Grice e Chiocchetti: la ragione
conversazionale e l’implicatura conversazionale prammatica – scuola di Moena –
filosofia trentina -- filosofia italiana – Luigi Speranza, pel Gruppo di Gioco
di H. P. Grice, The Swimming-Pool Library (Moena). Filosofo trentino. Filosofo italiano. Moena, Trento, Trentino-Alto
Aidge. Grice: “I like Chiocchetti – a surname most Englishmen are unable to
pronounce, but cf. Chumley! – For one, he exapanded, alla Croce on Vico as
proposing ‘espressione’ as prior to ‘communicazione,’ as I do – but he went
further – he studied the Latin-language author, and saint, Aquinas, and his
‘modi di significare’ – Lastly, he expanded on ‘pragmatism’ as the term of
abuse it MUST be! Why are non-philosophers OBSESSED to keep miscalling me a
‘pragmaticist’ who is into ‘pragmatics’ – It’s totally anti-Oxonian – Oxford
being the epitome of aestheticism – to do so! Chiocchetti also played with the
abused term, ‘scolastic’: he thought there are two scolastics: the
palaeo-scolastici, or scolastici simpiciter, and the ‘neo-scolastici,’ like his
self! He wrote a little tract on Gentile, who ungently threw it onto the
wastepaper basket!” -- Veste l'abito francescano. Conclude gli studi
secondari a Rovereto. Durante il corso di teologia si appassionò agli studi
biblici, anche se non gli venne concessa la possibilità di approfondirli presso
l'Istituto biblico francescano di Gerusalemme e la Facoltà teologica di Vienna.
Ordinato sacerdote. Studiò filosofia a
Roma presso il Collegio internazionale di San Antonio. Tornò quindi a Rovereto
per insegnare filosofia presso il liceo interno all'Ordine dei Minori e iniziò
un'assidua collaborazione, su invito di Gemelli, alla Rivista di filosofia
neoscolastica fin dalla sua fondazione. Progettò uno studio sistematico sulla
filosofia di Henri Bergson, interrompendolo definitivamente per approfondire
ulteriormente la sua preparazione filosofica a Lovanio, centro degli studi
neoscolastici. Subito dopo si recò in Germania, a Fulda, per ascoltare
Konstantin Gutberlet, e successivamente a Vienna, dove frequentò come uditore
le lezioni di psicologia di Wundt. Tornato all'insegnamento a Rovereto, assunse
la direzione della Rivista tridentina.
Note C. su
siusa.archivi.beniculturali. Faustini,, C., SERBATI e la cultura trentina: un
filosofo ladino tra Trentino ed Europa, Trento, Pancheri. Faustini,, C.: un filosofo francescano di
fronte alle sfide del Novecento: antologia, scritti di filosofia e cultura,
Trento, Pancheri, C. un filosofo francescano tra il Trentino e l'Europa: atti
del seminario di studio promosso dal Museo storico in Trento, svoltosi a Trento.
"Archivio Trentino", Pietroforte, Storia di un'amicizia filosofica
tra neoscolastica, idealismo e modernismo: il carteggio Nardi-C., Firenze,
Sismel Edizioni del Galluzzo, Centi, Un filosofo francescano C. Trento, Gruppo
culturale Civis, Coen, C. in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, (Dizionario
biografico degli italiani) G. Consolati,,
C. filosofo trentino rettore generale francescano e professore di storia
della filosofia moderna alla Università cattolica del S. Cuore, Trento,
Saturnia, C. in Dizionario biografico degli italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. C., su siusa.archivi.beniculturali, Sistema
Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche. Opere di C..Pubblicazioni di C., su Persée, Ministère de l'Enseignement supérieur,
de la Recherche et de l'Innovation. LE GRANDI CORRENTI DEL PENSIERO
COLLEZIONE DIRETTA DA PICCOLI C. Milano IL 5a PRAGMATISMO agi
E 7 EDIZIONE ATHENA MILANOVia Vigentina' 7-9 s
santo, MRETTRI s», è ita, canina eno er insit) miri
iztarta e ea Nihil obstat quominus imprimatur 19 Mediolani,
Bernareggi. Nihil obstat quominus imprimatur Mediolani,Mons. Can.
Cavezzali. ALL'AMICO P. ARCANGELO MAZZOTTI CHE NELLA VITA
VISSUTA ANCHE PIÙ TENUE SA CERCARE E COGLIERE LA
FILOSOFIA sg AL LETTORE ca
Ripubblico, a richiesta d'amicì, in volume questi «saggi» sul
Pragmatismo, già pubblicati, parecchi anniì sono nella Rivista di
filosofia Neoscolastica, per- chè il Pragmatismo contiene aspetti
di verità che non A vanno dimenticati. Quali siano quest» aspetti
verrà rilevulo nella esposizione che ne faccio seguendo i Uue
principali rappresentanti di esso il James e lo Schiller.
f In questa esposizione ho introdotto solo mulazioni accidentali,
più che altro verbali, che mettano quella corrente nei tempi
suoi, già mollo lontani spiritual- mente dai nostri.a E. C. LLINEE
FONDAMENTALI DEL PRAGMATISMO. Sommarto. II Pragmatismo. Pragmatismo e Umanismo.
Pragmatismo e conoscenza. Nell' Inghilterra e nell'America, come è noto,
la filosofia ha avulo sempre un carattere prevalentemente pratico, cioè, ha
studiato con particolare predilezione quei problemi filosofici che si
riferiscono alla teologia, alla morale, al diritto e alle scienze
pratiche, in generale; e, anche quando si è sollevata alle più alte
speculazioni, non ha mai perduto il contatto intimo con la vita pratica «ed è
stata più sollecita della ricerca del vero in vista dell'orga-
nizzazione della vita reale, che non dell'astrazione collivata per sè
stessa e per la sodisfazione dello Spirito. Per ciò che riguarda
l'Inghilterra basta pensare alla filosofia di Hobbes e di Bacone,
all filosofi cmpirica e crilica di Locke, alla filosofi naturale di
Newton, alle dottrine teologiche dei De (3) Cfr. «Revue Néo-Scolastique», dove son tiLortate dall'opera: La
Philosophie en Amérique del VAN B CELAERE' (New-York) le parole citate.
La «Revue Néo-Sc Stiquen ne di un amplo riassunto col titolo: Le
mouveme hilosophiqgue en Amérique. Vedi anche i riassunti cli
relazioni sullo stato della filosofia contemporanea in Inghil- Mica in
America: « Rivista di Filosofia Neo-Scolastica wu N. IL
SEE. (6) Linee fondamentali sti, alla fase clica
del movimento empirico del se- colo XVIII, all'Associazionismo e
all'Utilitarismo. Nell'America i primi a interessarsi di speculazioni
filosofiche furono i colonizzatori della nuova Inghil- terra, degli
inglesi emigrati, i quali naturalmente portarono al di lù dell'Oceano la
caratteristica della filosofia della madrepatria: l'atteggiamento
pratico, che assunse allora, per speciali circostanze storiche, un
carattere religioso. È vero che, nell’Inghilterra, «una corrente più
profonda non ha mai cessalo di rimontare in senso opposto (alla corrente
empirica). Essa si manifesta con Herbert di Cherbury, con i
Platonici di Cambridge, nella scuola scozzese. del ‘senso comune, e
apparisce nella sua forma più sor- prendente in Berkeley, fondatore dell'’idealismo
in- glese; è rinforzata più tardi da Kant, Lichte, Hegel e Lolze;
ma anche questa controcorrente non ha mai perdulo il'carattere pratico,
sperimentale, e tende ad appoggiarsi più volentieri sulla volontà e
sul sentimento e a trascurare le categorie puramen- le logiche
dell’Idealismo tedesco » (1). Lo stesso sì deve dire della filosufia in
America. Quando la rivoluzione americana pose fine al pe-
Tiodo coloniale e nel libero paese cominciarono a manilestarsi varie e
nuove correnli filosofiche — ppiella del senso comune, il Trascendentalismo
di Kunt e de’ suvi discepoli, specie di Hegel; l'Ideali- smo di
Berkeley ecc., la filosofia conservò sempre la tendenza ad avvicinare la
speculazione alla vita, a non perdere il contatto con la realtà, a far
risal- lare il carvaltere pratico dei problemi filosofici. « Ne-
gli scritti, p. es., dei seguaci dell'Idealismo Kan- liano non è la
critica che tiene il primo posto, ma la psicologia cosidella scientifica
in opposizione alla psicologia metufisica» (2). (1) Cfr. in
«Rivista di Filosofia Neo-Scolastica » (1 i S- sunto della relazione del
MACHENZIE: La EIA nea in Inghilterra, donde sono prese le parole
citate. (2) «Revue Néo-Scolastique », I. c. rat ET
tit, 0 ELLI a_n GI Il Pragmatismo ('S Allualmente i due
indirizzi filosofici predominanti nel mondo inglese-americano sono o
erano qualche anno fa il Neo-hegelianismo e il Neo-volontarismo.
Quale dei due trionferà? Se la storia ci può ammae- strare, se il
carattere cinico dei due paesi può servire di fondamento a una previsione,
se, sopratutto, i sc- si guì dei lempi sono veridici — intendo la
reazione "i Vivissima contro l'indirizzo Neo-hegeliano e la ten-
DI denza della filosofia contemporanea a dare il valore Li
principale della valutazione delle vedule speculative i al sentimento e
alla volontà — possiamo applicare anche all'Inghilterra quello che il
Turner scrive dell'America: « È verosimile che il corso fuluro del pen- |
siero filosofico non subisca tanto l'influsso dei Neo. hi legeliani
quanto quello dei Neo-volontaristi ». Ebbene, poichè il Neo-volontarismo
americano non è che il Pragmalismo, non sarà senza interesse lo
studiarlo, lauto più che esso non è più limitato a quelle regioni, ma ha
suscitato anni addietro vivo a interesse in lutto il campo filosofico,
dove, accanto e ; ul critici severi, trovò dei caldi ‘ammiratori. 1
suoi nu espositori cd apostoli più autorevoli ne annunziava-. n°
no, con lono da epinicio, il trionfo sicuro su tutte le filosolie
avversarie. Già lo Schiller aveva annunziato il maturarsi di grandi
eventi nel mondo intellettuale à danno delle antiche forme di pensiero e
a tulto vantaggio di una forma nuova. È, come a sintomi | di un
tempo propizio a nuove intraprese filosofiche secondo la nuova forma,
egli guardava con compia- cenza al successo che ha avuto l'opera del
Balfour: «Le basi della fede»; alla serie di opere popolari. del
James: «Lu volontà di credere, Immortalità _ mana, Le varie forme della
cuscienza religiosa» | alle letture di James \vard « Naturalismo e agno
È | Slicismo», e, sopratutto, all'esser uscito da Oxforà, «una
volla centro di Idealismo, un manifesto così dace com'è «L’'idealismo
personale» dello stesso | Schiller e di altri membri dell’Università, e
ai lavori Linee fondamentali della scuola di Chicago (alla testa
della quale slava è il Prof. Dewey), pubblicali nelle « Decennial Publica
‘ tions» della Università (1). i; Quivi afferma pure che il
Pragmatismo «non passa più inosservato: esso ha raggiunto la fase
del «batti ma ascolta!» e quando i falsi concetti, È dovuti a prella
mancanza di famigliarità con la dot- |A — trina, saranno dissipati,
entrerà in una fase di ulile D applicazione ». D'allora fino a
pochi anni fa, il Pragmatismo s'è * affermato con sempre crescente
energia, suscitando vive polemiche, incontrando simpatie e
disprezzo, seguaci c avversari, così che polè scrivere il James:
«Oggi la parola Pragmatismo empie le pagine delle .. © riviste
filosofiche » (2). E ancora: «Parecchi indirizzi di pensiero che mancavano
di un denominatore comu- ne lo trovano nella parola Pragmatismo »
(3). Esso ha avuto in tutte le nazioni rappresentanti di
grande valore, fra quali, i principali sono: in America il James e il
Dewey; in Inghilterra Jo Schiller; in Ger- mania il Simmel e il Jerusalem
(4), in Ilalia gli seril- tori del Leonardo, specialmente il Papini; in
Francia , (1) ScHiLcen, IJumanisim, VIII-IX, London, Macmillan
1903. Ri; (9) Der Pragmatismus. Ein neuer Name fr alte
Denkmetho- «en, trad, in tedesco dal Prof. \VILHELM JERUSALEM, Leipzig.
Verlag. von Klinkhardt. Di questa traduzione tedesca mi servo nella esposizione
del Pragmatismo. Sì è voluto vedere un Pragmatista anche nell'Eucken.
In s tà il suo «ttiwismo non ha niente a che vedere col Pragma-
tsmo, L'Attivismo poggia sopra determinate presupposizioni metafisiche,
mentre il Pragmatismo è puramente empirico; a eno il Pragmatismo inglese
e americano, «Il ripudiare com fa l'Eucken, Ja concezione
intellettualistica della vita, non è una caratteristica del Mo-
| | talismo e di Misticism ca À « n
Pragmatismo ma di ogni specie di (OA 2 vrib
CE: Il Pragmatismo . Blondel, Roy, Bergson e molti fra i
moderni- sli più avanzati (1). Come si vede, aveva un po'
ragione lo Stein quando scriveva: «Abbiamo di nuovo una « parola
d'ordine» filosofica, che è diventola grido di guerra di un nuo- vo
indirizzo di pensiero, di un movimento filosofico che passa potentemente
dall’ America sul vecchio mondo e comincia a incerospare la superficie -
delle nostre acque stagnanti (2) ». Facciamoci a considerare
davvicino una tale filo- sofia, allenondoci specialmente ai suoi due
rappre- sentanti più illustri: il James e lo Schiller. gs 2 Il nome pragmatismo viene dal greco pragma
che significa azione, operazione, viene dalla stessa radice che ha dato origine
alle parole prassi, pratico; perciò, più italianamente sì chiamercebhe
praticalismo. Jl primo a introdurlo nella fi- losofia è PEIRCE [citato da
H. P. Grice] nel senso di un metodo che consiste nel giudicare del valore
di una affermazione dalle sue conseguenze nella pratica, ossia di un
metodo che era già stato applicato dall’empirismo inglese alla valutazione
delle conoscerize umane. Ecco in breve Ja sua dottrina. È un falto
psicologico che il dubbio, l'incertezza producono in noi uno stato di
malessere, di irrita- zione; uno stalo spiacevole insomma,
Per uscirne — e noì vogliamo uscirne — è neces- saria una
convinzione, una credenza in cuì l’attività del pensicro possa
riposare: la credenza attutisce le sofferenze del dubbio. Produrre
la credenza è la sola funzione del pensiero: il pensiero in
altività — non persegue allro fine che il riposo del pensiero e lo
distinguono profondamente dall'inglese-americano. (2) «Archiv. fur system
Philos.» (3) Egli espose il suo sistema
fino dal 1878, ma non fu che — | dopo essersi servito lungo tempo della
parola CART EVA nella conversazione, che la stampò nel 1902 in un
articolo . | dizionario del Baldwin. Così MARCEL HénerT, Le
Pragmatism Bi. Alcan, Paris. Lan "a IL
pragmatismo francese ha peculiarità tutte proprie che. 2A f
10 Linee fondamentali quindi tutto ciò che non contribuisce alla
formazione della credenza non fa parte del pensiero propriamente detto.
La credenza, poi, ha per fine di produrre un'abiludine alliva, che diventa
regola per fazione. Se le credenze mettono fine allo slesso dub-
bio, creando la stessa abiludine e la stessa regola d'azione, non
diversificano fra loro. Per sviluppare, quindi, il senso d'un
pensiero non c'è da far altro che determinare quali abitudini essa
produce, poichè il senso d’una cosa consisle sempli- cemente nelle
abiludini che essa implica. Il caral- tere di un'abiludine dipende dal
modo con cui essa ci fa agire in ogui possibile circostanza... e il
fine dell'azione è di condurre a un risultato sensibile. Noi
prendiamo, così, il sensibile e il pralico come base di qualunque
differenza di pensiero, per quanto sottile possa essere. Non v'è nuance
di sigmificalo così sottile da non polev produrre una differenza
nella pratica (1). In allre parole: Il pensiero crea la
“convinzione, la convinzione è regola dell'operare e in tanto vale
in quanto ci fa operare; fine dell’ope- l'are è il risullato sensibile,
pratico: questo, dunque, deve servirmi di crilerio per giudicare del
valore del pensiero, per conoscere con chiarezza il significato dei
concetti. Come render chiare le nostre idec? In- lerpreliumole dal punto
di vista pratico, domandia- nio ad esse quale efficienza pralica
contengono, quali Sensazioni possiamo aspellarci dall'oggetto che
ci bappresentano, e quali reazioni dobbiamo preparare. La
rappresentazione di questa efficienza pratica, me- diaia 0 immediata,
costituisce per noi l'intera rap. presenlazione dell'oggello e in ciò sla
tutto il significalo positivo della rappresentazione. « L'idea di una
cosa è l’idea dei suoi effelli sensibili », dice PEIRCE [citato da H. P. GRICE]
(2). «E contradittorio il dire che si
conosce con Così nell'articolo «ITow to make our ideas clear pub
pippoz pt Egnular Science SOA Y >, 1878-XII, e tradotto «Rev
HosophiQuew 1879-VII: «( x È ados sansa DI phig TO-VII Comment vendre
nos (2) « Revue philosophique». | IRIS Il
Prugmatismo precisione l'effetto di una forza, ma che non si com-
prende ciò che è la forza in sè slessa; conoscendo gli effetti della
forza si conoscono tutti i fatti impli- cili nella affermazione della
esistenza della forza e uon v'è più nulla da conoscere. Come render
chiare le nostre idee? «Pensando », risponde il Des Carles, conducendole
alla evidenza della proposizione: « Cogilo ergo sum ». Agendo, ri
sponde PEIRCE [citato da H. P. Grice]; rendendo esplicita la potenzialità
‘* d'azione che è in esse, nell'oggetto rappresentato: è ciò che
agisce, è distinto ciò che produce effetti di- stinti nella vila pralica:
dunque al: «Cogito ergo. sum » sì cosliluisca V« Ago ergo sun ». Tulta
la funzione della filosofia è di scoprire quale differenza
definitiva forà a ine 0 a te in definiti istanti della vila se questa è
quella formuia del mondo fosse la vera. 4 Tale è il principio
del Pragmatismo. Rimasto inos- servato per venVansi fu mpreso dal James
ed appli calo alla religione (2), prima, alla conoscenza 10:C Ca
nerale poi. D'ullova in por tanto il nome quanto i principio hanno falto
forluna, così che i due leader: pragmalisti ce no possono dure una
esposizione co vaggiosa e abbastanza sistemalica in due opere ap
parse nel niondo anglo-sassone e diffuse rapidamen- te fra i cultori di
filosofia. “a Per comprendere l'importanza del principio enun:
3 ciato, ci avverte il James (8), bisogna abiluarsi ad applicarlo
vi casi particolari, come fece con perfetta | chiarezza, senza
nominare il Pragmatismo, l' Osl- - wald nelle sue lezioni sulla filosofia
della. nalu -. TTI) Ivi, p. 92. Ne (2) Tm una conferenza
tenuta nel 1898 davanti alla società. fil “sofica di Howison nella
università di California, Al JAMES il n | me non Dpince, ma ormai «è
troppo tardi per cambiarlo »; egli dice nella prefazione al «
Prugmatismus», D. X. (3) Zweite Vorlesung, P. 29. 12 Linee fondamentali
conforme a ciò che egli stesso scrisse al James: « Tutte le realtà
influiscono sul nostro operare c ? questo influsso è quello che per noi
esse significano. - Nelle mie lezioni iv sono solito domandarmi: in
qual differente rapporto starebbe ‘il mondo se fosse vera questa v quella
alternaliva? Se non trovo niente per cui sarebbe differente,
l’alternaliva non ha sen- si so » (1). Che è quanto dire: le opinioni
rivaleggianti, «nel caso. hanno identico significato pratico e non
esiste che un solo significato: il pratico (2). Ossia: qual'è il valore
di un’idea? Risolvetela in fatti; il valore di questi ‘rappresenta il
valore dell'idea. E poichè i falli in tanto sono in quanto sono da
noi csperimentali, il valore di un'idea mi è dato se la risolvo in
terraini di esperienza. Applichiamo, p. es., sil principio del
Pragmatismo all'idea di sostanza. Una sostanza noi la conosciamo per i
suoi attributi (accidenti) ai quali si riduce tulto ciò che di essa
si può esperimentare: che sotto gli accidenti ci sia o di essi, è
pralicamente indifferente, lanto che, se Dio, lasciando l'ordine degli
accidenti, distruggesse la sostanza, noi non lu potremmo neanche
sapere. Se del legno mi resta la combastibililà e la struttura
Vascolare che può imporlarmi del quid in sè inacces- sibile ad ogni forma
di esperienza? d Dunque Ja sostanza come un quid in sè distinto
dagli accidenti non ha valore alcuno: per me la so- | Slanza non è che il
complesso de' suoi accidenti. L'unica applicazione pragmatistica
dell'idea di so- Stanza si ha nell'Eucarislia, dove, per il caltolico
non sono gli accidenti che valgono, ma la soslanza del corpo e del sanguc
di G. C. Così la crilica del Berkeley della sostanza materiale è affatto
pragma- lîslica, e pragmalistica è la critica del Locke e del-
l'Hume della sostanza Spirituale, e, per parte del Bea,
o n () P. 29:50. Anche l'OstwaLo è contato f | dlallo
SCHILLEK e dal JAMES; a ragione, secondo SIT RESTRA 3 oro, secondo
il Croce. Cfr. « Critica» A. VI, {. IÎT ; (2) Ibfa. A non ci
sia un quid come soggetto, sostegno, substrato. ià It Se
ll Pragmatismo 13 Locke, è l'autocoscienza, cioè, il fatto
che noi, in un dato istante della vita, ci ricordiamo di quello che
eravamo in altri istanti e sentiamo questi istanti co- me parli della
stessa serie personale di avvenimenti vissuti. Se, nella ipolesi dei
sostanzialisti, Dio ci to- gliesse l’'autocoscienza, a che ci gioverebbe
la so- slanza dell'anima? Ed ecco perchè l'Hume e, dopo di lui, la
maggior parte dei psicologi empirici, negò l’anima addimttura (1). Altro
esempio. Il teista afferma che il mondo l'ha cercato Dio; il materialista
lo dà come il risultato di forze fisiche, cieche. Ebbene, le
due teorie sono identiche, se il mondo si. considera come un tutto
terminato, completo. Poi- chè «che valore ha Dio per il mondo, per noi,
se Egli non lo può mutare e far procedere di un passo? Sé il mondo
fa lutto quello che Dio fa?» Ma se il mondo non è al termine della sua
evoluzione, allora la questione: «Materialismo e Teismo» acquista
una importanza vitale. La ‘scienza della natura pre- “dica che la fine di
ogni cosa e di ogni sistema di cose cosmiche è lragica morte! Tutto sarà
come non fosse slato mai: luomo e il mondo, la virlù e gli ideali,
i dolori e gli amori: ceco l’ultima parola del materialismo! Ma se Dio
esisle, se è Dio che dice al mondo l’ullima parola, allora potrà perire
il mon- do materiale, ma gli ideali saranno conservati e
lrionferanno altrove. Il Materialismo nega l'ordine morale e recide le
speranze che su quello si fonda- no; lo Spiritualismo afferma un eterno
ordine mo- rale del mondo e lascia libero spazio alle speranze
(1) Dritte Vorlesung, p. 52 seg. Non per nulla il JAMES ha
dedicato il suo libro alla memoria dello Stuart Mill, confes-
sando la sua dipendenza da lul; «Alla memoria di Giovanni Stuart
MIN, dal quale ho imparato la prima volta la pra- gmatica apertura dello
spirito e che, nella mia fantasia, figuro. così. volentieri come il
nostro duce, se vivesse al presente Non per nulla il sottotitolo
aggiunto al Pragmatismo suon . uun nome nuovo per alcune vecchie maniere
di pensare», sua: sono, nient'altro, che Je maniere del vecchio
Empirismo inglese, 14 Linee fondamentali
dell'uomo (1). Lo slesso principio si deve applicare alla
questione della finalità nella nalura e della li- bera volontà. Dio,
finalità, volontà libera, pragmati- slicamente hanno un senso;
intelleltualisticamente nessuno (2). ) x Empirismo, dunque, e
Pragmatismo applicano lo stesso principio, giungendo, naturalmente, alle
stes- se conseguenze. Con una differenza però, tiene a dirci il
James. I vecchi empiristi non fecero che un uso frammentario del
principio pragmatislico: ne era- no un semplice preludio. Il Pragmatismo
rappre- senta l'empirismo in una forma più radicale e meno aperla
alle obbiezioni. Esso volta le spalle risoluto, una volla per sempre, a
una mollitudine di abitu- dini antiqualo, care ai filosofi di
professione: alle astrazioni e alle sottigliezze, alle soluzioni
puramen- le verbali dei problemi, alle argomentazioni «a prio- bi»
ai principî fissi, ai sistemi chiusi, all’assoluto e all'originario, alla
vecchia melafisica intellettuali- sfica, Insomma, la quale, quando ha
dato al princi. pio dell'universo un nome misterioso: Dio, materia,
ragione, assoluto, energia, crede di possedere il si- smficalo ullimo
dell'essere e di aver raggiunto il fermine delle sue ricerche metafisiche
13). — L'atteo- giamento di opposizione del Pragmatismo all’intel-
Ieltualismo, alla filosofia dell’assoluto, all'a priori è dci più decisi
(4). Il Pragmatismo si volge alla realtà, ai fatti, al-
l'agire, alla forza, è signore della disposizione em- pirica, ama l’aria
libera e le molteplici formazioni della natura, sì oppone al dogma, alle
artificiosità, alla pretesa di aver raggiunto la verità definitiva
(9).(1) Dritle Vorlesung, p. 59 sgg. (2) Ibid. p. 76. «Eine andere als
dicse praktische. Bedeu- tung haben die Worte: Gott, Will Z,
- MO ATADen ensfrelheit, Zweck, ùber (3) Zweite Vorlesung, D.
31-33. (4) E Spesso violento contro i Neo-hegellani. Più che nel
James tale violenza apparisce nello Schiller, il quale si trova di
fronte ad un hegeliano Vi gni ig non meno aggressivo, quale è {l
(5) IUid. p. 32. ne 1° MN i 14 PACI ZZZ Il
Pragmatismo 15 Il Pragmatismo è radicalmente empirico e anti
intellettualista perchè vuol essere una dottrina per la vita prima
che della vita, un metodo ordinato alla sodisfazione dei bisogni umani
quotidiani. « Esso non ha dogmi, non ha dottrine, non ha che il suo
me- lodo. Ci fa stornare da ciò che è primo, dai principî, dulle
calegorie, da presupposle necessità, e ci fa volgere lo sguardo alle cose
ullime, ai frutti, alle conseguenze, ai fatti (1). Perciò non accella
nulla, non ripudia nulla a priori. a “sso chiede a tulte le teorie,
a tutti i sistemi, a sa lulli i concelli: qual'è il vostro valore
pratico? siete. utili e come e quanto siete ulili alla vila pratica,
— all'adattamento dell’uomo alla natura e della natura all'uomo?
L'uomo ha due grandi bisogni: di fatti e di principî, di scienza e
di religione. Ebbene, quale filosofia si offre all'uomo per soddisfare a
questi suoi bisogni? O l'Empirismo che degrada l'uomo col suo
Materialismo e nega la religione, o il Razionalismo religioso bensi, ma
lontano da ogni contatto col mon- : do, colle nostre gioie e coi noslri
dolori e per il quale le cose reali sono un niente: è questo il dilemma
at- luale nella filosofia (2). ma Il Pragmatismo invece può
soddisfare ambedue quei bisogni: può conservarsi religioso come i
si- 9 slemi razionalistici e può mettersi in intima unione coi
falli (3;. Il Pragmatismo, come dice il Papini, si. trova nel mezzo delle
teorie come un corridoio in un albergo. In una slanza v'è, forse, un uomo
che la-. vora intento ad uno scritlo ateislico; nella stanza
ulligua un allro chiede a Dio con la preghiera fede «e forza; in una
{erza un chimico ricerca le proprietà dei corpi; nella quarla sì sta
abbozzando un sistema »
Vily] (1) Ib2d. n». 34. «Er hat keine Dogmen und keine
Leh ausser . seiner Methode. Die pragmatische Methode bedeutet.
Keineswegs bestimmte Ergebnisse, sondern nur eine orlentie- — * rende
Stellungnahme ». >» JAMES consacra alla illustrazione di questo
dilemma tutta la prima lettura: «Das gegenwàrtige Dilemma in der Philosophie ». (3) Erste
Vorlesung, DD. 10-12. o x è 16 2 Linee fondamentali di
metafisica idealistica, nella quinta un Tizio dimo- stra la impossibilità
di ogni metafisica. E il corridoio appartiene a tutti. Tutti vi debbono
passare se ab- SE bisognano di una via praticabile per entrare e
per hi uscire (1). , Così il Pragmalismo è anzilulto un metodo: il
suo fine è di por terminc alle beghe filosofiche presen- ì lando un
criterio Pratico per giudicare del valore di NY”. lutte Je dotlrine. Il
mondo è una uni B va plicità? — Vi domina il fato 0 vi è una volontà
li- bera? È materiale o
spirituale? I giudizi dati in
Proposito valgono tanto che niente e le discussioni sono interminabili.
Ebbene, in questi casi il metodo ; Ppragmatistico consiste nel lenlalivo
di interpretare a ognuno di questi giudizi dalle sue conseguenze
pra- i tiche. Quale differenza pratica risulterebbe per qual-
cheduno se fosse vero l'uno o l'altro di quei giudizi? Se nessuna, i due
giudizì opposti si equivalgono r.ra- icamente e ogni discussione è oziosa
(2): dove 1.n c'è differenza di Significato pratico non vi può es-
sere differenza di significato teoretico. Con questo metodo, sempre
secondo il James, si sare gli allriti, attenuare le contese ie
intelligenze, riuscire alla concordia e alla pace, Esso © dunque un
mataviglioso eirenicon perchè «non «Vale la pena di opporre l'una
all'altra nel campo «della speculazione due teorie che abbiano le
medesi- f me fo eguenze pratiche per tutti e in.
tutti i fem- LE Pi» (3). .Contrariamente alla vecchia metafisica il
Inelodo Pragmalistico non permette ecc. come lermine
ultimo della ‘l'icerca, ma le fa lavorare nella corrente dell'espe-
— rienza: le teorie non sono soluzioni, ma programma per
nuovo lavoro; non risposte definitive, ma strumenti d'azione, ma indice che cj
addita i mezzi per. Ì ) di considerare le parole : È __ Dio,
materia, energia, ty Gazelle Vorlesung, p. 34, Questi
concetti sono SvIluppati specialme t Il Lettura seconda: « ]J'gs will der
Praggn, tall, J ll Pragmatismo?), er Pragpmatismus? (Cosa
vuole “Ri ORANDO, La Mlosoha | «Rivista Rosminiana SERBATI
(si veda)» A Apologetica Moderna] dell'azione e vr » N. ,
not? PO UTNE e ne I Il Pragmatismo 1? k
i) | 1 quali le realtà esistenti possono esser mulate
e adattate all'uomo (1). Il Pragmatismo toglie così alle i
leorie la loru rigidezza, le rende malleabili, le fa la- j vovare
(2). Esso si accorda col Nominalismo nello È i attenersi al
parlicolore, con i’Utilitarismo nell’ac- es | cenluare gli oggetti
pratici, col Positivismo nel di- , i sprezzo delle questioni
inutili, delle soluzioni ver- “@ i bali, delle astrazioni
metafisiche, di tutto ciò in- somma che non serve all'uomo nella vita
reale. Per- chè luomo è il centro dell'universo, afferma l'Uma-
nismo (3) conlro il Noaluralismo che considera l’uomo | è. come
parte della natura e contro l'Idealismo che lo son subordina ad un
Assoluto. Alla concezione cosmocentrica (Uanlica) e alla teocentrica (la
medioevale) ani deve sosliluirsi l'aniropocentrica. «L'uomo è la
mi- sura di tulle Je cose!» proclama lo Schiller, il neo- È
prolagorista, con Prolagora l’umanista (4). L'Uma- nismo consiste
semplicemente nel rendersi conto che sono degli esseri umani coloro ai
quali è proposto. il problema filosofico, degli esseri umani che si
sfor- zio di comprendere un mondo di esperienza umana | coi mezzi
che fornisce lo spirilo umano. Secondo l'Umanisimo sono «il
sentimento e la vo lonlà che custiluiscono l'interesse centrale
dell’es- sere che usa i sensi e la ragione come suoi strumenti nel
mondo esterno ». (1) « Theorien werden... zu Werkzeugen », p:
33. (2) Ibid, Macht sie geschmeidig und lisst sie arbeiten n. (2)
Fra V'Umanismo e il Pragmatismo, quale è esposto dal James, c'è
differenza poco più che di nome. Secondo lo Schil- «_ ler l'Umanisino è
più largo, il suo metodo sì applica a tutto: i d@ll'etica, all'estetica,
alla metafisica, alla teologia, mentre il Pragmatismo non si applica che
alla teoria della conoscenza. In realtà Je applicazioni che fa lo
Schiller del suo metodo, — È le sa o le accetta anche il James, Lo
confessa il James stesso, ] P. Al. n° AE | _.,(4) Protagora
l'umanista, è il titolo del «Saggio XIV» d Gli: Studies in Mumanism, p.
302. A p. 36 egli stesso chiam il suo sistema « Nèo-Protagoreanismo »,
> o ip”td 54 18 - Lince fondamentali
Perciò l'Umanismo implica il Volontarismo, ossia la filosofia più
autropocentrica che si possa dare. L’«ago ergo sum», del Pierce può
essere sostituito «dal «volo ergo sum». L'Umanismo è anch'esso un
melodo: ciò che lo caratterizza è il suo alleggia- mento benevolo di
fronte a tutte le concezioni, pur- che non si voglia erigerle a un che di
« assoluto ”, ma sì prendano come pure interpretazioni umane 5,
dell'esperienza umana. Non si dimentichi avverte Schiller — «che l’uomo è
la misura di tutte le cose, cioè di iullo il mondo dell'esperienza... non
si dimentichi che l'’uomu è il fattore delle scienze che servono aì
fini umani» (1). Tutto dall'uomo, tutto all'uomo, tutto per l’uomo: ecco
l'’Umanismo. Il Pragmatismo accetta questa dottrina umanistica, e
«io — dice il James — la tratto sotto il nome di Pragmmalismo » (2).
L’Uinanismo è, per così dire, il soflio, l'anima che pervade le
affermazioni pragma- | lisliche: non ha valore che ciò che ha un
significato per l'uomo. $ 3. La logica finora ha tentalo di essere
una pscudo-scienzu di un, processo non esistente e im- | possibile
chiamaio pensiero puro. In nome di essa ci fu comandalo di espungere dal
nostro pensiero Ogni traccia di sentimento, d'interesse, di
desiderio © di emozione, come le Diù perniciose surgenti di er-
tore. Così la logica fu ridolta ad una pura rappre- | Sentazione
sislemalica falsata dal nostro pensare al- luale, perchè non si è
voluto osservare che quegli __ inMussi (sentimento, emozione) sono egualmente
fon- le di verità e pervadono tutto il nostro processo co- |
gilulivo (3). Poichè «il Primo passo nella acquisi- Humanisme,
(Prefazione) p. xx. (2) Lettura seconda, p. 4I, (8) ScHirLen,
Humanism, p. X. E allo Sc € dobbiamo principalmente 10 SEITE ELE 0
logico e gnoseo- zione di nuove conoscenze è
l'intervento di un postu- lato emozionale » (1). Non si può
passare dal noto all'ignoto, o, certo, la natura data di un conosciutu
non può formare il a fondamento logico per la inferenza di
caratteristiche 0 opposte nel non conosciuto, se non c'entra il deside-
|. Ù rio. Come posso, p. es., inferire dal male che c’è nel ò mondo
la necessità dell’esistenza di un mondo mi: gliore, sc il ragionare —
come afferma la logica tra- dizionale — è il prodotto di un pensiero puro
non affetto da volizione? «Sollanto se una trasfigurazione
sconosciuta del- l'altuale è desiderata, può esser pensata e, in
parec- chi casì, ‘rovata. Tutte le concatenazioni di un pensiero puro non
influenzato dall'affetto non potrebbero mai raggiungere e ancor mero
giustificare quella conclusione: per raggiungerla il nostro pensiero de-
ve ricevere l'impulso ced esser guidato dai suggeri menti della volizione
e del desiderio » (2). La ragione - «pura» e una pretla finzione c una
impossibilità si psicologica; lu strultuva reale della ragione
attuale E è essenzialmente pragmatistica ed è penetrata fino n]
nelle midolla (permeated (lhrough and through) da ulti di fede, da
desiderì di conoscere e da volontà di credere, di non credere, di far
credere. E altrove: Dini” La intellezione pura non è un fatto che abbia
luogo | in natura; essa è una finzione logica. Im realtà il * a
nostro conoscere è condotto e guidato, ad ogni passo, dai nostri
interessi e dalle nostre preferenze, dai | Il Praghiatismo 19
/ i | nostri desiderî, dai nostri bisogni e dai nostri
fini. x Questi formano il potere movente della nostra vita
intellettuale. « Vi souo ragioni del cuore delle quali la testa non
3: sa nulla (3), postulati di una fede che sorpassano la È
2 (1) Ibid. p. XI. >» (2) p. XII «To attain it,
cur thougth needs to be impelled vi ‘na guided by the promptings of
volition and desiro ». - POS) (3) L'aforismo, citato dallo Schiller, è di
BIAGIO PASCAL,(Pensées), LA 4 20 Linee fondamentali
intelligenza pura e possiedono una razionalità più alta che un
gretto inlellettualismo non è riuscito a comprendere. L'irrazionale si
trova ad ogni passo, in ogni processo della vita conoscitiva ». La
fede «sla a base di ogni «ragione» e la pervade, anzi la
razionalità stessa è il supremo postulato della fede. Senza fede non c'è
ragione; la fede è un ingrediente nel progresso della conoscenza;
realizza sè stessa nella conoscenza che ne abbisogna e ia aiula
alle conquiste fulure. Così sparisce l’antitesi tra fede e ragione
perchè la razionalità pura non esiste (1). Il carattere leleologico della
vita mentale influenza e pervade le nostre ullivilà cognoscilive più
remole. Questo, secondo lu Schiller, è il pensiero centrale del
Pragmatismo: ne dà la vera definizione (2). Il pen- siero Non è un
prosesso aslrallo, ma si svolge in una - psicologia concrela, è
una funzione vitale è perciò finalistica. L'uomo non pensa per
pensare e il Prag- malismo è: «una prolesta sistematica contro
l'igno- vanza della finalità nella‘conoscenza » (3). La volontà,
lintenzionalilà è da per tutto: il Volontarismo si constata nella
psicologia, nella logica e nella meta- fisica, È questo uno dei lralli
caratteristici del Punto di visia leleologico. Il Pragmatismo si formula
da per lutto in funzione della finalili.. «La ragione è un'arma
nella lolla per l'esistenza cun mezzo per l'adattamento » (4). Ne segue
che l’uso pratico che ha presiedulo al suo (della ragione)
(1) Questi concetti lo Schiller li ha svolti speci: te i JI S °
seialmenie in un articolo: NFailh, reason and religion pubblicato SI
The Ilibbert Journal» 1V, 2. Vi si dice, tra l'altro, che è base
es- senziale in scienza e in religione partire da supposizioni che
TS OLolale provate o che non possono provarsi. Così, se ; Viviaino per
fede può anche esser veri r - Ralemo pen pata L e esser vero che
cono (2) Mumanism, D. 8. Cfr. anche Stud. in Ium, p. 4, 5.
(3) Stud. in Hum Essay, I & * Èssay, I $ II — È ques a ses
sette definizioni che lo Schiller ci dà del PRE Se nite e
collegate l’una con l'altra nei S S b ;3 (4) «I cannot but conceive
the Or AR] In the struggle for existence and tation è. pag. 7,
Humanism, reason as being... a weapon a means of achieving
adap- à, cea Il Pragmatismo i
svolgimento, deve essersi impresso profondamente nella sua
strullura, se pure non l’ha formata da istinti prerazionali. Una ragione
che non ha valore n pratico ai fini della vita è una mostruosità,
una aber- razione morbosa, una mancanza di adattamento che la
selezione naturale presto o tardi deve far spari- re {1). Quindi,
da questo punto di vista il Pragma- lismo polrebbe definirsi: « Una
applicazione coscien- le alla epistemologia (0 logica) di una
psicologia te- < leologica, che, in ultima analisi, implica una
metafi- sica voloniaristica » (2). pis TANA Nice di questa
psicologia felcologica applicata alla conoscenza i problemi della logica
devono appa- rire sotto un aspelto nuovo e si deve dare una im-
porlanza decisiva ai concetti di proposito e di fine. Ta conoscenza
presuppone essenzialmente uno sfor- zo diretto a conoscere, che, come
ogni sforzo, è te-: leologico, ispirato da un bene che si vuol
consegnire. SI Non cè conoscenza senza valutazione; la conoscenza è
una forma di malore, 0, in allre parole, un fattore di bene (3).
Lo aveva cià dello il Lotze, nola lo Schiller. Il | Lofze, come è
noto, insegnava che «la scienza, come TU la logica, che ne è lo
strumento, e come la metafi- sica che ne è il coronamento, ha il suo fine
e la sua giuslificazione nell'elica, e irova il suo fondamento |
slabile e sicuro in quel primo dato originario e di | Ù conoscenza
immediata che è la nostra vita interiore, i col suo ricco contenuto di
sensazioni, rappresenta zioni, sentimenti e tendenze e col suo largo
corredo di forme, calegorie e leggi, da cui non possiamo pr
scindere in qualsivoglia nostra concezione e valut zione» (4). (1)
Mumanism, p. 8. (2) È la settima definizione del Pragmatismo. Le altre
Je AFONSTRIDO parlando della verità e della realtà nel Pragma- |
smo. - ae p (3) Humanism, p. 10. — Cfr. anche sl quarto «Essay»
di questo volume: Lotze's Monism, D. 62 SE&. i » = (4) L,
AMBROSI, Per una monografia italiana sopra Herm otze — «La Cultura Filosofica»,
A. IMI, N. HI, p. 294-295, ai dui # iii ar
E° vee Linee fondamentali Non è qui il luogo di dimostrare
che, se il Lotze ha dei punti di cuntalto con l'Umanismo, egli perè
non è un umanista alla Schiller. La ragione nelle sue esplicazioni molteplici,
è una strumento ordinato ai fini della vita. È questa la concezione
strumentalistica della conoscenza esposta dal Dewey e dallo Schiller (1)
e accettata dal James. Essa è un portato del metodo evolutivo e della
con- cezione biologica della conoscenza. Darwin con la teoria della
«lotta per l’esistenza » e della « selezio- “ne naturale» aveva insegnato
«che nulla può sus- Sistere o svolgersi che non abbia un
determinato Significato per l’intera concatenazione della vita ».
Scrittori posteriori (Spencer, Romanes, ecc.) sosten- nero che lu vita è
un continuo accomodamento alla natura circostante, fisica, sociale,
morale. E ora la teoria della evoluzione è chiamata da molti a
spie- gare anche il sorgere e il progressivo. svilupparsi ella vita
cognoscitiva (2) e così i principt evolutivi di cambiamento, di
relalività e di movimento sono ipplicali a spiegare l'origine e ‘lo
sviluppo del pen- siero in generale, il suo carallere, il suo valore,
allo 2 Stesso modo che erano già slali assunti a lumeggia- i __Te c
spiegare l'origine, Îo sviluppo, il significato, il — Valore della
stutlura, degli organi, di fulte le dif- __ Ierenziazioni biologiche.
Come in bio non ha valore nè senso che per la sua ulili dine
all’adatlamento dell'individuo condizioni fisiche circostanti, ha, cioè
un valore e un senso puramente Pratico, così in psicologia qua- ai
5 ao (1) L'opera principale del Dewey è: Studies 1
Theory bey John Dewey, with the Cooperation of embe Fellows of the
Departement of Philosophy. Decennial Pubbli- 1 one
of the University of Chigago — Second Series vol. XI e» Peli ha
esposto le sue teorie anche in: The esperimentai Pe: # in: eguig otel
Mina (N. S. 59) 1906, Vol. XV Pp. 293-307; din; nd
the Criterion uti Of Tdeas (N Sì 6) "Vol NV she SII for tne Trutt of
Ideas (N. S. Lol), Cir. Baowr, 7hioughi and rh; i
* AP TS, ggpletaco, p. VILe VII. 11 Salto; Vol. 1: Functional GI
dottrina comuni col Pragmatism DIA ha parecchi puntf Il
Pragmatismo 23 lunque differenziazione : sensazione, coscienza,
pen- siero ecc., trova tutta la sua raison d’étre e la sua
giuslificazione nell’uso, nelle conseguenze, nella ef- ficacia pratica.
La questione di valore non si può scindere dalla queslione di origine e
di sviluppo; la considerazione statica deve dar luogo alla conside-
vazione dinamica e quindi, per ciò che riguarda il pensiero, la logica
formale alla logica funzionale (1). La concezione biologica della
conoscenza (2) ha fatto un passo innanzi: non ha detto semplicemente
: applichiamo alla psicologia il metodo evolutivo, (il che, per sè,
non inchiude la riduzione della psico- logia alla biologia) ma ha detto
che « tutti i prodotti del pensiero teorelico hanno un carattere
utilitario » (biologico) «cioè servono come strumenti al conse-
guimento di fini essenzialmente biologici, perchè mi- rano a dare
soddisluzione alle esigenze dell’organi- smo cioè ai bisogni della vita»
(3). Questa subordinazione della vita teoretica alla vita
pratica è capilale per il Pragmatismo: nessuna ma- raviglia quindi se i
suoi leaders l'hanno accettata e fatta oggetto di studi speciali
(4). Il Dewey, oltre alla funzione generale della cono-
scenza, ha soltoposto ad analisi il suo aspetto tipico: il giudizio;
mentre lo Schiller s'è occupato partico. larmente degli assiomi primi
della conoscenza. S'è veduto in che cosa consiste la concezione
stru- mentalistica 0 umanistica della conoscenza ; in base (1) Baldwin, Op. c. 1. c. passim. (2) È
sostenuta specialmente dall’Avenarius, dal Mach, dal Jerusalem,
dall'Ostwald, dal Petzoldt e dal Simmel. Cfr. le monografie di A. ALIOTTA
sull’Avenarius, sul Mach, e sull Ost- wald in «Cultura Filosofica» a. II,
n. 3, 5,7% a. DI, n. 3, 4. . Lo Psicologismo logico dì A. LEVI: Cuit.
Fil. a. III, n. 1, 9, 4, specialmente pp. 242-255. Vedi anche
dell’Aliotta: /l pragmatismo anglo-americano, — « Cultura Filosofica » a.
III, n. 2. (3) A. LEVI, Lo Psicologismo logico, La « Cult. Fil.» a.
IMI, n. 3, p. 254. pà & {4} Intendiamoci: hanno accettato la
dottrina della subor- ‘dinazione della vita teoretica ai fini pratici, in
generale, no ai fini biologici esclusivamente, È 24 Lince fondamentali ad essa il
giudizio (dal Dewey) è interpretato in ter- mini di funzione; esso è una
armonizzazione di varie parti della esperienza; è uno sforzo « per
determi. nare gli elementi che realmente procedono di con- serva e
per respingere quelli che solo si collegano apparentemente »: così esso
si forma, per differen- ziazione, sotto l'impulso del bisogno di armonia
e di unità nelle esperienze (1). To Schiller (2) afferma e
dimostra, a modo suo, che gli assiomi fondamenlali della conoscenza o
primi princip! (di identità, di contradizione, del terzo esclu- so,
di causa) sono dei semplici postulati. Un postu- lato è «una
supposizione, che senza dubbio l’espe- rienza ha suggerilo ad una mente
che ricercava, ma che non è, nè può essere lenuta come provata,
poi- chè spesso di poi la si assume solo perchè la desi- deriaumo,
contro tulta l'apparenza dci fatti» (3). I postulali sono domande che noi
facciamo alla espe- rienza; processo di esperimento ordinato a porre
il mondo in armonia coi nostri desiderì; sono perciò un processo di
sviluppo non dissimile dalle altre at- tività e funzioni umane, derivando
dalle esigenze dell’uomo, dai suoi bisogni, dai suoi desiderì, dal
suo volere: sono quindi un prodolto della attività umana voliliva e
affelliva. Noi desideriamo che una cosa sia quello che è, che 4 sia
sempre a, d sempre Db, ecc. perchè diversamente, come polremo conoscere
la sua condotta futura rispetto a noi? e, per conse- g&uenza noi
desideriamo che nulla venga a distrug- gere quella idenlità: così nascono
il principio di identità e di contradizione, che sono due aspelli
(po- Silivo e negalivo) dello stesso principio, Noi esigia- Mo delie
distinzioni precise, delle disgiunzioni com- plete, perchè con esse
possiamo dominare (assimi- (1) Op. cit. II, passim, Vedi anche N. c.
257 dove si trovano le parole da’ (2) Personal Idealism — « Arioms
902. La Cultura Filosofica » me citate, Macmiizs o! as
Postulales n — London, (5) ScHILLER in 3 «The Hibbert Journal» }, e, Il
Pragmatismo lando ed eliminando) il lusso ininterrotto della
esperienza: vogliamo che una cosa sia o non sia: ecco il principio del
terzo escluso. Noi desideriamo di pro- si durre degli avvenimenti utili
alla vila e di impedire i nocivi; per agire abbiamo bisogno di un
mondo connesso, ordinato, postuliamo, cioè, una causa € una ragione
sufficiente. In realtà nulla è, tulto di- venta; l'identità perfella non
esiste. La enntradizio- ne è pensata frequentemente contro la
grescrizione - della legge; l'esperienza non sodisfa le nostre esi-
ae” genze, perchè in essa non v'è una ragione suMceiente, e ve la
poniamo noi. A chi opponesse a questa concezione volontari-
slica delle leggi del pensiero, i loro caratteri di uni- versalità e di
necessità, lo Schiller risponde che: «Ia universalità di un postulato
deriva dalla sua stessa natura, inquantochè, quando ci serviamo di
una proposizione di cui abbiamo bisogno, intendiamo di farne uso ogni
volta che ci piacerà; la neces- sità di un postulato designa
semplicemente il biso- gno che noi ne abbiamo, ossia... deriva dalle
esì- senze di una volizione intelligente e finalislica; la
incapacità di pensare il contrario di una proposizione si riduce... ad un
nostro rifiuto di compiere un certo atto del pensiero ». Il
James accetta e fa sue le dottrine dello Schiller e del Dewey (1) ce
proclama: «Dalla logica scienti- fica è stala cacciata la necessità
divina, e al suo. posto fu messo l’arbitrio umano ». E altrove: pla
mostri melodi fondamentali di pensare sono invenzioni dci nostri antichissimi
antenati e si sono. potuti — conservare attraverso {tutte le esperienze
successive. — pe (1) Il James considera gli « Studies in
Logical Theory » com | fondamentali per il Pragmatismo. Cfr. Der
Pragmatism Vorwort, XI, AI ve, 26 Linee fondamentali
Essi formano ciò che si chiama «il senso comune », che, in
filosofia significa l’uso di certe forme dell’in- lelletto e di
determinate categorie del pensiero. Noi pensiamo per calegoric: esse ci
sono necessarie per mettere unità e ordine nella piena confusa,
nella Varietà sensibile delle esperienze, per combinare con meno
dispendio di forze possibili le nuove con le vecchie esperienze, per fare
i nostri piani, per con- neltere il iontano dell'esperienza col vicino,
per adat- lare, in una.parola, la esperienza ai nostri bisogni
dopo averla dominata. E la dominiamo razionaliz- \ zandola.
i «Se fra le impressioni dei sensi e i concetti pos- è».
cai È, t ATI tas siamo trovare rapporti
univoci abbiamo già razio- nalizzato le impressioni sensibili. I senso
comune > mette questa razionalità nelle esperienze
(vollzieht diese Ralionalisirung) con vna serie di concetti, dei
î sà quali i più importanti sono i seguenti ; 4 = Cosa
(in sè) Identità e Diversità Specie Spi- x , rili -— Corpi — Un lempo
— Uno spazio — Soggello b e ullributo Influsso causale Immagini fanta- > stiche —
Realtà (1). 9 Queste categorie lrovale forse in momenti
felici ai nostri antenati si sono conservale e sono dive- nule la
base del nostro pensiero per la loro sufficien- za a servire ai fini
della vita pratica. Ma sarebbe possibile che calegorie diverse dalle
enumerate po- __lessero servirci, come quelle che usiamo ora, alla
elaborazione della nostra esperienza. Del resto il Senso comune non è che
una fase della evoluzione dello spirito umano, c, nonostante che la filosofia
_bemipatelica abbia tentato di fissare per sempre le Sue categorie,
concatenandole ordinandole in si- _ stema, Mon si può dire,
tuttavia, che la concezione MICCCALVII È a più i DI lipi o fasi di
pensiero: il naturalistico 6 il car a scienza della natura e la
filos riti hanno. rotto i limiti del pensiero ATao CECI
(1) Finfte Vorlesung. Con la scienza della natura
cessa il Realismo in- genuo. Le qualità secondarie perdono la loro
realtà: non restano che le primarie. La filosofia critica di-
strugge lutto: le categorie del senso comune non si- gnificano più nienle
di reale. Esse non suno che astuti provvedimenti del pen-
siero umano; sono l'unico nostro mezzo per isfug- gire alla inquietudine in
cui ci getta l'incessante cor- rente delle sensazioni (1).
Noi abbiamo così tre tipi caratteristici e diversi di pensare il
mondo: Ugnuno ha i suoi meriti (il natu- ralistico, almeno, può vantarsi
di aver servito ai fini pratici quanto il senso comune; si pensi al
Galilei, ad Ampere, al Faraday! ìl critico invece, pur trop- po,
nun ha dato che soddisfazioni teoretiche, 0 qua- si); nessuno di essi è
assolutamente più giusto e più vero degli altri (2). e; La
loro verità dipende dalla loro utilità nei casi particolari.
Questo il Pragmatismo nel suo metodo e nelle sue presupposizioni
gnoseologiche fondamentali: melodo & presupposizioni che ne
costituiscono la vera es- senza. Il James dice che un aspetto essenziale
del Pragmalismo è anche la sua leoria genetica della ve- rità (3).
Lo Schiller, dal canto suo, scrive che: «pa- rallela alla teoria della
verità è quella della realtà », e perciò la trallazione della prima non
può andar disgiunta dalla esposizione critica della seconda (4). A
me pare che tanto l'una che l'altra, più che dottri- ne essenziali del
Pragmalismo, siano corollari, 0 applicazioni del metodo alle due forme
oggettivo- soggettiva c oggettiva dell’essere. E Di queste
due applicazioni dobbiamo ora occuparci lrattando della teoria della
verità e della realtà nel pragmatismo. \ (1) Ibid., p.
117. (2) Ibid:; p. 118 Par (3) Der Pragmatismus, p. ki: Das wdre
das Wesen des Pragmalismus: erstens eine Methode und zweilens
cine. gene tische Wahrhettstheorie », (4) Stud, tn Hum., p.
284, "E lla ate RA A da LTL
LA TEORIA DELLA VERITÀ E DELLA REALTA. La Condotta. La dottrina
della verità. La dottrina della realtà. Che cosa ci sa dire la filosofia
intorno alla condotta? La pone in allo o in basso, la esalta ponen-
dlola sopra un piedestallo all'adorazione del mondo 0 | la deprime perchè
venga calpestata dalle persone i Superiori? In allre parole: qual'è,
secondo la filoso- | fia. lo relazione della lcoria colla pratica della
vita, della cognizione coll’azione, della ragione teoretica colla
pralica? » (1). Così comincia lo Schiller il suo primo saggio del
volume: « Umanismo, — La base È elica dellu metafisica ». E continua: «La
dottrina di È, questo rapporlo coslituisee uno dei capitoli più in-
bi tricali della storia del pensiero. Da questo capitolo della
storia risulla chiaramente un fatto: che le pre- lese delle teorie
antagonistiche (leoreticiste e prali- gra * cisle) sono così larghe e
così insistenti da rendere impossibile ogni compromesso fra loro;
bisogna sce- pai gliere-fra i due estremi: o la condolta è lutta la
vita. i O è nulla; 0 è la sostanza del tutto, o è la visione dì un
sogno: aul Caesar aut nullus » (2). Noi sappiamo a giù quale dei
due estremi abbia scelto il Pragmati- sil smo. Invece di supporre che il
pensiero sia altra cosa o dall'azione, esso tralta il pensiero come una
forma di , È condotta, come una parle integrale della vita attiva.
(1) umanism, Invece di considerare i resultati pratici come
poco o affatto importanti, fa dei valore pratico un deter- minvute
della verilà teoretica. Im una parola: la condotta, in luugo di svanire
nella nullità di una il- lusione, è ristabilita nel potere di controllo
di ogni dominio della vila. Dal punto di vista pragmatislico
della psicologia le- leologica, inlcsa come s'è vedulo, tanto i
problemi logici quanio i metafisici si presentano in una luce |
nuova, poichè vien dala una importanza decisiva i | concetti di proposito
e di line. SH Il Pragmalismo è una protesta sistematica
contro l'abitudine di iguorare, neile nosire lcorie sul pensie- ro
e sulla realtà, la finalità del pensare attuale © i rapporti delle nustre
realtà attuali ai fini della vila; è r'aflermazione delta basc chica
della iogica e della id metafisica. « La valutazione (cologica è una
sfera speciale della ricerca clica, € quindi il Pragmatismo, To con
la sua accentuazione della teleologia in ogni (campo del pensiero,
assegna al metodo lipico «della elica una validità metalisica » (1),
alfermando la su- preva autorità della concezione etica di bene
sopra | da concezione logica di vero € la metafisica di reale. II
bene, il valore pratico © un determinante essen- ziale così della verità
come della realtà. La condotta è la sostanza del tulto. La nostra
apprensione del reale, la nostra comprensione delia verità si effet
luano sempre in esseri che tendono al consegui- mento di qualche
bene: sono penetrate, informate “dalla tendenza a un fine pratico, dalle
esigenze della condotta. pt g 2. Chi studia seriamente i processi
conoscitivi della intelligenza umana viene subilo a trovarsi d
fronte al problema dell'errore. Tulte le proposizioni La teoria della
realtà e della verità logiche hanno l'audace pretesa, senza riserva e senza
d riguardi alle pretese delle altre, di esser vere. Eppure gran
parle di esse non sono che delle menzogne : non sono realmente vere e la
scienza deve respin- gere la loro pretensione. Per far questo è
necessaria una scella di ciò che è realmente vero dalle verità
apparenti: una condanna del falso ed una ricogni- zione del vero; il
logico, in altre parole, deve valu- tare le ioro prelensioni di verità
(1). Con qual crì- levio? Come dislinguere fra proposizioni che
preten- dono di esser veré c non sono, e le pretese buone che
pussono essere convalidale? Qual'è la nota, il carattere distintivo della
verità? Così si pone il pro- blema crileriologico; e una teoria della
conoscenza che è impolenle a scioglicrio è già condannata (@). ©
Quid est veritas? Per verità noi intendiamo una proposizione alla quale è
stato in qualche modo al- luccalo (attached) ialtributo «vero» e che,
conse- __Suentemento, è riguardala sub specie veri. « La ve- Tila è
la lolalità delle cose alla quale e stato appli- «cato o è applicabile
questo modo di lraltamento sia | ©hesi eslenda o meno alla totalità della
nostra espe- _ Rienza» (3). È una qualità di certe rappresentazioni
«© precisamente: l'accordo di certe rappresentazioni con l’oggello {4). È
questa la definizione comune che | accellano, come qualcosa di evidente,
intellettualisti * pragmalisti. Il dissidio fra le due parti
comincia Quando si tratta di sapere che cosa propriamente si- Bnifichi «waccordu» e « Oggetto »; ovvero la
«realtà » con la Tuale devono convenire le nostre idee (5) |,
Secondo la concezione Opolare | n BRA { ot ROIO Popolare l'accordo
consiste > In una copia dell'oggetto. Alcuni idealisti affer ne
ue le nostre idee sono vere quando corrispondono. a or \<iò che Dio
vuole che no pensiamo intorno al loro alla /eoria della
*&gello, Altri, streltamente fedeli ScHmzLER: Stu
Id., Jvta. Essay Y. @ JAMES, Der Pra i o
gmatismus, p, i 0 JAMES, Id., Ibid, D 124, VI, Vor], dies in
MHumantsm, D. 3. Essay
I Il Pragmutismo_ 31 i ì tre idee in copia
(«copytheory»), dicono che le nostre in nilo sono vere in quanto
corrispondono ai pensieri elerni dell'assoluto. Vediamo quanto valgano
queste concezioni. ; Intanto la verità assoluta,
scrive lo Schiller, non esiste. La storia del pensiero umano è
caratlteriz- zata dalla inslabilità delle opinioni, dalla
mutabilità delle credenze, dalle vicissitudini della scienza, In- somma.
dalla lransitorietà di ciò che è o passa per verità, Ogni verità umana,
com! è attualmente e com'è stata storicamente, sembra fallibile e
transi- toria... le verità del passato sono riconosciute come
errori al presente; quelle del presente sono in via di essere
riconosciule erronee in un domani più o meno lontano. Quindi la verità
umana non può affacciare pretese di assolutezza. Per isfuggire allo
scetticismo che sorge nelle anime di fronte alla ininterrotta. ri-
valutazione e transvalutazione delle verità, che for- ma la storia della
conoscenza, si è ricorso ad una verità assoluta trascendente indipendente
dalle vicis- situdini della verità umana; la quale verità assoluta
si concepisce come un modello da imitarsi, come una misura per la
valutazione delle verità nostre, come una rocca inespugnabile in cui non
può penetrare cangiamento alcuno (1). i Si slabilisce, cioè,
una distinzione fra verità al luale o umuna e verità assoluta, ideale,
che è posta al di fuori e al di sopra del flusso della realtà. Le
nostre verità sarebbero un riflesso dell’Assolulo, ri . flesso
imperfetto, ma valido, misleriosumente tran- sustanziato per la immanenza
in esso dell'Assolulo e per la partecipazione della sua stessa
sostanza. i Mau l'espediente è fulile e dannoso. | l'utile
perchè l'assoluta, eterna verità, rigida e im- a mutabile, non può
discendere dagli eccelsi cieli della logica a
trasformare le nostri ‘i Ì La, e verità e a togliere la
transitorietà alle nostre concezioni; la verità umana, (1)
ScuiLLER. Stud. in Hum,, Essay VIII, p. 204. 32 La teoria della
realtà e della verità dal canto suo, non può SORIrare alle
prerogative so- Rraumane dell’Assoluto (i). Se la verità assoluta
non può identificarsi, in qualche modo con la umana, e se la cognizione
umana non può diventare assolu- la, non può congiungersi con l'Assoluto,
l'Assoluto per nvi non esiste e non può quindi redimere dal ilusso
perpeluo le nostre verita. I che lale unione luon esista, anzi che sia
impossibile, si deduce dal contrasto di caralleri fra la copia (verità
umana) Cc tjuello che dovrebbe essere il suo originale (verità
lrascendente). La verità umana è fluida, non rigida; temporale
e lemporanea, mon elerna e perenne; arbitraria, non necessaria;
scella, non inevilabile ; nata, come Afro dite, di passione e di slancio
da un Inare schiumoso di desideri, non puramente intellettuale e
spassio- nata; incomplela, non perfetla ; fallibile, non iner-
tante ; assorbita nella tendenza di ottenere ciò che ion c uncora
compiulo; non beala nella. sua com- iiulezza. Questi caratteri della
verità umana risul- tano dalle condizioni stesse onde ha origine ogni
ve- tilà. Essa è discorsiva perchè non puo abbracciare lutta la
realtà; © fallibile perchè è ‘essenzialmente parziale € puo quindi Sempre
venir corretla e com- pletala da una cosuizione più vasta. Invece la
ve- rità assolula si estende al lutto e dipende dalla cogni- zione
del lutto. Li sua ussolulezza si fonda sulla sua onMucomprensività (2).
Se non V'è conoscenza conm- pielamente adeguata all'intero sistema della
reallà _ on vi può essere verita assoluta (3). Orbene, la
no- stra mente è capace di {ale conoscenza? No. Ap- punio
perchè parziale, la verità umana poggia su dati parziali, è generala
dalle parzialità dell'alten- stone selelliva ed'e diretla a fini
parziali. Un abisso Separa le due specie di verità: fra loro non vi
può essere ne Corrispondenza nè interazione (4). È quindi
verità attuale sia in « accordo con la b RP assurdo che
Ju he (I) SCHILLER, 07, cl, 7. E (I Ide TER OD. ci, p,
207, via {9) Id., 4bid. E (4) SCHILLER, 1a., p. 2,
i Le Lia - di
asta ideale, eterna, Irascendente » come pretendono gli as-
solutisti. be La concezione della verità assolula è anche perni
ciosa. Poichè: o l'uomo percepisce la differenza fra ia verità assoluta e
la relativa o non la percepisce. Nel primo caso egli disprezzerà le
verità umane, 1m- . perfette, mutabili, le tratterà come apparenze, €
lo | Scelticismo sarà inevitabile. CIÒ è tanto vero che, ‘anche
attualmente, la linea di divisione. tra questa specie di assolutisti e
gli scettici è molto indecisa: insegni Bradley. Nel secondo caso l'uomo
prenderà come assolute anche le nostre verità. E poichè l’as-
soluto non soffre aumento nè alterazione, egli non _ si sforzerà di
migliorarla coi suoi sforzi, rigetterà come falso tutto il nuovo, non
vi-sarà progresso al- cuno nella conoscenza... ; ecco l’assurdo e con
l'as- surdo Ja rovina della teoria della conoscenza. Nel nostro conoscere
c'è aumento, c'è alterazione: e una teoria della conoscenza che non li
può spiegare, anzi li esclude, non ha certo diritto alla nostra
véenera- zione, e non ci salverà dallo scellicismo, reso anci ui
tabil ; SE ’ «anche du Anevitabile dalla impossibilità e dal rifiuto di
‘0 FUNe I nostro reale progresso cognosellivo: ud est verilas? È
forse un «accor realtà ; La Accordo » Questa ipotesi reatitiae
csfetto, del fallo. sterno? A LI ‘a — dice ancora lo Schiller
ci conduce ad affer pe encore lo ssChil era 5 CIOS alermare degli
incredibili paradossi, con la cha: 1 SE Rc e
die n 3 n fis aipendente) è conosciuto. da e RI » che «eg
hipothesi » 16/x trascende SD i E oanseo ALU soggeltivalin ACR BS
È e] | Pragmatismo - 3 x = SONA È [e
È |< PRE e %% È Da teoria della
verità e della realtà c) Che noi conosciamo anche questo e cioè che
la «corrispondenza » tra il fallo, quale è in sè stesso fuorì della
noslra-conoscenza, e il fatto, quale appare nella nostra conostenza, è in
qualche modo perfelta e completa {1), il ehe è assurdo, perchè noi non
pos- siamo conoscere indipendentemente da un lato il pen- _ siero,
dall'aîtro Voggello esterno. Nè si può dire che la verilà consista nella
« cocren- za sistematica ». Nell’universo non v'è delermina- “zione
assolula e perciò la verità c la realtà possono «essere costruite im
diverse maniere, cioè in diversi Sistemi, con diverse «cocrenze »
sistematiche: biso- cana lener conto delle possibilità pluralistiche (2).
RR . il problema si ripresenta: «quale dei sistemi è vero e quale è
falso? » Im che consisle la verità del «sistema coerente? » Dal
punlo di visla del razionalismo, cioè «a priori », on è possibile dare
una risposta reale alla questio- ne; non si può indicare nessun metodo
praticabile di ululazione delle verità (e dei sistemi di verità) se
non concedendo alle applicazioni pratiche, alle con- | seguenze, di
saggiare la validità delle rappresenta- zioni (c dei sislemi di
rappresentazioni); se non rica- | Noscendo uno stadio intermedio, nel
facimento della s0 pad, fra Ja semplice pretesa (claim) di esser vero
e tn ideale completo di verità assoluta (3). Il Pragma- smo
è appunto il tentativo dì tracciare il modo del > (I) Id, p.
181, Essay, VII. (2) Di qui 11 nome di pluralismo dato a
dottrina _pragmatistica della verità e della A ita «ex professo «
nella quarta lezione (del vol. cit.): Etn- lett uni Vielheit « Unita e
Pluralità. — © pluralismo è la gucazione Metafisica della realtà come di
una molteplicità di ct Separati, indipendenti. Si divide in
matcrialistico (Ato- TRIaIDO), in spiritualistico (Monadologia) è in
duatistico (Dua» smo). La concezione pluralistica è stata poi dal JAMES
ulte- ente svolta nel volume: .1 pluralistic universe, London,
Longman Green 1909, tradotto in f [cato co. Nolo PRI oS Francese
da Le BRUN e pub- mar ion I titolo: Philosophie de l'erpérience, Paris,
Flam- (3) SCHILLER, Stud. in Hum. facimento aztuale della verità,
le maniere attuali di distinzione tra vero e falso per giungere alle sue
ge- neralizzazioni circa il metodo di determinare la na- tura della
verità (1): mette in luce, in altre parole, lo sladio intermedio del
divenire della verità, il modo della convalidazione delle pretensioni di
verità. Or- bene, come s'è veduto, non si può spiegare il movi-
mento del pensiero verso qualche cosa senza fare appello a motivi
psicologici: desiderio, sentimento, interesse, attenzione ecc. ; non è
possibile descrivere cosa alcuna in puri termini logici e senza
costante ricorso alla psicologia (2), ec quindi «i termini ullimi
della definizione della verità sono anzitutto psicolo- gici»; ogni verità
attuale è, in primo luogo «un pro- cesso psichico, c, come tale,
condizionato dalla va- rietà degli influssi psicologici sentimentali e
voliti- vi» (3). i E così anche i sistemi di verità.
L'esistenza di un numero di giudizì cocrenti connessi in sistema
non basta per avere da noi la ricognizione della verità. li
«sistema» per esser vero, deve anche aver valore ai nostri occhi; la
tendenza al «sistema» è parte della tendenza più vasta all'«armonia
attuale », 0 per lo meno ideale, della nostra esperienza. Il si-
stema non è semplicemente un tutto di consistenza logico-formale, ma
anche il prodotto di influssi ema- <ionali. in vista di soddisfazioni
emozionali. Perciò nessun sistema è giudicato intellettualmente «
vero » se non è migliore — in rapporto alle nostre esigenze -— di
un altro, se non abbraccia e non soddisfa qual- cosa di più che gli
aspetti intellettuali astratti delle. esperienza (4). (1) 1d., ibid., p. 4-5. « Pragmatism essays
to trace out the actual «making of truth», the aciual ways In which
discri- _minations between the true and the false are effected, and
derives from these its generalisations about the metliod of determining
the nature of truth ». ? (2) Id., Humanism, Essay III, p.
di. NI (3) Id., ibid. Cir.: Riv di Filos. Neo-Scol. A. II, N. 2,
Spe- cialmente p. 152 Sgg. (4) ScuiLLer, J/umanism. Essay II, D.
42-50. ‘36 La teoria della realtà e della verità Vi
sono dei sistemi che, nonostante la loro coeren- za, non hanno
valore di verità, perchè non TiMUON Î no e non risolvono un senso di
disaccordo finale nel- l’esistenza; tali sono i sistemi
pessimistici (1); e n sono delle verità, valutate come tali, per la loro
effi- cienza di armonia sebbene non siano connesse in si-|
slema (2). Non si dimentichi mai — ci avverte conti-
nuamente lo Schiller — che la nostra conoscenza èi maleriata di inleresse,
di desideri e di sentimento; che la verità e il sistema della
verità è il prodotto dei mostri sforzi lelcologici (3). Da ciò risulla
che il pro- hlema della verità è essenzialmente psicologico, € deve
essere formulato così: « Qual’è la natura psi- chica della ricognizione
della verità? A qual parte della nostra esperienza è applicata questa
ricognizio- ne?» (4) N Pragmatismo risponde : «La verità è una
ferma di valore; la natura psichica della sua rico- gnizione è la
valutazione » (3). « La valutazione della nostra esperienza è un processo
naturale ininterrotto in una coscienza normale. Sponlaneamente,
neces- sariamente noi giudichiamo le cose « buone» e «cat. live »,
«belle » e « prulte », «vere» e «false». È l’osi- stenza di quesl’abito
che fa sorgere le scienze nor- mutive rivolle a dirigere e sistemalizzare
le diverse valutazioni (per esempio «l'estelica » per le valuta-
zioni del «bello» e del « brutto»; Peolica » per le valutazioni del
«buono» e del « cattivo »). Anche la (1) 1d., tDid. «AI pessimismo
in filosofia » lo Schiller consa- cra il IX Essay del sno /umanism. Anche
il « pessimismo, come ogni sistenin, è un determinato atteggiamento di
fronte alla grande classe di tiudizi che sono conosciuti come giudizi
di valore a, « La Vila è adeguata all'ottenimento del fine supremo
dell'azione* Se St. essa ha valore, è degna d'esser vissuta; se no, il
suo valore è nullo e non merita d’esser vissuta. Nel pri- Rpanraso
abbiamo l'ottimismo, nel secondo il pesstalsmo LA . (2) Mumanism,
D. 50, (5) Specialmente là dove tratta del ri a e Re ti el
rapporto fra logica (4) Humanism, Essay III, p. 54. (5) «Truth is a form of a Value ».. Would be no «tru
ren o na er at - * Without valuation
there Ri the at all» tv p. 55. (4 4umunism, Essay
II, p. 55. > 7 Il Pragmatismo . 37 logica è una
scienza normativa che ha per fine di re- golare e di ridurre a sistema le
nostre valutazioni di «vero » e di «falso » (1). Come in ogni
altra classe di valulazioni anche nella valutazione della verità (2)
l'inleresse umano è vi- tale, il che vuol dire: che una verità ha
conseguenze (ciò che non ha conseguenze è senza significato), ha
una portata sopra qualche interesse umano, e che le conseguenze debbono
valere, debbono essere conse- guenze per qualcheduno, in vista di un fine
determi- nato, cioè, devono essere «buone» e «pratiche ». berciò, a
tulle Ie asserzioni che prelendono di esser vere noi dobbiamo intimare: «
Mostrateci che siet> buone di una bontà pralica, e vi riconosceremo
pet tali. Voi non avete una ragione intrinseca di verità; noi
dobbiamo altenerci alle vostre conseguenze: dal frutto conosceremo l’
albero n. Una asserzione che soddisfa un interesse umano pratico, che
corrispon- de al fini pratici dell'uomo è «vera»: è vero ciò che è
praticamente buono; è falso ciò che è praticamente cattivo (3). 1
predicati «vero» c «falso» non sono in fondo che indicazioni di valore
logico, comparabili come valori, coì valori «elici» ed «estetici»
(4). Similmente anche W. James: «ll Pragmatismo, invece di
considerare la verità intellettualisticamen- le, cioè, come un rapporto
puramente statico fra rap- presentazione e oggetto, si pone, di fronte ad
ogni pretesa di verita, Ie solile domande. Dato che una rappresentazione
0 un giudizio affaccino la preten- sione di verita, noi chiediamo: Quale
diffevenza con- creta produce nella vita concreta di un uomo quel
tal giudizio, quella tale asserzione? Come potrà es- sere vissuta? In che
sì moditicherebbe il complesso dell'esperienza se quel tal giudizio fosse
falso (0. 3 Id., bid. La parentesi è mia |’ (®)
Sarebbe meglio dire: «valutazione-verità », perchè que- | Sta fla verita)
non è che il processo della valutazione. Ingl, | «truth-valuation ».
‘ | (8) Stud. in Hum, p. 5-8: 38 La teoria della
realtà e della verità vero)? Qual'è il valore della verità se noi
la cambia: mo în moncla di esperienza? » (1) ue Per il
Pragmatismo porre la questione è scioglier- la: «Sono vere quelle
rappresentazioni che possiamo far nostre, cioè che possiamo far valere,
lrasforma- — re in forza e «verificare», sono false quelle che
non sono suscettibili di lule trasformazione in valore pra-
tico » (2). La verità di una rappresentazione non è una
proprietà immobile che le è inerente: la sua ve- rità è un
accadimento: una rappresentazione non è vera, ma divien vera; è un
divenire, è il progresso della sua auloverificazione (der Vorgang
ihrer Selb- È stbewahreilung); 1 valore della verità non è
altro che il processo del suo farsi valere (3). E si fa va- È:
lere, e si verifica con le sue conseguenze pratiche, con la sua utilità:
anzi il farsi valere e il verificarsi non sono in fondo che queste
conseguenze (4). Dalla definizione della verità come vulore logico (5)
segue che lutte le verità debbono essere verificate. Una rappresentazione
che non vuole o non può sol: tomettersi alla verificazione è già
condannala. Essa | può avere lull'al più una verità potenziale, senza
si- «| _°‘’‘00‘gnificalo, inintelligibile o congetturale, e
dipendente “fl da condizioni non uvverate. Per diventare realmente
da 3 (1) Der Pragmatismus, VI Vor, p. 125. < è» (2)
« Walre Vorsteltungen sind sotche, die wir uns aneigqneny die wir
gellend machen, in Kraft setzen und verifizierem hòn- pe; nen, [alsche
Vurslellungen sind solche bei denen dies alles ("g nicht moglich
ist», 1A., IUld., p. 125-126. È il Jaines stesso che n sottolinea.
: % (3) Id., 126. E lo SCHILIER: «Che cosa erano le verità prima
p di venir scoperte?» La questione è oziosa, Se «vero» significa
«valutato da noi» è naturale che ogni verita diventa vera quando è
scoperta... Noi possiamo concepire tre stadi, mel LA processo della
verità: verità da venir fatta, verità diveniente, i verità fatta. Il
processo è unico e identico per tutte le verità a. _ Stud. in Huni. p. 195-199. i (4) JAMES. fui. SCHILLER,
Stud, in Hum. p. 5. Non sono que: Sei in fondo, che formazioni e
syolgimenti del principio del EIKCE. \ (5) È la prima
definizione del Pragmatismo, secondo lo. Schiller: «'The doctrine that
lrw{hs are logical values» (Stud in Hum.) p. 5. Me: ati t 44 vera deve venir dichiarata e
provata, e non si dichia- ra nè si prova che nell'applicazione, nell'uso
che 30. ne fa: la verità di un'asserzione dipende dalle sue
applicazioni (1). Le verità astralte, come tali, non sono verità. Perfino
le verità aritmetiche derivano il loro esser vere dall'applicazione
all'esperienza. Osservale per esempio ll’ enunciazione
astratta: 22=4. Esso è incompleta. Noi dobbiamo, prima di aderirvi,
conoscere a che cosa si applicano 2 e 4, poichè l’enunciazione non
sarebbe ugualmente vera applicata a due leoni e due agnelli; a due
piaceri e due dispiaceri, a due + due goccie d'acqua, ecc. Così si
dica delle verità tutte in generale (2). Vi sono delle verità fuori
d'uso, e vi sono delle verilà che chiedono d'essere incarnate nella vita
con- creta. Finchè non operano nel mondo della esperien- za
immediala sono ambigue (3); solo la potenza e le conseguenze del loro
operare le tolgono all’ambi- guilà mostrandole, con la verificazione
esperimenta- M le, vere o false. Le verità sono regole per
l'azione; ma una regola che rimane nei campi dell’astratto non
significa nulla, non regola nulla: il significato d'una legge sla nelle
sue applicazioni (4) ec ogni st gnificato dipende dal proposito (5),
perchè qualunque applicazione della verità all'esperienza è in
istretta connessione con qualche fine il quale determina ta natura
dell'intero esperimento. Per ragione della di- pendenza della logica
dalla psicologia, ogni signifi- (1) E la seconda definizione del
Pragmatismo (ivi p. 6). (2) Stud. in Hum. p. 9. ; Ria ioè:
sono in potenza alla verità € alla falsità. 0) mind di questo AT delle
idee astratte lo SCHILLER nana consacrato un saggio intero: il V (Stud.
in Hum): «The ambiguity of Trutn» p. 141-162. > (4) Secondo
ALFRED SinGWicK_ — seguito in questo dallo | ScuiLcer — le parole
sot.olincate contengono l'essenza del med todo |pragmatistico, e ne sono
la terza definizione (Stud. in Hum, p. 9). . , (5) Questa defin.
del Pragmatismo risulta dalle due PD denti. (Id., ibid.). ib
pi A 40 La teoria della verità e della realtà cato è
selettivo e teleologico: il giudizio logico è «va- lutazione » (1).
° Resta da rispondere alla seconda questione: « A qual parte
della nostra esperienza è. attaccata la ri- cognizione della verità? » i
Re: _Ciot: a che cosu riconosciamo o neghiamo noi 1l valore di
verità? Qualìi sono i principi direttivi nella valulazione della nostra
esperienza? È «vero» ciò che è praticamente buono, sta bene; ma che
cosa chiamiamo noi «praticamente buono?» (2). «La risposta a
quesla questione — dice lo Schiller — ci mette nel cuore siesso del
Pragmatismo, ci spiega in che senso il Pragmatismo professi di
avere un criterio di verità » (3). E la risposta non è diflì- cile.
Il nostro pensiero tende all’armonia e alla quic- te del pensiero, a
ridurre a sistema, con un lavoro di selezione guidala dall’interesse, il
complesso della esperienza, a coordinare, in visla d’un fine, tutti
gli elementi della vilu: quindi è vero, (cioè buono, il che è, per
lo Schiller lo stesso) «ciò che armonizza con le leggi proprie del
pensiero e con tulta la nostra esperienza anteriore » (4) e ci serve di
base e di cen- tro vitale per ulteriori esperienze. È vero ciò che
ci fa progredire. Il possesso della verità non è fine a sè stesso,
ma mezzo per la soddisfazione di qualche ne- cessità della vita (5). La
verità non è altro che la via, per la quale noi siamo condotti da un
fram- mento dell'esperienza ad allri frammenti che mette conto di
far nostri (6). La verità è una guida all’a- zione. Mettiamo ch'io mi
trovi sperduto in una selva în pericolo di morir di fame. Scopro qualche
cosa che assomiglia ad una strada, immagino in fondo ad Cssa una
casa; mì melto in viaggio e mi salvo. La (1) Stud, in Hum, Essay I
e V, 9 e 154, passim, (2) Id., ibid. (3) Id., ibid.
(4) IZumunism. Essay JII, 2° Il Pragmatismo
| I rappresentazione della casa è vera perchè è verifi- \i cala
dalla sua ulilità; mi salva facendomi prendere | la strada che vi conduce
(1). Questo semplice e per- | severante carattere di « guida» che
possiede e mo- | stra una rappresentazione è il vero prototipo del
pro- cesso della verità. È vera quando, finche-e in quante |
«conduce n: e si intende vera di verità reale; poten-
zialmente è vera la rappresentazione alla a condur- _ ve, falsa la
inutlu. ’lulto ciò sta bene. Ma un complesso di valutazioni
soggettive, individuali, che sono il prodotto di inte- da ressi
psicologici e mirano ad una soddisfazione s0g- — gettiva, non può formare
che un complesso di verità soggellive, individuali: la mia esperienza è
soltanto n la miu esperienza; le mie valutazioni sono soltanto
valulazioni mie: come si esce dal soggettivo? non x | siamo in pieno
«solipsismo? » (2) No — risponde lo eo Schiller. Nessun protagorcamisla
(umanista), facendo na dell'individuale il suo punto di partenza, intende
fili fermarvisi. Egli sa che 1 giudizi individuali non sono
che una piccola percentuale di quelli riconusciuti come vulidi. Sa
che l'uomo è un animale sociale e che la verità è in gran parle un
prodotto sociale. La verità non ‘si salva finche rimane pura valutazione
individuale: Ra. bisogno di una ricognizione sociale, deve
trasformar- si in proprietà comune, E diventa sociale appunto per
lu sua utilità ed efficienza. Come nell’individuo 3
(1) 10, p. 19). — Anche lo ScuiLLer parla spesso della «con: duciveness a
«proprietà di condurre», come di un criterio di Verità, Le «conseguenze
pratiche» non sarebbero in fondo, che questo « Hinfùhren» che permette
poi uni specie di «previ-. sione » di cio che è utile, Cf, a questo
proposito: «La previ- stone nella teorin dellu conoscenza » (rinnovamento
A. I, Fa- ‘scicolo II, 1907) CALDERUNI. Vi.Si dice tra l'altro: «
Per conseguenze pratiche» vanno intese le esperienze particolari
‘che la dottrina o l'affermazione in questione permette di pre-
«vedere» p. 191. «Esperienze che costituiscono il criterio non |
solo della verità e della falsità ecc...» Id., ivid. -& (2) Del
«solipsismo» lo SCMILLER si occupa nel X Essay (Stud. in Hum.) «
Absolutism and Solipsism» 258-265. Per | questione se «l'empirismo
radicale» sia «solipsistico» ctr ournal of Philosophy, vol. II, N.
V e IX. li 42 La leoria della verità e della
realtà Îl criterio dell'uso, della ulilità regola Ie
valutazioni soggellive, consolida e subordina i vari interessi ai
fini principali delia vila, così lo stesso criterio (del- lVuso) fa una
selezione lra le valutazioni individuali e cosfruisce, con maleriale
delle valutazioni scelle, la verità oggelliva che ottiene la ricognizione
sociale. Ciò che non è socialmente ulile, elliciente, operativo,
presto o lairdi viene eliminato. L'utilità sociale è così l'ultimo
delerminante della verità (1). Protagora ha detlo: «L'uomo è la misura
delle cose ». 1 commen- latori sì domandano: uomo si deve intendere in
sen- so individualislico 0 generico? Tutte e due le inter-
pretazioni sono esatte — dice lo Schiller. L'umani smo di Proiagora era
abbastanza vasto per esten- dersi all'uomo individuale e agli uomini (2),
Egli ri- conosce dolie distinzioni di valore fra le diverse per-
cezioni individuali (3): fra i giudizi di valore indivi- duali si
stabilisce una selezione dei migliori, che so- pravvivono agli altri e si
consolidano in grandi siste- mi di verilà oggellive accettabili da tutti
(4). Ed ora SI capisce anche come la verità è fatta (how truth is
made), «come viene prodotla dalle nostre operazioni sui dali
dell'esperienza umana. La conoscenza. cr'e- sce in estensione e in
fidalezza (trustwartiness) per la fecondità e la buona riuscita del suo
funzionamento, per l'assimilazione e incorporazione di nuovo mate-
riale da parte dei complessi organici preesistenti di cognizioni. I
sistemi (come organismi viventi) sono Im un conlinuo processo di «
auloverificazione » di (1) Humanism. Essay l1I, p. 58-50. (2) «His Humanism Was Wide enough to
em and men», Stud, in Hum., Ess. JI DI 34. RIS a (2) Nel
Teeteto (16G-S) di Platone sì fa dire a Protagora che, se le percezioni
di uno non possono essere più vere di cuelle MATA AliTo possono, però est
NOLOrI, Sopra il giudizio di mo ignorante o rdinario sta È saggio.
Cfr.: Stud. in Hum. p° 35, sgg. melo ASI LUoO (4) Humanism, p. 59:
«Fra due teorie rivili noi accettiamo come vera la migliore, quella che
possiede «greater conduci- Veness». Con questo criterio (sclusivamente sì
C astronomia copernicana, così semplice troppo complessi.
(Id., ibid.) Il Pragmatismo 49 prova
della propria validità dalle conseguenze e dal potere di assimilare,
predire, controllare fatti nuo- vi (1). Ma, a simiglianza di quanto
avviene nel pro- cesso biologico, così anche qui assimilare
significa transformare. Le verità preesistenti, alla luce delle
nuove, per la compenelrazione delle nuove, assu- mono un aspetto
dillerente e cambiano in realtà, in- Irinsecamente poichè diventano più
operalive ed effi- cienli in causa della loro maggior coerenza ed
orga- nizzazione; ci conducono meglio ai nostri fini, acqui- slano
maggior capaciià di armonizzare le esperienze future in reiazione a noi,
al nostro interesse e ai nostri desideri (2). In realtà siamo noi che facciamo
la verità. Dipende da noi l’accettare o il respingere falli nuovi, muove
esperienze: il fattore della sele- ‘zione, è il nostro interesse,
è la loro utilità rispetto a noi. È questo processo di fare la
verità è continuo, progressivo e cumulativo. La soddisfazione di un
intento conoscitivo conduce alla formulazione di un altro; una verità
nuova diventa presupposizione di ulteriori imdagini (3). I così
all’indefinito: la conqui- sla della verita assoluta, cioè della
verità adeguata ad ognì fine umano non è che un ideale, com'è pura:
mente ideale la verità stabile, immutabile, eterna (4). Ogni verilà può
esser mulala da una nuova espe- rienza. La Verità non esiste: esistono le
verità. « La Verità con leltera maiuscola è un mito. In realtà esi-
stono nel mondo umano soltanto le verità, altrettante quanti sono
gli: uomini, cioè le rappresentazioni e le affermazioni praliche di cose
che non sono, ma di- vengono, e divengono per il polere che l'io
esercita su di esse, lanto più eflicace, quanto più, con l’azione
esso passa dall'incosciente al consapevole ed al ri- liesso
(5). 4 (1) Stud. in Iuni., «The Making of Truth», VII
Ess. 194-195. (2) Id,, ibid. 23, (3) «A new truth, when
established, naturally becomes ti e presupposition of SUECASE,
SSDIora Ono (Id. ibid.) E, 4)Id,, Ess. VIII, par. 8, Pp. |
ILEN a GIULIO VITALI, Note pragmatistiche. (Rassegna Nazio ita
le, 18 Dicembre ‘1906, p. 646, S6g.). de
4h La leorìa della verità e della realtà Qual'è dunque il
senso accettabile della nola defi- nizione della verilà: «accordo con
l'oggelto, con lu realtà? » «La parola accordo — dice James (1) —
comprende ogni processo mediante il quale da una tappresenlazione alluale
siamo condotti ad un avve- himento fuluro corrispondente ai nostri
interessi v bisogni, cioè utile alla nostra progressiva evoluzio-
ue» (#). IL nostro dovere, poi, di cercare e di ricono- scere la verilà
non è che una parte del dovere ge- herale di cercare e di riconoscere ciò
che torna conto. Il tornaconto, contenuto nelle idec, è l’unica
ragione che ci obbliga di allenerci ad esse» 3). k lo Schiller: «La
risposla alla questione » Che cos'è la verità? è la seguente: se si ha di
mira il fallo psichico della verilà-valutazione, là verilà può definirsi:
«la fun- zione finale (ullimate) della nostra allività infellel-
liva; se si ha riguardo agli oggetti valutati come Veri essa è: quella
manipolazione di essi che lì rende Utili primariamente ad ogni fine
umano, ultimamen- le allu perfetta armonia della nostra vita intera che
cosliluisce Ja nostra uspirazione finale. La dottrina della realtà è affine a
quella della verità anzi S’identifica, ìn un certo senso, con essa.
ll principio umanistico di Prolagora è universale: umano genera e informa
lutto ciò che è; anzi...j ma uscolliamo i due leaders del
Pragmatismo. Il Pragmalismo segua un passo in avanli nell'a-
niutusi della nostra esperienza è, quindi, un prog) sso ln quella
cognizione di noi stessi dalla quale dipende. li-cognizione del mondo.
‘ale passo in avanti non è Ineno imporlanie di Quello che, nella storia
della fi- losofia, ha fatto compiere alla questione cpistemolo-
logica la priorità sulla questione ontologica (5). (1)-1d., {bid.,
Vorles, VI, p. 135-136. (2) Id., ibid. e passim in tutta la medesima
lezione. ° (5) «Das Lolnende, das unsere wahren Ideen enthalten,
ist ner DES Grund, der uns verpflichtet uns an sie zu halten»
(4) SCHILLER, Humanism : <> at
loin | + cat ”
Il Pragmatismo : 45 Che cos'è la realtà? Così, cioè in lermini
ontolo- gici, era posta ia questione fino a Kant, Ebbene, fino a
tanto che non si melle in chiaro come la realtà possa venire in noi, è
impossibile qualsiasi risposta alla questione; non esisfe, per noi,
nessun reale se non in quanto è conosebile; una realtà
inaccessibiie alla nostra cognizione è inutile e quindi si
distrugge. Perciò la vera formazione del problema metafisico è
questa: Che cosu posso io conoscere comc reale? (1). La dollrina della
reallà è condizionala dalla dottrina della conoscenza; la ontologia
suppone come fonda- mento la epistemologia: ecco quella che Kant
chia- mava: «la rivoluzione copernicana in filosofia ».
Orbene, una rivoluzione copernicana compie ora il Pragmalismo
rispello alla formula epistemologica. lisso dice: ta nostra conoscenza
non è una operazio- ne meccanica di intelletto puro. spassionato: i nostri
interessi ci impongono le condizioni del rivelarsi a noi delle reallà.
Questa, infalli, ci rivela soltanto quegli aspelli che sono termine di un
nostro deside- rio attuale, di una tendenza a conoscere: tutti gli
altri sono per noi inconoscibili e quindi irreali (2). (1) Id.,
Ibhid., p. 9 (2) Il BERGSON +- il rappresentante, in Francia,
della Philo- sophie nouvelle — scrive: «La vita esige che noi
apprendiamo le cose nel rapporto che hanno coi nostri bisogni. Vivere
con- siste nell'agire. Vivere significa accettare degli oggetti
sol- tanto l'impressione wfile », Ze Itire, Paris, Altan 1908, «
Noi cerchiamo fino a qual punto l'oggetto da conoscere è questo o
queto, in qual genere noto rientra, e quale specie di azione 0 di
attitudine dovrebbe suggerirei (Introduction a ta Méta- pliysigue). Cfr.
anche La cultura dell'anima, Vol. 8. ENRICO RerGSON: Lu filosofia
dell'intuizione, trad. del PAPINI, p. 43. Il Bergson è pragmatista?
Risponda lui stesso: « Bisogna distinguere due maniere profondamente
differenti di conoscere una cosa... la prima si ferma al relativo,
l'altra ragglunge l'assoluto...; quella è l’analisi, la cognizione per
simboli, per concetti, condannata ad aggirarsi unicamente intorno
all'og: getto...; questa è la intuizione, ossia quella specie di simpatia
intellettuale per cui ci si trasporta nell'interno d'un oggetto | per
coincidere con ciò che ha di unico e per conseguenzi d'inesprimibile; con
l'assoluto »... «La prima nasce dalle esi- genze della vila pratica e non
è filosofica, ma empirica: lil seconda nasce dall’affrancamento dagli
schemi pratici, dal concetti-ctichette ed è quella per cui è possibile la
vera meta- 46 La teoria della verità e della realtà
Non cè reale per noi, cioè non è conoscibile, se non ciò che è oggetto di
una nostra tendenza, di un no- stro desiderio e volere; e non si
desidera, non sl vuole che il bene. Dal che si inferisce: nè la
questio. «me di fatto (ontologica), nè la questione di conoscen- 3a
(cpislemologica) sono possibili a considerarsi in- — (ipendentemente e
senza coinvolgere come loro base la questione di valore
(psicologico-etica) (1). Le nostre | valutazioni pervadono la nostra
esperienza tulla «quanta e si applicano ad ogni falto, ad ogni
cogni- zione. Perciò la verità della formulazione epistema- logica
del problema della realtà è incompleta finchè «non realizza, tutto quello
che è implicito nella cogni- zione nostra: cioè il desiderio, la
tendenza, l’inte- SEEGS 3 La completa il Pragmatismo così: Che
cos'è la realtà per uno che aspira a conoscerla? «Reale» si-
gnifica: reale per qual proposito? per qual fine? per qual uso? (2). È la
«volontà di conoscere » che pons la questione e quindi non potrà venir
risolta che in termini della volontà di conoscere (3). Ecco la
spie- | gazione. della diversità di dottrine che intorno al «reale»
ci hanno dato le scienze e le filosofie. La di- x rezione della sforzo
determinata dalla «volontà di * conoscere» entra come fattore necessario
e isradica- IN Di ar v
fisica, cioè la cognizione dell'assoluto » (Ibid.} passim). E an- cora: «Il faut s'habituer à penser l’'Étre directement,
sans faire un détour.. Il faut tAcher ici de voir pour voir er non
plus de vor pour agire. (L'Evolutlon creatrice, p. 323). JI
Bergson riedifica sulla intuizione il tempio dell'Assoluto che prima
aveva fatto crollare dimostrando l'inanità dell'ana- list, della
cognizione per idee astratte. Poco importa che non ci sia riuscito.
(Cfr.; La filosofia di Enrico Bergson di Gius. PREZZOLINI, Rocca S.
Casciano, Cappelli 1908; ATTOTTA, L'intui- zionismo contro la filosofia,
La Cult. Filos., A. TIT, N. TIT ecc...) La distinzione delle due
differenti maniere di conoscere; in- tuitiva (metempirica) e analitica
(empirica) spiega l'apparente inconciliabilità dei passi citati e d'altri
ancora, (1) Z/umanism, I, p. 9-10. (2) Id., Ibil. (3)... the answer... comes in terms of the
will to know which puts the question» Ibid., p. il.
Il
Pragmatismo urti . bile (ineradicable) in ogni rivelazione della
realtà a nol. i La risposta alle nostre questioni dipende dal
loro carattere, ma questo dipende in tutto da noi. Siamo noi che le
poniamo così e così; l'iniziativa è del tutto nostra. Dipende da noi il
consultare l'oracolo della nalura o l'astenercene; dipende da noi il
formulare le nostre domande alla natura. Se la domanda è falla bene
la nalura risponderà; se è fatta male non risponderà, e noi
dobbiamo ritentare la prova (1). ci Che cos'è dunque la realtà?
Procediamo -con or- dine. Vediamo prima di lutto quali
caratteristiche at- « lribuiscano alla realtà le scienze.
. Scienlificamente, cioè, in quanto entra ed è trattata nelle
scienze, la realtà presenta i seguenti caratteri: a) non è rigida,
ma plastica e capace di sviluppo. h) non è reale assolutamente e
incondizionatamen- le, ma relaliva alla nostra esperienza e dipendente
dallo stato della nostra cognizione. 7.6) La concezione che noi
abbiamo della realtà cam- bia e perciò: d) riduce spesso
all'irreale ciò che è slato accettalo lungo fempo come reale.
e) Una «realtà iniziale» (come una «verità ini-
ziale») è reclamala da ogni cosa sperimentabile: è necessario, CENCI un
principio selellivo che ci serva come di criterio a distinguere fra
«realtà iniziale » e «realtà reale » (2). (1) «M vecchio
oracolo ammonisce: ogni cosa ha due ma- Michi: bada di prendere quello
giusto ». Emerson, American È Scholar. Rinn. A. (T. Fase. IT, Magia PEZZÈ
PASCOLATO. « La natu- ta, quindi non risponde sempre, a nostro
piacere :... « Natura Mon nisi parendo vincitur», ha seritto Bacone ». Si
noti bene Questa confessione dei pragmatisti: vedremo poi se è in
corri. spondenza con altre loro asserzioni. (2)
SCHILLER. Stud. in Hum. Essay VIII, p. 214. Vedremo tto Ja differenza fra
realtà «iniziale» (primaria) e realtà reale». : VELA
i 48 La teoria della verità e della realtà
Contro la dottrina scientifica il Razionalismo af- ferma: «La reallà
è immutabile, è finita e completa . da tutta VPeternità (1). Essa
è una perehè ha un fine uno, forma un sistema, narra un'unica
storia (2). La nostra esperienza della realtà è mulevole come la
nostra cognizione della verità, non perchè verità e realtà divengano,
mutino, ma perchè la esperienza dell'una e la cognizione dell'altra sono
processi psi- chici: siamo noi che mutiamo 0). Verilà e Realtà sono
indipendenti da noi: noi le scopriamo, cono- scendo, non le fucciamo. La
realtà è-stalica, rigida, uon migliorabile; è e sarà quello che è stata;
non diviene 4). Il Pragmatismo si pone dal punlo di vista
delle scienze. Per csso la reallà assoluta è futile e dan- nosu
come la verilà assoluta per le medesime ra- gioni. Lu concezione della
realtà assoluta non entra nelia nostra cognizione attuale della realtà
(5); non e conoscibile, il che è quanto dire: non esiste. Non
esiste la realtà: csistono le realtà; cioè le nostre esperienze, che
crescono e decrescono. Fingiamo che le realtà ora conosciute e
accetlate siano un milione : tsse non esauriscono tulle ie
possibilità dell'univer- SO: VI possono esistere accanto ad esse allri
dieci milioni, capaci di essere scoperti e riconosciuti-come lalî
se noi applichiamo certi esperimenti che sono in mostro potere: molle
realtà in potenza, cioè irreali, al presente, possono venir realizzale
dai nostri sfor- zi E viceversa: molle delle realtà conosciute pos-
sono benissimo, prima 0 poi, essere dichiarate ir- leali e rigellale
(6). Non v'è nulla di assolutamente posto. La realtà come la
verità, diviene senza posa (7). La natura (1)
James, #0id., VI, Vorl. p. 143 (2) Id., ibid., IV Vorl, p.
ot. (3) Id., ibid., D.. 143. (4) Id., tbid.,
passim. SCHILLER.
Stud. in Juri, VITI D. 219, (6) Stud. in Mum., p. 218. (7)
1d., ibid. È lui che sottolinea. iii
Sali I Il Pragmatismo 49 delle cose non è
delerminata ma determinabile come quella dei nostri simili. Prima del
nostro esperimento su di essa è indeterminata non solo per la
nostra ignoranza (soggettivamente), ma da ogni punto di vista, cioè
anche realmente (oggellivamente); si de- termina sotto i nostri
esperimenti come il carattere umano. La nozione del «fatto in sè », come
quella della «cosa in sè, è un anacronismo filosofico (1).
Noi chiediamo allo Schiller: su che cosa facciamo i nostri
esperimenti se la reallà non c'è e se è di pendente da noi?
Schiller risponde: Noi ammelliamo bene, a guisa di postulato, una
base iniziale di fallo, come condi- zione dei nostri esperimenti (2), ma
quesla prima base è affatto indelerminala e plaslica: può diven-
lare tullo quello che nvi vogliamo che essa diven- li {8). Fra le
infinile possibilità noi possiamo sce- gliere e realizzare la migliore
(4). Noi chiediamo ancora: «qual'è la natura delia realtà
iniziale prima, della base di fatto dei nostri esperimenti? »
E come può ammetterla il Pragmatismo se essa sfugge alla nostra
esperienza, se non è conoscibile?» Schiller risponde: «La
difficoltà di concepire nel Pragmalismo l’accellazione del falto come
base non dev essere traltala come obbiezione ai metodo prag=*
matico, ma come un mezzo per mettere in rilievo lulto il suo
significato. Dalla pertrallazione di essa potrebbe ricever
luce la distinzione importante tra realtà che è «fatta» soltanto
per noi, soggettivamente, cioè «scoperta », e ciò che noi supponiamo che
venga «fatto » real (1) Humanism, p. 12 in nota (2) Stud. in
Mum. vp. 428-XIX. x - (8) EMERSON scrive: «Com'era
plastico e fluido nella mano di Dio, così Il mondo è in mano
nostra». Queste parole sem: brano un commento alle parole dello Schiller:
« Noi possiamo quanto può Dio nello schema intellettualistico di
Leibniz». «E il nostro dovere e il nostro privilegio di cooperare
nella formazione del inondo », ibid. (4) Stud. in Hum.
mente, oggettivamente, in sè (I). Che noi facciamo tale dislinzione è
chiaro, ma perchè la facciamo? Se tanto ìl soggettivo come l’oggellivo «
facimento della rcalla» {making of reality) sono il prodotto dello
slesso processo cognoscitivo, sotto l'impulso degli sforzi soggellivi,
come può sorgere o mantenersi, da ullimo, quella distinzione? Ebbene:
anzi tutto è chia- «ro che l'accellazione del metodo pragmatico nè
ci ; costringe ad ignorare quella distinzione, nè ad affer-
i mare «the making of reality » in senso oggettivo. Sia È può
benissimo concepire quel facimento come pura- | mente soggettivo, solo in
rapporto alla nostra co- quizione della realtà e punto in relazione alla
sua esistenza abituale. Il Pragmatismo non fa della me- lafisica,
ma della epistemologia: si può essere prag- mualisli in epistemologia e
realisti in metafisica (2). Sia che si ammetta, sia che si neghi che la
realtà è fatta da noi anche oggettivamente resta sempre vero che
sono necessari i nostri sforzi per iscoprire la _‘—‘vcealtà, che i
nostri desideri, i nostri interessi deb- è bono anticipare le
nostre «scoperte» e farci la via id esse e che, perciò, la nostra
concezione del mondo .clipende sempre dalla nostra selezione soggettiva
di Giò che cì inleressa di scoprire nella tolaliltà dell’esi-
stenza (3). },Noicì proponiamo i nostri fini, noi scegliamo i no-
Sti mezzi; noi foggiamo «cause» ed «effetti» nel Jlusso omogenco degli
eventi (4). Per noi la realtà iniziale è pura potenzialità,
come la. verità iniziale è «Je» {materia prima) di tullo | ciò che
è deslinalo a diventar reale (5). È un concetto # Ride: un: punlo,
di appoggio, e di partenza delia ; U.C0E e; è la possibilità
indeterminata di __ lutto cio che sarà, di lutto ciò che noi
facciamo, co- nuscendo: ogni realtà attualmente riconosciuta
si () Id., ivu., p. 428, XIX Gi (2) Id., ibd., p. 42) «in
nota», (3) Id., 40id., p. 499-XIX «in nota», i) Jd, ibid, IN p.
299. (9) Jd., ibid., XIX p. 222. (6) Ia., ibia., p, 12 in
nota, È Il Pragmatismo 51 deve concepire come evoluta
dal processo e nel pro: cesso conoscitivo nel quale ora la osserviamo e
come destinata ad avere una storia (1). Per la teoria prag- inalica
della conoscenza i principî iniziali sono lel- teralmente dei semplici
termini @ quo, scelti varia- mente, arbilrariamente, casualmente, nella
speran- sa e nel tentativo di avanzare verso qualche cosa di meglio
(2). lullo ciò che è, è reale. Bisogna distinguere fra vealtà
«primaria» (primary reality) e reallà reale (real realtty). La realtà
primaria è semplice domanda di divenir reale: è la realtà non veryicata ©
com- pele anche alle «apparenze ». Non c'è distinzione nè criterio
di distinzione a priori fra apparenza e realtà. La distinzione sorge
soltanto quando la mente, mos- sa dall'interesse, dal desiderio di
operare su di essa passa a controllarla (3). La reallà «primaria » che
ri- sponde alle noslre domande interessate diventa real- la
«reale»; quella che non risponde ad esse si ma- nifesta come apparenza.
La realtà «reale» non è che la realtà primaria passata a traverso il
fuoco del criticismo esperimentale e promossa a un grado su-
periore (i). I poiche gli interessi crescono. e variano continuamente e i
propositi sono continuamente dif- terenziati, anche la realtà « reale »
cresce in comples- stla, viene dillerenziala in serie, le serie si
ordinano in sistemi, i sistemi vengono coordinati e- subordi- nati
fva loro (5). E così all'inciciimto. Il processo della nostra
co-, suizione della realtà (= della nostra creazione delle reullà)
si estende dal caos assoluto fino alla saddi- sfuzione assoluta.
(1} 14. td. (2) ju., tbid., p. 439.
(3) Id., IX, p. 233-234, «Watever is, is «real» ls what we begin
with,.. (4) Id., p. 244... «real» reality which has survived the
fire of criticism and been promoted to superior rank. - Le conse-
% | guenze provano la realtà come provano e fanno la verità,
(6) Id., ebid., VIII 221. SCART ROTA
À ge 52 La teoria della verità e della realtà
La realtà è plastica. Forse (1) la lasticilà del reale dipende (anche) da
una vena di indeterminazione, di libertà che corre per l'universo: questo
giustifica il nostro trattamento delle idee come di forze reali e
Passerzione cho il nostro fare la verilà è necessarla- menle il /ure ia
realtà (2). Conoscendo facciamo la verità e la realtà. Neila elaborazione
connoscitiva. della nostra esperienza «reallà» e «verità» cresco-
no pari pussu (3). Realtà significa « realtà per noi» precisamente come
verità è «verità per nol». Noi assumiamo come «reale» e accettiamo come «
fatto » ciò che giudichiamo come « Vero » (4). E il vero è il bene,
l'ulile; l'elica, dunque, è la base della me- lafisica e della
logica. È il James: « Keallà è ciò di cui le nostre verità
debbono dar ragione, debbono controllare. Da que- slo punto di visla la
corrente delle nostre sensazio- ni costituisce la prima parte della
realtà. Esse ci sono imposte, ci vengono non si sa donde. Non ab-
biamo nessun controllo sulla loro natura, sul loro ordine e sulla loro
quantità. Esse non sono nè vere nè false, ma semplicemente sono. Sollanto
ciù che noi diciamo di esse, i nomi che diamo loro, le teorie
intorno alla loro natura, al loro essere, ai loro rapporti possono essere
veri o falsi. Il secondo elemento della realtà è costituito
dai rapporli tra le sensazioni e le immagini loro nella 4
(1) Siamo in piena metafisica e come! Non solo la livertà è nel reale ina
anche la cognizione. « L'usare e l'essere usato implicano «conoscere
a cd cssere conosciuto («to use and to be used includes to know and to be
know»). La
nozione della « materia » morta... non trova più favore nella scienza
mo: derna » — «Bul is not this sheer hylozolsm?2 Non importa:
l'umanismo è largo: non indietreggia davanti alle parole « ilo- zoisino »
0 « panpsichismo » posto cne siano utili alla interpre- tazione del basso
(inferiore) in termini del superiore, « Sebbene non sia che un metodo,
tuttavia esso inclina a questa 0 & quella metafisica secondo che
meglio corrisponde a’ suoi ca- noni fondamentali, Stud, in Hun, p.
422-4na. (2) Id., p. 427. (3) Id., p. 426.
(4) Id., 20i4, (5) JAMES, iUid., Vorl. VII, p. 155. vr
arde è RS | eee VI Il Pragmatismo
nostra coscienza. Di essi alcuni sono variabili e ac- cidentali; p. es.
quelli di spazio e di tempo, altri sono sempre uguali a sè slessi ed
essenziali perchè si fon- dano sulla intima natura degli oggetti
corrispon- denti. Gli uni c gli altri di questi rapporli
vengono perce- pili immedialamente: sono «falli ». Tultavia la spe-
cie di falli più importanti per la teoria della cono- Fi scenza è
l'ullima, perchè comprende le relazioni e- sas terne, le quali vengono
apprese ogniqualvolta gli Da i oggelli sensibili sono messi in rapporto
fra loro e | debbono essere sempre riconosciute dal pensiero lo- e
> gico-matematico. : Il ferzo elemento della realtà
consta delle verità È antecedenti che debbono esser prese in
considerazio- es ne in ogni nuova ricerca: questo elemento ci oppone
| molto minore resistenza degli altri due: finisce quasi ty sempre
col cederci il passo (1). i Ora, sebbene questi elementi della realtà
siano un po’ fissi, tuttavia, operando in essi godiamo di
una cerla libertà. Le sensazioni, p. es., sono, è vero; il loro essere
non dipende da noi; però dipende da noi, dal nostro interesse di
rivolgere l’attenzione a que- ste più tosto che a quelle; dipende da noi
di tener + a conto di alcune e di tralasciare le altre; dipende da
noi di dare, nei nostri giudizi, una importanza de- + cisiva alle prime 0
alle seconde (2). LS Noi leggiamo le stesse cose diversamente
secondo il punto di vista da cui le guardiamo. La battaglia
di Waterloo è considerata come riltoria da un ingle- ‘se, come sconfitta
da un francese. Così l’ottimista. legge nell'universo la parola «
vittoria», il pessimi. (1) Id., îbid, Come? tra le verità antecedenti vi
sono ancl le relazioni elerne fondate sull'intima struttura
dell'oggett mi cedono il passe anche queste? Ma il loro valore non è
i discutibile? non formano esse la struttura del nostro pensiero?
‘Non deve riconoscerle sempre il pensiero logico-matematico? À parte
questa incoerenza, è certo che il James non sl pre «senta con le audacie
quasi spavalde dello Schiller: a vol sembra di trovarsi,
leggendolo, davauti a un realista e intel | lettualista autentico. Cfr. «
Revue Néo-Scholastiguev, Vol. 15, «Bulletin d’Epistemologie » p. 278-298.
= (2) James, î'2d., p. 156,
pers i: La teoria della verità e della realtà È,
sta la parola «sconfitta». «La esistenza della real- © tà appartiene (ad
essa) ma il contenuto suo di- pende dalla nostra scelta, e la scelta
dipende da | noi» (1). La realtà è muta. Le sensazioni dei
rap- (SAh porli loro non ci dicono niente intorno alla
propria natura: siamo noì che parliamo per loro. Noi rice- 2
viamo il blocco di marmo, ma siamo noi che vi scol- piamo la
statua. Giò vale anche per le parli « eterne » della reallà. Noi
scompigliamo le nostre percezioni Mei rapporli inlrinseci e le
ordiniamo a nostro pia- . cere; le classifichiamo in serie, le
raggruppiamo in classi, consideriamo ora l'una ora l’altra come
fon- damentale, finehè le nostre credenze formino quei sistemi di
verilà che conosciamo solto il nome di lo- gica, di geometria, di
aritmetica. Im ognuno di quesli ‘sistemi la forma e l'ordine è
evidentemente opera (umana (2). È difficile parlare di una realtà
indipen- «| ‘dente dal nostro pensiero. Essa si riduce al
concetto di ciò che è già nel campo dell’esperienza, ma non è
| @ncora denominato, oppure all'assolutamente mulo, o a, un
limite puramente immaginario della nostra coscienza (3). Ad ogni
modo è inaccessibile, inaffer- | rabile: quando crediamo d’'averla
còlla noi ci tro- viamo lra Je mani un semplice surrogato, una
crea- . lura del pensiero umano anteriore che ce l'ha rega-
lala per il noslro uso e consumo (4). La corrente delle
sensazioni c'è, chi lo nega? Ma ciò che noi di- ciamo di quel
flusso è creazione nostra dal principio sino alla fine. Noi
condensiamo la corrente plastica | în cose, a nostro capriccio: noi
creiamo i soggetti e 1 predicali*dei nostri giudizi veri e falsi:
tutto cià «che è, è frutto della nostra elaborazione. «Il
mondo «| non è — come vogliono i razionalisti — l'edizione in
(1 1a. dbig. « Die Existenz der Wirklichkeit gehòrt ihr,
aber hr Inhalt hingt von der Auswal ‘ RO vahl, und die
Auswahl hangt (8) 1d., p. 159. | (a) Ia., ivia.
Il Pragmutismo 56 folio infinita, l'edizione di lusso
elernamente com- plota che le coscienze individuali non riescono a
de- cifrare nella sua interezza e rifanno in lante piccole edizioni
finite, piene di errori di stampa, più o meno deformate e mutilate; ma è
un’edizione non ancora perfetta, che viene completandosi a poco a poco
spe- cialmenle per l’attività degli esserì pensanti » (1). E questi
la stampano nelle loro edizioni; la plasmano nei loro schemi
connoscitivi, in mille modi diversi, secondo i loro diversi fini. E quei
modi son lutti veri, hanno tutti lo slesso valore di verità se
rispondono al fine per il quale furono elaborati. L'anatomico con-
sidera l'individuo come un organismo: la sua realtà sono i suoi
organi ; l'istologo vede in esso un comples- È so di cellule, il chimico
un insieme di molecole (2). Il n numero 27 si può considerare come
la terza potenza di 3, come il prodotto di 3 e 9; come la somma di
26 + 1, come 100 — 73, ecc. ecc. Noi siamo creatori nel 0, conoscere come
nell’operare. Il mondo aspetta la sua forma _finale dalle nostre mani,
Così il Pragmatismo apre nuovi orizzonti alla forza divino-creatrice
del- Puomo (3); così il pensatore è rivestito di dignità
LI nuova piena di responsabilità. 6 i Noi «solleviamo ad
altezze nuove la realtà pree- » sistente » se sappiamo credere, agire,
lottare: la fede ci fa salvi, ci porla alla conquista
dell'universo, ul niglioramento progressive della realtà (4) La no:
stra sorle è nelle nostre mani! Lungi da noi il fata- lismo, il
quielismo, l’indifferentismo: la vita è un ar: cobaleno: vi troviamo
tutti i colori, a nostro grado: la noslra azione ve li crea (9). a
VP | (1) 10. ibid., pi 165... Cfr.: La cultura filosofica,
N. 2, Pi 124, > dove ho tolta la traduzione delle parole qui
citate. i (2) Id., p. 161-161; passim. Ù (8) La frase
è del PAPINI, «der Fiihrer der italienischen V80 Pragmatisten » come lo
chiama il JAMES, ibid., p. 104. NP». int (4) Le parole sono prese
dall'EuckeN ima non si ha alcuna e) citazione di opera; EUCKEN parla di
una « Erhohung des vorge- i fundenen Dascins » -- p, 163.
ine. (5), James, p. 170 sgg. SCHILLER: «like a rainbow Life
glitters ti în all the colours». /fum, 16, \?, uindi, o
uomini, imparale a conoscere voi stes- vi consapevoli delle vostre
vocazioni; in- allargate le vostre finalità: sollevatevi i |
dominazione in dominazione; sappiate volere e sappiate creder?, cioè
uermare con tutto il vostro essere che le cuse stanno realmente come voi
le po- ele, © le cose vi ubbidiranno, e la fede \} farà salvi, ioè
vi permetterà di conseguire i. fini della vostra esistenza. Sappiate che
dopo lutto la verità non esi- ste in sè; ma parlate, pensale, agile come
se real ente fosse tal quale voi la vedete, voi non servi, na padroni
suoi © suoi fallori» (1). ‘Questa è lu dottrina della realtà
sostenuta dal agmalismo. LA RELIGIONE ‘NEL PRAGMATISMO
“Sommario: x l. Le preoccupazioni etiche e religiose. — $ 2.
L'esistenza di Dio. — $ 3. Il concetto di Dio. — \ 4. Religione e
religioni. g. 1. — Esporre con una certa ampiezza le
dottrine pragmaliste, senza fare un posto speciale al modo con cui
in esse sono presenlali e risolti i problemi religiosi, sarebbe una
mancanza grave. — Chi ha studiato o lello con amore, le opere —
al meno le principali — dello Schiller e del James, sa “che,
allraverso ad esse, si sentono passare, come n fremito, più o meno
distintamente, due preoccu- | pazioni; luna, più generale, che tulto
pervade, tulto “colora, tulto fondamenla: la preoccupazione
etica: l’altra, più speciale, che nasce dalla prima come condizione
necessaria o postulato del coronamento dei valori e delle esigenze
eliche: la preoccupazione — religiosa (I). È vero che questa
(la religiosa) nello Schiller non è così intensa e così manifesta come
nel James; lo (1) Per questo io credo che, se si può e si deve
parlare di nn pragmatismo religioso (e così pure di uno
epistemologico, metafisico ed estetico) come di un complesso di
applicazioni del principio del Peirce alla religione (alla metafisica
cecc.), non si può invece parlare di un pragmatismo etico, come di
lina specie 0 soltospeci® del pragmatismo: Tutto il pragma- ismo è etico:
l'etica è alla base della epistemologia, della me- a Lab della SESLIgione
°, della IOICUCE Di quest'ultima non È ames e Jo Schiller non se ne son Ù
A articolare, Il non ne sono occupati 5
0 58 La Religione nel Pragmatismo Schiller —
il véro filosofo del pragmatismo, sebbene meno popolare del James — ha
lavorato sopratlulta a stabilire e consolidare la base stessa
dell’edificio: il carattere, cioè feleologico-morale di ogni nostra
at- tività e di ogni prodotto dell’altività umana: tutta- via sono
numerosi i saggi nei quali egli si occupa ex-professo, più o meno
largamente della religione, V, e da per tulto si sente che per lui la
religione vale. - Del resto: non ci dice lui stesso, espressamente,
che il pragmatismo «non è soltanto un movimento che riguarda un
insieme di dottrine tecniche intorno al 7 problema della conoscenza, ma
anche un tentativo di determinare i rapporti tra «fede, ragione e
reli . gione?» (1). Quanto ai James è nolo — per la sua
stessa con- fessione — che la prima applicazione da lui falla del
principio del Peirce fu un'applicazione ai problemi KS. religiosi
(2). Ed è noto del pari che, dal giorno del ; suo primo discorso
pragmatista all'Università di Ca- È lifornia (1898) fino all'opera:
« A _Pluratistic Univer- | Sen, attraverso la «Volontà di credere», « Le
varie forme dell'esperienza religiosa» e «Pragmatism », lulte le
volte che gli si presentò l'occasione, ha posto \ e risollo, a modo suo,
i più fondamentali tra i pro- i blemi della religione. Il James fu un?
anima carat- - leristicamente religiosa. Dice di lui il Boutroux: :
«Egli ebbe da suo padre una tenerezza intima per il inisticismo
del grande pensalore svedese Swe- dlenborg, il principio del quale era la
relazione tra’ gli esseri terrestri e le potenze spirituali. Questa
«dottrina Swedenborshiana. circola traverso tutta la opera del James»
(3). Egli lrovava «la forza e lu pace del cuore e dello spirito nella
fedeltà alla crc- denza che fuori del mondo del nostro «pensiero
co: Sciente ve ne sono altri, ai quali noi allingiamo le energie
capaci di arricchire e di trasformare la no- 4
(1) Studies in Humanism, Essay XVI, p. (2) Pragmatismus. |. 13) E. BOUTROUX, IV. James (Rev. d
5 Novemira, 1919, Db, isa ( © Metaph. et de Morale, SEE. culi
* Il Pragmatismo 59 stra vila» (1). «Chi sa — scriveva egli,
conchiuden- do un’opera classica sulla religione — se la fedeltà di
ogni uomo alle sue umili credenze personali non possa aiutare Dio stesso
a lavorare più efficacemen- {e ai deslini dell'universo? » (2).
Aggruppo l'esposizione intorno a questi tre punti: 1.)
Esistenza di Dio; 2.) Concelto di Dio; 3.) Reli- gione e Religioni.
«2. Cominciamo con James,
La storia della filosofia è in gran parte la storia del conflitto
dei temperamenti umani, Ogni filosofia è l’espressione, il riflesso del
carattere intimo del- l'uomo, la traduzione in idee del lemperamento;
ogni intuizione dell'universo (We/lanschauung) è nè più nè meno che
un complesso di reazioni del carattere umano assunte, o a propria
insapula, o deliberata- mente, in faccia alla realtà (3). Questo spiega
il sor- gere dci sistemi e il batlagliare continuo dei filosofi.
Noi possiamo distinguere due principali tipi spi- rituali d'uomini
aventi caralterisliche affalto diver- se: l'uomo dalla (empra tenera
(lender-minded) e l'uomo dalla tempra dura (tough-minded), cioè il
tipo simpatico c il cinico (4). Mettele questi due tipi
profondamente diversi in faccia all'universo e chiedele loro una
dottrina: a- vrele da una parle il malerialismo sensualista, con
lutto il suo contenuto di scetticismo e di pessimismo, come traduzione
del temperamento rude e cinico; dall’altra lo spiritualismo con contenuto
ottimistico, quale espressione deì tipo dalla tempra tenera.
L'antagonismo di queste due dottrine, il contrasto dei due
lemperamenti malcrialistico e spiritualisti co assumono tulto il
loro speciale rilievo di opposi- | zione davanti al problema
dell’esistenza di Dio. Il L'Expérience religleuse,
p. 436. (2) /ui, p. 437. : Li Mi (3) JAMES, Der
Pragmatismus, I Vorl. p. 3-6; 4 Pluralistio. ; Universe, p.
20 (4) Der Pragmatismus, ivi, p 7: A Plural. Univ. p. 29.
» - ? 60 La Religione nel Pragmatismo
complessa delle cose che vediamo, che esperimentia. mo e che
abbiamo convenuto di chiamare « mondo » sono il prodotto della materia o
di Dio esistente fuo- ri e sopra la maleria? «La materia produce tulte
le cose 0 e'è anche un Dio?» (1). Ecco il problema. Il quale non
sarà risolto mai — e la storia è là a di- mostrarlo — in base alle vuote,
astratte e. sottilis- sime discussioni sull'essenza intima della materia
€ sui suoi caratteri osservabili o su pretese visioni h-
telleltualistiche de! Dio che è in questione (2). Ogni speculazione è
impotente — di fronte al materiali- smo ateo — a dare una solida base
razionale alla re- ligione: i due grandi (entativi sistematici di
dimo- strazione dell’esistenza di Dio — il teismo scolasti-
‘co e l'idealismo trascendentale — hamno fallito al loro scnpo.
‘Tulli conoscono gli argomenti classici della filo- solia
Scolastica. Ebbene, Hume, col cacciare per sempre la causalilà dal mondo
fisico, ha reso impos- sibile ogni inferenza dal creato a una causa
prima; del resto l'idea di causa è troppo oscura per servire di
fondamento a tutta una teologia. Dopo Hume, Kant ha dimostralo che, Dio,
l'immortalità e la li- berlà, non avendo alcun contenulo sensibile,
sono parole vuole di-senso dal punto di vista della cono- scenza
(corica, e ha fatla giustizia una volta per sempre della vecchia
leologia, che ora non regna che nel volto e non è difesa che da qualche
ritardatario. Il darwinismo ha dato il colpo di grazia alla prova
per mezzo delle sue cause finali. L'ordine e il disor- dine che noi
troviamo nel mondo non sono che in- venzioni umane: chiamianio ordine ciò
che corri- sponde a un nostro ideale, disordine ciò che se ne
(1) I metodo praginalista in: Saggi pragmatisti, p. 15 (tra-
duzione PAPINI). (2) Occorre far notare che questa visione degli
ontologi non è da confondersi con la ?n!uizione del sentimento,
intuizione sorda e vivente, della «philosophie nouvelle»? Vedi: PIAT, Insuffisance des Philosuphies de l'Intuition, p. 129,
Sg. Il Pragmatismo 61 allontana (1). Finalmente
il pragmalismo, cacciando - dal mondo la necessità logica, ha tollo ogni
speran- a di una soluzione per coucetti del problema in que-
stione, di modo che le prove dell’esistenza di Dio non sono valide che
per coloro che già credono in Dio i e debbono trovare degli
argomenti per difendere tale 3 3 i A “precredenza
(2). ; L'idealismo trascendentale non è più felice nel suo SG
tentativo di dare una base solida alla fede: vedremo quali assurdilà sono
implicite nel concetto di una coscienza concrela infinita che sarebbe
l'anima de! x - inondo: vedremo a che si riduce l'Assoluto. e «E
allora? Quale altra via rimane aperta per risol vere il problema? Già
nell'opera : La volontà di cre- dere, il James assegnava ai molivi
emozionali un valore definitivo, nel casu che l'intelletto non
poles- E se offrire delle ragioni sulficienti per l'adesione a i
doltrine di caraltere religioso. La via è aperta: met- liamoci in essa.
La questione: « Dio esiste? »per il pragmatismo si risolve in questa, più
determinata e più chiara: «Quali conseguenze pratiche importa (|
per la reallà, per noi, l'esistenza di Dio?» Se prali- = camente, cioè
dal punto di vista del criterio della uti- .lita pratica, la negazione
dei malerialisti vale quan- lo l’allermazione dei leisti, le due teorie
sono equi- valenti in lutto poichè delle teorie non esiste che il
di lato e il valore pratico (9). 7 | Ebbene, la questione se il mondo sia
creazione di Dio o prodotto delle forze materiali può essere con-
pe sideralo da un doppio punto di visla: relrospettivo + e prospettivu.
lFingiamo che il mondo sia completo. ti ed evoluto in tutte le sue partì
(punto di vista retro- | spettivo). Esso non sarebbe che una somma di
ri sultali buoni e caltivi, dalla quale è escluso. qualun- (1) Jaars,
L'Expérience religicuse, D. 418 (in nota), p ce 369-331. ia
a JAMES, L'Erpérience reliyicuse, p. 368-309: « Pour celui qui déjà
croit en Dieu ces arguments sont solides... La On {ltoure... des arguments pour défendre ces croyances le
doit les trouver ». : di Ò NI Vol., p. 59; L'Experience JAMES,
Der Prugmatismus, religlouse. INA La
Religione nel Pragmatismo que aumento e qualunque alterazione. Da un
mondo lale noi non avremmo nulla da sperare e nulla da temere,
perchè il potere creativo, qualunque fosse slato, si sarebbe esaurito
tutto in quello che è, che è irrevocabilmente, in tulle le sue
particolarità: uno dono che ci è stato dato e che non può essere ripre-
ì so. Orbene, in lale ipotesi, «quale sarebbe il valore «di Dio, sc
ci fosse con la sua opera compiuta e ìl suo mondo già trascorso? » (1).
Egli non varrebbe niente più del suo mondo; da lui, come dal suo mondo,
non avremmo nulla da sperare e nulla da lemere, poichè egli,
secondo tale ipolesi, nulla potrebbe togliere 6 aggiungere a ciò che è. A
un Dio simile noi saremmo riconoscenti per quello che ha fallo, non per
altro. lì ora prendiamo l'ipotesi contraria, che, cioè, le
parlicelle di materia, seguendo le loro «leggi» po- lessero fare lullo
quello che, nell’ipotesi precedente Da fatto Dio: saremmo noi loro meno
riconoscenti che a Dio? «In che soffriremmo noi mancanza se
lasciassimo cader: l’ipotesi di Dio e facessimo respon- subile la sola
maleria? Come, essendo l'esperienza definitivamente cd irrevocabilmente
ciò che è sfata, “polvebbe la presenza di Dio in essa renderla più
vi- vente e più ricca al nostro sguardo?» (2) « Chiamia- mo materia
la causa del mondo e non leviamo nep- pure una parle di quelle che lo
compongono; nè, sc chiamiamo Dio la causa, esse aumentano ». Dunque
«materia e Dio significano precisamente la stessa | cosa, cioè il potere,
nè più né meno, capace di fare | questo mondo celerogeneo, imperfello e
tuttavia ter- | Minato », e perciò «la dispula tra il materialismo e
il leismo diventa, in questo caso, oziosa e insignifi- ante». Se la
presenza di Dio «non porta un giro v lin risultato differente all'insieme
del mondo, non Ù può certumente accrescerne la dignità; nè gli (al:
RE TIE (I) JAMES, 12 metodo
pragmatista, in Saggi È : MES, li SI, gi pragmatisti, x D.
15-17. Noto una volta per sempre che le Datore Calo da 3 Saggi
pragmatisti, e messe tra virgolette sono della traduzione | del PaPINI e
del LruNarbo, Jl PAPINI ha tradotto IL Metodo | pragmatista
dall'inglese, | (2) James, 0 Metodo Prag matista, pp. 16-17;
Dì mus) ip, 06 g Dp. 16-17; Der Pragmatis: — mondo) verrebbe nessuna
indegnità se Dio non hi fosse e se gli atomi rimanessero 1 soli attori ch
È scena» (1). È saggio colui che volta le spalle a siffat- ‘la
inulile discussione (2). 3 ‘Meltiamoci ora a considerare il mondo da un
punto di visla prospellivo; poniamoci « questa volla nel inondo
reale in cui viviamo, mondo che ha un fulu- ro, che è tullavia
incompleto... ». ; 3 «In questo mondo non finilo l’allernativa di
«ma- lerialismo o teismo è intensamente pratica». Essa si può
formulare così: «In qual modo il programma della nostra vila è allo a
variare, secondo che si con- siderano i fatti dell'esperienza come
configurazioni di atomi senza finalità (materialismo), oppure come
dovuli alla provvidenza di Dio?» (teismo). È vero che in questo mondo non
finito la materia fa prati camente lutto ciò che può far Dio, che essa
equivale u Dio, che Dio è superfluo e cessa ogni legiltima ri-
chiesta della sua esisienza? E vero che «la materia, di cui paria Spencer,
per la quale si compie il pro- i cesso dell'evoluzione cosmica, è
veramente un prin- | cipio di perfezione infinita quanto Dio? ».
(8) Vediamo. Secondo il materialismo e la sua « teoria
dell'evoluzione meccanica, le leggi della distribuzione della materia e
del moto» sono rivolte incessante- _Inente al disfacimento del mondo, «a
dissolvere tutte le cose che hanno falto evolvere ». Così il
Balfour cl rappresenta l’ullimo previdibile stato dell'universo
quale ce l'ha dalo la scienza evoluzionista: «Le e- Nergie del nostro
sistema si consumeranno ; la gloria del: TR cselrata, e la terra, inerle
e desolata, a disturbato 1a oltre la razza che per un momento E SS
GLILI a sua soliludine. L'uomo cadrà nel EF va suoi pensieri periranno.
La inquieta a... le «azioni immortali » moriranno, e l'a- i More,
più forte che la morte, sarà come se non foss _ mai slalo. Nè vi ‘'à Il i
i sli se 1 sarà nulla che sia meglio o peggio i fu) Ivi, PP.
17-18; pp. 59-63. a (2) Ivi, p. 81; p. 61. (8) d04, DD. 18-21, pp.
63-64/ 64 La Religione nel
Pragmatismo per lulto ciò che il lavoro, il
genio, la devozione e la sofferenza dell'uomo avranno fentalo di effettuare
durante età innumerabili » (1). Dunque la sorte ulti- ma di ogni
cosa e di ogni sistema di cose cosmica- mente evolute è tragedia. Nulla
rimarrà di ciò che è slalo: non un'eco, non una memoria: la rovina
sarà universale. È si noti: « questa rovina e trage- dia finale sono
nell'essenza del materialismo scien- lifico. Le forze più basse, e non le
più alte, sono le forze eterne o quelle che sopravvivono ultime nel
solo ciclo di evoluzione che noi possiamo definiliva- mente vedere »
(2). Ma se Dio esiste, i risultati pratici dell'evoluzione
dlel mondo saranno ben altri. « Un mondo che con- lenga un Dio che dica
l’ullima parola, può bensi ar- derè o ghiacciare, ma però noi pensiumo
che Egli pensa sempre ar vecchi ideali e ne assicura che al-
riveremo a goderne; perciò il naufragio e la disso- luzione non sono mai
assolulimente finali. Ml bisogno di un ordine morale eterno è uno dei più
profondi bisogni del noslro cuore... ». «Qui giacciono i
significati reali del materialismo e leismo...; matlcrialismo signitica
Ja negazione del. l'ordine morale eterno e l'esclusione delle
speranze ultime; il teismo significa l’afiermazione di un eler- no
ordine morale e dà libero corso alla speranza » (3). Un'altra
conseguenza pralica di grande importan: za deriva dalla affermazione
feislica: il sentimento d'intimità col mondo. I mulerialismo
con la sua visione impersonale dell'universo ci pone di fronte a una
realtà muta, in: differente, brutale che distrugge via via ltutlo ciò
che crea, senza curarsi del bene e del male, e dei biso - gni
umani. I bisogni umani! Ma che cosa è ma l'uomo per il quale si dovrebbe
avere dei riguardi: L'individualità di ciascuno di noi è come una
(1) BalFOUR, The Fondalions of Belie{ (Le basi della fede) p. 30,
citato dal JAMES in; Meludo praymatista, pp. 21-22, in. Der Pragmalsmus, pp. 64-65. (2) JAMES, IL Met. Pragm., p. 22;
Der Pragmat,, D. 66. (3) Zuî, pp. 23-24; p. 66 sg. Il
Pragmatismo = rrasca, 7 are in burra sopra: unt ma
senza tre- qui epolto;che Loano È AESLLUSRANO FOT sj venti e le
onde c iizoirenomoni Uasc due i i non siamo che degli €} gli eventi (1).
Come otza (dol flusso irresistibile deG Letta così falla? È Si
simpatia e amore per o a senoi mettiamo 6, invece, nelle cose 0 MIO a
esse ci appariscono n Dio una som idenzar allora. lime al nostro
cuo- | ù calde, viù vicine a e voni saremo più estra- "o
pensiero : > e al Nostro La non lo saranno a noi. Ri Mg ici co
ce eciesse: ‘agmalistico sì polrebbe dire Da un punto di vista DER fra il
maferialismo e il le la differenza che passa fra de senlire i no:
CE "nali el concepire e sentire ; O spiritualismo) nel concepire : I
ROGIE BLOGO SÌ differenza sociale. £ i rapporti col mondo è una
eee iamo malerialisti, noi dobbiamo DR È SIGrgnn {ra socio, il
mondo, difidenti e USE E guardia che non ci GU slringorit Spiritualisli
noi possiamo fidare li, S SECOLI Nexbitualisti SIAE n ere fidenti sulla
nostra " tai Ise peosstere ident so utile, che on ai Rostri
bisogni emozionali, che ci fa ‘Procedere coraggiosi nelle nostre
esperienze sulla Tealtà nella speranza che ln realtà risponda alle
do- — mande che le rivolgiamo, è una Sani UerisUca della |
Verità, noi dobbiamo concludere che il (eismo è vero © il materialismo è
falso. Vi sonoaltre ragioni che autorizzano a tirare conclusione in
favore dell’esistenza di Dio. Se Dio, Egli produce differenze prati
porti call'universo; se c'è un Dio, renze « nella sorte finale del mondo
: lo. Ma possiamo dire d questa c'è un che nei
nostri lap- questo s'è vedu- i produca differ .
Ina durante tutto il ere che l’esistenza di Mella sorte
finale do» (3) Ammetl ì, L'Expérience
religieuse, D. 409, 411. >, Il Metodo pr agmut., p. 15; 4
Pluratistie Univer Il Met. Ppragm. Egli produce diffe
È più: se c'è un Dio noi possia-. no aspellarci che egl enze non
solo, | corso del mon- Dio non possa a 66 La Religione nel
Pragmalismo — cangiar nulla nella nostra esperienza non è
affermare ‘l’inverosimile? «il vero significato di « Dio » sla ap-
punto in quelle differenze che debbono essere ammes- se nella nostra
esperienza, ove il concello sia ve- “ro. Ebbene queste esperienze
esistono cd hanno un ‘intlusso polente sul sentimento e sulla condolta.
La Z esperienza fisica, o percezione degli oggetti esterni, e la
esperienza psicologica pura c semplice limitata alla tà percezione
deil'io, non colgono la realtà tolale e pie- ‘q namente reale, e non sono
le uniche forme di espe- ricoza: ve n'è una terza: l’esperienza religiosa
che (ci dà una massa di esperienze concrele affalto ori-
«_—‘ginali. «Se voi chiedete cosa sono queste esperienze vi dirò che sono
conversazioni coll’invisibile, voci e visioni, risposte fl preghiere,
mutamenti di cuore, Ta liberazioni da paura, influssi di speranza,
assicura zioni di appoggio, ogni qual volta certe persone si
mettono in una cerla attitudine interna, con certi modi appropriati. Il
potere viene, va e si perde, e può esser trovalo soltanto in una certa
direzione de- terminata, proprio come se fosse una cosa concreta e
maleriale» xl}, Vedremo più sotlo perchè pratica- mente parlando è cosa
di poco momento che il Dio della teologia sistemalica esista o non
esista; «ma se il Dio di queste particolari esperienze è falso, è
una cosa lerribile per quelli la cui vita è poggiata su tali esperienze »
(2). _, Concludendo: «la controversia teislica assume un lreniendo
significato se noi la saggiamo coi suoi re- ; sultati nella vita attuale
» (3). Il naluralismo, il posi- ARI livismo e l’agnosticismu possono
cominciare con cu- lusiasmo il lavoro rude della vita, ma liniscono
fa- talmente nella tristezza e nello scoraggiamento inerte. Se
invece, come afferma il teismo, la nostra vita ‘cosciente di lutti i
giorni fa parte d'un universo mo- rale, armonivso, elerno; se ognuna
delle nostre sofl- a
O TAES: ALI relty., ). 432. ‘ AMES, Mel. pragm., pp. 28-29. — Sono
appunto queste | ‘esperienze che formano Ìl tema e l RA) ci CRA la
e la materia di: L'Experience — (3)/£ Metod. Pragni. a
N ll Pragmatismo 67° ferenze ha la sua ragion
d'essere e il suo valore; se il cielo sorride alla terra e se gli dei
vengono a visitare gli uomini; se la fede e la speranza sono come
l'atmosfera della nostra anima, allora la no- stra vila scorre abbondante
© colorita in mezzo a grandiose prospellive (1) i Possiamo
tirar subito una conseguenza importan- le dal punto di vista
pragmatlistico ; la speculazione è- impotente a condurci a Dio; noi
affermiamo la gran- de probabilità della sua esistenza in base alle
con- seguenze pratiche, all'utilità reale, in contanti, che
derivano dall'accettarlo come esistente. Naturalmen- te, e lo vedremo
sotto, il pragmatismo non può darci più che una probabilità.
Lo Schiller con lo stesso metodo giunge alle stesse conseguenze.
Col James egli rigetta le prove tradi- zionali dell'esistenza di Div e fa
una guerra spietata alla identificazione con Dio dell’Assoluto degli
idea- lisli trascendentali. Per lui la comune insufficienza
delle prove tradi- zionali sta nella loro astrattezza. Esse, infatti,
sono applicabili alla concezione di un universo qualsiasi, non ul
nostro mondo particolare. Per esempio: l'ar- gomento cosmologico
inferisce Dio dal fatto che vi è eausazione in astratto; l'argomento
fisico-teleologico è costruito arguendo, in maniera affatto
generale, dall'ordine un ordinatore (2). Ebbene questi argomen-
‘li non provano nulla perchè vogliono provar troppo. Dal
momento che si possono applicare ad'ogni sol- ta di mondo, buono o
cattivo che esso sia, ne segue che la divinila inferita con questa specie
di argomen- tazioni è affatto indifferente al contenuto del mondo,
al bene e al male che esso racchiude: è un Dio amorale, che si può
inferire così bene da un universo ollimo come da uno pessimo. La
inferenza di Dio dal mordo sarebbe ugualmente buona nel Cielo e nel
l'inferno, Ecco perchè tutti i lonlativi di ascrivere a Dio attribuli
morali sono condannati a ;certo insuc- (1) Ivi, p. 30. (2)
JAMES, L'Experionce religieuse. 4 Se
| il | cesso. Trascurando gli aspetli morali del
nostro mon- do come si può giungere a un principio morale gli esso?
Ebbene, non è di codeste prove che noi abbia- mo bisogno; non chiediamo
una prova dell'esistenza di Dio che sia valida per ognì universo
pensabile, mù per il nostro mondo aituale, che tenga conto del con-
tenuto concreto, reale delle cose che noi: esperimen- liamo; ci occorre
un Dio il quale ci dia sicurezza, che nel nostro mondo vi è un polere capace
e disposto a dirigerne il corso (1). È È Il dialogo: Gods and
Priestes (Dei e Sacerdoti) (2) è lullo una critica birichina degli
argomenti raziona- li (teorici) dell’esistenza di Dio. Dice Filono: «Mi
pa- re che Vesislenza degli Dei si possa inferire dall’esi- stenza
dei sacerdoli, poichè, se gli dei non ci fossero, e che ci starebbero a
fare i sacerdoli? » Un argomen- lo puerile, a dir poco, come si vede.
Eppure Anlino- ro risponde: «Questo argomento è... migliore della
più parte di quelli dei teologi » (3). Più oltre Antinoro dice: .« Finchè
il Dio ignoto non è desideralo è inco- moscibile » (4). Noi sappiamo che
« inconoscibile », per l’umanismo, vuole dire «non-esistente ». Ma
dunque il nostro desiderare, volere Iddio è creare, fare Iddio?
Senza dubbio: «il desiderio fa reale l’irreale n. « Gli dei sono reali in
quanto responsi ideuli ai reali biso- gni umani, che ci funno realmente
agire» (5). Dio 6 un postulato della fede ed è delia stessa nalura
dei postulati della scienza (6), cioè una supposizione uli- SCHILLER,
Humanism., Ess, 1V, « Lotze's Monism »; p. 82. = lo non posso indugiarmi
a esporre largamente le teorie re- liglo5e dello SCHILLE", come ho
fatto col JAMES: un articola non basta a ciò, Del resto non è neanche
necessario, perchè lo SCHU.LER, quando pula di religione. si appoggia
spesso al JAMES, €, sostanzialmente, lo riproditeo (2)
ScHiLLER, Studies in Humanism, Essay.The gods nre real as the ideal responses
to real human needs, which really move us, Studies in Humanism, p. 136. Lo
ScHILLER cita qui: La tolontà di credere del James, =
"i si » etiam Lu e e ir__nnnn_nn_ RPEI EN
oli Pragmulismo le, una domanda di qualche cosa che corrisponda
alle esigenze dell'uotno e mella armonia in una speciale sfera di
esperienze. L'uomo fa la verilà e la realtà, come s'è veduto: È è
vero e reale ciò che opera e in quanto opera; la soslanza è allivilaà, e
l'attività non esiste se non come attività per noî. La domanda di Dio non
è la doman- da di un essere lrascendente, ma di uno perfezio- È
nante la esperienza nostra (1). Perciò la questione: LI, Dio esiste?
significa: Qual'è il valore per noi del con- X cetto di Dio? | siecome le
concezioni di Dio sono mol- | le, qual'è il valore di esse, 0 dei varì
tipi ai quali lulte sì possono ridurre? E qual'è il migliore fra i
concetti di Dio? $ 9. — Nella filosofia spiritualisla noi troviamo
due specie di (eismo in senso largo: il leismo dualistico, o teismo
propriamente detlo, e il leismo monistico o panteislico. Il primo è la
elaborazione teologica della filosofia scolastica, il secondo è proprio
dell’idea- lismo posl-kanliano, 0 idealismo assoluto, o ideali- smo
simpliciter, che si voglia chiamare (2). Esponia- noli brevemente ed
esaminiamone il valore alla luce del pragmatismo. >» Il'ieisino
scolastico insegna che Dia è la Causa Prima, la quale differisce tolo genere
dalle sue creatu- re. La sua essenza è di essere a sé. L'ascità è la
fon- le di ltulli gli altri allributi metafisici: necessità e
assolutezza, immaterialità e semplicità, infinità e per- sonalità
metafisica, ecc.; e degli attribuli morali: sanlità e onvipolenza,
onniscienza e giustizia, im mutabilità e amore, ecc. (3). Ebbene,
applichiamo a - (1) ScuuLer, ivi. Considerazioni
simili a quelle del James contro ia visione materialistica della vita nol
troviamo li — Humanism, Ess. XIV, pp. 250 seg.: «The ethical
significance. of immortality ». Vi dintostra che la vita non è degna
d'esser "vissuta se non sono conservati i valori ideali. /
(29) JAMES, A Pluralistic Universe pp. 23-24; Der Pragma- lismus,
VIII Vorl. p. 192. a (3) JAMES, L'Expérience Reltgieuse, pp. 371-376;
Saggi prag- mat., IL metod. pragm., pp. 25-20. ) ar n . 70 La Religione nel Pragmatismo
RO T questi attributi di Dio il principio del Pierce ec
vedre- L mo che fra essi ve n'ha di più e di meno importanti. i
Infatti, dal punto di visla pragmalistico che diven- N gono gli altribuli
metafisici di Dio, distinti dai suol attributi morali? Quali effetti
possono produrre sulla nostra condotta? Che cosa importa per la vita
del. l'uomo che Dio sia a sè, che Dio basti a sè stesso, che Dio
non appartenga & nessun genere ecc. ecc.? «Come può mai l'« aseità »
di Dio loccarmi inlima- mente? Quale speciale cosa posso io mai fare per
adattarmi alla sua « semplicità? n «O come devo de-
terminare lu mia condotta da qui innanzi se la sua «felicità» è
assolutamente completa?» Anche quan- ‘do di quesli attributi ci si desse
una dimostrazione logica rigorosa noi dovremmo confessare che essi
non hanno senso, 4 poichè sono lontani dalla morale, lontani
dai bisogni umani (1). ‘Non è così degli attribuli morali. Essi
risvegliano il limore e la speranza e sono il sostegno dell’ani-
ma. Se Dio è santo non può volere che il bene; se è onnipotente ne può
assicurare il trionfo; con la sua onniscienza ci vede nelle tenebre; per
la sua iustizia, Egli punisce le nostre colpe anche segrete. ègli è
tulto amore, dunque perdona; è immutabile e quindi possiamo contare sul
suo amore. i Iddio, nella creazione, si è proposto come fine la
manifestazione della sua gloria; « questo dogma ha certamente una qualche
elficace connessione pratica ©. colla vila, 0, meglio, Phu avula per
l'enorme influen- | za che ha esercitato sulla storia ecclesiastica e
per ? ripercussione sulla storia degli Stati curopei» (2). Cerlo,
quest'ullimo dogma, connesso con la concezio- ne monarchica del mondo, di
una divinità con la sua corle e le sue pompe non corrisponde più alla
nostra mentalità, ma gli aliri attributi hanno un valore re-
ligioso anche attualmente. Sc la teologia
scolastica (1) JAMES, L'Excpérience religieuse, DD. 375 S86.: Il
Metod. Pragm. (op. c.), p. 25-27. .(2) JAMES, L'Expérience
religicuse, p. 376; Il Metod. Pragm. (op. c.), pagina 27-28.
i LA 4 s = lì Pragmalismo
1 polesse stabilire in modo irrefutabile che Dio li pos- e) siede
(gli attribuli morali}, darebbe una base solida si alla religione.
Ma, come per l’esistenza di Dio, cusì 19 per gli allribali morali essa ba
fallito nel tentalivo sl {lo Schiller ce ne ba detto il percl®). Si può
provare d storicamente che essi non hanno mai convertito nes- È
suno. Provatevi a dimostrare, scolasticamente, a uno | che dubita
della bontà di Dio, che Dio è buono per- ì chè non vi è non-essere nella
sua essenza! (1) Quegli ni altribuli hanno valore non perchè e in
quanto sono dedolti, dalla scolastica, a filo di logica da certi
du- (erminali concetti o calegorie, ma perchè e in quanto
ur; eccilano in nvi la risposta di qualche sentimento at- A livo e
fanno appello a qualche particolare condotta = da seguire» (2), non
quindi in base a speculazioni, | Pi - ma per la loro efficacia pratica.
|, V'ha di più. La concezione leistica (scolastica) di-
pingeudo Dio e la sua creazione come distinti l'una dall'altra, anzi come
affatto diversi, mette il soggel- lo umano fuori di ogni contatto con la
più profonda realtà dell'universo. Dio è separato dal mondo e dal-
. l'uomo. Fra l’uomo e Dio vi è connessione o rappot= in - lo
unilaterale, non reciproco. La sua azione può toc- : carci, si
afferina, (conte possa toccarci è un misleto) ma Lui non può essere
affetto dalla nostra reazione. Il rapporto fra noi e Dio non è sociale: i
due terni. | ni sono separali da un abisso (8). Dio non è cuore del
nostro cuore, ragione della nostra ragione, ma nostro maestro e giudice,
ll nostro dovere inorale è di obbedire ineccanicamente a’ suoi comandi,
di aderire pussivamente alle verità che non noi faccia > mo, ma
che esistono per sè, « by (iod°s grace QI CE ‘ decrec» (4). Ebbene, lutto
questo meccanismo LEO= N logico, che ha parlato così vivamente all’animo
dei nostri antenati, con la sua limitata elà del mondo, | con la
sua creazione dal nulla, con la sua moralità ta W) JAMES, L'Erper.
relig., DD. 370-977. “26 o). - (2) JAMES, IL
Met. pragm., PD. 26 . Ca ye 2 (3) JAMFS, A Plural. Univ., pp. 25-27.
“i | (4) James, «Ad Plural. Univ. 72 La Religione nel
Pragmalismo giuridica ed escatologica, col suo gusto per le
ricom- pense e le punizioni, col suo considerare Dio cone un
Jlegisialore esteriore, suona così vecchio al piu di noi come se si
trattasse di una religione selvag- gia di stranieri. Le ampie vedute
aperte dall’evolu- Zionismo scientifico e lo marea monlanie degli
ideali delia democrazia sociale hanno cambiato il tipo del la
nostra menlalità, e il vecchio leismo monarchico è vielo e fuori di moda.
IL posto del divino nel mon- do dev'essere più organico G più intimo. Un
creatore esteriore e lc sue islituzioni pussono essere professa- le
ancora, verbalmente, nella Chiesa in formule che sopravvivono grazia aila
loro inerzia, ma la vila è lontana da esse, non lano più adito nei nostri
cuo- sti (1). Quel magnifico uomo nou naturale (2) che è il ‘Dio
del teismo non cì soddisfa più; è solto il livello delle idee morali
correnti e perciò condannato dal- l’'alinosfera morale regnante, divenula
per noì indi. spensabile. «I frulli che un tal Dio ha dato ai
nostri avi hanno perduto ogni valore per noi, le idee morali e
sociati nostre ci costringono, sc abbiamo bisogno di Dio, a
foggiarcelo in corrispondenza alle aspirazioni e agli ideali del lempo
nostro (3). Ed ecco che l'anima contemporanea ha veduto la
possibilità di una più intima Weltunschauung; la vi- sione panteislica di
un Dio immanenfe come sostar- za inlima del mondo, e il mondo come parle
di quesia profonda realtà. Questi concezione hu assunto due forme
diverse: la monistica e la pluralislica (4). (1) Ivi, pp. 29-30. —
Lo stesso pensiero è espresso più lar- gamente in: L'Eaperience
reliyteuse, Qhap. IN: Critique de la Saintele, pp. 250-284
(2) La frase è dell'Arzold. Cir: A Plural. Univ., p. 24. (3)
JAMES, L'Ewper. relig., p. 282. — Si è detto che”il Dio tiel tolsmo è
rigettato dal JAMES semplicemente perchè così porta la moda,
Intendiamoci; se per ni0da si vuol significare «il complesso delle idee
morali e delle forme sociali» di una data epoca, l'osservazione è giusta;
se per moda s'intende quel- la brutta cosa che tutti conoscono, non credo
che sia esatto il dire chè il James giudica di Dio in base ad essa.
Cfr.. L'Erpér, relig., 1. c. (4) JAMES, LI Plural. Uniw., pp.
30-31. Secondo il monismu la sostanza umana (e mondia- ©. le)
si identifica bensì con Ja divina, ma non diventa veramente tale che
nella forma della totalità. Lo spi- - 3 rifo finito non ha realtà
che neila comunione con lo pi spirito Assoluto; cioè ìl divino esiste
autenticamente È solo quando è esperimentato nella sua assoluta
l0- rà lalità. Pev il monista essere significa due cose: se
si È predica delle cose finite significa: essere un oggetto
Ì dell’Assoluto; se si predica dell’Assoluto stesso vuol i
dive: essere il pensamento dell'insieme degli oggetti. "
LvAssolulo ci Îa pensandoci, precisamente come noi, nei sogno, facciamo
gli oggetti sognandoli, o, in una storia, i personaggi immaginandoli.
Mondo e asso- julo sono la stessa cosa espressa con nomi diversi:
" pensiero e pensato (Gedanke und Gedachles). «Quale grandiosa
concezione nella sua terribile unità!» esela: ma il James (1). Quale
intimità fra il mondo e 1 AS- solulo! > Ma, pur troppo, a un
esame diligente questa 31 LI St x. milà ci
apparisce illusoria e materiale; in realtà il divino è affatto estraneo
al mondo come nel teismo monarchico (2). E in vero: per lassolulisla noi,
POSI ad uno ad uno nella nostra finilezza empirica non
abbiamo nessun rapporto con l'Assoluto; per far (parle di esso dobbiamo
perdere l'essere nostro indi- vidnale con la sua limitatezza e coi suoi
difetti. L'As- Ea solulo è noì e lutte le allre apparenze, ma non è
I nessuno di noi in quanto fali, poichè nel tutto TION x siamo «
trasformati» diventiamo altra cosa. Dio qua- Fat: tenus infinilus est è
altro da Dio, qualenus humanam wr mentem conslituit — ha scritto lo
Spinoza, il primo ; grande assolulisla (3). La vera conoscenza di Div
= serive l'Hegel — comincia quando conosciamo che le cose, quali ci
si mostrano immediatamente, non han: ‘no verilà (4). L'Assoluto — secondo
il Taggarl — non è processo, ma stato immobile: il movimento (1)
JAMES, ivi pp. 34-37, (2) Zbta. (3) James, A Plural. Univ.,
(4) Ivi, p. Di. » DI art ri È aaa” * -- ul = Pa. ASTRA
La Religione nel Pragmatismo il cangiamento sono assorbiti nella
sua immutabili È i come forme di mera apparenza (1). Che cosa più
DA estranea a noi di un essere che non è nè intelligenza nè volontà, nè
una persona, ne una collezione di per- sone, nè vero, nè bello, nè buono
nel senso che noi diamo a queste parole? — come scrive BRADLEY [citato da
Grice, Prolegomena]. Che cosa facciamo di questo mostro metafi- sico
incapace: di odiare e di amare, di soffrire e di desiderare? (3)
L’Assoluto non può essere personale nel senso ordinario della parola;
dunque non può interessarsi delle persone: la sua relazione con
ess? è tutt'al più una relazione di inclusione, puramente logica,
quindi, non morale (4). Io non posso avere nè cuore nè pensiero per un
essere che nulla ha co- mune con me; se Lui nella sua inerte
auto-beatlitu- dine non s’inleressa di me come posso io interes-
sarmi di Lui? (5) = Non solo l'Assoluto non è un principio morale,
ma non ha neppur valore scientifico. Per aver valore scientifico
dovrebbe essere un aiuto alla compren- sione intellettuale dell'Universo.
Ebbene Esso non è la ragione suprema ed ullima di ogni cosa in par
; ticolare (e l'universo si compone di cose particolari) >
appunto perchè è la ragione esplicativa di ogni cosa î in generale; e
qual'è il valore di una spiegazione ge- merale che non spiega nulla in
particolare? (6). È, come si vede l'applicazione all’Assoluto
dell’astrat- lezza dei concetti con i quali sì prova, in
teologia, 2 che Dio esiste e se ne deiermina l’essenza, secondo lo
Schiller. s (1) JAMES, Ivi; SClilLLER, Stud, i D p o i ud. in Hum. Essay
XII, passim; JAMES, 0p. cit. pp. 47-48; SCHILLER, iul, p. 286 g. e:
(Essr IV, pagine 111-140. IDRA RRE (3) JAMIS, ©p. cut., avi,; SCHILLER, Ess. JV. (4)
ScHILLER® Stud. in Hum,, D. 287. | (5) James, A _Plural Univ., p. id;
SCHILLER, Stud. in Hum. bp,; « If th» One is neither of these {hings
(beautiful and | good), I will not worship it. nor call it Good. If it is
indif- ferent to 9ur Gocd, I am indifferent to its existence n.
(6)
SCHI,LER, Stud, in IHum., p. 25). db Ît Pragmatismo Ti)
Ma c'è di più. Uno dei problemi che ha maggior- mente alfalicalo
il pensiero umano è il problema del î male, il più fondamentale e il più
pressante dei pro- blemi religiosi. Esso ha un lalo teorico e uno pratico.
Il teorico si formula: « Com'è possibile il male?» Il
prutico: « Come liberarci dal male? » Il primo sor- ge
dall’impossibilità di conciliare la bontà di Dio. con la sua onnipolenza
e con la sua infinità. Se Dio è il tutto, la perfezione assoluta,
senza limitazione nè possibilità di limiiazione, donde il nale? Se
Dio è onnipotente perchè non trionfa del male, di tulru
il male? (1). li panteismo assolulista ci dice che la periezione di
Dio è la sorgente delle cose; ebbene, guardate: il primo altu di questa
perfezione è la spa ventevole imperfezione di tutto il finito
sperimenta bile. Come mai la perfezione dell’assoluto, richiede
7 queste schifose forme di vita che troviamo nella realtà? Ecco il
problema che nessun assolutista € . nessun infiniusta potrà maì
risolvere. Negarlo nou è risolverlo. Lire, come fa l’assolutismo, che la
im- pertezione del tuito non è che apparenza, una illu- sione degli
esseri finiti, che il maligno non esiste 0 è assorbito con Dio nella
sintesi superiore dell’As- soluto, ecc., ecc., non è risolvere, ma
ingarbugliare il problema. Il male c è è noì vogliamo liberarcene.
L ìl problema pratico si presenta: « Come scemulti | x la quantita
del male che è nel mondo? ». Il lato pra- tico del problema, chie è il
solo veramente impor- tante, non ha sensu per l'assolulista: tutto ciò
che è, è necessariamente come apparenza dell’Assoluto : ogni cosa l
determinata nel suo essere e nel suo di- venire; ia connessione fra le
cose è assoluta, ogni evento è determinato da lulti gli eventi (3). Non
esi- lai” sad SCHILLER, Ivi, po 287-258. nati
(2) James, 1 Pturat. Univ. p. 117, — Una simile domanda è rivolta dal
James al teismo creazionista del Leibniz (e si può | rivolgere ad ogui
specie di creazionismo). Vedi: A «Plural. Univ., vp. 119 120. « Perchè
Dio crea liberamente questo mondo imperfetto, e non si contenta di
contemplarlo nello schema ideale perfetto? » > 95 James,
4 Plural. Univ., pp. 55 © 77. 2a La Religione nel
Pragmatismo ioni; i é che stono possibilità di nuove
connessioni; non vi è c ; DE ‘possibilit: quela che s’identitica Son IP
DESeRa silà. L’indelerminatezza del reale e la bo. FR na sono
chimere. Ecco a che conduce. la Assoluto. Eibovo queste terribili
accuse ACCIAIO deil’Assolulo noi ci aspettiamo di NEdSri dan nato
alla irrealtà dal metodo PrOgmal sa MEO amet no RO . Dal punto di vista
intel: ì es (1), E ris : ) 5 : CRA gua SelSsolnio Do i SA ISRUIL
SDOlai elipotesi RO se l'Assoluto rende dei ser- Di all'uomo.
Orbene, quantunque l'Assoluto sia e non possa essere il Dio della
religione popo- laure ordinaria e non si debba confondere col Dio
del Cristianesimo c della Lcologia ortodossa — ne vedremo più sotto il
perchè — tuttavia è stalo e può essere il Dio di una certa classe.
d'uomini, che in Lui solo trovano la pace {?). Ciò che sembra
logica- nente assurdo c impossihi può essere dimostraio in q
non le — dice lo Schiller ualche modo con una
fede eroica e palelica, Non v'è materiale così poco pro- Inettente
che non possa divenire il fondamento di una veligione. Non' vi sono
conclusioni così bizzarre che non possano essere accellale con fervore
religioso. Non vi sono desideri così assurdi Ia cui soddisfa- zione
non possa essere riguar data come un atto di cullo (3).
Perciò l’assolulo può esistere ed esiste come Dio se ha una reale
iniluenza s ulla vita umana, se è qual- “ehe cosa di vitale
e di valutabile pragmalicamente. Ebbene, la storia delle religioni ne ha
dimostrato l'utilità. Vi sono unime che hanno bisogno di una
sicurezza assoluta che l'esito del mondo sarà buono, che l'universo non
audrà in isfacelo sotto il COZZO (1) Zut, p. 110, (2)
Jul, pp. 110, Iii, 1923; Der Pragmatismus, Vorl., ASSI, (3)
SCHILLER, S/ud. in Ilum., p. %6. i Iîì Pragmatismo Ti
degli clementi instabili e fortuiti; lale sicurezza non può aversi che
ammettendo un'assoluta necessità e una interna coerenza del mondo, una
determinazione a priori del futuro. Vi sono anime che provano
un sentimento d’orgo- glio al pensiero di essere una parle, una
«manife- stazione », un «veicolo» o una ripreduzione della Mente
Assoluta (1). Vi sono quaggiù anime stanche, accasciate sotlo il peso del
male, incapaci di trovare in sè stesse la forza di vincerlo; la loro vita
si sfa- scia ed hanno bisogno di risolversi nell’Assolulo, co- me
una goccia d'acqua nel mare. Noi tutti abbiamo dei momenti in cui
aspiriamo al Nirvana, alla libe- razione di noi stessi dalla esperienza
finita. Questo stato è proprio degli Indiani, dei Buddisti e dì
certi temperamenti mistici ai quali è conforto ed ebbrezza il
sapere « che tutto è necessario ed essenziale, anche l’uomo col cuore e
con l’anima ammalati: che tutto è uno in Dio e che in Dio lullo è buono.
che in que-. slo mondo di apparenze, qualunque sia il nostro suc-
cesso, siamo sempre dei miserabili. Vi è dunque un istinto
dell’Assoluto. L’Assoluto può servire all'uomo, e perciò, nonostante le
sue as- surdilà, il pragmatismo lo rispetta — ci dicono a una voce
il James. e lo Schiller — poichè gli istinti uma- ni sono preziosi ©
sacri (3) e tutto ‘ciò che opera è vero finchè opera. IL’Assoluto è salvo
sotto le grandi ali della misericordia... del pragmatismo. ,
Il quale pragmatismo inclina tuttavia ad un'altra concezione del
mondo e quindi di Dio. L’'Assoluto mena necessariamente all’indifferenlismo
e al quie- lismo; non è uno sprone al lavoro audace dei forti che
non rifuggono dal male della vita ma lo affron- tano pur nel dubbio di
trionfarne, esso è per le anime un oppio spirituale; è il Dio dei deboli, degli
stan- JAMES, Mer Praymatismus, VITI Vorl., pp. 174-194, passim;
SCHILLER, Stwal. in Mum., PP. 289-290. (2) JAMES, ivi, pp.
187-188. Numerosi esempi di questo singo- lare stato d'anicao ha offerto
il James in: L'Expér. relig., Chap. X, pp. 353-358, (3)
JAMES, Der l'ragmat.; SCHILLEK, op. c., p. YI. fo) La Religione nel
Pragmatismo chi (1); il pragmatismo non può accertarlo. Si è
aC- cusato il pra matismo di irrceligione; @ torto però. Non è a
credere che la dottrina pragmalista, rigel- tando VAssoluto e il Dio del
teismo monarchico, ne- ghi che il mondo contenga in forma di coscienza
qual- cosa di più grande e di meglio che la nostra co- scienza.
Forse che la nostra fede istintiva in esseri superiori, il nostro
persistente rivolgersi verso una società divina non è che una illusione
patetica di anime incorreggibilmente sociali e immaginative? (2).
No, l'ipotesi di Dio è vera, perchè ha una eMceacia reale; per quanto
possano essere gravi le difficoltà che le si oppongono, l'esperienza
dimostra che essa opera. Il problema di Dio consiste in questo:
come elaborare l'idea di Dio in muniera di farla entrare in accordo
con le allre verità operative? (3), Ebbene, è logicamente possibile di
credere in esseri sovruma- ni senza punto identificarli con l'Assoluto.
Il con- _celto dell’Assoluto sta in funzione del monismo idea-
listico ; il concetto pragmalista di Dio sla in funzio- ne del
pluralismo: è la forma pluralistica del pan- teismo religioso. Il
pluralismo — in quanto ha rapporto con la re- ligione — ammette col
monismo la immanenza di Dio nel mondo, come vita e sostanza profonda
delle “cose, sostanzialmente identica con la vita e con l'es- sere
più vero dell'uomo (4), ma differisce inconcilia- bilmente dal monismo
negli svolgimenti ulteriori della lesi unica. — Per il pluralismo
la vera realtà delle cose è la loro individualità. Il mondo è collezione,
non unità. Ogni (1) JAMES, iui, pp. 176 @ 188. (2)
Jimes, Her Praugmal., pp. 178-192, Anche lo Sc È Ste 4 DI È 162, A
o SCHILLER pro- is contto LASERSA CIFITTRLIEIONO fatta alle nuove
dottrine f adley, Cfr: Stud. in Mum., D. 195. — Per Îl res della
citazione, vedi; A Plural, Unlv., n° 133. Per E (3) Jamrs, ber
Pragmat., p. 192. (4) James, A Plarai. Univ, p. 31 -- Lo Schiller
parla del Pluralisino in generale in: Stud. in Human D 907 è 459;
vl ROSSO alla sfuggita in altri luoghi per la relazione del. plu-
ralismo con l'Umanismo, vedi. Humanism, pagina XX PI
LA SE cosa pensabile, per quanto vasta e inclusiva, ha un
ambiente esteriore: non è mai (ullo-inclusiva (AU inclusive). Nessuna
inchiude lulte le cose assorben- done la realtà tutta, nessuna domina su
tutte. Men- {re la realtà del monismo è caratterizzata dalla All
form (formia del tutto o dell'uni-tulto), quella del plu- valismo è
caratterizzata dalla Zach-form (forma del le individualità o
distributiva, come altrove la chia- ma il James): è la forma dataci dalla
esperienza im- inediata. Il mondo pluralistico è piuttosto una
repub- blica federale che un impero, un regno. L'unione delle cose
singole — atomi e unità spirituali — non è compenetrazione di tulte in
ognuna, non è il tipo del la unione monislica della tosalità-unità
(Alleinheit), non è complicazione universale, ma contiguità, con- tinuità,
concatenazione di individui; è il lipo di unio- ne synechislica (1),
quindi vi è dislinzione e indipen- denza. Perciò nessun centro di
coscienza, nessuna azione puo lutto abbracciare: qualche cosa
sfugge sempre e non può mai essere ridotta all'unità to) Non c'è
un'assoluta unità causale del mondo; non cè un'assolula unila generica;
non e'è un'assoluta unità teologica e morale; non c'è un’assolula
unità estetica, non c'è un’assolula unità noelica attuale
(1) JAMES, A Plural Univ., pp. 34, 321, 325. — Il «synechi- smo» è quella
tendenza del pensiero filosofico che fa dell’idea di continuità una delle
più Importanti in filosofia. Il continuo è inteso come qualens cosa le di
cui possibilità di determina- zione sono inesavribiti. (2)
Oltre questo synechismo — che è metafisico — ve n'è uno
epistemologico, cioè la concezione della verità sistematica come
gradualmente approssimabile, ma non mai interamente taggiunsipilo dal
pensiero. I.'uomo tende a una interpreta- zione scinpre più razionale e
coupleta dell'universo, ma ogni fase del processo conoscitivo non è che
una razionalizzazione parziale della realtà. CIr. l’arucolo del PrRcE Pragmatism nel ictionary of Philosophy
del Bal&win. Secondo
il Peirce il | Pragmatismo è parte deila dottrima più larga del
synechismea. (Credo che il nemne sia del Peirce). Cfr. la bellissima
opera Thegries of Knowledge, del P. WALKER S. T., TLongmans, Lo;
dra 1910: da essi ho prese queste cliazioni n proposito del
symechismo, dal 7 9 80 La Religione nel
Pragmalismo dell'universo (1). Vi sono «reali possibilità,
reali indelerminazioni, reali incominciamenti, reali finì, roali
mali, reali crisi, reali catastrofi e reali scom- pi (2). Nel mondo
accanto all'ordine vi è il Cso ne, accanto al sapere, vl è l'ignoranza,
accanto a bello il brutto, accanto al bene il male: non vi è dunque
perfetta, unità, ma molteplicità reale neil u- nità imperfetta. Forse
l’unità perfetta non vi sarà mai; forse non potranno essere liberate
dalla disgregazione e dal disordine che certe parli del mon- do, quelle
alle quali si estende la nostra allivilà uni ficatrice. Ad ogni modo la
piena unità, se sarà pos- sibile, nella ipotesi pluralista non è al
priucipio ma alla fine, non un primo ma un ultimo (3); la salute —
ogni salule, anche ia parziale — non è necessa- ria, certa a priori, ma
solo possibile. Nella concezio- ne assolulista il fondamento della realtà
è l’unità sta- tica; nella pluralista sono delle possibilità, pure
pos- sibilità. Il pragmatismo riconosce un valore reale al- la
prima, ma preferisce la seconda, come più in ar- menia col suo
temperamento, poichè essa è alta a suscitare nel nustro spirito un numero
maggiore di esperienze future e sprigiona in noi determinate al-
livilà. Il suo effetto sull'uomo non è il quielismo, 1a il lavoro
strenuo, poichè com’essa insegna, da lui {dall’uomo) dipende la vittoria
sul male: vittoria pos- sibile a prezzo di lotta contro i pericoli e la
resi stenza della realtà ad essere redenta è unificata. Così il
jvagmatismo tiene Ja via di mezze fra l'ollimismo — per il quale la
salvezza del mondo e dell’uomo è “sicura — e il pessimismo per il quale
ogni salute an- che parziale è impossibile. Il pragmatismo è melio-
tristi: per esso il fuluro sarà di più in più migliore del vresente come
il presente è migliore del passato. E la possibilità anzi la probabilità
della salvezza per (1) JAMES, Mer Pragmatismus, p. 79-102; A
Puwal. Univ. specialmente Zesi. JAMES, Will to Believe, p. IX {
Schiller: In Huinanism, pagina SI p , Gitato dallo Schiller
(1) JAMES, Der Pragmatismus. i mo.
il Pragmatismo 8 ja liberazione dal male e per la diminuzione
della moltiplicità non unificata aumenta in proporzione del numero
e della bontà delle forze iiberatrici. Vi sono delle forze
sovrumane che lavorano e lot- tano con noi? Allora la
incertezza della salute è ridoita di mol- lo; possiamo sperare che
l'esito del mondo sarà buo- no. Qui si mostra in tutto il suo valore
reale l'ipo- lesi di Dio; per questo gli uomini religiosi del tipo
pluralistice hanno sempre credulo in Lui (1). Ma chi accelta il
pluralismo ed ha bisogno di forze sovru- mane (2), deve elaborare il
concello di queste in mo- do da accordarlo con le esigenze e con le
verità ope- rative di tale dollrina. Quindi: la realtà divina (o le
lealtà: vedremo più sotto se al singolare o al plura- le) deve coesistere
con lulte le altre realtà indivi- duali inferiori, non assorbirle;j deve
lasciar sussiste- re le possibilità, le indeterminazioni, la libertà e
quin- di la incerlezza del futuro; dev'essere personale al iagdo
nostro, poichè diversomente ci è impossibile 1 mità con essa: in
una parola: può e deve es- SIRO più grande di noi, ma ron infinita, più
potente RT Ta Tio onnipotente. Noi non sappiamo che Alon Si Di
s7ranico alla nostra natura; noi vo: FTT ESAC sla intimo a ciò che è
umano in Tondo dr 5 amen e umano, al mondo in quanto è ONT
sperienza. Noi e il mondo di cui siamo Perche Dig SO nel tempo e abbiamo
una storia; RSA la f apporti reali, non puramente astrat- CES col
mondo deve esistere nel tempo e una storia, deve quindi escludere
la staticità È RE Der Pragmat., pp. 182, 183, 191. IESUe i
celli accetta il pluralismo con tutti i suoi pericoli e Îlifmonda Fuso 4
se la sente di lottare du solo per rendere Riones E TERE RMS: tali uomini
non hanno bisogno ui reli- Tenero » che pool temperamento diameualmente
opposto «al tieni Ja SR dsc lAssuluto. Come si vede, il pragmatismo
sulla AT i mezzo — che è la via aurea — perchè conta a dleì
temperamenti umani. I più degli sono dai i . I pi egli uomini : si
EONANO I SIANZA dei due temperamenti opposti: a questi mamente ul
tipo meltorislico del telsmo,- Pragmatismo - 6
v PEPE], Pg ASS RE. I RARE 1
pragmatismo È s2 La Religione ne ,” ed avere Un
ambienté esiratemporale dell'Assolulo esterno come noi.
essere, IN una arola, uno degli euch, UD mombro del mondo pluralistico,
una conti nuazione di esso (1). i ; Uno o più? Monoteismo 9
polteismo? Si può con: cepire Dio monoteisticamente e politeisticamente
_. ‘dice il James — purchè sj ammetta la sua finità; è Vunica via
per sfuggire a tutti gli assurdi e gli 1n- convenienti che por sè l
Assoluto (2). Tuttavia il pragmatismo inclina evidentemente al
politeismo, alla concezione di diversi del, ognuno dei quali Ss!
occupa di una frazione dell'universo; © di una ge- rarchia di coscienze
inferiori che vanno dalla c0- d una suprema, senza soluzione
scienza della razza ® | i a non è infinita perchè di continuità; ©
la suprem infir ‘sintesi di coscienze finite (3); © è — dice il
Boutroux — ‘un sostituto pragmatistico dell'Uno astratto degli
idealisti; in essa € per essa le coscienze inferiori pos- sono
entrare in relazione fra loro, amarsi e compren- dersi (4): sla qui il
suo valore pratico. ‘Tanto il James come lo Schiller tengono molto
a rovarci che la loro concezione del divino sì accorda
perfettamente con la religione pratica, con la espe- rienza religiusa
dell'uomo ordinario, e con la teolo- ia orlodossa non inquinata dal
veleno monistico. — «Ne Jehova dell'Antico Testamento nè il Padre
Ce- Jeste del Nuovo hanno nulla di comune con l'Asso- julo se non
questo, che lutti e tre sono più grandi dell'uomo. Difficilmente io posso
concepire qualche fn 9” cosa di più diverso dall'Assoluto
del Dio di David 0 (1) JAMES, A putrat, Univ., DI. 318.
(2) JAMES; Ivi, p. 310-311. 13) È la teoma di Fechner che il JAMES
€S sone nella IV Let ‘tara del suo: 4 Plural. Unw.: "Concerning.
Fechner »: 133-177 0 oo : ì questa coscienza feclneriana «
esistente dietro le quinte ; da È del mendo» e non ienulicabilc con
l'Assoluto dei ° rascenden- ‘ ° talisti, il James sveva già pirlato in
una conferenza « sull'im- i Saggi “Pragmatisti: « L'ime |
i | mortalità dell'anima », Cfr: (mortalità dell'anima »,
Di JI. = Il Pragmatismo 83 di Isaia. Il
loro Dio è un essere essenzialmente finito... nel cosmo; vi ha un'abitazione e
attaccamenti locali e personali. La coscienza religiosa ordinaria
postula un Dio par- ziale, un Dio che ci soccorra e simpatizzi con noi
po- veri framinentli finiti del tutto (2). In nessuna religione il
Divino, il principio dell'aiuto e della giustizia, è ri- guardalo come
onnipolente in pratica. Il politeismo originario dell'umanità si è svolto
solo imperfellamente e oscuramente nel monoteismo. E il monoteismo
stesso, in quanto è veramente una reli- gione e non il tema di conferenze
universitarie, ha sempre vedulo in Dio nient’allro che un aiuto, un
primus int:r pares in mezzo alle altre potenze che pre- sicdono alla
storia del mondo e la formano {4). Il tei- simo pratico e popolare è
sempre stato piu o meno francamente un pluralismo, per non dire un
politei- smo. Cioè, il leismo volgare si adatta a un universo
risullante di più principì indipendenti gli uni dagli al- tri, purchè gli
sì permetta di credere che il principio divino (dal quale viene l’aiuto)
sia il principio supre- mo, al quale gli altri sono subordinati (5). E
vero che questo Dio e rivestito anche dal volgo, come dai filo-
sofi, di qualcuno di quegli attributi melafisici che ab- bianìo così
severamente giudicali. È «unico », è «in- finito »; l'idea che possano
esistere -più dei finiti nn è neanche discussa. Ciò si spiega dal falto
che il po- polo s'inchina davanti alla autorità dei filosofi amanti
di unità e dei mistici inclinati al monoteisra9». In reullà la credenza
religiosa è semplicemen'e la fede in qualche cosa di più grande in cui si
può trovare la liberazione dal male. I bisogni pratici e le
esperienze (i; James, A Plural. Univ. SQUILLER, Stud. in Zum., Schiller
aveva difesa. e svolta la idea di un Dio finito gia In: Riddles of the
SpIinz Cfr.: Le Dieu fini (par Dessoulavy), Rev. de Fhilos., VIIL,
Dp. 447-457, anno 1906. (3) Scun LER, Stud, in IHum. TAMES,
Der Pragmat., p. 192. (5) JAMES, L'Expér. relig., Chap. V, p. pormi
T u oei”niuocoenau<{iite0tt@ en TEZZE RR a ge
84 La Religione nel Pragmatismo dell'anima religiosa NOn esigono
altra credenza che esta: esisle per ogni individuo una porsnza
supe: riore & lui, e a lui favorevole, alla quale può \.nirsl
perchè parlecipa della sua stessa nabvura. Per susci- tare la confidenza
dell’uomo pasta che quel potere sia assai grande, sia più grande dell'io
cosciente, non è necessario che sia infinito © unico. Si potrebbe
conce- irlo come Un “ jo» più grande € più divino, del quale io
attuale non sarebbe che l'espressione in piccolo: Puniverso spirituale
sarebbe allora Vinsienic di questi «io» più 0 meno comprensivi, ma non la
uniti usso- luta. Questa specie di politeismo è sempre stata la
religione del popolo e 10 è ancora (1). La credenza opolare “ ammette ì
miracoli e le direzioni provVI- denziali; non prova nessuna difficolià @
mescolare il mondo ideale è il mundo reale, i supporre che le po-
lenze spirituali intervengano nel gioco delle forse tisi- Vide che a
determinarne gli avvenimenti particolari ». Qui sta il vero valore di Dio
o del Divino e ì praginaUusti sì schierano tra i difensori di questo
sopraunatutali. smo. Il soprannaturaUsino grossolano? Si, dice il
Ja mes; e io sono persuaso che questa è L'ipotesi che sod- ita
disfa un più gran numero di legittime aspirazioni del cuore e dello
spirilo: per questo il pragmatismo la fa sua, ed anche perchè è
mirabilmente confermera da ai cerle esperienze religiuse. Quelli che le
hanno provate st Riti sanno che nol abillamo in un ambiente spirituale
in- visibile, donde ci viene l’aiuto; che la nostra anima è
misteriosamente una con un'animu più vasta di cul noi siamo gli
strumenti. Niente ci forza a credere che uesta anima sla intinita,
perfetta : l'ipotesi più nalu- rale e più probabile è ammettere che VI ha
un Dio, ina finito, sia in potere 0 in sapere 0 nell'uno e neli'al- }
tro. 1:4% (i) gas, L'Erpér. relig., DD, - 7 i, (2) JAMES, LED. 131-193, dove si
trovano le parole sottoli î neate da ine; A piurat. Univ., PD. 308, gli. A_PAE: 125 è più Da categorico.
DOpu aver dgto ragione 2 Giovanni Mul il quale DI aveva detto che bio non
può essere oggetto di religione ine L che non gli si toglie la
onnipotenza, aggiunge: “ To credo che : unicamente un Dio finito è degno
di questo nome », appunto perche, per lui, Dio è e dev'essere il Dio
della religione.bd mici dissi a = o Ie
Les E così è sciollo il problema del male. Im questa con- cezione
Dio non è responsabile dell’esistenza del male, non lo sarebbe nemmeno se
il male non dovesse mai esser vinto, Nel mondo panteistico, come s’è
veduto, - il male, come ogni altra reallà, deve avere il suo prin-
cipio in Dio: e la bontà di Dio, che è essenziale asso- lutaumente alla
religione — dice lo Schiller — come sì salva? Ebbene ammettiamo che fin
dall'origine il mon- do è un insieme di principî distinti, che il male
non è parte essenziale, ma un elemento indipendente e la bontà di
Dio è salva: il problema teorico del male è- sciolto. E col
leorico anche il pratico. Se tullo ciò che è, è essenziale, come parte
dell'Assolulo, il male è indi- struttibile; se invece è elemento non
appartenente al- essenza della realtà, noi possiamo sperare di
poter- Ì lo espellere (il male) presto 0 tardi (1). Perciò lutte a
le forme di teologia, eccettuata quella più filosofica che ee ha subito
l'influsso degli assolutisli, concepiscono di fulto il male come dovuto a
un potere che non è Dio e ne è in qualche modo indipendente: è
denominato variamente: materia, volontà libera, o il diavolo. La
onnipotenza di Dio dei teologi non è quella dell’Assoluto: essa è
dipendente da necessità metafi- siche (2). HE Concludendo: In
questa concezione di Dio elaborala col criterio del valore pratico sulle
rovine della critica. È dell'Assoluto e del leismo scolastico e in
armonia col si pluralismo, abbiamo tutto ciò che corrisponde alle.
4 esigenze umane del divino; è salva la libertà del- l'uomo: è dato un
fondamento alle sue speranze è al suoi desideri di salule ed è resa
possibile la massima. intimità fra il mondo c Dio: intimità di sentimento
e intimità morale, cioè la vera religione, che tanto ha operato e
opera sulla condotta. : Noi chiediamo ; « Di che natura sono le reallà
spl TOA = (1) L'Expér. relig., Chap. V, D. 107. . “A ()
ScHILLer, Stud, in Mum.; JAMES, 4 Plural. Uniw,, La Religione nel
Pragmatismo ; P, rituali più alte? » « Io l’ignoro »
risponde il James (1). Chiediamo ancora: ‘ esistenza di Dio è un
puro "contenuto soggettivo, ovvero è oggettiva? » Poichè am
mettiamo bene che l’azione di Dio, nell'esperienza re- | ligiosa, è
reale, che ha un'efficacia reale e che tutto | accade come Se una forza
sopramondana agisse diret- tamente sul mondo dell'esperienza umana (2);
am mettiamo bene che l’esistenza di Dio ha un reale va- lore
pratico quando è affermata con fede, specialmente coloso com'è quello del
pluralismo ; ‘in un mondo peri ina noi sappiamo dal James
stesso « che certi oggetti ovocano in nol delle reazio-
uramente intellettuali pr C i C î ‘così 0 più forli che gli oggetti
sensibili o reali (3). Ora è precisamente questo che domandiamo: le
realtà sovraumane hanno un'esistenza oggeltiva, indipen-
dente per sé dalla nostra esperienza soggettiva, 9 in-
dipendente solo perchè noi, con Patto di [ede, V'alfer-
- miamo lale? e TS il pragmatismo questa domanda non ha
sen -S0; richiamiamoci alla mente la sua dottrina della verità,
della realtà e della conoscenza. Una dottrina che nega il valore
rappresentativo dei concetti e professa il nominalismo; che dichiara
di te abbandonare la logica francamente, recisamente ©
irrevocabilmente (4) » non può condurre che all'agno- slicismo e allo
scetticismo. È Ben poco ci rimane da dire dell’applicazione
pragmalistica del criterio delle conseguenze alla reli- gione
dopo quanto siamo venuti esponendo fin qui. Che cos'è la religione? È
assai probabile che nen e che quindi è impossibile definirla. «
Religione » non designa un principio unico, ma piuttosto una
collezio- ne: non v'è un'emozione religiosa elementare, come
(1) L'Expér. relig., D. 136. (2) James,
L'Erper. relig.. D. 433, (3) Zut, p. 45. ù (4) A_Plur, Univ.
arriveremo
mai a scoprire “ l'essenza della religione »- Il Pragmatismo 87_
non esistono nè un oggelto religioso nè un atto reli- gioso
specificamente determinati. Se è impossibile da- re una definizione
astratta della essenza della religio- ne non è però impossibile
delimitarne il campo e in- chiudere in una formula i lraiti
caratteristici empimci délla religione. Una divisione salta subito agli
occhi: tra istituzioni religiose (0 religioni stabilite) e
religioni individuali (0 personali). La religione stabilita è un
in- sieme di istituzioni, di cerimonie, di riti, di sacrifici
propiziatori, di dogmi, di organizzazione del clero; si può definirla:
un'arte pratica di assicurarsi il favore della divinità, La religione
personale è la vita interio- re dell'uomo religioso; gli atti che
essa produce sono personali, non rituali ; l'individuo sbriga da sè i
pro- pri affari con la divinità ; e la chiesa coi suoi preli, coi
suoi sacrumenti e con tutti i suoi intermediari passa in ultima linea. Si
può definire: «le impressioni, i sentimenti, gli atli dell'individuo
preso isolatamente in quanto si considera in rapporto con ciò che gli
ap- parisce conie divino » (1), comunque poi s'intenda que- sto
divino: come legge dell'universo, come anima del mondo o come un Dio
personale. Parliamo anzitutto del valore della religione in
senso personale e poi del valore delle religioni o istituzioni
religiose. — Per quanto grande sia la differenza con cui l'elemento
religioso si combina nell'uomo con gli altri elementi del pensiero, anzi,
per quanto diverso sia il principio stesso religioso nella molteplicità
delle sette, dei credo, e dei tipi religiosi (2), noi possiamo
affermare che le credenze più caratteristiche della vita religiosa sono:
1.° Il mondo visibile non è che una parte d'un universo invisibile e
spirituale, dal quale viene lutto il suo valore. 2.° Il fine
dell'uomo è l'unione intima, armoniosa con questo universo. James, L'Expér. relig., D. 2427. «
Nous entendrons exclusivement par le divin une réalité première de telle
nature que l'individu se sent obbligé de prendre vis-A-vis_ delle
‘une attitude solennelle et grave, en Jaissant de coté tout blasphème et
toute plaisanterie. Son io che sot» | tolineo.
(2) JAMES, L'Expér, relig., P. 406, tas dee tie. nea 880. La
Religione nel Pragmatismo La preghiera, cioè la comunione con lo
spirit dell'universo sio esso un
Dio 0 solamente una ; legge è UV
atto che non resta senza effetto: ne i risulla un influsso di energia
spirituale che può mo- “A ‘ dificare in una maniera sensibile (anto i
fenomeni materiali quanto quelli dell'anima (1). (ei
Nella valutazione di queste credenze il criterio non sarà,
naluralmente, un sistema speculativo o {eolo- gico, ma i frutti, le
conseguenze pratiche : dal frutto . sì conosce. l'albero. E poichî nella
religione il senti- mento vi ha la parte fondnmentale, vediamo
qual'è il valore affettiva della religione. Tolstoi ha detto che Ja
religione fa vivere gli uomini. Il sentimento veli- gioso è uneccitazione
giocunda, un'espansione dine- mogenica che tonifica e rianima la potenza
vitale: aggiunge n valore nuovo alla vita, c agli oggetti più ore
inart un fascino e uno splendore insolili. Se la religione non avesse che
questo valore soggettivo, IR non fosse che una serie di fenomeni psichici,
senza } $ nessull contenuto intellettuale, vera 0 falsa che cessa
RAI fosse, nol sarebbe meno una delle
funzioni biologi- UU: che più importanti della specie umana; ciò
che ha SRO, fatto dire al Leuba che il fine della religione non è
373 Dio, ma la vita, una vila più larga, più ricca: Dio 2: non si
conosce, non si comprende, Ma si sfrutta (2). Ma la religione ha anche
un'immensa fecondità pratica sociale. JI frutto della vila
religiosa è la santità, che inchiu- de in sè tutto ciò che di meglio ci
abbia dato la sto- ria. La santità ha avulo bensì delle manifestazioni
ché la coscienza moderna non può acceltare, ma VE n'ha di quelle — e SONO
più numerose — che ci rive- lavo nei santi dei precursori © dei creatori.
La san- lità accresce nel mondo în somma di energia mora: le, di
bontà, d'armonia, di felicità. La santità con la (1) JAMES, Ivi,
p. 405. — Nol sappiamo già a quale fra le varie convezioni «el divino il
pragmatismo dà la preferenza e per quali ragioni. 2 (2)
Citato dal JAN:S, ivi, D. 199-193: «Il ne faut Pas dire que l’on
connalt Dieu, cu qu'on Je comprend; ll faut dire que l'on s'en
serta, sua forza d'animo, col suo amore eroico pei mise-
rabili più ributltanti, col suo spirito di. sacrificio, è un fallore
essenziale del benessere sociale. La reli- gione è la condizione
necessaria di certi effetti, la «fonte dei quali nè l'individuo nè la
società hanno saputo trovare altrove: il disinteresse, l'energia, la per-
severanza (1). : 2 BAR Olire questo valere affettivo, o biologico,
indivi duale e svciale, la religione ha anche un valore in-
lelleltuale? Questa questione si divide in due — dice il James: — «Solto
la moltitudine delle credenze vi sono delle affermazioni comuni? » E:
«sono vere tali affermazioni?» La risposta alla prima questione è
affermativa: in tutte le religioni vi sono due stali »- . d'anima
identici: il sentimento d’inquietudine che <S in noi c'è qualche cosa
che va male, e il sentimento che noi siamo salvati dal male entrando in
rapporto con esseri superiori — con qualche cosa più yrande di noi:
lotta e liberazione: ecco la sintesi della reli- gione personale e il
perchè del suo immenso valore sulla vita. Ma che cos'è questo qualche
cosa di più grande? È reale o immaginario? Come possiamo en- {rare
in rapporto con lui? Qual'è, insomma la verità della religione?
Xispondeve a quesle questioni impiicile nelia se-. conda è
costruire delle sopracredenze (surcroyances) individuali e collettive,
tutte buone se aiimentano il nucleo vitale della religione. Vi possono
essere e vi sono di fatto tante aggiunte individuali alla credenza
unica quanle sono le anime o i lipi religiosi (2), Il «rapporto col
divino potendo essere, o essere inter- { pretato come rapporto o morale o
fisico, o rituale, «Si capisce come possano nascere delle
costruzioni 7A _ losofiche e leologiche — delle quali abbiamo visto
| Valore — e anche come sorgano le Chiese (3). . James, e con lui,
naturalmente, più o meno tuil SA (1) JAMES,
L'Expérien. relig., Chap. VIII e IX. E) (2) JasrEs, ivi, pp,
406 e 423-125, — Ci è nota la sua croyance. 0% ‘La Religione
net Pragmatismo pragmalisti — non ama — a dir poco — le
Chiese, con la loro organizzazione, coi loro. dogmi, con le loro
tradizioni, perchè in esse è uccisa la vita inte- AQ ogni modo e
dogmi e culto e mi debbono es: sere giudicati daì frutti individuali e
social, e i frutti della vita religiosa sono sommessi alla
giurisdizione del buon sense (2) e dei pregiudizi filosofici e
istinti morali — dice allrove (3). Ed essendo questi pregiu- ‘dizt,
questi istinti e questo buon senso frutti, essi stessi, dî una.
evoluzione empirica incessante, anché le idee religiose si andranno
incessantemente modi- ficando. Dal giorno che ìi frutti di una data forma
re- ligiosa perdono ognì valore, dal giorno che la vec chia
credenza è in contraddizione con un nuovo ideale; dal giorno che la ragione la
dichiara lroppo puerile, troppo assurda o troppo immorale essa cade trascinando,
nella sua caduta, il Dio creato dall'uomo per «servirsene. E noi confessiamo
che in i una dottrina interamente antropocentrica, nella quale l'uomo è
la misura di iulte le cose, cioè, le esi È enzo, i desideri e gl’interessi
umani nel modo che s'è veduto, lutto ciò è logico ©... anche utile, fino
& un certo punto. Ed è naturale che il pragmatismo crede di fare
un mondo di bene alla religione € alle religioni. Ci dice Schiller: Il
pragmatismo jo uma nist,0) ha dimostrato che la volontà di credere
sta. ulla base, non solo della religione, ma di qualunque - gpecie
di inferenza 0 di atto razionale, e che, quindi, la sfera dei iudizi di
valore non è coestensiva solo | |» alle verità religiose, ma a qualunque
verità: la fede i lia così cessato dì essere un ‘avversario e un sosli-
i | futo della ragione ed è diventata un suo costitutivo |
essenziale. Come potrà la ragione contestare la validità della
dor: L'Erpér. relig. Pel «s î actetta: Pel «servirsene» cita ancora il
Lepba L lì Pragmatismo dI fede, se la fede è essenziale
alla sua stessa validità? E altrove: « Tutte le religioni (concrete)
possono profillare dell’atteggiamento di simpatia che l'umanismo assume
davanti agli istinti religiosi del- la nalura umana e verso le evidenze e
i metodi delle religioni. 1l pragmatismo, affermando il fatto reli-
gioso e il suo valore sulla base dell'esperienza inte- riore e dei
risultati individuali e sociali, rende vani gli altacchi razionalistici e
mette la religione al sicuro dalle confutazioni dialettiche. Il pragmatismo
inol- (re, come si è mostrato un eccellente « eirenicon » tra le
dottrine filosofiche, apparirà un «eirenicon» non meno efficace tra le
religioni. Non è vero che lutte operano (in senso pragmatista) in una
cerchia più o meno vasta? Ma allora esse sono identiche nella loro
parle veramente vilale, attiva: e che importa sc dif- feriscono
teoricamente? Terzo beneficio: il: pràgma- lismo libera, così, le religioni
da ciò che vi è in esse di non-funzionale, dalle incrostazioni
parassilarie ed csiziali, e, per tal modo, le rinvigorisce. Che cos'è la parte non-funzionale della
religione? È il suo lato teologico (2). 18 qui una tirata contro i
sistemi teolo- gici, contro le infiltrazioni della metafisica greca
nel « Credo atanasiano » e contro l’identificazione di Dio con
«l'Uno». Già! La conclusione possiamo
ac- cettarla anche noi, ma basandola su fondamenti af- futio
diversi da quelli del pragmatismo: «La reli- 5 gione più vera è quella
che proclama una vita mi- $ , gliore e la promuove» (8). ; (1)
Stud. in Hum. | (2) ScurLrer: Stud. in Hum. | ,..(8ì E la
conclusione dell'Essay, XVI: Fatt, Reason and Ri ligion in: Stud.
in Humarism, p. 369: «the truest reli tons that Which issues in and
fosters the best life», Rd A eri della Logica formale
nella con= S 1. Caratt {
2. La validità formale. cezione di Schiller. gi. Lo Schiller
(1) sotto il nome di « logica formale» inchiude e condanna non solo quella che
da al tri è designata col nome di « logica formalistica » mn
anche la logica formale propriamente detta, e, cri | licando e
condannando quella, presume di aver cri ficato e condannato anche
questa, cioè, in blocco, . tulla la logica tradizionale e classica, alla
quale do- vrà sostituirsi la logica psicologica, 0 psicologistica,
cioè quel complesso di leggi o regole o norme del pensiero che risultano
dall'analisi psicologica del pen siero, ossia dalla considerazione
dei processi del pen- | siero, non in una pretesa forma di esso
di materia idel concetto, del giudizio, del raziocinio con:
siderati astraltamente nella loro forma verbale di temine, proposizione €
sillogismo considerai9 esso pure, a sua volla, astrattamente), ma nel
loro sor- gere e syolgersi allraverso la fitta rete psichica di
Fferessi, di desideri, ecc. : la logica dello psicologi smo e della forma
speciale di esso offertaci dal prag- matismo, insomma. Una logica &
posteriori risut SCHILLER. Formul
Logic. A sclentifle and s0- cial Problem. > Un yol, in:8 pp. XII-123,
Macmillan and 0.9, ‘London 1912. stinta dalla |
er selezione, non a priori, una logica, pare, SOA sì, ma indotta in
base a postulati, non dedotta. Il pensiero puro, così come la forma
pura del pensiero non esistono; quindi ogni logica è neces-
sariamente empirica nella sua origine e nel suo va- lore. E così con la
logica sillogislica è condannata anche la logica del concello col solo
semplicismo che abbiamo imparato a conoscere altre volte nello
Schil- ler. Ma, evidentemente, prima di condannare in bloc- co,
bisogna vedere se tra la logica formale e forma- lislica c'è idenlità, o
se non c’è invece una diiferen- za radicale che impone una pertraltazione
a parle e radicalmente diversa di quelle due discipline. La lo-
gica formale vera è la dottrina della forma unica del pensiero: il
concelto, come sintesi di individuale c come concelto universale contro,
come scienza del concetto puro. Per essa la forma verbale in cui si
suole incarnare generalmente il concetto non ha nes- sun valore logico e
si guavda bene dal cousiderane le distinzioni verbali come distinzioni
conceltuali 0 l’identità di forma verbale come identità
concettuale. La logica forinalislica invece, trasporta nei concetti
le qualità e le distinzioni dei termini, trasporta nei giudizi le
modalita e le specie delle proporzioni, lra- sporta nei raziocinì le
figure e ì modì dei sillogismi: anzi la distinzione stessa delle forme
logiche in con- celti, giudizì e raziocini è nient’allro che una
proie- zione di forme verbali nell’altivita del pensiero. Per- ciò
la logica formalistica qua talis, non ha valore speculativo (logico in
senso vero), ima solo empirico © UCSCLILLvo; ci dà, Massunti, con piu o
meno pretese (il copielezza, i modi piu consueti dei quali l'uomo
51 serve nel suo discorrere, nell'esposizione e ncila "a discussione
delle idee; è un'arte in senso di tecnica, 9 meglio, è una collezione
(non connessione) delle forme del discorso empirico umano, una specie
di leltorica 0 grammatica messa a servizio non del par- lur bello
ma del parlur giusto. Può essere ed è fino a un certo punto praticamente
utile come tutte le. discipline descriltive assunte a discipline
nurmative d universale, come storia o guidizio sintetico, a
priori, . DA | Sèhiller e la Logica Kormale e precettistiche,
ma non ha valore speculativo, ron ci dè, anzi ci nastonde la forma
intima. del pensiero necessario € unico, © SÌ contenta di offrire!
le forme esteriori, arbitrarie è quindi componibili € combina:
bili all'infinito. - . I Jo Schiller na un buon gioco @
mostrare il caral- tere arbitrario di questa logica, la astrallezza di
essa, la îmulilità e perfino il danno non leggero che essa può
anrecare allo sviluppo Serio delle scienze © della mente individuale. Ha ragione lo Schiller: « IL îs nol .? ossible t0 abstract
{rom the aclual use of the logical | material and lo consider forms ol lought @ 4 Ihemselves, voilout incurring
thereby @ total loss, 1’ hi nol only of
Wrui, but also of meaning ”. i s 2. Ma con ciò non si è
déito che ba ragione @ | ‘non riconoscere altre logica ché que:lu
psicolugica, | tutt'altro. Oltre la logica formalistica (0 tormale cu-
| mè la chiama erroneamente lo Schaller), c'è la logica i formale
vera secondo la quale la maleria è fusa nel la forma, poichè per èssa la
forma logica, concel- ‘tuale, sintesi di materia e forma, di pensiero e
lup- ‘esentazione: è forma Non astratta me concrela ; e tulto
il pensiero reale storico perchè appunto sun: f (esi univarsale
individuale: è il razionale-reale, il fl concetto. È Dio ci
salvi dalla logica psicologica 0 psicologistica! Poichè in essa, oltre che non
trovare nulla di # meno arbitrario che nella logica forinalistica non sì
ì trova neanche quella apparenzà di necessità e di as- Solutezza
che la logica tradizionale ci oifre, sia pure solto una forma astratta e
verbalistica. Finchè non si accetta e non SÌ capisce la logitù del
concetto puro e semplice, ogni tentativo di riforme logiche sarà
nulla più che un saltare dall'arbiltàrio all’avbitrario, dall'astratto
ali’astratto e un aggiungere al mele 131 nuovo male o una forma nuova del
male. L per yite- nere questo scopo non mette certo conto di
scrivere un grosso libro come questo. Sé lo Schiller avesse
rinesso bene su quelli che lui ritiene e sono i due caratteri
fondamentali della 1o- Ml Praqmalismo' (h) gica formalistica
e cioè: I° la credenza che sia pos- sibile considerare la «validità
formale» come una cosa a parle e indipendente e astrarre dalla
verità «materiale »; 2° la credenza che sia possibile tratta- re la
iogica senza riguardo alla psicologia e di aslrar- re dal contesto
atluale in cui le asserzioni sorgono, tempo, luogo, circostanze, Scopo,
personalilà, ecc. (P. 375) e se avesse poi esaminato con più
spassio- natezza la logica del concetto-sloria, non avrebbe for- se
futto giustizia sommaria di lutta la logica tradi- zionale cd avrebbe
trovato che parecchie delle sue critiche sono state già fatte da altri, i
quali non sen- lirono però il bisogno di sostituire, come fa lui,
le elichelte psicologiche alle elichette della logica for-
malistica. In questo libro c'è molto del buono anche perchè dai principio
alla fine corre nelle pagine una domanda sempre crescente di concretezza
ce, anzi, pare a volte che lo Schiller abbia colto il centro della
critica e della ricostruzione. Purtroppo i: pregiudizi pragmalislici gli
impediscono di assurgere ad un punto di vista superiore; anche lui, pur
nella lotta contro gli schemi e !e elichetle, maneggia schemi ed
etichette; meno mole, anzi molto bene che, da buon pragmatisla, ne è
consapevole.:= & | La reazione contro l'intellettualismo. Verità e
‘utilità. Del pragmatismo non si parla
più che com di un indirizzo di ricerche e di asserzioni, che ha avi
| {fo il suo proverbiale quarto d'ora di celebrità pei scomparire
per sempre e senza visibili influssi sullu svolgimento complessivo
ulteriore del pensiero. Nata da une reazione all'intellettualismo
razionalislico ed empiristico, che non sapevano valutare l'attività
de: soggetto nella creazione del mondo del pensiero € della vita;
allermalosi come volontarismo ceudemo:; nistico o come filosofia dell'azione
utilitaria, non ha sapulo nè volulo evilare, con una doverosa
distin: zione dì logica e psicologia, lo scoglio terribile dellà
formula protagorica: l’uomo è la misura di tutte lt cose ed'è finito
nello agnoslicisnio e nello scellici sino, È inulile she ci ripetiamo. Iidotla
la filoso; fia a un prodolto dell'individuo, © ad espressioni del
la nostra soggellività volitiva e i giudizi scientifici speculativi a
semplici giudizi morali; negala la pos sibilità di raggiungere
l'assoluto, la ragione intima immanente e ascendente dell'essere o del
divenire con l'affermazione della universale soggettività e Ie
‘natività; posto l’utilitarismo a base di ogni costruzio: ne concelluale
e considerati, quindi, i concetti com‘ funzioni dell'interesse
individuale, 0 tutt'al più s0 ciale, il pragmatismo si risolve
logicamente in uni rinunzia a fi osofare. Può essere metodo per sè, I i
UT Il Pragmatismo : i lla vita colta non filosofia sc
IRRMIgSORE E So nella sua razionalità e nei s o ve omalismo profes-
E, infatti, come s'è veduto, 1 flo: «esso non ha sa di essere
semplicemente ua Coe etodo WNGNan: dog int aa istcao mon è forse una
dottrina? Magli vamestto he riassume il me- Non è una dottrina la
formula c arsi tutte todo pragmatistico: « Sono er 6 da acco utili
le neri SAS SIE n è forse implicito alla svitaza in: ilitari ico e,
insieme, il n più Sconto no leorecot È esp ducslo ab: Dima
definito, credo, Felino due aspetti più es- ziali la teoria
pragmati nd AR Sa CLES Della quale non è qui il luogo di
TISIRLS estesamente il valore storico. Possiamo dire il nos D
pensiero in due parole: il pragmatismo è andato al- l'eccesso opposto
nella sua reazione all intellettua- lismo, perchè ha negato addirittura
il concetto come tale, ogni concello, rendendo, con ciò stesso,
vano, perchè senza fondamento, la Rane buona . dell'in- dirizzo,
quella che, purificata di tutto l’utilitarismo + materialistico che
troppo spesso la intorbida, si può esprimere nelle parole evangeliche:
«Dai frutti co- noscerete l'albero ». L'utilità nel senso spirituale altissimo della
parola è un aspetto della verità:
la verità eleva, la verità libera, la verità sacrifica. Ma, non
dimentichiamolo mai, una dottrina non è vera, a propriamente parlare,
perchè e in quanto è utile, ma è utile perchè‘vera. .La
verità metafisica e logica di una idea e di un Sistema d’idee è il
fondamento di tutti gli altri at- tributi dell'idea e del sistema e di
tutte le loro cor- rispondenze alle esigenze etiche dell'uomo. Yogi
Pragmatis Rimandiamo alle seguenti pibliografie: « The Pych Zev. »
Parini, Sag- gì pragmatisti, R. Carabba, Lanciano; Ugo SPIRITO, JI
pragmatismo nella Jilosofia contemporanea, Firen- ze, Vallecchi Sinvio
TISSI, Nota bibl. al vol. su James, Milano,. Ed. Athena 1924. |
Segnaliamo poi, nella ricchissima bibliografia del- argomento — oltre ui
molti scritti segnalati occasio- almente nelle note — le seguenti opere:
G. VAILATI, Scritti, Firenze, Secher 1911; G. Papini, Sul Pragma- |
lismo, Milano, Libr. Ed. Milanese 1913 (ripubblicato ‘dal Vallecchi nel
1920); M. CALDERONI è G. VAILATI, IL $ pragmatismo, Lanciano, R. Carabba,
SPIRITO, op. cit. ; M. CaLpeRONI, Scritti, a cura di O. CAM- 7 Cna, con
pref. di G. PAPINI, Firenze, «La Voce», INDIVISUO LINEE
FONDAMENTALI DEL PRAGMATISMO. Il Pragmatismo anglo-americano. Pragmatismo e
Umanismo.Pragmatismo e conoscenza. LA TEORIA DELLA VERITÀ E DELLA
REALTÀ.La condotta. La dottrina dolla verità. La dottrina della
realtà. LA RELIGIONE NEL PRAGMATISMO. Lo preoccupazioni etiche e
religioso. L’esistonza di Dio. Il concetto di Dio.Religione e Religioni. SCHILLER
E LA LOGICA FORMALE.Caratteri della logica formale nella concozione dello
Schiller. La validità formale Ù 5 5 9 - VALUTAZIONE CRITICA. La reazione
contro l’intellettualismo. Verità e utilità. È. NOTA BIBLIOGRAFICA. I
MAESTRI DEL PENSIERO. VOLUMI CHE INIZIANO LA COLLEZIONE i) ei n VALENTINO PICCOLI À {Bi:
INTRODUZIONE DELLA FILOSOFIA. ROTTA PAOLO ROTTA. ARISTOTELE BERKELEY |
IALENTINO SETCOO LI ! TAROZZI PLATONE LOCKE | S: PICURO. LAMANNA
AAA ° "KANT 6000 RUIZ na * LOTINO MAGGIORE |»
FICHTE HQ C. AGOSTINO MIGNOSI E. C. SCHELLING
AQUINO MAGGIORE | C. HEGEL i S. FIDANZA Big ni x TISSI
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STUART MILL “50 »ALENTINO PICCOLI E. MORSELLI Î Y MIENIINO PICCOL
CUORSEI È Pubblicati: P. ROTT _ SEINOZS x ì. MiGGIONE HEGE
ZINI =. 2 SoioFENnAUER P. LAMANNA — KA MAGGIORE — FIGI TITE .
E. CHIOCCHETTI — S. TOMASO VICO "TISSI _ GATESIO
MORSELLI. COMTE BOT. ARISTOTELE. SCHELUINO IRINA
Kc} fe3: Emilio Chiocchetti. Chiocchetti. Keywords: prammatico, Grice: “In Italy, just to know that a philosopher
has a religion orientation disqualifies as a philosopher, and that is at it
should. The
keyword is: anti-Popish, Vico, Croce, estetica, Aquino, Gentile,
Neo-Scolastica. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Chiocchetti” – The
Swimming-Pool Library.
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