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Wednesday, December 25, 2024

GRICE ITALO A-Z P PR

 

Grice e Pra: la ragione conversazionale d’Antonino e la conversazione degl’hegeliani – la scuola di Montecchio Magiore -- filosofia veneta -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Montecchio Maggiore). Filosofo italiano. Montecchio Maggiore, Vicenza, Veneto. Studia a Padova sotto TROILO. Insegna a Rovigo, Vicenza, e Milano. Partecipa attivamente alla Resistenza, nelle file di "Giustizia e Libertà", guadagnandosi II croci di guerra al merito partigiano. Collabora alla ricostruzione politica e culturale del paese, con una filosofia sempre sorretta da un'alta ispirazione morale.  Medaglia d'oro quale benemerito della scuola, della cultura e dell'arte, dei Lincei, dell'Istituto lombardo di scienze e eettere, dell'accademia olimpica di Vicenza, nonché membro autorevole della società filosofica, della quale è stato anche presidente. Studia la scessi, la logica e la dialettica medioevale, Hume, Condillac, la logica hegeliana, Marx, il pragmatismo, e la storia della storiografia. Connetta la sua attività storiografica con l'esplicitarsi di interessi teorici che lo portamp ad elaborare,un'originale filosofia che denomina trascendentalismo pratico, poi evoluta in una forma di razionalismo storicista e critico. Il suo interesse si rivolge al chiarimento del rapporto tra teoria e prassi in una prospettiva anti-metafisica che lo pone in contrasto con le posizioni dell’idealismo, e più in generale con ogni forma di dogmatismo teoricistico per favorire la libera esplicazione dell'iniziativa pratico-razionale dell'uomo.  Fonda la “Rivista di storia della filosofia”, un riferimento costante e prestigioso. Autore di un fortunato “Sommario di storia della filosofia” (Nuova Italia, Firenze) e poi direttore di una monumentale “Storia della filosofia” (Vallardi, Milano).  Elabora una posizione indicata come trascendentalismo della prassi.  Successivamente, avvicinandosi a PRETI, propone uno storicismo critico, più attento alle strutture della ragione con cui l'esperienza storica si struttura. Altre sagi: “Il realismo e il trascendente” (Padova, Milani); “Amore di sapienza”; “Aviamento allo studio della storia della filosofia” (Vicenza, Commerciale); “La didache”; “Insegnamento del Signore alle genti per mezzo dei dodici apostoli. Documento del I secolo” (Vicenza, Commerciale); Educare, Verona, Scaligera, Pensiero e realtà, Verona, Scaligera, “Scoto Eriugena e l’accademia nel medio-evo” (Milano, Bocca); Condillac, Milano, Bocca, Il pensiero di MATURI, Milano, Bocca, Necessità dell'universalismo” (Vicenza, Collezioni del Palladio); “Valori e cultura immanentistica” (Padova, Milani); “Hume” (Milano, Bocca); “La storiografia filosofica antica” (Milano, Bocca); “La scessi” (Milano, Bocca); Giovanni di Salisbury, Milano, Bocca), “AMALRICO DI BENE” (Milano, Bocca); Autrecourt (Milano, Bocca); “Dewey” (Milano, Bocca); “Il problema del linguaggio nella filosofia del medio-evo” (Milano, Bocca); “Prassi. Appunti delle lezioni di Storia della filosofia a cura di Reina. Milano, La Goliardica; Il pensiero filosofico di Marx, Borso, Shake ed., Milano); “La filosofia occidentale”; “Compendio di storia della filosofia con larga scelta di passi”; “La filosofia antica” “La filosofia nel medio-evo” (Firenze, Nuova Italia); “Storia della filosofia” (Firenze, Nuova Italia); “La dialettica in Marx: Introduzione alla critica dell'economia politica (Bari, Laterza); Profilo di storia della filosofia” (Firenze, Nuova Italia); “Antologia filosofica” (Firenze, Nuova Italia); “La dialettica hegeliana e l'epistemologia” (Milano, CUEM); “Hume e la scienza della natura umana” (Roma, Laterza); “Logica e realtà: momenti della filosofia nel medio-evo” (Roma-Bari, Laterza); “Storia della Filosofia”, Scalabrino Borsani, La filosofia indiana, Milano, Vallardi, Beonio-Brocchieri, La filosofia cinese e dell'Asia orientale, Milano, Vallardi, Giannantoni, Plebe, Donini, La filosofia greca (Milano, Vallardi); La filosofia ellenistica e la patristica Cristiana (Milano, Vallardi); “La filosofia nel medio-evo” (Milano, Vallardi); La filosofia moderna” (Milano, Vallardi); Casini, Merker, “La filosofia moderna” (Milano, Vallardi); “La filosofia contemporanea” (Milano, Vallardi); La filosofia contemporanea (Milano, Vallardi); “La filosofia della seconda metà del Novecento”, Padova, Piccin Nuova libraria-Vallardi); “Logica, esperienza e prassi: momenti della filosofia” (Napoli, Morano); “Il realismo nella storia della filosofia” (Milano, Unicopli); “La storiografia filosofica”; I. A. A. con. Santinello, Garin, Geldsetzer e Braun, Padova, Antenore, Hume. La vita e l'opera (Roma, Laterza); Banfi, Relazioni dall'incontro; Banfi: le vie della ragione, Milano,  con Formaggio e Rossi (Milano, Unicopli); “Il pragmatismo” (Napoli, Bibliopolis); “L’empirismo critico di Preti” (Napoli, Bibliopolis); “Filosofi” (Milano, Angeli); “Metodi di storiografia filosofica”, in Panorami filosofici. Itinerari del pensiero (Padova, Muzzio); “Ragione e storia” (Milano, Rusconi); “Storia della storiografia” (Milano, Angeli); “La guerra partigiana”, Borso (Firenze, Giunti-INSMLI); “Dialettica hegeliana ed epistemologia analitica” Colombo (Brescia, Morcelliana); “Il trascendentalismo della prassi, la filosofia della resistenza” (Milano-Udine, Mimesis); Cambi, Razionalismo e prassi a Milano (Milano); Badaloni,  Studi offerti a P. (Milano, Angeli); Bianchi,  degli saggi di P., in La storia della filosofia come sapere critico. Studi offerti, Milano, Montesperelli, Introduzione, in Mirri, Conti, Filosofi nel dissenso, Foligno, Mirri, Fra Vicenza e Pisa. Esperienze morali, intellettuali e politiche in Il contributo di Pisa e della Scuola Normale Superiore alla lotta anti-fascista ed alla guerra di Liberazione, Pisa, Pacchi, Il filosofo e l’educatore, in In onore, Montecchio Maggiore, Cassinari, Filosofia e storia della filosofia, Conversazione con Papi, «Itinerari filosofici»,  Rambaldi, Ricordo «Rivista di storia della filosofia», Garin, P., «Rivista di storia della filosofia», Santucci, Filosofo e storico della filosofia, «Rivista di storia della filosofia», Rambaldi, L’esistenzialismo positivo  «Rivista di storia della filosofia», Torre, La "Rivista di storia della filosofia", Milano, Paganini, Dall’empirismo classico all’empirismo critico, Le ricerche tra storia e teoria, Giordanetti, Manoscritti di P., «Rivista di storia della filosofia»,  Rambaldi, Et vos estote parati. P., la vigilia, «Rivista di storia della filosofia», Barreca, L’archivio P., «Rivista di storia della filosofia», Rambaldi, P. in Enciclopedia filosofica, Milano, Id., P., insegnante a Vicenza, «Rivista di storia della filosofia», Rigamonti, Gli Hume, «Rivista di storia della filosofia», Parodi, Selogna, Per una filosofia minore. Il pensiero debole, «Rivista di storia della filosofia», Vona, Ricordo, Rivista di storia della filosofia», Rambaldi, Filologia e filosofia nella storiografia, in «ACME», Franzina, Partigiano. Dal fascismo alla Resistenza e alla sua storia, in «Belfagor», Descrizione, in "Rivista di storia della filosofia", Ricordo di P., Informazione filosofica,  "studi filosofici". Barreca, Giordanetti, Fondo P., Milano, Cisalpino. P., in Dizionario di filosofia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia, Presentiamo  P.: l'uomo, il filosofo. Una mostra biografico-documentaria dall'archivio inedito Università degli Studi di Milano, Biblioteca di Filosofia, Borso, Una via religiosa alla Resistenza, "Humanitas",  Fascicolo speciale in memoria  anniversario della fondazione della Rivista, in Rivista di storia della filosofia, Milano, Angeli,. Borso, 'fucino', "Rivista di storia della filosofia", Bisogno, Anselmo in Italia: tra P. e Rovighi, in «Dianoia. Rivista di filosofia del Dipartimento di Filosofia e Comunicazione dell'Bologna»,  Riconoscimenti l'Accademia dei Lincei gli ha conferito il Premio Feltrinelli per le Scienze Filosofiche. Scuola di Milano, Treccani Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia. Opere Vincitori del Premio Feltrinelli Filosofia Università  Università  Premi Feltrinelli, lincei.   L'ultima opera di Dal Pra, la lunga intervista rilasciata a Fabio Minaz-   zi (il quale ha, con ampiezza di riferimenti, sollecitato la memoria storica  e l’interpretazione teorica del filosofo ‘milanese’ intorno al proprio pen-  siero ricollocato nel suo tempo storico) che porta significativamente il ti-  tolo di Ragione e storia, è un'occasione preziosa per rileggere e ripensare  la vicenda filosofica di P. e il significato che essa ha assunto nella  filosofia italiana contemporanea. Si è trattato di una presenza filosofica  ampia e variegata, gestita da una cattedra universitaria illustre e operati-  vamente immersa nella organizzazione della ricerca filosofia (con riviste,  collane, raccolte di documenti, ecc.), ma soprattutto aperta al dialogo — e  al dialogo critico - con tutta la filosofia attuale e con la stessa tradizione  filosofica che alimenta (e deve alimentare) la ricerca contemporanea!. Con  P. siamo davanti a un maestro, come è stato sottolineato anche in  occasione della morte?, non solo perché ha accompagnato da protagoni-  sta il travaglio della filosofia, - travaglio complesso,  giocato su fronti teorici, ma anche ideologici e politici, intessuto di opposizioni, di contrasti, di rifiuti e di fughe in avanti come pure di resistenza  e di rilanci da parte della tradizione -,, bensì anche per il ruolo di inter-  locutore critico, di coscienza vigile e inquieta, ma salda nei principi che  la guidano (la laicità, la ragione, la criticità, tanto per anticipare), che ha  assunto in questo lungo e conflittuale itinerario. Il suo doppio ruolo di  organizzatore della ricerca filosofica e di vigile coscienza filosofica si è venuto delineando già nei primi anni del secondo dopoguerra, per perma-  nere poi nei decenni successivi, sia pure in forme mutate, come centrale [P., F. Minazzi, Ragione e storia, Rusconi, Milano; per la  bibliografia degli scritti di Dal Pra: La storia della filosofia come sapere critico. Studi  offerti a P., Angeli, Milano; Cfr. E. Rambaldi, Ricordo di P., «Rivista di storia della filosofia, I e Id., In ricordo di P,, «Bollettino SFI»; ma anche rico-  struzioni composte prima della morte: Pacchi, Il filosofo l’educatore, in In onore  di P., Quaderni della Biblioteca Civica, Montecchio Maggiore; Garin, Per P., in La storia della filosofia come sapere critico, cit. Cambi, Pensiero e tempo: ricerche sullo storicismo critico: figure, modelli,  attualità, Firenze nel dibattito filosofico italiano; doppio ruolo —- va aggiunto - che P.  ha vissuto con straordinario equilibrio e senza oscurare né l’uno né l’altro dei suoi ambiti di lavoro, come è riuscito a pochi filosofi della sua ge-  nerazione (forse a Preti o a Garin o a Pareyson, molto meno a Geymonat  o a Paci, che hanno avuto un'evoluzione più tormentata e un campo di  lavoro meno organico). Di questo ruolo di maestro della filosofia nazionale, di questa immersione in un complesso travaglio storico, di questo felice equilibrio tra i due  ambiti della sua ricerca (storico e teorico) è puntuale testimone il libro-intervista già ricordato. In esso P. ripercorre, sinteticamente e in prospettiva, più di cinquant’anni di filosofia italiana, dandoci non le cronache  ma la ‘storia’ (l’interpretazione) di quel mezzo secolo, assumendosi come  protagonista, ma in quanto immerso in una temperie collettiva e con essa e in essa interagente. L'immagine che ci consegna di quel cinquanten-  nio è sostanzialmente positiva e assai fedele nel processo tortuoso, anche  ambiguo, sempre inquieto che viene descrivendo come proprio della filosofia italiana. In esso viene indicato anche un filo rosso che ne rileva la  ricchezza e lo sviluppo: la ragione, che è stata la grande protagonista del  dibattito e che si è evoluta verso forme sempre più ricche e radicali di criticità. Certamente in questo richiamo alla centralità della ragione ci sono  — e assai diretti — gli echi di quel neoilluminismo che era stato una voce autorevole e innovatrice (ma anche di sintesi)  sul fronte laico della filosofia italiana. Ma sono echi che non offuscano  affatto la portata del suo disegno storico e teorico, poiché si tratta di un  neoilluminismo che fa, via via, i conti con le critiche alla ragione avanza-  te da marxisti, da empiristi e da dialettici (assai meno dagli ermeneutici),  arricchendosi e sofisticandosi.   Il volume risulta avere - così - un doppio obiettivo: di interpretazione  storica e di messaggio teorico. Sul primo piano P. sottolinea almeno tre aspetti: il ruolo di svolta filosofica (anche filosofica) giocato dalla  Liberazione e dalla Resistenza; il caratterizzarsi della filosofia - dopo questa  svolta - in direzione critica, ma secondo una criticità aperta; il neoilluminismo come tappa cruciale (e plurale) del rinnovamento della filosofia ita-  liana ed europea. In tal modo P. pone in luce il senso del pensiero  contemporaneo riconoscendolo nell’apertura e nel pluralismo, ma anche  nella vocazione antidogmatica e postmetafisica. Qui interviene, poi, la le-  zione teorica del volume: nel disegnare l’orizzonte di quella criticità a cui  P. si mostra consapevolmente e radicalmente fedele, posta al punto  d’incontro di diversi modello filosofici, ma visti come intersecantisi e reci-  procamente integrativi (quali prassismo, empirismo e storicismo). P., Minazzi, Ragione e storia, cit. passim. Sui filosofi italiani: VERRA (si veda), Parlano i filosofi italiani, in La filosofia, ERI, Torino; P., Filosofi, Angeli, Milano e Id., Studi  sull’empirismo critico di Preti, Bibliopolis, Napoli. Quanto al ruolo della Resistenza, P. è assai esplicito: per lui stesso è l'approdo di un lungo travaglio che lo conduce dal realismo cristiano  a un immanentismo critico, che sposta il baricentro etico del suo lavoro  dall’impegno religioso a quello civile-politico, che viene a evidenziare la  centralità della categoria della prassi, intesa però come prassi storica; di  un travaglio che attraverso molteplici contatti con gli ambienti padovani  e vicentini lo indirizza verso un cristianesimo eretico, poi lo immerge negli studi filosofici. Dal Pra aveva compiuto tali studi a Padova, con TROILO (si veda), ma era stato influenzato anche da STEFANINI (si veda) e da ZAMBONI (si veda), maturando  una netta posizione antidealistica, ma studiando con passione le opere  di CROCE (si veda) (soprattutto La storia come pensiero e come azione). Poi  aveva affidato lo sviluppo di un pensiero autonomo ad alcuni studi teorici  (che mostrano il suo passaggio dal realismo cristiano all’immanentismo  critico: Il realismo e il trascendente; Pensiero e realtà;  Necessità attuale dell’universalismo cristiano; Valori cristiani e  cultura immanentistica) e ad altri storici (su Scoto Eriugena e il  neoplatonismo medievale; Condillac; su Il pensiero di Maturi; che svolgono alcuni sondaggi/bilanci sul pensiero cri-  stiano e su quello idealistico, su Maturi erede fedele di SPAVENTA (si veda) e su un  filosofo appiattito dall’idealismo storiografico come Condillac), che avevano tra loro una significativa continuità e simmetria, una problematica  unità: erano tutti testimonianze di una viva e sofferta ricerca in corso, che  liberamente si veniva confrontando con i nodi della filosofia e della storia  italiana di quegli anni*. «Un momento rilevante della mia maturazione  filosofica si colloca, e sia in senso storico che  teorico. Teoreticamente «l’essere passato attraverso la rivendicazione della  primarietà della coscienza e dell’autocoscienza mi ha infatti introdotto al  problema della storia in senso vero e proprio», come riconoscimento del-  la storicità del pensiero e quindi della necessità di sviluppare la riflessione  anche attraverso le indagini di storia della filosofia. Ma fu un momento  che coincise con il rinnovamento della vita nazionale (prima nell’attività  clandestina antifascista poi nella guerra di liberazione e nella Resistenza)  in senso democratico, secondo un modello di democrazia dal basso, capace di fare i conti con la tradizione nazionale, che conduce al FASCISMO, e di avviarne una nuova, attivata su principi di partecipazione e  di solidarietà, di giustizia e libertà. Il dopoguerra filosofico in Italia assunse, infatti, il volto di una ri-fondazione del pensiero nazionale, aprendo la filosofia italiana a modelli eu-  ropei e americani (l’esistenzialismo, il neopositivismo, il materialismo  storico, il pragmatismo) che permettessero di innovarne le prospettive [Cfr. P. Minazzi, Ragione e storia, cit.; Rambaldi, Ricordo di P., cit.; Cambi, Razionalismo e prassi a Milano, Cisalpino-Goliardica, Milano; P., Minazzi, Ragione e storia] e attuando in essa un intenso dialogo tra correnti e posizioni diverse. A  questo lavoro critico e pluralistico di sondaggio internazionale partecipò  attivamente anche la Rivista di storia della filosofia, fondata da P.  e al rinnovamento teorico del lavoro filosofico P. (con Vasa)  dette il suo contributo col trascendentalismo della prassi, una filosofia  antiteoreticistica e problematicistica, connotata dal primato della prassi,  intesa, appunto, come prassi storica. La vocazione della filosofia postbellica  si delineava come legata al criticismo, al valore della criticità, ma assun-  ta senza ipoteche univoche, senza attenersi ad alcuno indirizzo di scuola,  anzi incrociando problematicamente i diversi indirizzi del pensiero con-  temporaneo, per decantarne il radicalismo e la capacità di affinamento  teoretico. Bene, questo compito era indicato anche dal lavoro svolto dalla  «Rivista» di P., in ambito storico e teorico.   Questo lavoro critico/aperto venne consolidandosi nelle posizioni del neoilluminismo: un movimento as-  sai articolato e variegato, in verità, ma che manteneva un intento comune  nella fedeltà alla ragione e nel riconoscimento della sua priorità nel lavoro  filosofico, vista come strumento critico capace di illuminare anche i domi-  ni della prassi (etica e politica). Il neoilluminismo, in Abbagnano come in  Preti, in Paci come in Geymonat, in P., anche in Banfi razionalista  critico e in Garin storicista critico”, viene indicato come l’approdo del tra-  vaglio postbellico in filosofia e come la ‘via aurea’ anche per la riflessione  attuale, in quanto capace di saldare criticamente insieme ragione e vita,  ragione e storia. Se pure oggi esso deve essere svolto in forma più matura,  più articolata e sottile, come la stessa evoluzione della ricerca teorica di  P. ci viene ad indicare con precisione. Anche tutto quello che è avve-  nuto nel pensiero filosofico (italiano e non) tra gli anni Sessanta e gli anni  Novanta, tra strutturalismo e fenomenologia, tra marxismo critico e filosofia postanalitica, tra neostoricismo e ermeneutica, non cancella affatto  l’attualità di quell’indirizzo, anzi lo conferma e lo impone ancora come  un filo rosso della teoresi*. Ed è proprio questo l’altro obbiettivo e/o risultato del volume Ragione e storia: obiettivo pienamente raggiunto, poiché [Per il clima filosofico postbellico in Italia cfr. Garin, Anni dopo, in  Id., Cronache della filosofia italiana, Laterza, Bari; P.,  Il razionalismo critico, in E. Garin (a cura di), La filosofia italiana dal dopoguerra a  oggi, Laterza, Bari; Bobbio, Empirismo e scienze sociali in Italia, in Atti del Congresso Nazionale di filosofia (L'Aquila), Relazioni introduttive, Società Filosofica Italiana, Roma. Sul neoilluminismo cfr. Dal Pra, Il razionalismo critico, cit.; Pasini, Rolando (cur.), Il neoilluminismo italiano, Il Saggiatore, Milano. Ma anche:  Ferrari, Origini e motivi del neoilluminismo italiano, Rivista di storia della filosofia, LECALDANO, L'analisi filosofica tra impegno e mestiere, Rivista di Filosofia. Sull’attualità del neoilluminismo cfr. P., Minazzi, Ragione e storia, cit.;  Pasini, Rolando (cur), Il neoilluminismo italiano] specialmente negli ultimi due capitoli - viene indicato sia il processo  di maturazione di questo modello neoilluministico, così come è stato rivissuto da P., ma in fedeltà ai suoi principi, sia il modello massimo (per così dire) raggiunto da questo stile di pensiero, da questa prospettiva  teoretica. Ripercorrere analiticamente - restando dentro il testo e andando oltre di esso, ripensando cioè å part entière la filosofia elaborata da P. - questo cammino è ciò che ci ripromettiamo di fare nei  paragrafi seguenti, allo scopo di sottolineare la profonda fedeltà attuata  da P. a un modello critico di filosofia, ispirato a una criticità che proprio nel criterio di apertura, di reciproco innesto tra prospettive teoriche  diverse e risolte in senso anti-teoricistico, viene a riconoscere il proprio  principio animatore e il proprio senso. La densa intervista di P. a Minazzi si offre, abbiamo detto, come un'occasione preziosa per ripensare l’avventura filosofica di P.;  inoltre — e soprattutto — per cogliere con nitidezza il posto che essa occupa nella filosofia nazionale contemporanea, nel percorso del neoilluminismo e nella radicalizzazione del criterio della criticità vista come fulcro  del pensiero filosofico attuale. Di questa criticità P. ci consegna - ancora oggi - un'immagine assai acuta: non formalistica, plurale e aperta,  capace anche di rovesciare se stessa cogliendo i propri limiti interni e le  integrazioni ab extra che le sono necessarie. Sul neoilluminismo P. si è soffermato abbastanza di recente par-  lando del razionalismo critico, nel volume laterziano dedicato alla filosofia  italiana contemporanea Partendo da Banfi, Banfi di «Studi filosofici» e teorico di una razionalità critica come momento integratore  dell’esperienza rispettata e potenziata nel suo pluralismo e nella sua sto-  ricità, procede dal nuovo razionalismo di GEYMONAT al neopositivismo  critico di Preti, all’esistenzialismo positivo di Abbagnano, toccando anche  la propria opera - in particolare la Rivista di storia della filosofia, che  muove da alcune premesse che in parte si richiamo al pensiero di Banfi e  «in parte sottolineano un'accentuazione polemica antidealistica nella con-  cezione della storia del pensiero? — e quella di Vasa, quella di Bobbio e di  altri studiosi più giovani (da TAGLIABUE (si veda) a Santucci (si veda). P. viene così delineando i confini geo-storici del neoilluminismo che proprio in  una prospettiva teorica legata al razionalismo critico raggiunge la propria  più forte identità. Tale movimento aveva congiunto «temi filosofici e posizioni politiche, ma assegnando ai primi la priorità e il ruolo di guida.  Sia pure secondo diverse angolazioni, con uscite più o meno convincenti  e coerenti, il neoilluminismo si caratterizzava come una filosofia engagée [P., Il razionalismo critico] ma razionale, tesa a costruire il proprio modello di razionalità criticamen-  te, aprendosi alle varie tecniche di razionalità e mantenendo aperta anche  l’idea stessa della ragione; senza ontologizzarla, senza assolutizzarla, bensì  ponendola sempre al servizio dell'esperienza e della storia, dei loro intricati processi; che essa può illuminare e contribuire a risolvere attraverso  un controllo esercitato dagli uomini in carne ed ossa. Attraverso una serie  di convegni - su cui si sono soffermati di recente PASSINI (si veda) e ROLANDO (si veda)  - il  modello neoilluministico di filosofia venne messo ulteriormente a fuoco  e decantato nella sua ampiezza, ma anche nella sua problematicità; fino al  convegno fiorentino che mostra già in atto una rottura all’interno  del movimento. Poi, secondo P., si va verso la dissoluzione: diversi  filosofi si separano per ragioni filosofiche e politiche, dando vita a modelli  difformi di razionalismo, in cui sussiste ben poco di comune e si poten-  ziano invece le differenze (si pensi agli esiti di Preti o di Geymonat, di PACI (si veda) o di Garin, come sottolinea lo stesso P.). Soprattutto è la doppia istanza di razionalismo e di storicità che viene  a rompersi, dando luogo a filosofie o analitiche o storiche (come rivelano  gli esiti di Bobbio e di Garin), che non colgono più l’elemento di criticità  nel reciproco innesto di ragione e storia. Gradatamente si entra poi in una  fase - come già Bobbio aveva rilevato parlando del neoempirismo in Italia  e della sua parabola" - in cui si sondano piuttosto «i limiti della ragione»,  oppure si operano riduzioni (acritiche) della ragione, avviluppandola in una  lunga crisi da cui non è più uscita. In tale fase si ha ancora un'eclisse della  storia o la sua riduzione in chiave politico-prassica, come pure declina la politica culturale del neoilluminismo, assediata da nuovi massimalismi  e da nuove divisioni nella Sinistra.  E P. così - significativamente - chiudeva quel saggio: la crisi della ragione mette in evidenza come all’unidireziona-  le movimento della razionalità possa sottentrare una pluralisti-  ca politica di potenza e un'articolata elaborazione del consenso,  cioè una razionalità tecnica e operativa, strumentale ed efficiente. Così emerge in forma più svagata e dissacratoria come sia la  traduzione storica sia la funzione della riflessione filosofica si  trovino attraverso vari legami in relazione col movimento sto-  rico presente; e in esso possano collaborare e ripristinare, continuamente rinnovandolo, quel senso della ragione che ha una sua, anche se breve, primavera.   E sono parole che riaffermano l’attualità di quella lezione teoretica,  come P. stesso la verrà fissando nel suo ultimo testo: caratterizzata [Cfr. PASINI (si veda), Il neoilluminismo italiano. Cfr. BOBBIO, Empirismo e scienze sociali in Italia. P., Il razionalismo critico] dall’unità critica di ragione e storia, da una criticità che nella loro reci-  proca intersezione riconosce il proprio campo d’azione e il proprio fon-  damento. P. alla fine del suo ‘viaggio filosofico’, ci consegna, quindi,  un monito e un legato: ritornare a quel neoilluminismo (come formula di  politica culturale), animarlo - ancora - attraverso il razionalismo critico  e fissare l'identità di tale modello di pensiero nella reciproca interferenza  di ragione e storia, attuata secondo procedure sempre più sottili e sempre  più plastiche. Intorno al futuro di questo neorazionalismo critico (per co-  sì definirlo, in modo - forse - inadeguato) P. non ci dice poi molto  di più - come vedremo -, anzi lo rimodella partendo dalla riflessione di Preti, che pur non aveva decantato a pieno (anche nel proprio itinerario  teoretico, approdato a un empirismo critico e poi ricondotto verso Kant e verso Husserl, verso il trascendentalismo) l’istanza neoilluministica e che aveva messo la sordina (anche se niente affatto soffocata) all’istanza della storicità, alterando  il profilo del suo razionalismo in senso empiristico e teoreticistico, e al-  lontanandosi da quell’intersezione tra ragione e storia che P. stesso  indicava come la ‘sezione aurea’ della teoresi razionalistico-critica.   Va sottolineato, infatti che il costante richiamo a Preti che anima il  volume-intervista di P., il suo presentarlo non solo come una delle  grandi voci (e europee) della filosofia italiana del dopoguerra (quale Preti,  di fatto, fu), bensì anche come un modello di teoresi, rischia di mettere in  ombra proprio l’asimmetria che corre tra Preti e P.. Pur riconoscen-  do a Preti, forse, maggiore genialità filosofica, acume e rigore esemplari,  finezza nell’elaborazione del tessuto teoretico (e non solo rispetto a P., che pur lo eguaglia per conoscenze storiche, per pulizia filosofica, per  viva sensibilità teoretica: siamo davanti a due filosofi di razza, in cui agi-  sce å part entière la teoreticità filosofica), va anche riconosciuto che il suo  modello di ragione (trascendentalistico-analitico) è assai diverso da quello  che guida la ricerca di P. (criticistico-storico-prassico). Ma non solo:  il modello dalpraiano si rivela — sia pure nella sua esecuzione un po’ pro grammatica, carente di sviluppi analitici - più pregnante e più resistente  (nel tempo storico e nella teoria) rispetto a quello pretiano; tanto che P. può riproporlo come via centrale anche nella crisi filosofica (e non)  degli anni Ottanta. E ciò accade perché in P. quel modello di ragione  si è interrogato più radicalmente su se stesso, recuperando nell’orizzonte  della propria teoreticità anche l’elemento extrateorico, storico e prassico,  ponendolo come un fattore, centrale e determinate, del fare teoria. Sulla parabola del pensiero di Preti cfr. F. CAMBI (si veda), Metodo e storia. Biografia  filosofica di PRETTI, Grafistampa, Firenze, e Razionalismo e prassi a  Milano, cit.; ma anche F. Minazzi (a cura di), Il pensiero di PRETTI nella cultura  filosofica del Novecento, Franco Angeli, Milano. Cfr. P., Studi sull’empirismo critico di Preti, cit., e P., Minazzi, Ragione e storia. Anzi, a ben riflettere, l’incontro con Preti corrisponde a una fase della evoluzione del razionalismo di P., alla quale però P. stesso  assegna un'enorme importanza, indicandocelo un po’ come la chiave di  volta del suo pensiero; il che è vero e no. In tal modo, infatti, viene a met-  tere in ombra qual razionalismo critico a cui - in conclusione — assegna il  ruolo di guida, storica e teorica. Va, infatti, sottolineato che la riflessione  teorica di P., dopo il suo passaggio giovanile dal realismo cristiano  all’immanentismo, si è contrassegnata attraverso tre tappe o fasi, che però non sono mai del tutto separate e che si differenziano soprattutto per  la diversa accentuazione di comuni elementi teoretici: la fase del trascendentalismo della prassi, che - come abbiamo indica-  to altrove! - può essere considerata chiusa intorno che pone  l’accento sull’antiteoricismo della nuova filosofia e sul primato della  prassi storica, sulle motivazioni extrateoretiche che accendono e guidano i processi di teoreticità;  la fase dell’empirismo critico, che sviluppa la teoricità in senso  analitico e che corregge e integra il primato della prassi col ruo-  lo-chiave riconosciuto all’intelligenza; non a caso le guide di que-  sta fase sono Dewey da un lato e PRETI di Praxis ed empirismo  dall’altro;  la fase del razionalismo critico che riafferma la centralità della storia  nella teoresi, sia come molla genetica, sia come struttura, e che richia-  ma a un uso critico della ragione che non è più inteso in senso solo  strumentalistico o empirico-analitico; è una fase che si apre con la ri-  lettura di Marx e continua a crescere fino ai richiami a Banfi e alle tesi di Ragione e storia.    Certamente, come abbiamo già accennato, questa terza fase attendeva  di essere ulteriormente sviluppata e meglio definita nei suoi confini e nelle  sue strutture; stranamente - nella coscienza di P. - essa si allacciava  troppo intensamente ancora (e l’abbiamo detto) al lavoro di Preti, mentre da esso in realtà veniva a differenziarsi profondamente; pur tuttavia  è una fase nettamente riconoscibile è abbastanza ben definita, anche se  non cancella affatto le altre due precedenti, bensì le integra e le rinnova,  radicalizzandole. Infatti il telos che guida il processo di P. nella ricerca filosofica è una precisa e convinta fedeltà alla criticità, alla ragione  critica, di cui la fase di approdo del suo pensiero e anche la testimonian-  za più radicale. Cfr. Cambi, Razionalismo e prassi a Milano, cit.  Sulle fasi del pensiero di P., scandite dal trascendentalismo della prassi  e da uno storicismo critico/razionalismo critico, cfr. Rambaldi, Ricordo di P. Quando P. a liberazione avvenuta, riprende il lavoro  filosofico in modo organico, la sua fisionomia filosofica presenta ormai  caratteri in parte nuovi: siamo davanti a un filosofo decisamente laico,  che fa i conti con l’idealismo e che si apre alle filosofie internazionali, ma  che fa tutto ciò ancorando il suo pensiero al metacriterio della criticità.  Il rinnovamento è avvenuto attraverso la scoperta della storicità e del lai-  cismo, «al quale Dal Pra giunse in un modo che mostra tutta la serietà  del suo procedere: non lo abbracciò di colpo, bensì tentò, con profondo  dramma interiore e sotto la tragica spinta degli eventi politici, di assi-  milare la componente pratica» dell’immanentismo laico alla concezione  cristiana, come ci ricorda RAMBALDI (si veda). Di qui (da questa esperienza culturale e politica insieme) nascono anche l’antiteoricismo e la coscien-  za del primato della prassi che verranno a caratterizzare la sua posizione  filosofica postbellica, contrassegnata come «trascendentalismo possibile  della prassi». Si è trattato di una presa di posizione assai netta, rivolta a  ricollocare nell’esperienza il senso e il ruolo della teoresi, sottraendola a  ogni ipoteca metafisica e ponendola, invece, al servizio di un uomo finito,  problematico, faber, che con fatica (e attraverso molti errori) cerca di dare un ordine razionale alla realtà, ispirandosi ad un Logos sempre ipoteti-  co e strumentale, ma che, proprio per questo, deve essere costantemente  sviluppato e controllato.   Tutto il lavoro che P. conduce a ritmi intensissimi  e su fronti assai variegati si coagula intorno a questo progetto di razionalità prassica e aperta e, in quel momento, attenta soprattutto a garantire  la propria apertura. Nella ricchissima produzione di quegli anni!’ ci sono  alcuni testi che hanno un po’ la funzione di boa: di indicatori del tragitto.  Tali la Premessa al primo numero della RIVISTA DI STORIA DELLA FILOSOFIA e ancora i Cinque anni di vita, sempre sulla Rivista nel primo  numero; l’articolo Sul concetto di criticità, sempre sulla Rivista e quello su Critica metafisica e immanentismo, sulla Rivista di filosofia, preceduti da Problematicismo e teoreticismo,  e da A proposito di trascendentalismo della prassi, usciti  sulla Rivista, seguiti poi da Sul trascendentalismo della prassi, relazione  presentata al Congresso di filosofia a Bologna. A questo nucleo centrale fanno corona anche gli interventi su Dewey, su ABBAGNANO (si veda), su  GENTILE (si veda), sull’esistenzialismo, sul positivismo logico, sul socialismo, ma anche le discussioni - che furono copiose e articolate — sul trascendentalismo  della prassi con le diverse risposte di P. (e di Vasa)”. È però attraver- [Cfr. la bibliografia degli scritti di P. in La storia della filosofia come sapere critico, e P., Minazzi, Ragione e storia, cit.  Cfr. di P., L'identità di teoria e prassi nell’attualismo gentiliano, «Riso quel corpus di interventi principali che P. viene delineando la sua  posizione filosofica, che è nettamente anti-teoricistica, ispirata  alla criticità, regolata dal «trascendentalismo della prassi. Nel volume-intervista così P. rievoca quelle posizioni:    il tema del «trascendentalismo della prassi ha le sue radici più  profondi lontane in questo terreno culturale (più che filosofico), di un  movimento che era, per un lato, cattolico e, per un altro lato, aperto a  vari indirizzi di pensiero moderno e che si valeva, in modo precipuo,  delle riflessioni svolte da Vasa. La sua genesi fu complessa (politica, culturale e filosofica), ma diventa progressivamente, l’anima dell’atteggiamento critico assunto dalla Rivista nei confronti dei vari indirizzi di pensiero  contemporanei. Esso si caratterizzava come anti-teoricismo in nome - ha sottolineato  Minazzi - dell’esigenza libera e mobile della ricerca, che non può approdare ad alcun assoluto, e fa  leva su una istanza di natura eminentemente pratica sottolineando la  parzialità e la limitatezza storicamente condizionata nonché la piena  responsabilità (morale e teorica) del punto di vista filosofico che de-  cide di assumere. Esso prospetta un quadro problematico più ampio e aperto al cui interno nessuno può illudersi di vedere in modo privilegiato l’assoluto né  può quindi trasformarsi in messaggero privilegiato dell’‘absoluto’», ap-  proda a un senso non garantito del reale, un senso solo possibile, che  proprio nella libertà della sua apertura ritrova il criterio fondante», per  lasciare aperta ogni via di esplicazione all’iniziativa pratico-razionale  dell’uomo, come rileva PACCHI (si veda), citato anche da Minazzi nella  sua intervista. Da parte sua P. sottolinea il carattere di possibilità  che è costitutivo del trascendentalismo della prassi (t.d.p.): l’aggettivo  più importante, in questa prospettiva critica, era proprio possibile, che  vista critica di storia della filosofia; Sul trascendentalismo dell’esistenzialismo trascendentale; Il pragmatismo axiologico d’ABBAGNANO (si veda); Positivismo logico e metafisica, Socialismo e metafisica; sulle discussioni intorno al trascendentalismo della prassi rinviamo a  Cambi, Razionalismo e prassi a Milano, P. Minazzi, Ragione e storia, Pacchi, Il filosofo l’educatore] soggettivamente - significa libertà e quindi esclusione di ogni chiusura  metafisica o ancora teoreticistica del t.d.p., come pure soltanto praticistica — e irrazionalistica: in quanto il suo anti-intellettualismo si applicava  all’esercizio della ragione, era un criterio di organizzazione interna e non  solo di superamento/negazione, (che sono «le insidie nel trascendentali-  smo della prassi»)?5.   Anche nella ricostruzione di P. e Minazzi emerge con forza il  carattere critico del t.d.p., l'aspetto di criticità aperta, capace di radicaliz-  zarsi e trascendersi nelle sue chiusure, attraverso il varco del possibile e  il costante rinnovamento (e revisione) delle strutture teoretiche, in modo  da non farle retrocedere né nel teoreticismo né nel prassismo irrazionali-  stico; rinnovamento attuato con uno scandaglio sempre più consapevole  della propria libertà e del suo effettivo esercizio secondo molteplici mo-  delli e/o paradigmi e attraverso il loro intreccio. A ben guardare il t.d.p.  manifesta - per noi oggi - proprio questo carattere di criticità aperta in-  nestata però nell’esercizio effettivo, operativo della ragione, quindi un ca-  rattere di razionalismo critico orientato in senso storico-critico, in quanto  la storicità viene recuperata all'orizzonte della criticità, secondo il dettato  anche del pensiero banfiano, che P. indica come una delle matrici  teoriche del suo t.d.p.?°.   Se nella discussione, che fu ampia e articolata, e che ho altrove ricostruita, intorno al t.d.p. prevalsero i richiami all’«ancora teoreticismo» o  al prassismo (legato a una prassi non-marxiana, di sapore quasi pragma-  tista — e la critica non era del tutto peregrina, come si cercat di mostrare in Razionalismo e prassi a Milano - oppure al metafisicismo che  venivano a caratterizzarlo, più in ombra resto il suo carattere razionalisti-  co e il suo tipico criticismo, che sono invece gli aspetti che la ricostruzione  più recente ha posto maggiormente — e giustamente - in luce. Tutta l’ope-  razione del t.d.p., sia in P. che in VASA (si veda), si sviluppa invece in un’ottica di razionalismo critico, di liberazione, di ampliamento delle tecniche  di razionalità, di revisione aperta dei propri statuti e di elaborazione di  una idea di ragione che faccia centro - appunto - sulla criticità. Criticità  che P. (l’anno della presentazione ‘ufficiale’ al Congresso di  Bologna del t.d.p., va ricordato), indica come problema del fondamento e del fondare, da sottrarre a ogni ipoteca metafisica, anche minimale,  e ad ogni ipoteca teoreticistica — «il fondamento sarebbe rilevabile come  dato della conoscenza»? —, senza cadere in alcun prassismo come atto di  fondazione, riconfermando così un teoreticismo fondazionistico (sia pu- [P., Minazzi, Ragione e storia, Cfr. Cambi, Razionalismo e prassi a Milano, P. Sul concetto di criticità, «Rivista critica di storia della filosofia re risolto in forma prassica). Va invece posto al centro del processo critico  «l’inattualismo della prassi», ovvero la «possibilità di fare dell’inattuale e  quindi del non-saputo la funzione universalizzante della trasformazione dell’esperienza e dell’attuale»?°: la criticità è un «ideale-limite d'un  impegno pratico-puro»*; il che significa un processo di pensiero fondati-  vo che rimuove il fondamento ed accoglie l’extrateoretico come matrice e  momento-chiave della teoreticità, che su tale esteriorità e su tale apertura  si misura nel suo senso e nella sua efficacia. La criticità, per affermarsi nella  sua identità verace, deve innestarsi con e nella storicità, deve interagire con  e assumere la storia, intesa come prassi sociale, di uomini reali collocati in  un tempo reale e in una situazione altrettanto reale e determinata.   Questo innesto di t.d.p. e criticità viene a connotare in senso fortemente  razionalistico il prassismo di P. (pur lasciando in ombra i suoi rap-  porti col marxismo, con la dialettica e la filosofia della praxis, che verranno  affrontati più tardi)” e a dare un carattere non-kantiano al suo criticismo,  che si nutre piuttosto della lezione hegeliana e di quella deweyana, come  dei richiami alla soggettività-in-situazione dell’esistenzialismo. Tra CROCE (si veda), Dewey ed ABBAGNANO (si veda) si viene a descrivere l’orizzonte problematicistico  di questa criticità, assai vicina - ma con anche forti caratteri differenziali  - a Banfi. Siamo davanti a un criticismo storico-prassi-  co e pluralistico-aperto, che gioca audacemente come suo «fondamento»  proprio la critica del fondare e il pluralismo del fondamento, fino ad ac-  cogliere l’extrateoretico come momento - e cruciale — della fondazione  possibile. Siamo davanti anche a una posizione teoretica di largo fascino  e di rigore - se pure spesso imbozzolata in lessici post-attualistici e esi-  stenzialistico-trascendentali —, di indubbio valore e di notevole forza, che  restò - invece — poco operante nella cultura filosofica nazionale, per vari  motivi: tecnico-filosofici, culturali, politici (per il ritorno degl’ismi filosofici; per la fine del pluralismo culturale del dopo-Resistenza; per le chiusure neodogmatiche della guerra fredda); ma anche perché lo stesso P. e VASA (si veda) non vollero imprimerle un'accelerazione e un potenziamento  e perché assunsero - in modi diversi - l’empirismo a interlocutore fonda-  mentale, lasciando in ombra quel faccia-a-faccia della teoresi tra ragione  e storia, che era, invece, il lievito e il legato del trascendentalismo della  prassi, recuperandolo poi in anni molto lontani da quelli della maturità  e per vie aperte anche dal postempirismo, maturando attraverso ragioni  e suggestioni da questo sollecitate.  Cfr. Cambi, Razionalismo e prassi a Milano, Sul Banfi teorico del razionalismo critico Cfr. PAPI (si veda), Il pensiero di BANFI (si veda), Parenti, Firenze; BANFI (si veda) e il pensiero contemporaneo, Atti del  Convegno di studi banfiani (Reggio Emilia), La Nuova Italia,  Firenze; Cambi, Razionalismo e prassi a Milano. P. ha diretto la propria indagine storiografica su Hume, visto come maestro dello scetticismo moderno e corretto interprete  della sua portata antimetafisica e problematizzante, del suo ruolo di ‘de-  costruttore’ della ragione e di appello ai diritti dell’empiria (soprattutto  importanti in Hume). In questa scelta agivano ragioni storiografiche (di  revisione della storiografia positivistica e di quella idealistica, dimostra-  tesi per il filosofo scozzese assai povere; per porre al centro del pensiero  humiano quella «scienza della natura umana», di tipo naturalistico, che  era in votis nella sua ricerca), ma soprattutto impulsi teorici, sollecitati da  quel neoilluminismo rivolto - specialmente con PRETI — a risolvere la ra-  gione in organizzazione dei saperi scientifici e in costruzione elaborata a  partire dall'esperienza umana e ad essa orientata a ritornare. Proprio in  quegli anni P. subiva - come ha ricordato - un avvicinamento con PRETI, visto come interprete critico del razionalismo  critico banfiano, che lo sviluppava poi in senso empiristico e strumenta-  listico e che assegnava un ruolo cruciale allo scetticismo nella vita dialettica della ragione.  Hume, quindi, costituisce una via per affrontare lo scetticismo - indagato poi anche nell’antichità, con Lo scetticismo greco” -, ma  anche per rileggere in senso empiristico lo statuto della razionalità, facen-  do assumere al criterio-guida della criticità un aspetto più operativo, più  tecnico, ma anche più ristretto. Siamo nella fase dell’empirismo critico di  P., che manifesta sensibili vicinanze a quello di PRETIi teorizzato, ma con esso non coincidente, e sul quale hanno insistito — giustamente  - tanto Rambaldi quanto Minazzi?. Infatti per Rambaldi, e l'amicizia  con PRETI ad attuare «una evoluzione di P. che lo conduce a dare  uno spazio nuovo alla teoria rispetto alla prassi»? ed a convergere con le  posizioni a assunte poi da Preti in Praxis ed empirismo, con un pensiero  tendente a risolvere ogni aseità logico-teorica in termini di costruzione  empirica, storicamente ma razionaliticamente connotata. Questo empirismo critico, ha scritto Minazzi, è un empirismo consapevole del ruolo  e delle funzioni che le strutture (razionali e istintive) svolgono nel pro-  cesso costitutivo dell’esperienza stessa. Lo stesso empirismo di Hume si  presenta come un modello di questa «filosofia critica, capace di opera-  [P, Hume e la scienza della natura umana, Bocca, Milano  (la seconda edizione, interamente rielaborata, esce a Bari, da Laterza);  P., Minazzi, Ragione e storia, P. Lo scetticismo greco, Bocca, Milano (Laterza, Bari. Cfr. Rambaldi, Ricordo di P., cit.; P., Minazzi, Ragione e  storia Rambaldi, Ricordo di P.] re una fondazione aperta dei problemi e delle strutture della esperienza e  della cultura che la illumina e l’organizza, quale Hume ha intrapreso nel  trattato della natura umana, imprimendo un «impianto sistematico alla  sua ricerca empiristica. Lo studio delle diverse componenti dello scetticismo storico (Hume, lo scetticismo antico, Autrecourt) esprime sia l’esigenza di  una ricomprensione critica della storia del pensiero, capace di ricollocare  le diverse forme e fasi dello scetticismo, sia l’obiettivo di cogliere il valore teorico del pensiero scettico: critico in quanto empirico”, in quanto  connotato dal realismo, come sottolinea PRETI.   Intorno all’empirismo critico P. è tornato più volte negli ultimi  venti anni ripercorrendo con cura e sagacia il complesso itinerario e il significato del pensiero di PRETI, mettendo in evidenza il complesso perimetro  che lo individua, in cui istanze trascendentalistiche e neopositivistiche si  saldano a forti elementi di marxismo e di pragmatismo, come pure la den-  sa tensione critica, di continuo approfondimento e di continua revisione  che lo ha contrassegnato. Si tratta di un empirismo appunto critico, cioè  attraversato da un'istanza criticista e quindi attento a sondare le proprie  condizioni di possibilità, ma anche a leggere i propri limiti e ad integrarli  con altre tradizioni di pensiero, capaci di salvaguardare ora l'autonomia  del teoretico ora la sua funzionalità pratico-sociale e storica‘. P. sottolinea anche, di questo modello di criticità, la sensibile attualità, di cui la pubblicazione degli inediti e delle lezioni di PRETI aveva voluto e vuole essere testimonianza, «prova concreta» di vitalità di  una tradizione empiristico-critica a cui noi, per parte nostra, ci sforziamo, sia pure con la nostra modestia e con il nostro volenteroso impegno, di essere, in qualche modo, presenti. La fedeltà a PRETIcorre come  una costante in P. e testimonia di  una tappa essenziale della sua evoluzione teoretica, quella appunto che è  stata definita dell’empirismo critico, contrassegnata da una risoluzione in  senso empirico-tecnico della razionalità, piuttosto che in chiave storica.  Certamente l’aspetto storico non scompare mai dalla teoresi di Dal Pra,  ma si indebolisce, si sfuma nel contorno, per lasciare al centro l’indagine  logico-empirica del razionale.   Se dovessimo citare alcuni testi che indichino con chiarezza questa  presa di posizione in P., non potremmo, forse, individuare alcun testo esplicitamente programmatico di questo mutamento di accento, bensì  potrebbe essere indicato tutto il lavoro condotto sulla «Rivista» con i numeri unici dedicati alla tradizione  dell’empirismo logico e dello strumentalismo, a Dewey e a Russell, a Car- [P. Minazzi, Ricordo di P. P. Studi sull’empirismo critico di PRETI. P. Minazzi, Ragione e storia] nap e su su fino a VAILATI (si veda). Si tratta di un lavoro imponente non tanto per  quantità quanto per qualità, per capacità di approfondimento e per impe-  gno teoretico, poiché si tratta sempre di contributi che tendono a sondare  gli aspetti di teoreticità di quegli empirismi (critici).   Anche RAMBALDI (si veda) sottolinea questo spostamento di accento e di  orizzonti nel pensiero dalpraiano in vicinanza col neorazionalismo (o neoilluminismo) e attraverso «una più specifica sensibilità per i problemi di storia della scienza» e una ricollocazione  della istanza razionale in ambito empirico-analitico*. Il suo «storicismo  critico» storiografico si carica ora di aspetti più nettamente razionalistici  e si colloca in più stretta simbiosi con l’empirismo critico di PRETI, per non  lasciarlo più come interlocutore-principe della propria ricerca teoretica,  anche attraverso gli ulteriori sviluppi di un «ritorno a Hegel» e a Marx  e una ripresa (critica) della dialettica, nonché di un richiamo al raziona-  lismo critico come reciproca intersezione di ragione e storia che viene a  chiudere la traiettoria teoretica di P..   La fase empiristica di P. va considerata più che come una fase  in senso proprio (una tappa) come un'istanza che anima da un momento  particolare in poi il complesso profilo della teoresi, offuscandone sì altri  aspetti, precedentemente più sviluppati e necessari di ulteriori artico-  lazioni, ma decantandone altri ancora e evidenziandoli come momenti  centrali e fondanti. In tal senso, però, questa fase si manifesta come una  crescita irreversibile della teoresi critica di P., come funzionale al  suo radicalismo e alla sua capacità costruttiva nell’esperienza, come un  nucleo costitutivo, anche se niente affatto finale. Infatti, dopo questo approdo dal trascendentalismo della prassi a un empirismo critico, la ri-  flessione teoretica di P. si rimette in marcia, muove verso ulteriori  orizzonti, incontra Hegel e Marx, esige un confronto con la dialettica e  della dialettica con l’epistemologia per attuare non solo il recupero di un  versante della teoreticità sacrificato dall’empirismo (anche critico) nella  sua sordità storicistica (se pure non alla storia vista come processualità),  ma anche una rifondazione più critica, più radicale della teoresi.   Nei secondi anni Cinquanta non si assiste in P. a una riduzione  empiristica della criticità - come in parte invece si assiste nel suo referente principe: in Preti, però all’istanza critica viene fatta assumere una  curvatura empiristica che la emancipa da ipoteche postidealistiche e an-  cora teoreticistiche e la immerge sul terreno delle tecniche di razionalità,  come pure - tuttavia - la riduce nella sua portata più radicale, nella sua  capacità metacritica, in quanto capace di collegare la teoresi all’extrateoretico, al tempo sociale o storia che l’empirismo lascia, necessariamente,  ai margini nei suoi aspetti genealogici e decostruttivi, nelle sue capacità [Sul lavoro della «Rivista di storia della filosofia» cfr. P., Minazzi, Ragione e storia, e Cambi, Razionalismo e prassi a Milano. Cfr. Rambaldi, Ricordo di P.] di dissolvere aseità e di mostrare le ‘impurità’ delle genesi. Quello di P. è un empirismo ‘senza miti’, siano essi l’Analisi o il Linguaggio o la  Verificazione (presenti, invece, ancora in Preti)‘, che lavora con una no-  zione plastica di esperienza (storicizzata, esistentiva), aperto alla propria  autocritica, assunto come canone e non come fondazione, che sottolinea le ragioni - critiche e costruttive - dell’empirismo e le impone come  essenziali per la crescita della teoresi (tali lo strumentalismo e l’antime-  tafisica, la costruttività della conoscenza e il dinamismo dell’esperienza):  un empirismo strumentale che è un momento della teoresi critica (e come tale necessario) ma che non rappresenta affatto né la sua interezza né  il suo traguardo. P. stesso ci ha detto come e perché è arrivato a un recupero della  dialettica e cosa abbia significato questa ripresa dello storicismo attraver-  so Hegel e Marx. Alla base sta «la questione decisiva e aperta del rapporto  tra teoria e prassi, ragione e storia, che sottrae la conoscenza a ogni sussistenza autonoma e la sottopone a un'indagine critica che ne dissolve  l'assolutezza di sostanziale carattere metafisico, facendola incontrare con la prassi, attraverso l’incontro con Marx e con Dewey, visti come  correttori ma anche continuatori di Hegel. Anzi, nota P., sentivo l’esigenza di collegare in qualche maniera lo strumento conoscitivo ad  una dimensione della razionalità concreta», quella illuminata da Marx  e da Dewey, relativa al    rapporto che si viene ad instaurare tra la dimensione logica del pensiero e il tessuto concreto dell’esperienza, tra la configurazione astratta delle interpretazioni teorico-ideali del mondo e la dimensione della  prassi. Di qui l’esigenza di ripensare la transazione e la dialettica come stru-  menti concettuali capaci di leggere in modo interattivo la teoria e la prassi, la ragione e la storia. Ma è soprattutto «lo studio della dialettica» che  «si presentava come più interessante proprio perché era ricco di una complessa tradizione di pensiero» e perché ricomprendeva anche la transa-  zione deweyana. Preti, Praxis ed empirismo, Einaudi, Torino e Id., Il mio empirismo critico, in Saggi filosofici, I, La Nuova Italia, Firenze. P. Minazzi, Ragione e storia, P., Presentazione, in Dewey, Bentley, Conoscenza e transa- [Lo studio delle mediazioni tra ragione e storia — che ritorna così, come  abbiamo detto, al centro del pensiero di P. - si compie in una direzione più operativa, più legata a tecniche di razionalità, più segnata dalle  esigenza di un empirismo critico, rispetto alla fase del «trascendentalismo  della prassi, ma ne rinnova e ne sviluppa l’istanza fondamentale. E la dialettica si pone esplicitamente su questo terreno di mediazione tra cono-  scenza e prassi, e prassi storica in particolare. È lo strumento più maturo  per pensare questa mediazione, anche perché dotato di una ricca tradizione  storica che ne ha approfondito le strutture e il significato. Anche Rambaldi  riconosce l’importanza del rapporto Hegel-Marx per comprendere P. che svolge una indagine, sorretta dallo storicismo critico e  condotta sull’ismo della ‘dialettica’ come struttura formale» in Marx, ma  non solo in Marx (anche in Hegel, attraverso Marx, e in Dewey, attraverso  Hegel)”. La scelta di Marx non è causale: nasce dalla volontà di adire una  dialettica non-speculativa, antiteologica (non-metafisica), nutrita di referenti empirici e attivi nella comprensione dell’esperienza, quindi risolta in  senso strumentale e niente affatto ontologico. Il Marx di P. - come  molto Marx, da quello di CORNU (si veda)  a quello ‘galileiano’ di VOLPE e - è un Marx che opera la rivoluzione  cognitiva più radicale della modernità, innestandola nella prassi, rivolta a  «sussumere la prassi nel tessuto logico-organistico della dialettica», come  ha scritto Rambaldi”. Il Dewey ‘dialettico’ di Dal Pra trova poi una precisa definizione nel saggio su Dewey e il pensiero di Marx come poi - molti anni dopo - nella introduzione a Conoscenza e transa-  zione di Dewey e Bentley”. In ambedue i casi è la vicinanza/distanza da  Hegel che viene a sottolineare l'aspetto empirico e cognitivo della dialet-  tica e il suo sostanziarsi di caratteri prassici, in quanto capace di cogliere  i nessi tra teoria e storia, tra conoscenza e tempo storico. Esce da Laterza il volume su La dialettica in Marx, fino all’opera che studia il configurarsi di una dialettica  empirico-epistemica nella riflessione svolta fino a Per la critica da Marx e  che è erede e correttrice a un tempo della dialettica hegeliana, sia pure con  oscillazioni e pentimenti. L'incontro con Marx si faceva centrale poiché  - pur mantenendo un ruolo autonomo alla teoria, una «relativa autono-    zione, La Nuova Italia, Firenze; ma anche Id., Dewey e il pensiero del giovane  Marx, «Rivista di filosofia. Rambaldi, Ragione e storia. Su Marx cfr. Il marxismo italiano degli  anni Sessanta e la formazione teorico-politica delle giovani generazioni, Editori Riu-  niti, Roma, VOLPE, Logica come scienza storica, Editori Riuniti, Roma; A. Cornu, Marx e Engels dal liberalismo al comunismo, Feltrinelli, Milano; Rossi, Marx e la dialettica hegeliana, I e II, Editori Riuniti, Roma. Sull’importanza di Dewey nel pensiero di P. cfr. Rambaldi, Ricordo di  P.] mia della teoria nei confronti della prassi» (ha detto Rambaldi)” - attiva anche una ripresa dello studio del nesso che deve correre tra ragione e  storia e che nella dialettica trova il proprio dispositivo fondamentale. L’opera su Marx ha quindi un preciso connotato cognitivo e  una funzione in qualche modo programmatica, aspetti che superano de-  cisamente il suo pur importante e significativo impegno di ricostruzione  e interpretazione storica.   Il primo elemento sottolineato da P., intorno alla dialettica marxia-  na, è il suo forte legame con la dialettica di Hegel e che, «se la dialettica è  sempre presente nelle pagine (di Marx), dalla Tesi di dottorato al Capitale,  non è ovunque presente allo stesso modo e con una formulazione rigoro-  samente identica, ma viene scandita secondo diverse fasi: «il metodo dia-  lettico è largamente presente nei primi scritti di Marx, assunse poi una  posizione nettamente diversa e fortemente critica nei riguardi della dialettica, nella Sacra famiglia, nell’ideologia tedesca e nella Miseria della filosofia, per poi tornare esplicitamente a una rivalutazione della Logica hegeliana  e del metodo dialettico nell’Introduzione, fino a Perla critica”. Si  tratta però di una dialettica antidealistica, ripensata in termini realistici,  ma non ontologistici o scientifici (alla Engels). Marx guarda, in particolare,  a una fondazione empiristica dalla dialettica e a un suo uso empirico-critico e storico; essa è uno strumento pratico per una descrizione concreta  delle condizioni in cui si svolge l’attività umana» e tale «processo fondato  in modo pragmatico-fattuale diverrebbe strumento utile perla elaborazione  di un discorso scientifico nell’ambito del sapere storico», che ne indichi  la processualità e il senso. La dialettica è in Marx uno strumento limitato  di analisi applicabile con frutto ad un complesso determinato di fatti,  ma che anche mantiene oscillazioni e qualche regressione (verso Hegel). In  Marx è all’opera quella nuova logica che riguarda la fondazione empiristica della dialettica e che collega divenire storico e concetto, ma sempre  per via ipotetica ed euristica, senza necessità a-priori.   Dietro queste affermazioni sta il marxismo empiristico di PRETI espresso nell’opera, ma ci sta anche la ripresa di quel razionali-  smo critico anni Quaranta-Cinquanta che viene ricondotto - anche nel  suo nucleo più problematico: il nesso teoria/prassi o ragione/storia — verso  terreni analitici, assumendo la dialettica a strumento cognitivo-principe  di queste mediazioni. Ma una dialettica risolta in puro strumento cognitivo, sottratta a ipoteche ontologiche e speculative, ancora presenti nella  stessa tradizione marxista, nella «dialettica della natura» e nelle formula-  zioni del Diamat. Così «la nuova filosofia» di Marx assumeva «caratteri di  grande interesse proprio per chi fosse interessato a considerare in modo [P. La dialettica in Marx, Laterza, Bari] particolare il rapporto che può instaurarsi tre le strutture della razionalità e il mondo della prassi. E Marx su questo terreno è una buona guida,  perché fa un uso «euristico» della dialettica, attraverso anche i numerosi richiami all’esigenza di mettere sempre capo a riscontri  empirici sicuri, alla rivendicazione della base sensibile dell’esperienza e alla necessità di sottoporre sempre il piano teorico al riscontro  puntuale dell’esperienza. Assunta la dialettica in questi termini cognitivi, si tratta poi di innestarla nel circuito tecnico del pensiero epistemologico contemporaneo,  mostrando la funzione di interazione (critica) che essa esercita e di correzione alle ipostasi analitiche (attuando una critica dell’epistemologia), ma  anche quella di estensione critico-analistica su terreni come la storia - che  sfuggono alla sola logica analitica, richiamandosi in questa operazione al  lavoro del marxismo critico per tradurre il movimento della dialettica in  ‘schema empirico’. Non si tratta, certo di superare il metodo scientifico  bensì di integrarlo e di assumerlo in forma critica, rivivendone le istanze  in ambiti differenti con metodologie differenti. La dialettica si fa una di  quelle tecniche dell’intelletto che devono rendersi operative per attuare  un approfondimento» della «istanza della criticità».   Così P. ritorna - ma in forma più ricca e matura - verso il razionalismo critico degli inizi del suo pensiero (laico), riconfermando al centro la nozione di criticità, innestando questa nella relazione tra ragione e  storia, ma dispiegando questo nesso - attraverso la dialettica - in modo  empirico, analitico-critico, mostrando la puntuale, concreta interferenza  tra conoscenza e prassi, tra l'autonomia teoretica e il terreno della storia  e della prassi. Nell’intervista P. riconosce con precisione  questa sua unitaria vocazione teoretica. Più che ad una corrente del pensiero contemporaneo nel corso del-  la mia ricerca e delle lezioni universitarie ho cercato di dare rilievo ad  un problema concernente il nesso tra lo sviluppo storico e la struttu-  ra teorica che mi è sembrato farsi strada verso correnti diverse confi-  gurandosi in molteplici modi. Il suo chiarimento mi ha poi indotto a  prestare attenzione particolare alle differenti fasi del pensiero critico, riconoscendo in esso il volano stesso del pensiero e del pensiero  occidentale in particolare. Ed è intorno al nesso ‘attivo’ di teoria e prassi che si gioca — oggi - il  destino della criticità, torna a ricordarci P. P., Minazzi, Ragione e storia. La ricca e complessa parabola che il razionalismo critico vive nella rifles-  sione di P. si caratterizza come una sua crescita concentrica, intorno  ad un nucleo forte e stabile (il nesso teoria/prassi o ragione/storia) che, però, viene articolandosi secondo accenti diversi (ora sottolineando il ruolo  della prassi ora quello della teoria ora il loro equilibrio e/o reversibilità). In  questo processo si dispiega un modello critico (autocritico/metacritico) di  teoresi che si salda a una prospettiva stabile, ma al tempo stesso la dispiega  in tutta la sua variegata problematicità, in tutto il suo iter di sviluppo e di  approfondimento. La lezione teoretica di P. si innesta così al centro  del problema teoretico contemporaneo, legandosi alla volontà di pensare  una ragione che coglie le sue stesse radici/implicazioni extrateoretiche, che  esce dalla sua purezza/aseità per definirsi come strumento e come strumento pratico e che intorno alla sua valenza pratica deve costantemente interrogarsi e definirsi. Aspetti tutti che travagliano e strutturano la riflessione  contemporanea. Siamo davanti quindi a una ripresa dello storicismo, risolto nella forma critica e nel suo nucleo più radicale alla luce di una criticità  aperta e consapevolmente aperta, che si gioca intorno all’interrogazione  fondativa e la risolve in senso storico-empirico come costruzione di processi razionali a partire da una particolare condizione storica, tramata di  problemi concreti e determinati. Lo storicismo critico di P. è, in realtà,  un razionalismo critico che viene sviluppandosi attraverso un empirismo  critico, per approdare a un potenziamento analitico della stessa criticità,  conducendola oltre il suo carattere esigenziale o programmatico e connettendola invece a precise tecniche di razionalità (come la dialettica).   Tutto questo colloca P. in una significativa zona di confine tra  neoilluminismo e neostoricismo - tra PRETI e GARIN potremmo dire? -,  annodando insieme le due anime del neorazionalismo postbellico, nel  quale la sua posizione filosofica nettamente si colloca e nel quale viene a  ricoprire un ruolo di punta e una funzione di continuità. Ruolo di pun-  ta poiché pone faccia a faccia Analisi e Storia, le media reciprocamente,  riprendendo le più deboli e parziali mediazioni di PRETI (si veda) e di GARIN (si veda) (negli  opposti fronti) e conducendole verso esiti di connessione più intima e più  tecnica (attraverso la dialettica, che non a caso resta marginale tanto in  Preti quanto in Garin, dal punto di vista strettamente logico-cognitivo).  Funzione di continuità, poiché Dal Pra ha continuato a riflettere intorno  al nucleo del neoilluminismo, trasportando le sue istanze teoretiche in  una nuova stagione filosofica e, quindi, aggiornandone la voce ma ricon-  fermandone la prospettiva, sia pure allargata e sofisticata.   Si è trattato, in breve, di una crescita del razionalismo critico che lo ha  contrassegnato sia dal punto di vista tecnico e cognitivo, arricchendone [Cfr. PRETI, Praxis ed empirismo, cit., e GARIN, La filosofia come sapere storico,  Laterza, Bari] LA FEDELTÀ ALLA RAGIONE STORICA E CRITICA] e determinandone le procedure razionali, sia dal punto di vista teoretico  generale (o filosofico), fissandone il connotato di criticità e la dimensione  aperta del suo lavoro critico, che si contrassegna, anche, come controllo  costante dell’itinerario di criticità (quindi come metacritico).   Ora - però - è proprio su questo fronte della criticità e della sua aper-  tura che possono essere colte anche le timidezza o le eventuali chiusure del  razionalismo critico di P. E prima di tutto le sue chiusure rispetto  alle ultime voci della filosofia critica e della stessa ricerca di mediazione  tra ragione e storia, tra pensiero e tempo, rappresentate dalla filosofia at-  tuale, specialmente dalla ermeneutica critica e dalla sua doppia identità  della decostruzione e dalla interpretazione, in quanto capace di riafferrare  il faccia a faccia tra teoria e storia e di sondarne gli intrecci, le filiazioni, i  nessi cognitivi, immaginativi e pratici. Accanto all’ermeneutica anche la  teoria critica dei francofortesi appare assai sullo sfondo®, nel lavoro filosofico di P., non recepita nella sua base metacritica e nella sua volontà  di liberalizzare la dialettica e di ricondurla al suo puro (e vero) iter cognitivo. Eppure tanto l’ermeneutica quanto la teoria critica hanno procedu-  to avanti nell’ambito di una storicizzazione del pensiero, di una revisione  storico-critica della ragione e di un suo potenziamento non-formalistico. Entrambe poi hanno sondato le matrici extrateoretiche della ragione  e il suo stretto e problematico legame con la prassi (sia etica sia politica).  Purtuttavia l’attenzione di Dal Pra per queste frontiere della teoresi con-  temporanea è stata - nel complesso - esile. Tutto questo ha un'origine e  un senso, ma anche un costo.   L'origine del silenzio/disinteresse nasce da quel collocarsi di Dal Pra  nell’ambito del neoilluminismo, cioè in un modo di fare filosofia cha  muove dalla ragione e che l’assume come prospettiva fondamentale, sen-  za pensare come utile e come possibile una sua destrutturazione radicale  e una decostruzione in senso nietzschiano o heideggeriano (Nietzsche e  Heidegger sono, infatti, i ‘grandi assenti’ nel pensiero filosofico di P.:  nell’intervista Nietzsche non viene mai citato né lo è Heidegger),  una sua ricomprensione ermeneutica. Così, tutto ciò produce anche un  silenzio intorno ad altre procedure critico-razionali - come il Verstehen, il  «comprendere» - capaci di pensare la non-aseità del teoretico, di ricollo-  carlo nelle sue origini storiche e di ripensarlo intorno al proprio senso. I  costi sono evidenti: la criticità - pur assunta come aperta — viene fermata  nel suo processo metacritico e nella sua radicalizzazione, ancorandola ad  un ambito storicistico inteso in senso un po’ pragmatista, come dialogo  tra teoria e prassi e non come lavoro decostruttivo/ricostruttivo del senso  storico del loro rapporto e quindi dell’uso teoretico della tradizione (ei-  detica e linguistica) che facciamo in questo campo quando assumiamo  come guida l’intersezione (reciproca) di ragione e storia. Certo sono co-  sti storici che non limitano affatto l’itinerario teorico dalpraiano e il suo    & Cfr. P. Minazzi, Ragione e storia] significato attuale, ma indicano anche un compito oltre di esso: di fare i  conti - in quella interazione (reciproca) - anche con gli appositi dell’er-  meneutica critica, in particolare, che proprio su quella medesima ‘lun-  ghezza d’onda'’ si è esercitata, se pure con procedure assai diverse rispetto  al razionalismo critico”.   Con tutto questo niente viene tolto al significato teorico e storico del  lavoro di Dal Pra: alla sua fedeltà alla ragione, anzi ragione critica, anzi  ad una criticità aperta, ma che conferma al centro un suo nucleo storico-  teorico essenziale (ripetiamo ancora: il nesso problematico e tensionale  tra ragione e storia) e lo impone come asse del pensiero contemporaneo,  come un po’ il suo ‘osso di seppia’ e la sua sfida ancora incompiuta. E pro-  prio in questo richiamo prende corpo l’attualità di P., connessa alla  funzione che il suo razionalismo critico non ha ancora finito di esercitare:  funzione di memento teoretico e di exemplum critico e analitico-critico.  La lezione filosofica di P. - pur nei suoi confini, pur con gli inevita-  bili limiti storici - viene oggi a sfidare proprio quei neodogmatismi che  in molti territori della filosofia vengono a prendere corpo, e partendo del-  le scienze assunte come modello ne varieteur di razionalità o dal rilancio  della metafisica, come ‘sapere dell’inizio’ e del fondamento, o dalla set-  torializzazione tecnica e tecnologica della filosofia che la depriva proprio  della sua generalità e quindi della sua radicalità. Dal Pra con la sua densa  ed esemplare lezione teorica, consegnataci anche nella rivisitazione fattane  con Minazzi in limine vitae, ci aiuta a resistere alle sirene di una teoreticità  che vuole - per molte vie — ricostruire approdi sicuri, certezze confortanti  e quel «mondo della sicurezza» che le filosofie del Novecento - come ben  vedeva Dal Pra - hanno dissolto per sempre e al cui posto hanno collo-  cato una teoresi inquieta che vuole interrogare se stessa e il proprio costi-  tuirsi, che intende pensarsi in modo autentico e radicale, e criticamente  radicale, partendo proprio dal traguardo storicamente raggiunto nel suo  processo - tipicamente occidentale — di progressiva problematizzazione e  spostando oltre di esso la frontiera dell’indagine critico-radicale. Per la teoreticità ermeneutica cfr. Gadamer, Verità e metodo, Fabbri, Mi-  lano 1972 e L. Pareyson, Verità e interpretazione, Mursia, Milano; Vattimo  (cur.), Filosofia, Laterza, Roma-Bari. Cfr. P., Filosofi del Novecento, cit. e Id. (cur.), Storia della filosofia,  Milano, Vallardi. Mario Dal Pra. Pra. Keywords: hegeliani, storiografia della filosofia antica, la filosofia antica, la filosofia italica antica, la filosofia romana, la filosofia romana antica, Antonino, Crotone, Velia, Filolao, Vico, Croce, la storia della filosofia, filosofia della storia della filosofia, storiografia filosofica. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Pra” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Prepone: la ragione conversazionale e il principio conversazionale – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. According to Ippolito di Roma, a pupil of Marzione. He argues that, in addition to there being a principle of good and a principle of evil, there is a third intermediate principle of justice. Grice: “Only I don’t multiply principles beyond necessity, since ‘principle’ means ‘1’!”

 

Grice e Prepostino: la ragione conversazionale del divino di Romolo – Roma – filosofia lombarda -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Cremona). Filosofo italiano. Cremona, Lombardia. Summa theologica, Manichean, caraterismo. Prepostino.

 

Grice e Prestipino: all’isola -- la ragione conversazionale -- conversazione e ragione in Vico -- per una antropologia filosofica – filosofia siciliana -- filosofia italiana – filosofia siciliana -- Luigi Speranza (Gioiosa Marea). Filosofo italiano. Giosiosa Marea, Messina, Sicilia. Insegna a Siena. Studia il socialismo, marxismo ed estetica. Saggi: “La teoria del mito e la modernità di VICO (si veda)” (Palermo, Montaina); “L'arte e la dialettica in VOLPE (si veda)” (Messina, D'Anna); “Che cos'e la filosofia: strutture e livelli del conoscere” (Gaeta, Bibliotheca); “Per una antropologia filosofica: proposte di metodo e di lessico” (Napoli, Guida); “Marxismo (e tradizione gramsciana – GRAMSCI (si veda) -- negli studi antropologici,  Natura e società” (Roma, Riuniti); “Da GRAMSCI (si veda) a Marx” (Roma, Riuniti); “Modelli di strutture storiche” (Bibliotheca, Narciso e l’automobile, La Città del Sole, Realismo e Utopia” (Roma, Riuniti); “Tre voci nel deserto: Vico, Leopardi, Gramsci” (Roma, Carocci); Scheda su Aracne, Da una sponda all’altra del mediterraneo: memorie di militanza comunista. Intervista a P.. Art. in: Historia Magistra. Rivista di storia critica, Risorgimento e dialettica storica in Gramsci, dal Calendario del Popolo Autori Aracne. Giuseppe Prestipino. Prestipino. Keywords: antropologia filosofica, Vico, Volpe, Gramsci,  Narciso e l’automobile, Leopardi. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Prestipino” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Pretestato: la ragione conversazionale del Giove del Campidoglio – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. He achieves high office under Giuliano. He writes a commentary of Temistio – Accademia. Vettio Agorio Pretestato.

 

Grice e Preti: la ragne conversazionale, la retorica conversazionale, e la logica conversazionale – la scuola di Pavia -- filosofia lombarda -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Pavia). Filosofo italiano. Pavia, Lombarida. Grice: “I like Preti. He wrote “Retorica e logica,” which I enjoyed since this is what I do: I find the rhetoric (the implicature) to the logic (the explicature).” Grice: “Preti was a bit of a Stevensonian, with his ‘Praxis ed empirismo, and I mean C. L. Stevenson, not the Scots master of narrative!”. Studia a Pavia sotto LEVI, VILLA e SUALI. Studia Husserl. Insegna a Pavia e Firenze. I suoi saggi nella rivista banfiana "Studi Filosofici", lo vedeno coinvolto in una polemica sull'immanenza e la trascendenza. In “Fenomenologia del valore” (Principato, Milano) e “Idealismo e positivismo” (Bompiani, Milano) emerge con evidenza quell'impostazione tesa a conciliare istanze razionalistiche ed empiristiche. In “Praxis ed empirismo” (Einaudi, Torino) presenta in maniera relativamente organica, per quanto rapidamente, alcuni temi al confine tra pensiero teoretico, filosofia morale e filosofia politica. “Retorica e logica: le due culture” (Einaudi, Torino) è un saggio a cavallo tra la ricostruzione storico-filosofica e il saggio teoretico, con il quale si intende dimostrare, prendendo le mosse dalla polemica aperta da C. P. Snow, l'inconciliabilità tra le due forme di cultura che si intrecciano nel dibattito occidentale, quella logico-scientifica e quella umanistico-letteraria, e la necessità di far prevalere la prima sulla seconda al fine di non cedere a nuove forme di oscurantismo elitario e fanatico. Inoltre, affianca costantemente alla propria attività di autore quella di curatore di classici del pensiero filosofico.  Il suo stile, volutamente trascurato, è rapido, nervoso e semplice, in implicita polemica con il bello scrivere e l'ermetismo tipico delle scuole idealistiche italiane. Tenta trovare una via alternativa al rapporto fra un pensiero unitario e inglobante -- di tradizione hegeliano-crociana -- e uno invece dualistico, nel distinguo fra saperi umanistici e scientifici. Il rifiuto di una strenua dicotomia non deve annullare bensì esaltare le differenze. Altri saggi: “Linguaggio comune e linguaggi scientifici” (Bocca, Milano); “L’universalismo” (Bocca, Milano); “Alle origini dell'etica contemporanea:  Smith, Laterza, Bari); “Storia del pensiero scientifico, Mondadori, Milano); “Che será, será” (Firenze, Fiorino); “Umanismo e strutturalismo: saggi di estetica” (Liviana, Padova); “La scessi e il problema della conoscenza, “Rivista critica di Storia della Filosofia”, “Saggi filosofici” (Nuova Italia, Firenze); “In principio è la carne” (Angeli, Milano); “Il problema dei valori: l'etica di Moore” (Angeli, Milano); “Flosofia della scienza” (Angeli, Milano); “Morale e meta-morale. (Grice: “moralia e transmoralia”); “Saggi filosofici inediti” (Angeli, Milano);  L'esperienza insegna: saggi civili d sulla Resistenza” (Manni, San Cesario, Lecce); In principio è la carne, Scarantino, "Rivista di Storia della Filosofia", Notizie sull'operosità scientifica e sulla carriera didattica, Minazzi, "Il Protagora"; Filosofare onestamente, andando là dove il pensiero ci porta. Lettere a GENTILE; Minazzi, "Il Protagora", Ci terrei tanto a venire a Firenze. Lettere a GARIN, Minazzi, "Il Protagora", Qui a Firenze si muore nel silenzio e nella solitudine. Lettere a PRA, Minazzi, "Il Protagora". Franzini, Il mito delle due culture e la filosofia dei giornali, in "La Tigre di Carta", Zanardo,  Enciclopedia Italiana, Appendice, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Minazzi, P. (Angeli, Milano), Pra, Studi sull'empirismo critico”, Bibliopolis, Napoli, Lecis, Filosofia, scienza, valori: il trascendentalismo” (Morano, Napoli); Minazzi, Filosofia (Angeli, Milano); Minazzi, “L'onesto mestiere del filosofare” (Angeli, Milano); Minazzi, “Il caco-demone neo-illuminista. L'inquietudine pascaliana di reti” (Angeli, Milano); Peruzzi, Filosofo europeo (Olschki, Firenze); Parrini e Scarantino, “P.” (Guerini, Milano); Tavernese,  P.: la teoria della conoscenza: in principio è la carne, Firenze Atheneum, Scandicci, Scarantino,  La costruzione della filosofia come scienza sociale (Mondadori, Milano); Minazzi, Suppositio pro significato non ultimato. G neo-realista logico studiato nei suoi saggi inediti (Mimesis, Milano) Minazzi,  Le opere e i giorni. Una vita più che vita per la filosofia quale onesto mestiere, Mimesis, Milano  Cambi, Mari, Intellettuale critico e filosofo attuale (Firenze); Il contributo italiano alla storia della filosofia, Filosofia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia,  Minazzi e Sandrini, Il razionalismo critico europeo, Mimesis, Milano. Minazzi, Sul bios theretikòs (Mimesis, Milano); Maria, Un punto di vista cattolico (Stamen, Roma); Franzini, Il mito delle due culture e la filosofia dei giornali. Giulio Preti. Preti. Keywords: retorica e logica. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Preti” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Preve: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale – la scuola di Valenza -- filosofia piemontese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Valenza). Filosofo italiano. Valenza, Alessandria, Piemonte.  Important Italian philosopher. He is the tutor of FUSARO, of Torino. Il comunitarismo è la via maestra che conduce all'universalismo, inteso come campo di confronto fra comunità unite dai caratteri del genere umano, della socialità e della razionalità. – “Elogio del comunitarismo”. Di ispirazione marxiana ed hegeliana, scrive saggi di argomento filosofico. Studia a Torino. Sotto Garrone sull’elezione politica italiana”. Studia Hegel, Althusser, Sartre, e Marx. Scrive "L'illuminismo e le sue tendenze radicali e rivoluzionarie: enogenesi della nazione: il problema della discontinuità con la romanità classica”. Insegna a Torino.  Analizza esistenzialmente il comunismo.  Membro del centro di studi sul materialismo storico. Pubblica “La filosofia imperfetta” (Angeli, Milano), dove testimonia la sua adesione di massima all’ontologia dell'essere sociale di Lukács, ed anche, indirettamente, il suo distacco definitivo dalla scuola d’Althusser. Fonda “Metamorfosi”. Spazia d’un esame dell'operaismo ida Panzieri a Tronti e Negri, all'analisi del comunismo dissidente dei socialisti alla critica delle ideologie del progresso storico, all'indagine sullo statuto filosofico della critica comunista dell'economia politica. Organizza un congresso dedicato al comunismo a Milano, e vi svolge una relazione sulle categorie modali di necessità e di possibilità all’interno del comunismo. Da quest'esperienza nasce una rivista chiamata “Marx 101”, che usce in due serie di numeri monografici e di cui e membro del comitato di redazione. Collabora a “Democrazia Proletaria”, organo dell'omonimo partito, che poi divenne insieme con i fuoriusciti dal partito comunista la componente politica e militante del partito della ri-fondazione comunista. S’iscrive a democrazia proletaria, facendo parte della direzione nazionale. Nella battaglia fra i sostenitori di una scelta ecologista – Capanna -- e comunista, sostiene la seconda. Quando la democrazia proletaria e l'associazione culturale comunista confluiscono nel partito della ri-fondazione comunista, abbandona la militanza politica. Con la pubblicazione dei saggi usciti presso l'editore Vangelista di Milano, affronta il suo tentativo di coerentizzazione di un paradigma filosofico comunista globale. Si verifica infatti una discontinuità nella sua produzione. Opta per l'abbandono di ogni “ismo” di riferimento, uscendo del tutto dalla cosiddetta sinistra e dalle sue procedure d’accoglimento e cooptazione.  Ritenendo che la globalizzazione nata dall'implosione dell'Unione Sovietica non si lasci più interrogare attraverso le categorie di destra e di sinistra, richieda altre categorie interpretative, P. diviene inoltre un convinto sostenitore della necessità di superare la dicotomia sinistra-destra. Questa posizione, condivisa da alcuni filosofi e movimenti internazionali, è criticata da molti, tra cui il filosofo Evangelisti, che ne sottolinea l'ambiguità ideologica. P. si ha dedicato a temi come il comunitarismo, la geopolitica, l'universalismo, la questione nazionale, oltre ovviamente ad un'ininterrotta attenzione al rapporto marxismo-filosofia. Cerca di opporsi alla deriva post-moderna seguita dalla stragrande maggioranza della sinistra italiana -- in particolare dai filosofi legati al partito comunista italiano -- con un recupero dei punti alti della tradizione marxista indipendente, del tutto estranea alle incorporazioni burocratiche del marxismo come ideologia di legittimazione di partiti e di stati -- soprattutto Lukács, Althusser, Bloch, ed Adorno. Dopo la fine del socialismo reale, che chiama comunismo storico, ed in dissenso con tutti i tentativi di sua continuazione/rifondazione puramente politico-organizzativa, lavora su di una generale rifondazione antropologica del comunismo, marcando sempre più la discontinuità teorica e politica con i conglomerati identitari della sinistra italiana -- Rifondazione Comunista in primis ma anche la scuola operaista e Negri in particolar modo. I suoi interventi sono apparsi sia su riviste legate alla sinistra alternativa -- L'Ernesto, Bandiera Rossa -- che su riviste come Indipendenza e Koiné, dove sostene l'esplicito superamento del dualismo destra-sinistra, approdando a posizioni antitetiche a quelle di  BOBBIO (si veda). Collabora con la rivista Comunitarismo, prima, e Comunità e Resistenza. È redattore di Comunismo e Comunità.  Al di là delle prese di posizione sulla congiuntura politica, tre cardini della sua filosofia sono l'interpretazione della storia della filosofia, l'analisi filosofica del capitalismo e la proposta politica per un comunismo comunitario universalistico.  Ri-leggendo l'intera storia della filosofia utilizza una deduzione sociale delle categorie del pensiero non riduzionistica, che gli permette di discernere la genesi particolare delle idee dalla loro validità universale. Infatti quello di lui è un orizzonte aperto universalisticamente alla verità, intesa hegelianamente come processo di auto-coscienza storica e sintesi di ontologia e assiologia, dell'esperienza umana nella storia. Nella sua proposta di ontologia dell'essere sociale riconosce razionalmente la natura solidale e comunitaria degl’uomini e l'autonomia cognoscitiva della filosofia, contrastando ogni forma di riduzionismo nichilistico, relativistico o partigianamente ideologico. Viene definito un strenuo difensore dello statuto veritativo della filosofia da una parte, e deciso oppositore di ogni fraintendimento relativistico dall’altra. Intende il capitalismo come totalità economica, politica e culturale da indagare in tutte le sue dimensioni. Propone di suddividerlo filosoficamente e idealisticamente in tre fasi: capitalismo astratto, capitalismo dialettico con una proto-borghesia illuministica o romantica, una medio-borghesia positivistica e poi  esistenzialistica, e una tardo-borghesia sempre più individualistica e libertaria; capitalismo speculativo (post-borghese e post-proletaria) in cui il capitale si concretizza come assoluto, espandendosi al di là delle dicotomie precedenti a destra economicamente, al centro politicamente e a sinistra culturalmente.  Nell'analisi filosofica del capitalismo, più volte insiste sulla critica al politicamente corretto, dove studia il concetto consterebbe dei seguenti punti nella sua concezione -- dove è considerato un'arma del capitalismo per attrarre fasce deboli a sé, nonché un'ideologia di fondo dell'occidente imperialista. ‘Americanismo’ come collocazione presupposta, anche sotto forma di benevola critica al governo statunitense. Religione olocaustica: Non aderisce al negazionismo dell'Olocausto e condanna i genocidi, ma considera la shoah un fatto non unico, utilizzato dal sionismo per legittimare le azioni di Israele tramite il senso di colpa dell'Europa. Auschwitz non può e non deve essere dimenticato, perché la memoria dei morti innocenti deve essere riscattata, e questo mondo nella sua interezza appartiene a tre tipi di esseri umani: coloro che sono già vissuti, coloro che sono tuttora in vita, e coloro che devono ancora nascere. Ma Auschwitz non deve diventare un simbolo di legittimazione del sionismo, che agita l'accusa di anti-semitismo in tutti coloro che non lo accettano radicalmente, e che non sono disposti a derubricare a semplici errori i suoi veri e propri crimini. Teologia dei diritti umani, che considera -- come altri filosofi marxisti come LOSURDO (si veda), o comunitaristi -- solo un grimaldello e un paravento del capitalismo per imporsi ed eliminare, in realtà, i diritti dei popoli e dei lavoratori, attuando il liberismo e l'imperialismo globali. “Antifascismo in assenza completa di fascismo. L’antifascismo, positivo un tempo, è considerato un fenomeno dannoso e a favore del sistema capitalistico, visto che il fascismo (da lui deprecato soprattutto per la colonizzazione imperialistica dell'Africa e la mascalzonaggine imperdonabile dell'invasione della Grecia, è stato ormai sconfitto, volto a creare tensioni tra le diverse forze anti-sistema, e a fungere da nuova ideologia della sinistra post-comunista e post-stalinista (dopo il graduale abbandono del marxismo-leninismo avvenuto  per gli effetti della de-stalinizzazione), che diviene così inutile. Falsa dicotomia Sinistra/Destra come "protesi di manipolazione politologica". Derivata dal precedente, questa teoria punterebbe a indebolire le critiche anticapitalistiche, impedendo l'unione tra comunisti, comunitaristi e socialisti nazionalitari contro il capitale. Al contempo, anche per le nette e costanti affermazioni contro i tribalismi, i razzismi e i nazionalismi soprattutto coloniali, è da ritenersi estranea al cosiddetto rossobrunismo (i cosiddetti nazionalboscevichi) di cui fu tacciato da Evangelisti, che a suo dire si configurerebbe come una folle somma dei difetti degli estremismi opposti. L'unione di sostenitori rasati del razzismo biologico con sostenitori barbuti della dittatura del proletariato sarebbe certamente un buon copione di pornografia hard, ma non potrebbe uscire dal piccolo circuito a luci rosse del sottobosco politico.  La sua proposta politica va nella direzione di un comunismo comunitario universalistico, da intendersi come correzione democratica e umanistica del comunismo, dal momento che quello storico sarebbe stato reo di non aver messo in comune innanzitutto la verità. Quello tratteggiato da lui è un sistema sociale che costituisce una sintesi di individui liberati e comunità solidali. Non è inteso come inevitabile sbocco storicistico o positivistico di una storia che si svilupperebbe linearmente, né tuttavia in modo aleatorio, bensì in potenza, a partire dalla resistenza alla dissoluzione comunitaria innescata dall'accumulazione individuale di merci. Qui il problema dell'auspicabile democrazia viene impostato su basi antropologiche, scommettendo sulle potenzialità ontologiche della bontà del potenziale degl’uomini, ente politico-comunitaria – “zόoa politika; razionali e valutativi della giusta misura sociale – “zόa lόgon échon” -- e generica, in senso marxiano – “Gattungswesen” --  cioè in grado di costruire diversi modelli di convivenza sociale, compreso quello in cui gl’uomini, affermando la priorità etica e comunitaria per contenere i processi economici altrimenti dispiegantisi in modo illimitato e dis-umano, può realizzare le sue potenzialità ontologiche immanenti, attualmente alienate. La liberazione avverrebbe quindi a partire dal suo radicamento comunitario in cui agisce collettivamente, pur rimanendo l'individuo stesso l'unità minima di resistenza al potere. Adere al partito comunista italiano, ma presto si allontanò (essendo ostile al compromesso storico tra PCI e DC, promosso da Berlinguer e Moro), entrando poi a far parte della Commissione culturale di Lotta Continua. In seguito si iscrisse a Democrazia Proletaria durante la sua ultima fase. Dopo lo scioglimento della Democrazia Proletaria, e in seguito alla confluenza di quest'ultima in Rifondazione Comunista, si è sempre più allontanato dall'attività politica in senso stretto. In seguito manifestò critiche verso l'operaismo e il trotskismo che animavano talvolta queste esperienze della post-sinistra extraparlamentare.  Se dal punto di vista teorico si era già distanziato dalla sinistra italiana a seguito della dissoluzione dell'Unione Sovietica e della svolta della Bolognina, il distacco emotivo definitivo dalla sinistra avvenne con il bombardamento NATO in Jugoslavia durante la guerra del Kosovo, che ricevette il beneplacito del governo italiano. Considera questo fatto come la fine della legalità costituzionale italiana riferendosi alla violazione dell'articolo 11 e un atto di tradimento verso i valori fondanti della Repubblica Italiana. Sul tema scrisse Il bombardamento etico. Saggio sull'interventismo umanitario, l'embargo terapeutico e la menzogna evidente. Molto clamore ha suscitato (anche tra le file della sinistra alternativa) la sua adesione ad alcune tesi del Campo Antimperialista per l'esplicito sostegno da questi fornito alla resistenza irachena. È stato uno dei filosofi di riferimento del comunismo comunitario, nonché animatore della rivista Comunismo e Comunità. Altre saggi: “La classe operaia non va in paradiso: dal marxismo occidentale all'operaismo italiano, in “Alla ricerca della produzione perduta” (Bari, Dedalo); “Cosa possiamo chiedere al marxismo”; “Sull'identità filosofica del materialismo storico”;  “Marxismo in mare aperto”; “Rilevazioni, ipotesi, prospettive” (Milano, Angeli); “La filosofia imperfetta”; “Una proposta di ricostruzione del marxismo ” (Milano, Angeli); “La teoria in pezzi”; “La dissoluzione del paradigma teorico operaista in Italia” (Bari, Dedalo); “La ricostruzione del marxismo fra filosofia e scienza”; “La cognizione della crisi. Saggi sul marxismo di Althusser” (Milano, Angeli); “La rivoluzione teorica di Althusser, in Il marxismo” (Pisa, Vallerini); “La passione durevole” (Milano, Vangelista); “La musa di Clio vestita di rosso, in Trasformazione e persistenza. Saggi sulla storicità del capitalismo” (Milano, Angeli); “Il filo di Arianna. XV lezioni di filosofia marxista” (Milano, Vangelista); “Il marxismo e l’eguaglianza”, Urbino; “IV venti”; “Il convitato di pietra”; “Saggio su marxismo e nichilismo” (Milano, Vangelista); “L'assalto al Cielo”; “Saggio su marxismo e individualism” (Milano, Vangelista); “Il pianeta rosso”; “Saggio su marxismo e universalismo” (Milano, Vangelista); “Ideologia Italiana”; “Saggio sulla storia delle idee marxiste in Italia” (Milano, Vangelista); “Il tempo della ricercar” “Saggio sul moderno, il postmoderno e la fine della storia” (Milano, Vangelista); “L'eguale libertà”; “Saggio sulla natura umana” (Milano, Vangelista); “Oltre la gabbia d'acciaio”; “Saggio su capitalismo e filosofia” (Milano, Vangelista); “Il teatro dell'assurdo”; “Cronaca e storia dei recenti avvenimenti italiani”; “Una critica alla cultura dominante della sinistra nell'attuale scontro tra berlusconismo e progressismo” (Milano, Punto Rosso); “Strategia politica”; “Premesse teoriche alla critica della cultura dominante della sinistra esposta nel Teatro dell'assurdo” (Milano, Punto Rosso); “Il marxismo vissuto del Che”; “Lettere di Che Guevara a Tita Infante” (Milano, Punto Rosso); “Un elogio della filosofia” (Milano, Punto Rosso); “Quale comunismo?”; “Uomini usciti di pianto in ragione” (Roma, Manifesto); “La fine di una teoria”; “Il collasso del marxismo storico del Novecento” (Milano, UNICOPLI); “Il comunismo storico novecentesco”; “Un bilancio storico e teorico” (Milano, Punto Rosso); “Nichilismo Verità Storia”; “Un manifesto filosofico della fine del XX secolo” (Pistoia, CRT); “Gesù. Uomo nella storia, Dio nel pensiero” (Pistoia); “Il crepuscolo della profezia comunista. A 150 anni dal “Manifesto”, il futuro oltre la scienza e l'utopia” (Pistoia, CRT); “L'alba del Sessantotto”; “Una interpretazione filosofica” (Pistoia, CRT); “Marxismo, Filosofia, Verità” (Pistoia, CRT); “Destra e sinistra. La natura inservibile di due categorie tradizionali” (Pistoia, CRT); “La questione nazionale alle soglie del XXI secolo”; “Nota introduttiva ad un problema delicato e pieno di pregiudizi” (Pistoia, CRT); “Le stagioni del nichilismo. Un'analisi filosofica ed una prognosi storica” (Pistoia, CRT); “Individui liberati, comunità solidali. Sulla questione della società degli individui” (Pistoia, CRT); “Contro il capitalismo, oltre il comunismo”; “Riflessioni su di una eredità storica e su un futuro possibile” (Pistoia, CRT); “La fine dell'Urss”; “Dalla transizione mancata alla dissoluzione” (Pistoia, CRT); “Il ritorno del clero. La questione degli intellettuali oggi”( Pistoia, CRT); “Le avventure dell'ateismo. Religione e materialismo oggi” (Pistoia, CRT); “Un nuovo manifesto filosofico. Prospettive inedite e orizzonti convincenti per la filosofia” (Pistoia, CRT); “Hegel Marx Heidegger. Un percorso nella filosofia” (Pistoia, CRT); “Scienza, politica, filosofia. Un'interpretazione” (Pistoia, CRT); I secoli difficili. Introduzione al pensiero filosofico dell'Ottocento e del Novecento, Pistoia, CRT); “L'educazione filosofica. Memoria del passato, compito del presente, sfida del future” (Pistoia, CRT); “Il bombardamento etico. Saggio sull'interventismo umanitario, l'embargo terapeutico e la menzogna evidente” (Pistoia, CRT); “Marxismo e filosofia. Note, riflessioni e alcune novità” (Pistoia, CRT); “Un secolo di marxismo. Idee e ideologie, Pistoia, CRT); “Un filosofo controvoglia. Introduzione a G. Anders, L'uomo è antiquato” (Bollati Boringhieri); “Le contraddizioni di Bobbio. Per una critica del bobbianesimo cerimoniale” (Pistoia, CRT); “Marx inattuale. Eredità e prospettiva” (Torino, Boringhieri); Verità filosofica e critica sociale. Religione, filosofia, marxismo” (Pistoia, CRT); “Dove va la sinistra?” (Boninsegni, Roma, Settimo Sigillo); “Comunitarismo filosofia politica” (Molfetta, Noctua); “La filosofia classica tedesca, Dialettica e prassi critica. Dall'idealismo al marxismo (Molfetta, Noctua); “L'ideocrazia imperiale americana” (Roma, Settimo Sigillo); Filosofia del presente. Un mondo alla rovescia da interpretare” (Roma, Settimo Sigillo); Filosofia e geopolitica” (Parma); All'insegna del Veltro, Del buon uso dell'universalismo. Elementi di filosofia politica” (Roma, Settimo Sigillo); Dialoghi sul presente. Alienazione, globalizzazione destra/sinistra, atei devoti. Per un pensiero ribelle” (Napoli, Controcorrente); “La comunità ritrovata. Rousseau critico della modernità illuminista, Torino, Libreria Stampatori); “Marx e gl’antichi greci” (Pistoia, Petite plaisance); “Il popolo al potere. Il problema della democrazia nei suoi aspetti filosofici” (Casalecchio, Arianna); “Verità e relativismo. Religione, scienza, filosofia e politica nell'epoca della globalizzazione” (Torino, Alpina); Elogio del comunitarismo” (Napoli, Controcorrente); “Il paradosso De Benoist. Un confronto politico e filosofico” (Roma, Settimo Sigillo); “Storia della dialettica” (Pistoia, Petite plaisance); “La democrazia in Grecia. Storia di un'idea, forza di un valore, in Presidiare la democrazia realizzare la Costituzione. Atti del seminario itinerante sulla difesa della Costituzione, Bardonecchia, Susa, Bussoleno, Condove, Borgone Susa, Edizioni Melli-Quaderni); “Sarà Dura!, Storia critica del marxismo. Dalla nascita di Karl Marx alla dissoluzione del comunismo storico novecentesco” (Napoli, La città del sole); “Il presente della filosofia italiana, Pistoia, Petite plaisance, Storia dell'etica, Pistoia, Petite plaisance,  “Hegel anti-utilitarista” (Roma, Settimo Sigillo); Storia del materialismo, Pistoia, Petite plaisance, Una approssimazione a Marx. Tra materialismo e idealismo, Saonara, Il Prato); Ri-pensare Marx. Filosofia, Idealismo, Materialismo” (Potenza, Ermes); Un trotzkismo capitalistico? Ipotesi sociologico-religiosa dei Neocons americani e dei loro seguaci europei, in Neocons. L'ideologia neoconservatrice e le sfide della storia, Rimini, Il Cerchio); “Alla ricerca della speranza perduta. Un intellettuale di sinistra e un intellettuale di destra "non omologati" dialogano su ideologie e globalizzazione” (Roma, Settimo Sigillo);  La quarta guerra mondiale, Parma, All'insegna del Veltro, L'enigma dialettico del Sessantotto quarant'anni dopo, in La rivoluzione dietro di noi. Filosofia e politica prima e dopo il '68, Roma, Manifesto); “Il marxismo e la tradizione culturale europea, Pistoia, Petite plaisance, Nuovi signori e nuovi sudditi. Ipotesi sulla struttura di classe del capitalismo contemporaneo” (Pistoia, Petite plaisance, Logica della storia e comunismo novecentesco. L'effetto di sdoppiamento” (Pistoia, Petite plaisance); “Elementi di Politicamente Corretto. Studio preliminare su di un fenomeno ideologico destinato a diventare in futuro sempre più invasivo e importante, Petite Plaisance,  Filosofia della verità e della giustizia. Il pensiero di Kosík, con Cesana, Pistoia, Petite plaisance, Lettera sull'Umanesimo, Pistoia, Petite plaisance, Una nuova storia alternativa della filosofia. Il cammino ontologico-sociale della filosofia, Pistoia, Petite plaisance, Lineamenti per una nuova filosofia della storia. La passione dell'anticapitalismo, con Luigi Tedeschi, Saonara, Il Prato,.Dialoghi sull'Europa e sul nuovo ordine mondiale, Saonara, Il Prato, Collisioni. Dialogo su scienza, religione e filosofia, Pistoia, Petite plaisance, Marx: un'interpretazione, Nova Europa). Prefere non definirsi marxista ma appartenente alla "scuola di Marx", e «allievo indipendente di Marx»; Elogio del comunitarismo, Controcorrente, Napoli,  Personalmente, non sono credente né praticante. Non credo in nessun Dio personale, considero ogni personalizzazione del divino una indebita e superstiziosa antropomorfizzazione, e sono pertanto in linea di massima d’accordo con Spinoza. Ma ritengo anche la religione, così come la scienza, l’arte e la filosofia, dati permanenti dell’antropologia umana in quanto tali desti durare tutto il tempo in cui durerà il genere umano  (Elementi di politicamente corretto. Convegno, Lukács e la cultura europea (II intervento)  Relazione Congresso Nazionale di DP (terzultimo intervento)  Destra e Sinistra: confronto tra P. e LOSURDO (si veda); Carmilla: I rosso-bruni: vesti nuove per una vecchia storia  Democrazia comunitaria o democrazia proprietaria?”; “Considerazioni sulla geopolitica”; “Il bombardamento etico dieci anni dopo”. Monchietto, Colletti; Marxismo, Filosofia, Scienza. L'“ultimo” filosofo marxista su la RepubblicaTorino  Addio al filosofo, In memoria, Fusaro  Un lutto veramente grande per noi di Gianfranco La Grassa, La Sala Rossa ricorda la figura e raccogliendosi in un minuto di silenzio, P., Con Marx e oltre il marxismo; Comunismo e Comunità » Laboratorio per una teoria anticapitalistica  A. Volpe e P. Zygulski, Verità e filosofia, in Monchietto e Pezzano, Invito allo Straniamento. I. filosofo, Pistoia, Petite Plaisance,  P., Elementi di politicamente corretto. E qui concludiamo con una serie di previsioni artigianali. Ricordo al lettore che questo non è ancora un Trattato di Politicamente Corretto, che ho peraltro intenzione di scrivere, in cui i cinque punti principali indicati (americanismo come collocazione presupposta, religione olocaustica, teologia dei diritti umani, anti-fascismo in assenza completa di fascismo, dicotomia Sinistra/Destra come protesi di manipolazione politologica) verranno discussi in modo più analitico e preciso. Da Intellettuali e cultura politica nell'Italia di fine secolo, Rivista Indipendenza, Da Gli Usa, l’Occidente, la Destra, la Sinistra, il fascismo ed il comunismo. Problemi del profilo culturale di un movimento di resistenza all’Impero americano, Noctua Edizioni, P.: audio congressi DP (Radio Radicale)  Intervista politico-filosofica (Repaci, P.)  «La costituzione italiana è stata distrutta per semprre con i bombardamenti sulla Jugoslavia, e da allora l’Italia è senza costituzione, e lo resterà finché i responsabili politici di allora non saranno condan morte per alto tradimento (parlo letteralmente pesando le parole), con eventuale benevola commutazione della condanna a morte a lavori forzati a vita. Eppure, questi crimini passano sotto silenzio, perché si continuano ad interpretare gli eventi di oggi in base ad una distinzione completamente finite (P., Elementi di politicamente corretto) Bobbio, Né con Marx né contro Marx, Riuniti, Roma, Storia dei marxismi in Italia, Manifestolibri, Roma, Alessandro Monchietto, Marxismo e filosofia in Preve, Editrice Petite Plaisance, Pistoia, Zygulski, P.: la passione durevole della filosofia, presentazione di Pezzano, Pistoia, Editrice Petite Plaisance, Monchietto e Pezzano, Invito allo Straniamento. I. P. filosofo, Pistoia, Petite Plaisance, Zygulski,  e l'educazione filosofica, in Educazione Democratica,  Foggia, Edizioni del Rosone, gennaio, Monchietto, Invito allo Straniamento. II. Marxiano, Pistoia, Petite Plaisance, Massimo (Bontempelli);   Bentivoglio, Il senso dell'essere nelle culture occidentali (Milano, Trevisini); Formenti, Il socialismo è morto. Viva il socialismo!, Meltemi, Milano).   LA MISERIA DEL MONDO ROMANO   E LA FORMAZIONE SOCIALE DEI PRESUPPOSTI DEL CRISTIANESIMO.  IL ROVESCIAMENTO DIALETTICO DELL'IMPERIUM IN BASILEIA  E L'INVERSIONE ONTOLOGICO-SOCIALE DELLA TERRA IN CIELO    La filosofia stoica, nata sulla base della violazione sistematica del comune senso  del pudore (anaideia), e poi gradualmente “normalizzata” in innocuo sapere del  saggio capace di vincere il turbamento (ataraxia), diventò la koiné filosofica più dif-  fusa nel mondo ellenistico-romano. E questo non è un caso, perché si passò da una  prima fase “politica”, provocatoriamente antischiavistica ed antiproprietaria, ad  una seconda fase “apolitica” di semplice cura dell'anima individuale. Il percorso  normalizzatore dall’anaideia all'ataraxia è ovviamente mistificato e nascosto dalla  manualistica filosofica ordinaria, che lo rovescia integralmente. Tace e censura il  momento fondante dell’anaideia, e sostiene al contrario che la teoria della ataraxia è  la sola “filosofia politica” delo mondo romano. Se si legge Seneca e Marco Aurelio,  tuttavia, si vede che in realtà quello che viene impropriamente chiamato “stoici-  smo”, ed invece non lo è per niente, non è altro che la vecchia buona “cura di sé”  platonica (ricordo la corretta interpretazione di Alessandro Biral cui ho accennato  nel precedente capitolo su Platone), del tutto desocializzata. E vedremo più avanti  che proprio la desocializzazione della saggezza sta al centro di quella che Hegel ha  chiamato la “miseria del mondo romano”. L'unica definizione filosofica possibile  della “miseria sociale”, a fianco ovviamente della povertà materiale della gente  (povertà materiale su cui tornerò diffusamente nel prossimo capitolo), è proprio  la desocializzazione della saggezza, per la saggezza stessa, non avendo più alcun  mandato sociale, non può che avvizzire nell'ampio spettro di posizioni che vanno  dallo specialismo alla stravaganza, e cioè dalla filologia universitaria ai punkabbe-  stia.  Il pensiero stoico ha però “messo in circolo” due elementi filosofici nuovi, e cioè  l'universalismo del genere umano (katholikòs) e l’idea di necessità provvidenziale  (pronoia). Il primo concetto è ovviamente un derivato categoriale del cosmopoli-  tismo prodotto dalle conquiste di Alessandro il Macedone in Oriente, mentre il  secondo ha una derivazione “mista”, in parte greca ed in parte orientale. Zenone  riteneva che l'universo periodicamente terminasse nella conflagrazione e che gra-  dualmente si ricostituisse nello stesso modo. Come il vuoto che lo avvolge, il tem-  po è un interstizio cavo fra gli eventi (Leibniz dirà poi qualcosa di simile). I fatti  della storia universale ritornano eternamente. Si ripresenterà in futuro un nuovo  Socrate per subire un nuovo processo, e ci saranno nuovi Anito e nuovi Meleto per accusarlo. Chi sostiene quindi che il concetto di storia universale è nato con il  cristianesimo e con la fusione messianica giudaico-cristiana (Karl Lòwith ed altri)  a mio avviso sbaglia. Il concetto di storia universale è nato prima in forma ciclico-  ripetitiva con lo stoicismo di Zenone, ed è nato sulla base di una provvidenza pu-  ramente naturalistica e non divino-religiosa (pronoia), il cristianesimo l’ha incor-  porata in una visione messianica e salvifica della storia, e poi la filosofia classica  tedesca della storia (Fichte, Hegel e Marx) l’ha rielaborata in forma dialettica. Ma  questo punto verrà ovviamente sviluppato più avanti. Al tempo di Zenone, data  l'impossibilità di pensare la storia universale con un solo concetto unitario trascen-  dentale riflessivo (non possiamo infatti imputare a Zenone di non essere vissuto  nel settecento illuministico europeo), era inevitabile che la si pensasse nella forma  ciclica della ripetizione. Il pensiero ciclico, infatti, riflette in forma astratta il ciclo  delle stagioni che determina l'agricoltura, la pastorizia, l'allevamento e l'uscita in  mare dei pescatori, mentre il pensiero lineare-progressivo riflette la fine dei cicli  stagionali e l'avvento dell’accumulazione “lineare” del capitale. Ma su questa ov-  vietà, naturalmente, ritornerò più avanti in un prossimo capitolo.   Lo stoicismo, quindi, passata la fase provocatoria dell’anaideia, consegna al  mondo classico posteriore i due concetti di universalismo cosmopolitico e di prov-  videnza necessaria (pronoia). Entrambi staranno alla base del cristianesimo. È giun-  to allora il momento di parlare delle origini del cristianesimo, di Gesù di Nazareth  e di Paolo di Tarso, che ne sono stati entrambi i fondatori a “pari grado”, il primo  nella sua dimensione messianica, ed il secondo nella sua complementare dimen-  sione di assoggettamento universalistico ad un unico salvatore, codice filosofico  già presente da almeno duecento anni nei trattati in lingua greca “sulla monar-  chia” (perì basileias). Mentre infatti il primo ciclo della filosofia greca produce innu-  merevoli testi sulla natura (perì physeos), natura con cui veniva metaforizzata la so-  cietà (Diodoto, ecc.), ora il secondo ciclo della filosofia greca vede la pubblicazione  di innumerevoli testi sulla monarchia (perì basileias), con cui veniva metaforizzato  l'incredibile bisogno di protezione ed assistenza dei poveri abbandonati allo sca-  tenamento selvaggio della crematistica. E chi non coglie questo punto resta fuori  dalla storia della filosofia come un amante della musica che restasse fuori dalla  sala dei concerti e non potesse sentire che echi musicali vaghi e lontani.   Affrontiamo quindi il noto e cruciale problema dell’interpretazione filosofica  delle origini storiche del cristianesimo. Si tratta del secondo grande problema teori-  co del pensiero occidentale, dopo il primo grande problema che abbiamo affrontato  nei capitoli precedenti, quello delle origini e della natura della filosofia greca clas-  sica e poi ellenistica. Anche in questo caso, quindi, mi comporterò come mi sono  comportato in precedenza per il primo caso, ispirandomi alla genesi storica della  deduzione delle categorie del pensiero ed al metodo ontologico-sociale. In estrema  sintesi, sebbene mi ritenga più competente per il primo problema che per il se-  condo (sono infatti un filosofo che legge correntemente il greco antico ed il latino,  non sono per nulla un esegeta biblico e non conosco assolutamente né l'ebraico né  l’aramaico), considero l’analisi ontologico-sociale delle origini del cristianesimo    136    La miseria del mondo romano e la formazione sociale dei presupposti del cristianesimo    più facile di quanto lo sia l’analisi complessiva del mondo greco. I Greci antichi  sono già volati via, infatti, e non sono più fra noi, mentre i cristiani, sia pure “ir-  riconoscibili” rispetto ai loro lontani progenitori (e vedremo il perché in questo e  nei prossimi capitoli), sono ancora fra noi, e per quanto mi riguarda mi auguro che  restino con noi a lungo.   Una parentesi. D'accordo con lo studioso di scienze sociali svedese Myrdal, io  ritengo che il massimo di “oggettività” possibile nelle scienze sociali ed in filoso-  fia, in cui non esiste la matematizzazione, l'esperimento e la verifica dei protocolli  sperimentali, sia l’esplicitazione pubblica chiara e veridica delle proprie premesse  di valore. Ciò vale soprattutto quando si parla di politica (destra e sinistra, ecc.) e di  filosofia (credenti e non credenti, ecc.). E farò anch'io così, interrompendo brevemen-  te la mia esposizione. Il lettore, infatti, ha il diritto di sapere bene come la pensa  colui che sta leggendo. :   Personalmente, sono stato battezzato a pochi giorni di vita nel culto cattolico  romano. Ho perso la cosiddetta “fede” nelle discussioni adolescenziali e da allora  potrei essere classificato fra coloro che si dicono e vengono detti “atei”. Termine  che non mi piace, peraltro, e in cui non mi riconosco, perché non mi piace per nulla  che ci si definisca in negativo con l'alfa privativo (a-teo). Da filosofo, preferisco le  definizioni in positivo, e non quelle in negativo. Pur non essendo in alcun modo un  “credente”, e pur ritenendo (a differenza di Benedetto Croce) che se lo vogliamo  e lo riteniamo necessario “possiamo anche non dirci cristiani” (su questo punto  Alain de Benoist ha ragione e Croce ha torto), sono tuttavia un sostenitore della  necessità sociale della religione. La religione, a mio avviso, è sempre e comunque  un katechon contro lo scatenamento della bestialità nichilistica della crematistica  nei rapporti sociali ( si tratta di un punto che mi differenzia fortemente dal mio  maestro di ontologia sociale Lukécs). Gli atei mangiapreti a mio avviso non lo  capiscono, ed è per questo che considero il loro un pensiero dell'intelletto astratto  (Verstand) e non della ragione concreta (Vernunft). Dal punto di vista dell'intelletto  astratto (Verstand) mi sembra del tutto logico sostenere non solo che Dio non è  logicamente “dimostrabile” (vedi la Critica della Ragion Pura di Kant) e che non  è logico rappresentarselo come un soggetto progettante antropomorfizzato (vedi  l’Etica di Spinoza), ma che siano anche del tutto plausibili le teorie dell'evoluzione  darwiniana e delle capacità auto poietiche ed auto-organizzative della materia e  dell'energia, da cui deriva la necessaria conclusione per cui “Dio non esiste”. Dal  punto di vista della ragione concreta (Vernunft), sono un sostenitore della necessità  sociale della religione, che nonostante tutti i suoi difetti e la possibile corruzione  venale e pedofiliaca di molti suoi esponenti ( comunque minore di quanto sosten-  gono i suoi avversari laici) considero in termini di katechon, e cioè di freno verso  una bestializzazione crematistica integrale dei rapporti umani. Sbagliano quindi  coloro che contrappongono il bel mondo dei Greci, riletti come atei e materialisti  (vedi Nietzsche, Onfray e compagnia cantante) al mondo posteriore superstizioso  dei cristiani. Se infatti costoro conoscessero meglio i Greci, che invece non conosco-  no e su cui coltivano pittoreschi ed infondati luoghi comuni da scuola media, saprebbero che i Greci veri si fondavano sul katechon, ed anche se preferivano quello  razional-politico non disdegnavano certamente anche quello religioso. Detto que-  sto, e messe bene le carte in tavola, passiamo a ragionare di filosofia. Costanzo Preve. Preve. Keywords: fascismo, antifascism – antifascism in assenza completa di fascismo, comunita, comunitarismo, la mascalzonaggine imperdonabile dell’invasione a Grecia;colonizzazione imperialista,storia dell’etica, storia ontologico-sociale della filosofia, vico anti-capitalista. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Preve," per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

Grice e Prini: la ragione conversazionale dell’implicatura conversazionale di Dedalo e il volo d’Icaro – la scuola di Belgirate -- filosofia piemontese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Belgirate). Filosofo italiano. Belgirate, Verbano-Cusio-Ossola, Piemonte. Grice: “I like Prini, but I won’t expect his “Discorse e situazione” to be about Firth’s context of utterance!” Pensare è infatti la maniera più profonda del nostro desiderare – “XXVI secoli nel mondo dei filosofi" (Caltanissetta, Sciascia). Tra i maggiori esponenti dell'esistenzialismo.  Studia ad Arona e Pavia sotto LORENZI. Studia SORBATTI sotto LEVI e SCIACCA. Studia l’accademia di Plotino. P. s'è legato al gruppo di gioco di filosofi che SCIACCA riune intorno a se. Quando SCIACCA si trasfere a Genova tutto il gruppo lo segue. Insegna a Genova, Perugia, Roma e Pavia. “Lo scisma sommerso” (Milano, Garzanti) analizza la spaccatura sotterranea che si è creata nella chiesa cattolica tra il magistero ufficiale e la fede e le scelte di vita dei credenti. Un tema che diviene centrale è il tema del male. Scrive “XXVI secoli nel mondo dei filosofi” -- «un ripensamento, una sorta di commiato personale dai filosofi e dai problemi che gli sono stati cari per tutta la vita. Accanto al discorso apofantico, che definisce in modo univoco il suo oggetto e che vuol dimostrare le sue verità in modo necessario, apre lo spazio per la ‘conversazione’. In “Verso una ontologia della conversazione” (Roma, Studium), risalire la dimenticanza della conversazione ad Aristotele, il quale ritene i discorsi semantici non vero-funzionali e quindi estranei al campo del linguaggio-oggetto sino del meta-linguaggio della filosofia. In “Discorso e situazione” (Roma, Studium) definisce in modo più dettagliato gl’ambiti della conversazione. Nella molteplicità dell’uso logico della ragione, delinea un esame sistematico delle diverse forme della conversazione razionale “situata”, ossia in relazione al suo proprio oggeto o topico ed al suo proprii conversatori, e precisamente la verifica come forma della prova del discorso oggettivo o scientifico, la categoria della testimonianza e la determinazione particolare come ‘forma’ della ‘prova’ della conversazione. È stata un ricerca non inutile, credo, se ha messo in luce, per un verso, contro lo scientismo, la pluralità dell’uso della ragione, e per un altro verso, la fondamentale convergenza di quelle forme del discorso razionale in una dottrina della verità ostensiva dell’essere, o un’ontologia semantica. Gl’uomini di cui la filosofia deve occuparsi sono gl’italiani concreti. In “Il corpo che siamo: introduzione all'antropologia etica” (Torino, SEI) studia i corpi degl’italiani come elementi costituiti della inter-soggettività in un’unità psico-fisica del resto. Già SERBATTI fa questo movimento verso i corpi, parlando di sentimenti fondamentali corporei. In “Il paradosso d’Icaro” (Roma, Armando) elabora la distinzione tra mero bisogni dei corpi e desideria o volonta. I bisogni, cioè le necessità di avere, si distingueno dalla volontà di essere autenticamente.  Il domandare intorno al senso di ciò che è e di ciò che si *è* un domandare che mette in questione anche i domandanti stessi.  In ‘L’ambiguità dell’essere’ (Genova, Marietti) caratterizza l’essere come ’ambiguo’: necessità assoluta (al modo di Velia), bontà o finalità assoluta, o come libertà od opposizione assoluta. Cerca queste tre modalità, ritenendole tutte essenziali all'essere e, insieme, non deducibili l’una dall'altra. Define questa sua concezione problematicismo ontologico. Dal momento che l’essere è in sé ambiguo, esso non si lascia completamente definire e dimostrare dal discorso apofantico e si presta alla conversazione. C’è un carattere ludico nell'atteggiamento del credente, quando pretende di poter mettere tra parentesi la propria fede e di essere anch'egli, nella ricerca della verità, come dice Husserl, ein wirklicher Anfänger, un vero e proprio principiante.  Fa una distinzione tra il nucleo del messaggio evangelico e le forme che esso ha via via assunto nella storia, critica delle posizioni più tradizionaliste della chiesa, specialmente in filosofia -- si veda in particolare “La filosofia cattolica” (Roma, Laterza) --, invito al dialogo tra la chiesa e la modernità tutta intera, e proposta di una nuova inculturazione, oggi, di quel messaggio evangelico. Un passagio di “ Lo scisma sommerso” mostra in modo disambiguo ciò che ha in mente. Per questa mentalità generata dalla civiltà della scienza esistono uno spazio e un tempo scientifici nei quali è impossibili proporsi di trovare, per esempio, il periodo storico di una presunta prima coppia progenitrice di tutto il genere umano o l'ubicazione dell'Eden, di cui parlano in un senso simbolico che è da determinare i primi racconti della Genesi. E andando soltanto un poco in profondità nella coscienza giuridica moderna, post-illuministica, del rapporto tra colpa e castigo, chi potrebbe oggi accettare l'idea, trasmessa dalla teologia penale di Agostino nell'interpretazione della Lettera ai Romani di Paolo, che l'umanità intera abbia ereditato da Adamo non solo la pena eterna del suo peccato, ma anche la responsabilità della sua stessa colpa?»  Altre saggi: “La metodologia della testimonanza” (Roma, Studium); “Serbatti: i sentimenti fondamentali corporei, ” (Roma, Armando); “Storia dell'esistenzialismo” (Roma, Studium); “Plotino e l'umanesimo interiore” (Milano, Vita e Pensiero); “Il potere” (Roma, Studium); “Terra di Belgirate”; Torino, Sosso); “Un filosofo che canta i Salmi. “Croce e Gentile”, Il P. sommerso; Il desiderio di essere. L'itinerario filosofico; L'ontologia del desiderio”. Flematti, “Prini”. Pietro Prini. Prini. Keywords: il volo d’Icaro. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Prini” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Prisciano: la ragione conversazionale dell’implicatura conversazionale di Simmaco – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. A philosopher and friend of Simmaco.

 

Grice Priscilliano: la ragione conversazionale dell’implicatura conversazionale di Nerone – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. He has the distinction of being the first philosopher put to death for ‘heresy’ by the Roman Catholics. What Priscillian says is that the world is an evil place whither souls are sent as a punishment. What he implicates is that Nerone is right! Priscilliano.

 

Grice e Probo: la ragione conversazionale dell’implicatura dell’in-plicatura conversazionale -- Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. He studies under Eusebio at the same time as Sidonio, and may have assisted Eusebio in his teaching. He married the cousin of Sidonio, the daughter of Simplicio. “All very confusing, and possibly unimportant, historically speaking from the standpoint of philosophy if it were not for the fact that Sidonio coined the term ‘inplicatura’ [sic].” – Grice. Probo

 

Grice e Procle: la ragione conversazionale o la diaspora di Crotone – Roma – filosofia basilicatese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Metaponto). Filosofo italiano. Metaponto, Basilicata -- A Pythagorean, cited by Giamblico.

 

Grice e Prodi: la ragione conversazionale e l’artifice della ragione e l’implicature conversazionale dei cani di Pavlov – la scuola di Scandiano -- filosofia emiliana -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Scandiano). Filosofo italiano. Scandiano, Reggio Emilia, Emilia Romagna -- Grice: “While he likes semiotics, Prodi is the Italian C. L. Stevenson, who read English at Yale! No philosophy background!” Studia e insegna a Bologna. A Bologna fonda il progetto biologia cellulare. Svilupa un approccio semiotico alla biologia.  Con “Il neutrone borghese” (Bompiano, Milano), ha pubblicato anche alcuni romanzi e racconti, tra cui Lazzaro, biografia romanzata -- con riflessi autobiografici -- di Spallanzani. Il saggio “Il cane di Pavlov”; “Opera narrativa” (Diabasis, Reggio Emilia). Altre opere: “Scienza e potere” (Il Mulino, Bologna); “La scienza, il potere, la critica” (Mulino, Bologna); “Onco-logia sperimentale” (Esculapio, Bologna); “Le basi materiali della significazione” (Bompiani, Milano); “La biologia dei tumori” (Abrosiana, Milano); “Soggettività e comportamento” (Angeli); Orizzonti della genetica” (L'Espresso); Patologia Generale (CEA); “La storia naturale della logica” (Bompiani, Milano); “L'uso estetico del linguaggio” (Mulino, Bologna); Lazzaro: il romanzo di un naturalista” (Camunia, Brescia); “Onco-logia” (Esculapio, Bologna); “Gl’artifici della ragione” (Sole 24 ore, Milano); -- cunning of reason – cf. Speranza, Grice, Kantotle, Kant, Hollis, razionalismo e relativismo -- “Il cane di Pavlov” (Camunia, Brescia); “Alla radice del comportamento morale” (Marietti, Milano); “Teoria e metodo in biologia” (Clueb, Bologna); “L'individuo e la sua firma”; “Biologia e cambiamento antropo-logico” (Mulino, Bologna); “Il profeta” (Camunia, Brescia); Conferenza "P.”, Repubblica  Apprezzato anche da Dossetti, “La parola e il silenzio” (Paoline,  in riferimento ad un articolo che si rifaceva ai geni invisibili della città di Ferrero. Sul sottotitolo -- i “geni invisibili” della città. Dizionario biografico degl’italiani, istituto dell'enciclopedia. Giorgio Prodi. Prodi. Keywords: il cane di Pavlov. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Prodi” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Prospero: la ragione converzionale del contro-potere del Quirinale e l’implicatura conversazionale laica – la scuola di Pescosolido -- filosofia lazia --  filosofia italiana – Luigi Speranza (Pescosolido). Filosofo italiano. Pescosolido, Frosinone, Lazio. Studia e insegna a Roma. Studia Kelsen. Collabora con “L'Unità”. I suoi interessi sono principalmente rivolti al sistema istituzionale e la filosofia politica della sinistra. La sua filosofia e aspramente criticate da TRAVAGLIO, che lo ha accusa di "pagnottismo". Tra i punti di dissenso, vi è la posizione nei confronti della democrazia diretta, e nei confronti della fiducia riposta da Travaglio, e dal Movimento 5 stelle di GRILLO, nella intrinseca infallibilità del giudizio espresso dagl’elettori e del popolo della rete.  Sinistra Italiana. Saggi: “La politica post-classica”; “Il nuovo inizio”; “Nostalgia della grande politica”; “La democrazia mediata”; “Sistemi politici e storia”; “La filosofia politica della destra” (Newton Compton); “I sistemi politici” (Newton Compton); “Politica e vita buona, Euroma la Goliardica, Sinistra e cambiamento istituzionale”; “Storia delle istituzioni in Italia” (Riuniti); “Il fallimento del maggioritario”; “La politica”; “Teorie e profili istituzionali” (Carocci); “Lo stato in appalto. Berlusconi e la privatizzazione del politico (Manni); STATO IN APPALTO – la privatizzazione del publico -- “Politica e società globale” (Laterza); “L'equivoco ri-formista” (Manni); “Alle origini del laico” (Angeli); “La costituzione tra populismo e leaderismo” (Angeli); -- il duce dirigge – il duca di Mantova -- “Filosofia del diritto di proprietà” (Angeli); “Perché la sinistra ha perso le elezioni” (Ediesse); “Il comico della politica”; “Nichilismo e aziendalismo nella comunicazione di Berlusconi” (Ediesse); “Il libro nero della società civile”; “Il nuovismo realizzato” (Bordeaux); “Gramsci” (Bordeaux). Addio al mito del capo, Il Manifesto, Contro-potere del Quirinale, Left-avvenimenti, Prodi, l'errore più grande della sinistra europea è stato dimenticare il lavoro, il manifesto, Gravagnuolo, Grillo, il travaglio di Marco nel duello tv con Prospero l'Unità  Gl’organismi di sinistra da "Sinistraitaliana.si"  Sinistra Italiana rispolvera il Pci: nascono le nuove Frattocchie. Ma a Testaccio. Michele Prospero. Prospero. Keywords: implicatura laica, lo STATO IN APPALTO, contro-potere del quirinale, sinistra, diestra – come categorie filosofiche – il parlamento francese -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Prospero” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Prosseno: la ragione conversazionale della setta di Sibari – Roma – filosofia calabrese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Sibari). Filosofo italiano. Sibaria, Cassano all’Ionio, Cosenza, Calabria. Pythagorean – Giamblico.

 

Grice e Prudenzio: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale dela psisco-machia – Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Portico. A career in public service. His main treatise is “Psycho-Machia,” on the soul’s fight between good vitue and evil vice. People bring suffering on themselves by making bad choices. Aurelio Clemente Prudenzio.

 

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