Grice e Màdera: l’implicatura conversazionale della
carta del senso – la scuola di Varese -- filosofia lombarda -- filosofia
italiana – Luigi Speranza (Varese).
Filosofo italiano. Varese, Lombardia. Grice: “I like Madera; especially because
he uses words I love, like ‘sense’ – ‘la carta del senso’ and soul – anima --.”
Insegna a Milano. Ha insegnato a Calabria e Venezia. È membro
dell'Associazione italiana di psicologia analitica, del Laboratorio analitico
delle immagini (LAI, associazione per lo studio del gioco della sabbia nella
pratica analitica), e fa parte della redazione della Rivista di psicologia
analitica. Fonda i Seminari aperti di pratiche filosofiche di Venezia e di
Milano e PhiloPratiche filosofiche a Milano. Studia Jung. Define la sua
proposta nel campo della ricerca e della cura del senso "analisi
biografica a orientamento filosofico", formando la Società degli analisti
filosofi. Fondat l'”Analisi Biografica A Orientamento Filosofico”, pratica
filosofica volta a utilizzare e a trasformare il metodo psico-analitico, nata
agli inizi Professoree oggi praticata in diverse città. La pratica
dell'analista filosofo si rivolge alle dimensioni “sane” ed è volta alla
ricerca di senso dell'esistenza dell'analizzante. L’orientamento filosofico è
inteso come ricerca di senso che, a differenza della filosofia come modo di
vivere dell’antichità, parte dalla biografia storicamente, culturalmente e
socialmente incarnata. Questo è un tentativo di risposta alla crisi delle
istituzioni tradizionalmente riconosciute come orientanti l’esistenza;
l'analista filosofo si propone di riformulare su base biografica i processi formativi
integrandoli con le psicologie del “profondo”. L’aver cura “terapeutica”
dell’insieme della personalità e della vita dei gruppi è stato da sempre
vocazione della filosofia, riproposta come contenitore di diversi approcci e
discipline delle scienze umane, dalla psicoanalisi alla pedagogia. Il senso è
inteso come il fattore terapeutico fondamentale. L'analisi biografica a
orientamento filosofico non si occupa della cura delle psicopatologie, a
meno che l'analista filosofo non sia anche uno psicoterapeuta, psicologo o
psichiatra. Essendo una pratica filosofica, sono richiesti all'analista
non solo la competenza professionale ma anche l'indirizzo vocazionale della sua
vita alla filosofia, dedicandosi agli esercizi filosofici personali e
comunitari. L'ambito di esperienze e teorie da cui deriva riunisce
l'eredità delle psicologie del profondo, la filosofia intesa nel suo valore
terapeutico e come stile di vita, la pedagogia del corpo e le pratiche di
meditazione, la psicologia sistemica, il metodo autobiografico e biografico, la
narrazione delle storie di vita in una prospettiva sociologica. Saggi: “Identità
e feticismo” (Moizzi, Milano); “Dio il Mondo” (Coliseum, Milano); “L'alchimia
ribelle” (Palomar, Bari); ““Jung. Biografia e teoria,” Mondadori, Milano,
“L'animale visionario,” Saggiatore, Milano); “La filosofia come stile di vita, Mondadori, Milano, Ipoc, Milano, Il piacere di
vivere, Mondadori, Milano, "Che cosa è l'analisi biografica a orientamento
filosofico", in Pratiche filosofiche e cura di sé, Mondadori, Milano, Jung
come precursore di una filosofia per l'anima”, in, Il senso di psiche. Una
filosofia per l'anima, Rivista di psicologia analitica. La carta del senso” Psicologia
del profondo e vita filosofica, Cortina, Milano,, Ipoc,
Una filosofia per l'anima. All'incrocio di psicologia analitica e
pratiche filosofiche, Ipoc, Milano Jung. L'opera al rosso, Feltrinelli, Milano. Sconfitta
e utopia. Identità e feticismo attraverso Marx e Nietzsche, Mimesis,
Milano “Che tipo di sapere potrebbe
essere quello della psicoanalisi?”, in Psiche. Rivista di cultura
psicoanalitica, “Dalla pseudo-speciazione
al capro espiatorio", in, Tabula rasa. Neuro-scienze e culture, Fondazione
Intercultura, Pratiche filosofiche e cura di sé, Mondadori, Milano, Le pratiche
filosofiche nella formazione, Adultità, Guerini, Milano Bartolini P., Mirabelli
C., L’analisi filosofica: avventure del senso e ricerca mito-biografica,
Mimesis, Milano-Udine Campanello L.,
"L'analisi biografica a orientamento filosofico e le cure palliative”, in
Tessere reti per una buona morte, Rivista Italiana di Cure Palliative, Campanello
L., Sono vivo ed è solo l'inizio, Mursia, Milano Daddi A. I., Filosofia del profondo,
formazione continua, cura di sé. Apologia di una psicoanalisi misconosciuta,
Ipoc, Milano, Daddi A. I., “Principio
Misericordia, perfezionismo morale e nuova etica. La proposta màderiana per
l'Occidente del terzo millennio”, in Rassegna storiografica decennale, Limina
Mentis, Monza, Diana M., Contaminazioni
necessarie. La cura dell'anima tra religioni, psicoterapia, counselling
filosofici, Moretti, Bergamo, Galimberti U., Dizionario di psicologia.
Psichiatria, psicoanalisi, neuro-scienze, voce “Biografico, Metodo”,
Feltrinelli, Milano Gamelli I.,
Mirabelli C., Non solo a parole. Corpo e narrazione nella formazione e nella
cura, Cortina, Milano Janigro N., La
vocazione della psiche, Einaudi, Torino
Janigro N., Psicoanalisi. Un’eredità al futuro, Mimesis, Milano Malinconico A., "Dialettica di redazione
(ancora in tema di analisi biografica a orientamento filosofico)", in, Il
senso di psiche. Una filosofia per l'anima, Rivista di psicologia analitica, Malinconico
A., Psicologia Analitica e mito dell’immagine. Biblioteca di Vivarium,
Milano Montanari M., “Per una filosofia
del profondo”, in, Il senso di psiche. Una filosofia per l'anima, Rivista di
psicologia analitica, Montanari M., La filosofia come cura, Mursia, Milano Montanari M., Vivere la filosofia, Mursia,
Milano Moreni L., “Intervista a tre
analisti filosofi”, in, Il senso di psiche. Una filosofia per l'anima, Rivista
di psicologia analitica, Sull’analisi biografica a orientamento filosofico Analisi biografica e cura di sé Una nuova formazione alla cura Psiche e città. La nuova politica nelle
parole di analisti e filosofi
Quattordici punti sull’analisi biografica a orientamento filosofico. Romano Màdera. Madera. Keywords: la carta del
senso, “profondo” “la grammatica profonda” “la grammatical del profondo” Tiefe
Grammatik – implicatura del profondo, implicatura del superficiale. Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Madera” – The Swimming-Pool Library. Madera.
Grice e Maffetone: l’implicatura conversazionale – filosofia
campanese – filosofia napoletana – scuola di Napoli -- filosofia italiana –
Luigi Speranza (Napoli). Filosofo italiano. Napoli,
Campania. Grice: “I like Maffetone; he tries, like I do, to defend Socrates
against Thrasymacus; in the proceedings, he provides his view on the
foundations of Italian liberalism – and has recently explored the topic of what
he calls ‘il valore della vita.’” Si
laurea a Napoli. Ha contribuito al dibattito scientifico sui temi di bioetica e
etica dell'economia e della politica, alla Rawls,, tentando di ricostruire i
principi del liberalismo applicandoli al contesto dell’economia. Insegna a
Roma. Presidente della Fondazione Ravello.
Saggi: “I fondamenti del liberalismo” (Laterza, Etica Pubblica, Il
Saggiatore); “La pensabilità del mondo” (Il Saggiatore, “Rawls” (Laterza). “Un
mondo migliore. Giustizia globale tra Leviatano e Cosmopoli, “Marx nel XXI
secolo,” Luiss University Press. Radio Radicale. Sebastiano Maffettone. Maffetone.
Keywords: contrattualismo. Rawls on Grice on personal identity. Keywords:
quasi-contrattualismo conversazionale, i due contrattanti – il contratto come
mito – contratto – marxismo, comunismo, laburismo. Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Maffetone” – The Swimming-Pool Library.
Grice e Magalotti: l’implicatura conversazionale – di
naturali esperienze – filosofia lazia -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Roma, Lazio. Grice: “I like
Magalotti – very philosophical” – Grice: “When a philosopher is a count, we
don’t say that he was a professional philosopher, but not an amateur
philosopher either – ‘philosopher’ does!” – Grice: “I like his ‘saggi’ on
‘natural experience’ – he is being Aristotelian: there is natural experience
and there is trans-natural experience – and there is supernatural experience!” Appartenente all’aristocrazia, figlio del prefetto
dei corriere pontifici. Studia a Roma e Pisa, dove e allievo di VIVIANI e MALPIGHI.
Segretario di Leopoldo de' Medici, segretario dell'Accademia del Cimento, fondata
da de’ Medici. Fa parte anche dell'Accademia della Crusca e dell'Accademia
dell'Arcadia, Dall'esperienza al Cimento nacque i “Saggi di naturali
esperienze, ossia le relazioni dell'attività dell'Accademia del Cimento”. Passa
al servizio di Cosimo III de' Medici iniziando così un'attività che lo porta a una
serie di viaggi per l'Europa (raccolse in diverse opere le sue vivaci e
brillanti relazioni di viaggio). Ottenne il titolo di conte e la nomina ad
ambasciatore a Vienna. Si ritira alla villa Magalotti, in Lonchio. Si dedica alla
filosofia, con particolare attenzione per la filosofia naturale di Galilei Opere:
“Canzonette
anacreontiche di Lindoro Elateo, pastore arcade” “Delle lettere familiari del
conte M. e di altri insigni uomini a lui scritte, Firenze, Diario di Francia, M.L. Doglio, Palermo,
Sellerio. “La donna immaginaria, canzoniere, con altre di lui leggiadrissime
composizioni inedited” (Lucca); “Lettere del conte M. gentiluomo fiorentino
dedicate all'Ecc.mo e Clar.mo Sig. Senatore Carlo Ginori Cav. dell'Ordine di S.
Stefano, Segretario delle Riformagioni e delle Tratte, Lucca. Lettere contro
l'ateismo, Venezia. Lettere odorose, E. Falqui, Milano. Lettere scientifiche.
“Lettere” (Firenze). “Saggi di naturali esperienze fatte nell'Accademia del
cimento sotto la protezione del Serenissimo Principe Leopoldo di Toscana e
descritte dal Segretario di essa Accademia, Milano. “Scritti di corte e di mondo”
Enrico Falqui, Roma. “Varie operette del conte Lorenzo Magalotti con giunta di
otto lettere su le terre odorose d'Europa e d'America dette volgarmente
buccheri” Roma.Dizionario biografico
degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.Saggi di naturali
esperienze fatte nell'Accademia del Cimento sotto la protezione del serenissimo
principe Leopoldo di Toscana e descritte dal segretario di essa Accademia (Firenze:
per Giuseppe Cocchini all'Insegna della Stella); “La donna immaginaria canzoniere
del celebre conte M. ora per la prima volta dato alla luce e dedicato alle
nobilissime dame italiane” (Firenze: Bonducci); “Canzonette anacreontiche di Lindoro
Elateo pastore arcade” (Firenze: per Gio. Gaetano Tartini, e Santi Franchi); “Il
sidro poema in due canti di Filips tradotto dall'inglese in toscano dal celebre
conte M. ora per la prima volta stampato con altre traduzioni, e componimenti
di vari autori” (Firenze: appresso Andrea Bonducci); Charles de Marguetel de
Saint-Denis de Saint-Évremond, Opere slegate: precedute da un carteggio tra
Magalotti e Saint-Évremond, tradotte in toscano” (Roma: Edizioni dell'Ateneo).
Scienza in Italia, opera del Museo Galileo. Istituto Museo di Storia della
Scienza di Firenze, Elogio storico nell'edizione de La donna immaginaria
canzoniere del conte M. con altre di lui leggiadrissime composizioni inedite,
raccolte e pubblicate da Gaetano Cambiagi, In Lucca: nella stamperia di Gio.
Riccomini, Dizionario critico della letteratura italiana, Torino, POMBA, M., Relazioni di viaggio in Inghilterra,
Francia e Svezia” (Bari, G. Laterza). Treccani Enciclopedie, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana,
Crusca, Relazioni di viaggio in Inghilterra, Francia e Svezia Lettere scientifiche ed erudite Comento sui primi cinque canti dell'Inferno
di Dante, e quattro lettere del conte M. Canzonette anacreontiche di Lindoro
Elateo pastore arcade Lettere
scientifiche ed erudite La donna
immaginaria Novelle (il volume contiene anche opere di altri
autori) Gli amori innocenti di Sigismondo conte d'Arco con la Principessa
Claudia Felice d'Inspruch. DICE poldo di Toscana . Lettera III.
SopralaLuce.AlSignorVincenzo Vi Sopra ildetto del Galido, il Vino Signor Carlo
Dati. Lettera V. 111 P relazione 13 28 un composto d'umore e di luce. Al 48 394
refazione medesimo . Lettera II. . Fiore. Al Serenissimo Principe L e o .
Delveleno dellaVipera.AlSignorOt 78 ne d'osservar la Cometa l'anno
1664. Leltera VII. Donde possa avvenire, che nel giu dicar degli odori cosi
sovente si prenda abbaglio. Al Signor Cavaliere Giovanni Battista d'Ambra.
Lettera re Giovanni Battista d'Ambra.Lette Descrizione della Villa di
Lonchio.Al Strozzi. Lettera X. Intorno all'Anima de'Bruti,Al Padre secondo. Al
Padre Lettore Don A n giolo Maria Quirini. Lettera XIII. 262 INDICE 395 .
: 126 Sopra un effetto della vista in occasio Al Sigoor Abate Oilavio
Falconieri. . Sopra gli odori . Al Signor Cavalie Signor Marchese Giovanni
Battista Sopra un passo di Tertulliano.Al Pa Sopra un passo del Concilio Niceno
Sopra la lanugine di Beidelsar. A N. N. Lettera XIV. . Monsignor Leone Strozzi
. Lettera XVII.. . 170 252 ra IX. VIII, Іоо Letiore Don Angiolo Maria Quirini.
Lettera XI. dre Lettore Don Angiolo Maria Q u i rini.Lettera XI. Sopra la
lanugine di Beidelsar. A N. N. Lettera XV. 85 157 279 Sopra la lanugine di
Beidelsar. A N. N. Lettera XVI. 282 Sopra un intaglio in un diamante. A 289 300
7 Conte Ferrante Capponi . Lettera XIX. Sopra la lettera B, e
perchè ella s'a doperi cosi spesso nel principio de 396 INDICE. Sopra un
passo di S. Agostino.Al Si gnor Abate Lorenzo Maria Gianni. Lettera XVIII . .
Sopra il Cascii . Al Signor Cavaliere Cognomi. Al Signor Tommaso Buo naventuri
. Lettera X X . FINE. SilAJilUsCEn il poeta per una lelva, per la quale
tutta notte aggiratosi, la mattina in su falba si trova a piè
<l'uQa colliuciui. Kipoaatosi alquanto ^ •! per voler aalire f
quando y fattuegli incontro una lonza, un leone e una lupa, h costretto a
rifuggirsi alla selva. In questo gli apparisce Fombra di VIRGILIO, il cui
ajuto è da esso caldamente implorato contro alla lupa, dalla quale
il maggior pencolo gli soprastava. Virgilio discorre lunga* mente
della pessima natura di quella 6era, onde cam« porne lo strazio,
offerendogli sè per guida | a tener altra a Canto via lo
conforta. Dante accetta Tofferta di Virgilio « e te- nendogli dietro ti
mette in cammino. V. I. Nel mezzo del cammin tee. Keir
età di 35 anni. Ciò non t'aTguìtee per congetture; ma provasi
manifestameute da un luogo del tuo Convivio, nella aposizione della
canzone: Le dolei rime eTamor, eh* io eolia; dove 9 dividendo
il cono della vita umana in quattro parti, che tutte (anno il numero
d'anni 70 « resta, che la metà del suo corso, secondo la mente del poeta,
sia ne' 35 . Che poi questo primo verso debba intendersi
letteralmente, cioò del numero degli anni, e non alle- goricamente, come
alcuni vogliono: si dimostra da un luogo deir Inferno, caut. XV, nel
quale domandato il poeta da Ser Bnmetto di sua venuta, esso gli
risponde, V. 49; Lassù di sopra in la vUa serena *
JUrpos* io lui • mi smarrì *n una valle, 1 Avanti (he Vetà mia
fosse piena: riferendoli a questa selva» nella quale racconta
essersi smarrito nel mezzo del commin del suo vivere. V, per
una selva oscura. Forse questa selva ^ oltre al senso letterale,
che fa giuoco al poeta per 1* intraduzione del suo viaggio, ha
sotto di s^ ((ualche senso allegorico • dei quale sono ar- ricchite molte
parti di questo primo canto ; e vuol per avventura s guilicare la selva
degli eiTori, per entro la quale assai di leggieri si perde l' uomo nella
sua FRIICO. 3 a<h>1etccnu; e cìie iia *1
vero nel topraccitato luogo del •uo CoFwivio ti leggono queite formali
parole ; È adunque dà f opere, che y ticcome quello, che mai non fosse
stato in una città, non saprebbe tener le vie -, senza l'
insegnamento di colui, che le ha usate : ro/1 V adolescente » che entra
nella teloa erronea di questa vita, non saprebbe tenere il buon
co/m- mino y se da suoi maggiori non gli fosse mostrato ; nè il mo-
strar vatrebbe, se alli loro coaiafidamenti non fosse obbediente,
V. 8. Ma per trattar del ben ecc. Del frutto, il qual ti
ritrae dalla meditaiione di quel miserabile stato pieno di pene e di
rimordiinenti, mediante la quale s' arriva alla caDtemplaaione d' Iddio,
che è la fine propostasi dal poeta. V. 1 3. Ma po* eh* »* fui appiè
ecc. Il colle è forse inteso per la virtù, la qual si solleva
dalla bassezza della selva. V. l6 vidi le sue spalle
VestUe già de* raggi del pianeta ecc. Il senso letterale è
aperto, volendo dire, che la cima del colle era di già illustrata da'
raggi del nascente sole. Ma forse, che sotto questo senso n' è chiuso un
altro ^ pigliando il sole per la grazia illuminante, la quale all'
u- sctr Dance dalla selva degli errori cominciava a trape- lare con
qualche raggio nella sua mente. V. ao. Che nel lago del cuor
ecc. Por che voglia insinuare, nella passione della paura
commuoversi e fortemente agitarsi il sangue nelle due cavità del cuore,
dette volgarmente ventricoli; de' quali, 4 Canto
prrò eh’ e' parla in lingolare, pigliando la parte pel tutto, vuol
forae dir principalmente del destro, che del sinistro i maggiore. ALIGHIERI
lo chiama lago, credendosi forse che il sangue che v’ è, vi stagni, non
essendo in que’ tempi alcun lume della circolazione. Qui però cade
molto a proposito il considerare un luogo maraviglioso del Petrarca nella
seconda canzone degli occhi, finora, che io sappia, non avvertito da
altri; nel quale dice cosa intorno alla circolazione da far facilmente
credere, eh* egli quasi quasi se l’indovinasse, arrivandola, se non
con l'esperienza, con la propria speculazione. Dice dun- que così :
Dunque eh' i’ non mi sfaccia, Si frale oggetto a s\ possente
fuoco Non i proprio valor, che me ne scampi, Ma la paura un
poco, Che 7 sangue vago per le vene agghiaccia, insalda ’l
cor, perchè più tempo avvampi. Non ha piti dubbio-, eh* e’ si
parrebbe forte appassio- nato del poeta, che volesse ostinarsi a dire,
che il sen- timento di questi versi suppone necessariamente la
notizia della circolazione del sangue ; la quale, a dir vero, so
fosse stau immaginata, non che ricooosciuu dal Petrarca, non ha del
verisimile, eh’ ella si fosse morta nella sua mente, ma, da lui conferita
e discorsa con altri, per la grandezza del trovato avrebbe mossa fio d'
allora la cu- riosità de’ medici e de’ notomisti a procacciarne i
riscontri con resperienze. E ben degno di qualche maraviglia il
vedere, come, il poeta altro facendo, e forte altro in- tendendo di voler
dire, gli è venuto detto cosa, che spiega mirabilmeote quesu dottrina;
poiché, se ben si considera il lento de' lopraddetti Tersi, ^ tale
: Ma il cuore rìsalda un poco, cioè ritorna al suo esser di fluidezza il
sangue, il quale nel vagar per le vene s'ag- ghiaccia dalla paura, e ciò
a fine di farlo arder misera- mente più lungo tempo. Puoss'
egli dilucidar più chiaramente Teffetto, che opera nel sangue il ripassar
cb* egli fa per la fornace del cuore, dove si liquefi, s'allunga,
s'assottiglia, e si stempera, caso che nel vagar per le vene lontane o
per paura, come in questo caso nel PETRARCA, o per qualsivoglia
altra cagione si fosse punto aggrumato e stretto; onde poi, novellamente
fuso, e corrente divenuto, potesse ripigliare il nuovo giro ed allungar
la vita (la qual tanto dura, quanto dura il sangue a muoversi), e si a
render più luogo r incendio amoroso del poeta? Ma ciò, per
chiaio ch'ei sia ed aperto, ò tuttavia assai oscuramente detto in
paragone d'un luogo, del Da- vanzati nella sua Lezione delle monete. Il
luogo ò il se- guente : Jl danojo è il nerbo della guerra, e della
repuhhlica, dicono di gravi autori, e di jolenni* Ma a me par egli più
acconciamente detto il secondo sangue; perchè, siccome il sangue, eh' è
il rugo e la sostanza dei cibo nel corpo naturale, correndo per le vene
gì-osse nelle mi- nute, annaffia tutta la carne, ed ella il si Bee, com*
arida terra bramata pioggia, e rifà, e ristora, qucaUunque di tei
per lo color naturale s'asciuga, e svapora: così il danajo, eh* è sugo e
sostanza ottima della terra, come dicemmo, correndo per le borse grosse
nelle minute, tutta la gente rineaneuina di quel danajo, cheti spende,
evaviacontl- nuatnente nelle cose, che la vita consuma, per le
quali nelle medesime borse grosse rientra, e cos't rigirando man-
tiene in vita il corpo civile delta repubblica. Quindi assai 6
Canto éi leggler ti tomprende, eh* ogni ttato vuol una
quantità di moneta, che rigiri^ come ogni corpo una quantità di
sangue, che corra» Che dunque diremo di queit* autore ? Nuli* altro
ceiv tamente, te non che, dove i profeMori delle mediche facoludi
non giunsero, se non dopo un grandissimo guasto d* inomnerabili corpi,
egli senz'altro coltello che con la forza d'un perspicacissimo ingegno
penetrò nel segreto di questo aumiirabile ordigno, c tutto per filo
e per segno ritrovò raltisstmo magistero di quei movimenti, che noi
vita appelliamo* V. 31 . £ qual è quei, che con Una af annata
ecc. MaravigUosa similitudine. V. 35. CoA /'animo miò,
eh* ancor fuggiva ecc. Rara maniera d'esprimere una paura infinita.
Bocc.*, Novella 77. Allora, quasi come se *l mondo sotto i piedi
venuto le foste meno, le fuggi Canitno, e vinta cadde ro- paa '/ battuto
della terre. V. 3 o* Si che 7 piè fermo ecc. Solamente
camminandosi a piano : dicansì quel che vogliono 1 commentatori, in ciò
manifesraniente conviensi dalla dimostrazione e dall' esperienza. £ vero,
che il piè fermo retu sempre Ìl più basso. Onde convien dire, che
Dante non avesse ancor presa l'erta, il che si convince anche più
manifestamente da quel che segue : V. 3 i. £d ecco, quoti al
cominriar dell’ erta» La voce quoti vuol significare ( e tanto più
accompa- gnau con l'altra al cominciar t che denota futuro), che
PRIVO. 7 Verta era ben vicina, ma non cominciata; c pure in
fin allora avea camminato, adunque a piano. Nè li opponga quello,
ch’egli dice ne* veni innanzi, y. l3. Ma po’ eh’ i fui appii
d" un colle giunto ; poiché appiè d'un colle li dice anche in
qualche distanza; anzi t' e’ doveva comodamente vedergli le spalle, v. l
6 . Guarda’ in alto e vidi le sue spalle, tornava
meglio eh’ e’ ne fosse alquanto lontano. Molto meno dà dilEcoltà il
seguente v. 6 l. Mentre eh’ i’ rovinava in basso loco;
dicendo: dunque se ora egli scende, mostra, che dianzi saliva.
Saliva, ma dopo aver prima fatto il piano, per lo qual camminando il pie
fermo sempre era il più basso. Del resto il leone e la lonza non poteron
impedirgli il salire : solamente la lupa gli fe’ perder la speranza dell’
al- tezza, cioè di condurti in cima del colle. Di qui avvenne eh’
egli prete a rovinare in basso loco, V. 3a. Una lonza ecc.
Una pantera. Per essa, come animai sagacissimo, in- tende
veritimilmente la lussuria. V. 36. Ch’i’ fui, per ritornar, pUi
volte, volto. Bisticcio. Tibullo ti fe’ lecito anch’ egli per nn^
volta un simile scherzo, Ub. IV, corm. VI, v. 9 . Sic bene
compones : ulli non ille puellat Seruire. 8
Canto £ Properzio te ne volle aacor etto cavar la voglia,
elcg. Xin, Ub. I, V. 5. Vum tiU Jecepiiì augfiur fama puellis,
CtTtus et in nuìlo quaeris amore moram. V. 39 quando V amor
divino Mone da prima quelle cose belle- Direi, che per
la motta di quelle cose belle non inten- dette altro il poeta, che
rattuazione dell* idee, o tì vero lo tpartimento dell* idea primaria
nell* idee tecondarie, che è il diramamento dell* uno nel diverto
tignificato nel triangolo platonico. In tomma la creazione dell*
univerto, allora quando formò il mondo temibile tutta a timile al
mondo archetipo o intelligibile creato ab eterno nella mente
divina. £ non è inveritimile, che ALIGHERI abbia voluto
toccare quetta dottrina platonica, nella quale, come appare ma-
oifettamente da altri luoghi della tua Commedia, e prin- cipalmente nell*
XI del Paradito, egli era vertatittimo, donde ti raccoglie e 1* intento
amor delle lettere e la pertpicacia del tuo finittimo intendimento,
mentre in un aecolo coti barbaro pot^ aver notizia delle opinioni
pla- toniche, quando i principali autori di quella tcuola o non
erano ancor tradotti dal greco idioma, o t*egli era- no, grandittima
penuria vi aveva de* codici tcritti a penna dove vederli e ttudiarli. Na
t* io ben m'avvito, tal dot- trina Incavò egli a capello da BOEZIO, del
qual aurore il poeta fu ttudioiittimo, dicendo nel tuo Convivio
queite formali parole : Tuttavia, dopo alquanto tempo, la mia
mente» che s'argomentava di tonare » provvide ( poi ne*l ai/o, nè Taltrui
consolare valeva ) ritornare al modo» che F ni u o.
9 alcuno sconsolato avea tenuto a consolarsi; e ansimi ad
allegare e leggere quello, non conosciuto da molti, libro di Boezio )
ìlei quale » cattivo e discacciato, consolato si aveva. Quivi adunque
potè egli facilmente apprendere a intender Puniverso aotto il nome di
bello, e ti per la moMa delle cose belle intender la mossa del
mondo archetipo disegnato ab eterno nella mente d'iddio. 1 versi *
di BOEZIO sono i seguenti: lib. Ili de consol. etc.^ metro 1\. O
qui perpetua mundum radane guhemés» Terrarutn caeUque salar, qui
te/apus ab aeuo Ire iuhes, stabilisque nianeru das cuncta moueri ;
Quent non extemae pepulerunt fingere caussae Materiae fluitantis opus
uerum insita sutnmi Forma boni, liuore carens : tu cuncta superno
Ducis ab exeinplo : pulcrum pulcherrimus ipse Mundum mente gerens,
similiqtte imagine formans, Perfectasque iubens perfectum absoluere
partes. In numeris elemento ligas, ut frigora fiamtnis y
Arida conueniant liquidis : ne purinr ignis Fuolet, aut mersos deducane
pondera terras. Tu triplicU mediam naturae cuncta mouentem
Connectens animam per consona membra resoluis, etc. Che poi per la
motta intenda l'attuazione delle idre mondiali, ciò si convince apertamente
da un luogo ma- raviglioso del suo canzoniere nella canzone :
Amor y che nella mente mi ragiona; dove parlando della sua
donna dice cV ella fu T idea, che Iddio si propose quando creò il uiondo
sensibile, il qual atto di creare vien quivi espresso con la voce
mosse. IO Canto Però qual donna
sente sua beliate, Biasmar, per non parer queta ed umile ^
Miri costei, eh' esemplo è d’umiltate» Questuò colei, che
umilia ogni perverso. Costei pensò, chi mosse l* universo.
Altri forse intenderà (tutto che i comentatorì in questo luogo se
la passino assai leggìensente ) per la mussa di quelle cose belle, la
mossa data ai pianeti per gli orbi loro; ma trattandosi d"una mossa
data dall" amor divino, panni assai più degna opera la creazione
dell'universo, che r imprimere il moto a piccol numero di stelle.
Dire dunque, che il sole nasceva con quelle stelle, eh* eran con
lui quando Iddio creò il mondo : cioè eh' egli era in Ariete, nella qu^d
costellazione fu creato secondo Vopiniooe di molti. V. 41 * a
bene sperar vera cagione. Di quella fera la gaietta pelle,
L*ora del tempo, e la dolce stagione. Può aver doppio
significato : primo in questo modo, cioè : 51 che Vara del tempo, e la
dolce stagione tu erano cagione di bene sperare la gaietta fera di quella
pelle; cioè, Si che l'ora della mattina e la stagione di prima^
vera (avendo detto che il sole era in ariete) mi davano buon augurio a
rincer l'incontro di quella fiera, e a riportarne la spoglia. £ in quest'
altro : Sì che aggiunto all' ora e alla bella stagione l' incontro di
quella fiera adorna di sì vaga pelle non poteva non isperar felici
successi. Così rincontro d'uno o d' un altro animale recavasi anticamente
a buono o a tristo augurio. F R I M O. (I V. 45. Za
vista, che m'apparve étun leone. Il leone è preio dal poeta per
limbolo della superbia. V. 4^. £d una lupa eco.
L'ararizia. V. Si. £ molte genti fe' già viver grame.
Ciò si può intender di coloro, l'aver de' quali è ingordamente
assorbito ddl' avwo, e per gli avari me- desimi, che ai consumano in
continui affanni per l'insa- ziabditi della lor cupidigia, onde chiama la
lupa bestia senza pace. V, 53 . Con la paura, eh’ uteia di
sua vista. Qui paura con bizzarra significazione vale spavento
in significato attivo, ed è forse l'unico esempio che se ne trovi.
Cosi l'addiettiva pauroso è preso attivamente, Infer. cant. 3, V. 8
H. Temer si dee di sole (fucile cote, eh’ hanno potenza
di far altrui male, Deir altre no, che non son paurose.
Cioè non danno paura ; ma questo non è tanto sin» gulare, quanto il
sostantivo paura in significato di ter- rore, e f.tcllmente se ne
troveranno esenipj simili cosi ne'Crecif come nei Latini. Uno al presente
me ne sov- viene, ed ò di Tibullo, eleg. IV, lib. Il, v. q,
Stare uel insanis cautes obnoxia uentit, Naufraga quae uatii
tunderet unda maris ! V. 60
dove il sol tace. Verso l'onibra della selva. Canto
V. 63 . Chi per lungo silenzio parta fioro. Quriti è
Virgilio, «otto la periona del quale pare, che debba intendersi il lume
della ragion naturale risve- gliato nella mente del poeta dalla teologia
figurata per ranima di Beatrice de* Portinan in vita amata da
Dante. V. 63 parta fioco. Dal sento delle parole par,
che Dante •* accorgesse, che Virgilio era fioco dalla semplice vista, ma
a bea considerare non è così. Perchè allora eh' egli scrisse questo
verso avevaio già udito favellare, onde può ben dire qual era la sua
voce, oltre al dire eh* e* Paveva veduto. Che poi lo faccia fioco, ciò è
furila per tacciar la bar- barie di quel secolo, in cui allorché Dante si
pose a cercar lo suo volume, cioè a leggere e studiar TEneide, nino
altro era che la cercasse o studiasse, onde poteva dirsi Virgilio
starsene muto ed in silenzio perpetuo. V. 70. Nacqui suh JuliOt
ancorché fosse tardi. Dice esser nato sotto Giulio Cesare ancorché
fosse tordi, cioè ancorché esso Giulio Cesare rispetto al nascer di
Virgilio fosse tardi, cioè indugiasse qualche tempo ad aver Tassoluto
imperio di Roma, onde si potesse con verità dire che la geme nascesse
sotto di lui. £ vera- mente Virgilio nacque avanti a Cristo anui 70,
agridi d'ottobre, e per conseguenza avanti che Giulio Cesare fosse
imperatore. V. 90. Ch" ella mi fa tremar le vene e i
polsi, piglia i polsi universalmente per Parterìe, le quali
eo\ loro strigoersi e dilatarsi con contraria corrisponden- za alla
sistole e alla diastole del cuore continuamente R I li O.
i 3 dibatt^nfti. E qui è da notare ravvedutezza deì
poet mentre dice, che gli tremavano le vene ancora, come quegli che
beni»iÌmo sapea, che per non andar mai diigiunte dall* arterie, in una
violente commozione di queite, non può far di meno che quelle ancora
tanto quanto non •'alterino. V. 91. A te convien tenere altro
viario. Quasi dica; ben li può luituria e tuperbia vincere,
ma superare avarizia, ciò è all* umane forze impossibile. V. 100.
Molti son gii animali 1 a cui t’ammoglia. Molti vizj veogon
congiunti con Tavanzia. V. lOi. ... in finckè’l veltro ecc.
Questi è messer Cane della Scala veronese, onde la sua patria, dice
Dante, che sari tra Feltro e Feltro, perchè tra Monte Feltro dello Stato
d' Urbino e Feltro del Friuli si ritrova in mezzo Verona. Fu messer Cane
uomo d'alto affare in que' tempi, e d'animo grande e liberale; ed
essendo desideroso, che la sua generosità fosse per opera conosciuta,
intraprese ad onorare e soccorrer tutti coloro, che di gran saliere
fosser dotati, fra quali ricoverò anche il nostro poeta, allorch'e'fu di
Faenze cacciato co* Chi~ bellini intorno all'anno i 3 oS. V.
io 3 * terra, nè peltro» Peltro^ stagno raffinato con lega
d’argento vivo. Qui per metallo in genere, onde il scntimeaio è questo
; V. io 3 . Questi non ciberà terra, nè peltro, Questi
non si ciberà, cioè non sarà signoreggiato da ambizione di stato > uè
da cupidigia d'avere. 14 Canto triuo. V. ic 6 .
Di queìF umile Italia» Vinile y atteso il tuo miserabile stato in
que* tempi per rintestioe discordie, ond' ella era sempre
infestata. V. 111. Là onde invidia prima ecc. O sia la prima
invidia di Lucifero contro Iddio in Ciclo, o contro l'uomo nel paradiso
terrestre, o pure: V. IH. Là onde invidia prima dipartiìla\
Là onde da prima inridia la diparti, preso quel prima
avverbialmente. V. iiS. Che la seconda morte ciascun ^rida.
Allude al desiderio, che hanno i dannati della morte deir anime
loro dopo quella de* corpi per sourarsi alla crudeltà de' tormenti, onde
S. Luca, cap. aa, io persona di quelli : Monies cadile super noi, et
colles operile nos. V. lai. Anima fia ecc. Beatrice de'
Portinarì, la quale, siccome à detto di sopra, fn io vita
ardentissimamente amata dal poeta. In questo, che segue nel primo
canto, si consuma un giorno intero, eh' è il primo del viaggio di
Dante. INFERNO. CANTO SECONDO.
ARGOMENTO. Si fa dall’ ioTOcar le muae e l'ajuto della
propria mente. Dipoi acconta, com' egli peniando all' impreia di
tal viaggio . cominciò a •gomrntoraeoe, e a motirare a Virgilio eoo molte
ragioni, di' e' non era dovere, ch'ei ti mettewe ]>er niun conto a
cimento >1 pericoloio. Dopo di che narra, come Virgilio lo ripreie
della tua viltà; e con dirgli, ch'egli veniva in tuo aoccorto
mandatovi da Beatrice, tutto di buon ardire lo iraarrito animo gli
rinfranca, ond'egli ti ditpone al tutto di volerlo teguitare. V. 4
. ATapparetfhiava a sostemr la putirà, Si del cammino, e ti delta
pittate. Il Boti, il Vellutello, ed altri comentatori
tpiegano qneito luogo coti ; M'apparecchiava a tiiperar le ilitE-
cultà del viaggio, e tollerar la noja della pietà, di' eraii per farmi
quei crudeliitimi tirar), ond’ era per veder tormentare l’anmie de’
dannati. Io però ardirei proporrej6 Canto un* alfr.i roiuMcrazionc,
le a sorte Dante avesse piut- tosto voluto dire, eh’ ci •'apparecchiava a
sostcoer la {guerra della pirtare, cioè a ftf forza al suo animo
per non prender pietà de’ peccatori, avvegnaché U crudeltà de’
«upplizj. fosse per muovergli un certo naturai affetto di comjiafsione,
al quale ciafcun uomo fi seme ordina- riamenTc incitare per la miseria
altrui. £ veramente il senso letterale pare, che favorisca mirabilmente
questo sentimento ; poiché, s’ei s’apparecchiava a sostener la
guerra della pietà, cioè la guerra, ch’era per Wgli la pietà, segno è eh'
e* non voleva lasciarsi vincer da quella, ma si resistere e comb.ucere
con la considera- rione, che quegl' infelici erano puniti giustamente,
anzi, come dicono t teologi, citra meritumt mentre avendo offeso
una Maestà inBnita, e sì infinita venendo a esser la loro colpa, questa
non può con pene finite soddisfarsi. Dico finite quanto all' intensione,
non quanto all* estensione, la quale non ha dubbio, che durerà
eternamente. E chi porrà ben mence ad altri luoghi dell’Inferno, ne
troverà di quelli, che armano di piu salde conjetture il sentimento
da me addotto in questo passo. Tale è quello dell’Inferno, canto XIII,
dove, dopo il primo ragionamento dì Pier delle Vigne, Dante dice a
Virgilio, eh* c’ seguiti a do- mandare all* anima del suddetto Piero
qualche altro dubbio, imperocché a lui non ne dà Tanimo, tanto si
sente strignere dalla pietà del suo infelice stato, v. OntV io a
lui : dimandai tu ancora Di quel, che credi ^ ch‘ a me soddisfaccia
; eh* i non potrei: tanta pietà in accora. E piià apertamente
si vede questo star su la difesa, che fa Dante contro l’ importuna pietà
de* dannati, la qual tenta di vincerlo al canto XXIX dell’ Inferno,
quando arrivato in tu ruldina costa di Malebolge dice cosi, v. 43^
Lamenti saeltaron me diversi, Che di pietà ferrati avean gli strali
: Ond" io gli orecchi con te man coperti. Il qual
terzetto par, che esprima troppo maraviglio- samente un fierissimo
assalto dato dalla pietà all’ animo del porta, e la difesa di quello con
turarsi gli orecchi. £ non solamente si troverà difendersi dalla pietà,
ma sovente incrudelire contro di essi, negando loro conforto e
compatimento. Così Inf. cant. XXXIII, richiesto da Branca d’Oria, che gli
distaccasse d' insieme le palpebre agghiacciate, non volle farlo, v.
148. Ma distendi ora mai in guà la mano, Aprimi gli
occhi I ed io non gliele aperti, E cortesia fu lui tesser
villarto. E Inf. XIV, vedendo Capaneo disteso sotto la
pioggia di fuoco, dice stargli il dovere, v. ^t. Ma, com' io
dissi lui, li tuoi dispetti Sono al suo petto assai debiti fregi.
Io però confesso di non aver per anche si fatta pra- tica SU questo
poema, eh' e' mi sovvengano così a un tratto tutti i luoghi, ov’ e'
favella di pietà in questa prima Cantica dell’ Inferno; e considero eh’
e’ mi se ne può addurre taluno ora non pensato da me, il qual
mostri così chiaro il contrario, eh’ e' metta a terra tutto il pre-
sente ragionamento. E considero, che altri potrebbe ri- spondermi, che il
far dimandare da Virgilio Pier delle Vigne, e ’l coprirsi gli orecchi con
le mani posson i8 Canto ambedue etter effetti
dell' cuer Taiiimo del poeta troppo vinto dalla pietà, e non dall' eaier
a lei repugnante ; ma io non piglio per aaiunto di provare, che egli si
picchi di non calerti mai piegato a pietà de' dannati, anzi che in
molti luoghi confeita la aua caduta, qual è quella, Inf. canto V, v.
70. Poscia eh' i' thhi il mio dottore udito Nomar le donne
antiche e cavalieri, Pietà mi vinse, e fui quasi smarrito.
Nel qnal luogo non meno ti pare la perdita del poeta, che il
contratto antecedente; mentre, te egli non ti fotte potto in animo di non
latciarti andare alla compattione, non avrebbe indugiato fin allora ad
arrenderli, avendone avuta occatione molto prima, cioè tubito eh' ei vide
la miteria dei peccatori carnali. Ivi, v. 3S. Or incomincian
le dolenti note A [armisi sentire : or son venuto, Xà dove
molto pianto mi percuote. Ma egli Ita forte il più eh' el potette :
però, allora ch'egli ebbe riconoteiuto quivi tanti valoroti uomini,
e coti alte donne, piegò l'aaimo alla compattione ; ond'egli dice,
eh' ei fu quoti smarrito, cioè ti perdè d' animo, vedendoti vinto il
pretto. Per lo che concludo, che, te bene da quetto e da muli' altri
luoghi ti comprende la vittoria della pietà, ciò non toglie il vigore
alla ipoti- zinne del preiente patto, potendo benitiimo ilare in-
lieme l'un e l'altro : cioè che Dante ti ditponeiie a toitener la guerra
della pietà, cioè a non compatire i dannati ; e poi, come di animo
gentile ed umano, di quando in quando cedette. V. 8. O mente, che
scru/etti ciò eK io vidi ecc. Dopo ÌDTOcate le Muse, invoca la sua
memoria, chia- mandola mente che tcriite ciò eh' egli vide ; cioè, in
cui a' impretaero le tpecie degli oggetti vedati. V. IO. Io
cominciai; Vi a’ intende a favellar di qncato tenore, e queata
è maniera uaitatiaaima di Dante per iafuggir la proliaaità dell'
introduaioni de' ragionamenti ; coal ed io a lui ed egli a me ; cio^ diaai
e diaac, ed infiniti altri aimili faci- lisaimi ad intenderai.
Y. l 3 . Tu dici, de di Silvie lo parente, CoirutlUile ancora, ad
immortale Secolo andò, e fu tentibilmente. Tu dici. Tu hai
laaciato aerino nella tna ENEIDE, che ENEA padre di Silvio, eaaendo
ancora nel corrunibil corpo, andò a aecolo immortale, cioè diaceae
airinferno, e ciò non fu per aogno o per eataai, ma aenaibilmente,
cioè in carne e in oaaa. V. 16. Però se I avversario d'agni
male Cortese fu, pensando I alto effetto, Ch'uscir dovea di
lui, e ’l chi, e 'I guale L’avversario d* ogni male è Iddio, e ‘I
chi, Romolo fon- dator di Roma, e 'I quale, e le aue alte qualità ;
onde il aenao de' aeguenti terzetti è tale : Se Iddio, penaando la
aerie delle coac, che doveano farai per Enea c la aua aucceaaione,
conaentì l'andata e '1 ritotoo di lui dall'Iu- ferno : ciò non parrà
punto di atrano a qualunque abbia punto d'intendimento, conaiderando eh'
egli fu eletto per .vutore di Roma e del romano imperio. La qual* e
*l quale ecc. La qual Roma, e '1 qual imperio. V. 14.
U* siedv il xuff<//or del «o^ior Piero. Qui Piero per Pontefice,
onde il maggior Piero viene a eMer Cristo, e non S. Piero, come vogliono
ì coni» mentatori; perchè s'e* parlaste di S. Piero, non direbbe
del maggiore y il qual ti dice solo comparativamente ad altri minori ; il
che toma appunto bene, però eh* e* parla di Cristo, il quale
rispettivamente a $. Piero può vcrar mente chiamarti il maggiore*
V. aS. Per quest* andata, onde li dai tu vanto ecc. Onde
cotanto T esalti fra gli uomini per ralcissimo privilegio
concedutogli. V. a6. Intese cose che furon cagione Di
sua vittoria, e del papale ammanto. Allude alla predizione fatta da
Anchise ad Enea nel sesto deir Eneide ; per la quale egli intese la sua
vitto- ria, da cui dopo lunga serie di avvenimenti fu stabi** lito
in Roma il papale ammauto, cioè l'imperio sacro. V. a8. Andovvi poi
lo Vas delezione ecc. S. Paolo, quando fu rapito al terzo cielo. £
veramente ne recò conforto alla nostra fede con l'oculata tettimo-
niaaza delle cose credute da essa. E notiti che Dajite da principio di
questo suo discorso, fatto qui a Virgilio, non si ristrinse a dir solo di
quelli, i quali ancor viventi pass;u*ono all* Inferno, ma di ciascuno, il
quale, sendo ancor corruttibile, andò a secolo immortale. Laonde
non solamente di Enea, ma del celeste viaggio di S, Paolo ancora
saggiamente piglia a ragionare. ai V. 34. Perchè se del
venire C tn ahhanJono ecc. M* abbandono oon vuol dire, d* io mi
tgomento di ve« iiire, come spiegano tutti i couieou, ma come
chiosa il Rifiorito : Perchè s* ì mi lascio andare a venire, assai
dubito del ritorno, V. 37. E qual è quei che disvuoi ecc.
Ci mette con mirabil similitudine davanti agli occhi i contrasti d'
un' anima, che dal male al ben operar si rivolge. V. 41.
Perchè» pensando consumai t impresa y Che fu nel cominciar cotanto
tosta. S'accorge Dante d'averla un po' corsa» allora che nel
primo canto, senza pensar nè che, nè come, s'impegnò ad andar con
Virgilio, dicendo, v. i 3 o. Poeta t i ti richieggio Per
quello Iddio, che tu non conoscesti, jicciò eh* i' fugga questo male e
ptggio. Che tu mi meni là dov* or dicesti, Si eh* i
vegga la porta di S. Pietro, E color, che tu fai cotanto
mesti. Onde ora confessa, che, sbigottito dalle suddette
con> siderazioni, l'amor dell'impresa, da principio con sì lieto
animo incominciata, era per tali pensieri consumato e svanito.
V. 43. Se io ho ben la tua parola intesa, Rispose del
magnanimo quell ombra, Vanima tua è da viltate offesa.
Rispose Virgilio : Con queste tue riflesiioni, s' io 1 * ho
ben'imesa, in loitanza tu ba* paura* Cauto V.
Ss. I* tra tra color elle son tospeti, Nel Limba, dove nè godono,
nè dolgonti ranìme. V. 53 . E donna mi chiamò beata e bella.
Beatrice, la quale, ticcome è detto nel IV canto, è poeta per la
grazia perSciente o consumante, secondo i teologi dicono, anzi per la
stessa teologia; e ciò, secondo nota il Cello nella Lezione duodecima
topra F Inferno, per due cagioni : Una, perchè, siccome non ci è
scienza, la quale più alto ne levi nostro mortale intendimento all’
altissima contemplazione d' Iddio e della teologia, così non avea Dante,
mentre eh’ e’ visse, trovato oggetto, che più gli facesse scala all’
intelligenza delle celestiali cose, che, siccome scrive io più luoghi, le
sublimi virtù e l’altre doti esimie dell' anima di Beatrice. L'altra
ca- gione, per la quale sotto il nome di Beatrice intenda
allegoricamente la teologia, è per mantener la promessa, ch'egli avea
fatta nella sua Vita Nuova; dicendo, che, se Iddio gli avesse dato vita,
avrebbe scritto di lei più altamente, che aveste scritto altr' uomo di
donna mortale. Il che veramente ha egli molto bene osservato,
avendola posta in così bella e maravigliosa opera per la scienza
maestra in divinità. V. 54. Tal che di comandar i la
richiesi- La richiesi. In pregai, ch'ella alcuna cosa mi
comandasse. V. 55. Lucevan gli occhi suoi più che la stella.
Più che’l sole. V. 60. E durerà quanto 7 moto lontana.
Lontana, dal verbo lontanare. Quanto il molo lontana. Quanto il
moto s' allontana dal tempo presente : cioè la tua fama durerà quanto
dura il tempo. a3
Piglia moto per tempo ella peripatetica, definendo Ariatotile il
tempo : Tempus tJt aumenu mottu seoundwa prius et poiierUu.
V. 6i. L’ amico mìo, e non della ventura. Dante, il quale per
aver amato di puriaaimo amore le bellezze dell' anima mia, e non le doti
eaterne, che la fortuna coraparte a' corpi terreni e corruttibili,
fu veramente amico di me, cio^ di quel eh' era mio, e non {Iella
ventura, e non della bellezza, per la quale altri di lui men faggio m’
averà riputata felice e ben avventurata. V. 63. Nella diterta
piaggia i impedito Si nel cammin, che volto, e per paura.
Impedito dalla lupa, e volto indietro per paura di cita. V.
64. E temo eh' e' non ria già zi smarrito, Ch’ io mi sia tardi al
soccorso levata. Dubito, che postano i vizj aver già preto in lui
tanto piede, che l'ajuto celeste non giunga in tempo. V. 67.
Or muovi ecc. Muoviti, vanne : così il Petrarca : Or
muovi, non smarrir t altre compagne. V. 71. Vegno di loco, ove
tornar disio. Toma egualmente bene al senso letterale e allegorico,
cioà e a Beatrice e alla teologia, il desiderio di ritornare in cielo ;
il che imitando per avventura il Petrarca nella canzone : Una
donna più bella asstù che ’l sole ; disse della teologia :
34 Cakto costei batte t ale Per tornar
all* antico suo ricetto. V. 72. Amor mi mosse ecc. É
Vamor d* Iddio, pel qual e' desidera che ciascun nomo ti salvi, e questo
è il eeoso allegorico o vero se- condo la lettera ; la mosse la dolce
memoria di quell* aniur eh* eli* avea portato nel mondo a Dante, ond*
ella il chiamò, v. 61, L'amico mio. V. 73 dinanzi al Signor
mio» Avanti a Dio. V. 74. Di te mi loderò sovente a
lui. Gran promessa, dicono alcuni, fa qui Beatrice a Vir-
gUio 1 non intendendo questi tali qual utile possa ritor- nare dair
adempimento di essa a uu* anima divisa per sempre dalla comunicazione
della grazia e della beatitu- dine. Dice in contrario il Vellutello, che
Beatrice con tal promessa promette a Virgilio in premio quello, che
da lei dare, e da lui ricevere in quello stato si potea maggiore ; ma non
dice poi, perchè, nè di ciò adduce alcuna prova. Na il Cello nella
Lezione sopraccitata spa- ne, che anche all* anime perdute si può (come
dicono t teologi ) giovare con levar loro qualche parte di cagione
di dolore, e in fra gli altri mudi in questo, che sentendo elleno
celebrar le lor memorie o esser qualche compas- iione di loro in altrui,
elle pigliano alquanto di conforto ( » ei però può chiamarsi tale ) di
non si vedere abban- donate al tutto da ogn* uno, e tiiassituonieuic
quelle, le quali non son dannate per fallo alcimo enorme e brut-
to, ma solo per non aver avuto cognizione della fede cmtiana, come VIRGILIO.
Diremo dunque « cYie non »ia ota d'ogni conaoUziune tal promeMa di
Beatrice. V. ^ 6 . O donna di virtù, sola, per cui
L'umana spezie eccede ogni contento Da quel Ciel, ch'ha minor li
cerchi sui. Qui piglia itrettUaimamentc Beatrice nel «eoso
allego- rico; e dice, che per ewa, cioè per la teologia, fuomo
supera, ed è più nobile di tutte le creature contenute dal ciel della
luna;, essendo, che sopra di quello si dà subito neir intelligenza
movente Torbe lunare, la qual •enza dubbio sì per pregio, si per
eccellenza di chia- rissimo intendimento è alT uomo superiore. £ che
Dante portasse opinione delT intelligenze moventi secondo la
dottrina d' Aristotile, è manifesto per quel clT ei dice in altro luogo
di esse. Par. cant. Vili, v. 37. r’oiy che intendendo il terzo Ciel
movete. Ciò potrebbe anche intendersi in quest* altro senso :
O scienza, per cui l'uomo eccede, cioè trasvola con T in- telletto dalle
sublunari cose alle celestiali e divine. V. 80. Che Vuhhidir, se
già fosse, m'à tardi. Che se io Tavessi obbedito in questo punto
stesso, che m'hai comandato, pure la mia obbedienza mi parrebbe tarda:
tale e sì fatto è il desiderio, che ho di eseguire i tuoi cenni. Or venga
qualunque si pare, e mi poni da altri poeti forme così maravigliose e
piene di si forte espressiva. Y. 91. Jo son fatta da Dio, sua
mercè» tale ^ Che la vostra miseria non mi tange, Nè
fiamma cTesto incendio non m* assale. l6 Canto Io lono, la Dio
mercè, talmente fatata per Tacque della gloria, che la vostra miseria,
cioè die T infeliciti di voi altri ioaprai, non mi tocca, nè fiamma deir
in- cendio de' dannali non m' assale. E notili, die quella dei
aoapeai la chiama raiirria, non conaiaiendo in arnao do- lorifico, ma in
pura afflizione di apirito per la diiperata viaion d' Iddio; dove quella
de' dannau la chiama fiamma, perchè tormenta poaitivamente il
aenao. V. 94. DoTina e gentil nel Ciel, che si compiange Di
questo impedimento, ov" io ti mando, Si che duro giudicio lassù
frange. Quella donna, il cui nome è taciuto dal poeta, è
inteaa generalmente da' commentatori per la prima grazia detta da'
maeatrì in divinità grada data; la quale, perchè viene per mera
liberalità divina, è anche detta preve- niente, dal prevenir di' dia fa
il merito dell' azioni umane. Queata dunque addirizzando la volontà del
poeta nel buon proponimento d'uacir della aelva del peccato, e di
aalire il monte Bgurato per la virtù e per la contemplazione, piega
e rattempera il rigoroso giudicio d'iddio; onde dice: che dal
compiangerai di quella donna per l'itupe- dimento, che trova della lupa,
il buon voler del poeta, duro giudizio laaaù frange, cioè muove Iddio a
conipaa- aione, vedendo, che gli manca più il potere, che il
volere; onde merita d'aver in ajuto la aeconda grazia deiu illu-
minante, la quale ( ipongono i commentatori ) da Dante è chiamata Lucia,
dalla luce, eh' ella n'infonde nell'ani- ma Questa seconda grazia chiama
finalmente la terza, detta perficiente o coniumante, espressa per
Beatrice o per la teologia; dalla quale vien condizionata la niente
umana alla contem) dazione della divina etienza : il che SECOSDO.
Ottimamente li conacguiice col mental TÌaggio dell* In- ferno e del
Purgatorio, cioè a dire con la meditazione di quelle pene ; •! come
avviene al noetro poeta, il qual per tal cammino li conduce alla
fruizione del Paradiio, e ai alla contemplazione d' Iddio. V.
97. Questa chiese Lucia in suo dimemdo, £ disse, Ora abbisogna il
tuo fedele Di te, ed io a le lo raccoaiando. Lucia nimica di
ciascun crudele Si mosse, e venne al loco, dov V era : Che mi sedea
con l'antica Rachele. Questa donna, cioè la grazia preveniente,
richieee con tua dimanda Lucia, cioè la grazia illuminante, che
aju- tatte il tuo fedele, cioè Dante ; il quale in altro luogo dice
di tè, eh* egli fu fedele a creder quella, in che la grazia illuminante
TammartlTava: e Lucia ti mette tubilo a chiamar Beatrice, la qual ti
sedea con l'antica Rachele; e ciò per tignificare, che la teologia è
indivitibil compa- gna della contemplazione, poiché Rachele (che in
verità fu moglie di Giacob ) nel vecchio teitamento ti piglia per
la vita contemplativa. V. Io 3 . Disse: Beatrice, loda di Dio
vera. Che non soccorri quei, che t'amò tanto, Ch' uscio per
te della volgare schiera ? Disse, cioè Lucia Disse. Loda di Dio
vera. Chiama la teologia e la grazia vera lode d' Iddio, forte
perchè dalla prima comprende l'uomo gli ecceUi attributi di quello,
ond* avvien a intiniiarne conceui più adeguati di qualunque altra lode,
che privi del lume di lei tlamo capaci di udirne; e dalla teconda ti
nvuùfctu raltiiiiiuo pregio delle tue miaericordie. a8
Canto V. ic5. eh’ uscio per le /iella volgare schiera.
Per te toma bpne nel temo allegorico e nel letterale ; poiché Dante
non t|nccò meno al tuo tempo per la pro- fonda notitia della tacrata
teienza, che per le rime e per gli altri parti, a' quali tollerò il tuo
nobilittimo ingegno Tecceitivo amor di Beatrice. V. ic8. Su
la fiumana, ove'l mar non ha vanto ^ Qui il Fioretti, non
rinvenendoti qual tia qiietta fiu- Dtana, poitilla in queata forma : Che
fiumana ? ieslia. Ma noi, per ora latciando il Fioretti nella tua
tfacciata ignoranza, terberemo ad altro luogo la tpotizionc di
quetto verto. V. 109. Al mondo non fur mai ecc. Dice
Beatrice, che al mondo non fu mai pertona coti aoUecita a cercare il tuo
bene e fuggire il tuo male, com' ella dopo tale avvito del grave pericolo
di Dante fu pretta a venir laggiù dalla tua tedia beata. V.
114. Ch'onora te, e quei, ch’udito V hanno. Perché le poetie di
Virgilio non tolamente onoran lui, che l’ha fatte, ma qualunque ne
diviene ttudioto; onde ditte di té medeiimo nel primo canto, T. 86.
Tu se’ solo colui, da cui io tolsi Lo hello stile, che m’ ha fatto
onore. V. lao. Che del bel monte il corto andar li tolse.
Ti fe' ritornare indietro, quando poco di viaggio ti rimaneva per
condurti alla cima del bel monte, cioè al tommo della virtù o della
contemplaiione. 39 V. i 39- Or va, eh" un tot
volere è efamendue. D’amendue noi ; il tuo cT andare, il mio di
venire. V. 143. Entrai per lo cammino alto, e tilvettro.
Spoogono i commentatori alto, cioè profondo. Io però m'aRerrei al
parere del Manetti nella tua ingegnoaa ope- retta circa il silo, forma, e
misura delf Inferno di Dante, dove intende alio nel ano proprio
tignificato, cioè d’ele- vato e aublime ; con ciò aia coaa che egli pone
Teotrata deir Inferno in aur un monte aalvatico, per entro il cui
aeno ruoli eh’ e’ ai cominci immediatamente a acendere. Ma di ciò non fia
mio intendimento al preaente di fa- vellare I potendo ciaacuno in queato
ed in ogn’ altra par- ticolarità del aito e della forma della atupenda
architet- tura di queato Inferno aaaai ampiamente aoddiafarai con
ana breve lettura del aoprammentovato autore. ]\^0STiiA in qaetto terzo
canto (*) c Tettersi condotto per lo canunino alto e ailreitro alla porta
dell* Inferno» la cui Menzione comincia ex abrupto al principio del
canto» come l'ei leggeue. Di poi, acendendo per J' in- terne vie del
monte, arrivato in quella concaviti o ca- verna della terra, che è quali
come un veitibolu dell' In- ferno, ed è immediatamente sopra il primo
cerchio, cioè sopra il Limbo, vede quivi Tanime degli teiaurari,
cioè di coloro, che mentre vissero non furon buoni ni per aè, nè
per altri, ninna buona o rea cosa operando. Questi dice eh’ hanno per
tormento il correr perpetua- mente in giro dietro un' insegna che tutti
li guida, c (*> Dira qvslceia di riè che dir« il CrlU con
r«atorità dal iigliolo a dal nisota dì Dante, cha dal prima vcr.o dal
quinta canta comincia la narrationa dal paama. Calli, Uh. X..3a
Cauto chr in cotal cono ton punti e fieramente trafitti da
tafani e da moaclie. Attraversato quello spazio poi destinato alla
girevoi carriera di quegf infelici, dice essersi con- dotto al fiume d’
Acheronte, e quivi aver veduto venir Caronte per l'anime de' dannati, e
dopo, euer tramortito in su la riva di quello. V. I. Per me
si va ecc. Si finge, che parli essa porta. Ferme, il senso it
Per entro me. Y. 4 . Giustizia mosse ‘I mio aito
fattore. Veramente il motivo di fabbricar P Inferno venne
dalla giustizia, la qual si dovi far di Lucifero e degli angeli
suoi seguaci. V. 5. Feeemi la divina potestafe. La rowaui
sapienza, e 'I primo Amore. La Santissima Trinità, della quale
spiega le persone per gli attributi: il Padre per la potenza, per la
sapienza il Figliuolo, per l’amore lo Spirito Santo. V. 7 .
Dinanzi a me non far cose create, Se non eterne ecc.
Seguita a parlar la porta per esso Inferno; e dice, che avanti a
lui non fu altra specie di creature se non eterne. Per queste intendono
assai concordemente i commentatori la natura angelica ; la quale, siccome
dovette esser punita per la sua ribellione, cosi par molto verisiiuile,
che il carcere d' Inferno fosse fabbricato dopo il peccato degli
angeli; e sì dopo la loro creazione. Che poi Dante se li chiami eterni,
cioè in ritguardo dell'eternità avvenire. p«r la qaal dureranno, onde i
teologi U chiamano eterni a pitrte post^ o, come ad altri dì essi è
piaciuto di no« minarli, sempiterni, a distinzione delT eterno a parte
ante, il che si conviene solamente a Dio. Na siami qui lecito
il metter in campo una mia con- siderazione, la qual mi dichiaro, eh' io
non intendo di proferire altrimenti, che ne’ puri termini del potrebb*
es- sere, a fine di sottoporla al savio accorgimento di quello, al
quale è unicamente indirizzata questa mia deboi fatica. 10 discorro
così : L’ Inferno ( secondo Dante ) fu creato col mondo, e ’l mondo fu
creato in istante. V. la. Perch* io : Maestro, il seruo lor m è
duro. Onde io ( vi s’ intende, dissi ) : O Maestro, il senso
lor m* è duro. Duro, cioè aspro, e non, com* altri vo~ gliono, oscuro.
Perchè leggendo Dante l’ immutabil de- creto di non uscire della porta d’
Inferno, a ragione di bel nuovo s’ intimorisce. V. i3. Ed
egli a me, tome persona accorta i Qui si convien lasciar ogni
sospetto. Da questa risposta di Virgilio si conferma il detto
di sopra, che Dame non disse essergli duro, cioè oscuro, 11
senso deir iscrizione dell’ Inferno, ma duro, cioè aspro, spaventoso ;
perchè Virgilio non piglia ora a chiosargli la suddetta iscrizione, ma lo
conforta a francamente entrarvi. Così la Sibilla ad Enea nel VI, v.
a6i. Nunc aiwuis opus, Aenea ^ nane pectore firmo. Ma
io di qui avanti non mi fermerò a conciliare i luoglìi simili di questo
canto col sesto delP Eneide, come benissimo noti, a chi scrivo, le non
dove m'occorra di 34 Canto fare apiccare
l'eccellenia di alcuna di queati col para- gone di quelli.
V.i8 il ien étW intelletta. La viltà e la cognoicenaa
d'iddio. V, ai. Quivi sospiri, pimti, e ahi guai. Ne*
tre arguenti terzetti par, che Dante abbia voglia di auperar Virgilio
nell' eipreaiione della niiieria de’ dan- nati. S'ei ae lo cavi o no,
giudichilo chi farà confronto di quello luogo con quello del VI dell’
Eneide, v. SS^, Bine txauJiri gemi/us, et saeua sonare. V.
iq. Sempre 'n queW aria, sema tempo, tinta. I comineo latori
apirgano eoa): Tinta senza tempo, eioh lenza variazione di tempo al
contraria dell' aria noatra, la qual ai tigne a tempo come la notte, e ai
riachiara da' raggi del aopravvegnrnte iole. La Cruaea legge
diagiuntamentr, Ària senza tempo, fintai onde il Rifiorito apiega quel
senza tempo, eterna, quaai che il aentimento aia tale, aria eterna, e
tinta. Coi) nel canto che aegue la chiama eterna, v. i6. JVon
avea pianto, ma che di sospiri. Che l'aura eterna facevan
tremare, Cooiidero di pii), che l'epiteto di eterna in quello
luogo del terzo canto corria[>oude al perpetuo aggirarli delle voci
de' dannati, v. a8. Farevan un tumulto, il qual s'aggira
Sempre in quell' aria, senza tempo, tinta ; poiclià, a’ e' a'aggira
eternamente, torna molto brne il dire, che eterna aia l'aria, nella quale
s'aggira. £ poi nè meno può dirti, che rana deir Inferno aia tìnta
senza tempo, cioè ( come tpongono i commentatori ) eterna- mente,
perchè ancorché Dante dica di etta, Inferno, cant. IV, r. io.
Oscura, profonda era, t nebulosa ’ Tanto, che, per ficcar lo viso
al fondo, r non vi disccrnea alcuna cosa, Ciò non
toglie, eh' ella in alcuni luoghi non fotte di continuo illuminata dal
fuoco, come nel terto girone de’ violenti, ed in queito medetimo degli
teiaurad, dove te non altro vi balenava, v. i33- La terra
lagrimota diede vento, Che balenò una luce vermiglia.
V. 3l. £d io, eh' avea d'errar la tetta tinta. Cinta
d’errore, adombrata dall'ignoranza di ciò ch’io ndiva. V. 35.
Che visser sansca infamia, e sanxa lodo. Che in queito mondo, nulla
mai virtuoiamente ope- rando, non latciaron di tè alcuna memoria.
V. 37 . Mischiate tono a quel cattivo coro Degli jingeli, che
non furon ribelli, Ni far fedeli a Dio, ma per te foro.
£ opinione, che nel fatto di Lucifero fotte una terza Lizione d'
angeli, la qual nè t'accottaiie a Lucifero, nè ti dichiaraite per Iddio,
ma ti teuetie neutrale. Di queiti parla il poeta, e in pena della loro
irreiolutezza li mette con gli teiauratì. Canto V. 4
o> Cacciarla eie!, per non tster men belli: Nè lo profondo Inferno gli
riceve, Ck‘ alcuna gloria i rei avrebber d elli. n tentimcnto
ì tale; Pel Cielo ton troppo brutti, per rinferno aon troppo belli ; coti
ti atanno in quel mezzo, ciof nel veaubolo di euo Inferno. Notiti ben,
eh' egli dice, V. 41. Nè lo profondo Inferno gli riceve
; volendo dire per Io profondo Inferno, coli, dove ti tormentano i rei
> i quali avrebbono alcuna gloria cT averli in lor compagnia. Non come
dicono gli i|>otitori.' ti glorierebbero per vederti puniti del pari
con etti, che non commitero altro peccato, che d’etterti
indiflfereoti tenuti, ma alcuna gloria v'avrebbero, perchè agli
occhi loro la piccola macchia di tale indifferenza non varrebbe ad
appannare il lustro di loro eccella natura, dalla quale ritrarrebbe alcun
taggio della gloria, e ti della celette beatitudine. V. 47. E
la lor cieca vita è tanto batta, Che ’nvidioti ton i ogn altra
torte. Non tolaniente di quella de' beati, ma in un certo
modo di quella de' peccatori. Tanto è riera, cioè vile ed oscura la
lor misera vita, onde dice, che misericordia e giusti- zia gli sdegna,
quella che di loro non è avuta, questa, che per cosi dir li disjirezza
con distinguerli sì di luo- go, come di pene da’ peccatori. E credo, che
P intendi- mento del poeta sia J* inferire, che la maggior pena di
costoro èia vergogna di non esser almeno stati da tanto, poich’ a perder
s’aveano, di perdersi, come suol dirsi, per qualche cosa. Ond' egli
arrabbuno e mordonsi le lani di noo aver avnto tanto «pirito da irritar
almmend la divina giuttisia, la quale in « fatta guisa punendoli)
par loro, eh* ella « per così dir y non gli •cimi, e ai li Timproveri e
facciasi beffe della lor dappocaggine. V. Sa 9Ìdi un insegna
y Che y girando, correva tanto ratta, Che d’ogni posa
mi pareva indegna* Mette costoro rutti sotto un* istessa bandiera a
dinotare la simigUanaa dell* indegna lor vita. Li fa correre per
giu- stamente punir Tozio e Taccidia del tempo, eh* e* vissero. V.
S 4 . Che ^ogni cosa mi pareva indegna. Spiega il Vellntello, eh*
egli erano indegni d* alcun riposQ. Il Buti: Correva quest* insegna t che
mai non mi parca si dovesse posare, e forse meglio. Non credo però,
che nè Tuno, nè Taltro la colga. 11 Daniello e'I Bonanni •e la passano
senza dirne altro. In quanto a me direi : che la mence del poeta sia
stata di pigliar in questo luogo indegno per incapace, o altra cosa
equivalente ; e nel resto io credo, che Dance abbia forse voluto dar
da strologare a* grammatici toscani ; come fece Ennio a* La- tini
in quello indignas turres, dove da Girolamo Colonna r indignas viene
spiegato per magnaSy e dal medesimo vien allegato in conformazione di ciò
un luogo di Servio, il quale spiegando quel verso di Virgilio nelP Egloga
X indigno cum GaUus amore periret, spone indignutn per magnum, e
quell* altro pur di Virgilio nelle Ceiri: Verum haec sic nobìs
grauia atque indigna fuere. Nel quale Giulio Cesare Scaligero
spiega indigna y cioè inefiabile, e per trasUto, immensoCarto
V. 59 - Guardai, e vidi l’ombra di colui. Che fece per
viltatt il gran rifiuto. Intende di Piero d«l Murrone, che fu Papa
Cele- stino V, il quale, tra per la tua sempliciti e l'altrui
sottigliezza, s* indusse a rinunziare il papato. Questi fu ne' tempi di
Dante, onde non debbe tacciarsi d' iinpietà il poeta, sapone nell’
Inferno l'anima di colui, che non essendo per anche dal giudizio mai non
errante di Santa Chiesa annoverato tra' santi, come poi fu, poteva
leci- tamente credersi soggetto ad errare, e si interpretarsi in
sinistro i (ini delle sue per altro santissime operazioni. V, 63.
ji Dio spiacenti, ed a’ nemici sui. Corrisponde a quel eh' ha detto
di sopra, eh’ e' non eran nè di Dio, nè del Diavolo. *
• V. 64 . che mai non fur vivi. Morde acutamente con
questa forma di dire la perduta loro vita. V. 65. Erano
ignudi, e stimolati molto. Stimolati, risguarda anche questo la lor
pigrizia. V. yS per lo fioco lume. Traslazione mirabile
di quel eh* è proprio della voce, per esprimer con maggior forza quel che
s' appartiene alla vista. Similmente nel primo canto, v. 60, per
si- gnificare l'ombra della selva disse, dove'l sol tace: qui con
non minor vaghezza un lume assai languido lo chiama fioco. V.
83. Un vecchio bianco, per antico pelo. Forma assai rara e
nobilissima per esprimer la canizie del vecchio Caronte. Gridando :
Guai a coi anime prave : Non isperale mai veder lo cielo ecc.
Coinime mirabilmente otaervato, ioduceme mollo mag- giore ipavento,
l' imrodur Caronte minacciante l'anime nell' atto d'accottarti alla riva,
che introdurlo muto verao di eaae, aiccome la Virgilio, il quale non lo
fia parlar* ae non con Enea. V. 88 viva, Partili
da codesti, che son morti. Kon diaae da codette, che aon morte,
perché come anime eran vive ; ma diaae, da codesti, cioè uomini,
de’ quali ti potea veramente dire, eh' e' foatcr morti. V. 91 .
Disse; Per altre vie, per altri porti Verrai a piaggia, non qui,
per passare : Più lieve legno eonvien, che ti porti.
Intendono i commentatori,, che Caronte predica a Dante la tua
aalvazione, e che però gli dica, che egli arriverà • piaggia per altre
vie, per altri porti, intendendo del porto d' Oatia poato vicino alla
foce del Tevere, dove finge il Poeta, che l'anime imbarchino per l' itola
del Purgatorio ; e che queato più lieve legno aia il vat- tello con
cui vien Vangelo a caricarle, di cui Furg. cani, n, V. 4 ^’-
e quei s‘en venne a riva Con un vasello snelletto, e leggiero,
Tanto che t acqua nulla n inghiottiva. Il Rifiorito però
aaviamente contiderando (aecondo io pento ) quanto era cota impropria il
porre in bocca d'un Demonio coti fatto vaticinio, mi tpiega queato patto
in 40 Canto diverto lentimento. Prende egli
altri porti in quetro luogo per altra condotta, cioè per altri die ti
portino, e per lo più lieve legno intende l'angelo, che pattò Dante
aJdormentato dall' altra riva, tenta che egli te n' accor- geue. Il che
toma aitai meglio al rihuto che fa di lui Caronte ; mentre di lì a poco
li vede verificato quel eh’ egli dice, cioè che egli per altra via verrà
a piaggia, ticcome vedremo più a batto. V. 94. £ ‘I Duca a
lui ecc. E Virgilio ditte luì. V. 99 ave' di fiamme
ruote. Ave' con Tapottrofo per avea, non ave terta pertona
del meno nel preiente del verbo avere, come hanno alcuni tetti.
V. 104 e‘l teme Di lor temenza, e di lor nasciiuenti.
Gli avi e padri. Quelli tono il seme di lor semenza, quelli di lor
nascimenti, perchè da etti immediatamente nacquero. Coti il
Rifiorito. V. Ili qualunque s'adagia. Qualunque ti
trattiene, non qualunque » accomoda nella barca, come tpone il Daniello,
che tarebbe alato tpropotito. V, li». Come t Autunno si levan
le foglie, L’una appretto delF altra, infin che 'I rama Rende
alla terra tutte le sue spoglie. Similitudine tratu da Virgilio nel
VI, v. 309. Quam multa in tyluit autwnni frigore prima Lapta
cadunt jolia etc. ; ma adattata asiai meglio da Daate, nel cui InTerno
niuna deir anime era eacluia dall'imbarco, liccome niuna delle
foglie riman tu Palbero ; al contrario di quel di Virgilio, nel quale
tutti coloro, che non eran sepolti, erano lasciati in terra. E poi elf i
grwdemente nobilitata col prose- guimento di essa fino al restare
spogliato del ramo, pa- ragonato al restar voto il lido j dove Virgilio
la regge solamente nella prima parte del cader delle foglie, e
dell' imbarcarti fanime ; passando poi subito a quella degli uccelli, che
passano oltramare. V. 1 18. Cori seis vanno tu per f onda
bruna. Bellissima ipotipoti, e che mette sotto agli occhi il
camminar della nave. V. lao. Anche di qua nuova tchiera
t'aduna. Di quelli, che continuamente e per ogni stante di
tempo muojon dannati. V. laS. Che la divina giuttizia gli tprona.
Si che la tema ti volge in detto. Chiese innanzi Dante a
Virgilio : perché quell* anime paressero si volonterose di passare il
fiume, v. qi. Maettro, or mi concedi, Ch’ io tappia,
quali tono, e qual cottume Le fa parer di Irapattar ri pronte.
Ora gliene rende la ragione, mantenendogli nello stesso temp^ la
promessa, che glien' avea fatta in quc* versi 76. le cote li fien
conte. Quando noi fermerem li nottri patti Su la tritta
riviera d Acheronte. £ dice, che ciò accade, perché la divina giustizia
le sprona ai, che la tema §i volge in diblo. l*^eIU epoai/ione di
queato paaao i coumieotatori a* aggirano per diverae strade t non
mancando di quelli, che ae la paaaano eoo la mera apiegaaione allegorica,
lo però, fìntanto che non trovi meglio da aoddiafarmi, atarù nella mia
npinionet la qual è : che Dante abbia preteao d'eaprimere un terri-
bile effetto delia diaperazion de' dannati, per la quale paja ior nuir
anni di precipitarai ne' tormenti, ed empier in ai fatto modo l'atrociià
delia divina giuatiziat la quale, secondo loro, è sì vaga della loro
ultima uiìaeria. Coai abbiamo veduto di quelli i che oda rabbia, oda
gelo- sia, o da altra violenta paaaione ai tono indotti a darai
morte volontaria per un diadegnoao guato di aaziare il fiero animo di
donna o di principe contro di loro ade- gnato. Cosi Inf. cant. i3. Pier
delle Vigne, segretario dì Federigo imperatore, dice essersi per un
aioiile guato data la mone, v. L*anÌMO mio per disdrgnoso
gusto, Credendo col morir fuggir disdegno, Ingiusto
fece we, contro me giusto^ Un a’imil disperato affetto ai vede
raramente eapreaio da Seneca nel coro dell' atto primo drlT Edipo,
dove parlando in persona de' Tebanì ridotti all* ultima diapera-
aione per quell' orribile peauleoza, fa dir loro cosi : v. 88.
Prostrata iacet turba per orai, Oratque mori : solum koc
facilee Tribuere Dei. Delubro petunt; Jlaud ut uoto nuinina
placent, Sed iuuat ipsos satiare Deot.Ancora il Boccaccio fa proromper
la diaperata Fiani- metta in una aiiuil bettemmUf tacciando gli Dii dell*
in- gordigia, ch'egli hanno, di rovinar coloro, die da esai aono
inaggtormeote odiati. Fiam. lib. 1 . Ma gl* Iddìi a coloro, co* cfuali
essi sono adirati, benché della lor salme porgano segiu>, nondimeno
gli privano del conoscimento debito. E COSI ad un* ora mostrano di fare
il lor dovere « e saziano f ira loro» V. 117. Quinci non
passa mai anima buona» Tutte ranime, che di qua pattano, aon
dannate; però tu Dante puoi ben comprendere la ragione, ond* egli
ai motte a rigeuard dalla tua nave. V. i 3 o. Finito questo, la
bufa campagna TVemà forte, che dello spavento La mente di
sudore ancor mi bagna. La terra lagrimosa diede vento,
Che balenò una luce vermiglia, La quai tu vinse ciascun
sentimento: E caddi, come Vuom, cui sonno piglia,
Quetto luogo è a mio credere oteurittitno, e tengo per fermo, che a
volerne capire il vero tignificato, aia necettario intenderlo affatto a
roveteio di quel di' egli ò arato letto e apiegato 6nora. Poiché dicono i
commen- tatori, che la luce vermiglia fu l'angelo, il qual venne, e
addormentò Dante col terremoto, e coti addormentato lo prete e lo pattò
all' altra riva. Io qui non domanderò loro, com' e' tanno, che Dante
fotte pattato dall* angelo e non pintcotto da Virgilio o da qualche
demonio, potto che egli non ne dica da per tè nulla, dicendo
tolaiueute nel principio del IV canto, che, coin' e' fu desto, ti
44 Canto ♦roTÒ «Ter pasiato i! fiume Acheronte. Tuttavia,
perché di ciò ftimo, che §e ne potsa addurre qualche probabi)
conjettura, mi riitrignerò domandare : «e la luce vermi> glia naace
dal vento esalato dalla buja campagna nel auo tremare ( intendo tempre di
star tu la fona della lettera, che col tegreto dell' allegoria benÌMÌmo
ao guarirti di questi e d'altri maggiori inveritimili ), come ti può
mai intender per etta vermiglia luce un angelo venuto dal cielo ? E
poi qual nuova virtù hanno i tuoni e baleni di far addormentar le persone
? O qual necessità v'era d'addormentar Dante ? E per averlo addormentato
e pat- tato dormendo, qual grande avvenimento ti cav' egli da
questo tonno ? Il Vellutello è stato a tocca e non tocca d* indovinarla,
facendo nascere non il baleno dal terre- moto, ma il terremoto dal
balenare ; ma non ha poi •piegato come ciò post* estere, stante il
sentimento dei versi seguenti: i33. La terra lagrimota diede
vento ^ Che balenò una luce vermiglia* Spiega il
Landini; Che, cioè il qual vento balenò una luce vermiglia. Dunque se fu
il vento, che balenò, non fu il baleno, che fe' tremar la campagna e
spirare il vento; e per conseguenza, se il baleno fu parte dell'
aria infernale, non ti può dire, eh' e' fosse l'angelo. Io però
credo, che con pochissimo la lezione del Vellutello si farebbe diventar
ottima, cioè con legger quel Che per Perchè, o Perciocché, o
Conciossiacusachè ; si che il •enso fosse ; La buja campagna tremò, la
terra lagri- mosa diede vento ; Perchè ? Ecco : Perchè balenò una
luce vermiglia. Cosi toma quello, eh' io diceva da prin- cipio, che a
capire e a voler dar qualche sentimento aquetto luogo era necenarìo intenderlo
a roretcio di quello, eh' egli era inteso universalmente ; cioè dove
gli altri intendevano il baleno per effetto del terremoto e del
vento, intender il vento ed il terremoto per effetto di esso baleno. In
tal modo non i più veritimile, anzi torna mirabilmente l' interpretare il
baleno per la venuta deir angelo; il quale, oltre a quello, che n’accennò
Ca- ronte quando disse, v. 91. Per altre vie, per altri
porti y errai a piaggia, non qui, per passare, Più
lieve legno convien, che ti porti. si rende molto credibile, che
foste più tosto egli, cioè l’angelo, che Virgilio, o un demonio, il quale
passasse Dante, si per la gloria della luce, che balenò agli occhi
del poeta, ti perchè estendo il passar Dante di là dal fiume opera
soprannaturale e miracolosa, molto maggior dignità è farla operar per un
angelo, che per un’anima o per uno spirito ; e ti finalmente perchè altre
volte, quando è stata da superare qualche gran difficoltà, come
alla porta della città di Dite, dice espresso, che venne un angelo a
farla aprire. Che poi alla venuta dell’ an- gelo la buja campagna
tremaste, è nobilissimo accidente, e proporzionata corritpondenia alla
grandezza dell’ avve- nimento. Lo stesso sappiamo esser avvenuto,
quando v’arrivò Tanima di Cristo Signor nostro per liberare i tanti
del vecchio testamento; come ti legge in S. Mattea al cap. XXVII e al
cap. XXVIII più strettamente; dove, scrivendo la venuta d’un grandissimo
terremoto, ne dà per cagione la scesa iTun angelo ; Et ecce
terraemotus factus est ntagnus ; Angelus enim Domini descendiS de
taelo. Dove notisi, che quell' zaùn ha la stessa forza, che Canto
io intendo dare a qnel che, cioè di perchè o di percioc- ché, o di
conciossiacotoché, arnia clic interroghi, nè ciò aenia molti eaempj di
prosa e di versi, come si può vedere al Vocabolario, e più difltusamente
appresso al Cinonio. Un simil costume si vede anche osservato
da' poeti gentili, come eh' e' lo conobbero benissimo adattato alla
dignità de’ celesti personaggi. Servio : Opinio est sub oduentu Deorum
moueri tempia. Seneca, nell’ Edipo, atto 1.*, scena prima, dove Creonte
ragguaglia lo stesso Edipo della risposta dell’ Oracolo, v, ao.
Vt sacrata tempia Phoehi supplici intraui pede, Et pias,
nutnen precatus, rile summisi manus ; Gemina Parnassi niualis mrx trucem
sonitum dedit, Imminens Phoeboea laurus treiimie, et mouu doutuau
E Virgilio, Eneide, lib. Ili, v. 90. Vix ea fatus eram,
tremere omnia uisa repente Limina, laurusque Dei, totusque moueri
Mons circum, et nugire adytis cortina reclusis. Precede questo alF
Oracolo d'Apollo ; luogo imitato da Callimaco nel principio delf inno in
lode della stessa Deità, V. I. *Oso« S Ttt’nóAAswoc iaiiaaro
Só^iroq ‘Ola, f ZXov TÒ fiéXaipoo' enàf, inàif, Sant dXtSpót,
Come s'e' egli mai scosso questo ramo £ alloro sacro ad Apolline;
Come s' e’ scossa questa spelonca l Fuara profani: fuora: Lo
Scoliaste dice, che ciò avvetiiva per la venuta dello Dio. Le sue parole
sono : itetdfigovvTOt Tov dfov. Come t"e’ icotto quitto ramo, come i
e' scossa questa spelonca! Non, Quanto s' è scosso questo ramo ree. ;
come traalata il traduttore di Callhnaco, lenza ponto avvertire, che
Io Scolialte greco l’ ha inteio in lenio di coinè e non di quanto:
Olov 5 rà ’II^A.X«vo{ ) 'Atri Toó o2at, Siro(. Or reggili le l’
interprete doveva mai tradurre otog ovvero Sicmf per quantus; e pur era
un lolenne tradut- tore, e che li piccava iniioo di icrivere veni greci.
Virgilio nel VI fa lervire un limile avvenimento a no- bilitar la venuta
della Sibilla nelf Inferno, v. iS5. Ecce autem primi sub lumina
solit, et ortut, Sub pedibus mugire solum, et juca coepta
numeri St/luarum, tùtaeque canet ululare per umbram, Aduentante Dea
: Procul, o procul ette profani. Coll Claudiano de Rap. Froterp.,
lib. 3, alla venuta di Plutone, V. iSa. Ecce rrpens mugire
fragor, confligere turres, Pronaque uibratis radicibus oppida
uerti. Che poi Dante non dica apertamente dell’ angelo, ciò è
fatto ( come awertiice il Boti nel Comento lopra il canto IV) con
grandiiiimo accorgimento i poichò egli non potea dire le non quel tanto,
eh’ ei vide; e te dice, che la luce vermiglia lo fe’ tramortire,
vincendogli cia- •cun tentimento, e che in questo fu panato di là
dal fiume, sarebbe stato molto improprio, eh* egli ci aveste dato
conto di quel eh’ accade durante questo suo sveni- mento. Dico svenimento,
non sonno, al contrario di tutti gli tpositori, i quali, mi maraviglio,
come in cosa tanto manifesta abbiano preso un sì grosso equivoco.
Dice Dante, che la luce vermiglia gli vinse ciascun 48
Canto lentimento, cadde come Tuoma preio dal loono. Dunque,
a' ei piglia la limilicudme da colui, che cade addormen- tato, ^ troppo
chiaro, ch'egli cadde per altra cagione; che non li piglia mai il
paragone dalla iteiia cola para- gonata. Qual freddura larebbe mai queita
? Caddi addor- mentato, come cade quegli, che l' addormenta’
Tramortito bensì; e ciò' intende molto bene, come polla derivare
dallo ipavento del terremoto, e dall’ abbagliamento della luce vermiglia
; ma non già il lonno, il quale è ami •cacciato, come vedremo nel
principio del leguente canto, e non luaingalo per un tuono. Un caio asiai
limile li legge in Daniele al cap. X, dove egli icrive di lè
medesimo, che la vennta deir angelo, che avea combattuto col re di
Persia, avea ripieno di tale spavento quelli eh' erano col profeta, che
l'erano fuggiti; ond'egli, vinto in ciascun sentimento e abbattuta ogni
lua virtù, rimase solo a veder la visione ; yidi auttm ego Daniel
solus uisionem. Porro uiri, jui erant mecwn non uiderunt, ted
terror nimiue irruit super eoe, et fugeruni in aiscondilum; ego autem
relictut solus nidi uisionem grandem lume, et non remansit in me
fortitudo, ted et species mea immutala est in me, et emareui, nec habui
quiiquam uirium. E poi diremo noi. Dante esser caduto morto, per quel eh'
ei dice al canto V dell’ Inferno, v. 140. E caddi, come corpo
morto cade ? Dunque con qual ragione or, di' e' piglia la
similitu- dine dal cadere d'uno, che l'addormenta, dir vorremo, eh'
egli si cadesse addormentato ? Nè meno volle Dante cavarci di questo
dubbio della venuta dell' angelo, fa- cendosela narrare a Virgilio,
siccome nel IX del Purga- torio li fa dir, che Lucia Io prese dormendo,
v. Sa. Dianzi ntìf alba i cKe precide il giorno, Quando f
anima tua dentro dorniia, Sopra li fiori, onde laggiuso è adorno,
Venne uno donna, e ditte : /' ton Lucia ; Latcialemi pigliar
cotlui, che dorme : Si t agevolerò per la tua via.
avendo fone in ciA mira non tanto alla varietà e alla bizzarria,
quanto (come avvertUce io Smarrito ) a lalvar la modeitia, per la quale
non vuol coti pretto farti bello d'un tì alto favore; riapetto, che manca
poi nel Purgatorio, dove la tua anima per la meditazione del- r
Inferno era divenuta piti monda, e ti pili vicina a pervenire all'
altittima contemplazione d' Iddio. Veduto del concetto principale
di quetto luogo, è ora contegnentemente da vedere con brevità
d'alcune cote, che rimangono, per aver una piena intelligenza anche
de’ pai-ticolari tentimenti. V. i3o. Finito quetto, la huja
campagna Tremò ri forte, che dello tpavenlo La mente di
tudore ancor mi bagna. Qui mente per fantaiia; e 'I tento à; La
fantatia, ri- membrando l'alto tpavento, ancor ancora muove tudore,
il qual bagna me, e non \a mente, come t'accordano con gran bontà a
intendere il Vellntello e 'I Daniello. Coti ancora vediamo quell' azione,
liati dell' anima, o degli tpiriti, che i' etprime con quetto vocabolo di
fantatia, per allungare al palato, e romper Pagrezza de’ frutti
acerbi gagliardamente immaginati, muover taliva. V. i33. La
terra iagrimota diede vento ere. So Canto terzo.
Qurito è confuroie la volgare opioionei che crede il terremoto
produrti da aria terrata nelle vitcere della tetra ; la qual opinione
tappiamo ettere tlata leguitata da Dante, come ti raccoglie da un luogo
del XXI del Purgatorio ; dove in perenna di Staiio rende la ragione
de' terremoti, che t'odono intorno alla falda di quella mon- tagna con
quetti versi 55 e aeg. Trema forse quaggiù poco, od assai ;
Ma per venSo, che irs terra sì nasconda. Non h dunque gran
fatto, che, portando egli quetta credenza, dica, che nel terremoto della
buja campagna otc) vento di terra, volendo inferire di quell' ana,
che nello tcotimento, e forte nell' aprimento della suddetta
campagna ti sprigionava. Raccolta, eom’ an tuono Io f«ce ritornare in,
e come trovò aver pattato il (ìamc Acheronte dalP al- tra riva, la qual
fa orlo al catino de!!' Inferno, chiamato da lui valle dolorosa d'abiuc.
Dice poi, d'eticre tcrio nel primo cerchio <^’ etto Inferno, che è il
Limbo. Di- manda a Virgilio della venuta di Critto in quel luogo,
ed ode la tua ritpotta. Quindi patta a veder 1' anime de* bambini
innocenti, e dopo quelle di coloro, che visterò secondo il lume delle
virtò morali ; e con la motta per discender nel secondo cerchio, termina
il canto. V. 1 . Rufptmi t alto tonno nella lesta Un
greve tuono, ti eh' i" mi riscossi, Come persona, che per forza è
desta. Statuì dio della similitudine presa da chi dorme; onde
chiama sonno quello, che in realtà era tmarrimento di spiriti, e
svenimento. Chiamalo alto, a differenza del Digitized by
Google Sì Canto «ODDO naturale: anzi, a fine
d'eeprimerlo alùiiiraot dice, che un greve tuono a gran pena lo ritcofte,
rome ai rìacuote persona, che per forza è desta* £d ecco retta la
comparazioDe fin all' ultimo^ dopo averla fatta operar con grandisiimo
artifizio in tutte le «uè parti. Il tuono potrebbe a prima viata parere
non eaaere auto altro, che il rumore degli alilaaimi pianti, e delle
mìaere atrida de* danoati, chiamate da Dante poco pid abbaaao
tuono. J tu la proda a mi trovai Della valle d * abisso
dolorosa, Che tuono accoglie d* infiniti guai. Goal di
aopra nel terzo canto, t. 3o, rasaomiglia i gemiti degli aciauratì allo
apìrar del turbo : qui, ove ai aeote il pieno del triato coro dell'
Inferno li rasaomiglia al tuono. Potrebbe forse anclie dirai, che questo
tuono venne dall' aria del terzo cerchio della piova, dove aon
puniti i golosi ; non essendo punto fuor di ragione il credere, che
insieme con la gragnuola venisiero aoche de* tuoni, siccome veggiamo
accadere nella noatr* aria, il che nell* Inferno ajuu a far crescer la
peoa e lo apa> vento de* peccatori. Considero dall* altro canto, che
in sì gran lontananza, qual è quella del terzo cerchio, volev*
essere un gran tuono per esser sentito da quei, eh* erano in su la riva
d* Acheronte. Ma bisogna ancora considerare, che quivi non tuona all*
aria aperta, come fa a noi, ma nel chiuso della valle ' d* abisso sotto
la volta della terra, che rintrona e rimbomba per ogni banda, e sì
lo strepito vien portato, come per cana> le, all* orecchie di Dante ;
e a chi farà rifiessione, a qual distaiza arrivi la voce d* uno, che
parli aoche pianamente per una canoa forata, forse non parrà
tanto gUAKTo. 53 HiTerUtroile queito pensiero. Senxa che delle
campane alla campagna aperta, dov' elle abbiano il vento in favore,
•'odono dieci o dodici miglia lontano^ e rartiglierie tirate alta marina
di Livorno s'odono talvolta Hn di Firenze, che per retta linea aWà ben
cinquanta miglia di lonta* nanaa. Più coerentemente però al costume non
meno, che alla grandezza della fantasia di Dante, si dirà, che il
tuono non fu altro, che quello incominciato nel canto antecedente, di cui
nel ritornare il poeta in s^, udendo lo strascico, non rinvenendosi (come
accade a chi dor- me, e molto meno a chi è svenuto) quanto tempo
fosse stato fuori de* sensi, lo credette ( stando assai bene io sul
verisimile ) un altro tuono. E di vero, per passare il fiume su l'ali
d'una potenza soprannaturale, non vi volea cosi lungo tempo, che giunto
su l'altra riva non potesse ancora udire il rintuono di quel tuono
stesso, che scop- piò col baleno, allorché Dante si ritrovava al di là
dal fiume ; maravigliosa osservanza di costume. Si desta na-
turalmente, perchè già il miracolo della sua trasmignv «ione era fornito,
e udendo in quello tuonare, mostra di credere d'essere stato desto dal
tuono, come farebbe ognuno, che si abbattesse a destarsi in quel eh* e'
tuona. V, 1. Rupptmi tolto tonno ecc. Questo luogo si
vede imitato, o per meglio dire stem- perato dal Bocc. Itb. I. Fiam, Fù
it grave la doglia del €uore t quella aspettante, thè tutto il corpo
dormente ritrosie, e ruppe il forte sonno. V. XI. Tanto che
per ficcar lo viso al fondo. Per invece di quantunque, ed opera
graziosissima- mence. Il senso è : Tanto che, quantunque io ficcassi
lo 54 C A H F o viso al fondo. Piglia ficcar la
viltà per Guare gli occhi ; maniera aliai biiiarra. V. i5. r
tarò primo, e tu sarai teconio. Queite parole di Virgilio aono
aliai chiare quanto alla lettera; ma vuol fon' anche lignificare euer
egli nato il primo a entrar a deicriver l' Inferno, lì come fece
nel VI dell' Eneide, e Dante dover eiiere il lecondo. A chi lia riuicito
più felicemente queito viaggio, aitai leggiermente ai può comprendere dal
paragone. V. 15 . Ed egli a me; V angoscia delle genti.
Che son quaggiù, nel viso mi dipinge Quella pietà, che tu per tema
tenti. Spiega r effetto dell' impallidire per la lua cagione,
che è il compatimento de' mortali affanni de' peccatori : forma di dire
veramente poetica, anzi divina. V. ai che tu per tema tenti.
Che tu interpreti per effetto di timore. V. a3. Cosi ti mise,
e coti mi fe' ‘ntrare Ne! primo cerchio, che V abisso cigne.
Qui incominciamo a icender dal piano dell' atrio dell' In- ferno,
cavato lotto la volta della terra, dove abbiamo veduto eiier puniti gli
iciaurati, e corrervi il fiume Ache- ronte. Entran dunque nel primo
cerchio, che è il Limbo. V. a5. Quivi, secondo che per ascoltare,
Non uvea pianto, ma che di sospiri. S* intende nel primo
verto : Secomlo che ti potea comprendere; cioè. Secondo che per l'udito
ti potea quakto. ss Mcrorre ; poiché gli occhi non icrvivano a
ditccrnerlo, mercé dell’ aria oicura, profonda, e nebuloia d'
abliao. Ma che vale eccetto, aalvo, fuorché, aolaniente, pid che.
Forae da magit quatti de* Latini; onde con tal par- ticella vuol
lignificare, che non v’ era maggior pianto eh’ un leniplice lamentar di
aoipiri, lecondo che l’anime del Limbo non erano tormentate (dirò coli)
nel corpo, ma lolamente nell’ animo, per la privazione d’ Iddio.
Queito viene apiegato mirabilmente nel verio arguente a 8 . E ciò
avvenia di duol senza martiri. V. 33 innanzi che più ondi.
Andi leconda peraona dell’indicativo preaente del verbo Ando
diauaato, dalla railice uiata andare. • V. 34 e t' egli hanno
mercedi. Non basta, perch" e' non ebher batletmo; Ch‘ e'
porta della fede, che tu credi. Qui mercedi lo iteaao che meriti;
nè qurata è l’unica volta, che Dante l’ ha preao in tal lignificato.
Farad. Dunque, senza merci di /or costume, iMcate son, per gradi
diferenti. Parla dell’ anime, che in quello, che tono create,
h.mno da Iddio, lenza lor merito o demerito, maggiore o mi- nor
dote di grazia. Chiama il batteaimo porta della Fede. Coll vien chiamato
da’ maeitrì in diviniti lanua Sacra- mentoruia, V. 37. E s'
e’ fuTon dinanzi al Cristianesmo, Non adorar debitamente
Iddio. Parla de* gentili innocenti» cbe furono avanti alla ve- nuta
di Cristo ; i quali » ancorché non peccaiiero, anzi adorassero la
Divinili, non Tadoraron debitamente, cioè secondo il verace concetto, che
si dee aver d* Iddio, e secondo il legittimo culto prescritto dalla Legge
mosaica; ma lo riconobbero o nel Sole, o nella Luna, o nelle Sta-
tue, e sì Tadororono con riti profani ed abbominevoU. V. 41 e soi
di tatuo efesi. Che senza speme vivemo in disio. Vi •*
intende siamo. Cioè, e soì di tento, o vero » e sol io CIÒ siamo
efesi. Questa dice Virgilio esser la sola pena di quei del
Limbo, Ira* quali ha riposto sé ancora ; Aver vivo il desiderio, e morta
la speranza. V. 47* per ooler esser certo Di quella
fede, che vince ogni errore. Per aver un riscontro della verità
della nostra fede. V. 49. Uscinne mai alcuno, 0 per suo
merto, O per altrui, che poi foste beato ? Credeva
Dante ( che non v* é dubbio ) U liberazione degli antichi Padri operata
da Cristo nella sua resurre- zione ; pure da eh* egli avea sì bell*
occasione di chia- rirsi del vero, e con ottimo fine d* armarsi contro
qua- lunque titubaziooe gli potesse venire di così alto mistero,
non si potè tenere di domandar Virgilio, s* e* n* era uscito mai alcuno.
E notisi, com* egli dissimula bene il suo animo : domanda prima di quel
che sa, che non è, e che nulla gl* importa il sapere, cioè s* e* n* uscì
alcuno per suo proprio merito, per farsi strada a domandar»
di quel, che gli preme aMaÌMÌmo Tesier fatto certo, lenza che
Virgilio potaa ombrarvi sopra od accorgersene. V. Sa. Rispose : I*
era nuovo in questo sfato, Quando ci vidi venire un possente,
Con segno di vittoria incoronato. Era di poco venuto Virgilio
nel Limbo, quando ci vide venir Cristo nostro Signore, che mori intorno
a quarantott* anni dopo la morte di esso Virgilio; il quale,
perocché si non conobbe Cristo, però non lo nomina. Dice solo, eh* ci ci
vide venire un possente incoronato di palma. Possente dalle maraviglie,
che gli vide ope« rare in quel luogo, traendone sì gran novero d* anime,
ond* a ragione si persuadeva, quegli non poter esser altri, che un
grandissimo, e potentissimo principe. V, 6o. £ con Rachele, per cui
tafito fe\ Vuol dire del lungo servizio di XIV anni reso a
Laban padre della fanciulla, per averla in isposa. V. 64.
JVon lasciavam rondar, perch' e* dicessi. Ancorch* e* favellasse,
badavamo a ire. Lo stesso con« cetto lì ritrova replicato al XXIV, v, i
del Purgatorio, ma con dicitura così bizzarra, che ben duuostra la
ric« chezza della gran mente del poeta. . Nè 7 dir l'andar,
nè l'andar lui più lento Ratea { ma ragionando andavam forte*
V. 66. La selva dico di spiriti spessi. Qui selva per
moltitudine : metafora assai f<untgliare Dante. Così nel piiiuo di
questa cantica selva chiamò 6 S8 Canto
gli errori giovanili, per entro la quale dice etieni egli amarrito,
e più apertamente nella »opraccitata apoiizione della canzone :
Le dolci Time d amor, eh' io eolia, dice amarrirviii l’uomo
all' entrare della tua adolezcenza. Ancora nel primo libro, cap. XV della
tua Volgare Eloquenza, rispetto ai diversi idiomi, che si parlavano
allora in Italia, chiama quell’ opera Italica telva; e selva finalmente
chiama in primo luogo una moltitudine di spiriti. Così abbiamo nelle
scritture : Secar decurtus aqua- rum plantauU dominus uineam iuttorum.
Qui molto giudi- ziosamente, trattandosi d'anime dannate, piglia la
metafora più ruvida di «/va. della quale, avvegnaché si sia servito
ancora S. Bernardo, è tuttavia da notare una doppia limitazione. La
prima, eh’ egli parla in quel luogo delle anime, o più verisimilmenle
delle diverse adunanze de’ nuovi cristiani, non già di quelli della
circoncisione, i quali erano toccati a S. Pietro, ma di quelli venuti
corì nudi e crudi dal paganesimo, onde oltre T esser forse tutti
per ancora e male istruiti nella fede, e peggio riformati ne’ costumi, ve
ne potevano esser molò de’ re- probi. La seconda, che in questo luogo
selva è pro- priamente metafora di metafora, non pigliando il santo
per piante di questa selva le anime a dirittura, ma più tosto le varie
adunanze delle anime, velate prima tali adunanze sotto l’altra metafora
di vigne, per viti delle quali vengono a intendersi le anime particolari,
e di ciascheduna di queste vigne cosi numerose ne forma, per dir
cosi, le piante d’una vastissima selva, che è la metafora secondaria,
come si vede manifestamente dalle seguenti parole, che sono poco dopo il
mezzo del sermone XXX su U Cantica ; Merito et Paulo inter gentet
tam ingens tylua eredita ett uinearum. Anclir appresso gli Arabi si trova
usata la stessa figura, come si può vedere da quest* esempio d' Harireo
Basrense nel suo primo • Le sue parole sono le seguenti :
dLJLsNwc jivervio io dunque penetrato nelt interna densissima
teha per saper la cagione di quei pianti. Nè altro intende per
sehat che una grandusima calca di gente, che s'affollava d'intorno a un
ceno romito per udirlo predicare. V« 67. Non era lungi ancor la
nostra via Di qua dal sommo; quancT 1 vidi un foco, CK
ejairpm'o di tenebre vincia. Credo, eh’ ei chiami sommo l'erta, per
la quale d«l piano di sopra, dove corre Acheronte, erano calati nel
Limbo; e credo, eh' ei voglia dire, ch'egli erano caiu- minati ancor poco
per la pianura di esso, quando ei vide un fuoco, che illuminava un
emisferio di tenebre. Questo fuoco non si rinviene molto chiaraiuente,
dov'egli fosse, e come ei si stesse; nè i commentatori si fermano
troppo a esplicarlo. Pure dal chiaiuarlo col nome di lu- miera, e dal
lume, eh* aveva a rendere non meno fuori che dentro alle mura de)
castello, m'induco volentieri a credere, eh* ella fosse una (ìsunnia
librata in alto nell* aria, come vergiamo alle volte alcune meteore di
fuoco, le quali durano a vedersi nello stesso luogo, inhn tanto che
dura la lor materia a ardere, e prestar alimento alla bo C
A K T O 6(unina, pfT cui •! rcndon vi«ibili. Nè è da star
attaccato alla fona delle parole, dicendo, che, te quetto fuoco
illuacrava un eniieferio di tenebre, bitognava, eh’ ei fotte in terra,
poiché alando in aria veniva ad lUuttrare una porzione maggiore della
mezza tfera: poiché Dante in quetto luogo debbe intenderti come poeta, e
non come geometra; né è veritimile, eh’ ei pigli itte allora le
tette per miturare il giro dell’ aria illuminata. V. 73. O
tu, eh' onori tee. Parole di Dante a VIRGILIO. V, y(j V
onrata nominanza > Che di ior suona sii ne la tua vita,
Grazia acquista nel ciel, che gli avanza. La fama e ’l pregio, che
riman di loro nella tua vita, cioè nella vita mortale, la qual tu godi
ancora, o Dante, impetra loro quetta grazia dal Cielo. V. 81.
L’ombra sua torna, eh' era dipartita. Partitti allora dal Limbo
Virgilio, quando a’ preghi di Beatrice andò a trovar Dante nella telva
oteura. V. 84. Sembianza avean né trista, né lieta; e però
conlacevole al loro alato nè di gioja, nè di tormento. V. 91.
Peroeehb eiaseun mero si eonviene Nel nome, ehe sonò la voee
sola; Tannami onore, e di ciò fanno bene. Mi fanno onore, e
fanno bene a farmelo ; perchè a tutt’ e quattro ti conviene il nome, che
la voce d’ un •olo diede a me» cio^ in quello di pòeta. In «ustanza:
fanno bene a onorarmi, perchè siamo tutti poeti, e f o- nore, che è fatto
ad uno, toma sopra tutti. Y. 94. Cast vidi adunar la bella
scuola Di quel signor dell’ altissimo canto, D' Omero,
dal quale hanno cavato tanto i poeti, e in particolare i quattr(\ posti
qui da Dante. V. 9y. Da eh’ ehber ragionato insieme alquanto,
Volsersi a me con salutevol cenno : £ ’l mio maestro sorrise di
tanto. Qui non accade strologar molto quello, che Virgilio a
costoro dicesse, vedendosi manifestamente ( tanto è artifizioso questo
terzetto), eh' egli li ragguagliò dell* esser di Dante, del suo poetico
spirito, e della sua profondis- sima scienza- Ciò si discuopre dalla
cortesia del saluto, eh* essi gli fecero, e dal sorrider, che ne fece
Virgilio ; poiché quel sorrise di tanto altro sicuramente non vuol
signiBcare, che di questo, cioè di tcmto che fu fatto. Nè quei
grandissimi spiriti si sarebbero mossi a far tanto di onore a Dante, se
da Virgilio non ne fosse loro stata fatta un* assai onorevol
testimonianza, della quale essendo frutto il cenno salutevole, esso ne
sorride per compiacenza di vedere, quanto fossero «tate autorevoli le sue
parole. V. ICO. E più d’onore assai ancor mi fenno ;
C/f ei si mi fecer della loro schiera, St eh’ V fui sesto tra
cotanto senno. Cosi n andammo insino alla lumiera, Parlando
cose, che ’l tacere è bello, Si co/u era' i parlar, colà dop’
era. 6j Cauto A chi noD aTCMC ancora Bnito d’
intendere quel, che VIRGILIO ditcorreHe con Omero, e con gli altri
tre, Dante con questi tenerti finiace di dichiararlo, volendoci in
austanza dire, che da quello, che diaae di ane lodi Virgilio, fu di comun
conaentiuiento giudicato degno d' eaaer nirsao nella prima riga, e ai
annoverato tra' mag- giori poeti, eh* abbia avuto il mondo. Più dilhcile
iin. presa stimo, che sia I' indovinare quello, eh’ e’ discor-
ressero in sesto, poiché Dante si fu accoppiato con esso loro, non
aprendosi egli ad altro, se non di' e' parlaron cose, delle quali A bello
il tacere, com' era bello il parlare colà, dov' egli era. I commentatori
hanno avuto in tal veocrazione quest' arcano, eh' e' non si son pur
anche ardili e spiarlo con l' immaginazione. A me quadra molto un
pensiero sovvenuto al sottibssimo ingegno del Rifiorito. Stima egli, che
tutto il discorso fosse in lodar Dante, e perchA mostra, che ancor egli
favellasse, men- tre dice, v. io3. andammo infino alla
lumiera. Parlando cose, che ‘l tacer è hello. Il suo
parlare non fu per avventura altro, che recitare qualcuna delle sue
canzoni, secondo che da que' poeti ( siccome s' usa per atto di
gentilezza ) ne fu richiesto. E ciò non solamente torna bene al costume,
ma ( che più si dee attendere ) al sentimento de' versi ; essendo
verissimo, che orala modestia fa diventar bello il tacere quello, che
allora bellissimo era a parlare. V. Ila. Centi v' eran, con occhi
tardi e gravi, Di grand' autorità ne’ lor sembianti :
Parlttvan rado, e con voci soavi. Quello tertetto paò lerrir di norma a
qualunque pi> glia, deicrtvendo, a rappreiencare il coitnme di
gran perionaggio. V. il5. Traemmoei co/l dalF un de'
canti In luogo aperto, luminoso, ed alto ; Si che veder
si potén tutti quotili. Dal dire, eh' e' li trauero da un canto del
caatello, ai convince manifeicamente, eh' ei non era murato a
tondo, come alcuni si persuadono, e fra gli altri il Vel- lutello : tanto
pid eh' e' non si può nè anche dire, che il castello era tondo bensì, ma
che v' erano diverse piazze o strade, le quali venivano a formar degli
angolii poiché non pare, che Dante figuri questo castello per altro,
che per un dilettevol prato intorniato di mura ; e s' ei potè mettersi in
luogo da poter veder tutti quanti, chiara cosa è, eh' e' non vi doveva
essere impedimento di mura, o di case, o d'altri edifizj. A tal che
questo canto, dond' e' si trassero Dante e Virgilio, mostra, che la
pianu delle mura non dovea esser circolare. Molto meno è veriiimile, eh'
elleno abbracciaiser il foro della valle, come è opinione cfalcuni, i
quali si lon falsamente immaginati, che tutto il piano dello scaglione
del Limbo fosse diviso, come in due armille concentriche, una
ester- na e maggiore, dove non arrivasse il lustro della lumiera, e
quivi stessero l' anime degl' innocenti morti senza bat- tesimo
sospirando continuameote, onde dice, v. a6. ffon avea pianto, ma
che di sospiri, Che laura eterna facevan tremare.
minore l'altra ed interna, ed illustrata dalla lumiera, è questa
facesse prato al castello de' Savj e degli Eroi. £ 64
Canto invrrUimile I dico, tal optDÌone. Prima, perchè in
pro> porzione dell* altr* anime del Limbo y piccolisaimo è U
numero di quelle* che sono ammesse per tspecialissima grazia dentro al
delizioso castello ; per lo che* rimanendo loro un luogo sì vasto, vi
sarebbero seminate più rade che per un deserto. Secondo* perchè in
qualunque luogo del prato si fosser tratti Dante e VIRGILIO posto die
nel centro non potessero starvi per essere sfondato * e ter- minar
ivi la sboccatura del secondo cerchio * sarebbe •tato impossibile
discemer tutti quanti* a non supporre* eh* e* sì fosser ridotti tutti in
un mucchio vicino all* en- trata * perchè da distanza assai minore, che
non è quella del solo semidiametro di questo prato * a farlo cale *
qual se lo figurano costoro, si smarrisce di vista un uomo dì
statura ordinaria. Direi dunque * che il castello fosse da una porle del
piano o pavimento del Limbo * e che per avventura nè meno arrivasse con
le mura in su la sboc- catura del secondo cerchio- E che sia *1 vero*
usciti eh* e’ ne furono*, dice Dante, eh* e* tornarono nelf aura*
che trema* cioè in quella, dove sospirano i padani in- nocenti, che
l'aura eterna farevan tremare. Che se per lo contrario il castrilo fosse
stato abbracciato dall* armilla esteriore* per discender nel secondo
cerchio, non oc- correva, eh’ c* ritornassero in quella, dove l’aria
tre- mava. Kè vale il dire* che per aria tremante si può in- tender
anche l'aria del secondo cerchio; perchè la sua agitazione (si come
vedremo nel seguente canto) era altro che un semplice tremare, dicendo il
poeta di questo cerchio, v. a8. J* venni in lungo <t ogni
luce muto, Che mugghiai come fa mar per tempesta,
S" e* da contrari venti è combattuto. Ecco dunque, che
il catCello era tutto dentro all* orlo del Limbo io su la mano, tu la
qual camminavano : e torna ottimamente allo scemarti la sesta compagnia
in due, essendo Omero, Orazio, Ovidio e Lucano rimasti dentro al
castello, e Dante e Virgilio essendone usciti o per altra porta, o per la
medesima, ood* erano en- trati, ma voltando all* altra mano, e
incamminandosi per altra via da quella, ond' erano venuti. Così si
condus- sero, dov' era il passo per discendere nel secondo cer-
chio ; si come vedremo nel canto seguente. >eccato, che ii punisce in questo
secondo cerchio, è la lussuria, come il più compatibile all' umana
fragilità, c per avventura il meno grave. Fmge il poeta di tro-
vare al primo ingresso Flinos giudicante 1' anime. Di poi passa più oltre,
e vede la pena de' peccatori carnali, la qual dice essere un furiosissimo,
e perpetuo nodo di vento, il qual rapisce, e porta seco voltolando in
giro queir anime. Virgilio gliene dà a conoscere alcune, che erano
già state al suo tempo, ma di Francesca da Ra- venna intende dalla sua
propria bocca la cagione della sua morte, e insieme di quella di Paolo
suo cognato, con r ombra del quale si raggirava per 1' aria del se-
condo cerchio. Cori discesi del cerchio primajo Giù nel
secondo, che men luogo cinghia, E Scatto più dolor, che pugne a
guajo. Digitized by Google 68 Canto ^
Discesi ; Io Dante diacesi. Men luogo cinghia ; si di- mostra
peripatetico f ponendo il luogo, distinto dall* esteiH sione della cosa
locata. Quindi è, eh* ei dice il pavi- mento del secondo cerchio cignere,
abbracciare, occupar minor luogo, in sostanza girar meno del primo,
secondo che per lo digradar della valle gii\ verso il centro si
discendeva. Così veggiamo ne* teatri dalla lor sommità i gradi infmo all'
iullmo venire, successivamente ordinati, sempre risirignendo il cerchio
loro. C ben vero, che quanto meno luogo cinghia, contiene in sè
altrettanto più di dolore, che non fa il primo. Poiché, dove quello
per esser solo dolor della mente, svapora in sospiri, questo, che
alFligge il senso, pugne a guajo, cioè arriva a trar guai, pianti e
lamenti dolorosissimi. Y. 4. 5 rauvs Afinos orriòilMente « e
ringhia. Qui orribilmente ha forza di esprimere P orrida
resi- denza, il tribunale formidabile, la fiera accompagnatura de*
ministri, e forse il ferocissimo aspetto dell* infernal giudice. Bocc.
Fdoc. Kb. 6, 42. Quivi ancora si veggono tutti i nostri Iddìi
onorevolissimamente sopr ogn altra figura posti. Dove notisi, che per 1 *
avverbio onorevolis^ simamenie ci dà ad intendere la preminenza del luogo,
quanto la ricchezza degli ornamenti sacri, ed ogni altra nobile
accompagnatura pertinente al culto degli Dii sud- detti. Ringhia:
accresce lo spavento, dicendosi il ringhiare de* cani, quando irritati,
digrignando i denti « e quasi brontolando, mostrano di voler
mordere. V. 6. Giudica, e manda, secondo eh* awvinghia.
Qui avvinghiare per cignere. Ciò che Ninos ai ci- gneise, viene
spiegato appresso. Vede qu«l luogo Inferno è da essa. Da in
luogo di Per, ed esprime attitudine, proprietà, c convenevolezza. Cioè
qual luogo d'infemoèprr essa, o vero convenevole ad essa. Veggasi di ciò
il Cinonio. V. li. Cignesi con la coda tante volte ^
Quantunque gradi vuol ^ rAe sia messa. Conosce il poeta T
obbligo, ch'egli ha d* uscire il piti eh* ci può dall’ ordinario,
rispetto al luogo, e a* perso- naggi, eh’ egli ha alle mani. Quindi va
trovando maniere strane ed inusitate di significare ì loro concetti ;
come in questo luogo fa, che Minos si cinga tante volte la coda,
quanti gradi hanno a collocarsi gid 1 * anime con- dannate. Quantunque
per quanto, nome indeclinabile. Bocc. introd. n. i. Quantunque volte,
graziosissime donne ^ meco pensando riguardo ecc. V. i3.
Sempre dinanzi a lui ne stanno molte: Vanno ^ a vicenda y ciascun
al giudizio: Dicono, e odono, e poi son giù volte. In questi
tre versi è compresa un* esattissima e pun> tualissima forma di
giudizio. V. a3. Vuoisi cosi colà » dove si puote Ciò
che si vuole ; e più non dimandare. Le stesse parole per appunto
furono usate da Virgilio a Caronte nel canto terze, v. 9 S.
V. a 8 . t venni in luogo d* ogni luce muto. Notisi, come
stando sempre su la medesima bizzarra traslazione d* attribuire il
proprio della voce al proprio della vista, va continuameDte crescendo»
Nella selva, ~e Casto dove r oicurit.\ e T ombra
erano accidentali per l' im- pedimento de' rami e delle foglie, diwe
aolamcnte tacerai la luce, V. 6o. Mi ripigneva là, dove 'I
sol tace. Nell* atrio dell' Inferno dà al lume aggiunto di JSoco,
ac- cennando io tal guiaa, non eaier ciò per accidente > tua per
natura ; cauto HI, v. 75. Com’ io discerno per lo fioco lume.
Qui finalmente, dove a' ò innoltrato nel profondo della valle, muto
lo chiama; e vuol denotare, che le tenebre di queato cerchio non aono
accidentali, nè a tempo, nè aaaottigliate da qualche apruzaolo di
languidiaaima luce, ma apeaae, folte, oatiuate, ed eterne. V.
3l. Za bufera infernal, che mai non retta. Mena gli spirti con la tua
rapina: Voltando, e percuotendo gli moietta. Il Buti
definiace eoa! : Bufera è aggiramento di venti, lo qual finge l’ autore,
che sempre sia nel secondo cerchio dell" Inferno. A chi pareaac
queata voce o poco nobile, o troppo atrana, ricordiai, che ai parla d' un
vento in- fernale, e che merita maggior lode il cercar la forza
dell' eapreaaione, che 1' ornamento delle parole ; ed è queata una
pittura, che non richiede vaghezza di colo- rito, ma forza; e tanto piti
è bella, quanto è meno liaciata ; estendo il naturale coti risentito, che
non può bene imitarsi, te non è fatto di colpi, e ricacciato ga-
gliardo di sbattimenti. Questa bufera adunque leva e mena gli spiriti con
due movimenti. Con uno gli aggira secondo il corto della tua corrente,
che va turno torno al cerchio ; con F altro ( e ciò fallo con la sua
rapina, cioè col tuo grandissimo impeto ) li va voltolando in lor
medesimi. Cosi veggiamo la pillotta e '1 pallone, i quali, se vengono
spinti lentamente per Taria, son por- tati con un solo moto ^ che è
secondo la linea della di- rezione del lor viaggio, ma dove urtino in
muro, od in legno, osi, cadendo in terra, ribalzino mcontanente, ne
concepiscono un altro, Bglio di quel novello impeto, che gli aggira
intorno ai proprio asse. V. 34. Quando giungon dinanzi alla mina
; Qmvi le strida t il compianto t e*l lamento'.
Bestemmian quivi la virtù divina. Qual sia questa rovina, i
commentatori non lo dicono, o se lo dicono, io confesso di non intendere
quello che dicono. Crederei, che per rovina intendesse T autore il
dirupamento della sponda, giù per la quale egli era ve- nuto ; e che
questa fosse la foce, d' onde metteise il vento, il quale foue cagione di
maggiore sbatiimento a quelle pover* anime, che vi passavano davanti. A
simi- litudine d* un legno o d'altro corpo, cui la corrente d'un
fiume ne meni a galla, il quale, se s* abbatte a passare, dove sbocca un
torrente, o altra acqua, che caschi con impeto da grand'altezza, questa
se se lo coglie sotto ^ lo tuffa e rìtufia per molte fiate, e in qua e in
lè con mille avvolgimenti T aggira, e strabalza, in fin tanto eh'
ei non è uscito di quella dirittura, e non ha ritro- vato il filo della
nuova corrente. Di dove, e come possa quivi nascer questo vento, vedremo
allora, che si dirà della fiumana dell' eterno pianto, di cui nel canto
se- eondo mi rìserbai a discorrere in altro luogo. E (ome gli stornei ne
portan F ali Nel freddo tempo a schiera larga e piena ; Così
quel fiato gli spiriti mali. Brllisùma iimiUtudlne, e cavata ( «ì
come la «cgitcnte poco appretto delle gru) con finitsimo accorgimento
da animali tenuti in niun pregio, e per ogni conto vilittimi.
V. 43. Di qua, di là, di giù, di tu gli mena : Nulla speranza gli
conforta mai Non che di posa, ma di minor pena. Eipretiione
felicistima ed inarrivabile di quel tormento, e che vince quati il vedere
ttetto degli occhi. V. 48. Cori viiF io venir, traendo guai,
Ombre portate dalla detta briga. Qui briga vai lo ttetto che
noja, fattidio, travaglio; e briga preto nello ttetto significato d’
agitamento di venti. Farad, can. Vili, v. 67. £ la bella
Trinacria, che caliga Tra Pachimo e Petoro sopra '/ golfo,
Che riceve da Euro maggior briga. cioè sopra ’l golfo, eh’ è
più battuto dallo scirocco. V. Si. Genti, che faer nero ri
gastiga^ Corrisponde al detto di sopra, v. 18. I' venni in
luogo iT ogni luce muto. E cerumente la pena de’ carnali è pena
data loro dall’ aria, poiché l’aria col solo agitarsi si li
tormenta. V. 54. Pu Imperadrice di motte favelle. Ebbe
imperio sopra nazioni, che parlavano diversi idiomi. Modo usato altre
volte da Dante : distinguere, o denotare i paeii dalle lingue, che vi ai
parlano. Infer. cant. XXXIII, V. 79. Ahi Pila, vituperio
delle genti Del bel patte là, dove 'I ri tuona. V. 55 .
A vizio di Lutturia fu ri rotta. Che ’l libito fe' licito in tua
legge, Per torre ’l biatmo, in che era eondoita. Aaaai
è nota la legge della diioneatà promulgata da Semiramide, per cui ella
penaò di aottrarai all' infamia de’ suoi vituperj. A vizio di
Lutturia fu ri rotta. Forma di dire assai singolare. V.
60. Tenne la terra, che ’l Soldan corregge. Dice il Daniello, che
Dante in questo luogo piglia un equivoco ; e che abbia voluto dire,
Semiramide aver regnato in Egitto, ingannato dal nome di Babilonia,
con cui nel suo tempo chiamavasi volgarmente il Cairo, allora signoreggiato
dal snidano, non rinvenendosi dell' altra Babilonia fabbricata da
Semiramide nell’ Astiria. Di questo errore pretende scusarlo con fargli
nome di licenza lecita a pigliarsi da' poeti grandi, tra' quali gli dà
per compa- gno Virgilio in un certo patto, non so già quanto a pro-
posito, e con quanta ragione. Se io avesti a esaminarmi per la verità
dell' intenzione, che io credo, che abbia avuto Dante ; direi forte ancor
io, come il Daniello : tanto più che in que' tempi non ti aveva coti
esatta no- tizia della geografia, che sia sacrilegio l'ammettere,
che un poeta anche grandissimo abbia preso un equivoco in- torno a
una città, nella quale era facilittimo l’equivocare, 6
74 Cauto intrndendoii allora comuneniente per Babilonia
quella d'Egitto; ticcome oggi per Lione templicemente ('inten-
derebbe sempre quello di Francia, e per Vienna quella di Germania; e
quanto a questo, che Babilonia vi fosse in Egitto, e che fosse la stessa,
che dagli Europei si chiama oggi il Cairo, l' afferma Ortelio.
Il Boccaccio nel Decamerone, di tre volte, che nomina il Soldaoo,
intende sempre quello d' Egitto ; e Dante stesso nell' XI del Farad., t.
loo. E poi cht per la sete del martiro Alla presenza del
Soldan superba, Predici) Cristo, e gli altri, che 7 seguirò.
Farla di S. Francesco, il quale i certo, che parla del Soldano d'
Egitto, e non di quello di Bagadet. Il Fe- trarca dice anch' egli nel
Sonetto; L'avara Babilonia ecc. non so che di Soldano. 1 commenti l'
intendono per quel d' Egitto ; e il Gesualdo, se non erro, lo cava da
una sua epistola, nella quale fa menzione delle due Babilo- nie, d'
Egitto e d' Assiria. Ma chi volesse anche sostenere, che Dante non
abbia errato, potrebbe farlo con dire, che per Soldano intese
quegli stesso, che nel suo tempo signoreggiava la vera Babilonia di
Semiramide, essendo la voce Soldano nome di dignità, e perciò convenevole
ad ogni principe; e da Cedreno si raccoglie essere stata comune ancora ai
Co- liifi di Soria, particolarmente dove parla di uno di essi, che
ebbe guerra con Alessio Comneno. Siccome e con- verso il Soldano d'
Egitto aveva titolo di Cohffa, prima che dal Saladino fosse unito l'un, e
l'altro titolo insieme, quando egli di semplice Sultano, eh' egli era,
diventò Fun e l'altro, avendo ucciso il ColilTa nell' andar a
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da lui lecoudo il lolito l' ioicgne di Soldano. Fu anche Soldano
titolo d' ufTizio coinè ai cava da quoto luogo del Ponti 6 cale romano
citato dal Meunio ; Circa Ponti- fiiem, aliquando ante, aliquando poit,
equilabat Mare- icallus, siile Soldanus Curiae. lila per
vedere adeiao, con quanta poca ragione il Daniello tacci Virgilio d’un
timigliante equivoco, laiciaio di riapondere a quello eh’ ei dice, che
egli nel Sileno confondeaae la favola d* lai e di Filomena, e nel
terzo della Georgica acambiaaae Caatore da Polluce, nel che vien
Virgilio difeao molto giudiziosamente dalla Cerda, vediamo il terzo
equivoco notato dal aoprammentovato apositore di Dante ne’ seguenti versi
dell' Egloga del Sileno, T. 74 . Quid loquar? aut tcyllam
Nisi? aut quamfama secuta est. Candida surtinctam latrantihus inguina
monstris, DutUhias ue rosse rales, et gurgite in allo, Ah,
timidos nautas canibus lacerasse marinis ? Qui dice il Daniello,
senza allegarne alcuna ragione, che Virgilio equivoca da Scilla hgliuola
di Forco e d'Ecate, o, cum’ altri vogliono, di Creteide, a quella
figliuola di Niso re di Megara. Io credo però di ritro- varla, e dubito
che si possa dir del Daniello nella spo- sizione di questo luogo di
Virgilio, quello che di Virgilio disse il Berni nell' imitazione di
cpiell’ altro d’ Omero ; Perch’ e' m hem detto, che Virgilio ha
preso Un granciporro in quel verso d Omero, Chi egli, con
reverenza, non ha inteso. Noteremo dunque di passaggio, come
bisogna, che quest’ autore si sia cieduto, che Virgilio parli d’ una loU
Scilla, e che a queita attribuendo i moitri marini, e r ingordigia degli
altrui naufragi, liaii dato ad intendere, eh' egli abbia voluto dire di
quella di Forco 1 ond* egli nota r equivoco in quelle parole :
Quid loquar ? aux tcyllam Nisi ? Sapendo, che Scilla
figliuola di Niao fu cangiata in uc- cello, e fu, come altri vogliono,
appiccata alla prora della nave dell’ amato Minoi) e finalmente gettata
in mare, e non mai trasformata, come quella di Forco, in moitro
marino. Ma la verità ai à, che Virgilio intese di parlare dell' una e
dell' altra Scilla; e, toccando di pas- saggio quella di Niso, si ferma a
discorrer più diffusa- mente dell' altra di Forco, come dalla lettura del
luogo è assai facile a comprendere ; ma forse il Daniello non s’
avvide di questo passaggio, e trovandosi inaspettata- mente nella favola
di Scilla di Forco, la credette vestita a quella di Niso, equivocando
egli medesimo nell' equi- voco immaginato di Virgilio. V. 61.
L'altra è colei, che e’ aneUe amorosa, E ruppe fede al centr di
Sicheo. Didone, seguendo in ciò anch' egli 1 ' orribile
anacro- nismo, ed accreditando T infame calunnia d' impudiciaia
datale da VirgUio. Eneide IV, v. SSa. IVon servata fides eineri
promissa SUhaeo. V. 64. Siena vidi, per cui tanto reo Tempo
ti volse. Tocca di passaggio, e con maniera nobilissima la guerra
de’ Greci, e l' ultime calamità de’ Trojani, CK amar di nostra vita
dipartille. Della morte delle quali fu cagione Amore
illecitOi V. 7». i' cominciai; Poeta, volentieri
Parlerei a que‘ duo, che ’nsieme vanno, E pajon st al vento esser
leggieri. Gli accoppia ioaieme, perchè iniieme avevano peccata.
S’accorae, ch’egli erano leggieri al vento, dalla facUitè, anzi dalla
furia, con la quale il vento li portava; e ciò molto convenientemente,
atteao il loro gravitaimo peccato, eaaendo atati per affinità al
atrettamente con- giunti, come più abbaaao udiremo. Per quell' amor,
eh' ei mena, t quei verratmo. Per quell' amore, eh' e' ai portarono,
il qual fu ca- gione di queato loro eterno infelice viaggio.
Efficaciaaima preghiera, e convenientiaaima a due amanti,
acongiurarli per lo acambievole amore. Y. 80 O anime
afannate. Aggiunto di mirabil proprietà, e aenza dubbio il
più proprio, che dar mai ai poaaa ad anime tormentate da ai latta
pena. Quali colombe dal disio chiamale Con f ali aperte e ferme al
dolce nido Volan per F aere dal voler portale. Grazioiiaaima
aimilitudine, e piena di tenero e com- paaaionevole affetto. Nè traendola
Dante da coti gentili animali, quali anno le colombe, vien a intaccar
punto della lode, che le gli dette poc’ anzi, per aver para- gonato
gli apiriti di queito cerchio agli atomelli e alle Cauto gru,
1’ una e l’altra ignobile «pezie d'uccelli, poicliè in ciueato luogo ha
maggior obbligo di far calzar la similitu- dine all' andar di compagnia,
che facevano i due amanti, il che ottimamente si ha dalla comparazione
delle co- lombe, che ad avvilire con un paragone ignobile quegli
spiriti in generale, come fece da principio. Del resto gli ultimi due
versi di questo terzetto posson aver due sen- timenti, l’un e l’altro
bello. Il primo è: Con Vali aperte * ferme al dolce nido volan per Vaere,
cioè volan per l’aere con l’ali aperte o ferme, cioè diritte al dolce
nido; o vero volano al dolce nido con l’ali aperte e ferme,
descrivendo in cotal guisa il volo delle colombe, quando con l'ali tese
volano velocissimamenie senza punto dibat- terle, e in questa maniera di
volare par che si ratb- giiri un certo non so che pid di voglia e di
desiderio di giugnere. O animai graziosa e benigno, Che
visitando vai per V aer perso Noi, che tignemmo'l mondo di
sanguigno. Ninna cosa odono o parlano pid volontieri gli
annuiti che del loro amore. Quindi è, che quest’ anima chiama Dante
grazioso e benigno per atto di gentilezza usatole in darle campo,
raccontando i suoi avvenimenti, di dar alquanto di sfogo al dolore. Per V
aer perso. Il perso è un colore oscuro, di cui lo stesso Dante nel suo
Con- vivio sopra la canzone Le dolci rime ecc. dice esser com-
posto di rosso e di nero, ma che vince il nero ; e Inf. caut, VII, V.
io3. L' acqua era buja molto più, che persa. Noi che lignemmo
il mondo di ttmguigno. Scherza in la contrarietà di queiti due
colori ; Fai visitando per F aria di color perso noi, che, per
eaiere arati ucciai in pena del noatro Callo, tignemsno il mondo di
color di aangue. V. 94. Uh Jttel, che udire, e che parlar ti picKe
: Noi udiremo, e parleremo a vui. Non ì gran coaa (dice aaaai
giudiiioaamente il Landino), che coatei a’ indovinaaae di quello, che
Dante deaide- rava d' udire. Una, perché di niun' altra coaa, fuori
che de’ auoi avrenimenti, potea ragioneTolmente cre- dere, eh* egli
aveaae curioaità di domandarla ; 1' altra, perché il coatume degli amanti
é creder, che tutti ab- biano quella voglia, che hanno eaai d' udire e
parlare de’ loro amori, tanto che aenza forai molto pregare non fanno
careatla di raccontarli anche a chi non ai cura aiperli. Che riapondeaae
la donna pid tosto che l’ uomo, ciò é molto adattato al coatume della
loro loquacità e leggerezza. V. 96. Mentre che ’/ vento, come
fa, si tace. n ripoaarai del vento non é coaa impropria, anzi
é accidente confacevole alla natura di quello, dimoitran- doci r
eaperienza, che egli non aoffia con aibilo con- tinuato, al come corrono
i fiumi, ma a volta a volta ricorre, come fanno Tonde marine. Oltre che
non aa- rebbe inveriaimile il dire, eh’ ei ai fermaaae per divina
diapoaizione, acciocché Dante potesse ammaestrarsi nella considerazione
di quelle pene, e riportar frutto dal suo prodigioso viaggio. Per questa
ragione vediamo nel canto IX spedito un angelo a fargli spalancar le
porte della Canto cittì di Dite, e altrove molt’ altre graxie
tingolariuime, le quali la bontà divina gli concedè, per condurlo
final- uiente alla contemplazione della aua euenza. V. 97.
Siede la terra, dove nata fui, Su la marina, dove ‘I Pò
diicende Per aver pace co' teguaci tui. Bavenna ; poco
lontano dalla quale il Po inette nel- r Adriatico. Discende per aver pace
co’ sui seguaci. Ma- niera veramente poetica. Dicono alcuni, per aver
pace, cioè per trovar pace in mare della guerra, ch'egli ha nel auo
letto da' fiumi tuoi teguaci ; perocché, fecondo che quelli tgorgano in
lui, lo conturbano e P agitano, onde ti può dire, che gli facciano
guerra. Ma te Dante volette ttar tu l’allegoria di quella guerra, non li
chia- merebbe legnaci ; poiché, fintante che uno è teguace d’ un
altro, non gli fa guerra, e, facendogli guerra, non |i può chiamar più
teguace. Diremo dunque, eh' ei vo- glia dire, che il Po co' tuoi teguaci
diiceode in mare per ripoiare dal lungo corto, eh' ei fa, per giugnervi,
a fine di unirai come parte al tuo tutto, eitendo queita unione la lola
pace, alla quale tutte le creature tono d.a inviiibil mano guidate.
Veduto della patria, è ora da vedere chi folte coitei, che favella con
Dante; per Io che è da taperii, che quetta è Francetea figliuola di
Guido da Polenta tignor di Ravenna ; la quale, eitendo ttata dal padre
mariuta a Lanciotto figliuolo di Malatctta da Rimici, uomo valoroto in
vero, e nella teienza e inaeitria dell’ armi eiercitatittimo, ma zoppo e
deforme d' atpetto troppo più che ad appajar la grazia e la de-
licatezza di conci non era convenevole, fu cagione, che ella t'
invaghiate di Paolo tuo cognato, il quale non meno grazioio, e arvenente
del corpo, che leggiadro dell’ animo e de' coatumi, del di lei amore
ferventiiii- mamence era preao4 Ora arvenne che, mentre, tcam-
bievolmence amandosi, in gran piacere e tranquillità si Tiveano,
indistintamente usando, appostati un giorno da Lanciotto, furono da esso
colti sul fatto, e d'un sol colpo uccisi miseramente. VICO. jimor,
eh’ al cor gejuU ratto s' apprende. Prete costui della bella persona,
Che mi fu tolta, e '/ modo ancor m' offende. Platone nel Convivio,
tra le lodi, che dà Agatone ad Amore, dice eh’ egli i ancora
delicatissimo, argumentan- dolo da questo, eh’ egli i ancor più tenero e
gentile della Dea Ati, cioè della calamità, la quale esser
mollissima a delicatissima / argomentò Omero dal vedere, che ella,
schifando di toccar co’ piè terra, si tiene per t ordinario in tu le
lette degli uomini. Iliad.Tvt pio 9 * ateahol sróStc iv fàp in' ovSit
nlAra^as, <2 A A’ apa f/j'S xai^ óvfpóv xpoara fiaùani. Ma amore
non solamente non mette mai piede in terra, o in tu le teste, le quali, a
dire il vero, non sono molto toffei, ma di tutto V uomo la parte più
gentile calpesta, e sceglie per tua abitazione. Negli animi dunque, e
ne’ temperamenti degli uomini, e degli Dii pone il tuo trono Amore
; nè ciò fa egli alla cieca, e senza veruna distinzione in ogni sorta <t
animo la sua tede locando, ma quelli solamente, che in fra tutti gli
altri p'ut gentili tono, e pieghevoli con delicatissimo gusto va
ritcegliendo. suStò 9 fizaiipii(;ipfits 6 pi^a tixpiipiusnpi
*Epura Xtc araAòc óv qdp iirì TÙt fiaivit, ovff tiri npavietr.
8a Cahto ( S, larn iravv fiaX«ut<i) cy roif
fMi^xararoig TS* S*T»T> KoÀ fiaivti Koì oisut' iw )'àf> v6$at
KOÌ XM àiiUpixfn rhf Sixqffiv iSpvxau,’ »ai oò» av f{>7( ir
xóacui rati dXÀ,’ ^ riti iv vKXtipòv vio( i;^ot<rv >* ’^XP
dxtp^^iToi' ^ 9’ àt ftoAouiùy, oÌKÌ(ixcu. £'l Petrarca nel
toaetto : Come't ccmdido piiecc., ri- cavando con maniera più morbida lo
ateaao originale, fini di copiarlo anche nella parte tralasciata da Dante,
che rijguarda 1' avversione, che Amore ha ordinariamente agli animi
rosai e dori, dicendo : Amor, che tolo i cuor leggiadri invesca,
Nè cura di mostrar sua forza altrove. E nella canaone; Amor, se
vuoi, eh' io tomi ecc., par- lando con Amore, tocca leggiadramente in
ogni sua parte il sopraccitato luogo di Platone, dicendo dell’
impeWo, eh' egli ha non meno sopra gli Dii, che sopra gli uo- mini,
con questi versi : £ s’ egli è ver, che tua potenza sia Nel
Ciri s) grande, come si ragiona, E neir abisso ( perchè, qui fra
noi Quel che tu vali e puoi, Credo, ehe’l senta ogni gentil
persona). V. loi. Prese costui della bella persona che mi fu
tolta. Lo prese del bellissimo corpo che mi fu spogliato dalla morte,
e ’l modo ancor m’ offende, perchè mi fu ' data violentemente, e mentre
mi suva tra le braccia del caro amante. V. io3. jimor, eh' a
nullo amalo amar perdona, mi prese del costui piacer sì forte, che, come
vedi, ancor non m' abbandona, Belliiiiina repetizione : Àmor, eh'
al cuor gentil ratto s' apprende, prese cosuù come gentile. Amor, eh' a
nullo amalo amar perdona, prese me come amata. Mi prese del costui
piacer, del piacer di costui. Costui nel secondo caso senza il suo segno
si trova spesse volte usato dagli autori. Veggansene gli esempi presso il
Cinonio. Questo lungo può aver doppio significato. Hi prese del piacer
di costui, cioè del gusto, del piacimento, della gioja d’amar costui.
E mi prese del piacer di costui, cioè del piacer che io faceva a costui,
e questo corrisponde ottimamente al detto poco innanzi : Autor, eh' a
nullo amato amar perdona ; mostrando non tanto essersi innamorata
per genio, quanto per vaghezza d' accorgersi di piacere e d’esser
amata, e per cert’obbligo di gentil corrispondenza. V. io6. Amor
condusse noi ad una morte. Arroge forza con la terza replica, e con
grandit- aim' arte diminuisce il suo fallo, rovesciando sopra di
amore tutta la colpa. Tib. lib. l .° el. VII, v. aq. Non ego te laesi
prudens : ignosce fatemi, lussi! amor. Contro quis ferat arma Deos
? E'I Boccaccio, giornata IV, nov. I, conducendo GuU scardo
alla presenza del Principe Tancredi, non gli sa porre in bocca nè altra,
nè piò forte difesa per iscusar sè, che r incolpare amore, il quale, cioè
Tancredi, tome il vide quasi piangendo disse : Guiscardo, la mia
benignità verso te non uvea meritato l'oltraggio e la 84
Casto vtrgogna, la quale nelle mie cose fatta m' hai; eiccome
io oggi vidi con gli occhi miei. Al quale Guiscardo niun altra cosa
ditte te non questo. Amor può troppo più che nè io ni voi pottiamo.
V. IO/. Caina attende chi'n vita ci spente. Calila è la
g)iiaccia, dove nel canto vedremo euer paniti coloro, che bruttaron le
mani col sangue de’ lor congiunti. Dice dunque, che questa spera
detta Caina sta aspettando LANCIOTTO marito di lei, e fratello di PAOLO,
che fu il loro uccisore. Ila O latto, Quanti dolci pentier, quanto
detto Menò costoro al dolorato patto ! Tenerissima
riflessione, e propria d* animo gentile, ma che non s’ abbandona a
soperchia vilU col dimostrar dolore. E qui notisi, come Dante per ancora
sta forte all’ assalto della pietA, la cui guerra si propose di
voler sostenere al principio del secondo canto, v. l. Lo
giorno te n andava, e f aer bruno Toglieva gli animai, che tono in
terra dalle fatiche loro; ed io sol uno m’apparecchiava a tottener la
guerra fi del cammino, e sì della pietose. £ che ciò sia’l vero,
dopo eh’ ei non potò pid rattener le lagrime, dice, che in questo pietoso
oflìcio egli era insieme, v. 117, tristo e pio-, dove mette in
considerazione, se quel tristo si potesse in questo luogo intendere per
iscellerato, malvagio, empio, e non per malcontento, mesto, e maninconoto,
come vien preso universalmente, e (1 come io con gli altri concorro a
credere etier re- ritirailmeote alata l' intenzione del poeta. Pure nel
primo significato abbiamo nel Inf. triatitiimO) r. 9I. Tra
qutJt’ iniqua e trutitiima copia Correvan genti ignude e
spaventate. E di vero tristo in aendmento d’ empio (a un
belliatimo contrapposto con pio, venendo a estere il poeta in un
medesimo tempo empio per compiagner la giusta e dovuta miseria de’ dannati, del
cbe nel XX di questa can- tica si fa riprender acremente da Virgilio, e
gli la dire, che è sciocchezza averne pietà, e somma scelleraggine
aver sentimenti contrarj al divino giudicio, che li pu- nisce, V. a 5
. Certo V piangea poggiato a un de' rocchi Del duro scoglio,
zi che la mia scorta Mi disse : Ancor se' tu degli altri sciocchi ?
Qui vive la pietà-, quandi è ben morta. Chi è più scellerato
di colui, Ch' al giudicio divin passion porta ? Driaza
la letta, drizza ; e vedi, a cui ecc. E pio poteva dirsi il poeta, per non
poter vincere la naturai violenza di quell' affetto, che contro a tua
voglia lo cottrìgneva a lacrimare ; dove pigliando tristo in si-
gnificato di metto, avendo di già detto', eh' ei lacrimava, vi vien a esser
superfluo ; e non solamente tristo, ma pio ancora ; chiarissima cosa
estendo, che chi piange r altrui miseria, n' ha rammarico e
compatimento. V. lao. Che conosceste i dubbiosi desiri? Pubiioti
per non esserti ancora l’ un F altro diKoperd. 86 Canto. I3I. Ed ella
a me; nerrun maggior dolore. Che ricordarsi del tempo felice nella
miseria, e dà sa il tuo dottore. Quella lentenaa h di Boezio nel
lecondo libro de Consol. proia IV, Le lue parole iodo : In omni aduer sitate
fortuna» infelùissimum genus inforlunii est, fuisse felieeiu. Tanto che
questa volta per il tuo dottore non debbo intendersi VIRGILIO, come, dal
Daniello in fuora, quasi tutti gli altri si sono ingannati a credere, ma
lo stesso BOEZIO, la cui sopraccitata opera Dante nel suo esilio
aveva sempre tra mano, e leggeva continuamente ; onde nel suo Convivio
scrive queste formali parole. Tuttavia, dopo alquanto tempo, la mia mente, che
i argomenta di sanare, provvide ( poi nè 'I mio, I altrui consolare
valeva ) ritornare al modo, che alcuno sconso- lato avea tenuto a
consolarsi ; e misimi ad allegare e leggere quello, non conosciuto da
molti, libro di BOEZIO, nel quale, cattivo e discacciato, consolato si
aveva. V. ia4- Ho, s‘ a conoscer la prima radice Del
nostro amor tu hai cotanto affetto, farò, come colui, che piange, e
dice. Sed si tantus amor casus cognoscere nostros, Et
breuiter Troiae supremum audire laborem. Quamquam animus meminisse horret,
luctuque refugit, Incipiam. £n. lib. Il, v. io e seg. V. i» 7
- Noi leggiavamo un giorno per diletto Di Lancillotto, come amor lo
strinse. Qui, prima di passar più avanti, giudico, che sia bene
chiarir l’intelligenza del rimanente di questo canto, con riportar la
atoria di Lancellotto cavata da' romanzi fran- zcsi dal libro di
Lancilolto Du Lac, e riferita in quella dottiatiuia acrittura di
Lucantonio Bidol6, nella quale in un dialogo fìnto in Lione tra
Aleaaandro degli liberti e Claudio d’Erberé gentiluomo franzeae apiega
inge- gnoaamente varj luoghi diSicili de' tre noatri autori Dante,
il Petrarca, e '1 Boccaccio. Farla Claudio Dovile dunque eapere > eome
avendo Galeaui figliuolo della iella Geanda acquitlalo per sua prodezza
trenta reami, s ave a posto in cuore di non voler <t essi coronarsi,
se prima a quelli il regno di Logres dal Re Arius posse- duto aggiunto
non aveste ' £ per ciò, avendolo egli man- dato a Sfidare, furono le
genti deir uno e dell' altro più volte alle mani. Dove Lancilolto avendo
in favore di Artus futa maravigliose pruove contro di Galeaui, e avuto
un giorno fra gli altri l'onore della battaglia, fu da esso
Galealto pregato, che volesse andare quella sera alloggiar seco;
promettendogli, se ciò facesse, di dargli quel dono, che da lui
addomandato gli faste. Accetta Lancilolto con quel patto l’invito, e poi
la mattina seguente, partendoti per ritornare alla battaglia dichiarò il
dono, che da Ga- lealio desiderava : il quale fu di richiedere, e pregare
esso Gale alto, che quando egli combattendo fatte in quella
gionuila alle gerui del re Artu superiore, e certo d averne a riportare
la vittoria, volesse allora andare a chieder merci ad esso Re, e in lui
liberamente rimetterti. La qual cosa avendo Galeallo fatta, non solamente
ne nacque tra Lancillotto e Galealto grandissima dimestichezza e amistà,
ma ne divenne ancora etto Galealto, per cosi cortese e magnanimo alto,
molto del Re Artu, e della Regina Gi- nevra tua moglie familiare. Alla
quale per tal pubblico PUI5T0 Amor, eh a null’amato amar perdona, mi prese
del costui piacer it forte, che, come vedi, ancor non m’abbandona.
Qui ribadisce : Questi, che mai da me non fia diviso.
Nel che ti ponga niente a quante volte e in quanti modi rioforra V
espressioni d'un ferventissimo ed ostinato amore, e con quant' arte s’ingegna
d’attrar le lacrime e sviscerar la pietà verso que luiserissimi amanti. V. i3y.
Galeotto fu il libro, e chi lo scrisse. Il libro ) e Tautor, che lo
scrisse, fece tra Paolo e Francesca la parte, che fece Galeotto tra
Lancillotto e Ginevra; onde l’Azzolino nella sua Satira contro la lussuria.
In somma rime oscene, e versi infami dell’altrui castità sono
incantesimo, e all’onestade altrui lacciuoli ed amU Tal eh* io
ti dico, e replico il medesimo. Se stan cotali usanze immote e fisse, la poesia
diventa un ruSianesùno. E questo è quel, eh apertamente disse il
Principe satirico in quel verso. Galeotto “ il libro, e ehi lo
scrisse. Qui è da notare incidentemente, come alcuni hanno voluto
dire, che il cognome di Principe Galeotto, attri- buito al Centonovelle
del Boccaccio, possa da questa storia esser derivato; perchè, dicono essi,
ragionandosi in codesto libro del Boccaccio di cose per la
maggior Cauto quinto. parte alle gii dette di Ginevra e di
Francesca simiglianti, pare che quel
cognome di principe Galeotto meritamente te gli convenga. In questa guisa
inferir volendo, estere il Decamerone il principal libro di tutti
quelli, che contengono in loro cose attrattive alla carnale concupiscenza; che
tanto è a dire, quanto dargli titolo di Primo Ruffiano, o vero di principe
de' ruffiani. Na di ciò reggati più particolarmente il Ridolfi nel
soprammentovato dialogo, ove parlando assai diffusamente di tal opinione
ti sforza di mostrare, essere molto veru simile a credere tal disonesto
cognome, come anche quello di Decamerone estere stato posto al
Centonovelle più tosto d’altri, che dal BOCCACCIO; il quale nel
proemio della quarta giornata avere scritte le tue novelle senz’alcun
titolo apertamente si dichiara. Quel giorno più non vi leggemmo
ovante. Aocenna con nobil tratto di modestia l’ inferrompimento
della lettura, ed in conseguenza il passaggio da’ tremanti baci agli
amorosi abbracciamenti. Il conte Lorenzo Magalotti. Villa Magalotti. Magalotti.
Keywords: di naturali esperienze, ‘naturali esperienze’ --. Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Magalotti” – The Swimming-Pool Library.
Grice e Maggi: l’implicatura conversazionale -- implicatura
ridicola – la scuola di Pompiano -- filosofia lombarda – filosofia bresciana –
scuola di Brescia -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Pompiano). FIlosofo italiano. Pompiano, Brescia, Lombardia. Grice: “I like his portrait” – Grice:
“My favourite of his essays is on the ridiculous; but his most specifically
philosophical stuff is the ‘lectiones philosophicae’ and the ‘consilia
philosophica.’” La famiglia aveva possedimenti e anche un
negozio di farmacia. Il padre Francesco, uomo di lettere, fu il suo primo
maestro. Studia a Padova con Bagolino e frequenta attivamente gli
ambienti culturali della città. Si laurea e insegna filosofia. Degl’Infiammati,
strinse amicizia con Barbaro, Lombardi, Piccolomini, Speroni, Tomitano, Varchi,
entrò quindi a far parte del circolo di Bembo, frequentando insigni filosofi
come Paleario, Lampridio e Emigli. Conobbe Pole, Vergerio, Flaminio e Priuli. Il
dibattito sulla questione della lingua e sui temi estetici legati soprattutto
all'interpretazione della Poetica aristotelica condusse alla preparazione di un
commento allo scritto di Aristotele che, iniziato da Lombardi, fu proseguito, concluso
e fatto pubblicare da M., con altra sua opera dedicata ad ORAZIO, a Venezia: le
“In Aristotelis librum de Poetica communes explanationes: Madii vero in eundem
librum propriae annotations”, dedicato a Madruzzo. Lascia Padova per
entrare al servizio del duca Ercole II d'Este come precettore del figlio
Alfonso e, insieme, per insegnare filosofia a Ferrara. Si conservano appunti delle
sue lezioni sulla Poetica. Anche della vita culturale della città estense fu protagonista, divenendo principe dell'«Accademia dei Filareti», che
vanta membri come Bentivoglio, Calcagnini, Giraldi e Cinzio, oltre a essere
amico degli umanisti PIGNA, PORTO, e RICCI, che gli diede pubblicamente merito
di essere stato «il primo interprete della Poetica di Aristotele».
“Mulierum praeconium” o “De mulierum praestantia” e dedicata ad Anna d'Este, la
figlia di Ercole e di Renata di Francia, che nello stesso anno fu tradotta “Un
brieve trattato dell'eccellentia delle donne.” Comprende anche una Essortatione
a gli huomini perché non si lascino superar dalle donne, attribuita a Lando,
che si pone come corollario dell'orazione di M. Alla chiusura temporanea
dell'Università, ritorna a Brescia, partecipando alle riunioni dell'Accademia
di Rezzato, fondata da Chizzola. Abita nella quadra della cittadella vecchia,
in contrada Santo Spirito. Sposa Francesca, figlia del nobile Paris Rosa,.
A Brescia sede nel Consiglio Generale e fu incluso nell'elenco dei consiglieri
comunali della città destilla reggenza delle podestarie maggiori del
territorio. Fu destinato alla Podestaria di Orzinuovi, ma vi rinunciò, come
rinunciò anche alla podestaria di Salò, e partecipò alle sedute del Consiglio
Generale. Altre saggi “Un brieve trattato dell'eccellentia delle donne,
Brescia, Turlini “In Aristotelis librum de Poetica communes explanationes:
Madii vero in eundem librum propriae annotationes, Venetiis, Valgrisi; De
ridiculis, in Horatii librum de arte poetica interpretatio, Venetiis, Valgrisi,
“Lectiones philosophicae” Firenze, Biblioteca Riccardiana, ms. Expositio in libros de Coelo et Mundo, Milano,
Biblioteca Ambrosiana, ms, Expositio de
Coelo, de Anima, Milano, Biblioteca Ambrosiana, Quaestio de visione, Milano,
Biblioteca Ambrosiana, Espositio super primo Coelo, Piacenza, Biblioteca Passerini-Landi,
ms Pollastrelli, Mulierum praeconium, Modena, Biblioteca Estense, ms Estensis latinus.
Oratio de cognitionis praestantia, Ferrariae, apud Franciscum Rubeum de
Valentia, Consilia philosophica, Vincentii Madii et Jo. Bap. Pignae in favorem
serenissimi Ferrariae ducis in ea praecedentia, Archivio di Stato, Casa e
Stato, Modena. Note In Sardi, Estensis latinus 88, Modena,
Biblioteca Estense. G. Bertoni,
«Giornale storico della letteratura italiana», C.. Fahy, Un trattato sulle
donne e un'opera sconosciuta di Lando, in «Giornale storico della letteratura
italiana», Bruni, Speroni e l'Accademia
degli Infiammati, in «Filologia e letteratura», XIWeinberg, Trattati di
retorica e poetica, III, Roma-Bari, Laterza, Bisanti,
interprete tridentino della Poetica di Aristotele, Brescia, Geroldi, Giorgio
Tortelli, “Quattro M. in cerca d'autore”, in «Quaderni del Lombardo-Veneto»,
Padova, Vincenzo Maggi, su Treccani Enciclopedie on line, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Vincenzo Maggi, in Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Vincenzo Maggi.
Maggi. Kewyords: implicatura ridicola, Eco, il nome della rosa, Cicerone, il
tragico, filosofia tragica, pessimismo, l’eroe tragico, Nietzsche, la tragedia
per musica – I curiazi, catone in Utica – tragedia per musica --. Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Maggi” – The Swimming-Pool Library.
Grice e Magi: l’implicatura conversazionale nell’uso
delle parole – il mistico – I mistici – la scuola di mistica fascista – il
veintennio – la scuola di Pesaro -- filosofia marchese -- filosofia italiana – filosofia
fascista -- Luigi Speranza (Pesaro).
Filosofo italiano.
Pesaro, Marche. Grice: “A fascinating philosopher – “journey around the world
in ten words,’ a gem!” -- Insegna a
'Urbino. Si dedica alla psicologia “trans-personale”.
Fonda il Centro di Filosofia Comparativa (cf. ‘implicatura comparativa’) e
“Incognita” a Pesaro, tesoreggiando ‘l’intelligenza del cuore’ e il principio
dell’interiorità. Scrisse “I 36 stratagemmi” (Il Punto d'Incontro; dal,
BestBUR). Il suo “Il Gioco dell'Eroe. Le porte della percezione per essere
straordinario in un mondo ordinario” vede un clamoroso successo. “I 64 Enigmi.
L'antica sapienza per vincere nel mondo”
(Sperling et Kupfer )è segnalato al
primo posto dei libri più attesi. Lo stato intermedio tratta l’argomento
rimosso dei nostri tempi: la morte, e abbraccia l'orizzonte ampio degli ambiti
cari agli autori: filosofia, mistica, psicologia transpersonale, esperienze ai
confini della morte. Esce un aggiornamento ampliato del Gioco dell'Eroe
con il sottotitolo “La porta dell'Immaginazione”. Vgetariano dichiarato., si
focalizza sui modelli mistici per approfondirne, oltre la portata metafisica e
auto-realizzativa, i concetti di efficacia ed efficienza: nel libro I 36
stratagemmi declina il taoismo nei suoi aspetti di strategia psicologica; nel
saggio "Le arti marziali della parola" in La nobile arte dell'insulto
(Einaudi) evidenzia come l'arte del combattimento diventi arte retorica e
dialettica. Nei saggi Il dito e la luna, La via dell'umorismo e Il tesoro
nascosto mostra il rilievo della comunicazione metaforica e umoristica. Elabora
e sviluppa la dimensione della psicologia trans-personale all'interno del Gioco
dell'Eroe, disciplina da lui creata e imperniata sulla capacità umana
dell'immaginazione. Altre saggi: “Il dharma del sacrificio del mondo”
(Panozzo); “La filosofia del linguaggio eterno” (cf. Grice: ‘timeless’ meaning,
versus ‘timeful’?). Urbino, “Quaderno indiano,” Scuola superiore di filosofia comparativa
di Rimini, “Il dito e la luna,” Il Punto d'Incontro); I 36 stratagemmi (Il
Punto d'Incontro, BestBur); Sanjiao. I tre pilastri della sapienza, Il Punto
d'Incontro, Einaudi, Uscite dal sogno della veglia. Viaggio attraverso la
filosofia della Liberazione, Scuola superiore di filosofia comparativa di
Rimini, La Via dell'umorismo (Il Punto
d'Incontro); La vita è uno stato mentale. Ovvero La conta dei frutti delle
azioni nel mondo evanescente, Bompiani, Kauṭilya, Il Codice del Potere (Arthaśāstra).
Arte della guerra e della strategia” (Il Punto d'Incontro, "Lo yoga
segreto del perfetto sovrano"; “Il gioco dell'eroe” (Il Punto d'Incontro);
“I 64 Enigmi, Sperling); Lo stato intermedio,, Arte di Essere,. Il tesoro
nascosto. 100 lezioni sufi, Sperling); Il gioco dell'eroe. La porta
dell'Immaginazione” (Il Punto d'Incontro, 101 burle spirituali, Sperling); Recitato
un cameo, nel ruolo di se stesso, nel film Niente è come sembra, di F. Battiato,
a fianco di Jodorowsky. Jodorowsky scrive in seguito la presentazione di La Via dell'umorismo.Blog. «Fondai a Rimini il Centro di Filosofia Comparativa”.
Per spaziare in temi altissimi con una narrazione transdisciplinare. Attraverso
immaginazione, religioni, filosofie, arti e scienze». Incognita. Advanced Creativity Il Secolo XIX
(Onofrio) " 'Incognita' di Pesaro. Diario di viaggio nell'Oltre,
un'immersione interiore al di là dello spazio-tempo"31 Il Secolo XIX
(R. Onofrio) "Advanced Creativity Mind School. Per capire l'entrata
nell'epoca del post-umano" Per il titolo del suo album Dieci stratagemmi,
Battiato si è ispirato a I 36 stratagemmi di M. Il sottotitolo,
"Attraversare il mare per ingannare il cielo" è il primo stratagemma
dei trentasei che compongono che il libro.
Stralcio della quinta puntata (youtube)
Modelli strategici. Corriere della Sera, (Camurri) wuz
Panorama (Mazzone) wuz Panorama (Allegri) Il Secolo XIX Onofrio) "Aprite le porte
all'Immaginazione, c'è un mondo oltre la quotidianità" M., I 64 Enigmi,
Sperling et Kupfer, Milano: «Diversi anni fa, in un’intervista, mi chiesero
perché sono vegetariano. La mia risposta fu molto sintetica (e la penso ancora
così): Non mangio animali. Non riesco a digerire l'agonia». La Repubblica (Michele Serra); Il Riformista
(Luca Mastrantonio); Il Venerdì di Repubblica (Schisa) Il Gioco dell'Eroe, Il Punto d'Incontro,.
Libro/CD con prefazione di Battiato Il
Gioco dell'Eroe Gianluca. Scena del film ove compaiono e A. Jodorowsky (yout ube) La Via dell'umorismo, Il Punto d'Incontro,
Vicenza, La Stampa (Il Premio è stato conferito dalle autorità della Repubblica
di San Marino con la motivazione: «Lo scrittore che ha costruito attraverso la
sua produzione e l'attività del Centro di Filosofia Comparativa di Rimini ponti
di comunicazione tra le antiche saggezze d'Oriente e d'Occidente,
attualizzandone, in teoria e in pratica, il loro messaggio filosofico,
psicologico e spirituale per l'uomo contemporaneo»). Gl’altri premi sono stati
conferiti a: Battiato (Musica), Jodorowsky (Teatro), F. Mussida (Arti visive),
S. Agosti (Cinema), M. Gramellini (Giornalismo), Gabriele La Porta
(Televisione). Sito ufficiale di
Gianluca Magi (in cinque lingue) Incognita ◦ Advanced Creativity
"Psicologia transpersonale. Che cos'è?" Video Lectio brevis riflessionisul Senso della vita su
riflessioni. Gianluca Magi. Magi. Keywords: l’uso delle parole, il mistico,
‘implicatura comparativa’ mistico, scuola di mistica, l’uso di ‘scuola’ mistica
-- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Magi”
– The Swimming-Pool Library.
Grice e Magli: il
deutero-esperanto – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Roma, Lazio. Anti-Babele
– “Antibabele: la vera lingua universale” (Roma, Zufli). Vikipedio Serĉi Anti-Babilona internacia planlingvo
proponita Lingvo Atenti Redakti Anti-Babilona aŭ Antibabele estas internacia
planlingvo proponita de Halien M. (eble plumnomo de M.), kun elementoj prenitaj
el aziaj, afrikaj kaj eŭropaj lingvoj. Ĝi uzas kiel alfabeton la arabajn nombrojn kun punktoj
supren aŭ malsupren la ciferoj. Geografiaj nomoj estas anstataŭigitaj per
koordenadojn kaj personaj nomoj per la dato de naskiĝo kaj morto. M. pensis ke estis inteligentaj vivantoj en
aliaj proksimaj planedoj, kiel Marto, kaj oni bezonus logike matematika
lingvaĵo por interkomunikigi al ili. Laŭ li, la nombro 365 signifus
interplanede Tero, ĉar la Tera jaro havas 365 tagojn, kaj 224 estus logike
Venuso. La aŭtoro konis la projekton
Lincos, kiu eble influis lin. Bibliografio redakti Antibabele "la vera lingua
universale.", M., Roma, Tip. A. G. I. [1952] Ĝermo pri planlingvo Ĉi tiu
artikolo ankoraŭ estas ĝermo pri planlingvo. Helpu al Vikipedio plilongigi ĝin.
Se jam ekzistas alilingva samtema artikolo pli disvolvita, traduku kaj aldonu
el ĝi (menciante la fonton). Laste redaktita antaŭ 1 jaro de CasteloBot RILATAJ
PAĜOJ Laŭbita logiko Pruvo per disputo Predikata logiko Vikipedio La enhavo
estas disponebla laŭ CC BY-SA 4.0, se ne estas alia indiko. Regularo pri
respekto de la privatecoUzkondiĉojLabortablo. Poeta visivo e performer
sperimentale, Paolo Albani è anche autore di vari saggi e repertori su ogni
tipo di "bizzarrie letterarie e non". Le ricerche (già praticate da
personaggi quali Raymond Queneau e Umberto Eco) su scritti e teorie strampalate
in ogni sfera dello scibile umano si concentrano in questo caso sui
"mattoidi" del Bel Paese, ovvero autori che pur sostenendo tesi del
tutto folli non hanno mai soggiornato in manicomio. Decine di informate schede
di taglio enciclopedico prendono in esame, suddivise per argomento, casi
relativi perlopiù al periodo a cavallo tra Ottocento e Novecento, in parte
attinti dall'archivio storico dell'antropologo Giuseppe Amadei. Troviamo quindi
linguisti utopici come il "brevista" Carlo Cetti, che s'ingegna nel
ridurre al minimo l'uso del vocabolario (riscrivendo a mo' d'esempio in
versione "smagrita" I promessi sposi), o come Gaj Magli, ideatore del
linguaggio numerico internazionale Antibabele. Tra i poeti e scrittori ci sono
autori di audaci imprese quali un remake della Divina Commedia, preservando le
rime dantesche ma con la guerra per l'indipendenza italiana come soggetto
(Bernardo Bellini), mentre tra i filosofi si distinguono il panteistico
Tu-sei-me-ismo di Antonio Cosentino e la Psicografia di Marco Wahlruch, esposta
per mezzo di bizzarre tavole verbo-visuali. Particolarmente inquietanti alcune
proposte di scienziati e medici, impegnati nel dimostrare la quadratura del
cerchio ma anche nel teorizzare mostruosi incroci uomo-animale o l'assorbimento
di fluido vitale da "animali sani espressamente uccisi" (nonché da
uova bevute con cannuccia direttamente dal sedere della gallina!...). Anziché
lasciarsi andare a facili commenti derisori, Albani redige le voci mantenendo
un distaccato e scientifico aplomb, rendendo così ancor più surreale e
"patafisica" la sconcertante carrellata sul risaputo genio italico. E
il pensiero va, inevitabilmente, al gran numero di visionari blogghisti,
fanatici cospirazionisti, politici ed economisti estemporanei (anche, ahinoi,
sui banchi del Parlamento) che ancor oggi popolano la nostra benamata Penisola.
Gaetano Magli. Gaj Magli. Magli. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Magli”. Magli
Grice e Magnani: l’implicatura conversazionale
della linea e il punto – la scuola di Sannazzaro de’Burgondi -- filosofia
lombarda – scuola di Pavia -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Sannazzaro de’ Burgondi). Filosofo
italiano. Sannazzaro de’ Burgondi, Pavia, Lombardia. Grice: “I like Magnani; he
has written about conceptual change, which I enjoyed!” -- Grice: “I like
Magnani; his treatise on the philosophy of geometry is brilliant!” -- essential Italian philosopher, not to be
confussed with Tenessee Williams’s favourite actress, Anna Magnani --. Insegna a 'Pavia, dove dirige il Computational
Philosophy Laboratory. Dedicatosi allo studio della storia e della
filosofia della geometriai, i suoi interessi si sono poi rivolti all'analisi
della tradizione neopositivista e post-positivista. Si è poi dedicato al tema
della scoperta scientifica e del ragionamento creativo. Studia tematiche
riguardanti il ragionamento diagnostico in medicina in collegamento con il
problema dell'abduzione, presto diventato fondamentale nella sua ricerca. La
sua attenzione si è anche indirizzata verso il cosiddetto model-based
reasoning. Fonda una serie di conferenze sul Model-Based Reasoning. Trattai
problemi di filosofia della tecnologia e di etica, rivolti anche al tema
trascurato in filosofia dell'analisi della violenza. I suoi interessi di
ricerca includono dunque la filosofia della scienza, la logica, le scienze
cognitive, l'intelligenza artificiale e la filosofia della medicina, nonché i rapporti
fra etica e tecnologia e tra etica e violenza. Ha contribuito a diffondere il
problema dell'abduzione. La sua ricerca storico-scientifica ha riguardato principalmente
la filosofia della geometria. Dirige la Collana di Libri SAPERE. Opere: “Conoscenza
come dovere. Moralità distribuita in un mondo tecnologico” “Filosofia della
violenza” “Rispetta gli altri come cose. Sviluppa una teoria filosofica dei
rapporti fra tecnologia ed etica in una prospettiva naturalistica e cognitiva. Note Web Page del Dipartimento di Studi
Umanistici Computational Philosophy
Laboratory Web Site [Cfr. le varie
pagine dedicate a questi convegni in//www-3.unipv/webphilos_lab/cpl/index.php
Computational Philosophy Laboratory], Dipartimento di Studi Umanistici, Sezione
di Filosofia, Pavia, Pavia (Italia)] Sun
Yat-sen Award Cerimonia Book Series SAPERElesacademies. org. Edizione cinese: Philosophy and Geometry Morality in a Technological WorldAcademic and
Professional Books Cambridge University Press
Abductive Cognition Understanding
Violence The Abductive Structure of
Scientific Creativity Author Web
Page Handbook of Model-Based
Science Logica e possibilità, su RAI
Filosofia, su filosofia.rai. Filosofia della violenza, su RAI Filosofia, su
filosofia.rai. Grice: “Philosophy of geometry, so mis-called – I call it the
theory of the line and the point – always amused me since Ayer misunderstood it
in 1936! Hoesle and Magnani prove that it’s less geometrical than you think!”
-- Lorenzo Magnani. Magnani. Refs. Luigi
Speranza, "Grice e Magnani," per il Club Anglo-Italiano -- The Swimming-Pool
Library, Villa Speranza, Liguria, Italia.
Grice e Magni: l’implicatura conversazionale – filosofia
lombarda – scuola di Milano – filosofia milanese -- filosofia italiana – Luigi
Speranza (Milano). Filosofo italiano. Milano, Lombardia. Grice: “I love
Magni – He has gems like ‘Petrus is Petrus’ – I’m talking about his “Principia
et specimen philosophiae” – The titles for the chapters are amusing, and he
refers to ‘ratio essendi’ – and other stuff – *Very* amusing --.”Figlio dal
conte Costantino Magni e da Ottavia Carcassola, si trasferì a Praga. Entrò nei cappuccini della provincia boema a Praga. Insegna
filosofia entrando, grazie al suo insegnamento, nelle grazie dell'imperatore.
Presto fu eletto Provinciale della Provincia austro-boema dell'ordine e divenne
apprezzato consigliere dell'imperatore e di altri principi europei. Il re Sigismondo
III gli affidò la missione cappuccina nel suo paese. Ferdinando II lo inviò in
missione diplomatica in Francia. Fu uno dei consiglieri del duca Massimiliano I
di iera. Dopo la battaglia della Montagna Bianca, sostenne l'arcivescovo di
Praga Ernesto Adalberto d'Harrach nella cattolicizzazione della popolazione e
nelle riforme diocesane. Prese parte in nome dell'imperatore ai negoziati con
il cardinale Richelieu sulla successione ereditaria al trono di Mantova. Divenne
consulente teologico nei negoziati per la pace di Praga e missionario
apostolico per l'elettorato di Sassonia, Assia, Brandeburgo e Danzica. Riprodusse
a Varsavia di fronte al re e alla corte l'esperimento di Torricelli usando un
tubo riempito di mercurio per produrre il vuoto. Riuscì a convertire il
conte Ernesto d'Assia-Rheinfels e sua moglie. Dopo che l'Praga venne
affidata ai Gesuiti, entrò in contrasto con i gesuiti, che lo fecero arrestare
a Vienna. Rilasciato dalla prigione per intervento dell'Imperatore e tornò a
Salisburgo, dove morì quello stesso anno. Frutto della sua polemica con i
protestanti è “De acatholicorum credendi regula judicium” in cui sostene che
senza l'autorità della Chiesa, la Bibbia da sola non era sufficiente come
regola di fede per i cristiani. Trata lo stesso argomento in “Judicium de
acatholicorum et catholicorum regula credenda”, le cui debolezze argomentative
scatenarono la contro-offensiva dei protestanti. Si occupa di metodologia,
logica, epistemologia, cosmologia, metafisica, matematica e scienze naturali.
Rifiuta i principi aristotelico-scolastici, ispirandosi alle dottrine di
Platone, Agostino e Bonaventura. Altre saggi: “Apologia contra imposturas
Jesuitarum,” “Christiana et catholica defensio adversus societatem Jesu,” “Opus
philosophicum,” “Commentarius de homine infami personato sub titulis Iocosi
Severi Medii,”:Concussio fundamentorum ecclesiae catholicae, iactata ab Herm.
Conringi, “Conringiana concussio sanctissimi in christo papae catholici
retorta,” “Echo Absurditatum Ulrici de Neufeld Blesa” “Epistola de responsione
H. Conringii” “Epistola de quaestione utrum Primatus Rom. Pontificis, “Principia
et specimen philosophiae, Acta disputationis habitae Rheinfelsae apud S.
Goarem, “Organum theologicum”; “Methodus convincendi et revocandi haereticos”;
“De luce mentium”; “Judicium de catholicorum ei acatholicorum regula credendi, “De
atheismo Aristotelis ad Mersennum, Demonstratio ocularis, loci sine locato:
corporis successiuè moti in vacuo, Bologna, Benatij. Vedi la voce nella
Enciclopedia Italiana. J. Cygan, “Vita prima”, operum recensio et
bibliographia, Romae, “Opera Valeriani Magni velut manuscripta tradita aut
typis impressa, «Collectanea Franciscana», A. Catalano, La Boemia e la ri-conquista
delle coscienze. Harrach e la Contro-Riforma, Roma, Storia, M. Bucciantini, La
discussione sul vuoto in Italia: Discussioni sul nulls, M. Lenzi e A. Maierù,
Firenze, Olschki, A. Napoli, La riforma
ecclesiastica in Boemia attraverso la corrispondenza della Congregazione de
Propaganda Fide, Centro Studi Cappuccini Lombardi, Biblioteca Francescana,
Milano. Relatio veridica de pio obitu R. P. Valeriani Magni, Lione, Ludwig von
Pastor, Storia dei papi, Roma, Treccani Enciclopedie on line, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, M. Bihl, G. Leroy. Ad universam Philosophiam. De Ordine &Jl)lo
Dottrimt. Oftii Theophilc nullum entium affitmiri de alio ente, fed fingula
negari de singulis quae verd affirmantur de entibus non lunt entia, sed
habitudines, quae intercedunt entia. Ego enim illa duntaxat nunc upaui entia, qu3e
per al iquam potentiam pofluni efTe, 6c intelligi, feorfum abomni
alioente. Harum habitudiuum, ut
docui, aliae funtiden: itatise (Tentiae, ut, “Petrus est Petrus”. Alias
identitatis rationis, ut “Petrus est Paulo idem m ratione naturae humanae. Demum
aliac funt efle aut principium, aut ter- n)inumalicuius motus – vt: “Petrus
generat”, “Paulus generatur”. Ex quibus duntaxat potest demonstrari et existentia,
et natura entium.Verum non sunt negligendae reliquae: Ille,enim, qua: referent identitatem
essentiae sive affirmatam, sive negatam, inuoluunt Frequenter niotum nostrae
rationis a cognitione imperfecta, ad perfectionem: v.g huius propositionis,
“Homo est animal rationale”. Praedicatum licec sit identicum subiecto, ipsum tamen explicat
diftin&ius. Qux autem consistunt in identitate rationis, sive affirmata,
sive negata, coordinant cognoscimentum et praedicamenta, et in omni di-
£lione, iudicio, ac ratiociatione praetendunt terminos, qui ab identitate
rationis, communi pluribus entibus, denominantur universales. Et licet eiusmodi
identitatesr ationis non inferantur syllogismo, sed cognoscantur sola
collatione, seu comparatione terminorum, cognitorum aut immediate aut mediante illatione:
tamen hae habitudines tum fubeunt illationem, cum ex identitate rationis
affirmata, aut negata de duobus principijsali cuius motus, infertur
proportionalis identitas rationis, inter terminus illorum motuum, v.g. Quae est
ratio entitatis inter Petrum et Paulum, ea eft mter filios Petri et Pauli. Quoniam vero in primo libro de per se notis, per
didboncm connexam ordinavi in cognoscimento, et praedicamentis entia per se
nota: coordinationem graduum entitatis, nomino cognoscimentum, et A per iu* X 2 Vakriani
M. per iudicium conncxum exhibui in clau^diftin &asomnes entiurn per
se notorum pra:cipuos motus per se notos, quorumillos. quos quifquc
confcit in se, ennarraui (atis accurats, inlibro demeicon- lcicntia:
fupercft, ad complementum appararus philosophici. exhibere illas propoauioncs. quarum
veritasnon dependeat abentium cxiftentiajeda rarionc a?tcrn^ > et incommutabili,
cuius modi debent cf- fe i!la?,qutfin syllogismo denominancuc maiores:
Minores enimper se nota propoliciones, exararaz in cra#atu de per se noris,
habenc ve- rit3tem,pendulam ab exifteruia Ennum; v. g. Luna mouetur, qua?,
fi corrumpatur,inducit Falfiratem iliius propofitionis, Ac vero hxc: Id,
quod mouctur, neceiIari6 movetur ab alio : eft vera,tametfi corrum-
pancuromnia mouentia et mobilia. Harum vero propofitionum
incommutabilium funt innumera nequecft vllaclfYerentia motus, quaenon sibi
vendicetpropiias vericate'S mcommutabiles: puta has.Id, quod Loco-movetur 5 neccessari6
Loco movetur ab alio: ld, quod alteratur, necelTari6 alteratur ab alio;
U> qnod generatur, neceflano generatur ab alio. Veium hae omnes deriuanc
(ibi incommutabilitatem ab hac: Id quod mouetur, neccessariu mouecur ab
aho>oporcetergo congercre invnum craclacumillasim- fnutabilium,quas
nulla ipccialis pars philosophiae pcrcra&ac, quatenuSjvbiv.g. ventum ficad
tra&a cum de generatione. Ha?c, fd, quod geiif ratur, neceflario generatur
ab alio demonftracurperhanc : id, <juod mouetur, necefl.ui6 mouetur
abalioj quae supponatur dcmon- (trata m ipfo vestibulo Philosophia?,ica
vc non fic opus in vllo ratiocir nco repetere demonftiacionem
fadtam. Hiccrgotra&atus comple&iturhas propositiones ajternas, et ir>» commucabiles>in
quas neccirario refoluancur omnes lllacioncs. quas habebir,& habere
poteft vniucrfa philosophia: has nuncupaui Axiomata, et licniiTec denominarc
Maximas, veluc, quac influanc vim iliatiuam propofitionibus
maioribus. Exordioraucemtraclatum ab habitudinibus idcmitatis
elTentiar, deinde profequar illas,quac funt efle pi incipium et ccrminum
motus, casvero, quae funt ex idcncitareracionis, poftrcmo loco commemorabo.nimirum
ilIas, quacafficiunc motum: mocum, in quam, icalem cx quo duntaxar
argumentor entium exiftencias et nacuras. Scd veiitus, nemeusftylustibi
vfquequao^ue probccur, voloprius ^cxcufareilla. qu^forcaflis exiftimabisnofacii
congrua fini,mjcintcdo Obijciturprimo loco oblcuritas, quxfuperec vulgarem
conditionem, j4xiowata S ncm rhilofophantiura. Respondeo, quod obscurafas obuenit
vcl ab obie&o, ve! a ftylo (cribentis. Meum stylum audafter dico tam
darum quam quicflepoifitnatioenimfcribendicum clarirate est mihi et rco-
peccisfima, et familiaris.cxcerum grarulor philosophiae obfcuriracem ab
obie&o,quae aiceac plerofque ab hoc ftudio, qui Reipublica: vnlius
opera,& aecace impendent in agro>in mechamcis^in bcllo et iimilibus Laudatur
pasfim rraditio do&rinae per quarftiones, quae rnouentuc de
(uL,ie&o alicuius fcicnciae>placecque numerata partino earum.Hanc
methodum refolutiuam Ego non adhibeo, fed compofiriuam : Haec enim
exordicur a nonslimis et prarcendens lucem eacenus partam, reuelat semper obfcuriora
: qui verdmouec quxftionem,obijcit tene- bras,quas fubmoueac,(olucndo
qua^ftionem propofiram. Uli,qui per qusftiones cradunt
lcientiam,ducunt argumenta ex om- nibus locis diale£ticis:Ego proiequor
lineam mocus, tfnde dunraxac infero enrium exiftencias,tSc
nacuras,ijsargumcncis, quadola poflunt efle
dcmonftrariua,quarue,adnumerata Diale&icis, digniratem pro- priam
peflundant Memineris vero, Theophile, argumentum, quod inihi est demonstrativum,
alicui fortasfis vixerit probabile:(untenim plerique, quibus opus fu
pharmaco magis quam syllogismo. Quoniam vero motiu func fubordinati >
demonltrationes anrece- dentesnancifcuntur,maiorem certitudinem, et euidentiam
a lubfe- ouentibus:fcilicer > exiftencia,& natura primi mouentis
confirmatur iecundis,alijfque fubfequentibus. Hxc conditio
ratiocinancis ex motu,e(t oppofita illi,quae ducitur ex nacura Quanti
difcreci f 6c continui, nam in Mathematicis vix aliqua demonftrationum
anteccdentium pendec a iubfequenti- bus.
Tibiver6,legentimeostra£htus, occurent frequenter nonnulla
amcnegle&a, qiu? tuo iudicio debuiflenc dici; ied fcuo mehorrere
confufionera,vcl minimam,mareriaium>quas fuis locis deftinaui rra-
£Undas;Ide6,Licet fciam mulcum lucis acceflurum rci, quam expono.fi eo loci
cognofcacur aliquid,alio loco referuarum, ramen id fe- pono,&
pra:ftoloL loco congruo do&rinam,qua: no debec anticipari. Nil
pono moieitius obueniet cibi m m ea Philofophia, quam quod fcpono
obiediones manifeftas,dn#as ab exiftencia reru contra con- clufionnsillacasa
racionibusanernis,v.g.infero mouentem non pcfle quietcece in termino
trafeuntcqui fu fibi iCqualis in entitate.Cui co- clufioni videcur
aduerfan expeucua omniu generaciu fibi fimile in na- A i wraj, - r"
ta....\....^x V zlcriam
M. tttra^fed (tperpendasfolutiones eiufmodi obiedlionurnj facile intelli-
ges eas^fi anteuertantur, neceflai io (us deque conuerfuras vmuerlam
Philosophiam, fine quarlira evidentia. Ponofi vim a.gumenti con-
clufionisillataealTequans facile inteliigcsrcrum exiftennas, &naturas
dependcrea rationeaetcrna.a.rumpra in fyllogifmo.&fupponeslatere
aliquid in entibus concretis,vndecaptas occafionem errorrs.
Confulcoabftineoa quamplurimis, quce alioqum magna contentionecontrouertuncurintei
Philofophos, fi tamenhzc ncghgentu non detrahatfcientia^quamprxtendo :
Commemoroadexempkira differentiam interdiftin&iones formalem*rationis
ratiocinat*e,&modalem.Eiufmodi enim contenrione.splunbus feculis agirarae,
non ha- bent momentum ad veritatcm quaefuam,quod pofcat dispucationern zuternam. Non
infero ex conclusionibus primo illatis, reliquas omnes, qur inferripoflunt
ed illas duntaxatj quae cx ponunt natura mcntis, quoi
fub»jciturratiocinio : immopleraquc rranfilio, quxexdcmonftrati non
obfciueprodcuntinlucem. s :
DemumnouerismenondocererespervocabuIa,fed res, confueta oratione declaratas, significo
per vocabuU vfitata,fi Hippetant, vci adhibeo aha ad placitum
meum. Capvt ir. -dxiomata ex identiutt ejfentiali.
Ursauternpr^miffisaggredior habitudincs identitatfs eflenti». A
Afeddebeopnusaflignarcrationem communem omnibus cnti' bus quatenus
hxc dodnna fit vniuetfal.ffima, Nofti Theophile. fpecierum. quascognolcituri
adhibcmus . jffiW eflc lenfib.les a . as imag.nabiles.ali..
intelligib.tes/ enlib.lcs refeW aliquod lenfib.le.non lolum quod aftu
exiftat.fed et quod fi, p S n t.ffimum fent.ent.: At vero imaginab.les.
&,nrelh#b,lcs r-fe r ..m . J nutum, magmantis &intcllige. Hisnonrolumentia
^uexiftem praefenua.fed abient, a,pr^erita,futura,poffib,), a, ac dcmum
ab ft ra Exphcaturuserg Rationem communem omnibusentibus eim
affignaredebeo. quxaffirmetur deentibuspr. sentibus affirmVk dc
pwtcri^affirmabitur defuturis, affirmaretur de poflibSus^f!
Tcnirenc X jixiomata S venirent ad
a£tum,qu#ue affiimatur de his, qux inrelliguntur, abftra-
hendoabimentione praeteritorum praefentiumjfuturorum^ ac pofli-
bilium. Dicoigitur Ensefleid, quod exerceta&um eflendi, vt v.g
amans c(l id,quod exercet adtum amandi: Ctrm cogito Theophilum,
coguo id ; quod cxercet a&um eflendi Theophilum. Leo exercet
a&umel- fendi Leonem et quodlibet entium exercct a&urn eflendi
feipfum,fe- cundum praecifam entitatem vniufcuiufque, ita vt Ego, quinon
fuin Theophilus, non poflim exercere a&um eflendi Theophilum: nec
Leo poteft exercereadtum eflendi hominem. Qnaproprer ratio, communis
omnibus entibus, abftrahit ab omni fpeciali exercitio entitatis : ita vt
nuila fit,aut poflit intelligi communis omnibuscntibus, quam quae
nuuraliter concipuur ab omnjbus, quaeue habetur in ipfo communi
vocabulo.£«i:nimirum.id.quodaaumeflendi autexercet, autexer- cuit,aut
exercebit,aut potelt exercere,concipitur vt Ens, quod aut eft, aut
fuit,aut ent,auc efle poteit. Seclufa (citra negadonem ) omni praecisa
rationeentitatis vllius. Itaque id, quod non exercet actum eflendi, non est
ens. Pneterita non (unt.fed fuerunt entia. Futura
non sunt/ederuncemia. PofTibilianonlunt/ edpofluntefle entia,
&confequentcmil ho- r»meflens. Ens vero abftraftum ab
intentione praefentis, prarteriti, futuri, &C posfibi!is,denotat
praedicata cflentialia Entis,mter, quae nil eflentiali- us ipfo exercitio
eflendi. Porio Gntiopponicur Non Ens,quodeft inintelligibile noncom-
teIle&o Ente: quienimdormiensnilomnium cogitat, non ideoin- tclligit
Non-Ens,quia nil entitim intclligat. Qm autem, int?Heclo
Ente,intelligitnilcfletefidui,tiensccirecab aaueflendi, isdemum
intclHgit, feucogitatNon-Ens. Quaproptcr dico, Rationem, communem
oronibus enubus, elie Rationcm Non-Entis, fi, poiitiua intelleaione, intellicatur
sublata: scilicet Non Ens est ens coguatum, vt ceflauit ab a&ueflendt
vel qua - tenusnonvcnita4 aaumexiftcndi. VerumNon-ens habetfuasd.t-
fcrentias,& quidcm plures.has pcr ordinem narrabo, exorfus a mim- ma
Nonentitatcvfquead maximam. Lapis, cxpeiscaloris,noneft calidus,
arpotcftcalcre, fceatenusdi- <icorcaiidiKin pocentia. Eflcensin
potcntia cft minimus gradum M. Nan-E ntitatis:nam id,dequo
negatur caIor,eftens,tametfi Non-ca* lor fit Non- Ens:non tamen lapidi
cfl mcrum Non-Ens, quandoqui- dem lapis potcft efie cahdus. Lapis
non eft vifiuus colorati,nec poteft efle vifiuus : Non eflr vifi-
uum.nccpofleefle vifiuum,eft Non Ens:at verd h*c negatio pocen* i\x
vifiua?, eft de lapide^qui eft pns;ita vt, lapidem non efle vjfiuum, non
fic mcrum Non-Ens. Socrates ccrto certius generabit filium; quifilius eft Non-homo:
non tameneftfic Non-homo.vtfunt Non homines illi, qui nonerunt. Sed est homo futurus.
At vero sunt alh, qiuceflcpoflunt.ncc ta- menerunc;quotfunt
animantium,quotex hominibus,qui poflent gc- nerarcfilios. ncctaracngcncrabtint?
Haccnon funtcntia fucuta, fed denominantur posfibilia,qua: magis recedunt
ab entitatc, quam quod sunt futura. Entibus possibilibus proxime
accedunt entia prastcrita : haec enim fic non funt,vt nequeant efle ; nec
tamen deficiunc ab omni encitatc, quandoquidem fuerunt aliquando.
Denique illa quae neqne (unt,ncque erunt ; neque fuerunt, nec esse
pofliint videntur esse mera non entia.-puta corpus re&ilincum bian-
gulareiid enim imposfibilc eft eflc, fuifle,aut fore. Non-cntium autem
quaedam intelliguntur oppofica negatiue alicui cnti prxcifo,ac fignato.
Vnicum vero Non-Ens incclligicur oppolitum negative omnibus entibus absolutc
confideratis Si ribi oppono ncgatiu Non-Ens,id Non entitatis,nuncupatur
Non-Theophiius- Cuiulmodi fonr Non-Pcti us, Non-hic Leo, et a!ia
innumcia. Non- nsautcm oppofuuiuomnibusenribus.abfolutcconfidcratis
nun cupatur nihil. Porro intell.gereaut confiderare prxfata Non !
Entia cftcautelaamulnphcibus, grauis fimifquecrroribus. proucnicoiibus
ex confufa sub.eaione, et predicationc huiulccmodi Non-Ennunv a quibus
tibi caucbis haud d.fficulcer, f, nouucris accurat8 . qu* (uh * lungo.
iUU V.x est aliqua differentia non cnritntis, qaamnon folcamus aut Lapis
non est, fc J potcft eflc calidus,' d nuncupatut E W in potcn- cun
L d U P m g Td. eft P 0 linsi posfibncfc.
Anti- Jlxionuts Antichristus efl furuius, dicitur Ens
fumrum. Filiusi ; em non cognituri mulierem, dicitur
ensposfibile. Abraham fuit homo dieitur Ens praereritum. Corpus
reiiilineum biangulare dicitut Ens abfolute imposfibile
Non-Theoph:Ius dicitur Negatio vniuscntis. Nihil, dicitur, Ncgario omnium
entium. Porr6 nil horum por eftcfFc< aut subjectum aut praedicatum
reale, fi exciptas ens in potentia, et ens imposfibile secundum
quid:Iapis e- nim, quiaftirmaturcaIidusinpotentia, quiue abfolute
negaturvift- uus. Eft ens. Cetctum nil cntis
eitquod fubijcias reliquis Non-entibus, quod per singular exempla demonstro.
Anti-Christus est futurus. Anti-Christus stat loco subiecti, qui in eadem
propofulone supponitur Non- ens,cum aiTeratur futurus. quocirca fubiedtum
illius propofitionisnon est ens. Eadem est conditio huius. Filius Petri, non
cognituri mulierem, est possibilis. Scilicet subjectum illius propofuionis
non est ens, sed poteftetfe ens, vt fupponitur, haec etiam Abraham fuit
Homo: Habet fubiectumj quod fuppomturnoncfie, fed fusse Ens : dc-
naum ifta: Corpus reSiIineum biangulare eft imposfibile, non
fu bijcit en<\ cum in ipfa propositione afteratur non folum Non
ens.led Sc cfie im- posfibi)e,quod fu cns:Cauebis crgo ubi a multiplici
er rore,fi lupra di- dum confuetum modum enuntiandi ndh:beas
conlcius,ennumerata fubie&a di&arum propofitionum non erte entis. His
ergo eatenus explicaris, staruo primas propositiones universalissimas formatascx
Ente& Non ente, abftradasab omni difte- rentiaentitatis. Vidcote'1
heophiIum,&tuaccuratcin fpecT:us enuntias v.gde te ip(o,quodfis
coloratus, quod fiscerta figura determinatus, quae propositiones non sum illatae
l et tamen dependent a te, ut a termino simpliciterdiiao.quiaccurareinfpeaus de
se enuntiar prasrata, et aha eiufmodi. Verum hoc loco non ccnfidero
habitndmcs, quarinter- ccdunr terminos realiter diftinaos, sed eas
duntaxat, quas nos comminifcimur inter ens, relatum ad lemet ipsum, et ad non
ens, cumcnim priroum, quod obiediue cadit in mentcrn nostram, fitcns, ftlfl
M. fit Ens, fiid simpliciter dictum, seu apprehensum, referarur ad femet ipsum,
fefe pertinacifiime enuntiat, acrepetit Ens. Unde habemus hanc propositionem.
“Ens est ens.” Qux est prima omnium per se notarum incommutabilium, non solum
quia non sit lllata sed etiam quia non sit enuntiata, aut exarata abaho
termino simpliciore, a nobis accurate in(pe&o. Ex hac propositione habetur
haec. “Non ens est non ens.” Quae est notisima, citra ullam illationem:
ignorarem tamen illam fi nelcirem hanc Ens eft ens. Porro quod
ensfit ens,^£quipollere videtur huic. Ens est se ipsum. Hinc vero
fubinfero alias propositiones:Vnam ex eo, quod ens est ensi in numeras ex
eo, quod ens sit se ipsum vfic ergo argumentor; Hoc, “Ens est ens.” Ens
vero est impossibile, fit Non-ens: Ergo hoc ens non est Non ens. Hoc
Ens est se ipsum: ld autem, quod est se ipsum, impossibile est sit ullum
aliorum entiu. Ergo hoc ens non est ullum aliorum entium, scilicet: Hoc: “Ens
non est ens”, nunc upatum A.nequc ens nunc upatum E, neque vJlum
aliud, ex omnibus,quae exiftunt. Quoniam vero enri, vniuerfalisfime confiderato,
licet fubfumere quotquot funt entium cxiftentium6c exindeformare
propofitiones, et ilIanones, prasfatis analogas, uno exemplo commonstro, ut
ld fiat. “Theophilus est Thcophilus.” “Theophilus est se ipsum.” Hmc fic
argumentot “Theophilus est Theophilus” Id quod eft Theophilus imposfibile eft.
sit simul non Theophilus. Ergo Theophilus non est simul non Theophilus.” “Theophilus
est se ipsum.” Id, quod est se ipsumi impossibilc est, sit vllum ahorum cntium.
Ergo Theophilus non est vllum nlioium cncium. Scilicet Theophilus
non ctl Pctius; non hic Lco, non hic lapis, non vllumaliorurn
cntium. Quoddixidc Theophilo, idv erificatur de quocunquc
alioente, quo Axiomata quomodo libet confidermo. v.g. Ens ad tu
est enfac5 Hi ; est re ipsum. Ens m porcnua,cft cns in porcntia, elUe
iplum. i. urrens elt curtens, est se ipsum. Quin iramo aufim
diceie Non ens eft non-ens.est se ipsum. Sic enim argurnentor
Non-Ens est non-ens At Non-ens est impossibile fu Eus Ergo Non ens
non est Ens. Non Theophilus est non Theophilus, At non Theophilus est impossibilc
quod sit non-ens, aliud anon Theophilo. Ergo Non-Theophilus non est non-ens, aliud
a non-Theophilo. Neque bexiftimes harum propositionum luillum ef cvsum in
Philosophuv. tu iple ex pericris freqnent! flimum, £ximiumque solatium
ex-c- uidentiflima incommutabiluatehuiul modi propohuonum: faepius enim
infertur condufio tam recondita, tantique momenti in PHILOSOPHIA, vt trepidi
exhibeamus noftrum aflinfum. Verum conie&i incam necessitatem qucc
nos compellat, aut aflentiri illatfe conclusionem, aut negare ens esse se ipsum,
inttepidi aflentimur illatae conclufioai. Ni> Haenimeftillatio, quae
vimillatiuaranon fibi derivet ab hacptopofuione. “Ens est ens.” Id uno syllogismo ostendo Luna loco movetur Id,
quod-loco mauetur, neceflari61oco-inoiieturabaHo: Ergo luna Loco movetur
ab alio. Quod Locob meueatur, cernisoculocorporali, quod vcro Ens loco-motum
incommutabiluer moueatur ab alio.cernis oculo mentali. lraque pr^bueris assensum
duabus illis prasmiflis, et tamen trepides af- feiuui conclusioni, cogeris
praebere affcnfum, fi animaduertas, ex negata conclusione, et conceflis premissis
necessario sequi, Lunam simul moveri et non moveri. Quod moveatur supponitur
in minore: quod loco morum neceflario moucaturabalio,concediiurin maiore.
Ac impossibile
est junam moueri Localiter, et non moueri locabiliter, si non sit possubiIe,
Ens simul esse ens, et Non-ens.id sctb est impossibilccum ens necessario sit
ens. Hoc confirmatio cuiuscunque illationis dicitur a Philofophis
probatio pet impossibile Itaqueens quod cunquc simpliciter dictum fefc ex
erit in propositionem hanc identicara. I o VtUrUni Mtgni Ens est
Ens; Ens est se ipsum Ex quibus citra illationem habemus has, “Non ens est
non ens.” Non-Hns.eft fe ipsum I:x quibus qualitcrcunqjtc
ratiocinando habcmus has, Ensnondt Non Ens Non Ens non eit
ens Habes ergo Theophilo ex rarione, comrauni omnibus entibus, unam
primam, vniuet falisfimamque propolirionem, incommutabilem, per se notam, ex
qua ratiocinando intuli alias. At vero nulla cearumillationumfunr reales, quandoquidemhabitudo,
aut affirmata, aut neg3ta, non est realis. Negata non est realis, quia
non negatuc habitudo vlla, sed ipsum Ensdealio ente: Habitudo autem non est affirmata
non est realis.-nam termininon sunt realiter distin- ens cthpraratae
enim habitudines affirmatae, funt habitudines identitatis, inquibusens,
vt fubijcitur, non diueifificatur afe, vt praedicatur. lllx enim propolirones,
quas in Logica denominavi identicas, non fuiil i eales, immo nec sunt
propofuioncs, sed dnftiones. Ut enira is, qui dicit, fecernit ens dictum
a rdiquis entibus, fic qui statuit lllud ipsum Ens clTe se ipsum et: non esTc
ullum aliorum entium, concipic ens catenus cognitum, velut sit indiuisum
in fe,& d uifum ab alijs, jicl vero nolTe de aliquo cnte, est dicere
ens illud. Non tamen inuoluo dictioni mdicium, fcdaio, iudicium de illis propositiombus
non esse realcjecquidem icio eiufmodi affirmationes et negationes elle notitias
intellectuales entium,cognitorum infra intelledioncm ed hanc distinctionem
reieruo in alium locum. Grice e Grice,
Grice ha Grice, Grice izz Grice, Grice hazz Grice. Valeriano Magni. Magni.
Keywords: implicatura. Luigi Speranza, “Grice e Magni: ‘Paolo e Paolo: assiomi
e principi metafisici” – The Swimming-Pool Library.
Grice e Maierù: la ragione conversazionale – la scuola
di Roma -- filosofia lazia -- filosofia italiana -- Luigi Speranza per il
gruppo di gioco di H. P. Grice, The Swimming-Pool Library, Villa Speranza (Roma). Filosofo italiano.
Roma, Lazio. Lessico intellettuale europeo – Terminologia logica della tarda
scolastica – centro di studio del C. N. R., Ateneo Roma. Secondo le norme del lessico
intellettuale europeo il saggio di M. è stato sottoposto all'approvazione di MAURO
(si veda) e GREGORY (si veda). M esprime la sua gratitudine al prefetto della biblioteca
apostolica vaticana e ai direttori delle biblioteche angelica, Casanatense, nazionale
centrale Vittorio Emanuele II e Universitaria Alessandrina di Roma; Ambrosiana
di Milano; dell’archiginnasio di BOLOGNA; Padova; Marciana di Venezia; Corpus
Christi, Cambridge; della Biblioteka Jagielloriska di Cracovia; della
Wissenschaftliche Allgemeinbibliothek di Erfurt; della Bodleian Library di
Oxford; della Bibliothèque Nationale di Parigi; della Oesterreichische
Nationalbibliothek di Vienna. Deve alla loro cortesia se lei è stato possibile
utilizzare i fondi manoscritti o a stampa sui quali è stato condotto il lavoro.
Ringrazia di cuore MINIO-PALUELLO (si veda), che lui ha fornito preziose
indicazioni relative alla traduzione boeziana degl’elenchi sofistici; Pinborg,
che ha messo a mia disposizione le notizie da lui raccolte su Maulevelt; MAURO
(si veda) e Dazzi, che hanno avuto la bontà di leggere e discutere con M. il
manoscritto. E ancora Zafarana, Crapulli, Bagliani, e Stabile. Un
ringraziamento particolare vada a GREGORY (si veda), che ha indicato M. un
metodo e lui ha aiutato costantemente e conctetamente durante la preparazione,
la stesura e la stampa del saggio. Senza i suoi consigli e il suo
incoraggiamento non avrei potuto superare le non poche difficoltà incontrate.
Spera che i risultati non siano del tutto inadeguati alla fiducia accordatami.
Roma. Nel corso dell’esposizione sono utilizzati i seguenti simboli: CP a D',
‘G’, ‘1°, ‘5 variabili proposizionali; ~ “non,” segno della negazione (~p, P);
‘3° «se... allora», segno dell’implicazione (p > q); «e», segno della
congiunzione. In genere è omesso. pq si legge: “p e q”; «0 », segno della
disgiunzione (pvg); = « equivale », segno dell’equivalenza (p = g). Per quanto
riguarda le citazioni di testi, si noti: dei testi tratti da manoscritti o da
antiche edizioni sono state normalizzate le grafie secondo l’usus scribendi del
latino classico; si è unificato l’uso delle parentesi per tutti i testi
(compresi quelli ricavati da recenti edizioni); le parentesi acute, ( )m indicano
sempre integrazione. Le parentesi quadre, [ ], indicano espunzione, o includono
una frase o un rimando utile alla comprensione del passo in esame. Gli studi
dedicati alla storia di quella parte della filosofia del linguaggio detta ‘dialettica’
dimostrano che l’insieme delle dottrine fiorite nella storia non può essere
ricondotto, puramente e semplicemente, al patrimonio ereditato dagl’antichi
romani. Possiede una propria autonomia e una fisionomia ben definita. È vero
però che ciò che i filosofi hanno elaborato non è spiegabile senza tener conto
dell’eredità degl’antichi. Proprio per questo, qualsiasi tentativo di delineare
una storia anche parziale dei concetti di filosofia del linguaggio deve
prendere le mosse da un esame di quanto i filosofi hanno ricevuto
dall’antichità. Ricorderemo quindi, brevemente, i filosofi italiani e i testi
di logica antica noti nel medioevo italiano. Cfr. Bonner, Medieval logic:
an outline of its development, Chicago, Moody, Truth and consequence in logic,
Amsterdam; Bochenski, A history of formal logic, trans. and ed. by I. Thomas,
Notre Dame, Ind; W. and M. Kneale [citato da H. P. Grice], The development of logic,
Oxford – originally, ‘The Growth of Logic,’ an Oxford seminar. Si tralascia qui di
ricordare e discutere opere come quella di Prantl, Geschichte der Logik im
Abendlande, Leipzig, utile per le notizie che fornisce ma superata
nell’imposizione. Di essa esiste una traduzione parziale con il titolo Storia
della logica in]. Maestro di logica per eccellenza è Aristotele. La sua
autorità è incontrastata. Con le sue affermazioni i filosofi fanno i conti
anche quando si è ormai operato un notevole distacco dalle posizioni
aristoteliche. Il complesso di opere aristoteliche che va sotto il nome di organon
-- e cioè, “Categorie”, “De interpretatione” – su cui H. P. Grice ha datto
seminari publici a Oxford con J. L. Austin e J. L. Ackrill e J. O. Urmson --, primi
analitici, secondi analitici, topici ed elenchi sofistici – ma non la Retorica
o la Poetica, o Dell’anima --, a mano a mano che è conosciuto nelle sue varie
parti, è utilizzato e assimilato grazie a un’assidua ‘lettura’ nelle scuole,
especialmente al primo studio europeo a BOLOGNA, fondato in 1201. La storia della filosofia del linguaggio è,
per molti aspetti, la storia della penetrazione e dell’utilizzazione delle
opere dello Stagirita. Accanto alle dottrine aristoteliche sono da ricordare
quelle del “Portico,” -- stoico-megariche. Esse hanno operato in modo meno
scoperto, grazie alla mediazione di BOEZIO (si veda), soprattutto, specie per
quanto riguarda la dottrina delle proposizioni ipotetiche e dei sillogismi
ipotetici, del resto sviluppate anche, nell’ambito della scuola del ‘Lizio’ aristotelica,
da Teofrasto e Eudemo. Ma per comprendere l’ ‘evoluzione’, p unita
longitudinale della filosofia del linguaggio e la posizione storica di certi
problemi è necessario tener conto, oltre che dei contributi dei due grandi
filoni della filosofia del linguaggio ricordati, anche di altri autori e testi
che hanno avuto notevole importanza per la conoscenza e lo studio delle
dottrine. Innanzi tutto, oltre alle opere retoriche, vanno segnalati i “Topica”
di CICERONE (si veda). Poi, il “De Interpretatione” attribuito ad Apuleio di
Madaura che, con le sue due parti dedicate rispettivamente allo studio
dell’enunciato e [del Occidente -- condotta da LIMENTANI (si veda), Firenze).[Sta
in Apuler Mapaurensis Opera quae supersunt, De pbilosophia libri, Liber De
interpretatione, ed. Thomas, Leipzig. Per questo testo si veda Sullivan,
Apuleian Logic. The Nature, Sources, and Influence of Apuleius's De
interpretatione, Amsterdam] 11 sillogismo categorico, è stato a lungo il
manuale su cui si sono formati i filosofi. Ancora, l’Isagoge di Porfirio,
dedicato ai predicabili o quinque voces -- genere, specie, differenza, proprio
e accidente -- che, nelle traduzioni di VITTORINO (si veda) e BOEZIO (si veda),
è stato sempre ben noto e diffuso e ha fornito ai filosofi la formulazione del
problema degl’universali, che infatti prende le mosse dalle parole del proemio.
Inoltre, le opere enciclopediche di Marciano Capella (De Nuptiis), Isidoro (Etymologiarum
sive Originum), dedicate alla sistemazione delle nozioni fondamentali delle
arti liberali e che riservano quindi una parte alla grammatica, la dialettica e
la retorica, riprendendo dottrine aristoteliche mediate prevalentemente dal De
interpretatione attribuito ad Apuleio, almeno per quelle che si trovano in
esso; il Liber de definitionibus di Vittorino; le opere di Boezio, siano esse
le traduzioni di tutto l’Orgaron di Aristotele o di Porfirio, siano commenti
alle opere di Aristotele (uno alle Categorie, Si veda la trad. di Boezio in
Categoriarum supplementa, Aristoteles latinus, ed. L. Minio-Paluello adiuv.
Dodd, Bruges; i frammenti della trad. di Vittorino; v. la posizione del
problema degl’universali. Martrani Minner Fericis Capellae De nuptiis
Philologiae et Mercurii, ed. Dick, Leipzig; Cassiopori Senatorris
Institutiones, ed. Mynors, Oxford; Isidori Episcopr Etymologiarum sive Originum,
ed. Lindsay, Oxford. L’opera è edita tra quelle di Boezio in P. L. In
Categorias Aristotelis libri quatuor, P.L. Per l’ipotesi dell’esistenza d’un
secondo commento cfr. P. Hadot, Un fragment du commentaire perdu de BOEZIO sur
les Catégories d’Aristote dans les codex Bernensis, Archives d’histoire
doctrinale et littéraire] due al De Interpretatione?) o a Porfirio (due
commenti), o, ancora, ai Topica di CICERONE (si veda), siano monografie
(Introductio ad syllogismos categoricos, De syllogismo categorico, De
syllogismo bypothetico, De differentiis topicis, De divisione). Sono opere che
fissano una terminologia (che alla lunga soppianta quella di CICERONE e di
Apuleio e s'impone definitivamente) ed offrono ampio materiale per
l’approfondimento delle dottrine di filosofia del linguaggio. Infine, un’opera
anonima, Categoriae X, uscita forse dai circoli temistiani (MINIO PALUELLO l’ha
edita di recente sotto il titolo di PARAFRASI TEMISTIANA nell’ARISTOTELE LATINO,
‘lanciata’ da Alcuino, il quale forse per primo l’attribuì ad Agostino, con
un’edizione dedicata a Carlo Magno. Sono da ricordare ancora i Principia
dialecticae attribuiti ad Agostino, il De doctrina christiana e il De ordine
certamente di Agostino, più per lo stimolo fornito dall’autorità d’Agostino
allo studio della dialettica, della quale egli sottolinea spesso l’importanza
in quelle opere, che per un effettivo contributo dottrinale (esso, comunque, è
di matrice del PORTICO. Anic Mani Severini BoertHm Commentarii in librum
Aristotelis IIEPI EPMHNEIAXZ, rec. Meiser, ed., Lipsiae; Anrcrr Manti Severini
Boethii In Isagogen Porphyrii Commenta, rec. Schepps-Brandt, Vindobonae-Lipsiae.
In Topica di CICERONE commentariorum, P.L. 64, 1039D-1174B. 1? Introductio ad
syllogismos categoricos, P.L.; De syllogismo categorico libri duo; De
syllogismo bypothetico; De differentiis topicis; Liber de divisione. Cfr.
Ryk, On the Chronology of BOEZIO Works on Logic, Vivarium. Cfr. Anonymi Parapbrasis
Themistiana, PsEUDO-AUGUSTINI Categoriae decem, ed. L. Minio-Paluello, Aristoteles
latinus, Bruges. Cfr. P.L.; cfr. ora De doctrina christiana, recensuit et praefatus est
Green, Vindobonae. Cfr. P.L. Questo patrimonio di testi e di dottrine non e tutto utilizzato
nei vari periodi. Mentre la cultura filosofica è dominata prevalentemente dai
manuali ricordati, e segnatamente dall'opera di Isidoro, Alcuino, per scrivere
la sua Didlectica, utilizza un corpo di testi comprendente Isagoge, Categoriae
X, De Interpretatione dello ps. Apuleio e il primo commento di BOEZIO al De
interpretatione. Nel successivo si diffondono, oltre all’opera
pseudo-agostiniana Categoriae X che lascia in ombra quella originale di
Aristotele (pure non ignota), il De Interpretatione dello ps. Apuleio,
l’Isagoge, il De interpretatione di Aristotele, i Topica di CICERONE e il De
dialectica dello ps. Agostino. Intanto, cominciano a diffondersi gl’altri
commenti di BOEZIO e tutta l’opera di Boezio (traduzioni, commenti, monografie)
s’afferma decisamente: la 1? Cfr. praefatio a De interpretatione vel
Periermenias, ed. L. Minio- Paluello-G. Verbeke, Aristoteles latinus, Bruges-Paris;
il De dialectica di Alcuino è in P.L. Una prima sistemazione dei dati relativi
alla diffusione di questi testi è in A. VAN pE Vyver, Les étapes du
développement philosophique, Revue belge de philologie et d’histoire. Per la
diffusione delle Categorie d’Aristotele, cfr. gli studi di Minio-Paluello: The
Genuine Text of BOEZIO Translation of Aristotle’s Categories, Studies; The Text
of the Categoriae: the Latin Tradition, The Classical Quarterly; NOTE
SULL’ARISTOTELE LATINO MEDIEVALE, Rivista di filosofia neoscolastica. Oltre
alla praefatio alle Categoriae vel Praedicamenta, ed. L. Minio-Paluello,
Aristoteles latinus. Cfr. L. Minro-Paluello, praefatio a De interpretatione. Per
la diffusione del De interpretatione, cfr. Isaac, Le Peri Hermeneias en
Occident de BOEZIO ed AQUINO. Histoire littéraire d'un traité d’Aristote, Paris]
sua influenza dura praticamente incontrastata. In questo periodo si rafforza e
consolida una tendenza, affiorata già nei secoli precedenti, a raccogliere in
un solo manoscritto più opere destinate a coprire un ampio arco di dottrine
logiche e perciò poste a base dell’insegnamento. Un gruppo di tre opere,
Isagoge, Categorie di Aristotele e De interpretatione, circola stabilmente
insieme; ad esso si affiancano le opere di Boezio, e soprattutto le monografie
De divisione, De differentiis topicis, De syllogismo categorico e De syllogismo
bypothetico che, insieme alle tre opere ricordate, costituiscono i septem
codices posti da Abelardo alla base delle sue esposizioni di logica. Altre
opere, come il De Interpretatione dello ps. Apuleio e i Topica di CICERONE,
sono oggetto di lettura. Ad esse si e intanto affiancato il Liber sex
principiorum, esposizione di sei categorie -- principia: azione, passione,
quando, dove, situazione, abito) che integra quella di Aristotele, che ad
alcuni di questi temi non ha fatto molto spazio. Il Liber risulta composto da
uno o due frammenti di un’opera riguardante la expositio delle Categorie di
Aristotele dovuta ad un anonimo autore. Intanto nelle scuole cominciano a
penetrare le altre opere di Aristotele tradotte da BOEZIO e tutte tradotte di
nuovo dal î Cfr. per tutti, L. Minro-Paluello,
Les traductions et les commentaîres aristoteliciens de BOEZIO, Studia
Patristica, e Chenu, La théologie, Paris
(Aetas Boetiana). Cfr. Perrus AsarLarpus, Dialectica, the Parisian Manuscript by Rijk,
Assen. Ch; L.
Minio-PALUELLO, Magister Sex Principiorum, Studi Medievali. Per la storia della
cultura IN ITALIA nel Duecento e primo Trecento. Omaggio ad ALIGHIERI (si
veda). Il testo (AnonvMI Fragmentum vulgo vocatum Liber sex principiorum) è in
Categoriarum supplementa,; si veda 13 e — mem greco specialmente ad opera di
Veneto; Abelardo ha conoscenza degl’elenchi sofistici e dei primi analitici; i topici
(già però in parte noti ad Abbone di Fleury, Gerberto d’Aurillac e Notkero) e
gl’elenchi sono utilizzati da Adamo Parvipontano nell’Ars disserendi; Giovanni
di Salisbury per primo dà notizia dei Secondi analitici, venuti in circolazione
ma non ancora normalmente in uso a Chartres. Tutte queste opere sono già
oggetto di lettura a Parigi. Si ricostituisce allora il corpus delle opere
logiche di Aristotele, con o senza aggiunta di altre opere. Si denomina ars
nova il complesso di opere aristoteliche di recente acquisizione -- Primi e
Secondi analitici, Topici ed Elenchi --, mentre con l’espressione quivi la
praefatio dell'editore; l’opera è in capitoli. Uno tratta della forma, cinque
delle prime cinque categorie ricordate, uno dell’habitus, uno de magis et
minus. Su Veneto, cfr. i contributi di L. Minio-Paluello: Giacomo VENETO Grecus,
Canonist and Translator of Aristotle, Traditio. Note sull’Aristotele latino
medievale, Filosofia scolastica; Veneto e l’aristotelismo latino, in Venezia e
l'Oriente fra tardo medioevo e rinascimento, a cura di PERTUSI (si veda), Firenze.
Cfr. M.T. Beonio BroccHieri Fumacatti, La logica di Abelardo, Firenze. Cfr.
Mio-ParueLto, Note sull’Aristotele latino medievale, Rivista di filosofia
neoscolastica, Cfr. Minro-PaLueLro, Adam of Balsham «Parvipontanus » and his
Ars Disserendi, Mediaeval and Renaissance Studies», Joannis SarissERIENSIS
Episcopi CarnoTENSIS Metalogicon, rec. Webb, Oxonii. Sui programmi di studio a
Chartres e a Parigi cfr. Isaac; in generale, cfr. GRABMANN, Aristotele, Mediaeval
Studies, ora in Mittelalterliches Geistesleben, Miinchen. Cfr. Minio-PaLueLLO,
Magister Sex Principiorum: il ars vetus si designano i testi in uso da tempo, anche
se, in seguito, l’espressione viene usata dai filosofi a designare
prevalentemente le tre opere: Isagoge, Categorie, De interpretatione, alle
quali risulta quasi sempre aggiunto il Liber sex principiorum. Queste sono, in
sintesi schematica, le linee storiche dell’acquisizione del patrimonio logico
da parte dei filosofi. Ma essi, mediante un assiduo studio e commento dei
testi, giunsero ben presto a elabotare gl’elementi fondamentali di un corpo di
dottrine. Due contributi dottrinali sono decisivi in tal senso. Da una parte, la
dottrine della GRAMMATICA RAZIONALE O FILOSOFICA, raccolte da Donato nelle
Artes grammaticae e da Prisciano negli Institutionum grammaticarum libri, sono
oggetto di studio e di commento, diventano testi di scuola e vengono
distribuiti secondo criteri scolastici. Di Donato si legge l’Ars zizor, l’Ars
maior -- libri primo e secondo dell’ Ars maior -- e il Barbarismus -- libro
terzo dell’Ars maior. L’opera di Prisciano è divisa in Priscianus maior
(comprendente i libri I-XVI degli Institutionum grammaticarum libri) e
Priscianus minor (libri XVII-XVIII). Tra i commentatori di Prisciano corpus
aristotelico ricostituitosi circola in due forme, la FORMA ITALIANA (o
italo-germanica), senza l’aggiunta di opere di Boezio, l’altra francese, che ha
in più il De divisione e il De differentiis topicis di Boezio. Cfr.
Aristoteles latinus, codd. descripsit Lacombe, in societatem operis adsumptis
Birkenmajer, Dulong, Aet. Franceschini, pars prior, Roma. Prosi Donati Serva
qui feruntur De arte grammatica libri, ex rec. Mommsenii, in Grammatici latini,
ex rec. Keilii, Lipsiae: Ars minor, Ars maior, Prisciani GrammaTICI
CAESARIENSIS Inustitutionum Grammaticarum libri XVIII, ex rec. Hertzii, in
Grammatici latini, cit., Lipsiae. Cfr. Roos, Die Modi significandi des Martinus
de Dacia. For- occupano un posto di rilievo Guglielmo di Conches e Pietro Elia.
Ma l’approfondimento delle dottrine grammaticali è stato possibile grazie alla
filosofia di Aristotele mediata da Boezio (compreso il Boezio degli opuscoli teologici).
Il secondo contributo è rappresentato dall’inserimento delle nuove opere di
Aristotele e soprattutto degli Elenchi sofistici nell'ambito degl’interessi
logico-linguistici in sviluppo. Gli Elenchi, commentati a Costantinopoli da
Michele di Efeso, tradotti e commentati da Giacomo Veneto, rappresentano in
Occidente il contributo di Aristotele e della tradizione greca e bizantina
mediata dal Chierico Giacomo alla chiarificazione dei problemi che traggono la
loro origine dall'uso equivoco delle parole nel discorso. Essi sono il primo
dei testi nuovi di Aristotele ad entrare in Occidente, e innanzi tutto IN
ITALIA, per poi passare in Francia, dove e già in atto lo sviluppo delle
dottrine logico-linguistiche, e quindi nel resto d’Europa. Lungo tutto questo arco,
da un lato l’analisi delle parti del discorso proposto dalle grammatiche di
Donato e di Prisciano, dall’altro l'indagine sui termini di cui si compone
l’enunciato, quale è nel De interpretatione e nei commenti boeziani ad esso,
contribuirono a individuare alcuni temi, che vanno da quello della vox a quello
della SIGNIFICAZIONE (SEGNO) e della consignificatio, dall’indagine sui
rapporti tra piano della realtà, piano mentale e piano [schungen zur Geschichte
der Sprachlogik, Beitràge zur Geschichte der Philosophie, Miinster
W.-Kopenhagen. Cfr. Minio-Paluello, Giacomo Veneto e l’aristotelismo latino; Rrjk,
Logica modernorum. A Contribution to the History of Terminist Logic, On the
Theories of Fallacy, Assen; un bilancio del contributo grammaticale e del
contributo proveniente dalla dottrina delle fallacie si trova in In, Logica
modernorum, Il, i: The Origin of the Theory of Supposition, Assen] linguistico a quello, più complesso, tra oratio ed
enuntiatio da un lato e realtà SEGNATA – SIGNIFICATA -- e intelletto che
compone e divide i concetti espressi dalle parole, dall’altro. Fino
all’articolazione dei termini componenti l’enunciato in categoremi o parti
significative, soggetto e predicato, e sincategoremi, particelle
consignificative o operatori. Dottrine semantiche ed enucleazione di strutture
rilevanti da un punto di vista sintattico sono ben presto sistemate in appositi
trattati de proprietatibus terminorum, detti anche parva logicalia in relazione
alle dottrine propriamente aristoteliche rappresentanti per eccellenza la
logica, e che nel nuovo genere della letteratura logica, le summulae, fanno
seguito ai trattati nei quali le dottrine aristoteliche sono riassunti per la
scuola. Ma, contemporaneamente, ci si dedicò allo studio dell’inferenza logica,
elaborata a partire dagli stessi testi aristotelici — Primi analitici e Topici
— e da elementi del PORTICO. Si comincia a parlare delle conseguentiae e si
avvia la costituzione di dottrine della logica degl’enunciati che trovarono
posto in trattati autonomi. Questo corpus di dottrine, appartenenti sia alla
logica o CALCOLO DEI PREDICATI che alla logica degli enunciati, è designato con
l’espressione logica moderna, o logica modernorum, mentre logica antiqua è
detto l’insieme di logica vetus e di logica nova. I trattati più significativi
nei quali si concretizza la logica modernorum sono i seguenti [Cfr. In Arist.
Periermenias; e ancora DE Rijk, Logica modernorum, Cfr. I.M. BocHENSKI, De
consequentiis Scholasticorum earumque origine, Angelicum; ma si vedrà con
profitto di BòHNER, anche Does Ockbam know of Material Implication, Franciscan
Studies, ora in Collected Articles on Ockbam, ed. Buytaert, Louvain-Paderborn. Una
prima sistemazione in BòHNER, Medieval Logic, Proprietates terminorum: studiano
i vati categoremi, e comprendono: de suppositionibus o dottrina della funzione
di un termine che occorre in una proposizione in luogo della cosa di cui si
parla. Essa si articola in varie specie; — de armpliatione; — de restrictione;
— de appellatione; — de copulatione; — de relativis, studio della supposizione
del pronome relativo, condizionata dal rapporto che esso ha col termine
(antecedens) al quale è ordinato. Queste dottrine hanno molto spesso, al di
fuori delle surzzzulae, sistemazione in trattati autonomi; Tractatus
syncategorematum: è lo studio delle particelle consignificative, o operatori
logici. Essi sono talora espliciti, talora impliciti in un categorema. Omnis è
un semplice sincategorema. “Differt” è un *categorema* che ha un importo
sincategorematico. Lo studio dei categoremi comprendenti un sincategorema trova
spesso posto nei trattati de esponibilibus. Ma sincategoremi e categoremi
aventi un importo sincategorematico condizionano la supposizione dei termini
che ad essi seguono, confondendoli. Si hanno così anche alcuni trattati de termiinis
confundentibus. Tutti i trattati dedicati ai sincategoremi hanno avuto alterna
fortuna. Spesso sono stati assorbiti nei Sophismata, raccolta di problemi
vertenti su proposizioni che richiedono particolari analisi proprio a causa dei
sincategoremi e termini con importo sincategorematico in esse presenti di: e
L.M. De Ryk, Logica modernorum. Cfr. anche, per una valutazione in termini di
logistica di alcuni temi, Prior, The Parva logicalia in Modern [Griceian] Dress, Dominican Studies;
WersnerpL, Curriculum of the Faculty of Arts at OXFORD (H. P. GRICE), Mediaeval
Studies, ha fatto il punto sulla questione (cfr. anche: Developments in the
Arts Curriculum at OXFORD. De consequentiis, dedicati alla dottrina
dell’inferenza logica e in genere alla logica degli enunciati; De
obligationibus: analizzano e sistemano le regole della disputa scolastica, che
hanno avuto origine dal quotidiano esercizio della disputa sulla traccia,
probabilmente, dei luoghi dialettici; De insolubilibus, dedicati all'esame di
proposizioni antinomiche secondo la tradizione del paradosso del bugiardo. La
discussione è condotta con l’aiuto di dottrine sematiche e serve a precisare il
significato di una proposizione; De veritate propositionis: è un genere di
trattato che si ricollega agli insolubilia e ripone in discussione il
significato della proposizione; trattati de probatione propositionis, trattati
de sensu composito et diviso. Quanto la logica debba a influenze bizantine e
arabe è ancora oggetto di indagine. Ma due fatti sembra siano definitivamente
acquisiti. Il primo è che di nessuna delle opere; ma si veda M. GrABMANN, Die
Sophismataliteratur mit Textausgabe eines Sophisma des Boetius von Dacien. Ein
Beitrag zur Geschichte des Einwirkens der aristotelischen Logik auf die
Ausgestaltung der mittelalterlischen philosophischen Disputation, Beitràge zur
Geschichte der Philosophie, Miinster. Cfr., per una presentazione
generale, Brown, The Role of the Tractatus de obligationibus, Franciscan
Studies. Secondo Birn, The Tradition of the Logical Topics: Aristotle to Occam,
Journal of the History of Ideas, queste dottrine hanno avuto origine dai
Topici. Cfr., per
alcune note storiche, Prior, Some Problems of self- reference in Buridan, The British
Academy; RiJk, Somze Notes on the Mediaeval Tract] comprese nell’Organon di
Aristotele, fatta eccezione per i Secondi analitici, esiste una traduzione
dall'arabo, né risulta sia mai esistita, mentre, per quanto riguarda i Secondi
analitici, perduta la versione boeziana, essi sono tradotti dal greco da
Giacomo Veneto e poi da anonimo. Solo dopo Giacomo Veneto, Gerardo da CREMONA
(si veda) ne fece una traduzione dall’arabo. Ma tutto Aristotele, con eccezione
di poche parti, giunse ai latini prima dal greco che dall’arabo. È questo un
elemento in più a testimonianza che i rapporti culturali con l'Oriente greco
non furono mai interrotti. Per questo canale passa anche il commento agl’elenchi,
tradotto dal greco e attribuito ad Alessandro d’Afrodisia, peraltro perduto în
greco (il testo greco del commento agli Elenchi pervenutoci è di Michele di
Efeso. IN LATINO restano alcuni frammenti del commento di Alessandro -- e il commento ai Secondi analitici di
Alessandro d’Afrodisia, del quale parimenti manca il testo greco, entrambi
tradotti da Giacomo Veneto. L'altro fatto è che l’Isagoge alla logica di
Avicenna, unico trattato logico dello Shifa tradotto in latino, e la Logica di
al-Ghazali circolarono ed ebbero influenza, insieme con le opere di De
insolubilibus, with the Edition of a Tract, Vivarium. Roure,
La problématigue des propositions insolubles suivie de l’édition des traités de
Shyreswood, Burleigh et Bradwardine, Archives d’histoire doctrinale. Un bilancio puntuale delle
traduzioni dal greco in latino è in L. Minio-Paluello, Aristotele dal mondo
arabo a quello latino, in L’Occidente e l'Islam nell'alto medioevo, CENTRO
ITALIANO DI STUDI SULL’ALTO MEDIOEVO, Spoleto, oltre che nel già cit. Giacomo
Veneto e l’aristotelismo latino. Cfr. Minro-Paruetto, Note sull’Aristotele
latino medievale. Giacomo Veneto e l’aristotelismo latino] Averroè e degli
altri filosofi arabi, in una direzione ben precisa: se della determinazione
delle intenziones o concetti, e quindi È ; ; - ; h; scorso considerato a
livello mentale, e della discussione di problemi appartenenti alla metalogica.
Filosofi e testi della logica modernorum Il periodo di storia della logica
oggetto d’indagine in questo lavoro è limitato ai secoli XIV e XV. Ma
l’esigenza di rendere conto dei precedenti, o del formarsi di alcune dottrine,
ci ha condotto spesso a tener presente non solo opere del secolo XIII, ma anche
i testi, disponibili in edizioni, del secolo XII. Diamo qui di seguito uno
sguardo sommario ai filosofi e ai testi utilizzati. Ci si è limitati alla
Dialectica di Garlandus Compotista, alle opere di Abelardo (Introductiones Cfr.
la Logica di Avicenna in AviceNNAE perbypatetici phi i medicorum facile primi
Opera in lucem redacta È pon rota potuit per canonicos emendata, Venetiis
mandato ac sumptibus haeredum nobilis viri domini Octaviani Scoti per Bonetum
Locatellum Bergomensem, ff. 2ra-12vb; la Logica di AL-GHAZALI è in C.H. LoHR,
Logica Algazelis, Introd. and Critical Text, « Traditio. ma si tenga presente
anche il Liber de intellectu di ax-Kinpi (o Liber introductorius in artem
logicae demonstrationis collectus a Mabometh discipulo ALquinpi philosophi) ed.
in Nacy, Die philosophischen Abbandlun- gen des Ja “qb ben Ishàq al-Kindî,
Beitrige zur Geschichte der Philosophie, Miinster. Di recente ha sottolineato
l’importanza dello studio delle intertiones, e quindi dell’influenza araba, J.
Pinporc nella rec. a RiJk, Logica modernorum, Vivarium, Dialectica, Edition of
the Manuscri i i I ; pts with an Introduct the Life and Works of the Autor and
on the Contents of dhe: Passent Work by Rijk Ph. D., Assen, dialecticae, Logica
Ingredientibus, Logica Nostrorum ®, Dialectica), all’Ars disserendi di Adamo di
Balsham, detto il Parvipontano, a quanto ha pubblicato Rijk nella Logica
modernorum: sia nel primo volume, dedicato alla penetrazione e ai commenti agli
Elenchi sofistici (Glose in Aristotilis Sopbisticos elencos, Summa
Sophisticorum elencorum, Tractatus de dissimilitudine argumentorum, Fallacie
Vindobonenses, Fallacie Parvipontane), nonché ai testi editi nello stesso
volume sotto il titolo Frustula logicalia ma relativi al secondo commento di BOEZIO
al De interpretatione; sia nella seconda parte del secondo volume, nel qual
esono edite alcune sumzzzulae (i testi utilizzati sono, nell’ordine: Excerpta
Norimbergensia, Ars [Sono la prima parte (comprendente Editio super Porphyrium,
Glossae in Categorias, Editio super Aristotelem De interpretatione, De
divisionibus) degli SCRITTI DI LOGICA, ed. PRA (si veda), Firenze. La seconda
parte, Super Topica glossae, fa parte della Logica Ingredientibus, e sarà
citata in modo autonomo. La Logica Ingredientibus è edita da Geyer, Abaelards
philosophische Schriften, Beitrige zur Geschichte der Philosophie, Miinster W.
1919-27 (la numerazione delle pp. con- tinua da un fasc. all’altro); ad essa si
ricollegano le Glosse super Periermenias XII-XIV, ed. da L. Minto-PALUELLO,
Twelfth Century Logic. Texts and Studies, Roma; la Logica Nostrorum petitioni
sociorum, è edida da GEYER, Beitrige zur Geschichte der Philosophie, Miinster
(la numerazione delle pp. continua quella della Logica ‘Ingredientibus’). 48
Perrus Asaearpus, Didlectica, cit. (cfr. n. 21). 59 Apam Barsamiensis
Parvipontani Ars Disserendi (Dialectica Alexandri), in Minio-ParueLto, Twelfth
Century Logic. Texts and Studies, Roma. Cfr. De Ryxk, Logica modernorum.; i
testi elencati sono, nell'ordine: Glose in Aristotilis Sophisticos elencos;
Summa Sopbisticorum elencorum; Tractatus de dissimilitudine argumentorum;
Fallacie Vindobonenses; Fallacie Parvipontane. Emmerana, Ars Burana, Tractatus
Anagnini, Tractatus de univocatione Monacensis, Introductiones Parisienses,
Logica Ut dicit, Logica Cum sit nostra, Dialectica Monacensis, Tractatus de
proprietatibus sermonum. Ma si utilizzano anche le Fallacie Londinenses e le
Fallacie Magistri Willelmi®, che in realtà trattano temi riguardanti gli
Elenchi sofistici); sono stati presi in esame e utilizzati anche i testi che
Rijk riporta ampiamente nella prima parte del secondo volume (Ars Meliduna,
Summe Metenses) e quanti altri testi egli utilizza al fine di ricostruire le
origini della logica terministica confluita nelle summulae. Queste
costituiscono il tramite naturale tra l’insegnamento di Abelardo e le summulae,
secondo quanto ha suggerito Grabmann e ha dimostrato Rijk. I testi, tutti
anonimi, delle summulae edite sono datati dallo studioso olan- [Cfr. De Rijk,
Logica modernorum, II, ii, Texts and Indices, Assen: Excerpta Norimbergensia;
Ars Emmerana; Ars Burana; Tractatus Anagnini; Tractatus de univocatione
Monacensis; Introductiones Parisienses; Logica Ut dicit; Logica Cum sit nostra;
Dialectica Monacensis; Tractatus de proprietatibus sermonum; Fallacie
Londinenses e Fallacie Ma- gistri Willelmi. Cfr. Rijk, Logica modernorum, Ars
Meli duna e Summe Metenses. Cfr. GrABMANN, Handschriftliche Forschungen und
Funde zu den philosophischen Schriften des Hispanus, des spàteren Papstes
Johannes XXI, « Sitzungsberichte der Bayerischen Akademie der Wissenschaften,
philos.-histor. Abteilung, Miinchen, e soprattutto Bearbeitungen und
Auslegungen der aristotelischen Logik aus der Zeit von Abaelard bis Hispanus. Mitteilungen
aus Handschriften deutscher Bibliotheken, Abhandlungen der Preussischen
Akademie der Wissenschaften, philos.-histor. Klasse, Berlin, e
Kommentare zur aristotelischen Logik im Ms. lat. Fol. 624 der Preussischen
Staatsbibliothek in' Berlin. Ein Beitrag zur Abaelardforschung,
Sitzungsberichte der Preussischen Akademie der Wissenschaften, philos.-histor.
Klasse, Berlin] dese al periodo che va dalla seconda metà del secolo XII alle
prime due decadi del secolo XIII (sono collocati agli inizi di quest’ultimo
secolo solo il Tractatus de proprietatibus sermonum e le Summe Metenses. i |
Per i secoli successivi, ci si è limitati ad esaminare i testi appartenenti
alla tradizione delle summulae o singoli trattati rientranti nella tradizione
della logica modernorum. Così sono state prese in considerazione le Sumule
dialectices la cui attribuzione a Ruggero Bacone è stata rimessa in
discussione, e dello stesso Bacone le opere, certamente autentiche, Summa de
sophismatibus et distinctionibus e Compendium studii theologiae; quest ultimo
ha notevoli affinità con le Sumule dialectices ricordate. Sono state, naturalmente,
consultate sia le Introductiones in logicam
che i Syncategoremata di Shyreswood (f dopo Cfr. Rogeri Baconi Surzmza
gramatica nec non Sumule dialectices, nunc primum edidit Steele, in Opera
bactenus inedita Rogeri Baconis, OXONII. ; | Già P. Grorieux (Répertoire des
Maîtres en théologie de Paris, Paris) aveva collocato l’opera tra quelle
dubbie; v. ora L.M. De Rj, Logica modernorum, che avanza il nome del domenicano
Roberto Bacone. R. SreeLE, nell’Introduction all’ed. cit.,fa riferimento al
Compendium per sostenere l’autenticità. Roceri Baconi Liber de sensu et sensato
nec non Summa de sophismatibus et distinctionibus, nunc primum edidit R.
Steele, in Opera bactenus inedita Rogeri Baconis, Oxonii. FrarrIs Roceri Bacon
Compendium studii theologiae, ed. H. Rash- dall, Aberdoniae. L'edizione è in GraBmann,
Die Introductiones in logicam des Shyreswood, Sitzungsberichte der Bayerischen
Akademie der Wissenschaften, philos-histor. Abteilung, Miinchen; si veda
ora SHERWOOD'S Introduction to Logic, transl. with-an Intr. and Notes by
Kretzmann, Minneapolis Minn. In O’DonneLt, The Syncategoremata of Sherwood; le
Sumemulae logicales, il Tractatus exponibilium e il Tractatus syncategorematum di
Pietro Ispano, divenuto papa col nome di Giovanni XXI; per le Surzzzulae
logicales di Lamberto di Auxerre, abbiamo utilizzato i cenni che ha fornito
Prantl nella sua Geschichte der Logik im Abendlande. Di Vincenzo di Beauvais si
è consultato lo Speculum doctrinale, che raccoglie tanta parte
dell’insegnamento grammaticale e logico del tempo. D’AQUINO, gli opuscoli “DE
MODALIBVS” e “DE FALLACIIS.” Tutte queste opere si collocano intorno alla metà
del secolo, con la sola eccezione del Compendium di Bacone. Alle esposizioni e
ai commenti al corpus tradizionale degli scritti Mediaeval Studies; cfr.
SHERWO0D'S Treatise on Syncategorematic Words, trans. with an Intr. and Notes
by Kretzmann, London. Perri Hispani Summulae logicales, quas e codice manu
scripto Reg. Lat. edidit Bochefiski, Taurini. In Muttatry, The Summulae
logicales of Peter of Spain, Notre Dame Ind. In Perri Hispani Summulae
logicales cum VersorI Parisiensis clarissima expositione. Parvorum item
logicalium eidem Petro HisPANO ascriptum opus, Venetiis Apud Jacobum Sarzinam;
cfr. ora PETER OF Spain, Tractatus syncategorematum and Selected Anonymous
Treatises, trasl. by Mullally, with an Intr. by Mullally and Houde, Milwaukee
Wisc.; le pp. saranno fornite di volta in volta. Per la datazione
dell’opera, cfr. ora Rik, Note on the Date of Lambert of Auxerre’ Summule,
Vivatium; per il testo, v. LampERTO DI AuxERRE, Logica (Summa Lamberti), prima
ed. a cura di F. ALESSIO (si veda), Firenze. Vincentit BeLLovacensIs Speculum
doctrinale, Duaci (ed. anastatica Graz). Useremo il testo che sta in BocHENSKI,
Sancti Thomae AQUINO DE MODALIBVS opusculum et doctrina, « Angelicum. In AQUINO,
Opuscula philosophica, ed. SPIAZZI (si veda), Taurini-Romae] logici si farà
riferimento solo occasionalmente, e anche in tal caso si farà riferimento solo
alle expositiones di Alberto Magno e alle In librum primum priorum Analyticorum
Aristotelis quaestiones, attribuite a Duns Scoto e certamente databili al tempo
del doctor subtilis; si utilizzeranno inoltre le In libros Elenchorum
quaestiones, certamente di Duns Scoto. I filosofi e i testi presi in esame
possono essere distinti in tre gruppi. Va considerata innanzi tutto l’opera dei
logici inglesi nel suo complesso. Essa rappresenta il contributo più originale
€ più coerente allo sviluppo e alla sistemazione delle dottrine logiche
medievali. Di Occam, sulla cui personalità è qui inutile soffermarsi tanto è
universalmente riconosciuta la sua importanza nella storia della logica, si
sono esaminate, nell ordine, l’Expositio aurea in artem veterem, la Summa
logicae (nell edizione del Bohner per la parte da lui pubblicata Be per il
resto nell'EDIZIONE VENEZIANA), il Tractatus logicae minor Le expositiones di
ALsERTO Macno delle opere logiche d’Aristotele stanno nei primi 2 voll. di
Opera, cd. Borgnet, Parisiis. _ In Opera omnia, I, ed. Wadding, Lugduni Sumptibus
Laurentii Durand. n Ivi. n © Cfr. GuiieLmi pe OccHam Expositio aurea et admodum
utilis super Artem veterem, cum questionibus ALBERTI PARVI DE SAXONIA. Impensis
Benedicti Hectoris Bononiensis artis impressorie solertissimi Bononieque
Impressa s. pp. Ockuam, Summa logicae. Pars prima. Pars secunda et tertiae
prima, ed. by Ph. Bohner, St. Bonaventure N.Y-Louvain-Paderborn (la numerazione
delle pp. continua da un volume all’altro; perciò non sarà indicato il volume
da cui è tratta la cit.). Macistri GuieLMI (!) OccHam Summa totius logice, VENEZIA
per Lazarum de Soardis e l’Elementarium logicae, da collocare dopo il Tractatus
logicae minor)". Avversari di Occam sono Burleigh e Riccardo di Campsall.
Il primo e maestro a Parigi. Compose molti trattati di logica: sono
expositiones della logica antigua, oppure opere legate più propriamente alla
tradizione della logica modernorum. Di queste ultime sono state prese in esame
le due redazioni incomplete del De puritate artis logicae e il trattato De
probationibus, sulla cui attribuzione al nostro maestro sono stati di recente
avanzati dubbi. Il secondo — fellow del Balliol, poi del Merton ricordato come maestro [m È in Buyraert, The
Tractatus logicae minor of Ockbam, Franciscan Studies; per la datazione di de
sta e della seguente opera di Occam, cfr. ivi, pp. 51-53. In Buvraert, The
Elementarium logicae of Ockbam, « Franciscan Studies: poiché non citeremo le
ultime pp. della seconda parte, la numerazione delle pp. non dà luogo a
confusione tra le due parti; omette- sue mp l'indicazione del volume e
dell’annata della rivista. er le notizie biografiche relative ai maestri
inglesi che seguono, Empen, A Biographical Register of the arida of OXFORD to
(Di 1500, 3 voll., Oxford; per il nostro autore, cfr. MARTIN, Burley, in Oxford
Studies presented to Callus, Oxford, Rio. NI ties E Ockham and Some
Mertonians [LIKE H. P. GRICE], Mediaeval Sudies, e Repertorium ivi ferergicig, Mertonense,
De puritate artis logicae Tractatus longior. With a Revised Edition of the
Tractatus brevior, ed. by Bshner, St. Bonaventure N.Y.-Louvain- na e 1955. È
contenuto nel ms. Erfurt, Wissenschaftliche Allgemeinbibli Amplon. Q. 276, ff.
6ra-19va; l’indice del ms. è in Tesio, Lea klung der Sprachtheorie im
Mittelalter, Beitrige zur Geschichte der Philosophie, Miinster. Pinborg avanza dubbi
sull’autenticità dell’opera] reggente nelle arti e come sacre theologie
professor — scrive, fra l’altro, una Logica valde utilis et realis contra Ocham
e delle Questiones super librum Priorum analeticorum: di entrambi utilizzeremo
quanto ha pubblicato Synan. La generazione successiva annovera Guglielmo
Heytesbury: fellow del Merton, e tra i fellows fondatori del Queen's, e poi
ancora fellow del Merton, è ricordato come maestro in teologia; e due volte cancelliere
di Oxford. Compone la sua opera maggiore, le Regulae solvendi sophismata, e i
Sophismata. Di lui si ricorderanno le Regulae, il De sensu composito et diviso,
il De veritate et falsitate propositionis (questi testi sono Cfr. Synan,
Richard of Campsall, an English Theologian, « Mediaeval Studies, Introduction
alle Questiones (di cui alla n. seguente); v. WersHEIPL, Repertorium Mertonense.
Rispettivamente: Svnan, The Universal and Supposition in a Logica
Attributed to Richard of Cempsall, in Mediaeval Thinkers. A Collection of
bitherto unedited Texts, ed. O'Donnell, Toronto; e The Works of Richard of
Campsall, I: Questiones super librum Priorum analeticorum. Ms. Gonville and
Caius 688, ed. by Synan, Toronto. Cfr., oltre a Empen, op. cit., ad L: J.A.
WrrsHerPL, Ockbam and Some Mertonians (in part.: il suo testamento), e
Repertorium Mertonense. Cfr. Erfurt, Wissenschaftliche Allgemeinbibliothek, ms.
Amplon. F. 135, f. 17r: Explicit quidem tractatus optimus datus OXONIE a mag.
Hytthisburi; cfr. W. ScHum, Beschreibendes Verzeichniss der Amplonianischen
Handschriften-Sammlung zu Erfurt, Berlin. Cfr. A. Mater, Die
Vorliufer GALILEI, Roma. Gregorio da RIMINI (si veda) cita i Sophiswata di
Heytesbury nel suo commento alle Sentenze. stati editi a Venezia, e il trattato
De propositionum multiplicium significatione, conservato in un solo
manoscritto. Billingham, poi, e maestro nelle arti e reggente e fellow del
Merton. Di lui si sono studiati lo Speculumz puerorum sive Terminus est in quem
e il De sensu composito et diviso Wyclif compose una Summula de logica e tre
trattati che vanno sotto il nome di Logice continuacio: sono stati tutti
pubblicati da Dziewicki nell'edizione delle opere latine di Wyclif sotto il
titolo Tractatus de logica. Condiscepolo di Wyclif al Merton e Strode, maestro
nelle arti, poeta e uomo politico: la sua Logica [Cfr. GuiLeLMI HENTISBERI
Tractatus de sensu composito et diviso. Regulae eiusdem cum
suphismatibus. Tractatus HENTISBERI de veritate et falsitate propositionis. Conclusiones eiusdem.
Impressum VENEZIA per Bonetum Locatellum sumptibus Octaviani Scoti. I capitoli
delle Regulae saranno citati autonomamente. Essi sono: De insolubilibus, De
scire et DVBITARE, De relativis, De incipit et desinit, De maximo et minimo, De
tribus praedicamentis. Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, ms. lat. VI, 160
(= 2816), ff. 252ra-253vb. 87 Cfr. Maierù, Lo «Speculum puerorum sive Terminus
est in quem» di Billingham, «Studi Medievali», A ERMINI (si veda); notizie
biografiche; testo dello Speculum puerorum sive Terminus est in quem; testo
parziale del De sensu composito et diviso (dall’unico ms. noto, Parigi,
Bibliothèque Nationale, lat. 14715), ivi, appendice. J.
WycLir, Tractatus de logica, Now First Edited from the Vienna and Prague Mss.
by Dziewicki, London (First repr. New York-London-Frankfurt):
la Logica occupa le pp. 1-74 del vol. I; il tr. I Logice continuacio è ivi, pp.
75-120; il tr. II Logice continuacio è ivi, pp. 121-234; il tr. III Logice
continuacio occupa i voll. IT-III dei Tractatus de logica. Cfr.
Dictionary of National Biography, ed. L. Stefen-S. Lee, London, ad /., e EMDEN, op. cit.,
ad I. in sei trattati (uno dei quali dedicato alle Conseguentiae) è tutta
conservata nel ms. Bodleian, Canon. 219”. Un autore del quale non si sa altro
se non che e inglese” è Maulevelt: i più antichi manoscritti delle sue opere,
diffuse prevalentemente nell’Europa, sono della metà del secolo XIV”. I
trattati qui presi in esame sono Per il testo dei trattati ancora inediti ci
serviamo del ms. Oxford Bodleian Library, Canon. 219, ff. 13ra-52vb: la
successione dei trattati nel ms. non è quella voluta dall'autore; qui si darà
solo l'indicazione dei ff, non del trattato. Per il testo delle Conseguentiae
ci serviamo della seguente ed.: Stroni Consequentie cum commento ALEXANDRI
SERMONETE. Declarationes GAETANI in easdem Consequentias. Dubia Magistri PAULI
PERGULENSIS. Obligationes eiusdem Stropi. Consequentie RicarDI DE FERABRICH.
Expositio GAETANI super easdem. Consequentie subtiles HENTISBARI. Questiones in
Consequentias Strodi perutiles eximii artium doctoris domini ANtoNI
FracHantiani Vicentini. Impressa fuerunt VENEZIA que in hoc volumine
continentur per Lagarum de Soardis, sumptibus Heredum nobilis viri domini
Octaviani Scoti civis Modoetiensis et Sociorum 1517 Die 8 Aprilis. Risulta dai
sgg. ms.: Erfurt, Amplon. Q. 255 « Explicit tractatus fallaciatum lectus
Lovanii per mag. Thomam Anglicum dictum Manlevel (f. 27), e Amplon. Q. Hec
questiones fuerunt compilate per Manlevel Anglicum doctorem solempnem. Non
serve molto alla identificazione del nostro autore quanto si legge in PRANTL (che
ricorda il Tractatus obligationum di Martin Molenfelt, per il quale cfr.
Murtaty, The « Summulae logicales); F. EHRLE, Der Sentenzentommentar Peters von
Candia des pisaner Papstes Alexander V., Miinster, che identifica Tommaso con
Martino; GraBMann, Handschriftliche Forschungen und Funde; K. MicHarsri, Le
criticisme et le scepticisme dans la philosophie, « Bulletin international de
l'Académie polonaise des Sciences et des Lettres», Classe d’hist. et philos.,
Cracovie, ora in La philosophie au XIVE siècle. Six études, herausg. und
eingel. von K. Flasch, Frankfurt. Ma cfr. J. Pinpore, Die Entwicklung der
Sprachtheorie ..., cit., p. 146 n. 23; il Pinborg mi ha comunicato le notizie
di cui a questa e alla seguente n. con lettera del 18.8.70. Cfr. Gottinga,
Universitàtsbibliothek, ms. Theol. 124. De suppositionibus e De terminis
confundentibus. Un’adeguata datazione può essere proposta dopo un accurato
esame delle sue opere. Per la scuola parigina sono state invece considerate le
opere di tre autori: Buridano, Alberto di Sassonia, e Inghen. Buridano e
rettore dell’università. Delle sue opere
utilizzeremo il Compendium logicae (il Tractatus de suppositionibus sarà
citato L'incipit del trattato De suppositionibus è: Expedit ut terminorum
acceptio lucide cognoscatur, e l’explicit: Utrum istae propositiones de virtute
sermonis sint verae hoc patebit in libro de Consequentiis et sic sit finis
huius operis causa brevitatis »; del trattato De terminis confundentibus
l'incipit è: «Affectuose summariam cognitionem terminorum vim confundendi
habentium, l’explicit: «consequentia negatur quia ante- cedens est verum et
consequens falsum. Il secondo trattato rinvia al primo, ma i codici consultati
presentano varianti a questo proposito: il Vat. lat. 3065, f. 26ra, ha: aliquae
regulae positae sunt in tractatu de suppositionibus sic incipiente: Intentionis
praesentis in hoc tractatu etc. », e ciò è anche (meno «in hoc tractatu etc. »)
nell’Amplon. Q. 30, f. 141r; il ms. Cracovia, Biblioteka Jagiellotfiska, ha
invece (f. 295v): « incipiente: Expedit etc. », mentre i mss. Cracovia 2178 (f.
43v) e 2591 (f. 80r) omettono l’incipit, pur conservando il rinvio al De
suppositionibus. Il trattato De suppositionibus, a sua volta, ha un rinvio
all’altro: de quibus patebit [così i mss. Cracovia 2178, f. 40v, e 2591, f.
75v; il Vat. lat. 3065, f. 68ra, ha patuit] in libro de terminorum Confusione
». Maulevelt parla dunque di tre trattati (De suppositionibus, De terminis
confundentibus, De conse- quentis) che potrebbero essere parti di un'unica
opera logica, o surzzza. Utilizzeremo il testo dei due trattati secondo il ms.
Vat. lat. 3065 (De ter minis confundentibus, ff. 25vb-28ra, e De
suppositionibus, ff. 65vb-68rb), per il quale cfr. il mio Lo « Speculum
puerorum ..., cit., pp. 312-314. Cfr.
Joannis BuripaNI Perutile Compendium totius logicae cum praeclarissima
sollertissimi viri JOANNIS DORP expositione. Impressum Venetiis per Petrum de
Quarengiis Bergomensem. Anno domini 1499, die XI Maij, s. pp. I '''+—m_1 r o_o
T_—1-P-P1_1_.u nell’edizione della Reina #), i Sophismata®, le Consequentiae”;
si ricorderanno anche i Capitula a lui attribuiti dal ms. Vat. lat. 3065%.
Alberto di Sassonia e anch’egli rettore a Parigi, quindi, e rettore
dell’università di Vienna e poi vescovo di Halberstadt: ricorderemo le sue
Quaestiones in Ochami logicam, la Logica!” e i Sophismata. Inghen, professore a
Parigi e rettore, primo rettore dell’università di Heidelberg, ha lasciato
molte opere, ma qui saranno utilizzati solo i Textus dialectices. Le opere di
questi filosofi, per la diffusione avuta in tutta Europa, servono a
caratterizzare [Burano, Tractatus de suppositionibus, prima ed. a cura di
Reina, « Rivista critica di storia della filosofia. Burani Sopbismata, per
felicem balligault parisius impressa [...] die 20 Novembris 1493, s. pp. (ma
con paginazione a mano nell’esemplare utilizzato). Burani Consequentiae.
Impressus parisius per Anthonium caillaut, s. a., s. pp. 9 Ms. cit., ff.
105-107vb; per essi cfr. G. FepERICI VESCOVINI, Sw alcuni manoscritti di
Buridano, Rivista critica di storia della filosofia. Per le quali cfr. l’ed.
dell’Expositio aurea di Occam. Arsertuci Logica. Perutilis Logica
excellentissimi Sacre theologie professoris magistri ALsERTI DE SAXONIA ordinis
Eremitarum Divi Augustini. Impressa Venetiis ere ac sollertia Heredum Domini
Octaviani Scoti Civis Modoetiensis et sociorum. Anno a Christo ortu. Die XII.
mensis Augusti. 101 Cfr. ArseRTI De SaxonIa Sopbismata nuper emendata.
Impressum est Parisiis hoc opusculum [...] Opera ac impensa Magistri felicis
Baligault Anno ab incarnatione dominica, s. pp. (ma l'esemplare utilizzato ha
la paginazione a mano).Stanno in Parvorum logicalium liber continens perutiles
Perri HispAnI tractatus priorum sex et [MARsILII dialectices documenta, cum
utilissimis commentariis perCONRADUM PSCHLACHER [...] congestis, Viennae
Austriae, Johannes Singrenius. I trattati di INGHEN sono: Tractatus
suppositionum, ivi, ff. 146v-166r; Tractatus ampliationum, ivi, ff. dottrine
ampiamente conosciute e accettate. Non più di un cenno è riservato al Tractatus
exponibilium di Pietro d’Ailly (} !%. Il terzo gruppo di FILOSOFI è quello ITALIANO.
Pietro di Mantova [si veda], studente a Padova, lettore di filosofia a BOLOGNA.
Pietro ha lasciato una Logica di notevole interesse. Gli altri filosofi o
vissero a cavallo tra il secolo XIV e quello successivo, come Paolo Veneto. Poiché
tuttavia le loro opere testimoniano che IN ITALIA l'insegnamento della logica e
impartito spesso su testi di filosofi inglesi o derivati da questi, essi sono
posti accanto ai filosofi del secolo XIV quali loro legittimi epigoni. NICOLETTI
(si veda), noto come Paolo Veneto, studia, fra l’altro, a Oxford e insegna in
varie università italiane e soprattutto a Padova; citeremo 168v-173v; Tractatus
appellationum, ivi, ff. 175v-179v; Textus de statu, f. 180; Tractatus
restrictionum, ivi, ff. 181v-182r; Tractatus alienationum, ivi, f. 182v; Prima
Consequentiarum pars, ivi, ff. 184r-193r; Secunda Consequentiarum pars, ivi,
ff. 194v-208v. Al titolo Textus dialectices seguirà solo l'indicazione dei ff.
103 Cfr. MacistRI PetrI DE ArLLvAco Tractatus exponibilium, Parisius Impressus
a Guidone Mercatore. In campo gaillardi. Id. Octobris, s. pp. (ma l'esemplare
consultato ha la paginazione a mano). Petrus MANTUANUS, Logica. Tractatus de
instanti, Padova, Johann Herbort; l’ordine dei trattati è diverso dai mss. alle
stampe; l’ed. utilizzata è s. pp., ma l'esemplare che ho consultato ha una
paginazione a mano; la segnatura della Bibl. Vat. è Ross. 1769; cfr. la
bibliografia in Lo «Speculum puerorum »..., cit., p. 299 n. 16. La più completa
trattazione d’insieme del pensiero di NICOLETTI è ancora quella di F.
MomicLiano, NICOLETTI e le correnti del pensiero filosofico del suo tempo,
Torino; pet il soggiorno ad Oxford, cfr. B. NarpI, Letteratura e cultura
veneziana del Quattrocento, in La civiltà veneziana del Quattrocento, Firenze, dove
si afferma che NICOLETTI rimane a Oxford almeno 3 anni, e si le sue opere:
Logica parva, Logica magna, Quadratura. Paolo da PERGOLE (si veda) e discepolo di NICOLETTI a Padova e resse la
scuola di Rialto a Venezia; la sua Logica segue da vicino la Logica parva del
suo maestro; il trattato De sensu corpositio et diviso dipende dall'omonimo
trattato di Heytesbury !°; i Dubiz sono legati ai temi delle Consequentiae di Strode.
Altro discepolo di NICOLETTI e il vicentino Gaetano da THIENE (si veda), professore a Padova, che ha legato il suo nome
soprattutto al commento delle opere di Heytesbury (Regulae e Sophismata). Si
ricorda di lui l’Expositio delle Consequentiae di Strode. Il domenicano
Battista da FABRIANO (si veda) riporta il seguente documento. Die 31 Augusti
1390: Fecimus studentem fratrem Paulum de Venetiis in nostro studio Oxoniensi
de nostra gratia speciali cum omnibus gratiis quibus gaudent ibidem studentes
intranei. Item eidem concessimus quod tempore vacationum Lundonis possit libere
morati. Cfr. ora A.R. PerreraH, A Biograpbical Introduction to NICOLETTI, «
Augustiniana. Pauri VENETI Logica, [Venezia, Cristoforo Arnaldo], s. pp. AI
titolo Logica parva seguirà solo l’indicazione del trattato. Pauri Veneti
Logica magna. Impressum Venetiis per diligentissimum virum Albertinum
Vercellensem Expensis domini Octaviani Scoti ac eius fratrum opus feliciter
explicit Anno D. 1499 Die 24 octobris. Macistri Pauri VenETI Quadratura.
Impressum Venetiis per Bone- tum Locatellum Bergomensem iussu et expensis Nobilis
viri Octaviani Scoti civis Modoetiensis. Anno ut supra. Cfr. B. NARDI, op.
cit., pp. 111-118. Cfr. Pau or PercuLA, Logica and Tractatus de sensu composito
et diviso, ed. Brown, St. Bonaventure N.Y.-Louvain-Paderborn 1961. Si tenga presente
anche I. Bon, Paul of Pergula on Suppositions and Consequences, « Franciscan
Studies », XXV (1965), pp. 30-89. Cfr. per l’ed. dei Dubia, n. 90. Cfr. su Gaetano da
Thiene: P. Silvestro DA VaLsanziBIo, Vita e dottrina di Gaetano da Thiene,
Padova 1949; per l’ed. dell’Expositio (che citeremo col titolo Super
Consequentias Strodi), cfr. n. 90. professore di filosofia e teologia a Padova,
Siena, Firenze e Fer- rara, cominciò la sua carriera accademica un decennio
dopo Gaetano da Thiene; compose, fra l’altro, una Expositio del De sensu
compositio et diviso di Heytesbury. Il senese SERMONETA (si veda), « magister
artium et medicinae », figlio del medico Giovanni, insegnò a Perugia, poi a
Pisa (per quattro anni) e finì la sua carriera a Padova; ricorderemo i suoi due
scritti di logica: Super Consequentias Strodi!5 e Expositio in tractatum de
sensu composito et diviso Hentisberi!*, Un’Expositio dello stesso trattato De
sensu composito et diviso scrisse anche il carmelitano senese Bernardino di LANDUCCI
(si veda)), che divenne generale del suo ordine.Cfr. J. Quérrr-J. Ecuarp,
Scriptores Ordinis Praedicatorum, I, Lutetiae Parisiorum 1719, p. 847; G.
Brorto-G. ZonTA, La facoltà teologica di Padova, Padova. Cosenza, Biographical and
Bibliographical Dictionary of Italian Humanists and of the World of Classical
Scholarship in Italy, Boston, ad L’ed. dell’Expositio è in Tractatus de sensu
composito et diviso magistri GuLieLMI HENTISBERI cum expositione
infrascriptorum, videlicet: Magistri ALEXANDRI SERMONETE (impressum Venetiis
per Jacobum Pentium de Leuco, a. d. 1501, die XVII julii), Magistri BERNARDINI
PETRI DE LANDUCHES, Magistri PauLi PercuLENSIS et Magistri Bapriste DE FABRIANO.
Si veda ora L. GAR- can, Lo studio teologico e la biblioteca dei Domenicani a
Padova nel Tre e Quattrocento, Padova, Battista da Fabriano. Cfr. J.
FaccioLATI, Fasti Gymnasii Patavini, I, Patavii; A. FagroNI, Historiae
Academiae Pisanae, Pisis; Ermini, Storia dell’università di Perugia, Bologna
1947, p. 501. Cfr. l’ed. cit. inn. 90.
Cfr. l’ed. cit. in n. 113. Cfr. l’ed. del testo in n. 116; si vedano per
le notizie biografiche: J. TritHEMIUS, Carmelitana Bibliotheca sive illustrium
aliquot Carmelitanae religionis scriptorum et eorum operum catalogus magna ex
parte auctus auctore P. Petro Lucio BeLGA, Florentiae apud Georgium Marescottum
Contemporaneo del Landucci dovette essere il lodigiano POLITI, artium doctor:
alunno di MARLIANI (si veda), insegna calculationes a Pavia! e compose vati
trattati di logica: un De sensu composito et diviso, una declaratio della
Logica parva di NICOLETTI e una Quaestio de modalibus, che sarà qui utilizzata,
scritta al tempo di BORGIA (si veda). VETTORI (si veda), di Faenza, insegn a BOLOGNA,
medicina a Padova e poi di 1593, pp. 20-21; C. ne VrrLiers, Bibliotheca
Carmelitana, I, Aurelianis (ed. anast. Romae), nr. LXV, Bassani Porti Quaestio
de modalibus, Venetiis apud Bonetum Locatellum 1505; l'incipit è (ivi, f. 2ra):
« Excellentissimi doctoris magistri Bassiani Politi Laudensis quaestio de
numero modorum facientium sen- sum compositum et divisum. Quaestio est
difficilis in materia de modalibus, utrum tantum sex [....] », l’explicit è
(ivi, f. 4rb): iam patet ex dictis quid sit dicendum. Finis »; cfr. ivi la
lettera dedicatoria a Rodrigo Carvajal, dalla quale risulta che fu alunno di
Gerolamo Marliani, vivente quando l’au- tore scriveva (insegnò a Pavia nel
1486-87 e nel 1507: cfr. Memorie e docu- menti per la storia dell'università di
Pavia [...], Pavia 1878, ad I.), figlio di Giovanni Marliani (per il quale cfr.
M. CLaceTT, Giovanni Marliani and Late Medieval Physics, New York 1941. Sul
Politi cfr. C. DionisortI, Er- molao Barbaro e la fortuna di Suiseth, in
Medioevo e Rinascimento. Studi in onore di B. Nardi, Firenze. Cfr. Quaestio de
modalibus, cit., f. 3va: « Pro cuius declaratione prae- suppono mihi unum
fundamentum Petri Mantuani in primo capitulo De instanti anno elapso dum Papiae
calculationes profiterer per me fortissimis rationibus comprobatum »; il suo
Tractatus proportionum introductorius ad Calculationes Suiset è edito insieme
con la Quaestio ai ff. 4va-8vb. 120 Quaestio, cit., f. 3va: «[...] stante
fundamento diffuse declarato in tractatu nostro De sensu composito et diviso »,
e f. 4rb: « Hoc autem diffuse declaravimus in tractatu nostro De sensu
composito et diviso ». 121 Ivi: «[...] optime poteris sustentare definitionem
Pauli de supposi- tione absque aliqua limitatione, ut diffuse contra modernos
declaravimus super Logica patva ». 12 Ivi, f. 3va: « Alexandro nunc summo
pontifice ».] nuovo a Bologna !*; ha lasciato molte opere di medicina e due
opere logiche, composte entrambe al tempo in cui insegnava logica a Bologna: la
prima è Collectaneae in suppositiones Pauli Veneti, la seconda è Opusculum in
Tisberum de sensu composito et diviso; utilizzeremo solo quest’ultima. Non di
tutti questi trattati si troverà qui un’analisi appro- fondita, ma ad alcuni si
farà solo un riferimento.La struttura della summzula, o summa, ha subìto una
notevole evoluzione. Essa risulta composta di alcuni trattati che riassumevano
le dottrine dell’Isagoge e dell’Organon (in questo caso, l’esposizione del De
interpretatione occupa il primo posto) ai quali seguivano altri trattati sulle
proprietates terminorum. Con la Summa logicae di Occam cade la distinzione tra
elementi della logica antiqua ed elementi della logica moderna. La materia è
ristrutturata, secondo un criterio ‘naturale’, in parti che studiano l’elemento
più semplice o termine, la proposizione, e il sillogismo o strutture logiche
complesse. Questo criterio naturale non corrisponde alla distinzione tra logica
elementare o degli enunciati e logica o CALCOLO DEI PREDICATI. Ma con il De
puritate artis logicae di Burleigh si fa un passo [Cfr. S. Mazzetti, Repertorio
di tutti i professori antichi e moderni della famosa Università e del celebre
Istituto delle Scienze di Bologna, Bologna. Cfr. per entrambe: BenEDICTI
VICTORII BononiensIS Opusculum in Tisberum de sensu composito ac diviso cum
eiusdem collectaneis in suppo- sitiones Pauli Veneti. Expositio Benedicti
Victorii Bononiensis ordinariam logicae Bononiae publice profitentis feliciter
explicit. Laus deo. Finis. Bononiae. Cfr. Bonner, Medieval Logic] avanti.
L’opera, si è detto, ci è pervenuta in due redazioni. Se il tractatus longior
risulta di due trattati (de proprietatibus terminorum e de propositionibus et
syllogismis bypotheticis) e risente ancora del criterio naturale che presiede
alla Summa logicae di Occam, il tractatus brevior avrebbe dovuto risultare di
parti dedicate alle regulae generales -- e cioè consequentiae, syncategoremata
e suppositiones --, all’ars sophistica -- dottrina delle fallaciae --, all’ars
exercitativa -- o de obligationibus -- e all’ars demonstrativa -- o sillogismo.
Nel iractatus brevior, dunque, la distribuzione della materia non obbedisce più
che a criteri puramente logici, ponendo in primo piano la logica degli
enunciati. Ma per avere un quadro più completo delle modificazioni subite
dall'impianto dei manuali di logica, è opportuno accennare ancora alla
struttura di due opere. Le Regulae solvendi sophismata di Heytesbury sono una
surzzza !” (ma vanno anche sotto il nome di Logica), ma della summa
tradizionale conservano ben poco. Si articolano infatti in capitoli dedicati
agli insolubilia, al de scire et dubitare, alla supposizione del relativo (de
relativis), alla expositio de incipit et desinit, ai problemi de maximo et
minimo e a quelli, compresi nel capitolo de tribus praedicamentis, relativi al
moto locale, quantitativo (de augmentatione) e qualitativo (de alteratione).
Più tradizionale la distribuzione della Logica di Strode. In un primo trattato Strode
ricapitola la materia dei seguenti libri: De interpretatione (con in più la
trattazione delle proposizioni ipotetiche), Isagoge, Categorie e Primi
analitici, nel secondo si toccano i seguenti argomenti: termine, proposizione,
de obligationibus (è, [Cfr, l’Introduction del Bonner a W. BurLEIGH, op. cif.,
pp. VI-XI. 127 Op. cit., f. 4va: traderem brevi summa» e «Et in sex capitula
nostram dividens summulam [...] ». 128 Così, secondo ScHum, op. cit., p. 88, è
nel cit. ms. Erfurt, Amplon. F. 135. questo, un trattato dedicato, come avverte
l’autore, ai « principia logicalia » e che deve servire ad introdurre i giovani
« in tracta- tus graviores» !®); seguono gli altri quattro trattati:
conseguentiae de suppositionibus et exponibilibus, obligationes, insolubilia. i
Si può notare che in queste opere nuove esigenze e nuovi problemi si fondono
con esigenze tradizionali d’insegnamento. Ma emerge sempre più l’affermarsi
della logica degl’enunciati o consequentiae rispetto alla logica dei termini,
giacché la logica dei termini è sottoposta a verifica mediante consequentiae.
Ciò è stato già rilevato a proposito della suppositio, ma trova ora nuove
conferme soprattutto nella dottrina della probatio propositionis. La logica
elementare, specie nella probatio, è il presupposto indispensabile di tutta
l’articolazione del discorso e delle analisi proposte. Contemporaneamente,
anche a livello di organizzazione di un corpus di dottrine logiche, la
consequentia va a prendere il primo posto. Si è ricordata la collocazione che
essa ha nel tractatus brevior De puritate artis logicae di Burleigh. Ma si
pensi che, spesso, il sillogismo è considerato, come dev'essere, un tipo di
conseguentia (Riccardo di Campsall parla di consequencia sillogistica e Alberto
di Sassonia ha de consequentiis syllogisticis) fino a giungere con SERMONETA
(si veda), all’affermazione del primato delle consequentiae rispetto ai
sillogismi. Le corseguentiae sono communissima pars libri Priorum, aut ad ipsum
isagogicon. Tutto ciò è testimonianza di un lavoro che lungo i secoli Fa Cfr.
Logica, cit., f. 19vb: «Et haec dicta de principiis logicalibus ad iuvenum
introductionem in tractatus graviores sufficiant ». 19
Bonner, Medieval Logic, cit., pp. 29-31. 131 Cfr. Questiones ..., cit., 12.34,
p. 205. { sa” Logica, IV, 7: De consequentiis syllogisticis hoc est de
syllogismis, . 28vb. È 133
Cfr. Super Consequentias Strodi, cit., f. 2ra: Ad secundum dico libellum hunc
esse communissimam partem libri Priorum aut ad ipsum isagorgicon, et per
consequens immediate postponi debere ad librum ha avuto di mira
l’identificazione di strutture logiche sulle quali fosse possibile operare. Ma
è ben noto che la logica è, nel medio- evo, una delle arti del trivio e HA PER
OGGETO IL LINGUAGGIO (è quindi una
scientia sermocinalis) come la grammatica e la retorica, differendo però da la
GRAMMATICA e la RETORICA perché DIALETTICA mira a discernere le proposizioni
vere da quelle false, mentre la grammatica e la retorica insegnano,
rispettivamente, a SERVIRSI del linguaggio con correttezza – LA GRAMMATICA -- e
con eleganza – LA RETORICA. A sua volta, IL LINGUAGGIO-OGGETTO d’indagine è una lingua storica, il LATINO. È
da chiedersi perciò fino a che punto i risultati dello sforzo compiuto per
identificare strutture linguistiche sulle quali fosse possibile operare
validamente da un punto di vista logico autorizzino a parlare di logica
formale; o, in altri termini, se le strutture siano autentiche forme, siano
trattate SENZA FAR RIFERIMENTO AL SIGNIFICATO delle parole e al senso delle
espressioni. Quando si cerca una risposta, la difficoltà maggiore s'incontra nel
fatto che la proposizione studiata ha un ineliminabile importo esistenziale,
per cui elementi extra-logici -- ontologici, gnoseologici -- finiscono per
condizionare la trattazione della logica. È tuttavia utile indicare alcuni
elementi che documentano il progressivo affermarsi di una concezione formale
della logica. Oltre alla distinzione, troppo nota, tra materia e forma di un
argomento, ricordiamo che Buridano considera la copula est “formale
propositionis;” essa cioè è l’elemento Periermenias et anteponi ad librum
Topicorum, Elenchorum et Posteriorum. Patet hic ordo, quia de consequentia hic
tamquam de subiecto agitur, quae communiot est omni specie argumentationis seu
syllogismo simpliciter, de quo agitur in libro Priorum ». Cfr. Moopy, Truth and
Consequence ..., cit., p. 10. 134 Cfr. R. CarnaP, Sintassi logica del
linguaggio, tr. it. A. Pasquinelli, Milano 19662, p. 33. 135 Cfr. Tractatus de
suppositionibus, cum copula debeat esse formale propositionis; Reina legge:
«esse (verbum) formale », ma l'integrazione è superflua. Ma v. BURIDANO,
Consequentiae, cit., tei] formale della proposizione categorica o atomica; che
Alberto di Sassonia parla di “formale propositionis” per le ipotetiche: sono
tali le particelle sincategorematiche (come “si” – sillogismo ipotetico; “vel:,
sillogismo disgiuntivo) che fungono da connettivi tra proposizioni atomiche in
modo da formate proposizioni molecolari; che Heytesbury usa il termine forzza
per indicare una struttura logica, considerata solamente dal punto di vista
operativo, nella quale le variabili stanno per proposizioni. Il progressivo,
cosciente affermarsi del primato della logica degl’enunciati va dunque di pari
passo con l’individuazione di forme logiche. Infine, in un testo in cui si
discute della diversità delle logiche, proprie delle varie scienze, all’interno
dell’unica (universalis) logica comune a tutte le scienze, e quindi della
diversità della rationalis logica fidei e della logica naturalis, Holcot scrive.
Sed quid est dicendum: estne logica Aristotelis formalis, an non? Dico, quod si
non vis I, 7 (distingue tra materia e forma della proposizione o della
consequentia e precisa quali elementi siano da considerare spettanti alla
forma). 156 Cfr. Sophismata, cit., II, 8° «Non Socrates currit vel non curtit
», f. [4lra]: «[...] quia formale, scilicet nota disiunctionis, in utraque
affirmatur », e « Non aliquis homo
currit si aliquod animal currit », f. [4lra-b]: «[..] eo quod in illo sensu
negatio cadit supra formale propositionis, scilicet supra notam conditionis.
157 Cfr. cap. VI, app. 2, nn. 8 e 9 (in entrambi i casi si tratta della
proposizione copulativa. 158 Cfr. HoLcor Opus questionum ac determinationum
super libros Sententiarum, Lugduni 1518, I Sent., q. 5J: « Eodem modo
rationalis logica fidei alia debet esse a logica naturalis. Dicit enim
Commentator secundo Metaphysicae commento XV quod quaedam logica est
universalis omnibus scientiis, et quaedam propria unicuique scientiae; et si
hoc est verum, a multo fortiori oportet ponere unam logicam fidei, et similiter
alia logica utitur obligatus certa specie obligationis, et alia libere
respondens secundum qualitatem propositionum. Modo
philosophi non viderunt aliquam rem esse unam et tres; ideo de ea in suis
regulis mentionem non fecerunt. Sunt igitur in logica fidei tales regulae: quod
omne absolutum praedicatur in singulari de tribus, et non in plurali; alia,
quod unitas tenet suum consequens, ubi non obviat relationis oppositum. Et ideo, concessis
praemissis dispositis Terminologia logica della tarda scolastica 43 vocare
logicam formalem nisi illam, quae tenet in omni “agi sicut dicit Commentator
primo Physicorum commento XXV: er- mo concludens per se debet concludere in
omni materia, tune patet, quod non. Si vis vocate logicam formalem illam, quae
per naturalem inquisitionem in rebus a nobis sensibiliter a non capit
instantiam, dico quod sic » !®: secondo Holcot, la logica aristotelica è logica
naturale, e la sua validità non trova eccezione nell’ambito della nostra
esperienza. Essa è quindi formale nell'ordine della natura. Ma la logica
aristotelica non è una logica universale valida in ogni materia (non è
applicabile, ad tr pio, al dato rivelato, come al problema della trinità) e in
tal senso non è logica formale. Forse altri testi potranno ts mentare meglio e
chiarire con quale coscienza i maestri Fa ev si servissero dei propri strumenti
scientifici, e quindi della logica Ma sembra incontestabile che qui s’affaccia
1 esigenza di una logica formale, la cui validità si estenda ad ogni campo del
sapere e non dipenda dalle particolarità della materia trattata, De sia cioè
condizionata dai princìpi di questa, ma ubbidisca solo ai propri princìpi.
Prima di concludere, è il caso di spendere qualche parola per presentare questo
lavoro e per collocarlo in rapporto ai temi ora accennati. na . Ciascuno dei
capitoli nei quali esso si articola è dedicato ie studio di un termine o gruppo
di termini, e quindi di una dot- in modo et in figura, negatur conclusio, quia
in conclusione obviat cera oppositio; sicut si arguitur sic: haec essentia est
pater, haec essentia t.- filius, ergo filius est pater; et utraque praemissarum
est vera, et app: ispositio tertiae figurae ». . de" Ivi (continuaz. del
testo della n. prec.). Il passo è gar w F. Horemann, Holcot. Die Logik in der
Theologie, in Lo ssd Mediaevalia, 2: Die Metaphysik im Mittelalter. Vortrige
des si mi nalen Kongresses fiir mittelalterliche Philosophie (Kéln 31 Aug.-6
Sept. 9 herausg. P. Wilpert-W.P.
Eckert, Berlin 1963, p. 633. 44 Alfonso Maierà trina, che ha un certo rilievo
nel quadro dell’insegnamento logico della tarda scolastica. L’ordine con cui si
succedono i capitoli non è quello strettamente alfabetico. Il criterio
alfabetico si compone con quello dell’affermarsi cronologico delle dottrine. La
combinazione dei due criteri ha portato a una disposizione che, pur salvando la
varietà dei temi trattati, forse conferisce una certa unità all’esposizione. Le
dottrine, proprie della logica modernorum, relative ai termini e alle
proposizioni hanno trovato una particolare sistemazione in due specie di
trattati che corrispondono a diversi punti di vista. Uno è quello fornito dal
de sensu composito et diviso: si pensi al trattato di Heytesbuty). L’altro
corrisponde a quello della probatio propositionis -- quale si trova, ad
esempio, nello Speculum di Billingham. Si è dato un certo rilievo a questi temi
per due motivi. Primo, perché sembra siano le dottrine verso le quali
confluiscono le altre. Si vedano i rapporti tra appellatio e senso composto e
senso diviso, tra ampliatio e propositio modalis, tra suppositio confusa,
descensus e probatio, tra propositio modalis e probatio, tra la dottrina della
probatio e quella del senso composto e del senso diviso: è una fitta rete di
nessi che corre da un tema all’altro. Secondo, perché i due punti di vista, in
certo senso concorrenti, finiscono per unificatsi. Il de sensu composito et
diviso è in genere analizzato per mezzo della dottrina della probatio dai filosofi
italiani. Il rapporto tra di essi costituisce uno dei temi più interessanti
della filosofia scolastica del linguaggio. I capitoli appellatio,
ampliatio-restrictio, e copulatio affrontano una problematica che, pur presente
nella tarda scolastica, non ha ricevuto un impulso notevole in quel periodo. Essi
infatti svolgono una tematica caratterizzante: le prime discussioni sulle
proprietates terminorum. Segue un capitolo che studia un aspetto della suppositio.
La dottrina della suppositio rappresenta il frutto più maturo dei parve
logicalia e apre la strada allo studio dei termini dal punto di vista della
logica degli enunciati. Qui se ne tratta un capitolo particolare, la confusio,
al quale i logici della tarda scolastica fanno continua- mente riferimento e
che mostra la tendenza a una nuova organizzazione della dottrina in un quadro
più ampio. Seguono capitoli dedicati alla propositio modalis, alla probatio
propositionis, al sensus compositus e al sensus divisus, che dovrebbero meglio
documentare la capacità di analisi dei filosofi alle prese con un linguaggio
storico e informale come IL LATINO mentre aspirano a fondare un linguaggio
scientifico, ideale, o formale. Quanto di tutto ciò la logica derivi dalle
dottrine grammaticali si vedrà nei singoli casi. Rijk, nella sua Logica
modernorum fa un primo bilancio dei termini che la logica fa propri RICAVANDOLI
DALLA GRAMMATICA FILOSOFICA O RAZIONALE. Di essi ricordiamo suppositio,
appositio, appellatio, IMPLICATIO, IMPLICITVM-EXPLICITVM, incongruu. Ma bisogna
aggiungere che la logica necessariamente fa leva sulle dottrine grammaticali
nella sua indagine sulle strutture linguistiche
del LATINO. Si pensi allo studio delle parti del discorso, in
particolare del NOME con i suoi casi (si veda la funzione dei casi obliqui in
contrapposizione al caso rectus), e del verbo e del tempo di esso. Del pronome
relativo e l’ANAFORA, la CATAFORA, l’ENDOFORA, e l’ESSOFORA, in rapporto al
problema della supposizione, la prae-suppositio, e l’implicatura. Si pensi al
rapporto tra forma avverbiale e forma causalis o nominale del modo; e, ancora,
a quanto siano presenti le dottrine delle costruzioni sintattica – SINTASSI,
SEMANTICA, PRAMMATICA -- grammaticali, indipendenti, nella vox attiva o vox passiva,
e dipendenti (dictu72) e, in particolare, all’importanza che esse rivestono per
l’esame del senso composto e del senso diviso. Si vedrà se, e quale, utilità
possa venire alla discussione di problemi affrontati dai filosofi del
linguaggio del nostro tempo, come H. P.
GRICE, dalla lettura di testi del genere. Segnaliamo soltanto alcuni punti nei
quali il confronto risulta immediatamente interessante: 140 Op. cit., I, pp.
20-22; ma cfr. tutta la prima parte del secondo volume della stessa opera. la
dottrina dell’impositio richiama alla mente la critica della dottrina del nome
avanzata da ‘Vitters.’ La consignificatio temporis è negata’ da Russell. La
dottrina della copula e della predicazione può essere esaminata alla luce dell’ONTOLOGIA
– come rama della metafisica, come ha fatto D.P. Henry, sequendo H. P. GRICE –
“Semantics and METAPHYSICS,” Part II to his “Studies in the Way of Words”. Per
quanto riguarda i modali. Si veda l'esame dei particolari egocentrici e degli
atteggiamenti enunciativi operata da Russell. Si tratta solo di alcuni
argomenti e punti di contatto che permettono però di notare come il ripropotsi,
a distanza di tanti secoli, degli stessi temi sottolinei quanto siano
insoddisfacenti le formulazioni e le soluzioni finora affacciate, se la ricerca
intorno ad essi continua con impegno. Cfr. Ricerche filosofiche, ed. it. a cura
di M. TRINCHERO (si veda), Torino: ad es., $ 40, pp. 31-32. 14 Cfr. A Inquiry
into Meaning and Truth, tr. it. di L. Pavolini col titolo Significato e Verità,
Milano. Cfr. Henry, The De Grammatico of AOSTA: The Theory of Paronymy, Notre
Dame Ind.., che utilizza C. LEJEWSKI, On Lesniewski's Ontology, « Ratio; per i
particolari egocentrici, e per gli atteggiamenti enunciativi. APPELLATIO. Appellatio
»—mpoonyopia nell'antichità. Il valore primo e fondamentale dei termini
appellatio e appellare è, rispettivamente, atto di NOMINARE (DESSINARE) o
semplicemente ‘nome’, e ‘nominare’, ‘designare’ DESSINARE. DISENNARE. Ma
appellatio rende la “rpoonvopia”, fra l’altro, in due contesti: quello
aristotelico o LIZIO delle “Categorie” e quello del PORTICO delle dottrine
grammaticali. In rapporto al testo aristotelico e all’insegnamento DEL PORTICO si
sono costituite due tradizioni. Di esse la più antica, e più ampiamente
testimoniata, è senza dubbio la seconda. Un primo cenno si trova nel spagnuolo Quintiliano,
il quale, discutendo del numero delle parti del discorso, si chiede se
npoonvopia sia da considerare una specie di nome o una autonoma parte del
discorso -- in questo secondo caso, NOMEN è quella parte del discorso indicante
una qualità propria, individuale, esempio: ‘SOCRATE,’ o GRICEVS, STRAWSONIVS e
PEARSIVS -- mentre appellatio è la parte del discorso indicante una qualità comune,
esempio: ‘uomo’ -- e se il termine “npoonvopia” sia da rendere
indifferentemente con “vocabulum” o [Cfr. Thesaurus linguae latinae, appellare,
appellatio. Cfr. però L. ApAmo, BOEZIO e VITTORINO traduttori e interpreti
dell’« Isagoge» di Porfirio, «Rivista critica di storia della filosofia, il
quale rileva che Vittorino rende « prevalentemente “xamyopeiv” con “appellare,”
xaxmyopla con “appellatio”, xatnYyopobpevos con appellativus. appellatio,
oppure se “vocabulum” debba essere distinto da appellatio, indicando il primo
termine i nomi comuni di corpi, visibili e tangibili, e il secondo i nomi
comuni di cose invisibili e non tangibili. Come è noto, per i grammatici
filosofici della tarda antichità il NOMEN può essere PROPRIVM *o* APPELATIVO. Un
NOME PROPRIO DESIGNA i nomi di persona
(o animale – H. P. GRICE, “Bellerophon rode Pegasus”). IL NOME APPELLATIVO i
nomi comuni: la dottrina del PORTICO è qui evidentemente ripresa. In questo
contesto è frequente il richiamo, esplicito [Institutiones oratoriae, ed.
Radermacher, Lipsiae. Paulatim a philosophis ac maxime Stoicis PORITCO auctus
est numerus (sc. partium orationis), ac primum convinctionibus articuli
adiecti, post praepositiones: nominibus appellatio, deinde pro-nomen, deinde
mixtum verbo participium, ipsis verbis adverbia. noster sermo articulos non
desiderat ideoque in alias partes orationis sparguntur, sed accedit
superioribus interiectio. alii tamen ex idoneis dumtaxat auctoribus VIII partes
secuti sunt, ut ARISTARCO et aetate nostra PALEMONE, qui vocabulum sive
appellationem nomini subiecerunt tamquam speciem eius, at ii, qui aliud nomen,
aliud vocabulum faciunt, novem. nihilominus fuerunt, qui ipsum adhuc vocabulum
ab appellatione diducerent, ut esset vocabulum corpus visu tactuque manifestum
‘domus lectus’, appellatio, cui vel alterum deesset vel utrumque ‘ventus caelum
deus virtus’. adiciebant et adseverationem,ut ‘eheu’, et tractionem ut
‘fasciatim’: quae mihi non adprobantur. vocabulum an appellatio dicenda sit
tpoonyopla et subicienda nomini necne, quia partvi refert, liberum opinaturis
relinquo. Ma appellatio vale nomen per Quintiliano: cfr. ivi, XII, 10, 34, vol.
II, p. 408: res plurimae carent appellationibus. Più generalmente, per il
valore del termine APPELLATIO IN RETORICA, cfr. H. Lausserc, Handbuch der
literarischen Rbetorik. Eine Grundlegung der Literaturwissenschaft, Miinchen, Registerband.
Stoicorum veterum fragmenta, ed. Arnim, Lipsiae, $ 21 Diocles Magnes apud Diog.
Laért. VII, 57: toù Sì Xbyov tori pépn Evie, die gno Avoyévne TE Èv TD Tepi
pwviig xa Kpbatrrog * $voua, mpoonvopia, pfua, oiviecos, &pipov e $ 22:
Diocles Magnes apud Diog. Laért. VII, 58: tot Sì mpoonyopla pév, xatà tèv
Atovivnv, pépos Xbyov omuatvov xouviy Toubenta, olov “Uvapwroc”, “Immoc”. dvopa
SE tot pepog Abyov SnXoiy idtav mowrtnta, olov Atoyévng, Zwxpktng. Presso il
PORTICO tpoonyopia è parte del discorso accanto a $vopua, non una sottoclasse
di esso, come sarà PER I LATINI. per i latini.] o implicito, alla distinzione
tra vocabulum e appellatio. La tradizione aristotelica è legata a due passi
delle Categorie. Aristotele pone la definizione dei termini denomi- [Prisciano
però ripete la dottrina originale. In Grammatici latini. Secundum stoicos PORTICO
vero V sunt eius (sc. orationis) partes: nomen, appellatio, verbum, pronomen
sive articulus, coniunctio. nam participium connumerantes verbis participiale
verbum vocabant vel casuale, e aggiunge, in Grammatici latini. Sic igitur supradicti
philosophi [del PORTICO] etiam participium aiebant appellationem esse
reciprocam, id est dvTavaNALO TOY mpoomyoplav, hoc modo: LEGENS EST LECTOR et LECTOR
LEGENS, CVRSOR EST CURRENS et CVRRENS CVRSOR, AMATOR EST AMANS et AMANS AMATOR,
vel nomen verbale vel modum verbi casualem. La lettura di alcuni passi dei
grammatici mostra quanto fosse articolata la discussione relativa a appellatio
in rapporto al nome (per altre occorrenze, cfr. Thesaurus linguae latinae,
appellatio): DiomEDIS Artis grammaticae
libri III, ex rec. H. Keilii, I, in Grammatici latini, cit., I, Lipsiae. Dopo
aver definito il NOMEN pars orationis
cum casu sine tempore rem corporalem aut incorporalem proprie communiterve
significans, aggiunge. Sed ex hac definitione SCAURO dissentit. separat enim a
nomine appellationem et vocabulum. et est hotum trina definitio talis:
appellatio quoque est communis similium rerum enuntiatio specie nominis, ut HOMO
VIR femina mancipium leo taurus. item vocabulum est quo res inanimales vocis
significatione specie nominis enuntiamus, ut arbor lapis herba toga et his
similia. Ma cfr. Appellativa nomina sunt quae generaliter communiterque
dicuntur. haec in duas species dividuntur, quarum altera significat res
corporales, quae videri tangique possunt (i altera incorporales, quae
intellectu tantum modo percipiuntur, verum neque videri nec tangi possunt; Ex
CWarISsII arte grammatica excerpta. Nomina aut propria sunt aut appellativa e
Appellatio dicitur quidquid praeter proprium nomen est. appellativa nomina sunt
quae generaliter communiterque dicuntur. haec in duas species dividuntur. alia
enim significant res corporales, quae videri tangique possunt, et a quibusdam
vocabula appellantur, ut HOMO arbor pecus. Alia quae a quibusdam appellationes
dicuntur et sunt incorporalia, quae intellectu tantum modo percipiuntur, verum
neque videri nec tangi possunt, ut est VIRILITA – H. P. GRICE, “HORSENESS” --, pietas
iustitia. ea nos appellativa dicimus »; PrIScIANO, in Grammatici latini. Quidam
autem IX dicebant esse partes orationis, appellationem addentes separatam a
nominibus, alii autem nativi o paronimi
(distinguendoli da quelli univoci e da quelli aequi-voci) nel seguente modo, secondo
la traduzione di Boezio. De-NOMI-nativa vero dicuntur quaecumque ab aliquo solo
differentia casu secundum nomen habent appellationem [tv xatà tobvoua mpoo-
myopiav éxe], ut a grammatica grammaticus, et a fortitudine fortis . Sono
partonimi quei termini che hanno appellazione, cioè traggono la loro funzione di
NOMINARE e quindi la loro forma lingui- [...], alii XI [....]. his alii
addebant etiam vocabulum et interiectionem apud Graecos. Proprium
est nominis substantiam et qualitatem significare. hoc habet etiam appellatio
et vocabulum. Ergo tria una pars est orationis. Hoc autem interest inter
proprium et appellativum, quod appellativum naturaliter commune est multorum,
quos eadem substantia sive qualitas vel quantitas generalis specialisve iungit;
Donato, Ars grammatica, in Grammatici latini. Nomen unius hominis,
appellatio multorum, vocabulum rerum est. sed modo nomina generaliter dicimus.
Qualitas nominum bipertita est, aut enim propria sunt nomina aut appellativa
[...]. appellativorum nominum species multae sunt. alia enim sunt corporalia alia
incorporalia; POMPEO Commentum Artis Donati, ex rec. H. Keilii, in Grammatici
latini, Lipsiae. Qualitas nominum
principaliter dividitur in duas partes. omnia enim nomina apud Latinos aut
propria sunt aut appellativa. Sunt nomina appellativa quae appellantur
corporalia, sunt quae incorporalia, e ConsENTII Ars grammatica, ex rec. H.
Keilii. Qualitas nominum in eo est, ut intellegamus, utrum nomen quod positum
fuerit appellativum sit, an proprium. appellativa enim nomina a genere et
specie manant. Appellativa autem nomina, quae a genere et specie manare
diximus, plures differentias habent. nam vel rem corporalem vel incorporalem
significant. Della distinzione nomen-appellatio-vocabulum resta traccia nei
commenti a Prisciano: cfr. quello di Guglielmo di Conches, (in Rijg, Logica
modernorum), quello d’ELIA (si veda) e la glossa Promisimus (ivi, p. 260). 6
Cat. 1, la 12-15 (l’espressione messa in parentesi è alla r. 13); transì. Boethii,
« Aristoteles latinus; cfr. STEINTHAL, Sprachwissenschaft bei den Ròmern,
Berlin. Nur ist
allerdings xxtnyopia bei Aristoteles nicht véllig gleichbedeutend mit
rpoonyopia und Uvopa, so wenig wie xamnyopeiv] stica, da un altro termine, che
può essere detto principale o primitivo – RYLE, “FIDO”-FIDO --, con la sola
differenza, rispetto ad esso, della terminazione, o suffisso. Invece, dopo aver
precisato che le sostanze prime significano l’individuo (q68e qu, hoc aliquid),
Aristotele afferma: In secundis vero substantiis videtur quidem similiter ad
appellationis figuram [o sub appellationis figura, sub figura appellationis: o
oynua tig mpoonyoplas] hoc aliquid significare, quando quis dixerit HOMINEM
HOMO hominem vel animal. Non tamen verum est, sed quale
aliquid [motéy 7v] significat (neque enim unum est quod subiectum est quem-
admodum prima substantia, sed de pluribus homo dicitur et ani mal). Non autem
simpliciter qualitatem significat, quemadmodum album (nihil enim significat
album quam qualitatem), genus autem et speciem circa substantiam qualitatem
determinant (qualem enim quan- dam substantiam significant). Secondo Aristotele, mentre
i nomi delle sostanze prime designano la realtà individuale, un nome di una
SOSTANZA SECONDA desi- [dasselbe ist wie rpoonyopevtw; sondern xatmyopia in der
hier gemeinten Bedeutung entspricht noch eher dem platonischen Ausdrucke
èrwwwyia. Wahrend nimlich évopa, Wort, nur das lautliche ovuforov, Zeichen, der
Sache ist, und in npoonyopia die Anwendung dieses dvoua auf die mit demselben
bezeichnete Sache liegt: ist xatnyopta das Wort, insofern es nicht bloss
Zeichen ist, sondern zugleich das Bezeichnete in sich fasst, d. h. das Wesen
und die Bestimmung der Sache aussagt und insofern Be- griff ist ». È da notare
che PrISCIANO (in Grammatici latini) dà come DE-NOMI-NATIVO il SOSTANTIVO rispetto
all’AGGETTIVO [cfr. H. P. GRICE, “FIDO IS SHAGGY”] (es. SAPIENS SAPIENTIA), che
è il contrario di quanto si può vedere in Aristotele (del quale si veda anche
Cat.). Per principale: cfr. Boezio, In Cat. Arist., cit., 168A; per primitivo:
cfr. Martino DI Dacia, Modi significandi, in Opera, ed. Roos, Hauniae (cfr.
PriscIano, in Grammatici latini. Transl. Boethii, « Aristoteles latinus; la
prima variante è in apparato critico, la seconda è corrente. 9 Cfr. Cat.;
transl.] gnano il genere e la specie. PRIMA SOSTANZA: ‘quest'uomo’ o ‘questo
cavallo’ e SOSTANZA in senso proprio. LA SECONDA SOSTANZA, ‘uomo’ o ‘animale’,
pur utilizzando gli stessi nomi che designano le sostanze prime (‘quest’'UOMO’
e ‘UOMO’), in realtà designano di esse le qualità comuni. Sono — precisano i
filosofi — degl’UNIVERSALI. E l’UNIVERSALE, secondo la definizione
aristotelica, è ciò che è predicabile di più. Così, questo testo si presta ad
essere accostato da un lato alla definizione di NOMEN appellativum – SOSTANTIVO
COMUNE --, poiché nome appellativo è il nome comune, e ciò che in grammatica è
detto ‘COMUNE’ in dialettica è detto ‘universale’; dall’altro, al primo testo
dello stesso Aristotele, giacché, se ad esempio grammaticus deriva da
grammatica, e grammatica è una qualità, come album deriva da albedo e designa
principalmente una qualità, sarà lecito chiedersi, per un verso, se LA SOSTANZA
SECONDA va considerate nella categoria della qualità e, per un altro verso e
soprattutto, se, e come, ‘gramma-] Boethii, Aristoteles latinus. Cfr. Copulata
tractatuun parvorum logicalium (ed. Colonia) che fa derivare la dottrina
dell’appellatio da questo passo (in BòHNER, Medieval Logic). Cat., De
interpr. Cfr. Introductiones Parisienses, Quidam terminus COMMUNIS SIVE
UNIVERSALIS SIVE APPELLATIVVS [“shaggy”]; Cfr. Occam, Summa logicae. Et ita omnia illa nomina
communia, quae vocantur secundae substantiae, sunt in praedicamento qualitatis,
accipiendo esse in praedicamento pro eo, de cuius pronomine demonstrante ipsum
praedicatur qualitas. Omnia tamen illa sunt in praedicamento substantiae,
accipiendo esse in praedicamento pro illo, de quo significative sumpto
praedicatur substantia. Unde in ista propositione: ‘Homo est animal’, vel:
‘Homo est substantia’, ‘homo’ non supponit pro se, sed pro suo significato. SI
ENIM SUPPONERET PRO SE, HAEC ESSET *FALSA*: ‘Homo est substantia’, et haec VERA:
‘Homo est qualitas’. Sicut si haec vox ‘homo’ supponat pro se, haec est FALSA:
‘Homo est substantia’, et haec VERA: ‘Homo est vox et qualitas’. Et ita
secundae substantiae non sunt nisi quaedam nomina et qualitates praecise
significantes substantias. Et propter hoc, et non propter aliud dicuntur esse
in praedicamento substantiae. Si noti però] tico” o ‘bianco’ possano designare
una sostanza. All’impostazione del problema contribuiscono due dottrine, cioè
la definizione di NOMEN data da Prisciano. Proprium est nominis significare
substantiam et qualitatem. O, come leggeno i filosofi substantiam cum
qualitate, e l’affermazione boeziana relativa alla costituzione degli esseri. In
una sostanza diversum est esse et id quod est. L’ id quod est è la sostanza completa,
ed è tale grazie a un esse, a una forma, che è un quo est, ciò grazie al quale
la sostanza diviene quello che è, ciò di cui la sostanza partecipa. La dottrina
grammaticale del nome, substantia et qualitas », si presta ad essere
interpretata alla luce della dottrina boeziana, per la quale la sostanza,
designata dal nome, è un composto, un quod est, e si costituisce in virtù di un
quo est, una forma. Ci si chiede: ciò è vero di tutti i nomi, non solo dei
denominativi e dei nomi di sostanza seconda, ma anche dei nomi di sostanza
prima. E come si può articolare nella PREDICAZIONE tale distinzione: ponendo a
soggetto la substantia, secondo la terminologia grammaticale, o il suppositum, secondo
la termi- [che Boezio, In Arist. Periermenias, forma nomi di qualità dai nomi
di individui. Alia est enim qualitas singularis, ut Platonis vel Socratis, alia
est quae communicata cum pluribus totam se singulis et omnibus praebet, ut est
ipsa humanitas. Age enim incommunicabilis Platonis illa proprietas PLATONITAS,
SOCRATITAS, GRICEITAS, STRAWSONITAS, PEARSITAS, appelletur. eo enim modo
qualitatem hanc PLATONINATE – Platonitatem -- ficto vocabulo nuncupare
possimus, quomodo hominis qualitatem dicimus humanitatem. È il problema posto
nel De grammatico d’AOSTA. Prisciano, op. cif., II, 18 (cfr. la prec. n. 5);
per l’uso, cfr.CHENU, La théologie au douzième siècle, Paris (è qui ripreso e
parzialmente modificato l’articolo Grammaire, Archives d’histoire doctrinale. Cfr.
Girson, La philosophie au moyen dge, Paris CHENU), e a predicato ciò che vien
detto rispettivamente la qualitas il
significatum. I filosofi hanno sviluppato questi temi, mentre nei secoli
successivi le dottrine fissate vengono tramandate in modo sostanzialmente
immutato. La storia della teoria dei paronimi o denominativi (o derivati) è
stata di recente ricostruita da Henry che ha studiato il De grammatico d’Aosta.
Riprendiamo qui le linee generali della dottrina anselmiana e seguiamo lo
sviluppo del problema. È noto che Boezio pone tre condizioni perché si abbiano
i termini denominativi: Tria sunt autem necessaria, ut denominativa vocabula
constituantur. Prius ut re participet, post ut nomine, postremo ut sit quaedam nominis
TRANS-FIGURATIO, ut cum aliquis dicitur a FORTITUDINE FORTIS, est enim quaedam
fortitudo qua fortis ille participet, habet quoque nominis partecipationem,
fortis enim dicitur. At vero est quaedam transfiguratio, fortis enim et
fortitudo non eisdem syllabis terminantur. ALBERTO Magno, I Sent., d. 2, a. 11,
sol. (cit. in CHENU, Duo sunt attendenda in nomine, scilicet forma sive ratio a
qua imponitur, et illud cui imponitur; et haec vocantur a quibusdam
significatum et suppositum, a grammaticis autem vocantur qualitas et substantia.
L’influenza di
Porfirio è stata determinante per una impostazione del problema in termini di
predicazione: cfr. Moody, The Logic of William of Ockbam, London, in part. p.
74. 19 MartINno DI Dacia, /.c.; ma cfr. Cassionoro, Irstitutiones, cit., II,
iii, 9, p. 113: denominativa, id est derivativa [....] ». 20 Cfr. Henry, The «
De grammatico » ..., cit., pp. 79-101 (per la ricostruzione storica del
problema: in questo saggio sono sistemate le ricerche precedenti dell’autore),
e The Logic of St. Anselm, Oxford. In Cat. Arist., cit., 168A-B. L’analisi
delle tre condizioni in HenRry, The « De grammatico » A fondamento di questa
interpretazione è la dottrina boeziana della costituzione dell’essere mediante
la partecipazione a una forma, e quindi al nome che la designa: il denominativo
si ricava dal nome della forma, e si differenzia da questo soltanto nella parte
terminale. Con ciò non è ancora risolto il problema, se il nome ottenuto
significhi principalmente la forma o il soggetto al quale inerisce. Altrove, però,
lo stesso Boezio afferma che ALBUM [SHAGGY] è detto denominative di un corpo e
perciò può essere predicato del nome di corpo, ma non è possibile che la
definizione di album o SHAGGY, e tutto ciò che essa contiene, possa essere
predicata del subiecium, cioè del nome che funge da soggetto. Diverso è il caso
di animal, detto di homo: animal non solo può essere predicato di homo, ma,
essendo esso posto nella definizione di homo, la definizione di animal può
essere predicata di homo. Vengono così a configurarsi due tipi di predicazione
secondo Boezio: una predicazione secundum accidens, e si ha quando si predica
del subiectum ciò che è in subiecto, e una predicazione de subiecto (o in eo
quod quid) o essenziale – H. P. GRICE, IZZING, NOT HAZZING --, e si ha quando
una parte della sostanza è predicata della sostanza stessa. Questo secondo modo
di predicazione ha luogo quando le sostanze seconde sono dette di sostanze
prime (non solo, in tal caso, è predicabile il nome, ma anche la ratio o
definitio del nome. Ma quando un denominativo è predi- [Cosa siamo soggetto
(“FIDO”) e predicato (“SHAGGY”) è detto da Boezio, In Arist. Periermenias. Termini
autem sunt nomina et verba, quae in simplici propositione praedicamus, ut in eo
quod est Socrates disputat, “Socrates” (FIDO) et disputat (IS SHAGGY) termini
sunt. et qui minor terminus in enuntiatione proponitur, ut Socrates (FIDO),
subiectus dicitur et ponitur prior; qui vero maior, praedicatur et locatur
posterior, ut disputat (IS SHAGGY)»; cfr. HeNRY, The Logic of St. Anselm. Boezio,
In Cat. Arist.; cfr. HENRY, The Logic of St. Anselm] cato di un subiectum, la PREDICAZIONE
attiene al nome, non alla ratio o definitio del nome. Si vede bene, dunque, che
altro è il modo in cui uomo (SHAGGY) è detto di Socrate (FIDO), o ‘animale’ di
uomo, altro è il modo in cui album (SHAGGY) è detto di una sostanza qualsiasi.
E poiché album (o grammaticus o SHAGGY) non è il nome della qualità (albedo,
grammatica, SHAGGINESS, HORSENESS, PLATONITAS), ma di un quale, cioè di un
soggetto cui la qualità inerisce (è nome cioè non della sua razio, ma del
subiectum), bisogna precisare in che modo esso denoti il subiectum. Anselmo nel
De grammiatico fa porre così il problema dal Discepolo. De
grammatico peto ut me certum facias utrum sit substantia an qualitas. I termini usati sono quelli
della definizione del nome data da Prisciano, ma posti in disgiunzione -- substantia
an qualitas. Ben presto però, nel corso della discussione tra Maestro e
Discepolo, si cerca di spiegare come grammaticus sia substantia ET qualitas. Per
comprendere la risposta data dal Maestro nel testo di Anselmo, si consideri
innanzi tutto l’analisi che egli fa di homo: Nempe nomen hominis per se et ut
unum significat ea ex quibus constat TOTVS VEL OGNI homo. In quibus substantia
principalem locum tenet, quoniam est causa aliorum et habens ea, non ut
indigens illis sed ut se indigentia. Nulla enim est differentia substantiae sine qua
substantia inveniri non possit, et nulla differentiarum eius sine illa potest
existere. Quapropter quamvis omnia simul velut unum totum sub una
significatione uno nomine appelletur ‘homo’, sic tamen principaliter Boezio, In
Cat. Arist., cit., 191A-B. All’origine della distinzione tra definizione
nominale e definizione essenziale è Anal. post. II, 10 (93b 29 sgg.)
secondo ScHnoLtz, Storia della logica,
tr. MELANDRI (si veda) Milano. Cfr. De Grammatico, in S. Anselmi Opera omnia,
ed. Schmitt, I, Edimburgi; Anselmo stesso c’informa che il problema e molto
dibattuto al suo tempo. Tamen quoniam scis quantum nostris temporibus DIALECTICI
certent de quaestione a te proposita hoc nomen est significativum et
appellativum substantiae: substantia est homo et homo substantia. Si legga di seguito la
risposta fornita al Discepolo per quanto riguarda grammaticus: Grammaticus (SHAGGY)
non significat hominem et grammaticam ut unum, sed grammaticam (SHAGGINESS) per
se et hominem per aliud significat. Et hoc nomen quamvis sit
appellativum hominis, non tamen proprie dicitur eius significativum; et licet
sit significativum grammaticae, non tamen est eius appellativum. Appellativum autem nomen
cuiuslibet rei nunc dico, quo res ipsa usu loquendi appellatur. Secondo
Anselmo, dunque, ciò che distingue l’uso di homo e di grammaticus è che il
primo per se et ut unum significat ea ex quibus constat homo, il secondo non
significat hominem et grammaticam ut unum, sed grammaticam per se et hominem
per aliud significat; il primo è un nome di sostanza e quindi,
boezianamente, praedicatur de subiecto:
esso significa e nomina la sostanza -- est significativum et appellativum
substantiae --, cioè, ancora boezianamente, esso può essere predicato di un
sudiectum non solo come nomen, ma anche quanto alla ratio o definitio del nomen.
Il secondo è nome di un composto di sostanza e accidente, composto denominato
dall’accidente che inerisce alla sostanza: non qualitas, quindi, ma quale. Il
suo nome è predicabile del subiectum-composto, non lo è la sua definitio, 0
ratio: la praedicatio secundum accidens importa che ciò che è predicato non
costituisca sostanzialmente un unum aliquid con la sostanza cui inerisce e da
cui dipende sostanzialmente. Cfr. AristoTELE, De interpr. 11, 21a 7-15; transl.
Boethii, « Aristoteles latinus. Eorum igitur quae praedicantur et de quibus
praedicantut, quaecumque secundum accidens dicuntur vel de eodem vel alterum de
altero, haec non erunt unum; ut homo (FIDO) albus (SHAGGY) est et musicus, sed
non est idem musicus et albus. Accidentia enim sunt utraque eidem. Perciò altra
è la significazione, altra la funzione nominativa di grammaticus. Esso
significa per se l’accidente, ma nomina il subiectum, l’uomo che ha la
grammatica; il subiectum è significato obliquamente, o secondariamente, per
aliud, ma è propriamente nominato. L’accidens è significato primariamente, ma
non è nominato. Vengono così differenziandosi due funzioni proprie del nomen:
una è la significatio, l’altra è l’appellatio. Anselmo usa poco questo ultimo
termine, ma usa molto appellativus, appellare. La prima è ordinata al
significato, l’altra al REFERENTE (DESIGNATUM, DENOTATUM); e l’appellatio è qui
lontana anticipazione della teoria della supposizione. Nelle sue opere, Anselmo
prospetta, fra l’altro, la possibilità di considerare il rapporto tra i nomi
come humanus SHAGGY e humanitas SHAGGINESS; poiché tuttavia tra di essi non
corre un vero e proprio rapporto di paronimia, egli non ne affronta l’analisi.
La considerazione di casi come questo avrebbe però permesso di dare al problema
un respiro più ampio, come si vede in Occam. Qualche decennio dopo AOSTA,
Abelardo riprende il problema in un contesto in cui la presenza di Prisciano si
è fatta più determinante. Va notata, innanzitutto, la distinzione che Abelardo
scorge tra il diverso valore di qualità in Aristotele e [Nec si album musicum
verum est dicere, tamen non erit album musicum unum aliquid. Secundum accidens
enim MUSICUM ALBUM, quare non etit ALBUM MUSICUM. Quocirca
nec citharoedus bonus simpliciter, sed animal bipes; non enim secundum accidens
»; cfr. Henry, The Logic of St. Anselm. Un cenno in tal senso in BòunER,
Medieval Logic; ma cfr. D.P. Henry, The Early History of « Suppositio; sonlin
Stadics, ripreso in The Logic of St. Anselm; ev appendice 2, n. 1. Henry rende significatio
per se con meaning e appellatio con
reference (cfr. The « De grammatico »). Per appellatio in AnseLMo, cfr. De
Grammatico. Cfr. Epistola de incarnatione Verbi, in Opera omnia, Romae; ma v.
Henry, The « De grammatico ». in Prisciano: mentre per Aristotele qualità
denota tutto ciò che è considerabile sotto la categoria della qualità,
Prisciano ritiene che qualità sia nome di tutte le forme: omnium formarum nomen
accipitur. Ciò permette di considerare qualsiasi forma, quindi anche le forme
sostanziali, come qualità, e spiega come si siano moltiplicati i nomi astratti
per indicare le forme (es. deus/deitas), e si sia posto il problema di ciò che
li differenzia dai corrispondenti nomi concreti. Per quanto riguarda più
direttamente il problema dei paronimi, è da dire che Abelardo include questi
termini tra i nomina sumpta, i quali si distinguono dai nomina substantiva
perché sono detti delle cose semplicemente per significare la forma che ad esse
inerisce: essi #0 determinano la sostanza delle cose, ma denotano ciò che è
affetto da una certa qualità. 32 AseLARDO, Dialectica, Cfr. CHENU, pet quanto
riguarda i nomi divini.Ma già Anselmo parla di nomen sumptum (cfr. Henry, The
Logic of St. Anselm, cit., p. 64; s. ANSELMO, Epistola de incarnatione Verbi,
cit., p. 13; cfr. glossa Promisimus, in De Rx, Logica Modernorum, Il, i, cit.,
p. 262. Per AseLARDO, cfr. Logica ‘Ingredientibus'. Sunt autem omnia
denominativa vocabula sumpta, non autem omnia sumpta sunt denominativa. Sumpta
autem vocabula ea dicimus, quae simpliciter propter adiacentem formam
significandam reperta sunt, ut “rationale”, “album”, “FAT,” “SHAGGY.”. Non enim
‘rationale’ dicit animal rationale vel ‘album’ corpus album, sed simpliciter
‘rationale’ ponit affectum rationalitate, ‘album’ affectum albedine, non etiam
substantiam rei, quid sit, determinat. Sumptorum veto tria sunt genera, quia
quaedam cum nomine formae in materia vocis ex toto conveniunt, ut “grammatica”
o Letizia nomen mulieris cum grammatica nomine scientiae o stato d’animi.
Quaedam vero penitus a nomine formae differunt, ut studiosus a virtute, quaedam
autem cum per principium conveniant, per finem disiuncta sunt, ut fortis
fortitudo, quae cum in primis syllabis conveniant, in ultimis differunt. Et
haec tantum sumpta, quae scilicet principio conveniunt cum nomine formae et
fine differunt, denominative esse determinat. Denominativa dicuntur subiecta
illa quae habent appellationem ab aliquo, hoc est vocabulum quodcumque
significans ex forma adiacente secundum nomen, id est similitudinem nominis
ipsius formae, ut iam est expositum. Cfr. Dialectica. Sicut autem nomina
quaedam substan- [Ci si chiede quindi in quale categoria vadano considerati i
nomina sumpta, e si risponde: quando contingit idem vocabulum res diversorum
praedicamentorum significare, secundum principalem significationem in
praedicamento ponendum est, ut album quod albedinem principaliter significat,
propter quam maxime repertum est atque ubique eam tenet, quam etiam praedicare
dicitut; e ancora: Cum enim tradat grammatica omne nomen substantiam cum
qualitate significare, album quoque, quod subiectam nominat substantiam et
qualitatem determinat circa eam, utrumque dicitur significare. Sed qualitatem
quidem principaliter, causa cuius impositum est, subiectum vero secundario.] tiva
dicuntur, quae rebus ipsis secundum hoc quod sunt data sunt, quaedam veto
sumpta, quae scilicet secundum formae alicuius susceptionem imposita sunt, sic
et definitiones quaedam secundum rei substantiam, quaedam vero secundum formae
adhaerentiam assignantur. Cfr. AseLarDOo, Logica ‘Ingredientibus’. Il tentativo
di ricondurre le parti del discorso studiate dal grammatico alle categorie
aristoteliche è già in Distributio omnium specierum nominis inter cathegorias
Aristotelis, ed. Piper, che ha attribuito il trattato a LABEONE (cfr. P. Pier,
Die Schriften Notkers LABEONE und seiner Schule, I, Freiburg i.B.-Tibingen, e
in « Zeitschrift fiir deutsche Philologie. Ma il sec. IX è il terminus ante
quem per la composizione del trattato secondo il De Rx: cfr. On the Curriculum
of the Arts of the Trivium at St. Gall Vivarium Cfr. Dialectica, cit., p. 113;
v. anche ivi, At vero in his definitionibus quae sumptorum sunt vocabulorum,
magna, memini, quaestio solet esse ab his qui in rebus universalia primo loco
ponunt, quarum significatarum rerum ipsae esse debeant dici; duplex enim horum
nominum quae sumpta sunt, significatio dicitur, altera vero principalis, quae
est de forma, altera vero secundaria, quae est de formato. Sic enim ‘album? et
albedinem quam circa corpus subiectum determinat, primo loco significare
dicitur et secundo ipsius subiectum quod nominat. Alle pp. 596 sg. della
Didlectica, AseLARDO si chiede se la definizione « formatum albedine », sia di
4/bum in quanto voce oppure della sua significatio, e poiché sembra ovvio che
sia definizione della significatio, chiede ulteriormente se sia della
significatio [Richiamando quanto si è detto della soluzione anselmiana e
confrontando ad essa quella proposta da Abelardo, si può rile- vare una stretta
analogia tra le due posizioni: per Anselmo, come per Abelardo, il termine
denominativo significa principal mente la qualità o forma da cui è tratto, e
secondariamente il subiectum che nomina. Il termine NOMINARE di Abelardo ha lo
stesso valore dell’appellare di Anselmo. Non è venuto alcun contributo
originale tardo alla interpretazione del problema dei paronimi.] prima (albedo)
o seconda, e mostra le difficoltà dell’uno e dell’altro caso. Conclude però a
proposito della significatio prima. Dicatur itaque illa definitio albedinis
esse non secundum essentiam suam, sed secundum adiacentiam acceptae. Unde et
eam praedicari convenit et de ipsa albedine secundum adiacentiam, hoc modo:
omne album est formatum albedine, et de omnibus de quibus ipsa in adiacentia
praedicatur, e per la significatio seconda: Potest etiam dici definitio eadem
esse huius nominis quod est album, non quidem secundum essentiam suam, sed
secundum significationem, nec in essentia sua de ipso praedicabitur, ut
videlicet dicamus hanc vocem album esse formatam albedine, sed secundum significationem,
se scilicet consignificando, ac si (si)c diceremus: res quae alba (HORSE,
PLATO) nominatur est formata albedine (HORSENESS, PLATONITAS) Cfr. De Rik,
Logica modernorum, Vincenzo DI BeauvEAIS si limita a richiamare la differenza
tra il procedimento aristotelico della derivazione del paronimo (da fortitudo,
fortis) e quello di Prisciano (da fortis, fortitudo): cfr. n. 6; PreTRo Ispano,
Summulae logicales, ripete la dottrina d’Aristotele e di Boezio, impostando il
problema in termini di predicazione; così, riprende anche la distinzione dici
de subiecto - esse in subiecto, che ricorda quella boeziana praedicari de
subiecto-praedicari in subiecto. Eorum vero, quae dicuntur de subiecto, omnia
praedicantur nomine et ratione, ut homo de Socrate et de Platone. Eorum autem,
quae sunt in subiecto in pluribus quidem, neque nomen neque ratio de subiecto
praedicatur, ut haec albedo (SHAGGINESS, PLATONITAS, HORSENESS) vel hoc album
(SHAGGY, PLATO, HORSE). In aliquibus autem nomen nihil prohibet praedicari
aliquando de subiecto, rationem vero praedicari est impossibile, ut album de
subiecto praedicatur, ratio vero albi de subiecto numquam praedicabitur. Le
Sumzyle dello Ps. BACONE riprendono la terminologia e i problemi noti:
dezominativum, sumptum (è il concreto, mentre astratto è il termine dal quale
suzzitur il concreto); diversità del [Ma Occam ha fornito un’analisi esemplare
del nostro problema, inquadrandolo in quello più vasto del rapporto tra nomi
concreti e nomi astratti, dal momento che poi con Duns Scoto, i nomi astratti
formati sulla base di nomi concreti si erano moltiplicati sempre più. Andavano
quindi analizzate tutte le possibilità di rapporti tra nomi concreti e nomi
astratti in modo da poter individuare i paronimi e indicarne correttamente le
valenze significative. Secondo Occam, quattro sono i tipi di nomi concreti e di
corrispondenti nomi astratti; in tre casi però il nome astratto e il nome
concreto sono sinonimi, in quanto le forme astratta e concreta non importano
cose differenti. Innanzi tutto sono sinonimi le forme astratte e concrete della
categoria di sostanza (homo-humanitas), della categoria di quantità
(quantum-quantitas) o che riguardano la figura e sono riconducibili alla
quantità (curvum-curvitas), e della categoria di relazione (pater-paternitas).
Non c’è alcuna distinzione, infatti, nell'unità dell’indi- [procedimento del
logico aristotelico e del grammatico di Prisciano. I nomi concreti sono tali
perché significant rem in concrecione et inclinacionem ad subjectum, sive ad
materiam in qua est accidens, quia album idem est quod res alba, res enim
nominat subjectum sive materiam in qua est albedo. Ma è bene ricordare che non
tutti i concreti sono denominativi, giacché, oltre a quelli che designano la
forma accidentale in congiunzione al suo subiectum, ci sono i concreti che
designano la forma sostanziale in unione con la sua materia. Cfr.
Summa logicae. Stricte dicuntur illa synonyma, quibus omnes UTENTES INTENDUNT
(users intend) uti simpliciter pro eodem; et sic non loquor hic de synonymis.
Large dicuntur illa synonyma, quae simpliciter significant idem omnibus modis,
ita quod nihil aliquo modo significatur per unum, quin per reliquum eodem modo
significetur, quamvis non omnes UTENTES CREDANT ipsa idem significare, sed
decepti existimant aliquid significari per unum, quod non significatur per
reliquum. Isto secundo
modo intendo uti in isto capitulo et in multis aliis de hoc nomine synonyma, o
cognomina. Un’esposizione molto chiata in Moopv, The Logic of William of
Ockbam, Occam, Sura logicae] -viduo, tra la realtà di esso e il principio
formale che lo fa essere quello che è, né si può supporre che la quantità, la
figura, la relazione siano cose distinte dalla sostanza quanta, o che ha
figura, o che sia in relazione. Alla domanda: che cosa significa dunque la
forma astratta humanitas rispetto alla forma concreta homo, Occam risponde che
la prima designa tutto ciò che designa la seconda, ma in modo differente,
giacché humanitas equivale a homo in quantum o qua homo, cioè alla forma
reduplicativa del nome. Infatti il nome astratto rende reduplicativa ed
esponibile la proposizione in cui è posto. Sono, inoltre, sinonimi i nomi la
cui forma astratta equivale a quella concreta con in più un sincategorema, o un
avverbio, e simili. Sono, infine, sinonimi i nomi la cui forma astratta è un
nome collettivo e quindi designa molte cose simul sumptae, mentre la forma
concreta può essere verificata pro uno solo (populus-popularis). Ma, oltre a
questi casi, vi sono nomi astratti che non sono sinonimi dei corrispondenti
nomi concreti, e costituiscono il quarto tipo. Essi sono di tre specie: innanzi
tutto, si dà il caso che la forma astratta abbia supposizione per un accidente
o forma che inerisca a un subiectum, e il concreto abbia supposizione per il
subiectum dell’accidente o forma predetta: così, ALBEDO sta per l’accidente,
album per il subiectum, cioè per IL CORPO BIANCO (il contrario si ha per ignis-igneus: ignis,
che è la forma astratta — sostantiva, meglio — sta per il subiectum, e igneus,
che è la forma concreta — aggettivale — sta per l’acci- [4 Ivi, pp. 22 sgg.;
per la expositio in generale, cfr. cap. VI, $ 4; per la reduplicativa in part.,
cfr. Moopy, op. cit., p. 63. 4 Occam, Summa logicae: l’autore insiste sul
carattere arbitrario -- ad placitum instituentis -- della utilizzazione di un
termine in luogo di più altri. Possunt enim utentes, si voluerint, uti una
dictione loco plurium. Sicut loco istius totius ‘omnis homo’, possem uti hac
dictione “A?, et loco istius totius ‘tantum o qua homo’, possem uti hoc
vocabulo ‘B’, et sic de aliis.] dente);
inoltre, il termine concreto in molti casi può stare per una parte di una cosa
e la forma astratta — sostantiva — per il tutto (homo sta per il tutto in «
anima non est homo », mentre humanus sta per una parte in anima est humana. L’anima
infatti è una parte dell’uomo, o viceversa: anima sta per una parte, ANIMATVM per
il tutto; infine, talora il concreto e l’astratto stanno per cose distinte, per
le quali non valgono i rapporti accidens-subiectum, parte-tutto, già esaminati,
ma valgono altri rapporti: quello tra causa ed effetto (homo che indica la
causa, e humanus che indica il prodotto dell’azione dell’uomo), tra luogo e ciò
che sta in esso (Anglia, Anglicus), tra signum e significatum (la differenza
essenziale nell'uomo non è l’essenza, ma è segno di una parte dell’essenza, la
razionalità. Orbene, denominativi in senso stretto sono i concreti inclusi
nella prima specie di concreti e astratti non sinonimi, mentre in senso largo
sono denominativi tutti i concreti che non siano sinonimi della corrispondente
forma astratta. Terminus autem denominativus ad praesens potest accipi dupliciter,
scilicet stricte, et sic terminus incipiens, sicut abstractum incipit, et non
habens consimilem finem et significans accidens dicitur terminus denominativus,
sicut a ‘fortitudine’ ‘fortis’, a ‘iustitia’ ‘iustus’. Aliter dicitur large
terminus habens consimile principium cum abstracto sed non consimilem finem,
sive significet accidens sive non; sicut ab ‘anima’ dicitur ‘animatus’. In Expositia aurea ...,
cit., ad l., però OccaMm aveva affermato: denominativum multipliciter
accipitur, scilicet large, stricte et strictissime: la prima accezione (large)
è esemplificata, fra l’altro, proprio con animatus (occorre come esempio della
secunda differentia dei nomi concreti e astratti non sinonimi, cfr. Summa
logicae; la terza accezione strictissime è quella aristotelico-boeziana; la
seconda è così formulata. Secundo modo dicitur denominativum cui correspondet
abstractum differens sola terminatione importans rem in alio formaliter
inhaerentem et ab eo totaliter differente, et isto modo dicitur materia formata
a forma. Si noti, infine, che sempre nell’Exposito aurea, la trattazione dei
denominativi è limitata al richiamo degli elementi boeziani e alla riconduzione
[Ma Occam va più oltre nell'esame di questo problema. Vi sono dei nomi che sono
detti absoluta, che significano primo tutto ciò che significano -- quidquid
significatur per idem nomen, aeque primo significatur. Tali sono tutti i nomi della
categoria di sostanza e i nomi astratti della categoria della qualità. I nomi
non assoluti sono detti connotativi. Nomen connotativum est illud, quod
significat aliquid primario et aliquid secundario. Dei nomi connotativi è
possibile, a differenza dei nomi assoluti, dare una definitio quid nominis,
cioè una definizione nominale, che esprime ciò che è importato dal nome; di
album, ad esempio, la definizione nominale è aliquid HABENS [HAZZES] albedinem:
orbene, secondo Occam, album significa primariamente ciò che nella definizione
nominale è al nominativo -- nell’esempio, aliquid -- e significa
secondariamente ciò che nella definizione nominale è al caso obliquo: albedo .
Nomi connotativi sono tutti della praedicatio denominativa alla praedicatio
univoca o alla PREDICATIO ÆQVIVOCA. Al testo di Occam fa seguito un lungo passo
che a un primo giudizio sembra richiamare elementi di Buridano, incluso tra le
lettere maiuscole F e M. così: «F. Quamvis ista dicta venerabilis inceptoris
clarissima sint ut notatur hic per venerabilem nostrum expositorem magistrum
Guilielmum de Ocham. M; esso è dovuto all’editore, frate Marco da BENEVENTO (si
veda). Summa logicae, cit., p. 33. #1 Cfr. ivi, p. 35, e Moopy, op. cit., p.
56, il quale rileva che la differenza essenziale, della categoria di sostanza,
è invece termine con- notativo. 4 Summa logicae, cit., p. 34. 4 Così il Moopy,
op. cit., p. 55, e L. Baupry, Lexigue philosophique de Ockbam, Paris, s.v.
connotativum; si veda sw. connotatum una citazione dal II Sent., q. 26, O:
Illud quod ponitur ibi (sc. in definitione nominali) in recto est significatum
principale et quod ponitur in obliquo est connotatum: il termine connotativo
connota ciò che significa secondariamente; e s.v. significare, la quarta
accezione. Ma cfr. Bacone, Compendiumi. Deinde diligenter considerandum est
ulterius, quod nomen inpositum alicui rei soli extra animam, potest i termini
concreti non sinonimi dei corrispondenti astratti, e quindi tutti i
denominativi (assumendo il termine in senso stretto o in senso largo), e, più
generalmente, tutti i termini contenuti nelle categorie diverse da quella di
sostanza, compresi i nomi concreti della categoria della qualità. La
terminologia, e quindi la soluzione, occamista non è diffusa al tempo del
maestro [Dopo di lui, Strode ritiene, semplicemente, che connotare vale
secundario significare, mentre multa simul significare extra animam, et hec
vocantur in philosophia cointellecta, et apud theologos connotata ». 50 Ivi,
pp. 34-35. 51 Cfr, BurLEIGH (Super artem veterem Porphyrii et Aristotelis, VENEZIA)
che distingue semplicemente (sotto Denominativa vero, nel commento alle
Categorie) due tipi di nomi concreti: il concretum substantiale e il concretum
accidentale. Di essi, solo il secondo è denominativo. Iste terminus homo est
concretum substantiale, quia sibi correspondet aliquod abstractum, scilicet
humanitas, et non praedicatur denominative; ideo dico quod omne denominativum
est concretum sed non e contra; nam concretum quoddam est accidentale et quoddam
substantiale. Concretum accidentale est denominativum, sed concretum
substantiale non est denominativum respectu illius cuius est substantiale. Srrope,
Logic. Item, terminorum quidam dicuntur abstracti et quidam concreti. Abstracti
sunt illi qui ultra illud pro quo supponunt non connotant aliquid inhaerere
sibi, ut hic: li ‘homo’, li ‘albedo’. Sed concreti sunt illi qui connotant
illis pro quibus supponunt aliquid inhaerere, ut fere omnia adiectiva, ut
‘album’, ‘nigrum’ et alia adiectiva, ut alibi magister declaravit. E? sic patet
differentia inter suppositionem, significationem et connotationem, vel inter
supponere, SIGNIFICARE et connotare. Supponere nam est pro aliquo capi ut
subiectum et praedicatum in propositione. Sed SEGNARE vel SIGNIFICARE est aliquid repraesentare.
Connotare vero est secundario significare, ut li ‘album’ non significat
principaliter, sed supponit pro substantia quam etiam significa et connotat
sibi inbaerere albedinem; v. anche ivi, f. 15vb: terminus qui principaliter significat
substantiam, ut ‘lignum’ vel ‘lapis’, dicitur ex dicuntur esse substantiae vel
in praedicamento substantiae; sed qui connotant qualitatem, ‘album’, ‘nigrum’,
sunt in praedicamento qualitatis, qui quantitatem, in praedicamento quantitatis.
Butidano e Wyclif accostano sempre a comnotare l’avverbio accidentaliter: per
l’uno ciò che è ‘connotato’ è ‘appellato’ dal [Burano, Compendium logicae,
cit., III, sotto Denominativa vero:Circa quam est primo notandum quod triplicia
sunt denominativa: quaedam sunt denominativa voce tantum, quaedam
significatione tantum, quaedam voce et significatione simul; esempi del primo
sono homo-bumanitas, che sono sinonimi: et alia denominativa reperiuntur in terminis
essentialibus et absolutis, e continua. Sed denominativa significatione tantum
sunt concreta habentia abstracta cum quibus non conveniunt in principio vel non
differunt in fine litteraliter vel syllabaliter sed comnotant aliud
accidentaliter pro quo sua abstracta supponunt principaliter, ut li ‘studiosus’
est denominativum significatione tantum respectu huius abstracti ‘virtus’, quia
li ‘studiosus’ connotat accidentaliter vittutem pro qua supponit li ‘virtus’.
Sed denominativa voce et significatione simul sunt concreta habentia abstracta
cum quibus quantum. est ex parte vocis conveniunt in principio litteraliter vel
syllabaliter et differunt ab eis in fine et connotant illud accidentaliter pro
quo supponunt sua abstracta principaliter, ut li ‘album’ dicitur denominativum
voce et significatione simul respectu huius abstracti albedo; quest’ultima
specie sono i denominativi veri e propri, i quali secundum illud nomen habent
appellationem, id est connotant illudaccidentaliter pro quo supponunt sua
abstracta principaliter. WycLir, Tractatus de logica, Terminus substancialis
est terminus qui significat naturam rei sine conmotacione accidentalis
proprietatis; ut iste terminus, homo, significat essenciam humanam sine
connotacione extranea. Sed terminus accidentalis est diccio significans
essenciam rei, connotando accidentalem proprietatem: sicut iste terminus,
albus, significat substanciam et similiter albedinem, que est proprietas
extranea ab essencia, que est substancia. Terminorum alius est concretus, alius
abstractus. Terminus concretus est terminus significans rem que indifferenter
potest contrahi ad supposicionem simplicem vel personalem; sicut iste terminus,
homo, significat in proposicione tam personaliter pro persona; quam eciam
simpliciter pro natura. Sed terminus abstractus significat pure essenciam rei
sine connotacione aliqua ad suppositum cui inest, sicut iste terminus deitas,
bumanitas, albedo, CANITAS etc. Et sic ex omnibus terminis concretis possunt
abstracta capi. La definizione di termine denominatus o denominativo non
fornisce elementi notevoli. Si veda invece im. Miscellanea philosophica, ed.
Dziewicki, London. Nota primo quod “abstractum” in terminis vocatur terminus
qui termine concreto, come si vedrà; per l’altro l’accidente è il significato
primario del termine. I paronimi costituiscono dunque una classe particolare di
nomi, che pongono all’attenzione del logico il problema del rapporto tra significatio
e appellatio. Ma che cosa un nome significhi, che cosa nomini, e se la funzione
nominativa del nome sia primaria o del tutto secondaria, sono domande che i filosofi
si pongono per *tutti* i nomi, non solo per i paronimi. Viene così in primo
piano la considerazione del momento istitutivo del nome, dell’atto, cioè, per
il quale il nome è costituito come « vox significativa. Si constata che
all’origine del nome sta l’esigenza di designare le cose e che quindi la vox diviene
significativa innanzi tutto perché l’uomo possa parlare delle cose usando segni
fonici in luogo delle cose stes- [significat formam substancialem vel
accidentalem primarie; sed concretum est terminus qui formam et suppositum
cuius est talis forma significat. Suppono quod cuilibet termino significati est
dare primarium significatum.Pro i ntellectu tamen, nota quod primarium
significatum alicuius termini est significatum ad quod intellectus tali audito
immediate fertur intelligendus; ex quo sequitur quod omnis terminus communis
significans habet duplex significatum, scilicet primarium et 2ndarium; sequitur
quod omnis terminus habens predicatum debet principaliter sumi pro significato
suo primario. Exempli gracia, cum proponitur, Homo est animal, INTELLECTVS
AVDIENTIS hanc proposicionem non fertur super Socrates nec Platone, sed
absolute super significato primario, quod est species humana que est humanitas.
Si autem proponitur cum predicata humanitate, videndum est si predicatum
limitat ipsum subiectum racione primarii significati vel secundarii. Et sic
revertitur nobis illa antiqua regula et famosa: Talia sunt subiecta qualia
permittuntur ab eorum predicatis [cfr. De Ryx, Logica modernorum, II, i, cit.,
p. 561]. Exemplum ad significatum primarium. Hec est re- gula vera: “Homo
communicatur multis, eo quod predicatum non potest com- [e 5; si constata
anche, d’altra parte, che la vox resta significativa anche in assenza della
cosa da nominare e che quindi le due funzioni del nome non sono strettamente
interdipendenti. Altro è il significato, altro il referente del nome. Delle
occasioni che si offrono ai filosofi nei testi in uso nelle scuole come luoghi
per dibattere questi problemi, dobbiamo richiamarne due: una è rappresentata
dal secondo passo delle Categorie d’Aristotele e dalla sua utilizzazione nella
definizione delle fallacie’. L’altra è la definizione che Prisciano dà di NOMEN.
Esaminiamo brevemente i risultati in questo paragrafo. Ricordiamo che un’ampia
documentazione per lo studio di questi temi è fornita da Rijk nella sua Logica
modernorum. Come avvio allo studio di questi temi si tenga presente
l’insegnamento di Abelardo, il quale, esaminando la dottrina della petere
significato primario huius termini 40mz0, cum Socrates non communicatur multis,
licet Socrates sit illa humanitas que communicatur multis”. Exemplum, scilicet
significati secundarii, homo currit et predicatum limitat subiectum ad
significatum secundarium, cum non potest competere significato primario, eo
quod humanitas, sive species humana, non potest currere, nisi sit currens. Et
suppono quod significatum termini concreti accidentalis primarium est accidens
sive forma talem substanciam denominans; ut huius termini, album, significatum
primatium est albedo substanciam albisans. Similiter huius termini iustumz, est
iusticia subiectum iustificans. Ista supposicio tenet per primam Aristotelis
auctoritatem allegantem. Album solam qualitatem significat; quod intelligitur
primarie; sed substanciam cui inest albedo secundarie. Et cum omne denominans,
ut huiusmodi, sit prius denominato, ut huiusmodi, sequitur quod a principali
debet capere suam primariam significacionem sed omnem etsi non sequitur quod
album omnem substanciam significaret quod factum est. La prospettiva diversa di
Wyclif rispetto a quella di Occam è condizionata dalla soluzione REALISTICA – e
non NOMINALISTICA -- al problema degli
universali. Per la distinzione tra significatum primarium e significatum
secundarium, cfr. ancora m., Tractatus de logica, I, cit., in part. pp. 7 e 76-77
(si veda p. 77: «[...] tripliciter contingit signum significare secundarie
quodlibet designandum, ecc.). 55 Cfr. cap. IV, $ 1. 56 In particolare, cfr. la
prima parte del secondo volume] impositio, o institutio voluntaria, che è
quell’atto libero dell’uomo che attribuisce a una vox una significatio,
distingue molto chiaramente la funzione propria della vox significativa di essere signum, e quindi di generare o
constituere intellectum, e la funzione, secondaria secondo Abelardo, di
designare le realtà estra-mentali, detta, quest’ultima, nominatio o appellatio.
Nel procedimento istitutivo della vox, l’inventor ha guardato a fondo nella
natura delle cose: su questo stretto rapporto, in sede di institutio, tra
natura delle cose e nomen, si fonda la funzione secondaria della vox. Perciò i
nomi dicono riferimento (nominant, appellant) alla realtà attualmente
significata, perché tale è una quaedam imponentis intentio, e cioè tale è la
volontà dell’inventor. Nel caso di distruzione della realtà esterna (“Roma”, il
nome di Roma), però, il nome perde il suo potere appellativo -- la significatio
rei -- mentre sussiste la « significatio
intellectus. La prima è appunto funzione secondaria, la seconda è funzione
primaria della vox; e proprio perché la prima è funzione che viene meno rebus
deletis, essa è irrilevante ai fini della determinazione della significatio
vera e propria. La significatio si allontana così dalla nominatio. Questa
distinzione abelardiana tra significare e appellare- nominare è netta, specie
nella discussione sugli universali, giacché in questa indagine non ha peso la nominatio.
Per quanto riguarda, poi, la distinzione tra sostanze prime e sostanze seconde,
Abelardo glossa l’espressione aristotelica sub 5 Cfr. Logica ‘Ingredientibus’,
qui vocabulum invenit, prius rei naturam consideravit, ad quam demonstrandam
nomen imposuit; Logica ‘Nostrorum. Impositor (Compositor: Geyer) namque nominum
rerum naturas secutus est: così legge Rijk, Logica modernorum. Logica
‘Ingredientibus’. Rerum quippe significatio transitoria est, intellectus vero
permanens; cfr. BEONIO BROCCHIERI FUMAGALLI; De Ru] figura appellationis »
così: «ex similitudine nominationis ». Il Maestro Palatino, cioè, ritiene che,
mentre le sostanze prime nominano le «res subiectae » « ut personaliter
discretae », cioè in quanto distinte l’una dall’altra, le sostanze seconde
sembra significhino anch'esse le cose come distinte, ma in realtà il modus
nominandi dell’uno e dell’altro tipo di sostanze differisce: le seconde
infatti sunt impositae propter
qualitatem substantiae, e nominano le cose ut convenientes, in quanto cioè le
cose nominate dalle prime convengono in certo modo tra loro. Abelardo perciò
afferma che generi e specie, cioè le sostanze seconde, sono in sensibilibus
positae per appellationem, extra vero per significationem: essi infatti
nominano le cose sensibili e in certo senso le significano, ma non le
significano in guanto cose sensibili, dal momento che se queste perdessero le
loro forme attuali, sarebbero ancora nominate da generi e specie; perciò la
significatio di essi non è esaurita dalle realtà sensibili, che non sta in
queste. Anche per le sostanze seconde (anzi, a maggior ragione per esse) vale
quindi la distinzione tra significatio e appellatio-nomi- [Logica
“Ingredientibu»’, In secundis vero. In primis videtur et est, sed
in secundis videtur similiter, ut scilicet significent rem subiectam ut
personaliter discretam, sed non est verum. Et unde videtur similiter, supponit:
ex figura appellationis, id est ex similitudine nominationis. Similes namque
sunt secundae substantiae cum primis in eo quod casdem res quae discretae sunt,
nominant, sed in modo quidem nominandi differuntur, quia primae, in quantum hoc
aliquid sunt, nominant eas, id est ut personaliter discretas et ab omnibus
differentes, secundae vero easdem appellant ut convenientes. Sed wmagis.
Secundae non significant res suas ut hoc aliquid, sed potius ut quale aliquid,
quia cum primae substantiae maxime propter discretionem substantiae sint
impositae, secundae impositae sunt propter qualitatem substantiae. Logica
‘Nostrorum. genera et species quaedam, non omnia, in sensibilibus sunt posita,
hoc est sensibilia habent nominare, et ponuntur extra sensibilia, id est res
habent significare et non cum aliqua forma quae sensui subiaceat, quia si res
omnes formas quae sensui subiacent, amittefent, non ideo minus a genere et
specie nominari possent. Sunt igitur] [natio, tanto più, in quanto la
convenienza su cui si fondano non può essere esaurita dalla denotazione di una
singola res subiecta. Questo stesso tema è affrontato da alcuni dei primi
commenti agli Elenchi sofistici nella discussione della figura dictionis, che
dai grammatici viene definita: « proprietas constandi ex dictionibus sive ex
sillabis tantum: la stessa vox, ad esempio homo, proprio perché può denotare
più individui, sembra che significhi la sostanza individuale, mentre in realtà
la significa soltanto sub figura appellationis, cioè, non la significa in senso
proprio, ma la nomina; CIÒ CHE È SIGNIFICATO IN SENSO PROPRIO È L’UNIVERSALE –
cf. Speranza, “Platone e il problema del linguaggio” – Grice, “Meaning and
Universals” --. I testi che affrontano il problema fanno tutti riferimento,
esplicito o implicito, a Categorie genera et species in sensibilibus posita per
appellationem, extra vero per significationem Cfr. Fallacie Parvipontane, cit.,
p. 586. 6 Cfr. Glose in Aristotilis Sophisticos elencos, cFigura dictionis
secundum appellationem est quando aliqua vox eadem figuracione appellat plura
et ex hoc videtur significare hoc aliguid. Ut hoc nomen ‘homo’ appellat
Socratem et Platonem eadem figura et ex hoc videtur quod significet Socratem et
Platonem; non tamen est verum; Summa Sophisticorum elencorum, cit., pp.
334-335, e TRACTATVS DE DISSIMILITVDINE ARGVUMENTORVRA, che dipende dalla Summa
riportandone perfino un esempio; Fallacie Vindobonenses. Ex similitudine
appellationis, ut hoc nomen ‘homo’ videtur significare hoc aliguid, [non: add.
Rijk, ma sembra vada espunto] quia appellat hoc aliquid, idest INDIVIDVVM, sed
non significat hoc aliquid, immo significat aliquid, idest VNIVERSALE. Il testo
non ha in questo caso un riferimento esplicito alle Categorie, ma la
terminologia risente delle discussioni sul passo ricordato. In Fallacie
Parvipontane non occorre il termine appellatio nella discussione della figura
dictiones, ma si sofferma che il sesto modo di questa fallacia è quello in cui
si confonde hoc aliguid con quale quid. Ut autem hoc facilius intelligatur,
sciendum quod dictiones determinate significantes dicuntur hoc aliguid
significare, ut propria nomina et prono-] [C'è da aggiungere che in questi
testi si trova talora un riferimento al nomen appellativum, che è appunto il
nome comune, o l’universale. Nell’Ars disserendi di Adamo Parvipontano,
appellatio ha un ruolo di primo piano e denota la funzione del nominare. Essa è
propria del termine comune, usato come comune, il cui corrispettivo, o
designato, è detto appellatum. L’appellatio dà luogo a sofismi O IMPLICATURE
(entanglements), se non se ne precisa opportunamente di volta in volta la
portata. Ma è bene seguire lo svolgimento del pensiero dell’autore. Adamo nella
sua opera si propone di illustrare quanti e quali siano i generi del discorso,
e quali i fini dell’arte che li studia. I generi del discorso — insegna — sono
due: l’uno si realizza attraverso interrogazione e risposta, nella disputa,
l’altro si realizza senza di queste, nella esposizione. Il fine è insegnare
come discorrere e come intendere ciò che è comunicato attraverso il discorso
nelle discipline filosofiche. Constatato che ogni discorso parte ab
interrogatione vel enuntiatione, che entrambe hanno due parti, il de quo si
parla, e il quid de eo o ciò che si dice £, e che ciascuno di questi può essere
considerato da due punti di vista, qualiter de quo o cosa designata, e qualiter
quid o termini designanti, Adamo comincia il suo studio dal de quo o soggetto,
precisando che la designazione di esso può essere chiara o oscura, mina.
Dictiones autem indeterminate significantes dicuntur quale quid significare, ut
nomina generum, nomina specierum. Indeterminate caratterizza il termine
communis o universalis che ha confusio. Ma cfr. Logica ‘Cum sit nostra’, per i
rapporti tra confusio e quale aliquid.Cfr. Glose..., cit., p. 222 (a proposito
di De sopb. el. Cfr. L. Minio-PaLueLLO, Introduction a ADAM or BALSHAM
PARVIPONTANUS, Ars disserendi; ci serviremo dell’introduzione del Minio-
Paluello per l’esposizione dello schema dell’Ars. 6? Cfr. Ars disserendi] e'che
la designazione oscura può avere duplice origine: o perché si applica a
differenti cose, o perché il designatume è difficile da cogliere. Passando ad
esaminare le designazioni sofistiche, egli distingue quelle incomplexe, cioè
consistenti di una sola vox, e quelle complexe, consistenti di più voces. Le
prime possono aver luogo per aequivocatio, per univocatio, o con termini
collettivi. Le seconde possono aver luogo, se il sofisma è causato da un solo
termine, in quattro modi, di cui qui ci preme ricordare solo l’aequivocatio e
l’indistinctio. Se il sofisma sorge dal rapporto tra più termini, in molti
modi, di cui ricordiamo solo il termine collettivo. All’esame di ognuno di
questi livelli di sorgenti di sophismata Adamo fa seguire una esposizione delle
regole che permettono di dominare le difficoltà. In tutti i casi ricordati, il
Parvipontano fa ricorso al termine appellatio, per caratterizzare l’origine del
sofisma, e una volta a nominatio. Per la designazione sofistica incomplessa: —
l’aequivocatio è definita eadem diversotrum non eadem ratione appellatio, cioè
ha luogo quando si ha la stessa appellatio di più cose non allo stesso titolo,
in quanto il nome usato non conserva, nei vari casi, la ratio, la significatio,
o definitio grazie alla quale l’appellatio è stata data — l’univocatio invece è
eadem 9 Cfr. ivi, pp. 18 sge. 20 Ivi, pp. 25-31 (eguivocatio), pp. 31-32
(univocatio), pp. 32-33 (termine collettivo). 71 Ivi, pp. 42-44 (aequivocatio),
pp. 44-46 (indistinctio), pp. 62 sgg. (termine collettivo). 72 Ivi, p. 26;
definizione alternativa è: Aequivocatio est eadem diversorum huius aliter quam
illius appellatio. equivoce enim dicuntur omnia quorum duplex significatio
[GRICE, VICE e VICE], ma anche: Ex quibus igitur que aequivoce dicantur
comperiri difficile, duo: plurium pluribus ignorabilis differentia nec tamen
nulla; plurium modus appellationis pene idem nec tamen idem; cfr. Rik, Logica
modernorum, dove sono esaminati alcuni casi di
ratione diversorum eadem appellatio » ”: essa si differenzia dall’aequivocatio
perché non causa, di per sé, sophisticam duplicitatem come si ha in quella; l’univocatio
perciò non è un vero e proprio principio sofistico, e si può vedere meglio ciò
nei commenti agli Elenchi sofistici ispirati al Parvipontano; l’uso dei termini
collettivi dà luogo a sofisma quando si ha « plurium ut non unius appellatio:
nel caso della proposizione contraria non sunt concedenda, il sofisma sorge dal
fatto che contraria (termine incomplesso) designa due realtà opposte, e si può
dubitare se si parla dei due contrari separatamente o di entrambi considerati
insieme. Per la designazione sofistica complessa in cui il sofisma sorge dal
fatto che un termine è applicato a designare differenti cose, l’aequivocatio ha
luogo in tutti i modi in cui si può avere nella prima classe; l’indistinctio è
definita: cum quod ipsa verbi variatione distingui solet, in quibusdam non
distingui contingit, ed è così distinta dalla aequivocatio: Differt autem ab
equivocatione indistinctio quod illa ex diversorum est eadem nominatione, hec
ex unius indistincte variata (sc. nominatione). DI si può notare che nominatio
prende il posto di appellatio in questo caso. Infine, per la designazione
sofistica complessa in cui il sofisma sorge dall’uso di un nome collettivo in
connessione con altri termini, Adamo pone le stesse condizioni poste nella
prima classe e fornisce l'esempio, duo contraria non sunt con- equivocatio
secondo Adamo, e op. cit., II, i, p. 495, n. 1, dove ratio è resa con
definition. Apamo DI BarsHam, Ars disserendi, cit., p. 32. 75 Ivi, p. 32 (22
rec.). % Per ulteriori considerazioni, cfr. RiJk, op. cit., I, p. 75. TI Apamo
DI BarsHam, Ars disserendi, cit., p. 32. 8 Ivi, p. 45; nella proposizione «
verisimilis falsi probatio falsi similis non est», verisimilis può riferirsi a
probatio oppure a falsi; di qui l’îndistinctio, giacché non è chiaro quale caso
abbia verisimzilis.] cedenda », nel quale il termine incomplesso contraria è
sostituito dal termine complesso duo contraria. Il valore di appellatio nel
testo di Adamo può essere ulteriormente chiarito da altre occorrenze:
appellationum novitas, appellatio permanens, appellatio secundum accidens e
così via; tutte confermano che l’accezione fondamentale è parallela a quella di
nominatio. Si è detto che appellatio è funzione propria del termine comune in
quanto comune. Ciò fa sì che, data l’ampiezza della possibilità di designazione
di esso, appellatio s'accompagni sempre nel testo all’indicazione di una
pluralità (pluriumz, diversorum) nei confronti della quale va operata una
precisazione, una determinazione limitativa. I seguaci del Parvipontano
sviluppano questo elemento elaborando la dottrina dell’ampliatio e restrictio
dell’appellatio, in alcuni trattati di arte sofistica. L’anonimo autore delle
Fallacie Parvipontane definisce l’aequivocatio in rapporto all’appellatio, così
come si è visto nel testo di Adamo. Aequivocatio est eadem diversorum non eadem
ratione; è un caso di congiunzione (altro esempio: «duo et tria sunt quinque –
2 + 3 = 5. Si quos autem appellationum talium perturbet novitas, sufficiat eis
eorum que distinximus sine nominibus cognitio, ne incognite distinctis
incognita etiam nomina adhibentem horreant. appella- tionum autem novitatem non
horrebit appellatorum tam frequentem usum quam necessariam disciplinam
perpendens ». 82 Ivi, p. 36 (28 rec.): «Advertatur autem secundum ea que
predicta sunt non ex omni translatione equivocationem contingere, sed ex qua
permanentem appellationem fieri accidit et que eius sit ad quod transfertur ».
83 Ivi, p.4(2? rec.): « quoniam secundum accidens est huiusmodi certorum
appellatio. contingit autem et hoc his que secundum acci- dens fiunt
appellationes frequenter, ut cum dicitur ‘pater istius est albus’. Cfr.
l’indice analitico dell’ed. cit. curata dal Minio-Paluello, per avete un quadro
completo dell’uso di appellatio. Terminologia logica della tarda scolastica 77
appellatio; l’univocatio è compresa sotto l’equivocatio e e questa può essere
intesa in senso lato « quando (sc. est) ex variata appellatione sive ex variata
suppositione [...]»: in questo caso, suppositio è concorrente di appellatio; ma
suppo- sitio vale qui subiectio, cioè è funzione del termine che è soggetto
grammaticale in una proposizione *; appellatio, accostata a suppo- sitio, ne
assume in certo senso il valore: infatti ora appellatio è proprietà del termine
posto in una proposizione. Univocatio quindi viene definita:manente cadem
significatione variata nominis suppositio; quia, etsi vatiatur suppositio, manet
tamen eadem significatio » ®. L’anonimo autore precisa che si hanno tre specie
di umivocatio: « Prima est quando aliqua dictio sumitur ad agendum de se vel de
suo significato »; esempi sono: « ‘magister’ est nomen » e « ‘homo’ est species
»; « Secunda species est quando aliqua dictio transsumitur modo ad agendum de
aliqua rerum alicuius maneriei, modo de tali manerie rerum, ut cum dicitur:
‘homo est dignissima creaturarum’. Potest enim sic intelligi ut fiat sermo de
aliquo appellatorum huius nominis ‘homo’; potest etiam intelligi ut fiat sermo
de tali manerie rerum; maneries vale ‘universale natura’ o ‘forma’ di una
specie”; si noti l’uso di appellata per designare i subiecta di homo”; Tertia
species est quae consistit in ampliatione et restrictione alicuius dictionis,
quemadmodum accidere solet in nominibus appellativis ®: 85 Fallacie
Parvipontane; essa è duplice: alia est principalis et per se, alia ex adiuncto
». 86 Ivi, p. 561: «Item. Univocatio ex dissimili acceptione unius termini
accidit; sed equivocatio eodem modo habet accidere; quare ratione simili-
tudinis univocatio sub equivocatione continetur ». 87 Ivi, p. 562. 88 Cfr. De
Rijk, op. cif., II, i, p. 532. 89 Fallacie Parvipontane, cit., p. 562. % Cfr.
De RyK, op. ciz., II, i, p. 588. 9! Cfr. appendice 1 a questo capitolo. ®
Fallacie Parvipontane, cit., p. 562. 78 Alfonso Maierù il nomen appellativum è
condizionato nella sua funzione di sog- getto dal tempo del verbo, di modo che
può avere appellatio rispetto a cose presenti, passate o future”, Il Tractatus
de univocatione Monacensis, che mostra parecchie somiglianze con le Fallacie
Parvipontane, definisce l’univocatio e la distingue dall’eguivocatio come segue.
Est igitur univocatio manente eadem significatione variata nominis appellatio,
quando scilicet aliqua dictio variat appellationem. (Nota) quod equivocatio
consistit in variata nominis significatione, univo- catio consistit in variata
nominis appellatione 9. Se risulta chiaro che urivocatio è proprietà che
appartiene ai termini in base alla loro funzione significativa”, è altrettanto
chiaro che, confrontando questo testo e quello delle Fallacie Parvipontane,
sempre più suppositio e appellatio appaiono ter- mini concorrenti; nel nostro
Tractatus si parla di ampliatio e restrictio dell’appellatio”. Nelle Fallacie
magistri Willelmi, la univocatio è ripresa sotto la figura dictionis e
definita: eiusdem dictionis in eadem significatione et terminatione varia
appellatio », e si aggiunge; « Et notandum quia variatur univocatio usu et
accidente consi- gnificatione. Accidit enim ex hiis appellationem restringi vel
ampliari » 9. Anche questo testo conferma l’uso ormai accertato 9 Cfr. ivi, e
De RiJx, op. cit., II, i, pp. 494-497 e 528-533; cfr. anche cap. II, $ 2. % De
Ru, op. cit., II, i,p. 533. 95 Tractatus de univocatione Monacensis, cit., p.
337. % Cfr. De RIJK, op. cit., II, i, p. 496. 9 Cfr. cap. II, $ 2. 98 Fallacie
magistri Willelmi, cit., p. 691. Nelle Fallacie Londinenses, cit., p. 665, si
legge: « In tertia acceptione (sc. figure dictionis) dicitur appellatio
dictionis, scilicet quedam proprietas que inest dictioni ex eo quod supponit
unum vel plura». Il contesto indica che qui suppositio ha il valore tecnico più
tardi comune (cfr. p. 668, e De Rjx, op. cit., II, i, p. 541); appellatio
perciò è inglobato nella suppositio. Terminologia logica della tarda scolastica
79 di appellatio come funzione della « vox significativa » capace, nella
proposizione, di ampliazione e restrizione. Il contributo dato dai grammatici
alla dottrina dell’appellatio è rintracciabile in alcuni commenti a Prisciano,
là dove occorre la definizione di rozen (« substantia et qualitas »). Guglielmo
di Conches distingue quattro gruppi di nomi: Nomina igitur vel significant
substantias vel ea que insunt substantiis vel quedam figmenta animi vel modos
loquendi; substantias, ut hec nomina ‘Socrates’, ‘homo’; vel ea que insunt
substantiis, ut ‘albedo’, ‘nigredo’; figmenta animi, ut hec ‘yrcocervus’,
‘chimera’; modos lo- quendi de rebus, ut ‘omnis’ 9. I nomi del primo gruppo
sigrificano l’intelligibile, o essenza di qualcosa ‘9, ma rorzinano le realtà
individuali, anche se nel testo non si fa alcun esplicito riferimento
all’esistenza di esse!%; ciò non è vero solo dei nomi appellativi (ad es. di
horzo) ma anche dei nomi propri (Socrates) !. Per i nomi del secondo gruppo,
Guglielmo distingue tra ® Il testo del commento di Guglielmo di Conches,
secondo il ms. Fi- renze, S. Marco 310, è ampiamente riportato dal De Ru, op.
cit., II, i; il passo cit. è a p. 223. . 100 Ivi, p. 224: « Significat ergo hoc
nomen ‘homo’ et similia appellativa substantiam, et non aliquam. Quod igitur ab
hac voce significatur, ita ut significatur potest intelligi, non tamen esse.
Unde dicimus quod solum intelli- gibile significat et non actuale » (cfr. le
considerazioni del De Ryx, ivi, 1227), i 101 La p. 224: « Quamvis igitur ‘boo’
significet communem qualitatem omnium hominum et non ipsos homines, tamen
nominat ipsos homines et non ipsam qualitatem. Unde dicimus quod aliud
significat et aliud nominat » (per il riferimento all’esistenza, cfr. n. 100 e
quanto ne dice De Ru, ivi, ; 227), Ù 102 la p. 224: «[...] hoc proprium nomen
significat substantiam ita quod aliquam individuam, et significat propriam
illius qualitatem [...]. Nomi- nat vero eandem substantiam quam significat, sed
non qualitatem»; ma cfr. il testo di Boezio] forma astratta e forma concreta
del nomen, albedo e album: pet entrambi Guglielmo stabilisce cosa significhino,
cosa nomini. no: « ‘albedo’ significat solam qualitatem, hoc commune acci-
dens. Nominat tamen sua individua, ut ‘hec albedo est albedo» 18. Più
articolato è il discorso per 4/b4m, e ci riporta a quanto sap- piamo dei
paronimi: [...] ‘album’ idem accidens signific sl a i AR nto € denti at quod et
albedo’, sed aliter, ; ‘at inherentiam illius accidentis et subiecti, quod hoc
nomen albedo non facit. Ergo hec duo nomina non in re significata differunt,
sed in modo significandi 1%; e alla domanda, se album significhi sostanza e qualità,
risponde: pg: ita, sed secundario, quia cum determinet inherentiam acci- ale et
subiecti, quia certum est quia sola substantia est subiectum accidentium,
secundario, idest innuendo, significat
substantiam 15, | Della terza classe di nomi Guglielmo afferma che «
figmenta animi [...] quoddam significatum animi significant et nomi- nant »,
mentre di quelli della quarta afferma che « nec substan- tiam (nec) qualitatem
significant nec aliquid nominant » !%, ; Guglielmo, dunque, precisa per ogni
specie di nome cosa significano, cosa nominano. Ciò è particolarmente
importante per i nomi delle prime due classi. La funzione del nome in quanto
designa qualcosa (zozzinatio) è identica a quella che nei testi precedenti,
abbiamo visto, era chiamata appellatio. In Guglielmo essa assume sfumature che,
a lungo andare, confluiranho nella dottrina della suppositio; in particolare,
per quanto riguarda i nomi della prima classe, Guglielmo afferma che essi,
nella propo- 193. Ivi, 1% Ivi. ist, iuziio 6 A Ivi; cfr. anche p. 225: «
Adiectiva igitur nomina nominant illas substantias quibus insunt accidentia que
significant, ut ‘4/44’ rem cui inest albedo ». 106 Ivi; p. 225, Terminologia
logica della tarda scolastica 81 sizione, possono designare se stessi o la
specie!: si tratta di quelle funzioni che saranno chiamate « appellatio
materialis » e « appellatio manerialis 0 simplex » ‘!® e che saranno dette più
tardi « suppositio materialis » e « suppositio simplex ». Di diverso avviso è
Pietro Elia, il quale, nella Sumzza super Priscianum, commentando la
definizione che Prisciano dà di nomen, riferisce le opinioni dei suoi
contemporanei: dai raggua- gli di Pietro Elia, si può ricavare che ormai la
dottrina di Pri- sciano si è incontrata con quella di Boezio (« quod est »,
cioè «res existens », e « quo est» o forzza) e che Prisciano viene spiegato con
Boezio !”. Dopo aver esposto una prima opinione, secondo la quale tutti i nomi
significano sostanza e qualità !, perfino omnis e nichil!!!, e una seconda, che
sembra essere quella di Guglielmo di Conches !, ne enuncia una terza, per la
quale ogni nome significa una substantia, oppure modo substantie: i nomi propri
e appellativi significano la sostanza, giacché sono 107 Ivi, p.224: «Sed
quamvis proprie nominat (sc. ‘homo’) ipsa indi- vidua, aliquando tamen ex
adiuncto nominat speciem quam significat — ut hic: ‘bomo est species” —;
aliquando se ipsum tantum, ut hic: ‘homo est nomen? ». 18 Cfr. De Ru, ivi, p.
526; cfr. la glossa Promzisimus; v. quanto si dirà più avanti a proposito del
testo del ms. Vienna, lat. 2486. 19 Il De RiJk riporta ampi passi dal ms.
Paris, Arsenal 711: cfr. ivi, p. 231: «Hoc autem est illud quod plerique
dicunt, scilicet quod omne nomen significat gu0 (quod: De Rijk) est et id quod
est, ut hoc nomen (‘bomo’) significat id quod est, idest rem que est homo, et
illud quo est, scilicet humanitatem qua est homo, quoniam homo ab humanitate
est homo ». 110 Ivi: « Et rursus hoc nomen ‘albedo? significat rem pro
substantia que est albedo, et facere album sive albedinem, ut fingam vocabulum,
pro forma. Et hoc idem de cetetis nominibus dicunt ». ill Ivi: «Quidam tamen
nimis ridiculose dicentes quod ‘omnis’ significat formam que debet dici
omnitas, fingentes nomen ad similitudinem huius quod est ‘buzzanitas’. De hoc
nomine quod est ‘richil’ dixerunt quod signi- ficat rem que non est pro
substantia et nichilitatem pro forma ». 112 Ivi, pp. 231-232. 82 Alfonso Maierù stati
trovati dall’imzpositor per parlare delle sostanze !5; gli altri nomi, che sono
nomi di accidenti, significano non la sostanza, ma « modo substantie » !: così
pure i sincategoremi e i « figmen- torum nomina » !5. A quest’ultima opinione
sembra aderire ELIA (si veda) !!, In altri commenti a Prisciano vengono riprese
alcune dottrine nelle quali le correlazioni significatio (primaria) —forma e
signifi- catio (secondaria)—substantia (o subiectum d'una qualitas) si van- no
sempre più accentuando, di modo che appellatio cessa di valere nominatio per
limitarsi a designare una natura universale, o anche l’intellectus di essa.
Così, le Glosule in Priscianum del ms. Colonia 201 affermano che il nome
nozzinat la substantia per via dell’imzpositio ricevuta, ma significat la
qualità !”, giacché la qualitas è in realtà la « causa [Dicunt ergo quod nomina
propter substantias primo reperta sunt. Qui enim nomina primo imposuit,
ad loquendum de substantiis ea invenit ». 114 Ivi: «Sed postea dilatata est
locutio, ita scilicet ut non solum de substantiis, verum etiam de ceteris rebus
vellent homines loqui. Imposuerunt itaque accidentibus nomina quibus de illis
agerent, sed positio eorum est secuta positionem nominum prius impositorum
propter substantias. Data sunt itaque nomina accidentibus sed ita ut quamvis significarent
illa acci- dentia, tamen modo substantie significarent et in natura communi vel
propria (vel) ut in natura communi vel propria. Scis quid est modo substantie
signi- ficare: significare aliquid sine tempore et in casuali inflexione
communiter vel proprie, vel quasi communiter vel quasi proprie ». 115 Ivi: i
sincategoremi (omzzis, neullus) «[...] nichil significant sed tantum
consignificant, ut ‘omnis’ consignificat quoniam universaliter et ita quod sine
tempore in casuali inflexione et quasi communiter. Nichil
enim commune pluribus designat, sed quasi commune aliquid significaret plura
complectitur [...]. Hec vero habent alia nomina huiusmodi, ut ‘quis’, ‘nichil
et figmentorum nomina, ut ‘hircocervus” et ‘chimera’, ita scilicet quod nichil
possit obici contra ». 16 Ivi, p. 234. 17 Ampi passi ivi: cfr. p. 228, n. 1: nomen substantiam
tantum inventionis nominum » !!, dal momento che la pluralità di qua- lità,
cioè di forme, è la vera causa della pluralità di nomi. Il commento anonimo a
Prisciano, contenuto nel ms. Vienna, lat. 2486, fornisce elementi, decisivi nel
senso indicato, commen- tando le espressioni « significare substantiam » e «
significare qualitatem ». Per la prima, l’anonimo autore riferisce un’opinione
secondo la quale ogni nome significa sostanza e qualità: «[...] ‘homo’
significat essentiam que est horzo et istam proprietatem, scilicet humanitatem;
et ‘albedo’ significat rem albam et aliquam proprietatem, scilicet albere vel
facere album. Et sic omnia alia »!!. Per la seconda, si afferma: «Significare
qualitatem est de notare de quo genere rerum aliquid sit vel de qua manerie.
‘Album’ bene denotat de quo genere rerum aliquid sit, scilicet quod ‘album?’
dicitur nomen corporum et quod semper intelligituralbum corpus » !®. Le
espressioni « rem albam » del primo passo e « nomen corporum » del secondo non
devono trarre in inganno: non si tratta di un significare che denoti realtà
esterne, ma di un rinvio alla realtà specifica, astratta, universale, cioè alla
forma che è oggetto dell’intelletto (intelligitur), come ben indicano i termini
essentia, genus, maneries occorrenti nei testi. C'è uno slittamento della
nominatio, 0 significazione secondaria, o appellatio, verso il piano mentale,
comunque intralinguistico. Ciò trova ulteriore conferma nella dottrina secondo
la quale se albume, posto a parte praedicati; nominat, quia ei fuit impositum,
qualitatem vero significat non nuncupative, immo representando et determinando
circa substantiam propter quam tamen notandam substantie fuit impositum »;
perciò, continua il testo, ogni nome ha due significazioni: « [...] unam per
impositionem in substantia, alteram per representationem in qualitate ipsius
substantie [...]. Similiter ‘album? per impositionem significat corpus — idest
nuncupative, quia qui dixit: «dicatur hec res alba”, non dixit: “substantia et
albedo dicantur alba”; in quo notatur impositio —, albedinem vero significat
per representationem ut principalem causam. Riportato ivi, p. 241. 120 Ivi, pp.
242-243. 84 Alfonso Maierù significa una qualità, posto però 4 parte subiecti
significa una essenza !!, La prima parte di questa affermazione testimonia di
una particolare interpretazione dell’appellatio come proprietà del predicato,
il quale come tale « appellat formam » o « ratio- nem », come si vedrà; di modo
che la dottrina dell’appellatio, se fa leva sul momento istitutivo della vox,
dice riferimento alla realtà estramentale attualmente indicata; e se fa leva,
invece, sul mo- mento ‘significativo’ (nel senso più forte), dice riferimento
alla qualità o forma che è causa del nome. La glossa Promisimus, infine,
riprendendo la distinzione tra nomi propri e nomi appellativi presente in
Prisciano, analizza i rapporti tra significatio, appellatio e nominatio,
riporta varie opi- nioni sullo sfondo della quadripartizione dei nomi di
Guglielmo di Conches, e precisa che, secondo un’opinione, il « significare
substantiam et qualitatem » è del nome proprio come del nome comune o
appellativo !2; per un’altra opinione, invece, solo i nomi propri hanno
appellatio-nominatio della sostanza significata, non della qualità, mentre i
nomi appellativi hanno appellatio, e appellant i loro appellata in linea di
diritto, ma non li nominant di fatto !*. Per quanto riguarda i nomi astratti
della categoria [Modo opponitur eis de hoc quod dicit Boetius: “album michil
significat nisi qualitatem”. Ita exponunt quod intellexit: quando po- nitur ex
parte predicati, tunc significat qualitatem. Sed bene potest poni in subiecto;
et tunc significat aliquam essentiam ut ‘album est corpus’: tunc ‘album’
quoddam corporeum significat ». 12 Dal ms. Oxford, Bodl. Laud. lat. 67, citato
ivi, p. 258: «Et eorum que significant substantiam quedam determinant
qualitatem circa substan- tiam, sive communem, ut ‘homo’, sive propriam, ut
‘Socrates’, que ‘Socra- titas” a Boetio appellatur [cfr. n. 13]. Concedunt ergo
quod utrumque istorum nominum ‘homo’, ‘Socrates’ significat substantiam et
qualitatem; neutrum tamen eorum plura, licet alterum sit substantia et alterum
qualitas, que sunt plura, tamen significare substantiam et qualitatem non est
significare plura ». 13 Ivi: «Nomen proprium nominat, idest appellat, cam
substantiam quam significat, sed nullam qualitatem. De nulla enim qualitate
agitur per Terminologia logica della tarda scolastica 85 della qualità, essi, —
si dice, ed è dottrina più comune — sigri- ficant ma non appellant '*. I nomi
concreti della categoria della qualità, infine, « nominant, idest appellant »
le sostanze cui ineri- scono gli accidenti, e significant primariamente la
qualità. Per questa seconda opinione, dunque, i nomi astratti signifi- cano, i
nomi concreti della categoria di qualità significano e nomi- nano-‘appellano’,
i nomi propri significano-nominano-‘appellano’ l'individuo ma non significano
una qualità, i nomi comuni signi- ficano e ‘appellano’, e talora nominano. Il
valore di appellare non coincide con quello di nomzizare, come si è constatato
finora: l’ap- pellare dei nomi appellativi non dice necessariamente rinvio al
referente estralinguistico, ma, sulla scia di quanto si è visto negli altri
commenti a Prisciano, rinvia solo agli appellata, al correlativo mentale
designato dal termine. Ci sono, anche da un punto di vista grammaticale ormai,
gli elementi per una considerazione della funzione appellativa di un nome,
all’interno di una proposizione, che sia condizionata appunto dalla struttura
logico-linguistica della proposizione stessa. Già con i Tractatus Anagnini la
dottrina dell’appellatio, alla proprium, ut hoc nomen ‘Socrates’ et significat
et appellat hunc hominem. Appellativum vero significat substantiam et omnem
appellat, sed non omnem, cui convenit proprietas designata per ipsum, scilicet
humanitas, nominat, sed quamlibet substantiam cui ipsum convenit appellat, quia
pro uno- quoque eorum habet poni. Ut hoc nomen ‘boro? significat
hominem et omnem appellat et quemlibet hominem, sed nullum determinate ». 14 Ivi: «De hoc vero nomine
‘albedo’ dicunt quod solam qualitatem significat, scilicet a/bedinem, sed
nullam appellat, tamen omnem significat ». 125 Ivi, p. 259: « Nominant autem,
id est appellant, adiectiva substantias illas quibus insunt accidentia illa que
eis significantur, ut ‘albus’ principa- liter significat qualitatem
(substantiam: De Rijk) determinando eam inesse, secundario subiectum albedinis
et illud nominant ». 86 Alfonso Maierù fine del secolo XII, non ha più una
funzione centrale, ma il suo posto è occupato dalle dottrine della sigrificatio
e della suppositio. L’autore, anonimo, richiamandosi alla distinzione tra nomi
propri e nomi appellativi ‘%, caratterizza l’appellatio come proprietà di un
termine di aver riferimento ai suoi appellata: in questo senso occorre a
proposito della supposizione di un termine in presenza della dictio ‘alius’ '?
e a proposito della supposizione conseguente all’uso comune (« de communi usu
loquentium »), e in partico- lare discutendo « de nominibus articularibus », o
nomi di dignità e cariche pubbliche, che, assunti al caso obliquo, hanno
appellatio ristretta !8, Appellatio dunque occorre nella discussione più gene-
rale dell’ampliatio e restrictio d'un termine, di cui si dirà nel seguente
capitolo !?, Ma tra la fine del secolo XII e la prima metà del secolo XIII
circa fiorì quel genere letterario noto col nome di sumzzulae; in esse la
dottrina dell’appellatio, pur non svolgendo un ruolo cen- trale nella
trattazione dei « parva logicalia », appare ormai matura da un punto di vista
logico: l’appellatio non è più considerata come proprietà del nome in quanto
tale, ma proprietà di un ter- mine in una proposizione, cioè in un contesto
sincategorematico, in una struttura sintattica logicamente rilevante,
nell’ambito della quale si precisano le possibilità operative dei termini. Se
ancora nella Logica ‘Cum sit nostra’ il riferimento sintat- tico non è
decisamente affermato e sussiste una considerazione del nome assunto nella sua
atomicità !*, il discorso si fa più com- pleto e interessante negli altri
trattati. 126 Tractatus Anagnini, cit., cfr. ad esempio pp. 301 e 316-317. 127
Ivi, p. 271: «[...] tunc precedens terminus restringitur ad suppo- nendum illa
que cadunt sub appellatione sequentis termini », e ancora: « sub appellatione
sequentis termini », nello stesso contesto. 128 Ivi, pp. 274-275: « nomina
articularia sumpta per obliquum restrin- gunt appellationem, ut ‘video regem’,
‘loquitur de rege’ ». 129 Cfr. cap. II, $ 2. 130 Logica ‘Cum sit nostra’, cit.,
p. 449: «Et est appellatio sermonis Terminologia logica della tarda scolastica [Le
Introductiones Parisienses, dopo aver definito i termini suppositio,
significatio, consignificatio, definisce così l’appellatio: Appellatio, ut
solet dici, est presentialis convenientia alicuius cum aliquo; vel: quedam
proprietas que inest termino ex eo quod pro presenti significat, ut solet dici.
Ut hoc nomen ‘Antichristus’ non appellat Antichristum, immo subponit et
significat !, Perché un termine abbia appellazione, si richiede la conside
razione della struttura proporzionale (convenientia) e il riferimento al tempo
presente. Manca, nel testo, qualsiasi cenno all’appellatio come funzione del
predicato !°. } Anche il Tractatus de proprietatibus sermonum definisce l’ap-
pellatio indicando come elemento caratterizzante la connotazione temporale del
tempo presente ‘*, che deve aver luogo in un con- testo proposizionale !*. E
poiché l’appellatio è inferiore alla suppo- predicabilis significatio sine
tempore [...]. Vel: appellatio est proprietas ter- mini communis quam habet
secundum quod comparatur ad sua singularia, que comparatio inest ei secundum
quod appellat. Ut cum dicitur: ‘homo est animal’, iste terminus ‘homo? habet
comparationem ad singularia, que com- paratio inest ci secundum quod appellat
Socratem vel Platonem »: interes- sante il rilievo relativo alla predicabilità,
ma il prosieguo del discorso mostra qual è il vero interesse del nostro testo.
Si noti che la suppositio è definita «substantiva rei designatio, idest
significatio termini substantivi»; è chiaro, dall’analisi di homo contenuta nel
primo testo, che suppo- sitio e appellatio non si escludono. 131 Introductiones
Parisienses, cit., p. 371. 132 Seguono (ivi, pp. 371-373) sei regole relative
all’ampliatio e alla restrictio di suppositio e appellatio. 133
Tractatus de proprietatibus sermonum, cit., p. 722: « Appellatio est proprietas
que inest voci ex eo quod assignet aliquem mediante verbo pre- sentis temporis.
Per hoc patet quod ille terminus tantummodo appellat qui vere potest sumi cum
verbo presentis temporis; ille vero nil appellat qui vere non potest sumi cum
verbo presentis temporis, ille scilicet qui nil potest significare
presentialiter. Appellare est assignare aliquem. Unde terzzinum appellare nil
aliud est quam terzzinum convenire alicui, hocest esse assignare alicui me-
diante verbo presentis temporis ». 88 Alfonso Maierù sitio, in quanto è un capitolo di
essa !%, l’appellatio può essere anche definita come la coartatio (o
restrictio) della suppositio mediante il verbo di tempo presente !%, La
Dialectica Monacensis, agli elementi già rilevati della conno- tazione
temporale in un contesto proposizionale, aggiunge che 4p- pellare è accidentale
per il termine, e che la funzione del termine che appellat è quella di essere
predicato !”. Ancora, le Suzzzze Metenses caratterizzano in modo molto chiaro
l’appellatio come suppositio del termine « pro iis qui sunt », « pro existente
», a differenza della supposizione, che è funzione del termine non legata ai «
presentia supposita » !*. 135 Ivi: «[...] cum suppositio et appellatio se
habeant quasi superius et nferius [...]». 136 Ivi, pp. 722-723: « Quoniam
(autem) variatur per verbum presentis emporis vel preteriti vel futuri, et cum
talis variatio sit suppositio coartata et talis suppositio coartata per verbum
presentis vel preteriti vel futuri dicatur appellatio. Dialectica
Monacensis, cit., p. 616: « Dicitur autem terminus appel- lare id de quo vere
et presentialiter et affirmative potest predicari. Ut patet in hoc termino
‘bomzo’, qui appellat Sortem, Platonem, et omnes alios presen- tes. Et notandum
quod terminus communis hoc quod appellat, supponit. Sed non convertitur, quia
multa supponit que non appellat. Iste enim ter- minus ‘bozz0? supponit Cesarem
et Antichristum, non tamen appellat cos, eoquod. non sunt presentes. Unde
accidentale est termino appellare id quod modo appellat, quia iste terminus
‘hozz0” appellat Sortem cum ipse est, cras non appellabit ipsum dum ipse non
est, sed tamen supponit ». La supposi- zione è comunque superior
all’appellazione; di essa si afferma: «[...] ter- minus communis pet se sumptus
supponit pro omni quod potest participari formam eius:[...] », dove è presente
un riferimento alla forzz4 (natura uni- versale) come residuo delle
interpretazioni dell’espressione: « substantia et qualitas ». 1388
Cfr. Summe Metenses, cit., p. 458: «Quoniam appellatio est nota corum. que
accidunt termino inquantum est in propositione, ideo viso de suppositione
termini videndum est de appellatione eiusdem et de diffe- rentia que est inter
appellationem et suppositionem. Sciendum tamen quod appellatio termini est
suppositio eius pro iis qui sunt. Unde appellata dicuntur presentia supposita;
suppositio est tum pro existente tum pro non Terminologia logica della tarda
scolastica 89 Questa caratterizzazione è prevalente nel secolo XIII, e non solo
nelle varie sumzzzulae, ma anche in testi come lo Speculum doctrinale di
Vincenzo di Beauvais !*. Lamberto di Auxerre ricorda quattro accezioni di
appellatio, ma afferma che il valore principale resta « acceptio termini pro
supposito vel suppositis actu existentibus » !°. Pietro Ispano a sua volta
definisce senz'altro: « Appellatio est acceptio termini pro re existente », il
che rende questa funzione del termine diversa dalla significatio e dalla
suppositio !!. La necessità dell’attuale esistenza della cosa appellata fa sì
che Pietro attribuisca l’appellatio non solo ai nomi comuni, ma anche ai nomi
propri quando designano una realtà esistente ‘4°. Bisogna però distinguere due
casi existente. Et ex hoc patet differentia inter appellationem et supposi-
tionem [...]. Non autem terminus appellat nisi pro eo qui vere est. Et
propterea manifestum est quod multos appellavit quos modo non appellat, et
multos postea appellabit; item multos appellabat (appellat: De Rijk) quos modo
non appellat nec postea appellabit ». 139 Vincenzo DI BEAUVAIS, op. cit., 240:
« Appellatio vero dicitur quae- dam proprietas quae inest termino, eo quod ille
potest accipi pro aliquo supposito actu existente. Unde differt a suppositione,
eo quod suppositio est indifferens respectu entium, et non entium: unde
suppositio communior est quam appellatio »; per la distinzione tra nomi comuni
o appellativi e nomi propri, cfr. ivi, 95-98. 140 In PRANTL, Appellatio dicitur
quatuor modis: propria nominatio, proprietas nominum, acceptio termini pro
supposito sub suo significato, acceptio termini pro supposito vel pro sup-
positis actu existentibus... Quarto modo est principalis intentio... ». 141
Summulae logicales, cit., 10.01, p. 102; continua così il testo cit.: «Dico
autem “pro re existente”, quia terminus significans non ens nihil appellat, ut
“Caesar” vel “Antichristus”, et sic de aliis. Differt
autem appellatio a suppositione et significatione, quia appellatio est tantum
de re existente, sed suppositio et significatio sunt tam de re existente quam
non existente, ut “Antichristus” significat Antichristum et supponit pro Anti-
christo, sed non appellat, “homo” autem significat hominem et supponit de
natura sua tam pro hominibus existentibus quam non existentibus et ap- pellat
tantum homines existentes ». 14 Ivi, (10.02): « Appellationum autem alia est
termini communis, ut 90 Alfonso Maierù riguardo all’appellatio del termine
comune: se il termine ha sup- posizione semplice (se cioè sta per l’essenza
comune d’una cosa), allora « idem significat, supponit et appellat »; se invece
ha sup- posizione per i suoi inferiora, esso significat la natura comune,
supponit per quegli inferiora per i quali viene quantificato e ap- pellat gli
inferiora esistenti !9. L’uso dei termini appellatio, appellare da parte di Guglielmo
di Shyreswood merita un discorso più ampio. Innanzi tutto, va precisato che
secondo Guglielmo appellatio è la generale predica- bilità del nome in una
proposizione che abbia il tempo presente !*. Ma il maestro ci informa che,
secondo alcuni (guidar), il predi- cato ha appellatio mentre il soggetto ha
suppositio 5. Ora, la “homo”, alia termini singularis, ut “Socrates”. Terminus
singularis idem significat, supponit et appellat, quia significat rem
existentem, ut “Petrus” ». 143 Ivi, 10.03, pp. 102-103: «Item, appellationum
termini communis alia est termini communis pro ipsa re in communi, ut quando
terminus habet simplicem suppositionem, ut cum dicitur “homo est species” vel
“animal est genus”; et tunc terminus communis idem significat, supponit et
appellat, ut “homo” significat hominem in communi et supponit pro homine in
communi et appellat hominem in communi. Alia est termini communis pro suis
inferioribus, ut quando terminus communis habet personalem supposi- tionem, ut
cum dicitur “homo cutrit”. Tunc “homo” non significat idem, supponit et
appellat, quia significat hominem in communi et supponit pro particularibus et
appellat particulares homines existentes. Introductiones în logicam, Appellatio
autem est presens convenientia termini i.e. proprietas, secundum quam
significatum termini potest dici de aliquo mediante hoc verbo: est [...].
Appellatio autem (sc. est) in omnibus substantivis et adiectivis et participiis
et non in pronominibus, quia non significat formam aliquam, sed solam
substantiam » (abbiamo tenuto presente le correzioni suggerite in KNEALE, op.
cit., pp. 246 sgg., al testo che il Grabmann ha fissato nell’ed. cit.), e p.
82: « Appellatio autem inest termino, secundum quod est predicabilis de suis
rebus mediante hoc verbo: est »; cfr. DE Rik, op. cit., II, i, pp. 563 sgg. In questo senso il
BocHENSKI, A History of Formal Logic, cit., p. 176, intende appellare come
‘nominare’ le cose presenti. GUGLIELMO DI SHYRESWOOD, op. cif., p. 82: « Dicunt
igitur quidam. quod terminus ex parte subiecti supponit et ex parte predicati
appellat ». Terminologia logica della tarda scolastica 9i supposizione può
essere duplice: « aut secundum actum aut secundum habitum; della supposizione
abituale (che ha ri- scontro nella supposizione naturale di Pietro Ispano 19),
scrive: « Secundum autem quod est ‘** in habitu dicitur suppositio signifi-
catio alicuius ut subsistentis. Quod enim tale est, natum est ordinari sub alio
»; la supposizione attuale è definita « ordinatio alicuius intellectus sub alio
» !: un termine, in quanto tale, è naturalmente capace di fungere da soggetto e
in tal caso ha supposizione abituale; se è usato in una proposizione, esso è
attualmente ‘ordinato’ a un predicato, ed ha supposizione attuale. Ciò
premesso, Guglielmo commenta così l’opinione dei quidam: Et sciendum, quod ex
parte subiecti supponit (sc. terminus) secundum utramque diffinitionem
suppositionis (sc. actualem et habitualem), ex parte autem predicati supponit
secundum habitualem suam diffinitio- nem. Scieridum etiam quod terminus ex
parte subiecti appellat suas res, sed non secundum quod est subiectum. Ex parte
autem predicati appellat. Secundum autem quod predicatum, comparatur ad
subiectum suum per aliquam suarum rerum et secundum hoc appellat 199. Sembra di
poter ricavare dal testo le seguenti affermazioni: la supposizione attuale non
importa l’appellatio; la supposizione abi- tuale, propria del termine in quanto
tale, importa l’appellatio; l’appellatio è perciò proprietà del termine in
quanto tale: il sog- getto appellat in forza della sua ineliminabile supposizione
abi tuale, il predicato appellat in quanto esso ha solo supposizione abituale;
e poiché il predicato significa una forma che inerisce alla substantia del
soggetto, il termine predicato designa solo una 16 Ivi, p. 74. . o 147 Summulae
logicales, cit., 6.04, p. 58; cfr. DE Ru, op. cit., II, i, pp. 566 sgg.; cfr.
anche cap. II, nn. 67 e 69. : 188 Nel testo di GueLIELMO DI SHYRESWOOD, op.
cit., p. 74, si legge sunt, che è riferito insieme a suppositio e copulatio.
149 Ivi. 150 Ivi, p. 82. 92 Alfonso Maierù 151 x n forma e appellat secondo che
è ordinato al soggetto, e grazie al soggetto; il predicato è quindi assunto
nella sua intenzione e aa; - ; inerisce’ al soggetto che riceve estensione
dalla copula !2. Da quanto si è detto, appare evidente che la dottrina della
appellatio proposta da Guglielmo è ancora legata all’analisi gram- maticale
della relazione che intercorre tra nome appellativo e realtà designata. Ma
resta vero ancora, per Guglielmo, che il nome, per sua natura (de se),
«supponit pro presentibus » !* cioè ha la funzione, che gli deriva, come si sa,
dalla sua impositio, di nominare le cose presenti: è questa la ragione per cui
l’appel- latio è legata, come a sua « conditio sine qua non », alla connota-
zione temporale della copula di tempo presente. 151
Cfr. ivi, p. 78: «Queratur, utrum dictio, que predicatut, predicet solam formam
et si stet simpliciter aut non. Et videtur, quod non. Si enim ita esset, vere
diceretur: quedam species est homo sicut dicitur: homo est species. Dicendum,
quod hoc non sequitur. Omne enim nomen significat solam formam et non absolute,
sed inquantum informat substantiam deffe- rentem ipsam et sic aliquo modo dat
intelligere substantiam. Nomen ergo in predicato dat intelligere formam,
dico, ut est formam substantie subiecti. Et ideo cum illa substantia
intelligatur in subiecto, non intelligetur iterum in predicato. Unde predicatum
solam formam dicit ». Si ricordi che significatio è definita (ivi, p. 74): «
presentatio alicuius forme ad intellectum »: forma è una natura universale; per
il De Rij€, op. cit., II, i, p. 563, n. 3, l’espres- sione « significatum
termini » del primo testo della n. 144 vale « the universal nature the term
signifies ». 12 Così il De Rug (ivi, p. 564) intende il passo di Guglielmo: di
contro ai « quidam » che appaiono sostenitori della teoria dell’identità per
quanto riguarda la copula (soggetto e predicato hanno la stessa estensione,
indicata dalla copula), Guglielmo è sostenitore della teoria dell’inerenza (per
la quale cfr. Moopy, Truth and Consequence..., cit., pp. 32 sgg., e cap. III).
sa Cfr. GUGLIELMO DI SHYRESWOOD, op. cif., p. 85: «Et dico, quod ille terminus:
homo supponit pro presentibus de se, quia significat formam in comparatione ad
suas res. Hec autem comparatio tantum salvatur in existen- tibus. Solum enim
est suum significatum forma existentium et proprie pro hiis supponit de se »;
per forma, e significatum, cfr. n. 151; per l’interpre- tazione proposta, cfr.
KNEALE, op. cit., pp. 247-248. Terminologia logica della tarda scolastica 93 Di
contro alla dottrina che interpreta l’appellatio come una specie di suppositio,
e precisamente quella specie che vale in rela- zione al tempo presente,
dottrina che deriva dall’affermarsi della suppositio come teoria generale del
termine nella proposizione in sostituzione dell’appellatio (ben illustrata dal
De Rijk'*), sopravvive nelle sumzzzulae l’interpretazione dell’appellatio come
proprietà del termine derivante dalla primitiva impositio: essa è documentata
dall’Ars Meliduna, dalle Sumule dialectices attribuite a Ruggero Bacone, ma
anche nel Compendium studii theologiae di Ruggero Bacone. Se, per parte sua,
l’Ars Meliduna afferma ancora le tesi dell’appellatio come risultato immediato
dell’institutio 9, della 154 Cfr. Logica modernorum. Causa institucionis vocum
fuit manifestacio intel- lectus, idest ut haberet quis quod alii intellectum
suum manifestaret [....]. Notandum tamen quod institucio vocum non fuit facta
ad significandum, sed tantum ad appellandum, quippe cum appellacio vocum magis
sit necessaria ad loquendum de rebus subiectis quam significacio. Quod autem ad
appel landum fuerint voces institute, satis probabiliter coniectari potest ex
illa inposicione vocis que fit cum puero nomen inponitur: ibi enim non queritur
quid significabit illud nomen vel quo nomine puer significabitur sed pocius
quid appellabitur. Amplius autem ex hoc quod ubicunque proprie ponuntur nomina
in supposito semper ponuntur ad agendum de appellatis tantum, ut dicto quoniam
horzo currit. Appellant ergo nomina res illas propter quas supponendas fuerunt
instituta. Verba quoque similiter, saltem casualia, idesi participia. Licet
autem ad appellandum tantum fuerint institute voces, tamen preter appellacionem
habent etiam significacionem, sed hanc ex appellacione contraxerunt sive ex
institucione facta ad appellandum ». Discutendo della significazione dei nomi,
l’autore c’informa che, secondo una tesi, essi signi ficano le forme ideali,
per cui « desinente re appellata, manet vocis signifi- catio » (ivi, p. 295);
ciò ricorda da vicino quanto scrive GIOVANNI DI Sa LIsBURY, Metalogicon, cit.,
IV, 35, p. 205: « [...] temporalia uero widentur quidem esse, co quod
intelligibilium pretendunt imaginem. Sed appellatione uerbi substantiui non
satis digna sunt que cum tempore transeunt, ut nun- quam in eodem statu
permaneant, sed ut fumus euanescant; fugiunt enim, ut idem (sc. Plato) ait in
Thimeo, nec expectant appellationem »; cfr 94 Alfonso Maierù necessità del
riferimento al presente e della priorità logica della significatio e della
suppositio rispetto all’appellatio, giacché il nome conserva quelle quando
perde questa in seguito alla distru- zione della cosa ‘appellata’ !*, il
discorso diventa più articolato negli altri due testi. L’autore delle Sumzule
scarta sia la dottrina della suppositio come proprietà del soggetto !”, sia
quella dell’appellatio come proprietà del predicato: l’appellatio è ordinata
agli appellata e perciò è proprietà del soggetto come del predicato, giacché
en- trambi sono ordinati agli appellata; e poiché i termini che hanno
appellazione sono usati nella loro valenza significativa, ogni 4ppel- latio è
personale (‘personale’ indica che il termine è usato a deno- tare le realtà significate)
e si può articolare a somiglianza della supposizione personale ‘*. L’autore,
inoltre, ricorda due opinioni Timaeus a Calcidio translatus commentarioque
instructus, ed. T.H. Waszink, « Plato latinus », IV, Londini et Leidae 1962, p.
47. Cfr. MurraLry, The « Summulae logicales » ..., cit., pp. lviti-lix. 156 Ars
Meliduna, cit., p. 316: «Significat enim hoc nomen ‘Cesar’ adhuc illud
individuum quod olim significavit. Neque enim nomen re (ce)dente
significationem amisit quam prius habuerit, sed appellationem, — que est per
verbum presentis temporis vera attributio sive copulatio. Unde et semper exigit
rem existendi. Distat ergo inter suppositionem, signi- ficationem,
appellationem, quia duo prima precedunt tertium, ut in hoc nomine
‘Antichristus’; semper etiam post ipsum manent, ut in hoc nomine ‘Cesar’; ipsa
vero simul. Significat itaque ‘Cesar’ individuum, non quod modo sit individuum,
sed quod est vel fuit vel erit. Et ita significat individuum quod non est nec
tamen (erit) aliquod individuum. Sicut supponit vel, secundum
alios, significat boro qui non est et tamen quilibet homo est, quia
significatio dictionis appellationem ampliat ». 157 Sumule dialectices,
cit., p. 268: «quarto modo dicitur supposicio ‘proprietas termini subjecti’,
sive subjecti in quantum alii supponit et subicitur in oracione »; quindi è
scartata la tesi che intende la suppo- sitio come « substantiva rei designacio
» (ivi). 1588 Ivi, p. 277: «[...] dicitur quod appellacio est termini
predicabilis sine tempore significatio (significato: Steele). Quod est falsum:
quia appel- lacio dicitur per comparacionem ad appellata que respicit. Cum
igitur subjectus terminus equaliter respiciat appellata, sic terminus predicatus
erit appellacio Terminologia logica della tarda scolastica 95 relative al
riferimento temporale del nome che ha appellatio: una, più diffusa, sostiene
che il termine comune denota tutti i suoi (possibili) appellata, senza alcun
riferimento temporale (su questa affermazione, legata all’analisi del momer
appellativum, fa leva la dottrina dell’ampliatio e della restrictio); l’altra,
invece, intende l’appellatio del termine come riferita al presente, giacché «
ter- minus est solum nomen presencium » !’. Questa seconda è l’opinione
condivisa dall’autore delle Sumzzle; fra i vari argomenti addotti a sostegno di
essa, uno è ricavato dalla dottrina della ampliatio: se il termine avesse
appellazione per il presente come pet il passato e il futuro, l’ampliazione non
avrebbe senso !, e conclude: Dicendum est igitur quod terminus est solum nomen
presencium vel existencium, nomen dico significacionis [...]. Quare terminus de
se solum concernit presencia, et supponit pro illis de sui materia; pet naturam
autem verbi de preterito et futuro, vel habenti materiali eorum ut verba
ampliandi, poterunt stare pro preteritis et futuris!9!, All’obiezione, che si
può formulare contro la tesi che so- stiene essere elemento caratterizzante
dell’appellatio il riferimento al tempo presente, che cioè il nome, a
differenza del verbo, non connota il tempo, e quindi non è giustificato alcun
riferimento subjecti sicut predicati. Cum igitur omnis appellacio sit respectu
significacio- num, omnis appellacio erit personalis. Sicut autem supposicio
personalis dividitur sic appellacio potest dividi; alia discreta, alia communis
etc., et competunt eadem exempla tam a parte subiecti quam a parte predicati »;
cfr. Duplex tamen est sentencia de appellacionibus, quia quidam dicunt quod
terminus appellat de se appellata presencia, preterita et futura, et est
communis entibus et non-entibus. Alii dicunt quod terminus est solum nomen
presencium et nichil est commune enti et non-enti, sive preterito, presenti, et
futuro, secundum quod dicit Aristoteles in primo Metaphysice ». 160 Ivi, p.
280. 161 Ivi. 96 Alfonso Maierù temporale ‘2, l’autore risponde che il nome, di
per sé, né significa né consignifica il tempo, ma, piuttosto, l’imzpositio che
è all’ori- gine del nome è in relazione alla « res praesens » da nominare, e la
significatio che ne consegue non può prescindere da ciò !9, Dalla stessa
posizione muove Ruggero Bacone nel Corzpen- dium: in polemica con Riccardo Rufo
di Cornovaglia, nega che il nome designi un « esse habituale » indifferente
alla connotazione temporale e quindi valido per presente, passato e futuro!” e
si richiama all’originaria imzpositio del nome che esige la presenza della cosa
designata. E all’obiezione che il nome « significat sine tempore », risponde
che ciò è detto « quantum ad modum significandi, non quantum ad rem », che
anzi, usare un termine per designare una realtà non più esistente o non
esistente è usarlo equivocamente e, in fondo, dare ad esso una nuova impositio
!£; e ancora: una vox petde la sua significatio una volta distrutta la « res
signata »; se dunque una vox significa una realtà non più presente, lo fa
perché riceve una nuova imzpositio 19. 16 Ivi, p. 283: «His suppositis, est
dubitacio super jam dicta quod nomen significat sine tempore, igitur hujusmodi
termini ‘homo’ ‘Sor’, cum sint nomina, non determinant sibi tempus aliquod, nec
appellata magis presencia quam preterita vel futura ». 163 Ivi: «[...]
inponitur enim nomen rei presenti et appellato presenti. Oportet enim quod sit
presens et ens actu cui nomen inponatur. Set hoc dupliciter: aut ens
actu et presens in rerum natura, ut ‘homo’ ‘asinus’, aut secundum animam, ut
‘chimera’ et hujusmodi ficta apud intellectum et cognicionem ». 14 Compendium
..., cit., p. 55. 165 Ivi, p. 54: «Nunquam enim homines, quando inponunt nomina
infantibus vel animalibus suis, respiciunt nisi ad res presentes sensui, et
ideo non abstrahunt a presenti tempore, nec ab actuali »; cfr. Ars Meliduna, in
n. 155. 16 Ivi, p. 57: «Sic possumus inponere illis nomina, set alia inposi-
cione et alia quam illa que entibus fit, et equivoce; ut Cesar potest per nouam
inposicionem significare Cesarem preteritum vel futurum vel mortuum, set
equiuoce enti et non enti ». 167 Ivi, p. 60: in part.: «Si enim non est pater,
non est filius, nec Terminologia logica della tarda scolastica 97 I testi ora
esaminati rappresentano indubbiamente i documenti d’una sopravvivenza di tesi
tradizionali, talora riprese polemica- mente (da Bacone) contro l’affermarsi di
quella considerazione dell’appellatio che abbiamo detto sintattica: il termine
può essere considerato nel momento della sua utilizzazione in una proposi-
zione, e in tal caso ha appellatio quando la supposizione di esso è rapportata
al presente. Una tale considerazione è possibile grazie al sostituirsi della
dottrina logica della suppositio, come dottrina generale del termine nella
proposizione, a quella del- l’appellatio, che, muovendo da premesse
prevalentemente gram- maticali (nomen appellativum), si era affermata prima
come dot- trina del rapporto intercorrente tra il momzen comune e i suoi
appellata e poi come dottrina del zomzen condizionato dal tempo del verbo nella
proposizione; i due modi di considerare l’appel- latio sono esemplificati, fra
l’altro, dalle due opinioni che abbiamo visto nel testo delle Suzzule dello ps.
Bacone. Ma, insopprimibile, rimane l’esigenza di rapportare il nome al suo
momento istitutivo, quando si pongono le premesse del- l’appellatio e della significatio;
la tesi del decadere della vox dalla sua significatio quando vien meno la « res
appellata » sostenuta da Ruggero Bacone finisce, però, per distruggere la
possibilità non solo d’un discorso logico, ma d’un qualsiasi discorso. Niente
di nuovo, rispetto a quanto si è detto, si trova nella tradizione dei commenti
ad Aristotele fioriti nel secolo XIII !8. e contrario: set signum et signatum
sunt relatiua, ergo perempto signato, non erit vox significatiua ». 18 Si veda,
ad esempio, ALserto Magno, Praedicamentorum liber I, in Opera, I, cit., pp.
157b (i derominativa) e 158b: «Et quod dicitur appellationem (quae dicitur
quasi ad pulsum, et componitur ab 4 praepo- sitione et pello, pellis) notat,
quod alienum pulsum sit ad id quod deno- minatur, sicut et nomen proprium
appellatio vocatur proprie, quia ex col- lectione accidentium ad id
significandum appulsum est. Nomen enim com- mune propter hoc dicitur
appellativum, eo quod in eo multa pelluntut in unum, et ideo est commune
multorum ». Ma si veda, per questi riferi- [La trattazione della dottrina
dell’appellatio qual è svolta dai maestri del secolo XIV presuppone la
conoscenza dei problemi finora esaminati, da quello dei patonimi a quello del «
nomen appellativum » a quello, ancora, che è posto dalla domanda se
l’appellatio sia una proprietà del predicato e se rimandi a una forma o natura
universale. Di Occam si è parlato a proposito dei patonimi; si è visto che la
sua dottrina è punto di arrivo di una tradizione di analisi, puntualizza lo
status dei problemi e fissa una terminologia. Per quanto riguarda l’appellatio,
il « Venerabilis Inceptor » ne precisa il significato una prima volta in
rapporto a suppositio, una seconda distinguendo due accezioni di appellare.
Ecco il primo passo, tratto dalla Sumzmza logicae: Est [...] sciendum, quod
‘suppositio’ accipitur dupliciter, scilicet large et stricte. Large accepta non
distinguitur contra pes arena sed appellatio est unum contentum sub
suppositione. Aliter accipitur stricte, secundum quod distinguitur contra appellationem
!9, Il secondo passo si legge nell’Elementarium logicae: ‘Appellare’ autem et
‘appellatio’ dupliciter accipitur; uno modo pro significare plura, per quem
modum dicuntur quaedam nomina esse nomina appellativa, non praccise quia
significant sed quia significant plura. Ideo nomina propria non sunt nomina
appellativa [...]. Aliter accipitur appellare pro termino exigere vel denotare
seipsum debere sub propria forma, id est ipsummet praedicari in aliqua alia
propo- sitione. Et sic solebant (dicere) quod praedicatum appellat suam for-
mam et subiectum non appellat suam formam. Nel primo testo Occam afferma che «
appellatio est unum menti e per altri, Miztellateinische Worterbuch, s.w.
appellatio e appel- lativus. 169 Summa logicae, cit., pp. 175-176. 0
Elementarium logicae, cit., pp. 217-218. i Terminologia logica della tarda
scolastica 99 contentum sub suppositione » nel senso che essa è un capitolo
della supposizione !; appellatio invece si contrappone a suppo- sitio solo se
si intende che questa è proprietà del soggetto e quella del predicato: a
chiarire il secondo valore giova il testo del- l’Elementarium. La prima
accezione di appellatio, appellare è legata alla dottrina del « nomen
appellativum », la seconda invece caratterizza l’appellatio come proprietà del
predicato che « appel- lat suam formam ». Ma cosa valga questa espressione si
ricava da altri passi: nella Sumzzza logicae l’espressione vale: « ipsum (sc.
praedicatum) et non aliud » !2, nell’Elementarium essa è glossata con «
praedicatum ipsum non mutatum seu variatum nec alio sibi addito » !#: dal punto
di vista logico, una proposizione il cui predicato « appellat suam formam » è
vera quando lo stesso ter- mine, non mutato, cioè assunto per tutto ciò che
esso importa dal punto di vista della sigrificatio, è predicato « de illo, pro
quo subiectum supponit, vel de pronomine demonstrante illud praecise, pro quo
subiectum supponit » ! facendo una proposizione vera; così, perché sia vera la
proposizione « album fuit nigrum », è necessario che sia stata vera una volta
la proposizione: « hoc est nigrum ». Ora, non è richiesto in tali proposizioni
che ciò valga anche per il soggetto !5: è noto infatti che il verbo condiziona
ciò che segue ad esso, non ciò che precede, e che il soggetto di una proposizione
con verbo di tempo o comunque di valote di- verso dal semplice presente ha
supposizione per ciò che è o pet ciò che può essere (o per ciò che fu, o sarà),
mentre il predicato ha 171 Per Pu. Bonner (Ockbam's Theory of Signification, «
Franciscan Studies», VI [1946], pp. 143-170, ora in Collected Articles on
Ockham, cit.: v. in part. p. 230, n. 51) e il De RiJ€ (op. ciz., II, i, p. 564)
è quel capitolo che riguarda la supposizione di un termine in relazione a cose
esistenti; ma cfr. nn. 186 e 187. 172 Summa logicae, cit., p. 195
(l’espressione occorre anche a p. 242). 173 Elementarium logicae, Summa logicae, cit., p. 195. 175 Elementarium
logicae, cit., p. 218. 100 Alfonso Maierà supposizione, nel suo valore specifico,
per il tempo e il valore indicato dal verbo !. Nella dottrina dell’appellatio
di Riccardo di Campsall vanno distinte due fasi: la prima è quella che emerge
dalle Questiones super librum Priorum analeticorum, la seconda si riscontra
nella Logica. Nel primo testo, appellare occorre sia in concorrenza con sup-
ponere, almeno in un caso in cui si tratta della suppositio del predicato !”,
sia nell'espressione « predicatum appellat suam for- mam », che è usata come
medium di argomentazione 18. l’autore non fa riferimento ad alcuna connotazione
temporale in questi con- testi, e l’esclude esplicitamente là dove definisce il
nome comune o appellativo come quello che « significat naturam communem
habentem supposita » !?: qualora non avesse un « suppositum presens » o 412 Alfonso Maierù In conclusione, Wyclif
conosce due grandi generi di probazio: una legata ai termini mediati, l’altra,
meno formalizzata, che si ricollega forse a una tradizione vicina a quella
testimoniata dai Tractatus Anagnini”. Infine, è importante rilevare che i
maestri di formazione pari- gina, ma anche Occam, non conoscono altro tipo di
probatio che non sia la expositio: da questo, che è il più diffuso, comin-
ceremo l’esame dei singoli modi di ‘prova’ della verità delle proposizioni. 4.
L’« expositio » I termini exponere, expositio hanno una loro storia ante- riore
all’uso che ne fanno i logici nel medioevo, sia nel campo blema possit pluribus
modis concludi. Ad quod dubium sine verbis respon- deo quod particularis
affirmativa et universalis negativa de subiectis non transcendentibus ad minus
quadrupliciter probari possunt: a priori, a poste- riori, aeque et indirecte;
ut ista propositio: ‘homo currit’ a posteriori potest probari sic: ‘hoc currit
et hoc est homo, igitur homo currit*; a priori sic: ‘omne animal currit, homo
est animal, igitur homo currit’; ab aeque sic: ‘risibile vel animal rationale
curtrit, igitur homo currit*; indirecte sic: quia contradictoria istius
significantis principaliter quod homo currit est falsa, igitur ista est vera
‘homo cutrit’ ». C'è da notare che il procedimento a priori, quale qui esposto,
ricorda molto da vicino l'operazione contraria alla resolutio che Billingham
chiama compositio; quello 4 posteriori, stando all’esempio addotto, si
identifica con la resolutio stessa; la probatio ab aeque non contiene alcun
accenno all’expositio, che è invece presente in Wyclif; infine, la probatio
indirecta è identica alla probatio indirecta ex opposito di Wyclif. La
dipendenza di Pietro da Wyclif non è proprio docu- mentabile, come si vede: va
piuttosto detto che una stessa tradizione è giunta ai due autori, probabilmente
da fonte inglese; in Wyclif l'utilizzazione di questa quadruplice probatio è
puntuale e normale, mentre Pietro, per quanto mi risulta, non va oltre questo
cenno. 5 Manca in Wyclif ogni riferimento alle « probatio per habitudinem
Terminologia vogic. delta tarda scolastica 413 della retorica ® che in quello
delle tecniche di approccio agli auctores oggetto di lectio ®. Il Mullally nota
che l’origine del termine va ricercata nell’esigenza di chiarire i vari sensi
del di- scorso, compito che già Cicerone assegnava alla dialettica 2. L’affer-
mazione torna nel medioevo *, in un contesto in cui si discute del compito che
spetta al commentatore di Prisciano; in verità, l’esi- genza stessa della
expositio, a tutti i livelli, ha la sua origine nel bisogno di chiarire,
illustrare, mostrare qualcosa mediante discorso. Nel secolo XII troviamo in
testi di logica due usi di expomere: uno, relativo alla vox che « exponitut per
significationem alterius predicabilium » che ha una lontana parentela con la
probatio officialiter, come si dirà nel $ 6; cfr. Tractatus Anagnini, cit., pp.
285 sgg. 9 Per la retorica, cfr. LausBERG, op. cif., pp. 700 sg., sv. exponere
ed expositio. 61 Cfr. Boezio, In Arist. Periermenias, I ed., cit., p. 132; II
ed. cit., p. 157: expositor è il ‘commentatore’; e p. 7: « Cuius expositionem
nos scilicet quam maxime a Porphyrio quamquam etiam a ceteris transferentes
Latina oratione digessimus »; Cassionoro, Institutiones, cit., I, VIII 16, p.
32: «[...] nequaquam vobis modernos expositores interdico ». Per la distinzione
tra autentici, disputatores, introductores e expositores cfr. E. R. Curtius,
Europdische Literatur, Bern 19619, p. 264.
MutLaLty, The « Summulae logicales » ..., cit., pp. lxxiv sgg., in part.
p. lxxiv n., cita Cicerone, Bruto, xLI, 152: «[...] latentem explicare defi-
niendo, obscuram explanare interpretando [....] ». Il MuLLaLty, ivi, cita anche
De doctrina christiana di S. Agostino, III, dove le ambiguità verbali sono
chiarite con l’applicazione di regole grammaticali. GucLieLMo DI ConcHes, De philosophia mundi,
P. L. 172, 101-102: «Antiqui vero glosatores [...] in expositione accidentium
erraverunt. Quod ergo ab istis minus dictum est dicere proposuimus, quod
obscure exponere, ut ex nostro opere causas inventionis predictorum aliquis
querat et diffinitionum Prisciani expositiones [...] » (il
passo è cit. dal De Rixk, Logica modernorum, Il, i, cit., p. 110, che segue il
testo corretto da E. JeaunEAU, Deux rédactions des gloses de Guillaume de
Conches sur Priscien, « Recherches de théologie ancienne et médiévale », XXVTI
[1960], p. 218). 414 Alfonso
Maierà vocis » #, l’altro relativo alla propositio 9. Questo secondo solo,
opportunamente precisato, diviene corrente nella logica medievale. Che a questo
stadio l’accezione sia generica, si può constatare anche in Abelardo #; ma ben
presto essa si fa più rigorosa. La propositio in tal caso è detta exporibilis.
Ma poiché essa è tale in virtù di una vox 0 dictio, è necessario individuare
quali dictiones rendano esponibile la proposizione. Si afferma quindi che le
dictiones aventi tale proprietà sono quelle sincategorematiche o aventi un
importo sincategorematico. Pietro Ispano, nel Tractactus exponibilium, così
definisce la propositio exponibilis: Propositio exponibilis est propositio
habens obscurum sensum expo- sitione indigentem propter aliquod syncategoreuma
in ea implicite vel explicite positum vel in aliqua dictione [....] mentre
Buridano afferma: expositio non est nisi explanatio significationis
syncategoreu- matum $, La ricerca dell’identificazione dei termini esponibili è
operata % Glose in Arist. Sopb. el., cit., p. 212: «Figura dictionis secundum
significationem est cumz una vox exponitur per significationem alterius vocis,
ut hec vox ‘quid’ exponitur per quale vel quantum, quia iste voces non videntur
differre in significatione, tamen differunt » (cfr. anche De RK, op. cit., II,
i, p. 500, n.). 6 Introductiones dialetice secundum Wilgelmum, ms. Vienna lat.
2499, f. 27r, cit. in De Rik, op. cit., II, i, p. 132: «Sed quocumque modo ipsi
exponant istam propositionem: ‘quoddam animal est homo’, absurdum est eam dici
regularem, quia absurdum est ut illud quod prorso continetur ab aliquo in
ordine predicamenti, de continenti regulariter predicetur »: si tratta
semplicemente della conversione della proposizione. $
Cfr. cap. V, n. 74; v. anche KneaLE, The Development of Logic, cit., pp.
212-213. ST Op. cit., p. 104. 6 Consequentiae, cit., III, 1; cfr. cap. IV, n.
147. Terminologia
logica della tarda scolastica 415 nel contesto proposizionale, giacché è fatta
in vista di chiarire il senso dell’intera proposizione f, con l’aiuto delle
dottrine gram- maticali, oltre che della tradizione aristotelico-boeziana.
L’Ars Meliduna individua in particolare le dictiones exclu- sivae” e i
quantificatori”, ma non usa la terminologia del- l’expositio, mentre il quinto
dei Tractatus Anagnini, che tratta de quinque dictionum generibus
(distributive, infinite, aggettive, esclusive, relative) ? e che può essere
considerato un trattato de syncategorematibus come ce ne saranno nel secolo
XIII”, usa il termine exponere collocandolo in un contesto che è importante
perché vi si distingue la « propositio que exponitur » e quella «per quam exponitur
», anche se la terminologia è in concor- renza con quella della resolutio””.
Tra quelle dictiones che l’anonimo autore chiama distributive sono individuati
i compa- rativi, e tra quelle dette aggettive, i superlativi 9, la cui analisi
6 L’Ars Meliduna, cit., p. 329, trattando della contraddizione, afferma che
dictiones come tantum, praeter, nisi, adbuc modificano il consueto rap- porto
tra le contraddittorie secondo il noto schema del ‘quadrato’ delle
proposizioni, e perciò richiedono un’attenzione particolare che tenga conto
dell'intero contesto della proposizione condizionato da quelle dictiones. ©
Ivi, p. 333. © Ivi, p. 322. © Op. cit., p. 297 (argumentum del 5° trattato). 73
Come ad es. il trattato Syrncategoremata di SHYRESWOOD, cit. © Op. cit., p. 317:
«Nos autem admittimus eas et dicimus quod frequenter ca que exponitur est
incongrua et illa per quam exponitur, con- grua, ut ‘Romanus est fortissimus
Grecorum’, hec est incongrua; hec autem: ‘Romanus est unus Grecorum et est
fortior omnibus Grecis aliis a se’, hec est congrua. Similiter
ea que exponitur est congrua, sed ea per quam exponitur est incongrua, ut
“Socrates et Cesar sunt similes’, hec est congrua; sed hec est incongrua:
‘Socrates est talis qualis est Cesar”. Sed fottasse nulla illarum resolutionum est congrua]
ha origine grammaticale” ma ha giustificazioni aristoteliche ®. Nel secolo XIII
Guglielmo di Shyreswood, fra l’altro, analizza l’expositio dei verbi incipit e
desinit. Ma Pietro Ispano, nel testo citato, così enumera i termini o dictiones
(signa, nel testo) che rendono esponibile una proposizione: Pro quo notandum
est quod ea, quae faciunt propositionem expo- nibilem, sunt in multiplici
differentia. Nam quaedam sunt signa exclu- siva, ut «tantum», « solum »;
quaedam exceptiva, ut « praeter », « nisi »; quaedam reduplicativa, ut «
inquantum », « secundum quod »; quaedam important inceptionem vel desinitionem,
ut « incipit », « desinit »; quaedam important privationem finis, ut «
infinitum »; quaedam important excessum, ut nomina comparativi et superlativi
gradus; quedam important distinctionem, ut « differt », « aliud ab », et sic de
aliis; quaedam important specialem modum distributionis, ut « totus », «
quilibet », et sic de aliis. Unde propter ista, propositio redditur obscura et
indiget expositione, et ideo dicuntut facere propo- sitionem exponibilem 8,
Alla metà del secolo XIII, dunque, i principi dell’expositio sono già
stabilmente fissati, come testimonia l’opera di Pietro Ispano. © Il MuttLALLy,
op. cit., p. lxxvi, rinvia, per i comparativi, a PRISCIANO, op. cit., III, 1 e
8, in Grammatici latini, II, cit., pp. 83 e 87. 78 ARISTOTELE, in Cat. 5, 3b
33-4a 9, afferma che la sostanza non è suscettibile di più o meno, mentre ivi,
8, 10b 26-30 afferma che lo è l’accidente. Cfr. Boezio, In Cat. Arist., cit.,
ad I, e De differentiis topicis, cit., 1178C: «Namque ad comparationem nihil
nisi accidens venit, hoc enim solum recipit magis et minus ». Ma v. m., In
Isag., II ed. cit., p. 253: «Quae uero secundum accidens differentiae sunt
insepatabiles, ut aquilum esse vel simum vel coloratum aliquo modo, et
intentionem suscipiunt et remissionem [...] ». 79 Syncategoremata, cit., pp.
75-78. 80 Tractatus exponibilium, cit., p. 104. In luogo di desinitionem, l’ed.
legge definitionem. Il trattato mostra l’expositio dei vari termini: esclu-
sivi (pp. 104-108), eccettivi (pp. 108-110), reduplicativi (pp. 110-114),
incipit e desinit (pp. 114-118), infinitus (pp. 118-122), comparativi e [ Il
secolo XIV però riprende la dottrina, ne riesamina i fonda- menti e ne fissa
rigidamente le regole operative. Innanzi tutto, vengono riesaminati i termini
che rendono esponibile la proposizione. Nel Tractatus de suppositionibus, Buri-
dano afferma che delle voces incomplexae, o semplici dictiones (di- stinte
dalle voces comzplexae o orationes), che significano sempre in stretta
dipendenza dai concetti ®!, alcune hanno puro valore di categoremi, cioè
significano le cose concepite mediante concetti, e perciò possono essere
soggetto o predicato nella proposizione; altre hanno puro valore
sincategorematico perché significano solo quei concetti che sono le operazioni
mentali, come 707, vel, ecc.; altre, infine, sono miste: o perché, oltre ai
concetti che significano im- mediatamente e da cui traggono la funzione
sincategorematica, significano le cose concepite ma zor possono essere soggetto
o predicato, o perché hanno insieme funzione di categorema e di sincategorema
®©. In altre parole, alle voces incomplexae possono corrispondere concetti incomplessi
o complessi *; questi ultimi, sincategoremi come fat? o categoremi con
sincategorema come chimaera, vacuum, rendono esponibile la proposizione, nel
senso che i loro molteplici significati devono essere resi espliciti « per
orationes illis aequivalentes in significando » *. La proposizione superlativi
(pp. 122-124), differt e aliud (pp. 124-126), fotus (pp. 126-128), quaelibet e
quantumlibet (p. 128). 81 Sul rapporto tra concetti e discorso mentale da un
lato, voces e orationes dall’altto in Buridano, cfr. REINA, Il problema del
linguaggio in Buridano, I, cit., pp. 412-413. 8 Tractatus de suppositionibus,
cit., pp. 187-188; cfr. REINA, op. cit., I, p. 405. 83 Tractatus de
suppositionibus, cit., p. 189, e v. Sophismata, 1, £. [Sra-vb], dove si afferma
che tutto il racconto della guerra di Troia (« conceptus valde multipliciter
complexus ») è stato significato con la vox incomplexa «Iliade », come «vacuum
» sta per «locus non repletus cor- pore », che implica tre concetti: locus,
repletio, corpus. 8 Tractatus de suppositionibus, cit., pp. 189 e 190
(duodecima regula). 27 418 Alfonso Maierù exponibilis, una volta operata
l’expositio, è propositio exposita; le proposizioni ad essa corrispondenti sono
le exporentes: tra la prima e le altre c'è equivalenza e la regola fondamentale
sul piano operativo è la seguente: « Sunt [...] consequentiae formales per
exponentes syncategorematum ab exponentibus ad expositam aut ab exposita ad
aliquam exponentium » £. Abbiamo fatto precedere il discorso su Buridano a
quello su Occam perché Buridano, posteriore a Occam, esplicitando il rap- porto
vox incomplexa - conceptus complexus, aiuta a capite Occam (anche se la
posizione dei due filosofi è diversa: alla stretta subot- dinazione del
linguaggio al pensiero in Buridano, fa riscontro in Occam la « concezione del
rapporto fra discorso mentale e di- scorso vocale come rapporto fra due ordini
paralleli di segni, ri- spetto ad un unico ordine di significati » *), il quale
tiene il discorso più sul piano dei rapporti formali e operativi. Nel capitolo
« De propositionibus aequivalentibus hypothe- ticis » Occam scrive: [...]
quaelibet categorica, ex qua sequuntur plures propositiones cate- goricae
tamquam exponentes, hoc est exprimentes quid ista propo- sitio ex forma sua
importat, potest dici propositio aequivalens propo sitioni hypotheticae ®. Si
tratta di proposizioni apparentemente categoriche: sono le proposizioni
exclusivae®, exceptivae ®, reduplicativae” o inclu- 85 Burmano, Consequentiae,
cit., INI, 1. 86 REINA, op. cit., I, p. 413 (cfr. Occam, Summa logicae, cit.,
p. 179: suppositio materialis, simplex, personalis, per concetti e per voces) e
pp. 411-412 (suppositio materialis solo per i termini vocali e scritti secondo
Buridano). Summa logicae] denti termini connotativi e relativi (come sizzilis)
o collettivi”, oppure il relativo gui”, o termini privativi (es. coecus) e
infiniti (immateriale), o i termini designanti «figmenta animi » (es.
chimaera)*; incipit e desinit*, il verbo fit": tutte queste propo- sizioni
hanno una loro expositio, ad opera di exponentes di cui numero e forma variano
di caso in caso”. Diamo un esempio per tutti: per la verità di « Socrates est
albus » è necessario che siano vere: « Socrates est » e « Socrati inest albedo
» ®. Alle proposizioni ricordate, Occam aggiunge le universali co- struite con
i distributivi utergue, neuter”; di tutte, poi, dà le regole della conversione
!%, S'è detto che il secolo XIV stabilisce una volta pet tutte le regole
operative nell’ambito dell’asserita equivalenza tra la pro- 9 Ivi, pp. 252-255
(per i connotativi, v. cap. I, $ 2). 92 Ivi, pp. 260-261. 9 Ivi, pp. 255-257
(De propositionibus in quibus ponuntur termini privativi et infiniti), e c. 13,
p. 258 (De propositionibus in quibus ponuntur termini privativi non aequivalentibus
terminis infinitis): la differenza sta in ciò che le prime hanno due
exponentes, mentre le seconde « plures habent exponentes quam duae ». 9 Ivi,
pp. 258-260. 95 Ivi, pp. 280-285. 96 Ivi, pp. 286-287. 97 È detto dei privativi
non equivalenti ai nomi infiniti, ivi, p. 258: « De talibus autem non potest
dari certa regula, quia secundum varietatem termi- norum talium propositiones,
in quibus ponuntur, diversimode debent exponi ». A maggior ragione differisce
l’expositio da tipo a tipo di pro- posizione. 98 Ivi, p. 253: «[...] ad
veritatem talis propositionis requiruntur duae propositiohes, quae possunt
vocari expomentes ipsius, et una debet esse in recto et alia in obliquo. Sicut
ad veritatem istius: ‘Sortes est albus’, requiritur, quod haec sit vera: ‘Sortes
est’, et quod haec sit vera: ‘Sorti inest albedo’ » (cors. mio). 99 Ivi, p.
254; esclude però le universali costruite con omzis. che invece saranno incluse
dagli altri autori] posizione exponibilis e le proposizioni exponentes, per cui
la congiunzione delle exponentes IMPLICA, ed è IMPLICATA da, l’exponibilis. Ma
anche a questo proposito va ricordato qualche tentativo precedente. L’Ars
Meliduna, analizzando le ipotetiche compositae, considera come terza specie di
esse le propositiones IMPLICITE, che hanno luogo con il relativo !%: la
proposizione che implicat et continet vim alterius propositionis è detta IMPLICANS, l’altra è detta IMPLICITA (cf.
IMPLICITVM); mentre, quanto ai rapporti d’inferenza tra le due, si afferma che
alla proposizione IMPLICITA segue la sua simplex, quella proposizione que
remanet sublata relativa particula et verbo quod ei redditur; ad esempio: si
Socrates est aliquid quod cutrit, Socrates est aliquid. Ma all’implicita può
seguire illa quam implicat nel rispetto dell’habitudo terminorum, cioè dei
rapporti tra i termini in essa posti. L’analisi, condotta con l’ausilio della
consequentiae, non giunge tuttavia a riconoscere le strutture dell’equivalenza
vera e propria. Un tentativo ancora è nel secondo dei Tractatus Anagnini. Sotto
il titolo de equipollentiis cathegoricis si discute, fra l’altro, di un
argomentare secundum inferentiam, quando sia presente in rapporto inferenziale
uno di questi termini: ‘idem’, alie habent aliquid implicitum per relativam
particulam. IMPLICITA dicitur propositio que preter principalem significationem, —
idest preter significationem que ex principalibus attenditur —, tamen implicat
et continet vim alterius propositionis. Ut ‘Socrates est aliquid quod currit’
IMPLICAT istam: ‘aliquid currit’; et ‘homo qui est albus, est animal quod
currit’ has duas: ‘homo est albus’, ‘animal currit’. Unde magis proprie
diceretur ista IMPLICANS, ille IMPLICITE. Et generaliter: numquam ad IMPLICITAM
sequitur illa quam IMPLICAT, nisi hoc operetur habitudo terminorum. Ut ‘si
liquid est homo qui est Socrates, aliguid est homo.’ Sed non: ‘si aliguid quod
est Socrates est homo, aliquid est Socrate»; quia non coaduniatur hic
consecutio habitudine terminorum ». ‘indifferens’, ‘differ, ‘scitur’, ‘prete’, ‘nisi,
‘nunò’, ‘incipit’, ‘desinit’ »!*. Si tratta di un tentativo, in cui il
procedimento proprio della expositio s’inttavvede solo nel caso dei termini
incipit e desinit. Ma la dottrina è già
fissata: basti per tutti Pietro Ispano. Tuttavia si raggiunge il massimo di
chiarezza e di formalizzazione, definendone le regole sul piano operativo.
Burleigh ne dà una formulazione molto chiara. Discutendo della expositio di
termini come tantum, solum, incipit ecc., Burleigh ne richiama le regole
fondamentali: la proposizione exponibilis aequipollet, cioè equivale, e quindi IMPLICA
ed è IMPLICATA, dalla congiunzione delle sue exponentes; perciò (si ricordi la
regola fornita da Buridano) dall’exposita ad aliquam exponentium » vale la
conseguenza, giacché da tutta la copulativa (e l’exposita ne è l'equivalente) a
ciascuna parte è valida l’infe- renza (pg 2 p, oppure pq 2 q)!”, ma non viceversa;
mentre la falsità di una parte è sufficiente alla falsità del tutto !®, Alberto
di Sassonia considera proposizioni equivalenti alle ipotetiche quelle che
contengono dictiones exclusivae (tantum, solus, solum, unicus ecc.), exceptivae
(praeter, praeterquem, nisi 1% Op. cit., p. 240. 105 Ivi, p. 241: «Item.
‘Socrates incipit esse; ergo Socrates nunc primo est’. Item: ‘Socrates nunc
ultimo est; ergo Socrates desinit esse. De puritate artis logicae. Item
notandum pro regula, quod omnis propositio exclusiva aequipollet copulativae
factae ex suis expo- nentibus »; per la proposizione exceptiva, cfr. p. 165, e
così via; p. 171: «[...] exceptiva et exclusiva non sunt simpliciter
categoticae sed sunt implicite hypotheticae; valent enim copulativam factam ex
suis exponen- tibus ». 107 In part. l’exclusiva implica la sua praeiacens: op.
cit., p. 138: « Con- tra. Omnis exclusiva infert suam praeiacentem; ergo cum
ista ‘Pater est’, sit praeiacens huius: “Tantum pater est’, oportet quod
sequatur: Tantum pater est, ergo pater est ». 198 Ivi, p. 243: «Item notandum
pro regula, quod ad hoc, quod copulativa sit vera, requiritur quod utraque
parts sit vera, et ad hoc ut copulativa sit falsa, sufficit, quod altera pars
sit falsa.] ecc.), reduplicativae
(inquantum, secundum quod) e quelle che contengono incipit e desinit. Il
discorso è molto particolareggiato per ciascun caso, discutendosi ogni volta
dei vari valori delle dictiones sincategorematiche, delle regole di ciascuna
proposizione, dei sofismi che di solito vengono formulati in ordine ad un certo
tipo di proposizione; noi ci limiteremo a riprenderne le linee generali. La
proposizione exclusiva ha esposizione per mezzo di una copulativa composta di
due categoriche, una affermativa, l’altra negativa: « ‘tantum homo currit’,
exponitur sic: homo currit et nihil aliud ab homine currit ». Tutta la
copulativa è detta da Alberto exponens dell’esclusiva e per essa valgono le
regole, già viste, che reggono la copulativa !”, Alberto, inoltre, parla di
expo- sitio propria e impropria: la prima si ha quando l’expomens è data nella
forma tradizionale e regolare, la seconda quando l’una o l’altra parte
dell’exporens contiene elementi non appropriati: ad esempio, della proposizione
« Socrates est tantum albus », il cui predicato è un termine connotativo, si ha
questa expositio impropria: « So- crates est albus et Socrates non denominatur
aliquo alio acci- dente ». La seconda proposizione categorica non è
regolamentare, e tutta la congiunzione è falsa. L’expositio propria invece è
questa: « Socrates est albus et Socrates non est aliud ab albo », che è vera
159, 19 Arserto DI Sassonia, Logica, cit., III, 6, f. 20ra: et ista copulativa
dicitur exponens istius exclusivae, et utraque illarum (sc. pro- positionum,
affirmativa et negativa) sequitur ad illam [...]. Ex isto sequitur quod
quaelibet pars categorica quae est pars exponens exclusivae sequitur ad
exclusivam: propter quod quaelibet pars copulativae sequitur ad ipsam
copulativam cuius est pars ». 110 Ivi, f. 20rb; oltre che in tal caso, Alberto
pone expositio propria € impropria « quando dictio exclusiva additur termino
significanti totum inte- grale » come è domus (f. 20va, 8% regola); quando la
stessa dictio « additur termino significanti numerum », (ivi, 92 regola), o «
additur termino communi distributo habenti plura supposita » (ivi, 10° regola).
Terminologia logica della tarda scolastica 423 Anche la proposizione exceptiva
ha esposizione per mezzo di due categoriche, una affermativa, l’altra negativa,
che costitui- scono una propositio copulativa!!. Così « omnis homo praeter
Socratem currit » ha la seguente expositio: « Socrates non cutrit et omnis homo
alius a Socrate currit », mentre di « nullus homo praeter Socratem cuttit »
l’expositio è: « Socrates curtit et omnis homo alius a Socrate non currit » !,
Inoltre, ogni exceptiva ha una praeiacens, che si ottiene da essa (« dempta
[....] dictione exceptiva et parte extra capta, residuum dicitur praeiacens
exceptivae » !!5): il rapporto dell’exceptiva con la praeiacens è regolato nel
modo seguente: « Si praeiacens exceptivae est vera, exceptiva est falsa. Unde
si ista est vera: ‘omnis homo cutrit’, ista est falsa: ‘omnis homo praeter
Socratem currit’ » 14, Anche la reduplicativa ha esposizione per mezzo di una
copu- lativa !5: il numero dei membri di essa varia però a seconda del numero
dei termini dissimili in essa presenti !!°. 111 Ivi, III, 7, f. 21va: «Ex hoc
patet quod omnis exceptiva aequi- valet uni copulativae in significando
compositae ex una affirmativa et alia negativa: diversimode tamen, sicut iam
patuit, exponendo exceptivam affirmativam et exceptivam negativam ». 12 Ivi.
113 Ivi, f. 21vb; v. GuLieLMo DI SHyREswooD, Syrcategoremata, cit., p. 62:
«Item si praejacens est in toto vera, exceptiva est falsa et e con- verso »;
anche un’altra accezione di praeiacens è fornita da ALBERTO: Ulterius sciendum
est quod copulativa composita ex duabus categoricis, cui copulativae propositio
exceptiva aequipollet in significando, dicitur praeiacens exceptivae ». u4 Ivi.
115 La controprova è fornita dal caso in cui la negazione « praecedit
reduplicativam et verbum principale », giacché allora « fit propositio con-
tradictoria reduplicativae »; così la proposizione « aequivalet uni disiuncti-
vae », e cioè ha «probatio per causas veritatis »: ivi, III, 8, f. 22va; cfr. $
8 di questo capitolo. 116 Se la proposizione ha tre termini dissimili (es. «
homo in quantum animal est sensibilis »), ha quattro proposizioni esponenti
(«[...] ad veri- 424 Alfonso Maierù Marsilio dà molto spazio all’expositio
nella seconda parte delle sue Conseguentiae. In undici capitoli discute delle
proposizioni includenti termini exceptivi (praeter, nisi e praeterquam)!",
le dictiones exclusivae (tantum, solum) "® le reduplicativae (inquan- tum,
prout, secundum eam rationem e simili)!, incipit'? e desinit'*, o signa
alietatis (differt, aliud, non idem, alterum e simili) ‘2, infinitum'*,
aggettivi di grado comparativo e superla- tivo !4, signa collectiva (omnis)!®,
totus !%, ita e sicut'?. Di tutte Marsilio fornisce l’esposizione mediante
proposizioni in congiunzione, nel modo ormai noto !*. tatem istius requiritur
veritas unius copulativae, compositae ex quattuor propositionibus; v.g. istius
copulativae: ‘homo est animal, et homo est sensibilis, et omne animal est
sensibile, et si est aliquod animal illud est sensibile’ », ivi, f. 22va); se
la proposizione ha due termini simili (« homo in quantum homo est risibilis »),
quattro sono le esponenti (« requiritur quod haec sit vera: ‘homo est homo’, et
quod homo sit risibilis, et quod omnis homo sit risibilis, et si aliquod est
homo quod illud sit risibile », ivi, f. 22va); se invece tutti i termini sono
simili (« ens in quantum ens est ens»), « propter coincidentiam propositionum
solum habet tres exponentes, seu unam copulativam pro exponente, compositam ex
tribus propositionibus [....]: requiritur quod ens sit ens et omne ens sit ens,
et si aliquid est ens quod illud sit ens». Per incipit e desinit, cfr.
C. WiLson, Heytesbury. Medieval Logic and the Rise of Mathematical Physics,
Madison Wisc. 19602, p. 41. 117 In Textus dialectices. de comparativis. de
superlativis. De exceptivis sit haec regula: a qualibet istarum ad suas
exponentes simul sumptas vel e converso est bona formalis consequentia:
Terminologia logica della tarda scolastica 425 C’è da aggiungere che, per le
proposizioni esclusive, Marsilio esige che la praeiacens costituisca il primo
membro della congiun. zione di proposizioni mediante la quale si opera
l’expositio !?. Naturalmente, il rapporto tra l’exclusiva e la praeiacens è
definito in modo diverso rispetto a quello che vige, secondo Alberto di
Sassonia, tra l’exceptiva e la sua praeiacens: « quando arguitur ab exclusiva
ad suam praeiacentem consequentia est bona » 199. Anche Pietro d’Ailly, epigono
della scuola parigina, dedica un trattato alle proposizioni esponibili !#, nel
quale non si discosta molto dalla tradizione di Buridano, Alberto e Marsilio.
quia ibi arguitur ab aequivalente ad aequivalens »; così per gli altri casi. La
proposizione negativa è in genere prodata « per disiunctivam de partibus
contradicentibus partibus copulativae ». 129 Ivi, f. 197r: «Et
propositio quae remanet deposita dictione exclusiva vocatur ptaeiacens [...].
Prima est affirmativa, ut ‘tantum animal est homo”, quae exponitur per
copulativam bimembrem cuius prima pars est praeiacens et secunda universalis
negativa. 130 Ivi, £.
197v. 131 Cfr. op. cit.; sono sei capitoli: cap. I, f. [2v]: i termini
privativi, negativi o infiniti sono esponibili, ma «[...] de talibus non
possunt poni regulae generales vel, supposito quod possent poni, nimis longum
esset et nimis tediosum, et etiam cognito quid nominis talium dictionum, facile
est exponere propositiones in quibus ponuntur » (contro Buridano: cfr. n. 84);
afferma: «illud dictum non erat verum generaliter, scilicet, omnes
propositiones in quibus ponuntur termini relativi vel cognotativi (!) aequi-
valent propositionibus hypotheticis [...] » (f. [3r]); ff. [3v-4r]: la proposi-
zione universale è esponibile se il quantificatore è ufergue o neuter, non lo è
se il quantificatore è omnis, o nullus, o quilibet; cap. II De
exceptivis, ff. [6r] sgg.; cap. III De exclusivis, ff. [14r] sgg.; cap. IV De
reduplicativis, ff. [21r] sgg., e in part., f. [21v]: «Sed tamen apparet mihi
proprie dicendum quod in propositione proprie reduplicativa reduplicatio nec
est pars subiecti nec est pars praedicati, sed se tenet ex parte formae
proposi- tionis, ideo denominat propositionem reduplicativam; et ita potuissem
dixisse de dictione et de propositione exceptiva quando locutus sum de dictione
proprie exceptiva in secundo corollario primae dubitationis princi- palis
secundi capituli, quamvis autem probabiliter dixerim oppositum »; cap. V De incipit et desinit,
ff. [24r] sgg., e in part., f. [25r]: «Ex hoc La logica inglese posteriore a
Occam ha sviluppato queste dottrine, soprattutto in tre direzioni: da Sutton,
Burleigh e Occam !° è stata elaborata la dottrina dell’expositio dei relativi,
che poi ha ricevuto una buona sistemazione nel terzo capitolo delle Regulae di
Heytesbury; all’expositio de incipit et desinit sono stati dedicati vari
trattati, fra cui quello che costituisce il quarto capi- tolo delle Regulae di
Heytesbury; alla trattazione dell’expositio del comparativo e del superlativo
si è riallacciata in particolare la dottrina de maximo et minimo, di cui ancora
una volta Heytesbury ha offerto un esempio d’un notevole livello nel quinto
capitolo delle sue Regulae (ma va tenuto presente che in esso la termino- logia
propria dell’expositio non è frequente !*). In questo contesto, vengono
introdotti nuovi temi, nell’analisi dei quali sono applicate le regole
dell’expositio: sono i temi propri della filosofia della natura che caratterizzano
il secolo XIV come secolo che ‘precorse’ (si prenda l’espressione con la
precauzione usata dalla più recente storiografia) il secolo di Galileo,
discutendo il ‘limite’ di una potenza attiva o passiva, o il primo ‘quando’ di
un processo di trasformazione. Il metodo applicato nell’analisi di questi e
analoghi problemi è quello logico-calculatorio, cioè una sintesi di
procedimenti logici e di procedimenti propri della filo- sequitur corollarie
quod quaelibet propositio de incipit vel desinit exponitur pet unam copulativam
compositam ex una de praesenti et alia de praeterito vel de futuro, sed tamen
per aliam exponitur propositio de incipit et per aliam propositio de desinit
[...]»; cap. VI, altri verbi: fit (factum est, fiet) ed equivalenti, ff.
[29r-30v]; in part. il termine che segue questi verbi « appellat suam formam »
(f. [30r]). 13 WersHEIPL, Developments in the Arts Curriculum..., cit., p. 159.
133 Per i tre capitoli ultimi delle Regul4e di Heytesbury, cfr. C. WiLsoN, op.
cit., pp. 29 sgg.; per il De relativis, cfr. un cenno nel mio articolo Il
«Tractatus de sensu composito et diviso» di G. Heytesbury, « Rivista critica di
storia della filosofia. Salvo errore, in De maximo et minimo occotte una sola
volta il termine exponitur al f. 31vb; ma cfr. n. 48. Terminologia logica della
tarda scolastica 427 sofia della natura (calculationes): il risultato più
celebre è il Liber calculationum di Riccardo Swineshead. Ma,
contemporaneamente, su di un piano più propriamente logico-formale, Billingham
viene inquadrando l’expositio in un contesto che sistema, come si è detto,
tutta la trattazione della « probatio propositionis ». Il termine exporibilis è
definito come quello che ha « duas exponentes vel plures cum quibus convertitur
» !*. È importante rilevare che, mentre gli autori esaminati, specie quelli di
forma» zione parigina e lo stesso Occam, danno una notevole importanza alle
proposizioni exclusivae, exceptivae e reduplicativae, Billingham dà invece
importanza a proposizioni contenenti altri termini quali omnis !, primum e
ultimum'*, maximum e minimum, compa- rativo !* e superlativo !’, incipit e
desinit, e ai termini exceptivi ed exclusivi, come a differt, aliud e aliter,
riserva solo un cenno !4, e alle reduplicative neppure quello. Tutto ciò
testimonia di un interesse spostato verso gli argomenti di filosofia della
natura che fiorivano ad Oxford in quel tempo. Billingham non sviluppa nel senso
delle tecniche ‘calculatorie’ questi temi, ma la scelta è indicativa di un
clima culturale. Strode, nella Logica, discute dei termini exporibiles,
trattando, di seguito, le proposizioni exclusivae (con un cenno alle
exceptivae), le universali, semper totum infinite immediate, incipit e desinit,
differt, i gradi positivo, comparativo e superlativo (e a questo pro- posito
precisa che i termini maximum e minimum, primum e ultimum, intensissimum e
remississimum, velocissimum e tardis- [Cfr. Speculum] simum, propinquissimum e
remotissimum, utilizzati dalla filosofia della natura, sono superlativi e
perciò esponibili) e le reduplica- tive 42. Anch’egli definisce la proposizione
esponibile in rapporto alle exponentes: Nam dicuntur exponentes cum duae
propositiones simul inferunt aliquam propositionem formalem, vel plures, sic
quod consequens sit determinatio antecedentis cum hoc quod nulla illarum per se
sufficiat istam inferre, et ad utramque istarum tam coniunctim quam divisim ex
exposita valet consequentia, per quod excluduntur tam singularia quam causae
veritatis 193, Questa definizione può essere così illustrata: a) le exponentes
sono due proposizioni che in congiunzione (sirz4!) fungono da antecedente in
un’inferenza logica rispetto a un’altra proposizione (exposita); b) in modo
tale che l’inferenza non valga da una exponens al consequens; c) mentre
l’exposita può fungere da ante- cedente rispetto alla congiunzione o a una
delle due exporentes (« tam coniunctim quam divisim ») !#. L’accenno
all’esclusione dei singularia si giustifica per il fatto che il contesto riguarda
l’expositio delle universali, e l’autore nega che l’expositio di esse possa
essere fornita dai suoi singularia!S: infatti scrive: 14 Op. cit., ff.
24ra-26vb; per i superlativi elencati, cfr. ivi, f. 26ra. 18 Ivi, f. 24va. 14
Strode scrive: « sic quod consequens sit determinatio antecedentis »; la
determinatio consiste in ciò che, da un punto di vista formale, la con-
giunzione di più proposizioni (cui l’expesit4 equivale) non infertur da una di
esse: ciò è precisato nel testo. Ma forse non è da escludere che l’autore
intenda di più: si ricordi che si ha conseguentia formalis secondo Strode
quando il conseguens è «de intellectu antecedentis » (cfr. Moony, Truth and
Consequence..., cit., p. 71). 145 Op. cit., f. 24va: «Solebant tamen antiqui
dicere quod univetsalis exponitur per sua singularia, quod tamen non dico
servando quid nominis de li ‘exponi’ »; ma cfr. ivi, f. 21ra: «Mobiliter
supponit cum ratione illius sufficienter contingit propositionem in qua ponitur
concludi ex una copulativa facta ex omnibus suppositis vel, nt verius dicatur,
ex omnibus] [ ‘omnis homo currit’ sic
exponitur: homo currit et nihil est homo quin ipsum, vel quod non, curtat, ergo
etc. »!4; l’expositio non può essere data neanche mediante induzione: « iste
homo currit et iste homo currit et iste homo curtit » all’infinito, «ergo omnis
homo currit »; ma sappiamo che la proposizione universale può essere probata
mediante inductio !. Tralasciamo per il momento il riferimento alla dottrina
delle causae veritatis che verrà chiarito più avanti.Wyclif affronta la
trattazione dei termini exponibiles, precisando che la proposizione esponibile
è equivalente ad una congiunzione di proposizioni !9. Nella Logica, egli tratta
delle proposizioni exclusiva !9, excep- tiva, universale affermativa‘, delle
proposizioni includenti uno dei termini differt, aliud, non idem'®, incipit o
desinit'*. Nella Logice continuacio, l'esame della expositio emerge a vario
titolo nei tre trattati di cui essa si compone. Nel primo trattato si discute
della universale affermativa ‘5. eius singularibus, et etiam cum constantia
debita eorum suppositorum con- tingit omnes singulares et illarum quamlibet ex
tali propositione concludere, et primus modus dicitur probatio vel inductio, ut
iste: ‘homo currit et iste et sic de singulis et isti sunt omnes homines, ergo
omnis homo currit [...] » (testo già cit. nel cap. IV, $ 5), e f. 22ra: «
Probatur etiam quod illa ‘omnis homo currit’ non formaliter inducitur ex
omnibus suis singularibus sine tali medio [...] » (il medium, o constantia, è
la proposizione «isti sunt omnes homines »). 146 Ivi, f. 24va. 147 Cfr. cap.
IV, n. 194. 14 Cfr. $ 8. 149 Cfr. Tractatus de logica] ; va notato che Wyclif
conserva, a differenza di Strode, la probatio per singulares. Essa può essere
provata nei quattro modi già esaminati (4 priori, a posteriori, ex opposito,
expositorie). Per quanto riguarda l’expo- sitio della universale, l’autore
precisa: « pro regula est tenendum quod quelibet universalis affirmativa
exponenda debet exponi per suam subalternam, et universalem negativam
convenientem in subiecto, sed de contradictorio predicato » !8: cioè di « omnis
homo est animal » le exporentes sono « homo est animal » (subal- terna) e «
nullus homo est quin sit animal » (universale negativa). Avverte però l’autore
che l’expositio vatia a seconda del quantifi- catore, del soggetto (che può
essere un solo termine o più ter- mini), del verbo (di tempo presente, o
passato, o futuro, oppure ampliativo), del predicato (che può contenere, ad
esempio, un relativo implicativo, come nella proposizione « omnis pater generat
individuum de sua substancia cui est similis in specie. Anche per la universale
negativa Wyclif pone la quadruplice probatio !8, ma, di esse, la « probatio ex
equo » non è data per mezzo di exponentes, bensì « per suam simpliciter
conversam vel quomodo- libet aliter equipollens » !. In modo analogo, la probatio
della particolare affermativa è data in quattro modi !9, Nel secondo trattato
Wyclif affronta « ex professo » il tema dell’expositio, che infatti resta qui
caratterizzante, nel senso che vengono talora accantonati, o meglio
presupposti, gli altri modi di probatio. L’autore tratta, nell’ordine,
dell’expositio delle proposi- [Quadrupliciter ergo contingit exposicionem
huiusmodi variari; vel racione signi, vel racione subiecti compositi vel
simplicis, vel racione verbi, vel racione predicati »; in part. racione verbi
(con la ripresa dell’ampliatio), pp. 94-97; racione predicati, p. 98. 158 Ivi,
pp. 100-106. 159 Ivi, p. 105; ma vedi p. 106: «Exponentes autem talium
universalium non inveni, quamvis cum diligencia sum scrutatus ». 160 Ivi, pp.
107-115 (ex equo, cioè « ex sua simpliciter conversa », p. 115). Terminologia
logica della tarda scolastica 431 zioni con i termini differt, aliud (e aliter,
sic) !%; o exclusivae !® e exceptivae 8, con i termini incipit e desinit'#*, o
con le espres- sioni per se — per accidens!©, con infinitum e inmediate'%;
delle proposizioni includenti aggettivi di grado comparativo !” o con termini
de plurali (tali sono, ad esempio, « quattuor sunt duo et duo »; « duo homines
sunt homo ») !9. Nel terzo trattato, egli discute delle reduplicative ! ancora
sulle comparative !”°. Di tutti questi casi egli fornisce un’analisi ampia e
dettagliata, con esempi (sophismata) dai quali si traggono conclusiones che
riecheggiano (specie a proposito de incipit et desinit, de maximo et minimo
ecc.) le discussioni di filosofia della natura correnti a Oxford. Non riteniamo
di doverci soffermare su questi temi. Segnaliamo soltanto che, in fondo, Wyclif
nella Logice continuacio torna sui principi enunciati nella Logica svolgendo la
trattazione con più ampio respiro. In Italia, Pietro di Mantova fa un discorso
del tutto analogo a quel che abbiamo visto fare dagli altri maestri, per quanto
attiene alla expositio delle proposizioni universali, exclusivae, exceptivae,
reduplicativae, o contenenti i termini infinitus, totus, aeternaliter, ab
aeterno, semper, differt, aliud, non idem, o com- parativi e superlativi, o
immediate !". Anche per Pietro l’expositio 9 e ritorna [Tractatus de
logica, (« de maximo et minimo »). 171
Cfr. Codices Vaticani latini. Codd. 2118-2193, rec. A. Maier, Romae 1961, pp.
31-33 (l’ordine dei trattati, come s’è detto, è diverso nelle edizioni 432
Alfonso Maierù è operata per mezzo di una congiunzione di proposizioni e per
essa valgono le regole della copulativa !?, L’expositio è dottrina fondamentale
nelle opere di Paolo Ve- neto, ed egli ne tratta a più riprese: nel quarto
trattato della Logica parva!®, nella prima parte della Logica magna, e sia nel
primo trattato, dove si discute dei termini esponibili, resolubili e
officiabili *, sia nei trattati dal quarto al diciottesimo sche trattano delle
dictiones che richiedono l’expositio '%, ma anche nel trattato diciannovesimo,
dove si parla della expositio dei termini modali in forma avverbiale !%, sui
quali torneremo; infine, in più luoghi della Quadratura!”. Le regole che
presiedono alla expositio sono così sintetizzate da Paolo: [1] Ab omnibus
exponentibus simul sumptis ad suum expositum est bona consequentia, et e
converso. [...]. [2] Ab omni exponibili ad quamlibet suarum exponentium est
bona consequentia, sed non e e nei manoscritti); v. n. 331 per incipit e
desinit. 1?2 Logica, cit., f. [22rb]: «Et valet consequentia ab ista exposita
ad istam copulativam et ad quamlibet eius partem principalem, et e converso ab
ista copulativa ad illam expositam et non a qualibet parte istius copu- lativae
et principali ad istam expositam valet consequentia »; f. [28vb]: « Oppositum
tamen arguitur quod ab exclusiva ad suas exponentes est bonum argumentum [...]
» ecc. 173 Nell’ordine, viene qui discussa l’expositio dell’universale
affermativa (non della negativa, che è probata dupliciter, « aut per sua
singularia aut per suum contradictorium »), dei comparativi (positivo «
comparabiliter sumptus », cioè in comparazione di eguaglianza, comparativo [es.
fortior] e superlativo), differt, aliud e non idem, le exclusivae, exceptivae,
reduplica- tivae, immediate, incipit et desinit, totus, semper, ab aeterno,
infinitum. 174 Logica magna, cit., I, 1, 4, f. 13rb. 115 Si tratta,
nell'ordine, di exclusivae, exceptivae, reduplicativae e sicut, comparativo e
superlativo, de maximo et minimo, totus, semper et aeter- num, infinitum,
immediate; v. n. 337 per incipit et desinit. 176 Ivi, I, 19, f. 7ira-vb, ma
anche nel trattato quarto della Logica parva, cit. 177 Soprattutto nella prima
parte, ma anche nelle altre. Terminologia logica della tarda scolastica 433
converso nisi gratia materiae Ex cuiuslibet exponentis contra- dictorio
sequitur contradictorium expositi, sed non e converso Paolo da Pergola affronta
gli stessi temi trattati da Paolo Veneto e perciò non ci dilungheremo oltre.
Per concludere, notiamo che l’expositio non è un’operazione logica che
riconduca i termini mediati a quelli immediati. Ad essa è più appropriata la
descrizione fornita da Occam, e già ricordata, secondo la quale i termini
connotativi devono essere ricondotti a quelli assoluti: ma quest’ultimi sono
appunto termini mediati. Nella expositio, inoltre una delle exponentes è
negativa: ciò per- ché i termini exporibiles sono caratterizzanti e quindi, in
certo senso, limitanti la proposizione: petciò essi hanno un certo im- porto
negativo, che va esplicitato. 5. La « resolutio» L’operazione logica che
realizza pienamente l’esigenza di ricon- durre i termini mediati a quelli
immediati è detta resolutio. Essa, infatti, meglio d’ogni altra si riallaccia
alla dottrina aristotelica già ricordata, per la quale la proposizione mediata
ha il suo prin- cipio di dimostrazione in quella immediata, e in particolare in
quella prima e più nota a noi secondo il senso !°. Ma i termini che designano
questa operazione, cioè resolutio e resolvere, non hanno avuto un’accezione
tecnica per molti secoli. Impiegati per designare la risoluzione della
proposizione o del sillogismo nei loro termini, come si è visto !, nel secolo
XII essi vengono usati in concorrenza con expositio, exponete. Lusi si È 178
Logica parva, cit., III. 179 Logica] già accennato, avviene nei Tractatus Anagnini!®,
nei quali, c'è peraltro da aggiungere, si parla di resolutio con una frequenza
che non abbiamo riscontrato per expositio. Nel terzo trattato, a pro- posito
della dictio ‘qui’, considerando che, quando essa è pre- sente, la proposizione
è apparentemente categorica (dal momento che equivale a più categoriche avendo
in sé ‘implicita’ un’altra proposizione), l'anonimo autore parla di resolutio
della prima « in copulativas »; nello stesso contesto, parla di una « resolutio
in adiectivis » diversa da quella che ha luogo « in substantivis », cioè della
resolutio che una proposizione includente un relativo ha quando contiene un
aggettivo o un sostantivo come predicato, e della possibilità che questa
resoluzio sia impedita !*. Nel trattato 182 Cfr. n. 74. 183 Tractatus
Agnagnini, Iudicium predictarum impli- citarum potest haberi ex resolutione
ipsarum in copulativas. Debet autem talis fieri resolutio ut loco relativi
ponatur antecedens et loco antecedentis ponatur relativum pronomen cum
coniunctione. Unde istas concedimus: ‘aliquis bomo qui desiit esse, non est’,
quia copulativa vera est: ‘aliguis homo desiit esse et ipse non est®. Hanc
autem iudicamus incongruam: ‘gli- quis homo qui non est, desiit esse’; ponit
enim aliquem hominem non esse, quod falsum est. Secundum predictum iudicium
omnes iste videntur incon- grue: ‘Socrates erit album quod est nigrum’;
‘Socrates erit senex qui est puer. Omnes istas dicuntur esse nugatorias et ita
resolvuntur: ‘Socrates erit album quod est nigrum’: idest album est nigrum et
Socrates erit illud. Predictam resolutionem implicitarum non recepimus et
dicimus aliter faciendam resolutionem in adiectivis, aliter in substantivis. Et
predictas ita resolvimus: ‘Socrates erit album quod est nigrum’ idest quod est
vel erit album est nigrum et Socrates erit illud; similiter ‘Socrates erit
senex qui est puer® idest qui est vel erit senex, est puer et Socrates erit
illud. Verumtamen dicimus quod hee voces que sola significatione sunt
adiectiva, possunt resolvi sicuti pure substantiva et secundum hoc ista erit
incongrua: ‘Socrates erit senex qui est puer. — Quandoque inpeditur resolutio
pre- dictarum implicitarum in copulativas vel propter signum universale vel
propter defectum recti vel propter aliquid aliud. Propter signum univer-
sale, ut cum dicitur. ‘omnis homo qui currit, movetur® vel ‘omnis homo currit
qui movetur; hec non potest resolvi; nam si diceremus: ‘omnis Terminologia
logica della tarda scolastica 435 quinto, resolvere occorre a proposito della presenza
in una propo- sizione di un termine infinito (ad es. zon albus)!*, o di
solus!9, per indicare l’esplicitazione di quel che in tali casi la proposizione
implica. Anche nel secolo XIII il valore di resolvere resta generico, e può
essere equivalente di exporere !. Ma è nel secolo XIV che il significato di
questo termine viene restringendosi e specializzan- dosi. Per la verità, ciò
non è riscontrabile né in Occam o Burleigh, né in Buridano, Alberto di Sassonia
e Marsilio, ma solo nei testi degli autori inglesi fioriti intorno alla metà
del secolo, e in quelli degli italiani. Billingham, nello Speculuzz, scrive:
Terminus resolubilis est quilibet terminus communis, sicut nomen vel
participium, qui habet aliquem terminum inferiorem se secundum homo currit et
ipse movetur®, esset non latina, quia ad dictionem confuse positam non potest
fieri relatio per relativum postpositum in alia c(1)ausula. Similiter: ‘exaudio
precem que fit ab illo’, ista non potest resolvi, quia non dicimus: ‘prex fit
ab illo et ego exaudio eam? ». 184 Ivi, p. 313: « Sciendum
etiam est de nominibus infinitis. Ut cum dicitur: ‘Socrates fuit non-albus’,
non est sic resolvendum ‘Socrates fuit non-albus’ idest: Socrates fuit et non
fuit albus, sed sic resolvendum est: Socrates fuit aliguando et tunc non fuit
albus ». 185 Ivi, p. 319: «Nos autem dicimus quod talis locutio potest esse
congrua et vera, etiam dictione transsumptive posita, quia non sic resol- vimus
‘solum flumen currit idest: non alia res currit, sed ‘solum flumen currit,
idest non alia res fluit. — Dubitatur de hac dictione ‘solus’, quam exclusionem
habeat quando adiungitur nomini proprio pertinenti ad non existentia cum verbo
pertinenti ad existentia et ad non existentia. Quidam eas non recipiunt, immo
dicunt eas positas propter resolutionem, ut ‘solus Cesar non est’, idest Cesar
non est et non aliud non est ». 18 GueLIELMo DI SHyreswoon, Syncategoremata,
cit., p. 65: «Quod patet si comparetur affirmativa conclusionis ad affirmativam
praemissae et negativa ad negativam, cum tam praemissa quam conclusio
resolvitur in affirmativam et negativam ». 436 Alfonso Maierù
praedicationem; et tunc resolvitur quando capitur inferius eo in eius
probatione, et componitur quando capitur superius eo !87, Un termine si dice
resolubile, secondo Billingham, quando nella probatio si fa ricorso ai suoi
inferiora; ciò non è vero solo dei nomi e dei participi, ma anche dei verbi («
Consimiliter fit reso- lutio verborum ad substantiva, ut: ‘homo currit, ergo
homo est currens’, et e contra compositio ») !8*. Tale probatio per inferiora è
la resolutio, propriamente parlando; il ricorso ai termini supe- riores è detto
compositio !9. Per quanto riguarda la resolutio, il discorso si sposta di con-
seguenza sul rapporto tra i termini inferiori e superiori, spesso affrontato
nei trattati de consequentiis. Billingham ne tiene conto e riprende le seguenti
regole: 1) « ab inferiori ad suum superius sine aliqua dictione habente vim
negationis valet consequentia »; ad esempio è valida la conseguenza « homo
cuttit, ergo animal currit ». Ma l’inferenza vale talora anche « cum dictione habente
vim negationis » quali sono i termini esponibili, il « non » e i ter- mini
privativi e infiniti; così è valida l’inferenza: « tantum homo currit, ergo
tantum animal cutrit »; 2) « Ab inferiori ad suum su- perius cum constantia
subiecti et cum dictione habente vim nega- tionis post superius et inferius
tenent consequentia »; 3) « Ex prima regula sequitur alia, quod negato
superiori negatur inferius, quia sequitur: ‘hoc currit et hoc est homo, ergo
homo currit’, quia ex opposito consequentis sequitur oppositum antecedentis.
Nam sequitur: ‘non homo cutrit et hoc est homo, ergo hoc non currit’ » 19,
Secondo Billingham, la prima regola regge il sillogismo expo- [Speculum...,
cit., pp. 340-341; ma cfr. pp. 367-368, e passim, dove resolvere e resolutio
hanno valore generico. 188 Ivi, p. 342. 189 Cfr. n. 45, e capp. VII, nn. 36 e
37. 190 Speculum..., cit., pp. 341-344. Terminologia logica della tarda
scolastica 437 sitorius affermativo; la seconda, il sillogismo expositorius
nega- tivo: entrambi questi sillogismi sono alla base, secondo il maestro
oxoniense, di ogni disputa, anzi della possibilità stessa della dimo-
strazione, giacché essi sono fundamentum di ogni altro sillo- gismo !9. Il
richiamo all’espressione « syllogismus expositorius » merita qualche cenno che
ne chiarisca il significato. Essa è già in uso nel secolo XIII!?. Nel secolo
XII, invece, l’Ars Meliduna ha l’espressione « sillogismus expositionis »:
richiamandosi all’auto- rità di Aristotele, il testo afferma: «Per sillogismum
exposi- tionis fatetur Aristotiles probari posse sillogismos tertie figure, ubi
duo dicuntur de tertio » e aggiunge: «Et dicitur me- rito talis sillogismus expositionis, quia
quodammodo exponitur medium per suum inferius ». Ma dagli esempi addotti si può
rica- vare che non si tratta del nostro sillogismo ‘*. Più probabile che 191
Ivi, pp. 341-342: «Super quam regulam fundatur syllogismus expo- sitorius in
tertia figura [...] et iste syllogismus est fundamentum omnium syllogismorum affirmativorum.
Super quem syllogismum fun- dantur alii syllogismi negativi, quo syllogismo
expositorio affirmativo vel negativo negato, non erit ulterius disputatio, nec
potest arguens aliquid pro bare nec improbare aliquid esse; quod si arguat per
syllogismum in modo regulato et negatur illud, et tunc statim veniet ad
syllogismum expositorium ». 192 Cfr. ad es., M. Fernanpez Garcia, Lexicon
scholasticum philoso- pbico-theologicum, Ad Claras Aquas 1910 (basato sulle
opere di Duns Scoto), pp. 667a-668a, dove esso è definito come quel sillogismo che
ha per medium un terminus discretus; cfr. anche rs. Duns Scoto, In librum
primum priorum Analyt. Arist. quaestiones, cit., q. XI, ff. 289b-290b. 193 Ars
Meliduna, cit., pp. 381-382; infatti il testo, tra i due passi, con- tiene
quanto segue: «Exempli gratia: ‘omne animal est res, omne animal est
substantia, ergo quedam substantia est res’. Quod conclusio vera sit potest
ostendi ostenso utramque extremitatum de hoc inferiori medii Socrate probari
per tertium modum prime, hoc modo: ‘omne animal est res, Socrates est animal,
ergo Socrates est res’; similiter ‘omne animal est substantia, Socrates est
animal, ergo Socrates est substantia’ ». Basti esami- nare questi esempi alla
luce di quanto detto e di quanto diremo appresso. 438 Alfonso Maierù si
avvicini al sillogismo expositorius quello che l’Ars Meliduna chiama
inmiediatus, « cuius maior propositio est inmediata », con preciso riferimento
al rapporto inferius-superius'*. Guglielmo d’Occam nella Suzzzza logicae
scrive: [...] syllogismus expositorius est qui est ex duabus praemissis singu-
laribus dispositis in tertia figura, quae tamen possunt inferre conclu- sionem
tam singularem quam particularem seu indefinitam, sed non universalem, sicut
nec duae universales in tertia figura possunt inferre universalem 195, A
chiarimento di questa definizione Occam precisa che le due premesse singolari
non richiedono soltanto che il soggetto sia un termine singolare, ma che la
realtà designata da esso non sia di fatto più cose distinte '%, Per Occam il
sillogismo espositorio è di per sé evidente, per cui, se un argomento può
essere ricondotto ad esso, questo argomento è corretto !”. Un'ultima
osservazione Nel testo aristotelico richiamato (Anal. pr. I 6, 28a 23 sg.) a
expositio corrisponde Exeo oppure txtiderdar. 1% Ivi, p. 383: « Alius mediatus,
alius inmediatus. Inmediatus dicitur cuius maior propositio est inmediata,
idest terminos habens inmediatos, scilicet tales quorum alter non potest de
altero probari per medium demonstrativum, idest per tale medium quod sit causa inferioris
et inferius superioris ». 15 Summa logicae, cit, p. 367. 16 Ivi, p. 368: «Est
igitur dicendum quod syllogismus expositorius est, quando arguitur ex duabus
singularibus in tertia figura, quarum singu- larium subiectum supponit pro
aliquo uno numero quod non est plures res nec est idem realiter cum aliquo quod
est plures res », e p. 306: « Est tamen advertendum, quod ad syllogismum
expositorium non sufficit arguere ponendo pro medio pronomen demonstrativum vel
nomen proprium ali- cuius rei singularis. Sed cum hoc oportet, quod illa res
demonstrata vel importata per tale nomen proprium non sit realiter plutes res
distinctae. Est autem probatio sufficiens, quia syllogismus expo- sitorius est ex se
evidens nec indiget ulteriori probatione. Et ideo multum errant, qui negant
talem syllogismum in quacumque materia [...] », e p. 306: « Eodem modo,
quando aliquis discursus potest reduci ad talem syllogismum va fatta in merito
alla definizione di Occam: egli afferma che il sillogismo espositorio ha luogo
nella terza figura (il termine medio, in tal caso, è soggetto in entrambe le
premesse), nella quale i sillo- gismi non hanno mai una conclusione universale
(neppure quando hanno due premesse universali), ma possono avere solo una con-
clusione singolare, particolare o indefinita. Billingham recepisce questa
dottrina, come si può rilevare con- frontando quanto abbiamo riferito sopra con
quanto è detto da Occam: per lui, infatti, il sillogismo espositorio è
fundamentum di tutta l’argomentazione (e ciò perché, come afferma Occam, esso è
« per se evidens»); le premesse sono costituite di termini inferiori ai termini
comuni e perciò non possono essere che sin- golari. Billingham però si discosta
da Occam perché estende a tutte le figure il sillogismo espositorio '*, ma,
ancora come Occam, proibisce ch’esso possa concludere con una proposizione
universale (e non potrebbe essere diversamente: la conclusione non può mai
essere più ampia delle premesse, secondo il noto adagio scolastico « amplius
quam praemissae conclusio non vule »); infatti egli fa ricorso alla resolutio
solo per la probatio della inde- finita affirmativa (e della particularis
affirmativa, « quae semper convertitur cum indefinita affirmativa ») !?: essa
deve essere pro- vata « per duo demonstrativa », giacché « non est indefinita
quin habet vel habere potest demonstrativum sibi correspondens, nec e contra »
2°, Le due derzonstrativae fungono da premesse del sillogismo, la indefinita (o
particularis) da conclusione. E va rile- expositorium vel per conversionem vel
per impossibile vel per propositiones acquivalentes assumptas, non est fallacia
accidentis ». ù 1 198 Speculum..., cit., p. 342: « Potest tamen syllogismus sr
esse in qualibet figura: item in prima figura: ‘hoc currit et homo est ! si]
ergo homo cutrit’; exemplum secundae figurae: ‘homo est hoc et anim: est hoc, ergo
animal est homo? ». 19 Ivi, p. 351. 200 Ivi, p. 350. 440 Alfonso Maierù vato
che questo distingue l’expositio e la resolutio: la « propo- sitio exponibilis
» è convertibile con le sue exporentes in con- giunzione, mentre le
proposizioni immediate non sono convertibili con la « propositio resolubilis ».
Questa è dottrina comune a tutti i logici in questo periodo 2, Quanto alla
indefinita negativa, essa può essere probata o mediante il sillogismo
espositorio negativo, o mediante una con- 201 BrLLincHaM, Speculum, cit., p.
344: «Terminus exponibilis est qui habet duas exponentes vel plures cum quibus
convertitur, Et in hoc differt a resolubili, quia licet sequitur formaliter
[...], non sequitur e contra; sed in exponibilibus bene sequitur sic et e
contra»; STRODE, Logica, cit., £.18vb: «Regula tamen est quod a resolventibus
ad resolutum est bona consequentia; sed non oportet quod valeat e contra; si
(!) pro omnibus expo- mentibus ad earum expositam consequentia tenet
generaliter et e con- tra [...]» (cfr. anche f. 24va); WwcLte, Tractatus de
logica, I, cit., p. 83: «Ex istis elicitur talis regula, quod universalis
proposicio exposita convet- titur cum suo antecedente debite exponente, licet
non universaliter. Sed quandoque proposicio resolutorie vel officialiter
proposita, cum suo ante- cedente, gracia materie, convertitur [...] »; PreTRo
DI MANTOVA, Logica, cit, f. [76vb]: «[...] semper a resolventibus ad resolutam
arguitur componendo et valet consequentia et non e contra de forma »; PAoLo
VENETO, Logica parva, cit., III: a quanto riferito sopra (v. n. 178), va
aggiunto: «[4] A resolventibus ad resolutum est consequentia bona, sed non e
converso [....]. [5] Ab officiantibus ad officiatum est consequentia bona, sed
non e con- verso [...]. [6] A descriptione ad descriptum est bona consequentia,
et e converso [...] », e ancora, ., Logica magna, cit., I, 1, 4, f. 13rb: « Ex
istis elicitur talis regula, quod universalis propositio exposita convertitur
cum suis exponentibus sumptis simul, sed propositio resolutorie vel
officiabiliter probata cum suo antecedente resolutorie vel officiabiliter ipsum
inferente non convertitur nisi gratia terminorum [...] », e I, 20, f. 73vb: «
Et in hoc est differentia inter propositionem exponibilem, descriptibilem,
resolubilem et officiabilem: quia propositio exponibilis cum suis exponentibus
convertitur, propositio descriptibilis cum suis descriptionibus convertitur,
sed propo- sitio resolubilis non convertitur cum suis resolventibus: Ita
similiter propositio officiabilis non convettitur cum suis officiantibus;
propterea, si ab officiantibus ad officiatam est bona consequentia, non oportet
quod e contra sit bonum argumentum.] sequentia, il cui antecedens sia la
corrispondente proposizione uni- versale negativa 2°, Strode ha una dottrina
del tutto analoga a quella di Billin- gham: la resolutio o resolutio per duo
demonstrativa non è altro che il « syllogismus expositorius », che è in
funzione del termine comune °*; la resolutio è la probatio della proposizione
indefi- nita o particolare, anche se nella proposizione sono presenti altri
termini che richiederebbero un altro genere di probatio (tali sono verbi
ampliativi o di tempo passato e futuro, incipit, intelligitur, e i termini
privativi ?*). I fondamenti del sillogismo espositorio sono quelli posti da
Billingham; ma, oltre alle regole di infe- renza che definiscono i rapporti tra
termini inferiores e superiores, Strode richiama altre regole, fondate
sull’autorità di Aristotele: una afferma che quando un termine è predicato di
un soggetto che sia suo inferior, tutto ciò che si dice del predicato si dice
del soggetto; l’altra afferma che, se in un sillogismo il medio è un pronome
dimostrativo, gli altri due termini debbono costituire soggetto e predicato
nella conclusione; c'è da aggiungere che Strode chiama anche ‘resolutorius il
sillogismo espositorio nega- 22 Cfr. Speculum. Logica, cit., f. 18vb: «
Similiter tenet iste modus arguendi, ut: ‘iste Socrates hoc non est, et iste
Socrates est homo, igitur homo hoc non est’; ‘haec non est vera et haec est
aliqua propositio, igitut aliqua propositio non est vera’. Et iste modus arguendi
vocatur syllogismus expositorius vel resolutio propositionis ratione termini
sui communis; omnis nam terminus communis non impeditus est sic resolubilis per
duo pronomina », e f. 21rb: «Et con- similiter respectu cuiuscumque casus
scripti; nam cum talis terminus ‘omnis’ praecedit, ad resolvendum propositionem
in qua ponitur ille, deleatur ille, et loco illius ponatur pronomen
demonstrativum sui suppositi cum affirmatione eiusdem in recto de illo
pronomine et erit syllogismus expo- sitorius ». Resolvere è usato anche per
indicare la prova dell’officiabile; perciò l’aggiunta per duo demanstrativa per
la resolutio (cfr. ivi, f. 18vb). 20 Ivi, f. 19ra: «Debet .amen ad concludendum
particularem vel indefinitam de verbo ampliativo quandoque aliter capi
constantia quam in illis mere de praesenti, ut ista: ‘homo cu*rebat’, sic
resolvitur: ‘hoc cur- 442 Alfonso Maierù tivo 2°; resolutorius ed expositorius
sono quindi sinonimi, come confermano i Dubia di Paolo da Pergola 2%. rebat et
hoc est vel fuit homo, ergo homo currebat’. Similiter ‘puer fuit senex’, sic
resolvitur: ‘hoc fuit senex et hoc est vel fuit puer, ergo puer fuit senex”. Et
consimiliter sic dicitur de futuro, ut ‘senex erit puet’, sic resolvitur: ‘hoc
erit puer et hoc est vel erit senex, ergo senex erit puer?. Similiter ‘coecus
potest videre’, sic resolvitur: ‘hoc potest videre de- monstrando aliquem
hominem, et hoc est vel potest esse coecus, etgo coecus potest videre’.
‘Socrates incipit currere’ sic resolvitur: ‘hoc incipit currere, et hoc est vel
incipit esse Socrates, ergo etc... ‘Album desinit sedere’ sic resolvitur: ‘hoc
desinit sedere, et hoc est vel desinit esse album, ergo etc.’. ‘Chimaera
intelligitur: hoc intelligitur, et hoc est vel intelligitur esse chimaera, ergo
etc.’ ». 205 Consequentiae, cit., f. 26va-b: « Si tamen ex uno termino
formaliter infertur alter, et non e converso, respectu cuiuscumque verbi tam a
parte subiecti quam a parte praedicati in recto, terminus inferens dicitur
inferior et illativus dicitur superior, de quibus datur ista regula: ab
inferiori ad suum superius sine aliqua dictione habente vim negationis nec
confundendi praeposita est bona consequentia, quae fundatur super multa dicta
Porphytii et Aristotelis, scilicet de quocumque dicitur inferius, ut species,
de eodem dicitur superius, ut genus. Item Philosophus in Praedicamentis dicit:
quando alterum de altero praedicatur ut de subiecto, id est de inferiori,
quicquid dicitur de illo quod praedicatur dicitur de isto quod subicitur, quod
intelli- gitur de directa praedicatione. Item confirmatur regula per rationem
[...]. Et super hac regula fundatur syllogismus qui vocatur expositorius, cuius
praemissae sunt mere singulares, cum quibus habet omnis indefinita vel
particularis resolvi, ut: ‘hoc currit et hoc est homo, ergo homo currit’, et
sicut in tertia ita et in prima figura, ut ‘hoc est currens et homo est hoc,
ergo homo est currens’, et sicut in prima etiam in secunda. Et hoc est quod
dicit Philosophus secundo Priorum quod medio existente hoc aliquid, id est,
pronomine demonstrativo, necesse est extrema coniungi, id est consti- tuere
conclusionem. Et nota quod similiter est syllogismus resolutorius negativus, ut
‘hoc non currit, et hoc est homo, ergo homo non currit?. — Et notandum quod in
omni tali syllogismo oportet quod solummodo illud quod demonstratur in maiori
demonstretur in minori, et sic iste modus syllogizandi tenet ab inferiori ad
suum superius sine negatione er sine termino confundente. Sed iste modus negativus
tenet per istam regulam: ab inferiori ad suum supetius cum negatione postposita
inferiori et superiori Terminologia logica della tarda scolastica 443 Wyclif,
sia nella Logica?” che nella Logice continuacio ”*, tratta dei termini resolubiles,
o comuni e mediati, che vanno probati per mezzo dei termini immediati ?”. La
resolutio è ricon- ducibile al sillogismo expositorius, e Wyclif nota che,
sebbene esso sia più comune nella terza figura, si può avere in tutte le figure
purché la cosa denotata dal pronome hoc sia, diciamo con espressione
occamistica, una numero ”°, La resolutio è « probatio cum debita constantia
superioris de inferiori. Similiter tenet cum quacumque dictione habente vim
confundendi postposita » (cors. mio). 206 PaoLo pa PercoLA, Dubia, cit., f.
66va: «In hac secunda parte principali huius tractatus tria [...] agere propono
[...]. Secundo, syllogismum resolutorium suis conditionibus limitabo. Tractatus
de logica, cit., I, p. 4, e ancora p. 6: « Termini resolubiles sunt termini
communes qui possunt resolvi usque ad terminos singulares; ut isti termini,
anizzal, homo, etc. ». 208 Ivi, p. 82: «Sunt enim, quantum ad propositum
pertinet, aliqui ter- mini resolubiles: ut termini communes, puta nomina,
verba, adverbia, et par- ticipia habencia signa ipsius inferiora [...] ». 209
Ivi, p. 68: «Et semper terminus mediatus, si sit resolubilis, debet probari per
terminum immediatum, ut iste: homo currit, sic resolvitur: Hoc currit: et hoc
est homo, igitur homo currit. Alia proposicio: Cras ero episcopus, sic
resolvitur: tunc ero episcopus: demonstrando crastinam diem per ly “tunc”; et
tunc erit cras: igitur, etc. Ista proposicio: alicubi Deus
est, sic probatur: ibi Deus est, et “ibi” est alicubi; ergo etc. Et ista pro-
posicio: aligualiter ego moveor, sic probatur: Taliter, vel sic, ego moveor; et
“taliter” est aliqualiter; ergo, etc. ». 210 Ivi, p. 37: « Et notandum quod in
qualibet figura potest fieri syl/o- gismus expositorius. In prima figura sic:
boc est homo, et Sor est hoc: ergo, Sor est homo. In secunda figura, sic fiet
syllogismus expositorius: virtus est hoc, et bonitas est hoc; ergo, virtus est
bonitas. In tercia figura sic fiet syllogismus: boc diligit Deum, et hoc est
homo; ergo, homo diligit Deum. Et iste syllogismus expositorius in tercia
figura est maxime usitatus. Et sciendum quod oportet bene notare rem pro qua
supponit hoc pronomen hoc in syllogismo expositorio; quia si fuerit diversa
supposicio in antecedente et consequente, tunc syllogismus non valet: ut hic:
hoc est Petrus (demon- strando naturam humanam) et hoc est Paulus (demonstrando
eandem na- turam): ergo Petrus est Paulus. Hoc argumentum non valet
[...] ». 444 Alfonso Maierù a posteriori » della particolare affermativa: si
tratta però di una « probatio a posteriori inferiori », distinta da quella
probatio che l’autore chiama « a posteriori totaliter separato » (0 « demonstra-
cio 4 signo, vel demonstracio quia »)?!, Anche la particolare negativa ha «
probatio a posteriori », ma « inferendo talem parti- cularem negativam ex
singulis »; gli esempi addotti tuttavia sono vere e proprie resolutiones??, Nel
caso di proposizioni come « chimera non intelligitur a te », Wyclif introduce
un altro modo di probatio (si ricordino i modi 4 priori, a posteriori, ex equo
e indirecte), che è detta captio ?*; anche questo è un modo di « pro- batio » 4
posteriori 4. 211 Ivi, pp. 107-108: « Secundo modo probatur particularis a
posteriori, et hoc dupliciter: vel a posteriori totaliter separato, vel a
posteriori infe- riori. Exemplum primi: în corpore quod videtur a me sunt
subiective opera ciones vitales; ergo: corpus quod videtur a me est vivum. Et
illa probacio est famosa aput philosophos natutales, et vocatur demonstracio 4
signo, vel demonstracio quia. Exemplum secundi est tale: hoc currit, et hoc est
homo, ergo homo currit. Et isti modi probandi innituntur sophiste, de quo datur
talis regula: Quod ad particularem affirmativam aut sibi equivalentem infe-
rendam resolutorie oportet maiorem esse singularem proposicionis inferende et
minorem esse singularem de subiecto sinonimo cum priori, et verbo ac predicato
proporcionalibus verbo et subiecto proposicionis principaliter inferende. Verbi
gracia, inferendo istam, homo currit, sic arguitur: hoc currit, et hoc est
homo; ergo, homo currit. Secundus modus probandi est a posteriori, ut inferendo
talem particularem negativam ex singulis; de quibus utendum est arte con-
simili, sicut dictum est de inductione particularis affirmative. Ut,
homo non est papa, quia hoc non est papa, et hoc est homo, igitur etc. Homo non
fuit ad bellum troyanum, quia hoc non fuit ad bellum troyanum, et hoc est vel
fuit bomo; igitur, etc. ». 213 Ivi, p. 118: «Sed forte contra illud arguitur
inducendo quintum modum probandi proposicionem, qui capcio dicitur. Nam tu
intelligis istam proposicionem: aliguid quod non intelligitur a te est, cum
intelligere potes quod claudit contradiccionem. Intelligis ergo subiectum huius
proposicionis, et per consequens eius primarium significatum; et cum solum
primarie significat aliguid quod non intelligitur a te, sequitur quod tu
intelligis aliquid quod non intelligitur a te. Sic enim probatur quod #4 scis aliguam
proposi- Terminologia logica della tarda scolastica 445 Pietro di Mantova
discute del sillogismo espositorio, del quale scrive: «in quolibet syllogismo
expositorio terminus qui est medius est terminus discretus aut aggregatus ex
termino com- muni et discreto » 25, ma non parla di sillogismo risolutorio;
nelle edizioni, si può leggere solo il seguente titolo d’una parte: De eodem
syllogismo resolutorio, sotto il quale è trattata la dottrina della resolutio.
Pietro, a questo proposito, afferma: « quaelibet propositio cuius primus
terminus est resolubilis reso- lubiliter tentus non verbalis, probari debet per
duo demonstra- tiva » 2!6; cioè all’espressione « terminus discretus aut
aggregatus ex termino communi et discreto » del testo precedente, corti- sponde
qui l’espressione « duo demonstrativa », e poiché « non quilibet terminus
discretus est immediatus, nec quilibet terminus demonstrativus est immediatus »
?”, la probatio della proposi- zione resolubile non può essere opera d’un
qualsiasi sillogismo espositorio, ma solo di quello che abbia come premesse
propo- sizioni immediate: il sillogismo sarà allora ‘resolutorio’, caso
particolare del sillogismo espositorio. Per i sillogismi espositori, si precisa
ch’essi possono aver luogo in tutte le figure, e che concludono validamente se
affer- tivi, mentre alcune accortezze richiede la conclusione nei sillo- cionem
esse veram quam non scis esse veram, capiendo talem proposicionem scitam a te:
aligua proposicio est vera quam non scis esse veram. Sed dicitur quod conclusio
intenta est impossibilis. Ulterius dicitur quod modus probandi per capcionem
est modus probandi a posteriori; nam posterius est me scire illam proposi-
cionem: aligua proposicio est vera quam nescio esse veram sic significantem,
quam me scire aliquam proposicionem esse veram quam nescio esse veram. Ideo
ille modus probandi, sicut quilibet alius significabilis, continetur sub aliquo
predictorum ». 25 Logica] gismi negativi, specie se in quarta figura 2!5,
Analogamente, il sillo- gismo ‘resolutorio’ concluderà secondo le stesse regole
in tutte le figure, dal momento che, ripetiamo, non è altro che il sillo- gismo
espositorio applicato alla probatio delle proposizioni resolubili, Il termine
resolubile è definito: terminus communis aut discretus non demonstrativus
terminus, quo contingit aliquem terminum immediatum notiorem reperire eandem
rem significan- tem per quem concludi potest » ?. La proposizione in cui il
termine è posto si dice probabilis®!. Pietro precisa anche che nel resolvere le
parti del discorso diverse dal verbo, il termine notior è tale a posteriori,
mentre nel caso dei verbi il termine è notior a priori, ed è il verbo esse 2.
Pietro chiama resolvenda o composita la proposizione mediata, e resolvens la
proposizione immediata grazie alla quale si opera la probatio; una volta
effettuata la resolutio, la proposizione me- diata è resoluta 3. 218 Ivi, f.
[73ra-b]. 219 Ivi, f. [76va], sotto il citato titolo «De eodem syllogismo
resolu- torio »: «Ostendemus nunc quas propositiones etiam concludere possint
expositorii syllogismi, et praemittamus quod terminorum secundum quos et per
quos probari possunt propositiones [....] ». 20 Ivi, f. [76va-b]. 21 Cfr. n.
30, [4]. 22 Op. cit., f. [76vb]: « Refert tamen in resolvendo et alias partes
ora tionis, quia in resolvendo alias partes orationis a verbo, capitur terminus
qui est notior a posteriori; in resolvendo vero verba capitur terminus qui est
notior a priori, scilicet verbum substantivum »; per i termini e le propo
sizioni immediati a priori o a posteriori, cfr. il testo di f. [76va], in n.
39; per quanto riguarda il resolvere verbum, esso è definito (f. [77vb]): «est
notius verbum exprimere, scilicet substantivum et eius correspondens parti-
cipium »; ci si chiede anche (f. [77rb-vb]): «utrum quodlibet verbum adiectivum
sit resolubile in verbum substantivam et suum participium ». 23 Ivi, f. [76vb]
(continuaz. del passo della n. preced.): « Huius enim resolvendae ‘hoc currit’
resolvens est haec: ‘hoc est currens’. Ideo bene Terminologia logica della tarda
scolastica 447 La resolutio vale come probatio delle proposizioni affermative
indefinita, particolare e singolare, purché il primo termine sia reso- lubile
24; nelle corrispondenti negative vere la resolutio è lecita solo quando il
termine, in virtù del quale è operata la resolutio, ha supposita, altrimenti
bisogna assegnare, come medium di prova, le contraddittorie di esse 5. Paolo
Veneto conserva ancora un valore piuttosto generico dei termini resolvere,
resolutio, con riferimento al relativo impli- cativo qui, che equivale a et (0
vel) e ille”, e alla resolutio di sequitur tamquam a priori: ‘hoc est cutrens,
igitur hoc currit’, et ideo a resolvente ad resolvendam vel compositam in
verbis valet argumentum de forma et non e contra. In aliis autem partibus
orationis non valet de forma a resolvenda vel composita ad resolventem nec e
contra, sed de forma bene valet a resolventibus ad resolvendam. Convenit autem
inter verba resol- venda et alias pattes orationis, quia semper a resolventibus
ad resolutam arguitur componendo, et valet consequens, et non e contra de
forma»; cfr. anche f. [78rb]: « non valet argumentum de forma a composita ad
resoì- ventem, sed bene e contra a resolventibus ad compositam tam in verbis
quam in aliis ». 24 Ivi, f. [80ra]: « De indefinita autem sive particulari et
singulari te- neatur quod ipsa est probanda a primo termino a quo in ea potest
sumi pro- batio. Ex quo sequitur quod est diligenter advertendum quod non
quaelibet indefinita sive particularis probari potest per duo demonstrativa,
[...] et ideo illa ‘tantum animal est homo’ per duo demonstrativa non habet
probati quia sumeretur falsum ». 25 Ivi, ff. [79va-b], e [79vb-80ra]: « Pro
omnibus igitur propositionibus negativis veris resolubiliter probandis dicatur
quod, si termini ratione quorum probandae sunt supposita habeant, sunt
resolubiliter probandae, sed si suppo- sitis carent capiendae sunt
contradictoriae concludendo istas esse veras indi- recte eo quod
contradictoriae sunt falsae, et ita conceduntut conclusiones ibi illatae secundum
istam regulam probandae »; per suppositurm, cfr. cap. IV, nn. 62 e 99. 26
Quadratura, cit., II, 22, f. 34va: « Patet consequentia, quia relativum non
confusum est resolubile in pronomen relativum et notam copulationis, aut in
pronomen relativum et notam disiunctionis », e f. 34vb: «Nulium relativam
nominis confuse limitatum est in pronomen relativum et notam copulationis
universalite(r) resolubile », ecc. 448 Alfonso Maierù qualsiasi verbo nel
presente del verbo esse 2. Ma, naturalmente, prevale l’uso tecnico dei termini.
Scrive nella Logica magna: [...] est sciendum quod omnis terminus communis pro
aliquo suppo- sitivus, et omne verbum praeter verbum substantivum praesentis
tem- poris et numeri singularis, est resolubilis; omnis enim propositio in qua
subicitur huius(modi) terminus habet probari per duo pronomina demonstrativa
sibi correspondentia 28, C'è però da notare che, in concorrenza col termine
resolubilis, Paolo usa talora resolutorius?. La «probatio resolutorie » è
propria, secondo il nostro autore, delle proposizioni indefinita e particolare,
e della singolare che non abbia come soggetto un pronome dimostrativo 2°. Le
corrispondenti negative possono esse- re provate in tre modi: o resolutorie, o
assumendo la contradit- dittoria e dalla falsità di questa ricavando la verità
di quella, 21 Ivi, II, 37, f. 40rb: «Omne verbum praeter verbum substantivum
praesentis temporis est resolubile in verbum substantivum »; «[...] su- biectum
enim huius: ‘omnis homo currit’, supponit pro omni homine qui est solum ratione
resolutionis illius verbi ‘cutrit’ in ‘sum, es, est’, sed aeque bene
resolvuntur illa verba ‘erit’, ‘fuit’ in ‘sum, es, est’, sicut illud verbum
“currit’ », ecc. Ciò in un contesto in cui si discute « de suppositione termi
norum respectu verborum praeteriti ac futuri temporis ». 28 Op. cit., I, 1, 4,
f. 13rb. 29 Ivi, f. 13va: « Exempla de adverbiis resolutoriis, ut: ‘aliqualiter
est” resolvitur isto modo Logica parva. Qualiter
propositiones illative probentur prae- senti doctrina dignoscitur satis plene.
Et primo namque a resolutione est inchoandum, qua indefinitae, particulares et
singulares de subiecto non prono- mine demonstrativo rationabiliter inferuntur.
Quaelibet ergo talis est taliter inferenda, ut pro antecedente sumantur duo
demonstrativa, in quorum primo praedicetur praedicatum resolvendae et in
secundo subiectum: verbi gratia, ‘homo currit’ sic resolvitur: ‘hoc currit et
hoc est homo, ergo homo currit’ »; la Logica magna, cit., I, 1, 4, f. 13rb,
afferma che tale probatio è propria della indefinita, e non menziona le altre
proposizioni. Terminologia logica della tarda scolastica 449 o mediante la
universale negativa corrispondente ?!, Il sillogismo che ha come premesse due
proposizioni dimostrative è detto expositorius o demonstrativus: può essere
affermativo o negativo e ha luogo solo nella terza figura °°. È evidente che il
sillogismo demonstrativus è riconducibile alla probatio mediante demonstra-
tiva, ma Paolo Veneto non insiste nel collegare le due dottrine né nella Logica
parva, né nella Logica magna. Paolo da Pergola, nella Logica, considera «
propositio resolu- 21 Ivi, f. 13va, scrive: « Indefinita vel particularis
negativa potest tripli- citer probari: uno modo per duo demonstrativa
quemadmodum est (haec) indefinita affirmativa ut ‘homo non currit: hoc non
currit et hoc est homo, igitur homo non cutrit’. Secundo modo potest probari
recurrendo ad eorum contradictoria ipsa probando vel improbando, quo facto
statim patebit veritas indefinitae vel particularis negativae. Tertio modo
potest probari per univer- salem negativam sibi subalternantem, ut ‘aliquid non
currit’ probatur sic: ‘nihil currit, igitur aliquid non currit’ ». 232 Ivi, II,
13, f. 175vb: «Et iuxta tertiam reductionem est notandum quod syllogismus
expositorius non potest fieri nisi in tertia figura. Et ratio, quia ad
syllogismum expositotium requiritur antecedentia duarum demon- strativarum (ex
demonstratarum) inferentium propositionem mediatam; modo hoc non potest fieri
in aliis figuris. Si enim dicitur in secunda figura: ‘animal est hoc et homo est hoc, ergo
homo est animal’, consequentia bona est et formalis, sed non syllogismus
demonstrativus propter causam dictam. Similiter si dicetur: ‘hoc currit et homo
est hoc, ergo homo currit’, syllogismus expo- sitorius vocari non debet, sed
syllogismus irregularis, optima consequentia formalis existens. Eodem modo est
dicendum de negativis .[...]. Numquam tamen est dicendum quod aliquis horum sit
syllogismus expositorius vel demonstrativus; ubi autem syllogismus
demonstrativus non ita stricte sume- tur, potest sine periculo dici quod in
qualibet figura talis reperitut sicut exemplificatum est. Verumtamen est
advertendum de pronomine demonstra- tivo ne supponat pro aliquo communi, quia
tunc impediret syllogismum demonstrativum, aut quia esset terminus communis,
aut quia ratione eiusdem suppositio mutatur, sicut hic: ‘hoc est pater et hoc
est filius (demonstrando essentiam communem), igitur filius est pater’ ». Salvo errore, il « syllo-
gismus expositorius »» non è menzionato nella Logica parva, né, nelle due opere
logiche fondamentali, è messo in relazione alla resolutio.] bilis » sia
l’indefinita e la particolare, che la singolare non dimo- strativa 2; le loro
corrispondenti negative possono essere provate sia resolutorie, sia « per suum
contradictorium » 4, in modo ana- logo a quanto ha affermato Pietto di Mantova.
Nei Dubia, invece, Paolo affronta la trattazione del sillogismo ‘resolutorio’,
del quale si afferma che è « fundamentum omnium syllogismorum ». Perché si
abbia un tale sillogismo sono neces- sarie, tra le altre, le seguenti
condizioni: Quod si syllogismus (in rapporto alle quattro proprietà: che
risulti di tre termini; « quod semper minor fit in recto »; « quod conclusio
sit omnino confor- mis maiori »; « quod sit in figura: nam in omni figura
potest fieri syllogismus resolutorius »); Et won in modo (« quia si esset in
aliquo 19 modorum non esset syllogismus resolutorius per immediata procedens,
sed per mediata »); Et medium sit hoc aliquid et non quale quid (« Id est, sit
terminus demonstrativus pro uno solo supponibilis et non pro pluribus [...] »).
La reso- lutio deve avvenire «per immediata apud sensum vel intel- lectum » 5,
Da questi elementi risulta che il « syllogismus resolutorius » altro non è che
il tradizionale « syllogismus expositorius ». Ma risulta anche, dal richiamo a
ciò ch’è immediato rispetto al senso o all’intelletto, confermato quanto s'è
detto, che cioè esso va ricon- dotto alla dottrina aristotelica dei Secondi
analitici. 23 Op. cit., p. 45: «Resolubilis est triplex, scilicet indefinita,
patticu- laris, singularis non demonstrativa simpliciter quae probantur sumendo
duo pronomina demonstrativa simpliciter, primum conforme subiecto propositionis
resolubilis et secundum in recto ut patet in exemplis. Particularis vero
indefinita, et singularis negativa possunt probari dupliciter, primo
resolutorie et hoc ubi subiectum pro aliquo suppo- nit, ubi vero pro nullo
supponit non potest probari resolutorie quia minor est falsa, debet igitur tunc
aliter probari scilicet per suum contradicto- rium [...]». 25 Op. cit., ff.
68vb-69ra, Terminologia logica della tarda scolastica 451 6. I termini «
officiales » Quanto alla grafia dei termini occorrenti in questo paragrafo, va
precisato che la tradizione manoscritta del secolo XIV ha officialis,
officialiter e così via, mentre manoscritti e stampe del secolo XV hanno
officiabilis** e così via. Noi scriveremo gene- ralmente officialis, e useremo
come equivalente italiano ‘offi- ciabile’. Officialis deriva da officium:
quest’ultima termine vale sia ‘funzione’, sia ‘compito’ e ‘fine’ ”. Il nostro
officiaiis non va confuso con quei termini « officiales » che designano dignità
e cariche pubbliche #*, anche se il valore nei due casi è analogo: alcune
persone hanno un officiuz: nella società, alcuni termini hanno un officium
nella proposizione e nel discorso; si può, anzi, seguire un graduale passaggio
dal primo al secondo valore del termine: i maestri hanno un loro officium??, le
arti hanno un 236 Ma si vedano i mss.: Vat. lat. 3038, f. 8r: « Et sicut dictum
est de prae- dictis officiabilibus vel officialibus [...] » (il testo è quello
di BILLINGHAM, Speculum..., cit., p. 367, in apparato alla r. 34), e Cambridge,
Corpus Christi College 378, f. 42r (cit. in n. 185 del cap. VII). 237 Cfr.
LAauSBERG, op. cit., p. 765. 238 Nei Tractatus Anagnini, cit., p. 274 (cfr.
cap. II, n. 56); cfr. anche Occam, Summa logicae, ‘angelus’ est nomen mere
absolutum, saltem si non sit nomen officii sed tantum substantiae ». Secondo
M.-D. CrÙenu (Tbhéologiens et canonistes, in Études d’histoire du droit cano-
nique dediées è Gabriel Le Bras, II, Paris 1965) il termine officium in S.
Tommaso deriva da Ismoro, Etyz., cit., VI, xix, 1, per il quale le funzioni
dell'anima sono officia che si esercitano nell’unità d’una natura (p. 838):
ministerium, in sinonimia, assicura la sacralizzazione dell’officium, sia per i
teologici che per i canonisti, in ecclesiologia come in liturgia (ivi). 239 Cfr.
di RosceLLINO, la lettera ad Abelardo (in J. ReINERS, Der Nomi nalismus in der
Friibscholastik, « Beitrige zur Geschichte der Philosophie des Mittelalters »,
VIII, 5, Miinster i. W. 1910, p. 80): « Quia igitur suscepto habitu doctoris
officium mendacia docendo usutpasti, utique monachus esse cessasti, quia beatus
Hieronymus monachum, monachus ipse, diffiniens: ‘Monachus’ inquit ‘non doctoris
sed plangentis habet officium, qui se vel 452 Alfonso Maierù loro officium?, le
arti sermocinales studiano gli officia delle vatie dictiones *!, Per le Summe
Metenses e per il Tractatus de proprietatibus sermonum, officium è proprietas
dictionis o sermonis, mundum lugeat et domini pavidus praestoletur adventum’»,
e GoFFREDO DI Fontames, Quodl. XII, q. 6, ed. J. Hoffmans, Louvain 1932: «
Utrum liceat doctori praecipue theologiae recusare quaestionem sibi positam
[...] »; la risposta è che il maestro in teologia è « doctor veritatis habens
officium publicum docendi » (pp. 105 e 107); nella disputa scolastica,
l’opponens e il respondens hanno « diversa officia » (Tractatus Anagnini, cit.,
p. 260). 20 Cfr. Cassioporo, Institutiones, cit., II, I, 1, p. 94: «officium
eius (sc. grammaticae) est sine vitio dictionem prosalem metricamque compo-
nere »; e ms. Oxford, Bodl. Library, Laud. lat. 67, f. 6ra (cit. dal De RiJk,
Logica modernorum, II, i, cit., p. 165): « Officium eius (sc. dialetice) est
docere, argumenta invenire ad probandam questionem propositam et de eisdem
iudicare »; considerare l’officium è un topos delle introduzioni alla
dialettica nel sec. XII (DE Rtjk, op. cit., II, i, p. 148); cfr. ms. Vienna,
lat. 2486, f. 17r (in De RK, op. cit., II, i, p. 235, sotto Quod officium): «
Offi- cium uniuscuiusque artis est quod convenit opifici secundum ipsam artem »
e ancora: « huius artis officium est considerare proprietatem litterarum in
sil- labis, proprietatem sillabarum in dictionibus, proprietatem dictionum et
uniuscuiusque accidentis earum in sintasi »; Summa Sophisticorum elen- corum,
cit., p. 267: «Officium eius (sc. opificis agentis ex arte) est sic disputare
ut videantur circa propositum ea esse que non sunt ». 21 Cfr. ms. Chartres 209,
f. 37rb (in R.W. Hun, op. cit., I, p. 227): del verbo est si dice: « quantum ad
officium quod exercet in oratione in ui substantiui consideramus [...] » e «
aliud est agere de uocibus per se consi- deratis, aliud de eisdem ad uim et
officium quod habent in oratione posite relatis »; Fallacie Parvipontane, cit.,
p. 569: « Et notandum quoniam nomina supponentia verbum duplex habent officium.
Supponit enim quandoque nomen pro aliquo suorum appellatorum, quandoque pro
nullo ». ABELARDO (Introductiones dialecticae, cit., pp. 73-74) parla di
officium delle voces, ma anche delle litterae; per l’officium del verbo est, si
veda, cap. III, n. 26. 22 Cfr. Summe Metenses, cit., p. 474: «Est ergo locus
sophisticus in dictione qui provenit ex proprietatibus dictionis. Que sunt
significatio, consi- gnificatio, officium, transumptio, constructio, ordinatio,
prolatio, terminatio eic.», e Tractatus de proprietatibus sermonum, cit., p.
707: «[...] utile vi- detur instituere tractatum de sermonibus et diversitate
proprietatum et Terminologia logica della tarda scolastica 453 mentre le «
dictiones officiales » sono quelle « quarum constructio est deservire partibus
aliis » %. La
caratterizzazione del termine officiabile come quello che ha il compito di
ordinare il discorso o determinate un contesto presuppone l’analisi sintattica
delle strutture della proposizione. Poiché il compito di ‘costanti’ e ope
ratori nella logica medievale è svolto dai sincategoremi ?#, questi saranno i
termini officiabili per eccellenza per lungo tempo, dalle Summe Metenses* a
Guglielmo di Shyteswood #9 e Ruggero Ba- officiorum que considerantur iuxta
sermonem. Que sunt copulatio, appellatio, suppositio, et multa alia de quibus
dicemus inferius ». Si noti la differenza tra i due testi: nel primo, officium
è elencato tra le proprietates, nel secondo officia è in endiadi con
proprietates: ma si può supporre un passaggio dalla posizione del primo testo a
quella del secondo. Cfr. anche DE Rijk, Soze Notes on the Mediaeval Tract De
insolubilibus..., cit., p. 100 (v. cap. II, n. 91) e p. 112: « Sequitur de
secunda specie insolubilium. Que provenit ex officio vocis
vel ex his que circumstant vocem. Que sunt tria: significatio, suppo- sitio,
appellatio. Unde videndum quod, quando ex aliquo officio quod est in voce vel
circumstat vocem, provenit insolubile, id est cassandum, si sit accidentale. Cfr.
Summe Metenses: tra queste dictiones sono anno- [verate pva). exponentium sui oppositi. Nec dicuntur
exponentes nisi significantur copulative, nec causae veritatis nisi
significantur disiunctive. Secondo Strode, dunque, le causae veritatis sono
opposte alle exponentes. Queste operano in congiunzione -- significantur
copulative --, quelle in disgiunzione – disiunctive. Per
le causae veritatis valgono quindi le regole della disgiunzione (p > p v q –
“She is in the kitchen; therefore, she is in the kitchen or in the bedroom”),
mentre per le exporentes valgono le regole della congiunzione (pq 2 p – “She
likes peaches and cream; therefore, she likes peaches”). Strode se ne serve per la
probatio delle negative dell'esclusiva, eccettiva e reduplicativa, ma anche
delle proposizioni in cui compaiono i termini incipit e desinit. Quanto a
quest’ultimo caso, va rilevato che Heytesbury aveva assegnato alle proposizioni
contenenti incipit o desinit una duplice expositio, tra cui si doveva scegliere
di volta in volta quella più conveniente al problema in esame *%; i due modi
dell’expositio non costituivano però una disgiunzione di proposizioni in
congiunzione. Strode, invece, as- 54 Logica, cit., f. 19rb; cfr. anche f. 24rb:
«Et hoc est generaliter (notandum): cum aliqua propositio habet exponentes,
eius contradictorium habet causas veritatis ». 35 Ivi, f. 26va: «Ista tamen
‘Socrates non est asinus in quantum est homo? et consimiles debent dici
reduplicativae et habent (probari) per causas veritatis oppositas exponentes
reduplicativae, sicut convenienter dictum est de exclusivis et exceptivis », ma
cfr. f. 24rb, dove si assegnano le causze veritatis anche all’opposta dell’esclusiva
negativa. 36 De incipit et desinit, cit., f. 23va: « Incipere dupliciter solet
exponi: videlicet per positionem de praesenti et remotionem de praeterito, ut
quod in praesenti instanti est et immediate ante instans quod est praesens non
fuit; aut per remotionem de praesenti et positionem de futuro, ut quod in
praesenti instanti non est, et immediate post instans quod est praesens erit.
Desinere etiam dupliciter potest intelligi, scilicet vel per remo- tionem de
praesenti et positionem de praeterito, ut quod in praesenti instanti non est,
et immediate ante instans quod est praesens fuit; vel per positionem de
praesenti et remotionem de futuro, ut quod in praesenti instanti est et
immediate post instans quod est praesens non etit ». Cfr. agg analoghe in
GueLieLMO DI SHyrEswooD, Syncategoremata, segna piuttosto la disgiunzione di
due congiunzioni di proposizioni (pq v rs), e cioè le causae veritatis 7. La
stessa cosa fa Marsilio, ma solo limitatamente al caso in cui il verbo incipit «
affirmatur de subiecto singulari substantiali » (ad es. di Socrates) Tra i
filosofi italiani, Pietro di MANTOVA (si veda) si serve della probazio per
causas veritatis per l'esclusiva ®, l’exceptiva mere negativa” Logica, cit., f.
25ra: «Incipit communiter debet exponi per posi- tionem de praesenti et
remotionem de praeterito, ut: ‘hoc nunc est et immediate ante hoc instans quod
est praesens hoc non fuit, ergo hoc incipit esse’; vel per remotionem de
praesenti et positionem de futuro, ut: ‘hoc munc non est et immediate post hoc
instans quod est praesens hoc erit, ergo hoc incipit esse’. Et e converso modo
debet exponi li ‘desinit’, ut dicunt, per remotionem de praesenti et positionem
de futuro, ut: ‘hoc nunc non est et immediate ante instans quod est praesens
fuit’, vel per positionem de praesenti et remotionem de futuro, ut: ‘hoc nunc
est et immediate post instans quod est praesens non erit’. Sed ego dico quod
tales potius debent dici causae veritatis et non exponentes, ut patet in
praecedenti. In istis ergo servetur haec regula, quod non oportet aliquam
propositionem de incipit et desinit exponi nisi ut propositio simplex et
singularis numeri. WycLIr, nel porre il problema, non esplicita il riferimento
alle «causae veritatis », per cui è difficile intendere se si sia staccato dal
modo di Heytesbury; cfr. Tractatus de logica. Sor
incipit esse, sic exponitur: Sor nunc est, et ipse immediate ante hoc non fuit:
igitur etc. Vel sic: Sor iam primo est et ipse inmediate ante hoc non fuit:
ergo, Sor incipit esse », e p. 191: « Et hoc est quod solet dici: hoc verbum,
incipit, debere disiunctim exponi per remocionem de presenti et posi- cionem de
futuro; vel per posicionem de presenti et remocionem de prete- rito; ut, si Sor
munc est effectus et non prius fuit, tunc incipit esse. Vel si non est in
instans quod est presens, et inmediate post illud erit, tunc incipit esse. Et
sic de desinit ». 328 Cfr. Textus dialectices, cit., f. 201r. 329 Logica, cit.,
f. [29ra-b]: exclusiva in numero plurali affir- mativa habet duas causas
veritatis, quarum una est gratia alietatis et alia est gratia pluralitatis:
verbi gratia, ‘tantum 12 sunt apostoli dei’ altero illorum modorum verificari
potest: ‘12 sunt apostoli dei et nulla non 12 sunt apostoli dei’, vel sic: ‘12
sunt apostoli dei et non plura quam 12 sunt apostoli dei’. Unde talis
propositio exclusiva in numero plurali non debet exponi quia propositio
exponibilis copulative significat et non veri- 480 Alfonso Maierù e le
proposizioni de incipit et desinit. Paolo Veneto avvia il processo mediante il quale
questa forma di probatio diventerà con Paolo da Pergola un procedimento
autonomo, fissando nella Logica parva la seguente regola (che, si noti, segue
quelle relative alla probatio mediante expositio, resolutio, officiatio,
descriptio, e a senso composto e senso diviso): « ab una causa veritatis ad
propositionem habentem illam causam ficatur disiunctive (ex distiunctive), et
ab exposita ad quamlibet suarum exponentem est bonum argumentum formale, sed
talis propositio neque verificatur copulative neque ab ista exclusiva ad
quamlibet esponentium valet consequentia: convertitur enim cum tali disiunctiva
cuius quaelibet pars principalis est copulativa, igitur etc.». Come si può
notare, la probatio qui è data mediante la disgiunzione di due copulative. Ai
ff. [41vb- 42ra], invece, Pietro di Mantova scrive: «Sed ista ‘a te differt
omnis asinus’ habet duas causas veritatis, quia primus terminus in ea mediatus
est resolubilis et exponibilis. Ideo ista significat disiunctive sic: ‘a te
differt quilibet asinus, id est a te differens est quilibet asinus’ resolvendo,
vel exponendo sic: ‘omnis qui est asinus est tecum et nullus asinus es tu,
igitur a te differt quilibet asinus’, et hoc est verum et ideo illa est vera ‘a
te differt quilibet asinus’»: in questo passo l’accezione di « causae veritatis
» sembra essere generica. 35 Ivi, f. [33va]: «I...] exceptiva mere negativa non
habet exponi, sed habet causas veritatis disiunctive, et regula superius data
de exposi- tione exceptivae vera est de exceptivis non mere negativis ». 31
Ivi, £. [47rb-va]: « Incipit solet sic exponi: ‘Socrates in instanti quod est
praesens est et non immediate ante instans quod est praesens fuit veli Socrates
in instanti quod est praesens non est et immediate post instans quod est
praesens erit, igitur Socrates incipit esse’. Sed haec consequentia non valet
quia in primo esse mundi [...]; et quod illa disiunctiva sit vera patet quia
eius prima copulativa est vera in illo casu », f. [47va-b]: « Ideo dicitur quod
illae dictiones ‘incipit’ et ‘desinit’ et huiusmodi non habent exponi sed
habent causas veritatis», e f. [48ra]: « Aliquando autem li ‘incipit’ non habet
illas causas veritatis per positionem de praesenti et remotionem de praeterito
vel negationem de praesenti et positionem de futuro, sed aliquando habet easdem
causas veritatis quas li ‘desinit’, quia illae convertuntur: ‘Socrates incipit
non esse’ et ‘Socrates desinit esse’ »; cfr. WiLsoN]mest bona consequentia » *.
In questo
contesto, le causae veritatis sono assegnate alla proposizione « denominata ab
ablativo conse- quentiae »: data la proposizione « homine currente risibile
cutrit », poiché l’ablativo assoluto può essere risolto in una proposizione
condizionale (« si homo currit »), o temporale (« dum homo cur- rit »), o
causale (« quia homo currit »), la proposizione origi- naria sarà vera quando
almeno una delle proposizioni alle quali x equivale l’ablativo assoluto è
vera**. Ma, ancora nella Logica parva, si afferma che la proposizione esclusiva
negativa ha « duas causas veritatis, oppositas exponentibus exclusivae affir-
mativae » **. Nella Logica magna, invece, si fa ricorso alla pro- batio per
causas veritatis, oltte che per l’esclusiva negativa *5, anche per la
reduplicativa negativa 9 e per incipit e desinit *", in modo analogo a
quanto afferma Pietro di Mantova. Infine, 332 Logica parva, Logica magna, cit.,
I, 5, f. 35va. 336 Ivi, I, 8, f. 4irb: «Si autem (sc. negatio) cadit in totum
et super reduplicationem, non habet exponi sed solum habet causas veritatis
quae sunt contradictoriae exponentium reduplicativae sibi oppositae »; nella
Logica parva, cit., IV, invece, aveva scritto: « Negativa vero reduplicativa,
cuius negatio praecedit notam reduplicationis, non est exponenda sed pro- banda
per suum contradictorium ut saepe dictum est». 337 Mentre nella Logica parva,
cit., IV, l’autore ritiene che « dupliciter exponitur », nella Logica magna,
cit., I, 18, f. 65va, dopo la discussione di molte opinioni, scrive: «
Propositio ergo respectu huius verbi ‘incipit’ vel ‘desinit’ exponi non habet,
sed habet causas veritatis quarum quaelibet propositionem de incipit vel
desinit potest inferre, et disiunctiva ex eisdem cum ipsa propositione
convertitur. Unde haec propositio ‘hoc incipit esse’ habet duas causas
veritatis, quarum una est copulativa duarum demonstra- tivarum, unius de
praesenti affirmativae et reliquae de praeterito negativae cum determinatione
huius dictionis ‘immediate’, ut: ‘hoc nunc est et hoc immediate ante instans
quod est praesens non fuit’, Secunda causa veritatis eiusdem est una copulativa
talium duarum, unius de praesenti negativae et alterius de futuro affirmativae
cum consimili determinatione, ut: ‘hoc 31 482 Alfonso Maierà Paolo da Pergola
scrive: « Probabilis per causas veritatis est illa propositio quae habet multas
causas veritatis disiunctive sumptas, sicut incipit, desinit et ablativus in
consequentia » 38: per quanto riguarda incipit e desinit, non c'è bisogno di
altri rife- rimenti dopo quanto si è detto. L’« ablativus in consequentia » ci
riporta alla Logica parva di Paolo Veneto, dal quale il Pergolese, al solito,
dipende *’, Tuttavia egli allarga il discorso, riservando questo tipo di
probatio alle contraddittorie di ciò che può essere provato non solo mediante
expositio, ma anche mediante reso- lutio, descriptio e officiatio, e in genere
a tutte le proposizioni negative: Nota quandocumque propositio probatur
copulative, sive resolubiter sive exponibiliter sive officiabiliter sive descriptibiliter,
eius contra- dictorium est probabile per causas veritatis, scilicet per
disiunctivam compositam ex partibus contradictoriis #9, nunc non est et hoc
immediate post instans quod est praesens erit’. Similiter haec propositio ‘hoc
desinit esse’ habet duas copulativas causas veritatis, quarum una componitur ex
duabus categoricis, una de praesenti negativa et alia de praeterito
affitrmativa, cum hac determinatione ‘imme: diate’; ut: ‘hoc mune non est et
hoc immediate ante instans quod est praesens fuit’. Secunda causa veritatis
ipsius est una copulativa composita ex duabus talibus, quarum una est
affirmativa de praesenti et reliqua nega- tiva de futuro cum simili
determinatione, ut: ‘hoc nunc est et hoc immediate post instans quod est
praesens non erit’. Vel, si tibi placet, potes dare causas veritatis
cum prioribus convertibiles breviores, ut: ‘si hoc nunc est et immediate ante
munc non fuit, hoc incipit esse’; et: ‘si tu non es albus et immediate post
nunc eris albus, tu incipis esse albus’. Eodem modo dico de li ‘desinit’. Non ci addentriamo
qui nella determinazione dell’atteggiamento che Paolo Veneto tiene rispetto a
Pietro di Mantova. Logica, cit., p. 79. 33 Si noti che manca ogni cenno alle «
causae veritatis » per la esclu- siva negativa (ivi, pp. 57-60); nella
trattazione De consequentiis, però, si trova la regola riferita da Paolo Veneto
nella Logica parva (ctr. ivi, p. 98). 30 Ivi, p. 84; e ancora (ivi): « Si vero
est mediata (sc. propositio) debes videre an sit affirmativa vel negativa; si
est negativa, debes cam probare per causas veritatis, aut per contradictorium,
aut per singulares, ut supra Terminologia logica della tarda scolastica 483 Il
riferimento all’expositio è stato ampiamente illustrato; altret- tanto chiaro
risulta il cenno alla resolutio, officiatio, descriptio quando si pensi, come
si è detto, che in tutti questi casi la pro- batio è data mediante congiunzione
di proposizioni, la cui nega- zione è una disgiunzione di proposizioni
negative. dictum est ». Questo passo può essere chiarito ricordando che
BILLINGHAM (Speculum..., cit., p. 357) ha assegnato l’oppositum per la probatio
di dimostrativa e universale negative o con soggetto infinito, e per
l’indefinita negativa ha assegnato una probatio disiunctive: cioè universale
negativa o due dimostrative (quest'ultime sono il sillogismo espositorio nega-
tivo); che PaoLo Veneto (Logica megna, cit., I, 1, 4, £. 13va) ha assegnato tre
modi di probatio alla indefinita o particolare negativa: sillo- gismo
espositorio negativo, contraddittoria, universale negativa, e che per la
universale negativa (ivi, f. 14ra) ha assegnato il contraddittorio; Wyclit e
Pietro di Mantova hanno svolto quel discorso che abbiamo richiamato nel $ 3.
Qui Paolo da Pergola, parlando in generale della proposizione mediata negativa,
richiama tutti questi vari modi di probatio accanto a quella « per causas
veritatis. Il trattato contenuto nei ff. 6ra-19va del ms. Amplon. Q. 276 della
Wissenschaftliche Allgemeinbiblio- thek di Erfurt! si compone di varie guaestiones,
per ciascuna delle quali si adduce una lunga serie di argomenti (cominciando in
genere, dalla parte negativa: videtur quod non), ai quali si risponde (in
oppositum) spesso dopo aver formulato una determi- natio brevissima, magari di
una sola proposizione; ma talota si ri- sponde di volta in volta dopo ciascun
argomento. L’autore — chiunque sia — si preoccupa di fornire una casi- stica
delle difficoltà che possono sotgere nell’obiettare, e nel rispondere alle
obiezioni, contro i sophismata?. Il trattato si colloca quindi tra quelli che
intendono offrire sussidi ai prota- gonisti della disputa scolastica. E poiché
le difficoltà nascono sempre dall’uso dei termini cui si fa ricorso, la
trattazione verte necessariamente sul valore dei termini e sui modi di
‘provare’ le proposizioni che li contengono. 1 Cfr. Introduzione, n. 79. Il
microfilm del ms. di cui mi sono servito non è eccellente; manca il fotogramma
del f. 14r; il f. 15 del ms. dev'essere corroso in una delle col. 2 Ms. Amplon.
Q. 276, f. 6ra: «Quoniam in(n)ata est nobis via a communibus ad propria, ideo
nos de modo opponendi contra sophismata cen E PA primo de communi modo
opponendi et respondendi dicamus. Gli argomenti trattati possono essere così
riassunti: 1) ci si chiede se l’inductio sia un modo valido di probare la
propo- sizione universale 3; 2) a) se la « probatio per contradictorium » sia
bora, e cioè valida ‘ e b) se la « probatio a destructione consequentis », o
anche la « pro- batio ex opposito conclusionis inferendo oppositum praemis- sae
» sia valida 5; 3) ci si chiede « de probationibus incidentibus in
multiplicibus, ut in aequivocis »: « an sufficiat cognoscere aliquod multiplex
in uno significato » 9; ma la quaestio si articola in varie questioni: a) «an
aliquod nomen sit aequivocum » 7; b) « an... significatio dictionis sit eius
forma accidentalis » 8; c) « utrum sufficiat probare multiplex in uno probato
significato vel non, et ad illud persuadendum oportet inquirere utrum
aequivocum significet per modum copulationis sua significata aut per modum
disiunctionis » 9; d) «an nomen aequivocum possit distribui pro omnibus suis
significatis sive pro quolibet singulari cuiuslibet significati simul a signo
universali sibi addito » 1%; e) « an sit contradictio in aequivocis » !!; f)
«an propositiones habentes terminum aequivocum debent dici una vel plures » !2;
4) a) sulla base di quanto si è detto ci si chiede poi « an copulativa sit una
»!5, e 3 Ivi. 4 Ivi, f. 6va 5 Ivi, £. 7vb. 6 Ivi, f. 8vb. 7 Ivi, «quod non est,
videtur»: f. 8vb; «Quod umne nomen sit aequivocum sic videtur »: f. 10ra. 8
Ivi, f. 10vb. 9 Ivi, f. 11rb. Cfr. ps. Duns Scoro, In librum I priorum
Analyticorum Aristotelis quaestiones, cit., q. x, ff. 230b-231b: Utrum terminus
aequivocus contineat sua significata per modum copulationis. 10 De
probationibus, cit., f. 11vb. 11 Ivi, f. 12rb. 12 Ivi, f. 12vb. 13 Ivi, f.
14va. 486 Alfonso Maierù b) « an sit (contradictio in copulativis) » 14; 5)
analogamente, a) « quaeritur an disiunctiva sit una vel plures » 55; b) « an
sit contradictio in disiunctivis » ‘6; ” 6) « quaeritur an haec propositio
‘homo albus currit’ sit una (vel plures) » 17; i 7) «an falsitas implicationis
falsificet propositionem » 18; 8) «an una negatio possit negare plures
compositiones » 19; 9) infine, si discute de incipit et desinit: « Quaetitur de
expositione et significatione istorum verborum ‘incipit’ et ‘desini’. Primo
quaeratur quid significent, secundo utrum suum significatum ipso (?) esse
syncategorema vel categorema »: a) «De primo sic quaeritur, utrum significent
motum vel muta- tionem » 2; b) « Deinde quaeritur an si(n)t syncategoremata »
8; c) «quid ponitur in huius(modi) praedicationibus (?) proposi tionibus, et
videtur quod hoc quod dico ‘incipit’ et ‘desinit’ » 2; d) « (D)einde quaeritur
de negatione istorum, et primo utrum habeant intellectum negationis secundum
quod possunt con- fundere, dato quod aliquo modo sit ibi negatio » 8; e) «
utrum possi(n)t confundere ratione istius negationis » #; f) j; op- pure 7 D LC, .v.#), e non viceversa !.
I sersus di una
proposi- zione in disgiunzione sono causae veritatis di essa: basta perciò che
sia vero uno dei sensus perché sia vera l’intera proposizione. Così non è per i
sersus in congiunzione, poiché in tal caso è necessario che siano veri tutti i sensus
perché si abbia la verità vede in ciò un’accettazione della dottrina
occamistica della suppositio simplex da parte di Heytesbury. l De propositionum
multiplicium significatione, cit., ff. 252vb-253ra: « Unde et si arguitur sic:
praecise tot scis quot sunt aliqua quae Plato scit esse, ergo non scis plura
quam sunt aliqua quae Plato scit esse, non valet argumentum. Nam per id
antecedens non probatur id consequens nisi pro altero sensu [...]»: si tratta
della singolare negativa; il procedimento è analogo a quello di cui alla n. 9;
ancora, ivi, f. 253ra: « Si tamen arguitur sd istam probandam, sic incipiatur:
talis propositio sic praecise significans potest esse quod rex sedet et quod
nullus rex sedet? (...) tunc ista est impos- sibilis, igitur non potest esse
sicut ista significat, et ista significat praecise quod potest esse quod rex
sedet et quod nullus rex sedet, igitur non potest esse quod potest esse quod
rex sedet et quod nullus rex sedet: neganda est consequentia; nam consequens
id, ut praedictum est, suos sensus copu- lative significat, quorum tamen alter
sequitur ex isto antecedente»; per la proposizione in esame, cfr. n. 18; il
modo della probatio richiama il procedimento della probatio officialiter.
Probare occorre un’altra volta al f. 252va, nella discussione della universale;
A Ivi, f. 252va: «Ex quo etiam apparet, cum cuiuscumque proposi- tionis
copulative solum significantis contradictorium disiunctive significet quod
cuiuscumque multiplicis plures sensus copulative solum significantis contradictorium
disiunctive significat opposito modo quo etiam talis univer- salis multiplex
significat copulative ». Terminologia logica della tarda scolastica 495 della
proposizione cui la congiunzione equivale '. Anche l’espres- sione causae
veritatis ha dunque il valore noto; nel caso speci fico, designa solo i sensus
in disgiunzione !*. Questo è il primo dei casi esaminati nel trattato. Seguono
poi il caso in cui la proposizione universale affermativa non significa tutti i
suoi sersus in forma universale, ma uno di essi in forma universale e un altro
in forma particolare ‘5; la proposi- zione particolare affermativa o negativa
!; la proposizione singolare affermativa o negativa !”. L’autore passa quindi
ad esaminare le ipotetiche, e comincia dalla proposizione de copulato
extremo!*. Si discute poi della [Nam si copulative significaret, ad eius
veritatem cuiuslibet sui sensus veritas requiretetur » (è detto della
particolare, cfr. n. 16). 14 Cfr. ivi: «[...] est fallacia consequentis
arguendo a propositione habente plures sensus disiunctive ad unum sensum», e f.
253va: « Ca] arguitur a propositione plures causas veritatis habente ad unam
istarum, ideo est fallacia consequentis ». L'espressione causae veritatis
occorre ancora altre tre volte, ai ff. 252va, 253rb, 253va. 15 Ivi, f. 252vb:
«Quaedam tamen universales sunt multiplices, non tamen sensu; quaedam enim sunt
universales multiplices quae in uno sensu sunt universales et in alio
particulares vel singulares existentes [...] ». Se affermativa, tale
proposizione significa i suoi sensus in disgiunzione; se negativa, in modo
opposto, e quindi in congiunzione (ivi). 16 Ivi: «Patet igitur quod quaelibet
particularis affirmativa multiplex, et etiam negativa quae in quolibet suo
sensu est particularis, suos sensus disiunctive significat », e: « Nam ad hoc
quod verificetur particularis aliqua sufficit quod verificetur aliquis eius
sensus ». 17 Ivi: «Consimiliter etiam de singularibus est dicendum pro parte. Negativa
autem singularem (!) singulari affirmative disiuctive significanti [segue vuoto
di circa sci lettere] copulative significare suppono ». 18
Ivi, f. 253ra: «Consimilis etiam responsio est ad propositiones hypotheticas
multiplices, ut sunt propositiones de disiuncto et de copulato extremo,
copulativae, disiunctivae, temporales, conditionales: non potest esse (una)
responsio. Unde primo est
sciendum quod quaelibet affirmativa 496 Alfonso Maierùà copulativa !. Sia data
la proposizione [1] « tantum Socrates est homo et aliquod istorum et plures
homines sunt »; essa può essere intesa come composta di due proposizioni, delle
quali una risulti una proposizione de copulato extremo. Gli ele- menti che
possono essere presi in considerazione sono perciò i se- guenti: [2] « tantum
Socrates est homo »; [3] « aliquod istorum et plures homines sunt »; [4]
«tantum Socrates est homo et aliquod istorum »; [5] « plures homines sunt ». La
[3] e la [4] sono proposizioni de copulato extremo, ciascuna delle quali ha in
comune con l’altra l'elemento « aliquod istorum » (l’extremzuze copulato è il
soggetto nella [3], il predi- cato nella [4]). I sersus della [1] possono
essere dati indif- ferenter dalla congiunzione della [2] e della [3], o dalla
congiunzione della [4] e della [5]. Poiché non si ha motivo di preferire una
congiunzione di sersus all’altra, la [1] signifi- cherà i suoi sersus mediante
una disgiunzione, il cui primo multiplex et hypothetica quae est particularis,
indefinita vel singularis ut praemissum est, suos sensus disiunctive
significat. Unde et ista: ‘potest esse quod potest esse quod rex sedet et nullus rex
sedet [...]». Si noti che
l’autore include le proposizioni de copulato extremo tra le ipotetiche;
l’esempio addotto è quindi una proposizione de copulato extremo, propria- mente
categorica (del resto, non avrebbero altrimenti senso le indicazioni circa la
quantità della ‘ipotetica’. Negata, la proposizione in esame significa i suoi
‘sensi’ oppositis modis copulative (ivi). La
conclusione di questa discussione è: «Idem etiam de propositionibus
multiplicibus de disiunctis extremis et affirmativis» (ivi). 19 Ivi, sotto:
«Pro copulativis est tunc sciendum ex suarum partium principalium captione
solum significans copulative, sive utraque eius pars copulative sive utraque
disiunctive, sive una eius pars disiunctive et alia copulative significet illis
duobus modis quibus et istae partes significant copulative, et cuiuslibet talis
contradictorium oppositis modis quibus istae partes significant disiunctive
significabit ». Terminologia
logica della tarda scolastica 497 membro sarà la congiunzione della [2] e della
[3] e il secondo membro sarà la congiunzione della [4] e della [5] ?°. Anche
nel caso della proposizione [6] « Socrates currit vel Plato currit et Socrates
non curtrit », si possono avere interpretazioni diverse: la si può cioè
intendere come una congiunzione di proposizioni, formata da [7] « Socrates
currit vel Plato currit », e da [8] « Socrates non curtrit », oppure come una
disgiunzione di proposizioni formata da [9] « Socrates currit », e da [10] «
Plato currit et Socrates non cutrit ». Poiché l’una o l’altra interpretazione
si addice a simili propo- sizioni (« indifferenter copulativae vel disiunctivae
possunt esse »), i sensus della [7] saranno espressi da una disgiunzione, di
cui un membro sarà una congiunzione e l’altro ancora una disgiun- zione . La
negazione premessa alla disgiunzione dei sensus della [7] (e così della [1])
darà luogo a una congiunzione di proposi- zioni negative 2. Heytesbury esamina
ancora proposizioni il cui dictum può essere inteso multipliciter®,
proposizioni che hanno vari sersus in funzione di un pronome relativo in esse
presente che può riferirsi a due diversi antecedentes”, e conclude la
discussione 20 Ivi, f. 253ra-b; le [1]-[5] sono indicate da Heytesbury con le
lettere dalla « alla e; l’analisi è già nel testo, dunque. 21
Ivi, f. 253rb. 2 Ivi: «Ex quo satis patet eius contradictorium istis duobus
modis significare copulative ». 3 Ivi: «[...] est sciendum quod sunt quaedam
propositiones multi- plices quarum est dictum multiplex, a quibus ad suum
dictum arguendo fallit processus [...]»; esempio è: «non scis propositionem
falsam esse propositionem veram vel propositionem falsam sciri a te ». 2 Ivi,
f. 253rb-va; esempio è: «aliquid differt ab animali quod non differt ab
animali»: antecedens del relativo quod può essere sia animal sia aliquid; esso
significa disiunctive (causae veritatis). 32 498 Alfonso Maierù con un'analisi
dei sersus delle proposizioni comprendenti una condizionale ®. 25 Ivi, f.
253va-b. Sono di vario genere (ivi, f. 253va): « Quaedam tamen sunt
conditionales quae indifferenter copulativae vel conditionales, et quaedam
disiunctivae vel conditionales, possunt esse. In entrambi i casi significano i
loro sensus disiunctive, mentre le contradicentes significano i loro sensus
copulative. I termini “compositio” e “divisio rendono “oivdeois” e “Sraipeote”
occorrenti nelle opere aristoteliche, principalmente in due contesti: quello
del De interpretatione, dove, a proposito dell’enunciato, che risulta di più
termini, si dice che la verità e la falsità sono attinenti alla compositio, o
affermazione di un termine dell’altro, e alla divisio, o separazione di un
termine dall’altro; e quello del De sopbisticis elenchis, dove si parla delle fallacie
secundum compositionem e secundum divisionem. Ci soffermeremo sulla seconda
delle dottrine aristoteliche, ma non è inutile un rapido esame preliminare dei
valori che i due termini e i corrispondenti aggettivi assumono [Non ci
occupiamo della Suxipeoig platonica (cfr. ad es. FEDRO). Per i valori degli
stessi termini in RETORICA, cfr. LAUSBERG. De
interpr.; cfr. transl. Boethii, Aristoteles latinus: circa compositionem enim
et divisionem est falsitas veritasque »; cfr. anche 6, 17a 25-26, transl.
Boethii, ivi, p. 9: « Adfirmatio vero est enuntiatio alicuius de aliquo,
negatio vero enuntiatio alicuius ab aliquo », e Metaph. VI 4, 1027b 19 sgg. e XI
11, 1067b 26; in part. per obvieowe cfr. Top. VI 13, 150b 22 e 14, 151a 20.31.
4 Cft..6.2; 500 Alfonso Maierùà nei testi logici. Dei due termini, compositio è
privilegiato rispetto all’altro, per il maggior numero di accezioni con le
quali occorre. Nel suo Tractatus syncategorematum Pietro Ispano fornisce una
sistematica esposizione dei vari modi in cui può essere inteso il termine
compositio *. Compositio può essere rerum o modorum significandi: compositio
rerum è quella della forma con la ma- teria, dell’accidente con il suo
subiectum, delle facoltà con l’essenza (potenze dell’anima con l’anima), delle
parti integrali tra loro in un tutto (nella linea, le parti della linea
rispetto al punto e della superficie rispetto alla linea), della differenza con
il genere nella costituzione della specie 5. La corzpositio modorum
significandi può essere o di una qualità con la sostanza, espressa dal nome $,
o di un atto con la sostanza ed è espressa dal verbo”. La compo- sitio di un
atto con la sostanza può essere duplice: si può inten- dere l’atto in quanto «
habet inclinationem ad substantiam, secun- dum quam inclinationem dicitur de
altero », cioè in quanto l’atto è considerato « ut distans », ed è il verbo di
modo finito; ma può intendersi l’atto « unitus » alla sostanza, in quanto «
privatus ista inclinatione, et sic est in participio » ®. La « compositio actus
ut distantis » è ancora duplice: può essere in rapporto con una « substantia
exterior », come nel caso della proposizione « Socrates 4 Cfr. op. cit., pp.
483 sgg. Ma si veda anche la traduzione inglese di J.P. Mullally (PETER OF
SPAIN, Tractatus syncategorematum..., cit., pp. 17 sgg.). Si confronti quanto
dice Pietto Ispano con la triplice distinzione di compositio (rei, intellectus,
sermonis) di Dialectica Monacensis, cit., p. 569. 5 PetrI HIsPANI, Tractatus
syncategorematum, cit., p. 484B. Per la com- posizione degli accidenti con il
subiectum, si veda il Liber sex princi- piorum, cit., p. 35: «Forma vero est
compositioni contingens, simplici et invariabili essentia consistens.
Compositio etenim non est, quoniam a natura compositionis seiungitur [...] ». 6
PerrI HISPANI, op. cit., p. 484B. 7 Ivi, p. 484C. 8 Ivi, p. 485F. currit »°, o
può essere in rapporto con una « substantia intra », x quando il soggetto è
sottinteso, come nel caso di « currit » !°. In tutti questi casi, si può dire
che il concetto di compositio, in quanto fa riferimento agli elementi di cui
esprime un rapporto, rientra nella categoria di relazione !!. Opposta alla composizione
è la negatio !?. Particolarmente importante è la « compositio actus ut
distantis » perché sta alla base del costituirsi della proposi- zione 5. Il
caso più semplice è quello del verbo est: esso « consi- gnificat compositionem
», ma poiché rispetto agli altri verbi esso è natura prius giacché « in eis
intelligitur » !, tutto quello che di esso si dice vale per gli altri verbi.
Alla radice di questa interpre- tazione sta un passo già ricordato di
Aristotele 5, ampiamente sviluppato dalla grammatica speculativa !. Che il
verbo est, e 9 Ivi, p. 491D. 10 Cfr. ivi, e p. 486D: «Quod autem in verbo fit
compositio actus ut distantis, patet per hoc quod actus significatus per verbum
semper significatut ut de altero; cum nam dico “‘cutrit’, oportet intelligere
substantiam determi- natam, de qua dicatur ‘curtit’, ut praedicatum de subiecto
». 11 Si veda ivi, p. 484A: «Sciendum ergo quod compositio ad aliquid est, quia
compositio est compositorum, et compositio et composita sunt compositione
composita quare compositio in praedicamento relationis erit ». Cfr. anche H.
Roos, Das Sophisma des Boetius von Dacien « Omnis homo de necessitate est
animal» in doppelter Redaktion, « Classica et Mediae- valia », XXIII (1962): la
« necessitas habitudinis terminorum » (p. 190) non è altro che « necessitas
compositionis » (pp. 191-192). 12 Perri HisPANI op. cit, p. 490D: «Cum secundum
diversitatem compositionis (ex compositionem) diversificetur negatio, ideo post
composi- tionem, dicendum est de negatione »; ma cfr. L.M. DE Rjk, On the
Genuine Text of Peter of Spain's «Summule logicales», II, cit, p. 89: «natura
divisionis non potest cognosci nisi cognoscatur natura compositionis ». 13
PerRI HISPANI, op. cit., pp. 487A sgg. 14 Ivi, p. 483F. 15 De interpr. 3, 16b
22-25 (cfr. cap. ILI, n. 8). 16 Cfr. ad esempio Tommaso DI ERFURT, Gramzzatica
speculativa, in Duns ScotI Opera omnia, I, cit., xxvii, $ 1, f. 59b: «[...]
Verbum habet quendam modum significandi, qui vocatur corzpositio, de quo
antiqui 502 Alfonso Maierù quindi ogni altro verbo, significhi quella
compositio che è rapporto fra due termini nella proposizione è dottrina comune;
non altret- tanto comune è la dottrina che suo opposto sia la regatio. Si legga
Guglielmo di Shyreswood: Sequitur de hac dictione ‘non’, et videtur quod debeat
esse verbum quia significat divisionem et haec, ut videtur, opponitut
compositioni denotatae per hoc verbum ‘est’, et sic debet esse verbum sicut et
ipsum; contraria enim ejusdem sunt generis. Et dicendum quod haec ratio peccat
dupliciter, tum quia haec dictio ‘non’ cum significet divi- sionem tantum —
haec dictio ‘est’ non significat compositionem tan- tum ut dictum est prius et
sic non significant contraria — tum etiam quia compositio denotata sive
consignificata per hoc verbum ‘est’ non opponitur ei quod est ‘non’, quia
compositio est modus significandi dependenter, ratione cujus exigit sibi
nominativum et hoc est illud quo propositio est unum ex suis partibus. Cum
autem huic consentit Grammatici mentionem expresse non fecerunt, quem tamen modum
moderni Verbo attribuunt, moti ex dicto Philosophi I. Perihermenias, cap. 3.
ubi dicit quod hoc Verbum est, significat quandam compositionem, quam sine
extremis non est intelligere; et tamen hoc Verbum, est, in omni Verbo inclu-
ditur, tanquam radix omnium, ideo compositio omni Verbo inhaeret, per quam
Verbum distans a supposito, ad suppositum principaliter inclina tur [...]» (ma
cfr. xviii, $ 10, f. 53b, dove l’autore, trattando della figura, afferma che
essa « sumitur a proprietate rei » e che le proprietà comuni in rebus sono tre,
« proprietas simplicis, proprietas compositi, et proprietas de- compositi », e
continua. Ab his tribus proprietatibus imponit Logicus tres voces, ad significandum
scilicet Terminum, Propositionem, et Syllogismum, licet aliter sumatur
simzplicitas, compositio, et decompositio in nomine figurae simplicis,
compositae et decompositae, quam in Termino, Propositione, et Syllogismo. In Propositione enim et
Syllogismo sumitut compositio secun- dum distantiam circa diversa significata
diversarum vocum cadens. Sed in nomine compositae, et decompositae figurae,
sumitur compositio secundum distantiam vocum circa idem significatum eiusdem
dictionis cadens »). Cfr. anche Martino DI Dacia, Modi significandi, cit., nr.
112, p. 53: «Huic autem modo significandi essentiali generali iungitur alter
modus significandi immediatior qui dicitur compositio, et ille complectitur ab
omni verbo. Et est compositio modus significandi sive intelligendi uniens
exttemum distans cum altero extremo »; R. BACcONE, Surzza gramatica, cit., p.
80. Terminologia logica della tarda scolastica 503 anima, asserit et est
affirmatio; cum autem dissentit, deasserit et est negatio. Est
ergo compositio hujus verbi ‘est’ sicut subjectum affirma- tioni et negationi
et opponitur negatio ejus quod est ‘non’ affirma- tioni et non compositioni,
nisi affirmatio vocetur compositio, et hoc est aliud a compositione hujus
verbi, ut dictum est !. In breve, la compositio è anteriore all’affermazione e alla nega- zione,
e perciò la particella zor non si oppone a compositio; ma se si assume
compositio nel senso di affirmatio, la negazione non vale divisio, e si ha una
contrapposizione. L’equivalenza tra com- positio e affirmatio, divisio e
negatio è affermata da Boezio !* ad I? Cfr. Syncategoremata; ma cfr. anche: Sed
vi- detur adhuc quod quando ‘est’ est tertium adjacens, non sit ibi
praedicatum, sed solum compositio [...] » (cfr. W. or SHERWwooD'°s Introduction
to Logic, cit., p. 27, n. 25), e Introductiones in logicam, cit., p. 33: « Sed
(sc. verbum) consignificat compositionem, quae est copula et omne aliud verbum
sic con- significat per naturam illius. Cfr. MARTINO DI DACIA, Quaestiones
super librum Peribermeneias, in Opera, cit., q. 12 « Utrum eadem compositio in
numero est in affirmativa et in negativa », pp. 246-247: « Ad quaestionem dico,
quod certum est, quod quaestio nostra non est de compositione, quae est actio
intellectus, qua componit unum cum altero. Nam talis compositio solum est in
affirmativa. Sed tantummodo quaerit de illa compositione, quae est modus
intelligendi et datus verbo pro modo significandi, et de tali dico, quod ipsa
est eadem numero affirmativa et negativa [...] ». 18 Cfr. In Arist.
Periermenias, II ed., cit., p. 49: «Igitur quotiens huiusmodi fuerit
compositio, quae secundum esse verbum vel substantiam constituat vel res
coniungat, adfirmatio dicitur et in ea veri falsique natura perspicitur. et
quoniam omnis negatio ad praedicationem constituitur igitur quoniam id quod in
adfirmatione secundum esse vel constitutum vel coniunctum fuerit ad id addita
negatio separat, vel ipsam substantiae consti- tutionem vel etiam factam pet id
quod dictum est esse aliquid coniunctio- nem, divisio vocatur». Ma già in
Boezio è l’affermazione dall’anteriorità della compositio intellectuum (e
conseguentemente verborum, che su quella si modella) rispetto all’affirmatio e
alla negatio (ivi, p. 75): «Nunc vero quoniam in intellectibus iunctis veritas
et falsitas ponitur, oratio vero opi- nionis atque intellectus passionumque
animae interpres est: (quare) sine conpositione intellectuum verborumque
veritas et falsitas non videtur existere. quocirca praeter aliquam
conpositionem nulla adfirmatio vel ne- 504 Alfonso Maierù Abelardo ”, da Occam®
a Billingham® e Strode?, Burleigh, poi, afferma in generale che il
sincategorema è « dispositio com- positionis » * e, in particolare, che i
sincategoremi possono essere riferiti o alla « compositio materialis », cioè
alla proposizione intesa materialiter (in quanto sta per se stessa), o alla «
compo- sitio formalis », cioè alla proposizione assunta nella sua valenza
significativa *. Ma si ricordi che tutta la discussione sulla propo- sizione
modale verte sulla questione se il 7z0dus determini o non determini la
compositio o l’inhaerentia costituente la proposi- zione #5. Se la compositio
fonda la proposizione tanto che « omnis pro- gatio est » (cors. mio). 19 Cfr.
Introductiones dialecticae, cit., p. 75: « Compositionem vocat af- firmationem
quia ostendit coniungi praedicatum subiecto. Divisionem vocat negationem quia
dividit praedicatum a subiecto ». Ma come Boezio, anche AseLARDO ritiene che la
compositio intellectuum sia anteriore all’affirmatio e alla negatio (Logica
‘Ingredientibus’): «Sed tamen consigni- ficat (sc. ‘est’),
id est cum aliis significat quandam comzpositionem, id est quendam compositum
intellectum sive affirmativum sive negativum, et per compositionem tantum
compositionem intellectus accipimus. Cfr. Prooemium libri Periermenias (in
Expositio aurea, cit.): « Nam in compositione et divisione est veritas vel
falsitas » e «sine compositione et divisione, hoc est, sine affirmatione et
negatione non sunt vera nec falsa ». 2 Speculum..., cit., p. 338: «Terminus est
in quem resolvitur propo- sitio, ut praedicatum et de quo praedicatur, apposito
vel diviso esse vel non esse, id est in propositione affirmativa vel negativa
[...] », e il ms.
Venezia, Bibl. s. Marco, Z. lat. 277 (= 1728), f. 2r, espone (cit. ivi, p.
323): « com- posito vel diviso, esse vel non esse, idest in propositione
negativa vel affir- mativa ». 2 Cfr. Logica, cit., f. 13rb: « Et dicuntur sola
verba significare cum tem- pore, quia ipsa sola sunt instrumenta quibus
mediantibus [anima est] anima est apta pro certo tempore componere vel
dividere, id est affirmare vel negare ». 23 Cfr. De puritate artis
logicae, cit., p. 221. 2 Ivi, pp. 141, 224-225, 227, 235, ecc. 25 Cfr. cap. V, $ 3: compositio e
inbaerentia sono sinonimi per le Sumzze Metenses e Guglielmo di Shyreswood (n.
46). Terminologia logica della tarda scolastica 505 positio est compositio » *,
la proposizione composita però è la proposizione ipotetica: così per lo ps.
Apuleio ”, per Ars Me- liduna*, per Averroè ?, per Alberto Magno Un'altra
accezione meno stretta di compositio è quella che denota l’unione di più voces
costituenti un’oratio, non necessa- riamente una enuntiatio o propositio 8; in
tal caso il termine è equivalente del boeziano comzplexio ®, e terminus
compositus sta a designare anche l’unione di nome e aggettivo #. Ma compositio
2% L.M. De Rijk, On the Genuine Text of Peter of Spain's « Summule logicales »,
III, cit., p. 46 (è il commento a Pietro Ispano di Robertus Anglicus). 2 Cfr.
Peribermeneias, cit., 2, p. 177 (v. cap. V, n. 26); cfr. SULLIVAN, Apuleian
Logic, cit., pp. 24-30. 28 Op. cit., p. 352: « Deinceps ad compositas
ypotheticas transeamus. Compositarum, prout hic accipitur ‘composita’, quatuor
sunt genera ». 2 Cfr. AristoTELIS Opera cum AverROIS commentariis, I, i,
Venetiis 1562 (ed. anastatica Frankfurt a. M. 1962), De interpretatione I, 721:
« Ora- tio [...] est vel simplex vel composita Composita vero est, quae ex
duabus constat orationibus simplicibus ». 3 Liber I Peribermeneias, in Opera,
I, cit., p. 410b: enuntiatio simplex- composita o hypothetica. 3 Cfr. PETER or
SPAIN, Tractatus syncategorematum..., cit., p. 20 (pro- posizione imperfetta).
32 Cfr. Boezio, In Cat. Arist., cit., 169A: «Sine complexione enim di- cuntur
quaecunque secundum simplicem sonum nominis proferuntur, ut homo, equus: his
enim extra nihil adjunctum est. Secundum complexionem dicuntur quaecunque
aliqua conjunctione copulantur, ut aut Socrates aut Plato, vel quaecunque secundum
aliquod accidens conjunguntur »; e 181A (il testo è nella n. 6, cap. III). Si
noti però che cormzplexio vale anche conclusio e ‘dilemma’ in Cicerone (cfr.
KNEALE, op. cit., p. 178). 3 BrLLincHAM, Speculum..., cit., p. 351: « Sic cum
terminis compositis, ut ‘homo albus currit: hoc cutrit et hoc est homo albus,
igitur etc.’ »; il termine compositus nell'esempio è homo albus. Cfr. Pretro DI
MANTOVA, Logica, cit., f. [66vb]: «nomen compositum » è « vox incomplexa »
risul- tante di più parti: « Verumtamen quia consuevimus scire quid vocabulum
significaret extra compositionem, cum veniunt duo vocabula in compositione,
vocabulum illud resultans dicimus significare aut connotare illud quod istae
duae dictiones significant per se sumptae antequam intrarent compositionem »
506 Alfonso Maierù designa anche l’unione di termini significativi nella
proposizione o nel periodo #. Un’accezione più tecnica di compositio, ma poco
diffusa, è quella che denota il procedimento logico della probatio quando si
procede dai termini superiori: così in Billingham *, e forse i precedenti sono
da rintracciare nei Tractatus Anagnini* e nelle Summulae di Pietro Ispano ”.
Nella dottrina della conoscenza (in particolare del giudizio), compositio si
oppone a resolutio e designa o, platonicamente, il processo dal molteplice
all’unità oppure, aristotelicamente, il pro- cesso dal semplice al complesso *.
(esempio può essere respublica); invece, nota il Mantovano (ivi, f. [65ra]):
quilibet conceptus mentalis est simplex, ita quod nulla est pars orationis in
mente quae sit composita, quia tunc partes orationis significarent sepa- rate
». HevrEsBury, De sensu composito et diviso, cit., f. 3a-b, ha terminus
aggregatus (es. « duo homines »). * HevTesBury, De scire et dubitare, cit., f.
14vb: «[...] et quod illa propositio significat praecise iuxta compositionem
terminorum », e f. 15va: et quod haec propositio ‘hoc est homo? significat
primo et principa- liter iuxta compositionem terminorum »; STRODE,
Conseguentiae, cit., f. 32ra: « Sed omnes istae regulae debent intelligi
generaliter cum significant praecise ex compositione suarum partium primarie
praecise significantium ». 35 Cfr. cap. VI, n. 55. 3% Tractatus Anagnini, cit.,
p. 225: «Contra hoc quidam dicunt: illud quod est superius cognitione, etiam
fit pars in constitutione inferioris, perhi- bentes speciem constate ex genere
et substantialibus differentiis. Hoc verbo quidem simplices abducti dicebant
genus esse quasi materiam, differentias vero quasi formas ex quibus iunctis
constitueretur species. Sed dicit Magister Adam: “omne significatum dictione
est simplex et incompositum”; et dicit ‘componitur’, idest diffinitur,
‘constitutio’ pro diffinitio, ‘constitutio specie? pro diffinitio speciei. Item, compositio illa,
secundum quam redu- cuntur inferiora ad sua superiora, opposita est illi
compositioni, secundum quam superius reducitur ad sua inferiora »; il
procedimento, caratterizzato da Billingham come compositio, è il primo, se per
reducere si intende ‘ricon- dutre’, ‘riportare’ logicamente. 3 Cfr. GarceAU, «
Iudicium »..., cit., pp. 268-269; cfr. n. 5 al cap. VI Terminologia logica
della tarda scolastica 507 Per quanto riguarda, infine, la terminologia
impiegata nella trattazione del senso composto e del senso diviso, notiamo che
vengono usate le seguenti espressioni: fallacia compositionis - fallacia
divisionis, o semplicemente compositio (o coniunctio)- divisio; sensus
compositionis - sensus divisionis; sensus compositus- sensus divisus®. 2.
Aristotele Le fallaciae del ‘senso composto’ e del ‘senso diviso’ sono
illustrate da Aristotele negli Elenchi sofistici, ai capitoli 4° e 20 #!.
Incluse tra gli errori dipendenti dal linguaggio usato (rapà TÙv Mew, secundum
locutionem, o dictionem) esse sono stretta. mente connesse, tanto da
rappresentare l’una il reciproco dell’altra. Infatti, si ha fallacia in senso
composto quando si congiungono termini che vanno tenuti divisi, e si ha fallaci
in senso diviso quando si dividono termini che vanno presi in congiunzione tra
loro. Perciò, nel corso del capitolo 20, Aristotele sugge 39 La schedatura del De sensu composito
et diviso di HevresBurY ha dato i seguenti risultati: oltre a sensus compositus
e sensus divisus, l’autore usa, per designare senso composto e senso diviso:
compositio e divisio (ivi, ff. 2ra, 2rb tre volte, 3va, 4ra), fallacia
compositionis et divisionis (f. 3ra-b) e ancora: «sensus divisus significat
divise » (f. 2vb), « diversitas compo- nendi vel dividendi » (f. 2ta), «
componere vel dividere » (f. 3rb); usa inoltre compositio per indicare l’unione
di più termini che segua un altro termine, ad esempio possibile (f. 2rb, 2va
tre volte); «simplex compositio » — « duplex compositio » (f. 3rb). Per le
occorrenze nelle Regulae, cfr. n. 147. 4 De soph. el. 4, 165b 26 e 166 a 23-38.
41 Ivi 20, 177a 33-b 34. . 4 Ivi, 177a 34-35; transl. Boethii (rivista in base
alle indicazioni fornitemi da L. Minio-Paluello con lettera del 23.12.71) in
Boezio, Elenchorum sophi- sticorum Aristotelis interpretatio, P. L. 64, 1029C
(si tratta della traduzione boeziana elaborata sul greco dal Lefèvre
d’Etaples): « Manifestum autem et eas, quae propter compositionem et
divisionem, quomodo solvendum, nam 508 Alfonso Maierù risce di assumere in
congiunzione i termini che, intesi divisi, dànno luogo alla fa/lacia in senso
diviso e, viceversa, di assumere divisi i termini che, congiunti, dànno luogo
alla fa/lacia in senso composto. I medievali hanno poi fatto propria la
raccomandazione aristotelica: ripetono spesso «ubi peccat compositio, ibi
solvit divisio », e viceversa ‘, e trattano insieme le due fallaciae come due
complementari possibilità di errore. Gli esempi con i quali Ari- stotele dà una
prima illustrazione del senso composto sono: a) « possibile est sedentem ambulare,
et non scribentem scribere »; b) « discit nunc litteras, si quis didicit quas
scit »; c) « quod unum solum potest ferre, plura potest ferre » *. È evidente
che l’errore si divisa et composita oratio aliud significat cum concluditur,
contratium dicendum »; ma v. anche De sopb. el. 23, 179a 11-14; transl. Boethii
in Boezio, op. cit., 1032B. 4 Cfr. Glose in Aristotilis Sophisticos elencos,
cit., p. 246: « Conpo- sitio est solvenda per divisionem, et divisio per
conpositionem »; Fallacie Parvipontane: Ubi enim fallit divisio, ibi solvit
compositio, et econverso »; Vincenzo DI BEAUVAIS, op. cit., 277: «Iuxta quod
dicit Ari- stoteles, ubi fallit compositio, ibi soluit divisio, et e converso »
e «ad haec omnia docet Aristoteles simul soluere, scilicet ut si concludatur
divisim, di- cendum est quoniam coniunctim concessum fuit, et e converso »; Ps.
BACONE, Sumule dialectices, cit., p. 342: «Nemo enim debet dubitare quin fal-
lacia composicionis decurrat super hanc maximam, ‘si conjunetim ergo divisim’,
divisio super hanc maximam, ‘si divisim ergo conjunctim’; ergo (in) fallacia
composicionis conceditur composicio et probatur divisio, et in fallacia
divisionis e contrario »; ALBERTO M., Liber I Elenchorum, in Opera, IL, cit.,
p. 547b: « Adhuc autem notandum, quod licet semper simul sint compositio et
divisio in oratione quantum ad hoc quod si compositio fallit, divisio solvit,
et e converso [...]»; ALBERTO DI Sassonia, Logica, cit., V, 4, f. 40rb: «omnis
syllogismus peccans per fallaciam compositionis solvitur pet divi- sionem et e
converso »; BILLINGHAM, De sensu composito et diviso, in Spe- culum..., cit.,
p. 387, ma cfr. n. 97. % De sopb. el. 4, 166a 23-32; transl. Boethii in Boezio,
op. cit., 1010D- 1011A. Teniamo presente anche le osservazioni di COLLI (si
veda) in ARISTOTELE, Organon, trad. it. e note, Torino. Per il terzo esempio,
il Colli rinvia a PLaToNE, Euthyd., 294A. Terminologia logica della tarda
scolastica 509 nasce in tutti i casi dal porre in congiunzione termini che
vanno presi separatamente: la prima proposizione va intesa così: ‘chi sta
seduto può camminare, chi non scrive può scrivere’, mentre, assumendo congiunti
i termini sedentem-ambulare, scribentem- scribere, si cade in errore; la
seconda va interpretata: ‘intende le lettere, giacché ha imparato ciò che ora
conosce’ e non: ‘intende le lettere, giacché ha ora imparato ciò che conosce’,
congiungendo didicit-nunc; la terza: ‘chi può portare un solo oggetto, può
portarne più’ uno per volta, non contemporaneamente. Gli esempi che Aristotele
utilizza per il senso diviso sono: a) « quod quinque sunt duo et tria, paria et
imparia, et quod majus aequale, tantumdem enim est majus et adhuc amplius »; b)
« ego posui te servum entem liberum »; c) « quinquaginta virum centum heros
liquit Achilles » 4. In questo caso, gli enunciati vanno così interpretati. Il
primo: 5 è uguale a 2 e 3, e il 2 e il 3 sono rispet- tivamente pari e dispari;
non è vero che 5 è uguale a 2 e 5 è uguale a 3 (separatamente) e quindi che 5 è
insieme pari e dispari; né è vero che qualcosa è maggiore ed uguale a
qualcos'altro, che seguirebbe se si ritenesse che 5 è uguale a 3 e che 5 è
uguale a 2 (mentre è maggiore di entrambi) per il fatto che 5 è uguale a 3 e a
2. Il secondo: ‘io ho fatto di te che eri schiavo un uomo libero”, mentre non è
corretto intendere (separatamente) ‘io ti ho fatto schiavo e io ti ho fatto
libero’. Il terzo: ‘di cento uomini il divino Achille lasciò cinquanta’, ma non
separando la parola virum da centum e congiungendola a quinquaginta. Nel
capitolo 6, poi, dove tutte le fallacie sono ricondotte all’« ignoratio elenchi
» ‘, Aristotele afferma che composizione e divisione derivano dal fatto che il
discorso, nonostante l’appa- 4 De sopb. el. 4, 166a 33-38; transl. Boethii in
BoEzio, op. cit., 1011A; il secondo esempio, che ha riscontro in TERENZIO,
Andria (v. 37: «Scis: feci ex seruo ut esse libertus inihi »), probabilmente
deriva da una commedia greca; il terzo, forse da un poema perduto. 4 De sopb.
el.] renza, non è lo stesso se inteso in un modo o nell’altro, e perciò i due
sensi vanno distinti alla ricerca di quello corretto ”, Infine, nel capitolo
20, dove mostra la soluzione da dare a questo tipo di fallacia, Aristotele dà
un altro buon numero di esempi di enunciati, nei quali l’interpretazione in un
senso o nel- l’altro conferisce al tutto un valore diverso. Ricordiamo tre di
essi che hanno avuto una certa fortuna nel medioevo. Il primo: « Putasne quo
vidisti tu hunc percussum, illo petcussus est hic? et quo percussus est, illo
tu vidisti? », donde appare la differenza tra il dire « videre oculis percussum
» e il dire « oculis percussum videre » (‘vedere, con gli occhi, colui che è
percosso’ e ‘vedere, colui che è percosso con gli occhi’): esso avrà fortuna
nel secolo XIII, in concorrenza con il secondo esempio del senso composto sopra
riportato. Il secondo è: « Putasne malum sutorem bonum esse? sit autem quis
bonus, sutor malus, quare sutor malus » ® e mostra la difficoltà che nasce dal
fatto che attributi opposti sono con- giunti con lo stesso nome; il calzolaio, buon
uomo e cattivo arti- giano, non può essere ciabattino buono e cattivo insieme.
Il terzo esempio è: « Putasne ut potes, et quae potes, sic et ipsa facies? non
citharizans autem habes potestatem citharizandi, 47 Ivi, 168a 26-28; cfr. anche
7, 169a 25-26. nei 20, 177a 36-38 e b11; transl. Boethii in Borzio, op. cit.,
1029D- # Ivi, 177b 14-15; transl. Boethii in BorzIo, op. cif., 1030A. L’esempio
occorre anche in De inferpr. 11, 20b 35-36, dove si discute della liceità di
affermare « unum de plutibus vel plura de uno » e quindi di operare un’in-
ferenza valida da due proposizioni in congiunzione tra loro con predicati
differenti e identico soggetto (ma è da notare che la transl. Boethii, « Ari-
stoteles latinus », II, 1-2, cit., p. 24, ha citharoedus dove Aristotele ha
oxvTEÙS) a una proposizione con soggetto immutato e predicati in congiun- zione
tra loro. fa Terminologia logica della tarda scolastica 511 citharizabis igitur
non citharizans » 9; esso si ricollega al primo degli esempi del senso composto
sopra ricordato. La dottrina di Aristotele, per quanto riguarda il nostro argo-
mento, è tutta qui. Un contributo potrebbe ticavarsi dalla discus- sione dei
sillogismi modali a premesse in senso composto o in senso diviso, ma le due
pagine della logica aristotelica non sono acco- stabili immediatamente 5. Per
l’una, come per l’altra, saranno i maestri medievali a fornire analisi più
precise e puntuali. 3. Da Boezio alla fine del sec. XII La prima patte della
Logica modernorum di De Rijk è, come s'è detto, uno studio sulla dottrina dei
sofismi nel medioevo fino al secolo XII incluso. I risultati cui l’autore è
giunto sono i seguenti: a) la prima fonte per la dottrina dei sofismi nell’alto
medioevo è Boezio, che ne fornisce alcuni elementi nel secondo commento al De
interpretatione © e nell’Introductio ad syllogismos categoricos *. Ma tra i
sofismi esaminati da Boezio in questi testi non figurano quelli secondo la
composizione e la divisione; De soph. el. 20, 177b 22-25; transl. Boethii in
Boezio, op. cit., 1030A. 51 Cfr. BocHENSKI, La logigue de Théophraste, cit.,
che registra a p. 136 (« Index des termes techniques grecs ») solo Statpeote,
che però occorre, alle pp. 63 sg. e 114, a proposito della ‘scala ontologica’
platonica, dalla quale trae origine il sillogismo aristotelico, e del rapporto
tra i termini di questo. 52 In Arist. Periermenias, II ed., cit., pp. 129-134,
cit. in De Rgk, Logica modernorum, I, cit., pp. 25-27; le fallaciae ricordate
sono quelle secundum aequivocationem, secundum univocationem, secundum diversam
partem, se- cundum diversum relatum, secundum diversum tempus, secundum
diversum modum: cfr. ivi, pp. 27-28. 5 Op. cit., 778B-780A e 803B-D; cfr. DE
Rik, op. cit., I, pp. 4041. 5 Cfr. il prospetto in cui sono confrontati i
risultati raccolti dai due testi boeziani in De Rik, op. cit., I, pp. 42-43. Ma
cfr. Frustula logicalia, cit, p. 616: «Queritur cur Boetius non enumeravit
divisionem et coniunctionem et amphiboliam, que magis proprie impediunt
propositionum dividentiam 512 Alfonso Maierù b) sulla traccia di Boezio si
muovono le varie Glosule in Periber- meneias fino ad Abelardo 5; c) il primo
cenno in Abelardo al sensus per divisionem e al sensus per compositionem quale
indicato dagli Elenchi sofistici è nella Logica ‘Ingredientibus’, a proposito
delle modali: la modale in senso composto è modale de Sensu, la modale in senso
diviso è modale de re *; d) Adamo Parvipontano nell’Ars disserendi enumera i
sofismi ex coniunctione ed ex disiunc- tione, corrispondenti al senso composto
e al senso diviso di Aristo- tele”, segno di una più decisa penetrazione degli
Elenchi sofistici nelle scuole medievali. Ma è con i primi commenti agli
Elenchi sofistici prodotti dalla scuola di Alberico di Parigi e poi con i
commenti dei Parvipon- tani che si hanno le prime esposizioni sistematiche del
senso com- posto e del senso diviso, tanto che esse penetrano anche nelle
esposizioni del De interpretatione, là dove Boezio aveva intro- dotto le
fallaciae 8. Noi cercheremo di ripercorrere brevemente il cammino della dottrina
utilizzando i testi editi dal De Rijk. Le Glose in Aristotilis Sophisticos
elencos dànno un’analisi abbastanza elementare del testo aristotelico, e
riferiscono opinioni di maestri precedenti. La conpositio è definita « [....]
proprietas orationis secundum quam ea que divisim data sunt, coniunctim
accipiuntur, ut ‘iste veronensis valet bunc panem et hunc, ergo vale duos
panes’. Non sequitur, quia datum est istum veronensem quam que enumerat ». Cfr.
n. 58. 55 Cfr. De Rijx, op. cit., I, pp. 44-48. $ Op. cit., p. 489, e Glosse
super Periermenias..., cit., p. 13; cfr. De Rijk, op. cit., I, pp. 57 sgg.,
dove si discute della conoscenza che Abelardo aveva degli Elenchi sofistici. 5
Op. cit., pp. 63 e 65; cfr. De Ru, op. cit., I, pp. 72 sgg. 5 Cfr. Frustula logicalia,
cit., p. 613, pp. 616 sg. (cfr. n. 54) e p. 619: « Videntur tamen quedam esse
que impediunt contradictionem, que Boetius non ponit, scilicet divisio,
compositio, accentus, amphibologia ». Terminologia logica della tarda
scolastica 513 valere hunc et hunc panem divisim, sed non coniunctim » 9. Ciò
che distingue la compositio e la divisio è questo: quando la seconda è vera e
la prima è falsa, si ha il sophismza conpositionis, quando la conpositio è vera
e la divisio è falsa, si ha il sophisma divisionis®. I modi o le specie di
composizione sono tre, per il nostto testo: « quandoque conponimus plura uni,
ut ‘iste vero- nensis valet bunc et bunc pane; quandoque unum pluribus, ut
‘Socrates et Plato habet unum caput’; quandoque plura inter se, ut ‘possibile
est album esse nigrum’ vel ‘hic et hic veronensis valet istum et istum panem’
»®®. Nel testo si introduce una distinzione importante: senso composto
(corpositio) e senso diviso (divisio) possono avere oti- gine in voce, cioè
nella struttura linguistica della frase, o secur- dum intellectum, cioè nella
diversa intelligenza della frase stessa °°. Apprendiamo che Maestro Giacomo
Veneto riteneva che oggetto dell’analisi del logico sia la struttura della
frase ® giacché il logico in essa individua le difficoltà o deficienze che
dànno luogo ai sofismi. Un esempio di questo modo di considerare il senso
composto e il senso diviso può essere il seguente, relativo al senso compo-
sito: « ‘omne non-scribens potest scribere, sed Socrates est non- scribens,
ergo potest scribere, ergo Socrates scribit’ » dove « datum est Socratem
scribere cum potentia (sc. potest scribere) et postea divisum est a potentia,
cum intulit: ‘ergo Socrates scribi » *. 5 Op. cit., p. 209. 9 Ivi. s Ivi. 6
Ivi, p. 246 (a De sopb. el. 20, 177b1): « Due sunt species divisionis et
conpositionis, (una) secundum intellectum, et altera secundum vocem ». 6 Ivi,
p. 209: « Magister vero Iacobus dicit conpositionem et divisionem tantum esse
in voce, et non secundum intellectum. Est autem conpositio secundum ipsum
quando aliguid conponitur cum aliquo et postea accipitur divisim et seorsum ».
# Ivi. 33 514 Alfonso Maierù Il nostro autore, per la verità, almeno in due
luoghi riconosce che Aristotele tratta della corpositio e della divisio «
secundum vocem », e sottolinea il primato dell’oratio che esprime l’intel-
lectus ©. Questi rilievi sono importanti perché permettono di no- tare come i
maestri medievali mirassero a trasferire sul piano lin- guistico il discorso
sui sofismi, in modo da trovate su questo piano accorgimenti formali atti a
evitare errori. Un altro testo, quasi contemporaneo alle Glose, cioè la Surzzza
Sophisticorum elencorum, critica questa tesi e il tipo di analisi in vocibus o
in sermonibus o în terminis % e sostiene che il so- fisma in senso composto
(compositionis) o in senso diviso (divi sionis) ha origine in intellectibus,
nel fatto cioè che una propo- sizione si presta ad essere interpretata secondo
diversi punti di vista. Si richiama l’attenzione, ad esempio, sulla
proposizione « possibile est sanum esse egrum », la quale, intesa in senso
diviso, è vera, in senso composto è falsa, senza che la diversa considerazione
implichi modificazioni nella struttura linguistica 65 Ivi, p. 222 (a De sopb.
el. 6, 168a 26): « Ad quod dicendum quod Ari- stotiles loquitur hic de
conpositione et divisione que fit secundum vocem et non secundum intellectum.
Et conpositio et divisio secundum intellectur continetur sub oratione, quia
oratio continet amphibologiam et conpositionem et divisionem » (cors. mio), e
p. 246 (a De soph. el. 20, 177b1; continua il testo cit. in n. 63): « Sed cum
dicit Aristotiles: “quod est secundum divisionem, non est duplex”, tunc
loquitur de divisione vocis, quia alia vox est divisa et alia conposita ». %
Op. cit., p. 313: «Quidam enim dicunt quod hec conpositio fit in intellectibus;
quidam alii dicunt quod tantum fit in vocibus [...]. Illi qui dicunt quod fit
in sermonibus vel in vocibus [...]», e p. 314: «Et ideo sciendum est quod
secundum illos qui dicunt sophisma conpositionis tantum esse in terminis
[....]» (cors. mio). ' Ivi, p. 315: «Hec autem sententia, scilicet quod
compositio dicatut tantum in terminis, nobis non placet. Sed dicimus quod
fallacia compositionis fit in intellectibus, et hoc videlicet quod plura
significantur vel intelliguntur in aliqua oratione »; lo stesso vale per la
divisio, pp. 317 sgg. Terminologia logica della tarda scolastica 515 della
frase ®. Lo stesso testo ammette, però, che i sostenitori della tesi opposta
evitavano l’errore in senso composto o in senso diviso ricorrendo ad
accorgimenti riguardanti la disposi- zione dei termini nell’enunciato ®.
L’opposizione del nostro anonimo autore, in realtà, non vale a negare una linea
di tendenza che riconosce nella constructio, nella ‘sintassi’, cioè nella diversa
disposizione dei termini nel- l’enunciato, l’unica possibilità di fissare
regole stabili per il rico- noscimento dell’un senso e dell’altro. Semmai, le
sue critiche sotto- lineano la necessità di un’analisi approfondita, i cui
risultati val- gano a fugare ogni dubbio. Et ideo sciendum est quod secundum
illos qui di- cunt sophismata conpositionis tantum esse in terminis, fit illa
talis conpo- sitio duobus modis, aut scilicet quando prius coniungimus duas
voces et postea separamus, scilicet cum relinquimus unam et concludimus aliam,
ut superius diximus [è il caso di « potest scribere » nell’antecedente e «
scribit » nella conclusione], aut quando prius aliquod adverbium iungimus cum
aliquo verbo, postea illud idem iungimus cum alio verbo, ut in supradictis
para- logismis patuit [è il caso, ad esempio, di « verum est nunc Socratem
fuisse conclusum, ergo nunc verum est quod Socrates fuit conclusus »]. Et
etiam sciendum est quod secundum istos nulla orationum predictarum est
multiplex. Unde non est dividendum, sed dicendum quod alia est conposita et
alia divisa. Ut in istis est: ‘veruzz est nunc Socratem fuisse percussum’, hec
est composita: ‘ergo verum est quod Socrates fuit percussus nunc’, hec divisa
». 70 Sulla scia
della Summa, almeno per quanto ci riguarda, si muovono le Fallacie
Vindobonenses, cit.: analoga è la caratterizzazione della fallacia in base
all’intelligere (p. 508: «Fallacia compositionis est quando compo- sitio est
falsa, et divisio vera, ut ‘omnia individua predicantur de uno solo’. Si velis
intelligere coniunctim, falsum est. Si vero divisim, verum est, idest quod
unumquodque individuum predicatur de uno solo. Fallacia divisionis est quando
divisio est falsa et compositio vera, ut ‘duo et tria sunt quinque?. Si velis
intelligere divisim, falsum est; si vero coniunctim, verum est»), come è
analoga la distinzione dei paralogismi secundum habundantiam e secundum
defectum (cfr. la Summa, cit., p. 320: « Item. Vel alii paralogismi qui fiunt secundum
habundantiam et defectionem, de quibus dubium est sub [Più interessante la
trattazione della compositio e della divisio contenuta nelle Fallacie
Parvipontane. Precisato che senso com- posto e senso diviso sono pertinenti
alla substantia vocis, cioè alla ipsa vox, mentre accentus e figura dictionis
spettano agli accidentia vocis, compositio e divisio sono così descritte:
Compositio itaque est fallax coniunctio aliquorum que voce et intellectu dividi
debelre)nt vel intellectu tantum. ‘Fallax coniunctio’ dicitur ideo quia nisi
sit fallacia, non est compositio. Hoc enim nomen ‘compositi’ prout hic sumitur,
nomen fallacie est; ‘voce et intellectu ideo dicitur quia compositionum alia
fit voce et intellectu, ut hec: ‘possibile est album esse nigrum’, alia intellectu
tantum, ut hec: ‘ista navis potest ferre centum homines”. Divisio est fallax
divisio ali- quorum que voce et intellectu coniungi deberent". Riteniamo
che ciò che è detto di compositio valga anche di divisio, anche se non risulta
esplicitamente dal testo. Compositio e divisio sono dunque i nomi delle
fallacie, la prima delle quali è una congiunzione erronea, la seconda una
divisione erronea di termini: congiunzione e divisione erronee che hanno la
loto radice non solo nella vox ma anche in intellectu, o addirittura soltanto
nel- l'intelletto ??; con ciò il testo assume una posizione media tra chi qua
specie fallaciarum reducantur », e le Fa/lacie Vindobonenses, cit., p. 509:
«Item fiunt paralogismi secundum compositionem. (Qu)orum quidam viden- tur
fieri secundum superhabundantiam, quidam (secundum) defectum »: ma il rilievo è
già in DE Ry. Più oltre (ivi, pp. 608-609) ci si chiede quale differenza vi sia
tra la fallacia «secundum plures interrogationes ut unam» e compositio e
divisio: « Eadem enim est oratio sophistica ex compositione et divisione et
secundum hanc fallaciam. Verbi gratia: ‘quingue duo sunt
et tria’. Sub hac forma proponuntur plures propositiones velut una. Potest
etiam intelligi composita, similiter et divisa. Et videntur adtendi omnes iste
fallacie secun- dum idem quod secundum copulationem terminorum. Et tamen adtendenda est
differentia quia compositio vel divisio fit secundum coniunctionem vel
disiunctionem vocis cum coniunctione vel disiunctione intellectus; fallacia
Terminologia logica della tarda scolastica 517 sosteneva che la radice del
sofisma è la vox e chi sosteneva ch'è l’intellectus. i; 3 L’anonimo autore
presenta poi un’accurata analisi dei vari ‘modi’ sofistici propri del senso
composto e del senso diviso. Essi sono undici: cinque sono comuni ai due sensi,
tre del senso com- posto, tre del senso diviso. Esaminiamo i primi cinque modi
comuni. Primus [...] est quando aliqua dictio ita sumi potest ut sit su-
biectus vel predicatus per se vel determinatio predicati ?3. La proposizione «
possibile est album esse nigrum » può essere interpretata in modo da
considerare possibile soggetto e il resto predicato, o viceversa, e meglio, che
il dictum « album esse nigrum » sia soggetto e possibile sia predicato: in tal
caso, la proposizione è in senso composto (« erit oratio composita ») e falsa;
oppure, si può intendere che possibile sia « determinatio pre dicati », cioè
che a/bum sia soggetto e « possibile est esse nigrum » sia predicato; qui
possibile determina solo il predicato determi. nando la copula est, e non è uno
degli estremi della proposizione: essa interponitur, la proposizione è in senso
diviso e vera”. Secundus modus est quando aliqua dictio ita sumi potest ut sit
predicatus cuiusdam cathegorice vel determinatio consequentis cuiusdam
ypothetice ”. Data la proposizione « Socratem esse animal si Socrates est homo
autem secundum plures interrogationes ut unam facere fit secundum modum
proponendi qui fit tanquam una proponatur, cum plures propo- nuntur. Unde non
adtenditur secundum vocem ideoque extra dictionem dicitur esse hec fallacia; la
prima interpretazione intende la proposizione come un « sermo de dicto », la
seconda come « sermo de re»; v. cap. V. 75 Ivi, p. 577. 318 Alfonso Maierùà est
necessarium », si può intendere che mecessarium sia predi- cato del dictum di «
si Socrates est homo, Socrates est animal »: in tal caso la proposizione,
composta di un soggetto (che è il dictum di una ipotetica) e di un predicato, è
categorica, è in senso composto e vera; ma può intendersi che wecessarium
determini solo il conseguente dell’ipotetica « si Socrates est homo, Socrates
est animal » in modo tale che antecedente sia «si Scenes est homo » e
conseguente sia tutto « Socratem esse animal est neces- sarium »: in questo
secondo caso è in senso diviso e falsa ”. PA foce fee si qa aliqua propositio
ita sumi potest ut È lusdam ypothetice copulate vel i i cuiusdam condicionalis
7, 7 iabnianicaii Sia data la proposizione « Cesar est animal et Cesar est
substan- tia, si Cesar est homo »: se la si intende come proposizione copu-
lativa, le sue due proposizioni componenti congiunte da ef sono « Cesar est
animal », « Cesar est substantia si Cesar est homo »; in tal caso la
proposizione è in senso diviso e falsa; se invece la si intende come una
proposizione condizionale tuo antece- dens è « si Cesar est homo » e suo
consequens è « Cesar est animal et Cesar est substantia »: qui « Cesar est
animal» è parte del conseguens: la proposizione è in senso composto e vera ®,
Quartus modus est quando dictio di i A ; istrahi potest ad di diversorum potest
esse determinativa”9, si VSS IRE Nella proposizione « quicquid est verum semper
est verum », l’av- verbio semper può intendersi in congiunzione col primo est o
col secondo est: se si intende « quicquid est semper verum est verum.] la
proposizione è in senso composto e vera; se si intende « quic- quid est verum,
semper est verum », è in senso diviso e falsa ®0. Quintus modus est quando
aliqua dictio non posita intelligitur apponenda, vel semel posita intelligitur
repetenda 8; Nella proposizione « Socrates videt solem ubi sol est » si può
sot- tintendere existens, e se si congiunge a Socrates (« Socrates existens
videt solem ubi sol est ») si ha senso composto falso ©, se invece si congiunge
con solerz (« Socrates videt solem existentem ubi sol est »), si ha senso
diviso vero. Invece nella proposizione « tu es vel eris asinus » si può
intendere ripetuto un termine: se è da ripetere #4, si ha la proposizione « tu
es vel tu eris asinus » che è una disgiunzione in senso diviso e vera (è vera
la prima proposizione che la compone); se è da ripetere 4sir4s, si ha « tu es
asinus vel eris asinus » che è una proposizione « de disiuncto predicato », in
senso composto e falsa ®. I modi propri del senso composto e del senso diviso
sono dati nel testo in parallelo e mostrano come un senso sia il reci- proco
dell’altro. Primus [...] modus qui est compositionis proprius, est quando aliqua
predicantur de aliquo divisim que volumus fallaciter de eodem predicari
coniunctim; Primus modus qui est proprius divisionis, est quando aliqua
coniunctim predicantur que fallaciter volumus divisim predicari de illo *. 80 Ivi, p. 579. 81 Ivi. 8
In realtà, si può chiedere a chi vada riferito existens, se a Socrates, o a sol
in «ubi sol est»; dalla conclusione del paralogismo seguente si ri- cava che va
riferita a Socrates: « Potest enim intelligi hec dictio ‘existenten’, et sic
propositio vera est; vel hec dictio ‘existens’, et sic propositio falsa est. Fit
ergo secundum hoc talis paralogismus: ‘Socrates videt solem ubi sol est, sed
ubicumque Socrates videt, ibi sol est, ergo Socrates est ubi sol est’ » (ivi).
83 Ivi. 84 Ivi, p. 580. 520 Alfonso Maierùà L'esempio che illustra il modo del senso composto è:
« hec ypo- tetica est simplex et est propositio, ergo est simplex propositio »
nel consequens noi congiungiamo erroneamente due termini («& siva» plex
propositio ») che andavano tenuti divisi. Per il modo del senso diviso il testo
fornisce quest’esempio: « iste homo est albus monachus et iste homo est
monachus, ergo iste homo est albus »: nella conclusione noi predichiamo albus
di homo erroneamente separato (‘diviso’) dal termine monachus ®. i Secundus
modus secundum compositionem est quando aliquid attri- buitur pluribus gratia
cuiuslibet eorum et postea assumitur tam uam attribuatur eis gratia eorum
simul; Secundus modus secundum Siivi stonem est quando aliquid attribuitur
aliquibus gratia eorum simul postea autem sumitur ac si attributum sit eis
gratia singulorum *, i Anche qui gli esempi illustrano come il modo della
composizione e quello della divisione siano reciproci. Per il senso composto: «
individua predicantur de uno solo, sed ista duo Socrates e Plato sunt
individua, ergo predicantur de uno solo »; è evidente che « predicari de uno
solo » è proprio di ciascuno individuo non di più insieme. Viceversa, per il
senso diviso: « isti duo hatiliies desinunt esse, si aliquis desinit esse, ipse
moritur, ergo isti duo moriuntur »; desinere esse qui è predicato di duo
homines insieme considerati, mori è predicabile solo di ciascuno singolarmente
preso: posto perciò che solo uno dei due uomini muoia, è vero che «isti duo
homines desinunt esse », ma non che « tei duo moriuntut », Tertius modus qui
est secundum compositionem, est quando aliquid attribuitur alicui respectu
diversorum temporum, postea fallaciter infertur ac si attributum sit illud
respectu unius temporis tantum 88; Tertius modus qui proprius est divisionis,
est quando aliqua negando sive affirmando attribuuntur alicui coniunctim,
postea vero separatim inferuntur ®, Anche in quest’ultimo caso si ha, come nei
due precedenti, una diversità di predicazione. « Socrates fuit in diversis
locis, ergo verum fuit Socratem esse in diversis locis » e « album fuit nigrum,
ergo verum fuit album esse nigrum » sono esempi che illustrano come ciò che è
predicato va inteso divisimz secondo una diversa verificazione temporale e non
coriunctim, cioè con simultanea verificazione; sono perciò esempi del senso
composto. « Socrates non potest esse albus et niger, ergo Socrates nec potest
esse albus nec potest esse niger »: la negazione qui riguarda la contempo-
ranea predicabilità di due contrari, non la predicabilità anche ‘divisa’ di
essi; è un esempio di senso diviso”. Questa lunga analisi dei vari modi — che
trova riscontro in parte nei Tractatus Anagnini* ed è presupposta dalle
Fallacie 89 Ivi, p. 582. 90 Ivi, pp. 581-582. 9 Op. cit., pp. 331-332: si
esaminano congiuntamente compositio e divisio. Il testo annuncia « septem
principales modos » (p. 331), ma s’inter- rompe dopo il sesto. I primi due modi
corrispondono ai primi due modi comuni delle Fallacie Parvipontane (ivi: per il
primo modo è dato l'esempio «album possibile est esse nigrum »; il secondo
segue il primo senza solu- zione di continuità ed ha il seguente esempio: «
necessarium est Socrates esse animal, si Socrates est homo »); il terzo modo («
deceptio proveniens ex diversa transsumptione partium orationis », ivi) può
essere così illustrato: data « quodlibet animal est de numero hominum », se si
intende che est è il predicato e tutto il resto costituisce il soggetto, la
proposizione è vera e vale « quodlibet animal de numero hominum est », cioè
vive; se invece « quod- libet animal » è soggetto, est la copula, « de numero
hominum » il predicato, allora è falsa. Manca il quarto modo. Il quinto è «
deceptio proveniens ex diversa determinatione orationis ad orationem, dictionis
ad dictionem » (ivi, pp. 331-332): dato l'esempio « decem et octo homines sunt
decem et octo asini », se si intende come se fosse « decem et octo homines sunt
totidem asini », la proposizione è falsa; se invece si sostantivizza decemz,
essa vale Londinenses® — va tenuta presente
perché rappresenta un ten- tativo serio di fissare, nella struttura della
proposizione, elementi per individuare l’origine degli errori e quindi fornire
la solu- quanto « decem res sunt decem homines et octo asini» ed è vera.
Infine: « Sextus modus est deceptio proveniens ex diversa coniunctione vel
disiunc- tione: data «verum est Platonem et Ciceronem et Socratem esse duo »,
se la congiunzione “et” è sempre copulativa -- cioè congiunge proposizioni --,
l’enunciato è falso. Se una sola volta è copulativa, l’enunciato è vero e il
senso è: ista duo enuntiabilia sunt duo. Questi modi non hanno riscontro nei
modi comuni delle Fallacie Parvipontane, anche se l’ultimo ricorda il
procedimento del quinto delle Fa/lacie (dove però è data la disgiun- zione) e
il penultimo quello del quarto: ma gli esempi appartengono a una tradizione
diversa. ® Op. cit., pp. 657 sgg., ha tredici modi, di cui sette comuni e tre
propri alla composizione e alla divisione. Cominciamo dai modi propri: essi
ripe tono, talora migliorandola, la formulazione delle Fallacie Parvipontane
(in particolare, cfr. p. 661: « Secundus trium propriorum modorum composi-
tioni provenit ex eo quod aliquid in una propositione predicatur collective et
post predicatur distributive. Secundum hoc sic paralogizatur: ‘Socrates et
Plato habent quatuor pedes, ergo sunt quadrupedes’ », dove formulazione ed
esempio illustrano meglio lo spirito del modus, e p. 662: «Tertius et ultimus
propriorum modorum divisioni provenit ex eo quod in una propo- sitione aliquod verbum
copulatur ratione unius instantis, in conclusione ratione plurium », che è
formulazione che allinea bene al corrispettivo modo del senso composto il terzo
del senso diviso). Dei modi comuni, il primo, il secondo e il sesto
corrispondono rispettivamente al primo, secondo e quarto delle Fallacie
Parvipontane (ivi, pp. 657-658, 660-661). Il terzo modo [Tertius modus septem
communium provenit ex eo quod sub eadem forma vocis incidunt due propositiones
ipotetice ») si articola in una tri- plice suddivisione, di cui il primo
elemento (pp. 658-659) è accostabile al terzo modo comune delle Fal/acie. Gli
altri due elementi sono: « Secundus subdivisorum provenit ex eo quod sub eadem
forma vocis incidunt due propositiones ipotetice, quarum una est conditionalis,
reliqua disiuncta » e « Tertius subdivisorum provenit ex eo quod sub eadem
forma vocis incidunt due propositiones ipotetice, quarum una est copulativa,
reliqua disiuncta » (ivi, p. 659). I rimanenti modi comuni sono: «Quartus
septem modorum communium provenit ex eo quod aliqua dictio potest determinare
aliquam orationem totalem vel partem illius »: data la proposizione «omne
animal Terminologia logica della tarda scolastica 523 zione di essi. Se è vero
che, come riconosce il De Rijk 2, le analisi grammaticali hanno contribuito
allo sviluppo della logica nel secolo XII più di quanto non abbia fatto la
dottrina delle fallacie, è da ritenere che la stessa analisi dei sofismi,
almeno per quanto ci riguarda, è condotta con criteri che hanno origine gram-
maticale. In conclusione, nel secolo XII le strutture linguistiche in cui si
concretizzano le fallacie del senso composto e del senso diviso vengono
sottoposte ad attenta analisi”. Un testo delle Sentenze di Pietro di Poitiers
(} 1205) è illuminante per quanto riguarda un orientamento che si fa luce:
quello di individuare attraverso la stessa disposizione dei termini in una
proposizione il senso com- posto o il senso diviso: rationale vel irrationale
est homo », ome può distribuire « animal rationale vel irrationale » e la
proposizione è falsa, o solo « animal rationale » e la proposizione è vera (p.
660). « Quintus septem modorum communium pro- venit ex eo quod oratio potest
subponere verbo vel pars orationis »: data la proposizione « verum est Socratem
esse hominem et Socratem non esse hominem », si può intendere che soggetto sia
« Socratem esse hominem et Socratem non esse hominem » che è il dictum di «
Socratem esse hominem et Socrates non sunt homo », e la proposizione è vera; se
invece Socratem ogni volta che occorre è soggetto, il dictuz già formulato
deriva da « Socrates est homo et Socrates non est homo » e la proposizione è
falsa (ivi). « Septimus et ultimus septem modorum communium provenit ex eo quod
aliqua dictio potest intelligi preponi vel postponi »: in « album est omnis
homo », album può essere il predicato di « omnis homo est albus » e la
proposizione è vera, oppure la proposizione può valere: «hoc album est omnis
homo » e in tal caso è falsa (p. 661). Tutti questi modi, salvo qualche
analogia, non hanno un preciso riferimento in quelli dei testi precedentemente
esaminati. 9 Cfr. Logica Modernorum, cit., II, i, p. 491. % Oltre ai testi
esaminati, cfr. l'Ars Meliduna, cit., che ha un cenno alla fallacia secundum
compositionem et divisionem (p. 351; a pp. 334-335 È un esame delle difficoltà
che sorgono dall’uso dei numerali, cui si fa ricorso da Aristotele in poi: «duo
et tria sunt aliqua, aliqua sunt quinque, ergo aliqua sunt duo et tria», ecc.);
per le Sumzzze Metenses, cit., cfr. p. 477. 524
Alfonso Maierù Et assignant hic compositionem et divisionem, sicut si dicatur:
Iste potest videre clausis oculis, id est oculis qui sunt clausi, per
divisionem verum est; si oculis clausis, id est quod simul sint clausi et
videat per compositionem falsum. Si tamen ex parte subiecti dicatur: clausis
oculis potest iste videre, magis est sensus divisionis, et verum est Ita etiam
de impenitentia finali potest iste penitere, sed si peniteat iam non erit
finalis, et ideo his positis in predicato magis erit sensus compositionis et
falsitati propinqua est locutio 9. Il tentativo fatto dai vari maestri è stato quello
di analizzare la proposizione per vedere quale senso fosse corretto
attribuirle. Ma ora si mette in rilievo che a seconda che alcune dictiones
stiano a parte subiecti o a parte praedicati fanno meglio senso diviso o senso
composto. Questo principio si tradutrà più tardi in regole precise: si
individueranno strutture che permetteranno di valutare facilmente il senso
della proposizione e quindi la sua verità o fal- sità. Si tratterà di regole
convenzionali, arbitrarie, ma che hanno grande importanza. Il periodo che va ad
Occam non apporta notevoli novità nella dottrina del senso composto e del senso
diviso. Ciò va detto anche di Buridano e di Alberto di Sassonia, che i i, pure
vissero quando una vera svolta veniva operata nella | trattazione di questo
tipo di fallacie. Il discorso degli autori, ora, si muove in genere sulla
traccia del testo aristotelico e solo qua e là affiora una notazione di un
qualche interesse. i Vediamone qualcuna in via preliminare. 95 Perri
PrcravensIs Sententiae, II, 17, edd. PS Moore-J.H. Garvi DIG 5 È -J.H. Garvin-
1% Dee: Notre Dame Ind. 1950, pp. 128-129, cit. in De RuK, op. cit.,, Ds 175. %
Il rilievo è già in Wirson, William Heytesbury..., cit., pp. 12-13.
Terminologia logica della tarda scolastica S25 Sappiamo che Aristotele
suggeriva di risolvere la fallacia della composizione intendendo divisi i
termini e viceversa, ma ora si tileva che non ogni composizione o divisione dà
luogo a fallacia. L’affermazione tradizionale va dunque intesa in senso
restrit- tivo: là dove c’è fallacia della composizione, la soluzione è la
divisio, e viceversa”. Un altro tema che talora affiora è quello della
riduzione del senso composto e del senso diviso ad altre fallacie, per il quale
si è visto che Aristotele offre la traccia con la riduzione all’« igno- rantia
elenchi ». Ma alla fine del secolo XII in quei commenti a Boezio editi dal De
Rijk sotto il titolo Frustula logicalia si sosteneva che Boezio non aveva
accennato alla comzpositio e alla divisio perché intendeva comprenderle sotto
l’aeguivocatio, da intendere in senso lato”. Invece Pietro Ispano, Tommaso 9?
Cfr. Tommaso D'Aquino, De fallaciis, cit., nr. 657, p. 230; Occam, Elementarium
logicae, cit., pp. 121 e 123. È per lo meno equivoco ciò che si legge nei
Tractatus Anagnini, cit., p. 330: «[...] quas (sc. fallacias composi- tionis et
divisionis) ideo mixtius tractamus quia ubicumque est fallacia com- positionis
potest esse fallacia divisionis, et e converso »; si vedano invece Fallacie Vindobonenses,
cit., p. 508: « Et est sciendum quod ubicumque est compositio, ibi est divisio,
et e converso; sed non ubicumque est fallacia compositionis est fallacia
divisionis, nec e converso », e Dialectica Monacensis, cit., p. 574: «[...]
numquam in eodem paralogismo debent assignari hee ambe fallacie, sed altera
tantum »; così va intesa la Surzzza Sopb. el., cit, p. 313: «iEt notandum est
quod ubicumque est conpositio, ibidem est divisio. Sed quando compositio facit
fallaciam, tunc est sophisma composi- tionis; quando autem divisio facit
fallaciam, sophisma est divisionis ». E si legga Occam: « Circa quas non est
curiose disputandum an sint una fallacia vel plures, aut quis vocandus sit
sensus compositionis et quis divisionis. Hoc enim parum vel nihil prodest ad
alias scientias intelligendas » (Tractatus logicae minor, cit., p. 86). 98 Op.
cit., p. 617: «Comprehenderat (sc. Boetius) enim sub equivo- catione
amphibologiam, coniunctionem et divisionem, quorum sophismata habent fieri
secundum termini alicuius diversam acceptiorem », e p. 619: « Ad quod dicendum
quod ‘eguivocatio’ laxo modo accipitur a Boetio, ut dicatur: equivocatio idest
proprietas secundum quam aliquid significat plura equivoce 526 Alfonso Maierùà
d'Aquino !, Duns Scoto !" e Occam ‘® pongono il problema del rapporto tra
arzphibologia e compositio et divisio, anche se lo stesso Occam finisce per
considerarlo problema non rilevante dal punto di vista della logica applicata
!®. Ma in questo periodo la discussione sul senso composto e sul senso diviso
trova il suo centro nella identificazione del tipo di ‘molteplicità’ che
occorre in queste fallacie e delle ‘cause’ che la determinano. Già le Glose
distinguevano le « fallaciae in dictione » secondo una triplice molteplicità:
attuale per l’anfibologia e l’equivocità, potenziale per composizione e
divisione (e, sarà specificato in seguito, per l’accento), fantastica per la «
figura dictionis » !*, forse seguendo il commento d’Alessandto (senza dubbio
l’Afro- disio), ora perduto ‘9. Tutti gli autori che se ne occupano nei secoli
XIII-XIV !% confermano che la molteplicità potenziale ha luogo nel senso
composto e nel senso diviso. Per quanto riguarda le cause, i testi ne
identificano due in rapporto a tutte le fallacie: causa apparentiae e causa non
existen- principaliter; et in hoc sensu amphibologia, compositio, divisio,
accentus sunt equivocatio. Summulae logicales, cit., 8.10, p. 95. 100 Op. cit.,
nr. 656, p. 230. 101 In libros Elenchorum quaestiones, cit., q. xix, $ 2, p.
240b. 102 Cfr. Summa logicae, III, iv, 8, cit., f. 99rb (dove si discute delle
modali), e Tractatus logicae minor, cit., p. 87 (trattando dell’alternativa
pro- posizione categorica—proposizione ipotetica). 103 Elementarium logicae,
cit., p. 121 (a proposito delle modali); v. n. 97. 10 Op. cit., p. 222. 105 Ma
v. ALEXANDRI quod fertur in Aristotelis Sophisticos elenchos com:- mentarium,
ed. M. Wallies, « Commentaria in Aristotelem Graeca », II, m, Berolini 1898, p.
22; cfr. PreTRo IsPANO, Surzmzulae logicales, cit., 7.08, p. 67. 106 Cfr.
Dialectica Monacensis, cit., p. 569; Pietro IsPANO, op. cito; ALserto M., Liber
I Elenchorum; VINCENZO DI BEAUVAIS, op. cit., 276; Tommaso D'Aquino, op. cit.,
nr. 656, p. 230; Duns Scoro, op. cit., q. xix, in part. p. 241; Buripano,
Compendium logicae, cit., VII, 2. Terminologia logica della tarda scolastica
527 tiae (o defectus, o deceptionis, o falsitatis); esse possono facil- mente
essere ricondotte a una definizione scolastica di fallacia che troviamo in
Pietro Ispano: « fallacia est apparentia sine existen- tia » !”. Nel caso del
senso composto e del senso diviso, si cerca di individuare la causa della
confusione tra i due sensi (« causa apparentiae ») e il principio dell’errore
(« causa non existentiae », « causa defectus »). Ma la discussione sulle cause
chiarisce come vada intesa la molteplicità potenziale chiarendo i vari punti di
vista dai quali può essere considerato il discorso fallace. Molteplicità
potenziale si ha quando le dictiones o voces occor- renti nell’enunciato sono
materialmente le stesse, ma dànno luogo a diversi significati. L'identità
materiale (o ‘sostanziale’) delle voces è « causa apparentiae », la pluralità
dei sensi, o pluralità formale, o attuale !%, è « causa non existentiae ».
Tuttavia detta pluralità formale è spesso ricondotta al diverso pronuntiare ',
alla diversa prolatio !!° opunctuatio!!! che inter- 107 Op. cit., 7.03, p. 66.
108 Cfr. Dialectica Monacensis, cit., p. 570; GUGLIELMO DI SHYRESWOOD,
Introductiones in logicam, cit., pp. 89-90; Pietro ISPANO, op. cit., cit.,
7.25, p. 74, e 7.28, pp. 75-76; Ps. Bacone, Sumule dialectices, cit., pp.
334-337; ALserTo M., op. cit., p. 548a; Tommaso D'AQUINO, op. cif., nr. 657, p.
230; Occam, Tractatus logicae minor, cit., p. 86; BurIpANO, op. cit., VII, 3.
Si notino, in particolare, nel testo di Tommaso d’Aquino, le equivalenze
potentialiter-materialiter, formaliter-actualiter, e si legga BuRIDANO (op.
cit., VII, 2): «Multiplicitas potentialis dicitur cum vox, existens eadem se-
cundum materiam et diversa secundum formam, habet multas significationes ». 19
Arserto M., op. cit., p. 545b: « Divisa sic pronuntianda est [...]. Composita
autem oratio sic pronuntiatur [...] »; v. n. 113. Per la pronun- tiatio nella
retorica classica, cfr. CICERONE, DE INVENTIONECiceRoNnE, De inventione: pronuntiatio
est ex rerum et verborum dignitate vocis et corporis moderatio; ma cfr.
LAusBERG, op. cit., p. 787. V. anche ps. BAcoNE, Sumule dialectices, cit., p.
331. 110 Cfr. Dialectica Monancesis, cit., p. 569: «ex modo proferendi »; Ps.
Bacone, Sumule dialectices. -it., pp. 331 e 337. Il Occam, Suzzrza logicae,
cit., III, iv, 8, f. 99ra: « Causa non existentiae est diversitas punctuationis
», e Elemzentarium logicae, cit., p. 121. 528 Alfonso Maierù viene nella
utilizzazione pratica dell’enunciato !!, Alberto di Sassonia, invece,
definisce: « Causa autem defectus est diversitas constructive orationis
earundem (sc. dictionum), sicut patet in illa ‘quidquid vivit semper est’ » !!.
Il riferimento alla constructio!!* indica che alla base di questa dottrina può
esserci una preoccupazione di origine grammaticale, che più chiara- mente
traspare, presso lo stesso Alberto e presso altri autori, pro- prio nella
descrizione della compositio e della divisio: una oratio è composita quando «
dictiones ordinantur secundum situm magis debitum », ma è divisa quando «
dictiones ordinantur secundum situm minus debitum » !5, mentre altti maestri
non privilegiano la compositio rispetto alla divisio 9 (ma il riferimento alla
construc- [12 Cfr. ALBERTO M., op. cif., p. 535a-b: « Modi autem arguendi [...]
sunt duo, scilicet secundum apparentiam acceptam in dictione, secundum quod
dictum est idem quod voce litterata et articulata pronuntiatum est sive pro-
latum: [...] omne enim quod dicendo profertur, hoc vocatur dictio: unde hoc
modo et oratio dictio est: forma enim dictionis hoc modo accepta pro- latio
est: et quae una continua prolatione profertut, una dictio: et quae pluribus,
plures est dictiones ». 113 Logica, cit., V, 4, f. 40va. 114 Per i rapporti tra
comstructio, congruitas e perfectio come proprietà del discorso secondo Martino
di Dacia, cfr. PinBoRG, op. cit., pp. 54-55. 115 Così Pietro IsPANO, op. ci.,
7.25, p. 74; cfr. Aquino, op. cit., nr. 657, p. 230; SASSONIA, op. cit., V, 4,
f. 40rb, parla di «magis apte construi » e «minus apte construi »
rispettivamente per sensus compositus e sensus divisus. . 116 Cfr., ad esempio,
SHyreswooD, Introductiones in lo- gicam, cit., p. 89: «Est [...] compositio
coniunctio aliquorum, que magis volunt componi. Divisio est separatio
aliquorum, que magis volunt dividi » (si ricordi che in altro senso Guglielmo
privilegia la compositio: cfr. n. 17);- VINCENZO DI BeAUVAIS, op. cit., 277,
dove distingue composizione e divi sione essenziale e composizione e divisione
accidentale e precisa che l’oratio è composta in rapporto alla composizione
essenziale e divisa in rapperto alla divisione essenziale e, se falsa, è resa
vera rispettivamente dalla « div'-io Terminologia logica della tarda scolastica
529 tio è rintracciabile in testi della fine del secolo XII !!?). Per chiarire
la natura di tale posizione, esaminiamo l’esempio addotto da Alberto: è il noto
sofisma « quicquid vivit semper est ». Ci si chiede con quale verbo più
propriamente semper vada congiunto, e si risponde ch’esso va congiunto con est:
dun- que, congiunto con es fa senso composto, congiunto con vivit fa senso
diviso. Che gli avverbi « de natura sua habent determi nare verbum », come
scrive Pietro Ispano !!, è dottrina gramma- ticale; se ne conclude che semzper
« potius determinabit verbum principale quam minus principale » !'9, cioè es?
piuttosto che vivit. Guglielmo di Shyreswood ricorda che secondo Prisciano «
adverbia magis proprie habent precedere suum verbum »!2: di qui dunque i cenni
al « situm magis debitum » che troviamo accidentalis » e dalla « compositio
accidentalis »; BurIDANO, op. cit., VII, 3. 117 Per un verso cfr. la Diglectica
Monacensis, cit., p. 569; « Est itaque quedam compositio sermonis que nil aliud
est quam constructio sive ordi- natio alicuius sermonis componibilis vel
incomponibilis ad alterum cum quo videtur potius quam cum alio coniugi, sic
tamen se habens quod ab illo possit dividi et ordinari cum alio cum quo videtur
minus coniugi et ordinabile. Divisio autem est separatio alicuius ab aliquo cum
quo natum est ordinari secundum debitum sicut qui debet esse in partibus illius
orationis. Ex hoc patet quod ista oratio que multiplex est ex compositione et
divisione, quan- tum est de se, sensum compositionis semper habet actualiter et
principaliter, sensum vero divisionis protestate »; pet l’altro cfr. le
Fallacie magistri Willelmi, cit., p.
687: « Fallatia secundum compositionem est quando infer- tur coniunctim ex
divisim dato tamquam coniunctim dato. Dicitur autem in dictione quia fallit ex
proprietate dictionis, scilicet compositione, cum sit compositio dictionum constructio
innitens compositioni. Fallatia secundum divisionem est cum infertur ex
coniunctim dato quasi divisim dato. In dictione dicitur esse quia fallit ex
proprietate dictionis, ut ex divi- sione, cum sit divisio dictionum constructio
innitens divisioni. Ideoque secundum divisionem nominatur hec fallatia ». 118
Op. cit., 7.25, p. 74. 119 Ivi. 120 Introductiones in logicam, cit., p. 91;
cfr. PRISCIANO, op. cit., XV, 39, in Grammatici latini, nei testi. Ma sem di i
i bra un’indebita estensione caratterizzare senso È pra il testo più illuminante
tra quelli sfogliati in ordine al ‘Porto tra queste analisi e la dottrina
grammaticale dell: constructio sono le « quaestiones » di Duns Scoto sugli Ele,
chi sofistici. La sua analisi è tutta impregnata delle dista È delle esigenze
derivanti da un’impostazione in linea con la ram. matica speculativa. In essa
trovano posto e sistemazione o i temi della pronuntiatio, prolatio e punctuatio
che abbiamo vi accennati e utilizzati dagli altri autori. i Di cit., VII, 3,
primo modo. Occam, nella Sunzza logicae, cit A » 99ra), per questo sofisma fa
riferimento solo alla diversa puachia: Tractatus logicae minor, cit. 86. i È
sotto il pri : ‘-, p. 86, i due esempi sono dati di segui ae polo continua poi
affermando che, se c'è una lea compositus în quo dis composto e diviso, essa è
che «ille sensus est di duo siiae di ictio componitur cum alia dictione; et
ille est divisus ictio cum nulla alia immediata sibi componitur » (p. 119): in
un’altra, non si ‘compone’ i tra, ; npone’ con una terza dictio nella si izi
cfr. l'esame dei modi, più avanti (nn. 133 e 134), COCAINA 531 Terminologia
logica della tarda scolastica Conviene perciò seguire il suo discorso fin
dall’origine. Distinta una triplice molteplicità !2, egli afferma che la molte-
plicità potenziale si ha « quando est ibi identitas vocis secundum materiam, et
non secundum formam » ‘, e che la forza non è altro che la prolatio 4. « Causa
apparentiae » della fallacia in senso composto e in senso diviso è: « unitas
materialium cum similitudine orationis compositae ad divisam [...] et e
converso in divisione »: non si tratta soltanto della materiale identità delle
dictiones, ma anche di una diversa somiglianza dell’un modo all’altro che sulla
materiale identità si innesta; questa diversa somiglianza si fonda sui diversi
« modi proferendi compositim vel divisim », che sono di specie differenti '”.
Ora, precisa l’autore, « [...] modus profe- rendi est quidam modus significandi
Logicalis, per quem unus intellectus ab alio distinguitur » !%. Accanto ai modi
significandi grammaticali, che stanno a base della constructio !”, Duns Scoto
pone dunque i modi significandi logicales che fondano la diversità dei ‘sensi’
(inzellectus) anche là dove è una stessa constructio. Essi
12 Op. cit., q. xix, $ 4, f. 24la. 13 Ivi. 14 Ivi: «Actualis multiplicitas est,
quando est ibi identitas vocis secundum materiam, et formam, quae est prolatio
». 15 Op. cit., q.
xxiv, $ 5, f. 247a: « Unde dicendum, quod unitas mate. rialium cum similitudine
orationis compositae ad divisam, est causa appa- rentiae in compositione, et e
converso, in divisione. Et licet istae simili- tudines radicaliter proveniant ex
unitate materialium: istae tamen simili- tudines super modos proferendi
compositim, vel divisim fundantur, qui tamen sunt specie differentes ». Perciò
le due fallacie non vengono unifi- cate dall’autore (cfr. q. xxiii, f. 245:
«Utrum compositio et divisio sint duae fallaciae distinctae specie »). 126 Ivi,
q. xxvi, $ 4, f. 249a. 127 Ivi: « Ad rationes. Ad primam dicendum, quod si
maior intelligitur solum de modis significandi Grammaticalibus, qui sunt
principia construendi unam dictionem cum alia, tunc falsa est maior. Sed si
intelligatur, quod omnis diversitas in oratione, vel provenit ex diversitate
significati, vel modorum significandi Logicalium, tunc vera est, et minor falsa
». sa Alfonso Maierù sono infatti « ex parte nostra » !® e si traducono in una
diversa prolatio e in un diverso punctuare, che non toccano la con- structio in
quanto tale !®. Ma la constructio operata dai « modi significandi »
grammaticali dà luogo (naturalmente, si potrebbe dire) al senso composto,
mentre il senso diviso interviene facendo quasi violenza alla natura delle
dictiones e alla loro disposizione nella orazio: 0, meglio, il « modus
proferendi » che sta alla base del senso composto è più rispettoso della
constructio che non il « modus proferendi » che fonda il senso diviso; ciò
risulta dal- l’esame dei tre modi, concretizzati in tre esempi, che Duns Scoto
assegna alla composizione e alla divisione !, 128 Ivi, $ 2, f. 248b: «
Dicendum, quod diversitas modi proferendi est ex parte nostra. Sed quod oratio
sic prolata, hoc significet, et sub alio modo proferendi significet aliud, hoc
non est ex patte nostra ». 129 Ivi, q. xxi, $ 6, f. 243a, discutendo del
rapporto tra molteplicità attuale e molteplicità potenziale: «Est tamen
intelligendum, quod licet determi nata (ex terminata) prolatio determinet
orationem multiplicem secundum actualem multiplicitatem, et potentialem, sicut
accidit in compositione, et divisione, una tamen multiplicitas ab alia differt.
Nam determinata pio: latio orationis multiplicis secundum potentialem multiplicitatem,
punctuando ad alterum potest ipsam determinare, manente semper eodem ordine
vocum. Sed determinata prolatio, manente eodem ordine vocum, punctuando, non
determinat orationem multiplicem secundum actualem multiplicitatem ad alterum
sensum, sed ipsa transpositio terminorum. Si enim dicatur Pugnantes vellem ma
accipere, ly pugnantes, non pet punctuationem ad alterum sensum potest
determinati. Per il primo modo (sedentem ambulare est possibile), cfr. ivi, q.
xvi, $ 3, ff. 248b-249a: « Sed ulterius oportet videre, quis modus profe: rendi
facit sensus compositum et divisum. Et dicendum est, quod continua
prolatio eius, quod est sedentem, cum hoc quod est ambulare, causat sensum
compositum. Iste autem
modus proferendi possibilis est in ora- tione, nam sic modi significandi
Grammaticales ad invicem dependentes terminantur et quae nata sunt coniungi
coniunguntur. Iste autem sensus accidit orationi praeter aliquam violentiam,
ideo iste sensus magis appropriatur orationi. Sensus autem divisionis accidit
ex discontinua prolatione earundem partium. Et quia quae nata sunt coniungi ad
invi- Terminologia logica della tarda scolastica [Sembra che queste
precisazioni possano illuminare testi che, mancando di espliciti riferimenti,
altrimenti risulterebbero oscuri 15, cem, separantur, ideo iste sensus minus
appropriatur orationi, unde accidit ei cum quadam violentia »; per il secondo
modo (quingue sunt duo et tria), ivi, q. xxx, $ 1, f. 25la: «Ad primam quaestionem
dicendum, quod Coniunctio, vel copulatio, per se copulat inter terminos: per
accidens autem inter propositiones. Et huius ratio est: nam cum Coniunctio sit
pars orationis, habet modos significandi secundum quod cum aliis partibus
orationis consttui potest; sed non construitur, nisi cum illis, inter quae
copulat, oportet igitur ista habere modos significandi sibi proportionabiles,
qui sint principium constructionis; ergo non copulat inter orationes. Sed
tamen, quia terminos inter quos copulat accidit partes unius orationis esse,
vel diversarum, ideo dicitur copulare inter terminos, vel inter orationes.
Magis tamen proprie potest dici, quod coniunctio posset copulare inter terminos
unius orationis, vel inter terminos diversarum orationum »; per il terzo modo
(quod unum solum potest ferre plura potest ferre), ivi, q. xxxiii, $ 3, f.
253a: «Circa tamen modos intelligendum est, quod tot sunt modi secundum
compositionem, et divisionem, quot modis componere contingit, quae nata sunt
componi, et illa ad invicem dividere, resultante diversitate sententiae. Sed ad
videndum quae nata sunt componi, intelli- gendum est, quod Priscianus dicit, in
maiori volumine, quod omnis deter- minatio, et omnia Adiectiva Nominaliter, vel
Adverbialiter designata, praeponuntur aptius suis substantivis, ut fortis
Imperator fortiter pugnat, et ratio potest esse, nam Adiectiva de se quasi
infinita sunt, et ideo per sua Substantiva determinantur. Dicit etiam
Priscianus, quod licet omnia postponere, exceptis monosyllabis, ut nunc, turc,
et huiusmodi, sed hic videtur esse dicendum, quod quando determinatio
componitur cum deter- minabili subsequenti, tunc dicitur oratio composita; et
quando ab eodem removetur, dicitur divisa: sed huic modo dicendi repugnat iste
paralogismus, Ex quinquaginta virorum centum reliquit divus Achilles, nam si
praedicta oratio dicetur composita, quando ly wvirorum componitur cum ly Quir-
quaginta, tunc propositio est falsa, cum tamen ille paralogismus sit para-
logimus divisionis, et tunc dicitur esse vera in sensu composito, sed tunc
dicendum est, quod haec est littera, Quinguaginta ex centum virorum, etc. vel
quod paralogismus ille est compositionis, ponitur tamen inter paralo- gismos
divisionis, etc. ». 131 In particolare, cfr. Ps. BACONE, op. cif., pp. 334-336
e 341-342, oltre al testo di Occam, in n. 117. * 534 Alfonso Maierù Accenniamo,
per concludere, ai modi posti da ciascun autore. Pietro Ispano assegna due modi
al senso composto e due al senso diviso ‘©, mentre le Sumzyle attribuite a
Bacone forniscono due modi per il senso composto e due per il senso diviso, e
ne aggiun- gono per ciascun senso un terzo in forma dubitativa !8. Il testo 12
Op. cit.: « Compositionis duo sunt modi. Primus modus provenit ex co, quod
aliquod dictum potest supponere pro se vel pro parte sui, ut haec: “sedentem
ambulare est possibile” [...]. Et sciendum quod soleat
huiusmodi orationes dici de re vel de dicto. Quando enim subiicitur pro
se, dicitur de dicto, quando subiicitur pro parte dicti dicitur de re. Et omnes
istae propositiones sunt compositae quando dictum subiicitur pro se, quia
praedicatum competentius ordinatur toti dicto quam parti dicti. Secundus modus
‘provenit ex eo quod aliqua dictio potest referri ad diversa, ut “quod unum
solum potest ferre, plura potest ferre” » (ivi, 7.27, p. 75); «Divisionis duo
sunt modi. Primus provenit ex eo quod aliqua coniunctio potest coniungete inter
terminos vel inter propo. sitiones ut hic: “duo et tria sunt quinque” » (ivi,
7.29, p. 76); « Secundus modus provenit ex co quod aliqua determinatio potest
refetri ad diversa, ut tu vidisti oculis percussum”. Haec est duplex ex eo,
quod iste ablativus “oculis” potest referri (ad) hoc verbum “vidisti”, vel (ad)
hoc participium “percussum” » (ivi, 7.30, p. 76). 133 Op. cit: «Et sunt duo
modi secundum hunc locum (sc. fallaciam compesicionis); primus, quando aliquid
componitur cum uno et cum divi- ditur “non componitur cum alio, ut ‘possibile
est sedentem ambulare’ Edi et universaliter, omnis oracio que est ex modo
nominali dicitur esse secun- dum quod est de re et dicto [...]» (p. 335);
«Secundus modus est quando aliqua diccio componitut cum uno et cum dividitur
potest cum alio componi, ut ‘quicumque scit litteras nunc didicit illas [...}'»
(ivi); «[..] 3.48 modus est quando determinacio componitur cum uno, et cum
dividitur componitur cum alio subintellecto » (p. 336); « Primus est modus (sc.
fallaciae divisionis) quando aliquid dividitur ab uno et non compo- nitur cum
alio, ut ‘quecumque sunt duo et tria sunt paria et imparia [...] » (ivi); «
Secundus modus est quando aliqua determinacio dividitur falso ab uno et
componitur cum alio posito in oracione, ut ‘deus desinit nunc esse’ » (altro
esempio è « quadraginta virorum centum reliquit
dives Achilles ») (p. 337); «In hoc tamen paralogismo dicitur esse 3.48
modus divisionis, quia cum dividitur determinacio ab aliquo actu posito in ora-
cione componitur intellecto, set hoc forte non facit composicionem de
Terminologia logica della surda scolastica 535 delle Suzzule è riecheggiato
abbastanza da vicino dalla esposi- zione di Alberto Magno, il quale attribuisce
tre modi alla compo sitio e tre modi alla divisio !*. Vincenzo di Beauvais, che
segue qua hic loquimur, et propter hoc est ibi primus modus » (ivi). 14 Cfr.
op. cit., pet il senso composto: «[...] primus provenit, quia aliqua dictio in
oratione est composita cum aliquo, et tamen non dividitur id quod est in
oratione: et tales sunt hae duae orationes, ut posse sedentem ambulare, et
posse non scribentem scribere; « Secundus modus provenit ex hoc quod aliquid
componitur cum aliquo in oratione eadem posito, et dividitur etiam ab aliquo
posito in eadem oratione: et hujus exemplum est, discere nunc litteras,
siquidem didicit quas scit [...]» (pp. 545b-546a); « Tertius modus est, quando
componit cum aliquo in oratione posito, sed sub intellectu in eadem oratione;
et hujus exemplum est quod dicitur, quod unum solum potest ferre, plura potest
ferre: sensus enim compositionis est secundum quod continua et composita est
prolatio inter haec duo, 747 solu:, cum hoc verbo infinitivo, ferre, sic, quod
potest ferre unum solum, ita quod nihil amplius plura potest ferre: sic enim
composita est et falsa: et sic dictio exclusiva respicit infinitivum ferre:
quia quod sic unum solum potest ferre, et nihil amplius, non potest ferre
plura: quia sic dictio exclusiva ponit formam suam circa hunc terminum, unu, et
excludit id quod est oppositum uni ab infinitivo super quod ponitur posse vel
possibile: et ideo quod sic unum solum potest ferre, non potest plura ferre. Si
autem discontinua et divisa sit prolatio inter haec duo, unu solum, tunc dictio
exclusiva excluditur ab isto termino, unutt, et conjungitur cum participio
subintellecto quod est ens vel existens solum, potest ferre: et hoc est verum:
et ideo divisa est vera, composita falsa » (p. 546a); per il senso diviso:
«Primus ergo modus erit, quando aliquid dividitur ab aliquo in oratione posito,
et cum nullo componitur in eadem oratione posito: et de hoc duo sunt exempla
sic, quinque sunt duo, et tria: et formatur sic: quaecumque sunt duo et tria,
sunt quinque: duo et tria sunt duo et tria: ergo duo sunt quinque, et tria sunt
quinque, quod falsum est. Adhuc alia oratio: quaecumque sunt duo et tria, sunt
paria et imparia: quinque sunt tria et duo: ergo quinque sunt paria et imparia.
Adhuc autem penes eumdem modum accipitur et haec oratio, quae est majus esse
aequale et formatur sic: quod est majus, est tantumdem et amplius: sed quod est
tantumdem, est aequale, et quod est amplius, est inae- quale: ergo quod est
tantumdem est aequale et inaequale. — Cum autem in his orationibus sit
multiplicitas in hoc quod eadem oratio secundum 736 Alfonso Maierù da presso Aristotele,
ammette tre modi di paralogizzare per il senso composto e tre per il senso
diviso '5. Tommaso d’Aquino conosce tre modi che valgono sia per il senso
composto che per il senso diviso, i quali però non aggiungono niente di nuovo
al materiam in omnibus his divisa et composita non eadem significat, sed aliud,
in omnibus his significat divisa et composita. Exemplum autem ; juod est quando
aliquid in eadem oratione componitur cum aliquo, et ii ab isto componitur cum
aliquo in eadem oratione posito, ut ég0 te posui cane entem liberum: et est in
hac oratione multiplicitas, ex eo quod oc participium, erfemz, potest componi
cum hoc nomine, servum, et si est oratio composita et vera: vel dividi ab illo
et componi cat e nomine, liberum, et sic est divisa et falsa: et hoc juxta
secundum oa compositionis. — Exemplum autem ejus quod est tertius modus co »
sitionis (scilicet quod divisum ab aliquo in oratione posito ine cum aliquo non
in eadem oratione posito, sed sub subjecto intellecto) i hoc: quadraginta
virorum, centum reliquit divus Achilles: et est h multiplicitas ex eo quod haec
dictio, certurz, potest componi cum res termino, viror4m, et tunc est
adjectivum ejus et est casus genitivi: et Sic Rae est composita et vera sub hoc
sensu, centum virorum ita orco cigno quadraginta. Vel iste terminus, centum,
potest addi ad hunc um, reftguit, et tunc componitur cum hoc termino
subintellect st: est virorum, et sic est divisa et falsa sub hoc sensu, quod de
prezà qua aginta virorum, centum reliquit divus Achilles, quod est impossibile.
sti ergo sunt modi compositionis et divisionis. Ma l’aut a Di gere chiarisce
ulteriormente il meccanismo del senso composto pei ee pag: Si autem quaeritur
penes quid accipiantur modi compo- onis et divisionis? Satis patet per
praedicta: quia divisum ab aliquo i oratlone posito: aut non componitur cum
aliquo in eadem a » sic est primus modus: aut componitur cum aliquo: et si
componitur, ta "gn cum aliquo in oratione posito, aut non posito, sed
subintel- lecto. primo modo est secundus modus, altero autem modo tettius t: in
pine quam in divisione ». > sn pat ei senso composto: « Primus fit eo quod
parti È og soin 1 intellectae, potest ordinari cum diversis verbis, bre sie
> si ile est ambulare, possibile est ut ambulet; possibile agi ipa cun ser re
“N ut stano ambulet. Minor mul- i ;, est vera; distingui niter de re vera, de
dicto (ex dicta) falsa. Secandas inte rn Terminologia logica della tarda
scolastica 537 testo dei suoi predecessori !*. Anche Duns Scoto assegna tre
modi, come si è visto, e sono comuni ai due sensi !”; ma Guglielmo adverbium
possit componi cum uno verbo, vel ab illo dividi, et componi cum alio, ut hic:
Quod scit aliquis nunc didicit; sed magister litteras nunc scit; ergo nunc
didicit, non valet [...]»; «Tertius fit, eo quod nota exclusionis possit
componi cum diversis verbis, ut hic: Quod unum solum potest ferre, non potest
plura ferre»; per il senso diviso: «[...] uno modo, eo quod dictio copulativa
vel disiunctiva potest copulare dictiones, vel orationes; secundum quem sic paralogizatur:
Quaecunque sunt duo et tria, sunt paria et imparia; quinque sunt duo et tria,
ergo etc. Secundo modo, eo quod participium possit coniugi cum diversis
nominibus, ut hic: Ego posui te servum entem liberum; entem potest coniungi
huic nomini servum, et sic est vera composita, quia priori nomini natum est
plus com- poni; vel ab eodem dividi, sic est falsa divisa. Tertio modo hoc idem
con- tingit, quando aliquod nomen cum alio nomine potest coniungi vere, vel ab
codem dividi false; ut hoc nomen centurz in exemplo Aristotelis, cenzum
quinquaginta virorum reliquit Achilles. Iteque secundum divisionem potest fieri
paralogismus, quoties a coniunctim dato, infertur divisim; et e converso
secundum compositionem sic: Iste est bonus, et est clericus; ergo est bonus
clericus, et e converso potest argui similiter secundum divisionem ». 1386 Op.
cit.: «Primus modus est quando aliquo dictum potest suppo- nere verbo vel
ratione totius vel ratione partis: si ratione totius supponat, erit oratio
composita, si ratione partis, erit oratio divisa » (nr. 658, p. 230):
corrisponde al primo modo del senso composto di Pietro Ispano, fa leva
sull’esempio base: « possibile est album esse nigrum », e richiama la distin-
zione della modalità de dicto dalla modalità de re; «Secundus modus pro- venit
ex eo quod aliquando praedicatum, in quo pluta adunantur per coniunetionem
copulativam vel disiunctivam, potest attribui subiecto co- niunctim vel
divisim. Si coniunctim, est oratio composita; si divisim, oratio est divisa»
(nr. 659, p. 230): anche qui, l'esempio è classico, ma è dato al negativo:
«quinque non sunt duo et tria»: la discussione verte sull’interpretazione del
rapporto tra soggetto e il predicato «duo et tria»; «Tertius modus est, quando
una dictio potest coniungi diversis dictionibus in locutione positis: erit
autem tunc secundum hoc composita oratio, quando coniungitur cum dictione cui
magis apparet, vel apta nata coniungi; divisa (diversa: Spiazzi) vero, quando
ab ea disiungitur. Sicut in hoc paralogismo patet: Quod potest unum solum
ferre, plura potest ferre [...]» (nr. 662, p. 231). 137 Op. cit. gli esempi
sono: (a) «sedentem ambulare est possi-
d’Oc i i lea atti due modi comuni al senso composto e al senso n Pe gl 5
stessi occorrono anche nei trattati di Burleigh editi er !. Alberto di
Sassonia, invece, torna ai tre modi, ma 5 adem aut aliquibus eisde i b ‘m
replicata vel repetita, eadem dicti i cum una vel pluribus » (Elezentarium
logicae, cit., pp. 119-120; di. Tresa 139 Per il pri i imo modo con i termini i
. i modali, cfr. D i i i di do 9 . De puritate ar, ass per il secondo modo con
et, cit, ivi, a 242: « fa pio, oa pini tra pg inter duos terminos ia $ 5 est
locutio, ex eo d i : I, IG È quod potest inc bag cà propositiones. Et haec
distinetio e rit deg a mitrigria Ma iena secundum quod copulant inter terminos
È ergono meine 8 secundum quod copulat inter propositiones sic rotta» sig con
vel, cfr. ivi, p. 243: «Et est sciendum faod “gu Legea cp ‘vel? ponitur inter
duos terminos, uiciea csbieg 3 hei potest disiungere inter terminos vel inter
proposi. ri Arg Propositiones, sic est disiunctiva, si disiungat inter ‘minos,
e disiuneto extremo. Et h: istincti ;ecun Lernia la le d j laec distinctio est
s o eri Le Secundum quod disiungit inter duos = O nis, si !s divisionis; secundum
quod disiungit i, Li ionis; quod disiungit intel » SIC est sensus compositionis
»; e con si, cfr. la dieci hi e Terminologia logica della tarda scolastica 539
anche questi sono comuni ai due sensi !°. Più interessante l’esposizione di
Buridano, il quale, dopo tre modi comuni ai due sensi che ben rispecchiano
quelli dei testi finora ricordati ‘4, esamina altri tre modi, anch'essi comuni:
la negatio può cadere sull’intera proposizione categorica, è « negatio negans »
e rende composta e falsa la proposizione, o può cadere sul soggetto soltanto, è
« negatio infinitans » e rende divisa e vera la sofisma « Socrates dicit verum
si solum Plato loquitur », ivi, p. 250, e del sofisma « omnis homo, si est
Sortes, differt a Platone », pp. 42 sg. 14 Il primo riguarda le modali (cfr.
Logica, cit., V. 4, f. 40va: « oratio respectu alicuius modi »); il secondo
riguarda le proposizioni che « ratione alicuius coniunctionis vel adverbii »
possono essere intese come proposi- zioni categoriche o ipotetiche (ivi, f. 40vb);
il terzo sorge «ex co quod in aliquibus propositionibus aliqua dictio ex
diversis coniunctionibus ad diver- sas dictiones eiusdem orationis causat
diversos sensus, sicut de illa: ‘quicquid vivit semper est’ » (ivi, f. 41ra).
141 « Primus modus est per hoc quod una determinatio potest coniungi cum
utroque duorum determinabilium et separari ab altero, vel unum detet- minabile
cum utraque (ex utroque) duarum determinationum, ut in illa oratione:
‘quaecumque scit litteras nunc didicit illas’ [...], et in hac oratione
‘quicquid vivit semper est [...]. Similiter in illa: ‘quadraginta virorum
centum reliquit divus (ex dives) \Achilles®. In hoc autem modo sensus
compositus vocatur quando illa dictio coniungibilis diversis coniungitur cum illo ad quod habet situm
magis convenientem et divisus (ex divisis) vocatur quando separatur ab illo ad
quod habet situm magis convenientem, ut quando coniungitur cum illo ad quod
habet situm minus convenientem. Secundus modus est per hoc quod diversi termini
possunt coniunctim esse unum subiectum vel unum praedicatum, vel possunt
divisim unum esse subiectum et alterum praedicatum, ut in hac oratione
‘sedentem ambu- lare est possibile’. Potest enim totum dictum subici
et modus praedicari et e converso, et est sensus compositionis; vel potest una
pars dicti subici et alia praedicari et quod modus se teneat ex parte copulae,
et est sensus divisus et propositio divisa [...]. Tertius modus ponitur prout
plures termini possunt simul coniunctim subici vel praedicari in una proposi-
tione categorica, et possunt etiam divisim subici vel praedicari, et aequi-
valent tunc uni propositioni hypotheticae, ut in hac propositione: ‘quinque
sunt duo et tria’ [...]» (op. cit., VII, 3). sia Alfonso Maierù proposizione
(è il quarto modo) !®; la negatio negans può cadere sull’intera proposizione
ipotetica, e rende la proposizione co: ‘ posta e falsa, o può cadere solo sulla
prima categorica e la pro “ sizione allora è divisa e vera (quinto modo) !*;
infine data lino. tetica « homo est asinus et equus est capra vel deus est Îae
può avere una disgiuntiva, e la proposizione tutta è composta e vera, oppure
una congiuntiva, ed è divisa a falsa (sesto modo) !4, Buridano, il quale non
esclude che possano darsi altri modi ritiene che questi siano i principali !5,
i 5. La logica inglese da Heytesbury a Billingham La trattazione del senso
composto e del senso diviso nel secolo XIII e fino ad Alberto di Sassonia è
caratterizzata da due elementi: a) innanzi tutto, come si è detto, un
accostamento diretto al testo aristotelico, scavalcando la mediazione delle
summulae o dei commenti agli Elenchi sofistici fioriti alla fine del secolo
XII: questo accostamento è rivelato dai ‘modi’ presi in esame della maggior
parte degli autori che sono riconducibili in genere ad esempi occorrenti in
Aristotele; b) in secondo luogo, da un’ana- lisi condotta con i mezzi forniti
dalla grammatica speccilerive; ed è singolare che se nel solo Duns Scoto, tra
gli autori esaminati, le dottrine vengono in luce sistematicamente, l’uso di
certa termi: nologia e certe interpretazioni vadano ricondotte alle dottrine
della lasagne speculativa nelle quali trovano la loto giustificazione, L. sie
sea come in Occam e Buridano, esse sono in via di Nel secondo quarto del secolo
XIV in Inghilterra alcuni logici 12 Ivi, 13 Ivi. 14 Ivi. 145 Ivi. Terminologia
logica della tarda scolastica 541 impostano diversamente il problema. Emergono
sugli altri Gu- glielmo Heytesbury prima e Riccardo Billingham poi. Entrambi
dedicano un trattato ai problemi del senso composto e del senso diviso. Ma
Heytesbury ne parla a lungo anche nel secondo capi- tolo delle Regulae solvendi
sophismata, cioè il De scire et dubitare, e s'è detto che le Regulae vanno
datate al 1335 ‘9, di modo che, a questa data, Heytesbury aveva elaborato la
sua dottrina, almeno per quanto riguarda un capitolo fondamentale !. È
probabile che 14 Cfr. Introduzione. Ma nei vari capitoli delle Regulae, cit., è
presente la dottrina del senso composto e del senso diviso: cfr. De
insolubilibus, f. Tra: « Sed ista obiectio et ratio nimis cavillatoria est, et
bene potest dici sophistica, quia vadit solummodo ad verba et non ad
intellectum, cum intelligantur omnia superius posita i sensu diviso; arguit
autem iste cavillator contra ista in sensu composito: nimis enim esset prolixum
in verbis tantum instare, ut nihil diceretur quod cavillatorie non posset
impugnari. Ideo non tantum ad verba nuda, sed ad sententiam referas argumentum
et videbis quam potenter concludit »; De relativis, f. 21rb: «‘Tam incipit
aliquis punctus moveri qui per tempus quod terminatur ad instans quod est
praesens quiescet, ergo iam incipit aliquis punctus moveri et ille per tempus
termi natum ad instans quod est praesens quiescet’: notum est quod non valet
consequentia, quia antecedens est verum in casu et consequens impossibile. Unde
universaliter hoc nomen relativum relatum ad terminum stantem confuse tantum
non habet sic exponi. Arguitur enim in huiusmodi exposi- tione a sensu
composito ad sensum divisum », e f. 21va, a proposito di casi col verbo apparet
(altri casi con apparet in De scire et dubitare, f. 14va); De incipit et
desinit, f. 26rb: «Ad aliud cum arguitur quod Socrates in aliquo instanti
desinet esse antequam ipse desinet esse, optime respondetur distinguendo illam
penes compositionem et divisionem. Sensus divisus est iste: ‘in
aliquo instanti antequam Socrates desinet esse, Socrates desinet esse’, et ille
sensus claudit opposita. Sersus compositus est iste: ‘Socrates desinet esse in
aliquo instanti antequam desinet esse’; in isto sensu tenendo totum illud
aggregatum a parte praedicati, satis potest concedi illa propo- sitio »; De
maximo et minimo, f. 31va-b: « Sed arguitur forte quod primum est falsum quia
non est possibile quod 4 punctus sic movendo ita cito tangat punctum ultra 4
sicut 5, ergo 4 non poterit ita cito tangere aliquem punctum ultra 6 sicut %. Huic dicitur concedendo
conclusionem, et ex ista non 542 Alfonso Maierù in Inghilterra le Regulae siano
state al centro di discussione al loro apparire; è certo però che del De scire
et dubitare è stato fatto un adattamento incentrato sulla dottrina del senso
composto e del senso diviso, adattamento che, sotto il titolo (che è l’incipit)
Termini qui faciunt 8, ha avuto una certa fortuna nelle scuole !9. Viene da
chiedersi quale dei due trattati di Heytesbury sia anteriore all’altro, se le
Regulae o il De sensu composito et diviso: la fortuna arrisa al secondo
capitolo delle Regu/ae, che non si spiega se fosse stato disponibile l’altro
trattato, farebbe pensare all’antecedenza della composizione delle Regulae;
l’altro trattato, in tal caso, sarebbe stato composto per l’esigenza di
sistemare tutta la materia nel corso della discussione nell’ambito universi-
tario. Ma questa è solo un’ipotesi e non abbiamo elementi suffi- cienti a
confortarla. È un fatto però che, oltre ai termini modali, vengono in primo piano
in questa discussione i termini che riguar- sequitur quin ita cito sicut 4
poterit tangere, poterit ipsum etiam tangere aliquem punctum ultra è, quia ista
significat sensum divisum et alia concessa denotat compositionem », e ivi, f.
3lvb: « antecedens nam significat secundum divisionem, consequens autem
secundum compositionem » (cors. mio). 148 Cfr. appendice 1 a questo capitolo.
Ma è da tener presente che anche il primo capitolo delle Regulae, cioè il De
insolubilibus, ha avuto fortuna: cfr. WersnereL, Repertorium Mertonense, cit.,
pp. 212-213; il primo testo citato dal Weisheipl è l’expositio che ne fa
Johannes Venator: cfr. il mio Lo « Speculum »..., cit., p. 313 n. 67. 149 Il
trattato fra l’altro è in due codici, Padova, Bibl. Univ. 1123 e Worcester, Cath.
F. 118, che contengono, nella prima parte, una succes- sione di piccoli
trattati che potrebbero aver costituito un corpus di manuali per principianti
negli studi di logica, corpus formatosi nella seconda metà del sec. XIV in
Inghilterra (il ms. padovano è inglese); il cod. di Worcester porta
l'intestazione « Sophistria secundum usum Oxonie », mentre il rilievo per il
codice padovano è dovuto al compilatore del catalogo manoscritto (cfr. c. 341).
Il confronto fra il contenuto dei due codici merita un’analisi più
approfondita. Il WersHEIPL, The Development..., cit., p. 159, rileva che al De
scire et dubitare, comunque, si affiancano discussioni analoghe a Oxford: si
ricordi fra l’altro, la discussione di John Dumbleton (primo libro della
Surzzza) sull’intensio e remzissio della credenza, ecc. Terminologia logica
della tarda scolastica 543 dano ‘atti dell'anima’, come si vedrà in seguito;
che termini modali e verbi designanti « actus animae » sono ferzzini officiales
secondo la dottrina della probatio propositionis !°; che il De sensu composito
et diviso di Billingham tratta prevalentemente dei zer- mini officiales!!; che
in un adattamento anonimo !° dell’altro trattato di Billingham, lo Speculum, la
dottrina della probatio dei termini officiales è ricondotta a quella del senso
composto e del senso diviso, come non è nello Speculum di Billingham. : Tutto
ciò fa pensare che i temi del De scire et dubitare di Heytesbury, più che non
quelli del De sensu composito et diviso, abbiano avuto fortuna in Inghilterra per
la dottrina che ci riguarda, a meno che non si postuli l’esistenza, in ambiente
universitario, anteriormente a Heytesbuty e a Billingham e quindi ai
manipolatori dei loto trattati, di un testo o di un dibattito che abbia
condizionato e convogliato lo svolgimento successivo delle elaborazioni
relative al senso composto e al senso diviso sui termini che saranno poi detti
officiales !*. In tal caso però il De sensu composito et diviso di Heytesbury
con la sua ricca articolazione resterebbe sempre più un fatto isolato che non
trova precedenti, se non quelli lontani (e non sappiamo quanto noti in ambiente
oxoniense) del seco- lo XII. Forse per sciogliere questo nodo sono necessarie
altre indagini sui manoscritti. Ciò che caratterizza le analisi del senso composto
e del senso diviso proposte in ambiente oxoniense rispetto a quelle dei secoli
precedenti e dei contemporanei che operano in continente! è 150 Cfr. cap. VI, $
6. 151 Vedi più avanti, p. 556. 152 Cfr. Cambridge, Corpus Christi College ms.
378, ff. 34v-45v; per esso v. il mio Lo « Speculura »..., cit., pp. 302 e
323-324. 5 153 L’ipotesi è stata già avanzata in Lo « Speculum »..., cit., pp.
389 390 n. 128, sulla base d’un primo confronto tra i testi di Heytesbury e di
Billingham. ; i : d 154 Quando Occam scrisse il Tractatus logicae minor e
l’Elementarium (nel quale ultimo dà ampio spazio alla dottrina delle fallaciae)
era in con- 544 Alfonso Maierà l’abbandono sia del testo aristotelico — che non
viene più seguito da vicino e costituisce così solo il lontano punto di
partenza della discussione — sia dell’impostazione mutuata dalla gramma- tica
speculativa, quale abbiamo trovato in Duns Scoto: resta, di questa, un’esigenza
che ormai la logica ha fatto propria da tempo, e cioè l’attenzione alla
‘struttura’ della proposizione esaminata; non sono però più rodi significandi o
proferendi a fornire la intel- lectio dei vari sensus della proposizione, ma la
‘posizione’ occu- pata dalle varie dictiones. Il tema ha avuto uno sviluppo
note- vole grazie alla discussione sulle proposizioni modali, come abbia- mo
visto nel capitolo quinto, ma ora viene esteso a tutta la trattazione del senso
composto e del senso diviso, e, più general- mente, diventa punto cruciale
delle analisi logiche di questo periodo, giacché è su di esso che si incentra,
come si è detto, anche la discussione della probatio propositionis. Un altro
elemento caratterizzante è il controllo dei rapporti tra senso composto e senso
diviso effettuato mediante corseguentia che, accennato qua e là in precedenza!5,
viene esaltato nell’analisi proposta da Heytesbury. Ci siamo già occupati in
altra sede del trattato di Heytesbuty !%; tinente da tempo (v. Introduzione. Quanto
ai rapporti d’inferenza dell’un senso dall’altro, già ABELARDO, Glosse super
Periermenias, rilevava a proposito delle proposizioni con possibilis: «Et
videtur semper affirmatio ‘possibilis’ de sensu inferre affirmativam de rebus;
sed non convettitur. E contratio autem negationem ‘possibilis’ de
rebus inferre negationes de sensu», e p. 32: « Cum autem affirmative de
‘possibili’ de sensu inferant affirmativas de rebus (sed non convertitur) et
negative de rebus negativas de sensu (sed non convertitur) [...]». Cfr. Occam,
Elementarium logicae, cit., p. 123: «Est autem sciendum quod, licet talium
orationum sint semper distincti sensus, tamen saepe unus sensus infert alium
ita quod saepe impossibile est quod unus sensus sit verus sine alio [...]». Gli altri testi pongono
paralogismi (figure sillogistiche), non conseguentiae. 156 Cfr. Il « Tractatus
de sensu composito et diviso » di Guglielmo Heyte- sbury, « Rivista critica di
storia della filosofia] a questa esposizione rimandiamo per problemi
particolari e ci limitiamo qui a richiamare gli elementi fondamentali che
carat- tetizzano l’opera !7. Il maestro individua otto modi del senso composto
e del senso diviso. Essi sono classificati in base ad elementi sincate-
gorematici o che hanno importo sincategorematico. Il primo ha luogo con i
termini ampliativi o modali 8: si ha senso diviso quando il ‘modo’ viene a
trovarsi tra le parti del dictum e, se verbo, è in forma personale; si ha senso
composto quando il modo precede il dictum e sta 4 parte subiecti: il modo in
tal caso, se verbo, è impersonale !9. Il secondo modo ha luogo con i verbi
dotati di « vis confun- 157 Sarebbe da discutere lo stato del testo, anche in
ordine ai commenti che esso ha avuto in Italia, ma è questione che ci
porterebbe troppo lontano. Ci limitiamo qui a utilizzare l’edizione veneziana
del 1494, che raccoglie le opere di Heytesbury. Nel prossimo paragrafo,
parlando dei maestri italiani, diremo qualcosa circa il testo ch’essi avevano
presente, almeno per quanto riguarda la distinzione dei vari modi. 158 De sensu
composito et diviso, cit., f. 2ta-b: « Et primus modus sicut in principio fuit
exemplificatum est mediante hoc verbo ampliativo ‘pos- sum’ vel quocumque
consimili ampliativo, sicut ‘convenit’, ‘verum’, ‘possibile’, ‘impossibile’,
‘contingens’ et sic de aliis, quibuscumque similibus accidit compositio et
divisio ». 159 Ivi, f. 2rb: «Et sciendum est quid sit sensus compositus et divisus
respectu primi modi, sicut et respectu aliorum modorum, et generaliter respectu
quorumcumque modorum positorum, et primo cum hoc verbo ‘potest’ sive fuerit
suus modus, qualis est ille terminus ‘possibile’, ‘necesse’, ‘necessario’ vel
‘de necessitate’ et sic de talibus. De quibus sciendum est quod quando aliquis
ipsorum invenitur in aliqua prmpositione absque alio relativo implicativo
sequenti [v. il 3° modo], tunc est sensus divisus et tunc tenetur illud verbum
ampliativum in tali proposittone personaliter [...]. Sed quando illud verbum
‘potest’ vel suus modus totaliter praecedit in aliqua propositione, tunc est
sensus compositus et tunc sensus compositus significat identitatem instantaneam
possibilem respectu istius compositionis sequentis illum terminum ‘possibile’
et tunc tenetur ibi talis terminus dendi » 1: si ha senso composto quando il
verbo precede gli altri termini, e senso diviso quando tale verbo non è il
primo nella proposizione 181, ì Il terzo modo si verifica con il pronome
relativo !£. Il caso più semplice è quello del pronome gui: esso può avere
expositio in et ille; se ha expositio, la proposizione categorica equivale a
una ipotetica, cioè alla congiunzione di due proposizioni catego- riche; se non
ha expositio, la proposizione resta categorica. Si ha senso composto nel
secondo caso, senso diviso nel primo !£, ampliativus impersonaliter [...] »; v.
cap. V, $ 7. 10 Ivi, £ 2rb: «Secundus modus est mediante termino habente vim
confundendi, sicut sunt huiusmodi verba: ‘requiro’, ‘indigeo’, ‘praesuppono’ incipio’,
‘desidero’, ‘cupio’, ‘volo’, ‘teneo’, ‘debeo?’, ‘necessarium’, ‘semper’, ‘in
aeternum’, ‘aeternaliter’, ‘immediate’, et sic de aliis ». ” del Nel primo caso
non è lecito il descersus dal termine confusus ai suoi inferiora, mentre nel
secondo il termine non confusus ha supposizione dreraioit Ma Heytesbury non si
sofferma su tutto ciò. ; "Ivi: « Tertius modus est mediante termino
relativo ‘qui’, ‘quae’ quod’, qualiscumque?, ‘quicquid’, et hoc maxime respectu
termini com- munis stantis confuse tantum, sicut sic arguendo: immediate post
hoc erit instans quod immediate post hoc erit, ergo immediate post hoc erit
instans et illud immediate post hoc etit ». ; 163 Ivi, £. 2va-b: «Nota hic duas
regulas pro relativis. Prima est quod illud relativum ‘qui’, ‘quae’, ‘quod’ vel
‘quid’, quandoque exponitur per unam coniunctionem ‘et’ et per illud relativum
‘ille’, ‘illa’, ‘illud’, et ali- quando non exponitur, quando ipsum praecedit
negatio vel terminus includens negationem, [2] et quando refert terminum stantem
confuse tan- tum, [3] et quando praecedit verbum principale, sicut patet in
proposi tionibus antedictis in tertio modo. — Secunda regula est, quod quando
relativum ponitur in eadem categorica, supponit sicut suum antecedens ut ‘omnis
homo est animal quod est rationale’, sed relativum positum in alia categorica
variat suppositionem, ut ‘omnis homo est animal et illud est rationale’: quia
terminus relativus numquam debet sic exponi dum refertur ad terminum communem
stantem confuse tantum (cfr. [2]), sive post negationem
(cfr. [1]), sive post terminum distributum immediate positum, quod fit quando
propositio est in sensu composito. [...]: tunc est sensus divisus quando illud
relativum subsequitur verbum principale. Li] Terminologia logica delli tarda scolastica 547
Il quarto modo si ha con i termini infinitus e totus che, quando precedono
tutta la proposizione, hanno valore sincategorematico, altrimenti hanno valore
di categoremi: nel primo caso la proposi- zione è in senso diviso, nel secondo
in senso composto !*. Il quinto modo si ha con la congiunzione ef !9 posta fra
ter- mini che stanno 4 parte subiecti o 4 parte praedicati 16. essa fa senso
composto quando dalla proposizione originaria non è possi- bile inferire una
congiunzione di proposizioni, senso diviso nel caso contrario o quando sia
possibile inferire una proposizione contenente uno dei due termini senza
l’altro col quale in origine stava in congiunzione !. Il sesto modo si verifica
quando occorre la congiunzione tune est sensus compositus quando illud
relativum praecedit verbum princi- pale (cfr. [3]), et hoc sive illud
relativum sumatur in recto sive in obliquo ». 16 Ivi, f. 2rb: « Quartus
modus est mediante termino quandoque categorematice sumpto quandoque
syncategorematice, cuiusmodi est terminus ‘infinitus, -ta, -tum’, TOTVS, -ta,
-tum’; et ad hunc modum possunt reduci isti termini prius positi adverbialiter,
scilicet ‘semper, ‘in aeternum?’, ‘aetet- naliter? et sic de aliis » (l’autore
li ha posti anche nel secondo modo, n. 160); f. 2vb: «Unde generaliter quando
iste terminus ‘infinitum’ vel aliquis huiusmodi terminus syncategorematice
praecedit totaliter propositionem ita
quod istum non antecedit aliquis terminus qui est determinatio respectu istius
termini stantis syncategorematice, tunc est sensus divisus [...]»: se ne
inferisce che nel caso contrario si ha senso composto (ma cfr. f. 3ra: «[...]
sed quando aliquis terminus determinabilis respectu istius praecedit ipsum
quando ponitur a parte subiecti, tune tenetur categorematice, sicut quando
ponitur a parte praedicati [...]»). 165 Ivi, f. 2rb: « Quintus modus mediante
illa copula coniunctionis ‘et’, sicut sic arguendo: isti homines sunt Romae et
Ausoniae, igitur isti homines sunt Romae ». 166 Si ricava dagli esempi che
occorrono ivi, ff. 3ra-b. 167 Ivi, f. 3ra: « Respectu notae huius coniunctionis
‘et’, si fiat compo- sitio vel divisio, faciliter potest cavillari, quia
differentia faciliter apparet inter sensum compositum et divisum»; è infatti
uno dei modi più tradi zionali. L'ultimo caso ha riscontro nel testo della n.
165. sa Alfonso Maierà vel'®: si ha senso diviso quando è possibile
interpretare la pro- posizione originaria come una disgiunzione di proposizioni
cate- goriche, e senso composto quando ciò non è possibile !9, Il settimo modo
ha luogo con le determinazioni ita o sicut in quanto esse hanno il potere di
limitare ‘a un certo tempo’ (passato, presente, o futuro) la supposizione dei
termini se- guenti !”; se una proposizione è preceduta da una tale determina-
zione e non è « de simplici subiecto et de simplici praedicato » 17, si da
senso composto; se invece la determinazione manca, si ha 1 Nel primo elenco dei
modi, questo appare come settimo (ivi, f. 2rb): « Septimus modus mediante ista
disiunctione ‘vel’, ut patet in hoc sophi- sma(te): ‘omnis propositio vel eius
contradictoria est vera’ ». Ma nell’espo- sizione dei modi esso è discusso come
sesto (£. 3rb). 19 L’autore non fornisce molti elementi. Precisa tuttavia,
nell’ambito della validità delle regole della disgiunzione note dalla logica
degli enun- ciati (ivi, £. 3rb): si vero fuerit post distributionem vel
negationem vel aliquem terminorum habentem vim negationis distribuendi vel
confun- dendi, tunc [non] fallit argumentum tamquam ab inferiori ad suum supe-
rius cum negatione vel distributione, quia universaliter disiunctus est supe-
rior quam aliqua eius pars; ideo non sequitur: tu differs ab asino, ergo tu
differs ab homine vel ab asino » (differo è termine confundens). 170 È sesto
nella prima elencazione dei modi; ivi, f. 2rb: Sextus modus est mediante illa
determinatione ‘ita’ vel ‘sicut’, ut “ita erit’, ‘ita fuit, ‘ita est’, ‘sicut
est’, ‘sicut fuit’, ‘sicut erit’, ut sic arguendo: ita est quod Socrates erit
tantus sicut Plato, ergo Socrates erit tantus sicut Plato, vel e contra ». I
Ivi, f. 3rb: «Quando arguitur componendo vel dividendo mediante hac
determinatione ‘ita est’, ‘ita fuit’, ‘ita erit’, ‘ita potest esse’, vel
respectu termini distributi, vel respectu duplicis compositionis, vel
negationis, vel alicuius habentis talem vim cuiusmodi est iste terminus
‘necesse’, frequenter fallit ille modus, ut sic arguendo: ita erit quod tu es
omnis homo existens in ista domo, igitur tu eris omnis homo existens in ista
domo [...]. Respectu tamen compositionis simplicis, de simplici subiecto et de
simplici praedicato, bene valet consequentia: ita erit quod tu eris episcopus,
ergo tu eris episcopus [...], et causa est, qui ad idem instans refertur
determinati et illa propositio, sed non est sic de aliis ». Sembra quindi che, per
Heytesbury, quando la proposizione che segue la determinazione ha lo stesso
tempo della determinazione, è valida l’inferenza, se invece il tempo della
proposizione è senso diviso, giacché in tal caso soggetto e predicato, la il
tempo del verbo non è al presente, si comportano come in qualsiasi propo-
sizione di verbo ampliativo. eda) L’ottavo modo è proprio dei verbi che
designano atti dell dia letto o della volontà !?; alcuni di essi sono elencati
nel secon " modo tra i termini aventi «vis confundendi» . Essi hanno quia
i capacità di ‘confondere’ i termini seguenti, ma oltre fa ciò ue il potere di
far sì che il dictum seguente « appellat se pi Si ha senso diviso quando il
verbo sta tra = parti del Ing Um; se invece totalmente lo precede '® o lo segue
!, allora si ha senso composto. Mo Le A questi otto modi Heytesbury fa seguire
in una p 14 cazione un nono modo, che poi tralascia nella span pren zione,
perché ritiene sia da considerare sotto la E e ca niîs », ma che avrà fortuna
presso i commentatori del seco ; Ecco il testo: Nonus modus, mediante termino
nie poso a ser legni | 5 > a i i de futuro ad eundem termim r respectu verbi
de praeterito vel d i eun È È - a parte praedicati; respectu eiusdem verbi qui
modi possunt redu i i i eno diverso da quello della determinazione, l’inferenza
non è valida (così alm i o i 1 n * DIRCI n Se ruta « Octavus modus mediantibus
terminis pe reni volusitatisi sive intellectus significantibus, sicut sempe en
oc verl ; ‘haesito”, ‘credo’, ‘volo’, ‘desidero’, ‘appeto’ et sic de aliis ». s
173 Cfr. n. 160. 17 Cfr. cap. I. | 3 RE 5 De sensu composito et diviso, cit.,
f. 3va: « [...] et tunc est So È pins ue divisus in istis propositionibus, nre
ed pr gen i i jat inter huiusmodi casi intellectus seu voluntatis media i | È :
infinitivi modi [...]. Sed quando huiusmodi verbum praecedit totaliter,
tunc t sensus compositus [....] ». . . : ha 176 Questa precisazione è solo nel De
scire et dubitare, cit., f. 13rb (è pic attenuata nel trattato De sensu
composito et diviso?), ma è Ra a incertezza dall'autore: cfr. il mio Lo «
Speculum »..., cit., pp. 389- 9 ni Alfonso Maierù ad compositionem vel
divisionem, sed magis est fallacia figurae dictio- nis, ut ‘album erit nigrum,
ergo nigrum erit album’: non sequitur 1”, Per tutti i modi, Heytesbuty precisa
che l’inferenza dal senso composto al senso diviso, o viceversa, non vale a
meno che ciò non sia possibile « gratia terminorum » 19: così, per l’ottavo
modo, quando occorre il pronome hoc in una proposizione il cui verbo sia scio,
senso composto e senso diviso sono equivalenti 1? De sensu composito et diviso,
cit., f. 2rb: il testo ha 4 parte praeteriti invece di 4 parte praedicati. 178
Per il primo modo, cfr. ivi, f. 2va :« Arguendo a sensu diviso ad sensum
compositum, ubi sensus divisus verificetur per huiusmodi succes- sionem
respectu diversarum partium temporis cuius compositio est possibi lis pro
instanti, consequentia non valet. Sed respectu terminorum in quibus huiusmodi
compositio est possibilis per instans nec aliunde per aliquam rela- tionem
implicativam aliud denotatur per sensum divisum quam per sensum compositum, vel
e contra, valebit consequentia »; per il secondo modo, ivi: « Arguendo a sensu
composito ad sensum divisum mediante aliquo termino habente vim confundendi
terminum sicut prius est dictum, generaliter conse- quentia non valet »; per il
terzo modo, ivi: «Item respectu terminorum relativorum non valet consequentia a
sensu composito ad sensum divisum communiter, nisi fuerit gratia materiae » (ma
un discorso più complesso si vedrà nei commenti); per il quarto, ivi, £. 2vb:
«[...] respectu terminorum qui sumuntur aliquando categorematice, aliquando
syncategorematice, infe- rendo sensum compositum ex sensu diviso fallit
consequentia »; per il quinto, ivi, f. 3ra: «Sed satis possunt faciliter aliqui
respondere dicendo quod non valet consequentia arguendo a sensu diviso ad sensum
compo- situm seu e converso mediante illa nota coniunctionis ‘et’ post terminum
distributum. Similiter cum ista coniunctio ‘et’ copulat duos terminos a parte
subiecti positos quorum unus est distributus alius non, difficilis est
responsio (ma la differentia fra i due sensus faciliter apparet: cfr. n. 167);
per il sesto, cfr. n. 169; per il settimo, cfr. n. 171; per l’ottavo, ivi, f.
3va: «In omnibus (sc. exemplis) nam est sensus divisus impertinens sensui
compo- sito et e converso et proptetea est consequentia mala [...] » e «[...]
potest igitur dici quod non valet consequentia huiusmodi arguendo a sensu
diviso ad sensum compositum nisi gratia terminorum ». 551 Terminologia logica
della tarda scolastica i ALE i drianii giacché è irrilevante che il termine
immediato (hoc) preceda o segu ; 179 verbo !?. Ho E: E° î Il trattato di
Heytesbury non è privo di ge sog testo che abbiamo esaminato !°, e non sempre
gli eleme La valgono a chiarire la portata delle affermazioni del ce (slide i i
in ciò sia ir i i trina. Ma aiutano in ciò s : fissarne con chiarezza la dot i
. e a quanto sappiamo delle dottrine precedenti (per bm o a le proposizioni cum
dicto, specie le moda li, e i ta ig pe tutto, mentre per quanto riguarda i
relativi ca der ci sun i che però no! Y- h, Occam, Sutton ‘*, 1 e s'è detto, a
Burleigh, pe a Lnccvis in termini di senso composto e La diviso), s mi ro Wo
Siae zan] i sedi de scire — ha Su tutti i modi, l'ottavo — ge in Heytesbury la
trattazione più estesa nel De sensu sonpasie Ù i i sta - ivi. Itre a quella
delle Regulae). Questi verbi, cui è i ap i ione 12, nel secolo XIV rice- pre
riservata una particolare attenzione "*, cer vono, come si è detto,
un’accurata analisi. Nella Logica » i ini i i insieme i verbi scio, dubito,
volo e i termini modali sono trattat izi ivisione: si ha senso composto i i e e
alla divisione: si np ordine alla composizione e ( cl cina uno di questi
termini precede il resto ar Line pa i i i tra gli elemen i ivi ndo il termine
sta le del ice i 5 in fine della proposizione (cioè dictura; quando invece sta
in tin mana icati izione s assi a parte praedicati), la proposi? id Art probata
in senso composto o in senso A i iu Cit., pp. 254-255. 19 ivi, f. 3va, e Il
«Tractatus »..., cit., PP. 4? sala 180 iaia a e e alla successiva eliminazione
del nono ;i basta scorrere i rilievi fatti nelle note precedenti. 181 . VI, n.
132. : nu: . dr 182 ‘n dall'Ars Meliduna, cit., p. 348, dove i verbi | piso | A
sono detti verbi « quorum significatio proprie ce si - sg i Strope, Logica,
cit., f. 19ra: « Et ideo quando in dun ga orum: ‘scio’, “dubito”, ‘volo’ et
terminus rogge peo grin : ; ° i i ici Opos: i iti dictum, dicitur talis pr s A
iragiorg pg sorde » ‘possibile est album esse nigrum’. F posito, ut ‘scio
Socratem currete’, pos » 952 Alfonso Maierù più che al posto occupato dai verbi
indicanti atti dell'anima e dai modi, bada, come si è visto !#, alla
supposizione che essi conferi» scono ai termini sui quali operano: nel senso
composto causano supposizione semplice, nel senso diviso supposizione personale.
La stessa tesi di Strode è sostenuta dall’anonimo adattamento dello Speculum
contenuto nel ms. 378 del Corpus Christi di Cambridge: si ha senso composto
quando uno dei detti termini (e sono zerzzini officiales) precede il resto
della proposizione, senso diviso quando sta per i termini del dictum; quando
sta in fine, allora indifferenter si può avere senso composto o senso diviso
185, quando mediat accusativum et infinitum verbi in propositione, ut ‘album
possibile est, vel potest esse nigrum’, dicitur sensus divisus. Sed quando
finaliter sequitur, dubitandum est arguentem, an velit tenere talem propo-
sitionem arguens in sensu composito vel in sensu diviso, sicut in ista ‘omnem
hominem esse animal est necessarium’. Si sumatur in sensu compo- sito, conceditur
quod sic tunc debet probati: talis propositio est necessaria, scilicet ‘omnis
homo est animal’, praecise significans quod omnis homo est animal, ergo omnem
hominem esse animal est necessatium. Et si capiatur in sensu diviso, debet
probari ut universalis, scilicet per singularia vel pet exponentes, quarum
quaelibet est falsa »; cfr. anche ff. 19rb e 26vb. 14 Cfr. capp. V, $ 7, e VI,
$ 6. 185 Op. cit., f. 42r-43r: «Termini officiabiles sunt omnes termini fa-
cientes sensum compositum et solum talis propositio in sensu composito est
officiabilis. Et termini facientes sensum compositum sunt omnia signa mo-
dalia, ut ‘possibile’, ‘impossibile’, ‘contingens’ et ‘necessarium’, et omnia
verba significantia actum mentis, ut ‘scire’, ‘nolle’, ‘credere’, ‘imaginari’,
‘percipere’, ‘dubitare’, ‘haesitare’, ‘demonstrate’ et similia. Unde quando
aliquis istorum terminorum totaliter praecedit dictum propositionis facit
sensum compositum (tantum 4dd. inferl.), ut ‘scio deum esse’, ‘possibile est
hominem esse animal’. Sed quando aliquis istorum terminorum intermediat dictum
propositionis, scilicet (ponitur) inter accusativum casum et infini- tivum
modum, tunc facit sensum divisum tantum, ut ‘hominem possibile est cuttere’.
Sed quando aliquis istorum terminorum finaliter
subsequitur dictum propositionis, tunc ista propositio potest
indifferenter sumi in sensu composito vel in sensu diviso, ut ‘hominem cutrere
est possibile’. Omnis propositio in sensu composito est officiabilis, ut ista
‘necesse est deum esse’ sic officiatur: talis propositio est necessaria ‘deus
est” propter eius Terminologia logica della tarda scolastica 553 Il trattato
Termini qui faciunt, a proposito degli stessi termini (modali e verbi
designanti atti dell'anima), scrive « [...] quando aliquis praedictorum
terminorum vel consimilium praecedat tota- liter dictum propositionis vel
finaliter subsequitur, tunc ii illa propositio in sensu composito », e
aggiunge: « sed quando - quis dictorum terminorum mediat dictum propositionis,
id est ponitur in medio inter accusativum casum et modum infinitum, tunc illa
propositio est totaliter accepta in sensu diviso »!; ica - SAR la stessa tesi
ritroviamo nell’anonimo trattato Termini cu. quibus ®8. Il trattato De sensu
composito et diviso di Riccardo Billin- gham è da ricondurre a queste ultime
discussioni. be L’autore si interessa a quello che considera il primo modo
primarium significatum ‘deum esse’, igitur necesse est deum esse. Li Lay
propositio in sensu diviso est resolubilis, si primus e sit reso! - ni vel exponibilis,
si primus terminus sit exponibilis. tì um prim: ; - ‘hominem possibile est
currere’ sic resolvitur: hoc possibile est nn fa hoc est homo, igitur etc. Exemplum
secundi: ‘omnem esi pe est currere’ sic exponitur: hominem possibile est
currere et nih | est homo quem vel quam non est possibile currere, igitur etc. Unde propositio è rg diviso
debet probari per primum terminum mediatum in illa i proposi ros : Il primo
termine sul quale la probatio si opera può essere impedito Si A DI s° «Sed nota
quod primus terminus. probabilis impeditur sex mo; 1 ni modo, per propositionem
hypotheticam, ut ‘si homo currit, “1 currit?. Secundo modo, per propositionem
modalem in sensu composito, ut pe cutrere est impossibile’. Tertio modo, per
exceptivam et per exe cp ut ‘omnis homo praeter Socratem currit?. Quarto modo,
in propositione p cr ralis numeri, ut ‘duo homines habent duo capita’. Quinto
modo, pa 5 relativum ponitur a parte praedicati et refertur ad terminum stantem
discre e vel determinate, ut ‘homo currit qui est albus?. Sexto modo; per ig
tionem negativam, quae debet probari per eius oppositum, ut n us e currit’ A_
parte l’ultimo modo, ben noto agli altri sostenitori E" pro pei i primi
cinque non sono ricordati come impedienti la probatio del primo mine: ma essi
richiamano regole del senso composto note in past (1° e 2°, 4°) o al tempo
dell’autore (5°); per il terzo modo, cfr. il cap. IV. 186 Cfr. appendice 1. 187
Cfr. appendice 2. 554 Alfonso Maierà e che ha luogo con i termini officiales:
modali e verbi signifi- canti actum mentis! Degli altri modi, egli ricorda
quello che può essere luogo con e?! o con vel!9, Ma, per quanto riguarda il
primo modo, egli afferma categoricamente ! che si ha senso composto quando il
termine comune è preceduto da un termine officiabile e senso diviso quando il
termine comune segue il termine officiabile ‘2, giacché la probatio
propositionis può essere fatta solo in base al primo termine della proposizione
!?, Per il resto, il trattato non contiene novità né a proposito della dottrina
che qui ci interessa, né per quanto attiene alla probatio della pro- posizione
quale la conosciamo. i È necessario rilevare, concludendo queste note, che la
dot- trina della probatio si è così impadronita di quella del senso com- posto
e del senso diviso, che in Heytesbury si presentava come una sistemazione dei vari
capitoli della logica di quel tempo-in funzione di un preciso punto di vista.
Questo predominio della probatio sul senso composto è sul senso diviso dopo
Heytesbury permetterà, come vedremo, ai maestri italiani di spiegare il testo .
de [Voco autem officiale omnem terminum verbalem significantem actum mentis, ut
‘imaginor’, ‘intelligo’, ‘scio’, ‘credo’, ‘dubito’ ‘significat’, ‘supponit’ et
huiusmodi, quae communiter verba non sunt vera actus singulis simplicis sicut
sunt huiusmodi verba ‘percutio’, ‘vendo’, ‘do’ et huiusmodi »; ma si veda, per
i modali, ivi e Speculur, cit., pp. 345-346. o Ms. Paris, B.N., lat. 14715, f.
82ra: « Penes secundum modum com- positionis et divisionis fiunt per o"
(notam?) copulationis ut ‘quinque sunt duo et tria’, quae falsa est ». DE Cfr.
ivi, f. 82ra: «Similiter in sensu diviso cum disiunctione, ut contingit hoc
esse, igitur contingit hoc esse vel non esse; tu scis 4 vel b igitur tu scis 4;
haec significat 4 esse, igitur significat et esse vel £ non esse »:
Evidentemente Billingham, che non si rifà al trattato di Heytesbury, adotta uno
schema tradizionale in due o tre modi, al quale si riferisce, 191 BILLINGHAM
polemizza contro chi sostiene che si abbia senso composto anche quando
l’officiabile segue gli altri elementi della proposizione: cfr op. cit., pp.
389 sgg. ° 192 Ivi, pp. 387-389. 19 Cfr. Speculum..., cit., p. 373. —1
Terminologia logica della tarda scolastica 553 di Heytesbury con le nuove
regole, in modo da eliminare ogni incertezza dall’opuscolo del maestro. 6. I trattati
italiani dei secc. XV-XVI In Italia la dottrina che studiamo ha avuto due
forme, legate a due diverse tradizioni. La prima (per la quale basti ricordare
Paolo Veneto), è quella più diffusa nella logica inglese, incen- trata sui
termini officiales; l’altra — della quale esamineremo, nell'ordine, i testi di
Paolo da Pergola, Battista da Fabriano, Alessandro Sermoneta, Bernardino di
Pietro Landucci e Bene- detto Vettori — segue invece da vicino il resto di
Heytesbury, che in Italia ha avuto enorme fortuna. Paolo Veneto tratta ex
professo del senso composto e del senso diviso nel trattato 21 della prima
parte della Logica magna. Riconosciuto che la dottrina « ortum trahit a
terminis officia- bilibus » !*, egli respinge la tesi di coloro che assumono la
proposi- zione in senso composto quando il modus! precede il dictum o lo segue
e in senso diviso quando esso sta tra le parti del dictum '6, ma respinge anche
la tesi di chi (come Pietro di Man- tova) ritiene che si ha senso composto solo
quando il modus pre- cede il dictum, mentre quando esso sta tra le parti del
dicturz 0 lo segue si ha senso diviso !”. Per parte sua si schiera con coloro
che 14 Logica magna, cit., I, 21, f. 76rb. 195 Si ricordi (cfr. cap. VI, n. 279
e il cap. V, sulle proposizioni modali), che Paolo Veneto ammette varie specie
di ‘modi’; cfr. ivi, f. 76rb-va: « Pro quo est notandum quod omnes illi modi
superius explicati, puta nominalis, verbalis, participialis et adverbialis,
sensum compositionis et divisionis expri- mere possunt, sed qualiter est
difficultas ». 196 Ivi, f. 76va: « Dicunt quidam quod universaliter
quandocumque modus simpliciter praecedit orationem infinitivam vel finaliter
subsequitur eandem, sensus compositus firmiter nominatur, ut ‘possibile est
Socrates currere’, “Socratem currere est possibile’; sed quando mediat dictum,
sensus divisus vocatur, ut ‘Socratem possibile est currere’ ». 197 Ivi: « Alli
dicunt quod quando modus simpliciter praecedit est sensus 256 Alfonso Maierù
ritengono che il modus posto in fondo fa sì che la proporzione sia assunta
indifferenter in senso composto e in senso diviso: Dico ergo aliter tenendo
medium istorum, quod quandocumque modus simpliciter praecedit dictum
categoricum vel hypotheticum facit sensum compositum, et quando mediat verbum
dicti et primum extremum tenetur in sensu diviso; sed quando finaliter
subsequitur idem potest indifferenter sumi in sensu composito et (in) sensu
diviso 18, Li Quando è in senso composto, la proposizione è officiabile in
ragione del termine officiabile che precede o segue il dictum (la proposi-
zione, con l’officiabile che segue il dicturz, aequipollet ‘9 a quella con
l’officiabile che precede); ma quando è in senso diviso essa è resolubile. Ma
bisogna fare attenzione: quando la proposizione in senso diviso ha il zzodus «a
patte praedicati », se un termine comune precede il verbo di modo infinito, la
probatio comincia dal termine comune; ma se il verbo è preceduto solo da un
termine immediato, la probatio comincia dall’officiabile anche quando questo
sia preceduto da un termine comune posto comunque dopo compositus ut prius, sed
quando mediat vel finaliter subsequitur est sensus divisus, ut “4 scio esse
verum’ et ‘4 esse verum est scitum a me. Cfr. PieTRO DI MANTOVA, Logica, cit.,
f. [105va]: «Item, praemittamus quod verba pertinentia ad actum mentis faciunt
sensum compositum et sensum divisum. Faciunt autem sensum compositum cum
totaliter praecedunt dictum propositionis, ut ‘scio hominem currere’; sensum
autem divisum faciunt cum inter partes dicti mediant aut totaliter sequuntur:
ideo haec est in sensu diviso ‘hominem scio currere’, aut ‘hominem cutrere
scio’ » (è il trattato De scire et et dubitare, e la giustificazione è che
questi verbi operano la e a sui termini seguenti, non su quelli precedenti; si
veda cap. VII, 198 ; i " Ried ale Logica magna, cit., I, 21, f. 76va; in
luogo di surzi, In sensu composito est falsa (sc. propositio ‘creantem esse
deum est necessarium’) quia tunc aequipollet huic ‘necessarium est creantem
esse deum’ et officiabilis, sicut illa valet: propositio est necessaria ‘crean:
est deus’ sic primarie significando, quod falsum est ». i Terminologia logica
della tarda scolastica 557 il verbo di modo infinito ?°, Degli officiabili, i
termini modali nella forma verbale fanno senso composto se sono presi imper-
sonalmente, senso diviso se presi personalmente ?", mentre la loro forma
avverbiale, che è esponibile, si comporta in tutto come la forma nominale ?®.
La proposizione interpretabile in senso composto e in senso Est ergo pro toto
notandum quod quando talis modus finaliter subsequitur et tenetur in sensu
diviso, si verbum infinitivi modi terminus mediatus praecedit, ab ipso
incipiatur probatio propositionis. Si autem fuerit terminus immediatus, a modo
incipiatur probatio propositionis per offi- ciantes, non obstante quod ipsum
praecesserit terminus mediatus existens post verbum, verbi gratia dicendo: ‘hoc
esse creans est necessarium’, illa propositio officiabilis est sicut illa cui
aequipollet: ‘hoc necessarium esse est creans’. Sed dicendo: ‘hoc creans esse
est necessarium’, propositio illa est resolubilis respectu istius termini
‘creans’, sicut illa ‘hoc creans necesse est esse’. Ita ergo quod si dicerem
‘deum esse creantem est necessarium’, primus terminus probabilis est li ‘deum’
et secundus est li ‘necessarium’. Sed si dicerem: ‘deum cteantem esse est
necessarium’, primus terminus est li ‘deum’ et secundus li ‘creantem’, dato
adhuc quod sit appositum verbi infinitivi ». È da notare che, allo stesso
proposito (senso diviso con modo in fine), l’autore ha sostenuto che la
proposizione « creantem esse deum est necessarium » è resolubile grazie al
termine creanferz, così: « hoc esse deum est necessarium et hoc est creans,
ergo creantem esse deum est necessarium », e che la proposizione « hoc esse
deum est necessarium » va officiata (« Et in sensu diviso similiter, quia debet
officiari immediata facta resolutione primi termini [...]», ivi). 201 Ivi, f.
76vb: «Verumtamen est notandum quod huiusmodi verba ‘potest’ et ‘contingit’ non
habent huiusmodi distinctionem. Quandocumque nam personaliter sumuntur faciunt
sensum divisum, ut ‘antichristus potest esse’, aut ‘Socrates contingit
currere’; sed quando impersonaliter sumuntur, tune faciunt sensum compositum,
ut ‘potest esse quod antichristus sit, vel currat”, ‘contingit hominem currere’
aut ‘contingit quod Socrates legit, vel disputat’ etc. Quaecumque igitur dicta
sunt de terminis officiabilibus possunt etiam in terminis modalibus
exponibilibus confirmari, ita quod quando modus praeponitur facit sensum compositum,
ut ‘necessario omnis homo est animal’, quando mediat inter subiectum et
praedicatum facit sensum divisum, ut ‘omnis homo necessario est animal’; sed
quando finaliter subsequitur potest 558 Alfonso Maierù diviso può essere vera o
falsa in entrambi i sensi: ma è necessario distinguere questi sensi, a meno che
la proposizione non sia vera in entrambi 2°. Regola generale è la seguente: « A
sensu composito ad sensum divisum et e converso non valet argumentum » 24,
anche se in casi particolari l’inferenza può essere valida 25, I maestri che
commentano il testo di Heytesbury ne espon- gono la dottrina in sette o otto
modi 2%: in genere i modi 5 e 6 di Heytesbury sono trattati in uno solo, il
quinto 2”, mentre c'è oscillazione a proposito dell’ultimo modo appena
accennato da Heytesbury: alcuni ne trattano, altri no ?®, indifferenter sumi in
sensu composito vel diviso, ut ‘omnis homo est animal necessario’ », . i Ivi,
f. 76va: « Dico quod quaelibet istarum (sc. propositionum) et con- similium cum
proponitur est distinguenda secundum compositionem et divi- sionem nisi in
utroque sensu fuerit vera ». 24 Logica parva, cit., III, e Logica megna, cit.,
I, 21, f. 76vb: «Ex ista sententia infero istam conclusionem, quod a sensu
composito ad sensum divisum cum termino officiabili frequenter fallit
argumentum [....]. Similiter a sensu diviso ad sensum compositum non valet
talis forma arguendi [...] ». ca Ivi, f. 74va: «Et si ex his concluderes quod
sensus compositus con- vertitur cum sensu diviso, dico quod verum est quando
utrobique modus est primum probabile [...]. Sed
quando modus non utrobique est primus ter- minus, tunc sensus compositus non
convertitur cum sensu diviso [...] ». Si tratta, in tal caso, dell’equivalenza
(convertitur) tra i due modi. 206 Invece di « Unde octo vel novem modis accidit
[...] » del f. 2rb del- l'edizione 1494 del testo di Heytesbury, il ms. Roma,
Bibl. Casanat. 85, f. 8rb, il ms. Venezia, Bibl. Marciana, Z. lat. 277 (=
1728), f. 12v, e l’ed. 1501 col commento di Sermoneta, cit., f. 3rb, leggono «
Unde septem vel octo modis [...] ». ar Il testo del 1501, cit., f. 12rab: «
Quintus modus mediante illa copula coniunctionis ‘et’ et ‘vel’ [...] »; il ms.
Marciano, al f. 12v, pone solo la « copula coniunctionis ‘et’ » e non accenna a
vel; ma a f. 14r tratta di e£ e al f. 14v, di seguito, di vel. 208 I mss.
Casanat. e Marciano non hanno l’ottavo modo (il nono di Heytesbury) né, dei
commenti, lo hanno quelli di Paolo da Pergola e di Benedetto Vettori, come si
vedrà. Terminologia logica della tarda scolastica 559 Il primo di questi
commenti è quello di Paolo da Pergola. Il maestro discute sette modi e di
ciascuno considera analitica- mente gli elementi differenzianti l’un senso
dall’altro e i casi in cui l’implicazione di un senso da parte dell’altro è
lecita. Il primo modo ha luogo con i termini modali (« sive sumantur
nominaliter, sive verbaliter, sive adverbialiter »), e si ha senso composto
quando il modo « praecedit vel subsequitur dictum pro- positionis », e, se è
verbo, esso ha forma impersonale; quando invece il modo (se verbo, in forma
personale) « mediat inter partes dicti seu extremorum » si ha senso diviso ?”.
In tre modi differiscono senso composto e senso diviso: innanzi tutto, il senso
composto esige, a differenza del senso diviso, che i termini della proposizione
abbiano una verifica istantanea; inoltre, la proposizione in senso composto
richiede che si possa formulare la corrispondente proposizione de inesse
insieme con la proposizione modale senza che ne segua alcun incon- veniente, ma
ciò non è richiesto dal senso diviso 210. infine, il senso composto va provato
officialiter, mentre il senso diviso va provato secondo che richiede il primo
termine della propo- sizione ?!!, Dall’uno all’altro senso, e viceversa, vale
l’inferenza solo quan- do si verificano le seguenti tre condizioni: che anche
il senso diviso come il senso composto richieda una verifica istantanea
(l’esem- pio addotto ha il verbo potest)”; che il relativo implicativo qui,
Cfr. PaoLo pa PercoLA, De sensu composito et diviso, cit., p. 149. 210 Ivi;
forse è un po’ forte intendere l’espressione « ponere in esse » come formulare
la proposizione de inesse corrispondente, ma cfr. n. 239. 21 Ivi. 212 Cfr. gli
autori seguenti. Credo che questo sia il senso della frase di Paoto (op. cit.,
p. 150): «Prima, quod compositio sit verificabilis pro instanti et non exigat
tempus limitatum. Ideo non sequitur: Tu potes pro- ferre A propositionem, ergo
potest esse quod tu proferas A propositionem ». Qui compositio non vale senso
composto (ché altrimenti avremmo una ripe- tizione di ciò che si sa) ma vale
‘complesso’ dei termini che costituiscono una quando è presente nella
proposizione, non denoti altro nel senso composto e altro nel senso diviso; che
i termini occorrenti non siano repugnantes o opposti (es. iustus-iniustus)?,
Nel secondo modo, con i termini confundentes, si ha senso composto quando il
termine comune ha supposizione confuse tantum e senso diviso quando ha
supposizione determinata: poiché la supposizione determinata è verificabile
mediante disgiun- zione, ciò che differenzia l’un senso dall’altro è che nel
senso diviso si ha la verifica con disgiunzione che nel senso composto non si
può avere. Perciò dall’uno all’altro senso e viceversa non vale l’inferenza,
almeno da un punto di vista formale, anche se può valere « gratia terminorum »
?!, Il terzo modo ha luogo con i pronomi relativi. Senso com- posto e senso
diviso possono aversi in due modi: innanzi tutto, si ha senso composto quando
occorre nella proposizione qui (relativo implicativo) e senso diviso quando in
luogo di qui si ha et ille; ma in entrambe le proposizioni può occotrere lo
stesso pronome qui: in tal caso il senso composto si ha quando il pronome
precede il verbo principale ed è unito al suo antece- dente; quando invece esso
segue il verbo principale, si ha senso diviso 2! Nel primo caso, il senso
diviso costituisce una ptoposi- zione ipotetica di contro al senso composto che
è proposizione categorica; nel secondo caso il senso diviso è « magis
distributus » rispetto al senso composto. Perciò, nel primo caso l’inferenza
tra i due sensi vale solo eccezionalmente ?!5; nel secondo, l’infe-
proposizione o un dictum, e quindi sta per la proposizione stessa in senso
composto o in senso diviso. Cfr. StropE, Logica, cit., f. 23vb: «[...] ali
quando verbum requirit instans pro supposito, id est pro quo debet propo- sitio
probari vel verificati, et aliquando tempus ». 213 PaoLo DA PERGOLA, op. cit.,
p. 150. 214 Ivi: il testo ha solo « [...] non valet argumentum de forma », ma
pare che ciò importi che può valere « gratia materiae ». 215 Ivi. 216 Ivi, p.
151: «A resolutione de gui in et et ille, illa, ilud valet argu- Terminologia
logica della tarda scolastica 561 renza vale dal senso diviso al senso
composto, e non viceversa CA Il quarto modo, che si verifica con totus e
infinitus, è spiegato da Paolo con gli stessi elementi forniti da Heytesbury:
si ha senso diviso quando uno di essi precede tutti gli altri; se invece segue
il verbo principale, o è preceduto da un altro termine, si ha senso composto.
La differenza fra i due sensi è quella che deriva dalla funzione di categorema
o di sincategorema che i due termini pos- sono avere, e dall’uno all’altro
senso e viceversa non vale Vin- ferenza 28, . Il quinto modo ha luogo con et o
vel (oppure 442): si ha senso composto quando i termini congiunti da e? o vel
stanno collective e senso diviso quando stanno divisive; oppure: senso composto
è quando i termini in congiunzione o in disgiunzione stanno dalla stessa
‘parte’ della proposizione (cioè dalla parte del soggetto o del predicato),
senso diviso quando stanno in parti diverse. La differenza tra l’un senso e
l’altro è data dal fatto che il senso com- posto richiede la verifica di tutti
i termini della congiunzione 0 della disgiunzione insieme, mentre il senso
diviso comporta la verifica di ciascun termine per sé (e quindi anche di uno in
assenza degli altri). Perciò, infine, dal senso composto al senso diviso DO
viceversa non vale la consequentia”?. Per quanto riguarda în particolare la
disgiunzione, poiché da un elemento di essa all’in- tera disgiunzione vale
l’inferenza (« hoc est homo, ergo hoc est homo vel asinus »), Paolo da Pergola
avverte che questa non ha luogo quando la disgiunzione è preceduta da un
termine distri- mentum quinque conditionibus observatis. Prima quod non
referatur ante- cedens stans confuse tantum. ...]. Secunda quod non praecedat
terminus distributus. Tertia quod verbum principale non sit negatum. (tesa FA
Quarta quod non praecedat terminus qui indifferenter potest teneri catego-
rematice et syncategorematice. Quinta quod non praecedat terminus modalis de
sensu composito ». 217 Ivi. 218 Ivi, pp. 151-152. 219 Ivi, p. 152. 562 Alfonso
Maierù butivo o avente importo distributivo (« tu differs ab asino, ergo tu
differs ab homine vel ab asino »: non vale) ?®, Il sesto modo si ha con la
determinazione ita fuit ?!, ita erit, ita potest esse: una proposizione è in
senso composto quando è preceduta dalla determinazione (e il verbo in tal caso
è di tempo presente, come si ricava dagli esempi), altrimenti è in senso diviso
(e il verbo non è di tempo presente, ma ha il tempo che ha la determinazione
del senso composto). Il senso composto importa che la determinazione restringa
la proposizione al tempo o al modo indicato dalla determinazione, mentre il
senso diviso consi- dera la proposizione absolute 2. Dal senso composto al
senso diviso l’argomentazione non vale quando intervengono altri ele- menti
sincategorematici 2*; se invece è « in terminis simplicibus », l’argomentazione
vale dall’un senso all’altro senso e viceversa ?*. Infine, il settimo modo si
ha con i termini mentali: quando il termine mentale precede o segue il dictum
della proposizione, si ha senso composto (come per il primo modo), quando esso
sta tra le parti del dictuzz si ha senso diviso. Nel senso composto, essendo il
dictum determinato dal termine mentale, i termini del dictum sono disposti alla
confusio e alla appellatio rationis 3, ciò che non avviene per il senso diviso.
Per quanto attiene ai rapporti fra i due sensi, l’autore elenca nove regole,
delle quali la sesta, la settima e l’ottava riguardano 220 Ivi, p. 153. 221
L’editore legge Il/la fuit (ivi). 22 Ivi. 223 In tre casi secondo l’autore: «
Primo cum termino distributo »; « Se- cundo mediante termino confundente
confuse tantum. Tertio respectu duplicis compatationis » (ivi, p. 154). 224 Ivi: « Sed in
terminis simplicibus et sine distributione et sine termino confundente confuse
tantum respectu simplicis comparationis, a sensu com- posito ad sensum divisum,
et e contra valet argumentum ». 25 Ivi: «[...] sensus compositus est aptus
natus ad confusionem et ap- pellationem rationis, dummodo terminus fuerit
capax; divisus hoc non exigit simpliciter ». Per l’appellatio rationis,
cfr. cap. I, $ 6. a Terminologia logica della tarda scolastica 563 i sillogismi
6 e la nona dà raccomandazioni per l’utilizzazione del settimo modo nella
disputa e nei casus obligationis ?: pet- ciò tralasciamo queste ed esaminiamo
le prime cinque. Prima regula est ista, a sensu composito ad sensum divisum et
e contra non valet argumentum [...] nisi in tribus casibus; primo, cum termino
demonstrativo simpliciter sumpto ut: Hoc scio esse ve- rum, ergo scio hoc esse
verum [...]. Secundo, cum prunomini de- monstrativo additur determinatio palam
convertibilis cum praedicato. Ideo bene sequitur: Hoc album scio esse album,
ergo scio hoc album esse album, et e converso. Tertio cum pronomini
demonstrativo additur determinatio palam superiori praedicato ut: Hoc coloratum
scio esse album, ergo scio hoc coloratum esse album 28. Ma questi tre casi non
valgono con i termini dubito, credo, ima- ginor, suspicor, apparet 2. Per
quanto riguarda le regole successive, bisogna premettere che Paolo distingue,
con Heytesbury, « termini omnino noti » (come ens, aliguod, hoc), « termini
medio modo noti » (substantia, corpus, homo, Socrates), e «termini omnino
ignoti » (come le variabili A, B, C). La seconda regola è la seguente: « A
termino magis noto ad minus notum vel omnino ignotum in terminis mentalibus non
valet argumentum, nec a minus noto ad magis notum » 2°, Le regole tre e quattro
? riguardano proposizioni contenenti termini omznino ignoti: si tratta di
problemi de scire et dubitare (quando si può dire che una proposizione è scita,
dubitanda, ne- ganda ecc.), che non esaminiamo in questa sede. Infine, la
quinta regola è la seguente: « A sensu diviso ad sensum divisum de forma non
valet argumentum »: ad esempio, 226 Ivi, pp. 156-158. 21 Ivi, p. 158. 228 Ivi,
pp. 154-155. 29 Ivi, p. 155. 230 Ivi. 231 Ivi, pp. 155-156. 564 Alfonso Maierù
non vale « A scio esse verum, ergo verum scio esse A », giacché non si tratta
di conversione semplice della proposizione; la con- versa di « A scio esse
verum » secondo Paolo è « scitum esse verum est A»? Il testo di Paolo dipende
strettamente da quello di Heytesburye ne rappresenta una lettura attenta alle
minime pieghe del discorso, condotta secondo il criterio della « probatio
proposi- tionis » (in particolare nel primo modo), che però non è spinto, mi
pare, fino a forzare l’originale carattere del testo. Ciò che Paolo viene
esplicitando si irrigidisce però in piatte formule scolastiche, che del resto
ben rispondono alla intenzione dell’autore, il quale vuole fornire, come dice
nella dedica a Pettus de Guidonibus, una tavola o prontuario ordinato della
materia, già nota e diffusa in modo disordinato, come strumento cui ricorrere
per evitare i sofi- smi con l’ausilio di regole certe ?*. La seconda expositio
del testo di Heytesbury che esaminiamo in questa sede è dovuta a Battista da
Fabriano. Egli premette all'esame dei singoli modi alcune osservazioni. Innanzi
tutto, « [...] arguendo a sensu composito ad sensum divi- sum aut e converso ut
plurimum et frequenter consequentia non tenet » 24: la proposizione in senso
composto e quella in senso diviso non si implicano reciprocamente, né l’una in
qualche modo implica l’altra, da un punto di vista generale. Inoltre, non è
possibile dare un’unica descrizione del senso composto e del senso diviso,
essendo i modi più di uno; quindi, ad esempio, non si può caratterizzare la
proposizione in senso composto come quella in cui il modo precede o segue il
dictum e la proposizione in senso diviso come quella in cui il modo sta tra le
parti del dictum: infatti non tutte le proposizioni in senso 232 Ivi, p. 156.
233 Cfr. ivi, p. 149. 234 BarTISTA DA FABRIANO, Expositio..., cit., f. 4ra.
composto o in senso diviso hanno un modo e un dicturz. Quindi è necessario
fornire, per ogni modo, una descrizione appro- priata dei due sensi ”5.
L’osservazione è impottante, specie se si tiene presente che lo stesso Paolo
Veneto impostava ancora la determinazione dei due sensi sulla posizione del
termine officia- bile nella proposizione. Battista da Fabriano ricava il
rilievo dal- l’esame dei vari modi di Heytesbuty. I modi esaminati sono otto.
Rispetto al trattato di Paolo da Pergola, Battista considera in più il modo
caratterizzato dai termini connotativi. In breve, seguiremo l’esposizione di
Battista, sottolineandone gli elementi di novità. Nel primo modo (con i termini
modali), la forma verbale del modo (ad es. potest) assunta personaliter fa
senso diviso ?*, assun- ta impersonaliter fa senso composto #”; la forma
nominale (possi- bile, impossibile) fa senso composto quando precede o segue il
dictum, se cade « inter partes dicti » fa senso diviso 8. Le diffe- renze fra i
due sensi sono quelle stesse elencate da Paolo da Per- gola”? e sostanzialmente
allo stesso modo è fissata qui la possi- 235 Ivi, f. 4ra-b. 236 Ivi, f. 4va:
«[...] personaliter quando (sc. potest, non potest) construuntur cum recto a
patte ante », cioè quando il verbo è preceduto dal nominativo (rectus). 237
Ivi: «Sed ista verba sumuntur impersonaliter quando non recipiunt suppositum
per rectum, sed totaliter cadunt super adaequatum significatum alicuius
propositionis ». 238 Ivi. 239 Ivi, f. 4vb: « Prima, quia propositio in sensu
diviso universaliter pro- batur secundum exigentiam termini mediati
praecedentis, si quis fuerit talis, de sensu composito autem probatur
officiabiliter. Secunda est, quia propositio de sensu diviso cum li possibile
non ponitur in esse sed de sensu composito cum li ‘potest’ vel ‘possibile’
ponitur in esse, sicut ista: ‘possibile est te esse Romae? aut ‘potest esse quod
tu sis Romae’; istae duae debent poni in esse, id est, si possibile est te esse
Romae et ponatur: ‘tu es Romae’, nullum sequitur impossibile; et similiter, si
potest esse quod tu curras, et ponatur in esse quod tu curras, hoc admisso,
nullum sequitur] bilità di inferenza da
un modo all’altro 9. Nel secondo modo, con i termini confurndentes, il senso
com- posto si ha quando il termine confundibilis segue quello confun- dens;
quando invece il termine confundibilis precede quello confun- dens si ha senso
diviso #!, Le differenze fra i due sensi sono fornite qui molto più chiaramente
che nel testo di Paolo da Pergola: impossibile. Et hoc modo intelligitur:
possibili posito in esse nullum sequitur impossibile. Sed de sensu diviso non
ponitur in esse, ut ‘album potest vel possibile est esse nigrum’ non ponitur in
esse, quia de facto album possibile est esse nigrum et tamen, si ponatur in
esse, sequitur impossibile [cioè « album est nigrum»], ut patet. Similiter de
ista ‘sedentem possibile est cur- rere’: si ponatur in esse, sequitur
impossibile, videlicet ‘sedens currit?. Tertia differentia est, quia propositio
in sensu composito cum li ‘possibile’ vel ‘potest’ requirit verificationem
instantaneam respectu compositionis se- quentis, hoc est requirit compositionem
sequentem posse verificati pro instanti mediante ista nota ‘est’, ut patet, sed
de sensu diviso hoc non requirit, sed significat successionem respectu
diversarum partium temporis respectu illorum terminorum positorum in illo dicto
». 20 Delle regole di BATTISTA, la quinta (ivi, f. 5vb) riassume le tre condi-
zioni di validità poste da Paolo; la prima (ivi, f. Sra), la terza (ivi, f.
5va) e la quarta (ivi, f. 5va-v) sottolineano separatamente la mancanza delle
stesse condizioni. Nuova è la seconda regola (ivi, f. Srb-va): «Secunda regula:
arguendo a sensu composito ad divisum cum li ‘possibile’ vel ‘potest’ in
terminis compositis non valet consequentia formaliter et simpliciter. Unde
non sequitur: ‘possibile est te esse omnem hominem, ergo tu potes esse omnis
homo’ ». 241 Ivi, f. 6rb; ma Battista caratterizza la differenza tra i due
sensi servendosi di varie formule (ivi): «[...] est sensus compositus in hoc
modo cum terminus communis stat confuse tantum sequens aliquem istorum termi-
norum vel, melius, sensus compositus est cum terminus communis stat con- fuse
tantum vel immobiliter, sensus vero divisus est cum terminus capax confusionis
stat determinate vel mobiliter; nam dicendo: ‘promitto tibi omnem denarium’,
haec est in sensu composito quantum ad hunc modum, et terminus communis non
stat confuse tantum; vel dicatut quod sensus compositus est cum terminus
confundibilis ab his terminis sequitur aliquem horum termi norum, divisus vero
cum terminus confundibilis praecedit vel cum idem terminus stat determinate. differt
sensus compositus a diviso quantum ad istum modum dupliciter. Primo, quia ista
de sensu composito est probabilis ratione termini facientis sensum compositum,
sed illa de sensu diviso ratione termini praecedentis. Secundo, quia propositio
de sensu diviso requirit verificationem disiunctivam vel copulativam, ut
‘denarium promitto tibi’ aut ‘omnem denarium tibi promitto’, illa vero de sensu
compo- sito non requirit talem verificationem, ut ‘promitto tibi denarium’ non
requiritur quod promittam tibi 4 denarium vel quod promittam tibi et denarium,
et ita de aliis similiter 2. I due sensi sono « ad invicem impertinentes » e
perciò non è lecita l’inferenza dall’uno all’altro *, a meno che i termini che
insieme a quello confundens formano la proposizione non siano singolari e
semplici, giacché in tal caso la supposizione non varia, sia che il termine
segua sia che preceda il verbo confundens. Così sono lecite le conseguentiae: «
incipio videre Socratem, ergo So- cratem incipio videre », « promitto tibi 5
denarium, ergo b dena- rium tibi promitto » ?f. Nel terzo modo, con il pronome
relativo, si può avere senso composto in tre forme: quando l’antecedens del
relativo ha supposizione « confusa tantum » (es. « promitto tibi denarium quem
tibi promitto »), quando il relativo è congiunto all’antecedens che sia
distributum (cioè quantificato da omnis) senza che tra antecedens e relativo
sia posto il verbo principale (« omnis homo qui est albus curtit »), o quando
il verbo principale è preceduto dalla negazione (« chimaera quae currit non
movetur »). Quando non si verifica nessuno di questi casi, si ha senso diviso
(es. « ali- 242 Ivi, f. Grb-va. 243 Ivi, f. 6va. Aggiunge l’autore (ivi): « Et
notandum quod ‘indigeo’, ‘requiro’, ‘praesuppono’ et huiusmodi non confundunt
confuse tantum nisi cum gerundio. Unde si dicatur: ‘indigeo oculo”, li ‘oculo’
stat distributive, sed dicendo: ‘indigeo oculo ad videndum’, li ‘oculo’ stat
confuse tantum immobiliter ». 24 Ivi, f. 8va. 568 Alfonso
Maierù quis homo qui est albus currit »)?5. Tenendo presente che il
pronome qui in una proposizione in senso composto non può essere risolto in ef
e ille e che il pronome relativo, posto nella stessa categorica, ha la
supposizione del suo artecedens, mentre, posto in una categorica diversa da
quella che contiene l’antecedens (si tratta quindi di una proposizione
ipotetica composta di due categoriche), ha supposizione determinata e «
replicat totam com- positionem sui antecedentis » (così, data « omnis homo est
animal et illud est rationale », la seconda categorica vale « animal quod est
omnis homo est rationale », di modo che illud ha supposi- zione determinata ma
replicat [cioè richiama] tutta la compositio precedente) 24, argomentando dal
senso composto inteso nella prima forma al senso diviso non vale la
conseguentia perché l’antecedente è vero e il conseguente è falso 2”;
argomentando dal senso composto inteso nella seconda forma al senso diviso la
con- sequentia non vale”, ma vale se si argomenta dal senso diviso al senso
composto ?*; argomentando dal senso composto nella terza forma al senso diviso,
« non valet consequentia de forma licet valeret quandoque gratia materiae » 9.
Per quanto riguarda il quarto modo (con infinitus e totus) l’autore non
fornisce altro rispetto a quanto sappiamo ?! se non 245 Ivi, ff. &va-b e
9vab. 26 Ivi, f. 8vb. 27 Ivi, ff. 8vb-9ra. 248 Ivi, f. 9ra. a Ivi, f. 9rb: «
Arguendo tamen e converso in omnibus his, conse- quentia est bona, quia in his
quicquid significat sensus compositus significat sensus divisus, et plus, ut dictum
est ». 250 Ivi, f. Iva. 251 Senso composto è quando il termine è categorema,
cioè quando è a parte praedicati, o a parte subiecti, ma preceduto da una
determinatio (ivi, ff. 9vb e 11ra); dall’un senso all’altro e viceversa non
vale la consequentia (ivi, ff. 10ra e 11rh). Terminologia logica della tarda
scolastica 569 la determinazione chiara della differenza fra senso composto e
senso diviso: Et differt valde sensus compositus a diviso mediante hoc termino
‘infinitus, ta, tum’. Primo, quia in sensu composito significat aliquod certum
et determinatum esse sine principio et sine fine [...]. Sed in sensu diviso
syncategorematice significat, quocumque finito dato vel dabili, dari maius in
quacumque proportione [...]. Est enim una alia differentia,
quia syncategorematice est signum confusivum et re(d)dit totam propositionem
exponibilem. Unde haec est exponibilis ‘infinitus est aliquis numerus’ et
praedicatum stat confuse tantum, ut patet. Sed haec ‘aliquis numerus est
infinitus’ non est exponibilis sed resol- vitur, et praedicatum stat
determinate ??; Differt sensus compo-
situs a diviso cum isto termino ‘totus’ etc., quia in sensu diviso reddit
propositionem exponibilem, in sensu composito est ferminus reso- lubilis. Item
in sensu diviso convertitur cum universali et est terminus confusus, sed in
sensu composito neutrum sibi convenit, ut patet. Item differunt in
significato, quia in sensu diviso et syncategorematice ‘totus’ idem est quod
‘quaelibet pars’ [...] sed in sensu composito significat ens integrum et
perfectum cui nihil deest, ut patet ex usu loquendi et accipiendi hos terminos
25, î Dall’uno all’altro senso l’inferenza non vale; né si dica che argo-
mentazioni come « infinita sunt finita, ergo finita sunt infinita » sono
consequentiae valide perché si procede «a conversa ad convertentem »; risponde
il maestro: « Dicatur quod nulla illarum est bona conversio, cum continue in
una tenetur idem terminus categorematice et in alia syncategorematice » 25, Il
quinto modo, come è noto, ha luogo con le congiunzioni et e vel: si ha senso
composto quando i termini congiunti da una delle due particelle stanno
collective e senso diviso quando i ter mini stanno divisive ; ciò significa
che, mentre le proposizioni; a deest il testo aggiunge est. 254 Ivi, f. 1lva.
25 Ivi. 570 Alfonso Maierù in senso diviso equivalgono, rispettivamente, a una
congiun- zione di proposizioni se si tratta della particella ez, e a una
disgiunzione di proposizioni se si tratta di vel *, le proposizioni in senso
composto richiedono che la verifica della congiunzione o della disgiunzione
avvenga rispettivamente coniunctim o di- visim?". Ecco alcuni esempi. Le
proposizioni « Socrates et Plato sunt duo homines » e « omnis numerus est par
vel impat » sono in senso composto perché non equivalgono a « Socrates est duo
homines et Plato est duo homines » e a « omnis numerus est par vel omnis
numerus est impar »; le proposizioni « tu es homo et albus », «tu es homo vel
asinus » sono in senso diviso perché equivalgono, rispettivamente, alle
proposizioni molecolari « tu es homo et tu es albus », « tu es homo vel tu es
asinus », per le quali valgono le regole operative della congiunzione e della
disgiun- zione. Se però il complesso di termini congiunti dalle suddette
particelle è preceduto da un « signum confusivum », distributivo o negativo
(es. differt, aliud), le proposizioni sono in senso com- posto e le regole
della congiunzione e della disgiunzione non sono applicabili 8. Per quanto
riguarda il sesto modo, le notizie date da Battista 256 Ivi, f. 1lvb: «Et ex
his patet differentia inter sensum compositum et divisum quoad hunc modum,
quoniam in sensu diviso copulatum aequi- pollet copulativae et disiunctum
disiunctivae, sed in sensu composito non. Patet etiam alia differentia, quia in
sensu diviso a copulato ad quamlibet eius partem et a qualibet parte disiuncti
ad totum disiunctum valet conse- quentia, sed in sensu composito non valet ».
251 Ivi, f. 1lva per la congiunzione ef: « Sensus veto compositus requirlt
verificationem totius copulati collective et non divisive », f. 11vb pet vel: «
Sensus vero compositus [....] requirit [...] quod verificetur totum disiunctum
collective ». 28 Ivi, f. 12ra-b. Infine, l’autore si chiede se, poste le
particelle 4 parte subiecti, i termini congiunti o disgiunti siano tutti
distribuiti oppure solo il primo; es. «omnia duo et tria sunt quinque
», « omnis homo vel asinus est asinus »: cfr. ivi, f. 12rb-va. Terminologia logica della
tarda scolastica 571 sono analoghe a quelle fornite da Paolo, comprese le
regole riguardanti la validità dell’inferenza dall’un senso all’altro, con la
sola aggiunta della non validità nel caso sia presente un relativo implicativo
?. È da notare però la precisazione relativa al valore della copula est della
proposizione che nel senso composto segue la determinazione: « Universaliter
[...] in omnibus huiusmodi propositionibus li ‘est’ non significat tempus quod
iam e(s)t prae- sens, sed tempus quod tunc in illo instanti ad quod fit
limitatio fuit praesens vel erit praesens. Il verbo “est”, cioè, PERDE LA
CONNOTAZIONE TEMPORALE AD ESSO PROPRIA, e conserva il solo valore
sincategorematico, lasciando che la connotazione temporale sia affidata al
tempo del verbo posto nella determinatio. Anche per il settimo modo l’autore
ritiene la dottrina tradizionale: con i termini designanti atti dell'anima la
proposizione è in senso composto quando il verbo, sive praecedat sive sequatur,
determina il dictum, e allora la proposizione va provata in funzione del verbo
che causa senso composto; è in senso diviso quando il verbo sta tra le parti
del dictum ed è da probare in funzione del primo termine della proposizione
stessa. Perciò le proposizioni esprimenti i due sensi sono « valde ad invicem
imper- tinentes et raro vel numquam convertibiles » 24, a meno che la
consequentia dall'uno all’altro senso non valga « gratia materiae et terminorum.
L’ottavo modo è qui per la prima volta discusso. Facendo leva sulla distinzione
tra termini substantiales e connotativi o acci- dentali, ricavata da Occam?,
l’autore afferma che l’ottavo 259 Per le regole, cfr. ivi, ff. 13rb-14va; per
il relativo, ivi, f. 13vb. 260 Ivi, f. 13rb. 261 Cfr. capitolo III, e capitolo
IV, $ 2. 22 Op. cit., f. 14vb. 263 Ivi. 264 Ivi, f. 15va. 265 Summa logicae,
cit., pp. 33-36; v. cap. I, $ 2. 572 Alfonso Maierù modo ha luogo con i termini
accidentali o connotativi, e aggiunge che, se questo modo è meglio assimilabile
alla fallacia « figurae dictionis » o dell’accidente, se ne discute nel senso
composto e nel senso diviso perché quei termini, posti 4 parte praedicati,
hanno « appellatio rationis » se costruiti con i verbi designanti atti del-
l'intelletto, e « appellatio temporis » se sono costruiti con il verbo al tempo
passato o futuro *. Si ha senso composto quando il termine connotativo ha
appellatio (« animal fuit album », « co- gnosco venientem »), se il termine non
ha appellatio la proposi- zione è in senso diviso (« album fuit animal», «
venientem cognosco ») ?”, L’inferenza dall’un senso all’altro non vale, se non
talora « gratia materiae » 24. Né è da dire che la consequentia vale, ad
esempio, nel caso di « album erit hoc » perché si consi- dera « hoc erit album
» come conversa della prima: infatti la 266 BATTISTA DA FABRIANO, op. cit., f.
17rb-va: « Iste est octavus et ultimus modus. Et fit mediantibus terminis
accidentalibus vel connotativis positis quandoque a parte praedicati quandoque
a parte subiecti respectu verbi de praeterito aut de futuro aut verbi
concernentis actum mentis vel intel- lectus », e f. 17va-b: « Notandum tertio
quod appellatio temporis est acceptio termini habentis respectum ad solum
tempus importatum per verbum, ut “hoc erit album’: li ‘album’ respicit solum tempus
futurum et ad hoc (ex huc) ut ista sit vera requiritur quod aliquando erit ita
quod hoc est album; sed in illa ‘album erit hoc”, li ‘album’ stat ampliative et
supponit divisive pro eo quod est vel erit album et non requiritur quod erit
ita quod est album; et similiter dicatur respectu verbi de praeterito.
Appellatio autem rationis est acceptio termini limitati a termino praecedente
concernente actum intellectus, ut ‘cognosco venientem’: ibi est appellatio
rationis [est], quia terminus se- quens terminum concernentem actum intellectus
supponit pro suo significato sub ratione tali; unde ipsa significat quod
cognosco aliquid sub ratione venientis; sed sic non significat illa ‘venientem
cognosco’, sed quod illa(m) rem cognosco et illa est veniens, et ideo patet
quod valde differunt »; il cenno alla «fallacia figurae dictionis » e alla
«fallacia accidentis » è al f. 17va. 267 Ivi, f. 17va. 268 Cfr. in part. ivi,
f. 18rb. Terminologia logica della tarda scolastica 573 conversione della prima
proposizione è: « hoc erit quod est vel erit album » ?9. Ancora più analitica
l'esposizione di Alessandro Sermoneta rispetto a quelle esaminate; di essa
ricordiamo gli elementi nuovi e caratteristici. Scopo dell’opuscolo di
Heytesbury, secondo Ales- sandro, è quello di facilitare la soluzione dei
sofismi e di aiutare ad evitare gli errori, giacché compito di quella parte
della dialet- tica che si chiama sofistica (o sopbistaria) non è quello di far
sì che gli altri cadano in errore, quanto quello di evitare gli errori ?°°. L’opuscolo
perciò è da pospotre a quello dei Primzi analitici !: questo mostra la corretta
formazione del sillogismo, il nostro trat- tato mostra le deceptiones; infine,
esso fa parte della dialettica ??, Del senso composto e del senso diviso non è
possibile dare una descrizione univoca — ritiene Sermoneta ”* con Battista da
Fa- briano — giacché i modi sono otto, e può succedere — aggiunge Alessandro —
che una stessa proposizione, considerata secondo vari modi, può essere ora in
senso composto, ora in senso diviso 7°. Primo modo. Quando un termine modale «
totaliter praecedit 269 Ivi, f. 17vb. 270 SERMONETA, Expositio..., cit., f.
Sva: Non enim inventa est ut aliis concludamus falso, sed ut deceptiones
vitemus ». zm Ivi. 22 Ivi: «Ad tertium dicitur quod utilitas huius non parva
est sicut et totius dialecticae cuius est pats [...]. Item a progenitoribus
nostris ars artium et scientia scientiarum dicta est; ad omnium nam methodorum
prin- cipia viam habet [...]» (cfr. Prerro Ispano, Surzzzulae logicales, cit.,
1.01, p. 1). 23 Op. cit., f. Svb. 214 Ivi: «Secundo est notandum quod ex quo
octo modis causatur sensus compositus et divisus, non inconvenit ut respectu
diversorum termi- norum potentium causare sensum compositum et divisum una et
eadem propositio sit de sensu composito et diviso sicut ista. ‘tu potes esse
hic et Romae in 4 instanti’: est enim de sensu diviso primi modi et de sensu
composito quinti modi merito li ‘et’ ». 574 Alfonso Maierù aut finaliter
subsequitur dictum propositionis, fit sensus compo- situs, quando vero mediat
inter pattes dicti erit de sensu diviso » 5; in particolare il verbo potest,
assunto personaliter, fa senso diviso, assunto imzpersonaliter fa senso
composto ?”. Le differenze fra i due sensi costruiti con potest e possibile e
le loro negazioni sono queste: la proposizione in senso composto è offi-
ciabile, quella in senso diviso resolubile o esponibile; la prima « requirit
verificationem instantaneam » ?*, la seconda non la richiede; da ciò segue, in
terzo luogo, che la prima « de possi- bili » può essere « posita in esse », ma
non così la seconda ”?, La discussione delle obiezioni fornisce ulteriori
chiarimenti: il modo necessario, che, essendo avverbio, dovrebbe essere
exponibilis %, in realtà equivale al modo wecesse e petciò fa senso composto,
mentre possibiliter non equivale a possibile e quindi è esponibile e non fa
senso composto ?8!; né fanno senso composto e senso diviso verum e falsum**:
evidentemente, Sermoneta non ritiene che questi due termini siano propriamente
modali. 25 Ivi, f. 6ra. 26 Ivi, f. 6rab. 201 Ivi, f. 6rb. 218 Ivi, ma cfr. ff.
6vb-7ra: «[...] per verificationem instantaneam in proposito non intelligimus
quod praedicatum requirat mensuram instantis, sed ponatut in esse id quod
importatur per propositionem; et ideo concedit magister quod possibile est te
moveri, quia licet motus non mensuretur in instanti, tamen debet poni in esse
hoc totum in hoc instanti, veritas haec, scilicet, quod tu moveris: non tamen
quod sit ita, sed quod sibi non repugnat pro tali instanti verum esse te
moveri» (nella risposta alla quarta obie- zione non esaminata da noi). 299 Ivi,
f. 6rb. 280 Cfr. capitolo VI, $ 6. 281 Obiezione e risposta in SERMONETA (si
veda): Ad secundum dicatur quod non inconvenit li ‘verum’ et ‘falsum’ non
facere sensum compositum et divisum nisi in voce aut in scripto, non tamen
proprie, cum intellectus hoc non faciat; et ratio est, quia li ‘verum’ non
ponit neque aliud dicit quam si non poneretut; ideo, Terminologia logica della
tarda scolastica 575 L’inferenza dal senso composto al senso diviso e viceversa
non vale generalmente 28. Secondo modo. Con un termine corfundens, « sensus
compo- situs fit quando terminus communis confunditur confuse tantum a tali
termino praecedente [...]. Sensus vero divisus fit cum sequantur huiusmodi
signa terminum ab eis confundibi- lem [...] » 4. Le differenze tra i due sersus
sono quelle note 28, così come ci è nota l’imzpertinentia dei due sensus e
quindi che la consequentia non è lecita ?*. Terzo modo. Dopo aver precisato,
secondo la tradizione, qual è il senso composto e quale il senso diviso con i
relativi e le diffe- renze fra i due sensi ?”, Sermoneta fornisce un lungo
elenco di « documenta de mente He(nti)sberi », in cui ricapitola la dottrina e
le condizioni di verità, anche in rapporto agli altri modi: Primum, quod sensus
compositus causatur mediante hoc relativo ‘qui’ cum antecedens stat confuse
tantum. Ex quo sequitur quod tunc non valet argumentum a sensu composito ad
divisum, scilicet cum relativum resolvitur. Probatur, quod a termino stante
confuse tantum ad eundem quia omnis propositio infert suum dictum fore verum,
ut scribitur in Postpraedicamentis; et ad oppositum negatur assuntum, nec terminum
modalem dixerunt logici mobilitare, nisi cum est aptus natus facere sensum
compositum et divisum ». Tralasciamo le altre due obiezioni. 283 Ivi, f. 6rb;
al f. 7ra-va l’autore elenca « quattuor documenta » tratti da Heytesbury e un
corollario, relativi alle condizioni di validità caso pet caso, che
sostanzialmente niente aggiungono a quanto hanno affermato i commenti già
esaminati. 284 Ivi, f. 7vb. 285 Ivi, f. 7vb-8ra; i verbi careo, indigeo,
requiro, ecc. « faciunt con- fundere confuse distributive mobiliter cum absque
gerundiis ponuntur in propositione, ut ‘careo pecuniis”. Quando vero cum
gerundiis collocantur, confuse tantum, ut ‘indigeo oculo ad videndum; cfr. il
testo di Battista da Fabriano, di cui alla n. 243). 286 Ivi, ff. 7vb e 8rab.
287 Ivi, 9va. 576 Alfonso Maierù stantem determinate non valet argumentum [...]
28; Secundum docu- mentum est quod sensus compositus fit cum immediate hoc
relativam ‘qui’ additur termino distributo, sic scilicet quod non mediat inter
relativam et terminum distributum verbum principale; divisus vero cum
resolvitur relativum actualiter aut cum inter ter- minum distributum, scilicet
antecedens, et relativum cadit verbum principale, ut ‘omnis homo qui est asinus
currit’. Ex hoc sequitur non valere argumentum arguendo a sensu composito ad
divisum; patet, quia tunc maior est distributio in sensu diviso quam in
composito 9; ‘Tertium documentum, quod etiam causatur sensus compositus
mediante hoc relativo ‘qui’ cum principale verbum negetur, sive relativum prae-
cedat sive non; divisus autem cum resolvitur relativum 29; Quartum documentum:
sensus compositus fit cum hoc termino relativo ‘qui’ quando coniungitur termino
potente stare categorematice et syncate- gorematice, sive immediate coniungatur
sive non, dummodo praecedat talis terminus stans syncategorematice; divisus
vero cum resolvitur relativum aut non praecedit talis terminus ipsum relativum
2. Quin- tum documentum: sensus compositus fit cum praedicto relativo ‘qui’,
cum praecedit terminus modalis faciens propositionem de sensu com- posito;
divisus vero cum ipse modus aut verbum termini modalis facit ipsam de sensu
diviso aut cum actu resolvitur relativum 22; Sextum documentum: sensus
compositus fit cum hac determinatione ‘ita erit’, ‘ita fuit’, ‘sic est’, ‘sic
fuit et cum hoc relativo ‘qui’ simul, divisus vero cum non ponitur li ‘ita
erit’ etc. 29. Di questi sei docuzzenta, i primi tre riprendono le tre forme
del senso composto di Battista da Fabriano, e gli altri tre ricol- legano
questo modo al primo, al quarto e al sesto. Niente di nuovo aggiunge Sermoneta
per i modi quarto RE 288 Ivi, f. 9vb. 289 Ivi; in luogo di distributo, il testo
ha distributivo. 290 Ivi, f. 10ra. DI Ivi. 22 Ivi, f. 10rb; al secondo au2, il
testo aggiunge si. 29 Ivi. 294 Ivi, f. 1lrb-vb (differenze tra senso composto e
senso diviso, non validità della conseguentia dall'uno all’altro senso,
discussione di difficoltà). Terminologia logica della tarda scolastica DIT
quinto ?5 e sesto 2%, Al settimo modo, invece, dedica una lunga analisi della
quale ci limitiamo a ricordare qualche punto: si ha senso composto quando un
verbo designante atti dell'anima determina il dictum della proposizione; ciò
avviene, secondo Sermoneta, sia quando il termine precede il dictu72 sia quando
esso lo segue (e ciò è secondo l’intenzione di Heytesbury)?; si ha senso diviso
solo quando il termine sta tra le parti del dictumz ?*; ma se il verbo cade su
di un solo termine (« cognosco Socratem ») o su di un incomplexum che
significhi un complexum (« scio 4 propositio- nem »), si ha senso composto
quando il verbo precede e senso diviso quando segue ??. Tre sono le differenze
tra i due sensi: innanzi tutto, i verbi in questione « [...] confundunt confuse
tan- tum terminum capacem confusionis cum faciunt sensum compo- situm, sive se
teneant in dicto propositionis a parte subiecti sive a parte praedicati; unde
‘scio quod homo est animal’: tam li ‘homo’ quam li ‘animal’ confunduntur; in
sensu vero diviso non confunditur nisi illud quod se tenet a parte praedicati,
ut ‘alte- rum istorum scio esse verum’: solum li ‘verum’ confunditur »;
inoltre, « [...] in sensu composito terminus supra quem cadit talis terminus
faciens sensum compositum appellat suam formam, et non in sensu diviso »; ma
esse acquistano luce dalla differenza fondamentale, cioè: « de sensu composito
propositio est officia- biliter probanda aut descriptibiliter, de sensu vero
diviso secun- dum exigentiam primi termini probanda est » ®°. Perciò, continua
Sermoneta, « arguendo a sensu composito ad divisum aut e 295 Ivi, f. 13ra-vb (come
sopra). 296 Ivi, ff. 14rb-15ra. 297 Ivi, f. 16rb: «ut arguitur velle magister
»; Sermoneta però ricorda: «Ali vero dicunt: solum cum dictum praecedit talis
terminus fit sensus compositus [...] » (ivi). 298 Ivi. 299 Ivi, f. 16rb-va. 300
Ivi, f. 16va. 37 578 Alfonso Maierù contra in his terminis non valet
argumentum: probatur merito differentiae ratione appellationis formae et
confusionis in sensu composito quae non servatur in diviso » *. Ma poiché
appel- latio e confusio non hanno luogo (« esse non possunt ») quando il
soggetto della proposizione è il pronome hoc non accompagnato da un aggettivo
che lo determini (« absque aliquo determinabili »), vale l'argomento dal senso
diviso al composto e viceversa perché ciò che si intende con la proposizione in
senso composto si intende con la proposizione in senso diviso, e quindi le due
proposizioni si equivalgono (« convertuntur »)®*%; ciò si ha anche quando oc,
posto a soggetto della proposizione, è accompagnato da un deter- minabile,
purché il determinabile sia « palam convertibile cum praedicato » oppure
superius ad esso ®%, Per quanto riguarda, infine, l’ottavo modo, che ha luogo
con i termini connotativi, si deve rilevare che Sermoneta limita la possibilità
del senso composto e del senso diviso ai casi in cui i termini connotativi
siano posti in una proposizione che abbia il verbo di tempo passato o futuro, o
participi equivalenti, oppure abbia incipit o desinit: si ha senso composto
quando il connotativo segue il verbo e ha « appellatio temporis », e senso diviso
quando il connotativo precede il verbo, « cum a parte ante non appel- let » 4;
nessun accenno si fa qui ai verbi designanti atti mentali (che secondo Battista
da Fabriano fanno sì che il termine conno- tativo che segua il verbo abbia «
appellatio rationis ») giacché di questo Alessandro ha già parlato nel settimo
modo, come si è visto. La trattazione del senso composto e del senso diviso
svolta 301 Ivi, f. 16va-b. 302 Ivi, ff. 16vb-17ra. 303 Ivi, f. 17ra. Seguono
altre regole (ff. 20va-22vb), che riesaminano i vati temi toccati da
Heytesbury. da Bernardino di LANDUCCI (si veda)è la più sistematica tra quelle
finora esaminate: essa utilizza e discute i trattati di logica dei maestri più
rinomati IN ITALIA al suo tempo, ed accenna almeno due volte alle opinioni di SERMONETA
(si veda), che designa come quidam doctor, di modo che può essere considerata
come il punto di arrivo di una tradizione di interpreti della dottrina del
senso composto e del senso diviso. Secondo Landucci, il trattato fa parte degli
Elenchi sofistici e perciò esso non è da porre dopo i Primi analitici, come
vuole il Sermoneta *”, Inoltre, l’autore fa sua la tesi secondo la quale non è
possibile dare una descrizione univoca di ‘senso composto’ e di ‘senso diviso’,
giacché di volta in volta diverse sono le raziones che presiedono alla
individuazione dei vari modi ®%. 305 Lanpucci, Expositio..., cit.: autori
espressamente ricordati, oltre ad Aristotele, Averroè e Heytesbury, sono
Strode, Pietro di MANTOVA (si veda), NICOLETTI, e Paolo da PERGOLA (si veda).
Si legga il seguente passo relativo alla discus- sione circa la capacità di
omnis di distribuire tutto il disiuzcium o il copulatum’ «a parte subiecti: Ad
hoc dubium inventi sunt plures modi respondendi. Primus
est Petri Mantuani, qui tenet quod totum disiunctum et totum copulatum sit
subiectum. Secundus est Pauli Veneti, cuius opinio in diversis operibus est
diversificata: nam Sophismate nono tenet quod prima pars solum sit subiectum,
et in Quadratura tertio dubio secundi principalis, et in Logica magna et etiam
in Parva tenet quod totum disiunctum vel copulatum sit subiectum, attamen solum
prima pats est distributa, et illa appellatur ab eo subiectum distributionis.
Tertius modus est Hentisberi, Sophismate septimo, qui dicit quod talis
propositio est distinguenda eo quod subiectum potest esse totum disiunctum aut
una pars tantum, quapropter utramque partem sustentando respondetur ad
argumenta probantia quod non distribuatur totum ». 306 Cfr. ivi, f. 2rb
(posizione del trattato della suzzzza della logica) e f. 3vb (per la «
verificatio instantanea »): cfr. nn. 307 e 325. 307 Ivi, f. 2rb: «Circa
secundum dicit quidam doctor quod iste libellus est pars libri Priorum et quod
immediate postponendus est ad illum librum, quod quidem, salvo meliori iudicio,
non puto esse verum [...]. Ideo puto aliter esse dicendum, videlicet quod iste
libellus sit pars libri Elencho- rum [...] ». 308 Ivi, f. 2vb. 580 Alfonso
Maierù L’esame degli otto modi segue uno schema costante: in una prima parte si
descrivono il senso composto e il senso diviso e se ne mostrano le differenze,
in una seconda vengono poste le regole dell’inferenza dall’uno all’altro senso,
in una terza ven- gono poste obiezioni (con le relative risposte) a ciò che è
detto nelle prime due parti. In questa sede noi trascureremo quanto Landucci
afferma circa i modi terzo ®”, quarto *°, quinto ®!, sesto ®!° e ottavo (con «
appellatio temporis » soltanto) ?: in essi infatti l’autore non prospetta nulla
di nuovo rispetto a quanto già sappiamo dai com- menti precedenti. Diverso è il
caso dei modi primo, secondo e set- timo, che sono simili tra loro, e nei quali
si propone un discorso unitario che mira a fissare per ciascuno di essi
caratteristiche tali che lo distinguano dagli altri due. Il primo modo ha luogo
con i termini modali. Ora, il termine modale è così descritto da Landucci: «
Terminus modalis est terminus determinativus alicuius dicti et connotativus
alicuius passionis propositionis, non habens vim faciendi tale dictum appel-
lare formam » *!*. I modi sono i quattro classici, più veruzz e falsum:
Landucci non accetta la definizione di Occam secondo cui qualsiasi termine che
possa predicarsi di un dictum è da con- siderare modus?*5; egli ritiene invece
che solo quei modi che determinino una proposizione connotandone una qualche
carat- teristica siano termini modali. Termini come scitum, dubium,
intellectum, cognitum non sono modali perché, oltre ad avere ciò che è proprio
dei modali, fanno sì che il dictum « appellet for- 309 Ivi, ff. 9vb-12vb. 310
Ivi, ff. 12vb-15rb. 311 Ivi, ff. 15rb-17vb. 312 Ivi, ff. 17vb-20rb. 313 Ivi, f.
23vb-24vb. 314 Ivi, f. 3ra. 315 Cfr. cap. V, $ 6. Terminologia logica della
tarda scolastica 581 mam » 355: essi rientrano propriamente nel settimo modo,
come ve- dremo. Senso composto e senso diviso così sono caratterizzati: Ideo
sensus compositus in primo modo causatur quando terminus modalis totaliter
praecedit aut finaliter subsequitur totum dictum totius propositionis in qua
ponitur, aut finaliter subsequitur (!); sensus vero divisus causatur quando
terminus modalis mediat inter partes propinquas totius dicti; unde partes
propinquas dicti appello totum quod regitur a parte ante et a parte post
respectu verbi illius dicti, id est a verbo orationis infinitivae vel
coniunctivae [...] 317. Ma Landucci, dopo aver precisato che questa è
l’opinione di Heytesbury, Paolo Veneto e Paolo da Pergola !, ricorda le opi-
nioni di Strode*? e Pietro di Mantova ° e conclude: « Istarum opinionum
unaquaeque est sustentabilis et nulla est demonstrativa, et ideo eligat
scholaris illam quae sibi magis placet » ®!. 316 Op. cit., f. 3ra-b « [...] et
non habet vim faciendi appellare formam tale dictum, quod dico ad differentiam
istorum terminorum ‘scitum’, ‘du- bium’, ‘intellectum’ et ‘cognitum’, quia,
licet possunt determinare dictum propositionis et ‘connotare passionem, non
tamen sunt termini modales primi modi, ex eo quia habent vim faciendi tale
dictum appellare formam ». 37 Ivi, f. 3rb. 318 Ivi: «Prima opinio est communis
tenens quod diximus, et est opinio etiam Hentisberi, Pauli Veneti in Logica
parva et Pauli Pergulensis in hoc tractatu [...] ». 319 Ivi: «Secunda est
opinio Sttodi in Consequentiis suis, qui ponit quod quando modus totaliter
praecedit est in sensu composito et quando mediat est in sensu diviso; sed
quando finaliter subsequitur, tunc est distin- guenda, quia potest capi in
utroque sensu ». 320 Ivi: «Tertia est opinio Petri de Mantua in capitulo de
modalibus, ponentis modum praecedentem facere sensum compositum, mediantem vero
et subsequentem facere sensum divisum, et hoc potest etiam elici ex tractatu
soppositionum, ubi ipse tenet in octava regula quod termini modales non habent
vim confundendi nisi terminos sequentes, et ideo quando finaliter subsequuntur
non confundunt aliquem terminum, et per consequens tunc faciunt sensum
compositum. Le differenze fra senso composto e senso diviso sono quattro; le
prime due sono generali. Per la prima, la proposizione in senso composto va provata
in funzione del termine modale, mentre la proposizione in senso diviso va
provata « ratione primi termini, dummodo talis terminus fuerit mediatus » #2;
per la seconda, nella proposizione in senso composto il termine modale
confundit tutti i termini comzunes presenti nel dictumz; non è così nel senso
diviso, giacché la confusio non si esercita sui termini che precedono il modus
*. Le altre due differenze riguardano potest, non potest e possibile,
impossibile. Precisato che potest fa senso composto quando è usato
impetsonalmente e senso diviso quando è usato personalmente **, Landucci pone
la terza differenza, per la quale la proposizione in senso composto (« cum
dicto praesentis temporis » soltanto, cioè con il verbo del dictum all’infinito
pre- sente) richiede una « verificatio instantanea », che non è richiesta dalle
proposizioni in senso diviso. Cosa sia da intendere con « verificatio
instantanea » è un problema che Landucci si pone. Rifiutata la tesi di
Sermoneta (« quidam doctor »)®5 e di chi 322 Ivi, f. 3va, e continua: « Voco
autem terminum mediatum omnem terminum excepto pronomine demonstrativo
singularis numeri; pronomen vero demonstrativum singularis numeri appello
terminum immediatum, et quando ponitur pro subiecto in propositione, talis
propositio dicitur imme- diata, ut haec: ‘hoc est homo’ demonstrato Socrate. Et
notanter dico ‘singu- laris numeri’, quia in numero plurali est terminus
mediatus et communis, ut vult Paulus Venetus in Logicula »; cfr. cap. VI, n. 41. 32 Ivi, f. 3va.
324 Ivi (ciò vale anche per contingit; tra i modi è incluso anche il verbo
oportet, e di tutti e tre i verbi è detto: « personaliter vel impersonaliter
sumpta »: f. 3ra). 325 Ivi, ff. 3vb-4ra: « Unde requirere verificationem instantaneam
diversi diversimode exponunt. Nam quidam doctor dicit quod propositio de sensu
composito de li ‘potest’ etc. requirit huiusmodi verificationem, ut puta ista:
‘possibile est te moveri’, non quia praedicatum seu res importata per prae-
dicatum mensuretur instanti, quia motus non mensuratur instanti ex quo est de
numero successivorum, sed quod ponantur in esse id quod Terminologia logica
della tarda scolastica 583 ritiene che la verifica istantanea di una
proposizione esige che « sua de inesse sibi correspondens pro infinito modico
tempore possit verificati » *5, egli così spiega la frase: propositio de sensu
composito de li ‘potest’ etc. requirit verifi- cationem instantaneam, id est
requirit ad hoc quod sit vera quod arguendo a sua de inesse de praeterito vel
de futuro ad suam de inesse de praesenti cum tali determinatione ‘ita fuit’,
seu ‘ita erit’ si sit de futuro, consequentia valeat, ut, verbi gratia, haec
propositio de sensu composito ‘possibile est te esse Romae’ requirit
verificationem instan- taneam, id est requirit ad hoc quod sit vera quod
arguendo ab ista de praeterito ‘tu fuisti Romae’ vel sibi consimili ad talem de
praesenti ‘tu es Romae’ cum ista determinatione ‘aliquando fuit ita quod’,
consequentia valeat; et quia huiusmodi consequentia valet, scilicet: ‘tu fuisti
Romae, ergo aliquando fuit ita quod tu es Romae’, ideo illi de sensu composito
correspondet veritas instantanea; ideo illa est vera, immo est necessaria, quia
omnes tales propositiones de sensu composito verae sunt necessariae, et eodem
modo dicatur de futuro; et si talis consequentia non valeret de praeterito aut
de futuro, tunc illa propo- sitio de sensu composito non posset esse vera, immo
esse(t) impossibi- lis. Vel dicatur, et brevius, quod propositio de sensu
composito de li ‘potest’ etc. requirit verificationem instantaneam, id est
requirit ad hoc quod sit vera quod sua de inesse de praesenti, si sit in mundo,
sic adaequate significando sit possibilis, et si sit illa de sensu composito de
negationibus praedictorum terminorum ‘potest’ et ‘possibile’, requi- importatur
per propositionem, ut puta veritas illius propositionis seu signi ficatum, ut
sit sensus quod in hoc instanti tu movearis, non tamen quod sit ita, sed sibi
non repugnat pro tali instanti verum esse te moveri. Sed iste doctor iudicio
meo volens istam differentiam declarare intricavit se et nescivit eam
exprimere, et dictum eius est falsum. Nam quaero: per verificationem
instantaneam aut ipse intelligit quod sua propositio de inesse sit vera in
instanti, aut quod suum significatum sit verum in instanti, aut quod sibi non
repugnet esse verum in istanti. Modo quo- cumque intelligat, sequitur quod
omnis propositio vera requirit verificationem instantaneam, quod est falsum et
contra Hentisberum in tractatu De incipit et desinit, ubi ponit quod aliqua est
propositio quae pro sui veritate requirit tempus limitatum; unde omnis
propositio vera, est vera in instanti, quod probo [...] »; cfr. il testo di
SERMONETA (si veda) in n. 278. 326 Ivi, f. 4ra. 58 rit quod sua de inesse, id
est indicativa illius dicti, absque negatione sit impossibilis etc. #7, La
verifica è risolta dunque dall’autore in prima istanza in una operazione logica
complessa, nella quale sia posta come antecedente una corseguentia e come
conseguente la proposizione in senso composto; in seconda istanza in una
consequentia nella quale sia posta come antecedente l’affermazione della
possibilità della proposizione de iresse e come conseguente la proposizione in
senso composto, ad esempio, la verifica di « possibile est album esse nigrum »
nel secondo caso va data così: « ‘album est nigrum’ est possibile sic adaequate
significando, ergo possibile est album esse nigrum », dove sia l’antecedente
che il conseguente sono falsi. La quarta differenza afferma che per i suddetti
modi (potest, possibile e non potest, impossibile) la proposizione in senso
com- posto esige che se è posta ir esse, cioè « si accipiatur sua de inesse
sibi correspondens » come spiega Landucci, allora « nullum sequitur
inconveniens », petché «si talis propositio de sensu composito sit vera, sua de
inesse sibi correspondens, si sit in mundo, erit possibilis »; ciò invece non è
vero per il senso diviso, giacché la proposizione può essere vera e la sua de
inesse essere impossibile: così « album potest esse nigrum » è vera, ma la sua
de inesse « album est nigrum » è impossibile ®8. Quanto alla liceità
dell’inferenza dall’un senso all’altro, Lan- ducci afferma che con potest e
possibile non vale l’inferenza dal senso diviso al senso composto né «e contra
negative » quando un verbo o participio richiede « tempus limitatum pro
veritate talis propositionis » (cioè non vale: «tu potes pertransire hoc
spatium, ergo possibile est te pertransire hoc spatium »: prima regola) *; né
vale dal senso composto al senso diviso « vel e contra 327 Ivi, f. 4rb. 328
Ivi, f. 4rb-va. 329 Ivi, f. Ava. Terminologia logica della tarda scolastica 585
negative » con gli stessi modi «in terminis compositis seu distributis a parte
praedicati » (esempio: non vale « possibile est te esse omnem hominem, ergo tu
potes esse omnis homo »: secon- da regola); né, sempre nello stesso caso, vale
dal senso diviso al senso composto « aut e contra negative cum terminis per se
aut per accidens repugnantibus » (« album potest esse nigrum, ergo possibile
est album esse nigrum »: terza regola)*!; né dal senso composto al senso diviso
(« et e contra negative ») con il relativo implicativo (« possibile est
antichristum esse hominem qui est, ergo antichristum potest esse homo qui est»:
quarta regola) *°. Più generalmente (quinta regola) con tutti i termini modali
non vale de forza l’inferenza dall’un senso all’altro e vecevetsa, date le
differenze che sussistono tra senso composto e senso diviso, purché nella
proposizione siano posti termini co- muni 53, Il secondo modo ha luogo con i
termini che hanno « vis con- fundendi », cioè « mediantibus terminis potentibus
confundere confuse tantum vel distributive mobiliter vel immobiliter » #4, pur-
ché essi « non connotent passionem propositionis nec faciant appel- lare formam
» *5: la prima precisazione distingue il secondo modo dal primo, mentre la
seconda lo distingue dal settimo *%. Né si 330 Ivi, f. Sra. 331 Ivi, f. 5rb; e:
«Unde voco terminos per se repugnare oppositos contrarie (ut ‘album’ et
‘nigrum’), contradictorie (ut ‘homo’ et ‘non-homo?), privative (ut ‘caecus’ et
‘videns’), relative (ut ‘dominus’ et ‘servus’); etiam generaliter illos
terminos appello per accidens repugnare qui non opponuntur proprie aliquo
istorum modorum, tamen non possunt de eodem affirmative verificari, ut 4 locus
et 4 locus, et esse adaequate in 4 et esse adequate in © instanti » (f.
Srb-va). 332 Ivi, f. Sva. 333. Ivi, f. Svb. 334 Ivi, f. 7vb. 335 Ivi, 336 Ivi,
f. 8ra: «Et notander dixi a principio: ‘dummodo tales termini 586 Alfonso
Maierù dica, aggiunge LANDUCCI (si veda), che tali precisazioni sono superflue
giacché una stessa proposizione può essere in primo modo o in secondo, o in
secondo e in settimo, per diversi motivi *. L’autore, pur definendo probabilis
questa opinio, titiene che i modi vadano tenuti ben distinti **: se così non
fosse, il secondo modo inclu- derebbe il primo e il settimo come suoi casi
particolati, ed Heytesbury avrebbe dovuto cominciare dal secondo la sua tratta-
zione, come invece non ha fatto’; fra l’altro, avverbi come necessario e
contingenter fanno senso composto nel secondo modo, anche se sono modali, e
solo impropriamente si dice che lo fanno nel primo, così come impropriamente
connotano una passio della proposizione #°;. sono infatti esponibili, non
officiabili, come si è tante volte ripetuto. Le differenze fra i due sensi sono
così formulate: Prima est, quoniam propositio de sensu diviso ad hoc quod sit
vera requirit verificationem in suppositis termini communis cum descensu
copulativo vel disiunctivo; propositio veto de sensu composito non, quia
uterque descensus sibi repugnat [...]. Secunda differentia est, quoniam
propositio de sensu composito ut plurimum probanda est ratione termini
confundentis, sed sua de sensu diviso non [...] #4. non sint connotativi’ etc.,
ut pet hoc differat secundus modus a primo; dixi etiam: ‘non facientibus
appellare formam’, ut pet hoc differat a septimo ». 337 Ivi. Una posizione
analoga a quella respinta aveva sostenuto SERMO- NETA nell’introduzione alla
sua Expositio: « Ad hoc respondetur quod, licet haec opinio sic arguens sit
probabilis, tamen magis consonum videtur veritati secundum mentem Hentisberi
ipsum [!, cioè i modi 1°, 2° e 7°] separari quam non [....]». 339 Ivi, f.
8ra-b: «Etiam si secundus modus non separaretur ab illis, tunc Hentisber
errasset in isto suo tractatu, quoniam secundus modus esset communior et
subalternans primum et septimum: sed communiora sunt praemittenda in doctrina,
teste Aristotele et Commentatore in primo Physi- corum t.c. LVII et etiam tertio
Physicorum t.c. II, ergo Hentisber debuisset tractatum suum incipere a secundo
modo et non fecit, ergo errasset ». 30 Ivi, f. 8rb. MI Ivi. Terminologia logica
della tarda scolastica 587 Esse riaffermano che la proposizione in senso diviso
è probata mediante descensus, mentre la proposizione in senso composto,
richiedendo la probatio in funzione del termine confundens, sarà exponibilis
oppure officiabilis. Di qui la regola generale fornita da Landucci: « Arguendo
a sensu composito ad sensum divisum aut e contra in isto secundo modo non valet
consequentia » #%, Il settimo modo ha luogo con i verbi che riguardano atti
della mente: ma questi verbi possono designare atti della volontà (volo, nolo,
malo, cupio, desidero, opto, odi) o operazioni del- l'intelletto: «absque
formidine » come scio, teneo, cognosco, concedo, nego, o «cum formidine » come
dubito, credo, ima- ginor, suspicor, apparet e simili 8. Questi verbi possono
cadere su di un « complexum verbale », cioè un dictum all’accusativo e
l’infinito o con quod e il con- giuntivo, o sopra un « terminum incomplexum »
(Socrates, « a pro- positio »): nel primo caso, se uno di essi precede o segue
il dicturm fa senso composto, se sta tra le parti del dictu72 fa senso diviso;
nel secondo caso, se esso precede il termine, si ha senso composto, se segue a
questo, si ha senso diviso *4. Il senso composto e il senso diviso differiscono
perché il primo ‘confonde’ i termini comuni seguenti capaci di ‘confu- sione’ e
fa sì che il dictum o il termine seguente « appellat for- mam », e il secondo
non fa ciò *5; inoltre, la proposizione in senso composto è officiabilis, la
proposizione in senso diviso non lo è #4, 342 Ivi, f. 8rb-va. 34 Ivi, f.
20rb-va. 34 Ivi, f. 20va. 35 Ivi, f. 20vb; e ancora (ivi): «Quid autem s[c]it appellatio
formae puto notum esse ex Logica parva, quoniam ille terminus appellat formam
qui repraesentat suum significatum sub conceptu proprio ». 34 Ivi: Landucci
precisa che il primo termine della proposizione in senso 588 Alfonso Maierù Di
qui le regole generali: [1] Arguendo a sensu diviso ad sensum compositum aut e
contra in praedictis terminis non valet consequentia #7; [2] Arguendo a sensu
diviso ad sensum compositum et e contra in praedictis terminis ubi praedicatum
sit iste terminus ‘hoc’ et subiectum, in sensu diviso, non sit terminus pet se
notus non valet consequentia [...] 4, si foret ter. minus per se notus bene
valeret consequentia *’; [3] Arguendo a sensu diviso ad sensum compositum ubi
subiectum fuerit terminus pet se notus absque aliquo determinabili, et
praedicatum fuerit hoc pro- nomen ‘hoc’, consequentia est bona, et e contra,
mediante verbo import- tante scientiam vel certitudinem [...]; notanter vero
dixi ‘cum verbo importante scientiam’, quia cum isto verbo ‘dubito’ non valet
conse- quentia 59, Tralasciando le regole non riguardanti strettamente
l’inferenza, concludiamo ricordando le due regole relative a hoc quando è sog-
getto della proposizione: l’inferenza è valida dall’un senso all’altro e
viceversa se il pronome è « absque aliquo determinabili » 5, oppure « cum suo
determinabili palam convertibili cum praedicato aut palam superius ad ipsum »
#*. L’operazione compiuta da Landucci, come si può rilevare, è consistita nel
fissare criteri distintivi in modo da giustificare pienamente l’articolazione
dei modi proposta da Heytesbuty; egli ha mirato a precisare la dottrina
tradizionale che aveva unificato modali (primo modo) e verbi designanti atti
dell’anima (settimo) sotto lo stesso motivo della probazio officialiter, e ha
identificato composto dev'essere immediato perché essa possa essere « probata
officiabi- liter »; così è nel caso di « ego scio hominem esse animal ». 347
Ivi, ff. 20vb-21ra. 38 Ivi, f. 21ra. 349 Ivi, f. 21rb. 350 Ivi. 351 Ivi, f.
21vb. 352 Ivi, f. 22ra. Terminologia logica della tarda scolastica 589 motivi
precisi che non permettono la riduzione al secondo modo del primo e del
settimo. Di diverso orientamento è la trattazione di Benedetto Vettori: più
vicina al testo di Heytesbury nel ritenere l’articolazione in otto modi con la
distinzione del quinto (con et) dal sesto (con vel) e con la mancata inclusione
del nono, accennato e non sviluppato dal maestro inglese, relativo ai termini
connotativi, la discussione del Faventino si svolge su di una linea generale
che non ritiene niente della impostazione dei quattro commenti finora esaminati
e sembra anzi in diretta polemica con la matura esposizione di Landucci, le cui
tesi in certo senso vengono capovolte. Nell’esame di questo trattato, ci
limiteremo a segnalare questi motivi di dissenso all’interno della tradizione
più comune e che servono a chiarire l’origine e la destinazione di certe
precisa- zioni, specie di Landucci: otterremo così un quadro più chiaro
dell'esame finora condotto. L'esposizione si articola in lezioni, e sono otto
in tutto; di esse una è introduttiva, mentre la sesta discute insieme i modi
cinque e sei. Nella prima lezione Vettori chiarisce il suo atteggiamento in
questo trattato. Innanzi tutto afferma che il senso composto e il senso diviso
possono essere considerati o « secundum se et absolute », oppure « unius per
rispectum ad alterum ». Conside- rata in se stessa, la nozione di senso
composto è fondata sulla nozione di verità o falsità istantanea (quindi sulla
verifica istan- tanea) della proposizione corrispondente al dictu7z, che ha una
sua determinazione ad opera di un modo; perciò la proposizione in senso
composto « de modo non exponibili vel verbo concer- nente actum mentis » è
officiabilis, giacché tale probatio « explicat 353 VertORI, Opusculum in Tisberum...,
cit., lect. I, 1: « Et sic notitia sensus compositi secundum se causatur ex
notitia instantaneae veritatis vel falsitatis propositionis significantis
dictum vel determinatum a modo reddente sensu(m) compositum. propositionem
significantem dictum categoricum propositionis officiandae, cuius praedicatum
denotatur inesse subiecto secundum idem tempus imperceptibile [...] » **.
Considerato in se stesso, il senso diviso a sua volta può essere mostrato
(potest ostendi) in due modi: «aut explicatione propositionis, aut expositione
eiusdem » #5; perciò la nozione di esso è legata alla explicatio o alla
expositio; la explicatio di « tu non potes pertransire 4 spa- tium » è: «tu non
habes potentiam ad pertranseundum 4 spa- tium », che è falsa; mentre la expositio
(0 resolutio, dice Vettori) esige che sia vera in un tempo percettibile la
proposizione « hoc possibiliter currit »; per questo si suol dire che il senso
diviso deve « verificari temporaliter » 3%, Considerati poi l’uno in rapporto
all’altro, i due sensi rien- trano nella dottrina della conseguentia come
specie nel genere ?7. Da queste considerazioni deriva la determinazione del
posto da assegnare al trattato tra i libri logici: in quanto i due sensi sono
considerati in sé, la nozione di senso composto e di senso diviso è legata alla
conoscenza della proposizione e in tal senso è « pars determinationis libri
Periermenias »; in quanto essi sono consi- derati in rapporto tta loro, il
trattato va posto immediatamente dopo il trattato delle conseguenze ** e
immediatamente prima dei Primi analitici. 1 fini del trattato possono essere
interno o esterno alla logica; fine interno è la soluzione dei sofismi, fine
esterno è servire a tutte le scienze *?. Per quanto riguarda le cause del senso
composto e del senso diviso, è da tenere presente che ‘causa materiale’ è il
354 Ivi. Si ricordi come è data la probatio officialis: « Talis propositio
est..., quae praecise significat ..., ergo...
« dictum verbale » o un suo equivalente, giacché compositio e divisio
sono proprietà logiche di cui la prima inferi cioè esige l’istantanea verifica
della proposizione, e l’altra la verifica tem- porale, e si sa che la verifica
è proprietà delle proposizioni o dei dicta soltanto *. Inoltre, il modo, o il
termine comzponens vel dividens, dà nome e definizioni al dictum composto o
diviso *! e quindi la capacità di confondere (virtus confusiva), propria del
termine che è modo, opera o su tutto il dictuzz o solo su di una parte di esso
e fa senso composto e senso diviso *°: perciò la virtus confusiva del modo ne è
la causa formale; e poiché la confusio è opera dell’intelletto (« est de
operatis ab intellectu »), senso composto e senso diviso sono legati
all’apprebensio, della capacità di un termine di ‘confondere’ un dictumz, da
parte dell’in- telletto *4, il quale così ne è causa efficiente. Di qui seguono
due affermazioni di notevole importanza: innanzi tutto, senso com- posto e
senso diviso non hanno luogo senza la confusio del termine; inoltre, non hanno
luogo senza il riferimento all’intelletto (sine intellectu)**. Come si può
notare, la seconda affermazione ripren- de il vecchio tema del rinvio
all’intelletto, del resto già presente in Heytesbury, per il quale senso
composto e senso diviso sono molto simili quanto alla struttura linguistica
(vox) ma omzzino impertinentes quanto all’intelletto, in ordine alla verità e
alla falsità e « quoad formam arguendi » #7, Ma sulla prima affermazione si
fonda tutta la struttura del trattato di Vettori. Egli si chiede infatti,
subito dopo, se si possa 36 Ivi, lect. I, 2, supponitur primo, e prima
conclusio. 361 Ivi, supponitur secundo. 362 Ivi, supponitur tertio. 363 Ivi,
secunda conclusio. 364 Ivi, supponitur quarto. 365 Ivi, tertia conclusio. 366
Ivi. 357 HeyTEsBuRY, De sensu composito et diviso, cit., f. 2ra. 592 Alfonso
Maierà dare un’unica definizione di senso composto e senso diviso. Ricordata
l'opinione che abbiamo visto essere propria di Battista da Fabriano, Sermoneta
e Landucci, egli la rigetta come « falsa imaginatio »*8; egli afferma che, non
essendo il concetto di senso composto e senso diviso « mere aequivocus », esso
può fungere da concetto comune e indifferenziato (indifferens) rispetto ai con-
cetti propri causati dai vari modi 9, Ora, la ratio communis pro- pria di
questo concetto è quella che si è detto: non c’è senso composto e senso diviso
« sine virtute confusiva » + Da questa affermazione seguirebbe che la
proposizione « pos- sibile est Socratem esse istum hominem » non è in senso
com- posto perché nessuna parte del dicturz ha confusio, € che la pro-
posizione « possibile est Socratem esse hominem » è in senso diviso giacché
solo una parte del dictum ha confusio: entrambe, invece, secondo la dottrina
tradizionale, dovrebbero essere in senso composto perché il modo precede totaliter
il dictum; se- guirebbe inoltre che la congiunzione e?, la disgiunzione vel e
il relativo implicativo, non avendo capacità di confondere, non farebbero senso
composto e senso diviso, e quindi i modi tre, cin- que e sei non sarebbero
tali”. Per rispondere a ciò, Vettori afferma ancora una volta che un termine fa
senso composto quando ‘confonde’ o tutte le parti del dictum o almeno la
principale, cioè il soggetto, e fa senso diviso quando confonde la parte più
remota, cioè il predicato; perciò, continua Vettori, alcuni termini che non
hanno tale capacità, non possono fare senso composto 0 senso diviso, ma possono
causare corzpositio e divisio (giacché altro è compositio, altro senso
composto, e così via); tali sono tutti termini elencati da Heytesbury ad eccezione
di quelli del primo e dell’ottavo modo, VETTORI (si veda), dubitatur primo. 39
Ivi. ; . ; 370 Ivi (in particolare il secondo corollario al primo dubbio). 371
Ivi, dubitatur secundo. Terminologia logica della tarda scolastica 593 dei
quali si parla communiter quando si tratta di senso composto e di senso diviso
*; perciò non « ex diversa applicatione modi ad dictum » nascono le diversità
tra i due sensi, ma dalla diversa confusio *: ci sono proposizioni, il cui modo
(in forma nominale) precede il dictum, che non sono officiandae perché il
soggetto di esse non è confuso (es. in « possibile est Socratem currere » solo
il predicato è ‘confuso’), e perciò sono in senso diviso (come « Socratem
possibile est currere » e « Socratem currere est possi- bile »; ma, mentre
quella è explicanda, queste sono resolubiles); proposizioni come « possibile
est hominem esse Socratem » sono invece in senso composto perché il soggetto è
confuso e quindi sono da probare officiabiliter o exponibiliter. Ora: se non
c'è confusio e il modus precede tutto il dictum, si avranno propo- sizioni
compositae, non in senso composto, e se il modus sta tra le parti del dicturz,
si avranno proposizioni divisae, non in senso diviso; le compositae « possunt
probari vel explicative, ut in sensu diviso, vel officiabiliter aut expositive
ut in sensu com- posito » 3, Ciò premesso, egli accetta le osservazioni
relative alle propo- sizioni « possibile est Socratem esse istum hominem » e «
possibile est Socratem esse hominem »; ritiene inoltre che ez, vel e qui
facciano compositio e divisio, ma non senso composto e senso 372 Ivi,
supponitur primo; in part: «Quia autem stat aliquos esse terminos non habentes
vim assignatam, ideo ab actione sensus compositi vel divisi auferuntur, licet
ex eisdem causetur compositio vel divisio in propositione: hi igitur erunt qui
assignantur a Tisbero in littera, praeter hos de primo et octavo, quibus
communiter utimur in locutione sensus compositi vel divisi [...]». È evidente
qui il riferimento alla tradizione, per la quale modali e verbi designanti atti
di volontà (1° e 8° modo) fanno senso composto e senso diviso essendo
officiabili; l’autore non accenna, infatti, al secondo modo, che per Heytesbury
è appunto «cum terminis confundentibus ». 373 Ivi, supponitur secundo. 374 Ivi, supponitur tertio. 38
Alfonso Maierù 594 diviso. Egli è cosciente che quest’affermazione nega la
dottrina di Heytesbury e degli altri logici e perciò la dà come sua IDE
personale ?. Egli continuerà così a parlare di “senso composto’ e di ‘senso
diviso” secondo la terminologia tradizionale, anche in quei casi in cui avrebbe
dovuto semplicemente parlare di Lp e divisio, e continuerà a descrivere i modi
nella maniera tradi- zionale. N Tralasciando i modi terzo, quarto, quinto e
sesto, cl soffet- miamo brevemente sui quattro rimanenti, limitandoci ad esami-
nare la caratterizzazione fornita da Vettori. a Primo modo. Ha luogo quando i
termini ampliativi o, bageg si operano su di un dictum verbale o un suo «prec
Ss a senso composto quando il modo precede ° segue i ic n mentre quando sta tra
le parti del dictum si ha ce De È, il termine modale, sia quando è officiabile
che quando cp ; nibile, è sempre in primo modo 8; i verbi potest e contingi 375
Ivi, in fine: «Et sic his habitis facilis est responsio ad gup dum corollarium,
concedendo id » Laren gra soir pa er) pro aliis autem tribus negatur notam cor
n be hdi i implicativim non facere compositionem vel divistonem, quan ipa e
nullum illorum facere sensum compositum La cap cum nullum horum habeat vim confusivam,
ut pro egg ir 3 Gu hoc arguatur fere omnia in tertio articulo esse contra core
Lodi logicos, concedatur. Ideo volui haec dixisse Reni prop: hear noster habeat
quod obicere, et hoc de tertio articulo et per q hodierna Pad; A her 376 Ivi t.
rimo. . . 377 da n è ia la tesi di Strode e di -_ ko; Lei magna), relativa alla
distinzione da fare quando il modo s gr ps 318 Ivi, fertio, fra cui: «Ex quo
sequitur è pen lic nomen sensus compositi in propositionibus modalibus ut =
uerunt q cai SI cfr. ad es. il Landucci, per il quale in questo caso si e unta
modo; cfr. anche il testo del VETTORI, 0p. cit. lect. III, i ‘ubi sl fis ;
prima conclusio, dove si ripropone il problema per g men pira si risponde: «
Termini modales adverbialite= sumpti componuni Terminologia logica della tarda
scolastica 595 assunti impertsonalmente fanno senso composto; personalmente,
senso diviso; il dictum vero segue alla proposizione vera: « deum esse » è
dictum di « deus est »; quindi, vera questa, segue che è vero quello e non viceversa;
triplice è la differenza tra i due sensi: a) il senso composto ha verificazione
istantanea, sia perché tutta la compositio è determinata dal modo, come vuole
Heytesbury, sia perché tutte le parti della comzpositio sono ‘con- fuse’ dal
modo, come si è detto, mentre il senso diviso richiede, a sua volta, una
successione temporale, sia perché il modo determina una parte del dicture, sia
perché è confuso solo il pre- dicato; b) il senso composto è officiabile o
esponibile, mentre il senso diviso « probatur ratione termini mediati »; c) la
terza dif- ferenza proviene « ex parte illativae positionis »; cioè la proposi-
zione in senso composto implica una proposizione nella quale il modo sia
affermato della proposizione de inesse corrispondente al dictum (es. « necesse
est hominem esse animal, ergo haec est necessaria ‘homo est animal’ ») e ciò
non è possibile per il senso diviso (non vale l’inferenza: « homo contingenter
est animal, ergo haec est contingens ‘homo est animal’ ») 1, Secondo modo. Si
ha con un termine che ha « vis confundendi » (confuse tantum, mobiliter o
immobiliter) nei riguardi di un proprie et per se in primo modo », e ciò contro
Heytesbury, che « ratione suae confusionis vel immobilitationis » li tratta nel
secondo modo. 379 Ivi, lect. II, 1, quarto. 380 Ivi, quinto; continua: «Ex quo
patet error nostri aemuli conce- dentis esse id ad quod esse verum sequitur
suam propositionem esse veram. Jam enim scripsimus circa notitiam insolubilem
aliquam propositionem esse falsam, cuius dictum adaequate est verum, ut haec
‘Socrates dicit falsum’, posito quod nihil aliud dicat, et tunc ipsa est falsa,
et Socratem dicere falsum est verum ut sequens, ergo etc. Et hoc
idem militat contra ponentes obiectum scientiae-vel dubitationis esse
significabile complexe et non ipsa conclusio [...] »; quest’ultima è la
posizione di Gregorio da Rimini (ma cfr. cap. I, appendice 1). 381 Ivi, sexto.
dictum © d'un suo equivalente *: termini aventi la capacità di “confondere”
sono di tre specie: alcuni esercitano mediate tale capacità (così omnis nella proposizione
universale affermativa, e non causa « compositio »), altri la esercitano
immediate (come le « dictiones exclusivae », e non causano « compositio »);
altri infine la esercitano sia immediate che mediate, purché non siano im-
pediti da altro sincategorema: di essi, alcuni « confundendo immo- bilitant »,
altri no; fra i primi, sono incipit, desinit, promitto, debeo, obligor,
necesse, necessario € impossibiliter; fra i secondi, scio, credo, volo, cupio,
immediate **; si ha senso composto quando sono ‘confusi’ quei termini che
possono esserlo: se si ha confusio mobilis, la verità o falsità della
proposizione è mostrata dalla dalla verità o falsità del descersus a una
proposizione « de di- siuncto exttemo »; se si ha confusio immobilis, la verità
o falsità sarà provata mediante descensus alla equivalente proposizione in
senso diviso; si ha senso diviso quando un termine comune della proposizione
non è confuso perché antecede il termine confundens: la verità o falsità di
essa sarà provata con descensus dal termine comune non confusus, descensus che
non è possibile col senso com- posto **. Di qui deriva l’analisi dei rapporti
tra primo e secondo 382 Ivi, lect. III, 1, conclusio. 383 Ivi, supponitur
primo: cfr. LANDUCCI, OP. cit., f. 7vb. 34 VerTORI, op. cit., lect. III, 1,
supponitur tertio, e cfr. supponitur quarto: « Et ex hoc supponitur quarto quid
nominis sensus compositi et divisi in secundo modo. Sensus enim compositus tunc
est, cum vis terminorum confundentium confusiva et per consequens vel illius immobilitativa
est in terminum communem, ratione cuius veritas vel falsitas datae
compositionis, si ex confusione et mobilitatione est, habetur verificata vel
falsificata proposi- tione de disiuncto extremo compositioni correspondente ut
descensus; et si compositio fuerit ex immobilitatione consequente aliqualem
confusionem termini, erit verificata vel falsificata propositione exprimente
descensum illius termini communis in divisa propositione compositae
correspondente, ad mo- dum quo ea(n)dem declarat compositionem ex vi
immobilitationis termini factam. Et sic sensus divisus erit, cum vis illorum
terminorum confundentium modo: il secondo modo è superior al primo, che è
inferior a quello (« Le. ] differentiam secundi modi compositionis a primo esse
sicut superioris a suo inferiori ») #9; ciò è contro l’opinione di Landucci («
Senensis quidam » scrive Vettori), ma alla obiezione di Lan- ducci, che non si
capisce perché, se così fosse, Heytesbury avrebbe cominciato il suo trattato
dal primo modo anziché dal secondo Vettori risponde che questo si deve al fatto
che comunemente si parla di senso composto e senso diviso a proposito dei
termini che denotano la possibilità, inclusi perciò nel primo modo *%,
Accostiamo subito a questi due l’ottavo modo. I verbi desi- gnanti atti della
mente sono di due specie: alcuni designano un atto interiore (intelligere,
scire, velle), altri designano un atto este- non transcendit in terminum
communem per praecedentiam illius ad ipsos ratione cuius veritas vel falsitas
datae propositionis divisae habetur ES descensu illius termini communis
repugnante eidem in sensu composito.» L'esempio addotto per il secondo caso del
senso composto è « niecessatio: omnis homo est animal »: l’autore non illustra
come va operato il descensus in questo caso; si limita a ribadire che «[...]
datae propositionis veritas habetur verificato vel falsificato descensu
attributo illi termino i S diviso extraneo eidem in sensu composito ». sana sa
Ivi, supponitur septimo; continua così il testo: «Quilibet enim terminus qui
ratione sui significare posse esse vel non posse esse facit sensum compositum
in primo modo cum quilibet talis habeat vim confun- dendi tantum ratione suae
confusionis, faciet sensum compositum vel divisum in secundo modo et non e
contra; patet enim aliquem esse terminum com- ponentem vel dividentem in
secundo qui nullatenus significat posse esse vel non posse esse et sic a
ratione compositionis primi modi secluditur ». Tuttavia vii [..] supponitur
sexto, quod licet quilibet terminus ‘cdimponena vel dividens in primo modo
possit ratione suae confusionis componere vel divi cà in secundo modo, aliqua
tamen est propositio in sensu composito vel ; iviso in primo quae nec est
composita vel divisa in secundo modo, ut hi ‘necesse est Socratem esse istum hominem’
et ‘Socratem necesse est fees istum hominem?. Et hoc patet per quid nominis
sensus compositi o divisi in secundo modo » (cfr. n. 384) sith 386 Ivi, sotto
supponitur septimo. 598 Alfonso Maierà riore (video, tango, audio)". Solo
i primi fanno senso composto e senso diviso in questo modo **. Tali verbi
possono cadere su di un termine incomplexus, o su di un dictum complexum (di
qui la distinzione tra probatio descriptibilis e officialis); se cadono su di
un complexum, o dictum categoricum, perdono ogni «vis appellationis formae »,
giacché « appellare formam est restringere terminum ad sui definitionem, sed
dictum categoticum nullam habet definitionem, igitur non appellabitur
appellatione formae » 39; del resto, solo con un complexum si ha senso com- posto
e senso diviso ?, e precisamente si ha senso composto quando il verbo precede o
segue il dictuz, mentre se sta tra le parti del dictum si ha senso diviso 32.
il primo ha probatio offi- cialis, il secondo va provato secondo il termine
mediato precedente, se è presente nella proposizione ®”. Per concludere,
esaminiamo l'impostazione che Vettori dà del settimo modo, che ha luogo — egli
dice — con le determi nazioni ita est, ita fuit, ita erit. Egli così procede:
dei termini am- pliativi, alcuni significano la possibilità (« consignificant
posse esse vel non posse esse ») e appartengono al primo modo; altri invece
consignificano il tempo, sia se sono considerati in sé (al tempo passato o
futuro), sia se considerati nella forma di participio 387 Ivi, lect. VIII, 1,
supponitur primo. 388 Ivi, supponitur secundo. 389 Ivi, supponitur tertio. :,
39 Ivi, supponitur quarto; continua: «Hoc idem patet quia sequitur tamquam ab
eodem idem: ‘tu intelligis hominem esse animal, ergo hominem esse animal
intelligis’, quod non contingeret si dictum illud formaliter appellaretur,
sicut hic non sequitur: ‘tu (ergo textus) hominem intelligis, ergo intelligis
hominem’, ut patet intuenti ». 391 Ivi, supponitur quinto. 392 Ivi, supponitur
sexto. . 33 Ivi, supponitur septimo, e conclude: «Et scias istam differentiam
non causare omnimodam impertinentiam inter hos sensus, quia aliquibus
conditionibus observatis sensus illi erunt pertinentes [...] ». i — Adam est
praeteritus, antichristus est futurus: il participio è detto distractivus;
considerando che ampliatio est dilatatio verbi, vel ratione sui, vel ratione
participii distractivi ultra propriam sui consignificationem ad plures scilicet
temporis differentias », può accadere che unì verbo ampliato possa essere
restrictus di fatto « ad unam temporis differentiam tra quelle richieste dall’amzpliatio; così
avviene nel nostro caso, giacché ita, (e solo per accidens l’espressione «
aliquando fuit ita ») limita a un istante del tempo connotato la verità della
proposizione #9, e quindi l'aggiunta di if4 a un dictum è causa formale del
senso composto in questo settimo modo ?, Di qui deriva che il senso composto si
ha con l’aggiunta di ifa che restringe l’arzpliatio del tempo del verbo nella
proposizione a un istante del tempo con- notato dal verbo che fa parte della
deterzzinatio, e che è il passato o il futuro; il senso diviso è dato dalla
proposizione senza deter- minazione e col verbo ampliato -- es. senso composto:
aliquando fuit ita quod Socrates EST albus, senso diviso: Socrates FUIT albus. Di
qui ancora risulta che il senso diviso sta al senso composto come il più ampio
al meno ampio. Nel primo caso quella compositio che è il senso diviso ha verità
verificabile nel tempo 3% Ivi, lect. VII, 1, conclusio, e praemittitur primo.
praemittitur secundo; cfr. anche: Quantum ad primum prae- supponitur primo quid
nominis restrictionis. Unde restrictio est acceptio termini in propositione pro
paucioribus quam in propositione ampliata. Dico ‘acceptio termini in
propositione’, ut denotetur restrictionem non fieri extra propositionem: est
enim species suppositionis, quae est proprietas termini proportionaliter capti.
Dico ‘pro paucioribus quam’ etc., ut deno- tetur terminum discretum non posse
restringi [...]. Supponitur secundo quod
terminum restringi ad pauciora in propositione potest dupliciter intel- ligi:
vel ad pauciora scilicet supposita personaliter termino attributa, vel ad
pauciora, id est, ad pauciores temporis differentias connotatas per verbum cui
accidit ampliatio vel ratione sui vel ratione participii ampliativi, et haec
erit restrictio ampliationis cui committatur compositio septimi modi ». 39 Ivi,
1, praemittitur tertio. 397 Ivi, praemittitur quarto. (« Veritas [...] compositionis divisae
proportionatae illi de sensu composito est temporalis et non istantanea [...]
»), nel secondo invece è istantanea (« [...] veritas limitatur ad certum
instans proportionatum propriae connotationis verbi restricti »: propor-
zionato, cioè, al passato o futuro, secondo i casi) **. 398 Ivi, supponitur
septimo. Il testo del trattato “Termini qui faciunt” si trova in due
manoscritti: PADOVA, Biblioteca Universitaria 1123, ff. 10va-11vb, e Worcester,
Cathedral Library, F. 118, f. 30v sgg. Ho esaminato il ms. Padovano. Il testo, ANONIMO,
ha, al f. 10va, Incipit :termini qui faciunt” e, al f. 11vb, Expliciunt termini
qui faciunt. Il trattato quindi trae il suo titolo dall’incipit. Anche a una
prima lettura si può rilevare che ci si trova di fronte non a un’opera
originale, ma ad un adattamento di un capitolo delle Regulae solvendi
sophismata di Heytesbury, intitolato “De scire et dubitare”. Il materiale del
capitolo di Heytesbury è qui organizzato in modo da offrire in primo piano la
descrizione del senso composto e del senso diviso, alla quale seguono VI casus
con le relative risposte. Nel suo testo, invece, Heytesbury vuole chiarire le
difficoltà relative all’uso di scire, dubitare, ecc.; per far ciò, egli formula
gli stessi VI casi; passa quindi a descrivere senso composto e senso diviso. Infine
risolve i casus. Heytesbury e il suo anonimo manipolatore si propongono fini
diversi. A conferma della dipendenza del trattato “Termini qui faciunt” dal
testo di Heytesbury diamo di seguito in sinossi i passi più importanti dell’uno
e dell’altro (si noti la successione dei fogli dei passi riportati: si
constaterà quanto diversa sia la collocazione dei brani paralleli nel testo di
Heytesbury e nel nostro trattato. Ms. Padova, Bibl. Un. 1123 (f. 10va) Termini
qui faciunt propositiones aliquando sumi in sensu composito et aliquando in
sensu diviso et sunt isti et consimiles: scie, dubitare, imaginari, nolle,
velle, ‘perci- pere’, CREDERE, ‘intelligere’, POSSIBILE, impossibile,
‘contingens’, NECESSARIUM, et alii consimiles. Unde notandum est quod quando
aliquis praedictorum terminorum vel consimilium praecedat totaliter DICTUM
PROPOSITIONIS vel finaliter subsequitur, tunc sumitur illa propositio in sensu
composito, ut illa ‘Scio deum esse’, ‘Dubito Socratem currere’, ‘Possibile est
album esse nigrum’, ‘Hominem esse album est impossibile’. Et
significant tales propositiones sic: Scio deum esse, id est scio QVOD deus est.
Credo Socratem cutrere, id est: credo QVOD Socrates currit; ‘possibile est
album esse nigrum’, id est: “Hoc est possibile: quod album est nigrum, et sic
de aliis. Sed quando aliquis dictorum terminorum mediat dictum propositionis,
id est ponitur in medio inter ACCUSATIVVM CASUM et, modum infinitum, tunc illa
propositio est totaliter accepta in sensu diviso. Et tales sunt istae: ‘4 scio
esse verum’, ‘SOCRATEM percipio currere’, ‘album possibile est esse nigrum’
etc. Et istae significant sic: ‘4 scio esse verum’, id est illud quod est 4
scio esse verum; ‘Socratem percipio currere’, id est: illud quod est Socrates
percipio [De scire et dubitare. Ad cuius evidentiam est notandum quod aliquando
accipiuntur propositiones quaedam in sensu composito quibus consimiles sumuntur
in sensu diviso quae non convertuntur cum illis acceptis in sensu composito.
Item sciendum quod huiusmodi propositiones maxime fiunt per terminos actum vel
habitum animae importantes, aut posse esse vel non posse esse, seu esse
necessario vel non esse, vel impossibile esse vel non esse. Eiusmodi sunt isti termini:
scire, dubitare, intelligere, imaginari, percipere, velle, nolle, possibile’,
‘impossibi- le’, necesse et sic de aliis multis. Quod autem cum his terminis
fiant tales propositiones satis apparet iuxta communem modum loquendi [H. P.
GRICE, “ORDINARY LANGUAGE”], ut cum dicitur: ‘scio 4 esse verum’ et ‘4 scio
esse verum’. Propositiones istae multum sunt similes, sed non convertuntur. Una
enim accipitur in sensu diviso et alia in sensu composito sicut et hic. Aliquam
propositionem dubito esse veram’ et ‘dubito aliquam propositionem esse veram,
intelligo vel imaginor aliquem punctum esse medium huius corporis’ et ‘aliquem
punctum intelligo vel imaginor esse medium huius corporis. Et ita apparet quod
multae sunt propositiones similes sicut istae iam praemissae et aliae huiusmodi quae non convertuntur, cum
una accipiatur in sensu currere; ‘album possibile est esse nigrum’, id est
illud quod est album possibile est esse nigrum postea, vel sic: de re quae est
alba potest fieri res nigra, et sic est de aliis. Ad istam conclusio- composito
et alia in sensu diviso, quia sensus compositus rato vel numquam convertitur
cum sensu diviso, sed in maiori parte quantumcumque sint similes sunt tamen
sibi invicem impertinentes sicut inferius patebit. Item tamquam pro regula est
observandum quod cum aliquis istorum terminorum vel similium praecedit
totaliter dictum alicuius propositionis seu sequitur finaliter, tunc talis
propositio accipienda est in sensu composito, sicut sic dicendo: ‘scio 4 esse
verum’; tota illa propositio accipitur in sensu composito, et tunc convertitur
cum hac propositione ‘scio quod 4 est verum’, et ex hoc sequitur quod talis
propositio ‘a est verum’ vel aliqua propositio significans quod a est verum est
scita a me. Multi tamen sunt termini prius accepti qui non multum competenter
sequuntut finaliter huiusmodi dictum propositionis, quia improprie diceretur:
‘4 esse verum scio”, ‘aliquam propositionem esse veram scio’. Aliqui tamen
istorum competenter possunt sequi huiusmodi dictum finaliter. Convenienter nam
dicitur: ‘4 esse verum est possibile’, ‘hominem currere est possibile',
‘hominem esse asinum est impossibile’: sive igitur totaliter praecedit talis
terminus dictum huiusmodi sive sequatur finaliter, erit totalis propositio dicta
accepta in sensu composito. Prima supponatur
nem probandam arguitur sic, et primo supponitur ista propositio: suppono
quod omnis propositio, de qua consideras quam non scis esse veram nec scis esse
falsam, sit tibi dubia. Deinde ponitur iste casus, quod tu scias quod 4
sit altera istarum duarum propositionum ‘deus est vel ‘homo est asinus’ et
lateat te quae istarum s[clit 4... (f. 11ra) Ad eandem conclusionem probandam
arguitur sic, et ponitur iste casus, quod tu scias quod a s[cJit unum istorum
contradictoriorum: ‘rex sedet’ et ‘nullus rex sedet’, ita quod tu scias quod
quodcumque istorum sit verum quod illud sit 4 et e contra, nescias tu tamen
quae istarum sit 4, sicut nec scias quae ista- rum scit vera; isto casu posito,
facio tibi istam consequentiam. Tertio ad eandem conclusionem arguitur sic, et
ponitur quod Socrates sit coram te et scias tu bene quod ‘hoc est hoc
demonstrando Socrate et nescias tu quod hoc est Socrates, scias tamen bene quod
ista propositio ‘hoc est Socrates’ significat praecise quod hoc est Socrates,
tunc isto posito sequitur quod ista propositio ‘hoc est Socrates’ est tibi
dubium quod quaelibet propositio de qua considerat aliquis quam ille nescit
esse veram nec scit esse falsam sit dubia eidem. Deinde ponatur quod tu scias
quod 4 sit altera illarum: ‘deus est’, ‘homo est asi- nus’, quarum unam scias
esse ve- ram et necessariam, scilicet istam ‘Deus est’, et aliam scias esse
falsam et impossibilem, scilicet istam ‘homo est asinus’, et te lateat quae
illarum sit 4. Item arguitut ad idem sic. Ponatur quod tu scias quid sit ve-
rum istorum, demonstratis istis contradictoriis tibi dubiis: ‘rex se- det’,
‘nullus rex sedet’, sic quod scias quod, quodcumque istorum sit 4, quod ipsum
sît verum, et quod solum ipsum sit 4 et e con- tra, et cum hoc scias quod 4 est
verum istorum, nescias tamen quid istorum sit 4 sicut nescis quid istorum sit
verum. Istis po- sitis, fiat haec consequentia... Item ad idem arguitur sic.
Po- natur quod tu scias quod hoc sit hoc, demonstrato Socrate, et ne- scias tu
quod hoc sit Socrates, scias tamen quod haec propositio ‘hoc est hoc’
significat praecise quod hoc est hoc, et
etiam quod ista propositio: ‘hoc est Socrates” significat prae(f. 12vb)-cise
quod hoc est Socrates. Sit enim Socrates coram te quem scias esse homi- nem et
nescias ipsum esse Socra- tem, quc posito cequitur quod Terminologia logica
della tarda scolastica 605 Quarto arguitur [sic] ad ean- dem conclusionem sic,
et ponatur quod Socrates sit coram te, scias tu bene quod ipse est Socrates vel
Plato, nescias tamen quis istorum ipse sit, scias tu bene quod ista propositio
‘hoc est Socrates” signi- ficat praecise quod hoc est Socra- tes, tunc ista
propositio ‘hoc est Socrates’ est tibi dubia... Quinto arguitur ad eandem conclusionem
probandam sic, et ponitur quod tu scias quid demon- sttetur per subiectum huius
pro- positionis: ‘hoc est homo” et quod aliquid scias esse hominem et nihil
dubitas esse hominem et quod tu scias istam propositionem ‘hoc est homo’ sic
significantem praecise quod hoc est homo, tunc ista propositio ‘hoc est homo”
est scita a te esse vera vel scita a te esse falsa... (f. 1lva) Sexto arguitur
ad pro- bandum (!) conclusionem sic: po- natur quod 4, è, c sint tres propo-
sitiones quarum duae primae, sci- licet 4, d sint scitae a te, tertia sit c
dubia; et dubitantur sic istae propositiones vel removean- tur a te, ita quod
nescias quae istarum s[clit 4 nec quae d nec quae c nec quae sit tibi dubia.
Isto posito, arguo sic: aliqua ista- rum est scita a te et quaclihet haec
propositio ‘hoc est Socrates” est tibi dubia... Item posito quod scias quod hoc
sit Socrates vel Plato, nescias tu tamen an hoc sit Socrates nec scias an hoc
sit Plato, et tunc erit ista propositio tibi dubia: ‘hoc est Socrates’... Item
suppono quod tu scias quid demonstretur per subiectum huius propositionis: ‘hoc
est homo” et scias quod illa propositio signi- ficat praecise sicut termini
illius preetendunt, et quod scias aliquid esse hominem et nihil dubites esse
hominem; quo posito, sequitur quod ista propositio: ‘hoc est homo’, sit scita a
te esse vera vel quod illa sciatur a te esse falsa... Item sint 4, d, c tres
proposi. tiones, quarum duae sint scitae a te, scilicet 4 et 2, et tertia,
scili- cet c, sit tibi dubia, et nescias quae illarum sit 4 vel b, et simi-
licter lateat te (f. 13ra) quae illa rum sit tibi dubia. Istis positis,
sequitur quod aliqua illarum pro- positionum sit scita a te, quia tam a quam È
sciuntur a te per casum, et sequitur etiam quod quaelibet illarum sit tibi
dubia... 606 istarum est dubia, ergo conclusio... Septimo arguitur ad eandem
conclusionem sic: tu scis quod hoc est Socrates et dubitas an hoc sit Socrates
eodem demonstrato, ergo illud est scitum a te et tibi dubium; et antecedens
arguitur sic, et ponatur quod heri vidisti Socratem et neminem alium, et scias
tamen bene quod adhuc ille homo quem heri vidisti est So- crates, et sit
Socrates hodie coram te et lateat te quod iste est So- crates, tunc sic: tu
scis quod iste homo est Socrates; hoc arguitur sic, quia demonstrato isto
homine quem heri vidisti, scis bene quod iste est Socrates, sed neminem heri
vidisti nisi istum hominem, ergo demonstrato isto scis bene quod iste est
Socrates et dubitas an iste idem sit Socrates per ca- sum, igitur sequitur
conclusio. Alfonso Maierù Item tu scis quod hoc est So- crates et dubitas an
hoc sit Socra- tes, eodem demonstrato; propter quod ponatur quod heri videris
Socratem et scias adhuc quod ille homo quem heri vidisti est So- crates, et
videas Socratem modo, et lateat te an sit Socrates, sed credas quod ille homo
quem nunc vides sit Plato, et non videas ali- quem nisi Socratem; istis positi
scis quod hoc est Socrates d monstrato illo quem heri vidisti, quia absque
haesitatione conce- deres quod hoc est Socrates, de- monstrato illo quem heri
vidisti, quia scis bene quod ille quem heri vidisti est Socrates demon- strato
illo quem heri vidisti. Scias nam gratia exempli quod neminem vidisti heri nisi
illum qui est So- crates, et tunc sequitur quod tu scis quod hoc est Socrates,
de- monstrato illo quem heri vidisti, et eodem demonstrato dubitas an hoc sit
Socrates, quia, demonstrato illo quem iam vides, dubitas an hoc sit Socrates,
et idem est quem iam vides et heri vidisti, igitur eodem demonstrato scis quod
hoc est Socrates et dubitas an hoc sit Socrates. Appendice 2 IL TRATTATO
TERMINI CUM QUIBUS E PAOLO DA PERGOLA. Kristeller in “ITER ITALICVM” dà notizia
di due trattati de sensu composito et diviso di Paolo da PERGOLA (si veda),
nessuno dei quali corrisponde a quello che abbiamo utilizzato nella esposizione
precedente e che ha l’incipit: “Cum saepe numero cogitarem.” Del primo di essi,
contenuto nel ms. Sessoriano 301 della Biblioteca Nazionale di ROMA, KRISTELLER
(si veda) dà questo incipit: “Quoriam ignoratis.” Il secondo, invece, si
troverebbe nel ms. Casanatense 85; l'incipit è: “Termini cum quibus.” Il ms.
Sessoriano contiene in realtà il trattato a noi noto, ma esso non è segnalato
da Kristeller. L’incipit fornito dallo studioso è quello di un altro trattato
che nel codice precede il nostro testo. Ecco l’indice del ms. Sessoriano: 1)
ff. 1ra-54vb: (Pauli Veneti Logica parva) (manca il primo trattato e metà del
secondo): inc.: ef ita non immobilitant. Ideo bene sequitur: scio omnem
propositionem, et iste sunt omnes propositiones, ergo scio istam et istam et
sic de singulis (cfr. l’ed. veneziana del 1567 « apud Hieronymum Scotum », tr.
II De suppositionibus, cap. V, p. 22, 30); expl.: secundum quod mei in exordio
primitus asserendo promisi (nell’ed. cit. manca l’ultimo paragrafo:
merito-promisi; nel ms. segue, di mano posteriore) E7 sic est finis. FINIS. 1
Cfr. Iter Italicum, II, London-Leiden 1967, p. 122. 2 Ivi, p. 97. 608 Alfonso
Maierù 2) ff. S4vb-SSvb: Incipit tractatus brevis magistri Pauli Pergulensis de
sensu composito et diviso ad medium inveniendum in silogismo (ma cfr. Codices
vaticani latini, II, 679-1134, rec. Pelzer, Romae, Vat. lat. 1109, ff.
144v-145r, dove il testo è attribuito a Marinus de CASTIGNANO (si veda) sotto
il titolo Tractatus de inventione medii. Pelzer per lo stesso testo rinvia al
Vat. lat. 3037, ff. 151r-154r); inc.: Quoniam ignoratis principiis et ea que
sequuntur ignorari habent ab his qui perfecte scire cupiunt; expl: Et sic sepe
hec legendo multa alia exempla per temetipsum per regulas ante positas inveniri
poteris. Finis. Explicit utilis tractatus ad medium in silogismo inveniendum;
3) ff. 55vb-58vb: (Pauli Pergulensis De sensu composito et diviso: ) Item de
sensu diviso et composito tractatus eiusdem. Inc.:
Cum sepe numero cogitarem; expl.: que hic scripsi plurima ex te repperies (cfr.
l’ed. M. A. Brown
cit., pp. 149-158; l’explicit ha riscontro nell’ap- parato); 4) £.59r: versus
memoriales. Il manoscritto, del sec. XV, cartaceo, di ff. 59, a due colonne, è
dovuto a due mani diverse: la prima, fino al f. 54vb, al punto indicato; la
seconda, dal f. 54vb alla fine. Il secondo testo segnalato dal Kristeller
occupa i ff. 55va-58rb del ms. Casanatense 3, ed è anonimo. L'attribuzione di
esso a Paolo da Pergola è stata forse ricavata dal ms. Marciano, lat. VI, 248
(= 2878); questo codice infatti ha, ai ff. 92va-93vb, un trattato de sensu
composito et diviso, incipit: Termini cum quibus, attri- buito al Pergolese (ma
ai ff. 89ra-92rb ha il De sensu composito et diviso, incipit: Cum saepe numero
cogitarem, che una mano poste- riore a quella che ha copiato il testo ha
espressamente attribuito al Pergolese: si veda il margine superiore del f.
89r). In realtà il testo 3 Per la descrizione del codice, cfr. Catalogo dei
manoscritti della Biblio- teca Casanatense, I, compilato da Moneti, Muzzioli, Rossi,
e Zamboni, Roma. 4 Cfr. J. VALENTINELLI, Bibliotheca manuscripta ad S. Marci
Venetiarum, IV, Venetiis 1971, p. 160; il ms. è segnalato dal KRISTELLER, 0p.
cit., Tk p. 226 del ms. Casanatense e quello del ms. Marciano differiscono,
nono- stante abbiano lo stesso incipit, giacché il primo è notevolmente più
lungo del secondo. Diamo di seguito i due testi, segnalando in nota, del più
breve, i punti di raccordo con l’altro; si vedrà che esso è derivato da quello
maggiore e, così come ci è pervenuto, sembra un riassunto frettoloso del primo.
Per stabilire il testo più lungo ci siamo serviti del ms. Casana- tense e del
ms. 1123 della Biblioteca Universitaria di Padova, che lo contiene ai ff.
9va-10va 5: anche in questo caso esso è anonimo. Il ms. Padovano è più antico e
perciò è stato preso a testo base di questa edizione. Ma Brown ricorda sotto lo
stesso incipit anche i testi anonimi contenuti nei mss. Oxford, New College
289, f. 36r sgg. e Worcester, Cathedral F. 118, f. 55b sgg., che non abbiamo
preso in esame. I* Termini cum quibus sumuntur propositiones aliquando in sensu
composito, aliquando in sensu diviso, sunt isti: scire, dubitare, ima- 5 Una
prima analisi del contenuto del ms. è nel mio Lo « Speculum »..., cit., pp.
308-309. 6 Cfr. Introduction a PAuL or PeRGULA, Logica..., cit., p. XI. * P =
Padova. Biblioteca Universitaria, ms. 1123, ff. 9ba-10va; C = Roma, Biblioteca
Casanatense, ms. 85, ff. 55va-58ra. In questo apparato non sono segnalate le
trasposizioni e le varianti come ergo | igitur, iste / ille. Ho letto P in
microfilm negativo; si rilevano inter- venti in inchiostro più intenso sul
testo, non so se dovuti alla stessa mano dello scriba, o a mano differente;
essi non saranno tutti segnalati: noteremo eo) le cancellature, e le aggiunte
in margine o in interlinea (indicate con Pe). 1 termini] Incipiunt termini qui
cum quibus Termini P_2 composito +et C 39] -ginari’, ‘percipere’, ‘nolle’,
‘velle’, ‘possibile’, ‘impossibile’, ‘necessarium’ et ‘contingens’. Et sumuntur
propositiones in sensu composito quando aliquis praedictorum terminorum
praecedit totaliter DICTVM PROPOSITIONIS, ut ‘scio 4 esse verum’, vel finaliter
subsequitur, ut ‘album esse nigrum est impossibile’. Et ista propositio ‘scio 4
esse verum’, et aliae consimiles quae sumuntur in sensu composito, sic
significat: Scio quod 4 est verum. Et ista propositio ‘impossibile
est album esse nigrum’ et sic singulis. Sed sumuntur propositiones in sensu
diviso quando aliquis istorum terminorum mediat dictum propositionis, id est
ponitur inter accusativum casum et infinitum modum, verbi gratia ‘4 scio esse
verum’, ‘album possibile est esse nigrum’, ‘aliquam propositionem du- bito esse
veram’. Et tales propositiones quae sumuntur in sensu diviso sic significant:
‘a scio esse verum’ sic significat: illud quod est 4 scio esse verum; ‘album
possibile est esse nigrum’ sic significat: illud quod est album possibile est
esse nigrum. Et ideo tales propositiones sumptae in sensu diviso et in sensu
composito sunt quasi sibi invicem impertinentes, et in sensu diviso valet talis
consequentia: ‘illud quod est 4 scio esse verum, ergo 4 scio esse verum’; et
ista consequentia simpliciter est bona: ‘hoc scis esse verum et hoc est 4, ergo
4 scis esse verum’. Sed arguendo in sensu composito non valet consequentia, ut
hic: ‘tu scis hoc esse verum et hoc est 4, ergo tu scis 4 esse verum’, quia
antecedens est verum et conse- quens falsum posito casu possibili: posito quod
4 convertatur cum ista ptopositione ‘homo currit’ et posito quod tu videas
hominem currere, sed quod tu nescias pro certo an sit homo vel non, isto posito,
antece- dens est verum, videlicet ‘tu scis hoc esse verum’, quia ista
convertitur cum ista ‘tu scis quod homo currit’ et ista est vera, ergo et alia;
et altera pars antecedentis est vera, videlicet quod ‘hoc est 4°; et consequens
falsum, videlicet ‘tu scis 4 esse verum’, quia convertitur cum ista: ‘tu scis
hominem currere’, quia per casum est tibi dubium si sit homo vel non. Sed ad
concludendum propositionem in sensu composito oportet 3 possibile+et C 6
totaliter] totum C 10 propositio om P 11 sin- gulis] similibus C. sed om C
sumuntur-+autem C 12 istorum] praedicto- rum C 13 accusativum] aliquem (2) C_
16 significat+quod C 17-18 sicnigrum om P__ 20 suntom C etom C 21 illud] id C
23 sed+con- similiter C 25 tu om C quia om C_ 27 posito] pono P__28 nescias] nesceas
P__ 31 4] verum P homo C_ 32 videlicet] quod C 34 non+ Terminologia logica
della tarda scolastica 611 accipere utramque praemissarum in sensu composito,
sic: ‘scio quod hoc est verum et scio quod tantum hoc est 4, ergo scio 4 esse
verum?. Posito quod 4 sit altera istarum: ‘deus est’ vel ‘homo est asinus’, et
bene scias quod 4 sit altera istarum, et sit ista gratia exempli ‘deus est’, et
lateat te quae istarum est 4 et consideres tu de istis, et scias istas
significare praecise primarie, isto posito sequitur ista conclusio: 4 scis esse
verum, et tamen tu non scis 4 esse verum. Antecedens probo sic: hoc quod est 4
scis esse verum, demonstrando istam ‘deus est’, ergo a scis esse verum. Ista
consequentia est bona, quia consimilis modus arguendi in sensu diviso valet, et
antecedens est verum, quia istam scis esse veram ‘deus est’ et ista est hoc
quod est 4, ergo hoc quod est 4 scis esse verum, et tamen tu non scis 4 esse
verum; probo, quia non scis quod 4 est hoc verum ‘deus est’, quia latet te per
casum an 4 sit ista ‘deus est’ an ‘homo est asinus’, nec tu scis 4 esse aliquod
aliud verum per casum, ergo tu non scis 4 esse verum; ideo conceditur
conclusio. Et si arguitur sic: ‘4 scis esse verum, ergo tu scis 4 esse verum’,
negatur consequentia, quia ista possunt stare simul: 4 scis esse verum, et
tamen tu non scis aliquod 4 esse in rerum natura. Probatur sic. Ponatur quod «
sit ista propositio ‘deus est’ et quod tu scias istam, et quod tu non ctedas
aliquod 4 esse in rerum natura, tunc antecedens est verum ‘4 scis esse verum’;
probatur: illud quod est 4 scis esse verum, ergo 4 scis esse verum; antecedens
probo: istam ‘deus est’ scis esse veram, et haec est illud quod est 4, igitur
hoc quod est 4 scis esse verum, et tamen tu non scis aliquod 4 esse in rerum natura.
Alia conclusio est ista de primo casu: tu dubitas 4 esse verum et tamen nullum
4 dubitas esse verum; prima parts patet per ca- sum et secundam partem probo,
videlicet nullum 4 dubitas esse verum: quia nullum istorum dubitas esse verum
demonstrando istam ‘deus est” vel ‘homo est asinus’, et quodlibet 4 est alterum
istorum, ergo nullum 4 dubitas esse verum; consequentia patet et antecedens
homo C 34-35 oportet-praemissarum] requiritur quod utraque praemis- sarum
sumatur C_ 37 posito] supposito C 38 ista+gratia P—39te+ta- men C add et
delPest]lsitC =40isto+casuC 41siclsiC 42de monstrando-est’ del Pe 46 quia+tu C
48 an+haec C 49 verumi om C 53 scis] sis C esse-+verum C 55 tu om C 56
probatur] probo C 57 istam] ista C 58 illud] hoc C 59 natura+quia per casum tu
non credis quod aliquod 4 sit in rerum natura C 61 4+est tibi P per casum] ex
casu C 63 dubitas-verum] est tibi dubium CU istam] 612 Alfonso Maierà sequitur
ex casu. Ideo conceditur conclusio et negatur ista conse- quentia: ‘tu dubitas
4 esse verum, ergo tu dubitas 4 vel 4 est tibi dubium’, quia antecedens est
verum (‘tu dubitas 4 esse verum’, quia per casum tu nescis an 4 sit ista ‘deus
est’ vel ‘homo est asinus’, ergo tu dubitas 4 esse verum) et consequens falsum,
quod tu dubitas a, quia suum contradictorium est verum: ‘tu non dubitas 4°;
probatur, quia non dubitas illud quod est 4, quia non dubitas istam ‘deus est’
et haec est 4, ergo tu non dubitas hoc quod est 4. Similiter ista consequentia
non valet: ‘tu dubitas 4 esse verum, ergo 4 est tibi dubium’, quia antecedens
est verum, ut probatum est, et consequens falsum, videlicet ‘a est tibi
dubium’, quia ista non est tibi dubia ‘deus est’, et ista est 4, igitur 4 non
est tibi dubium. Ista conclusio est possibilis et sequens ex casu: 4 est scitum
4 te et tamen tu dubitas 4 esse verum: antecedens probatur, quia 4 est ista
‘deus est’ et ista est scita a te, ergo 4 est scitum a te, et conse- quens
probatur ut prius. Item sequitur: tu dubitas 4 esse verum et tamen tu non
dubitas aliquod 4; prima pars probatur ut prius et secundam partem probo, quia
tu non dubitas illud quod est 4, igitur tu non dubitas 4, quia tu non dubitas
istam ‘deus est’ et haec est 4, ergo tu non dubitas illud quod est 4; ideo
conceditur conclusio et conceditur ista: tu scis 4 et tamen tu non scis 4 esse
verum. Prima pars patet, quia tu scis hoc quod est 4, ergo tu scis 4; secundam
partem probo, quia tu non scis an 4 sit ista ‘deus est’ an ista ‘homo est
asinus’, ergo tu non scis 4 esse verum. Similiter ista est vera: 4 est scitum a
te et tamen non est scitum a te 4 esse verum. Et ista est vera: 4 scis esse
verum et tamen nullum verum scis esse 4, quia hoc verum non scis esse 4
demonstrando ‘deus est’, nec hoc verum ‘homo est animal’ et sic de singulis,
ergo nullum verum scis esse 4; nec aliquid scis esse 4, quia aliquam
propositionem nescis esse 4, ergo aliquid non scis esse 4; nec 4 scis esse 4,
quia 4 est ista ‘deus est’ et tu nescis istam esse 4, igitur 4 nescis esse 4,
et tamen haec est falsa ‘4 nescis istasC 64 velletC 68estozP. 69sit]scitP 72 quia2+tu C 73 hoc]
illud C 74 ista] haec C 75 dubium] dubia P est? om P verum-+ergo 4 est tibi
dubium quia antecedens est verum C 79 probatur] probo C.81probatur] proboC =
utormP = 85haeclistaC 88 4+et G 89 non scis] nes(c)is C an?] vel C 92 tamen om
P 93 de- monstrando+istam C verum+ demonstrando C 97 a+nec 4 scis esse idem
sibi ipsi 4 quia illud quod est 4 nescis esse 4 C 98 ipsi+a esse idem sibi
ipsi’. “A èsse verum est tibi dubium’: si concedatur, tunc sic: ista propositio
‘4 esse verum est tibi dubium’ convertitur cum altera istarum «deus est” esse
verum est tibi dubium” vel “‘homo est asinus’ esse ve- rum est tibi dubium” et
quaelibet illarum est falsa, ergo verum conver- titur cum falso: conceditur
consequentia et negatur antecedens; ante- cedens probo sic: ‘4 esse verum est
tibi dubium’ convertitur cum ista «deus est” esse verum est tibi dubium”, quia
4 est ista ‘deus est’, ergo si haec sit vera ‘4 esse verum est tibi dubium’,
haec foret vera “‘deus est’ esse verum est tibi dubium”: negatur quod istae
duae propositiones convertuntur. Contra: subiecta convertuntur, copulae et
praedicata convertuntur et propositiones sunt eiusdem qualitatis et
quantitatis, ergo convertun- tur. Dicendum quod regula non est generaliter vera, quia
oportet addere quod termini pro eisdem praecise supponant in una sicut in alia.
Nam ista consequentia non valet: ‘quilibet homo est unus solus homo, ergo
omnis homo est unus solus homo’, et tamen subiecta convertuntur, praedicata et
copulae convertuntut etc. et propositiones non convertuntur, et causa est, quia
in ista ‘quilibet homo est unus solus homo’ li ‘homo’ supponit pro masculis
tantum et in alia ‘omnis homo est unus solus homo’ li ‘homo’ supponit tam pro
masculis quam pro feminis, et ideo non convertuntur. Ideo, si conceditur ista
‘4 esse verum est tibi dubium’, contra: nullum istorum esse verum est tibi
dubium demonstrando istam ‘deus est’ vel ‘homo est asinus’, a est alterum
istorum, ergo 4 esse verum non est tibi dubium: syllogismus in quarto modo
primae figurae; si negatur, contra: prima est universalis negativa et minor est
parti- cularis affirmativa particularem negativam concludentes, et conclu-
ditur directe, igitur etc. Pro isto negatur quod maior est universalis
negativa, quia hoc totum ‘nullum istorum est verum’ est subiectum ad li ‘est’
et est affirmativa, et negatur quod concluditur directe, quia 4 est ista deus
est et hoc est falsum quod tu nescis istam esse idem sibi ipsi C 103
antecedens! om C 104 probo] probatur C 109 convertuntur--et C. 111 quod+ista €
115 convertunturl+et P om C et2+tamen C 117-118 omnis-homo? om P__ 119 feminis]
femellis €121 esse verum om C 122 vel+istam Casinustet C_ 123 dubium+con-
sequentia est C 124 minor] secunda C est? om C 126 igitur + syllo- gismus C
isto+dicitur quod C est] sit C 128 et!+etiam € conclu- quia conclusio non fit
ex maiori extremitate et minoti tantum, sed de illis duabus et de parte medii
termini; ideo non concluditur directe. Capio istas quattuor propositiones:
‘homo est homo’, ‘homo est risibilis’, ‘homo est asinus’, ‘homo est rudibilis’;
capio tunc illas duas ‘homo est asinus’ et ‘homo est rudibilis’; munc istae
duae proposi- tiones convertuntur et una istarum est vera et alia falsa, ergo
verum convertitur cum falso; consequentia patet et antecedens probo, quia ista
convertuntur cum aliquibus, ergo convertuntur; consequentia patet, quia ex
opposito consequentis sequitur oppositum antecedentis, quia sequitur: istae
propositiones non convertuntur, ergo non con- vertuntur cum aliquibus; ideo si
conceditur consequens, tunc arguitur sic: ex consequente sequitur quod ista convertuntur,
ergo significant praecise idem, ergo convertuntur inter se, ergo sequitur
conclusio probanda, quod aliquae propositiones convertuntur et tamen una est
vera et alia falsa. Capio istas tres propositiones: ‘deus est’, ‘deus est’,
‘deus est’, quarum quaelibet significat praecise quod deus est, et arguo sic:
istae propositiones convertuntur, ergo quaelibet istarum convertitut cum cum
duabus istarum, sed omnis una est vera et omnes duae istarum sunt falsae, ergo
verum convertitur cum falso. Ad primum argumentum dicitur quando arguitur sic:
istae duae propositiones convertuntur cum aliquibus, ergo convertuntur, negatur
consequentia; nec sequitur: 1sta ‘homo est risibilis” convertitur et ista ‘homo
est asinus’ convertitur, ergo istae convertuntur. Eodem modo respondendum est
ad omnes tales conclusiones, quia si talis modus arguendi sit bonus, tunc istae
conclu- siones sequentes sunt verae, et omnes tales quarum una est ista ‘hoc
est aequale’ et ‘hoc est aequale’, demonstrato uno cui ipsum primo ditur] concludatur
€129 ex] de C 130 duabus] duobus P_131 ho- mo%est 07: C 132 risibilis] risibile
est C asinus+et C rudibi- listet C duas+ propositiones C 133 nunc] et tunc
arguo sic C 134 alia+est C 135 quia om C 136 ista] istae propositiones C
consequentia] consequentiam C 137 patet] probo C 139 arguitur] arguo C 140 quod
07 C 141 idem+consequentia patet per definitio- nem istius termini converti
tunc ultra ista significant praecise idem C ergo?+a primo C 142
propositiones+inter se Cet tamen] quarum C 144 deus est*+deus est deus est deus
est in mg C 146 ergo om P quaelibet istarum] una vera illarum C 147 una+illarum
C 149 dicitur om € duae propositiones om C 151 risibilis im mg Pe om C 152:
tales om C 153. conclusiones! +consimiles C 154 sunt] essent C 130 est inaequale,
‘ergo ista sunt aequalia’, negatur consequentia, et etiam ista ‘hoc est simile
et hoc est simile, ergo ista duo sunt similia’, negatur consequentia ista, et
etiam ista: ‘hoc est immediatum et hoc est imme- diatum, ergo ista sunt
immediata’: non valent huiusmodi consequentiae, quia dicunt quidam quod numquam
convertuntur aliquae proposi- tiones nisi quando quaelibet illarum convertitur
cum qualibet illarum alia a se ipsa. La Contra istam responsionem arguitur sic,
et capio istas duas copu- lativas “ ‘deus est’ et ‘homo est’ ”, “ ‘prima causa
est’ et ‘risibile est’ ”; tunc arguo sic: istae duae copulativae convertuntur
et istae duae copu- lativae sunt istae quattuor propositiones, ergo istae
quattuor propo- sitiones convertuntur. Pro isto negatur quod istae quattuor
propo- sitiones sunt istae duae copulativae, sed istae quattuor propositiones
cum istis duabus notis et etiam cum actu animae sunt istae duae copulativae,
quia si conceditur quod aliquae propositiones convertuntur, quarum non
quaelibet convertitur cum qualibet istarum alia a se ipsa, sequitur talis
conclusio, quod quattuor propositiones convertuntur et nullae tres, et sint
istae quattuor: ‘homo est’, ‘risibile est’, ‘homo est asinus’ et ‘homo est
rudibilis’, tunc istae quattuor propositiones con- vertuntur, quia ‘homo est’
et ‘risibile est” convertuntur et aliae duae convertuntur, ergo istae quattuor
propositiones convertuntur, et tamen nullae tres convertuntur, quia istae tres
non convertuntur ‘homo est’, ‘risibile est’ et ‘homo est asinus’. Similiter
sequitur quod centum pro- positiones convertuntur; tamen nullae viginti, et sic
de aliis quod numquam videtur esse verum. gti Ideo pro secundo dicitur, captis
illis tribus propositionibus: ‘deus est’, ‘deus est’, ‘deus est’, conceditur
quod quicquid convertitur cum una illarum convertitur cum duabus illarum, et
hoc accipiendo illas duas divisim; et tunc quando arguitur: duae illarum
coniunctae sunt falsae, negatur, sed bene coniunctim sunt unum falsum et
propositio falsa et tres tamen illarum non sunt propositio; et non sequitur:
ista ‘deus est’ convertitur cum ista et cum ista, ergo convertitur cum duabus
illarum, negatur consequentia, et causa quare consequentia non valet hoc] homo
C 155 primo om €157 duo om C 161 qualibet] quae- libet P 168 istae? interl Pe
169 et om C 171 quaelibet+illarum EC 172 et+tamen C 173 tres+et nullae tres P__
quattuor+propositiones C est!1+homo homo est P est? om P 175
convertunturl+probatur C 176 istae om Cpropositiones] species P 182 conceditur]
concedo C quod om P 185 et? om C 187 cum?] tamen C cum3+cum Cest quia, licet
ista ‘deus est’ significet praecise sicut unam illarum per se et certum sicut
alia per se, non tamen praecise significat sicut illae duae significant, ideo
non valet consequentia. Album possibile est esse nigrum, et tamen impossibile
est album esse nigrum: prima pars probatur sic: hoc quod est album possibile
est esse nigrum, ergo album possibile est esse nigrum; et tamen impos- sibile
est album esse nigrum: probatur, nam ista est impossibilis ‘album est nigrum’
et ista praecise significat album esse nigrum, ergo impossibile est album esse
nigrum. Similiter eodem modo possunt probari conclusiones subsequentes,
videlicet: non currentem possibile est currere, et tamen impossibile est non
currentem currere. Et etiam: sedentem possibile est ambulare, et tamen
impossibile est sedentem ambulare. Similiter: falsum possibile est esse verum,
et tamen impos- sibile est falsum esse verum. Similiter: impossibile possibile
est esse, et tamen impossibile est impossibile esse possibile; possibile est
Socratem scire hoc 4 et possibile est Socratem scire hoc 5 et omne quod est hoc
4 est impossibile et omne quod est hoc d est impossibile, et tamen impossibile
est Socratem scire aliquod impossibile: sit 4 ista ‘homo est asinus’ et 4 ista
‘nullus deus est’, quarum utraque sic signifi- cat praecise, et pono quod
utraque illarum cras erit vera et quod Socrates sciat tunc utramque illarum,
possibile est Socratem scire utrumque istorum, demonstrando per li ‘istorum’ 4
et 5, et quodlibet istorum est falsum, et tamen impossibile est Socratem scire
aliquod falsum: pono casum praecedentem: isto posito sequitur: possibile est
Socratem scire quodlibet istorum, et quodlibet istorum est falsum, ut patet per
casum, et tamen impossibile est Socratem scire aliquod falsum, quia ista est
impossibilis ‘Socrates scit aliquod falsum’ quae praecise significat Socratem
scire aliquod falsum, ergo impossibile est Socratem scire aliquod falsum.
Possibile est hoc 4 esse nigrum et omne quod est hoc 4 est album, et tamen
impossibile est album esse nigrum; sit tunc album aliquod album quod cras erit
nigrum, tunc sequitur conclusio. Socrates scit aliquid esse quod non scit esse:
probo, et pono quod aliquid sit 188 quare+illa C 189 unam] una C 190 certum
(?)] tunc non C 195 nam om C 197 similiter+et C 198 probari+omnes C 199
etiam+non C 206 impossibile!] possibile C—aliquod om C impos- sibile2]
possibile C 209 sciat] sciet C 212 sequitur om C 213-214 per casum] ex casu C
214 tamen 07m C ista] haec C 219-220 sit- nigrum om P 221 probo et in mg Pe
pono] posito C aliquid] ali- 220 Terminologia logica della tarda scolastica 617
quod Socrates non sciat esse, et quod Socrates sciat illud bene, tunc capio
istam propositionem ‘aliquid est quod Socrates non scit esse’; ista est vera,
ut apparet; tunc arguitur sic: Socrates scit istam ‘aliquid est quod non scit
esse’, quae praecise significat aliquid esse quod Socrates non scit esse,
igitur Socrates scit aliquid esse quod non scit esse. Si conceditur consequentia,
tune sic: Socrates scit aliquid esse quod non scit esse, ergo aliquid scit esse
quod non scit esse: negatur consequentia, quia arguitur a termino stante
confuse tantum ad eundem terminum stantem determinate. Similiter, tu scis
aliquam propositionem esse veram quam non scis esse veram: pono quod aliqua
propositio sit vera quam non scis esse veram et quod bene scias istam; tune,
posito casu: tu scis istam propositionem ‘aliqua propositio est vera quam tu
non scis esse veram’, ergo tu scis qualiter ista praecise signi- ficat, sed
illa praecise significat unam propositionem esse veram quam non scis esse
veram, ergo scis aliquam propositionem esse veram quam non scis esse veram.
Pono quod non sint plures propositiones in mundo quam istae duae ‘rex sedet’ et
‘nullus rex sedet’, quarum utraque est tibi dubia et consideres de istis et
scias istas esse propositiones contradicentes inter se, et scias cum toto casu
quod nulla contradictoria inter se contradicentia sunt simul vera, isto posito,
sequuntur conclusiones: tu scis aliquam istarum esse veram et tamen nullam
istarum scis esse veram. Prima pars probatur sic: tu scis aliquam illarum esse
veram, quia tu scis quod ista sunt contradictoria ‘rex sedet’ et ‘nullus rex
sedet’ et tu scis quod omnium contradictoriorum alterum est verum, ergo alterum
illorum est verum, ergo scis aliquam istarum esse veram; et tamen nullam
istarum scis esse veram: probatur sic, quia istam ‘rex sedet’ non scis esse
veram, nec istam ‘nullus rex sedet’ scis esse quis P 222 sciat!] sit P illud om
C bene+aliquod esse C 224 esse+tunc C apparet] patet C arguitur] arguo C
Socrates scis in mg Pe 225 quod+Socrates C 226 Socrates! inter Pe aliquid esse
in mg Pe 228 esse?+Socrates C 232 istam] illud C tunc] isto C 233 casu tu scis]
capio C 234 tu! om C veram] tu scillam add et del P__ 234-235 ergo-unam] quae
praecise significat C 235 sed-significat in #g P° 237 non-veram] etc C 240
istas] ista C pro positiones contradicentes] contradictoria contradicentia C
243 scist+ali- qua illarum P 244 Prima-veram om P 245 contradictoria+demon-
strando Cet interl P° 246 alterum] illorum est alterum illorum adé et del P 247
ergo!-verum om P aliquam] aliqua C 248 sic om 245 618 Alfonso Maierù veram, et
non sunt plures istarum, ergo nullam istarum scis esse veram. Similiter,
tu scis aliquam propositionem esse veram et tamen nullam propositionem scis
esse veram. Prima pars probatut ut prius, et secundam partem probo, quia illam
‘rex sedet’ non scis esse veram, nec istam ‘nullus rex sedet’ scis esse veram,
et non sunt plures istarum, ergo nullam propositionem scis esse veram.
Similiter, tu scis aliquam propositionem esse veram, ut probatur, et tamen
quaelibet propositio est tibi dubia: probo, quia ista ‘rex sedet’ est tibi
dubia, et ista ‘nullus rex sedet’ est tibi dubia, et non sunt plures illarum,
ergo quaelibet propositio est tibi dubia. Et simi- liter, nulla propositio est
scita a te: probatur, quia ista ‘rex sedet’ non est scita a te, nec ista
‘nullus rex sedet’ et non sunt plures istarum, ergo nulla propositio est scita
a te. Et sic probantur conclusiones aliae consimiles. IT* Incipit tractatus de
sensu composito et diviso Magistri Pauli Pergulensis. Termini cum quibus
sumuntur propositiones aliquando in sensu composito, aliquando in sensu diviso
sunt! isti, scilicet scire, dubitare, intelligere’, ‘imaginari’, ‘percipere’,
‘velle’, ‘nolle’, ‘possibile’, ‘impossibile’, ‘contingens’, ‘necessarium’ et
consimiles. Et sumuntur propositiones in sensu composito quando aliquis isto-
rum praecedit totaliter dictum propositionis, ut ‘scio esse verum’, vel
sequatur finaliter, ut ‘album esse nigrum est impossibile’. Et ista propositio
‘scio 4 esse verum’ et alia consimilis quae sumuntur in sensu composito sic
significant quod ista propositio est scita a me sic significando: 4 est verum,
et ista ‘impossibile est album esse CU 254 scis-veram om C 259 sunt înterl Po
261 suntom P_ 262 probantur+omnes C 263 consimiles+Expliciunt termini cum
quibus P Expliciunt termini cum quibus deo et mariae virgini gratias amen (+die
112 lulij in meg) C. * Ho letto il ms. in microfilm. Ho cercato di limitare gli
interventi a quei casi che chiaramente li esigevano; i risultati della lettura
proposta, co- munque, non sono confortanti. 1 ssunt 775. 250 255 260
Terminologia logica della tarda scolastica 619 nigrum’ sic significat quod ista
propositio est impossibilis sic signi- ficando: album est nigrum. Sed
propositiones quae sumuntur in sensu diviso sunt quando aliquis istorum
terminorum mediat dictum proposi tionis et ponitur inter accusativum casum e(t)
istum modum mediatum, ut ‘4 scio esse verum’, ‘album possibile est esse
nigrum’, ‘aliquam propositionem dubito esse veram’; et istae propositiones sic
significant: ‘a scio esse verum’, id est, istam propositionem quae est 4 scio
esse veram; ‘album potest esse nigrum’, id est, de re quae est alba potest
fieri res quae est nigra; ‘aliquam propositionem dubito esse veram?, id est,
aliquam propositionem quam ego dubito esse veram. Ideo tales propositiones
sumptae in sensu diviso sunt (f. 92vb) particulares et in hoc sensu tenet talis
consequentia: hoc 4 scio esse verum, ergo 4 scio esse verum. Sed? ad
concludendum3 propositionem in sensu composito requi- ritur quod utraque pars
ipsarum sumatur in sensu composito, sicut: ‘scio quod hoc est verum et quod hoc
tantum est verum, ergo scio a esse verum’. Supposito quod 4 sit altera istarum
‘deus est’ vel ‘homo est albus’ et bene scias quod 4 est altera istarum, et 4
est ista, gratia exempli, ‘deus est’, sed lateat te tamen quae illarum sit a,
et consideres tu * de istis, et scias tu 5 ipsas sic[ut] praecise significare
et tamen hoc supposito quod omnis propositio de qua considerat aliquis quod
modo scit esse veram neque scit esse falsam quam scit de natura illi eidem (sit
dubia), illo casu posito sequitur conclusio ista: 4 scis esse verum et non scis
aliquod 4 esse verum, ergo 4 scis esse verum: conse- quentia est bona et
consimilis modus arguendi valet in sensu diviso, et antecedens est verum quia
‘deus est’ scis istam esse veram, ut patet per casum an 4 sit ista ‘deus est’,
neque tu scis 4 aliquod esse verum ut in casu supponitur, ergo tu non scis 4
esse verum: conceditur conclusio et sic $ arguitur: 4 scis esse verum et tamen?
4 non scis esse verum in rerum natura. Alia conclusio sequens ex eodem casu est
ista: tu dubitas 4 esse verum et nullum 4 dubitas esse verum. Prima pars patet
per casum, et quod nullum « est tibi dubium probatur sic: nullum illorum est
Cfr. Termini cum quibus, I, 1. 34. excludendum 725. ut 75. ut 775. 6 scic m25.
? cum r25. U è Wa 620 : Alfonso Maierù tibi dubium, demonstrando istas duas
propositiones: ‘deus est’ et ‘homo est album’, sed quodlibet 4 est alterum
istorum, igitur quod- ‘homo est (f. 93ra) album’, sed quodlibet 4 est alterum
istorum, igitur quodlibet 4 est tibi dubium. Consequentia patet, et antecedens
sequitur ex casu: igitur conceditur conclusio et negatur consequentia ista,
videlicet: dubitas @ ergo® 4 est tibi dubium. Ista®
consequentia est tibi possibilis et sequens ex isto casu: ‘4 est scitum a te et
dubitas (quod) 4 est verum’. Secunda pars conclusionis satis patet, et quod 4
est scitum a te probatur: quia hoc quod est 4 est scitum a te, ergo 4 est
scitum a te. Consequentia patet, quia talis consequentia valet in sensu diviso;
et antecedens probo: quia ista ‘deus est’ est scitum a te et ista ‘deus est’
est hoc quod est a, ergo 4 est scitum a te: conclusio conceditur. . Item
sequitur: tu dubitas 4 esse verum et tu non dubitas aliquod 4, igitur scitur
quod tu scias 4 et tu non scias 4 esse verum, et illa ‘a est scitum a te’ et ‘4
non est scitum a te esse verum?, et illa ‘a scis esse verum’ et ‘nullum verum
scis esse verum 4°, ‘non aliquid scis esse 4°, ‘non 4 scis esse 4’. ‘A est
verum’! et ‘4 est tibi dubium’ convertitur cum alterà istarum: “deus est’ esse
verum est tibi dubium”, “‘homo est albus’ esse verum est tibi dubium”, ergo
convertitur cum falso; negatur quod “‘4 est verum’ tibi est dubium” convertitur
cum altera istarum: “deus est’ esse verum est tibi dubium”, “‘homo est albus’
esse verum est tibi dubium”. Contra: si 4 est forte ista ‘deus est’, igitur si
haec est vera: “ ‘4 est verum’ est tibi dubium”, haec forte est vera: “ ‘deus
est’ esse verum est tibi dubium”. Negatur consequentia, quia istae duae
propositiones (non) convertuntur. Contra: (f. 93rb) subiecta verbum (?)
convertitur et possi- bile et praedicata manent eadem et propositiones sunt
eiusdem qualitatis et quantitatis, igitur convertitur; argumentum non valet,
quia istae duae propositiones non convertuntur: ‘quilibet homo est unus solus
homo” et ‘omnis homo est nullus solus homo’, et tamen subiecta convertuntur et
copulae et praedicata sunt eadem, et etiam propositiones sunt eiusdem
qualitatis et quantitatis. Et !! si concedatur “ 4 est verum’ est tibi dubium”,
contra: nullum istorum esse verum est tibi dubium; 8 vel ws. 9 Cfr. Termini cum
quibus, I, 1. 78. 10 Cfr. Ivi, 1. 99, Ivi, 1 120. Terminologia logica della
tarda scolastica concedo istas duas propositiones: ‘deus est homo” et ‘homo est
asinus’, et 4 est alterum istorum, sic esse verum non est tibi dubium: negatur
consequentia. Contra: 4 est syllogismus in quarto primae figurae; quod non
dicitur quod hoc totum materialiter supponat istum est verum est subiectum in
minori, tamen idem totum est praedicatum in maiori et ideo non est syllogismus
in quarto primae. Capio !? istas quatuor propositiones: ‘homo est’, ‘animal
rationale est et ‘homo est asinus’ !3, ‘homo est risibilis’, et capio istas
duas pro- positiones ‘homo est’ et ‘homo est asinus’ et arguo sic: istae duae
convertuntur, et una istarum est vera et alia falsa, igitur etc.; patet conse-
quentia. Quia istae convertuntur probo, quia ex copulato sequitur oppo- situm,
quia sequitur: ista non convertuntur, igitur non convertuntur cum aliquibus; et
arguo ex consequente sic: ista convertuntur, ergo significant praecise idem;
consequentia patet per definitionem istius termini ‘converti’, et ultra:
convertuntur inter se, igitur a primo sequitur conclusio probanda, id est,
aliquae sunt propositiones convertibiles inter se, quarum una est vera et alia
falsa (f. 93va). Capio istas tres proposi- tiones ‘deus est’, ‘deus est’, ‘deus
(est), quarum una ex !* hoc numero praecise significat quod deus est; tunc
istae propositiones convertuntur, igitur quaelibet propositio quae convertitur
cum una istarum conver- titur cum duabus istarum et omnes duae istarum sunt
propositiones falsae et omnis una istarum vera est propositio, ergo vera convettitur
cum falsa. Ad! primum istorum arguitur: istae convertuntur, ergo conver-
tuntur. Quidam responderunt negando consequentiam, quia sequitur, ut dicunt:
convertuntur, igitur praecise 6 idem significant; et etiam!” eodem modo
respondent ad omnes tales consequentias consimiles, sci- licet: hoc est aequale
et hoc est aequale, demonstrato uno ante ipsum est inaequale, ergo ipsa sunt
consimilia: negarent consequentiam et etiam: hoc est simile (et hoc est
simile), igitur ista sunt similia, quia dicunt quod numquam est concedendum
quod aliquae propositiones convertantur nisi quaelibet illarum et quaelibet
alia a se ipsa conver- 12 Cfr. Ivi, 1, 131. 13 albus 775. 14 est 775. 15 Cfr.
Termini cum quibus, I, 1. 148. 16 precisse 775. 7 etiam et rys. tantur, dum
dicunt quod non sunt concedenda, aliqua sunt contra- dictoria. Contra istam
regulam atguitur sic: istae duae copulativae “deus est’ et ‘homo est’”, “‘capra
est’, et ‘animal (est)””, istae quatuor propo- sitiones !8 (sunt) istae duae
copulativae, igitur quatuor convertantur et tamen quaelibet istarum et non
quaelibet alia a se ipsa convertitur. Pro !? isto negatur: quatuor propositiones sunt
istae duae copulativae, quia, si conceditur, aliquae propositiones
convertuntur. Similiter talis conclusio, quod quatuor propositiones
convertuntur et nec? sex nec xx etc. tamen istae (f. 93vb) repios quia accipiuntur
duae propositio- nes convertibiles et demum aliae duae convertibiles et nunc
quod nullae tres istarum sunt convertibiles et eodem modo est de viginti et
centum et mille quod non unus videtur etc. Ideo pro isto argumento negatur ista
consequentia: convertitur cum omnibus istis tribus, igitur conver- tuntur cum
duabus istarum, quia nullae tres istarum sunt propositiones ut intelligibiles
et falsae. Contra: ‘deus (est) nam convertitur cum ista et cum ista, ergo 8!
convertitur cum istis, cuius consequentia negatur continue, et haec est causa
quia non valet, quia licet ista ‘deus est’ significat praecise sicut istae
videtur (?) per se et iterum significat sicut ista alia per se, non praecise
significat sicut istae duae, ideo conclusio non valet: album 2 possibile est
esse nigrum et impossibile est album esse nigrum; prima pars probatur, scilicet
® quod est album potest esse nigrum, igitur album possibile est esse nigrum; et
impossibile est album esse nigrum: nam ista est impossibilis: ‘album est nigrum’,
quae praecise significat album esse nigrum, igitur impossibile est album esse
nigrum etc. a tractatus de sensu composito et diviso parvus et utilis. en. 18
propositiones quatuor 775. 19 Cfr. Termini cum quibus, I, 1. 167. 20 nec add
ms. 21 conclusio (?) w25. 2 Cfr. Termini cum quibus, I, 1. 192, 23 sic licet
775. I numeri rinviano alle singole pagine, il numero in tondo indica che il
termine ricorre una sola volta; il numero in tondo seguito dall’abbreviazione
‘n.’ indica che il termine ricorre una sola volta e soltanto nelle note (es.
110 n.); il numero in corsivo indica che il termine ricorre più di una volta
nel testo, o nel testo e nelle note (es. 120); il numero in corsivo seguito
dall’abbreviazione ‘n.’ indica che il termine ricorre più di una volta soltanto
nelle note (es. 130 x.); — il trattino unisce numeri di pagine alle quali si fa
un rinvio dello stesso tipo (esempi: 174 n.). 140-150, 151 n.154 n., 155-165,
166 n- NOMI DEI FILOSOFI I E DEI TESTI ANONIMI Abbone (Fleury), Abelardo, v.
Pietro Abelardo Adamo di Balsham (Parvipontano)
Adamo, L., Agostino, Aurelio, ps. Agostino Alberico di Parigi Alberto
Magno Alberto di Sassonia Albertuccius, v. Alberto di Sassonia Albertus Parvus,
v. Alberto di Sassonia Alcuino Alessandro d’Afrodisia, Alessio Ammonio Anselmo
d’Aosta ps. Apuleio di Madaura Aristarco Aristotele Arnim Ars Burana Ars
Emmerana Ars Meliduna Avetroè Avicenna Bacone, Roberto, v. Koberto Bacone
Bacone, Ruggero, v. Ruggero Bacone Battista da FABRIANO (si veda) Baudry Becker-Freyseng
Beonio Brocchieri Bernardo di Chartres Bianchelli Billingham, R., v. Riccardo
Billincham Bird, O. 20 n. Birkenmajer, A. 16 n. BochefiskiBohnerBOEZIO (si
veda) Boh, I. 35 n. FIDANZA (si veda) Borgnet Braakhuis Brandt, Brotto, Brown Buridano,
G., v. Giovanni Buridano Burleigh, W., v. Gualtiero Burleigh Busse Buytaert Campsall,
R. di, v. Riccardo di Campsall Carisio Carnap. Casari Cassiodoro Chenu CICERONE
(si veda) Clagett Colli (si veda), Consenzio, Copulata tractatuum parvorum
logicalium”, Cosenza Crisippo Curtius Pra (si veda) Deman “Dialectica
Monacensis” Dick Diocle Magnesio Diodoro Crono Diogene di Babilonia Diogene
Laerzio Diomede Dionisotti Dodd Donato Dorp Giovanni Dorp Diurr Dulong Du Marsais Dumbleton Giovanni Dumbleton Duns
Scoto Giovanni Duns Scoto Dziewicki Echard Eckert Ehrle Elie Emden Ermini Eudemo
Fabroni. Facciolati Fallacie Londinenses, “Fallacie Magistri Willelmi” “Fallacie
Parvipontane, Fallacie Vindobonenses, Federici Vescovini, Fernandez Garcia Filone
megarico Flasch Fornari Fracanzano Franceschini Frustula logicalia Gaetano da
Thiene Galili Garceau Gargan Garlandus Compotista Garvin Geach Gerberto
d'Aurillac Gerardo da CREMONA (si veda) Gerolamo Geyer Ghazali-al Giacomo
Veneto Gilson Giovanni XXI, v. Pietro Ispano Giovanni Buridano Giovanni Dorp
Giovanni Dumbleton Giovanni Duns Scoto Giovanni Duns Scoto Giovanni di
Salisbury Giovanni Versor Giovanni Wyclif Glorieux Glose in Aristotilis
Sophisticos elencos Glosule in Priscianum, v. Glosule super Priscianum maiorem
Glosule super Prisciamum maiorem Goffredo di Fontaines Gohlke Goichon Grabmann Green
Gregorio da RIMINI (si veda) GRICE, H. P., Gualtiero Burleigh Guglielmo di
Champeaux Guglielmo di Conches Guglielmo Heytesbury Guglielmo d’Occam Guglielmo
di Shyreswood Guglielmo Sutton Hadot Henry Hentisber, v. Guglielmo Heytesbuty
Hertz Heytesbury, W., v. Guglielmo Heytesbury Hoffmann, Hoffmans Holcot v.
Roberto Holcot Houde Hunt Introductiones dialetice secundum Wilgelmum
Introductiones Parisienses Isaac Isidoro di Siviglia Jeauneau Johannes Venator
Jolivet Keil Kindi-al Kneal Kneale [CITATO DA H. P. GRICE] Kretzmann [solo
filosofi] Kristeller Lacombe Lamberto d’Auxerre LANDUCCI (si veda) Bernardino di Pietro Lausberg Leclercq Lee Lefèvre
d’Etaples Lejewski Lesniewski Liber sex principiorum Licht Limentani Lindsay Logica
‘Cum sit nostraLogica Ut dicit’ Lohr Lukasiewicz Maier, Maierù Manthey Marciano
Capella Marco da BENEVENTO (si veda) Marinus de CASTIGNANO (si veda) Mario VITTORINO
(si veda) Marliani, Gerolamo Marliani, Giovanni Marsilio di Inghen Martin Martino
di Dacia Martino Molenfelt Mates Maulevelt, T., v. Tommaso Maulevelt Mazzetti McCall
Meiser MELANDRI (si veda) Menghus Blanchellus, v. Bianchelli Michele di Efeso Michalski
MINIO-PALUELLO (si veda) Molenfelt, M., v. Martino Molen- felt Momigliano Mommsen
Moneti Moody Moore Morgan Mullally Muzzioli Mynors Nagel Nagy NARDI (si veda)
NICOLETTI (si veda) Norberg, Notkero Labeone Occam, G., v. Guglielmo d’Occam
Ockham, W., v. Guglielmo d’Occam O’Donnel Offredi Otto Palemone Paolo da PERGOLA
(si veda) Parvipontano, v. Adamo di Balsham (Parvipontano) Pasquinelli Pavolini
Pelzer Perreiah Pertusi Petrus Lucius, Licht, P. de Pietro Abelardo Pietro
d’Ailly Pietro Elia Pietro Ispano (Giovanni XXI) Pietro Lombardo Pietro di MANTOVA
(si veda) Pietro di Poitiers Pinborg, Piper Platone Politi Pompeo Porfirio
Prantl PRETI (si veda) Price Prior Prisciano Probo Promisimus (glossa)
Pschlacher Quétif Quintiliano Radermacher Ralph di Beauvais Rashdall Reina Reiners
Riccardo Billingham Riccardo di Campsall Riccardo di Ferabtich Riccardo Rufo di
Cornovaglia Riccardo Swineshead Rijk Roberto Bacone Roberto Holcot Robertus
Anglicus Rodolfo Strode Roos, Roscellino Rossi (si veda) Roure Ruggero Bacone
ps. Ruggero Bacone Russell Sanuto Scauro Schepps Schmitt Scholtz Schum SERMONETA
(si veda) SERVIO (si veda) Sherwood, W. of, v. Guglielmo di Shyreswood
Silvestro da Valsanzibio, Ofm. Cap. Simone di Dacia Simone di Faversham Speranza,
Luigi, Spiazzi Steele Stefen Steinthal Strode, R., v. Rodolfo Strode : Sullivan
Summa Sophisticorum elencorum Summe Metenses Suppes, Sutton, W., v. Guglielmo
Sutton Swiniarski Synan Tarski Teofrasto Terenzio Termini cum quibus (trattato)
Termini qui faciunt (trattato) Thomas Tisberus, v. Guglielmo Heytesbury Aquino
Tommaso di Erfurt Tommaso Maulevelt Tractatus Anagnini Tractatus de
dissimilitudine argumentorum Tractatus de proprietatibus sermonum Tractatus de
significatione terminorum Tractatus de univocatione Monacensis Trinchero Tritheim
(Trithemius) Ugo di S. Vittore Valentinelli Venator, J., Johannes Venator
Verbeke Versor, J., v. Giovanni Versor Vettori, B. Viano Villier Vincenzo di
Beauvais Vyver Van Wadding Wallies Waszink Webb Weigel Weisheipl Wilpert, P.
Wilson Wittgenstein Wright Zamboni Zonta INDICE DEI MANOSCRITTI Cambridge,
Library of Corpus Christi Cracovia, Biblioteka Jagiellotiska Erfurt,
Wissenschaftliche Allgemein- bibliothek, Amplon Gottinga,
Universitàtsbibliothek, Theol. Oxford, Bodleian Library, Canon. misc. Padova,
Biblioteca Universitaria Parigi, Bibliothèque Nationale, lat. Roma, Biblioteca
Apostolica Vaticana, Vat. lat. Roma, Biblioteca Casanatense, Roma, Biblioteca
Nazionale Centrale « Vittorio Emanuele II », Sessoriano Venezia, Biblioteca
Nazionale Marciana, lat. TERMINI GRECI aSivatov v. impossibile &hndég v.
verum àvayxatov v. necessarium
àvarviimés resolutorius àErovyv àbprotos, v. Uvoua, pnua amoderere probatio
anépavorg enuntiatio àmbpaor (def.) negatio artogpatimde, v. \byoc Updpov
Buatpeore divisio Sua) verv resolvere Suvatév possibile Exdeows expositio
txtidectar expositio ivbeybpevov contingens Evbotov probabile inwvopia uatagao (def.
affirmatio satapatixòe, v. MbYoc xatmyopeiv
appel lare xatmyopia praedicamentum, appellatio Mextéy dicibile Mic mapà
tiv Méeuv dictio, locutio eros: -<). dmopartixoe A. xatagatimòe puépog Xbyov
oratio puépos, v. Adyog Bvopa.; -B. &bprotov nomen $poc . (def.) terminus mov tu quale
aliquid Tong idia, xow qua- litas mpoonvopetv 51 n.; v. appellare Tpoonvopia .;
-t. dvravariaotog ; -oyMua mig npoonyopias appellatio, vocabulum mpéodeois
appositio rpoconuatvev consignificare Tporaowe dueros ; «al età tporov Tpotkoen
praemissa, propositio pipa ; -f. &bprotov verbum onpaivev signi ficare
obuBorXov nota 636 cvurépacpa conclusio oivéecpos civdeoe compositio oyfua, v.
mpoonvopla v. li hoc aliquid tpérog
(def.) modus okotg dictio quo quvh vox TERMINI LATINI ablativus a. consequentiae a. in consequentia absolute,
v. supponere Absolutus, v. modalis, nomen, suppositio, terminus abstractum,
def. abstracta-concreta ex omnibus terminis concretis possunt abstracta capi, v.
terminus accentus acceptio, def. a. terminorum a. vocis a. disiunctim o
copulative (per copulativam propositionem) accidens a. sive forma a. Subiectum accidentia
adiacentia a. vocis secundum a. v. adiectivum, determinare, dicere, fallacia,
falsum, nomen, praedicare, praedicatio, significare, terminus accidentalis, v.
compositio, concre- tum, divisio, forma, nomen, pro- prietas, suppositio,
terminus Accipere 219 n.; a. in sensu compositionis 359 n.; a.
coniunctim-divisim 615; a. significative 219 n.; v. definitio, denominativum,
modus, usus Accusativus 347 n., 552 n., 553, 602, 610, 619 Adaequate, v.
significare Adaequatus, v. significatio, signifi- catum Adiacere, v. accidens,
appellatio, esse Adiacentia, v. coniungere, copulare, copulatio, definitio,
praedicare, VOx Adiectivatio 212 Adiectivum, def. adiectiva nominaliter vel
adverbiali- ter designata 533 7.; a. accidentis 171, 213 n.; a. nominis 336; a.
verbi 336; v. substantivatum Adiectivus, v. determinatio, dictio, nomen,
participium, terminus, verbum, vocabulum Adf-, v. aff- Adp-, v. app-
Adverbialis, v. determinatio, modus 638 Adverbialiter, v. adiectivum, capere,
significare, sumere, terminus Adverbium 48 n., 192 n., 211, 212 n., 227 n., 268
n., 294 n., 333 n, 334, 335, 336, 337, 338 n., 343 n., 346 n., 348 n., 353 n.,
354 n., 359, 369 n., 386-388, 391, 443 n., 453 n., 462, 515 n., 529, 537 n, 539
n.; adverbia componentia et personalia 212 n.; adverbia impersonalia 212 n.;
adverbia localia 212 n.; a. negativum 203 n.; adverbia numeralia 253, 271 n.,
284 n., 303 n; adverbia resolutoria 448 n.;_ a. temporale 212 n., 237 n., 336;
a. demonstrandi 406 n.; a. hortandi 336; a. negandi 460 n.; a. optandi 336; a.
qualitatis 212 n.; a. quantitatis 212 n.; a. similitudinis 270 n.; a.
determinativa compositionis 359 n; v. verbum Adversarius 491 n. Aequivoca
(nomina) 146, 485 Aequivocatio, def. v. fallacia Aequivocus, v. nomen,
praedicatio, terminus, aequivoca Affirmare 321, 479, 504 n., 521 Affirmatio 197
n., 203 n., 321, 330, 354 n., 441 n., 499 n., 503, 504 n., 544 n.; v. qualitas,
xxt&gaote Alienare 179 Indice dei termini latini Alienatio, def. inoltre Alîetas, v. signum Amphibolia 511 n.;
v. amphibologia Amphibologia 512 n., 514, 526; ». amphibolia Ampliare 78, 94
n., 107, 139, 145, 146 n., 149, 151, 152, 162, 168 n., 169, 175, 177 n., 179
n., 186 n., 188 n., 189, 190 n., 364 n.; a. copulative aut disiunctive, aut
disiunctim aut copulatim 188 n.; v. amplificare, verbum, vis Ampliatio, def.
170, 182, 186, 190, 599; inoltre 19, 44, 76-78, 86, 95, 139, 145, 146, 147, 148
n., 149 n,, 151, 152, 153, 154, 157, 162, 165, 168-170, 172, 175, 177 n., 178,
179 n., 182, 184 n., 185, 186, 188, 189 n., 192, 231 n., 232, 328, 346 n., 430
n., 599; a. respectu suppositorum 170; a. respectu temporis 170; v.
amplificatio, appellare, appellatio, restrictio Ampliative, v. stare, supponere
Ampliativus, v. participium, praedi- catum, terminus, verbum Amplificare 175
n., 176 n.; v. ampliare Amplificatio 175, 176 n.; v. ampliatio Analysis 396 n.
Antecedens (opp. consequens) 19, 101 n., 235, 237 n., 239, 243 n, 278 n.,
286-n., 292 n., 389 n, 393 n., 399 n., 428, 440 n,, 441, 443 n., 448 n., 449
n,, 461 n, 490 n., 493, 494 n., 497, 518, 541 n., 542 n., 606, 610-614, 620 (v.
oppositum); Indice dei termini latini a. exponens 440 n.; a. (pronominis
relativi) 285 n., 293, 434 n., 546 n., 561 n., 567, 568, 575, 576 Apparentia,
v. causa Appellare, def. 87 n., 88 n.; -a. du- pliciter accipitur 98; -a. =
esse commune 102, 103 n.;-a. = prae- dicare 103 n.; inoltre 47, 49 n., 50 n.,
53 n., 57, 58, 70, 71 n, 72 n., 84, 85, 87 n., 88, 89 n., 90, 91, 92, 93 n., 95
n., 98, 99, 100, 101 n., 102, 103 x., 105, 106, 107 n., 108 n., 111-113, 116,
119, 128 n., 129 n., 130 n., 132 n., 151, 153 n., 168, 179 n., 225 n., 228, 342
n., 343 n., 393 n., 394 n., 578, 579 n., 598; a. ampliationem 118 n., 119; .
complexionem 110; a. non complexionem, sed formam lil n.; . conceptus 262 7#.;
a. formam, def. 598; inoltre 84, 98, 99, 101 n., 106, 107, 109, 110, 115, 116,
117 n., 119, 175 n, 426 n., 549, 577, 580, 581 n., 585, 586 n., 587, 598 (+.
dictio, praedi- catum); a. hoc aliquid 72 n.; a. individua 101 n.; a. rationem
84, 107, 113, 114, 116 n., 260, 261 n.; a. propriam rationem-omnes rationes 108
n.; a. substantiam 85 n. (v. nominare); a. significatum formale 113; unum totum
sub una significatione uno nomine a. 56; res appellata 93 n., 97, 105 n.; v.
instituere, institutio, rpoomnyopetv Appellatio, def. 49 n., 86 n., 87, 89, p D
PPDpp ap pp 639 90 n., 94 #., 101, 103, 118, 207 n.; -a. dicitur quattuor modis
89 n.; -a. dupliciter accipitur 98; -a. = proprietas praedicati 109 n.; inoltre
19, 44, 45, 47-49, 50 n., 58, 59 n., 68,70, 71-74, 75, 76-79, 80, 82, 83, 84,
85, alia discreta alia communis 95 n.; . manerialis 0 simplex 81; materialis
81; personalis 95 n.; reciproca 49 n.; . variata 47; . ampliationis, def. 119
n.; inoltre 118, 193; . dicti 124, 127-130, 150, 151 n, 349 n., 356; .
dictionis 78 n.; a. enuntiabilis 129, 344; » . formae, def. 119; inoltre rationis,
def. 107, 113, 572 n.; inoltre 108 n., 110, 114, 116 n., 120, 260 n., 562, 572,
578; . rationis vel conceptus 107 n.; . suppositi 134; . temporis, def. 118 n.,
572 n; inoltre 118, 572, 578, 580; termini 88 n.; a. alia termini communis,
alia ter- mini singularis 89 n.; 640 a. termini communis, alia pro ipsa re in
communi, alia pro suis infe- rioribus 90 n.; vocum 93 n.; . per modum
adiacentis, per mo- dum non adiacentis 106 n.; a. pro formali significato, def.
111; a. pro ratione 111; sufficientia appellationis 135 n.; ex figura
appellationis 71 n.; sub figura appellationis 51, 71, 72; ex similitudine
appellationis 72 n.; habere appellationem ab aliquo 59 n; v. restringere,
tpoonvopia Appellativum, v. appellativus Appellativus 47 n., 58, 98 n.; appelativum
79 n., 97 n.; v. nomen, terminus Appellatum Di appellata dicuntur praesentia
suppo- sita 88 n.; a. praesens 96 n.; appellata praesentia, praeterita, fu-
tura 95 n., 96 n.; appellata actualiter entia, tria habi- tualiter entia 136;
sufficientia appellatorum 135, 136, 167 n. Apponere 136, 157, 166 n., 167 n.,
168 n., 170, 171, 203 n., 204 n,, 209 n., 223 n., 225 n., 259, 331 n., 344 n.,
368, 519 Appositio 45, 176 n., 344; appositiones id est praedicata 352 n.; v.
tphodeore Appositum, v. appositus P » Indice dei termini latini Appositus=ex
parte praedicati posi- tus 157; appositum 160 n., 557 n.; a parte appositi 160
n.; ex parte appositi 159 w., 160 n.; esse in apposito 209 n.; v. terminus
Aptitudo 241 n.; v. nomen Arguens 437 n., 552 n. ‘Arguere cavillatorie 491 n.;
v. forma, modus Argumentare, v. modus Argumentatio 41 n., 395 #., 401 n.
Argumentum, def. 398, 400; izoltre a. notius ac probabilius 399; solutio
argumentorum 386 n.; v. enthymema, exemplum, inductio, syllogismus Ars: -a.
logica 218 n. (v. logica); . nova 15; . vetus 16; . disputandi 399 (v.
disputare); inveniendi 395 n.; . iudicandi 395 n. (v. iudicare); . resolvendi
395 n. (v. resolvere); . anche officium, sermocinalis Articularis, v. nomen
Articulatio, v. vox Articulatus, v. vox Articulus 48 7., 49 n., 297 n.
Ascendere 244 Ascensus, def. 239; inoltre 233 n., 239 n., 240 Assumere 439 n.
Assumptio 398 n., 399 7. 2 pp ps so po Indice dei termini latini Attribuere 339
n., 520 n.; a. coniunctim 521; a. coniunctim vel divisim 537 n. Attributio 208
n.; v. subiectus Auctores 413 Authentici 413 n. Calculationes 427 Capere: -c.
adverbialiter-nominaliter 466 n.; c. exponibiliter 372 n.; c. modaliter 464 n.;
v. abstractum Captio 444; v. modus Casuale, v. casualis Casualis 45, 338 (v.
inflexio, mo- dus); casuale 303 n. Casus 172 n., 549 n.; v. accusativus,
genitivus, nominativus, rectus, obligatio, obliquus, verbum Categorema 215 n.,
226 n., 228, 454 n., 486; categoreuma 229 7. Categorematice, v. stare, sumere,
te- nere Categorematicus 226 n. Categoreuma, v. categorema Categoria, v.
praedicamentum Categorica 355 n., 420, 422 n., 482 n., 517, 538 n., 546 n.; c.
implicita 129 n.; c. simpliciter 421 n.; c. de inesse 403 n.; v. dictum,
propositio Causa: -c. apparentiae, def. 531; inoltre 280 n., 526, 527, 531 n.;
c. deceptionis 527; c. defectus, def. 528; inoltre 527; c. falsitatis 208 n.,
475 n., 476 n, 527; 41 641 c. non existentiae, def. 527 n.; inol- tre 526, 527;
c. veritatis, def. 473 (v. probare, probatio, propositi); -causae ve- ritatis
sufficientes 476 n.; izoltre 428, 429, 472-475, 476 n., 477-482, 488, 494, 495,
497 n.; v. institutio, inventio Causalis, v. consequentia Cavillator 541 n.
Certificabile 402 n.; v. probabile Coartare 139, 161, 163 n., 166 n., 169 n.,
195 n. Coartatio, def. 165 n.; inoltre 88, 139, 152, 159, 161; ». restrictio
Coartatus, v. suppositio Cohaerere, v. modus Cohaerentia 343; c. praedicati ad
subiectum 342; v. nota Cointellectum, v. connotatum Collective 256, 561; ».
praedicare, stare, tenere, verificare Commune, v. communis Communis 221 (v.
appellare, dictio, esse, nomen, ratio, suppositio, ter- minus, vox); natura
humana c. 370 n.; commune, def. 221 n.; inoltre 221 n., 370 n.; naturaliter
commune, def. 221; via a communibus ad propria 484 n. Comparatio 87 n., 92 n.,
293 n, 416 n., 562 n.; c. aequalitatis 266 n.; c. secundum excessum 266 n.; v.
distributio Comparativus 266 n., 270 n., 277, 284 n., 286 n., 293 n., 303 n.,
416, 424 n.; v. terminus 642 Complexio 110 n., 111 n., 197, 505; v. appellare,
dicere Complexivus, v. conceptus Complexum, v. complexus Complexus: -complexa,
incomplexa (designatio sophistica) 74 (v. con- ceptus, dictum, incomplexum,
ter- minus, vox); complexum 259, 371, 455, 462-464, 465, 467, 468, 469, 471,
577, 581, 598; v. connexum Componere c. = definire, 506 n.; v. adverbium,
diversitas Componibilis, v. terminus Composita, v. compositus Compositio, def.
502 n., 512, 513 n., 516 n., 528 n.; inoltre accidentalis 529 n.; . contingens
349; . duplex 507 n.; . formalis 486 n., 504; . indicativa vel infinitiva 370;
. materialis 486 n., 504; . necessaria 336; . simplex 507 n., 548 n.; nnonanann
Indice dei termini latini c. actus ut distantis 501; c. intellectus 503 n., 504
n.; c. rerum o modorum significandi 500; c. sermonis 529 n.; c. terminorum 506
#.; c verborum 503 #.; c. secundum distantiam 502 7.; secundum compositionem
381, 499, 523 n.; via compositionis 396 n.; v. adverbium, consignificare, deno-
minare, determinare, determinatio, dictio, disponere, dispositio, falla- cia,
forma, locutio, modalis, mo- dus, necessitas, oratio, paralogi- smus,
propositio, sensus, sophisma, oUvieog Compositum, v. compositus Compositus 499;
composita 366, 420, 505 n.; compositum 198, 501 x.; v. conditionalis,
copulativa, dictio, intellectus, minor, modalis, nomen, oratio, prolatio,
propositio, sen- sus, sermo, subiectum, terminus Comprobare 395 n. Comprobatio
395 n. Conceptus 394 7.; c. complexivus 214; c. complexus 417 n., 418; c.
mentalis 220 n., 506 n.; v. appellare, appellatio, ratio Concludere c.
copulative-disiunctive 274 n.; c. directe 613, 614; c. divisim 508 n.; c.
formaliter 275 n. Indice dei termini latini Conclusio, def. 398, 400; inoltre v.
cuprépacpo Concretum, def. 68 n.; c. accidentale 66 n.; c. substantiale 66 7.;
v. abstractum, terminus Conditio 375, 376, 380; conditiones contrariae,
contradicto- riae, subalternae et subcontrariae 371 n.; v. modalis,
necessarium, nota Conditionalis 460 #., 518; c. necessaria 380; c. de dicto et
composita, de re et divisa 381; v. consequentia, nota, propositio
Conditionatim, v. descendere Confundere c. confuse distributive 265 n., 266 n.,
283, 285 n.; c. confuse distributive mobiliter 302 n., 303 n., 575 n.; c.
confuse tantum 251, 252, 259 n., 267 n., 268, 284 n., 285, 286 n., 287, 291
n.-293 n., 294, 302 n., 304, 459, 562 n., 567 n.,575, 577, 585, 595; c. confuse
tantum —immobiliter 303 n., 304 n.; c. confuse tantum mobiliter 303 #., 304 n.;
643 c. distributive 265, 266, 284 n. 293 fi; c. distributive mobiliter 303 n.;
c. distributive mobiliter vel immo- biliter 585; c. immobiliter 233 7., 595; c.
immobiliter vel mobiliter 233 #.; c. mobiliter 233 n., 595; c. necessitate
signi 233 n.; c. sine distributione 260 n., 283 n.; c. sine distributione
confuse tantum 283 n.; potestas confundendi 260 n.; v. immobilitare, signum,
syncatego- rema, terminus, virtus, vis Confundibile 284 n.; c. non
confusum-confusum 284 n.; v. terminus Confuse 217, 447; minus c. 233 n.; v.
confundere, consignificare, copu- lare, dictio, negare, significare, stare,
supponere, tenere, vis Confusio, def. 224; inoltre immobilis 596; . mobilis
596; . necessitate modi 233 n.; . necessitate rei 233 n.; auferre confusionem
223 7.; v. modus, terminus Confusivus, v. signum, virtus, vis Confusum, v.
confusus Confusus 217, 222; confusum 261 n.; ononn 644 v. confundibile,
copulatio, relativum, suppositio, tempus, terminus, vox Congruitas 528 n.; c.
intellectus 403 n.; Congruus, ». intellectus, locutio, pro- positio Coniunctim
428, 508 n., 513, 537 n., 539 n., 570; v. accipere, attribuere, descensus,
intelligere, praedicare, subicere Coniunctio c. copulativa 147 n., 294 n.; c.
copulativa vel disiunctiva 196 n., 537 1 c. disiunetiva 147 n.; . expletiva 330
n.; v. copula, nota, vis Cadunpee 203 n., 207 n., 393 n, 504 n., 505 n., 515
n., 532 n, 534 n., 535 n., 537 n., 539 n 576 n.; c. in adiacentia-in essentia
203 n.; c. intransitive 205 n.; coniunctae (prop.) 615 Connexum 371; v.
complexum, modus Connotare: -c. = secundario signifi- care 66; inoltre 66 n.,
104, 106, 111, 177 n., 183 n., 215 n, 388 n, 505 n., 599 n.; c. accidentalem
proprietatem 67 n.; . accidentaliter 67; c. passionem propositionis 388 n., 389
n., 581 n., 585; c. qualitatem 66 n.; c. tempus 144 n. Connotatio 66 n., 67 n.,
144; o D Indice dei termini latini . extranea 67 n.; . accidentalis
proprietatis 67 n.; . temporis 144 n.; . verbi restricti 600 Connotativum 65
n.; v. nomen, ter- minus Connotatum 65 #.; connotata = cointellecta 66 n.
Conpraedicativum 230 n. Consequens v. determinatio, fallacia, modus,
necessitas, oppositum, probatio Consequentia formalis 418, 424 n., 428 n.; .
materialis 235; . necessaria 377; . rationalis, conditionelis, causalis 236; c.
syllogistica 40; v. ablativus, inferentia, necessitas, nota Consignificare,
def. 144 n.; -c. est polisemis (!) 143; inoltre 61 n., 82 n., 139, 141 n., 142,
143, popopno noann Indice dei termini latini 144 n., 181 n., 198, 224, 225, 226
n., 228, 454 n., 503 n., 504 n., 598; c. compositionem 501; c. tempus 140 n.,
141 n.; c. tempus sine differentia 181 n., 215 n.; c. tempus
confuse-determinate 209; tempus consignificatum in verbo 159; v. copulare,
denotare, rpoconualvev Consignificatio:
-c = secundaria si- gnificatio
140 n., 153; -c = modus significandi 190 n.; izoltre c. varia 143; c. temporis
46, 140, 141 n., 181; c. verbi 159 n., 190 Consignificativas 226; v. dictio
Consignificatum, v. consignificatus Consignificatus, v. tempus; consignificatum
140 w., 159 n. Constantia, def. 236, 237 n., 274 n.; inoltre (0. copulatim); .
debita 274 n., 275 n., 429 n.; . debita singularium 275 n.; . debita
suppositorum 275; . sufficiens 236; . sufficiens suppositorum 274 n.; .
singularium 275 n.; . singularium vel suppositorum 274 n.; c. suppositorum 273
n.; c. subiecti 274 n., 436 Constitutio (=definitio) 506 n. Constringere 190 n.
Constructio 338 n., 341 n., 452 n.,, onpanonn 645 453, 515, 528, 529 n., 530,
531, 332, 333: ns c. specialis 262 n.; quantum ad constructionem 338; secundum
constructionem 339, 341; v. modalis, modus Construere 531 n., 553 n. Contingens
328; v. compositio, mo- dalis, èvBeydpuevov Continuitas subiecti cum praedicato
167 n. Contractus, v. falsitas, veritas Contradictio 444 n., 485, 486, 512 n.;
v. oppositio Contradictorium, v. probare, probatio Contradictorius, v. conditio
Contrahere 151 n. Convenientia 87 Copula 41 n., 109 n., 179 n., 181 n., 184 n.,
186 n., 204 n., 214 n., 227 n., 229 n., 230, 247 n., 270 n., 291 n., 321, 336
n., 346, 355 n., 363 n., 365 n., 503 n., 613, 620; . principalis 270 n.; .
simplex 363 n.; . verbalis 365 n.; . vocalis 214 n.; c. coniunctionis ‘et* 547
n., 558 n.; a parte copulae 355 n.; ex parte copulae 321, 539 n.; v.
determinatio, modus, officium, syn- categorematicus Copulare: +c. = adiacenter
signifi care 211; -c. = significare simul esse 196 n.; inoltre 154 n., 195 n.,
198 n., 202, 203 n., 205, 207, 208, 209 n., 210 n., 211 n., 212 n, 213, 399 fi
305 n, 922 1 533 n., 537 n., 538 n., 550 n.; c. intransitive=consignificare 205
n.; c. confuse 212 n.; onnn 646 . confuse et distributive 212 w.; confuse
tantum 212 n.; . determinate 212 n.; . discrete 212 n.; . personaliter 212 w.;
. simpliciter 212 n.; in adiacentia, in essentia 203 n.; . tempus
confuse-determinate 209 w.; . modus, officium, significare, ter- minus Copulatim
188, 189 n.; c. cum medio (o cum constantia) 274; v. ampliare, descendere,
descensus Copulatio, def. 207, 209-212, 213; inoltre sive impositio 195 n.; .
confusa 211; . confusa distributiva 211; . confusa tantum 211; . determinata
211; . distributiva 211 n.; . distributiva immobilis 211 n.; . intransitiva 205
n.; simplex aut personalis 212 n.; . adiacentiae 205 n.; . essentiae 203, 205
n.; . terminorum 516 n.; . verbi 210 n.; . secundum actum, secundum habi- tum
210 n.; v. nota, officium, significare, vis Copulativa (prop.) 422 n., 432 n.,
472, 473 n., 480 n., 486, 489 n, 491 n., 497, 615 (v. propositio); c. composita
423 n., 424 n., 482 n. Copulative 188, 189 n.; v. acceptio, ampliare,
concludere, descendere, graonnnnnnn 00NnAnnnann5a0NnnN Indice dei termini
latini descensus, probare, significare, supponere, tenere, verificare
Copulativus, v. coniunctio, descensus, dictio, verificatio Copulatum, v.
copulatus Copulatus, v. descensus, terminus; copulatum 208 n., 211 w., 570 n.,
579 n., 621; c. ex terminis de praedicamento ‘ubi’et ‘quando’ 271 n. Deceptio,
v. causa Declarabile 402 n.; v. probabile Decompositio 502 n. Deducere ad inconveniens
411 n. Defectus, v. causa Definire 396 n., 413 n., 451 n, 467 n.; v. componete
Definitio 55, 56, 57, 60 n., 61 n, 74, 91, 210 n., 379, 387, 409, 410, 413 n.,
598; d. sive descriptio 468 n.; d. nominalis 65 n.; d. quid nominis 65, 105;
definitiones non secundum essentiam sed secundum adiacentiam acceptae 61 n.;
definitiones quaedam secundum rei substantiam, quaedam secundum formae
adhaerentiam assignatae 60; v. constitutio, probare Definitivus, v. oratio
Demonstrare 268 n., 289 n., 398 n., 442 n., 443 n., 449 n., 459 n, 604-606,
611, 613, 614, 619, 621; v. adverbium, officium Demonstratio 397 #.; d. a signo
444; d. quia 444 Demonstrativa (prop.) 411 n.; v. propositio Indice dei termini
latini Demonstrative, v. tenere Demonstrativum 409 n., 439, 445, 447 n., 449
n.; v. pronomen, re- solutio, resolvere Demonstrativus, v. scientia, syllogi-
smus, terminus Demonstratum 133 #. Denominans-denominatum 69 n. Denominare 97
n., 230 n., 355 7, 422, 425 n., 481; d. compositionem 353 #.; v. denominans
Denominatio 121 w., 405 n. Denominative 55, 59 n., 382 n. Denominativum, def.
50; -d. multi- pliciter accipitur 64 n.; -triplicia sunt denominativa 67 n.;
inoltre 54 n., 59 n., 61 n., 64 n., 66 n, 67 n.,97 n.; v. derivativum
Denominativus, v. praedicatio, termi- nus, vocabulum Denominatum, v.
denominans, ter- minus Denotare 98, 115, 116, 117, 186 n., 202 n., 214, 229 n.,
260, 360 n., 378, 502, 550 n., 590, 599 n.; d. sive consignificare 502
Derivativum 54 n.; v. denominativum Descendere 228, 235, 240, 241, 244, 253, 254,
256, 260, 262 n., 264 n.; d. conditionatim et disiunctim 278 n.; d. copulatim
278 n.; d. copulative 241 #., 290, 299 n.; d. disiunctim 241 n., 242 n.; d.
disiunctive 241 n., 242 n., 299 n.; d. nec
copulative nec disiunctive 251 n.; . difformiter 264 n.; . uniformiter
264 n.; . ad singulare 246 n., 272; . ad supposita 260; ALALALA 647 d. ad
universale 272; d. per disiunctivam propositionem 278 n.; v. propositio
Descensus, def. 235; -d. est quadru- plex 238; inoltre d. coniunctim 290; d.
copulatim 241, 299 n.; d. copulative 241, 257, 473; d. copulativus, def. 238;
inoltre 239, 586; d copulatus, def. 238; d. disiunctim 241, 255, 300; d.
disiunctive 241, 473; d. disiunctivus, def. 238; inoltre 239, 586; d.
disiunctus, def. 238; inoltre 239; d. insufficiens, def. 240; inoltre 239, 240;
d. sufficiens, def. 239; inoltre 240; d. difformiter et non uniformiter 282; d.
ad inferiora 233, 468; d. ad singulatria 260 n.; d. de copulato extremo 281; v.
immobilitare Describere 402 n., 462, 467, 469, 470 n.; v. propositio
Descriptio, def. 468; inoltre 395 n., 440 n., 462 n., 467-469, 470, 471, 480,
482, 483; v. definitio Descriptibilis, v. probatio Descriptibiliter, v. probare
Descriptivus, v. oratio 648 Descriptum 440 n., 469 n.; v. pro- positio
Designare 85 n., 103 n., 107 n, 134 n., 198 n., 202 n., 375; v. adiectivum
Designatum 74 Desinere 478 n., 482; ». incipere, propositio Desinitio 416
Determinabile 112, 185, 539 n., 578, 588; d. subsequens 533 n.; d. superius
184; v. terminus Determinare 145, 365 n., 371, 373 #., 403 n., 465, 471, 486
n., 529, 532 n., 551 n.; d. compositionem 336, 353 n.; d. inhaerentiam
accidentis et subiecti 80; d. inhaerentiam praedicati cum su- biecto 335; d.
qualitatem 60; d. qualitatem circa substantiam 84 n.; d. qualitatem agendi 343
n.; d. verbum 336; v. adverbium, vis Determinate, v. consignificare, copu-
lare, stare, supponere Determinatio d. adiectiva 159; d. adverbialis non
modalis 358 n.; determinationes adverbiales-nomina- les 334; d.
intrasumpta-extrasumpta 375; d. superior 184; Indice dei termini latini .
compositionis 350; . consequentis 517; . copulae 355, 357 n.; dicti 390; inhaerentiae
333; . obliqui 159; . praedicati 339, 343, 517; . subiecti 230 n., 339; . verbi
348 n.; . modus, propositio Determinatuii, v. determinatus Determinatus, v.
ratio, significatio, suppositio, tempus, terminus; determinatum 178 n., 261 n.,
530 Dialectica, def. 400, 573 n.; -d.= scientia disputandi ex probabilibus 399
n.; v. officium Dialecticus 398 #.; dialectici 56 n., 144 n., 225 n. Dicere: -
secundum accidens d. 57; . cum modis 331 n.; . de dicto 351 n.; . de re 351 n.;
. non proprie 268 n.; secundum complexionem 505 n.; . sine complexione 505 n.;
v. modus, subiectum Dicibile 125, 126 n.; v. Mextév Dictio SÌ Pe pe RE pd e aaa apaoa Indice dei termini
latini 535 n., 536 n., 537 n.-539 n., 544; adiectiva 110 n., 166 n.; adiectiva
appellat suam formam 110 n. (v. appellare); . communis generis 297 n.; .
composita cum aliquo 535 n.; confuse posita 435 n.; confuse significans 223; .
consignificativa 225 n.; . copulativa vel disiunctiva 537 n.; . determinans
compositionem 335; d. exceptiva 277, 290, 292, 303, 404 n., 421, 425 n. (v.
exceptivus); d. exclusiva 249 n., 276 n., 277, 291, 295 n., 303, 415, 421, 422
n., 424, 475 n., 535 n., 596 (v. exclu- sivus); dictiones modales 277, 334; .
officialis 453, 454 n. (v. officium); . reduplicativa 303, 422, 424; .
significans actus mentales 459; . significativa 208; . substantiva 110 n., 111
n.; . syncategorematica 229 n., 251, 283 n., 336; extra dictionem 517 n.; v.
appellatio, fallacia, figura, forma, locutio, proprietas, significatio,
subiectus, HE, puo Dictum, def. 123 n.; inoltre vel significatum 124 n.; .
categoricum 471, 556, 590, 598; complexum 598; . hypotheticum 471, 556; .
multiplex 497 n.; . singulare 354 n., 361; . verbale 591, 594; . propositionis,
def. 123 n.; inoltre 124 n., 125, 341 n., 354 n., 359, 371, 490 n., 552 n.,
553, 556 n, 559, 574, 577, 581, 602, 603, 610, 618, 619; v. appellatio,
conditionalis, determi- natio, dicere, expositio, minor, mo- dalis, oratio,
propositio, sermo, significatum, subicere, supponere Differentia 583 n., 598
n.; d. substantialis 506 n.; d. temporis 112, 181, 182, 184, 187. n., 189, 214;
v. ratio Discrete, v. copulare, stare, supponere Discretio 376; d. substantiae
71 n.; d. terminorum 393 Discretum, v. discretus Discretus, v. appellatio,
suppositio, terminus; discretum 220 n.; dupliciter sumi- tur d. 220 n.
Discontinuitas orationis 167 n. Disiunctim 188, 189 7; d. cum medio 274; v.
acceptio, ampliare, descendere, de- scensus, exponere Disiunctio 196 n., 512,
516 rn. 522 n., 548 n., 554 n.; v. modus, nota, significare Disiunctiva (prop.)
425 n. » 472, 650 475 n., 480 n., 482, 489 n., 497; v. propositio Disiunctive
180, 189 n., 477, 480 n., 495 n.; v. ampliare, concludere, descendere,
descensus, probatio, significare, supponere, tenere, veri- ficare Disiunctivus,
v. coniunctio, descen- sus, dictio, verificatio Disiunctum, v. disiunctus
Disiunctus 548 n. (v. descensus, tet- minus); disiunctum 570 n., 579 n.
Disiungere 393 n., 537 n., 538 n. Disponere compositionem 335 Dispositio 227,
335; d. compositionis 336, 504; d. tertiae figurae 43 n.; v. modus Disputare
218 x., 452 n.; d. ex probabilibus 399; v. ars, determinatio, disserere
Disputatio 218 n., 437 n.; d. realis 394 n. Disputatores 413 n. Disserere idem
est quod disputare 400 n. Distinctus, v. significatio, suppositio Distrahere
178; v. terminus Distractivus 599 Distribuere 211 w., 233 n., 242, 243, 254,
255 n., 259, 279 n., 286 n.,, 287, 291 n-293 n., 295, 485, 548 n., 579 n.;
habere naturam distribuendi 259; v. modus, vis Distributus, v. suppositio,
terminus Distributio 100 n., 108, 210 n., 224, 241, 254, 259, 295, 363 n., 474
n., 493 n., 548 n., 562 n., 576; d. per comparationem 259 n.; Indice dei
termini latini v. confundere, modus, subiectum Distributive, v. confundere,
copulare, negare, praedicare, stare, sumere, supponere, tenere, vis Distributivus
234 n.; modo distributivo 262 n.; v. copulatio, signum, suppositio, syn-
categorema Diversitas componendi vel dividendi 507 n.; v. relativum Dividere
504 n., 507 n., 513, 515 n., 533 n.-537 n., 548 n., 591, 594 n., 597 n.; v.
diversitas Divise, v. significare Divisim 428, 508 n., 513, 537 n., 539 n.,
570; v. attribuere, conclu- dere, inferre, intelligere, praedicare Divisio,
def. 516 n., 528 n., 529 n; inoltre d. accidentalis 528 n.; secundum divisionem
381, 499, 523 n., 529 n., 537 n., 538 n., 542; v. fallacia, locutio, modus,
oratio, paralogismus, propositio, sensus, sophisma, Suatpeous Divisive 253,
561; v. accipere, stare, tenere, verificare Divisus 499; v. conditionalis,
minor, modalis, oratio, prolatio, proposi- tio, sensus, sermo, terminus
Duplicitas sophistica 75 Elenchus, v. ignorantia Enthymema, def. 401 n.;
inoltre 400 n., 401 n. Indice dei termini latini Enuntiabile 125-129, 130 n.,
154, 522 n., 551 n.; enuntiabilia insolubilia 126 n.; v. interrogabile, nomen,
praedicamen- tum, subiectum, verbum Enuntiare 49 n., 126, 133 n., 330
Enuntiatio 18, 49 n., 55 n., 73, 125, 126, 229 n., 230 n., 330, 341 n., 352 n.,
354, 499 n., 505; e. simplex-composita (hypothetica) 505 n.; enuntiationes
simpliciter 351, 352 n.; e. de inesse 345 n.; v. modus, pars, verbum, vis,
ambpavare, Mdyoc Esse: -e. actuale 177 n., 178 n.; e. commune 177 n.; e,
intelligibile 178 n.; e. potentiale 178 n.; ‘est’ secundum adiacens 198, 199, 203,
213, 237; ‘est’ tertium adiacens 198, 199, 200, 203, 204 n., 205 n., 213, 503
n.; v. appellare, modus, ponere, praedi- camentum, praedicare, significare,
subiectum, verbum Exceptiva (prop.) 373 n., 423 n, 432 n., 479, 480
n.; v. propositio Exceptivus 553 n.; v. dictio, signum, terminus Excludere 454
n. Exclusio 297 n., 435 n.; v. nota Exclusiva (prop.) 373 n., 432 #., 479 n.,
480 n., 481; v. propositio Exclusivus 553 n.; v. dictio, signum, terminus
Exemplum 400 n., 401 n. Existentia, v. causa Expletivus, v. coniunctio,
propositio Explicare 402 n.; v. propositio 651 Explicatio 590 Exponens
(exponentes) 192 n. 250 n., 259, 275 n., 287 n., 292 n., 369, 409, 418-422, 424
n., 428, 430, 432, 433, 473 n., 475, 478, 479 n., 480 n., 481, 552 n. Exponere e.
disiunctim 479 n.; e. de re, de sensu 340; v. antecedens, probare, propositio
Exponibile, v. exponibilis Exponibilis 255 n., 330 n., 383, 402 n., 420 n., 574
(v. modus, propositio, terminus); exponibile 19, 40, 402 n., 432 Exponibiliter,
v. capere, probare, stare, tenere, terminus Exposita (prop.) 421, 428, 432 n.,
440 n., 480 n.; v. propositio Expositio, def. 414; inoltre e. propria,
impropria 422; e. de re, de dicto 343; v. syllogismus, &xdeowe Expositive,
v. probare 652 Expositor 65 n., 413 #. Expositorie, v. probare Expositorius
442; ». syllogismus Expositum 407 n., 432, 433; v. pro- positio
Extrapraedicamentale 126 n. Extremitas maior, minor 614; e. propositionis 393
n.; v. extremum Extremum 227 n., 496, 502 n, 538 n., 556, 559; e. propositionis
187 n., 355 n.; e. propositionis categoricae 227 n.; v. descensus, extremitas,
propositio Fallacia, def. 527; inoltre 39, 72 n., 507, 508, 516, 517 n., 525
n., 529 n., 531 n., 538 n., 543 n; . accidentis 439 n., 572 n.; .
aequivocationis 454 n.; . secundum aequivocationem 511 n.; . compositionis,
def. 515 n.; inoltre 507, 508 n., 514 n., 525 n., 534 n.; f. secundum
compositionem, def. 529 n.; f. consequentis 472, 473, 474 n, 476 n., 477 n., 49
n., 495 n.; f. divisionis, def. 515 n.; inoltre 507, 508 n., 525 n., 534 n.; f.
secundum divisionem, def. 529 n.; f. figurae dictionis 550, 572 n. (v. figura);
f. secundum univocationem 511 n.; f. secundum diversam partem (rela tum,
tempus, modum) 511 n.; f. secundum plures interrogationes ut unam 517 n.; v.
modus Fallere 508 #. Falsificare 486, 490 n. neh Indice dei termini latini Falsitas 476 n.,
486, 499 n., 503 n., 504 n., 524, 589 n., 596 n., 597 n.; f. contracta 353 n.;
f. contracta fallibilis, infallibilis 353 n; f. simpliciter 353 n.; v. causa,
improbare, notitia Falsum 338 n., 339 n.; f-verum 345 n., 346 n.; f-verum =
accidentia propositionis 345 n.; v. modalis Figmenta animi 79, 80, 419 Figura
43 #., 72 n., 450, 502 n. (». appellatio); f. simplex, composita, decomposita
502 n.; f. (syll.) 396 n., 439 n., 443 n,, 449 n.; f. prima 437 n., 439 n., 442
n, 443 n., 613, 621; £. secunda 439 n., 442 n., 443 n, 449 n.; f. tertia 437,
438 n., 442 n., 443 n, 449 n. (v. dispositio); f. dictionis, def. 72 n., 78;
inoltre 72, 78 n., 146 n.,, 152, 208 n,, 414 n., 516, 526, 549, 572 (v.°
fallacia) Forma 15 n., 42, 59, 71 n., 81 n, 82, 88 n., 92 n., 98, 103, 104 n,
106 n., 109 n., 110 n., 149 x, 158, 163 n., 165 n., 170, 171 n, 199, 284 n.,
493 n., 506 n., 535 n.; quo est 81; " stauendì 558 n., 591; .
compositionis 396 ds: £ dictionis 528 n.; f. accidentalis
dictionis=significatum eius? 485; f. loquendi 350; mmm Indice dei termini
latini . praedicati 103 n., 457 n.; . propositionis 418, 425 n.; . resolutionis
396 n.; . subiecti 457 n.; . termini 106, 137; . vocis 522 n., 531; . sive
ratio a qua imponitur (no- men) 54 n.; materia formata a forma 64 n.; de forma
440 n.; ratione formae 163 n.; sub propria forma 98, 360 n.; v. accidens,
appellare, appellatio, de- finitio, nomen, praedicare, praedi- catum,
significare, sumere, termi- nus, valere, vox Formale 42 n.; f. propositionis 41
n., 42; f. in propositione 319; formalia syllogismi 396 7. Formalis, v.
compositio, consequen- tia, formale, logica, principium, significatio,
significatum, suppositio Fundamentum 199, 200, 203 n., 204, 206; v. subiectum
Futuritio 177 n. Ph Ph ihr i Genitivus 536 n. Gerundius 567 n., 575 n.
Glossatores 413 n. Gradus, v. comparativus, positivus, superlativus Grammatica,
v. officium Habitualis, v. suppositio, suppositum Habitudo 100 n., 101 w., 258,
454 n., 460 n.; h. terminorum 379, 395 n., 420; v. necessitas, probatio
Habitus, v. copulatio, modus, sup- positio 653 Hoc aliquid 51, 72 n., 450; hoc
aliquid-quale aliquid 72 n.; v. appellare, significare, còSE cu Hypothetica 304
n., 355 n., 378, 421 n., 496 n., 517, 520, 538 n.; h. copulata 518; v. dictum,
propositio Identitas, v. relativum Ignorantia elenchi 509, 525 Illativus, v.
terminus Immediatum, v. immediatus Immediatus, v. propositio, syllogi- smus,
terminus; immediatum 397 n., 45Immobilis 240; v. confusio, copu- latio,
suppositio Immobilitare 242, 243, 249, 257 n., 258, 266, 276 n., 278 n., 284
n.,, 286 n., 295 (v. vi: i. = impedire descensum 304; i. confundendo 596
Immobilitatio 595 n. Immobilitare 242, 243, 249, 257 n., 266, 276, 278 n., 286
n., 295 Immobiliter, v. confundere, stare, supponere, vis Impertinens 550 n.,
571, 591, 603, 610; v. terminus Impertinentia 518 n. Implicare 420; v. officium
Implicatio 45, 159, 486 Implicativus, v. relatio Implicitus 420, 434 n.; v.
categorica, negatio, propositio, terminus Imponere i. nomen 82, 93 n.; i. ad
significandum 260; v. forma, intentio, nomen 654 Impositio i. primaria 476 n.;
i. vocis 93 n.; secundum impositionem 490 n.; v. copulatio, intentio, nomen
Impositor 70 n., 82, 289 n. Impossibile v. modalis, propositio, &SUvatov
Impossibilitas 353 n. Improbabile 400 Improbare 400, 437 n., 449 n, 457 n.; i.
= ostendete falsitatem propositio- nis 401 Improbatio 186 n. Inceptio 416
Incipere 290, 303 n., 478 n., 479; i. et desinere (incipit et desinit) (v. propositio) Incomplexum, v. incomplexus
Incomplexus, v. terminus, vox; incomplexum 227 n., 468-471, 577; i.
significativum complexi 469 (v. complexus) Incompositum 506 n. Incongruus 45;
v. propositio Inconveniens, v. deducere Indefinita (prop.) 356 n. 401, 439, 442
n., 449 n.; v. propositio Indistinctio, def. 75; inoltre 74, 75 n. Individuum
94 7., 101 n., 133 n,, 221 n., 246 n.; v. appellare, nomi- nare Inducere 444
n.; i. formaliter 429 n. Indice dei termini latini Inductio, def. 401 n.;
inoltre 239, 274 n., 275, 400 n., 401 n., 429, 444 n., 485, 493; v. argumentum,
probare Inductive, v. probare Inesse, v. categorica, oratio, propo- sitio
Inferentia 231 n., 420 Inferior 103, 185, 220, 224, 236, 246, 406, 438, 441,
442 n., 597 n.; i. quidditative-essentialiter 184; v. inferius, pronomen,
terminus Inferius v. appellatio, descensus, probatio Inferre 399, 401 n., 428,
521; i. divisim 537 n.j i. fallaciter 520; i. formaliter 273 n., 275 n., 442
n;; i. resolutorie 444 n. Infinitare 320; v. negatio Infinitive, v. tenere
Infinitivus, v. compositio, modus, oratio, terminus, verbum Infinitus, v.
modus, nomen, oratio, terminus, verbum Inflexio casualis 82 7. Inhaerere 335,
502 n.; v. modus Inhaerentia 335 n., 504; i. modificata subiecti cum praedi-
cato 336; . praedicati ad subiectum 377; . praedicati cum subiecto 346; . verbi
338; . determinare, determinatio, nota, propositio Inopinabile 400 Insolubile
20, 40, 453 7. eee Indice dei termini latini Insolubilis, v. enuntiabile,
notitia Instituere 93 n.; i. voces ad appellandum 93 n.; v. placitum Institutio
70, 93, 134 n., 221; i. voluntaria 70, 221 n.; i. ad placitum 104; i. vocum non
ad significandum sed tantum ad appellandum 93 n.; causa institutionis vocum 93
n. Intellectus 514, 516 n., 517; i. compositus 504 7.; i. congruus 403 n.; in
intellectibus 514; secundum intellectuam 252, 513, 514 n.; v. compositio,
congruitas, nomen, notus, significatio Intelligere: -i. primarie, secundarie 69
n.; i. coniunctim 515 n.; i. divisim 515 n., 521; terminus posterius intelligi
403 n.; v. modus Intelligibile, v. esse, significare Intensissimum et
remississimum 427 Intensio 542 n.; v. intentio Intentio 22, 145 n., 218 n.,
226, 289, 394 n.; . = mana 394 n.; . animae 221 n.; . imponentis 70; . et
remissio 416 n.; v. intensio, passio, terminus Interiectio 48 n., 50 n, 227 n.
Intermediare 552 n.; v. interponere, mediare Interponere 348 n., 352, 517; v.
intermediare, mediare Interrogabile 128 n., 129 n. Introductores 413 n. 655
Inventio 395 n.; causa inventionis nominum 82; via inventionis 396 n. Inventor
70 Iudicare 396 n., 452 n.; i. de veritate propositionis 460 n.; v. ars,
scientia Tudicium 395 n., 434 n., 579 n, 583 n. Tungere 515 n. La, ». li Le, v.
li Lectio 413 Li 296, 297; v. signum (s. materia- litatis) Limitare 191 n., 192
n.; i. ad officium 402 n. Limitatio 191 x. Locus sophisticus 452 n. Locutio 435
n., 524, 537 n., 593 n.; |. congrua 435 n.; 1. multiplex 538 #.; 1 multiplex
secundum compositio- nem et divisionem, o in sensu composito, in sensu diviso
361; secundum locutionem o dictionem 507; v. subiectum, MÉ1< Logica: -1.=scientia
differendi 395 n; -l=scientia rationis 396 n.; inoltre 42 n., 218 n., 221, 396
n. (v. ars); 1. antiqua 18, 28, 38; 1. formalis 42, 43; 1. moderna 18, 38; 1.
naturalis 42; 1. nova 18; 1. vetus 18; 1. fidei 42; 1. modernorum 18, 22, 25,
28, 44 656 Logicus 403 n., 502 n., 575 n, 594 n.; v. ars Loqui: -l communiter
334; 1. improprie 268; 1. proprie 268, 454 n.; stricte loquendo 359 n; v.
forma, modus, usus Ly, v. Maior (praemissa) 442 n., 444 n., 450, 613, 621
Manerialis, v. appellatio Maneries 77, 83 Materia: -m. termini 106; m. vocis 59
n., 531; ratione materiae 163 n.; v. forma, vox Materialitas, v. signum
.Materialis, v. appellatio, compositio, consequentia, significatum, suppo-
sitio Materialiter 227 n., 390, 504; v. stare, sumere, supponere Maximae (prop.)
398, 468 n. Maximum-minimum 426, 427, 431 Mediare 369, 371, 549 n., 552 n.,
553, 555 n., 556, 557 n., 559, 574, 576, 581, 602, 610, 619; v. intermediare,
interponere Mediatum, v. mediatus Mediatus, v. propositio, syllogismus,
terminus; mediatum 450 Medium, def. 237; inoltre 234, 236, 237, 273, 299, 301
n., 397 n, 400, 406, 407 n., 429 n., 437, 438 n., 447, 450; v. copulatim,
disiunctim Medius, v. terminus Mentalis, v. conceptus, praecedere, propositio,
terminus Indice dei termini latini Minimum, v. maximum Minor (praemisa) 442 n.,
444 n., 450, 613, 621; m. composita-divisa, de re-de dicto 536 n. Mobilis 234
n., 240; ». confusio, suppositio, terminus Mobilitare 242, 249, 257 n., 258,
266, 276, 278 n., 286 n., 295, 575 n.; v. vis Mobilitas 232, 234, 240, 242
Mobilitatio 596 n. Mobilitatum 242, 249, 257 n., 258, 259, 266, 276 n., 278 n.,
284 n, 286 n., 295 Mobiliter, v. confundere, stare, sup- ponere, vis Modalis
330, 349 (v. determinatio, dictio, signum, terminus, verbum); m. (prop.) (v.
modus, oratio, propo- sitio, quantitas); m. modo adverbiali, verbali, nomi nali
359; modales improprie dictae, proprie dictae 389; m. absoluta 375, 376, 380;
modales compositae 364; m. divisa 366; m. cum conditione 375, 376; m. de dicto
150, 342 n., 352, 380, 537 n.; m. de re 340, 341, 342 n., 352, 357, 380, 512,
537 n.; m. de sensu 340, 342 n., 512; m. de sensu composito, de sensu di- viso
388; m. de possibili et impossibili, de Indice dei termini latini necessario et
contingenti, vero et falso 362 n.; m. in sensu 338 n.; m. in sensu composito
356 n.; m. in sensu diviso 361; m. quantum ad constructionem 338 n.; m.
secundum divisionem 361; m. secundum sensum 340; m. sine aliqua
conditione-secundum conditionem 380; m. affirmativa est a compositione modi,
negativa a negatione modi 352 n.; dicimus qualibet modali tantum de dicto agi
344; m. nominalis est singularis 352 n. Modaliter, v. capere, probare, su-
mere, tenere Modernus, v. logica Modificare 369 n., 370; Moduli 329 n.; v.
modus Modus, def. m. = determinatio 334; -m. = determinatio adverbia- lis 334;
-m. = determinatio com- positionis 361; -m. = determinatio copulae 355 n.; -m.
= determinatio praedicati 350; -m. = determinatio verbi 333; -modi=differentiae
entium, differentiae propositionum 363, 364, 382; -m.= dispositio 334; -m. =
dispositio compositio- nis, praedicati, subiecti 361 n.; -m. = medius habitus
terminorum 337; -m. = pars praedicati, subiecti 361 n.; -m. idest qualitas 334;
-m. = qualitas praedicati 333; -m. = terminus determinativus connexi 371 n.;
-m. proprie sump- tus, improprie sumptus 387, 388; 657 -modi sunt sex 352 n.,
385 ss.; -modi sunt innumeri 358 n.; inoltre m. adverbialis 336, 338 n., 342
n., 348 n., 352 n.354 n. 358 n, 359 n., 555 n.; - casualis 338 n, 342 n.; .
verbi casualis 49 ns . exponibilis 589 (v. exponibilis); . expressus 360; .
infinitivus 339, 347 n., 354 n,, 465, 549 n., 552 n., 557 n. (v. oratio); m.
infinitus 553, 602, 610; m. magnus, m. parvus 333, 334; m. modalis 361; m.
nominalis 336, 345 n., 348 n, 352 n.-354 n., 534 n., 555 n.; . participialis
555 n.; . regulatus 437 n.; . resolutorius 395 n.; . verbalis 359 n., 555 n.; .
accipiendi oppositionem 359 n.; . arguendi 177 n., 275 n., 329 n 359, 441 n.,
461 n., 528 n. 611, 614, 619; BBBBB BBBBBB 658 argumentandi 401 n.; .
cohaerendi 343; compositionis 345 n., 519; confusionis 260, 261 n.; .
confusionis non distributivae 261 n.;
specialis confusionis 262 n.; consequentis 329 n.; copulandi 208 n.; dicendi
533 n.; distribuendi specialis 259; specialis distributionis 416; . divisionis
519, 520, 534 n.; essendi 195 n.; . fallaciae 329 n., 454 n; . inhaerendi praedicatum
cum su- biecto 335, 345 n.; m. intelligendi 142, 195 n., 503 n.; ‘m. loquendi
79, 101 n., 476 n, 490 n., 602; . communis loquendi 266 n.; . necessitatis 333
n.; nominandi 71; . opponendi 484 7.; . possibilitatis 347 n.; . praedicandi
105 x.; . probandi 329 n., 409 n., 444 n., 445 n.; m. probandi efficacior, m.
probandi facilior 410 n. ; m. probandi a posteriori 444 n., 445 n.; m. probandi
per captionem 445 n.; m. proferendi, def. 531; inoltre 527 n., 532, 544; m.
proferendi compositim vel divi- sim 531; m. proponendi 517 n.; m. propositionis
331 n.; m. propositionum modalium 362 n.; m. rei 212; BBBBB BBBBBBBBBS BBBBBBS
Indice dei termini latini m. respondendi 484 n., 579 n.; m. scribendi 329 n.;
m. significandi 80, 96, 142, 190 n., 195 n., 196 n., 202 n., 329 n, 348, 453
n., 501 n.-503 n., 531, 532, 533 n., 544 (v. compositio, consignificatio); m.
significandi dependenter 502; m. significandi essentialis generalis 502 n.; m.
significandi grammaticalis 531 n., 532 n.; m. significandi logicalisi. 329 n., Salon m. significandi sive intelligendi
502 n.; m. supponendi 208 n., 345 #.; m. suppositionis 108 n.; m. suppositionis
non distributivae 261 n.; . syllogizandi 442 n.; a parte rei, a parte nostra
353; . in sensu 338; . in sensu, in voce 339; quantum ad constructionem 338; .
quantum. ad enuntiationem 338 n.; m. quantum ad sensum 338; m. secundum sensum
338 n.; m. secundum compositionem, secun- dum divisionem 520, 533 n.; m. fieri
cum distantia per modum generalis, per modum specialis 201 s.; per modum
disiunctionis 488 n.; habere modum in praedicato 333; ex patte modi 362 w.; v.
dicere, distributivus, fallacia, mo- dalis, moduli, negatio, proferre,
propositio, subiectus, suppositio, vis, tpéTtog BBBBBB Indice dei termini
latini Multiplicitas 488 n., 532 n., 535 n., 536 n.; m. actualis, def. 531 n.;
m. potentialis, def. 527 n.; v. oratio Naturalis, v. suppositio Necessitas 353
n., 375, 379; n. absoluta 378, 379, 380; . conditionata 379, 380; . respectiva
378, 379; . simplex 379; temporalis 379; compositionis 501 n.; consequentiae
379, 380; . consequentis 379, 380; . habitudinis terminorum 501 n.; . totius
vel alterius partis temporis 379; n. ex suppositione 379; v. confundere,
confusio, modus, no- men, nota, suppositio, tenere Necessarium, v. necessarius
Necessarius, v. compositio, conditio- nalis, consequentia, propositio;
necessarium 328; n. absolute, sub conditione 380 (v. modalis, propositio,
&vayxatov) Negare n. confuse
distributive 276; n. confuse et distributive vel univer- saliter 321; v.
adverbium, negatio Negatio 42 n., 160 n., 186 n., 197 n., 203 n., 214 n., 224,
249, 251, 255 n., 259 n., 265 n., 266 n., 270 n., 271 n., 276, 283 n.286 n.,
291 n., 292 n., 295 n., 318-321, 330, BppPpDbpPbEDD 659 331 n., 332 n., 348,
354 n., 359 n., 363 n., 400 n., 436 n., 437 n,, 442 n., 454 n., 460 n., 473 n,
475, 481 n., 486, 499 n., 501, 503, 504 n., 539, 544 n., 546 n., 548 n., 583;
n. exercita 255 n., 318, 320; negationes implicitae 321; n. inclusa 270 n.; n.
infinitans 258, 265 n., 320, 321, 539; n. negans n. praecedens 250 n., 362; n.
simplex 347; n. modi 354 n.; v. modalis, particula, qualitas, termi- nus,
virtus, vis, &Ttdgaote Negative, v. tenere Negativus, v. adverbium Nomen,
def. 49 n., 50 n., 53; inoltre n. absolutum 65, 451 n.; n. accidentale 153; 660
n. adiectivum 80 n., 157, 207 n, 208 n., 211, 212 n., 213, 334 (v. adiectivum,
qualitas); n. aequivocum 133 n., 485 (v. aequi- voca); n. appellativam 48, 49
n., 50 n. 32; ST; 73; "TI; 78, 95; II; B 99, 100 n., 102, 128 n., 147-149,
150, 404; '. nomina articularia 86 n., 131 n., 155; commune 52 n., 97 n., 102,
133 n.; compositum 505 n.; connotativum, def. 65; generale 222 n.; impositum 65
n., 82 n.; infinitum 320, 435 n.; numerale 223 n.; obliquum 157; proprium 48,
49 n., 50 n., 72 n, 84 n., 97 n., 98, 100 n., 127, 128 n., 246 n., 314 n., 404,
438 n.; relativum 541 n.; n. significativuam et appellativum, significativum
non appellativum, appellativum non significativum eh n. substantivum 59, 192
n., 207 n., 208 n., 211, 212 #.; n. sumptum 59, 60, 209 n. (v. sumptum); n.
syncategorematicum 228 n.; nomina synonyma 117 n.; n. verbale 49 n.; n.
accidentis 208 n.; n. enuntiabilium 343 n., 382 n.; n. existentiae rei-non
existentiae rei 339 ni; . figmentorum 82 (v. figmenta) formae 59; . intellectus
339 x.; . necessitatis 331 n.; BPPDDBPPEP p PEPD Indice dei termini latini .
officii 451 n.; . orationis 339 n.; . possibilitatis 331 n.; praesentium vel
existentium 95; propositionis 338 n.; rerum 218 n.; secundae impositionis 343
n., 382; . subiecti 208 n.; . substantiae 451 n.; nomina aptitudinem remotivam
no- tantia 149 n.; nominis participatio 54; qualitas nominum 50 #.; nominis
transfiguratio 54; dare nomina 82 n.; participare re, participare nomine 54; v.
appellare, appellatio, inventio, offi- cium, quid, virtus, $voua Nominales 141
Nominalis, v. definitio, determinatio, modus Nominaliter, v. adiectivum,
capere, modus, quod, significare, sumere, tenere Nominare 60 n., 61, 62 n., 70,
71 n., 79 n., 80, 82, 84, 85, 120 n, 205 n., 225 n., 344, 394 n.; n. idest
appellare substantiam 84 n., 85 (v. appellare); n. substantiam 60, 79 n., 82
n.; n. individua 80, 81 n.; n. speciem 81 n. Nominatio ex similitudine
nominationis 71 Nominativus 347 n., 502; v. rectus Nota 185 n., 204 n., 206,
333, 394 n. (1. obpporov); n. conditionalis 277, 459; n. conditionis 42 n., 304
n.; n. cohaerentiae n. coniunctionis 547 n., 550 n. 594 n.; n. consequentiae
292 n.; n. copulationis 197 n., 447 n., 538 n., 554 n.; . disiunctionis 447 n.,
594; . diversitatis 223 n.; . exclusionis 299, 537 n.; . inhaerentiae 457 n.; .
necessitatis 333 n.; . rationis 304; n. reduplicationis 481 n. Notior, v. notus
Notitia: -n. insolubilis 595 n.; n. terminorum 410 x.; n. veritatis vel
falsitatis 403 n. Notus, v. argumentum, probare, pro- positio, terminus; notior
(notius) 397 n., 406 n.; notiora et priora apud nos, apud naturam 411 n.; n.
per sensum vel intellectum 406 n. Numeralis, v. adverbium DIPDDODD Obligatio
(obligationes) 20, 30, 42 n.; casus obligationis 563; Obligatorius, v. verbum
Obligatus 42 n. Obliquitas 347 n. Obliquus 86 n., 279, 287 n., 547 n.; v.
determinatio, nomen, subiectum, verbum Obscuritas 259 n. Officiabilis, v.
officialis Officiabiliter, v. officialiter Officiale, v. officialis Officialis
226 n., 451 (v. dictio, pro- batio, significatum); o. (prop.) 456 n. (v.
propositio); 661 o. (terminus) 451 n., 456 #., 468 n. (v. terminus); officiale
402 n., 454 n. Officialiter 451, 467; v. probare, pro- batio, propositio,
stare, sumere Officians (officiantes) 440
#., 461 n., 469, 557 n.; v. propositio Officiare 372 n., 461, 462, 464
n., 469, 552 n., 557 n. Officiata (prop.) 440 n., 456 n, 461 n., 469; v.
officiatum, pro- positio Officiatio 410, 456, 480, 482, 483 Officiatum 440 n.;
v. officiata Officium 226, 402 n., 451, 452, 453 n., 454 n., 460; . artis 452
n.; . copulae 204; . copulandi 204; . copulationis 204; . demonstrandi 454 n.;
. dialecticae 452 n.; . dictionis 453 n.; . docendi 452 n.; . doctoris 451 n.;
grammaticae 452 n.; . implicandi 453 n.; . mentis 277, 459; . nominis 132 n.;
praepositionis 454 n.; referendi 453 n.; substantivi verbi 205 n.; . vocis 453
n.; . limitare, nomen Opponens 452 n. Opponere 411 n.; v. modus, oppo- nens
Oppositio 345 n. (v. modus); o. contradictionis 331 Oppositum 411 n., 483 n.,
54i n, 614, 621; soo0900L9ILLI.L LIO 662 o. antecedentis, consequentis 436; o.
propositionis 477; v. probare, probatio, propositio Oratio 18, 94 n., 126, 127,
129 n., 136, 200 n., 203 n., 218 n., o. composita, def. 528; inoltre 285, 505
n., 508 n., 515 n., 517, 527 n., 531 n., 533 n., 536 n., 537 n, 538 n.; o.
composita ex syncategoremate et termino communi 283 n.; o. coniunctiva 581; o.
definitiva vel descriptiva 467 n.; o. divisa, def. 528; inoltre 508 n., 527 n.,
531 n., 533 n., 536 n- 538 n.; o. infinita 467; o. infinitiva 356, 462-464, 555
n. 581; o. modalis, de inesse 354 n.; o. multiplex ex compositione et di-
visione 529 n.; o. multiplex secundum actualem multiplicitatem et ’potentialem
532 n.; o. simplex 505 n.; o. sophistica 516 n.; o. subiecta (=dictum) 341 n.;
o. infinitivi modi 363 n.; o. de re, de dicto 534 n.; v. discontinuitas, nomen,
pars, si- gnum, syncategorema, terminus, bros Orator 398 n. Ordinare Ordinatio
452 Ordo, v. probare Paralogismus 515 n., 519 n., 525 n.,, 533 n., 534 n., 537
n.; p. compositionis 533 n.; p. divisionis 533 #.; p. secundum compositionem
516 n.; p. secundum abundantiam et defec- tionem 515 n. Paralogizare 522 n.,
537 n. Pars: -p. enuntiationum 393 n.; p. orationis 48 n., 49 n., 50 n., 211,
225 n., 226 n., 287, 289, 446 n., 447 n., 506 n., 521 n., 523 n.,, 533 n.3 p.
propositionis 393 7.; v. copula, modus, praedicatum, subi- cere, subiectum,
supponere, suppo- situm, vox Participialis, v. modus Participium 48 n., 49 n.,
90 n, .; p. = participiale verbum vel casuale 49 n.; verba casualia id est
participia 93 n; p. adiectivum 117 n.; p. ampliativum 599 n. Particula: -p.
negativa 331 n.; p. negationis 331 n. Particularis (prop.) 356 n., 362, 363 n.,
373 n., 401, 412 n, 439, 444, 449 n., 476 n., 613; v. propositio, signum Parva
logicalia 18, 44 Indice dei termini latini Passio animae 394 n., 503 n; v.
intentio Pertinens, v. sensus Peiorem (regola del) 327 Perfectio 528 n.
Personaliter, v. copulare Personalis, v. adverbium, appellatio, copulatio,
suppositio Persuasibile 402 n.; v. probabile Placitum: -ad placitum 106 n. 476
n.; ad placitum instituentis 63 n.; ex placito instituentium 221 n.; secundum
placitum 141 n.; v. institutio, significare, vox Ponere in esse 366 w., 565 n.,
566 n., 574, 582 n., 584; v. praedicamen- tum Positivus gradus 276 n. Possibile
328, 331, 333 n.; v. mo- dalis, propositio, Suvatév Possibilitas 331 n., 353 n;
v. modus, nomen, privatio Posterius, v. intelligere, prius Postponere 523 n.,
579 n. Potentiale, v. esse Potestas, v. confundere Praecedere 369, 546 n., 559,
561 #., 571, 575, 576 n., ST7 n., 581 n. (v. negatio); p. simpliciter 555 n.,
556; p. totaliter p. vocaliter 403 n.; non p. in voce vel in scripto, sed . in
significatione 463 n.; Praedicabile, v. praedicabilis Praedicabilis: -res p.
211; praedicabile v. probatio,: terminus Praedicamentum 105 n., 201 n. 202 n.,
260 n., 414 n.; p. enuntiabilium 126 n.; esse in praedicamento 52 n.; esse de
praedicamento substantiae 111 n; esse in praedicamento qualitatis 52 n., 66 n.;
esse in praedicamento quantitatis 66 n.; esse in praedicamento relationis 501 n.; esse in praedicamento
substantiae 52 n., 66 n; in praedicamento ponere 60; v. copulatum,
extrapraedicamentale, significare, xxtnyopla Praedicare 52 n., 55 n., 57, 60,
61 n., 92 n., 98, 102 n., 103, 104, 109 n., 156, 176 n., 203 n.205 n., 206, 219
absolute 375; accidentaliter 204 n.; collective, distributive 522 n.;
coniunctim, divisim 519; de subiecto 57, 61 n.; ‘esse’ confuse, determinate 210
n.; in adiacentia 61 n., 204; in essentia 61 n.; principaliter, per accidens
204 n.; secundum adiacentiam 61 n.; p. solam formam 92 n.; p. tertium adiacens
213 n., 230; v. appellare, modus, praedicatum, subicere Praedicatio 486, 503 n.
(v. vis); vp poso pd 664 p. denominativa, univoca, aequivoca 65 n.; p. directa
442 n.; p. per accidens atque impropria
204 n.; p. secundum accidens 57 Praedicativum, v. praedicativus Praedicativus,
v. propositio; praedicativum 230 n. Praedicatum 66 n., 68 w., 91, 92 n, p.
ampliativum 107; p. appellat suam formam, def. 115; inoltre 98, 100, 101, 103,
104 n., 109 n., 110 n. (v. appellare); p. simplex 548; p. sub propria
forma praedicare 101 n.; a parte
praedicati 83, 95 n., 106, 107, 166 n., 228, 229 n., 230 n, ex parte praedicati
84 n., 90 n., 91, 155; talia sunt subiecta qualia permittun- tur ab eorum
praedicata 68 n.; v. appositio, appositus, cohaerentia, continuitas,
determinare, determi. natio, extremitas, extremum, for- ma, inhaerentia, modus,
proposi- tio, qualitas, subiectum, terminus Praedicatus 151 x., 343, 517; v.
dic- tio, modus Praeiacens, def. 425 n.; inoltre 421 n., 423, 425 Praemissa 42
n., 43 n., 186 n., 435 n., 439, 457, 485, 602, 611; praemissae mere singulares
442 n.; v. maior, minor, tpotaotg Praeponere 523 n., 533 n., 557 n. Praepositio
48 n., 227 n., 453 n., 454 n.; v. officium Praeteritio 177 n. Primum-ultimum
427 Principium materiale-formale 395 n. Prius-posterius 395 n.; v. notus, pro-
bare, probatio Privatio 331, 416; p. possibilitatis 331 n. Privativus, v.
terminus Probabile, v. probabilis Probabilis 586 (v. argumentum, pro- positio,
terminus); probabile 177 n., 398, 399, 400 n., 402 n., 463, 482, 558 n. (v.
cer- tificabile, declarabile, disputare, improbabile, persuasibile, #vSotov)
Probabilitas 398 n. Indice dei termini latini Probare 229 n., 273 n., 276, 290,
p.=ostendere veritatem propositionis 401; probari vel verificari 560 n. (v. ve-
rificare); p. quadrupliciter: a priori, a poste riori, ex opposito et ab aequo
409; . quadrupliciter: a priori, a poste- riori, aeque, indirecte 412 n.; p. ab
aeque 412 n.; p. ab aequo 409; p. ex aequo 430; p. a posteriori 409, 410 n.,
412 n., 430, 444 n.; p. a posteriori inferiori 444 n.; a posteriori totaliter
separato 444 n.; . a priori 409, 410 n., 412 w., 430; . copulative 482; .
descriptibiliter 482, 577; explicative 593; exponendo 464 n.; exponibiliter
482, 593; . expositive 593; . expositorie 410, 430; . indirecte 412 n.; . indirecte
ex opposito 409; . ex opposito 410 n., 430; . per oppositum 553 n.; uo) vo
vtvvvIvvdUvvv 665 p. inductive 493; p. inductive per sua singularia 411 n; p.
inductive per suas singulares 410 n.; p. per inductionem 493; p. per singulares
482 n.; p. modaliter 368 7.; p. officialiter
(officiabiliter) 369, 382, 383, 389 n., 464, 465, 482, 559 n., 565 n.,
577, 588 n., 593; p. resolubiliter 389 n., 447 n., 464, 482; p. resolutorie
448, 450; p. resolvendo 464 n.; p. per causas veritatis 482 n.; p. per
contradictorium 481 n., 482 n; p. per convertibile magis notum 409; p. per
definitionem 409; ordo probandi 373 n.; v. exponere, describere, officiare,
modus, propositio, resolvere Probatio p. vel inductio 275 n.; p. ab aeque 412
n.; p. ex aequo 430, 444; p. a destructione consequentis 485; p. a posteriori
411, 443, 444; p. a posteriori inferiori 444; p. a posteriori totaliter
separato 444; 666 . a priori 411, 444; . descriptibilis 598; . disiunctive 483
n.; . indirecta 412 n., 444; indirecta ex opposito 412 n.; . officialis 590 n.,
598; . officialiter 413 n., 494 n., 588; p. per causas veritatis 423 n., 471,
472, 479, 481 n., 483 n;; Pp. per contradictorium 485, 487; p. per habitudinem
praedicabilium 412 n., 456; p. per inferiora 436; p. per singulares 429 n.; p.
propositionis 20, 40, 44, 45, 234, 271, 368, 373, 374, 393, 401, 403 n., 409
n., 427, 543, 544, 554, 557 n.; p. resolutorie 448; p. sufficiens 438 n.; v.
descriptio, expositio, officiatio, resolutio, propositio, &méSewtrc
Proferre 505 n., 528 n., 532 n.; p. continue, discontinue 167 n.; p.
simpliciter, cum modo 330; v. modus, vox Prolatio 297 n., 527, 528 n., 530,
531, 532; p. continua, discontinua 532 n.; p. continua et composita, disconti-
nua et divisa 535 n.; una continua p.-plures
prolationes 528 n. Proloquium 125 n. Pronomen 48 n., 49 n., 72 n., 90
n., 104 n., 157, 165, 203 n., 289 n, 405 n., 441 n., 443 n., 454 fia 588; p.
demonstrans 52 n., 99, 101 n., 109 n., 110 n., 115, 132 n., 219 n., 360, 366
n.; dv'Uvvvovu Indice dei termini latini p. demonstrativum 246 #., 274 n., 289
n., 314 n., 363 n., 404, 438 n., 441 n., 442 n., 448, 449 n, 450 n., 453 n.,
563 (v. demon- strativum); p. demonstrativum in singulari: nu- mero 404 n.; p. demonstrativum
pluralis numeri 406 n.; p. inferius 404; p. relativum 223 n., 434 n., 447 n,
453 n. (v. relativum, antecedens, referens) Pronuntiare 331 n., 527, 528 n.
Pronuntiatio, def. 527 n.; inoltre 530 Pronuntiatum 125 n.
Propinquissimum-remotissimum 428 Propositio, def. 490 n.; inoltre 52 n., p.
adversativa 330 n.; p. categorica (v. categorica, extremum); p. categorica de
copulato extremo 278 n.; p. categorica de copulato subiecto vel praedicato 196
n.; p. categorica de disiuncto extremo 260; p. categorica de disiuncto subiecto
180 n., 186 n.; p. categoria: aliqua de inesse, aliqua de modo 378; p.
comparativa 330 n.; 667 p. composita 329 n., 364 n., 366 n., 380, 426 n., 446,
447 n., 505, 534 n., 593, 596 n.; p. conditionalis 292 n., 329 n., 376- 378,
381, 495 n., 498 n.; p. congrua 415 n.; p. contingens 335, 364 n.; p. contradictoria
356 n., 476 n.; p. copulativa (v. acceptio, co- pulativa); p. aequivalens uni
copulativae 250 n; p. cum modo 331 #., 337; p. cum subiecto infinito 441 n.; p.
demonstrativa 439, 481 n. (v. de- monstrativa); p. demonstrativa sive immediata
407 n.; p. descendens 235, 238, 239; p. descensa 235, 237, 238, 239; p.
descripta 470; p. descriptibilis, def. 469, 470 n. 471; inoltre 440 n., 470; p.
disiunctiva 236 n., 246 n., 260, 267 n., 273 n., 423 n., 473 n, 475 n., 481 n.,
482, 486, 495 n., 499 n., 538 n., 570 n. (v. disiune- tiva, descendere); p.
divisa 179 n., 180 n., 366 n, 380, 539 n., 593, 596 n.; p. exceptiva 264 n.,
283 n., 403 n., 418, 421 n., 423, 424 n., 425, 427, 429, 431, 473 n., 478 n,
480 n., 486 (v. exceptiva); p. exclusiva 248, 249 n., 267 n. . (v. exclu-
siva); . expletiva 330 #.; . explicanda 593; . exponenda 464 n.; . exponibilis,
def. 414; inoltre 402 n., 414, 416, 418, 420, 421, 440, 472, 477 n., 479 n.,
553 n., 569 (v. exponibilis); p. exposita 418, 428, 440 n. (v. exposita,
expositum); p. hypothetica 129 w., 186 n., 196 n., 329 n., 418, 425 n., 495 n.,
522 n, 538 n., 539 n., 553 n; p. hypothetica copulativa-disiunctiva 522 n.; p.
hypothetica conditionalis-disiunc- ta 522 n.; p. hypothetica de disiuncto
subiecto 179 n., 180 n,; p. immediata 397 n., 406 n., 409, 410 n., 438, 582 n.;
p. immediata a posteriori 405 #n.; p. immediata a priori 405 n.; implicans 420;
. implicita 420; . impossibilis 335, 382 n.; incongrua 415 n., 434 n., 465;
indefinita 271 n., 272 n., 356 n., 362, 363 n., 366 n., 441 n., 447 n., 448 n.,
449 n., 450 n., 496 n. (v. indefinita); p. mediata 402 n., 449 n., 482 n.; p.
mentalis 373 n., 394 n.; p. modalis, def. 333, 351 n.; -p. modalis large,
stricte, strictissime 333 n.; -p. modalis large, stricte 358; inoltre 44, 45,
173 n., 323, 332, 334, 345 n., 346, 348 n., lie Mo Mao Mu] PPP Indice dei
termini latini 351, 353 n., 354, 355 n., 358 n., 359 n., 362, 363 n., 373 n.,
553 n., 581 n., 594 n. (v. determi- natio, inhaerentia, modalis, mo- dus); p.
modalis modo adverbiali, nomi- nali, verbali 359 n.; p. modalis composita 363
n., 365 n., 366 n. (v. qualitas); p. modalis cum determinatione 375; p. modalis
cum determinatione in- trasumpta 376; p. modalis de dicto, de re 344 n., 348,
384: p. multiplex 493 n., 496 n., 497 n.; p. necessaria, def. 381 n.; inoltre
335, 347 n., 360, 363 n., 378, 381 n., 382 n., 464 n.; p. officialis, def. 462
n., 466; inol- tre 440 n., 455, 456, 459, 462, 552 n., 556 n., 557 n., 589 (v.
officialis); p. officianda 462 n., 590, 593; p. officians 456, 459, 460, 461 n.
(v. officiata, officiatum); p. particularis 271 n., 272 n., 285 n., 356 n.,
362, 441 n., 442 n., 444 n, 447 n., 448 n., 450 n., 492 n, 495 n., 496 n. (v.
particularis); p. possibilis 335, 381 n., 461 n.; p. praedicativa 329 x., 331
n., 376; p. probabilis 403 w., 405 n., 446, 455, 567; p. probabilis a primo
termino 402 n.; p. probabilis per causas veritatis, def. 482; inoltre 472; p.
probabilis per oppositum 456 n.; p. probata 456, 470; p. probata resolutorie
vel officiali- ter 440 n.; Indice dei termini latini p. proposita resolutorie
vel officia- liter 440 n.; p. reduplicativa 418 n., 423, 425 n., 427, 431, 473
n. (v. reduplica- tiva); p. resolvenda 446 (v. resolvenda); p. resolvens 446
(v. resolvens); p. resolubilis 440, 449, 450 n., 553 n., 557 n., 593; p.
resoluta 440 x., 446, 447 n. (v. resoluta, resolutum); p. simplex 329 x., 330,
331 n., 341, 342 n., 420; p. simplex de inesse 371 n.; p. simplex et singularis
numeri 479 n.; p. singularis 264 n., 271 n., 275, 349 n., 356 n., 361, 362, 363
n., 366 n., 429 n., 438 n., 444 n, 447 n., 448 n., 495 n., 496 n; p. singularis
de subiecto conditio- nato 282; . subalterna 430; subcontraria 356 n.; .
substitutiva 329 n.; temporalis 495 n.; . universalis 228, 267 n., 270 n., 275
n., 280 n., 283 n., 285 n, 349 n., 356 n., 361 n., 362, 363 n., 369, 373 n.,
428 n., 430 n, 454 n., 492 n., 493, 552 n. (v. universalis); p. de copulato
extremo 256, 263, 267, 278 n., 495, 496; p. de desinit 426 n.; p. de dicto 344,
351, 382, 383; p. de disiuncto extremo 176 n., 238 n., 267 n., 495 n., 496 n,
538 n., 596; p. de disiuncto praedicato 519; p. de disiuncto subiecto 186; vo
669 p. de impossibili 464 n.: p. de incipit 426 n.; p. de incipit et desinit
426 n., 479 n., 480 (v. incipere); p. de inesse 324, 334, 335, 338, 339 n.,
340, 341, 342, 345, 346, 348, 351, 352, 354, 355, 356, 357 n., 358, 359 n.,
360-362, 363 n., 364- 366, 376, 387, 389, 464 n., 559, 583, 584, 595 (v.
significato); p. de inesse seu de simplici inhae- rentia 365 n.; p. de
inhaerentia modificata 365; p. de modo 173, 337, 349, 355 n., 356 n., 361, 378;
p. de modo sive modalis 357; p. de necessario 378 w., 381, 382 n., 464 n.; p.
de necessario conditionali 378; p. de necessario quando 378; p. de necessario
simpliciter 378; p. de necessario simpliciter pro sem- per 378; p. de
necessario ut nunc 378; p. de possibili 381 n.; p. de re 340 n., 351, 383; p.
de sensu 340 n., 341, 344; p. de sensu composito 355 n. (v. quantitas); p. de
sensu diviso 355 n., 357 n.; p. de subiecto recto, de subiecto obliquo 354 n.;
p. in sensu compositionis 359; p. in sensu composito 355 n., 356 n.; p. in
sensu divisionis 359; p. in sensu diviso 355 n.; p. magis nota 410 n.; p. per
se nota 398 w.; p. secundum compositionem et di- visionem 359; v. connotare,
dictum, extremitas, ex- 670 tremum, falsum, forma, formale, improbare, maximae,
nomen, op- positum, oratio, probare, proba- tio, resolutio, sensus,
significatum, subiectum, sumptum, supponere, veritas, TpéTtaote Proprietas 218
n., 453 #.; proprietates accidentales, substantia- les 209 n.; p.
incommunicabilis 53; p. dictionis 452, 529 n.; p. sermonis 181; p. termini 599
n.; proprietates terminorum 18, 19, 38, 39, 44, 152, 267; p. simplicis,
compositi, decompositi 502 n.; v. appellatio, connotare, connotatio, suppositio
Punctuare 530 n., 532 Punctuatio 527, 528 n., 530, 532 n., 538 n. Quaestio,
def. 400; inoltre 56 n., 386, 485 Quale 56, 57, 414 n.; q. aliquid 73 n., 450
(»v. hoc ali quid, significare, rowév tu) Qualitas 50 n., 52 n., 53 7., 54, 57,
79 n., 80, 82, 83 n., 84 n., 166 n, 199, 200; . singularis-communicata 53 n.; .
substantiae 71 n.; « nominis adiectivi 165 n.; . praedicati 343 n.; q.
(propositionis) 353 n., 354 n., 371 n., 613, 620; q.=affirmatio et negatio 264
n.; q. propositionum 42 n.; q. propositionum modalium compo- sitarum 363 n.; sQ
QI Indice dei termini latini v. adverbium, connotare, determina- re, modus,
nomen, praedicamen- tum, significare, substantia, rrové- Tae Quando 260 n.
Quantitas 293 n.; q. continua, discreta 211 n.; q. (propositionis) 265 n., 354
n., 361, 363 n., 366, 373 n., 613, 620; q. modalium 362; q. propositionum de
modo in sensu composito 356 n.; v. adverbium, praedicamentum Quantum 414 n.
Quia, v. demonstratio Quid nominis 425 n., 428 n., 596 n., 597 n., 599 n.; ».
definitio Quidditative, v. inferior Quo est, v. forma, quod est Quod: -q.
coniunctionaliter 463, 464; q. coniunctive 465; q. nominaliter 436, 464; q.
relative 465 Quod est-quo est 53, 81; v. si- gnificare Ratio rationes vel
conceptus 108 n.; r. cavillatoria et sophistica 541 n.; r. communis 261 n.,
592; r. determinata 114 n.; r. finita et determinata 229 n.; r. propria 261 n.;
non est differentia inter significa tum et rationem propriam 119; Indice dei
termini latini r. rerum 218 n.; v. appellare, appellatio, forma, lo- gica, nota
Rationalis, v. consequentia Reales 298 n. Rectitudo 347 x. Rectus (casus) 45,
177 n., 279, 287 n., 4A1 n., 442 n.,, 450, 547 n, 565 n.; v. subiectum, verbum
Reducere 506 n. Reductio 396 n., 449 n Reduplicatio 425 n., 475 n., 481 n.; v.
nota Reduplicativa (prop.) 432 n., 475 n., 478 n., 481 n.; v. propositio
Reduplicativus, v. dictio, signum Referens 289 n.; v. pronomen, re- lativum
Relatio 435 n.; r. implicativa 550 n.; v. praedicamentum Relativum r. non
confusum 447 n.; r. implicativum 594; r. diversitatis 259, 265 n.; r.
identitatis 265, 293; v. pronomen, referens Relativus, v. nomen, suppositio,
ter- minus Remissio 145 n., 542 n.; v. intensio, intentio Remississimum, v.
intensissimum Remotissimum, v. propinquissimum Repugnans, v. terminus Res: -r.
appellata 93 n., 97, 105 n.; r. existens 132 n. (v. significare); r.
praedicabilis 211; 671 r. significata 60 n., 111 n, 117, 195 n., 349, 453 n.;
r. subiecta 205 #., 344 n.; v. appellare, appellatio, compositio,
conditionalis, definitio, dicere, exponere, expositio, minor, mo- dalis, modus,
nomen, oratio, pro- positio, ratio, sensus, significatio, suppositio, tenere,
universale, vox Resolubile, v. resolubilis Resolubilis 448; resolubilia 402 #.;
v. propositio, terminus, verbum Resolubiliter 369; v. probare, stare, sumere,
tenere Resoluta (prop.) 440 n., 447 n.; v. propositio, resolutum Resolutio r.
propositionis 396 n., 441 n.; r. syllogismi 396 n.; r. verborum ad substantiva
407 n., 436; r. per duo demonstrativa 441; via resolutionis 396 n.; v. forma
Resolutorie, v. inferre, probare, pro- batio, propositio Resolutorius 395 7.,
442, 448; v. adverbium, modus, scientia, syl- logismus, &vaXvtixde
Resolutum 440 #. Resolvenda (prop.) 447 n., 448 n.; v. propositio, resolvere
Resolvens : (resolventes) 440 #n., 447 n.; v. propositio, resolvere 672
Resolvere r. verbum 446 n.; r. per duo demonstrativa 464 n.; v. ars, probare,
SuaX.xdew Respondens 452 n. Restricte, v. stare Restrictus, v. suppositio,
terminus Restrictio, def. inoltre maturalis, def. 164 n.; . simplex o naturalis
164; . usualis, def. 164 n.; . ampliationis 599 n.; . termini=coartatio termini
164 n. (v. coartatio) Restrictivam-restringens 184 Restringentes 164 n.
Restringere, def. 164 n.; inoltre r. appellationem 86 n.; v. restrictivum
Restringibilis 184 n.; v. terminus Rhetor 398 n. muonmo Indice dei termini
latini Scientia: -s. demonstrativa 397 #.; s. resolutoria 395 n.; s.
sermocinalis 41; s. inveniendi 395 n.; s. iudicandi 395 n.; v. dialectica,
logica Sensus 195 n., 340, 489, 490, 491, 492, 493 n., 494498, 532 n. 538 n.,
541 n., 544, 550 n., 558 n., 575 n., 581 n., 598 n.; sensus significati
disiunctive 477; diversi sensus 340; integrus s. propositionis 340; sensus
pertinentes 598 n.; de sensu 340, 341, 342 n., 344 (v. exponere, modalis,
propositio); de sensu, de rebus 544 7.; de sensu propositionis 342 n.; in sensu
341 (v. modalis, modus); secundum sensum 339, 341; s. compositionis 353 n.,
507, 524, 525 n., 529 n., 535 n., 538 n, 539 n., 555 n. (v. accipere, pro-
positio); s. per compositionem 512; s. compositus (v. locutio, modalis, propo-
sitio, sumere); Indice dei termini latini s. divisionis 353 n., 507, 524, 525
n.,:529 n., 532 n., 538 n., 555 n. (v. propositio); s. per divisionem 512; s.
divisus (v. locutio, modalis, propositio) Sententia 125 n., 130 n. Separare 515
n., 539 n. Sequi 571, 575 ; s. a priori 447 n.; s. finaliter 370 n., 372, 463,
552 n., 603, 618; s. immediate 258; s. mediate 252, 370 n.; s. totaliter 371,
556 n.; v. terminus Sermo 48 n., 198 n., 218 #., 229 n., 230 n., 393 n., 394
n., 399, 452, 453 n., 468, 500 n.; s. compositus vel divisus 167 n.; s. de
dicto, de re 517 n.; in sermonibus 514; v. compositio, proprietas, virtus
Sermocinalis 452; v. scientia Signatum 97 n.; v. signum Significabile 390, 391;
s. complexe 390, 391, 595 n. Significare, def. 66 n.; -s. multipliciter
accipitur 131 n.; -s. dividitur in 4 n UI W 673 supponere et copulare 207 n.;
inoltre 6adaequate 120 n., 121 n., 372 n., 461, 490 n., 583, 584; . ad placitum
402 n.; . adverbialiter, nominaliter 348 n.; . confuse 223 n. (v. dictio); .
copulative 477, 478, 479 n., 489 n., 490 n., 491 n., 492 n-496 n, 497 n., 498
n; . copulative sive disiunctive 207; . disiunctive 177 n., 477, 478, 480 n.,
489 n., 490 n., 492 n, 494 n-496 n., 497 n., 498 n.; . diffuse 222 n.; . divise
507 n.; . personaliter pro persona vel sim- pliciter pro natura 67 n.; 674 .
praesentialiter 87 n.; s. praecise praecise primarie 506 n., 611; . primarie
410 n., 444 n., 460, 470 n., 490 n., 491 n., 556 n.; . primario 65; . primo 65;
. primo et principaliter 506 n.; . principaliter 60, 66 n., 141 n., 206, 412
n., 490 n.; . primo loco, secundo loco 60 n.; . secundarie 69 n., 491 n.; .
secundario 65, 101 n., 141 n. (v. connotarte); . qualitercumque 471 w., 475 n.;
. syncategorematice 569; . cum tempore 181 n., 214, 504 n.; . sine tempore 96;
. ex forma adiacente 59 n.; . per modum copulationis aut per modum disiunctionis
485; . per se, per aliud 57, 58; . per se et ut unum 56, 57; . ut unum 57; .
accidens 80, 82 n., 206; actus mentales 277; . aliquid, scilicet universale 72
n.; . essentiam 67 n., 83, 84 n.; formam 81 n., 90 n., 92 #.; . formam
adiacentem 59 n.; . fotrmam substantialem vel acci- dentalem primarie 68 n.; .
formam et suppositum 68 n.; . hoc aliquid 51, 72 n., 103 n, 209 n.; . idem 143,
205 n.; . id quod est 81 n.; . quo est et id quod est 81 n.; Indice dei termini
latini s. intelligibile 79 n.; s. naturam communem habentem supposita 100; s.
purum esse 331 n.; s. quale aliquid 51, 73 n., 133 n., 209 n.; s. qualitatem,
def. 83; inoltre 51, 69 n., 80, 83, 84, 85 n., 209 n.; s. qualitatem finite,
substantiam infi- nite 208 n.; s. qualitatem principaliter, subiectum
secundario 60, 85 n.; s. qualitatem propriam, qualitatem communem 79 n.; s. rem
existentem 90 n.; s. res diversorum praedicamento- rum 60; s. significatum 114,
119; s. significatum formale 115, 116; s. significatum secundum determina- tam
rationem 113 n.; s. substantiam 51, 69 n., 79, 80, 83, 84 n., 85 n, 90 n;j .
substantiam confuse 222 n.; . substantias praecise 52 n.; . substantiam
principaliter 66 n.; . substantiam secundario 80; . substantiam cum qualitate
53; . substantiam et qualitatem 50 n., 53, 84; s. modo substantiae 81, 82; s.
tempus 141 n., 571; s. tempus confusum, determinatum 209 n.; res significata 60
n., 111 n., 117, 195 n., 349, 453 n.; v. copulare, dictio, imponere, insti-
tutio, modus, suppositum, verbum, virtus, vox, ompotvev Significatio, def. 92
n.; inoltre 17, 58, 60 n., 61, 66 in., 67 n., 68, pIHLUVLW adaequata 490 n.; .
distincta 121 n.; . determinata 230 n.; . finita et determinata 226 n.; .
finita 226 n., 230 n.; . formalis 116; prima 61 n.; . primaria 69 n., 140, 490
n.; . principalis 60, 140 n., 142 n. 147 n., 154, 206, 208, 490 n.; s. propria
202 n.; secundaria 60 n., 140, 142 n. (v. consignificatio); . totalis 490 n.; .
dictionis 485; . intellectus 70; . propositionum de inesse 346 n.; . rei 70,
218 n.; . vocis 93 n., 218 n.; . per se 58 n.; secundum significationem 61 n.;
res cum propria significatione co- niuncta 218 n.; v. appellare, praecedere,
vis Significative, v. stare, sumere Significativus, v. dictio, incomple- xum,
nomen, terminus, vox Significatum 52 n., 54, 64, 68 n., 80, nYLLOL UV Ww v ILLY
VW s. duplex, materiale et formale 111; s. formale, def. 111 n.; inoltre 112
n., 116, 120 (v. appellare, appellatio); s. materiale, def. 111 n.; inoltre
112, 116; s. duplex, primarium et secundarium 69 n.; s. primarium 68 w., 69 n.,
382 n, 409, 444 n., 470, 471 n., 553 n; s. secundarium 69 x.; s. adaequatum 120
#., 121 n., 470, 471, 565 n; . non ultimatum 220 n., 269; . principale 65 n.,
159 n.; . speciale 195 x.; . totale 120 n., 121 n.; . dicti 371 n.; .
propositionis 125, 126 n., 127 n., 382 n., 490 n.; s. termini 92 n.; s.
primarium termini, def. 68 n.; s. primarium termini concreti acci- dentalis 69
n.; significata officialia 454 n.; v. dictum, forma, ratio, significare,
supponere, terminus Signum 64 n., 69 n., 70, 97 n, 120 n., 132 n., 136, 161,
198, 211 n., 229 n., 242, 243 n., 246 n., 270 n., 291 n., 295 n., 318, 363 n.,
409, 416, 430 n., 443 n, 453 n., 471, 575; s. aequivalens orationi 291 n.;
signa affirmativa 230 n.; naVLWAW 676 signa collectiva 424; s. confundens 177 n.,
302; s. confusivum 569, 570; s. distributivam 211 n., 214 n, 230 n., 242, 252,
264 n., 271 n, 277, 287 n., 304; s. exceptivum 270 n., 416 n; signa exclusiva
416; signa modalia 552 n.; signa negativa 291 n., 295 n., 302; s. particulare
243 n., 363 n.; signa reduplicativa 416; s. universale s. universale
affirmativum (v. vis); signa universalia affirmativa aequiva- Jlentia
orationibus 291 n.; universale distributivum 283 n.; universale negativum 284
n., 455; alietatis 424; materialitatis 296, 383 n.; . demonstratio, li,
signatum, sup- positio Simplicitas 502 n. Singularis 366 n., 373 n., 401 n,,
450 n.; v. dictum, modalis, prae- missa, probare, probatio, proposi- tio,
qualitas, subiectum, suppositio, terminus Singulare 42 n., 101 n., 133 n, 219
n., 220 n., 246, 271-273, 275, 289, 369, 370 n., 428, 429 n., 432 n., 460, 477,
485, 493, 552 n.; singularia sufficienterenumerata 275 n.; v. constantia,
descendere, descensus, inductio, probare Solutio, v. argumentum aeouo% Indice
dei termini latini Sophisma 19, 74, 403 n., 431, 484 #., 525 n., 548 n.; s.
compositionis 513, 514 n., 515 n., 525 n.; s. divisionis 513, 525 n.
Sophistaria 573 Sophisticus, v. duplicitas, locus, oratio, ratio Stare: -s.
ampliative 190 n., 572 n.; s. categorematice 228, 229 m., 576; . collective,
divisive 569; . communiter, discrete 192; . confuse 283 n., 284 n., 287 n.; .
confuse et distributive 249, 266 n., 270 n., 275 n., 284 n., 285 n, 286 n., 287
n.; s. confuse distributive mobiliter 284 n.; s. confuse et distributive vel
immo- biliter 275 n.; s. confuse tantum 245, 271 n. 276 n., 278 n., 283 n.285
n, 286 n., 287 n., 292 n., 293 n, 294 n., 459 n., 541 n., 546 n., 561 n., 566
n., 569, 575, 617; s. confuse tantum immobiliter 567 n.; s. confuse tantum vel
immobiliter 566 n.; s. confuse tantum mobiliter 303 n.; s. determinate 268, 283
n., 284 xn., 286 n., 292 n., 553 n., 566 n, 569, 576, 617; s. determinate vel
mobiliter 566 n.; s. discrete 553 n.; s. distributive s. exponibiliter 465 n.;
s. immobiliter 243 n., 249, 266, 276 n.; s. materialiter 228, 289 n., 367 n.;
s. mobiliter 240, 241 n., 249, 266; AV Ww Indice dei termini latini .
officialiter 463; . personaliter 457 n.; . resolubiliter 463; . restricte 182;
. significative 367 n.; . simpliciter 457 n.; s. syncategorematice 228, 547 n.,
576 Status, def. 178, 183 n.; imoltre 178, 180, 184 Stoici 48 n., 49 n., 225 n.
Subalternus, v. conditio, propositio Subcontrarius, v. conditio, propositio
Subicere 94 n., 102 n., 241 n., 346, 347 n., 348 n., 349 n., 351,352 n, 354 n.,
356 n., 361, 373 n., 442 n., 448, 534 n.5 dictum s. pro se, pro parte dicti 351
n; res subiecta 205 x., 344 n.; simul coniunctim s. vel praedicare 539 n.
Subiectio 77 Subiectum compositum vel simplex 430 n.; . simplex 548; .
singulare 349 n.; . singulare substantiaie 479; . aggregatum ex recto et
obliquo 287 n.; s. attributionis 354; s. distributionis 579 n.; duplex s., s.
enuntiabilis et s. pro- positionis 349 n.; s. locutionis 354; s. verbi 405 n.;
a parte subiecti 84, 95 n., 106, 107 n., 108, 176 n., 227, 228, 229 n., 230 n.,
233 n., 247, 255 n., 266, 283, 284 n., 287 n., 344, 352, 355, 356 n., 442 n,
524 n., 545, 547, 549, 550 n, 568 n., 570 n., 572 n., 577, 579 n.; a parte subiecti
vel praedicati 176 n.; ex parte subiecti 90 n., 91, 155, 157, 362, 524; dici de
subiecto, esse in subiecto 61 n.; esse in subiecto 207 n.; de subiecto (in eo
quod quid) 55; in subiecto 55; v. cohaerentia, constantia, continui tas,
determinare, determinatio, extremitas, extremum, forma, fun- damentum,
inhaerentia, nomen, praedicare, praedicatum, proposi- tio, significare,
suppositio, ter- minus nonna 678 Subiectus 151 #., 343, 517; ». dictio, modus,
oratio, terminus Subsequi 559, 581 n.; s. finaliter 552 n., 553, 555 n., 556,
557 n., 574, 581, 602, 610; v. sequi Substantia 50 n., 53, 54 n., 56, 57,
80-82, 83 n., 84 n., 91, 92 n, 198 n., 208 n., 222 n., 501, 503 n.; s. an
qualitas 56; s. et qualitas 53, 56, 79, 88 n.; s. prima 51, 71 n.; s. secunda
51, 52 x., 71 n.; s. vocis 516; v. appellare, definitio, determinare,
discretio, nomen, nominare, predi- camentum, qualitas, significare
Substantialis, v. concretum, differen- tia, proprietas, subiectum, ter- minus
Substantiatio 212 Substantivatum 207 x.; v. adiectivum Substantivum 90 n., 175
n., 191 »., 211 n., 259, 320, 434, 467, 533 n.; v. nomen, vis Substantivus, v.
dictio, terminus, verbum Sufficientia, v. appellatio, appellatum, suppositum
Sumere: -s. adverbialiter 303 n., 559, 594 n.; s. categorematice 229 n., 547
n., 550 n.; s. categorice 0 syncategorice et mo- daliter 464 n.; s.
distributive 290; s. impersonaliter 557 n., 565, 574, 582 n.; s. materialiter
356 n.; s. nominaliter 303 n., 559; s. officialiter 0 resolubiliter 463; Indice
dei termini latini s. personaliter 557 n., 565, 582 n.; s. significative 52 n.,
105, 227 n., 356 n., 363 n.; s. syncategorematice 287 n., 547 n., 550 n.; .
verbaliter 559; . in propria forma 366 n.; . in sensu composito 359 n., 403 n.;
modus, sumptum, superlativus, terminus Summa 33, 39 Summulae 18, 19, 23, 24,
25, 38, 86, 88 n., 93, 132, 206, 210, 540 Sumptum v. nomen, propositio Superior
v. modus, superius, terminus Superius Superlativus s. gradus
comparabilitersumptus Supponibilis
(terminus demonstrati- vus) 450 Supponere, def. inoltre covw YU svInysaw .
absolute 390; . ampliative 185 n.; . copulative, disiunctive 177 n.; . confuse
et distributive confuse et distributive immobiliter 254, 283 n.; . confuse
mobiliter et distributive 233 n.; . mobiliter, id est confuse distri- butive
272; . confuse tantum simpliciter confuse tantum 272; . confuse tantum vel
immobiliter 274 n.; . determinate 248, 250 n., 268 n., 272 n., 273 n., 290, 474
n.; . discrete 273 n.; . distributive 191 n., 275, 291 n.; immobiliter 241 n.,
242 n., 276 n.; . materialiter materialiter et simpliciter 286 n.; . mobiliter s.
personaliter 220 n., 273 n., 299 n., 371 n.; s. principaliter 67 n.; s.
simpliciter 220 n., 371 n.; s. pro praesentibus 92; s. pro propositione 356 n.,
363 n.; s. pro se 52 1.; dictum s. pro se, pro parte dicti 351; s. pro se, pro
significato 52 n.; v. modus, significare, suppositum, terminus Suppositio, def.
87 n., 94 n., 210, 218 n., 219 n., 287, 295; -s. quasi pro alio positio 219 n.;
-s. accipitur dupliciter 98; -s. = proprietas subiecti 103; izoltre; s.
absoluta s. accidentalis, def. 158 n.; inoltre 158, 170, 180 n., 309; .
actualis 158; . aequa, inaequa 312; . coartata 88 n., 161 n.; . communis, def.
255, 271; inoltre s. comparata 307; vv 680 s. confusa, def. 224, 244, 247 n.,
268, 298; inoltre s. confusa necessitate signi vel modi, necessitate rei 233
n.; s. confusa distributiva, def. inoltre s. confusa distributiva immobilis,
def. 256, 282, 301; inoltre s. confusa distributiva mobilis, def. inoltre s.
confusa mobilis-immobilis 234; s. confusa tantum, def. inoltre s. non
distributiva sive confusa tan- tum 258, 259, 309; s. simpliciter confusa tantum
273, 312; s. confusa tantum immobilis, def. 300; inoltre 300, 316, 317; s.
confusa tantum mobilis, def. 299; inoltre 300, 316, 317; s. determinata, def.
220 n., 281 n.; inoltre 262 n., 277, 281, 284 n., a Uan Ww UYU % discreta distincta
distributa, def. imoltre formalis, def. 219 n.; -s. formalis duplex 219 n.;
inoltre 103 n., 219 n., 307, 308, 312; . generalis 307; . habitualis 158; .
impropria 306-309, 312; . indeterminata, def. 221; . materialis, def. 296;
inoltre 81, 219 n., 262 n., 269 n., 289 n,, 298 n., 306-308, 310, 311, 312,
314, 316, 317, 363 n., 418 n.; . impersonalis et materialis 309; . materialis
vel simplex 313; . naturalis, def. 158 n.; inoltre personalis, def. 220 n.,
296, 298 n.; inoltre propria proprie dicta, communiter dicta 212; . relativa
253 n., 309; . relativa = s. respectiva 253 n.; . respectiva 158, 253, 307; .
restricta 170; . simplex, def. inoltre simpliciter dicta 298 n.; Indice dei
termini latini s. singularis, def. 271; inoltre 271, 312; s. specialis 307; s.
universalis 312; s. variata 77; s. secundum actum, secundum habi- tum 91, 210
n.; mutare suppositionem 276; recipere suppositionem 241 #.; v. modus,
necessitas Suppositum s. actuale, habituale 100, 101 n.; s. in significando
tantum, def. 236 n.; s. in supponendo tantum, def. 236 n.; inoltre 235; s. in
supponendo et significando si- mul, def. 236 n.; s. per se, per accidens 246
n.; s. praesens 88, 100 (v. appellatum); pluralitas suppositorum 189 n.;
sufficientia suppositorum 274 n.; ex parte suppositi 160 n.; v. ampliatio,
appellatio, constantia, descendere, significare Syllogismus, def. 401 n.;
inoltre s. demonstrativus 449 n.; s. expositionis 437; 681 s. expositorius,
def. 438; inoltre s. expositorius vel demonstrativus 449 n.; s. immediatus,
def. 438 n.; s. irregularis 449 n.; s. mediatus 438 n.; s. resolutorius 407 n.,
441, 442 n., 443 n., 445, 446 n., 450; v. consequentia, figura, forma, mo- dus,
peiorem, resolutio Syllogizare 355 n. Synonymum, v. synonimus Synonymus 118 n.;
synonymum 62 w., 117 n.; v. nomen Syncategorema, def. 227; -s. est duplex 230;
inoltre s. aequivalens orationi 285 n.; s. affirmativum 285 n.; s. confundens
284 n., 287; s. distributivuam 279 n.; s. includens orationem 283 n.; s.
negativum 285 n.; v. oratio Tardissimum-velocissimum 427 Temporalis, v.
adverbium, necessitas, propositio, veritas Tempus: -t. confusum, determinatum
210 n.; t. consignificatum 362; v. ampliatio, appellatio, connotare,
connotatio, consignificare, consigni- 682 ficatio, copulare, differentia,
falla- cia, necessitas, significare Tenere: -t. categorematice 229 n., 547 n.,
561 n., 569; t. confuse 134 n., 150 n., 152 n,, 223, 224; . confuse et
distributive 233 n.; . copulative 268 n.; . copulative seu collective 268; .
demonstrative 405 n.; . disiunctive, non disiunctive 268 n.; . distributive 262
n.; . divisive 294 n.; . exponibiliter 372 n., 464 n.; . infinitive 319 n.; .
modaliter 390; . negative 319; . necessitate rei pro 233 #.; . nominaliter nominaliter
et non modaliter 465; . resolubiliter 445; . syncategorematice 229 n., 251, 561
n., 569 Terminare 394 n. Terminatio 452 n. Terministae 298 n. Terminus, def.
504 n.; -t. tripli- citer accipitur 227 n.; -trimem- bris divisio terminorum
408 #.; -termini seu modi atomo memteimetmtmemme mette Indice dei termini
latini . absolutus 67 n., 111 n., 404; . abstractus-concretus 66 n., 67 n. (v.
abstractum, concretum); . accidentalis 67 n., 160 n., 486, 549, 572 n.; .
adiectivus 164, 212 n.; . aequivalens orationi 267 n.; . aequivocus 196 n.,
485; . aggregatus 320, 506 n.; Indice dei termini latini t. ampliativus t.
appellativus 106 n., 113 n.; t. appositus 157, 504 n.; t. capax confusionis 302
n., 303 #.; t. comparativus 286 n.; t. complexus 121 n.; termini componibiles
407 #.; t. communis, def. 404 n.; -t. com- munis habet duplex significatum,
primarium et secundarium 68 n.; inoltre 88 n., 100 (v. appellatio, oratio,
verbum); t. communis distributus 422 n., 474 n.; t. communis non distributus
303 n., 304 n., 474 n.; t. communis non restrictus 136, 157, 166 n., 167 n.; t.
communis substantialis sive acci- dentalis 159 n., 160 n.; t. compositus termini
concernentes actum mentis 303, 455; t. confundens t. confundibilis 566, 575;
termini confundibiles et supponen- tes 291 n.; t. confusus 155 n., 223, 254,
261, 546 n., 596; È t. connotativus 111 n., 404, 425 n., 572 n., 586 n.; t.
connotativus dicitur habere du- plex significatum, materiale et for- male 111
n.; t. copulans 208 n., 211 #.; t. copulatus-disiunctus 121 n.; t.
demonstrativus (v. supponibilis); t. demonstrativus simplex 405 n.; t. non
simpliciter demonstrativus 119; t.
denominativus potest accipi dupliciter 64 n.; t. denominatus 67 n.; t.
determinabilis 547 n.; t. determinatus 261; t. non determinatus 373 n.; t.
discretus, def. 404 n.; inoltre 404, 406 n., 437 n., 445, 599 n.; termini
disparati 185; termini distrahentes 178, 290, 370 n., 460; t. distributus t.
divisus 504 w.; termini exceptivi 424, 427; termini exclusivi 427; t.
exponibilis, def. 427; inoltre t. illativus 442 n.; t. immediatus, def. 405,
582 n.; inoltre 403 n., 404, 405 n., 407 n., 443 n., 445, 557 n.; t. immediatus
a posteriori, def. 405 n.; t. immediatus a priori, def. 405 n.; t. impediens
290; t. impeditus 441 n.; termini impettinentes 567; t. implicitus 321; t.
includens negationem 265 w.; t. inclusus 285 n.; t. incomplexus 587, 598; t.
inferens 442 n.; t. inferior 274 x., 404 (v. inferior); t. infinitatus 270 n.;
t. infinitus 291 w., 419 n.; t. maior 55 n.; t. medius 445, 614; t. mediatus, def.
404, 582 n.; inoltre t. mediatus et communis t. mentalis 117 n., 394 n., 563; termini
mentales substantiales 117; t. minor 55 n.; t. mobilis 240; t. modalis, def.
580; inoltre (v. modus); termini modales exponibiles 557 n.; t. modalis captus
adverbialiter et exponibiliter 372 n.; termini negativi 277; termini non
negativi 459 n.; t. officialis (officiabilis), def. inoltre (v. officia lis); t. praedicabilis 101 n.; t.
praedicatus 94 n., 134 n.; t. privativus 291 n., 419 #.; primus terminus
probabilis 463 n., 553: fia, 297 hi t. relativus 253 n., 425 n., 546 1n., 576
n.; termini repugnantes 560; termini repugnantes per se, per ac- cidens 585; t.
resolubilis, def. 435, 443 n., 446; inoltre t. non restrictus 135 n., 157; t.
restringibilis 184; t. mediate sequens 251; t. significativus 179 n.; t.
simplex 320, 406 n., 562; t. singularis 90 n., 179 n., 241 n, 265 n., 404 (v.
appellatio); t. subiectus (v. subiectum); t. substantialis 67 n., 160 #., 571;
t. substantivus 106 n.; t. superior 235, 274 n., 436; t. supponens 288 n.; t.
suppositivus 448; t. syncategorematicus t. universalis 136, 211 n.; t. verbalis
549 n.; t. vocalis 109 n., 118 n., 220 n,; termini notiores 406; t. notior a
posteriori 446; t. notior a priori 446; t. per se notus 405 n., 407 n., 588;
termini omnino noti, medio modo noti, omnino ignoti 563; t. primae intentionis
466; t. secundae intentionis 286 n., 370 n., 371, 382 n., 460; t. secundae
intentionis vel impositionis t. secundae
impositionis 370 n., 460; t. aut sibi consimilis in forma 474; v. acceptio,
appellatio, compositio, copulàtio, copulatum, discretio, habitudo, intelligere,
materia, neces- sitas, notitia, propositio, proprie- tas, restrictio,
significatum, usus, Bpoc Transfiguratio, v. nomen Transsumptio 452 n., 521 n.
Ultimum, v. primum Univocatio, def. «tres species univocationis inoltre v.
fallacia Univocum 146 n. Universale, def. 221 n.; -u. est duplex 221 n.;
inoltre universalia in rebus ponere 60 n.; v. descendere, significare
Universalis (prop.) (v. propositio); u. multiplex 492, 494 n., 495 n.; u.
negativa subalternans 449 n. Usus: -u. loquendi 57, 490 n.; u. loquendi et
accipiendi terminos 569; communis u. loquendi 155; u, loquentium Valere de
forma Velocissimum, v. tardissimum Verbalis, v. dictum, modus, nomen Verbum,
def.; inoltre verba activa, passiva 262 n.; v. adiectivam v. adiectivum
resolubile 446 n.; verba ampliandi 95; v. ampliativum verba desiderativa 149;
v. distans 502 n.; verba impersonalia 341 n.; . infinitivam 535 n., 557 n.; .
infinitum 198 n., 291 n., 320; . modale 359 n.; . modificatum adverbio 343 n.;
verba nuncupativa 201; verba obligatoria 304 n.; v. obliquum 177 n., 352 n.;
verba optativa 149; v. principale 359 n., 423 n., 475 n., 529, 546 n., 547 n.,
561 n., 576; minus principale 529; privativum 259; rectum 177 n.; . resolubile
446 n., 448 n.; . restrictum 600 (v. connotatio); . substantivam 93 n., 116 n.,
199- 201, 202 n., 203 n., 204 n., 354 n., 405 n., 406, 446 n., 448, 452 n. (v.
officium); v. substantivum resolubile 448 n.; v. vocativum 201, 202; v.
enuntiationis 150 n.; verba ad enuntiabilia pertinentia 151; verba ad
enuntiationem pertinentia 134 n., 149; v. concernens actum mentis 589; v.
significans actum animae 271 n.; verba significantia actum mentis 117, 552 n.;
v. significans actum vel habitum mentis 119; verba spectantia ad actum mentis
292 n.; verba ad conceptum vel ad voluntatem spectantia 286 n.; verba ad sensum
pertinentia 134 n.; verba pertinentia ad rutum animae 162; v.=terminus communis
191, 215 n.; casus verbi 172, 173 n.; <<<c%< Sssssss infinitum
verbi 552 n.; v. adiectivum, compositio, consignificare, consignificatio,
copula, copulatio, determinare, determinatio, inhaerentia, modus, participium,
resolvere, resolutio, subiectum, vis, pîiua Verificabilis 365 n., 366 n., 559
n. Verificare (v. probare); collective 570 n.; copulative. disiunctive .
temporaliter Verificatio 219 n., 360, 490 n., 567, 570 n., 586; v. disiunctiva
vel copulativa 567; v. instantanea, def. inoltre Veritas v. aeterna 464 n.; v.
contracta 353 n.; v. contracta fallibilis, infallibilis 353 n.; v. instantanea
583, 589 n.; v. simpliciter 353 n.; v. temporalis 600; quantum ad veritatem,
quantum ad vocem 345 n.; de veritate propositionis 20; v. causa, iudicare, notitia,
probare Verum, v. falsum, modalis, &Amdég Virtus: -v. confudendi 251, 252;
v. confusiva 591, 592; <Sss v. distributionis 253; v. negationis 177 n.; v.
nominum 491; v. sermonis 102 n., 174, 248 n., 285 n., 490 n.; v. significandi
101 n. Vis: -v. ampliandi 136, 157, 159 n., 160, 162, 167 n., 168 n., 169, 209;
v. confusiva 594 n., 596 n.; v. confudendi v. confudendi confuse distributive
266; v. confudendi confuse tantum v. confudendi confuse tantum mobiliter 304; .
confudendi aut distribuendi 290; . confudendi immobiliter 304; . coniunctionis
194; . copulationis 202 n.; . determinandi 365 n.; enuntiationis 341 n.; .
immobilitativa 596 n.; immobilitandi 242, 243 n.; . mobilitandi 242, 243 n.;
modi 342; . negationis praedicationis 199, 200; . significationis 205 n.; .
signi universalis affirmativi 293 n.; . substantivi 199, 200; . verbi 199, 200
n., 204; . vocis 490 n. Vocabulum, def. 49 n.; inoltre 47, 48, 49, 50 n., 53
n., 59 n., 60, Sdi di Vv v Vv Vv Vv Wi (v. mpoonvopla) v. adiectivam 145 n.;
vocabula denominativa Vox v. articulata 195 n.; v. litterata et articulata 528
n.; prima articulatio vocis 195 n.; v. communis 221 n.; voces complexae; v.
confusa 217 n.; v. incomplexa 417, 418, 505 n.; v. prolata 221 n.; voces res
significantes 218 n.; v. significativa v. significativa ad placitum v.
universalis identitas vocis ex parte vocis in voce secundum vocem v. praedicata
accipitur sive ut matetiae, id est in essentia, sive ut formae, videlicet. in
adiacentia v. acceptio, accidens, appellatio, for- ma, impositio, instituere,
institutio, materia, modus, officium, praecedere, significatio, substantia,
veritas, vis, QWW) . Luigi Speranza, “Grice e Maieru”.
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