Grice e Rosso: all’isola -- la ragione
conversazionale all’isola -- a Sicilia – la scuola di Palermo – la scuola di
Corleone -- filosofia siciliana – filosofia italiana – Luigi Speranza (Corleone). Flosofo siciliano. Filosofo italiano.
Corleone, Palermo, Sicilia. Scrive tre saggi. Il primo e “Varie cose notabili
occorse in Palermo ed in Sicilia”. Il secondo e “Descrizione di tutti i luoghi sacri
della felice città di Palermo”. Descrive le chiese di Palermo. Questo saggio è
ricordato in vari altri saggi. Il terzo saggio e “Diario Palermitano”. Il
comune di Palermo gli dedica una via. Biblioteca
storica e letteraria di Sicilia: Mira/bibl Siciliana. Ciccarelli e Valenza, La
Sicilia e l'Immacolata. Atti del convegno,
Pugliatti, Pittura del Cinquecento in Sicilia, Electa, Roma. Istituto di
studi bizantini e neo-ellenici, Rivista di studi bizantini e neo-ellenici. Marzo,
Biblioteca storica e letteraria di Sicilia: Opere storiche inedite. Valerio
Rosso. Rosso. Keywords: filosofia siciliana, filosofia italiana. Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Rosso” – The Swimming-Pool Library.
Grice e Rota: la ragione conversazionale
e la lavagna del gruppo di gioco – la scuola di Vigevao -- filosofia lombarda
-- filosofia italiana – Luigi Speranza (Vigevano). Filosofo lombardo. Filosofo italiano.
Vigevano, Pavia, Lombardia. Italian philosopher. Grice: “Many Italian
philosophers would not consider Rota an Italian philosopher seeing that he
earned his maximal degree without (not within) Italy! And right they would, too!” Saggi:
“Pensieri discreti” (Garzanti). Dizionario biografico degl’italini. Palombi,
“La stella e l’intero – la ricercar di Rota tra matematica e fenomenologia”
(Boringhieri); Senato, “Matematico e filosofo” (Springer). Gian-Carlo Rota. Rota. Aune: “I left the play group
when I realised that Grice could care less about blackboards!” -- Keywords: il
primate dell’identita, Whitehead, fenomenologia, Husserl, Heidegger, tra
fenomenologia e matematica, la stella e l’intero, discrezione, indiscrezioni,
combinatoria e filosofia, la lavagna del gruppo di giocco. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Rota," per
il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria,
Italia.
Grice e Rotondi: la ragione
conversazionale a Roma antica – la scuola di Vivocaro -- filosofia lazia -- filosofia
italiana – Luigi Speranza (Vicovaro). Filosofo lazio. Filosofo italiano. Vicovaro,
Roma, Lazio. I primi anni di attività della sua “libreria delle occasione” sono
piuttosto travagliati in quanto le autorità fasciste, infastidite dalla
tipologia eterodossa dei testi in vendita, operano diversi sequestri e
infliggono sanzioni. Costretto a chiudere la libreria per evitare il richiamo
alle armi della repubblica sociale. Considerato disertore, si rifugia con la
famiglia a Vicovaro. Individuato in seguito ad una delazione, riesce
fortunosamente a sfuggire alla cattura e si allontana verso le montagne che
circondano il paese, inseguito dappresso da tedeschi. Disperando di potersi
salvare, si nasconde nei pressi di una casa abbandonata, popolarmente ritenuta
abitata dagli spiriti e qui avviene l'evento fondamentale sopra descritto che
cambia la sua vita e le sue convinzioni, aprendolo alla conoscenza del mondo
spirituale. Improvvisamente ha una visione folgorante nel nielo. Sedetti a
contemplare la scena. Una catena di globi luminosi dall'alto scendevano fin
giù, penetravano nella terra, poi altri che risalivano e poi ridiscendevano
come per riunirsi in un misterioso convegno. Si senteno delle voci indistinte.
Si trattiene ad osservare tale spettacolo misterioso salvandosi, in questo
modo, dal rastrellamento in corso nel vicino paese di Roccagiovine. Questo
primo decisivo contatto con il para-normale
raccontato in "Il protettore invisibile". Tale evento
rappresenta l'inizio del suo studio e del suo interesse nei confronti
dell'esoterismo e della spiritualità. Pubblica massime, proverbi e aforismi di
Roma antica. Dà alle stampe “L’arte del silenzio e l’uso della parola”, un
originale e lungimirante saggio il cui intento si manifesta già dalla dedica,
firmato con lo pseudonimo di Vico di Varo, derivato chiaramente dal suo paese
natale. Viene incaricato di redigere un opuscolo commemorativo in occasione
dell'inaugurazione in Vicovaro del Monumento in onore delle vittime della
strage nazista delle Pratarelle. Svolge una funzione di aggregazione e
catalizzazione culturale in anni difficili in cui certi ambiti di studio venivano
guardati con sospetto, quando non con manifesta ostilità. Partecipa e
svolge un ruolo tutt'altro che secondario nel Cerchio Firenze, una delle più
importanti esperienze para-psicologiche collettive italiane. Lui la sua
libreria, sono ormai un punto di
riferimento di tutto un mondo culturale in espansione e finalmente libero da
ogni censura. Pubblica titoli presso
diverse case editrici -- Mediterranee, Astrolabio, Sugarco, S.A.S. --, firmandoli
oltre che con il suo vero nome con il pseudonimo ‘Amadeus Voldben’, acronimo di
“Volontario del Bene”. Tale nome d’arte sta ad indicare la missione che si e
prefisso e che delinea nel libriccino “I volontari del bene”, vera e propria
bibbia per tutti coloro che si riconoscono nel progetto di diffusione del bene.
Oltre al valore intrinseco degli
scritti, sono le riunioni e la sua stessa presenza in libreria a suscitare
curiosità e interesse presso un pubblico molto ampio che vede in lui una guida
spirituale in grado di fornire suggerimenti mai banali e, da educatore, sempre
comprensibili. Dietro la sua apparente severità, che è semplicemente rifiuto
della superficialità, traspare la disponibilità e l'umanità, accessibili a
chiunque si sforzi di varcare un civico di via Merulana. Si caratterizza
da una produzione culturale ed una serena consapevolezza. Regala gemme di
saggezza e consigli. Oltre ai testi pubblicati lascia altri scritti, alcuni
pronti per la stampa altri bisognosi di revisione, che vengono pubblicati da i
quali si sono impegnati a proseguire l'attività in libreria, mantenendosi
fedeli all'impostazione originaria da lui delineata. La libreria riceve il
riconoscimento di "negozio storico" da parte del Comune di
Roma. Opere: Saggezza ” (I della collana Le Perle, ristampato da
Astrolabio. L'arte del silenzio e l'uso della parola, ristampato dalla Libreria
Rotondi; Saggezza di Roma antica, collana Le Perle). Saggezza dell'antica
Grecia, collana Le Perle). Amore e saggezza nel pensiero, collana Le Perle). Il
giardino della saggezza, collana Le Perle). “Dopo Nostradamus: le grandi
profezie sul futuro dell'umanità” (Mediterranee); “Un'arte di vivere: via
segreta alla serenità” (Mediterranee); “La coppa d'oro: insegnamenti dei
maestri, fonte di luce e di energia, SAS; Le influenze negative: come
neutralizzarle, SugarCo,, Il protettore
invisibile: la guida che ci aiuta nei momenti difficili della vita,
Mediterranee, La voce misteriosa, Astrolabio; Lo scopo e il significato della
vita: perché si nasce, perché si vive, perché si muore, Mediterranee, I prodigi
del pensiero positivo: il suo potere e la sua azione a distanza, Mediterranee, Il
destino nella vita dell'uomo, Mediterranee, La re-incarnazione: verità antica e
moderna, Mediterranee, La potenza del creder e la gioia d'amare: i prodigi
della fede e dell'amore, Mediterranee, Una luce nel tuo dolore, Mediterranee); “Guida
alla padronanza di sé, Mediterranee, La magica potenza della preghiera,
Mediterranee); La chiave della vita, Mediterranee, La presenza divina in noi, Mediterranee, Le
leggi del pensiero: l'energia mentale e l'azione della volontà, Mediterranee);
Le grandi profezie sul futuro dell'umanità, Mediterranee. La potenza creatrice
del pensiero, Mediterranee, Pensieri per una vita serena, Mediterranee); “Ricordo
dei nostri martiri. Commemorazione in occasione dell'inaugurazione del
monumento ai martiri delle PratarelleVicovaro, Tipografia Seti, Roma); “I
Volontari del Bene” (Libreria Rotondi Editrice, Roma); “Reincarnazione e
fanciulli prodigio, Mediterranee, Roma, La reincarnazione: verità antica e moderna,
Mediterranee); “La voce misteriosa”; “Le perle”. L’arte del silenzio e l’uso
della parola. La Libreria Rotondi è segnalata in molte pubblicazioni, tra cui
la Guida ragionata alle librerie antiquarie e d'occasione d'Italia, C. Messina,
Roma); A. Voldben, Il protettore invisibile, Edizioni Mediterranee, Roma, La sua partecipazione agli incontri del
Cerchio Firenze è ricordata in “Oltre l'illusione, Roma, Mediterranee, e “Oltre
il silenzio” L. Campani Setti, Roma, Mediterranee). Dopo Nostradamus, I prodigi
del pensiero positivo, Le influenze negative, Il protettore invisibile: Molte persone
si rivolgevano a Rotondi per ricevere consigli. Una testimonianza letteraria di
questa consuetudine si trova nel romanzo di Giovetti Weimar per sempre (Mediterranee, Roma)
in cui il personaggio si reca presso la Libreria delle Occasioni per ricevere
suggerimenti su questioni spirituali e libri. Libreria Rotondi, Libreria delle
Occasioni (La libreria fondata da Rotondi) La piccola miniera (da Il Corriere
della Sera) Il libraio di via Merulana e i globi luminosi (da La Repubblica)
Cerchio Firenze (Esperienza
parapsicologica collettiva) Andiamo alla scoperta (da La Piazza di Castel
Madama. ‘Vico di Varo’. Amedeo Rotondi.
Rotondi. Keywords: Roma antica, antica Roma, le perle, Vicovaro, filosofia
fascista, il veintennio fascista. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Rotondi” –
The Swimming-Pool Library.
Grice e Rovatti: la ragione
conversazionale dei giocchi e gl’uomini – la scuola di Modena -- filosofia
emiliana -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Modena). Filosofo Emiliano.
Filosofo italiano. Modena, Emilia-Romagna. Grice: “I do not know any other philosopher other than
me or Austin who, like Rovatti, is obsessed wiith the concept of a ‘game’!” Studia fenomenologia a Milano con PACI. Insegna a
Trieste. Si occupa dei rapporti tra fenomenologia e marxismo pubblicando “Critica
e scientificità in Marx” e poi focalizzando in vari saggi il tema dei bisogni
con riferimento anche alla psico-analisi. Le questioni concernenti il “pensiero
debole” diventano il punto di partenza di “La posta in gioco: il soggetto”
(Bompiani, Milano); “Abitare la distanza”, “Il paiolo bucato: la nostra
condizione paradossale” (Cortina, Milano); “La follia in poche parole”
(Bompiani, Milano); “L'esercizio del silenzio”; “Possiamo addomesticare
l'altro? La condizione globale” (Forum, Udine); “Inattualità del pensiero
debole” (Forum, Udine). Queste questioni riguardano soprattutto la possibilità
di una «logica paradossale» e si articolano intorno ai temi del gioco,
dell'ascolto e dell'alterità, tutti collegati alla questione della soggetto. Saggio
su PACI. Dalla filosofia del gioco nascono anche “Per gioco: piccolo
manuale dell’esperienza ludica” (Cortina, Milano); “La scuola dei giochi”
(Bompiani, Milano); “Il gioco di Wittgenstein” (EUT, Trieste). Si interessa alla
consulenza filosofica, con “La filosofia può curare? La consulenza filosofica
in questione” (Cortina, Milano). Altre saggi: “Il coraggio della filosofia” in «aut
aut». Tiene una rubrica sul quotidiano "Il Piccolo" di Trieste,
“Etica minima”. Racoglie "scritti corsari" (cfr. Pasolini) in vari saggi:
“Etica minima – saggi quasi corsair sull’anomalia italiana” (Cortina, Milano); “Noi,
i barbari – la sotto-cultura dominante” (Cortina, Milano); “Un velo di sobrietà”
(Saggiatore, Milano); “Accanto a una sensibile sintonia”. Si manifesta nella
sua filosofia una particolare attenzione sul rapporto tra potere e sapere; “Gli
ego-sauri” (Elèuthera, Milano); “Le nostre oscillazioni” (Collana Edizioni
alpha beta Verlag, Merano); “L’intellettuale riluttante” (Elèuthera, Milano); “Restituire
la soggettività. Lezioni sul pensiero di Basaglia” (alphabeta, Merano); “Consulente
e filosofo. Osservatorio critico sulle pratiche filosofiche” (Mimesis, Milano);
“Abitare la distanza. Per una pratica della filosofia” (Feltrinelli, Milano); “Scenari
dell'alterità, Bompiani, Milano); “Il decline della luce” (Marietti, Genova); L'università
senza condizione” (Cortina, Milano); “Fare la differenza” (Triennale di Milano,
Milano); “Introduzione alla filosofia contemporanea, Bompiani, Milano); “Lettere
dall'università, Filema, Napoli); “Trasformazioni del soggetto: un itinerario
filosofico” (Poligrafo, Padova); “Dizionario dei filosofi” (Bompiani, Milano);
“Elogio del pudore: per un pensiero debole” (Feltrinelli, Milano Intorno); “Il
pensiero debole” (Feltrinelli, Milano); “Bisogni e teoria marxista” (Mazzotta,
Milano); “Critica e scientificità in Marx: per una lettura fenomenologica di
Marx e una critica del marxismo di Althusser (Feltrinelli, Milano); “La dialettica del processo” (il Saggiatore,
Milano). aut aut. R.: il pensiero
debole, sul RAI Filosofia. Grice: “As
Rovatti shows, it is possible to conceive of conversation as a GAME, with its
own RULES, and MOVES. Pier Aldo
Rovatti. Rovatti. Keywords: i giocchi e gl’uomini --. Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Rovatti” – The Swimming-Pool Library.
Grice e Rovella: all’isola -- la rgione
conversazionale all’isola -- querce, o della filosofia siciliana – l scuola di
Acreide – la scuola di Siracusa – filosofia siciliana -- filosofia italiana –
Luigi Speranza (Acreide).
Filosofo siciliano. Filosofo italiano. Acreide, Siracusa, Sicilia. Studia a Ispica
e Catania sotto CARBONARA, laureandosi con un saggio di estetica, sul rapporto
fra contenuto -- o materia -- e forma. Insegna a Noto e Palazzolo. Pubblica “L'uomo”
(Giannini, Napol). In una serrata discussion affronta la meta-fisica ed espone
il suo convincimento che la ricerca senza condizioni, attraverso l'intelligenza
attiva e creatrice può aprire all'uomo orizzonti creativi, seppur rischiosi. La
meta-fisica imprigiona in schemi rigidi e vincolanti. Pervenire all'auto-coscienza
è il compito più degno degl’uomini, che pur problematico in sé non rimaneno imprigionati
nel problematicismo. Altre opera: “Deneb” (Caltanissetta, Roma), romanzo
filosofico che narra la pulsione verso l'oltre, attenuando, così, la precedente
critica verso la meta-fisica e aprendo verso il mistero che comporta il
confronto con tre donne che rappresentano tre volti diversi della verità. La
stella “Deneb” è metafora della pulsione verso l'alto. Abbondano i riferimenti
autobiografici da cui emerge l'attaccamento alla casa natia, che non abbandona,
alla famiglia e soprattutto ad un modello di vita contadina morigerata e
sobria. Lo stile è affabulante. L'auto-coscienza e il trionfo
della morte in GENTILE in Il pensiero di
Gentile (Enciclopedia Italiana, Roma). Qui si esamina il momento finale della
vicenda umana e filosofica di GENTILE alla cuia filosofia è legato. “L'errore
del cerchio” (Siracusa). Predomina il colloquio interiore, lo scavo nella coscienza
e nella memoria. Procede come un giallo. Un tema attraversa gl’avvenimenti, la
libertà e la necessità di un suo contenimento. “La fattoria delle querce” (Caruso,
Siracusa). L’epopea della famiglia siciliana Capobianco, governata da una donna
e sviluppata attraverso un intrigo di personaggi e di vicende. I discendenti
Capobianco sono identici agl’ante-nati, e la ricerca della genealogia è il
problema più assillante per i personaggi. Il mito dell'eterno ritorno
dell'identico li e caro. Rimane sempre legato ai miti. Fisiognomica,
astrologia, venti, odori e turbamenti fanno di questa opera un esempio di
scrittura immaginifica e personale. Filosofia di non di facile consume traccia
una “Imago siciliae”. Nella stessa aura de La fattoria sono scritti i
racconti. Cambia di nuovo argomento, inizia quella che lui chiama “la fase
cristica”, in cui la figura di Cristo e il rapporto fra le religioni sono il
tema dominante. “L'ora del destino, dramma in due atti” (Accademia
Casentinese di Lettere, Arti, Scienze ed economia, Castello di Borgo alla
Collina, Arezzo, L'Ora in persona di una
donna consola il crocifisso che muore quando una congiuntura astrale perviene
al suo compimento. In “Vita di Gesù” (Prospettive d'Arte, Milano) Gesù è
visto nella sua umanità. La narrazione segue lo sviluppo dei vangeli sinottici,
con qualche incursione negl’apocrifi. L'autore, che pur ne ha le competenze, si
tiene lontano dalle problematiche gesuologiche e cristologiche. Vuole narrare
un Gesù “così come parla al cuore”. L'Angelo e il Re, con prefazione di Pazzi
per i tipi di Palomar Bari. I nove mesi di gravidanza di Maria vergine sono
narrati con un andamento che si mescola di esoterismo e sapienza umana. Maria
spesso, nel mistero del suo concepimento, nella sua realtà quotidiana, vive le
vicende del suo quartiere, con le sue amiche, con qualche momento di gioia
esaltata e prorompente, con un tratto zingaresco. Attratto da zingari e
vagabondi di passaggio, come incarnazione di una libertà che abbiamo
smarrita. “Le Madri” (Utopia, Chiaramonte Gulfi). Vi si sente l'eco di
Bachofen. Breve raro capolavoro, pieno di mistero e poesia, di un potere magico.
“Asvamedha” (Utopia, Chiaramonte Gulfi) raccoglie racconti; “Inizio d'amore” (Studi
Acrensi, Palazzolo Acreide) raccoglie altri racconti che l'autore pubblica in
varie riviste letterarie nazionali, a cura dell'Istituto Studi Acrensi
Palazzolo Acreide. I racconti, dice l'autore, vivono nell'aura dei romanzi di
questo periodo. “La vigna di Nabot, dramma in IV quadri” (Associazione
Amici di Rovella, Palazzolo Acreide) narra le vicende del ersonaggio che
incontriamo nel primo libro dei Re Cap. 21. La prepotenza dei potenti e la
sacralità della terra dei padri sono il filo conduttore del dramma. Nabot muore
per una questione di coerenza. Scuderi, La fattoria delle Querce, in Le
Ragioni critiche, Menichelli in Esperienze letterarie, Jacobbi, Il miracolo Deneb, in Arenaria,
Palermo, Vettori, Il miracolo di Deneb e le profezie di Ruggero, Arenaria, Monachino
Ester, Considerazioni su un romanzo di Rovella, in Le Ragioni critiche,
Catania, E. Messina, Dal bagolaro alla sequoia” (Romeo, Siracusa); Messina,
Alle radici del pensiero. La presenza dei suoi maestri” (Romeo, Siracusa). Giuseppe
Rovella. Rovella. Keywords: romanzo filosofico, querce. Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Rovella” – The Swimming-Pool Library.
Grice e Rovere: la ragione conversazionale, o le
confessioni di un meta-fisico romano – la scuola di Pesaro -- filosofia
marchese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Pesaro). Filosofo marchese. Filosofo italiano. Pesaro,
Marche. Essential Italian philosopher. The family originates in Albisola,
Savona, Liguria. Filosofo. Il giure civile del popolo italiano ha nel testo
della legge positiva e speciale autorità sufficiente da soddisfare la giustizia
ordinaria e da risolvere i dubii e acquetare le controversie intorno agl’interessi
e agl’ufficii d'ogni privato cittadino. Di quindi nasce che possono alcuni
curiali riuscire segnalati e famosi al mondo con la sola abilità del pronto
ricordare, dell’acuto distinguere e dell'interpretare acconcio e discreto. Al
giure delle genti occorre, invece, assai di frequente la discussione delle
verità astratte. Perocché esso è indipendente e superiore all'autorità della sopra-citata
legge. Si connette immediatamente al giure naturale che è al tutto razionale e speculativo.
Spesso gli è forza di riandar colla filosofia sulle fondamenta medesime dell’ordine
sociale umano, e spesso altresì non rinviene modo migliore per risolvere i
dubii e acquetare le discrepanze fuor che indagare i grandi pronunziati della
ragione perpetua del diritto, chiariti, dedotti e applicati mercé della
scienza. Poco importa se i meta-fisici si bisticciano. Ma non va senza
danno del genere umano il discordare e il traviare de' pubblicisti. E già si dice
che il fine criterio degl’uomini illuminati coglie il certo e il sodo della
scienza, ma non la crea e non l'ordina. La demenza degl’uonini fa talvolta
scandalosa la verità. Laonde ella ha a pronunziare di se medesima. Non venni a
recare la pace in mezzo di voi, sibbene la spada. Lo stato romano essere certa
congregazione di famiglie la qual provvede con leggi e con tribunali al bene
proprio e alla propria tutela -- tanto che sono competentemente adempiuti i
fini generali della socialità e i particolari di essa congregazione. Lo stato romano
non esiste per la contiguità sola delle terre e delle abitazioni, ma per certo
congiungimento e unità delle menti e degl’animi dei romani. Il che riconosciuto
e fermato, se ne ritrae ciò che pel diritto è primo principio ed assioma, non
potersi da niuno e sotto niuna ragione arrogare la facoltà di offendere e
menomare l'autonomia interna ed esterna dello stato romano insino a tanto che
questo non provoca gl’altri ad assalirlo con giusta guerra. Ed eziandio in tal
caso è lecito di occupare temporalmente il suo territorio e dominare il suo
popolo nei limiti della difesa e dell'equo rifacimento dei danni. L'uomo
individuo può nel servaggio e nelle catene serbare con isforzo la libertà dello
spirito e compiere in altro modo e sotto altre condizioni certa eroica
purgazione e certo mirabile perfezionamento della sua parte interiore e
immortale. Ma ciò è impossibile all’intero popolo romano, il quale nel
servaggio di necessità si corrompe ed abbietta, e quindi GRAVINA chiama assai
giustamente la libertà della nazione romana sacro-santa cosa e di giure divino.
L'anima non è vendibile e non è nostra, dicevano i teologanti per dimostrare da
più parti la iniquità del CONTRATTO. E neppure la libertà è vendibile. E se
l'usarla e abusarla è nostro, non è tale la facoltà e il principio infuso dal
divino con l'alito suo divino e che al dire d’Omero vale una mezza anima. Lo stato
romano possiede onninamente se stesso. Niuno fuori di lui può attribuirsene la
padronanza. Quindi il popolo romano o vivono in se od in altri. Cioè a dire, o
provedono al proprio fine con la legge e ordini propri e componendo un
individuo vero e perfetto della universa famiglia umana. Ovvero entrano a parte
d'altra maggior comunanza con ugualità di diritto e d’ufficio, come quelle
riviere che ne' più larghi e reali fiumi confondono le acque e perdono il nome.
Questa è la generale e astratta dottrina che danno la ragione e la scienza. La
patria romana, impertanto, significa quella contrada e quella congregazione d’uomini
a cui ciascuno degli abitanti e ciascuno dei congregati sentesi legato per tutti
i doveri, gl’istinti, i diritti, le speranze e gl’affetti del vivere comune. La
patria romana, considerata nella sua morale e profonda significazione, è il
compiuto sodamento di ciascuno verso di tutti e di tutti verso ciascuno. Se la
patria romana non ha debito né possibilità di nudrire del suo ogni giorno tutti
i suoi indigenti, spietata cosa sarebbe inibire a questi di procacciarsi altrove
la sussistenza. Prediletta opera delle mani del divino e la nazione romana. La nazione
romana è pura, domandano essi, e tutta omogenea. Questo e il puro principio della
nazionalità romana. Lo stato romano, dipendente come si sia da un altro non è,
a propriamente parlare, autonomo. E e perciò, a rigore di definizione, neppure
la denominazione di stato romano gli si compete. I prìncipi non sono, del
certo, scelti dal divino immediatamente, ma sono dal divino immediatamente
investiti della sovranità romana. Il popolo romano indica l'uomo a cui vuole
obbedire e in quell'uomo è subito la pienezza della sovranità romana che dal
divino gli proviene. Perocché come dal divino è istituito IL FINE della
socievole comunanza, così è istituito IL MEZZO nella autorità del comando. È
sicuro che nella lunghezza dei secoli le volontà e i giudizi umani si accostano
all'assoluto del bene sociale, quanto che la via che viene trascorsa non
procede diritta e spedita ma declina e torce continuo fra molti errori e molte
misere concussioni. La libertà della nazione romana, essendo naturale ed
essenziale agl’uomini e necessaria concomitanza d'ogni bontà, è doveroso per
tutti il serbarla integra nella sostanza. E perciò, né il privato individuo si
può vendere ad altro privato, né tutto il corpo de' cittadini assoggettarsi
pienamente e perpetuamente al dominio d’altro stato. Poco o nessun valore ha il
dissentimento dei piccioli e deboli, quando anche piglino ardire di esprimerlo;
e CHI INVESTIGA LA STORIA DELL’ANTICA ROMA RI-TROVA che DELLE PROTESTE loro
giacciono GRANDI FASCI dimenticati negl’archivi delle Cancellerie. Dacché siete
i più forti, correte poco rischio di vivere ex lege alla maniera dei ciclopi.
Ma confessare il diritto e contro il diritto procedere, non è conceduto a
nessuno. E parlavano meglio quegl’ateniesi che alle querele dei milesi
rispondevano senza sturbarsi. Il diritto è cosa pei deboli e non già pei forti
e pei valorosi. Il popolo romano è autonomo. Con altri vocaboli, lo stato romano,
vero è libero ed inviolabile. E la patria romana, nel significato morale e
politico, è *sinonimo* di STATO romano -- in quanto questo compone uno stretto
e nativo consorzio in cui ciascun cittadino ha debito e desiderio insieme di
effettuare il grado massimo di unimento sociale e civile. S’incominci dall'avvisare chi sono costoro che
si querelano della libertà dello stato romano e ne temono danni così
spaventevoli. Costoro sono i medesimi da cui si alzano lagni e rimproveri
cotidiani per qualunque libertà, eccetto la propria loro. Vogliono limitare la
stampa, limitare la libera concorrenza, limitare IL PARLAMENTO e in fine ogni
cosa col pretesto volgare ed ovvio che il parlamento, il commercio, la stampa
abusano di loro facoltà e trasvanno più d'una volta e in più cose. La volontà
umana, dite, è corrotta e inchinevole al male. Può darsi. Ma privata di libertà
so che depravasi molto di più e i padroni non meno che i servi. Non è lecito
agl’uomini di esercitare nessun diritto qualora difettino pienamente delle
facoltà e dei mezzi correlativi. Perciò il fanciullo, il mentecatto, l'idiota
cade naturalmente sotto l'altrui tutela, e per ciò medesimo la parte meno
educata del volgo ed offesa di troppa ignoranza, o posta in condizione troppo
servile, non ha nel generale facoltà e mezzi proporziod esercitare diritti
politici. Esaminato il fine del viver comune, fatta rassegna d'alcuni principii
direttivi, più bisognevoli al nostro intento e poco o nulla NOTI AGL’NTICHI
ROMANI, segue senza più che noi trapassiamo a contemplare l'ottimo ordinamento
civile. Cosi noi delineeremo qnalche fattezza dell'incivilimento umano,
contemplandolo nella natura primitiva ed universale del popolo romano, ed
avvisandoci di non iscambiare l'alterato e il mutabile col permanente ed
inalterato; e per converso, di non dar nome d'errore emendabile e di accidente
transitorio a ciò che appartiene alle condizioni salde e durevoli della
comunanza civile. Chè nel primo difetto cadono i troppo retrivi ed i
pusillanimi; nel secondo, i novatori audaci e leggeri. GL’ANTICHI ROMANI con
molto senno incominciano dall'insegnar quello che spetta al buono stato della
famiglia, perché della comunanza umana l'individuo compiuto non è lo scapolo,
ma l'ammogliato con prole o vogliam dire la famiglia, rimossa la quale non
rimane intermezzo alcuno che tempri l'amor proprio e la fiera e violenta natura
nostra. L'organizzazione tanto è più
eccellente quanto meno cede alle esterne azioni ed impressioni ed anzi modifica
con maggior efficacia ed appropria a sé quelle azioni. È da confessare che un
gran trovato fece lo spirito umano e giovevole soprammodo alla prosperità del
viver sociale, quando mise in atto quello che fu domandato GOVERNO
RAPPRESENTATIVO o parlamentare. Se dirai: carattere della nazione romana è la
continuità e circoscrizione del suolo d’Italia. E la nazione e nella lingua
romana, la letteratura e le arti. Se le origini e la schiatta; le colonie sono
tal membro e così vivace del corpo della patria onde uscirono, da non potersene
mai dispiccare, e la guerra americana è dalla banda dei sollevati iniqua e
parricida. Gran questione poi insorge sulle genti di confine, le quali
compongonsi il più delle volte di schiatte anfibie, a cosi chiamarle. Quindi
noi vogliamo, per via d'esempio, i nizzardi essere italiani – ROMANI -- e i francesi
li fanno dei loro. La compagnia civile comincia là solamente dove gl’animi si
accostano, e sorge desiderio di regolato e comune operare. La giustizia apre e
chiude i congressi degli dei, non quelli degl’uomini. La voce “nazione romana”
nel suo peculiare e pieno significato vuol dire unimento e società d'uomini che
la natura stessa con le sue mani à fatta e costituita mediante il sangue e la
singolarità delle condizioni interiori ed estrinseche. Per talché quella
società distinguesi da tutte l’altre per tutti gl’essenziali caratteri che
possono diversificare le genti in fra loro, come la schiatta, la lingua,
l'indole, il territorio, le tradizioni, le arti, i costumi. “Nazione romana”
vuol significare certo novero di genti per COMUNANZA DI SANGUE, conformità di
genio, medesimezza di linguaggio atte e pre-ordinate alla massima unione
sociale. Lo stipite umano è ordinato esso pure a spandere discosto da sé le
propagini e i semi. E ogni germe nuovo dee nudrirsi del terreno ove cade, non
del tronco da cui si origina. Sieno rese grazie publicamente da tutta l'Italia
a voi, o Valdesi, che l'antica madre mai non avete voluto e potuto odiare e
sconoscere insino al giorno glorioso che è dal divino coronata la vostra
costanza, e un patto comune di libertà vi riconciliava con gl’emendati
persecutori. S'io credessi quelle armi
che assiepano IL FORO, DICE CICERONE, starsene qui a minacciare e non a
proteggere, cederei al tempo e mi terrei silenzioso. Ma il fatto è che quelle
armi NEL FORO induceno per se sole una fiera minaccia, tanto che CICERONE parla
poco e male, e la paura ammazza l'eloquenza. Dal riscontro, per tanto, di tutte
le storie, senza timore mai d'eccezione, e più ancora dalla ripugnanza intima
di certi termini, quali sono felicità a servitù, spontaneità e costrizione,
ricavasi questa assoluta sentenza che in una nazione civile come ROMA, nessun
governo straniero – come Cartagine -- non può vantarsi mai né della legittimità
interiore, né della esteriore che emana dall'assentimento espresso o tacito della
popolazione romana. Non può aver luogo prescrizione, dove i diritti innati o
fondamentali dell'uomo ricevono sostanziale ingiuria ed offesa; e di si fatti è
per appunto la indipendenza o dimezzata o distrutta. Ogni cosa nell'uomo è
principiata dalla natura e poi dalla ragione e dall'arte è compiuta.Voi stesso
l'avete udito? Poerio: E come nò, se rinchiuso è con lui in una prigione
medesima? Pignatelli: E è la vigilia della sua morte? Poerio: Appunto è la vigilia. Sapete che valica la mezzanotte,
una voce improvvisa e sepolcrale veramente rompevane il sonno chiamando forte
per nome alcuno di noi; e quella chiamata voleva dire: vieni, ti aspetta il
carnefice. La notte pertanto che seguitò quel mirabil discorso di Pagano gli
sgherri gridarono il nome suo, e fu menato al patibolo. Pignatelli: Sta per
mezzo a voi quell'omerica figura del conte di Ruvo? Poerio: Nò, ma in Castello
dell'Uovo insieme con altri uffiziali e con l'intrepido Mantone. Nel Castel
Nuovo e in quella carcere proprio dove è Pagano, sta il fratel vostro maggiore,
principe di Strangoli, sto io, il Conforti, Cirillo, Granali, Palmieri, Russo e
due giovinetti amorevoli e cari, cioè l'ultimo figliuolo dello Spanò ed un
marchese di Genzano, bello come l'appollino e di cui sente Pagano particolare
compassione. V'à una cagione suprema di tutte le cose, cagione assoluta e
però insofferente di limiti e incapace d'aumento e di defficienza. Ma se niun
difetto può stare in lei, ella è il bene infinito e comprende infinitamente ogni
specie di bene. Ciò posto, la cagione suprema è altresì infinita bontà che
raggia il bene fuor di sé stessa e ne riempie la creazione ed ogni ente se ne
satura, a dir così, per quanto è fatto capace. Tale contenenza di bene è poi
sempre difettiva perché sempre è finita. Di quindi si origina il male. Non si
chieda dunque perché il divino è permettitore del male, ma chiedasi in quella
vece perché piacque al divino, oltre all'infinito, che sussistesse pure il
finito. Se il vivere nostro presente è condito di molto diletto e noi incapaci
di conoscere e desiderare con ismania istintiva l'eternità, forse potrebbesi
giudicare senza paradosso aver noi sortito quella porzioncella sola e frammento
di beatitudine, brevissima ma sincera e inconsapevole della propria caducità.
Col presupposto della immortalità, bene avverte BRUNO, alcun desiderio naturale
non è indarno e alcuna lacrima non cade senza conforto. Con la immortalità non
è affetto generoso perduto, non ferita dell'animo a cui non si apparecchi
altrove copioso balsamo. Per entro il corso interminato e magnifico de'nostri
destini, ogni male vien riparato, ogni speranza risorge, ogni bellezza
rifiorisce, ogni felicità si rinnova e giganteggia ne'secoli. Poerio: Quando è
possibile strappare dal cuor dell'uomo il concetto e la speranza della
immortalità, il consorzio civile medesimo pericolerebbe di sciogliersi e i
piaceri e le utilità stesse della vita presente verrebbero gran parte impedite
o affatto levate di mezzo. I dotti e i legisti barbareggiavano sempre peggio, e
pareva in loro una sorta di necessità tramutata in diritto, e niun discepolo
mai se ne querela; e le lettere cadevano in tale grettezza, che nelle prose di Giordani
si appuntavano parecchie mende di stile, ma nessuno accusava la tenuità dei
concetti e la critica angusta e slombata. Colletta è stimato dai più uno
storico sovrano e poco meno che un Tacito redivivo, ed altri istituivano
paragone tra il Guicciardini e il Botta, tra Goldoni e Nota. Tale il gusto e il
criterio comune. Pochi grandi filosofi non mancavano neppure a quei giorni.
Basti ricordare Bartolini nella scultura; Leopardi e Niccolini nella poetica;
Rossini, Bellini, Donizetti nella musica. In Italia scemando il sapere e la
potenza meditativa, crebbe l'amore spasimato ed irragionevole della bellezza
dell'abito esterno, lasciando a digiuno la mente e poco nudriti e mal governati
gli affetti. Letteratura e filosofia vasta, soda e ben definita, e parimente
larghe scuole e ben tratteggiate e scolpite mancano alla patria nostra da quasi
tre secoli e piuttosto ne abbiamo avuto cenni e frammenti, e ogni cosa a pezzi,
a sbalzi e a modo d'assaggio. Miei degni signori, il cibo che v'apparecchio è
scarso, scondito e di povera mensa, ma è letteratura e non meta-fisica. Non
appena l'esilio mi astrinse a lasciare l'Italia e fui spettatore d'altro ordine
di civiltà e uditore d'altri maestri, subito mi si aprì dentro l'animo l'occhio
doloroso della coscienza, ed ebbi della mia ignoranza una paura ed una vergogna
da non credere. Per giudicare alla prima prima che tutto è vecchio e trito in
un libro convien sapere dell'autore se nel generale à l'abito di pensar di suo
capo. Ed egli evoca nuovi spiriti di più sublime natura, i quali entrano a uno
a uno dentro la torre. Spirito del mare. Che vuoi? Barone. Sapere l'essenza del
bene e la fonte della felicità. Spirito del mare. Perché lo chiedi al mare?
Barone. Perché tu sai o puoi sapere ogni cosa; tu nei silenzj della notte tieni
misteriosi colloquj con la luna e con le stelle che in te si riflettono; e tu
pur ricevi nell ' ampio tuo seno i fiumi tutti del mondo, i quali ti raccontano
le geste antiche dei popoli e le più antiche vicende dei continenti per mezzo a
cui essi fluiscono senza posa. Spirito del mare. lo non so nulla (sparisce).
Barone. Che tu venga malmenato in eterno dallo spirito delle procelle, e che i
tuoi membri immortali sieno rotti e squarciati mai sempre dalle taglienti
creste degli ardui scogli. La coda del cavallo bianco dell' Apocalisse.
Che vuoi? Barone. Sapere in che consiste il bene, e dove è la fonte della
felicità. La coda. Perché lo chiedi a me? Barone. Tu sai la fine ultima delle
cose, e tu comparirai poco innanzi della consumazione del secolo. La coda.
Quando io comparirò, io ondeggerò nelle sfere, simile alla caduta del Niagara e
più tremenda della coda delle comete. Ogni mio crine rinserra un destino; e
ogni mio moto è un cenno di oracolo; ò trascorsi tutti i cieli di Tolomeo e i
cieli di Galilei e i cieli di Herschel; ò lambita con la mia criniera la faccia
delle stelle, e l'ò distesa sulle penne de' turbini; molte cose ò conosciute,
ma non quel che tu cerchi: io non so nulla (sparisce). Dagli Arabi si travasò
il mal gusto ne' Catalani e ne' Provenzali, e una vena non troppo scarsa ne fu
derivata ne' primi nostri verseggiatori. ALIGHIERI egli pure non se ne astenne
affatto; e noi peniamo a credere che a quel genio sovrano venisse scritta la
canzone lambiccatissima della Pietra. Sa ognuno che nel seicento, con lo
scadere dell' arte, ricomparvero quelle freddure e mattie, e ogni cosa fu piena
di acrostici, d'anagrammi, d'allitterazioni e altrettali sciempiezze. Ma per
buona ventura cotesta sorta vanissima di pedanteria non sembra ai moderni
pericolosa; e dico ai romani, perché appresso gli stranieri non ne mancano
esempj; e molti anno letto in un vivente poeta francese di gran nomea certi
capricci di metri e di rime i quali dimostrano come in lui siensi venuti
rinnovando tutti gli umori e le vertigini dei seicentisti. E nemmanco ci pare
immune dalle stranezze di cui parliamo quel concepimento del Goethe di ordire
la tragedia del Fausto con questa singolar legge che ogni scena fosse dettata
in metro diverso ed una altresì in nuda prosa, onde potesse affermarsi che
niuna maniera del verseggiare ed anzi dello scrivere umano (per quanto ne è
capace il tedesco idioma) mancasse a quel dramma; nuova maniera e poco assai
naturale e graziosa di porgere idea e figura del panteismo. Non può né deve il
poeta scompagnarsi mai troppo dalle opinioni e dai sentimenti comuni dell'età
sua; chè da questi principalmente è suscitato l'estro di lui, con questi
accende e innamora le moltitudini. D'ogni altro pensiero ed affetto, ove li
possieda e li senta egli solo, avrà pochi intenditori, pochissimi lodatori; e
la favella delle Muse langue e muor sulle labbra se non suona ad orecchie
benevole e a cuori profondamente commossi. In Inghilterra il Milton fierissimo
repubblicano e segretario eloquente del gran Cromvello, à quasi sempre poetato
di cose mistiche e teologiche e nulla v'à di politico, nulla d'inglese e di
patrio, né nel Paradiso perduto, né in altri suoi canti. Riuscirà sempre a
gloria grande e invidiata d'Italia che la Gerusalemme del Tasso compaja tanto
più bella e mirabile quanto più in lei si contempla e considera intentivamente
la perfezione del tutto. Certo, il Valvasone è meno forbito ed armonioso del
Tansillo, meno fluido del Tasso seniore, meno corretto, proprio e limato de'
più corretti e limati rimatori toscani; ma non per ciò si capisce come questa
minor perfezione di forma, abbia potuto oscurare nel giudicio de' raccoglitori
e de' critici il gran merito dell'invenzione. Che il Milton siasi giovato dell'
Angeleide non so, quantunque fra i due poemi si vengan trovando molti e
singolari riscontri che non è facile a credere casuali; ma questo io so bene
che a rispetto della guerra degli angeli episodicamente introdotta nel Paradiso
perduto, il Valvasone non perde nulla ad esser letto dopo l'Inglese e con
quello essere paragonato; il che non avviene del sicuro né per l' Adamo
dell'Andreini né per la Strage degl'Innocenti del cavaliere Marino, due
componimenti che dicesi aver suggerito a Milton parecchi pensieri e l'ideal grandezza
del suo Lucifero. L'ingegno poetico, in versificare ciascuno di quei subbietti,
tende a spiegare una novità, un' altezza e una leggiadria suprema di concetto,
di sentimento, di fantasia e di stile. Dove mancasse l'una di tali eccellenze,
l'arte sarebbe difettosa e quindi increscevole. Ci venne osservato (cosa che
per addietro non ben sapevamo) la critica letteraria incominciata in Italia con
ALIGHIERI essere morta col Tasso e gli amici suoi; e come cadde con quel
mirabile intelletto la nostra primazia nel ministero delle Muse, così venne
meno la filosofia estetica; e il nuovo dell' arte non fu capito, l'antico fu
dalla pedanteria svisato e agghiadato. L'arte critica antica ebbe ultimi
promulgatori due grandi ingegni, il Muratori e il Gravina. Della critica nata
dipoi con le nuove speculazioni e con le nuove forme di poesia, non conosciamo
in Italia alcun degno scrittore e rappresentatore. Dopo Omero nessun poeta, per
mio giudicio, può alzarsi a competere con l'Alighieri, salvo Guglielmo
Shakspeare, gloria massima dell'Inghilterra. E per fermo, ne' drammi di lui
l'animo e la vita umana vengon ritratti così al vero e scandagliati e disaminati
così nel profondo, che mai nol saranno di più. Ma le condizioni peculiari della
drammatica e l'indole propria degl' ingegni settentrionali impedirono a
Shakspeare di raggiungere quella perfetta unione sì delle diverse materie
poetiche e sì di tutte l'eccellenze e prerogative onde facciamo discorso. E
veramente nelle composizioni sue la religione si mostra sol di lontano e molto
di rado; e tra le specie differenti e delicatissime d'amore ivi entro
significate, manca quella eccelsa e spiritualissima di cui si scaldò l'amante
di Beatrice. Il poeta è dall'ispirazione allacciato e padroneggiato sì forte,
da non saper bene sottomettersi all'arte ed alla meditazione. Il troppo
incivilirsi dei popoli aumentando di soverchio l'osservazione e la critica e
affinandovisi l'arte ogni giorno di più per effetto medesimo dell' esercizio e
dell' esperienza e per desiderio di novità, mena il poeta a scordar forse
troppo l'aurea semplicità degli antichi, il sincero aspetto della natura e i
veri e spontanei moti dell'animo. Il compiuto e l'ottimo della poesia consiste
in racchiudere dentro ai poemi con vaga e proporzionata unità di composizione
tutto quanto il visibile ed il pensabile umano per ciò che in ambedue è più
bello e più commovente. Consiste inoltre nel figurare e ritrarre cotesto
subbietto amplissimo e universale con la maggior novità e la maggiore sublimità
e leggiadria di concepimento, di fantasia, d'affetto e d'elocuzione che sia
fattibile di conseguire. Laonde poi il concepimento, così nel complesso come
nelle sentenze particolari, dee riuscir succoso, vario ed inaspettato e pieno
di recondita dottrina e saggezza; l'affetto dee correre, quanto è possibile,
per tutti i gradi e le differenze, e toccare il sommo della tenerezza e
commiserazione e il sommo della terribilità. Tasso, anima pia e generosa, ma in
cui (non so dir come) nulla v'era di popolare. Quindi egli s'infervorò della
maestà teocratica dei pontefici e aderì alla nuova cavalleria cortigiana e
feudale; quindi pure accettò con zelo e con osservanza scrupolosa l' ortodossia
cattolica, e nella vita intellettuale quanto nella civile, fu dall' autorità
dei metodi e degli esempj signoreggiato. Da ciò prese nudrimento e moto il
divino estro suo e uscirono le maraviglie della Gerusalemme. Nel Tasso poi sono
tutti i pregi e tutta quanta la luce e magnificenza della poesia classica, e
spiccano altresì in lui alcuni attributi speciali del genio italiano in ordine
al bello. In perpetuo si ammirerà nella Liberata ciò che l'arte, i precetti, l'erudizione
e la scienza possono fare, ajutati e avvivati da una stupenda natura poetica. L'ARIOSTO
significa la commedia umana quale la veggiamo rappresentarsi nel mondo, laddove
ALIGHIERI fece primo subbietto suo il soprammondano, e in esso figurò e
simboleggiò le cose terrene. E come il gran Fiorentino nelle fogge variatissime
de' tormenti e delle espiazioni dipinse i variatissimi aspetti delle indoli e
delle passioni, il simile adempiva l'Ariosto sotto il velo dei portenti magici
e delle strane avventure. Ma certo qual narrazione di fatti umani riuscirà più
vasta, più immaginosa e più moltiforme di quella dell' Orlando furioso? Quivi
sono guerre tra più nazioni, nascimenti e ruine di molti regni, conflitto
sanguinoso di religione e di culto, infinita diversità e singolarità di
costumi, e tutto il Ponente e il Levante offrono larga scena e strepitoso
teatro a cotali imprese e catastrofi. Quivi sono dipinte la vita privata e la
pubblica, le corti e le capanne, i castelli ed i romitaggi; quivi s'intrecciano
gradevolmente la cronica, la novella e la storia, e ciò che il dramma à di
patetico, l'epopeia di maestoso, il romanzo di fantastico. Non credo che in
veruna straniera letteratura possa come nella nostra volgare annoverarsi una
sequela così sterminata di poemi eroici e di romanzeschi, parecchj de' quali
brillerebbero di gran luce, ove fossero soli e non li soverchiasse la troppa
chiarezza di Dante, dell'Ariosto e del Tasso. Né reputo presontuoso il dire
che, per esempio, la Croce racquistata del Bracciolini o il Conquisto di
Granata di Girolamo Graziane sostengono bene assai il paragone o con l'Araucana
dell' Ercilla o coi medesimi Lusiadi di Luís Vaz de Camões ai quali ànno
accresciuta non poca fama le sventure e le virtù del poeta; e per simile, io
giudico che l' Amadigi del Tasso il vecchio o l'Orlando innamorato del Berni,
non temono di gareggiare con la Regina Fata di Spenser e con quanto di meglio
in tal genere ànno prodotto l'altre nazioni. Ma non è da tacere che in quasi
tutti questi nostri poemi riconoscesi agevolmente l'uno o l'altro dei tipi che
nel Furioso e nella Gerusalemme ricevettero perfezione, ed a cui poca giunta di
novità e poche profonde mutazioni si fecero dagl'ingegni posteriori; e ne'
poemi eroici singolarmente a niuno è riuscito di ben cantare i difetti del
Tasso, molti in quel cambio li esagerarono. Scusabile mi si fa Marino e scusabili
gl'Italiani, quand'io considero lo stato di lor nazione sotto il crudele
dominio degli Spagnuoli, e fieramente mi sdegno con questi medesimi che nella
patria loro ancor sì potente e sì fortunata, plaudivano a que' delirj e
incensavano il Gongora, meno ingegnoso assai del Marino e di lui più strano e
affettato. In fine, gioverà il ricordare che all'Italia serva, scaduta e
dilapidata, rimaneva pur tanto ancora di prevalenza intellettuale appresso
l'altre nazioni che de' trionfi più insigni e delle lodi più sperticate del
cavalier Marino furono autori i Francesi; e per lungo tempo assai nessuno de'
lor poeti seppe al tutto purgarsi della letteraria corruzione venuta d'oltre
Alpe; testimonio lo stesso Cornelio, alto e robustissimo ingegno, ma nel cui
stile nondimeno avria dovuto il Boileau ritrovare assai spesso di quel medesimo
talco del quale parevangli luccicare i versi del Tasso. Dal Marino incominciò a
propagarsi nel mondo una poesia fantastica e meramente coloritrice, la quale
cerca l'arte solo per l'arte, fassi specchio indifferente al falso ed al vero,
alle cose buone ed alle malvage, alle vane e giocose come alle grandi e
instruttive; sente tutti gli affetti e nessuno con profondità, e nell'essere
suo naturale od abituale, canta di Adone, come di Erode e così delle favole
greche come delle bibliche narrazioni] Fiorirono in tale intervallo tre ingegni
eminenti che forse mantennero alla lirica nostra una spiccata maggioranza su
quella d'altre nazioni. Ognuno, io penso, à nominato ad una con me il Chiabrera,
il Filicaja ed il Guidi. Dal solo Chiabrera fu l'Italia regalata di tre nuove
corone poetiche; mercechè veramente nelle sue mani nacque e grandeggiò prima la
canzone pindarica, poi la canzone anacreontica e infine il sermone oraziano; né
mal s' apporrebbe colui che attribuisse al Chiabrera eziandio la rinnovazione
del Ditirambo. Il Filicaja venne a tempi ancora più disavventurati, e quando
più non era possibile discoprire ne' suoi Fiorentini un segno e un vestigio
pure dell'antica fierezza repubblicana. Ma il senso del bene morale e la pietà
religiosa fervevano così profondi nell'animo suo che bastarono a farlo poeta. Mai
né in questa nostra patria, né fuori sonosi udite canzoni così ben temperate di
splendore pindarico e di maestà scritturale come quelle del Filicaja. Nel Guidi
allato a concetti ed a sentimenti spesso comuni e rettorici, splende una forma
non superabile di novità, di bellezza e magnificenza. Certo, se a Guidi fosse
toccato di vivere in seno di una nazione forte e gloriosa, non ostante la poca
fecondità e vastità di pensieri, io non so bene a qual grado di eccellenza non
sarebbe salita la lirica sua; perché costui propriamente sortì da natura Yos
magna sonaturum, e ce ne porge sicura caparra la sua canzone alla Fortuna. A me
sonerà sempre caro ed insigne il nome di Varano, perché da lui segnatamente, a
quello che io giudico, s'iniziò il corso della poesia moderna italiana; e forse
la patria non gli si mostra ricordevole e grata quanto dovrebbe. Chi trovasse
non poca similitudine tra la mente del Varano e quella del Young, credo che
male non si apporrebbe. Anime pie e stoiche ambidue, e dischiuse non pertanto
agli affetti gentili, diffondono ne' lor versi un religioso terrore e un'
ascetica melanconia che nell'Inglese riescono cupi, inconsolati e monotoni, e
nell'Italiano s'allegrano spesso alla vista del nostro bel sole, e dai pensieri
del sepolcro volano con gran fede alla pace e serenità della gloria immortale. Varano
poi insieme col Gozzi restituì alla Divina Commedia il debito culto; Gozzi con
li scritti polemici, egli con la virtù dell' esempio; ed ebbe arbitrio di dire
a Dante ciò che questi a VIRGILIO: Tu séi lo mio maestro e il mio autore. Se
non che il cantore delle Visioni chiuse e conchiuse l'intero universo nel
sentimento della pietà e nei misteri del dogma, e non ben seppe imitare del suo
modello la nervosa brevità e parsimonia, la varietà inesauribile e la peregrina
eleganza. Se taluno dei suoi piuttosto scarsi scolari volle talora celebrare in
R.. l'ultimo anello della catena che da GALLUPPI si continua in SERBATI e
GIOBERTI, unanime e il consenso dei suoi maggiori contemporanei e dei posteri
nell'affermare il valore pressoché nullo della sua vasta produzione filosofica.
SERBATI e più scolastico, R. più civile. Quello quasi sterile in politica,
questo R. molto feconda, risolvendo i problemi più ardui e interessanti della
vita sociale. Quello è timido, questo R. Coraggiosa. Quello arriva a rifiutare
sul terreno pratico le conseguenze de' suoi principii per un pregiudizioso
rispetto di casta non evitando il disonore di una ritirata e la deformità del
sofisma; R., per lo contrario tutta intrepido si sostenne colla gloria di una
vittoria, colla dignità di una rigorosa coerenza, e colla bellezza di una vera
argomentazione. SERBATI in un bel momento di sua ragione scrive stupende pagine
sulla riforma del clero; poi ha la debolezza di ritirarle, impaurito dalle
minaccia dell'indice. R. è oggi quel che era ne' primi giorni della sua vita
pubblica, e non sa temere altro autorevole indice che quello del buon senso.
Nel suo saggio, intitolalo “Del diritto” (Scolastica, Torino) i ammira il
coraggio della coscienza di un filosofo, e la prudenza d'un uomo di stato.
Riguardo poi ai pregi della forma, SERBATI è semplicemente filosofo, R. è un
filosofo-oratore. Nel primo spicca la pura meditazione, nel R. si unisce il
genio che feconda il deserto delle speculazioni metafisiche, delle avanzate
astrazioni. In SERBATI vi ha una ricchezza povera, cioè una stiracchiatura di
poche idee in molte parole, quasi diffidi della memoria, e dell'abilità del
lettore. In R. vi ha una povertà ricca, cioè molte idee in poche parole; il che
appaga l'amor proprio del lettore, e ne fa liete tutte le potenze della
ritentiva e della ragione. Altri saggi: ““Dell'ottima congregazione umana e del
principio di nazionalità romana e italiana” (Subalpina, Torino); “Pagano,
ovvero, della immortalità”; “Dai Torchi della Signora De Lacombe”; “Prose
letterarie” (Barbera, Firenze). Terenzio Mamiani della Rovere. Rovere. Keywords:
confessioni di un metafisico, il rinnovamento della filosofia antica italiana, Vico,
Cuoco, Cicerone, Roma antica, gl’antichi romani, il foro, il caso di Nizza, la
communita di sangue. Refs.: Luigi Speranza, “Grice
e Rovere” "Grice e della Rovere," per il Club Anglo-Italiano, The
Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia. Rovere
Grice e Rovere: la ragione coversazionale e
l’implicature del Deutero-Esperanto – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo
italiano. Roma, Lazio. Direttore della revista “Universale.” Membro dell’Unione
pro inter-lingua, già Unione pro Latino Internationale. R. elabora un nuovo
progetto ispirato aquello di PEANO (si veda), e lo nomina Latino
internazionale, dal Inter-latino. A B. viene solitamente attribuito anche un
altro progetto di lingua filosofica, denominato genericamente Esperantido.
Pubblica la Grammatica de latino internationale,il Manuale pratico di
Interlingua, l'Interlatino e il Vocabolario internationale
Interlingua-english-français-italiano. =e—È—@%6w&b&€——@_ +
terror | i % | AA E il Mamiani: « In ciascuna cosa la
natura comincia è l’arte perfeziona, » ‘E ottimamente
l'Abate Fornari: « Che sia naturale - efficacia è cosa certa. e da
questo io argomento che ‘ pi: ella è pure, o può essere,
arte. Imperciocchè, l’arte i che altro è mai se non, come dice il
Davanzati, una — fabbricata natura? Dove opera la natura, può
l'industria È dell’ uomo studiare i moli che quella tiene e,
imitan- doli o secondando o ndo, Baone l’arte. Non fan cose,
ma si regsono tv una V Sn sì che come ore la DAR non incomincia, |” EG
nou 700D perazione , ivi senza dubbio la i ha luogo.. Può
questa non essere ancor nata o nascer falsa, per poca 0 storta
osservazione della natura; ma ciò non. inferisce che la cosa è
impossibile. Confidiamo, dunque, cd A i avere a trovare un’ arte dell’
eloquenza , e tanto più alacremente ponghiam la mano all’ Dori
quanto più eccelso è il segno a cui miriamo ». SERIA A AE conferma
di queste parole. Costanza. — Che è la favel DE madre natura siamo
forniti della favella, ma ciò che costitui munichiamo. coi nostri
simili, questo è tutto. due; E dove 1° uomo non avesse trovato
in gent Lio dio del mesifestare i moti. citeremo wa
esempio la. se non un’arte?t— | lel potere di servirci sce il
linguaggio con — i; — V) interni dell'animo; dove non
ci fosse stato nel linguaggio naturale d'azione il primo anello di
comunicazione onde poter procedere a quello artificiale in gran parte e
convenzionale, quest’ultimo non sarebbesi mai inventato, L'arte
pertanto, come accolta di precetti, non sarà mai che il giudizio nutrito
e perfezionato (e questo, ossia le sensitività fregate di molte sperienze
impresse nella memoria, e compendiate, chiamasi 749/026) un corredo
di rapporti in memoria. È dunque un non capire lo stato della questione
l’ inchiedere se abbiano da tenersi a vile i libri de’ precetti
retorici od altri o se sia da deplorarsi 1’ essersì radicato negli
animi il detto antico che il parlar preceda la grammatica, some ogni
prima pratica l'arte, © che 1° eloquenza esiste d’ assai prima degli
ammaest ramenti de’ retori come ispirazione di natura. Imperciocchè la
natura deve necessariamente esordire, € poi l'arte da essa aiutata
proseguire, dirozzare; sicchè se l’eloquenza è il cuore che naturalmente
parla, U arte è la ragione che lo rischiara e conduce ». |
Chiuderemo con Dante (Paradiso XXVI): Opera naturale è ch' uom
favella; Ma così, o così, natura lascia Poi fare a
voi, secondo che vabbella, dE” LE si ose Di
qualche argomento ognun sa parl non sarà capace di aprir bocc politica, ma saprà tenervi | parlandovi
delle vivande - Narra Montaigne (della sua carica a
Carafa, are. Un cuoco a intorno all’ economia a
bada mezza giornata ch’ei sa ammannire. (Essais I, 51) che avendo
chiesto d un maggiordomo del Cardinal il personaggio gli fece un
discorso di questa | Scienza di bocca con Una gravità ed un contegno
ma- | Ristrale, come se gli tenesse parola di qualche impor- tante
questione di teologia. Gli parlò della diversità Tra appetito e APpetito
, del modo di stimolarlo, delle diverse insalate, della police, delle
salse ecc. ecc. Dopo 1ò entrò a parlare in merito al servizio con belle
ed Portanti considerazioni e tutto ciò gonfiato di rieche
agnifiche parole, quali si impiegano per trattare ;soverno di un
impero. store che non sa ] Iscorrere Particolari
Vv alle sue finestre, in > un venditore cli
fiammiferi, parlò di segnito della sua merce, senza mai | 4
iocchezze. SI e EIA In materia adunque di propria competenza
ognuno sa parlare. Ma altro è sapere parlarne, altro è sapervi
tessere un discorso. Appunto, e quì sta la difficoltà, come qui Sta
lo scopo del nostro modestissimo lavoro. Tutti conoscono le proprie
faccende, pochi sapreb- bero farne una narrazione ordinata, pochissimi
questa narrazione saprebbero aiutare con argomenti tali da
convincere gli astanti, confutare le obbiezioni, demo- lire gli
avversari. Ma se queste persone interrogaste ordinatamente, se
presentaste loro le possibili obbiezioni, se suggeriste i dettagli
possibili, non ne ricavereste un ordinato racconto? Gli ignoranti non
sanno nep- pure raccontare la propria vita, chè ad ogni momento RE:
ritornano sui loro passi. Ma interrogateli con metodo e ne otterrete un
racconto hen netto ed ordinato. Perchè adunque non si potrà
supplire con date regole fisse a queste interrogazioni ?
L’oratoria ha, bisogno dell’ invenzione LA AO della «disposizione
IS dell’elucuzione EST) Girca quest’ ultima
parte, il saper ciuè esporre le cose in maniera conveniente, molti
scrissero e serivono tut- todì. Ma sulle prime due parti da molto tempo
si scrive È assai poco. ; Anticamente i precettisti
eran molti, poi sminuirono perchè l’amore per l’eloquenza andò
decadendo e perchè i le loro regole eran troppe e troppo complesse.
Fors'an- i che:siì pretendeva troppo. ‘ Le vostre regole, si
dice, non danno l’eloquenza a Di chi ne manca. Ma, adagio, e come
volete dar ; l’eloquenza a chi non ha adatto 1° ingegno? E come
volete che Tizio Vimprovvisi un discorso sull’ astro- nhomia, se d’
astronomia è digiuno? E come esigete ch’ pi senta subito la fallacia
di.un ragionamento s0- fistico se la logica non sa che sia? Come volete
Dein una parola, ch’ ei sia eloquente se non ha vasta col vi: Da
> Conoscenza degli uomini, della vita, delle leggi, Se non bazzica mai
con aleuno? Apprendetegli tutto CID € poi vedrete che coi nostri precetti
diverrà buon _ Oratore, i SE S ini sa SCOPO nostro. Noi
vogliamo de cameo di ju Ù mite delle proprie cognizioni = sà |
8COrSO nuo SOR un completo ed ordinato di ‘© ‘0 Scopo del nostro lavoro.
I precettisti, lo abbiam detto, furon molti: da Quin- tiliano al
De Colonia se ne conta un numero non lieve. L'ultimo però che abbia
presentato un complesso or- dinato di regole per improvvisare un discorso
è PAvv. Aureli. Col quale ci è caro trovarci in questo campo |
rl’accordo, mentre dissentiamo profondamente da lui în altro suo studio.
28 Egli parte precisamente dal concetto — concetto RA
antichissimo — di stabilire « un contesto generale di interrogazioni
ordinate, o per dir meglio di punti co- muni c ordinativi delle proprie
idee per qualsiasi ar- gomento da svolgere in un discorso ». Il suo
lavoro sotto questo punto di vista è abbastanza buono, seb-
bene deficiente in molti punti e mancante in modo assoluto di esempi,
difetto questo gravissimo ; impe- rocchè, come ben dice il Veronesi, il
limitarsi a dettar tti por insegnare l’eloquenza, senza mai
regole e prece rebbe come voler portar discorsi di uomini
eloquenti, sa insoenare il minuetto, deseri vendolo soltanto e
senza vt. mai farlo vedere in atto. ì moderni dividere le
eloquenza in sacra © Foo politica forense
SR Ho è ui SR, in ut sacro no i muovere la volontà a
praticare i precetti del Va. gelo. Prende il nome di omelta quando spiega
il Van: | cina ossia Seo qoerai € a) Si ( SS di Tea quando.
è e. religiosa; di discorso funebre se è un
defunto. L'elugnenza sacra sarà politica e alla forense,
perchè m 3 delle condizioni principali dell’ eloquenza : la lotta.
if Difatti, per quanto l' eloquenza del foro sla più Udc che quella del
pulpito, pure abbondano i bravi AVVO- cati e scarseggiano i bravi
predicatori. anca in essa uma ha tutto il tempo
possibile di studiarla; non si hanno | ‘a temere confutazioni, incidenti
imprevedibili , obbie- | zioni a cui non si poteva prepararsi; mancando
la. molto eloquenti , di saper convincere. Eppoi il predica-
| alisposto anticipatamente a credere a tutto quanto sarà petto
dal de Senza un avversario da atterrare, : di ta dini; (i feta.
ece.; ma damn con- : pr Son cose vecchie, come vecchie sono le
ra- i ch'e n egli esporrà per sostenere la tesi
propria: improvvisato nè da una parte, nè dall’ altra, LaIpo
di Ono pro: DIRE d0L orazione fatta pet,
Nella predica non c' è mai nulla d° improvviso, 00 . tore ha
generalmente l’ uditorio favorevole, un uditorio mai sempre
inferiore alles “lotta manca sia l’interesse che la necessità di
essere Ria lat ii il mezzo e la nocpssità di essere
sogni, $ sa È ‘parte, perchè il 7, avversario ha et di convincere
l’uditorio del contrario e lo tenta in tuttii modi. dos ra
: Le orazioni sacre — specialmente le omelie — ic essere in stile
piano ed affettuoso, i sacri | testi non debbono essere citati con
soverchia abbon- danza, nè in modo assoluto mancare. Tenda
l’oratore a combattere ogni obbiezione possibile, a non lasciar. 3.
- ‘adito di sorta alla contraddizione; elevi l'animo degli —
uditori con le consolazioni della fede, cogli esempii dei
favori ottenuti dal cielo; conforti additando i sen; 1 3 tieri della
speranza; ferisca i vizi del secolo non con i | SS RIG declamazioni, DEE
o lungaggini, ma dimo- 3 | strando luminosamente com’ essi conducano alla
per- | dizione e non invada poi mai campi non suoi, entrando d È in
argomenti profani, ma circoseriva il suo dire alla’ x i I
| materia sua. Procuri di dimostrarsi sempre pio,
virtuoso e 88°) piente 6 traduca assolutamente nella pratica della
sua i vita quotidiana tutti i precetti Lr dal Rote So
us L’ eloquenza Politica 0 civile tratta
dell’ammistra zione dello Stato, delle riforme delle istituzioni,
di quanto concerne insomma Il pubblico bene. L’ oratore
civile deve usar e una grane chiarezza, sorosa ; deve
avvalorare il @, non cadere in continue resente la eravità dell’
as: prosperità, il miglioramento il popolo per indurlo a
qual. che importante ri Ì 0 per rimuoverlo: da qual dI divisamento,
è ; rtante saper ben muovere gli ’attetti. Cc0, a titolo di
Curiosità, quel che scrive Edmondo De Am Amicis, di
Castelar, uno dei migliori oratori spagnoli TEA DE E ASOTERAE
vince e trascina amici n torrente n: nemici con u di poesia
e di questo Castelar 7 noto in tutta Europa, è veramente |
‘a più completa espressione I ge il culto della dp di
7 la sua eloquenza è musica; il suo ragionamento è
schiavo del suo orecchio; ei dice o non dice una cosa, 0 la dice in un
senso meglio che in un altro, secondo che torna o non torna al periodo,
ha un’ armonia nella mente, la segue, la obbedisce, le sacrifica
tutto quello che la può offendere; il suo periodo è una strofa;
bisogna sentirlo per credere che la parola umana, senza misura poetica e
senza canto, sì possa avvicinar così all’ armonia del canto e della
poesia. È più artista che uomo politico, ha ‘d’ artista, non ma il
cuore; un cuore di fanciullo, inimicizia. In tutti ‘i suoi nelle
Cortes non ha solo 1’ ingegno, incapace di odio 0
discorsi non si trova ingiuria; mai provocato una seria questione
personale; non ricorre mai alla satira, non adopera mai 1’ ironia ; nelle
sue più violente filippiche non versa una dramma di fiele; a prova
che, repubblicano, avversagio | di tutti i ministerì, giornalista battagliero,
accusatore osercita un potere, © di chi non è ‘ fanatico per la
libertà, non s'è fatto odiare da ‘DO: suno. E però i suoi discorsi $i
godono e non Si to: mono; la sua parola è troppo bella por esser
terribile; ingenuo perchè ogli possa eser- il suo carattere
troppo 1 influenza politica;, egli non sa armeggiare è buono che a
pia DE e questa n'è un perpetuo di
chi eitaro un? tramare e barcamenalsi; egli non
orande, è t e al lendere; la sua
eloquenza , quando è pui Ol Sere ed a Sp TS cuni L enera; i
suoi più bei discorsi fan piangere. ra; i ‘per lui la Camera
è un teatro. Come i pocti MIMO ‘visatori, per aver l’ ispirazione piena e
serena, egli ha 1 2 bisogno di parlare a Quella datà ora, in quel
deter: minato punto è con ‘quél certò tempo libeto dinanzi. Ùa sè.
Pèrcid, il giornò che deve patlaré; prende le sue, ILE misure col
Presidente ‘della Camera; il Presidente die i spone în modo thè gli
tocchi la parola quando lè ‘tribune Soho affollate e tutti i deputati al
loro posto; il Î suoi giornali annunziatò la serà innanzi il suo
die scorso atfinchè le signore possano procurarsi il biglietto;
‘egli ha bisogno d’aspettazione. Prima di parlare è in- ‘quieto, non può
posare uù istànte, entra nella Camera, esce, rientra, torda al discire,
gira pei corridoi, và. ci biblioteca à Sfogliare un dibrò, scappa nel
caffè ‘a bere un Biechier d’acqua, par preso dalla fe CATE sembra
che nòn saprà DR due i, 7 do rà Tidere, che si farà fischiàte ; del
suo discorso non gli Timane una sola det ludida nellà mente, ha
confusò | tutto, ha dintenticito tutto. Come | gli domandano
sorridendo gli amici. va il polso? i ; po Giunto il mo
SOLA solenne, sale al suo banco col capo basso, tire: SUANL, pallido,
come un condannato che va a RR assegnato a perdere in wn sol giorno la
gloria Ae: oria com _ Ù È ; paro ti
- (uistata in tanti anni e con tante fatiche. n fù: to mento i
suoi stessi nemici senton pietà del suo » stato. volge uno sguardo
intorno e dicesi — suo coraggio si rinfranca, la. sh
N° Egli si alza, Seneros! — E salvo; il 9) mente si
rischiara , il suo discorso gli SÌ ricompone | testa come un
arietta dimenticata; il Presidente, | pros, le tribune spariscono; egli
non vede più che. o do05 non e DIRE CHO la sua voce, non se ente
Ta cose: « to non I più ii i ni iu Di c peo geuti e Pisi lontani
slo. nol Sua mai i aa "inter romperlo; egli fa balenare
a suo bell’agio Dim pagine cala sun MER a VEE da PINCO e coro
Qr N così vestita, n ioni bella anch'essi; © astelar è sienore
dell’ Assembléa: tuona, sfolgora, strepita e scintilla come un
fuoco d'artifizie» AUisgae i strappa grida di
entusiasmo, i TUR, immenso | Deguie d' po o seme EROE
testa in visibilio. Tale è questo famoso Castelar, pro- fessore di
storia all’ Università, fecondissimo serittore di politica, d’arte, di
religione ; pubblicista che raz- zola cinquantamila lire all'anno nei
giornali. d’Ame- tica, accademico eletto ad unanimità dall’
Academia espanola, segnato a dito per le vie, festeggiato
dal popolo, amato dai nemici, giovane, gentile, vanerello,
generoso, beato >. L'eloquenza forense è quella del Foro o
Tribunale. Il Cantù così la tratteo:o cD 3 Ì Demostene
presenta la perfezione del talento d° av Sai € vocato, l age «
sione, | accortezza del ragion « del sofisma, l’arte di con È
D « É modello della br vc che io ce Ri pt Una prodigiosa
fecondità di prove Mezzi, Ì A i Ta ] e di non tendere che alla
sua sa, la quale cogli Svolge in tutti i versi con in-
leloquenza orale, l’ eloquenza di viva sa n | Tnt contatto
immediato col popolo La pci di ; che spesso toccano ciò che vi ha più AA
Ri i Xabe umano, e talvolta più politiche che giudiziarie. È: È ivi
che essa si trova faccia a faccia col popolo FORA presentata da dodici
cittadini eletti a surte, che 0gel. son vostri giudici per tornar domani
quel che erano Jl giorno avanti e confondersi col popolo a eni
IPRULSE tengono e di cui partecipano a tutte .le opinioni. E ivi
dove Peloquenza ha un Campo v riceverne tutte le impressioni, a
subi zioni, tutto il potere. Il Vero € impossibile, negarlo 3 Si
trova solo alle assise ed è ivi che le anime elette riporte da
lusinghieri e Più sinceri. Nej per l’eloquenza, si è legati,
il votante, la rielezione. ergine, pronto a rne tutte
le sedu- Liù ampo dell’eloquenza, è E IE dI andato
alla Camera ne e da cui egli spera e si vota per tutto a
tali più Seduee i cultori, pel partito che
h che ve lo mantio Alle assise invece Vi e leloquenza può
strappar si AUindi sarà sempre il campo Auenza e pe suoi
verace impressione, giudici, Ivi. hte per l’elo-
del L'eloquenza accademica abbraccia argomenti scien:
tifici e letterari; son discorsi recitati generalmente nelle scuole,
nelle accademie, in adunanze di uomini — colti. Le conferenze
scientifiche o letterarie sono oggi abbastanza in, voga, ma riescono
sovente assai mono- tone, perchè il conferenziere manca di brio, di
spirito; | ed usa un linguaggio troppo astruso pei profani.
Simile all’accademica è Peloquenza polemica. x
x ori on INTRODUZIONE CONFERMAZIONE 0 sostanza
CONCLUSIONE o chiusa. GUSiRi a lor volta | si RO Pi 1
INTRODUZIONE in ‘incipio o esordio — che ha per iscoperdì i
dla benevola attenzione dell’ uditorio mostre | importanza, la ‘novità,
1” Uta, ola P del soggetto. : ne — colla quale si onu
olgere. TA n DI aha O'CELtO DI definizione —
celvè, quella che delimita il soggetto è o serve Q quindi di
complemento alla proposizione. i partizione = colla quale sì stabilisce
la divisione che: si darà al discorso, sì annunciano i punti
salienti del medesimo, o gli oratori a cui separatamente: si
risponderà, se sì tratta di una risposta. La Coxrenmazione è la vera
sostanza del discorso e. consta: — della narrazione o
esposizione del fatto che è causa Î del discorso. Da | della
descrizione — delle, qualità intrinseche inerenti. °° {$}W n al soggetto
trattato. o delle relazioni = o rapporti di confronto ch’ esso ha.
as con altre cose. i | Tela dimostrazione — ch'è la parte deli
discorso de-- stinata a convincete 1 uditotio. i La cimusa
finalmente si suddivide in : conclusione — brevissimo riassunto di
quanto. si; disse. nella dimostrazione.
ricapitolazione — ripetizione sommaria di tutte poI cose, ;
esposte. «NE i Me perorazione — punte destinata a commuovere
1 udi: dia torio. ST: consistente in LRocHe Elo destinate a
rin: CAPITOLO IV. 5 TRSCE i ceri
STATA Vo) Jolgimento. di lle parti del discorso — |
Introduzione - Esordio. studio principio esordio per
insinuazione di | esordio ez-abrupto tà di esordio principio, o
meglio prcemio, ui né UR accennare l'argomento Senza COR nè. UE: di
pa- i Sia i benevolenza e magari la di i fi ascoltanti.
Tante. volte non tutto questo ci occorre. Sovente siamo certi dell’
attenzione. del pubblico, lo vedian pes pender dalle. nostre no È ten 0
e è inutile e nociva. Nociva, perchè l'esordio ha da esser
breve, di una brevità proporzionata al discorso, ma È . nza
riciri è fronzoli inutili, Un esordio troppo f
semprese a sospettare povertà di argomenti nella . lungo
induce sostanza del discorso. È Altre volte può accadere che
della benevolenza dell’ uditorio siam sicuri, e non ci rimane
altro che ‘ accaparrareene l'attenzione. csi
Ecco qualche esempio di questo penere d'esordio. Di e Ho da
parlare dell’uomo; e 1’ argomento che Studio mi avverte che io debbo parlare
a uomini; | poichè non si propongono questioni simili quando si
tema di onorare la verità. fo difenderò adunque con confidenza }a causa
della umanità innanzi ai saggi che a ciò m invitano, e non sarò scontento
di me Stesso, se mì renderò degno del mio argomento e de?
Imei giudici ». t] (Roussrau — Discorso sull’
origine © fondamenta della ineguaglianza degli uomini
[17583]. i Signori, era mio divisamento di aspettare che la
a degli oratori iscritti contro il trattato fosse vicina . LS prima di
chiedere la parola, onde non N essere costretto ad
abusare della vostra sofferenza sorgendo per due volte a parlare;
tuttavia gli attae chi contro il trattato furono tali, le insinuazioni
contro la politica ministeriale furono di tale specie e le ini i
terpellanze e le domande furono così numerose che | 3 ‘jo estimerei di
fallire a quello che debbo alla Came «a quello che debbo agli oratori che
mi hanno prece: DIRE duto in quest'arringo, a quello che devo al
Ministero — e a me stesso, se io aspettassi più oltre per sorger “a
difendere la politica ministeriale ed a ribattere le accuse di cui fu
fatta segno. > x Cavour — Discorso alla Camera 6 Febb.
1855. NI 2 ( Signori, vi ringrazio di quoste
accoglienze ( «che mi confortano; dacchè (non vel nascondo) mi levo
a parlare oggi senza trepidazione. Alle. , della parola non sono più
nuovo; ma io non ho que maniera semplice , domestica, casalinga che
{senz essere didascalica) ammaestra € diletta , ou è t tt ‘minzione
di forma e di affetto; non quello stile smt “gliante che, nutrendosi
d'immagini, di motafi re e di antitesi, commuove e trascina,
ferisce e risana DA Gua neppure quello scoppiettio «i frasi,
quel fosforo nel I hf x RE sia gorgheggio peo) ch'è rop
Di ì pra Men 90 } sto Gircolo, al quale mal si
ad: oncitata ed a sbalzi che alenni oratori di que
dice il tumulto d' una parola e pare eloquenza nelle assemblee
popolari. c Senza che; o signori, quando i0 penso che da que-
sta tribuna voi avete udito il fondatore del nostro Circolo,
Francesco De Sanctis, il cui ingegno critico è ammorbidito dal cuore, ed
altri illustri cultori delle scienze e delle lettere; sono indotto
a dire a quella egregia signora (1), la quale mi ha spronato a
parlare: se la punta del rimofs0; come cosa nuova vi alletta;
sarete certamente paga dopo di avermi ascoltato. Le. gentili pressioni mi
hari vinto e se il Bonghi, che ha anni parecchi più di me, fion seppe
dir. no ad una Signora, sono io in colpa il’aver detto sì?
(Coxrs G. Capiniiivà — Conferenza. al Citeolo Filologiéo di Napoli —
8 maggio 1880); « Se invece che un modesto . fossi în
questo momento un È del primo grido del bamb linanzi,
n i i] RI VOL cultore delli medicina, io poeta, potrei,
parlandovi I > . » e mo che nasce, farvi sfilare
ente di immagini vivaci, tutti i sen” R (1) La Baronessa
Manin LIO, ‘amna Dé Riseig Guevara, dei Duclif
b> li eat Ga aaa ni PS
o A cis ‘tuosi, SE animo. » -
Conferenza del dott. Cesari CATTANEO: L'esordio per insinuazione è
quello in cui si nas : RAS ca tutta prima la propria opinione e la
si vien di se ne aggiunge | Roussn scienze
e AU — Se il ristoramento delle delle arti abbia
contribuito a purificare i e Ostumi — 1750.
ANIME IETORAE « Veggo, Ateniesi, gli affari presenti pieni di
diffi | denza e Do porelia molti sono stati negletti, | senza che
sia riuscito profittevole il ben parlare; e [i ogli altri si discordano
gli oratori, perchè chi ìla intende a un modo e chi a un altro. È il dar
con- | siglio, che è cosa per sè molesta e difficile, più difficile.
96 EA teniesi, la rendeste voi. Imperocchè tutti gli altri — E È
omini sogliono consigliarsi prima degli avvenimenti, w i Voi dopo di
essi. Di qui nasce che per tutto il tempo — 3 che mi torna a mente,
1 riprensori dei fatti vostri ta o riportato lode: di savi e sinceri
parlatori:. ma le asioni più utili vi sfuggono. Contu ttociò, dopo molti
| : pensieri, mi levo a parlare confidandomi che ove VOTE
gliate, lasciati i tumulti e i contrasti, sato sa
La ascoltar me come | dice a chi sta per deliberare sopra
negozi di tanta anza, io farò tali proposte da migliorare le cose.
Do senti e da ristorare i danni procurati di a
iugfenor he = DasosmENE - — Orazione intorno alla Pheosi
VISSE esordio ex abrupto non è. veramente un ‘esort io
| perchè i lascia da parte. qualunque preparazione d Ì si
prorompe in ‘eselamazioni repentine. De ‘Eccone un esempio. «
Avrò dunque io durato tante 00 Ù messomi i tanti IE per disfare, e
e non iFieupara la p ASP li _ 0
italiano 0 toscano, ma fioren- tino e antico fiorentino , patità l'animo
di veder con questi occhi abbatter fe mura di Firenze come se
fosse Dl: un ignobil castello? | mia Ka me, non dic
Ta FARINATA DEGLI UsrRtI — Dalle « Storie Pa Piorentine » di
Scipione Ammirato. - Nell’esordio si usa sovente la diminuzione,
che ha luogo quando, a schivare la taccia di persone vanaglo- (0)
riose, sì dice meno di ciò che si vuol far intendere. n! «€ Se non sono
affatto privo di ingegno, 0 giudici — e he Sento quanto
tenue esso sin — ‘0 se alcun eser cizio di ragionare ecc, >
CICERONE — Oraziorie a difesa d’Aulo' Licinio Archia poeta).
EM dda Credere, che Voi, 0 giudici, maraviglia | Prendiate, onde
ciò sia, che tanti oratori sommi ed uomini o stando assisi, io,
anzi che altri, mi | sia in più evato. ire È A Ò P , Vale a dire
colui, che nè d’età, nè n ; d ingegno, Dè d’autorità sono
dla esser posto con questi, che siedono, a paragone. » si
Se, come, e fin dove nteresse comune l’opera sua 5 (a
) Ministro BARAZZUOLI a Genoy DA 2) DALLE CIRCOSTANZE DI
LUOGO. « Signori — il vostro egregio presidente, marchese.
srancesco Carega di Muricce, che non dirò vecchio i mio amico, perchè in
lui perenne è la giovinezza dello spirito, invitandomi a questa
conferenza, mi ha provato, — ch'egli fa a fidanza con la cortesia e
l’indulgenza di | tutti voi. Ed io, per esser cauto, avrei dovuto dir
no si all amico mio troppo audace: ma il pensiero mi corse sia
queste ridenti contrade, alle quali mi legano tanti. ricordi della prima
giovinezza, ed eccomi innanzi a Li invoco Monsall e SERI Ea uditori.
Qui, N È ae declivii Cavensi,, venni spesso neg sia anni.
{miei primi, e la dolcezza di quelle primavere e edi quegli > autumni
qncor dentro mi suona. Trassi così, da co °° | contemplazione del bello,
l’abito, che non ho I, più solitudine del pensiero,
rinfrancandomi, tra DE pur | gioie dell’arte, dei dolori e delle lotte
politiche. E ripensai anche, o Salernitani, alle vostre 8
arie e a e pa ai o de 10 600) % LI,
dl So 40 voi liberamente di eletti studii
e di nobili imprese. Della vostra Salerno narra Livio, chiamandola -
Castrum Salerni; il che prova che forti rocche dovevano custo-
dirvi anche prima che, a tenere in freno i Picentini, parteggianti
per Annibale nella seconda guerra punica, fosse tra voi fondata la
colonia romana, della quale Scrive Strabone. Antichissime le vostre
origini, si perdono nei vestigi delle Colonie Tirrene o Pelasghe; e florida
città foste, dopo la longobarda conquista, chè Paolo Diacono vi
annovera tra le opulentissimae unbes della : SERRA Campania,
insieme a Capua ed a Napoli mi a. Io ripensai, 0
Salernitani, alle gloriose iniziative ecc 5-9) (Conte
G. CaprrebLi — Conferenza nella sala dell’ associaz.
liberale democratica di Salerno). L’ austera maestà
di Gheorora gi diffond quello che ci circonda parla
troppo cloquentemen del grave lutto che ha colpito la diletta nostra
Patria. Sac. Dott. LuonELLI — Disconeo i commemorativo. pei
caduti. dip Amba Alagi. JES ni Dari CIRCOSTANZE BI
TEMPO. wi | Dott. |Doxvivo Noskvzo, i, tenuta
alla scolaresca riunita in Borgo sesia nella ricorrenza Gul 50.
ann. dello — Re ca } Ù la DAGLI UDITORI. n nOi
RI NA CaTSono l’esordio da tanti de asconani
“come ‘soleva a mò d’esempio praticare Cicerone è op, piene:
eo se sono DE peg: ‘Gobi s6 CO 0 ig come. UO: t ce nelle
assemibloo. i EOSONE c Benchè tra voi mi paia veder molti aver
Ta mente sì calmaela fede sì ferma e l’anima sì devota che per la |
presente calamità non si muova o turbi, ma a guisa di duro scoglio sia
più tosto atta a rompere le tempe- stose onde di que:to mondo che
lasciarsi da loro muo- vere e travagliare, e che queste impetuose
tentazioni | Siano piuttosto per chiarire la vostra virtù che per
tur- - can barla, pur nondimeno vedendo alcuni ecc. » "e È
SF S. CieRrIANO - Discorso al popolo in cupo di POSERO 3
-5) Da ca ct Ha PRECEDUTO NEL DISCORSO. cA voler fare il
mio debito, mi i converrebbe Du far altro stasera, che ringrazia
re il magnifico M Pietro E delle parole onorevoli,
che per sua cortesia ha dette di me, e laudare la sua magnificenza. ‘del
dotto e caldo fficio, che. così è Sprovvedì favore
della liber tà. z - ‘atamente ha 1 fatto a BArToLOMEO 7
Seta Orazione: nell Accademia. degli Uniti in Ia sa
6) Datr/ csATORE tino. » Jo devo l'onore di parlarvi a
quel. carati er SER | mità con cui i miei concHiadins
vollero i ii da un Mi; col on voto a A in Consiglio. uo
"USE (EDO arno mi a G cca “madre di Vonezia, diede le i
velio, i — questa. fiducia con cui Governo, Provincia e Comune mi
consegnarono IE immensamente duraturo e l’immen: — iam fragile, mentre |
mi ic mi a di a ch or _ ‘Das nella sota si cinpertura del Ho
di a SR : >. d'eta = ia Dar ‘SUBBIRTTO. IN,
DiscoRSO dell Memore È dA TRS Che ìl tema Î
quale e d ni. Le discepoli, rinnovelli in voi i nobili ent usi RO
iS le vibrazioni all'unisono del sentimenti La Ò procuratevi
dal facile oloquio, dalla copia «li dottrine SO leggiadra parola e dal
garbato. put dre. de — dd egregi Colleghi che mi
precedettero in queste confe renze, non lo sperate. «Non vi
intratterranno oggi eroiche azioni, grandi imprese, generose iniziative,
sublimi ideali. Il compito mio è più umile e più modesto, come più
austera è la scienza dei numeri, e chiacciato è l’aere che d’at- torno
vi aleggia ». SI «Buzzi — Conferenza sull’ insegnamento
dell’ aritmetica). ( Dispiegati alle patrie aure savonesi, 0
simbolico prezioso vessillo. Tunonandrai colla gloria delle
battaglie i 9 4 . . Ù accrescere l’alloro degli eroi e le lacrime
delle madri. È Ta a mari procellosi e terre lontane, Ma come
omestico palladio ra lerai Î "a È i ecoglierai a te d’imtorno una
nume- 1 gia di gente che lavora e vuole che gia tant prospera
quanto è SERRE uanto è bella la terra in cui siamo nati c Allarga
le ali tue, o vessili di sotto di esse, quanti pensano o
diletto, e si abbraccino © studiano per l'umano e
segno; i e ad ess nipoti È che il popolo savonese non
conosce le è uni le Imvidie; chiede. “dei
È AG È A 5 LAN solo giustizia. per i suoi traffici e
per i suoi ce nè. ad altre gare si accinge. che non siano quelle
desti". 7 nate a rendere, colla gagliarda e onesta ; Cono a
più fiorente e Yigorosa l'economia nazionale. e “a Eco Mostrati ,. 10
patriottico vessillo, a o Dean SORBCE. “grande patria italiana sono amici
della civiltà rivendica Gamperta. — Discorso al Corpo
Legislativo. 9) DA UNA 0 PIÙ COMPARAZIONI. Ri.
c Chiamato dalla fiducia, altamente lusinghiera per me, cli questo
onorevole Comitato dell’Accademia di scherma fra i dilettanti delle
quattro scuole di Venezia, all'onorifico incarico di tenere una breve
conferenza che serva di prologo, dirò così, alle brillanti frasi
scher- mistiche che stanno fra poco per scaturire dai rino
colloqui fra ferro e ferro ; io volgo estatico gli occhi ame di ; per
jono di religiosa “dai d intorno, per contemplare, pieno di
religiosa Ammrazione, questo meravi i a di cui ogni pi
glioso monumento parlante etra attesta una vittoria e una
conquista el Y . UN { i g RI Mare immense dove i Veneti
oscurarono la gloria dei Fenici e de lo scettro e vi »
Cartaginesi, dopo averne ereditato lè sno ali vit Umpero; spiegando il
leone di S. Marco È di i di 0 su tutto l'Oriente, fino alle antiche
oe taMmani; ; FE i Mo Mentre Marco Polo conquistava, mo. su
qu ralmente, l' impenetrabile impero dei Mongoli e dei fgli
del Cielo. Allora la mia mente trasognata e in balia (li quelle
astrazioni telepatiche che divagano nel mondo N deifantasmi,sitrasportaa
quei tempi gloriosi del medio È cvoitaliano, ovesi vedevano come dice
l’Alichieri: ò È . Cavalier mover campo iù E cominciare
stormo, e far la mostra, 3 y Ò e gir gualdane, Ro Ro Ferir
torneamenti, e correr giostra, si ; ss Lal i R RA — Quando con trombe e
quando con campane, | i | Con tamburi e con cenni di castella,
pio3, E cose naturali e cose TSHRLOI pr “e sa LE a
Liza per SA un SRI una sci: rp: Un fiore, i STINO Quindi, nel
vedere intorno ame questa gentile corona | cli vaghe dame, di vispe
donzelle, di baldi giovinotti, i - di proceri maestosi e di brillanti
ufficiali, e contemplando questo azzurro cielo che è sempre stato il
sogno | poeti e dei pittori dì ogni nazione: suggestionato il i A
Spirito da quest’ ambiente paradisiaco, dove gli ettl | marini sì
confondono con 1 olezzo edi profumi che i traspirano dal vago sciame
femminino, paemi a essere a DR ato — come il RA E Ra
48. a mia festosa Provenza — coronata di mirti è d’olivi come
l’Argolide dei poeti ellenici gi dsl stere ad una di quelle corti
d'amore. 0 o È quei ludi floreali, dove tutti i maestri della g@%4
SH vili d’armi in amore, trovatori, menestrelli accor-
niono, nell revano per le prove del loro sapere nella giostra,
nella quintana, e nell’improvvisare lai, madrigali, coble,
serventesi e romanze. Cav. Dott. ALzeRTO Couennt —
Conferenza sul tema Lu scherma nei poemi epici del Tasso e
dell’Ariosto tenuta a Venezia nel cortile del Palazzo Ducale.
10) Da UN DETTO 0 ESEMPIO ILLUSTRE. un pensiero: il
bene all'ultimo respiro la vita al allo studio di adempiere la sua
missione ». Questo è il giudizio che S.M. Margherita di Savoia ©
orante nella suà fede rac- uesto stesso è il giudizio che ©
pronunciò col plebiscito di gno, di rimpianto. alla me- di
esecrazione all’assassino. Commemorazione di fatta dall'on,
H € Amb il popolo; non ebbe che della patria; sagrificò
fino dovere ed piangente sul cadavere Chiusa nella
preghiera; q Il popolo immediatament Commiserazione e di sd
Moria dol Re, S..M. il Re Umberto ACCHI a Cremona.
TTORD S « Signori — Vincenzo Gioberti scriveva al
Massari da Parigi: « Il vostro affetto vale per me più di quello di
cinquanta Principi e cento Ministri » ed in queste parole dell’insigne
filosofo si scorge l'armonia di lui, | nel pensiero e nelle aspirazioni,
col patriota napole- È i tano. Del Massari si può dire ecc. » È
Conte G. CAPITELLI. — Commemorazione x \ di Giuseppe Massari fatta
nella Sala $ ) Die Vega dell’ Hotel Royal di Napoli, E ch marzo
1883. E 1000) DA UN'APPROPRIATA CITAZIONE. «PRG
5, Sia per la entità del programma e la sua estensione , che
si può dire abbraccia tutto ciò che all’ igiene degli alunni
e della scuola si riferisce. Ma nonostante ciò to mi sforzerò di
corrispondere all’ impegno assunto nel modo migliore che mi Sappia,
facendo pure asse: È gnamento sulla vostra indulgente bontà. » i
DEFINIZIONE « L’igiene della Semola, di vista
generale, comprende, fisica, vale a dire, 1° igiene d nei loro
rapporti imi priamente detto, o l’ igiene Morale, cos
gogica, ossia | ice Considerata. da un punto: da una
parte 1° igiene egli scolari ‘considerati nediati con il mezzo
scuola pro- ® dall’altra, igiene intellettuale e ne uu i,
studiati nei loro l Sistemi di educazione, VIZI giò . È
sa « Quest IgIche pedagogica “mergerà da tutto cid che io esporiò
relativamente allo svilupp fi ‘o i bsicologieo del bambino. 11 Pesto
della n si _ Bogica, propriamente detta, i sarà trattato con
la dell'igiene fisica dei fanciulli, in quanto ha rapport.
p: con la scuola, e della igiene della scuola in quanto di questa
esercita. la sua influenza sulla salute degli scolo: ) = Sio
(PAAIZIONIE LR n a “ doo adunsue è lo scopo no sì ì prefigge
Programma stabilito. dal Regio Ministero e | che i Eb svolgerò
nell ordine seguente ecc. » VI QI a doo 3 n 3 È 5 sr
per îe; natura dell vo =.cic si che lo RI di essa è dele ul ben
delineare w Lon Ù intenda i in dns (be troppo ristro "
Ren Da breve i) da Pe —' | pure; el: La partizione, lo abbiam Mo
no, i | Simo; serve per annunciare i varii punti in cui sì
di- - viderà il discorso. Deve farsi in modo che ogni parte «di
essa sia ben distinta ed ordinata, di guisa tale che o serva di intelligenza all’ altra, giovi
alla memoria: di chi dice e di chi ascolta e sollevi il pubblico dE
un attenzione continuata facendolo riposare a brevi - si
intervalli. Nella partizione dev esservi anche una certa progressione, di
modo che il convincimento, la | persuasione vada costantemente crescendo.
La partizione è inutile quando il soemetto è sem- | plice di sua
natura. | Ecco un chiarissimo’ LA
esempio della definizione. Prop OSIZIONE c Farò
arcomento dell della digestione. > / a odierna conferenza
|’ iolene FERTATZAA Derrn1iz LONGO) Ra € Digestione Sì
chiama | ti introdotti n conservarlo eda
CR Rousspav Discorso que
Segna politica. la Ego c dc Ed
ceco un esempio semplicissimo della partizi « Per rispondere, o
signori, io non seguirò pass i | passo ì varii oratori che hanno ES il
trattat giano questo; sistema mi costringerebbe a moli |
lipetizioni, m ma vedrò di fare in modo di non “che nel complesso
del mio dire rimanga senz «alcuno dei principali argomenti de’ mici
uv i € Onde la Camera però possa portare | | giudizio sulla
politica del Ministero, io mi Ia gore ANTA di farvi dapprima
una breve e succinta relazione delle negoziazioni, e di dirvi quindi i
motivi che hannoind il Ministero ad accettare il trattato, per pi
endere ultimo ad esaminare gli appunti che contro il
tratta: | Sono stati diretti. > i E nie
VAPITOLO VII. Confermazione eniaMo ora alla sostanza
del NA: TURANZALO Nea n: ._ La narrazione è il
racconto dei fatti ©. nella, forma. più adatta a persuadere. i Po
La narrazione qualche volta si ommette, e cioè î Pe quil: fatto è stato.
SSRRISICOE narrato da gua n cche c noti che si i ‘stiporfiuo. cia
Que invece alla narrazione sì x Dai un — 02 — i
La narrazione oratoria differisce da ogui altra: il dire dell’
oratore è più largo, figurato e COLDEO, non solo, ma non tien conto
nell’esposizione «del fatto che dlelle sole circostanze che giovano al
suo intento, ogni volta che, senza alterare la verità, può ommettere
0 appena accennare le altre. La narrazione oratoria deve
esser condotta con grazia, per quanto il com gravità dell’
arzomento » mettendu con accor bella luce le cose favorevoli
all’assunto dell? oratore. Il quale deve tener presente il detto antico:
Quis; quid; ubi; quibus auriliis; cur; quomodo; a? dove? con quali mezzi?
perchè? in qual modo? Tuando?) e cioè che un fatto è suscettibile
di produrre Maggiore o minore Impressione : ci Quid) dalla qualità di chi
lo compie, dalla sua Map 0 SEO da altre doti di lui, vuoi
Quis) dall’essere "appresentato vivamente Ubi) dalle circostanze
di porta la tezza in Privato,
Quomodo) dall a maniera in Quando) dalle Cui
Seguì circostanz e di tempo (luce, buio, giorno
LESINA n fatti consimili e commenti relativi; “i AE Rd
gliate o principali deli LIuiob dl mezzo TA d5;
E vediamo ora quali siano le fonti generiche ria qualunque
narrazione. ‘It Pri ]. ORIGINI, CAGIONI DEL FATTO 2. RAGYONTO
SOSTANZIALE DEL FATTO (7022140 presenti | 7 7 elementi
suindicati) 3. LE CONSEGUENZE DA ESSO DERIVATE; de 6 4. DIFFERENZE
che si riscontrano nell’ esposizione del - fatto per parte dell’ oratore
dal racconto stesso. come venne esposto da altri; ; 5.
SOMIGLIANZA, Ossia paragone del fatto in parola con 6.
AMMAESTRAMENTI Che se ne ritraggono, | | de: Con quest indice
qualunque persona di discreta col t; tura deve saper.raccontare in bell’
ordine un fatto | qualsiasi. Quest” indice gli deve far. iscaturire le
idee, fornire i materiali di una narrazione Ri efficace, —
ordinata. NES a i ph Prima di chiudere questo
capitolo. amiamo. dare un È esempio del modo di rammentare, colla maggior
faci lità possibile, sia le circostazze di un fatto S sia il sezso
di uno squarcio qualunque. di prosa © poos ‘ome anche di un intero
discorso. Rin * In un fatto storico non importa al lettore
letteralmente le parole, ma solo le circostanze — 6B4
— che noi possiamo suggerire è quello di farne analisi col
verso sopra indicato (Quis; quid; ubi; quibus auzvilite; cur; quomodo;
quando) abitualmente applicato dagli oratori alle diverse parti del
discorso, e nel quale si ritrovano tutte le circostanze possibili di un
avveni- mento. > Serva d'esempio il racconto seguente
estratto dal libro VII delle Storie Fiorentine: - La morte di
Ga- leazzo Maria Sforza. € Mentre che queste cose nei modi
sopra narrati tra il Re ed il Papa, edin Toscana si travagliavano,
nacque in Lombardia un accidente di maggiore momento, e _
CHE fu presagio di maggiori mali. Insegnava la lingua latina ai primi
giovani di Milano » Cola Mantovano, uomo letterato ed ambizioso. Questi o
che coli avesse in odio la vita e costumi del duca, 3 che nua altra
di tesa, erano Giovanni Andrea ti e Girolamo Olgiato.
Con essima natura del principe fidenza dell’animo è
volontà che li fece giurare che come la loro patria dalla tirannide
d- di quelli giovani venne, per l’età ei potessero,
Ie quel principe sibererebbero. — Sendo” ripieni adunque:
a questi giovani di questo desiderio, il quale sempre ui: cogli
anni crebbe, i costumi e modi del duca © di piusni le particolari
ingiurie contro a loro fatte, di farlo man- «lare ad effetto
affrettarono. Era Galeazzo dissoluto e crudele, delle quali cose gli
spessi esempii l’aveano fatto odiosissimo, perchè non era contento far
morire gli. uomini se con qualche modo crudele non gli ammaz-.
zava. Non vivea ancora senza infamia d'aver morto la madre, perchè non
gli parendo esser principe, pre- sente quella, con lei in modo si
governò, che le venne voglia di ritirarsi nella sua dotale. \ Sede a
Cremona, nel quale viaggio da subita malattia presa, morì. Donde
molti giudicarono quella dal figlivolo essere — stata fatta morire. Aveva
questo duca, Carlo e Giro- lamo disonorati, ed a Giovannandrea non avea
voluto | la possessione della badia di Miramondo, stata al suo |
propinquo dal Pontefice rassegnata, concedere. Queste | private ingiurie
acerebbero la voglia a questi cloni vendicandole, dì liberare la loro
patria da tanti mali. | Deliberatisi dunque a questa impresa,
ragionarono dlel tempo e del luogo. In castello non parea. loro sì-
curo; a caccia, incerto e pericoloso; nei tempi che quello per terra giva
a spassi, difficile e non riuscibile; no conti iti dubbio. Pertanto
SERBATOIO in. ‘qualche io pompa e pubblica festività
opprimerlo, dote fussoro certi che venisse, ed eglino sotto varii colori
vi po tessero loro amici ragunare. Conchiusero ancora che sendo alcuni
di loro per qualunque cagione dalla corte ritenuti, gli altri dovessero
per il mezzo del ferro e de’ nemici armati, ammazzarlo. c
Correva l’anno 1496 ed era prossima la festività del natale di Cristo; e
perchè il principe, il giorno di Santo Stefano, soleva con gran pompa
visitare il tem- pio di quel martire, deliberarono che quello fosse
il tempo erl il luogo comodo ad eseguire il pensiero loro.
Venuta adungue la mattina di quel santo, fecero ar- mare alcuni dei
loro cendo voler contro la vo più fidati amici
e servidori, di- andare in aiuto di Giovannandrea, il quale
glia d’alenni suoi emuli voleva condurre nelle sue possessioni un
ae quedotto, e quelli, così ar- Dist, al tempio condussero 7
allegando voler avanti partissero prendere licenza dal Principe. Fecero
ancora Venire in quel Inogo sotto v AMICI e congiunti,
dun nel resto dell’; duo Gi ridursi con quelli la terra
dove ere- lebe, e quella con. tro alla duchessa cd ai P dello
Stato fare ar- rincipi ia MTAERO i da
— mare e per questa via assicurare loro e rendere la ni d
libertà al popolo. Fatto questo disegno, e confirmata — l’anima a questa
esecuzione, Giovannandrea con gli altri furono al tempio di buon’ora. ed
udirono messa insieme. Al duca (avendo a venire al tempio) inter-
vennero molti segni della sua futura morte; si vestì una corazza, la
quale subito di poi si trasse; volle | udire messa in castello, e trovò
che il suo cappellano era ito a S. Stefano con tutti i suoi apparati di
cap. pella; volle che in cambio di quello il vescovo di Como —
celebrasso, e quello allegò certi impedimenti ragione- . voli. Tantochè
quasi per necessità, deliberò d’ andare È al tempio, e prima sì fece
venire Giovan Galeazzo Ca n Ermes, suoi figliuoli, che abbracciò e baciò
più volte, . non potendo spiccarsi da loro. Pure alla fine
deliberato ; s'uscì di castello e n’andò al tempio. I congiurati, |
intendendo come il duca veniva, se ne vennero ino Chiesa, e Giovannandrea
e Girolamo sì posero dalla — È | parte dest all’ entrare del tempio, e
Carlo dalla si i nistra. Entrò il duca circondato da una
moltitudine | grande come era conveniente in quella solennità ad
«una ducal pompa. I primi che mossero furono il Lam- ‘ | pugnano e
Girolamo. Simulando di far largo al prin: uv se gli SRCOH ORI ‘e OICR a:
De corte ed ll 68- Taipoznano gli dette due ferite, V uma
nel petto è l'altra nella gola. Altrettanto fece Girolamo. Carlo
Vi- sconti con due colpi la schiena e le spalle gli trafisso. E
furono queste sei ferite sì preste e sì subite, che il luca fu prima in
terra che quasi niuno del fatto s'ac- forgesse. Subito il rumore si levò
grande, assai spade si sfoderarono, e quelli ch'erano al duca più
propinquì, avendo gli uccisori conosciuti gli perseguitarono. Gio-
Vannandrea, ritenuto fra le vesti delle donne fu da Un moro.
staffiere del duca, sopraggiunto e morto. Fit ancora da circostanti Carlo
ammazzato. Girolamo Ol- giato pervenne a fuggi Mr Fe ed
andarsene alla sua casa dove non fu nè dal padre nè dai
fratelli ricevuto; solamente la madre lo laccoma ti Saro ndò
ad un prete, an- 10 amico, il quale messogli sue case lo
conduss uoi panni addosso, alle e. iorni ; 3 - Due
giorni dopo, conosciuto, nella Izia pervenne, dove tutto l'ordine
Applicazione del verso & i | hai Sopraccennato al fatto
pre- Quis? Cola Mantovano, maestro di lingua latina, uomo su
ambizioso; Giovannandrea Lampognano, Carlo Vi ‘> sconti e Girolamo
Olgiato. È n Quid? Cola Mantovano detestando in tutti i suoi
ra- gionamenti il vivere sotto un principe non buono, prende tanta
confidenza nell'animo e nella vo- lontà dei tre giovani, che gli fa
giurare di liberare — la loro patria dalla tirannide del principe; in
con- seguenza la sua morte è decisa. Il duca è assas- sinato; Giovannandrea
è sopraggiunto e morto da 3: un moro, staffiere del duca; Carlo Visconti
è ue- ciso dai circostanti; Girolamo Olgiato cade nella | |
podestà della giustizia. si ‘Uni? Galeazzo è trucidato in Milano
all’ ingresso della o chiesa di S. Stefano, ch’è scelto a preferenza del
| i castello, del luogo della caccia, del ‘passeggio, — del
convito: due ferite le riceve nel petto, due de nella gola, una alla
schiena e l’altra alle spalle. > Quibus CUTE Ii armare i iena più fidi
AUS di niro licenza dal principe, prima di andare | in aiuto
di Giovannandrea, che. voleva condur un acquedotto nelle sue
possessioni. Cur? sar liberare la patria di un PRE SEDI
— 70 — uomini, se con qualche modo crudele non gli am-
mazzava, che ha fatto morire la sua madre, che due congiurati ha
disonorati, ed all’altro ha rifiu- tato la badia di Miramondo.
Quomodo? la mattina sentono la messa insieme: il duca non può far
celebrare in castello nè dal cap- pellano, nè dal vescovo di Como; depone
la corazza; non si può spiccare dai,suoi figliuoli. — I giovani
congiurati, simulando di far largo al principe, con armi strette, acute e
nascose, l’assalgono. DA Il duca cade prima che niuno del fatto
s'accorga. Il rumore si leva grande, e assai spade si sfode- È
rano. — Qlci : i È È Olgiato procura di nascondersi vestendo
— 1 panni d’ un prete ; muore con coraggio pro-
atine; mor s_Qcerd : anno 1496, 26 dicembre. (na
. Descrizione € 9 seche inerenti
al 0, tratto considera | i, estesamente e minutamente le cose e le
persone. I principali argomenti intrinseci (che sorgono cioè 4 I
dalla cosa stessa di cui si discorre) sono — oltre quelli ; giù indicati parlando
della narrazione — i. Sede l. LA DEFINIZIONE RARE x
i "da SR o) Lola col del raz | del tutto e di ognì parte,
esternamente e interna 3. LE QUALITÀ REST (materiali pure,
-- NR da esaminarsi in modo ARE O ea x cliamo quì della
descrizione di ciò che Srna DAG a ì gno animale od al botanico. In JUesto
So se ne î Scrivono gli organi e le [oro funzioni e si seguono in
tutti i periodi della loro vita animale o et _ Sarà mai possibile
dimenticare qualche cosa 0 DrORZ (li materia od esporla male, a sbalzi, a
ritroso, se poniamo mente che la nostra descrizione deve
cominciare dal nascere e terminare al morire, com nascere, il
respira; il crescere, il trasfor il morire. prendendo
quindi; il ‘e, il muoversi, il sentire, il nutrirsi, marsi, il
riprodursi, l’ammalarsi, LE QUALITÀ ESTETICHE ne per
enumera Semplicità, elecan 6. LE QUALITÀ’ INTELLETT
zione, intelletto, volontà, e Le qualità materiali v an
di talvolta, alle estetiche tal alt intellettive
sempre. NE (memoria, immagina - cc.) We ù
deine SI È Or ci si dica se con quest’ indice possono far
difetto LE le idee. Certo esso non mette veruno in grado di
parla; «i cosa di cui nulla sa, ma fornisce i materiali per
un discorso ordinato, ricco, pieno; ma rende certi che la parola non può
mancare, che del subbietto si diseor-. verà senza mai perdersi e
confondersi, senza mai alterare ordine. il più rigoroso.
CAPITOLO Ix. Relazioni. sono le qualità
estrinseche, de qua è che sono fuori della cosa dun ina To
parlo a mo? d’esempio di un estro e ne enu le bellezze, quest’è la
descrizione; lo confronto altri teatri, queste sono le SI I
principali argomenti estrinseci sOnO: l. LE LEGGI (relazioni tra la
‘cosa; in leggi naturali, umane, divine, RITA FRZDIZIONE
OSEASGRAMA 4. 1 MONUMENTI (materiali [muti e parlanti] ) —
morali [istituzioni 0 cerimonie che celebrano qualche avvenimento]
) O. I DOCUMENTI 6. IL GIURAMENTO T. LE
TESTIMONIANZE (divine ed umane — rica- Vate dai libri sacri o
profani) 8. LE INFLUENZE (attive e passive) 9. IL GENERE E
La SPEGIE 10. cauSE E CONSEGUENZE Il. TEMPI E LUO due
occhi della Storia) 12. MEZZI E SCOPo* GHI (Geografia e
cronologia, i gli elementi Telazioni colla Cosa in
discorso, che possono fornire va
CAPITOLO X. —_ — Dimostrazione A ©
come quella che si propona di convincere È l'uditorio. Ad essa
molte cure dedicarono gli Goal e molti scritti ci lasciarono al
riguardo. Î ha Ed ecco le norme più IR PeR _ . cloyere della
prova. Nei delitti la prova spetta al P._ % M. ed alla parte lesa; nelle
domande che han per fine. un possesso, un godimento, la prova si addice a
chi la fa; in tutte le asserzioni, la prova si addice a chi.
le adduce. Dunque è nostro interesse, potendo, caricar I
l'avversario dell’obbligo della prova. ì 2. L’ostinarsi a negare ciò che
è innegabile , “SÉ Yidente, nuoce anzichè giovare. In questo caso è
a me- glio cedere spontaneamente. (Quintiliano). ELI —
8 3. Quando non si sa che sos contrapporre al un vittorioso
argomento avversario , i Mio terl». Non potendo confutarlo sp buoni
ut. l'occuparsene non vale che a richiamar 1 RON su di esso ed a
persuadere chi ascolta du > tratta cli una ragione vittoriosa,
irresistibile. Così dice Cicerone. — Quintiliano suggerisce di
contrapporre all'argomento Senza replica, altro argomento di ugual
valore: tutto sta nel trovarlo; che la cosa sia. però possibile Li
abbiamo esempii numerosissimi , Specialmente negli studi intorno alla
patria di tanti uomini sommi (Cri- stoforo Colombo P. es.) per la quale
ognuno trova ub- biezioni serissimo, questioni insolubili, di guisa che
la cosa finisce di necessità col restar dubbia. Ma poichè
giudizialmente il dubbio sì risolve sempre a favor dell’accusato, per un
difensore. costituisce sempre una vittoria ìl far nascere cot;
al dubbio. 4 Come i giornali p er esser letti han
bisogno della massima chiarezza, cos) l'oratore per piacere al suo
uditorio. La chiarezza non Sarà mai soverchia in Chi dee parlare al
Pubblico: quindi grave errore la troppa brevità, S PIREO
NAPO OPERAI IAT ON " URI g: 3 de % n è. La n * =
ai _ — 79 — intuitivo e l'oratore dee persino serammaticare
se senza di ciò non verrebbe inteso (S. Agostino). 5. Nelle
repliche cominciar dagli argomenti più deboli della difesa, come se non
valesse la pena di oe- | cuparsene, e finire ai più forti. È
6. Si lascino agli avversari, sì rispettino, si rico- $ noscano le
ragioni che essi hanno, affinchè essi sen- tansi impegnati a
riconoscere quelle che abbiamo RORA ui si conceda cioè quanto sì può per
ottenere ONESTO SDO vuole (Franklin). x 7. Una delle arti dei
grandi a, nelle RE sballate, è di divagare dall’ argomento e
abbagliare — Sa giudici e pubblico con un mare di belle e splendide
| A parole. Ogni parola suscita un “idea. Far passare dei
vanti alla mente degli uditori un mondo di idee belle,
vivaci, brillanti, sopratutto nuove, originali, anche. a
costo di esser eccentriche ; stordire, far del chiasso, dir
cose CA IEGGUA ole ER No dire. In una causa sd catia Ve a a
del pubblico , uscendo «dal terreno vero della dise | sione
(Veronesi). i 8. Quando non si può rigettare l'obbligo. | ;
prova sull’avversario , confutare preventivamente | o Obbiegioni e gli
argomenti fa Rico de " $ È F pi
CERN questo difficile impegno, le ragioni avversarie sono distrutte
prima di esser messe in campo. La confutazione, scrive il Rodella,
è la parte in cui si ribattono le ragioni dell'avversario. E quì, »
l'avversario ha già parlato, e allora non facciamo ci seguire mano mano
le ragioni messe innanzi da lui e le cerchiamo di distruggere; o non ha
ancora par- lato, e allora le preveniamo. Nella confutazione si ri
chiede: — acutezza di mente per iscoprire i difetti delle ragiori
contrarie, pronto ingegno e pratica per sape! cog lierle nella parte più
debole. In questa parte del. l’orazione può ‘tornar in acconcio una fine
ironia, Senza però mettere in dispregio l’avversario ; uno
scherzo urbano ser virà meglio a distruggere l’effetto degli
argomenti contrari e a confondere |’ oppositore. La
confutazione deve essere coordinata alla narra- zione, alla descrizione,
allo relazioni e in essi devesi tener calcolo dei seguenti
elementi: — l. DEFINIZIONE. — Dalla definizione gi
possono trarre argomenti — a Per esempio: « La filosofia
morale Una scienza che insegna all’ uomo di PR IrRO 5 farsi
migliore, © più felice; donde subito si vede > niuna altra
disci- plina poter essere nè più illustre, nò più magnifica. »
(Aristotile) Si può argomentare dal tutto alla parte, dalla
parte pe gn TS = wo abbastanza CONVINEAATA Tizio » fu
trovato IGO azar DRCOLA E NL CREDI Ia DERE À
SICA MRI al tutto, dal genere alla specie, dalla specie al
genere, dal più al meno e dal meno al più, dagli antecedenti ai
conseguenti, da questi a quelli, dalla causa agli Si effetti, dagli
effetti alla causa. i È ben naturale che per essere eloquenti. one
È conoscere le leggi del pensiero in quanto si riferiscono — È
all'arte del dire.-« La quale arte, sostenendosi princi- pe: palmente sul
ragionamento, si vuol giovare di quella | che insegna a ragionare, e
chiamasi logica. » DIL 2. ENUMERAZIONE DELLE VARIE PARTI DELLA
DEFI- NIZIONE E PROVA DI ESSE. e e SOMIGLIANZA. CONTRARII E
REPUGNANTI. Cont 5. causa ED EFFETTI. — Dalla grandezza degli.
effetti si fa arguire quella della causa o vicegeras sd ANTECEDENTI E
CONSEGUENTI. GENERE E SPECIE 8. SIMILITUDINE, E AUTORITÀ. 30!
NOIE 9. ESEMPI. ni 10. AGGIUNTI DI CIRCOSTANZE DI TEMPO , MODO,
EBR- SONA, ECC: 1l. METODO DELL’ ESCLUSIONE. ri molto SETLO
por suicidio. Se noi proviamo che non uù essere RO per tre
di queste cause, resterà ben DIRI ch è morto per la quarta, benchè a
prova di essa ci man- chino gli argomenti diretti. 12. FRA
DUE MALI IL MINORE 0 FRA DUE BENI IL MAGGIORE; TESTIMONI.
I4. DOCUMENTI PE MONUVENTI. 15. LEGGI NATURALI, UMANE,
DIVINE, RELIGIOSE. 16. ESPERIENZA. | I7. uso — voce PUBBLICA
‘— CONSENSO UN.VERSALE NEI DIVERSI TEMPI E LUOGHI. Ecco un
brevissimo esempio del Ta « Dee Lozio ragioney S80;
Olmente esser fuggito, poichè avere nè amicizia nè
buona, 0 tale almeno gi nell’apparenza. (contranit e
vepugnanti) » : “€ Ove Pozio signoreggia luee raggio di
Ingegno, ivi non vive pensiero di Eloria e d’immor- talità, ivi non
apparisce nè immagine, nè pur ombra 0 vestigio alcuno di virtà. (causa ed
ePetti). » « E siccome gli Stagni © le paludi, putride
diven gono nella loro quiete; così i neghittosi s Îvi non
ri marciscono ’ ii li peer si . nell’ozio
loro; € ragionevolmente possono così Dod Ta esser chiamati, come quelle
acque morte si chiamano. (somiglianza) > « Quanto le cose
contro natura sono peggiori, più odiose e detestabili delle altre, tanto
più ozio deve esser fuggito, non pur com’ avversario @ nemico, ma
come corruttore e distruttore della ragione, del senso, dell’ umanità.
(genere e specie) » 5 « Esercitano le fiere e gli augelli ed i pesci,
eser- citano Perbe e gli sterpi e gli alberi, gli uffici loro. pi:
Quo, natura: nessuna di tutte i cose. conte- e starsi Le i, a
luomo de ei È non eseguirà quello a che fu PERA È (esempi, leggi
naturali). > Li CAPITOLO XI È : Chiusa
I rimane a parlare della chiusa, la quale, 7 siccome abbiamo
detto, si compone di quat- Èo Ntro parti. i Moe. La conclusione,
riassume brevemente la so-- È stanza della dimostrazione: deve esser
breve ed efficace; fi tar rimarcare, imprimere nella memoria, i
punti salienti & di argomenti capitali delle addotte ragioni.
fi La ricapitolazione invece, raccoglie per sommi capi | ed in
poche ma acconcie parole tutta la sostanza del SIE perchè l’ uditorio le
abbia ben ot alla. c Ma per non tenervi più a bada, J0coE ]
o capi del mio discorso, e poi scendo. Deesi contribuie — lenaro
per mantener. le soldatesche che nen) Nformar i disordini che per
avventura vi. allienano; Non già alla prima querela sbandarle; Si BOSIO
da Spedir ambasciatori per ogni parte che istruiscano, ammoniscano,
promuovano a tutta possa il ben della patria; sopra tutto debbonsi punir
quei malvagi che — vendettero la loro fede al nemico, ed averli in
abbor- timento e distruggerli; onde i buoni e leali
cittadini si compiacciano d' essersi y . . . ® a A e
appigliati a quel consiglio che più giovi e a loro stessi ed al
pubblico. Se così vorrete governatvi, se vi scuoterete dal ‘vostro
lungo sì, spero che la sorte ancor cangi fac- cia, e lo Stato
rifiorisca e rinvieo letargo, spero, gorisca. Ma se
vi sta- rete tuttavia sedendo a vostro grand’ agia , attenti. solo
sino al punto di batter le mani st ad un dicitore, © colmarlo di vivi
elogi, poi smemorati, come dinanzi, | © inoperosi, e infingardi; no,
Ateniesi, tutta v umana » pradenza non varrà mai da sò sola a sulvar da
patria — «lall’eccidio che le SOVLEStA. DEIANA
1g E | Rd EIZO ron (Filippica lutorno al Chersonoso) )
} h fact ta omegna a La somma del mio discorso è ICORI
questa, ieitori non vi rende . RO Panno
giammai: i le so e nè stolti; voi sì li farete
essere tutto ciò, che a voi sarà in grado. Conciossiachè non siete già
voi che | mirate a quel segno che vi vien da loro proposto bensì
essi tendono tutti cold, ove vi scorgono coll a- ; nima e colle
brame rivolti. Voi dunque, voi dovete a voler la salvezza della
patria, e questa fia salva. Per-. > ciocchè, o non. ci sarà chi
osì darvi tristi consigli, 0 questi torneranno vani, non essendoci
tra voi chi alla loro seduzione acconsenta. » (Arringa intorno alla
distribuzione DA dei cittadini.) È La percrax ione, o
mozione degli affetti, procura di ‘trionfare sulla volontà. Nelle
moltitudini specialmente, pi iesale passioni essendo potentissime, il
sentimento el iti n fantasia hanno il sopravy ento sulla ragione. |
|. Non soffermarsi troppo in questa, ch'è la via del | altrimenti
si ingenera stanchezza e 1° effetto. eno dimezzato. Gli elementi
della i ‘Cuore ; ; | mne vien sciupato o alm |
perorazione sono e: Ì. IL CONFORTO © 2 LA PIBTA' (coll’enumerazione
degli altrui và 3. n'amuLaZiIoNE (coi nobili SRRRRL di LA SPERANZA
in o AE LA MANSUETUDINE bi Si ZIAURORSE 6. L'IRA
E L’oDIO, in quanto si promuovano lede volmente contro la
colpa 7. 1’ ENUMERAZIONE DELLE VIRTÙ della persona per la
quale sì perora 8. IL RICORDO DELLE UMANE MISERIE per indurre
all’umiltà. Colui può farmi piangere, sentenziò a questo
riguardo Orazio, dl quale senta già dolore, cioè che abbia E nell'anima
sua quelle passioni che vuole in me risve- gliare. Difatti, chi non ha il
cuore, prima ed unica sorgente degli affetti, penetrato da quel
sentimento che vuol suscitare negli altri perde l’opera ed il
tempo. Ecco un esempio di Giovanni Grisostomo: c Or
eccolo ridotto all’ ultimo avvilimento: eccolo i cattivo , inferiore al
più miserabile degli schiavi, al | più abbietto supplichevole, al povero
la cui mano è Stesa per implorare l’elemosina del passeggero. Sulla
sua testa, sotto i suoi occhi stanno ognor sospese © sguainate le spade;
ad ogni istante ae si aspetta . l'estremo supplizio e misura nel suo Se
ni via — che conduce al palco. Ai piaceri che ‘eli procinto la
prisca sua opulenza, succedettero i camnefici, Al il ricordarsi del tempo
felice non può distrarlo nemmeno un momento dall’ idea della sua
sventura. J e gii « Ma come trovar
parole adatte a dipingere P or- DS rore della sua situazione e la
crudele agonia ch’ egli soffre? E perchè mi sforzerei io di farlo, mentre
tutti ne siamo testimoni? Lo avete pur veduto ieri, quando vennero
dalla reggia per ordine dell’imperatore a strapparlo da questo santuario,
dove egli avea cerco un asilo. Il pallore di morte ne indicava lo
spavento, bi: di cni non è ancora rinvenuto oggi: tutto il suo corpo
| scotevasi d’ un brivido mortale, nè aveva membro che si non fosse
‘agitato da tremito convulsivo; la voce in. Ro: d terrotta dai
singhiozzi, la lingua balbettante, tutti î È sensi agghiadati pel
terrore, presentavano lo spetta- | colo d’un uomo moribondo, e già
cadavere. Io non ‘Si voglio aggravare la sua miseria coll’ deraate
A quando essa ormai non dà luogo ad altro sentimento che alla
compassione: e questa per lui imploro. Quanto A più grave è il suo
infortunio, più deve mitigar le ‘nostre ire, calmare il corruccio dell”
imperatore, e muovere a pietà quei duri cuori che poc’ anzi udimmo
lanciarci rimproveri perchè non gli abbiam negato î l’asilo del
santuario, che egli veniva ad invocare. — i Che cosa avvi mai in questo,
o miei fratelli, che vi. debba irritare? i « Come?
(rispondete voi) accoglieremo nella Gi un uomo che le fece una guerra
implacabile? st « E nen dobbiamo render piuttosto gloria al
Signore, che ha trionfato del suo nemico a segno da ridurlo a
nonaver altro scampo che nel potere e dla e menza della Chiesa? Sì, nel
potere di lei, poichè egli cadde in questo abisso di miserie per GE SAILE
stato il nemicò; nella clemenza, }cichè oggi ella si com- piace di
coprire della sua cgida il suo più CRUISE persecutore, di ricoverarlo sotto
le sne ali, di porlo in sicuro daria violenza, e di schiudergli il
materno suo seno con tutta l’amorevolezza; invece di
vendicarsi clelle sue ingiustizie. Può forse darsi più
splendida vittoria? trionfo più luminoso? € E che, mi direte
voi; un vomo macchiato da tanti ilelitti, un pubblico ladro, reo
di tante concussioni, ‘Farà introdotto nel santo dei santi?
e eli amplessi di siffatto uomo saranno un con quisto, un
trionfo per la Chiesa? i « Adagio, o fratelli: voi
dimenticate che una pub- blica peccatrice venne a pittarsi ai Piedi di
Gesù Cristo e che li tenne abbracciati; e lungi dal farne un
rim- provero al nostro divin Salvatore, abb iamo un
motivo di più d’ammirare e di riconoscere la sua bontà. Ba- date
bene che questo 240 “Pparente non sia prattosto destato da un segreto
desiderio «di Vendetta; vi rsov- Yenga che siete discepoli di quel Dio
che sulla eroce ta fi a RITA iortizoi CURSI i
i) 3 » È DI —
| diceva a suo padre: Padre, perdona loro giucchè noù sanno quel
che si facciano. c Sarei io riuscito a muovere i vostri cuori,
attutire — le vostre ire? L° rt avrebbe mai dato Mec veggo
scorrere dai subi occhi. »_ Il fine è destinato, già lo dicemmo, a
ringraziare - l uditorio ed a lasciar grata impressione. Eccone
qual che esempio. È SSL PURA onde mi avete paro vi aa Pen
e n Voi pure siete stati messi, nei vostri ue DE vostre industrie,
a dura prova dalla crisi interna q “e da quella che imperversa ancora al
di qua, e al d a dell'Atlantico, ma la bufera, se vi ha colpito, n
‘vi ha travolto, ed è questo il mie i argoment della vostra
vitalità. - « Avanti dunque; nelle Mao ) abiti e dei feriti; i
deboli cadi vono; se qualche vostro stabil — resteranno SREDIO, MO
RR IA strie il commercio genovese. Il governo è con
voi SA perchè il governoècon chicombatte e lavora; guardiamo
(quindi insieme l'avvenire con fede nell’ Italia, nel suo Re, nelle
sue libertà, nel lavoro. — Ministro Barazzuosi a Genova
« Se una gran legge di natura suona che tutto ciò che ha un
principio debba avere un fine, v'è un'altra legge di opportunità, quella
di finire in tempo. Ed io fipiseo citando un altro fatto conosciuto in
appoggio el principio psicologico di eredità, il quale se si
im- pone come vedemmo all'individuo , alle famiglie, ai popoli ed
alle razze, si impone anche ai pubblici] dei. quali aleuni si mostrano
sempre arcigni ed inconten- tabili, altri gentili ed indulgenti
sempre. E per mia 3 Sla gentilezza e }° indulgenza sono sentimenti
ereditari, atavici in queste sale, > Sat Conferenza
sull’Eredità del Dott.'v TEDESCHI A PRE atri 5 CARON, più
Feguenfi. e palo e Verato lo sbadiglio, originato dalla stanchezza
noia. Tani EZZOGO, dalla $ SG « Lo dissi prima, e
dissi pure quanto si se a — la sua contagiosità. È EE 3 « Non
ARpirerei Invero al averne subito an prova 0 n Ri STR: tute se Ne
poco ambita, nè vedere gnì Isorgere una RI Fase — 99
— Cer epidemia di sbadiglio, per contagio imitatorio. Per cui fo
punto! sperando che si sviluppi invece nel mio gentile uditorio, il
contagio di una benevola indul- genza. > Conferenza sul
Mal del Secolo del suddetto. « Uditorio cortese! Ho finito
il mio dire. Se taluno di voi, uscendo da questo edifizio, mi
dovesse incontrare col sigaro in bocca, mi faccia la grazia di non
pensare col Tolstoi, che nella ebbrezza. nicotinica io cerchi di assopire
la mia coscienza de- pressa ed aggravata dal rimorso di quella noia
che so benissimo di avervi cagionata, ma per la quale voi con.
gentile compatimento non vorrete tenermi il broncio. » OGG VC
Conferenza sull'/giene del tabacco, i del Dott. Xypras. ) ”
| Ecco qualche esempio intero di una chiusa: « Voi avete
pel passato reso questo servizio all’ Italia: colla condotta da voi
tenuta per sette anni, dimo- “strando nel modo più luminoso all’ Europa
come gli x A | italiani sappiano governarsi con saviezza’, con
pru- È denza, con lealtà. Sta ancora a voi rendere un ua
Sali | se non maggiore servizio: sta al nostro paese a di- s
mostrare come i figli d’Italia sappiano combattere da valorosi sui campi
della gloria. Ed io sono certo, o signori, che gli allori che i nostri
soldati acquiste- ranno nelle regioni dell'Oriente, gioveranno più
per le sorti future d’Italia di quello che non abbiano fatto tutti
coloro che hanno creduto operare la rigenera zione con declamazioni e con
scritti. « Io ho fiducia, 0 signori, di avervi dimostrato
come il trattato si debba accettare per prepotenti ragioni. Credo di
avervi dimostrato altresi come. esso non possa sortire gravi
inconvenienti economici e . finanziarii; come dal lato militare non
presenti quei pericoli che da taluno si vorrebbero far paventare;
finalmente che esso deve avere non tristi, ma liete conseguenze
politiche. __« Con ciò, o Signori, non ispero di aver
convertito alla mia opinione quegli oratori che combattono questo
grande atto del ministero: ma almeno confido di ; avervi tutti convinti
che nelle negoziazioni che lo hanno DICI non vi fu atto che potesse.
meno- iuderio non ijrono da, altro animati che dal sincero j
Dili e Fota Cn: causa Do HberRy cu MOT EE DES LT MIST RT ENTER,
ROMERO ia sempre li animò e che sempre li animerà e
come mi- nistri e come cittadini. » ‘| Discorso Cavour alla
Camera. « Signori! quest’ ‘ultimo pensiero tronca le parole
anche sul labbro mio: la pietà mi stringe: più che di par lare
sento il bisogno di pregare; ma non posso metter termine al mio dire senza
dirigere un ultimo affet- troso saluto a quei valorosi: «
Salvete dunque, o degni figli di una schiatta di eroi! Salvete o
generosi, che dalle terre africane dif- fondeste in tutto il mondo la
fama dell’italo nome, mostrando una volta ancora, che ALAN
l'antico valore Negli italici cor non è ancor morto. + « Ah!
voi cadeste lungi dalla patria, voi moriste senza i baci e senza il
pianto dei vostri cari; le vostre spoglie — insonguinate riposano in una
terra che non vi fu madre; ‘forse le ossa di qualcuno di voi giacciono
tuttora in- sepolte, esposte agli insulti delle fiere ed al
ludibrio degli elementi. .... Ma se noi non possiamo rendere | gli
estremi pietosi uffici ai vostri corpi, noi pregheremo per le vostre
anime generose il riposc eterno nel grembo — del Dio delle
misericordie : noi ci faremo dn dovere di impadronirci dei vostri nomi
per consegnarli cinti. di luce e di splendore all’ammirazione ed
alla ricono- ssoriza dei secoli più lontani. « Sil i nostri
figli e i figli de’ figli, e quanti nasce- ranno da questi apprenderanno
dalle nostre labbra Ì vostri nomi, e li custodiranno nei loro cuori
come RE mblema più puro,come l'ideale più elevato della fortezza,
dell'eroismo e del sacrifizio; e dal vostro esempio dp
prenderanno che l'amor di patria non è un Do me vano senza
oggetto, una parola che suona e non crea, ma è un sentimento forte
e gentile, un principio fecondo di alti e sublimi insegnamenti, una
passione m agna: nima inspiratrice delle più generose
azioni: è la virtù dei forti che sacrificano la vita al bene della
società: è P'eroismo dei prodi che consacrano tutto Sè stessi i al
bene dei fratelli: è 1° orgoglio santo di un popolo | che conscio della
sublime missione che la divina Prov | videnza. gli assegna su questa
terra, ‘soffre, combatte w è spera, fiso lo sguardo al benessere comune,
l’animo e; OSO ai futuri destini che Dio riserba all’ umanità! »
Sac. Dott. LuompLLI _ Commemorazione dei Rio di Amba SOL SA
NR SEO CAPITOLO XII io vertono tutti n
coni alla persona di cui si vuol parlare, e quindi è in-
? dispensabile avere conoscenza speciale della vita, — dei costumi
ecc. delle persone medesime; per poterne — parlare, se non ampiamente,
almeno in modo completo. 5 Gli elementi della vita d’un uomo sono ì
Segre n 1. Naserra (luogo e tempo) 2. Genirorr ed avi
(occorrendo) 3. Epucazione Avura (inclinazioni naturali — educatori
— metodo educativo — risultato) srl | 4. Istruzione (maestri e scuole —
studii e viaggi) 5. RirRATTO fisico e morale — (vedasi, quanto | sh
È | dicemmo parlando della Deserizione) Mero 6. OPINIONI (scienza —
oo _ go di —_ Ig “= #. PargNTI, amici e detrattori
8. Opere. ( produzioni del suo ingegno — sco perte — invenzioni —
libri ecc.) 9, Fasa — Giudizio dei contemporanei intorno
alle sue opere 10. Oxori — (titoli, cariche , attestati,
dimostra zioni d'affetto, monumenti, ecc.) Il.
Coxpizione economica [patrimonio — luci ricavati dalle sue opere, dalle
sue occupazioni — ere- dità — donazioni — fonti disoneste, ecc.]
12, Aveppoti [ { quali potranno però già essere stati intercalati
ad illustrazione dei punti precedenti] 13, Sventune [parte,
narrunione la vita, potranno esser intercalate a loro posto] — sventure
economiche — morali [derivanti da inaldicenza e calunnia — da
affezioni — dalle opinioni sue) materiali — [colpe, condanne]
infermità [dipendenti dalla natura, da disgrazie, da causa volontaria, da
offese altrui] 14. Morre (logo e tempo — funerali — sepol-
tura) 3A 15. GIUDIZIO DEI POSTERI € monumenti postumi.
16. Uommsi simnianti [differenza o similitudine di tempo, luogo,
movente, sorte, ecc.) Come sarà possibile dimenticar parte. alcuna
della ita di un individuo conosca lo questa tavola? Come |
fice seppe così mirabilmente da lontano il conobbero.
| tadino, e che scevro di superstizioni come pure sarà possibile non farne
un discorso ordinato e com- piuto? AS Feco un bell'esempio
di commemorazione funebre. è c Ufficio pur troppo grave al cuor d’
un amico, mi chiama oggi un’altra volta in questo recinto sacro alle
ceneri dei nostri più cari, onde inaugu- rare un modesto quanto
espressivo ricordo, che Daf: fetto e la riconoscenza Vostra, volle
dedicato all’ esi- mio concittadino, all’amico del popolo, all’illustre
| letterato ed archeologo del quale tutti deploriamo la fine.
wi “« La bontà dell’ animo ingenuo che Pegregio arte-
ritrarre in quel freddo marmo, ben vel ricorda 0 Cittadini, è quella
stessa che appariva in volto, © si manifestava nei modi dell’
esemplare sacerdote Tommaso Torteroli ; edi. è > appunto quella che lo
rese grato ed- ammirato sai ‘Voi non solo che lo aveste compagno, maestro
, par store, consigliere ed amico, ma bensì pure a quanti «
Io non potrei quindi che con troppo inadeguate 1 che seppe con-
parole ripetere quanto vi consta di lui, | ciliare col proprio
ministero i doveri sacri del di pregiudizi di casta, informò così la sua
mente al culto del vero e del giusto, che il progrésso sociale non
solo non avversava giammai, ma apprezzava, seguiva, e propugnava con affetto
grandissimo; e di modi gentili, e per carattere mite e tollerante,
ebbe stima, ammirazione ed amicizia da ogni ceto, e da ogni maniera di
credenti. « Perlocchè, se in me non fosse insufficienza
troppa all’alto scopo, più bel campo non avrei ove raccorre fiori
di morale e cittadina virtù da porgere a modello di quella della
vita del Torteroli. « Ma voi il conoscete, voi pur conoscete quanto
| ne scrisse affranto da giusto dolore, 1 erudito e di- stinto fra gli
addottrinati sotto gli auspici suoi; e Ja | presenza vostra, ed il vostro
concorso, e del Munici- pio, nonchè quello di molti assenti, ad onorarne
la salma e perpetuare la cara. memoria ,. fanno prova eloquente, e
valgono assai meglio di me ad affermare x l'assunto: quindi è ch'io stimo
meglio limitare il mio concetto alla manifestazione. del pubblico
voto, Fo piceno dalla vita. dell’ Mini Estinto sol quanto
È :0 tao cordoglio,, Mi; È | gere al
sacerdozio. (e È; assaporare le dolci goti sl 10
marzo 1810, cresciuto da il an 10) Si stie di fortuna in tempi meno
propizi a chi DT eredi po difetto, seppe sì tosto educarsi allo studio ed
alla” moralità che, distinto fra i condiscepoli, meritò quella
stima e quella reputazione d’esemplarità e di sapere, che ben di rado si
acquista in giovinezza; e con tale arredo, iniziata la carriera
ecclesiastica come quella più conforme alla sua delicata natura, ed
unica eziandio in quel tempo, che porgesse facile accesso o al
popolano onde avviarsi in società, prescelto dagli pe institutori stessi,
e designato ai pensionati genitori per ripetere ed istruire al più
giovani, ebbe mezzo di ritrarre qualche sussidio al proprio stato, e
si. | procacciò ad un tempo ausilio necessario per giun- n
«Io non dirò per filo e per segno come Ei lot- “00 tasse di poi nelle
proprie strettezze per non tuffarsi aa È ita parassitica alla quale suol
dedicarsi una gran parte di ‘suoi simili; dirò ‘bensì che non |
falo) OO la seducente attrattiva, anzi ebbe ad primizie come institutore
di ma l’anima del Torteroli non nè fatta all infingardaggine,
SE giogo della evirante sirena cin quella v |
privilegiata prosapia: m temprata al servilismo, SCOSSO ancora per
tempo il VESTO or RIN EMANATE AZURE IIINTEIE INIT Tgr N È
È Spa ‘che di già lo avvinghiava, con generoso €
fermo ripudio , preferì nell indipendenza coltivare la mente ed il
cuore, e fra gli stenti affrontare rassegnato l'abbandono delle
burbanzose caste, € sopportare co. animo pacato l’ ironia ed i felini attacchi
degli uguali che ne uggiavano il troppo saliente confronto. «E
cuore e mente coltivò per onorare la patria, | per consolare l'affitto,
per consigliare, educare e pro muovere la gioventù allo studio, I”
operaio al lavoro ed all'associazione, e tutti al culto della morale,
della libertà e del dovere. cE quanto degnamente siasi
adoperato in quel santo proposito , lo attestano i suoi sermoni
domeni- cali nel breve tempo che la mal ferma salute gli permise di
esercitare, con plauso generale, le funzioni parrocchiali nella
cattedrale Savonese; lo attesta l’ap- #20 pellativo di popolare che voi
gLimarbto e ch’Egli e GINA moltissimo, dappoichè la ondlarità che.
altri compra ol usurpa con prestigio per ‘gervirsi del st: popolo sez mai
servirlo ,, fu da ni mortata ver la i sua Vul Sings fede democratica, per
lamore è a F feno che portò alle arti ed all'industria per la
semplicità e dolcezza di ragionare e d° ARNO il x : : pic:
popolo. E lo affermato i suoì scritti elaborati pazion temente
nell'ufficio di Bibliotecario civico, unico cd x . i 3 AR sha
tia Va WE EPICA ANTITESI MIE 7 III O AC IL, rt
al ni di ars Me A .oltre modesto compenso concesso in vita a
tanto si merito dal suo Municipio. Sa
interposti amici, di poter disporre dell ampia gene: rosità di
facoltosi benevoli. Quale si fu adungue IL SE 4A reagente
funesto del suo misero fine?.. To: dirollo corroborata nel’
ultimo — le amiche- voti cure. ‘« Tommaso Torteroli di
costituzione linfatica con andò soggetto in gioventù a fasi
e campò malaticcio, con ipo- — el che da me e da molti si
rammenta ancora, viag d Le NO PIA a loi
{che di lui genitori nella matura età manifestarono stranezze di mente ed
aberrazioni, si avrà ad esu- beranza onde affermare che il Torteroli per
gentilizia e per eventuale“allucinazione fu spinto inscientemente
alla fatalità che ce lo rapiva: ed a buon diritto quindi conchiudo che quell’
anima esemplare non è .impu- tabile di colpa. i « Sia dunque
condegna lode a voi tutti che col- l'opera e colla presenza vostra
concorreste all’ ono- ranza dell’ Uomo il quale, obliato in vita da chi
avria | dovuto rimeritarlo, e sorreggerlo almeno nella faticos®
via, lasciò dovizia letteraria di affettuosi lavori, e di inestimabile
esempio, alla patria ed alla posterità. (Zol ora, Tommaso, dilettissimo
Amico, se il tuo spirito angelico aleggia qui ad ascoltarmi,
condona e e a disadatto mio tlire: e se pur nonpertanto ques
; LE mio cordoglio alla cara Madre, AR te 3°. SA modesta
virtù, che qui stanno a lato art ; > LO, ri altrove del
sangue mio ti precedette, ah nell’ eterno riposo. » ;
3 LI il troppo presto, i. un'accusa è un ’
anniegtatla, metter in ridicolo — l'accusatore è se non altro
un i veder deprimere chi sta wu po' in al s 4 csi (tratta di cause
gra avi. i È pari. Eccone qualche esempi futarei in
due modi. “nel dire e nel ripetere, CAPITOLO XIII
Precetti oratorii a ncur il far ridere è un mezzo di
difesa, @ 4 sovente metter in ridicolo un'accusa è de- È molirla.
Dice il Veronesi: « Metter in ridicolo E V/ vincere
presso la DA divertendola, per quel Co0Ì innato ch’essa ha a
to. » Lo ‘scherzo non è naturalmente ammissibile quanido
2. Una fine ironia, uno stile satirico, giovan del Once
i ende a giustificarsi, cioè a con- Il primo è generale; ©
consiste che i nostri argomenti. sono uno scoppio d’: >
« Egli aduuque pr un sinistro dirugginar di denti
, an'alchimia dialettica da casista, un labirinto di fallacie, di
falsi suprosti, di botte finte ecc. Come. ognun vede, queste sono ragioni
eccellenti, che por- tano il nostro torto all’ ultima evidenza.
> ì A. FRANCHI. t Si suol dire comunemente, mon esservi
causa tanto disperata che non possa difendersi con qualche
apparenza di ragione; ma al nostro povero avversario era riserbata la
gloria di provare col fatto suo, che anche quella regola ha le sue
eccezioni; giacchè la causa che egli per sua disgrazia avea tolto a
patro- cinare, era talmente sciagurata, che niun sofisma al
mondo poteva recarle sussidio. » A. FRANCHI 3.
L’'interrogazione sfugge di sua natura alla discussione, poichè nulla
affermando e nulla negando, esce fuori dal campo della verità e dell’ ore
GIRI mane in bilico fra le probabilità, le congetture, i
possibili, i dubbi, i sospetti, i timori, ecc , ec. Tuttavia
essa ha sovente nei discorsi una parte efficace come effetto oratorio; sovente
una serie di incalzanti domande vale quasi a conquidere gli uditori
e ad indurli ad affermare con noi. Il Segneri nel bellissimo
esordio della predica del . Mercoledì delle Ceneri, dopo avere annunziato
22); 1 uditori che tutti d>bliamo morire, e aver fatto loro vi:
rispondere che lo sanno, che la cosa è vecchia, così | SA ripiglia: —
po « Voi lo sapevate? Come è possibile? Dite: e non siete voi
quelli che ieri appunto scorrevate per la città così festeogianti, quali
in sembianza di amante, qual di frenetico e quale di parassito? Non siete
voi che ballavate con tanta alacrità nei festini? Non siete voi che
vi abbandonavate con tanta rilassatezza distro ai costumi della folle
Geatilità? Siete pur voi che alle commedie siedevate sì lieti? Siete pur
voi che par- — lavate dai palchi sì arditamente? Rispondete... »
Ecco altro mirabile esempio della efficacia delle in- terrogazioni che
togliamo da un discorso del P. Giro- ‘lamo Tornielli, illustre
predicatore del secolo deci- mottavo: — NT aan “« Etunon parli, o
Cattolico, dirà Cristo? Tu figliuolo | del mio Battesimo, tu allievo
della mia Chiesa, tu. | erede della mia fede, tu nodrito a’ miei
Sacramenti, io ta sposato alla mia grazia, tu degnato de’ miei
amori | É egli vero che io ti detti a bere il mio sangue; che. io
ti fei pascere delle mie carni; che io ti tenni all | mia scuola; che io
ti lessi le mie scritture; che io ti | confidai i miei segreti; che io
t’insegnai dalle cat: | — tedre, ti commossi dai pergami, ti
ammonii dagli altari? E tu di tanti sentieri d’ andar al cielo, non ne
cogliesti pur uno? Tu sarai dunque perduto? Tavrì io dunque oggi a
confonder coi miscredenti? con gli atei, dei quali più ampiamente
parlasti? con gli ido- latri, dei quali più laidamente scrivesti? coi
Turchi, cui pareggiasti d’ intemperanza? cogli Ebrei, cui so-
verchiasti in avarizia? con gli Eretici, cui fosti innanzi a bestemmiar
il mio nome, a spergiurar il mio sangue, a profanare i miei templi, a
beffare i miei sacerdoti, a calpestare il mio Vicario, a violar le mie
spose, @ trapassar ogni legge del mio Decalogo e contraddire ogni
detto del mio Vangelo? Tu ne vai dunque dan- nato coi miscredenti? Il
santo carattere del cristiane- simo non ti salva? La comunione cattolica
non ti suf fraga? La mia misericordia, i miei dolori, la mia croce
tì rendon reo di maggior dannazione? Così era egli dunque da
corrispondere al ben che ti volli, che ti feci, che ti promisi? Neppur
con tanto mi meritai che che tn almen ne mici poveri mi riguardassi? Fino
di si "un frusto di pane, di un sorso d’acqua tu mi fosti
picasa: Non mai da te una visita a me infermo, un | cencio a me
ignudo? Non mai di tua mano un con- i i oe a me DEAN ; di tua: casa
Au stanza. a me MRS
mi fiaccava le braccia e mi rompeva i fianchi senza mercede; per
te, erudele, che pur tanto ne avevi pei cavalli e pei cani e per ogni
peggior servizio de’ tuoi ; piaceri! Ma forse che io mai mi rimasi per
tutto ciò. dal premerti e chiamarti ad emenda® Quid est quod —*
debui ultra facere, et non feci? (Is. c. 4; Anima in- d grata, che non
adoperai, che non mossi per vincerti 18 all’amor mio? Un giorno trovami,
un’ora mi conta della rea tua vita, in cui l’ occhio pietoso della
mia grazia non ti seguisse cercando d’ogni tua traccia. Che dolce
cura non mi presi per essa di te fanciullo? Per quali orrori improvvisi
mi frappos’ io alla eurio- sità maliziosa di quei primi tuoi anni? Quali
acuti rimordimenti ti fei io sentire di quella prima libertà
giovanile che contra me ti pigliasti? In età ferma per quante vie t
introdassi nell’ anima il disinganno dei falsi beni? Nell’estrema
vecchiezza di quanti aspetti ti figurai allo spirito il timore della
morte e il ter- (00 rore de’ miei giudizi? Ben ti deve ricordare di quei
dì solitari, di quelle notti funeste che viso ti presentai, | che
scosse ti detti, che parole ti dissi in cuore. Tu stesso alcune volte
teco medesimo ne piangevi, tu | stesso mi coufessavi che io non ti
lasciava pur un momento consistere nel tuo peccato. Da me
dunque non si rimase, per me non istette che tu non Posi a par
d'ogni altro arrolarti infra gli eletti. Or perchè dunque ti veggo io qui
tremare tra i riprovati? Aniina ingrata, se non mi desti nulla del tuo,
almeno il mio rendimi, il mio. Dov è, dov'è la stola bianchissima ch'io
pur ti cinsi; gli abiti santi di che io ti vestii al Battesimo? Dov’ è la
grazia santificante che ti rendette sì Lello un tempo e sì amabile agli
occhi miei? Dove son essì i doni, le virtù, i Sacramenti, le mie
piaghe, i miei sudori, il mio sangue? Redde rationem, vedde rationem.
(Luc. c. 16.) Domando conto di te, di me, della tua vita, della mia
morte, de’ tuoi fatti, del mio Vangelo: redde rationem. Parla, malvagio,
parla. In- Ventami qralche scusa de’ tuoi peccati, trovati qualche
scampo da’ miei castighi. Deh! Signore, quale scusa a voi che tutto
sapete o quale da voi che tutto potete? Peccavimus,
inique egimus. Justus ess Domine, et re-. chwn gudicium tuum [B. Reg. c.
8. ps. 118.]. Ma
no: Sostieni: che a pienamente convincerti, io vo anche ve- Gere se
forse alcuno di mia famiglia mancò alle commes- sioni già dategli per tua
salute. Angelo destinatogli per custode, empiesti tu le tue parti? -
Grande Iddio, da quel dì che voi destemelo a custodire, quando mai
pin ‘vedeste da lui diviso? Io me gli tenni sempre a lato, or
per difesa, or perguida, or per consiglio, Lo soccorsi nei
dubbii, lo rinfrancai nei cimenti, lo ammonii dei pericoli, lo £ t;
b) RIA sfuggì. La seconda volta vi ferma l'attenzione,
10.4 comprende meglio, lo afferma e vi fa sopra le sue 4 i CO
REESTI La a finalmente IL argomento entra pienamente nel sno cervello, vi
sì confieca, se ne im- | padronisce. Bisogna però cercare di formularlo
volta per volta in modo diverso, con frasi muove, per evitare
x la monotonia. D altronde,, anche. parlando bene, Il — troppo
stucca e talvolta si direbbe CHE Giurati si | vendicano delle
troppe ciarle. di chi: abusa della parola. » . Questo fermarsi a lungo.
sul medesimo. “pensiero; POE però in ARES guise, prende, il nome
di | espolizione. pet È 8. Simile all’
ospolizione i cha luogo è aio no quando un
affermazione ‘ cnerie od na sentenza si dimostra vera in
tutt (a ; It 3 x condizioni particolari. € Cristo fuumile
> cceo Ù, sentenza ii 4 ora I le, TAO —_ 21
9 — letto, mimil ves stimento, e vivendo volle. 0% r offerto @
‘comperato comi nel mozzo dei dottori domandare come disce Giuseppe
ossare soggetto. Umi cioè di pescatori: essere hat- tozzato da
nomo, e tentato dal diavolo CU minore: senza proprio, viverpoverole
pagare il censo. ‘ Villania, oltraegio, vituperio, rimprovero, infamia
sostenne. E, dr predicando,, © facendo miraco 3 umil
circonciso CIME pi eccatore, SELVO ; polo: ca Maria e a
e Mmpagnia aver volle i | Konza difendersi. i
a fuggiva la ‘gloria e l’amore ». E ine sn SR i x do Ci È Vasi 1
PASSAVANDI w a RECTO poet £ ‘tore 0, scrivo
l'Abate, Fornari, non accade quas vi Chi non lo Saf quale opera di
oloquenza non i È NZ Donda? Qu sono d'accordo tutti: Greci, È
Di cristiani, antichi è; moderni usano 1 LO ana « Che ammo
sia. Dì esempio in mano de asi. il como pot tente motivo
della volontà umana. più £ Se i cinesi hanno, fiato di elo i
) @ ‘popoli imporfettamente i 0 Tuo Lù. cosa riducesi
ù a degli. osempi. T qual È ‘le tanga, SUnR, l tutt
i S RIO che non sieno laudative ricorre frequentissimo
l’esem: A pio; onde all'oratore si prescrive, che sia dotto delle
SM 3 storie, e ne cavi opportunamente stimoli ad eccitare A
Ì È con l'emulazione i suoi uditori ugli atti generosi, 0 col 3 | timore
dell’ infamia e del danno distorli dalle imprese | disoneste. L'utilità,
dunque, e l'efficacia di questo i | mezzo 0 proprietà
dell’eloquenza è indubitato » i 10. Di costa all'esempio va la
parabola e. l’apo- Vari logo, di cui è diverso però l’uso e
1’ ufficio. Quella è sempre discorso grave e di grav e
eloquenza parte; (3 l'apologo, salvo rari casi, pende sempre nel
faceto. Mi E qui pure scrive ottimamente l'Abate Fornari
: Li « Forse mentre da noi si v oratoria di questi due
compo derà attorno Maravigliato , a dimostrando
l’essenza nimenti, taluno si guar: cercando con la mente
2 poco di storia straniera conoscenti, di necessità
dovea mMeorrere a finzioni fantastiche, per dar corpo alla
leoce . . ae) morale e proporzionarle alla finita capacità
dell'umano alla parabola è quella che consiste in un trasferir
e. 1 l’oratore fa sè e tutto 1 uditorio in tempi, luoghi |
condizioni diverse dalle presenti. E finale e lo descrive, quasi
che egli e gli uditori tutti vi Mot trovassero in quel punto. Eschine si
vale bollamente di quest? immagine nell’orazione di risposta a
della Corona del suo gran LA Damiostene be: — 121 — |
volere. A chi è ignoto Vapologo di Menenio Agrippa, della ribellione di
tutte le membra contro lo stomaco? Bastò quell’apologo a rabbonacciar ia
tempesta di una. plebe fatta indomabile dal sentimento della sna
forza e della violata giustizia. E quando fu mai che la pa rola di
un uomo avesse maggior vigore? E quello 5 non fu egli vigore della moral
legge individuata e. ravvivata in una immagine? 0 diremo, che
Menenio Agrippa non fece opera di oratore? E che fece dunque? A me
mi è paruto sempre giudizioso un motto di Tacito dove si accenna il
lontano principio dell? eloquenza latina appunto in Menenio Agrippa.
Principio rozzo, quanto vogliate, imperfetto, indegno anche, se vi
piace, del nome e del progresso fatto di pui, ma PERGRO certamente di
vera eloquenza. » ; SCE 1]. Altra immagine oratoria efficacissima e
simile DE Ne abbiamo bellissimi esempi in molto prediche, |
quando oratore si trasporta col pensiero. al giudi 0 O]
« Fatevi un po cora mente dal Tribunale, ove siamo , al teatro; e
pensatevi «di vedere che il ban: ditoro venga innanzi e che
debbasisfare,, secondo il AUG II OR, ene Te . . . . . * . .
. . . . . . . pria € nl i nol ih Oo Di persona, 5
vedere fa città presa, ch dia mura, incendii di caso, madri. e bambini
monati in servitù, uomini c donne. cadenti per vecchiezza, tardi
divozzati dalla libertà, ‘ piangenti, supplicanti sdegnati non di
chi li percuote, È tua di chi ne fu cagione, scongiuramdovi che a
vertin patto il flagello della Grecia non si. coroni, anzi vi guardiate
dall infausta fortuna ‘che e accOMpagi Ta costui; chè nè a repubblica
incolso mai bene ne al uomo privato che avesse i consigli di
Demosten veguiito. TINELLO I s (ASTE aaa ds ‘Per valersi ‘con
efficacia si questa. figura ‘biso! gia dapprima APP: ‘Tecchiuro deli
canini (00 accen: i clero si gradi la Tanta» asia; qui:
apI ne SOI ot ada giova moltissimo Foe ne MIELE i eo d
di dol discorso 220 ma, si osservi, cotto non è falsarlo, allungare
sl discorso non w dire renderlo prolisso, bensì fermarsi più a lungo.
si un pensiero per meglio farlo rimarcare ed imprimer nella mente
di chi ascolta. Donde « adlenque quel non so che di antipatico che a
questa parola si e sn nottere?. L'amplificazione ha iposo in
più guise e cioè a) con usare ad arte parole di significato più
gra O più leggiero del dovuto 0 valendosi DEA CONeg Jo
vo Paz o d'altra figura p 0) coll agerandire un tutto
per via di compara e confronto, le circostanze di un fatto
‘paragonan do si ciascuna a ciascuna x Di
©) coll'aggrandire la figura dotta ‘graida; ai crescere DI
diminuire il concetto sali passando: per vari gradi Erasta
ar) lasciando ‘inferire a chi ode la grandezza, pie: lezza. ‘od
impossibilità di una cosa, 200! pnal i tanze che sembrano ad esse
ostrance | e) esponenio minutamente ogni. TO, ndo molto uso
di definizioni, di Di, oto n È inter 100
immogini, e comparazioni, sospensioni, cre. oppure diminuendo una cosa
enor endere Sio se ne RA da Lesa altro mag » Ca
7) valendosi dei conseguenti e degli antocedoi e cioè dalla
Srandezza degli effetti far arguire quella della causa o viceversa
1 ion da più dun 3 ad esso sia posta dal - l'uditorio maggior
attenzione Br i E i SS %)
dicendo di cosa 0 persona non Giò che è, ma ciò che non è; in Siftatta
guisa può l orazione ic; diventare infinita (Aristotilo). i: È 13. E per concludere ecco altre
saggie parole del- a. Abate Fornari. Si « Come il letto delle
acque non ha interruzioni, ra solo piegature, seni, gomiti , giramenti
che non cn distruggono la continuità; così la struttura dell’ora-
zione ha sue pieghe e modi e movimenti varii, or So più lenti ed ora più
concitati, ma non divisioni, non Fe discontinuità, non riposi e
ricominciamenti, non parti 5 tra sè veramente diverse. _ de
|. «Da questa continuità delle membra e intima loro. |. congiunzione
risulta in gran parte l’unità dell’ opera.‘ di eloquenza: quell? unità,
dico, la quale deve suggel- e tra gli altri. Re
anche l’orazione. Bisogna la congiuntura delle membra di E: . per l’unità
dell’orazione; ma più bisogna l’accordo in- i teriore delle cose. Niente
dicasi che contrasti 2 ciò | © che si è dettooa ciò che si dirà appresso;
non si ecciti | affetto che distrugga o scemi la forza di un altro
già | eccitato o che bisognerà eccitare. Nè questo è tutt: | Ei
bisogna che ogni cosa la quale si dica ed ogm i NE: passione che si
ecciti, concorra Con tutte le altre, aiuti. rinforzi, accresca l'affetto
unico a a si mira. E quì ù DI l'industria umana ha suo
potere, come ha potere dim ‘ primere unità, se così posso parlare, nelle
acque cor4 ‘renti. Ogni nuovo passo che l’orazione fa, sia comei
rivo che si scarichi nel maggior letto, ho lo me scolate onde
diventano indiscernibili tra loro, né por. | gono altro indizio di sè,
che il cresciuto volume e la cresciuta possa del letto. Con questa
dilivenza di non. lasciar correre da sè nè disperdersi veruna delle
im- | pressioni oratorie, il nostro lavoro conseguirà non. È solo
la necessaria unità, ma ui’ altra dote eziandio | ‘che non è punto men
rilevante. Io intendo di quel : | graduato crescere e rinforzar
dell’orazione, a mano L Tao che d° si va accostando fi: Suo. termine:
al torrente alla foce. F questo. è la perorazione ; SUL
finire dell’ opera oratoria raccolto e vittorioso. Onde 1 maestri dell’
arte sogliono richiedere, che. l'ora pre in sul termine ripeta.
brevemente tutto quello che ha sparso si di. pruove e'sì di affetti in
Ri razione Noi mon. vogliamo preserivere | nè quest altro artifici
10; che talvolta cade e tal altra. non È Ben tace omandiamo , che egli
trovi. maniera $ Re TA in sulla fine, Bei, usione
verrà da se mede } Cva questo la conel tutto | ante
sima, più gagliarda e impetuosa, che cede nte,
come quella ene aduna Je forze e gli impet di tutta l'orazione.
» ni +39 “di dei =:
val | | CAPITOLO XIV pi V di F Conclusione.
E , v i 4 % dc ‘A ì i Di questo ti ammonisco, chè be n De
arte senza uso non giova molto. — Bi: ES Ed, È Ammaestr: de egli Ia
TRL: » Si O conclusione del nostro lavoro non
crediamo. “RR A We DE ‘inutile registrar quì sotto «poche osserva=
NI zioni che, se proprio tra il dire e il fare Dona dovrebbero
render n discorso. Su “S entrasse di mozzo il mare,
capaci DI principianti ad improvvisa sare u qualunque argomento di
propria competenza» Ple Considerate attentamente sotto ogni #5 tto
si pei oggetto del vostro discorso @ suddividetelo nelle e ] ‘
principali. Le idee si trovano, come dici zonÌ col meditarvi SU; ma
bisogna do ciò co sa rdine O) non Lar: riesce & E
JIA i 9, Non cominciate a parlare prima di aver p suto
alla forma, allo svolgimento, alle parti, alla co elusione del vostro
discorso. 3 3. Procurate di richiamare @ memoria inttali È idee
vostre od altrui intorno al vostro argomento , 1 detti e i fatti
che ad esso in qualunque modo si ri feriscono. È 4. Curate la
semplicità e 1’ uniformità di soll mento e la conveniente proporzione tra
le parti. 4 5. Ogni cosa del vostro discorso sia conseguenza, di
conseguenza. Quel che segue aggiunga sempre a, «uel che precede in
affetto o in idea, e avrete elo- | ueaza. Questo è precetto del
Tommaseo. 6. Quanto alla scelta del soggetto — quando n° i Îl caso
— si badi ch’esso non sia frivolo, avendosi | Oggi in fastidio gli
argomenti nulli ed in genere ogni. Spreco di ingéeno. Sia proporzionato
alle nostre di i © scelto dove già abbiamo molte osservazioni
ordinate: a chi lo sceglie così, dice Orazio, non gli POSSONO
Mancare nè idee, nè ordine, nè parole. Che sia nuovo oppur no, non
importa; la novità ° consiste nel modo di trattarlo; ma è bene
annunziarlo, si 10060 Sotto una forma possibilmente nuova. I
Noi iamo, figli Sil SRO abitudini, e Hi: | consegr
loterminato tirocinio speciale. Jivenir oratore deve dedicarsi 2 fare :—
di- romo così degli esperimenti.
Scelga ogni giorno un argomento diverso e possibilmente a caso e veda
di tosservi un ordinato discorso tenendo presenti gli in- dici che
abbiamo dato per lo svolgimento di ogni È singola parte del discorso.
È L'oratore americano Enrico Clay, si legge nel Self help dello
Smiles, spiegò così ad alcuni giovani il se- greto de suoi trionfi. La
mia riuscita la devo sopra fi tutto a questo: che all’età di
diciassette anni cominciai, e tutti i giorni una. Ne
consegue che mn chi ama e per molti anni
contimuai, 2, sfar lettura e parlare poi con abbondanza sull’ argomento
È | trattato nel libro di storia o di scienza che avevo letto. Io
mi dava a siffatte improvvisazioni, ora nei campi, ora nej boschi,
e spesso anche in una stalla, dove non avevo altri uditori che il
bue ed il cavallo. A tale della più grande di tatte le arti iv
| pratica precoce e determinati che hanno se- 7 devo.
gli impulsi primi gnato la mia carriera e la mia sorte. : 8 Nè in
minor conto si dovrà tenere la neces | sità dì contrarre l'abitudine di
parlare in pubblico. Se | Demostene, oratore greco a niuno secondo,
arringando Si nnanzi a Filippo, Re di Macedonia, impallidiva così.
{ rtemente, da venirgli meno tutta la forza del suo ACE ì
ti HE y3 — suna delle cose che doveva i
quale | sgomento non s' impadronirà di chi, non pratico, in
prende a parlare in pubblica adunanza? > 9. « L’eloquenza, scrive il
Veronesi, è un: pool ito spontaneo in chi sì trova in istato
d’eccitazione. P. quindi in tale stato è il modo più semplice per
cis Vere il problema dell’eloquenza. » 3 (E narra l’esempio di un
tale che, a freddo, dopo la prima giovinezza non era più capace di fare
un sol | Verso se non. con grande stento, ma se in quale | cena
beve un po di ona si accendeva tanto | da diventare improvvisatore, e di
versi non mediocri. ì «Lasciando stare da parte le eccezioni, conveniamo
col Veronesi che l’eloquenza è un di psicolo- gico che si manifesta ogni
volta che le nostre facoltà x | fono eccitate, vengono in qualche modo
esaltate. Chi | | non ha visto per sone timide, taciturne,
‘buttar fuori un, pete di dea in ica d’ ira, di sdegno, (irta
— 199 ur Adnnque mottersi in istato di moderata eccitazione,
| bicchiere di champagne, è il segreto | 0 GUELO Ko trovare
una | «ai Bit n anche con un per
diventare eloquenti , parola calda e vigorosa. Chiunque di noi,
scrive il già lodato Veronesi, per quanto sobrio sia, anzi più
abitualmente è è sobrio, alla fne di un pranzo cordiale, in buona
compagnia, avrà. trovato una parlantina che se ha per appoggio
inge- gno ed erudizione sufficiente parrà eloquenza, € ci s darà,
alla lettera, la facoltà d’ improvvisare discorsi | Sa cui non si era
menomamente pensato prima, @ molte | volte più felici, più spontanei di
quelli lungamente | | meditati, o, meglio , preparati e scritti: ci darà
una. | Specie d’ ispirazione. to SAR 10. Anche la memoria,
che ha una caga im- portanza per l'acquisto e 1 uso del sapere, è
necessa Sia coltivata con amore. Serive a questo. proposit. |
Cicerone. (Dell'Oratore Libro I) — « Che dirò della È memoria, tesoro di
tutte le cognizioni? La quale se non custodisce le cose trovate e
meditate si capisce mente che tutte le altre doti dell’ oratore,
BSs vi > vanno perdute. » È: TE vuolsi una
buona memoria intellettuale, ‘q emoria la cui azione nasce dall’
intelligenza del tto © dico ha per base il SETA delle uo TO
4h La — Bi. le relazioni di causa ed effetto, di
mezzo e di fi (quella che si consegue col moderno insegnamen
scolastico), la quale consiste semplicemente nel ritene: e recitare delle
parole in dato ordine, anzichè ne richiamare le idee per mezzo del loro
logico legami Convinti di queste verità noi abbiamo trovato (d po
studi fisio-psicologici ed esperienze pratiche che furon, per la loro
natura medesima, lunghi assai). Sa trovato, gli è breve tempo, un nuovo
sist ma di mnemotecnica, sistema che torna d’ una fedeltà È
infallibile perchè fondato sulle leggi naturali della È memoria e non su
combinazioni artificiali come i varii Sistemi mnemotecnici
escogitati fin quì. Il nostro Cul tun metodo nuovo, che in
possesso di qualunque in- | telligente, può no un vero tesoro per la
facilità 0 | la sollecitudine ad imparare e ritenere perennemente “
memoria qualunque nozione, il contenuto di qua: “a libro letto una sola
volta. NPRSuE difficoltà Nitenere. ORA 0 sistema, UR studio,
| per. dido.che sia, DIN QUE un BC porone si vedono
Laggo Questo metodo, facilissimo ad apprendersi. chissino
tempo, rende eminenti servigi in qualangue Ch) rano di studio;
facilita prodigiosamente g oli esami sco lastici; pone in grado dè
pr onunziare sermoni, discorsi, lezioni senza l'aiuto di note 0 del
manoscritto , che È basterà aver letto una volta sola; rende facilissimo
| qualsiasi studio e giova immensamente in a qualunque — emergenza
della vita. quotidiana (*). (*) Questo, Hcno è insegnato
completamente i nos tro libro L'ARTE DI RICORDARE 2.a edizione che costa
Lire Presso; l'editore S. Lapi di Città di Cel (Peragia): SR
INDICH: see procetti atti a procacciarla | ERo A
pag. IL Dello Hr pube BR II. — Delle parti "del
discorso | | >» IV. — Svolgimento delle parti dui fr .
discorso — Introduzione — _ Feordio oo > Proposizione Rene » VI
— Definizione e partizione : sat VALUTA = Gata . si Y
E n DE») VIaSSi Descrizione . Ra RI x. — Relazioni e 5 Na SIC
— - Dimostrazione | Ve; DEI: î e du 4 CS
oratorii 5 Mu Precetti L'ULTIMA PAROLA
DELL'ARTE STENOGRARICA LA STENOGRAFIA IN TRE LEZIONI Con
metodo nuovissimo, originale italiano, dovuto ale l'autore medesimo del
presente volume. S'impatt da sè, in un giorno. Lire 2.
In vendita presso l'Amministrazione del Giornale per tutti a Ivrea
(Piemonte). Questo metodo semplice, facile, breve, rapidissimo;
derivato da un attento e lunghissimo studio della mostra
ortografia; a della nostra lingua, ottenne della
costituzione @ dell’eufoni un tale successo, suscitò un tale
giustificato entusiasmo che allo scopo di diffonderlo si formò
tosto un'importante Associa” zione Nazionale, che volle acclamare &
Presidente Onorari? to: l'autore del metodo, e il cui
Comitatorè così compo? dp S. E. il Conte Costantino Nigro, Senatore del
Regno, ‘Ambascia” la Corte Tmperiale dA tore di S. M. il Re
d’Italia presso i, stria. S. E. il
Conte Ghiglieri, Senatore del Regno. — Tati tore. Burone Ing. Severino
Casana. Senatore Comm. Chiala. — Senatore Comm. Avv. Secondino Frold.
— Conte Avv. Giacinto Cibrario. — Senatore Comm. atore — Senatore
Comm. Prof. Graziadio Ascoli. — Senato fino di Valperga Conte Guido. Senatore Gom Senatore (ruido Fildellu. — Sena togno.
— Depututo Comm. Avv. Pr Comm. Avv. Romuuldo Palberti. — D 1 D —
Deputato Comm. Tuneredi Gulimberti: =. 2 pucca: Carlo Compans. — Deputato
Comm. A oto Mar i Prof. Francesco Parinets: > DOP e asco. —
Comm. Giuseppe, Giucos ei ‘i e della R. Univertità do Bolognini, .
Università. i n QI Ing» Vittoro Sclopt5 ** Nouni giudizi sul
sistema memonico dell'Autore Genova. È opera di gran
momento quella a cui Ella con tanto amore |. e dottrina si accinse,
imperocchè base di ogni sapere umano, | di ogni portato dell’ intelletto,
di ogni ordinato impulso dell’a- nimo è la memoria delle cose, che
acumina lo spirito d’osser- vazione, scuopre il vero, rispurmia gli
inutili sforzi de lla mente. Coltivare la memoria dovrebb'essere il
fondamento, di tutti. — gl’ insegnamenti didattici, affinchè il pensiero
individuale non Si trovi mai isolato e non ci sia mai ‘sperpero di
energia men- tale e psichica. | Rn Auguro alle di Juei teorie, che
riconosco basate sopra prin- cipii razionali ,, la sorte fortunata che si
meritano ; a lode di Lei ed a vantaggio di tutti. se Vico- Ammir.
Comm. Cario De Amezaga. Finalmarina, 10 Maggio 1897.
Colgo quest’ occasione per tributare alla S. V-_IL d
glioso. Esso possiede dei pregi incomparabili , © P ne, ogni enco
\ to. Peccato € | grande per i cultori del bello, del buono, dell’
utile che più diffusa, meglio cor i P. Macario da Ghul
Lettore di Teologia e Vicario CM Porto Maurizio 15 [ags Ho
letto con piacere © ‘profitti le assicuro che ci ho trovato mn
prova, di memoria ammirabile. | ì miei complimenti più since
Prof. Brescia. Ho letto con vivo interessamento
le sue lezioni ‘sull’ Art ; ricordare, e Le faccio i miei
rallegramenti per aver trovato SI che, bene applicato, può dare frutti
eccellenti per lo svolgimento delle facoltà ritentive della memoria. E
desti # tabile ch’Ella faccia molti proseliti fra i giovani onde
questi possano profittare debitamente delle di Lei ottime lezioni.
(Prof. nel R. Istituto Tecnico di Brescia) Pavia. Roma.
> * i ica, Ammiro. schiettamente il suo sistema di
mnemofecnica, ioni ch’ Ella riconosco giustissime ed
assennate le CERA ca o espone così diligentemente e nun mi meraviglio
q sultati ottimi ottenuti. (Min. Agric. Ind. e Comm.) Prof.
Rag. Ulisse Zanotti Trieste, 18 Marzo 1893 i > ,
non Col suo metodo Ella imita la natura, non ciecamente; pi
è 5 b CELSO la va-- seguendone macchinalmente i precetti: sibbene imitando
n e zionaimente, per analogia e nel suo logico ada vale si
circostanze, seguendo infine lo spirito e non la letter suoi
procedimenti. fl suo metodo è un € da Ella enùmerati ni
Studio un piacere anche a coloro per cui era prima una pena, generando in
tutti una volontà intensa di studiare. Vittorio Donati
pubblicista. Portomaurizio 2 Agrile 1893. Il yostro metodo
mnemonico è fallibile, né può essere uguagliato. È della più grande
nutilità, dappoichè tutti i vantaggi, (e mon son pochi) che voi eli
attribuite, io li ho già tutti consta- tati, e se ho potuto constatarli
io, logoro: nel cervello e nella memoria, grali maggiori utilità non
ricaveranno da esso gli Studenti di qualsiasi ramo, di mente fresca e di
giovane età? Essi col vostro sistema non hanno più bisogno di
prendere appunti durante Ja lezione del professore, perocchè voi
fornite loro col vostro metodo un vero talismano dinanzi al quale
ogni Ustacolo nello studio svanisce eccellente, facilissimo,
in- Gerolamo Spinelli. ava osi A apo d'opera.
Oltre a tutti i Mo, i 3 un altro ancora ve n’ ha: rende cio P
in COLTURA E PROP? 3AZI di piante nuove © di vegetali
utili © poc e/miglioramento di ortaggi comi r tura ed alla
propagazione di: Bc poco noti, nonchè al migl @imuni, sotto lan
direzione di Il Giornale per tutti. fiori più curiosi @
stray gi teressanti, dei vegeta! È db; Gi
ALTRE: PUBBLICAZIONI DELLO STESSO" AUTOEE La
L'ARTE DÌ ESSERE PROMOSSI AGLI ESAMI (opera preziosa per eli >
Di studenti, per chiunque ha da subire nn esame), — L. 1 5 È
L'ARTE DI IMPROVVISAR VERSI (sia in teatro, in sogietà, comeca ta-
‘1 volino). — 1.. 0,80. P nr LA PREVISIONE DEL TEMPO ALLA PORTATA DI
TUTTI. — Mozzi facili.e sicuri basati sulla scienza. = 1. 0, 50 gi
LE CURIOSITA’ DELL’ERUDIZIONE. — Guriosità storithe, scientifithe, Varie,
Oricim e leecende — L. 1,75. % + IL LIBRO DEI PERCHE’, — Spiegazione
scientifico-popolare dei fenomeni | x . d’o&ni giorno. = L. 1, È,
5 DI UN SURROGATO AL TABACCO PRIVO DI NICOTINA, immen- — DE
“ssamente economicò, superiore in fragranza al tabacco naturale, usatis-
i “simo all’estero e alla portara di tutti. — L. 1. ni LA
VITA A BUON MERCATO. — I. 1. > LEE ARTI ED INDUSTRIE DA DILETTANTI —
ENCICLOPEDIA DEI LA- Met VORI DA DILETTANTI. — Lavori su legno, vetro;
specchi, metalli, marmo, pule c cellana, tartaruga, madreperla,
schiuma di mare, cartapesti, gesso, pelli, piante, tappezzerie, tessuti,
piume, cuoi, fotugrafia, fotominiatvra, incisione, scultura, chimica,
plastica; pittura, conciatura, bronzatura, argentatura, doratura, ich -
latura, eee. ecc, — L. 1,50. » ; UTILIZZAZIONE DEI RESIDUI. —
Sessanta utilizzazioni di residui, da x È SO trarsì serio profitto per
l'econumia domestica, l'industria, ce —_ la de 50, fi
late RASSEGNA DELLE SPECIALITA’, — Segreto di composizione di cento e o
fra le più importanti spec alità e nuovi prodotti ind istriali.col relativo
detta- dA gliato processo di fabbricazione. Utile a tutti trattando delle
più disparate spe- E° cialità, — 1.1, Tutte queste opene e
varie altre dello stesso antore sono in vendita presso l’àmministrazione
del Giornale per tutti a Ivrea. ” | Presso la stessa trovansi pure
in vendita le seguenti into vessantissime pubblitazioni.
TUTTI PIANISTI, — Metodo per ‘imparare da se stessi a suonare il più
noforie, Seaza conoscere la musica, senza bisogno ui maestro. —
Metodo.elo-* giato da distinti Mpestri — Fienlato earartito; — 1.9;
dt " LA PRODUZIONE DELLE PERLE A VOLONTA’ E IN CASA
PROPRIA MIE Vanevamento dell'oscrica perlitera dell'Arkansas, del Dott.
nica. == DELLA RIPRODUZIONE DI PIANT VI & E SENZA
INTERMEZZO DI b VAIO — NUOVO METODO tei brot. U. Hiaichi, = 2;
edizione; = Gun ynesdi GA Dai chimqne puo rimboscare il suo monte o il
suo piano nello stessy pride chi, eialeita all'opra e, ciò che è
più sorprendente, ie t.lee di vil; het. LA FABB MUD
SAL Uricazione RI d'olio d'oli ME, ece; -— vil
di ni Di p | processi È Comonrica di RO È dista
LAN, e SVI ento gui | 15620 VLD 00
LA pagina del sito di Albani. Albani e Buonarroti AGA MAGÉRA
DIFÚRA Dizionario delle lingue immaginarie (Zanichelli 1994; ristampa
2011; Les Belles Lettres, ristampa), oltre 2900 voci, 98 illustrazioni, schema
analitico delle lingue immaginarie, prospetto cronologico dei principali autori
di lingue immaginarie, ventotto pagine di bibliografia (per visionare la
bibliografia cliccate qui). Le voci riguardanti il teatro sono a cura di
Alessandra Barsi. Il titolo è ripreso da una poesia in lingua
inesistente scritta da Tommaso Landolfi nel racconto Dialogo dei massimi
sistemi: Aga magéra difúra natun gua mesciún Sánit guggérnis soe wáli
trussán garigúr Gùnga bandúra kuttávol jeris ni gillára. Lávi girréscen
suttérer lunabinitúr Guesc ittanóben katir ma ernáuba gadún Vára jesckilla
sittáranar gund misagúr, Táher chibill garanóbeven lixta mahára Gaj musasciár
guen divrés kóes jenabinitúr Sòe guadrapútmijen lòeb sierrakár masasciúsc Sámm
jab dovár jab miguélcia gassúta mihúsc Sciú munu lússutjunáscru gurúlka
varúsc. Il dizionario è un viaggio nella creatività linguistica, una
raccolta di lingue inventate nei campi più eterogenei (letteratura, teatro,
cinema, musica, pittura, pubblicità, fumetti, televisione) e per le finalità
più diverse (religiose, comunicative, espressive, ludiche, culturali). Nel 2011
esce una ristampa del libro. Per alcune recensioni alla ristampa cliccate
qui. Nelle due pagine centrali della cultura di "la Repubblica"
esce un articolo di Francesco Erbani Parole, giochi proibiti, per leggerlo
cliccate qui. Leggete la recensione di Umberto Eco su
"L'Espresso". A proposito del tradurre da una lingua inventata,
Eco cita Aga Magéra Difúra anche nell'introduzione a Joyce, Anna Livia
Plurabelle, nella traduzione di Samuel Beckett e altri, versione italiana di
James Joyce e Nino Frank, a cura e con un saggio di Rosa Maria Bollettieri
Bosinelli, Einaudi, Torino, "TuttoLibri - La Stampa" Bartezzaghi
recensisce Aga magéra difúra: leggete qui. Articolo di Bartezzaghi su "la
Repubblica" intitolato I fabbricanti di lingue dove si parla ancora di Aga
magéra difúra. Sulla "Domenica de il Sole-24 ore" dell'11 dicembre
1994 Giampaolo Dossena recensisce Aga magéra difúra: leggete qui. Una voce Aga
magéra difúra, dedicata a questo dizionario, esiste nell'Enciclopedia dei
giochi dello stesso Dossena (Utet, Torino). Una bella stroncatura del
libro (finalmente), a opera di Sebastiano Vecchio, intitolata Per chi è
appassionato di linguaggio (in pratica ci rimprovera di non essere dei
linguisti, ma solo degli "appassionati di linguaggio"), esce su
"Italiano&Oltre". Partecipa con Fosco Maraini alla
trasmissione televisiva MediaMente, su RAI 3, condotta da Carlo Massarini, per
parlare di "lingue inventate", per vedere il video su YouTube
cliccate qui. Nel libro di Andrea Moro Le lingue impossibili, edizione
italiana a cura di Nicola Del Maschio (Cortina), si fa un accenno a Aga magéra
difúra: Il testo di Okrent cui fa riferimento Moro è: Arika
Okrent, In the Land of Invented Languages, Spiegel and Grau, New York. è
uscita una traduzione francese a cura di Egidio Festa con la collaborazione di
Marie-France Adaglio, presso Les Belles Lettres, 576 pagine. Su "Le
Monde" esce una recensione di Roger-Pol Droit: BONNES JOIES DE BABEL. Un'altra
recensione firmata da Jean-Baptiste Picard, intitolata Les langues du pays des
merveilles, esce su "Nonfiction. Le quotidien des livres et des
idées". La
recensione di Picard è interessante perché sottolinea l'incommesurabile
inutilità del libro. Fra le altre recensioni all'edizione francese quella
sul numero 5 di "Viridis Candela", 8 absolu 129 EP, vulg,
"carnets trimestriels du Collège de 'Pataphisique". Al Centro
Pompidou, dal 20 febbraio all'11 marzo 2013, il libro ha partecipato al
festival «KHHHHHHH» Langues imaginaires et inventés. Nell'ambito della
mostra Marinetti e il futurismo a Firenze. Qui non si canta al modo delle rane,
Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, ho tenuto una relazione su Marinetti:
parole in libertà e lingue immaginarie. Su "creatività linguistica e
lingue immaginarie", il mio saggio "Al Barildim Gotfano. Creatività
linguistica e lingue immaginarie", uscito su Parol, Quaderni d'arte e di
epistemologia. Lo stesso tema avevo già affrontato in Sobre "l'imaginari
lingüístic", relazione al convegno sulla creatività svoltosi a Velencia
nei giorni 2, 3 e 4 maggio 1996 i cui atti sono raccolti in A creativat Ara,
L'Alfàs del Pi, País Valencià, 1996. Il testo Al Baridilm Gotfano
è citato nella bibliografia Su nonsense e traduzione del nonsense: indicazioni
bibliografiche a cura di Angela Albanese contenuto nella rivista "Il
lettore di provincia" dedicato al tema I dilemmi del traduttore di
nonsense, a cura di Franco Nasi e Angela Albanese. Nell'agosto 2000 una
mia relazione su Gerghi e lingue immaginarie al castello Pasquini di Castiglioncello
all'interno di un ciclo d'incontri su La comunicazione, volti e forme: i
gerghi, organizzato dal Centro Studi e Ricerche sulla Comunicazione diretto da
Giovanni Manetti. Si veda anche il mio articolo Tradurre da lingue
inventate, all'interno del dossier L'artefice aggiunto. Tutti i modi di
tradurre, apparso su "L'Indice dei libri del mese". Il testo,
leggermente modificato, è stato pubblicato nel Quaderno edito da Babel festival
di letteratura e traduzione, edizione 2019, svoltasi a Bellinzona (Svizzera),
intitolata Non parlerai la mia lingua, dedicata alle lingue inventate; per
leggere questa nuova versione cliccate qui. Sempre riguardo alla
traduzione, il dizionario Aga magéra difúra è citato in un testo di Antonio
Prete, "Aga magéra difúra": sul tradurre da lingue inesistenti, in
Antonio Prete, All'ombra dell'altra lingua. Per una poetica della traduzione
(Bollati Boringhieri, Torino, 2011, pp. 71-76, si veda pp.
72-73). Sull'argomento delle lingue inventate anche la mia relazione su
L'italiano immaginario tenuta al convegno L'italiano, lingua d'Europa,
organizzato dall'Istituto italiano di Cultura di Strasburgo. durante la
trasmissione radiofonica Baobab su Radio 1 della RAI, va in onda una mia
intervista sulle lingue immaginarie, per ascoltarla cliccate qui. Sempre
il tema dell'italiano immaginario è stato oggetto di una conversazione,
introdotta e coordinata da Andrea Grignolio, durante la nona edizione del
Festival delle Scienze, dedicato a I linguaggi, svoltosi a Roma, all'Auditorium
del Parco della Musica, festival che ha visto la partecipazione, fra gli altri,
di Noam Chomsky. Sulla mia partecipazione a questo Festival una mia intervista
radiofonica alla trasmissione La Notte di RadioUno andata in onda il 23 gennaio
2014, per ascoltarla cliccate qui. Una nuova versione, rivista e aggiornata, di
L'italiano immaginario è uscita nel volume Langues imaginaires et imaginaire de
la langue. Etudes réunies par Olivier Pot (Librairie Droz, Genève). Per leggere
questa nuova versione. Di linguaggio (quasi immaginario, in quanto economico)
si parla anche nel mio saggio Sraffa and Wittgenstein. Profile of an
intellectual friend. Nel libro di Alberto Nocerino e Roberto Pellerey
Laboratori di scrittura. Istruzioni per una ginnastica alfabetica infinita,
edito da Graphofeel Edizioni di Roma, si accenna agli studi e ricerche sulla
fantasticheria letteraria e sull'enciclopedismo ludico, una corrente che
avrebbe influenzato profondamente l'orientamento di molti laboratori di
scrittura italiani e a p. 24, nota 14 si cita Aga Magéra Difúra. Ho
tenuto dei laboratori sulle lingue immaginarie, cliccate qui. Ho parlato
di Lingue immaginarie e folli letterari: alcuni casi italiani in "Les
Cahiers de l'Institut", rivista dell'Institut International de Recherches
et d'Exploration sur les Fous Littéraires, numero 4, 2009. L'articolo di
Daniele Baglioni, Lingue inventate e "nonsense" nella letteratura
italiana del Novecento, in Giuseppe Antonelli e Carla Chiummo, a cura di,
«Nominativi fritti e mappamondi». Il nonsense nella letteratura italiana, Atti
del Convegno di Cassino, Salerno, Roma, è basato - come dice l'autore stesso -
"per la gran parte dei testi commentati" su Aga magéra difúra. Ecco
la nota di Baglioni: Baglioni cita Aga magéra difúra anche in un altro suo
interessante lavoro: Poesia metasemtica o perisemtica? La lingua delle Fànfole
di Fosco Maraini, in Valeria Della Valle e Pietro Trifone, Studi linguistici
per Luca Serianni, Salerno Editrice, Roma 2007, pp. 469-480. Sul sito del
Centro Studi Landolfi è uscito nel maggio 2013 un mio testo Landolfi inventore
di lingue, citato nel saggio di Ignazio Sanna, Traduzione e significato nel
Dialogo dei massimi sistemi di Tommaso Landolfi, “Medea”. Aga magéra
difúra è citato anche in Raconter l'Oulipo (1960-2000). Histoire
et sociologie d'un groupe di Camille Bloomfiel, edito da Honoré Champion, Paris.
Come
studioso di lingue inventate sono chiamato in causa nel romanzo di Adrián N.
Bravi L'idioma di Casilda Moreira, Edizioni Exòrma,dove sono presentato come
l'estensore della prefazione a un libro inesistente. Un debito al nostro
dizionario delle lingue immaginarie, Aga magéra difúra, è dichiarato da Andrea
Bellini, uno dei curatori, insieme a Sarah Lombardi, della mostra Scrivere
disegnando. Quand la langue cherche son autre tenutasi al Centre d'Art
Contemporain di Ginevra dal 29 gennaio al 23 agosto 2020. Scrive infatti
Bellini nel saggio introduttivo al catalogo edito da Skira nel 2020 nella nota
1 a pagina 15: Per ulteriori info su questo aspetto
dell'influenza di Aga Magéra Difúra sulla mostra ginevrina cliccate qui.
Nel Dizionario del bibliomane di Antonio Castronuovo (Sellerio, Palermo), nel
capitolo intitolato "Scibile intero", è citato Aga Magéra
Difúra. Su "La Lettura", supplemento culturale culturale del
"Corriere della Sera" del 25 giugno 2023, Anno XIII, n. 26 (# 604),
pp. 12-13, un articolo di Giuseppe Antonelli, Inventare idiomi funziona poco
(ma nei libri sì) (parte I e parte II), dove si presentano due schemi
riguardanti le lingue immaginarie e fra le fonti utilizzate si cita Aga magéra
difùra. HOME PAGE TèCHNE RACCONTI POESIA VISIVA
ENCICLOPEDIE BIZZARRE ESERCIZI RICREATIVI NEWSUgo Basso
delle Rovere. Basso. Keywords: Deutero-Esperanto. Refs.: Luigi Speranza, “Grice
e Basso,” pel Gruppo di Gioco di H. P. Grice, The Swimming-Pool Library. Basso.
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