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Tuesday, December 24, 2024

GRICE ITALO A-Z R RO

 

Grice e Rosso: all’isola -- la ragione conversazionale all’isola -- a Sicilia – la scuola di Palermo – la scuola di Corleone -- filosofia siciliana – filosofia italiana – Luigi Speranza (Corleone). Flosofo siciliano. Filosofo italiano. Corleone, Palermo, Sicilia. Scrive tre saggi. Il primo e “Varie cose notabili occorse in Palermo ed in Sicilia”. Il secondo e “Descrizione di tutti i luoghi sacri della felice città di Palermo”. Descrive le chiese di Palermo. Questo saggio è ricordato in vari altri saggi. Il terzo saggio e “Diario Palermitano”. Il comune di Palermo gli dedica una via.  Biblioteca storica e letteraria di Sicilia: Mira/bibl Siciliana. Ciccarelli e Valenza, La Sicilia e l'Immacolata. Atti del convegno,  Pugliatti, Pittura del Cinquecento in Sicilia, Electa, Roma. Istituto di studi bizantini e neo-ellenici, Rivista di studi bizantini e neo-ellenici. Marzo, Biblioteca storica e letteraria di Sicilia: Opere storiche inedite. Valerio Rosso. Rosso. Keywords: filosofia siciliana, filosofia italiana. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Rosso” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Rota: la ragione conversazionale e la lavagna del gruppo di gioco – la scuola di Vigevao -- filosofia lombarda -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Vigevano).  Filosofo lombardo. Filosofo italiano. Vigevano, Pavia, Lombardia. Italian philosopher. Grice: “Many Italian philosophers would not consider Rota an Italian philosopher seeing that he earned his maximal degree without (not within) Italy! And right they would, too!” Saggi: “Pensieri discreti” (Garzanti). Dizionario biografico degl’italini. Palombi, “La stella e l’intero – la ricercar di Rota tra matematica e fenomenologia” (Boringhieri); Senato, “Matematico e filosofo” (Springer). Gian-Carlo Rota. Rota. Aune: “I left the play group when I realised that Grice could care less about blackboards!” -- Keywords: il primate dell’identita, Whitehead, fenomenologia, Husserl, Heidegger, tra fenomenologia e matematica, la stella e l’intero, discrezione, indiscrezioni, combinatoria e filosofia, la lavagna del gruppo di giocco. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Rota," per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

Grice e Rotondi: la ragione conversazionale a Roma antica – la scuola di Vivocaro -- filosofia lazia -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Vicovaro).  Filosofo lazio. Filosofo italiano. Vicovaro, Roma, Lazio. I primi anni di attività della sua “libreria delle occasione” sono piuttosto travagliati in quanto le autorità fasciste, infastidite dalla tipologia eterodossa dei testi in vendita, operano diversi sequestri e infliggono sanzioni. Costretto a chiudere la libreria per evitare il richiamo alle armi della repubblica sociale. Considerato disertore, si rifugia con la famiglia a Vicovaro. Individuato in seguito ad una delazione, riesce fortunosamente a sfuggire alla cattura e si allontana verso le montagne che circondano il paese, inseguito dappresso da tedeschi. Disperando di potersi salvare, si nasconde nei pressi di una casa abbandonata, popolarmente ritenuta abitata dagli spiriti e qui avviene l'evento fondamentale sopra descritto che cambia la sua vita e le sue convinzioni, aprendolo alla conoscenza del mondo spirituale. Improvvisamente ha una visione folgorante nel nielo. Sedetti a contemplare la scena. Una catena di globi luminosi dall'alto scendevano fin giù, penetravano nella terra, poi altri che risalivano e poi ridiscendevano come per riunirsi in un misterioso convegno. Si senteno delle voci indistinte. Si trattiene ad osservare tale spettacolo misterioso salvandosi, in questo modo, dal rastrellamento in corso nel vicino paese di Roccagiovine. Questo primo decisivo contatto con il para-normale  raccontato in "Il protettore invisibile". Tale evento rappresenta l'inizio del suo studio e del suo interesse nei confronti dell'esoterismo e della spiritualità. Pubblica massime, proverbi e aforismi di Roma antica. Dà alle stampe “L’arte del silenzio e l’uso della parola”, un originale e lungimirante saggio il cui intento si manifesta già dalla dedica, firmato con lo pseudonimo di Vico di Varo, derivato chiaramente dal suo paese natale. Viene incaricato di redigere un opuscolo commemorativo in occasione dell'inaugurazione in Vicovaro del Monumento in onore delle vittime della strage nazista delle Pratarelle. Svolge una funzione di aggregazione e catalizzazione culturale in anni difficili in cui certi ambiti di studio venivano guardati con sospetto, quando non con manifesta ostilità.  Partecipa e svolge un ruolo tutt'altro che secondario nel Cerchio Firenze, una delle più importanti esperienze para-psicologiche collettive italiane. Lui la sua libreria,  sono ormai un punto di riferimento di tutto un mondo culturale in espansione e finalmente libero da ogni censura. Pubblica  titoli presso diverse case editrici -- Mediterranee, Astrolabio, Sugarco, S.A.S. --, firmandoli oltre che con il suo vero nome con il pseudonimo ‘Amadeus Voldben’, acronimo di “Volontario del Bene”. Tale nome d’arte sta ad indicare la missione che si e prefisso e che delinea nel libriccino “I volontari del bene”, vera e propria bibbia per tutti coloro che si riconoscono nel progetto di diffusione del bene.  Oltre al valore intrinseco degli scritti, sono le riunioni e la sua stessa presenza in libreria a suscitare curiosità e interesse presso un pubblico molto ampio che vede in lui una guida spirituale in grado di fornire suggerimenti mai banali e, da educatore, sempre comprensibili. Dietro la sua apparente severità, che è semplicemente rifiuto della superficialità, traspare la disponibilità e l'umanità, accessibili a chiunque si sforzi di varcare un civico di via Merulana. Si caratterizza da una produzione culturale ed una serena consapevolezza. Regala gemme di saggezza e consigli. Oltre ai testi pubblicati lascia altri scritti, alcuni pronti per la stampa altri bisognosi di revisione, che vengono pubblicati da i quali si sono impegnati a proseguire l'attività in libreria, mantenendosi fedeli all'impostazione originaria da lui delineata. La libreria riceve il riconoscimento di "negozio storico" da parte del Comune di Roma.  Opere: Saggezza ” (I della collana Le Perle, ristampato da Astrolabio. L'arte del silenzio e l'uso della parola, ristampato dalla Libreria Rotondi; Saggezza di Roma antica, collana Le Perle). Saggezza dell'antica Grecia, collana Le Perle). Amore e saggezza nel pensiero, collana Le Perle). Il giardino della saggezza, collana Le Perle). “Dopo Nostradamus: le grandi profezie sul futuro dell'umanità” (Mediterranee); “Un'arte di vivere: via segreta alla serenità” (Mediterranee); “La coppa d'oro: insegnamenti dei maestri, fonte di luce e di energia, SAS; Le influenze negative: come neutralizzarle, SugarCo,,  Il protettore invisibile: la guida che ci aiuta nei momenti difficili della vita, Mediterranee, La voce misteriosa, Astrolabio; Lo scopo e il significato della vita: perché si nasce, perché si vive, perché si muore, Mediterranee, I prodigi del pensiero positivo: il suo potere e la sua azione a distanza, Mediterranee, Il destino nella vita dell'uomo, Mediterranee, La re-incarnazione: verità antica e moderna, Mediterranee, La potenza del creder e la gioia d'amare: i prodigi della fede e dell'amore, Mediterranee,  Una luce nel tuo dolore, Mediterranee); “Guida alla padronanza di sé, Mediterranee, La magica potenza della preghiera, Mediterranee); La chiave della vita, Mediterranee,  La presenza divina in noi, Mediterranee, Le leggi del pensiero: l'energia mentale e l'azione della volontà, Mediterranee); Le grandi profezie sul futuro dell'umanità, Mediterranee. La potenza creatrice del pensiero, Mediterranee, Pensieri per una vita serena, Mediterranee); “Ricordo dei nostri martiri. Commemorazione in occasione dell'inaugurazione del monumento ai martiri delle PratarelleVicovaro, Tipografia Seti, Roma); “I Volontari del Bene” (Libreria Rotondi Editrice, Roma); “Reincarnazione e fanciulli prodigio, Mediterranee, Roma, La reincarnazione: verità antica e moderna, Mediterranee); “La voce misteriosa”; “Le perle”. L’arte del silenzio e l’uso della parola. La Libreria Rotondi è segnalata in molte pubblicazioni, tra cui la Guida ragionata alle librerie antiquarie e d'occasione d'Italia, C. Messina, Roma); A. Voldben, Il protettore invisibile, Edizioni Mediterranee, Roma,  La sua partecipazione agli incontri del Cerchio Firenze è ricordata in “Oltre l'illusione, Roma, Mediterranee, e “Oltre il silenzio” L. Campani Setti, Roma, Mediterranee). Dopo Nostradamus, I prodigi del pensiero positivo, Le influenze negative, Il protettore invisibile: Molte persone si rivolgevano a Rotondi per ricevere consigli. Una testimonianza letteraria di questa consuetudine si trova nel romanzo di  Giovetti Weimar per sempre (Mediterranee, Roma) in cui il personaggio si reca presso la Libreria delle Occasioni per ricevere suggerimenti su questioni spirituali e libri. Libreria Rotondi, Libreria delle Occasioni (La libreria fondata da Rotondi) La piccola miniera (da Il Corriere della Sera) Il libraio di via Merulana e i globi luminosi (da La Repubblica) Cerchio Firenze  (Esperienza parapsicologica collettiva) Andiamo alla scoperta (da La Piazza di Castel Madama.  ‘Vico di Varo’. Amedeo Rotondi. Rotondi. Keywords: Roma antica, antica Roma, le perle, Vicovaro, filosofia fascista, il veintennio fascista. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Rotondi” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Rovatti: la ragione conversazionale dei giocchi e gl’uomini – la scuola di Modena -- filosofia emiliana -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Modena). Filosofo Emiliano. Filosofo italiano. Modena, Emilia-Romagna. Grice: “I do not know any other philosopher other than me or Austin who, like Rovatti, is obsessed wiith the concept of a ‘game’!” Studia fenomenologia a Milano con PACI. Insegna a Trieste. Si occupa dei rapporti tra fenomenologia e marxismo pubblicando “Critica e scientificità in Marx” e poi focalizzando in vari saggi il tema dei bisogni con riferimento anche alla psico-analisi. Le questioni concernenti il “pensiero debole” diventano il punto di partenza di “La posta in gioco: il soggetto” (Bompiani, Milano); “Abitare la distanza”, “Il paiolo bucato: la nostra condizione paradossale” (Cortina, Milano); “La follia in poche parole” (Bompiani, Milano); “L'esercizio del silenzio”; “Possiamo addomesticare l'altro? La condizione globale” (Forum, Udine); “Inattualità del pensiero debole” (Forum, Udine). Queste questioni riguardano soprattutto la possibilità di una «logica paradossale» e si articolano intorno ai temi del gioco, dell'ascolto e dell'alterità, tutti collegati alla questione della soggetto. Saggio su PACI.  Dalla filosofia del gioco nascono anche “Per gioco: piccolo manuale dell’esperienza ludica” (Cortina, Milano); “La scuola dei giochi” (Bompiani, Milano); “Il gioco di Wittgenstein” (EUT, Trieste). Si interessa alla consulenza filosofica, con “La filosofia può curare? La consulenza filosofica in questione” (Cortina, Milano). Altre saggi: “Il coraggio della filosofia” in «aut aut».  Tiene una rubrica sul quotidiano "Il Piccolo" di Trieste, “Etica minima”. Racoglie "scritti corsari" (cfr. Pasolini) in vari saggi: “Etica minima – saggi quasi corsair sull’anomalia italiana” (Cortina, Milano); “Noi, i barbari – la sotto-cultura dominante” (Cortina, Milano); “Un velo di sobrietà” (Saggiatore, Milano); “Accanto a una sensibile sintonia”. Si manifesta nella sua filosofia una particolare attenzione sul rapporto tra potere e sapere; “Gli ego-sauri” (Elèuthera, Milano); “Le nostre oscillazioni” (Collana Edizioni alpha beta Verlag, Merano); “L’intellettuale riluttante” (Elèuthera, Milano); “Restituire la soggettività. Lezioni sul pensiero di Basaglia” (alphabeta, Merano); “Consulente e filosofo. Osservatorio critico sulle pratiche filosofiche” (Mimesis, Milano); “Abitare la distanza. Per una pratica della filosofia” (Feltrinelli, Milano); “Scenari dell'alterità, Bompiani, Milano); “Il decline della luce” (Marietti, Genova); L'università senza condizione” (Cortina, Milano); “Fare la differenza” (Triennale di Milano, Milano); “Introduzione alla filosofia contemporanea, Bompiani, Milano); “Lettere dall'università, Filema, Napoli); “Trasformazioni del soggetto: un itinerario filosofico” (Poligrafo, Padova); “Dizionario dei filosofi” (Bompiani, Milano); “Elogio del pudore: per un pensiero debole” (Feltrinelli, Milano Intorno); “Il pensiero debole” (Feltrinelli, Milano); “Bisogni e teoria marxista” (Mazzotta, Milano); “Critica e scientificità in Marx: per una lettura fenomenologica di Marx e una critica del marxismo di Althusser (Feltrinelli, Milano);  “La dialettica del processo” (il Saggiatore, Milano). aut aut. R.: il pensiero debole, sul  RAI Filosofia. Grice: “As Rovatti shows, it is possible to conceive of conversation as a GAME, with its own RULES, and MOVES. Pier Aldo Rovatti. Rovatti. Keywords: i giocchi e gl’uomini --. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Rovatti” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Rovella: all’isola -- la rgione conversazionale all’isola -- querce, o della filosofia siciliana – l scuola di Acreide – la scuola di Siracusa – filosofia siciliana -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Acreide). Filosofo siciliano. Filosofo italiano. Acreide, Siracusa, Sicilia. Studia a Ispica e Catania sotto CARBONARA, laureandosi con un saggio di estetica, sul rapporto fra contenuto -- o materia -- e forma. Insegna a Noto e Palazzolo. Pubblica “L'uomo” (Giannini, Napol). In una serrata discussion affronta la meta-fisica ed espone il suo convincimento che la ricerca senza condizioni, attraverso l'intelligenza attiva e creatrice può aprire all'uomo orizzonti creativi, seppur rischiosi. La meta-fisica imprigiona in schemi rigidi e vincolanti. Pervenire all'auto-coscienza è il compito più degno degl’uomini, che pur problematico in sé non rimaneno imprigionati nel problematicismo. Altre opera: “Deneb” (Caltanissetta, Roma), romanzo filosofico che narra la pulsione verso l'oltre, attenuando, così, la precedente critica verso la meta-fisica e aprendo verso il mistero che comporta il confronto con tre donne che rappresentano tre volti diversi della verità. La stella “Deneb” è metafora della pulsione verso l'alto. Abbondano i riferimenti autobiografici da cui emerge l'attaccamento alla casa natia, che non abbandona, alla famiglia e soprattutto ad un modello di vita contadina morigerata e sobria. Lo stile   è affabulante. L'auto-coscienza e il trionfo della morte  in GENTILE in Il pensiero di Gentile (Enciclopedia Italiana, Roma). Qui si esamina il momento finale della vicenda umana e filosofica di GENTILE alla cuia filosofia è legato. “L'errore del cerchio” (Siracusa). Predomina il colloquio interiore, lo scavo nella coscienza e nella memoria. Procede come un giallo. Un tema attraversa gl’avvenimenti, la libertà e la necessità di un suo contenimento. “La fattoria delle querce” (Caruso, Siracusa). L’epopea della famiglia siciliana Capobianco, governata da una donna e sviluppata attraverso un intrigo di personaggi e di vicende. I discendenti Capobianco sono identici agl’ante-nati, e la ricerca della genealogia è il problema più assillante per i personaggi. Il mito dell'eterno ritorno dell'identico li e caro. Rimane sempre legato ai miti. Fisiognomica, astrologia, venti, odori e turbamenti fanno di questa opera un esempio di scrittura immaginifica e personale. Filosofia di non di facile consume traccia una “Imago siciliae”. Nella stessa aura de La fattoria sono scritti i racconti. Cambia di nuovo argomento, inizia quella che lui chiama “la fase cristica”, in cui la figura di Cristo e il rapporto fra le religioni sono il tema dominante. “L'ora del destino, dramma in due atti” (Accademia Casentinese di Lettere, Arti, Scienze ed economia, Castello di Borgo alla Collina, Arezzo,  L'Ora in persona di una donna consola il crocifisso che muore quando una congiuntura astrale perviene al suo compimento. In “Vita di Gesù” (Prospettive d'Arte, Milano) Gesù è visto nella sua umanità. La narrazione segue lo sviluppo dei vangeli sinottici, con qualche incursione negl’apocrifi. L'autore, che pur ne ha le competenze, si tiene lontano dalle problematiche gesuologiche e cristologiche. Vuole narrare un Gesù “così come parla al cuore”.  L'Angelo e il Re, con prefazione di Pazzi per i tipi di Palomar Bari. I nove mesi di gravidanza di Maria vergine sono narrati con un andamento che si mescola di esoterismo e sapienza umana. Maria spesso, nel mistero del suo concepimento, nella sua realtà quotidiana, vive le vicende del suo quartiere, con le sue amiche, con qualche momento di gioia esaltata e prorompente, con un tratto zingaresco. Attratto da zingari e vagabondi di passaggio, come incarnazione di una libertà che abbiamo smarrita. “Le Madri” (Utopia, Chiaramonte Gulfi). Vi si sente l'eco di Bachofen. Breve raro capolavoro, pieno di mistero e poesia, di un potere magico. “Asvamedha” (Utopia, Chiaramonte Gulfi) raccoglie racconti; “Inizio d'amore” (Studi Acrensi, Palazzolo Acreide) raccoglie altri racconti che l'autore pubblica in varie riviste letterarie nazionali, a cura dell'Istituto Studi Acrensi Palazzolo Acreide. I racconti, dice l'autore, vivono nell'aura dei romanzi di questo periodo.  “La vigna di Nabot, dramma in IV quadri” (Associazione Amici di Rovella, Palazzolo Acreide) narra le vicende del ersonaggio che incontriamo nel primo libro dei Re Cap. 21. La prepotenza dei potenti e la sacralità della terra dei padri sono il filo conduttore del dramma. Nabot muore per una questione di coerenza. Scuderi, La fattoria delle Querce, in Le Ragioni critiche, Menichelli in Esperienze letterarie,  Jacobbi, Il miracolo Deneb, in Arenaria, Palermo, Vettori, Il miracolo di Deneb e le profezie di Ruggero, Arenaria, Monachino Ester, Considerazioni su un romanzo di Rovella, in Le Ragioni critiche, Catania, E. Messina, Dal bagolaro alla sequoia” (Romeo, Siracusa); Messina, Alle radici del pensiero. La presenza dei suoi maestri” (Romeo, Siracusa). Giuseppe Rovella. Rovella. Keywords: romanzo filosofico, querce. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Rovella” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Rovere: la ragione conversazionale, o le confessioni di un meta-fisico romano – la scuola di Pesaro -- filosofia marchese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Pesaro). Filosofo marchese. Filosofo italiano. Pesaro, Marche. Essential Italian philosopher. The family originates in Albisola, Savona, Liguria. Filosofo. Il giure civile del popolo italiano ha nel testo della legge positiva e speciale autorità sufficiente da soddisfare la giustizia ordinaria e da risolvere i dubii e acquetare le controversie intorno agl’interessi e agl’ufficii d'ogni privato cittadino. Di quindi nasce che possono alcuni curiali riuscire segnalati e famosi al mondo con la sola abilità del pronto ricordare, dell’acuto distinguere e dell'interpretare acconcio e discreto. Al giure delle genti occorre, invece, assai di frequente la discussione delle verità astratte. Perocché esso è indipendente e superiore all'autorità della sopra-citata legge. Si connette immediatamente al giure naturale che è al tutto razionale e speculativo. Spesso gli è forza di riandar colla filosofia sulle fondamenta medesime dell’ordine sociale umano, e spesso altresì non rinviene modo migliore per risolvere i dubii e acquetare le discrepanze fuor che indagare i grandi pronunziati della ragione perpetua del diritto, chiariti, dedotti e applicati mercé della scienza. Poco importa se i meta-fisici si bisticciano. Ma non va senza danno del genere umano il discordare e il traviare de' pubblicisti. E già si dice che il fine criterio degl’uomini illuminati coglie il certo e il sodo della scienza, ma non la crea e non l'ordina. La demenza degl’uonini fa talvolta scandalosa la verità. Laonde ella ha a pronunziare di se medesima. Non venni a recare la pace in mezzo di voi, sibbene la spada. Lo stato romano essere certa congregazione di famiglie la qual provvede con leggi e con tribunali al bene proprio e alla propria tutela -- tanto che sono competentemente adempiuti i fini generali della socialità e i particolari di essa congregazione. Lo stato romano non esiste per la contiguità sola delle terre e delle abitazioni, ma per certo congiungimento e unità delle menti e degl’animi dei romani. Il che riconosciuto e fermato, se ne ritrae ciò che pel diritto è primo principio ed assioma, non potersi da niuno e sotto niuna ragione arrogare la facoltà di offendere e menomare l'autonomia interna ed esterna dello stato romano insino a tanto che questo non provoca gl’altri ad assalirlo con giusta guerra. Ed eziandio in tal caso è lecito di occupare temporalmente il suo territorio e dominare il suo popolo nei limiti della difesa e dell'equo rifacimento dei danni. L'uomo individuo può nel servaggio e nelle catene serbare con isforzo la libertà dello spirito e compiere in altro modo e sotto altre condizioni certa eroica purgazione e certo mirabile perfezionamento della sua parte interiore e immortale. Ma ciò è impossibile all’intero popolo romano, il quale nel servaggio di necessità si corrompe ed abbietta, e quindi GRAVINA chiama assai giustamente la libertà della nazione romana sacro-santa cosa e di giure divino. L'anima non è vendibile e non è nostra, dicevano i teologanti per dimostrare da più parti la iniquità del CONTRATTO. E neppure la libertà è vendibile. E se l'usarla e abusarla è nostro, non è tale la facoltà e il principio infuso dal divino con l'alito suo divino e che al dire d’Omero vale una mezza anima. Lo stato romano possiede onninamente se stesso. Niuno fuori di lui può attribuirsene la padronanza. Quindi il popolo romano o vivono in se od in altri. Cioè a dire, o provedono al proprio fine con la legge e ordini propri e componendo un individuo vero e perfetto della universa famiglia umana. Ovvero entrano a parte d'altra maggior comunanza con ugualità di diritto e d’ufficio, come quelle riviere che ne' più larghi e reali fiumi confondono le acque e perdono il nome. Questa è la generale e astratta dottrina che danno la ragione e la scienza. La patria romana, impertanto, significa quella contrada e quella congregazione d’uomini a cui ciascuno degli abitanti e ciascuno dei congregati sentesi legato per tutti i doveri, gl’istinti, i diritti, le speranze e gl’affetti del vivere comune. La patria romana, considerata nella sua morale e profonda significazione, è il compiuto sodamento di ciascuno verso di tutti e di tutti verso ciascuno. Se la patria romana non ha debito né possibilità di nudrire del suo ogni giorno tutti i suoi indigenti, spietata cosa sarebbe inibire a questi di procacciarsi altrove la sussistenza. Prediletta opera delle mani del divino e la nazione romana. La nazione romana è pura, domandano essi, e tutta omogenea. Questo e il puro principio della nazionalità romana. Lo stato romano, dipendente come si sia da un altro non è, a propriamente parlare, autonomo. E e perciò, a rigore di definizione, neppure la denominazione di stato romano gli si compete. I prìncipi non sono, del certo, scelti dal divino immediatamente, ma sono dal divino immediatamente investiti della sovranità romana. Il popolo romano indica l'uomo a cui vuole obbedire e in quell'uomo è subito la pienezza della sovranità romana che dal divino gli proviene. Perocché come dal divino è istituito IL FINE della socievole comunanza, così è istituito IL MEZZO nella autorità del comando. È sicuro che nella lunghezza dei secoli le volontà e i giudizi umani si accostano all'assoluto del bene sociale, quanto che la via che viene trascorsa non procede diritta e spedita ma declina e torce continuo fra molti errori e molte misere concussioni. La libertà della nazione romana, essendo naturale ed essenziale agl’uomini e necessaria concomitanza d'ogni bontà, è doveroso per tutti il serbarla integra nella sostanza. E perciò, né il privato individuo si può vendere ad altro privato, né tutto il corpo de' cittadini assoggettarsi pienamente e perpetuamente al dominio d’altro stato. Poco o nessun valore ha il dissentimento dei piccioli e deboli, quando anche piglino ardire di esprimerlo; e CHI INVESTIGA LA STORIA DELL’ANTICA ROMA RI-TROVA che DELLE PROTESTE loro giacciono GRANDI FASCI dimenticati negl’archivi delle Cancellerie. Dacché siete i più forti, correte poco rischio di vivere ex lege alla maniera dei ciclopi. Ma confessare il diritto e contro il diritto procedere, non è conceduto a nessuno. E parlavano meglio quegl’ateniesi che alle querele dei milesi rispondevano senza sturbarsi. Il diritto è cosa pei deboli e non già pei forti e pei valorosi. Il popolo romano è autonomo. Con altri vocaboli, lo stato romano, vero è libero ed inviolabile. E la patria romana, nel significato morale e politico, è *sinonimo* di STATO romano -- in quanto questo compone uno stretto e nativo consorzio in cui ciascun cittadino ha debito e desiderio insieme di effettuare il grado massimo di unimento sociale e civile.  S’incominci dall'avvisare chi sono costoro che si querelano della libertà dello stato romano e ne temono danni così spaventevoli. Costoro sono i medesimi da cui si alzano lagni e rimproveri cotidiani per qualunque libertà, eccetto la propria loro. Vogliono limitare la stampa, limitare la libera concorrenza, limitare IL PARLAMENTO e in fine ogni cosa col pretesto volgare ed ovvio che il parlamento, il commercio, la stampa abusano di loro facoltà e trasvanno più d'una volta e in più cose. La volontà umana, dite, è corrotta e inchinevole al male. Può darsi. Ma privata di libertà so che depravasi molto di più e i padroni non meno che i servi. Non è lecito agl’uomini di esercitare nessun diritto qualora difettino pienamente delle facoltà e dei mezzi correlativi. Perciò il fanciullo, il mentecatto, l'idiota cade naturalmente sotto l'altrui tutela, e per ciò medesimo la parte meno educata del volgo ed offesa di troppa ignoranza, o posta in condizione troppo servile, non ha nel generale facoltà e mezzi proporziod esercitare diritti politici. Esaminato il fine del viver comune, fatta rassegna d'alcuni principii direttivi, più bisognevoli al nostro intento e poco o nulla NOTI AGL’NTICHI ROMANI, segue senza più che noi trapassiamo a contemplare l'ottimo ordinamento civile. Cosi noi delineeremo qnalche fattezza dell'incivilimento umano, contemplandolo nella natura primitiva ed universale del popolo romano, ed avvisandoci di non iscambiare l'alterato e il mutabile col permanente ed inalterato; e per converso, di non dar nome d'errore emendabile e di accidente transitorio a ciò che appartiene alle condizioni salde e durevoli della comunanza civile. Chè nel primo difetto cadono i troppo retrivi ed i pusillanimi; nel secondo, i novatori audaci e leggeri. GL’ANTICHI ROMANI con molto senno incominciano dall'insegnar quello che spetta al buono stato della famiglia, perché della comunanza umana l'individuo compiuto non è lo scapolo, ma l'ammogliato con prole o vogliam dire la famiglia, rimossa la quale non rimane intermezzo alcuno che tempri l'amor proprio e la fiera e violenta natura nostra.  L'organizzazione tanto è più eccellente quanto meno cede alle esterne azioni ed impressioni ed anzi modifica con maggior efficacia ed appropria a sé quelle azioni. È da confessare che un gran trovato fece lo spirito umano e giovevole soprammodo alla prosperità del viver sociale, quando mise in atto quello che fu domandato GOVERNO RAPPRESENTATIVO o parlamentare. Se dirai: carattere della nazione romana è la continuità e circoscrizione del suolo d’Italia. E la nazione e nella lingua romana, la letteratura e le arti. Se le origini e la schiatta; le colonie sono tal membro e così vivace del corpo della patria onde uscirono, da non potersene mai dispiccare, e la guerra americana è dalla banda dei sollevati iniqua e parricida. Gran questione poi insorge sulle genti di confine, le quali compongonsi il più delle volte di schiatte anfibie, a cosi chiamarle. Quindi noi vogliamo, per via d'esempio, i nizzardi essere italiani – ROMANI -- e i francesi li fanno dei loro. La compagnia civile comincia là solamente dove gl’animi si accostano, e sorge desiderio di regolato e comune operare. La giustizia apre e chiude i congressi degli dei, non quelli degl’uomini. La voce “nazione romana” nel suo peculiare e pieno significato vuol dire unimento e società d'uomini che la natura stessa con le sue mani à fatta e costituita mediante il sangue e la singolarità delle condizioni interiori ed estrinseche. Per talché quella società distinguesi da tutte l’altre per tutti gl’essenziali caratteri che possono diversificare le genti in fra loro, come la schiatta, la lingua, l'indole, il territorio, le tradizioni, le arti, i costumi. “Nazione romana” vuol significare certo novero di genti per COMUNANZA DI SANGUE, conformità di genio, medesimezza di linguaggio atte e pre-ordinate alla massima unione sociale. Lo stipite umano è ordinato esso pure a spandere discosto da sé le propagini e i semi. E ogni germe nuovo dee nudrirsi del terreno ove cade, non del tronco da cui si origina. Sieno rese grazie publicamente da tutta l'Italia a voi, o Valdesi, che l'antica madre mai non avete voluto e potuto odiare e sconoscere insino al giorno glorioso che è dal divino coronata la vostra costanza, e un patto comune di libertà vi riconciliava con gl’emendati persecutori.  S'io credessi quelle armi che assiepano IL FORO, DICE CICERONE, starsene qui a minacciare e non a proteggere, cederei al tempo e mi terrei silenzioso. Ma il fatto è che quelle armi NEL FORO induceno per se sole una fiera minaccia, tanto che CICERONE parla poco e male, e la paura ammazza l'eloquenza. Dal riscontro, per tanto, di tutte le storie, senza timore mai d'eccezione, e più ancora dalla ripugnanza intima di certi termini, quali sono felicità a servitù, spontaneità e costrizione, ricavasi questa assoluta sentenza che in una nazione civile come ROMA, nessun governo straniero – come Cartagine -- non può vantarsi mai né della legittimità interiore, né della esteriore che emana dall'assentimento espresso o tacito della popolazione romana. Non può aver luogo prescrizione, dove i diritti innati o fondamentali dell'uomo ricevono sostanziale ingiuria ed offesa; e di si fatti è per appunto la indipendenza o dimezzata o distrutta. Ogni cosa nell'uomo è principiata dalla natura e poi dalla ragione e dall'arte è compiuta.Voi stesso l'avete udito? Poerio: E come nò, se rinchiuso è con lui in una prigione medesima? Pignatelli: E è la vigilia della sua morte? Poerio: Appunto è  la vigilia. Sapete che valica la mezzanotte, una voce improvvisa e sepolcrale veramente rompevane il sonno chiamando forte per nome alcuno di noi; e quella chiamata voleva dire: vieni, ti aspetta il carnefice. La notte pertanto che seguitò quel mirabil discorso di Pagano gli sgherri gridarono il nome suo, e fu menato al patibolo. Pignatelli: Sta per mezzo a voi quell'omerica figura del conte di Ruvo? Poerio: Nò, ma in Castello dell'Uovo insieme con altri uffiziali e con l'intrepido Mantone. Nel Castel Nuovo e in quella carcere proprio dove è Pagano, sta il fratel vostro maggiore, principe di Strangoli, sto io, il Conforti, Cirillo, Granali, Palmieri, Russo e due giovinetti amorevoli e cari, cioè l'ultimo figliuolo dello Spanò ed un marchese di Genzano, bello come l'appollino e di cui sente Pagano particolare compassione. V'à una cagione suprema di tutte le cose, cagione assoluta e però insofferente di limiti e incapace d'aumento e di defficienza. Ma se niun difetto può stare in lei, ella è il bene infinito e comprende infinitamente ogni specie di bene. Ciò posto, la cagione suprema è altresì infinita bontà che raggia il bene fuor di sé stessa e ne riempie la creazione ed ogni ente se ne satura, a dir così, per quanto è fatto capace. Tale contenenza di bene è poi sempre difettiva perché sempre è finita. Di quindi si origina il male. Non si chieda dunque perché il divino è permettitore del male, ma chiedasi in quella vece perché piacque al divino, oltre all'infinito, che sussistesse pure il finito. Se il vivere nostro presente è condito di molto diletto e noi incapaci di conoscere e desiderare con ismania istintiva l'eternità, forse potrebbesi giudicare senza paradosso aver noi sortito quella porzioncella sola e frammento di beatitudine, brevissima ma sincera e inconsapevole della propria caducità. Col presupposto della immortalità, bene avverte BRUNO, alcun desiderio naturale non è indarno e alcuna lacrima non cade senza conforto. Con la immortalità non è affetto generoso perduto, non ferita dell'animo a cui non si apparecchi altrove copioso balsamo. Per entro il corso interminato e magnifico de'nostri destini, ogni male vien riparato, ogni speranza risorge, ogni bellezza rifiorisce, ogni felicità si rinnova e giganteggia ne'secoli. Poerio: Quando è possibile strappare dal cuor dell'uomo il concetto e la speranza della immortalità, il consorzio civile medesimo pericolerebbe di sciogliersi e i piaceri e le utilità stesse della vita presente verrebbero gran parte impedite o affatto levate di mezzo. I dotti e i legisti barbareggiavano sempre peggio, e pareva in loro una sorta di necessità tramutata in diritto, e niun discepolo mai se ne querela; e le lettere cadevano in tale grettezza, che nelle prose di Giordani si appuntavano parecchie mende di stile, ma nessuno accusava la tenuità dei concetti e la critica angusta e slombata. Colletta è stimato dai più uno storico sovrano e poco meno che un Tacito redivivo, ed altri istituivano paragone tra il Guicciardini e il Botta, tra Goldoni e Nota. Tale il gusto e il criterio comune. Pochi grandi filosofi non mancavano neppure a quei giorni. Basti ricordare Bartolini nella scultura; Leopardi e Niccolini nella poetica; Rossini, Bellini, Donizetti nella musica. In Italia scemando il sapere e la potenza meditativa, crebbe l'amore spasimato ed irragionevole della bellezza dell'abito esterno, lasciando a digiuno la mente e poco nudriti e mal governati gli affetti. Letteratura e filosofia vasta, soda e ben definita, e parimente larghe scuole e ben tratteggiate e scolpite mancano alla patria nostra da quasi tre secoli e piuttosto ne abbiamo avuto cenni e frammenti, e ogni cosa a pezzi, a sbalzi e a modo d'assaggio. Miei degni signori, il cibo che v'apparecchio è scarso, scondito e di povera mensa, ma è letteratura e non meta-fisica. Non appena l'esilio mi astrinse a lasciare l'Italia e fui spettatore d'altro ordine di civiltà e uditore d'altri maestri, subito mi si aprì dentro l'animo l'occhio doloroso della coscienza, ed ebbi della mia ignoranza una paura ed una vergogna da non credere. Per giudicare alla prima prima che tutto è vecchio e trito in un libro convien sapere dell'autore se nel generale à l'abito di pensar di suo capo. Ed egli evoca nuovi spiriti di più sublime natura, i quali entrano a uno a uno dentro la torre. Spirito del mare. Che vuoi? Barone. Sapere l'essenza del bene e la fonte della felicità. Spirito del mare. Perché lo chiedi al mare? Barone. Perché tu sai o puoi sapere ogni cosa; tu nei silenzj della notte tieni misteriosi colloquj con la luna e con le stelle che in te si riflettono; e tu pur ricevi nell ' ampio tuo seno i fiumi tutti del mondo, i quali ti raccontano le geste antiche dei popoli e le più antiche vicende dei continenti per mezzo a cui essi fluiscono senza posa. Spirito del mare. lo non so nulla (sparisce). Barone. Che tu venga malmenato in eterno dallo spirito delle procelle, e che i tuoi membri immortali sieno rotti e squarciati mai sempre dalle taglienti creste degli ardui scogli.  La coda del cavallo bianco dell' Apocalisse. Che vuoi? Barone. Sapere in che consiste il bene, e dove è la fonte della felicità. La coda. Perché lo chiedi a me? Barone. Tu sai la fine ultima delle cose, e tu comparirai poco innanzi della consumazione del secolo. La coda. Quando io comparirò, io ondeggerò nelle sfere, simile alla caduta del Niagara e più tremenda della coda delle comete. Ogni mio crine rinserra un destino; e ogni mio moto è un cenno di oracolo; ò trascorsi tutti i cieli di Tolomeo e i cieli di Galilei e i cieli di Herschel; ò lambita con la mia criniera la faccia delle stelle, e l'ò distesa sulle penne de' turbini; molte cose ò conosciute, ma non quel che tu cerchi: io non so nulla (sparisce). Dagli Arabi si travasò il mal gusto ne' Catalani e ne' Provenzali, e una vena non troppo scarsa ne fu derivata ne' primi nostri verseggiatori. ALIGHIERI egli pure non se ne astenne affatto; e noi peniamo a credere che a quel genio sovrano venisse scritta la canzone lambiccatissima della Pietra. Sa ognuno che nel seicento, con lo scadere dell' arte, ricomparvero quelle freddure e mattie, e ogni cosa fu piena di acrostici, d'anagrammi, d'allitterazioni e altrettali sciempiezze. Ma per buona ventura cotesta sorta vanissima di pedanteria non sembra ai moderni pericolosa; e dico ai romani, perché appresso gli stranieri non ne mancano esempj; e molti anno letto in un vivente poeta francese di gran nomea certi capricci di metri e di rime i quali dimostrano come in lui siensi venuti rinnovando tutti gli umori e le vertigini dei seicentisti. E nemmanco ci pare immune dalle stranezze di cui parliamo quel concepimento del Goethe di ordire la tragedia del Fausto con questa singolar legge che ogni scena fosse dettata in metro diverso ed una altresì in nuda prosa, onde potesse affermarsi che niuna maniera del verseggiare ed anzi dello scrivere umano (per quanto ne è capace il tedesco idioma) mancasse a quel dramma; nuova maniera e poco assai naturale e graziosa di porgere idea e figura del panteismo. Non può né deve il poeta scompagnarsi mai troppo dalle opinioni e dai sentimenti comuni dell'età sua; chè da questi principalmente è suscitato l'estro di lui, con questi accende e innamora le moltitudini. D'ogni altro pensiero ed affetto, ove li possieda e li senta egli solo, avrà pochi intenditori, pochissimi lodatori; e la favella delle Muse langue e muor sulle labbra se non suona ad orecchie benevole e a cuori profondamente commossi. In Inghilterra il Milton fierissimo repubblicano e segretario eloquente del gran Cromvello, à quasi sempre poetato di cose mistiche e teologiche e nulla v'à di politico, nulla d'inglese e di patrio, né nel Paradiso perduto, né in altri suoi canti. Riuscirà sempre a gloria grande e invidiata d'Italia che la Gerusalemme del Tasso compaja tanto più bella e mirabile quanto più in lei si contempla e considera intentivamente la perfezione del tutto. Certo, il Valvasone è meno forbito ed armonioso del Tansillo, meno fluido del Tasso seniore, meno corretto, proprio e limato de' più corretti e limati rimatori toscani; ma non per ciò si capisce come questa minor perfezione di forma, abbia potuto oscurare nel giudicio de' raccoglitori e de' critici il gran merito dell'invenzione. Che il Milton siasi giovato dell' Angeleide non so, quantunque fra i due poemi si vengan trovando molti e singolari riscontri che non è facile a credere casuali; ma questo io so bene che a rispetto della guerra degli angeli episodicamente introdotta nel Paradiso perduto, il Valvasone non perde nulla ad esser letto dopo l'Inglese e con quello essere paragonato; il che non avviene del sicuro né per l' Adamo dell'Andreini né per la Strage degl'Innocenti del cavaliere Marino, due componimenti che dicesi aver suggerito a Milton parecchi pensieri e l'ideal grandezza del suo Lucifero. L'ingegno poetico, in versificare ciascuno di quei subbietti, tende a spiegare una novità, un' altezza e una leggiadria suprema di concetto, di sentimento, di fantasia e di stile. Dove mancasse l'una di tali eccellenze, l'arte sarebbe difettosa e quindi increscevole. Ci venne osservato (cosa che per addietro non ben sapevamo) la critica letteraria incominciata in Italia con ALIGHIERI essere morta col Tasso e gli amici suoi; e come cadde con quel mirabile intelletto la nostra primazia nel ministero delle Muse, così venne meno la filosofia estetica; e il nuovo dell' arte non fu capito, l'antico fu dalla pedanteria svisato e agghiadato. L'arte critica antica ebbe ultimi promulgatori due grandi ingegni, il Muratori e il Gravina. Della critica nata dipoi con le nuove speculazioni e con le nuove forme di poesia, non conosciamo in Italia alcun degno scrittore e rappresentatore. Dopo Omero nessun poeta, per mio giudicio, può alzarsi a competere con l'Alighieri, salvo Guglielmo Shakspeare, gloria massima dell'Inghilterra. E per fermo, ne' drammi di lui l'animo e la vita umana vengon ritratti così al vero e scandagliati e disaminati così nel profondo, che mai nol saranno di più. Ma le condizioni peculiari della drammatica e l'indole propria degl' ingegni settentrionali impedirono a Shakspeare di raggiungere quella perfetta unione sì delle diverse materie poetiche e sì di tutte l'eccellenze e prerogative onde facciamo discorso. E veramente nelle composizioni sue la religione si mostra sol di lontano e molto di rado; e tra le specie differenti e delicatissime d'amore ivi entro significate, manca quella eccelsa e spiritualissima di cui si scaldò l'amante di Beatrice. Il poeta è dall'ispirazione allacciato e padroneggiato sì forte, da non saper bene sottomettersi all'arte ed alla meditazione. Il troppo incivilirsi dei popoli aumentando di soverchio l'osservazione e la critica e affinandovisi l'arte ogni giorno di più per effetto medesimo dell' esercizio e dell' esperienza e per desiderio di novità, mena il poeta a scordar forse troppo l'aurea semplicità degli antichi, il sincero aspetto della natura e i veri e spontanei moti dell'animo. Il compiuto e l'ottimo della poesia consiste in racchiudere dentro ai poemi con vaga e proporzionata unità di composizione tutto quanto il visibile ed il pensabile umano per ciò che in ambedue è più bello e più commovente. Consiste inoltre nel figurare e ritrarre cotesto subbietto amplissimo e universale con la maggior novità e la maggiore sublimità e leggiadria di concepimento, di fantasia, d'affetto e d'elocuzione che sia fattibile di conseguire. Laonde poi il concepimento, così nel complesso come nelle sentenze particolari, dee riuscir succoso, vario ed inaspettato e pieno di recondita dottrina e saggezza; l'affetto dee correre, quanto è possibile, per tutti i gradi e le differenze, e toccare il sommo della tenerezza e commiserazione e il sommo della terribilità. Tasso, anima pia e generosa, ma in cui (non so dir come) nulla v'era di popolare. Quindi egli s'infervorò della maestà teocratica dei pontefici e aderì alla nuova cavalleria cortigiana e feudale; quindi pure accettò con zelo e con osservanza scrupolosa l' ortodossia cattolica, e nella vita intellettuale quanto nella civile, fu dall' autorità dei metodi e degli esempj signoreggiato. Da ciò prese nudrimento e moto il divino estro suo e uscirono le maraviglie della Gerusalemme. Nel Tasso poi sono tutti i pregi e tutta quanta la luce e magnificenza della poesia classica, e spiccano altresì in lui alcuni attributi speciali del genio italiano in ordine al bello. In perpetuo si ammirerà nella Liberata ciò che l'arte, i precetti, l'erudizione e la scienza possono fare, ajutati e avvivati da una stupenda natura poetica. L'ARIOSTO significa la commedia umana quale la veggiamo rappresentarsi nel mondo, laddove ALIGHIERI fece primo subbietto suo il soprammondano, e in esso figurò e simboleggiò le cose terrene. E come il gran Fiorentino nelle fogge variatissime de' tormenti e delle espiazioni dipinse i variatissimi aspetti delle indoli e delle passioni, il simile adempiva l'Ariosto sotto il velo dei portenti magici e delle strane avventure. Ma certo qual narrazione di fatti umani riuscirà più vasta, più immaginosa e più moltiforme di quella dell' Orlando furioso? Quivi sono guerre tra più nazioni, nascimenti e ruine di molti regni, conflitto sanguinoso di religione e di culto, infinita diversità e singolarità di costumi, e tutto il Ponente e il Levante offrono larga scena e strepitoso teatro a cotali imprese e catastrofi. Quivi sono dipinte la vita privata e la pubblica, le corti e le capanne, i castelli ed i romitaggi; quivi s'intrecciano gradevolmente la cronica, la novella e la storia, e ciò che il dramma à di patetico, l'epopeia di maestoso, il romanzo di fantastico. Non credo che in veruna straniera letteratura possa come nella nostra volgare annoverarsi una sequela così sterminata di poemi eroici e di romanzeschi, parecchj de' quali brillerebbero di gran luce, ove fossero soli e non li soverchiasse la troppa chiarezza di Dante, dell'Ariosto e del Tasso. Né reputo presontuoso il dire che, per esempio, la Croce racquistata del Bracciolini o il Conquisto di Granata di Girolamo Graziane sostengono bene assai il paragone o con l'Araucana dell' Ercilla o coi medesimi Lusiadi di Luís Vaz de Camões ai quali ànno accresciuta non poca fama le sventure e le virtù del poeta; e per simile, io giudico che l' Amadigi del Tasso il vecchio o l'Orlando innamorato del Berni, non temono di gareggiare con la Regina Fata di Spenser e con quanto di meglio in tal genere ànno prodotto l'altre nazioni. Ma non è da tacere che in quasi tutti questi nostri poemi riconoscesi agevolmente l'uno o l'altro dei tipi che nel Furioso e nella Gerusalemme ricevettero perfezione, ed a cui poca giunta di novità e poche profonde mutazioni si fecero dagl'ingegni posteriori; e ne' poemi eroici singolarmente a niuno è riuscito di ben cantare i difetti del Tasso, molti in quel cambio li esagerarono. Scusabile mi si fa Marino e scusabili gl'Italiani, quand'io considero lo stato di lor nazione sotto il crudele dominio degli Spagnuoli, e fieramente mi sdegno con questi medesimi che nella patria loro ancor sì potente e sì fortunata, plaudivano a que' delirj e incensavano il Gongora, meno ingegnoso assai del Marino e di lui più strano e affettato. In fine, gioverà il ricordare che all'Italia serva, scaduta e dilapidata, rimaneva pur tanto ancora di prevalenza intellettuale appresso l'altre nazioni che de' trionfi più insigni e delle lodi più sperticate del cavalier Marino furono autori i Francesi; e per lungo tempo assai nessuno de' lor poeti seppe al tutto purgarsi della letteraria corruzione venuta d'oltre Alpe; testimonio lo stesso Cornelio, alto e robustissimo ingegno, ma nel cui stile nondimeno avria dovuto il Boileau ritrovare assai spesso di quel medesimo talco del quale parevangli luccicare i versi del Tasso. Dal Marino incominciò a propagarsi nel mondo una poesia fantastica e meramente coloritrice, la quale cerca l'arte solo per l'arte, fassi specchio indifferente al falso ed al vero, alle cose buone ed alle malvage, alle vane e giocose come alle grandi e instruttive; sente tutti gli affetti e nessuno con profondità, e nell'essere suo naturale od abituale, canta di Adone, come di Erode e così delle favole greche come delle bibliche narrazioni] Fiorirono in tale intervallo tre ingegni eminenti che forse mantennero alla lirica nostra una spiccata maggioranza su quella d'altre nazioni. Ognuno, io penso, à nominato ad una con me il Chiabrera, il Filicaja ed il Guidi. Dal solo Chiabrera fu l'Italia regalata di tre nuove corone poetiche; mercechè veramente nelle sue mani nacque e grandeggiò prima la canzone pindarica, poi la canzone anacreontica e infine il sermone oraziano; né mal s' apporrebbe colui che attribuisse al Chiabrera eziandio la rinnovazione del Ditirambo. Il Filicaja venne a tempi ancora più disavventurati, e quando più non era possibile discoprire ne' suoi Fiorentini un segno e un vestigio pure dell'antica fierezza repubblicana. Ma il senso del bene morale e la pietà religiosa fervevano così profondi nell'animo suo che bastarono a farlo poeta. Mai né in questa nostra patria, né fuori sonosi udite canzoni così ben temperate di splendore pindarico e di maestà scritturale come quelle del Filicaja. Nel Guidi allato a concetti ed a sentimenti spesso comuni e rettorici, splende una forma non superabile di novità, di bellezza e magnificenza. Certo, se a Guidi fosse toccato di vivere in seno di una nazione forte e gloriosa, non ostante la poca fecondità e vastità di pensieri, io non so bene a qual grado di eccellenza non sarebbe salita la lirica sua; perché costui propriamente sortì da natura Yos magna sonaturum, e ce ne porge sicura caparra la sua canzone alla Fortuna. A me sonerà sempre caro ed insigne il nome di Varano, perché da lui segnatamente, a quello che io giudico, s'iniziò il corso della poesia moderna italiana; e forse la patria non gli si mostra ricordevole e grata quanto dovrebbe. Chi trovasse non poca similitudine tra la mente del Varano e quella del Young, credo che male non si apporrebbe. Anime pie e stoiche ambidue, e dischiuse non pertanto agli affetti gentili, diffondono ne' lor versi un religioso terrore e un' ascetica melanconia che nell'Inglese riescono cupi, inconsolati e monotoni, e nell'Italiano s'allegrano spesso alla vista del nostro bel sole, e dai pensieri del sepolcro volano con gran fede alla pace e serenità della gloria immortale. Varano poi insieme col Gozzi restituì alla Divina Commedia il debito culto; Gozzi con li scritti polemici, egli con la virtù dell' esempio; ed ebbe arbitrio di dire a Dante ciò che questi a VIRGILIO: Tu séi lo mio maestro e il mio autore. Se non che il cantore delle Visioni chiuse e conchiuse l'intero universo nel sentimento della pietà e nei misteri del dogma, e non ben seppe imitare del suo modello la nervosa brevità e parsimonia, la varietà inesauribile e la peregrina eleganza. Se taluno dei suoi piuttosto scarsi scolari volle talora celebrare in R.. l'ultimo anello della catena che da GALLUPPI si continua in SERBATI e GIOBERTI, unanime e il consenso dei suoi maggiori contemporanei e dei posteri nell'affermare il valore pressoché nullo della sua vasta produzione filosofica. SERBATI e più scolastico, R. più civile. Quello quasi sterile in politica, questo R. molto feconda, risolvendo i problemi più ardui e interessanti della vita sociale. Quello è timido, questo R. Coraggiosa. Quello arriva a rifiutare sul terreno pratico le conseguenze de' suoi principii per un pregiudizioso rispetto di casta non evitando il disonore di una ritirata e la deformità del sofisma; R., per lo contrario tutta intrepido si sostenne colla gloria di una vittoria, colla dignità di una rigorosa coerenza, e colla bellezza di una vera argomentazione. SERBATI in un bel momento di sua ragione scrive stupende pagine sulla riforma del clero; poi ha la debolezza di ritirarle, impaurito dalle minaccia dell'indice. R. è oggi quel che era ne' primi giorni della sua vita pubblica, e non sa temere altro autorevole indice che quello del buon senso. Nel suo saggio, intitolalo “Del diritto” (Scolastica, Torino) i ammira il coraggio della coscienza di un filosofo, e la prudenza d'un uomo di stato. Riguardo poi ai pregi della forma, SERBATI è semplicemente filosofo, R. è un filosofo-oratore. Nel primo spicca la pura meditazione, nel R. si unisce il genio che feconda il deserto delle speculazioni metafisiche, delle avanzate astrazioni. In SERBATI vi ha una ricchezza povera, cioè una stiracchiatura di poche idee in molte parole, quasi diffidi della memoria, e dell'abilità del lettore. In R. vi ha una povertà ricca, cioè molte idee in poche parole; il che appaga l'amor proprio del lettore, e ne fa liete tutte le potenze della ritentiva e della ragione. Altri saggi: ““Dell'ottima congregazione umana e del principio di nazionalità romana e italiana” (Subalpina, Torino); “Pagano, ovvero, della immortalità”; “Dai Torchi della Signora De Lacombe”; “Prose letterarie” (Barbera, Firenze). Terenzio Mamiani della Rovere. Rovere. Keywords: confessioni di un metafisico, il rinnovamento della filosofia antica italiana, Vico, Cuoco, Cicerone, Roma antica, gl’antichi romani, il foro, il caso di Nizza, la communita di sangue. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Rovere” "Grice e della Rovere," per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia. Rovere

 

Grice e Rovere: la ragione coversazionale e l’implicature del Deutero-Esperanto – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Roma, Lazio. Direttore della revista “Universale.” Membro dell’Unione pro inter-lingua, già Unione pro Latino Internationale. R. elabora un nuovo progetto ispirato aquello di PEANO (si veda), e lo nomina Latino internazionale, dal Inter-latino. A B. viene solitamente attribuito anche un altro progetto di lingua filosofica, denominato genericamente Esperantido. Pubblica la Grammatica de latino internationale,il Manuale pratico di Interlingua, l'Interlatino e il Vocabolario internationale Interlingua-english-français-italiano.  =e—È—@%6w&b&€——@_ + terror  | i %  | AA  E  il Mamiani: « In ciascuna cosa la natura comincia è    l’arte perfeziona, »    ‘E ottimamente l'Abate Fornari: « Che sia naturale    - efficacia è cosa certa. e da questo io argomento che ‘  pi:    ella è pure, o può essere, arte. Imperciocchè, l’arte    i che altro è mai se non, come dice il Davanzati, una    — fabbricata natura? Dove opera la natura, può l'industria    È dell’ uomo studiare i moli che quella tiene e, imitan-  doli o secondando o ndo, Baone l’arte. Non    fan cose, ma si regsono tv una V Sn sì che come  ore la DAR non incomincia, |” EG nou 700D    perazione , ivi senza dubbio la i ha luogo..  Può questa non essere ancor nata o nascer falsa, per  poca 0 storta osservazione della natura; ma ciò non.  inferisce che la cosa è impossibile. Confidiamo, dunque,  cd A i avere a trovare un’ arte dell’ eloquenza , e tanto  più alacremente ponghiam la mano all’ Dori quanto  più eccelso è il segno a cui miriamo ». SERIA  A AE conferma di queste parole.  Costanza. — Che è la favel  DE madre natura siamo forniti  della favella, ma ciò che costitui  munichiamo. coi nostri simili, questo è tutto.    due; E dove 1° uomo non avesse trovato in    gent Lio dio del mesifestare i moti.    citeremo wa esempio  la. se non un’arte?t— |  lel potere di servirci  sce il linguaggio con    — i; — V)  interni dell'animo; dove non ci fosse stato nel linguaggio naturale d'azione il primo anello di comunicazione onde poter procedere a quello artificiale in gran parte e convenzionale, quest’ultimo non sarebbesi mai  inventato,  L'arte pertanto, come accolta di precetti, non sarà  mai che il giudizio nutrito e perfezionato (e questo,  ossia le sensitività fregate di molte sperienze impresse  nella memoria, e compendiate, chiamasi 749/026) un  corredo di rapporti in memoria. È dunque un non  capire lo stato della questione l’ inchiedere se  abbiano da tenersi a vile i libri de’ precetti retorici  od altri o se sia da deplorarsi 1’ essersì radicato negli  animi il detto antico che il parlar preceda la grammatica,  some ogni prima pratica l'arte, © che 1° eloquenza  esiste d’ assai prima degli ammaest ramenti de’ retori  come ispirazione di natura. Imperciocchè la natura  deve necessariamente esordire, € poi l'arte da essa  aiutata proseguire, dirozzare; sicchè se l’eloquenza è  il cuore che naturalmente parla, U arte è la ragione  che lo rischiara e conduce ». |  Chiuderemo con Dante (Paradiso XXVI):  Opera naturale è ch' uom favella;    Ma così, o così, natura lascia    Poi fare a voi, secondo che vabbella, dE”    LE    si  ose  Di qualche argomento ognun sa parl  non sarà capace di aprir bocc   politica, ma saprà tenervi  | parlandovi delle vivande  - Narra Montaigne  (della sua carica a    Carafa,    are. Un cuoco  a intorno all’ economia    a bada mezza giornata  ch’ei sa ammannire.  (Essais I, 51) che avendo chiesto  d un maggiordomo del Cardinal  il personaggio gli fece un discorso di questa  | Scienza di bocca con Una gravità ed un contegno ma-  | Ristrale, come se gli tenesse parola di qualche impor-  tante questione di teologia. Gli parlò della diversità  Tra appetito e APpetito , del modo di stimolarlo, delle  diverse insalate, della police, delle salse ecc. ecc. Dopo  1ò entrò a parlare in merito al servizio con belle ed  Portanti considerazioni e tutto ciò gonfiato di rieche    agnifiche parole, quali si impiegano per trattare  ;soverno di un impero.    store che non sa ]  Iscorrere Particolari  Vv    alle sue finestre, in   > un venditore cli fiammiferi, parlò  di segnito della sua merce, senza mai |  4 iocchezze. SI    e EIA In materia adunque di propria competenza ognuno  sa parlare. Ma altro è sapere parlarne, altro è sapervi tessere  un discorso. Appunto, e quì sta la difficoltà, come qui  Sta lo scopo del nostro modestissimo lavoro.   Tutti conoscono le proprie faccende, pochi sapreb-  bero farne una narrazione ordinata, pochissimi questa  narrazione saprebbero aiutare con argomenti tali da  convincere gli astanti, confutare le obbiezioni, demo-  lire gli avversari. Ma se queste persone interrogaste  ordinatamente, se presentaste loro le possibili obbiezioni,  se suggeriste i dettagli possibili, non ne ricavereste  un ordinato racconto? Gli ignoranti non sanno nep-  pure raccontare la propria vita, chè ad ogni momento RE:  ritornano sui loro passi. Ma interrogateli con metodo  e ne otterrete un racconto hen netto ed ordinato.   Perchè adunque non si potrà supplire con date regole  fisse a queste interrogazioni ?    L’oratoria ha, bisogno  dell’ invenzione LA AO  della «disposizione IS  dell’elucuzione    EST)    Girca quest’ ultima parte, il saper ciuè esporre le cose   in maniera conveniente, molti scrissero e serivono tut-  todì. Ma sulle prime due parti da molto tempo si scrive    È assai poco.   ; Anticamente i precettisti eran molti, poi sminuirono  perchè l’amore per l’eloquenza andò decadendo e perchè  i le loro regole eran troppe e troppo complesse. Fors'an-  i che:siì pretendeva troppo.    ‘ Le vostre regole, si dice, non danno l’eloquenza a  Di chi ne manca. Ma, adagio, e come volete dar  ; l’eloquenza a chi non ha adatto 1° ingegno? E come  volete che Tizio Vimprovvisi un discorso sull’ astro-  nhomia, se d’ astronomia è digiuno? E come esigete  ch’ pi senta subito la fallacia di.un ragionamento s0-  fistico se la logica non sa che sia? Come volete Dein  una parola, ch’ ei sia eloquente se non ha vasta col  vi: Da > Conoscenza degli uomini, della vita, delle leggi,  Se non bazzica mai con aleuno? Apprendetegli tutto  CID € poi vedrete che coi nostri precetti diverrà buon   _ Oratore, i  SE S ini sa SCOPO nostro. Noi vogliamo de  cameo di ju Ù mite delle proprie cognizioni = sà  | 8COrSO nuo SOR un completo ed ordinato di  ‘© ‘0 Scopo del nostro lavoro.    I precettisti, lo abbiam detto, furon molti: da Quin-  tiliano al De Colonia se ne conta un numero non lieve.  L'ultimo però che abbia presentato un complesso or-  dinato di regole per improvvisare un discorso è PAvv.  Aureli. Col quale ci è caro trovarci in questo campo |  rl’accordo, mentre dissentiamo profondamente da lui  în altro suo studio. 28   Egli parte precisamente dal concetto — concetto RA  antichissimo — di stabilire « un contesto generale di  interrogazioni ordinate, o per dir meglio di punti co-  muni c ordinativi delle proprie idee per qualsiasi ar-  gomento da svolgere in un discorso ». Il suo lavoro    sotto questo punto di vista è abbastanza buono, seb-  bene deficiente in molti punti e mancante in modo  assoluto di esempi, difetto questo gravissimo ; impe-  rocchè, come ben dice il Veronesi, il limitarsi a dettar  tti por insegnare l’eloquenza, senza mai    regole e prece  rebbe come voler    portar discorsi di uomini eloquenti, sa  insoenare il minuetto, deseri vendolo soltanto e senza  vt.    mai farlo vedere in atto. ì moderni dividere le eloquenza in  sacra © Foo  politica  forense   SR    Ho è ui SR, in ut sacro no  i muovere la volontà a praticare i precetti del Va.  gelo. Prende il nome di omelta quando spiega il Van: |  cina ossia Seo qoerai € a) Si ( SS    di Tea quando. è    e.    religiosa; di discorso funebre se è  un defunto.   L'elugnenza sacra sarà  politica e alla forense, perchè m  3 delle condizioni principali dell’ eloquenza : la lotta.  if Difatti, per quanto l' eloquenza del foro sla più Udc  che quella del pulpito, pure abbondano i bravi AVVO-    cati e scarseggiano i bravi predicatori.    anca in essa uma    ha tutto il tempo possibile di studiarla; non si hanno  | ‘a temere confutazioni, incidenti imprevedibili , obbie-  | zioni a cui non si poteva prepararsi; mancando la.    molto eloquenti , di saper convincere. Eppoi il predica-    | alisposto anticipatamente a credere a tutto quanto sarà  petto dal de Senza un avversario da atterrare, :    di ta dini; (i feta. ece.; ma damn con-   : pr Son cose vecchie, come vecchie sono le ra-  i ch'e n   egli esporrà per sostenere la tesi propria:    improvvisato nè da una parte, nè dall’ altra,  LaIpo di Ono pro:    DIRE d0L    orazione fatta pet,    Nella predica non c' è mai nulla d° improvviso, 00    . tore ha generalmente l’ uditorio favorevole, un uditorio    mai sempre inferiore alles    “lotta manca sia l’interesse che la necessità di essere    Ria    lat ii il mezzo e la nocpssità di essere sogni, $    sa È ‘parte, perchè il 7, avversario ha et di convincere l’uditorio del contrario e lo tenta in tuttii modi.    dos ra    : Le orazioni sacre — specialmente le omelie —  ic essere in stile piano ed affettuoso, i sacri  | testi non debbono essere citati con soverchia abbon-  danza, nè in modo assoluto mancare. Tenda l’oratore  a combattere ogni obbiezione possibile, a non lasciar. 3.  - ‘adito di sorta alla contraddizione; elevi l'animo degli —   uditori con le consolazioni della fede, cogli esempii   dei favori ottenuti dal cielo; conforti additando i sen; 1  3 tieri della speranza; ferisca i vizi del secolo non con i  | SS RIG declamazioni, DEE o lungaggini, ma dimo-  3 | strando luminosamente com’ essi conducano alla per-  | dizione e non invada poi mai campi non suoi, entrando  d È in argomenti profani, ma circoseriva il suo dire alla’ x i    I  |    materia sua.   Procuri di dimostrarsi sempre pio, virtuoso e 88°)   piente 6 traduca assolutamente nella pratica della sua  i vita quotidiana tutti i precetti Lr dal Rote    So    us    L’ eloquenza Politica 0 civile tratta dell’ammistra  zione dello Stato, delle riforme delle istituzioni, di  quanto concerne insomma Il pubblico    bene.  L’ oratore civile deve usar    e una grane chiarezza,  sorosa ; deve avvalorare il  @, non cadere in continue  resente la eravità dell’ as:  prosperità, il miglioramento   il popolo per indurlo a qual.  che importante ri Ì 0 per rimuoverlo: da qual  dI divisamento, è ; rtante saper ben muovere gli  ’attetti.    Cc0, a titolo di Curiosità, quel che scrive Edmondo  De Am    Amicis, di Castelar, uno dei migliori oratori spagnoli TEA DE E ASOTERAE    vince e trascina amici  n torrente    n: nemici con u di poesia e di    questo Castelar 7 noto in tutta Europa, è veramente |  ‘a più completa espressione I    ge il culto della  dp di    7    la sua eloquenza è musica; il suo ragionamento è  schiavo del suo orecchio; ei dice o non dice una cosa, 0  la dice in un senso meglio che in un altro, secondo  che torna o non torna al periodo, ha un’ armonia  nella mente, la segue, la obbedisce, le sacrifica tutto  quello che la può offendere; il suo periodo è una  strofa; bisogna sentirlo per credere che la parola  umana, senza misura poetica e senza canto, sì possa  avvicinar così all’ armonia del canto e della poesia.  È più artista che uomo politico, ha ‘d’ artista, non  ma il cuore; un cuore di fanciullo,  inimicizia. In tutti ‘i suoi  nelle Cortes non ha    solo 1’ ingegno,  incapace di odio 0  discorsi non si trova ingiuria;  mai provocato una seria questione personale; non ricorre  mai alla satira, non adopera mai 1’ ironia ; nelle sue  più violente filippiche non versa una dramma di fiele;  a prova che, repubblicano, avversagio |  di tutti i ministerì, giornalista battagliero, accusatore  osercita un potere, © di chi non è  ‘ fanatico per la libertà, non s'è fatto odiare da ‘DO:  suno. E però i suoi discorsi $i godono e non Si to:  mono; la sua parola è troppo bella por esser terribile;  ingenuo perchè ogli possa eser-    il suo carattere troppo 1  influenza politica;, egli non sa armeggiare  è buono che a pia   DE    e questa n'è un    perpetuo di chi    eitaro un?  tramare e barcamenalsi; egli non    orande, è t    e    al    lendere; la sua eloquenza , quando è pui Ol    Sere ed a Sp TS cuni L  enera; i suoi più bei discorsi fan piangere.  ra; i    ‘per lui la Camera è un teatro. Come i pocti MIMO  ‘visatori, per aver l’ ispirazione piena e serena, egli ha 1 2  bisogno di parlare a Quella datà ora, in quel deter:  minato punto è con ‘quél certò tempo libeto dinanzi.  Ùa sè. Pèrcid, il giornò che deve patlaré; prende le sue, ILE  misure col Presidente ‘della Camera; il Presidente die i  spone în modo thè gli tocchi la parola quando lè  ‘tribune Soho affollate e tutti i deputati al loro posto; il  Î suoi giornali annunziatò la serà innanzi il suo die  scorso atfinchè le signore possano procurarsi il biglietto;  ‘egli ha bisogno d’aspettazione. Prima di parlare è in-  ‘quieto, non può posare uù istànte, entra nella Camera,  esce, rientra, torda al discire, gira pei corridoi, và.  ci biblioteca à Sfogliare un dibrò, scappa nel caffè  ‘a bere un Biechier d’acqua, par preso dalla fe CATE  sembra che nòn saprà DR due i,  7 do rà  Tidere, che si farà fischiàte ; del suo discorso non gli    Timane una sola det ludida nellà mente, ha confusò |  tutto, ha dintenticito tutto. Come |    gli domandano sorridendo gli amici.    va il polso? i  ; po Giunto il mo  SOLA solenne, sale al suo banco col capo basso, tire:  SUANL, pallido, come un condannato che va a RR  assegnato a perdere in wn sol giorno la gloria    Ae:  oria com _  Ù È ; paro    ti    - (uistata in tanti anni e con tante fatiche. n fù: to  mento i suoi stessi nemici senton pietà del suo » stato.  volge uno sguardo intorno e dicesi —  suo coraggio si rinfranca, la.    sh    N° Egli si alza,    Seneros! — E salvo; il  9) mente si rischiara , il suo discorso gli SÌ ricompone |    testa come un arietta dimenticata; il Presidente, |  pros, le tribune spariscono; egli non vede più che.  o do05 non e DIRE CHO la sua voce, non se ente    Ta cose: « to non I più ii i ni iu Di  c peo geuti e Pisi lontani slo. nol Sua mai    i aa  "inter romperlo; egli fa balenare a suo bell’agio Dim  pagine cala sun MER a VEE da PINCO e coro    Qr N così vestita, n ioni bella anch'essi; ©  astelar è sienore dell’ Assembléa: tuona, sfolgora,    strepita e scintilla come un fuoco d'artifizie»  AUisgae i    strappa grida di entusiasmo,  i TUR, immenso | Deguie d' po o seme    EROE    testa in visibilio. Tale è questo famoso Castelar, pro-  fessore di storia all’ Università, fecondissimo serittore  di politica, d’arte, di religione ; pubblicista che raz-  zola cinquantamila lire all'anno nei giornali. d’Ame-    tica, accademico eletto ad unanimità dall’ Academia    espanola, segnato a dito per le vie, festeggiato dal  popolo, amato dai nemici, giovane, gentile, vanerello,  generoso, beato >.    L'eloquenza forense è quella del Foro o Tribunale.  Il Cantù così la tratteo:o    cD 3 Ì  Demostene presenta la perfezione del talento d° av  Sai € vocato, l age  « sione, | accortezza del ragion  « del sofisma, l’arte di con  È D  « É modello della br  vc che io  ce Ri pt Una prodigiosa fecondità di prove  Mezzi, Ì  A i Ta ] e di non tendere che alla sua  sa, la quale cogli Svolge in tutti i versi con in-   leloquenza orale, l’ eloquenza di viva sa n |  Tnt contatto immediato col popolo La pci di ;  che spesso toccano ciò che vi ha più AA Ri  i Xabe umano, e talvolta più politiche che giudiziarie.  È: È ivi che essa si trova faccia a faccia col popolo FORA  presentata da dodici cittadini eletti a surte, che 0gel.  son vostri giudici per tornar domani quel che erano  Jl giorno avanti e confondersi col popolo a eni IPRULSE  tengono e di cui partecipano a tutte .le opinioni. E  ivi dove Peloquenza ha un Campo v  riceverne tutte le impressioni, a subi  zioni, tutto il potere. Il Vero €  impossibile, negarlo 3 Si trova solo alle assise ed è ivi  che le anime elette riporte da  lusinghieri e Più sinceri. Nej  per l’eloquenza,  si è legati,  il votante,  la rielezione.    ergine, pronto a  rne tutte le sedu- Liù  ampo dell’eloquenza, è E IE    dI  andato alla Camera  ne e da cui egli spera  e si vota per  tutto a tali    più Seduee  i cultori,    pel partito che h  che ve lo mantio  Alle assise invece  Vi e leloquenza può strappar  si AUindi sarà sempre il campo  Auenza e pe suoi verace    impressione,  giudici, Ivi.  hte per l’elo-    del    L'eloquenza accademica abbraccia argomenti scien:  tifici e letterari; son discorsi recitati generalmente  nelle scuole, nelle accademie, in adunanze di uomini —  colti. Le conferenze scientifiche o letterarie sono oggi  abbastanza in, voga, ma riescono sovente assai mono-  tone, perchè il conferenziere manca di brio, di spirito; |  ed usa un linguaggio troppo astruso pei profani.   Simile all’accademica è Peloquenza polemica.    x    x    ori on  INTRODUZIONE  CONFERMAZIONE 0 sostanza  CONCLUSIONE o chiusa.  GUSiRi a lor volta | si RO    Pi  1 INTRODUZIONE in  ‘incipio o esordio — che ha per iscoperdì    i dla benevola attenzione dell’ uditorio mostre  | importanza, la ‘novità, 1” Uta, ola P    del soggetto. :  ne — colla quale si onu    olgere. TA    n DI  aha O'CELtO DI  definizione — celvè, quella che delimita il soggetto è  o  serve Q quindi di complemento alla proposizione.  i partizione = colla quale sì stabilisce la divisione che:  si darà al discorso, sì annunciano i punti salienti  del medesimo, o gli oratori a cui separatamente:  si risponderà, se sì tratta di una risposta.  La Coxrenmazione è la vera sostanza del discorso e.    consta: —  della narrazione o esposizione del fatto che è causa Π del discorso. Da  | della descrizione — delle, qualità intrinseche inerenti. °° {$}W  n al soggetto trattato. o  delle relazioni = o rapporti di confronto ch’ esso ha. as  con altre cose. i  | Tela dimostrazione — ch'è la parte deli discorso de--  stinata a convincete 1 uditotio. i  La cimusa finalmente si suddivide in :    conclusione — brevissimo riassunto di quanto. si; disse.  nella dimostrazione.     ricapitolazione — ripetizione sommaria di tutte poI cose, ;  esposte.    «NE i  Me perorazione — punte destinata a commuovere 1 udi:  dia torio. ST:    consistente in LRocHe Elo destinate a rin:    CAPITOLO IV.    5 TRSCE  i ceri    STATA    Vo) Jolgimento. di lle parti del discorso —  | Introduzione - Esordio.    studio principio  esordio per insinuazione  di | esordio ez-abrupto  tà di esordio principio, o meglio prcemio, ui né  UR accennare l'argomento Senza COR nè. UE: di pa-    i Sia i benevolenza e magari la di i fi  ascoltanti.  Tante. volte non tutto questo ci occorre. Sovente  siamo certi dell’ attenzione. del pubblico, lo vedian  pes pender dalle. nostre no È ten 0 e    è inutile e nociva. Nociva, perchè l'esordio ha da esser  breve, di una brevità proporzionata al discorso, ma  È .   nza riciri è fronzoli inutili, Un esordio troppo    f  semprese  a sospettare povertà di argomenti nella    . lungo induce    sostanza del discorso.  È Altre volte può accadere che della benevolenza    dell’ uditorio siam sicuri, e non ci rimane altro che    ‘    accaparrareene l'attenzione. csi  Ecco qualche esempio di questo penere d'esordio. Di    e Ho da parlare dell’uomo; e 1’ argomento che  Studio mi avverte che io debbo parlare a uomini; |  poichè non si propongono questioni simili quando si  tema di onorare la verità. fo difenderò adunque con  confidenza }a causa della umanità innanzi ai saggi  che a ciò m invitano, e non sarò scontento di me    Stesso, se mì renderò degno del mio argomento e de?  Imei giudici ».    t]    (Roussrau — Discorso sull’ origine  © fondamenta della ineguaglianza  degli uomini [17583].    i Signori, era mio divisamento di aspettare che la  a degli oratori iscritti contro il trattato fosse vicina .  LS prima di chiedere la parola, onde non    N    essere costretto ad abusare della vostra sofferenza  sorgendo per due volte a parlare; tuttavia gli attae  chi contro il trattato furono tali, le insinuazioni contro  la politica ministeriale furono di tale specie e le ini  i terpellanze e le domande furono così numerose che |  3 ‘jo estimerei di fallire a quello che debbo alla Came  «a quello che debbo agli oratori che mi hanno prece:  DIRE duto in quest'arringo, a quello che devo al Ministero —  e a me stesso, se io aspettassi più oltre per sorger  “a difendere la politica ministeriale ed a ribattere le  accuse di cui fu fatta segno. > x    Cavour — Discorso alla Camera  6 Febb. 1855.    NI    2 ( Signori, vi ringrazio di quoste accoglienze (  «che mi confortano; dacchè (non vel nascondo)  mi levo a parlare oggi senza trepidazione. Alle.  , della parola non sono più nuovo; ma io non ho que  maniera semplice , domestica, casalinga che {senz  essere didascalica) ammaestra € diletta , ou è t tt  ‘minzione di forma e di affetto; non quello stile smt  “gliante che, nutrendosi d'immagini, di motafi re e    di antitesi, commuove e trascina, ferisce e risana    DA  Gua neppure quello scoppiettio «i frasi, quel fosforo nel    I hf x RE sia gorgheggio peo) ch'è rop    Di ì pra Men    90 }  sto Gircolo, al quale mal si ad:  oncitata ed a sbalzi che    alenni oratori di que  dice il tumulto d' una parola e  pare eloquenza nelle assemblee popolari.   c Senza che; o signori, quando i0 penso che da que-  sta tribuna voi avete udito il fondatore del nostro    Circolo, Francesco De Sanctis, il cui ingegno critico  è ammorbidito dal cuore, ed altri illustri cultori delle    scienze e delle lettere; sono indotto a dire a quella    egregia signora (1), la quale mi ha spronato a parlare:  se la punta del rimofs0; come cosa nuova vi alletta;  sarete certamente paga dopo di avermi ascoltato. Le.  gentili pressioni mi hari vinto e se il Bonghi, che ha  anni parecchi più di me, fion seppe dir. no ad una  Signora, sono io in colpa il’aver detto sì?    (Coxrs G. Capiniiivà — Conferenza.  al Citeolo Filologiéo di Napoli — 8  maggio 1880);    « Se invece che un modesto  . fossi în questo momento un    È del primo grido del bamb  linanzi,    n i i] RI VOL  cultore delli medicina, io  poeta, potrei, parlandovi    I > . »  e mo che nasce, farvi sfilare  ente di immagini vivaci, tutti i sen”    R (1) La Baronessa Manin    LIO, ‘amna Dé Riseig Guevara, dei Duclif    b>    li eat  Ga aaa    ni    PS  o    A  cis    ‘tuosi, SE animo. »    - Conferenza del dott. Cesari CATTANEO:    L'esordio per insinuazione è quello in cui si nas :    RAS ca tutta prima la propria opinione e la si vien di    se ne aggiunge |    Roussn  scienze e    AU — Se il ristoramento delle    delle arti abbia contribuito a  purificare i e    Ostumi — 1750.    ANIME IETORAE    « Veggo, Ateniesi, gli affari presenti pieni di diffi  | denza e Do porelia molti sono stati negletti,  | senza che sia riuscito profittevole il ben parlare; e  [i ogli altri si discordano gli oratori, perchè chi  ìla intende a un modo e chi a un altro. È il dar con-  | siglio, che è cosa per sè molesta e difficile, più difficile. 96  EA teniesi, la rendeste voi. Imperocchè tutti gli altri — E  È omini sogliono consigliarsi prima degli avvenimenti, w  i Voi dopo di essi. Di qui nasce che per tutto il tempo — 3   che mi torna a mente, 1 riprensori dei fatti vostri ta  o riportato lode: di savi e sinceri parlatori:. ma le  asioni più utili vi sfuggono. Contu ttociò, dopo molti |    : pensieri, mi levo a parlare confidandomi che ove VOTE  gliate, lasciati i tumulti e i contrasti,    sato    sa La    ascoltar me come |  dice a chi sta per deliberare sopra negozi di tanta   anza, io farò tali proposte da migliorare le cose. Do  senti e da ristorare i danni procurati di    a iugfenor    he =  DasosmENE - — Orazione intorno alla Pheosi VISSE    esordio ex abrupto non è. veramente un ‘esort io   | perchè i lascia da parte. qualunque preparazione d   Ì si prorompe in ‘eselamazioni repentine. De   ‘Eccone un esempio.  « Avrò dunque io durato tante 00 Ù messomi   i tanti IE per disfare, e e non iFieupara la p    ASP    li  _    0 italiano 0 toscano, ma fioren-  tino e antico fiorentino , patità l'animo di veder con   questi occhi abbatter fe mura di Firenze come se fosse  Dl: un ignobil castello?    | mia Ka me, non dic    Ta FARINATA DEGLI UsrRtI — Dalle « Storie  Pa Piorentine » di Scipione Ammirato.    - Nell’esordio si usa sovente la diminuzione, che ha  luogo quando, a schivare la taccia di persone vanaglo-  (0) riose, sì dice meno di ciò che si vuol far intendere.  n! «€ Se non sono affatto privo di ingegno, 0 giudici —  e he    Sento quanto tenue esso sin — ‘0 se alcun eser  cizio di ragionare ecc, >    CICERONE — Oraziorie a difesa d’Aulo'  Licinio Archia poeta).    EM dda Credere, che Voi, 0 giudici, maraviglia  | Prendiate, onde ciò sia, che tanti oratori sommi ed   uomini o stando assisi, io, anzi che altri, mi  | sia in più evato. ire È A Ò  P , Vale a dire colui, che nè d’età, nè    n ;  d ingegno, Dè d’autorità sono dla esser posto con questi,  che siedono, a paragone. »    si Se, come, e fin dove  nteresse comune l’opera sua  5 (a    ) Ministro BARAZZUOLI a Genoy  DA    2) DALLE CIRCOSTANZE DI LUOGO.  « Signori — il vostro egregio presidente, marchese.  srancesco Carega di Muricce, che non dirò vecchio i  mio amico, perchè in lui perenne è la giovinezza dello  spirito, invitandomi a questa conferenza, mi ha provato, —  ch'egli fa a fidanza con la cortesia e l’indulgenza di |  tutti voi. Ed io, per esser cauto, avrei dovuto dir no  si all amico mio troppo audace: ma il pensiero mi corse  sia queste ridenti contrade, alle quali mi legano tanti.  ricordi della prima giovinezza, ed eccomi innanzi a  Li invoco Monsall e SERI Ea uditori. Qui,    N È ae declivii Cavensi,, venni spesso neg sia anni.  {miei primi, e la dolcezza di quelle primavere e edi quegli  > autumni qncor dentro mi suona. Trassi così, da co  °° | contemplazione del bello, l’abito, che non ho I, più    solitudine del pensiero, rinfrancandomi, tra DE pur  | gioie dell’arte, dei dolori e delle lotte politiche.   E ripensai anche, o Salernitani, alle vostre 8  arie e a e pa ai o de    10 600)    %  LI,  dl   So    40   voi liberamente di eletti studii e di nobili imprese. Della  vostra Salerno narra Livio, chiamandola - Castrum  Salerni; il che prova che forti rocche dovevano custo-  dirvi anche prima che, a tenere in freno i Picentini,   parteggianti per Annibale nella seconda guerra punica,  fosse tra voi fondata la colonia romana, della quale  Scrive Strabone. Antichissime le vostre origini, si perdono  nei vestigi delle Colonie Tirrene o Pelasghe; e florida  città foste, dopo la longobarda conquista, chè Paolo    Diacono vi annovera tra le opulentissimae unbes della  : SERRA  Campania, insieme a Capua ed a Napoli mi    a. Io ripensai,  0 Salernitani, alle gloriose iniziative ecc    5-9)    (Conte G. CaprrebLi — Conferenza    nella sala dell’ associaz. liberale    democratica di Salerno).    L’ austera maestà di   Gheorora gi diffond    quello che ci circonda parla troppo cloquentemen  del grave lutto che ha colpito la diletta nostra Patria.    Sac. Dott. LuonELLI — Disconeo i  commemorativo. pei caduti. dip  Amba Alagi. JES    ni Dari CIRCOSTANZE BI TEMPO.    wi    | Dott. |Doxvivo Noskvzo, i,  tenuta alla scolaresca riunita in Borgo    sesia nella ricorrenza Gul 50. ann. dello — Re  ca } Ù    la DAGLI UDITORI.    n nOi RI   NA   CaTSono l’esordio da tanti de asconani “come  ‘soleva a mò d’esempio praticare Cicerone è op,    piene: eo se sono DE peg:    ‘Gobi s6 CO 0 ig come. UO: t  ce nelle assemibloo. i EOSONE   c Benchè tra voi mi paia veder molti aver Ta mente  sì calmaela fede sì ferma e l’anima sì devota che per la  | presente calamità non si muova o turbi, ma a guisa  di duro scoglio sia più tosto atta a rompere le tempe-  stose onde di que:to mondo che lasciarsi da loro muo-  vere e travagliare, e che queste impetuose tentazioni    | Siano piuttosto per chiarire la vostra virtù che per tur-  - can barla, pur nondimeno vedendo alcuni ecc. »  "e È SF    S. CieRrIANO - Discorso al popolo in cupo di POSERO 3    -5) Da ca ct Ha PRECEDUTO NEL DISCORSO.    cA voler fare il mio debito, mi i converrebbe Du far  altro stasera, che ringrazia    re il magnifico M Pietro  E    delle parole onorevoli, che per sua cortesia ha  dette di me, e laudare la sua magnificenza. ‘del dotto  e caldo fficio, che.    così è Sprovvedì  favore della liber tà. z - ‘atamente ha 1 fatto a    BArToLOMEO 7    Seta Orazione: nell Accademia.  degli Uniti in Ia sa    6) Datr/ csATORE tino.    » Jo devo l'onore di parlarvi a    quel. carati er SER  |  mità con cui i miei concHiadins vollero i ii    da un Mi; col on voto a A in Consiglio.  uo "USE (EDO arno mi a G    cca “madre di Vonezia, diede le i velio,  i — questa. fiducia con cui Governo, Provincia e Comune  mi consegnarono IE immensamente duraturo e l’immen: —  iam fragile, mentre | mi ic mi a di    a ch or _ ‘Das nella sota  si cinpertura del Ho di a    SR : >. d'eta =    ia Dar ‘SUBBIRTTO. IN, DiscoRSO  dell Memore È    dA    TRS Che ìl tema Î quale e d ni.  Le discepoli, rinnovelli in voi i nobili ent usi RO iS  le vibrazioni all'unisono del sentimenti La Ò   procuratevi dal facile oloquio, dalla copia «li dottrine  SO leggiadra parola e dal garbato. put dre. de    — dd    egregi Colleghi che mi precedettero in queste confe  renze, non lo sperate.   «Non vi intratterranno oggi eroiche azioni, grandi  imprese, generose iniziative, sublimi ideali. Il compito  mio è più umile e più modesto, come più austera è  la scienza dei numeri, e chiacciato è l’aere che d’at-  torno vi aleggia ».    SI «Buzzi — Conferenza sull’ insegnamento  dell’ aritmetica).    ( Dispiegati alle patrie aure savonesi, 0 simbolico  prezioso vessillo. Tunonandrai colla gloria delle battaglie  i 9 4 . .  Ù accrescere l’alloro degli eroi e le lacrime delle madri.  È Ta a mari procellosi e terre lontane, Ma come  omestico palladio ra lerai Π "a È i ecoglierai a te d’imtorno una nume- 1  gia di gente che lavora e vuole che gia tant  prospera quanto è SERRE  uanto è bella la terra in cui siamo nati  c Allarga le ali tue, o vessili di  sotto di esse, quanti pensano    o diletto, e si abbraccino  © studiano per l'umano    e segno;    i e ad ess nipoti  È che il popolo savonese non conosce le è uni    le Imvidie; chiede.    “dei    È AG È  A 5 LAN    solo giustizia. per i suoi traffici e per i suoi ce  nè. ad altre gare si accinge. che non siano quelle desti". 7  nate a rendere, colla gagliarda e onesta ; Cono a  più fiorente e Yigorosa l'economia nazionale. e “a  Eco Mostrati ,. 10 patriottico vessillo, a o Dean  SORBCE. “grande patria italiana sono amici della civiltà rivendica     Gamperta. — Discorso al Corpo Legislativo.    9) DA UNA 0 PIÙ COMPARAZIONI.    Ri.    c Chiamato dalla fiducia, altamente lusinghiera per  me, cli questo onorevole Comitato dell’Accademia di  scherma fra i dilettanti delle quattro scuole di Venezia,  all'onorifico incarico di tenere una breve conferenza che  serva di prologo, dirò così, alle brillanti frasi scher-  mistiche che stanno fra poco per scaturire dai rino    colloqui fra ferro e ferro ; io volgo estatico gli occhi  ame di ; per jono di religiosa  “dai d intorno, per contemplare, pieno di religiosa   Ammrazione, questo meravi i a  di cui ogni pi    glioso monumento parlante  etra attesta una vittoria e una conquista    el Y . UN { i g  RI Mare immense dove i Veneti oscurarono la  gloria dei Fenici e de    lo scettro e vi » Cartaginesi, dopo averne ereditato  lè sno ali vit Umpero; spiegando il leone di S. Marco  È di i di 0 su tutto l'Oriente, fino alle antiche  oe taMmani; ; FE i  Mo Mentre Marco Polo conquistava, mo.    su qu    ralmente, l' impenetrabile impero dei Mongoli e dei fgli  del Cielo. Allora la mia mente trasognata e in balia  (li quelle astrazioni telepatiche che divagano nel mondo  N deifantasmi,sitrasportaa quei tempi gloriosi del medio  È cvoitaliano, ovesi vedevano come dice l’Alichieri:    ò È . Cavalier mover campo iù  E cominciare stormo, e far la mostra, 3  y Ò e gir gualdane, Ro Ro  Ferir torneamenti, e correr giostra, si ; ss Lal i  R RA — Quando con trombe e quando con campane, | i  | Con tamburi e con cenni di castella, pio3,    E cose naturali e cose TSHRLOI pr    “e sa LE a Liza per SA un SRI una sci: rp:  Un fiore, i  STINO Quindi, nel vedere intorno ame questa gentile corona |  cli vaghe dame, di vispe donzelle, di baldi giovinotti, i  - di proceri maestosi e di brillanti ufficiali, e contemplando  questo azzurro cielo che è sempre stato il sogno  | poeti e dei pittori dì ogni nazione: suggestionato il  i A Spirito da quest’ ambiente paradisiaco, dove gli ettl  | marini sì confondono con 1 olezzo edi profumi che  i traspirano dal vago sciame femminino, paemi a essere  a DR ato — come il RA E Ra    48.  a mia festosa Provenza — coronata di mirti è  d’olivi come l’Argolide dei poeti ellenici gi dsl  stere ad una di quelle corti d'amore. 0 o È quei  ludi floreali, dove tutti i maestri della g@%4 SH  vili d’armi in amore, trovatori, menestrelli accor-    niono, nell    revano per le prove del loro sapere nella giostra, nella  quintana, e nell’improvvisare lai, madrigali, coble,  serventesi e romanze.    Cav. Dott. ALzeRTO Couennt — Conferenza  sul tema Lu scherma nei poemi epici del  Tasso e dell’Ariosto tenuta a Venezia nel  cortile del Palazzo Ducale.    10) Da UN DETTO 0 ESEMPIO ILLUSTRE.   un pensiero: il bene  all'ultimo respiro la vita al  allo studio di adempiere la sua missione ».  Questo è il giudizio che S.M. Margherita di Savoia  © orante nella suà fede rac-  uesto stesso è il giudizio che  © pronunciò col plebiscito di  gno, di rimpianto. alla me-  di esecrazione all’assassino.    Commemorazione di  fatta dall'on, H    € Amb il popolo; non ebbe che  della patria; sagrificò fino  dovere ed    piangente sul cadavere  Chiusa nella preghiera; q  Il popolo immediatament  Commiserazione e di sd  Moria dol Re,    S..M. il Re Umberto  ACCHI a Cremona.    TTORD S    « Signori — Vincenzo Gioberti scriveva al Massari  da Parigi: « Il vostro affetto vale per me più di quello  di cinquanta Principi e cento Ministri » ed in queste  parole dell’insigne filosofo si scorge l'armonia di lui,  | nel pensiero e nelle aspirazioni, col patriota napole- È  i tano. Del Massari si può dire ecc. » È    Conte G. CAPITELLI. — Commemorazione x  \ di Giuseppe Massari fatta nella Sala $  ) Die Vega dell’ Hotel Royal di Napoli, E  ch marzo 1883.    E 1000) DA UN'APPROPRIATA CITAZIONE.   «PRG 5,  Sia per   la entità del programma e la sua estensione , che si   può dire abbraccia tutto ciò che all’ igiene degli  alunni e della scuola si riferisce. Ma nonostante ciò   to mi sforzerò di corrispondere all’ impegno assunto  nel modo migliore che mi Sappia, facendo pure asse: È  gnamento sulla vostra indulgente bontà. » i    DEFINIZIONE    « L’igiene della Semola,  di vista generale, comprende,  fisica, vale a dire, 1° igiene d  nei loro rapporti imi    priamente detto, o  l’ igiene Morale, cos  gogica, ossia | ice    Considerata. da un punto:    da una parte 1° igiene  egli scolari ‘considerati  nediati con il mezzo scuola pro- ®  dall’altra, igiene intellettuale e    ne uu i, studiati nei loro  l Sistemi di educazione,   VIZI giò . È sa  « Quest IgIche pedagogica “mergerà da tutto cid  che io esporiò relativamente allo svilupp fi ‘o  i bsicologieo del bambino. 11 Pesto della n si  _ Bogica, propriamente detta, i    sarà trattato con la    dell'igiene fisica dei fanciulli, in quanto ha rapport. p:  con la scuola, e della igiene della scuola in quanto di  questa esercita. la sua influenza sulla salute degli  scolo: )    = Sio (PAAIZIONIE LR    n a “ doo adunsue è lo scopo no sì ì prefigge    Programma stabilito. dal Regio Ministero e | che i  Eb svolgerò nell ordine seguente ecc. »    VI QI a doo 3 n 3    È 5 sr per îe; natura dell vo =.cic  si che lo RI di essa è dele ul ben delineare    w Lon Ù intenda i in dns (be troppo ristro "  Ren Da breve i) da Pe —' | pure; el:    La partizione, lo abbiam Mo no, i   | Simo; serve per annunciare i varii punti in cui sì di-  - viderà il discorso. Deve farsi in modo che ogni parte  «di essa sia ben distinta ed ordinata, di guisa tale che   o serva di intelligenza all’ altra, giovi alla memoria:  di chi dice e di chi ascolta e sollevi il pubblico dE  un attenzione continuata facendolo riposare a brevi -   si intervalli. Nella partizione dev esservi anche una  certa progressione, di modo che il convincimento, la  | persuasione vada costantemente crescendo.    La partizione è inutile quando il soemetto è sem-  | plice di sua natura.    | Ecco un chiarissimo’    LA    esempio della definizione.    Prop OSIZIONE    c Farò arcomento dell  della digestione. > /    a odierna conferenza |’ iolene    FERTATZAA  Derrn1iz LONGO) Ra  € Digestione Sì chiama |  ti introdotti n    conservarlo eda    CR  Rousspav  Discorso que Segna    politica.    la Ego  c dc    Ed ceco un esempio semplicissimo della partizi    « Per rispondere, o signori, io non seguirò pass i  | passo ì varii oratori che hanno ES il trattat  giano questo; sistema mi costringerebbe a moli  | lipetizioni, m ma vedrò di fare in modo di non    “che nel complesso del mio dire rimanga senz  «alcuno dei principali argomenti de’ mici uv    i € Onde la Camera però possa portare |  | giudizio sulla politica del Ministero, io mi    Ia gore ANTA  di farvi dapprima una breve e succinta relazione delle  negoziazioni, e di dirvi quindi i motivi che hannoind  il Ministero ad accettare il trattato, per pi    endere  ultimo ad esaminare gli appunti che contro    il tratta:  | Sono stati diretti. > i E    nie    VAPITOLO VII.  Confermazione    eniaMo ora alla sostanza del    NA: TURANZALO Nea n:    ._ La narrazione è il racconto dei fatti  ©. nella, forma. più adatta a persuadere. i  Po La narrazione qualche volta si ommette, e cioè î  Pe quil: fatto è stato. SSRRISICOE narrato da gua n cche c    noti che si i ‘stiporfiuo. cia Que  invece alla narrazione sì x Dai un    — 02 — i   La narrazione oratoria differisce da ogui altra: il  dire dell’ oratore è più largo, figurato e COLDEO, non  solo, ma non tien conto nell’esposizione «del fatto che  dlelle sole circostanze che giovano al suo intento, ogni  volta che, senza alterare la verità, può ommettere 0  appena accennare le altre. La narrazione oratoria deve   esser condotta con grazia, per quanto il com    gravità dell’ arzomento » mettendu con accor    bella luce le cose favorevoli all’assunto dell? oratore.  Il quale deve tener presente il detto antico:  Quis; quid; ubi; quibus auriliis; cur; quomodo;  a? dove? con quali mezzi? perchè?  in qual modo? Tuando?) e cioè che un fatto è suscettibile  di produrre Maggiore o minore Impressione : ci  Quid) dalla qualità di chi lo compie, dalla sua Map  0 SEO da altre doti di lui, vuoi    Quis) dall’essere "appresentato vivamente  Ubi) dalle circostanze di    porta la  tezza in    Privato,    Quomodo) dall    a maniera in  Quando) dalle    Cui Seguì  circostanz    e di tempo (luce, buio, giorno    LESINA    n fatti consimili e commenti relativi; “i AE Rd    gliate o principali deli LIuiob dl mezzo    TA d5;   E vediamo ora quali siano le fonti generiche ria  qualunque narrazione. ‘It Pri  ]. ORIGINI, CAGIONI DEL FATTO  2. RAGYONTO SOSTANZIALE DEL FATTO (7022140 presenti |   7 7 elementi suindicati)  3. LE CONSEGUENZE DA ESSO DERIVATE; de 6  4. DIFFERENZE che si riscontrano nell’ esposizione del -  fatto per parte dell’ oratore dal racconto stesso.  come venne esposto da altri; ;    5. SOMIGLIANZA, Ossia paragone del fatto in parola con    6. AMMAESTRAMENTI Che se ne ritraggono, | | de:   Con quest indice qualunque persona di discreta col t;  tura deve saper.raccontare in bell’ ordine un fatto |  qualsiasi. Quest” indice gli deve far. iscaturire le idee,    fornire i materiali di una narrazione Ri efficace, —  ordinata. NES a i    ph    Prima di chiudere questo capitolo. amiamo. dare un È  esempio del modo di rammentare, colla maggior faci  lità possibile, sia le circostazze di un fatto S  sia il sezso di uno squarcio qualunque. di prosa © poos   ‘ome anche di un intero discorso. Rin *   In un fatto storico non importa al lettore   letteralmente le parole, ma solo le circostanze    — 6B4 —   che noi possiamo suggerire è quello di farne analisi  col verso sopra indicato (Quis; quid; ubi; quibus auzvilite;  cur; quomodo; quando) abitualmente applicato dagli  oratori alle diverse parti del discorso, e nel quale si  ritrovano tutte le circostanze possibili di un avveni-  mento. >   Serva d'esempio il racconto seguente estratto dal    libro VII delle Storie Fiorentine: - La morte di Ga-  leazzo Maria Sforza.    € Mentre che queste cose nei modi sopra narrati tra  il Re ed il Papa, edin Toscana si travagliavano, nacque    in Lombardia un accidente di maggiore momento, e _  CHE fu presagio di maggiori mali. Insegnava la lingua  latina ai primi giovani di Milano » Cola Mantovano,  uomo letterato ed ambizioso. Questi o che coli avesse  in odio la vita e costumi del duca, 3 che nua altra di    tesa, erano Giovanni Andrea    ti e Girolamo Olgiato. Con    essima natura del principe  fidenza dell’animo è volontà  che li fece giurare che come  la loro patria dalla tirannide d-    di quelli giovani venne,  per l’età ei potessero,    Ie    quel principe sibererebbero. — Sendo” ripieni adunque: a  questi giovani di questo desiderio, il quale sempre ui:  cogli anni crebbe, i costumi e modi del duca © di piusni  le particolari ingiurie contro a loro fatte, di farlo man-  «lare ad effetto affrettarono. Era Galeazzo dissoluto e  crudele, delle quali cose gli spessi esempii l’aveano fatto  odiosissimo, perchè non era contento far morire gli.  uomini se con qualche modo crudele non gli ammaz-.  zava. Non vivea ancora senza infamia d'aver morto  la madre, perchè non gli parendo esser principe, pre-  sente quella, con lei in modo si governò, che le venne  voglia di ritirarsi nella sua dotale. \ Sede a Cremona,  nel quale viaggio da subita malattia presa, morì.  Donde molti giudicarono quella dal figlivolo essere —  stata fatta morire. Aveva questo duca, Carlo e Giro-  lamo disonorati, ed a Giovannandrea non avea voluto |  la possessione della badia di Miramondo, stata al suo |  propinquo dal Pontefice rassegnata, concedere. Queste  | private ingiurie acerebbero la voglia a questi cloni  vendicandole, dì liberare la loro patria da tanti mali. |  Deliberatisi dunque a questa impresa, ragionarono  dlel tempo e del luogo. In castello non parea. loro sì-  curo; a caccia, incerto e pericoloso; nei tempi che  quello per terra giva a spassi, difficile e non riuscibile;  no conti iti dubbio. Pertanto SERBATOIO in. ‘qualche    io   pompa e pubblica festività opprimerlo, dote fussoro  certi che venisse, ed eglino sotto varii colori vi po  tessero loro amici ragunare. Conchiusero ancora che  sendo alcuni di loro per qualunque cagione dalla corte  ritenuti, gli altri dovessero per il mezzo del ferro e  de’ nemici armati, ammazzarlo.   c Correva l’anno 1496 ed era prossima la festività  del natale di Cristo; e perchè il principe, il giorno di  Santo Stefano, soleva con gran pompa visitare il tem-  pio di quel martire, deliberarono che quello fosse il  tempo erl il luogo comodo ad eseguire il pensiero loro.    Venuta adungue la mattina di quel santo, fecero ar-  mare alcuni dei loro    cendo voler  contro la vo    più fidati amici e servidori, di-  andare in aiuto di Giovannandrea, il quale    glia d’alenni suoi emuli voleva condurre  nelle sue possessioni un ae    quedotto, e quelli, così ar-  Dist, al tempio condussero 7 allegando voler avanti  partissero prendere licenza dal Principe. Fecero ancora  Venire in quel Inogo sotto v   AMICI e congiunti,   dun nel resto dell’;   duo Gi ridursi con quelli  la terra dove ere-  lebe, e quella con.    tro alla duchessa cd ai P dello Stato fare ar-    rincipi    ia MTAERO i da   —  mare e per questa via assicurare loro e rendere la ni d  libertà al popolo. Fatto questo disegno, e confirmata —  l’anima a questa esecuzione, Giovannandrea con gli  altri furono al tempio di buon’ora. ed udirono messa  insieme. Al duca (avendo a venire al tempio) inter-  vennero molti segni della sua futura morte; si vestì  una corazza, la quale subito di poi si trasse; volle  | udire messa in castello, e trovò che il suo cappellano  era ito a S. Stefano con tutti i suoi apparati di cap.  pella; volle che in cambio di quello il vescovo di Como  — celebrasso, e quello allegò certi impedimenti ragione-  . voli. Tantochè quasi per necessità, deliberò d’ andare È  al tempio, e prima sì fece venire Giovan Galeazzo Ca n  Ermes, suoi figliuoli, che abbracciò e baciò più volte, .  non potendo spiccarsi da loro. Pure alla fine deliberato  ; s'uscì di castello e n’andò al tempio. I congiurati, |  intendendo come il duca veniva, se ne vennero ino  Chiesa, e Giovannandrea e Girolamo sì posero dalla — È  | parte dest all’ entrare del tempio, e Carlo dalla si  i nistra. Entrò il duca circondato da una moltitudine  | grande come era conveniente in quella solennità ad  «una ducal pompa. I primi che mossero furono il Lam- ‘  | pugnano e Girolamo. Simulando di far largo al prin:  uv se gli SRCOH ORI ‘e OICR a: De corte ed    ll 68-  Taipoznano gli dette due ferite, V uma nel petto è  l'altra nella gola. Altrettanto fece Girolamo. Carlo Vi-  sconti con due colpi la schiena e le spalle gli trafisso.  E furono queste sei ferite sì preste e sì subite, che il  luca fu prima in terra che quasi niuno del fatto s'ac-  forgesse. Subito il rumore si levò grande, assai spade  si sfoderarono, e quelli ch'erano al duca più propinquì,  avendo gli uccisori conosciuti gli perseguitarono. Gio-    Vannandrea, ritenuto fra le vesti delle donne fu da  Un moro. staffiere del duca, sopraggiunto e morto. Fit  ancora da circostanti Carlo ammazzato. Girolamo Ol-  giato pervenne a fuggi Mr    Fe ed andarsene alla sua casa  dove non fu nè dal padre nè    dai fratelli ricevuto;  solamente la madre lo laccoma    ti Saro ndò ad un prete, an-  10 amico, il quale messogli  sue case lo conduss    uoi panni addosso, alle  e. iorni ; 3  - Due giorni dopo, conosciuto, nella  Izia pervenne, dove tutto l'ordine    Applicazione del verso & i |  hai Sopraccennato al fatto pre-    Quis? Cola Mantovano, maestro di lingua latina, uomo su  ambizioso; Giovannandrea Lampognano, Carlo Vi ‘>  sconti e Girolamo Olgiato. È n   Quid? Cola Mantovano detestando in tutti i suoi ra-  gionamenti il vivere sotto un principe non buono,  prende tanta confidenza nell'animo e nella vo-  lontà dei tre giovani, che gli fa giurare di liberare —  la loro patria dalla tirannide del principe; in con-  seguenza la sua morte è decisa. Il duca è assas-  sinato; Giovannandrea è sopraggiunto e morto da 3:  un moro, staffiere del duca; Carlo Visconti è ue-  ciso dai circostanti; Girolamo Olgiato cade nella |   | podestà della giustizia. si    ‘Uni? Galeazzo è trucidato in Milano all’ ingresso della o  chiesa di S. Stefano, ch’è scelto a preferenza del | i  castello, del luogo della caccia, del ‘passeggio, —  del convito: due ferite le riceve nel petto, due de  nella gola, una alla schiena e l’altra alle spalle.  > Quibus CUTE Ii armare i iena più fidi AUS    di niro licenza dal principe, prima di andare |  in aiuto di Giovannandrea, che. voleva condur  un acquedotto nelle sue possessioni.   Cur? sar liberare la patria di un PRE SEDI    — 70 —  uomini, se con qualche modo crudele non gli am-  mazzava, che ha fatto morire la sua madre, che  due congiurati ha disonorati, ed all’altro ha rifiu-  tato la badia di Miramondo.   Quomodo? la mattina sentono la messa insieme: il  duca non può far celebrare in castello nè dal cap-  pellano, nè dal vescovo di Como; depone la corazza;  non si può spiccare dai,suoi figliuoli. — I giovani  congiurati, simulando di far largo al principe,  con armi strette, acute e nascose, l’assalgono. DA  Il duca cade prima che niuno del fatto s'accorga.  Il rumore si leva grande, e assai spade si sfode- È    rano. — Qlci : i  È È Olgiato procura di nascondersi vestendo —  1 panni d’ un prete ;    muore con coraggio pro-    atine; mor    s_Qcerd :  anno 1496, 26 dicembre. (na   .    Descrizione    €    9 seche inerenti al 0, tratto considera |  i, estesamente e minutamente le cose e le persone.   I principali argomenti intrinseci (che sorgono cioè 4  I dalla cosa stessa di cui si discorre) sono — oltre quelli  ; giù indicati parlando della narrazione — i. Sede  l. LA DEFINIZIONE RARE    x    i "da SR o) Lola col del raz  | del tutto e di ognì parte, esternamente e interna  3. LE QUALITÀ REST (materiali pure,    -- NR    da esaminarsi in modo ARE O ea x  cliamo quì della descrizione di ciò che Srna DAG a ì  gno animale od al botanico. In JUesto So se ne î  Scrivono gli organi e le [oro funzioni e si seguono in  tutti i periodi della loro vita animale o et _  Sarà mai possibile dimenticare qualche cosa 0 DrORZ  (li materia od esporla male, a sbalzi, a ritroso, se poniamo    mente che la nostra descrizione deve cominciare dal  nascere e terminare al morire, com  nascere, il respira;  il crescere, il trasfor  il morire.    prendendo quindi; il  ‘e, il muoversi, il sentire, il nutrirsi,  marsi, il riprodursi, l’ammalarsi,  LE QUALITÀ ESTETICHE    ne per enumera  Semplicità, elecan    6. LE QUALITÀ’ INTELLETT  zione, intelletto, volontà, e  Le qualità materiali v    an di  talvolta, alle estetiche tal alt    intellettive sempre.    NE (memoria, immagina -  cc.)    We  ù deine    SI È  Or ci si dica se con quest’ indice possono far difetto LE    le idee. Certo esso non mette veruno in grado di parla;   «i cosa di cui nulla sa, ma fornisce i materiali per  un discorso ordinato, ricco, pieno; ma rende certi che  la parola non può mancare, che del subbietto si diseor-.  verà senza mai perdersi e confondersi, senza mai alterare    ordine. il più rigoroso.    CAPITOLO Ix.    Relazioni.    sono le qualità estrinseche, de qua  è che sono fuori della cosa dun ina    To parlo a mo? d’esempio di un estro e ne enu  le bellezze, quest’è la descrizione; lo confronto  altri teatri, queste sono le SI   I principali argomenti estrinseci sOnO:   l. LE LEGGI (relazioni tra la ‘cosa; in  leggi naturali, umane, divine,  RITA FRZDIZIONE  OSEASGRAMA    4. 1 MONUMENTI (materiali [muti e parlanti] ) —  morali [istituzioni 0 cerimonie che celebrano qualche  avvenimento] )   O. I DOCUMENTI   6. IL GIURAMENTO    T. LE TESTIMONIANZE (divine ed umane — rica-  Vate dai libri sacri o profani)    8. LE INFLUENZE (attive e passive)  9. IL GENERE E La SPEGIE    10. cauSE E CONSEGUENZE  Il. TEMPI E LUO  due occhi della Storia)    12. MEZZI E SCOPo* GHI (Geografia e cronologia, i    gli elementi    Telazioni colla Cosa in discorso,    che possono fornire    va    CAPITOLO X.    —_ —    Dimostrazione  A    © come quella che si propona di convincere   È l'uditorio. Ad essa molte cure dedicarono gli   Goal e molti scritti ci lasciarono al riguardo. Î ha  Ed ecco le norme più IR PeR _    . cloyere della prova. Nei delitti la prova spetta al P._ %  M. ed alla parte lesa; nelle domande che han per fine.  un possesso, un godimento, la prova si addice a chi  la fa; in tutte le asserzioni, la prova si addice a chi.    le adduce. Dunque è nostro interesse, potendo, caricar I    l'avversario dell’obbligo della prova. ì  2. L’ostinarsi a negare ciò che è innegabile , “SÉ   Yidente, nuoce anzichè giovare. In questo caso è a me-   glio cedere spontaneamente. (Quintiliano). ELI    — 8    3. Quando non si sa che sos contrapporre al  un vittorioso argomento avversario , i Mio  terl». Non potendo confutarlo sp buoni ut.  l'occuparsene non vale che a richiamar 1 RON  su di esso ed a persuadere chi ascolta du > tratta  cli una ragione vittoriosa, irresistibile. Così dice Cicerone.  — Quintiliano suggerisce di contrapporre all'argomento  Senza replica, altro argomento di ugual valore: tutto  sta nel trovarlo; che la cosa sia. però possibile Li  abbiamo esempii numerosissimi , Specialmente negli  studi intorno alla patria di tanti uomini sommi (Cri-  stoforo Colombo P. es.) per la quale ognuno trova ub-  biezioni serissimo, questioni insolubili, di guisa che la    cosa finisce di necessità col restar dubbia. Ma poichè  giudizialmente il dubbio sì risolve sempre a favor  dell’accusato, per un difensore. costituisce sempre una  vittoria ìl far nascere cot;    al dubbio.  4 Come i giornali p    er esser letti han bisogno  della massima chiarezza, cos) l'oratore per piacere al  suo uditorio. La chiarezza non Sarà mai soverchia in  Chi dee parlare al Pubblico: quindi grave errore la  troppa brevità, S    PIREO NAPO OPERAI IAT ON    " URI g: 3 de % n è. La  n * = ai    _ — 79 —  intuitivo e l'oratore dee persino serammaticare se  senza di ciò non verrebbe inteso (S. Agostino).   5. Nelle repliche cominciar dagli argomenti più  deboli della difesa, come se non valesse la pena di oe-   | cuparsene, e finire ai più forti. È  6. Si lascino agli avversari, sì rispettino, si rico- $   noscano le ragioni che essi hanno, affinchè essi sen-   tansi impegnati a riconoscere quelle che abbiamo RORA ui  si conceda cioè quanto sì può per ottenere ONESTO SDO   vuole (Franklin). x  7. Una delle arti dei grandi a, nelle RE   sballate, è di divagare dall’ argomento e abbagliare — Sa   giudici e pubblico con un mare di belle e splendide | A   parole. Ogni parola suscita un “idea. Far passare dei   vanti alla mente degli uditori un mondo di idee belle,   vivaci, brillanti, sopratutto nuove, originali, anche. a   costo di esser eccentriche ; stordire, far del chiasso,   dir cose CA IEGGUA ole ER No    dire. In una causa sd catia Ve a a  del pubblico , uscendo «dal terreno vero della dise    | sione (Veronesi).  i 8. Quando non si può rigettare l'obbligo. |    ; prova sull’avversario , confutare preventivamente |  o Obbiegioni e gli argomenti fa Rico  de " $ È    F  pi    CERN  questo difficile impegno, le ragioni avversarie sono  distrutte prima di esser messe in campo.   La confutazione, scrive il Rodella, è la parte in  cui si ribattono le ragioni dell'avversario. E quì, »  l'avversario ha già parlato, e allora non facciamo ci  seguire mano mano le ragioni messe innanzi da lui  e le cerchiamo di distruggere; o non ha ancora par-  lato, e allora le preveniamo. Nella confutazione si ri    chiede: — acutezza di mente per iscoprire i difetti delle  ragiori contrarie, pronto ingegno e pratica per sape!  cog lierle nella parte più debole. In questa parte del.  l’orazione può ‘tornar in acconcio una fine ironia,    Senza però mettere in dispregio l’avversario ; uno  scherzo urbano ser    virà meglio a distruggere l’effetto  degli argomenti contrari e    a confondere |’ oppositore.  La confutazione deve essere coordinata alla narra-  zione, alla descrizione, allo    relazioni e in essi devesi  tener calcolo dei seguenti elementi: —  l. DEFINIZIONE.    — Dalla definizione gi possono  trarre argomenti —    a Per esempio: « La filosofia morale  Una scienza che insegna all’ uomo di    PR IrRO 5 farsi migliore,  © più felice; donde subito si vede > niuna altra disci-  plina poter essere nè più illustre, nò più magnifica. »  (Aristotile)    Si può argomentare dal tutto alla parte, dalla parte    pe gn TS =    wo abbastanza CONVINEAATA Tizio » fu trovato IGO    azar DRCOLA E NL CREDI Ia    DERE  À SICA    MRI  al tutto, dal genere alla specie, dalla specie al genere,  dal più al meno e dal meno al più, dagli antecedenti  ai conseguenti, da questi a quelli, dalla causa agli Si  effetti, dagli effetti alla causa. i   È ben naturale che per essere eloquenti. one È  conoscere le leggi del pensiero in quanto si riferiscono — È  all'arte del dire.-« La quale arte, sostenendosi princi- pe:  palmente sul ragionamento, si vuol giovare di quella |  che insegna a ragionare, e chiamasi logica. » DIL   2. ENUMERAZIONE DELLE VARIE PARTI DELLA DEFI-    NIZIONE E PROVA DI ESSE. e e  SOMIGLIANZA. CONTRARII E REPUGNANTI. Cont  5. causa ED EFFETTI. — Dalla grandezza degli.  effetti si fa arguire quella della causa o vicegeras sd  ANTECEDENTI E CONSEGUENTI.  GENERE E SPECIE  8. SIMILITUDINE, E AUTORITÀ. 30! NOIE  9. ESEMPI. ni  10. AGGIUNTI DI CIRCOSTANZE DI TEMPO , MODO, EBR-    SONA, ECC:  1l. METODO DELL’ ESCLUSIONE. ri molto SETLO por    suicidio. Se noi proviamo che non uù essere RO  per tre di queste cause, resterà ben DIRI ch è  morto per la quarta, benchè a prova di essa ci man-  chino gli argomenti diretti.    12. FRA DUE MALI IL MINORE 0 FRA DUE BENI IL  MAGGIORE;  TESTIMONI.    I4. DOCUMENTI PE MONUVENTI.    15. LEGGI NATURALI, UMANE, DIVINE, RELIGIOSE.  16. ESPERIENZA. |    I7. uso — voce PUBBLICA ‘— CONSENSO UN.VERSALE  NEI DIVERSI TEMPI E LUOGHI.    Ecco un brevissimo esempio del Ta  « Dee Lozio ragioney    S80;     Olmente esser fuggito, poichè    avere nè amicizia nè    buona, 0 tale almeno gi  nell’apparenza. (contranit  e vepugnanti) » :    “€ Ove Pozio signoreggia luee raggio di  Ingegno, ivi non vive pensiero di Eloria e d’immor-  talità, ivi non apparisce nè immagine, nè pur ombra  0 vestigio alcuno di virtà. (causa ed ePetti). »   « E siccome gli Stagni    © le paludi, putride diven  gono nella loro quiete; così i neghittosi    s Îvi non ri    marciscono ’    ii li peer si  .  nell’ozio loro; € ragionevolmente possono così Dod Ta  esser chiamati, come quelle acque morte si chiamano.    (somiglianza) >  « Quanto le cose contro natura sono peggiori, più  odiose e detestabili delle altre, tanto più ozio deve  esser fuggito, non pur com’ avversario @ nemico, ma  come corruttore e distruttore della ragione, del senso,  dell’ umanità. (genere e specie) » 5  « Esercitano le fiere e gli augelli ed i pesci, eser-  citano Perbe e gli sterpi e gli alberi, gli uffici loro.  pi: Quo, natura: nessuna di tutte i cose. conte-    e starsi Le i, a luomo de ei È  non eseguirà quello a che fu PERA È (esempi,  leggi naturali). > Li    CAPITOLO XI    È : Chiusa    I rimane a parlare della chiusa, la quale,  7 siccome abbiamo detto, si compone di quat- Èo  Ntro parti. i Moe.  La conclusione, riassume brevemente la so--  È stanza della dimostrazione: deve esser breve ed efficace;   fi tar rimarcare, imprimere nella memoria, i punti salienti &  di argomenti capitali delle addotte ragioni.    fi La ricapitolazione invece, raccoglie per sommi capi  | ed in poche ma acconcie parole tutta la sostanza del   SIE perchè l’ uditorio le abbia ben ot alla.    c Ma per non tenervi più a bada, J0coE ] o  capi del mio discorso, e poi scendo. Deesi contribuie  — lenaro per mantener. le soldatesche che nen)  Nformar i disordini che per avventura vi. allienano;  Non già alla prima querela sbandarle; Si BOSIO da  Spedir ambasciatori per ogni parte che istruiscano,  ammoniscano, promuovano a tutta possa il ben della  patria; sopra tutto debbonsi punir quei malvagi che  — vendettero la loro fede al nemico, ed averli in abbor-    timento e distruggerli; onde i buoni e leali cittadini  si compiacciano d' essersi    y . . . ® a A e  appigliati a quel consiglio    che più giovi e a loro stessi ed al pubblico. Se così  vorrete governatvi, se vi scuoterete dal ‘vostro lungo  sì, spero che la sorte ancor cangi fac-  cia, e lo Stato rifiorisca e rinvieo    letargo, spero,    gorisca. Ma se vi sta-  rete tuttavia sedendo a vostro grand’ agia , attenti.  solo sino al punto di batter le mani st ad un dicitore,  © colmarlo di vivi elogi, poi smemorati, come dinanzi,  | © inoperosi, e infingardi; no, Ateniesi, tutta v umana »  pradenza non varrà mai da sò sola a sulvar da patria   — «lall’eccidio che le SOVLEStA. DEIANA    1g    E | Rd EIZO ron  (Filippica lutorno al Chersonoso) )  } h fact ta omegna  a La somma del mio discorso è    ICORI    questa,  ieitori non vi rende    . RO  Panno giammai:    i    le so e  nè stolti; voi sì li farete essere tutto ciò, che a voi  sarà in grado. Conciossiachè non siete già voi che |  mirate a quel segno che vi vien da loro proposto  bensì essi tendono tutti cold, ove vi scorgono coll a-   ; nima e colle brame rivolti. Voi dunque, voi dovete a   voler la salvezza della patria, e questa fia salva. Per-. >   ciocchè, o non. ci sarà chi osì darvi tristi consigli, 0    questi torneranno vani, non essendoci tra voi chi alla  loro seduzione acconsenta. »  (Arringa intorno alla distribuzione DA  dei cittadini.) È    La percrax ione, o mozione degli affetti, procura di  ‘trionfare sulla volontà. Nelle moltitudini specialmente, pi  iesale passioni essendo potentissime, il sentimento el iti  n fantasia hanno il sopravy ento sulla ragione. | |.  Non soffermarsi troppo in questa, ch'è la via del |  altrimenti si ingenera stanchezza e 1° effetto.  eno dimezzato. Gli elementi della    i ‘Cuore ; ;  | mne vien sciupato o alm  | perorazione sono  e: Ì. IL CONFORTO  © 2 LA PIBTA' (coll’enumerazione degli altrui và  3. n'amuLaZiIoNE (coi nobili SRRRRL  di LA SPERANZA in o AE  LA MANSUETUDINE bi Si    ZIAURORSE  6. L'IRA E L’oDIO, in quanto si promuovano lede    volmente contro la colpa  7. 1’ ENUMERAZIONE DELLE VIRTÙ della persona per    la quale sì perora  8. IL RICORDO DELLE UMANE MISERIE per indurre    all’umiltà.   Colui può farmi piangere, sentenziò a questo riguardo  Orazio, dl quale senta già dolore, cioè che abbia  E nell'anima sua quelle passioni che vuole in me risve-  gliare. Difatti, chi non ha il cuore, prima ed unica  sorgente degli affetti, penetrato da quel sentimento  che vuol suscitare negli altri perde l’opera ed il tempo.    Ecco un esempio di Giovanni Grisostomo:     c Or eccolo ridotto all’ ultimo avvilimento: eccolo  i cattivo , inferiore al più miserabile degli schiavi, al  | più abbietto supplichevole, al povero la cui mano è  Stesa per implorare l’elemosina del passeggero. Sulla  sua testa, sotto i suoi occhi stanno ognor sospese ©  sguainate le spade; ad ogni istante ae si aspetta  . l'estremo supplizio e misura nel suo Se ni via  — che conduce al palco. Ai piaceri che ‘eli procinto la  prisca sua opulenza, succedettero i camnefici, Al il ricordarsi del tempo felice non può distrarlo nemmeno un momento dall’ idea della sua sventura.    J    e gii    « Ma come trovar parole adatte a dipingere P or- DS    rore della sua situazione e la crudele agonia ch’ egli  soffre? E perchè mi sforzerei io di farlo, mentre tutti  ne siamo testimoni? Lo avete pur veduto ieri, quando  vennero dalla reggia per ordine dell’imperatore a  strapparlo da questo santuario, dove egli avea cerco  un asilo. Il pallore di morte ne indicava lo spavento, bi:  di cni non è ancora rinvenuto oggi: tutto il suo corpo |  scotevasi d’ un brivido mortale, nè aveva membro che si  non fosse ‘agitato da tremito convulsivo; la voce in. Ro: d  terrotta dai singhiozzi, la lingua balbettante, tutti î È  sensi agghiadati pel terrore, presentavano lo spetta- |  colo d’un uomo moribondo, e già cadavere. Io non ‘Si  voglio aggravare la sua miseria coll’ deraate A  quando essa ormai non dà luogo ad altro sentimento  che alla compassione: e questa per lui imploro. Quanto A  più grave è il suo infortunio, più deve mitigar le  ‘nostre ire, calmare il corruccio dell” imperatore, e  muovere a pietà quei duri cuori che poc’ anzi udimmo  lanciarci rimproveri perchè non gli abbiam negato î  l’asilo del santuario, che egli veniva ad invocare. — i  Che cosa avvi mai in questo, o miei fratelli, che vi.    debba irritare? i  « Come? (rispondete voi) accoglieremo nella Gi  un uomo che le fece una guerra implacabile? st    « E nen dobbiamo render piuttosto gloria al Signore,  che ha trionfato del suo nemico a segno da ridurlo  a nonaver altro scampo che nel potere e dla e  menza della Chiesa? Sì, nel potere di lei, poichè egli  cadde in questo abisso di miserie per GE SAILE stato  il nemicò; nella clemenza, }cichè oggi ella si com-  piace di coprire della sua cgida il suo più CRUISE  persecutore, di ricoverarlo sotto le sne ali, di porlo in  sicuro daria violenza, e di schiudergli il materno suo   seno con tutta l’amorevolezza; invece di vendicarsi   clelle sue ingiustizie. Può forse darsi più splendida  vittoria? trionfo più luminoso?    € E che, mi direte voi; un vomo macchiato da tanti    ilelitti, un pubblico ladro, reo di tante concussioni,  ‘Farà introdotto nel    santo dei santi? e eli amplessi di  siffatto uomo saranno un con    quisto, un trionfo per la  Chiesa? i    « Adagio, o fratelli: voi dimenticate che una pub-  blica peccatrice venne a pittarsi ai Piedi di Gesù Cristo  e che li tenne abbracciati;    e lungi dal farne un rim-  provero al nostro divin Salvatore, abb    iamo un motivo  di più d’ammirare e di riconoscere la sua bontà. Ba-  date bene che questo 240 “Pparente non sia prattosto  destato da un segreto desiderio «di Vendetta; vi rsov-  Yenga che siete discepoli di quel Dio che sulla eroce    ta    fi a RITA iortizoi CURSI i    i) 3  »    È  DI — |  diceva a suo padre: Padre, perdona loro giucchè noù  sanno quel che si facciano.   c Sarei io riuscito a muovere i vostri cuori, attutire —  le vostre ire? L° rt avrebbe mai dato Mec    veggo scorrere dai subi occhi. »_    Il fine è destinato, già lo dicemmo, a ringraziare -  l uditorio ed a lasciar grata impressione. Eccone qual  che esempio. È SSL    PURA onde mi avete paro vi aa Pen e  n Voi pure siete stati messi, nei vostri ue  DE vostre industrie, a dura prova dalla crisi interna q  “e da quella che imperversa ancora al di qua, e al d  a dell'Atlantico, ma la bufera, se vi ha colpito, n  ‘vi ha travolto, ed è questo il mie i argoment  della vostra vitalità.  - « Avanti dunque; nelle Mao  ) abiti e dei feriti; i deboli cadi  vono; se qualche vostro stabil  — resteranno SREDIO, MO RR    IA   strie il commercio genovese. Il governo è con voi   SA perchè il governoècon chicombatte e lavora; guardiamo   (quindi insieme l'avvenire con fede nell’ Italia, nel suo  Re, nelle sue libertà, nel lavoro. —    Ministro Barazzuosi a Genova    « Se una gran legge di natura suona che tutto ciò  che ha un principio debba avere un fine, v'è un'altra  legge di opportunità, quella di finire in tempo. Ed io  fipiseo citando un altro fatto conosciuto in appoggio   el principio psicologico di eredità, il quale se si im-  pone come vedemmo all'individuo , alle famiglie, ai  popoli ed alle razze, si impone anche ai pubblici] dei.  quali aleuni si mostrano sempre arcigni ed inconten-    tabili, altri gentili ed indulgenti sempre. E per mia  3 Sla gentilezza e }° indulgenza sono sentimenti  ereditari, atavici in queste sale, > Sat    Conferenza sull’Eredità del Dott.'v TEDESCHI  A PRE atri 5    CARON, più Feguenfi. e palo e  Verato lo sbadiglio, originato dalla stanchezza  noia. Tani EZZOGO, dalla    $    SG « Lo dissi prima, e dissi pure quanto si se a   — la sua contagiosità. È EE  3 « Non ARpirerei Invero al averne subito an prova  0 n Ri STR: tute se Ne  poco ambita, nè vedere gnì Isorgere una RI    Fase    — 99 — Cer  epidemia di sbadiglio, per contagio imitatorio. Per cui  fo punto! sperando che si sviluppi invece nel mio  gentile uditorio, il contagio di una benevola indul-  genza. >    Conferenza sul Mal del Secolo del  suddetto.    « Uditorio cortese! Ho finito il mio dire.   Se taluno di voi, uscendo da questo edifizio, mi  dovesse incontrare col sigaro in bocca, mi faccia la  grazia di non pensare col Tolstoi, che nella ebbrezza.  nicotinica io cerchi di assopire la mia coscienza de-  pressa ed aggravata dal rimorso di quella noia che  so benissimo di avervi cagionata, ma per la quale voi  con. gentile compatimento non vorrete tenermi il  broncio. » OGG   VC Conferenza sull'/giene del tabacco, i   del Dott. Xypras. ) ”    | Ecco qualche esempio intero di una chiusa:    « Voi avete pel passato reso questo servizio all’ Italia:  colla condotta da voi tenuta per sette anni, dimo-  “strando nel modo più luminoso all’ Europa come gli x A   | italiani sappiano governarsi con saviezza’, con pru-  È denza, con lealtà. Sta ancora a voi rendere un ua    Sali    | se non maggiore servizio: sta al nostro paese a di-  s mostrare come i figli d’Italia sappiano combattere  da valorosi sui campi della gloria. Ed io sono certo,  o signori, che gli allori che i nostri soldati acquiste-  ranno nelle regioni dell'Oriente, gioveranno più per  le sorti future d’Italia di quello che non abbiano fatto  tutti coloro che hanno creduto operare la rigenera  zione con declamazioni e con scritti.   « Io ho fiducia, 0 signori, di avervi dimostrato  come il trattato si debba accettare per prepotenti  ragioni. Credo di avervi dimostrato altresi come. esso  non possa sortire gravi inconvenienti economici e .  finanziarii; come dal lato militare non presenti quei  pericoli che da taluno si vorrebbero far paventare;   finalmente che esso deve avere non tristi, ma liete  conseguenze politiche.   __« Con ciò, o Signori, non ispero di aver convertito  alla mia opinione quegli oratori che combattono questo  grande atto del ministero: ma almeno confido di  ; avervi tutti convinti che nelle negoziazioni che lo  hanno DICI non vi fu atto che potesse. meno-    iuderio non ijrono da, altro animati che dal sincero  j Dili e Fota Cn: causa Do HberRy cu    MOT EE DES LT MIST RT ENTER, ROMERO    ia    sempre li animò e che sempre li animerà e come mi-  nistri e come cittadini. »    ‘| Discorso Cavour alla Camera.    « Signori! quest’ ‘ultimo pensiero tronca le parole anche  sul labbro mio: la pietà mi stringe: più che di par  lare sento il bisogno di pregare; ma non posso metter  termine al mio dire senza dirigere un ultimo affet-  troso saluto a quei valorosi:   « Salvete dunque, o degni figli di una schiatta di  eroi! Salvete o generosi, che dalle terre africane dif-  fondeste in tutto il mondo la fama dell’italo nome,  mostrando una volta ancora, che   ALAN l'antico valore  Negli italici cor non è ancor morto. +   « Ah! voi cadeste lungi dalla patria, voi moriste senza  i baci e senza il pianto dei vostri cari; le vostre spoglie —  insonguinate riposano in una terra che non vi fu madre;  ‘forse le ossa di qualcuno di voi giacciono tuttora in-  sepolte, esposte agli insulti delle fiere ed al ludibrio  degli elementi. .... Ma se noi non possiamo rendere |  gli estremi pietosi uffici ai vostri corpi, noi pregheremo  per le vostre anime generose il riposc eterno nel grembo —   del Dio delle misericordie : noi ci faremo dn dovere  di impadronirci dei vostri nomi per consegnarli cinti.    di luce e di splendore all’ammirazione ed alla ricono-  ssoriza dei secoli più lontani.    « Sil i nostri figli e i figli de’ figli, e quanti nasce-  ranno da questi apprenderanno dalle nostre labbra Ì  vostri nomi, e li custodiranno nei loro cuori come  RE mblema più puro,come l'ideale più elevato della fortezza,   dell'eroismo e del sacrifizio; e dal vostro esempio dp    prenderanno che l'amor di patria non è un Do    me vano  senza oggetto, una parola che suona e non crea, ma    è un sentimento forte e gentile, un principio fecondo  di alti e sublimi insegnamenti, una passione m    agna:  nima inspiratrice delle più generose azioni: è la virtù  dei forti che sacrificano la vita al bene della società:  è P'eroismo dei prodi che consacrano tutto Sè stessi  i al bene dei fratelli: è 1° orgoglio santo di un popolo  | che conscio della sublime missione che la divina Prov  | videnza. gli assegna su questa terra, ‘soffre, combatte  w è spera, fiso lo sguardo al benessere comune, l’animo  e; OSO ai futuri destini che Dio riserba all’ umanità! »    Sac. Dott. LuompLLI _ Commemorazione  dei Rio di Amba SOL SA NR    SEO    CAPITOLO XII    io vertono tutti n coni alla    persona di cui si vuol parlare, e quindi è in-   ? dispensabile avere conoscenza speciale della vita, —  dei costumi ecc. delle persone medesime; per poterne —  parlare, se non ampiamente, almeno in modo completo. 5   Gli elementi della vita d’un uomo sono ì Segre n  1. Naserra (luogo e tempo)  2. Genirorr ed avi (occorrendo)  3. Epucazione Avura (inclinazioni naturali —  educatori — metodo educativo — risultato) srl  | 4. Istruzione (maestri e scuole — studii e viaggi)  5. RirRATTO fisico e morale — (vedasi, quanto | sh È  | dicemmo parlando della Deserizione) Mero  6. OPINIONI (scienza — oo _ go    di —_ Ig  “= #. PargNTI, amici e detrattori   8. Opere. ( produzioni del suo ingegno — sco  perte — invenzioni — libri ecc.)   9, Fasa — Giudizio dei contemporanei intorno    alle sue opere  10. Oxori — (titoli, cariche , attestati, dimostra    zioni d'affetto, monumenti, ecc.)   Il. Coxpizione economica [patrimonio — luci  ricavati dalle sue opere, dalle sue occupazioni — ere-  dità — donazioni — fonti disoneste, ecc.]   12, Aveppoti [ { quali potranno però già essere  stati intercalati ad illustrazione dei punti precedenti]   13, Sventune [parte, narrunione la vita, potranno  esser intercalate a loro posto] — sventure economiche  — morali [derivanti da inaldicenza e calunnia — da   affezioni — dalle opinioni sue) materiali — [colpe,  condanne] infermità [dipendenti dalla natura, da  disgrazie, da causa volontaria, da offese altrui]   14. Morre (logo e tempo — funerali — sepol-  tura) 3A   15. GIUDIZIO DEI POSTERI € monumenti postumi.   16. Uommsi simnianti [differenza o similitudine  di tempo, luogo, movente, sorte, ecc.)   Come sarà possibile dimenticar parte. alcuna della  ita di un individuo conosca lo questa tavola? Come    | fice seppe così mirabilmente    da lontano il conobbero.    | tadino, e che scevro di superstizioni come pure sarà possibile non farne un discorso ordinato e com-    piuto? AS  Feco un bell'esempio di commemorazione funebre. è    c Ufficio pur troppo grave al cuor d’ un amico,  mi chiama oggi un’altra volta in questo recinto  sacro alle ceneri dei nostri più cari, onde inaugu-  rare un modesto quanto espressivo ricordo, che Daf:  fetto e la riconoscenza Vostra, volle dedicato all’ esi-  mio concittadino, all’amico del popolo, all’illustre |  letterato ed archeologo del quale tutti deploriamo  la fine. wi   “« La bontà dell’ animo ingenuo che Pegregio arte-  ritrarre in quel freddo  marmo, ben vel ricorda 0 Cittadini, è quella stessa  che appariva in volto, © si manifestava nei modi  dell’ esemplare sacerdote Tommaso Torteroli ; edi. è >  appunto quella che lo rese grato ed- ammirato sai  ‘Voi non solo che lo aveste compagno, maestro , par  store, consigliere ed amico, ma bensì pure a quanti    « Io non potrei quindi che con troppo inadeguate 1  che seppe con-    parole ripetere quanto vi consta di lui,  | ciliare col proprio ministero i doveri sacri del  di pregiudizi di casta, informò così la sua mente al  culto del vero e del giusto, che il progrésso sociale  non solo non avversava giammai, ma apprezzava,  seguiva, e propugnava con affetto grandissimo; e  di modi gentili, e per carattere mite e tollerante,  ebbe stima, ammirazione ed amicizia da ogni ceto,  e da ogni maniera di credenti.    « Perlocchè, se in me non fosse insufficienza troppa  all’alto scopo, più bel campo non avrei ove raccorre  fiori di morale e cittadina virtù da porgere a modello   di quella della vita del Torteroli.  « Ma voi il conoscete, voi pur conoscete quanto  | ne scrisse affranto da giusto dolore, 1 erudito e di-  stinto fra gli addottrinati sotto gli auspici suoi; e Ja  | presenza vostra, ed il vostro concorso, e del Munici-  pio, nonchè quello di molti assenti, ad onorarne la  salma e perpetuare la cara. memoria ,. fanno prova  eloquente, e valgono assai meglio di me ad affermare  x l'assunto: quindi è ch'io stimo meglio limitare il   mio concetto alla manifestazione. del pubblico voto,  Fo piceno dalla vita. dell’ Mini Estinto sol quanto    È    :0 tao cordoglio,,    Mi; È    | gere al sacerdozio. (e    È; assaporare le dolci    goti sl 10 marzo 1810, cresciuto da il an 10) Si  stie di fortuna in tempi meno propizi a chi DT eredi po  difetto, seppe sì tosto educarsi allo studio ed alla”  moralità che, distinto fra i condiscepoli, meritò quella  stima e quella reputazione d’esemplarità e di sapere,  che ben di rado si acquista in giovinezza; e con  tale arredo, iniziata la carriera ecclesiastica come  quella più conforme alla sua delicata natura, ed unica  eziandio in quel tempo, che porgesse facile accesso o  al popolano onde avviarsi in società, prescelto dagli pe  institutori stessi, e designato ai pensionati genitori  per ripetere ed istruire al più giovani, ebbe mezzo  di ritrarre qualche sussidio al proprio stato, e si.  | procacciò ad un tempo ausilio necessario per giun- n    «Io non dirò per filo e per segno come Ei lot- “00  tasse di poi nelle proprie strettezze per non tuffarsi aa È  ita parassitica alla quale suol dedicarsi  una gran parte di ‘suoi simili; dirò ‘bensì che non |  falo) OO la seducente attrattiva, anzi ebbe ad  primizie come institutore di  ma l’anima del Torteroli non  nè fatta all infingardaggine, SE  giogo della evirante sirena    cin quella v    | privilegiata prosapia: m  temprata al servilismo,  SCOSSO ancora per tempo il    VESTO or RIN EMANATE AZURE IIINTEIE INIT Tgr  N È È    Spa    ‘che di già lo avvinghiava, con generoso € fermo  ripudio , preferì nell indipendenza coltivare la mente  ed il cuore, e fra gli stenti affrontare rassegnato  l'abbandono delle burbanzose caste, € sopportare co.  animo pacato l’ ironia ed i felini attacchi degli uguali  che ne uggiavano il troppo saliente confronto.  «E cuore e mente coltivò per onorare la patria,  | per consolare l'affitto, per consigliare, educare e pro  muovere la gioventù allo studio, I” operaio al lavoro  ed all'associazione, e tutti al culto della morale, della  libertà e del dovere.    cE quanto degnamente siasi adoperato in quel  santo proposito , lo attestano i suoi sermoni domeni-  cali nel breve tempo che la mal ferma salute gli  permise di esercitare, con plauso generale, le funzioni  parrocchiali nella cattedrale Savonese; lo attesta l’ap-  #20 pellativo di popolare che voi gLimarbto e ch’Egli  e GINA moltissimo, dappoichè la ondlarità che.  altri compra ol usurpa con prestigio per ‘gervirsi del  st: popolo sez mai servirlo ,, fu da ni mortata ver la  i sua Vul Sings fede democratica, per lamore è a  F feno che portò alle arti ed all'industria per  la semplicità e dolcezza di ragionare e d° ARNO il    x : :  pic: popolo. E lo affermato i suoì scritti elaborati pazion  temente nell'ufficio di Bibliotecario civico, unico cd  x . i 3  AR sha tia    Va WE EPICA    ANTITESI MIE 7 III O AC IL, rt al  ni di ars Me A    .oltre modesto compenso concesso in vita a tanto si    merito dal suo Municipio. Sa     interposti amici, di poter disporre dell ampia gene:  rosità di facoltosi benevoli. Quale si fu adungue IL SE    4A  reagente funesto del suo misero fine?.. To: dirollo  corroborata    nel’ ultimo —  le amiche-    voti cure.  ‘« Tommaso Torteroli di costituzione linfatica con    andò soggetto in gioventù a fasi    e campò malaticcio, con ipo- —    el che da me e da molti si rammenta ancora,    viag d  Le NO PIA    a loi  {che di lui genitori nella matura età manifestarono  stranezze di mente ed aberrazioni, si avrà ad esu-  beranza onde affermare che il Torteroli per gentilizia  e per eventuale“allucinazione fu spinto inscientemente  alla fatalità che ce lo rapiva: ed a buon diritto quindi  conchiudo che quell’ anima esemplare non è .impu-  tabile di colpa. i  « Sia dunque condegna lode a voi tutti che col-  l'opera e colla presenza vostra concorreste all’ ono-  ranza dell’ Uomo il quale, obliato in vita da chi avria  | dovuto rimeritarlo, e sorreggerlo almeno nella faticos®  via, lasciò dovizia letteraria di affettuosi lavori, e di  inestimabile esempio, alla patria ed alla posterità.  (Zol ora, Tommaso, dilettissimo Amico, se il tuo  spirito angelico aleggia qui ad ascoltarmi, condona  e e a disadatto mio  tlire: e se pur nonpertanto ques ;  LE  mio cordoglio alla cara Madre, AR te 3°. SA  modesta virtù, che qui stanno a lato art ; >  LO, ri altrove    del sangue mio ti precedette, ah  nell’ eterno riposo. » ;    3  LI    il troppo presto,    i. un'accusa è un ’ anniegtatla, metter in ridicolo —    l'accusatore è se non altro un  i veder deprimere chi sta wu po' in al s  4 csi (tratta di cause gra avi.  i È pari. Eccone qualche esempi     futarei in due modi.  “nel dire e nel ripetere,    CAPITOLO XIII    Precetti oratorii    a ncur il far ridere è un mezzo di difesa, @ 4  sovente metter in ridicolo un'accusa è de- È  molirla. Dice il Veronesi: « Metter in ridicolo E    V/    vincere presso la DA    divertendola, per quel Co0Ì innato ch’essa ha a  to. »    Lo ‘scherzo non è naturalmente ammissibile quanido    2. Una fine ironia, uno stile satirico, giovan del    Once i  ende a giustificarsi, cioè a con-  Il primo è generale; © consiste   che i nostri argomenti. sono  uno scoppio d’: >    « Egli aduuque pr    un sinistro dirugginar di denti , an'alchimia dialettica da casista, un labirinto di  fallacie, di falsi suprosti, di botte finte ecc. Come.  ognun vede, queste sono ragioni eccellenti, che por-    tano il nostro torto all’ ultima evidenza. >  ì A. FRANCHI.    t Si suol dire comunemente, mon esservi causa  tanto disperata che non possa difendersi con qualche  apparenza di ragione; ma al nostro povero avversario  era riserbata la gloria di provare col fatto suo, che  anche quella regola ha le sue eccezioni; giacchè la  causa che egli per sua disgrazia avea tolto a patro-   cinare, era talmente sciagurata, che niun sofisma al   mondo poteva recarle sussidio. »    A. FRANCHI  3. L’'interrogazione sfugge di sua natura alla  discussione, poichè nulla affermando e nulla negando,  esce fuori dal campo della verità e dell’ ore GIRI    mane in bilico fra le probabilità, le congetture, i  possibili, i dubbi, i sospetti, i timori, ecc  , ec.    Tuttavia essa ha sovente nei discorsi una parte  efficace come effetto oratorio; sovente una serie di    incalzanti domande vale quasi a conquidere gli uditori  e ad indurli ad affermare con noi.    Il Segneri nel bellissimo esordio della predica del  . Mercoledì delle Ceneri, dopo avere annunziato 22);  1 uditori che tutti d>bliamo morire, e aver fatto loro vi:  rispondere che lo sanno, che la cosa è vecchia, così | SA  ripiglia: — po  « Voi lo sapevate? Come è possibile? Dite: e non  siete voi quelli che ieri appunto scorrevate per la  città così festeogianti, quali in sembianza di amante,  qual di frenetico e quale di parassito? Non siete voi  che ballavate con tanta alacrità nei festini? Non siete  voi che vi abbandonavate con tanta rilassatezza distro  ai costumi della folle Geatilità? Siete pur voi che alle  commedie siedevate sì lieti? Siete pur voi che par- —  lavate dai palchi sì arditamente? Rispondete... »  Ecco altro mirabile esempio della efficacia delle in-  terrogazioni che togliamo da un discorso del P. Giro-  ‘lamo Tornielli, illustre predicatore del secolo deci-  mottavo: — NT aan  “« Etunon parli, o Cattolico, dirà Cristo? Tu figliuolo  | del mio Battesimo, tu allievo della mia Chiesa, tu.  | erede della mia fede, tu nodrito a’ miei Sacramenti,  io ta sposato alla mia grazia, tu degnato de’ miei amori  | É egli vero che io ti detti a bere il mio sangue; che.  io ti fei pascere delle mie carni; che io ti tenni all  | mia scuola; che io ti lessi le mie scritture; che io ti  | confidai i miei segreti; che io t’insegnai dalle cat:    | — tedre, ti commossi dai pergami, ti ammonii dagli altari? E tu di tanti sentieri d’ andar al cielo, non ne  cogliesti pur uno? Tu sarai dunque perduto? Tavrì  io dunque oggi a confonder coi miscredenti? con gli  atei, dei quali più ampiamente parlasti? con gli ido-  latri, dei quali più laidamente scrivesti? coi Turchi,  cui pareggiasti d’ intemperanza? cogli Ebrei, cui so-  verchiasti in avarizia? con gli Eretici, cui fosti innanzi  a bestemmiar il mio nome, a spergiurar il mio sangue,  a profanare i miei templi, a beffare i miei sacerdoti,  a calpestare il mio Vicario, a violar le mie spose, @  trapassar ogni legge del mio Decalogo e contraddire  ogni detto del mio Vangelo? Tu ne vai dunque dan-  nato coi miscredenti? Il santo carattere del cristiane-  simo non ti salva? La comunione cattolica non ti suf  fraga? La mia misericordia, i miei dolori, la mia croce  tì rendon reo di maggior dannazione? Così era egli  dunque da corrispondere al ben che ti volli, che ti  feci, che ti promisi? Neppur con tanto mi meritai che  che tn almen ne mici poveri mi riguardassi? Fino di  si "un frusto di pane, di un sorso d’acqua tu mi fosti  picasa: Non mai da te una visita a me infermo, un    | cencio a me ignudo? Non mai di tua mano un con-  i  i oe a me DEAN ; di tua: casa Au stanza. a me    MRS   mi fiaccava le braccia e mi rompeva i fianchi senza  mercede; per te, erudele, che pur tanto ne avevi pei  cavalli e pei cani e per ogni peggior servizio de’ tuoi ;  piaceri! Ma forse che io mai mi rimasi per tutto ciò.  dal premerti e chiamarti ad emenda® Quid est quod —*  debui ultra facere, et non feci? (Is. c. 4; Anima in- d  grata, che non adoperai, che non mossi per vincerti 18  all’amor mio? Un giorno trovami, un’ora mi conta  della rea tua vita, in cui l’ occhio pietoso della mia  grazia non ti seguisse cercando d’ogni tua traccia.  Che dolce cura non mi presi per essa di te fanciullo?  Per quali orrori improvvisi mi frappos’ io alla eurio-  sità maliziosa di quei primi tuoi anni? Quali acuti  rimordimenti ti fei io sentire di quella prima libertà  giovanile che contra me ti pigliasti? In età ferma per  quante vie t introdassi nell’ anima il disinganno dei   falsi beni? Nell’estrema vecchiezza di quanti aspetti  ti figurai allo spirito il timore della morte e il ter- (00  rore de’ miei giudizi? Ben ti deve ricordare di quei dì  solitari, di quelle notti funeste che viso ti presentai, |  che scosse ti detti, che parole ti dissi in cuore. Tu  stesso alcune volte teco medesimo ne piangevi, tu |  stesso mi coufessavi che io non ti lasciava pur un    momento consistere nel tuo peccato. Da me dunque  non si rimase, per me non istette che tu non Posi a par d'ogni altro arrolarti infra gli eletti. Or perchè  dunque ti veggo io qui tremare tra i riprovati? Aniina  ingrata, se non mi desti nulla del tuo, almeno il mio  rendimi, il mio. Dov è, dov'è la stola bianchissima  ch'io pur ti cinsi; gli abiti santi di che io ti vestii al  Battesimo? Dov’ è la grazia santificante che ti rendette  sì Lello un tempo e sì amabile agli occhi miei? Dove  son essì i doni, le virtù, i Sacramenti, le mie piaghe,  i miei sudori, il mio sangue? Redde rationem, vedde  rationem. (Luc. c. 16.) Domando conto di te, di me,  della tua vita, della mia morte, de’ tuoi fatti, del mio  Vangelo: redde rationem. Parla, malvagio, parla. In-  Ventami qralche scusa de’ tuoi peccati, trovati qualche  scampo da’ miei castighi. Deh! Signore, quale scusa   a voi che tutto sapete o quale da voi che tutto potete?  Peccavimus, inique egimus. Justus ess Domine, et re-.  chwn gudicium tuum [B. Reg. c. 8. ps. 118.]. Ma no:  Sostieni: che a pienamente convincerti, io vo anche ve-  Gere se forse alcuno di mia famiglia mancò alle commes-  sioni già dategli per tua salute. Angelo destinatogli per  custode, empiesti tu le tue parti? - Grande Iddio, da quel   dì che voi destemelo a custodire, quando mai pin ‘vedeste   da lui diviso? Io me gli tenni sempre a lato, or per    difesa, or perguida, or per consiglio, Lo soccorsi nei dubbii,  lo rinfrancai nei cimenti, lo ammonii dei pericoli, lo  £ t; b)    RIA  sfuggì. La seconda volta vi ferma l'attenzione, 10.4  comprende meglio, lo afferma e vi fa sopra le sue 4  i CO REESTI La a finalmente IL argomento entra  pienamente nel sno cervello, vi sì confieca, se ne im-  | padronisce. Bisogna però cercare di formularlo volta    per volta in modo diverso, con frasi muove, per evitare  x la monotonia. D altronde,, anche. parlando bene, Il   — troppo stucca e talvolta si direbbe CHE Giurati si   | vendicano delle troppe ciarle. di chi: abusa della parola. »  . Questo fermarsi a lungo. sul medesimo. “pensiero;    POE però in ARES guise, prende, il nome di  | espolizione.    pet    È 8. Simile all’ ospolizione  i cha luogo    è aio no  quando un affermazione    ‘ cnerie od na  sentenza si dimostra vera in tutt (a ; It 3  x condizioni particolari.    € Cristo fuumile > cceo Ù, sentenza ii  4 ora I le,    TAO    —_ 21 9 —  letto, mimil ves stimento, e vivendo volle. 0% r  offerto @ ‘comperato comi  nel mozzo dei dottori domandare come disce  Giuseppe ossare soggetto. Umi  cioè di pescatori: essere hat-  tozzato da nomo, e tentato dal diavolo CU minore:  senza proprio, viverpoverole pagare il censo. ‘ Villania,  oltraegio, vituperio, rimprovero, infamia sostenne. E,  dr predicando,, © facendo miraco 3    umil  circonciso CIME pi eccatore,  SELVO ;  polo: ca Maria e a    e Mmpagnia aver volle i    | Konza difendersi.    i a fuggiva la ‘gloria e l’amore ». E ine  sn SR i x do Ci È Vasi 1 PASSAVANDI  w a RECTO poet    £    ‘tore 0, scrivo l'Abate, Fornari, non accade quas  vi Chi non lo Saf quale opera di oloquenza non i È  NZ Donda? Qu sono d'accordo tutti: Greci, È   Di cristiani, antichi è; moderni usano 1    LO ana « Che ammo sia. Dì esempio in mano de  asi. il    como pot tente motivo della volontà umana.  più £ Se i cinesi hanno, fiato di elo i   ) @ ‘popoli imporfettamente   i 0 Tuo Lù. cosa riducesi   ù a degli. osempi. T qual È    ‘le tanga, SUnR, l tutt    i S RIO    che non sieno laudative ricorre frequentissimo l’esem: A  pio; onde all'oratore si prescrive, che sia dotto delle SM    3 storie, e ne cavi opportunamente stimoli ad eccitare A  Ì È con l'emulazione i suoi uditori ugli atti generosi, 0 col 3  | timore dell’ infamia e del danno distorli dalle imprese  | disoneste. L'utilità, dunque, e l'efficacia di questo   i | mezzo 0 proprietà dell’eloquenza è indubitato »   i 10. Di costa all'esempio va la parabola e. l’apo-  Vari    logo, di cui è diverso però l’uso e 1’ ufficio. Quella è  sempre discorso grave e di grav    e eloquenza parte;    (3 l'apologo, salvo rari casi, pende sempre nel faceto.  Mi E    qui pure scrive ottimamente l'Abate Fornari :  Li « Forse mentre da noi si v    oratoria di questi due compo  derà attorno Maravigliato ,    a dimostrando l’essenza  nimenti, taluno si guar:  cercando con la mente    2    poco di storia straniera conoscenti, di necessità dovea   mMeorrere a finzioni fantastiche, per dar corpo alla leoce  . . ae)   morale e proporzionarle alla finita capacità dell'umano    alla parabola è quella che consiste in un trasferir e.  1 l’oratore fa sè e tutto 1 uditorio in tempi, luoghi  | condizioni diverse dalle presenti. E    finale e lo descrive, quasi che egli e gli uditori tutti vi  Mot trovassero in quel punto. Eschine si vale bollamente  di quest? immagine nell’orazione di risposta a  della Corona del suo gran LA Damiostene be:    — 121 — |  volere. A chi è ignoto Vapologo di Menenio Agrippa,  della ribellione di tutte le membra contro lo stomaco?  Bastò quell’apologo a rabbonacciar ia tempesta di una.  plebe fatta indomabile dal sentimento della sna forza  e della violata giustizia. E quando fu mai che la pa  rola di un uomo avesse maggior vigore? E quello 5  non fu egli vigore della moral legge individuata e.  ravvivata in una immagine? 0 diremo, che Menenio  Agrippa non fece opera di oratore? E che fece dunque?  A me mi è paruto sempre giudizioso un motto di Tacito  dove si accenna il lontano principio dell? eloquenza  latina appunto in Menenio Agrippa. Principio rozzo,  quanto vogliate, imperfetto, indegno anche, se vi piace,  del nome e del progresso fatto di pui, ma PERGRO  certamente di vera eloquenza. » ; SCE   1]. Altra immagine oratoria efficacissima e simile DE    Ne abbiamo bellissimi esempi in molto prediche, |  quando oratore si trasporta col pensiero. al giudi 0    O]    « Fatevi un po cora mente dal Tribunale, ove  siamo , al teatro; e pensatevi «di vedere che il ban:  ditoro venga innanzi e che debbasisfare,, secondo il  AUG II OR,    ene Te . . . . . * . . . . . . . . . pria    € nl i nol ih Oo Di persona,    5 vedere fa città presa, ch dia mura, incendii di caso,  madri. e bambini monati in servitù, uomini c donne.  cadenti per vecchiezza, tardi divozzati dalla libertà,  ‘  piangenti, supplicanti sdegnati non di chi li percuote, È  tua di chi ne fu cagione, scongiuramdovi che a  vertin patto il flagello della Grecia non si. coroni,  anzi vi guardiate dall infausta fortuna ‘che e accOMpagi  Ta costui; chè nè a repubblica incolso mai bene ne al  uomo privato che avesse i consigli di Demosten  veguiito. TINELLO I s (ASTE aaa ds  ‘Per valersi ‘con efficacia si questa. figura ‘biso!  gia dapprima APP: ‘Tecchiuro deli canini (00 accen: i  clero si gradi la Tanta» asia; qui:    apI    ne SOI ot ada giova moltissimo  Foe ne MIELE i eo d di dol discorso 220 ma, si osservi,  cotto non è falsarlo, allungare sl discorso non w  dire renderlo prolisso, bensì fermarsi più a lungo. si  un pensiero per meglio farlo rimarcare ed imprimer  nella mente di chi ascolta. Donde « adlenque quel non  so che di antipatico che a questa parola si e sn  nottere?.   L'amplificazione ha iposo in più guise e cioè    a) con usare ad arte parole di significato più gra  O più leggiero del dovuto 0 valendosi DEA CONeg Jo    vo  Paz    o d'altra figura p  0) coll agerandire un tutto per via di compara    e confronto, le circostanze di un fatto ‘paragonan do    si ciascuna a ciascuna x    Di    ©) coll'aggrandire la figura dotta ‘graida;   ai crescere DI diminuire il concetto sali   passando: per vari gradi Erasta  ar) lasciando ‘inferire a chi ode la grandezza, pie:  lezza. ‘od impossibilità di una cosa, 200! pnal  i tanze che sembrano ad esse ostrance |  e) esponenio minutamente ogni. TO,    ndo molto uso di definizioni, di    Di, oto n È  inter 100    immogini, e comparazioni, sospensioni,  cre. oppure diminuendo una cosa enor  endere Sio se ne RA da Lesa altro mag    »  Ca  7) valendosi dei conseguenti e degli antocedoi    e cioè dalla Srandezza degli effetti far arguire quella  della causa o viceversa    1 ion da più dun 3 ad esso sia posta dal  - l'uditorio maggior attenzione    Br  i  E  i  SS    %) dicendo di cosa 0 persona non Giò che è,  ma ciò che non è; in Siftatta guisa può l orazione  ic; diventare infinita (Aristotilo).   i:  È 13. E per concludere ecco altre saggie parole del- a.  Abate Fornari. Si   « Come il letto delle acque non ha interruzioni,  ra solo piegature, seni, gomiti , giramenti che non cn  distruggono la continuità; così la struttura dell’ora-  zione ha sue pieghe e modi e movimenti varii, or So  più lenti ed ora più concitati, ma non divisioni, non Fe  discontinuità, non riposi e ricominciamenti, non parti 5    tra sè veramente diverse. _ de  |. «Da questa continuità delle membra e intima loro.  |. congiunzione risulta in gran parte l’unità dell’ opera.‘  di eloquenza: quell? unità, dico, la quale deve suggel-  e tra gli altri.    Re    anche l’orazione. Bisogna la congiuntura delle membra di  E: . per l’unità dell’orazione; ma più bisogna l’accordo in-  i teriore delle cose. Niente dicasi che contrasti 2 ciò |  © che si è dettooa ciò che si dirà appresso; non si ecciti |  affetto che distrugga o scemi la forza di un altro già  | eccitato o che bisognerà eccitare. Nè questo è tutt:  | Ei bisogna che ogni cosa la quale si dica ed ogm i  NE: passione che si ecciti, concorra Con tutte le altre, aiuti.  rinforzi, accresca l'affetto unico a a si mira. E quì ù    DI  l'industria umana ha suo potere, come ha potere dim  ‘ primere unità, se così posso parlare, nelle acque cor4  ‘renti. Ogni nuovo passo che l’orazione fa, sia comei  rivo che si scarichi nel maggior letto, ho lo me    scolate onde diventano indiscernibili tra loro, né por.  | gono altro indizio di sè, che il cresciuto volume e la  cresciuta possa del letto. Con questa dilivenza di non.  lasciar correre da sè nè disperdersi  veruna delle im-  | pressioni oratorie, il nostro lavoro conseguirà non.  È solo la necessaria unità, ma ui’ altra dote eziandio |  ‘che non è punto men rilevante. Io intendo di quel :  | graduato crescere e rinforzar dell’orazione, a mano  L Tao che d° si va accostando fi: Suo. termine: al    torrente alla foce. F questo. è la perorazione ; SUL  finire dell’ opera oratoria raccolto e vittorioso. Onde  1 maestri dell’ arte sogliono richiedere, che. l'ora  pre in sul termine ripeta. brevemente tutto quello  che ha sparso si di. pruove e'sì di affetti in Ri  razione Noi mon. vogliamo preserivere | nè quest  altro artifici 10; che talvolta cade e tal altra. non  È Ben tace omandiamo , che egli trovi. maniera  $ Re TA in sulla fine,    Bei,  usione verrà da se mede }    Cva questo la conel  tutto | ante    sima, più gagliarda e impetuosa, che    cede    nte, come quella ene aduna Je forze e gli impet    di tutta l'orazione. »    ni    +39    “di dei =:    val   | | CAPITOLO XIV   pi V di  F Conclusione.   E , v i 4 % dc  ‘A ì i Di questo ti ammonisco, chè  be n De arte senza uso non giova molto. —  Bi: ES Ed, È Ammaestr: de egli Ia TRL:   » Si    O conclusione del nostro lavoro non crediamo. “RR  A We DE ‘inutile registrar quì sotto «poche osserva=   NI zioni che, se proprio tra il dire e il fare Dona  dovrebbero render  n discorso. Su    “S entrasse di mozzo il mare,  capaci DI principianti ad improvvisa sare u  qualunque argomento di propria competenza»  Ple Considerate attentamente sotto ogni #5 tto si  pei oggetto del vostro discorso @ suddividetelo nelle e  ] ‘ principali. Le idee si trovano, come dici  zonÌ col meditarvi SU; ma bisogna do ciò co    sa rdine O) non Lar: riesce & E  JIA  i   9, Non cominciate a parlare prima di aver p  suto alla forma, allo svolgimento, alle parti, alla co  elusione del vostro discorso. 3  3. Procurate di richiamare @ memoria inttali È  idee vostre od altrui intorno al vostro argomento , 1    detti e i fatti che ad esso in qualunque modo si ri  feriscono. È  4. Curate la semplicità e 1’ uniformità di soll  mento e la conveniente proporzione tra le parti. 4  5. Ogni cosa del vostro discorso sia conseguenza,  di conseguenza. Quel che segue aggiunga sempre a,  «uel che precede in affetto o in idea, e avrete elo- |  ueaza. Questo è precetto del Tommaseo.  6. Quanto alla scelta del soggetto — quando n° i  Îl caso — si badi ch’esso non sia frivolo, avendosi |  Oggi in fastidio gli argomenti nulli ed in genere ogni.  Spreco di ingéeno. Sia proporzionato alle nostre di i  © scelto dove già abbiamo molte osservazioni ordinate:  a chi lo sceglie così, dice Orazio, non gli POSSONO  Mancare nè idee, nè ordine, nè parole.  Che sia nuovo oppur no, non importa; la novità  ° consiste nel modo di trattarlo; ma è bene annunziarlo,  si 10060 Sotto una forma possibilmente nuova.    I Noi iamo, figli Sil SRO abitudini, e Hi:  | consegr    loterminato tirocinio speciale.  Jivenir oratore deve dedicarsi 2 fare :— di-  romo così  degli esperimenti. Scelga ogni giorno un  argomento diverso e possibilmente a caso e veda di  tosservi un ordinato discorso tenendo presenti gli in-  dici che abbiamo dato per lo svolgimento di ogni È  singola parte del discorso. È  L'oratore americano Enrico Clay, si legge nel Self  help dello Smiles, spiegò così ad alcuni giovani il se-  greto de suoi trionfi. La mia riuscita la devo sopra fi    tutto a questo: che all’età di diciassette anni cominciai,  e tutti i giorni una.    Ne consegue che    mn  chi ama    e per molti anni contimuai, 2, sfar  lettura e parlare poi con abbondanza sull’ argomento È  | trattato nel libro di storia o di scienza che avevo letto.  Io mi dava a siffatte improvvisazioni, ora nei campi,   ora nej boschi, e spesso anche in una stalla, dove    non avevo altri uditori che il bue ed il cavallo. A tale  della più grande di tatte le arti iv    | pratica precoce  e determinati che hanno se-    7 devo. gli impulsi primi  gnato la mia carriera e la mia sorte. :  8 Nè in minor conto si dovrà tenere la neces |  sità dì contrarre l'abitudine di parlare in pubblico. Se  | Demostene, oratore greco a niuno secondo, arringando  Si nnanzi a Filippo, Re di Macedonia, impallidiva così.    { rtemente, da venirgli meno tutta la forza del suo  ACE ì    ti  HE    y3  — suna delle cose che doveva i quale    | sgomento non s' impadronirà di chi, non pratico, in  prende a parlare in pubblica adunanza?  > 9. « L’eloquenza, scrive il Veronesi, è un: pool ito  spontaneo in chi sì trova in istato d’eccitazione. P.  quindi in tale stato è il modo più semplice per cis  Vere il problema dell’eloquenza. » 3  (E narra l’esempio di un tale che, a freddo, dopo  la prima giovinezza non era più capace di fare un sol  | Verso se non. con grande stento, ma se in quale  | cena beve un po di ona si accendeva tanto  | da diventare improvvisatore, e di versi non mediocri. ì  «Lasciando stare da parte le eccezioni, conveniamo  col Veronesi che l’eloquenza è un di psicolo-  gico che si manifesta ogni volta che le nostre facoltà x  | fono eccitate, vengono in qualche modo esaltate. Chi |  | non ha visto per    sone timide, taciturne, ‘buttar fuori  un, pete di dea in ica d’ ira, di sdegno, (irta    — 199 ur  Adnnque mottersi in istato di moderata eccitazione, |    bicchiere di champagne, è il segreto |  0 GUELO Ko trovare una |    «ai  Bit n    anche con un  per diventare eloquenti ,  parola calda e vigorosa.  Chiunque di noi, scrive il già lodato Veronesi, per  quanto sobrio sia, anzi più abitualmente è è sobrio, alla  fne di un pranzo cordiale, in buona compagnia, avrà.  trovato una parlantina che se ha per appoggio inge-  gno ed erudizione sufficiente parrà eloquenza, € ci  s darà, alla lettera, la facoltà d’ improvvisare discorsi |  Sa cui non si era menomamente pensato prima, @ molte  | volte più felici, più spontanei di quelli lungamente |  | meditati, o, meglio , preparati e scritti: ci darà una.    | Specie d’ ispirazione. to SAR  10. Anche la memoria, che ha una caga im-  portanza per l'acquisto e 1 uso del sapere, è necessa  Sia coltivata con amore. Serive a questo. proposit.  | Cicerone. (Dell'Oratore Libro I) — « Che dirò della  È memoria, tesoro di tutte le cognizioni? La quale se  non custodisce le cose trovate e meditate si capisce    mente che tutte le altre doti dell’ oratore, BSs vi  > vanno perdute. »    È:    TE vuolsi una buona memoria intellettuale, ‘q  emoria la cui azione nasce dall’ intelligenza del  tto © dico ha per base il SETA delle    uo TO 4h La    — Bi.    le relazioni di causa ed effetto, di mezzo e di fi    (quella che si consegue col moderno insegnamen  scolastico), la quale consiste semplicemente nel ritene:  e recitare delle parole in dato ordine, anzichè ne  richiamare le idee per mezzo del loro logico legami  Convinti di queste verità noi abbiamo trovato (d  po studi fisio-psicologici ed esperienze pratiche che  furon, per la loro natura medesima, lunghi assai).  Sa trovato, gli è breve tempo, un nuovo sist  ma di mnemotecnica, sistema che torna d’ una fedeltà È  infallibile perchè fondato sulle leggi naturali della È  memoria e non su combinazioni artificiali come i varii    Sistemi mnemotecnici escogitati fin quì. Il nostro Cul  tun metodo nuovo,    che in possesso di qualunque in-  | telligente, può no un vero tesoro per la facilità 0 |  la sollecitudine ad imparare e ritenere perennemente  “ memoria qualunque nozione, il contenuto di qua:  “a libro letto una sola volta. NPRSuE difficoltà    Nitenere. ORA 0 sistema, UR studio, |  per. dido.che sia, DIN QUE un BC porone si vedono    Laggo    Questo metodo, facilissimo ad apprendersi.  chissino tempo, rende eminenti servigi in qualangue  Ch)  rano di studio; facilita prodigiosamente g oli esami sco    lastici; pone in grado dè pr onunziare sermoni, discorsi,  lezioni senza l'aiuto di note 0 del manoscritto , che È  basterà aver letto una volta sola; rende facilissimo |  qualsiasi studio e giova immensamente in a qualunque —  emergenza della vita. quotidiana (*).    (*) Questo, Hcno è insegnato completamente i nos tro  libro L'ARTE DI RICORDARE 2.a edizione che costa Lire  Presso; l'editore S. Lapi di Città di Cel (Peragia): SR    INDICH:    see    procetti atti a procacciarla | ERo A pag.    IL Dello Hr pube    BR II. — Delle parti "del discorso |  | >» IV. — Svolgimento delle parti dui    fr . discorso — Introduzione — _ Feordio  oo > Proposizione Rene  » VI — Definizione e partizione :    sat    VALUTA = Gata . si Y E n  DE») VIaSSi Descrizione . Ra  RI x. — Relazioni e 5  Na SIC — - Dimostrazione | Ve; DEI: î    e du    4  CS    oratorii 5    Mu Precetti    L'ULTIMA PAROLA DELL'ARTE STENOGRARICA  LA STENOGRAFIA IN TRE LEZIONI    Con metodo nuovissimo, originale italiano, dovuto ale  l'autore medesimo del presente volume. S'impatt  da sè, in un giorno.   Lire 2.  In vendita presso l'Amministrazione del Giornale  per tutti a Ivrea (Piemonte).    Questo metodo semplice, facile, breve, rapidissimo; derivato  da un attento e lunghissimo studio della mostra ortografia;  a della nostra lingua, ottenne    della costituzione @ dell’eufoni   un tale successo, suscitò un tale giustificato entusiasmo che   allo scopo di diffonderlo si formò tosto un'importante Associa”   zione Nazionale, che volle acclamare & Presidente Onorari?  to:    l'autore del metodo, e il cui Comitatorè così compo? dp  S. E. il Conte Costantino Nigro, Senatore del Regno, ‘Ambascia”  la Corte Tmperiale dA    tore di S. M. il Re d’Italia presso i,  stria.  S. E. il Conte Ghiglieri, Senatore del Regno. — Tati  tore. Burone Ing. Severino Casana. Senatore Comm.  Chiala. — Senatore Comm. Avv. Secondino Frold. —  Conte Avv. Giacinto Cibrario. — Senatore Comm. atore  — Senatore Comm. Prof. Graziadio Ascoli. — Senato  fino di Valperga Conte Guido.  Senatore Gom   Senatore (ruido Fildellu. — Sena  togno. — Depututo Comm. Avv. Pr  Comm. Avv. Romuuldo Palberti. — D 1 D  — Deputato Comm. Tuneredi Gulimberti: =. 2 pucca:  Carlo Compans. — Deputato Comm. A oto Mar i  Prof. Francesco Parinets: > DOP e  asco. — Comm. Giuseppe, Giucos ei ‘i  e della R. Univertità do Bolognini,  . Università. i  n QI Ing» Vittoro Sclopt5 **    Nouni giudizi sul sistema memonico dell'Autore    Genova.    È opera di gran momento quella a cui Ella con tanto amore |.  e dottrina si accinse, imperocchè base di ogni sapere umano, |  di ogni portato dell’ intelletto, di ogni ordinato impulso dell’a-  nimo è la memoria delle cose, che acumina lo spirito d’osser-  vazione, scuopre il vero, rispurmia gli inutili sforzi de lla mente.  Coltivare la memoria dovrebb'essere il fondamento, di tutti. —  gl’ insegnamenti didattici, affinchè il pensiero individuale non  Si trovi mai isolato e non ci sia mai ‘sperpero di energia men-  tale e psichica. | Rn  Auguro alle di Juei teorie, che riconosco basate sopra prin-  cipii razionali ,, la sorte fortunata che si meritano ; a lode di  Lei ed a vantaggio di tutti. se  Vico- Ammir. Comm. Cario De Amezaga.    Finalmarina, 10 Maggio 1897.    Colgo quest’ occasione per tributare alla S. V-_IL    d    glioso. Esso possiede dei pregi incomparabili , © P  ne, ogni enco   \ to. Peccato € |  grande per i cultori del bello, del buono, dell’ utile che  più diffusa, meglio cor    i P. Macario da Ghul  Lettore di Teologia e Vicario CM  Porto Maurizio 15 [ags    Ho letto con piacere © ‘profitti  le assicuro che ci ho trovato mn  prova, di memoria ammirabile. |  ì miei complimenti più since   Prof.    Brescia.    Ho letto con vivo interessamento le sue lezioni ‘sull’ Art    ; ricordare, e Le faccio i miei rallegramenti per aver trovato  SI che, bene applicato, può dare frutti eccellenti per  lo svolgimento delle facoltà ritentive della memoria. E desti #  tabile ch’Ella faccia molti proseliti fra i giovani onde questi  possano profittare debitamente delle di Lei ottime lezioni.    (Prof. nel R. Istituto Tecnico di Brescia) Pavia.  Roma.    > * i ica,  Ammiro. schiettamente il suo sistema di mnemofecnica,    ioni ch’ Ella  riconosco giustissime ed assennate le CERA ca o  espone così diligentemente e nun mi meraviglio q  sultati ottimi ottenuti.    (Min. Agric. Ind. e Comm.) Prof. Rag. Ulisse Zanotti    Trieste, 18 Marzo 1893    i > , non  Col suo metodo Ella imita la natura, non ciecamente;    pi è 5 b CELSO la va--  seguendone macchinalmente i precetti: sibbene imitando    n e  zionaimente, per analogia e nel suo logico ada vale si  circostanze, seguendo infine lo spirito e non la letter  suoi procedimenti.   fl suo metodo è un €  da Ella enùmerati ni  Studio un piacere anche a coloro per cui era prima una pena,  generando in tutti una volontà intensa di studiare.    Vittorio Donati pubblicista.  Portomaurizio 2 Agrile 1893.    Il yostro metodo mnemonico è  fallibile, né può essere uguagliato.  È della più grande nutilità, dappoichè tutti i vantaggi, (e  mon son pochi) che voi eli attribuite, io li ho già tutti consta-  tati, e se ho potuto constatarli io, logoro: nel cervello e nella  memoria, grali maggiori utilità non ricaveranno da esso gli  Studenti di qualsiasi ramo, di mente fresca e di giovane età?  Essi col vostro sistema non hanno più bisogno di prendere  appunti durante Ja lezione del professore, perocchè voi fornite  loro col vostro metodo un vero talismano dinanzi al quale ogni  Ustacolo nello studio svanisce    eccellente, facilissimo, in-    Gerolamo Spinelli.    ava osi A  apo d'opera. Oltre a tutti i Mo, i  3 un altro ancora ve n’ ha: rende cio P    in    COLTURA E PROP? 3AZI  di piante nuove © di vegetali utili © poc  e/miglioramento di ortaggi comi r    tura ed alla propagazione di:  Bc poco noti, nonchè al migl  @imuni, sotto lan direzione di    Il Giornale per tutti.  fiori più curiosi @ stray gi    teressanti, dei vegeta!  È db;    Gi    ALTRE: PUBBLICAZIONI DELLO STESSO" AUTOEE    La    L'ARTE DÌ ESSERE PROMOSSI AGLI ESAMI (opera preziosa per eli >  Di studenti, per chiunque ha da subire nn esame), — L. 1 5 È    L'ARTE DI IMPROVVISAR VERSI (sia in teatro, in sogietà, comeca ta-    ‘1 volino). — 1.. 0,80. P  nr LA PREVISIONE DEL TEMPO ALLA PORTATA DI TUTTI. — Mozzi  facili.e sicuri basati sulla scienza. = 1. 0, 50 gi  LE CURIOSITA’ DELL’ERUDIZIONE. — Guriosità storithe, scientifithe,  Varie, Oricim e leecende — L. 1,75. %  + IL LIBRO DEI PERCHE’, — Spiegazione scientifico-popolare dei fenomeni | x  . d’o&ni giorno. = L. 1, È, 5  DI UN SURROGATO AL TABACCO PRIVO DI NICOTINA, immen- — DE  “ssamente economicò, superiore in fragranza al tabacco naturale, usatis- i  “simo all’estero e alla portara di tutti. — L. 1. ni    LA VITA A BUON MERCATO. — I. 1. > LEE  ARTI ED INDUSTRIE DA DILETTANTI — ENCICLOPEDIA DEI LA- Met  VORI DA DILETTANTI. — Lavori su legno, vetro; specchi, metalli, marmo, pule c   cellana, tartaruga, madreperla, schiuma di mare, cartapesti, gesso, pelli, piante,  tappezzerie, tessuti, piume, cuoi, fotugrafia, fotominiatvra, incisione, scultura,  chimica, plastica; pittura, conciatura, bronzatura, argentatura, doratura, ich -  latura, eee. ecc, — L. 1,50. »   ; UTILIZZAZIONE DEI RESIDUI. — Sessanta utilizzazioni di residui, da  x È SO trarsì serio profitto per l'econumia domestica, l'industria, ce —_  la de    50, fi  late RASSEGNA DELLE SPECIALITA’, — Segreto di composizione di cento  e o fra le più importanti spec alità e nuovi prodotti ind istriali.col relativo detta-  dA gliato processo di fabbricazione. Utile a tutti trattando delle più disparate spe-  E° cialità, — 1.1,    Tutte queste opene e varie altre dello stesso antore sono in  vendita presso l’àmministrazione del Giornale per tutti a  Ivrea. ”  | Presso la stessa trovansi pure in vendita le seguenti into  vessantissime pubblitazioni.    TUTTI PIANISTI, — Metodo per ‘imparare da se stessi a suonare il più  noforie, Seaza conoscere la musica, senza bisogno ui maestro. — Metodo.elo-*  giato da distinti Mpestri — Fienlato earartito; — 1.9; dt   " LA PRODUZIONE DELLE PERLE A VOLONTA’ E IN CASA PROPRIA  MIE Vanevamento dell'oscrica perlitera dell'Arkansas, del Dott. nica. ==   DELLA RIPRODUZIONE DI PIANT VI   & E SENZA INTERMEZZO DI b   VAIO — NUOVO METODO tei brot. U. Hiaichi, = 2; edizione; = Gun ynesdi  GA Dai chimqne puo rimboscare il suo monte o il suo piano nello stessy pride   chi, eialeita all'opra e, ciò che è più sorprendente, ie t.lee di vil; het.   LA FABB   MUD SAL  Uricazione RI  d'olio d'oli    ME, ece; -— vil    di ni  Di p  | processi È  Comonrica di RO  È dista LAN, e  SVI ento gui  | 15620    VLD 00    LA  pagina del sito di Albani. Albani e Buonarroti  AGA MAGÉRA DIFÚRA Dizionario delle lingue immaginarie  (Zanichelli 1994; ristampa 2011; Les Belles Lettres, ristampa), oltre 2900 voci, 98 illustrazioni, schema analitico delle lingue immaginarie, prospetto cronologico dei principali autori di lingue immaginarie, ventotto pagine di bibliografia (per visionare la bibliografia cliccate qui). Le voci riguardanti il teatro sono a cura di Alessandra Barsi.   Il titolo è ripreso da una poesia in lingua inesistente scritta da Tommaso Landolfi nel racconto Dialogo dei massimi sistemi:  Aga magéra difúra natun gua mesciún Sánit guggérnis soe wáli trussán garigúr Gùnga bandúra kuttávol jeris ni gillára. Lávi girréscen suttérer lunabinitúr Guesc ittanóben katir ma ernáuba gadún Vára jesckilla sittáranar gund misagúr, Táher chibill garanóbeven lixta mahára Gaj musasciár guen divrés kóes jenabinitúr Sòe guadrapútmijen lòeb sierrakár masasciúsc Sámm jab dovár jab miguélcia gassúta mihúsc Sciú munu lússutjunáscru gurúlka varúsc.  Il dizionario è un viaggio nella creatività linguistica, una raccolta di lingue inventate nei campi più eterogenei (letteratura, teatro, cinema, musica, pittura, pubblicità, fumetti, televisione) e per le finalità più diverse (religiose, comunicative, espressive, ludiche, culturali). Nel 2011 esce una ristampa del libro. Per alcune recensioni alla ristampa cliccate qui.  Nelle due pagine centrali della cultura di "la Repubblica" esce un articolo di Francesco Erbani Parole, giochi proibiti, per leggerlo cliccate qui. Leggete la recensione di Umberto Eco su "L'Espresso".  A proposito del tradurre da una lingua inventata, Eco cita Aga Magéra Difúra anche nell'introduzione a Joyce, Anna Livia Plurabelle, nella traduzione di Samuel Beckett e altri, versione italiana di James Joyce e Nino Frank, a cura e con un saggio di Rosa Maria Bollettieri Bosinelli, Einaudi, Torino, "TuttoLibri - La Stampa" Bartezzaghi recensisce Aga magéra difúra: leggete qui. Articolo di Bartezzaghi su "la Repubblica" intitolato I fabbricanti di lingue dove si parla ancora di Aga magéra difúra. Sulla "Domenica de il Sole-24 ore" dell'11 dicembre 1994 Giampaolo Dossena recensisce Aga magéra difúra: leggete qui. Una voce Aga magéra difúra, dedicata a questo dizionario, esiste nell'Enciclopedia dei giochi dello stesso Dossena (Utet, Torino).  Una bella stroncatura del libro (finalmente), a opera di Sebastiano Vecchio, intitolata Per chi è appassionato di linguaggio (in pratica ci rimprovera di non essere dei linguisti, ma solo degli "appassionati di linguaggio"), esce su "Italiano&Oltre".  Partecipa con Fosco Maraini alla trasmissione televisiva MediaMente, su RAI 3, condotta da Carlo Massarini, per parlare di "lingue inventate", per vedere il video su YouTube cliccate qui. Nel libro di Andrea Moro Le lingue impossibili, edizione italiana a cura di Nicola Del Maschio (Cortina), si fa un accenno a Aga magéra difúra:     Il testo di Okrent cui fa riferimento Moro è: Arika Okrent, In the Land of Invented Languages, Spiegel and Grau, New York.  è uscita una traduzione francese a cura di Egidio Festa con la collaborazione di Marie-France Adaglio, presso Les Belles Lettres, 576 pagine. Su "Le Monde" esce una recensione di Roger-Pol Droit: BONNES JOIES DE BABEL. Un'altra recensione firmata da Jean-Baptiste Picard, intitolata Les langues du pays des merveilles, esce su "Nonfiction. Le quotidien des livres et des idées". La recensione di Picard è interessante perché sottolinea l'incommesurabile inutilità del libro. Fra le altre recensioni all'edizione francese quella sul numero 5 di "Viridis Candela", 8 absolu 129 EP, vulg, "carnets trimestriels du Collège de 'Pataphisique". Al Centro Pompidou, dal 20 febbraio all'11 marzo 2013, il libro ha partecipato al festival «KHHHHHHH» Langues imaginaires et inventés. Nell'ambito della mostra Marinetti e il futurismo a Firenze. Qui non si canta al modo delle rane, Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, ho tenuto una relazione su Marinetti: parole in libertà e lingue immaginarie. Su "creatività linguistica e lingue immaginarie", il mio saggio "Al Barildim Gotfano. Creatività linguistica e lingue immaginarie", uscito su Parol, Quaderni d'arte e di epistemologia. Lo stesso tema avevo già affrontato in Sobre "l'imaginari lingüístic", relazione al convegno sulla creatività svoltosi a Velencia nei giorni 2, 3 e 4 maggio 1996 i cui atti sono raccolti in A creativat Ara, L'Alfàs del Pi, País Valencià, 1996.    Il testo Al Baridilm Gotfano è citato nella bibliografia Su nonsense e traduzione del nonsense: indicazioni bibliografiche a cura di Angela Albanese contenuto nella rivista "Il lettore di provincia" dedicato al tema I dilemmi del traduttore di nonsense, a cura di Franco Nasi e Angela Albanese.  Nell'agosto 2000 una mia relazione su Gerghi e lingue immaginarie al castello Pasquini di Castiglioncello all'interno di un ciclo d'incontri su La comunicazione, volti e forme: i gerghi, organizzato dal Centro Studi e Ricerche sulla Comunicazione diretto da Giovanni Manetti.  Si veda anche il mio articolo Tradurre da lingue inventate, all'interno del dossier L'artefice aggiunto. Tutti i modi di tradurre, apparso su "L'Indice dei libri del mese". Il testo, leggermente modificato, è stato pubblicato nel Quaderno edito da Babel festival di letteratura e traduzione, edizione 2019, svoltasi a Bellinzona (Svizzera), intitolata Non parlerai la mia lingua, dedicata alle lingue inventate; per leggere questa nuova versione cliccate qui.  Sempre riguardo alla traduzione, il dizionario Aga magéra difúra è citato in un testo di Antonio Prete, "Aga magéra difúra": sul tradurre da lingue inesistenti, in Antonio Prete, All'ombra dell'altra lingua. Per una poetica della traduzione (Bollati Boringhieri, Torino, 2011, pp. 71-76, si veda pp. 72-73). Sull'argomento delle lingue inventate anche la mia relazione su L'italiano immaginario tenuta al convegno L'italiano, lingua d'Europa, organizzato dall'Istituto italiano di Cultura di Strasburgo. durante la trasmissione radiofonica Baobab su Radio 1 della RAI, va in onda una mia intervista sulle lingue immaginarie, per ascoltarla cliccate qui.  Sempre il tema dell'italiano immaginario è stato oggetto di una conversazione, introdotta e coordinata da Andrea Grignolio, durante la nona edizione del Festival delle Scienze, dedicato a I linguaggi, svoltosi a Roma, all'Auditorium del Parco della Musica, festival che ha visto la partecipazione, fra gli altri, di Noam Chomsky. Sulla mia partecipazione a questo Festival una mia intervista radiofonica alla trasmissione La Notte di RadioUno andata in onda il 23 gennaio 2014, per ascoltarla cliccate qui. Una nuova versione, rivista e aggiornata, di L'italiano immaginario è uscita nel volume Langues imaginaires et imaginaire de la langue. Etudes réunies par Olivier Pot (Librairie Droz, Genève). Per leggere questa nuova versione. Di linguaggio (quasi immaginario, in quanto economico) si parla anche nel mio saggio Sraffa and Wittgenstein. Profile of an intellectual friend.  Nel libro di Alberto Nocerino e Roberto Pellerey Laboratori di scrittura. Istruzioni per una ginnastica alfabetica infinita, edito da Graphofeel Edizioni di Roma, si accenna agli studi e ricerche sulla fantasticheria letteraria e sull'enciclopedismo ludico, una corrente che avrebbe influenzato profondamente l'orientamento di molti laboratori di scrittura italiani e a p. 24, nota 14 si cita Aga Magéra Difúra.  Ho tenuto dei laboratori sulle lingue immaginarie, cliccate qui.  Ho parlato di Lingue immaginarie e folli letterari: alcuni casi italiani in "Les Cahiers de l'Institut", rivista dell'Institut International de Recherches et d'Exploration sur les Fous Littéraires, numero 4, 2009.  L'articolo di Daniele Baglioni, Lingue inventate e "nonsense" nella letteratura italiana del Novecento, in Giuseppe Antonelli e Carla Chiummo, a cura di, «Nominativi fritti e mappamondi». Il nonsense nella letteratura italiana, Atti del Convegno di Cassino, Salerno, Roma, è basato - come dice l'autore stesso - "per la gran parte dei testi commentati" su Aga magéra difúra. Ecco la nota di Baglioni: Baglioni cita Aga magéra difúra anche in un altro suo interessante lavoro: Poesia metasemtica o perisemtica? La lingua delle Fànfole di Fosco Maraini, in Valeria Della Valle e Pietro Trifone, Studi linguistici per Luca Serianni, Salerno Editrice, Roma 2007, pp. 469-480. Sul sito del Centro Studi Landolfi è uscito nel maggio 2013 un mio testo Landolfi inventore di lingue, citato nel saggio di Ignazio Sanna, Traduzione e significato nel Dialogo dei massimi sistemi di Tommaso Landolfi, “Medea”.  Aga magéra difúra è citato anche in Raconter l'Oulipo (1960-2000). Histoire et sociologie d'un groupe di Camille Bloomfiel, edito da Honoré Champion, Paris. Come studioso di lingue inventate sono chiamato in causa nel romanzo di Adrián N. Bravi L'idioma di Casilda Moreira, Edizioni Exòrma,dove sono presentato come l'estensore della prefazione a un libro inesistente. Un debito al nostro dizionario delle lingue immaginarie, Aga magéra difúra, è dichiarato da Andrea Bellini, uno dei curatori, insieme a Sarah Lombardi, della mostra Scrivere disegnando. Quand la langue cherche son autre tenutasi al Centre d'Art Contemporain di Ginevra dal 29 gennaio al 23 agosto 2020. Scrive infatti Bellini nel saggio introduttivo al catalogo edito da Skira nel 2020 nella nota 1 a pagina 15:      Per ulteriori info su questo aspetto dell'influenza di Aga Magéra Difúra sulla mostra ginevrina cliccate qui.  Nel Dizionario del bibliomane di Antonio Castronuovo (Sellerio, Palermo), nel capitolo intitolato "Scibile intero", è citato Aga Magéra Difúra. Su "La Lettura", supplemento culturale culturale del "Corriere della Sera" del 25 giugno 2023, Anno XIII, n. 26 (# 604), pp. 12-13, un articolo di Giuseppe Antonelli, Inventare idiomi funziona poco (ma nei libri sì) (parte I e parte II), dove si presentano due schemi riguardanti le lingue immaginarie e fra le fonti utilizzate si cita Aga magéra difùra.  HOME  PAGE TèCHNE RACCONTI POESIA VISIVA ENCICLOPEDIE  BIZZARRE ESERCIZI  RICREATIVI NEWSUgo Basso delle Rovere. Basso. Keywords: Deutero-Esperanto. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Basso,” pel Gruppo di Gioco di H. P. Grice, The Swimming-Pool Library. Basso.

 

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