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Thursday, December 26, 2024

GRICE E MATRAJA

 

Grice e Matraja – grammatica razionale – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Roma, Lazio. Una lingua numerica viene progettata da M. nella sua “Genigrafia italiana: nuovo metodo di scrivere quest'idioma affinché riesca identicamente leggibile in tutti gl’altri idiomi del mondo” (Lucca, Tipografia genigrafica), lingua di cui discusse più tardi anche La Société de Linguistique. M. è l'unico ideatore ITALIANO di una lingua razionale a essere preso in considerazione da questa ‘société’ galla nel corso del dibattito sulle lingue ausiliarie. La Genico-grafia, lett. 'scrittura generale' e di cui ‘genigrafia’ è la forma sincopata -- è un modo di scrivere che non ha relazione con le parole e che permette di comunicar tutti i concetti senza dipendenza dall'idioma ne dell’emittente o del recettore, ma di un modo, che il messaggio risulta interpretabile in tutti quelli del mondo. Nasce quindi come progetto di lingua universale che si prefigge di comunicare chiaramente, ma che non è concepita per sostituire gl’idiomi presenti nelle varie nazioni. Si nota che l'ordine e il modo in cui M. nomina i grandi filosofi, Cartesio, Leibnitz, Wolfio, Wilkio, Kircher, Dalhgarne, Beclero, Solbrig, e Lambert, è lo stesso con cui SOAVE (vedasi) li cita nelle sue Riflessioni: “da Cartesio, Leibnizio, Wolfio, Wilkins, Kirchero, Dahlgarne, Beclero, Solbrig, e Lambert”. Interessante è anche il fatto che di seguito aggiunga: “e Demaimieux e RICHERI (vedasi), oggi Richieri, anche Richer), di TORINO. Maimieux pubblica i suoi studi sulla lingua universale dopo Soave e RICHERI (vedasi) prima. M. quindi dove certamente conoscere (oltre agl’ultimi due filosofi) anche il lavoro di SOAVE (vedasi), vista l'evidente citazione. Decide di non farne nome. Anzi, dopo aver sostenuto che al momento della stesura dei lavori dei filosofi sopracitati non è ancora giunto il giusto momento per comporre una tale lingua, asserisce che finalmente quel momento è arrivato e che lui, ha adempiuto positivamente tale onere – “while lying in the bath, I would presume” – Grice. Dopo aver proceduto all'analisi strutturale di “alcuni idiomi,” – cf. Grice, ‘some establised idioms, like ‘pushing up daisies’ – M. asserisce che e possibile riconoscere nei vari sistemi linguistici delle caratteristiche ricorrenti denominate concorrenze generali - quelli che oggigiorno chiameremmo universali linguistici - da questi comunemente  condivise. Molte di queste caratteristiche sono ad oggi discutibili. Ogni idioma umano concorre nelle cose seguenti. Nell’idea essenziale delle cose. Ogni dizionario nazionale da di queste cose una MEDESIMA DEFINIZIONE (Grice: “bachelor”, ‘unmarried male’ – cf. Strawson, “Anglo-linguistic” – “into any language into which it may be translated” – cf. Jones on Welsh not having the concept of ‘I’, but of ‘the self’ (criticised by Grice’s pupil Flew) -- e solo diversa nel suono delle parole (“shaggy,” hairy-coated – revolution, revoluzione. Nell'origine, poiché tutti gl’arii occidentali sono figli più, o meno immediati del latino, di cui ne confessano la discendenza, tanto per la sua grammatica – morfo-sintattica --, quanto con la edizione del suo dizionario etimologico comparato coll’idioma volgare.  Nel mezzo istrumentale, con cui comunicano in distanza (‘tele-mentazionale,’ nelle parole di McGinn, of Oxford) i suoi concetti, poiché tutti usano dell'alfabeto originale. Nel modo di rap-presentare nella carta i sopra-detti concetti poiché tutte le nazioni lo eseguiscono per mezzo del discorso o meglio, la conversazione, espresso conforme al genio di ciascuno idioma.  Nella TESSITURA (o implicatura) del discorso e la conversazionae; poiché è indiscusso, che non solo le nazioni del mondo antico, ma ancora ITALIA, senz'altra istruzione, che la infusale dalla NATURA, lo dividono egualmente nelle  medesime parti. Nella generale ammissione, ed egual valore delle cifre aritmetiche, per esprimere le quantità numeriche della scuola di Crotone. Nell'uso universale delle medesime note ortografiche per VIVIFICARE (o accentuare) il discorso o la propria mozione conversazionale, rappresentato dai caratteri nazionali; come ancora quello delle cifre scientifiche usate dalle nazioni culte. Nella comune accettazione finalmente della carta rigata per comunicare inerrabilmente le note musicali: Home, home, sweet, sweet home. Queste caratteristiche, proprio perché considerate universali, non possono che essere presenti anche nel sistema immaginato da M. Si nota poi che con la sua lingua non è possibile comunicare attraverso l'uso della parola, giacché, a detta di M., questa mal si presta  alla comunicazione precisa – cf. Grice’s irritation on dialect speakers saying ‘soot,’ when they mean ‘suit’.  M. distingue nove parti del discorso -- articolo, nome (“shaggy”), pronome, avverbio, verbo, participio, preposizione e interiezione -- a cui associa un numero da I a VII, che, in esponente alla “caratteristica” - con accezione leibniziana, cioè al “segno” - determina la parte del discorso di cui questa fa parte.  Ogni idea deve essere assolutamente riconoscibile ed espressa da una “caratteristica” specificata fino alla sua ultima differenza da cifre numeriche, che sempre la precederanno a guisa di coefficienti algebrici. Cf. Grice’s subscript notation for ‘She wanted him – She-1 wanted-2 him-3” (Vacuous Names). Questi co-efficienti vanno letti separatamente gl’uni dagl’altri, mai assieme. Ad esempio il coefficiente 123 si legge 'uno due tre', e non 'centroventitré.’ Al contrario, vanno letti assieme nel caso in cui seguano la caratteristica e ne siano quindi esponenti. Poiché nella genigrafia italiana di M. le caratteristiche esauriscono tutto l'esprimibile in loro potere, non è  necessario l'uso dell’articoli – cf. Grice on the definability of ‘the’ in terms of ‘some (at least one) – apres Peano. Il genere del nome deve essere sempre specificato (A = maschile, e. g. aquila A; B = femminile, e. g. cane F; C = neutro – e g. ‘rain N’. I nomi possono essere singolari o plurali (1 = singolare – ‘some (at least one), ‘re’, il re di Francia; 2 = plurale, i re di Francia) e avere sei casi (1 = nominativo;  2 = genitivo; 3 = dativo; 4 = accusativo o causativo; 5 = vocativo; e 6 = ablativo). Ne consegue che il nome deve  sempre essere preceduto da due cifre, dette co-efficienti, la prima delle quali indica il numero e la  seconda il caso.Si distinguono nelle due classi. Sostantivi (comuni – shaggy thing’ -- e propri – The Shaggy One. Se il sostantivo comune non subisce alterazione va indicato con la caratteristica che il dizionario di M. vi assegna, dopo i co-efficienti stabiliti. Se, ad esempio, al concetto di 'gatto' e associato il carattere (accezione leibniziana)  «G», esso si rappresenta “A11G.” (cf. Grice on K as ‘king’). Un sostantivo comune poi puo essere alterati. Il sostantivo diminutivo si indica *triplicando* la caratteristica del sostantivo -- es.  «A11GGG» 'gattino'. Nel sostantivo aumentativo si la duplica: gattone: A11GG. Il sostantivo apprezzativo si segnan una riga sotto la caratteristica -- es. «A11g» 'gattuccio.’ Il sostantivo disprezzativo si indica ponendo *due* righe sotto  la caratteristica: gattuzzo – A11gg.  Se il sostantivo comune deriva d’un verbo (‘shag’, ‘shaggy’) e detto ‘sostantivo verbale’ – es. amare > amore, e non amazione). Il sostantivo comune si dice “nominale” se deriva d’un aggettivo (buono › bontà, bonitas – but cf. Grice on Plato, horseness. Per non ampliare ulteriormente il vocabolario, basta sovrapporre una linea sopra la caratteristica del verbo qualora questo indica un sostantivo verbale (se per esempio 'amare' = «A» allora l'amore è  «-A»); *due* linee (--B) qualora indichi sostantivo nominale (bonta). Il sostantivo proprio si indica per esteso corsivo nella lingua dello scrivente e, nei manoscritti, devono essere rigati al di sotto (es. “marco”, o “pietro” o “paulo”) di modo che il recettore capisce che si tratta di un nome proprio. Gl’aggettivi (‘shaggy’) possono essere originali, se non derivano da alcuna parte del discorso, o al contrario derivati. S’il nome aggetivo deriva da un nome sostantivo (es. virtù > virtuoso) si indica con la caratteristica del sostantivo ma in corsivo e, se in manoscritto, rigandola al di sotto una volta. S’il nome aggetivo derivata da un verbo (es. amato > amatorio) si indica con la caratteristica del verbo ma in *semi-gotico* e, se in manoscritto, rigandola al di sotto due volte. L’aggettivp deve concordare con il sostantivo in genere, in numero, e in caso (“ho visto i promessi sposi M M”).  Esistono due differenti specie di nomi aggettivi: graduali -- cioè di grado positivo, comparativo - ottenuto dalla mera *duplicazione* del carattere - e superlativo - ottenuto dalla *tri-*plicazione del carattere -- e numerali (cardinali, ordinali, distributivi - cioè quelli che noi chiameremmo frazioni o numeri razionali, che si indicano con numeri arabi rigati nella loro parte superiore - e molteplici (‘a double burgher’)- che veicolano i significati di doppio, triplo, quadruplo, ecc. – ‘a triple paradox’ --, e che sono scritti come gl’ordinali, ma rigati nella parte inferiore. Il pro-nome deve possedere tutte le caratteristiche del nome sostantivo che sostituisce e concordare con esso in genere, caso e numero. Ve ne sono di due tipi. I pronomi primitivi sono *personali* - a sostituire le persone - che a loro volta si distinguono in relativi, dimostrativi e indeterminati – o pronomi *reali* - a sostituire le cose. Un pro-nome *derivato* puo essere o possessivo o  relativi. Ogni pronome ha una caratteristica propria inconfondibile. Non è necessario indicare caso, numero e genere sulla caratteristica del pronome qualora questi concordino con quelli del nome. Se invece il caso *non* concorda, si scrive solo quello. Ogni avverbio, parte dell'orazione indeclinabile, ha una caratteristica associata peculiare e inconfondibile. Gl’avverbi si dividono in originali -- che non hanno bisogno di specificazioni -- e derivati, indicati con la caratteristica della parte del discorso da cui derivano, ma in corsivo.  Quanto ai gradi di comparazione, questi vengono indicati come si fa pel nome aggettivo. Ogni verbo e di voce attiva ed e rappresentato d’una sola specie di caratteristica. Il verbo – che ha la funzione di predicato – accezione leibniziana -- dove concordare nel numero (singolare o plurale) coll nome sostantivo suggeto, da cui derivano la coniugazione. La coniuazione si compone del modo -- Esistono quattro modi -- infinito (1), indicativo (2), imperativo (3) e congiuntivo  (4) -- e questi sono indicati da una cifra co-efficiente. Il tempo puo essere presente (1), preterito IM-perfetto (2), preterito PERFETTO semplice (3) solo all'indicativo -, preterito perfetto COMPOSTO (4), preterito PIU CHE perfetto (5), e futuro (6). I numeri nella coniuazione puo essere singolare (1) o plurale (2). La persona nella coniugazione e prima (1), seconda (2) o terza (3) – la porta sta aperta (e persona?). Ognuno di questi co-efficienti deve essere scritto prima della caratteristica specifica del verbo che si intende usare. Il participio dove essere ben distinguibili, così come le altre parti del discorso. Ne esistono di cinque tipi: presente – IMPLICANTE (1), preterito IMPLICATO (2), futuro attivo IMPLICATURUM (3), futuro passivo IMPLICANDUM (4), gerundio IMPLICANDO (5), e indeclinabile.  Alla caratteristica del verbo somo premessi il co-efficiente che indica il TEMPO del participio e il co-efficiente zero, per distinguerlo dal resto dei verbi. È necessario inoltre, poiché essi si declinano anche come i nomi e gli aggettivi, indicare le caratteristiche di GENERE (IMPLICATO, IMPLICATA) e numero (IMPLICATO, IMPLICATI) che posseggono. La pre-posizione (e. g. ‘to’, ‘betweeen’ – both discussed by Grice: ‘does it make sense to speak of the SENSE of ‘to’? When I say, Jones is between Richards and Williams, do I mean in a mere spatial sense or in some moral ordering – does this change the sense? I don’t think so!) e una parole indeclinabili che determinano le relazioni che hanno tra loro le referenti delle parti del discorso.  Ogni preposizione ha carattere proprio e inequivocabile.  Ogni interiezione ha un carattere particolare.  La congiunzione, composta da una parola indeclinabile e breve, unisce parti diverse del discorso. Essa può essere avversativa (“She was poor BUT she was honest” – Grice), disgiuntiva (“My wife is in the kitchen or the bedroom” – Grice), alternativa, ecc. Anch'essa possede un carattere specifico. Note ortografiche e scientifiche  Anche la punteggiatura (segno grafico delle pause e delle enfasi del discorso) deve far parte di un sistema universale di comunicazione e Matraja sceglie di mantenere il sistema di punteggiatura in uso per la lingua italiana. Allo stesso modo, anche i segni matematici d'uso comune devono essere mantenuti come tali.  Esempio.  Una volta stilate le regole precedenti si dove essere in grado di trascrivere in lingua genigrafica la frase. La natura insegna comunicare i concetti mentali per le parti dell'orazione del proprio idioma. L'azione che bisogna fare è una sorta di analisi grammaticale della frase, per cui, prendendo il soggetto «la natura» si converrà che esso è un nome sostantivo comune, femminile, singolare, nominativo (perciò «B°.1.1») e nella tabella essa è descritta come «A'. 236». Il risultato allora e «Bº. 1.1 A'.236». Lavorando allo stesso modo per tutte le parti del discorso presenti, alla fine si avrebbe:  B°.1.1 A':236 - 2.1.13Y5.37 -I. H5.37 - A°. 2.4. X' 83. N?. 32 - E7.3 - Bº  9. 2.4 P'. 257 - B°. 1.2 L'. 245 - A°. 1.2 A'. 174. D'. 42.88. Giovanni Giuseppe Matraja. Matraja. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Matraja”.

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