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Thursday, November 28, 2024

GRICE ITALO A/Z C CO

 

Grice e Courmayeur: la ragione conversazionale e  l’implicatura conversazionale di Hegel in Italia – scuola di Torino – filosofia torinese – filosofia piemontese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Torino). Filosofo torinese. Filosofo piemontese. Filosofo italiano. Torino, Piemonte. Grice: “The most interesting thing about Courmayeur’s philosophy is that he is a count; unlike Locke, or the common-or-garden English Oxonian philosopher who doesn’t have a dime, this one has, as the Italians say, ‘all the money in the world’! That helps with philosophy! His forte is moral philosophy AND HEGEL, which proves that Hegel becomes the taste of aristocrats and not just dons like Bosanquet!” - Dall'antica famiglia valdostana dei Passerin d'Entrèves et Courmayeur. Ottenuta la maturità classica al Massimo d'Azeglio di Torino, si laurea con Solari con “Hegel” (Torino, Gobetti). Studia sotto Ruffini e Einaudi la filosofia politica del medio evo e il concetto di costituzione. Insegna a Torino. Fu capitano di complemento degli Alpini e membro del CLN, dal quale venne nominato, primo prefetto di Aosta. Fu all'origine dello statuto della regione autonoma Valle d'Aosta.  Fra le sue opere più note, Il concetto dello stato, è considerata da molti la sintesi del suo pensiero storico-filosofico.  Oltre che filosofo del diritto e storico del pensiero politico, viene considerato il fondatore della filosofia politica italiana come disciplina a sé stante, finalmente distinta dalla filosofia dello stato. Paradossalmente ciò avviene proprio col saggio, “Il concetto dello stato”. Ben diversamente dall'ordinamento tematico della “Staatslehre” come pure dall'ordinamento cronologico per filosofi in uso nella filosofia politica, ordina la filosofia politica secondo uno schema concettuale schiettamente filosofico: "il concetto di forza – forzare ", "il concetto di potere" (il verbo ‘potere’); "il concetto di autorità – auctoritas --". Il concetto di faccia dello stato, secondo una scala di qualificazione crescente. Il concetto di "forza" (il forzare) e qualificato di un imperativo, un mando o commando efficace. Il concetto di "potere" (potere del giurato) contiene il concetto di forza (il forzare – come un mando o imperativo efficace), ma organizzato in una istituzione e qualificato dal ‘giurato’. Finalmente la terza faccia, il concetto di "autorità" come contenendo la second faccia del potere del giurato, qualificato da una concetto di legge variable: la promozione del giurato, la promozione del bene comune (la res publica), o la promozione della piccolo patria. Altre opere: Il concetto dello stato (Torino: Giappichelli); “La Valle d'Aosta, Bologna: Boni); “La filosofia della politica, Torino: POMBA); “Filosofia politica nel medio evo italiano” (Torino: G. Giappichelli); “La filosofia politica d’Alighieri” (Einaudi, Torino); “Morale, diritto ed economia, Pavia: Libreria Internazionale F.lli Treves); “Morale, Roma: Athenaeum); “Appunti di storia delle dottrine politiche: la filosofia politica medioevale, Torino: Giappichelli);  “Il concetto dello stato in Zwingli", in Filosofia del diritto, Roma); La teoria del diritto e della politica in Inghilterra all'inizio dell'età moderna, Torino: Istituto giuridico della R. Università); “Obbedienza e resistenza” (Roma/Ivrea, Edizioni di Comunità). La piccola patria, Milano: Franco Angeli); Obbligazione Politica, Pensa Multimedia.  Dizionario biografico degli italiani. Biblioteca civica Passerin d'Entrèves. Ricerca Patria Lingua Nota disambigua.svg Disambiguazione – Se stai cercando altri significati, vedi Patria (disambigua). La Patria (dal latino = la terra dei padri) è il concetto di nazione e paese, natio interiorizzato e idealizzato.   L'Altare della Patria a Roma. Descrizione La patria è un topos prettamente letterario (concetto ricorrente) che è possibile ritrovare in tantissimi temi trattati e argomentati nelle scienze umane, con particolare frequenza nell'area umanistica.  BibliografiaModifica Vincenzo Cappelletti, Patria e Stato nel Risorgimento, in «Il Veltro», Finotti, Italia. L’invenzione della patria, Milano, Bompiani, Ceccarelli, Patria. Da patria a nazione, in Guido Pescosolido e Giuseppe Bedeschi (a cura di), Dizionario di storia, vol. 3, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana “Giovanni Treccani”, «patria» Collegamenti esterniModifica patria, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. patria, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Thesaurus Portale Antropologia   Portale Politica   Portale Storia Popolo insieme delle persone fisiche che sono in rapporto di cittadinanza con uno Stato  Statista personaggio politico deputato a governare e regolare gli affari di Stato  Sciovinismo forma fanatica ed esasperata di nazionalismo o patriottismo. Grice: “It’s only natural that Courmayeur had such an intricate concept of ‘state’ – he was born in a minority, like Russell, who was born in a place which some called England, some called Wales. The situation is so borderline that it reminded me of my ancestors, the Ingvaeonic – and see all the problem the Frisians are having in Germany! Now they do recognise the ‘anglo-frisiche’ – but hardly allow them to vote!” “It is not clear how the collectivity has any bearing on the third state of ‘state’ – the ‘auctoritas’ – but then perhaps ‘auctoritas’ is the wrong concept, since it just means ‘author’ – Courmayeur is making the point that all authority is legitimate authority. “You have no authority” means ‘you have  no legitimate power’ – and you have no power, means you have no legal force, and you have no force means you cannot command!” As Courmayeur would say: it’s all different in valaestan, the vernacular of Aosta, which hardly has the same status as Italian (since giuridically Aosta belongs to Italy) or French (since French is the official language, along with Italian). But don’t ask that imperialist Crystal for an answer!” Alexandre Passerin d'Entrèves et Courmayeur. Alessandro Passerin d’Entrèves et Courmayeur. Courmayeur. Keywords: Hegel in Italia, piccola patria, il concetto dello stato, filosofia politica versus staatslehre, prima faccia: il forzare come imperativo efficace; seconda faccia: il potere come il forzare organizzato in una istituzione e qualificato dal giurato; la terza e ultima faccia: l’autorita, come il potere qualificator da una legge centrata in un concetto ideale variabile: il giurato, il bene comune (res publica), la piccola patria. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Courmayeur” – The Swimming-Pool Library. Courtmayeur.

 

Grice e Cotroneo: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale della VIRTÙ – [andreia] – scuola di Campo Calabro – scuola di Reggio Calabria – filosofia calabrese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Campo Calabro). Filosofo italiano. Campo Calabro, Reggio Calabria, Calabria. Si laurea Messina sotto Volpe con “L’implicatura di Kierkegaard”. Ensegna a Messina. “Scritti”. “Lo storicismo di Cotroneo”. Altre opere: “Bodin teorico della storia” (Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane); “Croce e l'Illuminismo” (Napoli, Giannini); “I trattatisti dell'arte storica” (Napoli, Giannini); “Storicismo antico e moderno” (Roma, Bulzoni); “Rareta e storia” (Napoli, Guida); “Societa chiusa, società aperta” (Messina, Armando Siciliano Editore); “La ragione della libertà” (Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane); “Trittico siciliano: Scinà, Castiglia, Menza” (Roma, Cadmo); “Momenti della filosofia italiana” (Napoli, Morano); “Questione post-crociane” (Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane); “Tra filosofia e politica” (Soveria Mannelli, Rubbettino); “Le idee del tempo. L'etica. La bioetica. I diritti. La pace, Soveria Mannelli, Rubbettino); “Un viandante della complessità. Morin filosofo a Messina, Annamaria Anselmo, Messina, Armando Siciliano Editore); “Croce e altri ancora, Soveria Mannelli, Rubbettino); “Etica ed economica” (Messina, Armando Siciliano Editore); “La virtù” (Soveria Mannelli, Rubbettino); “Croce filosofo italiano, Firenze, Le Lettere); “Illuminismo, Napoli, La scuola di Pitagora); “Libertà” (Napoli, La scuola di Pitagora); “Storia della filosofia, Napoli, La scuola di Pitagora); “Positivismo, Napoli, La scuola di Pitagora); “Filosofia della storia, Napoli, La scuola di Pitagora); “Rinascimento, Napoli, La scuola di Pitagora); “Aristotele e Perelman, Retorica vecchia e nuova” introduzione (Napoli, Il Tripode); La retorica di Aristotele, retorica antica, Perelman, Itinerari dell'idealismo italiano, Napoli, Giannini, Raffaello Franchini, Teoria della pre-visione” (Messina, Armando Siciliano Editore, Croce, La religione della libertà. Antologia degli scritti politici, Soveria Mannelli, Rubbettino, Il diritto alla filosofia, Atti del Seminario di studi su Franchini” (Soveria Mannelli, Rubbettino); “Croce filosofo, Atti del Convegno di studi, Napoli-Messina” (Soveria Mannelli, Rubbettino); La Fenomenologia dello spirito” (Napoli, Bibliopolis); Cavour, Discorsi su Stato e Chiesa” (Soveria Mannelli, Rubbettino, Letteratura critica Giovanni Reale, Girolamo Cotroneo, in Dario Antiseri e Silvano Tagliagambe, Storia della filosofia, Milano, Bompiani, Lo storicismo di Cotroneo, Soveria Mannelli, Rubbettino, Giuseppe Giordano, Tra Storia della Filosofia e Liberalismo, in Bollettino della Società Filosofica Italiana, Roma, Carocci, Giordano, Rivista di storia della filosofia, Milano, Franco Angeli, C., in Treccani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Ricerca Virtù disposizione d'animo volta al bene Lingua Segui Modifica Nota disambigua.svg Disambiguazione – Se stai cercando altri significati, vedi Virtù (disambigua). La virtù (dal latino virtus; in greco ἀρετή aretè) è una disposizione d'animo volta al bene, che consiste nella capacità di una persona di eccellere in qualcosa, di compiere un certo atto in maniera ottimale, o di essere o agire in un modo ritenuto perfetto secondo un punto di vista morale, religioso, o anche sociale in base a alla cultura di riferimento.  Il significato di virtù ha risentito di quello di bene, un concetto che assume significati diversi a seconda delle modifiche intervenute nel corso delle varie situazioni storiche e sociali. Concezione questa non condivisa dalle dottrine che ne negano il relativismoconnesso e che intendono la virtù come l'assunzione di valori, intesi come assoluti, immutabili nel tempo. La parola latina virtus, che significa letteralmente "virilità", dal latino vir "uomo" (nel senso specifico di "maschio" e contrapposto alla donna) si riferisce ad esempio alla forza fisica e a valori guerreschi maschili, come ad esempio il coraggio.  Nella lingua italiana la virtù è invece la qualità di eccellenza morale sia per l'uomo sia per la donna e il termine è riferito comunemente anche a un qualche tratto caratteriale considerato da alcuni positivo.   Personificazione della virtù nella Biblioteca di Celso. La virtù nella filosofia occidentale anticaModifica Il concetto grecoModifica  Niccolò Machiavelli Nella visione della vita secondo la filosofia anticagreca, la concezione dell'aretè non era connessa all'azione per il conseguimento del bene, bensì indicava semplicemente una forza d'animo, un vigore morale e anche fisico. Essa coincide con la realizzazione dell'essenza innata della persona, sia sul piano dell'aspetto fisico, il lavoro, il comportamento e gli interessi intellettuali.  Questa concezione di virtù contiene l'eccellenza degli eroi omerici, quella degli statisti Ateniesi, o quella descritta nel Menone di Platone ovvero la capacità di ben governare. In questo senso il coraggio, la moderazione e la giustizia erano virtù morali.  Tale sarà, ad esempio, il senso nella concezione rinascimentale sulla politica in Niccolò Machiavelli che vorrà distinguere l'aretè del principe moderno, come la capacità di opporsi alla "fortuna" e di modificare le circostanze ai propri fini di potere e con lo scopo principale del mantenimento dello stato (senza tener conto del giudizio morale sui mezzi impiegati), dalla virtus cristiana del sovrano medioevale che governa per grazia di Dio a cui deve rispondere per la giustificazione della sua azione politica, diretta anche a difendere i buoni e proteggere i deboli dalla malvagità. Nel Principe nessuna considerazione morale né religiosa dovrà ostacolare la sua azione spregiudicata e forte, frutto della sua "aretè", tesa a mettere ordine là dov'è il caos della politica italiana. Non diversamente, nella visione di Nietzsche la virtù consisterà nella "volontà di potenza" in opposizione alla "morale degli schiavi" nata dallo spirito di risentimento del Cristianesimo nei confronti degli uomini superiori.  Le virtùModifica  Platone Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Etica  Socrate e Platone. La concezione della virtù nel pensiero greco antico costituisce il fulcro centrale dell'etica e delle sue trasformazioni nel corso del tempo.  Così in Platone le virtù corrispondono al controllo della parte razionale dell'anima sulle passioni. Ne La Repubblica verranno indicate per la prima volta le quattro virtù, che da Sant'Ambrogio in poi verranno chiamate "cardinali", vale a dire principali:  la temperanza, intesa come moderazione dei desideri che, se eccessivi, sfociano nella sregolatezza; il coraggio o forza d'animo necessaria per mettere in atto i comportamenti virtuosi; la saggezza o "prudenza", variamente intesa dalla speculazione antica seguente, che costituisce, come controllo delle passioni, la base di tutte le altre virtù; la giustizia è quella che realizza l'accordo armonico e l'equilibrio di tutte le altre virtù presenti nell'uomo virtuoso e nello stato perfetto. Le virtù secondo Aristotele Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Aristotele L'Etica. Aristotele Mentre Platone parlava genericamente di saggezza per l'esercizio della virtù, Aristotele la distingue invece dalla "sapienza". La saggezza, o "prudenza", è una "virtù dianoetica", propria cioè della razionalità comune a tutti che ispira la condotta umana permettendo il giusto esercizio delle "virtù etiche", quelle cioè che riguardano l'azione concreta.  Tra le virtù dianoetiche che presiedono alla conoscenza (intelletto, scienza, sapienza) o alla attività tecniche (arte), la saggezza è propria di colui che, pur non essendo filosofo, è in grado di operare virtuosamente. Se si dovesse acquisire la sapienza filosofica per praticare le virtù etiche questo comporterebbe che solo chi ha raggiunto l'età matura, divenendo filosofo, potrebbe essere virtuoso mentre con la saggezza, grado inferiore della sapienza, anche i giovani possono praticare quelle virtù etiche che permetteranno l'acquisto delle virtù dianoetiche. La saggezza insomma permette una vita virtuosa, premessa e condizione della sapienza filosofica, intesa come "stile di vita" slegato da ogni finalità pratica, e che pur rappresentando l'inclinazione naturale di tutti gli uomini solo i filosofi realizzano a pieno poiché  «Se in verità l'intelletto è qualcosa di divino in confronto all'uomo, anche la vita secondo esso è divina in confronto alla vita umana.»  Virtù eticheVirtù dianoetiche Giustizia Coraggio Temperanza Liberalità Magnificenza Magnanimità Mansuetudine Virtù calcolative Arte Prudenza Virtù scientifiche Sapienza Scienza Intelligenza La saggezza può esser fatta conseguire ai giovani tramite l'educazione che i saggi, o quelli ritenuti tali dalla collettività, impartiranno anche con l'esempio concreto della loro condotta. Da questi modelli il giovane apprenderà che le virtù etiche consistono nella capacità di comportarsi secondo il "giusto mezzo" tra i vizi ai quali si contrappongono (ad esempio il coraggio è l'atteggiamento mediano da preferire tra la viltà e la temerarietà), sino a conseguire con l'abitudine un abito spontaneamente virtuoso: infatti  «La virtù è una disposizione abitudinaria riguardante la scelta, e consiste in una medietà in relazione a noi, determinata secondo un criterio, e precisamente il criterio in base al quale la determinerebbe l'uomo saggio. Medietà tra due vizi, quello per eccesso e quello per difetto»  In medio stat virtus è il detto della filosofia scolastica che traduce il concetto greco di mesotes.  La virtù secondo gli stoiciModifica Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Stoicismo Etica. La saggezza, ossia la capacità di operare con prudenza, è al centro della morale epicurea e stoicama, mentre per gli epicurei la virtù si consegue attraverso un calcolo razionale dei piaceri stabilendo quali di essi siano veramente necessari e naturali, per gli stoici invece il comportamento virtuoso, risultato del conseguimento dell'"apatia", cioè della liberazione ascetica dalle passioni, è di per sé portatore di felicità. Per coloro che non riescono a condurre la loro vita secondo saggezza lo stoicismo indicherà delle regole di condotta che insegneranno a operare secondo ciò che è più "conveniente" od opportuno tenendosi sempre lontano dagli eccessi delle passioni.  La morale stoica ispirerà quella dei filosofi come Cartesio, che rivaluterà tra le passioni quella della "magnanimità", considerata virtù somma, e Spinoza che afferma che «il primo e unico fondamento della virtù, ossia della retta maniera di vivere, è di cercare il proprio utile» intendendo per "utile" solo ciò che «conduce l'uomo a maggior perfezione» infatti «gli uomini che ricercano il proprio utile sotto la guida della ragione non appetiscono per sé niente che non desiderino gli altri uomini, e perciò essi sono giusti, fedeli, onesti» e per ciò stesso la virtù è premio a sé stessa come portatrice di una vita serena condotta secondo la razionalità.  Le virtù secondo il cristianesimo Il fine di una vita virtuosa consiste nel divenire simili a Dio Nel pensiero cristiano oltre le virtù umane è possibile l'esercizio di quelle soprannaturali: le virtù teologali di fede, speranza e carità che in qualche modo dovranno conciliarsi con quelle dell'etica antica.  San Tommaso conserverà la validità delle virtù "cardinali" aristoteliche ma considerandole inferiori a quelle teologali mentre Agostino riteneva false le virtù umane dei pagani che mascherano sotto il nome di virtù quello che in realtà è l'esercizio di vizi "splendidi", ma pur sempre negativi in quanto causati dall'orgoglio e dalla ricerca dell'effimera gloria umana. L'unica grande virtù è la carità, l'amore di Dio il cui esercizio, per quanto essi facciano, non dipende dagli uomini ma dalla volontà divina che lo infonde negli spiriti eletti, cioè dalla infusione nell'uomo della indispensabile grazia divina. Concezione questa che riaffiorerà con la Riforma protestante e nel Giansenismo.  Inoltre uno dei nove cori delle gerarchie angeliche, viene denominato Virtù ed indica secondo lo Pseudo-Dionigi il coro angelico preposto a dispensare la grazia divina.  La virtù nel pensiero moderno Nella filosofia dell'età moderna la concezione della virtù oscilla tra quella che la considera come l'esercizio di un controllo delle passioni a cui rinunciare e quella che invece la ritiene rientrare nell'ambito di un comportamento istintivo e naturale dell'uomo. Alla prima interpretazione si associano le dottrine della corrente libertina da Bayle a Mandeville che ironizzano sulla effettiva possibilità per gl’uomini dell'esercizio delle virtù che se anzi fossero attuate provocherebbero la disgregazione della società. Il vizio è tanto necessario in uno stato fiorente quanto la fame è necessaria per obbligarci a mangiare. È impossibile che la virtù da sola renda mai una nazione celebre e gloriosa. Si è sempre parlato ipocritamente di virtù, osservano i libertini, le quali in realtà sono la mascheratura dei propri vizi come ben appare nella contrapposizione tra le ostentate "pubbliche virtù" e i nascosti "vizi privati". La virtù come sacrificio del singolo cittadino a vantaggio della patria di tutti, è anche nella concezione politica di Montesquieu che riporta questo comportamento civile ai regimi repubblicani mentre in quelli monarchici prevale l'orgoglio e in quelli dispotici la paura. Anthony Ashley Cooper, III conte di Shaftesbury Nell'etica inglese la virtù è intesa, in opposizione alle dottrine sull'"egoismo" di Thomas Hobbes, come atteggiamento impulsivo naturale determinato dal sentimento morale della benevolenza (Shaftesbury e Francis Hutcheson) che spinge l'uomo a operare senza badare alla riprovazione morale dell'opinione pubblica, al terrore di una punizione futura o all'intervento delle autorità, istituite come incentivi alla bontà. L'azione virtuosa dell'uomo è invece ispirata dalla voce della coscienza e dall'amore di Dio. Solo questi due fattori spingono l'uomo verso la perfetta armonia, per il suo stesso bene e per quello dell'universo. Lo stesso istinto alla virtù secondo David Hume e Adam Smith è quello della simpatia. Le nostre sensazioni nelle relazioni con gli altri (e le azioni sono valutabili moralmente in rapporto ad altri uomini), non possono essere ridotte a una dimensione esclusivamente egoistica: ciò che noi proviamo è condizionato sempre da ciò che provano gli altri in conseguenza delle nostre azioni.»  (David Hume, Trattato sulla natura umana, Libro terzo, Parte terza, sez. prima-terza) «Per scoprire la vera origine della morale, e quella dell'amore e dell'odio che deriva dalle qualità morali, dobbiamo considerare nuovamente la natura e la forza della simpatia. Gli animi degli uomini sono simili nei loro sentimenti o nelle loro operazioni, né esiste un sentimento che si produca in una persona di cui non partecipino, in qualche grado, tutte le altre. Questa disposizione naturale e spontanea dell'uomo all'esercizio della virtù troverà espressione nel deismo e in seguito costituirà il nucleo della teoria romantica dell'"anima bella" di Schiller.  La virtù come sforzo. Kant Una ripresa della concezione della virtù come repressione delle passioni umane è nella filosofia morale di Kant che distingue una "dottrina della virtù" dalla "dottrina del diritto". Nel diritto l'uomo si sottomette alla legge per rispettarne la formalità esteriore senza considerare il motivo della sua azione ma solo perché così prescrive la norma, mentre nella morale ci si vuole comportare secondo il dettato morale indipendentemente da qualsiasi motivo e conseguenza della propria azione: si realizza così la virtù come soggezione della volontà all'"imperativo categorico". La vetta, opera simbolista di Saccaggi, che esprime i concetti romantici di Streben (sforzo) e Sehnuct (struggimento), ossia l'anelito dell'uomo verso un ideale che si rivela sempre più arduo ed elevato. L'imperativo categorico, ossia la virtù, implica che l'uomo debba compiere uno sforzo (Streben), combattendo le inclinazioni sensibili e le passioni, nel conformare la sua volontà a ciò che l'imperativo comanda, mentre pensare che questo possa avvenire spontaneamente significa confondere la debolezza umana con ciò che è proprio della santità che appartiene solo a Dio che non ha nessun dovere nei confronti della legge morale. Ciò che prescrive la morale è identico sia per gli uomini sia per la divinità, ma questa, poiché non ha niente che possa ostacolarla nell'osservanza della legge morale, non ha neppure virtù. Questa visione della virtù assimilerebbe il pensiero kantiano allo stoicismo che Kant invece rifiuta laddove questo connette all'esercizio della virtù la felicità. Certo l'uomo nella sua costituzione sensibile ha bisogno della felicità ma nulla garantisce che egli possa raggiungerla. Un'esigenza di giustizia vuole poi che l'uomo abbia una felicità bilanciata al suo comportamento virtuoso ma poiché questo non accadrà mai nel nostro mondo terreno, egli allora postulerà l'esistenza di un'anima immortale a cui un Dio giusto assicuri la giusta felicità.  L'etica kantiana, tradotta da Fichte e Schelling nella tensione verso un ideale infinito a cui l'Io cerca progressivamente di conformare il non-io, pur non raggiungendolo mai definitivamente, sarà invece messa in discussione da Hegel, il quale vi vedrà l'espressione di un tipico soggettivismo delle "virtù private" contrapposto a quella "eticità" antica, ancora valida nel suo tempo, da apprezzare perché rivolta alla collettività dove si realizza il bene tramite la famiglia, la società civile e lo Stato.[Le virtù secondo il BuddhismoModifica Il Buddhismo sostiene la conciliabilità tra saggezza e virtù come un desiderabile obiettivo per l'uomo buono che ci ricorda l'antica concezione socraticaispirata a quell'intellettualismo etico secondo cui il l'uomo fa il male perché ignora cosa sia il bene.  Le virtù nel Buddhismo sono il continuo applicare, come regole di autodisciplina nella vita quotidiana, dei Tre rifugi o dei Cinque precetti che consistono nello  1. Astenersi dall'uccidere o danneggiare qualunque creatura vivente 2. Astenersi dal prendere ciò che non ci è stato dato 3. Astenersi da una condotta sessuale irresponsabile 4. Astenersi da un linguaggio falso o offensivo 5. Astenersi dall'assumere bevande alcoliche e droghe Vivendo in questo modo si incoraggiano la disciplina e la sensibilità necessarie per chi voglia coltivare la meditazione, che è il secondo aspetto del sentiero.  La virtù nella filosofia cinese La virtù (traduzione di "de" ) è un concetto importante anche nelle filosofie cinesi come il confucianesimo e il taoismo. Le virtù cinesi comprendono l'umanità, lo xiao (solitamente tradotta come pietà filiale) e zhong (lealtà). Un valore importante, contenuto nella gran parte del pensiero cinese, è che lo stato sociale di ciascuno debba essere determinato dall'insieme delle sue virtù manifeste, e non da un qualunque privilegio di nascita. Nei suoi Analecta, Confucio parla della pratica che conduce alla perfetta virtù. Le virtù confuciane si sviluppano in due rami: il ren e il li; il ren può essere tradotto come benevolenza, amore disinteressato, e l'uomo la può raggiungere praticando cinque virtù: magnanimità, rispetto, scrupolosità, gentilezza e sincerità. Confucio afferma che queste virtù devono essere praticate verso il li, che è la parte pratica della virtù confuciana. Il li consiste in cinque canali relazionali: marito/moglie, genitore/figlio, amico/amico, giovane/anziano, suddito/sovrano.  Romanus Cessario, Le virtù, Editoriale Jaca, Ancient Ethical Theory (Stanford Encyclopedia of Philosophy) Ferroni, Machiavelli, o Dell'incertezza: la politica come arte del rimedio, Donzelli Editore, Platone, Repubblica o sulla giustizia. Testo greco a fronte, a cura di Vitali, Feltrinelli, Aristotele, Etica Nicomachea, Aristotele, Etica Nicomachea, Kambouchner, L'Hommes des passions. Commentaires sur Descartes, Paris, Albin Michel, BODEI (si veda) Geometria delle passioni. Paura, speranza, felicità: filosofia e uso politico, Feltrinelli, Eth. V, prop. 41 Eth. IV, prop. Gregorio di Nissa, De beatitudinibus, oratio 1: Gregorii Nysseni opera, ed. W. Jaeger (Leiden L'elenco è dedotto dalla prima lettera di Paolo ai Tessalonicesi: «Rivestiti della corazza della fede e della carità avendo come elmo la speranza» (1Ts 5,8) Kostko, Beatitudine e vita cristiana nella Summa theologiae di S. Tommaso d'Aquino, Edizioni Studio Domenicano, I vizi capitali considerati come gli opposti delle virtù nella concezione cristiana sono superbia, avarizia, lussuria, gola, ira, invidia e accidia (in Domenico Galvano, Catechismo della diocesi di Nizza1) Mondin, Etica e politica, Edizioni Studio Domenicano, Mandeville, La favola delle api ^ L'espressione si ritrova nell'operetta di Bernard de Mandeville pubblicata anonima con il titolo The Grumbling Hive, or Knaves Turn'd Honest (Ronzio di arnie, o Furfanti divenuti onesti), ristampata con l'aggiunta del sottotitolo Vizi privati e pubbliche virtù e infine con il titolo Fable of the Bees: or, Private Vices, Publick Benefits (La favola delle api: ovvero vizi privati, pubbliche virtù) Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, Kant, Metafisica dei costumi Galli e Aa.Vv., Saccaggi: un poliedrico pittore internazionale su gabbantichita.com, Studio d'Arte e Restauro Gabbantichità. Nell'opera, intitolata anche La regina dei ghiacci, l'atteggiamento passionale e implorante dell'uomo si contrappone alla gelida irraggiungibilità della donna, allegoria della Montagna-Natura. Fraisopi, Adamo sulla sponda del Rubicone: analogia e dimensione speculativa in Kant, Armando, Pasquale Fernando Giuliani Mazzei, Kant e Hegel: un confronto critico, Guida; Hua, Buddhismo: Une breve introduzione, Dharma Realm Buddhist Association, Pavolini, Buddismo, Hoepli,  Chiesa Cattolica, Catechismo della Chiesa Cattolica, Città del Vaticano, New Catholic Encyclopedia, Catholic University of America, Natoli, Dizionario dei vizi e delle virtù, Feltrinelli UE Scheler, Per la riabilitazione della virtù. Aquino, Le virtù. Quaestiones de virtutibus, I e V, Testo latino a fronte, Milano, Bompiani, Paideia Bushidō Moralità Etica Bontà Teoria dei valori Giustizia sociale Pietà (teologia) Sette peccati capitali Virtù cardinali Virtù teologali Timè. virtù virtù, Dizionario di filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Virtù  Virtù (altra versione), su Enciclopedia Britannica.Virtù, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company. Modifica su Wikidata The Four Virtues, su thefourvirtues.com. The Virtues Project, su metamind. Virtue Science.com.  Portale Filosofia   Portale Religione.  Etica ramo della filosofia  Etica Nicomachea opera di Aristotele  Virtù dianoetiche ed etiche Girolamo Cotroneo. Cotroneo. Keywords: VIRTÙ, retorica, retorica di Aristotele, retorica nuova, retorica moderna, Perelman, rareta e storia, Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Cotroneo” – The Swimming-Pool Library. Cottroneo.

 

Cotta: la ragione conversazionale all’accademia a Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. He appears as a character in De natura deorum by Cicerone. There he presents the points of view of the Accademia. However, he spends some time in exile and almost certainly studies the doctrine of the Porch and that of the Garden as well. Gaio Aurelio Cotta. Cotta.  

 

Grice e Cotta:  la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale nella storia del diritto romano – filosofia fiorentina – filosofia toscana-- filosofia italiana – Luigi Speranza (Firenze). Filosofo fiorentino. Filosofo toscano. Filosofo italiano. Grice: “My favourite explorations by Cotta are three: ‘per che violenza?” – “dalla guerra alla pace: un itinerario filosofico” and a secondary-literature study on ‘i concordati’ --- which is MY philosophy. You see, Plato thought that the soul resided in the brain – cool as he was – but Aristotle corrected him: it resides in the HEART – Cicero loved that and coined ‘cum-cor’ – i.e. something like my cum-operare: your hearts convene!” -- Grice: “I would say Cotta is Italy’s H. L. A. Hart, with a bonus – he wrote on essentialism, deontic logic, and from war to peace!”  Figlio di Alberto, studioso di scienze forestali, e Maria Nicolis di Robilant. Da parte di madre è discendente diretto di Eulero. Studia a Firenze presso l'istituto dei barnabiti La Querce. Si laurea a Firenze. Chiamato alle armi con il grado di sottotenente, il giorno dell'annuncio dell'armistizio, è in Friuli. Scioltosi l'esercito, scende in barca lungo l'Adriatico per raggiungere l'Italia non ancora occupata dai tedeschi. Ammalatosi di malaria, dopo svariate traversie decide di raggiungere il Piemonte, dove partecipa alla guerra di resistenza come comandante di una brigata partigiana nella VII Divisione Autonoma "Monferrato". È tra i primi ad entrare a Torino nei giorni della liberazione. Per la sua partecipazione alla guerra partigiana gli vengono attribuite la Medaglia di bronzo al valor militare e la Croce di guerra. Dopo gli studi sul pensiero politico dell'Illuminismo i suoi interessi si sono incentrati sulla filosofia giusnaturalistica, che è stato in grado di fondere con elementi della fenomenologia. Autore di saggi sulla visione politica di Montesquieu, Filangieri, Aquino ed Agostino, dedicandosi in seguito a riflessioni teoriche sul diritto e sulla politica. Insegna a Torino, Perugia, Trieste, Trento, Firenze, Roma, e Teramo. Fu tra i componenti del comitato promotore del referendum abrogativo della legge sul divorzio. Altre opere: “La società; “Il concetto di ‘legge’ in Filangieri” (Torino, Giappichelli); “Il concetto di ‘legge’ in Aquino” (Torino, Giappichelli). “Il concetto di Roma come città in Agostino”; “Filosofia e politica nell'opera di Rousseau”; “La sfida tecnologica”; “L'uomo tolemaico” – la ferita narcissista di Galileo – “Quale Resistenza?, Perché la violenza; “Il normato: tra il giurato e l’obbligato”; “Il diritto nell'esistenza. Linee di ontofenomenologia giuridica”; “Dalla guerra alla pace”; “l’uomo, la persona, il diritto umano”; “Il pensiero politico di Montesquieu, Bari, Laterza); “L’inter-soggetivo giurato”; “I limiti della politica, “Il sistema di valori e il diritto”; Perché il diritto Quid ius?” (Brescia, La Scuola). Stante la concessione chirografata dall'ex re Umberto II, C. puo fregiarsi del titulo nobiliare di “conte”, sia pure del tutto informalmente stante l'instaurazione dell'ordinamento repubblicano e la XIV disposizione finale e transitoria della Costituzione. Diritto romano ordinamento giuridico della civiltà romana Lingua Segui Modifica Con diritto romano si indica l'insieme delle norme che hanno costituito l'ordinamento giuridico romano per circa tredici secoli, dalla data convenzionale della Fondazione di Roma fino alla fine dell'Impero di Giustiniano (565 d.C.). Infatti, tre anni dopo la morte di Giustiniano l'Italia fu invasa dai Longobardi: l'impero d'Occidente si dissolse definitivamente e Bisanzio, formalmente imperiale e romana, si allontanò sempre più dall'eredità dell'antica Roma e della sua civiltà (anche giuridica). Il Corpus Iuris Civilis in una stampa, che raggruppava l'insieme di tutte le leggi romane contemporanee e precedenti alla sua compilazione, avvenuta sotto Giustiniano I «Iuris praecepta sunt haec: honeste vivere, alterum non laedere, suum cuique tribuere. Le regole del diritto sono queste: vivere onestamente, non danneggiare nessuno, dare a ciascuno il suo.»  (Eneo Domizio Ulpiano Libro secondo delle Regole dal Digesto 1.1.10 principio [1]) L'importanza storica del diritto romano si riflette ancora oggi in una lista di termini legali latini. Infatti, dopo la dissoluzione dell'Impero romano d'Occidente, il Codice giustinianeo rimase in effetti nell'Impero romano d'Oriente, conosciuto come Impero bizantino. Il linguaggio legale in Oriente fu il greco.  Il diritto romano definisce un sistema legale applicato nella maggior parte dell'Europa occidentale fino alla fine del XVIII secolo. In Germania, il diritto romano venne utilizzato più a lungo sotto il Sacro Romano Impero. Il diritto romano servì inoltre come base per la pratica legale attraverso l'Europa occidentale continentale, così come nella maggior parte delle colonie delle nazioni europee, inclusa l'America latina e pure l'Etiopia. Il sistema inglese e nord americano della common law venne influenzato anche dal diritto romano, in particolare nel loro glossario giuridico latineggiante. Anche la parte orientale dell'Europa venne influenzata dalla giurisprudenza del Corpus Iuris Civilis, specialmente nei paesi come la Romania medievale che creò un nuovo sistema, un mix del diritto romano e locale. L'Europa orientale fu inoltre influenzata dal diritto medievale bizantino.  Il diritto romano viene diviso approssimativamente in tre o cinque differenti stadi evolutivi. Dalla fondazione di Roma alle leggi delle XII Tavole.  Magnifying glass icon mgx2.svg Storia del diritto romano, Ius Quiritium e Mos maiorum. La prima fase, detta del diritto arcaico o quiritario, comprende il periodo che ha inizio con la fondazione di Roma e giunge alle Leggi delle XII tavole. In questo periodo, il diritto privato, compreso il diritto civile romano era applicato solo ai cittadini romani, ed era legato alla religione. Si trattava di una forma giuridica non sviluppata, quindi non contenente gli attributi di formalismo rigoroso, simbolismo e conservatorismo. Il giurista Sesto Pomponio disse: "All'inizio della nostra città, le persone iniziarono le loro prime attività senza alcun diritto scritto, e senza alcuna regola fissa: tutte le cose erano governate dispoticamente dai re". Si ritiene che il diritto romano sia radicato nella mitologia etrusca, con un'enfatizzazione dei rituali. Diritto repubblicano fino alla seconda guerra punica. Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Leggi delle XII tavole, Leges Liciniae Sextiae, Lex Canuleia, Lex Hortensia e Lex Aquilia. L'inizio del secondo periodo coincide con il primo testo di diritto: le leggi delle XII tavole. Il tribuno della plebe, Gaio Terentillo Arsa, propose che le leggi fossero scritte, per evitare che i magistrati potessero applicarle in modo arbitrario.Dopo otto anni di scontri politici, i plebei riuscirono a convincere i patrizia inviare un'ambasceria ad Atene, per copiare le leggi di Solone; essi inviarono poi altre delegazioni ad altre città greche per ottenerne il consenso. Secondo quanto ci racconta Livio, furono scelti dieci cittadini romani per mettere per iscritto le leggi. Mentre stavano eseguendo questo lavoro, gli vennero attribuiti poteri politici supremi, detti imperium, mentre il potere dei normali magistrativenne ridotto. I decemviri produssero le leggi su dieci tavole, dette tabulae, ma lasciarono insoddisfatti i plebei. Un nuovo decemvirato, si racconta, aggiunse due ulteriori tavole. La nuova legge delle XII tavole venne ora approvata dall'assemblea popolare. Gli studiosi moderni tendono a non dar credito alla precisione degli storici romani. Non credono in genere che un secondo decemvirato abbia mai avuto luogo. Il decemvirato si ritiene abbia incluso i punti più controversi del diritto consuetudinario, e di aver assunto le funzioni principali a Roma. Inoltre, la questione sulla influenza greca trovata nel diritto romano arcaico è ancora molto discussa. Molti studiosi ritengono improbabile che i patrizi abbiano inviato una delegazione ufficiale in Grecia, come gli storici romani credevano. Invece, gli studiosi suggeriscono che i Romani abbiano acquisito leggi dalle città greche della Magna Grecia, serbatoio principale dal mondo romano a quello greco. Il testo originale delle XII tavole non si è conservato, anche perché furono distrutte durante il sacco di Roma da parte dei Galli. I frammenti sopravvissuti mostrano che non si trattava di un codice del diritto in senso moderno. Non forniva infatti un sistema completo e coerente di tutte le norme applicabili o nel dare soluzioni giuridiche per tutti i casi possibili. Piuttosto, le tabelle contenevano disposizioni specifiche volte a modificare l'allora esistente diritto consuetudinario, anche se le disposizioni erano valide per tutti i settori del diritto, dove la parte più ampia era dedicata al diritto privato e alla procedura civile.  In seguito le leggi delle dodici tavole vennero integrate da una serie di nuove leggi come:  la Lex Canuleia, che ammetteva il matrimonio (ius connubii) tra patrizi e plebei; le Leges Licinae Sextiae che prevedevano restrizioni sui terreni pubblici (ager publicus), dove almeno uno dei due consoli doveva essere plebeo; la Lex Ogulnia dove i plebei ottennero l'accesso alle cariche sacerdotali; la Lex Hortensia dove i verdetti delle assemblee plebee (plebiscita) ora riguardavano tutte le persone; la Lex Aquilia, che poteva essere considerata come la fonte del moderno diritto civile. Tuttavia, il contributo più importante di Roma alla cultura giuridica europea non fu la promulgazione di leggi ben elaborate, ma l'emergere di una classe di professionisti giuristi e della giurisprudenza. Questo venne realizzato applicando in modo graduale e con metodo scientifico la filosofia al soggetto del diritto, tema che i greci stessi mai trattarono come una scienza.  Tradizionalmente, le origini della giurisprudenza romana sono collegate a Gneo Flavio, il quale sembra abbia pubblicato una serie di "modi di dire" contenenti il linguaggio giuridico da utilizzare in tribunale per intraprendere un'azione legale. Prima di Flavio, queste formule sembra fossero segrete e note solo ai sacerdoti. La loro pubblicazione rese così possibile, anche per chi non ricopriva cariche sacerdotali, di esplorare il significato di questi testi di legge. Il periodo che successe dopo la fine della seconda guerra punica fino all'avvento del principato, corrisponde storicamente al periodo del diritto chiamato pre-classico. Questo periodo coincise con una produzione da parte dei giuristi di un grande numero di trattati, soprattutto a partire dal II secolo a.C. Tra i più famosi giuristi del periodo repubblicano si ricordano, Quinto Mucio Scevolaautore di un voluminoso trattato su tutti gli aspetti del diritto romano, che ebbe grande influenza nelle epoche successive, e Servio Sulpicio Rufo, amico di Marco Tullio Cicerone. E benché Roma avesse sviluppato un sistema del diritto molto evoluto, oltre a una raffinata cultura legale, la Repubblica romanavenne rimpiazzata dal principato.  In questo periodo possiamo notare lo sviluppo di leggi più flessibili per soddisfare le esigenze del momento. In aggiunta al vecchio e formale ius civile venne creata una nuova classe giuridica: lo ius honorarium, che può essere definita come "la legge introdotta dai magistrati che avevano il diritto di promulgare editti al fine di sostenere, integrare o correggere la giurisprudenza esistente. Con questa nuova legge il vecchio formalismo venne abbandonato per i più flessibili principi dello ius gentium.  L'adattamento del diritto alle nuove esigenze fu dedicata alla pratica giuridica dei magistrati, e soprattutto riguardante i pretori. Un pretore non era un legislatore e non poteva tecnicamente creare una nuova legge quando emetteva i suoi editti. I risultati delle sue sentenze godevano di tutela giuridica[19] ed erano in effetti spesso fonte di nuove norme giuridiche. Il successore del precedente pretore non era vincolato dalle disposizioni del suo predecessore; comunque doveva rifarsi alle norme contenute negli editti del suo predecessore che si dimostrassero utili. In questo modo si generò un modo costante di operare da un punto di vista giuridico, editto per editto. Così, nel corso del tempo, parallelamente al diritto civile, che andava integrandosi e correggendosi, emerse un nuovo corpo di leggi pretorie. In realtà, la legge pretoria venne così definita dal celebre giurista romano Papiniano. Ius praetorium est quod praetores introduxerunt adiuvandi vel supplendi vel corrigendi iuris civilis gratia propter utilitatem publicam. Il diritto pretorio è una legge introdotta da pretori per integrare o correggere il diritto civile per il bene pubblico.»  Alla fine, il diritto civile e il diritto pretorio si fusero nel Corpus Iuris Civilis. I primi duecentocinquant'anni da Augusto, fino alla morte dell'imperatore Alessandro Severo corrispondono al cosiddetto "periodo classico". Questo momento storico rappresentò per il diritto e la giurisprudenza romana il momento più elevato dell'intera storia romana. I successi letterari e le pratiche dei giuristi di questo periodo hanno dato una forma unica al diritto romano.  I giuristi lavorarono in diverse direzioni, dando pareri legali: su richiesta delle parti private; ai magistrati a cui era affidata l'amministrazione della giustizia, soprattutto i pretori; nella redazione degli editti dei pretori, quando veniva annunciato pubblicamente l'inizio del loro mandato, su come avrebbero gestito le loro funzioni, oltre alle formule, in base alle quali vennero condotti procedimenti specifici. Alcuni giuristi vennero incaricati di occuparsi di prestigiosi uffici giudiziari e amministrativi. I giuristi produssero, inoltre, tutta una serie di commentari legali e trattati. Attorno al 130 il giurista Salvio Giuliano redasse un modello standard di come doveva essere redatto un editto di un pretore, che poi venne utilizzato da tutti i pretori da quel momento in poi. Questo editto conteneva dettagliate descrizioni di tutti i casi, nei quali il pretore avrebbe potuto compiere un'azione legale e una difesa. L'editto standard funzionava come un codice di legge completa, anche se formalmente non aveva forza di legge. Esso indicava i requisiti giuridici per un'azione legale di successo. L'editto divenne pertanto la base per numerosi commentari giuridici da parte dei giuristi classici di epoca tarda come, Giulio Paolo e Eneo Domizio Ulpiano. I nuovi concetti e istituti giuridici elaborati dai giuristi di epoca pre-classica e classica sono troppo numerosi da menzionare qui. Seguono quindi alcuni esempi:  i giuristi romani separarono chiaramente l'utilizzo di una cosa (proprietà) nel diritto legale, dalla possibilità di utilizzare e manipolare la cosa (possesso). Elaborarono anche la distinzione tra contratto e colpa come fonti delle obbligazioni legali. I contratti standard (di vendita, di lavoro, locazione, appalto di servizi) furono regolati nei più importanti codici continentali e le caratteristiche di ciascuno di questi contratti furono sviluppate nella giurisprudenza romana. Il giurista classico Gaio creò un sistema di diritto privato basato sulla divisione materiale di personae (persone), res (cose) e actiones (azioni legali). Questo sistema fu usato per molti secoli successivi: basterebbe ricordare i Commentaries on the Laws of England di William Blackstone, gli atti francesi del Codice Napoleonicooppure il codice civile tedesco (Bürgerliches Gesetzbuch). L'ultimo periodo è quello denominato post-classico, iniziato con la morte di Alessandro Severo  e segnò la fine del principato, dilaniato dalle guerre civiliper la porpora imperiale e dalle continue invasioni dei barbari del nord e delle armate persiane. Terminò, quindi, con il regno di Giustiniano. In questo periodo le condizioni per il fiorire di una cultura giuridica raffinata divennero meno favorevoli. La situazione politica ed economica generale si era andata deteriorando, da quando gli imperatori romaniavevano assunto un controllo più diretto di tutti gli aspetti della vita politica. Il sistema politico del principato, che aveva mantenuto alcune caratteristiche della costituzione repubblicana, cominciarono a trasformarsi nella monarchia assolutadel dominato. L'esistenza di una giurisprudenza e di giuristi che considerassero il diritto come una scienza, non come mero strumento per raggiungere gli obiettivi politici stabiliti dal monarca assoluto, non si adattarono al nuovo ordine di cose. La produzione letteraria cessò quasi di esistere. Pochi furono i giuristi conosciuti dopo la metà del III secolo. Tuttavia, mentre la maggior parte della giurisprudenza del diritto classico finì per essere ignorata e, infine, dimenticata in Occidente, in Oriente prese piede una fondamentale attività di codificazione delle leggi classiche e della giurisprudenza e di armonizzazione con le leggi successive, soprattutto grazie all'opera di Giustiniano I, che avrebbe costituito la base del diritto medievale.  Eredità del diritto romanoModifica In OrienteModifica  Edizione del Digesta, parte del Corpus Iuris Civilis di Giustiniano I. Quando la centralità dell'Impero romano venne spostata a est della Grecia, apparvero nella legislazione ufficiale romana molti concetti legali di origine greca. Questa influenza risulta visibile perfino nel diritto privato inerente ai rapporti tra persone e alla famiglia, che tradizionalmente faceva parte del diritto che subiva minori cambiamenti. Per esempio Costantino I cominciò a porre delle restrizioni all'antico concetto romano di patria potestas, il potere detenuto dal padre nei confronti della famiglia e dei suoi discendenti, riconoscendo che le persone in potestate, i discendenti, potevano avere diritti di proprietà. Egli apparentemente fece delle concessioni al concetto molto più severo di autorità paterna del diritto greco-ellenistico. Il Codex Theodosianus è una codificazione delle leggi di Costantino. Gli imperatori successivi andarono perfino oltre, fino a quando Giustiniano I decretò che un fanciullo in potestate potesse diventare proprietario di tutto ciò che avesse acquistato, con esclusione di quanto veniva acquistato da suo padre. L'opera giuridica di Giustiniano, particolarmente il Corpus Iuris Civilis, continuò a costituire la base della pratica legale dell'Impero bizantino. Leone III Isaurico emise un nuovo codice, denominato Ecloga. Gli imperatori Basilio I il Macedone e Leone VI il Saggiocommissionarono la traduzione in greco del Codice e del Digesto, parti del codice di Giustiniano, conosciuta con il nome di Basilica. Il diritto romano preservato nel corpus legislativo di Giustiniano e nella Basilicarimasero la base della giurisprudenza greca e nelle corti della Chiesa ortodossa perfino dopo la fine dell'Impero bizantino e la conquista dei Turchi, formando così la base per gran parte del Fetha Negest, che rimase in essere in Etiopia. Reintroduzione in Occidente Lo stesso argomento in dettaglio: Regni romano-barbarici, Diritto barbarico e Diritto medievale. In seguito alle invasioni barbariche, come fonte principale del diritto, il diritto romano scomparve in gran parte dell'Europa occidentale. L’imperatore d'Oriente Giustiniano I promulgò il Corpus iuris civilis che in futuro sarebbe diventato la base per la reintroduzione del Diritto romano nell'Occidente. Nel Corpus, Giustiniano fece confluire tutte le antiche leggi di Roma cercando di armonizzarle con le nuove che nel frattempo erano state promulgate. Il Codice di Giustiniano fu applicato nei territori italiani sottoposti all'autorità di Bisanzio, ma le seguenti invasioni barbariche le cancellarono dall'Occidente, riducendo il diritto romano a mero diritto comune. In seguito, l'insistenza degli imperatori romano-germanici di proclamarsi diretti successori dell'Impero romano, in particolare della Dinastia ottoniana di Sassonia favorì, anche grazie alle università, la reintroduzione del Diritto romano in Occidente, andando a rimpiazzare le tradizioni giuridiche degli invasori germanici. Nel Regno di Sicilia il diritto romano fu reintrodotto per volontà dell'imperatore Federico II con le due assise di Capua e Messina. Il diritto romano venne riscoperto e dominò la pratica legale di molti paesi europei. Un sistema giuridico, in cui il diritto romano venne mescolato con elementi di Diritto canonico e di costume germanico, soprattutto con il diritto feudale, divenne comune in tutta l'Europa continentale e conosciuto come lo ius commune, termine che viene indicato nei sistemi giuridici anglosassoni come civil law.  Diritto romano e tutela dei monumentiModifica La protezione delle opere pubbliche e delle principali opere d'arte come anche, più in generale, dell'intera consistenza cittadina era disciplinata da un insieme organico di statuti, leggi, costituzioni e provvedimenti risalenti già alla prima età repubblicana. Nell'epoca classica si creò una nuova serie di cariche pubbliche che sovrintesero alla tutela di settori sempre più specifici, regolando e inserendo in un sistema altamente efficiente una realtà in precedenza già presente, seppur in forma embrionale, anche nel mondo greco.  Le tracce di come un tanto imponente sistema si sia trasmesso sino ai giorni nostri, influenzando la nascita delle prime moderne forme di protezione dei monumenti pubblici, sono fin troppo evidenti. Si pensi, per esempio, all'istituzione dei magistri aedificiorum et stratarum voluti, nella Roma da papa Martino V. Diritto romano oggi Oggi, il diritto romano non è più applicato nella giurisprudenza moderna, anche se negli ordinamenti giuridici di alcuni Stati come il Sudafrica e San Marinoalcune parti si basano ancora sullo ius commune. Tuttavia, anche se la giurisprudenza si basa su un codice, si applicano molte regole derivanti dal diritto romano: nessun codice ha completamente rotto i collegamenti con la tradizione romana. Piuttosto, le disposizioni del diritto romano sono state create su misura in un sistema più coerente, espresso nella lingua nazionale di molti Stati. Per questa ragione, la conoscenza del diritto romano è indispensabile per capire i sistemi giuridici contemporanei. Il diritto romano risulta spesso un argomento obbligatorio per gli studenti di legge nelle varie giurisdizioni di diritto civile.  Come passo fondamentale verso l'unificazione del diritto privato negli Stati membri dell'Unione europea, viene così adottato il vecchio Ius Commune, che era la base comune della pratica legale in tutto il mondo, permettendo poi molte varianti locali, ed è sentito da molti come un modello basilare.  Divisioni interne al diritto romanoModifica Il diritto romano si suddivide in:  ius Quiritium (deriva da "Quirites", sinonimo di "Romani"), costituito da un insieme di consuetudini ancestrali, non scritte, talmente remote che i Romani stessi non ne conoscevano l'origine. Riguardava gli ambiti di diritto di famiglia, matrimonio, patria potestas e proprietà privata, e non comprendeva le obbligazioni, che in età arcaica non esistevano. Costituisce il nucleo più arcaico del ius civile. ius civile, era l'insieme delle norme che regolano i rapporti tra i cives romani, considerato nell'ottica romana come orgogliosa prerogativa dei cittadini di Roma. Di esso il giurista romano Papiniano dà la seguente definizione tramandataci dal Digesto giustinianeo: Ius autem civile est quod ex legibus, plebis scitis, senatus consultis, decretis principum, auctoritate prudentium venit. Il ius civile è il diritto che promana dalle leggi, dai plebisciti, dai senatoconsulti, dai decreti degli imperatori e dai responsi dei giurisperiti.»  (Digesto) ius gentium, l'insieme di tutti gli istituti che trovano tutela, oltre che nell'ordinamento statuale romano, anche presso altri popoli. ius naturale, la lezione stoica proficuamente accolta da Cicerone, si trasfuse nella coscienza giuridica romana. I giureconsulti, però, non essendo filosofi, ne trassero scarsi e rozzi ammaestramenti, interpretando la natura come atavico istinto comune anche agli esseri irrazionali. Ciò accadde specificamente nella definizione che ne diede Ulpiano, allorché stabilisce che "Il diritto naturale è quello che la natura ha insegnato a tutti gli esseri animati. [Da esso] derivano l'unione del maschio e della femmina, che noi chiamiamo matrimonio, la procreazione e l'allevamento dei figli. Vediamo infatti che anche gli altri animali, perfino quelli selvaggi, conoscono e praticano questo diritto. Questo passo di Ulpiano sarà inserito nel Digesto giustinianeo e insieme con l'intero Corpus iuris civilis costituirà oggetto di studio per le scuole giuridiche medievali. Gaio propende per una bipartizione del diritto, cioè che il diritto si divida in ius civile, creazione artificiale della civitas, e in ius gentium o ius naturale, diritto comune ai popoli e che trova la sua ragion d'essere nella naturalis ratio, cioè in una ragione naturale, dunque ritenuto anche eticamente migliore poiché ispirato dalla natura: in questa visione la schiavitù è considerata come una situazione naturale già predisposta dalla stessa natura; Ulpiano propende per una tripartizione del diritto; come Gaio, pensa che lo ius civile sia creazione artificiale, ma va oltre affermando che il ius gentium riguarda un regolamento per i soli uomini, mentre lo ius naturale sarebbe quello di tutte le creature viventi: in questo caso la condizione di schiavo viene vista come una condizione predisposta dal diritto e non riconducibile alla condizione naturale dell'uomo. ius honorarium (o ius praetorium), che riguarda le situazioni di diritto o di fatto che, pur non trovando tutela nelle norme dello ius civile, sono state regolamentate dall'attività giurisdizionale dei magistrati dotati di iurisdictio. Lo stesso Papiniano, nel medesimo brano in cui definisce il ius civile, racchiude il concetto di ius honorarium, che egli chiama ius praetorium, nelle seguenti parole. Ius praetorium est quod praetores introduxerunt adiuvandi vel supplendi vel corrigendi gratia propter utilitatem publicam; quod et honorarium dicitur ab honore praetorum. Il ius pretorium è il diritto introdotto dai praetores al fine di aiutare, aggiungere, emendare lo ius civileper la pubblica utilità; ciò che viene anche chiamato honorariumdall'onore dei pretori.»  Ius legitimum, il cui nome deriva da lex è il diritto prodotto in sede assembleare attraverso la votazione e approvazione di una legge comiziale; lo ius legitimum ha particolare vita in età repubblicana e fiorisce particolarmente con Augusto per poi scomparire dopo la sua morte e la trasformazione dello Stato in impero; con il venir meno delle assemblee a favore del duopolio Senato-imperatore e del successivo monopolio imperiale del potere la lex perde il suo carattere di comizialità e viene a identificarsi con la definizione di norme da parte dell'imperatore stesso, nella forma della "costituzione imperiale". Da questo momento lo ius legitimum si estingue, confluendo nello ius civile. Durante la repubblica le principali assemblee produttrici di ius legitimum erano i comitia centuriata e i concilia plebis, in minore parte le altre assemblee. Eneo Domizio Ulpiano, Digesto principio. Ad esempio stare decisis, culpa in contrahendoo in pacta sunt servanda.  In Germania, Art.  BGB. Valacchia, Moldova e alcune altre province medievali. Secondo Francisci (Sintesi storica del diritto romano) la prima fase, denominata del diritto "primitivo", iniziava con la fondazione di Roma e terminava con la fine della seconda guerra punica. Biondi, Istituzioni di diritto romano, Ius civile Quiritium. Come ad esempio la pratica rituale della mancipatio, una forma di vendita. "Roman Law", in Catholic Encyclopedia, Appleton Company, New York. Jenő Szmodis, The Reality of the Law From the Etruscan Religion to the Postmodern Theories of Law, Kairosz, Budapest, Olga Tellegen-Couperus, A Short History of Roman Law, Livio, Ab Urbe condita libri. Decemviri legibus scribundis. Pudentes, sing. prudens, o jurisprudentes. Pietro De Francisci, Sintesi storica del diritto romano. Invece Biondi lo accorpa in un unico periodo con il precedente e lo chiama "repubblicano". Berger, Encyclopedic Dictionary of Roman Law, in The American Philosophical Society.  Magistratuum edicta. Actionem dare.  Edictum traslatitium. Francisci, Sintesi storica del diritto romano, Tellegen-Couperus & Tellegen-Couper, A Short History of Roman Law. Ecloga | Byzantine law Britannica, su britannica. Cardini e Montesano, Storia Medievale, Firenze, Le Monnier Università/Storia. "È questo il famoso Corpus iuris civilis, nel quale Giustiniano dettò le sue nuove leggi preoccupandosi però di armonizzarle coerentemente con quelle antiche. Tale monumento alla sapienza giuridica di Roma sarebbe stato alla base della rinascita degli studi giuridici e delle istituzioni politiche della stessa Europa; e costituisce ancora oggi il fondamento sul quale si appoggiano i sistemi giuridici di gran parte dei paesi del mondo. Cardini e Montesano, Storia Medievale, Firenze, Le Monnier Università/Storia, "La pretesa di questi re di atteggiarsi a imperatori romani non fu priva di risultati anche importanti: essa fu ad esempio uno dei motivi per cui, a partire dalla metà del XII secolo, il diritto romano rientrò nell'Europa occidentale e -anche grazie al lavoro che fu allora espletato nelle università- s'impose come nuovo diritto sostituendosi in tutto o in massima parte alle precedenti tradizioni giuridiche ereditate dai germani delle invasioni." Cardini e Marina Montesano, Storia Medievale, Firenze, Le Monnier Università/Storia, "Introdusse il diritto romano, fondò l'Università di Napoli per disporre di un ceto di funzionari fedeli istruiti all'interno dei confini (altrimenti i suoi sudditi avrebbero dovuto andare fino a Bologna per studiare) e favorì lo "Studio" medico di Salerno. Incluse tutte le proprietà private. Campanelli, L'antefatto: leggi e norme di tutela nel diritto romano, "‘ANAΓKH", I curatores viarum, operum publicorum, rei publicae, statuarum, ecc. ^ Platone, nel VI capitolo delle Leggi, cita un tipo particolare di magistrati chiamati astynomi, storicamente documentati (cfr. Die Astynomenischrift, Atene) dediti alla cura e alla riparazione dei luoghi pubblici. Con la bolla Etsi in cunctarum. Che per gli Stoici era permeata dalla ragione divina. Fassò: «Digesto, Fassò. La ricostruzione dell'intero sistema di diritto romano è basata sul ritrovamento di fonti giuridiche e storiche più o meno complete. Di seguito, un elenco, certamente non esaustivom  delle principali fonti di produzione del diritto romano che ci sono pervenute: OTTAVIANO (si veda), Res gestae divi Augusti, opera divisa in tabulæ, CICERONE (si veda) De legibus, Codice Ermogeniano. Codice Teodosiano; il contraltare alla codificazione giustinianea, in sedici libri densi di diritto e innovazioni strutturali, tra cui il Liber Legum Novellarum Imperatoris Theodosi. Constitvtiones Sirmondianae: raccolta di 16 costituzioni imperiali, che disciplinano materie ecclesiastiche; presero il nome dal primo loro editore, il gesuita Sirmond. Emanate non furono tutte accolte nel Codice teodosiano, in appendice al quale sono pubblicate da Mommsen. Corpus Inscriptionum Latinarum. Decretum Gelasianum, fonte di diritto canonico più che di diritto romano (da The Latin Library); editto di Costantino e Licinio; l'Editto di Teodorico, diviso in articoli, è un codice territoriale, cioè contene disposizioni valide sia per i romani che per gl’ostrogoti. Ciascuno degli articoli è ricavato da un testo delle leges o degli iura, soprattutto dai codices, dalle Sententiæ di Paolo ecc. Vi sono anche alcune norme nuove, di incerta origine: non si sa se di origine ostrogota oppure derivate dalla pratica. Fontes Iuris Romani Ante-iustiniani in usum scholarum, divise in libri (sulle Leges, sugli Auctores, e sui Negotia). Fragmenta Vaticana, frammenti di un'ampia compilazione privata di costituzioni imperiali e di passi desunti dalle opere di Papiniano, Ulpiano e Paolo. Il palinsesto è scoperto da Mai nella Biblioteca Vaticana. Le costituzioni imperiali ivi riportate sono varie. Giustiniano I, Corpus iuris civilis, composto da Imperatoris Iustiniani Institutiones, (versione latina) -logo.svg; opera didattica in 4 libri destinata a coloro che studiavano il diritto; Domini Nostri Sacratissimi Principis Iustiniani Iuris Enucleati Ex Omni Vetere Iure Collecti Digestorum seu Pandectarum (o Pandectae), antologia in libri di frammenti estrapolati (non senza modifiche) dalle opere giuridiche dei più eminenti giuristi della storia di Roma, testo latino; Domini Nostri Sacratissimi Principis Iustiniani Codex, testo latino: raccolta di costituzioni imperiali d’ADRIANO (si veda) allo stesso Giustiniano; Novellæ Constitutiones: costituzioni emanate da Giustiniano dopo la pubblicazione del Codex. Istituzioni di Gaio (Gai Institutionum). Leggi delle XII tavole (Duodecim Tabularum Leges). Lex Romana Burgundionum, scritta all'inizio del VI secolo, è articolata in  titoli e la si attribuisce a Gundobado, re dei Burgundi, Gallia Orientale. È destinata ai soli sudditi romani del regno dei Burgundi. Sententiae Pauli: i cinque titoli delle Sententiae receptae Pavlo tributæ e i libri delle Pavli sententiarvm interpretatio. Senatus consultum de Bacchanalibus; Ulpiano, Titvli ex corpore Ulpiani: opera piuttosto elementare, destinata soprattutto all'insegnamento del diritto, contenuta in un manoscritto della Biblioteca Vaticana. Secondo la dottrina prevalente, si tratta di una compilazione post-classica, con molta probabilità dell'epoca di Diocleziano o Costantino di passi rimaneggiati e rielaborati tratti da opere di Ulpiano). Storiografia moderna; Annunziata, Temi e problemi della giurisprudenza severiana. Annotazioni su Tertulliano e Menandro, Scientifica, Napoli, Ruiz, Storia del diritto romano, Jovene, Ruiz, Istituzioni di diritto romano, Jovene, Biondi, Istituzioni di diritto romano, Ed. Giuffré, Milano Burdese, Manuale di Diritto Privato Romano, Utet giuridica, Burdese, Manuale di Diritto Pubblico Romano, Utet giuridica, Costabile, Storia del diritto pubblico romano, Iriti, Francisci, Sintesi storica del diritto romano, Roma Marzo, Istituzioni di diritto romano, Giuffrè, Milano, Marzo, Manuale elementare di diritto romano, Utet, Torino  Marrone, Istituzioni di diritto romano, Palumbo, Sanfilippo. Istituzioni di diritto romano, Rubbettino, Schiavone, Ius: l'invenzione del diritto in Occidente, Torino, Einaudi, 2 International roman law moot court Diritto latino romano, diritto, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.Diritto romano, su hls-dhs-dss.ch, Dizionario storico della Svizzera. Diritto romano, su Enciclopedia Britannica, Corpus Iuris Civilis: Lion, Hugues de la Porte, Corpus iuris civilis, su the latin library. The Roman Law Library (Lassard, Koptev) Dizionario Storico del Diritto Romano Simone Diritto e Storia del Diritto Romano, Vervaart, Rechtshistorieː A gateway to legal history - Roman Law, su rechtshistorie. Fonti di diritto romano, su ancientrome (in russo). Portale Antica Roma   Portale Diritto Portale Roma Portale Storia Corpus iuris civilis raccolta di materiale giurisprudenziale, voluta dall'imperatore d'Oriente Giustiniano I  Digesto Compilazione di frammenti derivanti da opere di giuristi romani voluta da Giustiniano I.  Basilika. Il conte Sergio Cotta. Keywords: l’inter-soggetivo, il giurato, il normato. La prima ferita narcissista, Filangieri, giurato, l’uomo galileano, l’obbligato, il normato, Latin ‘normare’ – not recognized in Dizionario etimologico – il giurato d’entrambi – il concordato d’entrambi – fenomenologia – Roma citta – polis, politea, res publica – pubblico e privato -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Cotta” – The Swimming-Pool Library. Cotta.

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