Grice e Matraja –
grammatica razionale – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Roma, Lazio. Una lingua
numerica viene progettata da M. nella sua “Genigrafia italiana: nuovo metodo di
scrivere quest'idioma affinché riesca identicamente leggibile in tutti gl’altri
idiomi del mondo” (Lucca, Tipografia genigrafica), lingua di cui discusse più
tardi anche La Société de Linguistique. M. è l'unico ideatore ITALIANO di una
lingua razionale a essere preso in considerazione da questa ‘société’ galla nel
corso del dibattito sulle lingue ausiliarie. La Genico-grafia, lett. 'scrittura
generale' e di cui ‘genigrafia’ è la forma sincopata -- è un modo di scrivere
che non ha relazione con le parole e che permette di comunicar tutti i concetti
senza dipendenza dall'idioma ne dell’emittente o del recettore, ma di un modo,
che il messaggio risulta interpretabile in tutti quelli del mondo. Nasce quindi
come progetto di lingua universale che si prefigge di comunicare chiaramente, ma
che non è concepita per sostituire gl’idiomi presenti nelle varie nazioni. Si
nota che l'ordine e il modo in cui M. nomina i grandi filosofi, Cartesio,
Leibnitz, Wolfio, Wilkio, Kircher, Dalhgarne, Beclero, Solbrig, e Lambert, è lo
stesso con cui SOAVE (vedasi) li cita nelle sue Riflessioni: “da Cartesio, Leibnizio,
Wolfio, Wilkins, Kirchero, Dahlgarne, Beclero, Solbrig, e Lambert”.
Interessante è anche il fatto che di seguito aggiunga: “e Demaimieux e RICHERI
(vedasi), oggi Richieri, anche Richer), di TORINO. Maimieux pubblica i suoi studi
sulla lingua universale dopo Soave e RICHERI (vedasi) prima. M. quindi dove
certamente conoscere (oltre agl’ultimi due filosofi) anche il lavoro di SOAVE
(vedasi), vista l'evidente citazione. Decide di non farne nome. Anzi, dopo aver
sostenuto che al momento della stesura dei lavori dei filosofi sopracitati non è
ancora giunto il giusto momento per comporre una tale lingua, asserisce che
finalmente quel momento è arrivato e che lui, ha adempiuto positivamente tale onere
– “while lying in the bath, I would presume” – Grice. Dopo aver proceduto
all'analisi strutturale di “alcuni idiomi,” – cf. Grice, ‘some establised
idioms, like ‘pushing up daisies’ – M. asserisce che e possibile riconoscere
nei vari sistemi linguistici delle caratteristiche ricorrenti denominate
concorrenze generali - quelli che oggigiorno chiameremmo universali linguistici
- da questi comunemente condivise. Molte
di queste caratteristiche sono ad oggi discutibili. Ogni idioma umano concorre
nelle cose seguenti. Nell’idea essenziale delle cose. Ogni dizionario nazionale da
di queste cose una MEDESIMA DEFINIZIONE (Grice: “bachelor”, ‘unmarried male’ –
cf. Strawson, “Anglo-linguistic” – “into any language into which it may be
translated” – cf. Jones on Welsh not having the concept of ‘I’, but of ‘the
self’ (criticised by Grice’s pupil Flew) -- e solo diversa nel suono delle
parole (“shaggy,” hairy-coated – revolution, revoluzione. Nell'origine, poiché tutti gl’arii occidentali sono
figli più, o meno immediati del latino, di cui ne confessano la discendenza,
tanto per la sua grammatica – morfo-sintattica --, quanto con la edizione del
suo dizionario etimologico comparato coll’idioma volgare. Nel mezzo istrumentale, con cui comunicano in
distanza (‘tele-mentazionale,’ nelle parole di McGinn, of Oxford) i suoi
concetti, poiché tutti usano dell'alfabeto originale. Nel modo di rap-presentare
nella carta i sopra-detti concetti poiché tutte le nazioni lo eseguiscono per
mezzo del discorso o meglio, la conversazione, espresso conforme al genio di
ciascuno idioma. Nella TESSITURA (o
implicatura) del discorso e la conversazionae; poiché è indiscusso, che non
solo le nazioni del mondo antico, ma ancora ITALIA, senz'altra istruzione, che
la infusale dalla NATURA, lo dividono egualmente nelle medesime parti. Nella generale ammissione, ed
egual valore delle cifre aritmetiche, per esprimere le quantità numeriche della
scuola di Crotone. Nell'uso universale delle medesime note ortografiche per VIVIFICARE
(o accentuare) il discorso o la propria mozione conversazionale, rappresentato
dai caratteri nazionali; come ancora quello delle cifre scientifiche usate
dalle nazioni culte. Nella comune accettazione finalmente della carta rigata
per comunicare inerrabilmente le note musicali: Home, home, sweet, sweet home. Queste
caratteristiche, proprio perché considerate universali, non possono che essere
presenti anche nel sistema immaginato da M. Si nota poi che con la sua lingua
non è possibile comunicare attraverso l'uso della parola, giacché, a detta di
M., questa mal si presta alla
comunicazione precisa – cf. Grice’s irritation on dialect speakers saying ‘soot,’
when they mean ‘suit’. M. distingue nove
parti del discorso -- articolo, nome (“shaggy”), pronome, avverbio, verbo,
participio, preposizione e interiezione -- a cui associa un numero da I a VII,
che, in esponente alla “caratteristica” - con accezione leibniziana, cioè al “segno”
- determina la parte del discorso di cui questa fa parte. Ogni idea deve essere assolutamente
riconoscibile ed espressa da una “caratteristica” specificata fino alla sua
ultima differenza da cifre numeriche, che sempre la precederanno a guisa di
coefficienti algebrici. Cf. Grice’s
subscript notation for ‘She wanted him – She-1 wanted-2 him-3” (Vacuous Names).
Questi co-efficienti vanno letti
separatamente gl’uni dagl’altri, mai assieme. Ad esempio il coefficiente 123 si
legge 'uno due tre', e non 'centroventitré.’ Al contrario, vanno letti assieme
nel caso in cui seguano la caratteristica e ne siano quindi esponenti. Poiché
nella genigrafia italiana di M. le caratteristiche esauriscono tutto
l'esprimibile in loro potere, non è
necessario l'uso dell’articoli – cf. Grice on the definability of ‘the’
in terms of ‘some (at least one) – apres Peano. Il genere del nome deve essere
sempre specificato (A = maschile, e. g. aquila A; B = femminile, e. g. cane F;
C = neutro – e g. ‘rain N’. I nomi possono essere singolari o plurali (1 =
singolare – ‘some (at least one), ‘re’, il re di Francia; 2 = plurale, i re di
Francia) e avere sei casi (1 = nominativo;
2 = genitivo; 3 = dativo; 4 = accusativo o causativo; 5 = vocativo; e 6
= ablativo). Ne consegue che il nome deve
sempre essere preceduto da due cifre, dette co-efficienti, la prima
delle quali indica il numero e la
seconda il caso.Si distinguono nelle due classi. Sostantivi (comuni – shaggy
thing’ -- e propri – The Shaggy One. Se il sostantivo comune non subisce
alterazione va indicato con la caratteristica che il dizionario di M. vi
assegna, dopo i co-efficienti stabiliti. Se, ad esempio, al concetto di 'gatto'
e associato il carattere (accezione leibniziana) «G», esso si rappresenta “A11G.” (cf. Grice on
K as ‘king’). Un sostantivo comune poi puo essere alterati. Il sostantivo diminutivo
si indica *triplicando* la caratteristica del sostantivo -- es. «A11GGG» 'gattino'. Nel sostantivo aumentativo
si la duplica: gattone: A11GG. Il sostantivo apprezzativo si segnan una riga
sotto la caratteristica -- es. «A11g» 'gattuccio.’ Il sostantivo disprezzativo
si indica ponendo *due* righe sotto la
caratteristica: gattuzzo – A11gg. Se il sostantivo
comune deriva d’un verbo (‘shag’, ‘shaggy’) e detto ‘sostantivo verbale’ – es. amare
> amore, e non amazione). Il sostantivo comune si dice “nominale” se deriva
d’un aggettivo (buono › bontà, bonitas – but cf. Grice on Plato, horseness. Per
non ampliare ulteriormente il vocabolario, basta sovrapporre una linea sopra la
caratteristica del verbo qualora questo indica un sostantivo verbale (se per
esempio 'amare' = «A» allora l'amore è «-A»);
*due* linee (--B) qualora indichi sostantivo nominale (bonta). Il sostantivo
proprio si indica per esteso corsivo nella lingua dello scrivente e, nei
manoscritti, devono essere rigati al di sotto (es. “marco”, o “pietro” o “paulo”)
di modo che il recettore capisce che si tratta di un nome proprio. Gl’aggettivi
(‘shaggy’) possono essere originali, se non derivano da alcuna parte del
discorso, o al contrario derivati. S’il nome aggetivo deriva da un nome
sostantivo (es. virtù > virtuoso) si indica con la caratteristica del
sostantivo ma in corsivo e, se in manoscritto, rigandola al di sotto una volta.
S’il nome aggetivo derivata da un verbo (es. amato > amatorio) si indica con
la caratteristica del verbo ma in *semi-gotico* e, se in manoscritto, rigandola
al di sotto due volte. L’aggettivp deve concordare con il sostantivo in genere,
in numero, e in caso (“ho visto i promessi sposi M M”). Esistono due differenti specie di nomi aggettivi:
graduali -- cioè di grado positivo, comparativo - ottenuto dalla mera *duplicazione*
del carattere - e superlativo - ottenuto dalla *tri-*plicazione del carattere
-- e numerali (cardinali, ordinali, distributivi - cioè quelli che noi
chiameremmo frazioni o numeri razionali, che si indicano con numeri arabi
rigati nella loro parte superiore - e molteplici (‘a double burgher’)- che
veicolano i significati di doppio, triplo, quadruplo, ecc. – ‘a triple paradox’
--, e che sono scritti come gl’ordinali, ma rigati nella parte inferiore. Il
pro-nome deve possedere tutte le caratteristiche del nome sostantivo che
sostituisce e concordare con esso in genere, caso e numero. Ve ne sono di due
tipi. I pronomi primitivi sono *personali* - a sostituire le persone - che a
loro volta si distinguono in relativi, dimostrativi e indeterminati – o pronomi
*reali* - a sostituire le cose. Un pro-nome *derivato* puo essere o possessivo
o relativi. Ogni pronome ha una
caratteristica propria inconfondibile. Non è necessario indicare caso, numero e
genere sulla caratteristica del pronome qualora questi concordino con quelli
del nome. Se invece il caso *non* concorda, si scrive solo quello. Ogni
avverbio, parte dell'orazione indeclinabile, ha una caratteristica associata
peculiare e inconfondibile. Gl’avverbi si dividono in originali -- che non
hanno bisogno di specificazioni -- e derivati, indicati con la caratteristica
della parte del discorso da cui derivano, ma in corsivo. Quanto ai gradi di comparazione, questi
vengono indicati come si fa pel nome aggettivo. Ogni verbo e di voce attiva ed
e rappresentato d’una sola specie di caratteristica. Il verbo – che ha la
funzione di predicato – accezione leibniziana -- dove concordare nel numero
(singolare o plurale) coll nome sostantivo suggeto, da cui derivano la
coniugazione. La coniuazione si compone del modo -- Esistono quattro modi -- infinito
(1), indicativo (2), imperativo (3) e congiuntivo (4) -- e questi sono indicati da una cifra co-efficiente.
Il tempo puo essere presente (1), preterito IM-perfetto (2), preterito PERFETTO
semplice (3) solo
all'indicativo -, preterito perfetto COMPOSTO (4), preterito PIU CHE perfetto
(5), e futuro (6). I numeri nella coniuazione puo essere singolare (1) o
plurale (2). La persona nella coniugazione e prima (1), seconda (2) o terza (3)
– la porta sta aperta (e persona?). Ognuno di questi co-efficienti deve essere
scritto prima della caratteristica specifica del verbo che si intende usare. Il
participio dove essere ben distinguibili, così come le altre parti del
discorso. Ne esistono di cinque tipi: presente – IMPLICANTE (1), preterito IMPLICATO
(2), futuro attivo IMPLICATURUM (3), futuro passivo IMPLICANDUM (4), gerundio IMPLICANDO
(5), e indeclinabile. Alla
caratteristica del verbo somo premessi il co-efficiente che indica il TEMPO del
participio e il co-efficiente zero, per distinguerlo dal resto dei verbi. È
necessario inoltre, poiché essi si declinano anche come i nomi e gli aggettivi,
indicare le caratteristiche di GENERE (IMPLICATO, IMPLICATA) e numero (IMPLICATO,
IMPLICATI) che posseggono. La pre-posizione (e. g. ‘to’, ‘betweeen’ – both discussed
by Grice: ‘does it make sense to speak of the SENSE of ‘to’? When I say, Jones is
between Richards and Williams, do I mean in a mere spatial sense or in some
moral ordering – does this change the sense? I don’t think so!) e una parole
indeclinabili che determinano le relazioni che hanno tra loro le referenti delle
parti del discorso. Ogni preposizione ha
carattere proprio e inequivocabile. Ogni
interiezione ha un carattere particolare.
La congiunzione, composta da una parola indeclinabile e breve, unisce
parti diverse del discorso. Essa può essere avversativa (“She was poor BUT she was honest” – Grice),
disgiuntiva (“My wife is in the kitchen or the bedroom” – Grice), alternativa,
ecc. Anch'essa possede un carattere specifico. Note ortografiche e scientifiche Anche la punteggiatura (segno grafico delle
pause e delle enfasi del discorso) deve far parte di un sistema universale di
comunicazione e Matraja sceglie di mantenere il sistema di punteggiatura in uso
per la lingua italiana. Allo stesso modo, anche i segni matematici d'uso comune
devono essere mantenuti come tali.
Esempio. Una volta stilate le
regole precedenti si dove essere in grado di trascrivere in lingua genigrafica
la frase. La natura insegna comunicare i concetti mentali per le parti
dell'orazione del proprio idioma. L'azione che bisogna fare è una sorta di
analisi grammaticale della frase, per cui, prendendo il soggetto «la natura» si
converrà che esso è un nome sostantivo comune, femminile, singolare, nominativo
(perciò «B°.1.1») e nella tabella essa è descritta come «A'. 236». Il risultato
allora e «Bº. 1.1 A'.236». Lavorando allo stesso modo per tutte le parti del
discorso presenti, alla fine si avrebbe:
B°.1.1 A':236 - 2.1.13Y5.37 -I. H5.37 - A°. 2.4. X' 83. N?. 32 - E7.3 -
Bº 9. 2.4 P'. 257 - B°. 1.2 L'. 245 -
A°. 1.2 A'. 174. D'. 42.88. Giovanni Giuseppe Matraja. Matraja. Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Matraja”.
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