Grice e Curi: la ragione
conversazionale e l’implicatura
conversazionale dei figli di Marte -- passione e compassione, senso e consenso –
scuola di Verona – filosofia veronese – filosofia veneta -- filosofia italiana
– Luigi Speranza (Verona). Filosofo veronese.
Filosofo veneto. Filosofo italiano. Verona, Veneto. Grice: “I like Curi; unlike
me, we would call him a prolific philosopher; my favourite are his reflections
on ‘eros’, ‘amore’ and bello, but he has also written on various topics related
to maleness -- Si laurea a Padova. Insegna a
Padova. Membro dell’Istituto Gramsci Veneto. Formatosi alla scuola di Diano,
Gentile e Bozzi, incontra Cacciari. A partire da quel topos, si avvia un
sodalizio estremamente solido e fecondo, all'insegna di una comune ricerca
del nuovo, e di un impegno teoretico rigoroso, che va oltre il piano
strettamente della speculazione, in direzione di una pratica civile. Filosofa sul
nesso politica-civilita e guerra e sul concetto di ‘polemos’ – cf. Grice
epagoge/diagoge “”War is war” – Eirene --, lungo la linea che congiunge Eraclito
a Heidegger. Valorizza la narrazione, sia intesa come mythos, sia concepita come
opera cinematografica. Medita su alcuni temi fondamentali dell'interrogazione
filosofica, quali l'amore e la morte, il dolore e il destino. Altre
opere: “Endiadi: figure della dualità” (Feltrinelli, Milano); “La filosofia
come ‘bellum’” (Bollati Boringhieri, Torino); “La forza dello sguardo” – Lat.
vereor – warten: to see --; “Meglio non essere nati: la condizione umana” – cf.
la condition humaine”, Malraux); “Lo schermo” (Raffaello Cortina Editore,
Milano); “Un filosofo al cinema, Bompiani, Milano).Quello che non e filosofo,
ma ha soltanto una verniciatura di casi umani, come il maschio abbronzato dal
sole, vedendo quante cose si devono imparare, quante fatiche bisogna
sopportare, come si convenga, a seguire tale studio, la vita regolata di ogni
giorno, giudica che sia una cosa difficile e impossibile per lui. A questo maschio
bisogna mostrare che cos'è davvero la filosofia, e quante difficoltà presenta,
e quanta fatica comporta.” (Platone, Lettera settima). La libertà non è
soltanto l'essere-liberati DA lle catene né soltanto l'esser-divenuti-liberi
PER la luce, ma l'autentico essere-liberi è essere-liberatori DA il buio. La
ridiscesa nella caverna non è un divertimento aggiuntivo che il presunto
"libero" possa concedersi così per svago, magari per curiosita. E esser-ci
dentro tutto, essa soltanto, il compimento autentico del divenire liberi. Heidegger,
L'essenza della verità, Franco Volpi, Milano).Ne “La brama dell'avere” si ha un
attento e puntuale riesame sia storico-filosofico che critico-filologico della
fondamentale categoria esistenziale dell'”avere” – “the have and have-nots” -- alla luce dell'odierno assetto
socio-comunitario. Cf. Grice on “H” for “Hazzes” “x H y” Curi focuses on ‘ekhein’ which would then
correspond to Grice’s “H” --. Altre opere: “Il coraggio di pensare,
manualistica di filosofia, Loescher editore, Torino); “Il problema dell'unità
del sapere nel comportamentismo” (MILANI, Padova); “Analisi operazionale e operazionismo”
(MILANI, Padova); “L'analisi operazionale della psicologia” (Franco Angeli,
Milano); “Dagli Jonici alla crisi della fisica” (MILANI, Padova); “Anti-conformismo
e libertà intellettuale: per una dialettica tra pensiero e politica” (Padova) –
cfr. Grice on non-conformismo – “Psicologia e critica dell'ideologia” (Bertani,
Roma); “La ricerca” (Marsilio, Venezia); “Katastrophé. Sulle forme del
mutamento scientifico” (Arsenale Cooperativa, Venezia); “La linea divisa.
Modelli di razionalita' e pratiche scientifiche nel pensiero occidentale” (De
Donato, Bari); “Pensare la guerra. Per una cultura della pace” (Dedalo, Bari) –
cf. Grice on ‘eirenic effect’ – pax et bellum – si vis pacem para bellum. ex
bello pace. “Dimensioni del tempo” (Franco Angeli, Milano); “Einstein”
(Gabriele Corbo, Ferrara); “La cosmologia filosofica” (Gabriele Corbo,
Ferrara); “La politica sommersa. Per un'analisi del sistema politico italiano,
Franco Angeli, Milan); “Lo scudo di Achille. Il PCI nella grande crisi” (Franco
Angeli, Milano); “L'albero e la foresta. Il Partito Democratico della Sinistra
nel sistema politico italiano, con Paolo Flores d'Arcais, Franco Angeli,
Milano); “Metamorfosi del tragico tra classico e moderno, Bari); “La repubblica
che non c'è” (Milano); “Poròs. Dialogo in una società che rifiuta la bellezza,
Milano); L'orto di Zenone. Coltivare per osmosi” (Milano); “Amore duale”
(Feltrinelli, Milano); “Platone: Il mantello e la scarpa” (Il Poligrafo,
Padova); “Pensare la guerra. L'Europa e il destino della politica, Dedalo,
Bari); “Pólemos. Filosofia come guerra, Bollati Boringhieri, Torino); Ombra
della’ idea. Filosofia del cinema fra «American beauty» e «Parla con lei»,
Pendragon, Bologna); “Filosofia del Don Giovanni. Alle origini di un mito
moderno, Bruno Mondadori, Milano); “Il farmaco della democrazia. Alle radici
della politica, Marinotti, Milano); “La forza dello sguardo, Bollati
Boringhieri, Torino); “Skenos. Il Don Giovanni nella società dello spettacolo”
(Milano); “Libidine” (Milano). Un filosofo al cinema, Bompiani, Milano); Meglio
non essere nati. La condizione umana tra Eschilo e Nietzsche, Bollati
Boringhieri, Torino); Miti d'amore. Filosofia dell'eros, Bompiani, Milano); Pensare
con la propria testa” (Mimesis, Milano); “Straniero, Raffaello Cortina Editore,
Milano); “Passione” (Raffaello Cortina Editore, Milano. La porta stretta. Come
diventare maggiorenni” (Bollati Boringhieri, Torino); “I figli di Ares. Guerra
infinita e terrorismo, Castelvecchi, Roma. La brama dell'avere; Il Margine,
Trento); “Il mito di Narciso sul Wikipedia
Ricerca Marte (divinità) dio romano della guerra e dei duelli Lingua Segui
Modifica Marte (in latino: Mars[1]) è, nella religione romana e italica, il dio
della guerra e dei duelli e, secondo la mitologia più arcaica, anche del tuono,
della pioggia e della fertilità. Simile alla divinità greca Ares, col tempo ne
ha assorbito tutti gli attributi, fino a venire completamente identificato con
esso. Statua colossale di Marte: "Pirro" nei Musei
capitolini a Roma. Fine del I secolo d.C. Culto. Venere e Marte, affresco
romano da Pompei. È una divinità sia etrusca[4] che italica (Mamers nei
dialetti sabellici); nella religione romana (dove era considerato padre del
primo re Romolo) era il dio guerriero per eccellenza, in parte associato a
fenomeni atmosferici come la tempesta e il fulmine. Assieme a Quirino e Giove,
faceva parte della cosiddetta "Triade arcaica", che in seguito, su
influsso della cultura etrusca, sarà invece costituita da Giove, Giunone e
Minerva. Più tardi, identificandolo con il greco Ares, venne detto figlio di
Giunone e Giove e inserito in un contesto mitologico ellenizzato. Alcuni
studiosi del passato (Wilhelm Roscher, Hermann Usner, e soprattutto Alfred von
Domaszewski) hanno parlato di Marte anche nei termini di divinità
"agraria", legata all'agricoltura, soprattutto sulla scorta del testo
di una preghiera rimastaci nel De agri cultura di Catone, che lo invoca per
proteggere i campi da ogni tipo di sciagura e malattia. Secondo Georges Dumézil
tuttavia il collegamento fra Marte e l'ambito campestre non farebbe di lui una
divinità legata alla terra, in quanto il suo ruolo sarebbe esclusivamente di
difensore armato dei campi da mali umani e soprannaturali, senza
diversificazione dalla sua natura intrinsecamente guerresca. Il dio,
inoltre, rappresentava la virtù e la forza della natura e della gioventù, che
nei tempi antichi era dedita alla pratica militare. In questo senso era posto
in relazione con l'antica pratica italica del uer sacrum, la Primavera Sacra:
in una situazione difficile, i cittadini prendevano la decisione sacra di
allontanare dal territorio la nuova generazione, non appena fosse divenuta
adulta. Giunto il momento, Marte prendeva sotto la sua tutela i giovani
espulsi, che formavano solo una banda, e li proteggeva finché non avessero
fondato una nuova comunità sedentaria espellendo o sottomettendo altri
occupanti; accadeva talvolta che gli animali consacrati a Marte guidassero i
sacrani e divenissero loro eponimi: un lupo (hirpus) aveva guidato gli Irpini,
un picchio (picus) i Piceni, mentre i Mamertini derivavano il loro nome
direttamente da quello del dio. Sempre a Marte era dedicata la legio sacrata,
cioè la legione Sannita, detta anche linteata, poiché era bianca.[senza
fonte] Marte, nella società romana, assunse un ruolo molto più importante
della sua controparte greca (Ares), probabilmente perché considerato il padre
del popolo romano e di tutti gli Italici in generale: Marte, accoppiatosi con
la vestale Rea Silvia generò Romolo e Remo, che fondarono Roma.[6] Di
conseguenza Marte era considerato il padre del popolo romano e i romani si
chiamavano tra loro Figli di Marte. I suoi più importanti discendenti, oltre a
Romolo e Remo, furono Pico e Fauno. Marte comparve spesso sulla
monetazione romana, sia repubblicana che imperiale, con vari titoli: Marti
conservatori (protettore), Marti patri (padre), Mars ultor (vendicatore), Marti
pacifero (portatore di pace), Marti propugnatori (difensore), Mars victor
(vincitore). Il mese di marzo, il giorno di martedì, i nomi Marco,
Marcello, Martino, il pianeta Marte, il popolo dei Marsie il loro territorio
Martia Antica (la contemporanea Marsica) devono a lui il loro nome.
Leggenda sulla nascita di MarteModifica Secondo il mito, Giunone era invidiosa
del fatto che Giove avesse concepito da solo Minerva senza la sua
partecipazione. Chiese quindi aiuto a Flora che le indicò un fiore che cresceva
nelle campagne in Etoliache permetteva di concepire al solo contatto. Così
diventò madre di Marte, che fece allevare da Priapo, il quale gli insegnò
l'arte della guerra. La leggenda è di tradizione tarda come dimostra la
discendenza di Minerva da Giove, che ricalca il mito greco. Flora, al
contrario, testimonia una tradizione più antica: l'equivalente norreno Thor
nasce dalla terra, Jǫrð e così le molte divinità elleniche.
NomiModifica Statua di Marte nudo in un affrescodi Pompei. Marte era
venerato con numerosi nomi dagli stessi latini, dagli Etruschi e da altri
popoli italici: Maris, nome Etrusco da cui deriva il nome del Dio Romano;
Mars, nome Romano; Marmar; Marmor; Mamers, nome con cui era venerato dai popoli
italicidi stirpe osca; Marpiter; Marspiter; Mavors. EpitetiModifica Diuum deus:
'dio degli dei', nome con cui viene designato nel Carmen Saliare. Gradivus:
'colui che va', con valore spesso di 'colui che va in battaglia', ma può essere
collegato anche al ver sacrum, quindi 'colui che guida, che va'. Leucesios:
epiteto del Carmen Saliare che significa 'lucente', 'dio della luce', questo
epiteto può essere anche legato alla sua caratteristica di dio del tuono e del
lampo. Silvanus: in Catone, nel libro De agri cultura, 83 Marte viene
soprannominato Silvanus in riferimento ai suoi aspetti legati alla natura e
collegandolo con Fauno. Ultor: epiteto tardo, dato da Augusto in onore della
vendetta per i cesaricidi (da ultor, -oris: vendicatore).
RappresentazioniModifica Gli antichi monumenti rappresentano il dio Marte in
maniera piuttosto uniforme; quasi sempre Marte è raffigurato con indosso
l'elmo, la lancia o la spada e lo scudo, raramente con uno scettro talvolta è
ritratto nudo, altre volte con l'armatura e spesso ha un mantello sulle spalle.
A volte è rappresentato con la barba ma, nella maggior parte dei casi, è
sbarbato. È raffigurato a piedi o su un carro trainato da due cavalli
imbizzarriti, ma ha sempre un aspetto combattivo. Gli antichi Sabini lo
adoravano sotto l'effigie di una lancia chiamata "Quiris" da cui si
racconta derivi il nome del dio Quirino, spesso identificato con Romolo.
Bisogna dire che il nome Quirinus, come il nome Quirites, deriva da *co-uiria,
cioè assemblea del popolo e indicava il popolo in quanto corpus di cittadini,
da distinguere con Populus (dal verbo populari = devastare), che indica il
popolo in armi. Il ruolo di Marte a RomaModifica Venere e Marte,
affresco romano da Pompei. A Roma Marte era onorato in modo particolare. A
partire dal regno di Numa Pompilio, venne istituito un consiglio di sacerdoti,
scelti tra i patrizi, chiamati Salii, chiamati a vigilare su dodici scudi
sacri, gli Ancilia, di cui si dice che uno sia caduto dal cielo. Questi
sacerdoti erano riconoscibili dal resto del popolo per la loro tunica purpurea.
I sacerdoti Salii, in realtà erano un'istituzione ben più antica di Numa
Pompilio, risalivano addirittura al re-dio Fauno, che li creò in onore di
Marte, costituendo così i primi culti iniziatici latini. Nella capitale
dell'impero, vi era anche una fontana consacrata al dio Marte e venerata dai
cittadini. L'imperatore Nerone, una volta, si bagnò in quella fontana, gesto
che fu interpretato dal popolo come un sacrilegio e che gli alienò la simpatia
popolare. A partire da quel giorno, l'imperatore iniziò ad avere problemi di
salute, secondo la gente dovuta alla vendetta del dio. FestivitàModifica
Era venerato fastosamente in marzo, il primo mese dell'anno nel calendario
romano, che segnava la ripresa delle attività militari dopo l'inverno e che
portava il suo nome, con le feriae Martis, Equirria, agonium martiale,
Quinquatrus e tubilustrum. Altre cerimonie importanti avvenivano in febbraio e
in ottobre. Gli Equirria si tenevano. Erano giorni sacri con significato
religioso e militare; i romani vi mettevano molta enfasi per sostenere
l'esercito e rafforzare la morale pubblica. I sacerdoti tenevano riti di
purificazione dell'esercito. Si tenevano corse di cavalli nel Campo Marzio.
Le feriæ Martis si tenevano. Durante le feriæ Martis i dodici Salii
Palatinipercorrevano la città in processione, portando ciascuno un Ancile, uno
dei dodici scudi sacri, e fermandosi ogni notte ad una stazione diversa
(mansio). Nel percorso i Salii eseguivano una danza con un ritmo di tre tempi
(tripudium) e cantavano l'antico e misterioso Carmen Saliare. Si tienne il
Quinquatrus, durante il quale gli scudi venivano ripuliti. Si tienne il
Tubilustrium, dedicato alla purificazione delle trombe usate dai Saliie alla
preparazione delle armi dopo la pausa invernale. Gl’ancilia venivano riposti
nel sacrario della Regia. L'October Equus si teneva alle idi di ottobre.
Si svolgeva una corsa di bighe e veniva sacrificato a Marte il cavallo di
destra del trio vincente tramite un colpo di lancia del Flamine marziale. La
coda veniva tagliata e il suo sangue sparso nel cortile della Regia. C'era una
battaglia tradizionale tra gli abitanti della Suburra che volevano la coda per
portarla alla Turris Mamilia e quelli della Via Sacra che la volevano per la
Regia. Si tienne l'Armilustrium, dedicato alla purificazione delle armi e
alla loro conservazione per l'inverno. Ogni cinque anni si tenevano in
Campo Marzio le Suovetaurilia, dove davanti all'altare di Marte (Ara Martis) il
censo veniva accompagnato da un rito di purificazione tramite il sacrificio di
un bue, un maiale e una pecora. Luoghi di culto Marte e Venere, copia
settecentesca da I Modi di Marcantonio Raimondi Tra le popolazioni italiche, si
sa di un antico tempio dedicato al dio Marte a Suna,[8] antica città degli
Aborigeni, e di un oracolo del dio, nella città aborigena di Tiora.[9] Animali
e oggetti sacriModifica Lupo: si ricorda il nipote Fauno, il lupo per
eccellenza è la lupa che ha allattato Romolo e Remo Picchio: il picchio è
l'uccello del tuono e della pioggia oracolare, ha nutrito Romolo e Remo insieme
alla lupa Cavallo: simbolo della guerra (si ricorda Nettuno e gli Equirria)
Toro: altro animale molto importante per il ver sacrum e per tutti i popoli
italici Hastae Martiae: sono le lance di Marte che si scuotevano in caso di
gravi pericoli, tenute nel sacrario della Regia Lapis manalis: la pietra della
pioggia, in quanto dio della pioggia OfferteModifica A Marte si offrivano come
vittime sacrificali vari tipi di animali: dei tori, dei maiali, delle pecore e,
più raramente, cavalli, galli, lupi e picchi verdi, molti dei quali gli erano
consacrati. Le matrone romane gli sacrificavano un gallo il primo giorno del
mese a lui dedicato che, fino al tempo di Gaio Giulio Cesare, era anche il
primo dell'anno. Identificazioni con dei celticiModifica Mars Alator:
Fusione con il dio celtico Alator Mars Albiorix, Mars Caturix o Mars Teutates:
Fusione con il dio celtico Toutatis Mars Barrex: Fusione con il dio celtico
Barrex, di cui si ha notizia solo da un'iscrizione a Carlisle Mars
Belatucadrus: Fusione con il dio celtico Belatu-Cadros. Questo epiteto è stato
trovato in cinque iscrizioni nell'area del Vallo di Adriano Mars Braciaca:
Fusione con il dio celtico Braciaca, trovato in un'iscrizione a Bakewell Mars
Camulos: Fusione con il dio della guerra celtico Camulo Mars Capriociegus:
Fusione con il dio celtico gallaico Capriociegus, trovato in due iscrizioni a
Pontevedra Mars Cocidius: Fusione con il dio celtico Cocidio Mars Condatis:
Fusione con il dio celtico Condatis Mars Lenus: Fusione con il dio celtico Leno
Mars Loucetius: Fusione con il dio celtico Leucezio Mars Mullo: Fusione con il
dio celtico Mullo Mars Nodens: Fusione con il dio celtico Nodens Mars Ocelus: Fusione
con il dio celtico Ocelus Mars Olloudius: Fusione con il dio celtico Olloudio
Mars Segomo: Fusione con il dio celtico Segomo Mars Visucius: Fusione con il
dio celtico Visucio Marte nell'arteModifica PitturaModifica Marte, di Velázquez
Marte che spoglia Venere con amorino e cane, di Paolo Veronese Marte e Venere
sorpresi da Vulcano, di Boucher Minerva protegge la Pace da Marte, di Rubens Venere
e Marte, di Sandro Botticelli MARTE su
Treccani, enciclopedia ^ MARTE su Treccani, enciclopedia MARTE su Treccani,
enciclopedia; Pallotino; Wagenvoort, "The Origin of the Ludi
Saeculares," in Studies in Roman Literature, Culture and Religion (Brill; Hall
III, "The Saeculum Novum of Augustus and its Etruscan Antecedents,"
Aufstieg und Niedergang der römischen Welt II. MARTE su Treccani, enciclopedia Strabone,
Geografia Nota sul dio Mamerte (o Mamers), in Treccani – Enciclopedie on line,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana. ^ Dionigi di Alicarnasso, Antichità
romane, Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, Carandini, La nascita di
Roma, Torino, Einaudi. (L'archeologo Andrea Carandini dà la definitiva
rivalutazione del dio Marte). Renato Del Ponte, Dei e miti italici, Genova,
ECIG, Dumézil, La religione romana arcaica, Milano, Rizzoli, Libro del grande
storico delle religioni, che per primo rivalutò Marte da feroce dio emulo di
Ares a divinità più originale e importante). James Hillman, Un terribile amore
per la guerra, Milano, Adelphi, Un libro che dimostra come questo dio sia
presente nelle guerre contemporanee). Jacqueline Champeux, La religione dei
romani, Bologna, Il Mulino, Ares Divinità della guerra Flamine marziale Fauno
Marte (astronomia) Mamerte Pico (mitologia) Hachiman; Fano di Marmar
[collegamento interrotto], su latinae.altervista.org. Portale Antica Roma
Portale Mitologia Salii collegio sacerdotale romano per il culto di
Marte Mamuralia festività Triade arcaica Wikipedia Il contenuto Umberto
Curi. Keywords: passione, have, habere, habitus, comportamentismo,
behaviourism. La brama dell’avere, anticonformismo, guerra e pace – Eirene – cosmologia
anthropologia – l’orto di Zenone – lo scudo d’Achille – I figli di Marte -- il mantello e la scarpa libido -- Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Curi” – The Swimming-Pool Library.
Grice e Cusani: la ragione
conversazionale e l’implicatura
conversazionale del primo hegelista – lo stato italiano – scuola di Solopaca –
filosofia beneventina – filosofia campanese -- filosofia italiana – Luigi
Speranza (Solopaca).
Filosofo beneventino. Filosofo campanese. Filosofo italiano. Solopaca,
Benevento, Campania. Grice: “I love Cusani; for one, I was born at Harborne,
but nobody cares; Cuasani was born in Solopaca, and there’s a ‘corso Cusani’,
and a ‘Biblioteca Cusani’.” Grice: “Cusani would have been
friend with Bosanquet; both are Hegelians – Italians, after SOME Germans, were
the first to endorse the philosophy of the absolute spirit inmanent to
dialectic – Cusani does attempt to respond to a criticism on the ‘assoluto’
brought up by Hamilton (of all people), and consdtantly refers to the
‘metafisica dell’assoluto’ – a ‘progetto,’ he humply titles it!” Figlio di
Filippo e Caterina Cardillo, nacque al capoluogo distrettuale e di comprensorio
del Regno delle Due Sicilie. Membro dei Pontaniani. Frequenta il circolo del
marchese Basilio Puoti, insieme a Sanctis e Gatti. Punto di partenza della sua filosofia, comune
a buona parte del circolo del’hegelismo di stanza a Napoli, dei quali e un
esponente, fu Cousin, il fondatore della “storiografia filosofica”. Insegna a
Montecassino, e al collegio Tulliano di Arpino, dove fu affiancato da Spaventa,
chiamato poi a sostituirlo. Si stabilisce a Napoli nel proprio studio privato.
I saggi di Cusani furono pubblicati su “Il progresso delle scienze, delle lettere
e delle arti” e “Museo di filosofia”. La seconda fu da lui stesso fondata. Molti
dei saggi di filosofia più impegnati furono pubblicati in L’Antologia, di
Firenze. Scrisse inoltre note e recensioni nel periodico l'Omnibus e nella
Rivista napolitana. Molte delle sue
opere sono archiviate presso la Biblioteca "Stefano Cusani" di
Solopaca. Idealista hegeliano ed
esponente dell’ecletticismo filosofico di Cousin. Opere: “Della fenomenologia,
il fatto di coscienza intersoggetiva”; “Del metodo filosofico”; “Storia dei
sistemi filosofici”; “Della materia della filosofia e del solo procedimento a poterlo
raggiungere”; “Il romanzo filosofico”; “La poesia drammatica”; “L’assoluto –
l’obbjezione d’Hamilton”; “Logica immanente e logica trascendentale”;
“Compendio di storia di filosofia”; “Della lirica considerata nel suo
svolgimento storico e del suo predominio sugli' altri generi di poesia”; “Economia
politica e sua relazione colla morale”; “L’essere e gli esseri: disegno di una
metafisica”; “Percezione dell’esistenza”. Nel comune di Solapaca è stato
indetto nel un anno di celebrazione in occasione
del centenario della nascita nel comune di Solopaca. Il corso Stefano Cusani
gli è stato intitolato a Solopaca. Sanctis lo cita nella autobiografia. Cusani
dato alla stessa filosofia, ha maggiore ingegno del superbissimo Gatti, ed e
mitissima natura d'uomo. Sale al tavolo degli oratori con tale fervore
dialettico che a tutta la persona grondava onorato sudore» (G. Giucci, Degli
scienziati italiani formanti parte del VII congresso in Napoli nell'autunno del
1845: notizie biografiche, Napoli. L'amico
coetaneo Cesare Correnti, patriota milanese legato ai circoli Napoli,
insegnante nella Scuola di lingua italiana da lui fondata, gli dedicò un
necrologio. Ecco un altro amico, un'altra fiorita speranza di questa nostra
Napoli sparire a un tratto a noi d'intorno. Ben dissi a un tratto, poiché la
sua non lunga malattia parve un momento agli amici. La filosofia specialmente
nol sedussero, in modo che a più severi studi non volgesse l'acuto e
fervidissimo spirito, e a bella armonìa si composero nell'anima sua. Rivista
europea», ripr. in Scritti scelti, T. Massarani, Forzani, Roma). «Rivista europea»,
ripubblicato in Scritti scelti, T. Massarani, Forzani, Roma, Dizionario
biobibliografico del Sannio, Napoli, "Il Progresso", "Il Lucifero","Omnibus";
"Rivista napolitana", Sanctis, La letteratura ital. nel sec. XIX, II,
La scuola liberale e la scuola democratica N. Cortese, Napoli; G. Oldrini, Gli
hegeliani di Napoli. A. Vera e la corrente "ortodossa" (Milano); F.
Zerella, Filosofia italiana meridionale”; “Dall'eclettismo all'hegelismo in
Italia”. Cusani e la filosofia italiana: Vico, Galluppi, Mamiami, Colecchi, Rosmini.
Nasceva in Solopaca, una volta Distretto di Caserta, oggi Circondario di
Cerreto Sannite (Benevento) il 23 dicembre 1816, Stefano Cusani da Filippo e
Caterina Cardillo. Suo padre, insigne avvocato, fu sollecito della educazione
di questo come di altri quattro suoi figliuoli, che, affidati alle cure di un
suo fratello germano a nome Matteo, sacerdote, mandolli in tenera età a
imcominciare e compiere i loro studî in Napoli. Ivi Stefano, ch'era il
secondogenito di cinque fratelli, frequentava i più rinomati Istituti privati
di quel tempo (che allora l'insegnamento pubblico esisteva sol di nome),
si distingueva fra gli altri condiscepoli in ognuno di questi, così che in
breve, compiuti gli studi letterarî fu giocoforza mettersi a studiare le
scienze della facoltà che doveva seguire. Fu questo il solo brutto periodo di
sua vita. Suo padre voleva fare di lui un Avvocato civile, come suol dirsi, e quindi
fu obbligato a studiare leggi e pandette, per le quali discipline non si
sentiva la benchè minima inclinazione, anzi, a dir vero, sentiva per esse la
più marcata avversiono; ma buon figlio e docile essendo, per non dispiacere al
padre, che tanti sacrifizî avea fatti e faceva per lui, come per gli altri
fratelli, a malincuore sempre, ma sempre tacendo, giunse fino ad esser
Avvocato, ed a fare la pratica presso uno de'luminari del Foro Napoletano. Da
questo momento incomincia il suo grande sviluppo intellettuale. Non potendone
più, la rompe col padre, dicendosi avverso ai processi, ed allo studio di essi,
e ad ogni altro artifizio da causidico. La rompe con quella pratica noiosa, che
tralascia ed abbandona; ed ottiene dal padre stesso, che ragionevole e savio
uomo era, di poter attendere a quegli studi che più alla sua indole si
affacevano. Fioriva in quel tempo, a Napoli, la scuola del Marchese Basilio
Puoti, ed egli, incontratosi con Stanislao Gatti che fu poi indivisibile amico
e compagno, vi si getto a capofitto, e fu in poco tempo il più caro e pregiato
discepolo del Marchese, come l'amico e compagno del De Sanctis, del Mirabelli,
e di tutta quella pleiade che in quel tempo arricchirono Napoli di filosofi
insigni. Ma a quell'ingegno che s'andava ogni giorno più sviluppando e
fortificando di sani e severi studî, parve angusto oramai quest'orizzonte, o
volse l'ala, e la di instese con intensità ed ardore allo studio della
filosofia. Ben cinque anni decorsero di volontaria prigionia nel suo
studiolo, ovo ridottosi, o giorno e notte indefessa mente attendeva a'
prediletti studî, e si beava di leggere Platone nel testo, chè familiare la
lingua gli era; come pure si fece a studiare la lingua alemanna per
mettersi al corrente dei progressi della filosofia, e per meditare e studiare
le dottrine e teorie dell'Hegel, ultimo filosofo tedesco di quella epoca.
Uscito dopo questa epoca a nuova vita incominciò a scrivere sul Progresso, una
Rivista di scienze e letteratura, diretta dal Baldacchini, articoli su questioni
filosofiche; e, dopo un anno, era già conosciuto in tutta la Napoli pensante.
In questo torno di tempo si apri un concorso per la Cattedra di filosofia e
matematica, nel Collegio Tulliano di Arpino, e lui fu prescelto per titoli ad
occuparla. Vi andò e vi trovò il suo amico Emmanuele Rocco, che v'insegnava
letteratura. Vi stette un anno e vedendosi in una cerchia troppo angusta alla
sua attività, si dimise, e fece ritorno in Napoli, conducendo con sè anche
l'amico Rocco. Quivi apri studio privato unitamente al Gatti di filosofia, e
dal bel principio quello studio fioriva per numerosa gioventù, che accorreva a
udire le sue lezioni. In breve fu lo studio più affollato di Napoli. Le ore che
aveva libere dallo insegnamento le occupava a scrivere articoli di filosofia
che si pubblicavano sulle Riviste Napoletane di quel tempo, il Progresso che
usciva in fascicoli voluminosi, la Rivista Napoletana di Scienze, Lettere ed
Arti, il Museo di Scienza e Letteratura, ove collaboravano per la lor parte
Antonio Tari, Francesco Trinchera, ed altri; e sul Progresso il Colecchi
ed altri. Non andò guari e s'incontrò col Mamiani in quistioni di alta
Metafisica, o ne usci onorato dell'amicizia e della riverenza dell'insigno
filosofo. Il suo intelletto altamente speculativo destava ammirazione perchè si
elevava ad altezze tali filosofiche che non gli si potevano
contrastare. In quel tempo si agitò una polemica tra V. Cousin, filosofo
francese, ed un insigne filosofo inglese, il cui nome ora non mi sovviene; dopo
varî articoli scambiatisi parea che l'inglese avesse preso il di sopra, ed il
Cousin, che lui credeva più dell'altro stare nel vero, avesse dovuto
soccomberé. Allora senza frapporre tempo in mezzo egli entrò terzo nella
quistione e scrisse epubblico una serie di articoli che costrinse l'inglese a
desistere dalla polemica, ed il Cousin a scrivergli una lettera di
ringraziamenti e di felicitazioni, e con la quale lo chiamava, e si firmava suo
cugino. Si radunava il Congresso dei Filosofi in Napoli nell'ottobre del
1845, o lui ne dovea far parte; ma non sapendosi se il Borbone lo avesse
permesso, o meno, erasi ridotto in patria a villeggiare con la moglie e due
piccini, l'uno lattante e l'altro di due anni. Il Congresso fu permesso, i
filosofi si riunirono in Napoli, e lui fu invitato espressamente a farvi
ritorno; che anzi il Presidente della Sezione “Filosofia speculativa” a cui
egli apparteneva, non volle aprire la sessione s'egli non fosse arrivato. Cosi
corse in Napoli solo, lasciando in patria la famiglia, che poi sarebbe andato a
rilevare, dopo finito e sciolto il Congresso. È questa la causa della sua
morte! Arrivato in Napoli vede gl’amici - con essi si intrattiene passeggiando
-- suda; è l'ora già che s'apre la sessione -- essi ve lo accompagnano a piedi
per goderselo di più -- vi si arriva. Egli è sudatissimo -- entra e n'esce dopo
quattro lunghe ore di discussione; quel sudore lo ha già colpito a morte. Si
riduce a casa, si ricambia le mutande - la camicia è troppo tardi!
Incomincia dopo poco tempo una tosse secca, stizzosa, ch'egli non cura, perchè
forte e robusto è; e questo è il peggiore dei divisamenti. Ritorna in patria
per ripigliare la famiglia e ridursi in Napoli, poiché si è alla vigilia del
novembre. Si riapre lo studio, si riprendono le lezioni; il maggior numero
degli alunni affluito gli rinfocola l'ardore, ch'ei mette in esse, e parla
dalla cattedra per lunghe ore, e poi agl’alunni più provetti che gli propongono
dubbi o problemi a risolvere, parla pure ad alta voce, e quella tosse insidiosa
non lo lascia, anzi invida della sua noncuranza lo avverte spesso del suo
malefico potere, interrompendogli il discorso, e forzandolo per poco a tacere.
Le cose durarono ancora così per altri giorni, e finalmente la emottisi tenne
dietro a quella tosse funesta, e è giuoco forza sottomettersi a quanto l'arte
salutare puo e sa consigliare, ma invano tutto! Chè una tisi florida si svolge,
ed si spense la robusta complessione di C.! Tale è quest'uomo, che la morte
rapiva a'suoi, alla scienza, alla patria. Dissi rapito alla patria, e
giustamente, poichè egli appartenne alla Giovine Italia, e in Napoli è sempre
il più ardente fra i patrioti. Egli con altri prepara e coopera con ardore al
movimento che poi non potė vedere! La sua casa è il convegno di Poerio, Settembrini,
Spaventa, Mancini, e di tutti gl’altri illustri compromessi politici di quel
tempo, con i quali si congiura, si fa propaganda, e si organizza la
rivoluzione. È cosi caro a questi tutti che se un giorno solo nol vedeano, si tienne
por certo la visita loro in sua casa; ed Poerio, addoloratissimo della sua
malattia, vuole ed ottienne che è medicato, curato ed assistito infino
all'ultimo istante di sua vita dal fido o dotto medico Piccolo. L'esequie sono
imponenti pel concorso d’amici, che formano tutte le notabilità
scientifiche, patriottiche e letterarie. Il lutto per la sua perdita è sentito
generalmente per Napoli, che in lui saluta la giovine scienza, e che per lui si
mette a paro di altre città d'Italia, che fiorisceno per altissimi ingegni ed
insigni filosofi, come ROVERE (si veda), SERBATI (si veda), il scomunicato GIOBERTI
(si veda), ed altri, se quella vita non si è spenta nel mezzo del
cammino! La cura della filosofia di C. d’Ottonello ha il merito di
riproporre all’attenzione una figura di rilievo della cultura filosofica
napoletana dell'Ottocento. C. lascia di sé traccia profonda, testimoniata dalla
considerazione in cui e tenuto, per tacer d’altri, da SANCTIS (si veda), o
dalla valutazione che di lui dette GENTILE (si veda). Con GATTI (si veda) ed
altri può essere inserito - come nota il curatore nella nitida e puntuale
introduzione nell'ambito dell'hegelismo napoletano, oltrecché in quello piú
generale dell'eclettismo alla CICERONE (si veda). Opportunamente si avverte
però che Hegel costituisce per C. un potente polo d'attrazione, ma non il
filosofo fondamentale. In realtà si può forse con fondamento aggiungere, pur
senza ricorrere ad una indagine falsamente sottile, che resta in ombra,
nellepur autorevoli e acute analisi dedicate alle ascendenze cousiniane ed
hegeliane di C., un filosofo fondamentale che sicuramente ispira la filosofia
piú significativa di C.: VICO (si veda). La costruzione del sistema eclettico
cui C. dichiara di dedicarsi segna una fase già tarda dell'eclettismo
napoletano e giunge al termine di un periodo assai ricco di suggestioni in
questa direzione negl’ambienti culturali napoletani. È sicuramente da
condividere l'affermazione del curatore secondo il quale il sincretismo
avvertibile in C. non impedisce però l'emergere di un nucleo speculativo che
deborda dalla semplice trama delle affermazioni altrui. In questo senso il
problema del metodo filosofico e il connesso problema della storia italiana
segnano sin dall’inizio lo sforzo speculativo di C., la cui originalità trova
subito sulla sua strada VICO (si veda). Collaboratore della Temi napoletana,
dell'Omnibus letterario, scrive prevalentemente sul Progresso. Sin dal primo saggio,
FILOSOFIA IN ITALIA, il tema della storia italiana appare questione teorica
centrale. Non a caso una ricerca storica da l'occasione a C. di porre il
problema che gli sta a cuore, sin dalla citazione tratta da Guizot che apre la
nota. I fatti sono meme affermazioni al problema della storia trova subito
sumanibus letterario ma are i grandiuti al fatto che risguardato, en per il
pensiero, ciò che le regole della morale sono per la volontà. Egli è tenuto di
conoscerli, e di portarne il peso, ed è solo allorché ha sodisfatto a questo
dovere, e ne ha misurato e percorso tutta l’estensione, che gliè permesso di
montare verso i risultamenti razional. Il rinnovato interesse per la storia
italiana che si registra -- che né l'antichità, né i tempi di poco anteriori a
questi che viviamo avevano mai risguardato -- non sembrano a C. casuali, ma
dovuti al fatto che l'intendimento si rivolge a indagare i grandi ordini di
fenomeni per scoprire e prendere inconsiderazione i fatti e le ragioni, una
storia ed una filosofia. Il bisogno di comprendere e giudicare il fatto,
piuttosto che esserne solo spettatore (e dunque di verificare una diversa
attitudine della storia italiana), esalta questa parte immortale della storia,
cioè il conoscere il legamento fatalista della causa e dell’effetto, le
ragioni, i fatti generali, le idee da ultimo ch'essi celano sotto il manto
della loro esteriorità. Onde ch’egli è d'uopo sceverar con chiarezza e con
precisione la differenza di queste due parti della storia italiana che sono per
cosí dire il corpo e l'anima, la parte materiale, e la parte spirituale di
tutti gl’avvenimenti esterni e visibili, che compongono LA NAZIONE ITALIANA,
secondo che dice VICO (si veda). Il rifiuto, che C. trae dalla lezione
vichiana, di affidarsi a pre-mature generalità, e con formole metafisiche per
soddisfare il mero bisogno intellettivo, è una traccia decisiva per comprendere
il suo pensiero. L'annotazione di Gentile, secondo il quale l'osservazione storica
non è piú l'integrazione della psicologia, bensí la costruzione stessa della
filosofia, può commentare l'intero itinerario filosofico di C. Il discorso sul
metodo che C. compie si basas in dall'inizio su una acquisizione precisa: un
sistema o una filosofia consistono nel loro stesso metodo. Nel primo saggio
veramente organico, Del metodo filosofico e d'una sua storia infino agli ultimi
sistemi di filosofia che sono si veduri uscir fuori in Germania – Hegel -- e in
Francia – Cousin, C. parla addirittura di un metodo generale, il quale presiede
all'investigazione dell'unica e universal verità. La filosofia è dunque la
regina scientiarum che consente di ricondurre ad unità il sapere, e a tal
pro-posito l'assimilazione dei termini è dichiarata apertamente, a proposito
dell’analisi psicologica, la quale segna il punto di partenza della
riflessione, ed è la base unica dell'immenso edificio filosofico, il solo
solido fondamento, il suo atrio e il suo vestibolo. E nel saggio, Del reale
obbietto di ogni filosofia, Il Progresso, ribadisce e chiarisce che lo studio
de’ atti della natura umana, o de’fenomeni psicologici, vuoto del tutto
riuscirebbe, se invece di tenerlo come base d'ogni ulteriore investigazione, si
volesse considerare come il termine stesso della filosofia. Il secolo
decimottavo si è trovato dunque di fronte al centrale problema del metodo
filosofico. Se è vero che nella storia italiana è tutta quanta la filosofia
italiana, occorre riconoscere il merito insuperabile di quella mente
divinatrice e profonda che avea posta nel mondo la nazione italiana. VICO (si
veda), definito – nella nota sul nuovo dizionario de sinonimi della lingua
italiana di Tommaseo, quell'altissimo lume d'Italia, con una locuzione che
introduce un discorso, ingiustamente trascurato, sulla tradizione filosofica
meridionale, piú volte ripreso da C. Lo studio di VICO (si veda) qui esaminato
è appunto il DE ANTIQVISSIMA ITALORVM SAPIENTIA; nel quale potentemente
convinto della relazione che stà tra il pensiero (l’animus, il segnato) e la
parola (il segno), si fa ad investigar quello degl’antichi romani e italici
nostri maggiori, cavandolo per avventura da quella lingua italiana ch'è nelle
bocche volgari degl’uomini. Il rapporto tra spontaneità e riflessione, che
tanta parte ha in C., è dunque introdotto sotto il segno di VICO (si veda). Si
ponga mente alle affermazioni che seguono il passo già citato, allorché C.
insiste sul fattoche veramente VICO (si veda) porta opinione che tutto l'antico
(antichissimo) pensiero o sapienza italiana era in quella lingua italiana
ch'egli disamina, e dalla quale intende rimetterlo in luce, e che se la lingua
italiana non e opera di un filosofo, ma sibbene il prodotto spontaneo delle
facoltà nell'uomo italiano, se innanzi che venissero adoperate nella
costruzione e nel concepimento del sistema di un filosofo, di cui pur e il
necessario strumento espressivo e communicativo, esiste nella massa de’ popolo
italiano. Insomma, quella che è stata chiamata la svolta hegeliana di C., va
valutata alla luce di una ispirazione legittimamente riferibile a VICO (si
veda). Si veda il Saggio su la realtà della humanitas di GRAZIA (si veda) (Il
Progresso), già sul crinale della svolta hegeliana. L'epigrafe di Cousin posta
all'inizio ritorna sul problema che sta a cuore a C., e che ne determina
l'originale ricerca. Ci ha due spezie di filosofie. La prima spezie di
filosofia studia il fatto, lo disamina, e lo descrive, riordinandoli secondo le
loro differenze o somiglianze, e potrebbesi però denominare filosofia elementare
o immanente. L’altra spezie di filosofia comincia ove si ferma la prima,
investigando la *natura* de’ fatti, e intendendo di penetrare la loro ragione,
la loro origine, il lor fine, e potrebbesi denominare filosofia trascendente, o
filosofia prima. La citazione dai Frammenti filosofici serve in realtà a Cusani
pergiungere alla fondamentale affermazione secondo cui, esaurita nel secolo
precedente la filosofia elementare, e necessario che si cominciasse asentire il
bisogno di nuovi problemi, e che l'ontologia ricomparisse nel dominio della
speculazione filosofica. Insomma la disamina del fatto immanente elementare (il
segno) deve servire a rintracciarne la natura, le origini, le relazioni, che è
il vero fine supremo della filosofia prima. Ma questo è possibile (e
l'eclettismo di C. si dimostra non mero sincretismo, ma sapiente innesto di
elementi concorrenti a rafforzare le personali ipotesi speculative) soprattutto
all’italiano, chi può vantare una tradizione filosofica ininterrotta che ha in
Vico il suo vate supremo. Il bisogno dell’ontologia ha ulteriori ragioni in
Italia, dove la filosofia trova terreno fecondo emotivo di continuità. Ed è la
tradizione ontologica de’ filosofi italiani, e il predominio costante della
filosofia prima o trascendente in Italia sulla elementare o immanente, non solo
in tempi che era cagione universale nel mondo della scienza, ma eziandio
allorché fortemente altrove ponevasi la base d'ogni filosofia ed all'apo genere
a nostri e quell'indole elementare, e molto studiavasi in essa. Di qui nacque
quell'indole speculativa che si è sempre accordata in genere al filosofo
italiano, anche quando discendevano alla pratica ed all'applicazione de’
principi. É di vero se si pon mente alla Storia, e si consideri che dalla
scuola ITALA di CROTONE o da Pittagora suo fondatore, passando per i filosofi
di VELIA (si veda) (Senone), arrivando fino all’apparizione di quella
meraviglia del Vico, si troverà che la verità da noi accennata apparisce
luminosa e in tutta la sua pienezza. Dunque continuità della tradizione,
rivendicazione della propria originalità speculativa, e soprattutto
applicazione esemplare del metodo storico come proprio della storia della
filosofia. Già affrontando il problema della fenomenologia semiotica, C. non
manca di annotare, con una affermazione che resta sostanzialmente immutata
nella sua produzione, a riprova del vichismo naturale della sua ispirazione,
che l’italiano è cosí fortemente incluso intutta la morale che ne forma il
subbietto perenne, e non si può farne astrazione senza far crollare tutto
l'edificato da quelle. Del resto nel saggio Del reale obbietto d'ogni
filosofia, posto sotto il segno di Vico – la cui “De constantia Philosophiae”
fornisce l’epigrafe, C. ha chiarito che la umana intelligenza, di cui si
ricerca e scopre una storia naturale, una volta esaurita l’investigazione della
natura, ripiega progressivamente verso il subbietto stesso di quelle
investigazioni, e rientrando dall'esterno nell'interno, fa se stessa obbietto
della sua conoscenza. La morale nasconode questo percorso, allorché il filosofo
ritorna sopra se stesso dopo indagare il mondo esterno. La svolta hegeliana può
a questo punto arrivare, ma a sua volta innestandosi su questa ricerca di una
legge onde si regge il mondo. Il dilemma su un oggetto immutabile della
conoscenza, e della mutabilità al tempo stesso del fatto che il pensiero
trascendente va indagando, diventatra la questione centrale. Spesso Cusani
torna nella sua opera, che riesce difficile in questa sede indagare in
dettaglio, sulle permanenze della storia italiana e sulle variazioni. Nel
Saggio analitico sul diritto e sulla scienza ed istruzione politico-legale
d’Albini, significativamente impostato il tema, e sempre ricorrendo a Vico. In
Italia fu primo tra tutti Vico che intende ala ricerca d'un principio
universale ed immutabile del diritto e che questo ponesse nella ragione, unica
fonte dell'assoluta giustizia, distinguendo esattamente il diritto universale,
o filosofico, dal diritto storico. Anzi, la debolezza della cultura filosofica
italiana può essere addebitata al mancato studio di Vico il cui esempio non
frutto gran bene, ch'io mi sappia all'Italia,non essendo le sue teorie
accettate da'suoi contemporanei, perché forse troppo superiori all'intelligenza
comune, fino al punto che l’italiano perde, com'a dire, la sua particolare
fisionomia, rivestendo un'indole forestiera – come i fanatici di Hegel con la
sua lingua foresteriera! -- Se non che questo che al presente diciamo fu molto
piú pronunciato in Beccaria e Verri non furono che perfettissimi seguitatori
dell'Helvelvinitius e del Rousseau, quanto all'ipotesi del Contratto sociale,
che in il vichismo dunque, se accolto, avrebbe garantito la continuità e
originalità della filosofia italiana. Infatti la cultura napoletana da in
questo senso testimonianza della continuità speculativa della filosofia proprio
attraverso la tradizione vichiana. FILANGIERI (si veda), ma soprattutto PAGANO
(si veda), ritennero l'elemento tradizionale italiano, che li riannodava a
tutta l'erudizione. Anche quando nel Museo di letteratura e filosofia
soprattutto, e la Rivista napoletana, piú evidente si coglie la lettura di
Hegel, C. testimonia la persistenza sicura della lezione vichiana. Senza
rotture, ma sviluppando le tematiche e gli interessi, nel saggio Della lirica
considerata nel suo svolgimento storico, ove – come ha notato Oldrinisi
incontra un esplicito richiamo alle lezioni hegeliane di filosofia della
storia, C. riprende con vigore la questione fondamentale. Ora poiché l'uomo è
il subbietto storico per eccellenza a volere istabilire lal egge che governa
tutte le accidentalità variabili delle vicende umane, la filosofia non puo che
cercarla nelle modificazioni della stessa umanita. Questo punto di partenza,
che il Vico, per il primo, prescrisse alla filosofia della storia, facendo che
le sue ricerche rientrassero nella coscienza psicologica dell’italiano, e si
cercasse di spiegar questo per mezzo della sua propria natura, ma eziandio
tutti i fatti di cui egli è causa, ingenera tanto vantaggio, che da un lato
tolse la specie umana dall'esser considerata come mezzo da servire ad altri
fini, e dall'altro la rialza sopra la natura, di cui vuole sene fare prodotto o
artificio. In che misura l'hegelismo, rintracciabile nella preoccupazione di
garantire l'unità del sistema attraverso l'unità della filosofia, deve tener
con toda un lato della matrice vichiana del pensiero di Cusani e dall'altro
dello sforzo di costruire l'edificio eclettico della filosofia in modo
originale? Andrebbe qui indagato, con cura e minuziosità che questa sede non
consente, il tema del senso comune in piú luoghi richiamato da C. Sipensi al
saggio apparso sul Museo, Idea d'una storia compendiata della filosofia,
proprio dove il tema della filosofia assume intonazioni sicuramente hegeliane.
Purtuttavia, sebbene l'uomo sia conscio nell'intimo della sua coscienza della
sua libertà, e riconosca in sé stesso il potere di cominciare una serie di
atti, di cui egli è causa; ciò nondimeno non può non iscorgere eziandio, che la
sua volontà è posta sotto il dominio e la soggezione d'una legge, che
diversamente vien denominata secondo che diverse sono le occasioni, alle quali
essa si applica, contrassegnandosi ora come legge morale, ora come ragione, ed
ora comesenso comune. L'indipendenza speculativa che Cusani manifesta nel
rimeditare tutti i contributi all'interno della sua riflessione è evidente, e
su questo tema operante nei confronti dello stesso Vico. Esaminando la
questione del fatalism e della libertà (giustamente si ricorda come sia questa
la questione piú importante che si possa scontrare nella filosofia della
storia, dai primi agli ultimi scritti presente inche di sua volone causar in C.),
nell'Idea d'una storia compendiata della filosofia, C. ha qualcosa da
rimproverare a Vico stesso, da altri peraltro erroneamente collocate tra gli
storici fatalisti -- cosí Livio si distingue da MACHIAVELLO MACHIAVELLI (si
veda) e da Vico; e sebbene LIVIO (si veda) da maggiore influenza alla parte
passiva e fatale dell’italiano nella storia; ciò nondimeno non si è data che ai
secondi, a cominciar da Machiavello, la nota del storico fatalista. Se è vero
infatti che Vico cerca nell'italiano il principio e la legge dello svolgimento
dell'umanità, egli ebbe però il torto di essere esclusivo, in quanto non ha
riconosciuto l'influenza della natura italiana sull'italiano. Si annota come a
C. fin dai primi studi si affacci il dilemma tra pensiero come condizione e
pensiero come condizionato: se una legge governa lo svolgimento
dell'intelligenza, la storia è da intendersi fatalisticamente costretta entro i
termini di una legge fissa del pensiero? Del resto in un saggio nel Progresso
(e non compresa nei due volumi degli Scritti, forse perché firmata — come del
resto altre note raccolte da Ottonello — con la sola sigla S. C.), Elementi di
Fisica sperimentale e di meteorologia di Pouillet, C. ritorna sul metodo delle
scienze e sulla accostabilità tra scienze morali e scienze fisiche. Dappoiché
la scienza della natura e sottoposta nella sua ricerca a metodi certi e sicuri,
e l'umana intelligenza punto da quelli non dipartendosi, seguitò attesamente le
sue investigazioni, i progressi rapidi e continuati succedettero ai lenti e
quasi invisibili dell'antichità. Il successo di queste scienze come di ogni
scienza è nel metodo, cosi che da meglio che tre secoli lo spirito umano
procede, in questa special branca delle sue conoscenze con tanta fidanza, e
direi quasi, contanta certezza de' suoi risultamenti, che nissun'altra scienza
per avventurapuò con questa venire al paragone. Si badi, le scienze fisiche non
costituiscono altro che una special branca delle conoscenze dello spirito
umano. Dunque occorre applicare anche alle altre branche metodi certie sicuri,
come è possibile dal momento che la storia universale dell'Umanità, che pone la
storia al centro dell'investigazione, racchiude,com'a dire, in un corpo tutto
lo svolgimento intellettivo della spezie. Ecco perché nel saggio Della lirica,
a proposito della legge della evoluzione ideale dell'umanità nel progresso
storico, C. nota che questo è di proprio particolar dominio di quella scienza,
che sorta gigante in ITALIA per opera di quella maraviglia di VICO (si veda),
costituisce ora il centro intorno a cui si svolgono tutti gli sforzi del
secolo. Simili le espressioni usate nella recensione agli Elementi di Fisica
sperimentale, allorché della storia universale dell'Umanità nota che forma a
questi nostri tempi il punto di mezzo, intorno di cui si volge e gravita tutto
il processo del lavori del secolo. Il ricco saggio “Idea d'una storia
compendiata della filosofia” è a questo punto da considerare fondamentale. La
connessione che la storia ci rivelatra libertà e necessità, ci consente di
rintracciare la legge necessaria del progresso storico. Noi sappiamo che la
filosofia del popolo italiano non è altra cosa se non lo spirito del popolo
italianom non già come si manifesta
nella sua religione spontanea, nelle sue arti, nella sua costi-in se stesso
aveva, artea, un concertelli avvenimee metafisica. cipale delle sourcetuzione
politica, nelle sue leggi e costumi, ma come si rivela nell'esilio inviolabile
del pensiero puro, che riferma il piú alto grado al quale possada sé stesso
elevarsi. C. ha, a tal proposito, filosofato nel saggio “Della poesia
drammatica” un concetto che poi si ritrova in seguito. Egli è il vero che sotto
la varietà degli avvenimenti del fatto e della vita stessa della società
italiana è nascosa la legge suprema e metafisica che li governa,e che il
filosofo tenta di scoprire, e ne fa l'obbietto principale delle sue ricerche,
ma all’italiano, ch'é, come dice quell'altissimo ingegno di VICO (si veda), il
senso della NAZIONE ITALIANA e dato tutto al piú di sentirla, ma non deve
essere suo scopo di manifestarla, dove all'ispirazione vichiana pare già si
aggiunga, insinuandosi, una suggestione hegeliana. Nello saggio Della lirica,
Cusani ribadisce l'argomento. Se la filosofia non deve fat suo scopo, come
altrove dicemmo, parlando della poesia drammatica, la rivelazione di essa legge
secondo la quale l'umanità si svolge nello spazio e nel tempo, puf tuttavia non
potrà certo cansarla nella sua manifestazione storica, cioè nel suo progresso attraverso
delle nazio ultima recension Romani son sottoposti alla legge storica in
generale, la quale le impronta quasi una seconda indole, ed è questa poi, che
fa che i filosofi sieno, come diceVico, il senso della nazione italiana.
Sorprendentemente, nell'ultima recensione pubblicata sulla Rivista napolitana,
Liriche di Romani, quasi ad emblematica chiusura, C. ripete. VICO (si veda)
innanzi tuttia veva formolata questa solenne verità, proclamando che il
filosofo e ilblematica sblata questa
sojeni filosofi ne sinnestare Hegedea d'uneinnanzi Qui l'eclettismo cusaniano
ha voluto innestare Hegel sulla tradizione italiana custodita e proclamata,
specie allorché, nella idea d'una storia, riprende il tema di una ragione
fondamentale, di una idea filosofica fondante le manifestazioni della vita
umana, per cui la religione e soprattutto la filosofia già ricordata sono
riconducibili ad una legge razionale. Un'altra citazione, non giustificata in
questa sede, si rende necessaria per la sintesi che riesce a conseguire, in
specie sul tema del senso comune. Allorché il movimento filosofico o riflessivo
passa dalla fede alla scienza,e dalle credenze popolari alle idee della
ragione, e si trova d'essere giunto a scoprire il pensiero celato dapprima
sotto FORMA SIMBOLICA, e che si traduce nell’istituzione, nella costume, nella
filosofia e e nelle industria, egli fatto quasi banditore della verità scoperta,
l'annunzia per farla conoscere alle masse, le quali non avrebbero potuto
pervenire sino a quel segno che tardi e lentamente. È in questo senso che il
filosofo accelera il movimento delle masse, e da qui nasce ancora che egli
stesso e indugiato nel movimento che è loro proprio. Dappoiché se le masse
accettano la nuova luce che loro arreca il filosofo, sono d'altra parte lente e
ritenute nell'abbandonare le vecchie opinioni, che il tempo ha rese abituali, e
bisogna innanzitutto che esse comprendano ciò che loro viene rivelato, e lo
comprendanoa loro modo, cioè facendo che discenda in certa guisa dalle forme
astratte della scienza alle forme pratiche del senso comune. Dunque il filosofo
comprende e spiega nient'altro che ciò che l’intelligenza spontanea dei popoli
crede istintivamente, e pertanto, lafilosofia non è che la spiegazione del
senso comune. Possiamo a questo punto scoprire l'errore di chi ha collocato
Vico e Machiavelli tra un storico fatalista como Livio, dappoiché, se a
tuttaprima poteva parere, che l’italiano appo costoro fosse schiavo
dell’istituzione, in quanto che queste venivano considerate come cose non
procedenti dall’italiano stesso, pure, allorché si vide che l’istituzione none
che la manifestazione esterna, il segno, e la realizzazione delle idee del
popolo italiano, libertà umana nella creazione degli avvenimenti del mondo.
Come si risolve pertanto il problema della libertà? Si pone inquesti termini
l'interrogativo. La ragione è dunque il fondamento della libertà; ma ragione e
libertà sono da intendersi esclusivamente riferitisare appunto che il problema
della libertà investa soltanto l'azione soggettiva (non intersoggetiva o
collettiva) che ha per teatro la storia. In realtà però, proprio per l'ampia
visuale che egli propone della storia globalmente intesa, la libertà non è solo
quella dell'individuo o soggetto italiano che si affranca dai condizionamenti
dell'istinti -- vità, ma anche quella che costituisce la linea intelligibile di
tutto lohere nelle pella sciente quella con il. La soluzione che si può
intravedere in C., concorde ed omogenea allo sviluppo della questione della
scienza e del metodo nell'intera,
intensa elaborazione culturale di C. è forse quella contenuta nella Idea d'una
storia. Resta certo il rammarico del mancato approfondimento delle tante
tematiche che a questa risposta devono riferirsi, in particolare sulla politica
e sulla estetica. Ma la sintesi che C. propone rimane oltremodo significativa.
L'ordine adunque degli avvenimenti, la provvidenza, o legge dell'intelligenza
umana, è quella legge che Iddio stesso
ha imposta al mondo morale, e che non differisce dalle leggi della natura, se
non per questo, cioè che la legge imposta al mondo morale non distrugge punto
la libertà individuale, essendo ché è permezzo della libertà che si compiono i
destini della intelligenza, laddovele legge della natura e compita senza il
concorso della libera volontà. SCIENZA MORALE E FILOSOFIA CIVILE. “Quando
gia la stagione eclettica andava verso il tramonto”. 1. Cusani si volgeva al
metodo storico per tracciare la via sicura che consentisse, come scrisse,
all’idea filosofica di “elevarsi al grado di scienza che si dimostri per se
stessa. Giacche se evero che “la decomposizione, o l’analisi psicologica del
fatto primitivo della coscienza e la condizione necessaria d’ogni riflessione,
che ritorna sul proprio pensiero; il che e dire ch’e la condizione necessaria
d’ogni filosofia”, ancor piu essenziale e comprendere che “se l’osservazione
minuta, e l’analisi profonda di tutte le singole parti di quella sintesi
primitiva della coscienza e il punto donde bisogna muovere, perche si possa
riuscire a bene nelle speculazioni filosofiche, essa non e certo al termine;
perocche dopo aver esattamente analizzato tutte quelle parti, ed osservatele da
tutti i lati, egli e mestiere procedere alla cognizione de’ riferimenti che
l’une hanno colle altre, perche si possa risalire a quella ricomposizione del
tutto primitivo, che e lo scopo ultimo della filosofia. E questo il contributo
essenziale che la storia fornisce e senza il quale ogni itinerario verso la
conoscenza e condannato a restare monco, e la scienza filosofica e
destinata ar estare preclusa. Infatti Tessitore, Da CUOCO (si veda) a SANCTIS
(si veda), Studi sulla filosofia napoletana nel primo Ottocento, Napoli. Della
scienza assoluta (Discorso), Museo di letteratura e filosofia. Al Discorso I
non seguirono altre parti. Del metodo filosofico ed'una sua storia infino agli
ultimi sistemi di filosofia che sonosi veduti uscir fuori in Germania ed in
Francia, Progresso. Sul pensiero filosofico di C. cfr. G. G, Storia
della filosofia italiana, Firenze, Mastellone, Cousin e IL
RISORGIMENTO italiano, Firenze; Landucci, Cultura e ideologia
in Sanctis, Milano, Oldrini, Gli hegeliani di Napoli,
Milano, Il primo hegelismo italiano, Firenze, (della Introduzione); Ottonello,
Introduzione a C., Scritti, Genova; Tessitore ne e a dire che la psicologia
potrebbe far da se, e proseguire il suo lavoro senza punto brigarsi della
storia; perciocche oltre i danni che potrebbero scaturirne eche noi piu sopra
dicemmo, si eviterebbero i vantaggi che a lei verrebbero dalla storia, sarebbero
infiniti Proprio in relazione a questa fase del pensiero del giovane
napoletano, Giovanni Gentile annota che pel C., l’osservazione psicologica
diventa la riflessione che rifa la storia dello spirito, una fenomenologia;
el’osservazione storica non e piu l’integrazione della
psicologia, bensi la costruzione stessa della filosofia
L’eclettismo non poteva piu, a questo punto, rispondere
all’orizzonte intravisto, cosicche “il C., staccatosi dall’eclettismo si
diede allo studio della filosofia hegeiiana”. Del metodo filosofico e d'una sua
storia, cit., p.183. Poche righe piu sopra Cusani aveva annotato che
“dare una ripruova e un confronto all’osservazione psicologica, che sia
capace di ritrarla dall’errore, allorche per manco d’esperimento essa cada
nell’incompleto, sarebbe per avventura il regalo piu sicuro, e una norma
certissima del metodo per ben filosofare. E questa ripruova adunque che ci
viene insegnata dal metodo storico, la cui importanza non e certo minore
dell’altro, e l’esito altrettanto giusto e sicuro. Certo che dall’aver
dimenticala Storia ne son proceduti due
ordini di mali: il primo, perche si e rotta quella
legge di continuita nel progresso de’ lavori dell’intelligenza, e si e
terminato donde si sarebbe dovuto cominciare; l’altro perche lo Spirito non si
e potuto correggere delle sue deviazioni nello svolgimento intellettivo,
mancandogli la cognizione de’ suoi passati travisamenti. Nella storia adunque e
tutta quanta la filosofia, e riconoscerla nella storia econdizione non
evitabile d’ogni filosofia. Gentile. Lo sforzo di costruire l’edificio
eclettico della scienza e condotto da C. nei saggi. In particolare, oltre che
nel citato Del metodo filosofico, nei saggi Del reale obbietto di ogni
filosofia e del solo procedimento a poterlo raggiungere, iProgresso; Della
scienza fenomenologica e dello studio dei
fatti di coscienza, Progresso; D'un'obbiezione d’Hamilton intorno
alla filosofia dell’Assoluto, Progresso; Della logica trascendentale, Progresso;
Mastellone. Sulla cosiddetta “svolta hegeiiana”, oltre alle valutazioni degli
autori le cui opere sono state in precedenza indicate, cfr. ancora S.
Mastellone, C., che pure è un divulgatore di Cousin, in un articolo apparso
nella Rivista napolitana dal titolo Del modo da trattare la scienza degl’esseri
(ontologia), disegno di una metafisica, alludendo ai rapporti tra l’eclettismo
francese e l’ontologismo tedesco, ossia alla polemica tra Cousin e Schelling,
poneva alcune limitazioni al suo eclettismo Si prepara quel fermento spirituale
che prendera forma coll’hegelismo, il quale, se trasse la prima radice dal
pensieroco usiniano, si rivolgera poi contro di questo”. Infine mi permetto di
rinviare a G. Acocella, Vico e la storia in Cusani, in “Bollettino
del Centro di studi vichiani. In pieno periodo eclettico, C. sottolinea
il ruoio unificante della filosofia, e conclude che la storia della filosofia,
la quale disegna come in una tela tutto lo svolgimento progressivo dello spirito,
non e che la manifestazione di quel potentissimo bisogno che ha l’uomo di
conoscere e di sapere. In questa direzione, dopo che lo spirito rivolge il
primo scopo della sua investigazione nel mondo degl’obbietti, ed una volta
esaurita l’investigazione della natura lo spirito si viene gradatamente
ripiegando inverso il subbietto stesso di quelle investigazioni, erientrando
dall’esterno nell’interno, fa se stesso obbietto della sua conoscenza. – cf.
Grice on self-constructing pirots. E cosi di qui nascono, come da una comune
radice, tutte le scienze morali. La conclusione eclettica di C. si arricchisce
di motivi che preparano l’accoglimento della lezione hegeliana, la quale di
sicuro influenza i suoi saggi, senza liquidare gl’altr’elementi che
costituiscono l’originalita del filosofo. L’immenso bisogno di conoscere che
tormenta e percorre la storia naturale dell’intelligenza anela alla
ricomposizione unitaria che costituisce la scienza. Questi due grandi obbietti
adunque, l’Universo e l’Umanita; il non me e il me, che racchiudono tutto il
campo delle speculazioni, costituiscono l’obietto di tutta la scienza umana. E
si puo da’tentativi diversi, e da’ diversi risultamenti ottenuti intorno a
questo problema, cercar di fare un ordinamento compiuto di tutte le scuole
filosofiche che dall’antichita insino a’giorni nostri sonosi succedute nella storia
dello svolgimento naturale dell’intelligenza. Rispetto a questo proponimento la
lettura di Hegel - del quale pur si dove denunciare che è partito da cio che ci
ha di piu astratto nella ragione, e di piu indeterminato, cioe
dal pensiero dispogliato di tutte le cose, e ridotto a pensiero puro, a
idea - offre contributi rispetto ai quali C. dichiara il suo esplicito
interesse. Ponendo come base del suo edificio filosofico l’identita
dell’idea e dell’essere, del pensiero e della realta, del subbiettivo e
dell’obbiettivo ne procede che cio che evero del pensiero, evero eziandio
della realta, e che le leggi della logica sono le leggi ontologiche, ed
essa stessa si converte in una vera ontologia. Del reale obbietto di ogni
filosofia e del solo procedimento a poterlo raggiungere. Giunto a
quest’altezza, lo spirito tenta d’impadronirsi quasi dell’infinito, cacciarsi
nel seno stesso dell’assoluto, e discoprire nella loro sorgente le
leggi onde si regge il mondo. Del metodo filosofico. In queste pagine C. fornisce
una II principio di una idea filosofica capace di fondare le manifestazioni
della vita umana, dunque una ragione non dispogliata delle cose, diviene per C.
l’efficace punto di equilibrio del suo itinerario tra eclettismo ed hegelismo,
in grado di assicurare gli orientamenti etici di ciascuna eta della storia. Nel
saggio sulle relazioni tra economia e morale, C. scrive significativamente che ora
non ci ha e non puo esserci scienza morale senza un principio assoluto e
necessario, perche l’assoluto e il necessario e lo scopo ultimo e il termine
degli sforzi del pensiero, e1’ideale della scienza. Nella stessa prospettiva
spiega, in un corposo saggio, il valore filosofico che assume la ricerca dei
fondamenti etici della societa, asserendo che di fatto non si puo concepire una
societa che non abbia un pensro generale, cioe a dire un insieme d’idee
acquistate senza ricercare senza scopo, e che informino tutta la sua vita;
perciocche bisogna allora supporre che puo esserci una societa senza
istituzioni politiche, senza costumi e senza industria, non essendo altra cosa
le istituzioni, l’industria e i costumi, che effetti naturali delle idee e
delle credenze comuni. La filosofia del popolo italiano, pertanto, e il
pensiero di quello stesso popolo, non nelle semplici forme nelle quali si
manifesta nelle istituzioni o nelle stesse arti, o nel diritto e nei costumi,
ma con quei caratteri interpretazione della filosofia, in sintonia con il
tentativo di rintracciare l’unita del pensiero perseguita dall’eclettismo. E
un’interpretazione che, nata in terra di Francia, trova piu
generosa fortuna nell’hegelismo napoletano da SPAVENTA (si veda). Ecco la
pagina di C. Dappoicche la filosofia di Fichte, che non è che la filosofia
stessa di Kant, risguardata dal punto di vista subbiettivo, e quella di
Schelling, che nelle sue conseguenze non è che il criticismo risguardato dal
punto di vista obbiettivo, doveno essere entrambe porzioni di quel medesimo
tutto, che Hegel abbraccia nella sua filosofia dell’idealismo ASSOLUTO. Egli
parti dalla ragione, e dal pensiero, ma da cio che ci ha di piu astratto
nella ragione, e di piu indeterminato, cioe dal pensiero dispogliato di
tutte le cose, e ridotto a pensiero puro, a idea. Dell'economia politica
considerata nel suo principio, e nelle sue relazioni colle scienze morale, Museo
di letteratura e filosofia. Cfr. Oldrini, ll primo
hegelismo italiano. In nota scrive Oldrini che il saggio parafrasa e
riadatta, per molta parte, concetti delle lezioni sull’economia smithiana di Cousin.
Idea d’una storia compendiata della filosofia, Museo di letteratura e
filosofia”, lo svolgimento adunque spontaneo e istintivo; e l’altro filosofico
riflesso, che entrambi non si effettuano che sotto le leggi del pensiero umano,
costituiscono il meccanismo, se possiamo cost dire, della vita sociale del
popolo italiano. general del pensiero che di quelle forme costituiscono la
fonte. Eppure il progresso e reso possibile solo dall’incontro tra due diverse
componenti Allorche il movimento filosofico o riflessivo passa alla scienza, ed
alle credenze popolari alle idee della ragione, e si trova d’essere giunto a
scoprire il pensiero celato dapprima sotto FORMA SIMBOLICA, e che si traduce
nell’istituzioni, nei costumi, nell’arti e nell’industrie, egli fatto quasi
banditore della verita scoperta, l’annunzia per farla conoscere alle masse [cf.
GELLNER ON GRICE], le quali non avrebbero potuto pervenire a quel segno che
tardi e lentamente. Il debito nei confronti di VICO (si veda) appare evidente,
tanto piu che - indirizzandosi l’interesse di C. verso le esperienze umane del
diritto e dell’economia - le influenze hegeliane si rivelano in realta filtrate
dalla tradizione della filosofia meridionale, da VICO (si veda) a FILANGIERI
(si veda) a PAGANO (si veda). La filosofia e la scienza compongono insieme la
trama che segna l'itinerario travagliato e non lineare della storia verso il vero.
I filosofi accelerano il movimento delle masse [GELLNER ON GRICE, GRICE ON THE
MANY VERSUS THE WISE], ed a qui nasce ancora che essi stessi sono indugiati nel
movimento che e loro proprio. Dappoicche se le masse [GELLNER ON GRICE, GRICE
ON THE MANY VERSUS THE WISE] accettano la nuova luce che loro arrecano i
filosofi, sono d’altra parte lente e ritenute nell’abbandonare le vecchie
opinioni, che il tempo ha reso abituali, e bisogna innanzi tutto che esse
comprendano cio che loro vien rivelato, e lo comprendano a loro modo, cioe
facendo che discenda in certa guisa dalle forme astratte della scienza, alle
forme pratiche del senso comune. Il tema del senso comune - cosi tipicamente
vichiano e tanto frequentemente richiamato in piu punti dell’opera cusaniana -
costituisce un elemento fondamentale dell’itinerario che il filosofo napoletano
svolge, rivelandosi capace di svelare la trama della ragione nella storia. Cosi
come nella vita sociale le branche dell’attivita umana precedono la filosofia e
la storia Cfr. Acocella Idea d’una storia compendiata. Insomma non eche dalla
combinazione di questi due movimenti che progrediscono le idee umane, ed al
progresso delle idee umane nasce la trasformazione e il miglioramento
successivo delle leggi, dei costumi e dell’istituzioni, che
sono altrettanti elementi costitutivi della condizione umana. Sul senso comune
cfr. Purtuttavia, sebbene 1’uomo sia conscio nell’intimo della sua coscienza
della sua liberta, e riconosca in se stesso il potere di cominciare una serie
di atti, di cui egli e CAUSA; cio nondimeno non puo non iscorgere eziandio, che
la sua volonta e posta sotto il dominio e la soggezione d’una legge, che
diversamente vien denominata secondo che diverse sono le occasioni, alle quali
essa si applica, contrassegnandosi ora come legge morale, ora come ragione, ed
ora come senso comune” ria di quelle precede la storia di questa, cosi l’istoria
non si realizza che dopo un lungo proceder della scienza; perocche se prima non
si sono osservate molte variabilita successive, non si sente il bisogno di una
storia qualunque; ma quando non si vuol considerar altro che l’essenza stessa,
o la materia di che componesi la storia della filosofia, si puo dire che essa
comincia colla scienza. Cosl per esempio, rivolgendosi l’attenzione alle
esperienze umane piu rilevanti, per quel che riguarda l’economia politica
occorre indagare la legge oggettiva dell’AGIRE economico, giacche le azioni
umane - pur tenendo conto della liberta che le generano ricondotte sempre
alla ragione, o si voglia dire legge morale o senso comune. Massimamente con
l’economia la questione centrale di come si compongano liberta dell’AGIRE
INDIVIDUALE e conseguimento della legge
oggettiva dell’economia si pone come un nodo centrale della scienza morale, nel
quale e coinvolto lo stesso tema della relazione tra natura e ragione. Infatti,
primieramente, e noto che il combattimento, che l’uomo, forza libera e
intelligente, sostiene contro la natura per dominarla e trasformarla ai suoi
bisogni, costituisce un ordine distinto di fenomeni e d’idee, che rientrano nel
dominio dell’economia politica, la quale deve pur pervenire a individuare la legge
necessaria, che sta a capo della produzione, consumazione e
distribuzione delle ricchezze. L’interesse mostrato da C. verso Smith
e motivate proprio dal legame tra la liberta umana - che si esplica nel lavoro
- e la legge necessaria dell’economia, giacche il fondamento del valore Smith
ha posto nel lavoro. Ma sbaglierebbe chi si ferma al lavoro, perche quantunque
il Perciocche a quella stessa guisa che nella vita sociale del popolo italiano lo
stato italiano, l’industrie, e l’arti precedono la filosofia, eziandio la
storia di tutte queste branche dell’attivita umana precede quella della
filosofia, ultima per avventura a prender corpo nello svolgimento intellettuale
dell’uomo. Dell’economia politica. Mentre Quesnay, con la sua scuola, tenne
che i prodotti del suolo sono la sola fonte, e il vero principio del
valore, invece Smith eleva il principio del valore, partendo da questo, che
cio& il lavoro della nazione italiana costituisce la sorgente di tutte lc
sue ricchezze, e quindi che i bisogni dell’uomo non sono considerati da Smith
che subordinatamente al lavoro; il che e molto piu ragionevole che subordinare
il lavoro ai bisogni, come e intervenuto a Say e a Tracy, i quali cio non di
meno hanno comune con esso lo stesso principio del lavoro. Nell’esaminare la
formazione dela scienza economica C. riafferma il principio della tradizione
italiana, come per la scienza della legislazione ricorda in particolare FILANGIERI
(si veda), PAGANO (si veda), e ROMAGNOSI (si veda) asserendo. L’economia
politica nata adunque IN ITALIA, lavoro nel suo lento o accelerato
esercizio sia quello che ingeneri la ricchezza delle nazioni, e misuri in un
certo modo, esi no a un certo segno, il valore delle cose in ragione delle
difficolta e degli ostacoli che incontra nella sua effettuazione. Purtuttavia
esso non deve essere considerato, che come l’effetto della liberta umana,
ultimo principio a cui devesi ricondurre la scienza. Attraverso questo
principio C. ricostruisce il percorso che dalla liberta, attraverso la
proprieta, giunge alla formulazione di una scienza morale la quale, proprio
perche scienza, e la cognizione dell’assoluto invariabile, ultima ragione delle
cose. Se infatti l’osservazione si conferma indispensabile all’investigazione
scientifica, pure resta essenziale ribadire la ricerca di un principio morale
assoluto perche si possa dare scienza in questo ambito. Le considerazioni che C.
- partendo dall’apprezzamento del principio secondo il quale senza
un’obbligazione assoluta non è ammessa la possibilita d’una scienza morale e
quindi dell’imperativo categorico - riferisce all’opera di Kant, mettono a
fuoco appunto il significato della liberta per la ragione, ed i criteri per la
individuazione del principio morale assoluto. Egli e percio, che
rifermossi che il fatto della liberta, che 1’osservazione ci rivela nel fondo
della coscienza come distinto dalla fatalita delle nostre passioni e delle
nostre SENSAZIONI, e che eguaglia in certez- massime per opera di SERRA (si
veda), non si svolge dappoi che in Francia nella celebrata setta degl’economisti,
dai quali attinse gran parte delle sue idee Smith. Sull’interesse della cultura
napoletana per il ruolo svolto da SERRA (si veda), considerato precursor dello
Smith, mi permetto di rinviare ad Acocella, LA STORIA DEI FILOSOFI POLITICI
ITALIANI DOPO LA SVOLTA A NAPOLI, Archivio di storia della cultura. Togliete la
liberta nell’uomo, e voi avrete esaurito nella sua sorgente ogni
lavoro possibile, essendone essa sola la causa, e la causa vera, reale, e non
immaginaria. Fare adunque l’analisi della liberta, come produttiva del valore
delle cose, è veramente farla psicologia dell’economia politica. Questa
verita conosciuta dagl’antichi, i quali teneno non potersi dare scienza del
fenomenico variabile, perciocche il fatto non e il principio e la ragione di se
stesso, e stata chiaramente riprodotta dai moderni, quando hanno sostenuto che
la scienza non e che la cognizione dell’assoluto invariabile, ultima ragione
delle cose. Pure, se il fatto non e la scienza, ecertamente prima condizione e
quasi materia della scienza, potendo solo cadere sotto l’occhio
dell’osservazione, e l’osservazione e la vita d’ogni investigazione
scientifica. Tutto cio essendo or amai stato messo fuor di dubbio nel campo
dell’intelligenza, ha fatto, si che nella scienza morale si e cercato il
principio morale assoluto, ed il fatto proprio che n’e la condizione. Primamente
non si puo non vedere che senza un’obbligazione assoluta non è ammessa la
possibilita d’una scienza morale, e che senza la ragione, che sola puo
comandare con un imperativo catagorico, non puo darsi obbligazione di sorta.
za tutti gl’altri fatti, non rimanendo punto una semplice credenza, come vuole Kant,
dove esser solo la condizione del principio morale, trasformato in legge dalla
ragione. Puo C., in virtu di questa acquisizione, rintracciare finalmente nella
liberta gl’orientamenti dell’AGIRE MORALE e scoprire il principio morale della
stessa economia. Di qui il principio: essere libero, conservati libero, cioe
resta fedele alla natura, ch’e la liberta; è la sorgente d’ogni obbligazione e
d’ogni moralita; identificandosi colla massima degli stoici: SEQVERE NATVRAM. Questo
principio della morale generale stabilito, si vede apertamente che una delle
prime relazioni dell’economia colla morale, sta nell’identita del principio
stesso, o meglio, nel fatto della liberta; solo diversificando, perche l’una lo
stabilisce come trasformato dalla ragione in legge, e 1’altra lo accetta come
dato nelle applicazioni della vita. L’unita [EINHEIT] della scienza, che
il fatto della liberta - svelatosi principio unificante dell’azione umana -
realizza, e stata resa possibile dal superamento della direzione scettica nella
quale Cartesio getta la filosofia, rendendola incapace di fondare
l’oggettivita, partendo dal soggetto, e dunque la comprensione del mondo
esterno. Ora, finalmente, la filosofia, rivelatasi scienza, verifica che lo
Spirito e uno, identico a se stesso in tutti i tempi, in tutti i luoghi, appo
tutti gl’italiani; puo esservi varieta nelle sue determinazioni, ma
l’essenza resta immutabile attraverso di tutte queste apparenti mutazioni. La
scienza non rappresenta che l’essenza, ed e percio che l’idea filosofica, o lo
spirito filosofico non e che uno e sempre identico a se stesso. Come per
l’economia anche per il diritto la liberta dell’individuo si afferma per C.
quale principio capace di fondare L’AGIRE MORALE, confermando l’unitarieta
della scienza . Dedicando una lunga nota in tre parti, benche incompiuta,
all’opera di Manna, e dopo aver Dappoichenon potendosi dalla sensazione trar
niente che avesse forza d’obbligazione, e vice versa la ragione scorgendo nel
fatto della liberta una superiorita di principio che proced dalla
stessa personalita umana, puo scorgervi il dovere assluto di
mantenere la dignita della persona sulla materia, e della liberta sulla
fatalita. Sicche, da questo lato risguardata, l’Economia potrebbe esser
considerata come una derivazione della morale nelle sue piu minute conseguenze.
Cfr. Della scienza assoluta (Discorso), Sul punto cfr.
Oldrini, Gli hegeliani di Napoli. Del diritto
amministrativo del Regno delle Due Sicilie. Saggio teoretico storico e
positivo, in “Museo di letteratura e filosofia”, Scienzci
affrontato la questione della individualita nella prima parte, dichiarando il
proprio interesse per le “partizioni teoriche del diritto amministrativo”,
Cusani decisamente ritorna sul problema della scienza avvertendo pero che
“nissun problema che tocchi la scienza sociale pud risolversi, senza aver prima
risoluto l’altro della destinazione dell’individuo, che li contiene e
gl’implica, abbracciandoli tutti nel suo seno. Cosicche si puo considerare che
“se la scienza divide eperche questa e la sua condizione di esistenza, e perche
l’umano intelletto ha bisogno di successiva osservazione, e di notomia, direi
quasi, della cosa che vuol conoscere e sapere. Ma in sostanza ci ha unita
fondamentale qui, come in tutto, e la scienza umana non tende che continuamente
verso questa unita, che la sola ontologia pud promettersi” 30. II richiamo,
costante in tutta la sua opera, all’ontologia consente a Cusani di riaffermare
il principio assoluto e generale da cui discende coerentemente l’ordine morale
che la scienza pud infine conoscere. La visione unitaria perseguita - che,
tanto nella fase eclettica quanto in quella segnata dalla lettura di Hegel,
pone in primo piano la questione dei fini razionali della storia e dell’azione
umana - rivela pero con evidenza il debito comunque contratto nei confronti,
oltre che di Herder, soprattutto di Vico, rimeditato autonomamente ea contatto
con le suggestioni presenti nell’eclettismo napoletano. Recensendo la STORIA
DELLA FILOSOFIA di GALLUPPI (si veda), C. chiarisce in apertura che s’egli e
vero che LA STORIA DELLA FILOSOFIA, come noi abbiamo affermato in uno de’
fascicoli precedenti non ese non l’idea stessa, e lo spirito dell’umanita, non
quale si rivela nelle sue isti-. L’ultima parte pubblicata conclude con le
parole “sara continuato”. Non vi è alcun seguito. Gia concludendo la prima
parte, pero, C. avverte che per fame un’analisi compiuta si è ripromesso di
venir discorrendo di ciascuna parte in particolare, ma si perche il saggio non
evenuto fuori ancor tutta per le stampe, e si perche la parte positiva del
diritto amministrativo non e in relazione coi nostri studi, cosi ci terremo
contend solo ad esaminar per ora la sola quistione che risguarda la scienza
della pubblica amministrazione, riserbandoci di parlare della parte storica
quando l’autore ne fa dono al pubblico. Su Manna e sulla sua opera cfr. Tessitore,
Della tradizione vichiana e dello storicismo giuridico nell’Ottocento
napoletano, Aspetti del pensiero guelfo napoletano, Napoli; Rebuffa, L'opera di
Manna nella formazione del diritto amministrativo italiano, in La formazione
del diritto amministrativo in Italia, Bologna. Del diritto amministrativo. Cfr.
F. Tessitore, Momenti del vichismo giuridico-politico nella cultura
meridionale, in “Bollettino del Centro di studi vichiani. Sul vichismo del
Manna. tuzioni, nelle arti, nelle legislazioni, ma sibbene nell’asiio
inviolabile del pensiero puro, del pensiero in se; deve esser vero eziandio che
essa non e una raccolta vana di opinioni, nata per soddisfare la curiosita di
alcuni uomini, ma viceversa, secondo che diceva l'Herder, la catena sacra della
tradizione, che opera in massa, con leggi necessarie, e non a caso ne
isolatamente” 32. Si pud pertanto comprendere anche la radicale nettezza con la
quale nella nota su Manna C. afferma che l’ontologia adunque e la scienza
prima, che facendoci conoscere la determinata essenza degl’esseri, ci conduce a
discernere IL FINE – cf. H. P. GRICE, TELEOLOGY -- a cui essi sono destinati
(che e pure un problema ontologico) e che diventa problema MORALE – il regno
dei fini di Kant -- se trattasi della destinazione dell’UOMO sopra la terra,
problema religioso se trattasi di questa stessa destinazione innanzi e dopo la
vita terrena; problema di filosofia di DIRITTO o POLITICA, che abbraccia il
diritto individuale, e il diritto PUBBLICO pubblico, se trattasi della
giustizia reciproca che l’individuo, e lo stato deveno somministrarsi per
raggiungere la loro destinazione. Questa e l’UNITA DELLA SCIENZA [GRICE EINSCHAT],
la quale non e che un pallido riflesso dell’unita stessa della causa prima.
Dove VICO (si veda) e Herder servono al disegno hegelia- [Recensione a Galluppi,
Storia della filosofia, Prefazione, Museo di letteratura e filosofia. Su
Herder e VICO (si veda). cfr. Idea d’una STORIA COMPENDIATA DELLA FILOSOFIA. Ora
questa legge che governa lo svolgimento dell’umanita, e che costituisce la
filosofia della storia, non puo che cercarsi successivamente nell’uomo e nel
mondo, essendo questi i due obbietti che si appalesano all’ntelligenza. Di
qui nasce che Bossuet è stato il primo filosofo della storia, trovando nell’antica
filosofia romana la soluzione del problema. A questi succede VICO (si veda),
che cerco nell’UOMO ITALO il principio e la legge dello svolgimento
dell’umanita. E da ultimo Herder che voile trovarlo nel mondo fisico, e nella
combinazione speciale d’influenze esterne. Noi diciamo, che ognuno di essi e
stato esclusivo, in quanto che Herder non ha riconosciuta la parte che
rappresenta l’UOMO ITALO nella evoluzione storica dell’umanita, e VICO (si
veda), in quanto che non ha riconosciuto l’nfluenza della natura esteriore; ed
entrambi poi non disconoscendo la parte che rappresentala Provvidenza, l’hanno
subordinata all’uomo e alla natura, mentre Bossuet impadronendosi di questa, ha
tutto subordinate ad essa”. Del dritto amministrativo. Sul problema dello stato
cfr.: “io non so concepire, come l’arte, la scienza, e LA MORALE, debbano esser fine a loro stesse, e lo stato
deve esser considerate come MEZZO per la societa umana, quando il suo scopo non
e che UNO SCOPO RAZIONALE, come quello che tocca in dominio alle altre sfere
dell’attivita sociale. Ne solo io dico che lo scopo e RAZIONALE ed ha gli
stessi caratteri di quelli che spettano alle altre sfere dell’attivita sociale,
ma che e identico con tutti nel fondo, e che se uno e il bene assoluto, o
l’ordine assoluto, che riferma lo scopo e la destinazione dell’UOMO, non si puo
far dello stato un semplice MEZZO ed una via per la conservazione dell’umanita
perfettibile”. no della scienza del’essere. Vale, pero, sottolineare
come, nel confronto con GALLUPPI (si veda), istituito nella nota sopra
ricordata, il tema del vero costituisca un interessante nodo che chiarisce il
modo con il quale C. interpreta VICO (si veda) ed il problema della storicita
dell’esperienza. A GALLUPPI (siveda) che afferma che la storia della filosofia
non puo trattarsi a priori, ma deve dedursi dall’osservazione dei fatti, perche
altrimenti avremmo dovuto trovar prima i problemi relativi alla scienza del
pensiero, e poi quelii relativi all’universo, C. obietta che la storia della
filosofia e identica colla scienza, e pertanto troveremo che il
primo mezzo di trattar la storia della filosofia e il METODO A PRIORI, il quale
non deve ch’esser verificato dall’esperienza. A C., naturalmente, sono chiare
le novita apportate dalla modernita e le conseguenze che ne sono
scaturite, dal momento che la filosofia ha nell’antichita la definizione di
scienza dell’universale, contrapposta a quella ricevuta presso i moderni della
filosofia come scienza del pensiero per cui la definizione degl’antichi si fa
per mezzo dell’ontologia, quella de’moderni viceversa si fa per mezzo
della PSICOLOGIA - ma resta pur sempre certo che in realta l’ontologia e la psicologia
non sono che due determinazioni, o aspetti diversi dell’idea filosofica, in
quanto che l’una considera l’obbietto in se, e per se, l’altra questo obbietto
che divien subbietto. La scienza morale che C. intende definire, dunque,
verifica nell’esperienza - nelle diverse branche di attivita nelle quali si
manifesta l’azione umana - il principio assoluto e invariabile che da unita e
senso alla scienza moderna. Cosi l’economia politica non dove rappresentare che
quella stessa parte che rappresenta la politica, quanto alla filosofia del
diritto. Perciocche laddove questa ci rivela l’ideale a cui possono
pervenire la societa umana, e la politica determina le relazioni che passano
tra l’attuale esistenza di essa, e l’ideale, poggiando sopra queste relazioni i
cangiamenti che possono patire le istituzioni sociali. L’economia, rispetto ai
monopoli ed agli ostacoli che si frappongono al libero esercizio del commercio,
deve far ragione, prima di effettuare il suo principio, di tutti gl’interessi
attuali della societa dove questi sistemi proibitivi sono introdotti D’altro
canto la natura di scienza morale dell’economia (come del diritto o della
politica) risulta evidente nella concezione cusaniana di una filosofia civile
moderna. Come il principio morale riferma la destinazione dell’uomo che precede
sempre dalla sua natura, e questa natura non essendo che. Recensione a Galluppi.
Dell’economia politica. doppia, coesistendo in lui lo spirito e la materia, l’ANIMA
e il corpo, la liberta e la fatalita (sebbene la materia e il corpo non siano
che l’inviluppo esterno della natura umana, stando la sua essenza tutta nella
personalita nella liberta e nell’anima); ne seguita che l’economia, anche
ristretta nel senso di coloro che non vogliono fame che una scienza del
benessere corporate e dell’agiatezza sociale, dovrebbe serbare alcuna relazione
verso la morale. La difficile relazione tra il fatto ed il principio, cioe tra
l’obiettivo immediato dell’azione e LO SCOPO RAZIONALE che ne costituisce il
fondamento, e verificata da C. nello sviluppo del pensiero moderno.
L’itinerario che dalla fase dell’utilita deve condurre a quella dei FINI viene
percorso analizzando il mito [GRICE] del CONTRATTO sociale in Kant e Rousseau,
in riferimento al quale C. puo criticamente concludere. Ma l’obbligazione
morale e giuridica non puo mai procedere da un atto volontario, quale e quello
che riferma il contratto e il CONSENSO (con-senso) universale, perche nessuna
cosa arbitraria e volontaria puo costituire un diritto, ed una convenzione non e
che la semplice manifestazione della volonta mutabile degli uomini. Colui che
ha colto piu precisamente - ad avviso di C. - il significato profondo del
rapporto tra il fatto ed il FONDAMENTO RAZIONALE [GRICE, RATIONAL GROUNDS] dell’ordinamento
estato, a proposito della questione della proprietya fondamentale per l’ordine
sociale, Fichte: “Piu ragionevolmente adunque Fichte, che è il Ma e
perche essa abbraccia tutto il problema della destinazione dell’uomo nelle
conseguenze, che serba per avventura assai piu intime relazioni colla morale
generale. Scrive anzi C. La sola relazione che passa tra il lavoro destinato
per il mantenimento della vita fisica, e il riposo destinato per il compimento
della vita morale, puo esser la misura de’ differenti gradi della ricchezza
nazionale, la quale aumenta in proporzione che cresce il riposo per le
occupazioni intellettuali. Insomma, produrre nel minor tempo possibile cio ch’e
necessario per la satisfazione de’bisogni materiali della vita, e crescere in
ricchezza e moralita. Questo fatto, che l’obbligazione è inclusa nella
proprieta è ben vista da Kant, il quale stabili, che sebbene la
specificazione e il lavoro è gli atti preparativi della proprieta cio non di
meno perche questa è riconosciuta e rispettata da tutti, bisogna una
spezie di contratto sociale, con che si da la proprieta definitiva. Vero e che
questa IDEA del contratto sociale, considerato come base giuridica necessaria
del diritto di proprieta, non è da lui risguardata quale base della societa
stessa, come è addivenuto appo parecchi pubblicisti, e specialmente appo il
Rousseau, che l’ha come un precedente storico; solo voile dire ch’è necessario,
accennando ad UN FINE RAZIONALE avvenire, per cio che egli significa col titolo
di proprieta o possesso intellettuale seguitore del Kant e il suo discepolo
filosofico, voile rifermare, nel suo manuale e nelle sue lezioni di diritto
naturale, la proprieta esser costituita sulla nozione stessa di diritto.
Conciossiache la sua teorica del diritto, procedente dal suo sistema
filosofico, nel quale stabilisce che l’attivita infinita dell’io [DAS ICH] che
si svolge come per una retta, pone, nell’urto che incontra, il mondo degli
oggetti esterni, dovecontenere tutta la ragione filosofica della proprieta. In
un’opera segnatamente influenzata dall’eclettismo del Cousin, sottolinea la
rilevanza dell’osservazione del mondo storico per la definizione del principio
morale. Rispetto al sistema di Locke, infine, la scuola scozzese di Reid fa
compiere un decisivo passo avanti al metodo della psicologica osservazione,
consentendo infine d’osservar la societa e di distinguerne e sceverare la parte
sostanziale dall’accidentale, cio che ne costituisce l’esistenza, la vita, il
principio, da cio che non e che una semplice forma contingente e variabile,
secondo la diversita de’tempi e de’ luoghi. Ma la questione della legittimita, trascurata
di fatto, siccome la personalita umana e dotata, secondo lui, d’una liberta
infinita, cosi e che il diritto non ista che nella limitazione della liberta di
ciascuno, perche possa co-esistere la liberta di tutti. Posto cio il diritto
deve garantire a ciascuno il dominio particolare nel quale deve svolgere la sua
liberta. Nello stesso saggio C. torna su Fichte riguardo alla relazione
tra lavoro e riposo e sul tema della moralita resa possibile dal produrre nel
minor tempo possibile cio che e necessario alla soddisfazione dei bisogni umani.
Primo tra i filosofi moderni che rifermasse questa verita semplice per se
stessa, ma troppo spesso disconosciuta, è Fichte, uno de’piu nobili ingegni di
Germania: e cio perche vide che la destinazione dell'uomo non edi essere
assorbito dal lavoro destinato alia vita fisica, ma sibbene d’avere a restargli
assai tempo per lo svolgimento della sua moralita. Del reale obbietto di ogni
filosofia e del solo procedimento a poterlo raggiungere, Progresso. Scrive Mastellone,
dichiarazione di fede eclettica puo considerarsi l’articolo di C. Del reale
obbietto d'ogni filosofia e del solo procedimento a poterlo raggiungere, Progresso.
La lunga dissertazione sulla necessita di porre a fondamento della filosofia
la psicologia per poi passare all’ontologia, e la definizione dei due obbietti
della filosofia (il mondo e l’anima) e dei tre ordini di fenomeni
nell’interiore della coscienza (i sensitivi, i volontari, e gli intellettivi)
sono tratte dall’opera di Cousin. Cfr. Del reale obbietto: “seguitando lo
stesso principio in morale, i suoi seguitatori non fannosi punto a
ricercar quale e la moralita nello stato attuale dell’uomo, ma invece
quali sono state le prime idee di bene e di male nell’uomo ridotto allo stato
selvaggio innanzi ogni civil comunanza. Cosi questa scuola modesta e timida
pone la quistione fondamentale di tutta la scienza psicologica; e
quantunque non fa che circoscrivere l’osservazione, e fermarsi laddove essa
cessa, purtuttavia frutto gran bene alle scienze politiche, e morali,
sollevando, per cosi dire, l’umana natura in una piu pura ragione dalle scuole
menzionate, richiede una terza scuola, che se ne è occupata specialmente, e
questa venne su a Konigsberg promossa da un ingegno meraviglioso. Se certamente
il formalismo kantiano presenta nella interpretazione cusaniana aspetti che
attiravano le riserve del lettore di Cousin e di Hegel, pure esso rappresenta
un termine di confronto essenziale alla definizione dell’obbligazione morale, e
di conseguenza della scienza morale e delle parti in cui questa si articola.
Piuttosto il limite di Kant, come si e poco prima ricordato, consiste nell’aver
posto il contratto a base dell’obbligazione sociale. Se si cerca nella ragione,
che ci comanda con un imperativo categorico, si deve per necessita ammettere
una societa a priori del genere umano, e si sarebbe conchiuso
che ci ha un diritto, che a noi vien da natura,
indipendententemente da ogni contratto e da ogni diritto positivo. La
relazione che si istituisce tra l’ideale ed il reale, tra principio ed
esperienza (ed anche tra l’apriori e l’aposteriori) comporta finalmente la
possibilita di definire una scienza sociale coerente con i principi della
scienza morale, giacche nell’unita della filosofia tutte le parti vengono
ricomposte. Se lasciamo la morale generale, e ci facciamo a risguardare l’economia
nelle sue relazioni colla filosofia del diritto, colla legislazione, e colla politica,
siccome queste non sono che parti della filosofia morale in generale, cosi non
potremo che scorgervi le stesse relazioni. somigliantemente in politica, le
indagini intorno allo stato primitivo delle societa, de’governi, delle leggi, e
la varieta de’sistemi che se ne ingenerano (perocche dove ha luogo la
congettura nissuno ha il potere di limitarla) cessano del tutto, e cominciossi
a osservar la Societa, cosi com’essa ci si presentano dinanzi. Dell’economia
politica: Ne sappiamo vedere come Kant,
che ha cosi bene stabilito l’obbligazione morale, ha poi dovuto ripeterla,
quanto alla proprieta, da un contratto e da una convenzione. Certo e vero, che
il non aver esaminato punto donde vienne l’obbligazione attaccata aquest’atto,
ha fatto si che siasi incorso in due errori, il primo di negare che la
proprieta sia di diritto di NATURA (non convenzionale, non arbitrario, non
consensuale), el’altro di ammettere uno stato primitivo e selvaggio dell’uomo
innanzi della societa; perciocche se si ècercata nella ragione, che ci comanda
con un imperativo categorico, si avrebbe per necessita dovuto ammettere
una societa a priori nel genere umano, esi è conchiuso che ci ha un
diritto, che a noi vien da NATURA, indipendentemente da ogni contratto e da
ogni diritto positivo. Ne vale ammetter questo contratto come FATTO nel
passato, o come da farsi nell’avvenire, non procedendo da cio nessun’illazione,
quando si tiene esser esso la base e il fondamento della proprieta. Sull’hegelismo
italiano (ed i specie napoletano) cfr. P. Piovani, Il pensiero idealistico,
in Storia d’ltalia, Torino, I documenti. C. puo cosi concludere il suo
tentativo - non dimentico di Fichte, ma sicuramente sensibile alla filosofia
vichiana - di delineare una scienza morale rivelatrice della missione civile
della filosofia. Ma la scienza sociale non e costituita che dalla filosofia del
diritto, la quale accenna all’ideale che devesi raggiungere nella societa umana,
e dalla politica che appoggiandosi sui precedenti storici della societa medesima,
ne osserva lo stato attuale e giudica di quale avanzamento progressivo possono
esser capaci. Ne sono lontani gl’anni nei quali, su altri testi d’una diversa
tradizione, e in cospetto d’una diversa realta socio-economica d’una diversa
regione d’ltalia, Minghetti propone la sua economia pubblica. coloritura
hegeliana o hegelianeggiante, l’ammirazione professata verso lo (piu o meno) studiato
filosofo individua come connotato essenziale questo idealismo, pur se, in senso
tecnico, iconfini effettivi delle conoscenze hegelistiche dei nostril hegeliani
risultano imprecisi, elastici, quasi sempre vicini a uno Hegel letto
prevalentemente in chiave fichtiana o kant-fichtiana. E di vero, nella
filosofia del diritto non si puo far astrazione dallo scopo che ha l’uomo a
raggiungere, se si deve poter determinare le condizioni esterne di cui
abbisogna, procedenti dalla volonta de’ suoi simili, nel cui insieme sta la
scienza del diritto. Ma lo scopo o la destinazione dell’uomo ingenera delle
relazioni tra la morale e l’economia; deve quindi di necessita ingenerarne
eziandio tra il diritto e l’economia”. Stefano Cusani. Cusani. Keywords:
l’assoluto, il relativo, spirito soggetivo, spiriti soggetivi, spirito
oggetivo, storiografia filosofica di Cousin, unita latitudinale della
filosofia, l’assoluto di Bradley, Hamilton, l’obbjezione all’assoluto, l’essere
e la metafisica, gl’esseri e la metafisica, economia e morale, la
fenomenologia, il fatto di coscienza intersoggetiva, hegelismo, Vico, Galluppi,
Mamiami, Colecchi, Rosmini. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Cusani” – The
Swimming-Pool Library.
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