento 

delle facoltà umane. Con qual ordine si svolgono le 

facoltà dell’uomo ? Prima il senso, la fantasia c la mo- 

moria ; poi la immaginazioncintellettiva e la ragione, 

colle sue varie operazioni o facoltà secondarie, come 

l’attenzione, la riflessione, l’astrazione, l’analisiclasin- 

tesi, la comparazione ; per ultimo, la volontà libera. 


Ora, queste facoltà non sono l’una dall’altra se¬ 

parato, come l'esperienza o la ragione ci attcstano ; 

ma sono invece strettamente congiunto, perchè tutte 

dipendono dallo stesso ed unico principio che in noi 

sente, intende e vuole. Bensì 1’ una prevale sull’altre 

nelle diverse età dell’uomo, e secondo la natura degli 

obbietti a cui son rivolte le operazioni intellettive e 

morali di lui. A questo naturale c graduato di- 

spiegarsi delle facoltà umane, a quest’ armonia loro 

meravigliosa, deve sempre corrispondere l'ordina¬ 

mento degli studj e un acconcio metodo d’insegna¬ 

mento nelle nostre scuole, dalle prime classi elemen¬ 

tari all’ Università. 


Per chiarire meglio le nostre ideo, gioverà qui 

fare un’osservazione’ pratica. In virtù del R. Decreto 

22 settembre 187G, la filosofia s’insegnava in tutti 

e tre i corsi liceali ; mentre prima cominciavasi a 

studiare nel second’anno di Liceo. E nella Rela¬ 

zione che precedeva quel R. Decreto diccvasi che 

nel prira’anno liceale l’insegnamento della filosofia 

dovesse consistere segnatamente nella lettura e nello 










E degl’istituti TECNICI IX ITALIA 38'Ò 


studio di luoghi filosofici Latini, e nella spiegazione 

della nomenclatura filosofica, di cui tanta parte si 

chiarisce colla lingua greca. — Senza disconoscere 

le intenzioni più che rette del legislatore, a noi pare 

(confortati in ciò dall’esperienza) che sarebbe stato 

miglior partito ritornare alle vecchie disposizioni, 

cioè principiare lo studio della filosofia nel secondo 

anno di Liceo, perchè le menti de giovani sono 

allora più riflessive e mature, ed hanno acquistato 

nuove e più sode cognizioni di letteratura, di sto¬ 

ria e di matematica nel primo anno liceale , dalle 

quali trarranno poi giovamento nello studio della 

filosofia stessa. Vediamo infatti che in Austria s in¬ 

segna la propedeutica filosofica solo nella classe Vili, 

od ultimo anno del Ginnasio-liceo ; , e no Gmnasj 

di Boltzen o di Klangcnfilrt la logica /orma 

studia nello ultimo duo classi, comspondentmdfe¬ 

condo e terzo anno del nostro Liceo In Trace . 

poi, ««ero corso di 


l'ultimo anno d. Liceo ' ; l nostri 


otto ore d'insegnamento P« “ ^ ^ ge . 


alunni, appena usciti a un ver o insc- 


ncralmente ben prepara liceale, sia per 


gnamento di filosofia sa perficiali 


la tonerà età, sia pei aWtuatialla n- 


cognizioni, sia per no poteva giovare 


flessione e al ragionamen o - - m0 co rso liceale 


gran, fatto spendere tutte » 1 p. oso fica , che si 


nell’ insegnar loro la nom p 0 studio delle 


può di mane in mano apprendere 


Valdarnini 










"380 SULLA RIFORMA DE’LICEI 


singolo parti della filosofia elementare 5 e ancor 

meno avrebbe giovato spenderlo per intiero nella 

lettura o nello studio di luoghi filosofici latini, por 

esempio nel De OJJiciis e nel Da Leyibus di Cice¬ 

rone, perchè tali studj c letture presuppongono un 

corso ordinato, già compiuto, di filosofia razionale 

e morale. Più tardi l’insegnamento liceale filosofico 

si restrinse a soli due anni, cominciando lo studio 

della Psicologia e della Logica nel secondo, e ri¬ 

servando al terzo la Morale. Ma con P. Decreto 

del 23 ottobre 1884 l’insegnamento filosofico è stato 

di nuovo esteso a tutti e tre i corsi liceali, asse¬ 

gnando al primo lo studio della parte più generale 

della Logica. - Per le ragioni suddette, converrebbe 

tornare al vecchio sistema, cioè principiai’e addi¬ 

rittura lo studio della filosofia elementare nel secondo 

corso liceale, e compierlo in due soli anni. 


Siffatto ordinamento c siffatto metodo converrà 

poi che nelle scuole secondarie si trovi in armonia 

perfetta con i progressi della scienza o con i fini 

dell’ insegnamento. Lo studio della Filosofia e dello 

•Scienze naturali, a cagion d’ esempio, deve esser 

fatto in modo ben diverso da quello in che facevasi 

venti anni addietro : e qui siamo già incamminati 

per la retta via. La Storia greca e romana dovrà 

essere insegnata nel Ginnasio e nell’Istituto tecnico 

in modo differente, per la diversità del fine di esso 

studio nei due Istituti ; all’ insegnamento della Chi¬ 

mica non potrà darsi nel Liceo quell’ estensione o 

profondidà che deve avere presso l’Istituto tecnico. 









E DEGL’ISTITUTI TECNICI IN ITALIA 387 


Governo e professori debbono pertanto aver di mira 

questi quattro punti essenzialissimi : 1° Lo svolgi¬ 

mento armonico di tutte le facoltà umane; 2* La 

•cultura generale degli alunni; 3° Il progresso dello 

scibile ; 4° Il fine pratico della scuola. 


IX. 


c) Come le scuole inferiori od elementari, oltre 

avere un fine proprio, debbono servire di fondamento 

e di preparazione agl’istituti secondarj, così questi 

vogliono essere coordinati razionalmente allo scuole 

superiori e di perfezionamento. E però i nostri Licei 

ed Istituti tecnici, specialmente in alcune seziom, 

come in quella fisico-matematica e di a S ron0 “ ia ’ 

■debbono avere stretta relazione col or inam 

.degli studi nelle Universi.!., «M*-*** 


Scuole superiori di 


per la stessa ragione, i G. J ^ tcomcho ag Ii 

legati strettamente a U , 1 ha m flM 


Istituti professionali, be U rog i on di 


più speculativo che pratico, S ® . P ge ins ° mm a à 

mezzo die di fine, a ' 0S ^ip er il Liceo, parrebbe 


destinato a preparale g j s6 avere un fine 


che anche la Scuola tecnic re p arar e le 


più speculativo ch ® ^Jistìtuto tecnico, anziché 


menti a studj super io fes9 i 0 ni, per quanto 


presumere di abilitare a ^ , ione precoce super¬ 


umili sieno, e di dare un * s ^ dimostrato non 

Sciale inefficace, che 1 es P erI v uon0 risultamento. 


.condurre da sola a verna pratico e 








388 



SULLA RIFORMA DE’LICEI 


Ma se la Scuola tecnica, com’era prima ordi¬ 

nata, non corrispondeva nè al suo fine speculativo, 

cioè di dare una conveniente cultura generale, o di. 

preparar bene gli alunni all’Istituto, nè al fine pratico, 

ossia di abilitare a’più modesti ufiicj nella vita pri¬ 

vata e pubblica; anche il Ginnasio, il Liceo e l’Isti¬ 

tuto, nelle attinenze loro cogli studj superiori, hanno 

i loro difetti. Così, nel Ginnasio si dovrebbe inse¬ 

gnare la lingua francese, materia non solo di cultura 

generale, ma eziandio necessaria agli studj succes¬ 

sivi nel Liceo e nelle Scuole superiori ; c lasciar da 

parte la Storia Naturale, che viene ripresa nel Liceo 

in modo più esteso e profondo. Inoltre, come studiar 

bene le Scienze naturali senz’aver prima studiato¬ 

la Fisica ? Nel LiRco, poi, hanno troppa estensione 

alcune materie, come la matematica, le scienze fisico¬ 

chimiche ed il greco, dacché queste materie, spinta 

oltre i debiti confini , non sono d'interesse generale,, 

non danno per se un risultamcnto pratico, si ripren¬ 

dono quasi daccapo nelle rispettive Facoltà univer¬ 

sità) ic, richiedono molto tempo nel corso liceale con 

grave scapito delle altre materie. 


Tale inconveniente non ha luogo negl’istituti 

classici della Germania. Ecco quello che scriveva 

in proposito l’egregio professor Pullè nella citata sua 

i dazione: “La parte più importante ve l’hanno l'arit¬ 

metica e la matematica ( elementare , come si vede dai 

piogrammi) per far vero il principio, che le lingue, 

classiche e la matematica sono il centro dello studio 

ginnasiale. Yicn dopo lamica, quindi la storia natu- 







E DEGL’ ISTITUTI TECNICI IN ITALIA 389 


vale. La chimica e per sè, o perchè ancora troppo 

poco è venuta a scientifiche conclusioni, ed è tuttavia 

da riguardarsi come in via di sviluppo, non viene, 

nei Ginnasj almeno, accettata come materia obbli¬ 

gatoria. Così anche alla storia naturale non si dà 

una sostanziale importanza : anzi per regola, dove 

manchi un buon maestro per questo insegnamento, 

nella classo IV c V le due ore vanno impiegate per 

l'aritmetica eia geografia. A questo punto va fatta 

un’ osservazione importante. L’insegnamento delle 

scienze positive nei Ginnasj o Licei c ordinato non 


tanto ad un fine pedagogico, quanto acciò che il .gio¬ 

vane, che vi compio la sua educazione, ne esca con 


una generale coltura, sappia qual posto occupa cia¬ 

scuna scienza nell’ insieme dello scibile e si avvezzi 

a liberamente pensare. Per questo vai tanto m e- 

gnamento realistico per coloro che -n d Una ti a 


professioni giuridiche, alle 


V ÌnSCSnan,e ^° m“ peTqueste ultime, quel tanto che 

scienze esatte Ma per q ^ ^ do , tutt0 


se ne apprende nel L la fisica, lachi- 


insuffieientc, poiché al rfetfa mat6 . 


mica, la storia naturale, e &U ? a n ^ llcipio e ripetute 


matica, vengon riprese quasi calzallte è quello 


quasi alla lettera. L’ esempio P ^ anni ne l 


della fisica generale, che appi ‘ ^ bienna le al- 


Liceo, viene ripresa pei un a , ti tem po eia 


l'Università. Or» per Ucw , o lo 


fatica sono irrornss, talmente p» 

sono all’ Università „• 








390 SULLA RIFORMA DE’ LICEI 


Ad ogni modo, chi volesse approfondirsi nelle 

matematiche elementari e nel greco, per indi pro¬ 

seguire i medesimi studj nelle Facoltà di scienze 

fisico-matematiche e di lettere, potrebbe frequentare 

alcune lezioni facoltative da stabilirsi nell’ ultimo 

anno dei nostri corsi liceali. Nell’ Istituto tecnico, 

poi, converrebbe insegnare la lingua latina nella se¬ 

zione fisico-matematica, essendo questa direttamente 

coordinata all’Università. 


X. 


d) Finalmente, un compiuto e razionale ordi¬ 

namento degli studj liceali e tecnici deve provve¬ 

dere non solo alla cultura generale degli alunni e 

ad apparecchiare le giovani menti e studj superiori, 

quando esse vogliano e possano dedicarvisi, ma deve 

altresì avere un fine pratico, abilitando i giovani a 

certi ufficj minori presso le società private o presso 


10 Stato, e fornire tutte quelle cognizioni che fanno 


11 buon cittadino. 


Non tutti i giovani ch’escono dai nostri Licei 

sono in grado, per le condizioni economiche della 

famiglia o per altri motivi, di proseguire i loro studj 

nell’Università e negl’istituti superiori. Essi pertanto 

cercano un’occupazione negli Ufficj postali, comu¬ 

nali e provinciali, nelle Prefetture, nelle Intendenze 

di finanza, nei Ministeri, nelle Strade ferrate, nelle 

Biblioteche, c via dicendo. Coloro poi che frequentano 

gl Istituti tecnici si dànno tutti, meno quelli della 

sezione fisico-matematica ed altri pochi fortunati. 








E degl’ ISTITUTI TECNICI LN ITALIA 391 


acl una professione libera, come i periti agrimensori; 

o ad un impiego presso le Amministrazioni private 

o pubbliche, secondo i lori studj e la capacità. 

Inoltre, il diploma di licenza tecnica o liceale, confe¬ 

risce loro certi diritti pubblici, non solo il diritto 

al voto politico, sì anche 1 altro di essere giurati (a 

25 anni) presso la Corte d’Assise. Or bene, come 

potranno adempiere convenienteinentesì gravi doveri 

ed esercitar bene sì nobili diritti quei giovani, che, 

secondo l’attuale ordinamento dei nostri Licei, non 

vi hanno apprese nè vi apprendono le nozioni piu 

•elementari del diritto pubblico interno, e che (po¬ 

tendo anche sedere nei Consigli amministrativi del 

Comune e della Provincia) non. sanno mente d. 

Economia politica c d’Amministraz.on= ? So pò. ca¬ 

cano un modesto collocamento nello Poa *®> 

letture, nelle Intenderne di finanza, nelleStradefer 

rate, nei Ministeri, come potranno sostenere, gl, am 

■ , j; „nn avendo appreso nel Uinnasiu 


senza nuovi studj 1 ^ n *u contabilità c la 


enei Liceo ne ^ itiv0 ? E quindi, o 


computisteria, 1 dovran no sostenere questi 


nuove spese o fatiche ^ classiclie> od avremo 

giovani licenziati . f Quanto ag u alunni dei- 

in società altri sjjos • _ diritto amministra- 

l’Istituto tecnico, le sezioni* 1 come nel 1877 


tivo vanno estese aim ento, a tutte le se- 


furono estesi, con savi I economia teoretica, 


ziom dell fstitnto g ^ 


di etica civile e dii ut 








392 



SULLA RIFORMA DE’ 1ICEI 



Conclusione. 


Ed ora concludiamo. Quali pronti cd efficaci 

riraedj vanno recati ai nostri Istituti secoudarj clas¬ 

sici e tecnici? A mio parere , eccoli brevemente : 

1° Si metta obbligatorio lo studio del francese nel 

Ginnasio, e si tolga la storia naturale. 2° Si restrin¬ 

ga il programma di matematica, di fisica e chimica, 

e del greco nel Liceo per quegli alunni, che non si 

danno poi nell’Università alle matematiche, alle let¬ 

tere ed alla filosofia. 3° Nella terza classe liceale si* 

stabiliscano corsi superiori facoltativi di matema¬ 

tica e di greco pecchi ha interesse di approfittar¬ 

ne. 4° Vi si insegnino pure le nozioni elementari 

di economia politica e di diritto amministrativo. 


Quanto agli studj tecnici : 1° Si coordini net¬ 

tamente e definitivamente la Scuola tecnica all'Isti¬ 

tuto tecnico nel terzo anno. 2° Si renda più. pratica 

la Scuola tecnica per i licenziandi, collegandola al¬ 

tresì alle Scuole professionali inferiori o di arti e 

mestieri. 3 Si metta obbligatorio il latino per con¬ 

seguile la licenza nella sezione Fisico-matematica 

dell Istituto. 4° Si estendano a tutte le sezioni del¬ 

l’Istituto gli Elementi di Logica c di Etica. 5° Si 

icnda obbligatorio lo studio dell’Economia teoretica 

sociale a tutte le Sezioni, eccetto a quella Fisico-ma- 

tematica. G° Si ristabilisca il corso elementare di 

Diritto razionale. 7° Si porti a cinque anni il corso 

compiuto dell Istituto, quando non si credesse me- 













e degl’istituti TECNICI IN ITALIA 393 

gl io di stabilirò in quattro anni il corso teorico 

o pratico della Scuola tecnica. 


A questo modo, mi pare che i nostri Licei ed 

Istituti tecnici possano davvero rispondere al fine 

loro speculativo e pratico, alla ragione dei tempi e 

alle condizioni del nostro paese, e riuscire superiori 

o migliori dei Ginnasj tedeschi, e delle Scuole reali 

e borghesi della Germania. Comunque sia, in ogni 

riforma de’nostri Istituti mezzani e superiori, classici 

e tecnici, non dimentichiamo la massima che fino 

dal 1S38 inculcava il Mamiani ne'suoi Documenti 

pratici intorno alla rigenerazione intellettuale e mo¬ 

rale degl’italiani : u Gli studj che mirano a poco 

alto fine e versano sopra materie futili ne emano 


di nudrirsi di scienza profonda, snervano 1 intelletto 


e l’animo. „ 














appendice 













ALBERICO GENTILE 



E IL DIRITTO INTERNAZIONALE. 



« Allicricus ilio fuit, qucra non Brilannia modo, seti 

et tota Europa pracccplorom in Jure suum eolil 

et agnoscit »• 


Jl. PrecuiD, Elogio di Scipione Ganlue. 



I. 


Fra tante e nobili glorie italiane fin qui di¬ 

menticate v’era il nome di un insigne Marchigiano, 

che. più d'ogni altro meriterebbe di far parte ■ 

quella storia, « magnifica e peenhare de,U Ita 


liani fuori d'Italia, che Cesare Balbo m fine gin 

nani jwn* « » . connazl0 nali. 


vissinri «itti nato a San- 


Questa gloria italiana m0 rto 


ginesio (provincia di Macerata) nel UM 


esule in Inghilterra a 19 e t “"j” a metà del 

Visse dunque ABonc» e la se» 

secolo XVI, che fu una dell epoc P ^ 


religiosa. E questo Q Bran0 e di Cam- 


Francesco Bacone, i Elisa betta : epoca famosa, 

panella, di Filippo II e di JM 








ALBERICO GENTILE 



398 


per grandi avvenimenti politici e religiosi, per in¬ 

gegni preclari e fortissimi caratteri. 


Matteo Gentile, valente medico, venuto in so¬ 

spetto d’avere abbracciato la riforma religiosa, esulò 

dalla patria conducendo seco il giovine Alberico e 

l’altro figlio minore Scipione. Alberico, ebe avea 

già studiato la scienza del diritto nell’Università di 

Perugia ed avea tenuto l’ufficio di magistrato in 

Ascoli Piceno, non poteva non essere amato e pre¬ 

giato nella culta Germania, dov’erasi rifugiato col 

fratello e col padre, che fu protomedico in Carniola. 

Il duca di Wiirtemberg, l’Elettore Palatino e tutte le 

Università dei loro Stati tennero in alto pregio il 

nostro Alberico per il suo ingegno e per la molta sua 

dottrina. Più tardi, Matteo ed Alberico si recarono 

nella dotta ed ospitale Inghilterra, mentre Scipione 

rimase in Germania ; e, stimato egli pure e di forte 

ingegno, divenne successivamente professore di Di¬ 

ritto nelle Università di Heidelberga, di Altorf e 

di Norimberga, dove morì a 53 anni nel 1016. 

Matteo fu archiatro della regina Elisabetta, e morì 

a Londra nel 1602. 


In grazia d’un suo eloquente discorso che salvò 

da morte l’ambasciatore spagnolo nella corte di Elisa- 

betta, Alberico Gentile fu eletto dal re di Spagna 

ad avvocato della Corona e dei connazionali di¬ 

moranti in Inghilterra. Fu inoltre professore al Col¬ 

legio di San Giovanni Battista in Oxford, l’Atene 

d’Inghilterra, e in appresso fu lettore primario di 

Giurisprudenza in quella celebre Università, che 









lì IL DIRITTO INTERNAZIONALE 390 


■nel 1583 in occasione della festa anniversaria fu 

visitata, com’è noto, da un altro insigne italiano, 

da Giordano Bruno. Onde a vcrun altro, meglio 

che ai tre Gentili, ma soprattutto ad Alberico s’at¬ 

tagliano quelle splendide parole clic C. Balbo lasciò 

scritte nel Sommario delle cose d’Italia : “ Mira¬ 

bile ingegno italiano che, chiusagli una via, ne trova 

altre ed altre infinite ; che, chiusagli la patria ad 

operare, opera fuori, corca, trova campi in tutti i 

paesi, in tutte lo colture ! „ 



IL 


Se non che, somma ed universale gloria si ac- 

smistò Alberico Gentileper le sue opere e spcoialmen- 

te pel suo famoso trattato Dejwre belli. Non meno d. 

quaranta sono gli scritti fin qui conosciuti deU illu- 

stre Marchigiano. Primeggiano su tutti le ha oji ■ 


lutato universalmen ditfeoGrozio, autore 


Mica dirilto, e quale P" ccurù /pradier-Fodóró 


ael De jvre Belli et scrisse che 


(Grotius et son temjps), a ^ . mcgnasse u leggi 

Alberico Gentile fu ^ P quello ohe dice su 


della pace e della guerra . Ecco q 







400 ’ ALBERICO GENTILE 


t a l proposito Eraerico Amari nella Critica di una 

scienza delle Legislazioni comparate (cap. IV, art. 

ir, in nota), opera non conosciuta degnamente, 

come avviene spesso di altri libri italiani : lt Sebi 

bene il titolo dell’opera di Gentili sia solamente De 

jure belli , pure io dico avere fondato la scienza del 

diritto della guerra e della pace, sì perchè il libro 

III di quello tratta interamente delle paci, come 

perchè in altri due trattati, l’uno De Legationibus 

e l’altro De armis Eomanis in due libri, nel primo 

dei quali tratta delle guerre ingiuste, c nel secondo 

delle giuste dei Komani, copiosamente parla del gius 

delle genti della pace ; laonde in queste tre opere 

tutto il diritto internazionale è compreso. Lo stesso 

Grazio, quantunque per debolezza d’amor proprio 

d’autore ne abbassi il merito, pure per candore di 

scienziato confessa essersene non raramente giovato; 

e chi confronti le opere di questi due grandi uo¬ 

mini, vedrà che Grazio non esagerò gli obblighi suoi 

col nostro Gentili 


Che altri ingegni italiani avessero trattato della 

Guerra e qualcuno di loro avesse per avventura 

tentato di applicare la scienza delle leggi all’uso 

della guerra prima di Alberico Gentile, ciò non viene 

impugnato dallo stesso autore del De jure belli o 

dal Grazio, e lo attestano il Tiraboschi, £. Amari 

e P. S. Mancini. Ma prima di Alberico nessuno 

e rasi elevato sì alto ; ond’egli stesso rivendica a sè 

questo primato fin dal principio del suo trattato fa¬ 

moso : Magnam atque difficilem rem aggredior.. • • •• 








E IL D1IUTT0 INTERNAZIONALE 



401 


Non baleni libri illi de hoc jure, non olii vili, qui 

cxtcnt. Non ti sembra egli che quelle prime parole 

trovino un degno raffronto in queste altre, onde il 

Machiavelli, restauratore della scienza politica in 

Italia, palesa c attesta la novità del suo metodo e 

dell'opera sua ? lt Ho deliberato entrare per una via 

la quale, non essendo stata per ancora da alcuno pesta 

se la mi arrecherà fastidio c difficulta , mi poti eb¬ 

be ancora arrecare premio, mediante quelli che 

umanamente di queste mie fatiche considerassero 

{Discorsi, I) „• Agl’intelletti novatori non può man- 

care la consapevolezza dell’opera loro, come non 

mancava al grande contemporaneo del nostro Gen¬ 

tile, all’autore del Nuovo Organo , il quale sapeva 

di additare alle scienze sperimentali un metodo veto, 

ma nuovo e non ancora praticato fuor, d Italia : 


• quac via vera est, sed intentata. 


Mirabile potenza dell’ingegno italiano, nevato e 


speculativo e pitico ad un tempo! Cocce .. m 


PÌ ^ÌTn7^:r S rMe “cono 1 Fimi. P" 


alla mente enciclopedica. dj^ ^ di rÌ3 a- 


taneo del Gen * lle ’ D ° albeggi delle leggi (leges 

lire alle fonti del 111 ’ trattat ° S Tilla Giustizia um- 

legum) e di scrivere ^ ^ dovea C om- 


versale. Ma delle cinq tratt ò c he della prima, 

porsi l’opera sua, c ° 26 


Valdarnini 










/ t Q2 ALBERICO GENTILE 


per aforismi, che risguarcla la certezza delle leggi 


nella loro intimazione (1). 


ni. 


Ma veniamo senz’altro a dare un cenno dell ope¬ 

ra insigne di Alberico, Dejure belli. Questo trattato, 

che fu dall’autore dedicato a Roberto conto d’Es- 

sex, è diviso in tre libri. Rei primo, data la no¬ 

zione della Guerra, si esamina in chi risiede l'au¬ 

torità di muover guerra, e per qual fine s’intraprende ; 

poi si dice quando la difesa è necessaria, quando 

utile c quando onesta; infine si esamina le cause 

che spingono alla guerra, che vicn fatta ora per 

necessità, ora per utilità, ora per cause naturali ed 

umane-, e si conclude che, dovendosi anteporre l’onesto 

all’utile (III, c. 12), la guerra vuol esser fatta per 

una causa onesta. Il secondo libro tratta del come 

e quando si dichiari la guerra, dell’inganno e degli 

strattagemmi ; e qui l'autore detto clic “ fondamento 

della giustizia è la fede vuole con Marco Tullio 

che il giuramento e la fede sicno rispettati anello 

dai combattenti: tueri inter bella fiderà. In progresso 

tratta delle regole che vanno osservate verso i bel¬ 

ligeranti, verso i parlamentarj, verso i prigionieri, 

verso quelli che hanno deposto le armi \ e infine 



(1) Vedi i nostri due libri: F. Bacone e la Classifi¬ 

cazione delle scienze. Parte terza, capo VII, seconda edi¬ 

zione. Firenze, 1880. — Elementi scientifici di Etica c Di¬ 

ritto, capo XIV e XXI, seconda edizione. Roma, 1884. 










E IL DIRITTO INTERNAZIONALE 



403 


.-parla degli assedj, del come vogliono essere trat¬ 

tati i non combattenti, del rispetto cioè verso i sup¬ 

plichevoli, le donne e i fanciulli, della facoltà di 

dar sepoltura ai morti in battaglia, la violazione 

del qual diritto da parte dei nemici sarebbe im¬ 

proba ed empia. E termina questa seconda parte 

•con fervide parole a Dio, perchè si rimuova dalle 

guerre la barbarie, la crudeltà, l’odio inestinguibile; 

e perchè non le genti cristiane dai barbari, ma 

questi da quelle apprendano le leggi ed i modi più 

equi ed umani di guerreggiare. Il terzo libro c 

•tutto consacrato al fine vero ed ultimo delle guerra, 

vo'dire alla pace, ai modi più equi nel ristabilirla, 

All’amicizia ed alleanza tra Stato e Stato. . 


Questo breve cenno mi pare sia sufficiente a 

dimostrare la grave importanza di tale r ,Opera : onde 

ai spiega facilmente perchè tutti i P m insigni trat¬ 

tatisti moderni del pubblico diritto ricordino con 

molte lodi il nome e la dottrina di Alberico Gentile. 

CI se iù quel suo trattato egli non sempre indaga 

, ? * metodo rigorosamente scientifico, le 


a fondo, e co eminenti del giure 


ragioni supreme e le le OD 1 ^ ^ 


universale di gu*»» ^ esemp j 0 con 


mirabile erudizi ,^ . occorre tener 


autorevoli e n vivesse il nostro Gentile, e 


-"In prto» ad « ltore ^ 


*°. de “ 0 ° fcui ^mirava, questo il concetto 

-fine altissimo a cui e 0 







404 AL1IEIUCO GENTILE 


nobilissimo pei’ cui il nome di Alberico va associato 

ai nostri tempi e vivrà immortale. Non pago di u^ eie 

stabilite e di volere applicate le leggi alluso della 

guerra, non pago di aver raccomandato clic la guer¬ 

ra sia fatta sempre per cause oneste e giuste, quel 

forte e magnanimo intelletto invoca dal Padre del— 

l’eterna giustizia, clic voglia rimuovere ogni motivo 

di contrasto fra i popoli, che cessi ogni guerra, sia 

pur mossa da cause giuste :Tu pater justitiae, Deus „ 

eliam has lolle causas nobis, tolle bellum omne : eia, 

Domine, paceni in diabus nostris, da •pacava (I, e. 

25). Nò si creda che Alberico, esule della patria, e 

che viveva in un secolo pieno di persecuzioni e tri¬ 

stamente famoso per tante guerre politiche e religiose, 

abbia invocato una pace transitoria, la pace solo per 

l’età sua e per i suoi contemporanei !No ; egli, am¬ 

maestrato dalle discordie e dai gravissimi danni di 

molto e diverse guerre, dai mali che esso arrecano 

•all'umanità, dal ritardo e dagli ostacoli clic ne pro¬ 

vengono alla civiltà ed al progresso dell’umana fami¬ 

glia, invocava, precorrendo ai magnanimi tentativi 

del Leibnitz e del Kant {Disegno di paca perpetua 

fra le nazioni) ed allo aspirazioni di molte anime 

generose del secolo XIX, la pace perpetua ed uni¬ 

versale, con quelle memorande parole onde chiudeva 

il suo trattato : u Deus autem optimus maximus 

faciat, principes imponeva bellis omnem Jìnem, et 

jura pacis ac foederum colera sanctc. . . . JEtiaiU 

Deus, etiam impone tu bellis finem : tu nobis pa- 

cem effi.ee n . . 








e ir. Diurno internazionale 



405 



IV. 


Chi può, adunque, negare la importanza tra¬ 

grande di quest’ Opera e la sua opportunità ? Sono 

ornai decorsi circa tre secoli da che fu scritto il Da 

jurahdli, ma le crudeltà della guerra non sono affatto 

cessate, ed anche a’nostri giorni ne abbiamo avuto 

tristi esempi in conflitti memorabili ; nè ancora tutta 

Europa sembra disposta a custodire santamente i 

diritti della pace e dei popoli. Bensì il Diritto in¬ 

ternazionale, che può dirsi fondato dal grandeMarchi- 

giano, ha progredito non poco, e gli ultimi congressi 

europei ne sono stati la più solenne testimonianza, 

e, se non compiuta, certo la più retta ed umana 

applicazione. Quanto all’epoca d’una pace universale 

e perpetua, clic sì ardentemente invocava il nostro 

Alberico, se per ora appare assai lontana, giova per 

altro ricordare lo splendido e solenne trionfo che nel 

1872 riportò in Ginevra il principio delUròifrafo 


Muterà la sua indi- 


omaI ,■ ‘Coiaio, u proclamatasi «tomento 


pondon» od unita- * olto3tM .u dinaosi al 


di ordine 4. cavdt ^ , cbi primo formuli, 


mondo mteiolas.it 0 „ acrra c d invocò 


il diritto dolio g0"*> * ” 







40G ALBERICO GENTILE 


la pace universale. Il Romagnosi fu il primo a dire- 

che l’Italia doveva rendere ad Alberico la debita 

giustizia. Questo voto fu accolto dall’illustre profes¬ 

sore P. S. Mancini e dal Municipio di Sanginesio, 

quando seppe clic Tommaso Erslcine Holland, pio- 

fossore di Diritto internazionale nella celebre Uni¬ 

versità di Oxford, aveva in un pubblico discorso- 

rivendicato gl’insigni meriti del suo immortale pre¬ 

cessore, Alberico Gentile. Ma la gloria d’aver dato 

corpo e vita, per così dire, a questo nobile desiderio, 

spetta all’operoso e fervido pubblicista Pietro Sbar¬ 

baro, mentre insegnava Filosofia del Diritto nel¬ 

l’Ateneo di Macerata. Di fatto, il Consiglio acca¬ 

demico di quella Università, convocato in adunanza 

straordinaria il 27 marzo 1875, udita una bella 

relazione dello stesso prof. Sbarbaro, unanime de¬ 

liberava di esprimere pubblicamente il voto che si 

costituisse, sotto la presidenza dell’ insigne giure¬ 

consulto P. S. Mancini, un Comitato internazionale 

per erigere in Italia un monumento ad Alberico 

Gentile. 


Questa nobile iniziativa fu encomiata univer¬ 

salmente. Osiamo dire che forse mai somiglianti pro¬ 

poste ebbero un successo più splendido. Tutti i più 

autorevoli periodici d’Italia vi fecero plauso, o la 

proposta fu bene accolta anche dalla stampa estera, 

specialmente in Inghilterra, Germania, Francia e 

Belgio. Parecchie Università e le principali Acca¬ 

demie scientifiche c letterarie del Jlcgno aderirono 

alla proposta dell’Ateneo maceratese. I più insigni 




E IL DIRITTO INTERNAZIONALE 



407 



uomini (l’Italia in ogni ramo del sapere, illustri 

statisti e scienziati stranieri, tra’ quali vanno qui 

ricordati Bismarck e Gladstone, Holtzendorff, Er- 

skine Holland. Laurent e il compianto Labou- 

laye (1) , o accettarono di far parte del Comitato 



(1) Merita d’essere riferita per intiero la seguente let¬ 

tera, che in quciroccasiono scrisse al prof. Sbarbaro, se¬ 

gretario del Comitato internazionale, l’eminente giurecon¬ 

sulto, storico c pubblicista E. Luboulayc. 



« Mon elici- Profcsseur, 



a Versailles, 25 avril 1S75. 



. L’ idée d' honorcr la mdmoiro à'Alberico Gonidi est 

oxcellcntc; jc m* y associerai bica volonticrs. Alberico a 

ctd le précurseur do Grotius, et à ec t.tre .1 ménte qu o 

lo tiro de T ombre où on 1’ a laissd trop longtemps .i 1 on 

pouvait donnei: un. boa». ddi.lo» d. »» Jur, MU «J 

rdunir dea documenta sur sa vie, et des lett c , 

esiste, on lui roudrait lo plus parfait Uommago que puu^ 

désiror uu bomme de lettrcs apres sa tcmps 


dori vaine, qui sommes ravement pensée s dcrèto 


et cn notre pays, , '°^ av0 " s 01 | ;P ] U3) n os iddes sewi- 


qu’un jour, quand nous n j rumnn itd. C’est eetto 


rout la cftUSe d ° 1 ’faìt dddftìgncr la fortune, Ics placcs et 

illusion qui nous fait dd 6 C3 tdans l’aventi-. 


tout co que lnfoule cn ' ic ’^ sa tom bc, ne sernit-il paa Gcr 

Si Gentili pouvnit sortii: do cc ^ a to «td pour 


de penso.- qu’on se aei-ico  Ma- 


gistero f0 “ ” aegii ìstitaH Tecnici 


Sulla riforma de Licei o b . 


in Italia.. 



Alberico Gentile c 



A.pp© udicC- 

il Diritto internazionale. 



, 159 


r 208 


312 

n 344 

« 361 


n 397 











DELLO STESSO AUTORE 



1. Elementi scientifici di Etica e di Diritto. Seconda 


edizione emendata ed accresciuta. — Un Mol. L. 2,50. 


2. Filosofia Morale e Sociale. — Un volume, L. 3. 


3. Traduzione italiana della Teodicea di A. De Marge * 


rie , con una Prefazione di A. Conti. — Duo voi. L. (ì. 


4. Principio, intendimento e storia della classificazione dcl- 


l’umane conoscenze secondo Francesco Bacone. Secon¬ 

da edizione riveduta ed ampliata notabilmente. — Un 

volume, L. 3. 


5. Dottrina dell’Evoluzione e sue conseguenze teoriche e 


pratiche. Discorso Accademico. — L. 1. 


6. Elogio funebre di Ile Vittorio Emanuele II. — Opusco¬ 


lo, 1878. 


7. Esposizione critica del sistema filosofico di Marco Wahl- 


tuch. — Opuscolo, L. 0,50. 


S. Critiche varie. 



In corso di pubblicazione : 



Elementi scientifici di Psicologia e di Logica. Seconda edi¬ 

zione emendata ed accresciuta. — Un volume, L. 2,00. 

No comments:

Post a Comment