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Tuesday, November 26, 2024

GRICE E CATTANEO

 

Grice e Cattaneo: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale longobarda -- Vico e la sapienza italiana – il dialetto milanese e il sostratto latino – scuola di Milano – filosofia milanese – filosofia lombarda -- filosofia italiana – Luigi Speranza, pel Gruppo di Gioco di H. P. Grice, The Swimming-Pool Library (Milano). Filosofo milanese. Filosofo Lombardo. Filosofo italiano. Milano, Lombardia. Grice: “I like Cattaneo; in fact, I LOVE Cattaneo; he is so much like me! I taught at Rossall, and he defended the the teaching in what the Italians (and indeed the ‘Dutch’) call the ‘gym’ not just of Grecian and Roman, but Hebrew – He famously claimed to know Hebrew when he interviewed for a job as a librarian! – From a semiotic point of view, he saw semiotics as the phenomenon the philosopher must consider when dealing with communication – he explored semantics, but also ‘sintassi’ in connection with ‘logic,’ and obviously, pragmatics – He was interested in comparing systems of communication in Homo sapiens sapiens and other species – and being an Italian, he was especially interested in how Roman became Latin – he opposed the Tuscany rule!” --  Grice: “Only a philosopher like Cattaneo is can understand Cattaneo’s contributions to semiotics!”. Figlio di Melchiorre, un orefice originario della Val Brembana, e di Maria Antonia Sangiorgio, trascorse gran parte della sua infanzia dividendosi tra la vita cittadina milanese e lunghi e frequenti soggiorni a Casorate, dove era spesso ospite di parenti. Fu proprio durante questi soggiorni che, approfittando della biblioteca del pro-zio, un sacerdote di campagna, si appassioa alla filosofia, soprattutto dei classici della filosofia romana.  Il suo amore per le lettere humanistiche classiche lo indusse a intraprendere gli studi nei seminari di Lecco prima e Monza poi, che avrebbero dovuto portarlo alla carriera ecclesiastica, ma già all'età di diciassette anni, abbandonò il seminario papista per continuare la sua formazione presso il Sant'Alessandro di Milano e in seguito al ginnasio e liceo classic di Porta Nuova dove si diploma. La sua formazione filosofica fu plasmata, durante gli studi superiori, da maestri quali Cristoforis e Gherardini, i quali gli aprirono le porte del mondo filosofico milanese. Grazie a queste opportunità, oltre alla passione per gli studi classici, Cattaneo inizia a nutrire interessi di carattere sstorico. Sempre in questo periodo furono fondamentali per la sua formazione filosofica le letture presso la Biblioteca di Brera e il contatto con il cugino paterno, direttore del gabinetto numismatico, era anche un importante esponente del mondo filosofico milanese. Altro punto chiave per il percorso formativo degli suoi interessi furono la frequentazione assidua dell’Ambrosiana, grazie alla sua parentela materna Sangiorgio con il prefetto Pietro Cighera, e della biblioteca personale dello zio. La Congregazione Municipale di Milano lo assunse come insegnante di latino e poi di umanita nel ginnasio comunale di Santa Marta. Approfondizza le sue frequentazioni con gli filosofi milanesi, entrando a far parte della cerchia di Monti. Di questi stessi anni sono le sue amicizie con Franscini e Montani. Dopo aver iniziato a frequentare le lezioni di Romagnosi nella sua villa, ne divenne presto amico e allievo. Si laurea Pavia con il massimo dei voti.  Risale il suo saggio dato alla stampa e apparso sull’antologia, si tratta di una recensione all'assunto primo del concetto di “giure naturale”. Saggio sulla Storia della Svizzera italiana. Convinto sostenitore di richieste di maggiore autonomia del regno lombardo-veneto dalla corte di Vienna, pensava di puntare su una politica non violenta per avanzare tali richieste. Il motivo del suo rifiuto nei confronti della violenza si può comprendere da questa affermazione poco conosciuta del filosofo milanese che al tempo stesso lascia trasparire cosa egli ne pensasse di un'annessione al Regno di Sardegna. Siamo i più ricchi dell'impero, non vedo perché dovremmo uscirne. Ottenne alcune concessioni dal vice-governatore austriaco, subito annullate dal generale austriaco Radetzky.  Purtroppo l'evoluzione tragica delle Cinque giornate di Milano, degenerate in violenza, fecero capire a C. che un dialogo tra la nobiltà lombarda e la corte di Vienna e effettivamente difficile, stessa impressione che curiosamente ebbe anche Radetzky che nel periodo del suo governo nel lombardo-veneto punta a cercare il favore del volgo. C.  e i suoi amici parteciparono quindi e contribuirono alle cinque giornate di Milano, senza agire con azioni di violenza gratuita. Ma dopo di esse, rifiuta l'intervento piemontese. Considera il Piemonte meno sviluppato della Lombardia e lontano dall'essere democratico. Presidente del Consiglio di guerra di Milano, che governa insieme al Governo provvisorio fino alla caduta di Milano al ritorno degli austriaci. Dopo una serie di moti popolari, nel frattempo, viene proclamata la repubblica romana, guidata da un triumvirato costituito da Mazzini, Saffi ed Armellini.  In seguito alla conclusione dei moti ripara nella ivizzera e si stabilì a Castagnola, nei pressi di Lugano, nella villa Peri. Qui ebbe modo di stringere maggiormente la sua amicizia con Franscini, potente filosofo ticinese, e di partecipare alla vita filosofica del Cantone e della città. Fonda il liceo di Lugano, che volle fortemente per creare un'istruzione pubblica laica libera dal giogo del papa, al fine di formare una generazione liberale e laica che era alla base dello sviluppo economico del resto della Svizzera. Amico di Manara, anda a Napoli per incontrare Garibaldi, ma poi tornò in Svizzera, perché deluso dall'impossibilità di formare una confederazione di repubbliche. Pur essendo più volte eletto in Italia come deputato del Parlamento dell'Italia unificata, rifiuta sempre di recarsi all'assemblea legislativa per non giurare fedeltà ai Savoia. Viene ricordato per le sue idee federaliste impostate su un forte pensiero liberale e laico. Acquista prospettive ideali vicine al nascente movimento operaio-socialista. Fautore di un sistema politico basato su una confederazione di stati italiani sullo stile della svizzera. Avendo stretto amicizia con filosofi ticinesi come Franscini, ammira nei suoi viaggi l'organizzazione e lo sviluppo economico della Svizzera interna che imputa proprio a questa forma di governo -- è più pragmatico del romantico Mazzini -- è un figlio dell'illuminismo, più legato a Verri che a Rousseau, e in lui è forte la fede nella ragione che si mette al servizio di una vasta opera di rinnovamento della communità. Pur essendogli state dedicate numerose logge massoniche e un monumento realizzato a Milano dal massone Ferrari, una sua lettera a Bozzoni, consente di escludere la sua appartenenza alla massoneria, per sua esplicita dichiarazione, sovente in quel periodo tenuta segreta e negata.  Per lui scienza e giustizia devono guidare il progresso della communità, tramite esse l'uomo ha compreso l'assoluto valore della libertà di pensiero. Il progresso umano non deve essere individuale ma collettivo, comunitario, attraverso un continuo confronto con l’altro. La partecipazione alla vita della communita à è un fattore fondamentale nella formazione dell'individuo. Il progresso può avvenire solo attraverso il confronto collettivo comunitario. Il progresso non deve avvenire per forza o autoritarismo, e, se avviene, avverrà compatibilmente con i tempi: sono gli uomini che scandiscono le tappe del progresso. Nega il concetto di “contratto” comunitario o sociale. Due uomini si sono associati per istinto. La comunita, la diada, la società è un fatto naturale, primitivo, necessario, permanente, universale -- è sempre esistito un federalismo delle intelligenze umane -- è sorto perché è un elemento necessario di due menti individuali.  Pur riconoscendo il valore della singola intelligenza monadica, afferma però, che più scambio, conversazione, dialettica, e confronto ci sono, più la singola intelligenza monadica diventa tollerante dell’altro nella diada. In questo modo anche la società e la comunita diadica e più tollerante. Le due sistemi cognitivi dei individui della diada devono essere sempre aperti, bisogna essere sempre pronti ad analizzare nuove verità.  Così come le due menti si devono federare, lo stesso devono fare gli stati europei che hanno interessi di fondo comuni. Attraverso il federalismo i popoli, le comunita, possono gestire meglio la loro partecipazione alla cosa pubblica. La communita, il popolo deve tenere le mani sulla propria libertà. La comunita, il popolo non deve delegare la propria libertà ad un popolo lontano dalle proprie esigenze.  La libertà economica è fondamentale per C. -- è la prosecuzione della libertà di fare -- la libertà è una pianta dalle molte radici. Nessuna di queste radici va tagliata sennò la pianta muore. La libertà economica necessita di uguaglianza di condizioni. La disparità ci saranno ma solo dopo che tutti avranno avuto la possibilità di confrontarsi nella conversazione aperta. E un deciso repubblicano e una volta eletto addirittura rinuncia ad entrare in parlamento rifiutandosi di giurare dinanzi all'autorità e la forza del re. Viene richiamato quale iniziatore della corrente di pensiero federalista in Italia. Fonda il periodico Il Politecnico, rivista che divenne un punto di riferimento dei filosofi lombardi, avente come intento principale l'aggiornamento tecnico e scientifico della cultura nazionale. Guardando all'esempio della Svizzera cantonale (improntata alla democrazia diretta), define il federalismo come "teorica della libertà" in grado di coniugare indipendenza e pace, libertà e unità. Nota al riguardo che abiamo pace vera, quando abiamo gli stati uniti dell’Europa, alla svizzera. Cattaneo e Mazzini videro negli nella Svizzera l’unico esempio di vera attuazione dell'ideale repubblicano. Federalista repubblicano laico di orientamento radicale-anticlericale, fra i padri del Risorgimento, e alieno dall'impegno politico diretto, e punta piuttosto alla trasformazione culturale della società. La rivista Il Politecnico fu per lui il vero parlamento alternativo a quello dei Savoia.  In accordo con il Tuveri redattore del Corriere di Sardegna, intervenne in merito alla questione sarda in chiave autonomistica locale. In tal senso, denuncia l'incapacità ed incuranza del governo centrale nel trovare una nuova destinazione d'uso al mezzo milione di ettari (più di un quinto della superficie dell'isola) che avevano costituito i soppressi demani feudali, sui quali le popolazioni locali esercitavano il diritto di ademprivio, per usi civici.  A lui è dedicato l'omonimo istituto di ricerca. Altre saggi: “Scritti filosofici”; “Interdizioni israelitiche”; “Psicologia delle menti associate” – questo saggio – associazione -- non è stata completata e rimane allo stato di frammenti. Il tema de saggio sarebbe dovuto consistere nel cercare un'interpretazione sociale – diadica -- nello sviluppo dell'individuo o monada. La città – cittadino – cittadinanza -- considerata come principio ideale delle istorie italiane; Dell'India antica e moderna; Notizie naturali e civili su la Lombardia Vita di ALIGHIERI (si veda) di Cesare Balbo Il Politecnico, Repertorio mensile di studi applicati alla prosperità e coltura sociale e comunitaria; Dell'Insurrezione di Milano e della successiva guerra. Rapporto sulla bonificazione del piano di Magaldino a nome della società promotrice, In Lugano, Tipografia Chiusi. Le cinque giornate di Milano di Carlo Lizzani -- interpretato da Giannini. C. e le cinque giornate di Milano  Secondo una tesi, non comprovata e non accolta dai dizionari biografici, C. sarebbe nato a Villastanza, frazione del comune di Parabiago in provincia di Milano. Certamente più antica è la Villa prospiciente la Chiesa, sulla piazza ed attualmente in proprietà del signor Luigi Gagliardi, cui è giunta per eredità dagli avi. Un'insistente tradizione vuole che in questa casa, abbia avuto i natali nientemeno che C.. Ma C. deve aver passato qui soltanto alcuni anni della sua infanzia, ospite nei mesi estivi della famiglia amica ai propri genitori. Si veda, a tal riguardo, “Storia di Parabiago, vicende e sviluppi dalle origini ad oggi, Unione Tipografica di Milano. (Tortora), da Filosofico (Fusaro)  Arch. Fant Milano  Bertone, Camagni, Panara, La buone società: Milano industria. Almanacco istorico d'Italia, Battezzatti. C. genealogy project, su geni_family_tree. Il Famedio, su  del Comune di Milano; Lacaita, Gobbo, Turiel La biblioteca di C., Le riforme illuministiche in Lombardia, articolo dal saggio introduttivo a Notizie naturali e civili della Lombardia, come riportato da Pazzaglia in Antologia della letteratura italiana,  Il monumento milanese che lo raffigura reca l'iscrizione, A C.  -- La massoneria italiana, Mola, Storia della Massoneria italiana dalle origini ai nostri giorni, Milano, Bompiani. Fonte:// manfredi pomar.com/.  l'Enciclopedia, alla voce "Politecnico", in La Biblioteca di Repubblica, POMBA-DeAgostini; Petrone, Massoneria e identità, Taranto, Bucarest; Fiorentino, Non proprio un modello: gli Stati Uniti nel movimento risorgimentale italiano; Teodori, "C., Garibaldi, Cavallotti": i radicale anti-clericali, anti-papa, in Risorgimento laico. Gli inganni clericali sull'Unità d'Italia, Rubbettino; M. Politi, D. Messina, G. Pasquino, Teodori, Dibattito "Risorgimento laico". Presentazione del saggio di Teodori, su Radio Radicale, Milano, Fondazione Corriere della Sera. Tuveri, in Rassegna storica del Risorgimento; Ambrosoli (scelta e introduz. di). C. e il federalismo, Roma, Ist. Poligrafico e Zecca dello Stato, Archivi di Stato,  Bobbio, Una filosofia militante: studi su C., Einaudi, Torino; Campopiano, "C. e La città considerata come principio ideale delle istorie italiane", in "Dialoghi con il Presidente. Allievi ed ex-allievi delle Scuole d'eccellenza pisane a colloquio con Ciampi", M. CampopianoL. Gori; Martinico, E. Stradella, Pisa, La Normale. C. e Tenca di fronte alle teorie linguistiche di Manzoni, in «Giornale storico della letteratura italiana; Colombo, Montaleone, C. e il Politecnico, Angeli, Milano, Frigerio, dir. de Rougemont, Bruylant, Bruxelles, Fubini, Gli scritti letterari di C., in Romanticismo italiano, Laterza, Bari. Lacaita, L'opera e l'eredità di C., Feltrinelli, Milano. Puccio, Introduzione a Cattaneo, Einaudi, Torino); C. nel primo centenario della morte, antologia di scritti, edizioni Casagrande, Bellinzona, Antonio Gili, Pagine storiche luganesi, Arti grafiche già Veladini, Lugano; Lacaita, Economia e riforme in C., Ibidem; Cotti, C. in una lettera inedita di Lavizzari, C.: studio biografico dall'Epistolario»; opera di  Michelini (Milano, NED), C. scrittore, in Manzoni e la via italiana al realismo, Napoli, Liguori, Cattaneo una biografia. Il padre del Federalismo italiano, Garzanti, Milano; Il ritratto carpito di C., Casagrande, Bellinzona; Cattaneo federalista europeo, in «Il Cantonetto, Lugano, Fontana Edizioni SA, Pregassona,  L'istruzione educante nel pensiero di C., Carlo Moos, Carlo Cattaneo: il federalismo e la Svizzera, Mariachiara Fugazza, Una lettera inedita di Cattaneo a De Boni. La Repubblica Romana, Ibidem, Moos, C.  in Ticino, Bollettino della Società Storica Locarnese, Tipografia Pedrazzini, Locarno, Michelin Salomon, C.. Una pedagogia socialmente impegnata, Messina, Samperi; Mario: C. Cenni. Cremona. Cantoni, Il sistema filosofico di C., Milano; Torino: Dumolard, Matteucci, Romagnosi Cinque giornate di Milano Federalismo in Italia, Ferrari (filosofo) Liceo di Lugano Stati Uniti d'Europa Sostrato (linguistica) Università Ca. C. su Treccani Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. C. in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  C., in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. C., su Enciclopedia Britannica, C. in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. C., su siusa. archivi. beniculturali, Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche.  Opere C., su open MLOL, Horizons Unlimited srl. Opere C., su storia.camera, Camera dei deputati. Raffaelli, C., in Il contributo italiano alla storia del Pensiero: Economia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana,  Colombo, C., in Il contributo italiano alla storia del Pensiero: Filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Opere Scritti di C. in classicis; Scritti di C.: testi con concordanze e lista di frequenza Indice Carteggi di C. Altro Cronologia della vita di C. su storia dimilano. C. Il contemporaneo dei posteri a cura del Comitato nazionale per le celebrazioni del bicentenario della nascita  Filosofia Letteratura  Letteratura Politica  Politica Risorgimento  Risorgimento Categorie: Patrioti italiani Filosofi italiani Politici italiani Professore Milano Lugano Scrittori italiani Personalità del Risorgimento Positivisti Insegnanti italiani Filosofi della politica Repubblicanesimo Linguisti italiani Sepolti nel Cimitero Monumentale di MilanoPolitologi italiani Federalisti Deputati della VII legislatura del Regno di Sardegna Deputati dell'VIII legislatura del Regno d'Italia Deputati della IX legislatura del Regno d'Italia. Linguaggio e ideologia: la posizione di C., Comitato di Redazione matania edoardo ritratto di c.  xilografia, Matania, Ritratto di C., xilografia, di Prato  La centralità della figura di C. nell’ambito della cultura italiana  giustamente ricollegata al suo pensiero liberale e laico, agli studi giuridici che hanno contrassegnato l’intera sua formazione, all’interesse verso l’etnografia e la psicologia sociale. La sua personalità di studioso poliedrico e sfaccettato, fortemente influenzata dalla cultura classicista e dalla filosofia dell’illuminismo, si è concretizzata in varie forme tutte di grande rilevanza: il filosofo, l’economista, il critico, lo storico, lo scrittore politico, il fondatore della rivista Il Politecnico e, non da ultimo, il linguista.  Nel quadro di questa ricerca intellettuale così ricca e variegata un posto rilevante assumono i suoi studi etnico-linguistici di impianto storico-positivo e i suoi progetti politici orientati sul concetto di “nazionalità”. Con questo termine egli si riferiva allo stesso tempo sia alla più alta e unitaria aggregazione culturale, sia alla diretta partecipazione popolare allo sviluppo della società civile.  Proprio sugli interessi linguistici di C. concentreremo la nostra attenzione mettendo in evidenza l’impulso che egli ha dato alla costruzione dell’italiano come lingua comune che riflette il nesso tra la vitalità della lingua e la vitalità culturale della nazione di cui la lingua stessa è «il vincolo unitario in senso geografico e sociale» (Vitale), perché è da essa che dipende la possibilità per gli italiani di partecipare al progresso della cultura del proprio Paese. La forte coscienza del carattere comune della lingua faceva sì che C. potesse prescrivere la rinnovabilità della lingua – rifiutando quindi le angustie del purismo, i grecismi e i particolarismi provinciali – e sostenere anche un’opposizione recisa, basata su una coerente visione culturale di impronta europea, sia al neotoscanismo e al fiorentinismo manzoniano, sia all’accademismo della Crusca, in nome di un principio di unità di cultura e di vita civile nazionale.  Questa impostazione spiega poi la sua duplice posizione rispetto ai dialetti: da una parte riproponeva in termini nuovi, non antitetici,  i rapporti fra i dialetti e la lingua, riconoscendo la validità dei dialetti in quanto depositari di un patrimonio storico da preservare, apprezzando i valori riposti nelle culture popolari e sottolineando anche il valore della letteratura dialettale; dall’altra però considerava i dialetti come elementi superabili nel processo dialettico fondativo della lingua comune, essendo consapevole che il coinvolgimento dei parlanti nella lingua comune poteva avvenire nella misura in cui essi riuscivano progressivamente ad abbandonare l’uso esclusivo del dialetto.  Il primo scritto di linguistica di C. è quello sul Nesso della nazione e della lingua Valacca coll’italiana, pubblicato come parte di un lavoro più generale che riguardava l’influenza delle invasioni barbariche sulla lingua italiana e che non venne mai condotto a termine. Si tratta di uno studio sul passaggio dalla società tardo romana a quella feudale e poi comunale, condotto sulla scia dell’insegnamento di Romagnosi ma con una sostanziale differenza: mentre Romagnosi tendeva a ridurre la storia della civiltà in storia degli istituti giuridici e solo marginalmente si interessava di questioni linguistiche, C. già in questo primo scritto – il cui carattere storico generale è evidente – metteva al centro della sua trattazione il problema linguistico, considerando la lingua come espressione della nazionalità e testimonianza delle vicende della storia dei popoli.   La funzione sociale e in senso lato politica della lingua viene così enfatizzata con la finalità di studiare le interconnessioni tra le cose, cioè gli anelli che compongono le catene sociali che tengono uniti gli individui in quanto membri di una comunità: le parole, che sono ricche di sottili significati, possono essere comprese pienamente solo se situate in un contesto sociale più ampio di quello del loro svolgersi immediato (Lewis). Il nucleo che tiene insieme le memorie individuali e collettive è insomma costituito dalla lingua e l’esercizio della lingua rafforza tale nucleo dal quale poi dipende in buona parte l’identità di un popolo, la sua coscienza storica. In questo caso C. non si riferiva alla lingua solo come insieme di regole sintattiche e di etichette fonologiche, ma anche come modalità socialmente e regionalmente differenziata, dunque non la lingua come sistema, bensì come norma e istituzione: «è nelle parole della lingua che si condensano i path, i “sentieri” della memoria propri di ciascuna comunità» (Mauro).  Poli C. mostrò fin dagli anni giovanili grande interesse per l’opera di VICO, anche grazie all’influenza che ebbero su di lui le opere di Romagnosi e Ferrari che la interpretavano alla luce dell’antropologia laica dell’illuminismo. Proprio dal saggio di Ferrari, Vico e l’Italie uscito a Parigi, egli prese spunto per un saggio Sulla scienza nuova che pubblicò sul Politecnico nello stesso anno. L’interesse per le età primitive e per la vita collettiva dei popoli, il rapporto tra lingua e nazione denotano la presenza di motivi vichiani, con i quali C. corresse certi eccessi del razionalismo settecentesco, senza mai però rinunciare all’idea di progresso, e allo stesso tempo senza farsi influenzare dagli aspetti teologici della filosofia di Vico. La sua formazione illuminista lo portò a non condividere nessun mito del Risorgimento romantico e spiritualista, a celebrare come maestro Locke contrapponendolo alle fumosità dell’idealismo, ad avversare le posizioni di Rosmini, Gioberti e anche Mazzini.  L’illuminismo nella sua opera «si rivela sotto il carattere di una radicale antimitologia» (Alessio). Rispetto al Romanticismo la posizione di C. è contrassegnata da una sostanziale estraneità: giustamente Timpanaro osserva che parlare – come spesso si è fatto – di un romanticismo di Cattaneo può essere giusto se ci riferiamo al romanticismo come una categoria spirituale generale, definendo romantico ogni forma di interesse per le età primitive, per le tradizioni popolari e per il nesso lingua\nazione. Ma questo non ci deve far dimenticare che per il Romanticismo inteso come movimento culturale storicamente definito Cattaneo – come del resto anche Leopardi – mostrò sempre un atteggiamento critico e distante motivato dalla sua avversione al medievalismo, a quella concezione religiosa della vita che i romantici – sia pure con sfumature diverse – condividevano e al modo ambiguo con cui veniva da loro esaltato lo spirito popolare, inteso più come attaccamento alle tradizioni locali e forma di ingenuità, che come aspirazione democratica.  Sui rapporti tra romani e barbari e sulle origini della lingua italiana C. tornò diverse volte in altri scritti successivi quel saggio, sostenendo la derivazione dell’italiano dal latino volgare e limitando al massimo l’influsso delle lingue dei barbari sulla formazione dell’italiano, tanto più che secondo lui il numero dei barbari dominatori era stato assai esiguo contrariamente a quanto pensavano molti storici. Per valutare al meglio questa continuazione dell’italiano dal latino volgare per C. era necessario tener conto anche dell’influsso esercitato dalle antiche lingue dei popoli italici conquistati dai romani (etrusco, umbro, celtico ecc..).  Questa è l’importante teoria del sostrato senza la quale è difficile ad esempio spiegare la varietà dei dialetti italiani e che coinvolge soprattutto la fonetica piuttosto che il lessico: non si tratta quindi di una generale mescolanza di lingue, ma della stessa nuova lingua pronunciata in modo diverso in base ad abitudini fonetiche precedenti che rimanevano vive perché radicate dall’uso dei parlanti. Gli studi sull’origine dell’italiano sono importanti anche per spiegare la posizione che C. ha assunto nel dibattito sulla questione della lingua, che ha avuto del resto una grande rilevanza nella cultura italiana del tempo. C., infatti, non vedeva una scissione tra il suo impegno di linguista militante e i suoi studi di linguistica storica, al contrario riteneva lo studio storico delle lingue come la base, e dunque il fondamento, della linguistica normativa. Di fronte al problema di come la lingua italiana avrebbe dovuto essere formata e regolarizzata, egli sosteneva una rigorosa battaglia antitoscana, svolta su due fronti essenziali. Il primo era diretto – riprendendo una polemica che era stata inaugurata dagli illuministi lombardi del Caffè – contro il modello arcaico e passatista dell’Accademia della Crusca, che sosteneva una concezione immobilistica della lingua, estranea a ogni innovazione e fondata sulla netta scissione tra lingua e cultura. Il secondo fronte riguardava il modello certamente più moderno e funzionale del Manzoni, ma che ai suoi occhi risultava troppo accentrato e basato su un concetto di popolarità che egli non condivideva:  «la dottrina della popolarità da cui primamente si presero le mosse, oramai non significa più che si debba agevolare l’intendimento e l’arte della lingua agli indotti: ma bensì che si debbano raccogliere presso uno dei popoli d’Italia le forme che, più domestiche a quello, riescono più oscure a tutti li altri. Si intende un’angusta e inutile popolarità d’origine, non la vasta e benefica popolarità dell’uso e dei frutti» In alternativa, C. opponeva una forma di lingua che costituisse un punto d’incontro delle varie tradizioni dialettali italiane in maniera da poter svolgere veramente una funzione unificatrice della nazione. Una lingua, allo stesso tempo illustre, «insieme austera e moderna» (Timpanaro), adeguata non solo alla cultura letteraria, ma anche a quella scientifica e filosofica. Fin da quel primo articolo, cui abbiamo già fatto riferimento, C. dimostra inoltre di avere due maggiori capacità rispetto ad altri autori italiani suoi contemporanei. La prima era quella di saper andare al di là dei ristretti confini nazionali, interessandosi ad esempio delle lingue germaniche e del romeno. La seconda consisteva nell’avere ben presente il principio che la comunanza di origine tra due lingue è dimostrata dalla somiglianza delle strutture grammaticali, più che dei vocaboli – principio che ricavava dalla nuova linguistica comparata di Bopp e dei fratelli Schlegel che, proprio in quegli anni, erano diventati per lui importanti interlocutori anche polemici e avevano impresso nuovi sviluppi alle sue idee linguistiche. Biondelli pubblica sul Politecnico una serie di articoli sulla linguistica indeuropea, recensendo anche importanti opere dei comparatisti, informando così il pubblico italiano sui risultati scientifici da loro raggiunti. Questi articoli hanno indotto C. a prendere una posizione critica di fronte a questa corrente di studi e a scrivere il saggio Sul principio istorico delle lingue europee.  In questo saggio C. critica l’idea che dall’affinità delle lingue fosse possibile ricavare una comunanza d’origine dei popoli, perché era invece convinto che non ci fosse una connessione essenziale tra affinità linguistica e affinità razziale e che la linguistica e l’antropologia andassero attentamente distinte; inoltre credeva che si fosse troppo insistito sull’unità dell’indoeuropeo, trascurando le differenze tra le varie lingue dovute al sostrato. Guardava con sospetto l’esaltazione orientalizzante che costituiva forse la conseguenza più effimera e fuorviante del comparatismo indoeuropeo (Marazzini). Per Schlegel il sostrato svolgeva soprattutto una funzione negativa corrompendo la perfetta forma del sanscrito; per C., al contrario, la commistione del sanscrito con le lingue europee primitive ha dato luogo a un innesto fecondo perché il sostrato «rappresentava appunto il principio della varietà linguistica, non cancellata dall’azione unificatrice esercitata dal popolo colonizzatore» (Timpanaro). La parentela linguistica non è quindi nel sistema di C. identità di origine, bensì il risultato di un lento e progressivo avvicinamento delle popolazioni, dovuto all’istaurarsi fra di esse di rapporti politici, economici e culturali. Non si tratta, quindi, di un punto di partenza, ma di arrivo:  «Le lingue vive d’Europa non sono le divergenti emanazioni d’una primitiva lingua comune, che tende alla pluralità e alla dissoluzione; ma sono bensì l’innesto d’una lingua commune sopra i selvatici arbusti delle lingue aborigene, e tende all’associazione e all’unità. Se una volta in diverse parti d’Italia e delle isole si parlò il fenicio, il greco, l’osco, l’umbro, l’etrusco, il celtico, il carnico, e Dio sa quanti altri strani linguaggi, come tuttora avviene nella Caucasia, la sovraposizione d’una lingua commune avvicinò tanto tra loro i nostri vulghi, che ora agevolmente s’intendono tra loro. Il tempo che cangiò le lingue discordandi in dialetti d’una lingua, corrode ora sempre più le differenze dei dialetti; e lo sviluppo delle strade e la generale educazione promovono sempre più l’unificazione dei popoli.  Non è che una lingua madre si scomponga in molte figlie; ma bensì più lingue affatto diverse, assimilandosi ad una sola, divengono affini con essa e fra loro; e per poco che l’opera si continui, o a più riprese si rinovi, divengono suoi dialetti e infine mettono foce commune in lei. (C.) Sulla base di queste considerazioni, C., nell’ambito dell’acceso dibattito sulla monogenesi o poligenesi del linguaggio, sosteneva una posizione particolare: rifiutava evidentemente il primo, ma allo stesso tempo era anche distante da quel particolare tipo di poligenismo sostenuto da Schlegel, che consisteva nel separare nettamente pochi tipi linguistici originali dai quali sarebbero derivate tante lingue cosiddette “figlie”. Per lui invece esistevano tante lingue primitive originarie che si erano ridotte di numero, via via che le tribù avevano cominciato a unirsi in aggregati più ampi. Non esistevano quindi – come per Schlegel – delle lingue perfette fin dall’inizio (le lingue flessive); tutte le lingue avevano origini umili o, come scriveva lui stesso, “ferine”. I modelli di questo modo di intendere il poligenismo linguistico sono Epicuro, VICO e Cesarotti Sempre contro Schlegel, rivendica la giustezza della teoria agglutinante secondo la quale anche le forme flessionali più perfette e sofisticate derivavano dall’agglutinazione di monosillabi che all’origine avevano una funzione autonoma. E in quel articolo osserva infatti che le declinazioni della lingua latina e greca potevano derivare da semplici nomi con un articolo affisso (C.).  Psicologia delle menti associate carlocattaneoeditoririuniti La polemica con Schlegel riguardava anche la questione dell’origine del linguaggio: mentre per il primo la flessione indoeuropea era dovuta sostanzialmente a un intervento divino, per Cattaneo, l’origine del linguaggio non poteva che essere umana, e su questo avrebbe mantenuto una posizione coerente anche negli scritti successivi come le Lezioni di ideologia, dove, ad esempio, confutava il sofisma di Bonald che negava all’uomo la facoltà di costruirsi un linguaggio. Su questo tema come per tanti altri Cattaneo è vicino alla grande tradizione della linguistica illuminista che con Locke e Herder aveva respinto recisamente la concezione delle idee innate e l’origine divina del linguaggio (Prato) ed è del tutto immune dalla concezione misticheggiante della linguistica tanto cara ai romantici.  Proprio nel Saggio sul principio istorico delle lingue europee, C. si propone di verificare il rapporto tra fenomeni linguistici e tradizioni culturali, considerando la ricerca linguistica in stretta correlazione con una riflessione propriamente filosofica. L’analisi dei fenomeni linguistici non si riduceva per lui solo a una raccolta estemporanea di dati ma si traduceva in una vera e propria scienza sociale. Alla filosofia analitica degli Idèologues – che era rappresentata per gli scrittori italiani soprattutto da Condillac e Tracy – egli riconosceva senz’altro il merito di aver esaminato con acume e precisione i problemi del linguaggio, inserendoli in una prospettiva il più possibile concreta e razionale. Allo stesso tempo era tuttavia consapevole anche dei suoi limiti, che consistono nell’aver indicato come proprio oggetto di riflessione una figura di uomo dai caratteri astratti e indipendente dal rapporto con i suoi simili. Proprio «la famosa ipotesi della ‘statua’ condillachiana gli appariva emblematica di un concetto destorificato della natura umana» (Gensini). Non a caso alle conferenze tenute presso l’Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, C.volle dare il titolo di Psicologia delle menti associate, dove il termine di “psicologia sociale” è inteso appunto in senso antropologico sia come riflessione sull’uomo a partire dai rapporti che lo legano agli altri suoi simili, sia come ricostruzione delle mentalità e dei sistemi simbolici quale risultato di mediazioni sociali. In queste lezioni Cattaneo osservava che il lievito che fa fermentare le idee non si svolge in una mente sola perché «la corrente del pensiero vuole una pila elettrica di più cuori e di più intelletti. (C.). La genesi delle idee, che Locke aveva dimostrato scaturire dal linguaggio, in questa nuova prospettiva aperta da C., non può che radicarsi nella pratica sociale: «Nel commercio degli intelletti, promosso da felici condizioni, si svolgono le idee, come nel mondo materiale, al contatto delli elementi, si svolgono le correnti elettriche e le chimiche affinità. (C.) Il linguaggio stesso è la società (C.), ed è proprio su questo terreno che l’ideologia – ovvero l’analisi delle idee – iincontra la linguistica. Ideologia è del resto il titolo di una parte del corso di Filosofia che C. aveva tenuto presso il liceo di Lugano.  Non a caso aveva scelto questo titolo se consideriamo che per la sua chiara derivazione illuminista, l’ideologia rappresentava la sola reale forma di opposizione al conformismo della cultura del suo tempo perché l’ideologia era «un’arma efficace per una filosofia democratica, atta ad opporsi alla marea montante della filosofia restaurata, allo spiritualismo eclettico in Francia, all’ontologismo cattolico in Italia» (Formigari). I principi che contrassegnano l’intera ricerca di C. e che spaziano dal riconoscimento del valore del pensiero scientifico, alla negazione della metafisica e alla difesa della laicità, la rendono insomma pienamente aderente ai problemi e alle esigenze del nostro tempo, oltre che aperta a ulteriori forme di sviluppo e approfondimento.    Dialoghi Mediterranei.  Per un ritratto complessivo di C. e dei rapporti con i suoi contemporanei rimandiamo a Alessio e Mazzali. Studiati in particolare da Timpanaro. Si veda anche Gensini; Benincà; Geymonat. Negli Annali universali di statistica, si leggono ora in C. Si trova in C. [Anche per Giordani la lingua è il vincolo di una comunità che si identifica con la nazione (Cecioni). Per esempio nella recensione alla Vita di Dante di Balbo pubblicata sempre sul Politecnico(ora in C.) di cui viene criticato il contenuto religioso e metafisico e la difesa del neo-guelfismo. Questa teoria del sostrato come è noto verrà ripresa da Ascoli nei suoi celebri scritti linguistici. Sul rapporto tra Cattaneo e Ascoli rimandiamo alle dense pagine di Timpanaro e Timpanaro. Qui lo scrittore lombardo riprendeva un’idea ben radicata nella cultura italiana e che risaliva al De vulgari eloquentia di Dante. Su questo si può cogliere l’eco della Proposta di alcune correzioni ed aggiunte al Vocabolario della Crusca del Monti che Cattaneo del resto aveva letto fin da giovanissimo con passione e interesse. Sulla linguistica dei comparatisti si veda Morpurgo Davies.  Sulla funzione positiva svolta da Biondelli per lo sviluppo degli studi linguistici in Italia vedi De Mauro. Per esempio la Deutsche Grammatik di Jacob Grimm. Pubblicato sul Politecnico è certamente il suo scritto linguistico-etnografico più ampio e originale. Qui C. fa riferimento a Uber die Sprache und Weisheit der Indier, Sulle idee filosofico-linguistiche di Schlegel vedi Timpanaro; In particolare su Cesarotti e sul suo Saggio sulla filosofia delle lingue, che è stato per Cattaneo una lettura importante vedi Gensini. Pubblicate postume da Bertani nella raccolta di Opere edite e inedite, ora in C. Ideologia è del resto il titolo stesso di una parte del corso di Filosofia che aveva tenuto presso il liceo di Lugano: si trova ora in C.; Alessio, C. illuminista”, in C.; Benincà, “Linguistica e dialettologia italiana”, in Lepschy; Bobbio,  “Introduzione”, in C., Scritti filosofici, Firenze, La Monnier, C. Scritti letterari, artistici, linguistici e vari, a cura di Bertani, Firenze, Le Monnier. C. Scritti filosofici, letterari e vari, a cura di F. Alessio, Firenze, Sansoni; C., Scritti filosofici, a cura di N. Bobbio, Firenze, Le Monnier. C., Scritti su Milano e la Lombardia, a cura di E. Mazzali, Milano, Rizzoli. Cecioni, Lingua e cultura nel pensiero di Pietro Giordani, Roma, Bulzoni. Mauro, Idee e ricerche linguistiche nella cultura italiana, Bologna, Il Mulino. De Mauro, Il linguaggio tra natura e storia, Milano, Mondadori Università. Formigari,L’esperienza e il segno. La filosofia del linguaggio tra Illuminismo e Restaurazione, Roma, Editori Riuniti. Formigari, L. e Lo Piparo,  a cura di, Prospettive di storia della linguistica. Lingua linguaggio comunicazione sociale, Roma, Editori Riuniti. Gensini, Volgar favella. Percorsi del pensiero linguistico leopardiano da Robortello a Manzoni, Firenze, La Nuova Italia. Gensini, Cesarotti nei dibattiti linguistici del suo tempo”, in Roggia; Geymonat; C. linguista. Dal “Politecnico” milanese alle lezioni svizzere, Roma, Carocci. Lepschy, a cura di, Storia della linguistica, Bologna, Il Mulino; Lepschy, “Presentazione”, in Timpanaro; Lewis, Prospettive di antropologia, Roma, Bulzoni. Marazzini, Conoscenze e riflessioni di linguistica storica in Italia nei primi vent’anni dell’Ottocento”, in Formigari e Lo Piparo, Mazzali, Introduzione”, in C.  Morpurgo Davies, La linguistica, in Lepschy; Prato, Filosofia e linguaggio nell’età dei lumi. Da Locke agli idéologues, Bologna, I libri di Emil. Roggia, a cura di Cesarotti. Linguistica e antropologia nell’età dei lumi, Roma, Carocci. Timpanaro, Classicismo e illuminismo nell’Ottocento italiano, Pisa, Nistri-Lischi. Timpanaro, Sulla linguistica dell’Ottocento, Bologna, Il Mulino. Vitale; La questione della lingua, Palermo, Palumbo. Almagià, Anghiera, Pietro Martire d’, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana; Baldi, L’origine del significato romantico di ‘ballata’, in Id., Studi sulla poesia popolare d’Inghilterra e di Scozia, Roma, Edizioni di storia e letteratura. Biondelli, Atlante linguistico d’Europa, Milano, Rusconi-Chiusi. C., Epistolario, raccolto e annotato da Caddeo, Firenze, Barbèra. Id.; Gli antichi Messicani, in Id., Scritti storici e geografici, a cura di Salvemini e Sestan, Firenze, Le Monnier; Tipi del genere umano, in Id., Scritti storici e geografici, a cura di Salvemini e Sestan, Firenze, Le Monnier, Lezioni, in Id., Scritti filosofici, a cura di Bobbio, Firenze, Monnier; On the origin etc. Sulla origine delle specie con mezzi di scelta naturale, ossia la Conservazione delle razze favorite nella lotta per vivere, di Darwin, Londra, in Id., Scritti letterari, a cura di Treves, Firenze, Monnier; Id. Carteggi, serie I. Lettere di C., cur. Cancarini Petroboni e M. Fugazza, Firenze-Bellinzona, Monnier-Casagrande. Id.; Carteggi, sLettere dei corrispondenti, a cura di C. Agliati, G. Albergoni e R. Gobbo, Firenze-Bellinzona, Le Monnier- Mondadori-Casagrande. Cella, I gallicismi nei testi dell’italiano antico, Firenze, Crusca. Cortelazzo; Zolli, Dizionario etimologico della lingua italiana, Bologna, Zanichelli. Cotugno, «Rinascimento» e «Risorgimento», in “Lingua e stile”; Ancona; Carteggio,  D’Ancona-Mussafia, a cura di L. Curti, Pisa, Scuola Normale Superiore; Filippi, L’uomo e le scimie, in “Il Politecnico”; Forcellini E. Totius latinitatis Lexicon, Padova, Tipografia del Seminario, Bettinelli. Foscolo, Epoche della lingua italiana, in Id., Opere, a cura di Puppo, Milano, Mursia, Fugazza. C., Scienza e società, Milano, Angeli. Galton F., C., Osservazioni meteorologiche sincrone fatte in Inghilterra e ridutte in forma di mappa dal Sig. F. Galton di Londra, in “Il Politecnico”; Geymonat, C.  linguista, Roma, Carocci, C.  prepara le Lezioni di Ideologia a Lugano, in “Nuova informazione bibliografica”; Gherardini, Voci e maniere di dire italiane additate a’ futuri vocabolaristi, Milano; Bianchi. Id., Supplimento a’ vocabolari italiani, Milano, Bernardoni. Giovannetti, Nordiche superstizioni. La ballata romantica italiana, Venezia, Marsilio. Lacaita, Gobbo, Priano., Laforgia (a cura di), Il Politecnico” di C.. La vicenda editoriale, i collaboratori, gli indici, Lugano-Milano, Casagrande; Marazzini,  L’ordine delle parole. Storia di vocabolari italiani, Bologna, il Mulino. Mussafia, Reihenfolge der Schriften Ferdinand Wolf’s, Wien, Hof- und Staatsdruckerei. Ramusio, Navigationi et viaggi, Venezia, Giunti, vol. III Ranalli, Vite di uomini illustri romani dal risorgimento della letteratura italiana, Firenze, Pagni. Romanini, Se fossero più ordinate, e meglio scritte. Ramusio correttore ed editore delle Navigationi et viaggi, Roma, Viella. Rusconi, Sopra i lai o canti degli anglo-normanni, in “Giornale dell’I. R. Istituto Lombardo di scienze, lettere ed arti o Biblioteca italiana”; Delle Lezioni tenute al Liceo di Lugano tra anni Cinquanta e Sessanta, si analizzano le versioni preparatorie di un paragrafo dedicato all’originarsi della poesia da canti e balli popolari, con particolare attenzione alla cosiddetta ballata. Ciò consente di riconoscere in C., che in quel periodo ha ripreso l’attività di studio e divulgazione, il perdurare d’interessi terminologici e il legame con dibattiti che avevano coinvolto suoi maestri, colleghi e amici. Curiosità e passioni s’intrecciano con letture, alcune delle quali avranno eco nella seconda serie de "Il Politecnico", altre rimarranno limitate alla pratica didattica e si possono in parte scoprire grazie agli appunti preparatori. Indice del saggio su C. linguista – recensione Resurggimento. Anche il latino è lingua di tutta Italia, ma gl'itali non sono tutti romani. I dialetti ne sono testimonianza. La serbata integrità nativa delle molteplici favelle del Caucaso di fronte alle indo-perse riflette l'imagine di quelle che popolano l'Italia innanzi che la copre LO STRATO LATINO. Ne invasioni armale, né importazioni di civiltà,  ne sovrapposizioni di  lingue alterarono i confini etno-grafici dei TUSCI, dei LIGURI, dei CISALPINI, dei  veneti e d'ogni altra. Non conosciamo ancora le svariate forme naturali del nostro paese, e nemmeno i nostri dialetti e le riposte  loro derivazioni. Non conosciamo i secreti nessi che collegano QUESTA LINGUA NOSTRA alla civiltà precoce della Persia e dell'India, e alla lunga barbarie dell'antico  settentrione. La filologia puo classificare le duemila lingue e dialetti morti e vivi in famiglie, come si costuma nelle faune e nelle flore – la botanica linguistica di H. P. Grice e J. L. Austin.  La scienza della lingua è luce aggiunta alla scienza dei luoghi, dei tempi e dei monumenti, a rischiarare il buio della storia. Per  lei si scoprono le cause onde i popoli comunicarono tra loro con certi modi peculiari i propri pensieri. Per lei si rileva, da lieve indizio di scrittura salvata, una gente ignota alla storia. Si  sorprendono sorelle nazioni che l' idioma apparentemente diverso inimica e in un dialetto si palesano segni d’origine  disforme e  di  ANTICHI ODII IN NAZIONE STIMATA OMOGENEA.  Per lei si assiste al ritorno su straniere labbra d'un vocabolo esulato dalla patria in età remota. Per  ei si rintracciano in una valle le reliquia d’una lingua fuggita dalla pianura negl’attriti del commercio o della conquista. Per lei si contemplas il transito d'una favella celebrata d’una letteratura e l'ascensione d'oscuro  dialetto del Lazio a dignità  d’idioma  illustre  in  compagnia della  fortuna militare del popolo romano. Per lei  rilucono  le  affinità  e  le  diversità  delle  lingue  tutte. LA NOSTRA LINGUA ITALIANA ha una nota affinità  primamente col latino -- e  colla  altra  lingua  dal  latino derivata: il francese. Queste due lingue viventi  e  li  innumerevoli loro dialetti si classificano dai linguisti sotto  il  nome  commune  di lingue romane o romanze o latine. Come una famiglia, si deduce che  i dialetti  e  pronuncie provinciali sono fili conduttori ad un’origine  prima. Si deduce che la varietà dei dialetti, delle  pronuncie  e  dell'aspetto degl’italiani trova esplicazione  e  commento nella  varietà  delle  stirpi  e di quella lingua  dei romani. Si deduce che l'azione  cementatrice della  lingua dei romani  s’è compiuta soltanto sovra popoli  barbari, e tali sono gl’europei  alla  comparizione  delle caste asiatiche;  che  avendo raggiunto  un  certo  grado  di  coltura,  ì  baschi  RESISTENO alla  lingua  dei romani. Quando noi troviamo nel  tedesco  e  nel  gotico  la  radice  della  parola  latina iraesagus,  dobbiamo indurre che  qualche  antichissima  relazione vi  fu  tra  li  avi  dei romani  e  li  avi  de’goti. Nello  stesso  modo  in  cui  possiamo  riferire l'italiano ed il  francese – o lingua gallica, come preferisco (i franci sono piu barbari) -- alla  commune loro madre, la lingua latina, o dei romani, come preferisco,  possiamo riferire il  latino, il  greco,  il  sanscrito,  il  zendo  ad  una  commune origine  celata  nella  notte dei  tempi. Se si paragona la lingua dei romani alle due lingue  sue  figlie, l’italiano e il gallico, si  trova  che  queste,  cioè  le lingue  moderne,  hanno maggior copia di voci  astratte.  La lingua dei romani ha lavoce  “fortis” -- ma non ha la voce  “forza.” Da vir  abbiamo  della lingua dei romani la  “virtus”,  l'italiano  e  il  francese  virtù,  vertu. Ma l'italiano e il  francese hanno inoltre le  parole  derivate  “virtuoso”, “virtuosamente”,  vertueux,  vertueusement;  e  il  francese  ha  inoltre il  verbo  évei^tuer.  Le voci  italiane ente, entità,  essenza, essenziale,  essenzialmente,  se  vengono  ricondotte  alla  forma  della lingua de romani: ens, entitas,  essentia, essentialis, essentialiter, non si trovano mai nei romani antichi,  ma  solo  in  quelli dei  bassi  tempi. L’'inglese,  che  per una  metà  de'suoi  vocaboli  deriva  dall'antica  lingua  anglo-sassone e  per  l'altra  metà  dalla lingua dei romani. Nelle  lingue  indo-europee la  radice è quasi sempre uni-sillaba. Una radice bi-sillaba  -- come  animo,  columna,  vidua,  susurrus,  titubare,  vacillare,  oscillare tentennare,  dondolare --  si  puo  considerare  o  come raddoppiamento o come  derivazione  di una voce  semplici più  antiche. Nella lingua dei romani, un verbo  semplice  p. e.  mitto, fero, traho, colle  sue  inflessioni  di persona,  di numero,  di tempo,  di modo,  e  coi  diversi  casi  de’suoi    participj, produce, nella sola  forma  attiva, circa un centinaio  d’inflessioni  -- mitto,  mittis,  mittens,  missuriis  etc.  etc. -- coir  aggìuiìta  delle forme nella voce passiva  -- mittor,  mitteris,  missus,  mittendus -- e  dei  nomi  ed  aggettivi  verbali  -- missio,  missilis y missivus --  ne forma duecento. Questo numero può ripetersi tante  volte quanti sono i verbi derivati e composti,  p. e.  mittito, AD-mitto, A-mitto ,  eie.  epperò dalla sola  radice  uni-sillaba  di  mitt-o  possono diramarsi tremila suoni piu o meno diversi, ciascuno  dei quali esprime  un'idea in qualche grado modificata e distinta. P.  e. , nelle  tre  voci  mitto,  misi,  mitfam,  vi  è  per lo meno la differenza  del tempo. Nelle voci  missuris  e  mittendis sono espresse tutte  quelle idee  che  in  italiano  significhiamo  con  dire:  a  quelli  che  manderanno,  ovvero  a  quelli  che  DEVONO ESSERE mandati.  Cosicché qui tre sillabe della lingua dei romani equivalgono  da  sette  a  tredici  sillabe  nella lingua degl’italiani. Codesti tremila vocaboli  nell’idioma  primitivo sono  rappresentati da una sola sillaba:  “mit.”  È  come la  quercia  rappresentata d’una  ghianda.  Qualunque sia  dunque  la  dovizia delle  forme  nelle  lingue  derivate, abbiamo  questa  legge  di  linguistica  che  le lingue  veramente  primitive  hanno  potuto consistere  in  poche  centinaia  di  radici  monosillabe. È  un fatto linguistico che  la lingua dei romani, la  lingua madre, nel propagarsi di paese in paese e nel venir  adottate  da  numerose  persone,  hanno perduto gran numero delle  loro  inflessioni. La lingua degl’italiani, paragonata alla lingua dei Romani, non ha più i verbi  passivi,  né i participi  futuri,  né i partecipali,    il genere   neutro, e  le  declinazioni dei  nomi  sono ridutte  a  due sole  desinenze: singolare  e  plurale.  Per rilevare le affinità non basta paragonare isolatamente  una  lingua  con un'altra. È necessario ravvicinarla a tutta la serie delle lingue della stessa  famiglia. A prima  vista  non  appare  similitudine  tra  il vocabolo dormire e il  tedesco  traumen,  che vuol  dire  sognare. Ma  appare  di  più  nell’inglese  “dream”,  che  ha le  stesse  consonanti  della lingua dei romani e lo stesso senso del  tedesco. Inoltre nelle due voci  della lingua dei romani, somniis  e  somnium,  e  nelle  italiane  “sonno”  e  “sogno”  si  trova  il  doppio  senso  di  dormire -- e  sognare. La  pronuncia  della lingua dei romani e della lingua degl’italiani proviene dalle loro origini, ossia dal genio imitativo più  o  meno DELICATO,  dalli  organi  vocali  più  o meno  flessibili, e  dall’abitudini  passate  in  tradizione.  E più facile mutare il  VOCABOLARIO dagl’italiani, dargli  una  nuova  lingua, che mutare la sua pronuncia. Questa  pronuncia sopravvive nei  dialetti,anche  dopo che  le  lingua è mutata. Ancora  oggi,  la  pronuncia e  il  dialetto  segnano  in Italia precisamente i confini  antichi  della  Gallia  Cisalpina  e della  Carnia  con  la  Venezia,  la  Toscana  e  la  Liguria. In  Italia, due soli dialetti  hanno  aspirazione:  il toscano  e  il bergamasco.  I due  dialetti  PIÙ DOLCI (forse) sono  il  veneto  e  il  siciliano,  alle  opposte  estremità dell'Italia. VICO rinvenne  nelle  radici latine  le  vestigia  d'una  antica  sapienza italica e fa  essendo  a  quei  tempi  ignota  ancora  la  scienza  linguistica  e  non  osservata  la  consonanza  della lingua dei Romani col  zendo  e  col  sanscrito,  Vico  attribuì  quella  sapienza alli  aborigeni  dell'Italia,  e  perciò  scrive  il  De  antiqiiissima  Italorum  sapientia  et  latinae  linguae  originibus  emenda, e correttamente! Carlo Cattaneo. Keywords: cinque giornate, community, communita, diada, monada, associazione, contratto sociale, conversazione, psicologia filosofica, psicologia, sociologia filosofica, ego e alter ego, logica e linguaggio, il latino, l’italiano di lombardia, il natale di Cattaneo – regione Lombardia – provincia -- – Milano. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Cattaneo” – The Swimming-Pool Library.

 

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