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Monday, December 30, 2024

GRICE ITALO A-Z M MO

 

Grice e Mondolfo: la ragione conversazionale della filosofia romana – antica filosofia italica – la scuola di Senigallia -- filosofia marchese -- la filosofia italiana – Luigi Speranza (Senigallia). Filosofo italiano. Senigallia, Ancona, Marche. Grice: “Mondolfo is one of the few who have focused on ‘gli eleati’ as involving a locus – pretty much as I do when I talk of Oxonian dialectic.” Grice: “Mondolfo’s study of the politics of Risorgimento is good; especially since every Englishman seemed to endorse it!” -- essential Italian philosopher. Like Grice, Mondolfo believed seriously in the longitudinal unity of philosophy and made original research on the historiography of philosophy, especially during the Eleatic, Agrigento, and later Roman periods. Figlio di Vito Mondolfo e Gismonda Padovani, una famiglia benestante di commercianti. Aderisce alle idee marxiste e socialiste. Studia a Firenze. Si laurea con F. Tocco, discutendo una tesi su Condillac dal titolo: "Contributo alla storia della teoria dell'associazione", un saggio da cui saranno poi tratti alcuni dei suoi primi saggi di storia della filosofia. Frequenta un gruppo socialista. Insegna a Potenza, Ferrara, Mantova, Padova, Torino, e Bologna. Consigliere comunale nelle file del Partito Socialista. Collabora con la rivista "Critica Sociale" fino a quando viene soppressa dal regime fascista.  Compone "Saggi per la storia della morale utilitaria" di Hobbes ed Helvetius”; "Tra il diritto di natura e il comunismo", "Rousseau nella formazione della coscienza moderna", "Il materialismo storico in F. Engels" (Formiggimi, La Nuova Italia) "Sulle orme di Marx". E  tra i firmatari del manifesto degli intellettuali anti-fascisti, redatto da Benedetto Croce. Si dedica alla filosofia italica antica. Ciò nonostante, pur in questo periodo, grazie alla politica di Gentile che volle coinvolgere filosofi di diverso orientamento nell'impresa, collabora con l'Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Compone la voce Socialismo. In seguito alle leggi razziali fasciste che vietavano agli ebrei di ricoprire cariche pubbliche, Mondolfo scrisse il proprio curriculum di benemerenze e vi inserì lo stesso Gentile come testimone il quale ha a propormi per il Premio Reale di filosofia presso i lincei". Gentile autorizza Mondolfo a citarlo tra i testimoni e tenta inutilmente di farlo ri-entrare tra gli esclusi dalle leggi razziali. Costretto a lasciare l'Italia Gentile scrive ad Alberini e lo aiuta a trovare lavoro in Argentina. Il suo archivio personale è depositato in parte a Firenze presso la Fondazione di Studi Storici Filippo Turati ed in parte presso Milano.  Altre saggi: Sulle orme di Marx,” – Grice: “Whitehead used to say that metaphysics has been but footnotes to Plato; and Strawson used to say that to rob peter to pay paul you must show first that pragmatics is but footnotes to Grice!” --  Grice: “But of course a footnote is not a footprint – only similar!” – Grice: “While ‘footprint’ involves Roman pressum, ‘orma’ obviates that!” --  Cappelli); “L'infinito nel pensiero dei greci, Felice Le Monnier, La Nuova Italia); “Problemi e metodi di ricerca nella storia della filosofia” (Zanichelli, La Nuova Italia, Firenze, Milano, Bompiani, “Gli albori della filosofia in Grecia,” «La Nuova Italia», Editrice Petite Plaisance, Pistoia,. La comprensione del soggetto umano nella cultura antica, La Nuova Italia (Milano, Bompiani ). Alle origini della filosofia della cultura, Il Mulino, “Il pensiero politico nel Risorgimento italiano,” Nuova accademia, Cesare Beccaria, Nuova Accademia Editrice,. “Moralisti greci: la coscienza morale da Omero a Epicuro,” Ricciardi, “Da Ardigò a Gramsci,” Nuova Accademia, “Il concetto dell'uomo in Marx,” Città di Senigallia, “Momenti del pensiero greco e cristiano,” Morano, “Umanismo di Marx. Studi filosofici, Einaudi, “Il contributo di Spinoza alla concezione storicistica, Lacaita, Polis, lavoro e tecnica, Feltrinelli, Educazione e socialismo, Lacaita, “Gli eleati,” Bompiani,. Note  Vedi Paolo Favilli, Dizionario Biografico degli Italiani, riferimenti in.  Fu una delle prime donne italiane a conseguire la laurea (cfr. Le donne nell'Firenze). Sposò civilmente a Firenze in Palazzo Vecchio Cesare Battisti. La sorella di Ernesta, Irene, sposerà Giovanni Battista Trener, per anni collaboratore di Cesare.  Amedeo Benedetti, L'Enciclopedia Italiana Treccani e la sua biblioteca, "Biblioteche Oggi", Milano, Enciclopedia Treccani, vedi alla voce futuro di Cesare Medail, Corriere della Sera, Archivio storico.  «SOCIALISMO» la voce nella Enciclopedia Italiana, Volume XXXI, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana; Paolo Simoncelli41.  Paolo Simoncelli42.  Paolo Simoncelli43.  Vedi Fabio Frosini, Il contributo italiano alla storia del PensieroFilosofia, riferimenti in.  Archivio, Inventari Stefano Vitali e Piero Giordanetti. Ministero per i beni culturali e ambientali. Ufficio Centrale per i beni archivistici.  Archivio Rodolfo Mondolfo. Inventari, Stefano Vitali e Piero Giordanetti, Roma, Ministero per i beni culturali e ambientali. Ufficio Centrale per i beni archivistici, Paolo Simoncelli "Non credo neanch'io alla razza" Gentile e i colleghi ebrei, Le Lettere, Firenze,  L. Vernetti, R. Mondolfo e la filosofia della prassi, Morano,  E. Bassi, Rodolfo Mondolfo nella vita e nel pensiero socialista, Tamari); A. Santucci, Pensiero antico e pensiero moderno in Mondolfo, Cappelli, Bologna); Bobbio, Umanesimo di Rodolfo Mondolfo, in Maestri e compagni, Passigli Editore, Firenze 1984. M. Pasquini, Del Vecchio, il kantismo giuridico e la sua incidenza nell'elaborazione di Rodolfo Mondolfo (Alfagrafica, Città di Castello); C. Calabrò, Il socialismo mite: tra marxismo e democrazia, Polistampa, Firenze); E. Amalfitano, Dalla parte dell'essere umano. Il socialismo di Rodolfo Mondolfo, L'asino d'oro, Roma. TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. su siusa.archivi.beniculturali, Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche.  Opere su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere Fabio Frosini, MONDOLFO, Rodolfo, in Il contributo italiano alla storia del Pensiero: Filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana,. Vita opere e pensiero Diego Fusaro, sito "filosofico.net". Fondo Rodolfo Mondolfo Università degli Studi di Milano. Biblioteca di Filosofia. Fondo Rodolfo Mondolfo Fondazione di Studi Storici Filippo Turati.  Italiani emigrati in Argentina – Antica filosofia italica. La filosofia italica sin dai tempi antichi era cosi deita, e quel che più monta, dai Greci stessi, e l'autorità non sospetta di un Platone e di un Aristotele, che non la chiamarono con altro nome, ci sembra dar peso alle ragioni di quanti la vogliono originaria, contro l'opposta opinione di chi tra noi la dice portata dalle colonie greche. Comunque sia, certo è che in questa seconda supposizione, l'Italia non perde tutto il suomerito, perchè la scienza quisorse più splendida mercè il concorso del genio e il sussidio delle tradizioni italiane. Le scuole di cui essa può menar vanto sono due, la di Crotone/Ponto/Taranto e la dei velini. La setta di Crotone e fondata da Pitagora, di cui si tiene incerta così l'origine come iltempo della nascita; l'origine, perchè è dubbio s'ei nascesse à Samo della Ionia od a Samo della Magna Grecia; il tempo, perchè chi lo vuol nato nell'anno 584 av. C.,chi nel 608,e chi ancor prima, ai tempi di Numa, il quale, come ciè noto, mori nel 672, dopo quarantatrè anni di regno. Tra i filosofi che vi appartennero, chiamati ancor essi pitagorici, con un ARCHITA di TARANTO (il più celebre di tutti), che capitana più volte gl’eserciti, e non fu mai sconfitto, si ricordano un FILOLAO, probabilmente di Crotone, un TIMEO di LOCRI, ed un OCELLO di LUCANIA. Taciamo i minori o dimen nota dottrina, come LISIDE, CLINIA, EURITE, ZELEUCO, e CARONDA -- i quali due ullimi, legislatori entrambi, di Locri l'uno, l'altro di CATANIA, insigni rese l'efficacia che, per loro opera specialmente, ha allora la filosofia negl’ordini civili, quando, mutata la forma, i governi regi si convertirono in popolari. La setta di CROTONE ha vita dal bisogno di una scienza, che, professata da uomini austeri e ornati di grandi virtû, e con giunta all'operosità civile -- in ciò la consorteria pitagorica, chè tale fu veramente, distinguesi dalle indiane -- serve di criterio per una riforma riconosciuta necessaria in mezzo al guasto ognor crescente della religione, dei costumi e della libertà; lo che ci spiega le persecuzioni a cui andò soggetto.  Scuola pitagorica. -Nuovo affatto è nella scienza il metodo recatovi dai CROTONESI. Questo metodo -- e lo stesso dicasi del linguaggio --  è il matematico; il quale consiste nell'applicare le idee di quantità alla natura interna ed esterna, ed al principio sommo della medesima; metodo che, tutto essendo nel mondo capace di numero e di misura, non sarebbe forse tanto strano quanto a prima vista appare, se non fosse che i Crotonesi all'esperienza, che la verità ci rivela nell'ordine dei contingenti, il più delle volte preferirono il ragionamento a priori, error palese a chi consideri che dal concetto, per esempio, di circolo, di triangolo, di pentagono, non si può argomentare che questi tipi si effettuino in natura, e chi lo fa si espone al pericolo manifesto di costruire da sè un mondo fantastico, un mondo che non esiste fuori della sua mente. Ma i crotonesi sono educati allo studio delle matematiche; perciò non è meraviglia cheil metodo di queste scienze trasportassero nelle regioni della filosofia. Il gran problema metafisico dei CROTONESI riducesi adunque al seguente: trovare la legge mentale della quantità effettuate nella realtà, e con queste salire alla prima cagione. Ed ecco perchè tutto è numero nel loro sistema. I principi delle cose sono i numeri. Un numero, una unità parziale è ogni cosa. Un numero, una unità generale il loro complesso, cio è l'universo o mondo, il quale comprendendo in sè tutti i numeri od unità parziali, à in sè la pienezza d'ogni grado di entità, epperciò è decade; e la prima cagione, il principio di tutti iprincipi delle cose, la causa che ad ogni altra causa antecede, è numero essa pure, ma il numero per antonomasia, e quindi può chiamarsi l'unità, la diade, la triade, il quadernario (o solido), il settenario e la decade. Ma lasciamo da banda questo gergo simbolico, e vediamo che di sostanziale si peschi in fondo alla dottrina dei Crotonesi, e come s'abbia a intendere la sua formula. Ogni cosa è un numero. Che cosa è il numero per eccellenza, la Monade somma, infinita, il divino dei Crotonesi? E che sarà l'essere individuo? Che cosa il mondo od universo? Il divino èl'ente che in sè contiene la propria essenza e quella di tutti gl’esseri, epperò tutti i contrari, cioè le cose più opposte e disparate (inito ed infinito, dispari e pari, uno e più, positivo e negativo, quiete e moto, luce e tenebre, bene e male, ecc.), ed inoltre la moltiplicità loro insieme concilia, risultandone una suprema unità, un'armonia universale. Il divino, insomma, è l'unità suprema di tutti icontrari. Le cose particolari, gl’esseri derivati da lei sono immagini sue, epperò consteranno anch'esse di elementi contrari, a unità ed armonia ridotti; dunque ogni essere è un numero ed armonia parziale. Poni assieme tutti questi numeri, tutti gl’esseri finiti, e in modo che i contrary non cozzino, ma formino un solo numero, una sola unità vastissima, immagine essa pure della monade divina. Tale il mondo od universo dei crotonesi, il quale e l'assieme dei contrari, non già nell'unità somma inesistenti, ma in atto e dal divino ridotti ad armonia. Ora, in qual modo la generalità dei contrari, cioè la decade, il mondo in esi steva nell'unità per eccellenza, nel divino? Qui crotenesi tacciono, di modo che nulla di positivo e certo può rilevarsi dalla loro dottrina. Bensi e'ci apprendono come l'universo o mondo si venisse formando per ispirazione od aspirazione.La monade universale e suprema, contenente in sè le unità particolari, da principio e una, continua, indivisa, ma non indivisibile, e da ogni parte circondata da un vuoto immenso; il quale, aspirato da essa,come l'aria entra nei polmoni, si introduce fra i contrari,ossia fra le monadi particolari, e cosi separandoli, individuolli, e produsse la grande moltiplicità delle cose mondiali. La formola esprimente l'armonia universale (tuttoènumero) per la scuola pitagorica può dirsi il principio di tutta la filo sofia, dappoichè essa l'applicò in tutti tre gl’ordini --metafisico, logico e morale. Che cosa è l'anima umana, la quale, dice Filolao, giace nel corpo come in un sepolcro? Risponde il crotonesi: un numero, un'armonia, insieme conciliando essa due contrari, cioè i sensi e la ragione, che sono ilnegativo ed il positivo, l'irragionevole ed il ragionevole. E la verità, la co gnizione che cosa è mai ? Un numero, un'armonia, come fuor dell'armonia è l'errore, essendo che per l'acquisto della medesima cooperano gli stessi contrari, quantunque la ragione si spinga più oltre dei sensi, i quali non escono dalla sfera dei contingenti o fenomeni. E che sarà, infine, la virtù? Un numero, un'armonia, che risulia anch'essa dall'accordo dell'irragionevole col ragionevole, essendo la virtù riposta nella soggezione dei sensi all'impero della ragione, toltalaquale, all'armonia sotten traladisarmonia, alla virtû il vizio. Vadasè che la virtù ci rimena alla monade suprema, all'ordine od armonia universale, che d'ogni essere è principio e fine. Critica. Bene esaminando la dottrina dei crotonesi, si scuopre nella medesima un error capitale, che à per sorgente l'abuso del metodo trascendentale, come quello che li condusse a trasportare nell'ordine delle realtà le astrazioni della matematica, e a concepir il divino quasi unità generica o numero per eccellenza, che è come dire quale un'essenza in cui si contengono e si immedesimano le cose tutte quante. Nè a salvarli dal panteismo implicito bastano le alte verità frammischiatevi, eladichia Senofane, schernitore dei politeisti, i qualiammettono più dei, e degli antropomorfisti, che li fingono a loro immagine e somiglianza, insegna che il divino è potentissimo, uno ed eterno; potentissimo, perchè egli è l'ente (entità, forza, energia e potenza per la scuola italica sono termini sinonimi). Uno, perchè, tra più dèi uguali, nessuno è potentissimo per l'uguaglianza, e se inferiori, nessuno è potentissimo per inforiorità; eterno, perchè l'ente non può non essere, e il non ente non può divenire. Si fosse egli qui arrestato! ma fra gli altributi divini ne annovera un quinto, dal quale poi con falsa logica deduce una (1) Colonia ionica di Elea. (2) Velia ha un'altra scuola, fondatavi da Leucippo e Democrito, i quali spiegavano la formazione del mondo con ammettere nel vacuo immenso una infinità di atomi eterni, il cui fortuito accozzamento avrebbe dato origine a tutte cose (atomismo). Questa scuola,chiamata fisica,non siconfonda coll'eleaticasemplicemente detta, e denominata anche metafisica per distinzione. Uno razione di Filolao, Dio essere imperatore e duce sommo, ed eterno, potentissimo, supremo e diverso dalle altre cose; per chè d'uopo è che accetti le conseguenze chi non rinunzia al l'erroneità dei principi. E l’erroneità del principio pitagorico sta appunto nel far di Dio un tutto, un numero che comprende in sè ogni altro numero. « Il sentimento religioso e morale, scri ve il dottissimo Bertini (Idea d'una filosofia della vita) induce va i Pitagorici a collocare Dio molto al dissopra del mondo;ma il fato della logica li forzava sovente ad immedesimarli in una sola sostanza, e ricacciavali nel panteismo ». La scuola eleatica ebbe tal nome da quello della città dove sorse, poco dopo la di Crotone, per opera di Senofane, che, nato a Colofone della Ionia tardi migra di là per l'invasione della patria,e venuto nella Magna Grecia, prenfr stanza in Velia, e vi morì nella grave età di oltre a cent'an ni.- SenofaneebbediscepoloParmenide,eParmenideZenone, buon patriota, che, condannato a morte da un tiranno, corag giosamente sostenne ilsupplizio.Questi due,d'Elea entrambi, con Melisso di Samo, il quale capitano gl’Italioti contro Pericle, continuarono la dottrina del primo, e vi dettero forma più rigorosa, se non incremento. D'altri nomi più famosi non la menzione la storia della filosofia eleatica. Una dottrina si ripugnante al senso comune non poteva menarsi per buona; perciò si levarono a impugnarla e combat terla gli empiristi, o fautori del metodo a posteriori, sostenendo contro gli Eleati el'esistenza reale di sostanze finite, e la loro contingenza e varietà, e la mutabilità loro, attestata dall'evidenza dei fatti. Zenone, quel valente Zenone che Aristotele riconobbe quale inventore della dialettica -- scienza ed arte di ragionare e disputare -- come lo fu senza dubbio tra gli Occidentali, a sua volta non lascia senza difesa la filosofia della sua scuola e del suo maestro, anzi incalzò gliavversari con molta lena e con buona copia d'argomenti diretti a dimostrare, per una parte la fallacia dei sensi e l'autonomia della ragione, per l'altra, e con sofismi ad homincm, che l'empirismo, ilquale all'autorità della ragione oppone quella dei sensi, contiene in sè contraddizioni ben più gravi di quelle che si dicevano implicite nella metafisica eleatica. Ed allora, se la memoria non ci falla, sorse la prima delle po lemiche che, per la loro importanza, ànno meritato una pagina nella storia della scienza. ~ Famoso argomento di Zenone deyto l'Achille.  strana conseguenza: l'ente è tutto od intiero, epperò nulla a lui può aggiugnersi; donde segue che nulla può incominciare ad essere.Qui l'error di illazione, il sofisma del conseguente è manifesto; quanto viene all'esistenza è forse un che d'aggiunto all'infinitudine divina? D'altronde, se nulla può nascere o di venire, che pensare degli esseri contingenti e mutabili, cosi detti perchè nei vari momenti del tempo sono e non sono, e mutano continuamente ? Senofane se la spicciò nettamente con negare a dirittura l'esistenza delle sostanze finite, e sentenziò: « Tali cose non ànno altra vita fuorchè l'apparenza, ed appartengono all'opinione. O che! sarà dunque menzognera sempre la voce dei sensi ? E ci ingannerà di continuo l'intimo sentimento ? Che si, rispondono in coro gli Eleati, quanto ci rilevano i sensi altro non è che illusione; e la ragione è il mezzo unico per giungere al vero; e il vero è che tutto è uno, e l'uno è tuito. Critica. Ma l’arte dei Zenoni, che con sofismi strani pro pugnano la falsità del vero, e quel che è più, l'incertezza del l'evidente, e, prova non dubbia di grande acume, perfin riesco no a dimostrare, contro la possibilità del moto, che nella più rapida sua corsa il più celere cavallo non raggiungerà mai una tartaruga,quantochè tardissima, la quale anche di poco la preceda, tutta l'arte dialettica, ripeto, non sarà mai da tanto che possa collocare sopra una base solida isistemi della scuola   Filosofia presso i Greci antichi. Principio, mezzo e fine; infanzia,virilità e decrepitezza, o decadimento, ecco i tre stadi o periodi, le tre età dell'antica fi losofia greca. Tra il principio e la fine corrono ben sette secoli, all'incirca; ma noi li percorreremo in minor tempo, se non ci manchi lena. da l'alete a Socrate. La prima età della filosofia greca antica incomincia con Talete, e termina al comparire della filosofia socratica. Talete, già è delio, nacque 600 anni av. C. e Socrate nel 170 ; qui dunque abbiamo press'a poco un periodo di centotrenť anni, durante i quali sorsero due scuole, la ionica e la sofistica; le quali, aggiunte alla pitagorica ed all'eleatica, ci dànno in com plesso l'antica filosofia designata col nome di italo-greca. Scuola ionica. Fondata in Mileto della Ionia, sua patria, da Talete,primo tra i filosofi greci conosciuti, ma forse non tale veramente, que sta scuola è, come vedremo, la men filosofica di tutte le pre cedenti. Nè la ragione è difficile a comprendersi da chi sappia che la scienza ebbe allor contrari i voluttuosi costumi e la ser vitù di quelle cit tà, soggette ai Lidi ed ai Persiani, e che, a giudicarnedalsilenzioe dai pochi cenni della storia, coloroi quali la professavano erano ben lontani dalle virtù che adorna vano i pitagorici; virtù che col venir meno a poco a poco, pois  cleatica; e sono tre: l'idealismo logico, perchè si nega l'au torità dei sensi, per riconoscere soltanto quella della ragione; l'idealismo metafisico, perchè si esclude la materialità, ilmolte plice ed ogni mutamento; e, conseguenza di ciò, ilpanteismo, che ammette la sola esistenza dell'ente immutabile ed eterno, e cosi rimuove ogni concetto di creazione. Il primo nacque colla scuola pitagorica,mada Senofane fu recatoasistema ;ilsecon do venne accolto dagli Eleati per evitare le contraddizioni della medesima, che nell'uno identificava le cose più opposte; il terzo sidirebbe comune alle due scuole,se non fosse che nell'eleatica si lasciò da banda la parte corporea e mutabile, e così si riusci a un panteismo parziale, al panteismo idealistico. Grice: You have to love Mondolfo. As a Jew he was into Sartre’s existentialism, and the rest of it – when Gentile inhibited Jews from teaching Italians, M. had to stream his energy into the study of ‘antica filosofia italica’! for our glory!” -- o ABBAHU di Cesarea Rabbi Abraham educazione, in Filone) Achei Acheronte Acherusia, vedi Acheronte Achille Adamo Adamson Ade AEZIO Africa, africani Afrodite Agamennone ACATARCO AGATONE Agostino agostiniana corrente filosofia Aiace Albertelli ALCEO Alcibiade ALCMEONE ALESSANDRINA FILOSOFIA ALESSANDRINI MATEMATICI Alessandro, vedi Paride. ALESSANDRO  Afrodisia  Alessandro Magno ALESSIDE Alfieri Altamura Ambrogio Amerio Amicizia Amleto Amore ANACARSI di Scizia ANACREONTE Ananke ANASSACORA DISCEPOLI di - ANASSIMANDRO ANASSIMENE Anfione Anima universale Anselmo ANTICHI POETI E SAGGI ANTICHITÀ CLASSICA antica scienza, cultura, antico spirito, pensiero, etc. ANTICO TESTAMENTO ANTIFANE ANTIFONTE Antigone ANTIcoNo di Caristo ANTISTENE Apatia stoica Apocalissi di Pietro Apollo Apollo Lairberos (santuario di) Aquitania ARCAICo pensiero ARCESILAO ARCHELAO ARCHILOCO ARCHIMEDE ARCHITA Ardizzoni AREIOs DIDYMOS Areopago Aridea, vedi Thespesio. ARISTARCO ARISTIPPO ARISTOCLE ARISTOFANE ARISTOSSENO ARISTOTELE Armstrong Arnauld Arnim ARTE  Artemide ASCLEPIO commentatore di Aristotele Asclepio (dio) Asia minore Asiatico principio AssIoco  Atarassia epicurea Atargatis (dea) Ate Atena Atene, ateniesi ATENIONE di Atene ATOMISMO, ATOMISTI Atreo Atride Augusto Aulide Aymard Baccanti Вассо Bacone Bacone Baeumker Bailey Baius Barbari del nord Barth BASILICA PITACORICA della Porta  Maggiore a Roma Battaglia F. Bauch B. Beare  Becker 0. Behaviourismo Bello Bene Bergk Berkeley BIANTE BIBLICA tradizione Bignone Bill A. Billeter Binder Blanchet Blankert Blondel Boas Lovejoy Boemia Bolland Bossuet Bovis Bréhier Breier Brochard Brune Buccellato Buonaiuti Burnet Bywater CARNEADE CARONDA Carteron H. Cartesio, cartesiano Cassandra  Cataudella Cattolicesimo  Cattolici filosofi, storici  Cefalo CELSO CENSORINO Centimani Ceramone Cerbero Cesarea Charisio Charu Cherecrate CHEREMONE Cherniss Chimera Chronos Ciaceri Cibele CICERONE, ciceroniano Ciclopi Caino Cairo Calcidio Callahan CALLICLE CALLIPPO Calogero Calvino Cameron A. Campanella Campidoglio Canosa Cantarella Carcopino Carlini Cilento Cilonidi CINICI CIRENAICI Classicista concezione CLASSICO spirito, mondo,  CA cultura Claudio CLEANTE CLEIDEMO CLEMENTE alessandrino Clitennestra Clodd Cohn CoLòTE di Lampsaco Colchide Combarieu COMMEDIA DI MEZZO COMMENTATORI DI ARISTOTELE Comparetti Comte Condillac E.  B. de CoNoNE di Samo Contese Croiset Croce Cusano Cypselo arca di Dahlmann Daimon Dal Pra M. DAMONE Danaidi Dante Dardania, Dardano Daremberg Ch. e Saglio E. Dario Dedalo Controriforma Copernico Coribanti Corinto, corinzi Conford CORPUs HIPPOCRATICUM COSMOLOGHI (primi) Couissin Cousin Covotti CRATETE CRATILO Credaro Creso Creta Crimine oggettivo CRISIPPO Cristianesimo, cristiano spirito,  pensiero, cristiana era, na, filosofia, etc. Cristo CRITIA Criticismo kantiano Critone Ctesibio Delatte DELFICA religione, DELFICO  «ePto, le a Delfi Del Grande Del Re R. Delvaille Demetra DEMETRIo cinico DEMETRIO LACONE DEMOCRITO DEMOCRITEA tradizione DEMOCRITEO-ARISTOTELICA  stinzione di Demoni del cristianesimo 401.  DEMOSTENE Deonna W., vedi De Ridder A.  Derenne De Ridder A. e Deonna Derketo Ruggiero Descartes, vedi Destino De Strycker Deucalione Dewey Dialettica moderna Diano DICEARCO Diderot Diela Diels Diès Dieterich Dike Diller Dimenticanza Dio natura persona DIODORO CRONO DIODORO SICULO DIOGENE di Enoanda DIOGENE  DIOCENE LAERZIO Dione DIONE CRISOSTOMO DIONISIACO culto, spirito Dioniso Discordia Discorsi menzogneri Aiacol Royor Divinazione Doering Dornseiff Fr. Dostoiewski DRACONE 430.  Ducati Dümmler Dupréel EBRAICO-CRISTIANE eredenze, reli-  gione, tradizione EBRAISMo, ebrei EBRAICA religione EBRAICHE suggestioni ed ispirazioni EBRAICE elementi Ecabe Ecate EcATEo d'Abdera EcATEo di Mileto Eden Edipo Efesto EcESIA di Cirene Egisto Egitto Egizi EGIZIANO tradizionalismo ELEATI, ELEATISMO,  scuola, dottrina  Elena Elettra Eleusi Eleutherna ELLENICO  genio, spirito, pensiero, etc. ELLENISMO ELLENISTICA eredità ELLENISTICA ROMANA filosofia 2ELVIDIO PRISCO EMPEDOCLE, EMPIRISTICHE correnti Empusa Endimione Enea  ENESIDEMO Enoanda Enoch pentimento, in Filone Enos speranza, in Filone  Enriques EPICARMICO principio EPICUREI, EPICUREISMO EPICURO Epidamno Epifanio EPIMENIDE Epimeteo EPITTETO Erarmeno (mito di) Era Eracle ERACLIDE PONTICO ERACLITO FRACLITEA dottrina esigenza proposizione ERACLITISMO BRASISTRATO BRATOSTENE Brinni ERMIPPO ERMOTIMO Ernout Erodico di Selimbria ERODOTO ERoFILo di Calcedone Eros Esaminatore interno (elenchos) ESCHILO ESCHINE Esculapio ESICHIO EsIoDo ESIODEO principio Espero Età post-omerica Eteocle  ETICA ANTICA, CLASSICA cristiana e moderna GRECA morale moderna STOICA Etiopi Ettore Eucken EUDEMO EuDosso Eumenidi Eumeo Euromo di Polignoto EURIPIDE Euristeo Eusebio Eva Evangeli evangelico messaggio  Fabre Falaride, toro di, Farrington B. Fatica Fato Fedra FERECRATE Festa Festugiere Feuerbach Fichte Ficino Fidia Fiere FILEMONE FILISCO Fränkel Frazer Friedländer Frigia Frinide Furie GALENO Galileo Callavotti Gallia Ganter 201.  Gassendi Gea Geffcken Geiger GELLIO AULO Gelosia degli dei Genius malignus di Cartesio Gentile GEREMIA Germani Сет FILODEMO FILOLAO FILONE FILONIANO testo Filoponia FILOSOFIA NATURALISTICA (ionica)  FILOSOFIA OCCETTIVISTICA FILOSOFIA PRESOCRATICA FILOSSENO FILOSTRATO FISICI ANTICHI Fitzralph Flegias Flint FoCILIDE Fougères Frank Gerusalemme GesÚ figlio di Sirach GIAMBLICO Giansenio Gige, anello di, Gigon Gileon GIMNOSOFISTI indiani GIoBBE Giovanni di Rodington GIOVANNI FILOPONO Giove GIOVENALE GIUDAISMO, giudaica chiesa, etc.  Giuliano imperatore Giuliano di Eclano pelagiano Giussani Glaser Glauco di Chio Glotz GNoMIcI poeti CNOMICA saggezza GNOSEOLOGIA ANTICA GRECA medievale NEOPLATONICA Goedeckemeyer Gomar Gomperz Gomperz  Goodenough GORCIA Gorgoni Gottschalk Grande Anno GRECA morale GRECA tragedia, vedi TRAGEDIA.  GRECI, greco pensiero, popolo, spirito, etc.; greca anima, arte, cultura, filosofia, etc.  Grecia Greene Grilli Grousset Guthrie Guyau Halbfass Harnack Hegel Heidel W. 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ISAIA Isdoso scolastico Isis isiaco  culto ISOcRATE, pseudo Issione Jaeger Jago Jacob ascetismo e perfezione, in Filone Janet  Jardé Jehova Jeat Kaibel Kant Kêr, Kêres Kern Kierkegaard Kirk Kitto Kleingünther Klimke  Kock Kranz Krokiewicz Kronos Laas Laberthonnière Labriola Lachesi Lachete Laconia Laio Lamennais Lamenti Laminette auree Lana Langerbeck Latini Lattanzio Latzarus Laurent Lavagnini Leibniz Leonardo da Vinci Leone Ebreo Leonte di Salamina Leonzio Leroux Lesky LeuCIPPO Levi Levi Lévy-Bruhl Licurgo Lidia, Lidi Liénard E.  IONICO-EOLICA LISIA Locke Lodge LOGICA ANTICA Logos divino Loisy Losacco Lotte Lovejoy LUCIANO Lucido Lucifero Lucilio LUCREZIO Lugdunum (Lione) Luria Lusitania Lutero Maddalena Magalhães Vilhena Y. De Magia Maieutica Maier Malcovati Mancini Manetti MANICHEISMO Marbach Marchesi Marchesini MARCO AURELIO Mario Vittorino Marouzeau Marsia Martin Martinazzoli Marx MASSIMO TIRIO Mazziotti M., vedi Enriques F.  Meautis MEDICI EMPIRICI O METODICI  IPPOCRATICI mediche scuole Medievale gnoseologia, scienza, filosofia, teologia — coscienza Medio Evo MECARICA teoria MECARICI Meineke MELIsso di Samo MENANDRO Menelao Menzel MENONE Mercier Messaggio evangelico, ellenizza-  zione del METRODoRo di Chio Milesi Mill Milton Minucio MISTICA, MISTICA soggettività, MI-CORRENTI,  CRECO  (medievale) MITOLOGIA ANTROPOMORFICA CRECA, mitologiche rappresentazioni OMERICO-ESIODEA Mitre Modernismo Moderni, moderno spirito, pen-  cultura, hlosofia,  sia, etc. Ix,  Moeller  Moira Momigliano Mondo classico cristiano greco precristiano ionico arcaico orientale, greco, romano, germanico M. A. M. vedi Zel-Monoteismo cristiano e greco  MORALISTI GRECI Morrison MOSCHIONE Mose Mullach Murray MUSoNIo RUFo 5Nardi Natorp NATURALISMO PRESOCRATICO, NATURALISTI PRESOCRATICI Nauck Nausicaa Neikos Nekyia omerica Nenci NEOACCADEMICI Neohegeliani NEOPITAGORICI NEOPLATONICI, NEOPLATONISMO, NEOPLATONICA teoria, etc. Nestle Nestore Newmann Nicia di Atene Nietzsche  Noè (- giustizia, in Filone) Norden NUMENIO Nuovo Testamento Occhio di Zeus Occhio vendicatore degli dei Oceanidi OCCETTIVISMO ANTICO Olimpica religione Olimpo, olimpici dei Olimpo  Olivieri OMERO  OMERICHE concezioni Ontologica prova ontologico argomento ORACOLO DELFICO, lemma dell',  vedi DELFico precetto.  Oratorio ORAZIO Oreste Orfeo ORFICI, ORFICO  misticismo, religione, etc oRFISMO Oriente, orientali Origene Otium Otto OVIDIO Pacioli PAGANESIMO, PAGANI FILOSOFI, etc.  Palamede Pan PANEZIO Paolo Paratore Parche Paride PARMENIDE DISCEPOLI di parmenideo ente mondo parmenidea Pascal Pascal Pasquali Patristica patristica  eredità  Pearson Peipers Pelagio, pelagianismo Pelasgo Pelope Penía Pericle PERIPATETICI, PERIPATETICA teo-ria, etc. Пері téXvNS Perrotta Perse Persiani Pesce Petelia Petersen Petrarca Pettazzoni Philippson Piat Pico della  Mirandola Pieper Pilade  PINDARO Piriflegetonte PIRRONE PITAGORA PITAGORICI, PITACORISMO, etc. Pittura greca etrusca PLATONE PLATONICO mito PLATONISMO PLAUTO Pleiadi PLINIO PLOTINO PLUTARCO POETI COMICI TEOCONICI TRAGICI Pohlenz PoLIBIO Policleto POLICRATE Polignoto di Taso Polinice POLITEISMO PoLo Poppe PORFIRIO Puech Póros Porzig Posidone PoSIDONIO POSTARISTOTELICA  epoca, filosofia, etc., POSTARISTOTELICI FILOSOFI  Praechter K., vedi Ueberweg Pragmatismo, pragmatisti Predestinaziani 424.  Positivismo, positivisti 29, 578.  PRESOCRATICI FILOSOFI, NATURALI-STI, etc., PRESOCRATICA filosofia Priamo PRIMI FILOSOFI Primitivi popoli PROCLO PRODICO Prometeo PROTAGORA PROTAGORISMO  Protestanti, protestantesimo protestante storiografia Provvidenza PSICOLOGIA « behaviourista», del comportamento platonica Radamanto Radermacher RAFFINATI del Teeteto Ragione divina Regenbogen Regnum hominis Reinach Reinhardt Reminiscenza platonica ReyRinascimento rinascimentale  distinzione  rivoluzione rinascimentali  celebrazioni  — innovatori scrittori Ritter Rivelazione Rivaud Robin Rohde Roma Romanticismo Rosmini Ross Rossi Rosei Rostagni Rousseau Rudberg Ruvo Saffo Saglio E., vedi Daremberg Ch.  Saitta SALLUSTIO SALOMONE Satana Saturnia età Saturno SCETTICI, SCETTICISMO SCETTICA critica Schaerer Schiller Schleiermacher Schmid Schuhl Sciacca Scilla Seiti Scolastica, etc. Scrittura, Scritture Sacre  Segni indicativi, teoria dei, Segni memorativi, utilizzazione  dei SENECA SENOFANE SENOFONTE Senso comune aristotelico Senso interiore agostiniano Serse Sertillanges SESTIO, SESTIL,  scuola  dei EMPIRICO Sette savi Shakespeare Shorey Sibari Sibilla SIMONIDE di Ceo SIMPLICIO SINESIO Siri Sisifo Snell SOCRATE SOCRATICA esigenza esperienza predica SOCRATICI, SOCRATISMO Sofferenze 86.  SOFISTI, SOFISTICA SOFOCLE Sofronisco Soggettivismo cristiano-moderno Sogni Solari Soliman SOLONE Sorley Sparta Spencer Spengel Spengler SPEUSIPPO Spinoza  Spirito classico antico cristiano moderno greco classico Spiritualisti cristiani, spiritualismo cristiano Stefanini TEOCONIE, TEOGONICI POETI Teologi di Oxford Teone Stein Stenzel Stige STILPONE SToBEo STOICI, STOICISMO, etc. Sroic, HOMAN Storicismo, storicistica concezione Stragi STRATONE di Lampsaco Strycker TALETE Tannery Tantalo Tarozzi Tartaro tartareo abisso Tatto interno Taylor Tebe Teeteto Teggart Temesa TEMISTIO Tempo Tenebre TEODETTE TeodoretoTeodoro di Beza TEOFRASTO TEOGNIDE TERENZIO Тевео Thamus Thaumante Theiler Thespesio Theuth Thurii Tieste Tifeo Tifone Tilgher TIMEO TIMONE TIMOTEO Tindaro Tiresia Tiro TISIA Titani Titano Tizio Tommaso Tomismo, etc. Traci TRADIZIONE DEMOCRITEO-EPICUREA Traducianismo TRAGEDIA TRAGICI POETI TRASIMACO Traversari Treves Trieber Troia, troiani Tuchulca TUCIDIDE Türk Tylor Tzetzes Uccisioni Ueberweg Ulisse 4Uno Untersteiner Usener Uxkull Vaihinger Weil Wendland Wilamowitz Windelband Wundt Wycliffe algimigli Vangelo Vangelo Vaso arcaico di Palermo Vespasiano Vico Vidari Vlastos Walzer Wehrli Zafiropulo  ZALEUCO ZARATHUSTRA ZENONE ZENONE Zeller. L'eredità in T. Tasso, in «Archivio di psichiatria, scienze penali ed antropologia criminale», Torino, Memoria e associazione nella scuola cartesiana (Cartesio, Malebranche, Spinoza), con appendice per la storia dell'inconscio, M. Ricci, Firenze. Per le relazioni fra genialità e degenerazione: Guerrazzi, in «Archivio di psichiatria, scienze penali ed antropologia criminale», Torino, Spazio e tempo nella psicologia di Condillac, in «Rivista filosofica», Pavia, Scienza e opinioni di B. Varisco, in «Scienza sociale», Palermo, Uno psicologo associazionista: E. B. de Condillac, R. Sandron, Palermo.  In esso viene riportato anche lo scritto sullo spazio e il tempo in  Condillac precedentemente citato Il concetto di bene e la psicologia dei sentimenti in Hobbes, in «Rivista di filosofia e scienze affini», Bologna, L'educazione secondo il Romagnosi, in «Rivista filosofica», Pavia, Ora anche in Tra teoria sociale e filosofia politica. Rodolfo Mondolfo interprete della coscienza moderna. Scritti a cura di R. Medici, CLUEB, Bologna  Ancora a proposito di refezione scolastica: il pensiero di Romagnosi, in «Critica Sociale», Milano, Saggi per la storia morale utilitaria: I - La morale di Hobbes, Drucker, Padova Saggi per la storia morale utilitaria: II - Le teorie morali e politiche di Helvétius, Drucker, Padova La politica degli insegnanti, in «Critica Sociale», Milano, Il dubbio metodico e la storia della filosofia, Prolusione a un corso di storia della filosofia nell'Università di Padova, con appendice storico-critica, Drucker, Padova. Per una filosofia naturale, in «Rivista di filosofia e scienze affini», Bologna, Recensione a G. Marchesini, La funzione dell'anima, Laterza, Bari 1905, in «Critica Sociale», Milano, L'insegnamento liceale della filosofia. Considerazioni pratiche, in «Rivista di filosofia e scienze affini», Bologna L'insegnamento della filosofia nei licei e la riforma della scuola media al congresso di Milano, in «Rivista di filosofia e scienze affini», Bologna, Per la riforma della scuola media: la scuola unica, in «Critica Sociale», Milano, Anche in Educazione e socialismo. Scritti sulla riforma scolastica (dagli inizi del 900 alla Riforma Gentile), a cura di T. Pironi, Laicata, Manduria Ancora per la riforma della scuola media: polemica fra colleghi, in «Critica Sociale», Milano, Di alcuni problemi della pedagogia contemporanea, in «Rivista di filosofia e scienze affini», Bologna, Anche in Educazione e socialismo. Scritti sulla riforma scolastica (dagli inizi del '900 alla Riforma Gentile), Dalla dichiarazione dei diritti al Manifesto dei comunisti, in «Critica Sociale», Milano, Con alcune variazioni è stato inserito da Mondolfo anche nella raccolta Tra il diritto di natura e il comunismo: studi di storia  =  •archive.org INTERNET  ARCHIVE  e filosofia, parte I, Tip. degli operai, Mantova Tra teoria sociale e filosofia politica. Rodolfo Mondolfo interprete della coscienza moderna. Scritti Intorno al convegno filosofico di Milano, in «Rivista di filosofia e scienze affini», Bologna Politica scolastica: per la riforma della scuola media, in «Critica sociale», Milano, Questioni varie: il problema della laicità nella scuola media, in «Rivista di filosofia e scienze affini», Bologna Educazione e socialismo. Scritti sulla riforma scolastica (dagli inizi del '900 alla Riforma Gentile), Ancora Mazzini e il socialismo, in «La fiaccola», Senigallia Altre obiezioni alle idee di Salvemini sugli esami, in «Nuovi doveri», Palermo Il contratto sociale e la tendenza comunista in J. J. Rousseau, in «Rivista di filosofia e scienze affini», Bologna, Tra il diritto di natura e il comunismo: studi di storia e filosofia, parte II, Tip. degli operai, Mantova Il pensiero di Ardigo, Mondovì, Mantova. La dottrina della proprietà del Montesquieu, in «Rivista filosofica», Pavia Tra il diritto di natura e il comunismo: studi di storia e filosofia, parte II, cit.  30. La filosofia della proprietà alla Costituente e alla Legislativa nella rivoluzione francese, in «Rivista di filosofia e di scienze affini», Bologna, Pubblicato anche in Tra il diritto di natura e il comunismo: studi di storia e filosofia, parte II, cit.  Sulla laicità della scuola, in «Critica sociale», Milano Educazione e socialismo. Scritti sulla riforma scolastica (dagli inizi del '900 alla Riforma Gentile), Religione, fanciulli, educazione, in «Nuovi doveri», Palermo, Educazione e socialismo. Scritti sulla riforma scolastica (dagli inizi del '900 alla Riforma  Gentile), La fine del marxismo?, in «Critica sociale», Milano, Umanismo di Marx. Studi filosofici a cura di N. Bobbio, Einaudi, Torino Roberto Ardigò nelle scuole di Mantova. Notizie e documenti, Tip.  Operai, Mantova.  Studi sui tipi rappresentativi. Ricerche sull'importanza dei movimenti dell'immaginazione, nelle funzioni del linguaggio, nelle pseudoalluci-nazioni e nella localizzazione delle immagini, in «Rivista di filosofia», Roma, I, 2, marzo-aprile, pp. 38-92. Tra il diritto di natura e il comunismo: studi di storia e filosofia, parte I, Tip. Operai, Mantova. La filosofia di Feuerbach e le critiche del Marx, in «La Cultura filosofica», Firenze Accolto in Sulle orme di Marx. Studi di marxismo e di socialismo a partire dalla prima edizione (Cappelli, Bologna con il titolo Feuerbach e Marx. È stato poi successivamente integrato di due capitoli, precisamente il sesto e il settimo, nella terza edizione (Cappelli, Bologna Ora anche disponibile, sempre con il titolo Feuerbach e Marx, in Umanismo di Marx. Studi filosofici La filosofia della storia di Ferdinando Lassalle (Per nozze Mondolfo-Sacerdote), Pirola, Milano. Poi nelle prime due edizioni de Sulle orme di Marx: Cappelli, Bologna Cappelli, Bologna  Recensione a G. Vidari, L'individualismo nelle dottrine morali del secolo XIX, in «Cultura Filosofica», La riforma della scuola media: fra la Commissione Reale e il congresso della federazione, in «Critica sociale», Milano, Politica scolastica: il dovere presente della federazione degli insegnanti, in «Critica sociale», Milano La vitalità della filosofia nella caducità dei sistemi, Prolusione all'Università di Torino Cultura filosofica», Firenze Rovistando in soffitta, in «Critica sociale», Milano, Pubblicato anche in Umanismo di Marx. Studi filosofici Fra l'ideale e l'azione: per l'unità di teoria e praxis, in «Critica sociale», Milano Umanismo di Marx. Studi filosofici La filosofia di Bruno e l'interpretazione di Felice Tocco, in «La Cultura filosofica», Firenze, V, n. 5-6, aprile, pp. 450-482. Pubblicato poi a sé: La filosofia di Giordano Bruno e l'interpretazione di Felice Tocco, Tip. Collini e Cencetti, Firenze Sul concetto di plus-valore, in «Critica sociale», Milano La pretesa antieticità del materialismo storico - il sopravalore e il passaggio dalla necessità alla libertà) de Il materialismo storico in Federico Engels, Formiggini, Genova Nell'edizione del (La Nuova  Italia) Il concetto di necessità nel materialismo storico, in «Rivista di filosofia II fatalismo materialistico o dialettico e il concetto di necessità storica) de Il materialismo storico in Federico Engels La Nuova Italia, Firenze Umanismo di Marx. Studi filosofici Il materialismo storico in Federico Engels, Formiggini, Genova. I ginnasi magistrali, in «Unità», Firenze, Partiti politici e generi letterali, in «Unità», Firenze Intorno alla filosofia di Marx, in «Critica sociale», Milano, Presente anche in Umanismo di Marx. Studi filosofici La crisi magistrale, in «Unità», Firenze, La preparazione dei maestri elementari, in «Unità», Firenze, Intorno alla morale sessuale, in «Critica sociale», Milano, Ancora la morale sessuale, in «Critica sociale», Milano, Rousseau nella formazione della coscienza moderna, in «Rivista pedagogica», Roma Saggio che Mondolfo ripropone nel volume Per il centenario di Rousseau (Formiggini, Genova) e poi con alcune modifiche nell'Introduzione alle opere di Rousseau (Discorsi e il Contratto sociale, a cura di R. Mondolfo, Cappelli, Bologna Rousseau e la coscienza moderna (La Nuova Italia, Firenze, di cui si ha una precedente edizione in lingua spagnola (Rousseau y la consciencia moderna, Imán, Buenos Aires Tra teoria sociale e filosofia politica.  Rodolfo Mondolfo interprete della coscienza moderna. Scritti   Socialismo e filosofia: I. La crisi e la necessità di un orientamento filosofico; II. Materialismo, realismo storico e lotta di classe; III. La necessità della filosofia della praxis, in «Unità», Firenze, Ristampato nelle prime due edizioni di Sulle orme di Marx, Cappelli, Bologna Nella terza edizione in due volumi (Cappelli, Bologna) fu pubblicato privato della prima parte (La crisi e la necessità di un orientamento filosofico) e con qualche aggiunta. Anche in La cultura italiana del '900 attraverso le riviste, a cura di Golzio e Guerra, Einaudi, Torino Umanismo di Marx. Studi filosofici Personalità e responsabilità nella democrazia, in «La Cultura filosofica», Firenze Per l'amore della moralità e per la moralità dell'amore, in «Critica sociale», Milano La preparazione degli insegnanti, in «Unità», Firenze, La crisi della scuola media e il compito delle Università, in «Nuova Antologia», Roma, Ripubblicato da Mon-dolfo, con alcune modifiche, in Libertà della scuola, esame di stato e problemi di scuola e di cultura, Cappelli, Bologna Discutendo di materialismo storico, in «Rivista di filosofia neoscolastica», Milano, Università Cattolica del Sacro Cuore, Zur soziologie der Geschlechtsmoral, in «Archiv für Sozialwis-senschaft und Sozialpolitik», Tübingen, Mohr, Per la biografia di Bruno, Rivista d'Italia», Roma, Appunti di Storia della filosofia La filosofia di Giordano Bruno, R. Università di Torino, Facoltà di Lettere e filosofia, Torino Acri e il suo pensiero, Discorso tenuto nella R. Università di Bologna, Zanichelli, Bologna. Il pluralismo nell'etica, in «Rivista d'Italia», Roma Acri, in «Rivista pedagogica», Roma La filosofia in Belgio, «Rivista di filosofia», Genova La crisi del socialismo e l'ora presente, in «Unità», Firenze La cultura italiana del '900 attraverso le riviste, vol. V, a cura di Golzio e Guerra, Einaudi, Torino Revolutionärer Geist und historischer Sinn, in «Archiv für die Geschichte des Sozialismus und der Arbeiterbewegung», her-ausgegeben von Prof. Carl Grünberg Hischfeld Verlag, Leipzig. Successivamente in italiano: Spirito rivoluzionario e senso storico, in  «Nuova Rivista Storica Roma, Le matérialisme historique chez F. Engels, Trad. de l'Italien par S.  Jankelevitch, Giard et Brière, Paris.  72. Chiarimenti sulla dialettica engelsiana Rivista di filosofia Genova Sulle orme di Marx con il titolo La dialettica di Engeis (Cappelli, Bologna Cappelli, Bologna Il materialismo storico in Federico Engels. Ristampato anche in Tra teoria sociale e filosofia politica. Mondolfo interprete della coscienza moderna. Scritti Spirito rivoluzionario e senso storico, in «Nuova rivista storica», Roma, Revolutionärer Geist und historischer Sinn, in «Archiv für die Geschichte des Sozialismus und der Arbeiterbewegung, herausgegeben von Prof. Carl Grünberg, Hischfeld Verlag, Leipzig. Nella versione italiana è apparso anche nella prima edizione di Sulle orme di Marx (Cappelli, Bologna e nelle successive. Presente anche in Umanismo di Marx. Studi filosofici Dai sogni d'egemonia alla rinuncia della libertà. Discorso letto per la solenne inaugurazione degli studi nell'Università di Bologna il 5 novembre 1917, Zanichelli, Bologna. Confluito con una nota introduttiva e con il titolo La teoria della egemonia tedesca in Filosofi tedeschi: saggi critici, trad. di L. Bassi, Cappelli, Bologna Mondolfo e la guerra delle idee. Scritti a cura di G. Ferrandi, Museo storico del Trentino e Società aperta di Trento, Trento Imperialismo e libertà, in «Unità  Il primo assertore della missione germanica: Herder, Rivista delle nazioni latine  Mondolfo e la guerra delle idee - Scritti Tra il primato d'un popolo e la missione universale delle nazioni, in «Nuova rivista storica», Milano, Mondolfo e la guerra delle idee - Scritti Leninismo e marxismo, in «Critica sociale», Milano,Poi in Sulle orme di Marx, a partire dalla seconda edizione (Cappelli, Bologna Studi sulla rivoluzione russa, a cura del Centro Studi di Critica Sociale, Morano, Napoli Umanismo di Marx. Studi filosofici Leninismo e socialismo, in «Critica sociale», Milano Sulle orme di Marx, Ristampato anche in Studi sulla rivoluzione russa Il socialismo e il momento storico presente, in «Energie Nove», Torino, Poi inserito nelle prime due edizioni di Sulle orme di Marx: Cappelli, Bologna Cappelli, Bologna Il socialismo dopo la guerra): Cappelli, Bologna Recentemente anche in M. e la guerra delle idee - Scritti  L'insegnamento di Marx, in «Critica sociale», Milano, Saggio apparso anche come Prefazione alla prima edizione di Sulle orme di Marx. Studi di marxismo e di socialismo,  Cappelli, Bologna Sulle orme di Marx. Studi di marxismo e di socialismo, Cappelli, Bologna. Per una coscienza realistica della storia e della rivoluzione sociale, in «Critica sociale», Milano Sulle orme di Marx, Cappelli, Bologna Visioni realistiche e utopie rivoluzionarie. Presente anche in Umanismo di Marx. Studi filosofici Problemi concreti: la scuola: I. L'azione «pro schola» e la difesa della coscienza laica, in «Critica sociale», Milano, Campane d'allarme, in «Il Progresso», Bologna Problemi concreti: II. Il proletariato e la scuola media. La difesa dellafunzione sociale della finalità educativa della scuola di Stato, in «Critica sociale», Milano Educazione e socialismo. Scritti sulla riforma scolastica (dagli inizi del '900 alla Riforma Gentile Problemi concreti: III. Linee di un programma d'azione scolastica: Premesse generali; il concetto di servizio pubblico e la scuola, in «Critica sociale», Milano Problemi concreti:L'amministrazione della scuola, in «Critica sociale», Milano Problemi concreti: d) La partecipazione del proletariato alla cultura, in «Critica sociale», Milano, Riportato anche in Libertà della scuola, esame di stato e problemi di scuola e di cultura, Gli adulatori del proletariato, in «Cultura popolare», Milano Libertà della scuola, esame di stato e problemi di scuola e di cultura Intorno al progetto Rignano, in «Critica sociale», Milano, Recensione a E. di Carlo, Ferdinando Lassalle, in «Critica sociale», Milano, Ardigò, in «Critica sociale», Milano, Bevilaqua, C'è uno spettro in Italia, Modernissima, Milano Critica sociale», Milano Ardigò, in «Il Tempo Socialismo e lezioni della realtà, intervista con Rodolfo Mondolfo, in «Il piccolo della sera», Trieste, 24 settembre. Il marxismo e la crisi europea, in «Scientia Il problema sociale contemporaneo, relazione al IV congresso italianodi filosofia, in «Rivista di filosofia», Bologna, Sulle orme di Marx, Cappelli, Bologna Parte di questo articolo apparve con il titolo Le condizioni della rivoluzione, in «Critica sociale», Milano, Anche in Umanismo di Marx.  Studi filosofici Le condizioni della rivoluzione, in «Critica sociale Sulle orme di Marx, 2ª edizione accresciuta di nuovi saggi, Cappelli, Bologna. La rivoluzione e il blocco, in «La Giustizia», Reggio Emilia, 11 dicembre, p. 1. Per la realtà del socialismo, in «La Giustizia», Reggio Emilia Le condizioni della rivoluzione, in «La Giustizia», Reggio Emilia,  1 gennaio, p.1.  Martoff contro Zinovieff e l'antitesi fra socialismo e bolscevismo, in «Critica sociale», Milano Sulle orme di Marx, Cappelli, Bologna Studi sulla rivoluzione russa Introduzione a F. Turati, Le vie maestre del socialismo, Cappelli, Bologna. Forza e violenza nella storia, Introduzione a S. Panunzio, Diritto, forza e violenza. Lineamenti di una teoria della violenza, n. III della «Biblioteca di Studi sociali diretta da R. Mondolfo», Cappelli, Bologna. Pubblicata con l'aggiunta di alcune note in Sulle orme di Marx, II vol., Cappelli, Bologna Umanismo di Marx. Studi filosofici 1 corsi di esercitazione nelle Università, in «Educazione nazionale», Roma funzione sociale della finalità educativa della scuola di Stato, in «Critica sociale», Milano, Più recentemente in Educazione e socialismo. Scritti sulla riforma scolastica (dagli inizi del  '900 alla Riforma Gentile Problemi concreti: III. Linee di un programma d'azione scolastica: a) Premesse generali; b) il concetto di servizio pubblico e la scuola, in «Critica sociale», Milano, Problemi concreti: c) L'amministrazione della scuola, in «Critica sociale», Milano Problemi concreti: La partecipazione del proletariato alla cultura, in «Critica sociale», Milano, Riportato anche in Libertà della scuola, esame di stato e problemi di scuola e di cultura, Gli adulatori del proletariato, in «Cultura popolare», Milano Libertà della scuola, esame di stato e problemi di scuola e di cultura, Intorno al progetto Rignano, in «Critica sociale», Milano, Recensione a E. di Carlo, Ferdinando Lassalle, in «Critica sociale», Milano, Ardigò, in «Critica sociale», Milano, Recensione a G. Bevilaqua, C'è uno spettro in Italia, Modernissima, Milano Critica sociale», Milano,Ardigò, in «Il Tempo», 16 settembre. Socialismo e lezioni della realtà, intervista con Rodolfo Mondolfo, in «Il piccolo della sera», Trieste, 24 settembre. Il marxismo e la crisi europea, in «Scientia Il problema sociale contemporaneo, relazione al IV congresso italiano= • archive. di filosofia, in «Rivista di filosofia», Bologna Sulle orme di Marx, Cappelli, Bologna Parte di questo articolo apparve con il titolo Le condizioni della rivoluzione, in «Critica sociale», Milano Umanismo di Marx.  Studi filosofici Le condizioni della rivoluzione, in «Critica sociale Sulle orme di Marx, 2ª edizione accresciuta di nuovi saggi, Cappelli, Bologna. La rivoluzione e il blocco, in «La Giustizia», Reggio Emilia, Per la realtà del socialismo, in «La Giustizia», Reggio Emilia, Le condizioni della rivoluzione, in «La Giustizia», Reggio Emilia,  1 gennaio, p.1.  Martoff contro Zinovieff e l'antitesi fra socialismo e bolscevismo, in «Critica sociale», Milano Sulle orme di Marx, Cappelli, Bologna Studi sulla rivoluzione russa, cit., pp. 55-63. Introduzione a F. Turati, Le vie maestre del socialismo, Cappelli, Bologna. Forza e violenza nella storia, Introduzione a S. Panunzio, Diritto, forza e violenza. Lineamenti di una teoria della violenza, n. III della «Biblioteca di Studi sociali diretta da R. Mondolfo», Cappelli, Bologna. Pubblicata con l'aggiunta di alcune note in Sulle orme di Marx, II vol., Cappelli, Bologna Umanismo di Marx. Studi filosofici 1 corsi di esercitazione nelle Università, in «Educazione nazionale», Roma Il proletariato e la scuola, in «La squilla Educazione e socialismo. Scritti sulla riforma scolastica (dagli inizi del '900 alla Riforma Gentile La scuola e i partiti, in «Il Progresso», Bologna, marzo. I discorsi di F. Turati ai Congressi Socialisti, in «Critica sociale», Milano,  Il saggio corrisponde ad alcuni paragrafi tratti dalla prefazione di R. Mondolfo a F. Turati, Le vie maestre del socialismo, Cappelli, Bologna Collaborazione e lotta di classe, in «Critica sociale», Milano Sulle orme di Marx, Cappelli, Bologna Per la comprensione storica del fascismo, in «Critica sociale», Milano, Il saggio corrisponde ad alcuni paragrafi (in particolare il IV e parte del V) dell' introduzione alla raccolta Il fascismo e i partiti politici italiani, I volume, Cappelli, Bologna Significato e insegnamento della rivoluzione russa, in «Critica sociale», Milano, La contraddizione iniziale; La conquista compiuta; La nuova contraddizione risultante e la progressiva consapevolezza del problema. Ristampati con alcune modifiche e aggiunte in Studi sulla rivoluzione russa, cit., pp. 67 ss. Estratto poi in edizione Benporad, Firenze Significato e insegnamento della rivoluzione russa, in «Critica sociale», Milano, La rivincita della realtà; L'inevitabile soluzione: dal libero commercio al capitalismo;  La lotta e l'immediato rapporto delle forze L'anello e la catena; Le nuove condizioni del proletariato e la sua scissione in gruppi concorrenti; I nuovi problemi del Governo: la rivalutazione della moneta; Gli insegnamenti: a) non il dissolvimento ma lo sviluppo è condizionato dalla rivoluzione; on ne détruit que ce qu'on substitue; Le condizioni di un regime socialista: produzione e distribuzione;  I limiti dell'azione politica: forza ed economia. Ristampato con alcune modifiche in Studi sulla rivoluzione russa, La libertà della scuola, in «Critica sociale», Milano, Riportato in Libertà della scuola, esame di stato e problemi di scuola e di cultura, cit., pp. 9-23. Recentemente in Educazione e socialismo. Scritti sulla riforma scolastica (dagli inizi del  '900 alla Riforma Gentile Scuola e Stato. Lettera a Luigi Miranda, in «Il Tempo», Roma Libertà della scuola, esame di stato e problemi di scuola e di cultura, La libertà e la scuola, in «Il Tempo», Roma, 16 giugno, p. 3. L'esame di Stato, in «Critica sociale», Milano, Libertà della scuola, esame di stato e problemi di scuola e di cultura, La formazione storica delle arti e dello spirito umano in Vitruvio, in «L'Arduo», Bologna Tra teoria sociale e filosofia politica. Rodolfo Mondolfo interprete della coscienza moderna. Scritti Sempre nuove opposizioni al progetto su l'esame di Stato, in «L'istru-zione media», Perugia-Bologna-Firenze, Lettera a Gobetti, in «La Rivoluzione liberale», Torino Ricostruire, in «La Giustizia Per la comprensione storica del fascismo, introduzione alla raccolta Il fascismo e i partiti politici italiani, I volume, Cappelli, Bologna. Per la difesa della libertà, in «Critica sociale», Milano, Il problema della cultura popolare, in «Critica sociale», Milano Il comunismo è la negazione del marxismo, in «La Giustizia», Milano, 1 ottobre. Libertà della scuola, esame di Stato e problemi di scuola e di cultura, Cappelli, Bologna Prefazione a S. Diambrini Palazzi, Il pensiero filosofico di Antonio Labriola, Zanichelli, Bologna. Educazione e rinnovamento sociale in Mazzini e in Marx, in «Rivista di filosofia Con alcune modifiche anche in Sulle orme di Marx, Cappelli, Bologna Tra teoria sociale e filosofia politica. Rodolfo Mondolfo interprete della coscienza moderna. Scritti Mazzini e Marx, in «Critica sociale», Milano, Poi confluito in Sulle orme di Marx, Cappelli, Bologna, Il monito delle tradizioni del Risorgimento nazionale, in «Istruzione media Scuola, patria e libertà, in «La Giustizia», quotidiano del Partito Socialista Unitario, Milano, n. 52, 2 marzo 1923, p. 2. Più recentemente anche in Educazione e socialismo. Scritti sulla riforma scolastica (dagli inizi del 900 alla Riforma Gentile Scuola, patria e libertà, in «La Giustizia», quotidiano del Partito Socialista Unitario, Milano, Il materialismo storico: conferenza all'Università Proletaria di Milano, in «L'Avanti!», Milano, 13 marzo. Volontà e necessità nella storia, scambio di lettere con Longobardi L'Avanti!», Il materialismo storico, in «La Rivoluzione liberale», Torino Umanismo di Marx. Studi filosofici Mentre la riforma si compie, in «L'istruzione media», I punti oscuri, in «L'istruzione media La riforma della scuola, in «Critica sociale», Milano Educazione e socialismo. Scritti sulla riforma scolastica (dagli inizi del '900 alla Riforma Gentile Il problema sociale in Mazzini e Marx, in «Critica sociale», Milano, Con alcune modifiche confluito in Sulle orme di Marx, Cappelli, Bologna Scuola e libertà (Note polemiche), in «Critica sociale», Milano,196. Risposta all'inchiesta tra scrittori italiani: Dove va il mondo?, Libreria politica moderna, Roma. Aspetti della crisi contemporanea, in «Studi politici La riforma universitaria, in «Critica sociale», Milano Libertà e funzione sociale della scuola nella riforma Gentile, in «Cultura popolare Educazione e socialismo. Scritti sulla riforma scolastica (dagli inizi del 900 alla Riforma Gentile Si chiedono dati statistici, in «L'istruzione media L'esperimento russo, in «La Rivoluzione liberale», Torino, Verso la scuola confessionale?, in «L'istruzione media Si chiedono dati statistici, in «L'istruzione media La lotta di classe in Russia, in «La Rivoluzione liberale», Torino Le attività del bilancio, in «Critica sociale», Milano Umanismo di Marx. Studi filosofici  Contadini e proletariato nella Rivoluzione russa, in «Nuova rivista storica», Milano Sulle orme di Marx, 3ª edizione in due volumi, Cappelli, Bologna: vol. 1 Studi sui tempi nostri, vol. Il Lineamenti di teoria e di storia critica del marxismo. La filosofia e l'insegnamento di Francesco Acri (commemorazione nel decennale della sua morte), in «Rivista di filosofia Significato e insegnamenti della rivoluzione russa, con prefazione di C. Treves, Bemporad, Firenze Contributo a un chiarimento di idee, in «Critica sociale», Milano Umanismo di Marx. Studi filosofici Il rispetto dei diritti acquisiti e l'interesse della nazione, in «L'istruzione media Marxismo e revisionismo, in «Libertà», quindicinale della gioventù socialista, Milano La filosofia politica in Italia Raccolta sulla Storia d'Italia a cura dell'Istituto superiore di perfezionamento pergli studi politico sociali e commerciali in Brescia, Litotipo editrice, Padova Dal naturalismo di Feuerbach allo storicismo di Marx, in «Rivista di psicologia», Bologna Estratto da Feurbach e Marx Sulle orme di Marx. Si trova anche in Tra teoria sociale e filosofia politica. Rodolfo Mondolfo interprete della coscienza moderna. Scritti Ricordando Antonio Labriola, in «Critica sociale», Milano Umanismo di Marx. Studi filosofici  L'esame di Stato professionale, in «L'istruzione media Rousseau, Discorsi e Contratto sociale, cur. M., Cappelli, Bologna. L'idealismo di Jaurés e la funzione storica delle ideologie, in «Cri-tica sociale», Milano, Ristampato in Tra teoria sociale e filosofia politica. Rodolfo Mondolfo interprete della coscienza moderna. Scritti Dopo il primo esperimento, in «Istruzione media Le cose più grandi di lui (i programmi degli esami di Stato), in «Istruzione media Momigliano, in «Rivista di filosofia», Torino Prefazione a F. Dal Monte, Filosofia e mistica in Bonaventura da Bagnorea, Libreria di scienze e lettere, Roma. Sintomi premonitori in Russia. Nuove forze politiche in vista, in«Critica sociale», Milano, Studi sulla rivoluzione russa, Opere scelte di Beccaria, con introduzione e note a cura di  Mondolfo, Cappelli, Bologna La questione istituzionale, in «La Rivoluzione liberale», Torino Fiorentino, in «Nuova rivista storica», Milano, Da Ardigò a Gramsci, Nuova Accademia, Milano Discussioni marxiste, in «La Rivoluzione Liberale», Torino Umanismo di Marx. Studi filosofici Intorno ai nuovi concorsi, in «L'Istruzione media I punti del problema: per definire la discussione marxista, in «La Rivoluzione Liberale», Torino Umanismo di Marx. Studi filosofici Liberalismo della vecchia destra, in «Critica sociale», Milano, L'opera di Ferdinande Lassalle, in «Critica sociale», Milano, Il problema delle classi medie, in «Critica Sociale», Milano, Uscito anche come opuscolo con un preambolo di Filippo Turati nell'edizione La Giustizia, Milano 1925.  Il pensiero di Engels e la prassi storica della classe lavoratrice, in «Critica sociale», Milano Proletariato e ceti intellettuali, in «La Giustizia Beccaria e Kant, in «Rivista Internazionale di Filosofia del Di-ritto», Genova Tra teoria sociale e filosofia politica. Rodolfo Mondolfo interprete della coscienza moderna. Scritti La negazione della realtà dello spazio in Zenone di Elea, in «Rendiconti dell'Istituto Marchigiano di scienze, lettere ed arti Problemi del pensiero antico, Zanichelli, Bologna Per la serietà dell'esame di Stato, in «Istruzione Media», Parma Critiche esagerate?, in «L'istruzione media», Parma Veritas filia temporis in Aristotele, in Scritti filosofici per le onoranze nazionali di Bernardino Varisco, Vallecchi, Firenze, pp. 235-253. Presente anche in Momenti del pensiero greco, Morano, Napoli 1964,  pp. 1-20.  185. Das Problem der Mittelklassen in seiner Bedeutung für den  Sozialismus in Italien, in «Archiv für die Geschichte des Sozialismus und der Arbeiterbewegung», herausgegeben von Carl Grünberg,  XII, p. 1 ss.  186. Beccaria filosofo, in «Rivista di filosofia», Torino, XVI, n. 1, dicembre, pp. 1-11 ss. Tratto dall' introduzione a Opere scelte di Cesare Beccaria, Cappelli, Bologna Risposta a un'inchiesta sull'idealismo, in «Il Baretti», Torino, Un cervello maschile, un cuore materno. In memoria di Anna Kuliscioff, in «Critica Sociale», Milano Moto e vuoto, in «Il Baretti», Torino, a. 3, n. 2, febbraio, p. 76. Il problema etico e culturale del socialismo nei rapporti col movimento socialista, in «Critica sociale Materialismo, idealismo, realismo critico-pratico, in «Il Quarto Stato», Milano Umanismo di Marx. Studi filosofici Per la revisione del bilancio idealistico, in «Il Quarto Stato», Milano Umanismo di Marx. Studi filosofici Primum intelligere..., in «Il Quarto Stato», Milano Umanismo di Marx. Studi filosofici Dall'esperienza agricola russa al problema contadino occidentale, in «Critica sociale», Milano Studi sulla rivoluzione russa Diderot, D'Alambert e il Trattato delle sensazioni, in «L'idealismo realistico», Roma Condillac contro Condillac. Critica della prima parte del Trattato delle sensazioni, in «Rivista di Psicologia», n. 1. Sulla nozione di progresso, sintesi di una comunicazione al Congresso della Società per il progresso delle Scienza (sezione scienze filosofiche), in Atti del Congresso di Bologna. Il trattato delle sensazioni di Condillac, con introduzione su L'Opera di Condillac, Cappelli, Bologna. Spinoza e la nozione del progresso umano, in «Rivista di filosofia», XVIII, n. 3, luglio-settembre, pp. 262-266. Anche in Tra teoria sociale e filosofia politica. Rodolfo Mondolo interprete della coscienza moderna. Scritti La polemica di Zenone di VELIA contro il movimento, Rivista di Filologia e d'istruzione classica», Torino, Confluito poi con alcune aggiunte in R. Mondolfo, Problemi del pensiero antico, Der Faschismus in Italien (sotto lo pseudonimo di «Rerum italicarum scriptor»), in Internationaler Faschismus, herausgegeben von C. Landauer und H. Honegger, Karlsruhe. La polemica di Zenone di VELIA contro il movimento, parte II, in «Rivista di Filologia e d'istruzione classica Problemi del pensiero antico, Zanichelli, Bologna Fichte, in «Dizionario di scienze pedagogiche Vallardi, Milano, Confluito poi nella raccolta Filosofi tedeschi: saggi critici, trad. di L. Bassi, Cappelli, Bologna Il realismo di Roberto Ardigò, in «Rivista di filosofia Tra teoria sociale e filosofia politica. Rodolfo Mondolfo interprete della coscienza moderna. Scritti Nel primo centenario di Roberto Ardigò, in «Rivista internazionale di filosofia del diritto», Roma Romagnosi, in «Dizionario di scienze pedagogiche», vol. II, Vallardi, Milano, Il pensiero antico. Storia della filosofia greco-romana, esposta con tesi scelti dalle fonti, Società Editrice Dante Alighieri, Roma-Genova-Milano-Napoli. Sintesi storica del pensiero antico, Società Editrice Dante Alighieri, Roma-Genova. Rassegne di storia della filosofia: I. Filosofia del Rinascimento, in «Rivista di filosofia», XX, Torino L'antinomia fondamentale nella visione della vita e della storia di F. Nietzsche, in «L'idealismo realistico Die Anfänge der Arbeiterbewegung in Italien bis 1872 und der  Konflikt zwischen Mazzini und Bakunin, in «Archiv für die Geschichte des Sozialismus und der Arbeiterbewegung», herausgegeben von  Prof. Carl Grünberg, Hischfeld Verlag, XIV, heft 3, Leipzig Il superamento dell'utilitarismo e la coscienza morale nella dottrina epicurea, in «Rendiconto delle sessioni della R. Accademia delle scienze dell'Istituto di Bologna», vol. 3, Azzoguidi, Bologna.  Confluito poi in Problemi del pensiero antico, c Responsabilità e sanzione nel più antico pensiero greco, in «Civiltà moderna», Firenze Problemi del pensiero greco Razionalità e irrazionalità della Storia: per una visione realistica del problema del progresso, in «Nuova Rivista Storica», Milano Collaborazione alla «Encyclopedia of the Social Sciences» della Columbia University di New York; voci: T. Campanella, A. Costa. I primordi del movimento operaio in Italia avanti il 1872 e il conflitto tra Mazzini e Bakunin, in «Nuova Rivista Storica Die Anfänge der Arbeiterbewegung in Italien bis 1872 un Konflikt zwischen Mazzini und Bakunin Riproposto poi da Mondolfo in una rivista argentina Nella versione italiana, anche in Tra teoria sociale e filosofia politica. Rodolfo Mondolfo interprete della coscienza moderna. Scritti  Collaborazione alla «Enciclopedia Italiana» (Istituto Treccani); voce: Giordano Bruno, vita ed opere, religione e filosofia, dio e l'universo: il monismo, l'etica Nella sua versione rielaborata Mondolfo ripropone questo articolo in Figure e idee del Rinascimento, trad. di L. Bassi, La Nuova Italia, Firenze Tarozzi, L'esistenza e l'anima, in «Nuova Rivista Storica Enciclopedia Italiana» (Istituto Treccani); voci: Comunismo (esposizione critica della dottrina e della storia Filone di Alessandria, Helvétius Collaborazione alla «Encyclopedia of the social Sciences» della Columbia University di New York; voci: Epicure and epicureanism, Giuseppe Ferrari, Gaetano Filangeri, Pasquale Galluppi, Melchiorre Gioia, Gian Vincenzo Gravina, Theodor Karl Grün, Peter Alexeyevitch, Antonio Labriola. Collaborazione a «Pedagogia» (Enciclopedia delle Enciclopedie, Formiggini, Roma); voci: Didattica della filosofia Libertà e Laicità della scuola Entrambi riportati in Educazione e cultura come problemi sociali, Cappelli, Bologna Comunicazione al Congresso della Società Italiana per il progresso delle scienze su Criteri di studio del problema riguardante le origini della filosofia greca. Germi in Bruno, Bacone e Spinoza del concetto marxistico della storia, in «Civiltà moderna», Firenze Germania nel 1932 (cfr. n. 228) e, successivamente, nel sulla rivista argentina «Dialéctica Tra teoria sociale e filosofia politica. Rodolfo Mondolfo interprete della coscienza moderna. Scritti Un educatore scomparso: Marchesini, in «La Cultura popolare Rapporti tra la speculazione religiosa e la filosofia nella Grecia antica, I, in «La Nuova Italia», Firenze, II, dicembre, pp. 463-468. Intorno al contenuto dell'antica teogonia orfica, in «Rivista di Filologia e d'istruzione classica Rapporti tra la speculazione religiosa e la filosofia della Grecia antica, II, in «La Nuova Italia», Firenze Il concetto della «umwälzende Praxis» e i suoi germi in Bruno e Spinoza, in «Grünbergs Fetschrift», C. L. Hirschfeld, Leipzig, pp. 365-376.  I Discorsi e il Contratto sociale di Rousseau, trad. con introduzione e commento, 2ª edizione, Cappelli, Bologna. Collaborazione alla «Enciclopedia Italiana» (Istituto Treccani); voci: Labriola Internazionale e Internazionalismo Il Giansenismo in Italia di Jemolo, in «Rivista di Filosofia», Torino. Discutendo il problema dei caratteri differenziali tra filosofia antica e moderna, in «Rivista di filosofia», Milano Nota sul genio ellenico, inserita nell'edizione italiana di E. Zeller-R.Mondolfo, La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico, I Presocratici; vol. 1: Origini, caratteri e periodi della filosofia greca, La Nuova Italia, Firenze  Arte e religione in Grecia secondo gli schemi del neoumanesimo, in «Civiltà moderna», Firenze Tratto da M., Nota sul genio ellenico in E. Zeller-R. Mondolfo, La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico, Parte I: 1 Presocratici, vol. I: Origini, caratteri e periodi della filosofia greca, Nota sulla divisione in periodi della filosofia, in «Archivio di storia della filosofia Zeller-R. Mondolfo, La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico, 1 presocratici, Origini, caratteri e periodi della filosofia greca, La Nuova Italia, Firenze La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico, Parte I: I presocratici, vol. II: lonici e Pitagorici, La Nuova Italia, Firene Encyclopedia of the Social Sciences» della Columbia University di New York; voci: Lucretius, Karl Geory  Winkelblech (Karl Marlo).  E. Zeller-R. Mondolfo, La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico, Parte I: 1 Presocratici, vol. I: Origini, caratteri e periodi della filosofia greca, traduzione e aggiornamenti, La Nuova Italia, Firenze. Studi sopra l'infinito nel pensiero dei Greci, in «Memoria della R. Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna, classe di scienze morali», serie 3, tomo 6, Gamberini e Parmeggiani, Bologna Azzoguidi, Bologna Eternità e infinità del tempo in Aristotele, in «Giornale Critico della Filosofia Italiana», Firenze Il contributo di Zenone di VELIA alla scoperta dell'infinitesimale, in «Archivio di storia della filosofia La preparazione dei greci alla comprensione dell'infinito, in «Civiltà moderna», Firenze La concezione dell'Empireo in Platone, in «La Nuova Italia», Firenze, marzo.  242. Il passaggio dal teleologismo al determinismo nella dottrina peripatetica dell'eternità del mondo, in «Rivista di filosofia», Milano L'infinito nel pensiero dei Greci, Le Monnier, Firenze  L'infinità divina nelle teogonie greche presocratiche, in «Studi e materiali di storia delle religioni», Roma L'infinito nel pensiero dei greci, Le Monnier, Firenze L'infinità della potenza divina in Aristotele (Dal concetto negativo al concetto positivo dell'infinito), in «Ricerche religiose», Roma L'infinito nel pensiero dei greci, Le Monnier, Firenze 1934. L'infinità dell'essere in Melisso di Samo (contributi a un processo di riabilitazione), in «Sophia», Padova L'infinità divina da Filone ai neoplatonici e ai suoi precedenti, in «Atene e Roma», Firenze, Le Monnier L'Infinito nel pensiero dei greci, Le Monnier, Firenze L'infinità del numero dai Pitagorici a Platone e ad Archimede, in «Archivio di filosofia», Roma Prassi che rovescia» o «Prassi che si rovescia»?, in «Rivista internazionale di filosofia del diritto», Roma, XIII, fasc. VI, pp. 743 ss. Scritto che viene successivamente inserito da Mondolfo in Il materialismo storico in Federico Engels Collaborazione alla «Enciclopedia italiana»; voce: Materialismo storico Il contratto di lavoro nella voce Il lavoro Encyclopedia of the Social Sciences» della Columbia University di New York; voce: Paruta. Lezioni di storia della filosofia svolte da M., a cura di Bortolotti e Wittig, Bologna, Facoltà di filosofia, Bologna La genesi storica della filosofia presocratica, in «La Nuova Italia», Firenze, 20 marzo, pp. 82-94. Prefazione al libro di G. Fontanesi, Il problema filosofico dell'amore nell'opera di Leone ebreo, Libreria Emiliana, Venezia, pp. I-XIII. Problema umano e problema cosmico nella formazione della filosofia greca, Memoria presentata all'Accademia delle Scienze di Bologna nella sessione del 17 marzo, Azzoguidi, Bologna Problemi del pensiero antico Note sull'eleatismo di VELIA: a proposito degli Studi sull'eleatismo di G.  Calogero, in «Rivista di filologia e d'istruzione classica», Torino Problemi del pensiero antico, Zanichelli, Bologna I problemi dell'infinità numerica e dell'infinitesimo in Aristotele, in  «Rivista di filosofia», Milano L'infinito nel pensiero dei greci, Le Monnier, Firenze  1934.  Caratteri e sviluppi della filosofia presocratica, in «Sophia», Roma, luglio-settembre, pp. 274-288. La giustizia cosmica secondo Anassimandro ed Eraclito, in «Civiltà moderna», Firenze L'infinito nel pensiero dei Greci, Le Monnier, nella Collezione di «Studi filosofici» diretta da G. Gentile, Firenze. Recensioni in «Pan»: A. 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Collaborazione alla «Enciclopedia italiana»; voce: Movimento  Operaio Fiorentino e il positivismo, in AA.VV, Onoranze a F.  Fiorentino nel cinquantenario della sua morte, Morano, Napoli Infinità dell'istante e infinità soggettiva nel pensiero degli antichi, in «Giornale critico della filosofia italiana», Firenze Problemi del pensiero antico L'infinito nel pensiero dell'antichità  classica, cit.  264. La genesi e i problemi della cosmogonia di Talete, in «Rivista di filologia e d'istruzione classica», Torino Physis e theion: intorno al carattere e al concetto centrale della filosofia presocratica, in «Atene e Roma», Firenze, Le Monnier Il principio universale di Anassimandro, in «Civiltà moderna», Firenze Questioni di storia della scienza greca, in «Rivista di filosofia», Torino L'infinito e le antinomie logiche nel pensiero greco, relazione al «Congresso della Società italiana per il progresso delle scienze», tenutosi a Palermo il 12-18 ottobre, Società italiana per il progresso delle scienze, Roma. Confluito poi in R. Mondolfo, I problemi del pensiero antico, Zanichelli Enciclopedia italiana: Sindacalismo, Socialismo Scienza (classificazione delle scienze e storia della scienza Problemi del pensiero antico, Zanichelli, Bologna 1935. Lezioni di storia della filosofia, a cura di Zambrini, Università di Bologna, Facoltà di lettere e filosofia, Bologna. 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Academia delle scienze dell'Istituto di Bologna. Classe di scienze morali», serie V, I, Azzoguidi, Bologna Zeller-M., La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico, Parte I: 1 Presocratici, vol. Il: lonici e Pitagorici, La Nuova Italia, Firenze. Intorno ad Epicarmo, in «Civiltà moderna», Firenze L'unità del pitagorismo, in «La Nuova Italia», Firenze, giugno. 1940  Origen y sentido del concepto de cultura humanista, para la inauguración de cursos del Istituto de Humanidades de la Universidad Nacional de Córdoba, El Sol, La Plata Historia y filosofia, in «Sustancia», Tucumán, Trad. it. in Alle origini della filosofia della cultura, trad. di L.  Bassi, Il Mulino, Bologna El materialismo histórico en Federico Engels, version castellana de  A. Mantica, Libreria y Editorial Ciencia, Rosario, Descartes, Discorso sul metodo, a cura di M. e Garin, Sansoni, Firenze La traduzione e le note di  M. vennero pubblicate anonime in questa prima edizione, mentre ricompaiono nelle ristampe successive Descartes, Principi di filosofia, a cura di M. e E. Garin, Sansoni, Firenze, pp. XXXIII-82. La traduzione e le note di Rodolfo  Mondolfo vengono pubblicate anonime in questa prima edizione, mentre ricompaiono nelle ristampe successive Sócrates, edición de la Universidad Nacional de Córdoba, Córdoba. Anche in Moralistas griegos. La conciencia moral de Homero a Epicuro, Imán, Buenos Aires 1941. Sugestiones de la técnica en las concepciones de los naturalistas presocráticos, in «Archeion» de la Universidad Nacional del Litoral Trad. it di L. Bassi: Suggestioni della tecnica nelle concezioni dei naturalisti presocratici, in Alle origini della filosofia della cultura, introduzione di R. Treves, Il Mulino, Bologna Moralistas griegos. La conciencia moral de Homero a Epicuro, Imán, Buenos Aires. Trad. it. accresciuta a cura di V. E. Alfieri, Moralisti greci. La coscienza morale da Omero a Epicuro, Ricciardi, Napoli-Milano  Espíritu revolucionario y conciencia histórica, in «Revista Mexicana de Sociología», Universidad Nacional Autónoma de México El pensamiento antiguo, historia de la filosofia greco-romana, 2 vol., Losanda, Buenos Aires. El problema del conocimiento desde los presocráticos hasta Aristóteles, Publicaciónes del Instituto de Humanidades de la Universidad Nacional de Córdoba, n. 19, Córdoba. La teoría del sentido interior en San Agustín y sus antecedentes griegos, in «Insula», Buenos Aires. 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Ferriolo, Feltrinelli, Milano La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico, Parte I: I presocratici, vol. Il: Ionici e Pitagorici, 2ª edizione, La Nuova Italia, Firenze Lo humano y lo subjetivo en el pensamiento antiguo, in «Notas y estudios de filosofía», Tucumán,  Sobre una interpretación reciente de Anaxagoras y los eleatas, in «Notas y estudios de filosofía», Tucumán, Preparación profesional e investigación científica, in La universidad del siglo XX, Universidad Nacional de San Marcos, Lima Trad. it. in Educazione e cultura come problemi sociali La reminiscencia platónica y la actividad del espíritu, in «Actas del Congreso de filosofía en Lima» y «Revista de la Universidad Nacional de S. Agustín de Arequipa». Reseñas en «Notas y estudios de filosofía», sobre: M. Dal Pra, La storiografia filosófica antica; C. Moeller, Sagesse grecque etparadoxe chrétien; A. Nogueira, Universo Zeller-M., La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico, Parte I: I Presocratici, vol. 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Bassi, La Nuova Italia, Firenze Problemi e metodi di ricerca nella storia della filosofia, La Nuova Italia, Firenze.  1953  I cirenaici e i raffinati del Teeteto platonico, «Rivista di filosofia», Torino La comprensione del soggetto umano nell'età classica Il valore del lavoro nel riconoscimento di Senofonte, Platone ed Aristotele, in «Critica sociale», Milano, Trabajo y conocimiento según Aristóteles, in «Imago mundi», Buenos Aires L'unité du sujet dans la gnoséologie d'Aristóte, in «Revue philosophique», Paris Platón y el concepto unitario de cultura humana, in «Humanitas», Universidad Nacional de Tucumán, a. 1, n. 1, pp. 15-24; nella versione italiana: Platone e il concetto unitario di cultura umana, in Scritti di sociologia e politica in onore di Luigi Sturzo, II, Zanichelli, Bologna, pp. 569-580. Dos textos de Platón sobre Heráclito, in «Notas y estudios de filosofía», Tucumán Leonardo teorico dell'arte e della scienza, in «II Ponte», Firenze Campanella y su utopía, prólogo a T. 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La coscienza morale da Omero a Epicuro, Ricciardi, Milano-Napoli Lavoro e conoscenza nelle concezioni dell'antichità classica, «Sag-giatore», Torino. Poi in Educazione e cultura come problemi sociali, Successivamente anche in Polis, lavoro e tecnica, a cura di M. V. Ferriolo Espíritu revolucionario y conciencia histórica, Ediciones Populares Argentinas, Buenos Aires. Evolución del socialismo, Ediciones Populares Argentinas, Buenos Aires. Historia de la Universidad de Bologna, in «La Torre», Puerto Rico, Universidad de Puerto Rico, 3, 12, ottobre-dicembre, pp. 45 ss. Trad. it. Storia dell' università di Bologna, in «La vita italiana», nel volume Estudios italianos en la Argentina, publicado dal Centro di studi italiani, Buenos Aires Cultura y libertad en el pensamiento de B. 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El materialismo histórico en Engels y otros ensayos, nueva traduccion de la 2ª edicion italiana con agregados, Editorial Raigal, Buenos Aires. Alle origini della filosofia della cultura, trad. it di L. Bassi e con introduzione di R. Treves, I Mulino, Bologna. Bolscevismo e dittatura (la conseguenza del sistema), in «Critica sociale», Milano Studi sulla rivoluzione russa, cit., L'esigenza del nesso fra storia della filosofia e storia della cultura, in AA. VV., Verità e storia: un dibattito sul metodo della storia della filosofia, Società filosofica romana, Arethusa, Asti Aristotele. Antologia, 1ª ristampa, La Nuova Italia, Firenze.1957 La coscienza morale e la legge interiore in Plutarco, in «Filosofia», Torino, Sul concetto di lavoro, in «Il comune», Senigallia, febbraio. Successivamente in S. Anselmi, Incontro con Rodolfo Mondolfo. In appendice: M. 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Nella sua traduzione italiana il saggio si trova anche in Id.  Filosofi tedeschi: saggi critici, trad. di L. Bassi, Cappelli, Bologna Prospettive filosofiche: la filosofia come problematicità e lo storicismo, con bibliografia degli scritti di R. Mondolfo, in «Il Dialogo», Bologna, Titolo originale: La filosofía como problematicidad y el historicismo, in «Philosophia», Universidad Nacional De Cuyo, Mendoza, Rispetto all'originale spagnolo del 1949, Mondolfo inserisce una breve postilla di aggiornamento. La comprensione del soggetto umano nell'antichità classica, trad. it. L. Bassi, La Nuova Italia, Firenze. Titolo originale: La comprensión del sujeto humano en la cultura antigua, Imán Buenos Aires Prefazione a L. Conti, L' assistenza e la previdenza sociale. Storia e problemi, Feltrinelli, Milano. Aristotele. Antologia, La Nuova Italia, Firenze Eraclito e Anassimandro, La Nuova Italia, Firenze. Eraclito e Anassimandro (Dalle note di aggiornamento Zeller-Mondolfo, vol. III: Capitoli su Eraclito), in «Filosofia», Torino, I frammenti del fiume e il flusso universale in Eraclito, in «Rivista critica di storia della filosofía», Milano El flujo universal de Heráclito y el símbolo del río, in «Cultura Universitaria» Anche in E. Zeller e R. Mondolfo, La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico, Parte I: 1 Presocratici, Eraclito, La Nuova Italia, Firenze, Il pensiero politico del Risorgimento italiano, La Nuova Accademia, Milano. Titolo originale: La filosofia política de Italia en el siglo XIX, Imán, Buenos Aires. Rispetto all'edizione castigliana quella italiana presenta aggiornamenti e arricchimenti. El pensamiento antiguo. Historia de la filosofia greco-romana, vol. I-IL, 4ª edición, Losada, Buenos Aires.  Sócrates, Editorial Universitaria, Buenos Aires. El sol y las Erinias, según Heráclito, in «Universidad», Universidad Nacional del Litoral, Santa Fe, La idea de una misión del filósofo, en el pasado y en nuestros días, in «La Nación», Buenos Aires, octubre. El flujo universal de Heráclito y el símbolo del río, in «Cultura Universitaria», Caracas, Direccion de Cultura. Departamento de Publicaciones, Nota sobre los Antecedentes en la historia de la filosofía, in «Philosophia», Mendoza, Universidad Nacional de Cuyo, Facultad de Filosofía y Letras, Instituto de Filosofía, La conflagración universal en Heráclito, in «Philosophia», Mendoza, Revista del Instituto de Filosofía, Universidad Nacional de Cuyo, Facultad de Filosofía y Letras,  Los seminarios de investigación filosofíca, in «Revista de Educación», La Plata, La missione della filosofia nell'epoca attuale, in «Critica sociale», Milano, Anche in Prospettive storiche e problemi attuali dell'educazione. Studi in onore di Ernesto Codignola, La Nuova Italia, Firenze Guía bibliográfica de la filosofía antigua, Losada, Buenos Aires. Cesare Beccaria, La Nuova Academia, Milano. Edizione italiana, con complementi ed aggiunte de Cesare Beccaria, Editorial Depalma, Buenos Aires Moralisti greci. La coscienza morale da Omero a Epicuro, trad. a cura di V. E. Alfieri, Ricciardi, Napoli-Milano. Titolo originale: Moralistas griegos. La conciencia moral de Homero a Epicuro, Imán, Buenos Aires Rispetto all'originale edizione spagnola, quella italiana si presenta accresciuta.  O genio helénico, en V. de Magalhães Vilhena, Panorama do pensamiento filosófico, Cosmos, Lisboa. En los orígenes de la filosofía de la cultura, 2ª edición ampliada, Hachette, Buenos Aires. La Universidad latino-americana como creadora de cultura, Cultura universitaria de Caracas Universidad de la República, Montevideo; Universidades (Unión de Universidades de América latina), Buenos Aires, IMarx y marxismo, Estudios histórico-críticos, Trad. esp. parciale de M. H. Alberti, Fondo de cultura económica, México-Buenos Aires.  Socrates, 3ª edición, Eudeba, Buenos Aires  Bibliografía heraclitea, in «Anales de filología clásica», Buenos  Aires, Il pensiero stoico ed epicureo. Antologia di testi, introduzione critica e commento a cura di D. Pesce, La Nuova Italia, Firenze. Presentazione a AA.VV, Senigallia, a cura di S. Anselmi, Libreria Editrice Sapere, Senigallia. Socialismo e cristianesimo, in «Critica sociale», Milano, El genio helénico y Arte, religión y filosofía de los griegos,  Editorial Columba, Buenos Aires. Notas heraclíteas. La identidad de los caminos opuestos (B 59 y B 60), in «Philosophia», Mendoza, Universidad Nacional de Cuyo, Facultad de Filosofía y Letras, Instituto de Filosofía, Heráclito y Parménides, in «Cuadernos filosóficos», Universidad Nacional del Litoral, Rosario, De las notas de actualización de Zeller-Mondolfo, La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico. Problemas y métodos de la investigación en la historia de la filosofia, 2ª edición ampliada, Edit. Universitaria, Buenos Aires. Il pensiero neoplatonico. Antologia di testi, scelta, traduzione e note introduttive di M., introduzione critica e commento di D. Pesce, La Nuova Italia, Firenze.  Il pensiero antico. Storia della filosofia greco-romana esposta con testi scelti dalle fonti, 3ª edizione aggiornata, La Nuova Italia, Firenze. E. Zeller-R. Mondolfo, La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico, I Parte: 1 Presocratici, vol. IV: Eraclito, La Nuova Italia, Firenze. E. Zeller-R. Mondolfo, La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico La filosofia post-aristotelica, vol. VI: Giamblico e la Scuola di Atene, trad. di E. Pocar, a cura di G. Martano, La Nuova Italia, Firenze.  Nel centenario di Filippo Turati, in «Quaderni italiani dell'Istituto italiano di cultura», Buenos Aires. Arte, religion y filosofia de los Griegos, Columba, Buenos Aires. Veritas filia temporis en Aristóteles, in «Revista de la Universidad Nacional de Córdoba», Personalità e responsabilità nella democrazia, I parte, in «Critica sociale», Milano, Il movimento operaio fino al 1860, in «Critica sociale», Milano, S. Anselmi, Incontro con Rodolfo Mondolfo. In appendice: M., Sul concetto di lavoro, Libreria editrice Sapere, Senigallia.  1962  Personalità e responsabilità nella democrazia, Il parte, in «Critica Sociale», Milano, Il concetto dell'uomo in Marx, in «Il dialogo», Bologna, e a cura del Comune di Senigallia. Si tratta di una conferenza tenuta all'Università di Montevideo per i corsi del Consejo Interuniversitario Regional di Argentina, Cile e Uruguay, nel febbraio del 1962. Successivamente pubblicata in spagnolo (trad. a cura di O. Caletti) nel testo Humanismo de Marx, Fundo de la cultura económica, México Ora in Umanismo di Marx. Studi filosofici Personalidad y responsabilidad en la democracia, in «Buenos Aires. Revista de Humanidades», Buenos Aires, La conciencia moral de Homero a Demócrito y Epicuro, Eudeba,  Buenos Aires Materialismo histórico. Bolschevismo y dictadura, Ediciones nuevas,  Buenos Aires.  Le opere complete di Antonio Labriola, in «Critica sociale», Milano, in numero di ripubblicazione dell Tesi di Critica Sociale, Rousseau y la conciencia moderna, Eudeba, Buenos Aires. Homenaje a M., Universidad Nacional de Córdoba. Da Ardigò a Gramsci, La Nuova Accademia, Milano. Testimonianze su Eraclito anteriori a Platone, in «Rivista critica di Storia della filosofia», Milano, Fratelli Bocca Eraclito, Testimonianze e imitazioni, a cura di M. e L. Tarán, La Nuova Italia, Firenze Breve historia del pensamiento antiguo, Losada, Buenos Aires. Siete opiniones sobra la significación del humanismo en el mundo contemporáneo, in «Revista de la Universidad de Buenos Aires», Buenos Aires Un precorrimento di Vico in Filone alessandrino, in AA. VV., Miscel-lanea di studi alessandrini in onore di A. Rostagni, Bottega d'Erasmo, Torino, Successivamente in R. Mondolfo, Momenti del pensiero greco e cristiano, Morano, Napoli Morale e libertà in Labriola, recensione a Dal Pane, Ricerche sul problema della libertà e altri scritti di filosofia e pedagogia Critica sociale», Milano, L'uomo greco secondo Pohlenz, in «Il Ponte», Firenze, La Nuova Italia, Poi in Momenti del pensiero greco e cristiano, Morano, Napoli, Fromm y la interpretación de Marx, in «La Nación», Buenos Aires, julio. La Universidad y sus antecedentes, in «La Gaceta», del Fondo de Cultura Económica, Mexíco. Personalidad y responsabilidad en la democrazia, Buenos Aires. Sócrates, Mestre Jou, São Paulo. Sócrates, 4ª edición, Eudeba, Buenos Aires. En torno a la contemporaneidad de la historia, in «La Torre», Puerto Rico, Universidad de Puerto Rico, Trad. it. 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Tarán, La Nuova Italia, Firenze, Platón y la interpretación de Jenófanes, in «Revista de la Universidad Nacional de Cordoba». La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico, Parte I: I presocratici, vol. Il: Ionici e Pitagorici, La Nuova Italia, Firenze. K. Marx, Crítica de la filosofia del derecho de Hegel, trad. del alemán, con notas aclaratorias de R. Mondolfo, Ed. Nuevas, Buenos Aires La lotta di classe secondo Juan B. Justo, in «Critica sociale», Milano,  Riproduzione dell'Introduzione a AA. VV., Bilancio del marxismo, Cappelli, Bologna 1965; e con il titolo Conclusioni sul marxismo, in «П  Dialogo», Tecnica e scienza nel pensiero antico, in «Athenaeum», Pavia, El pensamento antiguo, trad. del italiano por S. A. Tri, tomo I-II, 5ª edición, Losada, Buenos Aires. Introduzione a Bilancio del marxismo, Cappelli, Bologna. Le testimonianze di Aristotele su Eraclito, in «Filosofia», Torino, Anche in Heraclitus, Testimonianze e imitazioni,  cura di R. Mondolfo e L. 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L'attrattiva della bellezza poetica, con cui Lucrezio adorna la sua esposizione della teoria del progresso nella filosofia dell’orto intensifica il potere suggestivo di questa sulla mente dei filosofi romani. Cooperano, a Roma verso la visione ottimistica del progresso, altri influssi, come quelli del lizio e del portico che si riconosceno nella celebrazione da Cicerone del divino potere creatore dell'intelligenza dell’uomo. L'influsso democriteo si ripercuoteva in Diodoro Siculo attraverso Ecateo di Abdera. Quello dell’Orto agiva non solo sul grande poema di Lucrezio, ma anche (attraverso questo) sulla filosofia di Virgilio, Orazio, e Vitruvio. Certo, a Roma ci si mostrano due orientamenti opposti. Quello ottimistico, assertore ed esaltatore del potere creatore dello spirito umano e del progresso. Quello pessimistico, ispirato all'idea di una inferiorità naturale dell'uomo rispetto agl’animali, ovvero di una sua caduta dalla perfezione e felicità primordiali della mistica età saturnia alle miserie, alle fatiche e ai conflitti dell'epoca storica. Queste voci tetre risuonano in Ovidio e Plinio, come già anteriormente in quella di Sallustio (Catilina).  Ovidio, in Metamorph.-, influsso di Cicerone (De natura deorum), esalta la nascita dell'uomo (« natus est homo »), come dell'animale piú savio e di maggior capacità mentale tra tutti, dominatore della natura, di figura simile a quella degli dèi, l'unico che per la sua posizione eretta possa contemplare il Cielo. Ma Ovidio limita l'epoca beata dell’uomo all'età d’oro, quando non ancora l'uomo aveva scoperto i metalli, né inventato la navigazione, né le armi, né le fortificazioni, e neppure l'aratro e iutte le altre creazioni tecniche che sono per Ovidio fonti di pene e di danni per il loro inventore. La creatività della mente dell’uomo ha cosí un riconoscimento in Ovidio, ma come causa lamentevole d'infelicità. “Contra te sollers, hominum natura, fuisti, et nimium damnis ingeniosa tais Amores)D'altra parte Plinio (Natur. hist.) vuole umiliare l'orgoglio di coloro che - come Cicerone in De natura deorum, — affermano che il mondo fu creato *per* l'uomo; e li richiama alla considerazione di tutti gli elementi d'inferiorità che ha l'uomo rispetto agli altr’animali, e dei motivi della sua infelicità: un'anticipazione del pessimismo del “De miseria hominis.”  Ma nell'atteggiamento di Ovidio il riconoscimento (fatto a denti stretti) del potere creatore dell'intelligenza dell’uomo, rivela la forza con cui, nonostante ogni pessimismo, tale idea s'imponeva allo spirito dell'epoca. Aiutata certo nella sua diffusione dalla condizione storica, cioè dall'espansione trionfale del potere di Roma.  Ma ispirata nella sua affermazione da suggestioni teoriche derivanti da filosofi. Dall’orto attraverso l'affascinante esposizione poetica di Lucrezio, e da Cicerone. Influenze combinate si devono riconoscere appunto in Cicerone, nella sua celebrazione dell'eccellenza dell'uomo, del potere creatore dello spirito umano, del lavoro, dell'industria e della co-operazione tra gl’uomini, come fonti delle grandi conquiste della civiltà, che troviamo in “De natura deorum”, “De finibus bonorum et malorum”, “De legibus”, e “De officiis”. L'uomo, dice Cicerone in “De legibus,” questo animale previdente, sagace, molteplice, acuto, dotato di memoria, pieno di ragione e di prudenza, ha da dio la sua natura privilegiata, anzi partecipa con la sua ra-  lavor dichiarate alle he Coceo in “De officis”, L, s, dove ri  corda che Panezio ha sviluppato molto ampiamente e con numerosi esempi ciò che i capitoli 3-5 sintetizzano, specialmente intorno alla co-operazione tra gli uomini, indispensabile per la creazione di tante arti --  “senza le quali la vita non meriterebbe d'esser vissuta” . . Modernamente l'influenza di Panezio è  sione di richiamare l'attenzione nel saggio L'infinito nel pen siero dell'antichità classica, Firenze, La Nuova Italia] gione alla natura e alla comunità divine 7. Seminato sulla terra, ha ricevuto il dono divino dell'anima e la capacità della virtú, che è la natura perfezionata in se stessa ed elevata al suo grado sommo (“in se perfecta et ad summum perducta natura”); e, mediante l'imitazione della natura maestra, la ragione umana, usando la sua capacità industriosa (“sollerter”), è pervenuta all'invenzione di un numero infinito di arti (“artes innumerabiles  repertae sunt”).  La natura diede all'uomo — mediante i sensi messaggeri, la rapidità della mente e la luce dell'intelligenza -- i fondamenti della scienza (“quasi fundamenta quaedam scientiae”), di modo che, per se stessa, la natura umana sempre piú progredisce ed avanza (“ipsam per se natu-ram longius progredi”) e, da sé, senza aver bisogno di maestri (“etiam nullo docente”), arriva a consolidare e a perfezionare la ragione, partendo dalle cose le cui specie ha conosciuto per mezzo della intelligenza primordiale ed iniziale (“ex prima et inchoata intelligentia”) 3.  In tal modo — ripete Cicerone alla fine dell'Hortensius (come riferisce Agostino, De trinit.), con Aristotele, Protrept. fr. c Walzer (Rose), l'intelligenza è forza visiva e sforzo attivo della mente (“mentis aciem”), animata dal desiderio attivo dell'investigazione (“ratione et investigandi cupiditate”). E come la sua attività è rivolta ugualmente e congiuntamente  [Eredità di ARISTOTELE, Protreptico, fr. c Walzer = 61 Rose  (che Anoke qul Cierone a apia al concet aristotelice dele  potenza che per se stessa tende all'atto. La potenza fondamentale dell'intelligenza (“inchoatae intelligentiae”) considerata qui, è tanto teorica (argumentamur, etc.) quanto pratica (conficimus), e non è privilegio di pochi eletti, ma possesso di tutti (“communis omnium”). E Cicerone aggiunge ciò che già diceva Sofocle nel coro dell'Antigone e tornerà a dire nel rinascimento Pico nel suo “De hominis dignitate”, cioè che l'uomo ha nella sua natura la doppia possibilità, d'elevarsi verso la sommità del bene o di sprofondare negli abissi del male alla conquista della scienza e alla creazione delle arti, cosí — ripete Cicerone, “De finibus”, con lo stesso Protreptico di Aristotele - si deve riconoscere che l'uomo è nato per una doppia finalità, mentre ogni animale è nato per un unico compito: il cavallo per la corsa, il bue per arare, il cane per cercare, ma l'uomo, come un dio mortale, per due attività creatrici, intendere ed operare (“ut ad cursum equum, ad arandum bovem, ad investigandum canem, sic hominem ad duas res, ut ait Aristoteles, ad intelligendum et agendum esse natum, quasi mortalem deum”).  Queste idee hanno piú ampio sviluppo in “De natura deorum”, dove la superiorità dell'uomo sugli animali è affermata da Cicerone, seguendo le orme di Panezio, negli aspetti seguenti. La costituzione del suo corpo, la cui posizione eretta gli permette la contemplazione del cielo e gli dà la possibilità di conoscere il corso degli astri, di determinare le divisioni del tempo, di prevedere i fenomeni astronomici per tutto l'avvenire (“in omne posterum tempus”) e di trarre dall'ordine di essi la nozione della divinità legislatrice e governatrice del mondo. I sensi che alla percezione associano i giudizi di distinzione e di valutazione delle impressioni, e si fanno pertanto ispiratori della creazione di arti rivolte a cogliere e ad usare le sensazioni (“ad quos sensus ca-piendos et perfruendos, plures etiam quam vellem artes repertae sunt”); l'intelligenza che comprende, definisce, connette le cose e crea una scienza di tale potere ed eccellenza, che neppure in dio c'è qualcosa di superiore (“qua ne in deo quidem est res ulla prestantior” § 59). E per questa via l'uomo crea anche le arti, le une per le necessità della vita, le altre per il diletto (secondo la distinzione tradizionale di Democrito e Aristotele); e a questi risultati coopera anche il linguaggio che, come mezzo di comunicare le conoscenze e di influire sul sentimento e la volontà altrui, e il vincolo sociale che trasse l'umanità fuori della vita ferina primordiale (“haec nos iuris, legum, urbium societate devinxit: haec  a vita immani et fera segregavit”).  Ma nella creazione delle arti Cicerone torna a far notare, con Anassagora, l'opera della mano, la cui conformazione e agilità permettono all'uomo di operare tanto nelle arti di diletto (pittura, scultura, musica), quanto in quelle di necessità (agricoltura, edilizia, tessitura, cucitura, confezione di strumenti di metallo, etc.). «Per cui si comprende che noi abbiamo conseguito tutto ciò che concerne le cose scoperte dallo spirito e percepite dai sensi, mediante l'applicazione delle mani degli operai, per poter essere protetti, vestiti e salvi, e avere città, difese, domicilii, templi ». Possiamo prendere l'ali-mento e conservarlo; allevare e utilizzare animali per il trasporto e per l'agricoltura; estrarre i metalli nascosti dalle profondità della terra e forgiarli in strumenti e decorazioni; tagliare alberi per riscaldamento, cottura di alimenti, edificazione di case, costruzione di navi, che a noi — unici al mondo — permettono di dominare la forza del mare e dei venti. In conclusione, l'uomo si converte in inventore delle arti e in dominatore della natura, cioè in creatore di una nuova realtà, quella del mondo della cultura.  «Noi usufriamo dei campi, noi dei monti; nostri sono i fiumi, nostri i laghi; noi seghiamo le messi, noi tagliamo gli alberi; noi, mediante l'immissione di acque, diamo fecondità alle terre; noi chiudiamo i fiumi tra dighe, li inalveiamo, li deviamo; insomma cerchiamo di creare con le nostre mani una specie d'altra natura nella natura delle cose ».  Non seguiremo Cicerone nella sua dimostrazione successiva della tesi che il mondo fu creato al servizio dell'uomo, che è la tesi contro cui polemizza Plinio, ma che non interessa il nostro tema. Ciò che ci importa è la celebrazione menzionata del potere creatore dell'umanità, che si può considerare un eloquente commento esplicativo della citazione che il “De finibus” trae dal Protreptico aristotelico, la quale dichiara che l'uomo è nato per la doppia attività, conoscitiva e creativa, come un dio mortale. L'uomo contemplato qui da Cicerone è appunto quello che crea il mondo della cultura e lo sovrappone al mondo della natura; e Cicerone offre una formula efficace per esprimere tale creazione: « nostris denique manibus in rerum natura quasi alteram naturam efficere conamur».  Formula che, insieme alla ricordata definizione (“dio mortale”) tratta da Aristotele, ispira le 'linee memorabili dello Spaccio della bestia trionfante di Bruno, che sintetizzano il contenuto essenziale della dimostrazione ciceroniana: « gli dèi avevano donato a l'uomo l'intelletto e le mani, e l'avevano fatto simile a loro, donandogli facultà sopra gli altri animali; la qual consiste non solo poter operar, secondo la natura ed ordinario, ma, ed oltre, fuor le leggi di quella; acciò, formando o possendo formar altre nature, altri corsi, altri ordini con l'ingegno.... venesse a serbarsi Dio de la terra »  (Gentile, Dialoghi morali, Bari, Laterza). Anche quello che segue nella pagina bruniana, sulle necessità che acuiscono gli ingegni e fanno inventare le arti — di modo che « sempre piú e piú.... allontanandosi dall'esser bestiale, piú altamente s'approssi-mano a l'esser divino › — poteva ispirarsi alle frasi di Cicerone relative all'uomo che « se segregavit a vita immani et fera »; frasi che, tuttavia, esprimevano un concetto comune ad altri filosofi antichi, da Democrito a Lucrezio, i quali insieme a Cicerone influiscono sulle celebrazioni della dignità dell'uomo e della creatività dello spirito, rinnovate dagli scrittori rinascimentali, da Manetti a Bruno e Campanella ?.  Ma in un particolare caratteristico il luogo citato dello Spaccio bruniano poté ispirarsi alla I Georgica di Virgilio, vale a dire nel considerare la mitica età dell'oro come epoca di pigrizia e di stupidità umane, e nel celebrare invece la dura necessità come causa del risveglio dell'intelligenza e della creazione delle arti. « Ne l'età de l'oro,” dice Bruno, “per l'Ocio gl’uomini non eran piú virtuosi, che sin al presente  cultadi, risorte le necessitadi, sono acuiti gl'ingegni, inventate le industrie, scoperte le arti; e sempre di giorno in giorno, per mezzo de l'egestade, dalla profundità de l'intelletto umano si eccitano nove e maravigliose invenzioni. Onde, sempre piú e piú per le sollecite ed urgenti occupazioni allontanandosi da l'esser bestiale, piú altamente 'approssimano a l'esser divino » Senza dubbio il mito dell'età aurea o saturnia, pertamente svalutato qui da Bruno, e motivo di sogni nostalgici per i filosofi dell'epoca d’Ottaviano, quando Ovidio lo evoca in Metamorph., collegandolo con l'altro mito esiodeo delle cinque età della degradazione umana, e lo stesso Virgilio torna a sognare un ritorno del regno di Saturno (« redeunt Saturnia regna ») nella profezia della Sibilla nell'Egloga IV.  Tuttavia questi miti si trovavano già in Esiodo in conflitto con la celebrazione del lavoro condizionante la dignità della vita, oltre che ogni acquisizione di beni.  3 Cfr. anche Gentile, «Il concetto dell'uomo nel rinascimento › ne Il pensiero del rinascimento, Firenze. E il problema torna a porsi per Virgilio, che lo risolve nella I Georgica in un modo che precorre Bruno. L’abbondanza e la facilità di vita della mitica età saturnia significano ozio e letargo mentale; e Giove, che nel detronizzare Saturno introduce le difficoltà, l'indigenza e la necessità del lavoro, da agli uomini per questa via il dono inestimabile dell'attività dell'intelligenza, creatrice delle arti e trionfatrice di tutte le avversità per mezzo del lavoro. «Giove, il padre (pater ipse), volle che non fosse facile la via della coltivazione, e dapprima fa lavorare i campi per mezzo dell'arte, e acuí per mezzo delle preoccupazioni gli spiriti dei mortali, e non permite che il suo regno s'intorpidisse in un pesante letargo », come accadeva prima del suo governo, quando nessuno lavora la terra, e questa concede tutto senz'esser sollecitata dal lavoro umano. Giove cancella totalmente le facilità e comodità, « affinché la necessità suscitasse le diverse arti, a poco a poco, mediante la meditazione ».  Cosí nasce l'agricoltura. Si scopre il modo di accendere il fuoco con la pietra focaia. Si incanalano i fiumi. Si inventa la navigazione, e il navigante impara a conoscere e nominare le stelle. Si inventano gl’artifici della caccia e della pesca. Si forgia il ferro e se ne fanno strumenti come l'ascia e la sega. «Allora vennero le varie arti; trionfano di tutte le difficoltà il lavoro instancabile e l'indigenza che assilla [gli uomini] nell'asperità delle condizioni di esistenza »:  Tum variae venere artes; labor omnia vicit improbus, et duris urguens in rebus egestas.  In tal modo, per Virgilio, la necessità e il lavoro, che Ovidio lamenta come una maledizione per la vita umana, sono una vera benedizione, perché risvegliano l'intelligenza e l'attività creatrice dell'uomo, e stimolano quella meravigliosa creazione delle arti e della cultura, i cui momenti e aspetti Virgilio sintetizza ispirandosi alla ricostruzione storica tracciata nel V libro di Lucrezio. Certo, Virgilio s'allontana da Lucrezio nell'accettare il mito dell'età saturnia, pur valutandolo negativamente rispetto a ciò che è piú essenziale e nobile nell'umanità, vale a dire, l'intelligenza e la creatività dello spirito. Ma un'eco piú fedele della concezione lucreziana sulla condizione primordiale dell'umanità risuona in Orazio (“Satyr.”) con la descrizione dei primi uomini che, come gl’altri animali, formano un gregge muto e turpe (mutum et turpe pecus), lottano tra loro con unghie e pugni, poi con bastoni e piú tardi con altre armi per soddisfare i primordiali bisogni di cibo e di riparo, finché non creano il linguaggio, desistendo dalle guerre, edificando città e creando leggi che impediscano i delitti. In una generazione successiva Giovenale (“Satyr.”, VI e XIII) ripresenta una descrizione analoga dello stato bestiale dell'umanità primitiva, satirizzando l'idea dell'età saturnia: anch'egli, probabilmente, influenzato da Lucrezio e dalla concezione epicurea della storia dell'umanità. Tuttavia, l'eco piú importante, teoricamente, di tale concezione ci si presenta nell'età d'Ottaviano (come oggi si torna a riconoscere da parte della critica storica) con Vitruvio, il quale sembra raccogliere dagli ambienti colti della sua epoca o compiere lui stesso una fusione delle idee esposte da Lucrezio con altre di varia provenienza, relative al progresso umano, derivanti da Cicerone, al cui insieme aggiunge l'intuizione dell'importanza che hanno per il progresso due fattori, apparentemente contrari, ma connessi da lui in una dipendenza mutua, che sono la divisione del lavoro e l'unità organica della cultura umana. Vitruvio mette in rilievo, nella sua concezione del progresso storico dell'umanità e della creazione della cultura, una molteplicità di fattori cooperanti: la durezza primordiale della vita; le esperienze fortuite che suggeriscono qualche mezzo per mitigare tale durezza; le capacità e potenze congenite negli uomini, che sono stimolate al loro esercizio dai due fattori suddetti, e sono avviate cosí ad uno sviluppo progressivo e alla produzione di risultati crescenti; la ripercussione che hanno i fattori citati sulla formazione di raggruppamenti umani permanenti, a partire da quelli temporanei primordiali, e sulla creazione del linguaggio; l'effetto prodotto da tali innovazioni, che non solo permettono l'assommarsi delle capacità individuali, ma provocano il loro acerescimento progressivo, dovuto sia al mutuo aiuto e all'esperienza dei vantaggi della cooperazione, sia allo stimolo reciproco derivante dall'attrito degli ingegni; il sussidio poderoso, che dà a tale processo l'uso di due strumenti meravigliosi, che sono il linguaggio, generato dalla convivenza sociale, e il possesso della mano, organo naturale incomparabile per afferrare ed elaborare le cose, la cui efficacia, già intuita da Anassagora, ha di nuovo posta in rilievo Cicerone; e infine l'imitazione e trasformazione della natura effettuate dalle arti, dove il conoscere è un fare e l'esperienza è un esperimento. Questo fare e sperimentare  воло геві  possibili precisamente dal possesso e dall'uso  delle mani, che rendono capace l'uomo di tentare i piú vari modi di combinazione ed elaborazione dei mezzi naturali, di modo che, a partire da principi minimi, le arti si elevano nel loro sviluppo verso risultati sempre maggiori e progressivi affinamenti delle loro capacità creative. Tutti questi elementi sono messi in rilievo da Vitruvio nel cap. I del libro II del De Architectura: Sulla vita degli uomini primitivi e sugl’inizi e incrementi della civiltà e dell'architettura.” La prima esperienza che, secondo Vitruvio, ha una funzione decisiva per togliere gli uomini dalla vita ferina primordiale e generare la convivenza sociale permanente, fu quella dell'incendio di selve prodotto da qualche tempesta. L'impressione di terrore iniziale è seguita dalla curiosità, per la quale gli uomini, dopo esser fuggiti, tornano ad avvicinarsi e, sentendo il calore del fuoco, intuiscono la sua utilità per la vita. Attratti dallo spettacolo, gl’uomini si riuniscono, concepiscono la possibilità di continuare ad alimentare il fuoco. E cosí iniziano la loro convivenza ed una comunicazione mutua delle loro impressioni mediante voci, che a poco a poco, con il tempo, si convertono in linguaggio. La posizione eretta e il possesso delle mani, che permettono il maneggio di qualunque oggetto, portano gl’uomini alla prima creazione di ripari e di tetti, mediante escavazione di tane o costruzioni di rami e fango che imitano quelle dei nidi di rondini. Lucrezio e  Cicerone insieme suggerivano a Vitruvio questa concezione delle fasi e dei fattori del processo. Vitruvio aggiunge l'idea di un'analogia generale di questo sviluppo storico presso i diversi popoli, allegando i documenti offerti da resti di costruzioni primitive che si trovavano in paesi civili come sul Campidoglio di Roma, e dalle edificazioni che continuavano a farsi in paesi barbari (Gallia, Aquitania, Colchide, Frigia, etc.). Queste osservazioni comparate, che presentano il passato dei popoli civili come analogo al presente dei barbari, potevano suggerire l'idea di un futuro progresso dei barbari verso uno sviluppo analogo al presente dei popoli civili, tanto piúin quanto Vitruvio rileva l'impulso che danno al progresso le relazioni mutue nell'interno d'ogni popolo. L'osservazione reciproca (egli nota) desta non solo la capacità d'imitazione, ma anche l'emulazione, per cui si perfezionano con il tempo i prodotti e si affinano la stessa intelligenza e la facoltà di giudizio dei produttori. Allora con l'osservazione delle costruzioni altrui e l'aggiunta di novità per mezzo delle riflessioni proprie, di giorno in giorno andavano migliorando il tipo delle costruzioni. Ed essendo gli uomini capaci d'imitazione e d'istruzione, nel celebrare giornalmente le loro invenzioni, si mostravano tra di loro i risultati delle loro costruzioni; e in tal modo, nell'esercitare i loro ingegni in competizioni, di giorno in giorno si facevano di giudizio piú raffinato ». Quest'ultima frase, “in dies melioribus iudiciis efficiebantur,” anticipa l'idea di Bruno, che gli uomini acquistano progressivamente giudizio « piú maturo »; il che si determina, secondo Bruno per tre fattori: l'accumulazione delle osservazioni, l'attività riflessiva e inventiva del pensiero, e la varietà delle cose osservate. Ma Vitruvio aggiunge un altro fattore piú importante: l'esercizio attivo del potere dell'ingegno, stimolato dalla emulazione (exercentes ingenia certationibus). In ciò Vitruvio raccoglie la suggestione di Aristotele relativa all'affinamento progressivo del giudizio per via del suo esercizio costante. Ma in Aristotele tale esercizio nasce dall'insoddisfazione e dalla critica delle idee altrui. In Vitruvio dallo sforzo d'emulazione. In entrambi, tuttavia, il processo si realizza tanto nello spirito individuale quanto in quello collettivo; e Vitruvio riconosce cosí la formazione storica dello spirito dell'umanità, considerando il vincolo e l'azione reciproca tra il perfezionamento dei prodotti dell'arte e lo sviluppo dello spirito produttore.Vitruvio esprime cosí u concetto tipicamente storicistico, nel riconoscere che lo spirito umano è in sé e per sé storia e sviluppo; concetto considerato abitualmente « tutto proprio dell'età moderna», come lo define Gentile (Il pensiero del rinascimento, cit.), nel trovarlo espresso da Bruno. Vitruvio riconosce e spiega tale carattere storico dello spirito in rapporto con la storia dell'architettura, che nel suo sforzo di perfezionamento progressivo, per rispondere sempre piú alle esigenze umane, si fa, secondo lui, generatrice di altre arti e discipline, per via dell'esercizio continuo cui obbliga la mente, che in tal modo si potenzia e sviluppa in se stessa nuove capacità, madri di arti e scienze nuove.  « Come, dunque, con l'attività costante (quotidie faciendo) avevano [gli uomini] rese piú esperte ed abili le loro mani per ogni costruzione (tritiores manus ad aedificandum perfecissent), e mediante l'esercizio instancabile dei loro ingegni (solertia ingenia exercendo) erano giunti con l'uso incessante alla creazione delle arti, allora l'attività industriosa aggiunta da essi ai loro spiriti (industria in animis eorum adiecta) fece sí che quelli che erano piú ben disposti e diligenti (studiosiores) si convertissero in artefici professionali (fabros se esse profiterentur) ».  Nasce in questo modo, dal progresso delle capacità intellettuali e pratiche, la divisione del lavoro; ma nasce e si mantiene legata all'unità organica della cultura, affermata già, con notevole vigore, da Vitruvio nel I cap. del libro I. Dove si fa notare per l'architettura il vincolo reciproco dell'attività pratica (fabrica) e di quella teorica (ratiocinatio), che non permette di raggiungere la perfezione dell'arte né al puro homo faber né al puro homo sapiens, ma solo a chi riunisce in sé entrambe le condizioni; e aggiunge Vitruvio che l'architetto ha bisogno di conoscenze di letteratura, disegno,  geometria, storia, filosofia, musica, medicina, diritto, astronomia, cioè di possedere una cultura organica: « tutte le discipline hanno tra loro un vincolo ed una comunicazione mutua.... e la [cosí detta] disciplina enciclica come un corpo unico è costituita di tali  membri ».  Certamente, come tecnico e teorico dell'architettura, convinto e preoccupato dell'importanza preminente della sua arte, Vitruvio nel I cap. del libro II, che stiamo analizzando, sembra che spieghi l'unità e connessione reciproche di tutte le arti e discipline come dovute ad un germinare di tutte dalla radice comune dell'archi-tettura, che per le sue esigenze ed i suoi sviluppi genererebbe le altre arti e scienze, e ne determinerebbe i progressi. « Dalla costruzione degli edifici progredendo gradualmente verso le altre arti e scienze (e fabrica-tione aedificiorum gradatim progressi ad ceteras artes et disciplinas) e utilizzando le armi del pensiero e la riflessione deliberativa', con cui la natura rafforzò le loro menti (cum natura cogitationibus et consiliis arma-visset mentes), essi trassero l'umanità dalla vita ferina e selvaggia a quella civile (e fera agrestique vita ad mansuetam perduxerunt humanitatem) ».  Allora si genera negli uomini la capacità di prepararsi nel loro spirito, e di guardar lontano per mezzo dei pensieri piú grandi, che nascono dalla varietà delle arti (tum autem instruentes animo se et prospicientes maioribus cogitationibus ex varietate artium natis); il che Vitruvio applica, indubbiamente, ai progressi del-l'architettura, ma è un concetto che s'estende da sé ad ogni sviluppo culturale. « Poi con le osservazioni degli  1 Se leggessimo, con qualche edizione, conciliis anziché con siliis, dovremmo pensare che Vitruvio rilevasse qui non già l'importanza della riflessione deliberativa (consilia), bensi quella della convivenza e della cooperazione sociale (concilia). Ma queste  ul-  time sono per Vitruvio creazione umana e non dono della natura.    studi portarono [le loro opere] dai giudizi errati ed incerti alle ragioni certe delle simmetrie. Quindi mediante le loro cure alimentarono e adornarono di piaceri l'eleganza della vita, accresciuta dalle arti (trac-  tando nutriverunt et auctam per artes ornaverunt vo-  luptatibus elegantiam vitae) ».  Si presenta pertanto, nella concezione di Vitruvio, tutto un processo storico nel quale l'uomo, spinto dai bisogni, guidato dalle esperienze, rafforzato dall'eserci-zio, sviluppa e traduce progressivamente in atto le sue potenze naturali, creando le arti e le scienze; ma in questo processo i prodotti reagiscono sul produttore; l'esercizio intensifica i poteri dello spirito e genera nuove capacità; i risultati realizzati si convertono in mezzi e impulsi per creazioni ulteriori; e in questo modo l'umanità progredisce e si sviluppa, creando il mondo della cultura e creando nello stesso tempo spiritualmente se stessa per mezzo del suo lavoro, come causa ed effetto insieme dei suoi progressi. La concezione della creatività dello spirito appare, dunque, raggiunta in pieno da Vitruvio. Lo scambio d'azione che Vitruvio vedeva effettuarel tra lo spirito produttore e i suoi prodotti nella creazione e nello sviluppo progressivo delle arti e delle scienze, significava per se stesso un processo storico di autocreazione e d'autosviluppo incessanti dello stesso spirito umano, che logicamente doveva presentarglisi come un processo infinito. Ma Vitruvio non segnalò, e forse non intuí neppure questa conseguenza della sua conce-  ' (Appare in questa visione un barlume del processo chiamato da Marx il processo della umwälzende Praxis, cioè dell'attività dell'uomo che si rovescia su se stessa e sull'uomo, trasformandolo nel trasformare se stessa.    zione, cosí come non l'aveva espressa né vista Aristotele, benché riconoscesse che il potere intellettuale dell'uomo va aumentando sempre, quantitativamente e qualitativa-  mente, con l'esercizio attivo delle sue capacità di indagine e di riflessione critiche.  La prima affermazione esplicita dell'infinità del progresso spirituale umano ci appare nell'antichità classica con Seneca, che tuttavia era stato precorso parzialmente da Filone ebreo, come diremo. Ma mentre nella concezione di Vitruvio l'infinità potenziale del progresso è in rapporto con il processo di creazione e sviluppo delle arti, a cui egli collegava la scoperta delle scienze, Seneca invece nella polemica contro Posidonio ripudia l'unità e identità tra l'homo faber e l'homo sapiens, che quello aveva affermato (cfr. Epist.).  Contro la celebrazione del progresso tecnico, inserito da Posidonio nello sviluppo stesso della saggezza, Seneca nella sua polemica sembrava ripudiare la creazione umana delle arti, accusandola di complicare e render difficile la vita, e sembrava ritornare, con l'evocazione di Diogene, all'ideale cinico-stoico della semplicità primordiale della vita conforme alla natura, che facilmente soddisfa le sue esigenze minime.  «Non fu tanto nemica la natura, da concedere la facilità della vita agli altri animali e volere che solo l'uomo non potesse vivere senza tante arti.... Siamo noi che ci rendemmo tutto difficile per la nostra tendenza a stancarci (fastidio) delle cose facili.... Tutte queste arti, per le quali la città si eccita e rumoreggia, lavorano per il corpo, a cui prima si imponeva ogni [sa-crificio] come ad uno schiavo, mentre ora gli si prepara ogni [godimento] come ad un padrone » (epist. cit.).  Tuttavia questa posizione polemica non rappresenta integralmente l'orientamento spirituale di Seneca. Seneca è ben lungi dall'identificare la saggezza — nel    cui culto vede l'unica attività che possa render degna la vita umana - con la supposta felicità primordiale dello stato di natura. « Per quanto egregia e priva di inganni fosse la vita di quelli (primitivi), essi non furono savi.... non avevano ingegni perfezionati (consum-mata).... La natura non dà la virtú, e il diventar buono è un'arte.... Quelli erano innocenti per ignoranza; ma c'è una gran differenza tra il non volere e il non saper peccare (multum interest utrum peccare aliquis no-lit an nesciat). Mancava loro la giustizia, mancava loro la prudenza, la temperanza, la fortezza. La loro vita incolta aveva qualcosa di simile a tutte queste virtú; ma la virtú non è conseguita se non da uno spirito edu-cato, istruito e portato mediante l'esercizio assiduo fino al vertice. Certo nasciamo per questo, ma senza que-sto; e anche negli uomini migliori, prima che posseggano l'educazione, esiste la materia della virtú, ma non la virtú stessa » (ibid.).  In tal modo, la virtú torna a presentarsi connessa alla cultura in questa stessa Epistola 90, dove la critica a Posidonio sembrava portare ad una rivendicazione della natura primordiale, simile a quella dei cinici. La virtú, dunque, per Seneca non è un'ingenuità ignorante, ma deve avere chiara coscienza del male e del vizio per trionfare di essi. Seneca fa in certo senso presentire il concetto che ispira in tempi moderni la filosofia della storia di Fichte (Caratteri fondamentali dell'epoca con-  temporanea), secondo cui l'umanità, dopo di essere uscita dalla sua primitiva rettitudine incosciente, abbisogna della piú profonda coscienza ed esperienza del peccato, per elevarsi alla sua cosciente redenzione.  Con la rivalutazione della cultura come condizione e fondamento dell'etica e della filosofia, tornano ad essere pertanto rivalutate da parte di Seneca anche le arti, ed è riaffermato il concetto del Protreptico aristotelico,    della doppia e indivisibile funzione che incombe al-  Q  l'uomo, cioè quella di esercitare tanto l'attività intellettuale quanto quella pratica. Aristotele aveva affermato, secondo la testimonianza di Cicerone (De finibus), che l'uomo nacque per due cose: intendere e operare («ad duas res, ad intelligendum et agendum esse natum »); e Seneca (De otio) ripete che la natura volle che facessimo le due cose: operare e coltivare la contemplazione. « Natura autem utrumque fa-cere me voluit, et agere et contemplationi vacare ». Anzi, aggiunge che egli le fa entrambe, perché sono insepa-rabili, giacché neppure la contemplazione può esistere senza azione: « utrumque facio; quoniam ne contem-platio quidem sine actione est »'. Nessuna virtus è un bene reale, finché non passa all'azione (“in otium sine actu proiecta”). «Chi potrebbe negare che essa deve comprovare nelle opere i suoi progressi, e non limitarsi a pensare ciò che si deve fare, bensí esercitare anche le sue mani e portare a realtà le sue meditazioni? » (* sed etiam aliquando manum exercere, et ea quae meditata sunt ad verum perducere? »).  Questa rivalutazione dell'attività pratica, a causa del legame che l'attività teorica ha con essa, doveva portar seco anche un apprezzamento delle creazioni delle arti, che per questa via tornano ad inserirsi nel processo creativo della cultura, dove si afferma il potere e il valore dello spirito umano. Una celebrazione caratte ristica di questa creatività dello spirito, applicata alle opere della civiltà e delle arti, merita di esser segna-  É evidente la derivazione da Seneca del noto luogo dello  Spaccio bruniano (ed. Gentile): « e per questo ha determinato la providenza, che vegna occupato ne l'azione per le mani, e contemplazione per l'intelletto; de maniera che non con-temple senza azione, e non opre senza contemplazione. Ne l'età dunque de l'oro per l'Ocio gli uomini non erano piú virtuosi, che sin al presente le bestie son virtuose ».    lata nell'Epistola, relativa all'incendio che in una sola notte aveva distrutto la città di Lione (Lugdunum), che era per la sua bellezza la gloria della Gallia. Seneca si rende conto che le opere dei mortali sono. condannate a perire e che noi viviamo tra cose caduche: « omnia mortalium opera mortalitate damnata sunt. Inter peritura vivimus». Ma questo carattere mortale delle opere è superato dall'imperitura energia creatrice del-l'umanità, che ricostruisce sempre ciò che è caduto e lo ricostruisce piú bello e perfetto, di modo che le distruzioni si convertono in fattore di progresso. « Multa cecide-runt ut altius surgerent et in maius ». Come Roma sempre risorse piú bella e potente dalle ceneri degli incendi subiti, cosí anche a Lione tutti competeranno per ricostruirla in forma piú grande e piú solida di quella per-duta: « ut maiora certioraque quam amisere restituant. Ciò che caratterizza l'uomo, dunque, consiste per Seneca nell'esigenza e nello sforzo costanti di superamento; per il loro mezzo lo spirito immortale dell'umanità si sovrappone al carattere mortale delle sue creazioni. Sono mortali - sembra dire Seneca — le creazioni partico-lari; ma è immortale la creazione progressiva della cul-tura, per essere immortale e inesauribile lo spirito creatore.    In questo sforzo interminabile di superamento, le attività pratiche delle arti e della tecnica in generale si unificano, per Seneca, con le attività teoriche della scienza e della filosofia. Possiamo dire che Seneca precorre Lessing nel considerare che questo sforzo spirituale costituisce il valore della vita, che pertanto si afferma solo in quanto l'uomo amplia progressivamente il suo orizzonte e le sue aspirazioni. Se mai l'umanità potesse giungere ad un possesso pieno della scienza, e non avesse piú davanti a sé un cammino ulteriore da percorrere e difficoltà nuove da superare, non avrebbero piúsignificato la vita e il mondo in cui si sviluppa l'attività umana. È lo sforzo ciò che costituisce il valore della vita; la sua persistenza inestinguibile e il suo rinnovamento incessante presuppongono l'impossibilità perenne di raggiungere il fine ultimo; ma questa condizione non significa per l'uomo una maledizione o condanna ad una tensione vana che non può mai essere soddisfatta, bensí alimenta e mantiene il valore della vita come milizia ' ed aspirazione dignificatrice, che sono nello stesso tempo perfezionamento spirituale progressivo.  Quest'idea, dell'infinità dello sforzo e del progresso umano, derivante dall'impossibilità di conseguire il fine supremo, era stata intuita ed espressa parzialmente, prima di Seneca, da Filone ebreo. La posizione degl’uomini in qualsivoglia delle loro attività, dice Filone, sta sempre nel mezzo tra l'inizio e la fine: « Noi siamo trattenuti nell'intervallo tra la fine e l'inizio nell'impa-rare, nell'insegnare, nel lavorare la terra, nell'operare in ciascuna delle altre cose » (Quis rerum divin. heres sit); ma questa inferiorità che caratterizza la nostra imperfezione costante in confronto alla perfezione assoluta di Dio, non significa ristagno e immobilità spi-rituali, bensí movimento e progresso incessanti: « A misura che uno avanza nelle scienze e si pone stabilmente sul loro terreno, si fa tanto piú incapace di raggiungere i loro limiti.... La scienza per i piú capaci è una sorgente sempre in movimento, che produce sempre nuovo afflusso di idee» (De plantat. Noë).  In tal modo per Filone ogni approfondimento della nostra conoscenza è nello stesso tempo un approfondi-  [Cfr. Epist.: Atqui vivere, Lucili, militare est. Itaque qui iactantur et per operosa atque ardua sursum ac deorsum eunt, et expeditiones periculosissimas obeunt, fortes  viri sunt, primo-  resque castrorum; isti, quos putida quies, aliis laborantibus, mol-  liter habet, turturillae sunt, tuti contumeliae causa ».    mento della coscienza della nostra ignoranza: dalla conoscenza acquisita spuntano sempre problemi nuovi; ma dai problemi nasce il movimento progressivo dell'intel-ligenza, in un processo che non finisce mai a causa dell'impossibilità di raggiungere, con il pensiero, il termine ultimo. Questo, per Filone, si raggiunge certo nel rapimento dell'estasi, che è estinzione di ogni movimento attivo della mente; ma fuori della soluzione mistica, c'è solo un processo infinito, conseguenza dell'infinita di-  stanza, che ci divide dall'irraggiungibile oggetto supremo.  Vero è che di questi pensieri di Filone non ebbe alcuna notizia Seneca, il quale giunse per una via parzialmente analoga all'idea dell'infinito progresso conoscitivo, cou-  siderandolo determinato dall'infinita distanza, che ci separa sempre dal fine supremo delle nostre aspirazioni e dai nostri sforzi. Ci sono delle realtà — osserva Seneca in Natur. quaest., a proposito dell'igno-ranza del suo tempo riguardo alle orbite e alle. leggi di movimenti delle comete:  - che non possono essere colte dai nostri occhi, o perché permangono in luoghi sottratti alla nostra vista, o perché la loro sottigliezza è irraggiungibile per la nostra acutezza visiva, o forse anche perché non abbiamo la capacità di percepirle, nonostante che riempiano i nostri occhi. Tutte queste realtà sono accessibili unicamente allo spirito (animo) e debbono essere contemplate con il pensiero (cogitatione). Ma lo stesso pensiero che ci porta fino all'idea dell'esistenza di Dio, che creò tutto l'universo intorno a sé e lo governa, ed è la parte mag-  derlo nella  giore e migliore della sua opera, non arriva a comprenderlo nella sua essenza. « Non possiamo sapere che cos'è ciò, senza di cui nulla esiste, e ci stupiamo per non conoscer bene certi piccoli fuochi (le comete), mentre ci resta celata la parte maggiore dell'universo, dio. Quid sit hoc, sine quo nihil est, scire non possumus,    et miramur si quos igniculos parum novimus, cum maxima pars mundi, deus, lateat »).  Ma da questa situazione nasce in noi uno stimolo all'indagine, che si intensifica con l'esperienza dei pro-gressi già realizzati. Ci sono conoscenze che abbiamo acquisito di recente, altre in gran numero che ancora non abbiamo raggiunto; ma - aggiunge Seneca - verrà un tempo in cui queste cose, che ora permangono occulte, le porterà alla luce un giorno futuro ed una indagine assidua di piú lunga durata.... Verrà un tempo in cui i nostri posteri resteranno stupiti che noi igno-rassimo cose che per essi saranno tanto evidenti. Multa venientis aevi populus ignota nobis sciet; multa saeculis tune futuris cum memoria nostri exoleverit reservantur. Pusilla res mundus est, nisi in illo quod quaerat omnis mundus habeat. Questa inesauribilità dell'indagine e delle scoperte supera con la sua infinità la gradualità progressiva. ma limitata, del processo delle iniziazioni ai misteri, a cui Seneca la paragona. Certo che, come ad Eleusi non si mostrano tutte le cose sacre al novizio, riservandosi le piú importanti per gli iniziati, cosí si può dire che la natura non concede in una sola volta ed a chiunque tutti i suoi sacri segreti, e anche quando ci crediamo iniziati, siamo ancora nel vestibolo del tempio e gli arcani rimangono chiusi nel sacrario interno. Ma nelle cerimonie mistiche gli iniziati pervengono, alla fine, a veder tutto; e nella scienza, invece, il processo di sco-perta non finisce mai. Dei suoi segreti, alcuni potrà sco-prirli la nostra età, altri le età successive (« aliud haec aetas, aliud quae post nos subibit aspiciet »); ma ri-marrà sempre campo per le investigazioni di « tutto il mondo ». E anche nell'ipotesi che gli uomini si dedi-chino completamente all'indagine e alla comunicazione reciproca delle conoscenze acquisite, Seneca dice che a  mala pena (vix) si giungerebbe a quel fondo dove è collocata la verità che ora cerchiamo alla superficie e con leggerezza (ibid., cap. 32); e l'esplorazione di questo fondo, secondo le dichiarazioni precedenti, esigerebbe sempre uno sforzo investigativo infinito.  La sospensione dello sforzo e del lavoro, dunque, non solo ritarda o impedisce del tutto le grandi conquiste ulteriori (« tarde magna proveniunt, utique si labor ces-sat »: cap. 31), e impedisce che si trovi alcunché di ciò che gli antichi indagarono in modo insufficiente, ma fa perdere anche le stesse scoperte già realizzate (« adeo nihil invenitur ex his quae parum investigata antiqui reliquerunt, ut multa quae inventa erant obliterentur »:  cap. 32). Donde la necessità e l'obbligo morale, per cia-scuno, di mantenere attivo lo sforzo incessante e di cooperare attivamente alla grande opera di conquista collettiva dell'umanità. Coloro che rimangono soddisfatti delle acquisizioni già realizzate dagli antecessori, non si rendono conto dell'immenso cammino da percorrere, che si estende davanti a noi. «Non si troverebbe mai nulla, se restassimo contenti con ciò che è già stato trovato. Inoltre, chi si limita a seguire un altro, non trova nulla per conto suo, anzi, non cerca neppure....  Ma coloro che hanno promosso queste investigazioni sono per noi guide, non padroni. [Il cammino del]la verità è aperto a tutti, non è ancora occupato, anzi gran parte di esso resta ancora da percorrere agli uomini del futuro › (Epist.). Confidiamo pertanto e molto nel giudizio dei grandi uomini, ma rivendichiamo anche l'uso del giudizio nostro. Forse neppur essi ci han lasciato scoperte effettuate, ma indagini da compiere » (* Num illi quoque non inventa, sed quaerenda nobis reliquerunt »:  Epist.).  «Non mi sembra che i predecessori si siano impadroniti con la forza (praeripuisse) di ciò che si poteva    dire, ma che ce lo abbiano solamente mostrato (ape-ruisse). Se non che c'è molta differenza tra l'avvicinarsi ad una materia esaurita (consumptam) e ad una solamente preparata (subactam): questa va crescendo giorno per giorno, e le invenzioni effettuate non sono ostacoli per chi realizzerà invenzioni ulteriori (« crescit in dies, et inventuris inventa non obstant »: Epist.). Anzi, chi ha qualcosa da insegnare agli altri, deve spargerlo come semente feconda (« seminis modo spargenda sunt»), la quale, per quanto piccola, cadendo in terreno adatto sviluppa le sue forze, e dalla sua piccolezza originaria, crescendo fino alle sue dimensioni massime, si diffonde (« ex eo minimo in maximos auctus diffunditur»). Gli insegnamenti son come le sementi: ancorché siano limitati (angusta), possono sviluppare una grande efficacia, purché una mente idonea li accolga e li raduni in se stessa; e a sua volta questa mente ne genererà molti altri e ren-    derà piú di quello che ricevette » (Epist. 38).  Naturalmente questo processo storico di accrescimento progressivo della cultura, nella successione delle generazioni e delle comunicazioni da maestri a disce-poli, esige l'attività vivente degli spiriti ricettori. Quindici secoli piú tardi G. Bruno dirà che se « di questi alcuni, che son stati appresso, non siino però stati piú accorti, che quei che furon prima.... questo accade per ciò che quelli non vissero.... gli anni altrui, e, quel che è peggio, vissero morti quelli e questi negli anni pro-prii » (Cena delle Ceneri, ed. Gentile).  Una esigenza analoga aveva affermato Seneca nella  Epist. 84, dichiarando che gli insegnamenti devono, come alimenti digeriti, trasformarsi in forze e sangue di chi li assimila (« in vires et sanguinem transeunt»). Le conoscenze ingerite non debbon lasciarsi tali e quali sono (integra), affinché non restino come cose estranee (alie-na): dobbiamo digerirle (concoquamus), affinché sianonutrimento dell'ingegno e non peso della memoria. I discepoli o le generazioni successive devono assomigliare ai loro maestri e padri come figli viventi e attivi, non come immagini morte: « imago res mortua est »; e nella trasmissione della cultura, invece, occorrono spiriti viventi che (come dirà Bruno) vivano attivamente gli anni dei predecessori e non vivano morti gli anni propri, bensí progrediscano sempre piú. Si deve imprimere la forma della propria personalità a tutti gli elementi di cultura che si raccolgono, affinché confluiscano in una unità (in unitatem illa competant) come le voci di un coro. « Tale voglio che sia il nostro spirito, che abbia in se stesso molte arti, molti precetti, gli esempi di molte generazioni, ma facendoli confluire tutti in una unità», vivente e attiva (« ut multae in illo artes, multa praecepta sint, multarum aetatum exempla, sed in unum conspirata).  L'Epistola 84 integra pertanto l'affermazione del-l'Epistola 80, che lo spirito (animus) non è come il corpo, che abbisogna dall'esterno di molto alimento, di molta bevanda, di molto olio e di lunghe cure; lo spirito invece (continua l'Epistola 80) cresce da se stesso, si alimenta e si esercita da sé, ed abbisogna solo della volontà per il suo perfezionamento. L'Epistola 84, dunque, riconosce che anche lo spirito abbisogna del suo alimento, che consiste nella cultura che riceve dalle generazioni precedenti e dall'ambiente sociale in cui si sviluppa, e che anch'esso deve, non meno del corpo, assimilare il suo alimento e trasformarlo in proprio sangue e forza attivi.  Certamente egli deve avere in sé l'energia della volontà richiesta dall'Epistola 80: ossia deve, secondo il paragone dell'Epistola 39, essere come una fiamma che s'innalza in linea retta e che non può essere inclinata e oppressa, né tanto meno aver tregua: cosí lo spirito    è in movimento ed è mobile e attivo tanto piú quanto piú è energico. Ma questa energia, questa attività, questo movimento spirituali non si esercitano nel vuoto,    bensí nel mondo della cultura, che è creazione dello spirito; nel qual mondo si forma cosí la tradizione vivente e attiva, che è conservazione e accrescimento in-cessanti.  Seneca ha visto che questo doppio aspetto della tradizione implica un doppio atteggiamento spirituale: di dipendenza e d'indipendenza rispetto al passato. I diritti del passato devono essere riconosciuti, ma come condizione e mezzo di salvare e assicurare i diritti dell'avve-nire, che sono diritti di un progresso infinito. Venero pertanto — dice l'Epistola 64 - le invenzioni della sapienza e i loro inventori; bisogna avvicinarsi ad essi come ad una eredità collettiva. A nostro beneficio sono state effettuate queste acquisizioni e questi lavori. Ma comportiamoci come buoni padri di famiglia; rendiamo piú ampia l'eredità ricevuta, cosi che questa passi da noi alla posterità fatta maggiore. Molto lavoro resta ancora da compiere, e molto ne resterà poi; né a nessuno, anche se nasca dopo migliaia di secoli, sarà preclusa l'occasione di aggiungere ancora qualcosa di piú ». Anche nell'ipotesi assurda, che gli antichi avessero inventato tutto, resterebbero sempre nuove l'utilizzazione, la scienza e la disposizione delle invenzioni altrui. Ma siamo ben lungi dalla possibilità di ammettere l'ipotesi citata. Quelli che esistettero prima di noi « multum ege-  runt, sed non peregerunt ».  Certamente dobbiamo ammirarli e onorarli come dei, e professare verso « i precettori del genere umano, da cui ci vennero i principi di un bene tanto grande, la stessa venerazione che dobbiamo ai nostri maestri personali ». Tuttavia l'onore migliore, anzi l'unico onore degno ed efficace che i discepoli possano rendere ai mae-    stri e i figli ai padri, consiste, secondo le affermazioni esplicite di Seneca già citate, nel far viva e operante la loro eredità, nel proseguire le vie che essi ci aprirono, cioè nel compiere per ciò che possiamo il progresso della cultura, la cui infinità esige sempre l'attività creatrice di ogni generazione nel trascorrere infinito del tempo.  In questo senso devono intendersi le affermazioni della Epistola 102, relative allo spirito: « Lo spirito umano è una realtà grande e generosa, che non tollera gli si pongano mai limiti che non gli siano comuni anche con Dio»; cioè afferma la sua esigenza di infinità e vuole tradurla in atto nel doppio aspetto spaziale e temporale. Lo spirito pertanto non accetta che gli si attribuisca una patria umile e limitata, come sarebbe la città natale di ciascuno, e reclama come propria patria tutto l'universo; e «non permette che gli si assegni un'epoca limitata: tutti gli anni sono miei (dice); nessun tempo è inaccessibile al pensiero ». Ma questa doppia esigenza di infinità - che significa coscienza di un potere infinito, e che, quanto al tempo, si estende ugualmente verso il passato e verso il futuro — vale, secondo il pensiero espresso di Seneca, tanto per la contemplazione quanto per l'azione creativa. La contemplazione si realizza per mezzo dell'investigazione e (come vedemmo)   piccola cosa sarebbe il mondo se in esso non avesse sempre tutto il mondo qualcosa da investigare  (Nat.  quaest.); ma d'altra parte (come vedemmo) neppur la contemplazione può darsi senza azione: ne con-  templatio quidem sine actione est › (De otio).  Talché lo spirito deve effettuarle entrambe ad un tempo, nella loro mutua correlazione, e considerare l'infinita estensione dell'universo in tutte le sue dimensioni, e del tempo nella sua doppia direzione di passato e futuro, non solo come oggetto di contemplazione conoscitiva, ma anche come campo d'azione creativa. Per questa via, nellaconcezione delineata da Seneca, lo spirito riconosce ве stesso nell'infinita creazione della cultura, opera del suo infinito passato e compito del suo infinito avvenire 1.  m). In tal modo, nell'affermare esplicitamente e mettere in evidenza sotto vari aspetti l'infinità del processo storico di creazione della cultura e d'accrescimento dello spirito umano, Seneca portava la teoria del progresso al suo piú alto grado di compimento nell'antichità. Dopo di lui, nonostante l'attivismo della gnoseologia e della pedagogia di Plutarco e di Plotino, il predominio crescente dell'orientamento mistico nella filosofia non favorí certo nuovi sviluppi della teoria del progresso; la cui tradizione, tuttavia, lungi dal perdersi, appare conservata — come abbiamo visto a proposito di Aristotele  anche in scrittori tardi come Asclepio e Giovanni  1 Meritano di essere ricordate alcune altre dichiarazioni signi-  Epansa (Sice rel Eple 65) Eaar dee appreanere ne che a  riferisce alle cose divine e alle umane, alle passate e alle future, alle caduche e alle eterne, al tempo, etc.»; e qui Seneca cita esempi delle « innumerabiles questiones» che si pongono per la conoscenza di ogni sfera e di ogni aspetto della realtà universale.  Ma il De otio, mostra che all'infinito numero dei problemi corrisponde l'infinita curiosità (curiosum ingenium) dell'uo-  mo: il desiderio di conoscere lo sconosciuto (cupiditas ignota no-scendi) ci spinge ai viaggi ed alla navigazione, alle investigazioni naturali ed agli scavi, alle ricerche storiche relative all'umanità  ad che poe eseri al dd a del come o aire dacueione dei  probiem pelaurs ar ateria dd ale epifio)  relativi alla materia ed allo spirito, etc. Nello stesso  capitolo del “De otio” aggiunge (come abbiamo già ricordato) che la contemplazione non può mai essere senza azione, e che le cose meditate esigono la loro realizzazione mediante l'esercizio della mano; di modo che il processo infinito di creazione della cultura è inteso nell'unità di teoria e pratica. Filopono; e la loro fonte al riguardo, Aristotele, ci attesta che tale teoria si è trasmessa senza soluzione di continuità. Ma Plutarco ci fa udire l'eco tanto di idee provenienti da Archita e Democrito, intorno alla funzione che spetta alla necessità nel processo storico delle creazioni umane, quanto dell'ordine cronologico in cui Democrito e Aristotele distribuivano la creazione progressiva delle arti di necessità, di quelle di abbellimento e delle scienze. E nello stesso II secolo cui appartiene Aristocle, un documento caratteristico ci dimostra la diffusione raggiunta dall'idea del progresso umano nella coscienza pubblica dell'epoca; documento che consiste nell'utilizzazione che fa Luciano (“Erotes”) di questa idea con fini satirici. L'apologia paradossale dell'amore per gli efebi, che Luciano fonda sul principio che, essendo creazione piú recente dell'amore per le donne, deve costituire un progresso rispetto a questo, poteva avere significato come satira solo in un clima spirituale dove l'idea del progresso figlio del tempo fosse divenuto generale e dominante.  Nella sua esposizione di questa teoria, Luciano dipende specialmente dalla tradizione democriteo-epicurea, ma con infiltrazioni della tradizione platonico-ari-stotelica relativa al rinnovamento ciclico successivo alle catastrofi, e con derivazioni anche da altre fonti. Da Democrito ad Epicuro deriva la descrizione della vita ferina primordiale: « i primi uomini nati dovevano cercare un rimedio per la fame d'ogni giorno, e per il fatto che erano preda della indigenza presente e che la pe-  o chi il ato  nuria non permetteva loro alcuna scelta del migliore, dovevano mangiare le erbe che trovavano, e le radici tenere che dissotterravano, e soprattutto le ghiande delle querce. Mentre la loro vita permaneva cosí incolta e   non concedeva loro ancora la comodità per esperimenti giornalieri al fine di trovare il meglio, essi dovevano accontentarsi di quelle stesse cose necessarie, poiché il tempo, incalzandoli, non permetteva loro l'invenzione di un buon regime». Anche per ciò che concerne la necessità di difese, gli uomini subito, all'inizio della vita, avendo bisogno di coprirsi, 'avvolgevano nelle pelli delle fiere scorticate ed escogitavano come rifugio contro il freddo le grotte delle montagne o le cavità disseccate di radici o alberi antichi».  piú che democritea, poiché è scomparsa in essa, come  pia wete  Questa descrizione è evidente eredità epicurea ancor  tra gli epicurei, la distinzione introdotta da Democrito tra i momenti successivi della prima fase di vita del-  l'umanità. Manca inoltre in Luciano ogni allusione all'introduzione della convivenza sociale e del linguaggio e alla scoperta del fuoco, già considerati dall'epicurei-smo; ma la suggestione epicurea si riconosce nella spiegazione che dà tanto dell'uscita dallo stato primordiale mediante l'agricoltura, quanto delle invenzioni della tessitura e dell'edilizia per via di un'imitazione dei ripari naturali (pelli e caverne) usati primordialmente. La capacità di un'imitazione dei processi naturali, che ripro-ducendoli li modifica e li adatta alle proprie esigenze e finalità, era già per gli epicurei un carattere che differenziava l'uomo dagli altri animali, incapaci di uscire dalla loro condizione naturale originaria. Tuttavia sembra che in Luciano si perda la comprensione della funzione attribuita dagli epicurei alla necessità come forza stimolante dell'intelligenza umana; Luciano la considera piuttosto un ostacolo alla ricerca del meglio. Solamente (dice) « dopo che le necessità urgenti ebbero fine, le intelligenze (zoyouo) delle generazioni successive, liberate dalla necessità, trovarono l'occasione d'inventarequalche miglioramento, e di lí a poco a poco s'accreb-bero al tempo stesso le scienze. E questo ci è possibile congetturarlo dalla considerazione delle arti piú perfezionate ».  Può esservi in queste linee un'eco (certo confusa) della distinzione democriteo-aristotelica dei tre momenti successivi di creazione progressiva: delle arti di neces-sità, di quelle d'ornamento e delle scienze disinteressate; certo Luciano -- utilizzando l'esempio dell'arte tessile, preso dagli epicurei, e quello dell'architettura, derivante forse da Vitruvio - insiste specialmente sul carattere graduale e quasi insensibile dei progressi, dicendo che «le arti presero per maestro il tempo » e progredirono « segretamente». E questa idea di un processo graduale sembra associarsi a quella di un rinnovamento ciclico, cioè alla teoria platonico-aristotelica della rinascita progressiva della cultura dopo le catastrofi distruttrici -  idea rievocata nel II secolo da Aristocle - poiché Luciano scrive che « ciascuna di queste arti e scienze, che giaceva muta e coperta in molto oblio, come da un lungo tramonto a poco a poco si levò nella sua luce raggiante ». Questa confluenza di elementi di derivazione tanto diversa è un indice interessante della conservazione di differenti rappresentazioni del progresso nell'epoca di Luciano, che le mescola senza preoccuparsi molto dei loro eventuali contrasti. E cosí, nonostante la sua apparente accettazione della teoria ciclica platonico-aristote-lica, Luciano delinea un processo di sviluppo della cul-tura, che per se stesso gli si presenta infinito, cosí come era apparso a Seneca. « Poiché ciascuno che faceva qualche scoperta la trasmetteva alla posterità; e quindi la successione di quelli che ricevevano l'eredità, facendo aggiunte a ciò che avevano appreso, continuò a riempire le lacune esistenti ». E cosí ‹ le scienze varie... mediante    sforzi (uoris) si preparano per arrivare (EUENOV 7ÇELV)  alla loro chiara manifestazione, spinte dal tempo infinito (úò To aiovos), che non lascia niente senza indagare. Ma ciò che agisce attivamente sugli uomini attraverso il corso del tempo è (per dichiarazione esplicita di Lu-ciano) « l'intelligenza (ppóvnois), che si accompagna alla scienza e trae dal frequente sperimentare la possibilità di scegliere l'ottimo ». Pertanto « dobbiamo considerare necessario lo studio dell'antico, ma onorare come migliore ciò che la vita seppe trovare poi, dopo aver raggiunto la possibilità di dedicarsi alla riflessione razionale  (поугомоїс) ».  Torna cosí in Luciano il concetto della tradizione vivente, che non è conservazione cristallizzata, bensí creazione progressiva continua realizzata dalla vita; torna l'idea dell'infinità di questo processo, che si estende dal passato e dal presente verso l'avvenire.  Riassumendo, possiamo dire che per tutti gli assertori antichi dell'idea del progresso umano la natura offra il punto di partenza allo sviluppo dell'attività creatrice dell'intelligenza dell'uomo; quindi le conquiste compiute da ogni generazione offrono alle successive i mezzi e gli stimoli per nuovi incessanti esperimenti e nuove acqui-sizioni; e in tal modo la creazione della cultura progredisce insieme con l'intelligenza creatrice. L'antichità dichiara con Cicerone ciò che tornerà a dichiarare il rinascimento con Bruno; cioè che l'umanità è caratterizzata dal suo sforzo incessante di creare, mediante l'opera della sua intelligenza e delle sue mani, un'altra natura, altri corsi e altri ordini al di sopra di quelli che le furono dati naturalmente; e per questa creatività del suo spirito l'uomo merita d'esser considerato  «come un dio mortale» o « dio della terra. Dai presocratici e dai poeti tragici fino a Seneca innegabilmente l'idea della creatività dello spirito si afferma e si sviluppa nell'antichità, e si ripercuote poi sugli ultimi secoli della cultura classica, da Luciano ed Aristocle ad Asclepio e Giovanni Filopono. Per negare agl’antichi il raggiungimento di tale intuizione, occorre chiudere gli occhi alla realtà storica e cancellare l'ampia documentazione che conferma la sua esistenza. Rodolfo Mondolfo. Mondolfo. Keywords: antica filosofia italica. Refs.: Luigi Speranza, "Grice, Mondolfo, e la filosofia greco-romana," per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia. Mondolfo

 

Grice e Monferrato: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale – la scuola di Casale Monferrato -- filosofia piemontese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Casale Monferrato). Filosofo italiano. Casale Monferrato, Alessandria, Piemonte. Autore di opere di teologia e scienza e legato pontificio. Entra nell'ordine francescano nella provincia genovese. Docente presso lo studio francescano di Assisi. Compone il saggio. “Quaestio de velocitate motus alterationis, Venezia. In esso presenta un'analisi grafica del movimento dei corpi uniformemente accelerati. La sua attività di insegnamento in fisica matematica influenza gli studiosi che operarono a Padova e Galilei che ri-propose idee simili. ‘Giovanni da Casale’, Treccani. Filosofia Filosofo del XIV secolo Teologi italiani Casale Monferrato Storia della scienza. Grice: “Casali dicusses the velocity of motion of alternation. He wisely remarks that if one takes the example of the quality of hotness, one may conceive of a UNI-FORM hotness throughout – ‘just as a rectangular parallelolgram is formed between two equidistant lines, such that any part you wish is equally wide with another. ‘Let there be throughout a UNIFORMLY DIFFORM hotness, such that it is a triangle!” -- Giovanni da Casale Monferrato. Monferrato. Keywords: corpi inanimati, corpi animati, inerzia, un corpo animato non e un missile guidato – Grice. La liberta dei corpi animati, uniform, uniformly difform, difformly difform. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Monferrato” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Monimo: all’isola – la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale -- Roma – filosofia siciliana -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Siracusa). Filosofo italiano. A former slave. Wrote two books. Monimo.

 

Grice e Montanari: la ragione conversazionale -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Cf Mazzino Montanari. Massino Montanari.

 

Grice e Montani: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale e il debito del segno – implicatura riflessiva – la scuola di Teramo -- filosofia abruzzese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Teramo). Flosofo italiano. Teramo, Abruzzo. Allievo di GARRONI (si veda), è Professore di Estetica alla Sapienza Roma, è stato Directeur d'Études Associé presso all'EHESS di Parigi e ha insegnato Estetica al Centro sperimentale di cinematografia di Roma. La sua ricerca si concentra oggi principalmente sui temi di filosofia della tecnica.  Allievo di Emilio Garroni, per M. l'estetica non va considerata come filosofia dell'arte, ma come una teoria della sensibilità umana, che ha la peculiarità di essere aperta agli stimoli del mondo esterno. La riflessione di M. si snoda in diversi passaggi e attraverso il confronto con alcuni dei protagonisti della filosofia, della linguistica, della semiotica e della teoria del cinema del Novecento, avendo sempre come punto di riferimento la filosofia critica di Kant.  Pensiero Ermeneutica e filosofia critica. Pubblica Il debito del linguaggio, in cui, partendo dal confronto con le teorie strutturaliste, in particolare quelle di Jakobson e Mukarovsky, mostra come la questione del significato del testo poetico non possa essere risolta mediante l'individuazione del codice linguistico o semiotico di riferimento, ma rimandi ad una condizione estetica della significazione. Questo tema viene ulteriormente approfondito in Estetica ed ermeneutica. Prendendo le mosse dalla filosofia critica kantiana, propone di ripensare la verità nel senso heideggeriano dell’ “a-letheia”, del “dis-velamento” dell'essere come una situazione ermeneutica strettamente legata all'effettiva esperienza del soggetto, seguendo la rilettura della filosofia di Heidegger proposta da Gadamer.La formazione e il pensiero di M. sono stati segnati dal suo interesse per il cinema e in particolare per Vertov e Ėjzenštejn. Di entrambi ha curato l'edizione  degli scritti.  Nel testo “L'immaginazione narrative” (Guerini) coniuga l'interesse per il cinema con quello più strettamente filosofico per il tema dell'immaginazione. Propone di considerare l'immaginazione nei termini in cui, in Tempo e racconto, Ricœur parla della narrazione, ovvero come di un processo di “rifigurazione” dell'esperienza del tempo da parte dell'uomo. Per Ricoeur la narrazione ha il potere di far fare al lettore esperienza di un tempo propriamente umano. Montani fa propria la tesi di Ricoeur, applicandola però, all'ambito della narrazione cinematografica. M. ritiene che il territorio dell'immaginazione in cui lavora il cinema sia quello dell'intreccio tra finzione e testimonianza, tra la costruzione dell'intreccio narrativo e la documentazione del reale. La trasformazione dell'esperienza del tempo avviene, così, ad un livello più profondo e creativo. Tecnica ed estetica Con Bioestetica si inaugura la fase più recente del pensiero di M., dedicata all'approfondimento del rapporto tra tecnica e estetica. Attraverso il paradigma della bioestetica M. propone di leggere i fenomeni di biopotere che caratterizzano l'epoca contemporanea a partire dalla loro natura innanzitutto tecnica ed estetica, cioè a partire dal fatto che la sensibilità dell'essere umano viene sempre più orientata ed organizzata tecnicamente. Il biopotere consiste proprio nella capacità di canalizzare la sensibilità umana. In L'immaginazione intermediale Montani prende in analisi i modi in cui il cinema risponde alle forme di anestetizzazione. Prendendo le mosse dalla spettacolarizzazione della politica emersa in seguito all'attentato delle Torri Gemelle, Montani introduce il concetto di "autenticazione dell'immagine", che non consiste nell'accertamento del referente fattuale dell'immagine (il vero, il reale) ma nella rigenerazione di un orizzonte di senso condiviso, la capacità di riferimento dell'esperienza e del linguaggio, in un'epoca caratterizzata da crescenti fenomeni di “indifferenza referenziale” La riflessione sul rapporto tra estetica e tecnica continua in “Tecnologie della sensibilità”, in cui viene teorizzata l'esistenza di una terza funzione dell'immaginazione: accanto a quella produttiva e riproduttiva vi è una funzione inter-attiva. L'immaginazione inter-attiva diventa il paradigma attraverso cui leggere l'epoca contemporanea, attraversata profondamente da fenomeni dell'inter-attività digitale e dalla proliferazione di ambienti virtuali. Saggi: “Il debito del linguaggio: l'auto-riflessività nel discorso,” – Grice: “There is the ‘debito’ and there is the ‘credito’ or ‘price’ of semiosis, too!” -- Marsilio, Venezia; -- Grice: “Actually, Montani uses ‘aesthetic self-reflection,’ using ‘aesthetic’ etymologically, as per what he calls ‘ermeneutica sensibile’ --  Fuori campo: studi sul cinema e l'estetica, Quattroventi, Urbino; Estetica ed ermeneutica: senso, contingenza, verità, Laterza, Roma);  L'immaginazione narrativa: il racconto del cinema oltre i confini dello spazio letterario, Guerini, Milano); Arte e verità dall'antichità alla filosofia contemporanea: un'introduzione all'estetica, Laterza, Roma); L'estetica contemporanea: il destino delle arti nella tarda modernià,  Carocci, Roma; Lo stato dell'arte: l'esperienza estetica; Carboni e M., Laterza, Roma); Bioestetica: senso comune, tecnica e arte” (Carocci, Roma; L'immaginazione intermediale: perlustrare, ri-figurare, testimoniare il mondo visibile, Laterza, Roma); Tecnologie della sensibilità. Estetica e immaginazione interattiva, Cortina, Milano. M., Il senso, Rai Scuola, su raiscuola.rai.  I percorsi dell'immaginazione. Studi in onore di M., Pellegrini, Censi, Cine-occhi e cine-pugni: due modi di intendere il cinema, su Nazione Indiana,  L'immaginazione estatica. Estetica, tecnica e biopolitica, su giornaledifilosofia.net. 2 lAlessandra Campo, Biopolitica come an-estetizzazione. Il significato estetico della biopolitica, su sintesidialettica. Montani, L'immaginazione intermediale, Laterza,, M., L'immaginazione intermediale, Laterza, Anna Li Vigni, Gli occhiali per immaginare, Il Sole 24 Ore. La vita immersa nell’estetica del virtuale, su ilmanifesto. Pietro Montani. Montani. Keywords: il debito del segno, Narciso e la reflexione. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Montani” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Montinari: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale del sovrumano – torna a Surriento – la scuola di Lucca -- filosofia toscana -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Lucca). Filosofo toscano. Filosofo italiano. Luca, Toscana. Grice: “If I were asked to identify the main difference between the Italian philosopher and the Oxonian philosopher is that the Italian philosopher takes Nietzsche seriously! But then he lived at Torino!”  «Nelle istituzioni esistenti, sostenute da immani forze di produzione e di distruzione, viene assimilata e mercificata ogni e qualsiasi protesta, persino quella dei Lumpen, ogni tentativo di lasciare la «nave dei folli». Se il metodo di Nietzsche può ancora aiutarci, allora l'unica forza che ci è rimasta è quella della cultura, della ragione.»  Considerato uno dei massimi editori e interpreti di Nietzsche. Ha definitivamente dimostrato che Nietzsche non ha mai scritto un'opera dal titolo “La volontà di Potenza” e che le cinque diverse compilazioni che la sorella del filosofo e altri editori dilettanti hanno pubblicato sotto questo titolo sono testi del tutto inaffidabili per comprendere il pensiero di Nietzsche. Si era formato alla Scuola Normale Superiore di Pisa e all'Pisa, presso la quale si laureò con una tesi, “I movimenti ereticali a Lucca.” Caduto il fascismo, divenne un attivista del Partito comunista, presso il quale si occupava della traduzione di scritti dal tedesco. Mentre visitava la Germani a Est per motivi di ricerca, fu testimone della rivolta. Successivamente, in seguito alla repressione della Rivoluzione ungherese del 1956, si allontanò dall'ortodossia marxista e dalla carriera nel partito. Mantenne tuttavia la sua iscrizione al PCI, e rimase fedele agli ideali del socialismo. Collabora con le Edizioni Rinascita, e per un anno fu direttore dell'omonima libreria in Roma. Dopo averne rivisto la raccolta di opere e manoscritti in Weimar, Colli e M. decisero di iniziarne una nuova edizione critica. Essa divenne lo standard per gli studiosi, e fu pubblicata in da Adelphi. Per questo lavoro fu preziosa la sia abilità nel decifrare la scrittura a mano (praticamente incomprensibile) di Nietzsche, fino a quel momento trascritta solo da "Gast“ (Köselitz).  Fonda la rivista Nietzsche-di cui fu coeditore. Attraverso le sue traduzioni ed i suoi commenti di Nietzsche, diede un contributo fondamentale alla ricerca storica e filosofica, inserendo Nietzsche nel contesto del proprio tempo.  Saggi: “Che cosa ha detto Nietzsche”  Roma, Ubaldini, ripubblicato come  “Che cosa ha detto Nietzsche,” [Grice: “I convinced Montinari that ‘veramente’ is a trouser word and should be avoided!” -- Campioni, Milano, Adelphi. Su Nietzsche, Roma, Riuniti,  Teoria della Natura, Torino, Boringhieri, Milano, SE,  F Nietzsche, Lettere a Rohde, Torino, Boringhieri, Nietzsche, Opere, (Milano, Adelphi,  Nietzsche, Il caso Wagner: Crepuscolo degli idoli; L'anticristo; Scelta di frammenti, S. Giametta, Ferruccio Masini, Giorgio Colli, Milano, Mondadori Editore, Ecce homo; Ditirambi di Dioniso; Nietzsche contra Wagner; Poesie e scelta di frammenti postumi, Milano, A. Mondadori, Nietzsche, Schopenhauer come educatore, Milano, Adelphi, Epistolario di Nietzsche, Pampaloni Fama, Milano, Adelphi,  Nietzsche, Scritti, Milano, Adelphi, Schopenhauer, La vista e i colori Carteggio con Goethe,Abscondita,  Nota introduttiva a Genealogia della morale, Nietzsche e Van Gogh, due cardini del pensiero occidentale moderno di  Bettozzi (Liberal democaratici), su liberal democratici..  «Tant qu'il ne fut pas possible aux chercheurs les plus sérieux d'accéder à l'ensemble des manuscrits de Nietzsche, on savait seulement de façon vague que La Volonté de puissance n'existait pas comme telle (...) Nous souhaitons que le jour nouveau, apporté par les inédits, soit celui du retour à Nietzsche.» (Deleuze)  Aveva infatti ottenuto una borsa di studio della Scuola Normale Superiore a Francoforte sul Meno.  Rinascita Che era stato il suo maestro. Giuliano Campioni, Dizionario Biografico degli Italiani stituto dell'Enciclopedia italiana Treccani Giuliano Campioni, Giuliano Campioni, Lanata, Esercizi di memoria, Bari, Levante, (notizie su M. M. nell'articolo su Colli anche a proposito dell'Enciclopedia di autori classici, Boringhieri, progettata e diretta da Colli e a cui M. M.collaborò). Paolo D’Iorio, L'arte di leggere Nietzsche, Firenze, Ponte alle grazie,Giuliano Campioni, Leggere Nietzsche. Alle origini dell'edizione critica Colli-Montinari. Con lettere e testi inediti, Pisa, M.: l'arte di leggere Nietzsche Paolo D'Iorio, Pubblicato da Ponte alle grazie, Studi germanici — Di Istituto italiano di studi germanici — Pubblicato da Edizioni dell'Ateneo, Originale disponibile presso la l'Università della Virginia — "M., Nietzsche", di Tuca Giuliano Campioni, Da Lucca a Weimar: M. e Nietzsche in Nietzsche. Edizioni e interpretazioni,  Fornari, ETS, Pisa, Die "ideelle Bibliothek Nietzsches". Von Charles Andler M. Pensiero di Schopenhauer Roscani Torino#Filosofi Giuliano Campioni, M., in Dizionario biografico degl’italiani,  Istituto dell'Enciclopedia. Opere di M., Centro interdipartimentale di studi Colli-M. su Nietzsche e la Cultura Europea — Pisa, Lecce, Padova e Firenze (Centronietzsche.net), su centronietzsche.net. Grice: “Montinari is right that ‘la volonta di potenza’ ‘n’existe pas’ – vacuous name. Torna a Surriento.   Umano, troppo umano, uscito cento anni fa, più precisamente nel 1878, e dedicato al centenario della morte di Voltaire, è tra le opere di Nietzsche quella che ha avuto il più lungo periodo di gestazio-ne, dall'estate del 1875 all'inverno 1877-78. Nella mighore e più attendibile biografa di Nietzsche che mai sia stata scritta e che troppe volte non viene presa sul serio, voglio dire in Ecce homo, leggiamo:  « Umano, troppo umano è il monumento di una crist. Dice di essere un libro per spiriti liberi: quasi ogni frase vi esprime una vittoria - con quel libro mi sono liberato da ciò che non apparteneva alla mia natura... qui il termine " spirito libero" deve essere inteso solo in un senso: uno spirito diventato libero, che ha ripreso possesso di se stesso ». Ciò che non apparteneva alla natura di Nietzsche era la speculazione metafisica di Schopenhauer, il pensiero mitico di Wagner (più in generale il • pensiero impuro » dell'artista). L'approdo alla liberazione dello spirito è dunque un processo; esso — per il Nietzsche del 1878 - doveva essere compreso in una sorta di tirocinio, al cui inizio stavano le Memorie di un'idealista (1872-76) di Malwida von Meysenbug e alla fine l'Origine dei sentimenti morali (1877) di Paul Rée. Tra i due nomi, che sembrano in contrasto tra loro, si compie una parabola tipica per la situazione spirituale di un gruppo importante di intellettuali del tardo Ottocento, cui anche Nietzsche appartiene. La vecchia quarantottarda Malwida (an-no 1816) acquisisce negli anni della rivoluzione e dell'esilio (Herzen, Mazzini, Kinkel) una concezione del mondo intrepidamente materialistica ed ateisti-ca, anche se illuminata dall'idealismo pratico-poli-tico e poi sostenuta (dopo l'incontro con Wagner)  dalla pessimistica (e consolatoria) metafisica schopen-haueriana. Ciò spiega, tra l'altro, l'entusiasmo concui ella nell'inverno 1876-77 a Sorrento accolse, per il tramite di Nietzsche, l'‹ ottimismo del temperamento » coniugato al • pessimismo della conoscenza », secondo la formula adoperata da Jacob Burck-hardt per definire il carattere dei Greci. (Questa formula doveva avere fortuna particolare da noi in Italia, nel passaggio dalla Meysenbug a Romain Rolland, e da costui a Antonio Gramsci).  Quindi Paul Rée (anno 1849): il giovane filosofo positivista si era educato alla scuola di Schopenhauer (e di Eduard von Hartmann, al quale anche il giovane Nietzsche doveva qualcosa), ma anche di Darwin e dei nuovi moralisti inglesi, con una considerevole aggiunta di nichilismo russo (Turgenev). Non mi sembra casuale che nel 1877 sia proprio Rée a scoprire (per regalarlo poi alla Meysenbug e a Bay-reuth) il giovanissimo Heinrich von Stein (anno  1857, allievo di Eugen Dühring, filosofo della « realtà »), anche lui schopenhaueriano (e poi wagneria-no) e autore di un libro dedicato agli « ideali » del  « materialismo ».  Questa schiera di personaggi, spiriti più o meno li-beri, tra i quali si trovavano amici e ammiratori di Nietzsche, vive la crisi di un'epoca satura di scienza, che può essere solo onestamente materialistica ed è al tempo stesso intimamente insoddisfatta, perché non riesce a scaldarsi al pallido, nordico agnosticismo königsberghiano, né ad entusiasmarsi per la « nuova fede » ottimistica e scientista del senile D.F.  Strauss. Le rimangono tutt'al più i paradisi artificiali e neoromantici del dramma musicale di Ri-  chard Wagner.  Dopo il grande tentativo wagneriano della Nascita della tragedia, la serie delle Considerazioni inattuali e più ancora la grande massa dei frammenti postumi stesi tra il 1872 e il 1876 si presentano ai nostri occhi come la preparazione del Nietzsche nuovo di Umano, troppo umano. Al di là della predicazione e dell'invettiva del Nietzsche inattuale è possibile infatti cogliere quel processo di intellettualizzazione radicale e di distruzione di ogni convinzione che è uno degli aspetti fondamentali della libertà di spi-rito, come viene enunciata nelle ultime pagine di Umano, troppo umano. Le illusioni e le consolazioni dell'arte, della metafisica, della religione cadono « in balia della storia», e solo la storia può rievocarle - e questa è ancora la nostra fortuna: poter mantenere in noi la possibilità della rievocazione storica dell'umanità passata. L'importanza della conoscenza storica è sottolineata da Nietzsche proprio in rapporto alla fine della metafisica, quando nell'aforisma 37 di Umano, troppo umano scrive:  * Qual è comunque la proposizione principale a cui giunge, attraverso le sue penetranti e taglienti analisi dell'umano agire, uno dei più arditi e freddi pensatori, l'autore del libro: Sull'origine dei sentimenti morali [cioè Paul Rée]? " L'uomo morale" egli dice "non è più vicino al mondo intelligibile (metafisico) dell'uomo fisico". Questa proposizione, temprata e affilata sotto i colpi di martello della conoscenza storica, potrà forse un giorno, in un qualche futuro, servire come l'accetta che reciderà alla radice il " bisogno metafisico" degli uomini: se più a benedizione che a maledizione del benessere gene-rale, chi saprebbe dirlo? ma in ogni caso come una proposizione dalle più importanti conseguenze, feconda e terribile insieme, e che scruta il mondo in quel modo bifronte, proprio di tutte le grandi co-noscenze». Dieci anni più tardi Nietzsche citerà ancora una volta in Ecce homo la proposizione di Rée, presentandola come il preannuncio della sua « trasvalutazione di tutti i valori ». Ho l'impressione che nessuno degli esegeti di Nietzsche abbia preso sul serio quel ritorno estremo a Paul Rée.  A Rée mancano tuttavia la disciplina e l'esercizio del senso storico che troviamo invece in tutta l'opera di Nietzsche, a partire proprio da Umano, troppo umano. Né il nome del massimo rappresentantedell'età dei lumi, di colui che Goethe chiamava la  • luce di noi tutti » si trova sul frontespizio della prima edizione del « libro per spiriti liberi » a celebrare la casualità di un giubileo. Esso rappresenta invece il nuovo programma di Nietzsche, che consiste nel risuscitare e lo spirito dell'Illuminismo e dello sviluppo progrediente » contro lo spirito di Rousseau, padre ambiguo delle « mezze verità » della Rivoluzione francese e del romanticismo. Nel  1876-78 l'antagonismo Voltaire-Rousseau rientra per Nietzsche in una sorta di schema storico, che vale per l'età moderna nei due momenti dell'Umanesi-mo-Rinascimento e dell'Illuminismo. L'Umanesimo-  Rinascimento è un movimento di civiltà che viene interrotto da una rivoluzione (la Riforma) e da una reazione (la Controriforma), così come l'Illuminismo è stato interrotto dalla Rivoluzione francese e dalla reazione romantica. Dalla reazione romantica maturano però risultati imprevisti: da un lato il senso della storia, come forma superiore e prosecuzione dell'Illuminismo, dall'altro, - come prodotto diret-to, secondo Nietzsche, del senso storico, - il socialismo (rivoluzione) e l'oscurantismo moderno (in Germania nelle forme ideologiche del conservatorismo cristiano degli Junker e dell'antisemitismo).  Nietzsche è dalla parte del Rinascimento, dell'Illu-minismo e del senso storico, a cui si contrappongono di volta in volta le coppie rivoluzionario-reazionarie che abbiamo visto.  I valori positivi del passato non sono di coloro che hanno combattuto o reagito contro la Riforma e contro la Rivoluzione francese, come nel presente non è la reazione antisocialista (nel 1878 si hanno le leggi antisocialiste di Bismarck) a cui Nietzsche senta di aderire. La pacata riflessione storica dello spirito libero si colloca piuttosto nella vita contempla-tiva; questa comporta non tanto la rinuncia all'immediatezza vitale dell'azione, quanto e soprattutto il dominio dello « spirito » sulla pienezza e ricchez-za della « vita » (e quel dominio avrà significato in proporzione diretta a questa ricchezza e pienezza).  Un modello di questo dominio è il classicismo illu-ministico, tollerante e cosmopolitico di Goethe, che è il saldo punto di riferimento di tutto il libro.  guerra, bensi come la constatazione del definitivo crepuscolo degli « ideali » metafisici (Schopenhauer)  e mitici (Wagner), a cui secondo lui avrebbero dovuto approdare per onestà della ragione anche i suoi amici e seguaci. Tranne alcune rilevanti eccezioni (Overbeck, in particolare, ma anche Burck-hardt e Karl Hillebrand, che tuttavia non erano propriamente né amici né seguaci) gli amici (Richard e Cosima Wagner, Erwin Rohde, Malwida von Mey-senbug) rimasero costernati e, anzi, si sentirono attaccati e provocati, abbandonati e traditi. Così Nietzsche stesso, che pochi mesi prima aveva scritto cpistole dedicatorie di Umano, troppo umano a Ri-chard e Cosima Wagner, una di esse persino in (brutti) versi, dovette rendersi conto dell'abisso che lo separava non solo dai suoi vecchi amici, ma anche dal suo proprio passato: « Quell'offuscamento metafisico di tutte le cose vere e semplici, la lotta condotta con la ragione contro la ragione, con la mira di vedere in ogni e qualsiasi occasione chissà quali immense meraviglie, per giunta un'arte barocca di ipereccitazione e esaltazione della smodera-tezza, intendo dire l'arte di Wagner: queste due cose messe insieme avevano finito per rendermi sempre più malato e quasi ad estraniarmi dal mio buon temperamento... Mi resi pienamente conto di tutto ciò nell'estate di Bayreuth [1876]: fuggii via, dopo le prime rappresentazioni a cui avevo assistito, e mi rifugiai sui monti, e là in un piccolo villaggio in mezzo alla foresta, nacque il primo schizzo, all'incirca un terzo del mio libro, allora sotto il titolo del Vomere ». Cosi scriveva Nietzsche all'inconsola-bile Mathilde Maier, un'amica di Wagner, nel luglio del 1878, e nella stessa epoca a Rée: « I miei conoscenti ed amici (con pochissime eccezioni) si comportano come se gli avessi rovesciato il pentolino del latte. Dio li aiuti - io non posso fare altrimenti ».  Umano, troppo umano non era nato come libro po-lemico, lo ripetiamo, ma come superamento di una crisi, che non era solo di Nietzsche. Perché non vada perduto, nella presente pubblicazione che non ha commento, riproduciamo qui ciò che l'autore volle premettere nel 1878 alla prima edizione, ‹ in luogo di una prefazione », affinché serva come avviamento alla lettura della prima grande opera veramente sua. Si tratta della traduzione di un brano tratto dalla versione latina del Discorso del metodo di Cartesio:  *- per un certo tempo considerai le occupazioni disparate alle quali gli uomini si dedicano in questa vita, e feci il tentativo di scegliere la migliore tra queste. Ma non è necessario qui raccontare quali pensieri mi vennero nel far ciò: basti dire che, per parte mia, nulla mi sembrò essere meglio che attenermi rigidamente al mio proposito, vale a dire: impiegare tutto il tempo della vita a sviluppare la mia ragione e a seguire le tracce della verità così  come i mi re proponi queche i ri che gali  che, secondo il mio giudizio, non si può trovare in questa vita nulla di più gradevole e di più in-  nocente; oltre a ciò, da quando mi ero giovato di quel modo di considerare le cose, non passava giorno senza che io non scoprissi qualcosa di nuovo, che era sempre di un qualche peso e niente affatto conosciuto dalla generalità degli uomini. La mia anima finalmente divenne allora cosi piena di gioia, che tutte le altre cose non potevano più offenderla in alcun modo ›.Mazzino Montinari. Montinari. Refs. Luigi Speranza, “Grice e Montinari: l’implicatura di Nietzsche” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Monte: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale – la prospettiva e la filosofia della percezione – la scuola di Pesaro -- filosofia marchese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Pesaro). Filosofo italiano. Pesaro, Marche. Grice: “I like to illustrate a ‘scientific revolution’ with Del Monte’s refutation on the equilibrium controversy, since it involves a lot of analyticity that only a philosopher can digest!” -- essential Italian philosopher. Il marchese Guidubaldo Bourbon Del Monte (Pesaro), filosoMecanicorum liber, Suo padre, Ranieri, originario da un famiglia benestante di Urbino, discendente dalla schiatta dei Bourbon del Monte Santa Maria, fu notato per il suo ruolo bellico e fu autore di due libri sull'architettura militare. Il duca di Urbino, Guidobaldo II della Rovere, gli attribuì, per meriti, il titolo di Marchese del Monte, dunque la famiglia divenne nobile solo un generazione prima di Guidobaldo. Alla morte del padre, ottenne il titolo di Marchese. Studia matematica a Padova. Mentre era lì, strinse una grande amicizia con Tasso. Combatté nel conflitto in Ungheria, tra l'impero degli Asburgo e l'Impero Ottomano. Al termine della guerra, torna nella sua tenuta a Mombaroccio, vicino Urbino, dove passava i giorni studiando matematica, meccanica, astronomia e ottica. Studia matematica con l'aiuto di Commandino. Divenne amico di Baldi, che fu anch'esso studente di Commandino. Ispettore delle fortificazioni del Granducato di Toscana, pur continuando a risiedere nel Ducato di Urbino.  In quegli anni, corrisponde con numerosi matematici inclusio Contarini,  Barozzi e Galilei  e con alcuni di loro si dice abbia avuto anche relazioni più che professionali.  L'invenzione per la costruzione di poligoni regolari e per dividere in un numero determinato di segmento qualsiasi linea fu incorporata come caratteristica del compasso geometrico e militare di Galileo. Proprio fu fondamentale nell'aiutare Galilei nella sua carriera, che e un promessa ma disoccupato. Raccomanda il toscano al suo fratello Cardinale, che a sua volta parla con il potente Duca di Toscana, Ferdinando I de' Medici. Sotto la sua protezione, Galileo ha una cattedra di matematica all'Pisa. Guidobaldo divenne un amico fidato di Galileo e lo aiutò nuovamente quando dovette necessariamente fare domanda per poter insegnare matematica all'Padova, a causa dell'odio e della macchinazione di Giovanni de' Medici, un figlio di Cosimo de' Medici, contro Galileo. Nonostante la loro amicizia, M. fu un critico di alcune teorie di GALILEI, come quella relativa alla legge dell'isocronismo delle oscillazioni. Compone un importante saggio sulla prospettiva, “Perspectivae Libri VI”, pubblicato a Pesaro che ha ampia diffusione. E sicuramente, anche secondo il parere di Galileo, uno dei massimi studiosi di meccanica e matematica. “Mechanicorum liber”. Pisauri. Saggi: “Mechanicorum” (Pisauri, Girolamo Concordia – Venezia, Deuchino -- Mecanicorum); “Plani-sphaeriorum universalium theorica” (Pisauri, Girolamo Concordia); “De ecclesiastici calendarii restitutione" (Pisauri, Girolamo Concordia); “La prospettiva” (Pisauri, Girolamo Concordia -- Roma); “Problematum astronomicorum” Venezia, Giunta); De cochlea,” Venezia, Deuchino);  “Le mechaniche nelle quali si contiene la dottrina di tutti gl’istrumenti principali da mover pesi grandissimi con picciola forza”  (Venezia, Franceschi); “Lettere” (Venezia); “La teoria sui planisferi universali” (Firenze). Galileo (che nel frattempo era stato molto probabilmente anche suo ospite) puo occupare la cattedra di Padova, grazie anche all’intervento delduca., che nell’ambiente veneto poteva contare, oltre che sull’amicizia di un Contarini e di un Pinelli, sull’autorità e l’influenza di M., generale delle fanterie della Repubblica": Fondazione cardinal Francesco maria delmonte -- guidobaldo-del-monte. A. Giostra, La stella o cometa nelle lettere a Giordani, Giornale di Astronomia. Galilei. Guidobaldo II della Rovere Mombaroccio, Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Grice: “There possibly is no equivalent to perspective for the other senses. Prospettiva, as the Italians call it. They are obsessed with it. Consider the human body. Consider Apollo del Belvedere – it is not just a body perceiving another body, there is a perspectival side to it!” Giambattista del Monte. Guido Ubaldo de’ marchesi Del Monte; Guidobaldo Del Monte. Monte. Keywords: implicature, perspective in statuary. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e del Monte," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

Grice e Monterosso – filosofia italiana – Luigi Speranza  (Roma). Filosofo italianno. Roma, Lazio. Vede le stampe a Buenos Aires il progetto di M.,  denominato neo-latinus. I casi fin qui esaminati non esauriscono la moltitudine di quelli che vedeno la luce. Si ricordino pertanto anche i contributi di Tommaso Valperga di Caluso (grammatica universale,  1800), ROVERE (vedasi), Proposta del provenzale come lingua internazionale, CONSOLI (vedasi), Lingua nazionale della terra; PORTALUPI (vedasi), Sten.ling.; FACCIOLI (vedasi), Lingue de nazioni e lingua universale; MAGLI (vedasi), Anti-Babele; ALLIONI (vedasi) BOELLA (vedasi) Boella (999  Cod.: codice di corrispondenza amichevole internazionale), HERPITT (vedasi), Niuspik; CALABRESI (vedasi), Omni-Lingua; ARGENTERI (vedasi), Lingua Euratlantica; PELLEGRINI (vedasi), Grammatica de lingua italiane semplificate; CIARLANTINI (vedasi), Metodo tachigrafico. I progetti ivi citati non sono stati esaminati perché le informazioni che li concernono sono, per ora, di difficile reperimento. Antonio da Monterroso. Monterosso. Keywords: implicatura, lingua universale. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Monterosso.” Monterroso.

 

Grice e Moramarco: la ragione conversazioane e l’implicatura conversazionale della tradizione massonica filosofia emiliana – filosofia italiana – Luigi Speranza (Reggio nell’Emilia). Filosofo italiano. Reggio, Emilia. Grice: “Unlike Moramarco, what most people know about massoneria is via “Il flauto magico”!” Grice: “Moramarco analyses massoneria aa a philosophical cult, talking about ‘brotherly link’ ‘vincolo fraterno’ – he has unearthed a few fascinating details about massoneria in Italy. Esponente della Massoneria te assertore di una sintesi religiosa tra Mazdeismo e Cristianesimo. Discende da un'antica famiglia di Altamura, di ascendenze latino-germaniche, cresciuta e ramificatasi durante il dominio dei Farnese. Studioso di Massoneria, ha scritto la Nuova Enciclopedia Massonica in tre volumi, importante testo di ricerca massonologica. Un suo precedente volume, La Massoneria ieri e oggi fu tra i primi, sull'argomento, pubblicati in Russia dopo il crollo del regime sovietico, che aveva proscritto le Logge.  Iniziato nel Grande Oriente d'Italia, divenne Maestro Venerabile della Loggia Intelletto e Amore, ricevette la decorazione all'Ordine di Bruno, conferita a quanti si distinguono nello studio e nella diffusione degli ideali massonici. Coordinatore scientifico del Convegno Internazionale anni di Massoneria in Italia, al quale parteciparono studiosi quali Paolo Ungari, Alessandro Bausani, Mola, Basso, Roversi Monaco, Ricca. Il convegno fiorentino costituì la prima risposta pubblica, da parte della Comunione massonica di Palazzo Giustiniani, alle degenerazioni della P2.  Nello stesso anno, in qualità di Garante d'Amicizia tra il Grande Oriente d'Italia e la Grand Lodge of South Africa, richiese, d'accordo con il Gran Maestro Armando Corona, che tutte le Logge sudafricane, peraltro già avviate in tale direzione  (quando un gruppo di Liberi Muratori della Massoneria Prince Hall era stato ammesso nella Loggia "De Goede Hoop" di Cape Town), abrogassero l'apartheid, scelta che esse fecero, qualificandosi tra le prime associazioni bianche a superare la segregazione razziale. Uscì dal Grande Oriente d'Italia, rigettandone il laicismo, per ravvivare i nuclei massonici di impronta cristiana e spiritualista, che assunsero la denominazione Real Ordine degli Antichi Liberi e Accettati Muratori. Su tale concezione della Massoneria ha scritto La via massonica. Dal manoscritto Graham al risveglio noachide e cristiano (), un testo dal quale emerge, fra l'altro, l'importanza della devozione alla Vergine Maria, come madre del Cristo ed espressione umana della divina Sophia, nella genesi della spiritualità massonica.  Ha ricostruito le vicende della Gran Loggia d'Italia, l'altra associazione maggioritaria di Liberi Muratori in Italia, nel volume Piazza del Gesù. Documenti rari e inediti della tradizione massonica italiana, contribuendo in seguito alla realizzazione di programmi tematici per varie emittenti televisive, tra le quali Rossija 24, Reteconomy e È TV Rete7.  Ha conseguito il 33º grado del Rito scozzese antico ed accettato e il VII del Rito filosofico italiano, che nel secondo decennio del Novecento vide tra le sue fila i neopitagorici Arturo Reghini e Amedeo Rocco Armentano. Fonda in Italia l'Antico Rito Noachita su patente ricevuta presso il British Museum dall'ex Maestro Venerabile della Loggia "Heliopolis" di Londra.  Ha realizzato una colonna sonora per i rituali massonici, dal titolo Masonic Ritual Rhapsody. presso la Loggia "Gottfried Keller" di Zurigo, è stato ricevuto come membro nell'Independent Order of Odd Fellows.  Già attivo con Joseph L. Gentili,  editore del newsletter Brooklyn Universalist Christian, in un progetto di restaurazione della Chiesa Universalista d'America, contro la deriva liberal di quel movimento, ha ricevuto il navjote zoroastriano. Nel volume Il Mazdeismo Universale propone una visione eclettica di tale religione, collegando ad essa elementi del misticismo ebraico, del dualismo platonico e cristiano, del buddhismo Mahāyāna, e riconoscendo in Gesù il saoshyant (divino soccorritore, messia) profetizzato dall'antica religione iranica, in una prospettiva teologica di tipo mazdeo-cristiano, intorno alla quale si è formata una Fraternità Mazdea Cristiana.  Si è avvicinato alle correnti latitudinaria e mistica dell'Anglicanesimo e al percorso religioso di Loyson, confluendo in una comunità religiosa di orientamento eclettico, ove ha potuto conservare la doppia appartenenza, cristiana e zoroastriana. Entro tale gruppo, che nel gennaio  ha assunto la denominazione Reformed Cloister of the Holy SpiritUnione Riformata Universalista, è un oblato di San Pellegrino delle Alpi, secondo la Regola che, ispirandosi alle tradizioni fiorite intorno alla vita di quell'eremita del Cristianesimo celtico, contempla almeno un atto quotidiano "di giustizia, o di soccorso fraterno" anche nei riguardi di animali e piante.  Laureatosi cum laude in Filosofia presso l'Bologna,, con una tesi sul pensatore indiano Sri Aurobindo (relatore il noto indologo e sanscritista Giorgio Renato Franci), nella seconda metà degli anni Ottanta si è formato in Training autogeno e Psicoterapia con la procedura immaginativa sotto la guida di Luigi Peresson.  Ha trattato dei nessi tra Zoroastrismo e Cristianesimo nei libri La celeste dottrina noachita (e I Magi eterni, di fenomenologia del sacro ne L'ultima tappa di Henry Corbin e di tanatologia in Psicologia del morire. Ha scritto sulle esperienze di autogestione dei lavoratori nel mondo e sui rapporti tra socialismo e religione per Azione nonviolenta, la rivista fondata da Aldo Capitini. Con il saggio Per una rifondazione del Socialismo partecipò al simposio "Marxismo e nonviolenza" (Firenze) nel quale intervennero, tra gli altri, Bobbio e Garaudy. -- è un sostenitore della lingua ausiliaria internazionale Esperanto. Ha aderito al gruppo esperantista bolognese "Achille Tellini".  In ambito narrativo, ha scritto Diario californiano e Torbida dea. Si è occupato di storia dello spettacolo, scrivendo I mitici Gufi, sul celebre quartetto di cabaret degli anni sessanta, e partecipando all'allestimento del programma Gufologia per Rai Sat; con l'ex "Gufo" Roberto Brivio ha collaborato sia nella riproposta del repertorio del gruppo in teatri e circoli culturali, sia nella realizzazione di un laboratorio teatrale e musicale che vide attivamente coinvolti numerosi alunni portatori di disabilità, presso l'Istituto medio superiore in cui insegnò psicologia.  Ha inciso quattro CD, Allucinazioni amorose (meno due), Gesbitando, Come al crepuscolo l'acacia e Existenz, che contengono sue canzoni e brevi suites strumentali, ricevendo il plauso, tra gli altri, di critici come Maurizio Becker, Mario Bonanno (Musica et Parole) e Salvatore Esposito (Blogfoolk), di autori come Bruno Lauzi, Ernesto Bassignano, Giorgio Conte e dei jazzisti Giulio Stracciati e Shinobu Ito.  Nel dicembre  è stato chiamato da Luisa Melis, figlia e continuatrice dell'opera di Ennio Melis, il patron della RCA Italiana, a far parte della giuria del Premio De André.  Saggi: “La Massoneria” (Vecchi, Milano), “La Massoneria: cronaca, realtà, idee (Vecchi, Milano), “Per una rifondazione del socialismo, in: Marxismo e non-violenza (Lanterna, Genova) – PARTITO SOCIALISTA ITALIANO --; “La Libera Muratoria” (Sugar, Milano); “La Massoneria. Il vincolo fraterno che gioca con la storia” (Giunti, Firenze) Diario (Bastogi, Foggia) Grande Dizionario Enciclopedico POMBA (Torino); Antroposofia, Besant, Cagliostro, Radiestesia, ecc.). L'ultima tappa di Henry Corbin, in Contributi alla storia dell'Orientalismo, Franci (Clueb, Bologna) “La Massoneria in Italia” (Bastogi, Foggia) Enciclopedia Massonica (Ce.S.A.S., Reggio E.; Bastogi, Foggia); Psicologia del morire, in  I nuovi ultimi (Francisci, Abano Terme) Piazza del Gesù. “Documenti rari e inediti della tradizione massonica italiana” (Ce.SA.S. Reggio Emllia); Sette Lodi Massoniche alla Beata Vergine Maria (Real Ordine A.L.A.M., Reggio Emilia) La celeste dottrina noachita (Ce.S.A.S, Reggio E.) I mitici Gufi (Edishow, Reggio Emilia); “Torbida dea. Psicostoria d'amore, fantomi et zelosia (Bastogi, Foggia); Il Mazdeismo Universale. Una chiave esoterica alla dottrina di Zarathushtra (Bastogi, Foggia ) I Magi eterni. Tra Zarathushtra e Gesù (Om, Bologna ) La via massonica. Dal manoscritto Graham al risveglio noachide (Om, Bologna ) Massoneria. Simboli, cultura, storia (consulenza scientifica di M.M.) (Atlanti del Mistero/Giunti-Vecchi, Firenze ) Introduzione alla Libera Muratoria (Settenario, Bologna ) Musica Allucinazioni amorose (meno due)  (Bastogi Music Italia) (Bastogi Music Italia) Gesbitando, (Bastogi Music Italia ) Come al crepuscolo l'acacia  (Heristal Entertainment, Roma ) Existenz ((Heristal Entertainment, Roma ). Note  Aplogruppo Mola, Un valido impulso per una Massoneria "à parts entières", in 250 anni di Massoneria in Italia, F. Ferrari, La Massoneria verso il futuro (una conversazione con Michele Moramarco) v. )  Una breve rassegna di testi fondamentali sulla Massoneria si trova sul sito del Cesnur diretto da Massimo Introvigne. Vedi anche le recensioni di E. Albertoni ne Il Sole 24 Ore, inserto domenicale, e di G. Caprile ne La Civiltà Cattolica, Il volume fu pubblicato nell’anno della dissoluzione dell'URSS, dalla casa editrice Progress, V. Brunelli, Massoneria: è finito con la condanna della P2 il tempo delle logge e dei "fratelli" coperti, in Corriere della sera, Il Corriere della Sera dedicò un lungo articolo allo "scisma" (v. ). Del Real Ordine A.L.A.M. si è occupato anche il centro di ricerca Cesnur, diretto dal noto storico e sociologo delle religioni Massimo Introvigne, v.//cesnur.org/religioni_italia/a/ appendice_02.htm. Il termine Real non aveva alcun riferimento alla storia italiana, ma si richiamava alla leggenda, contenuta negli Antichi doveri, secondo cui l'Ordine Massonico ricevé le sue proto-costituzioni dal re Atelstano d'Inghilterra (Æðelstan); recentemente il Real Ordine ha assunto la denominazione di Unione Cristiana dei Liberi Muratori  Rito filosofico italiano  Antico Rito Noachita  Masonic Ritual Rhapsody, Bastogi Music Italia, youtube.com/watch?v=rSs0 4kpA36U. A questa esperienza è collegata la sua iscrizione alla SIAE come autore musicale  Del percorso che lo ha condotto verso la visione di Zoroastro (Zarathushtra) si è occupata la rivista parsi di Bombay, Parsiana, così come il quotidiano torinese La Stampa v. mazdeanchristian.wordpress.com/  latitudinarismo, in Dizionario di filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana,  v. riformati universalisti.wordpress // In questa comunità si ritrovano, su vari temi, idee tratte dal Manicheismo, dall'Arianesimo, dal Quaccherismo, dall'Unitarianismo, dal Giurisdavidismo e dall'universalismo hindu-cristiano del movimento Navavidhan fondato da Keshab Chandra Sen. Frequenti e significativi sono altresì i riferimenti al pensiero di aint-Martin e alla "religione aperta"o della "compresenza dei morti e dei viventi"elaborata da Capitini, Stracciati  Ito  E. Albertoni, Tante fedi, nessun dogma (recensione della Nuova Enciclopedia Massonica, Il Sole 24 Ore,I, inserto culturale domenicale) M. Chierici, Nasce la Lega dei Venerabili (Corriere della Sera) S. Esposito, Dalle radici del Mazdeismo all'Alleanza Mazdea CristianaIntervista con M. (in Secreta Magazine S. Esposito, Gesbitando: intervista con M. (Blogfoolk) F. Ferrari, La Massoneria verso il futuro (una conversazione con M.) (Bastogi, Foggi8) S. Semeraro, Tra la via Emilia e l'Est. Così parlò Zoroastro (La Stampa, Torino) S. Sari, Unico e plurimo al contempo, Dio secondo gli Zoroastriani [intervista a M.M.](Libero) G. Giovacchini, Cultura e spiritualità della Massoneria italiana [prefazione di M.] (Tiphereth, Acireale-Roma )  Zoroastrismo Universalismo Massoneria Rosacroce michelemoramarco.  blog del Real Ordine A.L.A.M., su realordine.wordpress.com. Pagina sul sito di Heristal Entertainment, su heristal.eu. blog degli anglicani latitudinari, su riformatiepiscopali.wordpress.com. Grice: “The Romans are obsessed with what Moramarco calls ‘paganesimo romano’ – the word ‘pagano’ only makes sense in opposition to Christ. It would be very inappropriate of the greatest Italian philosopher ever, Antonino, to consider his self pagan!” -- Michele Moramarco. Moramarco. Keywords: la tradizione massonica italiana. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Moramarco” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Morandi. Trabalza cita. REGOLE  DELLA  LINGUA  FIORENTINA  C ["kabalza. A  quanto  dico del  notevolissimo  documento che  qui  esce  per  la  prima  volta  alla  luce,  sono  in  grado,  per  speciale  favore  usatomi  dal  mio  illustre  maestro  ed  amico  senatore Morandi,  di  aggiungere  alcune  notizie  di  grande  importanza  storica,  anticipando  le  conclusioni  a  cui  egli  è  giunto,  com'è  suo  costume,  dopo  largo  e  profondo  studio,  e  che  illustra  col  noto  suo  magistero  di  dottrina  e  di  stile  in  un  saporitissimo  saggio  d'imminente  pubblicazione.   Nella  Nuova  Antologia  M.  se-gnalava l'importanza  della  Grammatichetta  Vaticana,  narrando  le  vicende  del  manoscritto;  e  poiché  egli  stesso  m'aveva  esor-  tato a  pubblicarlo  per  intero,  annunziava  fin  d'allora  ch'io  l'a-  vrei messo  come  appendice  al  presente  lavoro. Continuando  però  le  sue  indagini  con  rigore  di  metodo  in-  torno ai  primi  vocabolari  e  alle  prime  grammatiche  della  nostra  lingua,  il  Morandi  ha  potuto  tra  le  altre  cose  provare  che  la  nostra  Grammatichetta  fu  molto  probabilmente  opera  di  Lorenzo  il  Magnifico,  non  certamente  d’ALBERTI (si veda),  com'era  stato  supposto  ;  e  che  anche  Leonardo  da  Vinci  abbozzò  una  grammatica  italiana,  dimettendone  forse  il  pensiero,  quando  ebbe  notizia,  come  apparisce  da  due  suoi  ricordi,  della  Grammati-  chetta del  Magnifico.   Lo  studio  di M.  si  occupa  poi  distesamente  dei  materiali raccolti  da  Leonardo  per  fare  il  Vocabolario  italiano,  il  latino-italiano    e  una    specie    di   Dizionario  illustrato    delle  armi    5  3  2  Prefazione   antiche,  pel  quale  seppe  attingere  da  una  fonte  classica  sfuggita  ai  lessicografi  latini  suoi  contemporanei.  Per  tutto  questo M. adduce  fatti  fin  qui  ignorati  o  fraintesi;  ed  attorno  alla  Grammatichetta  Vaticana  e  all'opera  filologica  di  Leonardo  trat-  teggia e  documenta  i  traviamenti  degli  altri  primi  come  de'po-  steriori  grammatici  e  vocabolaristi,  italiani  e  latini,  e  ha  occa-  sione di  riparlare,  sotto  nuovi  aspetti,  de'punti  più  capitali  della  questione  della  lingua,  dimostrando,  in  concordia  e  in  conferma  del  principio  che  egli  viene  sostenendo  da  tanti  anni,  come  il  Magnifico,  VINCI (vedasi) e  MACHIAVELLI (vedasi) hanno  criteri  linguistici  assai  più  giusti  di  altri  loro  contemporanei  e  di  molti  moderni.  Sicché  il  suo  nuovo  libro,  mentre,  integrando  le  sue  ben  note  trattazioni  precedenti,  va  a  prendere  un  cospicuo  posto  nella  secolare  letteratura  della  questione  dell'unità  della  lingua,  viene  a  colmare,  sotto  il  rispetto  storico,  una  vera  lacuna. Ed  ora  poche  parole  sull'edizione  della  Grammatichetta;  poche,  perchè  i  criteri  da  noi  tenuti  appariranno  ben  chiari  dal  testo  che  qui  segue.   S'è  cercato  di  conservarlo  in  tutta  la  sua  integrità  anche  sotto  il  rispetto  puramente  materiale:  quindi  nessuna  sostanziale  modificazione  nel  sistema  ortografico  e  di  punteggiatura,  che  qui  poi  ha  un  maggior  valore,  mancando  nella  Grammatichetta  qua-  lunque principio  d'interpunzione  e  d'ortografìa(');  nessuna  sosti-  tuzione di  corsivo,  anche    dove  forse  per  la  chiarezza  del  testo  sarebbe  stato  di  qualche  utilità.  Anche  l'incertezza  nell'uso  delle  maiuscole  e  delle  minuscole  s'è  lasciata.  Per  Yu  e  il  v,  benché  sempre  rappresentati  dall' A.  coll'?^,  s'è  adottata  la  distinzione  gra-  fica dell'  Ordine  delle  lettere.  Si  sono  conservati  i  più  e  i  cosi  e  simili,  senz'accento,  di  contro  all'a,  preposizione,  accentata.  S'è  mantenuta  anche  la  disposizione  dei  titoli  de'capitoli.  Si  sono  invece  sciolti  i  pochi  nessi,  anche  perchè  si  son  trovati  di  non    i1  In  536,36  dopo  e,  537,8  dopo  O,  537,38  dopo  come,  540,10  dopo  o,  543.2  dopo  amiamo  e  amiate,  545,10-  dopo  compositione,  546,22  avanti  a  che  il  punto  o  la  virgola  sono  stati  cancellati,  533   incerto  intendimento;  i  dubbi  sono  stati  accennati  in  nota.  Ma  le  comuni  abbreviature  grammaticali,  come  di  pir.  per  plurale,   dov'erano,  si  son  mantenute,  senza  per  altro  tener  conto  di  qualche  /.'per  plr.,  che  è  il  più  frequentemente  adoperato.  Frantendimenti  e  lacune  del  copista,  che  certo  non  mancano,  sono  stati  corretti  e  colmati  nel  testo  con  le  parentesi  quadre  o  nelle  note.  All'evidente  (l)  spostamento  subito  nella  rile-  gatura dal  foglio  11  (si  ricordi  che  la  Grammatichetta  e  il  «  De  Vulgari  Eloquentia  »  hanno  scambiato  nel  nostro  codice  le  guardie:  v.  qui,  pp.  13-14  u)  s'è  provveduto  col  dare  questo  foglio  risolutamente  nel  luogo  dove  deve  stare,  ma  lasciandogli  la  numerazione  che  ha  nel  codice. Qualche  altra  particolarità  è  stata  descritta  in  nota.   Poiché,  infine,  i  segni  delle  lettere  e  degli  accenti  ortogra-  fici adoperati  nell'  Ordine  delle  lettere  e  nello  specchietto  delle  Vochali  non  erano  riproducibili  coi  tipi  comuni,  abbiam  creduto  opportuno,  benché  solo  pochissimi  siano  adoperati  poi  nel  testo,  dare  un  facsimile  delle  due  pagine  in  cui  si  trovano  :  alle  quali  rimandiamo  i  lettori  per  ogni  altra  cosa  che  ad  esse  si  riferisca.  Uno  di  quei  pochissimi  segni  è  Ve  articolo  e  pronome  che  il  no-  stro A.  scrive  con  un  apostrofo  non  a  destra,  ma  postogli  sopra  perpendicolarmente.  Non  valendo  la  spesa  il  farlo  fondere  apposi-  tamente, potevamo  renderlo  coll'apostrofo  laterale;  ma  abbiam  preferito  di  renderlo  coll'accento  acuto,  che  pur  è  meno  esatto,  perchè  quell'<?  ricorre  anche  in  casi,  come  in  elio,  dove  l'apo-  strofo non  si  sarebbe  potuto  più  mantenere  (").    Evidente  non  solo  per  l'ordine  che  richiede  la  trattazione,  ma  anche  per  il  segno  del  fine  (una  croce  tratteggiata  negli  angoli)  posto  all'ultima  parola  della  e.   11   B.   (;)  Dobbiamo  qui  esprimere  i  nostri  più  vivi  ringraziamenti  al-  l'egregio amico  nostro  prof.  Giuseppe  Zucchetti  che  ha  compiuto  per  noi  la  diligente  fatica  di  collazionare  la  nostra  copia  e  le  prime  bozze  sull'originale  vaticano.    urJM    /    SV  et '  tfftmtme  U  ImmniAftm  tvn  efitrr  fktn  cvtwmt'  ti  '  tum  ?»t?w  ijtfini  y  mti  st*  <   brtpriA,  di' c<rh   datti  yoUjbet ',  cerne '?*tP  wuwdmo   /"  /     f  ff  '   '   f   m  irteli  ;  erta*  d?t*rrt*n*  Mttìl*  crtvrr  :  nette**   aiu/h  tufJhf  tyu(t»ou>  in  (tinaie  ut  racwi  [ufi  id  [a  unntA  rwjVto  tn  unnwmc-  (lunata-turni  ;  omì  cof*  #mU'  -futre  otiti*  1W  (r<*n4'   t'  ) ìtuA0S%    frvfs*  t*   vrect  prima,  e'  fa  «rifa  <tc   ì-lMimi:  Crchtflnifiif  *      i  t     i    \,  «^_   tfnejfc' sunti*  ammanitimi  .wtr* i  jerù/erc' V  fonai**  atre/  scnzA   ecmmeia.    $uc  nmc  urwti.ihes  nur'  jm  Afte'  anale' e >U  S{&   rn  ia  .tnoiiA  y^Avi    Ufticr  ttm  e'  intende  mv.fr  '   Ovài  ne    ae'.ie  it*Hrc' .    i   r   t   d   b   n   H   m   e   r*   0   et      <   r   L   >   /   /V   C crj   M    Tav.   I.    \roc^M   *    e'   e   i    o   0      h   e'    e   e"   r7  -          /  CónmniTte       vermi*   Arftculns   c't  <nro   tir/   fiUw     ci  -zembe   H-  iirolfr'  fora   a  perei  aneti*   cyr  f  piiUfdtc'.   QlSl    bnmU  e    dilhvnc'  Tcfiiwii    fini/ce  '   (  '  f      f  (    '        '  f  (>    (,"    '  w  KoCfi*c  .-  scis fiixyhM   ArHchoa    acromi   L  C  c\)c(c  '  iti  molH  pnrtt'  \)WHq   in    mmis.  tifimi,   4%c'  mzwhni    nomi,  v/m  Utmo  -  tfen^tuj   e-tvjmujrci  e  rum    attrfi  cf  majiuliiict   c'i&mwitut;    t  nSHtri  Ufim  fi  -fmo  wdcww.  f  iflfa/l 'in  orni  nmf  ' (rtino   l*  Mnm*  shmltret   ffitfto  /tifi  iti  cgr>    cdf   S^^<:  «fi."?!»*4  

 Importante. Morandi. Keywords: linguaggio, Alberti, storia della grammatica razionale. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Morandi.”

 

Grice e Moravia: la ragione conversazionale -- l’implicature conversazionali dei ragazzi – la scuola di Bologna -- filosofia emiliana -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Bologna). Filosofo italiano. Bologna, Emilia-Romagna. Grice: “I like Moravia: he has philosophised on what makes us ‘human,’ (“il pungolo dell’umano”) – his analysis of ‘il ragazzo selvaggio’ is sublime – and he has played with ‘reason,’ hidden and strutturata – and the universi di senso with which I cannot but agree! – provided we don’t multiply them ad infinitum!” --  Grice: “I like Moravia’s idea of ‘la ragione nascosta’ – you have indeed to seek and thou shalt find!” -- “Il Nietzsche che prediligo è il Nietzsche terreno, umano, presente nel tempo. È il Nietzsche intrepido esploratore del sottosuolo dell'uomo e dei disagi della civiltà. È il Nietzsche che fertilmente e sofferentemente (non narcisisticamente) vive e pensa il nichilismo: ma per andare oltre il nichilismo. È soprattutto il Nietzsche cheneo-illuminista forse malgrado luivuole conoscere, capire, dare un (nuovo) senso alle cose.” Professore a Firenze.  Allievo diGarin, si è formato in ambiente fiorentino conseguendovi la laurea in filosofia nel 1962 con tesi su Gian Domenico Romagnosi. Professore incaricato, è poi diventato ordinario di Storia della Filosofia all'Firenze.  Nel corso della sua carriera, si è interessato particolarmente dell'illuminismo francese e del pensiero del Novecento, della storia e dell'epistemologia delle scienze umane, con particolare attenzione all'antropologia, la filosofia della mente e l'esistenzialismo. I suoi studi e le sue ricerche hanno aperto nuove prospettive interdisciplinari fra pensiero filosofico e scienze umane.  Attualmente, le sue attenzioni sono rivolte verso l'opera e il pensiero del filosofo tedesco Friedrich Nietzsche del quale pubblica già una celebre antologia dal titolo La distruzione delle certezze e, nel 1985, una raccolta di saggi intitolata Itinerario nietzscheano. Proprio un nuovo modo di avvicinarsi e concepire il pensiero del filosofo tedesco lo hanno reso uno dei suoi interpreti più originali e più discussi.  Grazie ai suoi studi e contributi filosofici, è stato visiting professor presso l'Università della California a Berkeley, l'Università del Connecticut a Storrs e il Center for the Humanities della Wesleyan University.  Conferenziere presso altre sedi universitarie americane (fra le quali, Harvard, UCLA, Boston) ed europee (Francia, Belgio, Germania), è cofondatore della “Società italiana degli studi sul XVIII secolo”, nonché membro del Comitato direttivo delle Riviste filosofiche “Iride” e “Paradigmi”. Collabora ai giornali Corriere della Sera, Quotidiano nazionale, La Repubblica. Saggi: “Il tramonto dell'Illuminismo -- filosofia e politica” (Laterza, Roma); “La ragione nascosta” (Sansoni, Firenze); La scienza dell'uomo” (Laterza, Roma); “L’antropologia strutturale” (Sansoni, Firenze); “Esistenziale” (Laterza, Roma); “La teoria critica della società” (Sansoni, Firenze); “Gl’idéologues -- scienza e filosofia” (Nuova Italia, Firenze); “La distruzione delle certezze” (Nuova Italia, Firenze); “Linguaggio, scuola e società not ‘storia’! -- Guaraldi, Firenze); “Filosofia e scienze umane nell'età dei Lumi” (Sansoni, Firenze); “Pensiero e civiltà” (Monnier, Firenze); “Il ragazzo selvaggio dell'Aveyron.” Pedagogia e psichiatria nei testi di Itard, Pinel e dell'anonimo della "Décade" (Laterza, Roma); “Itinerario nietzscheano, Guida, Napoli); Educazione e pensiero, Monnier, Firenze, Filosofia: storia e testi, Monnier, Firenze, “L'enigma dell’animo” Laterza, Roma); Compendio di filosofia,  Monnier, Firenze, L'enigma dell'esistenza -- soggetto, morale, passioni nell'età del disincanto, Feltrinelli, Milano, L'esistenza ferita -- modi d'essere, sofferenze, terapie dell'uomo nell'inquietudine del mondo, Feltrinelli, Milano, Filosofia dialettico-negativa e teoria critica della società, Mimesis, Milano; “Ragione strutturale e universi di senso” (Lettere, Firenze); “La Massoneria. La storia, gli uomini, le idee, Mondadori, Milano); “Firenze e l’Umanesimo. Arte, cultura, comunicazione” (Lettere, Firenze); Lo strutturalismo, Lettere, Firenze); “Filosofia e psicoanalisi (POMBA, Torino); “L'universo del corpo, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma,  “Animo e realtà psichica” (Borla, Roma, "L'esistenza e il male", in:  "Mysterium iniquitatis", Gregoriana, Padova, Linterpretazione personologico-esistenziale dell'uomo", in:  La questione del soggetto tra filosofia e scienze umane, Monnier, Firenze) – PERSONOLOGIA – PIROTOLOGIA – Grice, persona -- Lettura Magistrale" al Convegno Dalla riabilitazione psicosociale alla promozione della salute(Montecatini), "S.I.R.F. News", "Mente, soggetto, esperienza nel mondo", in La filosofia italiana in discussione -- La filosofia italiana in discussione, Società Filosofica Italiana, Firenze), Bruno Mondadori, Milano, "Crisi della cultura e relazioni generazionali nel mondo contemporaneo", in Giovani e adulti: prove di ascolto, Sansepolcro (AR), "La filosofia degli idéologues. Scienza dell'uomo e riflessione epistemological, Letteratura italiana tra illuminismo e romanticismo, Convegno, Italianistica, Padova,  "Libertà, finitudine, impegno -- genesi e significato della responsabilità nel mondo", in: V. Malagola Giustizia e responsabilità (Convegno, Firenze), Giuffré Milano,  "Dal soggetto persona alla relazione interpersonale", Maieutica, De-mitizzazione e de- valorizzazione. La crisi della 'forma famiglia' nella società", in: Interazioni, "Illuminismo e modernità", Hiram, "Prove d'ascolto. Crisi della cultura e relazioni generazionali nel mondo contemporaneo", Studi sulla formazione, "La guerra giusta", Hiram,  "La filosofia, la conoscenza dell'umano, il dialogo col pensiero religioso", Hiram, "Esistenza e felicità", Hiram, "L'Occidente e la pace. Luci e ombre all'alba del terzo millennio", Hiram,"La filosofia e il suo 'altro'. La riflessione metafilosofica di Adorno in 'Dialettica negativa'", Iride,  "L'uomo: una storia infinita", in:  Per una scienza dell'umano, Arezzo,  "L’'interpretazione personologico-esistenziale dell'uomo" – PERSONALOGIA – Grice, PERSONA. in: L. Neuro-fisiologia e teorie della mente, Vita et Pensiero, Milano, "La scoperta dell'inconscio, l'ambiguità del freudismo e il lavoro della psicoanalisi sull'animale, Convegno "Meta-psicologia”, Napoli, La Biblioteca, Bari, "Un mondo negato. L'assolutizzazione del corpo nella psico-umanologia contemporanea", UMANOLOGIA – ibrido -- Hermeneutica, Corpo e persona, "Complessità, pluralità, confini", in: Dal coordinatore al coordinamento,Coordinatori pedagogici in Emilia-Romagna, Assessorato Servizi Sociali, Bologna, Bruno Maiorca, Filosofi italiani contemporanei. Parlano i protagonisti, Bari, Dedalo,  su sapere, De Agostini. Gran Loggia del GOI dal titolo "Tu sei mio fratello" Registrazione video della Lectio Magistralis "Al di qua del bene e del male Nietzsche esploratore dell'umano" Modena e Reggio Emilia Tavola rotonda del GOI "Pedagogia delle libertà Libertà civili" Convegno del GOI "La scienza non sia ostacolata dall'ideologia, dalla politica e dalla religione" tavola rotonda della Comunità Oasi "Significato e funzione della pena, della punizione e della penitenza nella promozione umana e sociale"  "Catturati dall'effimero?" all'interno del Convegno Giovanile alla Cittadella di Assisi" dsu arcoiris. Sergio Moravia. Moravia. Keywords: ragazzi, personologia. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Moravia” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Mordacci: l’implicatura convresazionale e la norma – la scuola di Milano -- filosofia lombarda -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Milano). Filosofo italiano. Milano, Lombardia. Grice: “I like Mordacci – in a way, like I did with J. L. Mackie, Mordacci opposes both ‘assolutismo’ and ‘relativismo’ – and tries to ‘construct’ an ‘inter-personal’ reason out of a full-fledged personal reason. Whereas it would seem that we enjoin the principle of conversational helpfulness out of altruism, there is this balance between conversational self-love and conversational other-love; and we only ‘respect’ the other that respects us as ‘pesonal;’ against Apel, the logic of the inter-personal reduces, in a complex way, to the logic of the personal; without it, we would be annihilating the autonomy of the will.” Grice: “I like Mordacci’s emphasis on reason for normativity – interpersonal reason, as he calls it!” È preside della Facoltà di Filosofia dell'Università Vita-Salute San Raffaele dove è Professore di Filosofia Morale.  È Direttore del Centro Internazionale di Ricerca per la Cultura e la Politica Europea.  Laurea in filosofia presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano; Dottorato in bioetica presso l'Università degli Studi di Genova. Ha svolto attività di ricerca e insegnamento presso la Scuola di Medicina e Scienze Umane dell'Istituto Scientifico Ospedale San Raffaele. Insegnato presso l'Università Vita-Salute San Raffaele, prima presso la Facoltà di Psicologia e dal 2002 presso la Facoltà di Filosofia che ha contribuito a fondare insieme con Cacciari, Edoardo Boncinelli, Michele Di Francesco, Andrea Moro. Ha contribuito a progetti di ricerca ed è stato membro del Consiglio d'Europa per l'insegnamento della bioetica. Dal  è preside della Facoltà di Filosofia dell'Università Vita-Salute San Raffaele, essendo stato rieletto nel giugno  per il secondo mandato.  Membro del Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze per la Vita della Presidenza del Consiglio dei Ministri.  Dal  al  è stato membro del Comitato Scientifico per EXPO  come delegato del Rettore dell'Università Vita-Salute San Raffele.  Dal  è membro della Commissione per l'Etica della Ricerca e la Bioetica del consiglio nazionale delle ricerche e del consiglio direttiva della Società Italiana di Filosofia Morale. Si è dedicato in particolar modo dei temi: "Etica e ragioni morali", "Etica pubblica e rispetto", "Neuroetica". Attraverso l'indagine delle "ragioni morali" e dell'"identità personale" e ispirandosi alla filosofia kantiana, propone una forma di "personalismo critico" in base alla quale il fondamento dell'esperienza morale viene individuato nella ricerca, che ognuno compie, delle "buone ragioni" che danno forma alla propria individualità personale attraverso l'agire. Riconoscere ogni persona come autrice della propria identità fonda un'etica del rispetto delle persone in quanto a ogni individuo viene riconosciuto il diritto e il dovere di esprimere le proprie abilità e costruire la propria personalità.  Si è inoltre occupato di bioetica essendo anche stato coordinatore del progetto Bioetica della genetica: questioni morali e giuridiche negli impieghi clinici, biomedici e sociali della genetica umana del Miur (FIRB, Tra i suoi interessi più recenti, la disciplina della Film and Philosophy: la riflessione su come i film possono fare filosofia e se possono argomentare vere e proprie tesi filosofiche. In questo contesto ha dato vita al Laboratorio di Filosofia e Cinema presso la Facoltà di Filosofia dell'Università Vita-Salute San Raffaele, conduce il sabato pomeriggio la rubrica "Al cinema col Filosofo" su TgCom24 (stagioni - e -) e la rubrica "Imparare ad amare i film" all'interno di Cinematografo Estate () su Rai 1.  Riviste È membro del comitato scientifico dell'Annuario di Etica (ed. Vita e Pensiero), dell'Annuario di Filosofia (ed. Mimesis) e della rivista online Etica et Politica.  Dalla sua fondazione è membro del Comitato Scientifico della rivista scientifica a cura del Comitato Etico della Fondazione Umberto Veronesi.  Attività teatrale Romeo e Giulietta: nascita e tragedia dell'io moderno, Eloisa e Abelardo: passione e negazione, Occidente, o identità fragile: Auster e le Follie di Brooklyn, analisi filosofiche con letture sceniche, ciclo "Aperitivi con Sophia", Teatro Franco Parenti,La violenza e l'ingiustiziaGorgia, ciclo "Filosofi a teatro" M., Teatro Franco Parenti, L'individuo, la libertà e il perdono. Hegel legge Dostoevskij, lettura scenica di M. e Sorel, ciclo l'Intelligenza e la Fantasia, Teatro Strehler,L'isola della verità. Divagazioni fotografiche e filosofiche, lettura scenica di M., Traini e Stepparava, Cluster Isole, Mare e Cibo, Padiglione P03-Expo Milano  (Rho-Fiera), Kant e il mare, lettura scenica di Roberto Mordacci e Francesca Ria, agosto  Saggi:“Bio-etica della sperimentazione,” Angeli, Milano; “Salute e bio-etica,” Einaudi, Milano); “Una introduzione alle teorie morali,” Feltrinelli, Milano,  La vita etica e le buone ragioni, Mondadori, Milano, “Ragioni personali, ragione inter-personali: Saggio sulla normatività morale,” Carocci, Milano, Elogio dell'Immoralista, Mondadori, Milano; Rispetto, Cortina, Milano. Bioetica, Mondadori, Milano. L'etica è per le persone, San Paolo, Cinisello Balsamo. Al cinema con il filosofo. Imparare ad amare i film, Mondadori, Milano. La condizione neomoderna, Einaudi, Torino,. Ritorno a utopia, Laterza, Bari,. Note  Università Vita-Salute San Raffaele, su unisr. Governo/bioetica, su governo.M., su Le Università per Expo,Commissione per l’Etica della Ricerca e la Bioetica, Consiglio Nazionale delle Ricerche, su cnr.  Organi della società | SIFM, su sifm. Intervista a L'accento di Socrate, su laccentodi socrate.  Rai 1, Cinematografo estate, su rai.tv.  Scienza e etica: in uscita la nuova rivista della Fondazione Veronesi, su Fondazione Umberto Veronesi.  Chi siamo  su scienceandethics. fondazioneveronesi. Feeding the Mind: Expo-Bicocca Conversation Hour, su unimib. Lettura scenica de "I Sensi del Mare", su//elbareport. 1 Pearson Imparare sempre su pearson. 1º agosto.  Bioetica Mordacci Robertoe Book Mondadori BrunoSai cos'è?FilosofiaePubIBS, su ibs. L'etica è per le personeEdizioni San Paolo, su edizionisanpaolo.  Riflessioni sul senso della vita intervista di Ivo Nardi, sito "Riflessioni", settembre. Ci vuole più rispetto intervista a Roberto Mordacci, Famiglia Cristiana. Ma l'etica non è un'intrusa, intervista a Roberto Mordacci, Avvenire, Ora smettiamola di parlare inglese, intervista a Roberto Mordacci, Il Giornale. La storia costituisce per la filosofia contemporanea un ambito di indagine  costante e pervasivo: quasi tutta la filosofia dopo Hegel ha pensato il proprio  oggetto, cioè l’uomo, la conoscenza, l’agire e l’essere stesso, come  essenzialmente storico. Questa “svolta storica”, che ha preceduto e favorito la  cosiddetta “svolta linguistica”, ha significato per buona parte della filosofia  contemporanea l’adozione di un metodo in cui la storia di un concetto e delle sue  incarnazioni storiche sono dive nu te rilevanti almeno quanto la definizione  teorica di esso. Tuttavia, in questo diffuso storicismo, che attraversa la filosofia  dall’hegelismo all’ermeneutica, si è in parte persa di vista la specificità del  l’ambito di riflessione che si può chiamare filosofia della storia. La specifica  interpretazione dell’agire storico suggerita dallo storicismo, come svolgimento  di un «destino» dello spirito, ha infatti occultato gran parte della riflessione  che la tradizione filosofica ha prodotto, nel corso dei secoli, sull’agire storico  in quanto tale.   Questa preminenza del paradigma storicista ha inoltre favorito la nascita delle  tesi circa la cosiddetta «fine della storia»: una percezione che, dalle riflessioni di  Spengler sul «tramonto del l’Occidente» alle provocazioni del postmoderno, ha  finito per estendersi ad ampi settori della cultura contemporanea. Quest'ultima  appare per questo in estremo disagio, oggi, nel progettare il futuro: pensando  l’intero dell’essere come contenuto nella storia «fino al momento presente», la  cultura odierna rifugge dai tentativi di prefigurare un fine della storia come    compimento, soprattutto perché questo tentativo appare come intrinsecamente    ideologico e, quindi, non più credibile. Si può quindi ancora pensare la storiaa  venire?   Mettere in discussione questa precomprensione storicista della storia è uno  degli obiettivi di questo volume. La filosofia della storia è oggi un’area vasta di  riflessioni sul senso dell’agire storico che non può essere affatto ridotta all’idea  di un «destino» immanente dell’Occidente o del mondo. Anche una semplice e  non pregiudiziale ricognizione di alcune concezioni filosofiche della storia che si  rintracciano nella tradizione mostra come l’interpretazione di essa sia assai varia  e più aperta alla possibilità di pensare il futuro in modo non ideologico e  soprattutto aperto al cambiamento, pur senza che esso sia abbandonato alla  completa anomia.   In questo senso, il volume mira a riabilitare una disciplina che, a volte  affrettatamente, si è considerata così intrinseca alla pratica filosofica da non  esserne distinguibile come un ambito di studi specifico. Si tratta, innanzitutto, di  contribuire a rimuovere l’identificazione della filosofia della storia con il  racconto di un «destino» ineluttabile. Questa interpretazione è stata resa  canonica anche attraverso la preziosa ricostruzione condotta da Karl Lòwith in  Significato e fine della storia,1 un libro che è stato, di fatto, il più autorevole e  pressoché unico manuale di filosofia della storia dalla fine degli anni quaranta,  quando fu scritto, a oggi.   Lòwith ha una tesi tanto affascinante quanto riduttiva sulla vicenda della  filosofia della storia. Definita essenzialmente come secolarizzazione  dell’escatologia cristiana, essa evidentemente può esistere solo in certe  condizioni culturali: in sostanza, quelle che si sono date da Gioacchino da Fiore  a Marx. Si tratta di una lunga epoca, che pensa il tempo interamente in rapporto  a un fine che, al suo apparire finale, svela l’autentico significato di tutto il  movimento storico. Prima di quel momento finale, il cui modello è 1° Apocalisse  cristiana ma che nella modernità si traduce in varie forme di realizzazione di un  programma filosofico o sociale, le vicende storiche mostrano il loro senso solo a    colui che si è elevato al punto di vista della fine. Quest’ultima è dunque il    criterio di valore grazie al quale si possono giudicare tutti i momenti della storia.  A partire dai movimenti millenaristi, di cui Gioacchino da Fiore è interprete,  quella fine è comunque posta all’interno del tempo, vuoi come apparire dell’ Alfa  e Omega che apre e chiude la storia, vuoi come luogo di inizio di una nuova  epoca, contraddistinta dalla conoscenza, dalla società senza classi, dalla libertà  pienamente realizzate. Il negativo, l’orrendo e il tragico che affligge la storia  presente è comunque destinato a sciogliersi in quella sintesi finale, che mentre  svela il senso del passato apre un futuro di armonia e libertà. La potenza di  questa immagine ha tenuto prigioniera più di un’epoca, eppure non è stata senza  rivali, nemmeno nello stesso Occidente, il quale, pur pensandosi forse  inconfessata men te come il luogo di quella realizzazione, ha saputo anche tenere  aperte interpretazioni diverse dei corsi dellastoria.   Nell’interpretazione di Lòwith, l’idea di “senso” della storia diviene sinonimo  di ciò che la parola “fine” nomina nella tradizione ebraico-cristiana. La chiave di  volta è la speranza, la promessa di un avvenire di salvezza o di vita piena. È  questa speranza ad aprire il futuro, perché esso non sarà la ripetizione del già  visto da sempre, come invece può solo essere in una concezione ciclica. La  promessa, inoltre, non è determinata nei dettagli e apre su un oltre della storia:  per questo è possibile progettare un futuro diverso dal presente. Al tempo stesso,  il compimento della promessa è certo, atteso e desiderato, e questo anima le  coscienze più efficacemente dell’idea della ripetizione di cicli sempre ritornanti.  Questa concezione, dunque, rimanda a una profondissima responsabilità  individuale, sociale e universale per l’uomo, giacché quella destinazione non si  può compiere, ricordano queste filosofie della storia, senza la partecipazione  attiva degli individui, senza l’impegno soprattutto di coloro la cui coscienza ha  scorto quella fine all’orizzonte e per questo deve operare per realizzarla. Simili  filosofie della storia sono dunque vere e proprie concezioni morali del mondo e  del tempo, capaci di mobilitare le energie individuali e di costituire cause ideali  di grandi rivoluzioni attese o annunciate. La previsione dell’avvento necessario    dell’epoca finale è pensato come compatibile con il riconoscimento della piena    libertà umana, ma questa ipotesi di conciliazione è fonte di tensioni irrisolte sul  piano sia concettuale sia pratico: la necessità di un “destino” mal sopporta il  riconoscimento di un’autentica libertà personale.   Così, la concezione moderna della storia è tesa fra la ricerca di leggi storiche e  il riconoscimento della responsabilità dell’uomo, basato sulla tesi irrinunciabile  dell’autonomia del volere. Questa oscillazione è visibile in Tocqueville (La  démocratie en Amérique è del 1835-1840; la democrazia come destino e come  missione), in Spengler (Der Untergang des Abendlandes è del 1918-1923:  Zivilisation come tramonto, come fato naturale e decisione storica), in Toynbee  (A Study of History, 1934-1961: nascita e crollo delle civiltà, attesa di una nuova  chiesa). Il destino è segnato ma è nelle nostre mani farlo accadere; come Lòwith  riassume efficacemente in una domanda: «Lo storico classico si chiede: come si  è giunti a ciò? Quello moderno si chiede: come andrà a finire?».2 Così la storia  diviene universale: mentre il movimento che ha condotto alla costituzione di una  specifica cultura, di un particolare modo di vita, si può ricostruire limitandosi a  concentrare i fattori causali in formazioni peculiari, che contingentemente si  sono intrecciati in un luogo e in un tempo, l’idea di una fine, specialmente di una  ‘fine di tutte le cose”, non può che avere un respiro totalizzante, universale  appunto, perché a esso contribuiscono tutti i fattori storici e culturali in grado di  influenzare la storia. Si guarderà quindi non alla storia locale ma ai grandi  movimenti storici, agli spostamenti di assi epocali, da Est a Ovest, da Nord a  Sud (come è di moda fare ora), cercando di rintracciare la legge necessaria di  questi spostamenti e, quindi, di rendere possibile una ‘futurologia”, una  previsione scientifica del corso della libertà umana.   Ora, i tentativi di ricostruire questi movimenti e le loro leggi sono apparsi a  buona parte della cultura contemporanea come sostanzialmente fallimentari. Le  utopie del futuro si sono spesso rivelate come ideologie politiche che, in nome  del progresso, della società post-classista, del trionfo degli spiriti forti, hanno  mobilitato le masse verso strutture politiche e forme del potere che hanno    causato tragedie mondiali lungo tutto il XX secolo. La consapevolezza del    pericolo che si cela dietro a una filosofia della storia ha così motivato molta  parte della reazione contemporanea contro questo tipo di prospettive, fino a  revocare in dubbio non solo la modernità, bensì l’intera storia come luogo  dell’accadimento di eventi umani dotati di senso. Uno dei nomi di questa  reazione è “postmoderno”, un movimento di pensiero che, fra molto altro,  include la tesi secondo cui della storia non si deve anzitutto dare  un’interpretazione complessiva, che anzi in tal senso non vi è affatto una  “storia”, bensì una costellazione di eventi frammentaria e casuale: cercare di  ordinarla tramite un significato è una forma di violenza, una contraddizione  rispetto alla libertà che si pretende di veder realizzata proprio in quella necessità  del movimento storico. La liberazione da questa immagine è uno degli obiettivi  che l’arte, la filosofia e la letteratura postmoderna perseguono come un modo di  riaprire il movimento storico alla creatività, alla possibilità e all’effettiva  eguaglianza. In questo movimento non ci sono criteri di valore, secondo questa  tesi non c’è una direzione e per questo non vi è un metro di giudizio: la storia è  costituita da accadimenti che ci si rifiuta di valutare se non in un’ottica  pragmatica o meramente descrittiva. Si può giudicare più o meno bella una data  composizione dei fatti, ma nessuna di esse è né assolutamente reale né  definitiva: ogni rotazione del tempo crea una nuova immagine.   Tuttavia, si potrebbe avanzare la tesi secondo cui il postmoderno non sia in  fondo altro che una patologia del moderno. Proprio il rifiuto di un senso della  storia incluso nel tempo, e al tempo stesso la rinuncia a un criterio di giudizio  sulla storia in nome della liberazione dalle filosofie ideologiche della storia,  mostrano che l’ideale di libertà tipico della modernità, rinunciare al quale è per  noi impossibile e ingiusto, è ancora l’anima del tempo presente. Si può piuttosto  interpretare la reazione postmoderna più semplicemente come la fine  dell’idealismo storicista, il quale è in sé un movimento profondamente anti-  moderno: la pretesa di imbrigliare la storia nel movimento dell’idea o dello  spirito assoluto è in fondo incompatibile tanto con la ricerca illuminista di un    criterio di sviluppo cognitivo e morale che prevede espressamente la possibilità    di progressi e regressi, quanto con la rivendicazione romantica di parametri di  valore legati al genio, all’apparire improvviso del senso anche nel mezzo delle  crisi più profonde e perfino con la coscienza cristiana di una dimensione  trascendente del tempo, di un rapporto con l’eterno che non è la fine della storia  bensì la sua dimensione ortogonale, l’asse su cui si colloca l’attesa dell’avvento  ultimo, improvviso e non prevedibile tramite alcuna dialettica storica.   Questa patologia è stata diagnosticata con chiarezza già da Nietzsche a partire  dalla seconda Inattuale, ma con l’errore (che molti ripetono) di omologare  idealismo e Illuminismo, di considerare l’idea di un progresso morale e sociale  sullo stesso piano della postulazione di un incessante Auffeben, di un  movimento necessario e prevedibile. In realtà, sotto questo profilo fra Kant e  Hegel vi è un’assoluta discontinuità. L’unilateralità idealistica ha poi il suo  contraltare nel positivismo estremo e nell’empirismo radicale e proprio nel  rifiuto, in nome della libertà dal pregiudizio storicista, di ogni canone di  valutazione degli eventi storici. La delegittimazione diviene così pratica  universale, perché non si è distinto, a partire dall’idealismo, il portatore dal  messaggio, l’agire dal significato che attraverso di esso gli individui cercano di  realizzare limitatamente alle condizioni in cui si trovano e secondo le loro  capacità.   Per uscire da questa impasse occorre allargare la visuale sulle filosofie della  storia. Contrariamente a quanto pensava Lòwith, pur con la sua grande capacità  di sintesi, avere una filosofia della storia non comporta affatto leggere tutta la  storia in base a un fine che le dia significato, soprattutto se questo fine è pensato  come un punto preciso del corso del tempo che, giungendo alla fine, ne sveli  l’intero senso. L’idea di un giudizio sugli eventi storici non richiede  necessariamente che si pensi una “fine” e nemmeno uno “scopo”. Vi sono anzi  state nella storia del pensiero numerose interpretazioni dello svolgersi del tempo  come anzitutto regolato da proprie leggi, da ritmi ciclici o alternati e dinamiche  di continuità e ripetizione che non presuppongono una fine nel tempo bensì    magari solo, come nel caso del cristianesimo, del tempo. Non si tratta solo della    concezione greca del tempo come di un ciclo incessante e non orientato a un fine  (che qui non è trattata ma che è per altro ben nota), bensì anche di concezioni  cristiane e moderne in cui, senza rinunciare a porre un criterio di giudizio sulla  storia, si è però posto tale criterio non in un fine bensì in una dimensione per   così dire verticale del tempo, che è coinvolta nel suo movimento orizzontale  come paradigma del valore, del senso e della possibilità sempre presente di  perdere il contatto con essi.   Possono essere interpretate in questo senso, per esempio, la dicotomia fra città  di Dio e dell’uomo in Agostino, il rapporto fra corsi e ricorsi da un lato e  Provvidenza dall’altro in Vico, l'ideale regolativo della pace perpetua in Kant, la  dialettica fra vita e storia in Nietzsche. Oltre alla lettura “lineare” del progresso  bisogna dunque riconoscere — anche nel cuore della modernità — almeno anche  una lettura “ondulatoria”, secondo cui il rapporto fra tempo e verità non si  dipana lungo una direttiva ascendente ma conosce alti e bassi, vertici e abissi, il  cui canone di riferimento è il rapporto con l’assoluto, con la pienezza vitale, con  la promessa salvifica o con la realizzazione di una società armonica e pacificata.  Riaprire la molteplicità degli sguardi sulla storia di cui l'Occidente è stato ed è  capace è un’esigenza imprescindibile per il tempo presente: la capacità di  progettare un futuro dipende esattamente, da un lato, dalla denuncia di  concezioni chiuse della storia e, dall’altro, dalla ricerca di un criterio di  valutazione reale, obiettivo sugli eventi storici, che non rinunci alla volontà di  giudicare del tempo per animare l’azione di valore umano e soprattutto  dell’impegno delle libertà personali verso qualcosa che mostri di meritare la  nostra dedizione.   Questo volume si presenta dunque un utile strumento per l’introduzione alla  comprensione filosofica dell’agire storico e del tema della storicità  dell’esistenza. Scritto pensando anzitutto a chiarire le concezioni della storia che  emergono dai principali autori della tradizione filosofica, il volume non intende  però dare un panorama completo ed esaustivo di tutta la disciplina, troppo vasta    e dispersiva. La selezione dei temi ha seguito il criterio della rilevanza degli    autori trattati, con una chiara inclinazione verso il moderno e il contemporaneo.  Gli autori dei testi sono docenti universitari noti per la competenza sull’autore  trattato e dottorandi del Corso di dottorato in Filosofia della storia (l’unico di  questo genere in Italia) istituito congiuntamente dall’Istituto Italiano di Scienze  Umane di Firenze e dalla Facoltà di Filosofia dell’Università VitaSalute San  Raffaele di Milano. L’esperienza di collaborazione che ha portato a questo  volume si è concentrata soprattutto nell’attività didattica e per questo ha ricevuto  uno speciale contributo dalla discussione con gli studenti, ai quali molti dei testi  qui raccolti sono stati presentati in una prima stesura. Anche questa genesi del  testo ne spiega la vocazione e l’ambizione esplicita: quella di essere la porta di  accesso a una disciplina che, nell’epoca di una presunta quanto fallace “fine  della storia”, ha più che mai bisogno di rinascere.   Note   1K. Léwith, Significato e fine della storia [1949], trad. it. di F. Tedeschi Negri,  Einaudi, Torino. Roberto Mordacci. Mordacci. Keywords: la norma, filosofia dela storia, Vico.  Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Mordacci” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Morelli: la ragione conversazionale, l’implicatura conversazionale e la filosofia del digiuno – filosofia lombarda -- italiana – Luigi Speranza (Milano). Filosofo italiano. Milano, Lombardia. Grice: ‘I once told Austin, I don’t give a hoot what the dictionary says;’ ‘And that’s where you make your big mistake,’ his crass response was!” -- Grice: “I once told Ackrill, ‘should there be a manual of philosophy, must we follow it?’ He replied, “One thing is to know the manual, another is to know how to abide by it!”  Si laurea a Pavia  e l'anno dopo assolve all'obbligo di leva a Trieste dove presta attenzione alle problematiche relazionali dei militari nello svolgimento delle proprie mansioni; si è poi specializzato in Psichiatria presso l'Università degli Studi di Milano. Direttore dell'Istituto Riza, gruppo di ricerca che pubblica la rivista Riza Psicosomatica ed altre pubblicazioni specializzate, con lo scopo di "studiare l'uomo come espressione della simultaneità psicofisica riconducendo a questa concezione l'interpretazione della malattia, della sua diagnosi e della sua cura". Inoltre è direttore delle riviste Dimagrire e Salute Naturale.  Dall'attività dell'Istituto Riza è sorta anche la Scuola di Formazione in Psicoterapia ad indirizzo psicosomatico, riconosciuta ufficialmente dal Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica. Vicepresidente della Società Italiana di Medicina Psicosomatica. Partecipa a numerose trasmissioni televisive sia per la RAI sia per Mediaset (Maurizio Costanzo Show, Tutte le mattine, Matrix, ecc.) e per la radio.  Nelle sue opere ci sono molti riferimenti alle dottrine orientali. Saggi: “Verso la concezione di un sé psico-somatico. Il corpo è come un grande sogno della mente (Milano, UNICOPLI, Milano, Cortina); La dimensione respiratoria. Studio psico-somatico del respiro, inspiro, expiro – spiro --  Milano, Masson Italia, Dove va la medicina psico-somatica (Milano,  Riza); Il sacro. Antropoanalisi, psico-somatica, comunicazione, Milano, Riza-Endas, Convegno internazionale Mente-corpo: il momento unificante. Milano, Atti, Milano, UNICOPLI, Riza, I sogni dell'infinito, Milano, Riza, Autostima. Le regole pratiche, Milano, a cura dell'Istituto Riza di medicina psicosomatica, Il talento. Come scoprire e realizzare la tua vera natura, Milano, Riza, Ansia, Milano, Riza, Insonnia, Milano, Riza, Cefalea, (Milano, Riza); Lo psichiatra e l'alchimista. Romanzo, Milano, Riza, Le nuove vie dell'autostima. Se piaci a te stesso ogni miracolo è possibile, Milano, Riza, Conosci davvero tuo figlio? Sconosciuto in casa. Dal delitto di Novi Ligure al disagio di una generazione, Milano, Riza, Come essere felici, Milano, Mondadori, Cosa dire e non dire nella coppia, Milano, Mondadori, Come mantenere il cervello giovane, Milano, Mondadori, Come affrontare lo stress, Milano, Mondadori, Come amare ed essere amati (Milano, Mondadori); Come dimagrire senza soffrire (Milano, Mondadori); Come risvegliare l'eros, Milano, A. Mondadori, Come star bene al lavoro, Milano, Mondadori, Come essere single e felici, Milano, A. Mondadori,  Cosa dire o non dire ai nostri figli, Milano, A. Mondadori, La rinascita interiore, Milano, Riza, Volersi bene. Tutto ciò che conta è già dentro di noi (Milano, Riza); L'amore giusto. C'è una persona che aspetta solo te, Milano, Riza, Vincere i disagi. Puoi farcela da solo perché li hai creati tu, Milano, Riza); Felici sul lavoro. Come ritrovare il benessere in ufficio, Milano, Riza, I figli felici. Aiutiamoli a diventare se stessi, Milano, Riza, La gioia di vivere. Scorre spontaneamente dentro di noi, Milano, Riza, Essere se stessi. L'unica via per incontrare il benessere, Milano, Riza, Accendi la passione. È la scintilla che risveglia l'energia vitale, Milano, Riza, Alle radici della felicità. Editoriali dpubblicati su Riza psicosomatica, rivista mensile delle Edizioni Riza, Milano, Riza, Ciascuno è perfetto. L'arte di star bene con se stessi, Milano, Mondadori, Il segreto di vivere. Aforismi, Milano, Riza, Realizzare se stessi, Milano, Riza, Vincere la solitudine, Milano, Riza, Dimagrire senza fatica, Milano, Riza, Amare senza soffrire, Milano, Riza, Guarire con la psiche, Milano, Riza, Superare il tradimento, Milano, Riza, Dizionario della felicità, 6 voll, Milano, Riza, Non siamo nati per soffrire, Milano, Mondadori,L'autostima. Le cinque regole. Vivere la vita. Adesso, Milano, Riza, Conoscersi. L'arte di valorizzare se stessi. Via le zavorre dalla mente, Milano, Riza,  I figli difficili sono i figli migliori, Milano, Riza, Il matrimonio è in crisi... che fortuna!, Milano, Riza, Autostima, I consigli di M. per un anno di felicità, Milano, Riza, Le parole che curano, Milano, Riza, Perché le donne non ne possono più... degli uomini, Milano, Riza, Le piccole cose che cambiano la vita, Milano, Mondadori, Come trovare l'armonia in se stessi, Milano, Mondadori,  Ama e non pensare, Milano, Mondadori, Curare il panico. Gli attacchi vengono per farci esprimere le parti migliori di noi stessi, con Vittorio Caprioglio, Milano, Riza, Non dipende da te. Affidati alla vita così realizzi i tuoi desideri, Milano, Mondadori, L'alchimia. L'arte di trasformare se stessi (Milano, Riza); Il sesso è amore. Vivere l'eros senza sensi di colpa, Milano, Mondadori, Puoi fidarti di te, Milano, Mondadori, La felicità è dentro di te, Milano, Mondadori, L'unica cosa che conta (Milano, Mondadori); La felicità è qui. Domande e risposte sulla vita, l'amore, l'eternità, con Luciano Falsiroli, Milano, Mondadori, Guarire senza medicine. La vera cura è dentro di te (Milano, Mondadori); Lezioni di autostima. Come imparare a stare beni con se stessi e con gli altri (Milano, Mondadori); Il segreto dell'amore felice, Milano, Mondadori, La saggezza dell'anima. Quello che ci rende unici (Milano, Mondadori); Pensa magro. Le 6 mosse psicologiche per dimagrire senza dieta (Milano, Mondadori); Vincere il panico. Le parole per capirlo, i consigli per affrontarlo, cosa fare per guarirlo (Milano, Mondadori) Nessuna ferita è per sempre. Come superare i dolori del passato (Milano, Mondadori); Solo la mente può bruciare i grassi. Come attivare l'energia dimagrante che è dentro di noi (Milano, Mondadori); Breve corso di felicità. Le antiregole che ti danno la gioia di vivere (Milano, Mondadori); La vera cura sei tu (Milano, Mondadori); Il meglio deve ancora arrivare. Come attivare l'energia che ringiovanisce (Milano, Mondadori); Il potere curativo del digiuno. La pratica che rigenera corpo e mente (Milano, Mondadori). Segui il tuo destino. Come riconoscere se sei sulla strada giusta (Milano, Mondadori); Il manuale della felicità. Le dieci regole pratiche che ti miglioreranno la vita (Milano, Mondadori); Pronto soccorso per le emozioni. Le parole da dirsi nei momenti difficili (Milano, Mondadori). Movie. Grice: “Should there be a ‘dizionario della felicita,’ I would perhaps follow Austin’s advice and go through it!” –. Raffaele Morelli. Morelli. Keywords: la dimensione respiratoria, inspirare, respirare, spirare, spirito, il corpo animato spira – il corpo spira – corpo spirante, corpo animato --. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Morelli” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Moretti: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale e la segnatura romantica – i romantici di roma – filosofia lazia -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Roma, Lazio. Grice: “I like Moretti – he uses a good metaphor, ‘the wounded poet,’ unless we mean Owen, but he was more than wounded, even if that implicature is cancellable --.” Grice: “I like Moretti also because he wrote on ‘ermeneutica sensibile,’ which is exactly what I do.” Grice: “I like Moretti also because he uses ‘segnatura’ etymologically, when he writes of the ‘la segnatura romantica’ – talk of tokens!” Nasce nel borghese quartiere Trieste, primo di due fratelli. Ottiene il diploma di maturità classica presso il Liceo Giulio Cesare. Successivamente consegue una prima laurea in Giurisprudenza, con una tesi in filosofia del diritto, e, nel una seconda in filosofia, con una tesi in filosofia morale, entrambe presso l'Roma La Sapienza. È poi borsista presso l'Friburgo in Brisgovia, dove imposta un progetto di ricerca che, partendo dall'interpretazione di Heidegger, mira ad un'analisi critica delle categorie filosofico-estetiche del “romantico” in Germania, con particolare attenzione alle opere di autori del romanticismo di Heidelberg, quali Creuzer, Görres, i Fratelli Grimm e Bachofen, che contribuisce a tradurre e a far conoscere in Italia. Al suo rientro insegna dapprima materie letterarie nelle scuole medie e, in seguito, filosofia presso la Scuola germanica di Roma.  La sua ricerca si amplia poi al pensiero estetico di Novalis, di cui cura la prima edizione completa in lingua italiana della Opera filosofica; durante questo periodo consegue il dottorato di ricerca in Estetica presso l'Bologna. Vince la cattedra di professore associato di Estetica all'Bari; Professore a Napoli L’Orientale.  Redattore di Itinerari e Studi Filosofici, collabora con varie altre riviste filosofiche (Agalma, Rivista di Estetica, Studi di Estetica, aut aut, Nuovi Argomenti, Filosofia e Società, Filosofia Oggi, Estetica) e ha spesso partecipato a trasmissioni RAI su temi filosofici e a numerosi convegni.  Saggi: ”Il romantico: poesia, mito, storia, arte e natura” (Itinerari, Lanciano); -- roma – romantico -- “Anima e immagine: sul poetico” (Aesthetica, Palermo); “Nichilismo e romanticismo -- estetica e filosofia della storia” (Cadmo, Roma); La segnatura romantica (Roma, Hestia); “Interpretazione del romanticismo” (Ianua, Roma); “Estetica: analogia e principio poetico nella profezia romantica” -- Rosenberg et Sellier, Torino); “La segnatura romantica -- filosofia e sentimento” (Hestia, Cernusco L.); “Il genio” (Mulino, Bologna); “Il poeta ferito.” Hölderlin, Heidegger e la storia dell'essere” (Mandragora, Imola); “Anima e immagine.” Studi su  Klages, Mimesis, Milano, Heidelberg romantica. Romanticismo e nichilismo” Guida, Napoli, Introduzione all'estetica del Romanticismo, Nuova Cultura, Roma,  Il genio, Morcelliana, Brescia. Per immagini. Esercizi di ermeneutica sensibile” (Moretti et Vitali, Bergamo); Heidelberg romantica. Romanticismo tedesco e nichilismo europeo, Morcelliana, Brescia, Novalis. Pensiero, poesia, romanzo Morcelliana, Brescia, Romano Guardini, Hölderlin, Morcelliana, Brescia. Novalis, Scritti filosofici, Morcelliana, Brescia. J. J. Bachofen, Il matriarcato (Marinotti, Milano); Novalis, Opera filosofica,  I, Einaudi, Torino, Un video con una trasmissione RAI. Un video con un intervento di Moretti. Giampiero Moretti. Moretti. Keywords: roma, romanzo, romanzare, romanzato – non vero. Romanticismo filosofico, I filosofi romantici italiani  Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Moretti: il romanticismo romano” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Mori: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale e la coerenza dell’intransigenza – la ripproduzione sessuata fra i antici romani – la scuola di Cremona -- filosofia lombarda -- filosofia italiana -- Luigi Speranza (Cremona).  Filosofo lombardo. Filosofo italiano. Cremona, Lombardia. Grice: “I like Mori; he wrote a treatise on Stephen, better known as Virginia Woolf’s father; which reminded me of Bergmann who once called me an English futilitarian!” -- Professore a Torino e presidente della Consulta di Bioetica Onlus, un'associazione di volontariato culturale per la promozione della bioetica laica. L’etica e la bioetica con le varie problematiche connesse sono le tematiche al centro dei suoi interessi filosofici e teorici.  Mori ha studiato all’Università degli Studi di Milano, dove ha conseguito la laurea (con Bonomi e Pizzi) e il dottorato sotto Scarpelli e Jori. Insegnato ad Alessandria e Pisa, prima di essere chiamato a Torino. Studia i temi della meta-etica e della logica dell’etica con le problematiche della teoria etica. Tra i primi a occuparsi di bioetica, nella quale ha dato contributi in tutti i principali settori, con particolare attenzione all’aborto e alla fecondazione assistita. Sollecitato dai casi Welby e Englaro ha dato contributi anche sul fine-vita a difesa dell’autonomia individuale. Per primo teorizza la contrapposizione paradigmatica tra bioetica laica e bioetica cattolica, derivante dal fatto che quest’ultima propone un’etica della sacralità della vita caratterizzata da divieti assoluti, mentre l’altra avanza un’etica della qualità della vita senza assoluti e soli divieti prima facie. Presta grande attenzione al problema della liberazione animale. Fonda Bioetica. Rivista interdisciplinare (Ananke Lab, Torino). Membro di numerosi comitati, tra cui il comitato scientifico di Notizie di Politeia, di Iride del Journal of Medicine and Philosophy e altre. Saggi: “Manuale di bioetica: verso una civiltà bio-medica secolarizzata” (Lettere, Firenze); “Introduzione alla bioetica. temi per capire e discutere” (Piazza, Torino); Il caso Eluana Englaro. La “Porta Pia” del vitalismo ippocratico ovvero perché è moralmente giusto sospendere ogni intervento, Pendragon, Bologna, Aborto e morale. Per capire un nuovo diritto” (Einaudi, Torino); “La fecondazione artificiale. Una forma di riproduzione umana” (Laterza, Roma-Bari); “La fecondazione artificiale: questioni morali nell'esperienza giuridica Giuffrè, Milano); “Utilitarismo e morale razionale. Per una teoria etica obiettivista, Giuffrè, Milano, La legge sulla procreazione medicalmente assistita. Paradigmi a confronto, Net, Milano, Laici e cattolici in bioetica: storia e teoria di un confronto, Le Lettere, Firenze, La fecondazione assistita dopo 10 anni di legge 40. Meglio ricominciare da capo!, Ananke editore, Torino, Questa è la scienza, bellezze! La fecondazione assistita come novo modo di costruire le famiglie, Ananke Lab, Torino.   Mori ha rappresentato, nella nostra infernale esperienza di famiglia, un riferimento grazie al quale trovare un senso agli eventi che si succedevano, i qua-Ii, ai nostri occhi, un senso proprio non lo possedevano.  Ho avuto in lui un osservatore attento, un interlocutore profondo, un contestatore intelligente.  Come direttore di «Bioetica. Rivista interdisciplina-re» è stato il primo a dare rilievo pubblico alla vicenda di mia figlia, e ha sollecitato in vari modi la riflessione sul caso Eluana. Gli sono inoltre debitore di numerose conversazioni chiarificatrici, di lezioni private concesse in esclusiva, e lo considero il filosofo che meglio di ogni altro è stato in grado di tenere testa ai miei, notoriamente poco accomodanti, modi e argomenti.  Auspico che questa lettura possa sortire lo stesso effetto in tutti coloro i quali insieme a lui si apprestano, ora, a partire per questo viaggio nel ragionamento etico.  Nel panorama bioetico italiano la sua posizione non mi pare sia assimilabile ad alcuna predefinita corrente di pensiero, anche perché i suoi maestri e amici hanno manifestato originalità e indipendenza. Credo che il libro vada considerato e letto per le argomentazioni che adduce senza schemi precostituiti.  Può darsi che in alcuni passaggi sia un libro scomo-do. Di questo non c'è da stupirsi, ma da prenderne atto.  Scomodo, dunque. Come mia figlia. Come me. Una scomodità che suscita dibattito e stimola la riflessione. Invece di gridare allo scandalo, si deve cogliere l'impegno a riflettere, sempre e senza compromessi. Così è stato nello sforzo compiuto, alla ricerca di una modalità per farrispettare la legittima volontà espressa da mia figlia. La riflessione seria comporta anche scontri, ardenti e auten-tici, che restano per sempre vivi nella memoria. Essere grandi amici non implica certo un accordo incondizionato di vedute. La franchezza delle nostre collisioni dialettiche mi rimane, indimenticabile, nel cuore. La condivisione dei valori di fondo, comunque, rafforza la sintonia e la stima reciproca.  Questo libro propone una riflessione filosofica di ampio respiro sui problemi sollevati dal caso Eluana. Ma oltre a questo contiene la storia di Eluana ripercorsa nelle sue principali tappe, una cronaca precisa degli eventi noti e meno noti che si sono verificati in questi ultimi mesi di continuo travaglio e logorio. Al trionfo dello stato di diritto, rappresentato dai pronunciamenti della Corte di Cassazione prima e della Corte d'Appello dopo, è succeduto un orrore. Non mi è nota, al momento, altra fonte in cui la narrazione dei fatti, la ripresa del dibatti-to, la ricostruzione degli avvenimenti si sia così fedelmente attenuta ai nostri effettivi trascorsi. Il lettore rimarrà certamente colpito dalla presentazione lineare e puntuale degli eventi, e forse, in qualche caso, ne resterà anche perplesso.  In questo testo è inoltre dimostrata la possibilità di difendere gli stessi valori, di reclamare gli stessi diritti, a partire da percorsi differenti: quello che la mia famiglia ha sempre sentito come un insopprimibile bisogno, connaturato e viscerale, di poter decidere riguardo se stessi - tanto più quando in gioco è la fine della propria vita -, Maurizio  Mori lo dimostra come il risultato di una esigente, legittima e rigorosa riflessione etica. Vi sono argomentazioni morali che sono sostenute da così poderose ragioni da apparire dotate di evidenza. Egli ci costringe al ragionamento leale sui nostri sentimenti e pregiudizi più profondi.  E lui più degli altri ha compreso che non mi può cambiare nessuno.Come i magistrati hanno capito questo di Eluana.  Oltre ai giudici che hanno avuto il coraggio di andare fino in fondo, in favore di una delle nostre libertà fonda-mentali, Eluana avrebbe ringraziato anche lui, Maurizio: per la riflessione filosofica compiuta, per il tempo speso, per il mutuo soccorso, per le andate e i ritorni in mille iniziative, per avere lanciato il sasso ed aver mostrato la mano.  In attesa di sapere quale direzione prenderanno gli eventi, mi fa piacere vedere che la vicenda di Eluana e della nostra famiglia sia stata presentata in un testo così autorevole e umanamente ricco. Maurizio Mori. Mori. Keywords: la coerenza dell’intransigenza.

 

Grice e Moriggi: la ragione conversazionale e la stretta di mano – Ercole e Cerbero – le tre implicature conversazionali – la scuola di Milano -- filosofia lombarda -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Milano). Filosofo italiano. Milano, Lombardia. Grice: “I like it when Moriggi does substantial metaphysics; he has edited a collection on ‘why is there something rather than nothing?” – hardly rhetoric – and the subtitle is fascinating: the vacuum, the zero, and nothingness! All in Italian, to offend Heidegger!” Specializza in teoria e modelli della razionalità, fondamenti della probabilità e di pragmatism. Insegna a Brescia, Parma, Milano e presso la European School of Molecular Medicine è conosciuto al grande pubblico attraverso la trasmissione TV E se domani di Rai 3 e per alcuni interventi ad altre trasmissioni. Saggi: “Le tre bocche di Cerbero” (Bompiani. Perché esiste qualcosa anziché nulla? Vuoto, Nulla, Zero, con P.Giaretta e G.Federspil (Itaca) Perché la tecnologia ci rende umani  (Sironi) Connessi. Beati quelli che sapranno pensare con le macchine (San Paolo) School Rocks! La scuola spacca, con A. Incorvaia (San Paolo, ), con prefazione rap di Frankie Hi-nrg. Stefano Moriggi. Moriggi. Keywords: le tre bocche di Cerbero. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Moriggi” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Morselli: la sistematicita della filosofia – la scuola di Vigevano -- filosofia lombarda – filosofia italiana -- Luigi Speranza (Vigevano). Filosofo italiano. Vigevano, Pavia, Lombardia. Grice: “What I like about Morselli is that his is mainstream (Lombardia) and that he approached philosophy systematically. Only Morselli could conceive of a ‘dictionary’ – and he also wrote a ‘storia della filosofia’!” – afasia. Osn!:d P*%r OdMi WHMJOTECA CAPWvj|a£.  dico) = Il silenzio) (fllos.): per gli Scettici antichi l'afasia. Il tacere è 11 risultato della sospensione di qualsiasi giudizio o affermazione circa la vera natura del¬ lo cose. L’uomo conosce soltanto ciò che appare, và 9aiv6jj.Eva, la pura apparenza: se si vuolo oltrepassarla, ci si trova di fronte a ragioni contrarlo e d'uguale forza; perciò il saggio, se vuol conservare l’impassibilità e l’equilibrio dell’anima (derapala), non afferma nuLa, neppure l’impossibilità della scienza. - (psicol.): l’afasia ò la perdita totale o parziale dello funzioni del linguaggio. Affettivo (lat. a/Hccrc. p. 0. dolore, lae- iiiìa —- addolorare, rallegrare) (psicol.): si dico delle modificazioni e dei modi di essere dei soggetto, dei processi es¬ senzialmente soggettivi, come il niacore, il dolore, le emozioni, 1 sentimenti, lo passioni, io inclinazioni, che formano una dello tre grandi attività in cui si distribuisce solitamente, per comodità d’analisi, la vita psicologica, cioè l’in¬ telligenza, il sentimento, la volontà. Affezione (affectio) (psicol.): in generale designa una disposizione, uno 0 stato, un mutamento dovuti a causo esterne o Interne, sempre con un carattere di passività. In senso più particola¬ re esprime il piacere, il doloro e lo emo¬ zioni elementari. A fortlorl (logica): ò la forma di prova che, dimostrando vera una proposizione, afferma che un’altra proposizione, di quella più 1 meno estesa, più o mono generalo, ò vera con più forte ragione; p. es.: se il santo pecca, a /ortiori pecca la comune umanità; so ò immorale la menzogna, tanto più è Immorale la ca¬ lunnia, clic è una menzogna diretta con¬ sapevolmente a recar danno. Agatologia (gr. rò àyaflóv = 11 bene, e Xóyo; = discorso : scienza del bene) tfilos.): termine usato dal Rosmini per indicare la dottrina del bene, che viene considerato come il principio primo del¬ la filosofia ; tale esso è nel sistema plato¬ nico, in cui l’idea del Bene è l’idea più alta, dalla quale tutto lo altre idee rice¬ vono luce e alimento. Agnosticismo (gr. éc-yvcooto; = non conoscibile) (fllos.): ò un termine creato dal naturalista Inglese Tommaso Hux¬ ley; si applica a quelle dottrine che, corno l’cvolnzionismo di Spencer, ammettono bensì al di là dei feno¬ meni e delle loro leggi un ordine supe¬ riore di realtà, ma lo dichiarano inco¬ noscibile per la mento umana, conside¬ rando cosi insolubili i problemi metafisici, 0 relativo il sapere umano. Agorafobìa Anagogia Agorafobia: vedi fobìa. Agostlnismo (fllos.): designa Io spirito della dottrina di S. Agostino o l’ispi¬ razione mistica comune allo filosofie di S. Anselmo, S. Bonaventura, Pascal, Malebranche e, in misura inferiore, ad altri sistemi. 11 presupposto fondamen¬ tale ò l'atto di adesione alTordine soprannaturale, a Pio che libera la vo¬ lontà dal senso mediante la grazia e la mente dallo scetticismo mediante la rivelazione; Pio. che è verità© amore, costituisco il centro della dottrina, della quale sono principii essenziali il primato della volontà, la debolezza peo- oumiuo.su dcH’iiomo, la metafisica del- Tespcrlenza interiore e della conversione, la prescienza divina o la prede¬ stinazione, cec. Agrafia (gr. a priv. o YPtt?» scrivo) ( psicol.): è quella forma particolare di perdita della memoria, che colpisce, sopprimendoli, i movimenti necessari! alio scrivere. Allucinazione ilat. alucinaiio, da alu- einor = agisco vanamente, sogno) (psicol.): consiste nel percepii*© come presenti esseri, oggetti, fonomeni che in realtà non sono presenti. Si osserva nel delirio, nella febbre alta, ma anche in stuti apparentemente normali. Alogico (gr. a priv. o XÓyo$) {topica): si dice di ciò che é estraneo, indifferente alla logicu, di ciò clic aucora si sottrae olle leggi della logica, come è di senti¬ menti, passioni, fatti accidentali, cec. Non ò da confondersi con illogico, che si applica a ciò che ò contrario alle leg¬ gi logiche. Alterità (gr. éTepórv)^; opposto: iden¬ tità) (logica): ò il carattere di ciò che ò altro, cioè differente o distinto. Nel So¬ fista di Platone l'altro, conio categoria, è diverso dall’essere; e così vicn ristabilita, contro Parmenide, resistenza del non essere. - Nicola ( Tjìano all’unità divina fa corrispondere Taltcrità (e cioè la. varia molteplicità) delle cose del mondo. Altruismo (opposto: egoismo) (morale): comprendo le tendenze o 1 sentimenti che hanno per oggetto il bene o l’inte¬ resso dei nostri simili. La dottrina di G. Bentham o di G. Stuart Hill vuole spiegare, con l’associazione delle idee, il passaggio, nella vita sociale, dal sen¬ timenti egoistici a quelli altruistici, dal¬ la considerazione dell’utile proprio a quella dell'utile altrui, che ò poi il fine più alto della morale, secondo Tuffi»- tarismo. Amnesìa (gr. a priv. c {iva, tema di {UfJLvy) croco = ricordo) (psicol.): è la perdita totale o parzialo della memoria, che ora annulla o riduce la capacità di fissare i ricordi, ora sopprimo la facoltà di richiamarli, ora cancella tutto il pas¬ sato o una data classe di ricordi (p. e. una lingua straniera, le nozioni di mu¬ sica, eco.). Amorale = ò ciò che non è né morale né immorale, ciò elio non ha rapporto con la morale, ò indifferente di fronte alla distinzione di bene o di mule. Amore (in generale): comprendo lo ten¬ denze elio portano verso un oggetto o una persona, quando non mirano esclu¬ sivamente alla soddisfazione d’un bi¬ sogno materiale o d’uu fino egoistico. - (filos.) : Empedocle vuol spiegare il divenire con Tumore (q>tXiÓT7)£), grazie al qualo il molteplice tende n costituirsi in unità, mentre la discordia (vetxoc) scioglie l'unità per dar luogo alla plu¬ ralità degli clementi o delle cose. - per Platone l'amore è un'os pi razio¬ no al mondo divino delle Idee, cui l’ani¬ ma, tratta dui desiderio della bellezza, ascende, per gradi, da un corpo bello a due, da due a tutti, c da tutti i corpi belli alle belle istituzioni, alle belle scienze, finché perviene alla stessa idea del bello (Conrito); l'amore è pertanto la forza che determina il passaggio da una conoscenza più povera a una co¬ noscenza più ricca. - con S. Agostino l’umore non ò più un movimento dal basso verso l’alto, dal mondo reale verso il mondo Ideale e divino, ma un movimento che dall’al¬ to scende verso gli esseri inferiori per elevarli a sé; è puro, non mescolato con interessi, timori o speranze, è la per¬ fetta carila, umore del prossimo in Pio, è un amore che viene da Pio o porta verso Pio. - per Spinoza dalla conoscenza intui¬ tiva, per cui la mente umana abbraccia tutta la molteplicità delle cose come uno sviluppo della sostanza infinita e divina, sorge un infinito amore di Dio (amor inUUcctualis dei) e la beatitudine perfetta corno effetto della conoscenza più adeguata, in cui lo spirito coglie Pio stesso e ne gioisco; però « chi ama veramente Pio non pretenderà elio Pio ricambi il suo umore . Anagogìa (gr. àvaYCoyq = elevazione) (rclig.): ò detto anagogico II significato più profondo e simbolico dello Sacre Scritture, quello iu cui sono adombrato le cose del mondo divino, Analisi — 10 — Anamnesi - (/iloti. ) : è adoperato da Leibniz to¬ me sinonimo di induzione. Analisi (dal greco ava— aG eo = «dolgo, separo; opposto: sintesi) (in generale ): è un procedi mento del pensiero eh© con¬ siste nei risolvere un composto negli c- lemeuti che lo costituiscono. - (/ ilos.): si procedo per analisi quan¬ do, per còglierò la realtà ultima delle cose, si vuol giungere agli elementi piti semplici che la compongono; p. oh.: -— a) Vatomistica di Democrito, che scioglie i corpi in atomi indivisibili; - è) Vcmpirismo, eh© tende a scoprii© gli elementi più semplici della coscien¬ za, gli atomi psichici (cioè sensazioni, sentimenti, volizioni), costruendo o ri¬ costruendo con questi lo operazioni più ulte della mente: la memoria, la fanta¬ sia, il ragionamento, eoe. (Locke, Uu- are, Taixjb); - d) la dottrina di Kant, che, per chia¬ rire l’attività conoscitiva, la scioglie nel suoi elementi (forma e materia) e nei suoi fattori ( sensibilità, intelletto, ragione). -- (psicol.): la mente analitica consi¬ dera e rileva nelle cose i loro elementi ; la mente sintetica le vede nel loro in¬ sieme. - Biagio Pascal denomina lo spi¬ rito analitico esprit de géomitric, che ò penetrante, scorge i particolari, ri¬ cerca l'esattezza nell’osservazione dei fatti, segue uu principio fin nello sue ultime conseguenze; mentre lo spirito sintetico, detto da lui esprit de finesse, ama, più che il rigore del ragionamen¬ to astratto, la visione unitaria e com¬ plessiva delle cose, l’intuizione dei rap¬ porti che le uniscono. - la filosofia dell’i nfuizione considera l’analisi un procedimento che si arresta all'osservazione esteriore, si lascia sfug¬ gire la vita interiore o l’essenza dello cose e considera un tutto vivente come un meccanismo da smontare pezzo per pezzo. «Chi vuol conoscere c descrivere un essere vivente, ne trae prima fuori lo spirito; allora ha in sua mano le parti, ma, ahimè l non c’è più la vita che unifica • (Goetite, Faust). Analitica trascendentale (filos.)- Kant designa con questo termine quel¬ la sezione della ('ritira della fingi(m para, clic espone la dottrina dello ca¬ tegorie, cioè delle forme a priori deWiu- trillilo, intendendo per intelletto la fa colta di pensare o ridurre a scienza gli oggetti dell'Intuizione, ossia i fenomeni, collegandoli o ordinandoli, appunto mediante le categorie. Analitici (filos.): Aristotele chiamò analitici i libri nei quali studia le leggi formali del pensiero o *rà àvaXuTtxà il complesso delle sue ricerche logiche fondamentali. - Kant denomina analitico il giudizio in cui il predicato è contenuto implici¬ tamente nel soggetto e si rendo espli¬ cito con ranalisi del soggetto; è a priori e non aggiungo alcuna conoscenza nuo¬ va; p. cr. i corpi sono estesi » (V. sin* t etico). Analogia (gr. àva-Xoytx - rapporto, proporzione) ( logica ì: come proprietà delle cose indica una somiglianza di rap¬ porti fra oggetti differenti; p. ee. sono analoghi gli organi che, pur non avendo la stessa forma o appartenendo a due classi di esseri distinti, compiono però le stesse funzioni: cosi per Platone l’a¬ nima razionale (vou^) nell'uomo c la classe dei * filosofi " nello Stato sono analoghe. - per S. Tommaso e pel Ncotomismo gli attributi applicati a Dio (come po tenza, bontà, sapienza ecc.) debbono essere intesi in significato analogico, cioè non sono applicabili nello stesso senso e misura all’uomo e a Dio, come, per es. t l’aggettivo ridente non ha lo stesso significato se riferito a un viso umano e ad un paesaggio. - come procedimento di ricerca runa- logia è un ragionamento che da una so¬ miglianza fra due cose in alcuni punti deduce una somiglianza su altri punti; p. e. : « se la Temi e Marte hanno co¬ muni le note a, b, c, si può inferire che anche la nota d, la vita, si trova in Marte . 11 procedimento analogico non dà certezza, ma solo probabilità. Anamnesi (gr. àvàjxvyjoriq =reminlscen- za, ricordo alquanto vago) (filos.): per Platone il vero sapore (èTriOTi^fjLV)* cioè la scienza delle idee) è ricordare, c re¬ miniscenza, c Ignorare è aver dimenti¬ cato. L’anima, prima di nascere, è vis¬ suta nello spazio sopracoleste (TÓ7TO£ ur:spoupàvio£) contemplando la realtà vera, lo idee, la giustizia, la saggezza, la scienza; cadendo poi in un corpo sulla terra, l’anima dimentic a ciò che ha ve¬ duto; ma alla presenza delle cose sen¬ sibili, copie imperfette e sbiadite delle idee, degli esemplari sopmeelesti (rra- pa$siy(AaTa), questi ritornano davanti alla niente in modo più o meno con¬ fuso. [X7}Ttx4v); e. intenneillnrin fra i dm'. l’appetito ira- scibile (tò — Per Mosto- tele l'aninm è la /ormo del corpo, al uuaic dà la Illuni, il movimento, l’ar- monia, e sta ad esso come la visione, oyte. all'occhio ; è vegetativa nelle pian¬ te, in più è tensilira midi animali ra¬ zionale nell 'uomo, vii Khituiìi, se¬ guendo l’atomismo democriteo, pensano l’anima materialisticamente formata d’atomi e mortale, mentre gii Stoici. ispirandosi ad Eraclito, la credono un fuoco sottile, un sodio x{a): termine n- doperato da Leibniz per designare «dò cho fa sì che un corpo è impenetrabile a un altro » ( aUribulum per quod viale- ria est in spatio). Antropocentrismo {/ilos.): ò la con¬ cezione antropomorfica cho pone l’uo¬ mo come il centro o lo scopo di tutta la realtà, corno se Lordine universale delle cose fosse creato o disposto per l’uomo o le sue esigenze, ft por lo più Antropologia - 13 - A posteriori legata al geocentrismo (yyj = terra), cioè alla teoria, comunemente detta to¬ lemaica, cho poneva la terra nel centro dell’universo, e die cadde per opera di Copernico, di Galileo e di Giordano Bruno. Antropologia (gr. £v9porito? »= uomo, o Xóyog = discorso) Un generale); è la scienza che tratta della storia naturale dell’uomo, ricercandone le origini e de¬ scrivendone le diverso rozze. -( filos,.): Kant distingue un 'antropo¬ logia teorica, che cuna psicologia empi¬ rica o tratta delle facoltà umane; un'nn* tropologia pragmatica, eh© studia l’uo¬ mo per aumentarne e perfezionarne l’a¬ bilità; uu’antropologia morale, che ha per line la saggezza della vita in modo conformo ai prindpii della Metafisica dei costumi e della morale. Antropomorfismo (gr. àv9pco-oc = uomo o (j.op(py;= forma, liguri») (psicol.): è la tendenza spontanea dell’uomo a rappresentarsi le cose, gli esseri, Dio stesso sul modello delia propria natura ; p. e. attribuire alia divinità forma cor¬ porea e passioni umane. Skxojane, fon¬ datore dolla scuola identica, è uno del primi elio condannano l’antropomorfi- •smo religioso. Apatia (gr. àrriOcia. da a prlv. o 77x9-, tema di TTarryco = io soffro) (in gene- rute): s’intendo una specie d’insensibi¬ lità, d’indolenza, che si rileva dalla len¬ tezza delle reazioni, sia psicologiche, sia morali. - (filos.): per gli Stoici l’apatia è lo stato in cui viene a trovarsi l’uomo quando vive operando in modo confor¬ mo alla ragione, ossia quando non si la¬ scia turbare dagli affetti Irragionevoli, dalle passioni, dai beni eslcriorl, e di¬ viene uuo spirito sereno, eguale, imper¬ turbabile. Apodittico (gr. i-oSeiy.Tiy.óc, da SEty.vupu = mostro, provo) (logica) : si dico di ciò che si afferma incondiziona¬ tamente come necessario, certo, incon¬ futabile, sla per una dimostrazione de¬ duttiva, sia per la sua intrinseca evi¬ denza. Apologetica (gr. àrroXoyÉo|iai = mi difendo) (retto.): l’apologetica cristiana comprendo l’arto dialettica e gli scritti aventi por line la difesa della religione cristiana eoutro gli attacchi della (ilo- 80 lia antica, dei potere politico e delia religione pagana,, e miranti a ottenere per i Cristiani la tolleranza delle leggi, nonc hé a dimostrare che la vera reli¬ gione è la cristiana. Apologeti sono: Tertulliano, Giustino, Minucio Fe¬ lice, Ireneo, eoo. (II e III soc. d. Cr.). Aporèma (gr. x-ópy)|zx, da àrtopéto = sono In dubbio) (logica): è un sillogi- snio dubitativo, che vuol dimostrare Pu¬ gnai valore di due ragionamenti opposti. Aporia (gr. à Tropea = imbarazzo, situa¬ zione senza uscita) (logica): è il dubbio logico proveniente da difficoltà insolu¬ bili. Sono famose le aporie di Zenone D’Elea, che mirano a ridurre all'assur¬ do le tesi contrarie all’idea deli’Dno im¬ mobile di Parmenide e affermanti l’esi¬ stenza reale della pluralità e del movi¬ mento. I filosofi scenici sono detti an¬ che aporetici, per lo stato di dubbio in cui alla fine vengono a trovarsi dopo aver ricercato la verità, e per cui so¬ spendono ogni giudizio (èizoyjr) o asseti - tUrnie rclcntio, come ilice Cicerone). A posteriori (opposto: a priori) (filos.): le due espressioni « a priori  e • a poste¬ riori », assai importanti nel linguaggio filosofico, derivano tini procedimento a- rlstotclieo, per il quale il concetto, l'i/n i- versale, i> designato corno logicamente anteriore, il particolare come posteriore : ' non è lo stesso ciò che ò primo per natura ( 7 tpÓTSpov Ty (juierst) e ciò che è primo per noi (7tpè; fyjtà; TCpórepov); è primo per natura l’universale, il con¬ cetto; è primo per noi, o per opera del senso, il particolare, il singolo ». — Questi termiul diventano comuni nella Scolastica : per Alberto Magno ( sec. XIII) provare ex priori bus significa dimostrare partendo dui principi!, dalle cause; provare ex posterioribus significa dimostrare partendo dalle conseguen¬ ze, dagli effetti; per S. Tommaso non si può dimostrare a priori l’esistenza di ilio, perché questi è causa prima: oc¬ corre partire dagli ottetti (p. e., il mo¬ vimento) o di qui risalire alla causa prima. -Nei tempi moderni, quando l'indagi¬ ne filosofica si sposta, e dalla ricerca delle cause dell'» essere » si trascorre a indagare le cause o le fonti dei « conosce¬ re -, si ha un notevole cambiamento : a priori è ciò che è dovuto alio sviluppo spontaneo della ragione, ciò che questa trae da sé, dalla sua interiorità, in ma¬ niera, Indipendente dall’esperienza, o quindi lia, por Kant, i caratteri dell'unf- versalità e delia necessità: a posteriori è ia conoscenza che proviene dall'ospe- rienzu o ha il suo fondamento mdl'ospe- rienza o manca perciò di quei caratteri, Perché è ristretta ai casi effettivamente sporlmentati. Appercezione Arianesimo _ Nella teoria dell'evoluzione (Spen¬ cer) 6 « priori per l'Individuo ciò che si trova In lui come un prodotto dell'esile- rienza della aporie, trasmesso per ere¬ ditò, e che per la. spedo, quindi, è a posteriori ; « posteriori per l’Individuo è ciò che egli acquista con la sua espe¬ rienza: si tratta dunque (l'un’anterio- rlrìv cronologica o psicologica, non lo¬ gica o razionale. In realtii per l'evoluzio¬ nismo, che è una forma di empirismo, la conoscenza è interamente a poste¬ riori. perché tutta, originariamente, de¬ riva dall'esperienza. Appercezione (in generale): b il pren¬ der possesso d'un’idea eon un lavoro attivo della mente che la rende piu chiara e meglio definita. -- (/«os.) per Leibniz è la conoscenza chiara odistinta, clic differisce di grado dalla percezione oscura e confusa; è rrprarsr n/al io multi liuti tris in imitate. - Ka.N 1 distingue Vnpitercezionc empi¬ rica ila quella trasreintentate: la prima è in sé dispersa, senza legame col «og¬ getto, di guisa clic I fenomeni psichici percepiti non sono vissuti come facenti parte d’nn’unità superiore, d'un io. ma rimangono isolati e disgregati a guisa di atomi: la seconda è l'atto di riferire una rappresentazione, una conoscenza alla coscienza pura, originaria, superio¬ re al senso e da questo distinta, cioè aìVitmtUa. cho accompagna c stringe i-ln un tutto, in una sintesi, le varie rap¬ presentazioni, ed è in ogni coscienza una e identica, non derivata da altro; p. e. il senso percepisce due fenomeni « c b isolati, senza collegamento: Vinlelletta quando dice: •Alt raggi solari) è causa (j.aT0S = incor¬ poreo, da a prlv. c eròica, corpo) (fi- bui.): secondo gli Stoici sono asomatlci il vuoto, il tempo c gli oggetti del pen¬ siero. Assenso (il lat. assensvs traduce 11 ter¬ mino stoico auv-xaTa—ftsaic - il nor¬ ie, raffermare) (logica): in generale ò l’atto col quale l’intelletto accoglie o fi) sua un’idea o uu’affeminzlono al¬ trui. - per gli Stoici si dà l’assenso a una rappresentazione, la si accoglie come vera, quando questa, quasi impressa, suggellata in noi da un oggetto, s’im¬ pone allo spirito por la sua forza, la chiarezza, l'evidenza,Ci tira per i ca¬ pelli, come essi dicevano. Assertorio (giudizio) (logica): b quello elio esprime la realtà, l’esistenza, con la copula: «è, «non è ", senza Implicare la necessità, essendo possibile il con¬ trario. Assioma (gr. àjicojxa = dignità, po¬ stulato; da &£toc - degno; hit. mun- fiatimi) (logica): è in generale in affer¬ mazione, un principio considerate come vero per la sua evidenza e accolto come vero senza bisogno di dimostrazione. -- i matematici greci l'applicarono pei primi alle proposizioni evidenti: p. e.; tra due punti la linea più breve è la retta. - con AniITOTELE si è esteso ni prin- cipjt logici: al ] trincipio di identità, di contraddizione, ccc. - Spinoza denomina assiojni alcuni principi! fondamentali della sua Etica « more geometrico i/cmonstratu », Associazione delle idee — 16 — Astrazione Associazione delle idee ( psicol. ): de¬ signa la tendenza comune ai processi psichici a collegarsi fra loro, in modo r-lie, quando uno di essi risorge nella co¬ scienza, tende a richiamare altri stati psichici, o per coni ignita, cioè per essere entrati contemporaneamente nella co¬ scienza, ^ per ragioni di somigliansa, o anche per ragioni di contrasto. —- Si può ricondurre a due leggi generali : — a) la legge Cinica razione, per cui un processo psichico tende a ricostituire il complesso mentale di cui ha fatto parte ; — b) la legge dell* interesse, per la quale fra gli stati psichici richiamati si opera una selezione dovuta all’interesse at¬ tuale clic offrono pel soggetto. - L'associazione delle idee è descritta per la prima volta da Platone noi Fe¬ done (cap. 18 ), per spiegare l’idea del- 1 ’ anamnesi . - I). Humk sviluppa e determina la teoria dell’associazione e la pone a fon¬ damento della vita psicologica. Associazionismo ( filos è la dottrina sostenuta dagli inglesi H ARTLKY, Hv- ; me, Stuart Mill, Bàin, ecc., secondo la quale l’associazlono delle idee ò la leg¬ go fondamentale della vita dello spiri¬ to e del suo sviluppo. È collegata a una concezione atomistica della vita spiri¬ tuale, per cui un numero determinato di elementi psichici, analoghi agli atomi della chimica (cioè sensazioni, sentimeli- li, immagini), associandosi, danno ori¬ gine alle funzioni superiori (memoria, intelligenza, fantasia, ragione) © le spie¬ gano. Assoluto (dal lat. absolvcrc = separare, perfezionare ; quindi assoluto = ciò che è indipendente e perfetto ; opposto : re¬ lativo) (/ ilo 8 .): esprime l’essere cho è sciolto da ogni limite, relazione o con¬ dizione, indipendente da ogni altro es¬ sere o cosa, e a un tempo perfetto ; quin¬ di l’easere che esiste in só e per sé. - l’assoluto può essere inteso come il fondamento primo di tutte le cose, che per il materialismo è la materia, per lo spiritualismo lo spirito pensato come sostanza, per l’idealismo il pensiero nel suo più ampio significato, ecc. - Newton pone a fondamento della sua meccanica il tempo assoluto e lo spazio assoluto, che cioè hanno esisten¬ za in sé, mentre ]>er Kant tempo e spazio sono attività della nostra sensi¬ bilità, c, quindi, dipendenti da questa, ad essa relative (v. spazio e tempo). Assurdo (Ionica): si dice d’un’hlea o d’un giudizio che viola le leggi fonda¬ mentali del pensiero, perché contiene elementi incompatibili fra loro o con¬ traddittori. - la dimostratone per assurdo (o ridu¬ zione all’assurdo, deducilo ad absurdum) è quella che vuol dimostrare o confu¬ tare una determinata tesi, esponendo la falsità evidente e la contraddittorietà delle conseguenze che no derivano. Astratto (dal lat. abs-trahcrc = trarre fuori; opposto; concreto) (psicol.): si di¬ ce della parte n dell'elemento che venga tratto fuori (abstrachim) da un tutto o considerato separatamente, p. e. la for¬ ma, il colore d’un oggetto; perciò pren¬ de il senso di - pensato \ * concettuale », in opposizione a ciò che ò dato imme¬ diatamente nell’intuizione. Astrazione (gr. d^aeCpsot?, da à = traggo fuori, lat. abstraho ): questo tonnine passa per due fasi prin¬ cipali (Euoken): - 1 . fase logico-metafìsica: per Arisi o- TELE è il procedimento che, omessi i ca¬ ratteri accidentali cruna cosa, ne rileva le qualità essenziali c le considera per so stesso; quindi sono astratte (è5 àcpaipéoEox; XsyójjLeva) lo forme sepa¬ rate dalla materia, come lo grandezze matematiche, l'idea della statua sepa¬ rata dal masso di marmo. Nello stesso senso è intesa nel Medio evo: abstrahere. formam a materia int dicchi — separare la forma dalla materia mediante l’in¬ telletto. Nella logica astrarre consiste general¬ mente nel passare, mediante la sop¬ pressione d’una o di più note d’un con¬ cetto, a un concetto più generalo; p. e. togliendo ai concetti di quercia, olmo, pioppo ecc. alcune note, cioè quelle che li differenziano, si salo al concetto più generale di albero, cosicché quanto più l’astrazione procede, tanto più dimi¬ nuisce il contenuto del concetto, cioè la sua comprensione (che ò il numero dello note che esso include), e cresce invece l'estensione (che è il numero degli indi¬ vidui che esso abbraccia), come si vede passando, p. e., dal mammifero al ver¬ tebrato, àlTanimale, all’essere viven¬ te ecc. - 2 . fase psicologica (con Locke, Ber¬ keley ecc.): è l'operazione spontanea per cui il pensiero isola progressiva¬ mente, nella massa dei fenomeni, le qualità comuni ai singoli oggetti e le esprime mediante un nomo comune, un concetto, un’idea generale, trascorrendo dall osservazione dei singoli individui alla specie e al genere, grazio a quell 'al* Atarassia 17 — Autarchia tra operazione spontanea che è la ge¬ neralizzazione, per cui si estende a tutta una classe, a una specie, a un genere ciò eho si osscrra in uno o più individui. Atarassia (gr. àrapaSta, da a prlv. e rapaOCTtij = turbo, agito) (filos.): è la serenltù dello spìrito che per K Pier no è l’ideale del saggio; è una conquista della ragione mediante la saggezza (, c vede in questo atto la prova In¬ tuitiva della propria esistenza. _per Kant Invece l'io conosce so stesso non come sostanza, ma come « sog¬ getto », corno attività; ossia l'io è il ter¬ mine comune a tutti i processi di co¬ scienza, quasi il ilio invisibile ohe 11 tie¬ ne collegati; separato da essi, è pura astrazione., Autoctisi (gr. auró? e etici!.? — crea¬ zione di se stesso) (/ilos.): termine usato dal Gentile per esprimere che lo spi- t rito, pensandosi, prendendosi come og- getto, creo se stesso, si sviluppa in¬ cessantemente, grazio a una. vivente | dialettica del pensiero (v. dialettica). Automatico (gr. aÙTÓ[.taTO? = che s muove da Bé) (in generale): si dice di ciò che si muove da sé in maniera meccanica, senza l’intervento di for¬ ze psichiche o di una volontà intelli- gente. _ (psicol.): si applica all’attività in¬ cosciente, cioè a quegli atti che si ri¬ petono in maniera indipendente dalla volontà. .,,,, . Autonomia (gr. coìtó? e vólto? = il da¬ re a se stesso lo legge, il reggersi con proprio leggi; opposto: eteronomia, dal gr. c~po? = altro, e vópio?= legge; che significò: il reggersi con leggi date da altri) (morale): per Kant consiste nel fatto che la volontà umana 6 una vo¬ lontà legislatrice universale, in quanto l'uomo nell’ordine morale obbedisco a una legge che emana non da una vo¬ lontà a lui esteriore (sia questa Dio, la società, la naturo, come avviene nella morale eleronoma), ma dalla sua volontà di essere ragionevole, dalla suo co¬ scienza. Autorità (principio di) —) (in generale): consiste ncll'accogliere come vera una cognizione da una persona cui si rico¬ nosce una superiorità intellettuale o morale, rinforzata spesso dalla tradi¬ zione., . ., _ (/ilos.): nel Medio Evo Aristotele gode d'un'autorità assoluta nella scien¬ za e nella filosofia, donde il detto: ipse dirit (traduzione del greco aùvò? 2pY)Tlx6?), cioè della piena esplicazione delle tor- -,c spirituali, della vita contemplativa che offre la conoscenza più alta, quella del macrocosmo e delle sue leggi eterne. __per B u Stoici si raggiunge nell apa¬ tia ànà&Eia, nel dominio della ra- gionc sulle passioni e sul dolore; per TOPI ceno nell’atorossla, che e data dal- 1 l’assenza del dolore, da una scelta Bapiente'del piaceri e dall’armonia della vita. . _ per Spinoza 1 ’uomo raggiunge la beatitudine, la quiete definitiva, solo nella conoscenza del terzo grado, cioè nella «conoscenza intuitiva», per cui la ragiono vede le cose In Dio, nel loro aspetto eterno (sub specie acf erri itati»), che è poi un conoscerò Dio stesso nella sua unità, quasi un coincidere con lui. Beavlorlsmo (inglese: behariour - comportamento, condotta) (psicol.): ts il metodo di ricerca psicologica, che consiste nell’indagare 11 modo di rea¬ gire alle impressioni esterne, la manie¬ ra di comportarsi, di condursi nelle differenti circostanze della vita. Que¬ sto metodo, applicato dapprima agli a- nimali, s’è poi esteso all'nomo. Bello (/ ilos.): nell'antichità: per Platone il hello è ciò che offre all’occhio e alla, mente proporzione e armonia, ordine e misura. In modo cho la varlotà degli elementi si disponga In gradi e si com¬ ponga in un tutto plasmato o ordinato dalla vita dello Bpirito, il quale,. libe¬ randosi gradatamente da tutto ciò cho è corporeo e sensibile, può essere tratto verso il bello In sé, verso l’idea del bello eterna, perfetta, immortale (v. dialet¬ tica). L’arte dell’uomo non ò altro che un’imitazione della natura, che alla sua volta c un’imitazione dell’idea, quindi un'imitazione dell’imitazione, non un'c- spressione dirotta del hello. _Per Aristotele gli elementi del hello sono: l’ordine (Tpia|.iévov); la fonte del bello è nel senso innato del ritmo e dell’armonia e nell’istinto d’ìniitazione, raffinato dalle due facoltà del genio ellenico: veder le cose con meravigliosa chiarezza; rappresentar¬ sele con perfetta obbiottività. __per Plotino il bello con è nella sim¬ metria, ma « è ciò cho rispleudc nolla simmetria »; una statua è bella « per In forma che l’arte vi ha introdotto », i-apà top stSou?, 2 èvfixvjv 7] t éyvv)). È l 'intuizione dell’artista, il suo genio che cren l’unità fra le parti molteplici d’un oggetto e dona a questo ciò che lo spirito ha di più profondo, mediante una raffinata elaborazione tecnica; l’ar¬ te non è più imitazione, come per Pia¬ tone o Aristotele, ma creazione dell’in¬ telligenza, del voù?. Questa teoria viene ripresa nel Hinascinicnto. - nei tempi moderni : per KANT è hello ciò che procura una soddisfazione di carattere universale, non esprimibile mediante concetti, libera da qualsiasi fino uti itarlo o morale: le coso non sono belle perla loro intima costituzio¬ ne, che In se stessa rqpta a noi scono¬ sciuta, ma perché sono capaci di ecci¬ tare c tendere In maniera armoniosa le nostre forze spirituali. - per B. Cuoce il bello non è un fatto fisico, non ha nulla da vedere con ru¬ tile, col piacere, col dolore, con la mo¬ rale. non è oggetto di conoscenza con¬ cettuale; è dunque ciò ohe produce uno stato d’animo libero da ogni interesse pratico o logico, un’impressione che si esprime in una pura Immagine, oggetto di intuizione, ebe è conoscenzaimme¬diatao fantastica d’un momento della vita dello spirito considerato nella sua singolarità. Intuizione cui dà coerenza e unità il sentimento. Bene (in generale): ò tutto ciò cne ri* spondo o si crede che risponda a un bisogno e porta n un fine voluto o de¬ siderato. _ (morale): è ciò che nell’ordine dell a- zlone ò oggetto d’approvazione, ciò il cui possesso è causa di soddisfazione e avvia alla perfezione. -_il gommo bene (summutn bollimi) è, per la filosofia antica, l’oggetto ultimo al quale deve tendere la volontà mo¬ rale • quindi un bene bastante a so stes¬ so, cui tutti gli altri beni sono subordi¬ nati e rispetto a cui son da considerarsi come mezzi. _ gli scolastici, Cartesio, Spinoza, Leibniz seguono la tradizione antica. Kant giudica che 11 dovere è anteriore al bene morale, che questo deriva da quello e gli è subordinato ; giacché li bene è ciò che si fa per dovere: ossia l’asione morale trae U suo valore non Biogenetica — 20 — Carattere dallo scopo al quale tende, non dal bene che attua, ma dal principio cui la volontà obbedisce, apendo unicamen¬ te por rispetto olla leppo morale : perciò la lepgo morale incondizionata deter¬ mina il bene, non il beno determina il dovere. Biogenetica (legge) (gr. (Uos = vita, yeveatS = origine): ò la legge, oggi con¬ testata, che ebbe questo nome dal na¬ turalista tedesco K. Haeckkl, per la quale le fasi dello sviluppo individuale ricapitolano in breve le fasi dello svi¬ luppo della specie. La formula è: Yonto- genesi ripete la filogenesi (v. ontoge¬ nesi). Biologia (gr. plot; = vita, Xóyos = di¬ scorso). È la scienza dei fenomeni ge¬ nerali della vita, comuni agli animali e alle piante. Comprende la morfologia, la f isiologia, la patologia, secondochó si considerano lo forme, le funzioni, i fenomeni anormali degli organismi vi¬ venti. Bisogno ( psicol .): ò la consapevolezza che qualche cosa manca al nostro orga¬ nismo, o anche, in senso più alto ameno usato, alla vita intellettuale, giacché ogni essere per vivere, svilupparsi o rag¬ giungere 1 fini che gli sono proprii deve prendere al mondo esteriore lo materie e gli elementi necessari all’esistenza. Si distinguo dal desiderio, perché il biso¬ gno ò indeterminato nel suo oggetto, mentre il desiderio si dirigo verso un oggetto determinato: ho bisogno di nu¬ trirmi o desidero un determinato cibo. Buon senso: per Cartesio ò sinonimo di ragione, intesa come facoltà di di- Bcernere il vero dal falso; quindi ò la capacità di ben giudicare, che non vie¬ ne concessa a tutti gli uomini nella stessa misura. Buridano (asino di — ) ( filos .) : cosi s’inti- titola rargomentazione attribuita a Bu¬ rlo ano» rettore dell’università di Pa¬ rigi ( 1328 ); ossa consiste ncH’affcrmarc, a proposito del libero arbitrio, che un asino affamato, posto davanti a duo socchi d’avena perfettamente uguali, si troverebbe nell’impossibilità di faro una scelta fra duo cose che lo solleci¬ tano in ugual misura, o morrebbe di fame, (V. anche Dante, Paradiso, can¬ to IV, vv. 1 -(J). L'argomentazione non si trova negli scritti di Buridano; ed ò forse dovuta ai contemporanei, per deridere il suo determinismo psicolo¬ gico, secondo cui la volontà si decide, tra più beni, pel bone maggiore; donde l’indecisione di fronte a due boni uguali. c Cabala (dall’ebraico Kabbalah = tradi¬ zione) (rclig.): opera di filosofìa religiosa, che si considera un’interpretazione se¬ greta della Bibbia, trasmessa per tra¬ dizione da Adamo ad Àbramo, attra¬ verso una serie ininterrotta di iniziati. Tratta dello sviluppo di Dio, che prendo coscienza di sé generando tutto lo coso dalla propria sostanza per via d’ema¬ nazioni; contiene l’enumerazione dello milizie celesti, il simbolismo dei nu¬ meri ecc. Campo della coscienza (psicol.): de¬ signa l’insiemo dei processi psichici (idee, sentimenti, emozioni), cho in un determinato momento sono presenti nella coscienza d’uu individuo. Campo visivo (psicol.): ò l’insieme de¬ gli oggetti cho sono percepiti simulta¬ neamente dall’occhio in un dato mo¬ mento; mentre il punto visivo è l’og¬ getto cho nel campo visivo si presenta con maggior chiarezza. Canonica (dal gr. xavtóv = regolo, re¬ gola, norma) (logica): ò cosi detta da Epicuro la parte introduttiva della sua dottrina, che tratta del criterio di ve¬ rità, cioè della validità obbiettiva dello nostre cognizioni, che egli fa consistere noU’immediata evidenza delle perce¬ zioni sensibili. Carattere (dal gr. x a pacrcrco = scalfi¬ sco, donde '/apaxTyp = impronta) (in generale): indica la qualità propria, la « impronta » che serve a distinguere o a definire un oggetto. -(psicol.): ò l’unità stabile, costante dello disposizioni intellettuali, sentimen¬ tali e volontario che distinguono un in¬ dividuo dagli altri, il nucleo permanen¬ te che dirige la sua evoluzione psicolo¬ gica, Vimpronta che egli lascia nei suol atti, tenendo presente che le qualità co¬ stitutive del carattere, le quali formano un fascio di energie diretto verso un fi¬ ne, si manifestano nelle contingenze della vita, soprattutto in quelle arduo e gravi. - (metafisica) : Kant concepisce l’uomo come cittadino di due mondi: del mon¬ do fenomenico e di quello noumcnico; come parte del mondo sensibile l’uomo ha un carattere empirico, che si inserisco nella catena delle cause naturali, di gui¬ sa che le sue azioni sono sempre deter¬ minate, o cioè non sono libere; invece come parte del mondo nouraenico ha un carattere intelligibile, sottratto alla serie delle cause naturali, e quindi libero .Caratterologia — 21 — Categoria _ (morale): aver un cara’lere morale si¬ gnifica possedere stabilmente quelle qualità del volere per cui il soggetto tien fermo a principi o a norme pratiche c morali determinate, che egli si ò pre¬ scritto con la ragione. Caratterologia (psicol.): neologismo che servo a indicare la scienza del ca¬ rattere, la quale studia l’essenza, l’evo¬ luzione del carattere, mira a fissarne i tipi fondamentali. Cardinali (virtù): v. virili. Carità (tcol.): è la maggioro dello tre vir¬ tù teologali (lede, speranza e carità) ed e- eprime l’amore di Dio e l’amore del pros¬ simo in Dio; è il principio d’ognl virtù. - (morale): consiste nel far del bene al prossimo senza mira alcuna di van¬ taggio proprio. Cartesianismo: si può Intenderò: 1 ” la filosofia di Cartesio nello sue tesi fon¬ damentali: l'idea di sostanza, 11 duali¬ smo fra anima o corpo, il meccanicismo del mondo fisico, l’evidenza corno cri¬ terio di Terità eoe.; 2» la filosofia dei discepoli o dei successori di Cartesio, cioè ili Malebranche, Oeclinx, Bpi- nossa, occ., benché non sia facile stabi¬ lire ciò che del pensiero di Cartesio ò di¬ venuto pensiero comune dei cartesiani, i quali mirano a risolvere i problemi po¬ sti ma non risolti da Cartesio: i rap¬ porti fra pensiero ed estensione, fra ani¬ ma e corpo, fra Dio c 11 mondo. Casistica (morale): è quella parto della morale pratica che tratta dei « casi di coscienza *, cioè dell'applicazione di norme morali olle circostanze particola¬ ri, o ancho nei loro rapporti con la reli¬ gione, Bpeelalmcnte quando rincontro o l’intreccio fortuito degli avvenimenti della vita umana portano a conflitti di doveri di non facile soluzione. -in senso peggiorativo, s’usa per in¬ dicaro distinzioni sottili o abili con cui si vuol giustificare un atto che spesso la inoralo non approva. Caso (gr. ’M/tj, slitapirivi)) (fn gene¬ rale): si dico elio un fatto è dovuto al caso, quando è fortuito, inaspettato o so ne ignorano le causo. - ( Hlos .): già Aristotele intorpreta il caso corno un avvenimento dovuto al fatto che due o più serie di fenomeni s’incontrano in un punto in maniera imprevedibile, o dà l’esempio dello sca¬ vatore che trova un tesoro. - in senso più comprensivo il caso si ha ciuando una modificazione insensi¬ bile e impercettibile nello cause d’un avvenimento produce una modifica¬ zione nell’effetto; p. e. il ritardo d’un attimo di un fatto qualsiasi può pro¬ durre o far evitare un accidente gra¬ vissimo per lo sue conseguenze. Catalettica (fantasia) (gr. cpavvaota y.xTaXvjTTTixr,, lat. risum impressum e//ictumque: t ic.): è per gli Stoici una rappresentazione che ei si presenta, con tale evidenza (èvàpysia) o forza, ri¬ producendo lutto le qualità dell’ogget¬ to. elio ci afferra (y.aTaXa|j.[ 3 àvet) o ci costringe ad accoglierla come vera. 10 il fondamento del criterio stoico di ve¬ rità. Catarsi (gr. xdt&apot Q, da xaDmpio = purifico) (Hlos.): per Platonf., come più tardi per Plotino, consisto « nel se¬ parar-, e rimovore (ytopi) quanto più è possibile l’anima dal corpo c as¬ suefarla a raccogliersi in só medesima, rimanere sola, sciolta dai vincoli del senso > (Fedone). La catarsi ha por fine di preparare l'anima allo più olevate at¬ tività spirituali. Per i Neo pi, atonici è un avviamento alla mistica, aH’unione con Dio. - (estetica): Aristotele parla d’una calarsi traffica, che sarebbe l’effetto pro¬ dotto dalla tragedia sopra gli uditori: raziono tragica, suscitando la compas¬ sione e il terrore, compio la funziono di purificare da tali sentimenti l'animo dello spettatore, sollevandolo dalle an¬ gustie dolln vita quotidiana. - (psicol.): nella psicanalisi la catarsi consiste nel richiamare un’idea o un ri¬ cordo, che, represso, produce perturba¬ zioni fisiche e psichiche, mentre, cono¬ sciuto e chiarito, diviene innocuo. Categoria (gr. xanj-fopta, da xccrv)- yopEtv = affermare; lai. praedicamen- t avi : Boezio) (logica): per Aristotele le categorie sono lo affermazioni, i pre¬ dicati più generali delle cose, le diffe¬ renti classi di predicati che si possono affermare d’un oggetto qualsiasi, c quin¬ di 1 sommi generi del reale (xanjYOptòcl toO Svuoi;); ne distingue dicci, traen- dole, forse, dallo parti del discorso: sostanza, qualità, quantità, relazione, luoao, tempo, situazione, avere, lare, patire. -per Kant le categorie sono le /orme a priori del conoscere, con le quali l'in¬ telletto unisco il molteplice offerto dal- Vintuizione sensibile: c cioè I fenomeni che il senso percepisce slegati, isolati, sono dall 'intelletto collegati in una sin¬ tesi per mezzo delle categorie: p. e. gli organi di senso percepiscono duo fono - meni isolati, il calore e la dilatazione Categorico — 22 — Certezza d'un corpo; l’inteUetto li unifica con la categoria di causa : il coloro ò causo della dilatazione. lCont. enumera dodici cate¬ gorie: tre della quantità (unità, plura¬ lità, totalità), tro dello qualità {realtà, negazione-, limitazione), tro dello rela¬ zione ( sostanza, causa, reciprocità (ia¬ sione), tro della modalità (possibilità, esistenza, necessità). - -Schopenhauer ammette la sola ca¬ tegoria di causa: il mondo come sem¬ plice rappresentazione è una moltepli¬ cità di fenomeni disposta nello spazio e nel tempo, ordinata o pensata secondo il principio di causa. -per Rosmini la categoria unico e su¬ prema è l'idea dell’essere in universale, cioè di quella vj(n?= il sentire) (psicol.): designa il complesso delle sensazioni provenienti dagli organi interni del corpo, lo stato psichico totale risultante dall’azione simultanea e complessiva dolio im¬ pressioni interne. Certezza (opposto: dubbio ) (jwricoZ.): è lo stato dello spirito intimamente persua¬ so di possedere la verità, o por via imme¬ diata, dovuta all 'evidenza, o per dimo¬ strazione, o anche per fede; iu questo terzo caso s'accost-’. olla credenza (V. credenza). Cinestetiche — 23 — Compositivo _ (logica): è il carattere di ciò che non lascia aperta alcuna via al dubbio ed è dovuto al fatto che i principi! logici sono osservati. Cinestetiche (sensazioni) (dal gr. xt- véo>= muovo, atat>r,a'.; = sensazione) ( psicol.): sono le sensazioni che proven¬ gono dai movimenti degli organi cor¬ porei. Circolo vizioso = vedi diallelo. CI inamen (è la traduzione, luereziana del greco exxXtai:, da èxxXivetv = de- vìai-e, declinare) (filos.): Emerito am¬ mette che gli atomi, invece di cadere dall’alto al basso in linea retta (ché in tal caso non potrebbero incontrarsi, né, quindi, formare i mondi c i corpi compo¬ sti). subiscono, per un Impulso interiore, una deviazione dalia linea verticale (che è appunto il clinamcn), la quale ne ten¬ de possibile l'urto. Por tale tendenza spontanea la necessità meccanica cedo nell'uomo il posto ulla volontà libero, essendo anche l'anima formata di atomi. Cogito ergo sum  (8 . Tojimaso). Contingentismo o filosofia della contingenza (filos.): servo a designa¬ re il complesso dello dottrino che nella spiegazione dell’universo assegnano ima parto più o meno grande alia contin- i gema. _ il francese Emilio BoCTROOX ha dato particolare rilievo a questa dot- 1 trina; egli pensa infatti che a mano a Contraddittorio — 26 — Cosa in sè mano che si sale dalle formo Inferiori degli esseri alle forme superiori, dalla chimica alla biologia o da questa alla psicologia, si introducono nuovi modi di realtà (la qualità, la rtta, la coscien¬ za, l’auto-coscienza), In cui il ferreo con catcnamento di causa od effetto ohe si osserva nel mondo tìsico si viene atte nuando, fino a scomparire nella libertà spirituale umana; perciò la vita del ponsiero è una novità continua, In cui il nuovo non si può spiegare col vecchio. Il superiore con l’Inferiore, perché con¬ tiene qualcosa di più e di nuovo (con¬ tingente), che nella realtà inferiore non c'era. Contraddittorio (logica): due giudizi, due concetti dloonsl contraddittoril, quando l'affermazione del primo irnpll- I ca la negazione del secondo ; ò contrad¬ dittoria anche una proposizione in cui il predicato affermi una qualità o modo di essere opposta a quella espressa dal soggetto. Contraddizione (logica): il principili di contraddizione ò cosi formnlnto da Aristotele: «due giudizi, dei quali l’uno nega quello stesso che l’altro afforma (A è B, A non è B), non possono essere veri nel medesimo tempo e otto il me¬ desimo rispetto, poiché non ò possibile ammettere che alcuno pensi cho la stes¬ sa cosa sia o non sla» (àSuvavOV Ù7TO- Aaupàvetv vaùv&v elvat xal (xv) elvoci). -Leibniz lm dato di questo principio una formula più semplice: «A non ò non A», cioè un giudizioò falBO quando ' soggetto e predicato si contraddicono. - (filos.): Hegel pone la contraddi¬ ziono nel cuore della realtà vera, ossia nel pensiero: ogni idea contiene in sé la sua negazione, ciò' un’idea opposta che spinge a un nuovo concetto più alto comprendente e conciliante in sé i due primi : il primo concetto ò la tesi, il se¬ condo ’ antitesi, il erzo la sintesi. Que¬ st'ultimo subisce lo stesso destino, c cosi il movimento dello spirito i recede sem¬ pre più oltre, finché tutta la realtà è trasformata in puro ponsiero, in una « reto di concetti »: l’attività pensante diviene processo cosmico, che abbraccia tutte lo cose e tutte da sé lo produce (V. coincidcntia oppositorum). Contradictio in adiecto (logica): è la contraddizione fra un termino e ciò che vi si aggiunge ( adiectum ), aggettivo o sostantivo; p. e.: legno ferreo. Contrario (logica): sono contrarie due proposizioni opposte e universali, l'una affermativa e l'altra negativa; p. e.: 1 * tutti gli uomini sono mortali ; nessun uomo ò mortale » ; sono contrari due concetti, quando l’aiiermazione dell’uno implica la negazione dell'altro; p. e.: bianco, non bianco. Contrattualismo (diritto): è la teoria dell’origine contrattuale dello Stato, che ebbe la sua forma più perfetta e famosa nel Contratto sociale di G. G. Rousseau ( 1762). Il principio è: lo Stato si fonda sulla volontà individuale dei consociati, i quali l’hanno costituito per mezzo di un contratto. Se si pensa con I’Hobbes che, nel dar vita allo Stato, l’Individuo rinunzia a ogni suo diritto, si ha il go¬ verno dispotico, so con Locke si sta¬ bilisce ina rapporto bilaterale fra indi¬ viduo e Stato, si ha il governo liberale ; so col Rousseau si considera innlicna- liilo ogni diritto individuale, cosicché i singoli, riuniti in assemblea, possono, con un semplice atto di volontà, far tabula rasa d’ogni governo e magistrato esistente, si ha il governo radicale. Corpo (filos,): per Cartesio e Spinoza ò corpo ciò che ha estensione o moto, il quale non è altro che una successione di luoghi occupati da un corpo nell’e¬ stensione; per Berkeley o Hume, ne¬ gata resistenza della materia, il corpo è un complesso di idee o sensazioni as¬ sociate. Corsi e ricorsi (filos.): è la legge uni¬ versale che per il Vico regge la vita dei popoli e rispecchia le fasi di svi¬ luppo dello spirito individuale: il sen¬ so, la fantasia, la mente pura, corrispon¬ denti, nella vita pratica, alla passione ferina, alla soggezione a una legge di forza e arbitrio, alla libera osservanza dei dettami della ragione. Cosi ogni popolo trascorrenecessariamente dalla violenza dolio stato ferino alla vita civile, e, in conformità dell'eterna natura umana, dove ripercorrere il suo corso, ricadere, per un processo degenerativo, nel senso o nella violenza, e dalla barbarle ripren¬ derò il moto ascensivo, iniziare 11 ri¬ corso. Vico trasse questa sua dottrina dalle indagini sulla storia di Roma, generalizzata e integrata, qua e là, con quella di Grecia. Cosa in sè (opposto: fenomeno): espri¬ me il carattere dello coso considerate por sé, fuori dei soggetto che le cono¬ sce, o in maniera da questo indipen¬ dente. - per Kant è il quid inconoscibile che si cela dietro ai fenomeni e no è il fon¬ damento; è posta fuori del tempo e dello spazio, non vi si possono appi!-Cose e persone — 27 — Creazione care lo categorie, valido solo poi feno¬ meni. __ Schopenhauer vedo la cosa in so nella volontà metafisica, fondamento ultimo o immanente del divenire co¬ smico: volontà ili vivere, for/.a cieca, inconscia, elio « si accendo ima lampada noi corvello umano », cioè si fa consa¬ pevole solo nell’uomo. --- corno concetto limite la cosa in sé stabilisco, per Kant, il confine fra il conoscibile o l incomiscibile £ è ciò che ó al di là dell’esperienza, oggetto di una intuizione non sensibile, ma solo intellettuale, elio è negata all’uomo. Cose o persone (morale): per Kant lo cose sono mezzi, oggetti per i nostri bi¬ sogni (in linguaggio economico: beni materiali ); lo persouo sono non mezzi ma /ini in si, hanno un valore assoluto che si misura non dall’uso oho so ne può fare, corno avviono delle cose, ma dal rispetto che si deve all’esscro ragio¬ nevole. in ciò che ha di intimo o invio¬ labile. Coscienza (lat. conscirc = sapere insie¬ me, detto di più persone che conoscono le stesse cose; gr. erjvei8r, = giudico, esa¬ mino): in generale consiste nel sotto¬ porre ad esame un principio, un’asser¬ zione, un fatto, per stabilirne il grado di credibilità o il valore prima di acco¬ glierli come veri; cosi avviene, p. e., nella critica storica. -per Kant ò una ricerca intorno alla ragione umana in tutto le sfere della sua attività (nel conoscere, nelPoperare moralmente, nel sentimento del bello). La critica tende a separare ciò che allo spirito umano proviene passivamente Criticismo — 29 Deismo dal mondo esterno, ossia ciò che ò em¬ pirico, a poste riori, e che Kant denomina materia, da ciò che ù un’attività oiter¬ naria della stessa ragione, ossia da ciò che ò puro, a priori, o che vien detto forma. Cosi nel conoscere sono a priori le intuizioni dello spazio o del tempo e lo categorie; nella condotta morale la leggo morale non deriva dall’esperienza ma è un fatto della ragione, è pura for¬ ma; nel giudizio estetico l’essenziale non è la realtà empirica dell’oggetto che si dice bello, ma la rappresenta¬ zione, cioè un’attività dello spirito. In¬ fine, per spiegare certe produzioni della natura, non spiegabili col meccanismo, si ricorro alla finalità Interna, cioè si afferma che nella natura l’idea del tutto ò In ragiono dell’esistenza e dell’accor¬ do delle parti, corno avviene negli esseri viventi, nei quali la natura s’organizza grazio a un’arte tutta intcriore, non per una causa esterna, qual è quella, ad es., che agisce in un orologio. Criticismo (filo»-)' ò la dottrina di Kant o della sua scuola, fondata su questi principi!: a) lo spirito umano im¬ pone ai fenomeni le sue forme, le sue attività costitutive, vaio a dire le in¬ tuizioni puro dello spazio e del tempo c le categorie; b) lo categorie, cioè i concetti puri dell’intelletto, non pos¬ sono applicarsi a oggetti posti fuori dell'esperienza (l’anima, il mondo, Dio); c) l’uomo conosce solo fenomeni e l’as¬ soluto gli sfugge. Cruciale (dal lat. crux = croce, come segno indicatore della via da prende¬ re) (logica): per Bacone instantiac cru¬ cis (fatti cruciali) sono le esperienze ri¬ solutive che decidono fra due ipotesi contrarie. D Darwinismo; è la dottrina di C. Dar¬ win che, accolto il principio della va¬ riabilità dello specie animali, vugl spie¬ garlo mediante: 1) la lotta per l esi¬ stenza che dà la vittoria ai meglio a- datti; 2) l’ambiente elio crea modifica¬ zioni organiche o qualità; 3) 1 eredita- rietà, per cui i caratteri acquisiti dal¬ l’individuo si fissano nella specie, e si accrescono grazie anche alla correlazio¬ ne di sviluppo, per cui i mutamenti In una parto del corpo determinano muta¬ menti anche nelle altre parti. Dato (s’oppone a ciò che ò costruito, ela¬ borato, dedotto) ( filos .): designai prin¬ cipi! generali, le condizioni, i fatti che sono una premessa necessaria per ri¬ spondere a una questione o risolvere un problema. Deduzione (opposto: induzione) (logi¬ ca): è il procedimento logico che va daH’universale al particolare, dai prin¬ cipi! allo conseguenze, o anche da una o più proposizioni a una o più altre proposizioni,come necessarie conseguen¬ ze. (.'osi nella fisica da una legge otte¬ nuta per via Induttiva si possono de¬ durre altre leggi subordinate o applica¬ zioni di essa; CARTESIO, dalla proposi¬ zione: « Dio ò un essere verace », trae quest'altra: «egli non può ingannarci quando ci fa credere all’esistenza reale d’un mondo esterno ». La forma tipica della deduzione ò data dal sillogismo aristotelico. Vedi Sillogismo. Deduzione trascendentale (filos.): ò per Kant il procedimento che ricerca se le categorie possono applicarsi ai fe¬ nomeni, so sono la condiziono neces¬ saria e sufficente dell'esperienza. La so¬ luzione ò data dall 'immaginazione crea- trice, « funziono cieca dell’anima ma in¬ dispensabile », facoltà Intermediarla fra la sensibilità e l’intelletto, per la quale l’io si realizza, entra in rapporto con la molteplicità delle cose sensibili, le unifi¬ ca, dando l’oggettività alle leggi della natura; quindi non solo cogito ergo sam, ma anche cogito, ergo rea sunt (v. sche¬ ma). Definizione (logica): ha per fine di de¬ terminare l’essenza d'una cosa, d'un’i¬ dea, enumerandone lo note essenziali. La Scolastica dice: definitio fit per ge- nus proximum et per differcntiam spe- cif icam, intendendo per genere prossi¬ mo la classe di cui una cosa è parte, e per differenza specifica i caratteri pro¬ pri! della cosa stessa: p. es., definendo l’uomo un mammifero bimane, il ter¬ mine mammifero ò il genere prossimo, il termino bimane la differenza speci¬ fica. Degnità: tormino usato dal Vico nella Scienza nuova ; equi vaio ad assioma, (gr. à^o>|Aa, da (z^ioc — degno) e sorve a indicare le idee fondamentali intorno alla fantasia, all’intelletto, al mito, alla religione ecc. Deismo: è l’idea della divinità ottenuta per opera della sola ragione, senza l’au¬ silio della fede rivelata e dei dogmi, e resistenza. Questa concezione domina Demiurgo 30 — Determinismo soprattutto nell'ILLUMINISMO (sec. XVII e XVIII): è pure la religione del Maz¬ zini. Demiurgo (gr. SmuoopYÓG, da = popolo e rad. épy = opero, lavoro; quindi: chi lavora pel pubblico, artefi¬ ce); ( filo8 .): con questo nome vicn desi¬ gnato nel Timeo di Platone il dio arte¬ fice dell'universo, che plasma il cosmo dando forma all’informe, regola c ordine a ciò che ò senza regola o ordine, te¬ nendo l’occhio fisso alle idee, come a modelli perfetti ed eterni di tutte le co¬ se. Il cosmos, opera del demiurgo, è por Platone un essere vivente, fornito di ciò che v’ò di più nobile ed essen¬ ziale in un essere vivente, l'amma, che ò poi l’anima del viondo. Democrazia (gr. $7)(jtoxpaT(a = potere del popolo) (filos.): per Platonf. ò il governo dei molti (ol 770 XX 0 O, avente per fine la libertà, la quale può, per ec¬ cessivo desiderio d’uguaglianza, dege¬ nerare facilmente in anarchia e tiran¬ nide. -Aristotele, nella sua celebro teoria delle forme di governo, considera le for¬ me pure, cioè quelle che hanno por fine d’attuare la giustizia, o sono la monar- càia, Varistocrazia, la democrazia (se- condoché governa uno solo, una mino¬ ranza o la generalità dei cittadini). A queste corrispondono tre formo cor¬ rotte: la tirannide, 1 Oligarchia, la de¬ magogia, quando il governo ò esercita¬ to a Bolo beneficio di chi lo tiene. -oggi è la forma di governo in cui la sovranità risiede nella volontà popo¬ lare, intesa come l’espressione della maggioranza numerica dei cittadini riu¬ niti in assemblea (Rousseau). Demone (gr. Sat(jL6>v) {filos.): è un se¬ gno o uno spirito o, meglio, una voce ammonitrice, cosa al tutto intima e per¬ sonale di Socrate, non una personifica¬ zione divina: « è come una voce che io ho in me fin da fanciullo, la quale ogni volta che mi si fa sentire, sempre mi dissuade da cosa che io sia per fare, e non mai ad alcuna mi persuade; è que¬ sta che mi vieta d’occuparnii delle cose dello Stato e mi pare faccia ottima¬ mente a vietarmelo ». Questo Satjj.6- vióv ti è dunque un segno personalis¬ simo, come ognuno In certi casi e mo¬ menti della vita può sperimentare più o meno sensibilmente per conto proprio (Valgimigli). Deontologia (gr. tò Séov = il dovere, e Xóyo- gica): è la divisione d’un concetto in due concetti generalmente contrarii, o anche la classificazione d’un genere in due specie che ne esprimono tutto il contenuto; p. o. gli animali in verte¬ brati o invertebrati. Dictum de omni et nullo (Zotica): esprime la nozione che tutto ciò che è affermato o negato d’un genero ò puro affermato o negato delle specie o degli individui contenuti nel genere. Differenza (metodo di — ) (logica): ò il secondo del metodi dello Stuart Mill per la ricerca della causa. La formula è: se un caso nel quale il fenomeno si verifica e un caso nel qualo non si ve¬ rifica hanno in comune tutte lo circo¬ stanze meno una, che si presenta nel primo caso e non nel secondo, questa è la causa del fenomeno : p. e. la causa per cui la colonna del mercurio s'in¬ nalza nel barometro si può ricercare facendo II vuoto; ossia: sopprimendo la pressione atmosferica, mentre tutto I lo altre circostanze restano immutate, e vedendo il mercurio scendere, si con¬ cludo elio la causa ricercata è il peso dell’aria. SI riconnetto alla tabula ab - sentine di Bacone. Gli altri metodi dello Stuart Mlll sono: di concordanza, delle variazioni concomitanti, dei residui (v. questi termini). Differenza specifica: v. definizione . Dignità (in generale): ò il sentimento di rispetto che l’uomo deve avere verso se stesso, come essere ragionevole. - (morale): in opposizione a prezzo, per Kant esprime il valore assoluto del- l’essero ragionevole, come fine in sé. Dilemma (gr. Sia—Xap^àvco = prendo da due parti) (logica): è un sillogismo composto, che pone due alternative, dalle quali vien tratta una conclusione identica, in modo da non lasciare una via d’uscita; p. e.; contro la tortura: « o il torturato è forte tanto da soppor¬ tare I tormenti, e dirà quel eli© vuole; o è debole da non poter resistere, e dirà quel che vogliono i giudici: in ambedue i casi la tortura non conduce alla ve¬ rità ». Dinamico e dinamismo (dal gr. Suva- (Xi£= forza; opposto: meccanico o mec¬ canismo) (filos): si applicano tali deno¬ minazioni a quello dottrine che vedono nella forza o neW energia l’essenza del¬ l’universo; forza che agisco non dal¬ l’esterno ma dall’intorno, con sponta¬ neità e attività trasformatrice o crea¬ trice incessante, quindi irriducibile alle leggi meccaniche. Lo teorio dinamiche pongono il tutto prima delle parti, ciò che è vivente prima di ciò che è privo di vita, ciò che ò superiore atto a spie¬ gare ciò che è inferiore. - In opposizione a statico si usa a In¬ dicare ciò che si trasforma, si sviluppa, diviene senza tregua. Dio; GII aspetti e i significati principali di questo termino complesso e oscuro nel suo sviluppo storico si possono cosi riassumere : - a) nelle religioni piii antiche l’Idea di Dio sembra sorgere da un antropomor¬ fismo spontaneo, cioè si concepisce Dio sul modello dell’Uomo, sia che si colle¬ ghi con la fede nella sopravvivenza dei morti c col culto degli avi, sia che lo si pensi come il simbolo del gruppo so¬ ciale; si oscilla fra l’idea di Dio pen¬ sato come una forza, e l’idea di Dio concepito come Un essere più o meno personale ; - b) per l’azione del pensiero filosofico e scientifico Dio è pensato come l’unità essenziale di tutti gli elementi dell’uni¬ verso: unità della sostanza prima, come nei Presocratici; idea dell’essere puro, come in Piatone o in Aristotele; su¬ periore a tutte le categorie logiche e ad ogni idea di persona, ineffabile, come in Plotino; costituente la realtà essen¬ ziale del mondo, col quale si identifica, come nel panteismo (v. panteismo).- c) Dio essere morale, giusto e buono, rispondente all’esigenza che ha l’uomo di credere al valore della propria azione. Dio 33 Discorsivo e discorso a un essere che sia garante dei nostri fini più alti, cioè dei valori spirituali. -Tra gli altri, 11 francese M. Blondel vede nell’idea di Dio tre aspetti, cia¬ scuno dei quali tendo a predominare In tempi e mentalità diverse: a) il Dio del* TAntico Testamento, il rigido domina¬ tore che riferisce tutto a sé. oggetto di rispetto e, più, di timore;è) il Dio intel¬ ligenza o tutto chiarezza e verità, do¬ vuto alla tradizione ellenica; c) il Deus charitas, tutto amore per le creature, il Dio Cristiano. Dio (prove dell’esistenza di — ) ( filos .); "Te* principali sono: - 1. la prova cosmologica, cho dall’esi- sten/.a del mondo, cioè del condizio¬ nato, del contingente o doll’imperfotto, conchiude all’esistenza d’una causa pri¬ ma, d’un incondizionato, necessario o 1 l>erfetto. Cosi per Aristotele Dio, spi¬ rito puro, è la causa prima d’ogni mo¬ vimento, è primo motore immobile ( 7TpcoTOV x.ivoOv àx(vT)TOV); è seguito dalla Scolastica (S. Tommaso ecc.). Op¬ pone Kant cho dal fatto ohe noi af¬ fermiamo una causalità nel inondo dei fenomeni, non si può logicamente de- | durre ohe v’è una causalità del mondo fuori del mondo, dato cho essa è al di fuori del campodellanostraesperienzaempirica, alla quulo soltanto può la no- stia monto applicare la categoria di causa. — 2. prova ontologica, eho dall'idea di Dio, come dell'essere più perfetto, de¬ duce la sua esistenza, giacché un essere soltanto pensato, ma non esistente, non sarebbe l’essere perfetto; è concepita da S. Anselmo, respinta da S. Tom¬ maso, seguita da Cartesio, Spinoza, Leibniz, Hegel, occ. Kant nega che nel concetto d’una cosa sia contenuta Tesistonza corno nota essenziale: cento talleri reali non contengono più noto essenziali di conto talleri pensati. Ma, osserva Hegel, conto talleri non sono un concetto, e tanto mono paragona¬ bili con l’idea di Dio; in questa resi¬ stenza è implicita, non come un'idea cho s’aggiunge a un’altra idea eteroge¬ nea: l’idea di Dio e 1'osistenza coincido¬ no, come dove avvenire nel più alto principio cui possa giungere la filosofia; - 3. prova teleologica o fisico-teologica: le cose della natura non solo rivelano ordine o regolarità, inspiegabili con la nozione di causa, ma formano un si¬ stema. convergono verso un’unità su¬ prema, come a un fine ultimo ; donde la necessità d’ammettere l’esistenza d’un essere cho pone e attua i fini manife- stantisi nella vita della natura. È so¬ stenuta da Socrate, Platone, Ari¬ stotele, dalla Scolastica occ. Kant fa osservare che, pur ammettendo essere lo opere della natura paragonabili a quello d’un artista, si giungo solo a un Dio artefice ordinatore della materia, non a un Dio creatore; per passare dalla considcraziono d’un ordino nel mondo all’eslstcuza d’un essere necessario o perfetto, bisogna far ricorso alla prova cosmofogica e ontologica, lo quali van¬ no inoontro — egli dice — ud altre ob¬ biezioni non meno gravi (v. sopra); - 4. prova morale o etico-teologica, che dall'esistenza della legge morale in noi trae la prova dell’esistenza di Dio fuori di noi. Kant, per accordare l’idea doV dovere con la felicità, ammette un pr cf grosso indefinito verso la santità, cioè verso la virtù perfetta che esigo la sop¬ pressione della sensibilità; na ciò è pos¬ sibile solo se la nostra personalità per¬ siste, ossia so ò immortale, grazie nH’u- ziouo sul mondo d’un essere in cni l'u¬ nione della santità o della felicità è at¬ tuata. Però questa prova non consento la conoscenza metafisica d’una sostanza divina, ma solo una credenza razionale, che s’accorda col risultati della Critica della ragion pura. Hegel oppone cho Kant, appoggiando la prova dell* esi¬ stenza di Dio alia credenza monile, presuppone implicita ncll'idqa di Dio 1 ’esistcnza; cade perciò in una gravo eoutraddizione, perché lia prima con¬ dannato tale identità, che ò il fonda¬ mento della prova ontologica, da lui respinta. Discontinuo (opposto: continuo) (/ posizione scompare. Dogma (gr. Sóyfxoc, da Soxéco: opinio¬ ne. decreto) (relig.): esprimo il decreto d’un concilio, un principio religioso con¬ siderato verità inoppugnabile. - ( filos .): designa comunemente un principio piii affermato che provato, o anche imposto da un’autorità o accolto senza esame critico. Dogmatismo (opposto: scetticismo) ( fi- los.): Kant chiama dogmatici i filosofi cho fanno uso di principii o di concetti senza ricercare per quale via e con che diritto si pervenga ad affermarli, ossia senza una critica preventiva del nostro potere di conoscere. Dolore ( psicnl .): ò uno stato affettivo indefinibile per la sua semplicità, che si presenta come dolore fisico, cioè come sensazione penosa più o meno localiz¬ zata, o come dolore morale (v. piacere), (filos.): il dolore è considerato dai Greci corno un ostacolo alla felicità cui l’uomo aspira naturalmente, come qual¬ che cosa di ostile cho dovessero elimi¬ nato con ogni mezzo; mentre il Cri¬ stianesimo ha sublimato il doloro, che diviene mezzo di purificazione e di ele¬ vazione morale, soprattutto per l'a¬ zione dell'esempio di Gesù, che, assu¬ mendo corpo mortalo, ne ha preso tutto le infermità, è stato vinto, deprezzato, umiliato o ha subito il supplizio dello schiavo. Doppia verità (/ito.): ò la dottrina in- trodotta da Averrok, secondo la quale può essere vero nella filosofia ciò elio è ritenuto falso ed errato nella reli¬ gione, e inversamente; donde nna scis¬ sione interiore dello spirito. Dovere (morale): in senso concreto è una norma determinata di condotta, un'ob¬ bligazione ben definita: p. e. i doveri verso la famiglia, la patria. - in senso generale e astratto è l’obbli- gazione morale, considerata separata¬ mente dal suo contenuto, ima legge, un comando, cui si deve obbedire. - per Kant consiste ueirobbodiro a un comando, a un imperativo categorico, valido incondizionatamente por ogni essere ragionevole, che si può, ma non si deve trasgredire. Dualismo (opposto: monismo) (relig .): applicato per la prima volta da T. Hyde nel 1700 per designare un si¬ stema religioso in cui a un principio buono s’oppone un principio cattivo, l’uno e l’altro eterni e in eterno con¬ trasto fra loro, come nella religione di Zoroastro. - (filos.): si applica alle dottrino che ricorrono a due principii opposti e irri¬ ducibili por spiegare l’universo o quindi Ri presenta, anzitutto, come dualismo cosmico: in Platone fra la materia, oscura, ostile, causa del perpetuo can¬ giamento e del perenne fluire di tutte le cose, c lo spirito, il mondo delle idee, essenze eterne, fuori del nostro pensie¬ ro, sostegno del mondo reale; in Ari¬ stotele fra la materia, docile alle esi¬ genze dello spirito, plasmabile, o la forma, l’idea che s’inserisce nella ma¬ teria, la, plasma e la perfeziona; in Cartesio fra la res cogitans, lo spirito, e la res extcnsa, la materia; in Kant fra il mondo dello cose in sé, inconosci¬ bile, e il mondo dei fenomeni., aporto alla nostra conoscenza. - dal dualismo cosmico discende un dualismo conoscitivo, che fissa e scinde duo formo di conoscenza, derivanti da due facoltà dello spirito, il senso e la Dualità — 35 — Edonismo ragione, donde la conoscenza sensi¬ bile o la razionale, e il loro opposto va¬ lore. -o’è un dualismo morale, che dori va dal contrasto fra senso e ragione, cioè fra il piacere e l'utile da una parte, posti a fondamento della morule dell’edonismo di Aiustippo di Cirene, di Epicuro e del moderno utilitarismo, e l'attività ra¬ zionate dall'altra, caratterizzata dal disinteresse verso i boni sensibili e dal¬ l'obbedienza allo norme dettate dalla ragione, come nell’cticn di Platone e di Kant. Dualità: il Gioberti dà a questo ter¬ mino un senso più generale che a dua¬ lismo: Ogni ordino di conoscibili, egli dice, ci si manifesta come una dualità, che è quanto dire che non possiamo ponsare un oggetto, senza che la cogni¬ zione di esso importi quella d’un og¬ getto congiunto e correlativo. Cosi l'i¬ dea di Dio inchiude quella dell'univer¬ so, il concetto dell'universo comprendo quella di Dio; essa si reitera in una successione indefinita, fino all’ultima specie materiale, e risplendo in tutti gli ordini della natura ». Dubbio (in generale): stato di Incertezza, di indecisione, in cui viene a trovarsi 10 spirito per la difficoltà grave, o an¬ che Insormontabile, di giungere a un’af- ferinaziono conclusiva. - (filos.): si distingue un dubbio me¬ todico, cho consiste nel sospendere prov¬ visoriamente il giudizio Intorno al va¬ lore d’un'Idea, d'una teoria, o anche della scienza (Cartesio), finché la ri¬ cerca non giunga a conclusioni sicure o a un principio certo; e un dubbio scettico, cho consiste nel pensare che né 11 senso né la ragiono siano capaci di cogliere la verità, la realtà vera delle cose, e cho l’uomo perciò apprenda solo apparenze. Durata ( filos .): pel francese E. Berg¬ son 6, non il tempo matematico, quan¬ titativo, concepito come una serie di¬ scontinua di momenti eguali, a somi¬ glianzà dei punti d’una linea geome¬ trica, ma il tempo vissuto, che sentiamo fluire nella coscienza, una successione continua di processi qualitativi., di espe¬ rienze spirituali, cho si compenetrano, si fondono in uno sviluppo continuo, imprevedibile, libero, passano l’una nell'altra come una corrente intcriore, ininterrotta, a guisa d’un fiume che tra¬ scini seco tutto le sue acque, cosicché il passato vivo nel presente e l'uno e l'altro si prolungano nel futuro, costi¬ tuendo la vita profonda dello spirito, mascherata e deformata per lo più dal¬ le abitudini meccaniche. Da durata vio- ne colta nella sua purezza e semplicità dall’intuizione (vedi questo termine) per via immediata, cho perù esige pre¬ parazione o sforzo. E Ecceità (lat. scol. haecceitas, da haecce res, che traduce l’aristotelico rò róSe ti = questa cosa qui) (filos.): termino co¬ niato da Duns Scoto per designare il principium individuationis, cioè i carat¬ teri che distinguono un individuo da un altro e dei quali il più importante, ultima realitas, è la volontà. Il principio ildl’liaecceitas è perciò collegato ad una tendenza volontaristica (v. volontari¬ smo) in contrasto con l'inlcUettualismo (V. questo termine) di S. Tommaso. Eclettismo (dai gr. èy.)dfsiv = sceglie¬ re) (filos.): in senso largo consiste nella tendenza a cogliere in tutte le filosofie le affermazioni positive (considerando che ogni sistema filosofico è falso in ciò che nega, vero in ciò che afferma), lo verità che l'esperienza dei secoli ha con¬ sacrate, a conciliarle o comporlo In una dottrina armonica o coerente, che sia quasi il credo filosofico del genere umano. Eclettica è, ad cs., la dottrina di Cicerone. - in senso più preciso, eclettismo è la conciliazione di tesi diverso o anello contrarie, che si raggiungo subordinando quelle tesi a un principio superiore: p. e. Victor Cocsin, capo della Scuola eclettica francese, s’appoggia al fatto che in ogni uomo esisto un senso del vero, il quale contiene allo stato latente le verità filosofiche eterno cho si disco¬ prono interrogando la coscienza e ri¬ correndo alla riflessione; la ragione è come una luce cho illumina l’anima umana, una specie di rivelazione uni¬ versale. Economica (teoria) della conoscen¬ za: v. teoria economica della conoscenza. Edonismo (dal gr. Y;Sovvj = piacere) (filos.): comprende lo dottrine che pon¬ gono come principio unico della morale il piacere, che e il bene più alto, men¬ tre il suo opposto, il doloro, è da evi¬ tare come un male; in senso rigoroso si applica alla dottrina di Aiustippo di Cirene, meno propriamente all’epi¬ cureismo e all'utilitarismo di G. Ben¬ tham e di G. Stuart Mii.l (quest’ultimo Effetto — 30 — Empirico stabilisco tra i piaceri differenze quali¬ tative, distinguendo piaceri più o meno elevati, mentre Aristippo, come poi Bentham, prendo come misura delle cose l’intensità dei piaceri). La calma dello spirito, l 'atarassia di Epicuro o la ricerca doU'utilc sociale dello Stuart MII 1, che arriva lino al sacrificio di sé pel fieno comune, sono perciò molto lontani dall'edonismo vero e proprio. Effetto = vedi causa. Efficente (dal lat. eflicere = produrre, gr. 7 toi 7 )Tiy. 6 v = efficiens, Ciò,) (lilos.): in senso generale si applica alla causa intesa nella sua piena ostensione. - in senso piti ristretto: è il terzo si¬ gnificato dato da Aristotele al termino causa, cioè quella « donde è il principio del movimento » ( oi>£v 7 ) àp /.')) tt)S xiVYjfTEtoq): è la causa motrice. Egocentrismo (lilos.): letteralmento consiste nel fare del proprio io il cen¬ tro doll’tiniverso, ossia nel riferirò tutte lo coso al proprio io, che divieue il centro del piccolo mondo elio ci sta intorno o poi anche del cosmo in generale; quindi, in un linguaggio più rigoroso, consiste ncU'identideare i valori personalI coi valori del mondo circostante o i valori del mondo circostante col mondo del valori in generalo. Egoismo (opposto: altruismo) (psicol.): è l’amore di se stesso, la tendenza natu¬ rale a protessero la propria esistenza e i propril fieni; «l'istinto fondamen¬ tale nell’uomo come nell'animale èl'e¬ goismo, cioè l’impulso a vivere e a ben vivere « (Schopenhauer). - (morale)-. 6 la tendenza a subordi¬ nare il beno e le esigenze altrui al fieno e alle esigenze proprie e ad applicare questo principio come criterio per giu¬ dicare gli atti altrui e i proprii. -- (metafisica)-, l’egoismo metafìsico corrisponde a solipsismo, che è voca¬ bolo più usato, o sta nel considerare l’esistenza degli altri esseri come illu¬ soria o dubbia: soltanto il mondo della mia coscienza esiste o l’affermazione d’nna realtà fuori della mia coscienza è contraddittoria. (Per Schopenhauer ehi la pensa cosi non ha bisogno d’essere confutato, ma solo d’iuta cura medica). Egotismo (in generale)-. 6 la coltura e- sclusiva delVio, della propria persona¬ lità, l’educazione raffinata dei senti¬ menti egoistici, con tendenza estetica o creduta tale. Eidetico (gr. el&oq, tema i§, da cui vedere, idea) (psicol.): b! dice eidetica la tendenza, frequente nei fanciulli, a richiamare t ricordi recenti sotto forma di immagini visive, dette anche eide¬ tiche, o a proiettarle all’esterno. - (lilos.): nella Fenomenologia di Hus¬ serl, filosofo tedesco contemporaneo, l’aggettivo eidetico si riferisco all'essm- za ideale, alla forma o idea nel senso platonico-aristotelico, o si oppone a em¬ pirico: le essenze pure, oggetto dello scienze eidetiche, sono strutture uni¬ versali, extratemporali, indipendenti dai fatti empirici. Elemento: in generale gli elementi sono lo parti semplici cho compongono i corpi e in cui questi si possono risolvere. Acqua, aria, terra e fuoco erano 1 quat¬ tro elementi di cui si credeva composta la materia (Empedocle). Dieonsi ele¬ menti aueho i primi rudimenti delle arti o delle scienze. Emanazione (dal lat. emanare = scor¬ rere fuoji; opposto: creazione) (lilos.): esprime il processo, affermato dagli Gnostici c dai Nkoplatonky, me¬ diante il qualo la molteplicità delle cose, sia materiali, sia spirituali, cho forma l’universo, si svolge, esco fuori dal¬ l’essere uno cho no costituisce il prin¬ cipio, senza cho vi sia discontinuità in questo sviluppo, vi sia o no diminuzione dell’Essere uno in tale operazione. - Il Cesano distingue due sensi di que¬ sto termine: imanatio in divini» duple» est, una genrratin, altera per nwdum ro- l untali», introducendo cosi nellYauma- zione l’opera della volontà, che è pro¬ pria della creazione, della generatili. Eminentiae via (lilos.): è una dello provo dell’esistenza di Pio, comune nel¬ la Scolastica: « Le cose belle della terra sono il segno rivelatore della bellezza più alta, le coso pure della purezza per¬ fetta, le cose elevato della più elevata  (pulchra puìeherrimum, sublimili alti»- simum, pura purisstmum ostendunt). Emozione (lat. emoveo = pongo in mo¬ vimento, scuoto) (psicol.): in generale s’appllea ad ogni stato affettivo o sen¬ timentale. - - in senso stretto s’applien agli siati affettivi, reazioni d’ima certa Intensità, d’apparizione brusca, spontanea, e di breve durata, a costituire i quali con¬ corrono stati di piacere o di dolore ac¬ compagnati o seguiti (por W. James, invece, preceduti) da movimenti e rea¬ zioni fisiologiche. Le emozioni possono essere piacevoli o spiacevoli, eccitanti o deprimenti, forti o deboli. Empirico (gr. SjjLTretpoq = che sa per esperienza; opposto: razionale, puro)Empiriocriticismo Ent( scienza) : si applica all’osservaziono fon¬ data sull'applicazione diretta dei sensi all‘oggetto della ricerca, all’esperienza metodica cui partecipa 1 intelligenza, • i ciechi solo hanno bisogno di guida, ma chi ha gli occhi nella fronte e nella mente di quelli si ha da servire per iscorta - (Galileo); ò sinonimo di spe¬ rimentale. - (filos.): per Kant ò ciò che ò dato nell’esperienza sensibile, ciò che giunge a noi dal mondo esterno per la via dei sensi; equipollente di a posteriori (vedi questo termine). - - in senso peggiorativo, è opposto a sistematico e si dice di ciò che ò frutto di osservazione superficiale, non gui¬ data da principii e norme metodiche. Empiriocriticismo ( filos .): è la « filo¬ sofia dell'esperienza pura « concepita da Riccardo Avexariub, che vuole liberare l'idea d 'esperienza da tutte lo aggiunto del pensiero, dalle Ideo della speculazione metafisica e anche della vita pratica, fondando una teoria eco¬ nomica della conoscenza (v. teoria e. d. c.). L’esperienza pura sarebbe il sem¬ plice contenuto della percezione. Empirismo (gr. ètXTCEipta = esperien¬ za; opposto: raziottftltàmo) (filos.): com¬ prende lo dottrino che considerano l'e¬ sperienza sensibile, le Impressioni dei sensi come il fondamento e la fonte prima, essenziale, insostituibile del co¬ noscere umano; vi appartengono: nel¬ l’antichità la scuola cirenaica, la cinica, 1* epicurea, la stoica, e, nel tempi moder¬ ni, la filosofia di Bacon e, di |v = eterno) (filos.): lo gno¬ stico Valentino denomina Pone per¬ fetto il principio primo dell’universo, Pio, donde escono trenta coni minori, cho sono esseri intelligibili e interme¬ diari fra Pio e l’uomo; l’ultimo cono, Sofia, ò presa dalla curiosità o dal de¬ siderio Inestinguibile di contemplare 11 Padre o di scoprire il segreto della sua natura (to Se tox&oc; elvat ^7)TY) = contendo; quindi: arte di con¬ tendere con la parola) (lavica): è l’arte di discutere, adoperando, por vincere nella disputa, argomenti sottili e in¬ gannevoli ; è la degenerazione della dia¬ lettica al tempo dei sofisti. Eros (gr. £po>s = amore) (filos.): per | Plato.ve ò l'amore rivolto alle ideo, la i tendenza filosofica che trasporta Pani- ! ma dall'amore por il bello alla visiono del perfetto esemplare della bellezza, cioè all'idea del bello, e di qui all'idea più alta, a quella del Beno (v. amore). Errore (logica): in generale si distinguo¬ no due classi d’errori: 1. errori logici, che dipendono dalla violazione delle norme logiche del pensiero, p. e. del principio di contraddizione (v. conirad- dizione); 2. errori reali, inerenti alle Idee stesse, quando queste non siano, in tutto o in parte, conformi allo cose che rappresentano come ut viene per gl ter rori de i sensi. -per gli Epicurei la possibilità dclTcr- rore non ò nella sensazione presa in se stessa, ma nel giudizio che pronunziamo intorno allo cose percepite. - per Cartesio un’idea presa in sé e per sé non è né vera, né falsa: lo di¬ viene solo se viene posta in relazione con altre, cioè negata o affermata me¬ diante il giudizio, che ò un atto della volontà, ed erra quando afferma o nega ciò che l’intelletto non vede in modo chiaro e distinto, essendo il potere vo¬ lontario disposto, per la sua stessa na¬ tura libera, a varcare i limiti dell’in¬ telletto, sul quale ò fondato il criterio di verità (vedi criterio c verità). - per Spinoza Terrore non è nulla di positivo, è solo una privazione dovuta all’imperfezione del senso, che perce¬ pisco una realtà parziale e no fa una realtà totale, come quando si prende la distanza apparente del sole per la distanza reale. Escatologia (gr. Ict^octoc = ultimo o Xóyos = discorso) (filos.): è quella parte della filosofia che ha per oggetto l’esa¬ me dei fini ultimi dell’uomo e dell’imi* verso. Esistenza (filos.): è la proprietà attri¬ buita a ciò che ò oggetto dell’esperienza attualo o dell’esperienza possibile. Quan¬ do si dice: questa cosa esiste, si esprime un giudizio sulla sua realtà. - gli Scolastici oppongono essenlia ad existcntia: la prima ò la natura con¬ cettuale della cosa, l’idea costitutiva di essa; la seconda ò la piena attualità, ultima actualitas, un quid che, aggiun¬ gendosi all’essenza, la pone nel mondo della realtà. - per S. Anselmo essenza od esistenza in Dio coincidono o anche Spinoza nella I definizione dell’Effco dice: 7 vr causata sui (cho è la sub stantia, sire Deus) intclligo id cuius essenlia invol - vii existrnf iam. - V. Gioberti distingue essere da esi¬ stere: « in latino cxsistcre, cho suona ap¬ parire, uscir fuori, emergere, mostrarsi, s’usa a significare la manifestazione d’u- na cosa che prima ora come avvilup¬ pata, Implicita in un’altra, e che, uscen¬ do, si rende visibile di fuori; quindi prodotta da una sostanza che la con¬ tiene potenzialmente, in quanto è atta a produrla », giacché II verbo sistere e I suoi derivati, p. e. subsislcre t con¬ tengono puro il concetto metafisico di sostanza; quindi Fesisfen/e non può concepirsi senza VEnte che ne ò la causa creatrice, donde la formula ideale (come il Gioberti la chiama):  l’Ente crea Tesistento ». Esistenziale (giudizio) = (logica): è il giudizio che afferma o nega semplice¬ mente Tesistenza d’una cosa o d’una classe di cose. Esoterico (gr. IdtoTSpixóq = interio¬ re) (filos.): dicesi particolarmente del¬ l'insegnamento cho Aristotele impar¬ tiva ai discepoli già istruiti; per esten¬ sione si dice, in generale, dell’insegna¬ mento impartito a pochi, fino a raggiun- Esperienza — 40 — Essere gere il significato di sapere occulto, accessibile a pochi iniziati (v. acroama- tico ). Esperienza (dal lat. experior — pongo alla prova) (ingenerale): ò la conoscenza diretta,Immediata, omediata, elicsi può acquistare dei fatti o dei fenomeni che si succedono in noi o fuori di noi. Y’ò un'esperienza comune o vulvare che pro¬ cede in maniera spontanea, incoerente, senza regola e precauzione, obbedendo a impulsi sentimentali o utilitari; e v’ò un’esperienza scienti fica, già detta dagli Stoici è[X“£tpta {jlsO’oSlxt) (esperienza metodica ), che nelle sue ricerche applica all’osservazione dei fatti, alla loro in¬ terpretazione e al loro coordinamento le norme suggerite dalla ragione nel suo sviluppo storico, c dall’esperienza pas¬ sata. - l’idea moderna d’esperienza si co¬ stituisce nel Hi nascimento soprattutto per opera di Galileo, seguito poi dal¬ l’empirismo inglese. Locke riconosce due fonti dell’esperienza: il senso ester¬ no e il senso interno (cioè la riflessione ), e quindi vede già nell’attività dell’In¬ telletto una condizione importante del¬ l’esperienza. - (filos.): per Kant l’esperienza consta di due fattori: a) della conoscenza doi fenomeni, cioò delle impressioni clic ci pervengono dal mondo esterno per la via dei sensi o dal inondo interno per la via della coscienza: materia passiva; b) dello spirito, che elabora il rozzo ma¬ teriale delle sensazioni, cioè dei feno¬ meni, con le intuizioni pure o a priori dello 6pazio e del tempo e con le cate¬ gorie, cioò con le forme attive. Questi duo fattori sono intimamente e indisso¬ lubilmente fusi nel l’esperienza. Esperienza possibile (filos.): si ha quando, dice Kant, « io mi rappresento insieme tutti gli oggetti sensibili esi¬ stenti in tutti i tempi e in tutti gli spazi, ossia gli oggetti che si trovano in quella parte dell’esperienza verso la quale deb¬ bo ancora progredire ». Esperienza pura (ItTos.): è la dottrina che vuole liberare il pensiero da tutto le aggiunte artificiose e superflue, come causa, tempo, sostanza eoe. e costituire •' un’idea naturale del mondo met¬ tendo nella sua vera luce il puro dato immediatamente vissuto, cioè la sen¬ sazione. Così R. Avkxarius c Vempi- rio-cri deismo. Esperimento (scienza): consiste nel ri¬ produrre artificialmente fenomeni na¬ turali col lino di poterli osservare — iso¬ landoli, ripetendoli, « provando e ri¬ provando » — nelle condizioni più fa¬ vorevoli per l’indagine scientifica. Ga¬ lileo è stato uno dei primi e più ge¬ niali sperimentatori. Essenza (lat. csscntia da esse) (logica): designa il complesso delle determina¬ zioni, cioò dei caratteri che definiscono nelle sue note costitutivo un oggetto del pensiero. Aristotele Ja definisce: oùaCa àveo CXyjs, ossia la sostanza senza la materia; p. es.: l’essenza del¬ l’albero ò data dallo qualità costitutive del concetto di albero, distinte dalla sua materia; forma c materia, unite, dànno la sostanza (oùoCa). - (filos.): è ciò che costituisce il nu¬ cleo costanto d’una cosa in opposizione alle modificazioni che non lo toccano se non superficialmente e temporanea¬ mente; così la intende Cartesio. - Spinoza aggiunge che l’essenza d’una cosa ò ciò senza di cui questa non può né esistere né essere concepita e, vice¬ versa, ciò che senza la cosa non può né esistere né essere concepita: id sine, quo res et vice versa quod sine re nec esse nec concivi potest. Essere (filos.): in opposto a divenire in¬ dica ciò che esiste o sussiste stabilmente, non ostante i mutamenti che può su¬ bire; è dunque una realtà permanente, costante, presente nell’esperienza o an¬ che accessibile al solo pensiero; por gli uni (per cs.: Parmenide o Platone) l’idea dell’essere è la più ricca di con¬ tenuto; per gli altri (per es.: Hegel o Rosmini) è l'idea più semplice o più povera di contenuto; ma sempre di grande valore speculativo. - Parmenide por primo pensa l'essere come la realtà vera, immutabile, per¬ fetta, senza passato né futuro, posta In un eterno presente, unità del tutto o- mogenea, accessibile al solo pensiero logico; mentre il non essere ò apparenza mutevole o dipendente dall’esperienza ingannevole dei sensi. - per Democrito l'essere è posto nella pluralità degli atomi, che si muovono nel vuoto, cioè nel non essere, il quale ò quindi una realtà anch’essa. - per Platone ressero è nelle Idee. - per Hegel, so ad una cosa si tolgono tutto le determinazioni e le qualità, ri¬ mane la pura affermazione* questa co¬ sa è; ossia l’idea più semplice, più a- stratta, più povera di contenuto, che richiama alla mente l’idea opposta, cioè quella del non essere. È il punto di par¬ tenza (Iella logica hegeliana, e della dia- Essoterico — 41 Esterno lettica (v. questo termine) ; infatti « la verità dell'essere {tesi) e del non essere (antitesi) è la loro unità, la quale ò di¬ venire ( sintesi ); l’essere, se vicn pen¬ sato nel divenire, è un formarsi, un in¬ cominciare ; invece il non essere ò un passare ». L’idea decessero è un’idea della ragione (v. qui sotto l’esempio ci¬ tato nel Nuovo Saggio del Rosmini). -anche pel Rosmini ■ se dall’idea con¬ creta di M. nostro amico voglio rimo- vero ciò che ha di proprio e originale, non mi resta più l’idea del mio amico, ma solo l’idea comune di un uomo; se poi astraggo le qualità proprie del¬ l’uomo, mi resta un’idea più generale, cioè l'idea d’un animale; io posso allo stesso modo colla mia mente astrane dalle qualità proprie dell’animale o mi resta allora l’idea d’un puro corpo privo di sensitività, dotato solo di vegetazio¬ ne; voglio ancora colla mente togliere da lui ogni vegetazione, allora la mia Idea ò divenuta l’idea d’un corpo in genero; se infine non voglio badare a ciò che ha di proprio il corpo, rimane allora l’idea più universale di tutte, cioè l’idea d’un ente, senza che questo nel mio pensiero sia determinato da nessuna qualità cognita, l’idea dell’es¬ sere è dunque quella, tolta la quale, è tolto interamente il pensare ed è resa impossibile qualsiasi altra idea ». Però l’idea dell’essere « che è la verità prima e la ragione suprema, presuppone chi dia l’essere alle coso che esistono, ossia l’essere in sé, Dio, causa ». Essoterico (gr. èScoTepixò»; Xóyo|xv) = sentenza) (in pflBile): si usa a indi¬ care la saggczzi^Riq s’esprime per mez¬ zo di sentenze morali, proverbi, afori¬ smi: filosofia gnomica, poesia gnomica (Solone, Focilide, Teognide). Gnoseologia (gr. yv&at? = conoscenza e Xóyo? = discorso) (filos.): ò quella parte della filosofia che studia il proble¬ ma della conoscenza (vedi conoscenza). Gnosi (gr. yvcócu? = conoscenza, sag¬ gezza) (rch' 0 .): è lo stato del Cristiano illuminato che distinguo chiaramente la propria fèdo da quella dei pagani, le divinità dei quali gli appaiono pure finzioni. - (filos. e rclig.): ò una forma di co¬ noscenza che trasforma la fede in scien¬ za; è però una conoscenza concreta, giacché per gli Gnostici conoscere Dio vuol dire possederlo, non per via di¬ scorsiva, dialettica, o per la certezza soggettiva della fede, ma per via mi¬ stica. che si complica con gli clementi provenienti dallo religioni orientali o dalla filosofia; giacché gli Gnostici, per superare l’antitesi fra Dio, principio del bene, e la materia, principio del malo, imaginano una serie di coni (alcove?), realtà intelligibili uscite dal Primo prin¬ cipio ineffabile, una delle quali, dege¬ nerando, ha prodotto la materia e il male. La creazione e 1 a redenzione cri¬ stiane sono episodi di quella lotta. Principali rappresentanti della gnosi sono Valentino e Marcione (II sec. d. Or.) (v. Eoni). Grazia ( relig .): è un dono gratuito fatto da Dio alle creature umane, senza che vi abbiano .alcun diritto; in questo sen¬ so non v’è cosa alcuna che non sia una grazia, poiché Dio basta a sé e dona liberamente e gratuitamente tutto ciò che dà. - In un senso meglio determinato da S. Agostino la grazia ò un dono gra¬ tuito che Dio fa all’uomo (posto dal pec¬ cato originale nello stato di natura de¬ caduta e pervertita) per rendere possi- Gusto — 4ft — Idea bile la salvezza di pochi eletti, Bcelti dalla sua imperscrutabile volontà, giac¬ ché l’uomo da sé non può risollevarsi e lo Spirito Santo soffia dove vuole (spiriius sanctus apirat ubi vult, non merita seqiUns, sed merita facicns). _ Lo stato di grazia implica una par¬ tecipazione più o meno consapevole dell'anima alla vita soprannaturale, che oltrepassa l’ordine croato, cioè la na¬ tura o la conoscenza razionale; è og¬ getto di fede (v. natura). - (estetica): La grazia è il sentimento, non beilo definibile» che nasce alla vista  idola tori, gli Idoli del mercato, cioè provenienti dai rapporti sociali: p C, gli errori per cui si prendono corno reali le coso fittizie designate da ter- minll del linguaggio; d) idola thratri, consistenti nell'azione esercitata sulla mente dai sistemi filo- solidi, elio si succedono sulla scena della storia, come le rappresentazioni fan¬ tastiche della realtà si svolgono sulla scena d'un teatro. _ (teoria della conoscenza) : per E cicli HO tutto le coso reali emettono efflussi d'a¬ tomi. quasi Involucri vuoti isimularm. 11 dice Cicerone), i quali riproducono la struttura generalo e le qualità del^ corpi donde emanano e, movendosi con grondo velocità, pervengono attraverso 1 sensi fino al cuore, dove producono le sensazioni. Possono provenire audio da corpi non piti presenti ai sensi; di qui 1 fantasmi del sogno e del delirio. Ignava ratio (gr. ip-fòc; Xbyo r, = vita) (filos.): è la teoria comune ai più antichi filosofi greci, secondo la quale la materia è considerata non solo come attiva, ma come animata, vivente: materia e lotiche sono Indi¬ stinto. Immaginazione (psicol.): è l’attitu¬ dine mentalo a formare immagini c rappresentazioni ; si presenta sotto duo forme : --- a) rappresentativa, o riproduttrice, che sta nel potere psicologico di ripro¬ durre nella mente gli oggetti già per¬ cepiti, non presenti: - li) creatrice, che consiste nei comporre, nel creare nuove immagini; è alliue a fantasia o ha una funzione importante nell’arte. __. (/ilo».): per Spinoza la imaainalio è il grado inferiore del conoscere, vi¬ sione oonfusa, disordinata, incompiuta * delle" coso. _ per Kant Vimmaginasionc creatrice è « una funzione cieca ma indispensa¬ bile % che applica le categorie deU’in* folletto ai fenomeni, collognndo lo for¬ ine dell'intelletto con lo forme della sen¬ sibilità e rcndondo cosi possibile la co- stituziono doli'esperienza;  per FICHTE l’immaginazione crea¬ trice produce il non io, che si oppone all'io puro o lo limita; opera In ma¬ niera Incosciente. Immagine (psicol.): In generalo ò la rappresentazlono montalo d'un og¬ getto percepito, o anche una nuova rappresentazione formata d’elementi psichici elio già si trovano nella co¬ scienza, come le immagini poetiche. Immanente (opposto: trascendente ) (/»- /os.): già nel soc. XIII immanens (op¬ posto a transiens c transitiva) i> detta un’azione od una causa elio rimanga nell'Interno dol soggetto agente, men¬ tre transitiva è dotta quando, uscendo dal soggetto, s'cserclta sopra un'altra cosa; cosi S. Tommaso: duplex est actio, una qua e transil in citeriorem ma- teriam, ut calc/acerc et secare, alia quac manci in agente, ut intclligcre, sentire et rette (= duplice è l'azione; una che passa nella materia esterna, come ri¬ scaldare o tagliare, l’altra cho rimane nell’agente, come intendere, sentire e volere). — Spinoza Intende in questo senso il termine immanente, quando dice: Deus est omnium rerum causa immanens non vero transiens (Ilio è causa immanente di tutte le cose, non transitiva), per¬ ché, contenendo in sé il mondo (v. pan¬ teismo), non esco fuori di sé quando agisce, ma resta in so stesso. -—- per Kant è immanente ciò che sta entro i limiti dell’esperienza, trascen¬ dente ciò clic sta fuori deH'esperienza a non è conoscibile. Immanentismo Imperativo - in dottrina eli Blondel (vedi: azione) ò detta una « trascendenza im¬ manente », perché la divinità che è tra¬ scendente, può, per un atto della vo¬ lontà individuale, consapevole della propria incompletezza e insuiHeionza. divenire immanente, entraro nella vita umana, compenetrarla, facendo cosi l’uomo partecipo della vita soprannatu¬ rale per un dono gratuito, cioè per tuia grazia, la quale però risponda a un ap¬ pello interiore, a un’intensa aspirazione della coscienza. Immanentismo (relìg.): è la teoria at¬ tribuita al clero modernista cattolico e condannata dall’enciclica Pascendi, pei duo principi! di cui conste¬ rebbe : - a) il sentimento religioso è un pro¬ dotto dell'attività interiore o incoscien¬ te dello spirito ed ò il germe d’ogni re¬ ligione, che così apparo un frutto pro¬ prio o spontaneo della natura; - b) Dio è immanente nell’uomo, per¬ ciò la sua aziono si confonde con quella della natura e 11 sovrannaturale viene eliminato. Immanenza (filosofia dell'— )(filos.): ò la dottrina di G. Schuppe, secondo cui l’io, la coscienza ò il fatto primo, supcriore ad ogni dubbio, irriducibile, e la pluralità delle cose di cui l’io è conscio è l’oggetto inseparabile della coscienza, per cui ogni oggetto non pen¬ sato, non presente al soggetto e da que¬ sto indipendente, è inconcepibile; ogni cosa è solo in quanto è presente al sog¬ getto, in quanto entra nella sfera della sua luce e della sua realtà (ossia è im¬ manente nella coscienza). Ciò non vuol dire che il mondo sia nell'io, ma solo che l’io e il suo oggetto sono due mo¬ menti inscindibili d’uno stesso atto: • quando lo ho la sensazione d’un disco rosso posto a nna.corta distanza o d’una data grandezza, ciò non vuol dire altro so non che io ho coscienza di esso, clic esso è oggetto della mia coscienza ». La realtà è perciò il contenuto della co¬ scienza. non dello singole coscienze!, ma d’unti « coscienza generica >, che è il sog¬ getto pensato nella sua perfezione c nella sua purezza, avente un’esistenza concreta solo nello coscienze particolari. Immaterialismo (filo».): cosi deno¬ mina Berkeley la propria filosofia, clic, opponendosi al materialismo del suo tempo, vuol dimostrare resistenza reale delle sole idee e dell’anima e ri¬ duce la materia a un complesso di idee, intese nel senso di processi psichici. Immediato (opposto: medialo) (logica): ò immediata un’inferenza, quando il passaggio da un giudizio a un altro, da una proposiziono a un’altra avviene senza un termine medio, senza un terzo giudizio intermediario; p. e. dalla pro¬ posizione :  i triangoli sono poligoni », si deduce immediatamente: « alcuni po¬ ligoni sono triangoli ». - (/ilo*.): è immediata la conoscenza che coglie un'idea, un sentimento per via dirotta, intuitiva, senza passare per un termine medio, come invece av¬ viene nella conoscenza discorsiva e ana¬ litica; cosi Platone intuisce l’idea del Bello e del Bene, Cartesio il cogito ergo sum. Immoralismo (/ ilos .): per Nietzsche designa l'aspirazione verso nuovi va¬ lori morali, cho si dovrebbero concre¬ tare nelle virtù forti ed eroiche del su¬ peruomo (v. questo termine), e do¬ vrebbero sostituirsi ai vecchi valori, soprattutto allo virtù umili e inclini alla rinunzia, esaltate dalla morale del Cristianesimo. Immortalità (filo*, o velia.): è il so¬ pravvivere indefinito dcU’anima al cor¬ po, conservando la propria individua¬ lità. La dottrina dell 'immortalità per¬ sonale è por la prima volta affermata con prove da Platone (specialmente nel Fedone). - per Aristotele. ò immortale solo l 'intelletto attiro (v. questo termine), che è la forma dell’anima ed entra in que¬ sta dall’esterno. - per Kant l'immortalità dell’anima è un postulato della ragion pratica ; è fondata sopra l'esigenza, por l’essere umano finito, di attuai*© la perfezione morale In un progresso indefinito verso la santità. Imperativo (morale): ò un comando, una norma obbligatoria che l’uomo deve imporre a se stesso pel raggiungimento d’un fine. - Kant distingue due specie di impè* rat ivi : a) ipotetici, che sono comandi condi¬ zionati, mezzi da servire a un deter¬ minato fine, e sono regole d’abilità o consigli di prudenza; p.e.: sii tempe¬ rante se vuoi vivere a lungo • ; b) categorici che comandano in modo assoluto, incondizionato, non sono su¬ bordinati ad altro fine ed esprimono la necessità dannazione, in quanto è buona in 60 stessa; sono norme razio¬ nali, che esprimono la forma che deve rivestire un'azione per essere giudicata Implicito — 53 — Indifferenza morale; provenendo dalla ragione, non dall'esperienza, sono universali e ne¬ cessari ; p. e. : non mentire, avvenga olio può . Implicito (opposto; esplicito) {logica): un’idea o un giudizio sono impliciti.in un’altra idea o giudizio, se, affermati questi, sono affermati e sottintesi quelli ; p. e.: essere ragionevole 6 implicito in uomo. Impressione ( filos.): ò il principio fon¬ damentale della dottrina di D. HUME, pel quale « Bono impressioni le sensazio¬ ni, lo passioni, le emozioni elio compa¬ iono per la prima volta nella coscienza . mentre le idee e lo rappresentazioni so¬ no copie dello impressioni, ma più tenui o meno vivaci. Per Humc non v’è idea senza impressione, non vi sono con¬ cetti a priori e non vi è metafisica. Impulsione e impulsivo (dal lat. im¬ pellere = incitale; opposto: inibizione) (psicvl.): esprime la tendenza sponta¬ nea e immediata all’azione. Un carat¬ tere è impulsivo quando passa dirotta- mente dalla concezione d’un atto alla sua esecuzione; allora il potere inibi¬ torio agisce debolmente e noi casi pa¬ tologici è annullato (v. inibizione). Imputabilità (da,, lat. imputare = met¬ tere in conto, attribuire a qualcuno un atto) ( diritti> e morale): è 11 carattere d’un atto, die, trasgredendo la legge ci¬ vile o la legge morale, può essere im¬ putato a una persona. Ha un aspetto og¬ gettivo, in quant o si considerano gli unte- cedenti deiratto imputabile, cioè la persona agente, la condiziono elio per¬ mette ad ossa di operare e la circostan¬ za, ossia l’occasione più o meno favo¬ revole ad agire; e ha un aspetto sog¬ gettivo, che è la libera decisione della volontà, l’aver agito consapevolmente e liberamente. La responsabilità e la pena non sono necessariamente con¬ nesse all'imputabilità, giacché le cause che diminuiscono il valore razionalo della persona agente (p. e. la passione c l’ignorau/a invincibile), ne diminui¬ scono pure e, in certi casi estremi, ne annullano la responsabilità. L’imputabilità morale esige pjù par¬ ticolarmente l'apprezzamento morale dell’atto in relaziono col valore morale della persona agente. Incondizionato (filos.): è ciò che ha in sé la ragione del suo essere e, quindi, non sottosta ad alcuna condizione; può quindi essere inteso come assoluto. Inconoscibile {filos.): è ciò che, pur essendo reale, si sottrae ni nostri mezzi di conoscenza, ò un assoluto che sta dietro i fenomeni; lo Spencer lo pone a fondamento della sua dottrina (v. «- gnosticismo). Incosciente (opposto: cosciente) (psi- ’col.): si dice dei processi psicologici (sensazioni, rappresentazioni, volizio¬ ni, ecc.) che, pur essendo reali e attivi nel nostro interno, non sono avvertiti dalla coscienza. -- Leibniz pel primo ha richiamato l’attenzione su questi processi psichici oscuri (petites, insensitiva percepìurna), che costituiscono la vita delia mona¬ de nel suo grado più basso: p. e. il movimento d’ogni singola onda mari¬ na dà u na percezione debole, confusa, inavvertita, incosciente, e deve fondersi coi movimenti delle altre ondo per es¬ sere percepito distintamente. - - (filos.): pel tedesco Kdourdo Haht- maxx rineosciento è l'essenza del¬ la realtà, un principio universale, do¬ vunque presento, attivo, intelligente, manifostuntesi nella materia, nella vi¬ ta, nel pensiero; In se stesso ò sopra- cosciente, per nói è incosciente; ò una sostunza operante, analoga alla volontà ili Schopenhauer, itila quale l’inconscio deH’Hnrtmann ò sostituito come prin¬ cipio primo dell'essere o del dive¬ nire. Indetenninismo (opposto: determini¬ smo) (filos.): ò lu dottrina elio afferma la libertà del volere, per cui la volontà non dipende nelle sue decisioni né da forze esterne, né da processi interiori c mentali, non è determinata da cause, è dotata di spontaneità, lia la facoltà di decidersi senza causa. - il Bol'tkoux o il Bergson esten- douo questa spontaneità a tutta la re¬ altà, nella quale si possono rilevare novità, creazioni, produzioni originali, elio il determinismo non riuscirebbe a spiegare (v. contingenza ). Indifferenza (filos.): per Aiustippo di Cirene è indifferente una sensazione clic non è né piacevole né dolorosa, para¬ gonabile al mare in bonaccia., — (morale): per gli Stoici sono indif- rercnti, cioè prive di valore pel saggio, le cose che non dipendono da noi, come la vita, la morte, la salute, la malattia, la ricchezza, la povertà; la virtù è il solo bene c il vizio il solo male. - per gli Scettici tutte le cose sono indifferenti (àSldccpopa, da a priv. o àiacpépco = distinguo), perché l’uomo conosco le coso come appaiono, non co¬ me sono in se stesse; quindi le cose sono Indifferentiae — 51 — Ineffabile (.ulte no» differenti, cioè uguali, sono pure apparenze. - per sk'UKmxu l’indiffcreuza è il ca- rattere del principio supremo dcll’uni- verso, clic dove concepirsi indetermi¬ nato, comprendente in sé. Indistinti, l’oggetto o il soggetto, la materia e lo spirito, o conciliante in sé tutti 1 cou- lrasti e gli opposti: tale principio è la natura creatrice, natura naturimi!, spi¬ rito clic diviene. Materia 0 spirito sono per lo Schelling inni differenti, coinci¬ dono: la materia è spirito ohe sonnec¬ chia, lo spirito è materia in formaziono (v. identità). Indifferentiae (libertini artritrium) — ): v. arbitrio. Individualismo (opposto: universali¬ smo) ifilos.): consiste nel concepire l’in¬ dividuo corno line a se stesso. Per que¬ sta dottrina tutte le forme sociali (la famiglia, l’associazione, lo Stato) sono mezzi creati dall’individuo per lo svi¬ luppo dell’individuo, o la society non è altro die un uggrnppumento d’indi¬ vidui. - (morale): è la dottrina per cui ciò che piu importa è la formazione e il per¬ fezionamento morale dell'individuo, o la società ha valore in quanto favorisco lo sviluppo morale indefinito della per¬ sona umana, [ruiividualistica è la mo¬ rale di Kant. Individuazione (principio di —) (Jat. mediev. : principi um individuai ionio) (filos.): nella Scolastica 6 ciò che conferisce a un essere l’esistenza con¬ creta, determinata nel tempo c nello spazio, cioè individuale. Questo prin¬ cipio è la nuitcria per S. Tommaso, la e verità (haccccitas) per Duxs Scoto; per Leibniz è ciò che fa si che un es¬ sere possieda non solamente un tipo speci fico, ma un’esistenza singolare, concreta, determinata nel tempo o nello spazio e che lo distinguo da tutti gli altri : por SCHOPENHAUER è il tempo e lo spazio, grazie ai quali la volontà iti vi¬ vere, che ò il fondamento mota fisico della vita universale, sempre identico a se stesso, si manifesta come diverso e molteplice negli esseri individuali. Individuo (gr. &-to[AOV = indivisibile, che Cicerone traduce con in-dividuum) (in generale): 6 ciò cho costituisce un tutto determinato, concreto, distinto e distinguibile dagli esseri della stessa spe¬ cie (Boezio: dicitur irui irido um quoil (minino secavi non potrai, ut unitas vet menu: dicitur id euiiis praedicatio in n- llqua similia non convenit, ut Socrafes). - (filos.): individuo ò l'uomo iu quanto rappresenta un mondo a parto o ri¬ flette in maniera particolare Putiiverso ; ò un microcosmo, cioò una concentra¬ zione della realtà, del macris-osmo. Que¬ sta concezione risale a Plotino o ri¬ compare in Nicola Cusano, in Giordano Bruno e in Leibniz. Induzione (Ionica): in generale ò l’ope¬ razione che consiste nel passare da fatti, affermazioni, proposizioni particolari o singolari a proposizioni e a principi! generali. L’induzione ha duo forme: a) induzione perfetta, quella aristo¬ telica, detta enumeratio prr/ccta, che da ciò che ò stato provato dello singole parti d’un tutto procede al tutto stesso(v. epagoge): b) l’induzione moderna, o enumcralio imper/ecta, cho vu dalla parte al tutto, da ciò che si ò osservato in alcuni indi¬ vidui d’una classe a tutta la classe, è conclude con Un principio gene¬ ralo, con una legge; ò divenuta un pro¬ cedimento comune nella scienza dopo Bacone e Gallico; Stuart Mill vorrebbe che fosse riservato il uomo d’induzione a questo solo procedimento. - (filos.): in che modo si giustifica l’induzione come passaggio dalla parto al tutto 1 Alcuni ricorrono al principio di causa: • qunudo lo stesso condizioni sono attuate in due momenti diversi del tempo c in duo punti diversi dello spazio, gli stessi fenomeni si riprodu¬ cono, mutando solo lo spazio o il tem¬ ilo • (PAINLEVÈ). - pel Lacuki.ikh è fondata su duo principi, cioè sul principio di causa, In Virtù del quale i fenomeni formano serie in cui l’esistenza del precedente determina quella del seguente, e sul principio delle cause finali, per cui lo serie dei fenomeni formano sistemi (co¬ me, p. e., specie e generi), nei quali l’idea del tutto determina l'esistenza delie parti (p. e.; l'idea dell'uomo de¬ termina l’esistenza dei singoli uomini). Questo secondo principio assicura l’or¬ dine nella natura, il quale alla sua volta assicura la costanza delle leggi mecca¬ niche del movimento, ossia l'induzione stessa. - il fisico K. MACH considera l iudu- ziono solo come un principio regolati co, un’ipotesi utile nello ricerche scientifi¬ che, non un principio costitutivo e corto. Ineffabile (gr. SpprjTop. 7)11x4;). Che nasce, o muore col corpo, è illuminato dall’in¬ telletto attivo, è materia rispetto a questo che è forma; Intellettualismo — 56 — Intelligibile • ■ per Plotino emana direttamente dall’l/no, è intelletto universale, come poi per G. Bruno, pel quale « esso em¬ pie il tutto, illumina l'universo, è fabro del mondo », simile al demiurgo del Timeo platonico, che plasma il mondo sensibile con rocchio fisso alle idee. -per Spinoza è la facoltà che ha la nostra mente di collegare le idee in un ordine obbiettivo uguale per tutti, mentre 1’ associazione psicologica le ordina secondo le affezioni del corpo, collegato fra loro da rapporti nou neces¬ sari!, ma puramente accidentali e va¬ riabili ; -per Kant è la facolta di giudicare, cioè l'attività che subordina rappresen- | tazioni diverse a un concetto unico, è l’organo delle categorie, che collega i fenomeni dati dalla sensibilità; - per Schopenhauer ò l’organo che coordina le rappresentazioni mediante il principio di causa, la sola categoria da lui ammessa. Intellettualismo (opposto: volontari¬ smo) ( filos .): il termine ò di recente for¬ mazione e risale a Schelling, ma l’idea è antica, e consiste nel subordinare alla ragione teoretica (vou? &so>p7)Tixós di Aristotele) la ragione pratica (voo£ 7rpax?ixó$); ossia nel porro il centro di gravità dell’esistenza umana nell'!zi¬ telle tto, considerato come la sola fun¬ zione che le possa dare forza, calore, vita, giudicando l’azione pratica come secondarla e subordinata al conoscere, c affermando che le norme valide pel pensiero sono pure valide per le altre attività vitali, il sentimento e la t*o- lontà. -I filosofi greci ci diurno un esempio tipico dell’intellettualismo: convinti che l’uomo fa parte d’un cosmo retto da leg¬ gi immutabili che lo circonda con la sua certezza c il suo splendore, non vede¬ vano nulla di più grande della cono¬ scenza d’un tale mondo (D-eopCa) me¬ diante l’intelletto (vouc). Con Socrate e Platone l’intelletto diviene anche la guida sicura della condotta morale: non è possibile fare il bene senza co¬ noscerlo, né è possibile che, conoscen¬ dolo, non lo si faccia. -nei tempi moderni tipici rappresen¬ tanti dell’intellettualismo sono Leib¬ niz, il qualo afferma essere il pensiero la potenza fondamentale dell’anima, ed Hegel, pel quale l’universo è la ragione realizzata, la realtà ultima è quella ac¬ cessibile al solo pensiero, e « lo spirito è la causa del mondo « (v. volontarismn). -in senso peggiorativo ò 1 tendenza a rinchiudere la realtà vivente entro schomi rigidi e quadri artificiali, che invece di riprodurla fedelmente la de¬ formano, toccando solo la superficie del¬ le cose o disconoscendo le esigenze del sentimento e della volontà. Intelligenza (psicol.): in generale equi¬ vale a «organo della conoscenza» e quin¬ di compie tutte quello funzioni psico¬ logiche che contribuiscono al cono¬ scere (percezione, associazione dello i- dee, memoria, immaginazione, ragio¬ ne); suo operazioni importanti sono; distinguere e generalizzare. -(filos.): per S. Tommaso l'intelligen¬ za è l’intelletto nella sua effettiva at¬ tività: inteUigentia significai ipsum ac- tum inkllcclus qui est intelligcrc ; -per Hpinoza ò l’attività mentale, es¬ senziale alla ragione: nulla est via ra- tionalis sinc inteUigentia. - il Bergson contrappone l’istinto e Tintuizione all’intelligenza : questa ha una funzione analitica, discorsiva, vuol comprendere ciò che si sottrae al mec¬ canismi, ossia la vita e lo spirito, me¬ diante le leggi meccaniche che gover¬ nano i corpi solidi; perciò si lascia sfug¬ gire il carattere profondo e originale della vita e dello spirito, che è dive¬ nire spontaneo, imprevedibile, crea¬ tore. Intelligibile (gr. voyjtó$, da voéo = penso, comprendo con la mente; op¬ posto: sensibile) (filos.): in generale in¬ dica ciò che può essere soltanto pen¬ sato, conosciuto dall’intelletto. - più particolarmente, l’ospresBione monito intelligibile (xó; il Logos è Gesù, Il Verbo mediante il quale tutto è stato creato, la luce che illumina ogni uomo, il figlio unico di £>io o Dio egli stesso; xal ò Xóyos vjv Tcpò? ateòv, xal ?)V 6 Xóyo^ (il Verbo era presso Dio: e Dio era il Verbo). La teologia cri¬ stiana interpreta il Logos come il verbo che s’ò fatto carne nel figlio di Dio; è un mutamento importante nella sto¬ ria di questo termine e, anche, del Cri¬ stianesimo. - per Filone d'Alessandria, il logos è intermediario fra Dio e il mondo; per mezzo del verbo Dio é creatore del mondo, ò il primogenito di Dio, un se¬ condo Dio, forza cosmica ordinatrice del tutto; - per Plotino ò in generale ogni at¬ tività spirituale, e più particolarmente l’immediata produzione dell’t’no, la seconda ipostasi, il V 0 U£» la ragiono che contiene in sé lo idee e da sé le produce: vosi và 6 vva xal ucplaT7] vento. - questa ido» viene ripresa nei Rina¬ scimento e per N. Cusano l'uomo ò un parvus munxtus, uno specchio, una quin¬ tessenza dell'universo, poiché fra il grande e il piccolo cosmo i termini si corrispondono e abbondano lo analogie. Magia: in gemcrale è una delle arti taumaturgiche occulte, assai diffusa anche nel Rinascimento, la quale in¬ segna a conoscere le forzo segreto della natura eglispiritiche in questa agi¬ scono, per trarli a vantaggio dell’uomo con mezzi 0 pratiche occulte. - il poeta-filosofo tedesco Federico Novaus ò Fautore cl’un idealismo ma¬ gico, per cui l’uomo può entrare in rapporto di simpatia o d'azione diletta con l’universo, compiere l'unione mi¬ steriosa dell’io con la natura per via intuitiva: « l’artista, simile all’uomo primitivo, ò un visionario; tutto gli ap¬ paro come spirito ». Maieutica (gr. (xatsuTiXY) TéyvY] = For¬ te dell’ostetrica) (filos.): è il metodo seguito da Socrate che, interrogando, fa scoprire a ciascuno la verità che egli porta in sé: « hai sentito dir© che io son figlio d’una levatrice molto valente e seria, Fenarete, o che m’occupo della stessa arte, ma con riguardo alle anime e non ai corpi * 1 (Platone, Teeteto), Male (il problema del — ) (filos.): deriva dalla difficoltà di conciliare resistenza d’un Dio buono o onnipotente con a presenza del male nell’universo, sia che si consideri come male morale nel pec¬ cato, sia come male metafisico nell’im¬ perfezione di tutte ie cose, sia come male fisico. Tale problema si presentii soprattutto nelle religioni e nelle filo¬ sofie ottimistiche (v. manicheismo). - per lo Stoicismo il male, se è osser¬ vato non in sé ma in relazione ool tutto, dipende da condizioni posto perii bene, o anche ò un mezzo per attuare un bene, oppure dipende dalla stoltezza dell’uomo che disconosce le leggi della ragione cosmica e Berve alle passioni. - per Plotino, seguito spesso dalla Scolastica, il male ò pura apparenza, perché colpisce Bolo l’uomo empirico che vive tutto nel mondo esteriore e Manicheismo Meccanica por i boui materiali, non l’anima olio s’elevi, purificata, nella sfera della ra¬ gione o dell’Uno. - Leibniz afferma la superiorità del bene sul male nel mondo, il quale nel 1 suo insieme ò un’opera buona, prefe¬ ribile al nulla. Anche VIlluminismo ò ottimistico. Manicheismo (relig.): dottrina fon¬ data da Mani, persiano del III sec. d. Or., che vuol spiegare il mondo con la lotta frtt duo potenze sovrane e in¬ finite, di cui la prima ò il Principe della luce, la causa o l’essenza del bene, l’altra il Principe delle tenebre, la causa e la sostanza del male. s. Agostino pro¬ fessò tale dottrina nella sua gioventù. Massima {morale): per Kant ò il prin¬ cipio soggettivo del volere, norma di condotta elio l’uomo si dà come valida per la sua volontà, senza riferirsi ad altre persone. Materia (opposto: spirito) (, filos .): per Platone è qualcosa di rozzo, di rosi- stente e di ostile allo spirito, il quale non riesce a dominarla interamente. -per Aristotele ò una realtà Inde¬ terminata e inerte, ohe riceve deter¬ minazione e vita accogliendo la forma (v. questo termine), alla quale si a- datta e la, serve docile, essendo a ciò predispostadalla stessa natura: è la potenza di ciò che, grazie alla forma, è tradotto in atto; p. e. il marmo ri¬ spetto alla statua. -per Cartesio ò la rea extensa, essendo l’estensione la sola qualità del corpo la quale si presenti a noi chiara e di¬ stinta ; è retta da leggi meccaniche, e lo stesso corpo umano è una macchina, benché mirabilmente foggiata. - nei tempi moderni o s’ammette resi¬ stenza d’uria materia distinta dalla for¬ za e se ne ha una concezione meccanica, come in Cartesio; oppure materia ed energia si identificano, o allora se ne ha una concezione dinamica, come in Leibniz; nel primo caso la causa del movimento ò esteriore, nel secondo è interiore e opera dall’interno verso l’e¬ sterno. Materialismo (opposto: spirUualismoy {filos.): ò la dottrina che considera la materia come l’unic a sostanza o il prin¬ cipio primo dell’universo, concepito co¬ inè una molteplicità di corpi posti nellospazio e accessibili ai sensi. Si presenta sot to diversi aspetti, per la difficoltà di spiegare* l’esistenza dello spirito: a) nella forma 'attributiva Io spirito è considerato un attributo, una qua¬ lità inerente alla materia,, che appare animata, come nei Presocratici, ma¬ terialisti inconsapevoli; b) nella forma causale lo spirito è un effetto della materia, à un epifenomeno dell’attività cerebrale, o anche l’insie¬ me dello reazioni clolTorganisnto cor¬ poreo: «E la coscienza, come il pen¬ siero, è un prodotto della materia « (B Corner); c) nella forma equaliva i processi psi¬ chici sono pensati come materiali nella loro essenza, crjuali essenzialmente agli elementi materiali; per Democrito, mi cs., 1’anima consta di atomi lisci, ro¬ tondi. simili u quelli del fuoco. Materialismo storico (filos.): Marx ed Engels, asserendo che l'uomo, nella sua essenza, é un essere che ha fame e sete, ha bisogno di nutrirsi, di vestirsi, in una parola subisce un certo numero di necessità vitali e dipende in ogni istante dolla sua vita dai mezzi atti a soddisfarle, cioè dai mezzi cconsnnici, materiali, deducono che il fattore eco¬ nomico determina, in maniera pili o meno visibile, ina reale e decisiva, ogni ‘ nostra azione; quindi bisogna dire, con¬ tro Ìidealismo classico, specialmente di Hegel, che non l’attività dello spirito ma le condizioni materiali d’esistenza sono gli organi- c 1 motori della storia, elio la produzione economica genera e domina il fenomeno giuridico, politico, morale, e, iu qualche modo, anche quel¬ lo religioso, intellettuale, artistico. Que¬ sta dottrina viene anello detta deter¬ minismo economico, che però non esclu¬ de un’azione dello spirito sulle condi¬ zioni materiali della vita. Meccanica (opposto: dinamica ; gr. rj (i.y)/avtx.7) 'ziyyrr = l'arte di compor macchine ponendo a profitto Io forze della natura): in venerale è là teoria che spiega la formazione della natura in maniera analoga dlle opere dell’uo- mo, benché la natura operi con mnggior finezza dell’uomo (Aristotele). - (filos.): l’idea di meccanismo dalla fisica s’estende a tutti i gradi della realtà, dando luogo a una teoria mec¬ canica del mondo, che appare per la, prima volta nell’. 4 tomTsfica di Demo¬ crito : Il mondo, così vario e muta¬ bile, ò sempre e dovunque lo stesso, giacché ogni cangiamento dipendo dal fatto che il substrato materiale é sog¬ getto a movimenti d’ogni sorta, c tutti i fenomeni si succedono obbedendo al principio di causa, non esclusi i feno¬ meni psichici, che, seguendo le leggi Mediato — (in — Metempirico dcHVwffWwciofli’ delle idee, si ntlrng-, sono o si respingono, veri àtomi psì-r. chic!, come irli atomi Usici ; questa teoria lia li carattere d'nn deiermintomo uni- versale. •,_ n Laplacp: cosi formula la conse¬ gui n/.a di tale teoria: Un’intelligenza elio conoscesse tutto le forze onde è animata la natura c la posizione ri¬ spettiva degli esseri che la compon¬ gono, so poi fosso cosi vasta da poter nssoggettaro questi fatti all’analisi, comprenderebbe in un’unica formula i moti dei più grandi corpi dell’uni¬ verso o quelli delPatomo più leggero; nulla sarebbe incerto o l’avvenire come il passato sarebbe presento ai suoi oc¬ chi ». Mediato (ragionamento) (Apposto: immediato) (logica): è la forma di ragio¬ namento che consisto nel passare da un giudizio a un altro mediante un terzo giudizio; p. e. f il sillogismo. Medio (logica): è nel sillogismo il ter¬ mino che serve per eollcgaro il termine maggiore col minore: p. e. mortale si collogu a Sacrale, mediante uomo, nel sillogismo: • l’uomo è mortalo; Socrate è uomo ; dunque Socrate è mortale », Memoria (psicol.): ò la funzione psico¬ logica clic consiste nel fatto che i pro¬ cessi psichici giù vissuti si conservano e si ri presentano nella coscienza, quindi vengono riconosciuti come ricordi, o localizzati, cioè riferiti al passato non in generalo, ma in un punto preciso, (ora, luogo, circostanze); se quest’ul¬ timo carattere manca, si ha solo una reminiscenza. - si ha memoria affettiva quando con la rappresentazione si rivive più o meno intensamente lo stato affettivo, il sentimento che da essa fu determi¬ nato. - : (filo 8 .): il Bergson distingue: a) una memoria abitudine, per la quale il pas¬ sato sopravvive In un sistema di mo¬ vimenti; s’acquista con la ripetizione, servo all’azione, è localizzata nel si¬ stema nervoso; b) una memoria pura, in cui il passato sopravvive in ricordi indipendenti di fatti onici, che non sì ripetono mai nello stesso modo, per¬ ché neirintcrvallo fra il processo psi¬ chico originale e il suo richiamo l’io è mutato; il processo integrale non è quin¬ di piìi lo stesso, perché rappresenta uno «tato d’animo unico, che non toma più. Questa memoria è indipendente dal corpo: la prima ha carattere mecca¬ nico, la seconda dinamico. Metafisica ffilos.): nella storia del (or¬ mino è già abbozzato il significato: Andronico di Rodi (I sec. d. Cr.),nel- l‘ordinare Io opero d’Aristotelo, collocò gli scritti ri f cren tisi alla filosofia prima it:?cót 7] 91X0009ta) dopo quelli ri- ferontisi alla filosofia naturale (và yvai'/.óc.): quindi la filosofìa prima (quel¬ la che ha per oggetto la realtà ultima e l’essenza immutabile di tutte le coso) fu detta và [xsvà và 9omxà, ossia u/7)v = al di là della psiche) ( psicol.) : è il nome dato da C. Richkt, nel 1911, a quel ramo della psicologia che tratta dei processi psichici rari e anormali, come la telepatia, la divinazione, la chiaro¬ veggenza, che dovrebbero rivelare fa¬ coltà psichiche ancora ignorate 0 co¬ stituire una nuova scienza. Metempirico (film): è ciò che sta fuori dei limiti dell'esperienza. Metempsicosi 04 — Mito Metempsicosi (gr. — lctt., trans-animazione;) (filos. o re¬ titi.): ò la dottrina antichissima, sorta in Oriente, giti nota a Pitagora c ac¬ colta da Platone, la quale ammette il trapasso dell’anima da un corpo al¬ l’altro, per cui una stessa anima pn successivamente dar vita a pia corpi, sia umani, sia animali, o anche vegetali. Metessi (gr. [lébcV-t = partecipazione, da uET-é/m = partecipo) (/ilos.). e ! pensata dà Platone per spiegare 1 rapporto fra le idee c le cose sensibll, i che sarebbero una «partecipazione, di quelle. Viene usata anche dal GIOBERTI I ì u significato nillne per chiarire il rap¬ porto fra l’Idea, l’Ente, la divinità, e l’esistente, il mondo; è intermediaria fra l’atto creatore c il suo effetto, è partecipazione degli esistenti alla real¬ tà originaria dell’Ente, per cui gli esi¬ stenti imperfetti, cioè gli esseri umani, aspirano alla perfezione dell’Ente. Metodo (gr. uéDoSoc, da o 684 ? = via; quasi: in via) (ionica): esprime l’Indagine e audio i mezzi per compierla, i procedimenti col quali si ordinano e si estendono lo cognizioni; donde: ._1 ) il metodo sistematico (dal gr. cr'-> v fomiti = raccolgo con ordino), che in¬ dica lo norme con le quali il sapere viene ordinato; p. o. la dassWcazionc : _ 2) il metodo inventivo, che offre l procedimenti col quali dallo cognizioni note si passa a quello Ignorate; p. e. ) induzione. _ Il metodo inventivo si suddivido alla sua volta in: _n) metodo induttivo, che da le nonne per tra ire dall’osservazione dei fatti lo leggi che li reggono, per estendere a tutta una classe di fenomeni elo che si è constatato in alcuni casi ’ omerale e narrazione favolosa ta cui esseri Impersonali, p. e. 1# forzo del natura, vengono personificati per spie¬ gare simbolicamente fenomeni e av- Modalità 85 Movimento veni menti ; noi tempi uniteli! costituì* scolio II fondo delie credenze religiose. -- (filos.): per Platone è una narra- * ziono fantastica di ciò clic può avve- nire al .il li dei limiti dell'esperienza e della ragiono; p. e. le vicende del¬ l'anima dopo la morte: dove termina l’ufficio delia ragione, supplisce li mito o il Himbolo, come nel (forvia, nel Fe¬ ttoni’. nel Fedro, nella Repubblica: di¬ mostrata razionai monto l’immortalità (loirauima, si può favoleggiare iito&o- Aoysìv) intorno al destino dell’uomo dopo la morte. __ ()(rs | por mito s'intende anche un’idea fondata sull'intuizione o la fede, che può divenire il sostegno o il motore interno (l’un movimento politico, so¬ ciale o religioso (p. o. li mito della razza). Costruito, almeno in parte, su elementi fantastici, trae 11 suo valore dalle conseguenze più o meno buone, più o meno utili, non dal suo contenuto di verità, «Difforme alla dottrina prag¬ matistica (v. pragmatismo). Modalità {Ionica): b per Kant la fun¬ zione dei giudizi, fondata sul valore della copula; essi sono problematici, as¬ sertori, apodittici, serondocl»! la rela¬ zione «'enuncia come possibile, come e- sistente nella realtà, come necessaria: le formule rispettivo cono: può essere, è, deeVsscrc. Modo (filos.): per Spinoza i modi sono affezioni, cioè gli stati, le modi ttoazioni transitorie della sostanza, sono sii esseri particolari o Uniti; p. o. le idee sono modi della res rogitans, i corpi della res extensa, cioè degli attributi della so¬ stanza. —— per Locke 1 modi sono una classe di idee coniposte, che sono o idee di azioni umane (p. cs. : uccisione), o modi di comportarsi (p. c. gratitudine), op¬ pure modi di essere (p. e. triangolo, che è un modo di essere dello spazio). Monade ter. uovi; = l’unità, il sem¬ plice) Oilos.ì: al dire d*Aristotele i Pi¬ tagorici pensavano i corpi composti di pimti, « di monadi che hanno posto nel¬ lo spazio ». -per (ì. Bruno minimo, punto, atomo, monade dicono la stessa cosa, cioè un primum indivisibile delle cose, che è insieme corpo c anima, sostanza mate- aie e centro di forze vivente e ani¬ mato. — per Leibniz le monadi sono sostanze spirituali seni [ilici, chiuse in sé, - senza porte nò fi nestr e -, dotate (l’appetizione e di percezione, veri punti metafisici, M'spn retiia nti ciascuna l'unlrcnp, di¬ sposti in gradi ascendenti, che vanno dalla più bassa, ancora inconscia, alla più alta, Dio, monade delle monadi. Monadismo "(/iTós.): si ilice dei sistemi dinamici cito pensano il mondo formato di monadi spirituali, in opposizione al¬ l’atomismo meccanico di Domocrito; tale la dottrina di (I. Bruno e di Leib- NIZ. Monismo (gr. fióvo? - unico) (oppo¬ sti: dualismo c pluralismo) (filos. ) : è la dottrina checonsidera la natura e lo spirito. Il corpo e l’anima subordinati a un terzo principio o aliasi inseriti .in esso. Il Tooco ne distingue duo specie: - a) monismo dell'essere: ammette un solo essere e considera la molteplicità delio cose un'illusione (corno gli Klea- Ttcì), o almeno come accidente fugge¬ vole dell’unica sostanzaicomeSi’iNOZA) ; - 6) monismo della qualità.: all’essere unico sostituisce una pluralità origi¬ narla di esseri, tutti però della stessa natura, materiale per gli uni (gli Ato¬ misti), spininole, per gli altri (Leibniz). Monoteismo (opposto: politeismo) (re¬ titi.): indica lo religioni cito, come il Cristianesimo, il Giudaismo, il Mao¬ mettismo, ammettono un solo Dio, di¬ stinto dui mondo. In tllosotla il Dio di Platone e d’AiusTOTEt.E rientra in questo sistema. Morale = v. etica. Moralismo (filos.): si applica alle dot¬ trine filoso Urbe che, come quella del FICHTE, considerano la legge morale e l’esigenza dell’azione pratica corno prin¬ cipio filosofico fondamentale. Motivo (dal lat. morrò) (morale): si dice (Fogni processo intellettuale o affettivo che muove la volontà a compiere ttu determinato atto. La norma indica una direzione da seguire, il motivo ngisee stilla porsona in modo più o meno im¬ perativo, perché segua tale direzione e sia persuaso a seguirla. Motrice (causa) = v. efflcentc (causa). Movimento (in generale): è fi cambia¬ mento di posizione d'ttn corpo nello spazio, considerato In funzione del tem¬ po e, quindi, fornito d'una determinata velocità; fi semplice mutamento nello spazio è uno spostamento. - (filos.): per .Aristotele è fi passag¬ gio da uno stato a un altro, è ogni mu¬ tamento ((ArratpoXYj), elio suppone l’e¬ sistenza di una materia cnpnee di ri¬ ceverò una forma. ; quindi è ugualmente fi passaggio dalla potenza (S'iva|Als) al¬ l'atto (ivépys tal. Nativismo — Cd — Neo-hegelismo -S. I ommaso accetta la concezione aristotelica (moneti est cri re de txilintiii '«tinnì e. conio Aristotele, voile nel movimento un tierstuiNlvo ui-gomcnto n prova dell'esistenza di Ilio: |.er spie- gare il niovimontn c rieereurne la eati.su, bisogna passare di causa in causa, es¬ sendo ogni movimento prodotto da un altro movimento, ina è necessario arre¬ starsi tavàyxv; trrijvat) a un primo motore immobili cri y.tvoòv àz.tvyj-rov), a Din. che muovo l'universo come l'og¬ getto umilio attrae colui che l'ama, co- me il desiderio agisce sull'anima per una sollecitazione tutta interiore. N ' ' Nativismo - v. innatismo. Natura (gì. (piiai.; da  = nascnr) (fylos.): nel senso piti antico esprime l'idea d una sostanza primordiale diesi determina e si sviluppa da sé. l’idea di dò che ò primario, persistente, in oppo¬ sizione a ciò elle è derivato, seconda¬ rio, transitorio. Tale significato ha nei tirimi filosofi greci: e di riui i significati sorti in seguito. - è il complesso delle qualità o proprietà elio definiscono l’essenza d’una «•osa, quindi anche tutto ciò ohe è In¬ nato: p. c. la natura d'un uomo, cioè il suo carattere e il suo temperamento. denota le cose conio sarebbero al di fuori d ogni intervento umano: cosi pel Rocsseai: lo „ stato di natura è quel fondo della lealtà umana elle resto dopo aver eliminate le deforma¬ zioni e le falsificazioni operatevi dalla civiltà, ossia ciò che è semplice, piano spontaneo, originarlo. denota 11 sistema totale delie cose con le loro proprietà, l'insieme di tutto Ciu die esiste, in una parola, l’universo - in Kant natura è ciò che obbedisce al principio di causa nel mondo dei fe¬ nomeni, in opposizione al mondo dei lini in cui vige la liberto incondizionato. ~ ( rehy.): 1 ordine della natura, cioè I ordine delle cose terrene, accessibile alla sola indagine della ragione viene opposto all'ordine della prozio, che è 1 ordine delle cose soprannaturali e di- \j n *' tvistotele adombra questa distinzione nelle parole: r, oótitc Szt- [tovia aÀ>, oli lista = la natura è am- mfrevole. ma non divina (v. prozio). Natura naturans e natura natu¬ rata ( film .): natura naturans è, in so¬ stanza, Ulti come untore e principio d ogni cosa; natura naturata c l'Insieme delle creatura o di tutto ciò clic ò stato creato: espressioni adoperato dalia Nro- lastira, da li. ltm .vi, e da Spinoza, chc le rese comuni: per naturalo naturati- lem noèta intcìlìqenduiii est i,l (Juw i tn se est et im i- se etnicipitur. tuu • est j> eU s quatcnu» ut causa libera eonsidrratur- per naturatali t inielli,,,,... rrs, /uae ff * Dea sani et quac si,,,- tira nei- esse nec connpt possunt • Naturalismo (/Kos.): comprende le dot- trine che non ricorrono a prlncipli tra¬ scendenti, ma rimangono entro la cer¬ ehia dell’esperienza e ilei fenomeni sog¬ getti al principio di causa o concepi¬ scono anche la vita dello spirilo come un prolungamento della vita organica- si oppone a spiritualismo, idealismo' eti e lift)no a positivi tot io. Necessario (opposto: conti geni) Ui • bis.): si dice di ciò che non può, senza contraddizione, essere altrimenti né essere pensato altrimenti da quello cUc o; cosi Hi applica ai fenomeni elio si succedono secondo il principio di causa,, alio proposizioni derivate, im¬ plicito In proposizioni piò generali', alle conseguenze di principi! posti come veri. ■ per Spinoza Dio è un essere neces¬ sario, ma la necessità In virtù della quale egli esiste e produce io cose gli e essenzialmente Interiore e razionale. deriva didla sua, stessa essenza, e Dio e causa sui; ò determinalo ad agire- dal¬ ia sua soia natura, o quindi la sua ò una • necessità libera», t ecessità, (opposto: eunt inpenza ) ( fi. bis.): e la qualità asti-alta di ciò elle è ruressario, di ciò che non può essere diverso da ciò elio è. Neo-criticismo o neo-kantismo i/i- fos.t: ò la dottrina elio Iniziò in Oer- munia il movimento tU ritorno alla Hlosotta di Kant, al criticismo, verso il ISOO, come reazione al materialismo allora dominante; riprende i principi della teoria kantiana delia conoscenza il relativismo, è ostile alla metafisica c all idea della rosa in . e vuol ilare alle /unzioni aprioristiche dello spirito un fondamento psicologico. In Italia furono neo-kantiani. In vario modo. ««• -rir:" .Ielle idee penerfllt. e.n n^ gplrlto; r„ a òn mtirskb^eoncepire^td^ di nò curvilineo, ne rettilineo, i nit0 '-srìxssns*- nSTSU™  e ' - si) Atomisti tutta la realtà Ita duo parti, lo kikizìo pieno occupato dagli atomi, o lo spazio vuoto eho rosi 6 concepito altrettanto renio quanto I corpi. --per Hegel il non essere è l'Idea eho nella prima triade dialettica (v. dialet¬ tica) fa da antitesi all'idea dell’essere (tesi) o con Questa si fondo nella sin¬ tesi del divenire; e poiché l'essere è l'idea più semplice, più astratta, inde¬ terminatissima c priva ili contenuto, ma è pur sempre un’affermazione po¬ sitiva del pensiero, è • in realtà non essere, non piti e meno di nulla ». cioè la negazione d’ogni qualità e d’ognl contenuto positivo (s. essere). Non io: v. io. Norma: modello concreto o anello re¬ gola che indica ciò eho si deve fare por raggiungete un dato line; vi sono nonno Illiriche, etiche, estetiche eoe. Normale: in generale designa ciò eho è conforme alla regola, ciò che è più comune in ogni singola categoria o classe, ciò che rappresenta in media in un dato tipo eli società e In un dato tempo; quindi ò un termine variabile e un po’ vago. Normativo: diconsl spesso normativo la logica, l’etica, l'estetica in quanto offrono una norma, cioè un modello ideale cui si guarda come a qualche cosa di perfetto, elle per la logica è il vero, per l'etica il bene, per l’estetica Il hello (WtiNPT). Noumeno (dal platonico voo>i(jtevov, part. di voéio = penso, quindi: ciò che è pensato) (/t'ios.): Platone lo ap¬ plica al mondo delle ideo, in opposi¬ zione al mondo sensibllo. - Kant l’adopera in due significati: a) negativo: ò ciò che sta a fondamento dei fenomeni, il loro substratum ; ma ò soltanto pensato, ed ò inaccessibile sia ai sensi, sia all’intelletto; perciò è un limite 'posto alla conoscenza umana, clic non può oltrepassare i feno¬ meni; b) positiva: è il sovrnsensibilc, l'incondizionato, posto fuori dell’espe¬ rienza; può essere oggetto d’ima intui¬ zione intellettuale (v. intuizione), hi quale però è negata itll’uomo; ha un carattere metafisico, giacché 6 bensì la causa dei fenomeni, ma la causa¬ lità è qui non una categoria dell’Intel¬ letto, sditene una causalità Intelligibile, cioè esistente solo nell’ordine metafisico, ni di là dei fenomeni. Nous (gr. voù; = la mente) (fitta.): per Anassagora è ciò che mette in moto, plasma e ordina le otneonicrie.; ò un principio lntelllgcnto, «la più sottile o più pura di tutte lo cose ». - per Platone e Aristotele ò la par¬ te razionale dell’anima umana; per Plo¬ tino è la prima emanazione dell’Ctno ( v. intelletto). Nulla (/ilos,): è la negazione doll'essere, lutto non essere (v. questo tcrmiue). Parmenide ha posto l’essere come prin¬ cipio primo della filosofìa o ha negato qualsiasi realtà al non essere: « soltanto l’essere è, il non essere non 6 ». Invece Platone ammette la realtà del non essere, eho per Itd è la materia soggetta al divenire; mentre per Democrito ò il vuoto (to xevóv), in cui avviene la caduta degli atomi. Numero ( filos .): per Pitagora e per i suoi seguaci è la vera essenza delle coso, per cui gli elementi dei numeri sono gli elementi dello cose, c il coseno é nu¬ mero e armonia. Aristotele dico pure che pei Pitagorici i numeri sono i mo¬ delli che le cose imitano, e questo rap¬ porto fra i numeri e le cose ita ispirato evidentemente Platone, clic consi¬ dera la matematica conte propedoutiea noeossnria alla dialettica, cioè alla in¬ tuizione delle idee, modelli delle coso sensibili. per Galileo la matematica ò II lin¬ guaggio coi quale s’esprimo la natura: » 1 universo è scritto in lingua maternn- t'ca e i caratteri sono triangoli, cerchi e altre figure, senza i quali mezzi ò dif¬ ficile intenderne umanamente parola, ò un aggirarsi vanamente in un oscuro labirinto » (Il Saggiatore). La formula matematica divionc, dopo Galilei, l'e¬ spressione esatta dalia legge fisica. o Obbiettità (filos.): per Schopenhauer, che ha coniato questo termine ( Obiek■ tildi), i] corpo è l’obbiettivarsl, cioè la manifestazione esteriori?, visibile, e, per I uomo, (tura e semplice rappresenta¬ zione, della volontà che è concepita co¬ me forza c imput-n cieco, sempre at¬ tivo, non guidato da alcuna ragione, ed è poi il principio metafisico posto a fondamento dell’universo. Questo uni¬ verso non è altro cito Voggcttità, l’ap- 1 mrire all’esterno — sotto forma di rap¬ presentazioni coordinato dalla catego¬ ria di causa («il mondo ò la mia rap¬ presentazione ») — della volontà cosi intesa. Obbligazione — 69 — Ontologia Obbligazione (morale): è il carattere imperativo che costituisco la forma del¬ la legge morale, donde la consapevo¬ lezza d’un'obbodieuza incondizionata ad una norma inorale, il sentirei inte¬ riormente legati a una determinata re¬ gola di condotta (sentimento del dovere), per cui si prova inquietudine e dolore quando essa viene in qualche modo contrariata o impedita nel suo libero svolgimento. Occasionalismo: v. cause occasionali. Occultismo: comprende le arti che, crome le divinatorie, apprendono a sco¬ prire 11 futuro, o, come le taumaturgi- che, apprendono il compimento di atti che si sottraggono al corso ordinario della natura (v. magìa). Oggettivo (opposto: soggettivo) (in ge¬ nerale): è ciò che ò posto di fronte o davanti allo spirito o ai sensi e può offrire materia alla loro attivi tei : ò im- pl cita pertanto una distinzione fra sog¬ getto e oggetto, cioè fra l’atto del pen¬ sare o ciò che è peusato, fra chi perce¬ pisco e ciò che ò percepito. - nella scienza ò oggettivo ciò che il lavoro elei pensiero trae dall'osserva¬ zione c dall’esperienza, seguendo 1 me¬ todi del l’indagine scientifica; ò sogget¬ tivo ciò che l’individuo pensa e sente riferendosi alle sue Inclinazioni, alle sue preferenze, ai suoi interessi, in, modo più o mono consapevole. - (filos.): per Duxs Scoto, Cartesio o Berkeley è oggettivo, esiste ogget¬ tivamente, ciò che costituisco un’idea, cioè l’oggetto di una rappresentazione dello spirito, non una realtà sussistente per sé e indipendente «mentre subiecti- mis e formalis corrispondo a reale, a ciò elio appartiene all’oggetto). -per Kant ha validità oggettiva tutto ciò che è fondato sui principi costitu¬ tivi dello spirito umano e comuni a tutti gli uomini, e cioè sullo forme pure della sensibilità (spazio e tempo) e su quelle dell’intelletto (categorie). Ogg e tt° (gr- àvTi-xsi{X£VOV, traduz. lat.: ob-iectum posto di fronte agli occhi o allo spirito, opposto: soggetto): ciò che si ha presente nella percezione esterna o nel pensiero, con un certo grado di consapevolezza. - (filos.): ciò che possiede un’esistenza in sé, indipendente dalla conoscenza che esseri pensanti possono averne; in que¬ sto senso lo spazio per Newton è og¬ getto. come lo ò il mondo esterno per il realismo conoscitivo (v. realismo), e per Kant il noumeno positivo (v. noumeno). - ò tutto ciò che è rappresentato o pensato solo in quanto lo si distinguo dall’atto col quale lo si pensa: donde la « logge UgUu coscienza » espressa dal Fichte e accolta da Schopenhauer: • senza soggetto non v*ò oggetto, sen¬ za oggetto non v’è soggetto ». Oligarchia; governo di pochi: è, per Aristotele, forma corrotta dell’aristo¬ crazia (v. democrazia). Omeomerie (gr. ó{xoio(jtipeiat da 6{XOioc; = simile e [iipo$ = parte) (filos.): così denominò Aristotele lo particelle originarie, impercettibili, divisibili al- l’inttnito, clic Anassagora considera co¬ me gli elementi primi, tutti diversi di qualità, dapprima mescolati insieme, che costituiscono l’universo o le sin¬ gole cose, essendo innumerevoli lo loro differenze qualitativo: « come il ca¬ pello può derivare da ciò che non è capello e la carne da ciò che non è carne? ». Affinché l’animale abbia car¬ ne, ossa, capelli, bisogna che vi siano particelle di carne, ossa, capelli negli alimenti di cui esso si nutre. Il tutto ha, insomma, la stessa natura delle parti che lo compongono: di qui appunto il nome di ^)meomerle (= parti simili) dato agli elementi primi. Questi costi¬ tuiscono l’Essere immutabile, eterno, che viene messo In moto, ordinato o distinto dall’inteUlgenza (voo^), «lapiu pura o la piu sottile di tutte le coso », con un’azione separatrice che si esercita sugli clementi, cioè sulle omeomerie. Omogeneo (opposto: eterogeneo) (filos.): ciò che consta di parti qualitativamente identiche. K. Spencer spiega l’evolu¬ zione cosmica come un passaggio dal¬ l’omogeneo all ‘eterogeneo (v. evoluzione ). Ontogenesi (dal gr. 6v = ente o yé- vsai? = origine) (scienza): è lo svilup¬ po sia fìsico sia mentale dell'individuo, seguito dalla prima Infanzia fino al pieno sviluppo, mentre la filogenesi (gr. * 6 per gli stoici la rinvolta,eseguente aU’èxiwpcotn;, oioe alla conflagrazione del coamo (v. ritorno Panenteismo (gr. nàv b ta? = tutto in Dio) (/ilo».)', nome dato (lai tedesco ' KuitnsB alla sua musetta, e ap- nttcabile a quella di Spinoza, por In¬ diano che non Dio è nel inondo, come nel panteismo stoico, ma il mondo è in Dio. è contenuto In Dio. Panlogismo (gr. itSv = tutto. Xójo, _ ragione; tutto è ragiono) (/ito».). si applica alla tilosotla di HEGEL, pel quale l'universo è sviluppo totero-,rione Immanente in esso, e la uglui è una metafisica. Se Vè ancora dell ir razionale, ossia qualche cosa che non sia ancora penetrato dalla ragione*) organizzato In concetti, esso è trans! torio; dondo la formula; ciò che t ra¬ zionale è reale, e ciò che è reale è ramo naie (vedi razionale). _ Panpsichismo (gr. Ttav = tutte, e .S.jyr, = anima; tutto ò anima) V'tos.)- dottrina alquanto vaga, seoondola quale tutto è animato in divorai grad e fornito d'un'attivitè. analoga alla vita psicologica dell'uomo, comprenden¬ dovi anche i processi incoscienti,. si la questo nome alla dottrina dogli /to- coisti onci (che però non fanno :ancom distinzione fra materia e vita), degli Stoici, di Sfingea, di se, eluso. di Lotze occ., _ Panteismo (gr- iwtv = tutto e uso, Dio; tutto ò Dio) i/ilos.): ò in generale la dottrina che identifica Dio eoi mon¬ do. c concepisce la divinità come un principio supremo d’uniftoazione o d vita che fa sentire la sua azione nello cose tutte o ne costituisce la realtà es- Bezusiale. _ _per «li Stoici il cosmo e un prmndo organismo vivente, tutto penetrato e animato dal soffio divino, simboleg¬ giato nel fuoco, cioè da una sostanza eterea. Impercettibile o intelligente. _per li. Bruno il principio divino dii vita al tutto, lo ordina e l'u- nillca. C r anima dol inondo. (V. que¬ sto termino). _per Spinoza, la sostanza. Din, la natura (substant ia sive De un si ve na- tura) sono termini d'identico valore; però Dio non coincido col mondo cui pirico, come negli Stoici, uiu lo con¬ tiene in sé (V. panentns.nor. il pensiero e l'estcnsiono sono due dei suol muniti attributi c tutte lo cose particolari (l modi) sono determinazioni provvisorio di quegli attributi. .... Parallelismo psicofisico (pstool.). teoria psicologica, secondo hi quale la serio dei processi psichici corrisponde punto per punto, alla serie del processi fisiologici, noi senso che od ogni reno meno psicologia) corrisponde un feno¬ meno nervoso (non però viceversa). 1 due fenomeni sono pertanto come due aspetti dello stessa esperienza; le due serie, psichica o nervoso, scorrono pa- — "f/OM )'• per Spinoza il corpo e lo spirito (ree ectenia e ree rag.fan» sono due aspetti diversi ed essenziali dello stesso essere, cioè della sostanza divina, la serie dei processi corporei e quella dei processi spirituali si svolgono cia¬ scuna lu so stessa, senza mai inoon trarsi c senza turbamenti fazioni .re¬ ciproche, e tuttavia runa e l altra s ac¬ cordano perfettamente, termine per termine, perché la loro emerita 'unica c. come attributi di Dio. sono Identici a Dio. sono Dio stesso. Cosi svanirebbe l’opposizione fra corpo o spirito, posta, ma non risolta da Cartesio. _ Paralogismo (dal gr. *°Y ov - contro la ragione) (topica): ò M» ra¬ gionamento errato che simula 11 vero, un errore logico Involontario. ... _ Kast denomina « paralogismi della ragione le affermazioni metafisiche dira la sostanzialità. la scmplteitói e Vunità dell'anima, perché esse don vano dal fatto clic si scambia il sog¬ getto Intrico (v. somtetto) del pensiero con una sostanza metafisica. „ Particolare (giudizio) (tornea), e aneli in Olii il predicato s'afferma o si nega d'una parte del soggetto, proso ne la 1 sua estensione-, P. e.: alcuni uomini sono veramente colti. Parusia (gr. itapouola = presoli», « wb-etui) (/ilo».): la presenza dello idee nel mondo sensibile (p. e. la pre¬ senza dell’idea del hello nelle cose bei- le) è uno dei modi pensati da alatone per chiarire il rapporto fra » mondo intelligihlle 0 quello sensibile (v. me tessi o mimesi). rf fHvo Passione (psicol.): e uno stato affettivo intenso c persistente, un'inol nazione che predomina sulle altre inclinazioni „ anche le annulla quasi confiscando,v suo proli.lo tutta l'attività psico¬ logica; p. e. la passiono del giuoco, Passività 72 — Percezione -pur gii Stoici è una perturbazione do¬ vuta a un errore ili giudizio, e ut* nello etiiuaro veri beni quelli che tali non sono. Le passioni fondamentali sono: il piacere (yjSovtj = voluptaa), il do¬ lore (XÓtt/j = atgritudo), il desiderio (èn&ujjita = libido), il timore (96^01; = metus). 1 - per Cartesio è un’emoziono, un moto puramente sensibile che l’anima prova per l’azione del corpo ocheimpe- disco il retto giudizio intorno allo cose. -per Spinoza ò dovuta allo Idee ina- digitate, alla conoscenza sensibile, in quanto questa determina l’azione pra¬ tica. Tutto le passioni rappresentano uifimporteziono, ma non tutte sono asHoiutamonto cattivo; lo passioni fon¬ damentali sono il desiderio ( cupidità»), il piacere, 11 doloro. -- per Kaxt procedo dalla facoltà di desiderare; ò una tendenza sensibile, * un delirio che cova un’Idea, s’imprl- me con tenacia sempre crescente », Im¬ pedendo alla volontà di agire per do¬ veri:, di obbedire alla legge morale. Passività: è l'ultima dolio dieci cate¬ gorie aristoteliche, espressu dal verbo Ttadjrtiv (= pati, ricovero passiva¬ mente) (v. recettività). Patristica (/ibis.): è la dottrina dei Pa¬ dri della Chiesa; difendo il Cristiane¬ simo contro lo critiche e lo accuse della lilosolia e della religione antica e con¬ tro le numerose eresio che venivano sorgendo nei secoli III, IV, V, e si volge all’elaborazione e alla defini¬ zione dei dogmi e a porre 1 fondamenti d’una filosofia cristiana, attingendo lar¬ gamente al pensiero greco. Per la Pa¬ tristica la filosofia non ba altro ufficio che di offrire ni dogma l’ausilio delle sue dottrine, e quindi è al sorvizlo del dogma cristiano; essa tratta delle que¬ stioni riguardanti la trascendenza di Dio, la Provvidenza, l'immortalità del¬ l’anima, la finalità dell’universo,la dl- pendenza dell’uomo dalla divinità. Pedagogia (dal gr. -il' = fanciullo, 0 àyci>YT) = condotta, da ttyzw, lat. du¬ cere : donde educazione): è la scienza e Varte dell'educazione, cioè della forma¬ zione del fanciullo considerato nel suo aspetto fisico, intellettuale e morale; perciò come scienza si fonda sopra una concezione della vita, cioè sopra una fi¬ losofia, c come arte esige una conoscen¬ za diretta della psicologia del fanciullo e dell'adolescente c particola ri qualità, neiroduoatore, virtù pratiche, come la devozione e lo spirito di sacrificio. Pedologia (g r . Trocu; = fanciullo, o X = pas¬ seggio) {filos.): sono cosi denominati i seguaci della filosofia aristotelica (che furono numerosi fino al sec. XVIII) dall’abitudine attribuita ad Aristo¬ tele di tenere una parte delle suo le¬ zioni passeggiando in un giardino o sotto un portico del Liceo in Atene. Per sé ifilos.): si dice di ciò che esiste e può essere concepito senza l'aiuto d’altra cosa o di altra idea; p. e. la sostanza divina, per Spinoza, per se etmcipUur. Persona (lat. persona = maschere. tea¬ trale, poi carattere rappresentato dalla maschera) (filos.): tonnine trasmesso a uoi da BOEZIO e dalla Scolast ica : per¬ sona est rationalis naturar individua substantia (la persona è un essere in¬ dividuale di natura ragionevole). - Leibniz pone l’essenza della per¬ sona nella coscienza di s . nella consapevolezza d’un’identità, d’essere sem¬ pre la stessa nel diversi momenti e mu¬ tamenti dell'esistenza individuale. -Kant aggiungo che la persona, come essere ragionevole e libero, ò anche re¬ sponsabile, è un essere morale, un f ine in sé, cioè non dovessero mai trattato corno un semplice mezzo. - In conclusione: la personal un essere cosciente di e moralmente autonomo. Pessimismo (opposto: ottimisnw) {fi¬ los.): consisto nella convinzione elio la vita coi suoi dolori, le sue preoccupa¬ zioni e le sue miserie senza line, è un mole o, anche, cho nell’esistenza la som¬ ma dei mali è sui>criore alla somma dei beni. >• Noi sentiamo il doloro, dico Schopenhauer, non l’assenza del do¬ lore, sentiamo la cura uou la sicurezza, la malattia non la salute: la vita del¬ l’uomo oscilla come un pendolo fra il dolore e la noia ». Ri conseguenza, come pensa anche la filosofia indiana, lo sfor¬ zo per liberarsi dal male, o, almeno, per attenuarne il ppso costituisce la somma saggezza umana. Petizione di principio {Ionica): ò un sofisma che consisto nell'accogliere corno dimostrato ciò che invece ò da dinio-, strare {si postula fin da principio, àpX7j$» ciò che si dove appunto dimo¬ strare) ^ e piti specialmente nel fondale la verità d’un principio sopra una pro¬ posizione che, per essere vera, ha bi¬ sogno della verità di quel principio (p. e.: Tanima ò sostanza spirituale, perché ò immortale). Piacere (opposto: dolore) {psicol.): il pia¬ cere o il dolore, essendo dati immediati della coscienza, sono indefinibili, sono i due poli estremi e opposti della vita del sentimento, Secondo ima teoria già ammessa da Aristotele, il piaceli) sarebbe legato ad ogni atto naturalo e normale della vita e segnerebbe un aumento dell’attività vitale, tiu con¬ sumo più elevato o più libero dell’ener¬ gia, mentre il doloro indicherebbe una diminuzione della vitalità, quasi uti grido d’allarme di fronte ul pericolo; ma tale teoria oggi è in parte contestata. - ( filos .): per Artstippo di Cirene, il piacere, che è dato dal movimento dolco della sensazione presente e libera da ogni cura per 1'avvenitc, è il fonda¬ mento c la misura di ogni bene: que¬ sto ò 11 principio dc.W edonismo. - il piacere inteso come assenza del dolore, calma dello spirito, è il prin¬ cipio dell’etica epicurea. - per Aristotele il piacere affina e perfeziona Ratti'vità anche nei suol gra¬ di più elevati; p. ‘e., la gioia cho accom¬ pagna la musica è incitamento natu¬ ralo alla creazione musicale., - Houbes, appoggiandosi al principio materialistico che la sensazione è un movimento del corvello, pensa che, so questo movimento è favorevole idi'in¬ sieme delle funzioni vitali, produco 11 piacere, nel caso contrario il dolore: donde duo motivi essenziali d’azione: la ricerca dei piacere e la tendenza a fuggire il dolore. -- per la dottrina intellettualistica di Leibniz il piacere è un processo intel¬ lettuale oscuramente percepito, una «petite, insenslble perceptlon : p. e., il piacere della musica è dato dall‘ac¬ cordo e dal numero delle vibrazioni sonore percepito dall'orecchio in ma¬ niera confusa. - per Kant il piacere è iu diretto rap¬ porto con lo stato favorevole dell’or** Pigra ragione — 71 — Positivismo gallismo c deli-anima: « Il piacere è un sentimento che stimola in vita, il do¬ lore Invece le è d’impodimento «. Pigra ragione = v. innova rotto. Pirronismo (/ ilo *.): i» stretto ile- signa la dottrina scettica di PnrnoNE. giunta a noi nei frammenti del suo di¬ scepolo TIMONI', in SlLLOOKAFO (sec. I 1 a Cr ) o negli scritti di Sesto Ejiruuco (circa 11 200 d. Cr.); in senso tergo e sinonimo di soettteismo. di cui Pinone È considerato II fondatore (v. scrii,n- 877JO ). ., Pleroma (gr. 7uXr 4 pco(j.a. ila TtXTjpoo = riempio) (filos.): ò per gli amatici (vedi) il complesso degli Koni che escono dal principio originario, daU’Kone per¬ fetto, cioè dalla divinità (y. Eone). Pluralismo (opposto: monismo ) (filo».): designa le dottrine che pongono piii principi! essenziali e distinti per spie¬ gare la composizione dell’universo; ap¬ partengono, fra gli altri, a questo in¬ dirizzo: _Empedocle, che alla materia unica del naturalismo ionico sostituisce «quat¬ tro radici di tutte le cose »: fuoco, ac¬ qua, etere, terra, che sono l’ essere immutabile; il loro mescolarsi o disgre¬ garsi è dovuto a due forze, l 'amore ioiXÓttk) e la discordia (veixoc); _gli atomisti, che affermano due prin¬ cipi: Vatomo e il vuoto; gli atomi sono Infiniti di numero, materiali, della stessa qualità, eterni ; le cause del loro movi¬ mento sono la gravità e il vuoto (TÒ xcvóv);, „, - \ v asm agora . nel quale gli elementi dell'universo sono le omeomerie (v. que¬ sto termine), messe in moto da una materia sottile e impalpabile. l'Intelli¬ genza (voucj). * cosa infinita, padrona di sé. ocÙTOxpaTéc. che è in sé e per sé «, la più fine e più pura di tutte le cose ; - Leibniz, pel quale le vere sostanze costituenti l’universo sono le monadi. tornite di attività o forza propria, unità spirituali cho sono disposto per gradi, i quali vanno dalla monade oscura e confusa alla monade delle monadi, a Dio. Pneuma (gr. 7tve0(itx, da irveto - 8 ° r_ Ho. spiro) (/ilo*.): per gli Stoici è la forza originaria divina che anima il cosmo, un softtn vitale caldo ohe appare in forme e gradi diversi nel corpi Inor¬ ganici, nelle piante, negli animali; e nell’uomo appare come ragiono ( AoyOC). conservando sempre la sua unità, giac¬ chi) il grado Inferiore si conserva o opera nei grado supcriore. Pneumatico (gr. da nvgùlJ.X= alito, sofflo) ir,'Ha. o /ilo*.): usato spesso nel Suor » Testamento nel senso di spirituale. __, K . r gii Gnostici gli uomini, secondo Il grado di perfezione spirituale, sono detti ilici (= materiali, da uX’f] = mate¬ ria), psichici (= esseri animati) c pneu¬ matici (*= originati dallo spirito). Polidemonismo (dal gr. TtoXu;- mol¬ to e SiUojv = demone) Ir, ■tir/.): cre¬ denza che scorgo in ogni fenomeno naturale il prodotto di entità spirituali. Pollmatia (gr. ToXu-na&ta = esteso sapere) i/ilos.): è il procedimento che ERACLITO rimprovera a ITTauora. di dedicarsi a indagini particolari, alla mi¬ nuta erudizione che impedisco la vi¬ sione diretta e unitaria del cosmo: iroX'J[.ia{Hx vóov e/mv ou Stòaoxei (rapprender molte cose non educa 1 in¬ telletto), e cioè: la rieoroa personale è migliore della tradizioni;. Politeismo (relig.): è la concezione re¬ ligiosa che ammette l’esistenza di piu divinità personali e distinte. Positivismo Uilos.Y- nel tempi moderni ne pose il principio Davide Hume; la percezione è la fonte unica del co¬ noscere; senza di essa non v c idee, n concetto; un a priori, come lo pensa il razionalismo, è impossibile, c ogni metafisica che oltrepassi respeiienza deve respingersi. Il nome di positivismo fu introdotto da Augusto CoMTK, secon¬ do il quale la civiltà e la scienza per¬ corrono tre fa-si ; _ a) fase teologica, in cui la spiega - | zione dei fenomeni è riferita ad esseri soprannaturali;, ___ b) fase metafisica, in cui la spiega¬ zione dei fenomeni è riferita ad entità astratte, forze, sostanze, cause oc¬ culte; . . . *, _ c) fase positiva, in cui la scienza »» per oggetto la ricerca rigorosa dei fatti e dello leggi, cioè dei rapporti costanti che col legano i fenomeni osservati nella loro genuina realta; più in la non * pnù andare e la metafisica si perde in astrazioni vuote e in vani sogni: la scienza è ricerca di relazioni, di leggi, è retati ra, ma, permettendo di preve¬ dere gli effetti anche lontani e di cal¬ colarli, risponde ai bisogni umani, « al servizio del l’uomo. _ dopo il f’omte 11 positivismo si tra¬ sforma in un atteggiamento dello spi¬ rito ehc ha soprattutto una tendenza antimotafisica e vuole attenersi alla pura esperienza. Positivisti ni vano Positivo Predestinazion e senso sono considerati G. STO ART Mill, K. SPKNCEB, I. TAINE, R. AUOIOÒ, h. Mach ecc., „ .., Positivo (scienza): è ciò ohe e effettivo, reale, constatato mediante l'esperienza, c anche il prodotto d'un processo sto¬ rico; p. e. religione positiva, diritto po- PoEsibii e e possibilità (AtoOj W* senta diverse formo; la possibilità è. __„) fisica, nuando un fenomeno non contraddice ad alcun fatto o ad alcuna legge empiricamente stabilita; _ l,) delVesperienza o reale, per Kant è possibile ciò che «'accorda con le con¬ dizioni formali dell'esperienza, ossia con le forme dell'Intuizione pura dello spa¬ zio e del tempo, e con le forme dell in¬ telletto, cioè con le categorie; _e) Ionica, quando ciò che e pensato o affermato non contraddice ai principi della ragione; però dal fatto ohe una oosa è logicamente possibile, non si può oonoludero alla sua esistenza reale; - e) metaf isica : per AulSTOTKUJ la ma¬ teria contiene la possibilità di ciò che nuó attuarsi mediante la forma -,, P- e. un masso di marmo può divenir statua. Post hòc ergo propter hoc c un sofisma che consiste noli affer¬ mare che un fatto è causa d un altro fatto solo perché lo precede nel tempo. Postulato er aki- HTOTELE la materia è l'essere in potenza, l'essere allo stato virtuale, possili lita che tonde verso la torma, verso 1 es¬ sere determinato (v. atto), Pragmatismo (gr. rpayiia - azione) ( fiios .): è la dottrina sostenuta in Ame¬ rica da W. James e in Italia da G. 1 A- pini giovane, secondo la quale la co¬ noscenza è uno strumento al servizio dell’attività umana; il valore d un idea è riposto nell'esperienza e la verità d'uua proposizione dipende dalle con¬ seguenze che ne derivano, cioè dal fatto che essa è utile, che riesce ad uno Hcopo, dà soddisfazione, quindi se le conse¬ guenze sono buone, cioè conformi a ciò che l’uomo si propone, allora 1 asser¬ zione è giustificala, cd é vera, e falsa nel caso contrario: ossia la verità o la falsità d'un'ldea dipendono dalle sue applicazioni, sostituendosi in tal modo alla ragione l'esperienza, al sapere I a- zione. Per esemplo, nella questione se sia vero il materialismo oppure lo spi¬ ritualismo. la decisione spetta a esa¬ me delle conseguenze: il miiterialismo. Densa W. James, nei suol ultimi risul¬ tati pratici è desolante, . cade In un oceano di disillusioni -, mentre lo spi¬ ritualismo, con la sua “razione d un ordino morale, apre la via alle migliori speranze, -si riferisce sempre a un mondo di promesse •. _ Prammatici (imperniivi)(«orale), sou per Kant consigli di saggezza P ratica che contribuiscono alla felicita. Pratico (gr. irpotxTiwSs da = opero: opposto: teoretico) i/iloa.). la distinzione e l’opposizione di iwa^co c teoretico risalgono ai Greci. Aristotele attribuisce all'Intelletto pratico (vou? ™«XTIx6?) l'ufilclo di occuparsi delle cose umane soggetto al mutamento e legate all'azione, e lo considera subor¬ dinato all'Intelletto teoretico (vou? &so>pr]Tix6?), che ha per oggettola conoscenza dell'universo e delle sue lepori eterne. VVT1T r11f . _Cristiano Wolff nel sec. XM1I dir fonde le espressioni di filosofia teore¬ tica e di filosofia pratica, attribuendo la superiorità alla prima. __ K!a.nt capovolge questo rapporto, perché nel dominio dell'attività morale la ragione raggiunge una P iena aut nomia e apre all'uomo uno spiraglio sopra una verità assoluta (il regno dei fini, ili cui domina la libertà), mentre l'attività teoretica si limila alla conoscenza del fenomeni, cioè a una verità relativa, a un mondo in cui regna la necessità (v. primato della ragion pra- Predestinazlone (reWff.): è ia dottrina posta in termini rigorosi da 6}. MQ- Predeterminismo Primum anso: tutto ù già fermo o prodesti- I nato ab aclerno uol giudizio divino; ciò elio deve accadere accadrà o l’uoino nulla nc può mutare; la sua parto nel mondo è in ogni punto prestabilita e soltanto la grazia può liberarlo dal male derivato dal primo peccato. Dopo ia colpa originale lo stato dell’uomo è: non posse non peccare, mentre la libertà d’Adamo era posse non peccare, e quella dei beati 6 non posse peccare. Perciò la volontà umana nulla può senza la gra¬ zia, e tutto ciò che l’uomo fa di bene, è Dio che lo fa in luì: potestas nostra ipsc est. Predeterminismo (filos. e rclig.): ò la dottrina di S. Tomtuaso secondo la qua¬ le gli atti liberi umani non solo sono previsti da Dio ( v. prescienza), ma sono predeterminati da Dio nella sua prov¬ videnza: ex hoc ipso quod nihil volun- lati divinae resista ■, seguitar quod non solum fiant ca quac deus cult fieri, sed quod fiant contingcnter vel necessario quae sic fieri vutt. Quindi l’uomo è mosso in antecedenza e naturalmente da Dio au agire in questo o quel modo, Ina la divinità ha predisposto pure che agisca liberamente, ossia la sua azione c a un tempo necessaria e libera. Kani, opponendo determinismo a predeterminismo, si chiede: so ogni atto è determinato da cause anteriori, da fatti passati che non sono più in nostro potere, come può questo conciliarsi con la libertà, la quale esige che nel mo- mento d’agire l’atto dipenda dal sog¬ getto, cioè sia libero l « Questo è ciò ohe si vuol saperi* e che non si saprà inni . Predicabile i,r n,,om )• nella dottrina di Kasr eonivale al termine a priori, cioè Indi¬ pendente dall’esperienza, razionale tper es nelle espressioni: ragion pura, in- tulzlone pura, concetto puro). Ouadrivlo: nella Scolastica è la divi¬ sione degli studil superiori costituenti la Facoltà delle arti-, comprende 1 anl- au lica la geometria, la musica e 1 astro¬ nomia; mentre il Invia, che lo precede, comprendo hi grammatica, la retorica, la dialettica. Oualità (psicol.): indica gli aspetti sen- sI bili offerti dalla percezione d’uu cor¬ no facendo astrazione dalla loro in¬ tensità e quantità: p. es.: un suono, un colore, un sapore, un profumo; e anche ciò che dà valore o perfezione ad una cosa, come quando si apprezzano i pregi d’nn’opera d'arto oppure le vir¬ tù o lo abilità d'una persona. __t logica): è una categoria del pensiero logico che risponde in Aristotele alla do¬ manda: ttoIo; = gitana?, ed esprime la maniera d'essere d’un soggetto; p. e.: quest'uomo è bello, è brutto ccc. Se¬ condo questa categoria fondamentale, 1 giudizi logici sono affermativi o nega¬ tici, ossia attribuiscono o negano una data qualità a un soggetto. Qualità primarie e secondarie ■- Job ): già per Democrito e poi per Ga¬ lileo, Cartesio o Locke sono prima¬ rie le qualità costanti, universali, oggettive, rispecchianti la realtà nella sua vera natura, come la grandezza, la for¬ imi, il numero, la posizione, il movi¬ mento: «per veruna immaginazione, dice il Galilei, posso separare una so¬ stanza corporea da queste condizioni ■ ; secondane sono invece le qualità accidentali e mutevoli, come sapori, odori, colori, suoni, che « tengono lor residenza nel corpo, sensitivo, si che, rimosso l’animale, sono levate e an¬ nichilate tutte queste qualità ■; le quali sono dunque soggettive. Quantità (in generale 1* si applica a ciò che può essere misurato ed e- spresso numericamente, e perciò pre¬ senta la possibilità del piti e del me¬ no, è suscettibile d'aumento e iti di¬ minuzione. __ (logica): b una categoria fondamen¬ tale che per Aristotele risponde alla do¬ manda: jtfjdov - guaritami-, per essa l giudizi, secondo Kant, possono essere universali, particolari, singolari, sccon- doche 11 soggetto ò preso in tutta la sua estensione (p. e.: lutti gli uomini sono mortali), o in una parto della sua ostensione (p. e.: alcuni uomini sono poeti), o nella sua singolarità (p. o.: quost’nomo è scultore). Quiddità (lat. scolast. guidditas) (lo¬ gica): risponde alla domanda guid est ? ed esprime l’essenza d'ima cosa, la tor¬ ma nel senso aristotelico. Quietismo (in generale): b la dottrina che ripone la quiete e la felicità dell a- nhna nell'allontannrsi dalle coso ilei inondo o nel ritrarsi nella meditazione Interiore e di Dio. _ 6 la dottrina dello spagnuolo Michele 1 do Molinos, secondo la quale si può raggiungere la perfezione e ottenere una quiete assoluta dell'anima mediante un atto di fede e un assoluto abbandono a Dio, che dispensa dalla necessità di ogni pratica religiosa e attività morale, e, in generale, ili opero esteriori. Quintessenza: signitlea dapprima la . quinta essenti» -, il quinto elemento cosmico, l'etere, considerato il più sot¬ tile e puro; poi l’estratto condensato, essenziale il’uu corpo, d una dottrina, infine sottigliezze complicate e vane. Ragionamento (logica): b un'operazio¬ ne dell’intelligenza che si svolge ili piu momenti, cioè in una serie di preposi¬ zioni collegate fra loro per giungere a una conclusione che in tutto o in parte è già Implicita in esse. Ragione (/ ilos.): in generale, è la facoltà naturale di ben giudicare, di saper di¬ stinguere 11 vero dal false, disporre m una serie coordinata e libera da con¬ traddizioni idee, giudizi, esperienze, col (ine di raggiungere un sapere oggettivo e universale, ossia valido per tutte le intelligenze, anche se poche sono in grado di riconoscerlo, di rifare da sé la via che ha condotto a tale sapere. _ per Platone la ragione (vou?) e l'attività più elevata dell’anima, quella cho può rappresentarsi le idee eterne; _. per Aristotele è ciò che distingue l'uomo dagli altri esseri; _ per s. Tommaso intellect.is e la ta- eoltà superiore e intuitiva ili conoscere. Razionalo Ragion sufficiente ratio è In facoltà di conoscere di¬ versiva [nomea rattorti* sumitur ab inquininone et discussa; hdellrc us no¬ mai sumitvr ab intima penetratimi ver itati*)* __ „ er SPINo'/.v la. ratio da la conoscenza vera, adeguata, dell’essere; «appartiene a lla natura della ragione il contemplare le cose non come contingenti, ma come necessarie * (pr. II, 14); essa ci apprende le cose sotto un «corto aspetto delle* ternità, sub queula.nl acternitidìs specie; apro la via alla conoscenza pin alta, I alla « scindili intuitiva -, a veder le cose sub specie aelernitatis. _ per Kant la ragione in senso largò ò il intasare a priori, è la Incolta che ci fornisco: a) i principi! o le forme a priori della conoscenza, che sono le in¬ tuizioni dello spazio c del tempo, le categorie, le idee; b) i principi! a priori dell'azione, ossia la regola della, mora¬ lità, la legge morale: nel primo caso è ragione teoretica, nel secondo è ra¬ gione pratica; o l’una e 1 altra sono indlpondout 1 dall’ospcrienzn. _ In senso ristretto la ragione è per Kant la facoltà di pensare lo idee allo quali non corrispondono oggetti nel- l’esperienza, cioè lo idee di Dio, del¬ l'anima, del mondo. -- iu oppos. a tede rivelata è l'organo della, conoscenza autonoma, a cui l’uo- ilio giunge con le sole sue forze; cosi l’intende anello ( : A I.II.KO che scrive. . la Scrittura dovorebbo essere riserbata nell'ultimo luogo; quello degli effetti naturali ohe o la scusata esperienza ci pone innanzi a gli occhi o lo necessarie dimostrazioni oi concludono, non deve in oont-o alcuno c-scr revocato in dub¬ bio por luoghi della Sorittura • (Lett. al Costelli). È dunque il procedimento naturalo dello spirito umano ncU’ac- quisto del sapere. ^ Ragion sufficcnte (logica) : u il prin¬ cipio formulato dal Leibniz, secondo il quale nulla avviene senza ragione o motivo, cioè « nulla avviene senza che vi sia una causa o ragione determi¬ nante, che possa servire a render conto a priori perché una cosa csisxc o non esiste, è in un modo piuttostochò in uu altro », - 8CHopenHAU ek lo rappresenta sotto quattro forme: - a) ratio estendi, principio dell’essere: ogni parte dello spazio o del tempo è In relazione con le altre parti, in modo che ciascuna è determinata e condizio¬ nata dalle altre ; _ b) ratio /fendi, principio del dlvoidro: ogni nuovo stato (effetto) dev’essere preceduto da un altro (causa); _ c ) ratio coanoscnuU, principio del conoscere: ogni giudizio che esprime una cognizione deve avere un fonda¬ mento sufficcnte; _ _,/) ratio spendi, principio dell agire. ogni atto della volontà dev’essere pre¬ ceduto da un motivo. Rappresentazione (psicol.); è il n- prescntarsi, 11 riprodursi nella nostra mente d'uua percezione anteriore, o quindi È affine a\V immagine ed è sog¬ getta a un'elaborazione interiore di¬ pendente dall’azione continua delle al¬ tre rappresentazioni ; perciò si dice che essa ha una sua vita propria, come rimmagtne. _ Locke denomina rappresentazioni e Idee tutto ciò che è presente alla men¬ to, ciò elio questa percepisce in sò, o ciò che è oggetto Immediato della per¬ cezione e del pensiero, mentre HOME distinguo nettamento percezione e la corrispondento rappresentazione, copia debole o sbiadita della prima. _pei- Leibniz. è la funzione più impor¬ tante della monade, ò la facoltà di per¬ cepire e ili ridurre la molteplicità all’u¬ nità (p erceptio nihil aliud est qiiam inul- torum in uno exprtssum, est rcpracscn- tatio multitudinis in imitate). Ogni mo¬ nade si rappresenta, eioò percepisce, l'u¬ niverso da un punto di vista proprio, ohe s'accorda con quello delle altro monadi (v, armonia prestabilita), f - n percezione ò chiara, quando la conoscenza ohe abbia¬ mo d uu oggetto ci permette di differen¬ ziarlo dagli altri, oscura nel caso oppo¬ sto; distinta, quando un oggetto ò per¬ cepito o conosciuto nello sue qualità particolari ed essenziali, contusa noi caso contrario; p. es.: un giardiniere può avere un'Idea chiara d un iioro, ma non distinta; un botanico ne ha un'idea chiara c distinta, _ Sc®OPENHAC'EK col suo principio: . il mondo ò la mia rappiesentazione « esprimo l’essenza' dell» idealismo cono¬ scitivo » (v. idealismo). Razionale (in generale ): ò ciò che ò con¬ forme alla ragione c al suoi prinelpii, ciò che da questa trac la sua origine, (p. e. lo categorie kantiane), o ciò che in esse ha 11 suo fondamento, o quindi non dipende dall’esperienza (p. e. le matematiche, la meccanica razionale). _ Woijp distingue una cosmologia, una ontologia, una psicologia c una teo¬ logia razionali, che Kant sottopone ad RazionalismoRegno dei fini e8 amo crltioo per dimostrare l’impossi¬ bilità e le contraddizioni d'nna meta¬ fisica razionale (v. ciascuno di quei ter¬ mini). _per Hi-'.cei. • ciò che è razionale è reale, e ciò che è reale è razionale », esprimendo con ciò il fatto elle il con¬ cetto ò l'essenza delle coso (come in Aristotele le idee sono nelle gose stes¬ se), cho tutta la realtà data noU’cspe- rienza umana ò accessibile alla.ragione c può essere inquadrata noi concetti della ragione; cho so vi ò qualche cosa di irrazionale, questa non ha che un’e¬ sistenza provvisoria. Però tale formula c non serve a giustificare tutto ciò che avviene, p. es. : un errore di stampa o uno sternuto; ma cho gli uomini vivano in imo Stato si chiarisce come razio¬ nale », ossia lo Stato è l’attuarsi, l’in- camarsi d’uu’idea. Razionalismo (opposto: e mpiris mo e irrazionalismo) (filos.): b la dottrina che, avendo fede assoluta nella ragione, afferma che la conoscenza della verità si apro non al scuso e all’esperienza, o alla fede rivelata, ma allo piti alte fun¬ zioni dello spirito, il quale non ò un recipiente vuoto, una tabula rasq. ma porta in sé e trae dalla sua interiorità principi!l’attività, idee (p. e. di causa e di sostanza), che consentono di pene¬ trare nella realtà, considerata razio¬ nale nella sua essenza, comprenderla, or¬ dinarla, volgerla a beneficio dell'uomo nell’opera di dominare la natura. Ra¬ zionalisti si possono considerare nel¬ l’antichità Parmenide, Platone, Ari¬ stotele; Cartesio inizia il razionall- smo moderno, seguito da Spinoza, Leib¬ niz, Kant, Hegel, eoo. --dai principi costitutivi della ragione il razionalismo trae un diritto, una morale, uua religione naturali. Inten¬ dendosi qui per naturale ciò cho ò con¬ cepito e costruito dalla ragione, quindi opponendosi a diritto positivo (cioè lealmente in vigore), a morale tradi- stimale, a religione positiva o storica. -Kant, per dare un fondamento solido alla conoscenza, fonde empiri¬ smo e razionalismo, distinguendo la materia, cioè il complesso delle impres¬ sioni cho ci giungono dall’esterno per la via dei sensi, e la /orino, cioè 1 prin¬ cipi! che lo spirito trae da sé per or¬ dinare la materia. Perciò l’uomo co¬ nosce le cose, 1 fenomeni solo In quanto e nel modo ondo trapassano nelle forme dello spazio e del tempo e delle caie- \ gorie, cosicché non i concetti si mo¬ dellano sulle cose, ma le cose sui con¬ cetti, e l’intelletto non attingo le sue leggi dalla natura, ma gliele impono. Quosta dottrina può definirsi un razio¬ nalismo critico. Realismo (filos.): in oppos. a nominali¬ smo o a concettualismo è la dottrina cho nel problema degli universali ammette che le ideo generali hanno un’esistenza indipendente dolio spirito che le conce¬ pisce e dagli esseri individuali; si col¬ lega a Platone che pone lo idee fuori del mondo sensibile, e ad Aristotele che le pone nelle coso stesse. -in opposizione a idealismo si applica alle dottrino cho ammettono l’esistenza reale d'un mondo esterno, d’un oggetto indipendente dal soggetto pensante o di natura diversa da esso; vi appar¬ tengono moltissimi filosofi antichi o moderni. -In estetica esprime la tendenza arti¬ stica alla riproduzione esatta della real¬ tà naturale e degli avvenimenti umani ; è sinonimo di naturalismo, che la ri¬ produzione fedele, integrale o artistica delia natura vorrebbe rivolta anche ad un fine scientifico. Realtà (filos.): in opposizione a possi¬ bilità o a irrealtà esprime ciò che è at¬ tualmente esistente, sia sotto forma materiale e sensibile, sia sotto forma intellettuale o ideale. - in opposizione ad Apparenza indica ciò ohe veramente è: p. e., un bastone posto di traverso neU’ncqua corrente sembra spezzato, ma in realtà non ò. - iu opposizione alla realtà empirica v’è una realtà metafisica, che è al di là dei fenomeni percepiti dal sensi; è accessibile olla sola ragione o anche ineonosoibilo, come la cosa in si di Kant. — (logica): realtà è una delle tre cate¬ gorie kantiane della modalità (realtà, possibilità, necessità ); il giudizio di realtà enuncia semplicemente un fatto o un rapporto di fatti come effettiva¬ mente esistente (v. modalità). Recettività (dal hit. recipere = acco¬ gliere passivamente; opposto: attività) (filos.): b la disposiziono a ricevere pas¬ sivamente impressioni e suggestioni dall'esterno. - per Kant la sensibilità è recettiva, ossia ò la facoltà di ricevere impressioni per la via dei sensi, che formano la materia del conoscere. Regno dei fini (morale): nell’etica di Kant è l’idealo di una unione sistema¬ tica degh esseri ragionevoU, per i quali Regressus in inflnitum è cosa spontanea l’obbodicnza alla lecite morale «li cui essi stessi sono sii untori: fc il regno della libertà in opposizione al mondo fenomenico, In cui domina la causalità c, quindi, la necessità. Regressus in inflnitum (/ito*.): se¬ condo gli Scettici antichi il filosofo dogmatico è costretto a un regresso ail’iullnlto, cioè a risalire, senza mai fermarsi, nella serie dei principii, se vuol non lasciare alcuna affermazione indlmostrata c non porro corno primo principio una proposizione arbitraria o un’ipotesi elio ha bisogno d'essere di¬ mostrata. Ha il oorrispettivo nel prò- gressus iti infittitimi (v. questo termine). _per Kant il regressus nella serio «lei fenomeni dell’universo conduce in il i- definitum, cioè la serie dei fenomeni è potenzialmente illimitata, non dollnlta. Relativismo (/ito*.): si applica alle dot¬ trine cho accolgono lo. relatività della conoscenza umana, limitata ai feno¬ meni c «ile loro relazioni tostanti, ossia olio lauri, dichiarando che citi cho si pono ai di là di ossi, o è inconoscibile. come pensa lo Spencer, o non esisteaffatto, come dice C'omte, Relatività (/ito*.): è il carattere ohe si può attribuire alla conoscenza, di es¬ sere relativa (v. relativo). Relativo (opposto: assoluto) (/ito*.): è re¬ lativa la conoscenza, in quanto la si fa dipendere dalla costituzione soggettiva dello spirito umano, dal rapporto fra il soggetto o l’oggetto e si esclude la possibilità di cogliere con l'intelletto unii verità assoluta. -la relatività della conoscenza è so¬ stenuta già dallo Scetticismo greco con Enesidemo, mediante dieci tropi che ponovano in rilievo la soggettività dello percezioni dovuta alle differenze fra gli uomini, diversi di corpo, di tempera¬ mento, di anima, dominati da disposi¬ zioni o condizioni variabili, come la, sa¬ lute, l’età, le malattie; che percepiscono diversamente socondo le distanze, le po¬ sizioni, la complessità degli oggetti, la rarità e la frequenza dei fenomeni ecc. -anche per Kant la conoscenza è re¬ lativa, essendo limitata al fonomeni e ai loro rapporti, mentre la cosa in sé, che sta dietro ad essi, è inconoscibile. - un’Importante concezione delia re¬ latività è quella odierna dell’EiNoTBix, che estende ni movimenti accelerati e alia stessa gravitazione la relatività ammessa in meccanica: la massa d'uti corpo non è costante, ma varia in fun¬ zione della velocità; non v’è spazio e Religione tempo assoluto, le dimensioni ilei tarpi sono relative, giacché un corpo, trasci¬ nato in una traslaziono, subisco una contrazione nel senso del movimento; spazio, tempo, energia sono fra loro collegati; si Invecchia piti in un Inogo che in un altro. _ vi ù anche una concezione relativa della attirale : i principi dell’apprezza¬ mento o della condotta morale dipendono dal carattere, dal grado di civiltà d’un popolo, dall'iunbionte nslco o so¬ ciale, dalla tradizione eco.; non esi¬ stono principii morali assoluti.  a 31 osò, ai profeti, e, in maniera completa, in¬ segnate agli uomini dii Cristo e con¬ segnate nelle .Sacre Scritture. Romanticismo (opposto: classicismo, illuminismo): v un Importante movi¬ mento spirituale Iniziatosi verso la due del scc. XVIII, che ha un'aziouo rilevante sui filosofi sorti dopo Iva.it (Fiotti:, Sm maino, Hegel eco.). L'I¬ dea centtale è quella di vita pensata come forza originarla, immateriale, ir¬ riducibile, incosciente, spontanea, che rivela una verità piti profonda «li quella offerta dalle • Idee chiare e distinte ¬ li! Cartesio e dell'Illuminismo; il senti- • mento vi appare più complesso e più ricco della ragiono astratta, il arnia ò superiore «vile regole, l 'istinto più forte delle convenzioni, dello istituzioni, dei calcoli della scienza. T)1 qui le conse¬ guenze: - «) di fronte all'ordine e ai modelli classici è una rivolta contro lo regole e le convenzioni, un'esaltazione di tutto le potenze della vita, un’affermazione della rclativitii di tutti gli ideali o della mutabilità delle Torme estetiche; - b) «'accosta alla natura, alle intui¬ zioni infallibili d'un istinto collettivo, inventa il genio della rozza, l'anima dei popoli, pone l’ispirazione e il genio al disopra del sapere e deìl’abilità tec¬ nica; ai giardini e al parchi ben dise¬ gnati preferisce ipaesaggi grandiosi e selvaggi, le solitudini (Rousseau); al razionalismo oppone l’irrasiona- lismo, si stacca dai soggetti e dalle tradizioni classiche per rivolgersi al Modto Evo, considerato più sponta¬ neo, alla tradizione cavalleresca, alla cattedrale gotica; ha il gusto e il senso della storia ; contro l’antistoricismo degli illuministi ò storicistico. s Saggio (gr. 0096? = sapiente) i/ilos.): l’ideale del saggio è definito, dopo Ari¬ stotele: l’uomo die incarna la virtù in¬ tesa come sapere, abilità, prudenza, giustizia, indipendenza dai beili ester¬ ni. Rispondono a questo ideale i Sette saggi, come anello il « saggio stoico » clic ne attua il tipo morale più alto, offrendo il modello pratico alla Roma «lei primi due secoli dopo ( ‘risto. La saggezza non 0 soltanto liberazione dalle passioni o dal l’utilitarismo volgare, ma anche scienza ed esperienza armonio¬ samente operanti nella vita o gni ftte da un ideale superiore. Sanzione (diritto e nomile): la sanziono giuridica, ossia la pena, ó determinata da tre fattori: dallo esigenze della di¬ fesa sociale; dall'offesa clic il delitto reca al sentiment o «li giustizia, pel qua¬ le 11 colpevole, partecipe della ragione, è considerato come persona razionale, trattato come tale o quindi costretto a subordinarsi alla ragione comune, in¬ fine dall’offesa portata all’ordine mo¬ rale, per cui, oltre al ripristinnmento deU'ordino giuridico, la pena mira an¬ che ad educare possibilmente il colpe¬ vole a sentimenti migliori. La sanzione morale, cioè la riprovazione e il rimorso, è una reazione della Volontà morale Idealo contro la volontà inoralo Imper¬ fetta, che ha violato la legge morale: il fondamento di essa va corcato nella responsabilità di noi verso noi stessi (Martinetti). Scetticismo (gr. ay.irrzrjij.xi = Inve¬ stigo ; opposto: dogmatismo) i/ilos.): è la dottrina fondata da l'iuuoNi:, se¬ condo la quale la mente umana non può cogliere verità alcuna intorno alla vera realtà delle cose, ma solo appa¬ renze. Non esiste un criterio di verità che permetta di distinguere le rappre¬ sentazioni vere «la quelle false, donile l’astensione dti ogni giudizio iZTZoyT,) e l’indifferenza (àSiatpopta). il dubbio Schema Scolastica sistematico c una tranquillità d’animo Inalterabile (&Tapoc££a). Dapprima, me¬ diante la disciplina della condotta mo¬ rale, mira alla calma e alla quiete dell’e¬ sistenza, ma alla line diviene anche una disciplina dello spirito scientifico, gra¬ zie al suo atteggiamento eri-fico e al severo esame cui sottopone le dottrine filosofiche contemporanee, specialmente Pepicureismo e lo stoicismo. Schema (gr. cr/-? (i iia = forma, esteriore), figura) (//los.): in generale indica il di¬ segno, la figura che rappresenta in ma¬ niera semplificata le linee essenziali d’un oggetto o d’un movimento. -per Kant lo schema trascendentaleindica una rappresentazione intorme* diaria fra un’intuizione sensibile (per es. : d’uri dato triangolo) e un concetto (per es.: 11 triangolo in generale); ed è affine da un lato al concetto puro, in quanto non contiene nulla d’empirico, e dall’altro lato alle percezioni, e quindi all’ordine sensibile. Perciò esso per¬ metto di applicare indirettamente agli ; oggetti dell'esperienza i concetti puri dell’intelletto, cioè lo categorie, che so¬ no inapplicabili per via diretta. Cosi lo sohema della sostanza, cioè la rappresen¬ tazione sotto la quale si raccolgono i fenomeni per poter loro applicare la categoria di sostanza (v. questo termi¬ ne), è il substrato che permane nel tem¬ po; lo schema della quantità è il nu¬ mero, mediante il quale la continuità dei fenomeni è distribuita in quantità determinate. Questi schemi sono creati dall'immaginazione, che ò una facoltà intermediaria fra l’intelletto o la sensibilità, con essa Kant vuol risolvere l'antico problema dell’accordo fra le idee, le categorie o le cose; per risol¬ vere il quale Cartesio era ricorso allaveracità divina, Malebranche alla ri¬ velazione, Spinoza al parallelismo (per cui l’estensione e il pensiero sono gli attributi d'un unica sostanza, di quella divina), Leibniz all’armonia prestati• •Scienza: è un complesso di cognizioni dovute a ricerche metodiche (fondato sull’esperienza guidata dalla ragione), disposte in un sistema ben coordinato, suscettibili di dimostrazioue e aventi per oggetto una parte ben definita della realtà naturale. I suoi strumenti 6ono: l’osservazione diretta dei fenomeni, l’c- sperimento, l 'induzione, la deduzione. - Galileo apro ima via nuova alla scienza, sostituendo olla ricerca delle qualità, propria del metodo aristotelico- scolastlco e ancora presente in Bacone, la ricerca «iella quantità, esprimibile con formule matematiche; quindi non più forz e qualità occulte, ma elementi spaziali c numerici. Anche oggi gli a- tomi, gli ioni, gli elettroni c le loro composizioni quantitativo sono l'og¬ getto dell'indagine scientifica. —*— L 'aggetto della scienza è duplice, se¬ condo filosofi c scienziati (BENTHAM, Ampère, Hill, Hegel, Wcndt, ecc.), cioè: la natura o lo spirito, donde le scienze della natura e le scienze dello spirito (o morali). Il Windklbanp di¬ vide le scienze In nomotetiche (gr. VÓ(AO£ = legge, e tU1yjjì.i= pougo), come la chimica o la fisica, che ricercano le leggi secondo cui si svolgono i fenomeni na¬ turali; o ideografiche (gr. = par¬ ticola^ e ypàcpstv = scrivere), cioè lo scienze storiche, che studiano gli avve¬ nimenti passati, considerati nella loro Impronta individuale e non ripetibili. Scolastica (dal lat. setola, che è l’in- sognamento per eccellenza del Medio evo, quello della teologia o della filo¬ sofia; scholasticus ò il titolare di tuie insegnamento) ( /ilos .): ò la filosofia do¬ minante in Europa dal hoc. X al XIV : le sue tesi fondamentali sono: a) dualismo fra Dio. che è atto puro, puro spirito, e la creatura, nella quale si mescolano l’atto e la potenza, la forma e la materia, l'anima o il corpo; b) Dio è persona spirituale, ha creato il mondo dal nulla e lo trascende ; c) la parola di Dio manifestata nelle Sacre Scritturo è l'espressione infal¬ libile della verità; quindi, pur mirando a conciliare ragione e fede, cioè la filo¬ sofia antica, specialmente quella d’A- ristotele, col dogma cristiano, la Sco¬ lastica afferma che la'ragione non può andare contro la fede, ma subordinarsi a questa; d) la distinzione flit soggetto cono¬ scente e oggetto conosciuto, pensato co¬ me reale, indipendente dal soggetto nella sua esistenza; e) la distinzione fra teologia e filosofia : la prima ha per oggetto l’ordine soprannaturale in quanto è rivelato dalla parola di Dio; la seconda inve¬ stiga l’ordine naturalo per mezzo della ragione, ma accordandosi con la teo¬ logia. - In senso peggiorativo si dice che ima dottrina si trasforma in una scola¬ stica quando si irrigidisce in formulo verbali, in distinzioni e divisioni nu¬ merose. sottili e astratte, in tesi im- Secondarie Simbolo mutabili, o perciò diviene stagnante, in¬ capace di progredire. Secondarie (qualità) = v. qualità. Sensazione (psicol.): è la piò semplice modificazione della coscienza, il pro¬ cesso psichico nella sua forma elemen¬ tare; presenta due aspetti: a) è recettiva, cioè passiva, in quanto è prodotta da stimoli esterni o Interni; p. o. un raggio di luce, la contrazione d’un muscolo, che dònno rispettivamen¬ te una sensazione visiva o muscolare: li) è successivamente attiva, in quanto le impressioni provenienti dagli stimoli sono elaborate dalla coscienza, nella qualo già si trova ima molteplicità, d’e¬ lementi psichici, di ricordi, di immagi¬ ni, occ. ; perciò la sensazione ò il pro¬ dotto dell'analisi e dell’astrazione. Sensibilità (furimi.): è la facoltà d’aver sensazioni, di conoscere por mezzo doi sensi, o anche di provare piacere o do¬ lore che accompagnano lo sensazioni; _da Kant la dottrina della sensibilità, clic ò la capacità di ricovero passiva¬ mente impressioni da oggetti osterni por la via del scusi, ma ordinate nello forme a priori dolio spazio c del tempo, è detta estetici i. Sensismo (filos.): dottrina che consi¬ ste nel far derivare tutto le nostro fa¬ coltà o le nostre conoscenze dalla seu- suzione ; ò rappresentato dal C ONDII*- i*ao (sec. XVIII), che dalla sensazione fa derivare la memoria, l’attenzione, il giudizio, il sentimento, lo volizioni. Si distinguo én\Yempirismo, in quanto questo ammette duo fonti del conosce¬ re: la sensazione o la riflessione. Senso ( psùvl .): è la facoltà (p. e. la vista, l’udito, il tatto) che mette gli esseri viventi in rapporto col mondo esterno c dà luogo a una determinata classo di sensazioni (visivo, uditivo, tattili eoe.). _ (morale): il senso morale consiste in una facoltà innata dì distinguere in¬ tuitivamente Il bene dal male, facoltà ohe dove considerarsi parto integrante della natura umana; tale dottrina è so¬ stenuta per la prima volta dagli inglesi SnAFTEsnniY o Hvtchkson. Senso comune: comprende un’in¬ sieme indeterminato di opinioni c ili cognizioni condivise quasi universal¬ mente, che si impongono o por la loro evidenza o per il loro valore pratico, o anche per l'autorità della tradizione. - (Jilos.): per Aiustotklk II senso co¬ mune (Jtotvi) crìa&r,oiz) è una specie di senso interno cho ci dà la coscienza della sensazione o, al tempo stesso, coor¬ dina I dati offertici dai singoli sensi par¬ ticolari (udito, vista, ecc.): esso costi¬ tuisco quindi l'unità del soggetto sen¬ ziente di fronte all'oggotto sentito. _I*a scuola scozzese del senso comune (Reto, Dcoai.p Stkwaht) ammottesen- za discussione come validi i principi ac¬ colti da tutti gli uomini, oppure « cosi indispensabili nella condotta della vita elio il rinunzlarvi equivale a cadorc in numerose assurdità speculativo e pra¬ tiche »(Roid), e anzitutto afferma l’e¬ sistenza realo dell’oggetto, indipenden¬ temente dall’attività percettiva del sog¬ getto. Il senso oomuno sostituisco la ragione nella filosofia e,anohe nello ma¬ tematiche. Sentimento (psicol.): In senso ampio esprime il complesso degli stati allei - Ziri, cioè di tutti quei processi sogget¬ tivi, interiori, gradevoli o sgradevoli, legati con lo funzioni vitali e con la psiche dell’Individuo, come le emo¬ zioni, le passioni ecc. m - in senso piò ristretto è uno stato affettivo stabile, o ancho un’attitudine costante a provare emozioni, corno il sentimento estetico, morale, intellet¬ tuale, il qualo ultimo consisto nel pia¬ cere complesso cho dà l’esercizio dello funzioni intellettuali. Sentimento fondamentale corpo¬ reo: ò l’cspressiono usata dal Rosmini per indicare la cenestesi (vedi). Sillogismo (gì-, ouXXo^tojxó;, da uoX- Xévw = raccolgo) (lattica): Aristotele, che ne ha creato la teoria, cosi lo de¬ finisce: ò un ragionamento (Xó-fb?), nel qualo, posto alcune cose, ohe p. o. « l'uomo ò mortalo ".e 0 Socrate ò uo¬ mo », un’altra cosa no risulta necessa¬ riamente, che « Socrate è mortalo », per qu sto solo cho 1 primo sono posto. Consta di tre proposizioni, di cui Io primo due diconsi premesse ; la terza, implicita in queste, conclusione-, e com- I prendo tre termini: il maggiore, che ò il concetto più esteso (nel sillogismo citato: mortale), il minore (Socrate), il medio (uomo), che ò il ponto di pas¬ saggio. Corrisponde ai noti principi: ciò cho è contenuto nel genere ò puro contenuto nella specie; e nel linguaggio matematico: tiue quantità ugnali a una terza sono uguali fra loro. Simbolo  = «of¬ fro insieme) ( psicol .): in generale con¬ siste nell’esistenza di disposizioni iden¬ tiche in due o più individui della stessa specie o di specie diversa. - nella sua forma più umile è un ac¬ cordo di movimenti, detto sinergia, co¬ me si osserva nel riso o nello sbadiglio, che si propagano quasi per contagio. - nella sua forma superiore ò un ac¬ cordo di sentimenti, una sinestesia, un movimento che ci porta verso gli altri, a gioire della loro presenza, a parteci¬ pare allo loro gioie c alle loro pene, c alla fine si muta in «unore attivo, che supera i limiti della nostra co¬ scienza per rivelarci la presenza imme¬ diata d’un’altra coscienza; scopro va¬ lori (come pensa Max Scholer), men¬ tre l’intelligenza dà solo rappresenta¬ zioni. - (morale): è il fondamento della mo¬ rale dell’inglese Adamo Smith: * la fonte della nostra sensibilità per le sof¬ ferenze altrui, egli dico, è la facoltà di collocarci con 1 ’immaginazione al loro posto, facoltà ohe ci rende capaci di concepire ciò che essi sentono o d'es¬ serneaffetti »; por essa giudichiamo moralmente delle azioni altrui e delle nostre. Sincretismo (gr. ouY-xpiJTurpóc» no¬ me derivato daH’unione dei Cretesi di fronte al nemico, nonostante lo dissen¬ sioni intorno) (in generale): esprime l'u¬ nione artificiosa, senza critica, di idee o teorie di disparata origine, nel campo della filosofia come in quello della re¬ ligione. Sinderesi (forse derivata da auvirrj- pnjai? = sorveglianza, o, per deforma¬ zione, da vet$Y)el libero consenso degli indivi¬ dui ed è fondato sopra la volontà della nuiggioranzu, espressa mediante 1 rap¬ presentanti del popolo, donde lo Stato liberale rappresentativo coi suoi tre poteri ben distinti: legislativo, giudi¬ ziario, esecutivo, quale traeeorà più tardi Montesquieu - por Rousseau lo stato sorge pure dallo stato di natura per un contratto pel quale l’individuo, naturalmente buono, trasferisce il buo diritto al po¬ polo, riunito in assemblea, la cui sovra¬ nità è assoluta c inalienabile; la - volontà generale, manìfestantesi nelle decisioni della maggioranza o nel potere legislativo, che è il potere supremo, implica la volontà di tutti gli individui. Di qui il governo democratico. Stato etico (filos.) : per Hegel lo Stato è Tincarnazione suprema della moralità, l’attuazione delle Idee morali, lo spirito del popolo divenuto visibtlo; perciò il suo fine non è di assicurare la libertà individuale, la sicurezza, la pro¬ prietà dei singoli, giacché l’individuo non ha obbiettività, verità, moralità se non in quanto è parte dello Stato, e la vera volontà dell’individuo (la qua¬ le ò pensiero attuautesi nella realtà) è volontà razionale, quindi ani versale o, alla fine, identica alla volontà dello Stato: la rappresentanza del popolo non deve ingerirsi negli affari dello Stato, ma solo eccitare il governo a rendere pubblica ragiono dei suoi atti, elevan¬ done cosi la vita a un grado di coscienza Stoicismo — 91 Superuomo sempre più alto. Questa dottrina del- l’Hegcl è l'affermazione dell’onnipo¬ tenza dello Stato. ■ Stoicismo (/ iloa .): dottrina della Scuola filosofica fondata da Zenone di Cizio, elio fu aperta in Ateno nel ITI scc. a. Cr. nello Stoa Pecilo (portico ornato delle pitture di Poiignoto) od ebbe cinque secoli di vita e duo periodi, quello preco o quello minano (con Seneca, M. Aurelio, Kpittcto): professò un pan¬ teismo secondo il quale 11 mondo è animato da una forza immanente, la ragionecosmica simboleggiata nel luoco, della quale l'anima ù una particella. 11 lino supremo della condotta umana è per essa l 'avalla, che si raggiungo con la virtù, cioè liberandosi dallo pas¬ sioni, obbedendo alle leggi inflessibili, ma ottime, con le quali la divinità reg¬ go 11 mondo. Storicismo (/flottitela tendenza a con¬ siderale un oggetto della conoscenza come il prodotto d’uu’cvoluzione sto¬ rica; ha un duplice aspetto: . d) in opposizione all' filmai mano, considera 1 prodotti spirituali non co¬ me l'effetto della ragiono, concoplta uguale dovunque e costante, ma corno Il risultato Ionio d'uno sviluppo storico, durante il qualo 1 caratteri essenziali si conservano, mentre quelli acciden¬ tali cadono ; -— i>) In opposizione al naturalismo meccanico, considera e interpreta il tutto come una manifestazione dello spirito umano nel suo svolgimento storico : cosi per Heokl la storia ò lo sviluppo suc¬ cessivo della ragione c l'essenza di quosta appare o si do finisce eoi ca¬ ratteri che sorgono in tale evoluzione idealo; l'essenza della filosofia è quin¬ di da rioeroursì nella storia della filo¬ sofia. Subcosciente tpsicol.): si dice del pro¬ cessi psichici debolmente e oscura¬ mento percepiti. Per primo il Leibniz ammise esservi nell’attività psicologica « petites insensiblcs perceptions - che, riunite e fuse Insieme, possono pro¬ durre una percezione chiara; p. e. il rumore d’un’ondata marina è dato da un numero incalcolabile di rumori infini¬ tamente piccoli, non percettibili sepa¬ ratamente. S’usa anche come sinonimo d 'incosciente. Sublime (estetica): è il sentimento pro¬ dotto nell'animo dalla visione diretta o dall'idea vivamente rappresentata della potenza.naturale n della grandezza mo¬ rale e intellettuale. -- Kant distingue: a) 11 sublime matematico, provocato dalla visiono o intuizione d'una gran¬ dezza assoluta nel senso dell’estensio¬ ne; p. e. la vista dell’oceano immenso, l’idea dell'immensità degli spazi cc- lesti; i) Il sublime tlinamico, dovuto alla visiono della potenza non disgiunta dal senso di sicurezza dello.spettatore: p. c. la vista d'un vulcano jn eruzione, dell'oceano in tempesta. Questi spetta¬ coli » elevano le forzo dell’anima sopra la loro ordinaria mediocrità c disco¬ prono in noi un potere di resistenza che ci dà il coraggio di misurarci con l'apparento onnipotenza della natura. Il sublimo quindi non è nelle coso, ma nel nostro spirito, ci eleva al disopra della natura che è In noi, o di quella che è fuori di noi . Sufismo (relig.): è una dottrina, dovuta a ispirazione neo-platonica c seguita da una setta mistica mussulmana: Dio è il beno assoluto, l'essere puro, la bel¬ lezza eterna, 1'unica o vera realtà, men¬ tre il mondo del fenomeni è un semplice riflesso della divinità, non essere, puro fantasma. Una vita spirituale rigida¬ mente ascetica, la stretta osservanza dei precetti sacri sono la condizione necessaria per raggiungere il fine supremo proposto da questa dottrina all uomo. l'annientamento in Dio. Suggestione (psieol.): nel significato più generale f> l'evocazione, il suggerimento d’un’ideu o d’un sentimento cho qualcuno esercita, volontariamente o no, sulla coscienza d’un altro Individuo o ambe di se stesso (autosuggestione), e che agisce, senza trovare resistenza, sulla condotta e sul modo di pensare di questo. È comune nella vita so¬ ciale. _ La suggestione ipnotica consiste in un comando cui il soggetto obbedisco senza riflettere, senza cho II suo con¬ senso intervenga: per una specie «Vautn- matismo irresistibile, egli compie tutto ciò elio gli viene suggerito, subisce, il¬ lusioni, allucinazioni, iperestesie, ane¬ stesie dei sensi ccc. Superuomo: termine usato da Goethe nel Faust o reso popolare da Nietzsche ; è la concezione idealo d’un tipo futuro di personalità superiore, d'una specie li¬ tuana meglio dotata di quella attuale. nell’umanità deve apparire tuia specie più forte, un tipo superiore, che abbia all re condizioni, per creare c conservare, clic rurnno medio Tn una prima con- Sussunzione Tempo codone U superuomo era per Nietzsche il gonio che s’innalza sulla folla e la domina. Sussunzione (dal lat. subsumcre = su¬ bordinare; gr. u 7 c 6 X 7 )^/i£) {Ionica): è una forma di ragionamento che consiste nel pensare un individuo come com¬ preso in una specie, o una specie in un genere, o un fatto come l'applica¬ zione d’una leggo. .-per Aristotele il unionismo di sus¬ sunzione è il solo perfetto ; in esso il ter¬ mine medio è soggetto nella premessa maggiore e predicato nella minore; p. e: « l’uomo è mortale, Socrate è uomo; quindi Socrate è mortale ». T Tabula rasa {film.): a una tavoletta di cera su cui nuda è scritto viene para¬ gonata daU’empirtono l’anima umana, la quale nel suo nascere non ha ideo o cognizioni innate. L’espressione si trova nel De anima d "Aristotele: &rsT:tp èv Ypa[xu.o!T£t(p té \j.r,Sh ùitxpxsi y£vpx'j.;j.£VOv {sirut tabula rasa in qua nihil est scriptum, traduce 8. Tommaso). Teismo (/ilo*.): si applica alle dottrine ohe ammettono un Dio personale, tra¬ scendente, creatore del mondo; 6 pro¬ prio del Giudaismo, dcllTsliunismo e, più particolarmente, del Cristianesimo. Teleologia (dal gr- t£Xo; = fine e Xóyo? — discorso: scienza dei fini) (/iios.): dot¬ trina che ammetto una specie di ragione cosmica o un essere supremo ohe agisca per cause finali, cioè per l’attuazione di determinati fini nel mon¬ do e negli esseri. È iniziata da Anassa¬ gora, sviluppata da Platone, da Ari¬ stotele, dagli Stoici ccc. - per Kant la vita della nat uni, pur essendo soggetta al principio di causa e a leggi meccaniche, rivela tuttavia un’arte tutta interiore, grazio alla quale essa si organizza, produco esseri orga¬ nizzati o viventi, che possono essere detti fini della natura. Però l’ammet¬ tere questi fini non ha il valore di un principio costitutivo, ma solo regolati- vo, cioè «esprime la regola senza la quale l’organizzazione della natura sa¬ rebbe inesplicabile per la nost ra intelli¬ genza ». Temperamento (gr. xpaot? = mesco¬ lanza; trad. lat. temperamentum)- (psi- cof.): dalla mescolanza dei vari umori del corpo {sanane, bile, atrabile, linfa) e dai predominare d’uno di essi i Greci dedussero la distinzione dei quattro temperamenti (sanguigno, bilioso o collerico, melanconico, linfatico), distin¬ zione che tuttora si conserva. II tem¬ peramento lia il suo fondamento nella vita fisiologica, specialmente nel siste¬ ma nervoso, consideralo in relazione con l’attività psicologica; è ereditario. Tempo ( filo ».): vi sono due principali concezioni del tempo : realistica o oggettiva, die ci ò data nella sua forma tipica da Newton per cui il tempo lia esistenza reale, asso¬ luta, senza relaziono con le coso ester¬ ne, o scorre in so stesso in maniera uniformo per sua propria natura, seuzu rapporto col mutamento. È bensì vero che !a divisione umana del tempo in ore, giorni, mesi, anni è relativa; perù tale relatività diponde dalia mancanza d’un movimento uniforme atto u misu¬ rare il tempo in modo preciso e noti contraddice al carattere assoluto ili questo. (La relatività della misura uma¬ na del tempo è sostenuta duo secoli dopo da E. Poincaré, fondandosi sul fatto che tale misura si compie sulla durata dell’anno solare, la quale ò variabile; la nostra misura del tempo è soltanto comoda, utile por le usigenzo umane, non vera e assoluta). - idealistica e soggettiva: preannunziata da Leibniz, pel qualo il tempo esprimo l'ordine di successione dello nostre percezioni, appare nel suo carattere più spiccato in Kant: il tempo è intuizione pura, la forma a priori dei fenomeni del senso interno, cioè dei processi psichici, la condizione necessaria e universale dello nostro percezioni; quindi è soggettivo, in quanto è un’attività dello spirito umano, ma è al tempo stesso oggettivo. In quanto è condizione d'ogni possibile esperienza. - secondo Aristotele a noi è dato solo il tempo itrescnle, perchè 11 passato non 6 più c il future non ò ancora; quindi il presente è il limite fra 11 passato o il futuro; fra tempo e movimento esiste un rapporto, in quanto il primo è la misura numerica del secondo e contiene in sé distinzioni e divisioni che possono essere calcolate o sommate. Agostino, pur affermando che Dio ha creato il tempo, e con ciò attri¬ buendo valore oggettivo al tempo, però quando lo considera nel suo aspetto umano e psicologico, lo interiorizza, 10 pensa come soggettivo, lo definisce una distenmo animar, per la quale tutto 11 tempo è presente, giacché il passato Teodicea — Teosofia ò presente nella memoria, li futuro nel¬ l’aspettazione, mentre l’attenzione ci dà la coscienza del momento presente (v. durata). Teodicea (gr. = dioc 8t*/.aia= cose giuste) (/ ilos .): tonnine coniato da Leibniz per indicale quella parte della teologia naturale che tratta della giu¬ stizia di Dio, ossia mira a giustificare j la presenza del malo nel mondo e a conciliarla con la bontà divina, o ad ac¬ cordare inoltre la libertà umana con* la realtà della provvidenza e pre-scienza di Dio. Per estensione com¬ prende la trattazione. dell’esistenza e degli attributi della divinità. Quindi, se il nome è recente, l’argomento è og¬ getto di studio fin dall’antichità greca (Platone, Aristotele, Stoici ecc.). Teofania (dal gr. 9 -eó; = dio c «patveiv ss apparire) ( filos. c relig.): ò il mani¬ festarsi della divinità, sia in maniera diretta, sia, in un significato più esteso, indirettamente nelle sue opero o nel¬ l’universo. Teologali (virtù): v. virtù.'reologia (gr. dio e \ 6 yo$ = di¬ scorso) ( relig . e filos.): è la dottrina che ha per oggetto la divinità, i suoi attributi, i suoi rapporti con l’universo e l’uomo. -la teologia rivelata o sacra s’appella. nella sua trattazione, solo alla parola di Dio rivelata nelle Sacre Scritture o ai dogmi. - la teologia razionale sottopone l’oggetto della fede all’esame critico della ragiono. Teoria (gr. -ilstopCa = investigazione intellettuale, scienza) (filos.): in oppo¬ sizione a prativa, designa la ricerca pura, disinteressata, indipendente dalle applicazioni pratiche, non solo nella filosofia, ma anche nelle scienze, come la fisica c la chimica. in opposizione a sapere volgare esprime la trattazione metodica, sistematica, conforme a determinati principi, o anche appoggiamosi a ipotesi scientifiche. - nel significato (li contemplazione, vedi questo termine. Teoria biologica della conoscenza (filos.): è la dottrina che fa derivare l’impulso al conoscere dalla vita, intesa nel suo significato biologico, fondandosi sopra l’ipotesi che lo spirito umano sia soltanto un’efllorescenza, una su¬ blimazione, un prolungamento della vita: perciò la conoscenza risponde alle necessità prime e fondamentali doll’esi¬ stenza; la conoscenza, dapprima con¬ fusa e soggettiva, conio nell’te/w/o, si va facendo più cosciente e cliiara, toc¬ cando lo suo torme più elevate nella scienza c nella filosofia. Teoria della conoscenza (filos.): ò la dottrina cho serve da introduzione alla filosofia e rivolge l’attenzione non sull’oggetto conosciuto, ma sullo stesso soggetto in guanto conosce, sullo spirito umano nella funzione del conoscere; in altre parole, è il ripiegarsi della mente sopra se stessa per indagare il potere che essa ha di conoscere. È stata concepita con chiarezza da Locke e, ancor più profondamente, da ICant, che mira con la sua Critica della ragion pura a ricercare le fonti, i limiti, il valore della facoltà conoscitiva deiruomo.  Hegel nega la possibilità d’una teoria della conoscenza, affermando cho ò Impresa chimerica voler fissare 1 li¬ miti della ragione, anzitutto perché una ragione limitata non è più una ragione; in secondo luogo perché la ra¬ gione soltanto può far la critica della ragloue e, se questa riconosce e definisce i propri! limiti, con ciò non fa altro che oltrepassarli, dal momento che la conoscenza del limite implica necessa¬ riamente la conoscenza di ciò che sta al di là del limite. Teoria economica della conoscenza (filos.): designa la dottrina cho, per comprendere il legame tra i fenomeni, rinunzia al principio di causa e si vale soltanto dell'idea di funzione (si vegga questo termine), riducendo a una pura convenzione la differenza tra fenomeno fisico o fenomeno psichico. Ufficio es¬ senziale della conoscenza ò soltanto di descrivere 1 fenomeni e i loro rap¬ porti funzionali nel modo più sem¬ plice e con la maggior possibile econo¬ mia, riducendo una lunga serie di espe¬ rienze a una formula abbretriata, cho risparmi! ulteriori esperienze, dispensi da ràgionamentì o eolcol 1 ?omplicatÌ, e riduca la trattazione dei fatti alla più semplice descrizione. È rappresentata da H. Avenarius (v. empiriocri- licismo ), dal fisico Mach e dalla Scuola di Vienna: ha tendenza anti- metafisica. Teosofia (gr. fi-sóc = dio e 009£a = saggezza): si può dire una metafisica religiosa, in cui entrano clementi di varia natura e di diversa provenienza. L’idea-comune alle varie dottrine teo¬ sofiche è di giungere alla conoscenza di Dio e delle cose divine mediante l'ap- Termini — 94 Tradizionalismo profondiment o della vita interiore e ob¬ bedendo al precetto mistico clic « rientrare In sé j equivale ad « elevarsi a Dio: in hurnano animo idem est mini¬ mum quoti intimimi : nell’anima ciò che vi è di più alto e di più profondo coin¬ cidono (Riccardo di S. Vittore). Que¬ sto procedimento rivela forze spirituali che si sottraggono alla volontà umana o diurno luogo alla saggezza, alla calma e serenità interiore. Una credenza teo¬ sofica caratteristica è l'evoluzione del¬ l'anima attraverso la catena dello esi¬ stenze, la dottrina della reincarnazione. I ermini del sillogismo = v. sillogismo. Terminismo (filos.): è il nome dato al nominalismo di Guglielmo d’Occam, pel quale ogni cosa reale ò individualo (quaclibet res co ipso quoti est, est haec rcs) e sono vere lo proposizioni quando si riducono a termini, cioè ad espressioni vorbali che esprimano esseri in¬ dividuali. Terzo escluso (principio del) (logica) : afferma che di due proposizioni con¬ traddittorie se l’una è vera, l'altra ò necessariamente falsa; una terza proposizione non ò possibile. È stato formulato da Aristotele. Iesi £48-1600). anima del mondo, antropocentrismo, coineklentia oppositorum, in¬ dividuo, intelletto, monade, monadismo, panteismo, principio, umanesimo. Buchnkr: materialismo. Bit RH) A no: Buridano (asini» .n- ). CAMPANELLA: conosci te stesso, pri nudità. CANTONI: neo-kantismo t 'arnkadk: Accademia, ignava ratio, progressus in intìnitum, relativo. Cartesio: auCoscienza, autorità, bene, buon senso, cartesianismo, cogito, conosci te stesso, corpo, creazione continua¬ ta, criterio, deduzione, Dio, dualismo, dui», bio, errore, essenza, estensione, esterno (mondo), formale, gianduia pineali?, idea, illumi¬ nismo, immediato, innato, legge, lume natu¬ rale, materia, oggettivo, ontologica (prova), parallelismo, passione, percezione, qualità primarie, schema, sostnnzialismo, spazio, spiriti animali, spiritualismo. CICERONE: anticipazione, aporia, catalettica, cosmopolitismo, eclettismo, etica, neo-pitagorismo. Comtk: discontinuo, filosofia della storia, positivismo, relativismo, sociologia. COXPTLLAO: sensismo. Condorcet: progresso. ( Vij’krnico: antropocentrismo. Cousin: eclettismo. CROCE: bello, neo-hege Usino. Cesano: alterità, coincidentia oppositorum, doeta ignorantia, emanazione, explicatio, individuo, macrocosmo. Darwin: darwinismo. De Bonald: tradizionalismo. Democrito: analisi, anima, atomo, essere, filosofia, infinito, materiali¬ smo, meccanico, monadismo, nulla, qualità primarie, spazio. Dkstutt de Tràcy: ideologia. Dilthey: comprendere. Dubois-Reymond: ignorabimus. Dugàld Stewart: senso comune Duns Scoto: anima, eeceità, individuazione, volontarismo. Einstein, relativo. Empedocle da GIRGENTI: amore, elemento, infinito, pluralismo. ENEsrDEMO: relativo, tropi. Epicurei: anima, anticipazione, edonismo, empirismo, errore, etica, piacere. Epicuro: atarassia, atomo, beatitudine, canonica, dinamen, dualismo, idoli, intermuncU, spontaneo, utilitarismo. Epitteto: stoicismo. Eracuto: anima, attua¬ lismo, coincidentia oppositorum, conosci te stesso, divenire, logos, polipiatin. Esiodo: etica. Euckkn: astrazione, attivismo. Euhemkro (IN’ sec. a. Cr.): ovemerismo. Fechner: legge di K., jwico- fiaica. Feuerbach: umanismo. Fichte: antitesi, esterno (mondo), idealismo, immaginazione, io, moralismo, romanticismo. Stato, volontarismo. FICINO: Accademia, neo-platonismo. Filone: logos. Focilide: gnomica. Freud: psicanalisi. Galileo: antropocentriamo, autorità, causa, compositivo, empirico, epagoge, esperienza, esperimento esterno (mondo), filosofia naturale, induzione, legge, numero, qualità primarie, ragione, risolutivo, scienza. Gall: frenologia. GENTILE: atto puro, attualismo, autoetwi, idealismo attuale, neo-hegelismo. Geulinx: cartesianismo, cause occasionali. Gilsox:’ illuminazione. GIOBERTI: creazione, dualità, ente, esistenza, formula ideale, intuito, me- tessi, ontologismo. Giustino: apologetica. Gnostici: gnosi, intuizione, pleroma, non essere. Goethe: analisi, superuomo, umanesimo, volontarismo. Haeckiu: biogenetico. Hamilton: intuizionismo. IXartley): associazionismo. Hartmann: incosciente. Harvrt: anima. Hegel: acosinismo, antitesi, at¬ tualismo, conosci te stesso, contraddizione, dialettica, Dio, essere, esterno (mondo), evoluzione, fenomenologia, filosofia della storia, idea, idealismo, intellettualismo, io, liberti politica, non essere, ontologica (prova), ottimismo, panlogismo, rappresentazione, razionale, razionalismo, religione, romanticismo. Stato otico, storicismo, teoria della conoscenza, tesi, volontà. Heidegger: angoscia. Helmuoltz: proiezione. Herbart: appercezione, pluralismo, volontà. Herder: umanesimo. Hobbes: contrattualismo, illuminismo, piacere. Stato. Humboldt: coltura. Hume: abitudine, analisi, associazione delle idee, associazionismo, corpo, credenza, empirismo, osterno (mondo), fenomenismo, idea, impressione, positivismo, religione, soggettivo. Husserl: eidetico, fenomenologia. Hutciieson: senso morale. Huxley: agnosticismo. Hyde: dualismo. James: emozione, pragmatismo, volontà di crederà Janssen: giansenismo. Kant: analisi, analitica, antinomia, antitesi, antropologia, a posteriori, appercezione, apriorismo, assoluto, autocoscienza, autonomia, bello, bene, carattere, categorie, conosci te stesso, cosa in sé, cose e persone, coscienza trasccnd.. cosmologia razionale, credenza, oritiea, criticismo, deduzione trascend-, dialettica, dignità, Dio, dogmatismo, dovere, dualismo, empirico, epigenesi, esperienza, esperienza possibile esterno (mondo), estetica, etica, fenomeno, filosofia, line in sé, forma, generatio spontanea, giustizia, idea, identità, illusione metalisica, immaginazione, immanente, immortalltà. imperativo. individualismo, innato, in sé, intelligibile, intendimento, intenzione, intuizione, legalità, legge, libertà, limitativi, metafisica. modalità, natura, neokantismo, noumeno, oggettivo, oggetto, ontologia, ontolo¬ gica (prova), |iaralogiamo, passione, pensiero, persona, piacere, [inssibile, pratico, predeterminismo, primato, progresso, psicologia razionale, ragione, razionalismo, recettività, regno dei tini, regressus, relativo, romanticismo, schema, sensibilità, sintesi, soggettivo, soggetto, sostanza, spazio. Stato, sublime, tempo, teoria della conoscenza, trn- noendontale, trascendente, volontà, volontà buona, volontarismo. Kirkegaard: angoscia. Ivlaues (vivente): anima. Krause: panenteismo. Lachelier: cause finali, i riduzione. 1. A lande (vivente): logistica. Lamennais: tradizionalismo. Laplace: meccanica. Leibniz: antitipla, appercezione, appetizione, armonia prestabilita, atto puro, bene, contraddizione, Dio, energia, entelechia, idealismo, identità, illuminismo, incosciente, individuazione, individuo, infinito, innato, intellettualismo, male, materia, monade, monadismo, monismo, ontologica (prova), ottimismo, percezione, pesona, piacere, pluralismo, ragion sufficente, rappresentazione, schema, sostanzialismo, spazio, spiritualismo, spontaneo, subcosciente, tempo, teodicea. Leonardo da VINCI: filosofia naturale. Lessino: umanesimo. Locke: analisi, astrazione, contrattualismo, empirismo, esperienza, esterno (mondo), ideo, modo, qualità primarie, rap¬ presentazione, ritleesione, spazio, Stato, teo¬ ria della conoscenza, tolleranza. Lotze: panpsichismo, valori (filosofia dei). LUCREZIO: elmamen, internimi- d ;, progresso. M,|M 1018V fenomenismo, induzione, Uacii u . ft Bell» con»- poHÌtivfeino, icona t .ri-,)- «gostinismo, cor- Malebranche -e: etica, gnomica. Spencer: agnosticismo, altruismo, a posteriori, associar. One dello idee, associazionismo, evoluzione, inconoscibile, libertà, omogeneo, relativismo, sociologia. Specsippo: Accademia. Spinoza: acosmismo, adeguato, amore, animo del mondo, assioma, attribu- to, beatitudine, bene, cartesianismo, causo sui, cor[x>, determinazione, determinismo, Dio, ente, orrore, esistenza, essenza, esten- sione, esterno (mondo), immaginazione, ini- manente, in sé, intelletto, intelligenza, Intel- ligibilc, monismo, necessario, panenteismo, panpsichismo, panteismo, parallelismo, passione, per sé, ragione, razionalismo, schema, sostanzialismo, spazio. Staiil: animismo. Stoici: adialora, uuima, anima del mondo, anticipazione, apatia, ascetismo, asoroatieo, assenso, atarassia, autarchia, beatitudine, catalettica, cosmopolitismo, empirismo, esperienza, etica, filosofia, ignava ratio, indifferenza, legge, logos, macrocosmo, male, nihil est in intelleotu, ottimismo, panpsi¬ chismo, panteismo, passione, religione, ritorno eterno, saggio, spirito, stoicismo, teleologia, teodicea, virtù. Stuart Mill: altruismo, associazionismo, concordanza, differenza, edonismo, etica, induzione, positivismo, residui, variazioni. Tainb: analisi, associazionismo, positivismo. Talete: filosofia, uno. TempieR: Averroismo. Teognidf. : etica, gnomica. TertulUANO: allegorica, traducianismo. Timone: pirronismo. TOCCO: monismo, neo-kantismo, AQUINO: analogia, anima, a posteriori, a priori, contingente, contmgentia mundi, cosmologica (prova), creazione, determinismo teologico. Dio. forma, idea, immanenza, individuazione, intelligenza, ipostasi, metafisica, movimento, neo-scolastica, neo-tomismo, ontologica (prova), prc- determinismo, ragione, sinderesi, spiritua¬ lismo, Stato, tabula rasa, tomismo, univo- co, volontarismo. Tonnies: sociologia. Vaihinoer: come se, iinziouc. Valentino (II sec.): coni, gnosi. Valkby: identità. Vauhmioli: demone. VICO: corsi e ricorsi, degnila, filosofia della storia, legge, provvidenza, verità. Vittorini: mistica, teosofia. Voltaire: ottimismo. Winuelband: scienza, valori. Wolff: pratico, psicologia razionale, razionale. Wundt: metafisico, normativo, psicologismo, scienza, volontarismo. Zenone Ozici: stoicismo. Zenone Eleatico: antinomia, dialettica.  z za jr'srs'  PRINCIPI DI LOGICA, LIVORNO, GIUSTI, Livorno, Tipografia di Raffaello Giusti.    Una tendenza naturale e in¬  vincibile dello spirito umano in ogni momento della sua storia  e del suo sviluppo lo spinge a conoscere e a spiegare i  fenomeni che cadono sotto i sensi; un tale bisogno s’ap¬  plica dapprima alle cose che hanno o sembrano avere un’uti¬  lità pratica e sono favorevoli alla conservazione e al mi¬  glioramento dell’esistenza ; più tardi, quando la lotta per  la vita è divenuta meno aspra, la curiosità e la ricerca si  l’anno a mano a mano disinteressate e sono coltivate per  sè stesse, senza mirare in modo esclusivo alle necessità pra¬  tiche. Sorge allora il sapere scientifico, si formano lentamente  le singole scienze e la filosofia, le quali si possono ben con¬  siderare come il prodotto più elevato e più pregevole dell’ in¬  telletto umano, del quale mettono in chiara luce tutta la  mirabile potenza.   Qualunque scienza oggi si consideri, si possono in essa  distinguere duo cose : la materia ossia Voggetto studiato ; la  forma ossia l’insieme delle operazioni che la mente nostra  compie e dei procedimenti che adopera per conseguire la  scienza di quell’oggetto e per giungere alla conoscenza vera  delle cose. Valga a chiarire tale distinzione l’esempio della  psicologia sperimentale : la materia di questa scienza è co¬  stituita da fatti psichici, cioè da quei fatti che ognuno può constatare nella propria coscienza come sensazioni, perce¬  zioni, idee, sentimenti, desideri, volizioni ; ma per ottenere  la conoscenza scientifica della materia psicologica occorrono  svariate operazioni tra loro strettamente connesse. Innanzi  tutto è necessario formarsi un concetto ben chiaro del fatto  psichico, determinando con precisione i caratteri che gli sono  propri e che lo distinguono dagli altri fatti naturali, oggetto  delle altre scienze; inoltre, poiché i fatti psichici, come si  presentano alla nostra osservazione, mostrano fra loro diffe¬  renze più o meno spiccate, sorge l’esigenza d’una classifica¬  zione in fatti di conoscenza, di sensibilità, di volontà, dei  quali bisogna poscia ottenere una descrizione accurata, inda¬  gare le connessioni, ricercare e stabilire le leggi. In queste ope¬  razioni e in altre simili ad esse, che prescindono dalla materia  e dal contenuto delle varie cognizioni, consiste l’ufficio della  logica, la quale si può quindi definire come quella parte im¬  portante della filosofia, che ricerca e studia i principi for¬  mali della conoscenza, ossia, per parlare con maggior chia¬  rezza, qnellc cond izioni che debbono essere soddisfatte, affinchè  una cognizione, qualunque possa essere il suo contenuto, si  debba considerare come validamente costituita, ben fondata e  vera, non come un semplice caso o una supposizione incon¬  sistente. In questo modo mentre le altre scienze s’occupano  d’oggetti particolari, le matematiche del numero e dello spa¬  zio, la fisica dei fenomeni luminosi, elettrici, termici eco., la  fisiologia dei fenomeni vitali, la logica si occupa invece delle  condizioni generali della scienza stessa, in quanto mira ad  assicurarci della verità formale di ciò che pensiamo, delle  nostre idee e dei nostri ragionamenti, qualunque ne possa  essere il contenuto. Si comprende quindi facilmente come  la logica venga ritenuta una disciplina filosofica generale al  pari della metafisica e della teoria della conoscenza o, con pa¬  rola greca, gnoseologia, le quali si riferiscono a tutto il con¬  tenuto del nostro sapere e non a parti determinate di esso.   2. Divisione generale della logica. — I principi formali  della conoscenza si distinguono generalmente in semplici e  complessi, secondochè si riferiscono alle forme elementari del  pensiero, oppure alle forme dette metodiche, a costituir le quali ultime le prime contribuiscono come dementi. Quindi la divi¬  sione più razionale della logica è quella che distingue in essa  due parti principali: la prima comprende lo studio delle forme  elementari del pensiero, che sono il concetto, il giudizio, il  sillogismo, nei quali si risolve ogni pensiero, per quanto  grande sia la sua complessità ed ai quali corrispondono gli  elementi linguistici, la parola, la proposizione, il ragiona¬  mento. La seconda parte abbraccia lo studio delle forme me¬  todiche che le scienze vengono applicando per acquistare  nuove cognizioni e por ordinare e provare le cognizioni ac¬  quistate ; onde questa parte dicesi metodologia, e tratta del  metodo inventivo che indica le norme, con le quali si possono  estendere le nostre conoscenze, e del metodo sistematico,  cioè dei procedimenti coi quali la scienza ordina le sue co¬  noscenze. La storia della scienza ci dimostra chiaramente  che il metodo non si costituisce a priori, cioè prima che  una scienza sia formata, ma piuttosto si deduce dalla scienza,  quando questa ha raggiunto un certo grado di sviluppo ;  anzi si può dire che il metodo si trova spesso in ritardo  rispetto al cammino che percorre la scienza, nello stesso modo  che i trattati dell’arte poetica sono l’espressione tardiva  dell’arte contemporanea.   Infine bisogna notare che ogni scienza speciale presenta  un complesso particolare di norme e di procedimenti, che  però non rientra nella trattazione della logica generale,  essendo strettamente collegato con la materia che costi¬  tuisce il contenuto d’ogni singola scienza ; così il fisico, il  chimico, il fisiologo, oltreché delle conoscenze generali di logica,  fanno uso nelle loro osservazioni e nelle loro ricerche di re¬  gole e di mezzi speciali di indagine, che sono propri della  scienza alla quale dedicano le loro forze intellettuali.   3. Logica e psicologia ; relazioni e differenze. — Le ope¬  razioni che formano l’oggetto della logica possono essere con¬  siderate sotto due diversi aspetti, ossia sotto l’aspetto logico  e sotto l’aspetto psicologico.   La psicologia tratta le operazioni logiche come tutti gli  altri processi che sono offerti allo studio dello spirito umano,  senza occuparsi per nulla della loro validità o della loro forza dimostrativa, stimando clie un cattivo ragionamento  valga quanto uno buono, nello stesso modo che pel chimico  lo zucchero e il vetriolo sono due corpi d’egual valore per  l’osservazione scientifica. La logica invece è stata detta una  « scienza ideale », perchè ricerca le leggi che il pensiero deve  seguire per procedere alla conoscenza delle cose, ossia ricerca  la forma ideale del ragionamento, ciò che dev’essere un buon  giudizio, un buon ragionamento.   La psicologia studia lo spirito umano qual è, per cono¬  scerne i caratteri, la natura, le leggi e, tende a mostrare  come si formano le idee, i giudizi, i ragionamenti e, in una  parola, ha per fine di conoscere le condizioni reali delle no¬  stre operazioni intellettuali ; la logica mira a conoscere le  forme ideali di queste stesse operazioni. Quindi l’una non fa  che constatare fenomeni, l’altra ne considera il valore; l’una  ricerca come noi pensiamo ordinariamente, l’altra come pen¬  siamo correttamente ; la logica va dal semplice al composto;  concetto, giudizio, o legame di concetti, ragionamento, o le¬  game di giudizi ; la psicologia ripudia questo ordine come  artificiale, e pone il giudizio come elemento primitivo, affer¬  mando che l’uomo ha cominciato a parlare per frasi espri¬  mendo un giudizio e che questa frase può essere o una sola  parola, Vatirihuto, o due parole, soggetto e attributo, o tre  parole, soggetto, attributo e copula ; ma che sotto queste  forme diverse la funzione fondamentale rimane sempre la  stessa : affermare o negare.   Così, per citare ancora un esempio, che renda più evi¬  denti le differenze che corrono tra la psicologia e la logica,  quest’ultima considera il giudizio nella sua forma compiuta,  quale lo possiamo trovare nella scienza, nella letteratura, nei  dogmi religiosi, o anche nelle affermazioni del buon senso, e  che si esprime per mezzo di proposizioni le quali alla loro  volta si compongono, nella maggior parte dei casi, di più  termini. Invece il psicologo, ben lungi dall’indagare ciò che  dev’essere un giudizio affinchè si possa ritenere valido, si  chiede ciò che è come operazione mentale e in qual modo si  forma : dietro i termini del giudizio egli ricerca le idee,  dietro le idee le rappresentazioni ; nelle proposizioni scorge  un potere d’analisi o di sintesi capace di dissociare gli eiementi che l’esperienza presenta legati, d’unire quelli che  l’esperienza presenta isolati, e vuol trovare l’origine di questo  potere dello spirito umano, seguendone l’origine e lo sviluppo,  rifacendosi dalle forme più semplici del giudizio quali si  presentano nell’ infanzia, per risalire alle forme adulte e più  elevato. In conclusione, mentre lo psicologo si pone il seguente  problema : per quali influenze fisiologiche, psicologiche e so¬  ciali si sviluppa nell’uomo l’abitudine di giudicare, d’affer¬  mare e di credere? il logico si propone invece quest’altro:  quali caratteri deve avere il ragionamento, a quali esigenze  e a quali leggi deve obbedire affinchè possa dirsi regolare,  libero da contraddizioni?   La logica dunque vuole offrire al nostro pensiero un mo¬  dello da seguire, se inteude di apprendere l’uso retto e rigo¬  roso del ragionamento ; però, se un tale modello deve avere  un valore reale, bisogna che abbia la sua base nella realtà,  ossia nella conoscenza degli elementi e delle energie più pro¬  fonde e costanti dello spirito umano; di qui l’importanza e  la necessità della psicologia per lo studio della logica.   4. Le origini della logica razionale. — Una lunga civiltà ha abi¬  tuato non solo gli uomini poco istruiti, ma ancor più quelli educati  dalla disciplina scientifica ad ammettere senza riflessione che la  log ica razionale, oggettiva, esatta sia sorta in modo spontaneo e  naturale e che i logici altro non abbiano fatto che «strame le re¬  gole. Vi sono invece buone ragioni per affermare che la logica ra¬  zionale taira è il risultato acquisito d'unn lunga evoluzione e che  la facoltà di ragionare e di inferire, suscitata e alimentata dai bi¬  sogni e dalle necessità della vita, è stata essenzialmente pratica '  e ha dovuto fare i suoi primi passi in modo incoerente e poco  sicuro.   Si è scritto molto e si son fatte numerose congetture intorno  nlla costituzione mentale dell'uomo primitivo ; ma lasciando da una  parte qualsiasi ricostituzione deU'uomo appartenente alla preisto¬  ria, vi sono i selvaggi attuali che, a torto o a ragione, si conside¬  rano come equivalenti a quello, e intorno ai quali si hanno notizie  numerose, svariate e positive. In questi il livello delle facoltà lo¬  giche è assai basso e si mostrano evidenti l'incapacità all'astra¬  zione e la difficoltà estrema a collegare le idee secondo rapporti  oggettivi; essi sanno invece rag ionare praticamente, per mezzo di  percezioni e di immagini che conducono al risultato atteso cioè, alla conclusione, e hanno il loro fondamento e l'origine nelle necessità  vitali e nelle questioni che si pongono di fronte agli agonti natu¬  rali e soprannaturali. Per convincersi di ciò basta pensare ai mezzi  che l’uomo primitivo ha escogitato pel soddisfacimento dei suoi bi¬  sogni : pel nutrimento, la caccia e la pesca ; per difendersi dalle  intemperie, le vesti e l'abitazione; per l'attacco e la difesa contro  gli animali e i suoi simili, le armi.   La costituzione d’uua .logica pura progredisce di pari passo  coi progressi della tecnica, secondo le attestazioni dei documenti  sturici, che dimostrano essere la tecnica la madre della logica ra¬  zionale : l'invenzione degli strumenti, degli utensili, della fusione  dei metalli, della navigazione, dell’astronomia, dell'agrimensura ecc.  Ita costretto a poco a poco lo spirito umano a sottoporsi alla di¬  sciplina del ragionare. Terò questi “ ragionamenti, non sono liberi  dagli elementi affettivi e fantastici ; infatti noi sappiamo che ope¬  razioni profane, come il fabbricare uno strumento o l'edificare una  capanna, esigevano un intervento soprannaturale, preghiere, sacri¬  fici, incantesimi, riti vari, forinole magiche ; tutte queste cose erano  considerate intermediari indispensabili per arrivare allo scopo, o solo  per l’influenza della coltura e della civiltà appare manifesta 1 in¬  differenza e la vanità di questi mezzi e si fa complota l'emancipa-  ' zione della logica razionale.   Quando questo strumento naturale d'esplorazione che è il ra¬  gionamento si è affermato e perfezionato con l'esercizio, l'abitudine  e l'applicazione perseverante a materie di varia natura, sono venuti  i logici clic hanno analizzato, dilucidato le inferenze corrette o hanno  dettato le regole per ragionare correttamente, incominciando con  Aristotile a studiare le forme più astratte o più rigorose del ra¬  gionamento. Però sono stati primi i Sofisti, i più antichi maestri  d’eloquenza, che tentarono di rilevare le regole del pensiero cor¬  retto, nonché le regole grammaticali e le parti del discorso, delle  quali tutti si servivano senza saperlo; 1' * arte del pensare, le  regolo della dimostrazione e della confutazione divennero neces¬  sarie in quel'giorno, in cui la forza della parola potè modificare il  verdetto d'un tribunale o l'opinione d'un’assemblea politica. (')   Ma a questo proposito, non bisogna confondere tra loro la Io-  pica e la dialettica, perchè quest’ultima è, come dice Aristotile, l’arto  che apre la strada al vero mediante la discussione dello opinioni;  discute, intorno ad un dato soggetto, le opinioni favorevoli e quelle  contrarie, no rileva le difficoltà e le contraddizioni, si può, in una  parola, considerare come l’arte della discussione. La potonza della    (i) Rjbot, La logique des sentiinents, pag. 23 e seg., F. Alcnn] parola è stata per un certo periodo della storia greca, lo strumento  pl-iucipale per governare; e non solo nelle assemblee del popolo, ma  anche nei tribunali, dove sedevano centinaia di giudici, la parola  era come un’arme che adoperala abilmente, raddoppiava le proba¬  bilità della vittoria, e chi ne era privo, nel seno della propria pa¬  tria e nella pace più profonda, era cosi esposto agli attacchi degli  avversari, come se si fosse precipitato nel tumulto della pugna  senza spada e senza scudo. Si comprende quindi facilmente come  nelle democrazie di quel tempo, la retorico, la quale è per metà  dialettica e per metà stilistica, siasi coltivata per la prima volta  come una professione e abbia preso un posto importante nell'edu¬  cazione della gioventù.   5. Il linguaggio e il ragionamento. — La parola si deve  considerare non solo come un mezzo per comunicare le idee,  ma anche come uno strumento efficacissimo per lo sviluppo  del pensiero e del ragionamento. L’osservazione della psiche  infantile ha dimostrato che non è possibile un certo sviluppo  mentale senza Faiuto della parola nei primi anni di vita del  bambino, durante i quali egli percepisce, esperimenta e ra¬  giona senza possedere un linguaggio propriamente detto, che  si sviluppa poscia a poco a poco per un balbettio spontaneo,  per l’espressione dei sentimenti e per influenza del linguaggio  che si parla intorno a lui e che egli cerca d’imitare.   Il Preyer ha riconosciuto nel fanciullo una « logica senza  parole » che precede di molto lo sviluppo integrale del lin¬  guaggio. Infatti, quando il bambino allontana rapidamente  la mano dalla fiamma che il giorno prima lo ha bruciato,  non compie forse un vero e proprio giudizio di riconosci¬  mento ?   L’ufficio della parola diviene importante quando sorgono  le idee generali, per le quali la parola diviene un mezzo in¬  dispensabile ; infatti i sordomuti che non hanno appreso il  linguaggio tattile esprimono le loro osservazioni in modo vivo  o individuale per mezzo di gesti o di movimenti d’imita¬  zione ; e appunto per questo carattere individuale e concreto  delle loro descrizioni non riescono a formare idee generali  chiare e distinte, le quali non si staccano mai bene dalle  rappresentazioni singolari; così, per indicare il cibo e il pasto  essi accennano al proprio corpo, indicano il rosso toccando le proprie labbra, esprimono col gesto l’atto di innalzare un  muro, di tagliare un abito; ma non sanno indicare l’idea  generale di queste azioni, mancando loro l’udito e la parola. (*)   Il linguaggio verbale ha quindi una doppia funzione:  una funzione sociale, in quanto è il mezzo piti potente di co¬  municazione del pensiero ; una funzione che si può dire in¬  dividuale nel senso che ferma per mezzo di formule stabili  i nostri pensieri più fuggevoli e più sottili, e li rende ai  nostri occhi più chiari e più resistenti. Ammettiamo pure  che la potenza del pensiero varchi i limiti d’espressione for¬  niti dal linguaggio, e che una serie più o meno lunga di idee  possa decorrere nella nostra mente senza che ad essa corri¬  sponda una serie concatenata di parole ; così per esempio io  posso passeggiare solo attraverso i campi, fermarmi un se¬  condo sulla sponda d’un fosso che io debbo passare : io ne  « apprezzo » coll’occhio la larghezza, « misuro » lo sforzo che  debbo fare e mi trovo senz’accorgermi sull’altra riva; tutte  queste operazioni contengono una serie di « giudizi » veri e  propri, di atti silenziosi. Però in questo e nei casi simili, le  idee appaiono quasi come annebbiate, dai contorni indecisi, e  sfuggono con estrema facilità, se il linguaggio non inter¬  viene ; e se poi qualche parola improvvisamente viene a  mancare, si arresta in modo brusco l’enunciazione del giu¬  dizio, e il pensiero esce con fatica e spesso incompleto od  offuscato. Il possedere un linguaggio ricco e atto ad espri¬  mere le più tenui sfumature del pensiero, equivale, pel pit¬  tore, all’avere una tavolozza ricca di colori coi quali si pos¬  sano porre in rilievo i minimi particolari d’un quadro.   Certo non bisogna dimenticare, che se una lingua ben  fatta e abbondante è il migliore strumento di progresso per  l’intelligenza, tuttavia occorre che questa senta il bisogno  di servirsene. Il vocabolario usuale d’una persona dedicata  agli uffici più umili della vita si compone tutt’al più di  qualche centinaio di parole, appunto perchè queste sono  sufficienti alle sue necessità intellettuali ; e la povertà del  linguaggio di alcuni popoli che vivono in uno stato di roz¬  zezza primitiva, non è la causa, ma l’effetto della loro po-    (i) Hoffding, Psychologie, pag. 229, F. Alcan] vertà mentale. Infine è da notarsi che se il concetto non  può far di meno d’una forma espressiva, la forma espressiva  non ha per sua necessaria condizione una forma logica o un  concetto.   G. La logica e l’educazione dello spirito. — Lo storico  Tucidide dice che in una nazione colta e civile si esige non  già che tutti i cittadini debbano essere capaci di trovare la  soluzione dei problemi che loro si presentano, ma che sap¬  piano giudicare con criterio retto ed equanime le soluzioni  trovate ed affermate dagli specialisti. Per raggiungere questo  fine, oltre ad un certo complesso di cognizioni letterarie  e scientifiche, sono indispensabili le buone abitudini intel¬  lettuali, che ci avvezzano a considerare le cose con pazienza,  a scorgere facilmente la falsità delle soluzioni affrettate e  troppo semplici, e a convincerci che a conoscer bene la realtà  occorrono analisi prudenti e ossorvazioni accurate e ripe¬  tute. Inoltre lo spirito deve avere l’amore disinteressato del  vero, assoggettarsi alla sola evidenza razionale, veder chiaro  nelle proprie idee, non prendere le proprie preferenze per  buoni argomenti, i propri pregiudizi o le proprie passioni  per dimostrazioni valide. Lo studio coscienzioso della logica  può recare un aiuto efficacissimo a questo scopo, divenire  quasi un’igiene dello spirito e la preparazione necessaria ad  ogni istruzione scientifica seria e profonda; e questo si può  affermare per più ragioni.   Anzitutto la logica è utile considerata come scienza per  sè stessa ; infatti, poiché V intelligenza è lo strumento indi¬  spensabile in ogni ramo di cognizioni scientifiche e queste  ultime non si possono pensare senza di quella che in certo  modo le crea e le sviluppa, ne viene che è necessario al¬  l’uomo conoscerne l’intima struttura ed il valore intrinseco,  nello stesso modo che nessuna persona sensata vorrà adope¬  rare uno strumento qualsiasi senza possederne una qualche  cognizione. In questo caso la necessità è di gran lunga  maggiore, poiché si tratta di conoscere come opera e come  funziona ciò che Bacone ha denominato « instrumentum instru-  mentorum. Però lo studio delle operazioni logiche del pensiero ha  un’altra ragione pur grave, se si considera come disciplina  dell’intelligenza, come conoscenza tecnica necessaria per aguz¬  zare e rafforzare la facoltà del ragionamento e per rendere più  pronto e più sagace lo spirito d’osservazione. Il vedere come la  nostra mente, partendo dall’osservazione dei fatti e paragonan¬  doli fra loro, riesce ad ottenere una cognizione generale, una  legge naturale che ordina e rischiara tutta una serie di fatti, ci  aiuta a comprendere come si acquista il sapere e per quali con¬  dizioni questo sapere deve rispondere alla verità, e rendere più  forte l’attitudine a cogliere i rapporti fra le cose. Invece,  l’accettare da altri una scienza bell’e fatta, la quale non  richiede da noi altra briga che quella, troppo leggera, di  credervi, non ci fornisce l’abito della critica, il desiderio  della prova rigorosa, e ci abitua a prestar la stessa fede ai  fatti constatati, alle leggi saldamente stabilite, e alle ipotesi  probabili e solo possibili ; il sapere che una verità è am¬  messa come certa non è come sapere in qual maniera, con  quali procedimenti e con quante precauzioni quella si sta¬  bilisce, come nacque, come crebbe e venne formandosi. So¬  lamente in questo modo si impone il rispetto e l’amore della  verità scientificamente fondata e si formano le intelligenze  libere, attive, desiderose di conoscere, educate all’osserva¬  zione e alla critica, e tolleranti delle opinioni altrui. Un  pregiudizio assai diffuso pone la memoria come unica base  dell’educazione intellettuale, e si considera come cosa impor¬  tantissima il versare nella mente il più gran numero possi¬  bile di cognizioni, il ripetere con precisione tutto ciò che è  entrato passivamente nel cervello. E questo un errore fatale,  poiché s’è constatato infinite volte che in un breve periodo  di tempo si dimentica una gran parte di ciò che si è studiato  meccanicamente con grande fatica. Ciò che più importa è  invece abituarci a pensare colla nostra testa, formare lo spi¬  rito d’iniziativa : il fanciullo che impara a camminare, im¬  para appunto perchè va colle sue gambe e non colle altrui ;  insegnare ad osservare, scrive il Gabelli, è insegnare a pen¬  sare, a operare, a vivere, è infine formare la testa, intento  principalissimo dell’ istruzione ; quando invece l’offrire, o  l’imporre dogmaticamente le cognizioni bell’e fatte, è annegliittire l’intelligenza, uccidere la spontanea attività del pen¬  siero, consumare l’anima. (*)   Certo non si può negare che si può divenire un grande  scienziato e un finissimo ragionatore senza aver latto uno  studio speciale della logica, nè questa sa rendere forte e  penetrante uno spirito che è naturalmente falso ed ottuso ;  ma come lo studio coscienzioso della grammatica, senza for¬  mare da sè solo lo scrittore, gli concede il possesso sicuro  della lingua, così lo studio delle leggi che il pensiero segue  nella conoscenza rende più sicuro e robusto l’organo del ra¬  gionamento. Quindi, se la logica riflessa è insufficiente quando  le venga meno l’aiuto della logica naturale, la quale non si  impara sui libri e nelle scuole, ma si ha dalla natura, quando  invece questa vi sia, la nostra mente può essere più facil¬  mente avviata ad usare del pensiero con abilità e con frutto.   (») Gabelli, L’istruzione in Ilalia, voi. I. pAg. 208, Bologna, Zanichelli. Poiché la logica mira ad assicurarci  della verità e della validità delle nostre cognizioni e dei  nostri ragionamenti, si presenta naturale la domanda se esi¬  stano principi o leggi fondamentali, alle quali ogni nostro  pensiero debba obbedire affinchè possiamo essere certi della  sua verità.   Il principio di identità, il principio di contraddizione,  quello del terzo escluso fra i contradditori, e il principio di  ragion sufficiente esprimono appunto le condizioni necessarie  per le quali noi possiamo pensare correttamente, e sono leggi  di ogni realtà spirituale valevoli per le creazioni estetiche  non meno che pei pensieri logici e per la vita pratica.   Il principio d’identità si esprime colla formula: A è A,  ed afferma l’identico dell’identico, che ogni cosa è uguale  a sé stessa. La parola identità, presa nel suo significato eti¬  mologico indica che la cosa, che noi ci rappresentiamo in  diversi tempi sotto diversi nomi, in diverse combinazioni è  sempre identica a sé stessa ; però questo principio non deve  affermare che nel giudizio il soggetto e il predicato deb¬  bano dire esattamente la stessa cosa, essendo un tale giu¬  dizio affatto vuoto di senso, come se dicessi che « un circolo  è un circolo » che « questa mano è questa mano » ; un giu¬  dizio di tal fatta è una vera e propria tautologia priva d'un  valore qualsiasi per la conoscenza e, non a torto è stato detto  giudizio idiotico, giacché solo un idiota potrebbe compiacer¬  sene. Occorre invece che il predicato esprima qualcuna delle  qualità che appartengono, oppure che possono aggiungersi al  soggetto: Galileo è il fondatore della fisica, Newton ha sco¬  perto le leggi dell’attrazione universale. Il principio di iden¬  tità enuncia dunque l’impossibilità di pensare un concetto dato e i suoi caratteri come dissimili reciprocamente: vi è  equivalenza assoluta tra un tutto e la somma delle parti che   10 compongono, tra un concetto e la totalità degli attributi  che lo costituiscono ; cosi si può dire che una cosa è uguale  a sè stessa, oppure A = A.   Anche quei giudizi nei quali in apparenza il soggetto e   11 predicato sono parole identiche, in realtà non sono tauto¬  logici. Così quando dico: la guerra è la guerra, intendo di  manifestare il pensiero' che, una volta intrapresa una guerra,  non è da maravigliarsi delle conseguenze triste che ne pos¬  sono derivare; quando dico: i bimbi sono bimbi, col soggetto  voglio esprimere solo l’età infantile, col predicato le qualità  ad essa congiunte.   Il principio di contraddizione dice che due giudizi dei  quali l’uno nega quello stesso che l’altro afferma: A è B, A  non è B, non possono essere veri nel medesimo tempo, ma  se l’uno è vero, l’altro è necessariamente falso. Aristotile dà  questo significato al principio di contraddizione, che giudica  il più certo di tutti (aùii) TtaaCtv iait $e$a.'.oxb.Tt] tC5v àpx® 7 )»  poiché non è possibile che alcuno pensi che la stessa cosa sia  e non sia (àSuvzrov yàp ÓvtivoOv Taùxòv OnoXa|i^àv£iv efvzt  xai fitj eivat).   Molti secoli dopo il filosofo tedesco Guglielmo Leibniz  ha dato un’altra formula del principio di contraddizione, che  è la seguente: A non è non A; mentre la formolo aristo¬  telica riguarda la relazione tra un giudizio affermativo ed  uno negativo, invece quella del Ijiilmiz si riferisce alla rela¬  zione che passa tra soggetto e predicato in uno stesso giu¬  dizio, e significa che un giudizio è falso quando il soggetto  e il predicato si contraddicono ; Aristotile ha voluto dare non  già un criterio per stabilire la verità o la falsità d’un  giudizio, ma solo negare la possibilità di ritener vere nel  medesimo tempo l’affermazione e la negazione; invece il Leibniz  ha inteso di porre un principio, per mezzo del quale si potesse  riconoscere la verità in tutte le forme della conoscenza.   Però le due formule esprimono alla fine una sola e stessa  legge del pensiero umano. Infatti che/significa: un predi¬  cato B è in contraddizione con un soggetto A? che un affer¬  mazione, la quale attribuisce il predicato B al soggetto A, per es. il sangue caldo ai rettili, contiene una contraddi¬  zione. Non vi è altra via, per la quale una contraddizione  divenga possibile se non questa, che il giudizio il quale attri¬  buisce il predicato B al soggetto A, contraddica ad un altro  giudizio, il quale neghi che il predicato B possa convenire  al soggetto A; e poiché quest’ultimo giudizio; A non è B, i  rettili non hanno il sangue caldo, è evidente di per sé o  per altre ragioni note, la contraddizione annulla il primo  giudizio ; e ciò avviene secondo il principio enunciato da  Aristotile, che le due proposizioni non possono essere vere  ambedue nel medesimo tempo. (*)   Il filosofo greco Eraclito (III secolo a. C.) sostenne la coesi¬  stenza ilei contrari, partendo dal principio fondamentale del suo  sistema, pel quale attribuisco alla materia il cambiamento continuo  delle formo e delle proprietà, cosicché tutto ciò che vive è soggetto nd  una distruzione incessante e ad nn incessante rinnovamento, o  quando il nostro occhio crede di afferrare qualche cosa di perma¬  nente, è vittima d’una illusione, giacché tutto in realta è in un  perpetuo divenire, navi* pei. “ Noi non possiamo, egli dice, discen¬  dere due volte nel medesimo fiume, perchè di continuo porta nuove  acque; quindi noi discendiamo nel medesimo fiume e non vi discen¬  diamo, noi siamo e non siamo; il bene o il male sono una sola o stessn  cosa; la dissonanza è in armonia con se stessa; l’armonia invisibile  (cioè quella che risulta dei contrari) è migliore di quella visibile,.  Ora con una concisione degna d’un oracolo, ora con precisione e  ampiezza mirabile, formula la proposizione che la legge del con¬  trasto regge tanto la vita degli uomini quanto la natura, e che non  sarebbe meglio por questi ottenere ciò che desiderano, vale a diro  vedere tutti i contrari fondersi in una vana armonia. ( s )   2. Il principio del terzo escluso e il principio di ragion  sufficiente. — Il principio del terzo escluso afferma che tra  due giudizi contradditori, A è B, A non è B, non è possi¬  bile un terzo modo di essere, una terza via d’uscita, e che  uno dei giudizi è necessariamente vero, perchè ambedue non  possono essere negati nel medesimo tempo; mentre il prin¬  cipio di contraddizione dice che uno dei due è necessaria-    (i) Siowart, Logil-, I, p. 192. Freiburg i. B., Mohr, 1889.   (®) Gompebz, Les pene tur8 de la Orice. Libro I, 1.5 passini. F. Alcan] mente falso, perchè ambedue non possono essere affermati nel  medesimo tempo.   L’applicazione di questo principio incontra difficoltà ap¬  parenti, le quali dipendono unicamente dal fatto che una cosa  viene osservata in momenti diversi e sotto diversi aspetti.  Cosi, mentre il sole tramonta, è vero tanto raffermare che 1 LOGICA.    ima chimera, un non-valore. Tra queste due opposte estremità  sono possibili molte gradazioni, le quali contribuiscono a for¬  mare una « scala di valori » . In modo simile, pel malato una  determinata medicina, che può dargli la guarigione, ha un  grande valore, mentre per l’uomo sano non ne possiede alcuno.  In conclusione il valore è una qualità che noi attribuiamo  alle cose, come i colori, ma che in realtà, come i colori, non  esiste fuori di noi, ed ha quindi una vita essenzialmente sog¬  gettiva.   La nozione di “ valore „ ò penetrala lentamente e tardi nelle  scienze filosofiche; qualcuno ha voluto farne risalire l'origine ad  E. Kant, fondandosi sopra alcuni passi di interpretazione alquanto  dubbia; ò invece più esatto attribuirne il inerito a Ermanno Lotze  (1817-1881), il quale espose il principio che mette in rilievo la no¬  zione di valore colle seguenti parole : * là dove due ipotesi sono ugual¬  mente possibili, l'una che s'accorda coi nostri bisogni morali, l'altra  che ad essi contraddica, bisogna sempre scogliere la prima „.   In realtà però codesto concetto è d’origine economica, e bisogna  ricorcarne la fonte prima nell’opera “ La ricchezza delle nazioni „ del-  l’inglese Adamo Smith (1723-1790), pel quale il valore ò ricondotto  all'utilità, e alla sua volta l'utilità alla soddisfazione dei bisogni e  dei desideri dell'uomo. Ai nostri tempi il principio di valore è dive¬  nuto quasi popolare, grazio aU’opora di Federico Nietsche, sia che  egli voglia stabilire una * tavola di valori „, oppure restaurare  “ l’equazione aristocratica dei valori „, o biasimare acerbamente i  “ valori di decadenza,, o rifare in senso inverso il lavoro dei mo¬  ralisti, operando una * trasmutazione di tutti i valori,, o celebrare  i ‘ forti che creano i valori,.   Il campo, nel quale si applica la nozione di valore, è estesis¬  simo o comprende la morale, l'estetica e le scienze sociali, la reli¬  gione ecc. Nella morale si ritrovano i concetti del sommo bene,  dell'imperativo categorico, del bene, della simpatia, della giustizia,  della carità, della solidarietà, dell’utilità individuale o generale, del¬  l'obbedienza a una legge rivelata, alla religione ecc. Nella vita  sociale vi sono i concetti di teocrazia, di monarchia, democrazia,  feudalesimo, il regime di casta, la schiavitù, il lavoro libero, il  salariato, che variano di valore secondo i tempi, le condizioni so¬  ciali e i bisogni.   Infine nella religione vediamo che il monoteismo, il dualismo,  il politeismo, i dogmi sono variamente apprezzati nelle diverse  religioni. Le percezioni, le immagini, le idee  astratte e generali forniscono la materia indispensabile al  ragionamento, il quale, nel suo significato più esteso, è un  atto dello spirito che consiste nel passare dal noto alV ignoto.  La forma pia semplice di ragionamento è quella che va da  una cognizione particolare ad un’altra cognizione particolare  e che si può già osservare nel bambino: questi, che ripete  ed applica alcuni nomi generali, forma una proposizione col-  ltegando due nomi, come quando un oggetto, che evoca in lui  uu nome, evoca pure un altro nome, abbozzando cosi le prime  frasi incomplete e sprovviste di verbo. Quando per esempio  un cane scorge in un ruscello un liquido scorrevole, inodoro,  incoloro e chiaro, questa percezione suscita in lui, in virtù  d’un'esperienza anteriore, l'immagine d’una sensazione di  freddo, e la percezione e l’immagine s’uniscono per formare  una coppia; nel fanciullo invece, grazie al linguaggio, la me¬  desima percezione evoca la parola acqua ; la medesima imma¬  gine evoca la parola freddo e le due parole s’associano insieme  a formare una proposizione, un giudizio.   In molti di questi accoppiamenti di termini che si sug¬  geriscono reciprocamente si riscontrano i caratteri del ragio¬  namento, come quando uu segno presente suggerisce una  realtà non veduta distante o futura, per es. le nubi e la pioggia ;  qui abbiamo vere e proprie inferenze.   Però nella logica il nome di inferenza si applica ad  operazioni mentali più complesse, ossia a quelle per le quali  da uno o più giudizi dati si passa ad uu nuovo giudizio.  L’inferenza è immediata, quando il giudizio risultante è una  conseguenza necessaria del giudizio dato ed è ottenuta senza  che sia necessario ricorrere a giudizi intermedi; cosi, se dal  giudizio che i triangoli sono poligoni io deduco che alcuni  poligoni sono triangoli, avrò un’inferenza immediata.   Si avrà invece un 'inferenza mediata, quando da un giu¬  dizio si passi ad un altro ricorrendo ad un terzo giudizio.  Cosi dal giudizio « gli uomini sono mortali » posso dedurre  queat’altro che Pietro è mortale, per mezzo d’un terzo giu¬  dizio, vale a dire che Pietro è uomo.   Tanto nel primo, quanto nel secondo caso occorre che  i giudizi posti in relazione non abbiano contenuto affatto diverso l’uno dall’altro, poiché allora non vi potrebbe essere  tra loro alcuna relazione logica, ossia dalla verità o falsità del¬  l’uno non si potrebbe dedurre la verità o la falsità dell’altro.   6. Trasformazione dei giudizi per subalternazione, per  opposizione, per equipollenza. — Quando la relazione è im¬  mediata, il contenuto dei due giudizi dev’essere identico, ma  diversa o la quantità, o la qualità, o la relazione, o la ino?  dalità; dal primo giudizio si deduce il secondo senza ricor¬  rere ad un giudizio intermediario, e mentre la materia dèi  raziocinio, cioè il soggetto e il predicato, resta inalterata, si  muta invece la forma.   Le relazioni immediate dei giudizi si possono ridurre a  tre specie principali:   «) Per subalternazione, che ha luogo tra giudizi iden¬  tici di contenuto e di qualità, ma diversi di quantità o di  modalità.   b) Per opposizione, che ha luogo tra giudizi identici di  contenuto, ma diversi di qualità, oppure di qualità e di mo¬  dalità insieme, mentre la quantità può rimanere identica o  mutare.   c) Per equipollenza che avviene tra giudizi di contenuto  identico, ma o diversi di qualità, o diversi di relazione.   Affinchè apparisca più chiaramente la diversità dei giu¬  dizi posti in relazione fra loro, i logici indicano con la let¬  tera A il giudizio universale affermativo, con E il giudizio  universale negativo; con I il giudizio particolare affermativo,  con 0 il giudizio particolare negativo; e tale convenzione fu  espressa con artificio mnemonico in questi due versi:   Asserit A, nogat E, sed univejsaliter ambo,   Asserit I, negat 0, sed particulariter ambo ;   e dal filosofo bizantino Michele Psello del secolo XI fu pro¬  posto il quadro che può vedersi nella pagina seguente.   a) La relazione per subalternazione ha luogo tra giudizi  identici di contenuto e di qualità ma diversi di quantità : il  primo è universale e dicesi subalternante, il secondo è partico¬  lare e dicesi subalternato. Le regole che stabiliscono il pas¬  saggio da una ad altra forma sono: Dalla verità del giudizio subalternante (generale) si  conchiude la verità del giudizio subalternato (particolare);  ma dalla verità del subalternato non si può dedurre la verità  dol subalternante, poiché, come è facile comprendere, ciò che    A opposti contrarii g     è vero d’un'intera classe è vero anche d’una parte di essa,  ma non viceversa. Così, se è vero che gli uccelli sono mu¬  niti di becco, è vero pur che alcuni uccelli sono muniti di  becco; ma se è vero che alcuni popoli sono monoteisti, non  si può per questo concludere che tutti i popoli sono mono¬  teisti.   2°. Dalla falsità del giudizio subalternato si conchiude  la falsità del subalternante, ma dalla falsità del giudizio  subalternante non s’inferisce la falsità del subalternato. Se  è falso che alcuni uomini sono perfetti, è pure falso che tutti  gli uomini sono perfetti; ma se è falso che tutti gli animali  sono provvisti di sistema nervoso, non ne segue che sia falso  l’altro giudizio, che alcuni animali sono provvisti di sistema  nervoso.   b) La relazione per opposizione ha luogo fra giudizi che  sono identici di contenuto, ma diversi di qualità. Diconsi  opposti contrari se sono entrambi universali, opposti subcon¬  trari se sono entrambi particolari, opposti contraddittori se  hanno diversa la quantità e la qualità.   I passaggi da un giudizio ad un altro opposto contrario  sono retti dalla regola seguente:   Se uno di essi è vero, si può inferirne la falsità del¬  l’altro, non potendo essere veri entrambi insieme ; ma non è  possibile l’inverso, poiché se uno di essi è falso, non si può  affermare che l’altro sia vero, potendo essere falsi tutti e due. Cosi, se è vero che tutti i popoli civili dell’Oriente sono  monoteisti, sarà falso l’altro giudizio che nessun popolo civile  dell’Oriente è monoteista; ma se è falso che tutti gli uomini  sono onesti, non sarà perciò vero raffermare che nessun uomo  è onesto.   I giudizi subcontrari possono essere ambedue veri, non  possono essere ambedue falsi ; quindi dalla verità dell’uno  non si conchiude alla falsità dell’altro, ma si può invece dalla  falsità dell’uno dedurre la verità dell’altro; cosi se è vero  che alcuni uomini sono giusti, non ne segue che sia falso  l’altro che alcuni uomini non sono giusti; ma, se è falso che  alcuni geni sieno in tutto malefici, è vero il giudizio che  alcuni geni non sono in tutto malefici.   Per V opposizioìie contraddittoria vale la regola seguente:  dalla verità dell’uno si inferisce la falsità dell’altro, e dalla  falsità dell’uno la verità dell’altro; se è vero che ogni uomo  è mortale, è falso che certi uomini non siano; se è falso che  tutti gli uomini* sono saggi, è vero che alcuni uomini non  sono saggi.   c) Le trasformazioni logiche per equipollenza dei giu¬  dizi sono di molte specie; l’equipollenza tra giudizi d’identico  contenuto può aver luogo o per mutate qualità, o per mu¬  tata relazione, o per mutazione della quantità nella modalità  e di questa in quella, o per mutata posizione dei termini nel  giudizio, o per mutata posizione dei termini e insieme per  mutata quantità del giudizio. Vediamone qualche saggio.   Quando si tratta di giudizi di identico contenuto e  diversi di qualità, dato un giudizio, se ne può derivare un  altro con diversa qualità; es. « se ogni vizio è biasimevole,  nessun vizio sarà da non biasimarsi » ; quindi il giudizio uni¬  versale affermativo e il particolare affermativo hanno cia¬  scuno i loro equipollenti qualitativi nell’universale negativo  e nel particolare negativo infiniti. Però, come è stato osser¬  vato, se si bada bene, si vede che le trasformazioni per  equipollenza qualitativa non danno illazioni, perchè il conte¬  nuto logico e materiale dei due giudizi è lo stesso. Il principio,  duplex negatio afflrmans, indica questa identità; riducendosi  ad espressioni dello stesso giudizio in diversa forma, sono  più del dominio della grammatica che di quel della logica. Due   forme di raziocinio immediato s’ottengono con la conversione  e la contrapposizione dei giudizi. *'   Si ha la conversione del giudizio trasportando il soggetto  nel posto del predicato e il predicato nel posto del soggetto.  Il giudizio reciproco può avere la stessa quantità del giu¬  dizio diretto, e allora la conversione è semplice; es. « nessun  accusatore può fare da giudice, nessun giudice può fare da  accusatore » ; oppure può avere quantità diversa, e allora la  conversione si fa per accidente; es. « i triangoli sono poli¬  goni, alcuni poligoni sono triangoli ».   Le universali affermative si convertono per accidente in  particolari affermative; es. « i benefici mal collocati sono  malefici, alcuni malefici sono benefici mal collocati » .   Si convertono semplicemente tutti i giudizi universali  uegativi: es. «nessun pesce respira per polmoni, nessun ani¬  male respirante per polmoni è pesce » .   Sono pure convertibili semplicemente i giudizi particolari  affermativi; es. * qualche uomo è saggio, qualche saggio ò  uomo » . Se però il predicato fa parte del soggetto la conver¬  sione semplice non è possibile; se infatti dico: alcuni parallelo-  grammi sono quadrati, non posso dire : alcuni quadrati sono  parallelogrammi, poiché tutti i quadrati sono parallelogrammi.   I giudizi particolari negativi non presentano regola di  conversione; dal giudizio « qualche uomo non è medico », non  si può inferire che qualche medico non è uomo.   La contrapposizione consiste nel poter derivare da un  giudizio universale un altro giudizio di diversa qualità, mentre  si scambia l’ufficio dei termini, passando il soggetto a pre¬  dicato, e il predicato a soggetto. Quindi i contrapposti dei  giudizi affermativi, sono negativi e quelli dei giudizi nega¬  tivi sono affermativi; es. « se tutti gli atti virtuosi sono  lodevoli, nessun atto non lodevole sarà virtuoso; se nessun  superbo è contento, talune persone scontente son superbe » .   Si è osservato dallo Stuart Mill che le regole logiche  della conversione e della contrapposizione dei giudizi non si  possono ritenere come regole del ragionamento, poiché le pro¬  posizioni reciproche e quelle contrapposte non sono illazioni,  e dicono in forma verbale indiretta la stessa cosa che le proposizioni dirette; vi è illazione solo quando v’è passaggio  da una nozione nota ad una ignota.   Però se in molti casi si può affermare che le trasforma¬  zioni dei giudizi non hanno altro scopo che di farcene cono¬  scere con maggior chiarezza il contenuto, tuttavia in alcuni  casi, come nella conversione dei giudizi universali quando  non è artificiosa, e nel contrapposto del giudizio universale  affermativo, l’illazione ci dà qualche cosa di nuovo. Una delle  cause più. frequenti d’errori, là osservare il Bain, consiste  appunto nella tendenza a convertire le affermative universali  senza limite; quando si dice: tutti i grandi ingegni hanno  il cervello voluminoso, si passa facilmente ad affermare che  tutti i cervelli voluminosi sono grandi ingegni ; cosi pure  quando si dice: tutte le cose belle sono gradevoli, tutte le  virtù conducono al benessere, ogni evidenza suppone testimo¬  nianze contemporanee, sorge in noi la tendenza a convertire  senz’altro queste proposizioni. Di qui la necessità di applicare  le forme logiche per mettersi in guardia contro simili errori.   8. L’evoluzione psicologica del giudizio. — Come abbiamo già  detto, si può considerare il giudizio nella sua forma completa,  quale si trova nella scienza, nella letteratura, nei dogmi religiosi  o nelle affermazioni dol sonso comune, ed ò espresso per mezzo di  proposizioni composte di piii termini, che dall'analisi vengono ri¬  dotti al minor numero possibile: soggetto, attributo, copula; questo  è l’aspetto logico. Lo psicologo, invece di ricercare ciò che de-  *’ essere un giudizio affinchè sia valevole per la nostra ragione, si  chiede che cosa esso è quando si consideri come operazione men¬  tale, e come si forma. Sotto le parole egli trova le idee e le rap¬  presentazioni, nelle proposizioni un potere d'analisi e di sintesi;  nella genesi deU’affermaztone distinguo diversi momenti; in una  parola, considera il giudizio non come un prodotto completo, ma  come una funziono di cui descrive gli organi e l'attività.   11 punto di partenza dell’evoluzione del giudizio, secondo un  autore recente, (*) si deve ricercare nelle manifestazioni della vita  fisiologica. Ogni organismo, a incominciare dal più semplice, ha il  potere d’entrare in movimento di porse stesso ; questa spontaneità  non è del tutto indipendente, poiché l'animale vive in un ambiente  determinato, dal quale riceve eccitamenti diversi, ai quali risponde    (*) Ruyssen, L'éi'olution psychologique tlu jugement, p, 53 e seg., F. Alcan] in maniera diversa, e può anche moversi automaticamente per  l’azione interna; quindi il movimento organico elementare è un  movimento d’oscillazione dall’esterno all'interno e viceversa, uu  alternarsi ritmico di consumo e di ncquisiziono che i biologi chia¬  mano “ reazione circolare La cellula vivente ha una costituzione  propria che la rende atta a reazioni originali, è un sistema con¬  servatore fondato sul principio della ripetizione, in una parola è for¬  nita d’ abitudine .   Se l'ambiente esterno fosse sempre costante, la reazione cir¬  colare per ripetizione basterebbe ad assicurare alla vita qualsiasi  durata; ma noi sappiamo che l'essere vivente è di continuo esposto  alle variazioni termiche, meteorologiche, luminose, alle quali deve  adattarsi o perire; \'adattamento è appunto la seconda facoltà ca¬  ratteristica della cellula; anche gli organismi monocellulari sanno  ricercare ed evitare con un discernimento prodigioso gli agenti che  sono loro favorevoli od ostili.   L'adattamento segue una via ascendente; anzitutto si scorge  nelle reazioni motrici dell'animale e del fanciullo, nelle quali si  possono riconoscere le primo manifestazioni della vita; il primo pe¬  riodo della vita infantile costituisce il fondo d’abitudini sul quale  vengono ad innestarsi gli adattamenti ulteriori; le risposte del¬  l’organismo agli eccitamenti successivi divengono a ninno a mano  più facili c più sicure, preparando così il terreno alla vita cosciente.   Con l’apparizione della coscienza si notano nuovi adattamenti  motori provocati specialmente dalle sensazioni della vista e del¬  l'udito; nelle quali si coglie la forma più dementare del giudizio.  11 fanciullo risponde ad eccitamenti diversi per mezzo di reazioni  non più diffuse, ma precise, localizzate nelle parti distinto dell'or¬  gano eccitato; così il suono d'una voce famigliare lo fa muovere  e gesticolare, un oggetto luminoso gli fa alzare e tendere le mani;  in una parola, le sue sensazioni quanto più variano e s'arricchi¬  scono, tanto più facilmente provocano reazioni motrici adattate al  loro scopo, dove si può quasi scorgere la traccia d’una scelta in¬  telligente. Il prender coscienza del piacere e del dolore è il prin¬  cipio d'adattamenti più variati e più efficaci.   A queste reazioni sensorio-motrici, che formano una specie  d’attuazione primaria, succedono lo reazioni ideo-motrici che pre¬  suppongono il sorgere de\V attenzione secondaria, del riconoscimento,  dell’associazione delle idee, e quindi del linguaggio e della facoltà  di generalizzare. Con queste diverse operazioni il fanciullo acquista  gli elementi necessari pel suo sviluppo mentale. I giudizi che  pronuncia il fanciullo di due anni e quelli dell'uomo adulto pos¬  sono differire in estensione e in profondità, ma non pel meccanismo; non avranno le qualità accessorie di rapidità, di esattezza, di sin¬  cerità, ma 1 essenza sarà identica ; in una parola lo affermazioni  del fanciullo e dell’adulto differiscono solo per la forma, non per  la materia. Così pel fanciullo giudicare vuol dire, almeno da prin¬  cipio, adattare in maniera appropriata i propri movimenti agli sti¬  moli della sensibilità: apprezzare una distanza equivale a rinnovare   10 sforzo necessario per percorrerla; riconoscere una persona equi¬  vale n tenderlo le braccia, sorriderle, nominarla in maniera ade¬  guata; comprendere un segno è come riprodurlo. Nell’adulto la cosa  non avviene in modo troppo diverso; malgrado le apparenze, nei  movimenti quotidiani, nel camminare, nel gestire, nel parlare noi  non facciamo altro che ripetere reazioni motrici che abbiamo ac¬  quistato per le prime. Anche quando il pensiero arriva al suo com¬  pleto sviluppo, quando s eleva alle più alto astrazioni della scienza  e della filosofia, non si libera completamente dall’elemento motore;   11 linguaggio diviene qui ora sostegno indispensabile del pensiero  astratto.   Bisogna pero notare che se l’operazione intellettuale del giu¬  dizio ha le suo radici nel terreno biologico, non ne segue che il  suo valore soffra qualche diminuzione e che gli elementi ideali e  attivi cresciutivi intorno nel corso dell'evoluzione debbano perdere  patte del loro profumo e della loro freschezza; la stessa osserva¬  zione si dove fare riguardo agli altri fatti riferentisi allo sviluppo  dello spirito untano, la famiglia, l'amore, il sentimento morale, il  pudore ecc. Già secondo Ari¬  stotile i procedimenti che il pensiero umano adopera nella  ricerca sono di due specie ben distinte Ira loro: V induzione,  èTCaYwy^i muove dal l'atto per risalire alla legge e al princi¬  pio, dai giudizi particolari per ascendore a giudizi universali,  è il ragionamento che afferma d’un genere ciò che si sa appar¬  tenere a ciascuna delle specie di questo genere; ossia quella  forma di ragionamento, per la quale dall’esame e dal para¬  gone d’una serie di casi particolari si passa ad una propo¬  sizione generale che riguarda non solo i casi osservati, ma  anche un numero indeterminato d’altri casi che sono coi  primi in una certa relazione di somiglianza. Cosi se dico: i  processi di conoscenza, di sensibilità, di volontà presentano  come carattere essenziale la coscienza — i processi di cono¬  scenza di sensibilità, di volontà sono (tutti i) processi psichici,  e quindi tutti i processi psichici hanno come carattere es¬  senziale la coscienza; faccio un ragionamento induttivo.   TI secondo procedimento è la deduzione, che dal principio  e dalla legge vuole discendere al fatto, da un giudizio uni¬  versale andare ad un giudizio particolare; cosi, per usare  l’esempio precedente, se dico partendo da un principio noto:  tutti i processi psichici hanno come carattere essenziale la  coscienza — i processi di volontà sono psichici — dunque  hanno come carattere essenziale la coscienza; compio un ra¬  gionamento deduttivo. In ogni modo tanto l’una quanto l’altra  for ma di ragionamento si imo formulare per mezzo del sillo ¬   gismo, che si può di conseguenza considerare come la forma  più semplice ed elementare del raziocinio.   Aristotile è l’inventore della teoria del sillogismo (da  auXXéYO) raccolgo), che egli cosi definisce: Il sillogismo è un discorso nel quale, poste alcune cose, un’altra cosa ne risulta  necessariamente, per questo solo che quelle sono poste : £uXÀo-  Ytopòs S è èoxi Xóyo; èv (Ti xe&évxwv xivwv, gxepóv xi x&v  xeipivwv àvàyxrjs oupPaivec x(7> xaOxa efvai, ossia: quando  si parte da due proposizioni, di cui l’tina afferma una pro¬  prietà data appartenente a tutta una classe d’oggetti, e  l’altra afferma che uno 0 più oggetti appartengono a quella  classe, si passa ad una terza proposizione nella quale la pro¬  prietà suddetta è attribuita anche a questi ultimi casi.   La parola sillogismo si legge già in Platone, ma sola¬  mente nel significato generale di ragionamento; Aristotile  le diede il significato speciale che tuttora conserva; il prin¬  cipio fondamentale su cui esso posa consiste in questo, che  ciò che è contenuto nel genere è pure contenuto nella specie.  Inoltre dalla definizione aristotelica derivano al sillogismo i  seguenti caratteri : che l’illazione o conclusione derivi dalle  premesse, che derivi necessariamente, e che enunci cosa di¬  versa da quella che è enunciata nelle premesse.   Ogni sillogismo comprende due premesse, Ttpoxxoei? 0  U7to9, last;, ed una conclusione, aupxépaopa, cosi detta perchè  unisce i due termini estremi, ulpaxa. Nelle premesse entrano  tre termini, Spoi, il termine maggiore, xò pec^ov Sxpov, il  termine minore, xò gXaxxov fixpov, il termine medio, péao;  5po; che non entra mai nella conclusione, ma serve a pro¬  durla, e jleve invece entrare in ciascuna delle due premesse.  Di queste l’una si chiama premessa maggiore 0 contiene il  predicato della proposizione che fa da conclusione, l’altra di¬  cesi premessa minore e contiene il soggetto della conclusione.   Aristotile considera come il tipo del raziocinio e il solo  perfetto quello di sussunzione (subsumtio) nel quale appunto  due idee sono poste nella dipendenza come di specie a ge¬  nere, di cosa individuale a legge generale. Cosi nel noto sil¬  logismo ;   Tutti gli nomini sono mortali   Pietro è uomo   Dunque Pietro e mortale   l’idea Pietro, termine minore è posta in dipendenza (subsu-  mitur) di mortale, termine maggiore, la sussunzione si opera  per mezzo del termine medio uomo. Le regole del sillogismo,  secondo la logica tradizionale, sono otto, delle quali quattro  si riferiscono ai termini, e quattro alle proposizioni.   1°. Il sillogismo non può avere più di tre termini: ter¬  ni ìnus esto triple:/', meclius, maiorque minorque.   Se in un sillogismo vi fossero due termini medi invece  duino solo, si avrebbero come premesse due giudizi che non  avrebbero termine comune, dalle quali nessuna illazione, o  solamente un’illazione erronea potrebbe deri\aie, ciò appare  cosi nel caso che i due termini medi siano diversi nel signi¬  ficato come nel caso che, differenti nel significato, sieno iden¬  tici nel nome, come chi dicesse: borsa è una costellazione,  ina l’orsa vive nelle selve, dunque una costellazione vive  nelle selve.   2°. I termini maggiori e minori non debbono essere presi  nella conclusione più universalmente che nelle premesse:  latius Ima quarn praemissae conclusi o non vult.   Se i termini maggiori o minori fossero presi nella con¬  clusione più universalmente che nello premesse, si avrebbe  allora un ragionamento che andrebbe dal particolare all’uni¬  versale, non dall’universale al particolare, come è richiesto  dalla natura stessa del sillogismo; tale errore è manifesto  nell’esempio seguente : gli empi sono nocivi alla società   _ alcuni scienziati sono empi — dunque gli scienziati sono   nocivi alla società.   3°. Il termine medio non deve entrare nella conclusione:  nequaquam medium capiat conclusio oportct.   Questa regola deriva dal carattere fondamentale del sil¬  logismo esposto più sopra; non la osserverebbe chi dicesse  per es. : Napoleone fu un grande statista — Napoleone fu  un grande generale — dunque Napoleone fu un grande sta¬  tista e un grande generale ; qui non si è fatto altro che riu¬  nire le due premesse, facendo una proposizione composta,  non una conclusione vera e propria.   4°. Il termine medio dev’essere preso almeno una volta  universalmente : aut semel aut iterum meclius generaliter esto.   Questa regola vieta che il termine medio sia preso tutte  e due le volte particolarmente, non potendo allora seguirne  alcuna conclusione o solo una conclusione erronea ; così dalle premesse: le piante sono corpi organici — gli animali sono  corpi organici, non si potrebbe dedurre altro che la conclu¬  sione seguente: gli animali sono piante; e similmente dalle  premesse: alcuni filosofi sono materialisti, alcuni filosofi sono  spiritualisti, seguirebbe la conclusione: alcuni spiritualisti  sono materialisti.   5°. Non si concliiude negativamente da premesse afferma¬  tive: ambae affirmantes nequeunt generare negantem.   In fatti se le premesse sono affermative, dicono che i  termini maggiore e minore convengono col medio e quindi  convengono tra loro, escludendo la conclusione opposta a  questa. Errerebbe chi dicesse per esempio: il giudice dev’es¬  sere imparziale — il tale e giudice — dunque non dev’es¬  sere imparziale.   G°. Non si conchiude da premesse negative: utraque si  praemissa neget, nihtt inde sequetur.   Se confrontiamo il termine maggiore e il minore col  medio e vediamo che non convengono con esso, non è pos¬  sibile affermare nè che convengano, nè che non convengano  fra loro. Quale conclusione si può, per esempio, trarre dalle   due premesse seguenti: l’animale non è eterno _ l’uomo   non è eterno? oppure da queste altre: l'acqua non è un corpo  semplice — la cellula non è un corpo semplice?   7°. Non si conchiude da premesse particolari: vii seguitar  geminis ex partici/iaribus unquam.   Per questa regola vale la dimostrazione che abbiamo  data per la seconda regola sui termini.   8°. La conclusione segue la parte più debole delle pre¬  messe: peiorem sequitur semper canclusio partem. I logici  chiamano parte più debole la proposizione negativa rispetto  all affermativa, la particolare rispetto all’universale; perciò  la regola suona in questi termini: se una delle premesse è  negativa, la conclusione è negativa; se una delle premesse  è particolare, la conclusione è particolare.   Nel primo caso una delle premesse afferma che uno dei  termini conviene col medio, l’altra premessa afferma che  l’altro termine non conviene col medio; donde si deduce fa¬  cilmente che i termini minore e maggiore non convengono  fra loro; cosi se affermo che logico conviene con uomo, ma che libero dall’errore non conviene con nomo, i due termini  estremi: logico e libero dall’errore non convengono evidente¬  mente fra loro:   Nessun uomo è libero dall’errore   Tutti i logici sono uomini   Dunque nessun logico è libero dall’errore.   Pel secondo caso vale la dimostrazione che si è data per  la seconda regola sui termini.   3. Le figure e i modi del sillogismo. — Il sillogismo  categorico è quello in cui le premesse e quindi anche la con¬  clusione sono giudizi categorici, o fungono come giudizi ca¬  tegorici: secondo il posto che il termine medio occupa nelle  premesse il sillogismo categorico presenta quattro ligure, che  indicando con la lettera M il termine medio, con P il ter¬  mine maggiore, con S il termine minore, sono le seguenti :   1° MP   SM   ' SP   Il termine medio fa da soggetto nella premessa mag¬  giore, da predicato nella minore, come nell’esempio:   I martiri della scienza onorano l’umanità  Molti uomini sono stati martiri della scienza  Molti uomini onorano l’umanità.   Il sillogismo della prima figura è per Aristotile il tipo  più perfetto del ragionamento deduttivo, perchè va dalla causa  all’effetto, dalla legge al fenomeno, dalla condizione al con¬  dizionato; la sua validità dipende da queste due regole, che  la maggiore sia sempre universale e la minore affermativa.   2° PM   SM   SP   Nella seconda figura il termine medio fa da predicato  nelle due premesse; inoltre la premessa maggiore dev’essere  universale, e una delle premesse deve essere negativa; es.:  Nessuna scienza è corruttrice  Ogni oscenità è corruttrice  Nessuna osceuità è scienza. 8° MP   MS   SP   Nella terza figura il termine medio fa da soggetto nelle  due premesse; la premessa minore dev’essere affermativa e  la conclusione particolare; es.:   Nessuna frode è nobile  Ogni frode è atto di ragione  Qualche atto di ragione non è nobile.   4° PM   MS   SP   Nella quarta figura il termine medio fa da predicato  nella premessa maggiore, da soggetto nella minore; es. :  Tutti i romboidi sono parallelogrammi  Nessun parallelogrammo è un trapezio  Nessun trapezio è un romboide.   Quest’ultima figura è stata da Averroè attribuita al  medico Oaleno, mentre le prime tre furono  stabilite da Aristotile. Però si nega generalmente che possa  esservi una quarta figura, o almeno si ammette che questa si  può ridurre con molta facilità ad una delle precedenti.   Oltre alle figure si sogliono distinguere nella logica i  m° 09S > a sillogismo dialettico, che,  per provare la verità, discute il prò e il contro e serve di  preparazione alla scienza.   Il sofisma, oó^tapa, da oo;pf£o|i.ai o sillogismo eristico  (eristica da ip££nrticolare dall’universale-, provare scientificamente  significa dimostrare le ragioni in forza delle quali l’afferma¬  zione ha valore incontestabile; tali ragioni si ritrovano solo  nell universale. La sillogistica diviene cosi il nucleo centrale  della logica aristotelica e della logica tradizionale fino ai  nostri giorni. I punti fondamentali di questa dottrina sono  i seguenti :   L illazione è la derivazione d’un giudizio da due altri;  poiché in un giudizio un concetto (il predicato) viene affer¬  mato d un altro concetto (il soggetto). Tale affermazione è  valida solo quando il legame avviene per mezzo d’un terzo  concetto, il termine medio, il quale deve però avere coi due  primi una certa relazione, espressa in due giudizi, cioè nelle  due premesse; 1 illazione consiste appunto in quel processo  del pensiero, il quale dalle relazioni tra un unico concetto e due altri, vuole manifestata la relazione che corre fra  questi due ultimi concetti.   Delle relazioni possibili fra concetti una se ne trova  alla quale la logica aristotelica, conforme ai suoi principi,  ha posto speciale attenzione: quella della subordinazione  del particolare al generale. La sillogistica vuol conoscere le  condizioni del pensiero, per le quali con l'aiuto d’un termine  intermedio, può determinare se la subordinazione d’un con¬  cetto ad un altro può aver luogo o no. Aristotile ha dato  a questo problema una risoluzione feconda di ottimi risul¬  tati; in essa consiste il merito imperituro della sua sillogi¬  stica, ma anche il limite del valore di questa.   Per mezzo della deduzione, così determinata, la mente  umana può solo acquistare cognizioni meno generali di quelle  più generali dalle quali sono tratte. Qui appare il carattere  (limitato) del concetto che gli antichi si erano formato in¬  torno alle qualità essenziali del pensiero, il quale può solo  abbracciare e spiegare la realtà data, non creare nuove ve¬  rità. Perciò la scienza che deduce, prova e spiega poteva di  nuovo dedurre ciò, che in un sillogismo serviva da premessa,  come conclusione d’un sillogismo più generale; alla fine però  deve partire da premesse che non possono più essere nè de¬  dotte, nè provate, nè spiegate e neppure essere ricondotte  al termine medio; la verità di esse è quindi immediata  (ìpsoa), indeducibile, non suscettibile di prova, inspiegabile  e consiste in quei principi più generali e forniti di im¬  mediata certezza, che costituiscono il punto di partenza delle  operazioni scientifiche. (*)   2. La sillogistica aristotelica nell’antichità e nel me¬  dio-evo. — Già sin dall’antichità, qualche secolo dopo la  morte di Aristotile, avvenuta nel 332 a. Cr. sorsero dubbi  e discussioni vivaci intorno al valore del sillogismo; tra i  critici più notevoli a questo proposito troviamo Cameade di  Cirene (214-129 a. C.) e Sesto Empirico, vissuto intorno  al 200 dell’era volgare.    p) Windelband, Qeschichte der PhUosophie, png. 110 e sgg. Mohr, Tubingen] Cameade, che è annoverato fra gli scettici della seconda  Accademia, insegnava che non si poteva fondare nessuna  dottrina sicura nè sopra il senso per le apparenze fra loro  contrarie e inconciliabili, nè sopra la ragione, perchè in tutto  ciò che forma oggetto di ragionamonto, si può ugualmente  provare il prò e il contro; egli dimostrava pure che ogni  prova rende necessario un « regressus in infinitum », giacché  per la validità delle sue premesse presuppone altre prove;  e questa conseguenza era importante per gli scettici, i quali  non ammettevano verità immediate, come abbiamo visto che  le ammetteva Aristotile.   Più radicale di Cameade è il medico Sesto Empirico, il  quale dice che il vero scettico sottopone ad esame qualsiasi  affei inazione, reca il dubbio in ogni cosa e si astiene tanto  dall affermare quanto dal negare; egli fa un’analisi spietata  del sillogismo, il quale non riesce per nulla ad estèndere il  campo delle nostre cognizioni, poiché non serve a farci pas¬  sare da una verità nota ad una vorità ignota.   Ecco le parole di Sesto Empirico nel suo capitolo contro  la logica d’Aristotile contenuto nell’opera intitolata « Uoibo-  VSÌat U7tOTU7ttt)a£l£ » .   Quelli che dicono:   Ogni uomo è mortale  Socrate è un uomo  Dunque Socrate è mortale,   per provare quest’ultima proposizione per mezzo della prima  commettono un circolo vizioso (e: C xòv 5t’ ianin touol)»   poiché ammettono che tutta la certezza della prima propo¬  sizione non può derivare che da un’induzione di casi parti¬  colari dello stesso genere di quelli che s’affermano nella con¬  clusione. Infatti se, prima d’enunciare la proposizione gene¬  rale: «ogni uomo è mortale, noi non siamo già convinti della  verità di tutte le proposizioni particolari che essa contiene,  non si potrebbe ragionevolmente ammetterla per vera ».   Di qui egli conclude che nessun sillogismo o catena di  sillogismi potrà mai farci conoscere qualche cosa di diverso  da ciò che prima già sapevamo, e che la deduzione, ben lungi  d’essere la forma tipica e più corretta del ragionamento,  non è che un artificio sofistico atto a mascherare la nostra  ignoranza e a far passare come prova delle nostre opinioni  le nostre stesse opinioni espresse sotto altra forma.   Nel Medio Evo fin quasi verso la metà del secolo XII  la logica aristotelica si studiava assai più nelle opere dei  commentatori, che negli scritti originali, pochissimi dei  quali erano conosciuti; però Aristotile è considerato come il  filosofo che ha raggiunto il limite estremo della sapienza —  il maestro di color che sanno — come lo chiama il Divino  poeta, e quindi, il giudice inappellabile della verità; donde  la frase « ipse dixit » foggiata probabilmente dall’arabo  Aven'oè(112(1-111*8) «che il gran comento féo» considerato come  il più illustre commentatore dello Staggita, che egli chiama  « regola e modello, creato dalla natura a mostrare l’ultima  perfezione umana, la cui dottrina è la somma verità, poiché  il suo intelletto segua il limite dell’umano intelletto».   Ma già durante il Rinascimento incomincia una forte  opposizione contro la logica aristotelica, specialmente per  opera di Bernardino Telesio (1508-1588), che vuol fondare la  scienza della natura sopra l’esperienza, e accusa Aristotile  di aver voluto spiegare la realtà con ipotesi arbitrarie; e di  Francesco Patrizi (1529-1597). Gli Umanisti affermavano ri¬  solutamente, come fecero più tardi Giordano Bruno, Bacone  da Verulamio e Renato Cartesio, che la sillogistica dev’es¬  sere amplificata e perdere il predominio tradizionale; che il  sillogismo è incapace di farci acquistare nuove cognizioni ed  è una forma del pensiero infruttuosa.   3. Francesco Bacone e G. Stuart Mill. — Francesco Ba¬  cone (15G1-1626) considera la scienza come lo strumento e  il mezzo più efficace per volgere le forzo della natura al¬  l’utilità degli uomini e per dare all’osservazione dei fatti  naturali un carattere imparziale ed oggettivo, combatte la  dottrina tradizionale e intende di offrire un nuovo metodo  nella sua opera capitale Instauratio magna scientiarum, che  comprende due parti distinte : la prima intitolata De digni-  tate et augmentis scientiarum, la seconda Novum organimi  in opposizione all’Organo di Aristotile. Egli combatte aspra¬  mente il sillogismo aristotelico, attribuendo all’induzione, il  nuovo organo, l’ufficio più importante nella ricerca delle nuove verità scientifiche; sostiene che il sillogismo è viziato  profondamente da una petizione di principio, poiché se la  conclusione non è vera, non è vera neppure la premessa mag¬  giore; in questa critica Bacone s’accorda quindi coi filosofi  precedenti, specialmente con Sesto Empirico.   L’idea fondamentale della logica, quale è stata conce¬  pita dallo Stuart Miti (1806-1873), consiste nel ricondurre  la logica ai fatti e all’esperienza, affinchè possa diventare  una scienza come le altre, ossia abbia per oggetto le cose  quali sono; essa diventa «la scienza delle operazioni intel¬  lettuali che servono all’estimazione della prova, cioè del pro¬  cedimento generale che va dal noto all’ ignoto, delle operazioni  ausiliarie di codesta operazione fondamentale», è insomma  una logica reale che ha per oggetto i fatti e non le idee.   La teoria del sillogismo è profondamente trasformata  nella dottrina del^Mill. Anzitutto egli dichiara che .ogni sil¬  logismo, considerato nella sua forma ordinaria, contiene una  petizione di principio; così (piando si dice:   Tutti gli uomini sono mortali,   Socrate è un uomo  Socrate è mortale   la conclusione è presupposta nella premessa maggiore; noi non  possiamo essere sicuri della mortalità di tutti gli uomini, se  prima non siamo sicuri della mortalità di ciascun uomo; se  si dice che la mortalità di Socrate è dubbia prima d’essere  estratta dalla premessa maggiore, questa è colpita pure di  incertezza e non può per conseguenza servire a legittimare  la conclusione. Il principio generale, ben lungi dal provare  la verità del caso particolare, non può essere accolto come  vero, se rimane l’ombra d’un dubbio sopra uno dei casi che  esso contiene. Quindi nessun ragionamento dal generale al  particolare può, come tale, provare qualche cosa, giacché da  un principio generale non si possono dedurre che i fatti  particolari supposti conosciuti da quel principio.   Pertanto sembra che il sillogismo ci fornisca ogni giorno  la conoscenza di verità non ancora constatate o stabilite; vi  sarebbe dunque in esso la possibilità di trarre inferenza,  possibilità disconosciuta e quasi soffocata da formule artifi¬  ciali; infatti è incontestabile che la seguente proposizione: il duca di Wellington è mortale, deve considerarsi come  un’inferenza: ma si può trarla da quest’ultra proposizione:  tutti gli uomini sono mortali? Bisogna rispondere di no.  L’errore che qui si commette dipende dal fatto che si di¬  mentica che nel procedimento filosofico vi sono due opera¬  zioni e due parti, quella dell’ inferenza e quolla dell'abbre¬  viazione e che si attribuisce alla seconda la funzione della  prima. Infatti che cos’è, una proposizione generale? Non è  altro che un registro abbreviato delle nostre osservazioni e  delle inferenze che ne abbiamo dedotte; quando dalla morte  di Giovanni, di Pietro, e di tutti gli individui dei quali  abbiamo sentito parlare concludiamo che il duca di Wel¬  lington è mortale, noi non possiamo senza alcun dubbio pas¬  sare per la proposizione generale: tutti gli uomini sono  mortali, come passeremmo per una stazione intermedia; però  l’inferenza non risiede in questa metà del cammino che  va da tutti gli uomini al duca di Wellington; essa è fatta  (piando noi abbiamo osservato che tutti gli uomini sono mor¬  tali. La garanzia della mortalità del duca di Wellington è  la mortalità di Giovanni, di Pietro, di Giacomo e di tutti  gli altri uomini a noi conosciuti ; dal fatto che tra il primo  e l'ultimo stadio del ragionamento noi interponiamo una  proposizione generale, la prova come tale non riceve alcun  giovamento.   Quale è dunque la vera funzione del sillogismo? Tutte  le inferenze primitive si fanno dal particolare al particolare;  per esempio il bambino che, essendosi bruciato il dito, si  guarda bene dall’accostarlo alla candela, ha ragionato e con¬  cluso, benché non abbia mai pensato il principio generale:  il fuoco brucia; egli si ricorda del dolore provato, e fondan¬  dosi su questa attestazione della memoria, crede che, quando  vede la candela, se pone il dito sulla fiamma, si brucierà ;  egli n ensa ciò in tutti i casi simili che gli si offrono, senza  guardare più in là del caso presente; non gener ali zza, ma  i nferisce un fatto particolare da un altro fatto particolare .  Le proposizioni generali sono quindi semplici registri abbre-  viati di inferenze già fatte e formule assai concise utili per  dedurne altre. Bisogna perciò dire non già che la conclu¬  sione del sillogismo è dedotta dalla premessa maggiore, ossia dalla proposizione generale, ma solo conformemente a questa;  la premessa reale, o, meglio, l'antecedente logico della con¬  clusione, è la somma dei fatti particolari, dalla quale l’in¬  duzione ha estratto la proposizione generale. Noi abbiamo  potuto dimenticare questi fatti individuali; ci resta però  sempre al posto di essi una breve annotazione, un memo¬  randum, che, rammentandoci che certi caratteri sono sempre  legati a certi altri caratteri, ci permette di passare dalla  presenza degli uni all’esistenza degli altri. Ma realmente  l’inferenza ha luogo partendo dai fatti dimenticati e con¬  densati nella formula generale al fatto particolare di cui si  tratta; il sillogismo quindi è essenzialmente un’inferenza  dal particolare ni particolare, la quale ha il suo fondamento  e quasi la sua autorizzazione in un’inferenza anteriore dal  particolare al generale ; la conclusione è ritrovata nella pre¬  messa maggiore, na non è provata da questa. (’)   4. Altre obbiezioni contro il sillogismo. — Un altro celebre filo¬  sofo inglese, Herbert Spencer (1820-1904) muove pure aspra critica  al sillogismo. Egli dice che noi non ragioniamo mai per sillogismi,  e che se vi sono verità che sembrano stabilirsi per mezzo dello  due premesse, ve ne sono altre che richiedono un procedimento o  più semplice o piii complesso, come le affermazioni elementari che  inseriamo spontaneamente, senza ricorrerò ad alcun termine inter¬  medio, e le conclusioni che deduciamo da un sistema di numerosi  o svariati rapporti. Ma nuche ristretto entro limiti più modesti, è  il sillogismo la forma vera del ragionamento? Sia il sillogismo  seguente:   Tutti i cristalli hanno un piano di clivaggio   Questo è un cristallo   Dunque ha un piano di clivaggio.   Quosta serie di proposizioni esprime forse l’ordine voro nel  quale i nostri pensieri si succedono per produrre la conclusione?  Si può sostenere che prima di pensare a questo cristallo, io ho  pensato a tutti i cristalli e sono disceso dal generalo al partico¬  lare? Vi sarebbe qui una coincidenza fortuita e affatto inesplica¬  bile, poiché l’idea di questo cristallo ha dovuto precedere la mia  concezione di tutti i cristalli, ed è quindi uno degli clementi della  conclusione che mi ha suggerito uno degli elementi generali della  premessa maggiore.    (!) Liart>, Lee ìogìciens auglais contetnporains, pag. 24. F. Alcali] Se per evitare l’obbiezione, si imita il posto delle premesse,  si può sempre affermare che prima di pensare alla proposizione  generale: tutti i cristalli hanno un piano di clivaggio, io ho già  scorto in questo cristallo tale proprietà; è vero che le mie espe¬  rienze anteriori mi determinano a riconoscere la proprietà indicata  nel caso particolare, ma il ricordo delle esperienze passate non  s'offre al mio spirito prima che io abbia osservato il caso indivi¬  dualo; esso hanno lasciato in me la tendenza a considerare, nel  cristallo in questione, il piano di clivaggio piuttosto che qualunque  altro attributo; di qui io sono portato a pensare alla proposizione  generale che mi suggerisce la proposizione particolare, e da quella  ritorno a questa. Quindi ogni deduzione incomincia con un rapporto  inferito spontaneamente, ed ogni inferenza è ossenzialmente indut¬  tiva. Al ragionamento dal particolare al particolare, secondo il  concetto del Mill, si può ricondurre la deduzione, diminuendo con¬  tinuamente il numero dei fatti affermati e osservati ; esso è a mela  cammino fra le due forme di ragionamento, è quasi la comune ra¬  dice donde ambedue partono.   Oltre allo obbiezioni mosse al sillogismo dal Mill, dallo Spencer  e dai loro discepoli, pei quali la logica si riduce alla teoria del¬  l'Induzione e dolla prova sperimentale, e il sillogismo nd un'indu¬  zione mascherata, vi sono altre obbiezioni di filosofi che, senza pro¬  porre le radicali riforme propugnate dai primi, pure s'accordano  con questi nel condannare la logica d’Aristotile, per sostituirvi un  sistema nuovo e più conforme alla verità scientifica. Questi affer¬  mano che il sillogismo è una tecnica delle relazioni dei concetti, cioè  serve a rendere più chiare le relazioni che corrono fra le nostre  idee, e che il principale strumento della ricerca è sempre l’induzione.   In conclusione le obbiezioni che si movono al sillogismo si  possono ridurre essenzialmente a due principali:   1°. Il sillogismo non ci dà nella conclusione nulla di nuovo.   2". Pur affermando la novità della conclusione, si nega a que¬  sta il carattere di novità scientifica, poiché l’inferenza dal parti¬  colare al particolare non può offrire che conclusioni probabili, o  in alcuni casi, false; nel sillogismo classico:   Gli uomini sono mortali  lo sono uomo  Io sono mortale   la conclusione non contiene più di verità che la premessa maggioro;  secondo i logici della scuola dello Stuart Mill, bisognerebbe dire:  Gli uomini del tempo passato sono morti,   Io sono uomo   Dunque è probabile ch'io muoia. La metodologia è la  seconda parte della logica, che ha per line di determinare le  regole riguardanti la ricerca e la prova delle verità scienti¬  fiche. Il metodo (da |i£xà e éòój, via) abbraccia quindi lo  studio dei mezzi coi quali lo spirito umano estende ed ordina  le sue conoscenze; donde la distinzione in metodo inventivo,  che esamina i procedimenti e le operazioni del pensiero per  le quali dalle cognizioni note si passa a quelle ignote; e  metodo sistematico (da auv-:oxT]p.t, pongo insieme) che invece  studia le forme con le quali le cognizioni vengono ordinate  in un complesso di cui le singole parti abbiano tra loro  relazione e dipendenza reciproca. Per rendere più chiara tale  distinzione osserviamo l’esempio della psicologia ; questa  scienza adopra nelle sue ricerche, ossia ne)l' estender e le sue  conoscenze, due strumenti essenziali che sono Vintrospezione  od osservazione interna e Vosservazione esterna, cui vanno  unite V indagine sperimentale e la misura 1, al secondo ufficio,  cioè a quello sistematico, la psicologia soddisfi con la defini¬  zione del processo psichico, per distinguerlo dagli altri feno¬  meni naturali, con la classificazione in fatti di conoscenza,  di sensibilità, di volontà ecc.   Però bisogna osservare che la logica tratta soltanto  delle nozioni metodologiche generali, di quelle operazioni  che si presentano come indispensabili in ogni singolo ramo  di scienza ; non v’è scienza che possa fare a meno della de¬  finizione e della classificazione e dei procedimenti più sem¬  plici e più generali. Inoltre il metodo di ogni parte del  sapere comprende un certo complesso di particolarità, che  solo gli specialisti hanno il dovere di conoscere e di appli¬  care nelle loro indagini; così al chimico soltanto spetta di apprendere tutto quell’insieme di particolari procedimenti  che sono propri della chimica, l’uso degli strumenti, le pre¬  cauzioni da osservarsi quando si osserva e si sperimenta ecc.  Questo compito, come è facile comprendere, sta fuori del  dominio della logica.   Considerando la storia dello sviluppo delle scienze, si  può constatare che il metodo non si costituisce a priori, ma  piuttosto si deduce dalle scienze stesse quando abbiano rag¬  giunto un certo grado di progresso; anzi si può ben dire  che il metodo si trova non di rado in ritardo rispetto al  cammino che percorre la scienza, nello stesso modo che ve¬  diamo i trattati dell arte poetica essere in generale l’espres¬  sione ritardata dell’arte contemporanea. Ed è facile com¬  prendere la causa di questo fatto, la quale dipende da ciò,  che il perfezionamento delle regole metodiche è dovuto per  lo più alle intuizioni e alle scoperte dell’uomo di genio, per  cui vediamo Galileo, Newton, Claudio Bernard, Darwin por¬  tare alle teorie logiche contributi preziosi, che poscia di¬  vengono indicazioni e guida indispensabile per gli scienziati  posteriori.   Ad ogni modo lo studio delle operazioni metodiche, quan¬  tunque spesso il ricercatore si affidi, con molta cautela, al  suo buon senso naturale e trovi qualche volta nel caso un  utilissimo ausiliario, disciplina e regge la nostra intelligenza,  abbrevia il tempo della ricerca e ci fa conoscere più pro¬  fondamente l’organismo e il valore della scienza. « Quelli  che camminano lentamente, dice Cartesio, possono percorrere  un buon tratto di strada, se sanno tenere la via dritta  assai più di quelli che corrono qua e là allontanandosene ».   2. Il sapere scientifico. — Il sapere scientifico inco¬  mincia a sorgere quando un popolo raggiunge un certo grado  di civiltà ed ha il suo fondamento in un bisogno pratico  della vita. E assai probabile che ogni scienza sia derivata  da un’arte corrispondente, la medicina dall’arte di medicare  comune anche ai popoli selvaggi, l’astronomia dalle esigenze  della navigazione, e forse anche la matematica ha attraver¬  sato nel suo inizio un periodo, nel quale le verità acquisite  venivano considerate come conoscenze utili e derivavano dalle necessità inerenti alla costruzione delle case, alla  misurazione dei campi ecc. In questo primo momento cogni¬  zioni pratiche e conoscenze teoriche formavano una sola e  identica cosa; cosi da principio in una persona si riunivano  strettamente diversi uffici, il medico, lo stregone, il mago,  il sacerdote, che doveva combattere le malattie, molte delle  quali pel loro carattere epidemico e violento suggerivano  facilmente l’idea di uno o di più principi malefici che  s’introducevano nel corpo, donde la necessità di ricorrere,  per cacciarli, all’aiuto di forze sovrannaturali. Con molta  lentezza, quantunque non ancora completamente, la divi¬  sione del lavoro sociale e la conoscenza delle leggi naturali  hanno separato queste funzioni tra loro discordanti, distin¬  guendo lo stregone dal sacerdote e il medico dall’uno e dal¬  l’altro.   L’opinione ora dominante consiste nel considerare la teoria  come fondamento indispensabile delle applicazioni pratiche,  pur rimanendo l’uua e le altre indipendenti tra loro; perciò  vediamo che chiunque voglia oggidì dedicarsi all’arte della  medicina, deve prima d’ogni altra cosa apprendere le scienze,  come l’anatomia, la fisiologia, l’embriologia ecc., le cui co¬  noscenze applicherà poi nelle malattie che dovrà curare. Di  qui la distinzione tra le scienze teoretiche e le scienze pra¬  tiche-. le prime tendono alla cognizione pura e hanno tra¬  sformato il mezzo in fine, acquistando coscienza d’una fina¬  lità propria, la quale consiste nella spiegazione della natura,  cioè d’una massa enorme di fenomeni che l’uomo vuole or¬  dinare razionalmente e spiegare per mezzo di leggi; le se¬  conde invece si fondano sopra le scienze per applicarne i  risultati ai vari scopi che l’uomo o la società possono pro¬  porsi di raggiungere, e perdono quindi il vero carattere di  scienza. In questo modo, con lo svolgersi della conoscenza,  il lavoro scientifico si è a mano a mano diviso in due grandi  parti: alcune discipline s’occupano esclusivamente della teoria  ed altre della pratica; quasi in ogni ramo del sapere la parte  teorica si è venuta staccando nettamente dalla parte pra¬  tica. A noi spetta di considerare solo le scienze teoriche,  ossia le scienze nel senso più esatto e meglio determinato  della parola. Se si considera una  scienza qualsiasi, la fisica o la chimica, la botanica o la  zoologia, si scorge senza difficoltà che esse hanno di mira  non -la conoscenza dei singoli corpi e dei singoli esseri e fe¬  nomeni separati e distinti completamente gli uni dagli altri  ma fatta eccezione, come si vedrà in seguito, della storia,’  tendono a raggiungete concetti generali, i caratteri che le  cose hanno comuni, ciò che si ripete nei fenomeni, ossia la  c/usse, la legge. Vediamo qualche esempio, per chiarir meglio  il vero significato di queste osservazioni e le proprietà di¬  stintive di una delle produzioni più mirabili dell’umano in¬  telletto, quale è la scienza.    Lo studio del regno animale ha per fine precipuo di pre¬  sentare in modo compiuto e ordinato un quadro compren¬  dente tutti gli esseri viventi nella natura; e raggiunse la  meta dividendoli e suddividendoli in gruppi, in classi, se¬  condo 1 caratteri comuni a ciascuna di queste, in mammiferi,  in uccelli, in pesci ecc. La psicologia considera i processi  psichici non in quanto sono individuali, ma in quanto sono  generali; essa non osserva, per esempio, questo o quel de¬  terminato atto volontario, questa o quella determinata serie  di percezioni, ina vuole stabilire i caratteri generali dell’atto  volontario e della percezione. In fine la fisica mira a stabi-  iire non come cada questo o quel corpo, ma la legge gene-  rale della caduta dei corpi, ossia come, date le attuali con-'  ( izioni dell universo, la caduta dei corpi. si ripeta in quel  dato modo ovunque e in ogni tempo.   Però il concetto di scienza non è sempre stato lo stesso,  giacche vediamo che, ad esempio, gli antichi avevano di essa  un opinione assai diversa da quella che ha valore nell’epoca  nostra. 1    Per spiegare l’ordine che ammirava nell’universo, Ari-  statile ricorse alla nozione di essenza, di forma, di tipo-, eoli   pensa che la costituzione effettiva delle cose risulti di due  fattori :   i°. I tipi immateriali, che tendono costantemente a rea¬  lizzarsi nella materia, ed hanno, a quel che pare, un’esistenza  eterna ed ininterrotta; cosi il tipo « quercia comune » guerci,s  rmir esiste, ed io son certo che ad ogni momento vi è nell’universo almeno un esemplare individuale della quercia co¬  mune.   2°. La materia, che subisce l’influenza dei tipi immate-  • riali, si lascia muovere e ordinare da essi, opponendo però  una certa resistenza, di guisa che dove maggiore è la quan¬  tità di materia, ivi è più viva la resistenza di questa ad  assumere la forma dei tipi, e minore appare quindi l’ordine :  perciò nei cieli eterei l’ordine è perfetto; invece ''nella re¬  gione sublunare o della materia bruta vi è molta irregola¬  rità e disordine.   I tipi sono dunque eterni, permanenti e si riproducono  nella materia docile e resistente nel medesimo tempo.   ■ L’epoca nostra non ha accettato questa dottrina, della  quale ha messo in rilievo gli errori e le conseguenze assurde ;  essa non ammette nè la costanza dell’ordine, nè l’esistenza  di .irregolarità risultante dall’opposizione della materia.   Infatti, come già abbiamo detto, i tipi naturali, mine¬  rali, vegetali, animali non sono permanenti, ma vanno sog¬  getti a continue trasformazioni; il nostro sistema solare sap¬  piamo essere la trasformazione d’una nebulosa, la terra essere  stata un tempo un anello gassoso, poi una sfera liquida, la  flora e la fauna terrestre aver avuto un principio, essersi  arricchite successivamente e non aver cessato di trasformarsi.  L’ordine è certamente una delle qualità che appaiono in  modo più spiccato a chi osserva e studia i fenomeni dell’uni¬  verso; può anche darsi che sia di questo uno degli elementi  essenziali; ma, ben lungi dall’essere costante, è soggetto a  mutazioni e a trasformazioni.   In secondo luogo la scienza moderna nega che vi siano  fenomeni contrari alle leggi naturali, che esistano deviazioni,  anomalie risultanti da ima resistenza più o meno, grande  della materia; poiché anche nelle mostruosità e nei casi pa¬  tologici le leggi non soffrono eccezioni ; cosi se scorgiamo  una piuma salire verso l’alto invece di tendere al centro  della terra, non affermiamo certo essere questo fatto un’ in¬  frazione della legge di gravità.   In conclusione, una scienza è un sistema di verità e di  cognizioni generali, che sono dovute ad un lavoro metodico  dello spirito e della riflessione razionale dell’uomo.  “ Il popolo greco ha diritto a più d’un titolo di gloria: a lui,  o almeno ai suoi grandi geni, era concesso di fare i più brillanti  sogni speculativi, di creare con la poesia e le arti plastiche capo-  lavoii incompaiabJi; ma vi è un altra creazione dello spirito greco,  che si può dire non solo incomparabile, ma unica. Noi possiamo  oggi gloriarci del predominio che esercitiamo sulla natura grazie  alla conoscenza che abbiamo acquistato delle sue leggi; ogni giorno  i nostri sguardi penetrano sempre più addentro, se non nell'essenza  delle cose, certo nel succedersi dei fenomeni; questi trionfi a chi  son dovuti, se non ai creatori della scienza greca? 1 legami che in  tale materia uniscono l’opera moderna ai tempi antichi sono bene  evidenti. A Iato ad un immaginazione creatrice d’una ricchezza mi-  ìabile il Gieco possiede uno spirito del dubbio sempre vigile, che  esamina tutto freddamente; e non sosta davanti ad alcuna audacia;  ad un irresistibile bisogno di generalizzare si congiunge un’osser¬  vazione così attiva e penetrante da non lasciare sfuggir la più  leggera sfumatura; una religione che accordava piena soddisfazione  ai bisogni del cuore, senza per nulla impedire la libera azione di  una intelligenza che minacciava o anche distruggeva lo sue crea¬  zioni. Aggiungansi numerosi centri intellettuali aventi ciascuno il  piopiio emettere, 1 attrito continuo delle forze che escludeva ogni  possibilità di stagnazione, un’organizzazione politica e sociale elio  frenava i desideri vaghi e puerili della gente mediocre, senza met¬  tere in serio pericolo lo slancio degli spiriti superiori: tali sono i  doni naturali e le condizioni favorevoli che hanno dato allo spirito  greco la preminenza e gli hanno concesso di porsi e di mantenersi  al primo posto nel dominio della ricorca scientifica „. (')   4. La classificazione delle scienze. — Ora che abbiamo  v isto che cos è una scienza, possiamo chiederci quale rela¬  zione colie fra le diverse scienze; poiché, volendo queste of¬  frirci la conoscenza dell’universo, ossia d’un complesso di  fenomeni connessi gli uni cogli altri, non si può negare che  tra esse vi sieno legami e relazioni. Di qui la necessità  d’una classificazione delle scienze, che è stata tentata fino  dall antichità e che forma anche ai nostri tempi oggetto di  discussione.   Aristotile ammette una scienza fondamentale, la filosofìa  prima, '-fùcoCfix npwTTj, avente per oggetto la realtà ul¬  tima e 1 essenza immutabile delle cose, alla quale sono su¬    oi Gojipebz] bordinate tutte le scienze, cioè la teoretica, la quale comprende  la matematica, la fisica, la storia naturale, la pratica, che  corrisponde alla morale, e la poetica, ossia l’estetica.   Francesco Bacone (1560-1626) ha tracciato una classi¬  ficazione delle scienze fondata sulla sua teoria delle facoltà  dell'intelletto riducibili a tre principali, che sono: la me¬  moria, l’immaginazione, la ragione; dalla prima facoltà deriva  la storia, che può essere civile e naturale', dall’immagina¬  zione deriva la poesia, che può essere narrativa, drammatica  e parabolica; infine sulla ragione è fondata la filosofia, la  quale ha un triplice oggetto: Dio, la natura, l’uomo; donde  la teologia, ossia la scienza che tratta di Dio, degli angeli,  e dei demonii; la filosofia naturale che comprende la meta¬  fisica, la fisica e la matematica; la filosofia umana o antro¬  pologia, che contiene la medicina, la psicologia, la logica ecc. Comte, fondatore della filosofia po¬  sitiva, è l’autore d’una celebre classificazione delle scienze,  che esporremo qui brevemente. Egli ha diviso prima di tutto  il sapere, per rispetto al fine che questo può proporsi, in teo¬  retico e pratico. Alla loro volta le scienze teoriche si possono  considerare sotto un doppio aspetto: o ricercano leggi vale¬  voli per tutti i casi possibili, come le matematiche e la fisica,  e allora sono generali e astratte ; oppure applicano tali leggi  alla spiegazione dei vari esseri esistenti in natura, e sono  particolari, descrittive, concrete. Per esempio, lo studio delle  leggi generali della vita è oggetto d’una scienza astratta,  la biologia ; mentre il determinare il modo d’esistere di cia¬  scuna specie di esseri viventi mediante le leggi scoperte  dalla biologia, dà luogo a scienze concrete, quali sono la bo¬  tanica e la zoologia; queste ultime quindi sorgono dopo e  per effetto delle prime.   Le scienze astratte sono enumerate dal Comte nell’or¬  dine seguente : matematica, fisica, chimica, biologia, socio¬  logia ; e una tale divisione non è arbitraria, ma fondata  sopra diverse e importanti ragioni.   Anzitutto il Comte osserva che i fenomeni si presentano  alla nostra osservazione in una serie di generalità decre¬  scente e di complessità crescente, poiché ciascun ordine di  fenomeni è meno generale di quello che lo precede, ma più complicato; infatti, per poter osservare un fenomeno in un  maggior numero di casi, bisogna spogliarlo (estrarlo) da  un maggior numero di circostanze, e inversamente un fe¬  nomeno che conserva un maggior numero di circostanze,  si riscontra meno frequentemente; anche in questo caso la  comprensione e Y estensione stanno ira loro in ragione inversa,  come abbiamo osservato a proposito dei concetti subordinati.  Cosi i ienomeni tisici sono meno generali, ma più complessi  di quelli matematici; i fenomeni chimici meno generali ma  più complessi di quelli fisici.   Inoltre questa scienza è gerarchica, poiché ciascuna  scienza presuppone quella che la precede e ne dipende, al¬  meno nei tratti essenziali, non potendosi studiare il fenomeno  più complesso senza conoscere quello più semplice, la fìsica  senza la matematica, la chimica e la biologia senza le scienze  precedenti.   Inoltre la serie è storica, nel senso che le scienze sor¬  sero 1 una dopo l'altra nell’ordine indicato. Qui non bisogna  confondere il sorgere, il costituirsi delle singole scienze col  loro sviluppo.   La classificazione del Comte è strettamente legata al  suo sistema di filosofia, al positivismo, e non è possibile ac¬  cettare la prima rifiutando il secondo. Si può ben dire che  il problema della classificazione razionale della scienza è un  problema essenzialmente filosofico.   In questi ultimi anni le classificazioni delle scienze si sono  moltiplicale; il problema ha assunto un aspetto filosofico, e cia¬  scuno che si accinge a risolverlo, è guidato dalle sue vedute filo¬  sofiche o scientifiche. Noi citeremo qui due fra quelle classifica¬  zioni che hanno ora maggior voga, quella di Guglielmo Wundt, e  quella del Windelband, esaminandole brevemente nelle loro linee  generalissime, come quelle che rispecchiano due fra gli indirizzi  filosofici ora predominanti.   Secondo il IPundt, se si classificano le scienze secondo il loro  oggetto, si è condotti, dato lo stato attuale delle conoscenze, a di¬  stinguerne tre gruppi: lo scienze matematiche, le scienze della natura,  le scienze dello spirito. Le matematiche sono puramente formali,  lo scienze della natura e quelle dello spirito sono reali.   Le scienze naturali indagano il contenuto dell’esperienza fa¬  cendo astrazione dal soggetto conoscente; mentre le scienze dello spirito, che hanno come fondamento principale la psicologia, stu¬  diano quei fenomeni, nei quali l’uomo, considerato come fornito di  volontà e di ragione, è un fattore essenziale: alle leggi dello spi¬  rito debbono essere subordinate le leggi della natura, e la causa¬  lità fisica è governata da leggi assai diverse da quelle che gover¬  nano i fenomeni psichici; poiché, mentre nel mondo fìsico si nota  pur nel variare delle sue energie, una rigidità immutabile, il mondo  dello spirito invece manifesta un continuo accrescimento d’energia,  dovuto al fatto che ogni processo psichico è una sintesi, un pro¬  dotto affatto nuovo fornito di proprietà che invano si ricercano  negli elementi che lo compongono.   Inoltre in ciascuno di questi due gruppi bisogna distinguere:   1° lo scienze che hanno per oggetto la scoperta di leggi che  reggono i fenomeni attualmente dati dall'esperienza, scienze feno¬  menologiche ;   2° le scienze che studiano le cose nella loro genesi, scienze  genetiche ;   3° le scienze che, considerando non piu i mutamenti passeg¬  geri ma gli oggetti o almeno i risultati durevoli, determinano per  comparazione le relazioni di queste cose, ne formano concetti di¬  stinti e riuniscono questi concetti in sistemi, scienze sistematiche.   Di qui il soguente quadro:   1° scienze formali: matematiche.    2° scienze   scienze   naturali   se. fenomenologiche : fisica, chimica, fisiologia,  se. genetiche : Mimologia, geologia, scienza doll'crolu-  lionc degli organismi.   se. sistematiche: mineralogia, holanica, zoologia.   reali   scienze   se. fenomenologiche : psicologia.    dello   se. genetiche: storia.    spirito   se. sistematiche: diritto, economia politica. (')    Il Windelband e il Jlickert distinguono le scienze naturali,  quali la fisica, la chimica, la psicologia, che studiano le relazioni  tra i fenomeni, le quali sono date da giudizi universali e necessari,  ossia da leggi, e sono quindi scienze rette da leggi; e le scienze sto¬  riche, quali la meteorologia, la geologia, la storia, che studiano la  realtà considerata sotto l’aspetfo individuale e si limitano a stabi¬  lire una pura successione di fatti, sieno essi naturali o morali. La  storia considera un organismo collettivo per sé stesso, come qualche  cosa d’individuale, di particolare, d’unico, mirando a rilevare i    0) Wundt, Einleitung in die rhilosophie, E rate r Theil, Leipzig, Engel-  mann] caratteri che lo distinguono da tutti gli altri organismi collettivi ;  ingomma, un gruppo d’individui, una famiglia, una nazione, lino  stato sono esseri concreti al pari degli individui, e sotto questo  aspetto deve osservarli la storia, che non è altro che la scienza del  particolare, doli' individuale, di ciò che non esiste che una volta  sola e non si ripete mai. Quindi, mentre le leggi naturali s’appli¬  cano ai fenomeni che si ripetono sempre nella stessa maniera e  non variano essenzialmente nelle loro manifestazioni, invece nella  vita storica non è possibile in alcun modo stabilire leggi simili a  queste, che si possano applicare tanto all’avvenire quanto al passato,  appunto perchè non esistono due individualità storiche identiche,  due avvenimenti che si possano ricondurre sotto la medesima legge  generalo. Gli avvenimenti storici non costituiscono se non serie di  fatti che si sono prodotti una sola volta nel corso del tempo e non  si riprodurranno mai più; e ciò è tutto l’opposto della nozione di  legge» che dà la formula dei fatti che si sono sempre prodotti e  sempre si riprodurranno: questa è la differenza essenziale ed im¬  portantissima che corre tra le scienze naturali e le scienze storiche. I principali procedi¬  menti che il pensiero umano adopera per estendere le nostre  conoscenze, per passare dal noto all’ ignoto e che fanno  parte del metodo inventivo, sono: Vinduzione, la deduzione,  l’analogia e l'ipotesi. Il metodo induttivo c’insegna la via  per risalire dai fatti alle leggi, ossia, come s’è già accennato,  ai rapporti costanti e necessari tra due fenomeni, dei quali  il primo dicesi causa e il secondo effetto ; il primo mezzo per  raggiungere questo scopo è l’osservazione.   L'osservazione si fa generalmente consistere in un atto  immediato del conoscere, nell’applicare il potere percettivo  alla constatazione dei fenomeni. Gli strumenti principali  che adoperiamo nell’osservare sono i sensi quando si tratta  di fenomeni esteriori, la coscienza quando vogliamo esami¬  nare processi interni, pei quali è però sempre indispensabile  anche l’osservazione esterna.   I sensi limitati e imperfetti ricevono un aiuto prezioso  dagli strumenti scientifici, i quali possono o aumentare il po¬  tere di percezione, come il telescopio e il microscopio, o ren¬  dere più esatte le osservazioni che noi facciamo, come i cro¬  nometri che permettono di misurare un secondo e parti  minime d’un secondo, oppure sostituirli ai sensi stessi, quando  i fenomeni da osservarsi sono fuggevoli e difficilmente affer¬  rabili, come ce ne porge esempio la fotografia applicata allo  studio dei fenomeni celesti, o quando i fenomeni non pos¬  sono essere da noi percepiti. Cosi la retina dell’occhio non  è sensibile ai raggi ultra violetti, dei quali invece rimane  traccia sopra la lastra fotografica. Però l’osservazione scientifica ha il suo fondamento es¬  senziale e la sua guida nella ragione, nell’ intelligenza la quale  dirige la ricerca, interpetra e classifica i fatti e ne trae le con¬  seguenze; in una parola, è il buon osservatore che fa le buone  osservazioni ; lo spirito di chi indaga sempre vigile, attento  anche ai ienomeni che sembrano più insignificanti, paziente  nel persistere nelle ricerche, imparziale, cioè libero da qualsiasi  pregiudizio, può giungere a risultati e a scoperte di grande  valore, come ce ne porge un mirabile esempio il Galilei, che  possedette in grado eminente l’ingegno critico; e si deve  solo a questo se dalle sue indagini intorno ai fenomeni na¬  turali seppe trarre conseguenze e cognizioni importantis¬  sime: il suo metodo, come afferma egli stesso, si fonda tutto  sulla sensata esperienza non mai disgiunta dal ragionamento.  Innumerevoli persone avranno senza alcun dubbio osservato  le oscillazioni della lampada sospesa nel celebre Duomo, ma  solo una mente severa e indagatrice come quella del Galilei  poteva da quel fatto avere il primo impulso a stabilire ri¬  gorosamente le leggi del pendolo.   L’osservazione dev’essere quindi esatta, cioè fedele e  scrupolosa: bisogna raccogliere il maggior numero di fatti,  nulla omettere e nulla aggiungere. A questo fine occorre che  l’osservatore sia fornito d’un ricco corredo di cognizioni, af¬  finchè non si lasci sfuggire quelle indicazioni minuziose che  spesso collegano tra loro fenomeni i quali in apparenza non  presentano nulla di comune, e possa compiere un’analisi com¬  pleta del fenomeno considerato, che solo uno spirito acuto,  provvisto di profonda cultura, sereno, libero di preconcetti è  in grado di compiere. È inoltre necessario che l’osservatore  determini chiaramente la scelta dei fatti che prende per sog¬  getto dei suoi studi, giacché tutti i fatti non hanno lo stesso  valore, ma alcuni conducono più agevolmente allo scopo, altri  invece ne allontanano, e i fenomeni che la natura ci presenta  sono innumerevoli, e tra essi la mente umana deve sapersi  muovere con grande discernimento.   In conclusione, se è vero che quando i fatti che servono di  base al ragionamento siano male stabiliti o erronei tutto l’edi¬  ficio rovinerà e le teorie scientifiche fondate sopra di quelli  saranno false, è però innegabile che nelle buone qualità e nella perspicacia dello spirito risiede la condizione più pre¬  ziosa per una buona osservazione. Cosi, per citare un esempio,  alcuni astronomi prima di Guglielmo Herschell avevano visto  una stella nella costellazione dei Gemelli, e l’avevano presa  per una stella fissa; ma l’Herschell non s’arrestò alle os¬  servazioni superficiali dei predecessori : esaminò la qualità  della luce, l’ingrandimento che presentava al telescopio, e  conchiuse che non poteva essere una stella fìssa; osservò  quindi il suo spostamento e dapprima io paragonò con quello  delle comete e vide che non coincideva; lo paragonò con  quello dei pianeti e, confermando l’ipotesi già formata, con¬  chiuse che era un nuovo pianeta, chiamato poscia Urano.   Il Galilei così descrive con somma finezza la grande ricchezza  della natura nel produrre i suoi effetti:   “ Nacque già in un luogo assai solitario un uomo dotato da  natura di un ingegno perspicacissimo e d’una curiosità straordi¬  naria; e por suo trastullo allevandosi diversi uccelli, gustava molto  del loro canto, e con grandissima maraviglia andava osservando  con che bell'artifizio, colla stess’aria colla quale respiravano, ad  arbitrio loro formavano canti diversi o tutti soavissimi. Accadde  che una notte vicino a casa sua sentì un delicato suono, nè poten¬  dosi immaginare che fosse altro che qualche uccelletto, si mosse  per prenderlo, e, venuto nella strada, trovò un pastorello, che sof¬  fiando in certo legno forato, e movendo le dita sopra il legno, ora  serrando ed ora aprendo certi fori che vi erano, ne traeva quelle  diverse voci, simili a quelle d'un uccello, ma con maniera diver¬  sissima. Stupefatto e mosso dalla sua naturai curiosità, donò al  pastore un vitello per avere quello zufolo, e ritiratosi in sè stesso,  e conoscendo che, se non si abbatteva a passar colui, egli non  avrebbe mai imparato che ci erano in natura due modi da formar  voci e canti soavi, volle allontanarsi da casa, stimando di poter  incontrare qualche altra avventura. Ed occorse il giorno seguente  che, passando presso un piccolo tugurio, sentì risonarvi dentro una  simil voce, e per certificarsi se era uno zufolo o pure un merlo,  entrò dentro e trovò un fanciullo che andava con un archetto,  eli ei teneva nella man destra, segando alcuni nervi tesi sopra un  certo legno concavo, e con lo sinistra sosteneva lo strumento e vi  andava sopra movendo le dita, e senz'altro fiato ne traeva voci  diverse e molto soavi. Or qual fusse il suo stupore, giudichilo  chi pnrticipa dell’ingegno e della curiosità che aveva costui, il  quale vedendosi sopraggiunto da due nuovi modi di formar la voce ed il canto, tanto inopinati, cominciò a credere ch’altri an¬  cora ve ne potessero essere in natura. Ma qual fu la sua mara¬  viglia quando, entrando in certo tempio, si mise a guardare dietro  la porta per veder chi aveva sonato, e s’accorse che il suono era  uscito dagli arpioni e dalle bandelle nell'aprir la porta! Un'altra  volta spinto dalla curiosità, entrò in un’osteria, e credendo d’aver  a vedere uno che coll’archetto toccasse leggermente le corde di  un violino, vide uno che, fregando il polpastrello d'un dito sopra  l'orlo d’un bicchiere, ne cavava soavissimo suono. Ma quando poi  gli venne osservato che le vespe, le zanzare e i mosconi, non come  i suoi primi uccelli col respirare, formavano voci interrotte, ma  col velocissimo batter dell'ali rendevano un suono perpetuo, quanto  crebbe in esso lo stupore, tanto si scemò l’opinione ch’egli aveva  circa il sapere come si goueri suono; nè tutte l’esperionze già ve¬  dute sarebbero state bastanti a fargli comprendere o credere che  i grilli, giacché non volavano, potessero non col fiato, ma con lo  scuoter l’ali cacciar sibili cosi dolci e sonori. Ma quando ei si cre¬  deva non poter esser quasi possibile cbe vi fossero altre maniere  di formar voci, dopo l’avere, oltro ai modi narrati, osservato an¬  cora tanti organi, trombe, pifferi, strumenti da corde, di tante e tante  sorte, e sino a quella linguetta di ferro, che sospesa fra i denti,  si servo in modo strano della cavità della bocca por corpo della  risonanza e del fiato pel veicolo del suono; quando, dico, ei cre¬  deva di aver veduto il tutto, trovassi più che mai rinvolto nell’igno¬  ranza e nello stupore nel capitarli in mano una cicala, e che né  por serrarle la bocca, nè per fermarle l’ali poteva nè pur diminuire  il suo altissimo stridore, nè le vedeva muovere squame nè altra  parte, e che finalmente alzandole il casso del petto, e vedendovi  sotto alcune cartilagini dure, ma sottili, e credendo cbe lo strepito  dorivasso dallo scuoter di quelle, si ridusse a romperle per farla  chetare, e tutto fu invano, sinché, spingendo l'ago più a dentro, non   10 tolse, trafiggendola, con la voce la vita; sicché neanche potè  accertarsi se il canto derivava da quelle; onde si ridusse a tanta  diffidenza del suo sapere che, domandato come si generavano i  suoni, generosamente rispondeva di sapere alcuni modi, ma che  teneva per formo poterveue essere cento altri incogniti ed inopi¬  nabili.   “ lo potrei con altri esempi spiegar la ricchezza della natura  nel produrre suoi effetti con maniere inescogitabili da noi, quando   11 senso e l'esperienza non lo ci mostrasse, la quale anco talvolta  non basta a supplire alla nostra incapacità   “ Il Saggiatore. Un altro mezzo efficacissimo nel  raccogliere i fatti è Vesperimento, che consiste nel riprodurr e  artificialmente i fenomeni natnrali, per poterli stud iare nelle  c ondizioni p iù fa vorevoli . I vantaggi che lo sperimentare offre  sopra l’osservazione pura e semplice si possono ridurre ai  seguenti :   a) I fenomeni che lo sperimentatore può procurarci sono  più numerosi di quelli offerti dalla pura osservazione natu¬  rale, potendo esso ripeterli e moltiplicarli a sua volontà.  Però l'esperimento non si può estendere a tutti quanti i fe¬  nomeni dell’universo, e molti di essi non si possono in alcun  modo riprodurre. Cosi Galileo potè osservare due volte il più  straordinario e il più misterioso tra i fenomeni celesti: l’ap¬  parizione e l’estinzione totale di stelle fisse, che vincevano  in splendore tutte le altre stelle e i pianeti: anzi una di esse  si vedeva in pieno mezzogiorno. Fenomeni di questo genero  sono assai rari e si sottraggono naturalmente alla prova  dell’esperimento.   b) I fenomeni forniti dall’esperimento sono spesso più  chiari, più evidenti ed hanno un valore dimostrativo assai  maggiore di quelli forniti dall’osservazione, giacché, mentre  la natura procede sinteticamente, e in un medesimo essere si  riscontra una moltitudine d’esseri, in un effetto una molti¬  tudine d’effetti; l’ esperimento invece separa questi elementi,  isola que sti effetti, pres enta un fenomeno separato dai fe no¬  meni concom itanti, rendendone qui ndi più facile l’esame. Cosi  ! osservazione della caduta dei corpi, quale si prosoma in  natura, è difficile o dà risultati assai scarsi; mentre studiando  tale fenomeno come si produce colla nota macchina d’Atwood,  tutti gli elementi e le circostanze di esso si possono rile¬  vare con precisione.   c) Lo sperimentatore può variare indefinitamente il  gruppo delle cause insieme agenti, e raccogliere con tal  mezzo più fàcilmente gli indici rivelatori dei rapporti di cau¬  salità, e ottenere anche fenomeni nuovi, che in natura non  si possono constatare, come la caduta dei gravi nel vuoto,  la liquefazione dell’idrogeno e dell’ossigeno.   Come è fàcile scorgere, anche nello sperimentare, se si  vogliono ottenere buoni frutti, il predominio spetta sempre al potere discernitivo della ragione ; anche in questo campo,  come in quello dell’osservazione pura, la natura non rivela i  suoi secreti e le sue leggi se non al ricercatore illuminato  e guidato dalla luce dell’intelligenza.   3. La ricerca della causa. — U osservazione e 1 ’esperi¬  mento si possono denominare operazioni preparatorie, in  quanto servono quasi a fornire il materiale, il complesso dei  fenomeni, che verranno poi elaborati dall’ induzione per  trarne le leggi generali ; quest’ultimo compito, che ha nella  scienza un’importanza essenziale e ne è il fine più alto, pro¬  cede anzitutto dalla ricerca della causa. Vediamo quindi di  chiarire il concetto di causa, soggetto di tante discussioni  tanto nella filosofia quanto nella scienza dei tempi nostri.   Il principio razionale di causalità consiste nell’afferma¬  zione che « nell’universo ogni fenomeno ha una causa » .  Quindi allorché si presenta un nuovo fenomeno, ossia quando  nell’universo ha luogo un mutamento qualsiasi, dobbiamo  considerarlo come la conseguenza, la continuazione, la tra¬  sformazione d’un fenomeno anteriore. Noi diciamo che esiste  un rapporto causale tra due fenomeni, quando li conside¬  riamo cosi strettamente legati l’uno all’altro, che quando è  dato il primo, l’altro si presenta inevitabilmente. Perciò  mentre nel significato volgare la causa si restringe a indi¬  care il fenomeno antecedente d’un altro fenomeno, a designare  ciò che produsse una cosa o un fatto, invece nel significato  scientifico i due termini causa ed effetto sono correlativi,  l’uno non può sussistere senza l’altro, e il passaggio, la  transizione dal fenomeno antecedente al fenomeno conse¬  guente apparisce come il punto vitale, il « proprium quid »  della causalità. Si giunge così ad affermare l’identità della  causa e dell’effetto, a considerarli come due manifestazioni  d’un’identità fondamentale, benché differenti nel tempo. In  conclusione, si può dire collo Stuart Mill che « la causa è la  somma delle condizioni positive e negative, che, essendo  date, sono seguite da un conseguente invariabile ». Cosi,  quando esprimiamo la legge biologica generale: Vaumento eli  temperatura produce un’azione eccitante su tutti i processi  vitali, vogliamo indicare che se è dato l’aumento della tempelatura, n ® se £ ue > invariabilmente il crescere dell’energia e  della ìapidità del movimento in un essere vivente.   4. Valore del principio di causa. - Il principio di causa  e una ipotesi che è accertata solo fino ad un certo punto  e si può sostenere che non si potrà mai avere una verifica-  zinne completa del principio di causalità per mezzo del-  1 esperienza. Il principio di causalità stabilisce un ideale, che  pei la nostra coscienza non potrà mai avverarsi.   Anzitutto 1 esperienza non può mai dimostrarci che vi  sia tra i fenomeni una continuità assoluta ; giacché in tutte  le evoluzioni che noi possiamo seguire, si trovano sempre  /acune, differenze non spiegate. Quando si sarà spiegato il  passaggio dal fenomeno A al fenomeno B scoprendo ]’ inter¬  mediario k, si avranno due questioni invece di una: come  si spiega il passaggio da A a k e quello da k a B?   In secondo luogo l’esperienza non ci palesa nessuna ri¬  petizione assoluta, la quale sarebbe una condizione necessaria  per applicare la legge di causa. Anche quando noi siamo  convinti che A è la causa di B, non avremo con ciò il di¬  ritto di applicare questo principio ai casi futuri, se non nel  caso che ci rappresentiamo A sempre in modo identico; il  che avviene solo in maniera approssimativa, giacché vi sono  sempre circostanze accessorie, gradazioni infinite, le quali  lanno sì che una data situazione non si possa mai riprodurre  due volte nell’identica forma. Ciò è vero non solo pei feno¬  meni organici, psichici e storici, dove le condizioni e gli  elementi sono assai numerosi, ma anche nel mondo inorga¬  nico: la ripetizione assoluta è un ideale.   In terzo luogo la serie delle cause è infinita precisamente  come sono infiniti il tempo e lo spazio. Ogni arresto nella  nostra investigazione è sempre fortuito o arbitrario; e poiché  secondo il principio di causa, ogni causa diviene alla sua  volta effetto, il volersi fermare ad una causa prima sarebbe  come un contraddire a quel principio; se anche nelle ipotesi  più ardite siamo costretti di fermarci ad un certo punto,  questo non è che un limite di fatto-, noi concludiamo sempre  con un punto d'interrogazione, giacché in virtù del principio  di causa, vi è sempre un nuovo problema da porre e da risolvere. Perciò si può dire in un certo senso che nessun  fenomeno è completamente spiegato.   In realtà però si può sostenere che, anche ammettendo  il pensiero dell’ Hurne che noi non percepiamo mai la causa,  ma solo una successione, tuttavia per un numero estesissimo  di fenomeni la successione è inevitabile e continua, come do¬  vremmo attenderci se il principio di causa fosse vero. (’)   5. Evoluzione del concetto di causa. — L’idea di causa ha una  origine interna, soggettiva, ci è suggerita dalla nostra attività mo¬  trice. Un essere, che per ipotesi fosse puramente passivo e vedesse  o sentisse successioni esterno costanti, non potrebbe avere alcuna  idea della causalità. Tutti i fatti di attività mentale che si mani¬  festano per mezzo di movimenti contribuiscono a far sorgere in  noi l'idea empirica di causa, come azione transitiva e conio muta¬  mento; tra essi quello più importante è la coscienza dello sforzo f.  muscolare, ossia la coscienza d'un complesso di sensazioni prove¬  nienti dalle articolazioni, dai tendini, dai muscoli, dalle variazioni  della respirazione ecc.; e la coscienza dello sforzo consiste sovrat-  tutto nella coscienza AeW'effetto prodotto, alla quale s’aggiunge  T idea confusa d’una creazione che emana da noi, d’una capacità  che noi abbiamo di produrre un fatto nuovo. Noi estendiamo poscia  questa capacità individuale e soggettiva di modificare la nostra  persona e le cose, a ciò che ci circonda, giacché in forza d’una  tendenza istintiva l’uomo suppone intenzioni, volontà, una causa¬  lità analoga alla propria in ciò che intorno a lui agisce o reagisce,  nei suoi simili, negli esseri viventi e in quelli clic pei loro movi¬  menti simulano la vita, come le nubi, le acquo correnti ecc. È  questo il periodo del feticismo primitivo elio s'osserva in tutte le  mitologie e in tutte le lingue; se ne scorgono ancor oggi le trnccie  noi fanciulli, nei selvaggi, negli animali, per es. nel cane che  morde la pietra che lo colpisce, e anche neH’uomo civile, quando  tornando ad essere per un momento un uomo primitivo, va in col¬  lera contro una tavola elio lo urta.   Dalla concezione popolare, pratica, esteriore della causalità  che deriva dal fatto, che ogni mutamento suggerisce all’uomo nor¬  male che no è testimonio la credenza invincibile in un agente noto  o ignoto che lo produce, si passa al secondo periodo, che inco¬  mincia colla riflessione filosofica e si sviluppa col lento costituirsi  delle scienze. Questo cammino si può riassumere nel seguente modo:    ( l ) Hoffding, Psychologie, p. 282. F. Alcan, 1900.     CAPITOLO IX.    97    si spoglia a poco a poco la nozione di causa del suo carattere sog¬  gettivo, umano, senza che si arrivi totalmente a raggiungere  questa meta ideale; si riduce il carattere essenziale di tale nozione  a un rapporto fisso, invariabile, costante tra un antecedente e un  conseguente determinati; si scorge nella causa e nell'effetto non  altro che due aspetti o due momenti d’nn solo e medesimo pro¬  cesso, il che alla fino equivale all'affermazione d’una identità.. (')    6. I quattro metodi sperimentali di G. Stuart Mill. —   Come abbiamo già detto, la scienza non bì ferma alla con¬  statazione e alla descrizione dei fenomeni, ma tende come  ad ultimo fine alla ricerca delle cause, e quindi delle leggi;  queste ultime consistono in rapporti invariabili di succes¬  sione tra i fenomeni, e la causa non è altro che l'antece¬  dente invariabile dell’effetto; quindi la ricerca della causa  e quella delle leggi costituiscono in ultima analisi un unico  problema, o almeno due problemi tra loro indissolubilmente  congiunti, e la soluzione del primo conduce in modo facile  alla soluzione del secondo.   Il problema della ricerca della causa si può esprimere  nel modo seguente; « fra una moltitudine di rapporti di suc¬  cessione, trovare un rapporto di causalità». Ogni fenomeno  che cade sotto i nostri sensi ha per antecedente non solo il  fenomeno che ne è la causa, ma altri fenomeni a questo con¬  comitanti, e in simile maniera ha per conseguenti non solo  il suo effetto, ma altri fenomeni concomitanti di tale effetto.  Quindi il problema da risolvere consiste nel saper distinguere  con esattezza il fenomeno causa tra gli antecedenti che non  sono causa, oppure tra i conseguenti che non sono effetto il  fenomeno che è veramente effetto. Se i fenomeni, invece di  prodursi riuniti in aggregati più o meno complessi, costi¬  tuissero una serie unilineare, noi comprenderemmo con  grande facilità che ogni fenomeno è causa di quello che  segue, ed è effetto di quello che lo precede; ma la roaltà  delle cose è diversa, e bisogna quindi ottenere per mezzo  della ragione ciò che non ci è dato direttamente dalla na¬  tura: ossia bisogna mediante il ragionamento sperimentale   (i) Kibot, L’évolutìon des idée» generai*», p. 202 e Bgg. F. Alcan] in mezzo al complesso dei fenomeni isolare il fenomeno causa  e il fenomeno effetto. I quattro metodi induttivi messi innanzi  dallo Stuart Mill servono in parte a questo scopo; essi sono  il metodo d’accordo, il metodo di differenza, il metodo delle  variazioni concomitanti e quello dei residui.   1°. Metodo d’accordo. — Il canone di questo metodo è  il seguente: Se due o più casi d’un fenomeno concordano  in una sola circostanza, sempre presente, questa è la causa,  del fenomeno.   Sia da ricercare la causa del fenomeno a accompagnato  dai fenomeni ab, preceduti dai fenomeni ABC, nòe diconsi  antecedenti, ABC conseguenti; se in un secondo esperimento  s’ottiene il gruppo ode, preceduto dal gruppo ADE, si può  concludere che A ò causa di a. Infatti non si può affermare  che siano B o C la causa di a, perchè nel primo esperimento  questi mancano ed a invece vi appare ; per una ragione  identica non si possono considerare come causa nò D nè E.  Esempio: più corpi in circostanze differenti, entrano in fu¬  sione e si volatilizzano parzialmente, quando sono sottoposti  ad una forte temperatura: la fusione e la volatilizzazione  dei corpi hanno dunque evidentemente per causa il calore,  unica circostanza comune.   Metodo di differenza. — Il canone di questo metodo  è il seguente: Se un caso nel quale il fenomeno si verifica,  e un caso nel quale non si verifica, hanno in comune tutte  le circostanze meno una, questa presentandosi solo nel primo  caso, la circostanza per la quale sola i due casi differiscono,  è la causa.   Se in un primo esperimento si ottiene il gruppo dei con¬  seguenti abe preceduto dal gruppo degli antecedenti ABC e  in un secondo esperimento si ha il gruppo he preceduto dal  gruppo BC, si può conchiudere che A è causa di a. La di¬  mostrazione in questo caso è assai semplice. Esempio: Tutte  le volte che la pressione atmosferica si esercita nella camera  barometrica, il mercurio si eleva nel tubo .barometrico: sop¬  primiamo questa pressione facendo il vuoto: se vediamo il  mercurio scendere, la causa cercata sarà il peso dell’aria; cosi  pure in tisiologia la funzione d'un nervo si può stabilire con  precisione, quando, tagliato il nervo, cessa la funzione. Metodo delle variazioni concomitanti. — Il canone  suona così: Un fenomeno clie varia in una certa maniera  tutte le volte che un altro fenomeno varia nella stessa ma¬  niera, è una causa di questo fenomeno.   Se in un primo esperimento abbiamo abc preceduto da ABC  e se in un secondo esperimento facendo variare A vediamo  che varia pure a, diciamo che il primo è causa del secondo.   Variando ad esempio la quantità di calore in un corpo,  osserviamo il variare concomitante della sna dilatazione; e  giungiamo così a porre la legge che il calore dilata i corpi;  il calore (antecedente) si assume come causa della dilata¬  zione (conseguente).   4° Metodo dei residui. — Il canone è il seguente: Sot¬  tratta da un fenomeno la parte che si sa per induzioni an¬  teriori essere l’effetto di determinati antecedenti, ciò che  resta fra i conseguenti sarà effetto di quello fra gli antece¬  denti che si è trascurato.   Supponiamo che si abbiano gli antecedenti ABC e i  conseguenti abc. Per induzioni precedenti sappiamo che causa  di b è B e che causa di c è C; resterà che causa di a sia A.   Con questo metodo l’odore sparso nell’aria dall’elettri¬  cità guidò a scoprire l’ozono; così pure, poiché il movimento  d’Urano si spiegava nel suo insieme per mezzo di cause  note, le irregolarità di questo movimento formavano un re¬  siduo che, determinato con precisione, condusse il Leverrier  alla scoperta di Nettuno. Un bell’ esempio di questo me¬  todo è l’induzione con la quale Galileo trovò la causa del  candore cinereo della luna. Le cause possibili sono quattro,  la luce del sole, quella delle stelle, una luce propria, quella  riflessa dalla terra; non può essere la prima perchè si prova  che quella parte della luna nella quale si scorge il candore ci¬  nereo non è illuminata dal sole ; non la seconda, perchè il can¬  dore cinereo si dovrebbe vedere anche nelle ecclissi, il che non  avviene, nè per la stessa ragione può essere la terza. Quindi  la luce riflessa dalla terra è la causa del candore cinereo.   7. Osservazioni intorno ai metodi dello Stuart Mill. —   I quattro metodi sopra descritti, che hanno il loro fonda¬  mento comune nell 'eliminazione di tutte le circostanze che sono la vera causa del fenomeno in questione, hanno per le  ricerche scientifiche in generale un’importanza relativa, la  quale dev’essere ridotta nei suoi giusti limiti, giacché ve¬  diamo spesso il fisico, il chimico, il fisiologo ricorrere, nello  stabilire esattamente la causa d’un fenomeno, a mezzi diversi  da quelli proposti dal celebre filosofo inglese.   Anzitutto è stato osservato giustamente che l’uso di  questi metodi induttivi presuppone due condizioni, che non  sempre si verificano nella realtà, ossia: « che ogni effetto  fibbia una sola causa, e in secondo luogo che gli effetti di  ciascuna causa possano essere tenuti distinti dà quelli delle  altre ». Anche nella % r ita quotidiana noi osserviamo un nu¬  mero considerevole di fenomeni, che possono essere prodotti  d a iiiii cause, tali sono per es. TI movimento, il calore, il   piacei e. la morte : in questi casi è quasi impossibile ridurre  le esperienze in formule così nette e precise, come quelle  che sopra abbiamo rappresentato per mezzo di lettere alfa¬  betiche, ed è molto difficile non omettere qualcuno degli an¬  tecedenti tra i quali vi è la causa che si ricerca; quindi si  comprende facilmente come l a pluralità delle cause renda  difficile il metodo di concordanza, anche quando si moltipli¬  cano le osservazioni e gli esperimenti. Cosi l’ignoranza del  peso dell’aria indusse i fisici ad attribuire al vuoto, o, meglio,  come essi dicevano, all’orrore del vuoto l'ascensione dell’acqua  nelle pompe.   La seconda esigenza rende dubbio il metodo di diffe¬  renza; cosi nelle esperienze fisiologiche i risultati ottenuti  per mezzo della vivisezione rimangono non di rado dubbi,  giacché il fenomeno prodotto dalla soppressione oppure dalla le¬  sione d’un organo, come sarebbe ad esempio, il cervello, non è  sempre da attribuirsi in tutto ad esse, mà è spesso il contrac¬  colpo più o meno lontano prodotto dalla soppressione o dalla le¬  sione d’un determinato organo sopra un altro, o anche sopra  l’insieme dell’organismo preso a soggetto d’esperieuza. Per  questa ragione le precauzioni e le cautele che deve prendere  il fisiologo sono rigorose e infinite, se non vuole cadere in  errore.   Un’altra difficoltà, per citarne ancora una, si presenta  quando avviene che più cause insieme s’uniscano a produrre un medesimo effetto, come il salire d’un areostato nell’atmo-  slera, prodotto dal combinarsi dell’azione della gravità con  altre cause, che non si possono trascurare, se si vuol dare  uua spiegazione esatta del fenomeno; oppure quando la cau¬  salità è reciproca. Non osservando l a reciprocità delle cause,  cadono in errore quelli che sostengono essere il fenomeno  economico la causa unica e diretta del determinarsi degli  altri fenomeni sociali, politici, religiosi, giuridici, artistici e  morali; mentre sono più nel vero quelli che sostengono che  i fenomeni sociali sopra indicati possano alla loro volta eser¬  citare un’azione determinatrice sopra il fenomeno donde  hanno tratto l’origine; così è innegabile che se la produ¬  zione economica stimola il movimento scientifico, questo alla  sua volta con l’invenzione di macchine, di strumenti ecc.  stimola e rende più perfetta la produzione economica.   8. Eccezioni apparenti del principio di causa. — Vi sono due  idoe, che pare si sottraggano all’universalità del principio di causa  o che malgrado lo sviluppo del pensiero scientifico hanno tuttora  molta forza; sono le idee del miracolo e del caso.   J1 miracolo, preso non nel significato religioso, ma nel signi¬  ficato etimologico più gouorale [mirari), è un avvenimento raro,  imprevisto, che si produce fuori oppure in opposizione del coreo  ordinario e naturale delle cose. Però esso non porta alla negazione  della causa intesa nel senso popolare, giacché suppone sempre un  antecedente: la Divinità, o una potenza ignota; ma ammette una  derogazione al determinismo, nega la causa nel senso scientifico;  il miracolo sarebbe la causa senza la legge. Per molto tempo nulla  ò sembrato più naturale del miracolo: nel mondo fisico l'appari¬  zione d'una cometa, le ecclissi e altri feuomoni simili erano consi¬  derati come prodigi e presagi, e tuttora sono causa d’inquietudine  per molte persone; nel campo della vita codesta credenza è più  tenace; nel secolo XVII spiriti illuminati ammettevano ancora gli  errore s o lusus naturar, stimavano la nascita di mostri segno di cat¬  tivo augurio ecc. Peggio avveniva nel campo della psicologia; sono  noti i pregiudizi, così diffusi nell'antichità, non ancora scomparsi,  intorno ai sogni profetici, al mistero onde si è circondato per tanto  tempo il sonnambulismo naturale o provocato e gli stati analoghi.  Infine anche nella vita sociale vi sono molti utopisti, cho pur re¬  spingendo la realtà del miracolo, l'ammettono però con grande facilità nell'ordine politico o ricostruiscono la società umana ab imis  fundanientis seguendo i loro sogni. (')   L’idea di caso è più oscura e controversa. Nel significato vol¬  gare esso è un avvenimento elle non presuppone nè causa nè leggo,  un'eccezione alla regola generale, secondo la quale ogni fatto è un  effetto. Molti pensano che il caso sia uua causa reale, ma oscura e  impenetrabile, un principio di disordine e di confusione, che con  irresistibile potenza agisce nel mondo a dritto e a torto, produ¬  cendo ora con ostinazione capricciosa, una serio continua e strana  di avvenimenti, ora fenomeni isolati e mostruosi. Ma già nell’an¬  tichità Aristotile, intravedendo la verità, scrisse: “ si dice che al¬  cune cose avvengono per caso, altre no, pur sapendo che tanto le  prime quanto le seconde si possono spiegare riferendosi a qual¬  cuna delle cause ordinarie,. Anche Hume af¬  ferma essere il caso non altro che l’ignoranza delle cause vere.  Il Cournot, studiato profondamente tale problema,  dice die “ gli avvenimenti prodotti dall’incontro o dalla combina¬  zione di altri avvenimenti che appartengono a serie indipendenti  le uno dalle altro sono chiamati fortuiti o risultati del caso,. In¬  numerevoli sono gli esempi di questa congiunzione o incrociamento  di due o più serie di cause e di effetti, indipendenti all'origine le  uno dalle altre e non destinate per la loro natura ad una influenza  reciproca; cosi una serie di cause e d’effetti conduce un viaggia¬  tore a prendere un determinato treno e una serie di cause e  d effetti totalmente distinti produce in un luogo e momento deter¬  minato, un accidente che uccide il nostro personaggio. Rappresen¬  tandosi con una linea continua la catena delle ragioni che spiegano  un fenomeno, se questa catena 6 attraversata da un’altra catona e  questa linea vioue tagliata da una linea che parte da un altro  punto, il risultato di tale intersezione è qualcosa di fortuito, un  caso, che non è altro quindi che l'incontro di due serie di cause  non solidali, o non presenta quel carattere di assurdità che si scorge  in un fatto senza causa, giacché suppone il concorso di più cause;  si potrà dire con maggior precisione che è un fatto senza legge.  Tra la definizione del Cournot e quella antica di Aristotile, come è  stato osservato, ( s ) esisto una profonda analogia, e si può almeno  diro che tanto per il primo quanto pel secondo il fortuito consisto  nell'incontro imprevedibile di cause e d'effetti fino a quel punto  indipendenti.    l ) Ribot, op. eit., png. *210.   (2' Da G. Miltiaud e H. Piérox nella Heviie de Métapht/sique et de Morale. Dopo che si è os¬  servato che a’ intenda per causa, è facile comprendere che  cosa s’intende per legge, sempre però nel campo delle scienze  che sono anche dette nomotetiche, appunto perchè mirano  a stabilire leggi. Quando noi esprimiamo giudizi universali,  come i seguenti : tutti gli uomini sono mortali, tutti i raggi  luminosi che cadono sotto un angolo di 30 gradi, sono riflessi  sotto un angolo di 30 gradi; noi vediamo tosto che essi fu¬  rono veri noi passato e saranno nell’avvenire [manto nel pre¬  s ente . Quando il chimico dice che ogni combinazione dello  zolfo con l’ossigeno avviene secondo rapporti fissi di peso,  non si riferisce ad un momento, ad un giorno, ad un anno,  ad un secolo, ma Quindi nello stesso modo   che davanti a giudizi di tal fatta è lecito porre la parola sfM pg£  dominane, si può mettere anche la parola sempre, la quale £ .   richiamerebbe insieme col tempo presente anche il passato ”   e il futuro: sempre e dovunque le combinazioni di zolfo o  (l’ossigeno si sono fatte, si fanno e si faranno secondo rap¬  porti fissi di peso.   Però il tempo presente che si adopera in queste propo¬  sizioni categoriche universali non deve essere inteso nel  senso che indichi una realtà permanente ed eterna', giacché  la scienza considera i fenomeni fìsici e chimici, l’esistenza  degli organismi viventi, le attività psichiche, gli aggruppa¬  menti sociali, c ome semplici possibilità : ossia tutti questi fe¬  nomeni sono, possibili sempre e doni nane, quando ne sian o  date le condizioni, non vuol già dire che siano perpetua-  mente reali; la quale affermazione evidentemente sarebbe erronea. Tediamo di dare le ragioni di questo possibile *  errore.   Posso io dire in forma di giudizio categorico: sempre e  d ovunque i corpi si combinano secondo rapporti fissi di peso?   la combinazione dei corpi è una realtà costante ed eterna ?   No certo; la chimica non insegna forse che «ad una certa  temperatura tutte le attività chimiche sono sospese? Può  esservi stato nel tempo trascorso, potrà esservi nell’avvenire  un periodo di freddo universale nel quale alcuna combina¬  zione chimica non era e non sarà possibile; bisognerebbe  quindi esprimersi con maggior precisione nel seguente modo:  sempre e dovunque, se alcuni corpi si combinano, le loro  combinazioni avvengono secondo rapporti lissi di peso.'   Negli enunciati generali della fisica si può constatare  un fatto simile. Così la legge d’attrazione non si può espri¬  mere per mezzo d’un’affennazione categorica ed universale  come la seguente: tutti i corpi si attirano; ma assai meglio  e in modo più preciso in una forma condizionale: sempre e  dovunque, se due corpi pesanti sono soggetti, senza causa  perturbatrice o inibitrice, all’influenza che essi esercitano  l’uno sull’altro secondo le loro masse, la forza della loro at¬  trazione è direttamente proporzionale al prodotto della massa  e inversamente al quadrato della distanza.   L ’impenetrabilità ci mette in presenza d’un problema  analogo. A prima vista nulla di più categorico di questa as¬  serzione: tutti i corpi nello spazio occupano un posto; che  cos’è un corpo? è un aggregato che ha un certo volume e  una certa stabilità; vi sono corpi, ve ne sono sempre stati  e sempre ve ne saranno. Eppure possiamo chiederci con ra¬  gione se la scienza non deve ammettere come possibile uno  stato dell’universo, nel quale ogni aggregato sarà sciolto e  gli elementi veri verranno separati e rimarranno indipen¬  denti. Non vi sarebbero quindi corpi percettibili per la  nostra mano o per le nostre bilance, non vi sarebbero più  atomi o elettroni ; gli atomi e gli elettroni sono essi impe¬  netrabili? lo sappiamo noi di vera scienza? (*)    (*) A. Isaville, La primauté des jngements condiiiunnels, “ Rovue philos.] In conclusione possiamo dire che alle leggi e ai teoremi  universali conviene non la forma categorica, ma la forma   condizionale, poiché espri m ono affermazioni relative a rap ¬   p orti e ad avveni menti consid erati solo come possibili, ossia  soggetti a determinate condizioni, le quali col tempo pos¬  sono anche venir meno.   2. I caratteri della legge naturale. — Chiarito in tal  modo il concetto di legge naturale, possiamo chiederci: perchè  noi crediamo, anche sulla testimonianza d’un caso solo, che  i casi futuri saranno simili ai casi sperimentati? come da  un certo numero di casi si trae una legge e si estende a * r** 6 "   tutti i casi omogenei possibili? perchè, ad esempio, dopo r '“- y ' m - t, ’ z  aver esperimentato una o più volte che un corpo immerso  in un liquido perde tanto del proprio peso quanto è il peso  del liquido spostato, il fisico passa a stabilire la legge gene¬  rale: sempre e dovunque se un corpo è immerso nell’acqua  perde tanto ecc. ecc.?   Il fondamento logico di quest’affermazione è da ricer¬  carsi in un postulato, cioè in un principio indimostrabile,  c he dev’essere ammesso affinché la realtà riesca comprensi¬   bile : tale postulato è quello deU.’uniformità della indura, il  quale è alla sua volta fondato sul principio dì causa inteso  nel senso che cause simili in condizioni simili producono  effetti simili e sul principio della conservazione della mate¬  ria e dell’energia.   Il postulato àe\Vuniformità della natura, la cui esigenza  era già stata compresa dagli antichi nell’espressione: natura  non facit saltus, non indica già che la realtà naturale è  costante e uniforme, ma che, pur essendo essa in perpetua  evoluzione e trasformazione, i mutamenti incessanti avven¬  gono secondo leggi costanti e uniformi.   Il principio della conservazione dell’energia, che dà alla  scienza contemporanea della natura il suo carattere proprio,  trova la dimostrazione più evidente nella chimica, la quale,  appoggiandosi a tale supposizione, confermata da un gran  numero d'esperienze, afferma che la somma delle particelle  materiali o atomi rimane sempre la stessa in tutti i muta¬  menti che la materia subisce. Perciò quando un corpo riceve nuove proprietà, ciò si spiega per mezzo d’una modificazione  nell’insieme e nelle modificazioni delle parti: produzione o  soppressione d’una sostanza significa aggregazione o disgre¬  gazione d’atomi che già preesistevano, benché in altre com¬  binazioni. Ammettendo quindi che la materia persista attra¬  verso a tutti i suoi mutamenti, si ammette ancora che la  somma dell'energia ossia la capacità di lavoro, di vincere la  resistenza che si manifesta nella natura materiale, rimane sem¬  pre la stessa; e solo in apparenza avviene che l’energia nasca  o si distrugga, come si può dimostrare con qualche esempio:   La forza colla quale una pietra cade a terra dipende  dall’altezza dalla quale cade, e, alla sua volta, l’altezza di¬  pende dalla forza con la quale la pietra era stata sollevata.  Quando la pietra s’è fermata sulla terra, pare che la forza  si perda, giacché la pietra non ha apparentemente il potere  di muoversi dal suo posto; ma, anche allora, il dileguarsi  della forza significa solamente che questa si è convertita in  qualche altra cosa, in calore. Lo stesso fenomeno avviene  quando il movimento non cessa del tutto, ma è solamente  rallentato dall’attrito, giacché la forza perduta dal corpo,  per l’azione dell’attrito, non si perde in modo assoluto, ma  si trasforma in calore. Esperienze ripetute, sempre confer¬  mate, dimostrano che la quantità di forza, o, meglio, d’energia  che scompare sotto una forma, trova il suo equivalente esatto  in un’altra forma, cosicché la stessa quantità della stessa  specie d’energia potrà essere di nuovo restituita, e qualunque  sia la metamorfosi che può subire ciascuna delle differenti  forme d’energia, considerate a parte, la loro somma rimane  sempre la stessa.   L ’importanza di questo principio è grandissima per la  s cienza, benché come legge generale della natura non abbia   ell e un valore ipotetico, giacche, non potenao mai conoscersi   il contenuto totale del la natura, non potrà inai ess ere con¬   fe rmato dall’espe rienza se non in maniera approssimativa. (*)   Esso si deve quindi considerare come~u n~;7r7nc7'»fo o  un 'idea che ci dirige nelle nostre investigazioni. Infatti  quando si presenta ai nostri sensi un nuovo fenomeno, ossia    C) HJmnsc] quando ha luogo un mutamento dentro o fuori di noi, esso  ci invita a scorgere nel nuovo fenomeno non altro che la  continuazione o la trasformazione del primo, o almeno a  ricercare un fenomeno antecedente, del quale sia la conse¬  guenza inevitabile, donde il principio di causalità, secondo  il quale due fenomeni ci appariscono cosi strettamente legati  rimo all’altro, che, dato il primo, l’altro si presenta inevi¬  tabilmente. La formula dell’induzione, ossia la legge scienti¬  fica si può dunque esprimere nei seguenti termini:   1°. Ogni rapporto di causalità è costante.   2°. Il rapporto constatato tra i fenomeni A e B è un  rapporto di causalità.   3°. Il rapporto tra A e B è costante.   Se, come ha dimostrato l'Helmoltz, esiste veramente la legge  di conservazione dell’energia, essa deve valere tanto per la natura  animata, quanto per quella inanimata. Poiché la natura animata,  dice un tisiologo idealista, ( 1 ) è composta della stessa materia del¬  l’inanimata ed è in continuo ricambio materiale con ossa, e poiché  per mezzo delle sostanze assunte certe forme d’energia son traspor¬  tato dalla natura inanimata in quella animata, la leggo di con¬  servazione dell’energia sarebbe interrotta, se nella sostanza viva  l'energia perisse o sorgesse, cioè se la stessa quantità d’energia  introdotta nei corpi vivi, non fosse ridata di nuovo alla natura ina¬  nimata, sia durante la vita, sia dopo la morte.   Studi recenti hanno dimostrato che tutta l’energia assorbita  dall’organismo coila nutrizione dalla natura inanimata, abbandona  poi di nuovo il corpo sotto altre forme; nell’organismo non vi ha  produzione nè perdita d’alcuna minima quantità d’energia.   3. L’evoluzione del concetto di legge. — Nello sviluppo  del concetto di legge si possono distinguere tre periodi prin¬  cipali: quello delle immagini generiche, quello delle leggi  concrete o empiriche, quello delle leggi teoriche e ideali.   Nella prima fase la mente umana si forma una conce¬  zione meccanica della regolarità d’un fenomeno, la quale si  estende ad un numero assai ristretto di avvenimenti: è il  risultato della ripetizione costante o frequente di alcuni cicli,    (*) Verworx, Fisiologia generale, pag. 222, Torino, Bocca] come, ad esempio, del corso del sole, della lima, delle stagioni ;  molti uomini non hanno che questa ombra, questo simulacro  di legge, che riposa sulla pura associazione, sull’abitudine  pratica, sull’ attesa spontanea d’una ricorrenza che è stata  percepita più volte. Questa nozione, quantunque sia assai  umile, tuttavia è stata assai utile nei primi passi percorsi  dall’umanità sul cammino della scienza, poiché ha frenato la  tendenza vivissima dell’immaginazione a popolare il mondo  di cause capricciose e senza regola: è stata la prima affer¬  mazione d’una credenza nella regolarità.   In un periodo posteriore la riflessione e la ricerca me¬  todica fanno sorgere lentamente le leggi empiriche, che con¬  sistono nella riduzione d’un gran numero di fatti in una  formula unica, senza però dare di essi la ragione esplicativa.  Nel corso degli avvenimenti la mente scopre tra due o più  fatti un rapporto costante di coesistenza o di successione, il  quale viene esteso ad altri casi; qui non è del tutto neces¬  saria la costanza, basta la frequenza. La legge empirica è  identica ai fatti, ossia legge e fatti non sono che due aspetti  della stessa cosa. Si assimila facilmente la legge empirica a  un fatto generale; cosi in psicologia si dice: la legge d’as¬  sociazione o anche il fatto generale dell’associazione.   In secondo luogo la legge empirica è non di rado com¬  plessa ; non riuscendo sempre a rinchiudere in una formula  unica e breve molti fatti, essa deve scindersi in più casi e  adoprare lunghe formule per potere contenere i casi parti¬  colari e le eccezioni.   Appaiono infine le leggi teoriche o ideali, che sono le  più astratte e le più semplici; sono costruzioni dello spirito  che divengono sempre più approssimative a mano a mano  che salgono e s’allontanano dall’esperienza; e non possono  essere applicate, discendere dalla teoria alla pratica se non  mediante rettificazioni o addizioni. Per gli spiriti abituati  alla disciplina delle scionze rigorose la legge ideale è la sola  valevole, onde considerano con un certo disprezzo e con certa  diffidenza le formule che sono un semplice riassunto dei ri¬  sultati dell’esperienza.   Il carattere approssimativo delle leggi teoriche deriva  dal loro carattere ideale. Cosi si è detto che « le leggi fisiche sono verità generali sempre più o meno falsate in ogni caso  particolare » ; per es., non è sempre assolutamente vero che un  movimento sia uniforme e rettilineo; la legge teorica delle  oscillazioni del pendolo non si può constatare in modo asso¬  luto, giacché non esiste un mezzo non resistente, una forza  affatto rigida e che non possa estendersi, nè un apparecchio  di sospensione capace di moversi senza attrito; un pianeta  non potrebbe descrivere una ellissi esatta, se non nel caso  che girasse solo intorno al Sole, e poiché vi sono più pianeti  che agiscono e reagiscono gli uni sugli altri, la legge di Ke¬  plero rimane vera solo idealmente. Si sa da ricerche com¬  piute con estrema precisione, che la legge di Mariotte sopra  i rapporti tra la densità d’un gas e la pressione che sop¬  porta, non è rigorosamente esatta in nessuno di essi ; però  tra la teoria e la realtà le differenze sono così tenui, che nei  casi ordinari si possono trascurare. Neppure le leggi della  termodinamica (conservazione dell’energia, correlazione delle  forze) adoperate con tanta frequenza ai nostri giorni pel loro  carattere di generalità e che qualcuno considera come il prin¬  cipio ultimo dei fenomeni, non hanno un valore assoluto; in¬  fatti non è del tutto esatto il dire che ogni cambiamento  dia luogo a un cambiamento capace di riprodurre il primo  senza addizione o perdita. L’enumerazione delle leggi ideali  sarebbe lunghissima.    Oggidì la nozione di legge è comune a tutte le scienze od è  usata nel significato più rigoroso nelle scienze matematiche e fi¬  sico-chimiche. Però non è sempre avvenuto così. Nell'antichità il  termine è adoperato in un senso quasi esclusivamente sociale, giu¬  ridico, morale, per cui si considerano le leggi naturali come norme  impartite ai fatti da una volontà soprannaturale, nello stesso modo  che il legislatore impone ni cittadini il proprio volere con norme  non trasgreditoli; con gli stoici l’idea di legge è trasportata per  la prima volta dai fatti morali ai naturali, e con la scuola epicurea  cominciò a considerarsi come la manifestazione spontanea della  realtà intima dei fenomeni.   Il concetto di legge nel senso moderno si è formato tardi o  assai lentamente; Copernico o Klepero nel secolo XVI si servono  della parola “ ipotesi il Galilei chiama assiomi le leggi fonda-  mentali della natura e leoi-emi quelle che ne derivano secondo la torminologia dei matematici. Descartes  inco¬  mincia la sua filosofia della natura ponendo alcune lìegulae sire  leges vaturales. Newton dice: Axiomata sire leges motti ». L’esten¬  sione della pai'ola logge è dovuta assai probabilmente al bisogno  di stabilire una divisione netta tra gli assiomi astratti dei mate¬  matici e i principi ai quali si attribuisce un valore oggettivo e  un esistenza nella natura. Infine con la celebro delinizioue del Mon¬  tesquieu (1689-1755): “ le leggi sono i rapporti necessari che de¬  rivano dalla natura dello cose, il concetto di logge ha preso il  più alto grado di generalizzazione.   Un altro fatto degno d’osservaziono è il seguente : Cartesio  chiama lo leggi della natura 41 regolo „ in quanto esse servono a  spiegarci i fenomeni; lo chiama “ leggi „ in quanto Dio le ha sta¬  bilite all'origine dell’universo come proprietà della materia. Tiù  tardi la natura pronde il posto di Dio; il che è una sopravvivenza  d una concezione panteistica del mondo; poscia predomina la ten¬  denza a designare lo leggi coi nomi dei loro scopritori: legge di Ma-  riotte, di Oay-Lussac, d'Avogadro, di Weber ecc. Nel secolo XVII  è Dio che stabilisce le leggi della natura; nel XVIII è la natura  stessa; nel XIX sono gli scienziati stessi che si assumono un tal  compito.   4. Cenno storico della teoria logica dell’induzione.—   Benché abbia avuto il suo massimo svolgimento nella scienza  moderna, tuttavia la teori a logica dell’induzione risale al-  l’antichità, e la vediamo formulata per la prima volta da Ari¬  stotile, pel quale l’induzione è il procedimento opposto al sil¬  logismo deduttivo, e consiste nel ragionamento che procede  -  biamo tenerci lontani dai pregiudizi e dalle illusioni, ch’egli  chiama Mola e distingue in quattro classi : Mola tribus, che  derivano dalla natura e dalle tendenze proprie dell’uomo;  Mola spedis prodotti dal carattere e dalle particolarità in¬  dividuali proprie di ciascun nomo; Mola fori, che sono gli  errori che sorgono dal commercio cogli altri uomini, special¬  mente per mezzo del linguaggio; Mola theatri, cioè gli errori  che si ricevono per la via della tradizione, dell’insegnamento  e dell’autorità altrui, quando si accolgono senza critica.   Liberato il terreno da questi ostacoli, sarà assai piè  agevole salire dai fatti constatati per mezzo dell’osservazione  e dell’esperimento alle leggi; in ciò consiste la vera induzione,  che egli considera come la via migliore per costruire la  scienza.   Egli però non attribuisce alla parola legge il significato  odierno, ma il senso d’una semplice generalizzazione empi¬  rica; d à valore di prova solo all’induzione completa, all’enn-  merazione compieta, che nella maggior parte dei casi non è  possibile, dimodoché non è mai stata adoperata da nessuno  dei grandi maestri della scienza. Si è osservato giustamente  che l’induzione baconiana trascende in un volgare empirismo,  poiché, c oncedendo minima importanza al ragionamento, non  ci permette di vedere distintamente se la connessione osser¬  vata tra vari fenomeui è puramente casuale e sarà contrad¬  detta da ulteriori osservazioni, o se dipende da ragioni pro¬  fonde che fanno estendere il principio generale ottenuto anche  a fatti non ancora esaminati.   Bacone dichiara che la scoperta di nnove verità può ottenersi  soltanto per mezzo d’una raccolta metodica di fatti, la quale deve  essere fatta in modo da distinguere i fatti in tre categorie, dispo¬  nibili in tre tabelle differenti. La prima, che vien chiamata tabula  essentiae et presentine, contiene esempi concordanti nella presenza  del fenomeno che si vuole investigare; la seconda detta tabula de-  clinationis sive absentiae in proximo contiene esempi che mancano  nel fenomeno, ma che sono connessi cogli esempi in cui il feno¬  meno accade, ciascun esempio corrispondendo per quanto è possi¬  bile a quelli già inclusi nella primn tavola. La terza, che prende il nome di tabula graduimi si ve tabula comparativa, comprende i  fenomeni in cui il carattere ricercato si trova in grado più o meno  intenso, sia elio la variazione avvenga nollo stesso soggetto, sia che  in diversi soggetti paragonati fra loro.   Come è facile accorgercene, il procedimento induttivo viene in  tal modo sottoposto a troppe lungaggini, che ne rendono l’uso assai  difficile o poco pratico, benché Bacone abbia con lo sue tavole in¬  traveduto i tre primi dei quattro metodi dello Stuart Mill.   5. Galileo Galilei e G. Stuart Mill. — Il creatore del me¬  todo sperimentale è BONAIUTI Galilei che vide più  chiaramente di Bacone il vero carattere dell’induzione e seppe  accoppiare ad una mente critica e indagatrice di supremo  valore un’abilità insuperabile nello sperimentare. « Noi salu¬  tiamo oggi il Galilei (cito a bello studio le parole non so¬  spette d’uno straniero) come il vero fondatore della scienza  della natura, alla quale egli ha dato il metodo più acconcio;  noi salutiamo in lui lo scopritore della legge della caduta  dei gravi, con la quale ha posto la base alla scienza del movi¬  mento, alla dinamica, e ha aperto in tal modo la prima porta  a tutta la fisica; con profonda ammirazione pensiamo alle  sue osservazioni astronomiche, e sopratutto alla scoperta dei  satelliti di Giove, delle stelle Medicee, mondo copernicano  in piccolo: egli stesso visse e soffri per la dottrina di Co¬  pernico, per la conoscenza scientifica dell’universo. Il metodo  tjalileiano, cioè il metodo sperimentale che riunisce armoni¬  camente l’induzione e la deduzione, l’esperienza e il pensiero,  rappresenta, come ha già affermato Emmanuele Kant, una  rivoluzione dell’indagine scientifica; l’antica filosofia naturale  è condannata, per lasciare il posto alla moderna scienza. Tutta  l’opposizione fra questa e quella, il progresso grande fra l’una  o l’altra si può esprimere con brevi parole: invece di chie¬  dere: perchè cadono i corpi, da quale specie di impulso, da  quale ignota causa vengono sospinti ; il Galilei si pone il pro¬  blema : come cadono i corpi, secondo quale legge. Questo mu¬  tamento in apparenza leggero nel porre la questione scien¬  tifica separa due età della conoscenza umana, collocando al  posto dell’inutile e ingannevole ricerca intorno all’essenza  delle cause il s olo compito possibile di indagare e ritrovare  l e leggi dei fenomeni » . (')    0) A. Riehl, Philosophie der Gegenwart, pag. 33 e seg., Lipsia, Teubner, 1903.  Morselli, Principi di Logica — 8        114    PRINCIPI DI LOGICA.    Il Galilei concepisce le forze naturali come capaci di  peso e di misura nelle loro azioni, e dice quin di essere la  natura scritta in caratteri matematici, e i caratteri essere  t riang oli, centri e altre figure geometriche, e quindi senza  questi mezzi essere impossibile di intenderne umanamente  parola; adopera i sensi nelle esperienze, l’immaginazione per ^  rappresentarci all’intelletto le apparenze possibili o avverate  dei corpi, la ragione tanto nell’indagare le intime leggi del  pensiero, quanto a ricercare con le matematiche le leggi in¬  telligibili del mondo esterno, essendo ogni cosa creata con  peso, numero e misura. Egli sottomette all’analisi ogni ben¬  ché minimo accidente, con instancabile pazienza r ipete l’os¬  s ervazione e l’esperimento variando le circostanze e rimovendo '  g li ostacoli che ne potessero diminuire la sincerità. Tutte   queste precauzioni, dice il Fiorentino, sarebbero rimaste inu-j  tili, senza quella geniale divinazione dell’ingegno, che, quasi  lampo attraverso d’una nuvola squarciata, gli faceva alla lon¬  tana intravedere la possibile causa d’un fatto. Vede oscillare  una lampada, ne osserva i movimenti equabili, li misura ai  battiti del polso e corre col pensiero all’ isocronismo del pen¬  dolo. Si sovviene aver veduto nelle tempeste cadere piccoli 1  grani di grandine misti con mezzani e con grandi, tutt’ in¬  sieme, nè gli uni aver anticipato l’arrivo in terra a prefe¬  renza degli altri e medita la legge della caduta dei gravi.  Raschia con uno scarpello di ferro tagliente una piastra  ottone per levarle alcune macchie, e movendolo con velocità  sente fischiare ed uscirne un sibilo molto gagliardo e chiaro;!  guarda su la piastra e vede un lungo ordine di virgolette!  sottili, egualmente distanti l’una dall’altra; rifà l’esperienza  e s’accorge che il fischio s’ode soltanto quando più veloce vi  striscia, più inacutisce il suono e più inspessisconsi le vir¬  golette; ed eccolo pensare alle proporzioni delle onde sonori  ed alla teorica degli accordi musicali. Il pensiero e il senso  la natura e la ragione si trovarono riunite nell’ingegno del  sommo Galilei, ed a questo propizio congiungimento si del:  bono le sue maravigliose scoperte : non trascurar nulla di  ciò che la sensata sperienza ci porge ; nè d’altra parte ar¬  restarsi impigliato nell’immediatezza del fatto; tale fu la  giusta misura ch’egli seppe trovare tra le angustie del senso        CAPITOLO X.    115    o gli sfrenati ardimenti del vuoto intelletto ( B . Telesin,  voi. II).   Nel secolo XIX una trattazione profonda e singolare  della teoria induttiva è data dall’ inglese John Stuart Miti  (1806-1873), che definisce la logica « la scienza delle opera¬  zioni intellettuali che servono all’estimazione della prova,  ossia la scienza del procedimento generale che va dal noto  all'ignoto, e delle operazioni ausiliario di quell’operazione  fondamentale » .   Salire dal noto all’ignoto significa ragionare, e ragionare,  in senso esteso, è sinonimo d’inferenza, la quale, come ab¬  biamo già detto, nella sua forma originaria va sempre dal  p articolare al particolare: la logica ci mostra appunto come  da questa forma primitiva e irreducibile di ragionamento  spunta l’induzione scientifica ossia quella che va dal parti ¬  colare al generale. Il carattere essenziale di quest’ultima con¬  siste nel concludere che « ciò che è vero in un caso partico-  c olare sarà trovato vero in tutti i casi che rassomigliano al   p rimo * . E chiaro che una tale operazione ha come prejmp-   pjgjounpostulato, giacche per credere che ciò che s^pro -  d otto in un caso particolare si riprodurrà in tutti i casi simili,   bisogna prima ammettere « che vi sono in natura casi paral-   leli, che ciò che è avvenuto una volta avverrà pure in circo¬  stanze simili e avverrà tutte le volte che le stesse ciscostanzo  si ripresenteranno » o, in altre parole, è necessario credere  che i l corso della natura è uniforme, e l’uniformità della na¬  t ura alla sua volta riposa su l principio della causalità uni¬  versale che, secondo il Mill, trae la sua origine dall’esperien za"  Egli censura la definizione comune della causa ; gi aedi è, "se   due fenomeni che si succedono in ordine di tempo fossero  l’uno causa dell'altro, bisognerebbe dire che il giorno è la  causa della notte e viceversa; invece noi sappiamo bene che  tale successione è soggetta a una condizione, il levarsi del  sole sull’orizzonte; è quest’ultimo fenomeno quello che fa suc¬  cedere la luce alle tenebre e, se venisse a mancare, non ve¬  dremmo più il giorno alternarsi alla notte. Bisogna quindi  definire la causa d’un fenomeno « l' antecedente o la riunion e  d’ antecedenti, di c ui il fenomeno è invariabilmente e incon¬  dizionatamente la conseguenza. Dopo l'apparizione dell'opera capitale del Alili “ Sistema di  logica, si La una vera fioritura importante di opere che trattano  di questioni logiche, e in particolare della teoria induttiva; frale  più importanti noteremo le seguenti: A. Baiu, La logique induttive  et deductive (trad. dall’inglese); Dii fondement de l'induction di  S. Lacheli er (2" ed. 1896); Cristoforo Sigw art. Logik (3“ ed. 1904);  Guglielmo Wundt, Logik (2* ed. 1893-95).   Degna di nota è la dottrina della contingenza sostenuta in  Francia da una schiera valorosa di pensatori, tra i quali emergono  Emilio B outro ux ed Enrico Bergson. Secondo tale dottrina la con¬  tingenza è al fondo della natura, e l a necessità dello leggi naturali  è solame nte r elativ a, perchè la coni» non spiega mai tutto l'effetto,  e se questo facesse una cosa sola con la causa, non si potrebbo  considerare come un vero effetto. Si osserva quindi che nella na-  turn ad ogni grado s'a ggiu nge sempro qualch e cosa di nuovo.qual-  che elemento che non si trova nel grado precedente : cosi la co¬  scienza s'aggiunge alla vita, la vita alla materia, nella materia lo  proprietà fisiche e chimiche s’uniscono allo proprietà matemati¬  che ecc. ecc. La contingenza che si nota in ogni forma de ll’eBsere  è il segno manifesto della libertà che agisce nel mondo dei feno¬   meni; ossa scuote il postillato che rende inconcepibile l'intervento  della libertà nel succedersi dei fenomeni, la massima secondo la  quale nulla si crea o nulla si distrugge; essa ci porta ad ammet¬  tere uua libertà che discenderebbe dalle regioni soprassensTbili, per  mescolarsi ai fenomeni e dirigerli per vie impreviste. ( l )   La tendenza ad estendere la liber tà e la conti ngenza ai feno-  meni della natura o dell'uomo tocca il minto culminante nella dot ¬   trina del Bergso n, pel quale gli stati psichici profondi, quelli elio  formano la baso fondamentale dello spirito, costituiscono un’etero¬  geneità assoluta: essendo ciascuno qualche cosa di unico nel suo  genere, non diviene uè causa nè effetto, non potendo la causa ri¬  produrre sè stessa; e non ha alcun rapporto colla quantità, essendo  qualità pura; alla quantità egli oppone la qualità, al meccanismo  dello spirito il dinamismo, allo spazio la durata pura, al determi¬  nismo la libertà. Però una tale questione esco dai limiti della lo¬  gica, per entrare nel campo della metafisica.   Uno dei seguaci del Bergson, il Le Roy, afferma che l e leggi  s cientifiche diventano rigorose solo un mulo si trasformano in con- 1   vonzione e si appoggiano a circoli viziosi: il corso degli avvenimenti   è regolare, abituale, ma non necessario; cosi la legge della caduta  dei gravi ha valore, ma solo quando forze estranee non la turbano:    ( ! ) Boutroux, De la contingence des loie de la nuture, pag. 149. F. Alcali] la conservazione dell’energia s’applica solo ai sistemi chiusi, i quali  sono quelli appunto in cui l'energia si conserva.   Importante nel movimento del pensiero contemporaneo, è pure  la teoria di Ernesto Mach, fìsico e filosofo illustre. Questi pensa  elio le scienze fisiche c naturali non sieno altro elio descrizion i di  fatti naturali, ossia di fatti di coscienza, di sensazioni, e che quindi   tra il mondo della materia e Quello dello spirito non viT~) Euyssex] Ma, è stato osservato, le forze naturali e il tempo ba¬  stano per spiegare le irregolarità della crosta terrestre, senza  ricorrere ai cataclismi; nè si può affermare che il periodo  attuale risalga solo a sei mila anni, ma a molte migliaia di  più; inoltre a periodi differenti non corrispondono specie dif¬  ferenti, poiché certe specie appaiono in diversi strati suc¬  cessivi, mentre altre si sono estinte prima che avesse fine  l’epoca alla quale appartenevano. Queste ed altre obbiezioni  pur gravi fecero tramontare l’ipotesi del Cnvier, della quale  prese il posto e si diffuse rapidamente quella del Darwin,   Bisogna risalire fino al Rinascimento, per trovare i primi  tentativi d’interpretazione del mondo organico per mezzo del¬  l’evoluzione naturale. Se no trovano accenni in opere di scien¬  ziati e filosofi appartenenti alle scuole più diverse, in Giordano  Bruno, in Guglielmo Leibniz, in Antonio Cesalpiuo, nel Buf¬  fon, nel Goethe, e più chiaramente nel Damarli ecc. Il Darwin  ebbe il merito, senza dubbio, grandissimo di aver saputo met¬  tere. insieme tutti i fattori dell’evoluzione organica : vide nella  lotta per l’esistenza la causa della selezione naturale, a cui la  variabilità offre la materia, che poi l’eredità trasmette; accanto  a questi fattori principali pose come fattori ausiliari l’azione  dell’ambiente sull’organismo, l’influenza dell’ uso e del non  uso degli organi, la scelta sessuale, la legge di correlazione  di sviluppo.   L 'influenza dell’ambiente è la causa più in vista; piante  e animali si modificano mutando clima e paesi; di tutti gli  esseri viventi sopravvivono solo quelli che sanno adattarsi  all’ambiente.   Gli animali debbono lottare non solamente contro il suolo  e il clima, ma anche fra di loro: le piante sembra che si  contendano i raggi del sole e il nutrimento della terra; gli  animali adoprano l’intelligenza e l’energia che possiedono per  procurarsi da vivere; gli uccelli da preda provvedono alla  propria esistenza mettendo a morte gli uccelli più piccoli e  più deboli; questi alla lor volta si nutrono di insetti, i quali  vivono a spese del regno vegetale; dimodoché tutti gli esseri,  dall’animale più perfetto alla pianta, si movono di continuo  una guerra violenta e accanita; e in questa lotta per resi¬  stenza vincono i più forti e i più fecondi. I caratteri che assicurano il trionfo degli individui e delle specie si svilup¬  pano producendo nell’organismo modificazioni più o meno pro¬  fonde, giacché le diverse parti delPorganismo sono così stret¬  tamente collegate fra di loro, che i mutamenti che accadono  in una si fanno sentire più o meno anche nelle altre, donde  la legge di correlazione di sviluppo ; infine Veredità fissa nella  specie i caratteri acquistati dall’individuo. In tal modo la  selezione naturale, mediante continue modificazioni, conduce  ad una trasformazione continua e progressiva degli esseri ani¬  mali e vegetali, assicurando la sopravvivenza dei più perfetti.   L ipotesi darwiniana, appoggiata ad una grandissima  copia di fatti, di osservazioni e di prove, contribuì a spie¬  gare molti fenomeni che fino allora erano rimasti senza spie¬  gazione, oppure erano stati spiegati in modo imperfetto; non  è quindi a meravigliarsi se oggi essa è accettata dalla mag¬  gior parte dei naturalisti come legittima; benché le differenze  nel modo di intenderla siano assai gravi, e benché abbia se¬  gnato il principio d’una rivoluzione radicale nell’ interpre¬  tazione scientifica della natura. E se oggi la selezione naturale  solleva non poche obbiezioni e appare di per sé sola insuffi-  cente a spiegare tutti i fenomeni della vita organica, tuttavia  i principi messi innanzi dal Darwin devono figurare come  la regola il « metodo » generale che bisogna seguire nell' in¬  terpretazione dei fenomeni naturali. (*)   5. L’analogia. — Il procedimento analogico ha pure,  come abbiamo già accennato, molta importanza nella ricerca  scientifica. La parola « analogia » ha però bisogno d’esser  chiarita nei suoi significati essenziali, affinchè si possa com¬  prendere il valore che essa possiede nella ricerca scien¬  tifica.   Nel linguaggio volgare tale vocabolo s’adopera general¬  mente come sinonimo di somiglianza, mentre in realtà non  è che ima forma imperfetta di somiglianza. In tutte le  scienze si possono ritrovare esempi d’analogia. Cosi nella  chimica vi sono corpi analoghi, cioè capaci di combinarsi con  un altro corpo dato, producendo composti paralleli ; in fisica    0) De Sablo, Studt di filosofia coni., pag. 143. Roma, Loeschcr] il suono è analogo alla luce, avendo amendue un carattere  comune che è la vibrazione, malgrado la differenza del  mezzo che serve di veicolo.   L’analogia riesce ancor più evidente e frequente negli  esseri viventi; così malgrado le differenze grandi che a  prima vista passano tra un uomo e un uccello e tra un  uccello o un pesce, pure la loro struttura è analoga, poiché  tutti constano d’nna serie di segmenti vertebrali, che for¬  mano appunto la colonna vertebrale; hanno tutti un capo  che è collocato all’estremità anteriore di questa colonna, un  tubo digestivo che ne percorre tutta la lunghezza e una  certa quantità d’organi che si corrispondono a vicenda.   L’analogia, considerata come un procedimento dello spi¬  rito che mira a nuove cognizioni, si può dire un’ inferenza  che da una rassomiglianza constatata di alcuni punti con¬  chiude alla rassomiglianza su altri punti; è un procedimento  instabile, ondeggiante e multiforme, che può dar luogo ad  aggruppamenti imprevisti e ad invenzioni originali, come ci  dimostra la storia delle scoperte scientifiche, e in generale  tutti i prodotti della fantasia e dell’immaginazione. Negli  spiriti poco precisi e rigorosi nelle loro osservazioni Yana-  logia si fonda per lo più sopra il numero degli attributi pa¬  ragonati, benché non sia raro il caso di analogie singolari  basate su pochissimi caratteri comuni; cosi un bimbo vede  nella luna circondata dalle stelle una madre colle sue figlie ;  gli aborigeni dell’Australia, racconta un viaggiatore, chia¬  marono un libro una « conchiglia », perchè si apriva e si  chiudeva come la valve di questo animale.   L’analogia è più profonda quando ha per base la qua¬  lità o il valore degli attributi messi a confronto; allora s’ap¬  poggia sopra un elemento variabile che oscilla dall’essenziale  all’accidentale, dalla realtà all’apparenza; cosi tra i cetacei  e i pesci le analogie sono molte pel profano, tenui pel natu¬  ralista.   6. Valore dell’inferenza analogica. — L’analogia può ri¬  ferirsi ai termini oppure ai rapporti', cosi se da una rasso¬  miglianza di natura fra due organi si inferisce la rassomi¬  glianza delle funzioni, nella prima rassomiglianza abbiamo un’analogia clie si riferisce ai termini; nella seconda ima  analogia elle si riferisce ai rapporti.   L’inferenza analogica si distingue dall’induzione per due  caratteri principali:   1° L’analogia è in realtà una deduzione fondata sopra  una precedente induzione, benché in apparenza proceda dal  particolare al particolare. Sieno per esempio i fenomeni A  e B che abbiamo in comune i caratteri a b c d ; constatando  nel primo un quinto carattere x, posso inferire che esiste  pure un’analogia fra i due fenomeni anche rispetto al ca¬  rattere x, ossia affermo che anche in B si trova quest’ul¬  timo carattere; per es. Franklin nota che alla scintilla elet¬  trica e al fulmine sono comuni alcuni caratteri, e conclude  che hanno pure comune la causa, donde la scoperta della  causa del fulmine e del mezzo per mitigarne gli effetti. Bi¬  sogna però notare che il legame che esiste tra i caratteri  a b c d e il carattere x dev’essere costante e necessario, ossia  deve avere il valore d’una legge ottenuta mediante il pro¬  cedimento induttivo; non dev’essere un fatto accidentale,  giacché, come è facile comprendere, in tal caso l’analogia  non sarebbe possibile o sarebbe per lo più errata. Molti er¬  rori di ragionamento che commette l’osservatore volgare o  poco circospetto dipendono spesso da false analogie.   2°. Uanalogia è sempre ipotetica, mentre ciò non si può  dire dell’induzione. Se per es. io osservo sulla terra i carat¬  teri abed. l’atmosfera, il calore, l’umidità e la vita, e con¬  stato nel pianeta Marte i caratteri abe, sono tratto a inferire  che anche in Marte esiste il carattere d, ossia la iuta; però  evidentemente questa inferenza è ipotetica, e rimarrà tale  finché l’esperienza non ne abbia provato la verità.   Quindi il ragionamento analogico è di uso assai delicato,  e può condurre ad errori assai frequenti anche nell’osserva¬  zione scientifica, come ce ne fanno fede tanto le scienze che  hanno per oggetto lo studio della natura, quanto le scienze  storiche. Un esempio celebre di fallaci analogie è quella già  citata di Newton intorno alla luce; è pure fallace quella che  Platone stabili fra lo stato e l’individuo, in forza della quale  conchiude che debbono esservi tre categorie di cittadini :  servi, guerrieri, reggitori, come vi sono tre facoltà dello spirito, sensibilità, affettività, ragione; Platone non volle vedere  che le proprietà osservate nell’individuo non corrispondono  esattamente alle funzioni esercitate dallo Stato ; in un errore  simile sono caduti recentemente quegli studiosi che hanno  stabilito un’analogia molto stretta fra l’organismo e la società  e hanno affermato che le funzioni sociali debbono corrispon¬  dere alle funzioni dell’organismo, riconoscendo nella società  un cervello, i tessuti, la circolazione del sangue, un sistema  nervoso, muscolare ecc.   7. La logica dell' invenzione. — Per ben comprendere la  scienza nei suoi caratteri essenziali, per coglierne lo spirito  sotto le apparenze superficiali, bisogna ancora considerare  brevemente l 'invenzione, la ricerca creatrice, la quale non  di rado trascura i metodi, le forme e le vie comuni dell’in¬  dagine, giacché il lavoro della mente che crea si compie  spesso come in un’atmosfera nebbiosa e oscura, spinto quasi  da un presentimento della verità che è anteriore al possesso  chiaro e cosciente di questa. In qualche caso lo spirito del-  l’ inventore è avvolto dalle contraddizioni, non ha la coscienza  ben chiara di ciò che compie e dello scopo a cui mira, manca  di rigore, di precisione, d’evidenza; spesso nello scoprire una  verità, grazie alla potenza intuitiva del suo ingegno, salta  a piè pari gli anelli intermedi che congiungono una verità  con un’altra, senza curarsi in nessun modo della continuità  e della concatenazione dei suoi ragionamenti. La storia ci  prova ampiamente che una conclusione nuova e giusta è uscita  spesso da falsi ragionamenti, che un edificio creato dalla nostra  mente può essere esatto, mentre ne sono false tutte le singole  parti; non so quale scienziato ha un giorno esclamato: « Io  non vorrei raccontare il succedersi dei miei pensieri in una  ricerca, perchè mi potrebbero giudicare o un imbecille o un  pazzo » . L’amore esclusivo dell’ordine, della chiarezza, della  logica razionale, l’orrore per la contraddizione, che si ritro¬  vano negli spiriti comuni e mediocri, sono non di rado assenti  nei- grandi inventori.   Il Turgot, uno dei più saggi filosofi del secolo XVIII  ha scritto : « Se si elevassero monumenti agli inventori nelle  arti e nelle scienze, vi sarebbe un minor numero di statue per gli nomini, che pei fanciulli, per gli animali, e soprattutto, 4  per la fortuna » .   L’importanza del caso nelle invenzioni scientifiche è •]  stata spesso esagerata, e va messa nei suoi giusti limiti; esso 1  va inteso in un doppio senso:   1°. In senso largo, il caso dipende dalle circostanze inte- I  riori e psichiche. Si sa che una delle migliori condizioni per I  inventare è l’abbondanza dei materiali, l’esperienza accumu- j  lata, un periodo preparatorio lungo, complesso, laborioso, par- I  ticolare o generale, che rende poscia lo sforzo efficace e facile; I  nel dominio del pensiero, come negli altri campi, non esiste 9  generazione spontanea.   Le confessioni degli inventori non lasciano alcun dubbio 9  intorno a questo punto, cioè intorno alla necessità d’un gran I  numero di schizzi, di saggi, di abbozzi preparatori, sia che i  si tratti d’uua macchina o d’un poema, d'un quadro o d’uu J  edificio ecc. ; un’ incubazione profonda precede sempre l’e&pvjxa. 1  Qui il caso ha la sua funzione incontestabile, ma dipende • J  infine dall’ individualità, e da questa spunta la sintesi impre- M  vista di idee che costituisce la scoperta.   2°. 11 caso, in senso limitato, preciso, è un accidente for- 1  tunato che suscita l’invenzione, ma che non ha in questa il  merito maggiore : si può dire che sia piuttosto la convergenza jj  di due fattori, l’uno interno, il genio individuale, l’altro 9  esterno, l’avvenimento fortuito. È impossibile determinare 9  tutto ciò che l’invenzione deve al caso inteso in questo senso;*  certo nell’ umanità primitiva l’efficacia ne deve essere stata I  enorme: la scoperta del fuoco, la fabbricazione delle armi, degli*  utensili, la fusione dei metalli sono state suggerite da accidenti 9  assai semplici, come, per esempio, la caduta d’un albero attra- 1  verso un corso d’acqua può aver suggerito la prima idea d’un 9  ponte. Nei tempi storici la raccolta dei fatti autentici forme-'®  rebbe un grosso volume; chi non conosce il pomo di Newton,   la lampada del Galilei, la rana del Galvani? Huyghens ha I  dichiarato che senza un concorso imprevisto di ch’costanze, 9  l’invenzione del telescopio avrebbe richiesto un « genio so-*  vrumano », mentre si sa che è dovuta ad alcuni bimbi che®  giocavano con vetri nel laboratorio d’un ottico; lo SchònbeinH  scopre l’ozono grazie all’odore fosforico dell’aria quando è attraversata da scintille elettriche; si dice che la vista d’un  granchio abbia suggerito a Giacomo Watt l'idea d’una mac¬  china ingegnosa. Le scoperte di Grimaldi e di Fresnel sulle  interferenze, quelle di Faraday, Arago, Foucault, Fraunhofer,  Kirchhoff e di altri cento debbono qualche cosa al caso.   L’ufficio del fattore esterno è chiaro, mentre è men chiaro  quello del fattore interno, benché sia capitale. Infatti lo stesso  avvenimento fortuito passa davanti a milioni d’uomini senza  suscitare nessuna idea nuova. Quanti Pisani avevano visto  oscillare la lampada nel celebre Duomo prima del Galilei! Il  caso fortunato tocca solo a quelli che lo meritano ; per profit¬  tarne occorre prima un acuto spirito d’osservazione, l’atten¬  zione sempre desta e vigile, infine, se si tratta di invenzioni  scientifiche o pratiche, la penetrazione che coglie i rapporti  tra le cose e avvicina caratteri ed elementi, che nessuno aveva  pensato di riunire; in conclusione il caso è un’occasione, non  un agente di creazione. (*)   Il Voltaire attribuiva ad Archimede tanta immaginazione quanta  a Omero; A. Baili, C. Bernard, Th. Ribot hanno poscia determinato  con una certa precisione l ’importanza che l’immag i nazione ha nell e  scienze. Tra i caratteri essenziali dell’immagi nazione, il cui mec¬  canismo sempre e dovunque è presso a poco lo stesso, sono note¬  voli i seguenti:   1°. Un’invenzione qualsiasi ha sempre i caratteri d’un’opera  d’arte, e nella sua unità rassomiglia ad un organismo vivente; essa  non è mai ottenuta mediante un lavoro d'intarsio discorsivo, ma è  il frutto d'un pensiero intenso e profondo più che metodico e mi¬  nuzioso.   2°. Ogni inventore è un uomo d’azione; il suo pensiero, cosi  diverso da quello del contemplatore o del critico, va dritto, rapido,  è essenzialmente concreto e specifico, flessibile, prudente, capace  di adattarsi al variare delle circostanze e alle minime indicazioni  dell'esperienza. Si sa che l'abbondanza dei ricordi non è una con¬  dizione sufficiente uè necessaria per creare; si è anzi osservato che  un’ignoranza relativa è qualche volta utile per innovare, e favorisc e   l’audacia; vi sono invenzioni scientifiche elio non si sarebbero fatte   séTIoro autori fossero stati trattenuti dai dogmi e dalle opinioni  Ribot, L'imagination créatrice, p. 137. F. Alcali] dominanti nei loro tempi e ritenuti come incrollabili ed eterni. La  mente dell’inventore mira al fatto, al risultato.   3°. La facoltà inventiva per eccellenza, come ha osservato il  Bain, consiste nella facoltà di identificare, di percepire somiglianze  e differenze, e suppone quindi una singolare attitudine a pensare  per analogie e por immagini; lo scienziato non si distingue in questo  punto dal poeta.Il metodo sistematico ha  per fine essenziale di dare alle cognizioni scientifiche un ordi¬  namento razionale e di ottenere la prova della verità. Me¬  diante queste operazioni l’insieme dei fenomeni che costitui¬  scono l’oggetto di lina scienza diviene un complesso ordinato  nel quale tutte le parti hanno relazione e dipendenza reciproca.  Al primo ufficio la logica soddisfà con la teoria della defi¬  nizione e della divisione, che comprende la classificazione ; al  secondo con la teoria della prova e dei principi di prova.  Quest’ultimo ufficio viene anche attribuito ad una parte spe¬  ciale del metodo, che appunto dicesi dimostrativo.   In tutte le scienze tali operazioni hanno molta impor¬  tanza per diverse ragioni: una raccolta di fatti e di cogni¬  zioni, come possiamo osservare nella tìsica, nella botanica,  nella zoologia ecc., quando viene fatta con ordine sistematico,  mette in maggiore evidenza la verità delle cognizioni rintrac¬  ciate, che vengono presentate in tal modo alla nostra intel¬  ligenza come riunite in un quadro dai contorni chiari e ben  determinati; in ciò il sapere scientifico si distingue special-  mente dal sapere comune e volgare che è per lo più disordi¬  nato, confuso, e non distingue le nozioni importanti e generali  da quelle che sono meno importanti e particolari, ciò che è  vero da ciò che è falso. Il valore e l’utilità d’un ordinamento  razionale si possono chiaramente stabilire osservando l’ufficio  che esso compie anche nelle raccolte di minore importanza,  come quando si tratta d’una biblioteca, d’un museo, d’un er¬  bario eco., il disordine fa perdere tempo all’osservatore e gli  impedisce di apprezzare l’importanza degli oggetti che ha  davanti agli occhi. La definizione è In  più semplice delle forme sistematiche; precede la divisione e  la classificazione, poiché, se ogni nozione generale, come già  abbiamo visto nella prima parte, ha ima comprensione che  è la somma dei caratteri che essa racchiude, ed un’estensione,  che è il numero degli esseri che, possedendo in comune quei  caratteri, trovansi raggruppati sotto quella nozione, la com-  prensione determina l’estensione, e quindi la definizione de¬  termina la divisione.    Ufficio primo della definizione è quello di determinare  con chiarezza e precisione le idee che sono l’oggetto d’una  scienza, ossia il co nte nuto dei singoli concetti; ora la defini¬  zione d’un concetto si esprime, nel modo più semplice, me¬  diante un giudizio, nel quale il soggetto è il concetto che  dev’essere definito e dicesi appunto definito o definiendo ; e  il predicato è quella nota o quell’insieme di note, mediante  le quali il soggetto viene definito, e dicesi definiente.   La definizione si può prendere in tre significati :   a) è l’operazione o l’insieme d’operazioni che mirano a  determinare l’essenza delle cose ; e in questo senso l’intendeva  Socrate, che pel primo, al dire d’Aristotile, applicò la mente  alle definizioni. Definire era per lui cercare razionalmente  l’essenza delle cose, xò li iotiv ; cosi egli voleva determinare  l’idea della giustizia, della sapienza, della prudenza, l’idea  dell'uomo politico, del giudice ecc.; la definizione di queste  idee e di quelle simili permetteva di misurarne esattamente  l’oggetto e il valore e quindi di regolare meglio la nostra  vita pratica.   E chiaro che in questo significato la definizione è il  mezzo della scienza, in quanto tende alla conoscenza dei ca¬  ratteri essenziali delle cose;   b) la definizione può anche essere il fine della scienza,  ossia la nozione, il concetto, nel quale si rende stabile il ri¬  sultato della ricerca scientifica ;   c) infine la definizione può essere intesa come l’opera¬  zione, la quale consiste nello sviluppare in una proposizione  o giudizio il contenuto d’un concetto ottenuto mediante la ri¬  cerca scientifica. In quest’ultimo significato è l’espressione della  scienza, la formula esplicita e breve dei risultati della scienza. I caratteri e le note che  formano il contenuto d’un concetto possono essere numerosi  e di specie diversa e di valore disuguale, e non possono di  conseguenza entrare tutti nella definizione scientifica; ma,  poiché la scienza ha per oggetto il generale, la definizione  ha per oggetto ciò che dicesi l’essenza ed esclude il partico¬  lare, l’accidente. Vediamo quindi che vuol dire essenza d’un  concetto.   L’essenza è costituita dall’insieme dei caratteri intimi  che persistono in mezzo al variare delle relazioni e delle mo¬  dificazioni accidentali ; è ciò che l’essere possiede in sé stesso,  ciò che non può cessare d’appartenergli, senza che esso cessi  tosto di esistere. Li’accidente è ora un rapporto fortuito, come  ad esempio il posto occupato da un individuo o da un oggetto  nello spazio e nel tempo, ora una modificazione accessoria che  altera, per cosi dire, soltanto la superficie dell’essere che la  subisce, senza toccarne il fondo, è, in generale, tutto ciò che  avviene negli esseri per un concorso fortuito di circostanze  esteriori.   Si comprende quindi come la definizione escluda l’acci¬  dente e accolga solo ciò che è essenziale.   Però bisogna avvertire che questi due concetti non hanno  limiti fissi, giacché l’accidente può alla sua volta divenire  oggetto di definizione; cosi, se non si può definire l’uomo per  mezzo di qualche malattia, cui vada soggetto, si può però  definire la malattia nei suoi caratteri essenziali, escludendone  gli accidenti particolari, ai quali esso può andare incontro.   Però non tutte le nozioni si possono definire in modo  preciso e determinato, e nelle diverse scienze, oltre le defini¬  zioni approssimate, come le idee di colore, tono, sapore, vi  sono definizioni oscillanti, come avviene per le idee che si  arricchiscono di continuo per mezzo dell’esperienza e mediante  caratteri che vengono aggiunti dalle nuove scoperte. Per  esempio, dice il Taine, la nozione che un uomo ordinario ha  del corpo umano è assai misera e incompleta: per lui è una  testa, un tronco, un collo, quattro membra d’un colore e di  una certa forma; e questi pochi caratteri gli sono sufficienti  per la pratica usuale della vita ; ma è chiaro che i caratteri  propri del corpo umano sono infinitamente più numerosi ; l'anatomico vuol sezionare, notare, descrivere, disegnare- il  manuale che si dà agli studenti ha mille pagine, e occorre¬  rebbe un bel numero d’atlanti e di volumi per contenere le  hgure e l'enumerazione di tutte le parti che l’occhio nudo  ha constatate.   Se poi l’occhio s’arma d’un microscopio, questo numero  si centuplica; al di là del nostro microscopio, uno strumento  piu potente aumenterebbe ancora la nostra conoscenza; con¬  tinuando per questa via la ricerca non ha termine.   Inoltre in alcune scienze le detinizioni segnano come il  punto d’arrivo della ricerca scientifica, in altre invece se¬  gnano il punto di partenza. Cosi nella geometria, dove nessun  ragionamento e possibile senza le definizioni, queste debbono  essere stabilite da principio; mentre nelle scienze sperimen¬  tali, dove esprimono i risultati ottenuti, debbono rappresen¬  tarne le conclusioni. E evidente che le definizioni del trian¬  golo, del circolo, del quadrato ecc. debbono precedere qualsiasi  ragionamento intorno a queste figure; e che la definizione  delia « vita » nelle scienze biologiche non può essere che il  risultato di un gran numero di ricerche e di studi che ri-  guardano i fenomeni vitali.   Infine nella definizione debbono entrare quelle note che  sono sufficienti per distinguere il concetto definendo sia dai  concetti simili, sia dai concetti che appartengono ad altre  classi; per questo si dice che la definizione si fa pel genere  prossimo e per la differenza specifica, de/ìnitio, dicevano gli  Scolastici, fit per genua proximum et differentiam specificavi. Definire pel genere prossimo, cioè per quel genere che più,  s avvicina alla comprensione del definendo, equivale a indi¬  care il gruppo di cui un oggetto o un individuo fa parte, e '  quindi attribuirgli implicitamente i caratteri di questo gruppo-  cosi per definire l’uomo è inutile dire che è un animale ver¬  tebrato, mammifero-, quest’ultimo carattere, che esprime il ge¬  nere prossimo, è sufficiente, giacché implica i due primi.   Definire per la differenza specifica vuol dire constatare  e determinare 1 caratteri speciali che appartengono solo al  definendo e lo distinguono da tutti gli altri esseri del me¬  desimo gruppo. Cosi se al carattere « mammifero » noi aggiun¬  giamo, per designare l’uomo, quello di bimane, gli attribuiamo con quest’ultimo concetto un carattere che lo distingue da  tutti gli altri mammiferi.   4. Diverse specie di definizioni. — Il metodo che si ado¬  pera nel lare una definizione può essere duplice, positivo e  negativo. Il primo consiste nel riunire nella definizione tutti  i caratteri che servono a determinare il definendo; il secondo  mira invece a stabilire i caratteri che debbono essere esclusi  e non possono attribuirsi al definiendo. Quest’ultimo metodo  ó assai meno perfetto e si può considerare, nella maggior  parte dei casi, come un complemento del primo.   La definizione si suole distinguere in nominale e reale.  La definizione nominale ha per fine di spiegare e di deter¬  minare in forma precisa il valore e il significato d’una parola,  o di fissare il senso costante di alcune parole attraverso le  varietà mutabili delle significazioni particolari. Essa ha valore  logico non in quanto sia una semplice spiegazione etimologica  o sintattica, nel qual caso la definizione rientra nel campo  della grammatica, ma solo in quanto serva di preparazione  alla definizione reale. Vi è un certo numero di parole che non  sono facilmente definibili pel numero e la varietà degli ele¬  menti che contengono e che spesso sono il prodotto di varie  epoche storiche; di qui la difficoltà che s’incontra nel defi¬  nire la « società » oggetto di tante dispute nella scienza so¬  ciale contemporanea, la religione, lo stato ecc.   La definizione reale tende a darci invece l’essenza d’un  concetto, il valore intrinseco del definiendo, indicando i ca¬  ratteri che questo ha comuni con gli altri concetti simili, e  quelli che ne lo differenziano; si fa quindi, come s’è già detto,  pel genere prossimo e per la differenza specifica.   Anche qui le difficoltà per ben definire non sono poche,  quando si tratti di concetti che si considerano come un pro¬  dotto storico o di concetti scientifici, ai quali nuove esperienze  possono di continuo aggiungere nuovi elementi; sono minori  per altre scienze, come ad esempio perle matematiche, dove  sono possibili definizioni perfette.   Inoltre la definizione, considerata sotto un altro aspetto,  può essere anche analitica o sintetica.   E analitica quando risolve il concetto del definito in più altri concetti; per es. l’eredità fisiologica è la trasmissione  di caratteri speciali dell’organismo dai progenitori ai discen¬  denti; oppure: il cerchio è una curva chiusa che ha tutti i  punti^ della circonferenza equidistanti dal centro.   L sintetica la definizione, quando nel determinare i ca¬  ratteri del concetto segue il processo col quale il definiendo  si è venuto formando, ossia costituisce un concetto per mezzo  di altri concetti più semplici. In questo senso la definizione  può essere detta genetica, in quanto espone la genesi d’un  concetto ; e questa si può considerare come la forma più per¬  fetta del definire. Un esempio di definizione genetica è il  seguente : Se in un piano, tenendo ferma una retta ad un  suo estremo, la muovo sempre nello stesso senso e in modo  che essa torni alla sua posizione di partenza, descrivo una  figura che dicesi circolo.   Si sogliono anche distinguere due specie di definizioni ge¬  netiche, la diretta e V indicativa: è diretta quando essa stessa  produce e costituisce il definiendo; è indicativa quando espone  il modo col quale il definiendo può essere prodotto da cause  che sono distinte dal nostro pensiero, come avviene delle cose  prodotte dalla natura, per es. dei ghiacciai, dei venti ecc.   5. Regole della definizione. — Le principali regole che  si debbono seguire per ottenere una buona definizione logica  sono le seguenti :   a) i concetti defi nienti non debbono essere una semplice  tautologia del concetto definito o definiendo, ossia il defi-  niente non deve ripetere colla stessa o con diversa forma  grammaticale il definito, come quando si dice che uomo bugiardo è colui che dice bugie. Questo errore assai comune  viene indicato dalla logica tradizionale colle note parole la¬  tine : idem per idem definire.   b) la definizione non dev’essere circolare, ossia non ci  deve spiegare il delùdente mediante il definito e viceversa,  ricordando 1 errore del circolo vizioso, come quando si definisce  la coscienza per la percezione dei fatti interni, e questi ultimi  vengono definiti per quei fatti che si producono nella nostra  coscienza.   c) la definizione non dev’essere negativa, ossia deve dire  non già quello clie il definiente non è, ma quello che è, ed  esporre i suoi caratteri propri. Sarebbe negativa la defini¬  zione che chiamasse la virtù la qualità opposta al vizio.   d) la definizione dev’essere infine chiara ed esatta, non  dev’essere sovrabbondante, non essere nè troppo ampia, nè  troppo ristretta, deve evitare le espressioni improprie, oscure,  e anche le espressioni figurate, quando non contribuiscono a  chiarire il concetto. Cosi quando si dice che il bello è lo  splendore del vero, non si giunge ad avere del bello un con¬  cetto nè chiaro nè esatto.   Le definizioni di questo genere nascondono spesso l’igno¬  ranza di cognizioni sicure e profonde intorno all’oggetto che  si vuole definire, oppure anche l’imperfezione della scienza.   6. La divisione. — La divisione, intesa come operazione  logica, determina l’estensione d’un concetto, mentre la defi¬  nizione ne determina la comprensione ; essa si riduce quindi  a un giudizio, nel quale s’espongono le diverse specie d’una  idea generale, e il dividendo, che rappresenta il genere, fa da  soggetto, mentre il dividente, che contiene l’enumerazione delle  diverse specie contenute nel dividendo, fa da predicato.   Anzitutto nella divisione bisogna considerare le note con¬  tenute nel concetto da dividere, distinguere in esso gli ele¬  menti generici, che sono costanti, dagli elementi variabili,  che costituiscono il cosiddetto fondamento o principio della  divisione. Cosi nella nota divisione delle lingue in monosil¬  labiche, agglutinanti, flessive, le parti divise sono queste ul¬  time, il dividendo è il concetto lingua, e la divisione è fondata  sulla morfologia.   Le regole della divisione sono le seguenti:   1°. La divisione deve corrispondere esattamente all’og¬  getto suo, ossia le sue parti debbono riprodurne tutta l’esten¬  sione, in modo che nessuna parte ne sia trascurata e non  ve ne sia alcuna superflua.   2°. Ogni divisione dev’essere fatta secondo un unico prin¬  cipio. Così se dividiamo le opinioni professate dagli uomini  in vere, false e dubbie, la divisione posa sopra un doppio prin¬  cipio, la verità e la certezza: le opinioni tutte, comprese  quelle dubbie, sono vere o false ; cosicché converrebbe fare due divisioni: a) tutte le opinioni sono o vere o false; b) tutte  le opinioni sono o certe o dubbie.   3°. La divisione non dev’essere negativa, ossia ogni specie  divisa deve avere caratteri propri, non già essere una sem¬  plice negazione dei caratteri della specie opposta. Così è ne¬  gativa l’antica divisione degli animali in vertebrati e inver¬  tebrati.   4°. Le parti divise debbono essere coordinate ed opposte:  bisogna far in modo che nessun oggetto o nessun essere possa  venir collocato in due termini d’una medesima divisione.  Cosi chi dividesse i fenomeni naturali in fisici, chimici, psi¬  chici e volontari cadrebbe nell’errore che è cagionato dal non  osservare la presente regola ; infatti i fenomeni volontari non  sono nè opposti uè coordinati a quelli psichici, ma subordi¬  nati ad essi, e ne sono parte.   La divisione più semplice è quella die dicesi dicotomia, la  quale consiste nel dividere il genere in due specie opposte, che si  distinguono per la presenza nell'una e l'assenza nella seconda d’un  solo e medesimo carattere. La classi fic azion e delle scienze concepita  dal fisico Ampère è una vera e propria divisione dicotomica ; egli  infatti distingue le scienze in due grandi regni, scienze cosmologiche  che si occupano del mondo materiale e studiano la natura, e scienze  nooloyiche che studiano il mondo morale e spirituale. Ciascuna di  queste classi si suddivido alla sua volta in altre due classi minori  e così di seguito; l'Ampère giunge con questo metodo a stabilire cento  ventotto scienze speciali, che abbracciano tutte le cognizioni umane.   7. La classificazione; utilità e specie diverse. — Una   forma sistematica del sapere scientifico più importante di  quella precedente è la classificazione, la quale tende a pre¬  sentare in modo compiuto e ordinato tutte le parti che com¬  pongono un complesso di cognizioni omogenee. Essa si può  dire una divisione complessa risultante da una divisione prin¬  cipale e da una o più divisioni subordinate o suddivisioni.  Nella classificazione lo scienziato parte da un concetto gene¬  rale, ne distingue prima le specie immediate e più generali ;  in ciascuna di queste poscia le specie rispettive, finché giunga  fino alle ultime specie per mezzo di successive divisioni e  suddivisioni. I vantaggi che presenta un tale ordinamento delle co¬  gnizioni scientifiche sono evidenti. Anzitutto il contenuto di  nna data scienza viene compreso in un prospetto sintetico,  che abbrevia il tempo necessario per apprendere, riducendo  in un certo senso il numero delle cognizioni indispensabili;  cosi per es. il regno animale abbraccia probabilmente non  meno di 600000 specie, che lo zooologo riesce a conoscere in  modo relativamente completo riducendo gli individui in specie,  le specie in generi, i generi in famiglie ecc.; il quadro in tal  modo semplificato può essere facilmente ritenuto e riprodotto  dalla memoria, benché non ci fornisca che una cognizione  schematica o scheletrica della natura, che per la scienza è  però sufficiente e, pur sopprimendo i caratteri particolari,  estende mirabilmente il campo delle nostre conoscenze.   In secondo luogo la classificazione ci permette di appren¬  dere non solo un numero infinito di esseri o di oggetti, ma  anche la loro 'parentela mediante le loro affinità naturali. In  tal modo l’immensità della natura viene riassunta non solo  in una forma concisa, ma anche in una forma ordinata ed  armonica.   Inoltre la somiglianza e le affinità constatate tra gli esseri  appartenenti ad un dato gruppo permettono spesso di infe¬  rire altre somiglianze ed affinità prima ignorate. Così, come  dice il botanico Adriano de Jussieu, quando sappiamo che un  certo numero di piante costituiscono una famiglia, di solito  siamo tratti ad attribuir loro le medesime proprietà econo¬  miche e medicinali.   La classificazione può essere artificiale o naturale.   La classificazione artificiale, che ha uno scopo essenzial¬  mente pratico e mnemonico, tende a darci la conoscenza degli  oggetti o degli esseri che si vogliono classificare fondandosi  sopra un numero ristretto di caratteri, i quali vengono scelti  fra i più appariscenti, senza badare alla loro importanza in¬  trinseca; un esempio di classificazione artificiale è l’ordina¬  mento d’una biblioteca, dove i libri vengono disposti o secondo  l’ordine alfabetico, o secondo il formato, o, meglio, secondo il  contenuto.   La classificazione naturale invece si ha quando, per ri¬  produrre in certo qual modo l’ordine della natura, è fondata sopra la scelta dei caratteri più importanti, manifesti oppure  occulti, permanenti oppure evolutivi. La forma più perfetta  di classificazione naturale è quella detta genetica (da yiveatc  nascita, origine, formazione) la quale tende a classificare gli  esseri secondo l’ordine della loro apparizione. Cosi la biologia  mira, secondo tale principio, alla classificazione genetica delle  forme viventi, la psicologia a quella dei fatti psichici, la  filologia comparata a quella delle lingue.   8. Fondamento della classificazione. — Il fondamento  della classificazione naturale è da ricercarsi, come si com¬  prende facilmente da ciò che già si è detto, non nelle prò-  prietà apparenti, ma nelle primarie o causali, ovvero in quelle  che sono segni di proprietà primarie o causali; ossia bisogna  fermare 1 attenzione sopra i caratteri che si posson chiamare  dominatori, perchè la presenza di ciascuno di questi trae seco  necessariamente quella d’un certo numero di caratteri subor¬  dinati, essendovi tra un carattere dominante e i caratteri su¬  bordinati ad esso uniti un rapporto costante e necessario, una  legge non di successione, ma di coesistenza, di contempora¬  neità. In altre parole, la presenza di certi caratteri fonda-  mentali fa supporre con certezza l’esistenza di altri caratteri;  come avviene specialmente nei gruppi animali.   Per questa ragione le classificazioni zoologiche sono fon¬  date sui caratteri anatomici e fisiologici più importanti ed  essenziali; per esempio il pipistrello, che in apparenza ha  maggior affinità cogli uccelli, tuttavia è messo fra i mamini-  . ' b 01cllè ^ questi ultimi possiede i caratteri dominanti;   in modo simile la balena è mammifero e non pesce ecc.   E pur sempre per questo motivo di regola generale  nelle classificazioni scientifiche si va dall’idea più generale  a quelle che sono a queste immediatamente subordinate, e così  di seguito a mano a mano alle specie più distinte, senza  omettere alcun anello intermedio. Il metodo dimostrativo ha per  fine di giustificare la verità delle conoscenze scientifiche, di  accertare noi stessi e gli altri d’una verità già scoperta fa¬  cendola derivare dalla verità d’altre conoscenze, per offrire  in questo modo un fondamento logico alle nostre osservazioni.   La prova o dimostrazione, cosi concepita è un complemento  necessario delle altre operazioni logiche, le quali forniscono  ed ordinano le cognizioni scientifiche, ma non ce ne danno  la giustificazione che appaghi la nostra mente, collegando la  verità d’una conclusione alla verità delle premesse, come fa  la prova.   Nella prova bisogna distinguere tre elementi principali :   a) la tesi da provare. Ti*’er sé stesse in-,  dimostrabili.   Spesso nella vita pratica, quando si vuole ottenere qual¬  che line particolare, si parte dalla tesi supposta vera e si    dimostra come essa non porti a nessuna conseguenza falsa.  La prova diretta e regressiva o induttiva che dir si voglia     parte d ai particolari, come abbiamo già d et to, p er salire al  principio generale ; dimodoché la verità di questo si deve am-    300 0 00000 mettere grazie alla verità dei particolari sui quali si fonda.»    Questa forma di dimostrazione ha la sua base nella verità  del principio dell’ induzione, intorno alla quale già a lungo  si è discorso, essa si adopera in tutte le scienze, ma più spe¬  cialmente nelle scienze naturali, e meno nelle matematiche.   •Sia per esempio da provare la tesi seguente: la celerità  della I erra nella sua orbita intorno al Sole é in ragione inversa  della distanza da esso; la prova si ottiene osservando se è  verificata almeno in due casi particolari, cioè quando la Terra  si trova nel punto più lontano dal Sole ossia nell’afelio, o  quando raggiunge la massima vicinanza col Sole, ossia nel  perielio.   La prova diretta regressiva è d’uso assai frequente an¬  che nella iuta pratica, quando per esempio si vuol provare  la bontà d un provvedimento o d’un disegno qualsiasi, applacandolo nei casi e nelle circostanze particolari ; così Focione  disapprovava nna spedizione di poche navi che gli Ateniesi  volevano tare contro una città, dicendo che era troppo piccola  per un’impresa ostile, e troppo grande per un atto d’amicizia.    3. Prova indiretta. — La prova indiretta e progressiva  si ha quando si prova la falsità della tesi opposta o aj^gpi  partendo da due principi generali. Sia per esempio da pro¬  vare la tesi : due rette perpendicolari ad una terza sono  perpendicolari fra di loro; si prova la falsità dell’antitesi:  due parallele perpendicolari ad una terza non sono parallele  fra di loro, partendo dal principio generale che « da un punto  preso fuori di una retta non si può sulla medesima abbassare  che una perpendicolare » .   Una seconda forma della prova indiretta e progressiva  si ha quando si dimostra che V antitesi conduce a conseguenz e  le duali o jono assurde, o sono in co ntraddizione con prin ¬   cipi, la cui verità è solidamente stabilita e non si può in nes¬  sun casomeitere m dubbio. Sia per esempio da provare la  tesi seguente : il triangolo equilatero non può essere rettan¬    golo; si ammette, per ipotesi, che sia vera la tesi opposta: il  triangolo equilatero può essere rettangolo; in tal caso la con¬  seguenza è che il triangolo equilatero dev’essere anche equia n¬  golo ; e poiché ciò non è possibile ammettere, perchè dovrebbe  avere dille angoli retti, si conchiude essere falsa l’antitesi e  vera la tesi da provare.   La prova indiretta regressiva, che dicesi anche ap^gogica  o induttiva, si ha quando si vuol provare la tesi esponendo  quali principi assurdi bisognerebbe accogliere se si ritenesse T  vera l’antitesi. Cosi per dimostrare la necessità del governo  che diriga e regoli l’attività dei cittadini, si espone quali  principi falsi bisognerebbe ammettere intorno agli uomini, per j~~l  dimostrare che l’anarchia è utile e giovevole alla società umana. I principi supremi delle scienze. — Le scienze hanno  per fine proprio la spiegazione della natura, la quale si pre¬  senta a noi come una massa enorme di fenomeni; spiegare i  quali vuol dire per la mente umana ricondurli sotto rapporti  di più in più semplici e generali, finché si giunga ai princip! supremi e irriducibili di ciascuna scienza, cioè a quei!  principi e a quelle leggi che non si possono derivare d a i.rin-l  o c a leggi piu__semplici. La dimostrazione ci conduce in i  ultima analisi a tali principi supremi, giacché, dovendo una  di giostrazione fondarsi senti r e soura altre verità già areni? ]  t a^e, dipende da altre dimo str azioni ole presuppone: ina in  u imo devesi giungere n e cessariamente a verità fondamen-  ' - ^ mdimos trabil i, e che sono evidenti per sè stesse .   osi nella meccanica i principi irriducibili sono le leggi  fondamentali e più generali del movimento; nella fisica l’iner¬  zia. l’equivalenza e la trasformazione delle forze; nella chi¬  mica la teoria atomica; nella biologia, la contrattilità, l'as-  similazione e la proliferazione dell’elemento anatomico, ossia  la vita, che le scienze biologiche studiano in tutte le sue  svariate manifestazioni. L’irriducibilità di queste leggi ap¬  pare manifesta: il moto non si può dedurre dalla quantità,  nè 1 attrazione dal movimento, nè l’attività dall’attrazione. )  E necessario però notare che se ciascuna scienza ha prin-  — li -riducibili e fondamentali, tuttavia le scienze tutte  formano nel loro complesso una specie d’organismo, le cui  parti sono strettamente collegate fra loro e si aiutano di  continuo a vicenda; giacché sappiamo che nè il fisico può  fare a meno nelle sue ricerche delle cognizioni matematiche,  nè il chimico delle cognizioni fisiche, nè il fisiologo delle co¬  gnizioni di fisica e di chimica e cosi di seguito.   \ odiamo inoltre che i principi fondamentali costituiscono  una sene di nozioni di complessità crescente, in modo simile a .  quello che è già stato osservato nella classificazione delle  scienze del Cointe; infatti c iascun a nozion e, pur contenendo  un fiuid irriducibile, cade sotto l’estensione del principiar  piecede, e diviene di questo un caso par ticolare . Così, coni*  piuta per mezzo dell’astrazione e dell’analisi la distinzione  delle proprietà fondamentali, ne succede tosto la sintesi: il  movimento s’aggiunge alla quantità, l’affinità chimica all’at¬  trazione, al movimento e alla quantità ecc.   5- Definizioni, ipotesi, postulati, assiomi. — I principi su¬  premi delle dimostrazioni si possono ridurre a quattro classi  principali: le definizioni, le ipotesi, i postulati, gli assiomi. Le definizioni, secondo quanto s’è già stabilito, conten-UPF'iNf£) Gomperz] dere, dipendono sopratutto dall’esame critico e dal buon senso  dell’osservatore.   Il secondo caso è quello della verisiiniglianza quantita¬  tiva, o calcolo delle probabilità, che consiste nel determinare  quale di due affermazioni di materia identica, ma opposte, sia  più probabile; se la causa a ha ora per effetto b, ora per  effetto c, sicché sia vero ugualmente che a produce b e che  a non produce b, si tratta di vedere quale dei due effetti  b o c è più probabile; chiamando m i casi di b ed n quelli  di c, evidentemente sarà più probabile quello degli effetti,  che ha per sé il maggior numero di casi favorevoli.   Il probabilismo ha le sue radici nell’antichità e si può  dire che sia sorto con l’arte oratoria; i primi retori siciliani  Corace e Tisia considerano il verisimile (sìxós) come lo  strumento necessario della retorica, e distinguono due specie  ‘»i, ver isimiglianza, 1 assoluta (eìxój àTUÀòi;) e la relativa  (eìxó? Tt); i filosofi della Nuova Accademia, soprattutto Arce-  silao e Cameade acuti osservatori della vita, sostengono che  in nessun dominio del sapere noi possiamo raggiungere la  verità e, per conseguenza, la certezza assoluta, ma che dob¬  biamo in ogni caso accontentarci di semplici probabilità.   * Probabile aliquid esse (dicebat) et quasi verisimile eaque  se uti regula et in agenda vita et in qunerendo ac disse-  rendo » (Cicerone, Acad. II, X, 32).   Dopo saggi importanti di Biagio Pascal, di Giacomo  Bernouilli e di Guglielmo Leibniz, la logica del probabile  trova, nei tempi moderni, due cultori eminenti nel Laplace  e nel Cournot.   Il grande Trattato del Laplace comprende due parti:  una parte matematica, la Teoria analitica delle probabilità  (1812), e una parte filosofica, Saggio filosofico sulle probabi¬  lità (1814), che espone, senza l’aiuto dell’analisi matematica,  i principi della teoria delle probabilità, i suoi risultati ge¬  nerali e le applicazioni più importanti.   Il calcolo delle probabilità riposa, secondo il Laplace,  sulla nozione del caso che ha il suo fondamento nella nostra  ignoranza delle cause e serve a dissimulare la nostra debo¬  lezza, giacché nell’universo tutto è rigorosamente determi¬  nato e bisogna considerare lo stato presente del mondo come l’effetto dello stato anteriore e come la causa di quello che  deve seguire.   La causa che è manifesta in certi fenomeni semplici,  per es. nei fenomeni celesti, ci sfugge in altri fenomeni più  complessi, che noi, nella nostra ignoranza, attribuiamo al  caso. Benché la scienza tenda a eliminare sempre più i casi  fortuiti, tuttavia non è sempre facile respingere l’ipotesi del  caso: perciò le probabilità hanno una grandissima impor¬  tanza nelle conoscenze umane. « Le questioni più importanti  nella vita sono per la maggior parte problemi di probabilità;  anzi, parlando con rigore, si può dire che quasi tutte le  nostre conoscenze sono solamente probabili, e, che nel pic¬  colo numero di cose, che, nelle stesse scienze matematiche,  possiamo sapere con certezza, i mezzi principali per giun¬  gere alla verità, l’aualogia e l’induzione, si fondano sulle  probabilità » .   Il Cournot nel 1843 pubblica la sua * Esposizione della  teoria dei rischi e delle probabilità », colla quale vuole in¬  segnare alle persone, che non conoscono le matematiche su¬  periori, le regole del calcolo delle probabilità, senza le quali,  non possiamo renderci un conto esatto nè della posizione  delle misure ottenute nelle scienze d’osservazione, nè del  valore dei numeri forniti dalla statistica, nè delle condizioni  del successo di molte imprese commerciali.   Chiamasi probabilità matematica d'un avvenimento il rapporto  esistente tra il immero dei cas i favorevoli a questo avvenimento  e il numero di tutti gli altri casi possibili ; laonde tutti questi casi  debbono essere egualmente possibili.   Prendiamo un paio di dadi da giocare, in forma di cubi geo¬  metricamente regolari e affatto eguali; in queste condizioni non si  può ammettere che, gottando i dadi nel modo consueto, i dadi ca¬  schino sopra una faccia piuttosto che sopra un’altra; in altri ter¬  mini, i casi di caduta d’ogni dado sono ugualmente possibili.   Ogni faccia dei dadi è segnata con numeri (dall'uno al sei  eompreso) e tutti e due i dadi si gettano nel medesimo tempo; è  chiaro che ogui faccia d’uno dei dadi può cadere con ogni faccia  dell'altro dado; si avrebbero così 36 casi possibili di combinazione  di numeri a due a due. Indicando l'uno dei dadi con A e l’altro  con B, possiamo comporre la seguente tabella dei 36 casi possibili.  TAam» o Cl l * u     A B   11 1 2  1 3  1 4  1 5  1 6   A B   2 1   2 2  2 3  2 4  2 5  2 6    A B  3 1   3 2  3 3  3 4  3 5  3 6    A B  4 1  4 2  4 3  4 4  4 5  4 6    A B  5 1   5 2  5 3  5 4  5 5  5 6  A B  6 1  6 2  6 3  6 4  6 5  6 6. Come si disse, tutte le combinazioni di questa tabella sono  ugualmente probabili: cosi l’avere il numero 5 sul dado A e il  numero 2 sul dado B, è ugualmente probabile cbe l’avere 6 e 6  su tutti e due i dadi. Ma se consideriamo la sortita dei numeri 2  e 5 indipendentemente dal dado sul qualo possono comparire, allora la probabilità di sortita di questa coinbinnzione si distinguer»  dalla probabilità di sortita dell'altrn combinazione 6 o 6 per questo,  che la prima combinazione s'avrà tanto con 5-2 cbe con 2-5, mentre  la combinazione 6 e 6 rimarrà limitata n una sola volta fra le 36  coppie di numeri. In questo modo la probabilità matematica di  sortita dei numeri 5 e 2 (rimanendo indifferente cbe ciascun d’essi  appaia sul dado A o sul dado B) sarebbe di */j 0 ossia di ‘/ist  mentre pei numeri 6 e 6 è solo di '/ss-   Se poi consideriamo la sortita, sui due dadi, di numeri tali  che la loro somma corrisponda ad una quantità desiderata, allora  la probabilità d'avere questa somma sarebbe, por le differenti qua¬  lità, affatto diversa. Così per os. il numero 2 si potrebbe avere in  un modo solo, cioè coll’uscita dei numeri 1-1, mentre il numero 7  si potrebbe avere nei seguenti modi :    1-6, 6-1, 2-5, 5-2, 3-4, 4-3,    per cui la probabilità dell'uscita del numero 2 sarebbe di l jn, del  numero 7 sarebbe di e / 3 «.   Dalla definizione data della probabilità matematica, risulta  che essa è sempre una frazione, vale a dire un numero di parti  dell’unità, alla quale questa probabilità s’avvicina tanto più quanto  maggioro è il numero dei casi favorevoli all’avvenimento in con¬  fronto doi casi possibili. Questa frazione potrebbe cambiarsi nel¬  l’unità solo quando non esistesse nessun caso sfavorevole all'avve¬  nimento aspettato; ecco perchè l’unità si considera come il simbolo  della certezza. Carattere generale delle scienze storiche — 2. Oggetto delle scienze storiche ~   3. Svolgimento del concetto di storia — 4. La storia ì> una scienza o un’arte?   — 5. La critica storica — 6. Esiste una scienza generale della società? Il metodo nello studio dei fenomeni sociali.   1. Carattere generale delle scienze storiche. — Come si  è già accennato parlando della classificazione delle scienze,  la storia ha per oggetto il particolare, l’ individuale, ciò che  esiste una volta sola e non si ripete mai. Per comprendere  il valore di questa affermazione e per stabilire a quali scienze  si può sicuramente applicare, bisogna anzitutto determinare  con esattezza il significato dell’espressione: fatto o avveni¬  mento individuale di cui si occupa lo storico.   Individuale è, in questo caso, ciò che si riscontra una  sola volta nel mondo, tanto se il fatto è singolare, cioè non  appartiene che a un solo corpo o essere, quanto se è generale,  cioè comprende una collettività, è comune a più esseri. In tal  senso si considerano come fatti individuali : la sovrapposizione  degli strati, terrestri, la quale non si è mai ripetuta nel corso  del tempo ; le specie vegetali e animali scomparse che hanno  popolato la terra solo in un’epoca determinata; tutti i fatti  storici propriamente detti, che non si sono prodotti che una  sola volta nel passato, come gli imperi egiziano, babilonese,  persiano, la civiltà greca, la conquista macedone, la domina¬  zione romana, l’invasione dei barbari, il feudalismo, l’impero  di Carlo Magno, le Crociate, l’emancipazione dei Comuni, lo  assolutismo del secolo XVII, la Rivoluzione francese e così  di seguito.   Tutti questi fatti e gli altri simili ad essi sono indivi¬  duali, perchè si constatano una sola volta nelle formazioni  dello spazio e in quelle del tempo. I fatti più universali sotto  l’aspetto dello spazio possono entrare nel quadro della storia  tostocliè vengano individualizzati nel tempo, ossia quando si sono prodotti una sola volta nei secoli decorsi. Appunto in  questo senso, secondo la nota ipotesi del Laplace, il nostro  sistema planetario è passato dalla nebulosa primitiva allo  stato attuale attraverso a tappe successive che non si sono  mai riprodotte nel corso del tempo.   La stessa cosa si può affermare delle modificazioni subite  dalla crosta terrestre, dei fatti della storia umana: si è vi¬  sta una sola volta l’epoca della pietra rozza, una sola volta  l'epoca della pietra levigata e quella del bronzo; gli uomini  d’un paese sono pure passati una sola volta dallo stato di  cacciatori a quello di pastori, e da questo allo stato di agri¬  coltori.   Anche quando sembra che i fatti storici si ripetano, co-  desta ripetizione è talmente differente, che i fatti, i quali  paiono ripetersi, in realtà sono nuovi. Cosi la produzione let¬  teraria si è manifestata in tutte le epoche; ma in ciascuna  epoca essa ha rivestito un carattere particolare: la letteratura  classica del periodo aureo in Grecia e in Roma è ben diversa  dal nostro Cinquecento o dalla letteratura francese dell’epoca  di Luigi XIV. Ciò che bisogna considerare in queste fioriture  letterarie non è già il fondo comune umano, la tendenza ad  esprimere il bello mediante la lingua, ma la forma diversa  colla quale tale tendenza si è manifestata. Lo stesso avviene  di tutti gli altri fatti storici: tutti si ripetono, poiché l’uomo  rimane sempre il medesimo, coi suoi bisogni e colle sue aspi-  zioni; ma il contenuto delle sue produzioni varia di continuo  e le opere sue sono sempre differenti, possiedono un carattere  individuale.   Ben diversa è la concezione dei fatti universali nel tempo,  ossia di quelli che si ripetono con differenze trascurabili, come  la rivoluzione dei pianeti intorno al Sole, la circolazione del¬  l'acqua sulla terra, lo scambio d’ossigeno e d’acido carbonico  tra le piante e gli animali ecc. Sono fatti che si sono pro¬  dotti, si producono, e, possiamo dire, si produrranno anche nel  futuro, quando siano date le condizioni necessarie in forza del  postulato dell’uniformità delle leggi di natura, di cui già si  è parlato diffusamente. Invece, dei fatti storici si può affer¬  mare che sono fatti di successione, i quali sono avvenuti una  sola volta e non avverranno più; il che porta ad una eouse-    CAPITOLO XIV.    155    guenza importante, cioè che i fatti storici non si possono  esprimere, come i fatti naturali, per mezzo di leggi universali  e necessarie. \   Questa è la differenza più grave che corra fra le scienze  che si possono dire di sviluppo e di successione e le ricerche  teoriche, cioè quelle che studiano i fatti di ripetizione.   Alcuni sociologi hauuo creduto di ritrovare nella storia alcune  leggi sui generis: essi, considerando le serie intere di fatti succes¬  sivi come fatti singolari, le hanno riunite in fasci c ne hanno tratte  leggi mediante gli stessi procedimenti che le scienze nomotetiche  applicano ni fatti singolari di ripetizione. In tal modo si è tentato  di formulare la Ugge dell’evoluzione religiosa, secondo la quale le  concezioni religiose sono sempre passale attraverso a tre stati con¬  secutivi : il feticismo, il politeismo e il monoteismo (Spencer, Gum-  plowicz); la legge dell’evoluzione politica, espressa nella formula  seguente: la serie politica incomincia con l'anarchia, passa pel clan  famigliare, per la tribù repubblicana dapprima, più tardi monarchica  e aristocrntica, giunge alla monarchia dispotica, e infine, con uu  ritorno corretto verso le sue origini, arriva ni governo parlamentare  (Letourneau); la legge dell'evoluzione della pittura, che nei suoi pri¬  mordi è religiosa, per dare origine alla pittura mitologica come ramo  parallelo, la quale alla sua volta divieue pittura storica; da que¬  st’ ultima si stacca la ritrattistica, che dà origine al genere, per  giuugere infine per il paesaggio alla natura morta (Brunetière).   Ma non una di queste leggi e delle altre simili può reggere  all'esame dei fatti; esse non sono che generalizzazioni arbitrarie, che  non hanno il più piccolo fondamento nella realtà delle coso. (')   2. Oggetto delle scienze storiche. — Adunque la storia,  concepita nel suo significato più logico, ha per fine essenziale  di esporre lo sviluppo complessivo dell’universo, a cominciare  dalla formazione dei corpi celesti, svoltisi dalla nebulosa pri¬  mitiva secondo il principio ipotetico del Laplace, per giun¬  gere, attraverso alla geologia e alla trasformazione successiva  degli organismi vegetali e animali, allo sviluppo dello spirito  umano, al quale in modo più speciale s’applica il nome di storia.  In questo complesso entrano tanto i fatti universali quanto  i fatti singolari considerati nello spazio, ma che sono però    0) XÉNOPOi., Le caracthrc- de l’histoire, in Jievue phil., gennaio 1902, p. 38. Lee  principes fondatHeniau.r de l’histoirè, p. 201-251. Paris, Lerotut, 1899.       156    PRINCIPI DI LOGICA.    tutti individuali considerati nel tempo, ossia che non si sono  prodotti che una sola volta nel corso del tempo e non si ri¬  produrranno più nell’ identico modo : ogni fatto è unico e non  rassomiglia ad alcun altro in maniera completa. Tali sono per  esempio: la successione di zone sedimentarie nei terreni secon¬  dari o terziari; le trasformazioni successive attraverso le  quali sono passati i sauriani rettili per mutarsi in uccelli,  o quella dell ’elephas antiquus per divenire l’elefante che os¬  serviamo ai nostri giorni; oppure le vicissitudini per le quali  ha dovuto passare l’Impero germanico o la Penisola italica  per arrivare alla forma unitaria attuale, o la trasformazione  dell’epica cavalleresca leggendaria e primitiva nelle opere  individuali del Pulci, del Boiardo e dell’Ariosto.   Per evitare equivoco, è però necessario in questo punto  uno schiarimento; cioè bisogna stabilire una distinzione tra  l’esposizione scientifica naturale e l’esposizione storica d’un  oggetto o d’una classe d’oggetti, per esempio degli esseri vi¬  venti, della società umana ecc. Cosi la biologia concepita  come scienza naturale, che mira a farci conoscere le leggi  generali che governano la vita degli animali e dei vegetali,  non si deve confondere colla biologia considerata come scienza  storica, la quale ha in vece per fine di studiare le succes¬  sive modificazioni e trasformazioni dei medesimi esseri sulla  superficie della terra dal primo momento, se è possibile, della  loro apparizione fino ai nostri giorni ; in modo simile la so¬  cietà umana può essere oggetto d’una scienza naturale,  in quanto questa la studia e l’analizza nella sua maniera di  essere, di vivere, nella dipendenza dei suoi elementi ; e può  anche essere oggetto d’una esposizione storica nel senso comu¬  nemente inteso, in quanto ne espone le vicende successive. (*)   È quindi evidente che nello studio di certe classi di og¬  getti il metodo naturale, che vuole stabilire leggi, e il metodo  storico, che vuole invece stabilire il modo di successione dei  fenomeni, possono alternarsi, ma non confondersi; giacché le  leggi naturali non si applicano che ai fenomeni che si ripetono  e non esprimono che il carattere quantitativo dei rapporti tra    0) Rickert, Die Qrensen der naturwisseuschaftlichen liegriffsbildung, pag. 294.  Leipzig, Mohr] i fenomeni, mentre la storia si occupa solo del lato qualita¬  tivo dei fenomeni, e afferma che non vi sono due individualità  storiche che si rassomiglino, due avvenimenti che si possano  ricondurre sotto la medesima nozione generale o legge che si  applichi tanto al presente quanto al passato. (*)   Noi ci limiteremo qui ad esporre per sommi capi le re¬  golo metodiche più. importanti che riguardano lo studio dei  fatti umani, cioè che riguardano la storia propriamente detta,  la quale ci interessa più da' vicino.   3. Svolgimento del concetto di storia. — Le varie trasfor¬  mazioni cui il concetto di storia andò via via soggetto servono  a mettere in evidenza i vari elementi che lo compongono e  a farne conoscere meglio la vera indole e lo scopo.   L’idea di cercare un disegno generale della storia non si  era presentata, nè si poteva presentare, agli antichi, i quali  non avevano un concetto chiaro dell’unità del genere umano.  Erano talmente immedesimati nella società e civiltà in cui  vivevano e di cui facevano parte, che non sapevano ricono¬  scere e pregiare il valore d’un’altra : lo straniero era per  essi un barbaro; essere civile, pei Romani che conquistarono  il mondo, voleva dire accettare le leggi, le istituzioni, le  idee di Roma, divenire in una parola, romano.   La storia ha però trovato in Grecia e in Roma cultori  di grande valore ; pel primo Tucidide rivolge lo sguardo sui  fattori politici e, quasi, sulla base naturale degli avvenimenti,  le cause dei quali ricerca non già nelle disposizioni di esseri  sopranaturali, ma soprattutto nelle condizioni in cui si trova¬  vano i popoli, negli interessi degli Stati, e, in piccola misura,  nei capricci e nelle passioni degli individui; egli vuol descri¬  vere il corso delle cose umane, come farebbe per quello dei  fenomeni naturali, ricerca la verità con zelo infaticabile, e  nessuno sforzo, nessun sacrificio risparmia, per raggiungerla,  per dare dei fatti un’esposizione esatta.   Col Cristianesimo si diffuse il concetto d’un Dio unico,  creatore e guidatore del mondo, innanzi a cui tutti gli uo¬  mini sono eguali; e cosi sorse anche il concetto d’un disegno [Kickkbt] nella storia, d’una niente superiore, che conduca ad un fine  determinato. E noto che questo concetto apparve per la prima  volta nella Città di Dio di S. Agostino e nelle Storie del suo  discepolo Orosio. Cosi cominciò quella che fu chiamata Scuola  teologica, la quale in sostanza era la negazione del vero me¬  todo storico e la rendeva impossibile. Infatti l’uomo diveniva  un cieco strumento, senza proprio valore, nelle mani di Dio.  che guidava i popoli come un cocchiere guida i cavalli; i  popoli sorgono o cadono, perchè Iddio avvicina o allontana  da essi la sua mano; le leggi dei fatti bisogna cercarle nella  mente divina, in cui ai mortali non è dato penetrare. Quindi  l’errore fondamentale non stava già neU’ammettere un Dio  creatore dell’uomo e. regolatore della storia, ma nel metodo  che si voleva seguire. Anche Galileo Galilei credeva in un  Dio creatore del mondo, autore dello leggi della natura; ma  egli cercava queste ultime studiando la natura e i suoi feno¬  meni. Invece gli scrittori del Medio Evo pensano che gli avve¬  nimenti storici sieno esclusivamente opera della Provvidenza  divina, considerano l’uomo come un semplice strumento e la  vita terrena non altro che una preparazione alla vita celeste.   Coi grandi storici del Rinascimento italiano questo con¬  cetto è totalmente abbandonato; nelle storie del Machiavelli  e del Guicciardini, infatti, la Provvidenza è scomparsa del  tutto; essa non è mai chiamata a spiegare qualcuno dei grandi  avvenimenti storici. Tutto ciò che avviene nella storia è, per  gli scrittori del Rinascimento, opera dell’uomo, e dell’nomo  individuo civile, razionale. Però l’uomo non è considerato  come parte integrante della società, ma isolato, immutabile.  Così il Machiavelli nel primo libro delle sue Storie narra gli  avvenimenti dell’Europa nel Medio Evo: perchè i barbari  si precipitano sull'impero? perchè uno o un altro generale  romano offeso, geloso, irritato, li chiama per vendicarsi. Perchè  seguono le Crociate? perchè Urbano II, non avendo altro da  fare, pensò di darsi ad una « generosa impresa » . V’è sempre  un capitano, un politico, un uomo di Stato, che è la causa  di tutto ; è esso che fa le leggi, che fonda una repubblica o  una monarchia, che muta i governi, che apparecchia le con¬  giure, le grandi rivoluzioni e le conduce al fine desiderato;  non vi sono forze generali d’alcuna specie che operino : l’uomo rimane sempre lo stesso, e le differenze che vediamo di se¬  colo in secolo, da nazione a nazione, sono secondarie, più  apparenti che reali. (')   Queste idee durarono fino al secolo 2àlll. Il primo che  osò prendere una via a fiat io diversa fu Giambattista Vico  (1G68-1744). Egli accetta il pensiero degli uomini del Ri¬  nascimento, cioè che le cause dei fatti storici sono da ricer¬  carsi unicamente nell’uomo e nelle modificazioni dello spirito  umano, « questo mondo delle nazioni è pur fatto dagli uo¬  mini e bisogna quindi ricercarne leej-ipiegazione nella mente  umana * ; non crede però che l’uomo rimanga sempre lo  stesso attraverso a tutte le trasformazioni sociali, ma assi¬  cura invece che lo spirito umano muta col mutar dei tempi  e che, se vogliamo, per esempio, comprendere l’infanzia del  genere umano, dobbiamo uscire di noi stessi, rifarci in certo  qual modo fanciulli. Questo è il concetto che avviò la storia  per una via nuova e che fa del Vico il precursore dell’indi¬  rizzo seguito più tardi dal Wolf, dal Niebuhr, dal Savigny.  Questi ultimi iniziarono un nuovo metodo, studiando con me¬  todo scientifico e con grande pazienza i linguaggi, le mito¬  logie, il diritto, la società primitiva, le antiche istituzioni.  Questa scuola pose in evidenza che la mitologia, i linguaggi,  le società nascono e crescono secondo leggi determinate, senza  essere creazione personale dell’uomo: l’uomo non appariva più,  quale una volta, come un essere immutabile in tutti i tempi,  i tutti i luoghi, con facoltà sempre identiche in ogni età, in  ogni razza o civiltà diversa ; ma d’ora in ora continuamente  mutabile, ed in questa sua mutabilità, in questo suo continuo  diveìiire doveva essere studiato.   Di qui ha avuto principio quell’immenso lavoro di in¬  dagini che va rinnovando ab imis fundamentis tutta la storia  del passato e disseppellendo ad una ad una le antiche ci¬  viltà ; si tende ad una ricostruzione completa degli avveni¬  menti storici, fondata sulla conoscenza critica delle fonti e  di tutte le forze che agiscono nei gruppi sociali e dei bisogni  che cagionano i movimenti delle masse umane. Intorno alla    (!) Vili.ari, Scritti rari; il saggio “La Storia è una scienza? „ passim. Bo¬  logna, Zanichelli] Pane    160   natura di questi bisogni spuntano le divergenze delle con¬  cezioni storiche, oggidì assai numerose.   Secondo la concezione eroica non sono altro che ^bisogni  degli eroi e dei geni che póngono in moto quella màis in-  (ììgéstaqtte moles che è l’umanità; è una spiegazione insuffi¬  ciente, che riposa sopra una concezione antiscientifica della  causalità, confonde l’occasione del movimento storico con la  sua causa e cade in un circolo vizioso, poiché conclude dal¬  l’importanza dei risultati ottenuti dall’uomo di genio a quella  della sua energia, e fa poi di questa energia supposta la causa  dei risultati ; già Niccolò Machiavelli ha notato che la storia  insegna che i tempi porgono l’occasione ai grandi e questi  sanno afferrarla, mutando spesso il corso degli avvenimenti. (')   Una concezione ideolo gica della storia si ritrova nella  celebre opera di H. Th. Buchle « Storia della civiltà in In¬  ghilterra ; » le azioni umane, secondo questo scrittore, ven¬  gono determinate parte dalla natura, parte dallo spirito. Il  primo fattore si assoggetta il secondo, ed è quindi prepon¬  derante, nelle zone calde e fredde, mentre nei paesi tempe¬  rati, come nell’Europa, la natura è subordinata allo spirito;  gli Europei debbono la loro civiltà ai progressi del sapere e  dell’ intelligenza ; però la civiltà non è già il prodotto arbi¬  trario e casuale di cieche forze fisiche o di potenze spiri¬  tuali, ma si deve considerare come il risultato necessario  d’una serie di cause strettamente tra loro concatenate.   La concezione collettivista, sorta di recente, vede la causa  dei movimenti indicati in un « bisogno delle masse », e spe¬  cialmente in un bisogno economici) ; la forma più importante  di questa concezione economica della storia è il cosiddetto  materialismo storico, che ha il suo principale rappresentante  e fondatore in Carlo Marx (1818-1883). Questi sostiene che  t utto lo sviluppo sociale è determinato dal sistema econo¬  mico, che alla sua volta dipende dalla forma e dallo svilnpup  della produzion e. La struttura economica della società, egli  dice, è la base reale, su cui s'eleva poi 1 edificio giuridico e  politico, cosicché i (_ modo dì produzione della vi ta m&tedale  domina in generale lo sviluppo della vita sociale, politic» o_    (>) Il Principe, cap. VI, p. 6, ed. carata da G. Lisio. Firenze, Sansoni] intellettuale . Il Marx distingui nella storia dell’umanità tre  periodi principali : il periodo a ntico, il f eudale, il borghese  o capitalista, tutti caratterizzati dal differente modo di pro¬  duzione : ciascuno porta ingenita la sua propria contraddi¬  zione e ci mostra il progresso come uno sviluppo storico ne¬  cessario. Il regime borghese, nel quale viviamo, è d’origine  recente, giacché incomincia nel -secolo XVI, quando i grandi  proprietari invadono a poco a poco il dominio dei grandi col¬  tivatori, spingendo nelle città gli abitanti delle campagne.  La soppressione dei mestieri e l’invenzione delle macchine  hanno dato un grandissimo sviluppo all’industria, nella quale  s’ impiega un numero sempre crescente di lavoratori. La sto¬  ria è c|uindi dominata dal sistema economico e non avrebbe  c he una fonte p rincipale: i Jjiso^ni mat eriali dell nomo; l’or¬  ganizzazione economica che oravecliamo non è l’espressione  di leggi economiche eterne, ma non altro che una modifica¬  zione dell’organizzazione economica medioevale, che alla sua  volta deriva dall’antica. Il fatto economico è per natura  sua esclusivamente umano ; precede nel tempo tutti gli altri  fenomeni sociali, poiché, come Aristotile ha già osservato fino  dall’antichità, gli uomini non potevano porsi a speculare prima  d’aver provveduto ai loro naturali bisogni ; infine è tra i fatti  sociali il più semplice.   È innegabile che i fatti economici hanno sopra gli altri  fatti sociali una efficacia spesso decisiva, e che quindi la loro  conoscenza ha molta importanza nella spiegazione dello svol¬  gimento storico delle società umane. Però non bisogna di¬  menticare il legame che uni sce gli uni agli altri i fenomen i  s ociali: il diritto, l a religione, la morale, reconomia, la po -   Jitìca. tutte le categorie di fatti che l’analisi distingue sono   unite fra loro da reciproche influenze ; lo stesso Marx ha no¬  tato ciò che v’è di contingente nei progressi della tecnologia,  ciò che questa deve al caso, alle gr andi inv enzioni e all’im  t elligenza . Quindi il materialismo storico, secondo recenti in¬  terpreti (Antonio Labriola e Benedetto Croce), fornisce una  somma di nuovi dati, di nuove esperien ze., che entra nella  coscienza dello storico, si risolve in un ammonimento a tener  presenti le osservazioni fatte da esso come nuovo sussidio a  intendere la storia. La storia è una scienza o un’arte? - Importante è pure la  questione non ancora chiusa se la storia sia una scienza oppure  un arte; ponendola alcuni risolutamente fra le scienze, altri fra lo  arti, ed altri accordandole i caratteri d’una scienza e nel mede¬  simo tempo d un’arte. Notevoli sono le argomentazioni chq il Croce  pone innanzi per sostenere che la storia è un’arte: egli distingue  nella conoscenza umana due forftd: la còrios'ceuza intuitiva e la  conoscenza logica, conoscenza per la fantasia e conoscenza per  l intelletto, conoscenza dellWimrfnalc e àeW universale, delle cosse  delle loro relazioni; l'una è produttrice d’imagini, l’altra produttrice  di concetti. Lo intuizioni sono: questo fiume, questo lago, questo ri¬  gagnolo, questa pioggia, questo bicchiere d’acqua; il concetto è:  1 acqua, non questa o quella, ma l’acqua in genere, in qualunque  luogo o tempo si roalizzi. Le manifestazioni più alte della cono¬  scenza intuitiva e dolla conoscenza intellettuale sono arte e scienza. (')  La stona è un’arte, come la poesia, la pittura, la musica; essa ò  una pittura vora e propria, descrivo gli avvenimenti, vuole rappre¬  sentare vivamente all’immaginazione degli uomini i fatti passati;  racconta e non fa deduzioni nè induzioni, secondo il metodo ado¬  perato nelle scienze, non ricerca leggi, nè foggia concetti, è diretta  art narrandum non ad demonstrandnm. Il questo qui, Vindividuimi  umilino determinatimi è il suo dominio, od è il dominio medesimo  dell arte; la storia rientra perciò sotto il concetto dell’arte.   1', un sofisma quello di credere che la storia abbia por oggetto  il concetto dell’individuale, donde si conchiude che la storia sia  conoscenza logica o scientifica; la storia elaborerebbe il concetto  d un personaggio, di Carlo Magno o di Napoleone ; d’un’opoca come  del Ri nascimento o dolla Riforma: d’un avvenimento come della  Rivoluzione trancoso e dell'unificazione d’Italia, allo stesso modo  che la Geometria elabora i concetti delle forme spaziali. Ma di  tutto ciò non è niente: la storia non può se non presentare Na¬  poleone o Carlo Magno, la Riforma o il Rinascimento, la Rivolu¬  zione francese o l’unificazione d’Italia, fatti individuali, nella loro  fisionomia individuale, proprio nel senso cho dai logici si dico che  dell individuale si dà non concetto ma rappresentazione. ( a ) Tra  aite ola storia corre quosta differenza: la prima è la conoscenza  d una cosa, d’un sentimento, d’un carattere, la conoscenza della  lealtà possibile, non della realtà esistente e reale, oggetto della storia   5. La critica storica. — Lo storico trae la materia della  narrazione o dai fatti che egli stesso ha veduto, oppure dai * (*)   0) Croce, Estetica, p. 3. Palermo, Sandron, 1902.   (*) Croce] fatti che altri in tempi o luoghi lontani hanno osservato;  d’onde la necessità di valutare il grado di certezza delle te¬  stimonianze, per avvicinarsi più che è possibile alla verità.  Bisogna notare che l’uomo lascia traccia di sè e delle sue  opere non solo nei racconti scritti o tramandati di genera¬  zione in generazione, ma anche nelle armi, negli ornamenti,  negli strumenti che adopera nella caccia, in casa ecc. ecc.  La preistoria è basata quasi esclusivamente sopra questi ul¬  timi monumenti, non esclusi gli avanzi fossili del regno ani¬  male e di quello vegetale. Il materiale per ricostruire il pe¬  riodo che segue alla preistoria ci viene fornito da una grande  quantità di monumenti, come iscrizioni, monete, sculture, edi¬  fici, opere pubbliche ecc., che provengono dagli stessi autori  degli avvenimenti o dai loro contemporanei ; l’interpretazione  di essi rientra propriamente nel campo dell’archeologia sto¬  rica, la quale fornisce pure un prezioso sussidio alla storia  propriamente detta.   Importante è il criterio per stabilire la certezza della  tradizione scritta e della tradizione orale, per le quali s’in¬  contrano non poche e gravi difficoltà, se si pensa che non  di rado per fatti e avvenimenti di lievissima portata e a  noi contemporanei, le testimonianze di persone oneste e co¬  scienziose sono incerte e contraddittorie ; per fatti di molto  maggior gravità e che possono riguardare tutto intero un  popolo, le passioni, l’intelligenza, il partito politico, gl’inte¬  ressi degli osservatori possono turbare la narrazione spesso  in modo irrimediabile ; tali testimonianze debbono essere va¬  gliate con grandi cautele e con tutti gli speciali sussidi for¬  niti dal metodo storico, e con tutto ciò non sempre si riesce  ad eliminare le alterazioni sia volontarie sia involontarie.  Avvenimenti come la origine del Cristianesimo, la Riforma  protestante, la Rivoluzione francese sollevano ancor oggi po¬  lemiche e pregiudizi, che impediscono e offuscano la retta  valutazione di essi.   n. quindi chiaro che il principio di verisimiglianza e di  probabilità, come dice il Croce, (') domina tutta la critica  storica ; l’esame delle fonti e delle autorità è diretto a sta-    (>) Op. cit„ I. c.       PRINCIPI PI LOGICA.    164   bilire le testimonianze più credibili. Chi parla d’induzione e  di dimostrazione storica fa un uso metaforico di queste pa¬  role, le quali nella storia assumono un aspetto affatto diverso  da quello che hanno nella scienza. La convinzione dello sto¬  rico è la convinzione indimostrabile del giurato, che ha ascol¬  tato i testimoni, seguito attentamente il processo ; sbaglia,  senza dubbio, delle volte, ma gli sbagli sono una trascura¬  bile minoranza di fronte ai casi in cui coglie il vero. La  storia è quindi ciò che l'individuo o l’umanità ricorda del  suo passato, ricordo dove oscuro, dove chiarissimo, ricordo  che con industri esami si procura di allargare e precisare il  meglio possibile; ma tale che non se ne può far di meno e  che, preso nel tutto insieme, è ricco di verità. Solo per spi¬  rito di paradosso si potrà dubitare che non sia mai esistita  una Grecia, una Roma, un Alessandro, un Cesare, un’ Eu¬  ropa feudale e una serie di rivoluzioni che l’abbatterono;  che il 1° novembre 1517 si videro affisse le tesi di Martin  Lutero alla porta della chiesa di Wittemberga e che il 14 lu¬  glio 1789 fu presa dal popolo di Parigi la Bastiglia. Che ra¬  gione rendi tu di tutto questo?, chiede ironicamente il sofista :  l’umanità risponde : Io ricordo.   Chi si accinge a scrivere un’opera di storia deve atten¬  dere a quattro operazioni principali, a ciascuna dolle quali  risponde una parte distinta della metodica :   1" Raccogliere il materiale, donde Veuristica: ossia dot¬  trina delle fonti.   2° Analizzarlo, donde la critica delle fonti.   •1° Comprendere i fatti in sè e nei loro rapporti, donde  la co Riprensione dei fatti e loro rapporti.   4* Esposizione dei fatti.   Queste quattro operazioni nella pratica s’intrecciano e  si confondono, giacché nel tempo stesso che, ad esempio, si  raccoglie il materiale, questo viene vagliato, e non si può va¬  gliarlo senza comprendere il valore dei fatti che esso fornisce.   Le fonti sono il materiale da cui si attinge la storia;  dapprima furono tradizioni orali e canti popolari, poi note  scritte e anche, occasionalmente, iscrizioni e documenti: più  in là nell’età antica e nel medio evo non si andò; solo nel¬  l’età moderna si pose mano a ricercare ed usufruire iscrizioni, documenti, monete, tutti i prodotti dell’arte, e persino  gli avanzi preistorici. Tutto il materiale storico si può di¬  videre in due categorie:   a) avanzi ossia tutto ciò che di un l'atto è rimasto ed  esiste ancora, con semplici reliquie o parti di fatti e di atti  umani interamente spogli d’ogni idea di ricordo per la po¬  sterità e innanzi tutto i resti corporei degli uomini, poi la  lingua, le abitudini, i costumi, le feste, i giuochi, culti, isti¬  tuzioni, leggi, utensili, monete, armi, edifizi; tra gli avanzi  sono da annoverarsi i monumenti nel senso più largo, vale  a dire tutto ciò cui è inerente l’intenzione di conservare la  memoria dei fatti;   b) la tradizione, che mira a conservare il ricordo degli  avvenimenti col proposito appunto di essere fonte o mate¬  riale storico. Si distingue in figurata, orale e scritta, se¬  condo che consta di rappresentazioni di persone di luoghi  (ad es. carte geografiche, piante di città e simili) e avveni¬  menti storici, oppure di racconti orali, leggende, proverbi,  canti storici, oppure di iscrizioni storiche, alberi geneologici,  calendari annuali, cronache, ricordi, biografìe e storie d’ogni  genere.   Ufficio della critica storica è quello di stabilire la verità effettiva dei dati contenuti nelle fonti, cioè decidere se  e fino a che punto siano da ritenersi come veri o come falsi,  come realmente avvenuti o no. Ciò si fa sempre affermando  o negando, sotto forma d’un giudizio, sia nei rapporti delle  fonti coi fatti, sia dei fatti tra loro; come indica anche il  significato fondamentale del verbo xpfveiv (separare, distin¬  guere, giudicare) da cui è derivata la parola critica. La me¬  todica insegna i principi, le regole, l’arte onde s’adempie a  quell’ufficio. Tutto si riduce al raffronto di ciò che sottopo¬  niamo a critica con altri dati di cui siamo sicuri, all’esame,  in una parola, dell’incerto col certo. Si deve alla critica ve¬  ramente metodica o scientifica, se la storia è diventata una  vera e propria scienza, giacché solo il metodo scientifico ha  reso possibile l’accertamento dei fatti storici, cioè lo sceve¬  rare il vero dal falso, la storia, dalla leggenda.   La critica dicesi estrinseca, quando esamina se una data  fonte sia da considerare o no, e fino a che punto, come testimonianza storica, come vera e propria fonte storica; e ha  quindi per ufficio di a) provare l’identità delle fonti ; b) sta¬  bilire quando, dove e da chi e per che modo (se originali o  derivate) furono prodotte; c) stabilirne il contesto originale  (recensione) e pubblicarle (edizione).   La critica dicesi invece intrinseca, quando esamina i  rapporti delle testimonianze coi fatti, cioè se le testimo¬  nianze corrispondano, e fino a che punto, alla realtà. Il suo  ufficio somiglia a quello del giudice istruttore, il quale deve  constatare la realtà d’un delitto dalle dichiarazioni dei te¬  stimoni e dalle immediate tracce di esso; essa esamina la  forza dimostrativa delle singole tracce o testimonianze, raf¬  fronta e bilancia le ime colle altre. (')   6. Esiste una scienza generale della società? — I primi   saggi d’osservazione scientifica della vita sociale si ritrovano  in alcune opere di Platone e di Aristotile; ma solo nei  tempi nostri lo studio dei fenomeni sociali ha preso uno svi¬  luppo notevolissimo e un’ importanza veramente straordinaria.  Augusto Comte nel suo « Corso di filosofia positiva » lo ha  innalzato al grado di scienza indipendente, dandogli il nome  di « sociologia », che viene ormai generalmente accettato ; nella  nota classificazione comtiana delle scienze, la sociologia tiene  1 ultimo posto, essendo sorta di recente e presentando mag¬  gior complessità e minor generalità delle altre scienze.   Ma la sociologia è ben lungi dall’aver determinato con  chiarezza e precisione il suo oggetto e i suoi metodi; anzi  alcuni negano ad essa il diritto all'esistenza, affermando che  i fatti che studia formano oggetto di altre scienze già co¬  stituite.   La sociologia viene generalmente intesa come la scienza  dei fenomeni sociali, cioè dei fenomeni che sono propri  della vita della società. Questo però non è sufficiente per  determinare l’oggetto della sociologia, poiché i fenomeni so¬  ciali sono già studiati da un gran numero di discipline par¬  ticolari, storia delle religioni, del diritto, delle istituzioni    (') Manuale Sei metodo storico di A. CnivEU.ucci, pnssim. Pisa, Spocrri, 1897  (è la traduzione dei capitoli 3° e 4° del Manuale del m. st. del Berkheim).] politiche, statistica, scienza economica ecc. Ora due sono le  soluzioni principali date a questo problema. Secondo alcuni  la sociologia è una scienza distinta dalle scienze sociali par¬  ticolari, ha un’individualità sua propria, considera in tutta  la sua complessità la realtà sociale, che le scienze partico¬  lari dividono e decompongono per astrazione; essa è una  scienza concreta, sintetica, mentre le altre sono analitiche  ed astratte. In questo modo lo Stuart Mill afferma che la  sociologia ha per oggetto « gli stati di società » che si suc¬  cedono nella storia dei popoli; l’insieme degli elementi che  formano lo stato di società è costituito dai fenomeni sociali  più importanti, come il grado d’istruzione e di cultura mo¬  rale nella comunità e in ogni classe, le condizioni dell’in¬  dustria, del commercio, della ricchezza, le occupazioni ordi¬  narie della nazione, la sua divisione in classi, la forma di  governo, le leggi, i costumi ecc. La sociologia dev’essere  quindi come una filosofia delle scienze sociali particolari, e,  come la biologia ha preso il significato di filosofia delle  scienze biologiche, cioè d’una scienza che studia i fenomeni  essenziali ed universali della vita sotto le sue molteplici  forme, cosi essa dev’essere la scienza generale della società,  deve analizzare le caratteristiche generali dei fenomeni sociali  e stabilire le leggi più alte dell’evoluzione sociale.   Altri invece affermano che la sociologia non può essere  che il sistema, il «corpus» delle scienze sociali; la molti¬  tudine innumera dei fatti sociali viene studiata dalle disci¬  pline speciali, che diventano in tal modo come rami parti¬  colari della sociologia e devono prendere un nuovo indirizzo  e un nuovo metodo, derivanti dalla considerazione che i fatti  sociali sono tra loro intimamente legati e debbono considerarsi come fenomeni naturali soggetti a leggi necessarie. Un  esempio di questa trasformazione ci viene presentata dalla  storia. Sotto gli avvenimenti particolari e contingenti che  costituiscono la storia apparente delle società umane, si co¬  minciò a cercare qualche cosa di più fondamentale e di più  permanente, le istituzioni ; con ciò la storia cessa d’essere  uno studio narrativo e si apre all’analisi scientifica. I fatti  che vengono eliminati o considerati di secondaria impor¬  tanza, sono i più refrattari alla scienza, essendo propri ad ogni individualità sociale considerata in un dato momento  della sua vita ; mutano da una società ad un’altra, e nel seno  d’una medesima società: le guerre, i trattati, gli intrighi  delle corti o delle ‘assemblee, gli atti degli uomini di Stato  costituiscono delle combinazioni che non si ripetono mai nello  stesso modo e non sono soggetti a leggi definite ; la storia  in questo senso si limita a stabilire una pura successione di  fatti. Invece le istituzioni nel loro svolgimento conservano  caratteri essenziali per lunghi anni e anche, qualche volta,  per l’intero corso d’un’esistenza collettiva, poiché esprimono  ciò che vi è di più essenziale in un aggregato umano ; in  questo campo i fenomeni sociali non possono più essere con¬  siderati come il prodotto di combinazioni contingenti, di vo¬  lontà arbitrarie, di circostanze locali e fortuite, ma di cause  generali permanenti e definite. Quindi sotto l’azione dei  principi, degli uomini di Stato, dei legislatori, che era con¬  siderata un tempo come preponderante, si è scoperta l’azione  decisiva delle masse, si è compreso che una legislazione non  è che la codificazione dei costumi, che non può vivere se non  profonda le sue radici nello spirito dei popoli, e inoltre che  i costumi, le abitudini, lo spirito dei popoli non sono cose  che si creano a volontà, ma sono l’opera dei popoli stessi.   Non pochi sono gli argomenti cho si adoperano per dimo¬  strare 1 impossibilità d'uua scienza generale della società; si ri¬  corre alle definizioni tra loro discordanti che i sociologi propongono  di essa, del suo metodo, del suo oggetto; per gli uni la caratteri¬  stica dei fenomeni sociali è la continuità o storicità, per altri la  reciprocità d’azione, o la giustizia, o la sociabilità, o la coscienza  della specie; l'elemento primario e costitutivo della società è ora  l' individuo, ora la famiglia, ora l' orda ; nè può avvenire altrimenti  quando si pensi alla complessità estrema, alla variabilità di tali  fenomeni, le quali però, se attestano della gravissima difficoltà del-  l'impresa, non sono prove sufficienti per poterne affermare l’im¬  possibilità.   7. Il metodo nello studio dei fenomeni sociali. — Intorno   al metodo da adoperarsi nello studio dei fenomeni sociali si  notano divergenze simili a quelle che abbiamo trovato nelle  opinioni intorno al vero oggetto della sociologia.   Per un certo periodo di tempo ha avuto molta fortuna la concezione biologica della società ; ma oggi per l'im¬  portanza maggiore acquistata dalla psicologia e per altre  cause lia perduto gran parte della sua importanza e conta  minor numero di sostenitori.   L’analogia biologica si fonda sul metodo induttivo e con¬  siste nella comparazione d’una società ad un organismo per  la corrispondenza e il parallelismo di non pochi caratteri fra  l’una e l’altro. Cosi in ambedue il punto di partenza, è uno  stato semplice, indefinito, relativamente omogeneo; lo sviluppo  della società come degli organismi s’effettua per differenzia¬  zione, successione e coordinazione delle parti differenziate ;  all’accrescimento della massa e del volume corrisponde la  complicazione graduale della struttura e delle funzioni, e,  come gli individui, gli aggregati sociali nascono, si svilup¬  pano e muoiono. In secondo luogo l’individuo nella società è  l’equivalente dell’elemento anatomico nell’organismo, e come  i, io opino, credo, e  quindi opinione imposta da un’autorità posta al di fuori e  al disopra di ogni critica) afferma che il nostro sapere non  ha limiti, che lo spirito umano può giungere a conoscere la  realtà quale essa è. Dogmatici sono stati Platone e Aristo¬  tile e i razionalisti del secolo XVII.   b) Lo scetticismo rappresenta una dottrina opposta al  dogmatismo ; esso (da oxémopai, esamino) afferma che il  dubbio si estende a tutte quante le cognizioni. Vi è uno Kulpe, EinUitung in die rhilosophie, p. 131. Leipzig, Hirzel] scetticismo relativo, pel quale tutte le nostre cognizioni sono  relative, vale a dire dipendenti dalle circostanze accidentali  in cui sono sorte, e quindi valevoli solo per determinati luo¬  ghi o tempi ; e uno scetticismo soggettivo, pel quale la verità  è una cosa affatto dipendente dall’ individuo. Manca quindi  un criterio assoluto della verità: la debolezza e l’imperfezione  dei sensi rendono impossibile una percezione sicura, e la ra¬  gione per la sua stessa natura è condannata alla contraddi¬  zione.   Lo scetticismo ha avuto la sua massima fioritura nell'anti¬  chità fino dall'epoca dei Sofisti. Protagora, fondandosi sul principio  d’Eraclito che tutte le cose sono soggette a una mutazione inces-,  sante, ne trae la conseguenza che le coso sono ciò che pare a ciascuno  in un dato momento, e che la verità dipende, corno il gusto, dal  sentimento momentaneo degli individui, cadendo cosi nello scetti¬  cismo che abbiamo denominato soggettivo: l’uomo è la misura di  ogni cosa, egli diceva : nàvitov xp 1 il i, ‘ xa,v M T P SV Sv&puiitoj. Però  questa frase si riferisce solo alla teoria della conoscenza, non alla  morale, corno sposso si dico. 11 Goethe, guidato dall'istinto d’uno  spirito superiore, ha compreso ciò : “ noi possiamo, egli dice, os¬  servare, misurare, calcolare, pesare la natura, ma ciò avviene sem¬  pre secondo la nostra misura e il nostro peso, giacché l’uomo ò la  misura di tutto le cose „. Questa espressione equivale dunque a  dire: il reale solo può essere percepito da noi, l’irreale non può  in alcun modo divenire oggetto della nostra percezione ; noi uomini  non possiamo varcare i limiti dalla nostra natura, e la verità, per  quanto può essere percepita da noi, deve trovarci entro questi con¬  fini. (')   Gorgia Leontino cercò di dimostrare le seguenti tre tesi : nes¬  suna cosa è ; anche se qualche cosa fosse, non sarebbe conosci¬  bile; quando pure fosse conoscibile, la cognizione che un uomo  potesse acquistarne, non sarebbe comunicabile ad altri ; in con¬  clusione la verità non esiste, tutto ò falso. Infine Pirrone, capo  degli Scettici, affermò che le cose sono inaccessibili tanto ai sensi  quanto alla ragione, e che noi possiamo di esse affermare o negare  quello che vogliamo; il meglio che ci rimane a fare consiste nel-  l’astenerci da qualsiasi giudizio. Fra gli scettici posteriori sono da  ricordarsi Arcesilao e Cameade.   Nei tempi moderni gli scettici più famosi sono Montaigne e Charron.    0) Gompebz, op. cit., p. 480.       conclusioni;. Il positivismo restringe il valore della conoscenza al  campo dell’esperienza e delle scienze positive, ai fenomeni  e alle loro relazioni. Noi non possiamo conoscere l’essenza  dei fenomeni, le cause prime e i fini ultimi, ma solo, me¬  diante l’osservazione, l’esperimento e la comparazione, le re¬  lazioni costanti tra i fenomeni, il loro succedersi, le somi¬  glianze, le leggi. Pertanto il positivismo elimina dalle scienze  qualsiasi ricerca estranea a quella delle leggi e rapporti co¬  stanti di coesistenza e di successione tra i fenomeni. La filo¬  sofia positiva procede come le vere scienze, badando solamente  ai fatti e restringendosi a spiegare un fatto per mezzo di  altri fatti; e il fatto non è altro che il fenomeno.   11 fondatore del positivismo è Comte, del  quale abbiamo già esposto la classificazione delle scienze. Secondo  il Comte la coscienza passa per tre fasi principali, la fase teologica,  la metafisica, e infine la positiva.   Nella fase teologica lo spirito umano considera i fenomeni del¬  l'universo come effetti di forze e di esseri soprannaturali; anzitutto si  considerano tutti i corpi esteriori come animati, vivouti (feticismo),  quindi si ammetto l'esistenza di esseri invisibili, ciascuno dei quali  presiede ad una classe distinta d'oggetti, di avvenimenti (politeismo),  finché tutte le divinità particolari vengono comprese nell'idea d’un  Dio unico, che, dopo aver croato il mondo, lo governa sia diretta¬  mente, sia indirettamente per mezzo di agenti soprannaturali.   Nella fase metafisica i fenomeni vengono spiegati non più per  mezzo di volontà soprannaturali coscienti, ma mediante astrazioni  considerate come esseri reali: ciò che governa il mondo è una forza,  una potenza, un principio; si vogliono spiegare i fatti colle tendenze  della natura, cui si attribuisce ad esempio, la tendenza alla perfe¬  zione, l’orrore del vuoto, una forza salutare ecc.   Infine nel periodo positivo si lasciano in disparte lo entità  astratte, come cause, forze, sostanze, e si ricerca la spiegazione dei  fatti nei fatti stessi, confrontandoli, ricercandone le affinità e clas¬  sificandoli per ragione di somiglianza ; la storia dell'umano pensiero  cammina, secondo il Comte, verso la sintesi, l’organizzazione dello  scienze, mentre il regno della metafisica volge al suo termine.   d) II criticismo, s’oppone tanto allo scetticismo, che, ne¬  gando la possibilità di qualsiasi conoscenza, finisce anche col  negare sè stesso, quanto al dogmatismo che ha una cieca fi¬  ducia nella ragione; mentre il positivismo ammette solo la scienza positiva e come fine di questa la ricerca della legge,  il criticismo riconosce allo spirito umano altri campi di ri¬  cerca. Esso investiga ed esamina lo stesso potere, conoscitivo,  distinguendo quali problemi può risolvere, e quali invece ri¬  mangono senza soluzione e fuori del suo dominio. Il Kant  ammette la conoscibilità del fenomeno, di ciò che è dato alla  nostra esperienza, e afferma l’inconoscibilità dell’essenza delle  cose; però vi è in noi una tendenza naturale a valicare i  i limiti del mondo dei fenomeni, e a penetrare nel mondo dei  noumeni (tò voupevov - il pensato, la cosa in sè, l’oggetto  quale noi supponiamo che esista in sè stesso, in opposizione  al fenomeno, che è l’oggetto quale noi ci rappresentiamo nel¬  l’esperienza). Questa dottrina del Kant che vien detta anche  « razionalismo idealistico » si può cosi riassumere : noi pos¬  siamo conoscere la realtà a priori mediante la ragione pura,  non come è in sè stessa, ma solo, come appare a noi e sotto  l’aspetto formale. Le scienze, come abbiamo visto, si possono anche dividere in formali e scienze  della realtà ; alle prime appartengono la logica e la matematica  e hanno per oggetto idee che non sono tratte dagli oggetti  reali; cosi i numeri e le figure della matematica vengono  costruiti e determinati dalla nostra mente. Le altre invece  studiano oggetti presi dalla realtà, dal mondo interno, dal  mondo esterno, dal passato, dal presente e che si impongono  alla coscienza dell’osservatore. Ora, si può chiedere se questi  0 £f?®tti) studiati dalle scienze reali, esistono assolutamente,  in se stessi, quindi in maniera indipendente dalle rappresen¬  tazioni che noi ne possiamo avere, oppure si può dare al  problema un’altra soluzione. Le principali risposte a tale  questione sono tre: il realismo, il fenomenalismo, Videa¬  lismo.   Il realismo rappresenta la più antica concezione, giacché  si presenta a noi come naturale il fatto di pensare che le  cose che stanno fuori di noi cosi come noi stessi, siano quali  sono apprese dalla coscienza che le considera come gli ori¬    li) Pauusv, jB ’inleitung in lite Philosojihie, pag. 368. Berlin, Cotta] ginali ritratti dalle nostre sensazioni ; quindi crediamo che  gli oggetti sieno realmente rossi e verdi, chiari e oscuri, lisci  e ruvidi, dolci e amari. Però questo realismo ingenuo, che  ha ancora la sua influenza nella vita pratica, come quando  ad es. diciamo di vedere il sole levarsi e tramontare mal¬  grado la scoperta di Copernico, non dura a lungo; molti  fatti vengono presto a dimostrare che le rappresentazioni  non sono una copia della realtà: le illusioni, le allucinazioni,  i sogni, la cecità dei colori parziale o totale, le differenze  individuali nell’acutezza visiva e uditiva ci convincono che  la percezione sensibile dipende in modo naturale da fattori  soggettivi; si aggiunga a ciò la relatività della percezione  sensibile, per la quale ciò che ad uno sembra freddo è per¬  cepito come caldo da un altro, a questo un movimento pare lento,  a quello veloce, e uno stesso oggetto al medesimo individuo  si presenta sotto diversi aspetti secondo le circostanze, gli  strumenti coi quali s’osserva, la luce, ecc. ecc. Quindi non  è più possibile pensare che lo spirito sia come uno specchio  che rifletta fedelmente l’immagine degli oggetti esteriori.   L 'idealismo è stato iniziato nella sua forma tipica dal filosofo inglese Berkeley secondo il quale  tutte le qualità dei corpi che percepiamo sono meramente re¬  lative a noi, e i corpi non si riducono ad altro che a gruppi  di qualità, le quali esistono solo nelle nostre percezioni, sono  pure parvenze e la loro esistenza si riduce semplicemente  all’essere percepite, esse est per dpi ; che cos’è, per esempio, una  mela? un complesso di sensazioni visive, olfative, gustative,  tattili e nulla più.   Infine la dottrina del fenomenalismo fondata dal Kant  afferma che tutto ciò che ci viene dato nell’esperienza è  costituito dai fenomeni; noi possiamo conoscere le cose non  come sono in sè, ma come appaiono a noi. Le leggi fon¬  damentali, alle quali la natura obbedisce e che ci aiutano  a comprenderla, non esprimono che le condizioni d’esistenza  della nostra intelligenza. La ragione è questa; poiché noi  pensiamo il mondo dei fenomeni, bisogna ammettere che vi  sia una correlazione tra le leggi dell’ universo e le leggi della  nostra intelligenza; ora, per spiegare questa correlazione  sono possibili solo due supposizioni: o lo spirito ha ricevuto dal inondo, mediante i sensi e l’esperienza, le leggi costitu¬  tive conforme alle quali esso pensa; oppure lo spirito impone  al mondo le sue leggi proprie e l’obbliga in certo modo a  costituirsi in modo che la natura fenomenica gli divenga in¬  telligibile. Kant accoglie quest’ultima ipotesi, e quindi le  cose che noi pensiamo sono per noi ciò che il nostro spirito  le fa essere; il nostro pensiero attuale e cosciente non fa  che prendere conoscenza d’un mondo di fenomeni, che gli  preesiste e che, diventando oggetto di conoscenza, ha già  subito la legge del pensiero umano in ciò che esso ha di  essenziale e di costitutivo, di guisa che tutto ciò che noi  pensiamo non esiste in sè stesso, ma solo per rapporto a nyi.   5. Scienza e filosofia. — L’importanza che i problemi sopra ac¬  cennali hanno per la scienza, va sempre più crescendo non solo  presso i filosofi, ma anche presso gli scienziati, tra i quali non pochi,  b enché siano di continuo a contatto deU'esperieiiza. meditano o   s'accingono a risolvere problemi filosofici gravissimi . Cosi un cèlebre   fisiologo, Max Verworn, nell’introduzione alla fisiologia generale,  pone come fondamento a tutta l’opera una teoria della conoscenza,  giungendo alla conclusione “ che il mondo fisico è un frammento  della nostra psiche e cho è quindi naturale il fenomeno, cosi mera¬  viglioso sotto un altro aspetto, che le leggi le quali reggono il mondo  fisico sieno del tutto identiche a quelle che reggono la nostra psiche;  questo fatto ci pare tanto più probabile in quanto troviamo che i  fenomeni del mondo fisico sono ordinati secondo lo spazio, il tempo,  la causalitù, ossia secondo lo leggi logiche della nostra mente; le  leggi cho noi assegnamo al mondo fisico sono le leggi proprie del  pensiero, le leggi secondo le quali avvengono i fenomeni psichici,  perchè il mondo è solo ima nostra rappresentazione. 11 mondo este¬  riore è quindi pura illusione, l’idea d' una realtù oggettiva è affatto  insostenibile „, (‘)   11. Helinhol t z matem a tico, fisico o fisiologo di grand e.  valore, speriinentatoro geniale, pensatore profondo e limpido, cho  ha lasciato una traccia luminosa nei campi più diversi della scienza,  ha pure proclamato la verità che ogni discussione scientifica mena  dritta all'analisi e alla critica della conoscenza, che qualsiasi riflessione sul movimento scientifico non può non metter capo a quesiti  d'ordine conoscitivo; egli tenta la soluzione del problema della co¬  noscenza dal punto di vista della psico-fisiologia e pensa che la [Verwork] conoscenza deve essere analizzata, esaminata per scoprire in essa  i fattori, gli elementi impliciti, i presupposti che la rendono pos¬  sibile.   La filosofia moderna, dice il Riehl, vive nelle opere di Mayer, di H, Helmholtz, di Enrico Hertz . Dal breve, ma  profondo scritto del Mayer “ Osservazioni intorno all'equivalente  meccanico del calore „, si svolge chiaramente tutto il compito e il  metodo della conoscenza naturale e nel medesimo tempo i limiti di   essa, E fino agli ultimi tempi l'Helmholtz ha rivolto la sua attenzione alle questioni della conoscenza teoretica, separando le condi¬  zioni per l'intelligibilità delle cose dalle rose stesse, e tentando,  dapprima sulle orme del Kant, poscia scostandosene, di esaminare  con intendimento critico le basi della scienza della natura .   Un ottimo esempio del modo onde filosofia e scienza possono  accordarsi in un’opera comune e feconda si ritrova nei * Princip i   della meccanica, dell' Hertz. 11 metodo adoperato in quest’opera è   il metodo generale delle scienze teoretiche della natura, già conce-»'   due correnti riunendosi insieme vengono a costituire la scienza ;   non diversamente pensano i più illustri scienziati dei nostri tempi.   Non potrà ritornare un'epoca, nella quale la scienza creda di  aver raggiunta la sua meta, quando abbia accumulato fatti sopra  fatti, nè un'epoca in cui la filosofia osservi con disdegno il lavoro  indispensabile di proparaziono compiuto dalla scienza. Il costruire  e il plasmare i mattoni per innalzare un edificio è tanto impor¬  tante quanto l'opera dell'architetto che abbozza il disegno e guida  l'esecuzione della casa. Quindi come alla conoscenza verrebbe meno  il materiale senza il paziente e faticoso lavoro delle ricerche empi¬  riche, .così all’edificio scientifico mancherebbe un disegno senza l'ela¬  borazione intellettuale dei fatti: l a scienza ha bisogno della filosofia,  e se ne foggia una per proprio conto, quando non ne trova altre.   Perciò può accadere che ricerchi i limiti del conoscere là dove sono  le condizioni di essa, oppure scambi i segni delle cose per le cose  stesse. In simile maniera l a filosofia non può fare a meno dell a  srionzfl. uon deve perdersi in vuote speculazioni, o restringersi ad  una teoria puramente formale della conoscenza, la quale non possa  raggiungere il nocciolo del sapere, i fatti offerti dall’esperienza. La  ricerca scientifica e la filosofia formano una cosa sola, si completano a vicenda. Sull’ingresso della scuola di Platone, come si dice,  si leggeva: Nessuno, che non conosca la geometria, ossia, come si  direbbo oggi, che non conosca la scienza esatta, può entrare. Una  iscrizione analoga dovrebbe incidersi sulle porte dei nostri labora¬  tori e dei nostri gabinetti scientifici: non può entrare chi non abbia  studiato la filosofia. L'educazione filosofica è parte dell’educazione  speciale d’ogni scienziato; essa gli insegna a conoscere lo strumento  dei suoi strumenti e gli offre la norma per le sue ricerche. Rieiil, op. clfc., 8 Vortrag, passim. Voglio offrire una Raccolta di alcune fra le voci più comuni  nella logicn. Accidente: Aristotile contrappose l’accidente (oupjìelltjxòf da oóv cum  e |ia£vci> evento (recido ) allo sostanza (oùo£a), come ciò die non  può esistere da sé, ma solo nella sostanza; è quindi una qua¬  lità o modificazione che non appartiene all’essenza della cosa  e si ritrova in questa senza esser legata necessariamente alla  sua idea; oggi s’adopera comunemente nel senso di cosa non  necessaria, che può essere e non essere, senza che la cosa  muti o sparisca; cosi si può concepire una roccia, senza pen¬  sare che sia aguzza o arrotondata: queste ultimo qualità, ri¬  spetto al concetto di roccia, sono accidentali. Un significato  del tutto diverso ha nel ‘ sofisma per accidente „ e nella  “ conversione per accidente „.   Ad hominem: si dice argomento ad hominem quello che si fonda  sopra un principio accettato come vero dall’avversario, il  quale si vede quindi costretto, per non parere in contraddi¬  zione con sè stesso, ad accettare la tesi.   Agnosticismo: (da a-fvoioxog, et neg. e yiYvtòoxo), inconoscibile) si  applica a quelle dottrine che affermano l’esistenza noi mondo  di qualche cosa che non si può conoscere, che è inaccessibile  alla mente umana, e che bisogna ammettere per potere spie¬  gar l’universo; la filosofia di E. Kant, che pone l’esistenza  della cosa in sè, e l’evoluzionismo di E. Spencer che dichiara  inconoscibile l’assoluto, sono dottrine agnostiche.    (’) Un buon dizionnrio di scienze filosofiche is quello compilato da Ranzoli, Hoepli. Analisi: (da àvoi, prep. che esprime in composizione l'idea di retro¬  cedere, di rifarsi da capo, e Xóo> sciolgo) nel significato pin  generale è l'operazione del pensiero mediante la quale si  scioglie un tutto nei suoi elementi, nelle parti componenti, o  si distinguono in un composto una o più parti; il metodo ana¬  litico parte dai fatti particolari per salile ad un principio ge¬  nerale, come f induzione ; la prova analitica è quella elio va  dagli effetti alle cause; giudizio analitico è, secondo il Kant,  quello il cui predicato è contenuto necessariamente nel sog¬  getto: i corpi sono estesi.   Analogia: (àvee Xéyou pei matematici greci significa: nel medesimo  rapporto), è un'operazione logica per la quale, quando nell'idea  od oggetto A e nell’idea od oggetto C si sono riscontrali  elementi o caratteri comuni, si afferma che un altro o altri  caratteri che sono in A debbono pure ritrovarsi in B; l’ana¬  logia porta quindi a conclusioni ipotetiche, elio possono poi  essere confermate dall’esperienza.   Anfibolia: designa l'equivoco di senso prodotto dall'uso di termini  forniti di doppio significato, oppure di una speciale costruzione  sintattica d'uua frase; dal greco A;isp£-PoAog, elio va da due  parti, dubbio, da cui anfibologia parlare clic può prendersi in  duo significati anche opposti, es. : aio te Hannibalen vincere  posse.   Antecedente e conseguente: in un rapporto logico dicesi antecedente  il primo termine, conseguente il secondo; cosi la causa è l’an¬  tecedente, l'effetto il conseguente.   Apodittico: (da àitoSetxvojxt, dimostro); l'apodittica è quella parte  della dialettica che insegna il modo di dimostrare la verità  d'un principio mediante il semplice ragiouameuto; il Kant ha  chiamato giudizi apodittici quelli nei quali il predicato appar¬  tiene necessariamente al soggetto, intendendosi per necessità  l’inconcepibilità del contrario; quindi pei giudizi necessari  affermativi la formula è: dev’essere; pei negativi: non può  essere.   Aporema: (da ànopèui: dubito) è, secondo Aristotile, il sillogismo  dubitativo, quello che mostra l'ugual valore di due ragiona-  monti contrari.   A posteriori, a priori: la prima espressione significa ciò che risulta  dall’esperienza; così le idee a posteriori sono quelle fornite  dall’esperienza; la seconda esprime ciò che è dato anterior¬  mente all’esperienza, ciò che non proviene dai fatti; così si è  detta scienza a-priori la matematica o scienza a-posteriori la  storia. Però tanto tra i Latini quanto tra i filosofi medioevali l’espressione “ dimostrare a-priori, significa dimostrare  dalle cause; dimostrare a-posteriori dimostrare dagli effetti. Aquino nega che Dio si potesse conoscere  a-priori, perchè non si può conoscere dalle cause, ma solo  dagli effetti.   Asserzione: ò l’atto dell'esprimere una semplice verità di fatto,  e giudizi assertori ha chiamato il Kant quelli nei quali il predicato appartiene al soggetto, senza annettervi T idea di necessità o di possibilità.   Assioma: (dal greco oj degno donde à{j(to|ia la stima che si fa  d'una cosa, poi principio evidente; Giambattista Vico nella  Scienza nuova chiama gli assiomi degniti) è una verità evidente per sè stessa, indimostrabile, che serve di fondamento  por altre proposizioni; secondo gli empiristi trae la sua origine  dall’esperienza, secondo gli aprioristi dalla ragione indipendentemente dall'esperienza.   Astrazione: (traduzione di àcpaipsoij da ino ab o atpéw traggo,  fu dapprima adoperata dagli scultori per esprimere l'atto di  estrarre il primo abbozzo dal masso informe) per Aristotile  ò il processo montale con cui, omesse le qualità accidentali  della cosa, si separano le qualità essenziali e si considerano  per loro stesso; in generale significa considerare separata¬  mente ciò che in realtà non è separato, decomporre una nozione in elementi. Canone: per Mill, che nel suo sistema di logica ha formulato cinque canoni fondamentali dell'induzione scientifica,  è sinonimo di norma, di regola da seguirsi; canonica (da xa-  V(év, xavóvoj, regolo per tracciare linee diritte) chiamarono  gli Epicurei la logica, la quale era un complesso di regole  del pensalo, di norme per discernere il vero dal falso.   Categoria: le categorie sono i concetti più generali delle cose, i  generi supremi in cui si dispongono le nostre idee, p. e. so¬  stanza, qualità, quantità; il giudizio categorico è quello che  afferma o nega senza soggiacere ad alcuna condizione; sillo¬  gismo categorico 6 quello composto di giudizi categorici. Causa: nel significato comune e popolare ò ciò che produce un fe¬  nomeno, ciò che agisce, l'antecedente d'un altro fenomeno;  però un po' di riflessione basta a far comprendere che la causa  è determinata come tale solo dall’effetto, che i due termini  sono correlativi e l’uno non può sussistere senza l'altro; se¬  condo il Mill la causa non è altro che l'antecedente invaria¬  bile e incondizionato di un fenomeno; il principio di causa o  di causalità esprime il fatto che nulla vi ha senza causa, che tutto ciò elio incomincia ad essere lia la propria ragion d'es¬  sere in qualche cosa di anteriore e che cause simili in circostanze simili producono effetti simili, secondo il principio  (ipotetico) dell’uniformità del corso naturale delle cose.   Circolo vizioso: è un sofisma il quale consiste nel provar la verità  d’una proposizione, appoggiandosi ad un'altra, la quale alla sua  volta non può essere provata se non appoggiandosi alla prima.   Composizione: ò il complesso dei caratteri che sono contenuti in  un’ idea, l’ insieme degli elementi o note, che costituiscono  ciò che si dice anche “ connotazione „ d'un concetto.   Concetto: (dal latino conceptm che corrisponde ni greco   da ooXXappàvm, prendo insieme, concipio, per significare che  mediante il concetto apprendiamo il significato della cosa; i  Greci chiamarono il concetto anche 8poj, termine da ipt^io   10 termino) ò l'unità delle cose essenziali dell'oggetfo : non ò  da confondersi colle rappresentazioni, che sono varie, indivi¬  duali, mutevoli.   Concettualismo: dottrina filosofica che ha per principale rappresen¬  tante Abelardo, secondo la quale gli universali, ossia i generi  e le specie, pur essendo nomi comuni che designano qualità  che appaiono solo negli individui, hanno però, come concetti,  una realtà nello spirito di chi li pensa.   Concomitante: due fatti sono detti concomitanti quando si accom¬  pagnano e avvengono sia simultaneamente sia uno dopo l'nltro;  cosi sono fatti concomitanti l'aumento di calore e l’ innalzarsi  del mercurio nel termometro.   Concreto: si adopera in opposizione di astratto, e pare che'sia d’ori¬  gine latina e significasse dapprima denso, spesso; Cicerone  dice aer concretilo come opposto ad aer fusilo; si applica a  ciò che è fornito di tutte le sue qualità ed ha un’esistenza  reale per sé.   Contingenza e contingente', s’oppongono a necessità e a necessario; il  vocabolo aristotelico xò ou|ipepr,aóg tradotto in latino accidens  e contingens designa ciò che avviene, ma che potrebbe anche  non avvenire; s’intende generalmente in un doppio significato:  contingente è ciò che lo spirito può concepire come non esistente o esistente in modo diverso; oppure ciò che in realtà  potrebbe non essere o essere diversamente.   Criterio: (da xptxiqpiov che deriva da xpivm, giudico) è il segno o  la regola, mediante la quale si può riconoscere e distinguere   11 vero dal falso o che socondo alcuni ò posto nell’ intelletto,  secondo altri nella sensazione, nel senso comune, neU'autorità ecc. ecc.  Deduzione: forma di ragionamento, che consiste in genorale nel par¬  tire da un principio generale noto, per trarne conseguenze  particolari, o nel trovare il principio ignoto d'una conseguenza  nota; si adopera tanto nelle scienze di puro ragionamento,  quanto nello scienze sperimentali.   Definizione: è la determinazione del contenuto d’un concetto che  può essere espressa mediante un giudizio, nel quale il sog¬  getto è il concetto da definire, il defìniendo o il definito-, e il  predicato è l'insieme di note con lo quali il primo viene de¬  finito e dicesi definienle.   Determinismo: è la dottrina secondo la quale ogni fenomeno natu¬  rale è l’effetto necessario d’una causa, oppure, secondo il pen¬  siero dello Stuart Mill, ogni fenomeno ha per condizione  d’esistenza un insieme di circostanze positive e negative che  costituiscono il suo antecedente incondizionale, non già nel  senso che l'antecedente incondizionale produca effettivamente  il conseguente, ma solo nel senso che ne è seguito in ma¬  niera invariabile; il determinismo universale consisto quindi  neU’ammettere che il principio di causa ha valore tanto per  la natura materiale quanto per la natura spirituale. Si suole  distinguere il determinismo fisico, che riguarda i fenomeni fi¬  sici, e il determinismo psicologico, che riguarda quelli psi¬  chici e afferma che in ogni caso particolare, dati i nostri mo¬  tivi d'agire, le nostre risoluzioni sono determinate e seguono  di necessità il motivo prevalente. Non si deve confondere de¬  terminismo con fatalismo, secondo il quale gli avvenimenti  sono determinati ab aetemo in modo necessario da un agente  esteriore.   Dialettica: (8tà attraverso e ^éyio raccolgo) è l'arte che apre la  strada al vero o quindi alla scienza mediante il raffronto e  la discussione delle varie opinioni; Platone dico noi Cratilo:   “ colui che sa interrogare e rispondere come lo chiameremo  se non dialettico?, osso quindi espone ed esamina con arte  polemica le opinioni favorevoli e quelle contrario intorno ad  un dato soggetto, rivelandone le difficoltà e le contraddizioni.   Dictum de omni aut de nullo: è l’espressione usata dagli scolastici  per significare che ciò che si dice d'un complesso di cose o  di esseri, si dice pure dei singoli, e ciò che si nega d'un complesso, si nega pure dei singoli; esprime quindi il principio  fondamentale del sillogismo.   Differenza specifica: è l'insieme dei caratteri, mediante i quali una  specie si distingue da un’altra o dalle altre, appartenenti al  medesimo genere.  Discorsivo: designa la conoscenza e il ragionamento mediato, nel  quale entra come fattore importante il lavoro della ragione;  si oppone a intuitivo, giacché la conoscenza intuitiva è quella  che avviene per un atto immediato, subitaneo, senza passaro  da un’ idea ad un’altra, senza la comparazione di più idee,  come avviene nella conoscenza discorsiva. Divisione: nel linguaggio logico, è l'operazione mediante la quale  si determina l’estensione d’un concetto, mentre la definizione  ne determina la comprensione; la forma più semplice della  divisione è una proposizione in cui il soggetto ossia il divi¬  dendo è il genere, e il predicato ossia il dividente enumera le  specie contenuto sotto quel genere.   Dogma: o domma (da Box ito, io penso, donde 8óf|ia: ciò che è  pai’so conveniente, opinione, principio professato, deliberazione)  significa in generale un'opinione che viene imposta da un’au¬  torità posta al di fuori e al disopra d'ogni critica e d'ogni  esame; il dogmatismo, in opposizione allo scetticismo, ammette  la possibilità di conoscere la realtà quale essa è.   Dubbio metodico: consiste nel sospendere il nostro giudizio intorno  a qualsiasi cosa, respingendo le opinioni anteriormente stabi¬  lite, finché la verità non si imponga con assoluta evidenza ni  nostro spirito; si distingue quindi dal dubbio scettico, che  nega la possibilità stessa di conoscere alcnna cosa.   Eclettismo (da èx-Xéyto, scelgo): si dice del metodo filosofico che  consiste nel raccogliere da sistemi filosofici diversi e anche  opposti opinioni e dottrine, che si cerca di conciliare armoni¬  camente.   Empirismo: (da èp-Reipia esperienza, icatpdco io sperimento) ò la  dottrina filosofica che fa derivare dall'esperienza tutto ciò che  conosciamo, e considera il fenomeno come unico oggetto della  nostra conoscenza. Ammette un’esperienza esterna basata sul  potere dei sensi ed un’esperienza interna basata sul potere  della riflessione; si distingue quindi dal sensismo, che ammette  essere i sensi la sola fonte di tutte le nostre cognizioni.   Eristica: (da spij, contesa, ipf£o>, io contendo) è l'arte di disputare,  di contraddire ad ogni affermazione dell’avversario pel solo  scopo o pel piacere di voler contraddire, è una derivazione e  una degenerazione della sofistica, con la quale non si devo  confondere.   Esplicito: un giudizio o una nozione diconsi espliciti quando sono  chiaramente e precisamente espressi nella proposizione.   Essenza (essentia da esse, traduzione del greco cuoia) è un’espressione di vario significato; è stata usata dai Greci por indicare ciò cbe persiste identico sotto la varietà e la molteplicità dei  fenomeni, ciò elio cade solo nel dominio della conoscenza ra¬  zionale. Per gli scolastici l'essenza è il complesso delle qua¬  lità indicate dalla definizione e dalle idee che rappresentano  il genere e la specie; designa quindi ciò che nell’essere è in¬  telligibile e concorre a definirlo, ossia i suoi attributi fonda-  mentali.   Estensione d’un concetto: è il complesso degli individui e degli os-  seri, dei quali un concetto o una qualità può essere affermato  come attributo, ossia il numero dei concetti cbe contiene sotto  di sé.   Fenomenalismo: o fenomenismo, è la dottrina filosofica la quale af¬  ferma resistenza dei fenomeni essere l'unica realtà, negando  l'esistenza della sostanza, della cosa in sé; noi conosciamo le  coso come appaiono a noi, non come sono in sè stesse.   Forma: por Aristotile la forma (popoli, et8oj) è attività ed energia,  la materia (OXv)) è passività o potenzialità; la forma trae dalla  materia, per mezzo del perpetuo moto che in essa suscita, la  molteplicità dei particolari, ciò facendo secondo certe regole  e quindi introducendo in quella ordine e uniformità; la forma  è inscindibile dalla materia. Oggi per materia della conoscenza  s’intende il contenuto di questa; la materia è ciò cbe indi¬  vidua i fatti e distingue, per esempio, il pensiero a dal pen¬  siero ò, dal pensiero c e cosi via: per la materia una propo¬  sizione logica di scienza giuridica si distingue da una di etica,  una legge economica da una legge estetica; ma la logica che  non entra nei dibattiti delle varie discipline, ed ha per og¬  getto il pensiero in universale qualunque ne sia il contenuto,  la materia, prescinde da questa e contempla la forma. Però  un’affermazione logica, per esempio una qualsiasi affermazione  di scienza, non può esser vera formalmente o falsa material¬  mente, perchè, in concreto, la sua forma b inseparabile dalla  sua materia; la logica non può prescindere dalla verità dei  concetti, dei giudizi, dei ragionamenti, per quanto prescinda  da questi o quei concetti, giudizi, ragionamenti. (Croce). Genere: in una serie di concetti in cui l'estensione va crescendo e  diminuisce la comprensione, dicesi genere il concetto più esteso  e meno comprensivo rispetto ai concetti meno estesi e più  comprensivi: animale, per esempio, rispetto a vertebrato, vertebrato rispetto a uomo, uomo rispetto a Europeo e cosi via.   Giudizio ; fu detto dei Greci àitócpaaij, o Xóyos ànotpaxtxój, da  &7ti e ig) il dubbio degli  scettici.   Scolastica: è il secondo periodo della filosofia del medio evo, che  va dall' 800 al 1400; è preceduta dalla Patristica o filosofia  dei SS. Padri, è seguita dal Rinascimento ed ha per iniziatore  Scoto Erigeua e per centro Parigi; la Scolastica dipende stret¬  tamente dalla religione, nella quale ritrovavano la verità; è  essenzialmente dogmatica e manifesta in generale una sfiducia  e una diffidenza più o meno grando verso la ragione o la  scienza; una questione capitale che si agitò nella Scolastica  è quella che riguarda gli universali.   Sintesi: (da ouv-xIS-rjpt: pongo insieme) nel significato più lato designa ogni operazione che tendo a riunire in un tutto elementi  diversi; si intende anche il processo mediante il quale dai  principi si scende alle conseguenze.   Sistema: (da oov-£<mj|u: metto insieme) è in generale un tutto nel  quale le singolo parti sono ordinatamente collegate fra loro,  un complesso di idee subordinate ad uno o a più principi ge-  nerali e fra loro coordinate.   Sostanza: (substautia, loti.: ciò elio sta sotto, traduzione della parola aristotelica: &Ro-xe!|ievov, composta di imo sotto e xsìpat  io giaccio) è ciò che permane identico in mezzo al variare  delle qualità, del colore, della forma; per gli Scolastici è ciò  che sussiste per sé (ens quod per se subsistit), mentre gli  accidenti sussistono nella sostanza e quindi per la sostanza.   Subordinazione: è la relazione che corre fra due concetti di cui l’uno  ò contenuto nell’estensione dell’altro; cosi il concetto di uomo  e subordinato a quello di mammifero, che dicesi concetto sopraordinato.   Sussunzione: (subsumptio, da subsumere) è una specie di ragionamento  che consiste nel porre due idee nella dipendenza come di  specie a genere, di caso individuale a legge; per Aristotile il  sillogismo di sussunzione, che corrisponde al sillogismo di  pi ima figura, è il tipo perfetto del raziocinio. Emilio Morselli. Morselli. Keywords: implicatura. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Morselli.”

 

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