Grice e Courmayeur: la ragione
conversazionale e l’implicatura
conversazionale di Hegel in Italia – scuola di Torino – filosofia torinese –
filosofia piemontese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Torino). Filosofo
torinese. Filosofo piemontese. Filosofo italiano. Torino, Piemonte. Grice: “The
most interesting thing about Courmayeur’s philosophy is that he is a count;
unlike Locke, or the common-or-garden English Oxonian philosopher who doesn’t
have a dime, this one has, as the Italians say, ‘all the money in the world’!
That helps with philosophy! His forte is moral philosophy AND HEGEL, which
proves that Hegel becomes the taste of aristocrats and not just dons like
Bosanquet!” - Dall'antica famiglia valdostana dei Passerin d'Entrèves et
Courmayeur. Ottenuta la maturità
classica al Massimo d'Azeglio di Torino, si laurea con Solari con “Hegel”
(Torino, Gobetti). Studia sotto Ruffini e Einaudi la filosofia politica del
medio evo e il concetto di costituzione. Insegna a Torino. Fu capitano di
complemento degli Alpini e membro del CLN, dal quale venne nominato, primo
prefetto di Aosta. Fu all'origine dello statuto della regione autonoma Valle
d'Aosta. Fra le sue opere più note, Il
concetto dello stato, è considerata da molti la sintesi del suo pensiero storico-filosofico. Oltre che filosofo del diritto e storico del
pensiero politico, viene considerato il fondatore della filosofia politica
italiana come disciplina a sé stante, finalmente distinta dalla filosofia dello
stato. Paradossalmente ciò avviene proprio col saggio, “Il concetto dello
stato”. Ben diversamente dall'ordinamento tematico della “Staatslehre” come
pure dall'ordinamento cronologico per filosofi in uso nella filosofia politica,
ordina la filosofia politica secondo uno schema concettuale schiettamente
filosofico: "il concetto di forza – forzare ", "il concetto di
potere" (il verbo ‘potere’); "il concetto di autorità – auctoritas
--". Il concetto di faccia dello stato, secondo una scala di qualificazione
crescente. Il concetto di "forza" (il forzare) e qualificato di un imperativo,
un mando o commando efficace. Il concetto di "potere" (potere del
giurato) contiene il concetto di forza (il forzare – come un mando o imperativo
efficace), ma organizzato in una istituzione e qualificato dal ‘giurato’.
Finalmente la terza faccia, il concetto di "autorità" come contenendo
la second faccia del potere del giurato, qualificato da una concetto di legge
variable: la promozione del giurato, la promozione del bene comune (la res
publica), o la promozione della piccolo patria. Altre opere: Il concetto dello stato
(Torino: Giappichelli); “La Valle d'Aosta, Bologna: Boni); “La filosofia della
politica, Torino: POMBA); “Filosofia politica nel medio evo italiano” (Torino:
G. Giappichelli); “La filosofia politica d’Alighieri” (Einaudi, Torino); “Morale,
diritto ed economia, Pavia: Libreria Internazionale F.lli Treves); “Morale,
Roma: Athenaeum); “Appunti di storia delle dottrine politiche: la filosofia
politica medioevale, Torino: Giappichelli);
“Il concetto dello stato in Zwingli", in Filosofia del diritto,
Roma); La teoria del diritto e della politica in Inghilterra all'inizio
dell'età moderna, Torino: Istituto giuridico della R. Università); “Obbedienza
e resistenza” (Roma/Ivrea, Edizioni di Comunità). La piccola patria, Milano:
Franco Angeli); Obbligazione Politica, Pensa Multimedia. Dizionario biografico degli italiani. Biblioteca
civica Passerin d'Entrèves. Ricerca
Patria Lingua Nota disambigua.svg Disambiguazione – Se stai cercando altri
significati, vedi Patria (disambigua). La Patria (dal latino = la terra dei
padri) è il concetto di nazione e paese, natio interiorizzato e
idealizzato. L'Altare della Patria a Roma. Descrizione La patria è
un topos prettamente letterario (concetto ricorrente) che è possibile ritrovare
in tantissimi temi trattati e argomentati nelle scienze umane, con particolare
frequenza nell'area umanistica. BibliografiaModifica Vincenzo
Cappelletti, Patria e Stato nel Risorgimento, in «Il Veltro», Finotti, Italia.
L’invenzione della patria, Milano, Bompiani, Ceccarelli, Patria. Da patria a
nazione, in Guido Pescosolido e Giuseppe Bedeschi (a cura di), Dizionario di
storia, vol. 3, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana “Giovanni Treccani”,
«patria» Collegamenti esterniModifica patria, su Treccani.it – Enciclopedie on
line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. patria, in Dizionario di storia,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Thesaurus Portale Antropologia
Portale Politica Portale Storia Popolo insieme delle persone
fisiche che sono in rapporto di cittadinanza con uno Stato Statista
personaggio politico deputato a governare e regolare gli affari di Stato
Sciovinismo forma fanatica ed esasperata di nazionalismo o patriottismo. Grice: “It’s
only natural that Courmayeur had such an intricate concept of ‘state’ – he was
born in a minority, like Russell, who was born in a place which some called
England, some called Wales. The situation is so borderline that it reminded me
of my ancestors, the Ingvaeonic – and see all the problem the Frisians are
having in Germany! Now they do recognise the ‘anglo-frisiche’ – but hardly
allow them to vote!” “It is not clear how the collectivity has any bearing on
the third state of ‘state’ – the ‘auctoritas’ – but then perhaps ‘auctoritas’
is the wrong concept, since it just means ‘author’ – Courmayeur is making the
point that all authority is legitimate authority. “You have no authority” means
‘you have no legitimate power’ – and you
have no power, means you have no legal force, and you have no force means you
cannot command!” As Courmayeur would say: it’s all different in valaestan, the
vernacular of Aosta, which hardly has the same status as Italian (since
giuridically Aosta belongs to Italy) or French (since French is the official
language, along with Italian). But don’t ask that imperialist Crystal
for an answer!” Alexandre Passerin d'Entrèves et Courmayeur. Alessandro
Passerin d’Entrèves et Courmayeur. Courmayeur. Keywords: Hegel in Italia, piccola
patria, il concetto dello stato, filosofia politica versus staatslehre, prima
faccia: il forzare come imperativo efficace; seconda faccia: il potere come il
forzare organizzato in una istituzione e qualificato dal giurato; la terza e
ultima faccia: l’autorita, come il potere qualificator da una legge centrata in
un concetto ideale variabile: il giurato, il bene comune (res publica), la
piccola patria. Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Courmayeur” – The Swimming-Pool Library. Courtmayeur.
Grice e Cotroneo: la ragione conversazionale e l’implicatura
conversazionale della VIRTÙ – [andreia] – scuola di Campo Calabro – scuola di
Reggio Calabria – filosofia calabrese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Campo Calabro). Filosofo italiano. Campo Calabro,
Reggio Calabria, Calabria. Si laurea Messina sotto Volpe con “L’implicatura di
Kierkegaard”. Ensegna a Messina. “Scritti”. “Lo storicismo di Cotroneo”. Altre
opere: “Bodin teorico della storia” (Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane);
“Croce e l'Illuminismo” (Napoli, Giannini); “I trattatisti dell'arte storica” (Napoli,
Giannini); “Storicismo antico e moderno” (Roma, Bulzoni); “Rareta e storia”
(Napoli, Guida); “Societa chiusa, società aperta” (Messina, Armando Siciliano
Editore); “La ragione della libertà” (Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane);
“Trittico siciliano: Scinà, Castiglia, Menza” (Roma, Cadmo); “Momenti della
filosofia italiana” (Napoli, Morano); “Questione post-crociane” (Napoli,
Edizioni Scientifiche Italiane); “Tra filosofia e politica” (Soveria Mannelli,
Rubbettino); “Le idee del tempo. L'etica. La bioetica. I diritti. La pace,
Soveria Mannelli, Rubbettino); “Un viandante della complessità. Morin filosofo
a Messina, Annamaria Anselmo, Messina, Armando Siciliano Editore); “Croce e
altri ancora, Soveria Mannelli, Rubbettino); “Etica ed economica” (Messina,
Armando Siciliano Editore); “La virtù” (Soveria Mannelli, Rubbettino); “Croce
filosofo italiano, Firenze, Le Lettere); “Illuminismo, Napoli, La scuola di Pitagora);
“Libertà” (Napoli, La scuola di Pitagora); “Storia della filosofia, Napoli, La
scuola di Pitagora); “Positivismo, Napoli, La scuola di Pitagora); “Filosofia
della storia, Napoli, La scuola di Pitagora); “Rinascimento, Napoli, La scuola
di Pitagora); “Aristotele e Perelman, Retorica vecchia e nuova” introduzione
(Napoli, Il Tripode); La retorica di Aristotele, retorica antica, Perelman, Itinerari
dell'idealismo italiano, Napoli, Giannini, Raffaello Franchini, Teoria della
pre-visione” (Messina, Armando Siciliano Editore, Croce, La religione della
libertà. Antologia degli scritti politici, Soveria Mannelli, Rubbettino, Il
diritto alla filosofia, Atti del Seminario di studi su Franchini” (Soveria
Mannelli, Rubbettino); “Croce filosofo, Atti del Convegno di studi, Napoli-Messina”
(Soveria Mannelli, Rubbettino); La Fenomenologia dello spirito” (Napoli,
Bibliopolis); Cavour, Discorsi su Stato e Chiesa” (Soveria Mannelli, Rubbettino,
Letteratura critica Giovanni Reale, Girolamo Cotroneo, in Dario Antiseri e
Silvano Tagliagambe, Storia della filosofia, Milano, Bompiani, Lo storicismo di
Cotroneo, Soveria Mannelli, Rubbettino, Giuseppe Giordano, Tra Storia della
Filosofia e Liberalismo, in Bollettino della Società Filosofica Italiana, Roma,
Carocci, Giordano, Rivista di storia della filosofia, Milano, Franco Angeli, C.,
in Treccani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Ricerca Virtù disposizione
d'animo volta al bene Lingua Segui Modifica Nota disambigua.svg Disambiguazione
– Se stai cercando altri significati, vedi Virtù (disambigua). La virtù (dal
latino virtus; in greco ἀρετή aretè) è una disposizione d'animo volta al bene,
che consiste nella capacità di una persona di eccellere in qualcosa, di
compiere un certo atto in maniera ottimale, o di essere o agire in un modo
ritenuto perfetto secondo un punto di vista morale, religioso, o anche sociale
in base a alla cultura di riferimento. Il significato di virtù ha
risentito di quello di bene, un concetto che assume significati diversi a
seconda delle modifiche intervenute nel corso delle varie situazioni storiche e
sociali. Concezione questa non condivisa dalle dottrine che ne negano il
relativismoconnesso e che intendono la virtù come l'assunzione di valori,
intesi come assoluti, immutabili nel tempo. La parola latina virtus, che
significa letteralmente "virilità", dal latino vir "uomo"
(nel senso specifico di "maschio" e contrapposto alla donna) si
riferisce ad esempio alla forza fisica e a valori guerreschi maschili, come ad
esempio il coraggio. Nella lingua italiana la virtù è invece la qualità
di eccellenza morale sia per l'uomo sia per la donna e il termine è riferito
comunemente anche a un qualche tratto caratteriale considerato da alcuni
positivo. Personificazione della virtù nella Biblioteca di Celso.
La virtù nella filosofia occidentale anticaModifica Il concetto
grecoModifica Niccolò Machiavelli Nella visione della vita secondo la
filosofia anticagreca, la concezione dell'aretè non era connessa all'azione per
il conseguimento del bene, bensì indicava semplicemente una forza d'animo, un
vigore morale e anche fisico. Essa coincide con la realizzazione dell'essenza
innata della persona, sia sul piano dell'aspetto fisico, il lavoro, il
comportamento e gli interessi intellettuali. Questa concezione di virtù
contiene l'eccellenza degli eroi omerici, quella degli statisti Ateniesi, o quella
descritta nel Menone di Platone ovvero la capacità di ben governare. In questo
senso il coraggio, la moderazione e la giustizia erano virtù morali. Tale
sarà, ad esempio, il senso nella concezione rinascimentale sulla politica in
Niccolò Machiavelli che vorrà distinguere l'aretè del principe moderno, come la
capacità di opporsi alla "fortuna" e di modificare le circostanze ai
propri fini di potere e con lo scopo principale del mantenimento dello stato
(senza tener conto del giudizio morale sui mezzi impiegati), dalla virtus
cristiana del sovrano medioevale che governa per grazia di Dio a cui deve
rispondere per la giustificazione della sua azione politica, diretta anche a
difendere i buoni e proteggere i deboli dalla malvagità. Nel Principe nessuna
considerazione morale né religiosa dovrà ostacolare la sua azione spregiudicata
e forte, frutto della sua "aretè", tesa a mettere ordine là dov'è il
caos della politica italiana. Non diversamente, nella visione di Nietzsche la
virtù consisterà nella "volontà di potenza" in opposizione alla
"morale degli schiavi" nata dallo spirito di risentimento del
Cristianesimo nei confronti degli uomini superiori. Le
virtùModifica Platone Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento
in dettaglio: Etica Socrate e Platone.
La concezione della virtù nel pensiero greco antico costituisce il fulcro
centrale dell'etica e delle sue trasformazioni nel corso del tempo. Così
in Platone le virtù corrispondono al controllo della parte razionale dell'anima
sulle passioni. Ne La Repubblica verranno indicate per la prima volta le
quattro virtù, che da Sant'Ambrogio in poi verranno chiamate
"cardinali", vale a dire principali: la temperanza, intesa come
moderazione dei desideri che, se eccessivi, sfociano nella sregolatezza; il
coraggio o forza d'animo necessaria per mettere in atto i comportamenti
virtuosi; la saggezza o "prudenza", variamente intesa dalla
speculazione antica seguente, che costituisce, come controllo delle passioni,
la base di tutte le altre virtù; la giustizia è quella che realizza l'accordo
armonico e l'equilibrio di tutte le altre virtù presenti nell'uomo virtuoso e
nello stato perfetto. Le virtù secondo Aristotele Magnifying glass icon
mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Aristotele L'Etica. Aristotele
Mentre Platone parlava genericamente di saggezza per l'esercizio della virtù,
Aristotele la distingue invece dalla "sapienza". La saggezza, o
"prudenza", è una "virtù dianoetica", propria cioè della
razionalità comune a tutti che ispira la condotta umana permettendo il giusto
esercizio delle "virtù etiche", quelle cioè che riguardano l'azione
concreta. Tra le virtù dianoetiche che presiedono alla conoscenza
(intelletto, scienza, sapienza) o alla attività tecniche (arte), la saggezza è
propria di colui che, pur non essendo filosofo, è in grado di operare
virtuosamente. Se si dovesse acquisire la sapienza filosofica per praticare le
virtù etiche questo comporterebbe che solo chi ha raggiunto l'età matura,
divenendo filosofo, potrebbe essere virtuoso mentre con la saggezza, grado
inferiore della sapienza, anche i giovani possono praticare quelle virtù etiche
che permetteranno l'acquisto delle virtù dianoetiche. La saggezza insomma
permette una vita virtuosa, premessa e condizione della sapienza filosofica,
intesa come "stile di vita" slegato da ogni finalità pratica, e che
pur rappresentando l'inclinazione naturale di tutti gli uomini solo i filosofi
realizzano a pieno poiché «Se in verità l'intelletto è qualcosa di divino
in confronto all'uomo, anche la vita secondo esso è divina in confronto alla
vita umana.» Virtù eticheVirtù dianoetiche Giustizia Coraggio Temperanza
Liberalità Magnificenza Magnanimità Mansuetudine Virtù calcolative Arte
Prudenza Virtù scientifiche Sapienza Scienza Intelligenza La saggezza può esser
fatta conseguire ai giovani tramite l'educazione che i saggi, o quelli ritenuti
tali dalla collettività, impartiranno anche con l'esempio concreto della loro
condotta. Da questi modelli il giovane apprenderà che le virtù etiche
consistono nella capacità di comportarsi secondo il "giusto mezzo"
tra i vizi ai quali si contrappongono (ad esempio il coraggio è l'atteggiamento
mediano da preferire tra la viltà e la temerarietà), sino a conseguire con
l'abitudine un abito spontaneamente virtuoso: infatti «La virtù è una
disposizione abitudinaria riguardante la scelta, e consiste in una medietà in
relazione a noi, determinata secondo un criterio, e precisamente il criterio in
base al quale la determinerebbe l'uomo saggio. Medietà tra due vizi, quello per
eccesso e quello per difetto» In medio stat virtus è il detto della
filosofia scolastica che traduce il concetto greco di mesotes. La virtù
secondo gli stoiciModifica Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento
in dettaglio: Stoicismo Etica. La saggezza, ossia la capacità di operare con
prudenza, è al centro della morale epicurea e stoicama, mentre per gli epicurei
la virtù si consegue attraverso un calcolo razionale dei piaceri stabilendo quali
di essi siano veramente necessari e naturali, per gli stoici invece il
comportamento virtuoso, risultato del conseguimento dell'"apatia",
cioè della liberazione ascetica dalle passioni, è di per sé portatore di
felicità. Per coloro che non riescono a condurre la loro vita secondo saggezza
lo stoicismo indicherà delle regole di condotta che insegneranno a operare
secondo ciò che è più "conveniente" od opportuno tenendosi sempre
lontano dagli eccessi delle passioni. La morale stoica ispirerà quella
dei filosofi come Cartesio, che rivaluterà tra le passioni quella della "magnanimità",
considerata virtù somma, e Spinoza che afferma che «il primo e unico fondamento
della virtù, ossia della retta maniera di vivere, è di cercare il proprio
utile» intendendo per "utile" solo ciò che «conduce l'uomo a maggior
perfezione» infatti «gli uomini che ricercano il proprio utile sotto la guida
della ragione non appetiscono per sé niente che non desiderino gli altri
uomini, e perciò essi sono giusti, fedeli, onesti» e per ciò stesso la virtù è
premio a sé stessa come portatrice di una vita serena condotta secondo la
razionalità. Le virtù secondo il cristianesimo Il fine di una vita
virtuosa consiste nel divenire simili a Dio Nel pensiero cristiano oltre le
virtù umane è possibile l'esercizio di quelle soprannaturali: le virtù
teologali di fede, speranza e carità che in qualche modo dovranno conciliarsi
con quelle dell'etica antica. San Tommaso conserverà la validità delle
virtù "cardinali" aristoteliche ma considerandole inferiori a quelle
teologali mentre Agostino riteneva false le virtù umane dei pagani che
mascherano sotto il nome di virtù quello che in realtà è l'esercizio di vizi "splendidi",
ma pur sempre negativi in quanto causati dall'orgoglio e dalla ricerca
dell'effimera gloria umana. L'unica grande virtù è la carità, l'amore di Dio il
cui esercizio, per quanto essi facciano, non dipende dagli uomini ma dalla
volontà divina che lo infonde negli spiriti eletti, cioè dalla infusione
nell'uomo della indispensabile grazia divina. Concezione questa che riaffiorerà
con la Riforma protestante e nel Giansenismo. Inoltre uno dei nove cori
delle gerarchie angeliche, viene denominato Virtù ed indica secondo lo
Pseudo-Dionigi il coro angelico preposto a dispensare la grazia divina.
La virtù nel pensiero moderno Nella filosofia dell'età moderna la concezione
della virtù oscilla tra quella che la considera come l'esercizio di un
controllo delle passioni a cui rinunciare e quella che invece la ritiene
rientrare nell'ambito di un comportamento istintivo e naturale dell'uomo. Alla
prima interpretazione si associano le dottrine della corrente libertina da Bayle
a Mandeville che ironizzano sulla effettiva possibilità per gl’uomini
dell'esercizio delle virtù che se anzi fossero attuate provocherebbero la
disgregazione della società. Il vizio è tanto necessario in uno stato
fiorente quanto la fame è necessaria per obbligarci a mangiare. È impossibile
che la virtù da sola renda mai una nazione celebre e gloriosa. Si è sempre
parlato ipocritamente di virtù, osservano i libertini, le quali in realtà sono
la mascheratura dei propri vizi come ben appare nella contrapposizione tra le
ostentate "pubbliche virtù" e i nascosti "vizi privati". La
virtù come sacrificio del singolo cittadino a vantaggio della patria di tutti,
è anche nella concezione politica di Montesquieu che riporta questo
comportamento civile ai regimi repubblicani mentre in quelli monarchici prevale
l'orgoglio e in quelli dispotici la paura. Anthony Ashley Cooper, III
conte di Shaftesbury Nell'etica inglese la virtù è intesa, in opposizione alle
dottrine sull'"egoismo" di Thomas Hobbes, come atteggiamento
impulsivo naturale determinato dal sentimento morale della benevolenza
(Shaftesbury e Francis Hutcheson) che spinge l'uomo a operare senza badare alla
riprovazione morale dell'opinione pubblica, al terrore di una punizione futura
o all'intervento delle autorità, istituite come incentivi alla bontà. L'azione
virtuosa dell'uomo è invece ispirata dalla voce della coscienza e dall'amore di
Dio. Solo questi due fattori spingono l'uomo verso la perfetta armonia, per il
suo stesso bene e per quello dell'universo. Lo stesso istinto alla virtù
secondo David Hume e Adam Smith è quello della simpatia. Le nostre sensazioni
nelle relazioni con gli altri (e le azioni sono valutabili moralmente in
rapporto ad altri uomini), non possono essere ridotte a una dimensione
esclusivamente egoistica: ciò che noi proviamo è condizionato sempre da ciò che
provano gli altri in conseguenza delle nostre azioni.» (David Hume,
Trattato sulla natura umana, Libro terzo, Parte terza, sez. prima-terza) «Per
scoprire la vera origine della morale, e quella dell'amore e dell'odio che
deriva dalle qualità morali, dobbiamo considerare nuovamente la natura e la
forza della simpatia. Gli animi degli uomini sono simili nei loro sentimenti o
nelle loro operazioni, né esiste un sentimento che si produca in una persona di
cui non partecipino, in qualche grado, tutte le altre. Questa disposizione
naturale e spontanea dell'uomo all'esercizio della virtù troverà espressione
nel deismo e in seguito costituirà il nucleo della teoria romantica
dell'"anima bella" di Schiller. La virtù come sforzo. Kant Una
ripresa della concezione della virtù come repressione delle passioni umane è
nella filosofia morale di Kant che distingue una "dottrina della
virtù" dalla "dottrina del diritto". Nel diritto l'uomo si
sottomette alla legge per rispettarne la formalità esteriore senza considerare
il motivo della sua azione ma solo perché così prescrive la norma, mentre nella
morale ci si vuole comportare secondo il dettato morale indipendentemente da
qualsiasi motivo e conseguenza della propria azione: si realizza così la virtù
come soggezione della volontà all'"imperativo categorico". La
vetta, opera simbolista di Saccaggi, che esprime i concetti romantici di
Streben (sforzo) e Sehnuct (struggimento), ossia l'anelito dell'uomo verso un
ideale che si rivela sempre più arduo ed elevato. L'imperativo categorico,
ossia la virtù, implica che l'uomo debba compiere uno sforzo (Streben),
combattendo le inclinazioni sensibili e le passioni, nel conformare la sua
volontà a ciò che l'imperativo comanda, mentre pensare che questo possa
avvenire spontaneamente significa confondere la debolezza umana con ciò che è
proprio della santità che appartiene solo a Dio che non ha nessun dovere nei
confronti della legge morale. Ciò che prescrive la morale è identico sia per
gli uomini sia per la divinità, ma questa, poiché non ha niente che possa
ostacolarla nell'osservanza della legge morale, non ha neppure virtù. Questa
visione della virtù assimilerebbe il pensiero kantiano allo stoicismo che Kant
invece rifiuta laddove questo connette all'esercizio della virtù la felicità.
Certo l'uomo nella sua costituzione sensibile ha bisogno della felicità ma
nulla garantisce che egli possa raggiungerla. Un'esigenza di giustizia vuole poi
che l'uomo abbia una felicità bilanciata al suo comportamento virtuoso ma
poiché questo non accadrà mai nel nostro mondo terreno, egli allora postulerà
l'esistenza di un'anima immortale a cui un Dio giusto assicuri la giusta
felicità. L'etica kantiana, tradotta da Fichte e Schelling nella tensione
verso un ideale infinito a cui l'Io cerca progressivamente di conformare il
non-io, pur non raggiungendolo mai definitivamente, sarà invece messa in
discussione da Hegel, il quale vi vedrà l'espressione di un tipico
soggettivismo delle "virtù private" contrapposto a quella
"eticità" antica, ancora valida nel suo tempo, da apprezzare perché
rivolta alla collettività dove si realizza il bene tramite la famiglia, la
società civile e lo Stato.[Le virtù secondo il BuddhismoModifica Il Buddhismo
sostiene la conciliabilità tra saggezza e virtù come un desiderabile obiettivo
per l'uomo buono che ci ricorda l'antica concezione socraticaispirata a
quell'intellettualismo etico secondo cui il l'uomo fa il male perché ignora
cosa sia il bene. Le virtù nel Buddhismo sono il continuo applicare, come
regole di autodisciplina nella vita quotidiana, dei Tre rifugi o dei Cinque
precetti che consistono nello 1. Astenersi dall'uccidere o danneggiare
qualunque creatura vivente 2. Astenersi dal prendere ciò che non ci è stato
dato 3. Astenersi da una condotta sessuale irresponsabile 4. Astenersi da un
linguaggio falso o offensivo 5. Astenersi dall'assumere bevande alcoliche e
droghe Vivendo in questo modo si incoraggiano la disciplina e la sensibilità
necessarie per chi voglia coltivare la meditazione, che è il secondo aspetto
del sentiero. La virtù nella filosofia cinese La virtù (traduzione di
"de" 德) è un concetto importante anche nelle filosofie
cinesi come il confucianesimo e il taoismo. Le virtù cinesi comprendono
l'umanità, lo xiao (solitamente tradotta come pietà filiale) e zhong (lealtà).
Un valore importante, contenuto nella gran parte del pensiero cinese, è che lo
stato sociale di ciascuno debba essere determinato dall'insieme delle sue virtù
manifeste, e non da un qualunque privilegio di nascita. Nei suoi Analecta,
Confucio parla della pratica che conduce alla perfetta virtù. Le virtù
confuciane si sviluppano in due rami: il ren e il li; il ren può essere
tradotto come benevolenza, amore disinteressato, e l'uomo la può raggiungere
praticando cinque virtù: magnanimità, rispetto, scrupolosità, gentilezza e
sincerità. Confucio afferma che queste virtù devono essere praticate verso il
li, che è la parte pratica della virtù confuciana. Il li consiste in cinque
canali relazionali: marito/moglie, genitore/figlio, amico/amico,
giovane/anziano, suddito/sovrano. Romanus Cessario, Le virtù, Editoriale
Jaca, Ancient Ethical Theory (Stanford Encyclopedia of Philosophy) Ferroni,
Machiavelli, o Dell'incertezza: la politica come arte del rimedio, Donzelli
Editore, Platone, Repubblica o sulla giustizia. Testo greco a fronte, a cura di
Vitali, Feltrinelli, Aristotele, Etica Nicomachea, Aristotele, Etica
Nicomachea, Kambouchner, L'Hommes des passions. Commentaires sur Descartes,
Paris, Albin Michel, BODEI (si veda) Geometria delle passioni. Paura, speranza,
felicità: filosofia e uso politico, Feltrinelli, Eth. V, prop. 41 Eth. IV,
prop. Gregorio di Nissa, De beatitudinibus, oratio 1: Gregorii Nysseni opera,
ed. W. Jaeger (Leiden L'elenco è dedotto dalla prima lettera di Paolo ai
Tessalonicesi: «Rivestiti della corazza della fede e della carità avendo come
elmo la speranza» (1Ts 5,8) Kostko, Beatitudine e vita cristiana nella Summa
theologiae di S. Tommaso d'Aquino, Edizioni Studio Domenicano, I vizi capitali
considerati come gli opposti delle virtù nella concezione cristiana sono
superbia, avarizia, lussuria, gola, ira, invidia e accidia (in Domenico
Galvano, Catechismo della diocesi di Nizza1) Mondin, Etica e politica, Edizioni
Studio Domenicano, Mandeville, La favola delle api ^ L'espressione si ritrova
nell'operetta di Bernard de Mandeville pubblicata anonima con il titolo The
Grumbling Hive, or Knaves Turn'd Honest (Ronzio di arnie, o Furfanti divenuti
onesti), ristampata con l'aggiunta del sottotitolo Vizi privati e pubbliche
virtù e infine con il titolo Fable of the Bees: or, Private Vices, Publick
Benefits (La favola delle api: ovvero vizi privati, pubbliche virtù) Grande
Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, Kant, Metafisica dei costumi Galli e
Aa.Vv., Saccaggi: un poliedrico pittore internazionale su gabbantichita.com,
Studio d'Arte e Restauro Gabbantichità. Nell'opera, intitolata anche La regina
dei ghiacci, l'atteggiamento passionale e implorante dell'uomo si contrappone
alla gelida irraggiungibilità della donna, allegoria della Montagna-Natura. Fraisopi,
Adamo sulla sponda del Rubicone: analogia e dimensione speculativa in Kant,
Armando, Pasquale Fernando Giuliani Mazzei, Kant e Hegel: un confronto critico,
Guida; Hua, Buddhismo: Une breve introduzione, Dharma Realm Buddhist
Association, Pavolini, Buddismo, Hoepli,
Chiesa Cattolica, Catechismo della Chiesa Cattolica, Città del Vaticano,
New Catholic Encyclopedia, Catholic University of America, Natoli, Dizionario
dei vizi e delle virtù, Feltrinelli UE Scheler, Per la riabilitazione della
virtù. Aquino, Le virtù. Quaestiones de virtutibus, I e V, Testo latino a
fronte, Milano, Bompiani, Paideia Bushidō Moralità Etica Bontà Teoria dei
valori Giustizia sociale Pietà (teologia) Sette peccati capitali Virtù
cardinali Virtù teologali Timè. virtù virtù, Dizionario di filosofia, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, Virtù Virtù
(altra versione), su Enciclopedia Britannica.Virtù, in Catholic Encyclopedia,
Robert Appleton Company. Modifica su
Wikidata The Four Virtues, su thefourvirtues.com. The Virtues Project, su
metamind. Virtue Science.com. Portale
Filosofia Portale Religione. Etica ramo della filosofia Etica
Nicomachea opera di Aristotele Virtù dianoetiche ed etiche Girolamo
Cotroneo. Cotroneo. Keywords: VIRTÙ,
retorica, retorica di Aristotele, retorica nuova, retorica moderna, Perelman,
rareta e storia, Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Cotroneo” – The Swimming-Pool
Library. Cottroneo.
Cotta: la ragione
conversazionale all’accademia a Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. He appears as a character in De
natura deorum by Cicerone. There he presents the points of view of the
Accademia. However, he spends some time in exile and almost certainly studies
the doctrine of the Porch and that of the Garden as well. Gaio Aurelio Cotta. Cotta.
Grice e Cotta: la ragione conversazionale e l’implicatura
conversazionale nella storia del diritto romano – filosofia fiorentina –
filosofia toscana-- filosofia italiana – Luigi Speranza (Firenze). Filosofo
fiorentino. Filosofo toscano. Filosofo italiano. Grice: “My favourite
explorations by Cotta are three: ‘per che violenza?” – “dalla guerra alla pace:
un itinerario filosofico” and a secondary-literature study on ‘i concordati’
--- which is MY philosophy. You see, Plato thought that
the soul resided in the brain – cool as he was – but Aristotle corrected him:
it resides in the HEART – Cicero loved that and coined ‘cum-cor’ – i.e.
something like my cum-operare: your hearts convene!” -- Grice: “I would say
Cotta is Italy’s H. L. A. Hart, with a bonus – he wrote on essentialism,
deontic logic, and from war to peace!” Figlio di Alberto,
studioso di scienze forestali, e Maria Nicolis di Robilant. Da parte di madre è
discendente diretto di Eulero. Studia a Firenze presso l'istituto dei barnabiti
La Querce. Si laurea a Firenze. Chiamato alle armi con il grado di
sottotenente, il giorno dell'annuncio dell'armistizio, è in Friuli. Scioltosi
l'esercito, scende in barca lungo l'Adriatico per raggiungere l'Italia non
ancora occupata dai tedeschi. Ammalatosi di malaria, dopo svariate traversie
decide di raggiungere il Piemonte, dove partecipa alla guerra di resistenza
come comandante di una brigata partigiana nella VII Divisione Autonoma
"Monferrato". È tra i primi ad entrare a Torino nei giorni della
liberazione. Per la sua partecipazione alla guerra partigiana gli vengono
attribuite la Medaglia di bronzo al valor militare e la Croce di guerra. Dopo
gli studi sul pensiero politico dell'Illuminismo i suoi interessi si sono
incentrati sulla filosofia giusnaturalistica, che è stato in grado di fondere
con elementi della fenomenologia. Autore di saggi sulla visione politica di
Montesquieu, Filangieri, Aquino ed Agostino, dedicandosi in seguito a
riflessioni teoriche sul diritto e sulla politica. Insegna a Torino, Perugia,
Trieste, Trento, Firenze, Roma, e Teramo. Fu tra i componenti del comitato
promotore del referendum abrogativo della legge sul divorzio. Altre opere: “La
società; “Il concetto di ‘legge’ in Filangieri” (Torino, Giappichelli); “Il
concetto di ‘legge’ in Aquino” (Torino, Giappichelli). “Il concetto di Roma
come città in Agostino”; “Filosofia e politica nell'opera di Rousseau”; “La
sfida tecnologica”; “L'uomo tolemaico” – la ferita narcissista di Galileo – “Quale
Resistenza?, Perché la violenza; “Il normato: tra il giurato e l’obbligato”; “Il
diritto nell'esistenza. Linee di ontofenomenologia giuridica”; “Dalla guerra
alla pace”; “l’uomo, la persona, il diritto umano”; “Il pensiero politico di Montesquieu,
Bari, Laterza); “L’inter-soggetivo giurato”; “I limiti della politica, “Il
sistema di valori e il diritto”; Perché il diritto Quid ius?” (Brescia, La
Scuola). Stante la concessione chirografata dall'ex re Umberto II, C. puo
fregiarsi del titulo nobiliare di “conte”, sia pure del tutto informalmente
stante l'instaurazione dell'ordinamento repubblicano e la XIV disposizione
finale e transitoria della Costituzione. Diritto romano ordinamento giuridico
della civiltà romana Lingua Segui Modifica Con diritto romano si indica
l'insieme delle norme che hanno costituito l'ordinamento giuridico romano per
circa tredici secoli, dalla data convenzionale della Fondazione di Roma fino
alla fine dell'Impero di Giustiniano (565 d.C.). Infatti, tre anni dopo la
morte di Giustiniano l'Italia fu invasa dai Longobardi: l'impero d'Occidente si
dissolse definitivamente e Bisanzio, formalmente imperiale e romana, si
allontanò sempre più dall'eredità dell'antica Roma e della sua civiltà (anche
giuridica). Il Corpus Iuris Civilis in una stampa, che raggruppava
l'insieme di tutte le leggi romane contemporanee e precedenti alla sua
compilazione, avvenuta sotto Giustiniano I «Iuris praecepta sunt haec: honeste
vivere, alterum non laedere, suum cuique tribuere. Le regole del diritto sono
queste: vivere onestamente, non danneggiare nessuno, dare a ciascuno il
suo.» (Eneo Domizio Ulpiano Libro secondo delle Regole dal Digesto 1.1.10
principio [1]) L'importanza storica del diritto romano si riflette ancora oggi
in una lista di termini legali latini. Infatti, dopo la dissoluzione
dell'Impero romano d'Occidente, il Codice giustinianeo rimase in effetti
nell'Impero romano d'Oriente, conosciuto come Impero bizantino. Il linguaggio
legale in Oriente fu il greco. Il diritto romano definisce un sistema
legale applicato nella maggior parte dell'Europa occidentale fino alla fine del
XVIII secolo. In Germania, il diritto romano venne utilizzato più a lungo sotto
il Sacro Romano Impero. Il diritto romano servì inoltre come base per la
pratica legale attraverso l'Europa occidentale continentale, così come nella
maggior parte delle colonie delle nazioni europee, inclusa l'America latina e
pure l'Etiopia. Il sistema inglese e nord americano della common law venne
influenzato anche dal diritto romano, in particolare nel loro glossario
giuridico latineggiante. Anche la parte orientale dell'Europa venne influenzata
dalla giurisprudenza del Corpus Iuris Civilis, specialmente nei paesi come la
Romania medievale che creò un nuovo sistema, un mix del diritto romano e
locale. L'Europa orientale fu inoltre influenzata dal diritto medievale
bizantino. Il diritto romano viene diviso approssimativamente in tre o
cinque differenti stadi evolutivi. Dalla fondazione di Roma alle leggi delle
XII Tavole. Magnifying glass icon
mgx2.svg Storia del diritto romano, Ius Quiritium e Mos maiorum. La prima fase,
detta del diritto arcaico o quiritario, comprende il periodo che ha inizio con
la fondazione di Roma e giunge alle Leggi delle XII tavole. In questo periodo,
il diritto privato, compreso il diritto civile romano era applicato solo ai
cittadini romani, ed era legato alla religione. Si trattava di una forma
giuridica non sviluppata, quindi non contenente gli attributi di formalismo
rigoroso, simbolismo e conservatorismo. Il giurista Sesto Pomponio disse:
"All'inizio della nostra città, le persone iniziarono le loro prime
attività senza alcun diritto scritto, e senza alcuna regola fissa: tutte le
cose erano governate dispoticamente dai re". Si ritiene che il diritto
romano sia radicato nella mitologia etrusca, con un'enfatizzazione dei rituali.
Diritto repubblicano fino alla seconda guerra punica. Magnifying glass icon
mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Leggi delle XII tavole, Leges
Liciniae Sextiae, Lex Canuleia, Lex Hortensia e Lex Aquilia. L'inizio del
secondo periodo coincide con il primo testo di diritto: le leggi delle XII
tavole. Il tribuno della plebe, Gaio Terentillo Arsa, propose che le leggi
fossero scritte, per evitare che i magistrati potessero applicarle in modo
arbitrario.Dopo otto anni di scontri politici, i plebei riuscirono a convincere
i patrizia inviare un'ambasceria ad Atene, per copiare le leggi di Solone; essi
inviarono poi altre delegazioni ad altre città greche per ottenerne il
consenso. Secondo quanto ci racconta Livio, furono scelti dieci cittadini
romani per mettere per iscritto le leggi. Mentre stavano eseguendo questo
lavoro, gli vennero attribuiti poteri politici supremi, detti imperium, mentre
il potere dei normali magistrativenne ridotto. I decemviri produssero le leggi
su dieci tavole, dette tabulae, ma lasciarono insoddisfatti i plebei. Un nuovo
decemvirato, si racconta, aggiunse due ulteriori tavole. La nuova legge delle XII
tavole venne ora approvata dall'assemblea popolare. Gli studiosi moderni
tendono a non dar credito alla precisione degli storici romani. Non credono in
genere che un secondo decemvirato abbia mai avuto luogo. Il decemvirato si
ritiene abbia incluso i punti più controversi del diritto consuetudinario, e di
aver assunto le funzioni principali a Roma. Inoltre, la questione sulla
influenza greca trovata nel diritto romano arcaico è ancora molto discussa.
Molti studiosi ritengono improbabile che i patrizi abbiano inviato una
delegazione ufficiale in Grecia, come gli storici romani credevano. Invece, gli
studiosi suggeriscono che i Romani abbiano acquisito leggi dalle città greche
della Magna Grecia, serbatoio principale dal mondo romano a quello greco. Il
testo originale delle XII tavole non si è conservato, anche perché furono
distrutte durante il sacco di Roma da parte dei Galli. I frammenti
sopravvissuti mostrano che non si trattava di un codice del diritto in senso
moderno. Non forniva infatti un sistema completo e coerente di tutte le norme
applicabili o nel dare soluzioni giuridiche per tutti i casi possibili.
Piuttosto, le tabelle contenevano disposizioni specifiche volte a modificare
l'allora esistente diritto consuetudinario, anche se le disposizioni erano
valide per tutti i settori del diritto, dove la parte più ampia era dedicata al
diritto privato e alla procedura civile. In seguito le leggi delle dodici
tavole vennero integrate da una serie di nuove leggi come: la Lex
Canuleia, che ammetteva il matrimonio (ius connubii) tra patrizi e plebei; le
Leges Licinae Sextiae che prevedevano restrizioni sui terreni pubblici (ager
publicus), dove almeno uno dei due consoli doveva essere plebeo; la Lex Ogulnia
dove i plebei ottennero l'accesso alle cariche sacerdotali; la Lex Hortensia
dove i verdetti delle assemblee plebee (plebiscita) ora riguardavano tutte le
persone; la Lex Aquilia, che poteva essere considerata come la fonte del
moderno diritto civile. Tuttavia, il contributo più importante di Roma alla
cultura giuridica europea non fu la promulgazione di leggi ben elaborate, ma
l'emergere di una classe di professionisti giuristi e della giurisprudenza.
Questo venne realizzato applicando in modo graduale e con metodo scientifico la
filosofia al soggetto del diritto, tema che i greci stessi mai trattarono come
una scienza. Tradizionalmente, le origini della giurisprudenza romana
sono collegate a Gneo Flavio, il quale sembra abbia pubblicato una serie di
"modi di dire" contenenti il linguaggio giuridico da utilizzare in
tribunale per intraprendere un'azione legale. Prima di Flavio, queste formule
sembra fossero segrete e note solo ai sacerdoti. La loro pubblicazione rese
così possibile, anche per chi non ricopriva cariche sacerdotali, di esplorare
il significato di questi testi di legge. Il periodo che successe dopo la
fine della seconda guerra punica fino all'avvento del principato, corrisponde
storicamente al periodo del diritto chiamato pre-classico. Questo periodo
coincise con una produzione da parte dei giuristi di un grande numero di
trattati, soprattutto a partire dal II secolo a.C. Tra i più famosi giuristi
del periodo repubblicano si ricordano, Quinto Mucio Scevolaautore di un
voluminoso trattato su tutti gli aspetti del diritto romano, che ebbe grande
influenza nelle epoche successive, e Servio Sulpicio Rufo, amico di Marco
Tullio Cicerone. E benché Roma avesse sviluppato un sistema del diritto molto
evoluto, oltre a una raffinata cultura legale, la Repubblica romanavenne rimpiazzata
dal principato. In questo periodo possiamo notare lo sviluppo di leggi
più flessibili per soddisfare le esigenze del momento. In aggiunta al vecchio e
formale ius civile venne creata una nuova classe giuridica: lo ius honorarium,
che può essere definita come "la legge introdotta dai magistrati che
avevano il diritto di promulgare editti al fine di sostenere, integrare o
correggere la giurisprudenza esistente. Con questa nuova legge il vecchio
formalismo venne abbandonato per i più flessibili principi dello ius
gentium. L'adattamento del diritto alle nuove esigenze fu dedicata alla
pratica giuridica dei magistrati, e soprattutto riguardante i pretori. Un
pretore non era un legislatore e non poteva tecnicamente creare una nuova legge
quando emetteva i suoi editti. I risultati delle sue sentenze godevano di
tutela giuridica[19] ed erano in effetti spesso fonte di nuove norme
giuridiche. Il successore del precedente pretore non era vincolato dalle
disposizioni del suo predecessore; comunque doveva rifarsi alle norme contenute
negli editti del suo predecessore che si dimostrassero utili. In questo modo si
generò un modo costante di operare da un punto di vista giuridico, editto per
editto. Così, nel corso del tempo, parallelamente al diritto civile, che andava
integrandosi e correggendosi, emerse un nuovo corpo di leggi pretorie. In
realtà, la legge pretoria venne così definita dal celebre giurista romano
Papiniano. Ius praetorium est quod praetores introduxerunt adiuvandi vel
supplendi vel corrigendi iuris civilis gratia propter utilitatem publicam. Il
diritto pretorio è una legge introdotta da pretori per integrare o correggere
il diritto civile per il bene pubblico.» Alla fine, il diritto civile e
il diritto pretorio si fusero nel Corpus Iuris Civilis. I primi
duecentocinquant'anni da Augusto, fino alla morte dell'imperatore Alessandro
Severo corrispondono al cosiddetto "periodo classico". Questo momento
storico rappresentò per il diritto e la giurisprudenza romana il momento più
elevato dell'intera storia romana. I successi letterari e le pratiche dei
giuristi di questo periodo hanno dato una forma unica al diritto romano.
I giuristi lavorarono in diverse direzioni, dando pareri legali: su richiesta
delle parti private; ai magistrati a cui era affidata l'amministrazione della
giustizia, soprattutto i pretori; nella redazione degli editti dei pretori,
quando veniva annunciato pubblicamente l'inizio del loro mandato, su come
avrebbero gestito le loro funzioni, oltre alle formule, in base alle quali vennero
condotti procedimenti specifici. Alcuni giuristi vennero incaricati di
occuparsi di prestigiosi uffici giudiziari e amministrativi. I giuristi
produssero, inoltre, tutta una serie di commentari legali e trattati. Attorno
al 130 il giurista Salvio Giuliano redasse un modello standard di come doveva
essere redatto un editto di un pretore, che poi venne utilizzato da tutti i
pretori da quel momento in poi. Questo editto conteneva dettagliate descrizioni
di tutti i casi, nei quali il pretore avrebbe potuto compiere un'azione legale
e una difesa. L'editto standard funzionava come un codice di legge completa,
anche se formalmente non aveva forza di legge. Esso indicava i requisiti
giuridici per un'azione legale di successo. L'editto divenne pertanto la base per
numerosi commentari giuridici da parte dei giuristi classici di epoca tarda
come, Giulio Paolo e Eneo Domizio Ulpiano. I nuovi concetti e istituti
giuridici elaborati dai giuristi di epoca pre-classica e classica sono troppo
numerosi da menzionare qui. Seguono quindi alcuni esempi: i giuristi
romani separarono chiaramente l'utilizzo di una cosa (proprietà) nel diritto
legale, dalla possibilità di utilizzare e manipolare la cosa (possesso).
Elaborarono anche la distinzione tra contratto e colpa come fonti delle
obbligazioni legali. I contratti standard (di vendita, di lavoro, locazione,
appalto di servizi) furono regolati nei più importanti codici continentali e le
caratteristiche di ciascuno di questi contratti furono sviluppate nella
giurisprudenza romana. Il giurista classico Gaio creò un sistema di diritto
privato basato sulla divisione materiale di personae (persone), res (cose) e
actiones (azioni legali). Questo sistema fu usato per molti secoli successivi:
basterebbe ricordare i Commentaries on the Laws of England di William
Blackstone, gli atti francesi del Codice Napoleonicooppure il codice civile
tedesco (Bürgerliches Gesetzbuch). L'ultimo periodo è quello denominato
post-classico, iniziato con la morte di Alessandro Severo e segnò la fine del principato, dilaniato
dalle guerre civiliper la porpora imperiale e dalle continue invasioni dei barbari
del nord e delle armate persiane. Terminò, quindi, con il regno di Giustiniano.
In questo periodo le condizioni per il fiorire di una cultura giuridica raffinata
divennero meno favorevoli. La situazione politica ed economica generale si era
andata deteriorando, da quando gli imperatori romaniavevano assunto un
controllo più diretto di tutti gli aspetti della vita politica. Il sistema
politico del principato, che aveva mantenuto alcune caratteristiche della
costituzione repubblicana, cominciarono a trasformarsi nella monarchia
assolutadel dominato. L'esistenza di una giurisprudenza e di giuristi che
considerassero il diritto come una scienza, non come mero strumento per
raggiungere gli obiettivi politici stabiliti dal monarca assoluto, non si
adattarono al nuovo ordine di cose. La produzione letteraria cessò quasi di
esistere. Pochi furono i giuristi conosciuti dopo la metà del III secolo.
Tuttavia, mentre la maggior parte della giurisprudenza del diritto classico
finì per essere ignorata e, infine, dimenticata in Occidente, in Oriente prese
piede una fondamentale attività di codificazione delle leggi classiche e della
giurisprudenza e di armonizzazione con le leggi successive, soprattutto grazie
all'opera di Giustiniano I, che avrebbe costituito la base del diritto
medievale. Eredità del diritto romanoModifica In OrienteModifica
Edizione del Digesta, parte del Corpus Iuris Civilis di Giustiniano I. Quando
la centralità dell'Impero romano venne spostata a est della Grecia, apparvero
nella legislazione ufficiale romana molti concetti legali di origine greca. Questa
influenza risulta visibile perfino nel diritto privato inerente ai rapporti tra
persone e alla famiglia, che tradizionalmente faceva parte del diritto che
subiva minori cambiamenti. Per esempio Costantino I cominciò a porre delle
restrizioni all'antico concetto romano di patria potestas, il potere detenuto
dal padre nei confronti della famiglia e dei suoi discendenti, riconoscendo che
le persone in potestate, i discendenti, potevano avere diritti di proprietà.
Egli apparentemente fece delle concessioni al concetto molto più severo di
autorità paterna del diritto greco-ellenistico. Il Codex Theodosianus è una
codificazione delle leggi di Costantino. Gli imperatori successivi andarono
perfino oltre, fino a quando Giustiniano I decretò che un fanciullo in
potestate potesse diventare proprietario di tutto ciò che avesse acquistato,
con esclusione di quanto veniva acquistato da suo padre. L'opera giuridica di
Giustiniano, particolarmente il Corpus Iuris Civilis, continuò a costituire la
base della pratica legale dell'Impero bizantino. Leone III Isaurico emise un
nuovo codice, denominato Ecloga. Gli imperatori Basilio I il Macedone e Leone
VI il Saggiocommissionarono la traduzione in greco del Codice e del Digesto,
parti del codice di Giustiniano, conosciuta con il nome di Basilica. Il diritto
romano preservato nel corpus legislativo di Giustiniano e nella Basilicarimasero
la base della giurisprudenza greca e nelle corti della Chiesa ortodossa perfino
dopo la fine dell'Impero bizantino e la conquista dei Turchi, formando così la
base per gran parte del Fetha Negest, che rimase in essere in Etiopia. Reintroduzione
in Occidente Lo stesso argomento in dettaglio: Regni romano-barbarici, Diritto
barbarico e Diritto medievale. In seguito alle invasioni barbariche, come fonte
principale del diritto, il diritto romano scomparve in gran parte dell'Europa
occidentale. L’imperatore d'Oriente Giustiniano I promulgò il Corpus iuris
civilis che in futuro sarebbe diventato la base per la reintroduzione del
Diritto romano nell'Occidente. Nel Corpus, Giustiniano fece confluire tutte le
antiche leggi di Roma cercando di armonizzarle con le nuove che nel frattempo
erano state promulgate. Il Codice di Giustiniano fu applicato nei territori
italiani sottoposti all'autorità di Bisanzio, ma le seguenti invasioni
barbariche le cancellarono dall'Occidente, riducendo il diritto romano a mero
diritto comune. In seguito, l'insistenza degli imperatori romano-germanici di
proclamarsi diretti successori dell'Impero romano, in particolare della
Dinastia ottoniana di Sassonia favorì, anche grazie alle università, la
reintroduzione del Diritto romano in Occidente, andando a rimpiazzare le
tradizioni giuridiche degli invasori germanici. Nel Regno di Sicilia il diritto
romano fu reintrodotto per volontà dell'imperatore Federico II con le due
assise di Capua e Messina. Il diritto romano venne riscoperto e dominò la
pratica legale di molti paesi europei. Un sistema giuridico, in cui il diritto
romano venne mescolato con elementi di Diritto canonico e di costume germanico,
soprattutto con il diritto feudale, divenne comune in tutta l'Europa
continentale e conosciuto come lo ius commune, termine che viene indicato nei
sistemi giuridici anglosassoni come civil law. Diritto romano e tutela
dei monumentiModifica La protezione delle opere pubbliche e delle principali
opere d'arte come anche, più in generale, dell'intera consistenza cittadina era
disciplinata da un insieme organico di statuti, leggi, costituzioni e
provvedimenti risalenti già alla prima età repubblicana. Nell'epoca classica si
creò una nuova serie di cariche pubbliche che sovrintesero alla tutela di
settori sempre più specifici, regolando e inserendo in un sistema altamente
efficiente una realtà in precedenza già presente, seppur in forma embrionale,
anche nel mondo greco. Le tracce di come un tanto imponente sistema si
sia trasmesso sino ai giorni nostri, influenzando la nascita delle prime
moderne forme di protezione dei monumenti pubblici, sono fin troppo evidenti.
Si pensi, per esempio, all'istituzione dei magistri aedificiorum et stratarum
voluti, nella Roma da papa Martino V. Diritto romano oggi Oggi, il diritto
romano non è più applicato nella giurisprudenza moderna, anche se negli
ordinamenti giuridici di alcuni Stati come il Sudafrica e San Marinoalcune
parti si basano ancora sullo ius commune. Tuttavia, anche se la giurisprudenza
si basa su un codice, si applicano molte regole derivanti dal diritto romano:
nessun codice ha completamente rotto i collegamenti con la tradizione romana.
Piuttosto, le disposizioni del diritto romano sono state create su misura in un
sistema più coerente, espresso nella lingua nazionale di molti Stati. Per
questa ragione, la conoscenza del diritto romano è indispensabile per capire i
sistemi giuridici contemporanei. Il diritto romano risulta spesso un argomento
obbligatorio per gli studenti di legge nelle varie giurisdizioni di diritto
civile. Come passo fondamentale verso l'unificazione del diritto privato
negli Stati membri dell'Unione europea, viene così adottato il vecchio Ius
Commune, che era la base comune della pratica legale in tutto il mondo, permettendo
poi molte varianti locali, ed è sentito da molti come un modello
basilare. Divisioni interne al diritto romanoModifica Il diritto romano
si suddivide in: ius Quiritium (deriva da "Quirites", sinonimo
di "Romani"), costituito da un insieme di consuetudini ancestrali,
non scritte, talmente remote che i Romani stessi non ne conoscevano l'origine.
Riguardava gli ambiti di diritto di famiglia, matrimonio, patria potestas e
proprietà privata, e non comprendeva le obbligazioni, che in età arcaica non
esistevano. Costituisce il nucleo più arcaico del ius civile. ius civile, era
l'insieme delle norme che regolano i rapporti tra i cives romani, considerato
nell'ottica romana come orgogliosa prerogativa dei cittadini di Roma. Di esso
il giurista romano Papiniano dà la seguente definizione tramandataci dal
Digesto giustinianeo: Ius autem civile est quod ex legibus, plebis scitis,
senatus consultis, decretis principum, auctoritate prudentium venit. Il ius
civile è il diritto che promana dalle leggi, dai plebisciti, dai senatoconsulti,
dai decreti degli imperatori e dai responsi dei giurisperiti.» (Digesto)
ius gentium, l'insieme di tutti gli istituti che trovano tutela, oltre che
nell'ordinamento statuale romano, anche presso altri popoli. ius naturale, la
lezione stoica proficuamente accolta da Cicerone, si trasfuse nella coscienza
giuridica romana. I giureconsulti, però, non essendo filosofi, ne trassero
scarsi e rozzi ammaestramenti, interpretando la natura come atavico istinto
comune anche agli esseri irrazionali. Ciò accadde specificamente nella
definizione che ne diede Ulpiano, allorché stabilisce che "Il diritto
naturale è quello che la natura ha insegnato a tutti gli esseri animati. [Da
esso] derivano l'unione del maschio e della femmina, che noi chiamiamo matrimonio,
la procreazione e l'allevamento dei figli. Vediamo infatti che anche gli altri
animali, perfino quelli selvaggi, conoscono e praticano questo diritto. Questo
passo di Ulpiano sarà inserito nel Digesto giustinianeo e insieme con l'intero
Corpus iuris civilis costituirà oggetto di studio per le scuole giuridiche
medievali. Gaio propende per una bipartizione del diritto, cioè che il diritto
si divida in ius civile, creazione artificiale della civitas, e in ius gentium
o ius naturale, diritto comune ai popoli e che trova la sua ragion d'essere
nella naturalis ratio, cioè in una ragione naturale, dunque ritenuto anche
eticamente migliore poiché ispirato dalla natura: in questa visione la
schiavitù è considerata come una situazione naturale già predisposta dalla
stessa natura; Ulpiano propende per una tripartizione del diritto; come Gaio,
pensa che lo ius civile sia creazione artificiale, ma va oltre affermando che
il ius gentium riguarda un regolamento per i soli uomini, mentre lo ius
naturale sarebbe quello di tutte le creature viventi: in questo caso la
condizione di schiavo viene vista come una condizione predisposta dal diritto e
non riconducibile alla condizione naturale dell'uomo. ius honorarium (o ius
praetorium), che riguarda le situazioni di diritto o di fatto che, pur non
trovando tutela nelle norme dello ius civile, sono state regolamentate
dall'attività giurisdizionale dei magistrati dotati di iurisdictio. Lo stesso
Papiniano, nel medesimo brano in cui definisce il ius civile, racchiude il
concetto di ius honorarium, che egli chiama ius praetorium, nelle seguenti
parole. Ius praetorium est quod praetores introduxerunt adiuvandi vel supplendi
vel corrigendi gratia propter utilitatem publicam; quod et honorarium dicitur
ab honore praetorum. Il ius pretorium è il diritto introdotto dai praetores al
fine di aiutare, aggiungere, emendare lo ius civileper la pubblica utilità; ciò
che viene anche chiamato honorariumdall'onore dei pretori.» Ius
legitimum, il cui nome deriva da lex è il diritto prodotto in sede assembleare
attraverso la votazione e approvazione di una legge comiziale; lo ius legitimum
ha particolare vita in età repubblicana e fiorisce particolarmente con Augusto
per poi scomparire dopo la sua morte e la trasformazione dello Stato in impero;
con il venir meno delle assemblee a favore del duopolio Senato-imperatore e del
successivo monopolio imperiale del potere la lex perde il suo carattere di
comizialità e viene a identificarsi con la definizione di norme da parte
dell'imperatore stesso, nella forma della "costituzione imperiale".
Da questo momento lo ius legitimum si estingue, confluendo nello ius civile.
Durante la repubblica le principali assemblee produttrici di ius legitimum
erano i comitia centuriata e i concilia plebis, in minore parte le altre
assemblee. Eneo Domizio Ulpiano, Digesto principio. Ad esempio stare decisis,
culpa in contrahendoo in pacta sunt servanda.
In Germania, Art. BGB. Valacchia,
Moldova e alcune altre province medievali. Secondo Francisci (Sintesi storica
del diritto romano) la prima fase, denominata del diritto
"primitivo", iniziava con la fondazione di Roma e terminava con la
fine della seconda guerra punica. Biondi, Istituzioni di diritto romano, Ius
civile Quiritium. Come ad esempio la pratica rituale della mancipatio, una
forma di vendita. "Roman Law", in Catholic Encyclopedia,
Appleton Company, New York. Jenő Szmodis, The Reality of the Law From the
Etruscan Religion to the Postmodern Theories of Law, Kairosz, Budapest, Olga
Tellegen-Couperus, A Short History of Roman Law, Livio, Ab Urbe condita libri. Decemviri
legibus scribundis. Pudentes, sing. prudens, o jurisprudentes. Pietro De
Francisci, Sintesi storica del diritto romano. Invece Biondi lo accorpa in un
unico periodo con il precedente e lo chiama "repubblicano". Berger, Encyclopedic Dictionary of Roman Law, in The American
Philosophical Society. Magistratuum
edicta. Actionem dare. Edictum
traslatitium. Francisci, Sintesi storica del diritto romano, Tellegen-Couperus
& Tellegen-Couper, A Short History of Roman Law. Ecloga | Byzantine
law Britannica, su britannica. Cardini e
Montesano, Storia Medievale, Firenze, Le Monnier Università/Storia. "È
questo il famoso Corpus iuris civilis, nel quale Giustiniano dettò le sue nuove
leggi preoccupandosi però di armonizzarle coerentemente con quelle antiche.
Tale monumento alla sapienza giuridica di Roma sarebbe stato alla base della
rinascita degli studi giuridici e delle istituzioni politiche della stessa
Europa; e costituisce ancora oggi il fondamento sul quale si appoggiano i
sistemi giuridici di gran parte dei paesi del mondo. Cardini e Montesano,
Storia Medievale, Firenze, Le Monnier Università/Storia, "La pretesa di
questi re di atteggiarsi a imperatori romani non fu priva di risultati anche
importanti: essa fu ad esempio uno dei motivi per cui, a partire dalla metà del
XII secolo, il diritto romano rientrò nell'Europa occidentale e -anche grazie
al lavoro che fu allora espletato nelle università- s'impose come nuovo diritto
sostituendosi in tutto o in massima parte alle precedenti tradizioni giuridiche
ereditate dai germani delle invasioni." Cardini e Marina Montesano, Storia
Medievale, Firenze, Le Monnier Università/Storia, "Introdusse il diritto
romano, fondò l'Università di Napoli per disporre di un ceto di funzionari
fedeli istruiti all'interno dei confini (altrimenti i suoi sudditi avrebbero
dovuto andare fino a Bologna per studiare) e favorì lo "Studio"
medico di Salerno. Incluse tutte le proprietà private. Campanelli, L'antefatto:
leggi e norme di tutela nel diritto romano, "‘ANAΓKH", I curatores
viarum, operum publicorum, rei publicae, statuarum, ecc. ^ Platone, nel VI
capitolo delle Leggi, cita un tipo particolare di magistrati chiamati astynomi,
storicamente documentati (cfr. Die Astynomenischrift, Atene) dediti alla cura e
alla riparazione dei luoghi pubblici. Con la bolla Etsi in cunctarum. Che per
gli Stoici era permeata dalla ragione divina. Fassò: «Digesto, Fassò. La
ricostruzione dell'intero sistema di diritto romano è basata sul ritrovamento
di fonti giuridiche e storiche più o meno complete. Di seguito, un elenco, certamente
non esaustivom delle principali fonti di
produzione del diritto romano che ci sono pervenute: OTTAVIANO (si veda),
Res gestae divi Augusti, opera divisa in tabulæ, CICERONE (si veda) De legibus,
Codice Ermogeniano. Codice Teodosiano; il contraltare alla codificazione giustinianea,
in sedici libri densi di diritto e innovazioni strutturali, tra cui il Liber
Legum Novellarum Imperatoris Theodosi. Constitvtiones Sirmondianae: raccolta di
16 costituzioni imperiali, che disciplinano materie ecclesiastiche; presero il
nome dal primo loro editore, il gesuita Sirmond. Emanate non furono tutte
accolte nel Codice teodosiano, in appendice al quale sono pubblicate da
Mommsen. Corpus Inscriptionum Latinarum. Decretum Gelasianum, fonte di diritto
canonico più che di diritto romano (da The Latin Library); editto di Costantino
e Licinio; l'Editto di Teodorico, diviso in articoli, è un codice territoriale,
cioè contene disposizioni valide sia per i romani che per gl’ostrogoti.
Ciascuno degli articoli è ricavato da un testo delle leges o degli iura,
soprattutto dai codices, dalle Sententiæ di Paolo ecc. Vi sono anche alcune
norme nuove, di incerta origine: non si sa se di origine ostrogota oppure
derivate dalla pratica. Fontes Iuris Romani Ante-iustiniani in usum scholarum,
divise in libri (sulle Leges, sugli Auctores, e sui Negotia). Fragmenta
Vaticana, frammenti di un'ampia compilazione privata di costituzioni imperiali
e di passi desunti dalle opere di Papiniano, Ulpiano e Paolo. Il palinsesto è
scoperto da Mai nella Biblioteca Vaticana. Le costituzioni imperiali ivi
riportate sono varie. Giustiniano I, Corpus iuris civilis, composto da
Imperatoris Iustiniani Institutiones, (versione latina) -logo.svg; opera
didattica in 4 libri destinata a coloro che studiavano il diritto; Domini
Nostri Sacratissimi Principis Iustiniani Iuris Enucleati Ex Omni Vetere Iure
Collecti Digestorum seu Pandectarum (o Pandectae), antologia in libri di
frammenti estrapolati (non senza modifiche) dalle opere giuridiche dei più
eminenti giuristi della storia di Roma, testo latino; Domini Nostri
Sacratissimi Principis Iustiniani Codex, testo latino: raccolta di costituzioni
imperiali d’ADRIANO (si veda) allo stesso Giustiniano; Novellæ Constitutiones: costituzioni
emanate da Giustiniano dopo la pubblicazione del Codex. Istituzioni di Gaio
(Gai Institutionum). Leggi delle XII tavole (Duodecim Tabularum Leges). Lex
Romana Burgundionum, scritta all'inizio del VI secolo, è articolata in titoli e la si attribuisce a Gundobado, re dei
Burgundi, Gallia Orientale. È destinata ai soli sudditi romani del regno dei
Burgundi. Sententiae Pauli: i cinque titoli delle Sententiae receptae Pavlo
tributæ e i libri delle Pavli sententiarvm interpretatio. Senatus consultum de
Bacchanalibus; Ulpiano, Titvli ex corpore Ulpiani: opera piuttosto elementare,
destinata soprattutto all'insegnamento del diritto, contenuta in un manoscritto
della Biblioteca Vaticana. Secondo la dottrina prevalente, si tratta di una
compilazione post-classica, con molta probabilità dell'epoca di Diocleziano o
Costantino di passi rimaneggiati e rielaborati tratti da opere di Ulpiano).
Storiografia moderna; Annunziata, Temi e problemi della giurisprudenza
severiana. Annotazioni su Tertulliano e Menandro, Scientifica, Napoli, Ruiz,
Storia del diritto romano, Jovene, Ruiz, Istituzioni di diritto romano, Jovene,
Biondi, Istituzioni di diritto romano, Ed. Giuffré, Milano Burdese, Manuale di
Diritto Privato Romano, Utet giuridica, Burdese, Manuale di Diritto Pubblico
Romano, Utet giuridica, Costabile, Storia del diritto pubblico romano, Iriti,
Francisci, Sintesi storica del diritto romano, Roma Marzo, Istituzioni di
diritto romano, Giuffrè, Milano, Marzo, Manuale elementare di diritto romano,
Utet, Torino Marrone, Istituzioni di
diritto romano, Palumbo, Sanfilippo. Istituzioni di diritto romano, Rubbettino,
Schiavone, Ius: l'invenzione del diritto in Occidente, Torino, Einaudi, 2
International roman law moot court Diritto latino romano, diritto, su
Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.Diritto
romano, su hls-dhs-dss.ch, Dizionario storico della Svizzera. Diritto romano,
su Enciclopedia Britannica, Corpus Iuris Civilis: Lion, Hugues de la Porte, Corpus
iuris civilis, su the latin library. The Roman Law Library (Lassard, Koptev)
Dizionario Storico del Diritto Romano Simone Diritto e Storia del Diritto
Romano, Vervaart, Rechtshistorieː A gateway to legal history - Roman Law, su
rechtshistorie. Fonti di diritto romano, su ancientrome (in russo). Portale
Antica Roma Portale Diritto Portale Roma Portale Storia
Corpus iuris civilis raccolta di materiale giurisprudenziale, voluta
dall'imperatore d'Oriente Giustiniano I Digesto Compilazione di frammenti
derivanti da opere di giuristi romani voluta da Giustiniano I. Basilika. Il
conte Sergio Cotta. Keywords: l’inter-soggetivo, il giurato, il normato. La prima
ferita narcissista, Filangieri, giurato, l’uomo galileano, l’obbligato, il
normato, Latin ‘normare’ – not recognized in Dizionario etimologico – il
giurato d’entrambi – il concordato d’entrambi – fenomenologia – Roma citta –
polis, politea, res publica – pubblico e privato -- Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Cotta” – The Swimming-Pool Library. Cotta.
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