Grice e Cattaneo: la ragione
conversazionale e l’implicatura conversazionale longobarda -- Vico e la sapienza
italiana – il dialetto milanese e il sostratto latino – scuola di Milano – filosofia
milanese – filosofia lombarda -- filosofia italiana – Luigi Speranza, pel
Gruppo di Gioco di H. P. Grice, The Swimming-Pool Library (Milano). Filosofo
milanese. Filosofo Lombardo. Filosofo italiano. Milano, Lombardia. Grice: “I
like Cattaneo; in fact, I LOVE Cattaneo; he is so much like me! I taught at Rossall, and he defended the the teaching in what the
Italians (and indeed the ‘Dutch’) call the ‘gym’ not just of Grecian and Roman,
but Hebrew – He famously claimed to know Hebrew when he interviewed for a job
as a librarian! – From a semiotic point of view, he saw semiotics as the
phenomenon the philosopher must consider when dealing with communication – he
explored semantics, but also ‘sintassi’ in connection with ‘logic,’ and
obviously, pragmatics – He was interested in comparing systems of communication
in Homo sapiens sapiens and other species – and being an Italian, he was
especially interested in how Roman became Latin – he opposed the Tuscany rule!”
-- Grice: “Only a philosopher like
Cattaneo is can understand Cattaneo’s contributions to semiotics!”. Figlio di
Melchiorre, un orefice originario della Val Brembana, e di Maria Antonia
Sangiorgio, trascorse gran parte della sua infanzia dividendosi tra la vita
cittadina milanese e lunghi e frequenti soggiorni a Casorate, dove era spesso
ospite di parenti. Fu proprio durante questi soggiorni che, approfittando della
biblioteca del pro-zio, un sacerdote di campagna, si appassioa alla filosofia, soprattutto
dei classici della filosofia romana. Il suo amore per le lettere humanistiche
classiche lo indusse a intraprendere gli studi nei seminari di Lecco prima e
Monza poi, che avrebbero dovuto portarlo alla carriera ecclesiastica, ma già
all'età di diciassette anni, abbandonò il seminario papista per continuare la
sua formazione presso il Sant'Alessandro di Milano e in seguito al ginnasio e liceo
classic di Porta Nuova dove si diploma. La sua formazione filosofica fu
plasmata, durante gli studi superiori, da maestri quali Cristoforis e Gherardini,
i quali gli aprirono le porte del mondo filosofico milanese. Grazie a queste opportunità,
oltre alla passione per gli studi classici, Cattaneo inizia a nutrire interessi
di carattere sstorico. Sempre in questo periodo furono fondamentali per la
sua formazione filosofica le letture presso la Biblioteca di Brera e il
contatto con il cugino paterno, direttore del gabinetto numismatico, era anche
un importante esponente del mondo filosofico milanese. Altro punto chiave per
il percorso formativo degli suoi interessi furono la frequentazione assidua
dell’Ambrosiana, grazie alla sua parentela materna Sangiorgio con il prefetto
Pietro Cighera, e della biblioteca personale dello zio. La Congregazione
Municipale di Milano lo assunse come insegnante di latino e poi di umanita nel
ginnasio comunale di Santa Marta. Approfondizza le sue frequentazioni con gli
filosofi milanesi, entrando a far parte della cerchia di Monti. Di questi
stessi anni sono le sue amicizie con Franscini e Montani. Dopo aver iniziato a
frequentare le lezioni di Romagnosi nella sua villa, ne divenne presto amico e
allievo. Si laurea Pavia con il massimo dei voti. Risale il suo saggio
dato alla stampa e apparso sull’antologia, si tratta di una recensione
all'assunto primo del concetto di “giure naturale”. Saggio sulla Storia della
Svizzera italiana. Convinto sostenitore di richieste di maggiore autonomia del
regno lombardo-veneto dalla corte di Vienna, pensava di puntare su una politica
non violenta per avanzare tali richieste. Il motivo del suo rifiuto nei
confronti della violenza si può comprendere da questa affermazione poco conosciuta
del filosofo milanese che al tempo stesso lascia trasparire cosa egli ne
pensasse di un'annessione al Regno di Sardegna. Siamo i più ricchi dell'impero,
non vedo perché dovremmo uscirne. Ottenne alcune concessioni dal vice-governatore
austriaco, subito annullate dal generale austriaco Radetzky. Purtroppo
l'evoluzione tragica delle Cinque giornate di Milano, degenerate in violenza,
fecero capire a C. che un dialogo tra la nobiltà lombarda e la corte di Vienna
e effettivamente difficile, stessa impressione che curiosamente ebbe anche Radetzky
che nel periodo del suo governo nel lombardo-veneto punta a cercare il favore
del volgo. C. e i suoi amici
parteciparono quindi e contribuirono alle cinque giornate di Milano, senza
agire con azioni di violenza gratuita. Ma dopo di esse, rifiuta l'intervento
piemontese. Considera il Piemonte meno sviluppato della Lombardia e lontano dall'essere
democratico. Presidente del Consiglio di guerra di Milano, che governa insieme
al Governo provvisorio fino alla caduta di Milano al ritorno degli austriaci.
Dopo una serie di moti popolari, nel frattempo, viene proclamata la repubblica
romana, guidata da un triumvirato costituito da Mazzini, Saffi ed Armellini.
In seguito alla conclusione dei moti ripara nella ivizzera e si stabilì a
Castagnola, nei pressi di Lugano, nella villa Peri. Qui ebbe modo di stringere
maggiormente la sua amicizia con Franscini, potente filosofo ticinese, e di
partecipare alla vita filosofica del Cantone e della città. Fonda il liceo di
Lugano, che volle fortemente per creare un'istruzione pubblica laica libera dal
giogo del papa, al fine di formare una generazione liberale e laica che era
alla base dello sviluppo economico del resto della Svizzera. Amico di Manara,
anda a Napoli per incontrare Garibaldi, ma poi tornò in Svizzera, perché deluso
dall'impossibilità di formare una confederazione di repubbliche. Pur
essendo più volte eletto in Italia come deputato del Parlamento dell'Italia
unificata, rifiuta sempre di recarsi all'assemblea legislativa per non giurare
fedeltà ai Savoia. Viene ricordato per le sue idee federaliste impostate
su un forte pensiero liberale e laico. Acquista prospettive ideali vicine al
nascente movimento operaio-socialista. Fautore di un sistema politico basato su
una confederazione di stati italiani sullo stile della svizzera. Avendo stretto
amicizia con filosofi ticinesi come Franscini, ammira nei suoi viaggi
l'organizzazione e lo sviluppo economico della Svizzera interna che imputa
proprio a questa forma di governo -- è più pragmatico del romantico Mazzini -- è
un figlio dell'illuminismo, più legato a Verri che a Rousseau, e in lui è forte
la fede nella ragione che si mette al servizio di una vasta opera di
rinnovamento della communità. Pur essendogli state dedicate numerose logge
massoniche e un monumento realizzato a Milano dal massone Ferrari, una sua
lettera a Bozzoni, consente di escludere la sua appartenenza alla massoneria,
per sua esplicita dichiarazione, sovente in quel periodo tenuta segreta e
negata. Per lui scienza e giustizia devono guidare il progresso della
communità, tramite esse l'uomo ha compreso l'assoluto valore della libertà di
pensiero. Il progresso umano non deve essere individuale ma collettivo,
comunitario, attraverso un continuo confronto con l’altro. La partecipazione
alla vita della communita à è un fattore fondamentale nella formazione
dell'individuo. Il progresso può avvenire solo attraverso il confronto
collettivo comunitario. Il progresso non deve avvenire per forza o
autoritarismo, e, se avviene, avverrà compatibilmente con i tempi: sono gli
uomini che scandiscono le tappe del progresso. Nega il concetto di
“contratto” comunitario o sociale. Due uomini si sono associati per istinto. La
comunita, la diada, la società è un fatto naturale, primitivo, necessario,
permanente, universale -- è sempre esistito un federalismo delle intelligenze
umane -- è sorto perché è un elemento necessario di due menti
individuali. Pur riconoscendo il valore della singola intelligenza
monadica, afferma però, che più scambio, conversazione, dialettica, e confronto
ci sono, più la singola intelligenza monadica diventa tollerante dell’altro
nella diada. In questo modo anche la società e la comunita diadica e più
tollerante. Le due sistemi cognitivi dei individui della diada devono essere
sempre aperti, bisogna essere sempre pronti ad analizzare nuove verità.
Così come le due menti si devono federare, lo stesso devono fare gli stati
europei che hanno interessi di fondo comuni. Attraverso il federalismo i popoli,
le comunita, possono gestire meglio la loro partecipazione alla cosa pubblica.
La communita, il popolo deve tenere le mani sulla propria libertà. La comunita,
il popolo non deve delegare la propria libertà ad un popolo lontano dalle
proprie esigenze. La libertà economica è fondamentale per C. -- è la
prosecuzione della libertà di fare -- la libertà è una pianta dalle molte
radici. Nessuna di queste radici va tagliata sennò la pianta muore. La libertà
economica necessita di uguaglianza di condizioni. La disparità ci saranno ma
solo dopo che tutti avranno avuto la possibilità di confrontarsi nella
conversazione aperta. E un deciso repubblicano e una volta eletto
addirittura rinuncia ad entrare in parlamento rifiutandosi di giurare dinanzi
all'autorità e la forza del re. Viene richiamato quale iniziatore della
corrente di pensiero federalista in Italia. Fonda il periodico Il Politecnico,
rivista che divenne un punto di riferimento dei filosofi lombardi, avente come
intento principale l'aggiornamento tecnico e scientifico della cultura
nazionale. Guardando all'esempio della Svizzera cantonale (improntata alla
democrazia diretta), define il federalismo come "teorica della
libertà" in grado di coniugare indipendenza e pace, libertà e unità. Nota
al riguardo che abiamo pace vera, quando abiamo gli stati uniti dell’Europa,
alla svizzera. Cattaneo e Mazzini videro negli nella Svizzera l’unico esempio di
vera attuazione dell'ideale repubblicano. Federalista repubblicano laico di
orientamento radicale-anticlericale, fra i padri del Risorgimento, e alieno
dall'impegno politico diretto, e punta piuttosto alla trasformazione culturale
della società. La rivista Il Politecnico fu per lui il vero parlamento
alternativo a quello dei Savoia. In accordo con il Tuveri redattore del
Corriere di Sardegna, intervenne in merito alla questione sarda in chiave
autonomistica locale. In tal senso, denuncia l'incapacità ed incuranza del
governo centrale nel trovare una nuova destinazione d'uso al mezzo milione di
ettari (più di un quinto della superficie dell'isola) che avevano costituito i
soppressi demani feudali, sui quali le popolazioni locali esercitavano il
diritto di ademprivio, per usi civici. A lui è dedicato l'omonimo
istituto di ricerca. Altre saggi: “Scritti filosofici”; “Interdizioni
israelitiche”; “Psicologia delle menti associate” – questo saggio –
associazione -- non è stata completata e rimane allo stato di frammenti. Il
tema de saggio sarebbe dovuto consistere nel cercare un'interpretazione sociale
– diadica -- nello sviluppo dell'individuo o monada. La città – cittadino –
cittadinanza -- considerata come principio ideale delle istorie italiane;
Dell'India antica e moderna; Notizie naturali e civili su la Lombardia Vita di
ALIGHIERI (si veda) di Cesare Balbo Il Politecnico, Repertorio mensile di studi
applicati alla prosperità e coltura sociale e comunitaria; Dell'Insurrezione di
Milano e della successiva guerra. Rapporto sulla bonificazione del piano di
Magaldino a nome della società promotrice, In Lugano, Tipografia Chiusi. Le
cinque giornate di Milano di Carlo Lizzani -- interpretato da Giannini. C. e le
cinque giornate di Milano Secondo una
tesi, non comprovata e non accolta dai dizionari biografici, C. sarebbe nato a
Villastanza, frazione del comune di Parabiago in provincia di Milano. Certamente
più antica è la Villa prospiciente la Chiesa, sulla piazza ed attualmente in
proprietà del signor Luigi Gagliardi, cui è giunta per eredità dagli avi.
Un'insistente tradizione vuole che in questa casa, abbia avuto i natali
nientemeno che C.. Ma C. deve aver passato qui soltanto alcuni anni della sua
infanzia, ospite nei mesi estivi della famiglia amica ai propri genitori. Si
veda, a tal riguardo, “Storia di Parabiago, vicende e sviluppi dalle origini ad
oggi, Unione Tipografica di Milano. (Tortora), da Filosofico (Fusaro) Arch. Fant Milano Bertone, Camagni, Panara, La buone società:
Milano industria. Almanacco istorico d'Italia, Battezzatti. C. genealogy
project, su geni_family_tree. Il Famedio, su
del Comune di Milano; Lacaita, Gobbo, Turiel La biblioteca di C., Le
riforme illuministiche in Lombardia, articolo dal saggio introduttivo a Notizie
naturali e civili della Lombardia, come riportato da Pazzaglia in Antologia della
letteratura italiana, Il monumento
milanese che lo raffigura reca l'iscrizione, A C. -- La massoneria italiana, Mola, Storia della
Massoneria italiana dalle origini ai nostri giorni, Milano, Bompiani. Fonte:// manfredi
pomar.com/. l'Enciclopedia, alla voce
"Politecnico", in La Biblioteca di Repubblica, POMBA-DeAgostini; Petrone,
Massoneria e identità, Taranto, Bucarest; Fiorentino, Non proprio un modello:
gli Stati Uniti nel movimento risorgimentale italiano; Teodori, "C.,
Garibaldi, Cavallotti": i radicale anti-clericali, anti-papa, in
Risorgimento laico. Gli inganni clericali sull'Unità d'Italia, Rubbettino; M.
Politi, D. Messina, G. Pasquino, Teodori, Dibattito "Risorgimento
laico". Presentazione del saggio di Teodori, su Radio Radicale, Milano,
Fondazione Corriere della Sera. Tuveri, in Rassegna storica del Risorgimento; Ambrosoli
(scelta e introduz. di). C. e il federalismo, Roma, Ist. Poligrafico e Zecca
dello Stato, Archivi di Stato, Bobbio,
Una filosofia militante: studi su C., Einaudi, Torino; Campopiano, "C. e
La città considerata come principio ideale delle istorie italiane", in
"Dialoghi con il Presidente. Allievi ed ex-allievi delle Scuole
d'eccellenza pisane a colloquio con Ciampi", M. CampopianoL. Gori; Martinico,
E. Stradella, Pisa, La Normale. C. e Tenca di fronte alle teorie linguistiche di
Manzoni, in «Giornale storico della letteratura italiana; Colombo, Montaleone,
C. e il Politecnico, Angeli, Milano, Frigerio, dir. de Rougemont, Bruylant,
Bruxelles, Fubini, Gli scritti letterari di C., in Romanticismo italiano,
Laterza, Bari. Lacaita, L'opera e l'eredità di C., Feltrinelli, Milano. Puccio,
Introduzione a Cattaneo, Einaudi, Torino); C. nel primo centenario della morte,
antologia di scritti, edizioni Casagrande, Bellinzona, Antonio Gili, Pagine
storiche luganesi, Arti grafiche già Veladini, Lugano; Lacaita, Economia e
riforme in C., Ibidem; Cotti, C. in una lettera inedita di Lavizzari, C.:
studio biografico dall'Epistolario»; opera di Michelini (Milano, NED), C. scrittore, in
Manzoni e la via italiana al realismo, Napoli, Liguori, Cattaneo una biografia.
Il padre del Federalismo italiano, Garzanti, Milano; Il ritratto carpito di C.,
Casagrande, Bellinzona; Cattaneo federalista europeo, in «Il Cantonetto, Lugano,
Fontana Edizioni SA, Pregassona, L'istruzione educante nel pensiero di C., Carlo
Moos, Carlo Cattaneo: il federalismo e la Svizzera, Mariachiara Fugazza, Una
lettera inedita di Cattaneo a De Boni. La Repubblica Romana, Ibidem, Moos, C. in Ticino, Bollettino della Società Storica
Locarnese, Tipografia Pedrazzini, Locarno, Michelin Salomon, C.. Una pedagogia
socialmente impegnata, Messina, Samperi; Mario: C. Cenni. Cremona. Cantoni, Il
sistema filosofico di C., Milano; Torino: Dumolard, Matteucci, Romagnosi Cinque
giornate di Milano Federalismo in Italia, Ferrari (filosofo) Liceo di Lugano
Stati Uniti d'Europa Sostrato (linguistica) Università Ca. C. su Treccani Enciclopedie
on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. C. in Enciclopedia Italiana,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana. C.,
in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. C., su
Enciclopedia Britannica, C. in Dizionario biografico degli italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. C., su siusa. archivi. beniculturali, Sistema
Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche. Opere C., su open MLOL, Horizons Unlimited
srl. Opere C., su storia.camera, Camera dei deputati. Raffaelli, C., in Il
contributo italiano alla storia del Pensiero: Economia, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, Colombo, C.,
in Il contributo italiano alla storia del Pensiero: Filosofia, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, Opere Scritti di C. in classicis; Scritti di C.:
testi con concordanze e lista di frequenza Indice Carteggi di C. Altro
Cronologia della vita di C. su storia dimilano. C. Il contemporaneo dei posteri
a cura del Comitato nazionale per le celebrazioni del bicentenario della
nascita Filosofia Letteratura Letteratura Politica Politica Risorgimento Risorgimento Categorie: Patrioti italiani
Filosofi italiani Politici italiani Professore Milano Lugano Scrittori italiani
Personalità del Risorgimento Positivisti Insegnanti italiani Filosofi della
politica Repubblicanesimo Linguisti italiani Sepolti nel Cimitero Monumentale
di MilanoPolitologi italiani Federalisti Deputati della VII legislatura del
Regno di Sardegna Deputati dell'VIII legislatura del Regno d'Italia Deputati
della IX legislatura del Regno d'Italia. Linguaggio e ideologia: la posizione
di C., Comitato di Redazione matania edoardo ritratto di c. xilografia, Matania, Ritratto di C.,
xilografia, di Prato La centralità della figura di C. nell’ambito della
cultura italiana giustamente ricollegata
al suo pensiero liberale e laico, agli studi giuridici che hanno contrassegnato
l’intera sua formazione, all’interesse verso l’etnografia e la psicologia
sociale. La sua personalità di studioso poliedrico e sfaccettato, fortemente
influenzata dalla cultura classicista e dalla filosofia dell’illuminismo, si è
concretizzata in varie forme tutte di grande rilevanza: il filosofo,
l’economista, il critico, lo storico, lo scrittore politico, il fondatore della
rivista Il Politecnico e, non da ultimo, il linguista. Nel quadro di
questa ricerca intellettuale così ricca e variegata un posto rilevante assumono
i suoi studi etnico-linguistici di impianto storico-positivo e i suoi progetti
politici orientati sul concetto di “nazionalità”. Con questo termine egli si
riferiva allo stesso tempo sia alla più alta e unitaria aggregazione culturale,
sia alla diretta partecipazione popolare allo sviluppo della società
civile. Proprio sugli interessi linguistici di C. concentreremo la nostra
attenzione mettendo in evidenza l’impulso che egli ha dato alla
costruzione dell’italiano come lingua comune che riflette il nesso tra la
vitalità della lingua e la vitalità culturale della nazione di cui la lingua
stessa è «il vincolo unitario in senso geografico e sociale» (Vitale), perché è
da essa che dipende la possibilità per gli italiani di partecipare al progresso
della cultura del proprio Paese. La forte coscienza del carattere comune della
lingua faceva sì che C. potesse prescrivere la rinnovabilità della lingua –
rifiutando quindi le angustie del purismo, i grecismi e i particolarismi
provinciali – e sostenere anche un’opposizione recisa, basata su una coerente
visione culturale di impronta europea, sia al neotoscanismo e al fiorentinismo
manzoniano, sia all’accademismo della Crusca, in nome di un principio di unità
di cultura e di vita civile nazionale. Questa impostazione spiega poi la
sua duplice posizione rispetto ai dialetti: da una parte riproponeva in termini
nuovi, non antitetici, i rapporti fra i dialetti e la lingua,
riconoscendo la validità dei dialetti in quanto depositari di un patrimonio
storico da preservare, apprezzando i valori riposti nelle culture popolari e
sottolineando anche il valore della letteratura dialettale; dall’altra però
considerava i dialetti come elementi superabili nel processo dialettico
fondativo della lingua comune, essendo consapevole che il coinvolgimento dei
parlanti nella lingua comune poteva avvenire nella misura in cui essi
riuscivano progressivamente ad abbandonare l’uso esclusivo del dialetto.
Il primo scritto di linguistica di C. è quello sul Nesso della nazione e della
lingua Valacca coll’italiana, pubblicato come parte di un lavoro più generale
che riguardava l’influenza delle invasioni barbariche sulla lingua italiana e
che non venne mai condotto a termine. Si tratta di uno studio sul passaggio
dalla società tardo romana a quella feudale e poi comunale, condotto sulla scia
dell’insegnamento di Romagnosi ma con una sostanziale differenza: mentre
Romagnosi tendeva a ridurre la storia della civiltà in storia degli istituti
giuridici e solo marginalmente si interessava di questioni linguistiche, C. già
in questo primo scritto – il cui carattere storico generale è evidente –
metteva al centro della sua trattazione il problema linguistico, considerando
la lingua come espressione della nazionalità e testimonianza delle vicende
della storia dei popoli. La funzione sociale e in senso lato
politica della lingua viene così enfatizzata con la finalità di studiare le
interconnessioni tra le cose, cioè gli anelli che compongono le catene sociali
che tengono uniti gli individui in quanto membri di una comunità: le parole,
che sono ricche di sottili significati, possono essere comprese pienamente solo
se situate in un contesto sociale più ampio di quello del loro svolgersi immediato
(Lewis). Il nucleo che tiene insieme le memorie individuali e collettive è
insomma costituito dalla lingua e l’esercizio della lingua rafforza tale nucleo
dal quale poi dipende in buona parte l’identità di un popolo, la sua coscienza
storica. In questo caso C. non si riferiva alla lingua solo come insieme di
regole sintattiche e di etichette fonologiche, ma anche come modalità
socialmente e regionalmente differenziata, dunque non la lingua come sistema,
bensì come norma e istituzione: «è nelle parole della lingua che si condensano
i path, i “sentieri” della memoria propri di ciascuna comunità» (Mauro). Poli
C. mostrò fin dagli anni giovanili grande interesse per l’opera di VICO, anche
grazie all’influenza che ebbero su di lui le opere di Romagnosi e Ferrari che
la interpretavano alla luce dell’antropologia laica dell’illuminismo. Proprio
dal saggio di Ferrari, Vico e l’Italie uscito a Parigi, egli prese spunto per
un saggio Sulla scienza nuova che pubblicò sul Politecnico nello stesso anno.
L’interesse per le età primitive e per la vita collettiva dei popoli, il
rapporto tra lingua e nazione denotano la presenza di motivi vichiani, con i
quali C. corresse certi eccessi del razionalismo settecentesco, senza mai però
rinunciare all’idea di progresso, e allo stesso tempo senza farsi influenzare
dagli aspetti teologici della filosofia di Vico. La sua formazione illuminista
lo portò a non condividere nessun mito del Risorgimento romantico e
spiritualista, a celebrare come maestro Locke contrapponendolo alle fumosità
dell’idealismo, ad avversare le posizioni di Rosmini, Gioberti e anche
Mazzini. L’illuminismo nella sua opera «si rivela sotto il carattere di
una radicale antimitologia» (Alessio). Rispetto al Romanticismo la posizione di
C. è contrassegnata da una sostanziale estraneità: giustamente Timpanaro
osserva che parlare – come spesso si è fatto – di un romanticismo di Cattaneo
può essere giusto se ci riferiamo al romanticismo come una categoria spirituale
generale, definendo romantico ogni forma di interesse per le età primitive, per
le tradizioni popolari e per il nesso lingua\nazione. Ma questo non ci deve far
dimenticare che per il Romanticismo inteso come movimento culturale
storicamente definito Cattaneo – come del resto anche Leopardi – mostrò sempre
un atteggiamento critico e distante motivato dalla sua avversione al
medievalismo, a quella concezione religiosa della vita che i romantici – sia
pure con sfumature diverse – condividevano e al modo ambiguo con cui veniva da
loro esaltato lo spirito popolare, inteso più come attaccamento alle tradizioni
locali e forma di ingenuità, che come aspirazione democratica. Sui
rapporti tra romani e barbari e sulle origini della lingua italiana C. tornò
diverse volte in altri scritti successivi quel saggio, sostenendo la
derivazione dell’italiano dal latino volgare e limitando al massimo l’influsso
delle lingue dei barbari sulla formazione dell’italiano, tanto più che secondo
lui il numero dei barbari dominatori era stato assai esiguo contrariamente a
quanto pensavano molti storici. Per valutare al meglio questa continuazione
dell’italiano dal latino volgare per C. era necessario tener conto anche
dell’influsso esercitato dalle antiche lingue dei popoli italici conquistati
dai romani (etrusco, umbro, celtico ecc..). Questa è l’importante teoria
del sostrato senza la quale è difficile ad esempio spiegare la varietà dei
dialetti italiani e che coinvolge soprattutto la fonetica piuttosto che il
lessico: non si tratta quindi di una generale mescolanza di lingue, ma della
stessa nuova lingua pronunciata in modo diverso in base ad abitudini fonetiche
precedenti che rimanevano vive perché radicate dall’uso dei parlanti. Gli studi
sull’origine dell’italiano sono importanti anche per spiegare la posizione che
C. ha assunto nel dibattito sulla questione della lingua, che ha avuto del
resto una grande rilevanza nella cultura italiana del tempo. C., infatti, non
vedeva una scissione tra il suo impegno di linguista militante e i suoi studi
di linguistica storica, al contrario riteneva lo studio storico delle lingue
come la base, e dunque il fondamento, della linguistica normativa. Di fronte al
problema di come la lingua italiana avrebbe dovuto essere formata e
regolarizzata, egli sosteneva una rigorosa battaglia antitoscana, svolta su due
fronti essenziali. Il primo era diretto – riprendendo una polemica che era
stata inaugurata dagli illuministi lombardi del Caffè – contro il modello
arcaico e passatista dell’Accademia della Crusca, che sosteneva una concezione
immobilistica della lingua, estranea a ogni innovazione e fondata sulla netta
scissione tra lingua e cultura. Il secondo fronte riguardava il modello
certamente più moderno e funzionale del Manzoni, ma che ai suoi occhi risultava
troppo accentrato e basato su un concetto di popolarità che egli non
condivideva: «la dottrina della popolarità da cui primamente si presero
le mosse, oramai non significa più che si debba agevolare l’intendimento e
l’arte della lingua agli indotti: ma bensì che si debbano raccogliere presso uno
dei popoli d’Italia le forme che, più domestiche a quello, riescono più oscure
a tutti li altri. Si intende un’angusta e inutile popolarità d’origine, non la
vasta e benefica popolarità dell’uso e dei frutti» In alternativa, C. opponeva
una forma di lingua che costituisse un punto d’incontro delle varie tradizioni
dialettali italiane in maniera da poter svolgere veramente una funzione
unificatrice della nazione. Una lingua, allo stesso tempo illustre, «insieme
austera e moderna» (Timpanaro), adeguata non solo alla cultura letteraria, ma
anche a quella scientifica e filosofica. Fin da quel primo articolo, cui
abbiamo già fatto riferimento, C. dimostra inoltre di avere due maggiori
capacità rispetto ad altri autori italiani suoi contemporanei. La prima era
quella di saper andare al di là dei ristretti confini nazionali, interessandosi
ad esempio delle lingue germaniche e del romeno. La seconda consisteva
nell’avere ben presente il principio che la comunanza di origine tra due lingue
è dimostrata dalla somiglianza delle strutture grammaticali, più che dei
vocaboli – principio che ricavava dalla nuova linguistica comparata di Bopp e
dei fratelli Schlegel che, proprio in quegli anni, erano diventati per lui
importanti interlocutori anche polemici e avevano impresso nuovi sviluppi alle
sue idee linguistiche. Biondelli pubblica sul Politecnico una serie di articoli
sulla linguistica indeuropea, recensendo anche importanti opere dei
comparatisti, informando così il pubblico italiano sui risultati scientifici da
loro raggiunti. Questi articoli hanno indotto C. a prendere una posizione
critica di fronte a questa corrente di studi e a scrivere il saggio Sul
principio istorico delle lingue europee. In questo saggio C. critica
l’idea che dall’affinità delle lingue fosse possibile ricavare una comunanza
d’origine dei popoli, perché era invece convinto che non ci fosse una
connessione essenziale tra affinità linguistica e affinità razziale e che la
linguistica e l’antropologia andassero attentamente distinte; inoltre credeva
che si fosse troppo insistito sull’unità dell’indoeuropeo, trascurando le
differenze tra le varie lingue dovute al sostrato. Guardava con sospetto
l’esaltazione orientalizzante che costituiva forse la conseguenza più effimera
e fuorviante del comparatismo indoeuropeo (Marazzini). Per Schlegel il sostrato
svolgeva soprattutto una funzione negativa corrompendo la perfetta forma del
sanscrito; per C., al contrario, la commistione del sanscrito con le lingue
europee primitive ha dato luogo a un innesto fecondo perché il sostrato
«rappresentava appunto il principio della varietà linguistica, non cancellata
dall’azione unificatrice esercitata dal popolo colonizzatore» (Timpanaro). La
parentela linguistica non è quindi nel sistema di C. identità di origine, bensì
il risultato di un lento e progressivo avvicinamento delle popolazioni, dovuto
all’istaurarsi fra di esse di rapporti politici, economici e culturali. Non si
tratta, quindi, di un punto di partenza, ma di arrivo: «Le lingue vive
d’Europa non sono le divergenti emanazioni d’una primitiva lingua comune, che
tende alla pluralità e alla dissoluzione; ma sono bensì l’innesto d’una lingua
commune sopra i selvatici arbusti delle lingue aborigene, e tende
all’associazione e all’unità. Se una volta in diverse parti d’Italia e delle
isole si parlò il fenicio, il greco, l’osco, l’umbro, l’etrusco, il celtico, il
carnico, e Dio sa quanti altri strani linguaggi, come tuttora avviene nella
Caucasia, la sovraposizione d’una lingua commune avvicinò tanto tra loro i nostri
vulghi, che ora agevolmente s’intendono tra loro. Il tempo che cangiò le lingue
discordandi in dialetti d’una lingua, corrode ora sempre più le differenze dei
dialetti; e lo sviluppo delle strade e la generale educazione promovono sempre
più l’unificazione dei popoli. Non è che una lingua madre si scomponga in
molte figlie; ma bensì più lingue affatto diverse, assimilandosi ad una sola,
divengono affini con essa e fra loro; e per poco che l’opera si continui, o a
più riprese si rinovi, divengono suoi dialetti e infine mettono foce commune in
lei. (C.) Sulla base di queste considerazioni, C., nell’ambito dell’acceso
dibattito sulla monogenesi o poligenesi del linguaggio, sosteneva una posizione
particolare: rifiutava evidentemente il primo, ma allo stesso tempo era anche
distante da quel particolare tipo di poligenismo sostenuto da Schlegel, che
consisteva nel separare nettamente pochi tipi linguistici originali dai quali
sarebbero derivate tante lingue cosiddette “figlie”. Per lui invece esistevano
tante lingue primitive originarie che si erano ridotte di numero, via via che
le tribù avevano cominciato a unirsi in aggregati più ampi. Non esistevano
quindi – come per Schlegel – delle lingue perfette fin dall’inizio (le lingue
flessive); tutte le lingue avevano origini umili o, come scriveva lui stesso,
“ferine”. I modelli di questo modo di intendere il poligenismo linguistico sono
Epicuro, VICO e Cesarotti Sempre contro Schlegel, rivendica la giustezza della
teoria agglutinante secondo la quale anche le forme flessionali più perfette e
sofisticate derivavano dall’agglutinazione di monosillabi che all’origine
avevano una funzione autonoma. E in quel articolo osserva infatti che le
declinazioni della lingua latina e greca potevano derivare da semplici nomi con
un articolo affisso (C.). Psicologia delle menti associate carlocattaneoeditoririuniti
La polemica con Schlegel riguardava anche la questione dell’origine del
linguaggio: mentre per il primo la flessione indoeuropea era dovuta
sostanzialmente a un intervento divino, per Cattaneo, l’origine del linguaggio
non poteva che essere umana, e su questo avrebbe mantenuto una posizione
coerente anche negli scritti successivi come le Lezioni di ideologia, dove, ad
esempio, confutava il sofisma di Bonald che negava all’uomo la facoltà di
costruirsi un linguaggio. Su questo tema come per tanti altri Cattaneo è vicino
alla grande tradizione della linguistica illuminista che con Locke e Herder
aveva respinto recisamente la concezione delle idee innate e l’origine divina
del linguaggio (Prato) ed è del tutto immune dalla concezione misticheggiante
della linguistica tanto cara ai romantici. Proprio nel Saggio sul
principio istorico delle lingue europee, C. si propone di verificare il
rapporto tra fenomeni linguistici e tradizioni culturali, considerando la
ricerca linguistica in stretta correlazione con una riflessione propriamente
filosofica. L’analisi dei fenomeni linguistici non si riduceva per lui solo a
una raccolta estemporanea di dati ma si traduceva in una vera e propria scienza
sociale. Alla filosofia analitica degli Idèologues – che era rappresentata per
gli scrittori italiani soprattutto da Condillac e Tracy – egli riconosceva
senz’altro il merito di aver esaminato con acume e precisione i problemi del
linguaggio, inserendoli in una prospettiva il più possibile concreta e
razionale. Allo stesso tempo era tuttavia consapevole anche dei suoi limiti,
che consistono nell’aver indicato come proprio oggetto di riflessione una
figura di uomo dai caratteri astratti e indipendente dal rapporto con i suoi
simili. Proprio «la famosa ipotesi della ‘statua’ condillachiana gli appariva
emblematica di un concetto destorificato della natura umana» (Gensini). Non a
caso alle conferenze tenute presso l’Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, C.volle
dare il titolo di Psicologia delle menti associate, dove il termine di
“psicologia sociale” è inteso appunto in senso antropologico sia come
riflessione sull’uomo a partire dai rapporti che lo legano agli altri suoi
simili, sia come ricostruzione delle mentalità e dei sistemi simbolici quale
risultato di mediazioni sociali. In queste lezioni Cattaneo osservava che il
lievito che fa fermentare le idee non si svolge in una mente sola perché «la
corrente del pensiero vuole una pila elettrica di più cuori e di più intelletti.
(C.). La genesi delle idee, che Locke aveva dimostrato scaturire dal
linguaggio, in questa nuova prospettiva aperta da C., non può che radicarsi
nella pratica sociale: «Nel commercio degli intelletti, promosso da felici condizioni,
si svolgono le idee, come nel mondo materiale, al contatto delli elementi, si
svolgono le correnti elettriche e le chimiche affinità. (C.) Il linguaggio
stesso è la società (C.), ed è proprio su questo terreno che l’ideologia –
ovvero l’analisi delle idee – iincontra la linguistica. Ideologia è del resto
il titolo di una parte del corso di Filosofia che C. aveva tenuto presso il
liceo di Lugano. Non a caso aveva scelto questo titolo se consideriamo
che per la sua chiara derivazione illuminista, l’ideologia rappresentava la
sola reale forma di opposizione al conformismo della cultura del suo tempo
perché l’ideologia era «un’arma efficace per una filosofia democratica, atta ad
opporsi alla marea montante della filosofia restaurata, allo spiritualismo
eclettico in Francia, all’ontologismo cattolico in Italia» (Formigari). I
principi che contrassegnano l’intera ricerca di C. e che spaziano dal
riconoscimento del valore del pensiero scientifico, alla negazione della
metafisica e alla difesa della laicità, la rendono insomma pienamente aderente
ai problemi e alle esigenze del nostro tempo, oltre che aperta a ulteriori
forme di sviluppo e approfondimento. Dialoghi Mediterranei. Per un ritratto complessivo di C. e dei
rapporti con i suoi contemporanei rimandiamo a Alessio e Mazzali. Studiati in
particolare da Timpanaro. Si veda anche Gensini; Benincà; Geymonat. Negli
Annali universali di statistica, si leggono ora in C. Si trova in C. [Anche per
Giordani la lingua è il vincolo di una comunità che si identifica con la
nazione (Cecioni). Per esempio nella recensione alla Vita di Dante di Balbo
pubblicata sempre sul Politecnico(ora in C.) di cui viene criticato il
contenuto religioso e metafisico e la difesa del neo-guelfismo. Questa teoria
del sostrato come è noto verrà ripresa da Ascoli nei suoi celebri scritti
linguistici. Sul rapporto tra Cattaneo e Ascoli rimandiamo alle dense pagine di
Timpanaro e Timpanaro. Qui lo scrittore lombardo riprendeva un’idea ben
radicata nella cultura italiana e che risaliva al De vulgari eloquentia di
Dante. Su questo si può cogliere l’eco della Proposta di alcune correzioni ed
aggiunte al Vocabolario della Crusca del Monti che Cattaneo del resto aveva
letto fin da giovanissimo con passione e interesse. Sulla linguistica dei
comparatisti si veda Morpurgo Davies. Sulla funzione positiva svolta da Biondelli
per lo sviluppo degli studi linguistici in Italia vedi De Mauro. Per esempio la
Deutsche Grammatik di Jacob Grimm. Pubblicato sul Politecnico è certamente il
suo scritto linguistico-etnografico più ampio e originale. Qui C. fa
riferimento a Uber die Sprache und Weisheit der Indier, Sulle idee
filosofico-linguistiche di Schlegel vedi Timpanaro; In particolare su Cesarotti
e sul suo Saggio sulla filosofia delle lingue, che è stato per Cattaneo una
lettura importante vedi Gensini. Pubblicate postume da Bertani nella raccolta
di Opere edite e inedite, ora in C. Ideologia è del resto il titolo stesso di
una parte del corso di Filosofia che aveva tenuto presso il liceo di Lugano: si
trova ora in C.; Alessio, C. illuminista”, in C.; Benincà, “Linguistica e
dialettologia italiana”, in Lepschy; Bobbio, “Introduzione”, in C., Scritti filosofici,
Firenze, La Monnier, C. Scritti letterari, artistici, linguistici e vari, a
cura di Bertani, Firenze, Le Monnier. C. Scritti filosofici, letterari e vari,
a cura di F. Alessio, Firenze, Sansoni; C., Scritti filosofici, a cura di N.
Bobbio, Firenze, Le Monnier. C., Scritti su Milano e la Lombardia, a cura di E.
Mazzali, Milano, Rizzoli. Cecioni, Lingua e cultura nel pensiero di Pietro
Giordani, Roma, Bulzoni. Mauro, Idee e ricerche linguistiche nella cultura
italiana, Bologna, Il Mulino. De Mauro, Il linguaggio tra natura e storia,
Milano, Mondadori Università. Formigari,L’esperienza e il segno. La filosofia
del linguaggio tra Illuminismo e Restaurazione, Roma, Editori Riuniti.
Formigari, L. e Lo Piparo, a cura di,
Prospettive di storia della linguistica. Lingua linguaggio comunicazione
sociale, Roma, Editori Riuniti. Gensini, Volgar favella. Percorsi del pensiero
linguistico leopardiano da Robortello a Manzoni, Firenze, La Nuova Italia.
Gensini, Cesarotti nei dibattiti linguistici del suo tempo”, in Roggia; Geymonat;
C. linguista. Dal “Politecnico” milanese alle lezioni svizzere, Roma, Carocci.
Lepschy, a cura di, Storia della linguistica, Bologna, Il Mulino; Lepschy,
“Presentazione”, in Timpanaro; Lewis, Prospettive di antropologia, Roma,
Bulzoni. Marazzini, Conoscenze e riflessioni di linguistica storica in Italia
nei primi vent’anni dell’Ottocento”, in Formigari e Lo Piparo, Mazzali,
Introduzione”, in C. Morpurgo Davies, La
linguistica, in Lepschy; Prato, Filosofia e linguaggio nell’età dei lumi. Da
Locke agli idéologues, Bologna, I libri di Emil. Roggia, a cura di Cesarotti.
Linguistica e antropologia nell’età dei lumi, Roma, Carocci. Timpanaro,
Classicismo e illuminismo nell’Ottocento italiano, Pisa, Nistri-Lischi.
Timpanaro, Sulla linguistica dell’Ottocento, Bologna, Il Mulino. Vitale; La
questione della lingua, Palermo, Palumbo. Almagià, Anghiera, Pietro Martire d’,
in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto della Enciclopedia
italiana; Baldi, L’origine del significato romantico di ‘ballata’, in Id.,
Studi sulla poesia popolare d’Inghilterra e di Scozia, Roma, Edizioni di storia
e letteratura. Biondelli, Atlante linguistico d’Europa, Milano, Rusconi-Chiusi.
C., Epistolario, raccolto e annotato da Caddeo, Firenze, Barbèra. Id.; Gli
antichi Messicani, in Id., Scritti storici e geografici, a cura di Salvemini e
Sestan, Firenze, Le Monnier; Tipi del genere umano, in Id., Scritti storici e
geografici, a cura di Salvemini e Sestan, Firenze, Le Monnier, Lezioni, in Id.,
Scritti filosofici, a cura di Bobbio, Firenze, Monnier; On the origin etc.
Sulla origine delle specie con mezzi di scelta naturale, ossia la Conservazione
delle razze favorite nella lotta per vivere, di Darwin, Londra, in Id., Scritti
letterari, a cura di Treves, Firenze, Monnier; Id. Carteggi, serie I. Lettere
di C., cur. Cancarini Petroboni e M. Fugazza, Firenze-Bellinzona,
Monnier-Casagrande. Id.; Carteggi, sLettere dei corrispondenti, a cura di C.
Agliati, G. Albergoni e R. Gobbo, Firenze-Bellinzona, Le Monnier-
Mondadori-Casagrande. Cella, I gallicismi nei testi dell’italiano antico,
Firenze, Crusca. Cortelazzo; Zolli, Dizionario etimologico della lingua
italiana, Bologna, Zanichelli. Cotugno, «Rinascimento» e «Risorgimento», in
“Lingua e stile”; Ancona; Carteggio,
D’Ancona-Mussafia, a cura di L. Curti, Pisa, Scuola Normale Superiore; Filippi,
L’uomo e le scimie, in “Il Politecnico”; Forcellini E. Totius latinitatis
Lexicon, Padova, Tipografia del Seminario, Bettinelli. Foscolo, Epoche della
lingua italiana, in Id., Opere, a cura di Puppo, Milano, Mursia, Fugazza. C., Scienza
e società, Milano, Angeli. Galton F., C., Osservazioni meteorologiche sincrone
fatte in Inghilterra e ridutte in forma di mappa dal Sig. F. Galton di Londra,
in “Il Politecnico”; Geymonat, C. linguista, Roma, Carocci, C. prepara le Lezioni di Ideologia a Lugano, in
“Nuova informazione bibliografica”; Gherardini, Voci e maniere di dire italiane
additate a’ futuri vocabolaristi, Milano; Bianchi. Id., Supplimento a’
vocabolari italiani, Milano, Bernardoni. Giovannetti, Nordiche superstizioni.
La ballata romantica italiana, Venezia, Marsilio. Lacaita, Gobbo, Priano.,
Laforgia (a cura di), Il Politecnico” di C.. La vicenda editoriale, i
collaboratori, gli indici, Lugano-Milano, Casagrande; Marazzini, L’ordine delle parole. Storia di vocabolari
italiani, Bologna, il Mulino. Mussafia, Reihenfolge der Schriften Ferdinand
Wolf’s, Wien, Hof- und Staatsdruckerei. Ramusio, Navigationi et viaggi,
Venezia, Giunti, vol. III Ranalli, Vite di uomini illustri romani dal
risorgimento della letteratura italiana, Firenze, Pagni. Romanini, Se fossero
più ordinate, e meglio scritte. Ramusio correttore ed editore delle Navigationi
et viaggi, Roma, Viella. Rusconi, Sopra i lai o canti degli anglo-normanni, in
“Giornale dell’I. R. Istituto Lombardo di scienze, lettere ed arti o Biblioteca
italiana”; Delle Lezioni tenute al Liceo di Lugano tra anni Cinquanta e
Sessanta, si analizzano le versioni preparatorie di un paragrafo dedicato
all’originarsi della poesia da canti e balli popolari, con particolare
attenzione alla cosiddetta ballata. Ciò consente di riconoscere in C., che in
quel periodo ha ripreso l’attività di studio e divulgazione, il perdurare
d’interessi terminologici e il legame con dibattiti che avevano coinvolto suoi
maestri, colleghi e amici. Curiosità e passioni s’intrecciano con letture,
alcune delle quali avranno eco nella seconda serie de "Il
Politecnico", altre rimarranno limitate alla pratica didattica e si
possono in parte scoprire grazie agli appunti preparatori. Indice del saggio su
C. linguista – recensione Resurggimento. Anche il latino è lingua di tutta Italia,
ma gl'itali non sono tutti romani. I dialetti ne sono testimonianza. La serbata
integrità nativa delle molteplici favelle del Caucaso di fronte alle indo-perse
riflette l'imagine di quelle che popolano l'Italia innanzi che la copre LO
STRATO LATINO. Ne invasioni armale, né importazioni di civiltà, ne sovrapposizioni di lingue alterarono i confini etno-grafici dei
TUSCI, dei LIGURI, dei CISALPINI, dei veneti
e d'ogni altra. Non conosciamo ancora le svariate forme naturali del nostro paese,
e nemmeno i nostri dialetti e le riposte
loro derivazioni. Non conosciamo i secreti nessi che collegano QUESTA
LINGUA NOSTRA alla civiltà precoce della Persia e dell'India, e alla lunga barbarie
dell'antico settentrione. La filologia puo
classificare le duemila lingue e dialetti morti e vivi in famiglie, come si costuma
nelle faune e nelle flore – la botanica linguistica di H. P. Grice e J. L.
Austin. La scienza della lingua è luce aggiunta
alla scienza dei luoghi, dei tempi e dei monumenti, a rischiarare il buio della
storia. Per lei si scoprono le cause onde
i popoli comunicarono tra loro con certi modi peculiari i propri pensieri. Per lei
si rileva, da lieve indizio di scrittura salvata, una gente ignota alla storia.
Si sorprendono sorelle nazioni che l'
idioma apparentemente diverso inimica e in un dialetto si palesano segni d’origine disforme e
di ANTICHI ODII IN NAZIONE
STIMATA OMOGENEA. Per lei si assiste al ritorno
su straniere labbra d'un vocabolo esulato dalla patria in età remota. Per ei si rintracciano in una valle le reliquia d’una
lingua fuggita dalla pianura negl’attriti del commercio o della conquista. Per lei
si contemplas il transito d'una favella celebrata d’una letteratura e l'ascensione
d'oscuro dialetto del Lazio a dignità d’idioma
illustre in compagnia della fortuna militare del popolo romano. Per lei rilucono
le affinità e
le diversità delle
lingue tutte. LA NOSTRA LINGUA
ITALIANA ha una nota affinità primamente
col latino -- e colla altra lingua
dal latino derivata: il francese.
Queste due lingue viventi e li
innumerevoli loro dialetti si classificano dai linguisti sotto il
nome commune di lingue romane o romanze o latine. Come una
famiglia, si deduce che i dialetti e
pronuncie provinciali sono fili conduttori ad un’origine prima. Si deduce che la varietà dei dialetti,
delle pronuncie e
dell'aspetto degl’italiani trova esplicazione e
commento nella varietà delle
stirpi e di quella lingua dei romani. Si deduce che l'azione cementatrice della lingua dei romani s’è compiuta soltanto sovra popoli barbari, e tali sono gl’europei alla
comparizione delle caste asiatiche; che
avendo raggiunto un certo
grado di coltura,
ì baschi RESISTENO alla lingua
dei romani. Quando noi troviamo nel
tedesco e nel
gotico la radice
della parola latina iraesagus, dobbiamo indurre che qualche
antichissima relazione vi fu
tra li avi
dei romani e li
avi de’goti. Nello stesso
modo in cui
possiamo riferire l'italiano ed
il francese – o lingua gallica, come
preferisco (i franci sono piu barbari) -- alla
commune loro madre, la lingua latina, o dei romani, come preferisco, possiamo riferire il latino, il
greco, il sanscrito,
il zendo ad
una commune origine celata
nella notte dei tempi. Se si paragona la lingua dei romani alle
due lingue sue figlie, l’italiano e il gallico, si trova che
queste, cioè le lingue
moderne, hanno maggior copia di voci astratte.
La lingua dei romani ha lavoce “fortis”
-- ma non ha la voce “forza.” Da vir abbiamo
della lingua dei romani la “virtus”, l'italiano
e il francese
virtù, vertu. Ma l'italiano e il francese hanno inoltre le parole
derivate “virtuoso”, “virtuosamente”, vertueux,
vertueusement; e il
francese ha inoltre il
verbo évei^tuer. Le voci
italiane ente, entità, essenza, essenziale, essenzialmente, se
vengono ricondotte alla
forma della lingua de romani: ens,
entitas, essentia, essentialis,
essentialiter, non si trovano mai nei romani antichi, ma
solo in quelli dei
bassi tempi. L’'inglese, che
per una metà de'suoi
vocaboli deriva dall'antica
lingua anglo-sassone e per
l'altra metà dalla lingua dei romani. Nelle lingue
indo-europee la radice è quasi sempre
uni-sillaba. Una radice bi-sillaba -- come animo,
columna, vidua, susurrus,
titubare, vacillare, oscillare tentennare, dondolare -- si puo considerare
o come raddoppiamento o come derivazione
di una voce semplici più antiche. Nella lingua dei romani, un verbo semplice
p. e. mitto, fero, traho, colle sue
inflessioni di persona, di numero,
di tempo, di modo, e
coi diversi casi
de’suoi participj, produce, nella
sola forma attiva, circa un centinaio d’inflessioni
-- mitto, mittis, mittens,
missuriis etc. etc. -- coir
aggìuiìta delle forme nella voce
passiva -- mittor, mitteris,
missus, mittendus -- e dei
nomi ed aggettivi
verbali -- missio, missilis y missivus -- ne forma duecento. Questo numero può ripetersi
tante volte quanti sono i verbi derivati
e composti, p. e. mittito, AD-mitto, A-mitto , eie.
epperò dalla sola radice uni-sillaba
di mitt-o possono diramarsi tremila suoni piu o meno diversi,
ciascuno dei quali esprime un'idea in qualche grado modificata e distinta.
P. e. , nelle tre
voci mitto, misi,
mitfam, vi è per lo
meno la differenza del tempo. Nelle voci missuris
e mittendis sono espresse tutte quelle idee
che in italiano
significhiamo con dire:
a quelli che
manderanno, ovvero a
quelli che DEVONO ESSERE mandati. Cosicché qui tre sillabe della lingua dei romani
equivalgono da sette
a tredici sillabe
nella lingua degl’italiani. Codesti tremila vocaboli nell’idioma
primitivo sono rappresentati da una
sola sillaba: “mit.” È come
la quercia rappresentata d’una ghianda.
Qualunque sia dunque la
dovizia delle forme nelle
lingue derivate, abbiamo questa
legge di linguistica
che le lingue veramente
primitive hanno potuto consistere in
poche centinaia di
radici monosillabe. È un fatto linguistico che la lingua dei romani, la lingua madre, nel propagarsi di paese in paese
e nel venir adottate da
numerose persone, hanno perduto gran numero delle loro
inflessioni. La lingua degl’italiani, paragonata alla lingua dei Romani,
non ha più i verbi passivi, né i participi futuri,
né i partecipali, né il genere
neutro, e le declinazioni dei nomi
sono ridutte a due sole
desinenze: singolare e plurale.
Per rilevare le affinità non basta paragonare isolatamente una
lingua con un'altra. È necessario
ravvicinarla a tutta la serie delle lingue della stessa famiglia. A prima vista
non appare similitudine
tra il vocabolo dormire e il tedesco
traumen, che vuol dire
sognare. Ma appare di
più nell’inglese “dream”,
che ha le stesse
consonanti della lingua dei romani
e lo stesso senso del tedesco. Inoltre nelle
due voci della lingua dei romani,
somniis e somnium,
e nelle italiane
“sonno” e “sogno”
si trova il
doppio senso di
dormire -- e sognare. La pronuncia
della lingua dei romani e della lingua degl’italiani proviene dalle loro
origini, ossia dal genio imitativo più
o meno DELICATO, dalli
organi vocali più o meno flessibili, e
dall’abitudini passate in
tradizione. E più facile mutare il VOCABOLARIO dagl’italiani, dargli una
nuova lingua, che mutare la sua pronuncia.
Questa pronuncia sopravvive nei dialetti,anche dopo che
le lingua è mutata. Ancora oggi,
la pronuncia e il
dialetto segnano in Italia precisamente i confini antichi
della Gallia Cisalpina
e della Carnia con
la Venezia, la
Toscana e la
Liguria. In Italia, due soli dialetti hanno
aspirazione: il toscano e il bergamasco. I due
dialetti PIÙ DOLCI (forse) sono il
veneto e il
siciliano, alle opposte
estremità dell'Italia. VICO rinvenne
nelle radici latine le
vestigia d'una antica
sapienza italica e fa
essendo a quei
tempi ignota ancora
la scienza linguistica
e non osservata
la consonanza della lingua dei Romani col zendo
e col sanscrito,
Vico attribuì quella
sapienza alli aborigeni dell'Italia,
e perciò scrive
il De antiqiiissima
Italorum sapientia et
latinae linguae originibus
emenda, e correttamente! Carlo Cattaneo. Keywords: cinque giornate,
community, communita, diada, monada, associazione, contratto sociale,
conversazione, psicologia filosofica, psicologia, sociologia filosofica, ego e
alter ego, logica e linguaggio, il latino, l’italiano di lombardia, il natale
di Cattaneo – regione Lombardia – provincia -- – Milano. Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Cattaneo” – The Swimming-Pool Library.
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