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Monday, December 30, 2024

GRICE ITALO A-Z M MA

 

Grice e Masullo: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale e la scissione dell’inter-soggetivo – i lottatori della tribuna – la scuola d’Avellino -- filosofia campanese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Avellino). Filosofo italiano. Avellino, Campania.  Insegna a Napoli.  Ha trascorso vari periodi di ricerca e di insegnamento in Germania. Direttore del Dipartimento di Filosofia dell'Napoli.  È stato socio dell'Accademia Pontaniana, della Società Nazionale di Scienze Lettere ed Arti di Napoli e dell'Accademia Pugliese delle Scienze.  È stato insignito della medaglia d'oro del Ministero per la Pubblica Istruzione.  Candidato nelle liste del Partito Comunista Italiano prima e in quelle dei Democratici di Sinistra poi, ha ricoperto la carica di Deputato, è stato Senatore della Repubblica. Trascorre i primi anni della sua vita a Torino. Si trasferisce a a Nola, dove compie gli studi superiori frequentando il liceo classico Carducci. Fequenta il corso di laurea in Filosofia a Napoli. Si laurea con Nobile discutendo una tesi su Benda. Napoli era dominata prevalentemente da Croce; esistevano comunque altri personaggi capaci di una riflessione autonoma e originale come fu Aliotta che con il suo sperimentalismo offrì importanti stimoli a M.. Studia l'esistenzialismo che andava diffondendosi in Italia. Assistente volontario alle cattedre di filosofia e tiene seminari per Nobile, Aliotta, e Valle. Compie la sua formazione filosofica a Napoli soprattutto con Carbonara. Carbonara era impegnato attraverso i suoi studi di estetica a ripensare l'attualismo gentiliano. La sua posizione prende il nome di materialismo critico. Attraverso il confronto con Carbonara, M. si addestra al rigore concettuale e inizia ad elaborare una propria posizione originale.  Nella formazione e nella costruzione della prospettiva filosofica di Masullo si combinano diverse componenti. Il neoidealismo, crociano e gentiliano, lo sperimentalismo d’Aliotta, e, tra idealismo e materialismo, il materialismo critico di Cleto Carbonara.  M. però, mosso dalle proprie inquietudini e dalle impressioni suscitate dai tragici eventi bellici, studia anche l'esistenzialismo e lo spiritualismo. Infine il bisogno di comprendere l'uomo concreto e le sue reali tribolazioni lo conducono ad avvicinarsi alla fenomenologia.  Il soggiorno di studio a Friburgo gli consente di approfondire lo studio della fenomenologia e di conoscere Weizsäcker, il quale aveva introdotto nel filosofese il concetto di “patico.” (cf. anti-patico, sim-patico, em-patico). Esistenzialismo, spiritualismo, idealismo e fenomenologia sono correnti di pensiero variamente intrecciate tra di loro. Ciò che attraversa trasversalmente questi movimenti di pensiero è la radicale problematizzazione del rapporto tra pensiero e vita, tra il pensiero e il suo negativo, ciò che pensiero non è.  Il pensiero Intuizione e discorso è un testo in cui, avvalendosi degli stimoli che provenivano dalla epistemologia, M. si confronta con l'idealismo attualistico e storicistico per riflettere sul carattere “difettivo” della coscienza e sul suo rapporto con la conoscenza.  M. in Intuizione e discorso sostiene che i poli del fatto e dell'idea, del senso e della coscienza, della vita e delle forme dello spirito sono legati da un vincolo dialettico. Voler ridurre l'uno all'altro conduce ad un idealismo soggettivistico o ad un empirismo cieco alle dimensioni dello spirito. Bisogna comprendere le modalità del vincolo che lega spirito e corpo. Il pensiero che voglia essere critico, cioè che non voglia ingannarsi, deve riconoscere che esso si fonda su processi biologici e fisiologici che gli sono irriducibili. M. approfondisce in Germania lo studio della fenomenologia, ancora poco diffusa in Italia. A Friburgo frequenta i circoli husserliani capeggiati dall'allievo di Husserl Fink e conosce Weizsacker del quale M. svilupperà il concetto di "patico". M. stesso, tornato in Italia, traduce e commenta alcuni testi di Husserl in un piccolo libriccino ormai introvabile -- Logica, psicologia, filosofia. Un'introduzione alla fenomenologia, Napoli, Il Tripode -- il cui contenuto in parte è poi confluito nel successivo truttura, soggetto, prassi.  M. considera Husserl un grande esploratore della coscienza. Husserl cerca di dare un fondamento filosofico alle scienze positive indagando il modo in cui la coscienza costituisce il mondo che la scienza prende ad oggetto delle proprie particolari ricerche. Masullo però, elaborando gli stimoli dell'antropologia medica di Weizsacker, lavora al passaggio dalla fenomenologia alla patosofia.  Struttura, soggetto, prassi è il testo che documenta il rinnovamento della ricerca di Masullo. Fa riferimento alle scienze positive per mostrare che la coscienza è qualcosa di vivo e concreto e non è «intellettualisticamente sofisticata», trasparente a sé stessa, come vorrebbero le filosofie speculative le quali riducono la vita psichica alla vita cosciente e non tengono conto o minimizzano il peso della dimensione psichica inconscia, svalutata come qualcosa di filosoficamente irrilevante.  S. Non è possibile una conoscenza diretta, per introspezione/riflessionecome vorrebbero le filosofie speculativedi ciò che pensiero non è. Il pensiero come esperienza intersoggettiva, sociale (lo Spirito, il Soggetto) può conoscere i suoi prodotti, i pensieri, il pensato, ma non può conoscersi come processo, esperienza del pensare, atto, tempo, «paticità» (cioè il pensare come esperienza soggettiva, esistenza). D'altronde il pensiero come processo non può essere conosciuto neanche per inferenza da parte delle scienze positivo-sperimentali. Queste possono misurare i processi, ma non possono misurarne i vissuti.  Lo scacco, il limite della conoscenza è l'apertura alla prassi e all'etica: riconoscere il nesso operativo tra senso e significato, crisi e ordine, «patico» e cognitivo, corpo e mente. Analizza i grandi modelli idealistici e fenomenologici della soggettività. In particolare, seguendo un'indicazione di Fichte, sviluppa la tesi secondo la quale il fondamento dell'uomo, cioè la condizione per la quale l'uomo assume i caratteri della soggettività (libertà, storia, ricerca, progetto, autodeterminazione) è l'intersoggettività. Di questo fondamento Masullo analizza le modalità di funzionamento.  M., con i suoi studi sulla «intersoggettività» e il «fondamento» degli anni sessanta e settanta (Lezioni sull'intersoggettività. Fichte e Husserl, Napoli, Libreria Scientifica Editrice,  La storia e la morte, Napoli, Libreria Scientifica, La comunità come fondamento. Fichte, Husserl, Sartre, Napoli, Libreria Scientifica; Il senso del fondamento, Napoli, Libreria Scientifica Editrice, Antimetafisica del fondamento, Napoli, Guida), analizza le «operazioni nascoste» in base alle quali si costituisce l'io e in base alle quali si costituisce l'oggettività del mondo e individua nella originaria struttura intersoggettiva il fondamento del mondo umano. Il fondamento è la comunità, ma essa funzionalmente rimane nascosta all'io per permettergli di istituirsi ed operare, come ben spiega nell'importante saggio Il fondamento perduto, in cui rielabora e sviluppa spunti presenti negli ultimi capitoli di Il senso del fondamento  e raccoglie in modo compiuto i risultati teoretici di due decenni di ricerche intorno al tema della comunità-intersoggettività come fondamento. M. pubblica inoltre il testo Fichte. “L'intersoggettività e l'originario” in cui riprende e aggiorna il saggio su Fichte contenuto in La comunità come fondamento. Fichte, Husserl, Sartre. Pubblica Metafisica. Storia di un'idea. Il capitolo finale, Il sentimento metafisico, è l'indicazione del passaggio a una nuova fase del pensiero di M., una fase in cui il tema dell'intersoggettività lascia il posto alla esplorazione delle dimensioni del vissuto del soggetto, quindi lascia il posto ai temi della paticità, del senso, del tempo.  In effetti anche i suoi corsi universitari di quegli anni rivelano questo momento di transizione. Si dedicati al tema dell'inter-soggettività ma vengono trattati anche i temi caratteristici della seconda stagione della sua riflessione. Tratta della “difettività del soggetto”; nel corso invece si occupa di “comprensione del tempo e interpretazione morale, definitivamente centrati su “i patemi della ragione e l'inter-esse etico.”  Nei studi su «tempo», «senso», «paticità» (Filosofie del soggetto e diritto del senso, Genova, Marietti, “Il tempo e la grazia. Per un'etica attiva della salvezza, Roma, Donzelli, “Paticità e indifferenza” (Genova, Melangolo). Sostiene che il pensiero critico, nella sua incapacità di pensare il passaggio, il processo, la trasformazione, il cambiamento (sustenuto in La problematica del continuo in Aristotele e Zenone di Elea, seppure solo sul piano logico) è incapace anche di pensare la soggettività la quale è una forma particolare di cambiamento, è tempo, prodursi delle differenze all'interno di un campo strutturato, fortemente centralizzato, l'organismo umano, portatore della coscienza di sé.  In questi studi degli anni ottanta e novanta Masullo considera le modalità affettive e psicobiologiche dell'esser soggetto. In “Filosofie del soggetto e diritto del senso” Masullo si confronta con Kant, Hegel, Dilthey, Heidegger e Merleau-Ponty, i quali storicamente hanno posto il tema della soggettività non riconoscendo però la differenza tra «significato» e «senso». M. rivendica il «diritto del senso» ad essere riconosciuto nella sua radicale e irriducibile diversità dal significato. Molto più rilevante nella costruzione della sua prospettiva filosofica è invece il saggio intitolato Il tempo e la grazia. Per un'etica attiva della salvezza, nel quale M. illustra la sua concezione della frammentazione della soggettività a partire da alcune considerazioni sui concetti di esperienza e di tempo. I lessici delle lingue europee antiche e moderne consentono di distinguere la dimensione orizzontale dell'esperienza propriamente detta (έμττεŀρία, experientia, Erfahrung) la quale ha un carattere prevalentemente cognitivo rispetto alla dimensione verticale dell'esperienza meno propriamente detta (πάθος, affectio, Erlebnis), cioè il vissuto, il quale ha invece un carattere affettivo anziché cognitivo. Da una parte abbiamo il giudizio su ciò che abbiamo provato, dall'altra abbiamo il provare come avvertimento immediato dell'accadermi di qualcosa.  Ciò introduce a un'ulteriore precisazione filologica che riguarda la differenza tra il cambiamento e il tempo. Il tempo non è il cambiamento. Il cambiamento è il continuo prodursi delle differenze nell'organizzazione delle forme della vita. Il tempo è l'avvertimento interiore di questo cambiamento, cioè l'avvertimento di sé attraverso il cambiamento.  L'uomo, a differenza degli altri viventi, è intrinsecamente tempo. Egli istituisce il tempo nel senso che mette in relazione i cambiamenti a dei sistemi oggettivi di riferimento, ma ancor più radicalmente l'uomo è tempo in quanto avverte i cambiamenti del mondo esterno solo in relazione al proprio modificarsi. Questo avvertimento, il «senso», è l'indice della soggettività. L'avvertimento della perdita, il senso del cambiamento, in una parola il tempo, accende l'allucinazione del sé, scatena il desiderio di permanenza.  Parallelamente alla esplorazione della soggettività, in Il tempo e la grazia M. segue gli sviluppi di un'emergente epistemologia caratterizzata anch'essa dalla contingenza e irreversibilità del tempo fisico così come la cosmogenetica ce lo illustra. Il versante umanistico e quello scientifico convergono nel disegnare un'antropologia la cui etica non è più la moderna e rassicurante etica reattiva che salva la società con le sue formulazioni sull'ordine del mondo.  L'etica che M. vede in prospettiva scaturire da questo nuovo contesto è un'etica attiva che salva il tempo, cioè il soggetto, dal vivere la perdita prodotta dal cambiamento come «disgrazia», mutilazione. La perdita è un momento necessario nella vita di un essere, l'umano, che non semplicemente cambia, ma si rinnova e costruisce intenzionalmente il proprio futuro.  Una volta riconosciuto il diritto del senso ad essere inteso nella sua irriducibilità al cognitive;  una volta esplorato il campo del senso-tempo-patico alla luce della psicanalisi, della letteratura e della filologia; una volta riconosciute le epocali trasformazioni degli scenari epistemologici, antropologici ed etici, M. in Paticità e indifferenza, si chiede quale può essere ancora, in questo nuovo contesto, il ruolo della filosofia. La filosofia è «saper assaporare i sapori della vita, gustare a fondo i sensi vissuti, … elevare i sensi sensibili a sensi ideali e cogliere nei sensi ideali la possibilità dei sensibili, è la “sapienza del patico” ovvero, se si ricalca interamente l'etimo greco, è la “patosofia”».  Da un pensiero così articolato derivano alcune indicazioni e cautele etico-pedagogiche. Essendo l'uomo intrinsecamente temporale, essendo la temporalità umana irreversibile, l'uomo non può essere fatto oggetto di conoscenza come un qualsiasi ente. M. distingue la conoscenza dalla cura. Egli inoltre distingue le esperienze (che sono comunicabili e sono i materiali sui quali si costruisce la conoscenza) dai vissuti (che sono invece costitutivamente «incomunicativi» in quanto riguardano l'immediatezza del sentire individuale che non è mai trasparente neanche all'individuo stesso che li vive). La conoscenza è la dimensione orizzontale dell'esistenza. Essa guarda alla universalità. Mentre la cura ne è la dimensione verticale. Essa invece guarda alla unicità-identità, ai vissuti da assaporare e da sublimare in valori da condividere.  Mentre la ricerca di Masullo prosegue in questi anni curvando verso nuove direzioni, pubblica alcuni nuovi libri. Sscrive Filosofia morale per una collana di libri che illustrano ciascuno il nucleo delle varie discipline filosofiche. In effetti Filosofia morale non è un elenco di temi, personaggi, concetti ma un percorso molto personale all'interno delle questioni e dei nodi fondanti della disciplina: la specificità della filosofia morale e la distinzione tra morale ed etica; il bene quale orientamento dell'azione umana; il soggetto della vita morale, la persona; il dovere, la responsabilità e il vincolo che ci lega agli altri. Scrive, intervistato dal giornalista de Il Mattino, Scamardella, Napoli siccome immobile. Scamardella, in uno degli ennesimi momenti difficili per la città di Napoli, cerca la figura di un saggio, di un'autorità morale capace di interpretare il presente e prefigurare il futuro di questa città malata. Trova questa figura in M., filosofo ma anche protagonista della vita civile e politica della città con concrete iniziative quali, nel 2006, gli incontri con i giovani e la popolazione nell'ambito del “Manifesto per salvare Napoli”. Il libro è un lungo dialogo sulle tante debolezze della città presente che si conclude con un'analisi delle risorse che danno speranza nel futuro.  M. pubblica La libertà e le occasioni, che sviluppa il tema del suo ultimo seminario all'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli.  L'impegno politico Negli anni sessanta e settanta la contestazione studentesca segnalava il bisogno di rinnovamento dell'università italiana. M., per i caratteri originali del proprio insegnamento, è considerato dagli studenti uno dei professori progressisti. Egli in quegli anni fu eletto deputato come indipendente nelle liste del Partito Comunista Italiano, ed in seguito  come senatore, si occupò sempre dei problemi del sistema scolastico. Inoltre come parlamentare europeo lavorò al fianco di Nilde Iotti nella Commissione legale.  All'inizio degli anni ottanta alcuni importanti provvedimenti modificano l'organizzazione didattica e gestionale dell'università (vengono istituiti i dottorati di ricerca, riordinate le scuole di specializzazione, creati i Dipartimenti). Terminato l'impegno parlamentare Masullo dirige per due mandati il nuovo Dipartimento di Studi Filosofici dell'Napoli intitolato ad Aliotta. Anche attraverso questo incarico egli incide sulle direzioni della ricerca filosofica a Napoli.  M.  si mette di nuovo al servizio della politica quando dopo la crisi politica e sociale degli anni ottanta, agli inizi degli anni novanta si verifica un generale risveglio della coscienza collettiva. A livello locale egli dapprima anima per oltre un anno, ale “Assise di Palazzo Marigliano”, un movimento che si opponeva al progetto NeoNapoli previsto dal preliminare di Piano Regolatore.l, del quale ottenne il rigetto, suggerendo la demolizione e il rifacimento integrale dei Quartieri Spagnoli. Forte della popolarità acquistata con questa esperienza è capolista del PDS nelle elezioni amministrative e poi, protagonista a Napoli della innovativa esperienza della "giunta del sindaco".  A livello di politica nazionale M. è di nuovo impegnato per due legislature al Senato. Egli è membro della Commissione di vigilanza dei servizi radiotelevisivi e, come negli anni settanta, della Commissione per l'istruzione pubblica e i beni culturali in anni nei quali i provvedimenti relativi a istruzione, università e ricerca sono numerosi e importanti. Amante dei libri e della cultura dei bambini, lo spessore del Maestro filosofo emerge inoltre quando in aula si discutono disegni di legge relativi a temi quali l'ergastolo o la procreazione assistita.  Saggi: “Intuizione e discorso,” – Grice: “Good connection.” (Napoli, Scientifica); “La problematica del infinito del continuo – l’infinitesmale – la categoria della quantita – flat and variable,” – Grice: “Excellent philosophical problem.” Napoli, scientifica,  “Struttura soggetto prassi,”Napoli, scientifica  “La comunità come fondamento,” Grice: “Masullo’s first attempt at a conceptual analysis of the inter-subjective; but it takes a philosopher to understand that that is what stands behind ‘community,’ or ‘population,’ as I prefer, or the conversational dyad.” Napoli, scientifica,  “Anti-metafisica del fondamento” Napoli, Guida, “L'inter-soggettivo” Napoli, Guida, “Filosofie del soggetto e diritto del senso,” Genova, Marietti,  “Il tempo e la grazia. Per un'etica attiva della salvezza,” Roma, Donzelli,  “Meta-fisica: storia di un'idea,” – Grice: “Perhaps Aristotle never had an idea; after all ‘ta meta ta physica’ is later and means: “the stuff the master wrote after the ‘physika’!” Roma, Donzelli, “La potenza della scissione” o diaresis, Napoli, Scientifiche, “Gografia e storia dell'idea di libertà,” Reggio Calabria, Falzea. – cfr. Grice: “The history of ‘free’ is hardly a ‘natural history’!” “Paticità e in-differenza,” Genova, Melangolo, -- Grice: “Masullo’s concept of ‘pathos’ is essential – while you may have self-pathos, the implicaure is that there is ‘empathy.’” “Inter-soggettivo” G. Cantillo, Napoli, Scientifica,  “Filosofia morale,” Roma, Riuniti, “Scienza e co-scienza” – Grice: “This pun is only possible in Italian: conscious and science are less of a parallel word formation!” “tra parola e silenzio” Grice: “This is my reading between the lines – i. e. the implicature” atti del convegno (Monte Compatri), P. Ciaravolo, Roma, Aracne, “Il senso del fondamento,” Napoli, scientifica, G. Cantillo, Napoli, scientifica, Napoli, siccome immobile. Intervistato, Napoli, Guida,  La libertà e le occasioni, Milano, Jaca,  I linguaggi della follia e i passi della salvezza. Il lavoro psichiatrico, in S. Piro. Maestri e allievi, Napoli, Scientifica,. Il filosofo della coscienza, Corriere della Sera, La grazia della filosofia e della politica, su rainews, Napoli, chi era il più grande filosofo, su interris, A. Fioccola, Magazine dell'Università degli Studi di Napoli l'Orientale. Aldo Masullo. Masullo. Keywords: l’intersoggetivo, la scissione di Hegel, il continuo dei velini – velia, infinitesimal – l’innamorato di Parmenide -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Masullo” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Matassi: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale e la filosofia della seduzione dei giocatori di calcio – la scuola di San Benedetto del Tronto -- filosofia marchese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (San Benedetto del Tronto). Filosofo italiano. San Benedetto del Tronto, Ascoli Piceno, Marche. Grice: “I like Matassi; but then I like football – I was the football team captain at Corpus – and aesthesis, the seductor seduced – “la condizione desiderante” indeed!” Allievo di Garroni, è stato Professore di Filosofia morale, coordinatore scientifico della sezione Filosofia, Comunicazione, Storia e Scienze del Linguaggio del Dipartimento di Filosofia, Comunicazione e Spettacolo dell'Università Roma Tre; in precedenza era stato direttore del Dipartimento di Filosofia. Si è occupato anche di Estetica musicale.  È stato Presidente della Società Filosofica Romana e ha fatto parte del comitato direttivo nazionale della Società Filosofica Italiana.  È stato nel comitato d'onore della Fondazione Amadeus. Presidente dell’Accademia Estetica di Rapallo, responsabile della sezione filosofica di Villa Sciarra, Roma, membro della giunta del CAFIS dell'Università Roma Tre. È stato anche membro del Comitato scientifico della Fondazione Résonnance dell'Losanna.  Ha diretto la collana Musica e Filosofia per la Mimesis Edizioni di Milano e quella su I Dilemmi dell'Etica per la casa editrice Epos di Palermo. Ha tenuto un blog sul "Fatto quotidiano" sui temi che legano la filosofia alle dimensioni del contemporaneo. Ha collaborato con la rubrica Ricercare, dedicata alla filosofia della musica, al mensile Amadeus e al mensile Stilos. È stato direttore della collana Italiana per Orthotes Editrice (Napoli). È stato anche membro del comitato scientifico-direttivo delle seguenti riviste: Colloquium philosophicum, Paradigmi, Quaderni di estetica e di critica, Bollettino di studi sartriani, Filosofia e questioni pubbliche, Links, Lettera Internazionale, Phasis, Itinerari, Prospettiva Persona, Metabolè, Babel online, Civitas et Humanitas. Annali di cultura etico-politica. Per quanto concerne il settore estetico-musicale è presente nel comitato direttivo della rivista internazionale Ad Parnassum. Hortus Musicus, Civiltà musicale, Orpheus, Itamar. a ricoperto la presidenza di giuria per il Premio Frascati Filosofia.  Menzione speciale della giuria al premio di saggistica “Salvatore Valitutti”, per Bloch e la musica.  È stato uno dei principali collezionisti al mondo di incisioni relative alle esecuzioni delle sinfonie e della liederistica di Mahler (circa mille tra vinili e compact disc). Si è occupato di filosofia tedesca, in particolare di Hegel, delle scuole hegeliane, del criticismo tedesco, del marxismo occidentale e della scuola di Francoforte. Un suo saggio è stato dedicato alle Vorlesungen hegeliane di filosofia del diritto e all'interpretazione fornitane da Gans. Si è occupato di Lukács, iutilizzando per la prima volta il celebre manoscritto "Dostoevskij" si è poi occupato di Hemsterhuis, l'autore della celebre Lettera sui Desider e del dialogo Alessio o dell'età dell'oro.  Le sue ricerche hanno riguardato la filosofia della musica moderna e contemporanea e in particolare su quella di Bloch, di Benjamin e  Adorno, fino ad elaborare un'originale filosofia dell'ascolto, le cui suggestioni si possono rintracciare nella teoria musicale moderna di Ernst Kurth, elaborata nei Fondamenti del contrappunto lineare. In tale prospettiva di ricerca, filosofia della musica e filosofia dell'ascolto sono strettamente compenetrate, fino a diventare il paradigma di una rivoluzione formativa che mette al centro del sistema educativo contemporaneo la musica nella sua declinazione storico-teorica come in quella pratica.  All'interno di tale prospettiva svolge un ruolo centrale Mozart, il "più ascoltante tra gli ascoltanti" come lo definì Martin Heidegger.  Saggi: Le Vorlesungen-Nachschriften hegeliane di filosofia del diritto” (Roma, Sansoni, Lukàcs. Saggio e sistema” Napoli, Guida); “Hemsterhuis. Istanza critica e filosofia della storia, Napoli, Guida); “Eredità hegeliane, Napoli, Morano, “Terra, Natura, Storia,” Soveria Mannelli, Rubettino, “Bloch e la musica,” Salerno, Fondazione Menna, Marte editore, Musica (Napoli, Guida) “Bellezza,” Soveria Mannelli, Rubettino); L'estetica. L'etica, Donzelli, Roma, L'idea di musica assoluta, Nietzsche e Benjamin, Rapallo, Il ramo, “La condizione desiderante. Le seduzioni dell'estetico”- Il nuovo melangolo, Genova; Filosofia dell'ascolto” (Rapallo, Ramo); “Lukàcs. Saggio e Sistema” (Milano, Mimesis); “La Pausa del Calcio, Rapallo, Il ramo. “Il calcio,” Rapallo.. In: Du Nihilism à l'hermenéutique, Hemsterhuis Franciscus “Sulla scultura; a c. di M. Palermo. Convegno sulla bellezza", presso il Centro di Studi Rosminiani di Stresa, Musica e Creatività Intervista a Rai Notte "La musica assoluta" Inconscio e Magia, Teatro dell'Opera di Roma, Seminario di formazione del PD Le parole e le cose dei democratici Pisa, Palazzo dei Congressi, Intervento alla Summer School della Fondazione Italiani-Europei, sui rapporti tra democrazia e capitalismo,  Commento al concerto jazz di Donà, "Tutti in gioco", Porto Civitanova, Bloch e la musica. Utopia a misura d'uomo. Intervista, Ornamenti, Arte, filosofia, letteratura, M. Latini, Armando, Roma, RAI Filosofia, su filosofia.rai. Il Potere e la Gloria. Juventus e Inter Il Fatto Quotidiano, s MLatini, in. tervista su Amare, ieri, di Anders, rivista on-line «SWIF-Recensioni filosofiche»,  M.  Latini, Doppia risonanza sul mondo (a proposito di "Musica" Napoli), “Il Manifesto”, C. Serra, Recensione a "Musica". Grice: “Unfortunately, Matassi, being Italian, or an Italian, is more interested in Nordic Kierkegaard, to pour sorn on their coldness, than in Ovid’s ‘ars amatoria’ which would interest an Oxonian!” -- Cf. “La palestra di Platone”. Elio Matassi. Matassi. Keywords: la filosofia del calcio, in-duzione, se-duzione – Ovidio, ars amatoria, desiderio.  Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Matassi” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Matera: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale – i segni del zodiaco e la semiotica di Peirce – filosofia basilicatese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Matera). Filosofo italiano. Matera, Basilicata. Grice: “Only in Southern Italy is a philosopher also responsible for the astrological edification of the city’s cathedral!” Uno dei più grandi studiosi e divulgatori di astrologia occidentale e filosofia dell'epoca. Insegna dapprima a Matera, e successivamente a Napoli.  Vive nel periodo in cui la Contea materana era dominio degli Angioini e su richiesta di Filippo IV detto "il bello", il re di Napoli Carlo II d'Angiò, detto "lo zoppo", invia Alano a Parigi. Lì insegna e divenne noto come dottore universale, profondamente versato in filosofia. In quegli anni infatti astronomia e astrologia vieneno collegate poiché si crede che gli astri potessero esercitare un influsso sulle azioni umane. Nei periodi di soggiorno a Matera, abita, secondo Verricelli nella contrada di Lo Lapillo tra il castello e il puzzo dove sorge l’acqua della fontana hera la sua vigna con una casuccia di pietre, piccola, mal fatta casa propria di filosofo quale oggidì si chiama la vigna e casa di Alano. Si tratta della collina dove poi fu edificato il Castello Tramontano. In quella casetta il grande filosofo passava intere notti ad osservare il cielo e gli astri con strumenti rudimentali. Di Alano è il motto presente nel “Glora mundis”: La goccia perfora la pietra non colpendola due volte con forza, bensì colpendola continuamente, così tu trai profitto studiando non due volte ma continuamente. È l'esortazione con cui invita a raddoppiare impegno e curiosità sulla strada della conoscenza. Secondo alcuni, il perfetto orientamento delle facciate della Cattedrale di Matera e del suo campanile lungo i punti cardinali si deve alle osservazioni astronomiche di Alano.A Matera una strada, trasversale di via Nazionale, tra le vie Salvemini e Di Vittorio, è dedicata ad Alano. G. Fortunato, Badie, feudi e baroni della Valle di Vitalba, ed.Lacaita, Personaggi della storia materana, Altrimedia, per i Quaderni della Biblioteca provinciale di Matera  Morelli, Storia di Matera, Montemurro,Volpe, Memorie storiche di Matera, ed. Atesa, Dizionario corografico del Reame di Napoli, ed. Civelli, Biografie dei personaggi illustri di Matera, sassiweb.  ntonio Giampietro, Personaggi della storia materana, Alano di Matera. Matera. Matera. Keywords: implicature, la collina del castello tramontanto, la catedrale di Matera, astrologia, astronomia, dottore universale, Napoli, Bologna, Parigi, the semiotics of astrology, Grice on zodiac signs, semiotic, semiology, astrology, astronomical chart. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Matera” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Mathieu: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale dell’uomo animale ermeneutico – filosofia ligure – la scuola di Varazze -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Varazze). Filosofo ligure. Filosofo italiano. Varazze, Savona, Liguria. Grice: “There are various things I love about Mathieu: his idea of the ‘uomo, animale ermeneutico’ is genial – and true!” Grice: “Mathieu rightly focuses on Kant’s problems with emergentism, i.e. the fact that life (or ‘vivente’) cannot be reduced. I love that.” Grice: “Mathieu has emphasised the irreductionism alla Bergson. I like that.” Grice: “Mathieu makes an apt analogy between Goedel’s work for alethic systems – that they cannot self-reflect, and deontic systems --.” Dopo il liceo, si iscrisse a orino. Si laureò con Guzzo, filosofo rappresentante dello spiritualismo ced autore di importanti studi su  Kant (un filosofo che sarebbe stato centrale nella vita intellettuale di Mathieu).  Libero docente nella filosofia, è stato professore incaricato, e  Professore di filosofia teoretica a Trieste. Primo vincitore del concorso di Storia della filosofia, è stato ordinario di filosofia fino al ruolo di professore emerito di filosofia morale a Torino -- è stato membro del Comitato del CNR;  è stato membro e poi vicepresidente del Consiglio esecutivo dell'UNESCO (Parigi). È stato membro del Comitato Nazionale di Bioetic; è socio dell'Accademia dei Lincei e membro del Comitato Premi della Fondazione Balzan.  Ha fondato con Berlusconi,  Colletti ed altri il movimento politico Forza Italia. Si è candidato al Senato della Repubblica nel collegio di Settimo Torinese: sostenuto dal centro-destra (ma non dalla Lega Nord), ottenne il 33,2% e venne sconfitto dal rappresentante dell'Ulivo, Tapparo.  Con il sindaco di Brindisi Mennitti ha dato vita alla Fondazione Ideazione, per il cui quotidiano ha curato una rubrica fino alla chiusura della testata. Nel luglio  (in connessione con la sua carica di presidente del collegio dei probiviri del PdL che è chiamato a giudicare l'operato dei finiani di Generazione Italia) diversi organi di stampa riprendono la voce, già circolante da tempo, di una sua adesione all'”Opus Dei.” A tale proposito sono giunte alla redazione del Corriere della Sera che aveva pubblicato la notizia le smentite sia dell'Opus Dei che dell'interessato. Ha offerto contributi significativi in almeno quattro ambiti della ricerca filosofica:  la filosofia della scienza; la storia della filosofia; l'estetica; la filosofia civile. Ha indagato i limiti interni ed i limiti esterni della scienza. Tale indagine ha avuto due filosofi del passato come suoi principali punti di riferimento: Kant e Bergson. Ha infatti ripreso e sviluppato le ricerche di Kant sui limiti interni della scienza e sulla sua fondazione. A tale riguardo pubblicò il saggio "Limitazione qualitativa della conoscenza umana" a cui fece seguito, "L'oggettività nella scienza e nella filosofia".  Seguendo Bergson, ha valorizzato anche altre forme della conoscenza e della espressività umane non riducibili alla cienza, ma non per questo ad esse opposte. Ha infatti sempre ritenuto che la realtà, e segnatamente la realtà umana, non possa essere esaurita dalla scienza, e richieda invece una costante attività interpretativa.. L'uomo, dunque, è chiamato ad essere scienziato della natura ed ermeneuta della cultura. Sarebbe però riduttivo non ricordare che i suoi contributi alla filosofia della scienza riguardano una pluralità estremamente diversificata di temi. Ad esempio, sono ddue studi pionieristici sull'applicabilità del teorema di Gödel al diritto. Gödel aveva scoperto che non si può dimostrare la coerenza di un sistema all'interno del sistema stesso; M. ritiene che, almeno analogicamente, la scoperta di Gödel possa applicarsi al problema della fondazione di un sistema deontico. Uun'autorità non può legittimarsi da sola in modo formale e, dunque, anche il diritto richiede fondamenti esterni (etici, non emici): l'efficacia e la giustizia. Ha realizzato alcune traduzioni fondamentali. E forse il suo contributo maggiore alla storia della filosofia è consistito proprio in un'opera che combina traduzione e ricostruzione critica, ovvero l'opus postumum di Kant. Tale opera affronta questioni teoriche tutt'oggi aperte (soprattutto nella fisica e nella biologia teoriche), come il problema della forma degli oggetti solidi o il problema del “vivente,” cioè il problema della vita in quanto tale e non ridotta a semplice. Ha curato poi le edizioni di opere di Leibniz: si è trattato di un ampio lavoro che si è raccolto in "Scritti politici e di diritto naturale" "Leibniz e des Bosses" "Saggi filosofici e lettere" e "Saggi di teodicea: sulla bontà di Dio, sulla libertà dell'uomo, sull'origine del male.” La sua estetica, pur nella varietà dei temi trattati, rimanda ad una problematica essenzialmente ontologica: lo svelarsi dell'ente. Cioè, l'opera d'arte è heideggerianamente concepita come il modo attraverso cui gli uomini possono cogliere il passaggio dal nulla all'essere.  Di estetica è "Goethe e il suo diavolo custode", edito per i tipi di Adelphi. Al centro di questa ricerca vi è la figura di Mefistofele, analizzata in tutta la sua profondità e capacità genealogica.  Nei suoi volumi sull'estetica della musica sviluppa la tesi affascinante che ascoltare la musica è un ascoltare il silenzio. Grande è la potenza significante di ciò che non significa nulla, perché è il nulla a far emergere l'essere delle cose. E la musica e la luce si situano proprio in questo iato insuperabile fra l'essere e il nulla. Entro i suoi molteplici contributi alla filosofia civile, si staglia netta, per importanza e originalità, una triade di saggi edicati a quello che potremmo chiamare "stato spirituale dell'Occidente". Si tratta di opere scritte in un periodo dunque estremamente critico per l'Italia, ma che mantengono ancora una grande attualità. Fa percepire al lettore il pericolo valoriale in cui è venuto a trovarsi l'Occidente e pone in essere una critica serrata alle ideologie totalitarie o nichiliste. In questo senso, vi è un'aria di famiglia con i lavori di quei filosofii come Horkheimerche ha prospettato i rischi di un'eclisse dell'individuo nella società tecnologica di massa. Un articolo sul Corriere della Sera  rettifica sul Corriere della Sera  smentita sul Corriere della Sera. Saggi: “Bergson, Torino); “La filosofia trascendentale” (Bibliopolis, Torino); Leibniz e Des Bosses, Torino); “L'oggettività nella scienza e nella filosofia contemporanea, Torino; L’esperienza” (Trieste); Dio nel "Libro d'ore" di Rilke, Olschki); “Dialettica della libertà, Napoli); “La speranza nella rivoluzione, Milano, Vincenzo Filippone-Thaulero, Salerno Temi e problemi della filosofia, Roma, Perché punire, Milano, Cancro in Occidente, Milano, La voce, la musica, il demoniaco. Con un saggio sull'interpretazione musicale, Spirali, Filosofia del denaro, Roma, Elzeviri swiftiani, Spirali, La mia prospettiv, Barone; Melchiorre, Gregoriana Libreria, Gioco e lavoro, Spirali, La speranza nella rivoluzione, Spirali); “Nazionalismo”; S. Cotta, Japadre, Perché leggere Plotino, Rusconi); Tipologia dei sistemi e origine della loro unità, Lincei, Orfeo e il suo canto. Scritti, Zamorani,  Il nulla, la musica, la luce, Spirali, La fedeltà ermeneutica, Paoletti Laura, Armando, Per una cultura dell'essere, Armando L'uomo animale ermeneutico, Giappichelli, Le radici classiche dell'Europa, Spirali, Goethe e il suo diavolo custode, Adelphi, Privacy e dignità dell'uomo. Una teoria della persona, Giappichelli, Plotino, Bompiani, Perché punire. Il collasso della giustizia penale, Liberi libri, Introduzione a Leibniz, Laterza,  In tre giorni, Mursia,; La filosofia, Marcovalerio, Kant Bergson. quotidiano  Ideazione, il fatto quotidiano. 3del portavoce dell'Opus Dei sulla non appartenenza alla Prelatura dell'Opus Dei, su archive ostorico.corriere. Vittorio Mathieu. Mathieu. Keywords: al di la del bene e del male, la fedelta ermeneutica, l’uomo animale ermeneutico, il demoniaco, l’angelo custode, il demonio custode, il diavolo custode.  Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Mathieu” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Matraja – grammatica razionale – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Roma, Lazio. Una lingua numerica viene progettata da M. nella sua “Genigrafia italiana: nuovo metodo di scrivere quest'idioma affinché riesca identicamente leggibile in tutti gl’altri idiomi del mondo” (Lucca, Tipografia genigrafica), lingua di cui discusse più tardi anche La Société de Linguistique. M. è l'unico ideatore ITALIANO di una lingua razionale a essere preso in considerazione da questa ‘société’ galla nel corso del dibattito sulle lingue ausiliarie. La Genico-grafia, lett. 'scrittura generale' e di cui ‘genigrafia’ è la forma sincopata -- è un modo di scrivere che non ha relazione con le parole e che permette di comunicar tutti i concetti senza dipendenza dall'idioma ne dell’emittente o del recettore, ma di un modo, che il messaggio risulta interpretabile in tutti quelli del mondo. Nasce quindi come progetto di lingua universale che si prefigge di comunicare chiaramente, ma che non è concepita per sostituire gl’idiomi presenti nelle varie nazioni. Si nota che l'ordine e il modo in cui M. nomina i grandi filosofi, Cartesio, Leibnitz, Wolfio, Wilkio, Kircher, Dalhgarne, Beclero, Solbrig, e Lambert, è lo stesso con cui SOAVE (vedasi) li cita nelle sue Riflessioni: “da Cartesio, Leibnizio, Wolfio, Wilkins, Kirchero, Dahlgarne, Beclero, Solbrig, e Lambert”. Interessante è anche il fatto che di seguito aggiunga: “e Demaimieux e RICHERI (vedasi), oggi Richieri, anche Richer), di TORINO. Maimieux pubblica i suoi studi sulla lingua universale dopo Soave e RICHERI (vedasi) prima. M. quindi dove certamente conoscere (oltre agl’ultimi due filosofi) anche il lavoro di SOAVE (vedasi), vista l'evidente citazione. Decide di non farne nome. Anzi, dopo aver sostenuto che al momento della stesura dei lavori dei filosofi sopracitati non è ancora giunto il giusto momento per comporre una tale lingua, asserisce che finalmente quel momento è arrivato e che lui, ha adempiuto positivamente tale onere – “while lying in the bath, I would presume” – Grice. Dopo aver proceduto all'analisi strutturale di “alcuni idiomi,” – cf. Grice, ‘some establised idioms, like ‘pushing up daisies’ – M. asserisce che e possibile riconoscere nei vari sistemi linguistici delle caratteristiche ricorrenti denominate concorrenze generali - quelli che oggigiorno chiameremmo universali linguistici - da questi comunemente  condivise. Molte di queste caratteristiche sono ad oggi discutibili. Ogni idioma umano concorre nelle cose seguenti. Nell’idea essenziale delle cose. Ogni dizionario nazionale da di queste cose una MEDESIMA DEFINIZIONE (Grice: “bachelor”, ‘unmarried male’ – cf. Strawson, “Anglo-linguistic” – “into any language into which it may be translated” – cf. Jones on Welsh not having the concept of ‘I’, but of ‘the self’ (criticised by Grice’s pupil Flew) -- e solo diversa nel suono delle parole (“shaggy,” hairy-coated – revolution, revoluzione. Nell'origine, poiché tutti gl’arii occidentali sono figli più, o meno immediati del latino, di cui ne confessano la discendenza, tanto per la sua grammatica – morfo-sintattica --, quanto con la edizione del suo dizionario etimologico comparato coll’idioma volgare.  Nel mezzo istrumentale, con cui comunicano in distanza (‘tele-mentazionale,’ nelle parole di McGinn, of Oxford) i suoi concetti, poiché tutti usano dell'alfabeto originale. Nel modo di rap-presentare nella carta i sopra-detti concetti poiché tutte le nazioni lo eseguiscono per mezzo del discorso o meglio, la conversazione, espresso conforme al genio di ciascuno idioma.  Nella TESSITURA (o implicatura) del discorso e la conversazionae; poiché è indiscusso, che non solo le nazioni del mondo antico, ma ancora ITALIA, senz'altra istruzione, che la infusale dalla NATURA, lo dividono egualmente nelle  medesime parti. Nella generale ammissione, ed egual valore delle cifre aritmetiche, per esprimere le quantità numeriche della scuola di Crotone. Nell'uso universale delle medesime note ortografiche per VIVIFICARE (o accentuare) il discorso o la propria mozione conversazionale, rappresentato dai caratteri nazionali; come ancora quello delle cifre scientifiche usate dalle nazioni culte. Nella comune accettazione finalmente della carta rigata per comunicare inerrabilmente le note musicali: Home, home, sweet, sweet home. Queste caratteristiche, proprio perché considerate universali, non possono che essere presenti anche nel sistema immaginato da M. Si nota poi che con la sua lingua non è possibile comunicare attraverso l'uso della parola, giacché, a detta di M., questa mal si presta  alla comunicazione precisa – cf. Grice’s irritation on dialect speakers saying ‘soot,’ when they mean ‘suit’.  M. distingue nove parti del discorso -- articolo, nome (“shaggy”), pronome, avverbio, verbo, participio, preposizione e interiezione -- a cui associa un numero da I a VII, che, in esponente alla “caratteristica” - con accezione leibniziana, cioè al “segno” - determina la parte del discorso di cui questa fa parte.  Ogni idea deve essere assolutamente riconoscibile ed espressa da una “caratteristica” specificata fino alla sua ultima differenza da cifre numeriche, che sempre la precederanno a guisa di coefficienti algebrici. Cf. Grice’s subscript notation for ‘She wanted him – She-1 wanted-2 him-3” (Vacuous Names). Questi co-efficienti vanno letti separatamente gl’uni dagl’altri, mai assieme. Ad esempio il coefficiente 123 si legge 'uno due tre', e non 'centroventitré.’ Al contrario, vanno letti assieme nel caso in cui seguano la caratteristica e ne siano quindi esponenti. Poiché nella genigrafia italiana di M. le caratteristiche esauriscono tutto l'esprimibile in loro potere, non è  necessario l'uso dell’articoli – cf. Grice on the definability of ‘the’ in terms of ‘some (at least one) – apres Peano. Il genere del nome deve essere sempre specificato (A = maschile, e. g. aquila A; B = femminile, e. g. cane F; C = neutro – e g. ‘rain N’. I nomi possono essere singolari o plurali (1 = singolare – ‘some (at least one), ‘re’, il re di Francia; 2 = plurale, i re di Francia) e avere sei casi (1 = nominativo;  2 = genitivo; 3 = dativo; 4 = accusativo o causativo; 5 = vocativo; e 6 = ablativo). Ne consegue che il nome deve  sempre essere preceduto da due cifre, dette co-efficienti, la prima delle quali indica il numero e la  seconda il caso.Si distinguono nelle due classi. Sostantivi (comuni – shaggy thing’ -- e propri – The Shaggy One. Se il sostantivo comune non subisce alterazione va indicato con la caratteristica che il dizionario di M. vi assegna, dopo i co-efficienti stabiliti. Se, ad esempio, al concetto di 'gatto' e associato il carattere (accezione leibniziana)  «G», esso si rappresenta “A11G.” (cf. Grice on K as ‘king’). Un sostantivo comune poi puo essere alterati. Il sostantivo diminutivo si indica *triplicando* la caratteristica del sostantivo -- es.  «A11GGG» 'gattino'. Nel sostantivo aumentativo si la duplica: gattone: A11GG. Il sostantivo apprezzativo si segnan una riga sotto la caratteristica -- es. «A11g» 'gattuccio.’ Il sostantivo disprezzativo si indica ponendo *due* righe sotto  la caratteristica: gattuzzo – A11gg.  Se il sostantivo comune deriva d’un verbo (‘shag’, ‘shaggy’) e detto ‘sostantivo verbale’ – es. amare > amore, e non amazione). Il sostantivo comune si dice “nominale” se deriva d’un aggettivo (buono › bontà, bonitas – but cf. Grice on Plato, horseness. Per non ampliare ulteriormente il vocabolario, basta sovrapporre una linea sopra la caratteristica del verbo qualora questo indica un sostantivo verbale (se per esempio 'amare' = «A» allora l'amore è  «-A»); *due* linee (--B) qualora indichi sostantivo nominale (bonta). Il sostantivo proprio si indica per esteso corsivo nella lingua dello scrivente e, nei manoscritti, devono essere rigati al di sotto (es. “marco”, o “pietro” o “paulo”) di modo che il recettore capisce che si tratta di un nome proprio. Gl’aggettivi (‘shaggy’) possono essere originali, se non derivano da alcuna parte del discorso, o al contrario derivati. S’il nome aggetivo deriva da un nome sostantivo (es. virtù > virtuoso) si indica con la caratteristica del sostantivo ma in corsivo e, se in manoscritto, rigandola al di sotto una volta. S’il nome aggetivo derivata da un verbo (es. amato > amatorio) si indica con la caratteristica del verbo ma in *semi-gotico* e, se in manoscritto, rigandola al di sotto due volte. L’aggettivp deve concordare con il sostantivo in genere, in numero, e in caso (“ho visto i promessi sposi M M”).  Esistono due differenti specie di nomi aggettivi: graduali -- cioè di grado positivo, comparativo - ottenuto dalla mera *duplicazione* del carattere - e superlativo - ottenuto dalla *tri-*plicazione del carattere -- e numerali (cardinali, ordinali, distributivi - cioè quelli che noi chiameremmo frazioni o numeri razionali, che si indicano con numeri arabi rigati nella loro parte superiore - e molteplici (‘a double burgher’)- che veicolano i significati di doppio, triplo, quadruplo, ecc. – ‘a triple paradox’ --, e che sono scritti come gl’ordinali, ma rigati nella parte inferiore. Il pro-nome deve possedere tutte le caratteristiche del nome sostantivo che sostituisce e concordare con esso in genere, caso e numero. Ve ne sono di due tipi. I pronomi primitivi sono *personali* - a sostituire le persone - che a loro volta si distinguono in relativi, dimostrativi e indeterminati – o pronomi *reali* - a sostituire le cose. Un pro-nome *derivato* puo essere o possessivo o  relativi. Ogni pronome ha una caratteristica propria inconfondibile. Non è necessario indicare caso, numero e genere sulla caratteristica del pronome qualora questi concordino con quelli del nome. Se invece il caso *non* concorda, si scrive solo quello. Ogni avverbio, parte dell'orazione indeclinabile, ha una caratteristica associata peculiare e inconfondibile. Gl’avverbi si dividono in originali -- che non hanno bisogno di specificazioni -- e derivati, indicati con la caratteristica della parte del discorso da cui derivano, ma in corsivo.  Quanto ai gradi di comparazione, questi vengono indicati come si fa pel nome aggettivo. Ogni verbo e di voce attiva ed e rappresentato d’una sola specie di caratteristica. Il verbo – che ha la funzione di predicato – accezione leibniziana -- dove concordare nel numero (singolare o plurale) coll nome sostantivo suggeto, da cui derivano la coniugazione. La coniuazione si compone del modo -- Esistono quattro modi -- infinito (1), indicativo (2), imperativo (3) e congiuntivo  (4) -- e questi sono indicati da una cifra co-efficiente. Il tempo puo essere presente (1), preterito IM-perfetto (2), preterito PERFETTO semplice (3) solo all'indicativo -, preterito perfetto COMPOSTO (4), preterito PIU CHE perfetto (5), e futuro (6). I numeri nella coniuazione puo essere singolare (1) o plurale (2). La persona nella coniugazione e prima (1), seconda (2) o terza (3) – la porta sta aperta (e persona?). Ognuno di questi co-efficienti deve essere scritto prima della caratteristica specifica del verbo che si intende usare. Il participio dove essere ben distinguibili, così come le altre parti del discorso. Ne esistono di cinque tipi: presente – IMPLICANTE (1), preterito IMPLICATO (2), futuro attivo IMPLICATURUM (3), futuro passivo IMPLICANDUM (4), gerundio IMPLICANDO (5), e indeclinabile.  Alla caratteristica del verbo somo premessi il co-efficiente che indica il TEMPO del participio e il co-efficiente zero, per distinguerlo dal resto dei verbi. È necessario inoltre, poiché essi si declinano anche come i nomi e gli aggettivi, indicare le caratteristiche di GENERE (IMPLICATO, IMPLICATA) e numero (IMPLICATO, IMPLICATI) che posseggono. La pre-posizione (e. g. ‘to’, ‘betweeen’ – both discussed by Grice: ‘does it make sense to speak of the SENSE of ‘to’? When I say, Jones is between Richards and Williams, do I mean in a mere spatial sense or in some moral ordering – does this change the sense? I don’t think so!) e una parole indeclinabili che determinano le relazioni che hanno tra loro le referenti delle parti del discorso.  Ogni preposizione ha carattere proprio e inequivocabile.  Ogni interiezione ha un carattere particolare.  La congiunzione, composta da una parola indeclinabile e breve, unisce parti diverse del discorso. Essa può essere avversativa (“She was poor BUT she was honest” – Grice), disgiuntiva (“My wife is in the kitchen or the bedroom” – Grice), alternativa, ecc. Anch'essa possede un carattere specifico. Note ortografiche e scientifiche  Anche la punteggiatura (segno grafico delle pause e delle enfasi del discorso) deve far parte di un sistema universale di comunicazione e Matraja sceglie di mantenere il sistema di punteggiatura in uso per la lingua italiana. Allo stesso modo, anche i segni matematici d'uso comune devono essere mantenuti come tali.  Esempio.  Una volta stilate le regole precedenti si dove essere in grado di trascrivere in lingua genigrafica la frase. La natura insegna comunicare i concetti mentali per le parti dell'orazione del proprio idioma. L'azione che bisogna fare è una sorta di analisi grammaticale della frase, per cui, prendendo il soggetto «la natura» si converrà che esso è un nome sostantivo comune, femminile, singolare, nominativo (perciò «B°.1.1») e nella tabella essa è descritta come «A'. 236». Il risultato allora e «Bº. 1.1 A'.236». Lavorando allo stesso modo per tutte le parti del discorso presenti, alla fine si avrebbe:  B°.1.1 A':236 - 2.1.13Y5.37 -I. H5.37 - A°. 2.4. X' 83. N?. 32 - E7.3 - Bº  9. 2.4 P'. 257 - B°. 1.2 L'. 245 - A°. 1.2 A'. 174. D'. 42.88. Giovanni Giuseppe Matraja. Matraja. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Matraja”.

 

Grice e Maturi: la ragione conversazionale e l’ implicatura conversazionale --  l’io e l’altro – io e l’altro – i duellisti – la scuola d’Amorosi -- filosofia campanese -- filosofia italiana -- Luigi Speranza (Amorosi). Filosofo.  Amorosi, Benevento, Campania. Grice: “There are two main things I love about Maturi, and I hate it when philosophers just dismiss him as an ‘Italian,’ or worse, ‘Neapolitan’ Hegelian – as when they refer to me as a member of the Oxford school of ordinary language philosophy! The first is his typically Neapolitan-hegelian school account of what he calls ‘autocoscienza recognoscitiva,’ which is something I do take for granted in my conversational theory of inter-ratiationality; the second is his elaboration of what he calls the passage from the non-human animal to the ‘human-animal’ in a sort of pirotological passage.” Grice: “What I like about him is that he considers each ‘stage’ as just as fundamental as the other; which implicates that actually the ‘higher’ stage has a ‘foundation’ on the previous one. Here ‘foundational’ makes perfect sense; and it gives Maturi an excuse to rather pompously label the concept: ‘forma fondamentali’ of the ‘vita.’ It’s exactly like my soul progression, -- which I explore in ‘Philosophy of Life.’” It is not surprising that Gentile loved Maturi and forwarded his “Introduction to philosophy.” sDocente prima nei licei e poi nell'Napoli. Dopo i primi studi nella cittadina natale, si trasferì a Napoli ove conseguì la licenza liceale. La frequentazione di Bertrando Spaventa e di Augusto Vera, lo introdusse alla filosofia hegeliana  destinata ad esercitare nel suo pensiero un'influenza duratura.  Laureatosi in giurisprudenza, tre anni dopo vinse un concorso per uditore giudiziario.  Ottenuta l'abilitazione, insegnò filosofia nei licei di varie città. Conseguita la libera docenza, tenne corsi di filosofia hegeliana nell'Napoli quando ritornò all'insegnamento liceale presso l'istituto Umberto I della città partenopea. Inizia una corrispondenza con Croce e Gentile, i maggiori esponenti dell'idealismo italiano, ai quali fu legato da un rapporto di amicizia. Saggi: “Soluzione del problema fondamentale della filosofia” – Grice: “He implicates there is one. Cf. Strawson, Solution to the problem of the king of France’s hair loss.” “Bruno.” Grice: “Italians seem to have a predilection for philosophers who were burned.” “L'ideale del pensiero umano; ossia, la esistenza assoluta di Dio.” Grice: “For Kant, and my friend D. F. Pears, existence is not a predicate, for another of my friends, J. F. Thomson, it is!”  “Uno sguardo generale sulle forme fondamentali della vita” Grice: “The key concept is ‘forma fondamentale’ as applied to ‘vita.’ --  Grice: “My favourite is his description of the ‘forma fondamentale’ of the ‘vita’ of the non-human animal to the ‘forma fondamentale’ of the ‘vita’ of the human animal.” L'idea di Hegel. Grice: “When I told Hardie that I was reading “The idea of Hegel,” he said, ‘what do you mean, ‘of’?” “For Maturi, it’s the same, and it is delightful to see that he can quote Hegel in ‘Deutsche’ without caring to translate! Them was the days when European languages counted!” La filosofia e la metafisica” Grice: “The ‘and’ is aequivocal: cf. Durrell, “My family and the animals.”“Principî di filosofia” (apparently by Spaventa – Maturi has an introduction to philosophy). Grice: “I must confess that I love the word principle, but again, Hardie would say, what do you mean ‘of’ – my principle of conversational helpfulness – or when I speak of the principle of conversational self-love and the complementary principle of conversational benevolence,” I’m not sure who I apply it to! The conversationalist like me, I s’ppose.”  “Una relazione scolastica.” Grice: “He doesn’t mean Russell.” “But what he means is a syllabus which is illustrative of Neapolitan Hegelianism!” Dizionario Biografico degli Italiani, riferimenti in. Mario Dal Pra, Milano, Bocca, Guzzo, Brescia, Morcelliana, A. Gisondi, Forme dell'Assoluto. Idealismo e filosofia tra Maturi, Croce e Gentile, Soveria Mannelli, Rubbettino, G. Giovanni, "Filosofia hegeliana e religione. Osservazioni", Benevento, ed. Natan,.  Hegelismo Idealismo Neoidealismo italiano. G. Calogero, Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Dizionario Biografico degli Italiani,  Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. LA   FILOSOFIA 01 GIORDANO BRUNO   DISCORSO   DI f    SEBASTIANO MATURI    letto nel di della festa letteraria  nel T{_. Liceo di Trapani  AVELLINO   TIPOGRAFIA TULIMIERO   Signori,   Giordano Bruno appartiene alla illustre falange degli  eroi del Risorgimento . I quali, scuotendo il pesante giogo,  che gravava da lunghi secoli sullo spirito umano, inalberarono la bandiera di quella indipendenza e sovranità del  pensiero, donde si origina tutta quanta la civiltà moderna.  La più parte di questa illustre falange di eroi furono fi¬  gli dell’ Italia nostra, ma,la figura più spiccata, il genio  più alto e più originale, la tempra più ferma e più ga- i  gliarda, che allora onorasse l’Italia e in cui si annunziasse più chiara la bella aurora del nuovo spirito del mon¬  do, fu senza fallo il Bruno.   Ma Bruno, o Signori, non fu soltanto un grande eroe;  egli fu eziandio un gran filosofo. Anzi, esprimendo libe¬  ramente il mio pensiero, aggiungerò che, sotto un ceno riguardo, Bruno è il piu g rande filosofo italiano. Impe¬  rocché, fra tutti i nostri pensatori, quello che è penetrato  più addentro nei segreti della scienza, quello che più pro¬  fondamente ne ha compresa la vera natura, quello che  più d’ogni altro ha sostenuto a spada tratta e a visie¬  ra levata gli etem.i dirilt i Jclla Ugjfipe si è appunto il  filosofo di Nola. Egli è vero che, se si considera il Bruno  per ciò che riguarda la trattazione speciale e determinata  delle singole dottrine filosofiche, si deve confessare che,  per questa parte, egli si trova inferiore a molti altri; ma,  sejij)on mente alla sostanza del pensiero speculativo, bi¬  sogna allora convenire che questa sostanza, come c ò nel  Bruno, non c’ è in nessun altro filosofo italiano.   In questo discorso io non posso trattenermi su tutti  gli aspetti del Bruno, perchè, quando si tratta di un per¬  sonaggio gigantesco e moltilatero come questo, è già ben  troppo, se si piglia ad abbozzarne un lato solo nella bre¬  vità del tempo, di cui io posso disporre. Costretto adun¬  que a limitarmi, io mi farò a guardare nel Bruno soltanto  la stia dottrina filosofica. E fo questa scelta tra perchè è la  filosofia quella, che costituisce il titolo maggiore della gran¬  dezza del Nolano, e perchè questa è la scelta, cui mi a-  stringe con debito speciale il posto, che ho l’onore di oc¬  cupare in questo Liceo. Signori, se noi ci facciamo a considerare in un modo  generale il carattere proprio della speculazione nel periodo  del Risorgimento, scorgiamo soprattutto due cose. In pri¬  mo luogo, tutti questi filosofi, quantunque con forze disu¬  guali, pure, chi più chi meno, combattono la Scolastica.  In secondo luogo, questi stessi filosofi, se da una parte  combattono la Scolastica, dall’ altra ciascuno di essi esplica  in certa guisa, o almeno avvia la esplicazione delle pro¬  fonde esigenze, che in quella si acchiudono. Ma, fra tutti  questi filosofi, ò Bruno quello, che più fieramente guer¬  reggia la Scolastica, e nel medesimo tempo è lo stesso Bru¬  no quello, che più di tutti gli altri traduce in atto, per  quanto è possibile ai suoi tempi, le esigenze poste dalla  Scolastica nella storia della filosofia.   Per occuparmi adunque, con quella brevità che sap¬  pia maggiore, della filosofia Bruniana, io devo innanzi tutto  accennare quale sia la posizione del pensiero filosofico nella  Scolastica, e quali siano quelle esigenze dell’attività spe¬  culativa, che in siffatta posizione si rivelano.   Ebbene la posizione del pensiero filosofico nella et  |^^ca^ è la seguente. In questa filosofia l’intelletto con¬  cepisce la verità come es istente della natura e f  dell’ uomo; c quindi considera tanto F una che P altro co-  me affatto destituiti di ogni elemento divino. La natura,    Wi   Mimi* /sJaVu'M   W” te     1        dinanzi allo intendimento scolastico, non ha valore di sorta;  essa è pura ombra, puro giuoco, e onninamente sfornita di      qualsiasi significazione ideale ed assoluta. Per la stessa ra¬  gione, l’uomo è considerato come una semplice creatura  e come essenzialmente contaminato dalla colpa: tutto quel¬  lo che riguarda 1’ uomo, tutto che gli si attiene in proprio  comecchessia non è altro che miseria, abiettezza, vanità.  Per tal modo, dinanzi allo intendimento scolastico, Dio re¬  sta spogliato di tutti quei principii ideali, che si svolgono  nella natura e nello spirito umano; appunto perchè tanto  il mondo naturale che il mondo umano sono considerati  come una sfera ed una evoluzione del tutto estrinseca al-  1 assoluto, e non già come la estrinsecazione propria del-  1 assoluto medesimo e la effettuazione sempre più verace    della sua unità (i). »   Intanto, mentre da una parte il pensiero scolastico    (l) « In der tibersinnlichen Welt war keine Wirklichkcit dcs  denkenden, allgeuaeincn, vernùnftigcn Selbstbewusstseyns anzutreffen:  in der umnittelbaren Welt der sinnlichen Natur dagegen keine Gòtt-  lichkeit, weil sie nur das Grab des Gottes, wie der Gott ausser  ihr, war. Gott war wohl im Selbstbewusstesyn, dodi von Aussen  und zugleich ein ihm Anderes, eint andere Wirklichkeit: die Natur  von Gott gemacht, sein Geschòpf, kein Bild seiner » (Hegel, Ge-  schichte der Philosopliie, Zweiter Theil, S. 178, 204, Zweite Auflage).       rimuove in tal guisa e discaccia la verità da tutti gli es¬  seri, e quindi anche da £è stesso, dall’altra parte poi ha  la pretesa di voler comprendere la verità medesima colle  semplici forme vuote ed astratte della propria attività. Que¬  sta pretesa è quella che spiega perchè gli Scolastici det-  tero tanta^ im portane d lo^iudio^ldwPgllsi^rg, fletto, cioè,  al^) studio ^ di_g^m^^|^ch£poi a ragione fu appellata lo¬  gica scolastica. Ed in effetti dovea esser cosi, perchè quante  v volte, ad onta che si sostiene essere la verità estrinseca  al pensiero, si fa tuttavia ogni sforzo per arrivare a de¬  terminarla mediante le forme proprie del pensiero, egli è  giuocoforza che tutto il lavorio preliminare e fondamen¬  tale della speculazione si faccia consistere nello studio di  queste forme.   Considerando però attesamente questa posizione del-   9   l’intelletto scolastico t non si può non iscorgere in essa  una profonda e radicale contraddizione. Imperocché, affer¬  mando che la verità è affatto l«ori del mondo, quella ra¬  gione, che è nel mondo, dovrebbe abbandonare qualsiasi  aspirazione alla conoscenza di essa, e quindi rassegnarsi a  non cercare altrove il proprio obbietto che nella bassa  sfera della esistenza puran^nte fenomenica e peritura. Ma  la Scolastica, ardente come è dell’ amore della verità, e  profondamente agitata dal bisogno dell’ eterno c dell’ as-       ro    soluto, non potrebbe, per certo, acconciarsi a questa d-   9   miliante condizione. Ed è per questo die, quantunque ella  abbia collocata la verità fuori della natura e fuori dello  s pirito, tuttavia si fa a, cercarla con un ardore indescrivibile,  e il cielo, in cui intende a trasportarla, si è appunto il cielo  del pensiero. Ma, siccome un simile tentativo quando si  è stabilito un ra pporto di asso luta estrinseche zza tra la verità  ed il pensiero deve tornare necessariamenie infruttuoso  ed inane, cosi è che, mentre la Scolastica si argomenta con  tutte le sue forze di raggiungere la verità, non riesce che  a notomizzare le forme del proprio intelletto, e, in vece  della verità, non ottiene altro che tritumi, sottigliezze ed  astrattaggini. Sotto questo rapporto adunque si può ben  dire clic la j _^|^srica è una barbara filosofia dell’ intelletto  astratto, una filosofia senza contenuto suo proprio, una fi¬  losofia, che non offre nessun verace interesse ed alla quale  non ò più possibile ritornare (i).   Mi limito a queste poche riflessioni per ciò che ri-  *   (!) « So hoch auch die Gegenstàndc waren, die sie (die Schola-  Stikcr) untersuchten, so cdele, tiefsinnige, gelelirte Individucn es auch  unter ihnen gab: so ist doch diess Ganze eine barbarischc Philosophie  dcs Vcrstandes, oline realen Inhalt, effe uns kein wahrhaftes Interesse  erregt, und zu dcr wir nicht zuruckkehren kOnnen » Hegel, Geschich-  te der Philosophie] riguarda il lato debole della Scolastica. Ma oltre questo lato   f? - -L.W -- 4'Ji i k - uli-^ .r-t - ‘   la Scolastica ne Ita anche un altro, ed è quello appunto  in cui, se io non m’ingannò, cpnsiste il suo vero signi¬  ficato, e-per cui essa si connette colle filosofie posteriori,  e trova nelle medesime il suo proprio esplicamento. Qui  intanto mi si permetta una breve digressione. Ordinaria¬  mente, quando si fa la critica di una dottrina filosofica, si  crede esser bastevole mostrare gli errori, che in essa si ac¬  chiudono. Eppure egli è un fatto che, in quella guisa stessa  che nel mondo della realtà etica il male ha la sua ragione e  il suo principio nel bene, cosi simigliantemente, nella realtà  storica del pensiero filosofico, l’errore ha la sua segreta  radice nella verità. Per la qual cosa la semplice confuta¬  zione dell’ errore non può costituire che il lato meramente  astratto e negativo della critica filosofica, il cui arduo e  gravissimo compito' consiste, in vece, nello investigare  quella verità, che si nasconde sotto lo involucro apparente  dell’ errore, e senza di cui terrore stesso non sarebbe pos¬  sibile. La storia della filosofia, che è appunto 1’obbietto  della critica filosofica, e che ò critica filosofica essa stessa,  non è un’arena di dispute infeconde, non è una vicenda  di avventure di cavalieri erranti, clic si vadan battendo  soltanto per proprio conto, che si agitino e si affannino  senza scopo, e le cui gesta si dileguino, senza che resti di     12    loro la menoma traccia. Egli è, nella stessa guisa, asso¬  lutamente falso che la storia della filosofia ci presenti lo  spettacolo di tale, che arzigogoli di qua, e di tale altro, che  almanacchi di là a suo proprio talento: egli havvi, all’ in¬  contrario, nel movimento storico del pensiero speculativo,  una continuità ideale e necessaria, ed un procedere deter¬  minato dalle leggi stesse della ragione (i). Chi non è con¬  vinto di questo vero, chi non ammette questo governo del¬  la Provvidenza nella storia della filosofia, come nella sto¬  ria dell’ umanità in generale, non. può intendere affatto il  valore intrinseco di nessun sistema filosofico, e non può  investigare, mediante la critica, quelle ragioni ideali, che  fecero apparire i diversi sistemi, e che, ad onta di tutte le  contraddizioni, fecero passare gli anteriori nei posteriori,  come nella loro propria espressione e nella loro verità. È  con questa convinzione adunque che io mi fo a determina*   (i) Die Thaten der Geschichte der Philosophie.sind   nicht nur eine Saramlung von zufàlligen Begebenheiten, Fahrten ir¬  render llìtter, die sich fur sich heruraschlagen, absichtlos abmOhen,  und deren W’irksamkeit spurlos verschwunden ist. Eben so wenig hat  sich hier Einer etwas ausgeklfigelt, dort ein Anderer nach Villkùr;  sondern in der Bewegung des denkenden Geistes ist wesentlich  Zusamraenhang, und es geht darin vernùnftig zu (Id. ib. Einleitung] re brevissimamente iMato vero della Scolastica, quel lato,  cioè, in cui consiste il significato storico e razionale della  medesima.   Come ho già innanzi accennato, la Scolastica fa due    cose: da ^yjyyxt^e^one la verità fujp della natura e fuori  dello spirito, e dall’ altra si argomenta, benché indarno, di  trasformare la medesima in contenuto razionale. Ora io  domando in primo luogo: perchè la Scolastica pone la ve¬  rità fuori della natura e fuori dello spirito?      idi*    Ebbene la risposta vera per me è questa. L^^jcok^-  stica ha un profondo sentimento dell’infimtacmKretezza  dell’ Idea cristiana; essa sa che questa Idea è superiore alla  natura ed allo spirito finito, e che la sua realtà non è  quella isolata, astratta e fugace, che ha luogo nella sfera  delle cose sensibili £d illusorie. Egli è vero che, mentre la    Scolastica ha questo profondo sentimento dell’ infinita con¬  cretezza dell’Idea cristiana, dall’altra parte poi non si av¬  vede che questa concretezza si trasforma in una mera a-  strazione, qualora le si sottraggano tutti quei principii, che  si manifestano nella natura e nella spirito; imperocché, in  tal caso, in vece di avere 1’ ente realissimo, la realtà delle  realtà, la idea delle idee, non si ottiene altro che un as¬  soluto indeterminato, solitario e trascendente, un assoluto,  a cui fu tolto tutto quanto il regno della realtà e della vita. Ma la Scolastica non poteva accorgersi di questo er¬  rore; imperocché, non essendo ancora sceverata nella na-  ura e nello spirito la esistenza ideale ed eterna dalla e-  sistenza empirica e passeggera, essa non potea fare altro,  che quello che fece: dov ea porre P assoluto fuori della na¬  tura e fuori dello spirito .   Però, se i grandi pensatori della Scolastica ritornas¬  sero in questi tempi, nei quali la scienza ha messo in ri¬  lievo la forma eterna ed immutabile delle cose, certamente  essi non esiterebbero un istante a riconoscere la vita stessa  di Dio in tutto questo contenuto infinito ed imperituro  della realtà naturale e della realtà umana (i). Se adunque  la Scolastica vilipende e degrada in tal guisa la realtà della  natura e dello spirito, questo sbaglio non appartiene a quel  pensiero interiore, da cui essa è animata e a quelle ragioni  ideali, che l’hanno fatta sorgere nella storia, ma appartiene,  in vece, alla semplice posizione immediata e, dirò cosi,  provvisoria, in cui si muove. Quello che appartiene al suo  pensiero Interiore c profondamente speculativo si è il con¬  cetto, benché vago, di una più alta realtà, si ò il bisogno  di un mondo migliore, si è la esigenza di una natura spi-   (i) È inutile dire che questa scienza, di cui qui parlo, non è  certamente il trasformismo,   i   rituale, redenta, deificata, di una natura, in cui ci sia dato  ravvisare la realtà stessa di Dio e quindi scernere in ogni  cosa un’ idea assoluta ed immutabile. E difatti, se la Sco¬  lastica rifugge dal mondo, se lo dichiara una vanità, ciò  è perchè nella sua coscienza si agita 1* idea del vero mon¬  do, di quel mondo, in cui ha luogo la vera presenza del-  l’infinito, e in cui perciò si trova realmente conciliato l’e-  lemento mondano col divino.   Egli è vero che fu questa stessa idea quella, che pro¬  dusse nel medio evo la più mostruosa confusione del di¬  vino e dell’ umano, e la più spaventevole barbarie, che im¬  maginar si possa; ma egli è vero altresì che, in fondo a  quella confusione e a quella barbarie, vi è un significato  della più alta" importanza, vi è la sorgente di quella ve¬  race conciliazione, in cui consiste il fondamento incrolla¬  bile della vita moderna (i).   La seconda cosa, che troviamo nella Scolastica, si è lo ^   (i) Es hilft nichts, das Mittelalter eine barbariche Zeit zu nen-  nen. Es ist eben eine eigenthùmliche Art der Barbarei, nicht eine  unbefangene, rohe, sondern die absolute Idee und die hòchste Bil-  dung ist, und zwar durchs Denken, zur Barbarei geworden; was einer-  seits die gràsslichste Gestalt der Barbarei und Verkehsung ist, ande-  rerseits aber auch der unendliche Quellpunkt einer hòhern Versóh-  nung (Id. ib. Zweiter Thell, S. 179).      sforzo di riprodurre il contenuto della fede in una forma  razionale. Ora io domando di nuovo: che cosa vuol dire  questo sforzo? Vuol dire, naturalmente, che la Scolastica, ad  onta di tutte le apparenze contrarie, non si accontenta affatto  di una verità inaccessibile, di una verità, che non sia fatta per  r intelletto umano. Quello, in vece, che essa cerca, quello,  a cui aspira ardentamente, si è appunto la forma razionale  della verità della fede, e tutta l’attività, tutta l’energia infati¬  cabile delle sue profonde meditazioni non tende ad altro  che a tradurre queste verità nel linguaggio proprio della  ragione. Ed in effetti tutti i grandi pensatori della Sco¬  lastica non si accontentano della pura e semplice fede:  essi vogliono credere e credono davvero, ma vogliono  credere pensando ed intendendo; essi, come dice S. An¬  seimo, non cercano d’intendere per credere, ma credo¬  no per intendere; e tutto ciò perchè sanno che la reli¬  gione è fatta per 1’ uomo, non per l’animale e che le  verità, che in essa si contengono sono state rivelate da  Dio, che è la ragione assoluta, e che perciò devono essere  necessariamente razionali (i). Egli è vero che gli Scola-    (i) L’ Hegel, parlando di S. Anseimo, dice cosi: Sehr merkwùrdig  sagt er, was das Ganze seines Sinnes enthàlt, in seiner Abhandlung  Cur Deus homo (i, 2), die reich an speculationen ist: « Es scheint       stici fanno distinzione di verità intelligibile e di verità so¬  vrintelligibile, ma questa distinzione ha tutt* altro signifi¬  cato da quello che si crede ordinariamente. In effetti la  Scolastica non fa questa distinzione, perchè forse ritenga  essere davvero sovrintelligibili in sè stesse quelle verità, che  essa chiama con siffatto appellativo, ma la fa in vece per¬  chè, fino ad un certo punto, essa supera sè stessa, ed ha  una certa coscienza della posizione storica in cui si muove.   %   In altri termini la Scolastica si accorge che quell’ intelletto,  di cui fa uso e i criteri logici, di cui dispone, non sono  sufficienti a far comprendere la natura e le determinazioni  della verità cristiana. Ma con tutto ciò ess? non si arrende e  non si scoraggia, ma si fa in vece a lottare gagliardamente  colla sua stessa posizione storica e dichiara, per cosi dire, col  fatto stesso delle sue profonde lucubrazioni, che 1* impo¬  tenza del pensiero non può essere assoluta ed insupera-   mir eine Nachlàssigkeit zu seyn, wenn wir ini Glauben fest sind,  und nicht suchen, das, was wir glauben, auch zu begreifen ». Utzt  erklàrt man diess fur Hochmuth; unmittelbares Wissen, Glauben hall  man fur bòiler als Erkennen. Anselmus aber und die Scholastiker   haben das Gegentheil sich zum Zweck gemaclit.Dénn der   Gedanke, durch ein einfackes Raisonnement zu beweisen, was ge-  glaubt wurde das Gott ist —, liess ihm Tag und Naclit keine  Ruhe, und quàlte ihn lange.] bile. Ed è per questo che il perpetuo tormento, che tra¬  vaglia quei {orti intelletti di Anseimo, di Abelardo, di Pie¬  tro Lombardo, di Duns Scoto, e via dicendo, è riposto  addirittura in quelle verità, che chiamano sovrintelligibili.  Dal che si può scorgere che, in quehe mjjjafoU^ri^ ed  asmuu^jgmdella Scolastica, vi è un arditissimo ed immenso   tentatm^w ò il tentativo dell’ assoluta autonomia, del1’ attualità infinita della ragione. In altri termini, vi è quel  colossale tentativo, che poi produsse, sotto lo aspetto reli¬  gioso, la Riforma, sotto lo aspetto sociale, la rivoluzione  francese, e che alla fine divenne filosofia tedesca e parti¬  colarmente filosofia Hegeliana. E fu appunto in questa fi¬  losofia che venne soddisfatta l’aspirazione divina del pen¬  siero scolastico, e trovò il suo adempimento il vaticinio  di Cristo: Ego rogabo Patron et alitivi Paracletum dabit  vobis, S piritimi Veritatis : ille vos docebit omnia.   Come è chiaro adunque da questi pochi cenni, quel-  1’ attività filosofica, che si agitava nella Scolastica, studiata  nelle sue intime ragioni, ha il significato di una duplice  esigenz a, che essa pone nella storia della filosofia. La pri¬  ma è quella che ho già detta, cioè la esigenza di una na-         t ura ideale, di una natura spiritualizzata e in cui si possa  daddovero ravvisare il regno e la realtà di Dio (i).   La seconda esigenza, la quale deriva dalla prima, si è  quella di un intelletto superiore, di un pensiero tale che,  contenendo in sè la verità, sia, per ciò stesso, in grado di  attingerla dal suo fondo medesimo e di provarla in un modo  assolutamente razionale.   Ebbene tutta la storia della filosofìa moderna altro  \   non è che 1’ attuazione successiva e sempre progrediente  di questa duplice esigenza; e la prima, benché parziale, attuazione df essa si è appunto la filosofìa del Risorgimen¬  to. A me qui spetta di mettere in rilievo brevemente la  gran parte, che ebbe il Bruno nell’ attuazione di questa  duplice esigenza, £ di chiarire come egli, per servirmi delle  sue stesse parole, sia davvero nella mattina per dar fine  alla notte, e notì nellà sera per dar fine al giorno. È stato detto che ogni scoperta della scienza È una detro¬  nizzazione di Dio. Questo pronunziato è vero soltanto per rispetto  al falso concetto di Dio. Quanto al Dio vero, al Dio cristiano la  sentenza giusta è, in vece, che ogni scoperta della scienza non può^  essere che una nuova affermazione, una nuova prova della esi¬  stenza di Dio. cacaXcip    ^tf    cVi\>    Signori, il principio fondamentale della filosofia Bru-  niana è il seguente. Bruno concepisce Dio come essenzial¬  mente creatore. Il che vuol dire che nella creazione il  Bruno non vede già un fatto accidentale ed arbitrario, nè  una verità di second’ ordine, ma ci vede la essenza stessa  di Dio. Dinanzi alla mente del Bruno, Dio in tanto è quello  che^ è, in quanto crea; se non creasse, non sarebbe Dio,  perchè non farebbe atto di divinità. Il Dio del Bruno, in  somma, è il Dio cristiano, è il Dio creatore, o per dir me¬  glio, è il Creatore (i). Anchejhniobe'p^nj pjqmi nostri. lia  conshi^gw^uestaveritj^igji^J^jjigjj^jj^jjj^jjh^^^la   ma nel Gioberti però questa verità non è ac¬  compagnata da una chiara coscienza. Il Gioberti dice sem¬  pre che 1 ’ atto creativo è la verità sup rema. e che nella  contemplazione di quest’ atto, tanto in sè stesso che nelle  forme particolari della natura e dello spirito umano, con¬  siste appunto la vera riflessione filosofica. Il fatto è però  che, quando si* va a vedere, questa grande verità (e che  è realmente il principio e la radice di ogni verità), nella  filosofia del Gioberti, si riduce ad una semplice parola:    (0 Sulla imperl'ezioue di questo concetto come è nel Brnno  vedi in fine.] è un detto, di cui egli stesso non si rende conto, e che  perciò non gli giova nè alla sistemazione generale della  sua dottrina, nè, molto meno, alla trattazione speculativa  di una parte qualsiasi della scienza. Nel Bruno in vece  almeno fino ad un certo punto, la cosa non va così. E U v,»   per verità il Bruno dice nettamente: « In Dio il potere e il  f are è tutt’ uno . Egli non può essere altro che quello che  è; non può essere tale, quale non è; non può. .potere altro  che que llo che può: non può. volere altro che quello che  vuole, e necessariamente non può fare altro che quello  che fa. L’ ajone^ sua è_ necessaria, perchè procede data- -t~  le volontà che è la stes sa n ecessità. In lui libertà, volon¬  tà, necessità sono affatto medesima cosa, e il fare col  potere volere ed essere» (i). Ed è per questo appunto che  egli arriva a concepire il principio universale del tutto  come unità di materia e forma ( 2 ). È vero che anche il    (1) De l’infinito Universo e Mondi, Opere itti. Wagner, v. 2,  p. 25 26.   (2) L’ Hegel, dopo di aver citato il bellissimo luogo del Bruno  (De la Causa, Principio et Uno, Dial. 3, pag. 261) dove dice: « Se  sempre è stata l a potenza di far e, di produrre, di creare, sempre è  s tata la p o tenza di esser fatto, prodotto e creato; perchè l’una po¬  tenza implica l’altra ecc, soggiunge: Diese Simultancitàt der wir-      l ujtl*   4/C [rifa  Gioberti ha detto che il principio universale non è nè  l’ idea, nè il fatto, ma il fatto ideale. Però questo fatto i-  deale del Gioberti non è che una espressione diversa del  lo stesso atto creativo, e perciò non aggiunge nessun  valore veramente filosofico al principio medesimo. Questo  principio, nella filosofia del Bruno, è la chiave di tutto il  sistema, è il centro vero c produttivo di tutta la sua dot¬  trina, ed è come la fonte, da cui scaturisce liberamente e  consapevolmente tutta la ricchezza delle sue meditazioni.  Nella filosofia del Gioberti, in vece, quantunque la parola  non manchi mai, tuttavia il principio stesso dell’ atto crea¬  tivo ci si trova, come dire a pigione, rincantucciato ora  in nn angolo, ora in un altro, senza aver mai la forza  di girare la mazza a tondo, di cacciare via tutte le rap¬  presentazioni della coscienza ordinaria, e di dichiarare  solennemente che la casa della filosofia è casa sua.   Egli è d’uopo però confessare che, anche nella filosofia  del Bruno, questo principio non arriva a spiegare tutto   kenden Hraft und des BeWìrktwerdens ist eine sebi 1 wichtige Bestim-  mung; die Materie ist nichts ohne die Wirksatrilfeit, die Form also  das Verm&gen und innere Leben der Materie. Vare die Materie bloss  die unbestimmte Móglichkeit, wie k-ame man zum Be'stimniten? Ib.  S. jo8.        il suo valore. Ciò si può vedere, chiaramente quando si  osservi che, se da una parte il Bruno pone la rivelazione  di Dio come essenza stessa di lui, dall’ altra poi non fa  consistere tutta quanta la essenza di Dio in questa rive¬  lazione medesima. Secondo Bruno, Dio rivela^ solo una  gran parte di sò stess o; un’ altra parte, quantunque mini¬  ma e quasi ridotta ad un punto microscopico ed insigni¬  ficante, resta però assolutamente irrivelabile. Dal che si  scorge che Bruno non sa disfarsi in tutto del vecchio so¬  vrannaturale della Scolastica, e mettersi cosi pienamente  d’ accordo con sé medesimo. Imperocché, quantunque egli,  tr asfon d endo la vita di_ Dio nella realtà della natura, ridu¬  ca quel sovrannaturale a minime proporzioni, lo assottigli,  lo scarnifichi e scheletrizzi in guisa da poterlo anche met¬  tere in canzonatura ed abbandonarlo quasi balocco alla me¬  ditazione dei teologi, ciò non ostante lo lascia li come  qualcosa che non si estrinseca, che non cade nella crea¬  zione, che non diviene materia di quell’ atto assolutissimo,  nel quale, secondo lui stesso, consiste la vera essenza di  Dio. Quantuque però quest’ultima .ombra del vecchio Dio  tenebroso induca un grave difetto nella filosofia Bruniana,  tuttavia egli è da osservare che la correzione di questo  difetto è data già, implicitamente, nello stesso concetto,  che il Bruno si forma del principio universale delle cose. Ed è per questo che Spinoza, continuatore di Bruno, potò  sbarazzarsi totalmente di quel caput mortuum del medio  evo, e recare così a grado di esplicamento più compiuto  il concetto di Dio, o della verità che dicasi, come atto crea¬  tivo. La necessità di questo esplicamento storico e razio¬  nale del principio del Bruno si può vedere agevolmente,  quando si rifletta che la idea di Dio come il Creatore im¬  porta che, non potendo egli avere una doppia natura, non  può, per ciò stesso, nulla contenere, che rimanga al diso¬  pra dell’ atto creativo, e non giunga a grado di esplica¬  zione reale e vivente nella realtà infinita dell’universo.  Dire da una parte che al disopra dell’ atto creativo resta  nell’ assoluto qualche cosa, che non si rivela e non piglia  il suo posto nè nella natura, nè nello spirito, e dire poi  dall’altra che la essenza di Dio consiste nella rivelazione  ^di sè medesimo, sarebbero pronunziati contradditori. Spi¬  noza adunque, rompendola assolutamente con quella falsa  idea dell’ estramondano, non fece che esplicare logica¬  mente il principio fondamentale della filosofia del Bruno.   Da questo principio, di cui ho brevemente discorso  e che costituisce quello, che vi ha di più intimo nella fi¬  losofia Bruniana, come in ogni vera filosofia, perchè non  esprime questa o quella forma dell’ Idea, ma l’Idea stessa  nella sua intrinsechezza ed universalità, da questo principio, dico, ne scaturiscono due altri, c sono: la esistenza j /  eterna ed ideale di tutte le cose, e quindi la vera imma¬  nenza di Dio nell’universo. Questi due principii, vera¬  mente, non sono che due modi diversi di considerare, e  direi quasi di esprimere, lo stesso concetto; ma questi due  modi hanno una cosi grande importanza nella filosofia del  Bruno e nella filosofia in generale, che io credo mio de¬  bito fare una parola e dell’ uno e dell’ altro. Cito un bre¬  ve tratto relativamente al primo modo di considerare il  detto principio. Il Bruno adunque dice cosi: « Le sole  forme esteriori delle cose si cangiano e si annullano, per¬  chè non sono cosi) ma delle cose, non sono sostanze, ma  delle sostanze sono accidenti e circostanze. Che se delle  sostanze si annullasse qualche cosa, verrebbe ad evacuarsi ^  il mondo. Nulla cosa si annichila e perde 1’ esserg^eflffi- Jj  to che la forma accideittidL£atSàQtS-0^£S2Ì£? P c ™ tiUV  to la materia quanto la forma sostanziale di che si voglia  cosa sono indissolubili e non annichilabili » (i).    Da queste poche parole, che ho citato, si può vedere,  senza una difficoltà al mondo, comedi Bruno sia davvero  un idealista di prima forza. Per Bruno ogni cosa, consi-  derata nella sua forma interiore, è una natura determina-  V. Dialogo 5-° e 4.° De la Causa, Principio et Uno.] ta, eterna ed immutabile; ogni cosa ha la sua idea. Tut¬  to 1’ universo non è che una trama di principii o for¬  me assolute, le quali si sviluppano e si rinnovano eterna  mente nella loro esistenza esteriore e sensibile, ma con¬  servano eternamente la loro natura ideale ed incorrutti¬  bile. Per tal modo la essenza di tutte le cose dell’ uni¬  verso non è niente di indefinito o di arbitrario. Tutto ciò  che è ha la sua legge, in fondo a tutte le cose vi è un  eterno statuto che le modera e governa; ed è questo sta¬  tuto appunto quello, in cui deve travagliarsi la meditazio¬  ne del filosofo. Egli ò vero che in tutti gli esseri vi ha  numero, differenze e moltiformiti, ma il numero, le dif¬  ferenze e la moltiformità di un essere qualsiasi altro non  è che lo sviluppo di un principio unico e fecondo; e quin -  di anziché importare mutazione o cangiamento nella na- .  tura di esso, ò in questo sviluppo, in vece, che si effet¬  tua e s’invera sempre più compiutamente la natura del-  1’ essere medesimo.   Signori, se il Bruno avesse spinta più oltre la inve¬  stigazione di questo principio, e si fosse fatto ad appli¬  carlo alla storia, egli avrebbe potuto porre un secolo pri¬  ma, almeno in un certo qual modo generale, quel gran  concetto, che forma la gloria di Giambattista Vico. E  s^pWtt^rió^che^èhah^uaidea. se tutto quello  che si svolge nell’ universo ha la sua legge, e come dire,  il suo codice eterno ed immutabile, anc he la storia dev e  a vere la sua legge e il suo statuto ; e quindi deve esser  possibile la ricerca di questo eterno statuto della storia,  deve esser possibile, io voglio dire, l a^ filosofia della sto -  ria. Il Bruno però, bisogna confessarlo, non ha piena co¬  scienza di tutti quei tesori, che si acchiudono nella sua dot¬  trina. Ciò derivi, in parte, dal soverchio entusiasmo, on-  d’ egli si abbandona e si dimentica nella contemplazione  della infinita natura; e, in parte e principalmente, dalla  profondità stessa e dalla fecondità inesauribile dei suoi prin¬  cipi, dei quali, certamente, non si poteva avere ai suoi  tempi una chiara e perfetta coscienza.   Confessando però che il Bruno non giunse a questo  gran concetto del Vico, io debbo aggiungere che, con tutto  ciò, il Bruno non è affatto inferiore al Vico; anzi, espri¬  mendo liberamente quel che penso, dirò che Bqjqq, come  metafisico, gli $ di gran lunga superiore. Nel Vico que.  sto gran concetto della storia ideale ed eterna non si ap¬  poggia su di una metafisica seria e profonda, anzi questo  concetto è in assoluta opposizione colla metafisica del Vico.  E per vero, quanto a metafisica, il Vici) non esce dalla  posizione dello intendimento scolastico; e credo anche non  sia ingiustizia lo aggiungere che, se si paragona il filosofo 1AV la tettar  napoletano coi più grandi pensatori della Scolastica, questo riscontro non può riuscirgli molto favorevole. Dal che  si può inferire, che il gran concetto della storia ideale ed  eterna, se da un lato e per ragion di scoperta è tutto pro¬  prio del Vico, dall’ altro poi e per ragion di natura, esso  fa parte della dottrina del Bruno. Imperocché, quantunque  il Bruno non si sia innalzato alla contemplazione del disegno ideale della storia, tuttavolta è nella metafisica del  Bruno e non in quella del Vico il fondamento e la pos¬  sibilità di siffatta contemplazione. Egli è vero che il me¬  rito del Vico non consiste soltanto nell’ avere ammessa    una storia ideale ed eterna, e perciò nell’ avere ricono- differisce essenzialmente da quella, che governa la natura. Nella natura, dice Vico, è Dio che ope ra, mentre nella  storia opera 1’ uomo, e pure, operati lo lui, compie il di¬  segno eterno della storia, effettua gli eterni decreti della  Provvidenza. Cosi l’uomo, in questa nuova posizione, non  è soltanto /’ infinito effetto della infinita causa, non è sem¬  plicemente /’ eterna genitura dell’ eterno generante, ma è  eziandio qualche cosa di più. E in questa posizione sol¬  tanto è possibile la vera filosofia compiuta, la vera contemplazione di Dio come Causa sui. Questo concetto della  Causa sui, cioè della Causa della Causa non c’ è_^_dav-  vero nell' assoluto Bruniano (come non c’ è neppure in  quello di Spinoza), quantunque sia appunto questo con¬  cetto quello, che travaglia incessantemente la sua coscien¬  za e quello stesso di cui fa uso, come mostrerò in ap¬  presso, nella sua dbttrina della conoscenza e della libertà.   Tutto ciò adunque non si nega. Ma non si può ne¬  gare però, d’ altra parte, che questa nuova e più alta po¬  sizione, in cui ci colloca la dottrina del Vico, è resa pos¬  sibile soltanto dalla posizione Bruniana. Solo ammetten¬  do l’Idea, come essenzialmente manifestazione di sè me¬  desima, si può e si deve arrivare, quandochessia, al con¬  cetto di quella tale manifestazione, la quale esprimendo dav¬  vero V Idea, ed essendo essa proprio quello stesso che è  I Idea, e perciò rappresentando non più una manifesta¬  zione esteriore, ma il ritorno dell’ Idea in sè medesima, de¬  ve necessariamente essere governata da una legge affatto  differente da quella, che governa le manifestazioni este¬  riori, non effettuatrici esse stesse del principio assoluto.  Stando in vece alla posizione della metafisica'del Vico,  non solo non è possibile ammettere questa legge fonda-  mentale della storia, ma non si può neppure ammettere  il concetto generale di una storia ideale ed eterna. Passando ora al secondo aspetto del principio che  sto esponendo, cito in prima un breve tratto del Bruno.  Nel primo dialogo della Cena delle ceneri il Bruno si e-  sprime cosi: Noi « conoscemo tante stelle, tanti astri, tanti  numi, che son quelle tante centinaia di migliaia eh’ assi¬  stono al ministerio e contemplazione del primo, univer¬  sale, infinito cd eterno efficiente. Non è più imprigionata   la nostra ragione con ceppi di fantastici mobili e motori.   Conoscemo che non è eh’ un cielo, una eterea regione im¬  mensa, dove questi magnifici lumi serbano le proprie di¬  stanze, per comodità de la partecipazione de la perpetua  vita. Questi fiammeggianti corpi sono que’ ambasciatori che  annunziano 1’ eccellenza de la gloria e maestà di Dio. Cosi  siamo promossi a scoprire V infinito effetto de l’infinita  causa, il vero e vivo vestigio dell’ infinito vigore, et abbia¬  mo dottrina di non cercare la divinità rimossa da noi, se  l’abbiamo a presso, anfi di dentro, più che noi medesimi  siamo dentro a noi ».   Signori, questo principio della imma nenza di.Dio ne^Ja  natura e nello j>£Ìrito sorge la prima volta col Bruno nella  storia della filosofia. Fu Bruno il primo che si fece a cer¬  care davvero la Divinità nell’ infinito mondo e nelle infinite  cose, e fece di questa ricerca la esigenza fondamentale e  lo scopo unico di tutto quanto il sapere filosofico. « Di questa infinita presenza di Dio nell’ universo, dirò colle  belle parole del nostro più profondo pensatore vivente,  nessun filosofo ha discorso con tanto entusiasmo e con¬  vinzione, quanto Bruno. La sua voce era come il primo  grido di gioia della natura che ora cominciava a scoprire  sè stessa e a conoscersi n#l suo reale valore » (i).   Premesse queste poche cose, io posso ora determi¬  nare il significato che ha nella filosofia Bruniana la dot¬  trina dell unita dell universo. Ciò facendo, resterà meglio  dualità la importanza di quel poco che ho esposto finora.  Ma prima cito un breve tratto del nostro filosofo. « Quan¬  do l’intelletto, dice il Bruno, vuol comprendere la essenza  di una cosa, va semplificando quanto può; voglio dire, da  la moltitudine si ritira, rigettando gli accidenti corruttibi¬  li... Cosi la lunga scrittura e la prolissa orazione non inten-  demo, se non per contrazione ad una semplice intenzione.  I.’ intelletto in questo dimostra apertamente come ne P u-  nità consiste la sostanza de le cose, la quale va cercando o  in verità, o in similitudine.... Quindi è il grado de le intel¬  ligenze, perchè le inferiori non possono intendere molte  cose, se non con molte specie, similitudini e forme; le su¬  periori intendeno migliormente con poche; le altissime con    (t) Spaventa, Saggi di Critica] pochissime perfettamente; la prima intelligenza in una idea  perfettissimamente comprende il tutto... Cosi adunque, mon¬  tando noi a la perfetta cognizione, andiamo complicando la  moltitudine, come, discendendosi a la produzione de le cose,  si va esplicando l’unità ». Quindi è che « ogni cosa che  prendemo nell’ universo, perchè ha in sè tutto quello che  è tulio per tutto, comprende in suo modo tutta l’anima del  mondo. E cosi non è stato vanamente detto, che Giove  empie tutte le cose, inabita tutte le parti dell’ universo ».  È per questa ragione che « quelli filosofi hanno ritrovato  la sua amica Sofia, li quali hanno ritrovato questa unità.  Medesima cosa a fatto è la Sofia, la verità, la unità » (i).   La ragione di questo principio nella filosofia del Bru¬  no risulta già chiaramente da quel poco che ho detto fin  qui. Imperocché se Dio è immanente nella natura e nello  spirito, egli è manifesto che quel principio, che si attua  nell’ uomo e che dà luogo a tutte le forme del suo svi¬  luppo, non può, considerato in sè, essere altra cosa dal  principio che pone la natura. Ammessa la dottrina della  immanenza, /’ arte interna del pensiero, per servirmi delle  stesse parole del Bruno, deve necessariamente appartenere    (i) De la Causa, Principio et Uno] allo stesso artefice- interno della natura; e quindi quel prin¬  cipio, che forma i minerali, le piante, gli animali, deve  essere quello stesso principio, che pensa nell’uomo. Il che  vuol dire che, se da una parte tutte le forme della natu¬  ra e dello spirito hanno una sostanzialità loro propria, una  loro natura specifica e diferenziale, dall’ altra cosi le pri¬  me come le seconde non possono essere che gradi diversi  della stessa unità fondamentale del tutto, di quell unità  della materia e della forma, del reale e dell’ ideale, in cui  consiste la radice di ogni esistenza. Ed ò per tal modo  soltanto che si può cessare l’assoluta separazione di spi¬  rito e materia, di realtà consciente e di realtà naturale,  separazione che degrada tanto 1’ una che l’altra, e che fa  dello spirito qualcosa di astratto e d’inconcepibile, e della  natura un mondo senza vita, senza ragione e senza finalità.   Signori, per questa dottrina il Bruno è stato gene¬  ralmente accusato di panteismo; ed anche in questi ultimi  anni la maggior parte di coloro, che in Italia hanno trat¬  tato del Nolano, si son fatti a rinnovare questa vecchia  accusa, senza però investigare seriamente, e spogli di pre¬  concetti, il vero senso della dottrina Bruniana e il signi¬  ficato preciso della teoria panteistica. Io qui, naturalmen¬  te, non posso far la critica di questa accusa. Dirò sol¬  tanto alcune cose principali. E in primo luogo osservo che, anche quando il Bruno non fosse altro che un sem¬  plice panteista, bisognerebbe sapergli grado almeno per  questo: voglio dire che bisognerebbe sapergli grado perchè,  dop o le astrattezze della Scolastica, egli avrebbe posto al¬  meno il principio della unità del mondo, e quindi ricollocata  la filosofia sul suo terreno naturale. Imperocché, si dica pure  tutto quel che si voglia, il principio su cui si fonda il panteismo, c che è l’unità dell’infinito e del finito, dell’ideale e  del reale, è quel principio, da cui appunto comincia la filo¬  sofia, e senza di cui nessuna filosofia è possibile. E per vero dal momento medesimo che comincia la speculazione  filosofica, e quindi la ricerca della essenza universale di tutti  gli esseri, comincia per ciò stesso una certa unificazione,  o identificazione, se così piace dire, di tutte le cose in un  principio unico ed assoluto. Questo principio adunque è  come la prima lettera dell’ alfabeto del pensiero; e chi non  ha pronunziato ancora questa lettera, chi, cioè, non si è  ancora innalzato a questo nesso universale in cui si uni¬  fica e cielo e terra, e che è come il pernio, a cui si ap¬  punta tutto quanto 1’ universo, chi, dirò colla bella imma¬  gine dell’ Hegel, non si è ancora bagnato in questo etere  purissimo della unità del mondo, deve essere ancora cer¬  tamente assai lontano dall’ augusto santuario della coscienza filosofica (i). Fino a questo punto adunque la dottrina  panteistica, anziché essere un sistema particolare di filosofia,  é la filosofia stessa nella sua più intima essenza. Onde  è che, se una filosofia si differenzia da un’ altra, questa  differenza non può nascere dilli’ ammettere o non ammet¬    tere l’unità, ma soltanto dal modo diverso di concepirla  e di determinarla; imperocché, come ha già detto bellamente il Bruno, medesima cosa affatto è la Sofia, la ve¬  rità, P unità. La qual cosa è stata vista lucidamente anche  dal nostro acutissimo filosofo Roveretano, Rosmini. Il quale, pur respingendo da sé ogni possibile accusa  di panteismo, ha tuttavia sostenuto anch’egli un principio  unico universale, ed ha considerato tutte le forme della  realtà natur ale, della realtà upiana, e della realtà di Dio  come diversi modi di essere, come diverse determinazioni  del principio medesimo.   Che se poi noi ci facciamo a considerare la dottrina  panteistica non più rispetto a quell’ idea fondamentale che    Ile   r- <K    (i) « Wenn man anfangt ni philosophiren, muss die Seele zuerst  sich in diesem Aether der Einen Substanz baden, in der Alles, was  man fur wahr gehalten hat, untergegangen ist; diese Negation alles  Besondern, zu der jeder Philosoph gekommen seyn muss, ist die  Befreiung des Geistes und scine absolute Grundlage » Id. ib. Drit-  ter Theil] in essa si contiene, e per cui il panteismo e la specula¬  zione filosofica in generale fanno tutt’ uno, ma rispetto a  quella determinazione particolare della stessa idea, dalla  quale solamente la dottrina panteistica attinge il suo signi¬  ficato e 1’ essere proprio di sistema speciale di filosofia, in  tal caso non possiamo avere che due soli ed opposti con¬  cetti di siffatto sistema. Imperocché, o il panteismo si con¬  cepisce come identificazione dell’ infinito col finito nella  sua immediatezza e quindi come deificazione di tutte le  cose, ovvero come risoluzione ed annullamento di unte  le differenze ideali dell’ universo nella vuota identità della  pura sostanza. Il primo concetto del panteismo, che è ap¬  punto quello che hanno avuto in mente i nostri critici del  Bruno, non trova affatto qualsiasi riscontro nella filosofia  del Nolano. Il Bruno non ha mai confuso l’infinito col  finito, non ha fatto mai 1’ apoteosi della esistenza caduca  e corruttibile delle cose, non ha mai deificato le forme  accidentali, esteriori e materiali, le quali per lui, come  per ogni vero filosofo, non sono cose, ma delle cose, non  sono sostanze, ma delle sostanze sono accidenti e circo¬  stanze. Il Bruno ha deificato soltanto /’ infinito mondo, la  infinita natura, le infinite cose, ha deificato la eterna genitura  dello eterno generante; la qual dottrina non ha nulla che  fare col panteismo. Questa dottrina è in vece eminentemente cristiana, anzi è la essenza stessa del cristianesimo;  e la negazione di questa dottrina non è solamente la ne¬  gazione della vera filosofia, ma è la negazione altresì di  tutti i principii del sapere moderno, e della possibilità stes¬  sa della scienza in generale.   Ma c’ è di più; imperocché questa pretesa confusione  dell’ infinito col finito non pure non si trova affatto nella  filosofia Bruniana, ma non ha nemmeno il suo riscontro  in qualsiasi sistema di filosofia. Tutta la storia della filo¬  sofia, per quanto è lunga e larga, non ci presenta al¬  cun sistema, in cui si possa ravvisare questa strana con¬  fusione ; in quella guisa medesima che la storia della re¬  ligione non ci mostra nessun popolo, che abbia proprio  adorato il finito come finito (i). Lo stesso Bruno, par¬  lando degli Egizi, dice a questo riguardo, le seguenti me¬  morabili parole: « Non furono mai adorati coccodrilli, galli,   ....Diejenigen, welche irgend eine Philosophie fiiir Pantheis-   mus ausgeben.. batteri. es vor Alleni aus nur als Faktum zu   konstatiren, dass irgend ein Philosoph oder irgend ein Mensch in  der That den Alien Dingen an und fur sich seiende Realitat, Sub-  stantialitat zugeschrieben und sie fur Gott angesehen, dass irgend  einem Menschen solche Vorstellung in den Kopf gekommen sei ausser  ihnen selbst allein. Id. Encyklopàdie, Dritter Theil, § 573. Vedi an¬  che: Aesthetik, Zweiter Theil.]cipolle e rape, ma la Divinità in coccodrilli, galli, cipolle  e rape ». E parlando dei Greci, si esprime cosi: « I Greci  non adoravano Giove come fosse la Divinità, ma adora¬  vano la Divinità come fosse in Giove » ; il che, come  ognun vede, è cosa assolutamente diversa (x).   Quanto poi all’ altro concetto del panteismo, cioè a  quel concetto secondo il quale Dio non è altro che la  semplice unità astratta dell’ infinito e del finito, dell’ ideale  c del reale, egli è d’uopo riconoscere che una tal dot¬  trina c’ è davvero nella storia della filosofia. Forse non  sarebbe difficile provare che questa dottrina, considerata  nella sua assoluta purezza non ha luogo, in una forma  veramente speculativa, che soltanto nella filosofia Parme-  nidea. Anche la filosofia di Spinoza, quando la si intenda  bene, non è poi addirittura quel rigido panteismo che or¬  dinariamente si crede. Ma, lasciando stare queste rifles¬  sioni, il fatto è che nella filosofia Bruniana il princip io  dell’ unità dell’ ideale e del reale, il concetto della identità  non ha affatto quello stesso significato, che ha nella dot¬  trina panteistica pnra. Imperocché nel puro panteismo que¬  sta unità esclude assolutamente ogni qualsiasi determina¬  zione, ogni differenza, e perciò è la negazione di tutto   (1) V. Spaccio della Bestia Trionfante, Dial.]quanto 1* universo intelligibile, mentre, nella filosofia Bru-  % niana, questa unità si muove, si distingue, si va specifi¬  cando e, come dire, spezzando in tutte le forme della natura  e dello spirito. Ammettere questo dirompimento dell’unità  universale, guardare in tutte le cose un principio eterno ed  immutabile come forma vera e totale dell’ unità medesima,  riconoscere in somma un mondo infinito, tutto questo non è  affatto panteismo; anzi è la critica vera e positiva della dot¬  trina panteistica. E tale è in fondo, considerata nel suo spi¬  rito, la filosofia Bruniana. Il che è tanto vero che il Bru¬  no è arrivato fino a vedere cosa degna veramente della  più alta ammirazione — che la vera esigenza della filoso¬  fia, che il vero segreto dell’ arte, come egli dice, consiste  appunto, non già nel semplice innalzarsi all’ unità del mon¬  do, ma nel procedere dall’ unità stessa a tutte le forme  differenziali ed opposte, in cui essa si va esplicando, e in  cui si manifesta la vita tutta dell’ universo. « Profonda  magia, ha detto il Bruno, è trarre il contrario, dopo aver  trovato il punto dell’unione » (i). Se adunque, io dico,  L’ Hegel dopo di aver citato questo passo di Bruno: « Aber  den Punkt der Vereinigung zu finden, ist nicht das Gròsste; sondern  aus Demselben auch sein Entgegengesetztes zu entwickeln, dieses  ist das eigentliche und tiefste Geheiranis der Kunst » soggiunge enfaticamente: « Dicss ist ein grosses Wort, die Entwickelung der Idee Bruno ha visto financo che il segreto della filosofia sta  nel tirare le differenze ideali dell’ universo dalla sua unità,  o, in altri termini, nel contemplare 1’ atto proprio del dif¬  ferenziarsi dell’ unità, quell’ atto, che, come egli dice, non  pure è potenza di tutto, ma è atto di tutto, come si può  sostenere che la sua filosofia sia panteismo ? Ha forse il  Bruno inabissate, ha forse estinte nell’ unità assoluta tutte  le forme ideali dell’universo? E non è vero in vece che  la esigenza della sua dottrina si è appunto quella di di¬  stinguere nell’ unità assoluta un mondo intelligibile, un u-  niverso infinito? Ovvero si vuol sostenere che il Bruno è  panteista sol perchè non ci ha presentato, ai suoi tempi,  in una forma veramente speculativa, tutto questo suo u-   è   niverso infinito? perchè, in altri termini, non ci ha dato  una filosofia della natura e una filosofia dello spirito ?  Una simile pretesa non sarebbe certamente degna di una  mente sana. Ma altro è dir questo, anzi altro è anche aggiungere che la dottrina di Bruno non è nemmeno un  sistema nel senso vero della parola, altro è affermare che    so zu erkennen, dass sie eine Nothwendigkeit von Bestimmungen  ist ». Geschichte der Philosophie, Zweiter Tchil.] 1’ assoluto Bramano sia addirittura come la notte, in cui  tutte le vacche son nere.   Ma io mi avveggo, o Signori, di essermi soverchia¬  mente dilungato su questo punto. Dirò dunque ora pro¬  prio di volo, prima di conchiudere, pochissime parole sul-  P applicazione di questi primi principi più generali della  filosofia del Bruno alla teoria della conoscenza e della li¬  bertà. Senza fare ciò non si può vedere la vera importanza di questa grande filosofia.  Br uno si può dire pant eista in un senso solo, cioè nel senso  che nella sua filosofia manca il concetto della vera ed assoluta esi¬  stenza di Dio, manc^lconcettodiDio^conHSjjersonalità assoluta.   Il Dip del Bruno vive nell’ infinito universo, ma non ha una vita sua  propria come principio assoluto, non ha una sua realtà distinta,  nella quale si raccolga tutto il mondo intelligibile; inso mma il Di o *  del m Bruno non è l’Idea come autocoscienza assoluta, e perciò non è  ancora realmente Dio=Dio. Tutto questo è vero. Ma siffatta critica  della dottrina Bruniana si può fare soltanto dal punto di vista del-  l’Hegel, non già dal punto di vista de’nostri critici del Bruno. È  l’Hegel soltanto, che ha dritto di chiamare il Bruno panteista. La  spiegazione e la critica del Bruno, a me pare la seguente. Bruno^con-  templa Dio come cosmogonia, come attivitàcosmogonica (ciclo di o-  rigine), ma non contempla il cosmo come teogonia, come attività teo-  gonica (ciclo di ritorno). Egli è vero che non c’ è cosmogonia senza  teogonia, come non c’ è intuito senza riflessione; ma c’ è teogonia e [In ordine alla conoscenza il Bruno insegna che la ve¬  rità di essa non si ha e non si può avere immediatamente,  cioè nella sua forma originaria c primitiva, e finché dura il  carattere proprio della medesima. Il carattere di questo pri¬  mo grado della conoscenza si è quello di essere legata alla  natura esteriore, sensibile, accidentale, e quindi è la estrin-  sechczza del pensiero a sè medesimo. Per potersi scioglie¬  re da questi legami col mondo esteriore e fenomenico, e  giungere davvero a possedere sò stesso, lo spirito ha d uo¬  po o della fede o della scienza. Ma, nella fede, l’uomo  non s’innalza alla verità colle sole forze della ragione e  in un modo assolutamente libero: nella fede 1 uomo, fino  ad un certo punto, accoglie in sè la verità come vaso o  recipiente, e perciò in guisa non corrispondente del tutto   teogonia, come c’è riflessione e riflessione. Ora il Bruno non arriva al concetto di quella forma del cosmo che non è solamente  una certa teogonia, ma che è la vera ed effettiva teogonia; non arriva al concetto del cosmo veramente teogonico; e perciò non ar¬  riva alla vera esistenza di Dio. Dunque la personalità assoluta di Dio,  in questa filosofia, è impossibile. Ma d’ altra parte neppure è pos¬  sibile arrivare a questa idea, uscendo da Bruno assolutamente. È  sulla via aperta dal Bruno che bisogna camminare per raggiungerla.  Chi vuole adunque questa idea, accetti il Bruno, vada avanti, e la  troverà. ] alla vera eccellenza della propria natura. Nella scienza, al  contrario, lo spirito si eleva alla contemplazione della verità colla sola libera energia della sua mente, e produce  la coscienza di essa come vero artefice ed efficiente. Il  processo della contemplazione della verità consiste nel pro¬  fondarsi nel profondo della mente e nel circuire per i gra¬  di della perfezione, cioè nel percorrere col pensiero le di¬  verse manifestazioni dell’ infinito vigore, e perciò nell an¬  dare non già dal finito all’infinito, o viceversa, ma nel¬  l’andare dall’infinito all’infinito. Lo scopo ultimo di siffatta contemplazione si è di capire quell ' atto assolutissimo  che t medesimo coll’ assolutissima potenza, e di effettuare  così la vera immanenza di Dio in noi colla virtù stessa  della nostra mente.   In conformità di questo concetto della conoscenza, il  Bruno determina il concetto della libertà nel modo che  segue. La verità e, la legge sono tutt’uno. Perciò, come VC/àU  la verità è intima allo spirito umano, cosi anche la legge  è intima all’umana volontà. Questa adunque non si può  considerare come una facoltà vuota ed indeterminata. D al¬  tra parte, nella guisa medesima che la verità non è pos¬  seduta dallo spirito originariamente c senza la sua stessa  attività, così anche la volontà non è oggettivamente li¬  bera, e quindi non è vera ed assoluta volontà, finché non si ò elevata alla legge ed alla verità. La verità adunqne è  il fondamento ed il contenuto della libertà. Fuori della ve¬  rità, fuori della legge la vera libertà non è possibile. Per  tal modo la libertà non è arbitrio, ma è necessità. Que¬  sta necessità però non è esterna, non è fatalità, ma ap¬  punto perchè s’immedesima colla stessa verità, è neces¬  sità interna e razionale.   Signori, io non ho bisogno di fermarmi sulla impor¬  tanza pratica di questo concetto Bruniano della libertà.  Senza che il dica, ognun vede come in questo concetto  si acchiuda ad un tempo la critica della falsa libertà, e  della falsa autorità, e come sia appunto in questo concetto  che sta il fondamento della nuova vita sociale e il prin¬  cipio animatore di tutta la civiltà moderna. A me qui  spetta soltanto di chiarire brevemente il valore speculativo  di queste applicazioni dei principi metafisici del Bruno, e  di mostrare come in queste applicazioni si possa scorgere  il germe di una più alta filosofia.   Ebbene egli è facile vedere che queste idee del Bru¬  no, relativamente alla conoscenza ed alla libertà, più che  semplici applicazioni del suo principio metafisico, sono in  vece delle conseguenze, che hanno una portata di gran  lunga superiore allo stesso principio. Bruno in queste  applicazioni supera davvero sè stesso, egli va al di là dello jtesso suo punto di partenza. E per vero il punto  di partenza del Brudo è Dio come semplice atto crea¬  tivo, Dio come semplice creare, e perciò come ge¬  nerare ; e quindi l’universo Bruniano è si la infinita,  la eterna creatura o genitura di Dio, ma non è altro  che la eterna, la infinita creatura o genitura di Lui. In¬  tanto il concetto Bruniano della _libertà e della cono¬  scenza ci presenta una vera reazione sullo stesso principio  assoluto : esso importa un’ attività superiore al semplice  creare, importa un’ attività, che non è mera estrinsecazio¬  ne del principio eterno delle cose, ma ò una effettuazione  vera del principio medesimo, come atto dello stessa crea¬  tura fi'). Il Gioberti ha detto ai giorni nostri, in un mo-  mento di profondo intuito filosofico, che l’uomo ren¬  de a Dio la pariglia; anzi egli ha detto anche in genera¬  le che l’atto creativo è essenzialmente atto teogonico. Ora  questo rendere a Dio la pariglia, questa forma di atto crea¬  tivo, che è nel medesimo tempo atto teogonico, è appunto   (i) O meglio: come atto di Dio stesso, ma in quanto creatura.  Col linguaggio della religione si direbbe: come atto dello stesso  Padre, ma m quanto Figlio. Si sa poi che questo atto del Padre,  che è atto di lui in quanto Figlio, è quello che là la verità del Figlio e la verità del Padre ; e che questo atto è appunto lo Spirito: la  vera Ferità. quella idea, che noi non possiamo ravvisare nel principio  metafisico del Bruno, ma che però troviamo adoperata  nella sua dottrina della conoscenza e della libertà. Si può  adunque affermare che, nella filosofia del Bruno, le con¬  seguenze contengono più delle premesse; ma siffatta con¬  traddizione anziché menomare il merito del nostro filoso¬  fo, è appunto quella, se io non mi sbaglio, in cui si ri¬  vela la più alta potenza della sua speculazione. Nè var¬  rebbe il dire che il Bruno non finisce come comincia; impe¬  rocché il Bruno, ha cominciato bene, come era possibile  ai suoi tempi, ed ha finito molto meglio. E se tra il Prin¬  cipio ed il Fine, tra 1* Origine ed il Intorno la sua filosofia  non pone quell’ accordo, in cui consiste la vera Idea, di ciò  non si può fare un’accusa al nostro grande pensatore,  stante che un tale accordo è il risultato di tutta quanta la  speculazione moderna; e perciò non si può pretendere dal¬  la filosofia del Bruno. Nè si può pretendere dal Bruno la  coscienza della contraddizione, che corre tra il suo prin¬  cipio metafisico e la sua dottrina della conoscenza e della  libertà, perchè una tal coscienza non poteva sorgere nella  storia, se prima i due estremi, cioè il Principio ed il Fine,  1’ Origine ed il PJtorno, non avessero spiegato separata-  mente tutto il loro valore e non si fossero presentati dinan¬  zi al pensiero speculativo come le due somme ed opposte      potenze (Teli* universo, 1’ una predominante nel mondo del¬  la natura, 1’ altra in quello dello spirito. La filosofia Cartesiana rivelò il potere del Trincipio, la filosofia Kantiana  (precorsa solo dal Vico) mise in evidemza l’attività indi-  pendente ed assoluta del Fine, e fu perciò solamente la  posteriore filosofia tedesca quella, che potè innalzarsi alla  contemplazione del Principio-Fine, dell’ Origine-Ritorno, e  porre cosi un nuovo e più alto concetto di Dio, il concetto di Dio come Sviluppo, come Spirito, e quindi una  nuova filosofia: la filosofia dello Spirito.   Raccogliendo adesso le fila del mio ragionamento, io  posso conchiudere così.   La filosofia del Bruno ha riabilitata e {ligni ficat a la  * e l ia restituito il suo vero valore, 1’ ha innalzata a  manifestazione reale e vivente di Dio; dunque il primo ardente desiderato del pensiero scolastico, in questa filosofia,  è soddisfatto. Ma c’ è di più; imperocché il Bruno, avendo concepito Dio come immaii ^q^ nella coscienza umana  in lorza dell’ attività stess^ai^ essa, ha posto in questo  concetto la possibilità di quella intelligenza superiore, che  formava la seconda e più alta aspirazione dei grandi pensa¬  tori della Scolastica, e la cui attuazione non poteva essere  che il risultato finale di tutta quanta la filosofia moderna. Sebastiano Maturi. Maturi. Keywords: implicature, Bruno, Vico, Aquino, Spaventa, I duellisti, l'io e l’altro – riconoscimento, la dialettica del signore e del servo. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Maturi” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Maturi: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale – filosofia campanese -- filosofia napoletana – filosofia italiana – Luigi Speranza (Napoli). Filosofo italiano. Napoli, Campania. Grice: “People sometimes asks me how my intentionalist approach can be applied to history. I always respond: Read Maturi!” Grice: “Maturi’s ‘Interpretazioni,’ thus in plural, ‘del risorgimento’ is a classic --.” Grice:: “Even in London, the risorgimento had at least two interpretations! One in Woolwich, and another one elsewhere! And there is possibly a gender distinction too with “Speranza,” Wilde’s mother, being somewhat fanatic about it!” – Compe la sua formazione culturale a Napoli dove si laurea con SCHIPA, uno dei firmatari del manifesto degli intellettuali antifascisti redatto da CROCE. Del suo maestro, per la lezione di rigore che gli aveva impartito, Maturi conservò un commosso ricordo ed ebbe modo di esprimere pubblicamente la sua gratitudine in occasione della morte di Schipa, pronunciandone il necrologio. Seguì con attenzione ed interesse, ma anche con spirito critico, le lezioni di Croce conseguendo una laurea in filosofia con Gentile con una tesi su Maistre.  Impostato sulla lezione crociana è il saggio “La crisi della storiografia politica italiana” a cui seguì quello dedicato a Gli studi di storia moderna e contemporanea, inserito nel primo dei due volumi dell'opera del “La vita intellettuale italiana.” Il suo primo lavoro Il concordato tra la Santa Sede e le Due Sicilie pubblicato fu giudicato positivamente dalla critica s di Omodeo che lo recensì ne La Critica. Frequenta la Scuola storica per l'età moderna e contemporanea diretta da Volpe e fu segretario e bibliotecario dell'Istituto storico per l'età moderna e contemporanea. Collaboratore dell'Enciclopedia italiana per la quale scrisse numerose voci tra le quali quella dedicata al "Risorgimento" ispirata alle sue idee liberali.  A causa di questo episodio, nonostante il suo disinteresse per la vita politica attiva, fu allontanato dall'Istituto storico per l'età moderna e contemporanea.  Nei suoi saggi di storia politica i suoi punti di riferimento sono Croce, Meinecke, Salvemini, e Volpe.  Dapprima come incaricato di storia del ri-sorgimento e poi come ordinario tenne le sue lezioni a Pisa dove ha modo di scrivere numerosi saggi come alcune importanti voci nel Dizionario di politica a cura del Partito nazionale fascista, il saggio Partiti politici e correnti di pensiero nel Risorgimento, e l'accurata biografia Il principe di Canosa. I corsi di storia della storiografia tenuti a Pisa furono continuati a Torino quando ha la cattedra di Storia del Risorgimento e quella di Storia delle dottrine politiche che occupa sino alla sua inaspettata scomparsa.  Le sue lezioni di quest'ultimo periodo furono raccolte nell'opera postuma Interpretazioni del Risorgimento considerata di primaria importanza dagli storici. Saggi: “Interpretazioni del Risorgimento, coll. Biblioteca di cultura storica Einaudi,'Enciclopedia italiana, Accademia delle scienze di Torino, In memoria, Istituto per la storia del Risorgimento italiano, Roma 1Interpretazioni storiografiche del Risorgimento. Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Walter Maturi. Maturi. Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Maturi” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Maurizi: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale della vendetta di Bacco – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Grice: “I like Maurizi; of course his ‘vendetta di Bacco’ makes sense only in the context of Nietzsche’s rather recherché dichotomy!” – Grice: “His idea of the ‘suspected ‘I’’ is good, but he is not, as I was, having in mind Reid, but Freud!” Si è laureato in filosofia della storia presso l'Università degli Studi di Roma "Tor Vergata" e ha conseguito il dottorato di ricerca nella medesima università discutendo una tesi su Cusano e il concetto di non altro da cui è nato il volume La nostalgia del totalmente non altro. Cusano e la genesi della modernità (Rubbettino). Dopo un periodo di formazione in Germania attualmente svolge la sua attività di ricerca presso l'Università degli Studi di Bergamo. Pubblica le sue ricerche su alcune prestigiose riviste come la Rivista di filosofia neo-scolastica, il Journal of Critical Animal Studies, Dialegesthai, Alfabeta, Lettera Internazionale, e collaborando, inoltre, con i quotidiani Liberazione e L'Osservatore Romano. Partecipa alla stesura del secondo volume di L'Altronovecento. Comunismo eretico e pensiero critico (Jaca) ed è il traduttore e curatore dell'edizione italiana di Lukács, Coscienza di classe e storia. Codismo e dialettica, Alegre, Roma di Acampora, Fenomenologia della Compassione, Sonda, Casale Monferrato,, e ha tradotto, con Dalmasso,  Derrida, Teoria e prassi. Corso dell'École Normale Supérieure Jaca, Milano,. Ha contribuito alla fondazione delle riviste scientifiche "Liberazioni" e Animal Studies. Rivista italiana di antispecismo.  Pensiero Maurizi ha suddiviso i suoi interessi di ricerca tra la filosofia dialettica (Cusano, Hegel, Marx, Adorno), la teoria critica della società e le implicazioni politiche di una visione "sociale" dell'antispecismo a partire da una rielaborazione del pensiero della scuola di Francoforte. Tanto le sue ricerche su Adorno, quanto quelle su Cusano si incentrano sul tentativo di porre in evidenza il tema della storicità dell'umano non in termini di un astratto e formale "essere-nel-tempo", quanto più propriamente nel vedere nell'essere storico, in tutta la sua determinatezza, l'irriducibile istanza di verità dell'umano stesso: l'essere storico è in tal senso irriducibile ad ogni ontologia dell'essere temporale seppure ciò non porti necessariamente ad un relativismo storicista. Prendendo spunto dalla lettura critico-negativa di Hegel portata avanti da Adorno, infatti, M. sostiene la leggibilità e razionalità della storia come segno del dominio, l'universale storico non come traccia di un positivo che si farebbe strada attraverso il negativo delle vicende umane, bensì come questo stesso negativo che informa di sé la civiltà, imprimendo ad essa la direttrice di un progresso della razionalità strumentale che è l'antitesi della redenzione. La sua rilettura del pensiero della filosofia di Francoforte ha così costituito un punto di partenza per una ridefinizione dell'opposizione natura/cultura e lo ha portato ad estendere la critica ai meccanismi di dominio anche al controllo e allo sfruttamento del non umano, e più in generale della Natura. Il suo pensiero riguardo alla filosofia antispecista è in continuità con quello espresso dal sociologo David Nibert ed in netta opposizione all'utilitarismo di Peter Singer criticato da M. come un antispecista metafisico. Un punto centrale nell'argomentazione filosofica di M., che rende originale il suo lavoro rispetto a quello degli altri teorici dei diritti animali, riguarda l'interpretazione in termini storico-sociali dello specismo. Ogni attività intellettuale «antispecista», secondo Maurizi, consiste quindi essenzialmente nel fare propria questa scelta di campo: sottolineare come la questione animale sia un aspetto irrinunciabile di ogni ipotesi di trasformazione dell'esistente. Secondo Maurizi l'antispecismo è dunque essenzialmente politico  e non possiamo affrontare, come fanno Peter Singer o Tom Regan, la questione animale da una prospettiva astrattamente morale. All'attività di filosofo, Maurizi ha così affiancato quella di attivista per i diritti animali, intrecciando l'attività speculativa con quella politica; risultato di questa attività è il libro Al di là della Natura: gli animali, il capitale e la libertà (Novalogos, ). M. è stato inoltre fondatore delle riviste di critica antispecista Liberazioni e Animal Studies, della rivista online Asinus Novus che prende il nome dal suo breve testo Asinus Novus: lettere dal carcere dell'umanità (Ortica, ). Nel  l'associazione Per Animalia Veritas raccoglie alcuni suoi scritti che rappresentano un sunto aggiornato del suo pensiero sulla filosofia antispecista: Cos'è l'antispecismo politico (Per Animalia Veritas, ). Sulla scia delle riflessioni adorniane, Maurizi ha anche lavorato sulla filosofia della musica e la teoria critica musicale. Le sue teorie sull'antispecismo politico sono abbondantemente discusse nel libro di Lorenzo Guadagnucci Restiamo Animali: vivere vegan è una questione di giustizia (Terre di Mezzo, ), da Matthias Rude Antispeziesismus. Die Befreiung von Mensch und Tier in der Tierrechtsbewegung und der Linken (Schmetterling, Stuttgart ) e altri autori della scena antispecista di lingua tedesca. Saggi: “Il tempo del non-identico,” Jaca); “La nostalgia del totalmente non altro” – La genesi della modernità, Rubettino, “Al di là della natura: gli animali, il capitale e la libertà,” Novalogos, “Asinus Novus: lettere dal carcere dell'umanità,” Ortica, “Cos'è l'anti-specismo?” Per animalia veritas, “L'io sospeso: l'immaginario tra psicanalisi e sociologia, Jaca, Grice: “This reminds me of my fantasies on ‘I’ – “The suspected I’ is a genial phrase!” -- “Chimere e passaggi” Mimesis, “Altra specie di politica, Mimesis, “Musica per il pensiero. Filosofia del progressive” -- Mincione, “La vendetta di Dioniso” --  la musica contemporanea da Schönberg ai Nirvana, Jaca, “Quanto lucente la tua in-esistenza” --- L'Ottobre, il Sessantotto e il socialismo che viene, Jaca. Intervento di M. su questi temi per la Casa della Cultura di Milano: youtube.com/watch?v= ZNfJrRx-7fo  Intervista su questo tema a cura del collettivo Tierrechtsgruppe Zürich (Zurigo) M. La genesi dell'ideologia specista in Liberazioni:/ M. Per una cultura antispecista in Asinus Novus: rivista di antispecismo e filosofia: Copia archiviata, su asinusnovus.wordpress. com. Intervento M. per il primo convegno nazionale antispecista: youtube.com/watch?v= JwZiW4ngrag  Intervista a M. e Caffo sulle nuove prospettive dell'animalismo: youtube Testo recensito da L. Pigliucci per la rivista "Lo Straniero" di Aprile: Copia archiviata, su asinusnovus. wordpress Intervista di F. Pullia sul quotidiano "Notizie Radicali" Una recensione del testo: Copia archiviata, su asinusnovus.wordpress B. Le GocM. M., Musica per il pensiero. Filosofia del progressive italiano, Mincione, Roma.  Antispecismo Diritti degli animali Scuola di Francoforte. Asinus Novus. Antispecismo e Filosofia, su asinusnovus.net. Animal Studies. Rivista Italiana di Antispecismo, su rivistaanimal studies. wordpress. Marco Maurizi. Maurizi. Keywords: la vendetta di Bacco -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Maurizi” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Mazio: la ragione conversazionale all’orto romano -- Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Friend of GIULIO (si veda) Cesare and Cicerone. He writes on food and trees and takes an interest in the philosophy of the Garden. Gaio Mazio.

 

Grice e Mazzarella: l’implicatura conversazionale – filosofia campanese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Napoli). Filosofo italiano. Napoli, Campania. Grice: “I love Mazzarella’s ‘necessary word’ – not precisely what I was thinking when philosophising about conversation, but for Mazzarella, the conversational motivation is to HELP in the most authentic fashion – Compared to his ‘parola necessaria,’ my principle of conversational helpfulness, while based in part in the desideratum of conversational benevolence, looks pretty lame!” -- Grice: “I like Mazzarella. The fuss he makes in translating Heidegger, whom I have elsewhere called ‘the greatest living philosopher’ – he was living then –.” Grice: “Mazzarella, who is relying on somebody else’s translation, is especially focused on Heidegger’s Latinate ‘fakt.’ From ‘Fakt,’ Heidegger gets an abstract noun. But he also uses the Germanic for ‘deed.’ Relying on the cognateness of ‘fakt’ with ‘fatto’ – cognate itself with ‘effetto,’ Mazarella agrees that the translation goes from ‘factivity’ to ‘effectivity.’ And it should inspire all philosophers into seeing how similar these two concepts are – if indeed two concepts they are, seeing that they come from the same Roman root! But M. would know that – you wouldn’t!” –  Professore a Napoli,  è tra i principali interpreti di Heidegger. Deputato al Parlamento nella XVI Legislatura per il Partito Democratico.  Dopo essersi laureato presso l'Università degli Studi di Napoli “Federico II” con Masullo, inizia la sua attività di ricerca come borsista DAAD in Germania, e successivamente presso l'Salerno. In seguito è professore incaricato di Estetica presso l'Università dell'Aquila. Dopo essere stato professore associato di Filosofia Teoretica presso l'Catania e di Filosofia della storia presso l'Napoli “Federico II”, diventa professore straordinario di Storia della filosofia presso la Facoltà di Magistero dell'Salerno e dal 1993 Professore di Filosofia Teoretica presso l'Napoli “Federico II”. Dirige il Dottorato di Ricerca in “Scienze Filosofiche” dell'Napoli “Federico II” e cura la programmazione e le relazioni internazionali per la Facoltà di Lettere e Filosofia, di cui è Preside. Deputato del Parlamento italiano, divenendo componente della VII Commissione Cultura della Camera.  Opere In una delle sue opere principali, Tecnica e Metafisica. Saggio su Heidegger, Mazzarella indaga i processi decostruttivo-ermeneutici sottintesi all'heideggeriana storia della metafisica occidentale, fino a formulare un'ipotesi "ecologica"(in senso originario, come pensiero relativo all'abitare dell'uomo) relativa alle interpretazioni del "logos" eracliteo e della categoria aristotelica della "physis" riscontrate nei saggi successivi alla cosiddetta "svolta" del pensiero di Heidegger.  In Vie d'uscita. L'identità umana come programma stazionario metafisico, le aporie di una metafisica del fondamento sono affiancate alla dimensione tecnica della contemporaneità, intesa storicisticamente come epoca del compimento del nichilismo. Centrale diventa l'idea di un "essere-alla-vita", categoria che richiama in modo lampante l'"essere-nel-mondo" di heideggeriana memoria; le questioni teoretiche vengono così ridotte a questioni etiche riguardanti un'ontologia minima, ove la filosofia prima si trasformi in filosofia seconda, lasciando il posto ad un programma metafisico-antropologico di custodia e mantenimento della e nella propria epoca. L'essere-alla-vita necessita di intendere la cultura come “endiadi di natura e storia, ma in questa endiadi natura prima ancora che storia”.  Pensare e credere. Tre scritti cristiani rappresenta un altro orizzonte del pensiero di M.; il rapporto tra religione rivelata e filosofia si gioca sullo sfondo di una prospettiva storicista di matrice diltheyana, sebbene non siano esenti dalla riflessione Hegel, Schelling e la teologia dialettica contemporanea. Interessante è la prospettiva di una religione come "integrazione" e apertura all'amore fraterno, configurato nel concetto di "agape".  I suoi scritti sono in ogni caso contrassegnati, com'è tipico della recente scuola di pensiero napoletana, sorta sulla scia delle dottrine di Croce, da una ripresa di temi propri dello storicismo (Nietzsche e la storia. Storicità e ontologia della vita).  In un dialogo costante con i teologi più liberali e moderni, quale ad es. Forte, M. si è occupato specificamente dei temi della bioetica, coniugando il tema della tutela della vita alla ripresa del concetto di sacralità (Sacralità e vita).  In Opera media ha inoltre messo in luce un talento poetico non indifferente, che gli è valso l'apprezzamento della critica e diversi riconoscimenti. Ha composto quattro raccolte di poesie, e pubblicato singoli componimenti in diverse antologie.Finalista al Premio di poesia “Città di Vita”, Firenze, e nel 1999 ha vinto il Premio Speciale “La finestra” al Premio Nazionale di poesia “Alessandro Tanzi” perUn mondo ordinato.  Saggi: “Tecnica e metafisica” -- saggio su Heidegger (Guida, Napoli); “Nietzsche e la storia: ontologia della vita” (Guida, Napoli); “Storia metafisica ontologia” -- Per una storia della metafisica” (Morano, Napoli, -- Grice: “What Mazzarella is proposing is what I did for the BBC: a history of metaphysics; philosophical tutees are too accustomed to ‘history of philosophy,’ but surely each branch requires a separate history! “storia della metafisica” does just that!” – “storia della semantica” hardly sounds as sexy, and “storia della pragmatica” sounds repugnantly academese!” --   “Ermeneutica dell'effettività” -- Prospettive ontiche dell'ontologia” (Guida, Napoli, -- Grice: “Note that Mazzarella is exploring the ‘effectivity,’ not the ‘affectivity’ – ex-fecto, not ad-fecto – “Filosofia e teo-logia” --  di fronte a Cristo (Cronopio, Napoli); “Sacralità” -- e vita, Quale etica per la bio-etica? (Guida, Napoli); Heidegger oggi, M., Mulino, Bologna, “Pensare e credere” Morcelliana, Brescia, “Vie d'uscita. L'identità umana come programma stazionario metafisico” (Melangolo, Genova); Opera media. Poesie, Melangolo, Genova, Lirica e filosofia, Morcelliana, Brescia, Vita Politica Valori. Sensibilità individuali e sentire comunitario, Guida, Napoli, “Anima madre,” Art studio Paparo, Napoli, “L'uomo che deve rimanere,” Quodlibet, Macerata,. S. Venezia, Nota bio-bibliografica, in Amato, Catena, Russo, L'ethos teoretico. Scritti in onore di M., Napoli, Guida,  Archivio degli articoli di Eugenio Mazzarella nel sito "ilsussidario.net". Curriculum vitae, pubblicazioni e attività di ricerca nel sito dell'Università degli Studi di Napoli Federico II, su docenti.unina. Grice: “The fact that he calls himself a Christian has me calling him a NON-PHILOSOPHER!” – Eugenio Mazzarella. Mazzarella. Keywords: implicatura. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Mazzarellla” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Mazzei: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale – filosofia toscana – filosofia fiorentina -- -- filosofia italiana -- Luigi Speranza (Poggio a Caiano). Filosofo italiano. Poggio, Toscana. Grice: “Not every philosopher has a city, ‘Colle,’ named after him!” -- Grice: “I like Mazzei; he is hardly a philosopher, but the Italians consider among the ‘filosofi italiani,’ – there is a good wine, “Mazzei,” since Mazzei, when travelling to the Americas, transplanted a grape from his paese – the descendants still grow it! In oltre, he was influential in the ‘risorgimento’!” -- essential Italian philosopher.Massone e cadetto di una nobile famiglia toscana di viticoltori, probabilmente risalente all'XI secolo e ancora esistente nel XXI secolo, fu personaggio energico ed eclettico, illuminista, promulgatore delle libertà individuali, dei diritti civili e della tolleranza religiosa. Visse una vita avventurosa e movimentata, con alterne fortune economiche.  Sebbene sia sconosciuto al grande pubblico, partecipò attivamente alla guerra d'indipendenza americana come agente mediatore all'acquisto di armi per la Virginia, ed è ritenuto dagli storici uno dei padri della Dichiarazione d'Indipendenza americana, in quanto intimo amico dei primi cinque presidenti statunitensi: George Washington, John Adams, James Madison, James Monroe e soprattutto Thomas Jefferson, di cui fu ispiratore, vicino di casa, socio in affari e con cui rimase in contatto epistolare fino alla morte.  Iniziato alla Massoneria, fu poi spettatore privilegiato della rivoluzione francese.  La sua figura storica è riemersa alla fine Professoregrazie all'infittirsi degli studi accademici in occasione del bicentenario della rivoluzione americana, fino ad essere onorato in occasione del 250º anniversario della sua nascita nel 1980 con un'emissione filatelica congiunta speciale delle poste italiane e statunitensi.   Dopo gli studi compiuti tra Prato e Firenze, nel 1752, in seguito a dissapori con il fratello maggiore Jacopo sulla gestione del patrimonio familiare, si stabilì a Pisa e poi a Livorno, intraprendendo con successo l'attività di medico. Dopo solo due anni lasciò la città e si trasferì a Smirne (Turchia) come chirurgo a seguito di un medico locale. Gunse a Londra dove, dopo un iniziale periodo irto di difficoltà economiche che lo vide arrangiarsi con l'insegnamento dell'italiano, riuscì nel corso dei tre lustri successivi ad arricchirsi con il commercio dei prodotti mediterranei, principalmente del vino, inserendosi lentamente nei salotti dell'alta borghesia londinese.  Una breve parentesi italiana si concluse con un precipitoso ritorno in Inghilterra, a seguito di una denuncia al tribunale dell’Inquisizione per “importazione di libri proibiti”. L'illuminismo e le idee di libertà religiosa che animavano il Mazzei, ben tollerate nella Londra di fine XVIII secolo, erano ancora tabù nella realtà italiana.  La Rivoluzione americana In questi circoli londinesi Filippo M. conobbe Franklin e Adams, che da lì a pochi anni sarebbero stati tra i protagonisti della rivoluzione americana.  Le colonie americane si autogovernavano, perlomeno sulle questioni locali, tramite assemblee di delegati liberamente eletti dai capifamiglia, e l'ordinamento giuridico era ispirato al meglio della legislazione inglese, che pure in quegli anni era probabilmente la più avanzata, garantista e liberale che esistesse.  Invitato dagli amici d'oltreoceano, spinto sia dalla curiosità dell'inedita forma di governo, ma soprattutto dalla disponibilità di terre e quindi dalla prospettiva di impiantare nel nuovo mondo coltivazioni mediterranee, Mazzei si trasferì in Virginia, con al seguito un gruppo di agricoltori toscani. A lui si unirono anche una vedova Maria Martin, che egli sposò, e l'amico Bellini che sarebbe divenuto il primo insegnante di italiano in un'università americana, il College of William and Mary in Virginia.  Inizialmente diretto in altro sito, Mazzei si fermò presso la tenuta di Monticello per incontrare Jefferson, con il quale già intratteneva rapporti epistolari e vantava amicizie comuni, e fu da lui convinto a trattenersi in loco, arrivando a cedere circa 0,75 km² della sua tenuta in favore dell'italiano. Da questa cessione nacque la tenuta di Colle (il nome deriva da Colle di Val d'Elsa, perché il Mazzei aveva preso ad esempio la campagna attorno alla città toscana), successivamente ampliata. Lo univa a Jefferson un sodalizio commerciale, con il primo impianto di una vigna nella colonia della Virginia, ma soprattutto un sodalizio intellettuale, frutto di una comune visione politica e di ideali condivisi, che si sarebbe protratto per oltre 40 anni.  Il livello delle frequentazioni americane trascinò velocemente Mazzei, arrivato con mere intenzioni imprenditoriali, nella vita politica della ribollente colonia della Virginia. Fu autore di veementi libelli contro l'opprimente dominazione inglese, inneggianti alla libertà ed all'uguaglianza. Alcuni di questi scritti furono tradotti in inglese dallo stesso Jefferson, che rimase influenzato da tali ideali, tanto da ritrovare successivamente alcune frasi di Mazzei trasposte nella Dichiarazione d'indipendenza degli Stati Uniti d'America.  Eletto speaker dell'assemblea parrocchiale dopo solo sei mesi dal suo arrivo in Virginia, ebbe modo di esporre le sue idee sulla libertà religiosa e politica a un vasto oratorio, composto anche di persone umili e ignoranti, che lo ascoltavano assorte. Un suo scritto, Instructions of the Freeholders of Albemarle County to their Delegates in Convention, redatto come istruzioni per i delegati della contea di Albemarle alla convenzione autoconvocatasi dopo lo scioglimento forzato dell'assemblea della Virginia imposto dal governatore inglese, fu utilizzato da Jefferson come bozza per il primo tentativo di scrittura della costituzione dello Stato della Virginia.  La sua affermazione politica seguiva di pari passo i rovesci economici, perché il clima e il terreno della Virginia non si erano dimostrati particolarmente graditi a vite e olivo, e nel 1774 un'eccezionale gelata aveva distrutto buona parte delle stentate coltivazioni impiantate con tanta fatica.  Naturalizzato cittadino della Virginia, volontario delle prime ore nella guerra d'indipendenza americana, e inviato in Europa da Jefferson e Madison per cercare prestiti, acquistareo meglio, contrabbandarearmi e ottenere informazioni politiche e militari utili alla nascente nazione.  In questo periodo scrisse articoli, fece interventi pubblici e cercò di avviare rapporti commerciali e politici tra gli Stati europei e la Virginia. Per tali servizi fu ufficialmente retribuito dallo Stato dell Virginia.  Rientrato in Virginia, con suo grande disappunto non fu nominato console. Ricevette I'incarico di amministratore della contea di Albemarle, ma solo due anni dopo nel 1785 lasciò per l'ultima volta il suolo americano, mantenendo comunque contatti epistolari con molti di quelli che sono definiti “padri della patria” statunitensi e in particolare con Jefferson, che ebbe modo di reincontrare successivamente a Parigi. Sua moglie rimase fino alla sua morte alla tenuta del Colle, che Mazzei aveva donato alla figliastra, Margherita Maria Martini e al di lei marito, il francese Plumard, Comte De Rieux.  La Rivoluzione francese e le vicende europee  Targa a Pisa, sulla casa in cui morì/ A Parigi pubblicò una voluminosa opera in quattro volumi Recherches historiques et politiques sur les États-Unis de l'Amérique Septentrionale. Si trattava della prima storia della rivoluzione americana pubblicata in francese. L'opera è tuttora una preziosa fonte di informazioni sul movimento che innescò la rivoluzione americana.  Il successo del libro e la notorietà delle sue idee, uniti alla costante attività di propaganda a favore dei neonati Stati Uniti d'America, lo fece venire in contatto con re Stanislao Augusto di Polonia, illuminato sovrano liberale, di cui divenne prima consigliere e poi rappresentante a Parigi.  Da questa posizione privilegiata poté seguire la rivoluzione francese, di cui condannò la deriva giacobina. Preso atto della rovina economica, nel 1791 si trasferì a Varsavia, assumendo la cittadinanza polacca e contribuendo alla stesura della costituzione.  Dopo un anno passato a Varsavia, a seguito della spartizione della Polonia nel 1792 rientrò definitivamente in Toscana, stabilendosi a Pisa. Lì sposa Antonina Tonini, da cui ebbe una figlia, Elisabetta. E testimone dell'arrivo delle truppe repubblicane francesi a Pisa e poi della loro cacciata, e fu coinvolto pur senza danni nei successivi processi intentati dal bargello ai liberali pisani che si riunivano durante la breve occupazione al Caffè dell'Ussero sul lungarno.  Ultimi anni M. visse quietamente altri 17 anni, dedicandosi ai propri studi di orticoltura e limitandosi a frequentare una ristretta cerchia di salotti praticati da giovani liberali, di cui era ispiratore. In conseguenza del dissolvimento della Polonia operata da Russia e Prussia nel 1795, lo zar Alessandro I si accollò i debiti della corte polacca e Mazzei poté fruire di un vitalizio. M. rimase sempre nostalgico della Virginia e dei suoi amici americani, che ne auspicavano il ritorno e con i quali mai interruppe il contatto epistolare. Nonostante i ripetuti progetti di un viaggio in America, Mazzei non fu mai capace di affrontare questa nuova avventura. Ebbe modo di assistere all'ascesa e alla caduta di Napoleone Bonaparte e scrisse le proprie memorie, pubblicate nel 1848, oltre trent'anni dopo la sua morte a Pisa.  Saggi: “Stanislao Re di Polonia” (Roma: Istituto storico italiano per l'età moderna e contemporanea); “Ricerche storiche  sull’America” (Firenze, Ponte alle Grazie); “Memorie” Gino Capponi, Lugano, Tip. della Svizzera Italiana); “Del commercio della seta fatto in Inghilterra dalla Compagnia delle Indie Orientali” S. Gelli, Poggio a Caiano, Comune di Poggio a Caiano); “Le istruzioni per i delegati alla convenzione” (Firenze, Morgana); “Opere di suor Margherita Marchione “Scelta di scritti e lettere,”“Agente di Virginia durante la rivoluzione americana” “Agente del Re di Polonia durante la Rivoluzione Francese”“La vita avventurosa di M,” Cassa di Risparmi e Depositi, Prato. Marchione Margherita: La vita avventurosa Marchione Margherita, Curiosità.A inizio degli anni 2000, fra alcuni intellettuali toscani appassionati della sua figura è circolata la speculazione che Mazzei potrebbe aver ispirato persino la bandiera statunitense, adottata dal Congresso  un anno dopo la Dichiarazione d'Indipendenza. La suggestione nasce dall'importanza che l'alternanza dei colori rosso e bianco ha nell'araldica toscana e non solo e di cui un esempio famoso è l'insegna di Ugo di Toscana. Potrebbe forse aver discusso anche di araldica con gl’americani. Le radici storiche della bandiera americana sono, in realtà, nella Grand Union Flag.  In suo ricordo è stato istituito il premio The Bridge. La cerimonia è stata istituita a Roma per celebrare un toscano che insieme ai padri costituenti degli Stati Uniti d'America da vita alla stesura della dichiarazione d'indipendenza. Sua era la frase. Tutti gli uomini sono per natura liberi ed indipendenti. Russo, Nasce a Firenze un museo che racconta la massoneria, in La Repubblica, Firenze, Riferito al museo dedicato alla storia della Massoneria in Italia.  Premio. Dalla Toscana all'America: il suo contributo, Poggio a Caiano, Comune di Poggio a Caiano, Becattini Massimo, Mercante italiano a Londra, Poggio a Caiano, Comune di Poggio a Caiano, Bolognesi Andrea, L. Corsetti, L. Stadio, Mostra di cimeli e scritti, catalogo della mostra a cura di, Poggio a Caiano, palazzo Comunale, Comune di Poggio a Caiano. Camajani Guelfo Guelfi, un illustre Toscano: medico, agricoltore, scrittore, giornalista, diplomatico, Firenze, Associazione Toscani, Ciampini Raffaele, Lettere alla corte di Polonia Bologna: N. Zanichelli, Corsetti Luigi, Gradi Renzo, Avventuriero della Libertà, con scritti di Marchione e Tortarolo, Poggio a Caiano, C.I.C. Associazione Culturale "Ardengo Soffici", Di Stadio Luigi, Tra pubblico e privato. Raccolta di documenti inediti, Poggio a Caiano, Biblioteca Comunale di Poggio a Caiano, Fazzini Gianni, "Il gentiluomo dei tre mondi", Roma: Gaffi, Gerosa Guido, Il fiorentino che fece l'America. Vita e avventure Milano, Sugar, Gradi Renzo, Un bastimento carico di Roba bestie e uomini in un manoscritto, Poggio a Caiano, Comune di Poggio a Caiano, Gradi Renzo, Parigi: Scritti e memorie, Comune di Poggio a Caiano, Giovanni, Figure dimenticate dell'indipendenza, Francesco Vigo, Roma: Il Veltro, Giancarlo, Iacopo, L'America fu concepita a Firenze, Firenze: Bonechi,Tognetti Burigana Sara, Tra riformismo illuminato e dispotismo napoleonico; esperienze del cittadino americano, Roma, Edizioni di Storia e letteratura, Tortarolo Edoardo, Illuminismo e Rivoluzioni. Biografia politica di M., Milano, Angeli, Łukaszewicz, M., Mazzini; saggi sui rapporti italo-polacchi Abolizionismo Rivoluzione americana Rivoluzione francese Franklin Henry Jefferson Mason Monroe William Paca Stanisław August Poniatowski Padri fondatori degli Stati Uniti d'America Italo-Americani Dichiarazione d'indipendenza degli Stati Uniti. Treccani Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana su siusa.archivi.beniculturali, Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche. Jefferson, e Vigo (video), su youtube. com. Jefferson Encyclopedia, su monticello. org. Il circolo Filippo Mazzei Pisa, su circolo filippomazzei. net.  M., chi era costui?, su mltoscana. blogspot.com. Clan Libertario Toscano M., su mltoscana. blogspot.com. Il circolo Filippo Mazzei, su geocities. com. Carteggio Thomas Jefferson M. I processi contro  ed i liberali pisani, su idr.unipi. Monticello the home of Thomas Jefferson, su monticello.org.  famous americans. net. Another Site about P.Mazzei and other famous Italian American, su Cleveland memory.org.  M., Thomas Jefferson e gli scultori carraresi per la costruzione del Campidoglio degli Stati Uniti di Nicola Guerra su farefuturofondazione. premio Filippo mazzei. com. Memorie della vita e delle peregrinazioni del fiorentino. Grice: “The more Italian historians of philosophy, in their pretentiously and fake patriotic prose, keep referring to this or that as ‘un illustre toscano’, the less I am leaned to see Mazzei as ITALIAN at all!” – Paeseism with a vengeance!” – Grice: “As a Brit, I find Mazzei a traitor – to his country, and to mine!” -- Filippo Mazzei. Mazzei. Keywords: implicature, mazzei wine, vino mazzei, la rivoluzione del nuovo mondo. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Mazzei," per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Speranza, Liguria, Italia.

 

Grice e Mazzini: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale – la giovine italia – la scuola di Genova -- filosofia ligure -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Genova). Filosofo ligure. Filosofo italiano. Genova, Liguria. Grice: “Of course it is difficult for an Italian philosopher to approach the philosophy of Mazzini cooly; it would be like me approaching the philosophy of Horatio Nelson!” – Grice: “I’ve found ‘Il pensiero filosofico di Giuseppe Mazzini’ quite helpful – the equivalent would be the pretentious sounding, “The philosophical thought of Sir Winston Churchill,’ say!” --  Grice: “Luigi Speranza loves to cherish the fact that an old street in Woolwich, of all places, is named after him, in a way ‘Speranza,’ just because Garibaldi visited!” Grice: “Luigi Speranza also cherishes the fact that Lady Wilde preferred ‘Speranza’ just to defend Mazzini!” Esponente di punta del patriottismo risorgimentale, le sue idee e la sua azione politica contribusceno in maniera decisiva alla nascita dello STATO UNITARIO ITALIANO. Le condanne subite in diversi tribunali d'Italia lo costringeno però alla latitanza fino alla morte. Le teorie mazziniane sono di grande importanza nella definizione dei moderni movimenti europei per l'affermazione della democrazia attraverso la forma repubblicana dello stato. Nacque a Genova, allora capoluogo dell'omonimo dipartimento francese costituito da parte del regime di Bonaparte. Il padre, Giacomo, e medico e docente universitario d'anatomia originario di Chiavari, una cittadina del Tigullio all'epoca capoluogo del dipartimento francese degli Appennini, successivamente parte della provincia di Genova, figura politicamente attiva nella scena pubblica locale, sia durante l'epoca della precedente repubblica ligure, sia, in tempi successivi, dell'Impero napoleonico. Alla madre, Maria Drago, una fervente giansenista originaria di Pegli, un comune autonomo, accorpato nel comune di Genova, fu molto legato per tutta la vita. Affettuosamente chiamato "Pippo" dalla famiglia, una volta terminati gli studi superiori presso il cittadino Liceo classico Cristoforo Colombo, si iscrisse a Genova. Si segnala per la sua ribellione ai regolamenti di stampo religioso che imponeno di andare a messa e di confessarsi. E arrestato perché, proprio in chiesa, si rifiuta di lasciare il posto a un generale austriaco. Lo appassiona la letteratura: si innamorò delle letture di Goethe, Shakespeare e Foscolo (pur senza condividerne la filosofia materialista), restando così colpito dalle Ultime lettere di Jacopo Ortis da volersi vestire sempre di nero, in segno di lutto per la patria oppressa. La passione per la letteratura, insieme a quella per la musica (e un abile suonatore di chitarra), la ha  per tutta la vita: oltre agli autori citati, lesse Dante, Schiller, Alfieri, i grandi poeti romantici come Byron, Shelley, Keats, Wordsworth, Coleridge e i narratori come Dumas padre e le sorelle Brontë. Ha il suo trauma rivelatore. Al passaggio a Genova dei federati piemontesi reduci dal loro tentativo di rivolta, si affacciò in lui il pensiero che si puo, e quindi si deve, lottare per la libertà della patria. Cominciò ad esercitare la professione nello studio di un avvocato, ma l'attività che lo impegnava era quella di giornalista presso l'Indicatore genovese, sul quale inizia a pubblicare recensioni di saggi patriottici. La censura lascia fare per un po', ma poi soppresse il giornale. Compone il saggio, “Dell'amor patrio d’Aligheri”. Ottenne la laurea “in utroque iure”. Entra nella carboneria, della quale divenne segretario in Valtellina.  Ho a lottare con il più grande dei soldati, Napoleone. Giunsi a mettere d'accordo tra loro imperatori, re e papi. Nessuno mi dette maggiori fastidi di un brigante italiano: magro, pallido, cencioso, ma eloquente come la tempesta, ardente come un apostolo, astuto come un ladro, disinvolto come un commediante, infaticabile come un innamorato, il quale ha nome: Giuseppe M.. (Klemens von Metternich, Memorie ed. Bonacci). Per la sua attività cospirativa e arrestato su ordine di Felice di Savoia e detenuto a Savona nella Fortezza del Priamar. Durante la detenzione idea e formula il programma di un nuovo movimento politico chiamato “Giovine Italia” che, dopo essere stato liberato per mancanza di prove, presenta e organizzò a Marsiglia dove e costretto a rifugiarsi in esilio.  I motti dell'associazione erano Dio e popolo e unione, forza e libertà e il suo scopo era l'unione degli stati italiani in un'unica repubblica con un governo centrale quale sola condizione possibile per la liberazione del popolo italiano dagli invasori stranieri. Il progetto federalista infatti, poiché senza unità non c'è forza, ha fatto dell'Italia una nazione debole, naturalmente destinata a essere soggetta ai potenti stati unitari a lei vicini. Il federalismo inoltre avrebbe reso inefficace il progetto risorgimentale, facendo rinascere quelle rivalità municipali, ancora vive, che avevano caratterizzato la peggiore storia dell'Italia medioevale. L'obiettivo repubblicano e unitario avrebbe dovuto essere raggiunto con un'insurrezione popolare condotta attraverso una guerra per bande. Durante l'esilio in Francia, ha una relazione con la nobildonna repubblicana Giuditta Bellerio Sidoli, vedova di Giovanni Sidoli, ricco patriota di Montecchio Emilia. Giuditta aveva condiviso con il marito la fede politica che, portandolo a cospirare contro la corte estense, aveva costretto la coppia a esiliare in Svizzera. Colpito da una grave malattia polmonare, muore a Montpellier.  Poiché la vedova non aveva ricevuto alcuna condanna, ritorna a Reggio Emilia presso la famiglia del marito con i suoi quattro figli: Maria, Elvira, Corinna e Achille. Dopo il fallimento dei moti dove fuggire in Francia dove conobbe Mazzini a cui si legò sentimentalmente. Dopo il vano tentativo del 1831 di portare dalla parte liberale il nuovo re Carlo Alberto di Savoia con la celebre lettera firmata "un italiano", insieme a Berghini e Barberis, M. fu condannato in contumacia a "morte ignominiosa" dal Consiglio Divisionario di Guerra, presieduto dal maggior generale Saluzzo Lamanta. La condanna venne poi revocata nel 1848, quando Carlo Alberto decise di concedere un'amnistia generale. Rifugiatosi  nella cittadina svizzera di Grenchen, nel canton Soletta, vi rimase sino a quando fu arrestato dalla polizia cantonale che gli ingiunse di lasciare la Confederazione entro 24 ore. Per impedirne l'allontanamento l'assemblea dei cittadini di Grenchen conferì al giovane profugo la cittadinanza con 122 voti a favore e 22 contrari, invalidata però dal governo cantonale. Mazzini, nascostosi nel frattempo, fu scoperto e dovette lasciare la Svizzera assieme ad altri esuli, tra i quali Agostino e Giovanni Ruffini.  Comincia il lungo soggiorno a Londra, dove M. raccolse attorno a sé esuli italiani e persone favorevoli al repubblicanesimo in Italia, dedicandosi, per vivere, all'attività di insegnante dei figli degli italiani; qui conobbe e frequentò anche diverse personalità inglesi, tra cui Mary Shelley (vedova del poeta P.B. Shelley), Anne Isabella Milbanke (vedova di Lord Byron, idolo di gioventù di M.), il filosofo ed economista John Stuart Mill, Thomas Carlyle e sua moglie Jane Welsh, lo scrittore Charles Dickens, che finanziò la sua scuola. Il poeta decadente Algernon Swinburne gli dedicò Ode a Mazzini. Nello stesso quartiere di M. visse anche Marx.  Durante il soggiorno londinese M. ebbe una lunga relazione di amicizia con la famiglia Craufurd, documentata da copiosa corrispondenza epistolare. Sempre a Londra ebbe rapporti con la famiglia di Ashurst e con il genero di questi, il politico Stansfeld, la cui consorte Caroline Ashurst Stansfeld e sostenitrice della società "Society of the Friends of Italy". Per la causa dell'unificazione italiana M. collaborò anche con il secolarista George Holyoake.  Fondò poi altri movimenti politici per la liberazione e l'unificazione di vari stati europei: la Giovine Germania, la Giovine Polonia e infine la Giovine Europa. Quest'ultima, fondata a Berna in accordo con altri rivoluzionari stranieri, aveva tra i suoi principi ispiratori la costituzione degli Stati Uniti d'Europa. In questa occasione Mazzini estese dunque il desiderio di libertà del popolo italiano (che si sarebbe attuato con la repubblica) a tutte le nazioni europee. L'associazione rivoluzionaria europea aveva come scopo specifico l'agire dal basso in modo comune e, usando strumenti insurrezionali e democratici, realizzare nei singoli stati una coscienza nazionale e rivoluzionaria. Sulla scia della Giovine Europa M. fonda anche l'Alleanza Repubblicana Universale.  Il movimento della Giovine Europa ebbe anche un forte ruolo di promozione dei diritti della donna, come testimonia l'opera di numerose mazziniane, tra cui la citata Bellerio Sidoli, ma anche Cristina Trivulzio di Belgiojoso e Saffi, la moglie di Saffi, uno dei più stretti collaboratori di M. e suo erede per quanto riguarda il mazzinianesimo politico. M. continuò a perseguire il suo obiettivo dall'esilio e tra le avversità con inflessibile costanza, convinto che questo fosse il destino dell'Italia e che nessuno avrebbe potuto cambiarlo. Tuttavia, nonostante la sua perseveranza, l'importanza delle sue azioni fu più ideologica che pratica.  Dopo il fallimento dei moti del 1848, durante i quali M. era stato a capo della breve Repubblica Romana insieme ad Aurelio Saffi e Carlo Armellini, i nazionalisti italiani cominciarono a vedere nel re del Regno di Sardegna e nel suo Primo Ministro Camillo Benso conte di Cavour le guide del movimento di riunificazione. Ciò volle dire separare l'unificazione dell'Italia dalla riforma sociale e politica invocata da M.. Cavour fu abile nello stringere un'alleanza con la Francia e nel condurre una serie di guerre che portarono alla nascita dello STATO ITALIANO ma la natura politica della nuova compagine statale era ben lontana dalla repubblica mazziniana.  A Londra per reagire alla caduta della Repubblica Romana e in continuità con essa, M.  fonda il Comitato Centrale Democratico Europeo e il Comitato Nazionale Italiano, lanciando il Prestito Nazionale Italiano, le cui cartelle portavano appunto lo stemma della Repubblica romana e l'intitolazione del prestito «diretto unicamente ad affrettare l'indipendenza e l'unità d'Italia». A garanzia del prestito le cartelle recavano la firma degli ex triumviri Mazzini, Saffi e, in assenza dell'irreperibile Armellini, Mattia Montecchi. La diffusione delle cartelle nel Lombardo-Veneto ebbe come immediata conseguenza la ripresa dell'attività cospirativa e rivoluzionaria, soprattutto a Mantova.. Messina fu chiamata al voto per eleggere i suoi deputati al nuovo parlamento di Firenze. M. era candidato, nel secondo collegio, ma non poté fare campagna elettorale perché esule a Londra. Pendevano sul suo capo due condanne a morte: una inflitta dal tribunale di Genova per i moti (in primo grado e in appello); un'analoga condanna a morte era stata inflitta dal tribunale di Parigi per complicità in un attentato contro Napoleone III. Inaspettatamente, M. vinse con larga messe di voti (446). Dopo due giorni di discussione, la Camera annullava l'elezione in virtù delle condanne precedenti.   Il letto di morte di M., distrutto dagli aerei degli Stati Uniti durante il bombardamento di Pisa. Maschera mortuaria di M., gesso, Domus Mazziniana, Pisa Due mesi dopo gli elettori del secondo collegio di Messina tornarono alle urne: vinse di nuovo M. La Camera, dopo una nuova discussione, il 18 giugno riannullò l'elezione. IM. viene rieletto una terza volta; dalla Camera, questa volta, arrivò la convalida. Mazzini, tuttavia, anche nel caso fosse giunta un'amnistia o una grazia, decise di rifiutare la carica per non dover giurare fedeltà allo Statuto Albertino, la costituzione dei monarchi sabaudi. Egli infatti non accettò mai la monarchia e continuò a lottare per gli ideali repubblicani.  Lascia Londra e si stabilì in Svizzera, a Lugano. Due anni dopo furono amnistiate le due condanne a morte inflitte al tempo del Regno di Sardegna: Mazzini quindi poté rientrare in Italia e, una volta tornato, si dedicò subito all'organizzazione di moti popolari in appoggio alla conquista dello Stato Pontificio. L'11 agosto partì in nave per la Sicilia, ma il 14, all'arrivo nel porto di Palermo, fu tratto in arresto (la quarta volta nella sua vita) e recluso nel carcere militare di Gaeta. Partito da Basilea e in viaggio nel passo del San Gottardo, conobbe in una carrozza Nietzsche, allora poco conosciuto filologo e docente. Questo incontro sarà testimoniato dallo stesso Nietzsche anni dopo.  Costretto di nuovo all'esilio, riuscì a rientrare in Italia sotto il falso nome di Giorgio Brown (forse un riferimento a John Brown) a Pisa. Qui, malato già da tempo, visse nascosto nell'abitazione di Pellegrino Rosselli, antenato dei fratelli Rosselli e zio della moglie di Nathan, fino al giorno della sua morte, avvenuta quando la polizia stava ormai per arrestarlo nuovamente.  Traversie della salma  M. morente, Silvestro Lega La notizia della sua morte si diffuse rapidamente, commuovendo l'Italia; il suo corpo fu imbalsamato dallo scienziato Paolo Gorini, appositamente fatto accorrere da Lodi su incarico di Bertani: Gorini disinfettò la salma per permettere l'esposizione. Una folla immensa partecipò ai funerali, svoltisi nella città toscana il pomeriggio del 14 marzo, accompagnando il feretro al treno in partenza per Genova, dove venne sepolto al Cimitero monumentale di Staglieno.  Le esequie furono accompagnate dalla musica della storica Filarmonica Sestrese C. Corradi G. Secondo. Successivamente Gorini ricominciò a lavorare sul corpo di M., onde pietrificarlo secondo la sua tecnica di mummificazione; terminò il lavoro qualche anno dopo. Avvenne la ricognizione della mummia, che fu sistemata ed esposta al pubblico in occasione della nascita della Repubblica Italiana: da allora riposa nuovamente nel sarcofago del mausoleo.  Mausoleo Benché sia incerta l'affiliazione di M. alla Massoneria fu l'associazione stessa a commissionare il mausoleo all'architetto mazziniano Grasso che lo realizzò in stile neoclassico adornandolo con alcuni simboli massonici.  Il sepolcro reca all'esterno la scritta “M” e all'interno sono presenti numerose bandiere tricolori repubblicane e iscrizioni lasciate da gruppi mazziniani o da personalità come Carducci. Sulla lapide è scolpita la scritta "M.. Un Italiano" che era la firma da lui apposta nella lettera a Carlo Alberto, e l'epitaffio: «Il corpo a Genova, il nome ai secoli, l'anima all'umanità. Testimonianze di alcuni personaggi storici e una corrispondenza dello stesso M., citati nell'opera dello studioso Luigi Polo Friz fanno ritenere che verosimilmente M., a differenza di altri celebri personaggi dell'epoca, come Garibaldi, non sia mai stato affiliato alla massoneria, anche se questa ha ripreso molti degli ideali mazziniani, simili ai suoi.  La principale obbedienza italiana, l'unica attiva all'epoca di Mazzini in Italia, il Grande Oriente d'Italia, afferma l'impossibilità di provare l'appartenenza di Mazzini, che pure ebbe influenza nella società, anche se non partecipò mai alla vita dell'associazione, occupato com'era nella causa della "sua" società segreta, la Giovine Italia. In effetti M. fu carbonaro, ma la Carboneria fu presto distinta dalla massoneria. Montanelli afferma invece che probabilmente Mazzini fu massone. Dello stesso parere è Massimo Della Campa, che in una "Nota su Mazzini" fa riferimento al libro dell'ex-Gran Maestro del grande Oriente d'Italia Giordano Gamberini, Mille volti di massoni (Erasmo, Roma), che a119 scrive a proposito di M.: «Iniziato a Genova, secondo G. Fazzari e F. Borsari (Luce e concordia). Ricevette dal Fr. Passano il 32° grado del R.S.A.A., necessario per corrispondere in Carboneria al livello di Vendita Suprema, nelle carceri di Savona. Con decreto del S. C. di Palermo ricevette l'aumento di luce al 33° grado e la qualifica di membro onorario del medesimo Supremo Consiglio. Fu membro onorario delle LL. Lincoln di Lodi e Stella d'Italia di Genova. Scrivendo a Logge, Corpi rituali e Fratelli usò sempre i segni massonici. Nessun contemporaneo mise mai in dubbio l'appartenenza di M. alla Massoneria.»  M. stesso sembrerebbe però smentire la sua partecipazione all'associazione in una lettera al massone Campanella, Sovrano Gran Commendatore del Supremo Consiglio del Rito scozzese antico ed accettato di Palermo, in cui, restituendogli le carte che questi gli aveva fatto recapitare scriveva. La Massoneria accettando da anni e anni ogni uomo, senza dichiarazioni d'opinioni politiche, s'è fatta assolutamente inutile a ogni scopo nazionale. Per farne qualche cosa bisognerebbe prima una misura d'eliminazione ed una di revisione delle file, poi una formula nazionale o politica per l'iniziazione... Chi vuol intendere intenda. La patria è la casa dell'uomo, non dello schiavo – M. Ai giovani d'Italia) Per comprendere a pieno la dottrina politica di Mazzini bisogna rifarsi al pensiero religioso che ispira il periodo della Restaurazione seguito alla caduta dell'impero napoleonico. Nasce allora una nuova concezione della storia che smentiva quella degli illuministi basata sulla capacità degli uomini di costruire e guidare la storia con la ragione. Le vicende della Rivoluzione francese e il periodo napoleonico avevano dimostrato che gli uomini si propongono di perseguire alti e nobili fini che s'infrangono dinanzi alla realtà storica. Il secolo dei lumi era infatti tramontato nelle stragi del Terrore e il sogno di libertà nella tirannide napoleonica che, mirando alla realizzazione di un'Europa al di sopra delle singole nazioni, aveva determinato invece la ribellione dei singoli popoli proprio in nome del loro sentimento di nazionalità.  Secondo questa visione romantica dunque la storia non è guidata dagli uomini ma è Dio che agisce nella storia; esisterebbe dunque una Provvidenza divina che s'incarica di perseguire fini al di là di quelli che gli uomini si propongono di conseguire con la loro meschina ragione. Da questa concezione romantica della storia, intesa come opera della volontà divina si promanano due visioni contrapposte: una è la prospettiva reazionaria che vede nell'intervento di Dio nella storia una sorta di avvento di un'apocalisse che metta fine alla storia degli uomini.  Napoleone I è stato, con le sue continue guerre, l'Anticristo di questa apocalisse: Dio segnerà la fine della storia malvagia e falsamente progressiva e allora agli uomini non rimarrà che volgersi al passato per preservare e conservare quanto di buono era stato realizzato. Si cercherà dunque in ogni modo di cancellare tutto ciò che è accaduto dalla Rivoluzione a Napoleone restaurando il passato.  La concezione reazionaria contro cui M. combatté strenuamente assume un aspetto politico-religioso che troviamo nel pensiero di Chateaubriand che nel Génie du christianisme (Genio del Cristianesimo) attaccava le dottrine illuministiche prendendo le difese del cristianesimo e soprattutto nell'ideologia mistica teocratica di Joseph de Maistre, che arriva nell'opera Du pape (Il papa)  al punto di auspicare un ritorno dell'alleanza tra il trono e l'altare riproponendo il modello delle comunità medioevali protette dalla religione tradizionale contro le insidie del liberalismo e del razionalismo. Un'altra prospettiva, che nasce paradossalmente dalla stessa concezione della storia guidata dalla divinità, è quella che potremo definire liberale che vede nell'azione divina una volontà diretta, nonostante tutto, al bene degli uomini escludendo che nei tempi nuovi ci sia una sorta di vendetta di Dio che voglia far espiare agli uomini la loro presunzione di creatori di storia. È questa una visione provvidenziale, dinamica della storia che troviamo in Saint Simon con la concezione di un nuovo cristianesimo per una nuova società o in Lamennais che vede nel cattolicesimo una forza rigeneratrice della vita sociale. Una concezione progressiva quindi che è presente in Italia nell'opera letteraria di Manzoni e nel pensiero politico di Gioberti con il progetto neoguelfo e nell'ideologia mazziniana.  Concezione mazziniana «Costituire l'Italia in Nazione Una, Indipendente, Libera, Repubblicana – M.,  Istruzione generale per gli affratellati nella Giovine Italia) Magnifying glass icon mgx2.svg Mazzinianesimo. Dio e popolo «Noi cademmo come partito politico. Dobbiamo risorgere come partito religioso. L'elemento religioso è universale, immortale: universalizza e collega. Ogni grande rivoluzione ne serba impronta, e lo rivela nella propria origine o nel fine che si propone. Per esso si fonda l'associazione. Iniziatori d'un nuovo mondo, noi dobbiamo fondare l'unità morale, il cattolicismo Umanitario. Il pensiero politico mazziniano deve dunque essere collocato in questa temperie di romanticismo politico-religioso che dominò in Europa dopo la rivoluzione ma che era già presente nei contrasti al Congresso di Vienna tra gli ideologi che proponevano un puro e semplice ritorno al passato prerivoluzionario e i cosiddetti politici che pensavano che bisognasse operare un compromesso con l'età trascorsa.  Alcuni storici hanno fatto risalire la concezione religiosa di M. all'educazione ricevuta dalla madre fervente giansenista (almeno fino agli anni '40 fa spesso riferimenti biblici ed evangelici) o ad una vicinanza ideale col protestantesimo e le chiese riformate ma, secondo altri, la visione religiosa di Mazzini non coinciderebbe con quella di nessuna religione rivelata. Il personale concetto mazziniano di Dio, che per alcuni tratti è avvicinabile al deismo settecentesco, con evidenti influssi della religiosità civica e preromantica di Rousseau, per altri versi al Dio panteistico degli stoici, è alla base di una religiosità che tuttavia esige la laicità dello Stato (questo nonostante la dichiarata contraddizione poiché se, come egli crede, politica e religione coincidono, non avrebbe senso separare la sua concezione teologica da quella politica e l'assenza di intermediari tra Dio e il popolo. Per ciò e per il ruolo avuto nella storia umana e italiana, define il papato la base d'ogni autorità tirannica. Un altro influsso sulla sua concezione religiosa è stato visto nella considerazione che ha per la religione CIVILE di ispirazione ROMANA e per l'ammirazione verso la prima Roma, antica e pagana, che passando per la seconda Roma, cristiana e medievale, prepara il campo alla terza Roma future. Un mito questo, romantico-neoclassico, che e fatto proprio da Carducci e poi dal fascismo, con il filosofo Ricci -- e dalla massoneria con l'esoterista Reghini e avvicina il mazzinianesimo anche al culto massonico del Grande Architetto dell'Universo. In realtà rifiuta non solo l'ateismo (è questa una delle divisioni ideologico-teoriche che egli ebbe con altri repubblicani come Pisacane) e il materialismo L'ateismo, il materialismo non hanno, sopprimendo Dio, una legge morale superiore per tutti e sorgente del Dovere per tutti...»), ma anche il trascendente, in favore dell'immanente: egli crede nella reincarnazione, per poter migliorare di continuo il mondo e migliorare sé stessi. Una concezione questa tratta probabilmente da Platone o dalle religioni orientali come l'induismo e il buddismo, religioni alle quali Mazzini si era interessato. Come altri patrioti, letterati, rivoluzionari delle società segrete francesi, inglesi e italiane Mazzini vide nell'abate calabrese Gioacchino da Fiore, l'autore di una profezia riguardante l'avvento della Terza Età o Età dello Spirito Santo quando sarebbe sorta la Terza Italia che sarebbe rinata, libera dalle dominazioni straniere, come la nazione che avrebbe esercitato un primato sulle altre per la presenza della Chiesa cattolica: tema questo poi ripreso da Gioberti nel suo Primato morale e civile degli Italiani.  M. ebbe grande interesse per Gioacchino tanto da volergli dedicare un trattato rimasto inedito Joachino, appunti per uno studio storico sull'abate Gioacchino], che considerava un suo precursore per gli ideali sociali e politici da realizzare tramite un'unità spirituale e storica.  Religione civile La sua è stata anche definita una religione civile dove la politica svolgeva il ruolo della fede e dove la divinità si incarna in modo panteista nell'Universo e nell'Umanità stessa, che attua la Legge che nel Progresso si rivela. Egli afferma di credere che Dio è Dio, e l'Umanità è il suo Profeta, che il popolo romano è immagine di Dio sulla terra e vi è«un Dio solo, autore di quanto esiste, Pensiero vivente, assoluto, del quale il nostro mondo è raggio e l'Universo una incarnazione. Per lui non conta che la sua intima credenza sia razionale o no, come il Dio di Voltaire e Newton che è invocato come la causa prima dell'ordine naturale, poiché «Dio esiste. Noi non dobbiamo né vogliamo provarvelo: tentarlo, ci sembrerebbe bestemmia, come negarlo, follia. Dio esiste, perché noi esistiamo» anche se, specifica, «l'universo lo manifesta con l'ordine, con l'armonia, con l'intelligenza dei suoi moti e delle sue leggi. E altresì convinto che fosse ormai presente nella storia un nuovo ordinamento divino nel quale la lotta per raggiungere l'unità nazionale assumeva un significato provvidenziale. «Operare nel mondo significava per il M. collaborare all'azione che Dio svolgeva, riconoscere ed accettare la missione che uomini e popoli ricevono da Dio. Per questo bisogna «mettere al centro della propria vita il dovere, senza speranza di premio, senza calcoli di utilità. Quello di M. era un progetto politico, ma mosso da un imperativo religioso che nessuna sconfitta, nessuna avversità avrebbe potuto indebolire. «Raggiunta questa tensione di fede, l'ordine logico e comune degli avvenimenti veniva capovolto; la disfatta non provocava l'abbattimento, il successo degli avversari non si consolidava in ordine stabile.». La storia dell'umanità dunque sarebbe una progressiva rivelazione della Provvidenza divina che, di tappa in tappa, si dirige verso la meta predisposta da Dio.  Esaurito il compito del Cristianesimo, chiusasi l'era della Rivoluzione francese ora occorreva che i popoli prendessero l'iniziativa per «procedere concordi verso la meta fissata al progresso umano». Ogni singolo individuo, come la collettività, tutti devono attuare la missione che Dio ha loro affidato e che attraverso la formazione ed educazione del popolo stesso, reso consapevole della sua missione, si realizzerà attraverso due fasi: Patria e Umanità.  Patria e umanità  Targa in onore di M. sulla casa londinese Senza una patria libera nessun popolo può realizzarsi né compiere la missione che Dio gli ha affidato; il secondo obiettivo sarà l'Umanità che si realizzerà nell'associazione dei liberi popoli sulla base della comune civiltà europea attraverso quello che Mazzini chiama il banchetto delle Nazioni sorelle. Un obiettivo dunque ben diverso da quella confederazione europea immaginata da Napoleone dove la Francia avrebbe esercitato il suo primato egemonico di Grande Nation.  La futura unità europea non si realizzerà attraverso una gara di nazionalismi ma attraverso una nobile emulazione dei liberi popoli per costruire una nuova libertà. Il processo di costruzione europea, secondo M., doveva svolgersi prima di tutto attraverso l'affermazione delle nazionalità oppresse, come quelle facenti parte dell'Impero asburgico, e poi anche di quelle che non avevano ancora raggiunto la loro unità nazionale.  Iniziativa italiana In questo processo unitario europeo spetta all'Italia un'alta missione: quella di riaprire, conquistando la sua libertà, la via al processo evolutivo dell'Umanità: la redenzione nazionale italiana apparirà improvvisa come una creazione divina al di fuori di ogni inutile e inefficace metodo graduale politico diplomatico di tipo cavouriano. L'iniziativa italiana che avverrà sulla base della fraternità tra i popoli e non rivendicando alcuna egemonia, come aveva fatto la Francia, consisterà quindi nel dare l'esempio per una lotta che porterà alla sconfitta delle due colonne portanti della reazione, di quella politica dell'Impero Asburgico e di quella spirituale della Chiesa cattolica. Raggiunti gli obiettivi primari dell'unità e della Repubblica attraverso l'educazione e l'insurrezione del popolo, espressi dalla formula di Pensiero ed azione, l'Italia darà quindi il via a questo processo di unificazione sempre più vasta per la creazione di una terza civiltà formata dall'associazione di liberi popoli.  Funzione della politica  Il mausoleo di M. nel cimitero monumentale di Staglieno, realizzato dall'architetto mazziniano Grasso. La politica è scontro tra libertà e dispotismo e tra queste due forze non è possibile trovare un compromesso: si sta svolgendo una guerra di principi che non ammette transazioni; M. esorta la popolazione a non accontentarsi delle riforme che erano degli accomodamenti gestiti dall'alto: non radicavano, cioè, nello spirito del tempo quella libertà e quell'uguaglianza di cui il popolo aveva bisogno.  La logica della politica è logica di democrazia e libertà, non accettabili dalle forze reazionarie; contro di esse è necessaria una brusca rottura rivoluzionaria: alla testa del popolo vi dovrà essere la classe colta (che non può più sopportare il giogo dell'oppressione) e i giovani (che non possono più accettare le anticaglie dell'antico regime). Questa rivoluzione deve portare alla Repubblica, la quale garantirà l'istruzione popolare.  La rivoluzione, che è anche pedagogico strumento di formazione di virtù personali e collettive, deve iniziare per ondate, accendendo focolai di rivolta che incitino il popolo inconsapevole a prendere le armi. Una volta scoppiata la rivoluzione si dovrà costituire un potere dittatoriale (inteso come potere straordinario alla maniera dell'Antica Roma, non come tirannide) che gestisca temporaneamente la fase post-rivoluzionaria. Il governo verrà restituito al popolo non appena il fine della rivoluzione verrà raggiunto, il prima possibile.  La Giovane Italia deve educare alla gestione della cosa pubblica, ad essere buoni cittadini, non è, perciò, esclusivamente uno strumento di organizzazione rivoluzionaria. Il popolo deve avere diritti e doveri, mentre la rivoluzione francese si è concentrata esclusivamente sui diritti individuali: fermandosi ai diritti dell'individuo aveva dato vita ad una società egoista; l'utile per una società non va mai considerato secondo il bene di un singolo soggetto ma secondo il bene collettivo. Non crede nell'eguaglianza predicata dal marxismo e al sogno della proprietà comune sostituisce il principio dell'associazionismo, che è comunque un superamento dell'egoismo individuale.Questione sociale M. affrontò la questione sociale negli scritti più tardi, ad esempio nei Doveri dell'uomo Rifiuta il marxismo, convinto com'è che per spingere il popolo alla rivoluzione sia prioritario indicargli l'obiettivo dell'unità, della repubblica e della democrazia. M. fu tra i primi a considerare la grave questione sociale presente che era soprattutto in Italia la questione contadina, come gli indica Pisacane, ma egli pensava che questa dovesse essere affrontata e risolta solo dopo il raggiungimento dell'unità nazionale e non attraverso lo scontro delle classi, ma con una loro collaborazione (interclassismo), da raggiungersi però organizzando l'associazionismo e il mutualismo fra gli operai, il soggetto più debole. Un programma il suo di solidarietà nazionale che se non contemplava l'autonomia culturale e politica del proletariato non si rivolse solo al ceto medio cittadino, agli intellettuali, agli studenti, fra i quali raccolse i consensi più ampi, ma anche agli artigiani e ai settori più consapevoli dei propri diritti fra gli operai.  M. criticò il marxismo e fu da Marx biasimato per gli aspetti dottrinali idealistici e per gli atteggiamenti profetici che egli assumeva nel suo ruolo di educatore religioso e politico del popolo. Marx, risentito per gli attacchi di M. al comunismo, da lui definito col termine inglese «dictatorship» (cioè «dittatura»), lo definì in alcuni articoli teopompo, cioè «inviato di Dio e papa della chiesa democratica, dandogli anche sprezzantemente del «vecchio somaro» e paragonandolo a Pietro l'Eremita. Forte sarà il contrasto tra Marx e l'inviato personale di M. (oltre che con Garibaldi che ne prese le difese) alla Prima Internazionale. Critica i socialisti per il proclamato internazionalismo dei loro tempi, venato di anarchismo e di forte negazionismo, per l'attenzione da essi rivolta verso gli interessi di una sola classe: il proletariato. Inoltre egli definiva arbitrario e impossibile a pretendere l'abolizione della proprietà privata: così si sarebbe dato un colpo mortale all'economia che non avrebbe premiato più i migliori. La critica maggiore era rivolta contro il rischio che le ideologie socialiste estremistiche portassero a un totalitarismo: egli previde con lungimiranza quello che avverrà con la Rivoluzione in Russia, cioè la formazione di una nuova classe di padroni politici e lo schiacciamento dell'individuo nella macchina industriale del socialismo reale. Da queste critiche ne venne la valutazione negativa di Mazzini sulla rivolta che portò alla Comune di Parigi. Mentre per Marx e Michail Bakunin quello della Comune era stato un primo tentativo di distruggere lo stato accentratore borghese realizzando dal basso un nuovo tipo di stato, Mazzini, legato al concetto di Stato-nazione romantico, invece criticò la Comune vedendo in essa la fine della nazione, la minaccia di uno smembramento della Francia. Per salvaguardare l'economia e allo stesso tempo per tutelare i più poveri, M. punta su una forma di lavoro cooperativo: l'operaio dovrà guardare oltre una lotta basata solo sul salario ma promuovere spazi via via crescenti di economia sociale con elementi di «piena responsabilità e proprietà sull'impresa».  M. punta sul superamento in senso sociale e democratico del capitalismo imprenditoriale classico, anticipando in questo sia le teorie distribuzioniste sia le teorie che esaltano il valore dell'associazione fra i produttori. In Doveri dell'uomo scrisse: «Non bisogna abolire la proprietà perché oggi è di pochi; bisogna aprire la via perché i molti possano acquistarla. Bisogna richiamarla al principio che la renda legittima, facendo sì che solo il lavoro possa produrla.  La sua influenza sulla prima fase del movimento operaio fu per questo molto importante e anche il fascismo, in particolare la sua corrente repubblicana e socializzatrice, si ispirerà al pensiero economico mazziniano come terza via corporativa tra il modello capitalista e quello marxista.  Cospirazioni e fallimento dei moti mazziniani  M. in una fotografia con autografo scattata da Domenico Lama I moti mazziniani, ispirati ad un'ideologia repubblicana e antimonarchica furono considerati sovversivi e quindi perseguiti da tutte le monarchie italiane dell'epoca. Per i governi costituiti i mazziniani altro non erano che terroristi e come tali furono sempre condannati.  «Trovai tutti persuasi che la Giovine Italia era pazzia; pazzia le sette, pazzie il cospirare, pazzie le rivoluzioncine fatte sino a quel giorno, senza capo né coda»  (Azeglio, Degli ultimi casi di Romagna) Giovine Italia  «Su queste classi così fortemente interessate al mantenimento dell'ordine sociale le dottrine sovversive della Giovine Italia non hanno presa. Perciò ad eccezione dei giovani presso i quali l'esperienza non ha ancora modificate le dottrine assorbite nell'atmosfera eccitante della scuola, si può affermare che non esiste in Italia se non un piccolissimo numero di persone seriamente disposte a mettere in pratica i principi esaltati di una setta inasprita dalla sventura.»  (Camillo Benso conte di Cavour). M. si trova a Marsiglia in esilio dopo l'arresto e il processo subito l'anno prima in Piemonte a causa della sua affiliazione alla Carboneria. Non potendosi provare la sua colpevolezza infatti la polizia sabauda lo costrinse a scegliere tra il confino in un paesino del Piemonte e l'esilio. Mazzini preferì affrontare l'esilio e passa in Svizzera, da qui a Lione e infine a Marsiglia. Qui entrò in contatto con i gruppi di Filippo Buonarroti e col movimento sainsimoniano allora diffuso in Francia.  Con questi si avviò un'analisi del fallimento dei moti nei ducati e nelle Legazioni pontificie. Si concordò sul fatto che le sette carbonare avevano fallito innanzitutto per la contraddittorietà dei loro programmi e per l'eterogeneità delle classi che ne facevano parte. Non si era riusciti poi a mettere in atto un collegamento più ampio delle insurrezioni per le ristrettezze provinciali dei progetti politici, com'era accaduto nei moti di Torino quand'era fallito ogni tentativo di collegamento con i fratelli lombardi. Infine bisognava desistere dal ricercare l'appoggio dei principi e, come nei moti dei francesi.  Con la fondazione della Giovine Italia il movimento insurrezionale andava organizzato su precisi obiettivi politici: indipendenza, unità, libertà. Occorreva poi una grande mobilitazione popolare poiché la liberazione italiana non si poteva conseguire attraverso l'azione di pochi settari ma con la partecipazione delle masse. Rinunciare infine ad ogni concorso esterno per la rivoluzione: «La Giovine Italia è decisa a giovarsi degli eventi stranieri, ma non a farne dipendere l'ora e il carattere dell'insurrezione. Gli strumenti per raggiungere queste mete erano l'educazione e l'insurrezione. Quindi bisognava che la Giovane Italia perdesse il più possibile il carattere di segretezza, conservando quanto necessario a difendersi dalle polizie, ma acquistasse quello di società di propaganda, un'«associazione tendente anzitutto a uno scopo di insurrezione, ma essenzialmente educatrice fino a quel giorno e dopo quel giorno anche attraverso il giornale La Giovine Italia, fondato del messaggio politico della indipendenza, dell'unità e della repubblica.  Durante il periodo dei processi in Piemonte e il fallimento della spedizione di Savoia, l'associazione scomparve per quattro anni, ricomparendo solo in Inghilterra. Dieci anni dopo, il 5 maggio 1848, l'associazione fu definitivamente sciolta da M., che fondò al suo posto l'Associazione Nazionale Italiana. Entusiastiche adesioni al programma della Giovane Italia si ebbero soprattutto tra i giovani in Liguria, in Piemonte, in Emilia e in Toscana che si misero subito alla prova organizzando una serie di insurrezioni che si conclusero tutte con arresti, carcere e condanne a morte. Oganizza il suo primo tentativo insurrezionale che aveva come focolai rivoluzionari Chambéry, Torino, Alessandria e Genova dove contava vaste adesioni nell'ambiente militare.  Prima ancora che l'insurrezione iniziasse la polizia sabauda a causa di una rissa avvenuta fra i soldati in Savoia, scoprì e arrestò molti dei congiurati, che furono duramente perseguiti poiché appartenenti a quell'esercito sulla cui fedeltà Carlo Alberto aveva fondato la sicurezza del suo potere. Fra i condannati figuravano i fratelli Ruffini, amico personale di M. e capo della Giovine Italia di Genova, l'avvocato Andrea Vochieri e l'abate torinese Gioberti. Tutti subirono un processo dal tribunale militare, e dodici furono condan morte, fra questi anche il Vochieri, mentre Jacopo Ruffini pur di non tradire si uccise in carcere mentre altri riuscirono a salvarsi con la fuga.  Tentativo d'invasione della Savoia e moto di Genova. L'incontro di M. con Garibaldi nella sede della Giovine Italia Il fallimento del primo moto non fermò M., convinto che era il momento opportuno e che il popolo lo avrebbe seguito. Si trovava a Ginevra, quando assieme ad altri italiani e alcuni polacchi, organizzava un'azione militare contro lo stato dei Savoia. A capo della rivolta aveva messo il generale Ramorino, che aveva già preso parte ai moti, questa scelta però si rivelò un fallimento, perché il Ramorino si era giocato i soldi raccolti per l'insurrezione e di conseguenza rimandava continuamente la spedizione, tanto che quando si decise a passare con le sue truppe il confine con la Savoia, la polizia, ormai allertata da tempo, disperse i volontari con molta facilità.  Nello stesso tempo doveva scoppiare una rivolta a Genova, sotto la guida di Garibaldi, che si era arruolato nella marina da guerra sarda per svolgere propaganda rivoluzionaria tra gli equipaggi. Quando giunse sul luogo dove avrebbe dovuto iniziare l'insurrezione però, non trovò nessuno, e così rimasto solo, dovette fuggire. Fece appena in tempo a salvarsi dalla condanna a morte emanata contro di lui, salendo su una nave in partenza per l'America del Sud dove continuerà a combattere per la libertà dei popoli.  M., invece, poiché aveva personalmente preso parte alla spedizione con Ramorino, fu espulso dalla Svizzera e dovette cercare rifugio in Inghilterra. Lì continuò la propria azione politica attraverso discorsi pubblici, lettere e scritti su giornali e riviste, aiutando a distanza gli italiani a mantenere il desiderio di unità e indipendenza. Anche se l'insuccesso dei moti fu assoluto, dopo questi eventi la linea politica di Carlo Alberto mutò, temendo che reazioni eccessive potessero diventare pericolose per la monarchia. La vita mi pesa, ma credo sia debito di ciascun uomo di non gettarla, se non virilmente o in modo che rechi testimonianza della propria credenza.»  (M., lettera di risposta ad Angelo Usiglio, Londra. Altri tentativi pure falliti si ebbero a Palermo, in Abruzzo, nella Lombardia austriaca, in Toscana. Il fallimento di tanti generosi sforzi e l'altissimo prezzo di sangue pagato fecero attraversare a Mazzini quella che egli chiamò la tempesta del dubbio, una fase di depressione, in cui, come in gioventù, come ricorda nelle Note autobiografiche, pensò anche al suicidio, da cui uscì religiosamente convinto ancora una volta della validità dei propri ideali politici e morali. Dall'esilio di Londra,  dopo essere stato espulso dalla Svizzera, riprese quindi il suo apostolato insurrezionale. Nello stesso periodo esce il saggio La filosofia della musica sulla rivista L'italiano pubblicata a Parigi. Fratelli Bandiera.  Esecuzione dei fratelli Bandiera a Cosenza Nobili, figli dell'ammiraglio Bandiera e, a loro volta, ufficiali della Marina da guerra austriaca, aderirono alle idee mazziniane e fondarono una loro società segreta, l'Esperia e con essa tentarono di effettuare una sollevazione popolare nel Sud Italia. I fratelli Emilio e Attilio Bandiera parteno da Corfù (dove avevano una base allestita con l'ausilio del barese Vito Infante) alla volta della Calabria seguiti da 17 compagni, dal brigante calabrese Giuseppe Meluso e dal corso Pietro Boccheciampe. Era loro giunta infatti la notizia dello scoppio di una rivolta a Cosenza che essi credevano condotta nel nome di M.. In realtà non solo la ribellione non aveva alcuna motivazione patriottica ma era già stata domata dall'esercito borbonico. Quando sbarcarono alla foce del fiume Neto, vicino a Crotone, appresero che la rivolta era già stata repressa nel sangue e al momento non era in corso alcuna ribellione all'autorità del re. Il Boccheciampe, appresa la notizia che non c'era alcuna sommossa a cui partecipare, sparì e andò al posto di polizia di Crotone per denunciare i compagni. I due fratelli vollero lo stesso continuare l'impresa e partirono per la Sila.  Subito iniziarono le ricerche dei rivoltosi ad opera delle guardie civiche borboniche, aiutate da comuni cittadini che credevano i mazziniani dei briganti; dopo alcuni scontri a fuoco, vennero catturati (meno il brigante Meluso, buon conoscitore dei luoghi, che riuscì a sfuggire alla cattura) e portati a Cosenza, dove i fratelli Bandiera con altri 7 compagni vennero fucilati nel Vallone di Rovito.  Il re Ferdinando II ringraziò la popolazione locale per il grande attaccamento dimostrato alla Corona e la premiò concedendo medaglie d'oro e d'argento e pensioni generose. «Mazzini, colpito da tanta fermezza e da tanta sventura, restò commosso da quell'efferata barbarie e celebrò la memoria di quei martiri in un opuscolo uscito a Parigi. Vdendo nel loro sacrificio la realizzazione dei propri ideali così scriveva in un opuscolo a loro dedicato: «Il martirio non è sterile mai. Il martirio per un'Idea è la più alta formula che l'Io umano possa raggiungere per esprimere la propria missione; e quando un giusto sorge di mezzo a' suoi fratelli giacenti ed esclamaecco: questo è il vero, e io, morendo, l'adorouno spirito di nuova vita si trasfonde per tutta l'umanità. I sagrificati di Cosenza hanno insegnato a noi tutti che l'uomo deve vivere e morire per le proprie credenze: hanno provato al mondo che gl'Italiani sanno morire: hanno convalidato per tutta l'Europa l'opinione che una Italia sarà. Voi potete uccidere pochi uomini, ma non l'Idea. l'Idea è immortale. Dopo i moti e capo, con Aurelio Saffi e Carlo Armellini della Repubblica Romana, soppressa dalla reazione francese. Fu l'ultima rivolta a cui M. prese parte direttamente.  Moto di Milano  e sollevazione in Valtellina. Ispirato al mazzinianesimo e alle ideologie socialiste fu il moto di Milano, a cui tuttavia M. non prese parte, e che fallì; analoga sorte ebbe la rivolta in Valtellina dell'anno seguente. Nel moto milanese si mise in luce Felice Orsini, che di lì a poco avrebbe rotto con Mazzini e organizzato l'attentato a Napoleone III, fermamente condannato dal genovese poiché risoltosi in una strage di cittadini innocenti. Spedizione di Sapri.  Pisacane Il piano originale, secondo il metodo insurrezionale mazziniano, prevedeva di accendere un focolaio di rivolta in Sicilia dove era molto diffuso il malcontento contro i Borboni, e da lì estenderla a tutto il Mezzogiorno d'Italia. Successivamente invece si pensò più opportuno partendo dal porto di Genova di sbarcare a Ponza per liberare alcuni prigionieri politici lì rinchiusi, per rinforzare le file della spedizione e infine dirigersi a Sapri, che posta al confine tra Campania e Basilicata, era ritenuta un punto strategico ideale per attendere dei rinforzi e marciare su Napoli.  Pisacane s'imbarca con altri ventiquattro sovversivi, tra cui Nicotera e Falcone, sul piroscafo di linea Cagliari, della Società Rubattino, diretto a Tunisi. Sbarca a Ponza dove, sventolando il tricolore, riuscì agevolmente a liberare 323 detenuti, poche decine dei quali per reati politici per il resto delinquenti comuni, aggregandoli quasi tutti alla spedizione. Il 28, il Cagliari ripartì carico di detenuti comuni e delle armi sottratte al presidio borbonico. La sera i congiurati sbarcarono a Sapri, ma non trovarono ad accoglierli quelle masse rivoltose che si attendevano. Anzi furono affrontati dalle falci dei contadini ai quali le autorità borboniche avevano per tempo annunziato lo sbarco di una banda di ergastolani evasi dall'isola di Ponza.  Il 1º luglio, a Padula vennero circondati e 25 di loro furono massacrati dai contadini. Gli altri, per un totale di 150, vennero catturati e consegi gendarmi. Pisacane, con Nicotera, Falcone e gli ultimi superstiti, riuscirono a fuggire a Sanza dove furono ancora aggrediti dalla popolazione: perirono in 83; Pisacane e Falcone si suicidarono con le loro pistole, mentre quelli scampati all'ira popolare furono poi processati. Condan morte, furono graziati dal Re, che tramuts la pena in ergastolo.  Senso dell'impresa Pur essendo quella di Sapri un'impresa tipicamente mazziniana, condotta «senza speranza di premio», in effetti essa rispondeva alle idee politiche di Pisacane che si era allontanato dalla dottrina del Maestro per accostarsi a un socialismo libertario espresso dalla formula "Libertà e associazione". Contrariamente a Mazzini che riguardo alla questione sociale proponeva una soluzione interclassista solo dopo aver risolto il problema unitario, Pisacane pensava infatti che per arrivare ad una rivoluzione patriottica unitaria e nazionale occorresse prima risolvere la questione contadina che era quella della riforma agraria. Come lasciò scritto nel suo testamento politico in appendice al Saggio sulla rivoluzione, «profonda mia convinzione di essere la propaganda dell'idea una chimera e l'istruzione popolare un'assurdità. Le idee nascono dai fatti e non questi da quelle, ed il popolo non sarà libero perché sarà istrutto, ma sarà ben tosto istrutto quando sarà libero».  Vicino agli ideali mazziniani era Pisacane invece quando aggiungeva nello stesso scritto che quand'anche la rivolta fallisse «ogni mia ricompensa io la troverò nel fondo della mia coscienza e nell'animo di questi cari e generosi amici... che se il nostro sacrificio non apporta alcun bene all'Italia, sarà almeno una gloria per essa aver prodotto figli che vollero immolarsi al suo avvenire. La spedizione fallita ebbe in effetti il merito di riproporre all'opinione pubblica italiana la questione napoletana, la liberazione cioè del Mezzogiorno italiano dal malgoverno borbonico che Gladstone definiva negazione di Dio eretta a sistema di governo.. Infine il tentativo di Pisacane sembrava riproporre la possibilità di un'alternativa democratico-popolare come soluzione al problema italiano: era un segnale d'allarme che costituì per il governo di Vittorio Emanuele II uno stimolo ad affrettare i tempi dell'azione per realizzare la soluzione diplomatico militare dell'unità italiana.  Appoggio a Garibaldi e ultimi tentativi M. appoggiò moralmente la spedizione dei Mille di Garibaldi, che egli considerava una valida opposizione a Cavour. Dopo l'Unità riprese la lotta repubblicana, ma le persecuzioni della polizia sabauda e le condizioni di salute limitarono i suoi ultimi tentativi.  Controversie  Stampa raffigurante Mazzini con l'epitaffio della tomba a Staglieno Conflitto con Cavour M., che dopo la sua attività cospirativa fu esiliato dal governo piemontese a Ginevra, fu uno strenuo oppositore della guerra di Crimea, che costò un'ingente perdita di soldati al regno sardo. Egli rivolse un appello ai militari in partenza per il conflitto: «Quindicimila tra voi stanno per essere deportati in Crimea. Non uno forse tra voi rivedrà la propria famiglia. Voi non avrete onore di battaglie. Morrete, senza gloria, senza aureola, di splendidi fatti da tramandarsi per voi, conforto ultimo ai vostri cari. Morrete per colpa di governi e capi stranieri. Per servire un falso disegno straniero, l'ossa vostre biancheggeranno calpestate dal cavallo del cosacco, su terre lontane, né alcuno dei vostri potrà raccoglierle e piangervi sopra. Per questo io vi chiamo, col dolore dell'anima, deportati. Quando Napoleone III scampò all'attentato teso da Orsini e Pieri, il governo di Torino incolpò M. (Cavour lo avrebbe definito "il capo di un'orda di fanatici assassini" oltreché "un nemico pericoloso quanto l'Austria"), poiché i due attentatori avevano militato nel suo Partito d'Azione. Secondo Denis Mack Smith, Cavour aveva in passato finanziato i due rivoluzionari a causa della loro rottura con M. e, dopo l'attentato a Napoleone III e la conseguente condanna dei due, alla vedova di Orsini fu assicurata una pensione. Cavour al riguardo fece anche pressioni politiche sulla magistratura per far giudicare e condannare la stampa radicale. Egli, inoltre, favorì l'agenzia Stefani con fondi segreti sebbene lo Statuto vietasse privilegi e monopoli ai privati. Così l'agenzia Stefani, forte delle solide relazioni con Cavour divenne, secondo Fiore, un fondamentale strumento governativo per il controllo mediatico nel Regno di Sardegna. M., intanto, oltre ad aver condannato il gesto di Orsini e Pieri, espose un attacco nei confronti del primo ministro, pubblicato sul giornale Italia del popolo: «Voi avete inaugurato in Piemonte un fatale dualismo, avete corrotto la nostra gioventù, sostituendo una politica di menzogne e di artifici alla serena politica di colui che desidera risorgere. Tra voi e noi, signore, un abisso ci separa. Noi rappresentiamo l'Italia, voi la vecchia sospettosa ambizione monarchica. Noi desideriamo soprattutto l'unità nazionale, voi l'ingrandimento territoriale»  (M.]) Timori di M. per la cessione della Sardegna  Estratto di articolo di giornale inglese Mazzini temeva che Cavour, dopo la cessione della Savoia e di Nizza, potesse cedere anche la Sardegna, una delle cosiddette “tre Irlande”, sulla base di altri supposti accordi segreti di Cavour con la Francia, in cambio di una definitiva unificazione italiana, accordi che preoccupavano anche l’Inghilterra, la quale era intervenuta presso Cavour per avere rassicurazioni sul fatto che non sarebbe stato ceduto altro territorio italiano alla Francia. Russell commenta a Hudson, in Torino, di dire al Conte di Cavour, che il Governo inglese, informato di un disegno per la cessione della Sardegna alla Francia, protestava e chiedeva promessa formale di non cedere territorio italiano. Il dispaccio era comunicato il 26 a Cavour.»  (da Scritti editi e inediti di M., per cura della Commissione editrice degli scritti di Giuseppe Mazzini, Roma]) Riguardo alla cessione della Sardegna alla Francia, M. affermava anche. L’opposizione minacciosa dell’Inghilterra e la nostra, possono renderlo praticamente impossibile.»  (da Scritti editi ed inediti di Giuseppe Mazzini, per cura della Commissione editrice degli scritti di M., Roma) Alcune affermazioni di Giovanni Battista Tuveri, esponente del cattolicesimo federalista, deputato per due volte al Parlamento Subalpino e amico di M., confermano la possibilità di accordi segreti relativi alla cessione della Sardegna alla Francia per una definitiva unificazione del resto della penisola: «Vicino a M. ed a Cattaneo, ma con una propria originalità di pensiero, il Tuveri fu sempre fedele alle sue convinzioni federaliste o, in mancanza di meglio, autonomiste, né esitò ad impegnarsi nell'azione pratica quando circolò insistente la voce che Cavour, dopo Nizza e la Savoia, intendesse cedere alla Francia anche la Sardegna»  Anche il giornale britannico "The Illustrated London News"  citava l'inopportunità di cedere la Sardegna alla Francia, commento che aveva suscitato reazioni nella stampa francese e fatto suggerire altre ipotesi. Mazzini suscita continuamente energie, affascinò per quarant'anni ogni ondata di gioventù e intanto gli anziani gli sfuggivano. Quasi tutti i grandi personaggi del Risorgimento aderirono al mazzinianesimo ma pochi vi restarono. Il contenuto religioso profetico del pensiero del Maestro, in un certo modo rivelatore di una nuova fede, imbrigliava l'azione politica. M. infatti non aveva «la duttilità e la mutevolezza necessaria per dominare e imprigionare razionalmente le forze». Per questo occorreva una capacità di compromesso politico propria dell'uomo di governo come fu Cavour. Il compito di Mazzini fu invece quello di creare l’animus. Quando sembrava che il problema italiano non avesse via d'uscita «ecco per opera sua la gioventù italiana sacrificarsi in una suprema protesta. I sacrifici parevano sterili», ma invece risvegliavano l'opinione pubblica italiana e europea. La tragedia della Giovine Italia «impose il problema italiano a una sempre più vasta sfera d'Italiani: che reagì sì con un programma più moderato ma infine entrò in azione e quegli stessi ex mazziniani che avevano rinnegato il Maestro aderendo al moderatismo riformista alla fine dovettero abbandonare ogni progetto federalista e acconsentire all'entusiasmo popolare suscitato dalle idee mazziniane di un riordinamento unitario italiano. Le idee politiche di Mazzini furono alla base della nascita del Partito Repubblicano Italiano. Tramite la Costituzione della Repubblica Romana, ispirata al mazzinianesimo e considerata un modello per molto tempo, fu uno dei pensatori le cui idee furono alla base della Costituzione Italiana. Inoltre ebbe una grande influenza anche fuori dall'Italia: politici occidentali come Wilson (con i suoi Quattordici Punti) e Lloyd George e molti leader post-coloniali tra i quali Gandhi, Meir, David Ben-Gurion, Nehru e Sun Yat-sen consideravano Mazzini il proprio maestro e il testo mazziniano Dei doveri dell'uomo come la propria "Bibbia" morale, etica e politica. Mazzini conteso tra fascismo e antifascismo  M. sul letto di morte L'eredità ideale e politica del pensiero di M. è stata a lungo oggetto di dibattito tra opposte interpretazioni, in particolare durante il Fascismo e la Resistenza. Già prima dell'avvento del FASCISMO, il cinquantenario della sua morte e celebrato con una serie di francobolli. In seguito, nel Ventennio fascista M. e oggetto di citazioni in libri, articoli, discorsi, fino al punto d'essere considerato una sorta di precursore del regime di MUSSOLINI. Secondo un appunto diaristico (intitolato "Ripresa mazziniana") diBottai, però, l'utilizzo che ne fa MUSSOLINI e strumentale.  La popolarità di M. durante il periodo fascista è dovuta anche ai numerosi repubblicani che confluirono nei Fasci di combattimento, iniziando il loro percorso di avvicinamento a MUSSOLINI durante la battaglia interventista, soprattutto nelle aree dove maggiore era la presenza del PRI, cioè in Romagna e nelle Marche. Sulle pagine de L'Iniziativa, l'organo di stampa del PRI, si guardava a Mussolini come al «magnifico bardo del nostro interventismo». Particolare e il caso di Bologna, città in cui i repubblicani Nenni, e i fratelli Bergamo presero parte attivamente alla fondazione del primo Fascio di combattimento emiliano per poi abbandonarlo poco dopo diventando avversari del fascismo. Tra i più famosi repubblicani che aderirono al fascismo vi furono Balbo (che si era laureato con una tesi su "Il pensiero economico e sociale di M. e del quale Segrè ha scritto: «Balbo, prima di aderire al Fascismo nel '21, esitò a lasciare i repubblicani fino all'ultimo momento e considerò la possibilità di mantenere la doppia iscrizione»), Malaparte e Ricci, che nel FASCISMO vede la perfetta sintesi fra «la Monarchia d’ALIGHIERI e il Concilio di M. L'intellettuale mazziniano. Cantimori, nella prima fase del suo percorso politico che lo portò prima ad aderire al fascismo poi al comunismo, considerava il fascismo «compimento della rivoluzione nazionale iniziatasi con il Risorgimento, che doveva riuscire dove il processo risorgimentale e il cinquantennio successivo avevano fallito: nell'inserimento e nell'integrazione delle masse nello stato nazionale, nella creazione di una più vera democrazia, ben diversa dal "parlamentarismo" e lontana dall'"affarismo", dal "particolarismo", dall'"inerzia" che avevano caratterizzato l'Italia liberale». Inizialmente la tesi delle origini risorgimentali del fascismo fu fatta propria anche dai comunisti. Togliatti, polemizzando con il movimento Giustizia e Libertà e il suo fondatore  Rosselli, in un articolo su Lo Stato operaio critica il Risorgimento e indicò in M. un precursore del FASCISMO. La tradizione del Risorgimento vive quindi nel fascismo, ed è stata da esso sviluppata fino all'estremo. M., se fosse vivo, plaudirebbe alle dottrine corporative, né ripudierebbe i discorsi di MUSSOLINI sulla funzione dell'Italia nel mondo. La rivoluzione anti-fascista non potrà essere che una rivoluzione "contro il Risorgimento", contro la sua ideologia, contro la sua politica, contro la soluzione che esso ha dato al problema della unità dello Stato e a tutti i problemi della vita nazionale. La stessa posizione fu assunta d’Amendola, durante il confino a Ponza, nel primo di due corsi sul Risorgimento tenuti per i confinati, per poi rivedere tale impostazione nel secondo corso, dopo la svolta unitaria (che segnò l'inizio della politica del fronte popolare con la conclusione di un "patto d'unità d'azione" con i socialisti), allorché insistette sulle origini risorgimentali del movimento operaio. I fascisti, inoltre, rivendicavano una continuità con il pensiero mazziniano anche riguardo l'idea di “patria”, la concezione spirituale della vita, l'importanza dell'educazione di come strumento per creare un uomo nuovo e una dottrina economica ispirata alla collaborazione tra le classi sociali. Baioni scrive a proposito della contemporanea celebrazione nell’anniversario della morte di Garibaldi e del decennale della Marcia su Roma che le principali manifestazioni sembrano confermare il nesso tra il bisogno di presentare il fascismo come erede delle migliori tradizioni nazionali e la volontà non meno forte ad enfatizzarne le componenti moderne, che avrebbero dovuto distinguerlo come originale esperimento politico e sociale. Negli anni della Resistenza la situazione si complica maggiormente: il fascismo della repubblica sociale italiana intensifica naturalmente i richiami a Mazzini. Ad esempio la data del giuramento della guardia nazionale repubblicana venne fissata nel giorno della proclamazione, quasi un secolo prima, della repubblica romana che aveva avuto alla sua testa il triumviro Mazzini. Ma anche gli anti-fascisti, in particolare i partigiani di Giustizia e Libertà di Rosselli, iniziano a richiamarsi sempre più apertamente al rivoluzionario genovese. Proprio Rosselli scrisse che agiamo nello spirito di Mazzini, e sentiamo profondamente la continuità ideale fra la lotta dei nostri ante-nati per la libertà e quella di oggi. A seguito della caduta del fascismo e dell'armistizio di Cassibile, la lotta contro il nazi-fascismo vide la partecipazione dei repubblicani (il cui partito era stato sciolto dal Regime) anche attraverso la formazione di proprie unità partigiane denominate Brigate M.. Anche un comandante partigiano, proposto per la medaglia d'oro al valor militare, Manrico Ducceschi, ispirò la sua azione all'ideologia mazziniana adottando in onore di Mazzini il nome di battaglia di "Pippo", lo stesso pseudonimo usato dal patriota genovese. Altri saggi: Atto di fratellanza della Giovane Europa in Giuseppe Mazzini, Edizione nazionale degli scritti., Imola, s.e., 1Dei doveri dell'uomo Fede ed avvenire Editore Mursia  Doveri dell'Uomo  Editori Riuniti university press Roma  Pensieri sulla democrazia in Europa, trad. Mastellone, Feltrinelli, Milano, Andrea Tugnoli, La pittura moderna in Italia, Bologna, CLUEB, Antologia di scritti Dal Risorgimento all'Europa Mursia  Periodici diretti da M. L'apostolato popolare Il nuovo conciliatore L'educatore Le Proscrit. Journal de la République Universelle Il tribunoNote  La Civiltà cattolica, La Civiltà Cattolica,   «La politica acquista pathos religioso, e sempre più col procedere del secolo... la nazione diventa patria: e la patria la nuova divinità del mondo moderno. Nuova divinità e come tale sacra.» in F. Chabod, L'idea di nazione, Laterza, Bari); Da Dei doveri dell'uomoFede e avvenire, Paolo Rossi, Mursia, Milano; L'uomo nuovo in Montanelli, L'Italia giacobina e carbonara, Rizzoli, Milano, Schmid, Michael Rossington, The Reception of  Shelley in Europe  Citato nell'Edizione nazionale degli Scritti di Giuseppe Mazzini a cura della Commissione per l'edizione nazionale degli Scritti di M., Cooperativa tipografico-editriceGaleati; per la citazione vedi anche: Memoriale M.-Domus Mazziniana; Introduzione a Jessie White Mario, Vita di M. su Castelvecchi Editore; Giuseppe Santonastaso, Edgar Quinet e la religione della libertà, edizioni Dedalo; Felis, Italia unità o disunità? Interrogativi sul federalismo, Armando editore,, pag. 7.  Comune di Savona  Liguria magazine in.  Gilles Pécout, Il lungo Risorgimento: la nascita dell'Italia contemporanea Pearson Italia S.p.a., 01  Patria, nazione e stato tra unità e federalismo. M., Cattaneo e Tuveri, CUEC, University Press-Ricerche storiche, La tesi del figlio sicuramente di Mazzini è sostenuta in Bruno Gatta, Mazzini una vita per un sogno, Guida, Il dubbio invece che si trattasse veramente di un figlio di Mazzini è espresso in Luigi Ambrosoli (M.: una vita per l'unità d'Italia, ed.Lacaita): «Ma proprio il ritardo con cui venne comunicata a Mazzini la notizia della morte di Adolphe fa sorgere qualche dubbio sulla supposizione, per le altre ragioni accennate ben fondata, che si trattasse di suo figlio». Dubbi simili vengono riportati in Mastellone, M. e la "Giovine Italia",  Domus Mazziniana, («D'altra parte, è da aggiungere che nelle lettere inedite a Ollivier, che pubblichiamo, M., pur parlando di Giuditta come della propria amica, se accenna ad Adolphe come figlio di Giuditta, non allude al bambino come proprio figlio:...») Barberis, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  M. a Londra  È l'autrice del romanzo gotico Frankenstein (Frankenstein: or, The Modern Prometheus). Curò le edizioni delle poesie del marito Shelley, poeta romantico e filosofo. Era figlia della filosofa Mary Wollstonecraft, antesignana del femminismo, e del filosofo e politico William Godwin.  Susanne Schmid, Michael Rossington, The Reception of P.B. Shelley in Europe  Seymour, Mary Shelley, M., il cospiratore senza segreti  Lettere di Mazzini ad Aurelio Saffi e alla famiglia Crauford Giuseppe Mazzatinti Soc. Alighieri  Politica e storia Buonarroti e altri studidi Pia Onnis Rosa Edizioni di storia e letteratura Roma M. «pavese» e l'Unità d'Europa  Quando M. scatenò il patatrac sognando la Repubblica pbmstoria. Legnago a Giuseppe Mazzini, Grafiche Stella, S. Pietro di Legnago (Verona) Scarpelli, La scimmia, l'uomo e il superuomo. Nietzsche: evoluzioni e involuzioni  Pensiero di M., brigantaggio: la Repubblica nasce nel nome di M., su pri.Carducci scrisse una famosa lirica intitolata Mazzini i cui versi finali sono rimasti nella storia: «E un popol morto dietro a lui si mise. Esule antico, al ciel mite e severo Leva ora il volto che giammai non rise, /Tu solpensandoo ideal, sei vero».  La stessa semplice scritta volle Spadolini, politico e storico repubblicano, sulla propria tomba a Firenze  Luigi Polo Friz, La massoneria italiana nel decennio post unitario: Lodovico Frapolli, Franco Angeli, Storia della Massoneria in Italia. L'influenza di M. nella Massoneria Italiana   in.  La stanza di Montanelli L' unità d' Italia e la Massoneria  M. massone?  A.Desideri, Storia e storiografia, IEd. D'Anna, Messina. Gli sconvolgimenti operati dalla Rivoluzione francese avevano fatto dubitare a molti uomini della razionalità della storia, così altamente proclamata nel secolo precedente. L'unica alternativa allo scetticismo parve allora la fede in una forza arcana operante provvidenzialmente nella storia» in A. Desideri, Ibidem  «S'identificò la storia della civiltà con la storia della religione, e si scorse una forza provvidenziale non solo nelle monarchie, ma sin nel carnefice, che non potrebbe sorgere e operare nella sua sinistra funzione se non lo suscitasse, a tutela della giustizia, Iddio: tanto è lungi dall'essere operatore e costruttore di storia l'arbitrio individuale e il raziocino logico». Adolfo Omodeo, L'età del Risorgimento italiano, Napoli. Così il genere umano è in gran parte naturalmente servo e non può essere tolto da questo stato altro che soprannaturalmente... senza il cristianesimo, niente libertà generale. e senza il papa non si dà vero cristianesimo operoso, potente, convertitore, rigeneratore, conquistatore, perfezionante.» (cfr. Maistre, Il Papa, trad. di T. Casini, Firenze)  M., Fede e avvenire, M., Fede e avvenire. Ha una visione utopica, romantica e anche sincretistica della religione, che egli considerava come il contributo, in termini di princìpi universali, delle varie confessioni e fedi alla storia collettiva.» SenatoDoveri dell'uomo, M., Dei doveri dell'uomo  Fusatoshi Fujisawa, La terza Roma. Dal Risorgimento al Fascismo, Tokyo, M. il patriota scomodo  Reghini a metà strada tra fascismo e massoneria  «Noi dissentivamo su diversi punti: sulle idee religiose, ch'ei non guardava, errore comune al più, se non attraverso le credenze consunte e perciò tiranniche dell'oggi; sul cosiddetto socialismo, che riducevasi a una mera questione di parole dacché i sistemi esclusivi, assurdi, immorali delle sétte francesi erano ad uno ad uno da lui respinti e sulla vasta idea sociale fatta oggimai inseparabile in tutte le menti d'Europa dal moto politico io andava forse più in là di lui: sopra una o due cose delle minori spettanti all'ordinamento della futura milizia; e talora sul modo d'intendere l'obbligo che abbiamo tutti di serbar fede al Vero. Ma il differire di tempo in tempo sui modi d'antivedere l'avvenire non ci toglieva d'essere intesi sulle condizioni presenti e sulla scelta dei rimedi» (M. su Pisacane)  Lettera a Forte Londra. Noi crediamo in una serie infinita di reincarnazioni dell'anima, di vita in vita, di mondo in mondo, ciascuna delle quali rappresenta un miglioramento ulteriore…» (M., in Bratina). La vita d'un'anima è sacra, in ogni suo periodo: nel periodo terreno come negli altri che seguiranno; bensì, ogni periodo dev'esser preparazione all'altro, ogni sviluppo temporale deve giovare allo sviluppo continuo ascendente della vita immortale che Dio trasfuse in ciascuno di noi e nella umanità complessiva che cresce con l'opera di ciascuno di noi» (Dei doveri dell'uomo).  Leggeva Dumas e i testi buddisti Il volto inaspettato di Mazzini  Il Foscolo, che scriveva di aver visto da giovinetto a Venezia un "libercolo" attribuito a Gioacchino, in cui erano indicati i papi futuri, affermava che la fama dell'abate era "santissima" tanto che Montaigne, desiderava di poter vedere questa meraviglia: «le livre de Calabrois, qui prédisait tous les papes futurs, leurs noms et formes»  G. da Fiore, Concordia Veteris et Novi testamenti, B. Rosa, Gli appunti manoscritti di Mazzini, Impronta, Torino, Sarti, M. La politica come religione civile, con postfazione di Mattarelli, Roma-Bari, Laterza,  A.Omodeo, Introduzione a M., Scritti scelti, Mondadori, Milano,  «L'Italia trionferà quando il contadino cambierà spontaneamente la marra con il fucile». in C. Pisacane, Saggio sulla rivoluzione, ed. Universale Economica, Milano; M.: comunismo vuol dire dittatura  Il "Manifesto" di Marx? Scritto contro Mazzini  Doveri dell'uomo, capitolo XI, punto 3°  M., Doveri dell'uomo, cap.XI (in Baravelli, L'Italia liberale, ArchetipoLibri,  A. Gacino-Canina, Economisti del Risorgimento, Torino, POMBA, 1G. Mazzini, Istruzione generale per gli affiliati nella Giovine Italia in Scritti editi e inediti, II, Imola, M., op. cit.  Nome col quale i greci indicavano l'Italia antica  L. Stefanoni, G. M.: notizie storiche, Presso Barbini, Ricordi dei fratelli Bandiera e dei loro compagni di martirio in Cosenza  Documentati colla loro corrispondenza, Dai torchi della Signora Lacombe, Pisacane. Volantino pubblicato su "Italia del popolo", G. Cataldo, Chi ha paura di M.?, in la stampa. D. Smith, M., Rizzoli, Milano, D. Smith, Contro-storia dell'unità d'Italia: fatti e misfatti del Risorgimento, Milano, Gigi Di Fiore, Cappa, Cavour, Laterza, definizione di Cavour riportata da The Morning Post. We have three Irelands, in Sardinia, Genoa and Savoy  La terza Irlanda, Gli scritti sulla Sardegna di C. Cattaneo e M., Cattaneo, M., Francesco Cheratzu, 8pagg. M. La Sardegna Tip. A. Debatte Livorno, Risorgimento Rassegna The Illustrated London News In A. Saitta, Antologia di critica storica, Laterza, Le citazioni sono tratte da A. Omodeo, Introduzione a M., Scritti scelti, Mondatori, Milano, (Fusaro); Benedetti “M. in Camicia nera” edito della Fondazione 'Ugo La Malfa'; Dal diario di Bottai. Spesso, all'uscita dei cento e più volumi dell'edizione nazionale di M. trovo il Duce, a palazzo Venezia, immerso nelle folte pagine. O meglio, v'immergeva, a ferire di pugnale, il suo metallico tagliacarte: e ne tirava fuori brandelli di M. A quando a quando il brandello anti-francese, anti-illuminista, anti-nglese, anti-socialista, etc. etc. Brandelli, mai tutt'intero, nella sua viva, molteplice e pur varia personalità; S. Luzzatto, Riprese mazziniane, Mestiere di storico: rivista della Società italiana per lo studio della storia contemporanea (Roma: Viella); P. Benedetti "Mazzini nell'ideologia del fascismo"  G. Belardelli, “Camerata M., presente!” Gentile, Balbo, Rocco, Bottai: tutti i fascisti tentarono di arruolarlo, Corriere della Sera; “Manifesto realista” pubblicato sulla rivista L'Universale Cromohs Pertici Mazzinianesimo, fascismo, comunismo: l'itinerario politico di D. Cantimori, R.  Pertici, Mazzinianesimo, Fascismo, Comunismo: L'itinerario politico di Cantimori Cromohs, La memoria e le interpretazioni del Risorgimento, Guerra e fascismo da 150anni. Togliatti, Sul movimento di «Giustizia e Libertà», in Lo Stato operaio, antologia F. Ferri, Roma, Riuniti); Fatica, Amendola, Giorgio, in Dizionario biografico degli italiani,  Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Mieli, "L'Italia impossibile di Mazzini un fallito di genio", Corriere della Sera, M. Baioni, Il Risorgimento in camicia nera, Carocci, Roma; Corriere della Sera in Arianna editrice  Mario Ragionieri Salò e l'Italia nella guerra civile, Ibiskos, P. Mieli, art. cit.  Treccani Enciclopedie, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Associazione Nazionale Partigiani d'Italia. “Saggi”, A. Saffi e di E. Nathan, Roma, “Lettere a Saffi e alla famiglia Craufurd, Società Dante Alighieri di Albrighi, Segati, Roma); “La democrazia in Europa, trad. a cura di S. Mastellone, Feltrinelli, Milano, V. Marchi, Ricostruzione della filosofia religiosa, in Dio e Popolo, Marchi, Camerino Joseph de Maistre, Il Papa, Firenze, A. Omodeo (Milano, Mondadori); A. Codignola (Torino, POMBA); Omodeo, “Il ri-sorgimento italiano, Napoli, ESI, Chabod, L'idea di nazione, Bari, Laterza, Monsagrati (Milano, Adelphi); Batini, Album di Pisa, Firenze, La Nazione, F. Peruta, I rivoluzionari italiani: il partito d'azione, Milano, Feltrinelli, Il processo a Vochieri, Alessandria, Lions; Albertini, Il Risorgimento e l'unità europea, Napoli, Guida, Smith (Milano, Rizzoli); S. Mastellone, Il progetto politico di Mazzini: Italia-Europa, Firenze, Olschki); Desideri, Storia e storiografia, Messina, Anna); R. Sarti, La politica come religione civile (Roma, Laterza, Mattarelli, Dialogo sui doveri (Venezia, Marsilio); Galletto, Nella vita e nella storia” (Battagin);  N. Erba, Unità nazionale e Critica storica, Grasso, Padova. N. Erba, Il Contributo italiano alla storia del pensiero Ottava Appendice. Storia e politica, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma, Dear Kate. Lettere inedite di M. a Katherine Hill, A. Bezzi e altri italiani a Londra, Rubbettino; Saggio sulla rivoluzione, Universale Economica, Milano); I sistemi e la democrazia. Pensieri Con una Appendice su La religione di M. scelta di pagine dall'Opuscolo Dal Concilio a Dio, V. Gueglio (note al testo, repertorio dei nomi e saggio introduttivo) Milano, Greco); Giuseppe Mazzini verifiche e incontri Atti del Convegno Nazionale di Studi, Genova, Gammarò, Tufarulo, G,M.- L'Iniziatore, l'iniziato, Dio e popolo. La tempesta mazziniana nella rivoluzione del pensiero Cultura e Prospettive, Filmografia Viva l'Italia di R. Rossellini. Film incentrato sulla spedizione dei Mille. M., sceneggiato RAI, regia di P. Passalacqua, Il generale, sceneggiato RAI, regia di Magni.  M. è interpretato da Bucci. Noi credevamo di M. Martone. Mazzini è interpretato da T. Servillo. Garibaldi, miniserie di Rai 1 ; interpretato da Lombardo. L'alba della libertà, cortometraggio, regia di Emanuela Morozzi, Associazione Mazziniana Italiana Domus Mazziniana Doveri dell'uomo Mazzinianesimo Monumento a M. (Firenze) Museo del Risorgimento e istituto mazziniano Pensieri sulla democrazia in Europa Risorgimento.  su Treccani Enciclopedie, Istituto dell'Enciclopedia. Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana,.  su sapere, De Agostini. hls-dhs-dss.ch, Dizionario storico della Svizzera. Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, storia.camera, Camera dei deputati.  Istituto Mazziniano a Genova; Rai Tv: "La Storia siamo noi": una certa idea dell'Italia, su la storia siamo noi.rai. 3Mazzini e le frontiere d'Italia su viacialdini. Pagine mazziniane: "il pensiero e l'azione", dal sito della Biblioteca Nazionale di Napoli, su vecchiosito bnn Domus Mazziniana di Pisa, su domusmazziniana. Associazione Mazziniana Italiana, Scritti Prose politiche, Cenni e documenti intorno all'insurrezione lombarda e alla guerra regia, Scritti editi e inedit, Celebrazioni mazziniane Mazzini, Triumviro della Repubblica Romana, A. Saliceti Aurelio Saliceti. Giuseppe Mazzini. Mazzini. Keywords: la giovine italia, la tesi di laurea di Benedetti su Mazzini nella ideologia fascista, ideologia fascista, gentile, bobbio, garibaldi, nazione italiana, stato nazionale, stato unitario. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Mazzini” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Mazzoni: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale – la vita attiva dei romani – la scuola di Cesena -- filosofia emiliana -- filosofia italiana -- Luigi Speranza (Cesena). Filosofo italiano. Cesena, Emilia Romagna. Grice: “Mazzoni is important on various fronts: he loves Dante, or Alighieri as Strawson calls him – his library in organised alphabetically; the other front I forget!” Compì i suoi studi di lettere a Bologna e quelli di filosofia a Padova. Membro dell'Accademia della Crusca, fu tra i preferiti del papa Gregorio XIII che lo avrebbe voluto prelato; Mazzoni preferì proseguire nella carriera universitaria. Dapprima fu all'Macerata, ed in seguito a Pisa, dove ebbe la cattedra di filosofia. Nella città della torre pendente, conobbe un giovane insegnante di matematica, Galilei, con il quale instaurò ottimi rapporti. Invitato ad insegnare all'Università La Sapienza di Roma. Benché avesse da poco preso questa cattedra, seguì il cardinale Pietro Aldobrandini nei suoi incarichi a Ferrara ed in seguito a Venezia. Ammalatosi sulla strada del ritorno, si recò nella sua Cesena, dove si spense. Opere: “Difesa della Commedia di ALIGHIERI Grazie alla sua preparazione letteraria, giunse alla notorietà per il suo tomo Difesa della Commedia di Dante, pubblicato a Bologna inizialmente, sotto pseudonym e poi l'anno successivo sotto il suo vero nome, in cui criticò aspramente Leonardo Salviati. Nel testo egli risponde ad alcune contestazioni fatte alle sue elucubrazioni sul sommo poeta Dante Alighieri. Parimenti nel libro si occupa anche di argomentazioni pertinenti alla filosofia ed alla poetica”; “In universam Platonis et Aristotelis philosophiam praeludia Interessato anche all'astronomia, Mazzoni espone le sue teorie in quello che risulta il suo testo più importante ovvero In universam Platonis et Aristotelis philosophiam preludia. In questo saggio egli sostiene il sistema geocentrico aristotelico contro la sempre più diffusa e apprezzata teoria copernicana eliocentrica. Questo volume è divenuto molto noto poiché Galilei, dopo averlo letto, gli inviò una lettera, nella quale difendeva Copernico e le sue teorie. Questa missiva rappresenta la più antica testimonianza dell'adesione alla teoria eliocentrica di  Galilei. M., Prefazione, in Mario Rossi, Discorso di Mazzoni in difesa della "Commedia" del divino poeta ALIGHIERI, S. Lapi.Saggi: “Discorso de' dittongi” (Cesena, Rauerio); “Discorso in difesa della Comedia del divino Alighieri contro Castravilla” (Cesena, Raveri); “De triplici hominum vita ACTIVA nempè, contemplativa, et religiosa methodi tres, quaestionibus quinque millibus, centum et nonagintaseptem distinctae in quibus omnes Platonis et Aristotelis, multae vero aliorum Latinorum in universo scientiarum orbe discordiae componuntur” (Cesena, Raverio), “Della difesa della Comedia di Alighieri -- distinta in sette libri” (Cesena, Rauerio), “Intorno alla risposta e alle opposizioni fattegli da Patricio, pertenente alla storia del poema Dafni, o Litiersa di Sositeo poeta della Pleiade” (Cesena, Raverio); “Ragioni delle cose dette e d'alcune autorità nel discorso della storia del poema Dafni, o Litiersa di Sositeo” (Cesena, Raverio), “In universam Platonis et Aristotelis philosophiam praeludia” (Venezia, Guerilius); TreccaniEnciclopedie Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Toffanin, M. nciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  M., su sapere, De Agostini.  Davide Dalmas, M. Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. M., su accademicidellacrusca Accademia della Crusca. Opere di M., su ope nMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di M., Benedetto, M. in Enciclopedia dantesca, Istituto dell'Enciclopedia, Dizionario Enciclopedico Brockhaus Efron, Маццони, Джакомо. Ostracismum laudabit huius ce Reipub. formam ciae et A J de Repub. ses, illud affequebantur, quod improbi meliores essent co- Achen. oss ditione, quàm probi, quod quid ememanavit ex eo, quod REI PUBLICAE ROMANORVM FELICITAS cibiadis. VITAE ACTIVAE. Ficienda erant, ad Confu pertinebat examinare diligenter, coaciones quoties opus est et evocare, So Cspopulore ferre, quicquidque maior parsius filler exequio1 quin etiam in his quae ad belli apparatum et castrensem disciplinam pertinet, hi summon i imperium habebant. Hiseniius erat sociis quic quid visunt eller imperare, Trib. militum creare, de l e ett uniq. Habere, ad haec de his qui sub corum imperio erantin castris arbitratu suo supplicium fumiere, his praeterea licebat comitante quaestore, lacse dulo imperata faciente, publiciaeris, quantum resipsa posset, Rei-pub. forniani Regiam esse.  Senatus autem primo quidem acrarii totius dominus erat atg; administrator: nam et redditus omnes in eius erant potestate, et eiusdem arbitratu im pensae fiebant, malefi ciaque et crimina PER ITALIAM commissa, de quibus iudicium publicae fieri debebat, ut puta proditionis, coniurationis, beneficii, caedis, at q ; insidiarum ad Senatum refeerebantur, eiuss; de his erat cognitio quod si vlla APUD ITALOS controversia dirimenda, si publica, vel privatim qui spiam, vel civitas ob iurganda, si cui auxilium, aut praesidium ferendum esset, de his omnibus curam Senatus ad hib ebat. codemo  popularis Rei-pub. fornia videtur.  Consules enim ante quam ex urbe legions educerentur quinimo et quaede Res Publica per populum transigenda. Et có.,{{1 Pin !! porro tulerit impendere quod fi quis ad hanc partem respexerit, probaliter dicere videre licet tuni Regiam, optimorum, populiģ; gabernationem: quoties enim Consulum imperiuint ueamur, Re gia, quoties verò Senatus authoritatem optimarum admianistratio, quoties autem populi potestatem respicimus, banaruni omnium rerum ins, atq; imperi una habebant: his et enim caeterionines magistratus praeter Tr.Ple.fa? bijci ebantur, hi legationes in curiam traducebant, hic ea leriter quae errant decidenda ita tuebant, negociaģ; magna ad Senatum: referebant, et penès ipsos vtquae patres de: creuissent sedulo perficerentur cura omnis et administratio erat METHODVS. codemq; modo fi extra ITALIANI ad aliquos legat somittenda esset, vel ad aliquid decidendum, vel ad foedus faciendum, vel ad cohortandum, vel ad imperandum, aut poftre mo ad resrepetendas, aut ad bellum in dicendum, haec in yrben venerint agendum, quid eis respondendum in populo commune, ad eo ut quoties quis ad urbem consulibus ab sentibus profectus esset, prorsusei Respublica optima tum confilioregi et gubernari videretur, quod fanem multi graecorum et regum per sua sum habuerunt, quod negocia, quae in urbe haberent ferem, omnia per Senatum tra is incos, qui maiores magistratus gessissent, admittebatur solus autem capite damnandi potestatem habuit, qua in re illuds anèapudeos commemoratione dignissinum fuit, quod eorum instituto iis qui capitis damnati fuerant, ut on ex urbe palan egrederentur, permittebatur, acfi Tribuum una ex his, quae iudicium exercebant reliqua fuerit, quae in non dum suffragium tulerit, exiliun: reo sibi arbitratu suo deligendi facultas dabatur, exulesautem Neapoli [NAPOLI], Praene siæe,Tybure, atg; in alia quauis foederatorum urbe tuto elle deferebat, lege etiam comprobandi, ac sanciendi ius habebat et quod caput eitis de pace de bello, defoedere, decom trouersiis decidendis, aur componendis deliberavit, atque unum quod quem horum ratuni, aut irritum faciebat, quibus, ex rebus probaliter pofleta liquis dicere, populuni si bi maxima min Res Publica partem vindicasse, ac Rei publicae formam Senatus ipse curabat, et providebat. Praetere a quid delegationibus ex terarum gentium, quae  ex populi administratione confatam fuisse. Quò igitur pacto Res Publicae, in partes diftributa fueritiam sigerentur suae tianı populo, et eaquidem amplissima pars reli&a est: poterant praeterea populus ipse magistratus dignissimis quibusque Senatus voluntate, arý; arbitrio pofitumerat.  atq; horum quidem, quae superius dicta sunt nihil est cum folusenini in Republica et poenae, et praemiis potestatem habebat, et plerunq; in aliis etiam qua estionibus quoties gra priuior alicui maleficijmulata irrogannda esset et praesertim ditum  VITAE ACTIVAE rendas, ac perficiendas idoneus hauderat conttar enim legionibus eorum aliquid missum, quae illis publice suppeditari solebant, namq; fineS.C.neớ; frumentum, neq; vestimenta, nec obsonia legionibus administrari poterant, ad eo ut eorum, qui exercitus duxissent expeditiones et consilia omnia, quoties eis obstare, cum eila; maligne agere Senatus inanimum induxisset, irritaredde rentur, et minimem ad exitum perducerentur: quin ut quae ili animo et cogitatione complexi fuerant, ac sibi proposuerant perficere possent, ili Senatus voluntate positum erat: nam is post quam niannuum tempus praeterierat, aut successors mittendi, aut imperium prorogandi potestatem habuit, ac etiam penem se undem fuit ducum res gestas et dignitatem velex tollere, atý; ornare, velele vare, ac deprimere :nani triumphos, neộ; ut I decet apparere, neġ; ducere cuiquam licebat, ni aliensus fusset S e longissime abfuiflet, populi certe aflen su opus erat, quodq; est omnium ferem maximum, omnes imperio deposito, populo eorum quae gesserint rationem reddere oportuit, qua propter Consulibus, caeteris; Imperatoribus minime expediebat, Se. po. quem voluntatem erga se conteninere rursu siani Senatus quam uistant umin Res Puplica potuerit po illius authoritatem approbasset populus, praetereasi quisex Trib. pleb, intercesserit, nedum Sena erat 1 natus, et ineius fumptum erogasser necessaria. Et siquis ex prouincia decedere voluisset, quamuis domo pulum tamen intueri, ac illius rationem habere coactus fuit: in maximis enim,atg; atrocissimis quaestionibus eorum maleficiorum, quae contra Rempub.conmislaca-. piteple&untur,nihilSenatus ex equipotuiffet, nisi prius tus nihil eorum quae decreuerat perficere: sed ne sedere quidem, automnino incuriamvenire poterat: Trib.autí 11 di et um est: nunc autem quaratione potuerint partes illae quoties voluerint, sibimutuo repugnare, fibiq; inuicem opitulari, dicendum eft: enimuerò Consul poft quameani, quam superius dixi facultatem adeptus, copias eduxerat, funini o quid e mille cum imperio videbatur esse: verum populi, ac Senatus auxilio indigebat, ac sine his adresge 1   erat officium id femper exequi: quod populo visunr fuerat ciasý voluntatem quani maximè respicere, his omnibus cepissent, eos relevandi; siquae difficultas, aut publicuni seei sintortunium; quo minus ellent foluendi obstitisser, loca . tionemg prorfusin ducendi, ius et potestatem habuit. 7 eodenie modo Consul ut hac tionibusti midem, ac minime libenter aduers ab an turtum populus, tum Senatus caniforis, militiaeque; universus exercitus, et singuli, quia fub c o ad se inuice miuuandun, et impediendum adomnes rerum 217;.occasiones; ex opinione Polybije aminterse aprem, conue Bodi nichteré connexae; dispofitaeq; fuerunt,vt hac nullam e Izifior, praestantiorg Rei pub formare periti potuerit.' name, cum habeant omnes Res pub. In orbe quandam có 11.4, versionem et mutationem. Nullam ipse hac firmior emar Essen bitratus eft, fiquidem poft uniuersalia dilaniaa missis, ac sublatis artibus et studiis, aliquo post tenporis intervallo rursus humanum genus auctum et propagatum fuit, quo tempore in homini bas naturale arbitrary debemus, quod etia in in ratione carentium animalium generibus comtin gerevidenius, inquorum gregibus fortiffimus quisý; manifestò principatum fibi vendicat: omnes enim fortissimum et potentissimum fectabantur, aró; ita vnius dominiuni oliniigitur quisemel honore illo digni habiti sunt in regnis consenescebant iusta studia fe& antes nullaq; propter eos invidia, fi qui de m non magna in eis aut v i et tis, aut verò omnibus Senatus praeerat. idem diem proferendi, fiquam publicani calaniitate mac rum imperio, ac potestate eflent.i Haecporrò cum elfét vnius cuiusý partium vis et facultas METHODVS decáüllis multitudinem Senatus metuebat, ad populique : voluntatem, studi uni et cogitations suas dirigebat. At contra Senatu i populus ipse obnoxius, et subie&userat, eumque universim, et singulatim colere, arg; obseruare sua per magni interesse putauit, cum enim effent in ITALIAM ul bidid tave et igaliuni genera, quae Censores in fumptus appara 33°53.stusd; publicos locare solebant:in his omnibus conducen discurandis populus implicitus esse confutu i c :his ve constitutum eft. 287 H Iitus   kitus gracatio cernebatur: verum funiperin emculisciuium wi t a n i lag cotes, eaem qua populus victus ratione vte ban 7 sed post quàm horum filij cum iam comparata haberent imperio, essent differre et ad haec licexe etiam spemine  : prae metu contradicente: in concesus concubitus appetore, ató;ita coorta eft ex RegnoTyrannis. Noći atg hoc manifestem liquet, ex Cyri, Cam.bylif que imperio, fortissimis viris coniurationes, adinuante etiam ducum En suorum consilia multitudine, atg; ilius imperii quodpe nesvnum erat forma facile vedelereture ueniebat, atque indeiam optimatum principalu sortunt, atque initium accepifient, educati abinitio in poteltate, ang honoribus apparatus, alijsad vim mulieribus per Itapra, et raptus inferendam, alijdenių; adaliaturpiale conuertebant, atậ; ita optimatum principatus ad paucorun dominationem hinc illorum imperioper idem quod tyrannos oppresserat in fortunium finiş imponebatur, ncq; praeterea Regen creare libuit sobiniuftitiac, qua superiores vsi fuerant metum, neg; pluribus committere Rem publicam audebanttam re centi rei malae gestacniemoria ad suanı igitur fidem publica recipiebant, atq, ita popularis fornia effe et aeft horum postremo filii plus caeteris in Res Publica posse contendebant; atg; sinhanc cupiditatem, maxime locupletiores incidents maximis pecuniae largitionibas plebem cor runipebant  VITAE ACTIVAE paternis, propter eaae quabilis, communisų libertatis ru ;,-des& ignari, alijvinolentiam ;& luxuriofosconuiuionum translatuseft. praesidia,& rebusadvi&um pertinentibus,magis quàm pro neceffitate abundarent, ob nimiam bonorum copiam, atq; aff.uentiam cupiditatibus obsequentės, arbitratifunt oportere principes, ornatus et epulisabijs, quifubeoruni f :: quod& Herodotus affirmat contra huiusce modi principes fiebantàgen crofiffimis,& 1 1 tur . duxit . hiprinò administratione gaudentes commun ivtilitate del nihil antiquius habuere, 31.disinijinsi. Sed emi a n i eorum liberi e andem å patribus potestatem  METHODUS I rumpebant, quae affirefacaaliena bonaconselle, vitách; suae spem omnem in alienis fortunis ponere facileducem elaro animo, ace; audacise et abatut,atý;tum Rei publicae for mailla, cuius conservatio in flavum fiducia posita est, nascebatur, fiqui deintum plebs in vnum coactacaldem facere, ciues eijcere, proscriptorum; agrosdiuiderein Scipiebat, donec facuum tuufus, &erforatum, vniusiruperit *0 um reperiretur, qua propter his motus rationibus eamprae caeteris lau Res publicae benainaliam bonam non mutetur quam bona innalam, siquidem ut Aristoteles dicit in habentibus infi dese symbolum facilior eft tramlitus, an quia fimilitudo ila, ali neracione. Quam qaog contrarieta temr equirit? quodquidéin Ele's atme mentorum trasmutatione liquid paret:  inhisverò Reip. niutaionibus, quis fimilitudineni, et contrarietateinnes gabit) FACVLTAS ROMANORVM . quo ad leges veròattinet, quibusviifunt ROMANI, occur rimtnobismulca, quae vt figillatim esplicentur,rom ab otoexordientur; et inprimisant equam ROMULUS [ROMOLO] leges 1.2. demai. vixit .pokea loges quasdam ipse tulit, cum alijs sequentibus Ro. gibus, quas curiatas appellarunt, fequidem conuacat oper triginta curias populo Imgalifý; curiis inseparatas epra constitutis et sententiam rogatistege solim ferebankor,;? quae populi congregario comitia curiata dicebantur, à cocundo; quòd populuscoiret,et viri timlogesterret, et dicerScruiusTulliusRex hunc mioremimuutle: camépo pulo eaporekasrelictaest, vt plebiscita, et leges comitijs.  Dät Polybius, quaeonines Rerum pub. forniasin seconti not atg congregat, ne quacar uim vlera quàm facis fit au et a 1ist. et prouceta in sibi adherenteni,& coguatam pernicien in: -b.cideret: fódvniuf cuiufớiroboreac potential interfeinui liseem obnitentesulla ciuitatispars vfquam declinaret, ne 1.Dvivein altum propenderer. ex supradi& isautem dubucabit forfan aliquis,curfaciliusa Pomp.in suriaras ferret populus incerto iurs, incertis que legibusparis. H 2 curiaris LECALI vinil  1.& ler VITAE ACTIVAE. COROLLARIVM Augusto [OTTAVIANO] hinc et Suetonius ait Tiberium à  [GIULIO CESARE] in foro legecu riaelle adeptatum, hoc eft suffragiis populi percurias collectis. quidam retulerunt. pe: TAPE PTA LEGALIA ! Ilarunt, ad haec verò addita su t plebiscita, Senatus consulta, practorumedicta, et principum placita,exquibus EJSER Servorum verò (cuius origo deiu regentium fluxit) iuxta curiatis ferrentur,iii IB":NOI 3quaedam .de iur. 8oz idem parierro relabitur ybi putabat,cum quiinciuitate sua Facinus patrasset, si in alium lo cum peruenisse t accusam o m . iud. ai tik di t e r e a sunt prudentum declarationes, quas responsa appeluorum fi Ергл. 800exa& isdeinceps Regibus lege Tribunicia Regum leges antiquataesunt, poftquècaepit POPULUS ROMANUS incer tomagisiure& consuetudine aliquavti; quamlegelata, done e decem viri leges à Graecis petierunt, quas in tabu liseburneis praescriptas pro roftrisappo fuerunt,vt faci lius percipipoffent, atý;cum animaduerfumeffet aliquid 1 primisistislegibusdeelle; aliasduaseisdem tabulis,adie cerunt,& itaexaccidenti appellate esuntleges duodecim 14 'ride illo crimine non potuisse exemplo Hermiodori. Qui demomn eius ROMANORUM coaluit. 804 quod quidem universum refertur, vel ad personas,velad res, vel ad a et iones. Iureconsulti verba vnatantunt fuit conditio, istig;domi defta.ho. nioalieno contra naturam subijciebantur. :.ning Liberi in li. cum TABULARUM, quarum ferendarum authorem fuiffe X Cicerone .I.v.in. viris Hermodorum quendá Ephesum exulantem in ITALIA Tus, argumentum ad exules. net ibni I PERSONAE lib.3.f. dedos hominesautem autliberisunt,autferui. fta.ho. li ? رز inli.2.de80r rationeveròhuius  Hermodorinon rectè colligitBaldus  {,oz inillisautêquiafummaeratobscuritas desiderataeprop habent,quodlibet faciendi legenon prohibitum, atý;isto rum, alij sunt liberti, alij libertini, alij ingenui. Quià mortein vita millosre uocarunt, appellabantur. -horun, autem alij ciueserant ROMANI, qui vindicta, censu,Vlp.cap.s. : aut testamento nullo iure impediente n i anumis li sunt, alij instic. latiniIuniani,quiexlegelunia interamicos manumisli funt, alijdeditiorum numero, qui propter noxam torti nocételáinuenti sunt, deinde quoquomodo nianumisli. LIBERTINI. INGENVI. $ 11. Ingenuorum veròalijluisunt iuris, alijverò alieno iuri fubie&i.  et savie quialieno iuris ubie et isuntfilij familias appellan-1.1.f.&his tur, qui inditione, et potestate patris sunt vel natura, velquisútlui adop.  natura sunt qui ex nuptiis uxoris et maritioriuntur. NVPILAE. Nuptia cverò apud ROMANOS tribus per ficiebantur modis Bəê in2: tiaeper coemptionem. Mulieres autem quae in manu per coenuptionem conue nerant matres familias vocabantur, quaeveròvsu, velfar reationeminime. caeterae aliaevxoresvsu erant. Anim aduertendum est autem maximam fuisse differentia adoptione. Farreatione nempè, coemptione, &ylu, et fanèfar reatio Top. Cicerone folis pontificibus conueniebat. coeniprioverò cereis solemnitatibus per agebatur, fese.n. 1. 2. ff.de METHODVS Liberi sunt qui nullius imperio subie &I facultatem liberā LIBERT1. Liberti funt quos domini ex iustaserui. Il convito di Platone. Discorso de' Dittonghi di M. all'Illustrissimo Signor il Signor Francesco Maria de Marchesi del Monte. In Cesena Appresso Raverio. Questo Discorso sitrova altresì inserito nella celebre Raccolta degli Autori del bel Parlare, impressa nella Basilicata. II.Discorso di M. indifesa della Comme dia del divino Poeta Dante. In Cesena per Bartolomeo R a verii in4.Ladedicaè AlMoltoMag.mioSig. Osservandissimo il Sig. Tranquillo Venturelli . Da Cesena. De’ motivi, che indussero l’autore a scrivere questo dotto ed ingegnoso Discorso, se ne ragiona qui addietro a cart.19. e segg. III. M. Oratio in funere. Guidiubaldi Fel trii de Ruvere Urbinatium Ducis .Pisauri apud Hierony mum Concordiam. in4. IV.M. Cæsenatis deTriplici HominumVita, Activa nempe, Contemplativa, ei Religiosa Methodi tres, Qyestionibus quinque millibus centum etnonaginta septem distincta. In quibus omnes Platonis et Aristotelis, multæveroaliorum Græcorum, Arabuin, et LATINORUM in universo Scientiarum Orbe discordiæ componuntur. Quaomnia publice disputanda Roma proposuitAnno salutis Ad Philippum Boncompagnum S.R.E. Cardinalem amplissi mum. Cæsena Bartholomæus Raveriusexcudebat in  Questo volume contiene le celebri conclusioni di quasitutte le scienze, che M. difese pubblicamente con meraviglia di tutta  S2 . 1 1 Ita   1T Della Difesa della Commedia di Dante ec. Parte Pri ma, che contiene li primi tre libri, pubblicata a beneficio del mondo letterato. Studioe Spesa di D. Mauro Verdoni, D. Domenico Buccioli Sacerdoti di Cesena, e da essi dedi cata all'Illustriss. eReverendiss.Monsignore Sante Pilastri Patrizio Cesenate dell'una e dell'altra Segnatura Referendario, Abbreviatore de Curia, e della Santità di N. S. In nocenzioXI.eSua Cam. Apost. CommissarioGenerale.In Cesena Per Verdoni. in  e V. Della Difesa della Commedia di Dante distinta in seta te libri; nella quale si risponde alle opposizioni fatte al D i s corso di M. e sitratta pienamente dello arte Poetica, e di molt altre cose pertenenti alla Filosofia, e alle belle Lettere Parte prima ; che contiene i primi tre libri.Con due Tavolecopiosissime.AllIllustrissimo eRe verendissimo Sig.il Sig. D. Ferdinando de'Medici Cardinale di Santa Chiesa . In Cesena Appresso Bartolomeo Raverii in4. . Italia . N o n seguì però questa famosa Disputa in Roma, com' egli avea disegnato di fare, ma bensìinBologna nelFebbrajo dell'anno seguente; on degliconvennemutare il frontispizio al suo libro, e porvi: Quæ omnia publice disputanda Bononia proposuic Anno Salutis Veggasi qui addietro ove sitrattaampiamente disìfatta disputa,e delmeritodi questo libro.Della Difesa della Commedia di Dante distinta in sette libri, nella quale si risponde alte opposizioni fatte al Disa corsodiM. M. esitratta pienamente dell' Arte Poetica, e di molte altre cose pertinenti alla Filosofia, ed alle belle lettere. che contiene gliultimi quattro libri nonpiù stampati; edora pubblicata incuisitrova, cosìpergloriadel M., come per le insigni qualità del Prelato, che vi si rilevano, cred o ben fatto di riportarla in questo luogo, e dèla seguente.  a beneficio del Mondo letterato. Studio eSpesa diD. Mait ro Verdoni,eD. Domenico Buccioli Sacerdoti diCesena,. da essi dedicata Ad Albizzidell'una e dell'altra Segnatura Re ferendario, Giudice della Sacra Congregazione di Propagan da, ePrelato domestico di N. S. Papa Innoc. XI. in Cese na per Severo Verdoni in 4. Nell'occasione, che D. Mauro Verdoni, illustre letterato di Cesena, ebbe ri soluto di pubblicare questa seconda parte della Difesa di Dante, vedendo che la prima era di già divenuta assai rara, si determinò d i dover ristampare anche questa, siccome fece, dedicandola a Monsig. Sante P i laseri Prelato Cesenate per dottrina e per esemplarità di costumi riguardevolissimo, il quale aveva prestato a tal effetto al Verdoni ed ajuto e favore . M a essendo Monsig. Pilastri passato a miglior vita in tempo che appena n'eraterminata la stampa, convenne aglieditori procacciarsi un nuovo Mecenate, cui subito ritrova rono senza uscire dellalorpatria nelladegnissima per sona di Monsig. Dandini Vescovo diSinigaglia, Prelato anch'esso digran nome ; onde è avvenuto che quasi tutti gliesemplari siveggono con nuova dedica indirizzati a questo secondo, ede'primi non m'è riu. scito discontrarne cheuno,ilquale siconserva pres so dime unitamente all'altro dedicatoaMonsig. Dandini. La dedica a Monsig. Pilastri è in data, e quella a Mopsig. Dandino è de'17. dello stessomese edanno. Epoichè questa prima dedica merita assolutamente d'essere tratta dall'oblivio ne Illuge  'animo fatociperultimare que sta grande impresá frastornataci da tanti ostacoli) abbia mo stimato convenientissimo debito presentarla a V. S. Illu striss. per una particella di dovuta restituzione, eriman dar (comesidice) questo FiumealsuoMare. Nepunto erriamo, sesottonone di Mare ricopriamolavastità delsa pere, la profondità della prudenza, i tesori delle Cristiane virtù,cheadornano l'anima di V. S. Illustris.Avvenga che, se sirifletta con quanta carità dispensa ella a'Poveri isussidjdellavita, a'suviConcittadinilegrazie, con quan ta magnanimità, emulando la pietà de'suoi Avi, eregga agli Eroi del Paradiso gli Altari;sovvengaleCongregazioni del Taumaturgo Fiorentino, ed in specie questa della Pa che con tanta esemplarità dal Porporato, che ci regge, ècomunemente protetta,e progredisce ne dettami delpiosuo Illustriss. eReverendi ss.Monsig. Comparisce sulla scena del Mondo alla seconda lucelaPri. ma Parte di cotestaDifesa fregiata del pregiatissimo nome di V.S. Illustriss.per contestare, che volume si prezioso meritò sempre ne'suoi natali uscire ornato in fronte del no me d'uno d'e primi Personaggi, che venerasse il Secolo. Ed invero,sesiconsiderinoledignità,merito,virtù,e l'altre venerabili doti, che adornano l'animo di V. S. III., puossi senza veruna nota concludere, che sia sempre stato secondato da segnalatissimi favori nelli suoi ingegnosi parti il nostro M.; mentre questi sono stati sempre genero samente accolti, edalle prime Cattedre, eda'primiSavj del mondo, leggendosi sino da’Chinesi iportenti di questo grandeingegno. Ondenoiin considerazione delle grazie tan tevolte compartiteci,e dell tria, ' Fondatore, non potiamo, nè dobbiamo concludere altro della religiosa prodigalità della sua mano, se non quello, che della mano dispensiera di Probo cantò Claudiano: Præ 1    Præceps illamanus Auvios superaba tIberos,  zioni,eprove dell'amore che V. S. Illustriss. le porta ed in udire tutto giorno i religiosiattestati della sua pietà a risplendere o ne' Tempii, o negli Altari, non le consacri tuttose stesso in olocausto? Se nontemessimo tormentar quivi la sua modestia, proseguiressimo a mostrar con mille prove la sua gran dilezione verso la Patria, e noi tutti ; giac chivisonopochi,chenonrammentino legrazie,ifavori, eisovvegni conseguiti dalla bontà diV. S.Illustriss., ch'e Aurea dona voinens . A questo Mare adunque, la di cui gentilissima aura hacci sovvenuto a condurre alporto un Opera contrastataci da im. petuosi aquiloni di mille infortunj, abbiamo noi presentato nella tavola de nostri voti questo eruditissimo libro, col solofinedi rimostrare all'universale Repubblica diDotti, che se la nostra Patria ha saputoprodurre i M., i > Chiaramonti, i Dandini, e gli Uberti, preseduti alle pri me Cattedre di Roma, di Parigi, di Bologna, e di Pisa, ha ancora nelmedemo tempo avuto nobilissimi Figli, chegli hanno generosamente accolti,  favoritiegraziati. Egiacche questa Difesa per se stessa rende immune da qualsisia di fesa l'Autore, che ha saputo mettersi in tal quadraturii coll' altissimo suo sapere, che non paventa veruna offesa; resta perciò liberaa V.S. Illustrissima lasola difesa epro tezione di noi, che abbiamo volentieri registratoin questo Libro lossequiosissiino e riverentissimo tributo della nostra divozione al di leigran Nome; che non potrà mai ricor darsi e da noi, e dalla Patria tutta senza rassegnargliene con un eccessivo ossequio un tenerissimo affetto. Perciocchè chi è, che nella Patria in vedere le affettuose dimostra f > mula di quelGrande, neque negavit quidquam peten tibus; et ut quæ vellent, peterent, ultrò adhortatus est.  Cesena. Sacerdoti Cesenati, VJ. Discorso di M. intorno alla Risposta ed alle opposizioni fatregli da Patricio, per  est . M a vaglia per tutti, e sia ne' fasti dell eternità a caratterid'oro registrata la grande restituzione, che ha fat to alla Patria del suo gloriosissimo, e primo seguace del Redentore, Martiree Pastore d'EvoraS. Mancio ladi cuimemoria quasi quiestintaèstata dalla dilei Pietà ravvivata ; le di cui Sante Reliquie, fatte portare dalle ultime regioni del Tago, siccome hanno impietositi gli Altari, così ancora hanno indotta tal venerazione del di leiNome, che ingegnosamente si dice, meritar ella corona più preziosa di quella, che da' Romani donavasi a chi rendeva i suoi Cittadini a Roina; ovvero che solamente lapietà di Monsig. Sante ha saputo accrescereifigliSanti allaPatria;eche sopra questo fortissimo Pilastrosivede ogni giorno più sta bilita la divozione verso gli Eroi del Paradiso in Cesena. Viva dunque il nome di V. S. Illustriss., e fino che i nostri celebratissimi Rubicone e Savio tributeranno i loro liquidi argenti all'Adriatico, resti impressa negl’animi di tutti la memoria di si gran Benefattore. Vivaquesto Cesenate Ti moteo, a cui non Atene, ma Cesena, che è pur l'Atene della Romagna, ergapertrofeouna corona di cuori. Mentrenoi. restringendocia supplicarladigradire quest'attestato delno stro umilissimo ossequio, riverentemente inchinati, la sup plichiamo anon isdegnarsidi permetterci, che ci pubblichid mo per sempre Di V.S. Illustriss.e Reverendiss. Vmiliss.e Reverentiss. Servi Obblig. D.Verdoni, e D. Buccioli > te  145 tenente alla Storia del Poema Dafni, oLitiersa di Sositeo Foeta della Plejade. InCesena appresso Bartolomeo Raverii .in4. VII. Ragioni delle cose dette, ed'alcune autorità citate da Jacopo Mazzoni nel Discorso della Storia del Poema Dafni oLitiersa di Sositeo . In Cesena per Bartolomeo R a verii  in4. Del merito diquesti dueOpuscoli, e della cagione, che indusse l'autore a scriverli, si vegga acart.78.e segg.,eacart.84. e85. Jacobi M. Cæsenatis, in almo Gymnasio Pisano Aristotelem ordinarie, Platonem vero extraordinem profitentis, in universam Platonis et Aristotelis Philosophiam Preludia, sive de comparatione. Platonis et Aristotelis. Liber Primus. Ad Illustrissimumet Reverendissimum CarolumAn sonium Pureum Archiepiscopum Pisanum .Venetiis Apud Joannem Guerilium in fol. Questo volume, che dal Mazzoni era,forse non senza ragione, riputato il suo capo d'opera, si vede al presente giacere quasi in una totale dimenticanza, colpa de' nuovi sistemi di Filosofia, che di poi si sono introdotti . Ad ogni modo è opera dottissima, e quanto mai si possa di -. re ingegnosa, e nel suo genere affatto singolare; con tenendo quasituttiisistemi degli antichi Filosofi esa  In Exequiis Catherina Medices Francorum Regine. Florentia apud Philippum Jun ctamin 4. L'Autore dedica questa sua Jacobi Mazonii Oratio habita Florentia Idus Orazione al Duca di Bracciano per 1 ! i molti favori, che avea ricevuti da questo m a gnanimo eliberalissimo Signore;dallacuigentilepro pensione verso di sè dice, che sisentiva tratto a scri vere, epresentargli un giorno cose molto maggiori .mi . T   minati ed illustrati in una maniera sorprendente. Lettere . Una lettera del Mazzoni scritta a Belisa rio Bulgarini si trova impressa a cart. 121. delle Consi derazioni del medesimo. Bulgarini sopra il Discorso di esso M. in difesa della Commedia di Dante . In Siena appresso Bonetti. in 4. Tre altre scrit teparimente alBulgarini sileggono a carte e delle Annotazioni, ovvero Chiose Marginali dello stesso Bulgarini sopra la prima parte della Difesa di Dante di M.. In Siena appresso Luca Bonetti. Ed una indiritta a Speron Speroni staa cart.355. del volume quinto di tutte l’Opere di esso Speroni dell'ultima edizione di Venezia. Dialoghi in difesa della nuova Poesia dell'Ariosto. Di questi dialoghi fa menzione M, medesimo alla pag. 20. delsuo Discorso de’ Dittonghi; e dice ch'era presto, a Dio piacendo, periscamparli, il chepoinon fece, forse per essersi ricreduto sovra tale materia; giacchè allora, che era molto gio Considerazioni sopra la Poetica del Castelvetro. Que ste furono mandate dal Mazzoni al Barone Sfondrato, che ne dà ilsuo giudizio inuna lettera scritta all'autore t r a quelle del Vannozzi. vane XIII.Commentarj sopratutti I Dialoghi di Platone.P rea se M. a scrivere questi Commentarj per soddisfazione di Francesco MariaII, della Rovere Duca d'Urbino, ed egli medesimo ne fa menzione in una lettera scritta a Veterani Ministro del Duca, come pu . re   a reinaltraa Belisario Bulgarini, cheleggesi acart.213. delle Annotazioni ovvero Chiose marginali ec. di esso Bul garini. M. medesimo poiacart. della DifesadiDante nomina isuoi Commentarj sopra il Fedone, XIV . Libri de Rebus Philosophicis, fatti ad imitazion di Varrone. Compose M. quest'opera inunasua villetta sulla riva del Savio, e. disse a Roberto Titi che pensava di pubblicarla prima della seconda parte della Difesa di Dante. Veggasi quan toda mesenediceacart. 44.e98. delpresentevo lume. Censura del primo Tomo degli Annali del Cardinal Baronio . Il celebre Simon in una lettera a Dandini, che si legge a cart. della sua Biblioteca Critica, afferma d'aver inteso da questo Prelato, che M. avea scritto contro il primo tomo del Baronio, tosto che questo uscì in luce,  e che il manoscritto di quest'opera sic onservava nella libreria delGran Duca. Discorso d'una breve Navigazione, chesi puòfare da Portugallo nell'Etiopia, e nel Paese del Prete Janni . A Buoncompagni General di S. Chiesa, e Marchese diVignola. Questo si trova in una Miscellanea della Biblioteca Vaticana. Discorso sopra le Comete. Anche questo Discorso, lodatissimo dalSig. Guidubaldo de' Marchesidel Monte celebre Astronomo, dovrebbe ritrovarsi nella Libreria Vaticana tra'Codici Urbinati; ma per diligen zefattenon siè potuto rinvenire al num.513., allegato dal Conte Vincenzo Masini nelle Annotazioni al primo libro del suo Poema del Zolfo, e dietro a lui da Muccioli a cart.116. del suo bel Catalogo della Bi . Biblioteca Malatestiana . Veggasi ciò, che del pregio di quest'operetta si è da noi detto alla pag. 101. La Fisica, e i Dieci Libri dell'Etica d'Aristotile. Tadini scrive che il manoscritto originale di quest'opera, mancante però e imperfetto, si conser vava alquanti anni sono presso ilSig. Gio: Antonio Al merici Nobile Cesenate. Il medesimo si afferma da Ceccaroni in alcune memorie mano scritte, comunicateci dal Ch.Sig. Arcidiacono Chia ramonti, dalle quali si apprende, che lo stesso Cecca roni avea fatta copia dell'originale inedito dell' Etica; ma sento che questa copia ancora sia andata insinistro,epiù non siritrovi. In universam Platonis Rempublicam Commentaria. Della Rupubblica di Platone da sé commentata fa ri cordo M. medesimo nella lettera di ZQ  / 148 ν gata al Sig. GiulioVeterani; dicendo,che quantopri ma pensava di mandarla, o di recarla esso medesimo al Sig.Duca d'Urbino. alle La X X . Orazioni . Di varie Orazioni dal nostro autore composte in diverse occasioni, e non mai pubblicate, si è fatto memoria nel decorso di quest'opera, prima viene accennata a cart.89., detta in Pisa nell' aprimento degli Studi in lode della Filosofia . La se conda scrittada lui eloquentissimamente per movere il Pontefice Clemente VIII. a ribenedire il Re Arrigo IV. di Francia a cart. 99. La terza detta ne' funerali del celebrePierAngelio da Bargaacart. 100. El'ultima final mente recitata nell'Archiginnasio Romano, facendo una comparazione tra l'antica Roma e la moderna ; . della quale sifavella acart.112. Lezioni. Quattro Lezioni altre sì scrive M. sopra che mai non videro la luce . Elle furono reci. tate in Firenze, due nell'Accademia Fiorentina per ri schiaramento di due luoghi di Dante; e l'altre in quella della Crusca sopra i Brindisi,e le feste Vinali degli Anti chi.Veggasi a cart.77.94.95.e97. Lettere. Di alquante lettere del M. si conservano gli originaliin Pesaro nella libreria Giordani, delle quali lach.me.del dottissimo Sig. Annibale degli Abati Olivieri si compiacque giàmandarmi copia; e sono tre scritte al Cardinale Giulio della Rovere, una al Duca d'Urbino, due a Giulio Veterani, ed una a Piermatteo Giordani. Altre parimente originali scrittea Belisario Bulgarini si trovano in alcuni Codici esistenti nella Libreria dell'Università di Siena. Oltre aquest'opere ilTadini afferma, essercime moria, che dal Mazzoni sieno state scritte anche le seguenti, cioè I. In Homerum Paraphrasis. II. Numi smatum Græcorum Interpretatio. In Lullum Commentaria.IV. Naturalis Philosophie Arcana.V. Secretoperco noscere da'Bigari e Quadrigati, denari Romani, qual fazione restasse vittoriosa ne' Giuochi Circensi, se la Veneta o Prasing Rossa o Bianca. Tractatus de Somniis. L'originale di questo trattato de'Sogni dice, che fu venduto molti anni sono da certuno al Sig.Pier Girolamo Fattiboni Gentiluomo Cesenate. Ma che avea incontrata la stessa disgrazia degli altri, non si essendo più trovato. Forse tutti questi mss. dovettero essere in quelle dieci casse di libri di M., che rimasero dopo la di lui morte presso Girolamo Mercuriali in Pisa, come il Dottor Ceccaroni nell'accennate Memorie afferma apparire da un pubblico Documento rogato. Per   Per ultimo il sopralodato Sig. Arcidiacono Chiara monti mi assicura, esservi anche al presente chi sostiene doversi attribuire al M., così la Canzone composta in lode del Torneamento fatto in Cesena nel Carnovale, la quale incomincia Mostra l'alterafronte,come la difesa della medesima, che fu pubblicata sotto nome del Bidello dell'Accademia con questo titolo; Risposta di Matteo Bidello delloStudio di Cesena al Parere d'incognito Oppositore fatto sopra la Canzone Mostra l'altera fronte. In Cesena conlicenza de Su periori Per Bartolomeo Raverii. in8.; machenon avea avuto modo di verificare veruna di queste voci. lo per altro non averei difficoltà di credeCre, che così la Canzone,come ladifesa potesser essere fattura del nostro autore, essendo la Canzone assai bella ; e la difesa molto dotta e giudiziosa, e degna assolutamente del nostro grande e celebratissimo M.. Mazzoni. De triplice vita. Mazzni. Keywords: implicature, repubblica romana, the Latins on ‘vita activa’, I romani e la vita attiva. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Mazzoni” – The Swimming-Pool Library.

 

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