Grice e Mondolfo: la ragione
conversazionale della filosofia romana – antica filosofia italica – la scuola
di Senigallia -- filosofia marchese -- la filosofia italiana – Luigi Speranza (Senigallia). Filosofo
italiano. Senigallia, Ancona, Marche. Grice: “Mondolfo is one of the few who
have focused on ‘gli eleati’ as involving a locus – pretty much as I do when I
talk of Oxonian dialectic.” Grice: “Mondolfo’s study of the politics of
Risorgimento is good; especially since every Englishman seemed to endorse it!”
-- essential Italian philosopher. Like Grice, Mondolfo believed seriously in
the longitudinal unity of philosophy and made original research on the
historiography of philosophy, especially during the Eleatic, Agrigento, and
later Roman periods. Figlio di Vito
Mondolfo e Gismonda Padovani, una famiglia benestante di commercianti. Aderisce
alle idee marxiste e socialiste. Studia a Firenze. Si laurea con F. Tocco,
discutendo una tesi su Condillac dal titolo: "Contributo alla storia della
teoria dell'associazione", un saggio da cui saranno poi tratti alcuni dei
suoi primi saggi di storia della filosofia. Frequenta un gruppo
socialista. Insegna a Potenza, Ferrara, Mantova, Padova, Torino, e Bologna. Consigliere
comunale nelle file del Partito Socialista. Collabora con la rivista
"Critica Sociale" fino a quando viene soppressa dal regime
fascista. Compone "Saggi per la storia della morale utilitaria"
di Hobbes ed Helvetius”; "Tra il diritto di natura e il comunismo", "Rousseau
nella formazione della coscienza moderna", "Il materialismo storico
in F. Engels" (Formiggimi, La Nuova Italia) "Sulle orme di Marx".
E tra i firmatari del manifesto degli
intellettuali anti-fascisti, redatto da Benedetto Croce. Si dedica alla
filosofia italica antica. Ciò nonostante, pur in questo periodo, grazie alla
politica di Gentile che volle coinvolgere filosofi di diverso orientamento
nell'impresa, collabora con l'Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Compone la
voce Socialismo. In seguito alle leggi razziali fasciste che vietavano agli
ebrei di ricoprire cariche pubbliche, Mondolfo scrisse il proprio curriculum di
benemerenze e vi inserì lo stesso Gentile come testimone il quale ha a propormi
per il Premio Reale di filosofia presso i lincei". Gentile autorizza
Mondolfo a citarlo tra i testimoni e tenta inutilmente di farlo ri-entrare tra
gli esclusi dalle leggi razziali. Costretto a lasciare l'Italia Gentile scrive
ad Alberini e lo aiuta a trovare lavoro in Argentina. Il suo archivio personale
è depositato in parte a Firenze presso la Fondazione di Studi Storici Filippo
Turati ed in parte presso Milano. Altre saggi: Sulle orme di Marx,” –
Grice: “Whitehead used to say that metaphysics has been but footnotes to Plato;
and Strawson used to say that to rob peter to pay paul you must show first that
pragmatics is but footnotes to Grice!” --
Grice: “But of course a footnote is not a footprint – only similar!” –
Grice: “While ‘footprint’ involves Roman pressum, ‘orma’ obviates that!”
-- Cappelli); “L'infinito nel pensiero
dei greci, Felice Le Monnier, La Nuova Italia); “Problemi e metodi di ricerca
nella storia della filosofia” (Zanichelli, La Nuova Italia, Firenze, Milano,
Bompiani, “Gli albori della filosofia in Grecia,” «La Nuova Italia», Editrice
Petite Plaisance, Pistoia,. La comprensione del soggetto umano nella cultura
antica, La Nuova Italia (Milano, Bompiani ). Alle origini della filosofia della
cultura, Il Mulino, “Il pensiero politico nel Risorgimento italiano,” Nuova
accademia, Cesare Beccaria, Nuova Accademia Editrice,. “Moralisti greci: la
coscienza morale da Omero a Epicuro,” Ricciardi, “Da Ardigò a Gramsci,” Nuova
Accademia, “Il concetto dell'uomo in Marx,” Città di Senigallia, “Momenti del
pensiero greco e cristiano,” Morano, “Umanismo di Marx. Studi filosofici,
Einaudi, “Il contributo di Spinoza alla concezione storicistica, Lacaita, Polis,
lavoro e tecnica, Feltrinelli, Educazione e socialismo, Lacaita, “Gli eleati,”
Bompiani,. Note Vedi Paolo Favilli, Dizionario Biografico degli Italiani,
riferimenti in. Fu una delle prime donne
italiane a conseguire la laurea (cfr. Le donne nell'Firenze). Sposò civilmente
a Firenze in Palazzo Vecchio Cesare Battisti. La sorella di Ernesta, Irene,
sposerà Giovanni Battista Trener, per anni collaboratore di Cesare. Amedeo Benedetti, L'Enciclopedia Italiana
Treccani e la sua biblioteca, "Biblioteche Oggi", Milano, Enciclopedia
Treccani, vedi alla voce futuro di Cesare Medail, Corriere della Sera, Archivio
storico. «SOCIALISMO» la voce nella
Enciclopedia Italiana, Volume XXXI, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana; Paolo
Simoncelli41. Paolo Simoncelli42.
Paolo Simoncelli43. Vedi Fabio Frosini, Il contributo italiano
alla storia del PensieroFilosofia, riferimenti in. Archivio, Inventari Stefano Vitali e Piero
Giordanetti. Ministero per i beni culturali e ambientali. Ufficio Centrale per
i beni archivistici. Archivio Rodolfo
Mondolfo. Inventari, Stefano Vitali e Piero Giordanetti, Roma, Ministero per i
beni culturali e ambientali. Ufficio Centrale per i beni archivistici, Paolo
Simoncelli "Non credo neanch'io alla razza" Gentile e i colleghi
ebrei, Le Lettere, Firenze, L. Vernetti,
R. Mondolfo e la filosofia della prassi, Morano, E. Bassi, Rodolfo Mondolfo nella vita e nel
pensiero socialista, Tamari); A. Santucci, Pensiero antico e pensiero moderno
in Mondolfo, Cappelli, Bologna); Bobbio, Umanesimo di Rodolfo Mondolfo, in
Maestri e compagni, Passigli Editore, Firenze 1984. M. Pasquini, Del Vecchio,
il kantismo giuridico e la sua incidenza nell'elaborazione di Rodolfo Mondolfo
(Alfagrafica, Città di Castello); C. Calabrò, Il socialismo mite: tra marxismo
e democrazia, Polistampa, Firenze); E. Amalfitano, Dalla parte dell'essere
umano. Il socialismo di Rodolfo Mondolfo, L'asino d'oro, Roma. TreccaniEnciclopedie
on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Enciclopedia Italiana, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Dizionario biografico degli italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. su siusa.archivi.beniculturali, Sistema Informativo
Unificato per le Soprintendenze Archivistiche.
Opere su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere Fabio Frosini,
MONDOLFO, Rodolfo, in Il contributo italiano alla storia del Pensiero:
Filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana,. Vita opere e pensiero Diego
Fusaro, sito "filosofico.net". Fondo Rodolfo Mondolfo Università
degli Studi di Milano. Biblioteca di Filosofia. Fondo Rodolfo Mondolfo
Fondazione di Studi Storici Filippo Turati. Italiani emigrati in Argentina – Antica
filosofia italica. La filosofia italica sin dai tempi antichi era cosi deita, e
quel che più monta, dai Greci stessi, e l'autorità non sospetta di un Platone e
di un Aristotele, che non la chiamarono con altro nome, ci sembra dar peso alle
ragioni di quanti la vogliono originaria, contro l'opposta opinione di chi tra
noi la dice portata dalle colonie greche. Comunque sia, certo è che in questa
seconda supposizione, l'Italia non perde tutto il suomerito, perchè la scienza
quisorse più splendida mercè il concorso del genio e il sussidio delle
tradizioni italiane. Le scuole di cui essa può menar vanto sono due, la di
Crotone/Ponto/Taranto e la dei velini. La setta di Crotone e fondata da
Pitagora, di cui si tiene incerta così l'origine come iltempo della nascita;
l'origine, perchè è dubbio s'ei nascesse à Samo della Ionia od a Samo della
Magna Grecia; il tempo, perchè chi lo vuol nato nell'anno 584 av. C.,chi nel
608,e chi ancor prima, ai tempi di Numa, il quale, come ciè noto, mori nel 672,
dopo quarantatrè anni di regno. Tra i filosofi che vi appartennero, chiamati
ancor essi pitagorici, con un ARCHITA di TARANTO (il più celebre di tutti), che
capitana più volte gl’eserciti, e non fu mai sconfitto, si ricordano un FILOLAO,
probabilmente di Crotone, un TIMEO di LOCRI, ed un OCELLO di LUCANIA. Taciamo i
minori o dimen nota dottrina, come LISIDE, CLINIA, EURITE, ZELEUCO, e CARONDA
-- i quali due ullimi, legislatori entrambi, di Locri l'uno, l'altro di CATANIA,
insigni rese l'efficacia che, per loro opera specialmente, ha allora la
filosofia negl’ordini civili, quando, mutata la forma, i governi regi si
convertirono in popolari. La setta di CROTONE ha vita dal bisogno di una
scienza, che, professata da uomini austeri e ornati di grandi virtû, e con
giunta all'operosità civile -- in ciò la consorteria pitagorica, chè tale fu
veramente, distinguesi dalle indiane -- serve di criterio per una riforma
riconosciuta necessaria in mezzo al guasto ognor crescente della religione, dei
costumi e della libertà; lo che ci spiega le persecuzioni a cui andò soggetto.
Scuola pitagorica. -Nuovo affatto è nella scienza il metodo recatovi dai CROTONESI.
Questo metodo -- e lo stesso dicasi del linguaggio -- è il matematico; il quale consiste
nell'applicare le idee di quantità alla natura interna ed esterna, ed al
principio sommo della medesima; metodo che, tutto essendo nel mondo capace di
numero e di misura, non sarebbe forse tanto strano quanto a prima vista appare,
se non fosse che i Crotonesi all'esperienza, che la verità ci rivela
nell'ordine dei contingenti, il più delle volte preferirono il ragionamento a
priori, error palese a chi consideri che dal concetto, per esempio, di circolo,
di triangolo, di pentagono, non si può argomentare che questi tipi si
effettuino in natura, e chi lo fa si espone al pericolo manifesto di costruire
da sè un mondo fantastico, un mondo che non esiste fuori della sua mente. Ma i crotonesi
sono educati allo studio delle matematiche; perciò non è meraviglia cheil metodo
di queste scienze trasportassero nelle regioni della filosofia. Il gran
problema metafisico dei CROTONESI riducesi adunque al seguente: trovare la legge
mentale della quantità effettuate nella realtà, e con queste salire alla prima
cagione. Ed ecco perchè tutto è numero nel loro sistema. I principi delle cose
sono i numeri. Un numero, una unità parziale è ogni cosa. Un numero, una unità
generale il loro complesso, cio è l'universo o mondo, il quale comprendendo in
sè tutti i numeri od unità parziali, à in sè la pienezza d'ogni grado di
entità, epperciò è decade; e la prima cagione, il principio di tutti iprincipi
delle cose, la causa che ad ogni altra causa antecede, è numero essa pure, ma
il numero per antonomasia, e quindi può chiamarsi l'unità, la diade, la triade,
il quadernario (o solido), il settenario e la decade. Ma lasciamo da banda
questo gergo simbolico, e vediamo che di sostanziale si peschi in fondo alla
dottrina dei Crotonesi, e come s'abbia a intendere la sua formula. Ogni cosa è
un numero. Che cosa è il numero per eccellenza, la Monade somma, infinita, il divino
dei Crotonesi? E che sarà l'essere individuo? Che cosa il mondo od universo? Il
divino èl'ente che in sè contiene la propria essenza e quella di tutti gl’esseri,
epperò tutti i contrari, cioè le cose più opposte e disparate (inito ed
infinito, dispari e pari, uno e più, positivo e negativo, quiete e moto, luce e
tenebre, bene e male, ecc.), ed inoltre la moltiplicità loro insieme concilia,
risultandone una suprema unità, un'armonia universale. Il divino, insomma, è
l'unità suprema di tutti icontrari. Le cose particolari, gl’esseri derivati da lei
sono immagini sue, epperò consteranno anch'esse di elementi contrari, a unità
ed armonia ridotti; dunque ogni essere è un numero ed armonia parziale. Poni
assieme tutti questi numeri, tutti gl’esseri finiti, e in modo che i contrary non
cozzino, ma formino un solo numero, una sola unità vastissima, immagine
essa pure della monade divina. Tale il mondo od universo dei crotonesi, il
quale e l'assieme dei contrari, non già nell'unità somma inesistenti, ma in
atto e dal divino ridotti ad armonia. Ora, in qual modo la generalità dei
contrari, cioè la decade, il mondo in esi steva nell'unità per eccellenza, nel
divino? Qui crotenesi tacciono, di modo che nulla di positivo e certo può
rilevarsi dalla loro dottrina. Bensi e'ci apprendono come l'universo o mondo si
venisse formando per ispirazione od aspirazione.La monade universale e suprema,
contenente in sè le unità particolari, da principio e una, continua, indivisa,
ma non indivisibile, e da ogni parte circondata da un vuoto immenso; il quale, aspirato
da essa,come l'aria entra nei polmoni, si introduce fra i contrari,ossia fra le
monadi particolari, e cosi separandoli, individuolli, e produsse la grande
moltiplicità delle cose mondiali. La formola esprimente l'armonia universale
(tuttoènumero) per la scuola pitagorica può dirsi il principio di tutta la filo
sofia, dappoichè essa l'applicò in tutti tre gl’ordini --metafisico, logico e morale.
Che cosa è l'anima umana, la quale, dice Filolao, giace nel corpo come in un
sepolcro? Risponde il crotonesi: un numero, un'armonia, insieme conciliando
essa due contrari, cioè i sensi e la ragione, che sono ilnegativo ed il
positivo, l'irragionevole ed il ragionevole. E la verità, la co gnizione che
cosa è mai ? Un numero, un'armonia, come fuor dell'armonia è l'errore, essendo
che per l'acquisto della medesima cooperano gli stessi contrari, quantunque la
ragione si spinga più oltre dei sensi, i quali non escono dalla sfera dei
contingenti o fenomeni. E che sarà, infine, la virtù? Un numero, un'armonia,
che risulia anch'essa dall'accordo dell'irragionevole col ragionevole, essendo
la virtù riposta nella soggezione dei sensi all'impero della ragione, toltalaquale,
all'armonia sotten traladisarmonia, alla virtû il vizio. Vadasè che la virtù ci
rimena alla monade suprema, all'ordine od armonia universale, che d'ogni essere
è principio e fine. Critica. Bene esaminando la dottrina dei crotonesi, si
scuopre nella medesima un error capitale, che à per sorgente l'abuso del metodo
trascendentale, come quello che li condusse a trasportare nell'ordine delle
realtà le astrazioni della matematica, e a concepir il divino quasi unità
generica o numero per eccellenza, che è come dire quale un'essenza in cui si
contengono e si immedesimano le cose tutte quante. Nè a salvarli dal panteismo
implicito bastano le alte verità frammischiatevi, eladichia Senofane, schernitore
dei politeisti, i qualiammettono più dei, e degli antropomorfisti, che li
fingono a loro immagine e somiglianza, insegna che il divino è potentissimo,
uno ed eterno; potentissimo, perchè egli è l'ente (entità, forza, energia e
potenza per la scuola italica sono termini sinonimi). Uno, perchè, tra più dèi
uguali, nessuno è potentissimo per l'uguaglianza, e se inferiori, nessuno è
potentissimo per inforiorità; eterno, perchè l'ente non può non essere, e il
non ente non può divenire. Si fosse egli qui arrestato! ma fra gli altributi divini
ne annovera un quinto, dal quale poi con falsa logica deduce una (1) Colonia
ionica di Elea. (2) Velia ha un'altra scuola, fondatavi da Leucippo e
Democrito, i quali spiegavano la formazione del mondo con ammettere nel vacuo
immenso una infinità di atomi eterni, il cui fortuito accozzamento avrebbe dato
origine a tutte cose (atomismo). Questa scuola,chiamata fisica,non siconfonda
coll'eleaticasemplicemente detta, e denominata anche metafisica per
distinzione. Uno razione di Filolao, Dio essere imperatore e duce sommo, ed
eterno, potentissimo, supremo e diverso dalle altre cose; per chè d'uopo è che
accetti le conseguenze chi non rinunzia al l'erroneità dei principi. E
l’erroneità del principio pitagorico sta appunto nel far di Dio un tutto, un
numero che comprende in sè ogni altro numero. « Il sentimento religioso e
morale, scri ve il dottissimo Bertini (Idea d'una filosofia della vita) induce
va i Pitagorici a collocare Dio molto al dissopra del mondo;ma il fato della
logica li forzava sovente ad immedesimarli in una sola sostanza, e ricacciavali
nel panteismo ». La scuola eleatica ebbe tal nome da quello della città dove
sorse, poco dopo la di Crotone, per opera di Senofane, che, nato a Colofone
della Ionia tardi migra di là per l'invasione della patria,e venuto nella Magna
Grecia, prenfr stanza in Velia, e vi morì nella grave età di oltre a cent'an
ni.- SenofaneebbediscepoloParmenide,eParmenideZenone, buon patriota, che,
condannato a morte da un tiranno, corag giosamente sostenne ilsupplizio.Questi
due,d'Elea entrambi, con Melisso di Samo, il quale capitano gl’Italioti contro
Pericle, continuarono la dottrina del primo, e vi dettero forma più rigorosa,
se non incremento. D'altri nomi più famosi non la menzione la storia della
filosofia eleatica. Una dottrina si ripugnante al senso comune non poteva
menarsi per buona; perciò si levarono a impugnarla e combat terla gli
empiristi, o fautori del metodo a posteriori, sostenendo contro gli Eleati
el'esistenza reale di sostanze finite, e la loro contingenza e varietà, e la mutabilità
loro, attestata dall'evidenza dei fatti. Zenone, quel valente Zenone che
Aristotele riconobbe quale inventore della dialettica -- scienza ed arte di
ragionare e disputare -- come lo fu senza dubbio tra gli Occidentali, a sua
volta non lascia senza difesa la filosofia della sua scuola e del suo maestro, anzi
incalzò gliavversari con molta lena e con buona copia d'argomenti diretti a
dimostrare, per una parte la fallacia dei sensi e l'autonomia della ragione,
per l'altra, e con sofismi ad homincm, che l'empirismo, ilquale all'autorità
della ragione oppone quella dei sensi, contiene in sè contraddizioni ben più
gravi di quelle che si dicevano implicite nella metafisica eleatica. Ed allora,
se la memoria non ci falla, sorse la prima delle po lemiche che, per la loro
importanza, ànno meritato una pagina nella storia della scienza. ~ Famoso
argomento di Zenone deyto l'Achille. strana conseguenza: l'ente è tutto
od intiero, epperò nulla a lui può aggiugnersi; donde segue che nulla può
incominciare ad essere.Qui l'error di illazione, il sofisma del conseguente è
manifesto; quanto viene all'esistenza è forse un che d'aggiunto
all'infinitudine divina? D'altronde, se nulla può nascere o di venire, che
pensare degli esseri contingenti e mutabili, cosi detti perchè nei vari momenti
del tempo sono e non sono, e mutano continuamente ? Senofane se la spicciò
nettamente con negare a dirittura l'esistenza delle sostanze finite, e
sentenziò: « Tali cose non ànno altra vita fuorchè l'apparenza, ed appartengono
all'opinione. O che! sarà dunque menzognera sempre la voce dei sensi ? E ci
ingannerà di continuo l'intimo sentimento ? Che si, rispondono in coro gli
Eleati, quanto ci rilevano i sensi altro non è che illusione; e la ragione è il
mezzo unico per giungere al vero; e il vero è che tutto è uno, e l'uno è tuito.
Critica. Ma l’arte dei Zenoni, che con sofismi strani pro pugnano la falsità
del vero, e quel che è più, l'incertezza del l'evidente, e, prova non dubbia di
grande acume, perfin riesco no a dimostrare, contro la possibilità del moto,
che nella più rapida sua corsa il più celere cavallo non raggiungerà mai una
tartaruga,quantochè tardissima, la quale anche di poco la preceda, tutta l'arte
dialettica, ripeto, non sarà mai da tanto che possa collocare sopra una base
solida isistemi della scuola Filosofia presso i Greci antichi.
Principio, mezzo e fine; infanzia,virilità e decrepitezza, o decadimento, ecco
i tre stadi o periodi, le tre età dell'antica fi losofia greca. Tra il
principio e la fine corrono ben sette secoli, all'incirca; ma noi li
percorreremo in minor tempo, se non ci manchi lena. da l'alete a Socrate. La
prima età della filosofia greca antica incomincia con Talete, e termina al
comparire della filosofia socratica. Talete, già è delio, nacque 600 anni av.
C. e Socrate nel 170 ; qui dunque abbiamo press'a poco un periodo di centotrenť
anni, durante i quali sorsero due scuole, la ionica e la sofistica; le quali,
aggiunte alla pitagorica ed all'eleatica, ci dànno in com plesso l'antica
filosofia designata col nome di italo-greca. Scuola ionica. Fondata in Mileto
della Ionia, sua patria, da Talete,primo tra i filosofi greci conosciuti, ma
forse non tale veramente, que sta scuola è, come vedremo, la men filosofica di
tutte le pre cedenti. Nè la ragione è difficile a comprendersi da chi sappia
che la scienza ebbe allor contrari i voluttuosi costumi e la ser vitù di quelle
cit tà, soggette ai Lidi ed ai Persiani, e che, a giudicarnedalsilenzioe dai pochi
cenni della storia, coloroi quali la professavano erano ben lontani dalle virtù
che adorna vano i pitagorici; virtù che col venir meno a poco a poco,
pois cleatica; e sono tre: l'idealismo logico, perchè si nega l'au torità
dei sensi, per riconoscere soltanto quella della ragione; l'idealismo
metafisico, perchè si esclude la materialità, ilmolte plice ed ogni mutamento;
e, conseguenza di ciò, ilpanteismo, che ammette la sola esistenza dell'ente
immutabile ed eterno, e cosi rimuove ogni concetto di creazione. Il primo
nacque colla scuola pitagorica,mada Senofane fu recatoasistema ;ilsecon do
venne accolto dagli Eleati per evitare le contraddizioni della medesima, che
nell'uno identificava le cose più opposte; il terzo sidirebbe comune alle due
scuole,se non fosse che nell'eleatica si lasciò da banda la parte corporea e
mutabile, e così si riusci a un panteismo parziale, al panteismo idealistico. Grice:
You have to love Mondolfo. As a Jew he was into Sartre’s existentialism, and
the rest of it – when Gentile inhibited Jews from teaching Italians, M. had to
stream his energy into the study of ‘antica filosofia italica’! for our glory!”
-- o ABBAHU di Cesarea Rabbi Abraham educazione, in Filone) Achei
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DEMOSTENE Deonna W., vedi De Ridder A. Derenne De Ridder A. e Deonna
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Jacob Jsaac?) ISAIA Isdoso scolastico Isis isiaco culto ISOcRATE, pseudo Issione
Jaeger Jago Jacob ascetismo e perfezione, in Filone Janet Jardé Jehova Jeat Kaibel Kant Kêr, Kêres Kern
Kierkegaard Kirk Kitto Kleingünther Klimke
Kock Kranz Krokiewicz Kronos Laas Laberthonnière Labriola Lachesi
Lachete Laconia Laio Lamennais Lamenti Laminette auree Lana Langerbeck Latini
Lattanzio Latzarus Laurent Lavagnini Leibniz Leonardo da Vinci Leone Ebreo
Leonte di Salamina Leonzio Leroux Lesky LeuCIPPO Levi Levi Lévy-Bruhl Licurgo
Lidia, Lidi Liénard E. IONICO-EOLICA
LISIA Locke Lodge LOGICA ANTICA Logos divino Loisy Losacco Lotte Lovejoy LUCIANO
Lucido Lucifero Lucilio LUCREZIO Lugdunum (Lione) Luria Lusitania Lutero
Maddalena Magalhães Vilhena Y. De Magia Maieutica Maier Malcovati Mancini
Manetti MANICHEISMO Marbach Marchesi Marchesini MARCO AURELIO Mario Vittorino
Marouzeau Marsia Martin Martinazzoli Marx MASSIMO TIRIO Mazziotti M., vedi
Enriques F. Meautis MEDICI EMPIRICI O METODICI IPPOCRATICI mediche
scuole Medievale gnoseologia, scienza, filosofia, teologia — coscienza Medio
Evo MECARICA teoria MECARICI Meineke MELIsso di Samo MENANDRO Menelao Menzel
MENONE Mercier Messaggio evangelico, ellenizza- zione del METRODoRo di
Chio Milesi Mill Milton Minucio MISTICA, MISTICA soggettività,
MI-CORRENTI, CRECO (medievale)
MITOLOGIA ANTROPOMORFICA CRECA, mitologiche rappresentazioni OMERICO-ESIODEA
Mitre Modernismo Moderni, moderno spirito, pen- cultura, hlosofia,
sia, etc. Ix, Moeller Moira Momigliano Mondo classico cristiano
greco precristiano ionico arcaico orientale, greco, romano, germanico M. A. M. vedi
Zel-Monoteismo cristiano e greco MORALISTI GRECI Morrison MOSCHIONE Mose
Mullach Murray MUSoNIo RUFo 5Nardi Natorp NATURALISMO PRESOCRATICO, NATURALISTI
PRESOCRATICI Nauck Nausicaa Neikos Nekyia omerica Nenci NEOACCADEMICI
Neohegeliani NEOPITAGORICI NEOPLATONICI, NEOPLATONISMO, NEOPLATONICA teoria,
etc. Nestle Nestore Newmann Nicia di Atene Nietzsche Noè (- giustizia, in Filone) Norden NUMENIO
Nuovo Testamento Occhio di Zeus Occhio vendicatore degli dei Oceanidi
OCCETTIVISMO ANTICO Olimpica religione Olimpo, olimpici dei Olimpo Olivieri
OMERO OMERICHE concezioni Ontologica prova ontologico argomento ORACOLO
DELFICO, lemma dell', vedi DELFico precetto. Oratorio ORAZIO Oreste
Orfeo ORFICI, ORFICO misticismo, religione, etc oRFISMO Oriente,
orientali Origene Otium Otto OVIDIO Pacioli PAGANESIMO, PAGANI FILOSOFI,
etc. Palamede Pan PANEZIO Paolo Paratore Parche Paride PARMENIDE DISCEPOLI
di parmenideo ente mondo parmenidea Pascal Pascal Pasquali Patristica
patristica eredità Pearson Peipers Pelagio, pelagianismo Pelasgo
Pelope Penía Pericle PERIPATETICI, PERIPATETICA teo-ria, etc. Пері téXvNS
Perrotta Perse Persiani Pesce Petelia Petersen Petrarca Pettazzoni Philippson
Piat Pico della Mirandola Pieper Pilade
PINDARO Piriflegetonte PIRRONE PITAGORA PITAGORICI, PITACORISMO, etc.
Pittura greca etrusca PLATONE PLATONICO mito PLATONISMO PLAUTO Pleiadi PLINIO
PLOTINO PLUTARCO POETI COMICI TEOCONICI TRAGICI Pohlenz PoLIBIO Policleto
POLICRATE Polignoto di Taso Polinice POLITEISMO PoLo Poppe PORFIRIO Puech Póros
Porzig Posidone PoSIDONIO POSTARISTOTELICA epoca, filosofia, etc.,
POSTARISTOTELICI FILOSOFI Praechter K.,
vedi Ueberweg Pragmatismo, pragmatisti Predestinaziani 424. Positivismo,
positivisti 29, 578. PRESOCRATICI FILOSOFI, NATURALI-STI, etc.,
PRESOCRATICA filosofia Priamo PRIMI FILOSOFI Primitivi popoli PROCLO
PRODICO Prometeo PROTAGORA PROTAGORISMO Protestanti, protestantesimo
protestante storiografia Provvidenza PSICOLOGIA « behaviourista», del
comportamento platonica Radamanto Radermacher RAFFINATI del Teeteto Ragione divina
Regenbogen Regnum hominis Reinach Reinhardt Reminiscenza platonica
ReyRinascimento rinascimentale distinzione rivoluzione
rinascimentali celebrazioni — innovatori scrittori Ritter
Rivelazione Rivaud Robin Rohde Roma Romanticismo Rosmini Ross Rossi Rosei
Rostagni Rousseau Rudberg Ruvo Saffo Saglio E., vedi Daremberg Ch. Saitta
SALLUSTIO SALOMONE Satana Saturnia età Saturno SCETTICI, SCETTICISMO SCETTICA
critica Schaerer Schiller Schleiermacher Schmid Schuhl Sciacca Scilla Seiti
Scolastica, etc. Scrittura, Scritture Sacre Segni indicativi, teoria dei, Segni
memorativi, utilizzazione dei SENECA SENOFANE SENOFONTE Senso comune
aristotelico Senso interiore agostiniano Serse Sertillanges SESTIO,
SESTIL, scuola dei EMPIRICO Sette savi Shakespeare Shorey Sibari
Sibilla SIMONIDE di Ceo SIMPLICIO SINESIO Siri Sisifo Snell SOCRATE SOCRATICA
esigenza esperienza
predica
SOCRATICI, SOCRATISMO Sofferenze 86. SOFISTI, SOFISTICA SOFOCLE
Sofronisco Soggettivismo cristiano-moderno Sogni Solari Soliman SOLONE Sorley
Sparta Spencer Spengel Spengler SPEUSIPPO Spinoza Spirito classico antico cristiano moderno
greco classico Spiritualisti cristiani, spiritualismo cristiano Stefanini
TEOCONIE, TEOGONICI POETI Teologi di Oxford Teone Stein Stenzel Stige STILPONE
SToBEo STOICI, STOICISMO, etc. Sroic, HOMAN Storicismo, storicistica concezione
Stragi STRATONE di Lampsaco Strycker TALETE Tannery Tantalo Tarozzi Tartaro
tartareo abisso Tatto interno Taylor Tebe Teeteto Teggart Temesa TEMISTIO Tempo
Tenebre TEODETTE TeodoretoTeodoro di Beza TEOFRASTO TEOGNIDE TERENZIO Тевео Thamus
Thaumante Theiler Thespesio Theuth Thurii Tieste Tifeo Tifone Tilgher TIMEO
TIMONE TIMOTEO Tindaro Tiresia Tiro TISIA Titani Titano Tizio Tommaso Tomismo,
etc. Traci TRADIZIONE DEMOCRITEO-EPICUREA Traducianismo TRAGEDIA TRAGICI
POETI TRASIMACO Traversari Treves Trieber Troia, troiani Tuchulca TUCIDIDE Türk
Tylor Tzetzes Uccisioni Ueberweg Ulisse 4Uno Untersteiner Usener Uxkull Vaihinger
Weil Wendland Wilamowitz Windelband Wundt Wycliffe algimigli Vangelo Vangelo
Vaso arcaico di Palermo Vespasiano Vico Vidari Vlastos Walzer Wehrli
Zafiropulo ZALEUCO ZARATHUSTRA ZENONE
ZENONE Zeller. L'eredità in T. Tasso, in «Archivio di psichiatria, scienze
penali ed antropologia criminale», Torino, Memoria e associazione nella scuola
cartesiana (Cartesio, Malebranche, Spinoza), con appendice per la storia
dell'inconscio, M. Ricci, Firenze. Per le relazioni fra genialità e degenerazione:
Guerrazzi, in «Archivio di psichiatria, scienze penali ed antropologia
criminale», Torino, Spazio e tempo nella psicologia di Condillac, in «Rivista
filosofica», Pavia, Scienza e opinioni di B. Varisco, in «Scienza
sociale», Palermo, Uno psicologo associazionista: E. B. de Condillac, R.
Sandron, Palermo. In esso viene riportato anche lo scritto sullo spazio e
il tempo in Condillac precedentemente citato Il concetto di bene e la
psicologia dei sentimenti in Hobbes, in «Rivista di filosofia e scienze
affini», Bologna, L'educazione secondo il Romagnosi, in «Rivista filosofica»,
Pavia, Ora anche in Tra teoria sociale e filosofia politica. Rodolfo Mondolfo
interprete della coscienza moderna. Scritti a cura di R. Medici, CLUEB,
Bologna Ancora a proposito di refezione scolastica: il pensiero di Romagnosi,
in «Critica Sociale», Milano, Saggi per la storia morale utilitaria: I - La morale
di Hobbes, Drucker, Padova Saggi per la storia morale utilitaria: II - Le
teorie morali e politiche di Helvétius, Drucker, Padova La politica degli
insegnanti, in «Critica Sociale», Milano, Il dubbio metodico e la storia della
filosofia, Prolusione a un corso di storia della filosofia nell'Università di
Padova, con appendice storico-critica, Drucker, Padova. Per una filosofia naturale, in «Rivista
di filosofia e scienze affini», Bologna, Recensione a G. Marchesini, La
funzione dell'anima, Laterza, Bari 1905, in «Critica Sociale», Milano,
L'insegnamento liceale della filosofia. Considerazioni pratiche, in «Rivista di
filosofia e scienze affini», Bologna L'insegnamento della filosofia nei licei e la riforma
della scuola media al congresso di Milano, in «Rivista di filosofia e scienze
affini», Bologna, Per la riforma della scuola media: la scuola unica, in
«Critica Sociale», Milano, Anche in Educazione e socialismo. Scritti sulla
riforma scolastica (dagli inizi del 900 alla Riforma Gentile), a cura di T.
Pironi, Laicata, Manduria Ancora per la riforma della scuola media: polemica
fra colleghi, in «Critica Sociale», Milano, Di alcuni problemi della pedagogia
contemporanea, in «Rivista di filosofia e scienze affini», Bologna, Anche in
Educazione e socialismo. Scritti sulla riforma scolastica (dagli inizi del '900
alla Riforma Gentile), Dalla dichiarazione dei diritti al Manifesto dei
comunisti, in «Critica Sociale», Milano, Con alcune variazioni è stato inserito
da Mondolfo anche nella raccolta Tra il diritto di natura e il comunismo: studi
di storia = •archive.org INTERNET ARCHIVE e filosofia,
parte I, Tip. degli operai, Mantova Tra teoria sociale e filosofia politica.
Rodolfo Mondolfo interprete della coscienza moderna. Scritti Intorno al
convegno filosofico di Milano, in «Rivista di filosofia e scienze affini»,
Bologna Politica scolastica: per la riforma della scuola media, in «Critica
sociale», Milano, Questioni varie: il problema della laicità nella scuola
media, in «Rivista di filosofia e scienze affini», Bologna Educazione e
socialismo. Scritti sulla riforma scolastica (dagli inizi del '900 alla Riforma
Gentile), Ancora Mazzini e il socialismo, in «La fiaccola», Senigallia Altre
obiezioni alle idee di Salvemini sugli esami, in «Nuovi doveri», Palermo Il
contratto sociale e la tendenza comunista in J. J. Rousseau, in «Rivista di
filosofia e scienze affini», Bologna, Tra il diritto di natura e il comunismo:
studi di storia e filosofia, parte II, Tip. degli operai, Mantova Il pensiero
di Ardigo, Mondovì, Mantova. La dottrina della proprietà del Montesquieu, in
«Rivista filosofica», Pavia Tra il diritto di natura e il comunismo: studi di
storia e filosofia, parte II, cit. 30. La filosofia della proprietà alla
Costituente e alla Legislativa nella rivoluzione francese, in «Rivista di
filosofia e di scienze affini», Bologna, Pubblicato anche in Tra il
diritto di natura e il comunismo: studi di storia e filosofia, parte II,
cit. Sulla laicità della scuola, in «Critica sociale»,
Milano Educazione e socialismo. Scritti sulla riforma scolastica (dagli inizi
del '900 alla Riforma Gentile), Religione, fanciulli, educazione, in «Nuovi
doveri», Palermo, Educazione e socialismo. Scritti sulla riforma scolastica
(dagli inizi del '900 alla Riforma Gentile), La fine del marxismo?, in
«Critica sociale», Milano, Umanismo di Marx. Studi filosofici a cura di N.
Bobbio, Einaudi, Torino Roberto Ardigò nelle scuole di Mantova. Notizie e
documenti, Tip. Operai, Mantova. Studi sui tipi rappresentativi. Ricerche
sull'importanza dei movimenti dell'immaginazione, nelle funzioni del
linguaggio, nelle pseudoalluci-nazioni e nella localizzazione delle immagini,
in «Rivista di filosofia», Roma, I, 2, marzo-aprile, pp. 38-92. Tra
il diritto di natura e il comunismo: studi di storia e filosofia, parte I, Tip.
Operai, Mantova. La filosofia di Feuerbach e le critiche del Marx, in
«La Cultura filosofica», Firenze Accolto in Sulle orme di Marx. Studi di
marxismo e di socialismo a partire dalla prima edizione (Cappelli, Bologna con
il titolo Feuerbach e Marx. È stato poi successivamente integrato di due
capitoli, precisamente il sesto e il settimo, nella terza edizione (Cappelli,
Bologna Ora anche disponibile, sempre con il titolo Feuerbach e Marx, in
Umanismo di Marx. Studi filosofici La filosofia della storia di Ferdinando
Lassalle (Per nozze Mondolfo-Sacerdote), Pirola, Milano. Poi nelle prime due
edizioni de Sulle orme di Marx: Cappelli, Bologna Cappelli, Bologna
Recensione a G. Vidari, L'individualismo nelle dottrine morali del secolo XIX,
in «Cultura Filosofica», La riforma della scuola media: fra la Commissione
Reale e il congresso della federazione, in «Critica sociale», Milano, Politica
scolastica: il dovere presente della federazione degli insegnanti, in «Critica
sociale», Milano La vitalità della filosofia nella caducità dei sistemi,
Prolusione all'Università di Torino Cultura filosofica», Firenze Rovistando in
soffitta, in «Critica sociale», Milano, Pubblicato anche in Umanismo di Marx.
Studi filosofici Fra l'ideale e l'azione: per l'unità di teoria e praxis, in
«Critica sociale», Milano Umanismo di Marx. Studi filosofici La
filosofia di Bruno e l'interpretazione di Felice Tocco, in «La Cultura
filosofica», Firenze, V, n. 5-6, aprile, pp. 450-482. Pubblicato poi a sé: La
filosofia di Giordano Bruno e l'interpretazione di Felice Tocco, Tip. Collini e
Cencetti, Firenze Sul concetto di plus-valore, in «Critica sociale», Milano La
pretesa antieticità del materialismo storico - il sopravalore e il passaggio
dalla necessità alla libertà) de Il materialismo storico in Federico Engels,
Formiggini, Genova Nell'edizione del (La Nuova Italia) Il concetto di
necessità nel materialismo storico, in «Rivista di filosofia II fatalismo
materialistico o dialettico e il concetto di necessità storica) de Il
materialismo storico in Federico Engels La Nuova Italia, Firenze Umanismo di
Marx. Studi filosofici Il materialismo storico in Federico Engels,
Formiggini, Genova. I ginnasi magistrali, in «Unità», Firenze, Partiti
politici e generi letterali, in «Unità», Firenze Intorno alla filosofia di
Marx, in «Critica sociale», Milano, Presente anche in Umanismo di Marx. Studi
filosofici La crisi magistrale, in «Unità», Firenze, La
preparazione dei maestri elementari, in «Unità», Firenze, Intorno alla morale
sessuale, in «Critica sociale», Milano, Ancora la morale sessuale, in «Critica sociale»,
Milano, Rousseau nella formazione della coscienza moderna, in «Rivista
pedagogica», Roma Saggio che Mondolfo ripropone nel volume Per il centenario di
Rousseau (Formiggini, Genova) e poi con alcune modifiche nell'Introduzione alle
opere di Rousseau (Discorsi e il Contratto sociale, a cura di R. Mondolfo,
Cappelli, Bologna Rousseau e la coscienza moderna (La Nuova Italia, Firenze, di
cui si ha una precedente edizione in lingua spagnola (Rousseau y la consciencia
moderna, Imán, Buenos Aires Tra teoria sociale e filosofia politica.
Rodolfo Mondolfo interprete della coscienza moderna. Scritti Socialismo
e filosofia: I. La crisi e la necessità di un orientamento filosofico; II.
Materialismo, realismo storico e lotta di classe; III. La necessità della
filosofia della praxis, in «Unità», Firenze, Ristampato nelle prime due
edizioni di Sulle orme di Marx, Cappelli, Bologna Nella terza edizione in due
volumi (Cappelli, Bologna) fu pubblicato privato della prima parte (La crisi e
la necessità di un orientamento filosofico) e con qualche aggiunta. Anche in La
cultura italiana del '900 attraverso le riviste, a cura di Golzio e Guerra,
Einaudi, Torino Umanismo di Marx. Studi filosofici Personalità e responsabilità
nella democrazia, in «La Cultura filosofica», Firenze Per l'amore della
moralità e per la moralità dell'amore, in «Critica sociale», Milano La
preparazione degli insegnanti, in «Unità», Firenze, La crisi della scuola media e il compito
delle Università, in «Nuova Antologia», Roma, Ripubblicato da Mon-dolfo, con
alcune modifiche, in Libertà della scuola, esame di stato e problemi di scuola
e di cultura, Cappelli, Bologna Discutendo di materialismo storico, in «Rivista di
filosofia neoscolastica», Milano, Università Cattolica del Sacro Cuore, Zur
soziologie der Geschlechtsmoral, in «Archiv für Sozialwis-senschaft und
Sozialpolitik», Tübingen, Mohr, Per la biografia di Bruno, Rivista d'Italia»,
Roma, Appunti di Storia della filosofia La filosofia di Giordano Bruno, R.
Università di Torino, Facoltà di Lettere e filosofia, Torino Acri e il suo
pensiero, Discorso tenuto nella R. Università di Bologna, Zanichelli, Bologna. Il
pluralismo nell'etica, in «Rivista d'Italia», Roma Acri, in «Rivista
pedagogica», Roma La filosofia in Belgio, «Rivista di filosofia»,
Genova La crisi del socialismo e l'ora presente, in «Unità», Firenze La cultura
italiana del '900 attraverso le riviste, vol. V, a cura di Golzio e Guerra,
Einaudi, Torino Revolutionärer Geist und historischer Sinn, in «Archiv für die
Geschichte des Sozialismus und der Arbeiterbewegung», her-ausgegeben von Prof.
Carl Grünberg Hischfeld Verlag, Leipzig. Successivamente in italiano: Spirito
rivoluzionario e senso storico, in «Nuova Rivista Storica Roma, Le
matérialisme historique chez F. Engels, Trad. de l'Italien par S.
Jankelevitch, Giard et Brière, Paris. 72. Chiarimenti sulla dialettica
engelsiana Rivista di filosofia Genova Sulle orme di Marx con il titolo La
dialettica di Engeis (Cappelli, Bologna Cappelli, Bologna Il materialismo
storico in Federico Engels. Ristampato anche in Tra teoria sociale e filosofia
politica. Mondolfo interprete della coscienza moderna. Scritti Spirito
rivoluzionario e senso storico, in «Nuova rivista storica», Roma, Revolutionärer
Geist und historischer Sinn, in «Archiv für die Geschichte des Sozialismus und
der Arbeiterbewegung, herausgegeben von Prof. Carl Grünberg, Hischfeld Verlag,
Leipzig. Nella versione italiana è apparso anche nella prima edizione di Sulle
orme di Marx (Cappelli, Bologna e nelle successive. Presente anche in Umanismo
di Marx. Studi filosofici Dai sogni d'egemonia alla rinuncia della libertà.
Discorso letto per la solenne inaugurazione degli studi nell'Università di
Bologna il 5 novembre 1917, Zanichelli, Bologna. Confluito con una nota
introduttiva e con il titolo La teoria della egemonia tedesca in Filosofi
tedeschi: saggi critici, trad. di L. Bassi, Cappelli, Bologna Mondolfo e la
guerra delle idee. Scritti a cura di G. Ferrandi, Museo storico del Trentino e
Società aperta di Trento, Trento Imperialismo e libertà, in «Unità Il primo assertore della missione germanica: Herder, Rivista
delle nazioni latine Mondolfo e la
guerra delle idee - Scritti Tra il primato d'un popolo e la missione universale
delle nazioni, in «Nuova rivista storica», Milano, Mondolfo e la guerra delle
idee - Scritti Leninismo e marxismo, in «Critica sociale», Milano,Poi in Sulle
orme di Marx, a partire dalla seconda edizione (Cappelli, Bologna Studi sulla
rivoluzione russa, a cura del Centro Studi di Critica Sociale, Morano, Napoli
Umanismo di Marx. Studi filosofici Leninismo e socialismo, in «Critica
sociale», Milano Sulle orme di Marx, Ristampato anche in Studi sulla
rivoluzione russa Il socialismo e il momento storico presente, in
«Energie Nove», Torino, Poi inserito nelle prime due edizioni di Sulle orme di
Marx: Cappelli, Bologna Cappelli, Bologna Il socialismo dopo la guerra):
Cappelli, Bologna Recentemente anche in M. e la guerra delle idee -
Scritti L'insegnamento di Marx, in «Critica sociale», Milano, Saggio
apparso anche come Prefazione alla prima edizione di Sulle orme di Marx. Studi
di marxismo e di socialismo, Cappelli, Bologna Sulle orme di Marx. Studi
di marxismo e di socialismo, Cappelli, Bologna. Per una coscienza realistica della storia
e della rivoluzione sociale, in «Critica sociale», Milano Sulle orme di Marx,
Cappelli, Bologna Visioni realistiche e utopie rivoluzionarie. Presente anche
in Umanismo di Marx. Studi filosofici Problemi concreti: la scuola: I. L'azione
«pro schola» e la difesa della coscienza laica, in «Critica sociale», Milano,
Campane d'allarme, in «Il Progresso», Bologna Problemi concreti: II. Il proletariato e
la scuola media. La difesa dellafunzione sociale della finalità educativa della
scuola di Stato, in «Critica sociale», Milano Educazione e socialismo. Scritti
sulla riforma scolastica (dagli inizi del '900 alla Riforma Gentile Problemi
concreti: III. Linee di un programma d'azione scolastica: Premesse generali; il
concetto di servizio pubblico e la scuola, in «Critica sociale», Milano Problemi
concreti:L'amministrazione della scuola, in «Critica sociale», Milano Problemi
concreti: d) La partecipazione del proletariato alla cultura, in «Critica
sociale», Milano, Riportato anche in Libertà della scuola, esame di stato e
problemi di scuola e di cultura, Gli adulatori del proletariato, in «Cultura
popolare», Milano Libertà della scuola, esame di stato e problemi di scuola e
di cultura Intorno al progetto Rignano, in «Critica sociale»,
Milano, Recensione a E. di Carlo, Ferdinando Lassalle, in «Critica sociale»,
Milano, Ardigò, in «Critica sociale», Milano, Bevilaqua, C'è uno spettro in
Italia, Modernissima, Milano Critica sociale», Milano Ardigò, in «Il Tempo Socialismo
e lezioni della realtà, intervista con Rodolfo Mondolfo, in «Il piccolo della
sera», Trieste, 24 settembre. Il marxismo e la crisi europea, in «Scientia Il
problema sociale contemporaneo, relazione al IV congresso italianodi filosofia,
in «Rivista di filosofia», Bologna, Sulle orme di Marx, Cappelli, Bologna Parte
di questo articolo apparve con il titolo Le condizioni della rivoluzione, in
«Critica sociale», Milano, Anche in Umanismo di Marx. Studi filosofici Le
condizioni della rivoluzione, in «Critica sociale Sulle orme di Marx, 2ª
edizione accresciuta di nuovi saggi, Cappelli, Bologna. La rivoluzione e il blocco, in «La
Giustizia», Reggio Emilia, 11 dicembre, p. 1. Per la realtà del socialismo, in «La
Giustizia», Reggio Emilia Le condizioni della rivoluzione, in «La Giustizia»,
Reggio Emilia, 1 gennaio, p.1. Martoff contro Zinovieff e l'antitesi fra
socialismo e bolscevismo, in «Critica sociale», Milano Sulle orme di Marx,
Cappelli, Bologna Studi sulla rivoluzione russa Introduzione a F. Turati, Le vie maestre
del socialismo, Cappelli, Bologna. Forza e violenza nella storia, Introduzione a S.
Panunzio, Diritto, forza e violenza. Lineamenti di una teoria della violenza,
n. III della «Biblioteca di Studi sociali diretta da R. Mondolfo», Cappelli,
Bologna. Pubblicata con l'aggiunta di alcune note in Sulle orme di Marx, II
vol., Cappelli, Bologna Umanismo di Marx. Studi filosofici 1 corsi
di esercitazione nelle Università, in «Educazione nazionale», Roma funzione
sociale della finalità educativa della scuola di Stato, in «Critica sociale»,
Milano, Più recentemente in Educazione e socialismo. Scritti sulla riforma
scolastica (dagli inizi del '900 alla Riforma Gentile Problemi concreti:
III. Linee di un programma d'azione scolastica: a) Premesse generali; b) il
concetto di servizio pubblico e la scuola, in «Critica sociale», Milano,
Problemi concreti: c) L'amministrazione della scuola, in «Critica sociale»,
Milano Problemi concreti: La partecipazione del proletariato
alla cultura, in «Critica sociale», Milano, Riportato anche in Libertà della
scuola, esame di stato e problemi di scuola e di cultura, Gli adulatori del
proletariato, in «Cultura popolare», Milano Libertà della scuola, esame di
stato e problemi di scuola e di cultura, Intorno al progetto Rignano, in
«Critica sociale», Milano, Recensione a E. di Carlo, Ferdinando Lassalle, in
«Critica sociale», Milano, Ardigò, in «Critica sociale», Milano, Recensione a
G. Bevilaqua, C'è uno spettro in Italia, Modernissima, Milano Critica sociale»,
Milano,Ardigò, in «Il Tempo», 16 settembre. Socialismo e lezioni della realtà,
intervista con Rodolfo Mondolfo, in «Il piccolo della sera», Trieste, 24
settembre. Il marxismo e la crisi europea, in «Scientia Il
problema sociale contemporaneo, relazione al IV congresso italiano= • archive.
di filosofia, in «Rivista di filosofia», Bologna Sulle orme di Marx, Cappelli,
Bologna Parte di questo articolo apparve con il titolo Le condizioni della
rivoluzione, in «Critica sociale», Milano Umanismo di Marx. Studi
filosofici Le condizioni della rivoluzione, in «Critica sociale Sulle orme di
Marx, 2ª edizione accresciuta di nuovi saggi, Cappelli, Bologna. La
rivoluzione e il blocco, in «La Giustizia», Reggio Emilia, Per
la realtà del socialismo, in «La Giustizia», Reggio Emilia, Le condizioni della
rivoluzione, in «La Giustizia», Reggio Emilia, 1 gennaio, p.1. Martoff
contro Zinovieff e l'antitesi fra socialismo e bolscevismo, in «Critica
sociale», Milano Sulle orme di Marx, Cappelli, Bologna Studi sulla rivoluzione
russa, cit., pp. 55-63. Introduzione a F. Turati, Le vie maestre del
socialismo, Cappelli, Bologna. Forza e violenza nella storia, Introduzione a S.
Panunzio, Diritto, forza e violenza. Lineamenti di una teoria della violenza,
n. III della «Biblioteca di Studi sociali diretta da R. Mondolfo», Cappelli,
Bologna. Pubblicata con l'aggiunta di alcune note in Sulle orme di Marx, II
vol., Cappelli, Bologna Umanismo di Marx. Studi filosofici 1 corsi di
esercitazione nelle Università, in «Educazione nazionale», Roma Il proletariato
e la scuola, in «La squilla Educazione e socialismo. Scritti sulla riforma
scolastica (dagli inizi del '900 alla Riforma Gentile La scuola e i partiti, in
«Il Progresso», Bologna, marzo. I discorsi di F. Turati ai Congressi Socialisti, in
«Critica sociale», Milano, Il saggio
corrisponde ad alcuni paragrafi tratti dalla prefazione di R. Mondolfo a F.
Turati, Le vie maestre del socialismo, Cappelli, Bologna Collaborazione e lotta
di classe, in «Critica sociale», Milano Sulle orme di Marx, Cappelli, Bologna Per
la comprensione storica del fascismo, in «Critica sociale», Milano, Il saggio
corrisponde ad alcuni paragrafi (in particolare il IV e parte del V) dell'
introduzione alla raccolta Il fascismo e i partiti politici italiani, I volume,
Cappelli, Bologna Significato e insegnamento della rivoluzione russa, in
«Critica sociale», Milano, La contraddizione iniziale; La conquista compiuta;
La nuova contraddizione risultante e la progressiva consapevolezza del
problema. Ristampati con alcune modifiche e aggiunte in Studi sulla rivoluzione
russa, cit., pp. 67 ss. Estratto poi in edizione Benporad, Firenze Significato
e insegnamento della rivoluzione russa, in «Critica sociale», Milano, La
rivincita della realtà; L'inevitabile soluzione: dal libero commercio al
capitalismo; La lotta e l'immediato rapporto delle forze L'anello e la
catena; Le nuove condizioni del proletariato e la sua scissione in gruppi
concorrenti; I nuovi problemi del Governo: la rivalutazione della moneta; Gli
insegnamenti: a) non il dissolvimento ma lo sviluppo è condizionato dalla
rivoluzione; on ne détruit que ce qu'on substitue; Le condizioni di un regime
socialista: produzione e distribuzione; I limiti dell'azione politica:
forza ed economia. Ristampato con alcune modifiche in Studi sulla rivoluzione
russa, La libertà della scuola, in «Critica sociale», Milano, Riportato in
Libertà della scuola, esame di stato e problemi di scuola e di cultura, cit.,
pp. 9-23. Recentemente in Educazione e socialismo. Scritti sulla riforma
scolastica (dagli inizi del '900 alla Riforma Gentile Scuola e Stato.
Lettera a Luigi Miranda, in «Il Tempo», Roma Libertà della scuola, esame di
stato e problemi di scuola e di cultura, La libertà e la scuola, in «Il Tempo», Roma, 16
giugno, p. 3. L'esame di Stato, in «Critica sociale», Milano, Libertà
della scuola, esame di stato e problemi di scuola e di cultura, La
formazione storica delle arti e dello spirito umano in Vitruvio, in «L'Arduo»,
Bologna Tra teoria sociale e filosofia politica. Rodolfo Mondolfo interprete
della coscienza moderna. Scritti Sempre nuove opposizioni al progetto su
l'esame di Stato, in «L'istru-zione media», Perugia-Bologna-Firenze, Lettera
a Gobetti, in «La Rivoluzione liberale», Torino Ricostruire, in «La Giustizia Per
la comprensione storica del fascismo, introduzione alla raccolta Il fascismo e
i partiti politici italiani, I volume, Cappelli, Bologna. Per la difesa della libertà, in «Critica
sociale», Milano, Il problema della cultura popolare, in «Critica sociale»,
Milano Il comunismo è la negazione del marxismo, in «La
Giustizia», Milano, 1 ottobre. Libertà della scuola, esame di Stato e problemi di
scuola e di cultura, Cappelli, Bologna Prefazione a S. Diambrini Palazzi, Il
pensiero filosofico di Antonio Labriola, Zanichelli, Bologna. Educazione
e rinnovamento sociale in Mazzini e in Marx, in «Rivista di filosofia Con
alcune modifiche anche in Sulle orme di Marx, Cappelli, Bologna Tra teoria
sociale e filosofia politica. Rodolfo Mondolfo interprete della coscienza
moderna. Scritti Mazzini e Marx, in «Critica sociale», Milano, Poi confluito in
Sulle orme di Marx, Cappelli, Bologna, Il monito delle tradizioni del Risorgimento
nazionale, in «Istruzione media Scuola, patria e libertà, in «La Giustizia»,
quotidiano del Partito Socialista Unitario, Milano, n. 52, 2 marzo 1923, p. 2.
Più recentemente anche in Educazione e socialismo. Scritti sulla riforma
scolastica (dagli inizi del 900 alla Riforma Gentile Scuola, patria e libertà,
in «La Giustizia», quotidiano del Partito Socialista Unitario, Milano, Il
materialismo storico: conferenza all'Università Proletaria di Milano, in
«L'Avanti!», Milano, 13 marzo. Volontà e necessità nella storia, scambio di lettere con
Longobardi L'Avanti!», Il materialismo storico, in «La Rivoluzione liberale»,
Torino Umanismo di Marx. Studi filosofici Mentre la riforma si compie, in «L'istruzione
media», I punti oscuri, in «L'istruzione media La riforma
della scuola, in «Critica sociale», Milano Educazione e socialismo. Scritti
sulla riforma scolastica (dagli inizi del '900 alla Riforma Gentile Il
problema sociale in Mazzini e Marx, in «Critica sociale», Milano, Con alcune
modifiche confluito in Sulle orme di Marx, Cappelli, Bologna Scuola
e libertà (Note polemiche), in «Critica sociale», Milano,196. Risposta
all'inchiesta tra scrittori italiani: Dove va il mondo?, Libreria politica
moderna, Roma. Aspetti della crisi contemporanea, in «Studi politici
La riforma universitaria, in «Critica sociale», Milano Libertà e funzione
sociale della scuola nella riforma Gentile, in «Cultura popolare Educazione e
socialismo. Scritti sulla riforma scolastica (dagli inizi del 900 alla Riforma
Gentile Si chiedono dati statistici, in «L'istruzione media L'esperimento
russo, in «La Rivoluzione liberale», Torino, Verso la scuola confessionale?, in
«L'istruzione media Si chiedono dati statistici, in «L'istruzione media La
lotta di classe in Russia, in «La Rivoluzione liberale», Torino Le attività del
bilancio, in «Critica sociale», Milano Umanismo di Marx. Studi filosofici
Contadini e proletariato nella Rivoluzione russa, in «Nuova rivista storica»,
Milano Sulle orme di Marx, 3ª edizione in due volumi, Cappelli, Bologna: vol. 1
Studi sui tempi nostri, vol. Il Lineamenti di teoria e di storia critica del
marxismo. La filosofia e l'insegnamento di Francesco Acri
(commemorazione nel decennale della sua morte), in «Rivista di filosofia Significato
e insegnamenti della rivoluzione russa, con prefazione di C. Treves, Bemporad,
Firenze Contributo a un chiarimento di idee, in «Critica sociale», Milano Umanismo
di Marx. Studi filosofici Il rispetto dei diritti acquisiti e l'interesse della
nazione, in «L'istruzione media Marxismo e revisionismo, in «Libertà»,
quindicinale della gioventù socialista, Milano La filosofia politica in Italia
Raccolta sulla Storia d'Italia a cura dell'Istituto superiore di
perfezionamento pergli studi politico sociali e commerciali in Brescia,
Litotipo editrice, Padova Dal naturalismo di Feuerbach allo storicismo di Marx,
in «Rivista di psicologia», Bologna Estratto da Feurbach e Marx Sulle orme di
Marx. Si trova anche in Tra teoria sociale e filosofia politica. Rodolfo
Mondolfo interprete della coscienza moderna. Scritti Ricordando Antonio Labriola, in «Critica
sociale», Milano Umanismo di Marx. Studi filosofici L'esame di Stato
professionale, in «L'istruzione media Rousseau, Discorsi e Contratto sociale, cur.
M., Cappelli, Bologna. L'idealismo di Jaurés e la funzione storica delle
ideologie, in «Cri-tica sociale», Milano, Ristampato in Tra teoria sociale e
filosofia politica. Rodolfo Mondolfo interprete della coscienza moderna.
Scritti Dopo il primo esperimento, in «Istruzione media Le cose più grandi di
lui (i programmi degli esami di Stato), in «Istruzione media Momigliano, in
«Rivista di filosofia», Torino Prefazione a F. Dal Monte, Filosofia e mistica
in Bonaventura da Bagnorea, Libreria di scienze e lettere, Roma. Sintomi
premonitori in Russia. Nuove forze politiche in vista, in«Critica sociale»,
Milano, Studi sulla rivoluzione russa, Opere scelte di Beccaria, con introduzione
e note a cura di Mondolfo, Cappelli, Bologna La questione istituzionale,
in «La Rivoluzione liberale», Torino Fiorentino, in «Nuova rivista storica»,
Milano, Da Ardigò a Gramsci, Nuova Accademia, Milano Discussioni marxiste, in
«La Rivoluzione Liberale», Torino Umanismo di Marx. Studi filosofici Intorno
ai nuovi concorsi, in «L'Istruzione media I punti del problema: per definire la
discussione marxista, in «La Rivoluzione Liberale», Torino Umanismo di Marx.
Studi filosofici Liberalismo della vecchia destra, in «Critica sociale»,
Milano, L'opera di Ferdinande Lassalle, in «Critica sociale», Milano, Il
problema delle classi medie, in «Critica Sociale», Milano, Uscito anche come
opuscolo con un preambolo di Filippo Turati nell'edizione La Giustizia, Milano
1925. Il pensiero di Engels e la prassi storica della
classe lavoratrice, in «Critica sociale», Milano Proletariato e ceti
intellettuali, in «La Giustizia Beccaria e Kant, in «Rivista Internazionale di
Filosofia del Di-ritto», Genova Tra teoria sociale e filosofia politica.
Rodolfo Mondolfo interprete della coscienza moderna. Scritti La negazione della
realtà dello spazio in Zenone di Elea, in «Rendiconti dell'Istituto Marchigiano
di scienze, lettere ed arti Problemi del pensiero antico, Zanichelli, Bologna
Per la serietà dell'esame di Stato, in «Istruzione Media», Parma Critiche
esagerate?, in «L'istruzione media», Parma Veritas filia temporis in
Aristotele, in Scritti filosofici per le onoranze nazionali di Bernardino
Varisco, Vallecchi, Firenze, pp. 235-253. Presente anche in Momenti del
pensiero greco, Morano, Napoli 1964, pp. 1-20. 185. Das Problem der
Mittelklassen in seiner Bedeutung für den Sozialismus in Italien, in
«Archiv für die Geschichte des Sozialismus und der Arbeiterbewegung»,
herausgegeben von Carl Grünberg, XII, p. 1 ss. 186. Beccaria
filosofo, in «Rivista di filosofia», Torino, XVI, n. 1, dicembre, pp. 1-11 ss.
Tratto dall' introduzione a Opere scelte di Cesare Beccaria, Cappelli, Bologna
Risposta a un'inchiesta sull'idealismo, in «Il Baretti», Torino, Un cervello
maschile, un cuore materno. In memoria di Anna Kuliscioff, in «Critica
Sociale», Milano Moto e vuoto, in «Il Baretti», Torino, a. 3, n. 2, febbraio,
p. 76. Il problema etico e culturale del socialismo nei
rapporti col movimento socialista, in «Critica sociale Materialismo, idealismo,
realismo critico-pratico, in «Il Quarto Stato», Milano Umanismo di Marx. Studi
filosofici Per la revisione del bilancio idealistico, in «Il Quarto Stato»,
Milano Umanismo di Marx. Studi filosofici Primum intelligere..., in «Il Quarto
Stato», Milano Umanismo di Marx. Studi filosofici Dall'esperienza agricola
russa al problema contadino occidentale, in «Critica sociale», Milano Studi
sulla rivoluzione russa Diderot, D'Alambert e il Trattato delle sensazioni, in
«L'idealismo realistico», Roma Condillac contro Condillac. Critica della prima
parte del Trattato delle sensazioni, in «Rivista di Psicologia», n. 1. Sulla
nozione di progresso, sintesi di una comunicazione al Congresso della Società
per il progresso delle Scienza (sezione scienze filosofiche), in Atti del
Congresso di Bologna. Il trattato delle sensazioni di Condillac, con
introduzione su L'Opera di Condillac, Cappelli, Bologna. Spinoza e la nozione del progresso umano,
in «Rivista di filosofia», XVIII, n. 3, luglio-settembre, pp. 262-266. Anche in
Tra teoria sociale e filosofia politica. Rodolfo Mondolo interprete della
coscienza moderna. Scritti La polemica di Zenone di VELIA contro il movimento,
Rivista di Filologia e d'istruzione classica», Torino, Confluito poi con alcune
aggiunte in R. Mondolfo, Problemi del pensiero antico, Der Faschismus in Italien (sotto lo
pseudonimo di «Rerum italicarum scriptor»), in Internationaler Faschismus,
herausgegeben von C. Landauer und H. Honegger, Karlsruhe. La polemica di Zenone di VELIA contro il
movimento, parte II, in «Rivista di Filologia e d'istruzione classica Problemi
del pensiero antico, Zanichelli, Bologna Fichte, in «Dizionario di scienze pedagogiche
Vallardi, Milano, Confluito poi nella raccolta Filosofi tedeschi: saggi
critici, trad. di L. Bassi, Cappelli, Bologna Il realismo di Roberto Ardigò, in
«Rivista di filosofia Tra teoria sociale e filosofia politica. Rodolfo Mondolfo
interprete della coscienza moderna. Scritti Nel primo centenario di Roberto
Ardigò, in «Rivista internazionale di filosofia del diritto», Roma Romagnosi,
in «Dizionario di scienze pedagogiche», vol. II, Vallardi, Milano, Il pensiero
antico. Storia della filosofia greco-romana, esposta con tesi scelti dalle
fonti, Società Editrice Dante Alighieri, Roma-Genova-Milano-Napoli. Sintesi
storica del pensiero antico, Società Editrice Dante Alighieri, Roma-Genova. Rassegne
di storia della filosofia: I. Filosofia del Rinascimento, in «Rivista di
filosofia», XX, Torino L'antinomia fondamentale nella visione della vita e
della storia di F. Nietzsche, in «L'idealismo realistico Die Anfänge der
Arbeiterbewegung in Italien bis 1872 und der Konflikt zwischen Mazzini
und Bakunin, in «Archiv für die Geschichte des Sozialismus und der
Arbeiterbewegung», herausgegeben von Prof. Carl Grünberg, Hischfeld
Verlag, XIV, heft 3, Leipzig Il superamento dell'utilitarismo e la coscienza
morale nella dottrina epicurea, in «Rendiconto delle sessioni della R.
Accademia delle scienze dell'Istituto di Bologna», vol. 3, Azzoguidi,
Bologna. Confluito poi in Problemi del pensiero antico, c Responsabilità
e sanzione nel più antico pensiero greco, in «Civiltà moderna», Firenze Problemi
del pensiero greco Razionalità e irrazionalità della Storia: per una visione
realistica del problema del progresso, in «Nuova Rivista Storica», Milano Collaborazione
alla «Encyclopedia of the Social Sciences» della Columbia University di New
York; voci: T. Campanella, A. Costa. I primordi del movimento operaio in Italia avanti il
1872 e il conflitto tra Mazzini e Bakunin, in «Nuova Rivista Storica Die
Anfänge der Arbeiterbewegung in Italien bis 1872 un Konflikt zwischen Mazzini
und Bakunin Riproposto poi da Mondolfo in una rivista argentina Nella versione
italiana, anche in Tra teoria sociale e filosofia politica. Rodolfo Mondolfo
interprete della coscienza moderna. Scritti Collaborazione alla «Enciclopedia
Italiana» (Istituto Treccani); voce: Giordano Bruno, vita ed opere, religione e
filosofia, dio e l'universo: il monismo, l'etica Nella sua versione rielaborata
Mondolfo ripropone questo articolo in Figure e idee del Rinascimento, trad. di
L. Bassi, La Nuova Italia, Firenze Tarozzi, L'esistenza e l'anima, in «Nuova
Rivista Storica Enciclopedia Italiana» (Istituto Treccani); voci: Comunismo
(esposizione critica della dottrina e della storia Filone di Alessandria,
Helvétius Collaborazione alla «Encyclopedia of the social Sciences» della
Columbia University di New York; voci: Epicure and epicureanism, Giuseppe
Ferrari, Gaetano Filangeri, Pasquale Galluppi, Melchiorre Gioia, Gian Vincenzo
Gravina, Theodor Karl Grün, Peter Alexeyevitch, Antonio Labriola. Collaborazione
a «Pedagogia» (Enciclopedia delle Enciclopedie, Formiggini, Roma); voci:
Didattica della filosofia Libertà e Laicità della scuola Entrambi riportati in
Educazione e cultura come problemi sociali, Cappelli, Bologna Comunicazione
al Congresso della Società Italiana per il progresso delle scienze su Criteri
di studio del problema riguardante le origini della filosofia greca. Germi
in Bruno, Bacone e Spinoza del concetto marxistico della storia, in «Civiltà
moderna», Firenze Germania nel 1932 (cfr. n. 228) e, successivamente, nel sulla
rivista argentina «Dialéctica Tra teoria sociale e filosofia politica. Rodolfo
Mondolfo interprete della coscienza moderna. Scritti Un educatore scomparso:
Marchesini, in «La Cultura popolare Rapporti tra la speculazione religiosa e la
filosofia nella Grecia antica, I, in «La Nuova Italia», Firenze, II, dicembre,
pp. 463-468. Intorno al contenuto dell'antica teogonia orfica, in
«Rivista di Filologia e d'istruzione classica Rapporti tra la speculazione
religiosa e la filosofia della Grecia antica, II, in «La Nuova Italia», Firenze
Il concetto della «umwälzende Praxis» e i suoi germi in Bruno e Spinoza, in
«Grünbergs Fetschrift», C. L. Hirschfeld, Leipzig, pp. 365-376. I
Discorsi e il Contratto sociale di Rousseau, trad. con introduzione e commento,
2ª edizione, Cappelli, Bologna. Collaborazione alla «Enciclopedia Italiana» (Istituto
Treccani); voci: Labriola Internazionale e Internazionalismo Il Giansenismo in
Italia di Jemolo, in «Rivista di Filosofia», Torino. Discutendo il problema dei caratteri
differenziali tra filosofia antica e moderna, in «Rivista di filosofia», Milano
Nota sul genio ellenico, inserita nell'edizione italiana di E.
Zeller-R.Mondolfo, La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico, I
Presocratici; vol. 1: Origini, caratteri e periodi della filosofia greca, La
Nuova Italia, Firenze Arte e religione in Grecia secondo gli schemi del
neoumanesimo, in «Civiltà moderna», Firenze Tratto da M., Nota sul genio
ellenico in E. Zeller-R. Mondolfo, La filosofia dei Greci nel suo sviluppo
storico, Parte I: 1 Presocratici, vol. I: Origini, caratteri e periodi della
filosofia greca, Nota sulla divisione in periodi della filosofia, in «Archivio
di storia della filosofia Zeller-R. Mondolfo, La filosofia dei Greci nel suo
sviluppo storico, 1 presocratici, Origini, caratteri e periodi della filosofia
greca, La Nuova Italia, Firenze La filosofia dei Greci nel suo sviluppo
storico, Parte I: I presocratici, vol. II: lonici e Pitagorici, La Nuova
Italia, Firene Encyclopedia of the Social Sciences» della Columbia University
di New York; voci: Lucretius, Karl Geory Winkelblech (Karl Marlo). E.
Zeller-R. Mondolfo, La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico, Parte I: 1
Presocratici, vol. I: Origini, caratteri e periodi della filosofia greca,
traduzione e aggiornamenti, La Nuova Italia, Firenze. Studi sopra l'infinito nel pensiero dei
Greci, in «Memoria della R. Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna,
classe di scienze morali», serie 3, tomo 6, Gamberini e Parmeggiani, Bologna
Azzoguidi, Bologna Eternità e infinità del tempo in Aristotele, in «Giornale
Critico della Filosofia Italiana», Firenze Il contributo di Zenone di VELIA alla
scoperta dell'infinitesimale, in «Archivio di storia della filosofia La
preparazione dei greci alla comprensione dell'infinito, in «Civiltà moderna»,
Firenze La concezione dell'Empireo in Platone, in «La Nuova Italia», Firenze,
marzo. 242. Il passaggio dal teleologismo al determinismo nella dottrina
peripatetica dell'eternità del mondo, in «Rivista di filosofia», Milano L'infinito
nel pensiero dei Greci, Le Monnier, Firenze L'infinità divina nelle
teogonie greche presocratiche, in «Studi e materiali di storia delle
religioni», Roma L'infinito nel pensiero dei greci, Le Monnier, Firenze
L'infinità della potenza divina in Aristotele (Dal concetto negativo al
concetto positivo dell'infinito), in «Ricerche religiose», Roma L'infinito nel
pensiero dei greci, Le Monnier, Firenze 1934. L'infinità dell'essere in Melisso di Samo
(contributi a un processo di riabilitazione), in «Sophia», Padova L'infinità
divina da Filone ai neoplatonici e ai suoi precedenti, in «Atene e Roma»,
Firenze, Le Monnier L'Infinito nel pensiero dei greci, Le Monnier, Firenze L'infinità
del numero dai Pitagorici a Platone e ad Archimede, in «Archivio di filosofia»,
Roma Prassi che rovescia» o «Prassi che si rovescia»?, in «Rivista
internazionale di filosofia del diritto», Roma, XIII, fasc. VI, pp. 743 ss.
Scritto che viene successivamente inserito da Mondolfo in Il materialismo
storico in Federico Engels Collaborazione alla «Enciclopedia italiana»; voce:
Materialismo storico Il contratto di lavoro nella voce Il lavoro Encyclopedia
of the Social Sciences» della Columbia University di New York; voce: Paruta. Lezioni
di storia della filosofia svolte da M., a cura di Bortolotti e Wittig, Bologna,
Facoltà di filosofia, Bologna La genesi storica della filosofia presocratica,
in «La Nuova Italia», Firenze, 20 marzo, pp. 82-94. Prefazione al libro di G. Fontanesi, Il
problema filosofico dell'amore nell'opera di Leone ebreo, Libreria Emiliana,
Venezia, pp. I-XIII. Problema umano e problema cosmico nella formazione
della filosofia greca, Memoria presentata all'Accademia delle Scienze di
Bologna nella sessione del 17 marzo, Azzoguidi, Bologna Problemi del pensiero
antico Note sull'eleatismo di VELIA: a proposito degli Studi sull'eleatismo di
G. Calogero, in «Rivista di filologia e d'istruzione classica», Torino Problemi
del pensiero antico, Zanichelli, Bologna I problemi dell'infinità numerica e
dell'infinitesimo in Aristotele, in «Rivista di filosofia», Milano L'infinito
nel pensiero dei greci, Le Monnier, Firenze 1934. Caratteri
e sviluppi della filosofia presocratica, in «Sophia», Roma, luglio-settembre,
pp. 274-288. La giustizia cosmica secondo Anassimandro ed
Eraclito, in «Civiltà moderna», Firenze L'infinito nel pensiero dei Greci, Le
Monnier, nella Collezione di «Studi filosofici» diretta da G. Gentile, Firenze.
Recensioni in «Pan»: A. Rosemberg Storia del
bolscevismo da Marx ai giorni nostri, Sansoni, Firenze, in «Rivista
internazionale di filosofia del diritto»; N. Festa, I frammenti degli stoici
antichi, vol. I, Laterza, Bari 1932; G. Della Valle, Tito Lucrezio Caro e
l'epicureismo campano, Accademia Pontaniana, Napoli 1933; Id., Dove nacque T.
Lucrezio Caro?, Stab. industrie editoriali meridionali, Napoli 1933, in
«Sophia»; G. Pasquali, Pagine stravaganti di un filologo, Carabba, Lanciano
1933; Conte di Gobineau, Il rinascimento, trad. di F. Gentile Tarozzi,
Cappelli, Bologna Civiltà moderna»; G. Mayer, Friederich Engels: Eine
Biographie, M. Nijhoff, Haag 1934; Marx-Engels, Historische, Kritische,
Gesamtausgabe Werke Schriften, Briefe, Berlin, in «Rivista di filosofia»; C.
Ottaviano, Joachimi abbatis liber contra Lombardorum, Reale Accademia d'Italia,
Roma 1934. 261. Collaborazione alla «Enciclopedia italiana»; voce:
Movimento Operaio Fiorentino e il positivismo, in AA.VV, Onoranze a
F. Fiorentino nel cinquantenario della sua morte, Morano, Napoli Infinità
dell'istante e infinità soggettiva nel pensiero degli antichi, in «Giornale
critico della filosofia italiana», Firenze Problemi del pensiero antico L'infinito
nel pensiero dell'antichità classica, cit. 264. La genesi e i
problemi della cosmogonia di Talete, in «Rivista di filologia e d'istruzione
classica», Torino Physis e theion: intorno al carattere e al concetto centrale
della filosofia presocratica, in «Atene e Roma», Firenze, Le Monnier Il
principio universale di Anassimandro, in «Civiltà moderna», Firenze Questioni
di storia della scienza greca, in «Rivista di filosofia», Torino L'infinito e
le antinomie logiche nel pensiero greco, relazione al «Congresso della Società
italiana per il progresso delle scienze», tenutosi a Palermo il 12-18 ottobre,
Società italiana per il progresso delle scienze, Roma. Confluito poi in R.
Mondolfo, I problemi del pensiero antico, Zanichelli Enciclopedia italiana: Sindacalismo,
Socialismo Scienza (classificazione delle scienze e storia della scienza Problemi
del pensiero antico, Zanichelli, Bologna 1935. Lezioni di storia della filosofia, a cura
di Zambrini, Università di Bologna, Facoltà di lettere e filosofia, Bologna. Lezioni
di filosofia moderna: Benedetto Spinoza, tenute dal Chiar.mo Prof M., a cura di
Cavalli, GUF G. Venezian, Bologna Gli albori della filosofia in Grecia, in «La
Nuova Italia», Firenze, gennaio. Feuerbach y Marx. La dialéctica
y el concepto de la historia, trad. di M. P. Alberti, Claridad, Buenos Aires.
Su una presunta affermazione antica della sfericità
terrestre e degli antipodi, in «Archeion Anaximenea, in «Rivista di Filologia e
d'istruzione classica», Torino Gérmenes en Bruno, Bacon y Espinoza de la
concepción marxista de la historia, in «Dialéctica», Buenos Aires, abril. Per
Diogene d'Apollonia, in «Rivista di filosofia», Torino Gli atomisti antichi, in
«Il Lavoro Formes et tendences actuelles du mouvement philosophique en Italie
(in collaborazione con il Prof. Limentani della R. Università di Firenze), in
«Revue de Synthèse L'utopia di Platone, in «Il Lavoro», 17 novembre, p.3. Aristotele
ed Epicuro, in «La Nuova Italia», Firenze Echi del centenario di Romagnosi, in
«Il Lavoro La vitalità di Aristotele, in «Il Lavoro». La filosofia antica in terra d'Africa e
le tendenze del soggettivismo. Estratto da Atti della XXV Riunione della SIPS a
Tripoli, Raduno coloniale della scienza italiana, 1-7 novembre 1936.
Relazione Congresso della Società per il progresso delle scienze (Tripoli).
Problemi della cosmologia di Anassimandro, in
«Logos», Napoli Nota sulla cosmologia e la metafisica di Anassimandro
introdotta come aggiornamento nel Il vol. dell'edizione italiana de E.Zeller-R.
Mondolfo, La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico, Parte I: I
Presocratici, Il vol.: lonici e Pitagorici, La Nuova Italia, Firenze, 1938, pp.
190 ss. Ancora sull'infinito e gli antichi, in «Sophia La
prima affermazione della sfericità della terra. Nota dell'accademico effettivo
prof M., comunicata il 12 dicembre, in «Rendiconti delle sessioni della R.
Accademia delle scienze dell'Istituto di Bologna. Classe di scienze morali Bologna,
Tip. Azzoguidi, p. 18. Trad. it con l'aggiunta di una postilla in Momenti del
pensiero greco e cristiano Enciclopedia italiana; voci: Unità, Universo (nella
storia della filosofia) Per l'interpretazione di F. Fiorentino, in «Archivio di
storia della filosofia italiana Sui frammenti di Filolao (contributo a una
revisione del processo di falsità), in «Rivista di Filologia e d'istruzione
classica Platone e la storia del pitagorismo, in «Atene e
Roma», Firenze, Le Monnier Nota sulle fonti della nostra conoscenza e
ricostruzione storica del Pitagorismo, in E. Zeller-R. Mondolfo, La filosofia
dei Greci nel suo sviluppo storico, pp. 313 ss. Forme e tendenze attuali del movimento
filosofico in Italia, (in collaborazione con il Prof. Limentani della R.
Università di Firenze), in «Logos», Napoli L'origine dell'ideale filosofico
della vita. Comunicazione, Rendiconti delle sessioni della R. Academia delle
scienze dell'Istituto di Bologna. Classe di scienze morali», serie V, I,
Azzoguidi, Bologna Zeller-M., La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico,
Parte I: 1 Presocratici, vol. Il: lonici e Pitagorici, La Nuova Italia,
Firenze. Intorno ad Epicarmo, in «Civiltà moderna», Firenze L'unità
del pitagorismo, in «La Nuova Italia», Firenze, giugno. 1940 Origen y sentido del
concepto de cultura humanista, para la inauguración de cursos del Istituto de
Humanidades de la Universidad Nacional de Córdoba, El Sol, La Plata Historia y filosofia, in «Sustancia», Tucumán, Trad. it.
in Alle origini della filosofia della cultura, trad. di L. Bassi, Il Mulino, Bologna El materialismo histórico
en Federico Engels, version castellana de A. Mantica, Libreria y
Editorial Ciencia, Rosario, Descartes, Discorso sul metodo, a cura di M. e
Garin, Sansoni, Firenze La traduzione e le note di M. vennero pubblicate
anonime in questa prima edizione, mentre ricompaiono nelle ristampe successive
Descartes, Principi di filosofia, a cura di M. e E. Garin, Sansoni, Firenze,
pp. XXXIII-82. La traduzione e le note di Rodolfo Mondolfo vengono
pubblicate anonime in questa prima edizione, mentre ricompaiono nelle ristampe
successive Sócrates, edición de la Universidad Nacional de Córdoba, Córdoba. Anche in Moralistas griegos. La
conciencia moral de Homero a Epicuro, Imán, Buenos Aires 1941. Sugestiones
de la técnica en las concepciones de los naturalistas presocráticos, in
«Archeion» de la Universidad Nacional del Litoral Trad. it di L. Bassi:
Suggestioni della tecnica nelle concezioni dei naturalisti presocratici, in
Alle origini della filosofia della cultura, introduzione di R. Treves, Il
Mulino, Bologna Moralistas griegos. La conciencia moral de Homero a Epicuro, Imán, Buenos
Aires. Trad. it. accresciuta a cura di V. E.
Alfieri, Moralisti greci. La coscienza morale da Omero a Epicuro, Ricciardi,
Napoli-Milano Espíritu revolucionario y conciencia histórica, in «Revista
Mexicana de Sociología», Universidad Nacional Autónoma de México El pensamiento
antiguo, historia de la filosofia greco-romana, 2 vol., Losanda, Buenos Aires. El problema del conocimiento desde los presocráticos
hasta Aristóteles, Publicaciónes del Instituto de Humanidades de la Universidad
Nacional de Córdoba, n. 19, Córdoba. La teoría del sentido interior
en San Agustín y sus antecedentes griegos, in «Insula», Buenos Aires. Trad. it.
in Momenti del pensiero greco e cristiano Espíritu revolucionario y conciencia
histórica, in «Revista mexicana de Sociología» e nel «Boletín del Instituto de
Sociología de Bueons Aires La antinomia del espíritu innovador, in «Sustancia»,
n. 9, Tucumán, pp. 12- La filosofia política de Italia
en el siglo XIX, Imán, Buenos Aires. En los orígenes de la filosofía
de la cultura, Imán, Buenos Aires. En el centenario de Galileo, in
«Sur La crítica escéptica de la causalidad, in El problema de la causalidad,
Publicaciones del Instituto de Humanidades de Córdoba. El genio helénico y
los caracteres de sus creaciones espirituales, Cuadernos de la Facultad de
Filosofía y Letras de Tucumán, Tucumán. Roberto Ardigó y el positivismo
italiano, in «Sustancia», Tucumán Naturaléza y cultura en la formación de la
filosofía griega, Publicaciones del Instituto de Humanidades Córdoba. Rousseau y la consciencia moderna, Imán, Buenos Aires. Campanella y Descartes, in «Estudios de Filosofía»,
Universidad Nacional de Córdoba. La filosofía de la historia de
Fernando Lassalle, in «Revista mexicana de Sociología», Universidad Nacional
Autónoma de México Traducción de Carmelo di Bruno del original italiano. E.
Zeller-R. Mondolfo, La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico, 1
Presocratici, vol. I: Origini, caratteri e periodi della filosofia greca, 2ª
edizione, La Nuova Italia, Firenze. 1944 323. El pensamiento de Galileo y sus
relaciones con la filosofía y la ciencia antiguas, Publicaciones del Instituto
de Humanidades, n. 33, Córdoba La filosofía de Giordano Bruno,
trad. Ricardo Resta, in «Minerva», Buenos Aires, a. 1, vol. 1, mayo-junio. La ética antigua y la noción de conciencia morale,
Imprenta de la Universidad Nacional de Córdoba, Publicaciónes del Instituto de
Humanidades, n. 41, Córdoba, pp. 31. Misión de la cultura humanista,
in «Papales», Buenos Aires. Determinismo contra volontarismo
en la filosofia de Nietzsche, in «Minerva», Buenos Aires, II, n. 4. Anche Ensayos críticos sobre filósofos alemanes,
Imán, Buenos Aires Determinismo contro volontarismo nella filosofia di F.
Nietzsche, in Filosofi tedeschi: saggi critici, trad. di L. Bassi, Cappelli,
Bologna La politica y la utopía de Campanella. La Ciudad del Sol, in «Revista
mexicana de Sociología», Universidad Nacional Autónoma de México Origen del
ideal filosófico de la vida, in «Revista de estudios clásicos de la Universidad
de Cuyo», Mendoza Inserito successivamente in M., En los orígenes de la
filosofía del la cultura, Libreria Hachette, Buenos Aires La trascendencia
extratemporal divina y la infinitud temporal en el período religioso de la
filosofía griega, in «Philosophia», Mendoza, Universidad de Cuyo Eternidad e
infinitud del tiempo en Aristóteles, Publicaciones del Instituto de Filosofía y
Humanidades, n. 44. Pubblicato nella «Revista de la Universidad Nacional de
Córdoba El infinito y las antinomias lógicas de la filosofia antigua,
«Publicaciones del Instituto de Humanidades Córdoba. El primer fragmento
de Heráclito: texto, traduccion y comentario, in «Revista de la Universidad de
Buenos Aires El pensamento antiguo, Losada, Buenos Aires. Sobre la pena de
muerte (Kant contra Beccaria), in «Bebel», Santiago del Chile Bruno, in
«Philosophia», Mendoza, Univer- sidad de Cuyo La infinitud del espiritu en la
filosofia antigua, Universidad Nacional de Córdoba, Publicaciones del Instituto
de Filosofía y Humanidades, Córdoba Qué es el materialismo histórico, in
«Babel», Santiago del Chile, Heidel, La edad heroica de la ciencia, Espasa
Calpe, Buenos Aires. Cesar Beccaria y su obra, Depalma, Buenos Aires Trad.
it con ampliamenti ed aggiunte: Cesare Beccaria, La Nuova Accademia, Milano
Descartes, Discorso sul metodo, a cura di E. Garin e R. Mondolfo, Sansoni,
Firenze, 2ª edizione. R. Descartes, Principi di filosofia, a cura di E.
Garin e R. Mondolfo, Sansoni, Firenze, 2ª edizione. Il problema del male in Agostino e
nell'agostinismo, conferenza tenuta nell'aula magna dell'Università di
Montevideo il 31 agosto. Confluita in Momenti del pensiero greco e cristiano Ensayos
críticos sobre filósofos alemanes, Imán, Buenos Aires. Trad. it a cura di L. Bassi, Filosofi tedeschi: saggi
critici, Cappelli, Bologna 1958. La idea de progreso
humano en G. Bruno, in «Babel», Santiago del Chile, n. 39, pp. 97 ss. Tres filósofos de Rinascimiento: Bruno, Galileo,
Campanella, Losanda, Buenos Aires. Poi rifuso in Figuras e ideas de la
Filosofía del Rinacimento, Losada, Buenos Aires San Augustín y el problema del
mal en el neoplatonismo cristiano, in «Revista de la Facultad de Humanidades y
Ciencias de Montevide Interpretaciones de Heráclito en el último medio siglo,
prólogo a O. Spengler, Heráclito, Espasa-Calpe, Buenos Aires. Interpretaciones italianas del materialismo histórico, in
«Cultura italiana», Buenos Aires. Trad. it: Il materialismo storico nelle
interpre-tazioni italiane, in «Critica sociale», Milano Voluntarismo y
pedagogia de la acción en Mazzini y en Marx, in «Babel», Santiago del Chile La
idea de cultura en el Rinacimiento italiano, in «Jornadas de centro de cultura
italiana», Tucumán, Universidad Nacional Figure e idee del Rinascimento, La
Nuova Italia, Firenze, Die Klassische Philosophie in Latein-Amerika,
Universitas, Stuttgart. Problemas y métodos de la
investigación en historia de la filosofia, Cuadernos de Instituto de
Universidad Nacional de Tucumán, Tucumán. Sulle orme di Marx, 4ª edizione,
Cappelli, Bologna. Le sujet humain dans la philosophie antique, in AA.
VV., Proceedingof the Tenth International Congress of Philosophy, North-Holland
Publishing Co., Amsterdam Voluntad y conocimiento en Heráclito, in «Notas y
estudios de filosofía», Tucumán, Spinoza y la noción de progreso humano, in
«Bebel», Santiago de Chile Descartes, Discorso sul metodo, a cura di E. Garin e
R. Mondolfo, 3ª edizione, Sansoni, Firenze. Descartes, Principi di filosofia, a cura
di Garin e M., 3ª edizione, Sansoni, Firenze. El hombre como
sujeto espiritual en la filosofía antigua, in Actas de primer Congreso Nacional
de Filosofía, tomo III, Mendoza, Universidad Nacional de Cuyo L'utopia di
Campanella, Studi in onore di Gino Luzzatto», Giuffrè, Milano. Rousseau,
Discorsi e Contratto sociale, a cur. M., 3ª edizione, Cappelli, Bologna. Il
pensiero antico. Storia della filosofía greco-romana, esposta con testi scelti
dalle fonti, 2ª edizione, La Nuova Italia, Firenze. Il metodo di Galileo e la teoria della
conoscenza, in «Rivista di filo-sofia», Torino Figure e idee del Rinascimento,
La Nuova Italia, Firenze Ensayos sobre el Renacimiento italiano, Universidad
Nacional de Tucumán, Instituto de filosofía, Tucumán. El método de Galileo
y la teoría del conocimiento, in Actas de la Academia de Ciencias Culturales y
Artes de la Universidad Nacional de Tucumán, Tucumán Trabajo manual y trabajo
intelectual desde la antigüedad hasta el Renacimiento, in «Revista de historia
de las ideas de la Universidad Nacional de Tucumán», Tucumán Lavoro manuale e
lavoro intellettuale dall'antichità al Rinascimento, in «Critica sociale»,
Milano, Ristampato in Alle origini della filosofia della cultura, a cura di R.
Treves, Il Mulino, Bologna Polis, lavoro e tecnica, introduzione e cur. Ferriolo, Feltrinelli, Milano La filosofia dei Greci
nel suo sviluppo storico, Parte I: I presocratici, vol. Il: Ionici e Pitagorici, 2ª
edizione, La Nuova Italia, Firenze Lo humano y lo subjetivo en el pensamiento
antiguo, in «Notas y estudios de filosofía», Tucumán, Sobre una interpretación reciente de
Anaxagoras y los eleatas, in «Notas y estudios de filosofía», Tucumán,
Preparación profesional e investigación científica, in La universidad del siglo
XX, Universidad Nacional de San Marcos, Lima Trad. it. in Educazione e cultura
come problemi sociali La reminiscencia platónica y la
actividad del espíritu, in «Actas del Congreso de filosofía en Lima» y «Revista
de la Universidad Nacional de S. Agustín de Arequipa». Reseñas en «Notas y estudios de
filosofía», sobre: M. Dal Pra, La storiografia filosófica antica; C. Moeller,
Sagesse grecque etparadoxe chrétien; A. Nogueira, Universo Zeller-M., La
filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico, Parte I: I Presocratici, vol. I:
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neoplatónicos, 3ª edizione, Losada, Buenos Aires El infinito en el pensamiento
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Buenos Aires. La filosofía como problematicidad y el historicismo, in
«Philosophia», Universidad Nacional De Cuyo, Mendoza, Trad. it: La filosofia
come problematicità e lo storicismo, in «Il Dialogo Il materialismo storico in
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historia de la filosofía, in «Notas y estudios de filosofía», Tucumán Intorno
alla gnoseologia di Democrito, «Rivista critica di storia della filosofia»,
Milano La comprensione del soggetto umano nell'antichità classica, trad. di L.
Bassi, La Nuova Italia, Firenze Problemi e metodi di ricerca nella storia della
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platonico, «Rivista di filosofia», Torino La comprensione del soggetto umano
nell'età classica Il valore del lavoro nel riconoscimento di Senofonte,
Platone ed Aristotele, in «Critica sociale», Milano, Trabajo y conocimiento
según Aristóteles, in «Imago mundi», Buenos Aires L'unité du sujet dans la gnoséologie
d'Aristóte, in «Revue philosophique», Paris Platón y el concepto unitario de
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dell'arte e della scienza, in «II Ponte», Firenze Campanella y su utopía,
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Grecia antigua hasta Sócrates, in «Revista de economía», Córdoba, The Greek
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moderna, Imán, Buenos Aires 1944. Cultura e libertà nel pensiero
di Croce, in «Critica sociale», Milano, Educazione e cultura come problemi
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Benedetto Croce en el primer aniversario de su fallecimiento, de la Facultad de
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progresso spirituale, in «Critica sociale», Milano, aprile. La
divisione del lavoro e il compito sociale dell'educazione, in «Critica
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Torre», de la Universidad de Puerto Rico, n. 5, pp. 63-74. Il
problema di Cratilo e l'interpretazione ai Eraclito, in «Rivista critica di
storia della filosofía», Milano, IX, n. 3, pp. 221-231. La conciencia moral
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de La Plata, n. 34, Seccíon Filosofía Figuras e ideas de la filosofía del
Renacimiento, Losada, Buenos Aires. Trad. it. a cura di L. Bassi: Figure
e idee della filosofia del Rinascimento, La Nuova Italia, Firenze El problema
de Cratilo y la interpretación de Heráclito, in «Anales de Filología Clásica»,
Buenos Aires, Universidad de Buenos Aires Rousseau, Discorsi e Contratto
sociale, a cura di R. Mondolfo, 4ª edizione, Cappelli, Bologna. Educazione
e democrazia nel pensiero socialista, in «Critica sociale», Milano Historia de
la filosofía e historia de la cultura, in «Imago mundi», Buenos Aires, marzo.
Trad it. Storia della filosofia e storia della cultura, in Educazione cultura
come problemi sociali Intorno a Gramsci e alla filosofia della prassi, in
«Critica sociale», Milano Critica sociale», Milano 1955, con prefazione di
E. Bassi. Successivamente compreso nel volume Da Ardigò a Gramsci, Nuova
Academia, Milano Umanismo di Marx. Studi filosofici Antologia di Aristotele, La
Nuova Italia, Firenze. La comprensión del sujeto humano en la cultura
antigua, Imán, Buenos Aires. Trad. it. a cura di L. Bassi, La comprensione del
soggetto umano nell'antichità classica, La Nuova Italia, Firenze 1958. Giuseppe Mazzini y los orígenes del movimiento obrero en
Italia hasta 1872. El conflicto entre Mazzini y Bakunin, in «Cuadernos de la
cultura de Italia», Buenos Aires, Sócrates, Colección filósofos y sistemas,
Losange, Buenos Aires. Edizione ampliata de Sócrates, edición de la
Universidad Nacional de Córdoba, Cordoba I moralisti greci. La coscienza morale da Omero a Epicuro, Ricciardi,
Milano-Napoli Lavoro e conoscenza nelle concezioni dell'antichità classica,
«Sag-giatore», Torino. Poi in Educazione e cultura come problemi sociali,
Successivamente anche in Polis, lavoro e tecnica, a cura di M. V. Ferriolo Espíritu
revolucionario y conciencia histórica, Ediciones Populares Argentinas, Buenos
Aires. Evolución del socialismo,
Ediciones Populares Argentinas, Buenos Aires. Historia de la
Universidad de Bologna, in «La Torre», Puerto Rico, Universidad de Puerto Rico,
3, 12, ottobre-dicembre, pp. 45 ss. Trad. it. Storia dell' università di
Bologna, in «La vita italiana», nel volume Estudios italianos en la Argentina,
publicado dal Centro di studi italiani, Buenos Aires Cultura y libertad en el
pensamiento de B. Croce, in Homenaje a Croce en el primer aniversario de su
fallecimiento, Facultad de Filosofía y Letras de Buenos Aires. Trabajo y
conocimiento en las concepciones de la antigüedad clásica, in «Cuadernos
Americanos», México, Universidad Nacional Autónoma de México, Titolo originale:
Lavoro e conoscenza nelle concezioni dell'antichità classica, in «Saggiatore»
Torino. Storia dell'università di Bologna, in «La vita
italiana», nel volume Estudios italianos en la Argentina, publicado dal Centro
di studi italiani, Buenos Aires Educazione e cultura come problemi sociali,
L'infinito nel pensiero dell'antichità classica, La Nuova Italia,
Firenze. El genio helénico: formación y
caracteres, Editorial Columba, Buenos Aires. La ciencia de la
lógica de Hegel, trad. de Augusta y M., prólogo de M. Hachette, Buenos Aires. La división del trabajo y la tarea de la educación, en
«Estudios sociológicos» (IV congreso de sociologia), México, y en «La Nación»,
Buenos Aires, abril. El materialismo histórico en
Engels y otros ensayos, nueva traduccion de la 2ª edicion italiana con
agregados, Editorial Raigal, Buenos Aires. Alle origini della filosofia della
cultura, trad. it di L. Bassi e con introduzione di R. Treves, I Mulino,
Bologna. Bolscevismo e dittatura (la conseguenza del sistema),
in «Critica sociale», Milano Studi sulla rivoluzione russa, cit., L'esigenza
del nesso fra storia della filosofia e storia della cultura, in AA. VV., Verità
e storia: un dibattito sul metodo della storia della filosofia, Società
filosofica romana, Arethusa, Asti Aristotele. Antologia, 1ª ristampa, La Nuova
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studi socialisti: in onore di U. G. Mondolfo, La Nuova Italia, Firenze, pArte,
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Cappelli, Bologna 1957: Prólogo a Lamanna, Historia de la Filosofía, I: El
pensamento antiguo, trad. de Caletti, Hachette, Buenos Aires. Educazione
e cultura come problemi sociali, Cappelli, Bologna. Edizione spagnola:
Problemas de cultura y education, Hachette, Buenos Aires. La historia de
la filosofía y la historia integral, in «Revista de la Universidad de Buenos
Aires», Buenos Aires, Note intorno alla storia della filosofía, in «Rivista
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Dialogo», Bologna, Evidence of Plato and Aristotele relating to the
ekpyrosis in Heraclitus, trad. D. J. Allan, in «Phronesis», Intorno
al problema storico di Hilferding, in «Critica sociale», Milano, Ristampato in
R. Mondolfo, Umanismo di Marx. Studi filosofici, Filosofi tedeschi: saggi
critici, trad. di L. Bassi, Cappelli, Bologna. Il pensiero stoico ed
epicureo. Antologia di testi, a cura di R. Mondolfo e D. Pesce, La Nuova
Italia, Firenze. Determinismo contro volontarismo in Nietzsche, in «Il
Dialogo», Bologna, nTitolo originale: Determinismo contra volontarismo en la
filosofia de Nietzsche, in «Minerva», Buenos Aires. Nella sua traduzione
italiana il saggio si trova anche in Id. Filosofi tedeschi: saggi
critici, trad. di L. Bassi, Cappelli, Bologna Prospettive filosofiche: la
filosofia come problematicità e lo storicismo, con bibliografia degli scritti
di R. Mondolfo, in «Il Dialogo», Bologna, Titolo originale: La filosofía como
problematicidad y el historicismo, in «Philosophia», Universidad Nacional De
Cuyo, Mendoza, Rispetto all'originale spagnolo del 1949, Mondolfo inserisce una
breve postilla di aggiornamento. La comprensione del soggetto umano nell'antichità
classica, trad. it. L. Bassi, La Nuova Italia, Firenze. Titolo originale: La
comprensión del sujeto humano en la cultura antigua, Imán Buenos Aires
Prefazione a L. Conti, L' assistenza e la previdenza sociale. Storia e
problemi, Feltrinelli, Milano. Aristotele. Antologia, La Nuova Italia,
Firenze Eraclito e Anassimandro, La Nuova Italia, Firenze. Eraclito
e Anassimandro (Dalle note di aggiornamento Zeller-Mondolfo, vol. III: Capitoli
su Eraclito), in «Filosofia», Torino, I frammenti del fiume e il flusso universale in
Eraclito, in «Rivista critica di storia della filosofía», Milano El flujo
universal de Heráclito y el símbolo del río, in «Cultura Universitaria» Anche
in E. Zeller e R. Mondolfo, La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico,
Parte I: 1 Presocratici, Eraclito, La Nuova Italia, Firenze, Il pensiero
politico del Risorgimento italiano, La Nuova Accademia, Milano. Titolo originale: La filosofia
política de Italia en el siglo XIX, Imán, Buenos Aires. Rispetto all'edizione castigliana quella italiana
presenta aggiornamenti e arricchimenti. El pensamiento antiguo. Historia de la filosofia
greco-romana, vol. I-IL, 4ª edición, Losada, Buenos Aires. Sócrates, Editorial Universitaria, Buenos Aires. El sol y las Erinias, según Heráclito, in «Universidad»,
Universidad Nacional del Litoral, Santa Fe, La idea de una
misión del filósofo, en el pasado y en nuestros días, in «La Nación», Buenos
Aires, octubre. El flujo universal de Heráclito
y el símbolo del río, in «Cultura Universitaria», Caracas, Direccion de
Cultura. Departamento de Publicaciones, Nota sobre los Antecedentes en la
historia de la filosofía, in «Philosophia», Mendoza, Universidad Nacional de
Cuyo, Facultad de Filosofía y Letras, Instituto de Filosofía, La conflagración
universal en Heráclito, in «Philosophia», Mendoza, Revista del Instituto de
Filosofía, Universidad Nacional de Cuyo, Facultad de Filosofía y Letras, Los seminarios de investigación
filosofíca, in «Revista de Educación», La Plata, La missione della filosofia
nell'epoca attuale, in «Critica sociale», Milano, Anche in Prospettive storiche
e problemi attuali dell'educazione. Studi in onore di Ernesto Codignola, La
Nuova Italia, Firenze Guía bibliográfica de la
filosofía antigua, Losada, Buenos Aires. Cesare Beccaria, La Nuova
Academia, Milano. Edizione italiana, con complementi ed
aggiunte de Cesare Beccaria, Editorial Depalma, Buenos Aires Moralisti greci.
La coscienza morale da Omero a Epicuro, trad. a cura di V. E. Alfieri,
Ricciardi, Napoli-Milano. Titolo originale: Moralistas griegos. La conciencia
moral de Homero a Epicuro, Imán, Buenos Aires Rispetto all'originale edizione
spagnola, quella italiana si presenta accresciuta. O genio helénico, en
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ampliada, Hachette, Buenos Aires. La Universidad latino-americana
como creadora de cultura, Cultura universitaria de Caracas Universidad de la
República, Montevideo; Universidades (Unión de Universidades de América
latina), Buenos Aires, IMarx y marxismo, Estudios histórico-críticos, Trad.
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Aires. Socrates, 3ª edición, Eudeba, Buenos Aires Bibliografía
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stoico ed epicureo. Antologia di
testi, introduzione critica e commento a cura di D. Pesce, La Nuova Italia,
Firenze. Presentazione a AA.VV, Senigallia, a cura di S.
Anselmi, Libreria Editrice Sapere, Senigallia. Socialismo e
cristianesimo, in «Critica sociale», Milano, El genio helénico y
Arte, religión y filosofía de los griegos,
Editorial Columba, Buenos Aires. Notas heraclíteas. La identidad
de los caminos opuestos (B 59 y B 60), in «Philosophia», Mendoza, Universidad
Nacional de Cuyo, Facultad de Filosofía y Letras, Instituto de Filosofía,
Heráclito y Parménides, in «Cuadernos filosóficos», Universidad Nacional del
Litoral, Rosario, De las notas de actualización de Zeller-Mondolfo, La
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de la investigación en la historia de la filosofia, 2ª edición ampliada, Edit. Universitaria, Buenos Aires. Il pensiero neoplatonico. Antologia di
testi, scelta, traduzione e note introduttive di M., introduzione critica e
commento di D. Pesce, La Nuova Italia, Firenze. Il pensiero antico. Storia della
filosofia greco-romana esposta con testi scelti dalle fonti, 3ª edizione
aggiornata, La Nuova Italia, Firenze. E. Zeller-R. Mondolfo, La filosofia dei Greci nel suo
sviluppo storico, I Parte: 1 Presocratici, vol. IV: Eraclito, La Nuova Italia,
Firenze. E. Zeller-R. Mondolfo, La filosofia dei Greci nel suo
sviluppo storico La filosofia post-aristotelica, vol. VI: Giamblico e la Scuola
di Atene, trad. di E. Pocar, a cura di G. Martano, La Nuova Italia, Firenze.
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italiani dell'Istituto italiano di cultura», Buenos Aires. Arte, religion y filosofia de los Griegos, Columba,
Buenos Aires. Veritas filia temporis en Aristóteles, in «Revista de
la Universidad Nacional de Córdoba», Personalità e responsabilità nella
democrazia, I parte, in «Critica sociale», Milano, Il movimento operaio fino al 1860, in
«Critica sociale», Milano, S. Anselmi, Incontro con Rodolfo Mondolfo. In
appendice: M., Sul concetto di lavoro, Libreria editrice Sapere,
Senigallia. 1962 Personalità e responsabilità nella democrazia, Il
parte, in «Critica Sociale», Milano, Il concetto dell'uomo in Marx, in «Il
dialogo», Bologna, e a cura del Comune di Senigallia. Si tratta di una
conferenza tenuta all'Università di Montevideo per i corsi del Consejo
Interuniversitario Regional di Argentina, Cile e Uruguay, nel febbraio del
1962. Successivamente pubblicata in spagnolo (trad. a cura di O. Caletti) nel
testo Humanismo de Marx, Fundo de la cultura económica, México Ora in Umanismo
di Marx. Studi filosofici Personalidad
y responsabilidad en la democracia, in «Buenos Aires. Revista de Humanidades»,
Buenos Aires, La conciencia moral de Homero a Demócrito y Epicuro,
Eudeba, Buenos Aires Materialismo histórico. Bolschevismo y dictadura,
Ediciones nuevas, Buenos Aires. Le opere complete di
Antonio Labriola, in «Critica sociale», Milano, in numero di ripubblicazione
dell Tesi di Critica Sociale, Rousseau y la conciencia moderna, Eudeba, Buenos
Aires. Homenaje a M., Universidad
Nacional de Córdoba. Da Ardigò a Gramsci, La Nuova
Accademia, Milano. Testimonianze su Eraclito anteriori a Platone, in
«Rivista critica di Storia della filosofia», Milano, Fratelli Bocca Eraclito,
Testimonianze e imitazioni, a cura di M. e L. Tarán, La Nuova Italia, Firenze
Breve historia del pensamiento antiguo, Losada, Buenos Aires. Siete
opiniones sobra la significación del humanismo en el mundo contemporáneo, in
«Revista de la Universidad de Buenos Aires», Buenos Aires Un precorrimento di Vico in Filone
alessandrino, in AA. VV., Miscel-lanea di studi alessandrini in onore di A.
Rostagni, Bottega d'Erasmo, Torino, Successivamente in R. Mondolfo, Momenti del
pensiero greco e cristiano, Morano, Napoli Morale e libertà in Labriola,
recensione a Dal Pane, Ricerche sul problema della libertà e altri scritti di
filosofia e pedagogia Critica sociale», Milano, L'uomo greco secondo Pohlenz, in «Il
Ponte», Firenze, La Nuova Italia, Poi in Momenti del pensiero greco e
cristiano, Morano, Napoli, Fromm y la interpretación de Marx, in «La Nación»,
Buenos Aires, julio. La Universidad y sus
antecedentes, in «La Gaceta», del Fondo de Cultura Económica, Mexíco. Personalidad y responsabilidad en la democrazia, Buenos
Aires. Sócrates, Mestre Jou, São Paulo.
Sócrates, 4ª edición, Eudeba,
Buenos Aires. En torno a la contemporaneidad
de la historia, in «La Torre», Puerto Rico, Universidad de Puerto Rico, Trad.
it. Intorno alla contemporaneità della storia, in «Critica sociale», Milano, La
obra de Condillac, prólogo a Condillac, Tratado de las sensaciones,
Eudeba, Buenos Aires. Problemas y métodos de la
investigación en la historia de la filosofía, Eudeba, Buenos Aires. Fromm
e il concetto dell'uomo in Marx, in «Critica sociale», Anche in R. Mondolfo,
Umanismo di Marx. Studi filosofici, Figure e idee della filosofia del
Rinascimento, La Nuova Italia, Firenze. Trad. it. Figuras e ideas de la filosofía del
Rinacimento, Losanda, Buenos Aires. La fondazione del materialismo storico (A
proposito di recenti studi), in «Il Dialogo», Bologna, Ristampato in Umanismo
di Marx. Studi filosofici, Nuovi studi su Feuerbach e Marx, a cura di M. e A.
Testa, in «Il Dialogo», Bologna, Marxismo e libertà, in «Il Ponte», Firenze,
Anche in Umanismo di Marx. Studi filosofici, Le antinomie di Gramsci, in
«Critica sociale»,Decartes, Discorso sul metodo, a cura di M. ed E.
Garin, Sansoni, Firenze. Galileo e
la scienza, in «Critica sociale», Milano, Ripubblicazione del saggio (cap II:
Il pensiero di Galileo e i suoi rapporti con l'antichità e con il Rinascimento)
apparso nella raccolta Figure e idee del Rinascimento, La Nuova Italia, Firenze
In memoria di Gino Luzzatto, in «Critica sociale», Galileo y el método experimental, in «La
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Napoli. A quarant'anni della prima edizione de «La
Rivoluzione Liberale», M. a Piero Gobetti, Centro Studi Gobetti, Quaderno
Torino. El humanismo de Marx, trad de O.
Galetti, Fondo de la Cultura Económica, México-Buenos Aires. Origen y desarrollo histórico de la universidad, in
«Revista de la Universidad de Córdoba», Córdoba. O pensamento
antiguo, 2 tomos, Maestre You, São Paulo. Momentos de
pensamiento griego y cristiano, versión castellana de O. Caletti, Paidós,
Buenos Aires Materialismo histórico como humanismo realista, in «La Gaceta»,
del Fondo de la Cultura Económica, México, septiembre. Si tratta di una conferenza tenuta all'Università di
Montevideo per i corsi del Consejo Interuniversitario Regional di Argentina,
Cile e Uruguay, nel febbraio del 1962. Pubblicata anche nel testo Humanismo de
Marx, Fundo de la cultura económica, México. La versione italiana (I
materialismo storico come umanismo realistico) si trova in «Il Dialogo»,
Bologna, e in M., Umanismo di Marx.
Studi filosofici, Discussioni su un testo di Parmenide (Die Fragm. d. Vorsokr. --
Rivista critica di storia della filosofia», Milano, Sul valore storico delle
testimonianze di Platone, in «Filosofia», XV, ottobre, pp. 583-601. Anche in
Eraclito, Testimonianze e imitazioni, a cura di M. e L. Tarán, La Nuova Italia,
Firenze, Platón y la interpretación de Jenófanes, in «Revista de la Universidad
Nacional de Cordoba». La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico,
Parte I: I presocratici, vol. Il: Ionici e Pitagorici, La Nuova Italia,
Firenze. K. Marx, Crítica de la filosofia del derecho de
Hegel, trad. del alemán, con notas aclaratorias de R. Mondolfo, Ed. Nuevas,
Buenos Aires La lotta di classe secondo Juan B. Justo, in «Critica sociale»,
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pensamento antiguo, trad. del italiano por S. A. Tri, tomo I-II, 5ª edición,
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Tarán, La Nuova Italia, Firenze, Aristotele. Antologia, 4ª edizione, La Nuova
Italia, Firenze. Verum ipsum factum desde la antigüedad hasta Galileo
y Vico, in «La Torre», Puerto Rico. Verum ipsum factum dall'antichità a Galileo e Vico,
in «Il Ponte», Firenze, La prima inchiesta sul fascismo, in «Critica sociale»,
Milano, Il centenario di Filippo Turati e
introduzione e parti di F. Turati, Le vie maestre del socialsimo, Morano,
Napoli. Universidad: pasado y presente,
Eudeba, Buenos Aires. Sócrates, Eudeba. Heráclito, textos y problemas de su interpretacion,
prologo de R. Frondizi, trad. de O. Caletti, Siglo XXI, México, Madrid, Buenos
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storica del fascismo e il fascismo in Italia in AA. VV., Il fascismo e i
partiti politici italiani. Testimonianze, a cura di R. De Felice,
Cappelli, Bologna. 552. Cesare Battisti socialista, in «Critica sociale»,
Milano, Zeller-M., La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico, Parte II:
Da Socrate ad Aristotele, Aristotele e i Peripatetici più antichi, trad. di C.
Cesa, a cura di A. Plebe, La Nuova Italia, Firenze. La testimonianza di
Platone su Eraclito, in «De homine», Roma, Anche in Eraclito, Testimonianze e
imitazioni, a cura di R. Mondolfo e L. Tarán, La Nuova Italia, Firenze Zeller-M.,
La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico, Parte I: 1 Presocratici, vol.
Origini, caratteri e periodi della filosofia greca, testo della 5ª edizione
tedesca con nuovi aggiornamenti, La Nuova Italia, Firenze. Zeller-M.,
La filosofia dei Greci, Parte I: 1 Presocratici, vol. III: Eleati, a cura di G.
Reale, La Nuova Italia, Firenze. Il pensiero antico. Storia della filosofia
greco-romana: esposta con testi scelti dalle fonti, La Nuova Italia, Firenze. Estudios sobre Marx (histórico-críticos), Mestre You, São
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«Critica sociale», Milano, Problemas de cultura e de educaçao, trad. de
Maillet, Mestre You, São Paulo. Rousseau y la conciencia moderna, Eudeba, Buenos
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Milano. Figuras y idéias de filosofía da Renascença, Mestre
You, São Paulo. L'infinito nel pensiero dell'antichità classica, La
Nuova Italia, Firenze. La comprensione del soggetto umano nell'antichità
classica, La Nuova Italia, Firenze. Il pensiero neoplatonico. Antologia di testi,
introduzione critica e commento di Domenico Pesce, La Nuova Italia, Firenze. Aristotele.
Antologia, La Nuova Italia, Firenze. Alessandro Levi socialista, in «Critica sociale»,
Milano, Espiritu revolucionario y conciencia histórica,
Escuela, Buenos Aires. Historia de ideas, Escuela, Buenos Aires. Studi
sulla rivoluzione russa, a cura del Centro Studi di Critica sociale, Morano,
Napoli. Umanismo di Marx. Studi filosofici, a cura diBobbio,
Einaudi, Torino. Bolchevismo y capitalismo de
Estado. (Estudios sobre la revolucion rusa), Trad. E. Rondanina, Libera, Buenos
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antigüidade clássica, trad. L. Darós, 1ª ed. em português, Mestre Jou, São
Paulo. Figuras e ideas de la filosofia
del Renacimiento, 2ª edición, Losanda, Buenos Aires. Il
pensiero storico ed epicureo, La Nuova Italia, Firenze. La conciencia moral de Homero a Demócrito
y Epicuro, 2ª edición, Euseba, Buenos Aires. O homem na cultura
antiga, trad. de L. A. Caruso, Mestre Jou, São Paulo. Sulle orme di Marx, 5ª edizione,
Cappelli, Bologna. La ciencia de la lógica de Hegel, trad. de Augusta y
RodolfoMondolfo, prólogo de M. Solar-Hachette, Buenos Aires. E.
Zeller-R. Mondolfo, La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico, Parte I: 1
Presocratici, vol. IV: Eraclito, La Nuova Italia, Firenze. E.
Zeller-R. Mondolfo, La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico, Parte III:
La filosofia post-aristotelica, Giamblico e la Scuola di Atene, trad. di E.
Pocar, a cura di G. Martano, La Nuova Italia, Firenze. R. Decartes, Discorso sul metodo, a cura
di M. e Garin, G. C. Sansoni, Firenze. Problemas y métodos de
investigación en la historia de la filosofia, 4ª edición, Eudeba, Buenos Aires.
La comprensión del sujeto humano
en la cultura antigua, nueva edicíon, Eudeba, Buenos Aires. Aristotele.
Antologia, La Nuova Italia, Firenze. C.
Cattaneo nel pensiero del Risorgimento, in «Critica sociale», Milano, El
pensamiento antiguo, 6ª edición, Losada, Buenos Aires. Marx y marxismo.
Estudios histórico-críticos, Fondo de Cultura Económica, México. Il
verum factum prima di Vico, 8ª edizione, Guida, Napoli. Breve historia del
pensamiento antiguo, 3ª edición, Losada, Buenos Aires. Il PCI non è disponibile per la
democrazia, in «Critica sociale», Discutendo una critica del revisionismo, in
«Critica sociale», Milano, Noi buoni marxisti del marxismo classico, in «Critica
sociale», Milano, Problemas y métodos de investigação na história de filosofia,
trad. de L. Reale Ferrari, Mestre Jou, São Paulo. Problemi e metodi di ricerca nella storia
della filosofia, ristampa, La Nuova Italia, Firenze. E. Zeller-R. Mondolfo, La filosofia dei
Greci nel suo sviluppo storico, Parte I: I Presocratici, vol. V: Empedocle,
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Gli Eleati da La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico, con un
aggiornamento bibliografico di Girgenti, Bompiani, Milano 2011.
L'attrattiva della bellezza poetica, con cui Lucrezio adorna la sua esposizione
della teoria del progresso nella filosofia dell’orto intensifica il potere
suggestivo di questa sulla mente dei filosofi romani. Cooperano, a Roma verso
la visione ottimistica del progresso, altri influssi, come quelli del lizio e
del portico che si riconosceno nella celebrazione da Cicerone del divino potere
creatore dell'intelligenza dell’uomo. L'influsso democriteo si ripercuoteva in
Diodoro Siculo attraverso Ecateo di Abdera. Quello dell’Orto agiva non solo sul
grande poema di Lucrezio, ma anche (attraverso questo) sulla filosofia di Virgilio,
Orazio, e Vitruvio. Certo, a Roma ci si mostrano due orientamenti opposti.
Quello ottimistico, assertore ed esaltatore del potere creatore dello spirito
umano e del progresso. Quello pessimistico, ispirato all'idea di una
inferiorità naturale dell'uomo rispetto agl’animali, ovvero di una sua caduta
dalla perfezione e felicità primordiali della mistica età saturnia alle
miserie, alle fatiche e ai conflitti dell'epoca storica. Queste voci tetre
risuonano in Ovidio e Plinio, come già anteriormente in quella di Sallustio
(Catilina). Ovidio, in Metamorph.-, influsso di Cicerone (De natura
deorum), esalta la nascita dell'uomo (« natus est homo »), come dell'animale
piú savio e di maggior capacità mentale tra tutti, dominatore della natura, di
figura simile a quella degli dèi, l'unico che per la sua posizione eretta possa
contemplare il Cielo. Ma Ovidio limita l'epoca beata dell’uomo all'età d’oro,
quando non ancora l'uomo aveva scoperto i metalli, né inventato la navigazione,
né le armi, né le fortificazioni, e neppure l'aratro e iutte le altre creazioni
tecniche che sono per Ovidio fonti di pene e di danni per il loro inventore. La
creatività della mente dell’uomo ha cosí un riconoscimento in Ovidio, ma come
causa lamentevole d'infelicità. “Contra te sollers, hominum natura, fuisti, et
nimium damnis ingeniosa tais Amores). D'altra parte Plinio (Natur. hist.) vuole umiliare
l'orgoglio di coloro che - come Cicerone in De natura deorum, — affermano che
il mondo fu creato *per* l'uomo; e li richiama alla considerazione di tutti gli
elementi d'inferiorità che ha l'uomo rispetto agli altr’animali, e dei motivi
della sua infelicità: un'anticipazione del pessimismo del “De miseria hominis.”
Ma nell'atteggiamento di Ovidio il
riconoscimento (fatto a denti stretti) del potere creatore dell'intelligenza
dell’uomo, rivela la forza con cui, nonostante ogni pessimismo, tale idea
s'imponeva allo spirito dell'epoca. Aiutata certo nella sua diffusione dalla
condizione storica, cioè dall'espansione trionfale del potere di Roma. Ma ispirata nella sua affermazione da
suggestioni teoriche derivanti da filosofi. Dall’orto attraverso l'affascinante
esposizione poetica di Lucrezio, e da Cicerone. Influenze combinate si devono
riconoscere appunto in Cicerone, nella sua celebrazione dell'eccellenza
dell'uomo, del potere creatore dello spirito umano, del lavoro, dell'industria
e della co-operazione tra gl’uomini, come fonti delle grandi conquiste della
civiltà, che troviamo in “De natura deorum”, “De finibus bonorum et malorum”, “De
legibus”, e “De officiis”. L'uomo, dice Cicerone in “De legibus,” questo
animale previdente, sagace, molteplice, acuto, dotato di memoria, pieno di
ragione e di prudenza, ha da dio la sua natura privilegiata, anzi partecipa con
la sua ra- lavor dichiarate alle he Coceo in “De officis”, L, s, dove
ri corda che Panezio ha sviluppato molto ampiamente e con numerosi esempi
ciò che i capitoli 3-5 sintetizzano, specialmente intorno alla co-operazione
tra gli uomini, indispensabile per la creazione di tante arti -- “senza le quali la vita non meriterebbe
d'esser vissuta” . . Modernamente l'influenza di Panezio è sione di
richiamare l'attenzione nel saggio L'infinito nel pen siero dell'antichità
classica, Firenze, La Nuova Italia] gione alla natura e alla comunità divine 7.
Seminato sulla terra, ha ricevuto il dono divino dell'anima e la capacità della
virtú, che è la natura perfezionata in se stessa ed elevata al suo grado
sommo (“in se perfecta et ad summum perducta natura”); e, mediante l'imitazione
della natura maestra, la ragione umana, usando la sua capacità industriosa (“sollerter”),
è pervenuta all'invenzione di un numero infinito di arti (“artes
innumerabiles repertae sunt”). La natura diede all'uomo — mediante
i sensi messaggeri, la rapidità della mente e la luce dell'intelligenza -- i
fondamenti della scienza (“quasi fundamenta quaedam scientiae”), di modo che, per
se stessa, la natura umana sempre piú progredisce ed avanza (“ipsam per se
natu-ram longius progredi”) e, da sé, senza aver bisogno di maestri (“etiam
nullo docente”), arriva a consolidare e a perfezionare la ragione, partendo
dalle cose le cui specie ha conosciuto per mezzo della intelligenza primordiale
ed iniziale (“ex prima et inchoata intelligentia”) 3. In tal modo —
ripete Cicerone alla fine dell'Hortensius (come riferisce Agostino, De
trinit.), con Aristotele, Protrept. fr. c Walzer (Rose), l'intelligenza è forza
visiva e sforzo attivo della mente (“mentis aciem”), animata dal desiderio
attivo dell'investigazione (“ratione et investigandi cupiditate”). E come la
sua attività è rivolta ugualmente e congiuntamente [Eredità di
ARISTOTELE, Protreptico, fr. c Walzer = 61 Rose (che Anoke qul Cierone a
apia al concet aristotelice dele potenza che per se stessa tende
all'atto. La potenza fondamentale dell'intelligenza (“inchoatae intelligentiae”)
considerata qui, è tanto teorica (argumentamur, etc.) quanto pratica
(conficimus), e non è privilegio di pochi eletti, ma possesso di tutti (“communis
omnium”). E Cicerone aggiunge ciò che già diceva Sofocle nel coro dell'Antigone
e tornerà a dire nel rinascimento Pico nel suo “De hominis dignitate”, cioè che
l'uomo ha nella sua natura la doppia possibilità, d'elevarsi verso la sommità
del bene o di sprofondare negli abissi del male alla conquista della scienza e
alla creazione delle arti, cosí — ripete Cicerone, “De finibus”, con lo stesso
Protreptico di Aristotele - si deve riconoscere che l'uomo è nato per una
doppia finalità, mentre ogni animale è nato per un unico compito: il cavallo
per la corsa, il bue per arare, il cane per cercare, ma l'uomo, come un dio
mortale, per due attività creatrici, intendere ed operare (“ut ad cursum equum,
ad arandum bovem, ad investigandum canem, sic hominem ad duas res, ut ait
Aristoteles, ad intelligendum et agendum esse natum, quasi mortalem deum”).
Queste idee hanno piú ampio sviluppo in “De natura deorum”, dove la superiorità
dell'uomo sugli animali è affermata da Cicerone, seguendo le orme di Panezio,
negli aspetti seguenti. La costituzione del suo corpo, la cui posizione eretta
gli permette la contemplazione del cielo e gli dà la possibilità di conoscere
il corso degli astri, di determinare le divisioni del tempo, di prevedere i
fenomeni astronomici per tutto l'avvenire (“in omne posterum tempus”) e di
trarre dall'ordine di essi la nozione della divinità legislatrice e
governatrice del mondo. I sensi che alla percezione associano i giudizi di
distinzione e di valutazione delle impressioni, e si fanno pertanto ispiratori
della creazione di arti rivolte a cogliere e ad usare le sensazioni (“ad quos
sensus ca-piendos et perfruendos, plures etiam quam vellem artes repertae sunt”);
l'intelligenza
che comprende, definisce, connette le cose e crea una scienza di tale potere ed
eccellenza, che neppure in dio c'è qualcosa di superiore (“qua ne in deo quidem
est res ulla prestantior” § 59). E per questa via l'uomo crea anche le arti, le
une per le necessità della vita, le altre per il diletto (secondo la
distinzione tradizionale di Democrito e Aristotele); e a questi risultati
coopera anche il linguaggio che, come mezzo di comunicare le conoscenze e di
influire sul sentimento e la volontà altrui, e il vincolo sociale che trasse
l'umanità fuori della vita ferina primordiale (“haec nos iuris, legum, urbium
societate devinxit: haec a vita immani et fera segregavit”). Ma
nella creazione delle arti Cicerone torna a far notare, con Anassagora, l'opera
della mano, la cui conformazione e agilità permettono all'uomo di operare tanto
nelle arti di diletto (pittura, scultura, musica), quanto in quelle di
necessità (agricoltura, edilizia, tessitura, cucitura, confezione di strumenti
di metallo, etc.). «Per cui si comprende che noi abbiamo conseguito tutto
ciò che concerne le cose scoperte dallo spirito e percepite dai sensi, mediante
l'applicazione delle mani degli operai, per poter essere protetti, vestiti e
salvi, e avere città, difese, domicilii, templi ». Possiamo prendere
l'ali-mento e conservarlo; allevare e utilizzare animali per il trasporto e per
l'agricoltura; estrarre i metalli nascosti dalle profondità della terra e
forgiarli in strumenti e decorazioni; tagliare alberi per riscaldamento,
cottura di alimenti, edificazione di case, costruzione di navi, che a noi —
unici al mondo — permettono di dominare la forza del mare e dei venti. In
conclusione, l'uomo si converte in inventore delle arti e in dominatore della
natura, cioè in creatore di una nuova realtà, quella del mondo della
cultura. «Noi usufriamo dei campi, noi dei monti; nostri sono i fiumi,
nostri i laghi; noi seghiamo le messi, noi tagliamo gli alberi; noi, mediante
l'immissione di acque, diamo fecondità alle terre; noi chiudiamo i fiumi tra
dighe, li inalveiamo, li deviamo; insomma cerchiamo di creare con le nostre
mani una specie d'altra natura nella natura delle cose ». Non seguiremo
Cicerone nella sua dimostrazione successiva della tesi che il mondo fu creato
al servizio dell'uomo, che è la tesi contro cui polemizza Plinio, ma che non
interessa il nostro tema. Ciò che ci importa è la celebrazione menzionata del
potere creatore dell'umanità, che si può considerare un eloquente commento
esplicativo della citazione che il “De finibus” trae dal Protreptico
aristotelico, la quale dichiara che l'uomo è nato per la doppia attività,
conoscitiva e creativa, come un dio mortale. L'uomo contemplato qui da Cicerone
è appunto quello che crea il mondo della cultura e lo sovrappone al mondo della
natura; e Cicerone offre una formula efficace per esprimere tale creazione: «
nostris denique manibus in rerum natura quasi alteram naturam efficere
conamur». Formula che, insieme alla ricordata definizione (“dio mortale”)
tratta da Aristotele, ispira le 'linee memorabili dello Spaccio della bestia
trionfante di Bruno, che sintetizzano il contenuto essenziale della
dimostrazione ciceroniana: « gli dèi avevano donato a l'uomo l'intelletto e le
mani, e l'avevano fatto simile a loro, donandogli facultà sopra gli altri
animali; la qual consiste non solo poter operar, secondo la natura ed
ordinario, ma, ed oltre, fuor le leggi di quella; acciò, formando o possendo
formar altre nature, altri corsi, altri ordini con l'ingegno.... venesse a
serbarsi Dio de la terra » (Gentile, Dialoghi morali, Bari, Laterza).
Anche quello che segue nella pagina bruniana, sulle necessità che acuiscono gli
ingegni e fanno inventare le arti — di modo che « sempre piú e piú....
allontanandosi dall'esser bestiale, piú altamente s'approssi-mano a l'esser
divino › — poteva ispirarsi alle frasi di Cicerone relative all'uomo che « se
segregavit a vita immani et fera »; frasi che, tuttavia, esprimevano un
concetto comune ad altri filosofi antichi, da Democrito a Lucrezio, i
quali insieme a Cicerone influiscono sulle celebrazioni della dignità dell'uomo
e della creatività dello spirito, rinnovate dagli scrittori rinascimentali, da
Manetti a Bruno e Campanella ?. Ma in un particolare caratteristico il
luogo citato dello Spaccio bruniano poté ispirarsi alla I Georgica di Virgilio,
vale a dire nel considerare la mitica età dell'oro come epoca di pigrizia e di
stupidità umane, e nel celebrare invece la dura necessità come causa del
risveglio dell'intelligenza e della creazione delle arti. « Ne l'età de l'oro,”
dice Bruno, “per l'Ocio gl’uomini non eran piú virtuosi, che sin al
presente cultadi, risorte le necessitadi, sono acuiti gl'ingegni,
inventate le industrie, scoperte le arti; e sempre di giorno in giorno, per
mezzo de l'egestade, dalla profundità de l'intelletto umano si eccitano nove e
maravigliose invenzioni. Onde, sempre piú e piú per le sollecite ed urgenti
occupazioni allontanandosi da l'esser bestiale, piú altamente 'approssimano a
l'esser divino » Senza dubbio il mito dell'età aurea o saturnia, pertamente
svalutato qui da Bruno, e motivo di sogni nostalgici per i filosofi dell'epoca
d’Ottaviano, quando Ovidio lo evoca in Metamorph., collegandolo con l'altro
mito esiodeo delle cinque età della degradazione umana, e lo stesso Virgilio
torna a sognare un ritorno del regno di Saturno (« redeunt Saturnia regna »)
nella profezia della Sibilla nell'Egloga IV. Tuttavia questi miti si
trovavano già in Esiodo in conflitto con la celebrazione del lavoro
condizionante la dignità della vita, oltre che ogni acquisizione di beni.
3 Cfr. anche Gentile, «Il concetto dell'uomo nel rinascimento › ne Il pensiero
del rinascimento, Firenze. E il problema torna a porsi per Virgilio, che lo
risolve nella I Georgica in un modo che precorre Bruno. L’abbondanza e la
facilità di vita della mitica età saturnia significano ozio e letargo mentale;
e Giove, che nel detronizzare Saturno introduce le difficoltà, l'indigenza e la
necessità del lavoro, da agli uomini per questa via il dono inestimabile
dell'attività dell'intelligenza, creatrice delle arti e trionfatrice di tutte
le avversità per mezzo del lavoro. «Giove, il padre (pater ipse), volle
che non fosse facile la via della coltivazione, e dapprima fa lavorare i campi
per mezzo dell'arte, e acuí per mezzo delle preoccupazioni gli spiriti dei
mortali, e non permite che il suo regno s'intorpidisse in un pesante letargo »,
come accadeva prima del suo governo, quando nessuno lavora la terra, e questa
concede tutto senz'esser sollecitata dal lavoro umano. Giove cancella
totalmente le facilità e comodità, « affinché la necessità suscitasse le
diverse arti, a poco a poco, mediante la meditazione ». Cosí nasce
l'agricoltura. Si scopre il modo di accendere il fuoco con la pietra focaia. Si
incanalano i fiumi. Si inventa la navigazione, e il navigante impara a
conoscere e nominare le stelle. Si inventano gl’artifici della caccia e della
pesca. Si forgia il ferro e se ne fanno strumenti come l'ascia e la sega.
«Allora vennero le varie arti; trionfano di tutte le difficoltà il lavoro
instancabile e l'indigenza che assilla [gli uomini] nell'asperità delle
condizioni di esistenza »: Tum variae venere artes; labor omnia vicit
improbus, et duris urguens in rebus egestas. In tal modo, per Virgilio, la
necessità e il lavoro, che Ovidio lamenta come una maledizione per la vita
umana, sono una vera benedizione, perché risvegliano l'intelligenza e
l'attività creatrice dell'uomo, e stimolano quella meravigliosa creazione
delle arti e della cultura, i cui momenti e aspetti Virgilio sintetizza
ispirandosi alla ricostruzione storica tracciata nel V libro di
Lucrezio. Certo, Virgilio s'allontana da Lucrezio nell'accettare il mito
dell'età saturnia, pur valutandolo negativamente rispetto a ciò che è piú
essenziale e nobile nell'umanità, vale a dire, l'intelligenza e la creatività
dello spirito. Ma un'eco piú fedele della concezione lucreziana sulla
condizione primordiale dell'umanità risuona in Orazio (“Satyr.”) con la
descrizione dei primi uomini che, come gl’altri animali, formano un gregge muto
e turpe (mutum et turpe pecus), lottano tra loro con unghie e pugni, poi con
bastoni e piú tardi con altre armi per soddisfare i primordiali bisogni di cibo
e di riparo, finché non creano il linguaggio, desistendo dalle guerre,
edificando città e creando leggi che impediscano i delitti. In una generazione
successiva Giovenale (“Satyr.”, VI e XIII) ripresenta una descrizione analoga
dello stato bestiale dell'umanità primitiva, satirizzando l'idea dell'età
saturnia: anch'egli, probabilmente, influenzato da Lucrezio e dalla concezione
epicurea della storia dell'umanità. Tuttavia, l'eco piú importante,
teoricamente, di tale concezione ci si presenta nell'età d'Ottaviano (come oggi
si torna a riconoscere da parte della critica storica) con Vitruvio, il quale
sembra raccogliere dagli ambienti colti della sua epoca o compiere lui stesso
una fusione delle idee esposte da Lucrezio con altre di varia provenienza, relative
al progresso umano, derivanti da Cicerone, al cui insieme aggiunge l'intuizione
dell'importanza che hanno per il progresso due fattori, apparentemente
contrari, ma connessi da lui in una dipendenza mutua, che sono la divisione del
lavoro e l'unità organica della cultura umana. Vitruvio mette in rilievo,
nella sua concezione del progresso storico dell'umanità e della creazione della
cultura, una molteplicità di fattori cooperanti: la durezza primordiale della
vita; le esperienze fortuite che suggeriscono qualche mezzo per mitigare tale
durezza; le capacità e potenze congenite negli uomini, che sono stimolate al
loro esercizio dai due fattori suddetti, e sono avviate cosí ad uno sviluppo
progressivo e alla produzione di risultati crescenti; la ripercussione che
hanno i fattori citati sulla formazione di raggruppamenti umani permanenti, a
partire da quelli temporanei primordiali, e sulla creazione del linguaggio;
l'effetto prodotto da tali innovazioni, che non solo permettono l'assommarsi
delle capacità individuali, ma provocano il loro acerescimento progressivo,
dovuto sia al mutuo aiuto e all'esperienza dei vantaggi della cooperazione, sia
allo stimolo reciproco derivante dall'attrito degli ingegni; il sussidio
poderoso, che dà a tale processo l'uso di due strumenti meravigliosi, che sono
il linguaggio, generato dalla convivenza sociale, e il possesso della mano,
organo naturale incomparabile per afferrare ed elaborare le cose, la cui
efficacia, già intuita da Anassagora, ha di nuovo posta in rilievo Cicerone; e
infine l'imitazione e trasformazione della natura effettuate dalle arti, dove
il conoscere è un fare e l'esperienza è un esperimento. Questo fare e
sperimentare воло геві possibili precisamente dal possesso e
dall'uso delle mani, che rendono capace l'uomo di tentare i piú vari modi
di combinazione ed elaborazione dei mezzi naturali, di modo che, a partire da
principi minimi, le arti si elevano nel loro sviluppo verso risultati sempre
maggiori e progressivi affinamenti delle loro capacità creative. Tutti
questi elementi sono messi in rilievo da Vitruvio nel cap. I del libro II del
De Architectura: Sulla vita degli uomini primitivi e sugl’inizi e incrementi
della civiltà e dell'architettura.” La prima esperienza che, secondo Vitruvio, ha
una funzione decisiva per togliere gli uomini dalla vita ferina primordiale e
generare la convivenza sociale permanente, fu quella dell'incendio di selve
prodotto da qualche tempesta. L'impressione di terrore iniziale è seguita dalla
curiosità, per la quale gli uomini, dopo esser fuggiti, tornano ad avvicinarsi
e, sentendo il calore del fuoco, intuiscono la sua utilità per la vita.
Attratti dallo spettacolo, gl’uomini si riuniscono, concepiscono la possibilità
di continuare ad alimentare il fuoco. E cosí iniziano la loro convivenza ed una
comunicazione mutua delle loro impressioni mediante voci, che a poco a poco,
con il tempo, si convertono in linguaggio. La posizione eretta e il possesso
delle mani, che permettono il maneggio di qualunque oggetto, portano gl’uomini
alla prima creazione di ripari e di tetti, mediante escavazione di tane o
costruzioni di rami e fango che imitano quelle dei nidi di rondini. Lucrezio
e Cicerone insieme suggerivano a Vitruvio questa concezione delle fasi e
dei fattori del processo. Vitruvio aggiunge l'idea di un'analogia generale di
questo sviluppo storico presso i diversi popoli, allegando i documenti offerti
da resti di costruzioni primitive che si trovavano in paesi civili come sul
Campidoglio di Roma, e dalle edificazioni che continuavano a farsi in paesi
barbari (Gallia, Aquitania, Colchide, Frigia, etc.). Queste osservazioni
comparate, che presentano il passato dei popoli civili come analogo al presente
dei barbari, potevano suggerire l'idea di un futuro progresso dei barbari verso
uno sviluppo analogo al presente dei popoli civili, tanto piúin quanto Vitruvio
rileva l'impulso che danno al progresso le relazioni mutue nell'interno d'ogni
popolo. L'osservazione reciproca (egli nota) desta non solo la capacità
d'imitazione, ma anche l'emulazione, per cui si perfezionano con il tempo i
prodotti e si affinano la stessa intelligenza e la facoltà di giudizio dei
produttori. Allora con l'osservazione delle costruzioni altrui e
l'aggiunta di novità per mezzo delle riflessioni proprie, di giorno in giorno
andavano migliorando il tipo delle costruzioni. Ed essendo gli uomini capaci
d'imitazione e d'istruzione, nel celebrare giornalmente le loro invenzioni, si
mostravano tra di loro i risultati delle loro costruzioni; e in tal modo,
nell'esercitare i loro ingegni in competizioni, di giorno in giorno si facevano
di giudizio piú raffinato ». Quest'ultima frase, “in dies melioribus
iudiciis efficiebantur,” anticipa l'idea di Bruno, che gli uomini acquistano
progressivamente giudizio « piú maturo »; il che si determina, secondo Bruno
per tre fattori: l'accumulazione delle osservazioni, l'attività riflessiva e
inventiva del pensiero, e la varietà delle cose osservate. Ma Vitruvio aggiunge
un altro fattore piú importante: l'esercizio attivo del potere dell'ingegno,
stimolato dalla emulazione (exercentes ingenia certationibus). In ciò Vitruvio
raccoglie la suggestione di Aristotele relativa all'affinamento progressivo del
giudizio per via del suo esercizio costante. Ma in Aristotele tale esercizio
nasce dall'insoddisfazione e dalla critica delle idee altrui. In Vitruvio dallo
sforzo d'emulazione. In entrambi, tuttavia, il processo si realizza tanto nello
spirito individuale quanto in quello collettivo; e Vitruvio riconosce cosí la
formazione storica dello spirito dell'umanità, considerando il vincolo e
l'azione reciproca tra il perfezionamento dei prodotti dell'arte e lo sviluppo
dello spirito produttore.Vitruvio esprime cosí u concetto tipicamente
storicistico, nel riconoscere che lo spirito umano è in sé e per sé storia
e sviluppo; concetto considerato abitualmente « tutto proprio dell'età
moderna», come lo define Gentile (Il pensiero del rinascimento, cit.), nel
trovarlo espresso da Bruno. Vitruvio riconosce e spiega tale carattere storico
dello spirito in rapporto con la storia dell'architettura, che nel suo sforzo
di perfezionamento progressivo, per rispondere sempre piú alle esigenze umane,
si fa, secondo lui, generatrice di altre arti e discipline, per via
dell'esercizio continuo cui obbliga la mente, che in tal modo si potenzia e
sviluppa in se stessa nuove capacità, madri di arti e scienze nuove. «
Come, dunque, con l'attività costante (quotidie faciendo) avevano [gli uomini]
rese piú esperte ed abili le loro mani per ogni costruzione (tritiores manus ad
aedificandum perfecissent), e mediante l'esercizio instancabile dei loro
ingegni (solertia ingenia exercendo) erano giunti con l'uso incessante alla
creazione delle arti, allora l'attività industriosa aggiunta da essi ai loro
spiriti (industria in animis eorum adiecta) fece sí che quelli che erano piú
ben disposti e diligenti (studiosiores) si convertissero in artefici
professionali (fabros se esse profiterentur) ». Nasce in questo modo, dal
progresso delle capacità intellettuali e pratiche, la divisione del lavoro; ma
nasce e si mantiene legata all'unità organica della cultura, affermata già, con
notevole vigore, da Vitruvio nel I cap. del libro I. Dove si fa notare per
l'architettura il vincolo reciproco dell'attività pratica (fabrica) e di quella
teorica (ratiocinatio), che non permette di raggiungere la perfezione dell'arte
né al puro homo faber né al puro homo sapiens, ma solo a chi riunisce in sé
entrambe le condizioni; e aggiunge Vitruvio che l'architetto ha bisogno di
conoscenze di letteratura, disegno, geometria, storia, filosofia, musica,
medicina, diritto, astronomia, cioè di possedere una cultura organica: « tutte
le discipline hanno tra loro un vincolo ed una comunicazione mutua.... e la
[cosí detta] disciplina enciclica come un corpo unico è costituita di
tali membri ». Certamente, come tecnico e teorico
dell'architettura, convinto e preoccupato dell'importanza preminente della sua
arte, Vitruvio nel I cap. del libro II, che stiamo analizzando, sembra che
spieghi l'unità e connessione reciproche di tutte le arti e discipline come
dovute ad un germinare di tutte dalla radice comune dell'archi-tettura, che per
le sue esigenze ed i suoi sviluppi genererebbe le altre arti e scienze, e ne
determinerebbe i progressi. « Dalla costruzione degli edifici progredendo
gradualmente verso le altre arti e scienze (e fabrica-tione aedificiorum
gradatim progressi ad ceteras artes et disciplinas) e utilizzando le armi del
pensiero e la riflessione deliberativa', con cui la natura rafforzò le loro
menti (cum natura cogitationibus et consiliis arma-visset mentes), essi
trassero l'umanità dalla vita ferina e selvaggia a quella civile (e fera
agrestique vita ad mansuetam perduxerunt humanitatem) ». Allora si genera
negli uomini la capacità di prepararsi nel loro spirito, e di guardar lontano
per mezzo dei pensieri piú grandi, che nascono dalla varietà delle arti (tum
autem instruentes animo se et prospicientes maioribus cogitationibus ex
varietate artium natis); il che Vitruvio applica, indubbiamente, ai progressi del-l'architettura,
ma è un concetto che s'estende da sé ad ogni sviluppo culturale. « Poi con le
osservazioni degli 1 Se leggessimo, con qualche edizione, conciliis
anziché con siliis, dovremmo pensare che Vitruvio rilevasse qui non già
l'importanza della riflessione deliberativa (consilia), bensi quella della
convivenza e della cooperazione sociale (concilia). Ma queste ul-
time sono per Vitruvio creazione umana e non dono della natura.
studi portarono [le loro opere] dai giudizi errati ed incerti alle ragioni
certe delle simmetrie. Quindi mediante le loro cure alimentarono e adornarono
di piaceri l'eleganza della vita, accresciuta dalle arti (trac- tando
nutriverunt et auctam per artes ornaverunt vo- luptatibus elegantiam
vitae) ». Si presenta pertanto, nella concezione di Vitruvio, tutto un
processo storico nel quale l'uomo, spinto dai bisogni, guidato dalle
esperienze, rafforzato dall'eserci-zio, sviluppa e traduce progressivamente in
atto le sue potenze naturali, creando le arti e le scienze; ma in questo
processo i prodotti reagiscono sul produttore; l'esercizio intensifica i poteri
dello spirito e genera nuove capacità; i risultati realizzati si convertono in
mezzi e impulsi per creazioni ulteriori; e in questo modo l'umanità progredisce
e si sviluppa, creando il mondo della cultura e creando nello stesso tempo
spiritualmente se stessa per mezzo del suo lavoro, come causa ed effetto
insieme dei suoi progressi. La concezione della creatività dello spirito
appare, dunque, raggiunta in pieno da Vitruvio. Lo scambio d'azione che
Vitruvio vedeva effettuarel tra lo spirito produttore e i suoi prodotti nella
creazione e nello sviluppo progressivo delle arti e delle scienze, significava
per se stesso un processo storico di autocreazione e d'autosviluppo incessanti
dello stesso spirito umano, che logicamente doveva presentarglisi come un
processo infinito. Ma Vitruvio non segnalò, e forse non intuí neppure questa
conseguenza della sua conce- ' (Appare in questa visione un barlume del
processo chiamato da Marx il processo della umwälzende Praxis, cioè
dell'attività dell'uomo che si rovescia su se stessa e sull'uomo,
trasformandolo nel trasformare se stessa. zione, cosí come non
l'aveva espressa né vista Aristotele, benché riconoscesse che il potere
intellettuale dell'uomo va aumentando sempre, quantitativamente e
qualitativa- mente, con l'esercizio attivo delle sue capacità di indagine
e di riflessione critiche. La prima affermazione esplicita dell'infinità
del progresso spirituale umano ci appare nell'antichità classica con Seneca,
che tuttavia era stato precorso parzialmente da Filone ebreo, come diremo. Ma
mentre nella concezione di Vitruvio l'infinità potenziale del progresso è in
rapporto con il processo di creazione e sviluppo delle arti, a cui egli
collegava la scoperta delle scienze, Seneca invece nella polemica contro
Posidonio ripudia l'unità e identità tra l'homo faber e l'homo sapiens, che
quello aveva affermato (cfr. Epist.). Contro la celebrazione del
progresso tecnico, inserito da Posidonio nello sviluppo stesso della saggezza,
Seneca nella sua polemica sembrava ripudiare la creazione umana delle arti,
accusandola di complicare e render difficile la vita, e sembrava ritornare, con
l'evocazione di Diogene, all'ideale cinico-stoico della semplicità primordiale
della vita conforme alla natura, che facilmente soddisfa le sue esigenze
minime. «Non fu tanto nemica la natura, da concedere la facilità della
vita agli altri animali e volere che solo l'uomo non potesse vivere senza tante
arti.... Siamo noi che ci rendemmo tutto difficile per la nostra tendenza a
stancarci (fastidio) delle cose facili.... Tutte queste arti, per le quali la
città si eccita e rumoreggia, lavorano per il corpo, a cui prima si imponeva
ogni [sa-crificio] come ad uno schiavo, mentre ora gli si prepara ogni
[godimento] come ad un padrone » (epist. cit.). Tuttavia questa posizione
polemica non rappresenta integralmente l'orientamento spirituale di Seneca.
Seneca è ben lungi dall'identificare la saggezza — nel cui culto
vede l'unica attività che possa render degna la vita umana - con la supposta
felicità primordiale dello stato di natura. « Per quanto egregia e priva di
inganni fosse la vita di quelli (primitivi), essi non furono savi.... non
avevano ingegni perfezionati (consum-mata).... La natura non dà la virtú, e il
diventar buono è un'arte.... Quelli erano innocenti per ignoranza; ma c'è una
gran differenza tra il non volere e il non saper peccare (multum interest utrum
peccare aliquis no-lit an nesciat). Mancava loro la giustizia, mancava loro la
prudenza, la temperanza, la fortezza. La loro vita incolta aveva qualcosa di
simile a tutte queste virtú; ma la virtú non è conseguita se non da uno spirito
edu-cato, istruito e portato mediante l'esercizio assiduo fino al vertice.
Certo nasciamo per questo, ma senza que-sto; e anche negli uomini migliori,
prima che posseggano l'educazione, esiste la materia della virtú, ma non la
virtú stessa » (ibid.). In tal modo, la virtú torna a presentarsi
connessa alla cultura in questa stessa Epistola 90, dove la critica a Posidonio
sembrava portare ad una rivendicazione della natura primordiale, simile a
quella dei cinici. La virtú, dunque, per Seneca non è un'ingenuità ignorante,
ma deve avere chiara coscienza del male e del vizio per trionfare di essi.
Seneca fa in certo senso presentire il concetto che ispira in tempi moderni la
filosofia della storia di Fichte (Caratteri fondamentali dell'epoca con-
temporanea), secondo cui l'umanità, dopo di essere uscita dalla sua primitiva
rettitudine incosciente, abbisogna della piú profonda coscienza ed esperienza
del peccato, per elevarsi alla sua cosciente redenzione. Con la
rivalutazione della cultura come condizione e fondamento dell'etica e della
filosofia, tornano ad essere pertanto rivalutate da parte di Seneca anche le
arti, ed è riaffermato il concetto del Protreptico aristotelico,
della doppia e indivisibile funzione che incombe al- Q l'uomo, cioè
quella di esercitare tanto l'attività intellettuale quanto quella pratica.
Aristotele aveva affermato, secondo la testimonianza di Cicerone (De finibus),
che l'uomo nacque per due cose: intendere e operare («ad duas res, ad
intelligendum et agendum esse natum »); e Seneca (De otio) ripete che la natura
volle che facessimo le due cose: operare e coltivare la contemplazione. «
Natura autem utrumque fa-cere me voluit, et agere et contemplationi vacare ».
Anzi, aggiunge che egli le fa entrambe, perché sono insepa-rabili, giacché
neppure la contemplazione può esistere senza azione: « utrumque facio; quoniam
ne contem-platio quidem sine actione est »'. Nessuna virtus è un bene reale,
finché non passa all'azione (“in otium sine actu proiecta”). «Chi potrebbe
negare che essa deve comprovare nelle opere i suoi progressi, e non limitarsi a
pensare ciò che si deve fare, bensí esercitare anche le sue mani e portare a
realtà le sue meditazioni? » (* sed etiam aliquando manum exercere, et ea quae
meditata sunt ad verum perducere? »). Questa rivalutazione dell'attività
pratica, a causa del legame che l'attività teorica ha con essa, doveva portar
seco anche un apprezzamento delle creazioni delle arti, che per questa via
tornano ad inserirsi nel processo creativo della cultura, dove si afferma il
potere e il valore dello spirito umano. Una celebrazione caratte ristica di
questa creatività dello spirito, applicata alle opere della civiltà e delle
arti, merita di esser segna- É evidente la derivazione da Seneca del noto
luogo dello Spaccio bruniano (ed. Gentile): « e per questo ha determinato
la providenza, che vegna occupato ne l'azione per le mani, e contemplazione per
l'intelletto; de maniera che non con-temple senza azione, e non opre senza
contemplazione. Ne l'età dunque de l'oro per l'Ocio gli uomini non erano piú
virtuosi, che sin al presente le bestie son virtuose ». lata
nell'Epistola, relativa all'incendio che in una sola notte aveva distrutto la
città di Lione (Lugdunum), che era per la sua bellezza la gloria della Gallia.
Seneca si rende conto che le opere dei mortali sono. condannate a perire e che
noi viviamo tra cose caduche: « omnia mortalium opera mortalitate damnata sunt.
Inter peritura vivimus». Ma questo carattere mortale delle opere è superato
dall'imperitura energia creatrice del-l'umanità, che ricostruisce sempre ciò
che è caduto e lo ricostruisce piú bello e perfetto, di modo che le distruzioni
si convertono in fattore di progresso. « Multa cecide-runt ut altius surgerent
et in maius ». Come Roma sempre risorse piú bella e potente dalle ceneri degli
incendi subiti, cosí anche a Lione tutti competeranno per ricostruirla in forma
piú grande e piú solida di quella per-duta: « ut maiora certioraque quam
amisere restituant. Ciò che caratterizza l'uomo, dunque, consiste per Seneca
nell'esigenza e nello sforzo costanti di superamento; per il loro mezzo lo
spirito immortale dell'umanità si sovrappone al carattere mortale delle sue
creazioni. Sono mortali - sembra dire Seneca — le creazioni partico-lari; ma è
immortale la creazione progressiva della cul-tura, per essere immortale e
inesauribile lo spirito creatore. In questo sforzo interminabile
di superamento, le attività pratiche delle arti e della tecnica in generale si
unificano, per Seneca, con le attività teoriche della scienza e della
filosofia. Possiamo dire che Seneca precorre Lessing nel considerare che questo
sforzo spirituale costituisce il valore della vita, che pertanto si afferma
solo in quanto l'uomo amplia progressivamente il suo orizzonte e le sue
aspirazioni. Se mai l'umanità potesse giungere ad un possesso pieno della
scienza, e non avesse piú davanti a sé un cammino ulteriore da percorrere e
difficoltà nuove da superare, non avrebbero piúsignificato la vita e il mondo
in cui si sviluppa l'attività umana. È lo sforzo ciò che costituisce il valore
della vita; la sua persistenza inestinguibile e il suo rinnovamento incessante
presuppongono l'impossibilità perenne di raggiungere il fine ultimo; ma questa
condizione non significa per l'uomo una maledizione o condanna ad una tensione
vana che non può mai essere soddisfatta, bensí alimenta e mantiene il valore
della vita come milizia ' ed aspirazione dignificatrice, che sono nello stesso
tempo perfezionamento spirituale progressivo. Quest'idea, dell'infinità
dello sforzo e del progresso umano, derivante dall'impossibilità di conseguire
il fine supremo, era stata intuita ed espressa parzialmente, prima di Seneca,
da Filone ebreo. La posizione degl’uomini in qualsivoglia delle loro attività,
dice Filone, sta sempre nel mezzo tra l'inizio e la fine: « Noi siamo
trattenuti nell'intervallo tra la fine e l'inizio nell'impa-rare,
nell'insegnare, nel lavorare la terra, nell'operare in ciascuna delle altre
cose » (Quis rerum divin. heres sit); ma questa inferiorità che caratterizza la
nostra imperfezione costante in confronto alla perfezione assoluta di Dio, non
significa ristagno e immobilità spi-rituali, bensí movimento e progresso
incessanti: « A misura che uno avanza nelle scienze e si pone stabilmente sul
loro terreno, si fa tanto piú incapace di raggiungere i loro limiti.... La
scienza per i piú capaci è una sorgente sempre in movimento, che produce sempre
nuovo afflusso di idee» (De plantat. Noë). In tal modo per Filone ogni
approfondimento della nostra conoscenza è nello stesso tempo un
approfondi- [Cfr. Epist.: Atqui vivere, Lucili, militare est. Itaque qui
iactantur et per operosa atque ardua sursum ac deorsum eunt, et expeditiones
periculosissimas obeunt, fortes viri sunt, primo- resque castrorum;
isti, quos putida quies, aliis laborantibus, mol- liter habet,
turturillae sunt, tuti contumeliae causa ». mento della coscienza
della nostra ignoranza: dalla conoscenza acquisita spuntano sempre problemi
nuovi; ma dai problemi nasce il movimento progressivo dell'intel-ligenza, in un
processo che non finisce mai a causa dell'impossibilità di raggiungere, con il
pensiero, il termine ultimo. Questo, per Filone, si raggiunge certo nel
rapimento dell'estasi, che è estinzione di ogni movimento attivo della mente;
ma fuori della soluzione mistica, c'è solo un processo infinito, conseguenza
dell'infinita di- stanza, che ci divide dall'irraggiungibile oggetto
supremo. Vero è che di questi pensieri di Filone non ebbe alcuna notizia
Seneca, il quale giunse per una via parzialmente analoga all'idea dell'infinito
progresso conoscitivo, cou- siderandolo determinato dall'infinita
distanza, che ci separa sempre dal fine supremo delle nostre aspirazioni e dai
nostri sforzi. Ci sono delle realtà — osserva Seneca in Natur. quaest., a
proposito dell'igno-ranza del suo tempo riguardo alle orbite e alle. leggi di
movimenti delle comete: - che non
possono essere colte dai nostri occhi, o perché permangono in luoghi sottratti
alla nostra vista, o perché la loro sottigliezza è irraggiungibile per la
nostra acutezza visiva, o forse anche perché non abbiamo la capacità di
percepirle, nonostante che riempiano i nostri occhi. Tutte queste realtà sono
accessibili unicamente allo spirito (animo) e debbono essere contemplate con il
pensiero (cogitatione). Ma lo stesso pensiero che ci porta fino all'idea
dell'esistenza di Dio, che creò tutto l'universo intorno a sé e lo governa, ed
è la parte mag- derlo nella giore e migliore della sua opera, non
arriva a comprenderlo nella sua essenza. « Non possiamo sapere che cos'è ciò,
senza di cui nulla esiste, e ci stupiamo per non conoscer bene certi piccoli
fuochi (le comete), mentre ci resta celata la parte maggiore dell'universo, dio.
Quid sit hoc, sine
quo nihil est, scire non possumus, et miramur si quos igniculos
parum novimus, cum maxima pars mundi, deus, lateat »). Ma da questa situazione nasce in noi uno stimolo
all'indagine, che si intensifica con l'esperienza dei pro-gressi già
realizzati. Ci sono conoscenze che abbiamo acquisito di recente, altre in gran
numero che ancora non abbiamo raggiunto; ma - aggiunge Seneca - verrà un tempo
in cui queste cose, che ora permangono occulte, le porterà alla luce un giorno
futuro ed una indagine assidua di piú lunga durata.... Verrà un tempo in cui i
nostri posteri resteranno stupiti che noi igno-rassimo cose che per essi
saranno tanto evidenti. Multa venientis aevi populus ignota nobis sciet; multa
saeculis tune futuris cum memoria nostri exoleverit reservantur. Pusilla res
mundus est, nisi in illo quod quaerat omnis mundus habeat. Questa
inesauribilità dell'indagine e delle scoperte supera con la sua infinità la
gradualità progressiva. ma limitata, del processo delle iniziazioni ai misteri,
a cui Seneca la paragona. Certo che, come ad Eleusi non si mostrano tutte le
cose sacre al novizio, riservandosi le piú importanti per gli iniziati, cosí si
può dire che la natura non concede in una sola volta ed a chiunque tutti i suoi
sacri segreti, e anche quando ci crediamo iniziati, siamo ancora nel vestibolo
del tempio e gli arcani rimangono chiusi nel sacrario interno. Ma nelle
cerimonie mistiche gli iniziati pervengono, alla fine, a veder tutto; e nella
scienza, invece, il processo di sco-perta non finisce mai. Dei suoi segreti,
alcuni potrà sco-prirli la nostra età, altri le età successive (« aliud haec
aetas, aliud quae post nos subibit aspiciet »); ma ri-marrà sempre campo per le
investigazioni di « tutto il mondo ». E anche nell'ipotesi che gli uomini si
dedi-chino completamente all'indagine e alla comunicazione reciproca delle
conoscenze acquisite, Seneca dice che a mala pena (vix) si giungerebbe a
quel fondo dove è collocata la verità che ora cerchiamo alla superficie e con
leggerezza (ibid., cap. 32); e l'esplorazione di questo fondo, secondo le
dichiarazioni precedenti, esigerebbe sempre uno sforzo investigativo
infinito. La sospensione dello sforzo e del lavoro, dunque, non solo
ritarda o impedisce del tutto le grandi conquiste ulteriori (« tarde magna
proveniunt, utique si labor ces-sat »: cap. 31), e impedisce che si trovi
alcunché di ciò che gli antichi indagarono in modo insufficiente, ma fa perdere
anche le stesse scoperte già realizzate (« adeo nihil invenitur ex his quae
parum investigata antiqui reliquerunt, ut multa quae inventa erant obliterentur
»: cap. 32). Donde la necessità e l'obbligo morale, per cia-scuno, di
mantenere attivo lo sforzo incessante e di cooperare attivamente alla grande
opera di conquista collettiva dell'umanità. Coloro che rimangono soddisfatti
delle acquisizioni già realizzate dagli antecessori, non si rendono conto dell'immenso
cammino da percorrere, che si estende davanti a noi. «Non si troverebbe mai
nulla, se restassimo contenti con ciò che è già stato trovato. Inoltre, chi si
limita a seguire un altro, non trova nulla per conto suo, anzi, non cerca
neppure.... Ma coloro che hanno promosso queste investigazioni sono per
noi guide, non padroni. [Il cammino del]la verità è aperto a tutti, non è
ancora occupato, anzi gran parte di esso resta ancora da percorrere agli uomini
del futuro › (Epist.). Confidiamo pertanto e molto nel giudizio dei grandi
uomini, ma rivendichiamo anche l'uso del giudizio nostro. Forse neppur essi ci
han lasciato scoperte effettuate, ma indagini da compiere » (* Num illi quoque
non inventa, sed quaerenda nobis reliquerunt »: Epist.). «Non mi
sembra che i predecessori si siano impadroniti con la forza (praeripuisse) di
ciò che si poteva dire, ma che ce lo abbiano solamente mostrato
(ape-ruisse). Se non che c'è molta differenza tra l'avvicinarsi ad una materia
esaurita (consumptam) e ad una solamente preparata (subactam): questa va
crescendo giorno per giorno, e le invenzioni effettuate non sono ostacoli per
chi realizzerà invenzioni ulteriori (« crescit in dies, et inventuris inventa
non obstant »: Epist.). Anzi, chi ha qualcosa da insegnare agli altri, deve
spargerlo come semente feconda (« seminis modo spargenda sunt»), la quale, per
quanto piccola, cadendo in terreno adatto sviluppa le sue forze, e dalla sua
piccolezza originaria, crescendo fino alle sue dimensioni massime, si diffonde
(« ex eo minimo in maximos auctus diffunditur»). Gli insegnamenti son come le
sementi: ancorché siano limitati (angusta), possono sviluppare una grande
efficacia, purché una mente idonea li accolga e li raduni in se stessa; e a sua
volta questa mente ne genererà molti altri e ren- derà piú di
quello che ricevette » (Epist. 38). Naturalmente questo processo storico
di accrescimento progressivo della cultura, nella successione delle generazioni
e delle comunicazioni da maestri a disce-poli, esige l'attività vivente degli
spiriti ricettori. Quindici secoli piú tardi G. Bruno dirà che se « di questi
alcuni, che son stati appresso, non siino però stati piú accorti, che quei che
furon prima.... questo accade per ciò che quelli non vissero.... gli anni
altrui, e, quel che è peggio, vissero morti quelli e questi negli anni pro-prii
» (Cena delle Ceneri, ed. Gentile). Una esigenza analoga aveva affermato
Seneca nella Epist. 84, dichiarando che gli insegnamenti devono, come
alimenti digeriti, trasformarsi in forze e sangue di chi li assimila (« in
vires et sanguinem transeunt»). Le conoscenze ingerite non debbon lasciarsi
tali e quali sono (integra), affinché non restino come cose estranee (alie-na):
dobbiamo digerirle (concoquamus), affinché sianonutrimento dell'ingegno e non
peso della memoria. I discepoli o le generazioni successive devono assomigliare
ai loro maestri e padri come figli viventi e attivi, non come immagini morte: «
imago res mortua est »; e nella trasmissione della cultura, invece, occorrono
spiriti viventi che (come dirà Bruno) vivano attivamente gli anni dei
predecessori e non vivano morti gli anni propri, bensí progrediscano sempre
piú. Si deve imprimere la forma della propria personalità a tutti gli elementi
di cultura che si raccolgono, affinché confluiscano in una unità (in unitatem
illa competant) come le voci di un coro. « Tale voglio che sia il nostro
spirito, che abbia in se stesso molte arti, molti precetti, gli esempi di molte
generazioni, ma facendoli confluire tutti in una unità», vivente e attiva (« ut
multae in illo artes, multa praecepta sint, multarum aetatum exempla, sed in
unum conspirata). L'Epistola 84 integra pertanto l'affermazione
del-l'Epistola 80, che lo spirito (animus) non è come il corpo, che abbisogna
dall'esterno di molto alimento, di molta bevanda, di molto olio e di lunghe
cure; lo spirito invece (continua l'Epistola 80) cresce da se stesso, si
alimenta e si esercita da sé, ed abbisogna solo della volontà per il suo
perfezionamento. L'Epistola 84, dunque, riconosce che anche lo spirito
abbisogna del suo alimento, che consiste nella cultura che riceve dalle
generazioni precedenti e dall'ambiente sociale in cui si sviluppa, e che
anch'esso deve, non meno del corpo, assimilare il suo alimento e trasformarlo
in proprio sangue e forza attivi. Certamente egli deve avere in sé
l'energia della volontà richiesta dall'Epistola 80: ossia deve, secondo il
paragone dell'Epistola 39, essere come una fiamma che s'innalza in linea retta
e che non può essere inclinata e oppressa, né tanto meno aver tregua: cosí lo
spirito è in movimento ed è mobile e attivo tanto piú quanto piú è
energico. Ma questa energia, questa attività, questo movimento spirituali non
si esercitano nel vuoto, bensí nel mondo della cultura, che è creazione
dello spirito; nel qual mondo si forma cosí la tradizione vivente e attiva, che
è conservazione e accrescimento in-cessanti. Seneca ha visto che questo
doppio aspetto della tradizione implica un doppio atteggiamento spirituale: di
dipendenza e d'indipendenza rispetto al passato. I diritti del passato devono
essere riconosciuti, ma come condizione e mezzo di salvare e assicurare i
diritti dell'avve-nire, che sono diritti di un progresso infinito. Venero
pertanto — dice l'Epistola 64 - le invenzioni della sapienza e i loro
inventori; bisogna avvicinarsi ad essi come ad una eredità collettiva. A nostro
beneficio sono state effettuate queste acquisizioni e questi lavori. Ma
comportiamoci come buoni padri di famiglia; rendiamo piú ampia l'eredità
ricevuta, cosi che questa passi da noi alla posterità fatta maggiore. Molto
lavoro resta ancora da compiere, e molto ne resterà poi; né a nessuno, anche se
nasca dopo migliaia di secoli, sarà preclusa l'occasione di aggiungere ancora
qualcosa di piú ». Anche nell'ipotesi assurda, che gli antichi avessero
inventato tutto, resterebbero sempre nuove l'utilizzazione, la scienza e la
disposizione delle invenzioni altrui. Ma siamo ben lungi dalla possibilità di
ammettere l'ipotesi citata. Quelli che esistettero prima di noi « multum ege-
runt, sed non peregerunt ». Certamente dobbiamo ammirarli e onorarli come
dei, e professare verso « i precettori del genere umano, da cui ci vennero i
principi di un bene tanto grande, la stessa venerazione che dobbiamo ai nostri
maestri personali ». Tuttavia l'onore migliore, anzi l'unico onore degno ed
efficace che i discepoli possano rendere ai mae- stri e i figli ai
padri, consiste, secondo le affermazioni esplicite di Seneca già citate, nel
far viva e operante la loro eredità, nel proseguire le vie che essi ci
aprirono, cioè nel compiere per ciò che possiamo il progresso della cultura, la
cui infinità esige sempre l'attività creatrice di ogni generazione nel
trascorrere infinito del tempo. In questo senso devono intendersi le
affermazioni della Epistola 102, relative allo spirito: « Lo spirito umano è
una realtà grande e generosa, che non tollera gli si pongano mai limiti che non
gli siano comuni anche con Dio»; cioè afferma la sua esigenza di infinità e
vuole tradurla in atto nel doppio aspetto spaziale e temporale. Lo spirito
pertanto non accetta che gli si attribuisca una patria umile e limitata, come
sarebbe la città natale di ciascuno, e reclama come propria patria tutto
l'universo; e «non permette che gli si assegni un'epoca limitata: tutti gli
anni sono miei (dice); nessun tempo è inaccessibile al pensiero ». Ma questa
doppia esigenza di infinità - che significa coscienza di un potere infinito, e
che, quanto al tempo, si estende ugualmente verso il passato e verso il futuro
— vale, secondo il pensiero espresso di Seneca, tanto per la contemplazione
quanto per l'azione creativa. La contemplazione si realizza per mezzo
dell'investigazione e (come vedemmo)
piccola cosa sarebbe il mondo se in esso non avesse sempre tutto il
mondo qualcosa da investigare
(Nat. quaest.); ma d'altra parte (come vedemmo) neppur la
contemplazione può darsi senza azione: ne con- templatio quidem sine
actione est › (De otio). Talché lo spirito deve effettuarle entrambe ad
un tempo, nella loro mutua correlazione, e considerare l'infinita estensione
dell'universo in tutte le sue dimensioni, e del tempo nella sua doppia
direzione di passato e futuro, non solo come oggetto di contemplazione
conoscitiva, ma anche come campo d'azione creativa. Per questa via,
nellaconcezione delineata da Seneca, lo spirito riconosce ве stesso
nell'infinita creazione della cultura, opera del suo infinito passato e compito
del suo infinito avvenire 1. m). In tal modo, nell'affermare
esplicitamente e mettere in evidenza sotto vari aspetti l'infinità del processo
storico di creazione della cultura e d'accrescimento dello spirito umano,
Seneca portava la teoria del progresso al suo piú alto grado di compimento
nell'antichità. Dopo di lui, nonostante l'attivismo della gnoseologia e della
pedagogia di Plutarco e di Plotino, il predominio crescente dell'orientamento
mistico nella filosofia non favorí certo nuovi sviluppi della teoria del
progresso; la cui tradizione, tuttavia, lungi dal perdersi, appare conservata —
come abbiamo visto a proposito di Aristotele anche in scrittori tardi come Asclepio e
Giovanni
1 Meritano di essere ricordate alcune altre dichiarazioni signi- Epansa
(Sice rel Eple 65) Eaar dee appreanere ne che a riferisce alle cose
divine e alle umane, alle passate e alle future, alle caduche e alle eterne, al
tempo, etc.»; e qui Seneca cita esempi delle « innumerabiles questiones» che si
pongono per la conoscenza di ogni sfera e di ogni aspetto della realtà
universale. Ma il De otio, mostra che all'infinito numero dei problemi
corrisponde l'infinita curiosità (curiosum ingenium) dell'uo- mo: il
desiderio di conoscere lo sconosciuto (cupiditas ignota no-scendi) ci spinge ai
viaggi ed alla navigazione, alle investigazioni naturali ed agli scavi, alle
ricerche storiche relative all'umanità ad che poe eseri al dd a del come
o aire dacueione dei probiem pelaurs ar ateria dd ale epifio)
relativi alla materia ed allo spirito, etc. Nello stesso capitolo del “De
otio” aggiunge (come abbiamo già ricordato) che la contemplazione non può mai
essere senza azione, e che le cose meditate esigono la loro realizzazione
mediante l'esercizio della mano; di modo che il processo infinito di creazione
della cultura è inteso nell'unità di teoria e pratica. Filopono; e la loro
fonte al riguardo, Aristotele, ci attesta che tale teoria si è trasmessa senza
soluzione di continuità. Ma Plutarco ci fa udire l'eco tanto di idee
provenienti da Archita e Democrito, intorno alla funzione che spetta alla
necessità nel processo storico delle creazioni umane, quanto dell'ordine
cronologico in cui Democrito e Aristotele distribuivano la creazione
progressiva delle arti di necessità, di quelle di abbellimento e delle scienze.
E nello stesso II secolo cui appartiene Aristocle, un documento caratteristico
ci dimostra la diffusione raggiunta dall'idea del progresso umano nella
coscienza pubblica dell'epoca; documento che consiste nell'utilizzazione che fa
Luciano (“Erotes”) di questa idea con fini satirici. L'apologia paradossale
dell'amore per gli efebi, che Luciano fonda sul principio che, essendo
creazione piú recente dell'amore per le donne, deve costituire un progresso
rispetto a questo, poteva avere significato come satira solo in un clima
spirituale dove l'idea del progresso figlio del tempo fosse divenuto generale e
dominante. Nella sua esposizione di questa teoria, Luciano dipende
specialmente dalla tradizione democriteo-epicurea, ma con infiltrazioni della
tradizione platonico-ari-stotelica relativa al rinnovamento ciclico successivo
alle catastrofi, e con derivazioni anche da altre fonti. Da Democrito ad
Epicuro deriva la descrizione della vita ferina primordiale: « i primi uomini
nati dovevano cercare un rimedio per la fame d'ogni giorno, e per il fatto che
erano preda della indigenza presente e che la pe- o chi il ato
nuria non permetteva loro alcuna scelta del migliore, dovevano mangiare le erbe
che trovavano, e le radici tenere che dissotterravano, e soprattutto le ghiande
delle querce. Mentre la loro vita permaneva cosí incolta e non
concedeva loro ancora la comodità per esperimenti giornalieri al fine di
trovare il meglio, essi dovevano accontentarsi di quelle stesse cose
necessarie, poiché il tempo, incalzandoli, non permetteva loro l'invenzione di
un buon regime». Anche per ciò che concerne la necessità di difese, gli uomini
subito, all'inizio della vita, avendo bisogno di coprirsi, 'avvolgevano nelle
pelli delle fiere scorticate ed escogitavano come rifugio contro il freddo le
grotte delle montagne o le cavità disseccate di radici o alberi antichi».
piú che democritea, poiché è scomparsa in essa, come pia wete
Questa descrizione è evidente eredità epicurea ancor tra gli epicurei, la
distinzione introdotta da Democrito tra i momenti successivi della prima fase
di vita del- l'umanità. Manca inoltre in Luciano ogni allusione
all'introduzione della convivenza sociale e del linguaggio e alla scoperta del
fuoco, già considerati dall'epicurei-smo; ma la suggestione epicurea si
riconosce nella spiegazione che dà tanto dell'uscita dallo stato primordiale
mediante l'agricoltura, quanto delle invenzioni della tessitura e dell'edilizia
per via di un'imitazione dei ripari naturali (pelli e caverne) usati
primordialmente. La capacità di un'imitazione dei processi naturali, che
ripro-ducendoli li modifica e li adatta alle proprie esigenze e finalità, era
già per gli epicurei un carattere che differenziava l'uomo dagli altri animali,
incapaci di uscire dalla loro condizione naturale originaria. Tuttavia sembra
che in Luciano si perda la comprensione della funzione attribuita dagli
epicurei alla necessità come forza stimolante dell'intelligenza umana; Luciano
la considera piuttosto un ostacolo alla ricerca del meglio. Solamente (dice) «
dopo che le necessità urgenti ebbero fine, le intelligenze (zoyouo) delle
generazioni successive, liberate dalla necessità, trovarono l'occasione
d'inventarequalche miglioramento, e di lí a poco a poco s'accreb-bero al tempo
stesso le scienze. E questo ci è possibile congetturarlo dalla considerazione
delle arti piú perfezionate ». Può esservi in queste linee un'eco (certo
confusa) della distinzione democriteo-aristotelica dei tre momenti successivi
di creazione progressiva: delle arti di neces-sità, di quelle d'ornamento e
delle scienze disinteressate; certo Luciano -- utilizzando l'esempio dell'arte
tessile, preso dagli epicurei, e quello dell'architettura, derivante forse da
Vitruvio - insiste specialmente sul carattere graduale e quasi insensibile dei
progressi, dicendo che «le arti presero per maestro il tempo » e progredirono «
segretamente». E questa idea di un processo graduale sembra associarsi a quella
di un rinnovamento ciclico, cioè alla teoria platonico-aristotelica della
rinascita progressiva della cultura dopo le catastrofi distruttrici -
idea rievocata nel II secolo da Aristocle - poiché Luciano scrive che «
ciascuna di queste arti e scienze, che giaceva muta e coperta in molto oblio,
come da un lungo tramonto a poco a poco si levò nella sua luce raggiante
». Questa confluenza di elementi di derivazione tanto diversa è un indice
interessante della conservazione di differenti rappresentazioni del progresso
nell'epoca di Luciano, che le mescola senza preoccuparsi molto dei loro
eventuali contrasti. E cosí, nonostante la sua apparente accettazione della
teoria ciclica platonico-aristote-lica, Luciano delinea un processo di sviluppo
della cul-tura, che per se stesso gli si presenta infinito, cosí come era
apparso a Seneca. « Poiché ciascuno che faceva qualche scoperta la trasmetteva
alla posterità; e quindi la successione di quelli che ricevevano l'eredità,
facendo aggiunte a ciò che avevano appreso, continuò a riempire le lacune
esistenti ». E cosí ‹ le scienze varie... mediante sforzi (uoris)
si preparano per arrivare (EUENOV 7ÇELV) alla loro chiara manifestazione,
spinte dal tempo infinito (úò To aiovos), che non lascia niente senza indagare.
Ma ciò che agisce attivamente sugli uomini attraverso il corso del tempo è (per
dichiarazione esplicita di Lu-ciano) « l'intelligenza (ppóvnois), che si
accompagna alla scienza e trae dal frequente sperimentare la possibilità di
scegliere l'ottimo ». Pertanto « dobbiamo considerare necessario lo studio
dell'antico, ma onorare come migliore ciò che la vita seppe trovare poi, dopo
aver raggiunto la possibilità di dedicarsi alla riflessione razionale
(поугомоїс) ». Torna cosí in Luciano il concetto della tradizione
vivente, che non è conservazione cristallizzata, bensí creazione progressiva
continua realizzata dalla vita; torna l'idea dell'infinità di questo processo,
che si estende dal passato e dal presente verso l'avvenire. Riassumendo,
possiamo dire che per tutti gli assertori antichi dell'idea del progresso umano
la natura offra il punto di partenza allo sviluppo dell'attività creatrice
dell'intelligenza dell'uomo; quindi le conquiste compiute da ogni generazione
offrono alle successive i mezzi e gli stimoli per nuovi incessanti esperimenti
e nuove acqui-sizioni; e in tal modo la creazione della cultura progredisce
insieme con l'intelligenza creatrice. L'antichità dichiara con Cicerone ciò che
tornerà a dichiarare il rinascimento con Bruno; cioè che l'umanità è
caratterizzata dal suo sforzo incessante di creare, mediante l'opera della sua
intelligenza e delle sue mani, un'altra natura, altri corsi e altri ordini al
di sopra di quelli che le furono dati naturalmente; e per questa creatività del
suo spirito l'uomo merita d'esser considerato «come un dio mortale» o «
dio della terra. Dai presocratici e dai poeti tragici fino a Seneca
innegabilmente l'idea della creatività dello spirito si afferma e si sviluppa
nell'antichità, e si ripercuote poi sugli ultimi secoli della cultura classica,
da Luciano ed Aristocle ad Asclepio e Giovanni Filopono. Per negare agl’antichi
il raggiungimento di tale intuizione, occorre chiudere gli occhi alla realtà
storica e cancellare l'ampia documentazione che conferma la sua esistenza. Rodolfo
Mondolfo. Mondolfo. Keywords: antica filosofia italica. Refs.: Luigi Speranza, "Grice, Mondolfo, e la filosofia
greco-romana," per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library,
Villa Grice, Liguria, Italia. Mondolfo
Grice e Monferrato: la ragione
conversazionale e l’implicatura conversazionale – la scuola di Casale
Monferrato -- filosofia piemontese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Casale
Monferrato). Filosofo italiano. Casale Monferrato, Alessandria, Piemonte. Autore
di opere di teologia e scienza e legato pontificio. Entra nell'ordine
francescano nella provincia genovese. Docente presso lo studio francescano di
Assisi. Compone il saggio. “Quaestio de velocitate motus alterationis, Venezia.
In esso presenta un'analisi grafica del movimento dei corpi uniformemente
accelerati. La sua attività di insegnamento in fisica matematica influenza gli
studiosi che operarono a Padova e Galilei che ri-propose idee simili. ‘Giovanni
da Casale’, Treccani. Filosofia Filosofo del XIV secolo Teologi italiani Casale
Monferrato Storia della scienza. Grice: “Casali
dicusses the velocity of motion of alternation. He wisely remarks that if one
takes the example of the quality of hotness, one may conceive of a UNI-FORM
hotness throughout – ‘just as a rectangular parallelolgram is formed between
two equidistant lines, such that any part you wish is equally wide with
another. ‘Let there be throughout a UNIFORMLY DIFFORM hotness, such that it is
a triangle!” -- Giovanni da Casale Monferrato. Monferrato.
Keywords: corpi inanimati, corpi animati, inerzia, un corpo animato non e un
missile guidato – Grice. La liberta dei corpi animati, uniform, uniformly
difform, difformly difform. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Monferrato” – The
Swimming-Pool Library.
Grice
e Monimo: all’isola – la ragione conversazionale e l’implicatura
conversazionale -- Roma – filosofia siciliana -- filosofia italiana – Luigi
Speranza
(Siracusa). Filosofo italiano. A former slave. Wrote two books. Monimo.
Grice e Montanari: la ragione conversazionale --
filosofia italiana – Luigi Speranza
(Roma). Filosofo italiano. Cf Mazzino Montanari. Massino Montanari.
Grice e Montani: la ragione conversazionale e l’implicatura
conversazionale e il debito del segno – implicatura riflessiva – la scuola di
Teramo -- filosofia abruzzese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Teramo). Flosofo italiano. Teramo, Abruzzo. Allievo
di GARRONI (si veda), è Professore di Estetica alla Sapienza Roma, è stato
Directeur d'Études Associé presso all'EHESS di Parigi e ha insegnato Estetica
al Centro sperimentale di cinematografia di Roma. La sua ricerca si concentra
oggi principalmente sui temi di filosofia della tecnica. Allievo di
Emilio Garroni, per M. l'estetica non va considerata come filosofia dell'arte,
ma come una teoria della sensibilità umana, che ha la peculiarità di essere
aperta agli stimoli del mondo esterno. La riflessione di M. si snoda in diversi
passaggi e attraverso il confronto con alcuni dei protagonisti della filosofia,
della linguistica, della semiotica e della teoria del cinema del Novecento,
avendo sempre come punto di riferimento la filosofia critica di Kant. Pensiero
Ermeneutica e filosofia critica. Pubblica Il debito del linguaggio, in cui,
partendo dal confronto con le teorie strutturaliste, in particolare quelle di
Jakobson e Mukarovsky, mostra come la questione del significato del testo
poetico non possa essere risolta mediante l'individuazione del codice
linguistico o semiotico di riferimento, ma rimandi ad una condizione estetica
della significazione. Questo tema viene ulteriormente approfondito in Estetica
ed ermeneutica. Prendendo le mosse dalla filosofia critica kantiana, propone di
ripensare la verità nel senso heideggeriano dell’ “a-letheia”, del
“dis-velamento” dell'essere come una situazione ermeneutica strettamente
legata all'effettiva esperienza del soggetto, seguendo la rilettura della
filosofia di Heidegger proposta da Gadamer.La formazione e il pensiero di M.
sono stati segnati dal suo interesse per il cinema e in particolare per Vertov
e Ėjzenštejn. Di entrambi ha curato l'edizione
degli scritti. Nel testo “L'immaginazione narrative” (Guerini)
coniuga l'interesse per il cinema con quello più strettamente filosofico per il
tema dell'immaginazione. Propone di considerare l'immaginazione nei termini in
cui, in Tempo e racconto, Ricœur parla della narrazione, ovvero come di un
processo di “rifigurazione” dell'esperienza del tempo da parte dell'uomo. Per
Ricoeur la narrazione ha il potere di far fare al lettore esperienza di un
tempo propriamente umano. Montani fa propria la tesi di Ricoeur, applicandola
però, all'ambito della narrazione cinematografica. M. ritiene che il territorio
dell'immaginazione in cui lavora il cinema sia quello dell'intreccio tra
finzione e testimonianza, tra la costruzione dell'intreccio narrativo e la
documentazione del reale. La trasformazione dell'esperienza del tempo avviene, così,
ad un livello più profondo e creativo. Tecnica ed estetica Con Bioestetica
si inaugura la fase più recente del pensiero di M., dedicata
all'approfondimento del rapporto tra tecnica e estetica. Attraverso il
paradigma della bioestetica M. propone di leggere i fenomeni di biopotere che
caratterizzano l'epoca contemporanea a partire dalla loro natura innanzitutto
tecnica ed estetica, cioè a partire dal fatto che la sensibilità dell'essere
umano viene sempre più orientata ed organizzata tecnicamente. Il biopotere
consiste proprio nella capacità di canalizzare la sensibilità umana. In
L'immaginazione intermediale Montani prende in analisi i modi in cui il cinema
risponde alle forme di anestetizzazione. Prendendo le mosse dalla
spettacolarizzazione della politica emersa in seguito all'attentato delle Torri
Gemelle, Montani introduce il concetto di "autenticazione
dell'immagine", che non consiste nell'accertamento del referente fattuale
dell'immagine (il vero, il reale) ma nella rigenerazione di un orizzonte di senso
condiviso, la capacità di riferimento dell'esperienza e del linguaggio, in
un'epoca caratterizzata da crescenti fenomeni di “indifferenza referenziale” La
riflessione sul rapporto tra estetica e tecnica continua in “Tecnologie della
sensibilità”, in cui viene teorizzata l'esistenza di una terza funzione
dell'immaginazione: accanto a quella produttiva e riproduttiva vi è una
funzione inter-attiva. L'immaginazione inter-attiva diventa il paradigma
attraverso cui leggere l'epoca contemporanea, attraversata profondamente da
fenomeni dell'inter-attività digitale e dalla proliferazione di ambienti
virtuali. Saggi: “Il debito del linguaggio: l'auto-riflessività nel discorso,”
– Grice: “There is the ‘debito’ and there is the ‘credito’ or ‘price’ of
semiosis, too!” -- Marsilio, Venezia; -- Grice: “Actually, Montani uses
‘aesthetic self-reflection,’ using ‘aesthetic’ etymologically, as per what he
calls ‘ermeneutica sensibile’ -- Fuori
campo: studi sul cinema e l'estetica, Quattroventi, Urbino; Estetica ed ermeneutica:
senso, contingenza, verità, Laterza, Roma);
L'immaginazione narrativa: il racconto del cinema oltre i confini dello
spazio letterario, Guerini, Milano); Arte e verità dall'antichità alla
filosofia contemporanea: un'introduzione all'estetica, Laterza, Roma); L'estetica
contemporanea: il destino delle arti nella tarda modernià, Carocci, Roma; Lo stato dell'arte:
l'esperienza estetica; Carboni e M., Laterza, Roma); Bioestetica: senso comune,
tecnica e arte” (Carocci, Roma; L'immaginazione intermediale: perlustrare, ri-figurare,
testimoniare il mondo visibile, Laterza, Roma); Tecnologie della sensibilità.
Estetica e immaginazione interattiva, Cortina, Milano. M., Il senso, Rai
Scuola, su raiscuola.rai. I percorsi
dell'immaginazione. Studi in onore di M., Pellegrini, Censi, Cine-occhi e
cine-pugni: due modi di intendere il cinema, su Nazione Indiana, L'immaginazione estatica. Estetica, tecnica e
biopolitica, su giornaledifilosofia.net. 2 lAlessandra Campo, Biopolitica come
an-estetizzazione. Il significato estetico della biopolitica, su
sintesidialettica. Montani, L'immaginazione intermediale, Laterza,, M., L'immaginazione
intermediale, Laterza, Anna Li Vigni, Gli occhiali per immaginare, Il Sole 24
Ore. La vita immersa nell’estetica del virtuale, su ilmanifesto. Pietro
Montani. Montani. Keywords: il debito del segno, Narciso e la reflexione. Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Montani” – The Swimming-Pool Library.
Grice e Montinari: la ragione conversazionale e
l’implicatura conversazionale del sovrumano – torna a Surriento – la scuola di
Lucca -- filosofia toscana -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Lucca). Filosofo toscano. Filosofo italiano. Luca, Toscana. Grice:
“If I were asked to identify the main difference between the Italian
philosopher and the Oxonian philosopher is that the Italian philosopher takes
Nietzsche seriously! But then he lived
at Torino!” «Nelle istituzioni
esistenti, sostenute da immani forze di produzione e di distruzione, viene
assimilata e mercificata ogni e qualsiasi protesta, persino quella dei Lumpen,
ogni tentativo di lasciare la «nave dei folli». Se il metodo di Nietzsche può
ancora aiutarci, allora l'unica forza che ci è rimasta è quella della cultura,
della ragione.» Considerato uno dei massimi editori e interpreti di
Nietzsche. Ha definitivamente dimostrato che Nietzsche non ha mai scritto
un'opera dal titolo “La volontà di Potenza” e che le cinque diverse
compilazioni che la sorella del filosofo e altri editori dilettanti hanno
pubblicato sotto questo titolo sono testi del tutto inaffidabili per
comprendere il pensiero di Nietzsche. Si era formato alla Scuola Normale
Superiore di Pisa e all'Pisa, presso la quale si laureò con una tesi, “I
movimenti ereticali a Lucca.” Caduto il fascismo, divenne un attivista del
Partito comunista, presso il quale si occupava della traduzione di scritti dal
tedesco. Mentre visitava la Germani a Est per motivi di ricerca, fu testimone
della rivolta. Successivamente, in seguito alla repressione della Rivoluzione
ungherese del 1956, si allontanò dall'ortodossia marxista e dalla carriera nel
partito. Mantenne tuttavia la sua iscrizione al PCI, e rimase fedele agli
ideali del socialismo. Collabora con le Edizioni Rinascita, e per un anno fu
direttore dell'omonima libreria in Roma. Dopo averne rivisto la raccolta
di opere e manoscritti in Weimar, Colli e M. decisero di iniziarne una nuova
edizione critica. Essa divenne lo standard per gli studiosi, e fu pubblicata in
da Adelphi. Per questo lavoro fu preziosa la sia abilità nel decifrare la
scrittura a mano (praticamente incomprensibile) di Nietzsche, fino a quel
momento trascritta solo da "Gast“ (Köselitz). Fonda la rivista
Nietzsche-di cui fu coeditore. Attraverso le sue traduzioni ed i suoi commenti
di Nietzsche, diede un contributo fondamentale alla ricerca storica e
filosofica, inserendo Nietzsche nel contesto del proprio tempo. Saggi: “Che
cosa ha detto Nietzsche” Roma, Ubaldini,
ripubblicato come “Che cosa ha detto
Nietzsche,” [Grice: “I convinced Montinari that ‘veramente’ is a trouser word
and should be avoided!” -- Campioni, Milano, Adelphi. Su Nietzsche, Roma,
Riuniti, Teoria della Natura, Torino,
Boringhieri, Milano, SE, F Nietzsche,
Lettere a Rohde, Torino, Boringhieri, Nietzsche, Opere, (Milano, Adelphi, Nietzsche, Il caso Wagner: Crepuscolo degli
idoli; L'anticristo; Scelta di frammenti, S. Giametta, Ferruccio Masini,
Giorgio Colli, Milano, Mondadori Editore, Ecce homo; Ditirambi di Dioniso;
Nietzsche contra Wagner; Poesie e scelta di frammenti postumi, Milano, A.
Mondadori, Nietzsche, Schopenhauer come educatore, Milano, Adelphi, Epistolario
di Nietzsche, Pampaloni Fama, Milano, Adelphi,
Nietzsche, Scritti, Milano, Adelphi, Schopenhauer, La vista e i colori
Carteggio con Goethe,Abscondita, Nota
introduttiva a Genealogia della morale, Nietzsche e Van Gogh, due cardini del
pensiero occidentale moderno di Bettozzi
(Liberal democaratici), su liberal democratici.. «Tant qu'il ne fut pas possible aux chercheurs les plus
sérieux d'accéder à l'ensemble des manuscrits de Nietzsche, on savait seulement
de façon vague que La Volonté de puissance n'existait pas comme telle (...)
Nous souhaitons que le jour nouveau, apporté par les inédits, soit celui du
retour à Nietzsche.» (Deleuze) Aveva infatti ottenuto una borsa di studio
della Scuola Normale Superiore a Francoforte sul Meno. Rinascita Che era stato il suo maestro.
Giuliano Campioni, Dizionario Biografico degli Italiani stituto
dell'Enciclopedia italiana Treccani Giuliano Campioni, Giuliano Campioni, Lanata,
Esercizi di memoria, Bari, Levante, (notizie su M. M. nell'articolo su Colli
anche a proposito dell'Enciclopedia di autori classici, Boringhieri, progettata
e diretta da Colli e a cui M. M.collaborò). Paolo D’Iorio, L'arte di leggere
Nietzsche, Firenze, Ponte alle grazie,Giuliano Campioni, Leggere Nietzsche.
Alle origini dell'edizione critica Colli-Montinari. Con lettere e testi
inediti, Pisa, M.: l'arte di leggere Nietzsche Paolo D'Iorio, Pubblicato da
Ponte alle grazie, Studi germanici — Di Istituto italiano di studi germanici —
Pubblicato da Edizioni dell'Ateneo, Originale disponibile presso la
l'Università della Virginia — "M., Nietzsche", di Tuca Giuliano
Campioni, Da Lucca a Weimar: M. e Nietzsche in Nietzsche. Edizioni e
interpretazioni, Fornari, ETS, Pisa, Die
"ideelle Bibliothek Nietzsches". Von Charles Andler M. Pensiero di
Schopenhauer Roscani Torino#Filosofi Giuliano Campioni, M., in Dizionario
biografico degl’italiani, Istituto
dell'Enciclopedia. Opere di M., Centro interdipartimentale di studi Colli-M. su
Nietzsche e la Cultura Europea — Pisa, Lecce, Padova e Firenze
(Centronietzsche.net), su centronietzsche.net. Grice: “Montinari is right that
‘la volonta di potenza’ ‘n’existe pas’ – vacuous name. Torna a Surriento. Umano,
troppo umano, uscito cento anni fa, più precisamente nel 1878, e dedicato al
centenario della morte di Voltaire, è tra le opere di Nietzsche quella che ha
avuto il più lungo periodo di gestazio-ne, dall'estate del 1875 all'inverno
1877-78. Nella mighore e più attendibile biografa di Nietzsche che mai sia
stata scritta e che troppe volte non viene presa sul serio, voglio dire in Ecce
homo, leggiamo: « Umano, troppo umano è il monumento di una crist. Dice
di essere un libro per spiriti liberi: quasi ogni frase vi esprime una vittoria
- con quel libro mi sono liberato da ciò che non apparteneva alla mia natura...
qui il termine " spirito libero" deve essere inteso solo in un senso:
uno spirito diventato libero, che ha ripreso possesso di se stesso ». Ciò che
non apparteneva alla natura di Nietzsche era la speculazione metafisica di
Schopenhauer, il pensiero mitico di Wagner (più in generale il • pensiero
impuro » dell'artista). L'approdo alla liberazione dello spirito è dunque un
processo; esso — per il Nietzsche del 1878 - doveva essere compreso in una
sorta di tirocinio, al cui inizio stavano le Memorie di un'idealista (1872-76)
di Malwida von Meysenbug e alla fine l'Origine dei sentimenti morali (1877) di
Paul Rée. Tra i due nomi, che sembrano in contrasto tra loro, si compie una parabola
tipica per la situazione spirituale di un gruppo importante di intellettuali
del tardo Ottocento, cui anche Nietzsche appartiene. La vecchia quarantottarda
Malwida (an-no 1816) acquisisce negli anni della rivoluzione e dell'esilio
(Herzen, Mazzini, Kinkel) una concezione del mondo intrepidamente
materialistica ed ateisti-ca, anche se illuminata dall'idealismo
pratico-poli-tico e poi sostenuta (dopo l'incontro con Wagner) dalla
pessimistica (e consolatoria) metafisica schopen-haueriana. Ciò spiega, tra l'altro,
l'entusiasmo concui ella nell'inverno 1876-77 a Sorrento accolse, per il
tramite di Nietzsche, l'‹ ottimismo del temperamento » coniugato al •
pessimismo della conoscenza », secondo la formula adoperata da Jacob
Burck-hardt per definire il carattere dei Greci. (Questa formula doveva avere
fortuna particolare da noi in Italia, nel passaggio dalla Meysenbug a Romain
Rolland, e da costui a Antonio Gramsci). Quindi Paul Rée (anno 1849): il
giovane filosofo positivista si era educato alla scuola di Schopenhauer (e di
Eduard von Hartmann, al quale anche il giovane Nietzsche doveva qualcosa), ma
anche di Darwin e dei nuovi moralisti inglesi, con una considerevole aggiunta
di nichilismo russo (Turgenev). Non mi sembra casuale che nel 1877 sia proprio
Rée a scoprire (per regalarlo poi alla Meysenbug e a Bay-reuth) il giovanissimo
Heinrich von Stein (anno 1857, allievo di Eugen Dühring, filosofo della «
realtà »), anche lui schopenhaueriano (e poi wagneria-no) e autore di un libro
dedicato agli « ideali » del « materialismo ». Questa schiera di
personaggi, spiriti più o meno li-beri, tra i quali si trovavano amici e
ammiratori di Nietzsche, vive la crisi di un'epoca satura di scienza, che può
essere solo onestamente materialistica ed è al tempo stesso intimamente
insoddisfatta, perché non riesce a scaldarsi al pallido, nordico agnosticismo
königsberghiano, né ad entusiasmarsi per la « nuova fede » ottimistica e
scientista del senile D.F. Strauss. Le rimangono tutt'al più i paradisi
artificiali e neoromantici del dramma musicale di Ri- chard Wagner.
Dopo il grande tentativo wagneriano della Nascita della tragedia, la serie
delle Considerazioni inattuali e più ancora la grande massa dei frammenti
postumi stesi tra il 1872 e il 1876 si presentano ai nostri occhi come la
preparazione del Nietzsche nuovo di Umano, troppo umano. Al di là della
predicazione e dell'invettiva del Nietzsche inattuale è possibile infatti
cogliere quel processo di intellettualizzazione radicale e di distruzione di
ogni convinzione che è uno degli aspetti fondamentali della libertà di
spi-rito, come viene enunciata nelle ultime pagine di Umano, troppo umano. Le
illusioni e le consolazioni dell'arte, della metafisica, della religione cadono
« in balia della storia», e solo la storia può rievocarle - e questa è ancora
la nostra fortuna: poter mantenere in noi la possibilità della rievocazione
storica dell'umanità passata. L'importanza della conoscenza storica è
sottolineata da Nietzsche proprio in rapporto alla fine della metafisica, quando
nell'aforisma 37 di Umano, troppo umano scrive: * Qual è comunque la
proposizione principale a cui giunge, attraverso le sue penetranti e taglienti
analisi dell'umano agire, uno dei più arditi e freddi pensatori, l'autore del
libro: Sull'origine dei sentimenti morali [cioè Paul Rée]? " L'uomo
morale" egli dice "non è più vicino al mondo intelligibile
(metafisico) dell'uomo fisico". Questa proposizione, temprata e affilata
sotto i colpi di martello della conoscenza storica, potrà forse un giorno, in
un qualche futuro, servire come l'accetta che reciderà alla radice il "
bisogno metafisico" degli uomini: se più a benedizione che a maledizione
del benessere gene-rale, chi saprebbe dirlo? ma in ogni caso come una
proposizione dalle più importanti conseguenze, feconda e terribile insieme, e
che scruta il mondo in quel modo bifronte, proprio di tutte le grandi
co-noscenze». Dieci anni più tardi Nietzsche citerà ancora una volta in Ecce
homo la proposizione di Rée, presentandola come il preannuncio della sua « trasvalutazione
di tutti i valori ». Ho l'impressione che nessuno degli esegeti di Nietzsche
abbia preso sul serio quel ritorno estremo a Paul Rée. A Rée mancano
tuttavia la disciplina e l'esercizio del senso storico che troviamo invece in
tutta l'opera di Nietzsche, a partire proprio da Umano, troppo umano. Né il
nome del massimo rappresentantedell'età dei lumi, di colui che Goethe chiamava
la • luce di noi tutti » si trova sul frontespizio della prima edizione
del « libro per spiriti liberi » a celebrare la casualità di un giubileo. Esso
rappresenta invece il nuovo programma di Nietzsche, che consiste nel
risuscitare e lo spirito dell'Illuminismo e dello sviluppo progrediente »
contro lo spirito di Rousseau, padre ambiguo delle « mezze verità » della Rivoluzione
francese e del romanticismo. Nel 1876-78 l'antagonismo Voltaire-Rousseau
rientra per Nietzsche in una sorta di schema storico, che vale per l'età
moderna nei due momenti dell'Umanesi-mo-Rinascimento e dell'Illuminismo.
L'Umanesimo- Rinascimento è un movimento di civiltà che viene interrotto
da una rivoluzione (la Riforma) e da una reazione (la Controriforma), così come
l'Illuminismo è stato interrotto dalla Rivoluzione francese e dalla reazione
romantica. Dalla reazione romantica maturano però risultati imprevisti: da un
lato il senso della storia, come forma superiore e prosecuzione
dell'Illuminismo, dall'altro, - come prodotto diret-to, secondo Nietzsche, del
senso storico, - il socialismo (rivoluzione) e l'oscurantismo moderno (in
Germania nelle forme ideologiche del conservatorismo cristiano degli Junker e
dell'antisemitismo). Nietzsche è dalla parte del Rinascimento,
dell'Illu-minismo e del senso storico, a cui si contrappongono di volta in
volta le coppie rivoluzionario-reazionarie che abbiamo visto. I valori
positivi del passato non sono di coloro che hanno combattuto o reagito contro
la Riforma e contro la Rivoluzione francese, come nel presente non è la
reazione antisocialista (nel 1878 si hanno le leggi antisocialiste di Bismarck)
a cui Nietzsche senta di aderire. La pacata riflessione storica dello spirito
libero si colloca piuttosto nella vita contempla-tiva; questa comporta non
tanto la rinuncia all'immediatezza vitale dell'azione, quanto e soprattutto il
dominio dello « spirito » sulla pienezza e ricchez-za della « vita » (e quel
dominio avrà significato in proporzione diretta a questa ricchezza e
pienezza). Un modello di questo dominio è il classicismo illu-ministico,
tollerante e cosmopolitico di Goethe, che è il saldo punto di riferimento di
tutto il libro. guerra, bensi come la constatazione del definitivo
crepuscolo degli « ideali » metafisici (Schopenhauer) e mitici (Wagner),
a cui secondo lui avrebbero dovuto approdare per onestà della ragione anche i
suoi amici e seguaci. Tranne alcune rilevanti eccezioni (Overbeck, in
particolare, ma anche Burck-hardt e Karl Hillebrand, che tuttavia non erano
propriamente né amici né seguaci) gli amici (Richard e Cosima Wagner, Erwin
Rohde, Malwida von Mey-senbug) rimasero costernati e, anzi, si sentirono
attaccati e provocati, abbandonati e traditi. Così Nietzsche stesso, che pochi
mesi prima aveva scritto cpistole dedicatorie di Umano, troppo umano a Ri-chard
e Cosima Wagner, una di esse persino in (brutti) versi, dovette rendersi conto
dell'abisso che lo separava non solo dai suoi vecchi amici, ma anche dal suo
proprio passato: « Quell'offuscamento metafisico di tutte le cose vere e
semplici, la lotta condotta con la ragione contro la ragione, con la mira di
vedere in ogni e qualsiasi occasione chissà quali immense meraviglie, per
giunta un'arte barocca di ipereccitazione e esaltazione della smodera-tezza,
intendo dire l'arte di Wagner: queste due cose messe insieme avevano finito per
rendermi sempre più malato e quasi ad estraniarmi dal mio buon temperamento...
Mi resi pienamente conto di tutto ciò nell'estate di Bayreuth [1876]: fuggii
via, dopo le prime rappresentazioni a cui avevo assistito, e mi rifugiai sui
monti, e là in un piccolo villaggio in mezzo alla foresta, nacque il primo
schizzo, all'incirca un terzo del mio libro, allora sotto il titolo del Vomere
». Cosi scriveva Nietzsche all'inconsola-bile Mathilde Maier, un'amica di
Wagner, nel luglio del 1878, e nella stessa epoca a Rée: « I miei conoscenti ed
amici (con pochissime eccezioni) si comportano come se gli avessi rovesciato il
pentolino del latte. Dio li aiuti - io non posso fare altrimenti ».
Umano, troppo umano non era nato come libro po-lemico, lo ripetiamo, ma come
superamento di una crisi, che non era solo di Nietzsche. Perché non vada
perduto, nella presente pubblicazione che non ha commento, riproduciamo qui ciò
che l'autore volle premettere nel 1878 alla prima edizione, ‹ in luogo di una
prefazione », affinché serva come avviamento alla lettura della prima grande
opera veramente sua. Si tratta della traduzione di un brano tratto dalla
versione latina del Discorso del metodo di Cartesio: *- per un certo
tempo considerai le occupazioni disparate alle quali gli uomini si dedicano in
questa vita, e feci il tentativo di scegliere la migliore tra queste. Ma non è
necessario qui raccontare quali pensieri mi vennero nel far ciò: basti dire
che, per parte mia, nulla mi sembrò essere meglio che attenermi rigidamente al
mio proposito, vale a dire: impiegare tutto il tempo della vita a sviluppare la
mia ragione e a seguire le tracce della verità così come i mi re proponi
queche i ri che gali che, secondo il mio giudizio, non si può trovare in
questa vita nulla di più gradevole e di più in- nocente; oltre a ciò, da
quando mi ero giovato di quel modo di considerare le cose, non passava giorno
senza che io non scoprissi qualcosa di nuovo, che era sempre di un qualche peso
e niente affatto conosciuto dalla generalità degli uomini. La mia anima
finalmente divenne allora cosi piena di gioia, che tutte le altre cose non
potevano più offenderla in alcun modo ›.Mazzino Montinari. Montinari. Refs.
Luigi Speranza, “Grice e Montinari: l’implicatura di Nietzsche” – The
Swimming-Pool Library.
Grice e Monte: la ragione
conversazionale e l’implicatura conversazionale – la prospettiva e la filosofia
della percezione – la scuola di Pesaro -- filosofia marchese -- filosofia
italiana – Luigi Speranza (Pesaro). Filosofo italiano. Pesaro, Marche. Grice: “I like to
illustrate a ‘scientific revolution’ with Del Monte’s refutation on the
equilibrium controversy, since it involves a lot of analyticity that only a
philosopher can digest!” -- essential Italian philosopher. Il marchese Guidubaldo Bourbon Del
Monte (Pesaro), filosoMecanicorum liber, Suo padre, Ranieri, originario da un
famiglia benestante di Urbino, discendente dalla schiatta dei Bourbon del Monte
Santa Maria, fu notato per il suo ruolo bellico e fu autore di due libri
sull'architettura militare. Il duca di Urbino, Guidobaldo II della Rovere, gli
attribuì, per meriti, il titolo di Marchese del Monte, dunque la famiglia
divenne nobile solo un generazione prima di Guidobaldo. Alla morte del padre, ottenne
il titolo di Marchese. Studia matematica a Padova. Mentre era lì, strinse una
grande amicizia con Tasso. Combatté nel conflitto in Ungheria, tra l'impero
degli Asburgo e l'Impero Ottomano. Al termine della guerra, torna nella sua
tenuta a Mombaroccio, vicino Urbino, dove passava i giorni studiando
matematica, meccanica, astronomia e ottica. Studia matematica con l'aiuto di
Commandino. Divenne amico di Baldi, che fu anch'esso studente di Commandino. Ispettore
delle fortificazioni del Granducato di Toscana, pur continuando a risiedere nel
Ducato di Urbino. In quegli anni,
corrisponde con numerosi matematici inclusio Contarini, Barozzi e Galilei e con alcuni di loro si dice abbia avuto anche
relazioni più che professionali.
L'invenzione per la costruzione di poligoni regolari e per dividere in
un numero determinato di segmento qualsiasi linea fu incorporata come
caratteristica del compasso geometrico e militare di Galileo. Proprio fu
fondamentale nell'aiutare Galilei nella sua carriera, che e un promessa ma
disoccupato. Raccomanda il toscano al suo fratello Cardinale, che a sua volta
parla con il potente Duca di Toscana, Ferdinando I de' Medici. Sotto la sua
protezione, Galileo ha una cattedra di matematica all'Pisa. Guidobaldo divenne
un amico fidato di Galileo e lo aiutò nuovamente quando dovette necessariamente
fare domanda per poter insegnare matematica all'Padova, a causa dell'odio e
della macchinazione di Giovanni de' Medici, un figlio di Cosimo de' Medici,
contro Galileo. Nonostante la loro amicizia, M. fu un critico di alcune teorie
di GALILEI, come quella relativa alla legge dell'isocronismo delle oscillazioni.
Compone un importante saggio sulla prospettiva, “Perspectivae Libri VI”, pubblicato
a Pesaro che ha ampia diffusione. E sicuramente, anche secondo il parere di
Galileo, uno dei massimi studiosi di meccanica e matematica. “Mechanicorum
liber”. Pisauri. Saggi: “Mechanicorum” (Pisauri, Girolamo Concordia – Venezia,
Deuchino -- Mecanicorum); “Plani-sphaeriorum universalium theorica” (Pisauri,
Girolamo Concordia); “De ecclesiastici calendarii restitutione" (Pisauri,
Girolamo Concordia); “La prospettiva” (Pisauri, Girolamo Concordia -- Roma); “Problematum
astronomicorum” Venezia, Giunta); De cochlea,” Venezia, Deuchino); “Le mechaniche nelle quali si contiene la
dottrina di tutti gl’istrumenti principali da mover pesi grandissimi con
picciola forza” (Venezia, Franceschi);
“Lettere” (Venezia); “La teoria sui planisferi universali” (Firenze). Galileo
(che nel frattempo era stato molto probabilmente anche suo ospite) puo occupare
la cattedra di Padova, grazie anche all’intervento delduca., che nell’ambiente
veneto poteva contare, oltre che sull’amicizia di un Contarini e di un Pinelli,
sull’autorità e l’influenza di M., generale delle fanterie della
Repubblica": Fondazione cardinal Francesco maria delmonte -- guidobaldo-del-monte.
A. Giostra, La stella o cometa nelle lettere a Giordani, Giornale di
Astronomia. Galilei. Guidobaldo II della Rovere Mombaroccio, Enciclopedia
Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dizionario biografico degli
italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Grice: “There possibly is no
equivalent to perspective for the other senses. Prospettiva, as the Italians
call it. They
are obsessed with it. Consider the human body. Consider Apollo del Belvedere –
it is not just a body perceiving another body, there is a perspectival side to
it!” Giambattista del Monte. Guido
Ubaldo de’ marchesi Del Monte; Guidobaldo Del Monte. Monte. Keywords: implicature,
perspective in statuary. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e del Monte,"
per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria,
Italia.
Grice
e Monterosso – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italianno. Roma, Lazio. Vede le
stampe a Buenos Aires il progetto di M.,
denominato neo-latinus. I casi fin qui esaminati non esauriscono la
moltitudine di quelli che vedeno la luce. Si ricordino pertanto anche i
contributi di Tommaso Valperga di Caluso (grammatica universale, 1800), ROVERE (vedasi), Proposta del
provenzale come lingua internazionale, CONSOLI (vedasi), Lingua nazionale della
terra; PORTALUPI (vedasi), Sten.ling.; FACCIOLI (vedasi), Lingue de nazioni e
lingua universale; MAGLI (vedasi), Anti-Babele; ALLIONI (vedasi) BOELLA
(vedasi) Boella (999 Cod.: codice di
corrispondenza amichevole internazionale), HERPITT (vedasi), Niuspik; CALABRESI
(vedasi), Omni-Lingua; ARGENTERI (vedasi), Lingua Euratlantica; PELLEGRINI
(vedasi), Grammatica de lingua italiane semplificate; CIARLANTINI (vedasi), Metodo
tachigrafico. I progetti ivi citati non sono stati esaminati perché le
informazioni che li concernono sono, per ora, di difficile reperimento. Antonio
da Monterroso. Monterosso. Keywords: implicatura, lingua universale. Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Monterosso.” Monterroso.
Grice e Moramarco: la ragione conversazioane e l’implicatura
conversazionale della tradizione massonica filosofia emiliana – filosofia
italiana – Luigi Speranza (Reggio
nell’Emilia). Filosofo italiano.
Reggio, Emilia. Grice: “Unlike Moramarco, what most people know about
massoneria is via “Il flauto magico”!” Grice: “Moramarco analyses massoneria aa
a philosophical cult, talking about ‘brotherly link’ ‘vincolo fraterno’ – he
has unearthed a few fascinating details about massoneria in Italy. Esponente della Massoneria te assertore di una
sintesi religiosa tra Mazdeismo e Cristianesimo. Discende da un'antica famiglia
di Altamura, di ascendenze latino-germaniche, cresciuta e ramificatasi durante
il dominio dei Farnese. Studioso di Massoneria, ha scritto la Nuova
Enciclopedia Massonica in tre volumi, importante testo di ricerca
massonologica. Un suo precedente volume, La Massoneria ieri e oggi fu tra i
primi, sull'argomento, pubblicati in Russia dopo il crollo del regime
sovietico, che aveva proscritto le Logge. Iniziato nel Grande Oriente
d'Italia, divenne Maestro Venerabile della Loggia Intelletto e Amore, ricevette
la decorazione all'Ordine di Bruno, conferita a quanti si distinguono nello
studio e nella diffusione degli ideali massonici. Coordinatore scientifico
del Convegno Internazionale anni di Massoneria in Italia, al quale
parteciparono studiosi quali Paolo Ungari, Alessandro Bausani, Mola, Basso,
Roversi Monaco, Ricca. Il convegno fiorentino costituì la prima risposta
pubblica, da parte della Comunione massonica di Palazzo Giustiniani, alle
degenerazioni della P2. Nello stesso anno, in qualità di Garante
d'Amicizia tra il Grande Oriente d'Italia e la Grand Lodge of South Africa,
richiese, d'accordo con il Gran Maestro Armando Corona, che tutte le Logge
sudafricane, peraltro già avviate in tale direzione (quando un gruppo di Liberi Muratori della
Massoneria Prince Hall era stato ammesso nella Loggia "De Goede Hoop"
di Cape Town), abrogassero l'apartheid, scelta che esse fecero, qualificandosi
tra le prime associazioni bianche a superare la segregazione razziale. Uscì
dal Grande Oriente d'Italia, rigettandone il laicismo, per ravvivare i nuclei
massonici di impronta cristiana e spiritualista, che assunsero la denominazione
Real Ordine degli Antichi Liberi e Accettati Muratori. Su tale concezione della
Massoneria ha scritto La via massonica. Dal manoscritto Graham al risveglio
noachide e cristiano (), un testo dal quale emerge, fra l'altro, l'importanza
della devozione alla Vergine Maria, come madre del Cristo ed espressione umana
della divina Sophia, nella genesi della spiritualità massonica. Ha
ricostruito le vicende della Gran Loggia d'Italia, l'altra associazione
maggioritaria di Liberi Muratori in Italia, nel volume Piazza del Gesù.
Documenti rari e inediti della tradizione massonica italiana, contribuendo in
seguito alla realizzazione di programmi tematici per varie emittenti
televisive, tra le quali Rossija 24, Reteconomy e È TV Rete7. Ha
conseguito il 33º grado del Rito scozzese antico ed accettato e il VII del Rito
filosofico italiano, che nel secondo decennio del Novecento vide tra le sue
fila i neopitagorici Arturo Reghini e Amedeo Rocco Armentano. Fonda in
Italia l'Antico Rito Noachita su patente ricevuta presso il British Museum
dall'ex Maestro Venerabile della Loggia "Heliopolis" di Londra.
Ha realizzato una colonna sonora per i rituali massonici, dal titolo Masonic
Ritual Rhapsody. presso la Loggia "Gottfried Keller" di Zurigo,
è stato ricevuto come membro nell'Independent Order of Odd Fellows. Già
attivo con Joseph L. Gentili, editore
del newsletter Brooklyn Universalist Christian, in un progetto di restaurazione
della Chiesa Universalista d'America, contro la deriva liberal di quel movimento,
ha ricevuto il navjote zoroastriano. Nel volume Il Mazdeismo Universale propone
una visione eclettica di tale religione, collegando ad essa elementi del
misticismo ebraico, del dualismo platonico e cristiano, del buddhismo Mahāyāna,
e riconoscendo in Gesù il saoshyant (divino soccorritore, messia) profetizzato
dall'antica religione iranica, in una prospettiva teologica di tipo
mazdeo-cristiano, intorno alla quale si è formata una Fraternità Mazdea
Cristiana. Si è avvicinato alle correnti latitudinaria e mistica
dell'Anglicanesimo e al percorso religioso di Loyson, confluendo in una
comunità religiosa di orientamento eclettico, ove ha potuto conservare la
doppia appartenenza, cristiana e zoroastriana. Entro tale gruppo, che nel
gennaio ha assunto la denominazione
Reformed Cloister of the Holy SpiritUnione Riformata Universalista, è un oblato
di San Pellegrino delle Alpi, secondo la Regola che, ispirandosi alle
tradizioni fiorite intorno alla vita di quell'eremita del Cristianesimo
celtico, contempla almeno un atto quotidiano "di giustizia, o di soccorso
fraterno" anche nei riguardi di animali e piante. Laureatosi cum
laude in Filosofia presso l'Bologna,, con una tesi sul pensatore indiano Sri
Aurobindo (relatore il noto indologo e sanscritista Giorgio Renato Franci),
nella seconda metà degli anni Ottanta si è formato in Training autogeno e
Psicoterapia con la procedura immaginativa sotto la guida di Luigi
Peresson. Ha trattato dei nessi tra Zoroastrismo e Cristianesimo nei
libri La celeste dottrina noachita (e I Magi eterni, di fenomenologia del sacro
ne L'ultima tappa di Henry Corbin e di tanatologia in Psicologia del morire. Ha
scritto sulle esperienze di autogestione dei lavoratori nel mondo e sui
rapporti tra socialismo e religione per Azione nonviolenta, la rivista fondata
da Aldo Capitini. Con il saggio Per una rifondazione del Socialismo partecipò
al simposio "Marxismo e nonviolenza" (Firenze) nel quale
intervennero, tra gli altri, Bobbio e Garaudy. -- è un sostenitore della lingua
ausiliaria internazionale Esperanto. Ha aderito al gruppo esperantista
bolognese "Achille Tellini". In ambito narrativo, ha scritto
Diario californiano e Torbida dea. Si è occupato di storia dello spettacolo,
scrivendo I mitici Gufi, sul celebre quartetto di cabaret degli anni sessanta,
e partecipando all'allestimento del programma Gufologia per Rai Sat; con l'ex
"Gufo" Roberto Brivio ha collaborato sia nella riproposta del
repertorio del gruppo in teatri e circoli culturali, sia nella realizzazione di
un laboratorio teatrale e musicale che vide attivamente coinvolti numerosi
alunni portatori di disabilità, presso l'Istituto medio superiore in cui
insegnò psicologia. Ha inciso quattro CD, Allucinazioni amorose (meno
due), Gesbitando, Come al crepuscolo l'acacia e Existenz, che contengono sue
canzoni e brevi suites strumentali, ricevendo il plauso, tra gli altri, di
critici come Maurizio Becker, Mario Bonanno (Musica et Parole) e Salvatore
Esposito (Blogfoolk), di autori come Bruno Lauzi, Ernesto Bassignano, Giorgio
Conte e dei jazzisti Giulio Stracciati e Shinobu Ito. Nel dicembre è stato chiamato da Luisa Melis, figlia e continuatrice
dell'opera di Ennio Melis, il patron della RCA Italiana, a far parte della
giuria del Premio De André. Saggi: “La
Massoneria” (Vecchi, Milano), “La Massoneria: cronaca, realtà, idee (Vecchi,
Milano), “Per una rifondazione del socialismo, in: Marxismo e non-violenza
(Lanterna, Genova) – PARTITO SOCIALISTA ITALIANO --; “La Libera Muratoria”
(Sugar, Milano); “La Massoneria. Il vincolo fraterno che gioca con la storia” (Giunti,
Firenze) Diario (Bastogi, Foggia) Grande Dizionario Enciclopedico POMBA
(Torino); Antroposofia, Besant, Cagliostro, Radiestesia, ecc.). L'ultima tappa
di Henry Corbin, in Contributi alla storia dell'Orientalismo, Franci (Clueb,
Bologna) “La Massoneria in Italia” (Bastogi, Foggia) Enciclopedia Massonica
(Ce.S.A.S., Reggio E.; Bastogi, Foggia); Psicologia del morire, in I nuovi ultimi (Francisci, Abano Terme)
Piazza del Gesù. “Documenti rari e inediti della tradizione massonica italiana”
(Ce.SA.S. Reggio Emllia); Sette Lodi Massoniche alla Beata Vergine Maria (Real
Ordine A.L.A.M., Reggio Emilia) La celeste dottrina noachita (Ce.S.A.S, Reggio
E.) I mitici Gufi (Edishow, Reggio Emilia); “Torbida dea. Psicostoria d'amore,
fantomi et zelosia (Bastogi, Foggia); Il Mazdeismo Universale. Una chiave
esoterica alla dottrina di Zarathushtra (Bastogi, Foggia ) I Magi eterni. Tra
Zarathushtra e Gesù (Om, Bologna ) La via massonica. Dal manoscritto Graham al
risveglio noachide (Om, Bologna ) Massoneria. Simboli, cultura, storia
(consulenza scientifica di M.M.) (Atlanti del Mistero/Giunti-Vecchi, Firenze )
Introduzione alla Libera Muratoria (Settenario, Bologna ) Musica Allucinazioni
amorose (meno due) (Bastogi Music
Italia) (Bastogi Music Italia) Gesbitando, (Bastogi Music Italia ) Come al
crepuscolo l'acacia (Heristal
Entertainment, Roma ) Existenz ((Heristal Entertainment, Roma ). Note Aplogruppo Mola, Un valido impulso per una Massoneria
"à parts entières", in 250 anni di Massoneria in Italia, F. Ferrari,
La Massoneria verso il futuro (una conversazione con Michele Moramarco) v.
) Una breve rassegna di testi
fondamentali sulla Massoneria si trova sul sito del Cesnur diretto da Massimo
Introvigne. Vedi anche le recensioni di E. Albertoni ne Il Sole 24 Ore, inserto
domenicale, e di G. Caprile ne La Civiltà Cattolica, Il volume fu pubblicato
nell’anno della dissoluzione dell'URSS, dalla casa editrice Progress, V.
Brunelli, Massoneria: è finito con la condanna della P2 il tempo delle logge e
dei "fratelli" coperti, in Corriere della sera, Il Corriere della
Sera dedicò un lungo articolo allo "scisma" (v. ). Del Real Ordine
A.L.A.M. si è occupato anche il centro di ricerca Cesnur, diretto dal noto
storico e sociologo delle religioni Massimo Introvigne,
v.//cesnur.org/religioni_italia/a/ appendice_02.htm. Il termine Real non aveva
alcun riferimento alla storia italiana, ma si richiamava alla leggenda,
contenuta negli Antichi doveri, secondo cui l'Ordine Massonico ricevé le sue
proto-costituzioni dal re Atelstano d'Inghilterra (Æðelstan); recentemente il
Real Ordine ha assunto la denominazione di Unione Cristiana dei Liberi
Muratori Rito filosofico italiano Antico Rito Noachita Masonic Ritual Rhapsody, Bastogi Music
Italia, youtube.com/watch?v=rSs0 4kpA36U. A questa esperienza è collegata la
sua iscrizione alla SIAE come autore musicale
Del percorso che lo ha condotto verso la visione di Zoroastro
(Zarathushtra) si è occupata la rivista parsi di Bombay, Parsiana, così come il
quotidiano torinese La Stampa v. mazdeanchristian.wordpress.com/ latitudinarismo, in Dizionario di filosofia,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana, v.
riformati universalisti.wordpress // In questa comunità si ritrovano, su vari
temi, idee tratte dal Manicheismo, dall'Arianesimo, dal Quaccherismo,
dall'Unitarianismo, dal Giurisdavidismo e dall'universalismo hindu-cristiano
del movimento Navavidhan fondato da Keshab Chandra Sen. Frequenti e
significativi sono altresì i riferimenti al pensiero di aint-Martin e alla
"religione aperta"o della "compresenza dei morti e dei
viventi"elaborata da Capitini, Stracciati
Ito E. Albertoni, Tante fedi,
nessun dogma (recensione della Nuova Enciclopedia Massonica, Il Sole 24 Ore,I,
inserto culturale domenicale) M. Chierici, Nasce la Lega dei Venerabili
(Corriere della Sera) S. Esposito, Dalle radici del Mazdeismo all'Alleanza
Mazdea CristianaIntervista con M. (in Secreta Magazine S. Esposito, Gesbitando:
intervista con M. (Blogfoolk) F. Ferrari, La Massoneria verso il futuro (una
conversazione con M.) (Bastogi, Foggi8) S. Semeraro, Tra la via Emilia e l'Est.
Così parlò Zoroastro (La Stampa, Torino) S. Sari, Unico e plurimo al contempo,
Dio secondo gli Zoroastriani [intervista a M.M.](Libero) G. Giovacchini,
Cultura e spiritualità della Massoneria italiana [prefazione di M.] (Tiphereth,
Acireale-Roma ) Zoroastrismo
Universalismo Massoneria Rosacroce michelemoramarco. blog del Real Ordine A.L.A.M., su
realordine.wordpress.com. Pagina sul sito di Heristal Entertainment, su
heristal.eu. blog degli anglicani latitudinari, su
riformatiepiscopali.wordpress.com. Grice: “The Romans are obsessed with what
Moramarco calls ‘paganesimo romano’ – the word ‘pagano’ only makes sense in
opposition to Christ. It would be very
inappropriate of the greatest Italian philosopher ever, Antonino, to consider
his self pagan!” -- Michele Moramarco. Moramarco.
Keywords: la tradizione massonica italiana. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e
Moramarco” – The Swimming-Pool Library.
Grice e Morandi. Trabalza cita. REGOLE DELLA
LINGUA FIORENTINA C ["kabalza. A quanto
dico del notevolissimo documento che
qui esce per
la prima volta
alla luce, sono
in grado, per
speciale favore usatomi
dal mio illustre
maestro ed amico
senatore Morandi, di aggiungere
alcune notizie di
grande importanza storica,
anticipando le conclusioni
a cui egli
è giunto, com'è
suo costume, dopo
largo e profondo
studio, e che
illustra col noto
suo magistero di
dottrina e di
stile in un
saporitissimo saggio d'imminente
pubblicazione. Nella Nuova
Antologia M. se-gnalava l'importanza della
Grammatichetta Vaticana, narrando
le vicende del
manoscritto; e poiché
egli stesso m'aveva
esor- tato a pubblicarlo
per intero, annunziava
fin d'allora ch'io
l'a- vrei messo come
appendice al presente
lavoro. Continuando però le
sue indagini con
rigore di metodo
in- torno ai primi
vocabolari e alle
prime grammatiche della
nostra lingua, il
Morandi ha potuto
tra le altre
cose provare che
la nostra Grammatichetta fu molto
probabilmente opera di
Lorenzo il Magnifico,
non certamente d’ALBERTI (si veda), com'era
stato supposto ; e che
anche Leonardo da
Vinci abbozzò una
grammatica italiana, dimettendone
forse il pensiero,
quando ebbe notizia,
come apparisce da due suoi
ricordi, della Grammati-
chetta del Magnifico. Lo
studio di M. si
occupa poi distesamente
dei materiali raccolti da
Leonardo per fare
il Vocabolario italiano,
il latino-italiano e
una specie di
Dizionario illustrato delle
armi 5 3
2 Prefazione antiche,
pel quale seppe
attingere da una
fonte classica sfuggita
ai lessicografi latini
suoi contemporanei. Per
tutto questo M. adduce fatti
fin qui ignorati
o fraintesi; ed
attorno alla Grammatichetta Vaticana
e all'opera filologica
di Leonardo trat-
teggia e documenta i
traviamenti degli altri
primi come de'po-
steriori grammatici e
vocabolaristi, italiani e
latini, e ha
occa- sione di riparlare,
sotto nuovi aspetti,
de'punti più capitali
della questione della
lingua, dimostrando, in
concordia e in
conferma del principio
che egli viene
sostenendo da tanti
anni, come il
Magnifico, VINCI (vedasi) e MACHIAVELLI (vedasi) hanno criteri
linguistici assai più
giusti di altri
loro contemporanei e
di molti moderni.
Sicché il suo
nuovo libro, mentre,
integrando le sue
ben note trattazioni
precedenti, va a
prendere un cospicuo
posto nella secolare
letteratura della questione
dell'unità della lingua,
viene a colmare,
sotto il rispetto
storico, una vera
lacuna. Ed ora poche
parole sull'edizione della
Grammatichetta; poche, perchè
i criteri da
noi tenuti appariranno
ben chiari dal
testo che qui
segue. S'è cercato
di conservarlo in
tutta la sua
integrità anche sotto
il rispetto puramente
materiale: quindi nessuna
sostanziale modificazione nel
sistema ortografico e
di punteggiatura, che
qui poi ha
un maggior valore,
mancando nella Grammatichetta qua-
lunque principio
d'interpunzione e d'ortografìa('); nessuna
sosti- tuzione di corsivo,
anche là dove
forse per la
chiarezza del testo
sarebbe stato di
qualche utilità. Anche
l'incertezza nell'uso delle
maiuscole e delle
minuscole s'è lasciata.
Per Yu e
il v, benché
sempre rappresentati dall' A.
coll'?^, s'è adottata
la distinzione gra-
fica dell' Ordine delle
lettere. Si sono
conservati i più
e i cosi
e simili, senz'accento,
di contro all'a,
preposizione, accentata. S'è
mantenuta anche la
disposizione dei titoli
de'capitoli. Si sono
invece sciolti i
pochi nessi, anche
perchè si son
trovati di non
i1 In 536,36
dopo e, 537,8
dopo O, 537,38
dopo come, 540,10
dopo o, 543.2
dopo amiamo e
amiate, 545,10- dopo
compositione, 546,22 avanti
a che il
punto o la
virgola sono stati
cancellati, 533 incerto
intendimento; i dubbi
sono stati accennati
in nota. Ma
le comuni abbreviature
grammaticali, come di
pir. per plurale,
dov'erano, si son
mantenute, senza per
altro tener conto
di qualche /.'per
plr., che è
il più frequentemente adoperato.
Frantendimenti e lacune
del copista, che
certo non mancano,
sono stati corretti
e colmati nel
testo con le
parentesi quadre o
nelle note. All'evidente
(l) spostamento subito
nella rile- gatura dal
foglio 11 (si
ricordi che la
Grammatichetta e il
« De Vulgari
Eloquentia » hanno
scambiato nel nostro
codice le guardie:
v. qui, pp.
13-14 u) s'è
provveduto col dare
questo foglio risolutamente
nel luogo dove
deve stare, ma
lasciandogli la numerazione
che ha nel
codice. Qualche altra particolarità
è stata descritta
in nota. Poiché,
infine, i segni
delle lettere e
degli accenti ortogra-
fici adoperati nell' Ordine
delle lettere e
nello specchietto delle
Vochali non erano
riproducibili coi tipi
comuni, abbiam creduto
opportuno, benché solo
pochissimi siano adoperati
poi nel testo,
dare un facsimile
delle due pagine
in cui si
trovano : alle
quali rimandiamo i
lettori per ogni
altra cosa che
ad esse si
riferisca. Uno di
quei pochissimi segni
è Ve articolo
e pronome che
il no- stro A.
scrive con un
apostrofo non a
destra, ma postogli
sopra perpendicolarmente. Non
valendo la spesa
il farlo fondere
apposi- tamente, potevamo renderlo
coll'apostrofo laterale; ma
abbiam preferito di
renderlo coll'accento acuto,
che pur è
meno esatto, perchè
quell'<? ricorre anche
in casi, come
in elio, dove
l'apo- strofo non si
sarebbe potuto più
mantenere ("). Evidente
non solo per
l'ordine che richiede
la trattazione, ma
anche per il
segno del fine
(una croce tratteggiata
negli angoli) posto
all'ultima parola della
e. 11 B.
(;) Dobbiamo qui
esprimere i nostri
più vivi ringraziamenti al-
l'egregio amico nostro prof.
Giuseppe Zucchetti che ha compiuto
per noi la
diligente fatica di
collazionare la nostra
copia e le
prime bozze sull'originale vaticano.
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Importante. Morandi. Keywords: linguaggio,
Alberti, storia della grammatica razionale. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e
Morandi.”
Grice e Moravia: la ragione conversazionale -- l’implicature
conversazionali dei ragazzi – la scuola di Bologna -- filosofia emiliana -- filosofia
italiana – Luigi Speranza (Bologna).
Filosofo italiano.
Bologna, Emilia-Romagna. Grice: “I like Moravia: he has philosophised on what
makes us ‘human,’ (“il pungolo dell’umano”) – his analysis of ‘il ragazzo
selvaggio’ is sublime – and he has played with ‘reason,’ hidden and strutturata
– and the universi di senso with which I cannot but agree! – provided we don’t
multiply them ad infinitum!” -- Grice:
“I like Moravia’s idea of ‘la ragione nascosta’ – you have indeed to seek and
thou shalt find!” -- “Il Nietzsche che prediligo è il Nietzsche terreno, umano,
presente nel tempo. È il Nietzsche
intrepido esploratore del sottosuolo dell'uomo e dei disagi della civiltà. È il
Nietzsche che fertilmente e sofferentemente (non narcisisticamente) vive e
pensa il nichilismo: ma per andare oltre il nichilismo. È soprattutto il
Nietzsche cheneo-illuminista forse malgrado luivuole conoscere, capire, dare un
(nuovo) senso alle cose.” Professore a Firenze.
Allievo diGarin, si è formato in ambiente fiorentino conseguendovi la
laurea in filosofia nel 1962 con tesi su Gian Domenico Romagnosi. Professore
incaricato, è poi diventato ordinario di Storia della Filosofia
all'Firenze. Nel corso della sua
carriera, si è interessato particolarmente dell'illuminismo francese e del
pensiero del Novecento, della storia e dell'epistemologia delle scienze umane,
con particolare attenzione all'antropologia, la filosofia della mente e
l'esistenzialismo. I suoi studi e le sue ricerche hanno aperto nuove
prospettive interdisciplinari fra pensiero filosofico e scienze umane. Attualmente, le sue attenzioni sono rivolte
verso l'opera e il pensiero del filosofo tedesco Friedrich Nietzsche del quale pubblica
già una celebre antologia dal titolo La distruzione delle certezze e, nel 1985,
una raccolta di saggi intitolata Itinerario nietzscheano. Proprio un nuovo modo
di avvicinarsi e concepire il pensiero del filosofo tedesco lo hanno reso uno
dei suoi interpreti più originali e più discussi. Grazie ai suoi studi e contributi filosofici,
è stato visiting professor presso l'Università della California a Berkeley,
l'Università del Connecticut a Storrs e il Center for the Humanities della
Wesleyan University. Conferenziere
presso altre sedi universitarie americane (fra le quali, Harvard, UCLA, Boston)
ed europee (Francia, Belgio, Germania), è cofondatore della “Società italiana
degli studi sul XVIII secolo”, nonché membro del Comitato direttivo delle
Riviste filosofiche “Iride” e “Paradigmi”. Collabora ai giornali Corriere della
Sera, Quotidiano nazionale, La Repubblica. Saggi: “Il tramonto dell'Illuminismo
-- filosofia e politica” (Laterza, Roma); “La ragione nascosta” (Sansoni,
Firenze); La scienza dell'uomo” (Laterza, Roma); “L’antropologia strutturale” (Sansoni,
Firenze); “Esistenziale” (Laterza, Roma); “La teoria critica della società” (Sansoni,
Firenze); “Gl’idéologues -- scienza e filosofia” (Nuova Italia, Firenze); “La
distruzione delle certezze” (Nuova Italia, Firenze); “Linguaggio, scuola e
società not ‘storia’! -- Guaraldi, Firenze); “Filosofia e scienze umane
nell'età dei Lumi” (Sansoni, Firenze); “Pensiero e civiltà” (Monnier, Firenze);
“Il ragazzo selvaggio dell'Aveyron.” Pedagogia e psichiatria nei testi di
Itard, Pinel e dell'anonimo della "Décade" (Laterza, Roma); “Itinerario
nietzscheano, Guida, Napoli); Educazione e pensiero, Monnier, Firenze,
Filosofia: storia e testi, Monnier, Firenze, “L'enigma dell’animo” Laterza,
Roma); Compendio di filosofia, Monnier,
Firenze, L'enigma dell'esistenza -- soggetto, morale, passioni nell'età del
disincanto, Feltrinelli, Milano, L'esistenza ferita -- modi d'essere,
sofferenze, terapie dell'uomo nell'inquietudine del mondo, Feltrinelli, Milano,
Filosofia dialettico-negativa e teoria critica della società, Mimesis, Milano;
“Ragione strutturale e universi di senso” (Lettere, Firenze); “La Massoneria.
La storia, gli uomini, le idee, Mondadori, Milano); “Firenze e l’Umanesimo.
Arte, cultura, comunicazione” (Lettere, Firenze); Lo strutturalismo, Lettere,
Firenze); “Filosofia e psicoanalisi (POMBA, Torino); “L'universo del corpo,
Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma,
“Animo e realtà psichica” (Borla, Roma, "L'esistenza e il
male", in: "Mysterium
iniquitatis", Gregoriana, Padova, Linterpretazione
personologico-esistenziale dell'uomo", in:
La questione del soggetto tra filosofia e scienze umane, Monnier,
Firenze) – PERSONOLOGIA – PIROTOLOGIA – Grice, persona -- Lettura
Magistrale" al Convegno Dalla riabilitazione psicosociale alla promozione
della salute(Montecatini), "S.I.R.F. News", "Mente, soggetto,
esperienza nel mondo", in La filosofia italiana in discussione -- La
filosofia italiana in discussione, Società Filosofica Italiana, Firenze), Bruno
Mondadori, Milano, "Crisi della cultura e relazioni generazionali nel
mondo contemporaneo", in Giovani e adulti: prove di ascolto, Sansepolcro
(AR), "La filosofia degli idéologues. Scienza dell'uomo e riflessione epistemological,
Letteratura italiana tra illuminismo e romanticismo, Convegno, Italianistica,
Padova, "Libertà, finitudine,
impegno -- genesi e significato della responsabilità nel mondo", in: V.
Malagola Giustizia e responsabilità (Convegno, Firenze), Giuffré Milano, "Dal soggetto persona alla relazione
interpersonale", Maieutica, De-mitizzazione e de- valorizzazione. La crisi
della 'forma famiglia' nella società", in: Interazioni, "Illuminismo
e modernità", Hiram, "Prove d'ascolto. Crisi della cultura e
relazioni generazionali nel mondo contemporaneo", Studi sulla formazione, "La
guerra giusta", Hiram, "La
filosofia, la conoscenza dell'umano, il dialogo col pensiero religioso",
Hiram, "Esistenza e felicità", Hiram, "L'Occidente e la pace.
Luci e ombre all'alba del terzo millennio", Hiram,"La filosofia e il
suo 'altro'. La riflessione metafilosofica di Adorno in 'Dialettica
negativa'", Iride, "L'uomo:
una storia infinita", in: Per una
scienza dell'umano, Arezzo,
"L’'interpretazione personologico-esistenziale dell'uomo" –
PERSONALOGIA – Grice, PERSONA. in: L. Neuro-fisiologia e teorie della mente,
Vita et Pensiero, Milano, "La scoperta dell'inconscio, l'ambiguità del
freudismo e il lavoro della psicoanalisi sull'animale, Convegno "Meta-psicologia”,
Napoli, La Biblioteca, Bari, "Un mondo negato. L'assolutizzazione del
corpo nella psico-umanologia contemporanea", UMANOLOGIA – ibrido -- Hermeneutica,
Corpo e persona, "Complessità, pluralità, confini", in: Dal
coordinatore al coordinamento,Coordinatori pedagogici in Emilia-Romagna,
Assessorato Servizi Sociali, Bologna, Bruno Maiorca, Filosofi italiani
contemporanei. Parlano i protagonisti, Bari, Dedalo, su sapere, De Agostini. Gran Loggia del GOI
dal titolo "Tu sei mio fratello" Registrazione video della Lectio
Magistralis "Al di qua del bene e del male Nietzsche esploratore
dell'umano" Modena e Reggio Emilia Tavola rotonda del GOI "Pedagogia
delle libertà Libertà civili" Convegno del GOI "La scienza non sia
ostacolata dall'ideologia, dalla politica e dalla religione" tavola
rotonda della Comunità Oasi "Significato e funzione della pena, della
punizione e della penitenza nella promozione umana e sociale" "Catturati dall'effimero?"
all'interno del Convegno Giovanile alla Cittadella di Assisi" dsu
arcoiris. Sergio Moravia. Moravia. Keywords: ragazzi, personologia. Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Moravia” – The Swimming-Pool Library.
Grice e Mordacci: l’implicatura convresazionale e la
norma – la scuola di Milano -- filosofia lombarda -- filosofia italiana – Luigi
Speranza (Milano). Filosofo italiano. Milano, Lombardia. Grice: “I like Mordacci – in a way,
like I did with J. L. Mackie, Mordacci opposes both ‘assolutismo’ and
‘relativismo’ – and tries to ‘construct’ an ‘inter-personal’ reason out of a
full-fledged personal reason. Whereas it would seem that we enjoin the principle
of conversational helpfulness out of altruism, there is this balance between
conversational self-love and conversational other-love; and we only ‘respect’
the other that respects us as ‘pesonal;’ against Apel, the logic of the
inter-personal reduces, in a complex way, to the logic of the personal; without
it, we would be annihilating the autonomy of the will.” Grice: “I like
Mordacci’s emphasis on reason for normativity – interpersonal reason, as he
calls it!” È preside della Facoltà di Filosofia
dell'Università Vita-Salute San Raffaele dove è Professore di Filosofia
Morale. È Direttore del Centro Internazionale di Ricerca per la Cultura e
la Politica Europea. Laurea in filosofia presso l'Università Cattolica
del Sacro Cuore di Milano; Dottorato in bioetica presso l'Università degli
Studi di Genova. Ha svolto attività di ricerca e insegnamento presso la Scuola
di Medicina e Scienze Umane dell'Istituto Scientifico Ospedale San Raffaele.
Insegnato presso l'Università Vita-Salute San Raffaele, prima presso la Facoltà
di Psicologia e dal 2002 presso la Facoltà di Filosofia che ha contribuito a
fondare insieme con Cacciari, Edoardo Boncinelli, Michele Di Francesco, Andrea
Moro. Ha contribuito a progetti di ricerca ed è stato membro del Consiglio
d'Europa per l'insegnamento della bioetica. Dal
è preside della Facoltà di Filosofia dell'Università Vita-Salute San
Raffaele, essendo stato rieletto nel giugno
per il secondo mandato. Membro del Comitato Nazionale per la
Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze per la Vita della Presidenza del
Consiglio dei Ministri. Dal
al è stato membro del Comitato
Scientifico per EXPO come delegato del
Rettore dell'Università Vita-Salute San Raffele. Dal è membro della Commissione per l'Etica della
Ricerca e la Bioetica del consiglio nazionale delle ricerche e del consiglio
direttiva della Società Italiana di Filosofia Morale. Si è dedicato in
particolar modo dei temi: "Etica e ragioni morali", "Etica
pubblica e rispetto", "Neuroetica". Attraverso l'indagine delle
"ragioni morali" e dell'"identità personale" e ispirandosi
alla filosofia kantiana, propone una forma di "personalismo critico"
in base alla quale il fondamento dell'esperienza morale viene individuato nella
ricerca, che ognuno compie, delle "buone ragioni" che danno forma
alla propria individualità personale attraverso l'agire. Riconoscere ogni
persona come autrice della propria identità fonda un'etica del rispetto delle
persone in quanto a ogni individuo viene riconosciuto il diritto e il dovere di
esprimere le proprie abilità e costruire la propria personalità. Si è
inoltre occupato di bioetica essendo anche stato coordinatore del progetto
Bioetica della genetica: questioni morali e giuridiche negli impieghi clinici,
biomedici e sociali della genetica umana del Miur (FIRB, Tra i suoi interessi
più recenti, la disciplina della Film and Philosophy: la riflessione su come i
film possono fare filosofia e se possono argomentare vere e proprie tesi
filosofiche. In questo contesto ha dato vita al Laboratorio di Filosofia e
Cinema presso la Facoltà di Filosofia dell'Università Vita-Salute San Raffaele,
conduce il sabato pomeriggio la rubrica "Al cinema col Filosofo" su
TgCom24 (stagioni - e -) e la rubrica "Imparare ad amare i film"
all'interno di Cinematografo Estate () su Rai 1. Riviste È membro del
comitato scientifico dell'Annuario di Etica (ed. Vita e Pensiero),
dell'Annuario di Filosofia (ed. Mimesis) e della rivista online Etica et Politica.
Dalla sua fondazione è membro del Comitato Scientifico della rivista
scientifica a cura del Comitato Etico della Fondazione Umberto Veronesi.
Attività teatrale Romeo e Giulietta: nascita e tragedia dell'io moderno, Eloisa
e Abelardo: passione e negazione, Occidente, o identità fragile: Auster e le
Follie di Brooklyn, analisi filosofiche con letture sceniche, ciclo
"Aperitivi con Sophia", Teatro Franco Parenti,La violenza e
l'ingiustiziaGorgia, ciclo "Filosofi a teatro" M., Teatro Franco
Parenti, L'individuo, la libertà e il perdono. Hegel legge Dostoevskij, lettura
scenica di M. e Sorel, ciclo l'Intelligenza e la Fantasia, Teatro
Strehler,L'isola della verità. Divagazioni fotografiche e filosofiche, lettura
scenica di M., Traini e Stepparava, Cluster Isole, Mare e Cibo, Padiglione
P03-Expo Milano (Rho-Fiera), Kant e il
mare, lettura scenica di Roberto Mordacci e Francesca Ria, agosto Saggi:“Bio-etica della sperimentazione,”
Angeli, Milano; “Salute e bio-etica,” Einaudi, Milano); “Una introduzione alle
teorie morali,” Feltrinelli, Milano, La
vita etica e le buone ragioni, Mondadori, Milano, “Ragioni personali, ragione
inter-personali: Saggio sulla normatività morale,” Carocci, Milano, Elogio
dell'Immoralista, Mondadori, Milano; Rispetto, Cortina, Milano. Bioetica, Mondadori,
Milano. L'etica è per le persone, San Paolo, Cinisello Balsamo. Al cinema con
il filosofo. Imparare ad amare i film, Mondadori, Milano. La condizione
neomoderna, Einaudi, Torino,. Ritorno a utopia, Laterza, Bari,. Note Università Vita-Salute San Raffaele, su
unisr. Governo/bioetica, su governo.M., su Le Università per Expo,Commissione
per l’Etica della Ricerca e la Bioetica, Consiglio Nazionale delle Ricerche, su
cnr. Organi della società | SIFM, su
sifm. Intervista a L'accento di Socrate, su laccentodi socrate. Rai 1, Cinematografo estate, su rai.tv. Scienza e etica: in uscita la nuova rivista
della Fondazione Veronesi, su Fondazione Umberto Veronesi. Chi siamo
su scienceandethics. fondazioneveronesi. Feeding the Mind: Expo-Bicocca
Conversation Hour, su unimib. Lettura scenica de "I Sensi del Mare",
su//elbareport. 1 Pearson Imparare sempre su pearson. 1º agosto. Bioetica Mordacci Robertoe Book Mondadori
BrunoSai cos'è?FilosofiaePubIBS, su ibs. L'etica è per le personeEdizioni San
Paolo, su edizionisanpaolo. Riflessioni
sul senso della vita intervista di Ivo Nardi, sito "Riflessioni",
settembre. Ci vuole più rispetto intervista a Roberto Mordacci, Famiglia
Cristiana. Ma l'etica non è un'intrusa, intervista a Roberto Mordacci,
Avvenire, Ora smettiamola di parlare inglese, intervista a Roberto Mordacci, Il
Giornale. La storia costituisce per la filosofia contemporanea un ambito di
indagine costante e pervasivo: quasi
tutta la filosofia dopo Hegel ha pensato il proprio oggetto, cioè l’uomo, la conoscenza, l’agire
e l’essere stesso, come essenzialmente
storico. Questa “svolta storica”, che ha preceduto e favorito la cosiddetta “svolta linguistica”, ha
significato per buona parte della filosofia
contemporanea l’adozione di un metodo in cui la storia di un concetto e
delle sue incarnazioni storiche sono
dive nu te rilevanti almeno quanto la definizione teorica di esso. Tuttavia, in questo diffuso
storicismo, che attraversa la filosofia
dall’hegelismo all’ermeneutica, si è in parte persa di vista la
specificità del l’ambito di riflessione
che si può chiamare filosofia della storia. La specifica interpretazione dell’agire storico suggerita
dallo storicismo, come svolgimento di un
«destino» dello spirito, ha infatti occultato gran parte della riflessione che la tradizione filosofica ha prodotto, nel
corso dei secoli, sull’agire storico in
quanto tale. Questa preminenza del
paradigma storicista ha inoltre favorito la nascita delle tesi circa la cosiddetta «fine della storia»:
una percezione che, dalle riflessioni di
Spengler sul «tramonto del l’Occidente» alle provocazioni del
postmoderno, ha finito per estendersi ad
ampi settori della cultura contemporanea. Quest'ultima appare per questo in estremo disagio, oggi,
nel progettare il futuro: pensando
l’intero dell’essere come contenuto nella storia «fino al momento
presente», la cultura odierna rifugge
dai tentativi di prefigurare un fine della storia come compimento, soprattutto perché questo
tentativo appare come intrinsecamente
ideologico e, quindi, non più credibile. Si può quindi ancora pensare la
storiaa venire? Mettere in discussione questa
precomprensione storicista della storia è uno
degli obiettivi di questo volume. La filosofia della storia è oggi
un’area vasta di riflessioni sul senso
dell’agire storico che non può essere affatto ridotta all’idea di un «destino» immanente dell’Occidente o
del mondo. Anche una semplice e non
pregiudiziale ricognizione di alcune concezioni filosofiche della storia che
si rintracciano nella tradizione mostra
come l’interpretazione di essa sia assai varia
e più aperta alla possibilità di pensare il futuro in modo non
ideologico e soprattutto aperto al
cambiamento, pur senza che esso sia abbandonato alla completa anomia. In questo senso, il volume mira a riabilitare
una disciplina che, a volte
affrettatamente, si è considerata così intrinseca alla pratica
filosofica da non esserne distinguibile
come un ambito di studi specifico. Si tratta, innanzitutto, di contribuire a rimuovere l’identificazione
della filosofia della storia con il
racconto di un «destino» ineluttabile. Questa interpretazione è stata
resa canonica anche attraverso la
preziosa ricostruzione condotta da Karl Lòwith in Significato e fine della storia,1 un libro
che è stato, di fatto, il più autorevole e
pressoché unico manuale di filosofia della storia dalla fine degli anni
quaranta, quando fu scritto, a
oggi. Lòwith ha una tesi tanto
affascinante quanto riduttiva sulla vicenda della filosofia della storia. Definita
essenzialmente come secolarizzazione
dell’escatologia cristiana, essa evidentemente può esistere solo in
certe condizioni culturali: in sostanza,
quelle che si sono date da Gioacchino da Fiore
a Marx. Si tratta di una lunga epoca, che pensa il tempo interamente in
rapporto a un fine che, al suo apparire
finale, svela l’autentico significato di tutto il movimento storico. Prima di quel momento
finale, il cui modello è 1° Apocalisse
cristiana ma che nella modernità si traduce in varie forme di
realizzazione di un programma filosofico
o sociale, le vicende storiche mostrano il loro senso solo a colui che si è elevato al punto di vista
della fine. Quest’ultima è dunque il
criterio di valore grazie al quale si possono giudicare tutti i momenti
della storia. A partire dai movimenti
millenaristi, di cui Gioacchino da Fiore è interprete, quella fine è comunque posta all’interno del
tempo, vuoi come apparire dell’ Alfa e
Omega che apre e chiude la storia, vuoi come luogo di inizio di una nuova epoca, contraddistinta dalla conoscenza,
dalla società senza classi, dalla libertà
pienamente realizzate. Il negativo, l’orrendo e il tragico che affligge
la storia presente è comunque destinato
a sciogliersi in quella sintesi finale, che mentre svela il senso del passato apre un futuro di
armonia e libertà. La potenza di questa
immagine ha tenuto prigioniera più di un’epoca, eppure non è stata senza rivali, nemmeno nello stesso Occidente, il
quale, pur pensandosi forse inconfessata
men te come il luogo di quella realizzazione, ha saputo anche tenere aperte interpretazioni diverse dei corsi
dellastoria. Nell’interpretazione di
Lòwith, l’idea di “senso” della storia diviene sinonimo di ciò che la parola “fine” nomina nella
tradizione ebraico-cristiana. La chiave di
volta è la speranza, la promessa di un avvenire di salvezza o di vita
piena. È questa speranza ad aprire il
futuro, perché esso non sarà la ripetizione del già visto da sempre, come invece può solo essere
in una concezione ciclica. La promessa,
inoltre, non è determinata nei dettagli e apre su un oltre della storia: per questo è possibile progettare un futuro
diverso dal presente. Al tempo stesso,
il compimento della promessa è certo, atteso e desiderato, e questo
anima le coscienze più efficacemente
dell’idea della ripetizione di cicli sempre ritornanti. Questa concezione, dunque, rimanda a una
profondissima responsabilità
individuale, sociale e universale per l’uomo, giacché quella
destinazione non si può compiere,
ricordano queste filosofie della storia, senza la partecipazione attiva degli individui, senza l’impegno
soprattutto di coloro la cui coscienza ha
scorto quella fine all’orizzonte e per questo deve operare per
realizzarla. Simili filosofie della
storia sono dunque vere e proprie concezioni morali del mondo e del tempo, capaci di mobilitare le energie
individuali e di costituire cause ideali
di grandi rivoluzioni attese o annunciate. La previsione dell’avvento
necessario dell’epoca finale è pensato
come compatibile con il riconoscimento della piena libertà umana, ma questa ipotesi di
conciliazione è fonte di tensioni irrisolte sul
piano sia concettuale sia pratico: la necessità di un “destino” mal
sopporta il riconoscimento di
un’autentica libertà personale. Così,
la concezione moderna della storia è tesa fra la ricerca di leggi storiche
e il riconoscimento della responsabilità
dell’uomo, basato sulla tesi irrinunciabile
dell’autonomia del volere. Questa oscillazione è visibile in Tocqueville
(La démocratie en Amérique è del
1835-1840; la democrazia come destino e come
missione), in Spengler (Der Untergang des Abendlandes è del 1918-1923: Zivilisation come tramonto, come fato
naturale e decisione storica), in Toynbee
(A Study of History, 1934-1961: nascita e crollo delle civiltà, attesa
di una nuova chiesa). Il destino è
segnato ma è nelle nostre mani farlo accadere; come Lòwith riassume efficacemente in una domanda: «Lo
storico classico si chiede: come si è
giunti a ciò? Quello moderno si chiede: come andrà a finire?».2 Così la
storia diviene universale: mentre il
movimento che ha condotto alla costituzione di una specifica cultura, di un particolare modo di
vita, si può ricostruire limitandosi a
concentrare i fattori causali in formazioni peculiari, che
contingentemente si sono intrecciati in
un luogo e in un tempo, l’idea di una fine, specialmente di una ‘fine di tutte le cose”, non può che avere un
respiro totalizzante, universale
appunto, perché a esso contribuiscono tutti i fattori storici e
culturali in grado di influenzare la
storia. Si guarderà quindi non alla storia locale ma ai grandi movimenti storici, agli spostamenti di assi
epocali, da Est a Ovest, da Nord a Sud
(come è di moda fare ora), cercando di rintracciare la legge necessaria di questi spostamenti e, quindi, di rendere
possibile una ‘futurologia”, una
previsione scientifica del corso della libertà umana. Ora, i tentativi di ricostruire questi
movimenti e le loro leggi sono apparsi a
buona parte della cultura contemporanea come sostanzialmente
fallimentari. Le utopie del futuro si
sono spesso rivelate come ideologie politiche che, in nome del progresso, della società post-classista,
del trionfo degli spiriti forti, hanno
mobilitato le masse verso strutture politiche e forme del potere che
hanno causato tragedie mondiali lungo
tutto il XX secolo. La consapevolezza del
pericolo che si cela dietro a una filosofia della storia ha così
motivato molta parte della reazione
contemporanea contro questo tipo di prospettive, fino a revocare in dubbio non solo la modernità,
bensì l’intera storia come luogo
dell’accadimento di eventi umani dotati di senso. Uno dei nomi di questa reazione è “postmoderno”, un movimento di
pensiero che, fra molto altro, include
la tesi secondo cui della storia non si deve anzitutto dare un’interpretazione complessiva, che anzi in
tal senso non vi è affatto una “storia”,
bensì una costellazione di eventi frammentaria e casuale: cercare di ordinarla tramite un significato è una forma
di violenza, una contraddizione rispetto
alla libertà che si pretende di veder realizzata proprio in quella
necessità del movimento storico. La
liberazione da questa immagine è uno degli obiettivi che l’arte, la filosofia e la letteratura
postmoderna perseguono come un modo di
riaprire il movimento storico alla creatività, alla possibilità e
all’effettiva eguaglianza. In questo
movimento non ci sono criteri di valore, secondo questa tesi non c’è una direzione e per questo non
vi è un metro di giudizio: la storia è
costituita da accadimenti che ci si rifiuta di valutare se non in
un’ottica pragmatica o meramente
descrittiva. Si può giudicare più o meno bella una data composizione dei fatti, ma nessuna di esse è
né assolutamente reale né definitiva:
ogni rotazione del tempo crea una nuova immagine. Tuttavia, si potrebbe avanzare la tesi
secondo cui il postmoderno non sia in
fondo altro che una patologia del moderno. Proprio il rifiuto di un
senso della storia incluso nel tempo, e
al tempo stesso la rinuncia a un criterio di giudizio sulla storia in nome della liberazione dalle
filosofie ideologiche della storia,
mostrano che l’ideale di libertà tipico della modernità, rinunciare al
quale è per noi impossibile e ingiusto,
è ancora l’anima del tempo presente. Si può piuttosto interpretare la reazione postmoderna più
semplicemente come la fine
dell’idealismo storicista, il quale è in sé un movimento profondamente
anti- moderno: la pretesa di imbrigliare
la storia nel movimento dell’idea o dello
spirito assoluto è in fondo incompatibile tanto con la ricerca
illuminista di un criterio di sviluppo
cognitivo e morale che prevede espressamente la possibilità di progressi e regressi, quanto con la
rivendicazione romantica di parametri di
valore legati al genio, all’apparire improvviso del senso anche nel
mezzo delle crisi più profonde e perfino
con la coscienza cristiana di una dimensione
trascendente del tempo, di un rapporto con l’eterno che non è la fine
della storia bensì la sua dimensione
ortogonale, l’asse su cui si colloca l’attesa dell’avvento ultimo, improvviso e non prevedibile tramite
alcuna dialettica storica. Questa
patologia è stata diagnosticata con chiarezza già da Nietzsche a partire dalla seconda Inattuale, ma con l’errore (che
molti ripetono) di omologare idealismo e
Illuminismo, di considerare l’idea di un progresso morale e sociale sullo stesso piano della postulazione di un
incessante Auffeben, di un movimento
necessario e prevedibile. In realtà, sotto questo profilo fra Kant e Hegel vi è un’assoluta discontinuità.
L’unilateralità idealistica ha poi il suo
contraltare nel positivismo estremo e nell’empirismo radicale e proprio
nel rifiuto, in nome della libertà dal
pregiudizio storicista, di ogni canone di
valutazione degli eventi storici. La delegittimazione diviene così
pratica universale, perché non si è
distinto, a partire dall’idealismo, il portatore dal messaggio, l’agire dal significato che
attraverso di esso gli individui cercano di
realizzare limitatamente alle condizioni in cui si trovano e secondo le
loro capacità. Per uscire da questa impasse occorre
allargare la visuale sulle filosofie della
storia. Contrariamente a quanto pensava Lòwith, pur con la sua grande
capacità di sintesi, avere una filosofia
della storia non comporta affatto leggere tutta la storia in base a un fine che le dia
significato, soprattutto se questo fine è pensato come un punto preciso del corso del tempo
che, giungendo alla fine, ne sveli
l’intero senso. L’idea di un giudizio sugli eventi storici non
richiede necessariamente che si pensi
una “fine” e nemmeno uno “scopo”. Vi sono anzi
state nella storia del pensiero numerose interpretazioni dello svolgersi
del tempo come anzitutto regolato da
proprie leggi, da ritmi ciclici o alternati e dinamiche di continuità e ripetizione che non presuppongono
una fine nel tempo bensì magari solo,
come nel caso del cristianesimo, del tempo. Non si tratta solo della concezione greca del tempo come di un ciclo
incessante e non orientato a un fine
(che qui non è trattata ma che è per altro ben nota), bensì anche di
concezioni cristiane e moderne in cui,
senza rinunciare a porre un criterio di giudizio sulla storia, si è però posto tale criterio non in
un fine bensì in una dimensione per
così dire verticale del tempo, che è coinvolta nel suo movimento
orizzontale come paradigma del valore,
del senso e della possibilità sempre presente di perdere il contatto con essi. Possono essere interpretate in questo senso,
per esempio, la dicotomia fra città di
Dio e dell’uomo in Agostino, il rapporto fra corsi e ricorsi da un lato e Provvidenza dall’altro in Vico, l'ideale
regolativo della pace perpetua in Kant, la
dialettica fra vita e storia in Nietzsche. Oltre alla lettura “lineare”
del progresso bisogna dunque riconoscere
— anche nel cuore della modernità — almeno anche una lettura “ondulatoria”, secondo cui il
rapporto fra tempo e verità non si
dipana lungo una direttiva ascendente ma conosce alti e bassi, vertici e
abissi, il cui canone di riferimento è
il rapporto con l’assoluto, con la pienezza vitale, con la promessa salvifica o con la realizzazione
di una società armonica e pacificata.
Riaprire la molteplicità degli sguardi sulla storia di cui l'Occidente è
stato ed è capace è un’esigenza
imprescindibile per il tempo presente: la capacità di progettare un futuro dipende esattamente, da
un lato, dalla denuncia di concezioni
chiuse della storia e, dall’altro, dalla ricerca di un criterio di valutazione reale, obiettivo sugli eventi
storici, che non rinunci alla volontà di
giudicare del tempo per animare l’azione di valore umano e soprattutto dell’impegno delle libertà personali verso
qualcosa che mostri di meritare la
nostra dedizione. Questo volume
si presenta dunque un utile strumento per l’introduzione alla comprensione filosofica dell’agire storico e
del tema della storicità dell’esistenza.
Scritto pensando anzitutto a chiarire le concezioni della storia che emergono dai principali autori della tradizione
filosofica, il volume non intende però
dare un panorama completo ed esaustivo di tutta la disciplina, troppo
vasta e dispersiva. La selezione dei
temi ha seguito il criterio della rilevanza degli autori trattati, con una chiara
inclinazione verso il moderno e il contemporaneo. Gli autori dei testi sono docenti universitari
noti per la competenza sull’autore
trattato e dottorandi del Corso di dottorato in Filosofia della storia
(l’unico di questo genere in Italia)
istituito congiuntamente dall’Istituto Italiano di Scienze Umane di Firenze e dalla Facoltà di Filosofia
dell’Università VitaSalute San Raffaele
di Milano. L’esperienza di collaborazione che ha portato a questo volume si è concentrata soprattutto
nell’attività didattica e per questo ha ricevuto uno speciale contributo dalla discussione con
gli studenti, ai quali molti dei testi
qui raccolti sono stati presentati in una prima stesura. Anche questa
genesi del testo ne spiega la vocazione
e l’ambizione esplicita: quella di essere la porta di accesso a una disciplina che, nell’epoca di
una presunta quanto fallace “fine della
storia”, ha più che mai bisogno di rinascere.
Note 1K. Léwith, Significato e
fine della storia [1949], trad. it. di F. Tedeschi Negri, Einaudi, Torino. Roberto Mordacci. Mordacci. Keywords:
la norma, filosofia dela storia, Vico. Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Mordacci” – The Swimming-Pool Library.
Grice e Morelli: la ragione conversazionale, l’implicatura
conversazionale e la filosofia del digiuno – filosofia lombarda -- italiana –
Luigi Speranza (Milano). Filosofo italiano. Milano,
Lombardia. Grice: ‘I once told Austin, I don’t give a hoot what the dictionary
says;’ ‘And that’s where you make your big mistake,’ his crass response was!”
-- Grice: “I once told Ackrill, ‘should there be a manual of philosophy, must
we follow it?’ He replied, “One thing is to know the manual, another is to know
how to abide by it!” Si laurea a Pavia
e l'anno dopo assolve all'obbligo di leva a Trieste dove presta
attenzione alle problematiche relazionali dei militari nello svolgimento delle
proprie mansioni; si è poi specializzato in Psichiatria presso l'Università
degli Studi di Milano. Direttore dell'Istituto Riza, gruppo di ricerca che
pubblica la rivista Riza Psicosomatica ed altre pubblicazioni specializzate,
con lo scopo di "studiare l'uomo come espressione della simultaneità
psicofisica riconducendo a questa concezione l'interpretazione della malattia,
della sua diagnosi e della sua cura". Inoltre è direttore delle riviste
Dimagrire e Salute Naturale. Dall'attività dell'Istituto Riza è sorta
anche la Scuola di Formazione in Psicoterapia ad indirizzo psicosomatico,
riconosciuta ufficialmente dal Ministero dell'università e della ricerca
scientifica e tecnologica. Vicepresidente della Società Italiana di Medicina
Psicosomatica. Partecipa a numerose trasmissioni televisive sia per la RAI sia
per Mediaset (Maurizio Costanzo Show, Tutte le mattine, Matrix, ecc.) e per la
radio. Nelle sue opere ci sono molti riferimenti alle dottrine orientali.
Saggi: “Verso la concezione di un sé psico-somatico. Il corpo è come un grande
sogno della mente (Milano, UNICOPLI, Milano, Cortina); La dimensione
respiratoria. Studio psico-somatico del respiro, inspiro, expiro – spiro -- Milano, Masson Italia, Dove va la medicina
psico-somatica (Milano, Riza); Il sacro.
Antropoanalisi, psico-somatica, comunicazione, Milano, Riza-Endas, Convegno
internazionale Mente-corpo: il momento unificante. Milano, Atti, Milano,
UNICOPLI, Riza, I sogni dell'infinito, Milano, Riza, Autostima. Le regole
pratiche, Milano, a cura dell'Istituto Riza di medicina psicosomatica, Il
talento. Come scoprire e realizzare la tua vera natura, Milano, Riza, Ansia,
Milano, Riza, Insonnia, Milano, Riza, Cefalea, (Milano, Riza); Lo psichiatra e
l'alchimista. Romanzo, Milano, Riza, Le nuove vie dell'autostima. Se piaci a te
stesso ogni miracolo è possibile, Milano, Riza, Conosci davvero tuo figlio?
Sconosciuto in casa. Dal delitto di Novi Ligure al disagio di una generazione,
Milano, Riza, Come essere felici, Milano, Mondadori, Cosa dire e non dire nella
coppia, Milano, Mondadori, Come mantenere il cervello giovane, Milano, Mondadori,
Come affrontare lo stress, Milano, Mondadori, Come amare ed essere amati
(Milano, Mondadori); Come dimagrire senza soffrire (Milano, Mondadori); Come
risvegliare l'eros, Milano, A. Mondadori, Come star bene al lavoro, Milano,
Mondadori, Come essere single e felici, Milano, A. Mondadori, Cosa dire o non dire ai nostri figli, Milano,
A. Mondadori, La rinascita interiore, Milano, Riza, Volersi bene. Tutto ciò che
conta è già dentro di noi (Milano, Riza); L'amore giusto. C'è una persona che
aspetta solo te, Milano, Riza, Vincere i disagi. Puoi farcela da solo perché li
hai creati tu, Milano, Riza); Felici sul lavoro. Come ritrovare il benessere in
ufficio, Milano, Riza, I figli felici. Aiutiamoli a diventare se stessi,
Milano, Riza, La gioia di vivere. Scorre spontaneamente dentro di noi, Milano,
Riza, Essere se stessi. L'unica via per incontrare il benessere, Milano, Riza,
Accendi la passione. È la scintilla che risveglia l'energia vitale, Milano,
Riza, Alle radici della felicità. Editoriali dpubblicati su Riza psicosomatica,
rivista mensile delle Edizioni Riza, Milano, Riza, Ciascuno è perfetto. L'arte
di star bene con se stessi, Milano, Mondadori, Il segreto di vivere. Aforismi,
Milano, Riza, Realizzare se stessi, Milano, Riza, Vincere la solitudine,
Milano, Riza, Dimagrire senza fatica, Milano, Riza, Amare senza soffrire,
Milano, Riza, Guarire con la psiche, Milano, Riza, Superare il tradimento,
Milano, Riza, Dizionario della felicità, 6 voll, Milano, Riza, Non siamo nati
per soffrire, Milano, Mondadori,L'autostima. Le cinque regole. Vivere la vita.
Adesso, Milano, Riza, Conoscersi. L'arte di valorizzare se stessi. Via le
zavorre dalla mente, Milano, Riza, I figli
difficili sono i figli migliori, Milano, Riza, Il matrimonio è in crisi... che
fortuna!, Milano, Riza, Autostima, I consigli di M. per un anno di felicità,
Milano, Riza, Le parole che curano, Milano, Riza, Perché le donne non ne
possono più... degli uomini, Milano, Riza, Le piccole cose che cambiano la
vita, Milano, Mondadori, Come trovare l'armonia in se stessi, Milano,
Mondadori, Ama e non pensare, Milano,
Mondadori, Curare il panico. Gli attacchi vengono per farci esprimere le parti
migliori di noi stessi, con Vittorio Caprioglio, Milano, Riza, Non dipende da
te. Affidati alla vita così realizzi i tuoi desideri, Milano, Mondadori,
L'alchimia. L'arte di trasformare se stessi (Milano, Riza); Il sesso è amore.
Vivere l'eros senza sensi di colpa, Milano, Mondadori, Puoi fidarti di te,
Milano, Mondadori, La felicità è dentro di te, Milano, Mondadori, L'unica cosa
che conta (Milano, Mondadori); La felicità è qui. Domande e risposte sulla
vita, l'amore, l'eternità, con Luciano Falsiroli, Milano, Mondadori, Guarire
senza medicine. La vera cura è dentro di te (Milano, Mondadori); Lezioni di
autostima. Come imparare a stare beni con se stessi e con gli altri (Milano,
Mondadori); Il segreto dell'amore felice, Milano, Mondadori, La saggezza
dell'anima. Quello che ci rende unici (Milano, Mondadori); Pensa magro. Le 6
mosse psicologiche per dimagrire senza dieta (Milano, Mondadori); Vincere il
panico. Le parole per capirlo, i consigli per affrontarlo, cosa fare per guarirlo
(Milano, Mondadori) Nessuna ferita è per sempre. Come superare i dolori del
passato (Milano, Mondadori); Solo la mente può bruciare i grassi. Come attivare
l'energia dimagrante che è dentro di noi (Milano, Mondadori); Breve corso di
felicità. Le antiregole che ti danno la gioia di vivere (Milano, Mondadori); La
vera cura sei tu (Milano, Mondadori); Il meglio deve ancora arrivare. Come
attivare l'energia che ringiovanisce (Milano, Mondadori); Il potere curativo
del digiuno. La pratica che rigenera corpo e mente (Milano, Mondadori). Segui il
tuo destino. Come riconoscere se sei sulla strada giusta (Milano, Mondadori); Il
manuale della felicità. Le dieci regole pratiche che ti miglioreranno la vita
(Milano, Mondadori); Pronto soccorso per le emozioni. Le parole da dirsi nei
momenti difficili (Milano, Mondadori). Movie. Grice: “Should there be a ‘dizionario della felicita,’
I would perhaps follow Austin’s advice and go through it!” –. Raffaele Morelli. Morelli. Keywords: la dimensione
respiratoria, inspirare, respirare, spirare, spirito, il corpo animato spira –
il corpo spira – corpo spirante, corpo animato --. Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Morelli” – The Swimming-Pool Library.
Grice e Moretti: la ragione conversazionale e l’implicatura
conversazionale e la segnatura romantica – i romantici di roma – filosofia
lazia -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Roma, Lazio. Grice: “I like Moretti
– he uses a good metaphor, ‘the wounded poet,’ unless we mean Owen, but he was
more than wounded, even if that implicature is cancellable --.” Grice: “I like
Moretti also because he wrote on ‘ermeneutica sensibile,’ which is exactly what
I do.” Grice: “I like Moretti also because he uses ‘segnatura’ etymologically,
when he writes of the ‘la segnatura romantica’ – talk of tokens!” Nasce nel borghese quartiere Trieste, primo di due
fratelli. Ottiene il diploma di maturità classica presso il Liceo Giulio Cesare.
Successivamente consegue una prima laurea in Giurisprudenza, con una tesi in
filosofia del diritto, e, nel una seconda in filosofia, con una tesi in
filosofia morale, entrambe presso l'Roma La Sapienza. È poi borsista presso
l'Friburgo in Brisgovia, dove imposta un progetto di ricerca che, partendo
dall'interpretazione di Heidegger, mira ad un'analisi critica delle categorie
filosofico-estetiche del “romantico” in Germania, con particolare attenzione
alle opere di autori del romanticismo di Heidelberg, quali Creuzer, Görres, i
Fratelli Grimm e Bachofen, che contribuisce a tradurre e a far conoscere in
Italia. Al suo rientro insegna dapprima materie letterarie nelle scuole medie
e, in seguito, filosofia presso la Scuola germanica di Roma. La sua ricerca si amplia poi al pensiero
estetico di Novalis, di cui cura la prima edizione completa in lingua italiana
della Opera filosofica; durante questo periodo consegue il dottorato di ricerca
in Estetica presso l'Bologna. Vince la cattedra di professore associato di
Estetica all'Bari; Professore a Napoli L’Orientale. Redattore di Itinerari e Studi Filosofici,
collabora con varie altre riviste filosofiche (Agalma, Rivista di Estetica,
Studi di Estetica, aut aut, Nuovi Argomenti, Filosofia e Società, Filosofia Oggi,
Estetica) e ha spesso partecipato a trasmissioni RAI su temi filosofici e a
numerosi convegni. Saggi: ”Il romantico:
poesia, mito, storia, arte e natura” (Itinerari, Lanciano); -- roma – romantico
-- “Anima e immagine: sul poetico” (Aesthetica, Palermo); “Nichilismo e romanticismo
-- estetica e filosofia della storia” (Cadmo, Roma); La segnatura romantica
(Roma, Hestia); “Interpretazione del romanticismo” (Ianua, Roma); “Estetica: analogia
e principio poetico nella profezia romantica” -- Rosenberg et Sellier, Torino);
“La segnatura romantica -- filosofia e sentimento” (Hestia, Cernusco L.); “Il
genio” (Mulino, Bologna); “Il poeta ferito.” Hölderlin, Heidegger e la storia
dell'essere” (Mandragora, Imola); “Anima e immagine.” Studi su Klages, Mimesis, Milano, Heidelberg
romantica. Romanticismo e nichilismo” Guida, Napoli, Introduzione all'estetica
del Romanticismo, Nuova Cultura, Roma,
Il genio, Morcelliana, Brescia. Per immagini. Esercizi di ermeneutica
sensibile” (Moretti et Vitali, Bergamo); Heidelberg romantica. Romanticismo
tedesco e nichilismo europeo, Morcelliana, Brescia, Novalis. Pensiero, poesia,
romanzo Morcelliana, Brescia, Romano Guardini, Hölderlin, Morcelliana, Brescia.
Novalis, Scritti filosofici, Morcelliana, Brescia. J. J. Bachofen, Il
matriarcato (Marinotti, Milano); Novalis, Opera filosofica, I, Einaudi, Torino, Un video con una trasmissione
RAI. Un video con un intervento di Moretti. Giampiero Moretti. Moretti.
Keywords: roma, romanzo, romanzare, romanzato – non vero. Romanticismo
filosofico, I filosofi romantici italiani Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Moretti: il
romanticismo romano” – The Swimming-Pool Library.
Grice e Mori: la ragione conversazionale e l’implicatura
conversazionale e la coerenza dell’intransigenza – la ripproduzione sessuata
fra i antici romani – la scuola di Cremona -- filosofia lombarda -- filosofia
italiana -- Luigi Speranza (Cremona). Filosofo lombardo. Filosofo italiano.
Cremona, Lombardia. Grice: “I like Mori; he wrote a treatise on Stephen, better
known as Virginia Woolf’s father; which reminded me of Bergmann who once called
me an English futilitarian!” -- Professore a Torino e presidente della Consulta
di Bioetica Onlus, un'associazione di volontariato culturale per la promozione
della bioetica laica. L’etica e la bioetica con le varie problematiche connesse
sono le tematiche al centro dei suoi interessi filosofici e teorici. Mori ha studiato all’Università degli Studi
di Milano, dove ha conseguito la laurea (con Bonomi e Pizzi) e il dottorato
sotto Scarpelli e Jori. Insegnato ad Alessandria e Pisa, prima di essere
chiamato a Torino. Studia i temi della meta-etica e della logica dell’etica con
le problematiche della teoria etica. Tra i primi a occuparsi di bioetica, nella
quale ha dato contributi in tutti i principali settori, con particolare
attenzione all’aborto e alla fecondazione assistita. Sollecitato dai casi Welby
e Englaro ha dato contributi anche sul fine-vita a difesa dell’autonomia
individuale. Per primo teorizza la contrapposizione paradigmatica tra bioetica
laica e bioetica cattolica, derivante dal fatto che quest’ultima propone
un’etica della sacralità della vita caratterizzata da divieti assoluti, mentre
l’altra avanza un’etica della qualità della vita senza assoluti e soli divieti
prima facie. Presta grande attenzione al problema della liberazione animale.
Fonda Bioetica. Rivista interdisciplinare (Ananke Lab, Torino). Membro di
numerosi comitati, tra cui il comitato scientifico di Notizie di Politeia, di
Iride del Journal of Medicine and Philosophy e altre. Saggi: “Manuale di
bioetica: verso una civiltà bio-medica secolarizzata” (Lettere, Firenze); “Introduzione
alla bioetica. temi per capire e discutere” (Piazza, Torino); Il caso Eluana
Englaro. La “Porta Pia” del vitalismo ippocratico ovvero perché è moralmente
giusto sospendere ogni intervento, Pendragon, Bologna, Aborto e morale. Per
capire un nuovo diritto” (Einaudi, Torino); “La fecondazione artificiale. Una
forma di riproduzione umana” (Laterza, Roma-Bari); “La fecondazione
artificiale: questioni morali nell'esperienza giuridica Giuffrè, Milano); “Utilitarismo
e morale razionale. Per una teoria etica obiettivista, Giuffrè, Milano, La
legge sulla procreazione medicalmente assistita. Paradigmi a confronto, Net,
Milano, Laici e cattolici in bioetica: storia e teoria di un confronto, Le
Lettere, Firenze, La fecondazione assistita dopo 10 anni di legge 40. Meglio
ricominciare da capo!, Ananke editore, Torino, Questa è la scienza, bellezze!
La fecondazione assistita come novo modo di costruire le famiglie, Ananke Lab,
Torino. Mori ha rappresentato, nella nostra infernale esperienza di
famiglia, un riferimento grazie al quale trovare un senso agli eventi che si
succedevano, i qua-Ii, ai nostri occhi, un senso proprio non lo
possedevano. Ho avuto in lui un osservatore attento, un interlocutore
profondo, un contestatore intelligente. Come direttore di «Bioetica.
Rivista interdisciplina-re» è stato il primo a dare rilievo pubblico alla
vicenda di mia figlia, e ha sollecitato in vari modi la riflessione sul caso
Eluana. Gli sono inoltre debitore di numerose conversazioni chiarificatrici, di
lezioni private concesse in esclusiva, e lo considero il filosofo che meglio di
ogni altro è stato in grado di tenere testa ai miei, notoriamente poco
accomodanti, modi e argomenti. Auspico che questa lettura possa sortire
lo stesso effetto in tutti coloro i quali insieme a lui si apprestano, ora, a
partire per questo viaggio nel ragionamento etico. Nel panorama bioetico
italiano la sua posizione non mi pare sia assimilabile ad alcuna predefinita
corrente di pensiero, anche perché i suoi maestri e amici hanno manifestato
originalità e indipendenza. Credo che il libro vada considerato e letto per le
argomentazioni che adduce senza schemi precostituiti. Può darsi che in
alcuni passaggi sia un libro scomo-do. Di questo non c'è da stupirsi, ma da
prenderne atto. Scomodo, dunque. Come mia figlia. Come me. Una scomodità
che suscita dibattito e stimola la riflessione. Invece di gridare allo
scandalo, si deve cogliere l'impegno a riflettere, sempre e senza compromessi.
Così è stato nello sforzo compiuto, alla ricerca di una modalità per
farrispettare la legittima volontà espressa da mia figlia. La riflessione seria
comporta anche scontri, ardenti e auten-tici, che restano per sempre vivi nella
memoria. Essere grandi amici non implica certo un accordo incondizionato di
vedute. La franchezza delle nostre collisioni dialettiche mi rimane,
indimenticabile, nel cuore. La condivisione dei valori di fondo, comunque,
rafforza la sintonia e la stima reciproca. Questo libro propone una
riflessione filosofica di ampio respiro sui problemi sollevati dal caso Eluana.
Ma oltre a questo contiene la storia di Eluana ripercorsa nelle sue principali
tappe, una cronaca precisa degli eventi noti e meno noti che si sono verificati
in questi ultimi mesi di continuo travaglio e logorio. Al trionfo dello stato
di diritto, rappresentato dai pronunciamenti della Corte di Cassazione prima e
della Corte d'Appello dopo, è succeduto un orrore. Non mi è nota, al momento,
altra fonte in cui la narrazione dei fatti, la ripresa del dibatti-to, la
ricostruzione degli avvenimenti si sia così fedelmente attenuta ai nostri
effettivi trascorsi. Il lettore rimarrà certamente colpito dalla presentazione
lineare e puntuale degli eventi, e forse, in qualche caso, ne resterà anche
perplesso. In questo testo è inoltre dimostrata la possibilità di
difendere gli stessi valori, di reclamare gli stessi diritti, a partire da
percorsi differenti: quello che la mia famiglia ha sempre sentito come un
insopprimibile bisogno, connaturato e viscerale, di poter decidere riguardo se
stessi - tanto più quando in gioco è la fine della propria vita -,
Maurizio Mori lo dimostra come il risultato di una esigente, legittima e
rigorosa riflessione etica. Vi sono argomentazioni morali che sono sostenute da
così poderose ragioni da apparire dotate di evidenza. Egli ci costringe al
ragionamento leale sui nostri sentimenti e pregiudizi più profondi. E lui
più degli altri ha compreso che non mi può cambiare nessuno.Come i magistrati
hanno capito questo di Eluana. Oltre ai giudici che hanno avuto il
coraggio di andare fino in fondo, in favore di una delle nostre libertà
fonda-mentali, Eluana avrebbe ringraziato anche lui, Maurizio: per la
riflessione filosofica compiuta, per il tempo speso, per il mutuo soccorso, per
le andate e i ritorni in mille iniziative, per avere lanciato il sasso ed aver
mostrato la mano. In attesa di sapere quale direzione prenderanno gli
eventi, mi fa piacere vedere che la vicenda di Eluana e della nostra famiglia
sia stata presentata in un testo così autorevole e umanamente ricco. Maurizio Mori.
Mori. Keywords: la coerenza dell’intransigenza.
Grice e Moriggi: la ragione conversazionale e la
stretta di mano – Ercole e Cerbero – le tre implicature conversazionali – la
scuola di Milano -- filosofia lombarda -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Milano). Filosofo italiano. Milano, Lombardia. Grice: “I like
it when Moriggi does substantial metaphysics; he has edited a collection on
‘why is there something rather than nothing?” – hardly rhetoric – and the
subtitle is fascinating: the vacuum, the zero, and nothingness! All in Italian, to offend Heidegger!” Specializza in
teoria e modelli della razionalità, fondamenti della probabilità e di
pragmatism. Insegna a Brescia, Parma, Milano e presso la European School of Molecular
Medicine è conosciuto al grande pubblico attraverso la trasmissione TV E se
domani di Rai 3 e per alcuni interventi ad altre trasmissioni. Saggi: “Le tre
bocche di Cerbero” (Bompiani. Perché esiste qualcosa anziché nulla? Vuoto,
Nulla, Zero, con P.Giaretta e G.Federspil (Itaca) Perché la tecnologia ci rende
umani (Sironi) Connessi. Beati quelli
che sapranno pensare con le macchine (San Paolo) School Rocks! La scuola
spacca, con A. Incorvaia (San Paolo, ), con prefazione rap di Frankie Hi-nrg.
Stefano Moriggi. Moriggi. Keywords: le tre bocche di Cerbero. Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Moriggi” – The Swimming-Pool Library.
Grice e Morselli:
la sistematicita della filosofia – la scuola di Vigevano -- filosofia lombarda
– filosofia italiana -- Luigi Speranza (Vigevano). Filosofo italiano. Vigevano, Pavia, Lombardia. Grice:
“What I like about Morselli is that his is mainstream (Lombardia) and that he
approached philosophy systematically. Only Morselli could conceive of a
‘dictionary’ – and he also wrote a ‘storia della filosofia’!” – afasia. Osn!:d P*%r OdMi WHMJOTECA CAPWvj|a£. dico) = Il silenzio) (fllos.): per gli
Scettici antichi l'afasia. Il tacere è 11 risultato della sospensione di
qualsiasi giudizio o affermazione circa la vera natura del¬ lo cose. L’uomo
conosce soltanto ciò che appare, và 9aiv6jj.Eva, la pura apparenza: se si vuolo
oltrepassarla, ci si trova di fronte a ragioni contrarlo e d'uguale forza;
perciò il saggio, se vuol conservare l’impassibilità e l’equilibrio dell’anima
(derapala), non afferma nuLa, neppure l’impossibilità della scienza. -
(psicol.): l’afasia ò la perdita totale o parziale dello funzioni del
linguaggio. Affettivo (lat. a/Hccrc. p. 0. dolore, lae- iiiìa —- addolorare,
rallegrare) (psicol.): si dico delle modificazioni e dei modi di essere dei
soggetto, dei processi es¬ senzialmente soggettivi, come il niacore, il dolore,
le emozioni, 1 sentimenti, lo passioni, io inclinazioni, che formano una dello
tre grandi attività in cui si distribuisce solitamente, per comodità d’analisi,
la vita psicologica, cioè l’in¬ telligenza, il sentimento, la volontà.
Affezione (affectio) (psicol.): in generale designa una disposizione, uno 0
stato, un mutamento dovuti a causo esterne o Interne, sempre con un carattere
di passività. In senso più particola¬ re esprime il piacere, il doloro e lo
emo¬ zioni elementari. A fortlorl (logica): ò la forma di prova che,
dimostrando vera una proposizione, afferma che un’altra proposizione, di quella
più 1 meno estesa, più o mono generalo, ò vera con più forte ragione; p. es.:
se il santo pecca, a /ortiori pecca la comune umanità; so ò immorale la
menzogna, tanto più è Immorale la ca¬ lunnia, clic è una menzogna diretta con¬
sapevolmente a recar danno. Agatologia (gr. rò àyaflóv = 11 bene, e Xóyo; =
discorso : scienza del bene) tfilos.): termine usato dal Rosmini per indicare
la dottrina del bene, che viene considerato come il principio primo del¬ la
filosofia ; tale esso è nel sistema plato¬ nico, in cui l’idea del Bene è
l’idea più alta, dalla quale tutto lo altre idee rice¬ vono luce e alimento.
Agnosticismo (gr. éc-yvcooto; = non conoscibile) (fllos.): ò un termine creato
dal naturalista Inglese Tommaso Hux¬ ley; si applica a quelle dottrine che,
corno l’cvolnzionismo di Spencer, ammettono bensì al di là dei feno¬ meni e
delle loro leggi un ordine supe¬ riore di realtà, ma lo dichiarano inco¬
noscibile per la mento umana, conside¬ rando cosi insolubili i problemi
metafisici, 0 relativo il sapere umano. Agorafobìa Anagogia Agorafobia: vedi
fobìa. Agostlnismo (fllos.): designa Io spirito della dottrina di S. Agostino o
l’ispi¬ razione mistica comune allo filosofie di S. Anselmo, S. Bonaventura,
Pascal, Malebranche e, in misura inferiore, ad altri sistemi. 11 presupposto
fondamen¬ tale ò l'atto di adesione alTordine soprannaturale, a Pio che libera
la vo¬ lontà dal senso mediante la grazia e la mente dallo scetticismo mediante
la rivelazione; Pio. che è verità© amore, costituisco il centro della dottrina,
della quale sono principii essenziali il primato della volontà, la debolezza
peo- oumiuo.su dcH’iiomo, la metafisica del- Tespcrlenza interiore e della
conversione, la prescienza divina o la prede¬ stinazione, cec. Agrafia (gr. a
priv. o YPtt?» scrivo) ( psicol.): è quella forma particolare di perdita della
memoria, che colpisce, sopprimendoli, i movimenti necessari! alio scrivere.
Allucinazione ilat. alucinaiio, da alu- einor = agisco vanamente, sogno)
(psicol.): consiste nel percepii*© come presenti esseri, oggetti, fonomeni che
in realtà non sono presenti. Si osserva nel delirio, nella febbre alta, ma
anche in stuti apparentemente normali. Alogico (gr. a priv. o XÓyo$) {topica):
si dice di ciò che é estraneo, indifferente alla logicu, di ciò clic aucora si
sottrae olle leggi della logica, come è di senti¬ menti, passioni, fatti
accidentali, cec. Non ò da confondersi con illogico, che si applica a ciò che ò
contrario alle leg¬ gi logiche. Alterità (gr. éTepórv)^; opposto: iden¬ tità)
(logica): ò il carattere di ciò che ò altro, cioè differente o distinto. Nel
So¬ fista di Platone l'altro, conio categoria, è diverso dall’essere; e così
vicn ristabilita, contro Parmenide, resistenza del non essere. - Nicola (
Tjìano all’unità divina fa corrispondere Taltcrità (e cioè la. varia
molteplicità) delle cose del mondo. Altruismo (opposto: egoismo) (morale):
comprendo le tendenze o 1 sentimenti che hanno per oggetto il bene o l’inte¬
resso dei nostri simili. La dottrina di G. Bentham o di G. Stuart Hill vuole
spiegare, con l’associazione delle idee, il passaggio, nella vita sociale, dal
sen¬ timenti egoistici a quelli altruistici, dal¬ la considerazione dell’utile
proprio a quella dell'utile altrui, che ò poi il fine più alto della morale,
secondo Tuffi»- tarismo. Amnesìa (gr. a priv. c {iva, tema di {UfJLvy) croco =
ricordo) (psicol.): è la perdita totale o parzialo della memoria, che ora
annulla o riduce la capacità di fissare i ricordi, ora sopprimo la facoltà di
richiamarli, ora cancella tutto il pas¬ sato o una data classe di ricordi (p.
e. una lingua straniera, le nozioni di mu¬ sica, eco.). Amorale = ò ciò che non
è né morale né immorale, ciò elio non ha rapporto con la morale, ò indifferente
di fronte alla distinzione di bene o di mule. Amore (in generale): comprendo lo
ten¬ denze elio portano verso un oggetto o una persona, quando non mirano
esclu¬ sivamente alla soddisfazione d’un bi¬ sogno materiale o d’uu fino
egoistico. - (filos.) : Empedocle vuol spiegare il divenire con Tumore
(q>tXiÓT7)£), grazie al qualo il molteplice tende n costituirsi in unità,
mentre la discordia (vetxoc) scioglie l'unità per dar luogo alla plu¬ ralità
degli clementi o delle cose. - per Platone l'amore è un'os pi razio¬ no al
mondo divino delle Idee, cui l’ani¬ ma, tratta dui desiderio della bellezza,
ascende, per gradi, da un corpo bello a due, da due a tutti, c da tutti i corpi
belli alle belle istituzioni, alle belle scienze, finché perviene alla stessa
idea del bello (Conrito); l'amore è pertanto la forza che determina il
passaggio da una conoscenza più povera a una co¬ noscenza più ricca. - con S.
Agostino l’umore non ò più un movimento dal basso verso l’alto, dal mondo reale
verso il mondo Ideale e divino, ma un movimento che dall’al¬ to scende verso
gli esseri inferiori per elevarli a sé; è puro, non mescolato con interessi,
timori o speranze, è la per¬ fetta carila, umore del prossimo in Pio, è un
amore che viene da Pio o porta verso Pio. - per Spinoza dalla conoscenza intui¬
tiva, per cui la mente umana abbraccia tutta la molteplicità delle cose come
uno sviluppo della sostanza infinita e divina, sorge un infinito amore di Dio
(amor inUUcctualis dei) e la beatitudine perfetta corno effetto della
conoscenza più adeguata, in cui lo spirito coglie Pio stesso e ne gioisco; però
« chi ama veramente Pio non pretenderà elio Pio ricambi il suo umore . Anagogìa
(gr. àvaYCoyq = elevazione) (rclig.): ò detto anagogico II significato più
profondo e simbolico dello Sacre Scritture, quello iu cui sono adombrato le
cose del mondo divino, Analisi — 10 — Anamnesi - (/iloti. ) : è adoperato da
Leibniz to¬ me sinonimo di induzione. Analisi (dal greco ava— aG eo = «dolgo,
separo; opposto: sintesi) (in generale ): è un procedi mento del pensiero eh©
con¬ siste nei risolvere un composto negli c- lemeuti che lo costituiscono. -
(/ ilos.): si procedo per analisi quan¬ do, per còglierò la realtà ultima delle
cose, si vuol giungere agli elementi piti semplici che la compongono; p. oh.:
-— a) Vatomistica di Democrito, che scioglie i corpi in atomi indivisibili; -
è) Vcmpirismo, eh© tende a scoprii© gli elementi più semplici della coscien¬
za, gli atomi psichici (cioè sensazioni, sentimenti, volizioni), costruendo o
ri¬ costruendo con questi lo operazioni più ulte della mente: la memoria, la
fanta¬ sia, il ragionamento, eoe. (Locke, Uu- are, Taixjb); - d) la dottrina di
Kant, che, per chia¬ rire l’attività conoscitiva, la scioglie nel suoi elementi
(forma e materia) e nei suoi fattori ( sensibilità, intelletto, ragione). --
(psicol.): la mente analitica consi¬ dera e rileva nelle cose i loro elementi ;
la mente sintetica le vede nel loro in¬ sieme. - Biagio Pascal denomina lo spi¬
rito analitico esprit de géomitric, che ò penetrante, scorge i particolari, ri¬
cerca l'esattezza nell’osservazione dei fatti, segue uu principio fin nello sue
ultime conseguenze; mentre lo spirito sintetico, detto da lui esprit de finesse,
ama, più che il rigore del ragionamen¬ to astratto, la visione unitaria e com¬
plessiva delle cose, l’intuizione dei rap¬ porti che le uniscono. - la
filosofia dell’i nfuizione considera l’analisi un procedimento che si arresta
all'osservazione esteriore, si lascia sfug¬ gire la vita interiore o l’essenza
dello cose e considera un tutto vivente come un meccanismo da smontare pezzo
per pezzo. «Chi vuol conoscere c descrivere un essere vivente, ne trae prima
fuori lo spirito; allora ha in sua mano le parti, ma, ahimè l non c’è più la
vita che unifica • (Goetite, Faust). Analitica trascendentale (filos.)- Kant
designa con questo termine quel¬ la sezione della ('ritira della fingi(m para,
clic espone la dottrina dello ca¬ tegorie, cioè delle forme a priori deWiu-
trillilo, intendendo per intelletto la fa colta di pensare o ridurre a scienza
gli oggetti dell'Intuizione, ossia i fenomeni, collegandoli o ordinandoli,
appunto mediante le categorie. Analitici (filos.): Aristotele chiamò analitici
i libri nei quali studia le leggi formali del pensiero o *rà àvaXuTtxà il
complesso delle sue ricerche logiche fondamentali. - Kant denomina analitico il
giudizio in cui il predicato è contenuto implici¬ tamente nel soggetto e si
rendo espli¬ cito con ranalisi del soggetto; è a priori e non aggiungo alcuna
conoscenza nuo¬ va; p. cr. i corpi sono estesi » (V. sin* t etico). Analogia
(gr. àva-Xoytx - rapporto, proporzione) ( logica ì: come proprietà delle cose
indica una somiglianza di rap¬ porti fra oggetti differenti; p. ee. sono
analoghi gli organi che, pur non avendo la stessa forma o appartenendo a due
classi di esseri distinti, compiono però le stesse funzioni: cosi per Platone
l’a¬ nima razionale (vou^) nell'uomo c la classe dei * filosofi " nello
Stato sono analoghe. - per S. Tommaso e pel Ncotomismo gli attributi applicati
a Dio (come po tenza, bontà, sapienza ecc.) debbono essere intesi in
significato analogico, cioè non sono applicabili nello stesso senso e misura
all’uomo e a Dio, come, per es. t l’aggettivo ridente non ha lo stesso
significato se riferito a un viso umano e ad un paesaggio. - come procedimento
di ricerca runa- logia è un ragionamento che da una so¬ miglianza fra due cose
in alcuni punti deduce una somiglianza su altri punti; p. e. : « se la Temi e
Marte hanno co¬ muni le note a, b, c, si può inferire che anche la nota d, la
vita, si trova in Marte . 11 procedimento analogico non dà certezza, ma solo
probabilità. Anamnesi (gr. àvàjxvyjoriq =reminlscen- za, ricordo alquanto vago)
(filos.): per Platone il vero sapore (èTriOTi^fjLV)* cioè la scienza delle
idee) è ricordare, c re¬ miniscenza, c Ignorare è aver dimenti¬ cato. L’anima,
prima di nascere, è vis¬ suta nello spazio sopracoleste (TÓ7TO£ ur:spoupàvio£)
contemplando la realtà vera, lo idee, la giustizia, la saggezza, la scienza;
cadendo poi in un corpo sulla terra, l’anima dimentic a ciò che ha ve¬ duto; ma
alla presenza delle cose sen¬ sibili, copie imperfette e sbiadite delle idee,
degli esemplari sopmeelesti (rra- pa$siy(AaTa), questi ritornano davanti alla
niente in modo più o meno con¬ fuso. [X7}Ttx4v); e. intenneillnrin fra i dm'.
l’appetito ira- scibile (tò — Per Mosto- tele l'aninm è la /ormo del corpo, al
uuaic dà la Illuni, il movimento, l’ar- monia, e sta ad esso come la visione,
oyte. all'occhio ; è vegetativa nelle pian¬ te, in più è tensilira midi animali
ra¬ zionale nell 'uomo, vii Khituiìi, se¬ guendo l’atomismo democriteo, pensano
l’anima materialisticamente formata d’atomi e mortale, mentre gii Stoici.
ispirandosi ad Eraclito, la credono un fuoco sottile, un sodio x{a): termine n-
doperato da Leibniz per designare «dò cho fa sì che un corpo è impenetrabile a
un altro » ( aUribulum per quod viale- ria est in spatio). Antropocentrismo
{/ilos.): ò la con¬ cezione antropomorfica cho pone l’uo¬ mo come il centro o
lo scopo di tutta la realtà, corno se Lordine universale delle cose fosse
creato o disposto per l’uomo o le sue esigenze, ft por lo più Antropologia - 13
- A posteriori legata al geocentrismo (yyj = terra), cioè alla teoria,
comunemente detta to¬ lemaica, cho poneva la terra nel centro dell’universo, e
die cadde per opera di Copernico, di Galileo e di Giordano Bruno. Antropologia
(gr. £v9porito? »= uomo, o Xóyog = discorso) Un generale); è la scienza che
tratta della storia naturale dell’uomo, ricercandone le origini e de¬
scrivendone le diverso rozze. -( filos,.): Kant distingue un 'antropo¬ logia
teorica, che cuna psicologia empi¬ rica o tratta delle facoltà umane; un'nn*
tropologia pragmatica, eh© studia l’uo¬ mo per aumentarne e perfezionarne l’a¬
bilità; uu’antropologia morale, che ha per line la saggezza della vita in modo
conformo ai prindpii della Metafisica dei costumi e della morale.
Antropomorfismo (gr. àv9pco-oc = uomo o (j.op(py;= forma, liguri») (psicol.): è
la tendenza spontanea dell’uomo a rappresentarsi le cose, gli esseri, Dio
stesso sul modello delia propria natura ; p. e. attribuire alia divinità forma
cor¬ porea e passioni umane. Skxojane, fon¬ datore dolla scuola identica, è uno
del primi elio condannano l’antropomorfi- •smo religioso. Apatia (gr. àrriOcia.
da a prlv. o 77x9-, tema di TTarryco = io soffro) (in gene- rute): s’intendo
una specie d’insensibi¬ lità, d’indolenza, che si rileva dalla len¬ tezza delle
reazioni, sia psicologiche, sia morali. - (filos.): per gli Stoici l’apatia è
lo stato in cui viene a trovarsi l’uomo quando vive operando in modo confor¬ mo
alla ragione, ossia quando non si la¬ scia turbare dagli affetti Irragionevoli,
dalle passioni, dai beni eslcriorl, e di¬ viene uuo spirito sereno, eguale,
imper¬ turbabile. Apodittico (gr. i-oSeiy.Tiy.óc, da SEty.vupu = mostro, provo)
(logica) : si dico di ciò che si afferma incondiziona¬ tamente come necessario,
certo, incon¬ futabile, sla per una dimostrazione de¬ duttiva, sia per la sua
intrinseca evi¬ denza. Apologetica (gr. àrroXoyÉo|iai = mi difendo) (retto.):
l’apologetica cristiana comprendo l’arto dialettica e gli scritti aventi por
line la difesa della religione cristiana eoutro gli attacchi della (ilo- 80 lia
antica, dei potere politico e delia religione pagana,, e miranti a ottenere per
i Cristiani la tolleranza delle leggi, nonc hé a dimostrare che la vera reli¬
gione è la cristiana. Apologeti sono: Tertulliano, Giustino, Minucio Fe¬ lice,
Ireneo, eoo. (II e III soc. d. Cr.). Aporèma (gr. x-ópy)|zx, da àrtopéto = sono
In dubbio) (logica): è un sillogi- snio dubitativo, che vuol dimostrare Pu¬
gnai valore di due ragionamenti opposti. Aporia (gr. à Tropea = imbarazzo,
situa¬ zione senza uscita) (logica): è il dubbio logico proveniente da
difficoltà insolu¬ bili. Sono famose le aporie di Zenone D’Elea, che mirano a
ridurre all'assur¬ do le tesi contrarie all’idea deli’Dno im¬ mobile di
Parmenide e affermanti l’esi¬ stenza reale della pluralità e del movi¬ mento. I
filosofi scenici sono detti an¬ che aporetici, per lo stato di dubbio in cui
alla fine vengono a trovarsi dopo aver ricercato la verità, e per cui so¬
spendono ogni giudizio (èizoyjr) o asseti - tUrnie rclcntio, come ilice
Cicerone). A posteriori (opposto: a priori) (filos.): le due espressioni « a
priori e • a poste¬ riori », assai
importanti nel linguaggio filosofico, derivano tini procedimento a-
rlstotclieo, per il quale il concetto, l'i/n i- versale, i> designato corno
logicamente anteriore, il particolare come posteriore : ' non è lo stesso ciò
che ò primo per natura ( 7 tpÓTSpov Ty (juierst) e ciò che è primo per noi
(7tpè; fyjtà; TCpórepov); è primo per natura l’universale, il con¬ cetto; è
primo per noi, o per opera del senso, il particolare, il singolo ». — Questi
termiul diventano comuni nella Scolastica : per Alberto Magno ( sec. XIII)
provare ex priori bus significa dimostrare partendo dui principi!, dalle cause;
provare ex posterioribus significa dimostrare partendo dalle conseguen¬ ze,
dagli effetti; per S. Tommaso non si può dimostrare a priori l’esistenza di
ilio, perché questi è causa prima: oc¬ corre partire dagli ottetti (p. e., il
mo¬ vimento) o di qui risalire alla causa prima. -Nei tempi moderni, quando
l'indagi¬ ne filosofica si sposta, e dalla ricerca delle cause dell'» essere »
si trascorre a indagare le cause o le fonti dei « conosce¬ re -, si ha un
notevole cambiamento : a priori è ciò che è dovuto alio sviluppo spontaneo
della ragione, ciò che questa trae da sé, dalla sua interiorità, in ma¬ niera,
Indipendente dall’esperienza, o quindi lia, por Kant, i caratteri dell'unf-
versalità e delia necessità: a posteriori è ia conoscenza che proviene
dall'ospe- rienzu o ha il suo fondamento mdl'ospe- rienza o manca perciò di
quei caratteri, Perché è ristretta ai casi effettivamente sporlmentati.
Appercezione Arianesimo _ Nella teoria dell'evoluzione (Spen¬ cer) 6 « priori
per l'Individuo ciò che si trova In lui come un prodotto dell'esile- rienza
della aporie, trasmesso per ere¬ ditò, e che per la. spedo, quindi, è a
posteriori ; « posteriori per l’Individuo è ciò che egli acquista con la sua
espe¬ rienza: si tratta dunque (l'un’anterio- rlrìv cronologica o psicologica,
non lo¬ gica o razionale. In realtii per l'evoluzio¬ nismo, che è una forma di
empirismo, la conoscenza è interamente a poste¬ riori. perché tutta,
originariamente, de¬ riva dall'esperienza. Appercezione (in generale): b il
pren¬ der possesso d'un’idea eon un lavoro attivo della mente che la rende piu
chiara e meglio definita. -- (/«os.) per Leibniz è la conoscenza chiara
odistinta, clic differisce di grado dalla percezione oscura e confusa; è
rrprarsr n/al io multi liuti tris in imitate. - Ka.N 1 distingue Vnpitercezionc
empi¬ rica ila quella trasreintentate: la prima è in sé dispersa, senza legame
col «og¬ getto, di guisa clic I fenomeni psichici percepiti non sono vissuti
come facenti parte d’nn’unità superiore, d'un io. ma rimangono isolati e
disgregati a guisa di atomi: la seconda è l'atto di riferire una
rappresentazione, una conoscenza alla coscienza pura, originaria, superio¬ re
al senso e da questo distinta, cioè aìVitmtUa. cho accompagna c stringe i-ln un
tutto, in una sintesi, le varie rap¬ presentazioni, ed è in ogni coscienza una
e identica, non derivata da altro; p. e. il senso percepisce due fenomeni « c b
isolati, senza collegamento: Vinlelletta quando dice: •Alt raggi solari) è
causa (j.aT0S = incor¬ poreo, da a prlv. c eròica, corpo) (fi- bui.): secondo
gli Stoici sono asomatlci il vuoto, il tempo c gli oggetti del pen¬ siero.
Assenso (il lat. assensvs traduce 11 ter¬ mino stoico auv-xaTa—ftsaic - il nor¬
ie, raffermare) (logica): in generale ò l’atto col quale l’intelletto accoglie
o fi) sua un’idea o uu’affeminzlono al¬ trui. - per gli Stoici si dà l’assenso
a una rappresentazione, la si accoglie come vera, quando questa, quasi
impressa, suggellata in noi da un oggetto, s’im¬ pone allo spirito por la sua
forza, la chiarezza, l'evidenza,Ci tira per i ca¬ pelli, come essi dicevano.
Assertorio (giudizio) (logica): b quello elio esprime la realtà, l’esistenza,
con la copula: «è, «non è ", senza Implicare la necessità, essendo
possibile il con¬ trario. Assioma (gr. àjicojxa = dignità, po¬ stulato; da
&£toc - degno; hit. mun- fiatimi) (logica): è in generale in affer¬
mazione, un principio considerate come vero per la sua evidenza e accolto come
vero senza bisogno di dimostrazione. -- i matematici greci l'applicarono pei
primi alle proposizioni evidenti: p. e.; tra due punti la linea più breve è la
retta. - con AniITOTELE si è esteso ni prin- cipjt logici: al ] trincipio di
identità, di contraddizione, ccc. - Spinoza denomina assiojni alcuni principi!
fondamentali della sua Etica « more geometrico i/cmonstratu », Associazione
delle idee — 16 — Astrazione Associazione delle idee ( psicol. ): de¬ signa la
tendenza comune ai processi psichici a collegarsi fra loro, in modo r-lie,
quando uno di essi risorge nella co¬ scienza, tende a richiamare altri stati
psichici, o per coni ignita, cioè per essere entrati contemporaneamente nella
co¬ scienza, ^ per ragioni di somigliansa, o anche per ragioni di contrasto. —-
Si può ricondurre a due leggi generali : — a) la legge Cinica razione, per cui
un processo psichico tende a ricostituire il complesso mentale di cui ha fatto
parte ; — b) la legge dell* interesse, per la quale fra gli stati psichici
richiamati si opera una selezione dovuta all’interesse at¬ tuale clic offrono
pel soggetto. - L'associazione delle idee è descritta per la prima volta da
Platone noi Fe¬ done (cap. 18 ), per spiegare l’idea del- 1 ’ anamnesi . - I).
Humk sviluppa e determina la teoria dell’associazione e la pone a fon¬ damento
della vita psicologica. Associazionismo ( filos è la dottrina sostenuta dagli
inglesi H ARTLKY, Hv- ; me, Stuart Mill, Bàin, ecc., secondo la quale
l’associazlono delle idee ò la leg¬ go fondamentale della vita dello spiri¬ to
e del suo sviluppo. È collegata a una concezione atomistica della vita spiri¬
tuale, per cui un numero determinato di elementi psichici, analoghi agli atomi
della chimica (cioè sensazioni, sentimeli- li, immagini), associandosi, danno
ori¬ gine alle funzioni superiori (memoria, intelligenza, fantasia, ragione) ©
le spie¬ gano. Assoluto (dal lat. absolvcrc = separare, perfezionare ; quindi
assoluto = ciò che è indipendente e perfetto ; opposto : re¬ lativo) (/ ilo 8
.): esprime l’essere cho è sciolto da ogni limite, relazione o con¬ dizione,
indipendente da ogni altro es¬ sere o cosa, e a un tempo perfetto ; quin¬ di
l’easere che esiste in só e per sé. - l’assoluto può essere inteso come il fondamento
primo di tutte le cose, che per il materialismo è la materia, per lo
spiritualismo lo spirito pensato come sostanza, per l’idealismo il pensiero nel
suo più ampio significato, ecc. - Newton pone a fondamento della sua meccanica
il tempo assoluto e lo spazio assoluto, che cioè hanno esisten¬ za in sé,
mentre ]>er Kant tempo e spazio sono attività della nostra sensi¬ bilità, c,
quindi, dipendenti da questa, ad essa relative (v. spazio e tempo). Assurdo
(Ionica): si dice d’un’hlea o d’un giudizio che viola le leggi fonda¬ mentali
del pensiero, perché contiene elementi incompatibili fra loro o con¬
traddittori. - la dimostratone per assurdo (o ridu¬ zione all’assurdo, deducilo
ad absurdum) è quella che vuol dimostrare o confu¬ tare una determinata tesi, esponendo
la falsità evidente e la contraddittorietà delle conseguenze che no derivano.
Astratto (dal lat. abs-trahcrc = trarre fuori; opposto; concreto) (psicol.): si
di¬ ce della parte n dell'elemento che venga tratto fuori (abstrachim) da un
tutto o considerato separatamente, p. e. la for¬ ma, il colore d’un oggetto;
perciò pren¬ de il senso di - pensato \ * concettuale », in opposizione a ciò
che ò dato imme¬ diatamente nell’intuizione. Astrazione (gr. d^aeCpsot?, da à =
traggo fuori, lat. abstraho ): questo tonnine passa per due fasi prin¬ cipali
(Euoken): - 1 . fase logico-metafìsica: per Arisi o- TELE è il procedimento
che, omessi i ca¬ ratteri accidentali cruna cosa, ne rileva le qualità
essenziali c le considera per so stesso; quindi sono astratte (è5 àcpaipéoEox;
XsyójjLeva) lo forme sepa¬ rate dalla materia, come lo grandezze matematiche,
l'idea della statua sepa¬ rata dal masso di marmo. Nello stesso senso è intesa
nel Medio evo: abstrahere. formam a materia int dicchi — separare la forma dalla
materia mediante l’in¬ telletto. Nella logica astrarre consiste general¬ mente
nel passare, mediante la sop¬ pressione d’una o di più note d’un con¬ cetto, a
un concetto più generalo; p. e. togliendo ai concetti di quercia, olmo, pioppo
ecc. alcune note, cioè quelle che li differenziano, si salo al concetto più
generale di albero, cosicché quanto più l’astrazione procede, tanto più dimi¬
nuisce il contenuto del concetto, cioè la sua comprensione (che ò il numero
dello note che esso include), e cresce invece l'estensione (che è il numero
degli indi¬ vidui che esso abbraccia), come si vede passando, p. e., dal
mammifero al ver¬ tebrato, àlTanimale, all’essere viven¬ te ecc. - 2 . fase
psicologica (con Locke, Ber¬ keley ecc.): è l'operazione spontanea per cui il
pensiero isola progressiva¬ mente, nella massa dei fenomeni, le qualità comuni
ai singoli oggetti e le esprime mediante un nomo comune, un concetto, un’idea
generale, trascorrendo dall osservazione dei singoli individui alla specie e al
genere, grazio a quell 'al* Atarassia 17 — Autarchia tra operazione spontanea
che è la ge¬ neralizzazione, per cui si estende a tutta una classe, a una
specie, a un genere ciò eho si osscrra in uno o più individui. Atarassia (gr.
àrapaSta, da a prlv. e rapaOCTtij = turbo, agito) (filos.): è la serenltù dello
spìrito che per K Pier no è l’ideale del saggio; è una conquista della ragione
mediante la saggezza (, c vede in questo atto la prova In¬ tuitiva della
propria esistenza. _per Kant Invece l'io conosce so stesso non come sostanza,
ma come « sog¬ getto », corno attività; ossia l'io è il ter¬ mine comune a
tutti i processi di co¬ scienza, quasi il ilio invisibile ohe 11 tie¬ ne
collegati; separato da essi, è pura astrazione., Autoctisi (gr. auró? e
etici!.? — crea¬ zione di se stesso) (/ilos.): termine usato dal Gentile per
esprimere che lo spi- t rito, pensandosi, prendendosi come og- getto, creo se
stesso, si sviluppa in¬ cessantemente, grazio a una. vivente | dialettica del
pensiero (v. dialettica). Automatico (gr. aÙTÓ[.taTO? = che s muove da Bé) (in
generale): si dice di ciò che si muove da sé in maniera meccanica, senza
l’intervento di for¬ ze psichiche o di una volontà intelli- gente. _ (psicol.):
si applica all’attività in¬ cosciente, cioè a quegli atti che si ri¬ petono in
maniera indipendente dalla volontà. .,,,, . Autonomia (gr. coìtó? e vólto? = il
da¬ re a se stesso lo legge, il reggersi con proprio leggi; opposto:
eteronomia, dal gr. c~po? = altro, e vópio?= legge; che significò: il reggersi
con leggi date da altri) (morale): per Kant consiste nel fatto che la volontà
umana 6 una vo¬ lontà legislatrice universale, in quanto l'uomo nell’ordine
morale obbedisco a una legge che emana non da una vo¬ lontà a lui esteriore
(sia questa Dio, la società, la naturo, come avviene nella morale eleronoma),
ma dalla sua volontà di essere ragionevole, dalla suo co¬ scienza. Autorità
(principio di) —) (in generale): consiste ncll'accogliere come vera una
cognizione da una persona cui si rico¬ nosce una superiorità intellettuale o morale,
rinforzata spesso dalla tradi¬ zione., . ., _ (/ilos.): nel Medio Evo
Aristotele gode d'un'autorità assoluta nella scien¬ za e nella filosofia, donde
il detto: ipse dirit (traduzione del greco aùvò? 2pY)Tlx6?), cioè della piena
esplicazione delle tor- -,c spirituali, della vita contemplativa che offre la
conoscenza più alta, quella del macrocosmo e delle sue leggi eterne. __per B u
Stoici si raggiunge nell apa¬ tia ànà&Eia, nel dominio della ra- gionc
sulle passioni e sul dolore; per TOPI ceno nell’atorossla, che e data dal- 1
l’assenza del dolore, da una scelta Bapiente'del piaceri e dall’armonia della
vita. . _ per Spinoza 1 ’uomo raggiunge la beatitudine, la quiete definitiva,
solo nella conoscenza del terzo grado, cioè nella «conoscenza intuitiva», per
cui la ragiono vede le cose In Dio, nel loro aspetto eterno (sub specie acf
erri itati»), che è poi un conoscerò Dio stesso nella sua unità, quasi un
coincidere con lui. Beavlorlsmo (inglese: behariour - comportamento, condotta)
(psicol.): ts il metodo di ricerca psicologica, che consiste nell’indagare 11
modo di rea¬ gire alle impressioni esterne, la manie¬ ra di comportarsi, di
condursi nelle differenti circostanze della vita. Que¬ sto metodo, applicato
dapprima agli a- nimali, s’è poi esteso all'nomo. Bello (/ ilos.):
nell'antichità: per Platone il hello è ciò che offre all’occhio e alla, mente
proporzione e armonia, ordine e misura. In modo cho la varlotà degli elementi
si disponga In gradi e si com¬ ponga in un tutto plasmato o ordinato dalla vita
dello Bpirito, il quale,. libe¬ randosi gradatamente da tutto ciò cho è
corporeo e sensibile, può essere tratto verso il bello In sé, verso l’idea del
bello eterna, perfetta, immortale (v. dialet¬ tica). L’arte dell’uomo non ò
altro che un’imitazione della natura, che alla sua volta c un’imitazione
dell’idea, quindi un'imitazione dell’imitazione, non un'c- spressione dirotta
del hello. _Per Aristotele gli elementi del hello sono: l’ordine (Tpia|.iévov);
la fonte del bello è nel senso innato del ritmo e dell’armonia e nell’istinto
d’ìniitazione, raffinato dalle due facoltà del genio ellenico: veder le cose
con meravigliosa chiarezza; rappresentar¬ sele con perfetta obbiottività. __per
Plotino il bello con è nella sim¬ metria, ma « è ciò cho rispleudc nolla simmetria
»; una statua è bella « per In forma che l’arte vi ha introdotto », i-apà top
stSou?, 2 èvfixvjv 7] t éyvv)). È l 'intuizione dell’artista, il suo genio che
cren l’unità fra le parti molteplici d’un oggetto e dona a questo ciò che lo
spirito ha di più profondo, mediante una raffinata elaborazione tecnica; l’ar¬
te non è più imitazione, come per Pia¬ tone o Aristotele, ma creazione dell’in¬
telligenza, del voù?. Questa teoria viene ripresa nel Hinascinicnto. - nei
tempi moderni : per KANT è hello ciò che procura una soddisfazione di carattere
universale, non esprimibile mediante concetti, libera da qualsiasi fino uti
itarlo o morale: le coso non sono belle perla loro intima costituzio¬ ne, che
In se stessa rqpta a noi scono¬ sciuta, ma perché sono capaci di ecci¬ tare c
tendere In maniera armoniosa le nostre forze spirituali. - per B. Cuoce il
bello non è un fatto fisico, non ha nulla da vedere con ru¬ tile, col piacere,
col dolore, con la mo¬ rale. non è oggetto di conoscenza con¬ cettuale; è
dunque ciò ohe produce uno stato d’animo libero da ogni interesse pratico o
logico, un’impressione che si esprime in una pura Immagine, oggetto di
intuizione, ebe è conoscenzaimme¬diatao fantastica d’un momento della vita
dello spirito considerato nella sua singolarità. Intuizione cui dà coerenza e
unità il sentimento. Bene (in generale): ò tutto ciò cne ri* spondo o si crede
che risponda a un bisogno e porta n un fine voluto o de¬ siderato. _ (morale):
è ciò che nell’ordine dell a- zlone ò oggetto d’approvazione, ciò il cui
possesso è causa di soddisfazione e avvia alla perfezione. -_il gommo bene
(summutn bollimi) è, per la filosofia antica, l’oggetto ultimo al quale deve
tendere la volontà mo¬ rale • quindi un bene bastante a so stes¬ so, cui tutti
gli altri beni sono subordi¬ nati e rispetto a cui son da considerarsi come
mezzi. _ gli scolastici, Cartesio, Spinoza, Leibniz seguono la tradizione
antica. Kant giudica che 11 dovere è anteriore al bene morale, che questo
deriva da quello e gli è subordinato ; giacché li bene è ciò che si fa per
dovere: ossia l’asione morale trae U suo valore non Biogenetica — 20 —
Carattere dallo scopo al quale tende, non dal bene che attua, ma dal principio
cui la volontà obbedisce, apendo unicamen¬ te por rispetto olla leppo morale :
perciò la lepgo morale incondizionata deter¬ mina il bene, non il beno
determina il dovere. Biogenetica (legge) (gr. (Uos = vita, yeveatS = origine):
ò la legge, oggi con¬ testata, che ebbe questo nome dal na¬ turalista tedesco
K. Haeckkl, per la quale le fasi dello sviluppo individuale ricapitolano in
breve le fasi dello svi¬ luppo della specie. La formula è: Yonto- genesi ripete
la filogenesi (v. ontoge¬ nesi). Biologia (gr. plot; = vita, Xóyos = di¬
scorso). È la scienza dei fenomeni ge¬ nerali della vita, comuni agli animali e
alle piante. Comprende la morfologia, la f isiologia, la patologia, secondochó
si considerano lo forme, le funzioni, i fenomeni anormali degli organismi vi¬
venti. Bisogno ( psicol .): ò la consapevolezza che qualche cosa manca al
nostro orga¬ nismo, o anche, in senso più alto ameno usato, alla vita
intellettuale, giacché ogni essere per vivere, svilupparsi o rag¬ giungere 1
fini che gli sono proprii deve prendere al mondo esteriore lo materie e gli
elementi necessari all’esistenza. Si distinguo dal desiderio, perché il biso¬
gno ò indeterminato nel suo oggetto, mentre il desiderio si dirigo verso un
oggetto determinato: ho bisogno di nu¬ trirmi o desidero un determinato cibo.
Buon senso: per Cartesio ò sinonimo di ragione, intesa come facoltà di di-
Bcernere il vero dal falso; quindi ò la capacità di ben giudicare, che non vie¬
ne concessa a tutti gli uomini nella stessa misura. Buridano (asino di — ) (
filos .) : cosi s’inti- titola rargomentazione attribuita a Bu¬ rlo ano» rettore
dell’università di Pa¬ rigi ( 1328 ); ossa consiste ncH’affcrmarc, a proposito
del libero arbitrio, che un asino affamato, posto davanti a duo socchi d’avena
perfettamente uguali, si troverebbe nell’impossibilità di faro una scelta fra
duo cose che lo solleci¬ tano in ugual misura, o morrebbe di fame, (V. anche
Dante, Paradiso, can¬ to IV, vv. 1 -(J). L'argomentazione non si trova negli
scritti di Buridano; ed ò forse dovuta ai contemporanei, per deridere il suo
determinismo psicolo¬ gico, secondo cui la volontà si decide, tra più beni, pel
bone maggiore; donde l’indecisione di fronte a due boni uguali. c Cabala
(dall’ebraico Kabbalah = tradi¬ zione) (rclig.): opera di filosofìa religiosa,
che si considera un’interpretazione se¬ greta della Bibbia, trasmessa per tra¬
dizione da Adamo ad Àbramo, attra¬ verso una serie ininterrotta di iniziati.
Tratta dello sviluppo di Dio, che prendo coscienza di sé generando tutto lo
coso dalla propria sostanza per via d’ema¬ nazioni; contiene l’enumerazione
dello milizie celesti, il simbolismo dei nu¬ meri ecc. Campo della coscienza
(psicol.): de¬ signa l’insiemo dei processi psichici (idee, sentimenti,
emozioni), cho in un determinato momento sono presenti nella coscienza d’uu
individuo. Campo visivo (psicol.): ò l’insieme de¬ gli oggetti cho sono
percepiti simulta¬ neamente dall’occhio in un dato mo¬ mento; mentre il punto
visivo è l’og¬ getto cho nel campo visivo si presenta con maggior chiarezza.
Canonica (dal gr. xavtóv = regolo, re¬ gola, norma) (logica): ò cosi detta da
Epicuro la parte introduttiva della sua dottrina, che tratta del criterio di
ve¬ rità, cioè della validità obbiettiva dello nostre cognizioni, che egli fa
consistere noU’immediata evidenza delle perce¬ zioni sensibili. Carattere (dal
gr. x a pacrcrco = scalfi¬ sco, donde '/apaxTyp = impronta) (in generale):
indica la qualità propria, la « impronta » che serve a distinguere o a definire
un oggetto. -(psicol.): ò l’unità stabile, costante dello disposizioni
intellettuali, sentimen¬ tali e volontario che distinguono un in¬ dividuo dagli
altri, il nucleo permanen¬ te che dirige la sua evoluzione psicolo¬ gica,
Vimpronta che egli lascia nei suol atti, tenendo presente che le qualità co¬
stitutive del carattere, le quali formano un fascio di energie diretto verso un
fi¬ ne, si manifestano nelle contingenze della vita, soprattutto in quelle
arduo e gravi. - (metafisica) : Kant concepisce l’uomo come cittadino di due
mondi: del mon¬ do fenomenico e di quello noumcnico; come parte del mondo
sensibile l’uomo ha un carattere empirico, che si inserisco nella catena delle
cause naturali, di gui¬ sa che le sue azioni sono sempre deter¬ minate, o cioè
non sono libere; invece come parte del mondo nouraenico ha un carattere
intelligibile, sottratto alla serie delle cause naturali, e quindi libero
.Caratterologia — 21 — Categoria _ (morale): aver un cara’lere morale si¬
gnifica possedere stabilmente quelle qualità del volere per cui il soggetto
tien fermo a principi o a norme pratiche c morali determinate, che egli si ò pre¬
scritto con la ragione. Caratterologia (psicol.): neologismo che servo a
indicare la scienza del ca¬ rattere, la quale studia l’essenza, l’evo¬ luzione
del carattere, mira a fissarne i tipi fondamentali. Cardinali (virtù): v.
virili. Carità (tcol.): è la maggioro dello tre vir¬ tù teologali (lede,
speranza e carità) ed e- eprime l’amore di Dio e l’amore del pros¬ simo in Dio;
è il principio d’ognl virtù. - (morale): consiste nel far del bene al prossimo
senza mira alcuna di van¬ taggio proprio. Cartesianismo: si può Intenderò: 1 ”
la filosofia di Cartesio nello sue tesi fon¬ damentali: l'idea di sostanza, 11
duali¬ smo fra anima o corpo, il meccanicismo del mondo fisico, l’evidenza
corno cri¬ terio di Terità eoe.; 2» la filosofia dei discepoli o dei successori
di Cartesio, cioè ili Malebranche, Oeclinx, Bpi- nossa, occ., benché non sia
facile stabi¬ lire ciò che del pensiero di Cartesio ò di¬ venuto pensiero
comune dei cartesiani, i quali mirano a risolvere i problemi po¬ sti ma non
risolti da Cartesio: i rap¬ porti fra pensiero ed estensione, fra ani¬ ma e
corpo, fra Dio c 11 mondo. Casistica (morale): è quella parto della morale
pratica che tratta dei « casi di coscienza *, cioè dell'applicazione di norme
morali olle circostanze particola¬ ri, o ancho nei loro rapporti con la reli¬
gione, Bpeelalmcnte quando rincontro o l’intreccio fortuito degli avvenimenti
della vita umana portano a conflitti di doveri di non facile soluzione. -in
senso peggiorativo, s’usa per in¬ dicaro distinzioni sottili o abili con cui si
vuol giustificare un atto che spesso la inoralo non approva. Caso (gr. ’M/tj,
slitapirivi)) (fn gene¬ rale): si dico elio un fatto è dovuto al caso, quando è
fortuito, inaspettato o so ne ignorano le causo. - ( Hlos .): già Aristotele
intorpreta il caso corno un avvenimento dovuto al fatto che due o più serie di
fenomeni s’incontrano in un punto in maniera imprevedibile, o dà l’esempio
dello sca¬ vatore che trova un tesoro. - in senso più comprensivo il caso si ha
ciuando una modificazione insensi¬ bile e impercettibile nello cause d’un
avvenimento produce una modifica¬ zione nell’effetto; p. e. il ritardo d’un
attimo di un fatto qualsiasi può pro¬ durre o far evitare un accidente gra¬
vissimo per lo sue conseguenze. Catalettica (fantasia) (gr. cpavvaota
y.xTaXvjTTTixr,, lat. risum impressum e//ictumque: t ic.): è per gli Stoici una
rappresentazione che ei si presenta, con tale evidenza (èvàpysia) o forza, ri¬
producendo lutto le qualità dell’ogget¬ to. elio ci afferra (y.aTaXa|j.[ 3
àvet) o ci costringe ad accoglierla come vera. 10 il fondamento del criterio
stoico di ve¬ rità. Catarsi (gr. xdt&apot Q, da xaDmpio = purifico)
(Hlos.): per Platonf., come più tardi per Plotino, consisto « nel se¬ parar-, e
rimovore (ytopi) quanto più è possibile l’anima dal corpo c as¬ suefarla a
raccogliersi in só medesima, rimanere sola, sciolta dai vincoli del senso >
(Fedone). La catarsi ha por fine di preparare l'anima allo più olevate at¬
tività spirituali. Per i Neo pi, atonici è un avviamento alla mistica, aH’unione
con Dio. - (estetica): Aristotele parla d’una calarsi traffica, che sarebbe
l’effetto pro¬ dotto dalla tragedia sopra gli uditori: raziono tragica,
suscitando la compas¬ sione e il terrore, compio la funziono di purificare da
tali sentimenti l'animo dello spettatore, sollevandolo dalle an¬ gustie dolln
vita quotidiana. - (psicol.): nella psicanalisi la catarsi consiste nel
richiamare un’idea o un ri¬ cordo, che, represso, produce perturba¬ zioni
fisiche e psichiche, mentre, cono¬ sciuto e chiarito, diviene innocuo.
Categoria (gr. xanj-fopta, da xccrv)- yopEtv = affermare; lai. praedicamen- t
avi : Boezio) (logica): per Aristotele le categorie sono lo affermazioni, i
pre¬ dicati più generali delle cose, le diffe¬ renti classi di predicati che si
possono affermare d’un oggetto qualsiasi, c quin¬ di 1 sommi generi del reale
(xanjYOptòcl toO Svuoi;); ne distingue dicci, traen- dole, forse, dallo parti
del discorso: sostanza, qualità, quantità, relazione, luoao, tempo, situazione,
avere, lare, patire. -per Kant le categorie sono le /orme a priori del
conoscere, con le quali l'in¬ telletto unisco il molteplice offerto dal-
Vintuizione sensibile: c cioè I fenomeni che il senso percepisce slegati,
isolati, sono dall 'intelletto collegati in una sin¬ tesi per mezzo delle
categorie: p. e. gli organi di senso percepiscono duo fono - meni isolati, il
calore e la dilatazione Categorico — 22 — Certezza d'un corpo; l’inteUetto li
unifica con la categoria di causa : il coloro ò causo della dilatazione. lCont.
enumera dodici cate¬ gorie: tre della quantità (unità, plura¬ lità, totalità),
tro dello qualità {realtà, negazione-, limitazione), tro dello rela¬ zione (
sostanza, causa, reciprocità (ia¬ sione), tro della modalità (possibilità,
esistenza, necessità). - -Schopenhauer ammette la sola ca¬ tegoria di causa: il
mondo come sem¬ plice rappresentazione è una moltepli¬ cità di fenomeni
disposta nello spazio e nel tempo, ordinata o pensata secondo il principio di
causa. -per Rosmini la categoria unico e su¬ prema è l'idea dell’essere in
universale, cioè di quella vj(n?= il sentire) (psicol.): designa il complesso
delle sensazioni provenienti dagli organi interni del corpo, lo stato psichico
totale risultante dall’azione simultanea e complessiva dolio im¬ pressioni
interne. Certezza (opposto: dubbio ) (jwricoZ.): è lo stato dello spirito
intimamente persua¬ so di possedere la verità, o por via imme¬ diata, dovuta
all 'evidenza, o per dimo¬ strazione, o anche per fede; iu questo terzo caso
s'accost-’. olla credenza (V. credenza). Cinestetiche — 23 — Compositivo _
(logica): è il carattere di ciò che non lascia aperta alcuna via al dubbio ed è
dovuto al fatto che i principi! logici sono osservati. Cinestetiche
(sensazioni) (dal gr. xt- véo>= muovo, atat>r,a'.; = sensazione) ( psicol.):
sono le sensazioni che proven¬ gono dai movimenti degli organi cor¬ porei.
Circolo vizioso = vedi diallelo. CI inamen (è la traduzione, luereziana del
greco exxXtai:, da èxxXivetv = de- vìai-e, declinare) (filos.): Emerito am¬
mette che gli atomi, invece di cadere dall’alto al basso in linea retta (ché in
tal caso non potrebbero incontrarsi, né, quindi, formare i mondi c i corpi
compo¬ sti). subiscono, per un Impulso interiore, una deviazione dalia linea
verticale (che è appunto il clinamcn), la quale ne ten¬ de possibile l'urto.
Por tale tendenza spontanea la necessità meccanica cedo nell'uomo il posto ulla
volontà libero, essendo anche l'anima formata di atomi. Cogito ergo sum (8 . Tojimaso). Contingentismo o filosofia
della contingenza (filos.): servo a designa¬ re il complesso dello dottrino che
nella spiegazione dell’universo assegnano ima parto più o meno grande alia
contin- i gema. _ il francese Emilio BoCTROOX ha dato particolare rilievo a
questa dot- 1 trina; egli pensa infatti che a mano a Contraddittorio — 26 —
Cosa in sè mano che si sale dalle formo Inferiori degli esseri alle forme
superiori, dalla chimica alla biologia o da questa alla psicologia, si
introducono nuovi modi di realtà (la qualità, la rtta, la coscien¬ za,
l’auto-coscienza), In cui il ferreo con catcnamento di causa od effetto ohe si
osserva nel mondo tìsico si viene atte nuando, fino a scomparire nella libertà
spirituale umana; perciò la vita del ponsiero è una novità continua, In cui il
nuovo non si può spiegare col vecchio. Il superiore con l’Inferiore, perché
con¬ tiene qualcosa di più e di nuovo (con¬ tingente), che nella realtà
inferiore non c'era. Contraddittorio (logica): due giudizi, due concetti
dloonsl contraddittoril, quando l'affermazione del primo irnpll- I ca la negazione
del secondo ; ò contrad¬ dittoria anche una proposizione in cui il predicato
affermi una qualità o modo di essere opposta a quella espressa dal soggetto.
Contraddizione (logica): il principili di contraddizione ò cosi formnlnto da
Aristotele: «due giudizi, dei quali l’uno nega quello stesso che l’altro
afforma (A è B, A non è B), non possono essere veri nel medesimo tempo e otto
il me¬ desimo rispetto, poiché non ò possibile ammettere che alcuno pensi cho
la stes¬ sa cosa sia o non sla» (àSuvavOV Ù7TO- Aaupàvetv vaùv&v elvat xal
(xv) elvoci). -Leibniz lm dato di questo principio una formula più semplice: «A
non ò non A», cioè un giudizioò falBO quando ' soggetto e predicato si
contraddicono. - (filos.): Hegel pone la contraddi¬ ziono nel cuore della realtà
vera, ossia nel pensiero: ogni idea contiene in sé la sua negazione, ciò'
un’idea opposta che spinge a un nuovo concetto più alto comprendente e
conciliante in sé i due primi : il primo concetto ò la tesi, il se¬ condo ’
antitesi, il erzo la sintesi. Que¬ st'ultimo subisce lo stesso destino, c cosi
il movimento dello spirito i recede sem¬ pre più oltre, finché tutta la realtà
è trasformata in puro ponsiero, in una « reto di concetti »: l’attività
pensante diviene processo cosmico, che abbraccia tutte lo cose e tutte da sé lo
produce (V. coincidcntia oppositorum). Contradictio in adiecto (logica): è la
contraddizione fra un termino e ciò che vi si aggiunge ( adiectum ), aggettivo
o sostantivo; p. e.: legno ferreo. Contrario (logica): sono contrarie due proposizioni
opposte e universali, l'una affermativa e l'altra negativa; p. e.: 1 * tutti
gli uomini sono mortali ; nessun uomo ò mortale » ; sono contrari due concetti,
quando l’aiiermazione dell’uno implica la negazione dell'altro; p. e.: bianco,
non bianco. Contrattualismo (diritto): è la teoria dell’origine contrattuale
dello Stato, che ebbe la sua forma più perfetta e famosa nel Contratto sociale
di G. G. Rousseau ( 1762). Il principio è: lo Stato si fonda sulla volontà
individuale dei consociati, i quali l’hanno costituito per mezzo di un
contratto. Se si pensa con I’Hobbes che, nel dar vita allo Stato, l’Individuo
rinunzia a ogni suo diritto, si ha il go¬ verno dispotico, so con Locke si sta¬
bilisce ina rapporto bilaterale fra indi¬ viduo e Stato, si ha il governo
liberale ; so col Rousseau si considera innlicna- liilo ogni diritto
individuale, cosicché i singoli, riuniti in assemblea, possono, con un semplice
atto di volontà, far tabula rasa d’ogni governo e magistrato esistente, si ha
il governo radicale. Corpo (filos,): per Cartesio e Spinoza ò corpo ciò che ha
estensione o moto, il quale non è altro che una successione di luoghi occupati
da un corpo nell’e¬ stensione; per Berkeley o Hume, ne¬ gata resistenza della
materia, il corpo è un complesso di idee o sensazioni as¬ sociate. Corsi e
ricorsi (filos.): è la legge uni¬ versale che per il Vico regge la vita dei
popoli e rispecchia le fasi di svi¬ luppo dello spirito individuale: il sen¬
so, la fantasia, la mente pura, corrispon¬ denti, nella vita pratica, alla
passione ferina, alla soggezione a una legge di forza e arbitrio, alla libera
osservanza dei dettami della ragione. Cosi ogni popolo trascorrenecessariamente
dalla violenza dolio stato ferino alla vita civile, e, in conformità
dell'eterna natura umana, dove ripercorrere il suo corso, ricadere, per un
processo degenerativo, nel senso o nella violenza, e dalla barbarle ripren¬
derò il moto ascensivo, iniziare 11 ri¬ corso. Vico trasse questa sua dottrina
dalle indagini sulla storia di Roma, generalizzata e integrata, qua e là, con
quella di Grecia. Cosa in sè (opposto: fenomeno): espri¬ me il carattere dello
coso considerate por sé, fuori dei soggetto che le cono¬ sce, o in maniera da
questo indipen¬ dente. - per Kant è il quid inconoscibile che si cela dietro ai
fenomeni e no è il fon¬ damento; è posta fuori del tempo e dello spazio, non vi
si possono appi!-Cose e persone — 27 — Creazione care lo categorie, valido solo
poi feno¬ meni. __ Schopenhauer vedo la cosa in so nella volontà metafisica,
fondamento ultimo o immanente del divenire co¬ smico: volontà ili vivere,
for/.a cieca, inconscia, elio « si accendo ima lampada noi corvello umano »,
cioè si fa consa¬ pevole solo nell’uomo. --- corno concetto limite la cosa in
sé stabilisco, per Kant, il confine fra il conoscibile o l incomiscibile £ è
ciò che ó al di là dell’esperienza, oggetto di una intuizione non sensibile, ma
solo intellettuale, elio è negata all’uomo. Cose o persone (morale): per Kant
lo cose sono mezzi, oggetti per i nostri bi¬ sogni (in linguaggio economico:
beni materiali ); lo persouo sono non mezzi ma /ini in si, hanno un valore
assoluto che si misura non dall’uso oho so ne può fare, corno avviono delle
cose, ma dal rispetto che si deve all’esscro ragio¬ nevole. in ciò che ha di
intimo o invio¬ labile. Coscienza (lat. conscirc = sapere insie¬ me, detto di
più persone che conoscono le stesse cose; gr. erjvei8r, = giudico, esa¬ mino):
in generale consiste nel sotto¬ porre ad esame un principio, un’asser¬ zione,
un fatto, per stabilirne il grado di credibilità o il valore prima di acco¬
glierli come veri; cosi avviene, p. e., nella critica storica. -per Kant ò una
ricerca intorno alla ragione umana in tutto le sfere della sua attività (nel
conoscere, nelPoperare moralmente, nel sentimento del bello). La critica tende
a separare ciò che allo spirito umano proviene passivamente Criticismo — 29
Deismo dal mondo esterno, ossia ciò che ò em¬ pirico, a poste riori, e che Kant
denomina materia, da ciò che ù un’attività oiter¬ naria della stessa ragione,
ossia da ciò che ò puro, a priori, o che vien detto forma. Cosi nel conoscere
sono a priori le intuizioni dello spazio o del tempo e lo categorie; nella
condotta morale la leggo morale non deriva dall’esperienza ma è un fatto della
ragione, è pura for¬ ma; nel giudizio estetico l’essenziale non è la realtà
empirica dell’oggetto che si dice bello, ma la rappresenta¬ zione, cioè
un’attività dello spirito. In¬ fine, per spiegare certe produzioni della
natura, non spiegabili col meccanismo, si ricorro alla finalità Interna, cioè
si afferma che nella natura l’idea del tutto ò In ragiono dell’esistenza e
dell’accor¬ do delle parti, corno avviene negli esseri viventi, nei quali la
natura s’organizza grazio a un’arte tutta intcriore, non per una causa esterna,
qual è quella, ad es., che agisce in un orologio. Criticismo (filo»-)' ò la
dottrina di Kant o della sua scuola, fondata su questi principi!: a) lo spirito
umano im¬ pone ai fenomeni le sue forme, le sue attività costitutive, vaio a
dire le in¬ tuizioni puro dello spazio e del tempo c le categorie; b) lo
categorie, cioè i concetti puri dell’intelletto, non pos¬ sono applicarsi a
oggetti posti fuori dell'esperienza (l’anima, il mondo, Dio); c) l’uomo conosce
solo fenomeni e l’as¬ soluto gli sfugge. Cruciale (dal lat. crux = croce, come
segno indicatore della via da prende¬ re) (logica): per Bacone instantiac cru¬
cis (fatti cruciali) sono le esperienze ri¬ solutive che decidono fra due
ipotesi contrarie. D Darwinismo; è la dottrina di C. Dar¬ win che, accolto il
principio della va¬ riabilità dello specie animali, vugl spie¬ garlo mediante:
1) la lotta per l esi¬ stenza che dà la vittoria ai meglio a- datti; 2)
l’ambiente elio crea modifica¬ zioni organiche o qualità; 3) 1 eredita- rietà,
per cui i caratteri acquisiti dal¬ l’individuo si fissano nella specie, e si
accrescono grazie anche alla correlazio¬ ne di sviluppo, per cui i mutamenti In
una parto del corpo determinano muta¬ menti anche nelle altre parti. Dato
(s’oppone a ciò che ò costruito, ela¬ borato, dedotto) ( filos .): designai
prin¬ cipi! generali, le condizioni, i fatti che sono una premessa necessaria
per ri¬ spondere a una questione o risolvere un problema. Deduzione (opposto:
induzione) (logi¬ ca): è il procedimento logico che va daH’universale al
particolare, dai prin¬ cipi! allo conseguenze, o anche da una o più
proposizioni a una o più altre proposizioni,come necessarie conseguen¬ ze.
(.'osi nella fisica da una legge otte¬ nuta per via Induttiva si possono de¬
durre altre leggi subordinate o applica¬ zioni di essa; CARTESIO, dalla
proposi¬ zione: « Dio ò un essere verace », trae quest'altra: «egli non può
ingannarci quando ci fa credere all’esistenza reale d’un mondo esterno ». La
forma tipica della deduzione ò data dal sillogismo aristotelico. Vedi
Sillogismo. Deduzione trascendentale (filos.): ò per Kant il procedimento che
ricerca se le categorie possono applicarsi ai fe¬ nomeni, so sono la condiziono
neces¬ saria e sufficente dell'esperienza. La so¬ luzione ò data dall
'immaginazione crea- trice, « funziono cieca dell’anima ma in¬ dispensabile »,
facoltà Intermediarla fra la sensibilità e l’intelletto, per la quale l’io si
realizza, entra in rapporto con la molteplicità delle cose sensibili, le unifi¬
ca, dando l’oggettività alle leggi della natura; quindi non solo cogito ergo
sam, ma anche cogito, ergo rea sunt (v. sche¬ ma). Definizione (logica): ha per
fine di de¬ terminare l’essenza d'una cosa, d'un’i¬ dea, enumerandone lo note
essenziali. La Scolastica dice: definitio fit per ge- nus proximum et per
differcntiam spe- cif icam, intendendo per genere prossi¬ mo la classe di cui
una cosa è parte, e per differenza specifica i caratteri pro¬ pri! della cosa
stessa: p. es., definendo l’uomo un mammifero bimane, il ter¬ mine mammifero ò
il genere prossimo, il termino bimane la differenza speci¬ fica. Degnità:
tormino usato dal Vico nella Scienza nuova ; equi vaio ad assioma, (gr.
à^o>|Aa, da (z^ioc — degno) e sorve a indicare le idee fondamentali intorno
alla fantasia, all’intelletto, al mito, alla religione ecc. Deismo: è l’idea
della divinità ottenuta per opera della sola ragione, senza l’au¬ silio della
fede rivelata e dei dogmi, e resistenza. Questa concezione domina Demiurgo 30 —
Determinismo soprattutto nell'ILLUMINISMO (sec. XVII e XVIII): è pure la
religione del Maz¬ zini. Demiurgo (gr. SmuoopYÓG, da = popolo e rad. épy =
opero, lavoro; quindi: chi lavora pel pubblico, artefi¬ ce); ( filo8 .): con
questo nome vicn desi¬ gnato nel Timeo di Platone il dio arte¬ fice
dell'universo, che plasma il cosmo dando forma all’informe, regola c ordine a
ciò che ò senza regola o ordine, te¬ nendo l’occhio fisso alle idee, come a
modelli perfetti ed eterni di tutte le co¬ se. Il cosmos, opera del demiurgo, è
por Platone un essere vivente, fornito di ciò che v’ò di più nobile ed essen¬
ziale in un essere vivente, l'amma, che ò poi l’anima del viondo. Democrazia
(gr. $7)(jtoxpaT(a = potere del popolo) (filos.): per Platonf. ò il governo dei
molti (ol 770 XX 0 O, avente per fine la libertà, la quale può, per ec¬ cessivo
desiderio d’uguaglianza, dege¬ nerare facilmente in anarchia e tiran¬ nide.
-Aristotele, nella sua celebro teoria delle forme di governo, considera le for¬
me pure, cioè quelle che hanno por fine d’attuare la giustizia, o sono la
monar- càia, Varistocrazia, la democrazia (se- condoché governa uno solo, una
mino¬ ranza o la generalità dei cittadini). A queste corrispondono tre formo
cor¬ rotte: la tirannide, 1 Oligarchia, la de¬ magogia, quando il governo ò
esercita¬ to a Bolo beneficio di chi lo tiene. -oggi è la forma di governo in
cui la sovranità risiede nella volontà popo¬ lare, intesa come l’espressione
della maggioranza numerica dei cittadini riu¬ niti in assemblea (Rousseau).
Demone (gr. Sat(jL6>v) {filos.): è un se¬ gno o uno spirito o, meglio, una
voce ammonitrice, cosa al tutto intima e per¬ sonale di Socrate, non una
personifica¬ zione divina: « è come una voce che io ho in me fin da fanciullo,
la quale ogni volta che mi si fa sentire, sempre mi dissuade da cosa che io sia
per fare, e non mai ad alcuna mi persuade; è que¬ sta che mi vieta d’occuparnii
delle cose dello Stato e mi pare faccia ottima¬ mente a vietarmelo ». Questo
Satjj.6- vióv ti è dunque un segno personalis¬ simo, come ognuno In certi casi
e mo¬ menti della vita può sperimentare più o meno sensibilmente per conto
proprio (Valgimigli). Deontologia (gr. tò Séov = il dovere, e Xóyo- gica): è la
divisione d’un concetto in due concetti generalmente contrarii, o anche la
classificazione d’un genere in due specie che ne esprimono tutto il contenuto;
p. o. gli animali in verte¬ brati o invertebrati. Dictum de omni et nullo
(Zotica): esprime la nozione che tutto ciò che è affermato o negato d’un genero
ò puro affermato o negato delle specie o degli individui contenuti nel genere.
Differenza (metodo di — ) (logica): ò il secondo del metodi dello Stuart Mill
per la ricerca della causa. La formula è: se un caso nel quale il fenomeno si
verifica e un caso nel qualo non si ve¬ rifica hanno in comune tutte lo circo¬
stanze meno una, che si presenta nel primo caso e non nel secondo, questa è la
causa del fenomeno : p. e. la causa per cui la colonna del mercurio s'in¬ nalza
nel barometro si può ricercare facendo II vuoto; ossia: sopprimendo la
pressione atmosferica, mentre tutto I lo altre circostanze restano immutate, e
vedendo il mercurio scendere, si con¬ cludo elio la causa ricercata è il peso
dell’aria. SI riconnetto alla tabula ab - sentine di Bacone. Gli altri metodi
dello Stuart Mlll sono: di concordanza, delle variazioni concomitanti, dei
residui (v. questi termini). Differenza specifica: v. definizione . Dignità (in
generale): ò il sentimento di rispetto che l’uomo deve avere verso se stesso,
come essere ragionevole. - (morale): in opposizione a prezzo, per Kant esprime
il valore assoluto del- l’essero ragionevole, come fine in sé. Dilemma (gr.
Sia—Xap^àvco = prendo da due parti) (logica): è un sillogismo composto, che
pone due alternative, dalle quali vien tratta una conclusione identica, in modo
da non lasciare una via d’uscita; p. e.; contro la tortura: « o il torturato è
forte tanto da soppor¬ tare I tormenti, e dirà quel eli© vuole; o è debole da
non poter resistere, e dirà quel che vogliono i giudici: in ambedue i casi la
tortura non conduce alla ve¬ rità ». Dinamico e dinamismo (dal gr. Suva- (Xi£=
forza; opposto: meccanico o mec¬ canismo) (filos): si applicano tali deno¬
minazioni a quello dottrine che vedono nella forza o neW energia l’essenza del¬
l’universo; forza che agisco non dal¬ l’esterno ma dall’intorno, con sponta¬
neità e attività trasformatrice o crea¬ trice incessante, quindi irriducibile
alle leggi meccaniche. Lo teorio dinamiche pongono il tutto prima delle parti,
ciò che è vivente prima di ciò che è privo di vita, ciò che ò superiore atto a
spie¬ gare ciò che è inferiore. - In opposizione a statico si usa a In¬ dicare
ciò che si trasforma, si sviluppa, diviene senza tregua. Dio; GII aspetti e i
significati principali di questo termino complesso e oscuro nel suo sviluppo
storico si possono cosi riassumere : - a) nelle religioni piii antiche l’Idea
di Dio sembra sorgere da un antropomor¬ fismo spontaneo, cioè si concepisce Dio
sul modello dell’Uomo, sia che si colle¬ ghi con la fede nella sopravvivenza
dei morti c col culto degli avi, sia che lo si pensi come il simbolo del gruppo
so¬ ciale; si oscilla fra l’idea di Dio pen¬ sato come una forza, e l’idea di
Dio concepito come Un essere più o meno personale ; - b) per l’azione del
pensiero filosofico e scientifico Dio è pensato come l’unità essenziale di
tutti gli elementi dell’uni¬ verso: unità della sostanza prima, come nei
Presocratici; idea dell’essere puro, come in Piatone o in Aristotele; su¬
periore a tutte le categorie logiche e ad ogni idea di persona, ineffabile,
come in Plotino; costituente la realtà essen¬ ziale del mondo, col quale si
identifica, come nel panteismo (v. panteismo).- c) Dio essere morale, giusto e
buono, rispondente all’esigenza che ha l’uomo di credere al valore della
propria azione. Dio 33 Discorsivo e discorso a un essere che sia garante dei nostri
fini più alti, cioè dei valori spirituali. -Tra gli altri, 11 francese M.
Blondel vede nell’idea di Dio tre aspetti, cia¬ scuno dei quali tendo a
predominare In tempi e mentalità diverse: a) il Dio del* TAntico Testamento, il
rigido domina¬ tore che riferisce tutto a sé. oggetto di rispetto e, più, di
timore;è) il Dio intel¬ ligenza o tutto chiarezza e verità, do¬ vuto alla
tradizione ellenica; c) il Deus charitas, tutto amore per le creature, il Dio
Cristiano. Dio (prove dell’esistenza di — ) ( filos .); "Te* principali
sono: - 1. la prova cosmologica, cho dall’esi- sten/.a del mondo, cioè del
condizio¬ nato, del contingente o doll’imperfotto, conchiude all’esistenza
d’una causa pri¬ ma, d’un incondizionato, necessario o 1 l>erfetto. Cosi per
Aristotele Dio, spi¬ rito puro, è la causa prima d’ogni mo¬ vimento, è primo
motore immobile ( 7TpcoTOV x.ivoOv àx(vT)TOV); è seguito dalla Scolastica (S.
Tommaso ecc.). Op¬ pone Kant cho dal fatto ohe noi af¬ fermiamo una causalità
nel inondo dei fenomeni, non si può logicamente de- | durre ohe v’è una causalità
del mondo fuori del mondo, dato cho essa è al di fuori del
campodellanostraesperienzaempirica, alla quulo soltanto può la no- stia monto
applicare la categoria di causa. — 2. prova ontologica, eho dall'idea di Dio,
come dell'essere più perfetto, de¬ duce la sua esistenza, giacché un essere
soltanto pensato, ma non esistente, non sarebbe l’essere perfetto; è concepita
da S. Anselmo, respinta da S. Tom¬ maso, seguita da Cartesio, Spinoza, Leibniz,
Hegel, occ. Kant nega che nel concetto d’una cosa sia contenuta Tesistonza
corno nota essenziale: cento talleri reali non contengono più noto essenziali
di conto talleri pensati. Ma, osserva Hegel, conto talleri non sono un
concetto, e tanto mono paragona¬ bili con l’idea di Dio; in questa resi¬ stenza
è implicita, non come un'idea cho s’aggiunge a un’altra idea eteroge¬ nea:
l’idea di Dio e 1'osistenza coincido¬ no, come dove avvenire nel più alto
principio cui possa giungere la filosofia; - 3. prova teleologica o
fisico-teologica: le cose della natura non solo rivelano ordine o regolarità,
inspiegabili con la nozione di causa, ma formano un si¬ stema. convergono verso
un’unità su¬ prema, come a un fine ultimo ; donde la necessità d’ammettere
l’esistenza d’un essere cho pone e attua i fini manife- stantisi nella vita della
natura. È so¬ stenuta da Socrate, Platone, Ari¬ stotele, dalla Scolastica occ.
Kant fa osservare che, pur ammettendo essere lo opere della natura paragonabili
a quello d’un artista, si giungo solo a un Dio artefice ordinatore della
materia, non a un Dio creatore; per passare dalla considcraziono d’un ordino
nel mondo all’eslstcuza d’un essere necessario o perfetto, bisogna far ricorso
alla prova cosmofogica e ontologica, lo quali van¬ no inoontro — egli dice — ud
altre ob¬ biezioni non meno gravi (v. sopra); - 4. prova morale o
etico-teologica, che dall'esistenza della legge morale in noi trae la prova
dell’esistenza di Dio fuori di noi. Kant, per accordare l’idea doV dovere con
la felicità, ammette un pr cf grosso indefinito verso la santità, cioè verso la
virtù perfetta che esigo la sop¬ pressione della sensibilità; na ciò è pos¬
sibile solo se la nostra personalità per¬ siste, ossia so ò immortale, grazie
nH’u- ziouo sul mondo d’un essere in cni l'u¬ nione della santità o della
felicità è at¬ tuata. Però questa prova non consento la conoscenza metafisica
d’una sostanza divina, ma solo una credenza razionale, che s’accorda col
risultati della Critica della ragion pura. Hegel oppone cho Kant, appoggiando
la prova dell* esi¬ stenza di Dio alia credenza monile, presuppone implicita
ncll'idqa di Dio 1 ’esistcnza; cade perciò in una gravo eoutraddizione, perché
lia prima con¬ dannato tale identità, che ò il fonda¬ mento della prova
ontologica, da lui respinta. Discontinuo (opposto: continuo) (/ posizione scompare.
Dogma (gr. Sóyfxoc, da Soxéco: opinio¬ ne. decreto) (relig.): esprimo il
decreto d’un concilio, un principio religioso con¬ siderato verità
inoppugnabile. - ( filos .): designa comunemente un principio piii affermato
che provato, o anche imposto da un’autorità o accolto senza esame critico.
Dogmatismo (opposto: scetticismo) ( fi- los.): Kant chiama dogmatici i filosofi
cho fanno uso di principii o di concetti senza ricercare per quale via e con
che diritto si pervenga ad affermarli, ossia senza una critica preventiva del
nostro potere di conoscere. Dolore ( psicnl .): ò uno stato affettivo
indefinibile per la sua semplicità, che si presenta come dolore fisico, cioè
come sensazione penosa più o meno localiz¬ zata, o come dolore morale (v.
piacere), (filos.): il dolore è considerato dai Greci corno un ostacolo alla
felicità cui l’uomo aspira naturalmente, come qual¬ che cosa di ostile cho
dovessero elimi¬ nato con ogni mezzo; mentre il Cri¬ stianesimo ha sublimato il
doloro, che diviene mezzo di purificazione e di ele¬ vazione morale,
soprattutto per l'a¬ zione dell'esempio di Gesù, che, assu¬ mendo corpo
mortalo, ne ha preso tutto le infermità, è stato vinto, deprezzato, umiliato o
ha subito il supplizio dello schiavo. Doppia verità (/ito.): ò la dottrina in-
trodotta da Averrok, secondo la quale può essere vero nella filosofia ciò elio
è ritenuto falso ed errato nella reli¬ gione, e inversamente; donde nna scis¬
sione interiore dello spirito. Dovere (morale): in senso concreto è una norma
determinata di condotta, un'ob¬ bligazione ben definita: p. e. i doveri verso
la famiglia, la patria. - in senso generale e astratto è l’obbli- gazione
morale, considerata separata¬ mente dal suo contenuto, ima legge, un comando,
cui si deve obbedire. - per Kant consiste ueirobbodiro a un comando, a un
imperativo categorico, valido incondizionatamente por ogni essere ragionevole,
che si può, ma non si deve trasgredire. Dualismo (opposto: monismo) (relig .):
applicato per la prima volta da T. Hyde nel 1700 per designare un si¬ stema
religioso in cui a un principio buono s’oppone un principio cattivo, l’uno e
l’altro eterni e in eterno con¬ trasto fra loro, come nella religione di
Zoroastro. - (filos.): si applica alle dottrino che ricorrono a due principii
opposti e irri¬ ducibili por spiegare l’universo o quindi Ri presenta,
anzitutto, come dualismo cosmico: in Platone fra la materia, oscura, ostile,
causa del perpetuo can¬ giamento e del perenne fluire di tutte le cose, c lo
spirito, il mondo delle idee, essenze eterne, fuori del nostro pensie¬ ro,
sostegno del mondo reale; in Ari¬ stotele fra la materia, docile alle esi¬
genze dello spirito, plasmabile, o la forma, l’idea che s’inserisce nella ma¬
teria, la, plasma e la perfeziona; in Cartesio fra la res cogitans, lo spirito,
e la res extcnsa, la materia; in Kant fra il mondo dello cose in sé, inconosci¬
bile, e il mondo dei fenomeni., aporto alla nostra conoscenza. - dal dualismo
cosmico discende un dualismo conoscitivo, che fissa e scinde duo formo di
conoscenza, derivanti da due facoltà dello spirito, il senso e la Dualità — 35
— Edonismo ragione, donde la conoscenza sensi¬ bile o la razionale, e il loro
opposto va¬ lore. -o’è un dualismo morale, che dori va dal contrasto fra senso
e ragione, cioè fra il piacere e l'utile da una parte, posti a fondamento della
morule dell’edonismo di Aiustippo di Cirene, di Epicuro e del moderno
utilitarismo, e l'attività ra¬ zionate dall'altra, caratterizzata dal
disinteresse verso i boni sensibili e dal¬ l'obbedienza allo norme dettate dalla
ragione, come nell’cticn di Platone e di Kant. Dualità: il Gioberti dà a questo
ter¬ mino un senso più generale che a dua¬ lismo: Ogni ordino di conoscibili,
egli dice, ci si manifesta come una dualità, che è quanto dire che non possiamo
ponsare un oggetto, senza che la cogni¬ zione di esso importi quella d’un og¬
getto congiunto e correlativo. Cosi l'i¬ dea di Dio inchiude quella
dell'univer¬ so, il concetto dell'universo comprendo quella di Dio; essa si
reitera in una successione indefinita, fino all’ultima specie materiale, e
risplendo in tutti gli ordini della natura ». Dubbio (in generale): stato di
Incertezza, di indecisione, in cui viene a trovarsi 10 spirito per la
difficoltà grave, o an¬ che Insormontabile, di giungere a un’af- ferinaziono conclusiva.
- (filos.): si distingue un dubbio me¬ todico, cho consiste nel sospendere
prov¬ visoriamente il giudizio Intorno al va¬ lore d’un'Idea, d'una teoria, o
anche della scienza (Cartesio), finché la ri¬ cerca non giunga a conclusioni
sicure o a un principio certo; e un dubbio scettico, cho consiste nel pensare
che né 11 senso né la ragiono siano capaci di cogliere la verità, la realtà
vera delle cose, e cho l’uomo perciò apprenda solo apparenze. Durata ( filos
.): pel francese E. Berg¬ son 6, non il tempo matematico, quan¬ titativo,
concepito come una serie di¬ scontinua di momenti eguali, a somi¬ glianzà dei
punti d’una linea geome¬ trica, ma il tempo vissuto, che sentiamo fluire nella
coscienza, una successione continua di processi qualitativi., di espe¬ rienze
spirituali, cho si compenetrano, si fondono in uno sviluppo continuo,
imprevedibile, libero, passano l’una nell'altra come una corrente intcriore,
ininterrotta, a guisa d’un fiume che tra¬ scini seco tutto le sue acque,
cosicché il passato vivo nel presente e l'uno e l'altro si prolungano nel
futuro, costi¬ tuendo la vita profonda dello spirito, mascherata e deformata
per lo più dal¬ le abitudini meccaniche. Da durata vio- ne colta nella sua
purezza e semplicità dall’intuizione (vedi questo termine) per via immediata,
cho perù esige pre¬ parazione o sforzo. E Ecceità (lat. scol. haecceitas, da
haecce res, che traduce l’aristotelico rò róSe ti = questa cosa qui) (filos.):
termino co¬ niato da Duns Scoto per designare il principium individuationis,
cioè i carat¬ teri che distinguono un individuo da un altro e dei quali il più
importante, ultima realitas, è la volontà. Il principio ildl’liaecceitas è
perciò collegato ad una tendenza volontaristica (v. volontari¬ smo) in
contrasto con l'inlcUettualismo (V. questo termine) di S. Tommaso. Eclettismo
(dai gr. èy.)dfsiv = sceglie¬ re) (filos.): in senso largo consiste nella
tendenza a cogliere in tutte le filosofie le affermazioni positive
(considerando che ogni sistema filosofico è falso in ciò che nega, vero in ciò
che afferma), lo verità che l'esperienza dei secoli ha con¬ sacrate, a
conciliarle o comporlo In una dottrina armonica o coerente, che sia quasi il
credo filosofico del genere umano. Eclettica è, ad cs., la dottrina di
Cicerone. - in senso più preciso, eclettismo è la conciliazione di tesi diverso
o anello contrarie, che si raggiungo subordinando quelle tesi a un principio
superiore: p. e. Victor Cocsin, capo della Scuola eclettica francese,
s’appoggia al fatto che in ogni uomo esisto un senso del vero, il quale
contiene allo stato latente le verità filosofiche eterno cho si disco¬ prono
interrogando la coscienza e ri¬ correndo alla riflessione; la ragione è come
una luce cho illumina l’anima umana, una specie di rivelazione uni¬ versale.
Economica (teoria) della conoscen¬ za: v. teoria economica della conoscenza.
Edonismo (dal gr. Y;Sovvj = piacere) (filos.): comprende lo dottrine che pon¬
gono come principio unico della morale il piacere, che e il bene più alto, men¬
tre il suo opposto, il doloro, è da evi¬ tare come un male; in senso rigoroso
si applica alla dottrina di Aiustippo di Cirene, meno propriamente all’epi¬
cureismo e all'utilitarismo di G. Ben¬ tham e di G. Stuart Mii.l (quest’ultimo
Effetto — 30 — Empirico stabilisco tra i piaceri differenze quali¬ tative,
distinguendo piaceri più o meno elevati, mentre Aristippo, come poi Bentham,
prendo come misura delle cose l’intensità dei piaceri). La calma dello spirito,
l 'atarassia di Epicuro o la ricerca doU'utilc sociale dello Stuart MII 1, che arriva
lino al sacrificio di sé pel fieno comune, sono perciò molto lontani
dall'edonismo vero e proprio. Effetto = vedi causa. Efficente (dal lat.
eflicere = produrre, gr. 7 toi 7 )Tiy. 6 v = efficiens, Ciò,) (lilos.): in
senso generale si applica alla causa intesa nella sua piena ostensione. - in
senso piti ristretto: è il terzo si¬ gnificato dato da Aristotele al termino
causa, cioè quella « donde è il principio del movimento » ( oi>£v 7 ) àp
/.')) tt)S xiVYjfTEtoq): è la causa motrice. Egocentrismo (lilos.):
letteralmento consiste nel fare del proprio io il cen¬ tro doll’tiniverso,
ossia nel riferirò tutte lo coso al proprio io, che divieue il centro del
piccolo mondo elio ci sta intorno o poi anche del cosmo in generale; quindi, in
un linguaggio più rigoroso, consiste ncU'identideare i valori personalI coi
valori del mondo circostante o i valori del mondo circostante col mondo del
valori in generalo. Egoismo (opposto: altruismo) (psicol.): è l’amore di se
stesso, la tendenza natu¬ rale a protessero la propria esistenza e i propril
fieni; «l'istinto fondamen¬ tale nell’uomo come nell'animale èl'e¬ goismo, cioè
l’impulso a vivere e a ben vivere « (Schopenhauer). - (morale)-. 6 la tendenza
a subordi¬ nare il beno e le esigenze altrui al fieno e alle esigenze proprie e
ad applicare questo principio come criterio per giu¬ dicare gli atti altrui e i
proprii. -- (metafisica)-, l’egoismo metafìsico corrisponde a solipsismo, che è
voca¬ bolo più usato, o sta nel considerare l’esistenza degli altri esseri come
illu¬ soria o dubbia: soltanto il mondo della mia coscienza esiste o
l’affermazione d’nna realtà fuori della mia coscienza è contraddittoria. (Per
Schopenhauer ehi la pensa cosi non ha bisogno d’essere confutato, ma solo
d’iuta cura medica). Egotismo (in generale)-. 6 la coltura e- sclusiva delVio,
della propria persona¬ lità, l’educazione raffinata dei senti¬ menti egoistici,
con tendenza estetica o creduta tale. Eidetico (gr. el&oq, tema i§, da cui
vedere, idea) (psicol.): b! dice eidetica la tendenza, frequente nei fanciulli,
a richiamare t ricordi recenti sotto forma di immagini visive, dette anche
eide¬ tiche, o a proiettarle all’esterno. - (lilos.): nella Fenomenologia di
Hus¬ serl, filosofo tedesco contemporaneo, l’aggettivo eidetico si riferisco
all'essm- za ideale, alla forma o idea nel senso platonico-aristotelico, o si
oppone a em¬ pirico: le essenze pure, oggetto dello scienze eidetiche, sono
strutture uni¬ versali, extratemporali, indipendenti dai fatti empirici.
Elemento: in generale gli elementi sono lo parti semplici cho compongono i
corpi e in cui questi si possono risolvere. Acqua, aria, terra e fuoco erano 1
quat¬ tro elementi di cui si credeva composta la materia (Empedocle). Dieonsi
ele¬ menti aueho i primi rudimenti delle arti o delle scienze. Emanazione (dal
lat. emanare = scor¬ rere fuoji; opposto: creazione) (lilos.): esprime il
processo, affermato dagli Gnostici c dai Nkoplatonky, me¬ diante il qualo la
molteplicità delle cose, sia materiali, sia spirituali, cho forma l’universo,
si svolge, esco fuori dal¬ l’essere uno cho no costituisce il prin¬ cipio,
senza cho vi sia discontinuità in questo sviluppo, vi sia o no diminuzione
dell’Essere uno in tale operazione. - Il Cesano distingue due sensi di que¬ sto
termine: imanatio in divini» duple» est, una genrratin, altera per nwdum ro- l
untali», introducendo cosi nellYauma- zione l’opera della volontà, che è pro¬
pria della creazione, della generatili. Eminentiae via (lilos.): è una dello
provo dell’esistenza di Pio, comune nel¬ la Scolastica: « Le cose belle della
terra sono il segno rivelatore della bellezza più alta, le coso pure della
purezza per¬ fetta, le cose elevato della più elevata (pulchra puìeherrimum, sublimili alti»-
simum, pura purisstmum ostendunt). Emozione (lat. emoveo = pongo in mo¬
vimento, scuoto) (psicol.): in generale s’appllea ad ogni stato affettivo o
sen¬ timentale. - - in senso stretto s’applien agli siati affettivi, reazioni
d’ima certa Intensità, d’apparizione brusca, spontanea, e di breve durata, a
costituire i quali con¬ corrono stati di piacere o di dolore ac¬ compagnati o
seguiti (por W. James, invece, preceduti) da movimenti e rea¬ zioni
fisiologiche. Le emozioni possono essere piacevoli o spiacevoli, eccitanti o
deprimenti, forti o deboli. Empirico (gr. SjjLTretpoq = che sa per esperienza;
opposto: razionale, puro)Empiriocriticismo Ent( scienza) : si applica
all’osservaziono fon¬ data sull'applicazione diretta dei sensi all‘oggetto
della ricerca, all’esperienza metodica cui partecipa 1 intelligenza, • i ciechi
solo hanno bisogno di guida, ma chi ha gli occhi nella fronte e nella mente di
quelli si ha da servire per iscorta - (Galileo); ò sinonimo di spe¬ rimentale.
- (filos.): per Kant ò ciò che ò dato nell’esperienza sensibile, ciò che giunge
a noi dal mondo esterno per la via dei sensi; equipollente di a posteriori
(vedi questo termine). - - in senso peggiorativo, è opposto a sistematico e si
dice di ciò che ò frutto di osservazione superficiale, non gui¬ data da
principii e norme metodiche. Empiriocriticismo ( filos .): è la « filo¬ sofia
dell'esperienza pura « concepita da Riccardo Avexariub, che vuole liberare
l'idea d 'esperienza da tutte lo aggiunto del pensiero, dalle Ideo della
speculazione metafisica e anche della vita pratica, fondando una teoria eco¬
nomica della conoscenza (v. teoria e. d. c.). L’esperienza pura sarebbe il sem¬
plice contenuto della percezione. Empirismo (gr. ètXTCEipta = esperien¬ za;
opposto: raziottftltàmo) (filos.): com¬ prende lo dottrino che considerano l'e¬
sperienza sensibile, le Impressioni dei sensi come il fondamento e la fonte
prima, essenziale, insostituibile del co¬ noscere umano; vi appartengono: nel¬
l’antichità la scuola cirenaica, la cinica, 1* epicurea, la stoica, e, nel
tempi moder¬ ni, la filosofia di Bacon e, di |v = eterno) (filos.): lo gno¬
stico Valentino denomina Pone per¬ fetto il principio primo dell’universo, Pio,
donde escono trenta coni minori, cho sono esseri intelligibili e interme¬ diari
fra Pio e l’uomo; l’ultimo cono, Sofia, ò presa dalla curiosità o dal de¬
siderio Inestinguibile di contemplare 11 Padre o di scoprire il segreto della
sua natura (to Se tox&oc; elvat ^7)TY) = contendo; quindi: arte di con¬
tendere con la parola) (lavica): è l’arte di discutere, adoperando, por vincere
nella disputa, argomenti sottili e in¬ gannevoli ; è la degenerazione della
dia¬ lettica al tempo dei sofisti. Eros (gr. £po>s = amore) (filos.): per |
Plato.ve ò l'amore rivolto alle ideo, la i tendenza filosofica che trasporta
Pani- ! ma dall'amore por il bello alla visiono del perfetto esemplare della
bellezza, cioè all'idea del bello, e di qui all'idea più alta, a quella del
Beno (v. amore). Errore (logica): in generale si distinguo¬ no due classi
d’errori: 1. errori logici, che dipendono dalla violazione delle norme logiche
del pensiero, p. e. del principio di contraddizione (v. conirad- dizione); 2.
errori reali, inerenti alle Idee stesse, quando queste non siano, in tutto o in
parte, conformi allo cose che rappresentano come ut viene per gl ter rori de i
sensi. -per gli Epicurei la possibilità dclTcr- rore non ò nella sensazione
presa in se stessa, ma nel giudizio che pronunziamo intorno allo cose
percepite. - per Cartesio un’idea presa in sé e per sé non è né vera, né falsa:
lo di¬ viene solo se viene posta in relazione con altre, cioè negata o
affermata me¬ diante il giudizio, che ò un atto della volontà, ed erra quando
afferma o nega ciò che l’intelletto non vede in modo chiaro e distinto, essendo
il potere vo¬ lontario disposto, per la sua stessa na¬ tura libera, a varcare i
limiti dell’in¬ telletto, sul quale ò fondato il criterio di verità (vedi
criterio c verità). - per Spinoza Terrore non è nulla di positivo, è solo una
privazione dovuta all’imperfezione del senso, che perce¬ pisco una realtà
parziale e no fa una realtà totale, come quando si prende la distanza apparente
del sole per la distanza reale. Escatologia (gr. Ict^octoc = ultimo o Xóyos =
discorso) (filos.): è quella parte della filosofia che ha per oggetto l’esa¬ me
dei fini ultimi dell’uomo e dell’imi* verso. Esistenza (filos.): è la proprietà
attri¬ buita a ciò che ò oggetto dell’esperienza attualo o dell’esperienza
possibile. Quan¬ do si dice: questa cosa esiste, si esprime un giudizio sulla
sua realtà. - gli Scolastici oppongono essenlia ad existcntia: la prima ò la
natura con¬ cettuale della cosa, l’idea costitutiva di essa; la seconda ò la
piena attualità, ultima actualitas, un quid che, aggiun¬ gendosi all’essenza,
la pone nel mondo della realtà. - per S. Anselmo essenza od esistenza in Dio
coincidono o anche Spinoza nella I definizione dell’Effco dice: 7 vr causata
sui (cho è la sub stantia, sire Deus) intclligo id cuius essenlia invol - vii
existrnf iam. - V. Gioberti distingue essere da esi¬ stere: « in latino
cxsistcre, cho suona ap¬ parire, uscir fuori, emergere, mostrarsi, s’usa a
significare la manifestazione d’u- na cosa che prima ora come avvilup¬ pata,
Implicita in un’altra, e che, uscen¬ do, si rende visibile di fuori; quindi
prodotta da una sostanza che la con¬ tiene potenzialmente, in quanto è atta a
produrla », giacché II verbo sistere e I suoi derivati, p. e. subsislcre t con¬
tengono puro il concetto metafisico di sostanza; quindi Fesisfen/e non può
concepirsi senza VEnte che ne ò la causa creatrice, donde la formula ideale
(come il Gioberti la chiama): l’Ente
crea Tesistento ». Esistenziale (giudizio) = (logica): è il giudizio che
afferma o nega semplice¬ mente Tesistenza d’una cosa o d’una classe di cose.
Esoterico (gr. IdtoTSpixóq = interio¬ re) (filos.): dicesi particolarmente del¬
l'insegnamento cho Aristotele impar¬ tiva ai discepoli già istruiti; per esten¬
sione si dice, in generale, dell’insegna¬ mento impartito a pochi, fino a
raggiun- Esperienza — 40 — Essere gere il significato di sapere occulto,
accessibile a pochi iniziati (v. acroama- tico ). Esperienza (dal lat. experior
— pongo alla prova) (ingenerale): ò la conoscenza diretta,Immediata, omediata,
elicsi può acquistare dei fatti o dei fenomeni che si succedono in noi o fuori
di noi. Y’ò un'esperienza comune o vulvare che pro¬ cede in maniera spontanea,
incoerente, senza regola e precauzione, obbedendo a impulsi sentimentali o
utilitari; e v’ò un’esperienza scienti fica, già detta dagli Stoici è[X“£tpta
{jlsO’oSlxt) (esperienza metodica ), che nelle sue ricerche applica all’osservazione
dei fatti, alla loro in¬ terpretazione e al loro coordinamento le norme
suggerite dalla ragione nel suo sviluppo storico, c dall’esperienza pas¬ sata.
- l’idea moderna d’esperienza si co¬ stituisce nel Hi nascimento soprattutto
per opera di Galileo, seguito poi dal¬ l’empirismo inglese. Locke riconosce due
fonti dell’esperienza: il senso ester¬ no e il senso interno (cioè la
riflessione ), e quindi vede già nell’attività dell’In¬ telletto una condizione
importante del¬ l’esperienza. - (filos.): per Kant l’esperienza consta di due
fattori: a) della conoscenza doi fenomeni, cioò delle impressioni clic ci
pervengono dal mondo esterno per la via dei sensi o dal inondo interno per la
via della coscienza: materia passiva; b) dello spirito, che elabora il rozzo
ma¬ teriale delle sensazioni, cioè dei feno¬ meni, con le intuizioni pure o a
priori dello 6pazio e del tempo e con le cate¬ gorie, cioò con le forme attive.
Questi duo fattori sono intimamente e indisso¬ lubilmente fusi nel
l’esperienza. Esperienza possibile (filos.): si ha quando, dice Kant, « io mi
rappresento insieme tutti gli oggetti sensibili esi¬ stenti in tutti i tempi e
in tutti gli spazi, ossia gli oggetti che si trovano in quella parte
dell’esperienza verso la quale deb¬ bo ancora progredire ». Esperienza pura
(ItTos.): è la dottrina che vuole liberare il pensiero da tutto le aggiunte
artificiose e superflue, come causa, tempo, sostanza eoe. e costituire •'
un’idea naturale del mondo met¬ tendo nella sua vera luce il puro dato
immediatamente vissuto, cioè la sen¬ sazione. Così R. Avkxarius c Vempi-
rio-cri deismo. Esperimento (scienza): consiste nel ri¬ produrre
artificialmente fenomeni na¬ turali col lino di poterli osservare — iso¬
landoli, ripetendoli, « provando e ri¬ provando » — nelle condizioni più fa¬
vorevoli per l’indagine scientifica. Ga¬ lileo è stato uno dei primi e più ge¬
niali sperimentatori. Essenza (lat. csscntia da esse) (logica): designa il
complesso delle determina¬ zioni, cioò dei caratteri che definiscono nelle sue
note costitutivo un oggetto del pensiero. Aristotele Ja definisce: oùaCa àveo
CXyjs, ossia la sostanza senza la materia; p. es.: l’essenza del¬ l’albero ò
data dallo qualità costitutive del concetto di albero, distinte dalla sua
materia; forma c materia, unite, dànno la sostanza (oùoCa). - (filos.): è ciò
che costituisce il nu¬ cleo costanto d’una cosa in opposizione alle
modificazioni che non lo toccano se non superficialmente e temporanea¬ mente;
così la intende Cartesio. - Spinoza aggiunge che l’essenza d’una cosa ò ciò
senza di cui questa non può né esistere né essere concepita e, vice¬ versa, ciò
che senza la cosa non può né esistere né essere concepita: id sine, quo res et
vice versa quod sine re nec esse nec concivi potest. Essere (filos.): in
opposto a divenire in¬ dica ciò che esiste o sussiste stabilmente, non ostante
i mutamenti che può su¬ bire; è dunque una realtà permanente, costante,
presente nell’esperienza o an¬ che accessibile al solo pensiero; por gli uni
(per cs.: Parmenide o Platone) l’idea dell’essere è la più ricca di con¬
tenuto; per gli altri (per es.: Hegel o Rosmini) è l'idea più semplice o più
povera di contenuto; ma sempre di grande valore speculativo. - Parmenide por
primo pensa l'essere come la realtà vera, immutabile, per¬ fetta, senza passato
né futuro, posta In un eterno presente, unità del tutto o- mogenea, accessibile
al solo pensiero logico; mentre il non essere ò apparenza mutevole o dipendente
dall’esperienza ingannevole dei sensi. - per Democrito l'essere è posto nella
pluralità degli atomi, che si muovono nel vuoto, cioè nel non essere, il quale
ò quindi una realtà anch’essa. - per Platone ressero è nelle Idee. - per Hegel,
so ad una cosa si tolgono tutto le determinazioni e le qualità, ri¬ mane la
pura affermazione* questa co¬ sa è; ossia l’idea più semplice, più a- stratta,
più povera di contenuto, che richiama alla mente l’idea opposta, cioè quella
del non essere. È il punto di par¬ tenza (Iella logica hegeliana, e della dia-
Essoterico — 41 Esterno lettica (v. questo termine) ; infatti « la verità
dell'essere {tesi) e del non essere (antitesi) è la loro unità, la quale ò di¬
venire ( sintesi ); l’essere, se vicn pen¬ sato nel divenire, è un formarsi, un
in¬ cominciare ; invece il non essere ò un passare ». L’idea decessero è un’idea
della ragione (v. qui sotto l’esempio ci¬ tato nel Nuovo Saggio del Rosmini).
-anche pel Rosmini ■ se dall’idea con¬ creta di M. nostro amico voglio rimo-
vero ciò che ha di proprio e originale, non mi resta più l’idea del mio amico,
ma solo l’idea comune di un uomo; se poi astraggo le qualità proprie del¬
l’uomo, mi resta un’idea più generale, cioè l'idea d’un animale; io posso allo
stesso modo colla mia mente astrane dalle qualità proprie dell’animale o mi
resta allora l’idea d’un puro corpo privo di sensitività, dotato solo di
vegetazio¬ ne; voglio ancora colla mente togliere da lui ogni vegetazione,
allora la mia Idea ò divenuta l’idea d’un corpo in genero; se infine non voglio
badare a ciò che ha di proprio il corpo, rimane allora l’idea più universale di
tutte, cioè l’idea d’un ente, senza che questo nel mio pensiero sia determinato
da nessuna qualità cognita, l’idea dell’es¬ sere è dunque quella, tolta la
quale, è tolto interamente il pensare ed è resa impossibile qualsiasi altra
idea ». Però l’idea dell’essere « che è la verità prima e la ragione suprema,
presuppone chi dia l’essere alle coso che esistono, ossia l’essere in sé, Dio,
causa ». Essoterico (gr. èScoTepixò»; Xóyo|xv) = sentenza) (in pflBile): si usa
a indi¬ care la saggczzi^Riq s’esprime per mez¬ zo di sentenze morali,
proverbi, afori¬ smi: filosofia gnomica, poesia gnomica (Solone, Focilide,
Teognide). Gnoseologia (gr. yv&at? = conoscenza e Xóyo? = discorso)
(filos.): ò quella parte della filosofia che studia il proble¬ ma della conoscenza
(vedi conoscenza). Gnosi (gr. yvcócu? = conoscenza, sag¬ gezza) (rch' 0 .): è
lo stato del Cristiano illuminato che distinguo chiaramente la propria fèdo da
quella dei pagani, le divinità dei quali gli appaiono pure finzioni. - (filos.
e rclig.): ò una forma di co¬ noscenza che trasforma la fede in scien¬ za; è
però una conoscenza concreta, giacché per gli Gnostici conoscere Dio vuol dire
possederlo, non per via di¬ scorsiva, dialettica, o per la certezza soggettiva
della fede, ma per via mi¬ stica. che si complica con gli clementi provenienti
dallo religioni orientali o dalla filosofia; giacché gli Gnostici, per superare
l’antitesi fra Dio, principio del bene, e la materia, principio del malo,
imaginano una serie di coni (alcove?), realtà intelligibili uscite dal Primo
prin¬ cipio ineffabile, una delle quali, dege¬ nerando, ha prodotto la materia
e il male. La creazione e 1 a redenzione cri¬ stiane sono episodi di quella
lotta. Principali rappresentanti della gnosi sono Valentino e Marcione (II sec.
d. Or.) (v. Eoni). Grazia ( relig .): è un dono gratuito fatto da Dio alle
creature umane, senza che vi abbiano .alcun diritto; in questo sen¬ so non v’è
cosa alcuna che non sia una grazia, poiché Dio basta a sé e dona liberamente e
gratuitamente tutto ciò che dà. - In un senso meglio determinato da S. Agostino
la grazia ò un dono gra¬ tuito che Dio fa all’uomo (posto dal pec¬ cato
originale nello stato di natura de¬ caduta e pervertita) per rendere possi-
Gusto — 4ft — Idea bile la salvezza di pochi eletti, Bcelti dalla sua
imperscrutabile volontà, giac¬ ché l’uomo da sé non può risollevarsi e lo
Spirito Santo soffia dove vuole (spiriius sanctus apirat ubi vult, non merita
seqiUns, sed merita facicns). _ Lo stato di grazia implica una par¬ tecipazione
più o meno consapevole dell'anima alla vita soprannaturale, che oltrepassa
l’ordine croato, cioè la na¬ tura o la conoscenza razionale; è og¬ getto di
fede (v. natura). - (estetica): La grazia è il sentimento, non beilo
definibile» che nasce alla vista idola tori,
gli Idoli del mercato, cioè provenienti dai rapporti sociali: p C, gli errori
per cui si prendono corno reali le coso fittizie designate da ter- minll del
linguaggio; d) idola thratri, consistenti nell'azione esercitata sulla mente
dai sistemi filo- solidi, elio si succedono sulla scena della storia, come le
rappresentazioni fan¬ tastiche della realtà si svolgono sulla scena d'un
teatro. _ (teoria della conoscenza) : per E cicli HO tutto le coso reali
emettono efflussi d'a¬ tomi. quasi Involucri vuoti isimularm. 11 dice
Cicerone), i quali riproducono la struttura generalo e le qualità del^ corpi
donde emanano e, movendosi con grondo velocità, pervengono attraverso 1 sensi
fino al cuore, dove producono le sensazioni. Possono provenire audio da corpi
non piti presenti ai sensi; di qui 1 fantasmi del sogno e del delirio. Ignava
ratio (gr. ip-fòc; Xbyo r, = vita) (filos.): è la teoria comune ai più antichi
filosofi greci, secondo la quale la materia è considerata non solo come attiva,
ma come animata, vivente: materia e lotiche sono Indi¬ stinto. Immaginazione
(psicol.): è l’attitu¬ dine mentalo a formare immagini c rappresentazioni ; si
presenta sotto duo forme : --- a) rappresentativa, o riproduttrice, che sta nel
potere psicologico di ripro¬ durre nella mente gli oggetti già per¬ cepiti, non
presenti: - li) creatrice, che consiste nei comporre, nel creare nuove
immagini; è alliue a fantasia o ha una funzione importante nell’arte. __.
(/ilo».): per Spinoza la imaainalio è il grado inferiore del conoscere, vi¬
sione oonfusa, disordinata, incompiuta * delle" coso. _ per Kant
Vimmaginasionc creatrice è « una funzione cieca ma indispensa¬ bile % che
applica le categorie deU’in* folletto ai fenomeni, collognndo lo for¬ ine
dell'intelletto con lo forme della sen¬ sibilità e rcndondo cosi possibile la
co- stituziono doli'esperienza; per
FICHTE l’immaginazione crea¬ trice produce il non io, che si oppone all'io puro
o lo limita; opera In ma¬ niera Incosciente. Immagine (psicol.): In generalo ò
la rappresentazlono montalo d'un og¬ getto percepito, o anche una nuova
rappresentazione formata d’elementi psichici elio già si trovano nella co¬
scienza, come le immagini poetiche. Immanente (opposto: trascendente ) (/»-
/os.): già nel soc. XIII immanens (op¬ posto a transiens c transitiva) i>
detta un’azione od una causa elio rimanga nell'Interno dol soggetto agente,
men¬ tre transitiva è dotta quando, uscendo dal soggetto, s'cserclta sopra
un'altra cosa; cosi S. Tommaso: duplex est actio, una qua e transil in
citeriorem ma- teriam, ut calc/acerc et secare, alia quac manci in agente, ut
intclligcre, sentire et rette (= duplice è l'azione; una che passa nella
materia esterna, come ri¬ scaldare o tagliare, l’altra cho rimane nell’agente,
come intendere, sentire e volere). — Spinoza Intende in questo senso il termine
immanente, quando dice: Deus est omnium rerum causa immanens non vero transiens
(Ilio è causa immanente di tutte le cose, non transitiva), per¬ ché, contenendo
in sé il mondo (v. pan¬ teismo), non esco fuori di sé quando agisce, ma resta
in so stesso. -—- per Kant è immanente ciò che sta entro i limiti
dell’esperienza, trascen¬ dente ciò clic sta fuori deH'esperienza a non è
conoscibile. Immanentismo Imperativo - in dottrina eli Blondel (vedi: azione) ò
detta una « trascendenza im¬ manente », perché la divinità che è tra¬
scendente, può, per un atto della vo¬ lontà individuale, consapevole della
propria incompletezza e insuiHeionza. divenire immanente, entraro nella vita
umana, compenetrarla, facendo cosi l’uomo partecipo della vita soprannatu¬ rale
per un dono gratuito, cioè per tuia grazia, la quale però risponda a un ap¬
pello interiore, a un’intensa aspirazione della coscienza. Immanentismo
(relìg.): è la teoria at¬ tribuita al clero modernista cattolico e condannata
dall’enciclica Pascendi, pei duo principi! di cui conste¬ rebbe : - a) il
sentimento religioso è un pro¬ dotto dell'attività interiore o incoscien¬ te
dello spirito ed ò il germe d’ogni re¬ ligione, che così apparo un frutto pro¬
prio o spontaneo della natura; - b) Dio è immanente nell’uomo, per¬ ciò la sua
aziono si confonde con quella della natura e 11 sovrannaturale viene eliminato.
Immanenza (filosofia dell'— )(filos.): ò la dottrina di G. Schuppe, secondo cui
l’io, la coscienza ò il fatto primo, supcriore ad ogni dubbio, irriducibile, e
la pluralità delle cose di cui l’io è conscio è l’oggetto inseparabile della
coscienza, per cui ogni oggetto non pen¬ sato, non presente al soggetto e da
que¬ sto indipendente, è inconcepibile; ogni cosa è solo in quanto è presente
al sog¬ getto, in quanto entra nella sfera della sua luce e della sua realtà
(ossia è im¬ manente nella coscienza). Ciò non vuol dire che il mondo sia
nell'io, ma solo che l’io e il suo oggetto sono due mo¬ menti inscindibili
d’uno stesso atto: • quando lo ho la sensazione d’un disco rosso posto a
nna.corta distanza o d’una data grandezza, ciò non vuol dire altro so non che
io ho coscienza di esso, clic esso è oggetto della mia coscienza ». La realtà è
perciò il contenuto della co¬ scienza. non dello singole coscienze!, ma d’unti
« coscienza generica >, che è il sog¬ getto pensato nella sua perfezione c
nella sua purezza, avente un’esistenza concreta solo nello coscienze
particolari. Immaterialismo (filo».): cosi deno¬ mina Berkeley la propria
filosofia, clic, opponendosi al materialismo del suo tempo, vuol dimostrare
resistenza reale delle sole idee e dell’anima e ri¬ duce la materia a un
complesso di idee, intese nel senso di processi psichici. Immediato (opposto:
medialo) (logica): ò immediata un’inferenza, quando il passaggio da un giudizio
a un altro, da una proposiziono a un’altra avviene senza un termine medio,
senza un terzo giudizio intermediario; p. e. dalla pro¬ posizione : i triangoli sono poligoni », si deduce
immediatamente: « alcuni po¬ ligoni sono triangoli ». - (/ilo*.): è immediata
la conoscenza che coglie un'idea, un sentimento per via dirotta, intuitiva,
senza passare per un termine medio, come invece av¬ viene nella conoscenza
discorsiva e ana¬ litica; cosi Platone intuisce l’idea del Bello e del Bene,
Cartesio il cogito ergo sum. Immoralismo (/ ilos .): per Nietzsche designa
l'aspirazione verso nuovi va¬ lori morali, cho si dovrebbero concre¬ tare nelle
virtù forti ed eroiche del su¬ peruomo (v. questo termine), e do¬ vrebbero
sostituirsi ai vecchi valori, soprattutto allo virtù umili e inclini alla
rinunzia, esaltate dalla morale del Cristianesimo. Immortalità (filo*, o
velia.): è il so¬ pravvivere indefinito dcU’anima al cor¬ po, conservando la
propria individua¬ lità. La dottrina dell 'immortalità per¬ sonale è por la
prima volta affermata con prove da Platone (specialmente nel Fedone). - per
Aristotele. ò immortale solo l 'intelletto attiro (v. questo termine), che è la
forma dell’anima ed entra in que¬ sta dall’esterno. - per Kant l'immortalità
dell’anima è un postulato della ragion pratica ; è fondata sopra l'esigenza,
por l’essere umano finito, di attuai*© la perfezione morale In un progresso
indefinito verso la santità. Imperativo (morale): ò un comando, una norma obbligatoria
che l’uomo deve imporre a se stesso pel raggiungimento d’un fine. - Kant
distingue due specie di impè* rat ivi : a) ipotetici, che sono comandi condi¬
zionati, mezzi da servire a un deter¬ minato fine, e sono regole d’abilità o
consigli di prudenza; p.e.: sii tempe¬ rante se vuoi vivere a lungo • ; b)
categorici che comandano in modo assoluto, incondizionato, non sono su¬
bordinati ad altro fine ed esprimono la necessità dannazione, in quanto è buona
in 60 stessa; sono norme razio¬ nali, che esprimono la forma che deve rivestire
un'azione per essere giudicata Implicito — 53 — Indifferenza morale; provenendo
dalla ragione, non dall'esperienza, sono universali e ne¬ cessari ; p. e. : non
mentire, avvenga olio può . Implicito (opposto; esplicito) {logica): un’idea o
un giudizio sono impliciti.in un’altra idea o giudizio, se, affermati questi,
sono affermati e sottintesi quelli ; p. e.: essere ragionevole 6 implicito in
uomo. Impressione ( filos.): ò il principio fon¬ damentale della dottrina di D.
HUME, pel quale « Bono impressioni le sensazio¬ ni, lo passioni, le emozioni
elio compa¬ iono per la prima volta nella coscienza . mentre le idee e lo
rappresentazioni so¬ no copie dello impressioni, ma più tenui o meno vivaci.
Per Humc non v’è idea senza impressione, non vi sono con¬ cetti a priori e non
vi è metafisica. Impulsione e impulsivo (dal lat. im¬ pellere = incitale;
opposto: inibizione) (psicvl.): esprime la tendenza sponta¬ nea e immediata
all’azione. Un carat¬ tere è impulsivo quando passa dirotta- mente dalla
concezione d’un atto alla sua esecuzione; allora il potere inibi¬ torio agisce
debolmente e noi casi pa¬ tologici è annullato (v. inibizione). Imputabilità
(da,, lat. imputare = met¬ tere in conto, attribuire a qualcuno un atto) (
diritti> e morale): è 11 carattere d’un atto, die, trasgredendo la legge ci¬
vile o la legge morale, può essere im¬ putato a una persona. Ha un aspetto og¬
gettivo, in quant o si considerano gli unte- cedenti deiratto imputabile, cioè
la persona agente, la condiziono elio per¬ mette ad ossa di operare e la
circostan¬ za, ossia l’occasione più o meno favo¬ revole ad agire; e ha un
aspetto sog¬ gettivo, che è la libera decisione della volontà, l’aver agito
consapevolmente e liberamente. La responsabilità e la pena non sono
necessariamente con¬ nesse all'imputabilità, giacché le cause che diminuiscono
il valore razionalo della persona agente (p. e. la passione c l’ignorau/a
invincibile), ne diminui¬ scono pure e, in certi casi estremi, ne annullano la
responsabilità. L’imputabilità morale esige pjù par¬ ticolarmente
l'apprezzamento morale dell’atto in relaziono col valore morale della persona
agente. Incondizionato (filos.): è ciò che ha in sé la ragione del suo essere
e, quindi, non sottosta ad alcuna condizione; può quindi essere inteso come
assoluto. Inconoscibile {filos.): è ciò che, pur essendo reale, si sottrae ni
nostri mezzi di conoscenza, ò un assoluto che sta dietro i fenomeni; lo Spencer
lo pone a fondamento della sua dottrina (v. «- gnosticismo). Incosciente (opposto:
cosciente) (psi- ’col.): si dice dei processi psicologici (sensazioni,
rappresentazioni, volizio¬ ni, ecc.) che, pur essendo reali e attivi nel nostro
interno, non sono avvertiti dalla coscienza. -- Leibniz pel primo ha richiamato
l’attenzione su questi processi psichici oscuri (petites, insensitiva
percepìurna), che costituiscono la vita delia mona¬ de nel suo grado più basso:
p. e. il movimento d’ogni singola onda mari¬ na dà u na percezione debole,
confusa, inavvertita, incosciente, e deve fondersi coi movimenti delle altre
ondo per es¬ sere percepito distintamente. - - (filos.): pel tedesco Kdourdo
Haht- maxx rineosciento è l'essenza del¬ la realtà, un principio universale,
do¬ vunque presento, attivo, intelligente, manifostuntesi nella materia, nella
vi¬ ta, nel pensiero; In se stesso ò sopra- cosciente, per nói è incosciente; ò
una sostunza operante, analoga alla volontà ili Schopenhauer, itila quale
l’inconscio deH’Hnrtmann ò sostituito come prin¬ cipio primo dell'essere o del
dive¬ nire. Indetenninismo (opposto: determini¬ smo) (filos.): ò lu dottrina
elio afferma la libertà del volere, per cui la volontà non dipende nelle sue
decisioni né da forze esterne, né da processi interiori c mentali, non è
determinata da cause, è dotata di spontaneità, lia la facoltà di decidersi
senza causa. - il Bol'tkoux o il Bergson esten- douo questa spontaneità a tutta
la re¬ altà, nella quale si possono rilevare novità, creazioni, produzioni
originali, elio il determinismo non riuscirebbe a spiegare (v. contingenza ). Indifferenza
(filos.): per Aiustippo di Cirene è indifferente una sensazione clic non è né
piacevole né dolorosa, para¬ gonabile al mare in bonaccia., — (morale): per gli
Stoici sono indif- rercnti, cioè prive di valore pel saggio, le cose che non
dipendono da noi, come la vita, la morte, la salute, la malattia, la ricchezza,
la povertà; la virtù è il solo bene c il vizio il solo male. - per gli Scettici
tutte le cose sono indifferenti (àSldccpopa, da a priv. o àiacpépco =
distinguo), perché l’uomo conosco le coso come appaiono, non co¬ me sono in se
stesse; quindi le cose sono Indifferentiae — 51 — Ineffabile (.ulte no»
differenti, cioè uguali, sono pure apparenze. - per sk'UKmxu l’indiffcreuza è
il ca- rattere del principio supremo dcll’uni- verso, clic dove concepirsi
indetermi¬ nato, comprendente in sé. Indistinti, l’oggetto o il soggetto, la
materia e lo spirito, o conciliante in sé tutti 1 cou- lrasti e gli opposti:
tale principio è la natura creatrice, natura naturimi!, spi¬ rito clic diviene.
Materia 0 spirito sono per lo Schelling inni differenti, coinci¬ dono: la
materia è spirito ohe sonnec¬ chia, lo spirito è materia in formaziono (v.
identità). Indifferentiae (libertini artritrium) — ): v. arbitrio.
Individualismo (opposto: universali¬ smo) ifilos.): consiste nel concepire
l’in¬ dividuo corno line a se stesso. Per que¬ sta dottrina tutte le forme
sociali (la famiglia, l’associazione, lo Stato) sono mezzi creati
dall’individuo per lo svi¬ luppo dell’individuo, o la society non è altro die
un uggrnppumento d’indi¬ vidui. - (morale): è la dottrina per cui ciò che piu
importa è la formazione e il per¬ fezionamento morale dell'individuo, o la
società ha valore in quanto favorisco lo sviluppo morale indefinito della per¬
sona umana, [ruiividualistica è la mo¬ rale di Kant. Individuazione (principio
di —) (Jat. mediev. : principi um individuai ionio) (filos.): nella Scolastica
6 ciò che conferisce a un essere l’esistenza con¬ creta, determinata nel tempo
c nello spazio, cioè individuale. Questo prin¬ cipio è la nuitcria per S.
Tommaso, la e verità (haccccitas) per Duxs Scoto; per Leibniz è ciò che fa si
che un es¬ sere possieda non solamente un tipo speci fico, ma un’esistenza
singolare, concreta, determinata nel tempo o nello spazio e che lo distinguo da
tutti gli altri : por SCHOPENHAUER è il tempo e lo spazio, grazie ai quali la
volontà iti vi¬ vere, che ò il fondamento mota fisico della vita universale,
sempre identico a se stesso, si manifesta come diverso e molteplice negli
esseri individuali. Individuo (gr. &-to[AOV = indivisibile, che Cicerone
traduce con in-dividuum) (in generale): 6 ciò cho costituisce un tutto
determinato, concreto, distinto e distinguibile dagli esseri della stessa spe¬
cie (Boezio: dicitur irui irido um quoil (minino secavi non potrai, ut unitas
vet menu: dicitur id euiiis praedicatio in n- llqua similia non convenit, ut
Socrafes). - (filos.): individuo ò l'uomo iu quanto rappresenta un mondo a
parto o ri¬ flette in maniera particolare Putiiverso ; ò un microcosmo, cioò
una concentra¬ zione della realtà, del macris-osmo. Que¬ sta concezione risale
a Plotino o ri¬ compare in Nicola Cusano, in Giordano Bruno e in Leibniz.
Induzione (Ionica): in generale ò l’ope¬ razione che consiste nel passare da
fatti, affermazioni, proposizioni particolari o singolari a proposizioni e a
principi! generali. L’induzione ha duo forme: a) induzione perfetta, quella
aristo¬ telica, detta enumeratio prr/ccta, che da ciò che ò stato provato dello
singole parti d’un tutto procede al tutto stesso(v. epagoge): b) l’induzione
moderna, o enumcralio imper/ecta, cho vu dalla parte al tutto, da ciò che si ò
osservato in alcuni indi¬ vidui d’una classe a tutta la classe, è conclude con
Un principio gene¬ ralo, con una legge; ò divenuta un pro¬ cedimento comune nella
scienza dopo Bacone e Gallico; Stuart Mill vorrebbe che fosse riservato il uomo
d’induzione a questo solo procedimento. - (filos.): in che modo si giustifica
l’induzione come passaggio dalla parto al tutto 1 Alcuni ricorrono al principio
di causa: • qunudo lo stesso condizioni sono attuate in due momenti diversi del
tempo c in duo punti diversi dello spazio, gli stessi fenomeni si riprodu¬
cono, mutando solo lo spazio o il tem¬ ilo • (PAINLEVÈ). - pel Lacuki.ikh è
fondata su duo principi, cioè sul principio di causa, In Virtù del quale i
fenomeni formano serie in cui l’esistenza del precedente determina quella del
seguente, e sul principio delle cause finali, per cui lo serie dei fenomeni
formano sistemi (co¬ me, p. e., specie e generi), nei quali l’idea del tutto
determina l'esistenza delie parti (p. e.; l'idea dell'uomo de¬ termina
l’esistenza dei singoli uomini). Questo secondo principio assicura l’or¬ dine
nella natura, il quale alla sua volta assicura la costanza delle leggi mecca¬
niche del movimento, ossia l'induzione stessa. - il fisico K. MACH considera l
iudu- ziono solo come un principio regolati co, un’ipotesi utile nello ricerche
scientifi¬ che, non un principio costitutivo e corto. Ineffabile (gr. SpprjTop.
7)11x4;). Che nasce, o muore col corpo, è illuminato dall’in¬ telletto attivo,
è materia rispetto a questo che è forma; Intellettualismo — 56 — Intelligibile
• ■ per Plotino emana direttamente dall’l/no, è intelletto universale, come poi
per G. Bruno, pel quale « esso em¬ pie il tutto, illumina l'universo, è fabro
del mondo », simile al demiurgo del Timeo platonico, che plasma il mondo
sensibile con rocchio fisso alle idee. -per Spinoza è la facoltà che ha la
nostra mente di collegare le idee in un ordine obbiettivo uguale per tutti,
mentre 1’ associazione psicologica le ordina secondo le affezioni del corpo,
collegato fra loro da rapporti nou neces¬ sari!, ma puramente accidentali e va¬
riabili ; -per Kant è la facolta di giudicare, cioè l'attività che subordina
rappresen- | tazioni diverse a un concetto unico, è l’organo delle categorie,
che collega i fenomeni dati dalla sensibilità; - per Schopenhauer ò l’organo
che coordina le rappresentazioni mediante il principio di causa, la sola
categoria da lui ammessa. Intellettualismo (opposto: volontari¬ smo) ( filos
.): il termine ò di recente for¬ mazione e risale a Schelling, ma l’idea è
antica, e consiste nel subordinare alla ragione teoretica (vou?
&so>p7)Tixós di Aristotele) la ragione pratica (voo£ 7rpax?ixó$); ossia
nel porro il centro di gravità dell’esistenza umana nell'!zi¬ telle tto,
considerato come la sola fun¬ zione che le possa dare forza, calore, vita,
giudicando l’azione pratica come secondarla e subordinata al conoscere, c
affermando che le norme valide pel pensiero sono pure valide per le altre
attività vitali, il sentimento e la t*o- lontà. -I filosofi greci ci diurno un
esempio tipico dell’intellettualismo: convinti che l’uomo fa parte d’un cosmo
retto da leg¬ gi immutabili che lo circonda con la sua certezza c il suo
splendore, non vede¬ vano nulla di più grande della cono¬ scenza d’un tale
mondo (D-eopCa) me¬ diante l’intelletto (vouc). Con Socrate e Platone
l’intelletto diviene anche la guida sicura della condotta morale: non è
possibile fare il bene senza co¬ noscerlo, né è possibile che, conoscen¬ dolo,
non lo si faccia. -nei tempi moderni tipici rappresen¬ tanti
dell’intellettualismo sono Leib¬ niz, il qualo afferma essere il pensiero la
potenza fondamentale dell’anima, ed Hegel, pel quale l’universo è la ragione
realizzata, la realtà ultima è quella ac¬ cessibile al solo pensiero, e « lo
spirito è la causa del mondo « (v. volontarismn). -in senso peggiorativo ò 1
tendenza a rinchiudere la realtà vivente entro schomi rigidi e quadri
artificiali, che invece di riprodurla fedelmente la de¬ formano, toccando solo
la superficie del¬ le cose o disconoscendo le esigenze del sentimento e della
volontà. Intelligenza (psicol.): in generale equi¬ vale a «organo della
conoscenza» e quin¬ di compie tutte quello funzioni psico¬ logiche che contribuiscono
al cono¬ scere (percezione, associazione dello i- dee, memoria, immaginazione,
ragio¬ ne); suo operazioni importanti sono; distinguere e generalizzare.
-(filos.): per S. Tommaso l'intelligen¬ za è l’intelletto nella sua effettiva
at¬ tività: inteUigentia significai ipsum ac- tum inkllcclus qui est
intelligcrc ; -per Hpinoza ò l’attività mentale, es¬ senziale alla ragione:
nulla est via ra- tionalis sinc inteUigentia. - il Bergson contrappone
l’istinto e Tintuizione all’intelligenza : questa ha una funzione analitica,
discorsiva, vuol comprendere ciò che si sottrae al mec¬ canismi, ossia la vita
e lo spirito, me¬ diante le leggi meccaniche che gover¬ nano i corpi solidi;
perciò si lascia sfug¬ gire il carattere profondo e originale della vita e dello
spirito, che è dive¬ nire spontaneo, imprevedibile, crea¬ tore. Intelligibile
(gr. voyjtó$, da voéo = penso, comprendo con la mente; op¬ posto: sensibile)
(filos.): in generale in¬ dica ciò che può essere soltanto pen¬ sato,
conosciuto dall’intelletto. - più particolarmente, l’ospresBione monito
intelligibile (xó; il Logos è Gesù, Il Verbo mediante il quale tutto è stato
creato, la luce che illumina ogni uomo, il figlio unico di £>io o Dio egli
stesso; xal ò Xóyos vjv Tcpò? ateòv, xal ?)V 6 Xóyo^ (il Verbo era presso Dio:
e Dio era il Verbo). La teologia cri¬ stiana interpreta il Logos come il verbo
che s’ò fatto carne nel figlio di Dio; è un mutamento importante nella sto¬ ria
di questo termine e, anche, del Cri¬ stianesimo. - per Filone d'Alessandria, il
logos è intermediario fra Dio e il mondo; per mezzo del verbo Dio é creatore
del mondo, ò il primogenito di Dio, un se¬ condo Dio, forza cosmica ordinatrice
del tutto; - per Plotino ò in generale ogni at¬ tività spirituale, e più
particolarmente l’immediata produzione dell’t’no, la seconda ipostasi, il V 0
U£» la ragiono che contiene in sé lo idee e da sé le produce: vosi và 6 vva xal
ucplaT7] vento. - questa ido» viene ripresa nei Rina¬ scimento e per N. Cusano
l'uomo ò un parvus munxtus, uno specchio, una quin¬ tessenza dell'universo,
poiché fra il grande e il piccolo cosmo i termini si corrispondono e abbondano
lo analogie. Magia: in gemcrale è una delle arti taumaturgiche occulte, assai
diffusa anche nel Rinascimento, la quale in¬ segna a conoscere le forzo segreto
della natura eglispiritiche in questa agi¬ scono, per trarli a vantaggio
dell’uomo con mezzi 0 pratiche occulte. - il poeta-filosofo tedesco Federico
Novaus ò Fautore cl’un idealismo ma¬ gico, per cui l’uomo può entrare in
rapporto di simpatia o d'azione diletta con l’universo, compiere l'unione mi¬
steriosa dell’io con la natura per via intuitiva: « l’artista, simile all’uomo
primitivo, ò un visionario; tutto gli ap¬ paro come spirito ». Maieutica (gr.
(xatsuTiXY) TéyvY] = For¬ te dell’ostetrica) (filos.): è il metodo seguito da
Socrate che, interrogando, fa scoprire a ciascuno la verità che egli porta in
sé: « hai sentito dir© che io son figlio d’una levatrice molto valente e seria,
Fenarete, o che m’occupo della stessa arte, ma con riguardo alle anime e non ai
corpi * 1 (Platone, Teeteto), Male (il problema del — ) (filos.): deriva dalla
difficoltà di conciliare resistenza d’un Dio buono o onnipotente con a presenza
del male nell’universo, sia che si consideri come male morale nel pec¬ cato,
sia come male metafisico nell’im¬ perfezione di tutte ie cose, sia come male
fisico. Tale problema si presentii soprattutto nelle religioni e nelle filo¬
sofie ottimistiche (v. manicheismo). - per lo Stoicismo il male, se è osser¬
vato non in sé ma in relazione ool tutto, dipende da condizioni posto perii
bene, o anche ò un mezzo per attuare un bene, oppure dipende dalla stoltezza
dell’uomo che disconosce le leggi della ragione cosmica e Berve alle passioni.
- per Plotino, seguito spesso dalla Scolastica, il male ò pura apparenza,
perché colpisce Bolo l’uomo empirico che vive tutto nel mondo esteriore e
Manicheismo Meccanica por i boui materiali, non l’anima olio s’elevi,
purificata, nella sfera della ra¬ gione o dell’Uno. - Leibniz afferma la
superiorità del bene sul male nel mondo, il quale nel 1 suo insieme ò un’opera
buona, prefe¬ ribile al nulla. Anche VIlluminismo ò ottimistico. Manicheismo
(relig.): dottrina fon¬ data da Mani, persiano del III sec. d. Or., che vuol
spiegare il mondo con la lotta frtt duo potenze sovrane e in¬ finite, di cui la
prima ò il Principe della luce, la causa o l’essenza del bene, l’altra il
Principe delle tenebre, la causa e la sostanza del male. s. Agostino pro¬ fessò
tale dottrina nella sua gioventù. Massima {morale): per Kant ò il prin¬ cipio
soggettivo del volere, norma di condotta elio l’uomo si dà come valida per la
sua volontà, senza riferirsi ad altre persone. Materia (opposto: spirito) (,
filos .): per Platone è qualcosa di rozzo, di rosi- stente e di ostile allo spirito,
il quale non riesce a dominarla interamente. -per Aristotele ò una realtà Inde¬
terminata e inerte, ohe riceve deter¬ minazione e vita accogliendo la forma (v.
questo termine), alla quale si a- datta e la, serve docile, essendo a ciò
predispostadalla stessa natura: è la potenza di ciò che, grazie alla forma, è
tradotto in atto; p. e. il marmo ri¬ spetto alla statua. -per Cartesio ò la rea
extensa, essendo l’estensione la sola qualità del corpo la quale si presenti a
noi chiara e di¬ stinta ; è retta da leggi meccaniche, e lo stesso corpo umano
è una macchina, benché mirabilmente foggiata. - nei tempi moderni o s’ammette
resi¬ stenza d’uria materia distinta dalla for¬ za e se ne ha una concezione
meccanica, come in Cartesio; oppure materia ed energia si identificano, o
allora se ne ha una concezione dinamica, come in Leibniz; nel primo caso la
causa del movimento ò esteriore, nel secondo è interiore e opera dall’interno
verso l’e¬ sterno. Materialismo (opposto: spirUualismoy {filos.): ò la dottrina
che considera la materia come l’unic a sostanza o il prin¬ cipio primo
dell’universo, concepito co¬ inè una molteplicità di corpi posti nellospazio e
accessibili ai sensi. Si presenta sot to diversi aspetti, per la difficoltà di
spiegare* l’esistenza dello spirito: a) nella forma 'attributiva Io spirito è
considerato un attributo, una qua¬ lità inerente alla materia,, che appare
animata, come nei Presocratici, ma¬ terialisti inconsapevoli; b) nella forma
causale lo spirito è un effetto della materia, à un epifenomeno dell’attività
cerebrale, o anche l’insie¬ me dello reazioni clolTorganisnto cor¬ poreo: «E la
coscienza, come il pen¬ siero, è un prodotto della materia « (B Corner); c)
nella forma equaliva i processi psi¬ chici sono pensati come materiali nella
loro essenza, crjuali essenzialmente agli elementi materiali; per Democrito, mi
cs., 1’anima consta di atomi lisci, ro¬ tondi. simili u quelli del fuoco.
Materialismo storico (filos.): Marx ed Engels, asserendo che l'uomo, nella sua
essenza, é un essere che ha fame e sete, ha bisogno di nutrirsi, di vestirsi,
in una parola subisce un certo numero di necessità vitali e dipende in ogni
istante dolla sua vita dai mezzi atti a soddisfarle, cioè dai mezzi cconsnnici,
materiali, deducono che il fattore eco¬ nomico determina, in maniera pili o
meno visibile, ina reale e decisiva, ogni ‘ nostra azione; quindi bisogna dire,
con¬ tro Ìidealismo classico, specialmente di Hegel, che non l’attività dello
spirito ma le condizioni materiali d’esistenza sono gli organi- c 1 motori
della storia, elio la produzione economica genera e domina il fenomeno
giuridico, politico, morale, e, iu qualche modo, anche quel¬ lo religioso,
intellettuale, artistico. Que¬ sta dottrina viene anello detta deter¬ minismo
economico, che però non esclu¬ de un’azione dello spirito sulle condi¬ zioni
materiali della vita. Meccanica (opposto: dinamica ; gr. rj (i.y)/avtx.7)
'ziyyrr = l'arte di compor macchine ponendo a profitto Io forze della natura):
in venerale è là teoria che spiega la formazione della natura in maniera
analoga dlle opere dell’uo- mo, benché la natura operi con mnggior finezza
dell’uomo (Aristotele). - (filos.): l’idea di meccanismo dalla fisica s’estende
a tutti i gradi della realtà, dando luogo a una teoria mec¬ canica del mondo,
che appare per la, prima volta nell’. 4 tomTsfica di Demo¬ crito : Il mondo,
così vario e muta¬ bile, ò sempre e dovunque lo stesso, giacché ogni
cangiamento dipendo dal fatto che il substrato materiale é sog¬ getto a
movimenti d’ogni sorta, c tutti i fenomeni si succedono obbedendo al principio
di causa, non esclusi i feno¬ meni psichici, che, seguendo le leggi Mediato —
(in — Metempirico dcHVwffWwciofli’ delle idee, si ntlrng-, sono o si
respingono, veri àtomi psì-r. chic!, come irli atomi Usici ; questa teoria lia
li carattere d'nn deiermintomo uni- versale. •,_ n Laplacp: cosi formula la
conse¬ gui n/.a di tale teoria: Un’intelligenza elio conoscesse tutto le forze
onde è animata la natura c la posizione ri¬ spettiva degli esseri che la
compon¬ gono, so poi fosso cosi vasta da poter nssoggettaro questi fatti
all’analisi, comprenderebbe in un’unica formula i moti dei più grandi corpi
dell’uni¬ verso o quelli delPatomo più leggero; nulla sarebbe incerto o
l’avvenire come il passato sarebbe presento ai suoi oc¬ chi ». Mediato
(ragionamento) (Apposto: immediato) (logica): è la forma di ragio¬ namento che
consisto nel passare da un giudizio a un altro mediante un terzo giudizio; p.
e. f il sillogismo. Medio (logica): è nel sillogismo il ter¬ mino che serve per
eollcgaro il termine maggiore col minore: p. e. mortale si collogu a Sacrale,
mediante uomo, nel sillogismo: • l’uomo è mortalo; Socrate è uomo ; dunque
Socrate è mortale », Memoria (psicol.): ò la funzione psico¬ logica clic
consiste nel fatto che i pro¬ cessi psichici giù vissuti si conservano e si ri
presentano nella coscienza, quindi vengono riconosciuti come ricordi, o
localizzati, cioè riferiti al passato non in generalo, ma in un punto preciso,
(ora, luogo, circostanze); se quest’ul¬ timo carattere manca, si ha solo una
reminiscenza. - si ha memoria affettiva quando con la rappresentazione si
rivive più o meno intensamente lo stato affettivo, il sentimento che da essa fu
determi¬ nato. - : (filo 8 .): il Bergson distingue: a) una memoria abitudine,
per la quale il pas¬ sato sopravvive In un sistema di mo¬ vimenti; s’acquista
con la ripetizione, servo all’azione, è localizzata nel si¬ stema nervoso; b)
una memoria pura, in cui il passato sopravvive in ricordi indipendenti di fatti
onici, che non sì ripetono mai nello stesso modo, per¬ ché neirintcrvallo fra
il processo psi¬ chico originale e il suo richiamo l’io è mutato; il processo
integrale non è quin¬ di piìi lo stesso, perché rappresenta uno «tato d’animo
unico, che non toma più. Questa memoria è indipendente dal corpo: la prima ha
carattere mecca¬ nico, la seconda dinamico. Metafisica ffilos.): nella storia
del (or¬ mino è già abbozzato il significato: Andronico di Rodi (I sec. d.
Cr.),nel- l‘ordinare Io opero d’Aristotelo, collocò gli scritti ri f cren tisi
alla filosofia prima it:?cót 7] 91X0009ta) dopo quelli ri- ferontisi alla
filosofia naturale (và yvai'/.óc.): quindi la filosofìa prima (quel¬ la che ha
per oggetto la realtà ultima e l’essenza immutabile di tutte le coso) fu detta
và [xsvà và 9omxà, ossia u/7)v = al di là della psiche) ( psicol.) : è il nome
dato da C. Richkt, nel 1911, a quel ramo della psicologia che tratta dei
processi psichici rari e anormali, come la telepatia, la divinazione, la
chiaro¬ veggenza, che dovrebbero rivelare fa¬ coltà psichiche ancora ignorate 0
co¬ stituire una nuova scienza. Metempirico (film): è ciò che sta fuori dei
limiti dell'esperienza. Metempsicosi 04 — Mito Metempsicosi (gr. — lctt.,
trans-animazione;) (filos. o re¬ titi.): ò la dottrina antichissima, sorta in
Oriente, giti nota a Pitagora c ac¬ colta da Platone, la quale ammette il
trapasso dell’anima da un corpo al¬ l’altro, per cui una stessa anima pn
successivamente dar vita a pia corpi, sia umani, sia animali, o anche vegetali.
Metessi (gr. [lébcV-t = partecipazione, da uET-é/m = partecipo) (/ilos.). e !
pensata dà Platone per spiegare 1 rapporto fra le idee c le cose sensibll, i
che sarebbero una «partecipazione, di quelle. Viene usata anche dal GIOBERTI I
ì u significato nillne per chiarire il rap¬ porto fra l’Idea, l’Ente, la
divinità, e l’esistente, il mondo; è intermediaria fra l’atto creatore c il suo
effetto, è partecipazione degli esistenti alla real¬ tà originaria dell’Ente,
per cui gli esi¬ stenti imperfetti, cioè gli esseri umani, aspirano alla perfezione
dell’Ente. Metodo (gr. uéDoSoc, da o 684 ? = via; quasi: in via) (ionica):
esprime l’Indagine e audio i mezzi per compierla, i procedimenti col quali si
ordinano e si estendono lo cognizioni; donde: ._1 ) il metodo sistematico (dal
gr. cr'-> v fomiti = raccolgo con ordino), che in¬ dica lo norme con le
quali il sapere viene ordinato; p. o. la dassWcazionc : _ 2) il metodo
inventivo, che offre l procedimenti col quali dallo cognizioni note si passa a
quello Ignorate; p. e. ) induzione. _ Il metodo inventivo si suddivido alla sua
volta in: _n) metodo induttivo, che da le nonne per tra ire dall’osservazione
dei fatti lo leggi che li reggono, per estendere a tutta una classe di fenomeni
elo che si è constatato in alcuni casi ’ omerale e narrazione favolosa ta cui
esseri Impersonali, p. e. 1# forzo del natura, vengono personificati per spie¬
gare simbolicamente fenomeni e av- Modalità 85 Movimento veni menti ; noi tempi
uniteli! costituì* scolio II fondo delie credenze religiose. -- (filos.): per
Platone è una narra- * ziono fantastica di ciò clic può avve- nire al .il li
dei limiti dell'esperienza e della ragiono; p. e. le vicende del¬ l'anima dopo
la morte: dove termina l’ufficio delia ragione, supplisce li mito o il Himbolo,
come nel (forvia, nel Fe¬ ttoni’. nel Fedro, nella Repubblica: di¬ mostrata
razionai monto l’immortalità (loirauima, si può favoleggiare iito&o-
Aoysìv) intorno al destino dell’uomo dopo la morte. __ ()(rs | por mito
s'intende anche un’idea fondata sull'intuizione o la fede, che può divenire il
sostegno o il motore interno (l’un movimento politico, so¬ ciale o religioso
(p. o. li mito della razza). Costruito, almeno in parte, su elementi
fantastici, trae 11 suo valore dalle conseguenze più o meno buone, più o meno
utili, non dal suo contenuto di verità, «Difforme alla dottrina prag¬ matistica
(v. pragmatismo). Modalità {Ionica): b per Kant la fun¬ zione dei giudizi,
fondata sul valore della copula; essi sono problematici, as¬ sertori,
apodittici, serondocl»! la rela¬ zione «'enuncia come possibile, come e-
sistente nella realtà, come necessaria: le formule rispettivo cono: può essere,
è, deeVsscrc. Modo (filos.): per Spinoza i modi sono affezioni, cioè gli stati,
le modi ttoazioni transitorie della sostanza, sono sii esseri particolari o
Uniti; p. o. le idee sono modi della res rogitans, i corpi della res extensa,
cioè degli attributi della so¬ stanza. —— per Locke 1 modi sono una classe di
idee coniposte, che sono o idee di azioni umane (p. cs. : uccisione), o modi di
comportarsi (p. c. gratitudine), op¬ pure modi di essere (p. e. triangolo, che
è un modo di essere dello spazio). Monade ter. uovi; = l’unità, il sem¬ plice)
Oilos.ì: al dire d*Aristotele i Pi¬ tagorici pensavano i corpi composti di
pimti, « di monadi che hanno posto nel¬ lo spazio ». -per (ì. Bruno minimo,
punto, atomo, monade dicono la stessa cosa, cioè un primum indivisibile delle
cose, che è insieme corpo c anima, sostanza mate- aie e centro di forze vivente
e ani¬ mato. — per Leibniz le monadi sono sostanze spirituali seni [ilici,
chiuse in sé, - senza porte nò fi nestr e -, dotate (l’appetizione e di
percezione, veri punti metafisici, M'spn retiia nti ciascuna l'unlrcnp, di¬
sposti in gradi ascendenti, che vanno dalla più bassa, ancora inconscia, alla
più alta, Dio, monade delle monadi. Monadismo "(/iTós.): si ilice dei
sistemi dinamici cito pensano il mondo formato di monadi spirituali, in
opposizione al¬ l’atomismo meccanico di Domocrito; tale la dottrina di (I.
Bruno e di Leib- NIZ. Monismo (gr. fióvo? - unico) (oppo¬ sti: dualismo c
pluralismo) (filos. ) : è la dottrina checonsidera la natura e lo spirito. Il
corpo e l’anima subordinati a un terzo principio o aliasi inseriti .in esso. Il
Tooco ne distingue duo specie: - a) monismo dell'essere: ammette un solo essere
e considera la molteplicità delio cose un'illusione (corno gli Klea- Ttcì), o
almeno come accidente fugge¬ vole dell’unica sostanzaicomeSi’iNOZA) ; - 6)
monismo della qualità.: all’essere unico sostituisce una pluralità origi¬ narla
di esseri, tutti però della stessa natura, materiale per gli uni (gli Ato¬
misti), spininole, per gli altri (Leibniz). Monoteismo (opposto: politeismo)
(re¬ titi.): indica lo religioni cito, come il Cristianesimo, il Giudaismo, il
Mao¬ mettismo, ammettono un solo Dio, di¬ stinto dui mondo. In tllosotla il Dio
di Platone e d’AiusTOTEt.E rientra in questo sistema. Morale = v. etica.
Moralismo (filos.): si applica alle dot¬ trine filoso Urbe che, come quella del
FICHTE, considerano la legge morale e l’esigenza dell’azione pratica corno
prin¬ cipio filosofico fondamentale. Motivo (dal lat. morrò) (morale): si dice
(Fogni processo intellettuale o affettivo che muove la volontà a compiere ttu
determinato atto. La norma indica una direzione da seguire, il motivo ngisee
stilla porsona in modo più o meno im¬ perativo, perché segua tale direzione e
sia persuaso a seguirla. Motrice (causa) = v. efflcentc (causa). Movimento (in
generale): è fi cambia¬ mento di posizione d'ttn corpo nello spazio,
considerato In funzione del tem¬ po e, quindi, fornito d'una determinata
velocità; fi semplice mutamento nello spazio è uno spostamento. - (filos.): per
.Aristotele è fi passag¬ gio da uno stato a un altro, è ogni mu¬ tamento
((ArratpoXYj), elio suppone l’e¬ sistenza di una materia cnpnee di ri¬ ceverò
una forma. ; quindi è ugualmente fi passaggio dalla potenza (S'iva|Als) al¬
l'atto (ivépys tal. Nativismo — Cd — Neo-hegelismo -S. I ommaso accetta la
concezione aristotelica (moneti est cri re de txilintiii '«tinnì e. conio
Aristotele, voile nel movimento un tierstuiNlvo ui-gomcnto n prova
dell'esistenza di Ilio: |.er spie- gare il niovimontn c rieereurne la eati.su,
bisogna passare di causa in causa, es¬ sendo ogni movimento prodotto da un
altro movimento, ina è necessario arre¬ starsi tavàyxv; trrijvat) a un primo
motore immobili cri y.tvoòv àz.tvyj-rov), a Din. che muovo l'universo come
l'og¬ getto umilio attrae colui che l'ama, co- me il desiderio agisce
sull'anima per una sollecitazione tutta interiore. N ' ' Nativismo - v.
innatismo. Natura (gì. (piiai.; da =
nascnr) (fylos.): nel senso piti antico esprime l'idea d una sostanza
primordiale diesi determina e si sviluppa da sé. l’idea di dò che ò primario,
persistente, in oppo¬ sizione a ciò elle è derivato, seconda¬ rio, transitorio.
Tale significato ha nei tirimi filosofi greci: e di riui i significati sorti in
seguito. - è il complesso delle qualità o proprietà elio definiscono l’essenza
d’una «•osa, quindi anche tutto ciò ohe è In¬ nato: p. c. la natura d'un uomo,
cioè il suo carattere e il suo temperamento. denota le cose conio sarebbero al
di fuori d ogni intervento umano: cosi pel Rocsseai: lo „ stato di natura è
quel fondo della lealtà umana elle resto dopo aver eliminate le deforma¬ zioni
e le falsificazioni operatevi dalla civiltà, ossia ciò che è semplice, piano
spontaneo, originarlo. denota 11 sistema totale delie cose con le loro
proprietà, l'insieme di tutto Ciu die esiste, in una parola, l’universo - in
Kant natura è ciò che obbedisce al principio di causa nel mondo dei fe¬ nomeni,
in opposizione al mondo dei lini in cui vige la liberto incondizionato. ~ (
rehy.): 1 ordine della natura, cioè I ordine delle cose terrene, accessibile
alla sola indagine della ragione viene opposto all'ordine della prozio, che è 1
ordine delle cose soprannaturali e di- \j n *' tvistotele adombra questa
distinzione nelle parole: r, oótitc Szt- [tovia aÀ>, oli lista = la natura è
am- mfrevole. ma non divina (v. prozio). Natura naturans e natura natu¬ rata (
film .): natura naturans è, in so¬ stanza, Ulti come untore e principio d ogni
cosa; natura naturata c l'Insieme delle creatura o di tutto ciò clic ò stato
creato: espressioni adoperato dalia Nro- lastira, da li. ltm .vi, e da Spinoza,
chc le rese comuni: per naturalo naturati- lem noèta intcìlìqenduiii est i,l (Juw
i tn se est et im i- se etnicipitur. tuu • est j> eU s quatcnu» ut causa
libera eonsidrratur- per naturatali t inielli,,,,... rrs, /uae ff * Dea sani et
quac si,,,- tira nei- esse nec connpt possunt • Naturalismo (/Kos.): comprende
le dot- trine che non ricorrono a prlncipli tra¬ scendenti, ma rimangono entro
la cer¬ ehia dell’esperienza e ilei fenomeni sog¬ getti al principio di causa o
concepi¬ scono anche la vita dello spirilo come un prolungamento della vita
organica- si oppone a spiritualismo, idealismo' eti e lift)no a positivi tot
io. Necessario (opposto: conti geni) Ui • bis.): si dice di ciò che non può,
senza contraddizione, essere altrimenti né essere pensato altrimenti da quello
cUc o; cosi Hi applica ai fenomeni elio si succedono secondo il principio di
causa,, alio proposizioni derivate, im¬ plicito In proposizioni piò generali',
alle conseguenze di principi! posti come veri. ■ per Spinoza Dio è un essere
neces¬ sario, ma la necessità In virtù della quale egli esiste e produce io
cose gli e essenzialmente Interiore e razionale. deriva didla sua, stessa
essenza, e Dio e causa sui; ò determinalo ad agire- dal¬ ia sua soia natura, o
quindi la sua ò una • necessità libera», t ecessità, (opposto: eunt inpenza ) (
fi. bis.): e la qualità asti-alta di ciò elle è ruressario, di ciò che non può
essere diverso da ciò elio è. Neo-criticismo o neo-kantismo i/i- fos.t: ò la
dottrina elio Iniziò in Oer- munia il movimento tU ritorno alla Hlosotta di
Kant, al criticismo, verso il ISOO, come reazione al materialismo allora
dominante; riprende i principi della teoria kantiana delia conoscenza il
relativismo, è ostile alla metafisica c all idea della rosa in . e vuol ilare
alle /unzioni aprioristiche dello spirito un fondamento psicologico. In Italia
furono neo-kantiani. In vario modo. ««• -rir:" .Ielle idee penerfllt. e.n
n^ gplrlto; r„ a òn mtirskb^eoncepire^td^ di nò curvilineo, ne rettilineo, i
nit0 '-srìxssns*- nSTSU™ e ' - si)
Atomisti tutta la realtà Ita duo parti, lo kikizìo pieno occupato dagli atomi,
o lo spazio vuoto eho rosi 6 concepito altrettanto renio quanto I corpi. --per
Hegel il non essere è l'Idea eho nella prima triade dialettica (v. dialet¬
tica) fa da antitesi all'idea dell’essere (tesi) o con Questa si fondo nella
sin¬ tesi del divenire; e poiché l'essere è l'idea più semplice, più astratta,
inde¬ terminatissima c priva ili contenuto, ma è pur sempre un’affermazione po¬
sitiva del pensiero, è • in realtà non essere, non piti e meno di nulla ». cioè
la negazione d’ogni qualità e d’ognl contenuto positivo (s. essere). Non io: v.
io. Norma: modello concreto o anello re¬ gola che indica ciò eho si deve fare
por raggiungete un dato line; vi sono nonno Illiriche, etiche, estetiche eoe.
Normale: in generale designa ciò eho è conforme alla regola, ciò che è più
comune in ogni singola categoria o classe, ciò che rappresenta in media in un
dato tipo eli società e In un dato tempo; quindi ò un termine variabile e un
po’ vago. Normativo: diconsl spesso normativo la logica, l’etica, l'estetica in
quanto offrono una norma, cioè un modello ideale cui si guarda come a qualche
cosa di perfetto, elle per la logica è il vero, per l'etica il bene, per
l’estetica Il hello (WtiNPT). Noumeno (dal platonico voo>i(jtevov, part. di
voéio = penso, quindi: ciò che è pensato) (/t'ios.): Platone lo ap¬ plica al
mondo delle ideo, in opposi¬ zione al mondo sensibllo. - Kant l’adopera in due
significati: a) negativo: ò ciò che sta a fondamento dei fenomeni, il loro
substratum ; ma ò soltanto pensato, ed ò inaccessibile sia ai sensi, sia
all’intelletto; perciò è un limite 'posto alla conoscenza umana, clic non può
oltrepassare i feno¬ meni; b) positiva: è il sovrnsensibilc, l'incondizionato,
posto fuori dell’espe¬ rienza; può essere oggetto d’ima intui¬ zione
intellettuale (v. intuizione), hi quale però è negata itll’uomo; ha un
carattere metafisico, giacché 6 bensì la causa dei fenomeni, ma la causa¬ lità
è qui non una categoria dell’Intel¬ letto, sditene una causalità Intelligibile,
cioè esistente solo nell’ordine metafisico, ni di là dei fenomeni. Nous (gr.
voù; = la mente) (fitta.): per Anassagora è ciò che mette in moto, plasma e
ordina le otneonicrie.; ò un principio lntelllgcnto, «la più sottile o più pura
di tutte lo cose ». - per Platone e Aristotele ò la par¬ te razionale dell’anima
umana; per Plo¬ tino è la prima emanazione dell’Ctno ( v. intelletto). Nulla
(/ilos,): è la negazione doll'essere, lutto non essere (v. questo tcrmiue).
Parmenide ha posto l’essere come prin¬ cipio primo della filosofìa o ha negato
qualsiasi realtà al non essere: « soltanto l’essere è, il non essere non 6 ».
Invece Platone ammette la realtà del non essere, eho per Itd è la materia
soggetta al divenire; mentre per Democrito ò il vuoto (to xevóv), in cui
avviene la caduta degli atomi. Numero ( filos .): per Pitagora e per i suoi
seguaci è la vera essenza delle coso, per cui gli elementi dei numeri sono gli
elementi dello cose, c il coseno é nu¬ mero e armonia. Aristotele dico pure che
pei Pitagorici i numeri sono i mo¬ delli che le cose imitano, e questo rap¬
porto fra i numeri e le cose ita ispirato evidentemente Platone, clic consi¬
dera la matematica conte propedoutiea noeossnria alla dialettica, cioè alla in¬
tuizione delle idee, modelli delle coso sensibili. per Galileo la matematica ò
II lin¬ guaggio coi quale s’esprimo la natura: » 1 universo è scritto in lingua
maternn- t'ca e i caratteri sono triangoli, cerchi e altre figure, senza i
quali mezzi ò dif¬ ficile intenderne umanamente parola, ò un aggirarsi
vanamente in un oscuro labirinto » (Il Saggiatore). La formula matematica
divionc, dopo Galilei, l'e¬ spressione esatta dalia legge fisica. o Obbiettità
(filos.): per Schopenhauer, che ha coniato questo termine ( Obiek■ tildi), i]
corpo è l’obbiettivarsl, cioè la manifestazione esteriori?, visibile, e, per I
uomo, (tura e semplice rappresenta¬ zione, della volontà che è concepita co¬ me
forza c imput-n cieco, sempre at¬ tivo, non guidato da alcuna ragione, ed è poi
il principio metafisico posto a fondamento dell’universo. Questo uni¬ verso non
è altro cito Voggcttità, l’ap- 1 mrire all’esterno — sotto forma di rap¬
presentazioni coordinato dalla catego¬ ria di causa («il mondo ò la mia rap¬
presentazione ») — della volontà cosi intesa. Obbligazione — 69 — Ontologia
Obbligazione (morale): è il carattere imperativo che costituisco la forma del¬
la legge morale, donde la consapevo¬ lezza d’un'obbodieuza incondizionata ad
una norma inorale, il sentirei inte¬ riormente legati a una determinata re¬
gola di condotta (sentimento del dovere), per cui si prova inquietudine e
dolore quando essa viene in qualche modo contrariata o impedita nel suo libero
svolgimento. Occasionalismo: v. cause occasionali. Occultismo: comprende le
arti che, crome le divinatorie, apprendono a sco¬ prire 11 futuro, o, come le taumaturgi-
che, apprendono il compimento di atti che si sottraggono al corso ordinario
della natura (v. magìa). Oggettivo (opposto: soggettivo) (in ge¬ nerale): è ciò
che ò posto di fronte o davanti allo spirito o ai sensi e può offrire materia
alla loro attivi tei : ò im- pl cita pertanto una distinzione fra sog¬ getto e
oggetto, cioè fra l’atto del pen¬ sare o ciò che è peusato, fra chi perce¬
pisco e ciò che ò percepito. - nella scienza ò oggettivo ciò che il lavoro elei
pensiero trae dall'osserva¬ zione c dall’esperienza, seguendo 1 me¬ todi del
l’indagine scientifica; ò sogget¬ tivo ciò che l’individuo pensa e sente
riferendosi alle sue Inclinazioni, alle sue preferenze, ai suoi interessi, in,
modo più o mono consapevole. - (filos.): per Duxs Scoto, Cartesio o Berkeley è
oggettivo, esiste ogget¬ tivamente, ciò che costituisco un’idea, cioè l’oggetto
di una rappresentazione dello spirito, non una realtà sussistente per sé e
indipendente «mentre subiecti- mis e formalis corrispondo a reale, a ciò elio
appartiene all’oggetto). -per Kant ha validità oggettiva tutto ciò che è
fondato sui principi costitu¬ tivi dello spirito umano e comuni a tutti gli
uomini, e cioè sullo forme pure della sensibilità (spazio e tempo) e su quelle
dell’intelletto (categorie). Ogg e tt° (gr- àvTi-xsi{X£VOV, traduz. lat.:
ob-iectum posto di fronte agli occhi o allo spirito, opposto: soggetto): ciò
che si ha presente nella percezione esterna o nel pensiero, con un certo grado
di consapevolezza. - (filos.): ciò che possiede un’esistenza in sé,
indipendente dalla conoscenza che esseri pensanti possono averne; in que¬ sto
senso lo spazio per Newton è og¬ getto. come lo ò il mondo esterno per il
realismo conoscitivo (v. realismo), e per Kant il noumeno positivo (v.
noumeno). - ò tutto ciò che è rappresentato o pensato solo in quanto lo si
distinguo dall’atto col quale lo si pensa: donde la « logge UgUu coscienza »
espressa dal Fichte e accolta da Schopenhauer: • senza soggetto non v*ò
oggetto, sen¬ za oggetto non v’è soggetto ». Oligarchia; governo di pochi: è,
per Aristotele, forma corrotta dell’aristo¬ crazia (v. democrazia). Omeomerie
(gr. ó{xoio(jtipeiat da 6{XOioc; = simile e [iipo$ = parte) (filos.): così
denominò Aristotele lo particelle originarie, impercettibili, divisibili al-
l’inttnito, clic Anassagora considera co¬ me gli elementi primi, tutti diversi
di qualità, dapprima mescolati insieme, che costituiscono l’universo o le sin¬
gole cose, essendo innumerevoli lo loro differenze qualitativo: « come il ca¬
pello può derivare da ciò che non è capello e la carne da ciò che non è carne?
». Affinché l’animale abbia car¬ ne, ossa, capelli, bisogna che vi siano
particelle di carne, ossa, capelli negli alimenti di cui esso si nutre. Il
tutto ha, insomma, la stessa natura delle parti che lo compongono: di qui
appunto il nome di ^)meomerle (= parti simili) dato agli elementi primi. Questi
costi¬ tuiscono l’Essere immutabile, eterno, che viene messo In moto, ordinato
o distinto dall’inteUlgenza (voo^), «lapiu pura o la piu sottile di tutte le coso
», con un’azione separatrice che si esercita sugli clementi, cioè sulle
omeomerie. Omogeneo (opposto: eterogeneo) (filos.): ciò che consta di parti
qualitativamente identiche. K. Spencer spiega l’evolu¬ zione cosmica come un
passaggio dal¬ l’omogeneo all ‘eterogeneo (v. evoluzione ). Ontogenesi (dal gr.
6v = ente o yé- vsai? = origine) (scienza): è lo svilup¬ po sia fìsico sia
mentale dell'individuo, seguito dalla prima Infanzia fino al pieno sviluppo,
mentre la filogenesi (gr. * 6 per gli stoici la rinvolta,eseguente
aU’èxiwpcotn;, oioe alla conflagrazione del coamo (v. ritorno Panenteismo (gr.
nàv b ta? = tutto in Dio) (/ilo».)', nome dato (lai tedesco ' KuitnsB alla sua
musetta, e ap- nttcabile a quella di Spinoza, por In¬ diano che non Dio è nel
inondo, come nel panteismo stoico, ma il mondo è in Dio. è contenuto In Dio.
Panlogismo (gr. itSv = tutto. Xójo, _ ragione; tutto è ragiono) (/ito».). si
applica alla tilosotla di HEGEL, pel quale l'universo è sviluppo totero-,rione
Immanente in esso, e la uglui è una metafisica. Se Vè ancora dell ir razionale,
ossia qualche cosa che non sia ancora penetrato dalla ragione*) organizzato In
concetti, esso è trans! torio; dondo la formula; ciò che t ra¬ zionale è reale,
e ciò che è reale è ramo naie (vedi razionale). _ Panpsichismo (gr. Ttav =
tutte, e .S.jyr, = anima; tutto ò anima) V'tos.)- dottrina alquanto vaga,
seoondola quale tutto è animato in divorai grad e fornito d'un'attivitè.
analoga alla vita psicologica dell'uomo, comprenden¬ dovi anche i processi incoscienti,.
si la questo nome alla dottrina dogli /to- coisti onci (che però non fanno
:ancom distinzione fra materia e vita), degli Stoici, di Sfingea, di se, eluso.
di Lotze occ., _ Panteismo (gr- iwtv = tutto e uso, Dio; tutto ò Dio) i/ilos.):
ò in generale la dottrina che identifica Dio eoi mon¬ do. c concepisce la
divinità come un principio supremo d’uniftoazione o d vita che fa sentire la
sua azione nello cose tutte o ne costituisce la realtà es- Bezusiale. _ _per
«li Stoici il cosmo e un prmndo organismo vivente, tutto penetrato e animato
dal soffio divino, simboleg¬ giato nel fuoco, cioè da una sostanza eterea.
Impercettibile o intelligente. _per li. Bruno il principio divino dii vita al
tutto, lo ordina e l'u- nillca. C r anima dol inondo. (V. que¬ sto termino).
_per Spinoza, la sostanza. Din, la natura (substant ia sive De un si ve na-
tura) sono termini d'identico valore; però Dio non coincido col mondo cui
pirico, come negli Stoici, uiu lo con¬ tiene in sé (V. panentns.nor. il
pensiero e l'estcnsiono sono due dei suol muniti attributi c tutte lo cose
particolari (l modi) sono determinazioni provvisorio di quegli attributi. ....
Parallelismo psicofisico (pstool.). teoria psicologica, secondo hi quale la
serio dei processi psichici corrisponde punto per punto, alla serie del
processi fisiologici, noi senso che od ogni reno meno psicologia) corrisponde
un feno¬ meno nervoso (non però viceversa). 1 due fenomeni sono pertanto come
due aspetti dello stessa esperienza; le due serie, psichica o nervoso, scorrono
pa- — "f/OM )'• per Spinoza il corpo e lo spirito (ree ectenia e ree
rag.fan» sono due aspetti diversi ed essenziali dello stesso essere, cioè della
sostanza divina, la serie dei processi corporei e quella dei processi
spirituali si svolgono cia¬ scuna lu so stessa, senza mai inoon trarsi c senza
turbamenti fazioni .re¬ ciproche, e tuttavia runa e l altra s ac¬ cordano
perfettamente, termine per termine, perché la loro emerita 'unica c. come
attributi di Dio. sono Identici a Dio. sono Dio stesso. Cosi svanirebbe
l’opposizione fra corpo o spirito, posta, ma non risolta da Cartesio. _
Paralogismo (dal gr. *°Y ov - contro la ragione) (topica): ò M» ra¬ gionamento
errato che simula 11 vero, un errore logico Involontario. ... _ Kast denomina «
paralogismi della ragione le affermazioni metafisiche dira la sostanzialità. la
scmplteitói e Vunità dell'anima, perché esse don vano dal fatto clic si scambia
il sog¬ getto Intrico (v. somtetto) del pensiero con una sostanza metafisica. „
Particolare (giudizio) (tornea), e aneli in Olii il predicato s'afferma o si
nega d'una parte del soggetto, proso ne la 1 sua estensione-, P. e.: alcuni
uomini sono veramente colti. Parusia (gr. itapouola = presoli», « wb-etui)
(/ilo».): la presenza dello idee nel mondo sensibile (p. e. la pre¬ senza
dell’idea del hello nelle cose bei- le) è uno dei modi pensati da alatone per
chiarire il rapporto fra » mondo intelligihlle 0 quello sensibile (v. me tessi
o mimesi). rf fHvo Passione (psicol.): e uno stato affettivo intenso c persistente,
un'inol nazione che predomina sulle altre inclinazioni „ anche le annulla quasi
confiscando,v suo proli.lo tutta l'attività psico¬ logica; p. e. la passiono
del giuoco, Passività 72 — Percezione -pur gii Stoici è una perturbazione do¬
vuta a un errore ili giudizio, e ut* nello etiiuaro veri beni quelli che tali
non sono. Le passioni fondamentali sono: il piacere (yjSovtj = voluptaa), il
do¬ lore (XÓtt/j = atgritudo), il desiderio (èn&ujjita = libido), il timore
(96^01; = metus). 1 - per Cartesio è un’emoziono, un moto puramente sensibile
che l’anima prova per l’azione del corpo ocheimpe- disco il retto giudizio
intorno allo cose. -per Spinoza ò dovuta allo Idee ina- digitate, alla
conoscenza sensibile, in quanto questa determina l’azione pra¬ tica. Tutto le
passioni rappresentano uifimporteziono, ma non tutte sono asHoiutamonto
cattivo; lo passioni fon¬ damentali sono il desiderio ( cupidità»), il piacere,
11 doloro. -- per Kaxt procedo dalla facoltà di desiderare; ò una tendenza
sensibile, * un delirio che cova un’Idea, s’imprl- me con tenacia sempre
crescente », Im¬ pedendo alla volontà di agire per do¬ veri:, di obbedire alla
legge morale. Passività: è l'ultima dolio dieci cate¬ gorie aristoteliche,
espressu dal verbo Ttadjrtiv (= pati, ricovero passiva¬ mente) (v.
recettività). Patristica (/ibis.): è la dottrina dei Pa¬ dri della Chiesa;
difendo il Cristiane¬ simo contro lo critiche e lo accuse della lilosolia e
della religione antica e con¬ tro le numerose eresio che venivano sorgendo nei
secoli III, IV, V, e si volge all’elaborazione e alla defini¬ zione dei dogmi e
a porre 1 fondamenti d’una filosofia cristiana, attingendo lar¬ gamente al
pensiero greco. Per la Pa¬ tristica la filosofia non ba altro ufficio che di
offrire ni dogma l’ausilio delle sue dottrine, e quindi è al sorvizlo del dogma
cristiano; essa tratta delle que¬ stioni riguardanti la trascendenza di Dio, la
Provvidenza, l'immortalità del¬ l’anima, la finalità dell’universo,la dl-
pendenza dell’uomo dalla divinità. Pedagogia (dal gr. -il' = fanciullo, 0
àyci>YT) = condotta, da ttyzw, lat. du¬ cere : donde educazione): è la
scienza e Varte dell'educazione, cioè della forma¬ zione del fanciullo
considerato nel suo aspetto fisico, intellettuale e morale; perciò come scienza
si fonda sopra una concezione della vita, cioè sopra una fi¬ losofia, c come
arte esige una conoscen¬ za diretta della psicologia del fanciullo e
dell'adolescente c particola ri qualità, neiroduoatore, virtù pratiche, come la
devozione e lo spirito di sacrificio. Pedologia (g r . Trocu; = fanciullo, o X
= pas¬ seggio) {filos.): sono cosi denominati i seguaci della filosofia
aristotelica (che furono numerosi fino al sec. XVIII) dall’abitudine attribuita
ad Aristo¬ tele di tenere una parte delle suo le¬ zioni passeggiando in un giardino
o sotto un portico del Liceo in Atene. Per sé ifilos.): si dice di ciò che
esiste e può essere concepito senza l'aiuto d’altra cosa o di altra idea; p. e.
la sostanza divina, per Spinoza, per se etmcipUur. Persona (lat. persona =
maschere. tea¬ trale, poi carattere rappresentato dalla maschera) (filos.):
tonnine trasmesso a uoi da BOEZIO e dalla Scolast ica : per¬ sona est
rationalis naturar individua substantia (la persona è un essere in¬ dividuale
di natura ragionevole). - Leibniz pone l’essenza della per¬ sona nella
coscienza di s . nella consapevolezza d’un’identità, d’essere sem¬ pre la
stessa nel diversi momenti e mu¬ tamenti dell'esistenza individuale. -Kant
aggiungo che la persona, come essere ragionevole e libero, ò anche re¬
sponsabile, è un essere morale, un f ine in sé, cioè non dovessero mai trattato
corno un semplice mezzo. - In conclusione: la personal un essere cosciente di e
moralmente autonomo. Pessimismo (opposto: ottimisnw) {fi¬ los.): consisto nella
convinzione elio la vita coi suoi dolori, le sue preoccupa¬ zioni e le sue
miserie senza line, è un mole o, anche, cho nell’esistenza la som¬ ma dei mali
è sui>criore alla somma dei beni. >• Noi sentiamo il doloro, dico
Schopenhauer, non l’assenza del do¬ lore, sentiamo la cura uou la sicurezza, la
malattia non la salute: la vita del¬ l’uomo oscilla come un pendolo fra il
dolore e la noia ». Ri conseguenza, come pensa anche la filosofia indiana, lo
sfor¬ zo per liberarsi dal male, o, almeno, per attenuarne il ppso costituisce
la somma saggezza umana. Petizione di principio {Ionica): ò un sofisma che
consisto nell'accogliere corno dimostrato ciò che invece ò da dinio-, strare
{si postula fin da principio, àpX7j$» ciò che si dove appunto dimo¬ strare) ^ e
piti specialmente nel fondale la verità d’un principio sopra una pro¬ posizione
che, per essere vera, ha bi¬ sogno della verità di quel principio (p. e.:
Tanima ò sostanza spirituale, perché ò immortale). Piacere (opposto: dolore)
{psicol.): il pia¬ cere o il dolore, essendo dati immediati della coscienza,
sono indefinibili, sono i due poli estremi e opposti della vita del sentimento,
Secondo ima teoria già ammessa da Aristotele, il piaceli) sarebbe legato ad
ogni atto naturalo e normale della vita e segnerebbe un aumento dell’attività
vitale, tiu con¬ sumo più elevato o più libero dell’ener¬ gia, mentre il doloro
indicherebbe una diminuzione della vitalità, quasi uti grido d’allarme di
fronte ul pericolo; ma tale teoria oggi è in parte contestata. - ( filos .):
per Artstippo di Cirene, il piacere, che è dato dal movimento dolco della
sensazione presente e libera da ogni cura per 1'avvenitc, è il fonda¬ mento c
la misura di ogni bene: que¬ sto ò 11 principio dc.W edonismo. - il piacere
inteso come assenza del dolore, calma dello spirito, è il prin¬ cipio
dell’etica epicurea. - per Aristotele il piacere affina e perfeziona Ratti'vità
anche nei suol gra¬ di più elevati; p. ‘e., la gioia cho accom¬ pagna la musica
è incitamento natu¬ ralo alla creazione musicale., - Houbes, appoggiandosi al
principio materialistico che la sensazione è un movimento del corvello, pensa
che, so questo movimento è favorevole idi'in¬ sieme delle funzioni vitali,
produco 11 piacere, nel caso contrario il dolore: donde duo motivi essenziali
d’azione: la ricerca dei piacere e la tendenza a fuggire il dolore. -- per la
dottrina intellettualistica di Leibniz il piacere è un processo intel¬ lettuale
oscuramente percepito, una «petite, insenslble perceptlon : p. e., il piacere
della musica è dato dall‘ac¬ cordo e dal numero delle vibrazioni sonore
percepito dall'orecchio in ma¬ niera confusa. - per Kant il piacere è iu
diretto rap¬ porto con lo stato favorevole dell’or** Pigra ragione — 71 —
Positivismo gallismo c deli-anima: « Il piacere è un sentimento che stimola in
vita, il do¬ lore Invece le è d’impodimento «. Pigra ragione = v. innova rotto.
Pirronismo (/ ilo *.): i» stretto ile- signa la dottrina scettica di PnrnoNE.
giunta a noi nei frammenti del suo di¬ scepolo TIMONI', in SlLLOOKAFO (sec. I 1
a Cr ) o negli scritti di Sesto Ejiruuco (circa 11 200 d. Cr.); in senso tergo
e sinonimo di soettteismo. di cui Pinone È considerato II fondatore (v.
scrii,n- 877JO ). ., Pleroma (gr. 7uXr 4 pco(j.a. ila TtXTjpoo = riempio)
(filos.): ò per gli amatici (vedi) il complesso degli Koni che escono dal
principio originario, daU’Kone per¬ fetto, cioè dalla divinità (y. Eone).
Pluralismo (opposto: monismo ) (filo».): designa le dottrine che pongono piii
principi! essenziali e distinti per spie¬ gare la composizione dell’universo;
ap¬ partengono, fra gli altri, a questo in¬ dirizzo: _Empedocle, che alla
materia unica del naturalismo ionico sostituisce «quat¬ tro radici di tutte le
cose »: fuoco, ac¬ qua, etere, terra, che sono l’ essere immutabile; il loro
mescolarsi o disgre¬ garsi è dovuto a due forze, l 'amore ioiXÓttk) e la
discordia (veixoc); _gli atomisti, che affermano due prin¬ cipi: Vatomo e il
vuoto; gli atomi sono Infiniti di numero, materiali, della stessa qualità,
eterni ; le cause del loro movi¬ mento sono la gravità e il vuoto (TÒ xcvóv);,
„, - \ v asm agora . nel quale gli elementi dell'universo sono le omeomerie (v.
que¬ sto termine), messe in moto da una materia sottile e impalpabile.
l'Intelli¬ genza (voucj). * cosa infinita, padrona di sé. ocÙTOxpaTéc. che è in
sé e per sé «, la più fine e più pura di tutte le cose ; - Leibniz, pel quale
le vere sostanze costituenti l’universo sono le monadi. tornite di attività o
forza propria, unità spirituali cho sono disposto per gradi, i quali vanno
dalla monade oscura e confusa alla monade delle monadi, a Dio. Pneuma (gr.
7tve0(itx, da irveto - 8 ° r_ Ho. spiro) (/ilo*.): per gli Stoici è la forza
originaria divina che anima il cosmo, un softtn vitale caldo ohe appare in
forme e gradi diversi nel corpi Inor¬ ganici, nelle piante, negli animali; e
nell’uomo appare come ragiono ( AoyOC). conservando sempre la sua unità, giac¬
chi) il grado Inferiore si conserva o opera nei grado supcriore. Pneumatico
(gr. da nvgùlJ.X= alito, sofflo) ir,'Ha. o /ilo*.): usato spesso nel Suor »
Testamento nel senso di spirituale. __, K . r gii Gnostici gli uomini, secondo
Il grado di perfezione spirituale, sono detti ilici (= materiali, da uX’f] =
mate¬ ria), psichici (= esseri animati) c pneu¬ matici (*= originati dallo
spirito). Polidemonismo (dal gr. TtoXu;- mol¬ to e SiUojv = demone) Ir,
■tir/.): cre¬ denza che scorgo in ogni fenomeno naturale il prodotto di entità
spirituali. Pollmatia (gr. ToXu-na&ta = esteso sapere) i/ilos.): è il
procedimento che ERACLITO rimprovera a ITTauora. di dedicarsi a indagini
particolari, alla mi¬ nuta erudizione che impedisco la vi¬ sione diretta e
unitaria del cosmo: iroX'J[.ia{Hx vóov e/mv ou Stòaoxei (rapprender molte cose
non educa 1 in¬ telletto), e cioè: la rieoroa personale è migliore della
tradizioni;. Politeismo (relig.): è la concezione re¬ ligiosa che ammette
l’esistenza di piu divinità personali e distinte. Positivismo Uilos.Y- nel
tempi moderni ne pose il principio Davide Hume; la percezione è la fonte unica
del co¬ noscere; senza di essa non v c idee, n concetto; un a priori, come lo
pensa il razionalismo, è impossibile, c ogni metafisica che oltrepassi
respeiienza deve respingersi. Il nome di positivismo fu introdotto da Augusto
CoMTK, secon¬ do il quale la civiltà e la scienza per¬ corrono tre fa-si ; _ a)
fase teologica, in cui la spiega - | zione dei fenomeni è riferita ad esseri
soprannaturali;, ___ b) fase metafisica, in cui la spiega¬ zione dei fenomeni è
riferita ad entità astratte, forze, sostanze, cause oc¬ culte; . . . *, _ c)
fase positiva, in cui la scienza »» per oggetto la ricerca rigorosa dei fatti e
dello leggi, cioè dei rapporti costanti che col legano i fenomeni osservati
nella loro genuina realta; più in la non * pnù andare e la metafisica si perde
in astrazioni vuote e in vani sogni: la scienza è ricerca di relazioni, di
leggi, è retati ra, ma, permettendo di preve¬ dere gli effetti anche lontani e
di cal¬ colarli, risponde ai bisogni umani, « al servizio del l’uomo. _ dopo il
f’omte 11 positivismo si tra¬ sforma in un atteggiamento dello spi¬ rito ehc ha
soprattutto una tendenza antimotafisica e vuole attenersi alla pura esperienza.
Positivisti ni vano Positivo Predestinazion e senso sono considerati G. STO ART
Mill, K. SPKNCEB, I. TAINE, R. AUOIOÒ, h. Mach ecc., „ .., Positivo (scienza):
è ciò ohe e effettivo, reale, constatato mediante l'esperienza, c anche il
prodotto d'un processo sto¬ rico; p. e. religione positiva, diritto po-
PoEsibii e e possibilità (AtoOj W* senta diverse formo; la possibilità è. __„)
fisica, nuando un fenomeno non contraddice ad alcun fatto o ad alcuna legge
empiricamente stabilita; _ l,) delVesperienza o reale, per Kant è possibile ciò
che «'accorda con le con¬ dizioni formali dell'esperienza, ossia con le forme
dell'Intuizione pura dello spa¬ zio e del tempo, e con le forme dell in¬
telletto, cioè con le categorie; _e) Ionica, quando ciò che e pensato o
affermato non contraddice ai principi della ragione; però dal fatto ohe una
oosa è logicamente possibile, non si può oonoludero alla sua esistenza reale; -
e) metaf isica : per AulSTOTKUJ la ma¬ teria contiene la possibilità di ciò che
nuó attuarsi mediante la forma -,, P- e. un masso di marmo può divenir statua.
Post hòc ergo propter hoc c un sofisma che consiste noli affer¬ mare che un
fatto è causa d un altro fatto solo perché lo precede nel tempo. Postulato er
aki- HTOTELE la materia è l'essere in potenza, l'essere allo stato virtuale,
possili lita che tonde verso la torma, verso 1 es¬ sere determinato (v. atto),
Pragmatismo (gr. rpayiia - azione) ( fiios .): è la dottrina sostenuta in Ame¬
rica da W. James e in Italia da G. 1 A- pini giovane, secondo la quale la co¬
noscenza è uno strumento al servizio dell’attività umana; il valore d un idea è
riposto nell'esperienza e la verità d'uua proposizione dipende dalle con¬ seguenze
che ne derivano, cioè dal fatto che essa è utile, che riesce ad uno Hcopo, dà
soddisfazione, quindi se le conse¬ guenze sono buone, cioè conformi a ciò che
l’uomo si propone, allora 1 asser¬ zione è giustificala, cd é vera, e falsa nel
caso contrario: ossia la verità o la falsità d'un'ldea dipendono dalle sue
applicazioni, sostituendosi in tal modo alla ragione l'esperienza, al sapere I
a- zione. Per esemplo, nella questione se sia vero il materialismo oppure lo
spi¬ ritualismo. la decisione spetta a esa¬ me delle conseguenze: il
miiterialismo. Densa W. James, nei suol ultimi risul¬ tati pratici è desolante,
. cade In un oceano di disillusioni -, mentre lo spi¬ ritualismo, con la sua
“razione d un ordino morale, apre la via alle migliori speranze, -si riferisce
sempre a un mondo di promesse •. _ Prammatici (imperniivi)(«orale), sou per
Kant consigli di saggezza P ratica che contribuiscono alla felicita. Pratico
(gr. irpotxTiwSs da = opero: opposto: teoretico) i/iloa.). la distinzione e
l’opposizione di iwa^co c teoretico risalgono ai Greci. Aristotele attribuisce
all'Intelletto pratico (vou? ™«XTIx6?) l'ufilclo di occuparsi delle cose umane
soggetto al mutamento e legate all'azione, e lo considera subor¬ dinato
all'Intelletto teoretico (vou? &so>pr]Tix6?), che ha per oggettola
conoscenza dell'universo e delle sue lepori eterne. VVT1T r11f . _Cristiano
Wolff nel sec. XM1I dir fonde le espressioni di filosofia teore¬ tica e di
filosofia pratica, attribuendo la superiorità alla prima. __ K!a.nt capovolge
questo rapporto, perché nel dominio dell'attività morale la ragione raggiunge
una P iena aut nomia e apre all'uomo uno spiraglio sopra una verità assoluta
(il regno dei fini, ili cui domina la libertà), mentre l'attività teoretica si
limila alla conoscenza del fenomeni, cioè a una verità relativa, a un mondo in
cui regna la necessità (v. primato della ragion pra- Predestinazlone (reWff.):
è ia dottrina posta in termini rigorosi da 6}. MQ- Predeterminismo Primum anso:
tutto ù già fermo o prodesti- I nato ab aclerno uol giudizio divino; ciò elio
deve accadere accadrà o l’uoino nulla nc può mutare; la sua parto nel mondo è
in ogni punto prestabilita e soltanto la grazia può liberarlo dal male derivato
dal primo peccato. Dopo ia colpa originale lo stato dell’uomo è: non posse non
peccare, mentre la libertà d’Adamo era posse non peccare, e quella dei beati 6
non posse peccare. Perciò la volontà umana nulla può senza la gra¬ zia, e tutto
ciò che l’uomo fa di bene, è Dio che lo fa in luì: potestas nostra ipsc est.
Predeterminismo (filos. e rclig.): ò la dottrina di S. Tomtuaso secondo la qua¬
le gli atti liberi umani non solo sono previsti da Dio ( v. prescienza), ma
sono predeterminati da Dio nella sua prov¬ videnza: ex hoc ipso quod nihil
volun- lati divinae resista ■, seguitar quod non solum fiant ca quac deus cult
fieri, sed quod fiant contingcnter vel necessario quae sic fieri vutt. Quindi
l’uomo è mosso in antecedenza e naturalmente da Dio au agire in questo o quel
modo, Ina la divinità ha predisposto pure che agisca liberamente, ossia la sua
azione c a un tempo necessaria e libera. Kani, opponendo determinismo a
predeterminismo, si chiede: so ogni atto è determinato da cause anteriori, da
fatti passati che non sono più in nostro potere, come può questo conciliarsi con
la libertà, la quale esige che nel mo- mento d’agire l’atto dipenda dal sog¬
getto, cioè sia libero l « Questo è ciò ohe si vuol saperi* e che non si saprà
inni . Predicabile i,r n,,om )• nella dottrina di Kasr eonivale al termine a
priori, cioè Indi¬ pendente dall’esperienza, razionale tper es nelle
espressioni: ragion pura, in- tulzlone pura, concetto puro). Ouadrivlo: nella
Scolastica è la divi¬ sione degli studil superiori costituenti la Facoltà delle
arti-, comprende 1 anl- au lica la geometria, la musica e 1 astro¬ nomia;
mentre il Invia, che lo precede, comprendo hi grammatica, la retorica, la
dialettica. Oualità (psicol.): indica gli aspetti sen- sI bili offerti dalla
percezione d’uu cor¬ no facendo astrazione dalla loro in¬ tensità e quantità: p.
es.: un suono, un colore, un sapore, un profumo; e anche ciò che dà valore o
perfezione ad una cosa, come quando si apprezzano i pregi d’nn’opera d'arto
oppure le vir¬ tù o lo abilità d'una persona. __t logica): è una categoria del
pensiero logico che risponde in Aristotele alla do¬ manda: ttoIo; = gitana?, ed
esprime la maniera d'essere d’un soggetto; p. e.: quest'uomo è bello, è brutto
ccc. Se¬ condo questa categoria fondamentale, 1 giudizi logici sono affermativi
o nega¬ tici, ossia attribuiscono o negano una data qualità a un soggetto.
Qualità primarie e secondarie ■- Job ): già per Democrito e poi per Ga¬ lileo,
Cartesio o Locke sono prima¬ rie le qualità costanti, universali, oggettive,
rispecchianti la realtà nella sua vera natura, come la grandezza, la for¬ imi,
il numero, la posizione, il movi¬ mento: «per veruna immaginazione, dice il
Galilei, posso separare una so¬ stanza corporea da queste condizioni ■ ;
secondane sono invece le qualità accidentali e mutevoli, come sapori, odori,
colori, suoni, che « tengono lor residenza nel corpo, sensitivo, si che,
rimosso l’animale, sono levate e an¬ nichilate tutte queste qualità ■; le quali
sono dunque soggettive. Quantità (in generale 1* si applica a ciò che può
essere misurato ed e- spresso numericamente, e perciò pre¬ senta la possibilità
del piti e del me¬ no, è suscettibile d'aumento e iti di¬ minuzione. __
(logica): b una categoria fondamen¬ tale che per Aristotele risponde alla do¬
manda: jtfjdov - guaritami-, per essa l giudizi, secondo Kant, possono essere
universali, particolari, singolari, sccon- doche 11 soggetto ò preso in tutta
la sua estensione (p. e.: lutti gli uomini sono mortali), o in una parto della
sua ostensione (p. e.: alcuni uomini sono poeti), o nella sua singolarità (p.
o.: quost’nomo è scultore). Quiddità (lat. scolast. guidditas) (lo¬ gica):
risponde alla domanda guid est ? ed esprime l’essenza d'ima cosa, la tor¬ ma
nel senso aristotelico. Quietismo (in generale): b la dottrina che ripone la
quiete e la felicità dell a- nhna nell'allontannrsi dalle coso ilei inondo o
nel ritrarsi nella meditazione Interiore e di Dio. _ 6 la dottrina dello
spagnuolo Michele 1 do Molinos, secondo la quale si può raggiungere la
perfezione e ottenere una quiete assoluta dell'anima mediante un atto di fede e
un assoluto abbandono a Dio, che dispensa dalla necessità di ogni pratica
religiosa e attività morale, e, in generale, ili opero esteriori. Quintessenza:
signitlea dapprima la . quinta essenti» -, il quinto elemento cosmico, l'etere,
considerato il più sot¬ tile e puro; poi l’estratto condensato, essenziale
il’uu corpo, d una dottrina, infine sottigliezze complicate e vane.
Ragionamento (logica): b un'operazio¬ ne dell’intelligenza che si svolge ili
piu momenti, cioè in una serie di preposi¬ zioni collegate fra loro per
giungere a una conclusione che in tutto o in parte è già Implicita in esse.
Ragione (/ ilos.): in generale, è la facoltà naturale di ben giudicare, di
saper di¬ stinguere 11 vero dal false, disporre m una serie coordinata e libera
da con¬ traddizioni idee, giudizi, esperienze, col (ine di raggiungere un
sapere oggettivo e universale, ossia valido per tutte le intelligenze, anche se
poche sono in grado di riconoscerlo, di rifare da sé la via che ha condotto a
tale sapere. _ per Platone la ragione (vou?) e l'attività più elevata
dell’anima, quella cho può rappresentarsi le idee eterne; _. per Aristotele è
ciò che distingue l'uomo dagli altri esseri; _ per s. Tommaso intellect.is e la
ta- eoltà superiore e intuitiva ili conoscere. Razionalo Ragion sufficiente
ratio è In facoltà di conoscere di¬ versiva [nomea rattorti* sumitur ab
inquininone et discussa; hdellrc us no¬ mai sumitvr ab intima penetratimi ver
itati*)* __ „ er SPINo'/.v la. ratio da la conoscenza vera, adeguata,
dell’essere; «appartiene a lla natura della ragione il contemplare le cose non
come contingenti, ma come necessarie * (pr. II, 14); essa ci apprende le cose
sotto un «corto aspetto delle* ternità, sub queula.nl acternitidìs specie; apro
la via alla conoscenza pin alta, I alla « scindili intuitiva -, a veder le cose
sub specie aelernitatis. _ per Kant la ragione in senso largò ò il intasare a
priori, è la Incolta che ci fornisco: a) i principi! o le forme a priori della
conoscenza, che sono le in¬ tuizioni dello spazio c del tempo, le categorie, le
idee; b) i principi! a priori dell'azione, ossia la regola della, mora¬ lità,
la legge morale: nel primo caso è ragione teoretica, nel secondo è ra¬ gione
pratica; o l’una e 1 altra sono indlpondout 1 dall’ospcrienzn. _ In senso ristretto
la ragione è per Kant la facoltà di pensare lo idee allo quali non
corrispondono oggetti nel- l’esperienza, cioè lo idee di Dio, del¬ l'anima, del
mondo. -- iu oppos. a tede rivelata è l'organo della, conoscenza autonoma, a
cui l’uo- ilio giunge con le sole sue forze; cosi l’intende anello ( : A
I.II.KO che scrive. . la Scrittura dovorebbo essere riserbata nell'ultimo
luogo; quello degli effetti naturali ohe o la scusata esperienza ci pone
innanzi a gli occhi o lo necessarie dimostrazioni oi concludono, non deve in
oont-o alcuno c-scr revocato in dub¬ bio por luoghi della Sorittura • (Lett. al
Costelli). È dunque il procedimento naturalo dello spirito umano ncU’ac- quisto
del sapere. ^ Ragion sufficcnte (logica) : u il prin¬ cipio formulato dal
Leibniz, secondo il quale nulla avviene senza ragione o motivo, cioè « nulla
avviene senza che vi sia una causa o ragione determi¬ nante, che possa servire
a render conto a priori perché una cosa csisxc o non esiste, è in un modo
piuttostochò in uu altro », - 8CHopenHAU ek lo rappresenta sotto quattro forme:
- a) ratio estendi, principio dell’essere: ogni parte dello spazio o del tempo
è In relazione con le altre parti, in modo che ciascuna è determinata e
condizio¬ nata dalle altre ; _ b) ratio /fendi, principio del dlvoidro: ogni
nuovo stato (effetto) dev’essere preceduto da un altro (causa); _ c ) ratio
coanoscnuU, principio del conoscere: ogni giudizio che esprime una cognizione
deve avere un fonda¬ mento sufficcnte; _ _,/) ratio spendi, principio dell
agire. ogni atto della volontà dev’essere pre¬ ceduto da un motivo.
Rappresentazione (psicol.); è il n- prescntarsi, 11 riprodursi nella nostra
mente d'uua percezione anteriore, o quindi È affine a\V immagine ed è sog¬
getta a un'elaborazione interiore di¬ pendente dall’azione continua delle al¬
tre rappresentazioni ; perciò si dice che essa ha una sua vita propria, come
rimmagtne. _ Locke denomina rappresentazioni e Idee tutto ciò che è presente
alla men¬ to, ciò elio questa percepisce in sò, o ciò che è oggetto Immediato
della per¬ cezione e del pensiero, mentre HOME distinguo nettamento percezione
e la corrispondento rappresentazione, copia debole o sbiadita della prima.
_pei- Leibniz. è la funzione più impor¬ tante della monade, ò la facoltà di
per¬ cepire e ili ridurre la molteplicità all’u¬ nità (p erceptio nihil aliud
est qiiam inul- torum in uno exprtssum, est rcpracscn- tatio multitudinis in
imitate). Ogni mo¬ nade si rappresenta, eioò percepisce, l'u¬ niverso da un
punto di vista proprio, ohe s'accorda con quello delle altro monadi (v, armonia
prestabilita), f - n percezione ò chiara, quando la conoscenza ohe abbia¬ mo d
uu oggetto ci permette di differen¬ ziarlo dagli altri, oscura nel caso oppo¬
sto; distinta, quando un oggetto ò per¬ cepito o conosciuto nello sue qualità
particolari ed essenziali, contusa noi caso contrario; p. es.: un giardiniere
può avere un'Idea chiara d un iioro, ma non distinta; un botanico ne ha un'idea
chiara c distinta, _ Sc®OPENHAC'EK col suo principio: . il mondo ò la mia rappiesentazione
« esprimo l’essenza' dell» idealismo cono¬ scitivo » (v. idealismo). Razionale
(in generale ): ò ciò che ò con¬ forme alla ragione c al suoi prinelpii, ciò
che da questa trac la sua origine, (p. e. lo categorie kantiane), o ciò che in
esse ha 11 suo fondamento, o quindi non dipende dall’esperienza (p. e. le
matematiche, la meccanica razionale). _ Woijp distingue una cosmologia, una
ontologia, una psicologia c una teo¬ logia razionali, che Kant sottopone ad
RazionalismoRegno dei fini e8 amo crltioo per dimostrare l’impossi¬ bilità e le
contraddizioni d'nna meta¬ fisica razionale (v. ciascuno di quei ter¬ mini).
_per Hi-'.cei. • ciò che è razionale è reale, e ciò che è reale è razionale »,
esprimendo con ciò il fatto elle il con¬ cetto ò l'essenza delle coso (come in
Aristotele le idee sono nelle gose stes¬ se), cho tutta la realtà data
noU’cspe- rienza umana ò accessibile alla.ragione c può essere inquadrata noi
concetti della ragione; cho so vi ò qualche cosa di irrazionale, questa non ha
che un’e¬ sistenza provvisoria. Però tale formula c non serve a giustificare
tutto ciò che avviene, p. es. : un errore di stampa o uno sternuto; ma cho gli
uomini vivano in imo Stato si chiarisce come razio¬ nale », ossia lo Stato è
l’attuarsi, l’in- camarsi d’uu’idea. Razionalismo (opposto: e mpiris mo e
irrazionalismo) (filos.): b la dottrina che, avendo fede assoluta nella
ragione, afferma che la conoscenza della verità si apro non al scuso e
all’esperienza, o alla fede rivelata, ma allo piti alte fun¬ zioni dello spirito,
il quale non ò un recipiente vuoto, una tabula rasq. ma porta in sé e trae
dalla sua interiorità principi!l’attività, idee (p. e. di causa e di sostanza),
che consentono di pene¬ trare nella realtà, considerata razio¬ nale nella sua
essenza, comprenderla, or¬ dinarla, volgerla a beneficio dell'uomo nell’opera
di dominare la natura. Ra¬ zionalisti si possono considerare nel¬ l’antichità
Parmenide, Platone, Ari¬ stotele; Cartesio inizia il razionall- smo moderno,
seguito da Spinoza, Leib¬ niz, Kant, Hegel, eoo. --dai principi costitutivi
della ragione il razionalismo trae un diritto, una morale, uua religione
naturali. Inten¬ dendosi qui per naturale ciò cho ò con¬ cepito e costruito
dalla ragione, quindi opponendosi a diritto positivo (cioè lealmente in
vigore), a morale tradi- stimale, a religione positiva o storica. -Kant, per
dare un fondamento solido alla conoscenza, fonde empiri¬ smo e razionalismo,
distinguendo la materia, cioè il complesso delle impres¬ sioni cho ci giungono
dall’esterno per la via dei sensi, e la /orino, cioè 1 prin¬ cipi! che lo
spirito trae da sé per or¬ dinare la materia. Perciò l’uomo co¬ nosce le cose,
1 fenomeni solo In quanto e nel modo ondo trapassano nelle forme dello spazio e
del tempo e delle caie- \ gorie, cosicché non i concetti si mo¬ dellano sulle
cose, ma le cose sui con¬ cetti, e l’intelletto non attingo le sue leggi dalla
natura, ma gliele impono. Quosta dottrina può definirsi un razio¬ nalismo
critico. Realismo (filos.): in oppos. a nominali¬ smo o a concettualismo è la
dottrina cho nel problema degli universali ammette che le ideo generali hanno
un’esistenza indipendente dolio spirito che le conce¬ pisce e dagli esseri
individuali; si col¬ lega a Platone che pone lo idee fuori del mondo sensibile,
e ad Aristotele che le pone nelle coso stesse. -in opposizione a idealismo si
applica alle dottrino cho ammettono l’esistenza reale d'un mondo esterno, d’un
oggetto indipendente dal soggetto pensante o di natura diversa da esso; vi
appar¬ tengono moltissimi filosofi antichi o moderni. -In estetica esprime la
tendenza arti¬ stica alla riproduzione esatta della real¬ tà naturale e degli
avvenimenti umani ; è sinonimo di naturalismo, che la ri¬ produzione fedele,
integrale o artistica delia natura vorrebbe rivolta anche ad un fine
scientifico. Realtà (filos.): in opposizione a possi¬ bilità o a irrealtà
esprime ciò che è at¬ tualmente esistente, sia sotto forma materiale e
sensibile, sia sotto forma intellettuale o ideale. - in opposizione ad
Apparenza indica ciò ohe veramente è: p. e., un bastone posto di traverso
neU’ncqua corrente sembra spezzato, ma in realtà non ò. - iu opposizione alla
realtà empirica v’è una realtà metafisica, che è al di là dei fenomeni
percepiti dal sensi; è accessibile olla sola ragione o anche ineonosoibilo,
come la cosa in si di Kant. — (logica): realtà è una delle tre cate¬ gorie
kantiane della modalità (realtà, possibilità, necessità ); il giudizio di
realtà enuncia semplicemente un fatto o un rapporto di fatti come effettiva¬
mente esistente (v. modalità). Recettività (dal hit. recipere = acco¬ gliere
passivamente; opposto: attività) (filos.): b la disposiziono a ricevere pas¬
sivamente impressioni e suggestioni dall'esterno. - per Kant la sensibilità è
recettiva, ossia ò la facoltà di ricevere impressioni per la via dei sensi, che
formano la materia del conoscere. Regno dei fini (morale): nell’etica di Kant è
l’idealo di una unione sistema¬ tica degh esseri ragionevoU, per i quali
Regressus in inflnitum è cosa spontanea l’obbodicnza alla lecite morale «li cui
essi stessi sono sii untori: fc il regno della libertà in opposizione al mondo
fenomenico, In cui domina la causalità c, quindi, la necessità. Regressus in
inflnitum (/ito*.): se¬ condo gli Scettici antichi il filosofo dogmatico è
costretto a un regresso ail’iullnlto, cioè a risalire, senza mai fermarsi,
nella serie dei principii, se vuol non lasciare alcuna affermazione
indlmostrata c non porro corno primo principio una proposizione arbitraria o
un’ipotesi elio ha bisogno d'essere di¬ mostrata. Ha il oorrispettivo nel prò-
gressus iti infittitimi (v. questo termine). _per Kant il regressus nella serio
«lei fenomeni dell’universo conduce in il i- definitum, cioè la serie dei
fenomeni è potenzialmente illimitata, non dollnlta. Relativismo (/ito*.): si
applica alle dot¬ trine cho accolgono lo. relatività della conoscenza umana,
limitata ai feno¬ meni c «ile loro relazioni tostanti, ossia olio lauri,
dichiarando che citi cho si pono ai di là di ossi, o è inconoscibile. come
pensa lo Spencer, o non esisteaffatto, come dice C'omte, Relatività (/ito*.): è
il carattere ohe si può attribuire alla conoscenza, di es¬ sere relativa (v.
relativo). Relativo (opposto: assoluto) (/ito*.): è re¬ lativa la conoscenza,
in quanto la si fa dipendere dalla costituzione soggettiva dello spirito umano,
dal rapporto fra il soggetto o l’oggetto e si esclude la possibilità di
cogliere con l'intelletto unii verità assoluta. -la relatività della conoscenza
è so¬ stenuta già dallo Scetticismo greco con Enesidemo, mediante dieci tropi
che ponovano in rilievo la soggettività dello percezioni dovuta alle differenze
fra gli uomini, diversi di corpo, di tempera¬ mento, di anima, dominati da
disposi¬ zioni o condizioni variabili, come la, sa¬ lute, l’età, le malattie;
che percepiscono diversamente socondo le distanze, le po¬ sizioni, la
complessità degli oggetti, la rarità e la frequenza dei fenomeni ecc. -anche
per Kant la conoscenza è re¬ lativa, essendo limitata al fonomeni e ai loro
rapporti, mentre la cosa in sé, che sta dietro ad essi, è inconoscibile. -
un’Importante concezione delia re¬ latività è quella odierna dell’EiNoTBix, che
estende ni movimenti accelerati e alia stessa gravitazione la relatività
ammessa in meccanica: la massa d'uti corpo non è costante, ma varia in fun¬
zione della velocità; non v’è spazio e Religione tempo assoluto, le dimensioni
ilei tarpi sono relative, giacché un corpo, trasci¬ nato in una traslaziono,
subisco una contrazione nel senso del movimento; spazio, tempo, energia sono
fra loro collegati; si Invecchia piti in un Inogo che in un altro. _ vi ù anche
una concezione relativa della attirale : i principi dell’apprezza¬ mento o
della condotta morale dipendono dal carattere, dal grado di civiltà d’un
popolo, dall'iunbionte nslco o so¬ ciale, dalla tradizione eco.; non esi¬ stono
principii morali assoluti. a 31 osò, ai
profeti, e, in maniera completa, in¬ segnate agli uomini dii Cristo e con¬
segnate nelle .Sacre Scritture. Romanticismo (opposto: classicismo,
illuminismo): v un Importante movi¬ mento spirituale Iniziatosi verso la due
del scc. XVIII, che ha un'aziouo rilevante sui filosofi sorti dopo Iva.it
(Fiotti:, Sm maino, Hegel eco.). L'I¬ dea centtale è quella di vita pensata
come forza originarla, immateriale, ir¬ riducibile, incosciente, spontanea, che
rivela una verità piti profonda «li quella offerta dalle • Idee chiare e
distinte ¬ li! Cartesio e dell'Illuminismo; il senti- • mento vi appare più
complesso e più ricco della ragiono astratta, il arnia ò superiore «vile
regole, l 'istinto più forte delle convenzioni, dello istituzioni, dei calcoli
della scienza. T)1 qui le conse¬ guenze: - «) di fronte all'ordine e ai modelli
classici è una rivolta contro lo regole e le convenzioni, un'esaltazione di
tutto le potenze della vita, un’affermazione della rclativitii di tutti gli
ideali o della mutabilità delle Torme estetiche; - b) «'accosta alla natura,
alle intui¬ zioni infallibili d'un istinto collettivo, inventa il genio della
rozza, l'anima dei popoli, pone l’ispirazione e il genio al disopra del sapere
e deìl’abilità tec¬ nica; ai giardini e al parchi ben dise¬ gnati preferisce
ipaesaggi grandiosi e selvaggi, le solitudini (Rousseau); al razionalismo
oppone l’irrasiona- lismo, si stacca dai soggetti e dalle tradizioni classiche
per rivolgersi al Modto Evo, considerato più sponta¬ neo, alla tradizione
cavalleresca, alla cattedrale gotica; ha il gusto e il senso della storia ;
contro l’antistoricismo degli illuministi ò storicistico. s Saggio (gr. 0096? =
sapiente) i/ilos.): l’ideale del saggio è definito, dopo Ari¬ stotele: l’uomo
die incarna la virtù in¬ tesa come sapere, abilità, prudenza, giustizia,
indipendenza dai beili ester¬ ni. Rispondono a questo ideale i Sette saggi,
come anello il « saggio stoico » clic ne attua il tipo morale più alto,
offrendo il modello pratico alla Roma «lei primi due secoli dopo ( ‘risto. La
saggezza non 0 soltanto liberazione dalle passioni o dal l’utilitarismo
volgare, ma anche scienza ed esperienza armonio¬ samente operanti nella vita o
gni ftte da un ideale superiore. Sanzione (diritto e nomile): la sanziono
giuridica, ossia la pena, ó determinata da tre fattori: dallo esigenze della
di¬ fesa sociale; dall'offesa clic il delitto reca al sentiment o «li
giustizia, pel qua¬ le 11 colpevole, partecipe della ragione, è considerato
come persona razionale, trattato come tale o quindi costretto a subordinarsi
alla ragione comune, in¬ fine dall’offesa portata all’ordine mo¬ rale, per cui,
oltre al ripristinnmento deU'ordino giuridico, la pena mira an¬ che ad educare
possibilmente il colpe¬ vole a sentimenti migliori. La sanzione morale, cioè la
riprovazione e il rimorso, è una reazione della Volontà morale Idealo contro la
volontà inoralo Imper¬ fetta, che ha violato la legge morale: il fondamento di
essa va corcato nella responsabilità di noi verso noi stessi (Martinetti).
Scetticismo (gr. ay.irrzrjij.xi = Inve¬ stigo ; opposto: dogmatismo) i/ilos.):
è la dottrina fondata da l'iuuoNi:, se¬ condo la quale la mente umana non può
cogliere verità alcuna intorno alla vera realtà delle cose, ma solo appa¬
renze. Non esiste un criterio di verità che permetta di distinguere le rappre¬
sentazioni vere «la quelle false, donile l’astensione dti ogni giudizio
iZTZoyT,) e l’indifferenza (àSiatpopta). il dubbio Schema Scolastica sistematico
c una tranquillità d’animo Inalterabile (&Tapoc££a). Dapprima, me¬ diante
la disciplina della condotta mo¬ rale, mira alla calma e alla quiete dell’e¬
sistenza, ma alla line diviene anche una disciplina dello spirito scientifico,
gra¬ zie al suo atteggiamento eri-fico e al severo esame cui sottopone le
dottrine filosofiche contemporanee, specialmente Pepicureismo e lo stoicismo.
Schema (gr. cr/-? (i iia = forma, esteriore), figura) (//los.): in generale
indica il di¬ segno, la figura che rappresenta in ma¬ niera semplificata le
linee essenziali d’un oggetto o d’un movimento. -per Kant lo schema
trascendentaleindica una rappresentazione intorme* diaria fra un’intuizione
sensibile (per es. : d’uri dato triangolo) e un concetto (per es.: 11 triangolo
in generale); ed è affine da un lato al concetto puro, in quanto non contiene
nulla d’empirico, e dall’altro lato alle percezioni, e quindi all’ordine
sensibile. Perciò esso per¬ metto di applicare indirettamente agli ; oggetti
dell'esperienza i concetti puri dell’intelletto, cioè lo categorie, che so¬ no
inapplicabili per via diretta. Cosi lo sohema della sostanza, cioè la
rappresen¬ tazione sotto la quale si raccolgono i fenomeni per poter loro
applicare la categoria di sostanza (v. questo termi¬ ne), è il substrato che
permane nel tem¬ po; lo schema della quantità è il nu¬ mero, mediante il quale
la continuità dei fenomeni è distribuita in quantità determinate. Questi schemi
sono creati dall'immaginazione, che ò una facoltà intermediaria fra
l’intelletto o la sensibilità, con essa Kant vuol risolvere l'antico problema
dell’accordo fra le idee, le categorie o le cose; per risol¬ vere il quale
Cartesio era ricorso allaveracità divina, Malebranche alla ri¬ velazione,
Spinoza al parallelismo (per cui l’estensione e il pensiero sono gli attributi
d'un unica sostanza, di quella divina), Leibniz all’armonia prestati• •Scienza:
è un complesso di cognizioni dovute a ricerche metodiche (fondato
sull’esperienza guidata dalla ragione), disposte in un sistema ben coordinato,
suscettibili di dimostrazioue e aventi per oggetto una parte ben definita della
realtà naturale. I suoi strumenti 6ono: l’osservazione diretta dei fenomeni,
l’c- sperimento, l 'induzione, la deduzione. - Galileo apro ima via nuova alla
scienza, sostituendo olla ricerca delle qualità, propria del metodo
aristotelico- scolastlco e ancora presente in Bacone, la ricerca «iella
quantità, esprimibile con formule matematiche; quindi non più forz e qualità
occulte, ma elementi spaziali c numerici. Anche oggi gli a- tomi, gli ioni, gli
elettroni c le loro composizioni quantitativo sono l'og¬ getto dell'indagine
scientifica. —*— L 'aggetto della scienza è duplice, se¬ condo filosofi c
scienziati (BENTHAM, Ampère, Hill, Hegel, Wcndt, ecc.), cioè: la natura o lo
spirito, donde le scienze della natura e le scienze dello spirito (o morali).
Il Windklbanp di¬ vide le scienze In nomotetiche (gr. VÓ(AO£ = legge, e
tU1yjjì.i= pougo), come la chimica o la fisica, che ricercano le leggi secondo
cui si svolgono i fenomeni na¬ turali; o ideografiche (gr. = par¬ ticola^ e
ypàcpstv = scrivere), cioè lo scienze storiche, che studiano gli avve¬ nimenti
passati, considerati nella loro Impronta individuale e non ripetibili.
Scolastica (dal lat. setola, che è l’in- sognamento per eccellenza del Medio
evo, quello della teologia o della filo¬ sofia; scholasticus ò il titolare di
tuie insegnamento) ( /ilos .): ò la filosofia do¬ minante in Europa dal hoc. X
al XIV : le sue tesi fondamentali sono: a) dualismo fra Dio. che è atto puro,
puro spirito, e la creatura, nella quale si mescolano l’atto e la potenza, la
forma e la materia, l'anima o il corpo; b) Dio è persona spirituale, ha creato
il mondo dal nulla e lo trascende ; c) la parola di Dio manifestata nelle Sacre
Scritturo è l'espressione infal¬ libile della verità; quindi, pur mirando a
conciliare ragione e fede, cioè la filo¬ sofia antica, specialmente quella d’A-
ristotele, col dogma cristiano, la Sco¬ lastica afferma che la'ragione non può
andare contro la fede, ma subordinarsi a questa; d) la distinzione flit
soggetto cono¬ scente e oggetto conosciuto, pensato co¬ me reale, indipendente
dal soggetto nella sua esistenza; e) la distinzione fra teologia e filosofia :
la prima ha per oggetto l’ordine soprannaturale in quanto è rivelato dalla parola
di Dio; la seconda inve¬ stiga l’ordine naturalo per mezzo della ragione, ma
accordandosi con la teo¬ logia. - In senso peggiorativo si dice che ima
dottrina si trasforma in una scola¬ stica quando si irrigidisce in formulo
verbali, in distinzioni e divisioni nu¬ merose. sottili e astratte, in tesi im-
Secondarie Simbolo mutabili, o perciò diviene stagnante, in¬ capace di
progredire. Secondarie (qualità) = v. qualità. Sensazione (psicol.): è la piò
semplice modificazione della coscienza, il pro¬ cesso psichico nella sua forma
elemen¬ tare; presenta due aspetti: a) è recettiva, cioè passiva, in quanto è
prodotta da stimoli esterni o Interni; p. o. un raggio di luce, la contrazione
d’un muscolo, che dònno rispettivamen¬ te una sensazione visiva o muscolare:
li) è successivamente attiva, in quanto le impressioni provenienti dagli
stimoli sono elaborate dalla coscienza, nella qualo già si trova ima
molteplicità, d’e¬ lementi psichici, di ricordi, di immagi¬ ni, occ. ; perciò
la sensazione ò il pro¬ dotto dell'analisi e dell’astrazione. Sensibilità
(furimi.): è la facoltà d’aver sensazioni, di conoscere por mezzo doi sensi, o
anche di provare piacere o do¬ lore che accompagnano lo sensazioni; _da Kant la
dottrina della sensibilità, clic ò la capacità di ricovero passiva¬ mente
impressioni da oggetti osterni por la via del scusi, ma ordinate nello forme a
priori dolio spazio c del tempo, è detta estetici i. Sensismo (filos.):
dottrina che consi¬ ste nel far derivare tutto le nostro fa¬ coltà o le nostre
conoscenze dalla seu- suzione ; ò rappresentato dal C ONDII*- i*ao (sec.
XVIII), che dalla sensazione fa derivare la memoria, l’attenzione, il giudizio,
il sentimento, lo volizioni. Si distinguo én\Yempirismo, in quanto questo
ammette duo fonti del conosce¬ re: la sensazione o la riflessione. Senso (
psùvl .): è la facoltà (p. e. la vista, l’udito, il tatto) che mette gli esseri
viventi in rapporto col mondo esterno c dà luogo a una determinata classo di
sensazioni (visivo, uditivo, tattili eoe.). _ (morale): il senso morale
consiste in una facoltà innata dì distinguere in¬ tuitivamente Il bene dal
male, facoltà ohe dove considerarsi parto integrante della natura umana; tale
dottrina è so¬ stenuta per la prima volta dagli inglesi SnAFTEsnniY o
Hvtchkson. Senso comune: comprende un’in¬ sieme indeterminato di opinioni c ili
cognizioni condivise quasi universal¬ mente, che si impongono o por la loro
evidenza o per il loro valore pratico, o anche per l'autorità della tradizione.
- (Jilos.): per Aiustotklk II senso co¬ mune (Jtotvi) crìa&r,oiz) è una
specie di senso interno cho ci dà la coscienza della sensazione o, al tempo
stesso, coor¬ dina I dati offertici dai singoli sensi par¬ ticolari (udito,
vista, ecc.): esso costi¬ tuisco quindi l'unità del soggetto sen¬ ziente di
fronte all'oggotto sentito. _I*a scuola scozzese del senso comune (Reto,
Dcoai.p Stkwaht) ammottesen- za discussione come validi i principi ac¬ colti da
tutti gli uomini, oppure « cosi indispensabili nella condotta della vita elio
il rinunzlarvi equivale a cadorc in numerose assurdità speculativo e pra¬ tiche
»(Roid), e anzitutto afferma l’e¬ sistenza realo dell’oggetto, indipenden¬
temente dall’attività percettiva del sog¬ getto. Il senso oomuno sostituisco la
ragione nella filosofia e,anohe nello ma¬ tematiche. Sentimento (psicol.): In
senso ampio esprime il complesso degli stati allei - Ziri, cioè di tutti quei
processi sogget¬ tivi, interiori, gradevoli o sgradevoli, legati con lo
funzioni vitali e con la psiche dell’Individuo, come le emo¬ zioni, le passioni
ecc. m - in senso piò ristretto è uno stato affettivo stabile, o ancho
un’attitudine costante a provare emozioni, corno il sentimento estetico,
morale, intellet¬ tuale, il qualo ultimo consisto nel pia¬ cere complesso cho
dà l’esercizio dello funzioni intellettuali. Sentimento fondamentale corpo¬
reo: ò l’cspressiono usata dal Rosmini per indicare la cenestesi (vedi).
Sillogismo (gì-, ouXXo^tojxó;, da uoX- Xévw = raccolgo) (lattica): Aristotele,
che ne ha creato la teoria, cosi lo de¬ finisce: ò un ragionamento (Xó-fb?),
nel qualo, posto alcune cose, ohe p. o. « l'uomo ò mortalo ".e 0 Socrate ò
uo¬ mo », un’altra cosa no risulta necessa¬ riamente, che « Socrate è mortalo
», per qu sto solo cho 1 primo sono posto. Consta di tre proposizioni, di cui
Io primo due diconsi premesse ; la terza, implicita in queste, conclusione-, e
com- I prendo tre termini: il maggiore, che ò il concetto più esteso (nel
sillogismo citato: mortale), il minore (Socrate), il medio (uomo), che ò il
ponto di pas¬ saggio. Corrisponde ai noti principi: ciò cho è contenuto nel
genere ò puro contenuto nella specie; e nel linguaggio matematico: tiue
quantità ugnali a una terza sono uguali fra loro. Simbolo = «of¬ fro insieme) ( psicol .): in generale
con¬ siste nell’esistenza di disposizioni iden¬ tiche in due o più individui
della stessa specie o di specie diversa. - nella sua forma più umile è un ac¬
cordo di movimenti, detto sinergia, co¬ me si osserva nel riso o nello
sbadiglio, che si propagano quasi per contagio. - nella sua forma superiore ò
un ac¬ cordo di sentimenti, una sinestesia, un movimento che ci porta verso gli
altri, a gioire della loro presenza, a parteci¬ pare allo loro gioie c alle
loro pene, c alla fine si muta in «unore attivo, che supera i limiti della
nostra co¬ scienza per rivelarci la presenza imme¬ diata d’un’altra coscienza;
scopro va¬ lori (come pensa Max Scholer), men¬ tre l’intelligenza dà solo
rappresenta¬ zioni. - (morale): è il fondamento della mo¬ rale dell’inglese
Adamo Smith: * la fonte della nostra sensibilità per le sof¬ ferenze altrui,
egli dico, è la facoltà di collocarci con 1 ’immaginazione al loro posto,
facoltà ohe ci rende capaci di concepire ciò che essi sentono o d'es¬
serneaffetti »; por essa giudichiamo moralmente delle azioni altrui e delle
nostre. Sincretismo (gr. ouY-xpiJTurpóc» no¬ me derivato daH’unione dei Cretesi
di fronte al nemico, nonostante lo dissen¬ sioni intorno) (in generale):
esprime l'u¬ nione artificiosa, senza critica, di idee o teorie di disparata
origine, nel campo della filosofia come in quello della re¬ ligione. Sinderesi
(forse derivata da auvirrj- pnjai? = sorveglianza, o, per deforma¬ zione, da
vet$Y)el libero consenso degli indivi¬ dui ed è fondato sopra la volontà della
nuiggioranzu, espressa mediante 1 rap¬ presentanti del popolo, donde lo Stato
liberale rappresentativo coi suoi tre poteri ben distinti: legislativo, giudi¬
ziario, esecutivo, quale traeeorà più tardi Montesquieu - por Rousseau lo stato
sorge pure dallo stato di natura per un contratto pel quale l’individuo,
naturalmente buono, trasferisce il buo diritto al po¬ polo, riunito in
assemblea, la cui sovra¬ nità è assoluta c inalienabile; la - volontà generale,
manìfestantesi nelle decisioni della maggioranza o nel potere legislativo, che
è il potere supremo, implica la volontà di tutti gli individui. Di qui il
governo democratico. Stato etico (filos.) : per Hegel lo Stato è Tincarnazione
suprema della moralità, l’attuazione delle Idee morali, lo spirito del popolo
divenuto visibtlo; perciò il suo fine non è di assicurare la libertà
individuale, la sicurezza, la pro¬ prietà dei singoli, giacché l’individuo non
ha obbiettività, verità, moralità se non in quanto è parte dello Stato, e la
vera volontà dell’individuo (la qua¬ le ò pensiero attuautesi nella realtà) è
volontà razionale, quindi ani versale o, alla fine, identica alla volontà dello
Stato: la rappresentanza del popolo non deve ingerirsi negli affari dello
Stato, ma solo eccitare il governo a rendere pubblica ragiono dei suoi atti,
elevan¬ done cosi la vita a un grado di coscienza Stoicismo — 91 Superuomo
sempre più alto. Questa dottrina del- l’Hegcl è l'affermazione dell’onnipo¬
tenza dello Stato. ■ Stoicismo (/ iloa .): dottrina della Scuola filosofica
fondata da Zenone di Cizio, elio fu aperta in Ateno nel ITI scc. a. Cr. nello
Stoa Pecilo (portico ornato delle pitture di Poiignoto) od ebbe cinque secoli
di vita e duo periodi, quello preco o quello minano (con Seneca, M. Aurelio,
Kpittcto): professò un pan¬ teismo secondo il quale 11 mondo è animato da una
forza immanente, la ragionecosmica simboleggiata nel luoco, della quale l'anima
ù una particella. 11 lino supremo della condotta umana è per essa l 'avalla,
che si raggiungo con la virtù, cioè liberandosi dallo pas¬ sioni, obbedendo
alle leggi inflessibili, ma ottime, con le quali la divinità reg¬ go 11 mondo.
Storicismo (/flottitela tendenza a con¬ siderale un oggetto della conoscenza
come il prodotto d’uu’cvoluzione sto¬ rica; ha un duplice aspetto: . d) in
opposizione all' filmai mano, considera 1 prodotti spirituali non co¬ me
l'effetto della ragiono, concoplta uguale dovunque e costante, ma corno Il
risultato Ionio d'uno sviluppo storico, durante il qualo 1 caratteri essenziali
si conservano, mentre quelli acciden¬ tali cadono ; -— i>) In opposizione al
naturalismo meccanico, considera e interpreta il tutto come una manifestazione
dello spirito umano nel suo svolgimento storico : cosi per Heokl la storia ò lo
sviluppo suc¬ cessivo della ragione c l'essenza di quosta appare o si do finisce
eoi ca¬ ratteri che sorgono in tale evoluzione idealo; l'essenza della
filosofia è quin¬ di da rioeroursì nella storia della filo¬ sofia. Subcosciente
tpsicol.): si dice del pro¬ cessi psichici debolmente e oscura¬ mento
percepiti. Per primo il Leibniz ammise esservi nell’attività psicologica «
petites insensiblcs perceptions - che, riunite e fuse Insieme, possono pro¬
durre una percezione chiara; p. e. il rumore d’un’ondata marina è dato da un
numero incalcolabile di rumori infini¬ tamente piccoli, non percettibili sepa¬
ratamente. S’usa anche come sinonimo d 'incosciente. Sublime (estetica): è il
sentimento pro¬ dotto nell'animo dalla visione diretta o dall'idea vivamente
rappresentata della potenza.naturale n della grandezza mo¬ rale e
intellettuale. -- Kant distingue: a) 11 sublime matematico, provocato dalla
visiono o intuizione d'una gran¬ dezza assoluta nel senso dell’estensio¬ ne; p.
e. la vista dell’oceano immenso, l’idea dell'immensità degli spazi cc- lesti;
i) Il sublime tlinamico, dovuto alla visiono della potenza non disgiunta dal
senso di sicurezza dello.spettatore: p. c. la vista d'un vulcano jn eruzione,
dell'oceano in tempesta. Questi spetta¬ coli » elevano le forzo dell’anima
sopra la loro ordinaria mediocrità c disco¬ prono in noi un potere di resistenza
che ci dà il coraggio di misurarci con l'apparento onnipotenza della natura. Il
sublimo quindi non è nelle coso, ma nel nostro spirito, ci eleva al disopra
della natura che è In noi, o di quella che è fuori di noi . Sufismo (relig.): è
una dottrina, dovuta a ispirazione neo-platonica c seguita da una setta mistica
mussulmana: Dio è il beno assoluto, l'essere puro, la bel¬ lezza eterna,
1'unica o vera realtà, men¬ tre il mondo del fenomeni è un semplice riflesso
della divinità, non essere, puro fantasma. Una vita spirituale rigida¬ mente
ascetica, la stretta osservanza dei precetti sacri sono la condizione
necessaria per raggiungere il fine supremo proposto da questa dottrina all
uomo. l'annientamento in Dio. Suggestione (psieol.): nel significato più
generale f> l'evocazione, il suggerimento d’un’ideu o d’un sentimento cho
qualcuno esercita, volontariamente o no, sulla coscienza d’un altro Individuo o
ambe di se stesso (autosuggestione), e che agisce, senza trovare resistenza,
sulla condotta e sul modo di pensare di questo. È comune nella vita so¬ ciale.
_ La suggestione ipnotica consiste in un comando cui il soggetto obbedisco
senza riflettere, senza cho II suo con¬ senso intervenga: per una specie
«Vautn- matismo irresistibile, egli compie tutto ciò elio gli viene suggerito,
subisce, il¬ lusioni, allucinazioni, iperestesie, ane¬ stesie dei sensi ccc.
Superuomo: termine usato da Goethe nel Faust o reso popolare da Nietzsche ; è
la concezione idealo d’un tipo futuro di personalità superiore, d'una specie
li¬ tuana meglio dotata di quella attuale. nell’umanità deve apparire tuia
specie più forte, un tipo superiore, che abbia all re condizioni, per creare c
conservare, clic rurnno medio Tn una prima con- Sussunzione Tempo codone U
superuomo era per Nietzsche il gonio che s’innalza sulla folla e la domina.
Sussunzione (dal lat. subsumcre = su¬ bordinare; gr. u 7 c 6 X 7 )^/i£)
{Ionica): è una forma di ragionamento che consiste nel pensare un individuo
come com¬ preso in una specie, o una specie in un genere, o un fatto come
l'applica¬ zione d’una leggo. .-per Aristotele il unionismo di sus¬ sunzione è
il solo perfetto ; in esso il ter¬ mine medio è soggetto nella premessa
maggiore e predicato nella minore; p. e: « l’uomo è mortale, Socrate è uomo;
quindi Socrate è mortale ». T Tabula rasa {film.): a una tavoletta di cera su
cui nuda è scritto viene para¬ gonata daU’empirtono l’anima umana, la quale nel
suo nascere non ha ideo o cognizioni innate. L’espressione si trova nel De
anima d "Aristotele: &rsT:tp èv Ypa[xu.o!T£t(p té \j.r,Sh ùitxpxsi
y£vpx'j.;j.£VOv {sirut tabula rasa in qua nihil est scriptum, traduce 8.
Tommaso). Teismo (/ilo*.): si applica alle dottrine ohe ammettono un Dio
personale, tra¬ scendente, creatore del mondo; 6 pro¬ prio del Giudaismo, dcllTsliunismo
e, più particolarmente, del Cristianesimo. Teleologia (dal gr- t£Xo; = fine e
Xóyo? — discorso: scienza dei fini) (/iios.): dot¬ trina che ammetto una specie
di ragione cosmica o un essere supremo ohe agisca per cause finali, cioè per
l’attuazione di determinati fini nel mon¬ do e negli esseri. È iniziata da
Anassa¬ gora, sviluppata da Platone, da Ari¬ stotele, dagli Stoici ccc. - per
Kant la vita della nat uni, pur essendo soggetta al principio di causa e a
leggi meccaniche, rivela tuttavia un’arte tutta interiore, grazio alla quale
essa si organizza, produco esseri orga¬ nizzati o viventi, che possono essere
detti fini della natura. Però l’ammet¬ tere questi fini non ha il valore di un
principio costitutivo, ma solo regolati- vo, cioè «esprime la regola senza la
quale l’organizzazione della natura sa¬ rebbe inesplicabile per la nost ra
intelli¬ genza ». Temperamento (gr. xpaot? = mesco¬ lanza; trad. lat.
temperamentum)- (psi- cof.): dalla mescolanza dei vari umori del corpo {sanane,
bile, atrabile, linfa) e dai predominare d’uno di essi i Greci dedussero la
distinzione dei quattro temperamenti (sanguigno, bilioso o collerico,
melanconico, linfatico), distin¬ zione che tuttora si conserva. II tem¬
peramento lia il suo fondamento nella vita fisiologica, specialmente nel siste¬
ma nervoso, consideralo in relazione con l’attività psicologica; è ereditario.
Tempo ( filo ».): vi sono due principali concezioni del tempo : realistica o
oggettiva, die ci ò data nella sua forma tipica da Newton per cui il tempo lia
esistenza reale, asso¬ luta, senza relaziono con le coso ester¬ ne, o scorre in
so stesso in maniera uniformo per sua propria natura, seuzu rapporto col
mutamento. È bensì vero che !a divisione umana del tempo in ore, giorni, mesi,
anni è relativa; perù tale relatività diponde dalia mancanza d’un movimento
uniforme atto u misu¬ rare il tempo in modo preciso e noti contraddice al
carattere assoluto ili questo. (La relatività della misura uma¬ na del tempo è
sostenuta duo secoli dopo da E. Poincaré, fondandosi sul fatto che tale misura
si compie sulla durata dell’anno solare, la quale ò variabile; la nostra misura
del tempo è soltanto comoda, utile por le usigenzo umane, non vera e assoluta).
- idealistica e soggettiva: preannunziata da Leibniz, pel qualo il tempo
esprimo l'ordine di successione dello nostre percezioni, appare nel suo
carattere più spiccato in Kant: il tempo è intuizione pura, la forma a priori
dei fenomeni del senso interno, cioè dei processi psichici, la condizione
necessaria e universale dello nostro percezioni; quindi è soggettivo, in quanto
è un’attività dello spirito umano, ma è al tempo stesso oggettivo. In quanto è
condizione d'ogni possibile esperienza. - secondo Aristotele a noi è dato solo
il tempo itrescnle, perchè 11 passato non 6 più c il future non ò ancora;
quindi il presente è il limite fra 11 passato o il futuro; fra tempo e
movimento esiste un rapporto, in quanto il primo è la misura numerica del
secondo e contiene in sé distinzioni e divisioni che possono essere calcolate o
sommate. Agostino, pur affermando che Dio ha creato il tempo, e con ciò attri¬
buendo valore oggettivo al tempo, però quando lo considera nel suo aspetto
umano e psicologico, lo interiorizza, 10 pensa come soggettivo, lo definisce
una distenmo animar, per la quale tutto 11 tempo è presente, giacché il passato
Teodicea — Teosofia ò presente nella memoria, li futuro nel¬ l’aspettazione,
mentre l’attenzione ci dà la coscienza del momento presente (v. durata).
Teodicea (gr. = dioc 8t*/.aia= cose giuste) (/ ilos .): tonnine coniato da
Leibniz per indicale quella parte della teologia naturale che tratta della giu¬
stizia di Dio, ossia mira a giustificare j la presenza del malo nel mondo e a
conciliarla con la bontà divina, o ad ac¬ cordare inoltre la libertà umana con*
la realtà della provvidenza e pre-scienza di Dio. Per estensione com¬ prende la
trattazione. dell’esistenza e degli attributi della divinità. Quindi, se il
nome è recente, l’argomento è og¬ getto di studio fin dall’antichità greca
(Platone, Aristotele, Stoici ecc.). Teofania (dal gr. 9 -eó; = dio c «patveiv
ss apparire) ( filos. c relig.): ò il mani¬ festarsi della divinità, sia in
maniera diretta, sia, in un significato più esteso, indirettamente nelle sue
opero o nel¬ l’universo. Teologali (virtù): v. virtù.'reologia (gr. dio e \ 6
yo$ = di¬ scorso) ( relig . e filos.): è la dottrina che ha per oggetto la
divinità, i suoi attributi, i suoi rapporti con l’universo e l’uomo. -la
teologia rivelata o sacra s’appella. nella sua trattazione, solo alla parola di
Dio rivelata nelle Sacre Scritture o ai dogmi. - la teologia razionale
sottopone l’oggetto della fede all’esame critico della ragiono. Teoria (gr.
-ilstopCa = investigazione intellettuale, scienza) (filos.): in oppo¬ sizione a
prativa, designa la ricerca pura, disinteressata, indipendente dalle
applicazioni pratiche, non solo nella filosofia, ma anche nelle scienze, come
la fisica c la chimica. in opposizione a sapere volgare esprime la trattazione
metodica, sistematica, conforme a determinati principi, o anche appoggiamosi a
ipotesi scientifiche. - nel significato (li contemplazione, vedi questo
termine. Teoria biologica della conoscenza (filos.): è la dottrina che fa
derivare l’impulso al conoscere dalla vita, intesa nel suo significato biologico,
fondandosi sopra l’ipotesi che lo spirito umano sia soltanto un’efllorescenza,
una su¬ blimazione, un prolungamento della vita: perciò la conoscenza risponde
alle necessità prime e fondamentali doll’esi¬ stenza; la conoscenza, dapprima
con¬ fusa e soggettiva, conio nell’te/w/o, si va facendo più cosciente e
cliiara, toc¬ cando lo suo torme più elevate nella scienza c nella filosofia.
Teoria della conoscenza (filos.): ò la dottrina cho serve da introduzione alla
filosofia e rivolge l’attenzione non sull’oggetto conosciuto, ma sullo stesso
soggetto in guanto conosce, sullo spirito umano nella funzione del conoscere;
in altre parole, è il ripiegarsi della mente sopra se stessa per indagare il
potere che essa ha di conoscere. È stata concepita con chiarezza da Locke e,
ancor più profondamente, da ICant, che mira con la sua Critica della ragion
pura a ricercare le fonti, i limiti, il valore della facoltà conoscitiva
deiruomo. Hegel nega la possibilità
d’una teoria della conoscenza, affermando cho ò Impresa chimerica voler fissare
1 li¬ miti della ragione, anzitutto perché una ragione limitata non è più una
ragione; in secondo luogo perché la ra¬ gione soltanto può far la critica della
ragloue e, se questa riconosce e definisce i propri! limiti, con ciò non fa
altro che oltrepassarli, dal momento che la conoscenza del limite implica
necessa¬ riamente la conoscenza di ciò che sta al di là del limite. Teoria
economica della conoscenza (filos.): designa la dottrina cho, per comprendere
il legame tra i fenomeni, rinunzia al principio di causa e si vale soltanto
dell'idea di funzione (si vegga questo termine), riducendo a una pura
convenzione la differenza tra fenomeno fisico o fenomeno psichico. Ufficio es¬
senziale della conoscenza ò soltanto di descrivere 1 fenomeni e i loro rap¬
porti funzionali nel modo più sem¬ plice e con la maggior possibile econo¬ mia,
riducendo una lunga serie di espe¬ rienze a una formula abbretriata, cho
risparmi! ulteriori esperienze, dispensi da ràgionamentì o eolcol 1 ?omplicatÌ,
e riduca la trattazione dei fatti alla più semplice descrizione. È
rappresentata da H. Avenarius (v. empiriocri- licismo ), dal fisico Mach e
dalla Scuola di Vienna: ha tendenza anti- metafisica. Teosofia (gr. fi-sóc =
dio e 009£a = saggezza): si può dire una metafisica religiosa, in cui entrano
clementi di varia natura e di diversa provenienza. L’idea-comune alle varie
dottrine teo¬ sofiche è di giungere alla conoscenza di Dio e delle cose divine
mediante l'ap- Termini — 94 Tradizionalismo profondiment o della vita interiore
e ob¬ bedendo al precetto mistico clic « rientrare In sé j equivale ad «
elevarsi a Dio: in hurnano animo idem est mini¬ mum quoti intimimi : nell’anima
ciò che vi è di più alto e di più profondo coin¬ cidono (Riccardo di S.
Vittore). Que¬ sto procedimento rivela forze spirituali che si sottraggono alla
volontà umana o diurno luogo alla saggezza, alla calma e serenità interiore.
Una credenza teo¬ sofica caratteristica è l'evoluzione del¬ l'anima attraverso
la catena dello esi¬ stenze, la dottrina della reincarnazione. I ermini del
sillogismo = v. sillogismo. Terminismo (filos.): è il nome dato al nominalismo
di Guglielmo d’Occam, pel quale ogni cosa reale ò individualo (quaclibet res co
ipso quoti est, est haec rcs) e sono vere lo proposizioni quando si riducono a
termini, cioè ad espressioni vorbali che esprimano esseri in¬ dividuali. Terzo
escluso (principio del) (logica) : afferma che di due proposizioni con¬
traddittorie se l’una è vera, l'altra ò necessariamente falsa; una terza proposizione
non ò possibile. È stato formulato da Aristotele. Iesi £48-1600). anima del
mondo, antropocentrismo, coineklentia oppositorum, in¬ dividuo, intelletto,
monade, monadismo, panteismo, principio, umanesimo. Buchnkr: materialismo. Bit
RH) A no: Buridano (asini» .n- ). CAMPANELLA: conosci te stesso, pri nudità. CANTONI:
neo-kantismo t 'arnkadk: Accademia, ignava ratio, progressus in intìnitum,
relativo. Cartesio: auCoscienza, autorità, bene, buon senso, cartesianismo,
cogito, conosci te stesso, corpo, creazione continua¬ ta, criterio, deduzione,
Dio, dualismo, dui», bio, errore, essenza, estensione, esterno (mondo),
formale, gianduia pineali?, idea, illumi¬ nismo, immediato, innato, legge, lume
natu¬ rale, materia, oggettivo, ontologica (prova), parallelismo, passione,
percezione, qualità primarie, schema, sostnnzialismo, spazio, spiriti animali,
spiritualismo. CICERONE: anticipazione, aporia, catalettica, cosmopolitismo,
eclettismo, etica, neo-pitagorismo. Comtk: discontinuo, filosofia della storia,
positivismo, relativismo, sociologia. COXPTLLAO: sensismo. Condorcet:
progresso. ( Vij’krnico: antropocentrismo. Cousin: eclettismo. CROCE: bello,
neo-hege Usino. Cesano: alterità, coincidentia oppositorum, doeta ignorantia,
emanazione, explicatio, individuo, macrocosmo. Darwin: darwinismo. De Bonald:
tradizionalismo. Democrito: analisi, anima, atomo, essere, filosofia, infinito,
materiali¬ smo, meccanico, monadismo, nulla, qualità primarie, spazio. Dkstutt
de Tràcy: ideologia. Dilthey: comprendere. Dubois-Reymond: ignorabimus. Dugàld
Stewart: senso comune Duns Scoto: anima, eeceità, individuazione, volontarismo.
Einstein, relativo. Empedocle da GIRGENTI: amore, elemento, infinito,
pluralismo. ENEsrDEMO: relativo, tropi. Epicurei: anima, anticipazione,
edonismo, empirismo, errore, etica, piacere. Epicuro: atarassia, atomo,
beatitudine, canonica, dinamen, dualismo, idoli, intermuncU, spontaneo,
utilitarismo. Epitteto: stoicismo. Eracuto: anima, attua¬ lismo, coincidentia
oppositorum, conosci te stesso, divenire, logos, polipiatin. Esiodo: etica.
Euckkn: astrazione, attivismo. Euhemkro (IN’ sec. a. Cr.): ovemerismo. Fechner:
legge di K., jwico- fiaica. Feuerbach: umanismo. Fichte: antitesi, esterno
(mondo), idealismo, immaginazione, io, moralismo, romanticismo. Stato,
volontarismo. FICINO: Accademia, neo-platonismo. Filone: logos. Focilide:
gnomica. Freud: psicanalisi. Galileo: antropocentriamo, autorità, causa,
compositivo, empirico, epagoge, esperienza, esperimento esterno (mondo),
filosofia naturale, induzione, legge, numero, qualità primarie, ragione,
risolutivo, scienza. Gall: frenologia. GENTILE: atto puro, attualismo,
autoetwi, idealismo attuale, neo-hegelismo. Geulinx: cartesianismo, cause
occasionali. Gilsox:’ illuminazione. GIOBERTI: creazione, dualità, ente,
esistenza, formula ideale, intuito, me- tessi, ontologismo. Giustino:
apologetica. Gnostici: gnosi, intuizione, pleroma, non essere. Goethe: analisi,
superuomo, umanesimo, volontarismo. Haeckiu: biogenetico. Hamilton: intuizionismo.
IXartley): associazionismo. Hartmann: incosciente. Harvrt: anima. Hegel:
acosinismo, antitesi, at¬ tualismo, conosci te stesso, contraddizione,
dialettica, Dio, essere, esterno (mondo), evoluzione, fenomenologia, filosofia
della storia, idea, idealismo, intellettualismo, io, liberti politica, non
essere, ontologica (prova), ottimismo, panlogismo, rappresentazione, razionale,
razionalismo, religione, romanticismo. Stato otico, storicismo, teoria della
conoscenza, tesi, volontà. Heidegger: angoscia. Helmuoltz: proiezione. Herbart:
appercezione, pluralismo, volontà. Herder: umanesimo. Hobbes: contrattualismo,
illuminismo, piacere. Stato. Humboldt: coltura. Hume: abitudine, analisi,
associazione delle idee, associazionismo, corpo, credenza, empirismo, osterno
(mondo), fenomenismo, idea, impressione, positivismo, religione, soggettivo.
Husserl: eidetico, fenomenologia. Hutciieson: senso morale. Huxley:
agnosticismo. Hyde: dualismo. James: emozione, pragmatismo, volontà di crederà
Janssen: giansenismo. Kant: analisi, analitica, antinomia, antitesi,
antropologia, a posteriori, appercezione, apriorismo, assoluto, autocoscienza,
autonomia, bello, bene, carattere, categorie, conosci te stesso, cosa in sé,
cose e persone, coscienza trasccnd.. cosmologia razionale, credenza, oritiea,
criticismo, deduzione trascend-, dialettica, dignità, Dio, dogmatismo, dovere,
dualismo, empirico, epigenesi, esperienza, esperienza possibile esterno
(mondo), estetica, etica, fenomeno, filosofia, line in sé, forma, generatio
spontanea, giustizia, idea, identità, illusione metalisica, immaginazione,
immanente, immortalltà. imperativo. individualismo, innato, in sé,
intelligibile, intendimento, intenzione, intuizione, legalità, legge, libertà,
limitativi, metafisica. modalità, natura, neokantismo, noumeno, oggettivo,
oggetto, ontologia, ontolo¬ gica (prova), |iaralogiamo, passione, pensiero,
persona, piacere, [inssibile, pratico, predeterminismo, primato, progresso,
psicologia razionale, ragione, razionalismo, recettività, regno dei tini,
regressus, relativo, romanticismo, schema, sensibilità, sintesi, soggettivo,
soggetto, sostanza, spazio. Stato, sublime, tempo, teoria della conoscenza,
trn- noendontale, trascendente, volontà, volontà buona, volontarismo.
Kirkegaard: angoscia. Ivlaues (vivente): anima. Krause: panenteismo. Lachelier:
cause finali, i riduzione. 1. A lande (vivente): logistica. Lamennais:
tradizionalismo. Laplace: meccanica. Leibniz: antitipla, appercezione,
appetizione, armonia prestabilita, atto puro, bene, contraddizione, Dio,
energia, entelechia, idealismo, identità, illuminismo, incosciente,
individuazione, individuo, infinito, innato, intellettualismo, male, materia,
monade, monadismo, monismo, ontologica (prova), ottimismo, percezione, pesona,
piacere, pluralismo, ragion sufficente, rappresentazione, schema,
sostanzialismo, spazio, spiritualismo, spontaneo, subcosciente, tempo,
teodicea. Leonardo da VINCI: filosofia naturale. Lessino: umanesimo. Locke:
analisi, astrazione, contrattualismo, empirismo, esperienza, esterno (mondo),
ideo, modo, qualità primarie, rap¬ presentazione, ritleesione, spazio, Stato,
teo¬ ria della conoscenza, tolleranza. Lotze: panpsichismo, valori (filosofia
dei). LUCREZIO: elmamen, internimi- d ;, progresso. M,|M 1018V fenomenismo,
induzione, Uacii u . ft Bell» con»- poHÌtivfeino, icona t .ri-,)- «gostinismo,
cor- Malebranche -e: etica, gnomica. Spencer: agnosticismo, altruismo, a
posteriori, associar. One dello idee, associazionismo, evoluzione,
inconoscibile, libertà, omogeneo, relativismo, sociologia. Specsippo: Accademia.
Spinoza: acosmismo, adeguato, amore, animo del mondo, assioma, attribu- to,
beatitudine, bene, cartesianismo, causo sui, cor[x>, determinazione,
determinismo, Dio, ente, orrore, esistenza, essenza, esten- sione, esterno
(mondo), immaginazione, ini- manente, in sé, intelletto, intelligenza, Intel-
ligibilc, monismo, necessario, panenteismo, panpsichismo, panteismo,
parallelismo, passione, per sé, ragione, razionalismo, schema, sostanzialismo,
spazio. Staiil: animismo. Stoici: adialora, uuima, anima del mondo,
anticipazione, apatia, ascetismo, asoroatieo, assenso, atarassia, autarchia,
beatitudine, catalettica, cosmopolitismo, empirismo, esperienza, etica, filosofia,
ignava ratio, indifferenza, legge, logos, macrocosmo, male, nihil est in
intelleotu, ottimismo, panpsi¬ chismo, panteismo, passione, religione, ritorno
eterno, saggio, spirito, stoicismo, teleologia, teodicea, virtù. Stuart Mill:
altruismo, associazionismo, concordanza, differenza, edonismo, etica,
induzione, positivismo, residui, variazioni. Tainb: analisi, associazionismo,
positivismo. Talete: filosofia, uno. TempieR: Averroismo. Teognidf. : etica,
gnomica. TertulUANO: allegorica, traducianismo. Timone: pirronismo. TOCCO:
monismo, neo-kantismo, AQUINO: analogia, anima, a posteriori, a priori,
contingente, contmgentia mundi, cosmologica (prova), creazione, determinismo
teologico. Dio. forma, idea, immanenza, individuazione, intelligenza, ipostasi,
metafisica, movimento, neo-scolastica, neo-tomismo, ontologica (prova), prc-
determinismo, ragione, sinderesi, spiritua¬ lismo, Stato, tabula rasa, tomismo,
univo- co, volontarismo. Tonnies: sociologia. Vaihinoer: come se, iinziouc.
Valentino (II sec.): coni, gnosi. Valkby: identità. Vauhmioli: demone. VICO:
corsi e ricorsi, degnila, filosofia della storia, legge, provvidenza, verità.
Vittorini: mistica, teosofia. Voltaire: ottimismo. Winuelband: scienza, valori.
Wolff: pratico, psicologia razionale, razionale. Wundt: metafisico, normativo,
psicologismo, scienza, volontarismo. Zenone Ozici: stoicismo. Zenone Eleatico:
antinomia, dialettica. z za jr'srs' PRINCIPI DI LOGICA, LIVORNO, GIUSTI, Livorno,
Tipografia di Raffaello Giusti. Una tendenza naturale e in¬
vincibile dello spirito umano in ogni momento della sua storia e del suo
sviluppo lo spinge a conoscere e a spiegare i fenomeni che cadono sotto i
sensi; un tale bisogno s’ap¬ plica dapprima alle cose che hanno o
sembrano avere un’uti¬ lità pratica e sono favorevoli alla conservazione
e al mi¬ glioramento dell’esistenza ; più tardi, quando la lotta
per la vita è divenuta meno aspra, la curiosità e la ricerca si
l’anno a mano a mano disinteressate e sono coltivate per sè stesse, senza
mirare in modo esclusivo alle necessità pra¬ tiche. Sorge allora il sapere
scientifico, si formano lentamente le singole scienze e la filosofia, le
quali si possono ben con¬ siderare come il prodotto più elevato e più
pregevole dell’ in¬ telletto umano, del quale mettono in chiara luce
tutta la mirabile potenza. Qualunque scienza oggi si consideri,
si possono in essa distinguere duo cose : la materia ossia Voggetto
studiato ; la forma ossia l’insieme delle operazioni che la mente
nostra compie e dei procedimenti che adopera per conseguire la
scienza di quell’oggetto e per giungere alla conoscenza vera delle cose.
Valga a chiarire tale distinzione l’esempio della psicologia sperimentale
: la materia di questa scienza è co¬ stituita da fatti psichici, cioè da
quei fatti che ognuno può constatare nella propria coscienza come
sensazioni, perce¬ zioni, idee, sentimenti, desideri, volizioni ; ma per
ottenere la conoscenza scientifica della materia psicologica
occorrono svariate operazioni tra loro strettamente connesse.
Innanzi tutto è necessario formarsi un concetto ben chiaro del
fatto psichico, determinando con precisione i caratteri che gli
sono propri e che lo distinguono dagli altri fatti naturali,
oggetto delle altre scienze; inoltre, poiché i fatti psichici, come
si presentano alla nostra osservazione, mostrano fra loro diffe¬ renze
più o meno spiccate, sorge l’esigenza d’una classifica¬ zione in fatti di
conoscenza, di sensibilità, di volontà, dei quali bisogna poscia ottenere
una descrizione accurata, inda¬ gare le connessioni, ricercare e
stabilire le leggi. In queste ope¬ razioni e in altre simili ad esse, che
prescindono dalla materia e dal contenuto delle varie cognizioni,
consiste l’ufficio della logica, la quale si può quindi definire come
quella parte im¬ portante della filosofia, che ricerca e studia i
principi for¬ mali della conoscenza, ossia, per parlare con maggior
chia¬ rezza, qnellc cond izioni che debbono essere soddisfatte,
affinchè una cognizione, qualunque possa essere il suo contenuto,
si debba considerare come validamente costituita, ben fondata e
vera, non come un semplice caso o una supposizione incon¬ sistente. In
questo modo mentre le altre scienze s’occupano d’oggetti particolari, le
matematiche del numero e dello spa¬ zio, la fisica dei fenomeni luminosi,
elettrici, termici eco., la fisiologia dei fenomeni vitali, la logica si
occupa invece delle condizioni generali della scienza stessa, in quanto
mira ad assicurarci della verità formale di ciò che pensiamo, delle
nostre idee e dei nostri ragionamenti, qualunque ne possa essere il
contenuto. Si comprende quindi facilmente come la logica venga ritenuta
una disciplina filosofica generale al pari della metafisica e della
teoria della conoscenza o, con pa¬ rola greca, gnoseologia, le quali si
riferiscono a tutto il con¬ tenuto del nostro sapere e non a parti
determinate di esso. 2. Divisione generale della logica. — I
principi formali della conoscenza si distinguono generalmente in semplici
e complessi, secondochè si riferiscono alle forme elementari del pensiero,
oppure alle forme dette metodiche, a costituir le quali ultime le prime
contribuiscono come dementi. Quindi la divi¬ sione più razionale della
logica è quella che distingue in essa due parti principali: la prima
comprende lo studio delle forme elementari del pensiero, che sono il
concetto, il giudizio, il sillogismo, nei quali si risolve ogni pensiero,
per quanto grande sia la sua complessità ed ai quali corrispondono
gli elementi linguistici, la parola, la proposizione, il ragiona¬
mento. La seconda parte abbraccia lo studio delle forme me¬ todiche che
le scienze vengono applicando per acquistare nuove cognizioni e por
ordinare e provare le cognizioni ac¬ quistate ; onde questa parte dicesi
metodologia, e tratta del metodo inventivo che indica le norme, con le
quali si possono estendere le nostre conoscenze, e del metodo
sistematico, cioè dei procedimenti coi quali la scienza ordina le sue
co¬ noscenze. La storia della scienza ci dimostra chiaramente che
il metodo non si costituisce a priori, cioè prima che una scienza sia
formata, ma piuttosto si deduce dalla scienza, quando questa ha raggiunto
un certo grado di sviluppo ; anzi si può dire che il metodo si trova
spesso in ritardo rispetto al cammino che percorre la scienza, nello
stesso modo che i trattati dell’arte poetica sono l’espressione
tardiva dell’arte contemporanea. Infine bisogna notare che
ogni scienza speciale presenta un complesso particolare di norme e di
procedimenti, che però non rientra nella trattazione della logica
generale, essendo strettamente collegato con la materia che costi¬
tuisce il contenuto d’ogni singola scienza ; così il fisico, il chimico,
il fisiologo, oltreché delle conoscenze generali di logica, fanno uso
nelle loro osservazioni e nelle loro ricerche di re¬ gole e di mezzi
speciali di indagine, che sono propri della scienza alla quale dedicano
le loro forze intellettuali. 3. Logica e psicologia ; relazioni e
differenze. — Le ope¬ razioni che formano l’oggetto della logica possono
essere con¬ siderate sotto due diversi aspetti, ossia sotto l’aspetto
logico e sotto l’aspetto psicologico. La psicologia tratta le
operazioni logiche come tutti gli altri processi che sono offerti allo
studio dello spirito umano, senza occuparsi per nulla della loro validità
o della loro forza dimostrativa, stimando clie un cattivo
ragionamento valga quanto uno buono, nello stesso modo che pel
chimico lo zucchero e il vetriolo sono due corpi d’egual valore per
l’osservazione scientifica. La logica invece è stata detta una « scienza
ideale », perchè ricerca le leggi che il pensiero deve seguire per
procedere alla conoscenza delle cose, ossia ricerca la forma ideale del
ragionamento, ciò che dev’essere un buon giudizio, un buon
ragionamento. La psicologia studia lo spirito umano qual è, per
cono¬ scerne i caratteri, la natura, le leggi e, tende a mostrare
come si formano le idee, i giudizi, i ragionamenti e, in una parola, ha
per fine di conoscere le condizioni reali delle no¬ stre operazioni
intellettuali ; la logica mira a conoscere le forme ideali di queste
stesse operazioni. Quindi l’una non fa che constatare fenomeni, l’altra
ne considera il valore; l’una ricerca come noi pensiamo ordinariamente,
l’altra come pen¬ siamo correttamente ; la logica va dal semplice al composto;
concetto, giudizio, o legame di concetti, ragionamento, o le¬ game di
giudizi ; la psicologia ripudia questo ordine come artificiale, e pone il
giudizio come elemento primitivo, affer¬ mando che l’uomo ha cominciato a
parlare per frasi espri¬ mendo un giudizio e che questa frase può essere
o una sola parola, Vatirihuto, o due parole, soggetto e attributo, o
tre parole, soggetto, attributo e copula ; ma che sotto queste
forme diverse la funzione fondamentale rimane sempre la stessa : affermare
o negare. Così, per citare ancora un esempio, che renda più
evi¬ denti le differenze che corrono tra la psicologia e la logica,
quest’ultima considera il giudizio nella sua forma compiuta, quale lo
possiamo trovare nella scienza, nella letteratura, nei dogmi religiosi, o
anche nelle affermazioni del buon senso, e che si esprime per mezzo di
proposizioni le quali alla loro volta si compongono, nella maggior parte
dei casi, di più termini. Invece il psicologo, ben lungi dall’indagare
ciò che dev’essere un giudizio affinchè si possa ritenere valido,
si chiede ciò che è come operazione mentale e in qual modo si forma
: dietro i termini del giudizio egli ricerca le idee, dietro le idee le
rappresentazioni ; nelle proposizioni scorge un potere d’analisi o di
sintesi capace di dissociare gli eiementi che l’esperienza presenta legati,
d’unire quelli che l’esperienza presenta isolati, e vuol trovare
l’origine di questo potere dello spirito umano, seguendone l’origine e lo
sviluppo, rifacendosi dalle forme più semplici del giudizio quali
si presentano nell’ infanzia, per risalire alle forme adulte e più
elevato. In conclusione, mentre lo psicologo si pone il seguente problema
: per quali influenze fisiologiche, psicologiche e so¬ ciali si sviluppa
nell’uomo l’abitudine di giudicare, d’affer¬ mare e di credere? il logico
si propone invece quest’altro: quali caratteri deve avere il
ragionamento, a quali esigenze e a quali leggi deve obbedire affinchè
possa dirsi regolare, libero da contraddizioni? La logica
dunque vuole offrire al nostro pensiero un mo¬ dello da seguire, se
inteude di apprendere l’uso retto e rigo¬ roso del ragionamento ; però,
se un tale modello deve avere un valore reale, bisogna che abbia la sua
base nella realtà, ossia nella conoscenza degli elementi e delle energie
più pro¬ fonde e costanti dello spirito umano; di qui l’importanza
e la necessità della psicologia per lo studio della logica.
4. Le origini della logica razionale. — Una lunga civiltà ha abi¬
tuato non solo gli uomini poco istruiti, ma ancor più quelli educati
dalla disciplina scientifica ad ammettere senza riflessione che la log
ica razionale, oggettiva, esatta sia sorta in modo spontaneo e naturale e
che i logici altro non abbiano fatto che «strame le re¬ gole. Vi sono
invece buone ragioni per affermare che la logica ra¬ zionale taira è il
risultato acquisito d'unn lunga evoluzione e che la facoltà di ragionare
e di inferire, suscitata e alimentata dai bi¬ sogni e dalle necessità
della vita, è stata essenzialmente pratica ' e ha dovuto fare i suoi
primi passi in modo incoerente e poco sicuro. Si è scritto
molto e si son fatte numerose congetture intorno nlla costituzione
mentale dell'uomo primitivo ; ma lasciando da una parte qualsiasi
ricostituzione deU'uomo appartenente alla preisto¬ ria, vi sono i
selvaggi attuali che, a torto o a ragione, si conside¬ rano come
equivalenti a quello, e intorno ai quali si hanno notizie numerose,
svariate e positive. In questi il livello delle facoltà lo¬ giche è assai
basso e si mostrano evidenti l'incapacità all'astra¬ zione e la
difficoltà estrema a collegare le idee secondo rapporti oggettivi; essi
sanno invece rag ionare praticamente, per mezzo di percezioni e di
immagini che conducono al risultato atteso cioè, alla conclusione, e hanno
il loro fondamento e l'origine nelle necessità vitali e nelle questioni
che si pongono di fronte agli agonti natu¬ rali e soprannaturali. Per
convincersi di ciò basta pensare ai mezzi che l’uomo primitivo ha escogitato
pel soddisfacimento dei suoi bi¬ sogni : pel nutrimento, la caccia e la
pesca ; per difendersi dalle intemperie, le vesti e l'abitazione; per
l'attacco e la difesa contro gli animali e i suoi simili, le armi.
La costituzione d’uua .logica pura progredisce di pari passo coi
progressi della tecnica, secondo le attestazioni dei documenti sturici,
che dimostrano essere la tecnica la madre della logica ra¬ zionale :
l'invenzione degli strumenti, degli utensili, della fusione dei metalli,
della navigazione, dell’astronomia, dell'agrimensura ecc. Ita costretto a
poco a poco lo spirito umano a sottoporsi alla di¬ sciplina del
ragionare. Terò questi “ ragionamenti, non sono liberi dagli elementi
affettivi e fantastici ; infatti noi sappiamo che ope¬ razioni profane,
come il fabbricare uno strumento o l'edificare una capanna, esigevano un
intervento soprannaturale, preghiere, sacri¬ fici, incantesimi, riti
vari, forinole magiche ; tutte queste cose erano considerate intermediari
indispensabili per arrivare allo scopo, o solo per l’influenza della
coltura e della civiltà appare manifesta 1 in¬ differenza e la vanità di
questi mezzi e si fa complota l'emancipa- ' zione della logica
razionale. Quando questo strumento naturale d'esplorazione che è il
ra¬ gionamento si è affermato e perfezionato con l'esercizio,
l'abitudine e l'applicazione perseverante a materie di varia natura, sono
venuti i logici clic hanno analizzato, dilucidato le inferenze corrette o
hanno dettato le regole per ragionare correttamente, incominciando
con Aristotile a studiare le forme più astratte o più rigorose del
ra¬ gionamento. Però sono stati primi i Sofisti, i più antichi
maestri d’eloquenza, che tentarono di rilevare le regole del pensiero
cor¬ retto, nonché le regole grammaticali e le parti del discorso,
delle quali tutti si servivano senza saperlo; 1' * arte del pensare,
le regolo della dimostrazione e della confutazione divennero neces¬
sarie in quel'giorno, in cui la forza della parola potè modificare il
verdetto d'un tribunale o l'opinione d'un’assemblea politica. (')
Ma a questo proposito, non bisogna confondere tra loro la Io- pica
e la dialettica, perchè quest’ultima è, come dice Aristotile, l’arto che
apre la strada al vero mediante la discussione dello opinioni; discute,
intorno ad un dato soggetto, le opinioni favorevoli e quelle contrarie,
no rileva le difficoltà e le contraddizioni, si può, in una parola,
considerare come l’arte della discussione. La potonza della (i)
Rjbot, La logique des sentiinents, pag. 23 e seg., F. Alcnn] parola è stata per
un certo periodo della storia greca, lo strumento pl-iucipale per
governare; e non solo nelle assemblee del popolo, ma anche nei tribunali,
dove sedevano centinaia di giudici, la parola era come un’arme che
adoperala abilmente, raddoppiava le proba¬ bilità della vittoria, e chi
ne era privo, nel seno della propria pa¬ tria e nella pace più profonda,
era cosi esposto agli attacchi degli avversari, come se si fosse
precipitato nel tumulto della pugna senza spada e senza scudo. Si
comprende quindi facilmente come nelle democrazie di quel tempo, la
retorico, la quale è per metà dialettica e per metà stilistica, siasi
coltivata per la prima volta come una professione e abbia preso un posto
importante nell'edu¬ cazione della gioventù. 5. Il linguaggio
e il ragionamento. — La parola si deve considerare non solo come un mezzo
per comunicare le idee, ma anche come uno strumento efficacissimo per lo
sviluppo del pensiero e del ragionamento. L’osservazione della
psiche infantile ha dimostrato che non è possibile un certo
sviluppo mentale senza Faiuto della parola nei primi anni di vita
del bambino, durante i quali egli percepisce, esperimenta e ra¬
giona senza possedere un linguaggio propriamente detto, che si sviluppa
poscia a poco a poco per un balbettio spontaneo, per l’espressione dei
sentimenti e per influenza del linguaggio che si parla intorno a lui e
che egli cerca d’imitare. Il Preyer ha riconosciuto nel fanciullo
una « logica senza parole » che precede di molto lo sviluppo integrale
del lin¬ guaggio. Infatti, quando il bambino allontana rapidamente
la mano dalla fiamma che il giorno prima lo ha bruciato, non compie forse
un vero e proprio giudizio di riconosci¬ mento ? L’ufficio
della parola diviene importante quando sorgono le idee generali, per le
quali la parola diviene un mezzo in¬ dispensabile ; infatti i sordomuti
che non hanno appreso il linguaggio tattile esprimono le loro
osservazioni in modo vivo o individuale per mezzo di gesti o di movimenti
d’imita¬ zione ; e appunto per questo carattere individuale e
concreto delle loro descrizioni non riescono a formare idee
generali chiare e distinte, le quali non si staccano mai bene dalle
rappresentazioni singolari; così, per indicare il cibo e il pasto essi
accennano al proprio corpo, indicano il rosso toccando le proprie labbra,
esprimono col gesto l’atto di innalzare un muro, di tagliare un abito; ma
non sanno indicare l’idea generale di queste azioni, mancando loro
l’udito e la parola. (*) Il linguaggio verbale ha quindi una doppia
funzione: una funzione sociale, in quanto è il mezzo piti potente di
co¬ municazione del pensiero ; una funzione che si può dire in¬
dividuale nel senso che ferma per mezzo di formule stabili i nostri
pensieri più fuggevoli e più sottili, e li rende ai nostri occhi più
chiari e più resistenti. Ammettiamo pure che la potenza del pensiero
varchi i limiti d’espressione for¬ niti dal linguaggio, e che una serie
più o meno lunga di idee possa decorrere nella nostra mente senza che ad
essa corri¬ sponda una serie concatenata di parole ; così per esempio
io posso passeggiare solo attraverso i campi, fermarmi un se¬ condo
sulla sponda d’un fosso che io debbo passare : io ne « apprezzo »
coll’occhio la larghezza, « misuro » lo sforzo che debbo fare e mi trovo
senz’accorgermi sull’altra riva; tutte queste operazioni contengono una
serie di « giudizi » veri e propri, di atti silenziosi. Però in questo e
nei casi simili, le idee appaiono quasi come annebbiate, dai contorni
indecisi, e sfuggono con estrema facilità, se il linguaggio non
inter¬ viene ; e se poi qualche parola improvvisamente viene a
mancare, si arresta in modo brusco l’enunciazione del giu¬ dizio, e il
pensiero esce con fatica e spesso incompleto od offuscato. Il possedere
un linguaggio ricco e atto ad espri¬ mere le più tenui sfumature del
pensiero, equivale, pel pit¬ tore, all’avere una tavolozza ricca di
colori coi quali si pos¬ sano porre in rilievo i minimi particolari d’un
quadro. Certo non bisogna dimenticare, che se una lingua ben
fatta e abbondante è il migliore strumento di progresso per
l’intelligenza, tuttavia occorre che questa senta il bisogno di
servirsene. Il vocabolario usuale d’una persona dedicata agli uffici più
umili della vita si compone tutt’al più di qualche centinaio di parole,
appunto perchè queste sono sufficienti alle sue necessità intellettuali ;
e la povertà del linguaggio di alcuni popoli che vivono in uno stato di
roz¬ zezza primitiva, non è la causa, ma l’effetto della loro po-
(i) Hoffding, Psychologie, pag. 229, F. Alcan] vertà mentale. Infine è
da notarsi che se il concetto non può far di meno d’una forma espressiva,
la forma espressiva non ha per sua necessaria condizione una forma logica
o un concetto. G. La logica e l’educazione dello spirito. —
Lo storico Tucidide dice che in una nazione colta e civile si esige
non già che tutti i cittadini debbano essere capaci di trovare la
soluzione dei problemi che loro si presentano, ma che sap¬ piano
giudicare con criterio retto ed equanime le soluzioni trovate ed
affermate dagli specialisti. Per raggiungere questo fine, oltre ad un
certo complesso di cognizioni letterarie e scientifiche, sono
indispensabili le buone abitudini intel¬ lettuali, che ci avvezzano a
considerare le cose con pazienza, a scorgere facilmente la falsità delle
soluzioni affrettate e troppo semplici, e a convincerci che a conoscer
bene la realtà occorrono analisi prudenti e ossorvazioni accurate e
ripe¬ tute. Inoltre lo spirito deve avere l’amore disinteressato
del vero, assoggettarsi alla sola evidenza razionale, veder chiaro
nelle proprie idee, non prendere le proprie preferenze per buoni
argomenti, i propri pregiudizi o le proprie passioni per dimostrazioni
valide. Lo studio coscienzioso della logica può recare un aiuto
efficacissimo a questo scopo, divenire quasi un’igiene dello spirito e la
preparazione necessaria ad ogni istruzione scientifica seria e profonda;
e questo si può affermare per più ragioni. Anzitutto la
logica è utile considerata come scienza per sè stessa ; infatti, poiché V
intelligenza è lo strumento indi¬ spensabile in ogni ramo di cognizioni
scientifiche e queste ultime non si possono pensare senza di quella che
in certo modo le crea e le sviluppa, ne viene che è necessario al¬
l’uomo conoscerne l’intima struttura ed il valore intrinseco, nello
stesso modo che nessuna persona sensata vorrà adope¬ rare uno strumento
qualsiasi senza possederne una qualche cognizione. In questo caso la
necessità è di gran lunga maggiore, poiché si tratta di conoscere come
opera e come funziona ciò che Bacone ha denominato « instrumentum
instru- mentorum. Però lo studio delle operazioni logiche del pensiero
ha un’altra ragione pur grave, se si considera come disciplina
dell’intelligenza, come conoscenza tecnica necessaria per aguz¬ zare e
rafforzare la facoltà del ragionamento e per rendere più pronto e più
sagace lo spirito d’osservazione. Il vedere come la nostra mente,
partendo dall’osservazione dei fatti e paragonan¬ doli fra loro, riesce
ad ottenere una cognizione generale, una legge naturale che ordina e
rischiara tutta una serie di fatti, ci aiuta a comprendere come si
acquista il sapere e per quali con¬ dizioni questo sapere deve rispondere
alla verità, e rendere più forte l’attitudine a cogliere i rapporti fra
le cose. Invece, l’accettare da altri una scienza bell’e fatta, la quale
non richiede da noi altra briga che quella, troppo leggera, di credervi,
non ci fornisce l’abito della critica, il desiderio della prova rigorosa,
e ci abitua a prestar la stessa fede ai fatti constatati, alle leggi
saldamente stabilite, e alle ipotesi probabili e solo possibili ; il
sapere che una verità è am¬ messa come certa non è come sapere in qual
maniera, con quali procedimenti e con quante precauzioni quella si
sta¬ bilisce, come nacque, come crebbe e venne formandosi. So¬
lamente in questo modo si impone il rispetto e l’amore della verità
scientificamente fondata e si formano le intelligenze libere, attive,
desiderose di conoscere, educate all’osserva¬ zione e alla critica, e
tolleranti delle opinioni altrui. Un pregiudizio assai diffuso pone la
memoria come unica base dell’educazione intellettuale, e si considera
come cosa impor¬ tantissima il versare nella mente il più gran numero
possi¬ bile di cognizioni, il ripetere con precisione tutto ciò che
è entrato passivamente nel cervello. E questo un errore fatale,
poiché s’è constatato infinite volte che in un breve periodo di tempo si
dimentica una gran parte di ciò che si è studiato meccanicamente con
grande fatica. Ciò che più importa è invece abituarci a pensare colla
nostra testa, formare lo spi¬ rito d’iniziativa : il fanciullo che impara
a camminare, im¬ para appunto perchè va colle sue gambe e non colle
altrui ; insegnare ad osservare, scrive il Gabelli, è insegnare a
pen¬ sare, a operare, a vivere, è infine formare la testa, intento
principalissimo dell’ istruzione ; quando invece l’offrire, o l’imporre
dogmaticamente le cognizioni bell’e fatte, è annegliittire l’intelligenza,
uccidere la spontanea attività del pen¬ siero, consumare l’anima.
(*) Certo non si può negare che si può divenire un grande
scienziato e un finissimo ragionatore senza aver latto uno studio
speciale della logica, nè questa sa rendere forte e penetrante uno
spirito che è naturalmente falso ed ottuso ; ma come lo studio
coscienzioso della grammatica, senza for¬ mare da sè solo lo scrittore,
gli concede il possesso sicuro della lingua, così lo studio delle leggi
che il pensiero segue nella conoscenza rende più sicuro e robusto
l’organo del ra¬ gionamento. Quindi, se la logica riflessa è
insufficiente quando le venga meno l’aiuto della logica naturale, la
quale non si impara sui libri e nelle scuole, ma si ha dalla natura,
quando invece questa vi sia, la nostra mente può essere più facil¬
mente avviata ad usare del pensiero con abilità e con frutto. (») Gabelli,
L’istruzione in Ilalia, voi. I. pAg. 208, Bologna, Zanichelli. Poiché la logica
mira ad assicurarci della verità e della validità delle nostre cognizioni
e dei nostri ragionamenti, si presenta naturale la domanda se esi¬
stano principi o leggi fondamentali, alle quali ogni nostro pensiero debba
obbedire affinchè possiamo essere certi della sua verità. Il
principio di identità, il principio di contraddizione, quello del terzo
escluso fra i contradditori, e il principio di ragion sufficiente
esprimono appunto le condizioni necessarie per le quali noi possiamo
pensare correttamente, e sono leggi di ogni realtà spirituale valevoli
per le creazioni estetiche non meno che pei pensieri logici e per la vita
pratica. Il principio d’identità si esprime colla formula: A è A,
ed afferma l’identico dell’identico, che ogni cosa è uguale a sé stessa.
La parola identità, presa nel suo significato eti¬ mologico indica che la
cosa, che noi ci rappresentiamo in diversi tempi sotto diversi nomi, in
diverse combinazioni è sempre identica a sé stessa ; però questo
principio non deve affermare che nel giudizio il soggetto e il predicato
deb¬ bano dire esattamente la stessa cosa, essendo un tale giu¬
dizio affatto vuoto di senso, come se dicessi che « un circolo è un
circolo » che « questa mano è questa mano » ; un giu¬ dizio di tal fatta
è una vera e propria tautologia priva d'un valore qualsiasi per la
conoscenza e, non a torto è stato detto giudizio idiotico, giacché solo
un idiota potrebbe compiacer¬ sene. Occorre invece che il predicato
esprima qualcuna delle qualità che appartengono, oppure che possono
aggiungersi al soggetto: Galileo è il fondatore della fisica, Newton ha
sco¬ perto le leggi dell’attrazione universale. Il principio di
iden¬ tità enuncia dunque l’impossibilità di pensare un
concetto dato e i suoi caratteri come dissimili reciprocamente: vi è
equivalenza assoluta tra un tutto e la somma delle parti che 10
compongono, tra un concetto e la totalità degli attributi che lo costituiscono
; cosi si può dire che una cosa è uguale a sè stessa, oppure A = A.
Anche quei giudizi nei quali in apparenza il soggetto e 11
predicato sono parole identiche, in realtà non sono tauto¬ logici. Così
quando dico: la guerra è la guerra, intendo di manifestare il pensiero'
che, una volta intrapresa una guerra, non è da maravigliarsi delle
conseguenze triste che ne pos¬ sono derivare; quando dico: i bimbi sono
bimbi, col soggetto voglio esprimere solo l’età infantile, col predicato
le qualità ad essa congiunte. Il principio di contraddizione
dice che due giudizi dei quali l’uno nega quello stesso che l’altro
afferma: A è B, A non è B, non possono essere veri nel medesimo tempo,
ma se l’uno è vero, l’altro è necessariamente falso. Aristotile dà
questo significato al principio di contraddizione, che giudica il più
certo di tutti (aùii) TtaaCtv iait $e$a.'.oxb.Tt] tC5v àpx® 7 )» poiché
non è possibile che alcuno pensi che la stessa cosa sia e non sia
(àSuvzrov yàp ÓvtivoOv Taùxòv OnoXa|i^àv£iv efvzt xai fitj eivat).
Molti secoli dopo il filosofo tedesco Guglielmo Leibniz ha dato
un’altra formula del principio di contraddizione, che è la seguente: A
non è non A; mentre la formolo aristo¬ telica riguarda la relazione tra
un giudizio affermativo ed uno negativo, invece quella del Ijiilmiz si
riferisce alla rela¬ zione che passa tra soggetto e predicato in uno
stesso giu¬ dizio, e significa che un giudizio è falso quando il
soggetto e il predicato si contraddicono ; Aristotile ha voluto dare
non già un criterio per stabilire la verità o la falsità d’un
giudizio, ma solo negare la possibilità di ritener vere nel medesimo
tempo l’affermazione e la negazione; invece il Leibniz ha inteso di porre
un principio, per mezzo del quale si potesse riconoscere la verità in
tutte le forme della conoscenza. Però le due formule esprimono alla
fine una sola e stessa legge del pensiero umano. Infatti che/significa:
un predi¬ cato B è in contraddizione con un soggetto A? che un
affer¬ mazione, la quale attribuisce il predicato B al soggetto
A, per es. il sangue caldo ai rettili, contiene una contraddi¬
zione. Non vi è altra via, per la quale una contraddizione divenga
possibile se non questa, che il giudizio il quale attri¬ buisce il
predicato B al soggetto A, contraddica ad un altro giudizio, il quale
neghi che il predicato B possa convenire al soggetto A; e poiché
quest’ultimo giudizio; A non è B, i rettili non hanno il sangue caldo, è
evidente di per sé o per altre ragioni note, la contraddizione annulla il
primo giudizio ; e ciò avviene secondo il principio enunciato da
Aristotile, che le due proposizioni non possono essere vere ambedue nel
medesimo tempo. (*) Il filosofo greco Eraclito (III secolo a. C.)
sostenne la coesi¬ stenza ilei contrari, partendo dal principio
fondamentale del suo sistema, pel quale attribuisco alla materia il
cambiamento continuo delle formo e delle proprietà, cosicché tutto ciò
che vive è soggetto nd una distruzione incessante e ad nn incessante
rinnovamento, o quando il nostro occhio crede di afferrare qualche cosa
di perma¬ nente, è vittima d’una illusione, giacché tutto in realta è in
un perpetuo divenire, navi* pei. “ Noi non possiamo, egli dice,
discen¬ dere due volte nel medesimo fiume, perchè di continuo porta nuove
acque; quindi noi discendiamo nel medesimo fiume e non vi discen¬ diamo,
noi siamo e non siamo; il bene o il male sono una sola o stessn cosa; la
dissonanza è in armonia con se stessa; l’armonia invisibile (cioè quella
che risulta dei contrari) è migliore di quella visibile,. Ora con una
concisione degna d’un oracolo, ora con precisione e ampiezza mirabile,
formula la proposizione che la legge del con¬ trasto regge tanto la vita
degli uomini quanto la natura, e che non sarebbe meglio por questi ottenere
ciò che desiderano, vale a diro vedere tutti i contrari fondersi in una
vana armonia. ( s ) 2. Il principio del terzo escluso e il
principio di ragion sufficiente. — Il principio del terzo escluso afferma
che tra due giudizi contradditori, A è B, A non è B, non è possi¬
bile un terzo modo di essere, una terza via d’uscita, e che uno dei
giudizi è necessariamente vero, perchè ambedue non possono essere negati
nel medesimo tempo; mentre il prin¬ cipio di contraddizione dice che uno
dei due è necessaria- (i) Siowart, Logil-, I, p. 192. Freiburg i.
B., Mohr, 1889. (®) Gompebz, Les pene tur8 de la Orice. Libro I,
1.5 passini. F. Alcan] mente falso, perchè ambedue non possono essere affermati
nel medesimo tempo. L’applicazione di questo principio
incontra difficoltà ap¬ parenti, le quali dipendono unicamente dal fatto
che una cosa viene osservata in momenti diversi e sotto diversi
aspetti. Cosi, mentre il sole tramonta, è vero tanto raffermare che 1
LOGICA. ima chimera, un non-valore. Tra queste due opposte
estremità sono possibili molte gradazioni, le quali contribuiscono a
for¬ mare una « scala di valori » . In modo simile, pel malato una
determinata medicina, che può dargli la guarigione, ha un grande valore,
mentre per l’uomo sano non ne possiede alcuno. In conclusione il valore è
una qualità che noi attribuiamo alle cose, come i colori, ma che in
realtà, come i colori, non esiste fuori di noi, ed ha quindi una vita
essenzialmente sog¬ gettiva. La nozione di “ valore „ ò
penetrala lentamente e tardi nelle scienze filosofiche; qualcuno ha
voluto farne risalire l'origine ad E. Kant, fondandosi sopra alcuni passi
di interpretazione alquanto dubbia; ò invece più esatto attribuirne il
inerito a Ermanno Lotze (1817-1881), il quale espose il principio che
mette in rilievo la no¬ zione di valore colle seguenti parole : * là dove
due ipotesi sono ugual¬ mente possibili, l'una che s'accorda coi nostri
bisogni morali, l'altra che ad essi contraddica, bisogna sempre scogliere
la prima „. In realtà però codesto concetto è d’origine economica,
e bisogna ricorcarne la fonte prima nell’opera “ La ricchezza delle
nazioni „ del- l’inglese Adamo Smith (1723-1790), pel quale il valore ò
ricondotto all'utilità, e alla sua volta l'utilità alla soddisfazione dei
bisogni e dei desideri dell'uomo. Ai nostri tempi il principio di valore
è dive¬ nuto quasi popolare, grazio aU’opora di Federico Nietsche, sia
che egli voglia stabilire una * tavola di valori „, oppure
restaurare “ l’equazione aristocratica dei valori „, o biasimare
acerbamente i “ valori di decadenza,, o rifare in senso inverso il lavoro
dei mo¬ ralisti, operando una * trasmutazione di tutti i valori,, o
celebrare i ‘ forti che creano i valori,. Il campo, nel quale
si applica la nozione di valore, è estesis¬ simo o comprende la morale,
l'estetica e le scienze sociali, la reli¬ gione ecc. Nella morale si
ritrovano i concetti del sommo bene, dell'imperativo categorico, del
bene, della simpatia, della giustizia, della carità, della solidarietà,
dell’utilità individuale o generale, del¬ l'obbedienza a una legge
rivelata, alla religione ecc. Nella vita sociale vi sono i concetti di
teocrazia, di monarchia, democrazia, feudalesimo, il regime di casta, la
schiavitù, il lavoro libero, il salariato, che variano di valore secondo
i tempi, le condizioni so¬ ciali e i bisogni. Infine nella
religione vediamo che il monoteismo, il dualismo, il politeismo, i dogmi
sono variamente apprezzati nelle diverse religioni. Le percezioni,
le immagini, le idee astratte e generali forniscono la materia
indispensabile al ragionamento, il quale, nel suo significato più esteso,
è un atto dello spirito che consiste nel passare dal noto alV
ignoto. La forma pia semplice di ragionamento è quella che va da
una cognizione particolare ad un’altra cognizione particolare e che si
può già osservare nel bambino: questi, che ripete ed applica alcuni nomi
generali, forma una proposizione col- ltegando due nomi, come quando un
oggetto, che evoca in lui uu nome, evoca pure un altro nome, abbozzando
cosi le prime frasi incomplete e sprovviste di verbo. Quando per
esempio un cane scorge in un ruscello un liquido scorrevole,
inodoro, incoloro e chiaro, questa percezione suscita in lui, in
virtù d’un'esperienza anteriore, l'immagine d’una sensazione di
freddo, e la percezione e l’immagine s’uniscono per formare una coppia;
nel fanciullo invece, grazie al linguaggio, la me¬ desima percezione
evoca la parola acqua ; la medesima imma¬ gine evoca la parola freddo e
le due parole s’associano insieme a formare una proposizione, un
giudizio. In molti di questi accoppiamenti di termini che si
sug¬ geriscono reciprocamente si riscontrano i caratteri del ragio¬
namento, come quando uu segno presente suggerisce una realtà non veduta
distante o futura, per es. le nubi e la pioggia ; qui abbiamo vere e
proprie inferenze. Però nella logica il nome di inferenza si
applica ad operazioni mentali più complesse, ossia a quelle per le
quali da uno o più giudizi dati si passa ad uu nuovo giudizio.
L’inferenza è immediata, quando il giudizio risultante è una conseguenza
necessaria del giudizio dato ed è ottenuta senza che sia necessario
ricorrere a giudizi intermedi; cosi, se dal giudizio che i triangoli sono
poligoni io deduco che alcuni poligoni sono triangoli, avrò un’inferenza
immediata. Si avrà invece un 'inferenza mediata, quando da un
giu¬ dizio si passi ad un altro ricorrendo ad un terzo giudizio.
Cosi dal giudizio « gli uomini sono mortali » posso dedurre queat’altro
che Pietro è mortale, per mezzo d’un terzo giu¬ dizio, vale a dire che
Pietro è uomo. Tanto nel primo, quanto nel secondo caso occorre
che i giudizi posti in relazione non abbiano contenuto affatto diverso
l’uno dall’altro, poiché allora non vi potrebbe essere tra loro alcuna
relazione logica, ossia dalla verità o falsità del¬ l’uno non si potrebbe
dedurre la verità o la falsità dell’altro. 6. Trasformazione dei
giudizi per subalternazione, per opposizione, per equipollenza. — Quando
la relazione è im¬ mediata, il contenuto dei due giudizi dev’essere
identico, ma diversa o la quantità, o la qualità, o la relazione, o la
ino? dalità; dal primo giudizio si deduce il secondo senza ricor¬
rere ad un giudizio intermediario, e mentre la materia dèi raziocinio,
cioè il soggetto e il predicato, resta inalterata, si muta invece la
forma. Le relazioni immediate dei giudizi si possono ridurre
a tre specie principali: «) Per subalternazione, che ha luogo
tra giudizi iden¬ tici di contenuto e di qualità, ma diversi di quantità
o di modalità. b) Per opposizione, che ha luogo tra giudizi
identici di contenuto, ma diversi di qualità, oppure di qualità e di
mo¬ dalità insieme, mentre la quantità può rimanere identica o
mutare. c) Per equipollenza che avviene tra giudizi di
contenuto identico, ma o diversi di qualità, o diversi di
relazione. Affinchè apparisca più chiaramente la diversità dei
giu¬ dizi posti in relazione fra loro, i logici indicano con la
let¬ tera A il giudizio universale affermativo, con E il giudizio
universale negativo; con I il giudizio particolare affermativo, con 0 il
giudizio particolare negativo; e tale convenzione fu espressa con
artificio mnemonico in questi due versi: Asserit A, nogat E, sed
univejsaliter ambo, Asserit I, negat 0, sed particulariter ambo
; e dal filosofo bizantino Michele Psello del secolo XI fu
pro¬ posto il quadro che può vedersi nella pagina seguente.
a) La relazione per subalternazione ha luogo tra giudizi identici
di contenuto e di qualità ma diversi di quantità : il primo è universale
e dicesi subalternante, il secondo è partico¬ lare e dicesi subalternato.
Le regole che stabiliscono il pas¬ saggio da una ad altra forma
sono: Dalla verità del giudizio subalternante (generale) si
conchiude la verità del giudizio subalternato (particolare); ma dalla
verità del subalternato non si può dedurre la verità dol subalternante,
poiché, come è facile comprendere, ciò che A opposti contrarii
g è vero d’un'intera classe è vero anche d’una parte di
essa, ma non viceversa. Così, se è vero che gli uccelli sono mu¬
niti di becco, è vero pur che alcuni uccelli sono muniti di becco; ma se
è vero che alcuni popoli sono monoteisti, non si può per questo
concludere che tutti i popoli sono mono¬ teisti. 2°. Dalla
falsità del giudizio subalternato si conchiude la falsità del
subalternante, ma dalla falsità del giudizio subalternante non
s’inferisce la falsità del subalternato. Se è falso che alcuni uomini
sono perfetti, è pure falso che tutti gli uomini sono perfetti; ma se è
falso che tutti gli animali sono provvisti di sistema nervoso, non ne
segue che sia falso l’altro giudizio, che alcuni animali sono provvisti
di sistema nervoso. b) La relazione per opposizione ha luogo
fra giudizi che sono identici di contenuto, ma diversi di qualità.
Diconsi opposti contrari se sono entrambi universali, opposti
subcon¬ trari se sono entrambi particolari, opposti contraddittori
se hanno diversa la quantità e la qualità. I passaggi da un
giudizio ad un altro opposto contrario sono retti dalla regola
seguente: Se uno di essi è vero, si può inferirne la falsità
del¬ l’altro, non potendo essere veri entrambi insieme ; ma non è
possibile l’inverso, poiché se uno di essi è falso, non si può affermare
che l’altro sia vero, potendo essere falsi tutti e due. Cosi, se è vero
che tutti i popoli civili dell’Oriente sono monoteisti, sarà falso
l’altro giudizio che nessun popolo civile dell’Oriente è monoteista; ma
se è falso che tutti gli uomini sono onesti, non sarà perciò vero
raffermare che nessun uomo è onesto. I giudizi subcontrari
possono essere ambedue veri, non possono essere ambedue falsi ; quindi
dalla verità dell’uno non si conchiude alla falsità dell’altro, ma si può
invece dalla falsità dell’uno dedurre la verità dell’altro; cosi se è
vero che alcuni uomini sono giusti, non ne segue che sia falso
l’altro che alcuni uomini non sono giusti; ma, se è falso che alcuni geni
sieno in tutto malefici, è vero il giudizio che alcuni geni non sono in
tutto malefici. Per V opposizioìie contraddittoria vale la regola
seguente: dalla verità dell’uno si inferisce la falsità dell’altro, e
dalla falsità dell’uno la verità dell’altro; se è vero che ogni
uomo è mortale, è falso che certi uomini non siano; se è falso che
tutti gli uomini* sono saggi, è vero che alcuni uomini non sono
saggi. c) Le trasformazioni logiche per equipollenza dei giu¬
dizi sono di molte specie; l’equipollenza tra giudizi d’identico
contenuto può aver luogo o per mutate qualità, o per mu¬ tata relazione,
o per mutazione della quantità nella modalità e di questa in quella, o
per mutata posizione dei termini nel giudizio, o per mutata posizione dei
termini e insieme per mutata quantità del giudizio. Vediamone qualche
saggio. Quando si tratta di giudizi di identico contenuto e
diversi di qualità, dato un giudizio, se ne può derivare un altro con
diversa qualità; es. « se ogni vizio è biasimevole, nessun vizio sarà da
non biasimarsi » ; quindi il giudizio uni¬ versale affermativo e il
particolare affermativo hanno cia¬ scuno i loro equipollenti qualitativi
nell’universale negativo e nel particolare negativo infiniti. Però, come
è stato osser¬ vato, se si bada bene, si vede che le trasformazioni
per equipollenza qualitativa non danno illazioni, perchè il conte¬
nuto logico e materiale dei due giudizi è lo stesso. Il principio, duplex
negatio afflrmans, indica questa identità; riducendosi ad espressioni
dello stesso giudizio in diversa forma, sono più del dominio della
grammatica che di quel della logica. Due forme di raziocinio
immediato s’ottengono con la conversione e la contrapposizione dei
giudizi. *' Si ha la conversione del giudizio trasportando il
soggetto nel posto del predicato e il predicato nel posto del
soggetto. Il giudizio reciproco può avere la stessa quantità del
giu¬ dizio diretto, e allora la conversione è semplice; es. «
nessun accusatore può fare da giudice, nessun giudice può fare da
accusatore » ; oppure può avere quantità diversa, e allora la conversione
si fa per accidente; es. « i triangoli sono poli¬ goni, alcuni poligoni
sono triangoli ». Le universali affermative si convertono per
accidente in particolari affermative; es. « i benefici mal collocati
sono malefici, alcuni malefici sono benefici mal collocati » .
Si convertono semplicemente tutti i giudizi universali uegativi:
es. «nessun pesce respira per polmoni, nessun ani¬ male respirante per
polmoni è pesce » . Sono pure convertibili semplicemente i giudizi
particolari affermativi; es. * qualche uomo è saggio, qualche saggio
ò uomo » . Se però il predicato fa parte del soggetto la conver¬
sione semplice non è possibile; se infatti dico: alcuni parallelo- grammi
sono quadrati, non posso dire : alcuni quadrati sono parallelogrammi,
poiché tutti i quadrati sono parallelogrammi. I giudizi particolari
negativi non presentano regola di conversione; dal giudizio « qualche
uomo non è medico », non si può inferire che qualche medico non è
uomo. La contrapposizione consiste nel poter derivare da un
giudizio universale un altro giudizio di diversa qualità, mentre si
scambia l’ufficio dei termini, passando il soggetto a pre¬ dicato, e il
predicato a soggetto. Quindi i contrapposti dei giudizi affermativi, sono
negativi e quelli dei giudizi nega¬ tivi sono affermativi; es. « se tutti
gli atti virtuosi sono lodevoli, nessun atto non lodevole sarà virtuoso;
se nessun superbo è contento, talune persone scontente son superbe »
. Si è osservato dallo Stuart Mill che le regole logiche
della conversione e della contrapposizione dei giudizi non si possono
ritenere come regole del ragionamento, poiché le pro¬ posizioni
reciproche e quelle contrapposte non sono illazioni, e dicono in forma
verbale indiretta la stessa cosa che le proposizioni dirette; vi è
illazione solo quando v’è passaggio da una nozione nota ad una
ignota. Però se in molti casi si può affermare che le
trasforma¬ zioni dei giudizi non hanno altro scopo che di farcene
cono¬ scere con maggior chiarezza il contenuto, tuttavia in alcuni
casi, come nella conversione dei giudizi universali quando non è
artificiosa, e nel contrapposto del giudizio universale affermativo,
l’illazione ci dà qualche cosa di nuovo. Una delle cause più. frequenti
d’errori, là osservare il Bain, consiste appunto nella tendenza a
convertire le affermative universali senza limite; quando si dice: tutti
i grandi ingegni hanno il cervello voluminoso, si passa facilmente ad
affermare che tutti i cervelli voluminosi sono grandi ingegni ; cosi
pure quando si dice: tutte le cose belle sono gradevoli, tutte le
virtù conducono al benessere, ogni evidenza suppone testimo¬ nianze
contemporanee, sorge in noi la tendenza a convertire senz’altro queste
proposizioni. Di qui la necessità di applicare le forme logiche per
mettersi in guardia contro simili errori. 8. L’evoluzione
psicologica del giudizio. — Come abbiamo già detto, si può considerare il
giudizio nella sua forma completa, quale si trova nella scienza, nella
letteratura, nei dogmi religiosi o nelle affermazioni dol sonso comune,
ed ò espresso per mezzo di proposizioni composte di piii termini, che
dall'analisi vengono ri¬ dotti al minor numero possibile: soggetto,
attributo, copula; questo è l’aspetto logico. Lo psicologo, invece di
ricercare ciò che de- *’ essere un giudizio affinchè sia valevole per la
nostra ragione, si chiede che cosa esso è quando si consideri come
operazione men¬ tale, e come si forma. Sotto le parole egli trova le idee
e le rap¬ presentazioni, nelle proposizioni un potere d'analisi e di
sintesi; nella genesi deU’affermaztone distinguo diversi momenti; in
una parola, considera il giudizio non come un prodotto completo, ma
come una funziono di cui descrive gli organi e l'attività. 11 punto
di partenza dell’evoluzione del giudizio, secondo un autore recente, (*)
si deve ricercare nelle manifestazioni della vita fisiologica. Ogni
organismo, a incominciare dal più semplice, ha il potere d’entrare in
movimento di porse stesso ; questa spontaneità non è del tutto
indipendente, poiché l'animale vive in un ambiente determinato, dal quale
riceve eccitamenti diversi, ai quali risponde (*) Ruyssen,
L'éi'olution psychologique tlu jugement, p, 53 e seg., F. Alcan] in maniera diversa,
e può anche moversi automaticamente per l’azione interna; quindi il
movimento organico elementare è un movimento d’oscillazione dall’esterno
all'interno e viceversa, uu alternarsi ritmico di consumo e di
ncquisiziono che i biologi chia¬ mano “ reazione circolare La cellula
vivente ha una costituzione propria che la rende atta a reazioni
originali, è un sistema con¬ servatore fondato sul principio della
ripetizione, in una parola è for¬ nita d’ abitudine . Se
l'ambiente esterno fosse sempre costante, la reazione cir¬ colare per
ripetizione basterebbe ad assicurare alla vita qualsiasi durata; ma noi
sappiamo che l'essere vivente è di continuo esposto alle variazioni
termiche, meteorologiche, luminose, alle quali deve adattarsi o perire;
\'adattamento è appunto la seconda facoltà ca¬ ratteristica della
cellula; anche gli organismi monocellulari sanno ricercare ed evitare con
un discernimento prodigioso gli agenti che sono loro favorevoli od
ostili. L'adattamento segue una via ascendente; anzitutto si
scorge nelle reazioni motrici dell'animale e del fanciullo, nelle quali
si possono riconoscere le primo manifestazioni della vita; il primo
pe¬ riodo della vita infantile costituisce il fondo d’abitudini sul
quale vengono ad innestarsi gli adattamenti ulteriori; le risposte
del¬ l’organismo agli eccitamenti successivi divengono a ninno a
mano più facili c più sicure, preparando così il terreno alla vita
cosciente. Con l’apparizione della coscienza si notano nuovi
adattamenti motori provocati specialmente dalle sensazioni della vista e
del¬ l'udito; nelle quali si coglie la forma più dementare del
giudizio. 11 fanciullo risponde ad eccitamenti diversi per mezzo di
reazioni non più diffuse, ma precise, localizzate nelle parti distinto
dell'or¬ gano eccitato; così il suono d'una voce famigliare lo fa
muovere e gesticolare, un oggetto luminoso gli fa alzare e tendere le
mani; in una parola, le sue sensazioni quanto più variano e
s'arricchi¬ scono, tanto più facilmente provocano reazioni motrici
adattate al loro scopo, dove si può quasi scorgere la traccia d’una
scelta in¬ telligente. Il prender coscienza del piacere e del dolore è il
prin¬ cipio d'adattamenti più variati e più efficaci. A
queste reazioni sensorio-motrici, che formano una specie d’attuazione
primaria, succedono lo reazioni ideo-motrici che pre¬ suppongono il
sorgere de\V attenzione secondaria, del riconoscimento, dell’associazione
delle idee, e quindi del linguaggio e della facoltà di generalizzare. Con
queste diverse operazioni il fanciullo acquista gli elementi necessari
pel suo sviluppo mentale. I giudizi che pronuncia il fanciullo di due
anni e quelli dell'uomo adulto pos¬ sono differire in estensione e in
profondità, ma non pel meccanismo; non avranno le qualità accessorie di
rapidità, di esattezza, di sin¬ cerità, ma 1 essenza sarà identica ; in
una parola lo affermazioni del fanciullo e dell’adulto differiscono solo
per la forma, non per la materia. Così pel fanciullo giudicare vuol dire,
almeno da prin¬ cipio, adattare in maniera appropriata i propri movimenti
agli sti¬ moli della sensibilità: apprezzare una distanza equivale a
rinnovare 10 sforzo necessario per percorrerla; riconoscere una
persona equi¬ vale n tenderlo le braccia, sorriderle, nominarla in
maniera ade¬ guata; comprendere un segno è come riprodurlo. Nell’adulto
la cosa non avviene in modo troppo diverso; malgrado le apparenze,
nei movimenti quotidiani, nel camminare, nel gestire, nel parlare
noi non facciamo altro che ripetere reazioni motrici che abbiamo
ac¬ quistato per le prime. Anche quando il pensiero arriva al suo
com¬ pleto sviluppo, quando s eleva alle più alto astrazioni della
scienza e della filosofia, non si libera completamente dall’elemento motore;
11 linguaggio diviene qui ora sostegno indispensabile del pensiero
astratto. Bisogna pero notare che se l’operazione intellettuale del
giu¬ dizio ha le suo radici nel terreno biologico, non ne segue che
il suo valore soffra qualche diminuzione e che gli elementi ideali
e attivi cresciutivi intorno nel corso dell'evoluzione debbano
perdere patte del loro profumo e della loro freschezza; la stessa
osserva¬ zione si dove fare riguardo agli altri fatti riferentisi allo
sviluppo dello spirito untano, la famiglia, l'amore, il sentimento
morale, il pudore ecc. Già secondo Ari¬ stotile i procedimenti
che il pensiero umano adopera nella ricerca sono di due specie ben
distinte Ira loro: V induzione, èTCaYwy^i muove dal l'atto per risalire
alla legge e al princi¬ pio, dai giudizi particolari per ascendore a
giudizi universali, è il ragionamento che afferma d’un genere ciò che si
sa appar¬ tenere a ciascuna delle specie di questo genere; ossia
quella forma di ragionamento, per la quale dall’esame e dal para¬
gone d’una serie di casi particolari si passa ad una propo¬ sizione
generale che riguarda non solo i casi osservati, ma anche un numero
indeterminato d’altri casi che sono coi primi in una certa relazione di
somiglianza. Cosi se dico: i processi di conoscenza, di sensibilità, di
volontà presentano come carattere essenziale la coscienza — i processi di
cono¬ scenza di sensibilità, di volontà sono (tutti i) processi
psichici, e quindi tutti i processi psichici hanno come carattere
es¬ senziale la coscienza; faccio un ragionamento induttivo.
TI secondo procedimento è la deduzione, che dal principio e dalla
legge vuole discendere al fatto, da un giudizio uni¬ versale andare ad un
giudizio particolare; cosi, per usare l’esempio precedente, se dico
partendo da un principio noto: tutti i processi psichici hanno come
carattere essenziale la coscienza — i processi di volontà sono psichici —
dunque hanno come carattere essenziale la coscienza; compio un ra¬
gionamento deduttivo. In ogni modo tanto l’una quanto l’altra for ma di
ragionamento si imo formulare per mezzo del sillo ¬ gismo, che si
può di conseguenza considerare come la forma più semplice ed elementare
del raziocinio. Aristotile è l’inventore della teoria del
sillogismo (da auXXéYO) raccolgo), che egli cosi definisce: Il sillogismo
è un discorso nel quale, poste alcune cose, un’altra cosa ne risulta
necessariamente, per questo solo che quelle sono poste : £uXÀo- Ytopòs S
è èoxi Xóyo; èv (Ti xe&évxwv xivwv, gxepóv xi x&v xeipivwv
àvàyxrjs oupPaivec x(7> xaOxa efvai, ossia: quando si parte da due
proposizioni, di cui l’tina afferma una pro¬ prietà data appartenente a
tutta una classe d’oggetti, e l’altra afferma che uno 0 più oggetti appartengono
a quella classe, si passa ad una terza proposizione nella quale la
pro¬ prietà suddetta è attribuita anche a questi ultimi casi.
La parola sillogismo si legge già in Platone, ma sola¬ mente nel
significato generale di ragionamento; Aristotile le diede il significato
speciale che tuttora conserva; il prin¬ cipio fondamentale su cui esso
posa consiste in questo, che ciò che è contenuto nel genere è pure
contenuto nella specie. Inoltre dalla definizione aristotelica derivano
al sillogismo i seguenti caratteri : che l’illazione o conclusione derivi
dalle premesse, che derivi necessariamente, e che enunci cosa di¬
versa da quella che è enunciata nelle premesse. Ogni sillogismo
comprende due premesse, Ttpoxxoei? 0 U7to9, last;, ed una conclusione,
aupxépaopa, cosi detta perchè unisce i due termini estremi, ulpaxa. Nelle
premesse entrano tre termini, Spoi, il termine maggiore, xò pec^ov Sxpov,
il termine minore, xò gXaxxov fixpov, il termine medio, péao; 5po;
che non entra mai nella conclusione, ma serve a pro¬ durla, e jleve
invece entrare in ciascuna delle due premesse. Di queste l’una si chiama
premessa maggiore 0 contiene il predicato della proposizione che fa da
conclusione, l’altra di¬ cesi premessa minore e contiene il soggetto
della conclusione. Aristotile considera come il tipo del raziocinio
e il solo perfetto quello di sussunzione (subsumtio) nel quale
appunto due idee sono poste nella dipendenza come di specie a ge¬
nere, di cosa individuale a legge generale. Cosi nel noto sil¬ logismo
; Tutti gli nomini sono mortali Pietro è uomo
Dunque Pietro e mortale l’idea Pietro, termine minore è posta
in dipendenza (subsu- mitur) di mortale, termine maggiore, la sussunzione
si opera per mezzo del termine medio uomo. Le regole del
sillogismo, secondo la logica tradizionale, sono otto, delle quali
quattro si riferiscono ai termini, e quattro alle proposizioni.
1°. Il sillogismo non può avere più di tre termini: ter¬ ni ìnus
esto triple:/', meclius, maiorque minorque. Se in un sillogismo vi
fossero due termini medi invece duino solo, si avrebbero come premesse
due giudizi che non avrebbero termine comune, dalle quali nessuna
illazione, o solamente un’illazione erronea potrebbe deri\aie, ciò
appare cosi nel caso che i due termini medi siano diversi nel
signi¬ ficato come nel caso che, differenti nel significato, sieno
iden¬ tici nel nome, come chi dicesse: borsa è una costellazione,
ina l’orsa vive nelle selve, dunque una costellazione vive nelle
selve. 2°. I termini maggiori e minori non debbono essere
presi nella conclusione più universalmente che nelle premesse:
latius Ima quarn praemissae conclusi o non vult. Se i termini
maggiori o minori fossero presi nella con¬ clusione più universalmente
che nello premesse, si avrebbe allora un ragionamento che andrebbe dal
particolare all’uni¬ versale, non dall’universale al particolare, come è
richiesto dalla natura stessa del sillogismo; tale errore è
manifesto nell’esempio seguente : gli empi sono nocivi alla società
_ alcuni scienziati sono empi — dunque gli scienziati sono
nocivi alla società. 3°. Il termine medio non deve entrare
nella conclusione: nequaquam medium capiat conclusio oportct.
Questa regola deriva dal carattere fondamentale del sil¬ logismo esposto
più sopra; non la osserverebbe chi dicesse per es. : Napoleone fu un
grande statista — Napoleone fu un grande generale — dunque Napoleone fu
un grande sta¬ tista e un grande generale ; qui non si è fatto altro che
riu¬ nire le due premesse, facendo una proposizione composta, non
una conclusione vera e propria. 4°. Il termine medio dev’essere
preso almeno una volta universalmente : aut semel aut iterum meclius
generaliter esto. Questa regola vieta che il termine medio sia
preso tutte e due le volte particolarmente, non potendo allora
seguirne alcuna conclusione o solo una conclusione erronea ; così
dalle premesse: le piante sono corpi organici — gli animali sono
corpi organici, non si potrebbe dedurre altro che la conclu¬ sione
seguente: gli animali sono piante; e similmente dalle premesse: alcuni
filosofi sono materialisti, alcuni filosofi sono spiritualisti,
seguirebbe la conclusione: alcuni spiritualisti sono materialisti.
5°. Non si concliiude negativamente da premesse afferma¬ tive: ambae
affirmantes nequeunt generare negantem. In fatti se le premesse
sono affermative, dicono che i termini maggiore e minore convengono col
medio e quindi convengono tra loro, escludendo la conclusione opposta
a questa. Errerebbe chi dicesse per esempio: il giudice dev’es¬
sere imparziale — il tale e giudice — dunque non dev’es¬ sere
imparziale. G°. Non si conchiude da premesse negative: utraque
si praemissa neget, nihtt inde sequetur. Se confrontiamo il
termine maggiore e il minore col medio e vediamo che non convengono con
esso, non è pos¬ sibile affermare nè che convengano, nè che non
convengano fra loro. Quale conclusione si può, per esempio, trarre
dalle due premesse seguenti: l’animale non è eterno _ l’uomo
non è eterno? oppure da queste altre: l'acqua non è un corpo
semplice — la cellula non è un corpo semplice? 7°. Non si conchiude
da premesse particolari: vii seguitar geminis ex partici/iaribus
unquam. Per questa regola vale la dimostrazione che abbiamo
data per la seconda regola sui termini. 8°. La conclusione segue la
parte più debole delle pre¬ messe: peiorem sequitur semper canclusio
partem. I logici chiamano parte più debole la proposizione negativa
rispetto all affermativa, la particolare rispetto all’universale;
perciò la regola suona in questi termini: se una delle premesse è
negativa, la conclusione è negativa; se una delle premesse è particolare,
la conclusione è particolare. Nel primo caso una delle premesse
afferma che uno dei termini conviene col medio, l’altra premessa afferma
che l’altro termine non conviene col medio; donde si deduce fa¬
cilmente che i termini minore e maggiore non convengono fra loro; cosi se
affermo che logico conviene con uomo, ma che libero dall’errore non conviene
con nomo, i due termini estremi: logico e libero dall’errore non
convengono evidente¬ mente fra loro: Nessun uomo è libero
dall’errore Tutti i logici sono uomini Dunque nessun
logico è libero dall’errore. Pel secondo caso vale la dimostrazione
che si è data per la seconda regola sui termini. 3. Le figure
e i modi del sillogismo. — Il sillogismo categorico è quello in cui le
premesse e quindi anche la con¬ clusione sono giudizi categorici, o
fungono come giudizi ca¬ tegorici: secondo il posto che il termine medio
occupa nelle premesse il sillogismo categorico presenta quattro ligure,
che indicando con la lettera M il termine medio, con P il ter¬ mine
maggiore, con S il termine minore, sono le seguenti : 1° MP
SM ' SP Il termine medio fa da soggetto nella
premessa mag¬ giore, da predicato nella minore, come nell’esempio:
I martiri della scienza onorano l’umanità Molti uomini sono stati
martiri della scienza Molti uomini onorano l’umanità. Il
sillogismo della prima figura è per Aristotile il tipo più perfetto del
ragionamento deduttivo, perchè va dalla causa all’effetto, dalla legge al
fenomeno, dalla condizione al con¬ dizionato; la sua validità dipende da
queste due regole, che la maggiore sia sempre universale e la minore
affermativa. 2° PM SM SP Nella
seconda figura il termine medio fa da predicato nelle due premesse;
inoltre la premessa maggiore dev’essere universale, e una delle premesse
deve essere negativa; es.: Nessuna scienza è corruttrice Ogni
oscenità è corruttrice Nessuna osceuità è scienza. 8° MP
MS SP Nella terza figura il termine medio fa da
soggetto nelle due premesse; la premessa minore dev’essere affermativa
e la conclusione particolare; es.: Nessuna frode è
nobile Ogni frode è atto di ragione Qualche atto di ragione non è
nobile. 4° PM MS SP Nella
quarta figura il termine medio fa da predicato nella premessa maggiore,
da soggetto nella minore; es. : Tutti i romboidi sono
parallelogrammi Nessun parallelogrammo è un trapezio Nessun
trapezio è un romboide. Quest’ultima figura è stata da Averroè
attribuita al medico Oaleno, mentre le prime tre furono stabilite
da Aristotile. Però si nega generalmente che possa esservi una quarta
figura, o almeno si ammette che questa si può ridurre con molta facilità
ad una delle precedenti. Oltre alle figure si sogliono distinguere
nella logica i m° 09S > a sillogismo dialettico, che, per
provare la verità, discute il prò e il contro e serve di preparazione
alla scienza. Il sofisma, oó^tapa, da oo;pf£o|i.ai o sillogismo
eristico (eristica da ip££nrticolare dall’universale-, provare
scientificamente significa dimostrare le ragioni in forza delle quali
l’afferma¬ zione ha valore incontestabile; tali ragioni si ritrovano
solo nell universale. La sillogistica diviene cosi il nucleo
centrale della logica aristotelica e della logica tradizionale fino
ai nostri giorni. I punti fondamentali di questa dottrina sono i
seguenti : L illazione è la derivazione d’un giudizio da due altri;
poiché in un giudizio un concetto (il predicato) viene affer¬ mato d un
altro concetto (il soggetto). Tale affermazione è valida solo quando il
legame avviene per mezzo d’un terzo concetto, il termine medio, il quale
deve però avere coi due primi una certa relazione, espressa in due
giudizi, cioè nelle due premesse; 1 illazione consiste appunto in quel
processo del pensiero, il quale dalle relazioni tra un unico
concetto e due altri, vuole manifestata la relazione che corre fra
questi due ultimi concetti. Delle relazioni possibili fra concetti
una se ne trova alla quale la logica aristotelica, conforme ai suoi
principi, ha posto speciale attenzione: quella della subordinazione
del particolare al generale. La sillogistica vuol conoscere le condizioni
del pensiero, per le quali con l'aiuto d’un termine intermedio, può
determinare se la subordinazione d’un con¬ cetto ad un altro può aver
luogo o no. Aristotile ha dato a questo problema una risoluzione feconda
di ottimi risul¬ tati; in essa consiste il merito imperituro della sua
sillogi¬ stica, ma anche il limite del valore di questa. Per
mezzo della deduzione, così determinata, la mente umana può solo
acquistare cognizioni meno generali di quelle più generali dalle quali
sono tratte. Qui appare il carattere (limitato) del concetto che gli
antichi si erano formato in¬ torno alle qualità essenziali del pensiero,
il quale può solo abbracciare e spiegare la realtà data, non creare nuove
ve¬ rità. Perciò la scienza che deduce, prova e spiega poteva di
nuovo dedurre ciò, che in un sillogismo serviva da premessa, come
conclusione d’un sillogismo più generale; alla fine però deve partire da
premesse che non possono più essere nè de¬ dotte, nè provate, nè spiegate
e neppure essere ricondotte al termine medio; la verità di esse è quindi
immediata (ìpsoa), indeducibile, non suscettibile di prova,
inspiegabile e consiste in quei principi più generali e forniti di
im¬ mediata certezza, che costituiscono il punto di partenza delle
operazioni scientifiche. (*) 2. La sillogistica aristotelica
nell’antichità e nel me¬ dio-evo. — Già sin dall’antichità, qualche
secolo dopo la morte di Aristotile, avvenuta nel 332 a. Cr. sorsero
dubbi e discussioni vivaci intorno al valore del sillogismo; tra i
critici più notevoli a questo proposito troviamo Cameade di Cirene
(214-129 a. C.) e Sesto Empirico, vissuto intorno al 200 dell’era
volgare. p) Windelband, Qeschichte der PhUosophie, png. 110 e sgg.
Mohr, Tubingen] Cameade, che è annoverato fra gli scettici della seconda
Accademia, insegnava che non si poteva fondare nessuna dottrina sicura nè
sopra il senso per le apparenze fra loro contrarie e inconciliabili, nè
sopra la ragione, perchè in tutto ciò che forma oggetto di ragionamonto,
si può ugualmente provare il prò e il contro; egli dimostrava pure che
ogni prova rende necessario un « regressus in infinitum », giacché
per la validità delle sue premesse presuppone altre prove; e questa
conseguenza era importante per gli scettici, i quali non ammettevano
verità immediate, come abbiamo visto che le ammetteva Aristotile.
Più radicale di Cameade è il medico Sesto Empirico, il quale dice
che il vero scettico sottopone ad esame qualsiasi affei inazione, reca il
dubbio in ogni cosa e si astiene tanto dall affermare quanto dal negare;
egli fa un’analisi spietata del sillogismo, il quale non riesce per nulla
ad estèndere il campo delle nostre cognizioni, poiché non serve a farci
pas¬ sare da una verità nota ad una vorità ignota. Ecco le
parole di Sesto Empirico nel suo capitolo contro la logica d’Aristotile
contenuto nell’opera intitolata « Uoibo- VSÌat U7tOTU7ttt)a£l£ » .
Quelli che dicono: Ogni uomo è mortale Socrate è un
uomo Dunque Socrate è mortale, per provare quest’ultima
proposizione per mezzo della prima commettono un circolo vizioso (e: C
xòv 5t’ ianin touol)» poiché ammettono che tutta la certezza della
prima propo¬ sizione non può derivare che da un’induzione di casi
parti¬ colari dello stesso genere di quelli che s’affermano nella
con¬ clusione. Infatti se, prima d’enunciare la proposizione gene¬
rale: «ogni uomo è mortale, noi non siamo già convinti della verità di
tutte le proposizioni particolari che essa contiene, non si potrebbe
ragionevolmente ammetterla per vera ». Di qui egli conclude che
nessun sillogismo o catena di sillogismi potrà mai farci conoscere
qualche cosa di diverso da ciò che prima già sapevamo, e che la
deduzione, ben lungi d’essere la forma tipica e più corretta del
ragionamento, non è che un artificio sofistico atto a mascherare la
nostra ignoranza e a far passare come prova delle nostre opinioni
le nostre stesse opinioni espresse sotto altra forma. Nel Medio Evo
fin quasi verso la metà del secolo XII la logica aristotelica si studiava
assai più nelle opere dei commentatori, che negli scritti originali,
pochissimi dei quali erano conosciuti; però Aristotile è considerato come
il filosofo che ha raggiunto il limite estremo della sapienza — il
maestro di color che sanno — come lo chiama il Divino poeta, e quindi, il
giudice inappellabile della verità; donde la frase « ipse dixit »
foggiata probabilmente dall’arabo Aven'oè(112(1-111*8) «che il gran
comento féo» considerato come il più illustre commentatore dello
Staggita, che egli chiama « regola e modello, creato dalla natura a
mostrare l’ultima perfezione umana, la cui dottrina è la somma verità,
poiché il suo intelletto segua il limite dell’umano intelletto».
Ma già durante il Rinascimento incomincia una forte opposizione
contro la logica aristotelica, specialmente per opera di Bernardino
Telesio (1508-1588), che vuol fondare la scienza della natura sopra
l’esperienza, e accusa Aristotile di aver voluto spiegare la realtà con
ipotesi arbitrarie; e di Francesco Patrizi (1529-1597). Gli Umanisti
affermavano ri¬ solutamente, come fecero più tardi Giordano Bruno,
Bacone da Verulamio e Renato Cartesio, che la sillogistica dev’es¬
sere amplificata e perdere il predominio tradizionale; che il sillogismo
è incapace di farci acquistare nuove cognizioni ed è una forma del
pensiero infruttuosa. 3. Francesco Bacone e G. Stuart Mill. —
Francesco Ba¬ cone (15G1-1626) considera la scienza come lo strumento
e il mezzo più efficace per volgere le forzo della natura al¬
l’utilità degli uomini e per dare all’osservazione dei fatti naturali un
carattere imparziale ed oggettivo, combatte la dottrina tradizionale e
intende di offrire un nuovo metodo nella sua opera capitale Instauratio
magna scientiarum, che comprende due parti distinte : la prima intitolata
De digni- tate et augmentis scientiarum, la seconda Novum organimi
in opposizione all’Organo di Aristotile. Egli combatte aspra¬ mente il
sillogismo aristotelico, attribuendo all’induzione, il nuovo organo,
l’ufficio più importante nella ricerca delle nuove verità scientifiche;
sostiene che il sillogismo è viziato profondamente da una petizione di
principio, poiché se la conclusione non è vera, non è vera neppure la
premessa mag¬ giore; in questa critica Bacone s’accorda quindi coi
filosofi precedenti, specialmente con Sesto Empirico. L’idea
fondamentale della logica, quale è stata conce¬ pita dallo Stuart Miti
(1806-1873), consiste nel ricondurre la logica ai fatti e all’esperienza,
affinchè possa diventare una scienza come le altre, ossia abbia per
oggetto le cose quali sono; essa diventa «la scienza delle operazioni
intel¬ lettuali che servono all’estimazione della prova, cioè del
pro¬ cedimento generale che va dal noto all’ ignoto, delle
operazioni ausiliarie di codesta operazione fondamentale», è insomma
una logica reale che ha per oggetto i fatti e non le idee. La
teoria del sillogismo è profondamente trasformata nella dottrina
del^Mill. Anzitutto egli dichiara che .ogni sil¬ logismo, considerato
nella sua forma ordinaria, contiene una petizione di principio; così
(piando si dice: Tutti gli uomini sono mortali, Socrate
è un uomo Socrate è mortale la conclusione è presupposta
nella premessa maggiore; noi non possiamo essere sicuri della mortalità
di tutti gli uomini, se prima non siamo sicuri della mortalità di ciascun
uomo; se si dice che la mortalità di Socrate è dubbia prima
d’essere estratta dalla premessa maggiore, questa è colpita pure di
incertezza e non può per conseguenza servire a legittimare la conclusione.
Il principio generale, ben lungi dal provare la verità del caso
particolare, non può essere accolto come vero, se rimane l’ombra d’un
dubbio sopra uno dei casi che esso contiene. Quindi nessun ragionamento
dal generale al particolare può, come tale, provare qualche cosa, giacché
da un principio generale non si possono dedurre che i fatti
particolari supposti conosciuti da quel principio. Pertanto sembra
che il sillogismo ci fornisca ogni giorno la conoscenza di verità non
ancora constatate o stabilite; vi sarebbe dunque in esso la possibilità
di trarre inferenza, possibilità disconosciuta e quasi soffocata da
formule artifi¬ ciali; infatti è incontestabile che la seguente
proposizione: il duca di Wellington è mortale, deve considerarsi come
un’inferenza: ma si può trarla da quest’ultra proposizione: tutti gli
uomini sono mortali? Bisogna rispondere di no. L’errore che qui si
commette dipende dal fatto che si di¬ mentica che nel procedimento
filosofico vi sono due opera¬ zioni e due parti, quella dell’ inferenza e
quolla dell'abbre¬ viazione e che si attribuisce alla seconda la funzione
della prima. Infatti che cos’è, una proposizione generale? Non è
altro che un registro abbreviato delle nostre osservazioni e delle
inferenze che ne abbiamo dedotte; quando dalla morte di Giovanni, di
Pietro, e di tutti gli individui dei quali abbiamo sentito parlare
concludiamo che il duca di Wel¬ lington è mortale, noi non possiamo senza
alcun dubbio pas¬ sare per la proposizione generale: tutti gli uomini
sono mortali, come passeremmo per una stazione intermedia; però
l’inferenza non risiede in questa metà del cammino che va da tutti gli
uomini al duca di Wellington; essa è fatta (piando noi abbiamo osservato
che tutti gli uomini sono mor¬ tali. La garanzia della mortalità del duca
di Wellington è la mortalità di Giovanni, di Pietro, di Giacomo e di
tutti gli altri uomini a noi conosciuti ; dal fatto che tra il
primo e l'ultimo stadio del ragionamento noi interponiamo una
proposizione generale, la prova come tale non riceve alcun
giovamento. Quale è dunque la vera funzione del sillogismo?
Tutte le inferenze primitive si fanno dal particolare al
particolare; per esempio il bambino che, essendosi bruciato il dito,
si guarda bene dall’accostarlo alla candela, ha ragionato e con¬
cluso, benché non abbia mai pensato il principio generale: il fuoco
brucia; egli si ricorda del dolore provato, e fondan¬ dosi su questa
attestazione della memoria, crede che, quando vede la candela, se pone il
dito sulla fiamma, si brucierà ; egli n ensa ciò in tutti i casi simili
che gli si offrono, senza guardare più in là del caso presente; non gener
ali zza, ma i nferisce un fatto particolare da un altro fatto particolare
. Le proposizioni generali sono quindi semplici registri abbre-
viati di inferenze già fatte e formule assai concise utili per dedurne
altre. Bisogna perciò dire non già che la conclu¬ sione del sillogismo è
dedotta dalla premessa maggiore, ossia dalla proposizione generale, ma solo
conformemente a questa; la premessa reale, o, meglio, l'antecedente
logico della con¬ clusione, è la somma dei fatti particolari, dalla quale
l’in¬ duzione ha estratto la proposizione generale. Noi abbiamo
potuto dimenticare questi fatti individuali; ci resta però sempre al
posto di essi una breve annotazione, un memo¬ randum, che, rammentandoci
che certi caratteri sono sempre legati a certi altri caratteri, ci
permette di passare dalla presenza degli uni all’esistenza degli altri.
Ma realmente l’inferenza ha luogo partendo dai fatti dimenticati e
con¬ densati nella formula generale al fatto particolare di cui si
tratta; il sillogismo quindi è essenzialmente un’inferenza dal
particolare ni particolare, la quale ha il suo fondamento e quasi la sua
autorizzazione in un’inferenza anteriore dal particolare al generale ; la
conclusione è ritrovata nella pre¬ messa maggiore, na non è provata da
questa. (’) 4. Altre obbiezioni contro il sillogismo. — Un altro
celebre filo¬ sofo inglese, Herbert Spencer (1820-1904) muove pure aspra
critica al sillogismo. Egli dice che noi non ragioniamo mai per sillogismi,
e che se vi sono verità che sembrano stabilirsi per mezzo dello due
premesse, ve ne sono altre che richiedono un procedimento o più semplice
o piii complesso, come le affermazioni elementari che inseriamo
spontaneamente, senza ricorrerò ad alcun termine inter¬ medio, e le
conclusioni che deduciamo da un sistema di numerosi o svariati rapporti.
Ma nuche ristretto entro limiti più modesti, è il sillogismo la forma
vera del ragionamento? Sia il sillogismo seguente: Tutti i
cristalli hanno un piano di clivaggio Questo è un cristallo
Dunque ha un piano di clivaggio. Quosta serie di proposizioni
esprime forse l’ordine voro nel quale i nostri pensieri si succedono per
produrre la conclusione? Si può sostenere che prima di pensare a questo
cristallo, io ho pensato a tutti i cristalli e sono disceso dal generalo
al partico¬ lare? Vi sarebbe qui una coincidenza fortuita e affatto
inesplica¬ bile, poiché l’idea di questo cristallo ha dovuto precedere la
mia concezione di tutti i cristalli, ed è quindi uno degli clementi
della conclusione che mi ha suggerito uno degli elementi generali
della premessa maggiore. (!) Liart>, Lee ìogìciens
auglais contetnporains, pag. 24. F. Alcali] Se per evitare l’obbiezione, si
imita il posto delle premesse, si può sempre affermare che prima di
pensare alla proposizione generale: tutti i cristalli hanno un piano di
clivaggio, io ho già scorto in questo cristallo tale proprietà; è vero
che le mie espe¬ rienze anteriori mi determinano a riconoscere la
proprietà indicata nel caso particolare, ma il ricordo delle esperienze
passate non s'offre al mio spirito prima che io abbia osservato il caso
indivi¬ dualo; esso hanno lasciato in me la tendenza a considerare,
nel cristallo in questione, il piano di clivaggio piuttosto che
qualunque altro attributo; di qui io sono portato a pensare alla
proposizione generale che mi suggerisce la proposizione particolare, e da
quella ritorno a questa. Quindi ogni deduzione incomincia con un
rapporto inferito spontaneamente, ed ogni inferenza è ossenzialmente
indut¬ tiva. Al ragionamento dal particolare al particolare, secondo
il concetto del Mill, si può ricondurre la deduzione, diminuendo
con¬ tinuamente il numero dei fatti affermati e osservati ; esso è a
mela cammino fra le due forme di ragionamento, è quasi la comune
ra¬ dice donde ambedue partono. Oltre allo obbiezioni mosse
al sillogismo dal Mill, dallo Spencer e dai loro discepoli, pei quali la
logica si riduce alla teoria del¬ l'Induzione e dolla prova sperimentale,
e il sillogismo nd un'indu¬ zione mascherata, vi sono altre obbiezioni di
filosofi che, senza pro¬ porre le radicali riforme propugnate dai primi,
pure s'accordano con questi nel condannare la logica d’Aristotile, per
sostituirvi un sistema nuovo e più conforme alla verità scientifica.
Questi affer¬ mano che il sillogismo è una tecnica delle relazioni dei
concetti, cioè serve a rendere più chiare le relazioni che corrono fra le
nostre idee, e che il principale strumento della ricerca è sempre
l’induzione. In conclusione le obbiezioni che si movono al
sillogismo si possono ridurre essenzialmente a due principali:
1°. Il sillogismo non ci dà nella conclusione nulla di nuovo.
2". Pur affermando la novità della conclusione, si nega a que¬
sta il carattere di novità scientifica, poiché l’inferenza dal parti¬
colare al particolare non può offrire che conclusioni probabili, o in
alcuni casi, false; nel sillogismo classico: Gli uomini sono
mortali lo sono uomo Io sono mortale la conclusione non
contiene più di verità che la premessa maggioro; secondo i logici della
scuola dello Stuart Mill, bisognerebbe dire: Gli uomini del tempo passato
sono morti, Io sono uomo Dunque è probabile ch'io
muoia. La metodologia è la seconda parte della logica, che ha per line di
determinare le regole riguardanti la ricerca e la prova delle verità
scienti¬ fiche. Il metodo (da |i£xà e éòój, via) abbraccia quindi
lo studio dei mezzi coi quali lo spirito umano estende ed ordina le
sue conoscenze; donde la distinzione in metodo inventivo, che esamina i
procedimenti e le operazioni del pensiero per le quali dalle cognizioni
note si passa a quelle ignote; e metodo sistematico (da auv-:oxT]p.t,
pongo insieme) che invece studia le forme con le quali le cognizioni
vengono ordinate in un complesso di cui le singole parti abbiano tra
loro relazione e dipendenza reciproca. Per rendere più chiara tale
distinzione osserviamo l’esempio della psicologia ; questa scienza adopra
nelle sue ricerche, ossia ne)l' estender e le sue conoscenze, due
strumenti essenziali che sono Vintrospezione od osservazione interna e
Vosservazione esterna, cui vanno unite V indagine sperimentale e la
misura 1, al secondo ufficio, cioè a quello sistematico, la psicologia
soddisfi con la defini¬ zione del processo psichico, per distinguerlo
dagli altri feno¬ meni naturali, con la classificazione in fatti di
conoscenza, di sensibilità, di volontà ecc. Però bisogna
osservare che la logica tratta soltanto delle nozioni metodologiche
generali, di quelle operazioni che si presentano come indispensabili in
ogni singolo ramo di scienza ; non v’è scienza che possa fare a meno
della de¬ finizione e della classificazione e dei procedimenti più
sem¬ plici e più generali. Inoltre il metodo di ogni parte del
sapere comprende un certo complesso di particolarità, che solo gli
specialisti hanno il dovere di conoscere e di appli¬ care nelle loro
indagini; così al chimico soltanto spetta di apprendere tutto
quell’insieme di particolari procedimenti che sono propri della chimica,
l’uso degli strumenti, le pre¬ cauzioni da osservarsi quando si osserva e
si sperimenta ecc. Questo compito, come è facile comprendere, sta fuori
del dominio della logica. Considerando la storia dello
sviluppo delle scienze, si può constatare che il metodo non si
costituisce a priori, ma piuttosto si deduce dalle scienze stesse quando
abbiano rag¬ giunto un certo grado di progresso; anzi si può ben
dire che il metodo si trova non di rado in ritardo rispetto al
cammino che percorre la scienza, nello stesso modo che ve¬ diamo i
trattati dell arte poetica essere in generale l’espres¬ sione ritardata
dell’arte contemporanea. Ed è facile com¬ prendere la causa di questo
fatto, la quale dipende da ciò, che il perfezionamento delle regole
metodiche è dovuto per lo più alle intuizioni e alle scoperte dell’uomo
di genio, per cui vediamo Galileo, Newton, Claudio Bernard, Darwin
por¬ tare alle teorie logiche contributi preziosi, che poscia di¬
vengono indicazioni e guida indispensabile per gli scienziati
posteriori. Ad ogni modo lo studio delle operazioni metodiche, quan¬
tunque spesso il ricercatore si affidi, con molta cautela, al suo buon
senso naturale e trovi qualche volta nel caso un utilissimo ausiliario,
disciplina e regge la nostra intelligenza, abbrevia il tempo della
ricerca e ci fa conoscere più pro¬ fondamente l’organismo e il valore
della scienza. « Quelli che camminano lentamente, dice Cartesio, possono
percorrere un buon tratto di strada, se sanno tenere la via dritta
assai più di quelli che corrono qua e là allontanandosene ». 2. Il
sapere scientifico. — Il sapere scientifico inco¬ mincia a sorgere quando
un popolo raggiunge un certo grado di civiltà ed ha il suo fondamento in
un bisogno pratico della vita. E assai probabile che ogni scienza sia
derivata da un’arte corrispondente, la medicina dall’arte di
medicare comune anche ai popoli selvaggi, l’astronomia dalle
esigenze della navigazione, e forse anche la matematica ha
attraver¬ sato nel suo inizio un periodo, nel quale le verità
acquisite venivano considerate come conoscenze utili e derivavano dalle
necessità inerenti alla costruzione delle case, alla misurazione dei
campi ecc. In questo primo momento cogni¬ zioni pratiche e conoscenze
teoriche formavano una sola e identica cosa; cosi da principio in una
persona si riunivano strettamente diversi uffici, il medico, lo stregone,
il mago, il sacerdote, che doveva combattere le malattie, molte
delle quali pel loro carattere epidemico e violento suggerivano
facilmente l’idea di uno o di più principi malefici che s’introducevano
nel corpo, donde la necessità di ricorrere, per cacciarli, all’aiuto di
forze sovrannaturali. Con molta lentezza, quantunque non ancora
completamente, la divi¬ sione del lavoro sociale e la conoscenza delle
leggi naturali hanno separato queste funzioni tra loro discordanti,
distin¬ guendo lo stregone dal sacerdote e il medico dall’uno e
dal¬ l’altro. L’opinione ora dominante consiste nel
considerare la teoria come fondamento indispensabile delle applicazioni
pratiche, pur rimanendo l’uua e le altre indipendenti tra loro;
perciò vediamo che chiunque voglia oggidì dedicarsi all’arte della
medicina, deve prima d’ogni altra cosa apprendere le scienze, come
l’anatomia, la fisiologia, l’embriologia ecc., le cui co¬ noscenze
applicherà poi nelle malattie che dovrà curare. Di qui la distinzione tra
le scienze teoretiche e le scienze pra¬ tiche-. le prime tendono alla
cognizione pura e hanno tra¬ sformato il mezzo in fine, acquistando
coscienza d’una fina¬ lità propria, la quale consiste nella spiegazione
della natura, cioè d’una massa enorme di fenomeni che l’uomo vuole
or¬ dinare razionalmente e spiegare per mezzo di leggi; le se¬
conde invece si fondano sopra le scienze per applicarne i risultati ai
vari scopi che l’uomo o la società possono pro¬ porsi di raggiungere, e
perdono quindi il vero carattere di scienza. In questo modo, con lo
svolgersi della conoscenza, il lavoro scientifico si è a mano a mano
diviso in due grandi parti: alcune discipline s’occupano esclusivamente
della teoria ed altre della pratica; quasi in ogni ramo del sapere la
parte teorica si è venuta staccando nettamente dalla parte pra¬
tica. A noi spetta di considerare solo le scienze teoriche, ossia le
scienze nel senso più esatto e meglio determinato della parola. Se
si considera una scienza qualsiasi, la fisica o la chimica, la botanica o
la zoologia, si scorge senza difficoltà che esse hanno di mira non
-la conoscenza dei singoli corpi e dei singoli esseri e fe¬ nomeni
separati e distinti completamente gli uni dagli altri ma fatta eccezione,
come si vedrà in seguito, della storia,’ tendono a raggiungete concetti
generali, i caratteri che le cose hanno comuni, ciò che si ripete nei
fenomeni, ossia la c/usse, la legge. Vediamo qualche esempio, per chiarir
meglio il vero significato di queste osservazioni e le proprietà
di¬ stintive di una delle produzioni più mirabili dell’umano in¬
telletto, quale è la scienza. Lo studio del regno animale ha per
fine precipuo di pre¬ sentare in modo compiuto e ordinato un quadro
compren¬ dente tutti gli esseri viventi nella natura; e raggiunse
la meta dividendoli e suddividendoli in gruppi, in classi, se¬
condo 1 caratteri comuni a ciascuna di queste, in mammiferi, in uccelli,
in pesci ecc. La psicologia considera i processi psichici non in quanto
sono individuali, ma in quanto sono generali; essa non osserva, per
esempio, questo o quel de¬ terminato atto volontario, questa o quella
determinata serie di percezioni, ina vuole stabilire i caratteri generali
dell’atto volontario e della percezione. In fine la fisica mira a
stabi- iire non come cada questo o quel corpo, ma la legge gene-
rale della caduta dei corpi, ossia come, date le attuali con-' ( izioni
dell universo, la caduta dei corpi. si ripeta in quel dato modo ovunque e
in ogni tempo. Però il concetto di scienza non è sempre stato lo
stesso, giacche vediamo che, ad esempio, gli antichi avevano di
essa un opinione assai diversa da quella che ha valore nell’epoca
nostra. 1 Per spiegare l’ordine che ammirava nell’universo,
Ari- statile ricorse alla nozione di essenza, di forma, di tipo-,
eoli pensa che la costituzione effettiva delle cose risulti di
due fattori : i°. I tipi immateriali, che tendono
costantemente a rea¬ lizzarsi nella materia, ed hanno, a quel che pare,
un’esistenza eterna ed ininterrotta; cosi il tipo « quercia comune »
guerci,s rmir esiste, ed io son certo che ad ogni momento vi è
nell’universo almeno un esemplare individuale della quercia co¬
mune. 2°. La materia, che subisce l’influenza dei tipi
immate- • riali, si lascia muovere e ordinare da essi, opponendo
però una certa resistenza, di guisa che dove maggiore è la quan¬
tità di materia, ivi è più viva la resistenza di questa ad assumere la
forma dei tipi, e minore appare quindi l’ordine : perciò nei cieli eterei
l’ordine è perfetto; invece ''nella re¬ gione sublunare o della materia
bruta vi è molta irregola¬ rità e disordine. I tipi sono
dunque eterni, permanenti e si riproducono nella materia docile e
resistente nel medesimo tempo. ■ L’epoca nostra non ha accettato
questa dottrina, della quale ha messo in rilievo gli errori e le
conseguenze assurde ; essa non ammette nè la costanza dell’ordine, nè
l’esistenza di .irregolarità risultante dall’opposizione della
materia. Infatti, come già abbiamo detto, i tipi naturali,
mine¬ rali, vegetali, animali non sono permanenti, ma vanno sog¬
getti a continue trasformazioni; il nostro sistema solare sap¬ piamo
essere la trasformazione d’una nebulosa, la terra essere stata un tempo
un anello gassoso, poi una sfera liquida, la flora e la fauna terrestre
aver avuto un principio, essersi arricchite successivamente e non aver
cessato di trasformarsi. L’ordine è certamente una delle qualità che
appaiono in modo più spiccato a chi osserva e studia i fenomeni
dell’uni¬ verso; può anche darsi che sia di questo uno degli
elementi essenziali; ma, ben lungi dall’essere costante, è soggetto
a mutazioni e a trasformazioni. In secondo luogo la scienza
moderna nega che vi siano fenomeni contrari alle leggi naturali, che
esistano deviazioni, anomalie risultanti da ima resistenza più o meno,
grande della materia; poiché anche nelle mostruosità e nei casi pa¬
tologici le leggi non soffrono eccezioni ; cosi se scorgiamo una piuma
salire verso l’alto invece di tendere al centro della terra, non
affermiamo certo essere questo fatto un’ in¬ frazione della legge di
gravità. In conclusione, una scienza è un sistema di verità e
di cognizioni generali, che sono dovute ad un lavoro metodico dello
spirito e della riflessione razionale dell’uomo. “ Il popolo greco ha
diritto a più d’un titolo di gloria: a lui, o almeno ai suoi grandi geni,
era concesso di fare i più brillanti sogni speculativi, di creare con la
poesia e le arti plastiche capo- lavoii incompaiabJi; ma vi è un altra
creazione dello spirito greco, che si può dire non solo incomparabile, ma
unica. Noi possiamo oggi gloriarci del predominio che esercitiamo sulla
natura grazie alla conoscenza che abbiamo acquistato delle sue leggi;
ogni giorno i nostri sguardi penetrano sempre più addentro, se non
nell'essenza delle cose, certo nel succedersi dei fenomeni; questi
trionfi a chi son dovuti, se non ai creatori della scienza greca? 1
legami che in tale materia uniscono l’opera moderna ai tempi antichi sono
bene evidenti. A Iato ad un immaginazione creatrice d’una ricchezza
mi- ìabile il Gieco possiede uno spirito del dubbio sempre vigile,
che esamina tutto freddamente; e non sosta davanti ad alcuna
audacia; ad un irresistibile bisogno di generalizzare si congiunge
un’osser¬ vazione così attiva e penetrante da non lasciare sfuggir la
più leggera sfumatura; una religione che accordava piena
soddisfazione ai bisogni del cuore, senza per nulla impedire la libera
azione di una intelligenza che minacciava o anche distruggeva lo sue
crea¬ zioni. Aggiungansi numerosi centri intellettuali aventi ciascuno
il piopiio emettere, 1 attrito continuo delle forze che escludeva
ogni possibilità di stagnazione, un’organizzazione politica e sociale
elio frenava i desideri vaghi e puerili della gente mediocre, senza
met¬ tere in serio pericolo lo slancio degli spiriti superiori: tali sono
i doni naturali e le condizioni favorevoli che hanno dato allo
spirito greco la preminenza e gli hanno concesso di porsi e di
mantenersi al primo posto nel dominio della ricorca scientifica „.
(') 4. La classificazione delle scienze. — Ora che abbiamo v
isto che cos è una scienza, possiamo chiederci quale rela¬ zione colie
fra le diverse scienze; poiché, volendo queste of¬ frirci la conoscenza
dell’universo, ossia d’un complesso di fenomeni connessi gli uni cogli
altri, non si può negare che tra esse vi sieno legami e relazioni. Di qui
la necessità d’una classificazione delle scienze, che è stata tentata
fino dall antichità e che forma anche ai nostri tempi oggetto di
discussione. Aristotile ammette una scienza fondamentale, la
filosofìa prima, '-fùcoCfix npwTTj, avente per oggetto la realtà
ul¬ tima e 1 essenza immutabile delle cose, alla quale sono su¬
oi Gojipebz] bordinate tutte le scienze, cioè la teoretica, la quale
comprende la matematica, la fisica, la storia naturale, la pratica,
che corrisponde alla morale, e la poetica, ossia l’estetica.
Francesco Bacone (1560-1626) ha tracciato una classi¬ ficazione
delle scienze fondata sulla sua teoria delle facoltà dell'intelletto
riducibili a tre principali, che sono: la me¬ moria, l’immaginazione, la
ragione; dalla prima facoltà deriva la storia, che può essere civile e naturale',
dall’immagina¬ zione deriva la poesia, che può essere narrativa,
drammatica e parabolica; infine sulla ragione è fondata la filosofia,
la quale ha un triplice oggetto: Dio, la natura, l’uomo; donde la
teologia, ossia la scienza che tratta di Dio, degli angeli, e dei
demonii; la filosofia naturale che comprende la meta¬ fisica, la fisica e
la matematica; la filosofia umana o antro¬ pologia, che contiene la
medicina, la psicologia, la logica ecc. Comte, fondatore della filosofia
po¬ sitiva, è l’autore d’una celebre classificazione delle scienze,
che esporremo qui brevemente. Egli ha diviso prima di tutto il sapere,
per rispetto al fine che questo può proporsi, in teo¬ retico e pratico.
Alla loro volta le scienze teoriche si possono considerare sotto un
doppio aspetto: o ricercano leggi vale¬ voli per tutti i casi possibili,
come le matematiche e la fisica, e allora sono generali e astratte ;
oppure applicano tali leggi alla spiegazione dei vari esseri esistenti in
natura, e sono particolari, descrittive, concrete. Per esempio, lo studio
delle leggi generali della vita è oggetto d’una scienza astratta,
la biologia ; mentre il determinare il modo d’esistere di cia¬ scuna
specie di esseri viventi mediante le leggi scoperte dalla biologia, dà
luogo a scienze concrete, quali sono la bo¬ tanica e la zoologia; queste
ultime quindi sorgono dopo e per effetto delle prime. Le
scienze astratte sono enumerate dal Comte nell’or¬ dine seguente :
matematica, fisica, chimica, biologia, socio¬ logia ; e una tale
divisione non è arbitraria, ma fondata sopra diverse e importanti
ragioni. Anzitutto il Comte osserva che i fenomeni si
presentano alla nostra osservazione in una serie di generalità
decre¬ scente e di complessità crescente, poiché ciascun ordine di
fenomeni è meno generale di quello che lo precede, ma più complicato;
infatti, per poter osservare un fenomeno in un maggior numero di casi,
bisogna spogliarlo (estrarlo) da un maggior numero di circostanze, e
inversamente un fe¬ nomeno che conserva un maggior numero di circostanze,
si riscontra meno frequentemente; anche in questo caso la comprensione e
Y estensione stanno ira loro in ragione inversa, come abbiamo osservato a
proposito dei concetti subordinati. Cosi i ienomeni tisici sono meno
generali, ma più complessi di quelli matematici; i fenomeni chimici meno
generali ma più complessi di quelli fisici. Inoltre questa
scienza è gerarchica, poiché ciascuna scienza presuppone quella che la
precede e ne dipende, al¬ meno nei tratti essenziali, non potendosi
studiare il fenomeno più complesso senza conoscere quello più semplice,
la fìsica senza la matematica, la chimica e la biologia senza le
scienze precedenti. Inoltre la serie è storica, nel senso che
le scienze sor¬ sero 1 una dopo l'altra nell’ordine indicato. Qui non
bisogna confondere il sorgere, il costituirsi delle singole scienze
col loro sviluppo. La classificazione del Comte è
strettamente legata al suo sistema di filosofia, al positivismo, e non è
possibile ac¬ cettare la prima rifiutando il secondo. Si può ben dire
che il problema della classificazione razionale della scienza è un
problema essenzialmente filosofico. In questi ultimi anni le
classificazioni delle scienze si sono moltiplicale; il problema ha
assunto un aspetto filosofico, e cia¬ scuno che si accinge a risolverlo,
è guidato dalle sue vedute filo¬ sofiche o scientifiche. Noi citeremo qui
due fra quelle classifica¬ zioni che hanno ora maggior voga, quella di
Guglielmo Wundt, e quella del Windelband, esaminandole brevemente nelle
loro linee generalissime, come quelle che rispecchiano due fra gli
indirizzi filosofici ora predominanti. Secondo il IPundt, se
si classificano le scienze secondo il loro oggetto, si è condotti, dato
lo stato attuale delle conoscenze, a di¬ stinguerne tre gruppi: lo
scienze matematiche, le scienze della natura, le scienze dello spirito.
Le matematiche sono puramente formali, lo scienze della natura e quelle
dello spirito sono reali. Le scienze naturali indagano il contenuto
dell’esperienza fa¬ cendo astrazione dal soggetto conoscente; mentre le
scienze dello spirito, che hanno come fondamento principale la psicologia,
stu¬ diano quei fenomeni, nei quali l’uomo, considerato come fornito
di volontà e di ragione, è un fattore essenziale: alle leggi dello
spi¬ rito debbono essere subordinate le leggi della natura, e la
causa¬ lità fisica è governata da leggi assai diverse da quelle che
gover¬ nano i fenomeni psichici; poiché, mentre nel mondo fìsico si nota
pur nel variare delle sue energie, una rigidità immutabile, il mondo
dello spirito invece manifesta un continuo accrescimento d’energia,
dovuto al fatto che ogni processo psichico è una sintesi, un pro¬ dotto
affatto nuovo fornito di proprietà che invano si ricercano negli elementi
che lo compongono. Inoltre in ciascuno di questi due gruppi bisogna
distinguere: 1° lo scienze che hanno per oggetto la scoperta di
leggi che reggono i fenomeni attualmente dati dall'esperienza, scienze
feno¬ menologiche ; 2° le scienze che studiano le cose nella
loro genesi, scienze genetiche ; 3° le scienze che,
considerando non piu i mutamenti passeg¬ geri ma gli oggetti o almeno i
risultati durevoli, determinano per comparazione le relazioni di queste
cose, ne formano concetti di¬ stinti e riuniscono questi concetti in
sistemi, scienze sistematiche. Di qui il soguente quadro:
1° scienze formali: matematiche. 2° scienze
scienze naturali se. fenomenologiche : fisica,
chimica, fisiologia, se. genetiche : Mimologia, geologia, scienza doll'crolu-
lionc degli organismi. se. sistematiche: mineralogia, holanica,
zoologia. reali scienze se. fenomenologiche
: psicologia. dello se. genetiche: storia.
spirito se. sistematiche: diritto, economia politica.
(') Il Windelband e il Jlickert distinguono le scienze
naturali, quali la fisica, la chimica, la psicologia, che studiano le
relazioni tra i fenomeni, le quali sono date da giudizi universali e
necessari, ossia da leggi, e sono quindi scienze rette da leggi; e le
scienze sto¬ riche, quali la meteorologia, la geologia, la storia, che
studiano la realtà considerata sotto l’aspetfo individuale e si limitano
a stabi¬ lire una pura successione di fatti, sieno essi naturali o
morali. La storia considera un organismo collettivo per sé stesso, come
qualche cosa d’individuale, di particolare, d’unico, mirando a rilevare
i 0) Wundt, Einleitung in die rhilosophie, E rate r Theil,
Leipzig, Engel- mann] caratteri che lo distinguono da tutti gli altri
organismi collettivi ; ingomma, un gruppo d’individui, una famiglia, una
nazione, lino stato sono esseri concreti al pari degli individui, e sotto
questo aspetto deve osservarli la storia, che non è altro che la scienza
del particolare, doli' individuale, di ciò che non esiste che una
volta sola e non si ripete mai. Quindi, mentre le leggi naturali
s’appli¬ cano ai fenomeni che si ripetono sempre nella stessa maniera
e non variano essenzialmente nelle loro manifestazioni, invece
nella vita storica non è possibile in alcun modo stabilire leggi simili
a queste, che si possano applicare tanto all’avvenire quanto al
passato, appunto perchè non esistono due individualità storiche
identiche, due avvenimenti che si possano ricondurre sotto la medesima
legge generalo. Gli avvenimenti storici non costituiscono se non serie
di fatti che si sono prodotti una sola volta nel corso del tempo e
non si riprodurranno mai più; e ciò è tutto l’opposto della nozione
di legge» che dà la formula dei fatti che si sono sempre prodotti e
sempre si riprodurranno: questa è la differenza essenziale ed im¬
portantissima che corre tra le scienze naturali e le scienze storiche. I
principali procedi¬ menti che il pensiero umano adopera per estendere le
nostre conoscenze, per passare dal noto all’ ignoto e che fanno
parte del metodo inventivo, sono: Vinduzione, la deduzione, l’analogia e
l'ipotesi. Il metodo induttivo c’insegna la via per risalire dai fatti
alle leggi, ossia, come s’è già accennato, ai rapporti costanti e
necessari tra due fenomeni, dei quali il primo dicesi causa e il secondo
effetto ; il primo mezzo per raggiungere questo scopo è
l’osservazione. L'osservazione si fa generalmente consistere in un
atto immediato del conoscere, nell’applicare il potere percettivo
alla constatazione dei fenomeni. Gli strumenti principali che adoperiamo
nell’osservare sono i sensi quando si tratta di fenomeni esteriori, la
coscienza quando vogliamo esami¬ nare processi interni, pei quali è però
sempre indispensabile anche l’osservazione esterna. I sensi
limitati e imperfetti ricevono un aiuto prezioso dagli strumenti
scientifici, i quali possono o aumentare il po¬ tere di percezione, come
il telescopio e il microscopio, o ren¬ dere più esatte le osservazioni che
noi facciamo, come i cro¬ nometri che permettono di misurare un secondo e
parti minime d’un secondo, oppure sostituirli ai sensi stessi,
quando i fenomeni da osservarsi sono fuggevoli e difficilmente
affer¬ rabili, come ce ne porge esempio la fotografia applicata
allo studio dei fenomeni celesti, o quando i fenomeni non pos¬ sono
essere da noi percepiti. Cosi la retina dell’occhio non è sensibile ai
raggi ultra violetti, dei quali invece rimane traccia sopra la lastra
fotografica. Però l’osservazione scientifica ha il suo fondamento es¬
senziale e la sua guida nella ragione, nell’ intelligenza la quale dirige
la ricerca, interpetra e classifica i fatti e ne trae le con¬ seguenze;
in una parola, è il buon osservatore che fa le buone osservazioni ; lo
spirito di chi indaga sempre vigile, attento anche ai ienomeni che
sembrano più insignificanti, paziente nel persistere nelle ricerche,
imparziale, cioè libero da qualsiasi pregiudizio, può giungere a
risultati e a scoperte di grande valore, come ce ne porge un mirabile
esempio il Galilei, che possedette in grado eminente l’ingegno critico; e
si deve solo a questo se dalle sue indagini intorno ai fenomeni na¬
turali seppe trarre conseguenze e cognizioni importantis¬ sime: il suo
metodo, come afferma egli stesso, si fonda tutto sulla sensata esperienza
non mai disgiunta dal ragionamento. Innumerevoli persone avranno senza
alcun dubbio osservato le oscillazioni della lampada sospesa nel celebre
Duomo, ma solo una mente severa e indagatrice come quella del
Galilei poteva da quel fatto avere il primo impulso a stabilire ri¬
gorosamente le leggi del pendolo. L’osservazione dev’essere quindi
esatta, cioè fedele e scrupolosa: bisogna raccogliere il maggior numero
di fatti, nulla omettere e nulla aggiungere. A questo fine occorre
che l’osservatore sia fornito d’un ricco corredo di cognizioni, af¬
finchè non si lasci sfuggire quelle indicazioni minuziose che spesso
collegano tra loro fenomeni i quali in apparenza non presentano nulla di
comune, e possa compiere un’analisi com¬ pleta del fenomeno considerato,
che solo uno spirito acuto, provvisto di profonda cultura, sereno, libero
di preconcetti è in grado di compiere. È inoltre necessario che
l’osservatore determini chiaramente la scelta dei fatti che prende per
sog¬ getto dei suoi studi, giacché tutti i fatti non hanno lo
stesso valore, ma alcuni conducono più agevolmente allo scopo,
altri invece ne allontanano, e i fenomeni che la natura ci presenta
sono innumerevoli, e tra essi la mente umana deve sapersi muovere con
grande discernimento. In conclusione, se è vero che quando i fatti
che servono di base al ragionamento siano male stabiliti o erronei tutto
l’edi¬ ficio rovinerà e le teorie scientifiche fondate sopra di quelli
saranno false, è però innegabile che nelle buone qualità e nella
perspicacia dello spirito risiede la condizione più pre¬ ziosa per una
buona osservazione. Cosi, per citare un esempio, alcuni astronomi prima
di Guglielmo Herschell avevano visto una stella nella costellazione dei
Gemelli, e l’avevano presa per una stella fissa; ma l’Herschell non
s’arrestò alle os¬ servazioni superficiali dei predecessori : esaminò la
qualità della luce, l’ingrandimento che presentava al telescopio, e
conchiuse che non poteva essere una stella fìssa; osservò quindi il suo
spostamento e dapprima io paragonò con quello delle comete e vide che non
coincideva; lo paragonò con quello dei pianeti e, confermando l’ipotesi
già formata, con¬ chiuse che era un nuovo pianeta, chiamato poscia
Urano. Il Galilei così descrive con somma finezza la grande
ricchezza della natura nel produrre i suoi effetti: “ Nacque
già in un luogo assai solitario un uomo dotato da natura di un ingegno
perspicacissimo e d’una curiosità straordi¬ naria; e por suo trastullo
allevandosi diversi uccelli, gustava molto del loro canto, e con
grandissima maraviglia andava osservando con che bell'artifizio, colla
stess’aria colla quale respiravano, ad arbitrio loro formavano canti
diversi o tutti soavissimi. Accadde che una notte vicino a casa sua sentì
un delicato suono, nè poten¬ dosi immaginare che fosse altro che qualche
uccelletto, si mosse per prenderlo, e, venuto nella strada, trovò un
pastorello, che sof¬ fiando in certo legno forato, e movendo le dita
sopra il legno, ora serrando ed ora aprendo certi fori che vi erano, ne
traeva quelle diverse voci, simili a quelle d'un uccello, ma con maniera
diver¬ sissima. Stupefatto e mosso dalla sua naturai curiosità, donò
al pastore un vitello per avere quello zufolo, e ritiratosi in sè
stesso, e conoscendo che, se non si abbatteva a passar colui, egli
non avrebbe mai imparato che ci erano in natura due modi da formar
voci e canti soavi, volle allontanarsi da casa, stimando di poter
incontrare qualche altra avventura. Ed occorse il giorno seguente che,
passando presso un piccolo tugurio, sentì risonarvi dentro una simil
voce, e per certificarsi se era uno zufolo o pure un merlo, entrò dentro
e trovò un fanciullo che andava con un archetto, eli ei teneva nella man
destra, segando alcuni nervi tesi sopra un certo legno concavo, e con lo
sinistra sosteneva lo strumento e vi andava sopra movendo le dita, e
senz'altro fiato ne traeva voci diverse e molto soavi. Or qual fusse il
suo stupore, giudichilo chi pnrticipa dell’ingegno e della curiosità che
aveva costui, il quale vedendosi sopraggiunto da due nuovi modi di formar
la voce ed il canto, tanto inopinati, cominciò a credere ch’altri an¬
cora ve ne potessero essere in natura. Ma qual fu la sua mara¬ viglia quando,
entrando in certo tempio, si mise a guardare dietro la porta per veder
chi aveva sonato, e s’accorse che il suono era uscito dagli arpioni e
dalle bandelle nell'aprir la porta! Un'altra volta spinto dalla
curiosità, entrò in un’osteria, e credendo d’aver a vedere uno che
coll’archetto toccasse leggermente le corde di un violino, vide uno che,
fregando il polpastrello d'un dito sopra l'orlo d’un bicchiere, ne cavava
soavissimo suono. Ma quando poi gli venne osservato che le vespe, le
zanzare e i mosconi, non come i suoi primi uccelli col respirare,
formavano voci interrotte, ma col velocissimo batter dell'ali rendevano
un suono perpetuo, quanto crebbe in esso lo stupore, tanto si scemò
l’opinione ch’egli aveva circa il sapere come si goueri suono; nè tutte
l’esperionze già ve¬ dute sarebbero state bastanti a fargli comprendere o
credere che i grilli, giacché non volavano, potessero non col fiato, ma
con lo scuoter l’ali cacciar sibili cosi dolci e sonori. Ma quando ei si
cre¬ deva non poter esser quasi possibile cbe vi fossero altre
maniere di formar voci, dopo l’avere, oltro ai modi narrati, osservato
an¬ cora tanti organi, trombe, pifferi, strumenti da corde, di tante e
tante sorte, e sino a quella linguetta di ferro, che sospesa fra i
denti, si servo in modo strano della cavità della bocca por corpo
della risonanza e del fiato pel veicolo del suono; quando, dico, ei
cre¬ deva di aver veduto il tutto, trovassi più che mai rinvolto
nell’igno¬ ranza e nello stupore nel capitarli in mano una cicala, e che
né por serrarle la bocca, nè per fermarle l’ali poteva nè pur
diminuire il suo altissimo stridore, nè le vedeva muovere squame nè
altra parte, e che finalmente alzandole il casso del petto, e
vedendovi sotto alcune cartilagini dure, ma sottili, e credendo cbe lo
strepito dorivasso dallo scuoter di quelle, si ridusse a romperle per
farla chetare, e tutto fu invano, sinché, spingendo l'ago più a dentro,
non 10 tolse, trafiggendola, con la voce la vita; sicché neanche
potè accertarsi se il canto derivava da quelle; onde si ridusse a
tanta diffidenza del suo sapere che, domandato come si generavano i
suoni, generosamente rispondeva di sapere alcuni modi, ma che teneva per
formo poterveue essere cento altri incogniti ed inopi¬ nabili.
“ lo potrei con altri esempi spiegar la ricchezza della natura nel
produrre suoi effetti con maniere inescogitabili da noi, quando 11
senso e l'esperienza non lo ci mostrasse, la quale anco talvolta non
basta a supplire alla nostra incapacità “ Il Saggiatore. Un altro
mezzo efficacissimo nel raccogliere i fatti è Vesperimento, che consiste
nel riprodurr e artificialmente i fenomeni natnrali, per poterli stud
iare nelle c ondizioni p iù fa vorevoli . I vantaggi che lo sperimentare
offre sopra l’osservazione pura e semplice si possono ridurre ai
seguenti : a) I fenomeni che lo sperimentatore può procurarci
sono più numerosi di quelli offerti dalla pura osservazione natu¬
rale, potendo esso ripeterli e moltiplicarli a sua volontà. Però l'esperimento
non si può estendere a tutti quanti i fe¬ nomeni dell’universo, e molti
di essi non si possono in alcun modo riprodurre. Cosi Galileo potè
osservare due volte il più straordinario e il più misterioso tra i
fenomeni celesti: l’ap¬ parizione e l’estinzione totale di stelle fisse,
che vincevano in splendore tutte le altre stelle e i pianeti: anzi una di
esse si vedeva in pieno mezzogiorno. Fenomeni di questo genero sono
assai rari e si sottraggono naturalmente alla prova
dell’esperimento. b) I fenomeni forniti dall’esperimento sono
spesso più chiari, più evidenti ed hanno un valore dimostrativo
assai maggiore di quelli forniti dall’osservazione, giacché, mentre
la natura procede sinteticamente, e in un medesimo essere si riscontra
una moltitudine d’esseri, in un effetto una molti¬ tudine d’effetti; l’
esperimento invece separa questi elementi, isola que sti effetti, pres
enta un fenomeno separato dai fe no¬ meni concom itanti, rendendone qui
ndi più facile l’esame. Cosi ! osservazione della caduta dei corpi, quale
si prosoma in natura, è difficile o dà risultati assai scarsi; mentre
studiando tale fenomeno come si produce colla nota macchina
d’Atwood, tutti gli elementi e le circostanze di esso si possono rile¬
vare con precisione. c) Lo sperimentatore può variare
indefinitamente il gruppo delle cause insieme agenti, e raccogliere con
tal mezzo più fàcilmente gli indici rivelatori dei rapporti di cau¬
salità, e ottenere anche fenomeni nuovi, che in natura non si possono constatare,
come la caduta dei gravi nel vuoto, la liquefazione dell’idrogeno e
dell’ossigeno. Come è fàcile scorgere, anche nello sperimentare, se
si vogliono ottenere buoni frutti, il predominio spetta sempre al
potere discernitivo della ragione ; anche in questo campo, come in quello
dell’osservazione pura, la natura non rivela i suoi secreti e le sue
leggi se non al ricercatore illuminato e guidato dalla luce
dell’intelligenza. 3. La ricerca della causa. — U osservazione e 1
’esperi¬ mento si possono denominare operazioni preparatorie, in
quanto servono quasi a fornire il materiale, il complesso dei fenomeni,
che verranno poi elaborati dall’ induzione per trarne le leggi generali ;
quest’ultimo compito, che ha nella scienza un’importanza essenziale e ne
è il fine più alto, pro¬ cede anzitutto dalla ricerca della causa.
Vediamo quindi di chiarire il concetto di causa, soggetto di tante
discussioni tanto nella filosofia quanto nella scienza dei tempi
nostri. Il principio razionale di causalità consiste
nell’afferma¬ zione che « nell’universo ogni fenomeno ha una causa »
. Quindi allorché si presenta un nuovo fenomeno, ossia quando
nell’universo ha luogo un mutamento qualsiasi, dobbiamo considerarlo come
la conseguenza, la continuazione, la tra¬ sformazione d’un fenomeno
anteriore. Noi diciamo che esiste un rapporto causale tra due fenomeni,
quando li conside¬ riamo cosi strettamente legati l’uno all’altro, che
quando è dato il primo, l’altro si presenta inevitabilmente. Perciò
mentre nel significato volgare la causa si restringe a indi¬ care il
fenomeno antecedente d’un altro fenomeno, a designare ciò che produsse
una cosa o un fatto, invece nel significato scientifico i due termini
causa ed effetto sono correlativi, l’uno non può sussistere senza
l’altro, e il passaggio, la transizione dal fenomeno antecedente al
fenomeno conse¬ guente apparisce come il punto vitale, il « proprium quid
» della causalità. Si giunge così ad affermare l’identità della
causa e dell’effetto, a considerarli come due manifestazioni
d’un’identità fondamentale, benché differenti nel tempo. In conclusione,
si può dire collo Stuart Mill che « la causa è la somma delle condizioni
positive e negative, che, essendo date, sono seguite da un conseguente
invariabile ». Cosi, quando esprimiamo la legge biologica generale:
Vaumento eli temperatura produce un’azione eccitante su tutti i
processi vitali, vogliamo indicare che se è dato l’aumento della
tempelatura, n ® se £ ue > invariabilmente il crescere dell’energia e
della ìapidità del movimento in un essere vivente. 4. Valore del
principio di causa. - Il principio di causa e una ipotesi che è accertata
solo fino ad un certo punto e si può sostenere che non si potrà mai avere
una verifica- zinne completa del principio di causalità per mezzo
del- 1 esperienza. Il principio di causalità stabilisce un ideale,
che pei la nostra coscienza non potrà mai avverarsi.
Anzitutto 1 esperienza non può mai dimostrarci che vi sia tra i
fenomeni una continuità assoluta ; giacché in tutte le evoluzioni che noi
possiamo seguire, si trovano sempre /acune, differenze non spiegate.
Quando si sarà spiegato il passaggio dal fenomeno A al fenomeno B
scoprendo ]’ inter¬ mediario k, si avranno due questioni invece di una:
come si spiega il passaggio da A a k e quello da k a B? In
secondo luogo l’esperienza non ci palesa nessuna ri¬ petizione assoluta,
la quale sarebbe una condizione necessaria per applicare la legge di
causa. Anche quando noi siamo convinti che A è la causa di B, non avremo
con ciò il di¬ ritto di applicare questo principio ai casi futuri, se non
nel caso che ci rappresentiamo A sempre in modo identico; il che
avviene solo in maniera approssimativa, giacché vi sono sempre circostanze
accessorie, gradazioni infinite, le quali lanno sì che una data
situazione non si possa mai riprodurre due volte nell’identica forma. Ciò
è vero non solo pei feno¬ meni organici, psichici e storici, dove le
condizioni e gli elementi sono assai numerosi, ma anche nel mondo
inorga¬ nico: la ripetizione assoluta è un ideale. In terzo
luogo la serie delle cause è infinita precisamente come sono infiniti il
tempo e lo spazio. Ogni arresto nella nostra investigazione è sempre
fortuito o arbitrario; e poiché secondo il principio di causa, ogni causa
diviene alla sua volta effetto, il volersi fermare ad una causa prima
sarebbe come un contraddire a quel principio; se anche nelle
ipotesi più ardite siamo costretti di fermarci ad un certo punto,
questo non è che un limite di fatto-, noi concludiamo sempre con un punto
d'interrogazione, giacché in virtù del principio di causa, vi è sempre un
nuovo problema da porre e da risolvere. Perciò si può dire in un certo senso
che nessun fenomeno è completamente spiegato. In realtà però
si può sostenere che, anche ammettendo il pensiero dell’ Hurne che noi
non percepiamo mai la causa, ma solo una successione, tuttavia per un
numero estesissimo di fenomeni la successione è inevitabile e continua,
come do¬ vremmo attenderci se il principio di causa fosse vero. (’)
5. Evoluzione del concetto di causa. — L’idea di causa ha una
origine interna, soggettiva, ci è suggerita dalla nostra attività mo¬
trice. Un essere, che per ipotesi fosse puramente passivo e vedesse o
sentisse successioni esterno costanti, non potrebbe avere alcuna idea
della causalità. Tutti i fatti di attività mentale che si mani¬ festano
per mezzo di movimenti contribuiscono a far sorgere in noi l'idea empirica
di causa, come azione transitiva e conio muta¬ mento; tra essi quello più
importante è la coscienza dello sforzo f. muscolare, ossia la coscienza
d'un complesso di sensazioni prove¬ nienti dalle articolazioni, dai
tendini, dai muscoli, dalle variazioni della respirazione ecc.; e la
coscienza dello sforzo consiste sovrat- tutto nella coscienza AeW'effetto
prodotto, alla quale s’aggiunge T idea confusa d’una creazione che emana
da noi, d’una capacità che noi abbiamo di produrre un fatto nuovo. Noi
estendiamo poscia questa capacità individuale e soggettiva di modificare
la nostra persona e le cose, a ciò che ci circonda, giacché in forza
d’una tendenza istintiva l’uomo suppone intenzioni, volontà, una
causa¬ lità analoga alla propria in ciò che intorno a lui agisce o reagisce,
nei suoi simili, negli esseri viventi e in quelli clic pei loro movi¬
menti simulano la vita, come le nubi, le acquo correnti ecc. È questo il
periodo del feticismo primitivo elio s'osserva in tutte le mitologie e in
tutte le lingue; se ne scorgono ancor oggi le trnccie noi fanciulli, nei
selvaggi, negli animali, per es. nel cane che morde la pietra che lo
colpisce, e anche neH’uomo civile, quando tornando ad essere per un
momento un uomo primitivo, va in col¬ lera contro una tavola elio lo
urta. Dalla concezione popolare, pratica, esteriore della
causalità che deriva dal fatto, che ogni mutamento suggerisce all’uomo
nor¬ male che no è testimonio la credenza invincibile in un agente
noto o ignoto che lo produce, si passa al secondo periodo, che
inco¬ mincia colla riflessione filosofica e si sviluppa col lento
costituirsi delle scienze. Questo cammino si può riassumere nel seguente
modo: ( l ) Hoffding, Psychologie, p. 282. F. Alcan, 1900.
CAPITOLO IX. 97 si spoglia a poco a poco
la nozione di causa del suo carattere sog¬ gettivo, umano, senza che si
arrivi totalmente a raggiungere questa meta ideale; si riduce il
carattere essenziale di tale nozione a un rapporto fisso, invariabile,
costante tra un antecedente e un conseguente determinati; si scorge nella
causa e nell'effetto non altro che due aspetti o due momenti d’nn solo e
medesimo pro¬ cesso, il che alla fino equivale all'affermazione d’una
identità.. (') 6. I quattro metodi sperimentali di G. Stuart Mill.
— Come abbiamo già detto, la scienza non bì ferma alla con¬
statazione e alla descrizione dei fenomeni, ma tende come ad ultimo fine
alla ricerca delle cause, e quindi delle leggi; queste ultime consistono
in rapporti invariabili di succes¬ sione tra i fenomeni, e la causa non è
altro che l'antece¬ dente invariabile dell’effetto; quindi la ricerca
della causa e quella delle leggi costituiscono in ultima analisi un
unico problema, o almeno due problemi tra loro indissolubilmente
congiunti, e la soluzione del primo conduce in modo facile alla soluzione
del secondo. Il problema della ricerca della causa si può
esprimere nel modo seguente; « fra una moltitudine di rapporti di
suc¬ cessione, trovare un rapporto di causalità». Ogni fenomeno che
cade sotto i nostri sensi ha per antecedente non solo il fenomeno che ne
è la causa, ma altri fenomeni a questo con¬ comitanti, e in simile
maniera ha per conseguenti non solo il suo effetto, ma altri fenomeni
concomitanti di tale effetto. Quindi il problema da risolvere consiste
nel saper distinguere con esattezza il fenomeno causa tra gli antecedenti
che non sono causa, oppure tra i conseguenti che non sono effetto
il fenomeno che è veramente effetto. Se i fenomeni, invece di
prodursi riuniti in aggregati più o meno complessi, costi¬ tuissero una
serie unilineare, noi comprenderemmo con grande facilità che ogni
fenomeno è causa di quello che segue, ed è effetto di quello che lo
precede; ma la roaltà delle cose è diversa, e bisogna quindi ottenere per
mezzo della ragione ciò che non ci è dato direttamente dalla na¬
tura: ossia bisogna mediante il ragionamento sperimentale (i)
Kibot, L’évolutìon des idée» generai*», p. 202 e Bgg. F. Alcan] in mezzo al
complesso dei fenomeni isolare il fenomeno causa e il fenomeno effetto. I
quattro metodi induttivi messi innanzi dallo Stuart Mill servono in parte
a questo scopo; essi sono il metodo d’accordo, il metodo di differenza,
il metodo delle variazioni concomitanti e quello dei residui.
1°. Metodo d’accordo. — Il canone di questo metodo è il seguente:
Se due o più casi d’un fenomeno concordano in una sola circostanza,
sempre presente, questa è la causa, del fenomeno. Sia da
ricercare la causa del fenomeno a accompagnato dai fenomeni ab, preceduti
dai fenomeni ABC, nòe diconsi antecedenti, ABC conseguenti; se in un
secondo esperimento s’ottiene il gruppo ode, preceduto dal gruppo ADE, si
può concludere che A ò causa di a. Infatti non si può affermare che
siano B o C la causa di a, perchè nel primo esperimento questi mancano ed
a invece vi appare ; per una ragione identica non si possono considerare
come causa nò D nè E. Esempio: più corpi in circostanze differenti,
entrano in fu¬ sione e si volatilizzano parzialmente, quando sono
sottoposti ad una forte temperatura: la fusione e la
volatilizzazione dei corpi hanno dunque evidentemente per causa il
calore, unica circostanza comune. Metodo di differenza. — Il
canone di questo metodo è il seguente: Se un caso nel quale il fenomeno
si verifica, e un caso nel quale non si verifica, hanno in comune
tutte le circostanze meno una, questa presentandosi solo nel primo
caso, la circostanza per la quale sola i due casi differiscono, è la
causa. Se in un primo esperimento si ottiene il gruppo dei
con¬ seguenti abe preceduto dal gruppo degli antecedenti ABC e in
un secondo esperimento si ha il gruppo he preceduto dal gruppo BC, si può
conchiudere che A è causa di a. La di¬ mostrazione in questo caso è assai
semplice. Esempio: Tutte le volte che la pressione atmosferica si
esercita nella camera barometrica, il mercurio si eleva nel tubo
.barometrico: sop¬ primiamo questa pressione facendo il vuoto: se vediamo
il mercurio scendere, la causa cercata sarà il peso dell’aria; cosi
pure in tisiologia la funzione d'un nervo si può stabilire con
precisione, quando, tagliato il nervo, cessa la funzione. Metodo delle
variazioni concomitanti. — Il canone suona così: Un fenomeno clie varia
in una certa maniera tutte le volte che un altro fenomeno varia nella
stessa ma¬ niera, è una causa di questo fenomeno. Se in un
primo esperimento abbiamo abc preceduto da ABC e se in un secondo
esperimento facendo variare A vediamo che varia pure a, diciamo che il
primo è causa del secondo. Variando ad esempio la quantità di
calore in un corpo, osserviamo il variare concomitante della sna
dilatazione; e giungiamo così a porre la legge che il calore dilata i
corpi; il calore (antecedente) si assume come causa della dilata¬
zione (conseguente). 4° Metodo dei residui. — Il canone è il
seguente: Sot¬ tratta da un fenomeno la parte che si sa per induzioni
an¬ teriori essere l’effetto di determinati antecedenti, ciò che
resta fra i conseguenti sarà effetto di quello fra gli antece¬ denti che
si è trascurato. Supponiamo che si abbiano gli antecedenti ABC e
i conseguenti abc. Per induzioni precedenti sappiamo che causa di b
è B e che causa di c è C; resterà che causa di a sia A. Con questo
metodo l’odore sparso nell’aria dall’elettri¬ cità guidò a scoprire
l’ozono; così pure, poiché il movimento d’Urano si spiegava nel suo
insieme per mezzo di cause note, le irregolarità di questo movimento
formavano un re¬ siduo che, determinato con precisione, condusse il
Leverrier alla scoperta di Nettuno. Un bell’ esempio di questo me¬
todo è l’induzione con la quale Galileo trovò la causa del candore
cinereo della luna. Le cause possibili sono quattro, la luce del sole,
quella delle stelle, una luce propria, quella riflessa dalla terra; non
può essere la prima perchè si prova che quella parte della luna nella
quale si scorge il candore ci¬ nereo non è illuminata dal sole ; non la
seconda, perchè il can¬ dore cinereo si dovrebbe vedere anche nelle
ecclissi, il che non avviene, nè per la stessa ragione può essere la
terza. Quindi la luce riflessa dalla terra è la causa del candore
cinereo. 7. Osservazioni intorno ai metodi dello Stuart Mill.
— I quattro metodi sopra descritti, che hanno il loro fonda¬
mento comune nell 'eliminazione di tutte le circostanze che sono la vera
causa del fenomeno in questione, hanno per le ricerche scientifiche in
generale un’importanza relativa, la quale dev’essere ridotta nei suoi
giusti limiti, giacché ve¬ diamo spesso il fisico, il chimico, il
fisiologo ricorrere, nello stabilire esattamente la causa d’un fenomeno,
a mezzi diversi da quelli proposti dal celebre filosofo inglese.
Anzitutto è stato osservato giustamente che l’uso di questi metodi
induttivi presuppone due condizioni, che non sempre si verificano nella
realtà, ossia: « che ogni effetto fibbia una sola causa, e in secondo
luogo che gli effetti di ciascuna causa possano essere tenuti distinti dà
quelli delle altre ». Anche nella % r ita quotidiana noi osserviamo un
nu¬ mero considerevole di fenomeni, che possono essere prodotti d a
iiiii cause, tali sono per es. TI movimento, il calore, il piacei
e. la morte : in questi casi è quasi impossibile ridurre le esperienze in
formule così nette e precise, come quelle che sopra abbiamo rappresentato
per mezzo di lettere alfa¬ betiche, ed è molto difficile non omettere
qualcuno degli an¬ tecedenti tra i quali vi è la causa che si ricerca;
quindi si comprende facilmente come l a pluralità delle cause renda
difficile il metodo di concordanza, anche quando si moltipli¬ cano le
osservazioni e gli esperimenti. Cosi l’ignoranza del peso dell’aria
indusse i fisici ad attribuire al vuoto, o, meglio, come essi dicevano,
all’orrore del vuoto l'ascensione dell’acqua nelle pompe. La
seconda esigenza rende dubbio il metodo di diffe¬ renza; cosi nelle
esperienze fisiologiche i risultati ottenuti per mezzo della vivisezione
rimangono non di rado dubbi, giacché il fenomeno prodotto dalla
soppressione oppure dalla le¬ sione d’un organo, come sarebbe ad esempio,
il cervello, non è sempre da attribuirsi in tutto ad esse, mà è spesso il
contrac¬ colpo più o meno lontano prodotto dalla soppressione o dalla
le¬ sione d’un determinato organo sopra un altro, o anche sopra
l’insieme dell’organismo preso a soggetto d’esperieuza. Per questa
ragione le precauzioni e le cautele che deve prendere il fisiologo sono
rigorose e infinite, se non vuole cadere in errore. Un’altra
difficoltà, per citarne ancora una, si presenta quando avviene che più
cause insieme s’uniscano a produrre un medesimo effetto, come il salire
d’un areostato nell’atmo- slera, prodotto dal combinarsi dell’azione
della gravità con altre cause, che non si possono trascurare, se si vuol
dare uua spiegazione esatta del fenomeno; oppure quando la cau¬
salità è reciproca. Non osservando l a reciprocità delle cause, cadono in
errore quelli che sostengono essere il fenomeno economico la causa unica
e diretta del determinarsi degli altri fenomeni sociali, politici,
religiosi, giuridici, artistici e morali; mentre sono più nel vero quelli
che sostengono che i fenomeni sociali sopra indicati possano alla loro
volta eser¬ citare un’azione determinatrice sopra il fenomeno donde
hanno tratto l’origine; così è innegabile che se la produ¬ zione
economica stimola il movimento scientifico, questo alla sua volta con
l’invenzione di macchine, di strumenti ecc. stimola e rende più perfetta
la produzione economica. 8. Eccezioni apparenti del principio di
causa. — Vi sono due idoe, che pare si sottraggano all’universalità del
principio di causa o che malgrado lo sviluppo del pensiero scientifico
hanno tuttora molta forza; sono le idee del miracolo e del caso.
J1 miracolo, preso non nel significato religioso, ma nel signi¬
ficato etimologico più gouorale [mirari), è un avvenimento raro,
imprevisto, che si produce fuori oppure in opposizione del coreo
ordinario e naturale delle cose. Però esso non porta alla negazione della
causa intesa nel senso popolare, giacché suppone sempre un antecedente:
la Divinità, o una potenza ignota; ma ammette una derogazione al
determinismo, nega la causa nel senso scientifico; il miracolo sarebbe la
causa senza la legge. Per molto tempo nulla ò sembrato più naturale del
miracolo: nel mondo fisico l'appari¬ zione d'una cometa, le ecclissi e
altri feuomoni simili erano consi¬ derati come prodigi e presagi, e
tuttora sono causa d’inquietudine per molte persone; nel campo della vita
codesta credenza è più tenace; nel secolo XVII spiriti illuminati ammettevano
ancora gli errore s o lusus naturar, stimavano la nascita di mostri segno
di cat¬ tivo augurio ecc. Peggio avveniva nel campo della psicologia;
sono noti i pregiudizi, così diffusi nell'antichità, non ancora
scomparsi, intorno ai sogni profetici, al mistero onde si è circondato
per tanto tempo il sonnambulismo naturale o provocato e gli stati
analoghi. Infine anche nella vita sociale vi sono molti utopisti, cho pur
re¬ spingendo la realtà del miracolo, l'ammettono però con grande
facilità nell'ordine politico o ricostruiscono la società umana ab imis
fundanientis seguendo i loro sogni. (') L’idea di caso è più oscura
e controversa. Nel significato vol¬ gare esso è un avvenimento elle non
presuppone nè causa nè leggo, un'eccezione alla regola generale, secondo
la quale ogni fatto è un effetto. Molti pensano che il caso sia uua causa
reale, ma oscura e impenetrabile, un principio di disordine e di
confusione, che con irresistibile potenza agisce nel mondo a dritto e a
torto, produ¬ cendo ora con ostinazione capricciosa, una serio continua e
strana di avvenimenti, ora fenomeni isolati e mostruosi. Ma già
nell’an¬ tichità Aristotile, intravedendo la verità, scrisse: “ si dice
che al¬ cune cose avvengono per caso, altre no, pur sapendo che tanto
le prime quanto le seconde si possono spiegare riferendosi a qual¬
cuna delle cause ordinarie,. Anche Hume af¬ ferma essere il caso non
altro che l’ignoranza delle cause vere. Il Cournot, studiato
profondamente tale problema, dice die “ gli avvenimenti prodotti
dall’incontro o dalla combina¬ zione di altri avvenimenti che
appartengono a serie indipendenti le uno dalle altro sono chiamati
fortuiti o risultati del caso,. In¬ numerevoli sono gli esempi di questa
congiunzione o incrociamento di due o più serie di cause e di effetti,
indipendenti all'origine le uno dalle altre e non destinate per la loro
natura ad una influenza reciproca; cosi una serie di cause e d’effetti
conduce un viaggia¬ tore a prendere un determinato treno e una serie di
cause e d effetti totalmente distinti produce in un luogo e momento
deter¬ minato, un accidente che uccide il nostro personaggio.
Rappresen¬ tandosi con una linea continua la catena delle ragioni che
spiegano un fenomeno, se questa catena 6 attraversata da un’altra catona e
questa linea vioue tagliata da una linea che parte da un altro punto, il
risultato di tale intersezione è qualcosa di fortuito, un caso, che non è
altro quindi che l'incontro di due serie di cause non solidali, o non
presenta quel carattere di assurdità che si scorge in un fatto senza
causa, giacché suppone il concorso di più cause; si potrà dire con
maggior precisione che è un fatto senza legge. Tra la definizione del
Cournot e quella antica di Aristotile, come è stato osservato, ( s )
esisto una profonda analogia, e si può almeno diro che tanto per il primo
quanto pel secondo il fortuito consisto nell'incontro imprevedibile di
cause e d'effetti fino a quel punto indipendenti. l ) Ribot, op. eit., png. *210. (2' Da G.
Miltiaud e H. Piérox nella Heviie de Métapht/sique et de Morale. Dopo
che si è os¬ servato che a’ intenda per causa, è facile comprendere
che cosa s’intende per legge, sempre però nel campo delle scienze
che sono anche dette nomotetiche, appunto perchè mirano a stabilire
leggi. Quando noi esprimiamo giudizi universali, come i seguenti : tutti
gli uomini sono mortali, tutti i raggi luminosi che cadono sotto un
angolo di 30 gradi, sono riflessi sotto un angolo di 30 gradi; noi
vediamo tosto che essi fu¬ rono veri noi passato e saranno nell’avvenire
[manto nel pre¬ s ente . Quando il chimico dice che ogni combinazione
dello zolfo con l’ossigeno avviene secondo rapporti fissi di peso,
non si riferisce ad un momento, ad un giorno, ad un anno, ad un secolo,
ma Quindi nello stesso modo che davanti a giudizi di tal fatta è
lecito porre la parola sfM pg£ dominane, si può mettere anche la parola
sempre, la quale £ . richiamerebbe insieme col tempo presente anche
il passato ” e il futuro: sempre e dovunque le combinazioni di
zolfo o (l’ossigeno si sono fatte, si fanno e si faranno secondo
rap¬ porti fissi di peso. Però il tempo presente che si
adopera in queste propo¬ sizioni categoriche universali non deve essere
inteso nel senso che indichi una realtà permanente ed eterna',
giacché la scienza considera i fenomeni fìsici e chimici,
l’esistenza degli organismi viventi, le attività psichiche, gli
aggruppa¬ menti sociali, c ome semplici possibilità : ossia tutti questi
fe¬ nomeni sono, possibili sempre e doni nane, quando ne sian o
date le condizioni, non vuol già dire che siano perpetua- mente reali; la
quale affermazione evidentemente sarebbe erronea. Tediamo di dare le
ragioni di questo possibile * errore. Posso io dire in forma
di giudizio categorico: sempre e d ovunque i corpi si combinano secondo
rapporti fissi di peso? la combinazione dei corpi è una realtà
costante ed eterna ? No certo; la chimica non insegna forse che «ad
una certa temperatura tutte le attività chimiche sono sospese? Può
esservi stato nel tempo trascorso, potrà esservi nell’avvenire un periodo
di freddo universale nel quale alcuna combina¬ zione chimica non era e
non sarà possibile; bisognerebbe quindi esprimersi con maggior precisione
nel seguente modo: sempre e dovunque, se alcuni corpi si combinano, le
loro combinazioni avvengono secondo rapporti lissi di peso.'
Negli enunciati generali della fisica si può constatare un fatto
simile. Così la legge d’attrazione non si può espri¬ mere per mezzo
d’un’affennazione categorica ed universale come la seguente: tutti i
corpi si attirano; ma assai meglio e in modo più preciso in una forma
condizionale: sempre e dovunque, se due corpi pesanti sono soggetti,
senza causa perturbatrice o inibitrice, all’influenza che essi esercitano
l’uno sull’altro secondo le loro masse, la forza della loro at¬ trazione
è direttamente proporzionale al prodotto della massa e inversamente al
quadrato della distanza. L ’impenetrabilità ci mette in presenza
d’un problema analogo. A prima vista nulla di più categorico di questa
as¬ serzione: tutti i corpi nello spazio occupano un posto; che
cos’è un corpo? è un aggregato che ha un certo volume e una certa
stabilità; vi sono corpi, ve ne sono sempre stati e sempre ve ne saranno.
Eppure possiamo chiederci con ra¬ gione se la scienza non deve ammettere
come possibile uno stato dell’universo, nel quale ogni aggregato sarà
sciolto e gli elementi veri verranno separati e rimarranno indipen¬
denti. Non vi sarebbero quindi corpi percettibili per la nostra mano o per
le nostre bilance, non vi sarebbero più atomi o elettroni ; gli atomi e
gli elettroni sono essi impe¬ netrabili? lo sappiamo noi di vera scienza?
(*) (*) A. Isaville, La primauté des jngements condiiiunnels, “
Rovue philos.] In conclusione possiamo dire che alle leggi e ai teoremi
universali conviene non la forma categorica, ma la forma
condizionale, poiché espri m ono affermazioni relative a rap ¬
p orti e ad avveni menti consid erati solo come possibili, ossia
soggetti a determinate condizioni, le quali col tempo pos¬ sono anche
venir meno. 2. I caratteri della legge naturale. — Chiarito in
tal modo il concetto di legge naturale, possiamo chiederci: perchè
noi crediamo, anche sulla testimonianza d’un caso solo, che i casi futuri
saranno simili ai casi sperimentati? come da un certo numero di casi si
trae una legge e si estende a * r** 6 " tutti i casi omogenei
possibili? perchè, ad esempio, dopo r '“- y ' m - t, ’ z aver esperimentato
una o più volte che un corpo immerso in un liquido perde tanto del
proprio peso quanto è il peso del liquido spostato, il fisico passa a
stabilire la legge gene¬ rale: sempre e dovunque se un corpo è immerso
nell’acqua perde tanto ecc. ecc.? Il fondamento logico di
quest’affermazione è da ricer¬ carsi in un postulato, cioè in un
principio indimostrabile, c he dev’essere ammesso affinché la realtà
riesca comprensi¬ bile : tale postulato è quello deU.’uniformità
della indura, il quale è alla sua volta fondato sul principio dì causa
inteso nel senso che cause simili in condizioni simili producono
effetti simili e sul principio della conservazione della mate¬ ria e
dell’energia. Il postulato àe\Vuniformità della natura, la cui
esigenza era già stata compresa dagli antichi nell’espressione:
natura non facit saltus, non indica già che la realtà naturale è
costante e uniforme, ma che, pur essendo essa in perpetua evoluzione e
trasformazione, i mutamenti incessanti avven¬ gono secondo leggi costanti
e uniformi. Il principio della conservazione dell’energia, che dà
alla scienza contemporanea della natura il suo carattere proprio,
trova la dimostrazione più evidente nella chimica, la quale,
appoggiandosi a tale supposizione, confermata da un gran numero
d'esperienze, afferma che la somma delle particelle materiali o atomi
rimane sempre la stessa in tutti i muta¬ menti che la materia subisce.
Perciò quando un corpo riceve nuove proprietà, ciò si spiega per mezzo
d’una modificazione nell’insieme e nelle modificazioni delle parti:
produzione o soppressione d’una sostanza significa aggregazione o
disgre¬ gazione d’atomi che già preesistevano, benché in altre com¬
binazioni. Ammettendo quindi che la materia persista attra¬ verso a tutti
i suoi mutamenti, si ammette ancora che la somma dell'energia ossia la
capacità di lavoro, di vincere la resistenza che si manifesta nella
natura materiale, rimane sem¬ pre la stessa; e solo in apparenza avviene
che l’energia nasca o si distrugga, come si può dimostrare con qualche
esempio: La forza colla quale una pietra cade a terra dipende
dall’altezza dalla quale cade, e, alla sua volta, l’altezza di¬ pende
dalla forza con la quale la pietra era stata sollevata. Quando la pietra
s’è fermata sulla terra, pare che la forza si perda, giacché la pietra
non ha apparentemente il potere di muoversi dal suo posto; ma, anche
allora, il dileguarsi della forza significa solamente che questa si è
convertita in qualche altra cosa, in calore. Lo stesso fenomeno avviene
quando il movimento non cessa del tutto, ma è solamente rallentato
dall’attrito, giacché la forza perduta dal corpo, per l’azione
dell’attrito, non si perde in modo assoluto, ma si trasforma in calore.
Esperienze ripetute, sempre confer¬ mate, dimostrano che la quantità di
forza, o, meglio, d’energia che scompare sotto una forma, trova il suo
equivalente esatto in un’altra forma, cosicché la stessa quantità della
stessa specie d’energia potrà essere di nuovo restituita, e
qualunque sia la metamorfosi che può subire ciascuna delle differenti
forme d’energia, considerate a parte, la loro somma rimane sempre la
stessa. L ’importanza di questo principio è grandissima per
la s cienza, benché come legge generale della natura non abbia
ell e un valore ipotetico, giacche, non potenao mai conoscersi
il contenuto totale del la natura, non potrà inai ess ere con¬
fe rmato dall’espe rienza se non in maniera approssimativa. (*)
Esso si deve quindi considerare come~u n~;7r7nc7'»fo o un 'idea che
ci dirige nelle nostre investigazioni. Infatti quando si presenta ai
nostri sensi un nuovo fenomeno, ossia C) HJmnsc] quando ha luogo
un mutamento dentro o fuori di noi, esso ci invita a scorgere nel nuovo
fenomeno non altro che la continuazione o la trasformazione del primo, o
almeno a ricercare un fenomeno antecedente, del quale sia la conse¬
guenza inevitabile, donde il principio di causalità, secondo il quale due
fenomeni ci appariscono cosi strettamente legati rimo all’altro, che,
dato il primo, l’altro si presenta inevi¬ tabilmente. La formula
dell’induzione, ossia la legge scienti¬ fica si può dunque esprimere nei
seguenti termini: 1°. Ogni rapporto di causalità è costante.
2°. Il rapporto constatato tra i fenomeni A e B è un rapporto di
causalità. 3°. Il rapporto tra A e B è costante. Se,
come ha dimostrato l'Helmoltz, esiste veramente la legge di conservazione
dell’energia, essa deve valere tanto per la natura animata, quanto per
quella inanimata. Poiché la natura animata, dice un tisiologo idealista,
( 1 ) è composta della stessa materia del¬ l’inanimata ed è in continuo
ricambio materiale con ossa, e poiché per mezzo delle sostanze assunte
certe forme d’energia son traspor¬ tato dalla natura inanimata in quella
animata, la leggo di con¬ servazione dell’energia sarebbe interrotta, se
nella sostanza viva l'energia perisse o sorgesse, cioè se la stessa
quantità d’energia introdotta nei corpi vivi, non fosse ridata di nuovo
alla natura ina¬ nimata, sia durante la vita, sia dopo la morte.
Studi recenti hanno dimostrato che tutta l’energia assorbita
dall’organismo coila nutrizione dalla natura inanimata, abbandona poi di
nuovo il corpo sotto altre forme; nell’organismo non vi ha produzione nè
perdita d’alcuna minima quantità d’energia. 3. L’evoluzione del
concetto di legge. — Nello sviluppo del concetto di legge si possono
distinguere tre periodi prin¬ cipali: quello delle immagini generiche,
quello delle leggi concrete o empiriche, quello delle leggi teoriche e
ideali. Nella prima fase la mente umana si forma una conce¬
zione meccanica della regolarità d’un fenomeno, la quale si estende ad un
numero assai ristretto di avvenimenti: è il risultato della ripetizione
costante o frequente di alcuni cicli, (*) Verworx, Fisiologia generale,
pag. 222, Torino, Bocca] come, ad esempio, del corso del sole, della lima,
delle stagioni ; molti uomini non hanno che questa ombra, questo
simulacro di legge, che riposa sulla pura associazione,
sull’abitudine pratica, sull’ attesa spontanea d’una ricorrenza che è
stata percepita più volte. Questa nozione, quantunque sia assai
umile, tuttavia è stata assai utile nei primi passi percorsi dall’umanità
sul cammino della scienza, poiché ha frenato la tendenza vivissima
dell’immaginazione a popolare il mondo di cause capricciose e senza
regola: è stata la prima affer¬ mazione d’una credenza nella
regolarità. In un periodo posteriore la riflessione e la ricerca
me¬ todica fanno sorgere lentamente le leggi empiriche, che con¬
sistono nella riduzione d’un gran numero di fatti in una formula unica,
senza però dare di essi la ragione esplicativa. Nel corso degli
avvenimenti la mente scopre tra due o più fatti un rapporto costante di
coesistenza o di successione, il quale viene esteso ad altri casi; qui
non è del tutto neces¬ saria la costanza, basta la frequenza. La legge
empirica è identica ai fatti, ossia legge e fatti non sono che due
aspetti della stessa cosa. Si assimila facilmente la legge empirica
a un fatto generale; cosi in psicologia si dice: la legge d’as¬
sociazione o anche il fatto generale dell’associazione. In secondo
luogo la legge empirica è non di rado com¬ plessa ; non riuscendo sempre
a rinchiudere in una formula unica e breve molti fatti, essa deve
scindersi in più casi e adoprare lunghe formule per potere contenere i
casi parti¬ colari e le eccezioni. Appaiono infine le leggi
teoriche o ideali, che sono le più astratte e le più semplici; sono
costruzioni dello spirito che divengono sempre più approssimative a mano
a mano che salgono e s’allontanano dall’esperienza; e non possono
essere applicate, discendere dalla teoria alla pratica se non mediante
rettificazioni o addizioni. Per gli spiriti abituati alla disciplina
delle scionze rigorose la legge ideale è la sola valevole, onde
considerano con un certo disprezzo e con certa diffidenza le formule che
sono un semplice riassunto dei ri¬ sultati dell’esperienza.
Il carattere approssimativo delle leggi teoriche deriva dal loro
carattere ideale. Cosi si è detto che « le leggi fisiche sono verità
generali sempre più o meno falsate in ogni caso particolare » ; per es.,
non è sempre assolutamente vero che un movimento sia uniforme e
rettilineo; la legge teorica delle oscillazioni del pendolo non si può
constatare in modo asso¬ luto, giacché non esiste un mezzo non
resistente, una forza affatto rigida e che non possa estendersi, nè un
apparecchio di sospensione capace di moversi senza attrito; un
pianeta non potrebbe descrivere una ellissi esatta, se non nel caso
che girasse solo intorno al Sole, e poiché vi sono più pianeti che
agiscono e reagiscono gli uni sugli altri, la legge di Ke¬ plero rimane
vera solo idealmente. Si sa da ricerche com¬ piute con estrema
precisione, che la legge di Mariotte sopra i rapporti tra la densità d’un
gas e la pressione che sop¬ porta, non è rigorosamente esatta in nessuno
di essi ; però tra la teoria e la realtà le differenze sono così tenui,
che nei casi ordinari si possono trascurare. Neppure le leggi della
termodinamica (conservazione dell’energia, correlazione delle forze)
adoperate con tanta frequenza ai nostri giorni pel loro carattere di
generalità e che qualcuno considera come il prin¬ cipio ultimo dei
fenomeni, non hanno un valore assoluto; in¬ fatti non è del tutto esatto
il dire che ogni cambiamento dia luogo a un cambiamento capace di
riprodurre il primo senza addizione o perdita. L’enumerazione delle leggi
ideali sarebbe lunghissima. Oggidì la nozione di legge è
comune a tutte le scienze od è usata nel significato più rigoroso nelle
scienze matematiche e fi¬ sico-chimiche. Però non è sempre avvenuto così.
Nell'antichità il termine è adoperato in un senso quasi esclusivamente
sociale, giu¬ ridico, morale, per cui si considerano le leggi naturali
come norme impartite ai fatti da una volontà soprannaturale, nello stesso
modo che il legislatore impone ni cittadini il proprio volere con
norme non trasgreditoli; con gli stoici l’idea di legge è trasportata
per la prima volta dai fatti morali ai naturali, e con la scuola epicurea
cominciò a considerarsi come la manifestazione spontanea della realtà
intima dei fenomeni. Il concetto di legge nel senso moderno si è
formato tardi o assai lentamente; Copernico o Klepero nel secolo XVI si
servono della parola “ ipotesi il Galilei chiama assiomi le leggi
fonda- mentali della natura e leoi-emi quelle che ne derivano secondo
la torminologia dei matematici. Descartes
inco¬ mincia la sua filosofia della natura ponendo alcune lìegulae
sire leges vaturales. Newton dice: Axiomata sire leges motti ».
L’esten¬ sione della pai'ola logge è dovuta assai probabilmente al
bisogno di stabilire una divisione netta tra gli assiomi astratti dei
mate¬ matici e i principi ai quali si attribuisce un valore oggettivo
e un esistenza nella natura. Infine con la celebro delinizioue del
Mon¬ tesquieu (1689-1755): “ le leggi sono i rapporti necessari che
de¬ rivano dalla natura dello cose, il concetto di logge ha preso
il più alto grado di generalizzazione. Un altro fatto degno
d’osservaziono è il seguente : Cartesio chiama lo leggi della natura 41
regolo „ in quanto esse servono a spiegarci i fenomeni; lo chiama “ leggi
„ in quanto Dio le ha sta¬ bilite all'origine dell’universo come
proprietà della materia. Tiù tardi la natura pronde il posto di Dio; il
che è una sopravvivenza d una concezione panteistica del mondo; poscia
predomina la ten¬ denza a designare lo leggi coi nomi dei loro
scopritori: legge di Ma- riotte, di Oay-Lussac, d'Avogadro, di Weber ecc.
Nel secolo XVII è Dio che stabilisce le leggi della natura; nel XVIII è
la natura stessa; nel XIX sono gli scienziati stessi che si assumono un
tal compito. 4. Cenno storico della teoria logica
dell’induzione.— Benché abbia avuto il suo massimo svolgimento
nella scienza moderna, tuttavia la teori a logica dell’induzione risale
al- l’antichità, e la vediamo formulata per la prima volta da Ari¬
stotile, pel quale l’induzione è il procedimento opposto al sil¬ logismo
deduttivo, e consiste nel ragionamento che procede - biamo tenerci
lontani dai pregiudizi e dalle illusioni, ch’egli chiama Mola e distingue
in quattro classi : Mola tribus, che derivano dalla natura e dalle
tendenze proprie dell’uomo; Mola spedis prodotti dal carattere e dalle
particolarità in¬ dividuali proprie di ciascun nomo; Mola fori, che sono
gli errori che sorgono dal commercio cogli altri uomini, special¬
mente per mezzo del linguaggio; Mola theatri, cioè gli errori che si
ricevono per la via della tradizione, dell’insegnamento e dell’autorità
altrui, quando si accolgono senza critica. Liberato il terreno da
questi ostacoli, sarà assai piè agevole salire dai fatti constatati per
mezzo dell’osservazione e dell’esperimento alle leggi; in ciò consiste la
vera induzione, che egli considera come la via migliore per costruire
la scienza. Egli però non attribuisce alla parola legge il
significato odierno, ma il senso d’una semplice generalizzazione
empi¬ rica; d à valore di prova solo all’induzione completa,
all’enn- merazione compieta, che nella maggior parte dei casi non è
possibile, dimodoché non è mai stata adoperata da nessuno dei grandi
maestri della scienza. Si è osservato giustamente che l’induzione
baconiana trascende in un volgare empirismo, poiché, c oncedendo minima
importanza al ragionamento, non ci permette di vedere distintamente se la
connessione osser¬ vata tra vari fenomeui è puramente casuale e sarà
contrad¬ detta da ulteriori osservazioni, o se dipende da ragioni
pro¬ fonde che fanno estendere il principio generale ottenuto anche
a fatti non ancora esaminati. Bacone dichiara che la scoperta di
nnove verità può ottenersi soltanto per mezzo d’una raccolta metodica di
fatti, la quale deve essere fatta in modo da distinguere i fatti in tre
categorie, dispo¬ nibili in tre tabelle differenti. La prima, che vien
chiamata tabula essentiae et presentine, contiene esempi concordanti
nella presenza del fenomeno che si vuole investigare; la seconda detta
tabula de- clinationis sive absentiae in proximo contiene esempi che mancano
nel fenomeno, ma che sono connessi cogli esempi in cui il feno¬ meno
accade, ciascun esempio corrispondendo per quanto è possi¬ bile a quelli
già inclusi nella primn tavola. La terza, che prende il nome di tabula
graduimi si ve tabula comparativa, comprende i fenomeni in cui il
carattere ricercato si trova in grado più o meno intenso, sia elio la
variazione avvenga nollo stesso soggetto, sia che in diversi soggetti
paragonati fra loro. Come è facile accorgercene, il procedimento
induttivo viene in tal modo sottoposto a troppe lungaggini, che ne
rendono l’uso assai difficile o poco pratico, benché Bacone abbia con lo
sue tavole in¬ traveduto i tre primi dei quattro metodi dello Stuart
Mill. 5. Galileo Galilei e G. Stuart Mill. — Il creatore del
me¬ todo sperimentale è BONAIUTI Galilei che vide più chiaramente
di Bacone il vero carattere dell’induzione e seppe accoppiare ad una
mente critica e indagatrice di supremo valore un’abilità insuperabile
nello sperimentare. « Noi salu¬ tiamo oggi il Galilei (cito a bello
studio le parole non so¬ spette d’uno straniero) come il vero fondatore
della scienza della natura, alla quale egli ha dato il metodo più
acconcio; noi salutiamo in lui lo scopritore della legge della caduta
dei gravi, con la quale ha posto la base alla scienza del movi¬ mento,
alla dinamica, e ha aperto in tal modo la prima porta a tutta la fisica;
con profonda ammirazione pensiamo alle sue osservazioni astronomiche, e
sopratutto alla scoperta dei satelliti di Giove, delle stelle Medicee,
mondo copernicano in piccolo: egli stesso visse e soffri per la dottrina
di Co¬ pernico, per la conoscenza scientifica dell’universo. Il
metodo tjalileiano, cioè il metodo sperimentale che riunisce
armoni¬ camente l’induzione e la deduzione, l’esperienza e il
pensiero, rappresenta, come ha già affermato Emmanuele Kant, una
rivoluzione dell’indagine scientifica; l’antica filosofia naturale è
condannata, per lasciare il posto alla moderna scienza. Tutta
l’opposizione fra questa e quella, il progresso grande fra l’una o
l’altra si può esprimere con brevi parole: invece di chie¬ dere: perchè
cadono i corpi, da quale specie di impulso, da quale ignota causa vengono
sospinti ; il Galilei si pone il pro¬ blema : come cadono i corpi,
secondo quale legge. Questo mu¬ tamento in apparenza leggero nel porre la
questione scien¬ tifica separa due età della conoscenza umana, collocando
al posto dell’inutile e ingannevole ricerca intorno all’essenza
delle cause il s olo compito possibile di indagare e ritrovare l e leggi
dei fenomeni » . (') 0) A. Riehl, Philosophie der
Gegenwart, pag. 33 e seg., Lipsia, Teubner, 1903. Morselli,
Principi di Logica — 8 114 PRINCIPI DI
LOGICA. Il Galilei concepisce le forze naturali come capaci
di peso e di misura nelle loro azioni, e dice quin di essere la
natura scritta in caratteri matematici, e i caratteri essere t riang oli,
centri e altre figure geometriche, e quindi senza questi mezzi essere
impossibile di intenderne umanamente parola; adopera i sensi nelle
esperienze, l’immaginazione per ^ rappresentarci all’intelletto le
apparenze possibili o avverate dei corpi, la ragione tanto nell’indagare
le intime leggi del pensiero, quanto a ricercare con le matematiche le
leggi in¬ telligibili del mondo esterno, essendo ogni cosa creata
con peso, numero e misura. Egli sottomette all’analisi ogni ben¬
ché minimo accidente, con instancabile pazienza r ipete l’os¬ s ervazione
e l’esperimento variando le circostanze e rimovendo ' g li ostacoli che
ne potessero diminuire la sincerità. Tutte queste precauzioni, dice
il Fiorentino, sarebbero rimaste inu-j tili, senza quella geniale
divinazione dell’ingegno, che, quasi lampo attraverso d’una nuvola
squarciata, gli faceva alla lon¬ tana intravedere la possibile causa d’un
fatto. Vede oscillare una lampada, ne osserva i movimenti equabili, li
misura ai battiti del polso e corre col pensiero all’ isocronismo del
pen¬ dolo. Si sovviene aver veduto nelle tempeste cadere piccoli 1
grani di grandine misti con mezzani e con grandi, tutt’ in¬ sieme, nè gli
uni aver anticipato l’arrivo in terra a prefe¬ renza degli altri e medita
la legge della caduta dei gravi. Raschia con uno scarpello di ferro tagliente
una piastra ottone per levarle alcune macchie, e movendolo con
velocità sente fischiare ed uscirne un sibilo molto gagliardo e
chiaro;! guarda su la piastra e vede un lungo ordine di virgolette!
sottili, egualmente distanti l’una dall’altra; rifà l’esperienza e
s’accorge che il fischio s’ode soltanto quando più veloce vi striscia,
più inacutisce il suono e più inspessisconsi le vir¬ golette; ed eccolo
pensare alle proporzioni delle onde sonori ed alla teorica degli accordi
musicali. Il pensiero e il senso la natura e la ragione si trovarono
riunite nell’ingegno del sommo Galilei, ed a questo propizio
congiungimento si del: bono le sue maravigliose scoperte : non trascurar
nulla di ciò che la sensata sperienza ci porge ; nè d’altra parte
ar¬ restarsi impigliato nell’immediatezza del fatto; tale fu la
giusta misura ch’egli seppe trovare tra le angustie del senso
CAPITOLO X. 115 o gli sfrenati
ardimenti del vuoto intelletto ( B . Telesin, voi. II). Nel
secolo XIX una trattazione profonda e singolare della teoria induttiva è
data dall’ inglese John Stuart Miti (1806-1873), che definisce la logica
« la scienza delle opera¬ zioni intellettuali che servono all’estimazione
della prova, ossia la scienza del procedimento generale che va dal
noto all'ignoto, e delle operazioni ausiliario di quell’operazione
fondamentale » . Salire dal noto all’ignoto significa ragionare, e
ragionare, in senso esteso, è sinonimo d’inferenza, la quale, come
ab¬ biamo già detto, nella sua forma originaria va sempre dal p
articolare al particolare: la logica ci mostra appunto come da questa
forma primitiva e irreducibile di ragionamento spunta l’induzione
scientifica ossia quella che va dal parti ¬ colare al generale. Il
carattere essenziale di quest’ultima con¬ siste nel concludere che « ciò
che è vero in un caso partico- c olare sarà trovato vero in tutti i casi
che rassomigliano al p rimo * . E chiaro che una tale operazione ha
come prejmp- pjgjounpostulato, giacche per credere che ciò che
s^pro - d otto in un caso particolare si riprodurrà in tutti i casi
simili, bisogna prima ammettere « che vi sono in natura casi
paral- leli, che ciò che è avvenuto una volta avverrà pure in
circo¬ stanze simili e avverrà tutte le volte che le stesse
ciscostanzo si ripresenteranno » o, in altre parole, è necessario
credere che i l corso della natura è uniforme, e l’uniformità della
na¬ t ura alla sua volta riposa su l principio della causalità uni¬
versale che, secondo il Mill, trae la sua origine dall’esperien za"
Egli censura la definizione comune della causa ; gi aedi è, "se
due fenomeni che si succedono in ordine di tempo fossero l’uno
causa dell'altro, bisognerebbe dire che il giorno è la causa della notte
e viceversa; invece noi sappiamo bene che tale successione è soggetta a
una condizione, il levarsi del sole sull’orizzonte; è quest’ultimo
fenomeno quello che fa suc¬ cedere la luce alle tenebre e, se venisse a
mancare, non ve¬ dremmo più il giorno alternarsi alla notte. Bisogna
quindi definire la causa d’un fenomeno « l' antecedente o la riunion
e d’ antecedenti, di c ui il fenomeno è invariabilmente e incon¬
dizionatamente la conseguenza. Dopo l'apparizione dell'opera capitale del Alili
“ Sistema di logica, si La una vera fioritura importante di opere che
trattano di questioni logiche, e in particolare della teoria induttiva;
frale più importanti noteremo le seguenti: A. Baiu, La logique
induttive et deductive (trad. dall’inglese); Dii fondement de l'induction
di S. Lacheli er (2" ed. 1896); Cristoforo Sigw art. Logik (3“ ed.
1904); Guglielmo Wundt, Logik (2* ed. 1893-95). Degna di nota
è la dottrina della contingenza sostenuta in Francia da una schiera
valorosa di pensatori, tra i quali emergono Emilio B outro ux ed Enrico
Bergson. Secondo tale dottrina la con¬ tingenza è al fondo della natura,
e l a necessità dello leggi naturali è solame nte r elativ a, perchè la
coni» non spiega mai tutto l'effetto, e se questo facesse una cosa sola
con la causa, non si potrebbo considerare come un vero effetto. Si
osserva quindi che nella na- turn ad ogni grado s'a ggiu nge sempro
qualch e cosa di nuovo.qual- che elemento che non si trova nel grado
precedente : cosi la co¬ scienza s'aggiunge alla vita, la vita alla
materia, nella materia lo proprietà fisiche e chimiche s’uniscono allo
proprietà matemati¬ che ecc. ecc. La contingenza che si nota in ogni
forma de ll’eBsere è il segno manifesto della libertà che agisce nel
mondo dei feno¬ meni; ossa scuote il postillato che rende
inconcepibile l'intervento della libertà nel succedersi dei fenomeni, la
massima secondo la quale nulla si crea o nulla si distrugge; essa ci
porta ad ammet¬ tere uua libertà che discenderebbe dalle regioni
soprassensTbili, per mescolarsi ai fenomeni e dirigerli per vie
impreviste. ( l ) La tendenza ad estendere la liber tà e la conti
ngenza ai feno- meni della natura o dell'uomo tocca il minto culminante
nella dot ¬ trina del Bergso n, pel quale gli stati psichici
profondi, quelli elio formano la baso fondamentale dello spirito,
costituiscono un’etero¬ geneità assoluta: essendo ciascuno qualche cosa
di unico nel suo genere, non diviene uè causa nè effetto, non potendo la
causa ri¬ produrre sè stessa; e non ha alcun rapporto colla quantità,
essendo qualità pura; alla quantità egli oppone la qualità, al
meccanismo dello spirito il dinamismo, allo spazio la durata pura, al
determi¬ nismo la libertà. Però una tale questione esco dai limiti della
lo¬ gica, per entrare nel campo della metafisica. Uno dei
seguaci del Bergson, il Le Roy, afferma che l e leggi s cientifiche
diventano rigorose solo un mulo si trasformano in con- 1 vonzione e
si appoggiano a circoli viziosi: il corso degli avvenimenti è
regolare, abituale, ma non necessario; cosi la legge della caduta dei
gravi ha valore, ma solo quando forze estranee non la turbano: ( !
) Boutroux, De la contingence des loie de la
nuture, pag. 149. F. Alcali] la conservazione dell’energia s’applica solo ai sistemi
chiusi, i quali sono quelli appunto in cui l'energia si conserva.
Importante nel movimento del pensiero contemporaneo, è pure la
teoria di Ernesto Mach, fìsico e filosofo illustre. Questi pensa elio le
scienze fisiche c naturali non sieno altro elio descrizion i di fatti
naturali, ossia di fatti di coscienza, di sensazioni, e che quindi
tra il mondo della materia e Quello dello spirito non viT~) Euyssex] Ma,
è stato osservato, le forze naturali e il tempo ba¬ stano per spiegare le
irregolarità della crosta terrestre, senza ricorrere ai cataclismi; nè si
può affermare che il periodo attuale risalga solo a sei mila anni, ma a
molte migliaia di più; inoltre a periodi differenti non corrispondono
specie dif¬ ferenti, poiché certe specie appaiono in diversi strati
suc¬ cessivi, mentre altre si sono estinte prima che avesse fine
l’epoca alla quale appartenevano. Queste ed altre obbiezioni pur gravi
fecero tramontare l’ipotesi del Cnvier, della quale prese il posto e si
diffuse rapidamente quella del Darwin, Bisogna risalire fino al
Rinascimento, per trovare i primi tentativi d’interpretazione del mondo
organico per mezzo del¬ l’evoluzione naturale. Se no trovano accenni in
opere di scien¬ ziati e filosofi appartenenti alle scuole più diverse, in
Giordano Bruno, in Guglielmo Leibniz, in Antonio Cesalpiuo, nel
Buf¬ fon, nel Goethe, e più chiaramente nel Damarli ecc. Il Darwin
ebbe il merito, senza dubbio, grandissimo di aver saputo met¬ tere.
insieme tutti i fattori dell’evoluzione organica : vide nella lotta per
l’esistenza la causa della selezione naturale, a cui la variabilità offre
la materia, che poi l’eredità trasmette; accanto a questi fattori
principali pose come fattori ausiliari l’azione dell’ambiente
sull’organismo, l’influenza dell’ uso e del non uso degli organi, la
scelta sessuale, la legge di correlazione di sviluppo. L
'influenza dell’ambiente è la causa più in vista; piante e animali si
modificano mutando clima e paesi; di tutti gli esseri viventi
sopravvivono solo quelli che sanno adattarsi all’ambiente.
Gli animali debbono lottare non solamente contro il suolo e il
clima, ma anche fra di loro: le piante sembra che si contendano i raggi
del sole e il nutrimento della terra; gli animali adoprano l’intelligenza
e l’energia che possiedono per procurarsi da vivere; gli uccelli da preda
provvedono alla propria esistenza mettendo a morte gli uccelli più
piccoli e più deboli; questi alla lor volta si nutrono di insetti, i
quali vivono a spese del regno vegetale; dimodoché tutti gli esseri,
dall’animale più perfetto alla pianta, si movono di continuo una guerra
violenta e accanita; e in questa lotta per resi¬ stenza vincono i più
forti e i più fecondi. I caratteri che assicurano il trionfo degli
individui e delle specie si svilup¬ pano producendo nell’organismo
modificazioni più o meno pro¬ fonde, giacché le diverse parti
delPorganismo sono così stret¬ tamente collegate fra di loro, che i
mutamenti che accadono in una si fanno sentire più o meno anche nelle
altre, donde la legge di correlazione di sviluppo ; infine Veredità fissa
nella specie i caratteri acquistati dall’individuo. In tal modo la
selezione naturale, mediante continue modificazioni, conduce ad una
trasformazione continua e progressiva degli esseri ani¬ mali e vegetali,
assicurando la sopravvivenza dei più perfetti. L ipotesi
darwiniana, appoggiata ad una grandissima copia di fatti, di osservazioni
e di prove, contribuì a spie¬ gare molti fenomeni che fino allora erano
rimasti senza spie¬ gazione, oppure erano stati spiegati in modo
imperfetto; non è quindi a meravigliarsi se oggi essa è accettata dalla
mag¬ gior parte dei naturalisti come legittima; benché le
differenze nel modo di intenderla siano assai gravi, e benché abbia
se¬ gnato il principio d’una rivoluzione radicale nell’ interpre¬
tazione scientifica della natura. E se oggi la selezione naturale solleva
non poche obbiezioni e appare di per sé sola insuffi- cente a spiegare
tutti i fenomeni della vita organica, tuttavia i principi messi innanzi dal
Darwin devono figurare come la regola il « metodo » generale che bisogna
seguire nell' in¬ terpretazione dei fenomeni naturali. (*) 5.
L’analogia. — Il procedimento analogico ha pure, come abbiamo già
accennato, molta importanza nella ricerca scientifica. La parola «
analogia » ha però bisogno d’esser chiarita nei suoi significati
essenziali, affinchè si possa com¬ prendere il valore che essa possiede
nella ricerca scien¬ tifica. Nel linguaggio volgare tale
vocabolo s’adopera general¬ mente come sinonimo di somiglianza, mentre in
realtà non è che ima forma imperfetta di somiglianza. In tutte le
scienze si possono ritrovare esempi d’analogia. Cosi nella chimica vi
sono corpi analoghi, cioè capaci di combinarsi con un altro corpo dato,
producendo composti paralleli ; in fisica 0) De Sablo, Studt di
filosofia coni., pag. 143. Roma, Loeschcr] il suono è analogo alla luce, avendo
amendue un carattere comune che è la vibrazione, malgrado la differenza
del mezzo che serve di veicolo. L’analogia riesce ancor più
evidente e frequente negli esseri viventi; così malgrado le differenze
grandi che a prima vista passano tra un uomo e un uccello e tra un
uccello o un pesce, pure la loro struttura è analoga, poiché tutti
constano d’nna serie di segmenti vertebrali, che for¬ mano appunto la
colonna vertebrale; hanno tutti un capo che è collocato all’estremità
anteriore di questa colonna, un tubo digestivo che ne percorre tutta la
lunghezza e una certa quantità d’organi che si corrispondono a
vicenda. L’analogia, considerata come un procedimento dello
spi¬ rito che mira a nuove cognizioni, si può dire un’ inferenza
che da una rassomiglianza constatata di alcuni punti con¬ chiude alla
rassomiglianza su altri punti; è un procedimento instabile, ondeggiante e
multiforme, che può dar luogo ad aggruppamenti imprevisti e ad invenzioni
originali, come ci dimostra la storia delle scoperte scientifiche, e in
generale tutti i prodotti della fantasia e dell’immaginazione.
Negli spiriti poco precisi e rigorosi nelle loro osservazioni Yana-
logia si fonda per lo più sopra il numero degli attributi pa¬ ragonati,
benché non sia raro il caso di analogie singolari basate su pochissimi
caratteri comuni; cosi un bimbo vede nella luna circondata dalle stelle
una madre colle sue figlie ; gli aborigeni dell’Australia, racconta un
viaggiatore, chia¬ marono un libro una « conchiglia », perchè si apriva e
si chiudeva come la valve di questo animale. L’analogia è più
profonda quando ha per base la qua¬ lità o il valore degli attributi
messi a confronto; allora s’ap¬ poggia sopra un elemento variabile che
oscilla dall’essenziale all’accidentale, dalla realtà all’apparenza; cosi
tra i cetacei e i pesci le analogie sono molte pel profano, tenui pel
natu¬ ralista. 6. Valore dell’inferenza analogica. —
L’analogia può ri¬ ferirsi ai termini oppure ai rapporti', cosi se da una
rasso¬ miglianza di natura fra due organi si inferisce la rassomi¬
glianza delle funzioni, nella prima rassomiglianza abbiamo un’analogia
clie si riferisce ai termini; nella seconda ima analogia elle si
riferisce ai rapporti. L’inferenza analogica si distingue
dall’induzione per due caratteri principali: 1° L’analogia è
in realtà una deduzione fondata sopra una precedente induzione, benché in
apparenza proceda dal particolare al particolare. Sieno per esempio i
fenomeni A e B che abbiamo in comune i caratteri a b c d ;
constatando nel primo un quinto carattere x, posso inferire che
esiste pure un’analogia fra i due fenomeni anche rispetto al ca¬
rattere x, ossia affermo che anche in B si trova quest’ul¬ timo
carattere; per es. Franklin nota che alla scintilla elet¬ trica e al
fulmine sono comuni alcuni caratteri, e conclude che hanno pure comune la
causa, donde la scoperta della causa del fulmine e del mezzo per
mitigarne gli effetti. Bi¬ sogna però notare che il legame che esiste tra
i caratteri a b c d e il carattere x dev’essere costante e necessario,
ossia deve avere il valore d’una legge ottenuta mediante il pro¬
cedimento induttivo; non dev’essere un fatto accidentale, giacché, come è
facile comprendere, in tal caso l’analogia non sarebbe possibile o
sarebbe per lo più errata. Molti er¬ rori di ragionamento che commette
l’osservatore volgare o poco circospetto dipendono spesso da false
analogie. 2°. Uanalogia è sempre ipotetica, mentre ciò non si
può dire dell’induzione. Se per es. io osservo sulla terra i carat¬
teri abed. l’atmosfera, il calore, l’umidità e la vita, e con¬ stato nel
pianeta Marte i caratteri abe, sono tratto a inferire che anche in Marte
esiste il carattere d, ossia la iuta; però evidentemente questa inferenza
è ipotetica, e rimarrà tale finché l’esperienza non ne abbia provato la
verità. Quindi il ragionamento analogico è di uso assai delicato,
e può condurre ad errori assai frequenti anche nell’osserva¬ zione
scientifica, come ce ne fanno fede tanto le scienze che hanno per oggetto
lo studio della natura, quanto le scienze storiche. Un esempio celebre di
fallaci analogie è quella già citata di Newton intorno alla luce; è pure
fallace quella che Platone stabili fra lo stato e l’individuo, in forza
della quale conchiude che debbono esservi tre categorie di cittadini
: servi, guerrieri, reggitori, come vi sono tre facoltà dello spirito,
sensibilità, affettività, ragione; Platone non volle vedere che le
proprietà osservate nell’individuo non corrispondono esattamente alle
funzioni esercitate dallo Stato ; in un errore simile sono caduti
recentemente quegli studiosi che hanno stabilito un’analogia molto
stretta fra l’organismo e la società e hanno affermato che le funzioni
sociali debbono corrispon¬ dere alle funzioni dell’organismo,
riconoscendo nella società un cervello, i tessuti, la circolazione del
sangue, un sistema nervoso, muscolare ecc. 7. La logica dell'
invenzione. — Per ben comprendere la scienza nei suoi caratteri
essenziali, per coglierne lo spirito sotto le apparenze superficiali,
bisogna ancora considerare brevemente l 'invenzione, la ricerca
creatrice, la quale non di rado trascura i metodi, le forme e le vie
comuni dell’in¬ dagine, giacché il lavoro della mente che crea si
compie spesso come in un’atmosfera nebbiosa e oscura, spinto quasi
da un presentimento della verità che è anteriore al possesso chiaro e
cosciente di questa. In qualche caso lo spirito del- l’ inventore è
avvolto dalle contraddizioni, non ha la coscienza ben chiara di ciò che
compie e dello scopo a cui mira, manca di rigore, di precisione,
d’evidenza; spesso nello scoprire una verità, grazie alla potenza
intuitiva del suo ingegno, salta a piè pari gli anelli intermedi che
congiungono una verità con un’altra, senza curarsi in nessun modo della
continuità e della concatenazione dei suoi ragionamenti. La storia
ci prova ampiamente che una conclusione nuova e giusta è uscita
spesso da falsi ragionamenti, che un edificio creato dalla nostra mente
può essere esatto, mentre ne sono false tutte le singole parti; non so
quale scienziato ha un giorno esclamato: « Io non vorrei raccontare il
succedersi dei miei pensieri in una ricerca, perchè mi potrebbero
giudicare o un imbecille o un pazzo » . L’amore esclusivo dell’ordine,
della chiarezza, della logica razionale, l’orrore per la contraddizione,
che si ritro¬ vano negli spiriti comuni e mediocri, sono non di rado
assenti nei- grandi inventori. Il Turgot, uno dei più saggi
filosofi del secolo XVIII ha scritto : « Se si elevassero monumenti agli
inventori nelle arti e nelle scienze, vi sarebbe un minor numero di statue per
gli nomini, che pei fanciulli, per gli animali, e soprattutto, 4 per la
fortuna » . L’importanza del caso nelle invenzioni scientifiche è
•] stata spesso esagerata, e va messa nei suoi giusti limiti; esso
1 va inteso in un doppio senso: 1°. In senso largo, il caso
dipende dalle circostanze inte- I riori e psichiche. Si sa che una delle
migliori condizioni per I inventare è l’abbondanza dei materiali,
l’esperienza accumu- j lata, un periodo preparatorio lungo, complesso,
laborioso, par- I ticolare o generale, che rende poscia lo sforzo
efficace e facile; I nel dominio del pensiero, come negli altri campi,
non esiste 9 generazione spontanea. Le confessioni degli
inventori non lasciano alcun dubbio 9 intorno a questo punto, cioè
intorno alla necessità d’un gran I numero di schizzi, di saggi, di
abbozzi preparatori, sia che i si tratti d’uua macchina o d’un poema,
d'un quadro o d’uu J edificio ecc. ; un’ incubazione profonda precede
sempre l’e&pvjxa. 1 Qui il caso ha la sua funzione incontestabile, ma
dipende • J infine dall’ individualità, e da questa spunta la sintesi
impre- M vista di idee che costituisce la scoperta. 2°. 11
caso, in senso limitato, preciso, è un accidente for- 1 tunato che
suscita l’invenzione, ma che non ha in questa il merito maggiore : si può
dire che sia piuttosto la convergenza jj di due fattori, l’uno interno,
il genio individuale, l’altro 9 esterno, l’avvenimento fortuito. È
impossibile determinare 9 tutto ciò che l’invenzione deve al caso inteso
in questo senso;* certo nell’ umanità primitiva l’efficacia ne deve
essere stata I enorme: la scoperta del fuoco, la fabbricazione delle
armi, degli* utensili, la fusione dei metalli sono state suggerite da
accidenti 9 assai semplici, come, per esempio, la caduta d’un albero
attra- 1 verso un corso d’acqua può aver suggerito la prima idea d’un
9 ponte. Nei tempi storici la raccolta dei fatti autentici forme-'®
rebbe un grosso volume; chi non conosce il pomo di Newton, la lampada
del Galilei, la rana del Galvani? Huyghens ha I dichiarato che senza un
concorso imprevisto di ch’costanze, 9 l’invenzione del telescopio avrebbe
richiesto un « genio so-* vrumano », mentre si sa che è dovuta ad alcuni
bimbi che® giocavano con vetri nel laboratorio d’un ottico; lo
SchònbeinH scopre l’ozono grazie all’odore fosforico dell’aria quando è attraversata
da scintille elettriche; si dice che la vista d’un granchio abbia
suggerito a Giacomo Watt l'idea d’una mac¬ china ingegnosa. Le scoperte
di Grimaldi e di Fresnel sulle interferenze, quelle di Faraday, Arago,
Foucault, Fraunhofer, Kirchhoff e di altri cento debbono qualche cosa al
caso. L’ufficio del fattore esterno è chiaro, mentre è men
chiaro quello del fattore interno, benché sia capitale. Infatti lo
stesso avvenimento fortuito passa davanti a milioni d’uomini senza
suscitare nessuna idea nuova. Quanti Pisani avevano visto oscillare la
lampada nel celebre Duomo prima del Galilei! Il caso fortunato tocca solo
a quelli che lo meritano ; per profit¬ tarne occorre prima un acuto
spirito d’osservazione, l’atten¬ zione sempre desta e vigile, infine, se
si tratta di invenzioni scientifiche o pratiche, la penetrazione che
coglie i rapporti tra le cose e avvicina caratteri ed elementi, che
nessuno aveva pensato di riunire; in conclusione il caso è un’occasione,
non un agente di creazione. (*) Il Voltaire attribuiva ad
Archimede tanta immaginazione quanta a Omero; A. Baili, C. Bernard, Th.
Ribot hanno poscia determinato con una certa precisione l ’importanza che
l’immag i nazione ha nell e scienze. Tra i caratteri essenziali
dell’immagi nazione, il cui mec¬ canismo sempre e dovunque è presso a
poco lo stesso, sono note¬ voli i seguenti: 1°. Un’invenzione
qualsiasi ha sempre i caratteri d’un’opera d’arte, e nella sua unità
rassomiglia ad un organismo vivente; essa non è mai ottenuta mediante un
lavoro d'intarsio discorsivo, ma è il frutto d'un pensiero intenso e
profondo più che metodico e mi¬ nuzioso. 2°. Ogni inventore è
un uomo d’azione; il suo pensiero, cosi diverso da quello del contemplatore
o del critico, va dritto, rapido, è essenzialmente concreto e specifico,
flessibile, prudente, capace di adattarsi al variare delle circostanze e
alle minime indicazioni dell'esperienza. Si sa che l'abbondanza dei
ricordi non è una con¬ dizione sufficiente uè necessaria per creare; si è
anzi osservato che un’ignoranza relativa è qualche volta utile per
innovare, e favorisc e l’audacia; vi sono invenzioni scientifiche
elio non si sarebbero fatte séTIoro autori fossero stati trattenuti
dai dogmi e dalle opinioni Ribot, L'imagination créatrice, p. 137. F.
Alcali] dominanti nei loro tempi e ritenuti come incrollabili ed eterni.
La mente dell’inventore mira al fatto, al risultato. 3°. La
facoltà inventiva per eccellenza, come ha osservato il Bain, consiste
nella facoltà di identificare, di percepire somiglianze e differenze, e
suppone quindi una singolare attitudine a pensare per analogie e por
immagini; lo scienziato non si distingue in questo punto dal poeta.Il
metodo sistematico ha per fine essenziale di dare alle cognizioni
scientifiche un ordi¬ namento razionale e di ottenere la prova della
verità. Me¬ diante queste operazioni l’insieme dei fenomeni che
costitui¬ scono l’oggetto di lina scienza diviene un complesso
ordinato nel quale tutte le parti hanno relazione e dipendenza
reciproca. Al primo ufficio la logica soddisfà con la teoria della
defi¬ nizione e della divisione, che comprende la classificazione ;
al secondo con la teoria della prova e dei principi di prova.
Quest’ultimo ufficio viene anche attribuito ad una parte spe¬ ciale del
metodo, che appunto dicesi dimostrativo. In tutte le scienze tali
operazioni hanno molta impor¬ tanza per diverse ragioni: una raccolta di
fatti e di cogni¬ zioni, come possiamo osservare nella tìsica, nella
botanica, nella zoologia ecc., quando viene fatta con ordine
sistematico, mette in maggiore evidenza la verità delle cognizioni
rintrac¬ ciate, che vengono presentate in tal modo alla nostra
intel¬ ligenza come riunite in un quadro dai contorni chiari e ben
determinati; in ciò il sapere scientifico si distingue special- mente dal
sapere comune e volgare che è per lo più disordi¬ nato, confuso, e non
distingue le nozioni importanti e generali da quelle che sono meno
importanti e particolari, ciò che è vero da ciò che è falso. Il valore e
l’utilità d’un ordinamento razionale si possono chiaramente stabilire
osservando l’ufficio che esso compie anche nelle raccolte di minore
importanza, come quando si tratta d’una biblioteca, d’un museo, d’un
er¬ bario eco., il disordine fa perdere tempo all’osservatore e gli
impedisce di apprezzare l’importanza degli oggetti che ha davanti agli
occhi. La definizione è In più semplice delle forme sistematiche;
precede la divisione e la classificazione, poiché, se ogni nozione
generale, come già abbiamo visto nella prima parte, ha ima comprensione
che è la somma dei caratteri che essa racchiude, ed un’estensione,
che è il numero degli esseri che, possedendo in comune quei caratteri,
trovansi raggruppati sotto quella nozione, la com- prensione determina
l’estensione, e quindi la definizione de¬ termina la divisione.
Ufficio primo della definizione è quello di determinare con
chiarezza e precisione le idee che sono l’oggetto d’una scienza, ossia il
co nte nuto dei singoli concetti; ora la defini¬ zione d’un concetto si
esprime, nel modo più semplice, me¬ diante un giudizio, nel quale il
soggetto è il concetto che dev’essere definito e dicesi appunto definito
o definiendo ; e il predicato è quella nota o quell’insieme di note,
mediante le quali il soggetto viene definito, e dicesi definiente.
La definizione si può prendere in tre significati : a) è
l’operazione o l’insieme d’operazioni che mirano a determinare l’essenza
delle cose ; e in questo senso l’intendeva Socrate, che pel primo, al
dire d’Aristotile, applicò la mente alle definizioni. Definire era per
lui cercare razionalmente l’essenza delle cose, xò li iotiv ; cosi egli
voleva determinare l’idea della giustizia, della sapienza, della
prudenza, l’idea dell'uomo politico, del giudice ecc.; la definizione di
queste idee e di quelle simili permetteva di misurarne esattamente
l’oggetto e il valore e quindi di regolare meglio la nostra vita pratica.
E chiaro che in questo significato la definizione è il mezzo della
scienza, in quanto tende alla conoscenza dei ca¬ ratteri essenziali delle
cose; b) la definizione può anche essere il fine della
scienza, ossia la nozione, il concetto, nel quale si rende stabile il ri¬
sultato della ricerca scientifica ; c) infine la definizione può
essere intesa come l’opera¬ zione, la quale consiste nello sviluppare in
una proposizione o giudizio il contenuto d’un concetto ottenuto mediante
la ri¬ cerca scientifica. In quest’ultimo significato è l’espressione
della scienza, la formula esplicita e breve dei risultati della
scienza. I caratteri e le note che formano il contenuto d’un
concetto possono essere numerosi e di specie diversa e di valore
disuguale, e non possono di conseguenza entrare tutti nella definizione
scientifica; ma, poiché la scienza ha per oggetto il generale, la
definizione ha per oggetto ciò che dicesi l’essenza ed esclude il
partico¬ lare, l’accidente. Vediamo quindi che vuol dire essenza
d’un concetto. L’essenza è costituita dall’insieme dei
caratteri intimi che persistono in mezzo al variare delle relazioni e
delle mo¬ dificazioni accidentali ; è ciò che l’essere possiede in sé
stesso, ciò che non può cessare d’appartenergli, senza che esso cessi
tosto di esistere. Li’accidente è ora un rapporto fortuito, come ad
esempio il posto occupato da un individuo o da un oggetto nello spazio e
nel tempo, ora una modificazione accessoria che altera, per cosi dire,
soltanto la superficie dell’essere che la subisce, senza toccarne il
fondo, è, in generale, tutto ciò che avviene negli esseri per un concorso
fortuito di circostanze esteriori. Si comprende quindi come
la definizione escluda l’acci¬ dente e accolga solo ciò che è
essenziale. Però bisogna avvertire che questi due concetti non
hanno limiti fissi, giacché l’accidente può alla sua volta divenire
oggetto di definizione; cosi, se non si può definire l’uomo per mezzo di
qualche malattia, cui vada soggetto, si può però definire la malattia nei
suoi caratteri essenziali, escludendone gli accidenti particolari, ai
quali esso può andare incontro. Però non tutte le nozioni si
possono definire in modo preciso e determinato, e nelle diverse scienze,
oltre le defini¬ zioni approssimate, come le idee di colore, tono,
sapore, vi sono definizioni oscillanti, come avviene per le idee che
si arricchiscono di continuo per mezzo dell’esperienza e mediante
caratteri che vengono aggiunti dalle nuove scoperte. Per esempio, dice il
Taine, la nozione che un uomo ordinario ha del corpo umano è assai misera
e incompleta: per lui è una testa, un tronco, un collo, quattro membra
d’un colore e di una certa forma; e questi pochi caratteri gli sono
sufficienti per la pratica usuale della vita ; ma è chiaro che i
caratteri propri del corpo umano sono infinitamente più numerosi
; l'anatomico vuol sezionare, notare, descrivere, disegnare- il
manuale che si dà agli studenti ha mille pagine, e occorre¬ rebbe un bel
numero d’atlanti e di volumi per contenere le hgure e l'enumerazione di
tutte le parti che l’occhio nudo ha constatate. Se poi
l’occhio s’arma d’un microscopio, questo numero si centuplica; al di là
del nostro microscopio, uno strumento piu potente aumenterebbe ancora la
nostra conoscenza; con¬ tinuando per questa via la ricerca non ha
termine. Inoltre in alcune scienze le detinizioni segnano come
il punto d’arrivo della ricerca scientifica, in altre invece se¬
gnano il punto di partenza. Cosi nella geometria, dove nessun
ragionamento e possibile senza le definizioni, queste debbono essere
stabilite da principio; mentre nelle scienze sperimen¬ tali, dove
esprimono i risultati ottenuti, debbono rappresen¬ tarne le conclusioni.
E evidente che le definizioni del trian¬ golo, del circolo, del quadrato
ecc. debbono precedere qualsiasi ragionamento intorno a queste
figure; e che la definizione delia « vita » nelle scienze biologiche non
può essere che il risultato di un gran numero di ricerche e di studi che
ri- guardano i fenomeni vitali. Infine nella definizione
debbono entrare quelle note che sono sufficienti per distinguere il
concetto definendo sia dai concetti simili, sia dai concetti che
appartengono ad altre classi; per questo si dice che la definizione si fa
pel genere prossimo e per la differenza specifica, de/ìnitio, dicevano
gli Scolastici, fit per genua proximum et differentiam specificavi. Definire
pel genere prossimo, cioè per quel genere che più, s avvicina alla
comprensione del definendo, equivale a indi¬ care il gruppo di cui un
oggetto o un individuo fa parte, e ' quindi attribuirgli implicitamente i
caratteri di questo gruppo- cosi per definire l’uomo è inutile dire che è
un animale ver¬ tebrato, mammifero-, quest’ultimo carattere, che esprime
il ge¬ nere prossimo, è sufficiente, giacché implica i due primi.
Definire per la differenza specifica vuol dire constatare e
determinare 1 caratteri speciali che appartengono solo al definendo e lo
distinguono da tutti gli altri esseri del me¬ desimo gruppo. Cosi se al
carattere « mammifero » noi aggiun¬ giamo, per designare l’uomo, quello
di bimane, gli attribuiamo con quest’ultimo concetto un carattere che lo
distingue da tutti gli altri mammiferi. 4. Diverse specie di
definizioni. — Il metodo che si ado¬ pera nel lare una definizione può
essere duplice, positivo e negativo. Il primo consiste nel riunire nella
definizione tutti i caratteri che servono a determinare il definendo; il
secondo mira invece a stabilire i caratteri che debbono essere
esclusi e non possono attribuirsi al definiendo. Quest’ultimo
metodo ó assai meno perfetto e si può considerare, nella maggior
parte dei casi, come un complemento del primo. La definizione si
suole distinguere in nominale e reale. La definizione nominale ha per fine
di spiegare e di deter¬ minare in forma precisa il valore e il
significato d’una parola, o di fissare il senso costante di alcune parole
attraverso le varietà mutabili delle significazioni particolari. Essa ha
valore logico non in quanto sia una semplice spiegazione
etimologica o sintattica, nel qual caso la definizione rientra nel
campo della grammatica, ma solo in quanto serva di preparazione
alla definizione reale. Vi è un certo numero di parole che non sono
facilmente definibili pel numero e la varietà degli ele¬ menti che
contengono e che spesso sono il prodotto di varie epoche storiche; di qui
la difficoltà che s’incontra nel defi¬ nire la « società » oggetto di
tante dispute nella scienza so¬ ciale contemporanea, la religione, lo
stato ecc. La definizione reale tende a darci invece l’essenza
d’un concetto, il valore intrinseco del definiendo, indicando i ca¬
ratteri che questo ha comuni con gli altri concetti simili, e quelli che
ne lo differenziano; si fa quindi, come s’è già detto, pel genere
prossimo e per la differenza specifica. Anche qui le difficoltà per
ben definire non sono poche, quando si tratti di concetti che si
considerano come un pro¬ dotto storico o di concetti scientifici, ai
quali nuove esperienze possono di continuo aggiungere nuovi elementi;
sono minori per altre scienze, come ad esempio perle matematiche,
dove sono possibili definizioni perfette. Inoltre la
definizione, considerata sotto un altro aspetto, può essere anche
analitica o sintetica. E analitica quando risolve il concetto del
definito in più altri concetti; per es. l’eredità fisiologica è la
trasmissione di caratteri speciali dell’organismo dai progenitori ai
discen¬ denti; oppure: il cerchio è una curva chiusa che ha tutti i
punti^ della circonferenza equidistanti dal centro. L sintetica la
definizione, quando nel determinare i ca¬ ratteri del concetto segue il
processo col quale il definiendo si è venuto formando, ossia costituisce
un concetto per mezzo di altri concetti più semplici. In questo senso la
definizione può essere detta genetica, in quanto espone la genesi
d’un concetto ; e questa si può considerare come la forma più per¬
fetta del definire. Un esempio di definizione genetica è il seguente : Se
in un piano, tenendo ferma una retta ad un suo estremo, la muovo sempre
nello stesso senso e in modo che essa torni alla sua posizione di
partenza, descrivo una figura che dicesi circolo. Si sogliono
anche distinguere due specie di definizioni ge¬ netiche, la diretta e V
indicativa: è diretta quando essa stessa produce e costituisce il
definiendo; è indicativa quando espone il modo col quale il definiendo
può essere prodotto da cause che sono distinte dal nostro pensiero, come
avviene delle cose prodotte dalla natura, per es. dei ghiacciai, dei
venti ecc. 5. Regole della definizione. — Le principali regole
che si debbono seguire per ottenere una buona definizione logica
sono le seguenti : a) i concetti defi nienti non debbono essere una
semplice tautologia del concetto definito o definiendo, ossia il
defi- niente non deve ripetere colla stessa o con diversa forma
grammaticale il definito, come quando si dice che uomo bugiardo è colui che
dice bugie. Questo errore assai comune viene indicato dalla logica
tradizionale colle note parole la¬ tine : idem per idem definire.
b) la definizione non dev’essere circolare, ossia non ci deve
spiegare il delùdente mediante il definito e viceversa, ricordando 1
errore del circolo vizioso, come quando si definisce la coscienza per la
percezione dei fatti interni, e questi ultimi vengono definiti per quei
fatti che si producono nella nostra coscienza. c) la
definizione non dev’essere negativa, ossia deve dire non già quello clie
il definiente non è, ma quello che è, ed esporre i suoi caratteri propri.
Sarebbe negativa la defini¬ zione che chiamasse la virtù la qualità
opposta al vizio. d) la definizione dev’essere infine chiara ed
esatta, non dev’essere sovrabbondante, non essere nè troppo ampia,
nè troppo ristretta, deve evitare le espressioni improprie, oscure,
e anche le espressioni figurate, quando non contribuiscono a chiarire il
concetto. Cosi quando si dice che il bello è lo splendore del vero, non
si giunge ad avere del bello un con¬ cetto nè chiaro nè esatto.
Le definizioni di questo genere nascondono spesso l’igno¬ ranza di
cognizioni sicure e profonde intorno all’oggetto che si vuole definire,
oppure anche l’imperfezione della scienza. 6. La divisione. — La
divisione, intesa come operazione logica, determina l’estensione d’un
concetto, mentre la defi¬ nizione ne determina la comprensione ; essa si
riduce quindi a un giudizio, nel quale s’espongono le diverse specie
d’una idea generale, e il dividendo, che rappresenta il genere, fa
da soggetto, mentre il dividente, che contiene l’enumerazione delle
diverse specie contenute nel dividendo, fa da predicato. Anzitutto
nella divisione bisogna considerare le note con¬ tenute nel concetto da
dividere, distinguere in esso gli ele¬ menti generici, che sono costanti,
dagli elementi variabili, che costituiscono il cosiddetto fondamento o
principio della divisione. Cosi nella nota divisione delle lingue in
monosil¬ labiche, agglutinanti, flessive, le parti divise sono queste ul¬
time, il dividendo è il concetto lingua, e la divisione è fondata sulla
morfologia. Le regole della divisione sono le seguenti:
1°. La divisione deve corrispondere esattamente all’og¬ getto suo,
ossia le sue parti debbono riprodurne tutta l’esten¬ sione, in modo che
nessuna parte ne sia trascurata e non ve ne sia alcuna superflua.
2°. Ogni divisione dev’essere fatta secondo un unico prin¬ cipio.
Così se dividiamo le opinioni professate dagli uomini in vere, false e
dubbie, la divisione posa sopra un doppio prin¬ cipio, la verità e la
certezza: le opinioni tutte, comprese quelle dubbie, sono vere o false ;
cosicché converrebbe fare due divisioni: a) tutte le opinioni sono o vere
o false; b) tutte le opinioni sono o certe o dubbie. 3°. La
divisione non dev’essere negativa, ossia ogni specie divisa deve avere
caratteri propri, non già essere una sem¬ plice negazione dei caratteri
della specie opposta. Così è ne¬ gativa l’antica divisione degli animali
in vertebrati e inver¬ tebrati. 4°. Le parti divise debbono
essere coordinate ed opposte: bisogna far in modo che nessun oggetto o
nessun essere possa venir collocato in due termini d’una medesima
divisione. Cosi chi dividesse i fenomeni naturali in fisici, chimici,
psi¬ chici e volontari cadrebbe nell’errore che è cagionato dal non
osservare la presente regola ; infatti i fenomeni volontari non sono nè
opposti uè coordinati a quelli psichici, ma subordi¬ nati ad essi, e ne
sono parte. La divisione più semplice è quella die dicesi
dicotomia, la quale consiste nel dividere il genere in due specie
opposte, che si distinguono per la presenza nell'una e l'assenza nella
seconda d’un solo e medesimo carattere. La classi fic azion e delle
scienze concepita dal fisico Ampère è una vera e propria divisione dicotomica
; egli infatti distingue le scienze in due grandi regni, scienze
cosmologiche che si occupano del mondo materiale e studiano la natura, e
scienze nooloyiche che studiano il mondo morale e spirituale. Ciascuna
di queste classi si suddivido alla sua volta in altre due classi
minori e così di seguito; l'Ampère giunge con questo metodo a stabilire
cento ventotto scienze speciali, che abbracciano tutte le cognizioni
umane. 7. La classificazione; utilità e specie diverse. — Una
forma sistematica del sapere scientifico più importante di quella
precedente è la classificazione, la quale tende a pre¬ sentare in modo
compiuto e ordinato tutte le parti che com¬ pongono un complesso di
cognizioni omogenee. Essa si può dire una divisione complessa risultante
da una divisione prin¬ cipale e da una o più divisioni subordinate o
suddivisioni. Nella classificazione lo scienziato parte da un concetto
gene¬ rale, ne distingue prima le specie immediate e più generali ;
in ciascuna di queste poscia le specie rispettive, finché giunga fino
alle ultime specie per mezzo di successive divisioni e
suddivisioni. I vantaggi che presenta un tale ordinamento delle co¬
gnizioni scientifiche sono evidenti. Anzitutto il contenuto di nna data
scienza viene compreso in un prospetto sintetico, che abbrevia il tempo
necessario per apprendere, riducendo in un certo senso il numero delle
cognizioni indispensabili; cosi per es. il regno animale abbraccia
probabilmente non meno di 600000 specie, che lo zooologo riesce a
conoscere in modo relativamente completo riducendo gli individui in
specie, le specie in generi, i generi in famiglie ecc.; il quadro in
tal modo semplificato può essere facilmente ritenuto e riprodotto
dalla memoria, benché non ci fornisca che una cognizione schematica o
scheletrica della natura, che per la scienza è però sufficiente e, pur
sopprimendo i caratteri particolari, estende mirabilmente il campo delle
nostre conoscenze. In secondo luogo la classificazione ci permette
di appren¬ dere non solo un numero infinito di esseri o di oggetti,
ma anche la loro 'parentela mediante le loro affinità naturali. In
tal modo l’immensità della natura viene riassunta non solo in una forma
concisa, ma anche in una forma ordinata ed armonica. Inoltre
la somiglianza e le affinità constatate tra gli esseri appartenenti ad un
dato gruppo permettono spesso di infe¬ rire altre somiglianze ed affinità
prima ignorate. Così, come dice il botanico Adriano de Jussieu, quando
sappiamo che un certo numero di piante costituiscono una famiglia, di
solito siamo tratti ad attribuir loro le medesime proprietà econo¬
miche e medicinali. La classificazione può essere artificiale o
naturale. La classificazione artificiale, che ha uno scopo
essenzial¬ mente pratico e mnemonico, tende a darci la conoscenza
degli oggetti o degli esseri che si vogliono classificare
fondandosi sopra un numero ristretto di caratteri, i quali vengono
scelti fra i più appariscenti, senza badare alla loro importanza
in¬ trinseca; un esempio di classificazione artificiale è l’ordina¬
mento d’una biblioteca, dove i libri vengono disposti o secondo l’ordine
alfabetico, o secondo il formato, o, meglio, secondo il contenuto.
La classificazione naturale invece si ha quando, per ri¬ produrre
in certo qual modo l’ordine della natura, è fondata sopra la scelta dei
caratteri più importanti, manifesti oppure occulti, permanenti oppure
evolutivi. La forma più perfetta di classificazione naturale è quella
detta genetica (da yiveatc nascita, origine, formazione) la quale tende a
classificare gli esseri secondo l’ordine della loro apparizione. Cosi la
biologia mira, secondo tale principio, alla classificazione genetica
delle forme viventi, la psicologia a quella dei fatti psichici, la
filologia comparata a quella delle lingue. 8. Fondamento della
classificazione. — Il fondamento della classificazione naturale è da
ricercarsi, come si com¬ prende facilmente da ciò che già si è detto, non
nelle prò- prietà apparenti, ma nelle primarie o causali, ovvero in
quelle che sono segni di proprietà primarie o causali; ossia
bisogna fermare 1 attenzione sopra i caratteri che si posson
chiamare dominatori, perchè la presenza di ciascuno di questi trae
seco necessariamente quella d’un certo numero di caratteri subor¬
dinati, essendovi tra un carattere dominante e i caratteri su¬ bordinati
ad esso uniti un rapporto costante e necessario, una legge non di
successione, ma di coesistenza, di contempora¬ neità. In altre parole, la
presenza di certi caratteri fonda- mentali fa supporre con certezza
l’esistenza di altri caratteri; come avviene specialmente nei gruppi
animali. Per questa ragione le classificazioni zoologiche sono
fon¬ date sui caratteri anatomici e fisiologici più importanti ed
essenziali; per esempio il pipistrello, che in apparenza ha maggior
affinità cogli uccelli, tuttavia è messo fra i mamini- . ' b 01cllè ^
questi ultimi possiede i caratteri dominanti; in modo simile la
balena è mammifero e non pesce ecc. E pur sempre per questo motivo
di regola generale nelle classificazioni scientifiche si va dall’idea più
generale a quelle che sono a queste immediatamente subordinate, e
così di seguito a mano a mano alle specie più distinte, senza
omettere alcun anello intermedio. Il metodo dimostrativo ha per fine
di giustificare la verità delle conoscenze scientifiche, di accertare noi
stessi e gli altri d’una verità già scoperta fa¬ cendola derivare dalla
verità d’altre conoscenze, per offrire in questo modo un fondamento
logico alle nostre osservazioni. La prova o dimostrazione, cosi
concepita è un complemento necessario delle altre operazioni logiche, le
quali forniscono ed ordinano le cognizioni scientifiche, ma non ce ne
danno la giustificazione che appaghi la nostra mente, collegando la
verità d’una conclusione alla verità delle premesse, come fa la
prova. Nella prova bisogna distinguere tre elementi principali
: a) la tesi da provare. Ti*’er sé stesse in-,
dimostrabili. Spesso nella vita pratica, quando si vuole ottenere
qual¬ che line particolare, si parte dalla tesi supposta vera e si
dimostra come essa non porti a nessuna conseguenza falsa. La prova
diretta e regressiva o induttiva che dir si voglia parte d
ai particolari, come abbiamo già d et to, p er salire al principio
generale ; dimodoché la verità di questo si deve am- 300 0 00000
mettere grazie alla verità dei particolari sui quali si fonda.»
Questa forma di dimostrazione ha la sua base nella verità del principio
dell’ induzione, intorno alla quale già a lungo si è discorso, essa si
adopera in tutte le scienze, ma più spe¬ cialmente nelle scienze
naturali, e meno nelle matematiche. •Sia per esempio da provare la
tesi seguente: la celerità della I erra nella sua orbita intorno al Sole
é in ragione inversa della distanza da esso; la prova si ottiene
osservando se è verificata almeno in due casi particolari, cioè quando la
Terra si trova nel punto più lontano dal Sole ossia nell’afelio, o
quando raggiunge la massima vicinanza col Sole, ossia nel perielio.
La prova diretta regressiva è d’uso assai frequente an¬ che nella
iuta pratica, quando per esempio si vuol provare la bontà d un
provvedimento o d’un disegno qualsiasi, applacandolo nei casi e nelle
circostanze particolari ; così Focione disapprovava nna spedizione di
poche navi che gli Ateniesi volevano tare contro una città, dicendo che
era troppo piccola per un’impresa ostile, e troppo grande per un atto
d’amicizia. 3. Prova indiretta. — La prova indiretta e progressiva
si ha quando si prova la falsità della tesi opposta o aj^gpi partendo da
due principi generali. Sia per esempio da pro¬ vare la tesi : due rette
perpendicolari ad una terza sono perpendicolari fra di loro; si prova la
falsità dell’antitesi: due parallele perpendicolari ad una terza non sono
parallele fra di loro, partendo dal principio generale che « da un
punto preso fuori di una retta non si può sulla medesima abbassare
che una perpendicolare » . Una seconda forma della prova indiretta
e progressiva si ha quando si dimostra che V antitesi conduce a
conseguenz e le duali o jono assurde, o sono in co ntraddizione con prin
¬ cipi, la cui verità è solidamente stabilita e non si può in
nes¬ sun casomeitere m dubbio. Sia per esempio da provare la tesi
seguente : il triangolo equilatero non può essere rettan¬ golo; si
ammette, per ipotesi, che sia vera la tesi opposta: il triangolo
equilatero può essere rettangolo; in tal caso la con¬ seguenza è che il
triangolo equilatero dev’essere anche equia n¬ golo ; e poiché ciò non è
possibile ammettere, perchè dovrebbe avere dille angoli retti, si
conchiude essere falsa l’antitesi e vera la tesi da provare.
La prova indiretta regressiva, che dicesi anche ap^gogica o
induttiva, si ha quando si vuol provare la tesi esponendo quali principi
assurdi bisognerebbe accogliere se si ritenesse T vera l’antitesi. Cosi
per dimostrare la necessità del governo che diriga e regoli l’attività
dei cittadini, si espone quali principi falsi bisognerebbe ammettere
intorno agli uomini, per j~~l dimostrare che l’anarchia è utile e
giovevole alla società umana. I principi supremi delle scienze. — Le
scienze hanno per fine proprio la spiegazione della natura, la quale si
pre¬ senta a noi come una massa enorme di fenomeni; spiegare i
quali vuol dire per la mente umana ricondurli sotto rapporti di più in
più semplici e generali, finché si giunga ai princip! supremi e irriducibili di
ciascuna scienza, cioè a quei! principi e a quelle leggi che non si possono
derivare d a i.rin-l o c a leggi piu__semplici. La dimostrazione ci
conduce in i ultima analisi a tali principi supremi, giacché, dovendo
una di giostrazione fondarsi senti r e soura altre verità già areni?
] t a^e, dipende da altre dimo str azioni ole presuppone: ina in u
imo devesi giungere n e cessariamente a verità fondamen- ' - ^ mdimos
trabil i, e che sono evidenti per sè stesse . osi nella meccanica i
principi irriducibili sono le leggi fondamentali e più generali del
movimento; nella fisica l’iner¬ zia. l’equivalenza e la trasformazione
delle forze; nella chi¬ mica la teoria atomica; nella biologia, la
contrattilità, l'as- similazione e la proliferazione dell’elemento
anatomico, ossia la vita, che le scienze biologiche studiano in tutte le
sue svariate manifestazioni. L’irriducibilità di queste leggi ap¬
pare manifesta: il moto non si può dedurre dalla quantità, nè 1
attrazione dal movimento, nè l’attività dall’attrazione. ) E necessario però
notare che se ciascuna scienza ha prin- — li -riducibili e fondamentali,
tuttavia le scienze tutte formano nel loro complesso una specie
d’organismo, le cui parti sono strettamente collegate fra loro e si
aiutano di continuo a vicenda; giacché sappiamo che nè il fisico
può fare a meno nelle sue ricerche delle cognizioni matematiche, nè
il chimico delle cognizioni fisiche, nè il fisiologo delle co¬ gnizioni
di fisica e di chimica e cosi di seguito. \ odiamo inoltre che i
principi fondamentali costituiscono una sene di nozioni di complessità
crescente, in modo simile a . quello che è già stato osservato nella
classificazione delle scienze del Cointe; infatti c iascun a nozion e,
pur contenendo un fiuid irriducibile, cade sotto l’estensione del
principiar piecede, e diviene di questo un caso par ticolare . Così,
coni* piuta per mezzo dell’astrazione e dell’analisi la distinzione
delle proprietà fondamentali, ne succede tosto la sintesi: il movimento
s’aggiunge alla quantità, l’affinità chimica all’at¬ trazione, al
movimento e alla quantità ecc. 5- Definizioni, ipotesi, postulati,
assiomi. — I principi su¬ premi delle dimostrazioni si possono ridurre a
quattro classi principali: le definizioni, le ipotesi, i postulati, gli
assiomi. Le definizioni, secondo quanto s’è già stabilito, conten-UPF'iNf£)
Gomperz] dere, dipendono sopratutto dall’esame critico e dal buon senso
dell’osservatore. Il secondo caso è quello della verisiiniglianza
quantita¬ tiva, o calcolo delle probabilità, che consiste nel
determinare quale di due affermazioni di materia identica, ma opposte,
sia più probabile; se la causa a ha ora per effetto b, ora per
effetto c, sicché sia vero ugualmente che a produce b e che a non produce
b, si tratta di vedere quale dei due effetti b o c è più probabile;
chiamando m i casi di b ed n quelli di c, evidentemente sarà più
probabile quello degli effetti, che ha per sé il maggior numero di casi
favorevoli. Il probabilismo ha le sue radici nell’antichità e si
può dire che sia sorto con l’arte oratoria; i primi retori
siciliani Corace e Tisia considerano il verisimile (sìxós) come lo
strumento necessario della retorica, e distinguono due specie ‘»i, ver
isimiglianza, 1 assoluta (eìxój àTUÀòi;) e la relativa (eìxó? Tt); i
filosofi della Nuova Accademia, soprattutto Arce- silao e Cameade acuti
osservatori della vita, sostengono che in nessun dominio del sapere noi
possiamo raggiungere la verità e, per conseguenza, la certezza assoluta,
ma che dob¬ biamo in ogni caso accontentarci di semplici
probabilità. * Probabile aliquid esse (dicebat) et quasi verisimile
eaque se uti regula et in agenda vita et in qunerendo ac disse-
rendo » (Cicerone, Acad. II, X, 32). Dopo saggi importanti di
Biagio Pascal, di Giacomo Bernouilli e di Guglielmo Leibniz, la logica
del probabile trova, nei tempi moderni, due cultori eminenti nel
Laplace e nel Cournot. Il grande Trattato del Laplace
comprende due parti: una parte matematica, la Teoria analitica delle
probabilità (1812), e una parte filosofica, Saggio filosofico sulle probabi¬
lità (1814), che espone, senza l’aiuto dell’analisi matematica, i
principi della teoria delle probabilità, i suoi risultati ge¬ nerali e le
applicazioni più importanti. Il calcolo delle probabilità riposa,
secondo il Laplace, sulla nozione del caso che ha il suo fondamento nella
nostra ignoranza delle cause e serve a dissimulare la nostra debo¬
lezza, giacché nell’universo tutto è rigorosamente determi¬ nato e
bisogna considerare lo stato presente del mondo come l’effetto dello stato
anteriore e come la causa di quello che deve seguire. La
causa che è manifesta in certi fenomeni semplici, per es. nei fenomeni
celesti, ci sfugge in altri fenomeni più complessi, che noi, nella nostra
ignoranza, attribuiamo al caso. Benché la scienza tenda a eliminare
sempre più i casi fortuiti, tuttavia non è sempre facile respingere
l’ipotesi del caso: perciò le probabilità hanno una grandissima
impor¬ tanza nelle conoscenze umane. « Le questioni più importanti
nella vita sono per la maggior parte problemi di probabilità; anzi,
parlando con rigore, si può dire che quasi tutte le nostre conoscenze
sono solamente probabili, e, che nel pic¬ colo numero di cose, che, nelle
stesse scienze matematiche, possiamo sapere con certezza, i mezzi
principali per giun¬ gere alla verità, l’aualogia e l’induzione, si
fondano sulle probabilità » . Il Cournot nel 1843 pubblica la
sua * Esposizione della teoria dei rischi e delle probabilità », colla
quale vuole in¬ segnare alle persone, che non conoscono le matematiche
su¬ periori, le regole del calcolo delle probabilità, senza le
quali, non possiamo renderci un conto esatto nè della posizione
delle misure ottenute nelle scienze d’osservazione, nè del valore dei
numeri forniti dalla statistica, nè delle condizioni del successo di
molte imprese commerciali. Chiamasi probabilità matematica d'un
avvenimento il rapporto esistente tra il immero dei cas i favorevoli a
questo avvenimento e il numero di tutti gli altri casi possibili ; laonde
tutti questi casi debbono essere egualmente possibili.
Prendiamo un paio di dadi da giocare, in forma di cubi geo¬
metricamente regolari e affatto eguali; in queste condizioni non si può
ammettere che, gottando i dadi nel modo consueto, i dadi ca¬ schino sopra
una faccia piuttosto che sopra un’altra; in altri ter¬ mini, i casi di
caduta d’ogni dado sono ugualmente possibili. Ogni faccia dei dadi
è segnata con numeri (dall'uno al sei eompreso) e tutti e due i dadi si gettano
nel medesimo tempo; è chiaro che ogui faccia d’uno dei dadi può cadere
con ogni faccia dell'altro dado; si avrebbero così 36 casi possibili di
combinazione di numeri a due a due. Indicando l'uno dei dadi con A e
l’altro con B, possiamo comporre la seguente tabella dei 36 casi
possibili. TAam» o Cl l * u A B
11 1 2 1 3 1 4 1 5 1 6 A B
2 1 2 2 2 3 2 4 2 5 2 6
A B 3 1 3 2 3 3 3 4 3 5 3 6
A B 4 1 4 2 4 3 4 4 4 5 4 6
A B 5 1 5 2 5 3 5 4 5 5 5
6 A B 6 1 6 2 6 3 6 4 6 5 6 6. Come
si disse, tutte le combinazioni di questa tabella sono ugualmente
probabili: cosi l’avere il numero 5 sul dado A e il numero 2 sul dado B,
è ugualmente probabile cbe l’avere 6 e 6 su tutti e due i dadi. Ma se
consideriamo la sortita dei numeri 2 e 5 indipendentemente dal dado sul
qualo possono comparire, allora la probabilità di sortita di questa
coinbinnzione si distinguer» dalla probabilità di sortita dell'altrn
combinazione 6 o 6 per questo, che la prima combinazione s'avrà tanto con
5-2 cbe con 2-5, mentre la combinazione 6 e 6 rimarrà limitata n una sola
volta fra le 36 coppie di numeri. In questo modo la probabilità
matematica di sortita dei numeri 5 e 2 (rimanendo indifferente cbe
ciascun d’essi appaia sul dado A o sul dado B) sarebbe di */j 0 ossia di
‘/ist mentre pei numeri 6 e 6 è solo di '/ss- Se poi
consideriamo la sortita, sui due dadi, di numeri tali che la loro somma
corrisponda ad una quantità desiderata, allora la probabilità d'avere
questa somma sarebbe, por le differenti qua¬ lità, affatto diversa. Così
per os. il numero 2 si potrebbe avere in un modo solo, cioè coll’uscita
dei numeri 1-1, mentre il numero 7 si potrebbe avere nei seguenti modi
: 1-6, 6-1, 2-5, 5-2, 3-4, 4-3, per cui la
probabilità dell'uscita del numero 2 sarebbe di l jn, del numero 7
sarebbe di e / 3 «. Dalla definizione data della probabilità
matematica, risulta che essa è sempre una frazione, vale a dire un numero
di parti dell’unità, alla quale questa probabilità s’avvicina tanto più
quanto maggioro è il numero dei casi favorevoli all’avvenimento in
con¬ fronto doi casi possibili. Questa frazione potrebbe cambiarsi
nel¬ l’unità solo quando non esistesse nessun caso sfavorevole
all'avve¬ nimento aspettato; ecco perchè l’unità si considera come il
simbolo della certezza. Carattere generale delle scienze storiche —
2. Oggetto delle scienze storiche ~ 3. Svolgimento del concetto di
storia — 4. La storia ì> una scienza o un’arte? — 5. La critica
storica — 6. Esiste una scienza generale della società? Il metodo nello studio
dei fenomeni sociali. 1. Carattere generale delle scienze storiche.
— Come si è già accennato parlando della classificazione delle
scienze, la storia ha per oggetto il particolare, l’ individuale, ciò
che esiste una volta sola e non si ripete mai. Per comprendere il
valore di questa affermazione e per stabilire a quali scienze si può
sicuramente applicare, bisogna anzitutto determinare con esattezza il
significato dell’espressione: fatto o avveni¬ mento individuale di cui si
occupa lo storico. Individuale è, in questo caso, ciò che si
riscontra una sola volta nel mondo, tanto se il fatto è singolare, cioè
non appartiene che a un solo corpo o essere, quanto se è generale,
cioè comprende una collettività, è comune a più esseri. In tal senso si
considerano come fatti individuali : la sovrapposizione degli strati,
terrestri, la quale non si è mai ripetuta nel corso del tempo ; le specie
vegetali e animali scomparse che hanno popolato la terra solo in un’epoca
determinata; tutti i fatti storici propriamente detti, che non si sono
prodotti che una sola volta nel passato, come gli imperi egiziano,
babilonese, persiano, la civiltà greca, la conquista macedone, la
domina¬ zione romana, l’invasione dei barbari, il feudalismo,
l’impero di Carlo Magno, le Crociate, l’emancipazione dei Comuni,
lo assolutismo del secolo XVII, la Rivoluzione francese e così di
seguito. Tutti questi fatti e gli altri simili ad essi sono
indivi¬ duali, perchè si constatano una sola volta nelle formazioni
dello spazio e in quelle del tempo. I fatti più universali sotto
l’aspetto dello spazio possono entrare nel quadro della storia tostocliè
vengano individualizzati nel tempo, ossia quando si sono prodotti una sola
volta nei secoli decorsi. Appunto in questo senso, secondo la nota
ipotesi del Laplace, il nostro sistema planetario è passato dalla
nebulosa primitiva allo stato attuale attraverso a tappe successive che
non si sono mai riprodotte nel corso del tempo. La stessa
cosa si può affermare delle modificazioni subite dalla crosta terrestre,
dei fatti della storia umana: si è vi¬ sta una sola volta l’epoca della
pietra rozza, una sola volta l'epoca della pietra levigata e quella del
bronzo; gli uomini d’un paese sono pure passati una sola volta dallo
stato di cacciatori a quello di pastori, e da questo allo stato di
agri¬ coltori. Anche quando sembra che i fatti storici si
ripetano, co- desta ripetizione è talmente differente, che i fatti, i
quali paiono ripetersi, in realtà sono nuovi. Cosi la produzione
let¬ teraria si è manifestata in tutte le epoche; ma in ciascuna
epoca essa ha rivestito un carattere particolare: la letteratura classica
del periodo aureo in Grecia e in Roma è ben diversa dal nostro Cinquecento
o dalla letteratura francese dell’epoca di Luigi XIV. Ciò che bisogna
considerare in queste fioriture letterarie non è già il fondo comune
umano, la tendenza ad esprimere il bello mediante la lingua, ma la forma
diversa colla quale tale tendenza si è manifestata. Lo stesso
avviene di tutti gli altri fatti storici: tutti si ripetono, poiché
l’uomo rimane sempre il medesimo, coi suoi bisogni e colle sue
aspi- zioni; ma il contenuto delle sue produzioni varia di continuo
e le opere sue sono sempre differenti, possiedono un carattere
individuale. Ben diversa è la concezione dei fatti universali nel
tempo, ossia di quelli che si ripetono con differenze trascurabili,
come la rivoluzione dei pianeti intorno al Sole, la circolazione
del¬ l'acqua sulla terra, lo scambio d’ossigeno e d’acido carbonico
tra le piante e gli animali ecc. Sono fatti che si sono pro¬ dotti, si
producono, e, possiamo dire, si produrranno anche nel futuro, quando
siano date le condizioni necessarie in forza del postulato
dell’uniformità delle leggi di natura, di cui già si è parlato
diffusamente. Invece, dei fatti storici si può affer¬ mare che sono fatti
di successione, i quali sono avvenuti una sola volta e non avverranno
più; il che porta ad una eouse- CAPITOLO XIV.
155 guenza importante, cioè che i fatti storici non si
possono esprimere, come i fatti naturali, per mezzo di leggi
universali e necessarie. \ Questa è la differenza più grave
che corra fra le scienze che si possono dire di sviluppo e di successione
e le ricerche teoriche, cioè quelle che studiano i fatti di
ripetizione. Alcuni sociologi hauuo creduto di ritrovare nella
storia alcune leggi sui generis: essi, considerando le serie intere di
fatti succes¬ sivi come fatti singolari, le hanno riunite in fasci c ne
hanno tratte leggi mediante gli stessi procedimenti che le scienze
nomotetiche applicano ni fatti singolari di ripetizione. In tal modo si è
tentato di formulare la Ugge dell’evoluzione religiosa, secondo la quale
le concezioni religiose sono sempre passale attraverso a tre stati
con¬ secutivi : il feticismo, il politeismo e il monoteismo (Spencer,
Gum- plowicz); la legge dell’evoluzione politica, espressa nella
formula seguente: la serie politica incomincia con l'anarchia, passa pel
clan famigliare, per la tribù repubblicana dapprima, più tardi
monarchica e aristocrntica, giunge alla monarchia dispotica, e infine,
con uu ritorno corretto verso le sue origini, arriva ni governo
parlamentare (Letourneau); la legge dell'evoluzione della pittura, che
nei suoi pri¬ mordi è religiosa, per dare origine alla pittura mitologica
come ramo parallelo, la quale alla sua volta divieue pittura storica; da
que¬ st’ ultima si stacca la ritrattistica, che dà origine al genere,
per giuugere infine per il paesaggio alla natura morta
(Brunetière). Ma non una di queste leggi e delle altre simili può
reggere all'esame dei fatti; esse non sono che generalizzazioni
arbitrarie, che non hanno il più piccolo fondamento nella realtà delle
coso. (') 2. Oggetto delle scienze storiche. — Adunque la
storia, concepita nel suo significato più logico, ha per fine
essenziale di esporre lo sviluppo complessivo dell’universo, a
cominciare dalla formazione dei corpi celesti, svoltisi dalla nebulosa
pri¬ mitiva secondo il principio ipotetico del Laplace, per giun¬
gere, attraverso alla geologia e alla trasformazione successiva degli
organismi vegetali e animali, allo sviluppo dello spirito umano, al quale
in modo più speciale s’applica il nome di storia. In questo complesso
entrano tanto i fatti universali quanto i fatti singolari considerati
nello spazio, ma che sono però 0) XÉNOPOi., Le caracthrc- de
l’histoire, in Jievue phil., gennaio 1902, p. 38. Lee principes fondatHeniau.r de l’histoirè, p.
201-251. Paris, Lerotut, 1899. 156
PRINCIPI DI LOGICA. tutti individuali considerati
nel tempo, ossia che non si sono prodotti che una sola volta nel corso
del tempo e non si ri¬ produrranno più nell’ identico modo : ogni fatto è
unico e non rassomiglia ad alcun altro in maniera completa. Tali sono
per esempio: la successione di zone sedimentarie nei terreni secon¬
dari o terziari; le trasformazioni successive attraverso le quali sono
passati i sauriani rettili per mutarsi in uccelli, o quella dell ’elephas
antiquus per divenire l’elefante che os¬ serviamo ai nostri giorni;
oppure le vicissitudini per le quali ha dovuto passare l’Impero germanico
o la Penisola italica per arrivare alla forma unitaria attuale, o la
trasformazione dell’epica cavalleresca leggendaria e primitiva nelle
opere individuali del Pulci, del Boiardo e dell’Ariosto. Per
evitare equivoco, è però necessario in questo punto uno schiarimento;
cioè bisogna stabilire una distinzione tra l’esposizione scientifica
naturale e l’esposizione storica d’un oggetto o d’una classe d’oggetti,
per esempio degli esseri vi¬ venti, della società umana ecc. Cosi la
biologia concepita come scienza naturale, che mira a farci conoscere le
leggi generali che governano la vita degli animali e dei vegetali,
non si deve confondere colla biologia considerata come scienza storica,
la quale ha in vece per fine di studiare le succes¬ sive modificazioni e
trasformazioni dei medesimi esseri sulla superficie della terra dal primo
momento, se è possibile, della loro apparizione fino ai nostri giorni ;
in modo simile la so¬ cietà umana può essere oggetto d’una scienza
naturale, in quanto questa la studia e l’analizza nella sua maniera
di essere, di vivere, nella dipendenza dei suoi elementi ; e può
anche essere oggetto d’una esposizione storica nel senso comu¬ nemente
inteso, in quanto ne espone le vicende successive. (*) È quindi
evidente che nello studio di certe classi di og¬ getti il metodo naturale,
che vuole stabilire leggi, e il metodo storico, che vuole invece
stabilire il modo di successione dei fenomeni, possono alternarsi, ma non
confondersi; giacché le leggi naturali non si applicano che ai fenomeni
che si ripetono e non esprimono che il carattere quantitativo dei rapporti
tra 0) Rickert, Die Qrensen der naturwisseuschaftlichen
liegriffsbildung, pag. 294. Leipzig, Mohr] i fenomeni, mentre la storia
si occupa solo del lato qualita¬ tivo dei fenomeni, e afferma che non vi
sono due individualità storiche che si rassomiglino, due avvenimenti che
si possano ricondurre sotto la medesima nozione generale o legge che
si applichi tanto al presente quanto al passato. (*) Noi ci
limiteremo qui ad esporre per sommi capi le re¬ golo metodiche più.
importanti che riguardano lo studio dei fatti umani, cioè che riguardano
la storia propriamente detta, la quale ci interessa più da' vicino.
3. Svolgimento del concetto di storia. — Le varie trasfor¬ mazioni
cui il concetto di storia andò via via soggetto servono a mettere in
evidenza i vari elementi che lo compongono e a farne conoscere meglio la
vera indole e lo scopo. L’idea di cercare un disegno generale della
storia non si era presentata, nè si poteva presentare, agli antichi, i
quali non avevano un concetto chiaro dell’unità del genere umano.
Erano talmente immedesimati nella società e civiltà in cui vivevano e di
cui facevano parte, che non sapevano ricono¬ scere e pregiare il valore
d’un’altra : lo straniero era per essi un barbaro; essere civile, pei
Romani che conquistarono il mondo, voleva dire accettare le leggi, le
istituzioni, le idee di Roma, divenire in una parola, romano.
La storia ha però trovato in Grecia e in Roma cultori di grande
valore ; pel primo Tucidide rivolge lo sguardo sui fattori politici e,
quasi, sulla base naturale degli avvenimenti, le cause dei quali ricerca
non già nelle disposizioni di esseri sopranaturali, ma soprattutto nelle
condizioni in cui si trova¬ vano i popoli, negli interessi degli Stati,
e, in piccola misura, nei capricci e nelle passioni degli individui; egli
vuol descri¬ vere il corso delle cose umane, come farebbe per quello
dei fenomeni naturali, ricerca la verità con zelo infaticabile, e
nessuno sforzo, nessun sacrificio risparmia, per raggiungerla, per dare
dei fatti un’esposizione esatta. Col Cristianesimo si diffuse il
concetto d’un Dio unico, creatore e guidatore del mondo, innanzi a cui
tutti gli uo¬ mini sono eguali; e cosi sorse anche il concetto d’un
disegno [Kickkbt] nella storia, d’una niente superiore, che conduca ad un
fine determinato. E noto che questo concetto apparve per la prima
volta nella Città di Dio di S. Agostino e nelle Storie del suo discepolo
Orosio. Cosi cominciò quella che fu chiamata Scuola teologica, la quale
in sostanza era la negazione del vero me¬ todo storico e la rendeva
impossibile. Infatti l’uomo diveniva un cieco strumento, senza proprio
valore, nelle mani di Dio. che guidava i popoli come un cocchiere guida i
cavalli; i popoli sorgono o cadono, perchè Iddio avvicina o
allontana da essi la sua mano; le leggi dei fatti bisogna cercarle
nella mente divina, in cui ai mortali non è dato penetrare. Quindi
l’errore fondamentale non stava già neU’ammettere un Dio creatore
dell’uomo e. regolatore della storia, ma nel metodo che si voleva
seguire. Anche Galileo Galilei credeva in un Dio creatore del mondo,
autore dello leggi della natura; ma egli cercava queste ultime studiando
la natura e i suoi feno¬ meni. Invece gli scrittori del Medio Evo pensano
che gli avve¬ nimenti storici sieno esclusivamente opera della
Provvidenza divina, considerano l’uomo come un semplice strumento e
la vita terrena non altro che una preparazione alla vita celeste.
Coi grandi storici del Rinascimento italiano questo con¬ cetto è
totalmente abbandonato; nelle storie del Machiavelli e del Guicciardini,
infatti, la Provvidenza è scomparsa del tutto; essa non è mai chiamata a
spiegare qualcuno dei grandi avvenimenti storici. Tutto ciò che avviene
nella storia è, per gli scrittori del Rinascimento, opera dell’uomo, e
dell’nomo individuo civile, razionale. Però l’uomo non è
considerato come parte integrante della società, ma isolato,
immutabile. Così il Machiavelli nel primo libro delle sue Storie narra
gli avvenimenti dell’Europa nel Medio Evo: perchè i barbari si
precipitano sull'impero? perchè uno o un altro generale romano offeso,
geloso, irritato, li chiama per vendicarsi. Perchè seguono le Crociate?
perchè Urbano II, non avendo altro da fare, pensò di darsi ad una « generosa
impresa » . V’è sempre un capitano, un politico, un uomo di Stato, che è
la causa di tutto ; è esso che fa le leggi, che fonda una repubblica
o una monarchia, che muta i governi, che apparecchia le con¬ giure,
le grandi rivoluzioni e le conduce al fine desiderato; non vi sono forze
generali d’alcuna specie che operino : l’uomo rimane sempre lo stesso, e
le differenze che vediamo di se¬ colo in secolo, da nazione a nazione,
sono secondarie, più apparenti che reali. (') Queste idee
durarono fino al secolo 2àlll. Il primo che osò prendere una via a fiat
io diversa fu Giambattista Vico (1G68-1744). Egli accetta il pensiero
degli uomini del Ri¬ nascimento, cioè che le cause dei fatti storici sono
da ricer¬ carsi unicamente nell’uomo e nelle modificazioni dello
spirito umano, « questo mondo delle nazioni è pur fatto dagli uo¬
mini e bisogna quindi ricercarne leej-ipiegazione nella mente umana * ;
non crede però che l’uomo rimanga sempre lo stesso attraverso a tutte le
trasformazioni sociali, ma assi¬ cura invece che lo spirito umano muta
col mutar dei tempi e che, se vogliamo, per esempio, comprendere
l’infanzia del genere umano, dobbiamo uscire di noi stessi, rifarci in
certo qual modo fanciulli. Questo è il concetto che avviò la storia
per una via nuova e che fa del Vico il precursore dell’indi¬ rizzo
seguito più tardi dal Wolf, dal Niebuhr, dal Savigny. Questi ultimi
iniziarono un nuovo metodo, studiando con me¬ todo scientifico e con
grande pazienza i linguaggi, le mito¬ logie, il diritto, la società
primitiva, le antiche istituzioni. Questa scuola pose in evidenza che la
mitologia, i linguaggi, le società nascono e crescono secondo leggi
determinate, senza essere creazione personale dell’uomo: l’uomo non
appariva più, quale una volta, come un essere immutabile in tutti i
tempi, i tutti i luoghi, con facoltà sempre identiche in ogni età,
in ogni razza o civiltà diversa ; ma d’ora in ora continuamente
mutabile, ed in questa sua mutabilità, in questo suo continuo diveìiire
doveva essere studiato. Di qui ha avuto principio quell’immenso
lavoro di in¬ dagini che va rinnovando ab imis fundamentis tutta la
storia del passato e disseppellendo ad una ad una le antiche ci¬
viltà ; si tende ad una ricostruzione completa degli avveni¬ menti
storici, fondata sulla conoscenza critica delle fonti e di tutte le forze
che agiscono nei gruppi sociali e dei bisogni che cagionano i movimenti
delle masse umane. Intorno alla (!) Vili.ari, Scritti rari; il
saggio “La Storia è una scienza? „ passim. Bo¬ logna, Zanichelli] Pane
160 natura di questi bisogni spuntano le divergenze delle
con¬ cezioni storiche, oggidì assai numerose. Secondo la
concezione eroica non sono altro che ^bisogni degli eroi e dei geni che
póngono in moto quella màis in- (ììgéstaqtte moles che è l’umanità; è una
spiegazione insuffi¬ ciente, che riposa sopra una concezione
antiscientifica della causalità, confonde l’occasione del movimento
storico con la sua causa e cade in un circolo vizioso, poiché conclude dal¬
l’importanza dei risultati ottenuti dall’uomo di genio a quella della sua
energia, e fa poi di questa energia supposta la causa dei risultati ; già
Niccolò Machiavelli ha notato che la storia insegna che i tempi porgono
l’occasione ai grandi e questi sanno afferrarla, mutando spesso il corso
degli avvenimenti. (') Una concezione ideolo gica della storia si
ritrova nella celebre opera di H. Th. Buchle « Storia della civiltà in
In¬ ghilterra ; » le azioni umane, secondo questo scrittore, ven¬ gono
determinate parte dalla natura, parte dallo spirito. Il primo fattore si
assoggetta il secondo, ed è quindi prepon¬ derante, nelle zone calde e
fredde, mentre nei paesi tempe¬ rati, come nell’Europa, la natura è
subordinata allo spirito; gli Europei debbono la loro civiltà ai
progressi del sapere e dell’ intelligenza ; però la civiltà non è già il
prodotto arbi¬ trario e casuale di cieche forze fisiche o di potenze
spiri¬ tuali, ma si deve considerare come il risultato necessario
d’una serie di cause strettamente tra loro concatenate. La
concezione collettivista, sorta di recente, vede la causa dei movimenti
indicati in un « bisogno delle masse », e spe¬ cialmente in un bisogno
economici) ; la forma più importante di questa concezione economica della
storia è il cosiddetto materialismo storico, che ha il suo principale
rappresentante e fondatore in Carlo Marx (1818-1883). Questi sostiene
che t utto lo sviluppo sociale è determinato dal sistema econo¬
mico, che alla sua volta dipende dalla forma e dallo svilnpup della
produzion e. La struttura economica della società, egli dice, è la base
reale, su cui s'eleva poi 1 edificio giuridico e politico, cosicché i (_
modo dì produzione della vi ta m&tedale domina in generale lo
sviluppo della vita sociale, politic» o_ (>) Il Principe, cap.
VI, p. 6, ed. carata da G. Lisio. Firenze, Sansoni] intellettuale . Il Marx
distingui nella storia dell’umanità tre periodi principali : il periodo a
ntico, il f eudale, il borghese o capitalista, tutti caratterizzati dal
differente modo di pro¬ duzione : ciascuno porta ingenita la sua propria
contraddi¬ zione e ci mostra il progresso come uno sviluppo storico
ne¬ cessario. Il regime borghese, nel quale viviamo, è d’origine
recente, giacché incomincia nel -secolo XVI, quando i grandi proprietari
invadono a poco a poco il dominio dei grandi col¬ tivatori, spingendo
nelle città gli abitanti delle campagne. La soppressione dei mestieri e
l’invenzione delle macchine hanno dato un grandissimo sviluppo all’industria,
nella quale s’ impiega un numero sempre crescente di lavoratori. La
sto¬ ria è c|uindi dominata dal sistema economico e non avrebbe c
he una fonte p rincipale: i Jjiso^ni mat eriali dell nomo; l’or¬
ganizzazione economica che oravecliamo non è l’espressione di leggi
economiche eterne, ma non altro che una modifica¬ zione
dell’organizzazione economica medioevale, che alla sua volta deriva
dall’antica. Il fatto economico è per natura sua esclusivamente umano ;
precede nel tempo tutti gli altri fenomeni sociali, poiché, come
Aristotile ha già osservato fino dall’antichità, gli uomini non potevano
porsi a speculare prima d’aver provveduto ai loro naturali bisogni ;
infine è tra i fatti sociali il più semplice. È innegabile
che i fatti economici hanno sopra gli altri fatti sociali una efficacia
spesso decisiva, e che quindi la loro conoscenza ha molta importanza
nella spiegazione dello svol¬ gimento storico delle società umane. Però
non bisogna di¬ menticare il legame che uni sce gli uni agli altri i
fenomen i s ociali: il diritto, l a religione, la morale, reconomia, la
po - Jitìca. tutte le categorie di fatti che l’analisi distingue
sono unite fra loro da reciproche influenze ; lo stesso Marx ha no¬
tato ciò che v’è di contingente nei progressi della tecnologia, ciò che
questa deve al caso, alle gr andi inv enzioni e all’im t elligenza .
Quindi il materialismo storico, secondo recenti in¬ terpreti (Antonio
Labriola e Benedetto Croce), fornisce una somma di nuovi dati, di nuove
esperien ze., che entra nella coscienza dello storico, si risolve in un
ammonimento a tener presenti le osservazioni fatte da esso come nuovo
sussidio a intendere la storia. La storia è una scienza o un’arte? -
Importante è pure la questione non ancora chiusa se la storia sia una
scienza oppure un arte; ponendola alcuni risolutamente fra le scienze,
altri fra lo arti, ed altri accordandole i caratteri d’una scienza e nel
mede¬ simo tempo d un’arte. Notevoli sono le argomentazioni chq il
Croce pone innanzi per sostenere che la storia è un’arte: egli
distingue nella conoscenza umana due forftd: la còrios'ceuza intuitiva e
la conoscenza logica, conoscenza per la fantasia e conoscenza per l
intelletto, conoscenza dellWimrfnalc e àeW universale, delle cosse delle
loro relazioni; l'una è produttrice d’imagini, l’altra produttrice di
concetti. Lo intuizioni sono: questo fiume, questo lago, questo ri¬
gagnolo, questa pioggia, questo bicchiere d’acqua; il concetto è: 1
acqua, non questa o quella, ma l’acqua in genere, in qualunque luogo o
tempo si roalizzi. Le manifestazioni più alte della cono¬ scenza
intuitiva e dolla conoscenza intellettuale sono arte e scienza. (') La
stona è un’arte, come la poesia, la pittura, la musica; essa ò una
pittura vora e propria, descrivo gli avvenimenti, vuole rappre¬ sentare
vivamente all’immaginazione degli uomini i fatti passati; racconta e non
fa deduzioni nè induzioni, secondo il metodo ado¬ perato nelle scienze,
non ricerca leggi, nè foggia concetti, è diretta art narrandum non ad
demonstrandnm. Il questo qui, Vindividuimi umilino determinatimi è il suo
dominio, od è il dominio medesimo dell arte; la storia rientra perciò
sotto il concetto dell’arte. 1', un sofisma quello di credere che
la storia abbia por oggetto il concetto dell’individuale, donde si
conchiude che la storia sia conoscenza logica o scientifica; la storia
elaborerebbe il concetto d un personaggio, di Carlo Magno o di Napoleone
; d’un’opoca come del Ri nascimento o dolla Riforma: d’un avvenimento
come della Rivoluzione trancoso e dell'unificazione d’Italia, allo stesso
modo che la Geometria elabora i concetti delle forme spaziali. Ma
di tutto ciò non è niente: la storia non può se non presentare Na¬
poleone o Carlo Magno, la Riforma o il Rinascimento, la Rivolu¬ zione
francese o l’unificazione d’Italia, fatti individuali, nella loro
fisionomia individuale, proprio nel senso cho dai logici si dico che dell
individuale si dà non concetto ma rappresentazione. ( a ) Tra aite ola storia
corre quosta differenza: la prima è la conoscenza d una cosa, d’un
sentimento, d’un carattere, la conoscenza della lealtà possibile, non
della realtà esistente e reale, oggetto della storia 5. La critica
storica. — Lo storico trae la materia della narrazione o dai fatti che
egli stesso ha veduto, oppure dai * (*) 0) Croce, Estetica, p. 3.
Palermo, Sandron, 1902. (*) Croce] fatti che altri in tempi o
luoghi lontani hanno osservato; d’onde la necessità di valutare il grado
di certezza delle te¬ stimonianze, per avvicinarsi più che è possibile
alla verità. Bisogna notare che l’uomo lascia traccia di sè e delle
sue opere non solo nei racconti scritti o tramandati di genera¬
zione in generazione, ma anche nelle armi, negli ornamenti, negli
strumenti che adopera nella caccia, in casa ecc. ecc. La preistoria è
basata quasi esclusivamente sopra questi ul¬ timi monumenti, non esclusi
gli avanzi fossili del regno ani¬ male e di quello vegetale. Il materiale
per ricostruire il pe¬ riodo che segue alla preistoria ci viene fornito
da una grande quantità di monumenti, come iscrizioni, monete, sculture,
edi¬ fici, opere pubbliche ecc., che provengono dagli stessi autori
degli avvenimenti o dai loro contemporanei ; l’interpretazione di essi
rientra propriamente nel campo dell’archeologia sto¬ rica, la quale
fornisce pure un prezioso sussidio alla storia propriamente detta.
Importante è il criterio per stabilire la certezza della tradizione
scritta e della tradizione orale, per le quali s’in¬ contrano non poche e
gravi difficoltà, se si pensa che non di rado per fatti e avvenimenti di
lievissima portata e a noi contemporanei, le testimonianze di persone
oneste e co¬ scienziose sono incerte e contraddittorie ; per fatti di molto
maggior gravità e che possono riguardare tutto intero un popolo, le
passioni, l’intelligenza, il partito politico, gl’inte¬ ressi degli
osservatori possono turbare la narrazione spesso in modo irrimediabile ;
tali testimonianze debbono essere va¬ gliate con grandi cautele e con
tutti gli speciali sussidi for¬ niti dal metodo storico, e con tutto ciò
non sempre si riesce ad eliminare le alterazioni sia volontarie sia
involontarie. Avvenimenti come la origine del Cristianesimo, la
Riforma protestante, la Rivoluzione francese sollevano ancor oggi
po¬ lemiche e pregiudizi, che impediscono e offuscano la retta
valutazione di essi. n. quindi chiaro che il principio di
verisimiglianza e di probabilità, come dice il Croce, (') domina tutta la
critica storica ; l’esame delle fonti e delle autorità è diretto a
sta- (>) Op. cit„ I. c. PRINCIPI PI
LOGICA. 164 bilire le testimonianze più credibili. Chi
parla d’induzione e di dimostrazione storica fa un uso metaforico di
queste pa¬ role, le quali nella storia assumono un aspetto affatto
diverso da quello che hanno nella scienza. La convinzione dello
sto¬ rico è la convinzione indimostrabile del giurato, che ha
ascol¬ tato i testimoni, seguito attentamente il processo ;
sbaglia, senza dubbio, delle volte, ma gli sbagli sono una
trascura¬ bile minoranza di fronte ai casi in cui coglie il vero.
La storia è quindi ciò che l'individuo o l’umanità ricorda del suo
passato, ricordo dove oscuro, dove chiarissimo, ricordo che con industri
esami si procura di allargare e precisare il meglio possibile; ma tale
che non se ne può far di meno e che, preso nel tutto insieme, è ricco di
verità. Solo per spi¬ rito di paradosso si potrà dubitare che non sia mai
esistita una Grecia, una Roma, un Alessandro, un Cesare, un’ Eu¬
ropa feudale e una serie di rivoluzioni che l’abbatterono; che il 1°
novembre 1517 si videro affisse le tesi di Martin Lutero alla porta della
chiesa di Wittemberga e che il 14 lu¬ glio 1789 fu presa dal popolo di
Parigi la Bastiglia. Che ra¬ gione rendi tu di tutto questo?, chiede
ironicamente il sofista : l’umanità risponde : Io ricordo.
Chi si accinge a scrivere un’opera di storia deve atten¬ dere a
quattro operazioni principali, a ciascuna dolle quali risponde una parte
distinta della metodica : 1" Raccogliere il materiale, donde
Veuristica: ossia dot¬ trina delle fonti. 2° Analizzarlo,
donde la critica delle fonti. •1° Comprendere i fatti in sè e nei
loro rapporti, donde la co Riprensione dei fatti e loro rapporti.
4* Esposizione dei fatti. Queste quattro operazioni nella
pratica s’intrecciano e si confondono, giacché nel tempo stesso che, ad
esempio, si raccoglie il materiale, questo viene vagliato, e non si può
va¬ gliarlo senza comprendere il valore dei fatti che esso
fornisce. Le fonti sono il materiale da cui si attinge la
storia; dapprima furono tradizioni orali e canti popolari, poi note
scritte e anche, occasionalmente, iscrizioni e documenti: più in là
nell’età antica e nel medio evo non si andò; solo nel¬ l’età moderna si
pose mano a ricercare ed usufruire iscrizioni, documenti, monete, tutti i
prodotti dell’arte, e persino gli avanzi preistorici. Tutto il materiale
storico si può di¬ videre in due categorie: a) avanzi ossia
tutto ciò che di un l'atto è rimasto ed esiste ancora, con semplici
reliquie o parti di fatti e di atti umani interamente spogli d’ogni idea
di ricordo per la po¬ sterità e innanzi tutto i resti corporei degli
uomini, poi la lingua, le abitudini, i costumi, le feste, i giuochi,
culti, isti¬ tuzioni, leggi, utensili, monete, armi, edifizi; tra gli
avanzi sono da annoverarsi i monumenti nel senso più largo, vale a
dire tutto ciò cui è inerente l’intenzione di conservare la memoria dei
fatti; b) la tradizione, che mira a conservare il ricordo
degli avvenimenti col proposito appunto di essere fonte o mate¬
riale storico. Si distingue in figurata, orale e scritta, se¬ condo che
consta di rappresentazioni di persone di luoghi (ad es. carte
geografiche, piante di città e simili) e avveni¬ menti storici, oppure di
racconti orali, leggende, proverbi, canti storici, oppure di iscrizioni
storiche, alberi geneologici, calendari annuali, cronache, ricordi,
biografìe e storie d’ogni genere. Ufficio della critica
storica è quello di stabilire la verità effettiva dei dati contenuti nelle
fonti, cioè decidere se e fino a che punto siano da ritenersi come veri o
come falsi, come realmente avvenuti o no. Ciò si fa sempre
affermando o negando, sotto forma d’un giudizio, sia nei rapporti
delle fonti coi fatti, sia dei fatti tra loro; come indica anche il
significato fondamentale del verbo xpfveiv (separare, distin¬ guere,
giudicare) da cui è derivata la parola critica. La me¬ todica insegna i
principi, le regole, l’arte onde s’adempie a quell’ufficio. Tutto si
riduce al raffronto di ciò che sottopo¬ niamo a critica con altri dati di
cui siamo sicuri, all’esame, in una parola, dell’incerto col certo. Si
deve alla critica ve¬ ramente metodica o scientifica, se la storia è
diventata una vera e propria scienza, giacché solo il metodo scientifico
ha reso possibile l’accertamento dei fatti storici, cioè lo sceve¬
rare il vero dal falso, la storia, dalla leggenda. La critica
dicesi estrinseca, quando esamina se una data fonte sia da considerare o
no, e fino a che punto, come testimonianza storica, come vera e propria fonte
storica; e ha quindi per ufficio di a) provare l’identità delle fonti ;
b) sta¬ bilire quando, dove e da chi e per che modo (se originali o
derivate) furono prodotte; c) stabilirne il contesto originale
(recensione) e pubblicarle (edizione). La critica dicesi invece
intrinseca, quando esamina i rapporti delle testimonianze coi fatti, cioè
se le testimo¬ nianze corrispondano, e fino a che punto, alla realtà. Il
suo ufficio somiglia a quello del giudice istruttore, il quale deve
constatare la realtà d’un delitto dalle dichiarazioni dei te¬ stimoni e
dalle immediate tracce di esso; essa esamina la forza dimostrativa delle
singole tracce o testimonianze, raf¬ fronta e bilancia le ime colle
altre. (') 6. Esiste una scienza generale della società? — I
primi saggi d’osservazione scientifica della vita sociale si
ritrovano in alcune opere di Platone e di Aristotile; ma solo nei
tempi nostri lo studio dei fenomeni sociali ha preso uno svi¬ luppo
notevolissimo e un’ importanza veramente straordinaria. Augusto Comte nel
suo « Corso di filosofia positiva » lo ha innalzato al grado di scienza
indipendente, dandogli il nome di « sociologia », che viene ormai
generalmente accettato ; nella nota classificazione comtiana delle
scienze, la sociologia tiene 1 ultimo posto, essendo sorta di recente e
presentando mag¬ gior complessità e minor generalità delle altre
scienze. Ma la sociologia è ben lungi dall’aver determinato
con chiarezza e precisione il suo oggetto e i suoi metodi; anzi
alcuni negano ad essa il diritto all'esistenza, affermando che i fatti
che studia formano oggetto di altre scienze già co¬ stituite.
La sociologia viene generalmente intesa come la scienza dei
fenomeni sociali, cioè dei fenomeni che sono propri della vita della
società. Questo però non è sufficiente per determinare l’oggetto della
sociologia, poiché i fenomeni so¬ ciali sono già studiati da un gran
numero di discipline par¬ ticolari, storia delle religioni, del diritto,
delle istituzioni (') Manuale Sei metodo storico di A.
CnivEU.ucci, pnssim. Pisa, Spocrri, 1897 (è la traduzione dei capitoli 3°
e 4° del Manuale del m. st. del Berkheim).] politiche, statistica, scienza
economica ecc. Ora due sono le soluzioni principali date a questo
problema. Secondo alcuni la sociologia è una scienza distinta dalle
scienze sociali par¬ ticolari, ha un’individualità sua propria, considera
in tutta la sua complessità la realtà sociale, che le scienze
partico¬ lari dividono e decompongono per astrazione; essa è una
scienza concreta, sintetica, mentre le altre sono analitiche ed astratte.
In questo modo lo Stuart Mill afferma che la sociologia ha per oggetto «
gli stati di società » che si suc¬ cedono nella storia dei popoli;
l’insieme degli elementi che formano lo stato di società è costituito dai
fenomeni sociali più importanti, come il grado d’istruzione e di cultura
mo¬ rale nella comunità e in ogni classe, le condizioni dell’in¬
dustria, del commercio, della ricchezza, le occupazioni ordi¬ narie della
nazione, la sua divisione in classi, la forma di governo, le leggi, i
costumi ecc. La sociologia dev’essere quindi come una filosofia delle
scienze sociali particolari, e, come la biologia ha preso il significato
di filosofia delle scienze biologiche, cioè d’una scienza che studia i
fenomeni essenziali ed universali della vita sotto le sue
molteplici forme, cosi essa dev’essere la scienza generale della
società, deve analizzare le caratteristiche generali dei fenomeni
sociali e stabilire le leggi più alte dell’evoluzione sociale.
Altri invece affermano che la sociologia non può essere che il
sistema, il «corpus» delle scienze sociali; la molti¬ tudine innumera dei
fatti sociali viene studiata dalle disci¬ pline speciali, che diventano
in tal modo come rami parti¬ colari della sociologia e devono prendere un
nuovo indirizzo e un nuovo metodo, derivanti dalla considerazione che i
fatti sociali sono tra loro intimamente legati e debbono considerarsi
come fenomeni naturali soggetti a leggi necessarie. Un esempio di questa
trasformazione ci viene presentata dalla storia. Sotto gli avvenimenti
particolari e contingenti che costituiscono la storia apparente delle
società umane, si co¬ minciò a cercare qualche cosa di più fondamentale e
di più permanente, le istituzioni ; con ciò la storia cessa
d’essere uno studio narrativo e si apre all’analisi scientifica. I
fatti che vengono eliminati o considerati di secondaria impor¬
tanza, sono i più refrattari alla scienza, essendo propri ad ogni
individualità sociale considerata in un dato momento della sua vita ;
mutano da una società ad un’altra, e nel seno d’una medesima società: le
guerre, i trattati, gli intrighi delle corti o delle ‘assemblee, gli atti
degli uomini di Stato costituiscono delle combinazioni che non si
ripetono mai nello stesso modo e non sono soggetti a leggi definite ; la
storia in questo senso si limita a stabilire una pura successione
di fatti. Invece le istituzioni nel loro svolgimento conservano
caratteri essenziali per lunghi anni e anche, qualche volta, per l’intero
corso d’un’esistenza collettiva, poiché esprimono ciò che vi è di più
essenziale in un aggregato umano ; in questo campo i fenomeni sociali non
possono più essere con¬ siderati come il prodotto di combinazioni
contingenti, di vo¬ lontà arbitrarie, di circostanze locali e fortuite,
ma di cause generali permanenti e definite. Quindi sotto l’azione
dei principi, degli uomini di Stato, dei legislatori, che era con¬
siderata un tempo come preponderante, si è scoperta l’azione decisiva
delle masse, si è compreso che una legislazione non è che la
codificazione dei costumi, che non può vivere se non profonda le sue
radici nello spirito dei popoli, e inoltre che i costumi, le abitudini,
lo spirito dei popoli non sono cose che si creano a volontà, ma sono
l’opera dei popoli stessi. Non pochi sono gli argomenti cho si adoperano
per dimo¬ strare 1 impossibilità d'uua scienza generale della società; si
ri¬ corre alle definizioni tra loro discordanti che i sociologi
propongono di essa, del suo metodo, del suo oggetto; per gli uni la
caratteri¬ stica dei fenomeni sociali è la continuità o storicità, per
altri la reciprocità d’azione, o la giustizia, o la sociabilità, o la
coscienza della specie; l'elemento primario e costitutivo della società è
ora l' individuo, ora la famiglia, ora l' orda ; nè può avvenire
altrimenti quando si pensi alla complessità estrema, alla variabilità di
tali fenomeni, le quali però, se attestano della gravissima difficoltà
del- l'impresa, non sono prove sufficienti per poterne affermare
l’im¬ possibilità. 7. Il metodo nello studio dei fenomeni
sociali. — Intorno al metodo da adoperarsi nello studio dei
fenomeni sociali si notano divergenze simili a quelle che abbiamo trovato
nelle opinioni intorno al vero oggetto della sociologia. Per
un certo periodo di tempo ha avuto molta fortuna la concezione biologica della
società ; ma oggi per l'im¬ portanza maggiore acquistata dalla psicologia
e per altre cause lia perduto gran parte della sua importanza e
conta minor numero di sostenitori. L’analogia biologica si
fonda sul metodo induttivo e con¬ siste nella comparazione d’una società
ad un organismo per la corrispondenza e il parallelismo di non pochi
caratteri fra l’una e l’altro. Cosi in ambedue il punto di partenza, è
uno stato semplice, indefinito, relativamente omogeneo; lo sviluppo
della società come degli organismi s’effettua per differenzia¬ zione,
successione e coordinazione delle parti differenziate ; all’accrescimento
della massa e del volume corrisponde la complicazione graduale della
struttura e delle funzioni, e, come gli individui, gli aggregati sociali
nascono, si svilup¬ pano e muoiono. In secondo luogo l’individuo nella
società è l’equivalente dell’elemento anatomico nell’organismo, e
come i, io opino, credo, e quindi opinione imposta da un’autorità
posta al di fuori e al disopra di ogni critica) afferma che il nostro
sapere non ha limiti, che lo spirito umano può giungere a conoscere
la realtà quale essa è. Dogmatici sono stati Platone e Aristo¬ tile
e i razionalisti del secolo XVII. b) Lo scetticismo rappresenta una
dottrina opposta al dogmatismo ; esso (da oxémopai, esamino) afferma che
il dubbio si estende a tutte quante le cognizioni. Vi è uno Kulpe,
EinUitung in die rhilosophie, p. 131. Leipzig, Hirzel] scetticismo relativo,
pel quale tutte le nostre cognizioni sono relative, vale a dire
dipendenti dalle circostanze accidentali in cui sono sorte, e quindi
valevoli solo per determinati luo¬ ghi o tempi ; e uno scetticismo
soggettivo, pel quale la verità è una cosa affatto dipendente dall’
individuo. Manca quindi un criterio assoluto della verità: la debolezza e
l’imperfezione dei sensi rendono impossibile una percezione sicura, e la
ra¬ gione per la sua stessa natura è condannata alla contraddi¬
zione. Lo scetticismo ha avuto la sua massima fioritura
nell'anti¬ chità fino dall'epoca dei Sofisti. Protagora, fondandosi sul
principio d’Eraclito che tutte le cose sono soggette a una mutazione
inces-, sante, ne trae la conseguenza che le coso sono ciò che pare a
ciascuno in un dato momento, e che la verità dipende, corno il gusto,
dal sentimento momentaneo degli individui, cadendo cosi nello
scetti¬ cismo che abbiamo denominato soggettivo: l’uomo è la misura
di ogni cosa, egli diceva : nàvitov xp 1 il i, ‘ xa,v M T P SV
Sv&puiitoj. Però questa frase si riferisce solo alla teoria della
conoscenza, non alla morale, corno sposso si dico. 11 Goethe, guidato
dall'istinto d’uno spirito superiore, ha compreso ciò : “ noi possiamo,
egli dice, os¬ servare, misurare, calcolare, pesare la natura, ma ciò
avviene sem¬ pre secondo la nostra misura e il nostro peso, giacché
l’uomo ò la misura di tutto le cose „. Questa espressione equivale dunque
a dire: il reale solo può essere percepito da noi, l’irreale non
può in alcun modo divenire oggetto della nostra percezione ; noi
uomini non possiamo varcare i limiti dalla nostra natura, e la verità,
per quanto può essere percepita da noi, deve trovarci entro questi
con¬ fini. (') Gorgia Leontino cercò di dimostrare le
seguenti tre tesi : nes¬ suna cosa è ; anche se qualche cosa fosse, non
sarebbe conosci¬ bile; quando pure fosse conoscibile, la cognizione che
un uomo potesse acquistarne, non sarebbe comunicabile ad altri ; in
con¬ clusione la verità non esiste, tutto ò falso. Infine Pirrone,
capo degli Scettici, affermò che le cose sono inaccessibili tanto ai
sensi quanto alla ragione, e che noi possiamo di esse affermare o
negare quello che vogliamo; il meglio che ci rimane a fare consiste
nel- l’astenerci da qualsiasi giudizio. Fra gli scettici posteriori sono
da ricordarsi Arcesilao e Cameade. Nei tempi moderni gli
scettici più famosi sono Montaigne e Charron. 0) Gompebz, op.
cit., p. 480. conclusioni;. Il positivismo
restringe il valore della conoscenza al campo dell’esperienza e delle
scienze positive, ai fenomeni e alle loro relazioni. Noi non possiamo
conoscere l’essenza dei fenomeni, le cause prime e i fini ultimi, ma
solo, me¬ diante l’osservazione, l’esperimento e la comparazione, le
re¬ lazioni costanti tra i fenomeni, il loro succedersi, le somi¬ glianze,
le leggi. Pertanto il positivismo elimina dalle scienze qualsiasi ricerca
estranea a quella delle leggi e rapporti co¬ stanti di coesistenza e di
successione tra i fenomeni. La filo¬ sofia positiva procede come le vere
scienze, badando solamente ai fatti e restringendosi a spiegare un fatto
per mezzo di altri fatti; e il fatto non è altro che il fenomeno.
11 fondatore del positivismo è Comte, del quale abbiamo già esposto
la classificazione delle scienze. Secondo il Comte la coscienza passa per
tre fasi principali, la fase teologica, la metafisica, e infine la
positiva. Nella fase teologica lo spirito umano considera i
fenomeni del¬ l'universo come effetti di forze e di esseri
soprannaturali; anzitutto si considerano tutti i corpi esteriori come
animati, vivouti (feticismo), quindi si ammetto l'esistenza di esseri
invisibili, ciascuno dei quali presiede ad una classe distinta d'oggetti,
di avvenimenti (politeismo), finché tutte le divinità particolari vengono
comprese nell'idea d’un Dio unico, che, dopo aver croato il mondo, lo
governa sia diretta¬ mente, sia indirettamente per mezzo di agenti
soprannaturali. Nella fase metafisica i fenomeni vengono spiegati
non più per mezzo di volontà soprannaturali coscienti, ma mediante
astrazioni considerate come esseri reali: ciò che governa il mondo è una
forza, una potenza, un principio; si vogliono spiegare i fatti colle
tendenze della natura, cui si attribuisce ad esempio, la tendenza alla
perfe¬ zione, l’orrore del vuoto, una forza salutare ecc.
Infine nel periodo positivo si lasciano in disparte lo entità
astratte, come cause, forze, sostanze, e si ricerca la spiegazione dei
fatti nei fatti stessi, confrontandoli, ricercandone le affinità e clas¬
sificandoli per ragione di somiglianza ; la storia dell'umano pensiero
cammina, secondo il Comte, verso la sintesi, l’organizzazione dello
scienze, mentre il regno della metafisica volge al suo termine. d)
II criticismo, s’oppone tanto allo scetticismo, che, ne¬ gando la possibilità
di qualsiasi conoscenza, finisce anche col negare sè stesso, quanto al
dogmatismo che ha una cieca fi¬ ducia nella ragione; mentre il
positivismo ammette solo la scienza positiva e come fine di questa la
ricerca della legge, il criticismo riconosce allo spirito umano altri campi
di ri¬ cerca. Esso investiga ed esamina lo stesso potere,
conoscitivo, distinguendo quali problemi può risolvere, e quali invece
ri¬ mangono senza soluzione e fuori del suo dominio. Il Kant
ammette la conoscibilità del fenomeno, di ciò che è dato alla nostra
esperienza, e afferma l’inconoscibilità dell’essenza delle cose; però vi
è in noi una tendenza naturale a valicare i i limiti del mondo dei
fenomeni, e a penetrare nel mondo dei noumeni (tò voupevov - il pensato,
la cosa in sè, l’oggetto quale noi supponiamo che esista in sè stesso, in
opposizione al fenomeno, che è l’oggetto quale noi ci rappresentiamo
nel¬ l’esperienza). Questa dottrina del Kant che vien detta anche «
razionalismo idealistico » si può cosi riassumere : noi pos¬ siamo
conoscere la realtà a priori mediante la ragione pura, non come è in sè
stessa, ma solo, come appare a noi e sotto l’aspetto formale. Le scienze,
come abbiamo visto, si possono anche dividere in formali e scienze della
realtà ; alle prime appartengono la logica e la matematica e hanno per
oggetto idee che non sono tratte dagli oggetti reali; cosi i numeri e le
figure della matematica vengono costruiti e determinati dalla nostra
mente. Le altre invece studiano oggetti presi dalla realtà, dal mondo
interno, dal mondo esterno, dal passato, dal presente e che si
impongono alla coscienza dell’osservatore. Ora, si può chiedere se
questi 0 £f?®tti) studiati dalle scienze reali, esistono
assolutamente, in se stessi, quindi in maniera indipendente dalle rappresen¬
tazioni che noi ne possiamo avere, oppure si può dare al problema
un’altra soluzione. Le principali risposte a tale questione sono tre: il
realismo, il fenomenalismo, Videa¬ lismo. Il realismo
rappresenta la più antica concezione, giacché si presenta a noi come
naturale il fatto di pensare che le cose che stanno fuori di noi cosi
come noi stessi, siano quali sono apprese dalla coscienza che le
considera come gli ori¬ li) Pauusv, jB ’inleitung in lite
Philosojihie, pag. 368. Berlin, Cotta] ginali ritratti dalle nostre sensazioni
; quindi crediamo che gli oggetti sieno realmente rossi e verdi, chiari e
oscuri, lisci e ruvidi, dolci e amari. Però questo realismo ingenuo,
che ha ancora la sua influenza nella vita pratica, come quando ad
es. diciamo di vedere il sole levarsi e tramontare mal¬ grado la scoperta
di Copernico, non dura a lungo; molti fatti vengono presto a dimostrare
che le rappresentazioni non sono una copia della realtà: le illusioni, le
allucinazioni, i sogni, la cecità dei colori parziale o totale, le
differenze individuali nell’acutezza visiva e uditiva ci convincono
che la percezione sensibile dipende in modo naturale da fattori
soggettivi; si aggiunga a ciò la relatività della percezione sensibile,
per la quale ciò che ad uno sembra freddo è per¬ cepito come caldo da un
altro, a questo un movimento pare lento, a quello veloce, e uno stesso
oggetto al medesimo individuo si presenta sotto diversi aspetti secondo
le circostanze, gli strumenti coi quali s’osserva, la luce, ecc. ecc.
Quindi non è più possibile pensare che lo spirito sia come uno
specchio che rifletta fedelmente l’immagine degli oggetti
esteriori. L 'idealismo è stato iniziato nella sua forma tipica dal
filosofo inglese Berkeley secondo il quale tutte le qualità dei corpi che
percepiamo sono meramente re¬ lative a noi, e i corpi non si riducono ad
altro che a gruppi di qualità, le quali esistono solo nelle nostre
percezioni, sono pure parvenze e la loro esistenza si riduce
semplicemente all’essere percepite, esse est per dpi ; che cos’è, per
esempio, una mela? un complesso di sensazioni visive, olfative,
gustative, tattili e nulla più. Infine la dottrina del
fenomenalismo fondata dal Kant afferma che tutto ciò che ci viene dato
nell’esperienza è costituito dai fenomeni; noi possiamo conoscere le cose
non come sono in sè, ma come appaiono a noi. Le leggi fon¬
damentali, alle quali la natura obbedisce e che ci aiutano a
comprenderla, non esprimono che le condizioni d’esistenza della nostra
intelligenza. La ragione è questa; poiché noi pensiamo il mondo dei
fenomeni, bisogna ammettere che vi sia una correlazione tra le leggi
dell’ universo e le leggi della nostra intelligenza; ora, per spiegare
questa correlazione sono possibili solo due supposizioni: o lo spirito ha
ricevuto dal inondo, mediante i sensi e l’esperienza, le leggi
costitu¬ tive conforme alle quali esso pensa; oppure lo spirito
impone al mondo le sue leggi proprie e l’obbliga in certo modo a
costituirsi in modo che la natura fenomenica gli divenga in¬ telligibile.
Kant accoglie quest’ultima ipotesi, e quindi le cose che noi pensiamo
sono per noi ciò che il nostro spirito le fa essere; il nostro pensiero
attuale e cosciente non fa che prendere conoscenza d’un mondo di
fenomeni, che gli preesiste e che, diventando oggetto di conoscenza, ha
già subito la legge del pensiero umano in ciò che esso ha di
essenziale e di costitutivo, di guisa che tutto ciò che noi pensiamo non
esiste in sè stesso, ma solo per rapporto a nyi. 5. Scienza e
filosofia. — L’importanza che i problemi sopra ac¬ cennali hanno per la
scienza, va sempre più crescendo non solo presso i filosofi, ma anche
presso gli scienziati, tra i quali non pochi, b enché siano di continuo a
contatto deU'esperieiiza. meditano o s'accingono a risolvere
problemi filosofici gravissimi . Cosi un cèlebre fisiologo, Max
Verworn, nell’introduzione alla fisiologia generale, pone come fondamento
a tutta l’opera una teoria della conoscenza, giungendo alla conclusione “
che il mondo fisico è un frammento della nostra psiche e cho è quindi
naturale il fenomeno, cosi mera¬ viglioso sotto un altro aspetto, che le
leggi le quali reggono il mondo fisico sieno del tutto identiche a quelle
che reggono la nostra psiche; questo fatto ci pare tanto più probabile in
quanto troviamo che i fenomeni del mondo fisico sono ordinati secondo lo
spazio, il tempo, la causalitù, ossia secondo lo leggi logiche della
nostra mente; le leggi cho noi assegnamo al mondo fisico sono le leggi
proprie del pensiero, le leggi secondo le quali avvengono i fenomeni
psichici, perchè il mondo è solo ima nostra rappresentazione. 11 mondo
este¬ riore è quindi pura illusione, l’idea d' una realtù oggettiva è
affatto insostenibile „, (‘) 11. Helinhol t z matem a tico,
fisico o fisiologo di grand e. valore, speriinentatoro geniale, pensatore
profondo e limpido, cho ha lasciato una traccia luminosa nei campi più
diversi della scienza, ha pure proclamato la verità che ogni discussione
scientifica mena dritta all'analisi e alla critica della conoscenza, che
qualsiasi riflessione sul movimento scientifico non può non metter capo a
quesiti d'ordine conoscitivo; egli tenta la soluzione del problema della
co¬ noscenza dal punto di vista della psico-fisiologia e pensa che
la [Verwork] conoscenza deve essere analizzata, esaminata per scoprire in
essa i fattori, gli elementi impliciti, i presupposti che la rendono
pos¬ sibile. La filosofia moderna, dice il Riehl, vive nelle
opere di Mayer, di H, Helmholtz, di Enrico Hertz . Dal breve, ma profondo
scritto del Mayer “ Osservazioni intorno all'equivalente meccanico del
calore „, si svolge chiaramente tutto il compito e il metodo della
conoscenza naturale e nel medesimo tempo i limiti di essa, E fino
agli ultimi tempi l'Helmholtz ha rivolto la sua attenzione alle questioni della
conoscenza teoretica, separando le condi¬ zioni per l'intelligibilità
delle cose dalle rose stesse, e tentando, dapprima sulle orme del Kant,
poscia scostandosene, di esaminare con intendimento critico le basi della
scienza della natura . Un ottimo esempio del modo onde filosofia e
scienza possono accordarsi in un’opera comune e feconda si ritrova nei *
Princip i della meccanica, dell' Hertz. 11 metodo adoperato in
quest’opera è il metodo generale delle scienze teoretiche della
natura, già conce-»' due correnti riunendosi insieme vengono a
costituire la scienza ; non diversamente pensano i più illustri
scienziati dei nostri tempi. Non potrà ritornare un'epoca, nella
quale la scienza creda di aver raggiunta la sua meta, quando abbia
accumulato fatti sopra fatti, nè un'epoca in cui la filosofia osservi con
disdegno il lavoro indispensabile di proparaziono compiuto dalla scienza.
Il costruire e il plasmare i mattoni per innalzare un edificio è tanto
impor¬ tante quanto l'opera dell'architetto che abbozza il disegno e
guida l'esecuzione della casa. Quindi come alla conoscenza verrebbe
meno il materiale senza il paziente e faticoso lavoro delle ricerche
empi¬ riche, .così all’edificio scientifico mancherebbe un disegno senza
l'ela¬ borazione intellettuale dei fatti: l a scienza ha bisogno della
filosofia, e se ne foggia una per proprio conto, quando non ne trova
altre. Perciò può accadere che ricerchi i limiti del conoscere là
dove sono le condizioni di essa, oppure scambi i segni delle cose per le
cose stesse. In simile maniera l a filosofia non può fare a meno dell
a srionzfl. uon deve perdersi in vuote speculazioni, o restringersi
ad una teoria puramente formale della conoscenza, la quale non
possa raggiungere il nocciolo del sapere, i fatti offerti
dall’esperienza. La ricerca scientifica e la filosofia formano una cosa
sola, si completano a vicenda. Sull’ingresso della scuola di Platone, come si
dice, si leggeva: Nessuno, che non conosca la geometria, ossia, come
si direbbo oggi, che non conosca la scienza esatta, può entrare.
Una iscrizione analoga dovrebbe incidersi sulle porte dei nostri
labora¬ tori e dei nostri gabinetti scientifici: non può entrare chi non
abbia studiato la filosofia. L'educazione filosofica è parte
dell’educazione speciale d’ogni scienziato; essa gli insegna a conoscere
lo strumento dei suoi strumenti e gli offre la norma per le sue ricerche.
Rieiil, op. clfc., 8 Vortrag, passim. Voglio offrire una Raccolta di
alcune fra le voci più comuni nella logicn. Accidente: Aristotile
contrappose l’accidente (oupjìelltjxòf da oóv cum e |ia£vci> evento
(recido ) allo sostanza (oùo£a), come ciò die non può esistere da sé, ma
solo nella sostanza; è quindi una qua¬ lità o modificazione che non
appartiene all’essenza della cosa e si ritrova in questa senza esser
legata necessariamente alla sua idea; oggi s’adopera comunemente nel
senso di cosa non necessaria, che può essere e non essere, senza che la
cosa muti o sparisca; cosi si può concepire una roccia, senza pen¬
sare che sia aguzza o arrotondata: queste ultimo qualità, ri¬ spetto al
concetto di roccia, sono accidentali. Un significato del tutto diverso ha
nel ‘ sofisma per accidente „ e nella “ conversione per accidente
„. Ad hominem: si dice argomento ad hominem quello che si
fonda sopra un principio accettato come vero dall’avversario, il
quale si vede quindi costretto, per non parere in contraddi¬ zione con sè
stesso, ad accettare la tesi. Agnosticismo: (da a-fvoioxog, et neg.
e yiYvtòoxo), inconoscibile) si applica a quelle dottrine che affermano
l’esistenza noi mondo di qualche cosa che non si può conoscere, che è
inaccessibile alla mente umana, e che bisogna ammettere per potere
spie¬ gar l’universo; la filosofia di E. Kant, che pone l’esistenza
della cosa in sè, e l’evoluzionismo di E. Spencer che dichiara
inconoscibile l’assoluto, sono dottrine agnostiche. (’) Un buon
dizionnrio di scienze filosofiche is quello compilato da Ranzoli, Hoepli. Analisi:
(da àvoi, prep. che esprime in composizione l'idea di retro¬ cedere, di
rifarsi da capo, e Xóo> sciolgo) nel significato pin generale è
l'operazione del pensiero mediante la quale si scioglie un tutto nei suoi
elementi, nelle parti componenti, o si distinguono in un composto una o
più parti; il metodo ana¬ litico parte dai fatti particolari per salile
ad un principio ge¬ nerale, come f induzione ; la prova analitica è
quella elio va dagli effetti alle cause; giudizio analitico è, secondo il
Kant, quello il cui predicato è contenuto necessariamente nel sog¬
getto: i corpi sono estesi. Analogia: (àvee Xéyou pei matematici
greci significa: nel medesimo rapporto), è un'operazione logica per la
quale, quando nell'idea od oggetto A e nell’idea od oggetto C si sono
riscontrali elementi o caratteri comuni, si afferma che un altro o
altri caratteri che sono in A debbono pure ritrovarsi in B; l’ana¬
logia porta quindi a conclusioni ipotetiche, elio possono poi essere
confermate dall’esperienza. Anfibolia: designa l'equivoco di senso
prodotto dall'uso di termini forniti di doppio significato, oppure di una
speciale costruzione sintattica d'uua frase; dal greco A;isp£-PoAog, elio
va da due parti, dubbio, da cui anfibologia parlare clic può prendersi
in duo significati anche opposti, es. : aio te Hannibalen vincere
posse. Antecedente e conseguente: in un rapporto logico dicesi
antecedente il primo termine, conseguente il secondo; cosi la causa è
l’an¬ tecedente, l'effetto il conseguente. Apodittico: (da
àitoSetxvojxt, dimostro); l'apodittica è quella parte della dialettica
che insegna il modo di dimostrare la verità d'un principio mediante il
semplice ragiouameuto; il Kant ha chiamato giudizi apodittici quelli nei
quali il predicato appar¬ tiene necessariamente al soggetto, intendendosi
per necessità l’inconcepibilità del contrario; quindi pei giudizi
necessari affermativi la formula è: dev’essere; pei negativi: non può
essere. Aporema: (da ànopèui: dubito) è, secondo Aristotile, il
sillogismo dubitativo, quello che mostra l'ugual valore di due
ragiona- monti contrari. A posteriori, a priori: la prima
espressione significa ciò che risulta dall’esperienza; così le idee a
posteriori sono quelle fornite dall’esperienza; la seconda esprime ciò
che è dato anterior¬ mente all’esperienza, ciò che non proviene dai
fatti; così si è detta scienza a-priori la matematica o scienza
a-posteriori la storia. Però tanto tra i Latini quanto tra i filosofi
medioevali l’espressione “ dimostrare a-priori, significa dimostrare
dalle cause; dimostrare a-posteriori dimostrare dagli effetti. Aquino nega
che Dio si potesse conoscere a-priori, perchè non si può conoscere dalle
cause, ma solo dagli effetti. Asserzione: ò l’atto
dell'esprimere una semplice verità di fatto, e giudizi assertori ha
chiamato il Kant quelli nei quali il predicato appartiene al soggetto, senza
annettervi T idea di necessità o di possibilità. Assioma: (dal
greco oj degno donde à{j(to|ia la stima che si fa d'una cosa, poi
principio evidente; Giambattista Vico nella Scienza nuova chiama gli
assiomi degniti) è una verità evidente per sè stessa, indimostrabile, che serve
di fondamento por altre proposizioni; secondo gli empiristi trae la sua
origine dall’esperienza, secondo gli aprioristi dalla ragione
indipendentemente dall'esperienza. Astrazione: (traduzione di
àcpaipsoij da ino ab o atpéw traggo, fu dapprima adoperata dagli scultori
per esprimere l'atto di estrarre il primo abbozzo dal masso informe) per
Aristotile ò il processo montale con cui, omesse le qualità
accidentali della cosa, si separano le qualità essenziali e si
considerano per loro stesso; in generale significa considerare
separata¬ mente ciò che in realtà non è separato, decomporre una nozione
in elementi. Canone: per Mill, che nel suo sistema di logica ha formulato
cinque canoni fondamentali dell'induzione scientifica, è sinonimo di
norma, di regola da seguirsi; canonica (da xa- V(év, xavóvoj, regolo per
tracciare linee diritte) chiamarono gli Epicurei la logica, la quale era
un complesso di regole del pensalo, di norme per discernere il vero dal
falso. Categoria: le categorie sono i concetti più generali delle
cose, i generi supremi in cui si dispongono le nostre idee, p. e.
so¬ stanza, qualità, quantità; il giudizio categorico è quello che
afferma o nega senza soggiacere ad alcuna condizione; sillo¬ gismo
categorico 6 quello composto di giudizi categorici. Causa: nel significato
comune e popolare ò ciò che produce un fe¬ nomeno, ciò che agisce,
l'antecedente d'un altro fenomeno; però un po' di riflessione basta a far
comprendere che la causa è determinata come tale solo dall’effetto, che i
due termini sono correlativi e l’uno non può sussistere senza l'altro;
se¬ condo il Mill la causa non è altro che l'antecedente invaria¬
bile e incondizionato di un fenomeno; il principio di causa o di
causalità esprime il fatto che nulla vi ha senza causa, che tutto ciò elio
incomincia ad essere lia la propria ragion d'es¬ sere in qualche cosa di
anteriore e che cause simili in circostanze simili producono effetti simili,
secondo il principio (ipotetico) dell’uniformità del corso naturale delle
cose. Circolo vizioso: è un sofisma il quale consiste nel provar la
verità d’una proposizione, appoggiandosi ad un'altra, la quale alla
sua volta non può essere provata se non appoggiandosi alla prima.
Composizione: ò il complesso dei caratteri che sono contenuti in
un’ idea, l’ insieme degli elementi o note, che costituiscono ciò che si
dice anche “ connotazione „ d'un concetto. Concetto: (dal latino
conceptm che corrisponde ni greco da ooXXappàvm, prendo insieme,
concipio, per significare che mediante il concetto apprendiamo il
significato della cosa; i Greci chiamarono il concetto anche 8poj,
termine da ipt^io 10 termino) ò l'unità delle cose essenziali
dell'oggetfo : non ò da confondersi colle rappresentazioni, che sono
varie, indivi¬ duali, mutevoli. Concettualismo: dottrina
filosofica che ha per principale rappresen¬ tante Abelardo, secondo la
quale gli universali, ossia i generi e le specie, pur essendo nomi comuni
che designano qualità che appaiono solo negli individui, hanno però, come
concetti, una realtà nello spirito di chi li pensa.
Concomitante: due fatti sono detti concomitanti quando si accom¬
pagnano e avvengono sia simultaneamente sia uno dopo l'nltro; cosi sono
fatti concomitanti l'aumento di calore e l’ innalzarsi del mercurio nel
termometro. Concreto: si adopera in opposizione di astratto, e pare
che'sia d’ori¬ gine latina e significasse dapprima denso, spesso;
Cicerone dice aer concretilo come opposto ad aer fusilo; si applica
a ciò che è fornito di tutte le sue qualità ed ha un’esistenza
reale per sé. Contingenza e contingente', s’oppongono a necessità e
a necessario; il vocabolo aristotelico xò ou|ipepr,aóg tradotto in latino
accidens e contingens designa ciò che avviene, ma che potrebbe
anche non avvenire; s’intende generalmente in un doppio
significato: contingente è ciò che lo spirito può concepire come non
esistente o esistente in modo diverso; oppure ciò che in realtà potrebbe
non essere o essere diversamente. Criterio: (da xptxiqpiov che
deriva da xpivm, giudico) è il segno o la regola, mediante la quale si
può riconoscere e distinguere 11 vero dal falso o che socondo
alcuni ò posto nell’ intelletto, secondo altri nella sensazione, nel
senso comune, neU'autorità ecc. ecc. Deduzione: forma di ragionamento,
che consiste in genorale nel par¬ tire da un principio generale noto, per
trarne conseguenze particolari, o nel trovare il principio ignoto d'una
conseguenza nota; si adopera tanto nelle scienze di puro
ragionamento, quanto nello scienze sperimentali. Definizione:
è la determinazione del contenuto d’un concetto che può essere espressa
mediante un giudizio, nel quale il sog¬ getto è il concetto da definire,
il defìniendo o il definito-, e il predicato è l'insieme di note con lo
quali il primo viene de¬ finito e dicesi definienle.
Determinismo: è la dottrina secondo la quale ogni fenomeno natu¬
rale è l’effetto necessario d’una causa, oppure, secondo il pen¬ siero
dello Stuart Mill, ogni fenomeno ha per condizione d’esistenza un insieme
di circostanze positive e negative che costituiscono il suo antecedente
incondizionale, non già nel senso che l'antecedente incondizionale
produca effettivamente il conseguente, ma solo nel senso che ne è seguito
in ma¬ niera invariabile; il determinismo universale consisto quindi
neU’ammettere che il principio di causa ha valore tanto per la natura
materiale quanto per la natura spirituale. Si suole distinguere il
determinismo fisico, che riguarda i fenomeni fi¬ sici, e il determinismo
psicologico, che riguarda quelli psi¬ chici e afferma che in ogni caso
particolare, dati i nostri mo¬ tivi d'agire, le nostre risoluzioni sono
determinate e seguono di necessità il motivo prevalente. Non si deve
confondere de¬ terminismo con fatalismo, secondo il quale gli
avvenimenti sono determinati ab aetemo in modo necessario da un
agente esteriore. Dialettica: (8tà attraverso e ^éyio
raccolgo) è l'arte che apre la strada al vero o quindi alla scienza
mediante il raffronto e la discussione delle varie opinioni; Platone dico
noi Cratilo: “ colui che sa interrogare e rispondere come lo
chiameremo se non dialettico?, osso quindi espone ed esamina con
arte polemica le opinioni favorevoli e quelle contrario intorno ad
un dato soggetto, rivelandone le difficoltà e le contraddizioni.
Dictum de omni aut de nullo: è l’espressione usata dagli scolastici
per significare che ciò che si dice d'un complesso di cose o di esseri,
si dice pure dei singoli, e ciò che si nega d'un complesso, si nega pure dei
singoli; esprime quindi il principio fondamentale del sillogismo.
Differenza specifica: è l'insieme dei caratteri, mediante i quali
una specie si distingue da un’altra o dalle altre, appartenenti al
medesimo genere. Discorsivo: designa la conoscenza e il ragionamento
mediato, nel quale entra come fattore importante il lavoro della
ragione; si oppone a intuitivo, giacché la conoscenza intuitiva è
quella che avviene per un atto immediato, subitaneo, senza passaro
da un’ idea ad un’altra, senza la comparazione di più idee, come avviene
nella conoscenza discorsiva. Divisione: nel linguaggio logico, è l'operazione
mediante la quale si determina l’estensione d’un concetto, mentre la
definizione ne determina la comprensione; la forma più semplice
della divisione è una proposizione in cui il soggetto ossia il
divi¬ dendo è il genere, e il predicato ossia il dividente enumera
le specie contenuto sotto quel genere. Dogma: o domma (da Box
ito, io penso, donde 8óf|ia: ciò che è pai’so conveniente, opinione,
principio professato, deliberazione) significa in generale un'opinione
che viene imposta da un’au¬ torità posta al di fuori e al disopra d'ogni
critica e d'ogni esame; il dogmatismo, in opposizione allo scetticismo,
ammette la possibilità di conoscere la realtà quale essa è. Dubbio
metodico: consiste nel sospendere il nostro giudizio intorno a qualsiasi
cosa, respingendo le opinioni anteriormente stabi¬ lite, finché la verità
non si imponga con assoluta evidenza ni nostro spirito; si distingue
quindi dal dubbio scettico, che nega la possibilità stessa di conoscere
alcnna cosa. Eclettismo (da èx-Xéyto, scelgo): si dice del metodo
filosofico che consiste nel raccogliere da sistemi filosofici diversi e
anche opposti opinioni e dottrine, che si cerca di conciliare armoni¬
camente. Empirismo: (da èp-Reipia esperienza, icatpdco io
sperimento) ò la dottrina filosofica che fa derivare dall'esperienza
tutto ciò che conosciamo, e considera il fenomeno come unico oggetto
della nostra conoscenza. Ammette un’esperienza esterna basata sul
potere dei sensi ed un’esperienza interna basata sul potere della
riflessione; si distingue quindi dal sensismo, che ammette essere i sensi
la sola fonte di tutte le nostre cognizioni. Eristica: (da spij,
contesa, ipf£o>, io contendo) è l'arte di disputare, di contraddire ad
ogni affermazione dell’avversario pel solo scopo o pel piacere di voler
contraddire, è una derivazione e una degenerazione della sofistica, con
la quale non si devo confondere. Esplicito: un giudizio o una
nozione diconsi espliciti quando sono chiaramente e precisamente espressi
nella proposizione. Essenza (essentia da esse, traduzione del greco
cuoia) è un’espressione di vario significato; è stata usata dai Greci por
indicare ciò cbe persiste identico sotto la varietà e la molteplicità
dei fenomeni, ciò elio cade solo nel dominio della conoscenza ra¬
zionale. Per gli scolastici l'essenza è il complesso delle qua¬ lità
indicate dalla definizione e dalle idee che rappresentano il genere e la
specie; designa quindi ciò che nell’essere è in¬ telligibile e concorre a
definirlo, ossia i suoi attributi fonda- mentali. Estensione
d’un concetto: è il complesso degli individui e degli os- seri, dei quali
un concetto o una qualità può essere affermato come attributo, ossia il
numero dei concetti cbe contiene sotto di sé. Fenomenalismo:
o fenomenismo, è la dottrina filosofica la quale af¬ ferma resistenza dei
fenomeni essere l'unica realtà, negando l'esistenza della sostanza, della
cosa in sé; noi conosciamo le coso come appaiono a noi, non come sono in
sè stesse. Forma: por Aristotile la forma (popoli, et8oj) è
attività ed energia, la materia (OXv)) è passività o potenzialità; la
forma trae dalla materia, per mezzo del perpetuo moto che in essa
suscita, la molteplicità dei particolari, ciò facendo secondo certe
regole e quindi introducendo in quella ordine e uniformità; la
forma è inscindibile dalla materia. Oggi per materia della
conoscenza s’intende il contenuto di questa; la materia è ciò cbe
indi¬ vidua i fatti e distingue, per esempio, il pensiero a dal
pen¬ siero ò, dal pensiero c e cosi via: per la materia una propo¬
sizione logica di scienza giuridica si distingue da una di etica, una
legge economica da una legge estetica; ma la logica che non entra nei
dibattiti delle varie discipline, ed ha per og¬ getto il pensiero in
universale qualunque ne sia il contenuto, la materia, prescinde da questa
e contempla la forma. Però un’affermazione logica, per esempio una
qualsiasi affermazione di scienza, non può esser vera formalmente o falsa
material¬ mente, perchè, in concreto, la sua forma b inseparabile
dalla sua materia; la logica non può prescindere dalla verità dei
concetti, dei giudizi, dei ragionamenti, per quanto prescinda da questi o
quei concetti, giudizi, ragionamenti. (Croce). Genere: in una serie di
concetti in cui l'estensione va crescendo e diminuisce la comprensione,
dicesi genere il concetto più esteso e meno comprensivo rispetto ai
concetti meno estesi e più comprensivi: animale, per esempio, rispetto a
vertebrato, vertebrato rispetto a uomo, uomo rispetto a Europeo e cosi
via. Giudizio ; fu detto dei Greci àitócpaaij, o Xóyos ànotpaxtxój,
da &7ti e ig) il dubbio degli scettici. Scolastica:
è il secondo periodo della filosofia del medio evo, che va dall' 800 al
1400; è preceduta dalla Patristica o filosofia dei SS. Padri, è seguita
dal Rinascimento ed ha per iniziatore Scoto Erigeua e per centro Parigi;
la Scolastica dipende stret¬ tamente dalla religione, nella quale
ritrovavano la verità; è essenzialmente dogmatica e manifesta in generale
una sfiducia e una diffidenza più o meno grando verso la ragione o
la scienza; una questione capitale che si agitò nella Scolastica è
quella che riguarda gli universali. Sintesi: (da ouv-xIS-rjpt:
pongo insieme) nel significato più lato designa ogni operazione che tendo a
riunire in un tutto elementi diversi; si intende anche il processo
mediante il quale dai principi si scende alle conseguenze. Sistema:
(da oov-£<mj|u: metto insieme) è in generale un tutto nel quale le
singolo parti sono ordinatamente collegate fra loro, un complesso di idee
subordinate ad uno o a più principi ge- nerali e fra loro
coordinate. Sostanza: (substautia, loti.: ciò elio sta sotto, traduzione
della parola aristotelica: &Ro-xe!|ievov, composta di imo sotto e
xsìpat io giaccio) è ciò che permane identico in mezzo al variare
delle qualità, del colore, della forma; per gli Scolastici è ciò che
sussiste per sé (ens quod per se subsistit), mentre gli accidenti sussistono
nella sostanza e quindi per la sostanza. Subordinazione: è la
relazione che corre fra due concetti di cui l’uno ò contenuto
nell’estensione dell’altro; cosi il concetto di uomo e subordinato a
quello di mammifero, che dicesi concetto sopraordinato.
Sussunzione: (subsumptio, da subsumere) è una specie di
ragionamento che consiste nel porre due idee nella dipendenza come
di specie a genere, di caso individuale a legge; per Aristotile il
sillogismo di sussunzione, che corrisponde al sillogismo di pi ima
figura, è il tipo perfetto del raziocinio. Emilio Morselli. Morselli. Keywords:
implicatura. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Morselli.”
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