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Monday, December 30, 2024

GRICE ITALO A-Z M MA

 

Grice e Màdera: l’implicatura conversazionale della carta del senso – la scuola di Varese -- filosofia lombarda -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Varese). Filosofo italiano. Varese, Lombardia. Grice: “I like Madera; especially because he uses words I love, like ‘sense’ – ‘la carta del senso’ and soul – anima --.” Insegna a Milano. Ha insegnato a Calabria e Venezia.  È membro dell'Associazione italiana di psicologia analitica, del Laboratorio analitico delle immagini (LAI, associazione per lo studio del gioco della sabbia nella pratica analitica), e fa parte della redazione della Rivista di psicologia analitica. Fonda i Seminari aperti di pratiche filosofiche di Venezia e di Milano e PhiloPratiche filosofiche a Milano.  Studia Jung. Define la sua proposta nel campo della ricerca e della cura del senso "analisi biografica a orientamento filosofico", formando la Società degli analisti filosofi. Fondat l'”Analisi Biografica A Orientamento Filosofico”, pratica filosofica volta a utilizzare e a trasformare il metodo psico-analitico, nata agli inizi Professoree oggi praticata in diverse città.  La pratica dell'analista filosofo si rivolge alle dimensioni “sane” ed è volta alla ricerca di senso dell'esistenza dell'analizzante. L’orientamento filosofico è inteso come ricerca di senso che, a differenza della filosofia come modo di vivere dell’antichità, parte dalla biografia storicamente, culturalmente e socialmente incarnata. Questo è un tentativo di risposta alla crisi delle istituzioni tradizionalmente riconosciute come orientanti l’esistenza; l'analista filosofo si propone di riformulare su base biografica i processi formativi integrandoli con le psicologie del “profondo”. L’aver cura “terapeutica” dell’insieme della personalità e della vita dei gruppi è stato da sempre vocazione della filosofia, riproposta come contenitore di diversi approcci e discipline delle scienze umane, dalla psicoanalisi alla pedagogia. Il senso è inteso come il fattore terapeutico fondamentale.  L'analisi biografica a orientamento filosofico non si occupa della cura delle psicopatologie, a meno che l'analista filosofo non sia anche uno psicoterapeuta, psicologo o psichiatra.  Essendo una pratica filosofica, sono richiesti all'analista non solo la competenza professionale ma anche l'indirizzo vocazionale della sua vita alla filosofia, dedicandosi agli esercizi filosofici personali e comunitari.  L'ambito di esperienze e teorie da cui deriva riunisce l'eredità delle psicologie del profondo, la filosofia intesa nel suo valore terapeutico e come stile di vita, la pedagogia del corpo e le pratiche di meditazione, la psicologia sistemica, il metodo autobiografico e biografico, la narrazione delle storie di vita in una prospettiva sociologica.  Saggi: “Identità e feticismo” (Moizzi, Milano); “Dio il Mondo” (Coliseum, Milano); “L'alchimia ribelle” (Palomar, Bari); ““Jung. Biografia e teoria,” Mondadori, Milano, “L'animale visionario,” Saggiatore, Milano); “La filosofia come stile di vita,  Mondadori, Milano, Ipoc, Milano, Il piacere di vivere, Mondadori, Milano, "Che cosa è l'analisi biografica a orientamento filosofico", in Pratiche filosofiche e cura di sé, Mondadori, Milano, Jung come precursore di una filosofia per l'anima”, in, Il senso di psiche. Una filosofia per l'anima, Rivista di psicologia analitica. La carta del senso” Psicologia del profondo e vita filosofica, Cortina, Milano,,  Ipoc,  Una filosofia per l'anima. All'incrocio di psicologia analitica e pratiche filosofiche, Ipoc, Milano   Jung. L'opera al rosso, Feltrinelli, Milano. Sconfitta e utopia. Identità e feticismo attraverso Marx e Nietzsche, Mimesis, Milano  “Che tipo di sapere potrebbe essere quello della psicoanalisi?”, in Psiche. Rivista di cultura psicoanalitica,  “Dalla pseudo-speciazione al capro espiatorio", in, Tabula rasa. Neuro-scienze e culture, Fondazione Intercultura, Pratiche filosofiche e cura di sé, Mondadori, Milano, Le pratiche filosofiche nella formazione, Adultità, Guerini, Milano Bartolini P., Mirabelli C., L’analisi filosofica: avventure del senso e ricerca mito-biografica, Mimesis, Milano-Udine  Campanello L., "L'analisi biografica a orientamento filosofico e le cure palliative”, in Tessere reti per una buona morte, Rivista Italiana di Cure Palliative, Campanello L., Sono vivo ed è solo l'inizio, Mursia, Milano  Daddi A. I., Filosofia del profondo, formazione continua, cura di sé. Apologia di una psicoanalisi misconosciuta, Ipoc, Milano,  Daddi A. I., “Principio Misericordia, perfezionismo morale e nuova etica. La proposta màderiana per l'Occidente del terzo millennio”, in Rassegna storiografica decennale, Limina Mentis, Monza,  Diana M., Contaminazioni necessarie. La cura dell'anima tra religioni, psicoterapia, counselling filosofici, Moretti, Bergamo, Galimberti U., Dizionario di psicologia. Psichiatria, psicoanalisi, neuro-scienze, voce “Biografico, Metodo”, Feltrinelli, Milano  Gamelli I., Mirabelli C., Non solo a parole. Corpo e narrazione nella formazione e nella cura, Cortina, Milano  Janigro N., La vocazione della psiche, Einaudi, Torino  Janigro N., Psicoanalisi. Un’eredità al futuro, Mimesis, Milano  Malinconico A., "Dialettica di redazione (ancora in tema di analisi biografica a orientamento filosofico)", in, Il senso di psiche. Una filosofia per l'anima, Rivista di psicologia analitica, Malinconico A., Psicologia Analitica e mito dell’immagine. Biblioteca di Vivarium, Milano  Montanari M., “Per una filosofia del profondo”, in, Il senso di psiche. Una filosofia per l'anima, Rivista di psicologia analitica, Montanari M., La filosofia come cura, Mursia, Milano  Montanari M., Vivere la filosofia, Mursia, Milano  Moreni L., “Intervista a tre analisti filosofi”, in, Il senso di psiche. Una filosofia per l'anima, Rivista di psicologia analitica, Sull’analisi biografica a orientamento filosofico  Analisi biografica e cura di sé  Una nuova formazione alla cura  Psiche e città. La nuova politica nelle parole di analisti e filosofi  Quattordici punti sull’analisi biografica a orientamento filosofico.  Romano Màdera. Madera. Keywords: la carta del senso, “profondo” “la grammatica profonda” “la grammatical del profondo” Tiefe Grammatik – implicatura del profondo, implicatura del superficiale. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Madera” – The Swimming-Pool Library. Madera.

 

Grice e Maffetone: l’implicatura conversazionale – filosofia campanese – filosofia napoletana – scuola di Napoli -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Napoli). Filosofo italiano. Napoli, Campania. Grice: “I like Maffetone; he tries, like I do, to defend Socrates against Thrasymacus; in the proceedings, he provides his view on the foundations of Italian liberalism – and has recently explored the topic of what he calls ‘il valore della vita.’” Si laurea a Napoli. Ha contribuito al dibattito scientifico sui temi di bioetica e etica dell'economia e della politica, alla Rawls,, tentando di ricostruire i principi del liberalismo applicandoli al contesto dell’economia. Insegna a Roma. Presidente della Fondazione Ravello.  Saggi: “I fondamenti del liberalismo” (Laterza, Etica Pubblica, Il Saggiatore); “La pensabilità del mondo” (Il Saggiatore, “Rawls” (Laterza). “Un mondo migliore. Giustizia globale tra Leviatano e Cosmopoli, “Marx nel XXI secolo,” Luiss University Press. Radio Radicale. Sebastiano Maffettone. Maffetone. Keywords: contrattualismo. Rawls on Grice on personal identity. Keywords: quasi-contrattualismo conversazionale, i due contrattanti – il contratto come mito – contratto – marxismo, comunismo, laburismo. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Maffetone” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Magalotti: l’implicatura conversazionale – di naturali esperienze – filosofia lazia -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Roma, Lazio. Grice: “I like Magalotti – very philosophical” – Grice: “When a philosopher is a count, we don’t say that he was a professional philosopher, but not an amateur philosopher either – ‘philosopher’ does!” – Grice: “I like his ‘saggi’ on ‘natural experience’ – he is being Aristotelian: there is natural experience and there is trans-natural experience – and there is supernatural experience!” Appartenente all’aristocrazia, figlio del prefetto dei corriere pontifici. Studia a Roma e Pisa, dove e allievo di VIVIANI e MALPIGHI. Segretario di Leopoldo de' Medici, segretario dell'Accademia del Cimento, fondata da de’ Medici. Fa parte anche dell'Accademia della Crusca e dell'Accademia dell'Arcadia, Dall'esperienza al Cimento nacque i “Saggi di naturali esperienze, ossia le relazioni dell'attività dell'Accademia del Cimento”. Passa al servizio di Cosimo III de' Medici  iniziando così un'attività che lo porta a una serie di viaggi per l'Europa (raccolse in diverse opere le sue vivaci e brillanti relazioni di viaggio). Ottenne il titolo di conte e la nomina ad ambasciatore a Vienna. Si ritira alla villa Magalotti, in Lonchio. Si dedica alla filosofia, con particolare attenzione per la filosofia naturale di Galilei Opere:   “Canzonette anacreontiche di Lindoro Elateo, pastore arcade” “Delle lettere familiari del conte M. e di altri insigni uomini a lui scritte, Firenze,  Diario di Francia, M.L. Doglio, Palermo, Sellerio. “La donna immaginaria, canzoniere, con altre di lui leggiadrissime composizioni inedited” (Lucca); “Lettere del conte M. gentiluomo fiorentino dedicate all'Ecc.mo e Clar.mo Sig. Senatore Carlo Ginori Cav. dell'Ordine di S. Stefano, Segretario delle Riformagioni e delle Tratte, Lucca. Lettere contro l'ateismo, Venezia. Lettere odorose, E. Falqui, Milano. Lettere scientifiche. “Lettere” (Firenze). “Saggi di naturali esperienze fatte nell'Accademia del cimento sotto la protezione del Serenissimo Principe Leopoldo di Toscana e descritte dal Segretario di essa Accademia, Milano. “Scritti di corte e di mondo” Enrico Falqui, Roma. “Varie operette del conte Lorenzo Magalotti con giunta di otto lettere su le terre odorose d'Europa e d'America dette volgarmente buccheri”  Roma.Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.Saggi di naturali esperienze fatte nell'Accademia del Cimento sotto la protezione del serenissimo principe Leopoldo di Toscana e descritte dal segretario di essa Accademia (Firenze: per Giuseppe Cocchini all'Insegna della Stella); “La donna immaginaria canzoniere del celebre conte M. ora per la prima volta dato alla luce e dedicato alle nobilissime dame italiane” (Firenze: Bonducci); “Canzonette anacreontiche di Lindoro Elateo pastore arcade” (Firenze: per Gio. Gaetano Tartini, e Santi Franchi); “Il sidro poema in due canti di Filips tradotto dall'inglese in toscano dal celebre conte M. ora per la prima volta stampato con altre traduzioni, e componimenti di vari autori” (Firenze: appresso Andrea Bonducci); Charles de Marguetel de Saint-Denis de Saint-Évremond, Opere slegate: precedute da un carteggio tra Magalotti e Saint-Évremond, tradotte in toscano” (Roma: Edizioni dell'Ateneo). Scienza in Italia, opera del Museo Galileo. Istituto Museo di Storia della Scienza di Firenze, Elogio storico nell'edizione de La donna immaginaria canzoniere del conte M. con altre di lui leggiadrissime composizioni inedite, raccolte e pubblicate da Gaetano Cambiagi, In Lucca: nella stamperia di Gio. Riccomini, Dizionario critico della letteratura italiana, Torino, POMBA,  M., Relazioni di viaggio in Inghilterra, Francia e Svezia” (Bari, G. Laterza). Treccani Enciclopedie, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Crusca, Relazioni di viaggio in Inghilterra, Francia e Svezia  Lettere scientifiche ed erudite  Comento sui primi cinque canti dell'Inferno di Dante, e quattro lettere del conte M. Canzonette anacreontiche di Lindoro Elateo pastore arcade  Lettere scientifiche ed erudite  La donna immaginaria  Novelle  (il volume contiene anche opere di altri autori) Gli amori innocenti di Sigismondo conte d'Arco con la Principessa Claudia Felice d'Inspruch.   DICE poldo di Toscana . Lettera III. SopralaLuce.AlSignorVincenzo Vi Sopra ildetto del Galido, il Vino Signor Carlo Dati. Lettera V. 111 P relazione 13 28 un composto d'umore e di luce. Al 48 394 refazione medesimo . Lettera II. . Fiore. Al Serenissimo Principe L e o . Delveleno dellaVipera.AlSignorOt 78   ne d'osservar la Cometa l'anno 1664. Leltera VII. Donde possa avvenire, che nel giu dicar degli odori cosi sovente si prenda abbaglio. Al Signor Cavaliere Giovanni Battista d'Ambra. Lettera re Giovanni Battista d'Ambra.Lette Descrizione della Villa di Lonchio.Al Strozzi. Lettera X. Intorno all'Anima de'Bruti,Al Padre secondo. Al Padre Lettore Don A n giolo Maria Quirini. Lettera XIII. 262  INDICE 395 . : 126 Sopra un effetto della vista in occasio Al Sigoor Abate Oilavio Falconieri. . Sopra gli odori . Al Signor Cavalie Signor Marchese Giovanni Battista Sopra un passo di Tertulliano.Al Pa Sopra un passo del Concilio Niceno Sopra la lanugine di Beidelsar. A N. N. Lettera XIV. . Monsignor Leone Strozzi . Lettera XVII.. . 170 252 ra IX. VIII, Іоо Letiore Don Angiolo Maria Quirini. Lettera XI. dre Lettore Don Angiolo Maria Q u i rini.Lettera XI. Sopra la lanugine di Beidelsar. A N. N. Lettera XV. 85 157 279 Sopra la lanugine di Beidelsar. A N. N. Lettera XVI. 282 Sopra un intaglio in un diamante. A 289 300 7   Conte Ferrante Capponi . Lettera XIX. Sopra la lettera B, e perchè ella s'a doperi cosi spesso nel principio de  396 INDICE. Sopra un passo di S. Agostino.Al Si gnor Abate Lorenzo Maria Gianni. Lettera XVIII . . Sopra il Cascii . Al Signor Cavaliere Cognomi. Al Signor Tommaso Buo naventuri . Lettera X X . FINE. SilAJilUsCEn il poeta per una lelva, per la quale tutta  notte aggiratosi, la mattina in su falba si trova a piè  <l'uQa colliuciui. Kipoaatosi alquanto ^ •! per voler   aalire f quando y fattuegli incontro una lonza, un leone e  una lupa, h costretto a rifuggirsi alla selva. In questo  gli apparisce Fombra di VIRGILIO, il cui ajuto è da esso  caldamente implorato contro alla lupa, dalla quale il  maggior pencolo gli soprastava. Virgilio discorre lunga*  mente della pessima natura di quella 6era, onde cam«  porne lo strazio, offerendogli sè per guida | a tener altra a Canto   via lo conforta. Dante accetta Tofferta di Virgilio « e te-  nendogli dietro ti mette in cammino.   V. I. Nel mezzo del cammin tee.   Keir età di 35 anni. Ciò non t'aTguìtee per congetture;  ma provasi manifestameute da un luogo del tuo Convivio,  nella aposizione della canzone: Le dolei rime eTamor, eh* io eolia;   dove 9 dividendo il cono della vita umana in quattro  parti, che tutte (anno il numero d'anni 70 « resta, che  la metà del suo corso, secondo la mente del poeta, sia  ne' 35 . Che poi questo primo verso debba intendersi  letteralmente, cioò del numero degli anni, e non alle-  goricamente, come alcuni vogliono: si dimostra da un  luogo deir Inferno, caut. XV, nel quale domandato il  poeta da Ser Bnmetto di sua venuta, esso gli risponde,  V. 49;   Lassù di sopra in la vUa serena  * JUrpos* io lui • mi smarrì *n una valle,   1 Avanti (he Vetà mia fosse piena:   riferendoli a questa selva» nella quale racconta essersi  smarrito nel mezzo del commin del suo vivere.   V, per una selva oscura.   Forse questa selva ^ oltre al senso letterale, che fa  giuoco al poeta per 1* intraduzione del suo viaggio, ha  sotto di s^ ((ualche senso allegorico • dei quale sono ar-  ricchite molte parti di questo primo canto ; e vuol per  avventura s guilicare la selva degli eiTori, per entro  la quale assai di leggieri si perde l' uomo nella sua  FRIICO.    3   a<h>1etccnu; e cìie iia *1 vero nel topraccitato luogo del  •uo CoFwivio ti leggono queite formali parole ; È adunque  dà f opere, che y ticcome quello, che mai non fosse stato in  una città, non saprebbe tener le vie -, senza l' insegnamento  di colui, che le ha usate : ro/1 V adolescente » che entra nella  teloa erronea di questa vita, non saprebbe tenere il buon co/m-  mino y se da suoi maggiori non gli fosse mostrato ; nè il mo-  strar vatrebbe, se alli loro coaiafidamenti non fosse obbediente,   V. 8. Ma per trattar del ben ecc.   Del frutto, il qual ti ritrae dalla meditaiione di quel  miserabile stato pieno di pene e di rimordiinenti, mediante  la quale s' arriva alla caDtemplaaione d' Iddio, che è la  fine propostasi dal poeta. V. 1 3. Ma po* eh* »* fui appiè ecc.   Il colle è forse inteso per la virtù, la qual si solleva  dalla bassezza della selva.   V. l6 vidi le sue spalle   VestUe già de* raggi del pianeta ecc.   Il senso letterale è aperto, volendo dire, che la cima  del colle era di già illustrata da' raggi del nascente sole.  Ma forse, che sotto questo senso n' è chiuso un altro ^  pigliando il sole per la grazia illuminante, la quale all' u-  sctr Dance dalla selva degli errori cominciava a trape-  lare con qualche raggio nella sua mente.   V. ao. Che nel lago del cuor ecc.   Por che voglia insinuare, nella passione della paura  commuoversi e fortemente agitarsi il sangue nelle due  cavità del cuore, dette volgarmente ventricoli; de' quali,     4 Canto   prrò eh’ e' parla in lingolare, pigliando la parte pel  tutto, vuol forae dir principalmente del destro, che del  sinistro i maggiore. ALIGHIERI lo chiama lago, credendosi  forse che il sangue che v’ è, vi stagni, non essendo in  que’ tempi alcun lume della circolazione. Qui però cade  molto a proposito il considerare un luogo maraviglioso  del Petrarca nella seconda canzone degli occhi, finora,  che io sappia, non avvertito da altri; nel quale dice  cosa intorno alla circolazione da far facilmente credere,  eh* egli quasi quasi se l’indovinasse, arrivandola, se non  con l'esperienza, con la propria speculazione. Dice dun-  que così :   Dunque eh' i’ non mi sfaccia,   Si frale oggetto a s\ possente fuoco  Non i proprio valor, che me ne scampi,   Ma la paura un poco,   Che 7 sangue vago per le vene agghiaccia,  insalda ’l cor, perchè più tempo avvampi.   Non ha piti dubbio-, eh* e’ si parrebbe forte appassio-  nato del poeta, che volesse ostinarsi a dire, che il sen-  timento di questi versi suppone necessariamente la notizia  della circolazione del sangue ; la quale, a dir vero, so  fosse stau immaginata, non che ricooosciuu dal Petrarca,  non ha del verisimile, eh’ ella si fosse morta nella sua  mente, ma, da lui conferita e discorsa con altri, per la  grandezza del trovato avrebbe mossa fio d' allora la cu-  riosità de’ medici e de’ notomisti a procacciarne i riscontri  con resperienze. E ben degno di qualche maraviglia il  vedere, come, il poeta altro facendo, e forte altro in-  tendendo di voler dire, gli è venuto detto cosa, che  spiega mirabilmeote quesu dottrina; poiché, se ben si    considera il lento de' lopraddetti Tersi, ^ tale : Ma il  cuore rìsalda un poco, cioè ritorna al suo esser di fluidezza il sangue, il quale nel vagar per le vene s'ag-  ghiaccia dalla paura, e ciò a fine di farlo arder misera-  mente più lungo tempo.   Puoss' egli dilucidar più chiaramente Teffetto, che opera  nel sangue il ripassar cb* egli fa per la fornace del cuore,  dove si liquefi, s'allunga, s'assottiglia, e si stempera,  caso che nel vagar per le vene lontane o per paura,  come in questo caso nel PETRARCA, o per qualsivoglia  altra cagione si fosse punto aggrumato e stretto; onde  poi, novellamente fuso, e corrente divenuto, potesse  ripigliare il nuovo giro ed allungar la vita (la qual tanto  dura, quanto dura il sangue a muoversi), e si a render  più luogo r incendio amoroso del poeta?   Ma ciò, per chiaio ch'ei sia ed aperto, ò tuttavia  assai oscuramente detto in paragone d'un luogo, del Da-  vanzati nella sua Lezione delle monete. Il luogo ò il se-  guente : Jl danojo è il nerbo della guerra, e della repuhhlica, dicono di gravi autori, e di jolenni* Ma a me par  egli più acconciamente detto il secondo sangue; perchè,  siccome il sangue, eh' è il rugo e la sostanza dei cibo  nel corpo naturale, correndo per le vene gì-osse nelle mi-  nute, annaffia tutta la carne, ed ella il si Bee, com* arida  terra bramata pioggia, e rifà, e ristora, qucaUunque di tei  per lo color naturale s'asciuga, e svapora: così il danajo,  eh* è sugo e sostanza ottima della terra, come dicemmo,  correndo per le borse grosse nelle minute, tutta la gente  rineaneuina di quel danajo, cheti spende, evaviacontl-  nuatnente nelle cose, che la vita consuma, per le quali  nelle medesime borse grosse rientra, e cos't rigirando man-  tiene in vita il corpo civile delta repubblica. Quindi assai 6    Canto    éi leggler ti tomprende, eh* ogni ttato vuol una quantità  di moneta, che rigiri^ come ogni corpo una quantità di  sangue, che corra»   Che dunque diremo di queit* autore ? Nuli* altro ceiv  tamente, te non che, dove i profeMori delle mediche  facoludi non giunsero, se non dopo un grandissimo  guasto d* inomnerabili corpi, egli senz'altro coltello che  con la forza d'un perspicacissimo ingegno penetrò nel  segreto di questo aumiirabile ordigno, c tutto per filo e  per segno ritrovò raltisstmo magistero di quei movimenti,  che noi vita appelliamo*   V. 31 . £ qual è quei, che con Una af annata ecc.   MaravigUosa similitudine.   V. 35. CoA /'animo miò, eh* ancor fuggiva ecc.   Rara maniera d'esprimere una paura infinita. Bocc.*,  Novella 77. Allora, quasi come se *l mondo sotto i piedi  venuto le foste meno, le fuggi Canitno, e vinta cadde ro-  paa '/ battuto della terre.   V. 3 o* Si che 7 piè fermo ecc.   Solamente camminandosi a piano : dicansì quel che  vogliono 1 commentatori, in ciò manifesraniente conviensi  dalla dimostrazione e dall' esperienza. £ vero, che il piè  fermo retu sempre Ìl più basso. Onde convien dire, che  Dante non avesse ancor presa l'erta, il che si convince  anche più manifestamente da quel che segue :   V. 3 i. £d ecco, quoti al cominriar dell’ erta»   La voce quoti vuol significare ( e tanto più accompa-  gnau con l'altra al cominciar t che denota futuro), che  PRIVO. 7   Verta era ben vicina, ma non cominciata; c pure in fin  allora avea camminato, adunque a piano. Nè li opponga  quello, ch’egli dice ne* veni innanzi, y. l3.   Ma po’ eh’ i fui appii d" un colle giunto ;   poiché appiè d'un colle li dice anche in qualche distanza;  anzi t' e’ doveva comodamente vedergli le spalle, v. l 6 .   Guarda’ in alto e vidi le sue spalle,   tornava meglio eh’ e’ ne fosse alquanto lontano. Molto  meno dà dilEcoltà il seguente v. 6 l.   Mentre eh’ i’ rovinava in basso loco;   dicendo: dunque se ora egli scende, mostra, che dianzi  saliva. Saliva, ma dopo aver prima fatto il piano, per  lo qual camminando il pie fermo sempre era il più basso.  Del resto il leone e la lonza non poteron impedirgli il  salire : solamente la lupa gli fe’ perder la speranza dell’ al-  tezza, cioè di condurti in cima del colle. Di qui avvenne  eh’ egli prete a rovinare in basso loco,   V. 3a. Una lonza ecc.   Una pantera. Per essa, come animai sagacissimo, in-  tende veritimilmente la lussuria.   V. 36. Ch’i’ fui, per ritornar, pUi volte, volto.   Bisticcio. Tibullo ti fe’ lecito anch’ egli per nn^ volta  un simile scherzo, Ub. IV, corm. VI, v. 9 .   Sic bene compones : ulli non ille puellat  Seruire.     8 Canto   £ Properzio te ne volle aacor etto cavar la voglia,  elcg. Xin, Ub. I, V. 5.   Vum tiU Jecepiiì augfiur fama puellis,   CtTtus et in nuìlo quaeris amore moram.   V. 39 quando V amor divino   Mone da prima quelle cose belle-   Direi, che per la motta di quelle cose belle non inten-  dette altro il poeta, che rattuazione dell* idee, o tì vero  lo tpartimento dell* idea primaria nell* idee tecondarie,  che è il diramamento dell* uno nel diverto tignificato nel  triangolo platonico. In tomma la creazione dell* univerto,  allora quando formò il mondo temibile tutta a timile al  mondo archetipo o intelligibile creato ab eterno nella  mente divina.   £ non è inveritimile, che ALIGHERI abbia voluto toccare  quetta dottrina platonica, nella quale, come appare ma-  oifettamente da altri luoghi della tua Commedia, e prin-  cipalmente nell* XI del Paradito, egli era vertatittimo,  donde ti raccoglie e 1* intento amor delle lettere e la  pertpicacia del tuo finittimo intendimento, mentre in un  aecolo coti barbaro pot^ aver notizia delle opinioni pla-  toniche, quando i principali autori di quella tcuola o  non erano ancor tradotti dal greco idioma, o t*egli era-  no, grandittima penuria vi aveva de* codici tcritti a penna  dove vederli e ttudiarli. Na t* io ben m'avvito, tal dot-  trina Incavò egli a capello da BOEZIO, del qual aurore il  poeta fu ttudioiittimo, dicendo nel tuo Convivio queite  formali parole : Tuttavia, dopo alquanto tempo, la mia  mente» che s'argomentava di tonare » provvide ( poi ne*l  ai/o, nè Taltrui consolare valeva ) ritornare al modo» che   F ni u o.    9   alcuno sconsolato avea tenuto a consolarsi; e ansimi ad  allegare e leggere quello, non conosciuto da molti, libro  di Boezio ) ìlei quale » cattivo e discacciato, consolato si  aveva. Quivi adunque potè egli facilmente apprendere a  intender Puniverso aotto il nome di bello, e ti per la  moMa delle cose belle intender la mossa del mondo  archetipo disegnato ab eterno nella mente d'iddio. 1 versi *  di BOEZIO sono i seguenti: lib. Ili de consol. etc.^ metro 1\.   O qui perpetua mundum radane guhemés»   Terrarutn caeUque salar, qui te/apus ab aeuo  Ire iuhes, stabilisque nianeru das cuncta moueri ;  Quent non extemae pepulerunt fingere caussae  Materiae fluitantis opus uerum insita sutnmi  Forma boni, liuore carens : tu cuncta superno  Ducis ab exeinplo : pulcrum pulcherrimus ipse  Mundum mente gerens, similiqtte imagine formans,  Perfectasque iubens perfectum absoluere partes.   In numeris elemento ligas, ut frigora fiamtnis y  Arida conueniant liquidis : ne purinr ignis  Fuolet, aut mersos deducane pondera terras.   Tu triplicU mediam naturae cuncta mouentem  Connectens animam per consona membra resoluis, etc.   Che poi per la motta intenda l'attuazione delle idre  mondiali, ciò si convince apertamente da un luogo ma-  raviglioso del suo canzoniere nella canzone :   Amor y che nella mente mi ragiona;   dove parlando della sua donna dice cV ella fu T idea, che  Iddio si propose quando creò il uiondo sensibile, il qual  atto di creare vien quivi espresso con la voce mosse.     IO    Canto   Però qual donna sente sua beliate,   Biasmar, per non parer queta ed umile ^   Miri costei, eh' esemplo è d’umiltate»   Questuò colei, che umilia ogni perverso.   Costei pensò, chi mosse l* universo.   Altri forse intenderà (tutto che i comentatorì in questo  luogo se la passino assai leggìensente ) per la mussa di  quelle cose belle, la mossa data ai pianeti per gli orbi  loro; ma trattandosi d"una mossa data dall" amor divino,  panni assai più degna opera la creazione dell'universo,  che r imprimere il moto a piccol numero di stelle. Dire  dunque, che il sole nasceva con quelle stelle, eh* eran  con lui quando Iddio creò il mondo : cioè eh' egli era  in Ariete, nella qu^d costellazione fu creato secondo  Vopiniooe di molti.   V. 41 * a bene sperar vera cagione.   Di quella fera la gaietta pelle,   L*ora del tempo, e la dolce stagione.   Può aver doppio significato : primo in questo modo,  cioè : 51 che Vara del tempo, e la dolce stagione tu erano  cagione di bene sperare la gaietta fera di quella pelle;  cioè, Si che l'ora della mattina e la stagione di prima^  vera (avendo detto che il sole era in ariete) mi davano  buon augurio a rincer l'incontro di quella fiera, e a  riportarne la spoglia. £ in quest' altro : Sì che aggiunto  all' ora e alla bella stagione l' incontro di quella fiera  adorna di sì vaga pelle non poteva non isperar felici  successi. Così rincontro d'uno o d' un altro animale  recavasi anticamente a buono o a tristo augurio.   F R I M O. (I   V. 45. Za vista, che m'apparve étun leone.   Il leone è preio dal poeta per limbolo della superbia.   V. 4^. £d una lupa eco.   L'ararizia.   V. Si. £ molte genti fe' già viver grame.   Ciò si può intender di coloro, l'aver de' quali è  ingordamente assorbito ddl' avwo, e per gli avari me-  desimi, che ai consumano in continui affanni per l'insa-  ziabditi della lor cupidigia, onde chiama la lupa bestia  senza pace.   V, 53 . Con la paura, eh’ uteia di sua vista.   Qui paura con bizzarra significazione vale spavento in  significato attivo, ed è forse l'unico esempio che se ne  trovi. Cosi l'addiettiva pauroso è preso attivamente, Infer.  cant. 3, V. 8 H.   Temer si dee di sole (fucile cote,   eh’ hanno potenza di far altrui male,   Deir altre no, che non son paurose.   Cioè non danno paura ; ma questo non è tanto sin»  gulare, quanto il sostantivo paura in significato di ter-  rore, e f.tcllmente se ne troveranno esenipj simili cosi  ne'Crecif come nei Latini. Uno al presente me ne sov-  viene, ed ò di Tibullo, eleg. IV, lib. Il, v. q,   Stare uel insanis cautes obnoxia uentit,   Naufraga quae uatii tunderet unda maris !   V. 60 dove il sol tace.   Verso l'onibra della selva.  Canto   V. 63 . Chi per lungo silenzio parta fioro.   Quriti è Virgilio, «otto la periona del quale pare,  che debba intendersi il lume della ragion naturale risve-  gliato nella mente del poeta dalla teologia figurata per  ranima di Beatrice de* Portinan in vita amata da Dante.   V. 63 parta fioco.   Dal sento delle parole par, che Dante •* accorgesse,  che Virgilio era fioco dalla semplice vista, ma a bea  considerare non è così. Perchè allora eh' egli scrisse questo  verso avevaio già udito favellare, onde può ben dire  qual era la sua voce, oltre al dire eh* e* Paveva veduto.  Che poi lo faccia fioco, ciò è furila per tacciar la bar-  barie di quel secolo, in cui allorché Dante si pose a  cercar lo suo volume, cioè a leggere e studiar TEneide,  nino altro era che la cercasse o studiasse, onde poteva  dirsi Virgilio starsene muto ed in silenzio perpetuo.   V. 70. Nacqui suh JuliOt ancorché fosse tardi.   Dice esser nato sotto Giulio Cesare ancorché fosse  tordi, cioè ancorché esso Giulio Cesare rispetto al nascer  di Virgilio fosse tardi, cioè indugiasse qualche tempo  ad aver Tassoluto imperio di Roma, onde si potesse con  verità dire che la geme nascesse sotto di lui. £ vera-  mente Virgilio nacque avanti a Cristo anui 70, agridi  d'ottobre, e per conseguenza avanti che Giulio Cesare  fosse imperatore.   V. 90. Ch" ella mi fa tremar le vene e i polsi,   piglia i polsi universalmente per Parterìe, le quali  eo\ loro strigoersi e dilatarsi con contraria corrisponden-  za alla sistole e alla diastole del cuore continuamente    R I li O.    i 3   dibatt^nfti. E qui è da notare ravvedutezza deì poet  mentre dice, che gli tremavano le vene ancora, come  quegli che beni»iÌmo sapea, che per non andar mai  diigiunte dall* arterie, in una violente commozione di  queite, non può far di meno che quelle ancora tanto  quanto non •'alterino.   V. 91. A te convien tenere altro viario.   Quasi dica; ben li può luituria e tuperbia vincere,  ma superare avarizia, ciò è all* umane forze impossibile.   V. 100. Molti son gii animali 1 a cui t’ammoglia.   Molti vizj veogon congiunti con Tavanzia.   V. lOi. ... in finckè’l veltro ecc.   Questi è messer Cane della Scala veronese, onde la  sua patria, dice Dante, che sari tra Feltro e Feltro, perchè  tra Monte Feltro dello Stato d' Urbino e Feltro del Friuli  si ritrova in mezzo Verona. Fu messer Cane uomo d'alto  affare in que' tempi, e d'animo grande e liberale; ed  essendo desideroso, che la sua generosità fosse per opera  conosciuta, intraprese ad onorare e soccorrer tutti coloro,  che di gran saliere fosser dotati, fra quali ricoverò anche  il nostro poeta, allorch'e'fu di Faenze cacciato co* Chi~  bellini intorno all'anno i 3 oS.   V. io 3 * terra, nè peltro»   Peltro^ stagno raffinato con lega d’argento vivo. Qui  per metallo in genere, onde il scntimeaio è questo ;   V. io 3 . Questi non ciberà terra, nè peltro,   Questi non si ciberà, cioè non sarà signoreggiato da  ambizione di stato > uè da cupidigia d'avere.     14 Canto triuo.   V. ic 6 . Di queìF umile Italia»   Vinile y atteso il tuo miserabile stato in que* tempi per  rintestioe discordie, ond' ella era sempre infestata.   V. 111. Là onde invidia prima ecc.   O sia la prima invidia di Lucifero contro Iddio in  Ciclo, o contro l'uomo nel paradiso terrestre, o pure:   V. IH. Là onde invidia prima dipartiìla\   Là onde da prima inridia la diparti, preso quel prima  avverbialmente.   V. iiS. Che la seconda morte ciascun ^rida.   Allude al desiderio, che hanno i dannati della morte  deir anime loro dopo quella de* corpi per sourarsi alla  crudeltà de' tormenti, onde S. Luca, cap. aa, io persona  di quelli : Monies cadile super noi, et colles operile nos.   V. lai. Anima fia ecc.   Beatrice de' Portinarì, la quale, siccome à detto di  sopra, fn io vita ardentissimamente amata dal poeta.   In questo, che segue nel primo canto, si consuma un  giorno intero, eh' è il primo del viaggio di Dante.   INFERNO.    CANTO SECONDO.    ARGOMENTO.    Si fa dall’ ioTOcar le muae e l'ajuto della propria  mente. Dipoi acconta, com' egli peniando all' impreia  di tal viaggio . cominciò a •gomrntoraeoe, e a motirare  a Virgilio eoo molte ragioni, di' e' non era dovere, ch'ei  ti mettewe ]>er niun conto a cimento >1 pericoloio. Dopo  di che narra, come Virgilio lo ripreie della tua viltà;  e con dirgli, ch'egli veniva in tuo aoccorto mandatovi  da Beatrice, tutto di buon ardire lo iraarrito animo gli  rinfranca, ond'egli ti ditpone al tutto di volerlo teguitare.   V. 4 . ATapparetfhiava a sostemr la putirà,   Si del cammino, e ti delta pittate.   Il Boti, il Vellutello, ed altri comentatori tpiegano  qneito luogo coti ; M'apparecchiava a tiiperar le ilitE-  cultà del viaggio, e tollerar la noja della pietà, di' eraii  per farmi quei crudeliitimi tirar), ond’ era per veder  tormentare l’anmie de’ dannati. Io però ardirei proporrej6 Canto   un* alfr.i roiuMcrazionc, le a sorte Dante avesse piut-  tosto voluto dire, eh’ ci •'apparecchiava a sostcoer la  {guerra della pirtare, cioè a ftf forza al suo animo per  non prender pietà de’ peccatori, avvegnaché U crudeltà  de’ «upplizj. fosse per muovergli un certo naturai affetto  di comjiafsione, al quale ciafcun uomo fi seme ordina-  riamenTc incitare per la miseria altrui. £ veramente il  senso letterale pare, che favorisca mirabilmente questo  sentimento ; poiché, s’ei s’apparecchiava a sostener la  guerra della pietà, cioè la guerra, ch’era per Wgli la  pietà, segno è eh' e* non voleva lasciarsi vincer da  quella, ma si resistere e comb.ucere con la considera-  rione, che quegl' infelici erano puniti giustamente, anzi,  come dicono t teologi, citra meritumt mentre avendo offeso  una Maestà inBnita, e sì infinita venendo a esser la loro  colpa, questa non può con pene finite soddisfarsi. Dico  finite quanto all' intensione, non quanto all* estensione,  la quale non ha dubbio, che durerà eternamente. E chi  porrà ben mence ad altri luoghi dell’Inferno, ne troverà  di quelli, che armano di piu salde conjetture il sentimento  da me addotto in questo passo. Tale è quello dell’Inferno,  canto XIII, dove, dopo il primo ragionamento dì Pier  delle Vigne, Dante dice a Virgilio, eh* c’ seguiti a do-  mandare all* anima del suddetto Piero qualche altro  dubbio, imperocché a lui non ne dà Tanimo, tanto si  sente strignere dalla pietà del suo infelice stato, v.   OntV io a lui : dimandai tu ancora   Di quel, che credi ^ ch‘ a me soddisfaccia ;  eh* i non potrei: tanta pietà in accora.   E piià apertamente si vede questo star su la difesa, che  fa Dante contro l’ importuna pietà de* dannati, la qual tenta di vincerlo al canto XXIX dell’ Inferno, quando  arrivato in tu ruldina costa di Malebolge dice cosi, v. 43^   Lamenti saeltaron me diversi,   Che di pietà ferrati avean gli strali :   Ond" io gli orecchi con te man coperti.   Il qual terzetto par, che esprima troppo maraviglio-  samente un fierissimo assalto dato dalla pietà all’ animo  del porta, e la difesa di quello con turarsi gli orecchi.  £ non solamente si troverà difendersi dalla pietà, ma  sovente incrudelire contro di essi, negando loro conforto  e compatimento. Così Inf. cant. XXXIII, richiesto da  Branca d’Oria, che gli distaccasse d' insieme le palpebre  agghiacciate, non volle farlo, v. 148.   Ma distendi ora mai in guà la mano,   Aprimi gli occhi I ed io non gliele aperti,   E cortesia fu lui tesser villarto.   E Inf. XIV, vedendo Capaneo disteso sotto la pioggia  di fuoco, dice stargli il dovere, v. ^t.   Ma, com' io dissi lui, li tuoi dispetti  Sono al suo petto assai debiti fregi.   Io però confesso di non aver per anche si fatta pra-  tica SU questo poema, eh' e' mi sovvengano così a un  tratto tutti i luoghi, ov’ e' favella di pietà in questa prima  Cantica dell’ Inferno; e considero eh’ e’ mi se ne può  addurre taluno ora non pensato da me, il qual mostri  così chiaro il contrario, eh’ e' metta a terra tutto il pre-  sente ragionamento. E considero, che altri potrebbe ri-  spondermi, che il far dimandare da Virgilio Pier delle  Vigne, e ’l coprirsi gli orecchi con le mani posson     i8 Canto   ambedue etter effetti dell' cuer Taiiimo del poeta troppo  vinto dalla pietà, e non dall' eaier a lei repugnante ; ma  io non piglio per aaiunto di provare, che egli si picchi  di non calerti mai piegato a pietà de' dannati, anzi che  in molti luoghi confeita la aua caduta, qual è quella,  Inf. canto V, v. 70.   Poscia eh' i' thhi il mio dottore udito  Nomar le donne antiche e cavalieri,   Pietà mi vinse, e fui quasi smarrito.   Nel qnal luogo non meno ti pare la perdita del poeta,  che il contratto antecedente; mentre, te egli non ti fotte  potto in animo di non latciarti andare alla compattione,  non avrebbe indugiato fin allora ad arrenderli, avendone  avuta occatione molto prima, cioè tubito eh' ei vide la  miteria dei peccatori carnali. Ivi, v. 3S.   Or incomincian le dolenti note  A [armisi sentire : or son venuto,   Xà dove molto pianto mi percuote.   Ma egli Ita forte il più eh' el potette : però, allora  ch'egli ebbe riconoteiuto quivi tanti valoroti uomini, e  coti alte donne, piegò l'aaimo alla compattione ; ond'egli  dice, eh' ei fu quoti smarrito, cioè ti perdè d' animo,  vedendoti vinto il pretto. Per lo che concludo, che, te  bene da quetto e da muli' altri luoghi ti comprende la  vittoria della pietà, ciò non toglie il vigore alla ipoti-  zinne del preiente patto, potendo benitiimo ilare in-  lieme l'un e l'altro : cioè che Dante ti ditponeiie a  toitener la guerra della pietà, cioè a non compatire i  dannati ; e poi, come di animo gentile ed umano, di  quando in quando cedette. V. 8. O mente, che scru/etti ciò eK io vidi ecc.   Dopo ÌDTOcate le Muse, invoca la sua memoria, chia-  mandola mente che tcriite ciò eh' egli vide ; cioè, in cui  a' impretaero le tpecie degli oggetti vedati.   V. IO. Io cominciai;   Vi a’ intende a favellar di qncato tenore, e queata è  maniera uaitatiaaima di Dante per iafuggir la proliaaità  dell' introduaioni de' ragionamenti ; coal ed io a lui ed  egli a me ; cio^ diaai e diaac, ed infiniti altri aimili faci-  lisaimi ad intenderai.   Y. l 3 . Tu dici, de di Silvie lo parente,  CoirutlUile ancora, ad immortale  Secolo andò, e fu tentibilmente.   Tu dici. Tu hai laaciato aerino nella tna ENEIDE, che  ENEA padre di Silvio, eaaendo ancora nel corrunibil  corpo, andò a aecolo immortale, cioè diaceae airinferno,  e ciò non fu per aogno o per eataai, ma aenaibilmente,  cioè in carne e in oaaa.   V. 16. Però se I avversario d'agni male   Cortese fu, pensando I alto effetto,  Ch'uscir dovea di lui, e ’l chi, e 'I guale   L’avversario d* ogni male è Iddio, e ‘I chi, Romolo fon-  dator di Roma, e 'I quale, e le aue alte qualità ; onde  il aenao de' aeguenti terzetti è tale : Se Iddio, penaando  la aerie delle coac, che doveano farai per Enea c la aua  aucceaaione, conaentì l'andata e '1 ritotoo di lui dall'Iu-  ferno : ciò non parrà punto di atrano a qualunque abbia  punto d'intendimento, conaiderando eh' egli fu eletto per  .vutore di Roma e del romano imperio.  La qual* e *l quale ecc.   La qual Roma, e '1 qual imperio.   V. 14. U* siedv il xuff<//or del «o^ior Piero.   Qui Piero per Pontefice, onde il maggior Piero viene  a eMer Cristo, e non S. Piero, come vogliono ì coni»  mentatori; perchè s'e* parlaste di S. Piero, non direbbe  del maggiore y il qual ti dice solo comparativamente ad  altri minori ; il che toma appunto bene, però eh* e* parla  di Cristo, il quale rispettivamente a $. Piero può vcrar  mente chiamarti il maggiore*   V. aS. Per quest* andata, onde li dai tu vanto ecc.   Onde cotanto T esalti fra gli uomini per ralcissimo  privilegio concedutogli.   V. a6. Intese cose che furon cagione   Di sua vittoria, e del papale ammanto.   Allude alla predizione fatta da Anchise ad Enea nel  sesto deir Eneide ; per la quale egli intese la sua vitto-  ria, da cui dopo lunga serie di avvenimenti fu stabi**  lito in Roma il papale ammauto, cioè l'imperio sacro.   V. a8. Andovvi poi lo Vas delezione ecc.   S. Paolo, quando fu rapito al terzo cielo. £ veramente  ne recò conforto alla nostra fede con l'oculata tettimo-  niaaza delle cose credute da essa. E notiti che Dajite  da principio di questo suo discorso, fatto qui a Virgilio,  non si ristrinse a dir solo di quelli, i quali ancor viventi  pass;u*ono all* Inferno, ma di ciascuno, il quale, sendo  ancor corruttibile, andò a secolo immortale. Laonde non  solamente di Enea, ma del celeste viaggio di S, Paolo  ancora saggiamente piglia a ragionare.  ai   V. 34. Perchè se del venire C tn ahhanJono ecc.   M* abbandono oon vuol dire, d* io mi tgomento di ve«  iiire, come spiegano tutti i couieou, ma come chiosa  il Rifiorito : Perchè s* ì mi lascio andare a venire, assai  dubito del ritorno,   V. 37. E qual è quei che disvuoi ecc.   Ci mette con mirabil similitudine davanti agli occhi  i contrasti d' un' anima, che dal male al ben operar si  rivolge.   V. 41. Perchè» pensando consumai t impresa y  Che fu nel cominciar cotanto tosta.   S'accorge Dante d'averla un po' corsa» allora che nel  primo canto, senza pensar nè che, nè come, s'impegnò  ad andar con Virgilio, dicendo, v. i 3 o.   Poeta t i ti richieggio   Per quello Iddio, che tu non conoscesti,  jicciò eh* i' fugga questo male e ptggio.   Che tu mi meni là dov* or dicesti,   Si eh* i vegga la porta di S. Pietro,   E color, che tu fai cotanto mesti.   Onde ora confessa, che, sbigottito dalle suddette con>  siderazioni, l'amor dell'impresa, da principio con sì lieto  animo incominciata, era per tali pensieri consumato e  svanito.   V. 43. Se io ho ben la tua parola intesa,   Rispose del magnanimo quell ombra,  Vanima tua è da viltate offesa.   Rispose Virgilio : Con queste tue riflesiioni, s' io 1 * ho  ben'imesa, in loitanza tu ba* paura*     Cauto   V. Ss. I* tra tra color elle son tospeti,   Nel Limba, dove nè godono, nè dolgonti ranìme.   V. 53 . E donna mi chiamò beata e bella.   Beatrice, la quale, ticcome è detto nel IV canto, è  poeta per la grazia perSciente o consumante, secondo i  teologi dicono, anzi per la stessa teologia; e ciò, secondo  nota il Cello nella Lezione duodecima topra F Inferno,  per due cagioni : Una, perchè, siccome non ci è scienza,  la quale più alto ne levi nostro mortale intendimento  all’ altissima contemplazione d' Iddio e della teologia,  così non avea Dante, mentre eh’ e’ visse, trovato oggetto,  che più gli facesse scala all’ intelligenza delle celestiali  cose, che, siccome scrive io più luoghi, le sublimi virtù  e l’altre doti esimie dell' anima di Beatrice. L'altra ca-  gione, per la quale sotto il nome di Beatrice intenda  allegoricamente la teologia, è per mantener la promessa,  ch'egli avea fatta nella sua Vita Nuova; dicendo, che,  se Iddio gli avesse dato vita, avrebbe scritto di lei più  altamente, che aveste scritto altr' uomo di donna mortale.  Il che veramente ha egli molto bene osservato, avendola  posta in così bella e maravigliosa opera per la scienza  maestra in divinità.   V. 54. Tal che di comandar i la richiesi-  La richiesi. In pregai, ch'ella alcuna cosa mi comandasse.   V. 55. Lucevan gli occhi suoi più che la stella.  Più che’l sole.   V. 60. E durerà quanto 7 moto lontana.   Lontana, dal verbo lontanare. Quanto il molo lontana.  Quanto il moto s' allontana dal tempo presente : cioè la  tua fama durerà quanto dura il tempo.     a3   Piglia moto per tempo ella peripatetica, definendo  Ariatotile il tempo : Tempus tJt aumenu mottu seoundwa  prius et poiierUu.   V. 6i. L’ amico mìo, e non della ventura.   Dante, il quale per aver amato di puriaaimo amore  le bellezze dell' anima mia, e non le doti eaterne, che  la fortuna coraparte a' corpi terreni e corruttibili, fu  veramente amico di me, cio^ di quel eh' era mio, e non  {Iella ventura, e non della bellezza, per la quale altri di  lui men faggio m’ averà riputata felice e ben avventurata.   V. 63. Nella diterta piaggia i impedito   Si nel cammin, che volto, e per paura.   Impedito dalla lupa, e volto indietro per paura di cita.   V. 64. E temo eh' e' non ria già zi smarrito,   Ch’ io mi sia tardi al soccorso levata.   Dubito, che postano i vizj aver già preto in lui tanto  piede, che l'ajuto celeste non giunga in tempo.   V. 67. Or muovi ecc.   Muoviti, vanne : così il Petrarca :   Or muovi, non smarrir t altre compagne.   V. 71. Vegno di loco, ove tornar disio.   Toma egualmente bene al senso letterale e allegorico,  cioà e a Beatrice e alla teologia, il desiderio di ritornare  in cielo ; il che imitando per avventura il Petrarca nella  canzone :   Una donna più bella asstù che ’l sole ;  disse della teologia :     34    Cakto  costei batte t ale   Per tornar all* antico suo ricetto.   V. 72. Amor mi mosse ecc.   É Vamor d* Iddio, pel qual e' desidera che ciascun  nomo ti salvi, e questo è il eeoso allegorico o vero se-  condo la lettera ; la mosse la dolce memoria di quell* aniur  eh* eli* avea portato nel mondo a Dante, ond* ella il  chiamò, v. 61, L'amico mio.   V. 73 dinanzi al Signor mio»   Avanti a Dio.   V. 74. Di te mi loderò sovente a lui.   Gran promessa, dicono alcuni, fa qui Beatrice a Vir-  gUio 1 non intendendo questi tali qual utile possa ritor-  nare dair adempimento di essa a uu* anima divisa per  sempre dalla comunicazione della grazia e della beatitu-  dine. Dice in contrario il Vellutello, che Beatrice con  tal promessa promette a Virgilio in premio quello, che  da lei dare, e da lui ricevere in quello stato si potea  maggiore ; ma non dice poi, perchè, nè di ciò adduce  alcuna prova. Na il Cello nella Lezione sopraccitata spa-  ne, che anche all* anime perdute si può (come dicono t  teologi ) giovare con levar loro qualche parte di cagione  di dolore, e in fra gli altri mudi in questo, che sentendo  elleno celebrar le lor memorie o esser qualche compas-  iione di loro in altrui, elle pigliano alquanto di conforto  ( » ei però può chiamarsi tale ) di non si vedere abban-  donate al tutto da ogn* uno, e tiiassituonieuic quelle, le  quali non son dannate per fallo alcimo enorme e brut-  to, ma solo per non aver avuto cognizione della fede cmtiana, come VIRGILIO. Diremo dunque « cYie non »ia  ota d'ogni conaoUziune tal promeMa di Beatrice.   V. ^ 6 . O donna di virtù, sola, per cui   L'umana spezie eccede ogni contento  Da quel Ciel, ch'ha minor li cerchi sui.   Qui piglia itrettUaimamentc Beatrice nel «eoso allego-  rico; e dice, che per ewa, cioè per la teologia, fuomo  supera, ed è più nobile di tutte le creature contenute  dal ciel della luna;, essendo, che sopra di quello si dà  subito neir intelligenza movente Torbe lunare, la qual  •enza dubbio sì per pregio, si per eccellenza di chia-  rissimo intendimento è alT uomo superiore. £ che Dante  portasse opinione delT intelligenze moventi secondo la  dottrina d' Aristotile, è manifesto per quel clT ei dice in  altro luogo di esse. Par. cant. Vili, v. 37.   r’oiy che intendendo il terzo Ciel movete.   Ciò potrebbe anche intendersi in quest* altro senso :  O scienza, per cui l'uomo eccede, cioè trasvola con T in-  telletto dalle sublunari cose alle celestiali e divine.   V. 80. Che Vuhhidir, se già fosse, m'à tardi.   Che se io Tavessi obbedito in questo punto stesso, che  m'hai comandato, pure la mia obbedienza mi parrebbe  tarda: tale e sì fatto è il desiderio, che ho di eseguire i  tuoi cenni. Or venga qualunque si pare, e mi poni da altri  poeti forme così maravigliose e piene di si forte espressiva.   Y. 91. Jo son fatta da Dio, sua mercè» tale ^   Che la vostra miseria non mi tange,   Nè fiamma cTesto incendio non m* assale. l6 Canto   Io lono, la Dio mercè, talmente fatata per Tacque  della gloria, che la vostra miseria, cioè die T infeliciti  di voi altri ioaprai, non mi tocca, nè fiamma deir in-  cendio de' dannali non m' assale. E notili, die quella dei  aoapeai la chiama raiirria, non conaiaiendo in arnao do-  lorifico, ma in pura afflizione di apirito per la diiperata  viaion d' Iddio; dove quella de' dannau la chiama fiamma,  perchè tormenta poaitivamente il aenao.   V. 94. DoTina e gentil nel Ciel, che si compiange  Di questo impedimento, ov" io ti mando,  Si che duro giudicio lassù frange.   Quella donna, il cui nome è taciuto dal poeta, è  inteaa generalmente da' commentatori per la prima grazia  detta da' maeatrì in divinità grada data; la quale, perchè  viene per mera liberalità divina, è anche detta preve-  niente, dal prevenir di' dia fa il merito dell' azioni umane.  Queata dunque addirizzando la volontà del poeta nel buon  proponimento d'uacir della aelva del peccato, e di aalire  il monte Bgurato per la virtù e per la contemplazione,  piega e rattempera il rigoroso giudicio d'iddio; onde  dice: che dal compiangerai di quella donna per l'itupe-  dimento, che trova della lupa, il buon voler del poeta,  duro giudizio laaaù frange, cioè muove Iddio a conipaa-  aione, vedendo, che gli manca più il potere, che il volere;  onde merita d'aver in ajuto la aeconda grazia deiu illu-  minante, la quale ( ipongono i commentatori ) da Dante  è chiamata Lucia, dalla luce, eh' ella n'infonde nell'ani-  ma Questa seconda grazia chiama finalmente la terza,  detta perficiente o coniumante, espressa per Beatrice o  per la teologia; dalla quale vien condizionata la niente  umana alla contem) dazione della divina etienza : il che     SECOSDO.   Ottimamente li conacguiice col mental TÌaggio dell* In-  ferno e del Purgatorio, cioè a dire con la meditazione  di quelle pene ; •! come avviene al noetro poeta, il qual  per tal cammino li conduce alla fruizione del Paradiio,  e ai alla contemplazione d' Iddio.   V. 97. Questa chiese Lucia in suo dimemdo,   £ disse, Ora abbisogna il tuo fedele  Di te, ed io a le lo raccoaiando.   Lucia nimica di ciascun crudele  Si mosse, e venne al loco, dov V era :  Che mi sedea con l'antica Rachele.   Questa donna, cioè la grazia preveniente, richieee con  tua dimanda Lucia, cioè la grazia illuminante, che aju-  tatte il tuo fedele, cioè Dante ; il quale in altro luogo  dice di tè, eh* egli fu fedele a creder quella, in che la  grazia illuminante TammartlTava: e Lucia ti mette tubilo  a chiamar Beatrice, la qual ti sedea con l'antica Rachele;  e ciò per tignificare, che la teologia è indivitibil compa-  gna della contemplazione, poiché Rachele (che in verità  fu moglie di Giacob ) nel vecchio teitamento ti piglia  per la vita contemplativa.   V. Io 3 . Disse: Beatrice, loda di Dio vera.   Che non soccorri quei, che t'amò tanto,  Ch' uscio per te della volgare schiera ?   Disse, cioè Lucia Disse. Loda di Dio vera. Chiama  la teologia e la grazia vera lode d' Iddio, forte perchè  dalla prima comprende l'uomo gli ecceUi attributi di  quello, ond* avvien a intiniiarne conceui più adeguati  di qualunque altra lode, che privi del lume di lei tlamo  capaci di udirne; e dalla teconda ti nvuùfctu raltiiiiiuo  pregio delle tue miaericordie.     a8 Canto   V. ic5. eh’ uscio per le /iella volgare schiera.   Per te toma bpne nel temo allegorico e nel letterale ;  poiché Dante non t|nccò meno al tuo tempo per la pro-  fonda notitia della tacrata teienza, che per le rime e per  gli altri parti, a' quali tollerò il tuo nobilittimo ingegno  Tecceitivo amor di Beatrice.   V. ic8. Su la fiumana, ove'l mar non ha vanto ^   Qui il Fioretti, non rinvenendoti qual tia qiietta fiu-  Dtana, poitilla in queata forma : Che fiumana ? ieslia.  Ma noi, per ora latciando il Fioretti nella tua tfacciata  ignoranza, terberemo ad altro luogo la tpotizionc di  quetto verto.   V. 109. Al mondo non fur mai ecc.   Dice Beatrice, che al mondo non fu mai pertona coti  aoUecita a cercare il tuo bene e fuggire il tuo male,  com' ella dopo tale avvito del grave pericolo di Dante  fu pretta a venir laggiù dalla tua tedia beata.   V. 114. Ch'onora te, e quei, ch’udito V hanno.   Perché le poetie di Virgilio non tolamente onoran  lui, che l’ha fatte, ma qualunque ne diviene ttudioto;  onde ditte di té medeiimo nel primo canto, T. 86.   Tu se’ solo colui, da cui io tolsi  Lo hello stile, che m’ ha fatto onore.   V. lao. Che del bel monte il corto andar li tolse.   Ti fe' ritornare indietro, quando poco di viaggio ti  rimaneva per condurti alla cima del bel monte, cioè al  tommo della virtù o della contemplaiione.    39    V. i 39- Or va, eh" un tot volere è efamendue.   D’amendue noi ; il tuo cT andare, il mio di venire.   V. 143. Entrai per lo cammino alto, e tilvettro.   Spoogono i commentatori alto, cioè profondo. Io però  m'aRerrei al parere del Manetti nella tua ingegnoaa ope-  retta circa il silo, forma, e misura delf Inferno di Dante,  dove intende alio nel ano proprio tignificato, cioè d’ele-  vato e aublime ; con ciò aia coaa che egli pone Teotrata  deir Inferno in aur un monte aalvatico, per entro il cui  aeno ruoli eh’ e’ ai cominci immediatamente a acendere.  Ma di ciò non fia mio intendimento al preaente di fa-  vellare I potendo ciaacuno in queato ed in ogn’ altra par-  ticolarità del aito e della forma della atupenda architet-  tura di queato Inferno aaaai ampiamente aoddiafarai con  ana breve lettura del aoprammentovato autore. ]\^0STiiA in qaetto terzo canto (*) c Tettersi condotto  per lo canunino alto e ailreitro alla porta dell* Inferno»  la cui Menzione comincia ex abrupto al principio del  canto» come l'ei leggeue. Di poi, acendendo per J' in-  terne vie del monte, arrivato in quella concaviti o ca-  verna della terra, che è quali come un veitibolu dell' In-  ferno, ed è immediatamente sopra il primo cerchio, cioè  sopra il Limbo, vede quivi Tanime degli teiaurari, cioè  di coloro, che mentre vissero non furon buoni ni per  aè, nè per altri, ninna buona o rea cosa operando.  Questi dice eh’ hanno per tormento il correr perpetua-  mente in giro dietro un' insegna che tutti li guida, c    (*> Dira qvslceia di riè che dir« il CrlU con r«atorità dal  iigliolo a dal nisota dì Dante, cha dal prima vcr.o dal quinta  canta comincia la narrationa dal paama. Calli, Uh. X..3a Cauto   chr in cotal cono ton punti e fieramente trafitti da tafani  e da moaclie. Attraversato quello spazio poi destinato  alla girevoi carriera di quegf infelici, dice essersi con-  dotto al fiume d’ Acheronte, e quivi aver veduto venir  Caronte per l'anime de' dannati, e dopo, euer tramortito  in su la riva di quello.   V. I. Per me si va ecc.   Si finge, che parli essa porta. Ferme, il senso it Per  entro me.   Y. 4 . Giustizia mosse ‘I mio aito fattore.   Veramente il motivo di fabbricar P Inferno venne dalla  giustizia, la qual si dovi far di Lucifero e degli angeli  suoi seguaci.   V. 5. Feeemi la divina potestafe.   La rowaui sapienza, e 'I primo Amore.   La Santissima Trinità, della quale spiega le persone  per gli attributi: il Padre per la potenza, per la sapienza  il Figliuolo, per l’amore lo Spirito Santo.   V. 7 . Dinanzi a me non far cose create,   Se non eterne ecc.   Seguita a parlar la porta per esso Inferno; e dice, che  avanti a lui non fu altra specie di creature se non eterne.  Per queste intendono assai concordemente i commentatori  la natura angelica ; la quale, siccome dovette esser punita  per la sua ribellione, cosi par molto verisiiuile, che il  carcere d' Inferno fosse fabbricato dopo il peccato degli  angeli; e sì dopo la loro creazione. Che poi Dante se  li chiami eterni, cioè in ritguardo dell'eternità avvenire. p«r la qaal dureranno, onde i teologi U chiamano eterni  a pitrte post^ o, come ad altri dì essi è piaciuto di no«  minarli, sempiterni, a distinzione delT eterno a parte ante,  il che si conviene solamente a Dio.   Na siami qui lecito il metter in campo una mia con-  siderazione, la qual mi dichiaro, eh' io non intendo di  proferire altrimenti, che ne’ puri termini del potrebb* es-  sere, a fine di sottoporla al savio accorgimento di quello,  al quale è unicamente indirizzata questa mia deboi fatica.   10 discorro così : L’ Inferno ( secondo Dante ) fu creato  col mondo, e ’l mondo fu creato in istante.   V. la. Perch* io : Maestro, il seruo lor m è duro.   Onde io ( vi s’ intende, dissi ) : O Maestro, il senso  lor m* è duro. Duro, cioè aspro, e non, com* altri vo~  gliono, oscuro. Perchè leggendo Dante l’ immutabil de-  creto di non uscire della porta d’ Inferno, a ragione di  bel nuovo s’ intimorisce.   V. i3. Ed egli a me, tome persona accorta i  Qui si convien lasciar ogni sospetto.   Da questa risposta di Virgilio si conferma il detto di  sopra, che Dame non disse essergli duro, cioè oscuro,   11 senso deir iscrizione dell’ Inferno, ma duro, cioè aspro,  spaventoso ; perchè Virgilio non piglia ora a chiosargli  la suddetta iscrizione, ma lo conforta a francamente  entrarvi. Così la Sibilla ad Enea nel VI, v. a6i.   Nunc aiwuis opus, Aenea ^ nane pectore firmo.   Ma io di qui avanti non mi fermerò a conciliare i  luoglìi simili di questo canto col sesto delP Eneide, come  benissimo noti, a chi scrivo, le non dove m'occorra di     34 Canto   fare apiccare l'eccellenia di alcuna di queati col para-  gone di quelli.   V.i8 il ien étW intelletta.   La viltà e la cognoicenaa d'iddio.   V, ai. Quivi sospiri, pimti, e ahi guai.   Ne* tre arguenti terzetti par, che Dante abbia voglia  di auperar Virgilio nell' eipreaiione della niiieria de’ dan-  nati. S'ei ae lo cavi o no, giudichilo chi farà confronto  di quello luogo con quello del VI dell’ Eneide, v. SS^,  Bine txauJiri gemi/us, et saeua sonare.   V. iq. Sempre 'n queW aria, sema tempo, tinta.   I comineo latori apirgano eoa): Tinta senza tempo, eioh  lenza variazione di tempo al contraria dell' aria noatra,  la qual ai tigne a tempo come la notte, e ai riachiara  da' raggi del aopravvegnrnte iole.   La Cruaea legge diagiuntamentr, Ària senza tempo, fintai  onde il Rifiorito apiega quel senza tempo, eterna, quaai  che il aentimento aia tale, aria eterna, e tinta. Coi) nel  canto che aegue la chiama eterna, v. i6.   JVon avea pianto, ma che di sospiri.   Che l'aura eterna facevan tremare,   Cooiidero di pii), che l'epiteto di eterna in quello  luogo del terzo canto corria[>oude al perpetuo aggirarli  delle voci de' dannati, v. a8.   Farevan un tumulto, il qual s'aggira  Sempre in quell' aria, senza tempo, tinta ;   poiclià, a’ e' a'aggira eternamente, torna molto brne il  dire, che eterna aia l'aria, nella quale s'aggira. £ poi    nè meno può dirti, che rana deir Inferno aia tìnta senza  tempo, cioè ( come tpongono i commentatori ) eterna-  mente, perchè ancorché Dante dica di etta, Inferno,  cant. IV, r. io.   Oscura, profonda era, t nebulosa  ’ Tanto, che, per ficcar lo viso al fondo,   r non vi disccrnea alcuna cosa,   Ciò non toglie, eh' ella in alcuni luoghi non fotte di  continuo illuminata dal fuoco, come nel terto girone  de’ violenti, ed in queito medetimo degli teiaurad, dove  te non altro vi balenava, v. i33-   La terra lagrimota diede vento,   Che balenò una luce vermiglia.   V. 3l. £d io, eh' avea d'errar la tetta tinta.   Cinta d’errore, adombrata dall'ignoranza di ciò ch’io  ndiva.   V. 35. Che visser sansca infamia, e sanxa lodo.   Che in queito mondo, nulla mai virtuoiamente ope-  rando, non latciaron di tè alcuna memoria.   V. 37 . Mischiate tono a quel cattivo coro   Degli jingeli, che non furon ribelli,   Ni far fedeli a Dio, ma per te foro.   £ opinione, che nel fatto di Lucifero fotte una terza  Lizione d' angeli, la qual nè t'accottaiie a Lucifero, nè  ti dichiaraite per Iddio, ma ti teuetie neutrale. Di  queiti parla il poeta, e in pena della loro irreiolutezza  li mette con gli teiauratì.  Canto   V. 4 o> Cacciarla eie!, per non tster men belli:  Nè lo profondo Inferno gli riceve,   Ck‘ alcuna gloria i rei avrebber d elli.  n tentimcnto ì tale; Pel Cielo ton troppo brutti, per  rinferno aon troppo belli ; coti ti atanno in quel mezzo,  ciof nel veaubolo di euo Inferno. Notiti ben, eh' egli  dice, V. 41.   Nè lo profondo Inferno gli riceve ;  volendo dire per Io profondo Inferno, coli, dove ti tormentano i rei > i quali avrebbono alcuna gloria cT averli  in lor compagnia. Non come dicono gli i|>otitori.' ti  glorierebbero per vederti puniti del pari con etti, che  non commitero altro peccato, che d’etterti indiflfereoti  tenuti, ma alcuna gloria v'avrebbero, perchè agli occhi  loro la piccola macchia di tale indifferenza non varrebbe  ad appannare il lustro di loro eccella natura, dalla quale  ritrarrebbe alcun taggio della gloria, e ti della celette  beatitudine.   V. 47. E la lor cieca vita è tanto batta,   Che ’nvidioti ton i ogn altra torte.   Non tolaniente di quella de' beati, ma in un certo modo  di quella de' peccatori. Tanto è riera, cioè vile ed oscura  la lor misera vita, onde dice, che misericordia e giusti-  zia gli sdegna, quella che di loro non è avuta, questa,  che per cosi dir li disjirezza con distinguerli sì di luo-  go, come di pene da’ peccatori. E credo, che P intendi-  mento del poeta sia J* inferire, che la maggior pena di  costoro èia vergogna di non esser almeno stati da tanto,  poich’ a perder s’aveano, di perdersi, come suol dirsi,  per qualche cosa. Ond' egli arrabbuno e mordonsi le lani di noo aver avnto tanto «pirito da irritar almmend  la divina giuttisia, la quale in « fatta guisa punendoli)  par loro, eh* ella « per così dir y non gli •cimi, e ai li  Timproveri e facciasi beffe della lor dappocaggine.   V. Sa 9Ìdi un insegna y   Che y girando, correva tanto ratta,   Che d’ogni posa mi pareva indegna*   Mette costoro rutti sotto un* istessa bandiera a dinotare  la simigUanaa dell* indegna lor vita. Li fa correre per giu-  stamente punir Tozio e Taccidia del tempo, eh* e* vissero.   V. S 4 . Che ^ogni cosa mi pareva indegna.   Spiega il Vellntello, eh* egli erano indegni d* alcun  riposQ. Il Buti: Correva quest* insegna t che mai non mi  parca si dovesse posare, e forse meglio. Non credo però,  che nè Tuno, nè Taltro la colga. 11 Daniello e'I Bonanni  •e la passano senza dirne altro. In quanto a me direi :  che la mence del poeta sia stata di pigliar in questo  luogo indegno per incapace, o altra cosa equivalente ; e  nel resto io credo, che Dance abbia forse voluto dar da  strologare a* grammatici toscani ; come fece Ennio a* La-  tini in quello indignas turres, dove da Girolamo Colonna  r indignas viene spiegato per magnaSy e dal medesimo  vien allegato in conformazione di ciò un luogo di Servio,  il quale spiegando quel verso di Virgilio nelP Egloga X  indigno cum GaUus amore periret, spone indignutn per  magnum, e quell* altro pur di Virgilio nelle Ceiri:   Verum haec sic nobìs grauia atque indigna fuere.   Nel quale Giulio Cesare Scaligero spiega indigna y  cioè inefiabile, e per trasUto, immensoCarto   V. 59 - Guardai, e vidi l’ombra di colui.   Che fece per viltatt il gran rifiuto.   Intende di Piero d«l Murrone, che fu Papa Cele-  stino V, il quale, tra per la tua sempliciti e l'altrui  sottigliezza, s* indusse a rinunziare il papato. Questi fu  ne' tempi di Dante, onde non debbe tacciarsi d' iinpietà  il poeta, sapone nell’ Inferno l'anima di colui, che non  essendo per anche dal giudizio mai non errante di Santa  Chiesa annoverato tra' santi, come poi fu, poteva leci-  tamente credersi soggetto ad errare, e si interpretarsi in  sinistro i (ini delle sue per altro santissime operazioni.   V, 63. ji Dio spiacenti, ed a’ nemici sui.   Corrisponde a quel eh' ha detto di sopra, eh’ e' non   eran nè di Dio, nè del Diavolo.   * •   V. 64 . che mai non fur vivi.   Morde acutamente con questa forma di dire la perduta  loro vita.   V. 65. Erano ignudi, e stimolati molto.   Stimolati, risguarda anche questo la lor pigrizia.   V. yS per lo fioco lume.   Traslazione mirabile di quel eh* è proprio della voce,  per esprimer con maggior forza quel che s' appartiene  alla vista. Similmente nel primo canto, v. 60, per si-  gnificare l'ombra della selva disse, dove'l sol tace:  qui con non minor vaghezza un lume assai languido lo  chiama fioco.   V. 83. Un vecchio bianco, per antico pelo.   Forma assai rara e nobilissima per esprimer la canizie  del vecchio Caronte. Gridando : Guai a coi anime prave :   Non isperale mai veder lo cielo ecc.   Coinime mirabilmente otaervato, ioduceme mollo mag-  giore ipavento, l' imrodur Caronte minacciante l'anime  nell' atto d'accottarti alla riva, che introdurlo muto verao  di eaae, aiccome la Virgilio, il quale non lo fia parlar*  ae non con Enea.   V. 88 viva,   Partili da codesti, che son morti.   Kon diaae da codette, che aon morte, perché come  anime eran vive ; ma diaae, da codesti, cioè uomini,  de’ quali ti potea veramente dire, eh' e' foatcr morti.   V. 91 . Disse; Per altre vie, per altri porti   Verrai a piaggia, non qui, per passare :  Più lieve legno eonvien, che ti porti.   Intendono i commentatori,, che Caronte predica a Dante  la tua aalvazione, e che però gli dica, che egli arriverà  • piaggia per altre vie, per altri porti, intendendo del  porto d' Oatia poato vicino alla foce del Tevere, dove  finge il Poeta, che l'anime imbarchino per l' itola del  Purgatorio ; e che queato più lieve legno aia il vat-  tello con cui vien Vangelo a caricarle, di cui Furg.  cani, n, V. 4 ^’-   e quei s‘en venne a riva   Con un vasello snelletto, e leggiero,   Tanto che t acqua nulla n inghiottiva.   Il Rifiorito però aaviamente contiderando (aecondo io  pento ) quanto era cota impropria il porre in bocca d'un  Demonio coti fatto vaticinio, mi tpiega queato patto in     40 Canto   diverto lentimento. Prende egli altri porti in quetro  luogo per altra condotta, cioè per altri die ti portino,  e per lo più lieve legno intende l'angelo, che pattò Dante  aJdormentato dall' altra riva, tenta che egli te n' accor-  geue. Il che toma aitai meglio al rihuto che fa di lui  Caronte ; mentre di lì a poco li vede verificato quel  eh’ egli dice, cioè che egli per altra via verrà a piaggia,  ticcome vedremo più a batto.   V. 94. £ ‘I Duca a lui ecc.   E Virgilio ditte luì.   V. 99 ave' di fiamme ruote.   Ave' con Tapottrofo per avea, non ave terta pertona  del meno nel preiente del verbo avere, come hanno  alcuni tetti.   V. 104 e‘l teme   Di lor temenza, e di lor nasciiuenti.   Gli avi e padri. Quelli tono il seme di lor semenza,  quelli di lor nascimenti, perchè da etti immediatamente  nacquero. Coti il Rifiorito.   V. Ili qualunque s'adagia.   Qualunque ti trattiene, non qualunque » accomoda  nella barca, come tpone il Daniello, che tarebbe alato  tpropotito.   V, li». Come t Autunno si levan le foglie,   L’una appretto delF altra, infin che 'I rama  Rende alla terra tutte le sue spoglie.   Similitudine tratu da Virgilio nel VI, v. 309.   Quam multa in tyluit autwnni frigore prima  Lapta cadunt jolia etc. ;  ma adattata asiai meglio da Daate, nel cui InTerno niuna  deir anime era eacluia dall'imbarco, liccome niuna delle  foglie riman tu Palbero ; al contrario di quel di Virgilio,  nel quale tutti coloro, che non eran sepolti, erano lasciati  in terra. E poi elf i grwdemente nobilitata col prose-  guimento di essa fino al restare spogliato del ramo, pa-  ragonato al restar voto il lido j dove Virgilio la regge  solamente nella prima parte del cader delle foglie, e  dell' imbarcarti fanime ; passando poi subito a quella  degli uccelli, che passano oltramare.   V. 1 18. Cori seis vanno tu per f onda bruna.   Bellissima ipotipoti, e che mette sotto agli occhi il  camminar della nave.   V. lao. Anche di qua nuova tchiera t'aduna.   Di quelli, che continuamente e per ogni stante di tempo  muojon dannati.   V. laS. Che la divina giuttizia gli tprona.   Si che la tema ti volge in detto.   Chiese innanzi Dante a Virgilio : perché quell* anime  paressero si volonterose di passare il fiume, v. qi.   Maettro, or mi concedi,   Ch’ io tappia, quali tono, e qual cottume  Le fa parer di Irapattar ri pronte.   Ora gliene rende la ragione, mantenendogli nello stesso  temp^ la promessa, che glien' avea fatta in quc* versi 76.   le cote li fien conte.   Quando noi fermerem li nottri patti  Su la tritta riviera d Acheronte. £ dice, che ciò accade, perché la divina giustizia le  sprona ai, che la tema §i volge in diblo. l*^eIU epoai/ione  di queato paaao i coumieotatori a* aggirano per diverae  strade t non mancando di quelli, che ae la paaaano eoo  la mera apiegaaione allegorica, lo però, fìntanto che non  trovi meglio da aoddiafarmi, atarù nella mia npinionet la  qual è : che Dante abbia preteao d'eaprimere un terri-  bile effetto delia diaperazion de' dannati, per la quale  paja ior nuir anni di precipitarai ne' tormenti, ed empier  in ai fatto modo l'atrociià delia divina giuatiziat la quale,  secondo loro, è sì vaga della loro ultima uiìaeria. Coai  abbiamo veduto di quelli i che oda rabbia, oda gelo-  sia, o da altra violenta paaaione ai tono indotti a darai  morte volontaria per un diadegnoao guato di aaziare il  fiero animo di donna o di principe contro di loro ade-  gnato. Cosi Inf. cant. i3. Pier delle Vigne, segretario  dì Federigo imperatore, dice essersi per un aioiile guato  data la mone, v.   L*anÌMO mio per disdrgnoso gusto,   Credendo col morir fuggir disdegno,   Ingiusto fece we, contro me giusto^   Un a’imil disperato affetto ai vede raramente eapreaio  da Seneca nel coro dell' atto primo drlT Edipo, dove  parlando in persona de' Tebanì ridotti all* ultima diapera-  aione per quell' orribile peauleoza, fa dir loro cosi : v. 88.   Prostrata iacet turba per orai,   Oratque mori : solum koc facilee  Tribuere Dei. Delubro petunt;   Jlaud ut uoto nuinina placent,   Sed iuuat ipsos satiare Deot.Ancora il Boccaccio fa proromper la diaperata Fiani-  metta in una aiiuil bettemmUf tacciando gli Dii dell* in-  gordigia, ch'egli hanno, di rovinar coloro, die da esai  aono inaggtormeote odiati. Fiam. lib. 1 . Ma gl* Iddìi a  coloro, co* cfuali essi sono adirati, benché della lor salme  porgano segiu>, nondimeno gli privano del conoscimento  debito. E COSI ad un* ora mostrano di fare il lor dovere «  e saziano f ira loro»   V. 117. Quinci non passa mai anima buona»   Tutte ranime, che di qua pattano, aon dannate; però  tu Dante puoi ben comprendere la ragione, ond* egli  ai motte a rigeuard dalla tua nave.   V. i 3 o. Finito questo, la bufa campagna   TVemà forte, che dello spavento  La mente di sudore ancor mi bagna.   La terra lagrimosa diede vento,   Che balenò una luce vermiglia,   La quai tu vinse ciascun sentimento:   E caddi, come Vuom, cui sonno piglia,   Quetto luogo è a mio credere oteurittitno, e tengo  per fermo, che a volerne capire il vero tignificato, aia  necettario intenderlo affatto a roveteio di quel di' egli  ò arato letto e apiegato 6nora. Poiché dicono i commen-  tatori, che la luce vermiglia fu l'angelo, il qual venne,  e addormentò Dante col terremoto, e coti addormentato  lo prete e lo pattò all' altra riva. Io qui non domanderò  loro, com' e' tanno, che Dante fotte pattato dall* angelo  e non pintcotto da Virgilio o da qualche demonio, potto  che egli non ne dica da per tè nulla, dicendo tolaiueute  nel principio del IV canto, che, coin' e' fu desto, ti  44 Canto   ♦roTÒ «Ter pasiato i! fiume Acheronte. Tuttavia, perché  di ciò ftimo, che §e ne potsa addurre qualche probabi)  conjettura, mi riitrignerò domandare : «e la luce vermi>  glia naace dal vento esalato dalla buja campagna nel auo  tremare ( intendo tempre di star tu la fona della lettera,  che col tegreto dell' allegoria benÌMÌmo ao guarirti di  questi e d'altri maggiori inveritimili ), come ti può mai  intender per etta vermiglia luce un angelo venuto dal  cielo ? E poi qual nuova virtù hanno i tuoni e baleni  di far addormentar le persone ? O qual necessità v'era  d'addormentar Dante ? E per averlo addormentato e pat-  tato dormendo, qual grande avvenimento ti cav' egli da  questo tonno ? Il Vellutello è stato a tocca e non tocca  d* indovinarla, facendo nascere non il baleno dal terre-  moto, ma il terremoto dal balenare ; ma non ha poi  •piegato come ciò post* estere, stante il sentimento dei  versi seguenti: i33.   La terra lagrimota diede vento ^   Che balenò una luce vermiglia*   Spiega il Landini; Che, cioè il qual vento balenò una  luce vermiglia. Dunque se fu il vento, che balenò, non  fu il baleno, che fe' tremar la campagna e spirare il  vento; e per conseguenza, se il baleno fu parte dell' aria  infernale, non ti può dire, eh' e' fosse l'angelo. Io però  credo, che con pochissimo la lezione del Vellutello si  farebbe diventar ottima, cioè con legger quel Che per  Perchè, o Perciocché, o Conciossiacusachè ; si che il  •enso fosse ; La buja campagna tremò, la terra lagri-  mosa diede vento ; Perchè ? Ecco : Perchè balenò una  luce vermiglia. Cosi toma quello, eh' io diceva da prin-  cipio, che a capire e a voler dar qualche sentimento aquetto luogo era necenarìo intenderlo a roretcio di  quello, eh' egli era inteso universalmente ; cioè dove gli  altri intendevano il baleno per effetto del terremoto e  del vento, intender il vento ed il terremoto per effetto  di esso baleno. In tal modo non i più veritimile, anzi  torna mirabilmente l' interpretare il baleno per la venuta  deir angelo; il quale, oltre a quello, che n’accennò Ca-  ronte quando disse, v. 91.   Per altre vie, per altri porti   y errai a piaggia, non qui, per passare,   Più lieve legno convien, che ti porti.   si rende molto credibile, che foste più tosto egli, cioè  l’angelo, che Virgilio, o un demonio, il quale passasse  Dante, si per la gloria della luce, che balenò agli occhi  del poeta, ti perchè estendo il passar Dante di là dal  fiume opera soprannaturale e miracolosa, molto maggior  dignità è farla operar per un angelo, che per un’anima  o per uno spirito ; e ti finalmente perchè altre volte,  quando è stata da superare qualche gran difficoltà, come  alla porta della città di Dite, dice espresso, che venne  un angelo a farla aprire. Che poi alla venuta dell’ an-  gelo la buja campagna tremaste, è nobilissimo accidente,  e proporzionata corritpondenia alla grandezza dell’ avve-  nimento. Lo stesso sappiamo esser avvenuto, quando  v’arrivò Tanima di Cristo Signor nostro per liberare i  tanti del vecchio testamento; come ti legge in S. Mattea  al cap. XXVII e al cap. XXVIII più strettamente; dove,  scrivendo la venuta d’un grandissimo terremoto, ne dà  per cagione la scesa iTun angelo ; Et ecce terraemotus  factus est ntagnus ; Angelus enim Domini descendiS de  taelo. Dove notisi, che quell' zaùn ha la stessa forza, che Canto   io intendo dare a qnel che, cioè di perchè o di percioc-  ché, o di conciossiacotoché, arnia clic interroghi, nè ciò  aenia molti eaempj di prosa e di versi, come si può  vedere al Vocabolario, e più difltusamente appresso al  Cinonio.   Un simil costume si vede anche osservato da' poeti  gentili, come eh' e' lo conobbero benissimo adattato alla  dignità de’ celesti personaggi. Servio : Opinio est sub  oduentu Deorum moueri tempia. Seneca, nell’ Edipo,  atto 1.*, scena prima, dove Creonte ragguaglia lo stesso  Edipo della risposta dell’ Oracolo, v, ao.   Vt sacrata tempia Phoehi supplici intraui pede,   Et pias, nutnen precatus, rile summisi manus ;  Gemina Parnassi niualis mrx trucem sonitum dedit,  Imminens Phoeboea laurus treiimie, et mouu doutuau   E Virgilio, Eneide, lib. Ili, v. 90.   Vix ea fatus eram, tremere omnia uisa repente  Limina, laurusque Dei, totusque moueri  Mons circum, et nugire adytis cortina reclusis.   Precede questo alF Oracolo d'Apollo ; luogo imitato da  Callimaco nel principio delf inno in lode della stessa  Deità, V. I.   *Oso« S Ttt’nóAAswoc iaiiaaro Só^iroq   ‘Ola, f ZXov TÒ fiéXaipoo' enàf, inàif, Sant dXtSpót,   Come s'e' egli mai scosso questo ramo £ alloro sacro ad Apolline;  Come s' e’ scossa questa spelonca l Fuara profani: fuora:   Lo Scoliaste dice, che ciò avvetiiva per la venuta dello  Dio. Le sue parole sono : itetdfigovvTOt Tov dfov. Come t"e’ icotto quitto ramo, come i e' scossa questa spelonca!  Non, Quanto s' è scosso questo ramo ree. ; come traalata  il traduttore di Callhnaco, lenza ponto avvertire, che Io  Scolialte greco l’ ha inteio in lenio di coinè e non di  quanto: Olov 5 rà ’II^A.X«vo{ ) 'Atri Toó o2at, Siro(.  Or reggili le l’ interprete doveva mai tradurre otog  ovvero Sicmf per quantus; e pur era un lolenne tradut-  tore, e che li piccava iniioo di icrivere veni greci.  Virgilio nel VI fa lervire un limile avvenimento a no-  bilitar la venuta della Sibilla nelf Inferno, v. iS5.   Ecce autem primi sub lumina solit, et ortut,   Sub pedibus mugire solum, et juca coepta numeri  St/luarum, tùtaeque canet ululare per umbram,  Aduentante Dea : Procul, o procul ette profani.   Coll Claudiano de Rap. Froterp., lib. 3, alla venuta di  Plutone, V. iSa.   Ecce rrpens mugire fragor, confligere turres,  Pronaque uibratis radicibus oppida uerti.   Che poi Dante non dica apertamente dell’ angelo,  ciò è fatto ( come awertiice il Boti nel Comento lopra  il canto IV) con grandiiiimo accorgimento i poichò egli  non potea dire le non quel tanto, eh’ ei vide; e te dice,  che la luce vermiglia lo fe’ tramortire, vincendogli cia-  •cun tentimento, e che in questo fu panato di là dal  fiume, sarebbe stato molto improprio, eh* egli ci aveste  dato conto di quel eh’ accade durante questo suo sveni-  mento. Dico svenimento, non sonno, al contrario di  tutti gli tpositori, i quali, mi maraviglio, come in cosa  tanto manifesta abbiano preso un sì grosso equivoco.  Dice Dante, che la luce vermiglia gli vinse ciascun     48 Canto   lentimento, cadde come Tuoma preio dal loono. Dunque,  a' ei piglia la limilicudme da colui, che cade addormen-  tato, ^ troppo chiaro, ch'egli cadde per altra cagione;  che non li piglia mai il paragone dalla iteiia cola para-  gonata. Qual freddura larebbe mai queita ? Caddi addor-  mentato, come cade quegli, che l' addormenta’ Tramortito  bensì; e ciò' intende molto bene, come polla derivare  dallo ipavento del terremoto, e dall’ abbagliamento della  luce vermiglia ; ma non già il lonno, il quale è ami  •cacciato, come vedremo nel principio del leguente  canto, e non luaingalo per un tuono. Un caio asiai limile  li legge in Daniele al cap. X, dove egli icrive di lè  medesimo, che la vennta deir angelo, che avea combattuto  col re di Persia, avea ripieno di tale spavento quelli  eh' erano col profeta, che l'erano fuggiti; ond'egli, vinto  in ciascun sentimento e abbattuta ogni lua virtù, rimase  solo a veder la visione ; yidi auttm ego Daniel solus  uisionem. Porro uiri, jui erant mecwn non uiderunt, ted  terror nimiue irruit super eoe, et fugeruni in aiscondilum;  ego autem relictut solus nidi uisionem grandem lume, et  non remansit in me fortitudo, ted et species mea immutala  est in me, et emareui, nec habui quiiquam uirium. E poi  diremo noi. Dante esser caduto morto, per quel eh' ei  dice al canto V dell’ Inferno, v. 140.   E caddi, come corpo morto cade ?   Dunque con qual ragione or, di' e' piglia la similitu-  dine dal cadere d'uno, che l'addormenta, dir vorremo,  eh' egli si cadesse addormentato ? Nè meno volle Dante  cavarci di questo dubbio della venuta dell' angelo, fa-  cendosela narrare a Virgilio, siccome nel IX del Purga-  torio li fa dir, che Lucia Io prese dormendo, v. Sa.  Dianzi ntìf alba i cKe precide il giorno,   Quando f anima tua dentro dorniia,   Sopra li fiori, onde laggiuso è adorno,   Venne uno donna, e ditte : /' ton Lucia ;  Latcialemi pigliar cotlui, che dorme :   Si t agevolerò per la tua via.   avendo fone in ciA mira non tanto alla varietà e alla  bizzarria, quanto (come avvertUce io Smarrito ) a lalvar  la modeitia, per la quale non vuol coti pretto farti  bello d'un tì alto favore; riapetto, che manca poi nel  Purgatorio, dove la tua anima per la meditazione del-  r Inferno era divenuta piti monda, e ti pili vicina a  pervenire all' altittima contemplazione d' Iddio.   Veduto del concetto principale di quetto luogo, è  ora contegnentemente da vedere con brevità d'alcune  cote, che rimangono, per aver una piena intelligenza  anche de’ pai-ticolari tentimenti.   V. i3o. Finito quetto, la huja campagna   Tremò ri forte, che dello tpavenlo  La mente di tudore ancor mi bagna.   Qui mente per fantaiia; e 'I tento à; La fantatia, ri-  membrando l'alto tpavento, ancor ancora muove tudore,  il qual bagna me, e non \a mente, come t'accordano con  gran bontà a intendere il Vellntello e 'I Daniello. Coti  ancora vediamo quell' azione, liati dell' anima, o degli  tpiriti, che i' etprime con quetto vocabolo di fantatia,  per allungare al palato, e romper Pagrezza de’ frutti acerbi  gagliardamente immaginati, muover taliva.   V. i33. La terra iagrimota diede vento ere.     So Canto terzo.   Qurito è confuroie la volgare opioionei che crede il  terremoto produrti da aria terrata nelle vitcere della  tetra ; la qual opinione tappiamo ettere tlata leguitata  da Dante, come ti raccoglie da un luogo del XXI del  Purgatorio ; dove in perenna di Staiio rende la ragione  de' terremoti, che t'odono intorno alla falda di quella mon-  tagna con quetti versi 55 e aeg.   Trema forse quaggiù poco, od assai ;   Ma per venSo, che irs terra sì nasconda.   Non h dunque gran fatto, che, portando egli quetta  credenza, dica, che nel terremoto della buja campagna  otc) vento di terra, volendo inferire di quell' ana, che  nello tcotimento, e forte nell' aprimento della suddetta  campagna ti sprigionava. Raccolta, eom’ an tuono Io f«ce ritornare in,  e come trovò aver pattato il (ìamc Acheronte dalP al-  tra riva, la qual fa orlo al catino de!!' Inferno, chiamato  da lui valle dolorosa d'abiuc. Dice poi, d'eticre tcrio  nel primo cerchio <^’ etto Inferno, che è il Limbo. Di-  manda a Virgilio della venuta di Critto in quel luogo,  ed ode la tua ritpotta. Quindi patta a veder 1' anime  de* bambini innocenti, e dopo quelle di coloro, che  visterò secondo il lume delle virtò morali ; e con la motta  per discender nel secondo cerchio, termina il canto.   V. 1 . Rufptmi t alto tonno nella lesta   Un greve tuono, ti eh' i" mi riscossi,  Come persona, che per forza è desta.   Statuì dio della similitudine presa da chi dorme; onde  chiama sonno quello, che in realtà era tmarrimento di  spiriti, e svenimento. Chiamalo alto, a differenza del    Digitized by Google    Sì Canto   «ODDO naturale: anzi, a fine d'eeprimerlo alùiiiraot dice,  che un greve tuono a gran pena lo ritcofte, rome ai  rìacuote persona, che per forza è desta* £d ecco retta la  comparazioDe fin all' ultimo^ dopo averla fatta operar  con grandisiimo artifizio in tutte le «uè parti. Il tuono  potrebbe a prima viata parere non eaaere auto altro,  che il rumore degli alilaaimi pianti, e delle mìaere atrida  de* danoati, chiamate da Dante poco pid abbaaao tuono.   J tu la proda a mi trovai   Della valle d * abisso dolorosa,   Che tuono accoglie d* infiniti guai.   Goal di aopra nel terzo canto, t. 3o, rasaomiglia i  gemiti degli aciauratì allo apìrar del turbo : qui, ove ai  aeote il pieno del triato coro dell' Inferno li rasaomiglia  al tuono. Potrebbe forse anclie dirai, che questo tuono  venne dall' aria del terzo cerchio della piova, dove aon  puniti i golosi ; non essendo punto fuor di ragione il  credere, che insieme con la gragnuola venisiero aoche  de* tuoni, siccome veggiamo accadere nella noatr* aria,  il che nell* Inferno ajuu a far crescer la peoa e lo apa>  vento de* peccatori. Considero dall* altro canto, che in  sì gran lontananza, qual è quella del terzo cerchio,  volev* essere un gran tuono per esser sentito da quei,  eh* erano in su la riva d* Acheronte. Ma bisogna ancora  considerare, che quivi non tuona all* aria aperta, come  fa a noi, ma nel chiuso della valle ' d* abisso sotto la  volta della terra, che rintrona e rimbomba per ogni  banda, e sì lo strepito vien portato, come per cana>  le, all* orecchie di Dante ; e a chi farà rifiessione, a  qual distaiza arrivi la voce d* uno, che parli aoche  pianamente per una canoa forata, forse non parrà tanto gUAKTo. 53   HiTerUtroile queito pensiero. Senxa che delle campane alla  campagna aperta, dov' elle abbiano il vento in favore,  •'odono dieci o dodici miglia lontano^ e rartiglierie tirate  alta marina di Livorno s'odono talvolta Hn di Firenze,  che per retta linea aWà ben cinquanta miglia di lonta*  nanaa. Più coerentemente però al costume non meno,  che alla grandezza della fantasia di Dante, si dirà, che  il tuono non fu altro, che quello incominciato nel canto  antecedente, di cui nel ritornare il poeta in s^, udendo  lo strascico, non rinvenendosi (come accade a chi dor-  me, e molto meno a chi è svenuto) quanto tempo fosse  stato fuori de* sensi, lo credette ( stando assai bene io  sul verisimile ) un altro tuono. E di vero, per passare il  fiume su l'ali d'una potenza soprannaturale, non vi volea  cosi lungo tempo, che giunto su l'altra riva non potesse  ancora udire il rintuono di quel tuono stesso, che scop-  piò col baleno, allorché Dante si ritrovava al di là dal  fiume ; maravigliosa osservanza di costume. Si desta na-  turalmente, perchè già il miracolo della sua trasmignv  «ione era fornito, e udendo in quello tuonare, mostra  di credere d'essere stato desto dal tuono, come farebbe  ognuno, che si abbattesse a destarsi in quel eh* e' tuona.   V, 1. Rupptmi tolto tonno ecc.   Questo luogo si vede imitato, o per meglio dire stem-  perato dal Bocc. Itb. I. Fiam, Fù it grave la doglia del  €uore t quella aspettante, thè tutto il corpo dormente  ritrosie, e ruppe il forte sonno.   V. XI. Tanto che per ficcar lo viso al fondo.   Per invece di quantunque, ed opera graziosissima-  mence. Il senso è : Tanto che, quantunque io ficcassi lo     54 C A H F o   viso al fondo. Piglia ficcar la viltà per Guare gli occhi ;  maniera aliai biiiarra.   V. i5. r tarò primo, e tu sarai teconio.   Queite parole di Virgilio aono aliai chiare quanto alla  lettera; ma vuol fon' anche lignificare euer egli nato  il primo a entrar a deicriver l' Inferno, lì come fece  nel VI dell' Eneide, e Dante dover eiiere il lecondo.  A chi lia riuicito più felicemente queito viaggio, aitai  leggiermente ai può comprendere dal paragone.   V. 15 . Ed egli a me; V angoscia delle genti.   Che son quaggiù, nel viso mi dipinge  Quella pietà, che tu per tema tenti.   Spiega r effetto dell' impallidire per la lua cagione,  che è il compatimento de' mortali affanni de' peccatori :  forma di dire veramente poetica, anzi divina.   V. ai che tu per tema tenti.   Che tu interpreti per effetto di timore.   V. a3. Cosi ti mise, e coti mi fe' ‘ntrare   Ne! primo cerchio, che V abisso cigne.   Qui incominciamo a icender dal piano dell' atrio dell' In-  ferno, cavato lotto la volta della terra, dove abbiamo  veduto eiier puniti gli iciaurati, e corrervi il fiume Ache-  ronte. Entran dunque nel primo cerchio, che è il Limbo.   V. a5. Quivi, secondo che per ascoltare,   Non uvea pianto, ma che di sospiri.   S* intende nel primo verto : Secomlo che ti potea  comprendere; cioè. Secondo che per l'udito ti potea quakto. ss   Mcrorre ; poiché gli occhi non icrvivano a ditccrnerlo,  mercé dell’ aria oicura, profonda, e nebuloia d' abliao.  Ma che vale eccetto, aalvo, fuorché, aolaniente, pid  che. Forae da magit quatti de* Latini; onde con tal par-  ticella vuol lignificare, che non v’ era maggior pianto  eh’ un leniplice lamentar di aoipiri, lecondo che l’anime  del Limbo non erano tormentate (dirò coli) nel corpo,  ma lolamente nell’ animo, per la privazione d’ Iddio.  Queito viene apiegato mirabilmente nel verio arguente a 8 .   E ciò avvenia di duol senza martiri.   V. 33 innanzi che più ondi.   Andi leconda peraona dell’indicativo preaente del verbo  Ando diauaato, dalla railice uiata andare. •   V. 34 e t' egli hanno mercedi.   Non basta, perch" e' non ebher batletmo;  Ch‘ e' porta della fede, che tu credi.   Qui mercedi lo iteaao che meriti; nè qurata è l’unica  volta, che Dante l’ ha preao in tal lignificato. Farad. Dunque, senza merci di /or costume,  iMcate son, per gradi diferenti.   Parla dell’ anime, che in quello, che tono create, h.mno  da Iddio, lenza lor merito o demerito, maggiore o mi-  nor dote di grazia. Chiama il batteaimo porta della Fede.  Coll vien chiamato da’ maeitrì in diviniti lanua Sacra-  mentoruia,   V. 37. E s' e’ fuTon dinanzi al Cristianesmo,   Non adorar debitamente Iddio. Parla de* gentili innocenti» cbe furono avanti alla ve-  nuta di Cristo ; i quali » ancorché non peccaiiero, anzi  adorassero la Divinili, non Tadoraron debitamente, cioè  secondo il verace concetto, che si dee aver d* Iddio, e  secondo il legittimo culto prescritto dalla Legge mosaica;  ma lo riconobbero o nel Sole, o nella Luna, o nelle Sta-  tue, e sì Tadororono con riti profani ed abbominevoU.   V. 41 e soi di tatuo efesi.   Che senza speme vivemo in disio.   Vi •* intende siamo. Cioè, e soì di tento, o vero » e  sol io CIÒ siamo efesi.   Questa dice Virgilio esser la sola pena di quei del  Limbo, Ira* quali ha riposto sé ancora ; Aver vivo il  desiderio, e morta la speranza.   V. 47* per ooler esser certo   Di quella fede, che vince ogni errore.   Per aver un riscontro della verità della nostra fede.   V. 49. Uscinne mai alcuno, 0 per suo merto,   O per altrui, che poi foste beato ?   Credeva Dante ( che non v* é dubbio ) U liberazione  degli antichi Padri operata da Cristo nella sua resurre-  zione ; pure da eh* egli avea sì bell* occasione di chia-  rirsi del vero, e con ottimo fine d* armarsi contro qua-  lunque titubaziooe gli potesse venire di così alto mistero,  non si potè tenere di domandar Virgilio, s* e* n* era  uscito mai alcuno. E notisi, com* egli dissimula bene il  suo animo : domanda prima di quel che sa, che non è,  e che nulla gl* importa il sapere, cioè s* e* n* uscì alcuno  per suo proprio merito, per farsi strada a domandar»     di quel, che gli preme aMaÌMÌmo Tesier fatto certo, lenza  che Virgilio potaa ombrarvi sopra od accorgersene.   V. Sa. Rispose : I* era nuovo in questo sfato,  Quando ci vidi venire un possente,   Con segno di vittoria incoronato.   Era di poco venuto Virgilio nel Limbo, quando ci  vide venir Cristo nostro Signore, che mori intorno a  quarantott* anni dopo la morte di esso Virgilio; il quale,  perocché si non conobbe Cristo, però non lo nomina.  Dice solo, eh* ci ci vide venire un possente incoronato  di palma. Possente dalle maraviglie, che gli vide ope«  rare in quel luogo, traendone sì gran novero d* anime,  ond* a ragione si persuadeva, quegli non poter esser  altri, che un grandissimo, e potentissimo principe.   V, 6o. £ con Rachele, per cui tafito fe\   Vuol dire del lungo servizio di XIV anni reso a Laban  padre della fanciulla, per averla in isposa.   V. 64. JVon lasciavam rondar, perch' e* dicessi.   Ancorch* e* favellasse, badavamo a ire. Lo stesso con«  cetto lì ritrova replicato al XXIV, v, i del Purgatorio,  ma con dicitura così bizzarra, che ben duuostra la ric«  chezza della gran mente del poeta.   . Nè 7 dir l'andar, nè l'andar lui più lento  Ratea { ma ragionando andavam forte*   V. 66. La selva dico di spiriti spessi.   Qui selva per moltitudine : metafora assai f<untgliare  Dante. Così nel piiiuo di questa cantica selva chiamò   6     S8 Canto   gli errori giovanili, per entro la quale dice etieni egli  amarrito, e più apertamente nella »opraccitata apoiizione  della canzone :   Le dolci Time d amor, eh' io eolia,   dice amarrirviii l’uomo all' entrare della tua adolezcenza.  Ancora nel primo libro, cap. XV della tua Volgare  Eloquenza, rispetto ai diversi idiomi, che si parlavano  allora in Italia, chiama quell’ opera Italica telva; e selva  finalmente chiama in primo luogo una moltitudine di  spiriti. Così abbiamo nelle scritture : Secar decurtus aqua-  rum plantauU dominus uineam iuttorum. Qui molto giudi-  ziosamente, trattandosi d'anime dannate, piglia la metafora  più ruvida di «/va. della quale, avvegnaché si sia servito  ancora S. Bernardo, è tuttavia da notare una doppia  limitazione. La prima, eh’ egli parla in quel luogo delle  anime, o più verisimilmenle delle diverse adunanze de’  nuovi cristiani, non già di quelli della circoncisione, i  quali erano toccati a S. Pietro, ma di quelli venuti corì  nudi e crudi dal paganesimo, onde oltre T esser forse  tutti per ancora e male istruiti nella fede, e peggio  riformati ne’ costumi, ve ne potevano esser molò de’ re-  probi. La seconda, che in questo luogo selva è pro-  priamente metafora di metafora, non pigliando il santo  per piante di questa selva le anime a dirittura, ma più  tosto le varie adunanze delle anime, velate prima tali  adunanze sotto l’altra metafora di vigne, per viti delle  quali vengono a intendersi le anime particolari, e di  ciascheduna di queste vigne cosi numerose ne forma,  per dir cosi, le piante d’una vastissima selva, che è la  metafora secondaria, come si vede manifestamente dalle  seguenti parole, che sono poco dopo il mezzo del sermone XXX su U Cantica ; Merito et Paulo inter gentet  tam ingens tylua eredita ett uinearum. Anclir appresso  gli Arabi si trova usata la stessa figura, come si può  vedere da quest* esempio d' Harireo Basrense nel suo   primo • Le sue parole sono le seguenti :   dLJLsNwc   jivervio io dunque penetrato nelt interna densissima teha  per saper la cagione di quei pianti. Nè altro intende per  sehat che una grandusima calca di gente, che s'affollava  d'intorno a un ceno romito per udirlo predicare.   V« 67. Non era lungi ancor la nostra via   Di qua dal sommo; quancT 1 vidi un foco,  CK ejairpm'o di tenebre vincia.   Credo, eh’ ei chiami sommo l'erta, per la quale d«l  piano di sopra, dove corre Acheronte, erano calati nel  Limbo; e credo, eh' ei voglia dire, ch'egli erano caiu-  minati ancor poco per la pianura di esso, quando ei  vide un fuoco, che illuminava un emisferio di tenebre.  Questo fuoco non si rinviene molto chiaraiuente, dov'egli  fosse, e come ei si stesse; nè i commentatori si fermano  troppo a esplicarlo. Pure dal chiaiuarlo col nome di lu-  miera, e dal lume, eh* aveva a rendere non meno fuori  che dentro alle mura de) castello, m'induco volentieri a  credere, eh* ella fosse una (ìsunnia librata in alto nell* aria,  come vergiamo alle volte alcune meteore di fuoco, le  quali durano a vedersi nello stesso luogo, inhn tanto  che dura la lor materia a ardere, e prestar alimento alla      bo C A K T O   6(unina, pfT cui •! rcndon vi«ibili. Nè è da star attaccato  alla fona delle parole, dicendo, che, te quetto fuoco  illuacrava un eniieferio di tenebre, bitognava, eh’ ei fotte  in terra, poiché alando in aria veniva ad lUuttrare una  porzione maggiore della mezza tfera: poiché Dante in  quetto luogo debbe intenderti come poeta, e non come  geometra; né è veritimile, eh’ ei pigli itte allora le tette  per miturare il giro dell’ aria illuminata.   V. 73. O tu, eh' onori tee.   Parole di Dante a VIRGILIO.   V, y(j V onrata nominanza >   Che di ior suona sii ne la tua vita,  Grazia acquista nel ciel, che gli avanza.   La fama e ’l pregio, che riman di loro nella tua vita,  cioè nella vita mortale, la qual tu godi ancora, o Dante,  impetra loro quetta grazia dal Cielo.   V. 81. L’ombra sua torna, eh' era dipartita.   Partitti allora dal Limbo Virgilio, quando a’ preghi  di Beatrice andò a trovar Dante nella telva oteura.   V. 84. Sembianza avean né trista, né lieta;  e però conlacevole al loro alato nè di gioja, nè di  tormento.   V. 91. Peroeehb eiaseun mero si eonviene   Nel nome, ehe sonò la voee sola;  Tannami onore, e di ciò fanno bene.   Mi fanno onore, e fanno bene a farmelo ; perchè a  tutt’ e quattro ti conviene il nome, che la voce d’ un •olo diede a me» cio^ in quello di pòeta. In «ustanza:  fanno bene a onorarmi, perchè siamo tutti poeti, e f o-  nore, che è fatto ad uno, toma sopra tutti.   Y. 94. Cast vidi adunar la bella scuola   Di quel signor dell’ altissimo canto,   D' Omero, dal quale hanno cavato tanto i poeti, e  in particolare i quattr(\ posti qui da Dante.   V. 9y. Da eh’ ehber ragionato insieme alquanto,  Volsersi a me con salutevol cenno :   £ ’l mio maestro sorrise di tanto.   Qui non accade strologar molto quello, che Virgilio  a costoro dicesse, vedendosi manifestamente ( tanto è  artifizioso questo terzetto), eh' egli li ragguagliò dell* esser  di Dante, del suo poetico spirito, e della sua profondis-  sima scienza- Ciò si discuopre dalla cortesia del saluto,  eh* essi gli fecero, e dal sorrider, che ne fece Virgilio ;  poiché quel sorrise di tanto altro sicuramente non vuol  signiBcare, che di questo, cioè di tcmto che fu fatto.  Nè quei grandissimi spiriti si sarebbero mossi a far tanto  di onore a Dante, se da Virgilio non ne fosse loro stata  fatta un* assai onorevol testimonianza, della quale essendo  frutto il cenno salutevole, esso ne sorride per compiacenza  di vedere, quanto fossero «tate autorevoli le sue parole.   V. ICO. E più d’onore assai ancor mi fenno ;   C/f ei si mi fecer della loro schiera,   St eh’ V fui sesto tra cotanto senno.   Cosi n andammo insino alla lumiera,  Parlando cose, che ’l tacere è bello,   Si co/u era' i parlar, colà dop’ era.     6j Cauto   A chi noD aTCMC ancora Bnito d’ intendere quel, che  VIRGILIO ditcorreHe con Omero, e con gli altri tre,  Dante con questi tenerti finiace di dichiararlo, volendoci  in austanza dire, che da quello, che diaae di ane lodi  Virgilio, fu di comun conaentiuiento giudicato degno  d' eaaer nirsao nella prima riga, e ai annoverato tra' mag-  giori poeti, eh* abbia avuto il mondo. Più dilhcile iin.  presa stimo, che sia I' indovinare quello, eh’ e’ discor-  ressero in sesto, poiché Dante si fu accoppiato con esso  loro, non aprendosi egli ad altro, se non di' e' parlaron  cose, delle quali A bello il tacere, com' era bello il  parlare colà, dov' egli era. I commentatori hanno avuto  in tal veocrazione quest' arcano, eh' e' non si son pur  anche ardili e spiarlo con l' immaginazione. A me quadra  molto un pensiero sovvenuto al sottibssimo ingegno del  Rifiorito. Stima egli, che tutto il discorso fosse in lodar  Dante, e perchA mostra, che ancor egli favellasse, men-  tre dice, v. io3.   andammo infino alla lumiera.   Parlando cose, che ‘l tacer è hello.   Il suo parlare non fu per avventura altro, che recitare  qualcuna delle sue canzoni, secondo che da que' poeti  ( siccome s' usa per atto di gentilezza ) ne fu richiesto.  E ciò non solamente torna bene al costume, ma ( che  più si dee attendere ) al sentimento de' versi ; essendo  verissimo, che orala modestia fa diventar bello il tacere  quello, che allora bellissimo era a parlare.   V. Ila. Centi v' eran, con occhi tardi e gravi,   Di grand' autorità ne’ lor sembianti :  Parlttvan rado, e con voci soavi. Quello tertetto paò lerrir di norma a qualunque pi>  glia, deicrtvendo, a rappreiencare il coitnme di gran  perionaggio.   V. il5. Traemmoei co/l dalF un de' canti   In luogo aperto, luminoso, ed alto ;   Si che veder si potén tutti quotili.   Dal dire, eh' e' li trauero da un canto del caatello,  ai convince manifeicamente, eh' ei non era murato a  tondo, come alcuni si persuadono, e fra gli altri il Vel-  lutello : tanto pid eh' e' non si può nè anche dire, che  il castello era tondo bensì, ma che v' erano diverse  piazze o strade, le quali venivano a formar degli angolii  poiché non pare, che Dante figuri questo castello per  altro, che per un dilettevol prato intorniato di mura ; e  s' ei potè mettersi in luogo da poter veder tutti quanti,  chiara cosa è, eh' e' non vi doveva essere impedimento  di mura, o di case, o d'altri edifizj. A tal che questo  canto, dond' e' si trassero Dante e Virgilio, mostra, che  la pianu delle mura non dovea esser circolare. Molto  meno è veriiimile, eh' elleno abbracciaiser il foro della  valle, come è opinione cfalcuni, i quali si lon falsamente  immaginati, che tutto il piano dello scaglione del Limbo  fosse diviso, come in due armille concentriche, una ester-  na e maggiore, dove non arrivasse il lustro della lumiera,  e quivi stessero l' anime degl' innocenti morti senza bat-  tesimo sospirando continuameote, onde dice, v. a6.   ffon avea pianto, ma che di sospiri,   Che laura eterna facevan tremare.   minore l'altra ed interna, ed illustrata dalla lumiera, è  questa facesse prato al castello de' Savj e degli Eroi. £     64 Canto   invrrUimile I dico, tal optDÌone. Prima, perchè in pro>  porzione dell* altr* anime del Limbo y piccolisaimo è U  numero di quelle* che sono ammesse per tspecialissima  grazia dentro al delizioso castello ; per lo che* rimanendo  loro un luogo sì vasto, vi sarebbero seminate più rade  che per un deserto. Secondo* perchè in qualunque luogo  del prato si fosser tratti Dante e VIRGILIO posto die nel  centro non potessero starvi per essere sfondato * e ter-  minar ivi la sboccatura del secondo cerchio * sarebbe  •tato impossibile discemer tutti quanti* a non supporre*  eh* e* sì fosser ridotti tutti in un mucchio vicino all* en-  trata * perchè da distanza assai minore, che non è quella  del solo semidiametro di questo prato * a farlo cale * qual  se lo figurano costoro, si smarrisce di vista un uomo dì  statura ordinaria. Direi dunque * che il castello fosse da  una porle del piano o pavimento del Limbo * e che per  avventura nè meno arrivasse con le mura in su la sboc-  catura del secondo cerchio- E che sia *1 vero* usciti  eh* e’ ne furono*, dice Dante, eh* e* tornarono nelf aura*  che trema* cioè in quella, dove sospirano i padani in-  nocenti, che l'aura eterna farevan tremare. Che se per  lo contrario il castrilo fosse stato abbracciato dall* armilla  esteriore* per discender nel secondo cerchio, non oc-  correva, eh’ c* ritornassero in quella, dove l’aria tre-  mava. Kè vale il dire* che per aria tremante si può in-  tender anche l'aria del secondo cerchio; perchè la sua  agitazione (si come vedremo nel seguente canto) era  altro che un semplice tremare, dicendo il poeta di questo  cerchio, v. a8.   J* venni in lungo <t ogni luce muto,   Che mugghiai come fa mar per tempesta,   S" e* da contrari venti è combattuto.    Ecco dunque, che il catCello era tutto dentro all* orlo  del Limbo io su la mano, tu la qual camminavano : e  torna ottimamente allo scemarti la sesta compagnia in  due, essendo Omero, Orazio, Ovidio e Lucano rimasti  dentro al castello, e Dante e Virgilio essendone usciti  o per altra porta, o per la medesima, ood* erano en-  trati, ma voltando all* altra mano, e incamminandosi per  altra via da quella, ond' erano venuti. Così si condus-  sero, dov' era il passo per discendere nel secondo cer-  chio ; si come vedremo nel canto seguente. >eccato, che ii punisce in questo secondo cerchio,  è la lussuria, come il più compatibile all' umana fragilità,  c per avventura il meno grave. Fmge il poeta di tro-  vare al primo ingresso Flinos giudicante 1' anime. Di poi  passa più oltre, e vede la pena de' peccatori carnali,  la qual dice essere un furiosissimo, e perpetuo nodo di  vento, il qual rapisce, e porta seco voltolando in giro  queir anime. Virgilio gliene dà a conoscere alcune, che  erano già state al suo tempo, ma di Francesca da Ra-  venna intende dalla sua propria bocca la cagione della  sua morte, e insieme di quella di Paolo suo cognato,  con r ombra del quale si raggirava per 1' aria del se-  condo cerchio. Cori discesi del cerchio primajo   Giù nel secondo, che men luogo cinghia,  E Scatto più dolor, che pugne a guajo.    Digitized by Google    68 Canto   ^ Discesi ; Io Dante diacesi. Men luogo cinghia ; si di-  mostra peripatetico f ponendo il luogo, distinto dall* esteiH  sione della cosa locata. Quindi è, eh* ei dice il pavi-  mento del secondo cerchio cignere, abbracciare, occupar  minor luogo, in sostanza girar meno del primo, secondo  che per lo digradar della valle gii\ verso il centro si  discendeva. Così veggiamo ne* teatri dalla lor sommità i  gradi infmo all' iullmo venire, successivamente ordinati,  sempre risirignendo il cerchio loro. C ben vero, che  quanto meno luogo cinghia, contiene in sè altrettanto  più di dolore, che non fa il primo. Poiché, dove quello  per esser solo dolor della mente, svapora in sospiri,  questo, che alFligge il senso, pugne a guajo, cioè arriva  a trar guai, pianti e lamenti dolorosissimi.   Y. 4. 5 rauvs Afinos orriòilMente « e ringhia.   Qui orribilmente ha forza di esprimere P orrida resi-  denza, il tribunale formidabile, la fiera accompagnatura  de* ministri, e forse il ferocissimo aspetto dell* infernal  giudice. Bocc. Fdoc. Kb. 6, 42. Quivi ancora si veggono  tutti i nostri Iddìi onorevolissimamente sopr ogn altra  figura posti. Dove notisi, che per 1 * avverbio onorevolis^  simamenie ci dà ad intendere la preminenza del luogo,  quanto la ricchezza degli ornamenti sacri, ed ogni altra  nobile accompagnatura pertinente al culto degli Dii sud-  detti. Ringhia: accresce lo spavento, dicendosi il ringhiare  de* cani, quando irritati, digrignando i denti « e quasi  brontolando, mostrano di voler mordere.   V. 6. Giudica, e manda, secondo eh* awvinghia.   Qui avvinghiare per cignere. Ciò che Ninos ai ci-  gneise, viene spiegato appresso. Vede qu«l luogo Inferno è da essa.   Da in luogo di Per, ed esprime attitudine, proprietà,  c convenevolezza. Cioè qual luogo d'infemoèprr essa,  o vero convenevole ad essa. Veggasi di ciò il Cinonio.   V. li. Cignesi con la coda tante volte ^   Quantunque gradi vuol ^ rAe sia messa.   Conosce il poeta T obbligo, ch'egli ha d* uscire il piti  eh* ci può dall’ ordinario, rispetto al luogo, e a* perso-  naggi, eh’ egli ha alle mani. Quindi va trovando maniere  strane ed inusitate di significare ì loro concetti ; come  in questo luogo fa, che Minos si cinga tante volte la  coda, quanti gradi hanno a collocarsi gid 1 * anime con-  dannate. Quantunque per quanto, nome indeclinabile.  Bocc. introd. n. i. Quantunque volte, graziosissime donne ^  meco pensando riguardo ecc.   V. i3. Sempre dinanzi a lui ne stanno molte:   Vanno ^ a vicenda y ciascun al giudizio:  Dicono, e odono, e poi son giù volte.   In questi tre versi è compresa un* esattissima e pun>  tualissima forma di giudizio.   V. a3. Vuoisi cosi colà » dove si puote   Ciò che si vuole ; e più non dimandare.   Le stesse parole per appunto furono usate da Virgilio  a Caronte nel canto terze, v. 9 S.   V. a 8 . t venni in luogo d* ogni luce muto.   Notisi, come stando sempre su la medesima bizzarra  traslazione d* attribuire il proprio della voce al proprio  della vista, va continuameDte crescendo» Nella selva,     ~e Casto   dove r oicurit.\ e T ombra erano accidentali per l' im-  pedimento de' rami e delle foglie, diwe aolamcnte tacerai  la luce, V. 6o.   Mi ripigneva là, dove 'I sol tace.   Nell* atrio dell' Inferno dà al lume aggiunto di JSoco, ac-  cennando io tal guiaa, non eaier ciò per accidente > tua  per natura ; cauto HI, v. 75.   Com’ io discerno per lo fioco lume.   Qui finalmente, dove a' ò innoltrato nel profondo della  valle, muto lo chiama; e vuol denotare, che le tenebre  di queato cerchio non aono accidentali, nè a tempo,  nè aaaottigliate da qualche apruzaolo di languidiaaima luce,  ma apeaae, folte, oatiuate, ed eterne.   V. 3l. Za bufera infernal, che mai non retta.  Mena gli spirti con la tua rapina:  Voltando, e percuotendo gli moietta.   Il Buti definiace eoa! : Bufera è aggiramento di venti,  lo qual finge l’ autore, che sempre sia nel secondo cerchio  dell" Inferno. A chi pareaac queata voce o poco nobile,  o troppo atrana, ricordiai, che ai parla d' un vento in-  fernale, e che merita maggior lode il cercar la forza  dell' eapreaaione, che 1' ornamento delle parole ; ed è  queata una pittura, che non richiede vaghezza di colo-  rito, ma forza; e tanto piti è bella, quanto è meno  liaciata ; estendo il naturale coti risentito, che non può  bene imitarsi, te non è fatto di colpi, e ricacciato ga-  gliardo di sbattimenti. Questa bufera adunque leva e  mena gli spiriti con due movimenti. Con uno gli aggira  secondo il corto della tua corrente, che va turno torno al cerchio ; con F altro ( e ciò fallo con la sua rapina,  cioè col tuo grandissimo impeto ) li va voltolando in  lor medesimi. Cosi veggiamo la pillotta e '1 pallone, i  quali, se vengono spinti lentamente per Taria, son por-  tati con un solo moto ^ che è secondo la linea della di-  rezione del lor viaggio, ma dove urtino in muro, od  in legno, osi, cadendo in terra, ribalzino mcontanente,  ne concepiscono un altro, Bglio di quel novello impeto,  che gli aggira intorno ai proprio asse.   V. 34. Quando giungon dinanzi alla mina ;   Qmvi le strida t il compianto t e*l lamento'.   Bestemmian quivi la virtù divina.   Qual sia questa rovina, i commentatori non lo dicono,  o se lo dicono, io confesso di non intendere quello che  dicono. Crederei, che per rovina intendesse T autore il  dirupamento della sponda, giù per la quale egli era ve-  nuto ; e che questa fosse la foce, d' onde metteise il  vento, il quale foue cagione di maggiore sbatiimento a  quelle pover* anime, che vi passavano davanti. A simi-  litudine d* un legno o d'altro corpo, cui la corrente d'un  fiume ne meni a galla, il quale, se s* abbatte a passare,  dove sbocca un torrente, o altra acqua, che caschi con  impeto da grand'altezza, questa se se lo coglie sotto ^  lo tuffa e rìtufia per molte fiate, e in qua e in lè con  mille avvolgimenti T aggira, e strabalza, in fin tanto  eh' ei non è uscito di quella dirittura, e non ha ritro-  vato il filo della nuova corrente. Di dove, e come possa  quivi nascer questo vento, vedremo allora, che si dirà  della fiumana dell' eterno pianto, di cui nel canto se-  eondo mi rìserbai a discorrere in altro luogo. E (ome gli stornei ne portan F ali   Nel freddo tempo a schiera larga e piena ;  Così quel fiato gli spiriti mali.   Brllisùma iimiUtudlne, e cavata ( «ì come la «cgitcnte  poco appretto delle gru) con finitsimo accorgimento da  animali tenuti in niun pregio, e per ogni conto vilittimi.   V. 43. Di qua, di là, di giù, di tu gli mena :  Nulla speranza gli conforta mai  Non che di posa, ma di minor pena.   Eipretiione felicistima ed inarrivabile di quel tormento,  e che vince quati il vedere ttetto degli occhi.   V. 48. Cori viiF io venir, traendo guai,   Ombre portate dalla detta briga.   Qui briga vai lo ttetto che noja, fattidio, travaglio;  e briga preto nello ttetto significato d’ agitamento di  venti. Farad, can. Vili, v. 67.   £ la bella Trinacria, che caliga   Tra Pachimo e Petoro sopra '/ golfo,   Che riceve da Euro maggior briga.   cioè sopra ’l golfo, eh’ è più battuto dallo scirocco.   V. Si. Genti, che faer nero ri gastiga^  Corrisponde al detto di sopra, v. 18.   I' venni in luogo iT ogni luce muto.   E cerumente la pena de’ carnali è pena data loro dall’ aria,  poiché l’aria col solo agitarsi si li tormenta.   V. 54. Pu Imperadrice di motte favelle.   Ebbe imperio sopra nazioni, che parlavano diversi  idiomi. Modo usato altre volte da Dante : distinguere, o  denotare i paeii dalle lingue, che vi ai parlano. Infer.  cant. XXXIII, V. 79.   Ahi Pila, vituperio delle genti   Del bel patte là, dove 'I ri tuona.   V. 55 . A vizio di Lutturia fu ri rotta.   Che ’l libito fe' licito in tua legge,   Per torre ’l biatmo, in che era eondoita.   Aaaai è nota la legge della diioneatà promulgata da  Semiramide, per cui ella penaò di aottrarai all' infamia  de’ suoi vituperj.   A vizio di Lutturia fu ri rotta.   Forma di dire assai singolare.   V. 60. Tenne la terra, che ’l Soldan corregge.   Dice il Daniello, che Dante in questo luogo piglia  un equivoco ; e che abbia voluto dire, Semiramide aver  regnato in Egitto, ingannato dal nome di Babilonia, con  cui nel suo tempo chiamavasi volgarmente il Cairo, allora  signoreggiato dal snidano, non rinvenendosi dell' altra  Babilonia fabbricata da Semiramide nell’ Astiria. Di questo  errore pretende scusarlo con fargli nome di licenza lecita  a pigliarsi da' poeti grandi, tra' quali gli dà per compa-  gno Virgilio in un certo patto, non so già quanto a pro-  posito, e con quanta ragione. Se io avesti a esaminarmi  per la verità dell' intenzione, che io credo, che abbia  avuto Dante ; direi forte ancor io, come il Daniello :  tanto più che in que' tempi non ti aveva coti esatta no-  tizia della geografia, che sia sacrilegio l'ammettere, che  un poeta anche grandissimo abbia preso un equivoco in-  torno a una città, nella quale era facilittimo l’equivocare,   6     74 Cauto   intrndendoii allora comuneniente per Babilonia quella  d'Egitto; ticcome oggi per Lione templicemente ('inten-  derebbe sempre quello di Francia, e per Vienna quella  di Germania; e quanto a questo, che Babilonia vi fosse  in Egitto, e che fosse la stessa, che dagli Europei si  chiama oggi il Cairo, l' afferma Ortelio.   Il Boccaccio nel Decamerone, di tre volte, che nomina  il Soldaoo, intende sempre quello d' Egitto ; e Dante  stesso nell' XI del Farad., t. loo.   E poi cht per la sete del martiro  Alla presenza del Soldan superba,   Predici) Cristo, e gli altri, che 7 seguirò.   Farla di S. Francesco, il quale i certo, che parla del  Soldano d' Egitto, e non di quello di Bagadet. Il Fe-  trarca dice anch' egli nel Sonetto; L'avara Babilonia ecc.  non so che di Soldano. 1 commenti l' intendono per quel  d' Egitto ; e il Gesualdo, se non erro, lo cava da una  sua epistola, nella quale fa menzione delle due Babilo-  nie, d' Egitto e d' Assiria.   Ma chi volesse anche sostenere, che Dante non abbia  errato, potrebbe farlo con dire, che per Soldano intese  quegli stesso, che nel suo tempo signoreggiava la vera  Babilonia di Semiramide, essendo la voce Soldano nome  di dignità, e perciò convenevole ad ogni principe; e da  Cedreno si raccoglie essere stata comune ancora ai Co-  liifi di Soria, particolarmente dove parla di uno di essi,  che ebbe guerra con Alessio Comneno. Siccome e con-  verso il Soldano d' Egitto aveva titolo di Cohffa, prima  che dal Saladino fosse unito l'un, e l'altro titolo insieme,  quando egli di semplice Sultano, eh' egli era, diventò  Fun e l'altro, avendo ucciso il ColilTa nell' andar a pigliar    Digitized by Google    9 0 IRTO. 7$   da lui lecoudo il lolito l' ioicgne di Soldano. Fu anche  Soldano titolo d' ufTizio coinè ai cava da quoto luogo  del Ponti 6 cale romano citato dal Meunio ; Circa Ponti-  fiiem, aliquando ante, aliquando poit, equilabat Mare-  icallus, siile Soldanus Curiae.   lila per vedere adeiao, con quanta poca ragione il  Daniello tacci Virgilio d’un timigliante equivoco, laiciaio  di riapondere a quello eh’ ei dice, che egli nel Sileno  confondeaae la favola d* lai e di Filomena, e nel terzo  della Georgica acambiaaae Caatore da Polluce, nel che  vien Virgilio difeao molto giudiziosamente dalla Cerda,  vediamo il terzo equivoco notato dal aoprammentovato  apositore di Dante ne’ seguenti versi dell' Egloga del  Sileno, T. 74 .   Quid loquar? aut tcyllam Nisi? aut quamfama secuta est.  Candida surtinctam latrantihus inguina monstris,  DutUhias ue rosse rales, et gurgite in allo,   Ah, timidos nautas canibus lacerasse marinis ?   Qui dice il Daniello, senza allegarne alcuna ragione,  che Virgilio equivoca da Scilla hgliuola di Forco e  d'Ecate, o, cum’ altri vogliono, di Creteide, a quella  figliuola di Niso re di Megara. Io credo però di ritro-  varla, e dubito che si possa dir del Daniello nella spo-  sizione di questo luogo di Virgilio, quello che di Virgilio  disse il Berni nell' imitazione di cpiell’ altro d’ Omero ;   Perch’ e' m hem detto, che Virgilio ha preso  Un granciporro in quel verso d Omero,   Chi egli, con reverenza, non ha inteso.   Noteremo dunque di passaggio, come bisogna, che  quest’ autore si sia cieduto, che Virgilio parli d’ una loU Scilla, e che a queita attribuendo i moitri marini, e  r ingordigia degli altrui naufragi, liaii dato ad intendere,  eh' egli abbia voluto dire di quella di Forco 1 ond* egli  nota r equivoco in quelle parole :   Quid loquar ? aux tcyllam Nisi ?   Sapendo, che Scilla figliuola di Niao fu cangiata in uc-  cello, e fu, come altri vogliono, appiccata alla prora  della nave dell’ amato Minoi) e finalmente gettata in  mare, e non mai trasformata, come quella di Forco, in  moitro marino. Ma la verità ai à, che Virgilio intese di  parlare dell' una e dell' altra Scilla; e, toccando di pas-  saggio quella di Niso, si ferma a discorrer più diffusa-  mente dell' altra di Forco, come dalla lettura del luogo  è assai facile a comprendere ; ma forse il Daniello non  s’ avvide di questo passaggio, e trovandosi inaspettata-  mente nella favola di Scilla di Forco, la credette vestita  a quella di Niso, equivocando egli medesimo nell' equi-  voco immaginato di Virgilio.   V. 61. L'altra è colei, che e’ aneUe amorosa,   E ruppe fede al centr di Sicheo.   Didone, seguendo in ciò anch' egli 1 ' orribile anacro-  nismo, ed accreditando T infame calunnia d' impudiciaia  datale da VirgUio. Eneide IV, v. SSa.   IVon servata fides eineri promissa SUhaeo.   V. 64. Siena vidi, per cui tanto reo  Tempo ti volse. Tocca di passaggio, e con maniera nobilissima la guerra  de’ Greci, e l' ultime calamità de’ Trojani, CK amar di nostra vita dipartille.   Della morte delle quali fu cagione Amore illecitOi   V. 7». i' cominciai; Poeta, volentieri   Parlerei a que‘ duo, che ’nsieme vanno, E pajon st al vento esser leggieri. Gli accoppia ioaieme, perchè iniieme avevano peccata.  S’accorae, ch’egli erano leggieri al vento, dalla facUitè,  anzi dalla furia, con la quale il vento li portava; e  ciò molto convenientemente, atteao il loro gravitaimo  peccato, eaaendo atati per affinità al atrettamente con-  giunti, come più abbaaao udiremo. Per quell' amor, eh' ei mena, t quei verratmo.   Per quell' amore, eh' e' ai portarono, il qual fu ca-  gione di queato loro eterno infelice viaggio. Efficaciaaima  preghiera, e convenientiaaima a due amanti, acongiurarli  per lo acambievole amore.   Y. 80 O anime afannate.   Aggiunto di mirabil proprietà, e aenza dubbio il più  proprio, che dar mai ai poaaa ad anime tormentate da  ai latta pena. Quali colombe dal disio chiamale   Con f ali aperte e ferme al dolce nido  Volan per F aere dal voler portale.   Grazioiiaaima aimilitudine, e piena di tenero e com-  paaaionevole affetto. Nè traendola Dante da coti gentili  animali, quali anno le colombe, vien a intaccar punto  della lode, che le gli dette poc’ anzi, per aver para-  gonato gli apiriti di queito cerchio agli atomelli e alle  Cauto   gru, 1’ una e l’altra ignobile «pezie d'uccelli, poicliè in  ciueato luogo ha maggior obbligo di far calzar la similitu-  dine all' andar di compagnia, che facevano i due amanti,  il che ottimamente si ha dalla comparazione delle co-  lombe, che ad avvilire con un paragone ignobile quegli  spiriti in generale, come fece da principio. Del resto gli  ultimi due versi di questo terzetto posson aver due sen-  timenti, l’un e l’altro bello. Il primo è: Con Vali aperte  * ferme al dolce nido volan per Vaere, cioè volan per  l’aere con l’ali aperte o ferme, cioè diritte al dolce nido;  o vero volano al dolce nido con l’ali aperte e ferme,  descrivendo in cotal guisa il volo delle colombe, quando  con l'ali tese volano velocissimamenie senza punto dibat-  terle, e in questa maniera di volare par che si ratb-  giiri un certo non so che pid di voglia e di desiderio  di giugnere. O animai graziosa e benigno,   Che visitando vai per V aer perso  Noi, che tignemmo'l mondo di sanguigno.   Ninna cosa odono o parlano pid volontieri gli annuiti  che del loro amore. Quindi è, che quest’ anima chiama  Dante grazioso e benigno per atto di gentilezza usatole  in darle campo, raccontando i suoi avvenimenti, di dar  alquanto di sfogo al dolore. Per V aer perso. Il perso è  un colore oscuro, di cui lo stesso Dante nel suo Con-  vivio sopra la canzone Le dolci rime ecc. dice esser com-  posto di rosso e di nero, ma che vince il nero ; e Inf.  caut, VII, V. io3.   L' acqua era buja molto più, che persa.  Noi che lignemmo il mondo di ttmguigno.   Scherza in la contrarietà di queiti due colori ; Fai  visitando per F aria di color perso noi, che, per eaiere  arati ucciai in pena del noatro Callo, tignemsno il mondo  di color di aangue.   V. 94. Uh Jttel, che udire, e che parlar ti picKe :  Noi udiremo, e parleremo a vui.   Non ì gran coaa (dice aaaai giudiiioaamente il Landino),  che coatei a’ indovinaaae di quello, che Dante deaide-  rava d' udire. Una, perché di niun' altra coaa, fuori  che de’ auoi avrenimenti, potea ragioneTolmente cre-  dere, eh* egli aveaae curioaità di domandarla ; 1' altra,  perché il coatume degli amanti é creder, che tutti ab-  biano quella voglia, che hanno eaai d' udire e parlare  de’ loro amori, tanto che aenza forai molto pregare non  fanno careatla di raccontarli anche a chi non ai cura  aiperli. Che riapondeaae la donna pid tosto che l’ uomo,  ciò é molto adattato al coatume della loro loquacità e  leggerezza.   V. 96. Mentre che ’/ vento, come fa, si tace.   n ripoaarai del vento non é coaa impropria, anzi é  accidente confacevole alla natura di quello, dimoitran-  doci r eaperienza, che egli non aoffia con aibilo con-  tinuato, al come corrono i fiumi, ma a volta a volta  ricorre, come fanno Tonde marine. Oltre che non aa-  rebbe inveriaimile il dire, eh’ ei ai fermaaae per divina  diapoaizione, acciocché Dante potesse ammaestrarsi nella  considerazione di quelle pene, e riportar frutto dal suo  prodigioso viaggio. Per questa ragione vediamo nel canto  IX spedito un angelo a fargli spalancar le porte della Canto   cittì di Dite, e altrove molt’ altre graxie tingolariuime,  le quali la bontà divina gli concedè, per condurlo final-  uiente alla contemplazione della aua euenza.   V. 97. Siede la terra, dove nata fui,   Su la marina, dove ‘I Pò diicende  Per aver pace co' teguaci tui.   Bavenna ; poco lontano dalla quale il Po inette nel-  r Adriatico. Discende per aver pace co’ sui seguaci. Ma-  niera veramente poetica. Dicono alcuni, per aver pace,  cioè per trovar pace in mare della guerra, ch'egli ha  nel auo letto da' fiumi tuoi teguaci ; perocché, fecondo  che quelli tgorgano in lui, lo conturbano e P agitano,  onde ti può dire, che gli facciano guerra. Ma te Dante  volette ttar tu l’allegoria di quella guerra, non li chia-  merebbe legnaci ; poiché, fintante che uno è teguace  d’ un altro, non gli fa guerra, e, facendogli guerra, non  |i può chiamar più teguace. Diremo dunque, eh' ei vo-  glia dire, che il Po co' tuoi teguaci diiceode in mare  per ripoiare dal lungo corto, eh' ei fa, per giugnervi,  a fine di unirai come parte al tuo tutto, eitendo queita  unione la lola pace, alla quale tutte le creature tono  d.a inviiibil mano guidate. Veduto della patria, è ora  da vedere chi folte coitei, che favella con Dante; per  Io che è da taperii, che quetta è Francetea figliuola di  Guido da Polenta tignor di Ravenna ; la quale, eitendo  ttata dal padre mariuta a Lanciotto figliuolo di Malatctta  da Rimici, uomo valoroto in vero, e nella teienza e  inaeitria dell’ armi eiercitatittimo, ma zoppo e deforme  d' atpetto troppo più che ad appajar la grazia e la de-  licatezza di conci non era convenevole, fu cagione, che  ella t' invaghiate di Paolo tuo cognato, il quale non meno grazioio, e arvenente del corpo, che leggiadro  dell’ animo e de' coatumi, del di lei amore ferventiiii-  mamence era preao4 Ora arvenne che, mentre, tcam-  bievolmence amandosi, in gran piacere e tranquillità si  Tiveano, indistintamente usando, appostati un giorno  da Lanciotto, furono da esso colti sul fatto, e d'un sol  colpo uccisi miseramente. VICO. jimor, eh’ al cor gejuU ratto s' apprende.  Prete costui della bella persona,   Che mi fu tolta, e '/ modo ancor m' offende. Platone nel Convivio, tra le lodi, che dà Agatone ad  Amore, dice eh’ egli i ancora delicatissimo, argumentan-  dolo da questo, eh’ egli i ancor più tenero e gentile della  Dea Ati, cioè della calamità, la quale esser mollissima  a delicatissima / argomentò Omero dal vedere, che ella,  schifando di toccar co’ piè terra, si tiene per t ordinario  in tu le lette degli uomini. Iliad.Tvt pio 9 * ateahol sróStc iv fàp in' ovSit  nlAra^as, <2 A A’ apa f/j'S xai^ óvfpóv xpoara fiaùani.   Ma amore non solamente non mette mai piede in terra, o  in tu le teste, le quali, a dire il vero, non sono molto  toffei, ma di tutto V uomo la parte più gentile calpesta,  e sceglie per tua abitazione. Negli animi dunque, e ne’  temperamenti degli uomini, e degli Dii pone il tuo trono  Amore ; nè ciò fa egli alla cieca, e senza veruna distinzione in ogni sorta <t animo la sua tede locando, ma  quelli solamente, che in fra tutti gli altri p'ut gentili  tono, e pieghevoli con delicatissimo gusto va ritcegliendo.   suStò 9 fizaiipii(;ipfits 6 pi^a tixpiipiusnpi *Epura  Xtc araAòc óv qdp iirì TÙt fiaivit, ovff tiri npavietr.     8a Cahto   ( S, larn iravv fiaX«ut<i) cy roif fMi^xararoig  TS* S*T»T> KoÀ fiaivti Koì oisut' iw )'àf> v6$at KOÌ  XM àiiUpixfn rhf Sixqffiv iSpvxau,’  »ai oò» av f{>7( ir xóacui rati dXÀ,’ ^ riti   iv vKXtipòv vio( i;^ot<rv >* ’^XP dxtp^^iToi' ^ 9’ àt  ftoAouiùy, oÌKÌ(ixcu.   £'l Petrarca nel toaetto : Come't ccmdido piiecc., ri-  cavando con maniera più morbida lo ateaao originale, fini  di copiarlo anche nella parte tralasciata da Dante, che  rijguarda 1' avversione, che Amore ha ordinariamente  agli animi rosai e dori, dicendo :   Amor, che tolo i cuor leggiadri invesca,   Nè cura di mostrar sua forza altrove. E nella canaone; Amor, se vuoi, eh' io tomi ecc., par-  lando con Amore, tocca leggiadramente in ogni sua parte  il sopraccitato luogo di Platone, dicendo dell’ impeWo,  eh' egli ha non meno sopra gli Dii, che sopra gli uo-  mini, con questi versi :   £ s’ egli è ver, che tua potenza sia  Nel Ciri s) grande, come si ragiona,   E neir abisso ( perchè, qui fra noi  Quel che tu vali e puoi,   Credo, ehe’l senta ogni gentil persona).   V. loi. Prese costui della bella persona che mi fu tolta. Lo prese del bellissimo corpo che mi fu spogliato  dalla morte, e ’l modo ancor m’ offende, perchè mi fu  ' data violentemente, e mentre mi suva tra le braccia  del caro amante.  V. io3. jimor, eh' a nullo amalo amar perdona, mi prese del costui piacer sì forte,  che, come vedi, ancor non m' abbandona,   Belliiiiina repetizione : Àmor, eh' al cuor gentil ratto  s' apprende, prese cosuù come gentile. Amor, eh' a nullo  amalo amar perdona, prese me come amata. Mi prese del  costui piacer, del piacer di costui. Costui nel secondo caso senza il suo segno si trova spesse volte usato dagli  autori. Veggansene gli esempi presso il Cinonio. Questo  lungo può aver doppio significato. Hi prese del piacer di  costui, cioè del gusto, del piacimento, della gioja d’amar costui. E mi prese del piacer di costui, cioè del piacer  che io faceva a costui, e questo corrisponde ottimamente  al detto poco innanzi : Autor, eh' a nullo amato amar  perdona ; mostrando non tanto essersi innamorata per  genio, quanto per vaghezza d' accorgersi di piacere e  d’esser amata, e per cert’obbligo di gentil corrispondenza.   V. io6. Amor condusse noi ad una morte.   Arroge forza con la terza replica, e con grandit-  aim' arte diminuisce il suo fallo, rovesciando sopra di  amore tutta la colpa. Tib. lib. l .° el. VII, v. aq.  Non ego te laesi prudens : ignosce fatemi,  lussi! amor. Contro quis ferat arma Deos ?   E'I Boccaccio, giornata IV, nov. I, conducendo GuU  scardo alla presenza del Principe Tancredi, non gli sa  porre in bocca nè altra, nè piò forte difesa per iscusar  sè, che r incolpare amore, il quale, cioè Tancredi,  tome il vide quasi piangendo disse : Guiscardo, la mia  benignità verso te non uvea meritato l'oltraggio e la     84 Casto   vtrgogna, la quale nelle mie cose fatta m' hai; eiccome io  oggi vidi con gli occhi miei. Al quale Guiscardo niun  altra cosa ditte te non questo. Amor può troppo più che nè io ni voi pottiamo.   V. IO/. Caina attende chi'n vita ci spente.   Calila è la g)iiaccia, dove nel canto vedremo  euer paniti coloro, che bruttaron le mani col sangue  de’ lor congiunti. Dice dunque, che questa spera detta Caina sta aspettando LANCIOTTO marito di lei, e fratello  di PAOLO, che fu il loro uccisore. Ila O latto,  Quanti dolci pentier, quanto detto  Menò costoro al dolorato patto !   Tenerissima riflessione, e propria d* animo gentile,  ma che non s’ abbandona a soperchia vilU col dimostrar  dolore. E qui notisi, come Dante per ancora sta forte  all’ assalto della pietA, la cui guerra si propose di voler  sostenere al principio del secondo canto, v. l.   Lo giorno te n andava, e f aer bruno  Toglieva gli animai, che tono in terra dalle fatiche loro; ed io sol uno m’apparecchiava a tottener la guerra  fi del cammino, e sì della pietose. £ che ciò sia’l vero, dopo eh’ ei non potò pid rattener  le lagrime, dice, che in questo pietoso oflìcio egli era  insieme, v. 117, tristo e pio-, dove mette in considerazione, se quel tristo si potesse in questo luogo intendere  per iscellerato, malvagio, empio, e non per malcontento,  mesto, e maninconoto, come vien preso universalmente,  e (1 come io con gli altri concorro a credere etier re-  ritirailmeote alata l' intenzione del poeta. Pure nel primo significato abbiamo nel Inf. triatitiimO) r. 9I.   Tra qutJt’ iniqua e trutitiima copia  Correvan genti ignude e spaventate.   E di vero tristo in aendmento d’ empio (a un belliatimo  contrapposto con pio, venendo a estere il poeta in un  medesimo tempo empio per compiagner la giusta e dovuta miseria de’ dannati, del cbe nel XX di questa can-  tica si fa riprender acremente da Virgilio, e gli la dire,  che è sciocchezza averne pietà, e somma scelleraggine  aver sentimenti contrarj al divino giudicio, che li pu-  nisce, V. a 5 .   Certo V piangea poggiato a un de' rocchi  Del duro scoglio, zi che la mia scorta  Mi disse : Ancor se' tu degli altri sciocchi ?   Qui vive la pietà-, quandi è ben morta.   Chi è più scellerato di colui,   Ch' al giudicio divin passion porta ?   Driaza la letta, drizza ; e vedi, a cui ecc. E pio poteva dirsi il poeta, per non poter vincere la  naturai violenza di quell' affetto, che contro a tua voglia  lo cottrìgneva a lacrimare ; dove pigliando tristo in si-  gnificato di metto, avendo di già detto', eh' ei lacrimava,  vi vien a esser superfluo ; e non solamente tristo, ma  pio ancora ; chiarissima cosa estendo, che chi piange  r altrui miseria, n' ha rammarico e compatimento.   V. lao. Che conosceste i dubbiosi desiri? Pubiioti per non esserti ancora l’ un F altro diKoperd. 86 Canto. I3I. Ed ella a me; nerrun maggior dolore.  Che ricordarsi del tempo felice nella miseria, e dà sa il tuo dottore.   Quella lentenaa h di Boezio nel lecondo libro de  Consol. proia IV, Le lue parole iodo : In omni aduer sitate fortuna» infelùissimum genus inforlunii est, fuisse  felieeiu. Tanto che questa volta per il tuo dottore non  debbo intendersi VIRGILIO, come, dal Daniello in fuora,  quasi tutti gli altri si sono ingannati a credere, ma lo  stesso BOEZIO, la cui sopraccitata opera Dante nel suo  esilio aveva sempre tra mano, e leggeva continuamente ;  onde nel suo Convivio scrive queste formali parole. Tuttavia, dopo alquanto tempo, la mia mente, che i argomenta di sanare, provvide ( poi nè 'I mio, I altrui  consolare valeva ) ritornare al modo, che alcuno sconso-  lato avea tenuto a consolarsi ; e misimi ad allegare e  leggere quello, non conosciuto da molti, libro di BOEZIO,  nel quale, cattivo e discacciato, consolato si aveva.   V. ia4- Ho, s‘ a conoscer la prima radice   Del nostro amor tu hai cotanto affetto,  farò, come colui, che piange, e dice.   Sed si tantus amor casus cognoscere nostros,   Et breuiter Troiae supremum audire laborem. Quamquam animus meminisse horret, luctuque refugit,  Incipiam. £n. lib. Il, v. io e seg.   V. i» 7 - Noi leggiavamo un giorno per diletto   Di Lancillotto, come amor lo strinse. Qui, prima di passar più avanti, giudico, che sia bene  chiarir l’intelligenza del rimanente di questo canto, con riportar la atoria di Lancellotto cavata da' romanzi fran-  zcsi dal libro di Lancilolto Du Lac, e riferita in quella  dottiatiuia acrittura di Lucantonio Bidol6, nella quale  in un dialogo fìnto in Lione tra Aleaaandro degli liberti e Claudio d’Erberé gentiluomo franzeae apiega inge-  gnoaamente varj luoghi diSicili de' tre noatri autori  Dante, il Petrarca, e '1 Boccaccio. Farla Claudio Dovile dunque eapere > eome avendo Galeaui figliuolo  della iella Geanda acquitlalo per sua prodezza trenta  reami, s ave a posto in cuore di non voler <t essi coronarsi,  se prima a quelli il regno di Logres dal Re Arius posse-  duto aggiunto non aveste ' £ per ciò, avendolo egli man-  dato a Sfidare, furono le genti deir uno e dell' altro più  volte alle mani. Dove Lancilolto avendo in favore di Artus futa maravigliose pruove contro di Galeaui, e avuto un  giorno fra gli altri l'onore della battaglia, fu da esso  Galealto pregato, che volesse andare quella sera alloggiar  seco; promettendogli, se ciò facesse, di dargli quel dono,  che da lui addomandato gli faste. Accetta Lancilolto con  quel patto l’invito, e poi la mattina seguente, partendoti  per ritornare alla battaglia dichiarò il dono, che da Ga-  lealio desiderava : il quale fu di richiedere, e pregare esso  Gale alto, che quando egli combattendo fatte in quella  gionuila alle gerui del re Artu superiore, e certo d averne  a riportare la vittoria, volesse allora andare a chieder  merci ad esso Re, e in lui liberamente rimetterti. La qual  cosa avendo Galeallo fatta, non solamente ne nacque tra  Lancillotto e Galealto grandissima dimestichezza e amistà,  ma ne divenne ancora etto Galealto, per cosi cortese e  magnanimo alto, molto del Re Artu, e della Regina Gi-  nevra tua moglie familiare. Alla quale per tal pubblico PUI5T0 Amor, eh a null’amato amar perdona, mi prese del costui piacer it forte,  che, come vedi, ancor non m’abbandona.   Qui ribadisce :   Questi, che mai da me non fia diviso.   Nel che ti ponga niente a quante volte e in quanti  modi rioforra V espressioni d'un ferventissimo ed ostinato  amore, e con quant' arte s’ingegna d’attrar le lacrime e sviscerar la pietà verso que luiserissimi amanti. V. i3y. Galeotto fu il libro, e chi lo scrisse.   Il libro ) e Tautor, che lo scrisse, fece tra Paolo e Francesca la parte, che fece Galeotto tra Lancillotto e  Ginevra; onde l’Azzolino nella sua Satira contro la lussuria. In somma rime oscene, e versi infami dell’altrui castità sono incantesimo, e all’onestade altrui lacciuoli ed amU   Tal eh* io ti dico, e replico il medesimo. Se stan cotali usanze immote e fisse, la poesia diventa un ruSianesùno.  E questo è quel, eh apertamente disse il Principe satirico in quel verso. Galeotto “ il libro, e ehi lo scrisse. Qui è da notare incidentemente, come alcuni hanno  voluto dire, che il cognome di Principe Galeotto, attri-  buito al Centonovelle del Boccaccio, possa da questa  storia esser derivato; perchè, dicono essi, ragionandosi  in codesto libro del Boccaccio di cose per la maggior Cauto quinto.   parte alle gii dette di Ginevra e di Francesca simiglianti, pare  che quel cognome di principe Galeotto  meritamente te gli convenga. In questa guisa inferir  volendo, estere il Decamerone il principal libro di tutti  quelli, che contengono in loro cose attrattive alla carnale concupiscenza; che tanto è a dire, quanto dargli  titolo di Primo Ruffiano, o vero di principe de' ruffiani. Na di ciò reggati più particolarmente il Ridolfi nel soprammentovato dialogo, ove parlando assai diffusamente  di tal opinione ti sforza di mostrare, essere molto veru  simile a credere tal disonesto cognome, come anche  quello di Decamerone estere stato posto al Centonovelle più tosto d’altri, che dal BOCCACCIO; il quale nel proemio  della quarta giornata avere scritte le tue novelle senz’alcun titolo apertamente si dichiara. Quel giorno più non vi leggemmo ovante. Aocenna con nobil tratto di modestia l’ inferrompimento  della lettura, ed in conseguenza il passaggio da’ tremanti  baci agli amorosi abbracciamenti. Il conte Lorenzo Magalotti. Villa Magalotti. Magalotti. Keywords: di naturali esperienze, ‘naturali esperienze’ --. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Magalotti” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Maggi: l’implicatura conversazionale -- implicatura ridicola – la scuola di Pompiano -- filosofia lombarda – filosofia bresciana – scuola di Brescia -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Pompiano). FIlosofo italiano. Pompiano, Brescia, Lombardia. Grice: “I like his portrait” – Grice: “My favourite of his essays is on the ridiculous; but his most specifically philosophical stuff is the ‘lectiones philosophicae’ and the ‘consilia philosophica.’” La famiglia aveva possedimenti e anche un negozio di farmacia. Il padre Francesco, uomo di lettere, fu il suo primo maestro.  Studia a Padova con Bagolino e frequenta attivamente gli ambienti culturali della città. Si laurea e insegna filosofia. Degl’Infiammati, strinse amicizia con Barbaro, Lombardi, Piccolomini, Speroni, Tomitano, Varchi, entrò quindi a far parte del circolo di Bembo, frequentando insigni filosofi come Paleario, Lampridio e Emigli. Conobbe Pole, Vergerio, Flaminio e Priuli. Il dibattito sulla questione della lingua e sui temi estetici legati soprattutto all'interpretazione della Poetica aristotelica condusse alla preparazione di un commento allo scritto di Aristotele che, iniziato da Lombardi, fu proseguito, concluso e fatto pubblicare da M., con altra sua opera dedicata ad ORAZIO, a Venezia: le “In Aristotelis librum de Poetica communes explanationes: Madii vero in eundem librum propriae annotations”, dedicato a Madruzzo. Lascia Padova per entrare al servizio del duca Ercole II d'Este come precettore del figlio Alfonso e, insieme, per insegnare filosofia a Ferrara. Si conservano appunti delle sue lezioni sulla Poetica. Anche della vita culturale della città estense  fu protagonista, divenendo  principe dell'«Accademia dei Filareti», che vanta membri come Bentivoglio, Calcagnini, Giraldi e Cinzio, oltre a essere amico degli umanisti PIGNA, PORTO, e RICCI, che gli diede pubblicamente merito di essere stato «il primo interprete della Poetica di Aristotele».  “Mulierum praeconium” o “De mulierum praestantia” e dedicata ad Anna d'Este, la figlia di Ercole e di Renata di Francia, che nello stesso anno fu tradotta “Un brieve trattato dell'eccellentia delle donne.” Comprende anche una Essortatione a gli huomini perché non si lascino superar dalle donne, attribuita a Lando, che si pone come corollario dell'orazione di M.  Alla chiusura temporanea dell'Università, ritorna a Brescia, partecipando alle riunioni dell'Accademia di Rezzato, fondata da Chizzola. Abita nella quadra della cittadella vecchia, in contrada Santo Spirito. Sposa Francesca, figlia del nobile Paris Rosa,. A Brescia sede nel Consiglio Generale e fu incluso nell'elenco dei consiglieri comunali della città destilla reggenza delle podestarie maggiori del territorio. Fu destinato alla Podestaria di Orzinuovi, ma vi rinunciò, come rinunciò anche alla podestaria di Salò, e partecipò alle sedute del Consiglio Generale. Altre saggi “Un brieve trattato dell'eccellentia delle donne, Brescia, Turlini “In Aristotelis librum de Poetica communes explanationes: Madii vero in eundem librum propriae annotationes, Venetiis, Valgrisi; De ridiculis, in Horatii librum de arte poetica interpretatio, Venetiis, Valgrisi, “Lectiones philosophicae” Firenze, Biblioteca Riccardiana, ms.  Expositio in libros de Coelo et Mundo, Milano, Biblioteca Ambrosiana, ms,  Expositio de Coelo, de Anima, Milano, Biblioteca Ambrosiana, Quaestio de visione, Milano, Biblioteca Ambrosiana, Espositio super primo Coelo, Piacenza, Biblioteca Passerini-Landi, ms Pollastrelli, Mulierum praeconium, Modena, Biblioteca Estense, ms Estensis latinus. Oratio de cognitionis praestantia, Ferrariae, apud Franciscum Rubeum de Valentia, Consilia philosophica, Vincentii Madii et Jo. Bap. Pignae in favorem serenissimi Ferrariae ducis in ea praecedentia, Archivio di Stato, Casa e Stato,  Modena. Note  In Sardi, Estensis latinus 88, Modena, Biblioteca Estense.  G. Bertoni, «Giornale storico della letteratura italiana», C.. Fahy, Un trattato sulle donne e un'opera sconosciuta di Lando, in «Giornale storico della letteratura italiana»,  Bruni, Speroni e l'Accademia degli Infiammati, in «Filologia e letteratura», XIWeinberg, Trattati di retorica e poetica, III, Roma-Bari, Laterza,  Bisanti,  interprete tridentino della Poetica di Aristotele, Brescia, Geroldi, Giorgio Tortelli, “Quattro M. in cerca d'autore”, in «Quaderni del Lombardo-Veneto», Padova, Vincenzo Maggi, su Treccani Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Vincenzo Maggi, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Vincenzo Maggi. Maggi. Kewyords: implicatura ridicola, Eco, il nome della rosa, Cicerone, il tragico, filosofia tragica, pessimismo, l’eroe tragico, Nietzsche, la tragedia per musica – I curiazi, catone in Utica – tragedia per musica --. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Maggi” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Magi: l’implicatura conversazionale nell’uso delle parole – il mistico – I mistici – la scuola di mistica fascista – il veintennio – la scuola di Pesaro -- filosofia marchese -- filosofia italiana – filosofia fascista -- Luigi Speranza (Pesaro). Filosofo italiano. Pesaro, Marche. Grice: “A fascinating philosopher – “journey around the world in ten words,’ a gem!” --  Insegna a 'Urbino. Si dedica alla psicologia “trans-personale”. Fonda il Centro di Filosofia Comparativa (cf. ‘implicatura comparativa’) e “Incognita” a Pesaro, tesoreggiando ‘l’intelligenza del cuore’ e il principio dell’interiorità. Scrisse “I 36 stratagemmi” (Il Punto d'Incontro; dal, BestBUR). Il suo “Il Gioco dell'Eroe. Le porte della percezione per essere straordinario in un mondo ordinario” vede un clamoroso successo. “I 64 Enigmi. L'antica sapienza  per vincere nel mondo” (Sperling et Kupfer )è segnalato  al primo posto dei libri più attesi. Lo stato intermedio tratta l’argomento rimosso dei nostri tempi: la morte, e abbraccia l'orizzonte ampio degli ambiti cari agli autori: filosofia, mistica, psicologia transpersonale, esperienze ai confini della morte. Esce un aggiornamento ampliato del Gioco dell'Eroe con il sottotitolo “La porta dell'Immaginazione”. Vgetariano dichiarato., si focalizza sui modelli mistici per approfondirne, oltre la portata metafisica e auto-realizzativa, i concetti di efficacia ed efficienza: nel libro I 36 stratagemmi declina il taoismo nei suoi aspetti di strategia psicologica; nel saggio "Le arti marziali della parola" in La nobile arte dell'insulto (Einaudi) evidenzia come l'arte del combattimento diventi arte retorica e dialettica. Nei saggi Il dito e la luna, La via dell'umorismo e Il tesoro nascosto mostra il rilievo della comunicazione metaforica e umoristica. Elabora e sviluppa la dimensione della psicologia trans-personale all'interno del Gioco dell'Eroe, disciplina da lui creata e imperniata sulla capacità umana dell'immaginazione. Altre saggi: “Il dharma del sacrificio del mondo” (Panozzo); “La filosofia del linguaggio eterno” (cf. Grice: ‘timeless’ meaning, versus ‘timeful’?). Urbino, “Quaderno indiano,” Scuola superiore di filosofia comparativa di Rimini, “Il dito e la luna,” Il Punto d'Incontro); I 36 stratagemmi (Il Punto d'Incontro, BestBur); Sanjiao. I tre pilastri della sapienza, Il Punto d'Incontro, Einaudi, Uscite dal sogno della veglia. Viaggio attraverso la filosofia della Liberazione, Scuola superiore di filosofia comparativa di Rimini,  La Via dell'umorismo (Il Punto d'Incontro); La vita è uno stato mentale. Ovvero La conta dei frutti delle azioni nel mondo evanescente, Bompiani,  Kauṭilya, Il Codice del Potere (Arthaśāstra). Arte della guerra e della strategia” (Il Punto d'Incontro, "Lo yoga segreto del perfetto sovrano"; “Il gioco dell'eroe” (Il Punto d'Incontro); “I 64 Enigmi, Sperling); Lo stato intermedio,, Arte di Essere,. Il tesoro nascosto. 100 lezioni sufi, Sperling); Il gioco dell'eroe. La porta dell'Immaginazione” (Il Punto d'Incontro, 101 burle spirituali, Sperling); Recitato un cameo, nel ruolo di se stesso, nel film Niente è come sembra, di F. Battiato, a fianco di Jodorowsky. Jodorowsky scrive in seguito la presentazione  di La Via dell'umorismo.Blog.  «Fondai a Rimini il Centro di Filosofia Comparativa”. Per spaziare in temi altissimi con una narrazione transdisciplinare. Attraverso immaginazione, religioni, filosofie, arti e scienze».  Incognita. Advanced Creativity  Il Secolo XIX  (Onofrio) " 'Incognita' di Pesaro. Diario di viaggio nell'Oltre, un'immersione interiore al di là dello spazio-tempo"31  Il Secolo XIX  (R. Onofrio) "Advanced Creativity Mind School. Per capire l'entrata nell'epoca del post-umano" Per il titolo del suo album Dieci stratagemmi, Battiato si è ispirato a I 36 stratagemmi di M. Il sottotitolo, "Attraversare il mare per ingannare il cielo" è il primo stratagemma dei trentasei che compongono che il libro.  Stralcio della quinta puntata (youtube)  Modelli strategici. Corriere della Sera, (Camurri)  wuz  Panorama (Mazzone)  wuz  Panorama (Allegri)  Il Secolo XIX Onofrio) "Aprite le porte all'Immaginazione, c'è un mondo oltre la quotidianità" M., I 64 Enigmi, Sperling et Kupfer, Milano: «Diversi anni fa, in un’intervista, mi chiesero perché sono vegetariano. La mia risposta fu molto sintetica (e la penso ancora così): Non mangio animali. Non riesco a digerire l'agonia».  La Repubblica (Michele Serra); Il Riformista (Luca Mastrantonio); Il Venerdì di Repubblica (Schisa)  Il Gioco dell'Eroe, Il Punto d'Incontro,. Libro/CD con prefazione di Battiato  Il Gioco dell'Eroe Gianluca. Scena del film ove compaiono e A. Jodorowsky (yout ube)  La Via dell'umorismo, Il Punto d'Incontro, Vicenza, La Stampa (Il Premio è stato conferito dalle autorità della Repubblica di San Marino con la motivazione: «Lo scrittore che ha costruito attraverso la sua produzione e l'attività del Centro di Filosofia Comparativa di Rimini ponti di comunicazione tra le antiche saggezze d'Oriente e d'Occidente, attualizzandone, in teoria e in pratica, il loro messaggio filosofico, psicologico e spirituale per l'uomo contemporaneo»). Gl’altri premi sono stati conferiti a: Battiato (Musica), Jodorowsky (Teatro), F. Mussida (Arti visive), S. Agosti (Cinema), M. Gramellini (Giornalismo), Gabriele La Porta (Televisione).  Sito ufficiale di Gianluca Magi (in cinque lingue) Incognita ◦ Advanced Creativity "Psicologia transpersonale. Che cos'è?" Video Lectio brevis  riflessionisul Senso della vita su riflessioni. Gianluca Magi. Magi. Keywords: l’uso delle parole, il mistico, ‘implicatura comparativa’ mistico, scuola di mistica, l’uso di ‘scuola’ mistica --  Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Magi” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Magli: il deutero-esperanto – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Roma, Lazio. Anti-Babele – “Antibabele: la vera lingua universale” (Roma, Zufli). Vikipedio  Serĉi Anti-Babilona internacia planlingvo proponita Lingvo Atenti Redakti Anti-Babilona aŭ Antibabele estas internacia planlingvo proponita de Halien M. (eble plumnomo de M.), kun elementoj prenitaj el aziaj, afrikaj kaj eŭropaj lingvoj. Ĝi uzas kiel alfabeton la arabajn nombrojn kun punktoj supren aŭ malsupren la ciferoj. Geografiaj nomoj estas anstataŭigitaj per koordenadojn kaj personaj nomoj per la dato de naskiĝo kaj morto.  M. pensis ke estis inteligentaj vivantoj en aliaj proksimaj planedoj, kiel Marto, kaj oni bezonus logike matematika lingvaĵo por interkomunikigi al ili. Laŭ li, la nombro 365 signifus interplanede Tero, ĉar la Tera jaro havas 365 tagojn, kaj 224 estus logike Venuso.  La aŭtoro konis la projekton Lincos, kiu eble influis lin.  Bibliografio redakti Antibabele "la vera lingua universale.", M., Roma, Tip. A. G. I. [1952] Ĝermo pri planlingvo Ĉi tiu artikolo ankoraŭ estas ĝermo pri planlingvo. Helpu al Vikipedio plilongigi ĝin. Se jam ekzistas alilingva samtema artikolo pli disvolvita, traduku kaj aldonu el ĝi (menciante la fonton). Laste redaktita antaŭ 1 jaro de CasteloBot RILATAJ PAĜOJ Laŭbita logiko Pruvo per disputo Predikata logiko Vikipedio La enhavo estas disponebla laŭ CC BY-SA 4.0, se ne estas alia indiko. Regularo pri respekto de la privatecoUzkondiĉojLabortablo. Poeta visivo e performer sperimentale, Paolo Albani è anche autore di vari saggi e repertori su ogni tipo di "bizzarrie letterarie e non". Le ricerche (già praticate da personaggi quali Raymond Queneau e Umberto Eco) su scritti e teorie strampalate in ogni sfera dello scibile umano si concentrano in questo caso sui "mattoidi" del Bel Paese, ovvero autori che pur sostenendo tesi del tutto folli non hanno mai soggiornato in manicomio. Decine di informate schede di taglio enciclopedico prendono in esame, suddivise per argomento, casi relativi perlopiù al periodo a cavallo tra Ottocento e Novecento, in parte attinti dall'archivio storico dell'antropologo Giuseppe Amadei. Troviamo quindi linguisti utopici come il "brevista" Carlo Cetti, che s'ingegna nel ridurre al minimo l'uso del vocabolario (riscrivendo a mo' d'esempio in versione "smagrita" I promessi sposi), o come Gaj Magli, ideatore del linguaggio numerico internazionale Antibabele. Tra i poeti e scrittori ci sono autori di audaci imprese quali un remake della Divina Commedia, preservando le rime dantesche ma con la guerra per l'indipendenza italiana come soggetto (Bernardo Bellini), mentre tra i filosofi si distinguono il panteistico Tu-sei-me-ismo di Antonio Cosentino e la Psicografia di Marco Wahlruch, esposta per mezzo di bizzarre tavole verbo-visuali. Particolarmente inquietanti alcune proposte di scienziati e medici, impegnati nel dimostrare la quadratura del cerchio ma anche nel teorizzare mostruosi incroci uomo-animale o l'assorbimento di fluido vitale da "animali sani espressamente uccisi" (nonché da uova bevute con cannuccia direttamente dal sedere della gallina!...). Anziché lasciarsi andare a facili commenti derisori, Albani redige le voci mantenendo un distaccato e scientifico aplomb, rendendo così ancor più surreale e "patafisica" la sconcertante carrellata sul risaputo genio italico. E il pensiero va, inevitabilmente, al gran numero di visionari blogghisti, fanatici cospirazionisti, politici ed economisti estemporanei (anche, ahinoi, sui banchi del Parlamento) che ancor oggi popolano la nostra benamata Penisola. Gaetano Magli. Gaj Magli. Magli. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Magli”. Magli

 

Grice e Magnani: l’implicatura conversazionale della linea e il punto – la scuola di Sannazzaro de’Burgondi -- filosofia lombarda – scuola di Pavia -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Sannazzaro de’ Burgondi). Filosofo italiano. Sannazzaro de’ Burgondi, Pavia, Lombardia. Grice: “I like Magnani; he has written about conceptual change, which I enjoyed!” -- Grice: “I like Magnani; his treatise on the philosophy of geometry is brilliant!” --  essential Italian philosopher, not to be confussed with Tenessee Williams’s favourite actress, Anna Magnani --. Insegna a 'Pavia, dove dirige il Computational Philosophy Laboratory. Dedicatosi allo studio della storia e della filosofia della geometriai, i suoi interessi si sono poi rivolti all'analisi della tradizione neopositivista e post-positivista. Si è poi dedicato al tema della scoperta scientifica e del ragionamento creativo. Studia tematiche riguardanti il ragionamento diagnostico in medicina in collegamento con il problema dell'abduzione, presto diventato fondamentale nella sua ricerca. La sua attenzione si è anche indirizzata verso il cosiddetto model-based reasoning. Fonda una serie di conferenze sul Model-Based Reasoning. Trattai problemi di filosofia della tecnologia e di etica, rivolti anche al tema trascurato in filosofia dell'analisi della violenza.  I suoi interessi di ricerca includono dunque la filosofia della scienza, la logica, le scienze cognitive, l'intelligenza artificiale e la filosofia della medicina, nonché i rapporti fra etica e tecnologia e tra etica e violenza. Ha contribuito a diffondere il problema dell'abduzione. La sua ricerca storico-scientifica ha riguardato principalmente la filosofia della geometria. Dirige la Collana di Libri SAPERE. Opere: “Conoscenza come dovere. Moralità distribuita in un mondo tecnologico” “Filosofia della violenza” “Rispetta gli altri come cose. Sviluppa una teoria filosofica dei rapporti fra tecnologia ed etica in una prospettiva naturalistica e cognitiva. Note  Web Page del Dipartimento di Studi Umanistici  Computational Philosophy Laboratory Web Site  [Cfr. le varie pagine dedicate a questi convegni in//www-3.unipv/webphilos_lab/cpl/index.php Computational Philosophy Laboratory], Dipartimento di Studi Umanistici, Sezione di Filosofia, Pavia, Pavia (Italia)]  Sun Yat-sen Award   Cerimonia  Book Series SAPERElesacademies. org. Edizione cinese:   Philosophy and Geometry  Morality in a Technological WorldAcademic and Professional Books Cambridge University Press  Abductive Cognition  Understanding Violence  The Abductive Structure of Scientific Creativity  Author Web Page  Handbook of Model-Based Science  Logica e possibilità, su RAI Filosofia, su filosofia.rai. Filosofia della violenza, su RAI Filosofia, su filosofia.rai. Grice: “Philosophy of geometry, so mis-called – I call it the theory of the line and the point – always amused me since Ayer misunderstood it in 1936! Hoesle and Magnani prove that it’s less geometrical than you think!” --  Lorenzo Magnani. Magnani. Refs. Luigi Speranza, "Grice e Magnani," per il Club Anglo-Italiano -- The Swimming-Pool Library, Villa Speranza, Liguria, Italia.

 

Grice e Magni: l’implicatura conversazionale – filosofia lombarda – scuola di Milano – filosofia milanese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Milano). Filosofo italiano. Milano, Lombardia. Grice: “I love Magni – He has gems like ‘Petrus is Petrus’ – I’m talking about his “Principia et specimen philosophiae” – The titles for the chapters are amusing, and he refers to ‘ratio essendi’ – and other stuff – *Very* amusing --.”Figlio dal conte Costantino Magni e da Ottavia Carcassola, si trasferì a Praga. Entrò nei cappuccini della provincia boema a Praga. Insegna filosofia entrando, grazie al suo insegnamento, nelle grazie dell'imperatore. Presto fu eletto Provinciale della Provincia austro-boema dell'ordine e divenne apprezzato consigliere dell'imperatore e di altri principi europei. Il re Sigismondo III gli affidò la missione cappuccina nel suo paese. Ferdinando II lo inviò in missione diplomatica in Francia. Fu uno dei consiglieri del duca Massimiliano I di iera. Dopo la battaglia della Montagna Bianca, sostenne l'arcivescovo di Praga Ernesto Adalberto d'Harrach nella cattolicizzazione della popolazione e nelle riforme diocesane. Prese parte in nome dell'imperatore ai negoziati con il cardinale Richelieu sulla successione ereditaria al trono di Mantova. Divenne consulente teologico nei negoziati per la pace di Praga e missionario apostolico per l'elettorato di Sassonia, Assia, Brandeburgo e Danzica. Riprodusse a Varsavia di fronte al re e alla corte l'esperimento di Torricelli usando un tubo riempito di mercurio per produrre il vuoto.  Riuscì a convertire il conte Ernesto d'Assia-Rheinfels e sua moglie.  Dopo che l'Praga venne affidata ai Gesuiti, entrò in contrasto con i gesuiti, che lo fecero arrestare a Vienna. Rilasciato dalla prigione per intervento dell'Imperatore e tornò a Salisburgo, dove morì quello stesso anno. Frutto della sua polemica con i protestanti è “De acatholicorum credendi regula judicium” in cui sostene che senza l'autorità della Chiesa, la Bibbia da sola non era sufficiente come regola di fede per i cristiani. Trata lo stesso argomento in “Judicium de acatholicorum et catholicorum regula credenda”, le cui debolezze argomentative scatenarono la contro-offensiva dei protestanti. Si occupa di metodologia, logica, epistemologia, cosmologia, metafisica, matematica e scienze naturali. Rifiuta i principi aristotelico-scolastici, ispirandosi alle dottrine di Platone, Agostino e Bonaventura. Altre saggi: “Apologia contra imposturas Jesuitarum,” “Christiana et catholica defensio adversus societatem Jesu,” “Opus philosophicum,” “Commentarius de homine infami personato sub titulis Iocosi Severi Medii,”:Concussio fundamentorum ecclesiae catholicae, iactata ab Herm. Conringi, “Conringiana concussio sanctissimi in christo papae catholici retorta,” “Echo Absurditatum Ulrici de Neufeld Blesa” “Epistola de responsione H. Conringii” “Epistola de quaestione utrum Primatus Rom. Pontificis, “Principia et specimen philosophiae, Acta disputationis habitae Rheinfelsae apud S. Goarem, “Organum theologicum”; “Methodus convincendi et revocandi haereticos”; “De luce mentium”; “Judicium de catholicorum ei acatholicorum regula credendi, “De atheismo Aristotelis ad Mersennum,  Demonstratio ocularis, loci sine locato: corporis successiuè moti in vacuo, Bologna, Benatij. Vedi la voce nella Enciclopedia Italiana. J. Cygan, “Vita prima”, operum recensio et bibliographia, Romae, “Opera Valeriani Magni velut manuscripta tradita aut typis impressa, «Collectanea Franciscana», A. Catalano, La Boemia e la ri-conquista delle coscienze. Harrach e la Contro-Riforma, Roma, Storia, M. Bucciantini, La discussione sul vuoto in Italia: Discussioni sul nulls, M. Lenzi e A. Maierù, Firenze,  Olschki, A. Napoli, La riforma ecclesiastica in Boemia attraverso la corrispondenza della Congregazione de Propaganda Fide, Centro Studi Cappuccini Lombardi, Biblioteca Francescana, Milano. Relatio veridica de pio obitu R. P. Valeriani Magni, Lione, Ludwig von Pastor, Storia dei papi, Roma, Treccani Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, M. Bihl, G. Leroy. Ad universam Philosophiam. De Ordine &Jl)lo Dottrimt. Oftii Theophilc nullum entium affitmiri de alio ente,  fed fingula negari de singulis quae verd affirmantur de entibus non lunt entia, sed habitudines, quae intercedunt entia. Ego enim illa duntaxat nunc upaui entia, qu3e  per al iquam potentiam pofluni efTe, 6c intelligi, feorfum  abomni alioente. Harum habitudiuum, ut docui, aliae funtiden: itatise (Tentiae, ut, “Petrus est Petrus”. Alias identitatis rationis, ut “Petrus est Paulo idem m ratione naturae humanae. Demum aliac funt efle aut principium, aut ter-  n)inumalicuius motus – vt: “Petrus generat”, “Paulus generatur”. Ex quibus duntaxat potest demonstrari et existentia, et natura entium.Verum non sunt negligendae reliquae: Ille,enim, qua: referent identitatem essentiae sive affirmatam, sive negatam, inuoluunt Frequenter  niotum nostrae rationis a cognitione imperfecta, ad perfectionem: v.g huius propositionis, “Homo est animal rationale”. Praedicatum licec  sit identicum subiecto, ipsum tamen explicat diftin&ius. Qux autem consistunt in identitate rationis, sive affirmata, sive negata, coordinant cognoscimentum et praedicamenta, et in omni di-  £lione, iudicio, ac ratiociatione praetendunt terminos, qui ab identitate rationis, communi pluribus entibus, denominantur universales. Et licet eiusmodi identitatesr ationis non inferantur syllogismo, sed  cognoscantur sola collatione, seu comparatione terminorum, cognitorum aut immediate aut mediante illatione: tamen hae habitudines  tum fubeunt illationem, cum ex identitate rationis affirmata, aut negata de duobus principijsali cuius motus, infertur proportionalis identitas rationis, inter terminus illorum motuum, v.g. Quae est ratio entitatis inter Petrum et Paulum, ea eft mter filios Petri et Pauli. Quoniam vero in primo libro de per se notis, per didboncm connexam ordinavi in cognoscimento, et praedicamentis entia per se nota: coordinationem graduum entitatis, nomino cognoscimentum, et   A per iu*  X   2 Vakriani M.   per iudicium conncxum exhibui in clau^diftin &asomnes entiurn per se notorum pra:cipuos motus per se notos, quorumillos. quos  quifquc confcit in se, ennarraui (atis accurats, inlibro demeicon-  lcicntia: fupercft, ad complementum appararus philosophici. exhibere illas propoauioncs. quarum veritasnon dependeat abentium cxiftentiajeda rarionc a?tcrn^ > et incommutabili, cuius modi debent cf-  fe i!la?,qutfin syllogismo denominancuc maiores: Minores enimper se nota propoliciones, exararaz in cra#atu de per se noris, habenc ve-  rit3tem,pendulam ab exifteruia Ennum; v. g. Luna mouetur, qua?, fi  corrumpatur,inducit Falfiratem iliius propofitionis, Ac vero hxc: Id,  quod mouctur, neceiIari6 movetur ab alio : eft vera,tametfi corrum-  pancuromnia mouentia et mobilia.   Harum vero propofitionum incommutabilium funt innumera nequecft vllaclfYerentia motus, quaenon sibi vendicetpropiias vericate'S mcommutabiles: puta has.Id, quod Loco-movetur 5 neccessari6 Loco movetur ab alio: ld, quod alteratur, necelTari6 alteratur ab alio; U>  qnod generatur, neceflano generatur ab alio. Veium hae omnes deriuanc (ibi incommutabilitatem ab hac: Id quod mouetur, neccessariu  mouecur ab aho>oporcetergo congercre invnum craclacumillasim-  fnutabilium,quas nulla ipccialis pars philosophiae pcrcra&ac, quatenuSjvbiv.g. ventum ficad tra&a cum de generatione. Ha?c, fd, quod geiif ratur, neceflario generatur ab alio demonftracurperhanc : id,  <juod mouetur, necefl.ui6 mouetur abalioj quae supponatur dcmon-  (trata m ipfo vestibulo Philosophia?,ica vc non fic opus in vllo ratiocir  nco repetere demonftiacionem fadtam. Hiccrgotra&atus comple&iturhas propositiones ajternas, et ir>» commucabiles>in quas neccirario refoluancur omnes lllacioncs. quas  habebir,& habere poteft vniucrfa philosophia: has nuncupaui Axiomata, et licniiTec denominarc Maximas, veluc, quac influanc vim iliatiuam propofitionibus maioribus. Exordioraucemtraclatum ab habitudinibus idcmitatis elTentiar, deinde profequar illas,quac funt efle pi incipium et ccrminum motus,  casvero, quae funt ex idcncitareracionis, poftrcmo loco commemorabo.nimirum ilIas, quacafficiunc motum: mocum, in quam, icalem cx  quo duntaxar argumentor entium exiftencias et nacuras. Scd veiitus, nemeusftylustibi vfquequao^ue probccur, voloprius  ^cxcufareilla. qu^forcaflis exiftimabisnofacii congrua fini,mjcintcdo Obijciturprimo loco oblcuritas, quxfuperec vulgarem conditionem, j4xiowata S  ncm rhilofophantiura. Respondeo, quod obscurafas obuenit vcl ab  obie&o, ve! a ftylo (cribentis. Meum stylum audafter dico tam darum  quam quicflepoifitnatioenimfcribendicum clarirate est mihi et rco-  peccisfima, et familiaris.cxcerum grarulor philosophiae obfcuriracem  ab obie&o,quae aiceac plerofque ab hoc ftudio, qui Reipublica: vnlius  opera,& aecace impendent in agro>in mechamcis^in bcllo et iimilibus Laudatur pasfim rraditio do&rinae per quarftiones, quae rnouentuc  de (uL,ie&o alicuius fcicnciae>placecque numerata partino earum.Hanc  methodum refolutiuam Ego non adhibeo, fed compofiriuam : Haec  enim exordicur a nonslimis et prarcendens lucem eacenus partam, reuelat semper obfcuriora : qui verdmouec quxftionem,obijcit tene-  bras,quas fubmoueac,(olucndo qua^ftionem propofiram.   Uli,qui per qusftiones cradunt lcientiam,ducunt argumenta ex om-  nibus locis diale£ticis:Ego proiequor lineam mocus, tfnde dunraxac  infero enrium exiftencias,tSc nacuras,ijsargumcncis, quadola poflunt  efle dcmonftrariua,quarue,adnumerata Diale&icis, digniratem pro-  priam peflundant Memineris vero, Theophile, argumentum, quod  inihi est demonstrativum, alicui fortasfis vixerit probabile:(untenim  plerique, quibus opus fu pharmaco magis quam syllogismo. Quoniam vero motiu func fubordinati > demonltrationes anrece-  dentesnancifcuntur,maiorem certitudinem, et euidentiam a lubfe-  ouentibus:fcilicer > exiftencia,& natura primi mouentis confirmatur iecundis,alijfque fubfequentibus.   Hxc conditio ratiocinancis ex motu,e(t oppofita illi,quae ducitur ex  nacura Quanti difcreci f 6c continui, nam in Mathematicis vix  aliqua demonftrationum anteccdentium pendec a iubfequenti-  bus.   Tibiver6,legentimeostra£htus, occurent frequenter nonnulla  amcnegle&a, qiu? tuo iudicio debuiflenc dici; ied fcuo mehorrere  confufionera,vcl minimam,mareriaium>quas fuis locis deftinaui rra-  £Undas;Ide6,Licet fciam mulcum lucis acceflurum rci, quam expono.fi eo loci cognofcacur aliquid,alio loco referuarum, ramen id fe-  pono,& pra:ftoloL loco congruo do&rinam,qua: no debec anticipari.   Nil pono moieitius obueniet cibi m m ea Philofophia, quam quod  fcpono obiediones manifeftas,dn#as ab exiftencia reru contra con-  clufionnsillacasa racionibusanernis,v.g.infero mouentem non pcfle  quietcece in termino trafeuntcqui fu fibi iCqualis in entitate.Cui co-  clufioni videcur aduerfan expeucua omniu generaciu fibi fimile in na- A i wraj, - r" ta....\....^x   V zlcriam M. tttra^fed (tperpendasfolutiones eiufmodi obiedlionurnj facile intelli-  ges eas^fi anteuertantur, neceflai io (us deque conuerfuras vmuerlam  Philosophiam, fine quarlira evidentia. Ponofi vim a.gumenti con-  clufionisillataealTequans facile inteliigcsrcrum exiftennas, &naturas  dependcrea rationeaetcrna.a.rumpra in fyllogifmo.&fupponeslatere  aliquid in entibus concretis,vndecaptas occafionem errorrs.   Confulcoabftineoa quamplurimis, quce alioqum magna contentionecontrouertuncurintei Philofophos, fi tamenhzc ncghgentu  non detrahatfcientia^quamprxtendo : Commemoroadexempkira  differentiam interdiftin&iones formalem*rationis ratiocinat*e,&modalem.Eiufmodi enim contenrione.splunbus feculis agirarae, non ha-  bent momentum ad veritatcm quaefuam,quod pofcat dispucationern zuternam. Non infero ex conclusionibus primo illatis, reliquas omnes, qur  inferripoflunt ed illas duntaxatj quae cx ponunt natura mcntis, quoi  fub»jciturratiocinio : immopleraquc rranfilio, quxexdcmonftrati  non obfciueprodcuntinlucem.   s : DemumnouerismenondocererespervocabuIa,fed res, confueta oratione declaratas, significo per vocabuU vfitata,fi Hippetant, vci  adhibeo aha ad placitum meum. Capvt ir.   -dxiomata ex identiutt ejfentiali.   Ursauternpr^miffisaggredior habitudincs identitatfs eflenti».  A Afeddebeopnusaflignarcrationem communem omnibus cnti'   bus quatenus hxc dodnna fit vniuetfal.ffima, Nofti Theophile. fpecierum. quascognolcituri adhibcmus . jffiW  eflc lenfib.les a . as imag.nabiles.ali.. intelligib.tes/ enlib.lcs refeW  aliquod lenfib.le.non lolum quod aftu exiftat.fed et quod fi, p S n  t.ffimum fent.ent.: At vero imaginab.les. &,nrelh#b,lcs r-fe r ..m . J   nutum, magmantis &intcllige. Hisnonrolumentia ^uexiftem  praefenua.fed abient, a,pr^erita,futura,poffib,), a, ac dcmum ab ft ra   Exphcaturuserg Rationem communem omnibusentibus eim  affignaredebeo. quxaffirmetur deentibuspr. sentibus affirmVk  dc pwtcri^affirmabitur defuturis, affirmaretur de poflibSus^f!   Tcnirenc  X     jixiomata S  venirent ad a£tum,qu#ue affiimatur de his, qux inrelliguntur, abftra-  hendoabimentione praeteritorum praefentiumjfuturorum^ ac pofli-  bilium.   Dicoigitur Ensefleid, quod exerceta&um eflendi, vt v.g amans  c(l id,quod exercet adtum amandi: Ctrm cogito Theophilum, coguo  id ; quod cxercet a&um eflendi Theophilum. Leo exercet a&umel-  fendi Leonem et quodlibet entium exercct a&urn eflendi feipfum,fe-  cundum praecifam entitatem vniufcuiufque, ita vt Ego, quinon fuin  Theophilus, non poflim exercere a&um eflendi Theophilum: nec Leo  poteft exercereadtum eflendi hominem. Qnaproprer ratio, communis omnibus entibus, abftrahit ab omni fpeciali exercitio entitatis : ita  vt nuila fit,aut poflit intelligi communis omnibuscntibus, quam quae  nuuraliter concipuur ab omnjbus, quaeue habetur in ipfo communi  vocabulo.£«i:nimirum.id.quodaaumeflendi autexercet, autexer-  cuit,aut exercebit,aut potelt exercere,concipitur vt Ens, quod aut eft,  aut fuit,aut ent,auc efle poteit. Seclufa (citra negadonem ) omni praecisa rationeentitatis vllius. Itaque id, quod non exercet actum eflendi, non est ens. Pneterita non (unt.fed fuerunt entia. Futura non sunt/ederuncemia. PofTibilianonlunt/ edpofluntefle entia, &confequentcmil ho-   r»meflens. Ens vero abftraftum ab intentione praefentis, prarteriti, futuri, &C  posfibi!is,denotat praedicata cflentialia Entis,mter, quae nil eflentiali-  us ipfo exercitio eflendi. Porio Gntiopponicur Non Ens,quodeft inintelligibile noncom-  teIle&o Ente: quienimdormiensnilomnium cogitat, non ideoin-  tclligit Non-Ens,quia nil entitim intclligat. Qm autem, int?Heclo  Ente,intelligitnilcfletefidui,tiensccirecab aaueflendi, isdemum  intclHgit, feucogitatNon-Ens.   Quaproptcr dico, Rationem, communem oronibus enubus, elie  Rationcm Non-Entis, fi, poiitiua intelleaione, intellicatur sublata: scilicet Non Ens est ens coguatum, vt ceflauit ab a&ueflendt vel qua -  tenusnonvcnita4 aaumexiftcndi. VerumNon-ens habetfuasd.t-  fcrentias,& quidcm plures.has pcr ordinem narrabo, exorfus a mim-  ma Nonentitatcvfquead maximam.   Lapis, cxpeiscaloris,noneft calidus, arpotcftcalcre, fceatenusdi-  <icorcaiidiKin pocentia. Eflcensin potcntia cft minimus gradum  M.   Nan-E ntitatis:nam id,dequo negatur caIor,eftens,tametfi Non-ca*  lor fit Non- Ens:non tamen lapidi cfl mcrum Non-Ens, quandoqui-  dem lapis potcft efie cahdus. Lapis non eft vifiuus colorati,nec poteft efle vifiuus : Non eflr vifi-  uum.nccpofleefle vifiuum,eft Non Ens:at verd h*c negatio pocen*  i\x vifiua?, eft de lapide^qui eft pns;ita vt, lapidem non efle vjfiuum,  non fic mcrum Non-Ens. Socrates ccrto certius generabit filium; quifilius eft Non-homo:  non tameneftfic Non-homo.vtfunt Non homines illi, qui nonerunt. Sed est homo futurus. At vero sunt alh, qiuceflcpoflunt.ncc ta-  menerunc;quotfunt animantium,quotex hominibus,qui poflent gc-  nerarcfilios. ncctaracngcncrabtint? Haccnon funtcntia fucuta, fed  denominantur posfibilia,qua: magis recedunt ab entitatc, quam quod sunt futura. Entibus possibilibus proxime accedunt entia prastcrita : haec enim  fic non funt,vt nequeant efle ; nec tamen deficiunc ab omni encitatc,  quandoquidem fuerunt aliquando.   Denique illa quae neqne (unt,ncque erunt ; neque fuerunt, nec esse  pofliint videntur esse mera non entia.-puta corpus re&ilincum bian-  gulareiid enim imposfibilc eft eflc, fuifle,aut fore. Non-cntium autem quaedam intelliguntur oppofica negatiue alicui  cnti prxcifo,ac fignato. Vnicum vero Non-Ens incclligicur oppolitum negative omnibus entibus absolutc confideratis Si ribi oppono  ncgatiu Non-Ens,id Non entitatis,nuncupatur Non-Theophiius-  Cuiulmodi fonr Non-Pcti us, Non-hic Leo, et a!ia innumcia. Non- nsautcm oppofuuiuomnibusenribus.abfolutcconfidcratis nun  cupatur nihil. Porro intell.gereaut confiderare prxfata Non ! Entia  cftcautelaamulnphcibus, grauis fimifquecrroribus. proucnicoiibus  ex confufa sub.eaione, et predicationc huiulccmodi Non-Ennunv  a quibus tibi caucbis haud d.fficulcer, f, nouucris accurat8 . qu* (uh *  lungo. iUU V.x est aliqua differentia non cnritntis, qaamnon folcamus aut Lapis non est, fc J potcft eflc calidus,' d nuncupatut E W in potcn-   cun L d U P m g Td. eft P 0  linsi posfibncfc.   Anti-    Jlxionuts Antichristus efl furuius, dicitur Ens fumrum.  Filiusi ; em non cognituri mulierem, dicitur ensposfibile. Abraham fuit homo dieitur Ens praereritum. Corpus reiiilineum biangulare dicitut Ens abfolute imposfibile  Non-Theoph:Ius dicitur Negatio vniuscntis.  Nihil, dicitur, Ncgario omnium entium.   Porr6 nil horum por eftcfFc< aut subjectum aut praedicatum reale,  fi exciptas ens in potentia, et ens imposfibile secundum quid:Iapis e-  nim, quiaftirmaturcaIidusinpotentia, quiue abfolute negaturvift-  uus.  Eft ens. Cetctum nil cntis eitquod fubijcias reliquis Non-entibus, quod  per singular exempla demonstro.  Anti-Christus est futurus. Anti-Christus stat loco subiecti, qui in eadem propofulone supponitur Non- ens,cum aiTeratur futurus. quocirca fubiedtum illius propofitionisnon est ens. Eadem est conditio huius. Filius Petri, non cognituri mulierem, est possibilis. Scilicet subjectum illius propofuionis non est ens, sed poteftetfe  ens, vt fupponitur, haec etiam Abraham fuit Homo: Habet fubiectumj quod fuppomturnoncfie, fed fusse Ens : dc-   naum ifta:   Corpus reSiIineum biangulare eft imposfibile, non fu bijcit en<\  cum in ipfa propositione afteratur non folum Non ens.led Sc cfie im-  posfibi)e,quod fu cns:Cauebis crgo ubi a multiplici er rore,fi lupra di-  dum confuetum modum enuntiandi ndh:beas conlcius,ennumerata  fubie&a di&arum propofitionum non erte entis. His ergo eatenus explicaris, staruo primas propositiones universalissimas formatascx Ente& Non ente, abftradasab omni difte-  rentiaentitatis. Vidcote'1 heophiIum,&tuaccuratcin fpecT:us enuntias v.gde te  ip(o,quodfis coloratus, quod fiscerta figura determinatus, quae propositiones non sum illatae l et tamen dependent a te, ut a termino simpliciterdiiao.quiaccurareinfpeaus de se enuntiar prasrata, et aha  eiufmodi. Verum hoc loco non ccnfidero habitndmcs, quarinter-  ccdunr terminos realiter diftinaos, sed eas duntaxat, quas nos comminifcimur inter ens, relatum ad lemet ipsum, et ad non ens, cumcnim priroum, quod obiediue cadit in mentcrn nostram, fitcns, ftlfl  M. fit Ens, fiid simpliciter dictum, seu apprehensum, referarur ad femet ipsum, fefe pertinacifiime enuntiat, acrepetit Ens. Unde habemus hanc propositionem. “Ens est ens.” Qux est prima omnium per se notarum incommutabilium, non solum quia non sit lllata sed etiam quia non sit enuntiata, aut exarata abaho termino simpliciore, a nobis accurate in(pe&o. Ex hac propositione habetur haec. “Non ens est non ens.” Quae est notisima, citra ullam illationem: ignorarem tamen illam fi nelcirem hanc Ens eft ens.   Porro quod ensfit ens,^£quipollere videtur huic. Ens est se ipsum. Hinc vero fubinfero alias propositiones:Vnam ex eo, quod ens est  ensi in numeras ex eo, quod ens sit se ipsum vfic ergo argumentor;  Hoc, “Ens est ens.” Ens vero est impossibile, fit Non-ens: Ergo hoc ens non est Non ens. Hoc Ens est se ipsum: ld autem, quod est se ipsum, impossibile est sit ullum aliorum entiu. Ergo hoc ens non est ullum aliorum entium, scilicet: Hoc: “Ens non  est ens”, nunc upatum A.nequc ens nunc upatum E, neque vJlum aliud,  ex omnibus,quae exiftunt. Quoniam vero enri, vniuerfalisfime confiderato, licet fubfumere  quotquot funt entium cxiftentium6c exindeformare propofitiones,  et ilIanones, prasfatis analogas, uno exemplo commonstro, ut ld fiat. “Theophilus est Thcophilus.” “Theophilus est se ipsum.” Hmc fic argumentot “Theophilus est Theophilus” Id quod eft Theophilus imposfibile eft. sit simul non Theophilus. Ergo Theophilus non est simul non Theophilus.” “Theophilus est se ipsum.” Id, quod est se ipsumi impossibilc est, sit vllum ahorum cntium. Ergo Theophilus non est vllum nlioium cncium.   Scilicet Theophilus non ctl Pctius; non hic Lco, non hic lapis, non vllumaliorurn cntium. Quoddixidc Theophilo, idv erificatur de quocunquc alioente,  quo Axiomata quomodo libet confidermo. v.g. Ens ad tu est enfac5 Hi ; est re ipsum. Ens m porcnua,cft cns in porcntia, elUe iplum. i. urrens elt curtens, est se ipsum. Quin iramo aufim diceie Non ens eft non-ens.est se ipsum. Sic enim argurnentor Non-Ens est non-ens At Non-ens est impossibile fu Eus Ergo Non ens non est Ens. Non Theophilus est non Theophilus, At non Theophilus est impossibilc quod sit non-ens, aliud anon Theophilo. Ergo Non-Theophilus non est non-ens, aliud a non-Theophilo. Neque bexiftimes harum propositionum luillum ef cvsum in Philosophuv. tu iple ex pericris freqnent! flimum, £ximiumque solatium ex-c-  uidentiflima incommutabiluatehuiul modi propohuonum: faepius enim infertur condufio tam recondita, tantique momenti in PHILOSOPHIA, vt trepidi exhibeamus noftrum aflinfum. Verum conie&i   incam necessitatem qucc nos compellat, aut aflentiri illatfe conclusionem, aut negare ens esse se ipsum, inttepidi aflentimur illatae conclufioai. Ni> Haenimeftillatio, quae vimillatiuaranon fibi derivet ab hacptopofuione. “Ens est ens.” Id uno syllogismo ostendo  Luna loco movetur Id, quod-loco mauetur, neceflari61oco-inoiieturabaHo:  Ergo luna Loco movetur ab alio. Quod Locob meueatur, cernisoculocorporali, quod vcro Ens loco-motum incommutabiluer moueatur ab alio.cernis oculo mentali. lraque pr^bueris assensum duabus illis prasmiflis, et tamen trepides af-  feiuui conclusioni, cogeris praebere affcnfum, fi animaduertas, ex negata conclusione, et conceflis premissis necessario sequi, Lunam simul  moveri et non moveri. Quod moveatur supponitur in minore: quod  loco morum neceflario moucaturabalio,concediiurin maiore. Ac impossibile est junam moueri Localiter, et non moueri locabiliter, si  non sit possubiIe, Ens simul esse ens, et Non-ens.id sctb est impossibilccum ens necessario sit ens.   Hoc confirmatio cuiuscunque illationis dicitur a Philofophis probatio pet impossibile  Itaqueens quod cunquc simpliciter dictum fefc ex erit in propositionem hanc identicara. I o VtUrUni Mtgni   Ens est Ens; Ens est se ipsum Ex quibus citra illationem habemus has, “Non ens est non ens.” Non-Hns.eft fe ipsum   I:x quibus qualitcrcunqjtc ratiocinando habcmus has,  Ensnondt Non Ens  Non Ens non eit ens Habes ergo Theophilo ex rarione, comrauni omnibus entibus, unam primam, vniuet falisfimamque propolirionem, incommutabilem, per se notam, ex qua ratiocinando intuli alias. At vero nulla cearumillationumfunr reales, quandoquidemhabitudo, aut affirmata,  aut neg3ta, non est realis. Negata non est realis, quia non negatuc habitudo vlla, sed ipsum Ensdealio ente: Habitudo autem non est affirmata non est realis.-nam termininon sunt realiter distin- ens cthpraratae enim habitudines affirmatae, funt habitudines identitatis,  inquibusens, vt fubijcitur, non diueifificatur afe, vt praedicatur. lllx enim propolirones, quas in Logica denominavi identicas, non fuiil i eales, immo nec sunt propofuioncs, sed dnftiones. Ut enira  is, qui dicit, fecernit ens dictum a rdiquis entibus, fic qui statuit lllud ipsum Ens clTe se ipsum et: non esTc ullum aliorum entium, concipic ens catenus cognitum, velut sit indiuisum in fe,& d uifum ab alijs, jicl  vero nolTe de aliquo cnte, est dicere ens illud. Non tamen inuoluo dictioni mdicium, fcdaio, iudicium de illis propositiombus non esse realcjecquidem icio eiufmodi affirmationes et negationes elle notitias intellectuales entium,cognitorum infra intelledioncm ed hanc  distinctionem reieruo in alium locum. Grice e Grice, Grice ha Grice, Grice izz Grice, Grice hazz Grice. Valeriano Magni. Magni. Keywords: implicatura. Luigi Speranza, “Grice e Magni: ‘Paolo e Paolo: assiomi e principi metafisici” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Maierù: la ragione conversazionale – la scuola di Roma -- filosofia lazia -- filosofia italiana -- Luigi Speranza per il gruppo di gioco di H. P. Grice, The Swimming-Pool Library, Villa Speranza (Roma). Filosofo italiano. Roma, Lazio. Lessico intellettuale europeo – Terminologia logica della tarda scolastica – centro di studio del C. N. R., Ateneo Roma. Secondo le norme del lessico intellettuale europeo il saggio di M. è stato sottoposto all'approvazione di MAURO (si veda) e GREGORY (si veda). M esprime la sua gratitudine al prefetto della biblioteca apostolica vaticana e ai direttori delle biblioteche angelica, Casanatense, nazionale centrale Vittorio Emanuele II e Universitaria Alessandrina di Roma; Ambrosiana di Milano; dell’archiginnasio di BOLOGNA; Padova; Marciana di Venezia; Corpus Christi, Cambridge; della Biblioteka Jagielloriska di Cracovia; della Wissenschaftliche Allgemeinbibliothek di Erfurt; della Bodleian Library di Oxford; della Bibliothèque Nationale di Parigi; della Oesterreichische Nationalbibliothek di Vienna. Deve alla loro cortesia se lei è stato possibile utilizzare i fondi manoscritti o a stampa sui quali è stato condotto il lavoro. Ringrazia di cuore MINIO-PALUELLO (si veda), che lui ha fornito preziose indicazioni relative alla traduzione boeziana degl’elenchi sofistici; Pinborg, che ha messo a mia disposizione le notizie da lui raccolte su Maulevelt; MAURO (si veda) e Dazzi, che hanno avuto la bontà di leggere e discutere con M. il manoscritto. E ancora Zafarana, Crapulli, Bagliani, e Stabile. Un ringraziamento particolare vada a GREGORY (si veda), che ha indicato M. un metodo e lui ha aiutato costantemente e conctetamente durante la preparazione, la stesura e la stampa del saggio. Senza i suoi consigli e il suo incoraggiamento non avrei potuto superare le non poche difficoltà incontrate. Spera che i risultati non siano del tutto inadeguati alla fiducia accordatami. Roma. Nel corso dell’esposizione sono utilizzati i seguenti simboli: CP a D', ‘G’, ‘1°, ‘5 variabili proposizionali; ~ “non,” segno della negazione (~p, P); ‘3° «se... allora», segno dell’implicazione (p > q); «e», segno della congiunzione. In genere è omesso. pq si legge: “p e q”; «0 », segno della disgiunzione (pvg); = « equivale », segno dell’equivalenza (p = g). Per quanto riguarda le citazioni di testi, si noti: dei testi tratti da manoscritti o da antiche edizioni sono state normalizzate le grafie secondo l’usus scribendi del latino classico; si è unificato l’uso delle parentesi per tutti i testi (compresi quelli ricavati da recenti edizioni); le parentesi acute, ( )m indicano sempre integrazione. Le parentesi quadre, [ ], indicano espunzione, o includono una frase o un rimando utile alla comprensione del passo in esame. Gli studi dedicati alla storia di quella parte della filosofia del linguaggio detta ‘dialettica’ dimostrano che l’insieme delle dottrine fiorite nella storia non può essere ricondotto, puramente e semplicemente, al patrimonio ereditato dagl’antichi romani. Possiede una propria autonomia e una fisionomia ben definita. È vero però che ciò che i filosofi hanno elaborato non è spiegabile senza tener conto dell’eredità degl’antichi. Proprio per questo, qualsiasi tentativo di delineare una storia anche parziale dei concetti di filosofia del linguaggio deve prendere le mosse da un esame di quanto i filosofi hanno ricevuto dall’antichità. Ricorderemo quindi, brevemente, i filosofi italiani e i testi di logica antica noti nel medioevo italiano. Cfr. Bonner, Medieval logic: an outline of its development, Chicago, Moody, Truth and consequence in logic, Amsterdam; Bochenski, A history of formal logic, trans. and ed. by I. Thomas, Notre Dame, Ind; W. and M. Kneale [citato da H. P. Grice], The development of logic, Oxford – originally, ‘The Growth of Logic,’ an Oxford seminar. Si tralascia qui di ricordare e discutere opere come quella di Prantl, Geschichte der Logik im Abendlande, Leipzig, utile per le notizie che fornisce ma superata nell’imposizione. Di essa esiste una traduzione parziale con il titolo Storia della logica in]. Maestro di logica per eccellenza è Aristotele. La sua autorità è incontrastata. Con le sue affermazioni i filosofi fanno i conti anche quando si è ormai operato un notevole distacco dalle posizioni aristoteliche. Il complesso di opere aristoteliche che va sotto il nome di organon -- e cioè, “Categorie”, “De interpretatione” – su cui H. P. Grice ha datto seminari publici a Oxford con J. L. Austin e J. L. Ackrill e J. O. Urmson --, primi analitici, secondi analitici, topici ed elenchi sofistici – ma non la Retorica o la Poetica, o Dell’anima --, a mano a mano che è conosciuto nelle sue varie parti, è utilizzato e assimilato grazie a un’assidua ‘lettura’ nelle scuole, especialmente al primo studio europeo a BOLOGNA, fondato in 1201.  La storia della filosofia del linguaggio è, per molti aspetti, la storia della penetrazione e dell’utilizzazione delle opere dello Stagirita. Accanto alle dottrine aristoteliche sono da ricordare quelle del “Portico,” -- stoico-megariche. Esse hanno operato in modo meno scoperto, grazie alla mediazione di BOEZIO (si veda), soprattutto, specie per quanto riguarda la dottrina delle proposizioni ipotetiche e dei sillogismi ipotetici, del resto sviluppate anche, nell’ambito della scuola del ‘Lizio’ aristotelica, da Teofrasto e Eudemo. Ma per comprendere l’ ‘evoluzione’, p unita longitudinale della filosofia del linguaggio e la posizione storica di certi problemi è necessario tener conto, oltre che dei contributi dei due grandi filoni della filosofia del linguaggio ricordati, anche di altri autori e testi che hanno avuto notevole importanza per la conoscenza e lo studio delle dottrine. Innanzi tutto, oltre alle opere retoriche, vanno segnalati i “Topica” di CICERONE (si veda). Poi, il “De Interpretatione” attribuito ad Apuleio di Madaura che, con le sue due parti dedicate rispettivamente allo studio dell’enunciato e [del Occidente -- condotta da LIMENTANI (si veda), Firenze).[Sta in Apuler Mapaurensis Opera quae supersunt, De pbilosophia libri, Liber De interpretatione, ed. Thomas, Leipzig. Per questo testo si veda Sullivan, Apuleian Logic. The Nature, Sources, and Influence of Apuleius's De interpretatione, Amsterdam] 11 sillogismo categorico, è stato a lungo il manuale su cui si sono formati i filosofi. Ancora, l’Isagoge di Porfirio, dedicato ai predicabili o quinque voces -- genere, specie, differenza, proprio e accidente -- che, nelle traduzioni di VITTORINO (si veda) e BOEZIO (si veda), è stato sempre ben noto e diffuso e ha fornito ai filosofi la formulazione del problema degl’universali, che infatti prende le mosse dalle parole del proemio. Inoltre, le opere enciclopediche di Marciano Capella (De Nuptiis), Isidoro (Etymologiarum sive Originum), dedicate alla sistemazione delle nozioni fondamentali delle arti liberali e che riservano quindi una parte alla grammatica, la dialettica e la retorica, riprendendo dottrine aristoteliche mediate prevalentemente dal De interpretatione attribuito ad Apuleio, almeno per quelle che si trovano in esso; il Liber de definitionibus di Vittorino; le opere di Boezio, siano esse le traduzioni di tutto l’Orgaron di Aristotele o di Porfirio, siano commenti alle opere di Aristotele (uno alle Categorie, Si veda la trad. di Boezio in Categoriarum supplementa, Aristoteles latinus, ed. L. Minio-Paluello adiuv. Dodd, Bruges; i frammenti della trad. di Vittorino; v. la posizione del problema degl’universali. Martrani Minner Fericis Capellae De nuptiis Philologiae et Mercurii, ed. Dick, Leipzig; Cassiopori Senatorris Institutiones, ed. Mynors, Oxford; Isidori Episcopr Etymologiarum sive Originum, ed. Lindsay, Oxford. L’opera è edita tra quelle di Boezio in P. L. In Categorias Aristotelis libri quatuor, P.L. Per l’ipotesi dell’esistenza d’un secondo commento cfr. P. Hadot, Un fragment du commentaire perdu de BOEZIO sur les Catégories d’Aristote dans les codex Bernensis, Archives d’histoire doctrinale et littéraire] due al De Interpretatione?) o a Porfirio (due commenti), o, ancora, ai Topica di CICERONE (si veda), siano monografie (Introductio ad syllogismos categoricos, De syllogismo categorico, De syllogismo bypothetico, De differentiis topicis, De divisione). Sono opere che fissano una terminologia (che alla lunga soppianta quella di CICERONE e di Apuleio e s'impone definitivamente) ed offrono ampio materiale per l’approfondimento delle dottrine di filosofia del linguaggio. Infine, un’opera anonima, Categoriae X, uscita forse dai circoli temistiani (MINIO PALUELLO l’ha edita di recente sotto il titolo di PARAFRASI TEMISTIANA nell’ARISTOTELE LATINO, ‘lanciata’ da Alcuino, il quale forse per primo l’attribuì ad Agostino, con un’edizione dedicata a Carlo Magno. Sono da ricordare ancora i Principia dialecticae attribuiti ad Agostino, il De doctrina christiana e il De ordine certamente di Agostino, più per lo stimolo fornito dall’autorità d’Agostino allo studio della dialettica, della quale egli sottolinea spesso l’importanza in quelle opere, che per un effettivo contributo dottrinale (esso, comunque, è di matrice del PORTICO. Anic Mani Severini BoertHm Commentarii in librum Aristotelis IIEPI EPMHNEIAXZ, rec. Meiser, ed., Lipsiae; Anrcrr Manti Severini Boethii In Isagogen Porphyrii Commenta, rec. Schepps-Brandt, Vindobonae-Lipsiae. In Topica di CICERONE commentariorum, P.L. 64, 1039D-1174B. 1? Introductio ad syllogismos categoricos, P.L.; De syllogismo categorico libri duo; De syllogismo bypothetico; De differentiis topicis; Liber de divisione. Cfr. Ryk, On the Chronology of BOEZIO Works on Logic, Vivarium. Cfr. Anonymi Parapbrasis Themistiana, PsEUDO-AUGUSTINI Categoriae decem, ed. L. Minio-Paluello, Aristoteles latinus, Bruges. Cfr. P.L.; cfr. ora De doctrina christiana, recensuit et praefatus est Green, Vindobonae. Cfr. P.L. Questo patrimonio di testi e di dottrine non e tutto utilizzato nei vari periodi. Mentre la cultura filosofica è dominata prevalentemente dai manuali ricordati, e segnatamente dall'opera di Isidoro, Alcuino, per scrivere la sua Didlectica, utilizza un corpo di testi comprendente Isagoge, Categoriae X, De Interpretatione dello ps. Apuleio e il primo commento di BOEZIO al De interpretatione. Nel successivo si diffondono, oltre all’opera pseudo-agostiniana Categoriae X che lascia in ombra quella originale di Aristotele (pure non ignota), il De Interpretatione dello ps. Apuleio, l’Isagoge, il De interpretatione di Aristotele, i Topica di CICERONE e il De dialectica dello ps. Agostino. Intanto, cominciano a diffondersi gl’altri commenti di BOEZIO e tutta l’opera di Boezio (traduzioni, commenti, monografie) s’afferma decisamente: la 1? Cfr. praefatio a De interpretatione vel Periermenias, ed. L. Minio- Paluello-G. Verbeke, Aristoteles latinus, Bruges-Paris; il De dialectica di Alcuino è in P.L. Una prima sistemazione dei dati relativi alla diffusione di questi testi è in A. VAN pE Vyver, Les étapes du développement philosophique, Revue belge de philologie et d’histoire. Per la diffusione delle Categorie d’Aristotele, cfr. gli studi di Minio-Paluello: The Genuine Text of BOEZIO Translation of Aristotle’s Categories, Studies; The Text of the Categoriae: the Latin Tradition, The Classical Quarterly; NOTE SULL’ARISTOTELE LATINO MEDIEVALE, Rivista di filosofia neoscolastica. Oltre alla praefatio alle Categoriae vel Praedicamenta, ed. L. Minio-Paluello, Aristoteles latinus. Cfr. L. Minro-Paluello, praefatio a De interpretatione. Per la diffusione del De interpretatione, cfr. Isaac, Le Peri Hermeneias en Occident de BOEZIO ed AQUINO. Histoire littéraire d'un traité d’Aristote, Paris] sua influenza dura praticamente incontrastata. In questo periodo si rafforza e consolida una tendenza, affiorata già nei secoli precedenti, a raccogliere in un solo manoscritto più opere destinate a coprire un ampio arco di dottrine logiche e perciò poste a base dell’insegnamento. Un gruppo di tre opere, Isagoge, Categorie di Aristotele e De interpretatione, circola stabilmente insieme; ad esso si affiancano le opere di Boezio, e soprattutto le monografie De divisione, De differentiis topicis, De syllogismo categorico e De syllogismo bypothetico che, insieme alle tre opere ricordate, costituiscono i septem codices posti da Abelardo alla base delle sue esposizioni di logica. Altre opere, come il De Interpretatione dello ps. Apuleio e i Topica di CICERONE, sono oggetto di lettura. Ad esse si e intanto affiancato il Liber sex principiorum, esposizione di sei categorie -- principia: azione, passione, quando, dove, situazione, abito) che integra quella di Aristotele, che ad alcuni di questi temi non ha fatto molto spazio. Il Liber risulta composto da uno o due frammenti di un’opera riguardante la expositio delle Categorie di Aristotele dovuta ad un anonimo autore. Intanto nelle scuole cominciano a penetrare le altre opere di Aristotele tradotte da BOEZIO e tutte tradotte di nuovo dal î  Cfr. per tutti, L. Minro-Paluello, Les traductions et les commentaîres aristoteliciens de BOEZIO, Studia Patristica, e Chenu, La théologie, Paris  (Aetas Boetiana). Cfr. Perrus AsarLarpus, Dialectica, the Parisian Manuscript by Rijk, Assen. Ch; L. Minio-PALUELLO, Magister Sex Principiorum, Studi Medievali. Per la storia della cultura IN ITALIA nel Duecento e primo Trecento. Omaggio ad ALIGHIERI (si veda). Il testo (AnonvMI Fragmentum vulgo vocatum Liber sex principiorum) è in Categoriarum supplementa,; si veda 13 e — mem greco specialmente ad opera di Veneto; Abelardo ha conoscenza degl’elenchi sofistici e dei primi analitici; i topici (già però in parte noti ad Abbone di Fleury, Gerberto d’Aurillac e Notkero) e gl’elenchi sono utilizzati da Adamo Parvipontano nell’Ars disserendi; Giovanni di Salisbury per primo dà notizia dei Secondi analitici, venuti in circolazione ma non ancora normalmente in uso a Chartres. Tutte queste opere sono già oggetto di lettura a Parigi. Si ricostituisce allora il corpus delle opere logiche di Aristotele, con o senza aggiunta di altre opere. Si denomina ars nova il complesso di opere aristoteliche di recente acquisizione -- Primi e Secondi analitici, Topici ed Elenchi --, mentre con l’espressione quivi la praefatio dell'editore; l’opera è in capitoli. Uno tratta della forma, cinque delle prime cinque categorie ricordate, uno dell’habitus, uno de magis et minus. Su Veneto, cfr. i contributi di L. Minio-Paluello: Giacomo VENETO Grecus, Canonist and Translator of Aristotle, Traditio. Note sull’Aristotele latino medievale, Filosofia scolastica; Veneto e l’aristotelismo latino, in Venezia e l'Oriente fra tardo medioevo e rinascimento, a cura di PERTUSI (si veda), Firenze. Cfr. M.T. Beonio BroccHieri Fumacatti, La logica di Abelardo, Firenze. Cfr. Mio-ParueLto, Note sull’Aristotele latino medievale, Rivista di filosofia neoscolastica, Cfr. Minro-PaLueLro, Adam of Balsham «Parvipontanus » and his Ars Disserendi, Mediaeval and Renaissance Studies», Joannis SarissERIENSIS Episcopi CarnoTENSIS Metalogicon, rec. Webb, Oxonii. Sui programmi di studio a Chartres e a Parigi cfr. Isaac; in generale, cfr. GRABMANN, Aristotele, Mediaeval Studies, ora in Mittelalterliches Geistesleben, Miinchen. Cfr. Minio-PaLueLLO, Magister Sex Principiorum: il ars vetus si designano i testi in uso da tempo, anche se, in seguito, l’espressione viene usata dai filosofi a designare prevalentemente le tre opere: Isagoge, Categorie, De interpretatione, alle quali risulta quasi sempre aggiunto il Liber sex principiorum. Queste sono, in sintesi schematica, le linee storiche dell’acquisizione del patrimonio logico da parte dei filosofi. Ma essi, mediante un assiduo studio e commento dei testi, giunsero ben presto a elabotare gl’elementi fondamentali di un corpo di dottrine. Due contributi dottrinali sono decisivi in tal senso. Da una parte, la dottrine della GRAMMATICA RAZIONALE O FILOSOFICA, raccolte da Donato nelle Artes grammaticae e da Prisciano negli Institutionum grammaticarum libri, sono oggetto di studio e di commento, diventano testi di scuola e vengono distribuiti secondo criteri scolastici. Di Donato si legge l’Ars zizor, l’Ars maior -- libri primo e secondo dell’ Ars maior -- e il Barbarismus -- libro terzo dell’Ars maior. L’opera di Prisciano è divisa in Priscianus maior (comprendente i libri I-XVI degli Institutionum grammaticarum libri) e Priscianus minor (libri XVII-XVIII). Tra i commentatori di Prisciano corpus aristotelico ricostituitosi circola in due forme, la FORMA ITALIANA (o italo-germanica), senza l’aggiunta di opere di Boezio, l’altra francese, che ha in più il De divisione e il De differentiis topicis di Boezio. Cfr. Aristoteles latinus, codd. descripsit Lacombe, in societatem operis adsumptis Birkenmajer, Dulong, Aet. Franceschini, pars prior, Roma. Prosi Donati Serva qui feruntur De arte grammatica libri, ex rec. Mommsenii, in Grammatici latini, ex rec. Keilii, Lipsiae: Ars minor, Ars maior, Prisciani GrammaTICI CAESARIENSIS Inustitutionum Grammaticarum libri XVIII, ex rec. Hertzii, in Grammatici latini, cit., Lipsiae. Cfr. Roos, Die Modi significandi des Martinus de Dacia. For- occupano un posto di rilievo Guglielmo di Conches e Pietro Elia. Ma l’approfondimento delle dottrine grammaticali è stato possibile grazie alla filosofia di Aristotele mediata da Boezio (compreso il Boezio degli opuscoli teologici). Il secondo contributo è rappresentato dall’inserimento delle nuove opere di Aristotele e soprattutto degli Elenchi sofistici nell'ambito degl’interessi logico-linguistici in sviluppo. Gli Elenchi, commentati a Costantinopoli da Michele di Efeso, tradotti e commentati da Giacomo Veneto, rappresentano in Occidente il contributo di Aristotele e della tradizione greca e bizantina mediata dal Chierico Giacomo alla chiarificazione dei problemi che traggono la loro origine dall'uso equivoco delle parole nel discorso. Essi sono il primo dei testi nuovi di Aristotele ad entrare in Occidente, e innanzi tutto IN ITALIA, per poi passare in Francia, dove e già in atto lo sviluppo delle dottrine logico-linguistiche, e quindi nel resto d’Europa. Lungo tutto questo arco, da un lato l’analisi delle parti del discorso proposto dalle grammatiche di Donato e di Prisciano, dall’altro l'indagine sui termini di cui si compone l’enunciato, quale è nel De interpretatione e nei commenti boeziani ad esso, contribuirono a individuare alcuni temi, che vanno da quello della vox a quello della SIGNIFICAZIONE (SEGNO) e della consignificatio, dall’indagine sui rapporti tra piano della realtà, piano mentale e piano [schungen zur Geschichte der Sprachlogik, Beitràge zur Geschichte der Philosophie, Miinster W.-Kopenhagen. Cfr. Minio-Paluello, Giacomo Veneto e l’aristotelismo latino; Rrjk, Logica modernorum. A Contribution to the History of Terminist Logic, On the Theories of Fallacy, Assen; un bilancio del contributo grammaticale e del contributo proveniente dalla dottrina delle fallacie si trova in In, Logica modernorum, Il, i: The Origin of the Theory of Supposition, Assen] linguistico  a quello, più complesso, tra oratio ed enuntiatio da un lato e realtà SEGNATA – SIGNIFICATA -- e intelletto che compone e divide i concetti espressi dalle parole, dall’altro. Fino all’articolazione dei termini componenti l’enunciato in categoremi o parti significative, soggetto e predicato, e sincategoremi, particelle consignificative o operatori. Dottrine semantiche ed enucleazione di strutture rilevanti da un punto di vista sintattico sono ben presto sistemate in appositi trattati de proprietatibus terminorum, detti anche parva logicalia in relazione alle dottrine propriamente aristoteliche rappresentanti per eccellenza la logica, e che nel nuovo genere della letteratura logica, le summulae, fanno seguito ai trattati nei quali le dottrine aristoteliche sono riassunti per la scuola. Ma, contemporaneamente, ci si dedicò allo studio dell’inferenza logica, elaborata a partire dagli stessi testi aristotelici — Primi analitici e Topici — e da elementi del PORTICO. Si comincia a parlare delle conseguentiae e si avvia la costituzione di dottrine della logica degl’enunciati che trovarono posto in trattati autonomi. Questo corpus di dottrine, appartenenti sia alla logica o CALCOLO DEI PREDICATI che alla logica degli enunciati, è designato con l’espressione logica moderna, o logica modernorum, mentre logica antiqua è detto l’insieme di logica vetus e di logica nova. I trattati più significativi nei quali si concretizza la logica modernorum sono i seguenti [Cfr. In Arist. Periermenias; e ancora DE Rijk, Logica modernorum, Cfr. I.M. BocHENSKI, De consequentiis Scholasticorum earumque origine, Angelicum; ma si vedrà con profitto di BòHNER, anche Does Ockbam know of Material Implication, Franciscan Studies, ora in Collected Articles on Ockbam, ed. Buytaert, Louvain-Paderborn. Una prima sistemazione in BòHNER, Medieval Logic, Proprietates terminorum: studiano i vati categoremi, e comprendono: de suppositionibus o dottrina della funzione di un termine che occorre in una proposizione in luogo della cosa di cui si parla. Essa si articola in varie specie; — de armpliatione; — de restrictione; — de appellatione; — de copulatione; — de relativis, studio della supposizione del pronome relativo, condizionata dal rapporto che esso ha col termine (antecedens) al quale è ordinato. Queste dottrine hanno molto spesso, al di fuori delle surzzzulae, sistemazione in trattati autonomi; Tractatus syncategorematum: è lo studio delle particelle consignificative, o operatori logici. Essi sono talora espliciti, talora impliciti in un categorema. Omnis è un semplice sincategorema. “Differt” è un *categorema* che ha un importo sincategorematico. Lo studio dei categoremi comprendenti un sincategorema trova spesso posto nei trattati de esponibilibus. Ma sincategoremi e categoremi aventi un importo sincategorematico condizionano la supposizione dei termini che ad essi seguono, confondendoli. Si hanno così anche alcuni trattati de termiinis confundentibus. Tutti i trattati dedicati ai sincategoremi hanno avuto alterna fortuna. Spesso sono stati assorbiti nei Sophismata, raccolta di problemi vertenti su proposizioni che richiedono particolari analisi proprio a causa dei sincategoremi e termini con importo sincategorematico in esse presenti di: e L.M. De Ryk, Logica modernorum. Cfr. anche, per una valutazione in termini di logistica di alcuni temi, Prior, The Parva logicalia  in Modern [Griceian] Dress, Dominican Studies; WersnerpL, Curriculum of the Faculty of Arts at OXFORD (H. P. GRICE), Mediaeval Studies, ha fatto il punto sulla questione (cfr. anche: Developments in the Arts Curriculum at OXFORD. De consequentiis, dedicati alla dottrina dell’inferenza logica e in genere alla logica degli enunciati; De obligationibus: analizzano e sistemano le regole della disputa scolastica, che hanno avuto origine dal quotidiano esercizio della disputa sulla traccia, probabilmente, dei luoghi dialettici; De insolubilibus, dedicati all'esame di proposizioni antinomiche secondo la tradizione del paradosso del bugiardo. La discussione è condotta con l’aiuto di dottrine sematiche e serve a precisare il significato di una proposizione; De veritate propositionis: è un genere di trattato che si ricollega agli insolubilia e ripone in discussione il significato della proposizione; trattati de probatione propositionis, trattati de sensu composito et diviso. Quanto la logica debba a influenze bizantine e arabe è ancora oggetto di indagine. Ma due fatti sembra siano definitivamente acquisiti. Il primo è che di nessuna delle opere; ma si veda M. GrABMANN, Die Sophismataliteratur mit Textausgabe eines Sophisma des Boetius von Dacien. Ein Beitrag zur Geschichte des Einwirkens der aristotelischen Logik auf die Ausgestaltung der mittelalterlischen philosophischen Disputation, Beitràge zur Geschichte der Philosophie, Miinster. Cfr., per una presentazione generale, Brown, The Role of the Tractatus de obligationibus, Franciscan Studies. Secondo Birn, The Tradition of the Logical Topics: Aristotle to Occam, Journal of the History of Ideas, queste dottrine hanno avuto origine dai Topici. Cfr., per alcune note storiche, Prior, Some Problems of self- reference in Buridan, The British Academy; RiJk, Somze Notes on the Mediaeval Tract] comprese nell’Organon di Aristotele, fatta eccezione per i Secondi analitici, esiste una traduzione dall'arabo, né risulta sia mai esistita, mentre, per quanto riguarda i Secondi analitici, perduta la versione boeziana, essi sono tradotti dal greco da Giacomo Veneto e poi da anonimo. Solo dopo Giacomo Veneto, Gerardo da CREMONA (si veda) ne fece una traduzione dall’arabo. Ma tutto Aristotele, con eccezione di poche parti, giunse ai latini prima dal greco che dall’arabo. È questo un elemento in più a testimonianza che i rapporti culturali con l'Oriente greco non furono mai interrotti. Per questo canale passa anche il commento agl’elenchi, tradotto dal greco e attribuito ad Alessandro d’Afrodisia, peraltro perduto în greco (il testo greco del commento agli Elenchi pervenutoci è di Michele di Efeso. IN LATINO restano alcuni frammenti del commento di Alessandro --  e il commento ai Secondi analitici di Alessandro d’Afrodisia, del quale parimenti manca il testo greco, entrambi tradotti da Giacomo Veneto. L'altro fatto è che l’Isagoge alla logica di Avicenna, unico trattato logico dello Shifa tradotto in latino, e la Logica di al-Ghazali circolarono ed ebbero influenza, insieme con le opere di De insolubilibus, with the Edition of a Tract, Vivarium. Roure, La problématigue des propositions insolubles suivie de l’édition des traités de Shyreswood, Burleigh et Bradwardine, Archives d’histoire doctrinale. Un bilancio puntuale delle traduzioni dal greco in latino è in L. Minio-Paluello, Aristotele dal mondo arabo a quello latino, in L’Occidente e l'Islam nell'alto medioevo, CENTRO ITALIANO DI STUDI SULL’ALTO MEDIOEVO, Spoleto, oltre che nel già cit. Giacomo Veneto e l’aristotelismo latino. Cfr. Minro-Paruetto, Note sull’Aristotele latino medievale. Giacomo Veneto e l’aristotelismo latino] Averroè e degli altri filosofi arabi, in una direzione ben precisa: se della determinazione delle intenziones o concetti, e quindi È ; ; - ; h; scorso considerato a livello mentale, e della discussione di problemi appartenenti alla metalogica. Filosofi e testi della logica modernorum Il periodo di storia della logica oggetto d’indagine in questo lavoro è limitato ai secoli XIV e XV. Ma l’esigenza di rendere conto dei precedenti, o del formarsi di alcune dottrine, ci ha condotto spesso a tener presente non solo opere del secolo XIII, ma anche i testi, disponibili in edizioni, del secolo XII. Diamo qui di seguito uno sguardo sommario ai filosofi e ai testi utilizzati. Ci si è limitati alla Dialectica di Garlandus Compotista, alle opere di Abelardo (Introductiones Cfr. la Logica di Avicenna in AviceNNAE perbypatetici phi i medicorum facile primi Opera in lucem redacta È pon rota potuit per canonicos emendata, Venetiis mandato ac sumptibus haeredum nobilis viri domini Octaviani Scoti per Bonetum Locatellum Bergomensem, ff. 2ra-12vb; la Logica di AL-GHAZALI è in C.H. LoHR, Logica Algazelis, Introd. and Critical Text, « Traditio. ma si tenga presente anche il Liber de intellectu di ax-Kinpi (o Liber introductorius in artem logicae demonstrationis collectus a Mabometh discipulo ALquinpi philosophi) ed. in Nacy, Die philosophischen Abbandlun- gen des Ja “qb ben Ishàq al-Kindî, Beitrige zur Geschichte der Philosophie, Miinster. Di recente ha sottolineato l’importanza dello studio delle intertiones, e quindi dell’influenza araba, J. Pinporc nella rec. a RiJk, Logica modernorum, Vivarium, Dialectica, Edition of the Manuscri i i I ; pts with an Introduct the Life and Works of the Autor and on the Contents of dhe: Passent Work by Rijk Ph. D., Assen, dialecticae, Logica Ingredientibus, Logica Nostrorum ®, Dialectica), all’Ars disserendi di Adamo di Balsham, detto il Parvipontano, a quanto ha pubblicato Rijk nella Logica modernorum: sia nel primo volume, dedicato alla penetrazione e ai commenti agli Elenchi sofistici (Glose in Aristotilis Sopbisticos elencos, Summa Sophisticorum elencorum, Tractatus de dissimilitudine argumentorum, Fallacie Vindobonenses, Fallacie Parvipontane), nonché ai testi editi nello stesso volume sotto il titolo Frustula logicalia ma relativi al secondo commento di BOEZIO al De interpretatione; sia nella seconda parte del secondo volume, nel qual esono edite alcune sumzzzulae (i testi utilizzati sono, nell’ordine: Excerpta Norimbergensia, Ars [Sono la prima parte (comprendente Editio super Porphyrium, Glossae in Categorias, Editio super Aristotelem De interpretatione, De divisionibus) degli SCRITTI DI LOGICA, ed. PRA (si veda), Firenze. La seconda parte, Super Topica glossae, fa parte della Logica Ingredientibus, e sarà citata in modo autonomo. La Logica Ingredientibus è edita da Geyer, Abaelards philosophische Schriften, Beitrige zur Geschichte der Philosophie, Miinster W. 1919-27 (la numerazione delle pp. con- tinua da un fasc. all’altro); ad essa si ricollegano le Glosse super Periermenias XII-XIV, ed. da L. Minto-PALUELLO, Twelfth Century Logic. Texts and Studies, Roma; la Logica Nostrorum petitioni sociorum, è edida da GEYER, Beitrige zur Geschichte der Philosophie, Miinster (la numerazione delle pp. continua quella della Logica ‘Ingredientibus’). 48 Perrus Asaearpus, Didlectica, cit. (cfr. n. 21). 59 Apam Barsamiensis Parvipontani Ars Disserendi (Dialectica Alexandri), in Minio-ParueLto, Twelfth Century Logic. Texts and Studies, Roma. Cfr. De Ryxk, Logica modernorum.; i testi elencati sono, nell'ordine: Glose in Aristotilis Sophisticos elencos; Summa Sopbisticorum elencorum; Tractatus de dissimilitudine argumentorum; Fallacie Vindobonenses; Fallacie Parvipontane. Emmerana, Ars Burana, Tractatus Anagnini, Tractatus de univocatione Monacensis, Introductiones Parisienses, Logica Ut dicit, Logica Cum sit nostra, Dialectica Monacensis, Tractatus de proprietatibus sermonum. Ma si utilizzano anche le Fallacie Londinenses e le Fallacie Magistri Willelmi®, che in realtà trattano temi riguardanti gli Elenchi sofistici); sono stati presi in esame e utilizzati anche i testi che Rijk riporta ampiamente nella prima parte del secondo volume (Ars Meliduna, Summe Metenses) e quanti altri testi egli utilizza al fine di ricostruire le origini della logica terministica confluita nelle summulae. Queste costituiscono il tramite naturale tra l’insegnamento di Abelardo e le summulae, secondo quanto ha suggerito Grabmann e ha dimostrato Rijk. I testi, tutti anonimi, delle summulae edite sono datati dallo studioso olan- [Cfr. De Rijk, Logica modernorum, II, ii, Texts and Indices, Assen: Excerpta Norimbergensia; Ars Emmerana; Ars Burana; Tractatus Anagnini; Tractatus de univocatione Monacensis; Introductiones Parisienses; Logica Ut dicit; Logica Cum sit nostra; Dialectica Monacensis; Tractatus de proprietatibus sermonum; Fallacie Londinenses e Fallacie Ma- gistri Willelmi. Cfr. Rijk, Logica modernorum, Ars Meli duna e Summe Metenses. Cfr. GrABMANN, Handschriftliche Forschungen und Funde zu den philosophischen Schriften des Hispanus, des spàteren Papstes Johannes XXI, « Sitzungsberichte der Bayerischen Akademie der Wissenschaften, philos.-histor. Abteilung, Miinchen, e soprattutto Bearbeitungen und Auslegungen der aristotelischen Logik aus der Zeit von Abaelard bis Hispanus. Mitteilungen aus Handschriften deutscher Bibliotheken, Abhandlungen der Preussischen Akademie der Wissenschaften, philos.-histor. Klasse, Berlin, e Kommentare zur aristotelischen Logik im Ms. lat. Fol. 624 der Preussischen Staatsbibliothek in' Berlin. Ein Beitrag zur Abaelardforschung, Sitzungsberichte der Preussischen Akademie der Wissenschaften, philos.-histor. Klasse, Berlin] dese al periodo che va dalla seconda metà del secolo XII alle prime due decadi del secolo XIII (sono collocati agli inizi di quest’ultimo secolo solo il Tractatus de proprietatibus sermonum e le Summe Metenses. i | Per i secoli successivi, ci si è limitati ad esaminare i testi appartenenti alla tradizione delle summulae o singoli trattati rientranti nella tradizione della logica modernorum. Così sono state prese in considerazione le Sumule dialectices la cui attribuzione a Ruggero Bacone è stata rimessa in discussione, e dello stesso Bacone le opere, certamente autentiche, Summa de sophismatibus et distinctionibus e Compendium studii theologiae; quest ultimo ha notevoli affinità con le Sumule dialectices ricordate. Sono state, naturalmente, consultate sia le Introductiones in logicam  che i Syncategoremata di Shyreswood (f dopo Cfr. Rogeri Baconi Surzmza gramatica nec non Sumule dialectices, nunc primum edidit Steele, in Opera bactenus inedita Rogeri Baconis, OXONII. ; | Già P. Grorieux (Répertoire des Maîtres en théologie de Paris, Paris) aveva collocato l’opera tra quelle dubbie; v. ora L.M. De Rj, Logica modernorum, che avanza il nome del domenicano Roberto Bacone. R. SreeLE, nell’Introduction all’ed. cit.,fa riferimento al Compendium per sostenere l’autenticità. Roceri Baconi Liber de sensu et sensato nec non Summa de sophismatibus et distinctionibus, nunc primum edidit R. Steele, in Opera bactenus inedita Rogeri Baconis, Oxonii. FrarrIs Roceri Bacon Compendium studii theologiae, ed. H. Rash- dall, Aberdoniae. L'edizione è in GraBmann, Die Introductiones in logicam des Shyreswood, Sitzungsberichte der Bayerischen Akademie der Wissenschaften, philos-histor. Abteilung, Miinchen; si veda ora SHERWOOD'S Introduction to Logic, transl. with-an Intr. and Notes by Kretzmann, Minneapolis Minn. In O’DonneLt, The Syncategoremata of Sherwood; le Sumemulae logicales, il Tractatus exponibilium e il Tractatus syncategorematum di Pietro Ispano, divenuto papa col nome di Giovanni XXI; per le Surzzzulae logicales di Lamberto di Auxerre, abbiamo utilizzato i cenni che ha fornito Prantl nella sua Geschichte der Logik im Abendlande. Di Vincenzo di Beauvais si è consultato lo Speculum doctrinale, che raccoglie tanta parte dell’insegnamento grammaticale e logico del tempo. D’AQUINO, gli opuscoli “DE MODALIBVS” e “DE FALLACIIS.” Tutte queste opere si collocano intorno alla metà del secolo, con la sola eccezione del Compendium di Bacone. Alle esposizioni e ai commenti al corpus tradizionale degli scritti Mediaeval Studies; cfr. SHERWO0D'S Treatise on Syncategorematic Words, trans. with an Intr. and Notes by Kretzmann, London. Perri Hispani Summulae logicales, quas e codice manu scripto Reg. Lat. edidit Bochefiski, Taurini. In Muttatry, The Summulae logicales of Peter of Spain, Notre Dame Ind. In Perri Hispani Summulae logicales cum VersorI Parisiensis clarissima expositione. Parvorum item logicalium eidem Petro HisPANO ascriptum opus, Venetiis Apud Jacobum Sarzinam; cfr. ora PETER OF Spain, Tractatus syncategorematum and Selected Anonymous Treatises, trasl. by Mullally, with an Intr. by Mullally and Houde, Milwaukee Wisc.; le pp. saranno fornite di volta in volta. Per la datazione dell’opera, cfr. ora Rik, Note on the Date of Lambert of Auxerre’ Summule, Vivatium; per il testo, v. LampERTO DI AuxERRE, Logica (Summa Lamberti), prima ed. a cura di F. ALESSIO (si veda), Firenze. Vincentit BeLLovacensIs Speculum doctrinale, Duaci (ed. anastatica Graz). Useremo il testo che sta in BocHENSKI, Sancti Thomae AQUINO DE MODALIBVS opusculum et doctrina, « Angelicum. In AQUINO, Opuscula philosophica, ed. SPIAZZI (si veda), Taurini-Romae] logici si farà riferimento solo occasionalmente, e anche in tal caso si farà riferimento solo alle expositiones di Alberto Magno e alle In librum primum priorum Analyticorum Aristotelis quaestiones, attribuite a Duns Scoto e certamente databili al tempo del doctor subtilis; si utilizzeranno inoltre le In libros Elenchorum quaestiones, certamente di Duns Scoto. I filosofi e i testi presi in esame possono essere distinti in tre gruppi. Va considerata innanzi tutto l’opera dei logici inglesi nel suo complesso. Essa rappresenta il contributo più originale € più coerente allo sviluppo e alla sistemazione delle dottrine logiche medievali. Di Occam, sulla cui personalità è qui inutile soffermarsi tanto è universalmente riconosciuta la sua importanza nella storia della logica, si sono esaminate, nell ordine, l’Expositio aurea in artem veterem, la Summa logicae (nell edizione del Bohner per la parte da lui pubblicata Be per il resto nell'EDIZIONE VENEZIANA), il Tractatus logicae minor Le expositiones di ALsERTO Macno delle opere logiche d’Aristotele stanno nei primi 2 voll. di Opera, cd. Borgnet, Parisiis. _ In Opera omnia, I, ed. Wadding, Lugduni Sumptibus Laurentii Durand. n Ivi. n © Cfr. GuiieLmi pe OccHam Expositio aurea et admodum utilis super Artem veterem, cum questionibus ALBERTI PARVI DE SAXONIA. Impensis Benedicti Hectoris Bononiensis artis impressorie solertissimi Bononieque Impressa s. pp. Ockuam, Summa logicae. Pars prima. Pars secunda et tertiae prima, ed. by Ph. Bohner, St. Bonaventure N.Y-Louvain-Paderborn (la numerazione delle pp. continua da un volume all’altro; perciò non sarà indicato il volume da cui è tratta la cit.). Macistri GuieLMI (!) OccHam Summa totius logice, VENEZIA per Lazarum de Soardis e l’Elementarium logicae, da collocare dopo il Tractatus logicae minor)". Avversari di Occam sono Burleigh e Riccardo di Campsall. Il primo e maestro a Parigi. Compose molti trattati di logica: sono expositiones della logica antigua, oppure opere legate più propriamente alla tradizione della logica modernorum. Di queste ultime sono state prese in esame le due redazioni incomplete del De puritate artis logicae e il trattato De probationibus, sulla cui attribuzione al nostro maestro sono stati di recente avanzati dubbi. Il secondo — fellow del Balliol, poi del Merton  ricordato come maestro [m È in Buyraert, The Tractatus logicae minor of Ockbam, Franciscan Studies; per la datazione di de sta e della seguente opera di Occam, cfr. ivi, pp. 51-53. In Buvraert, The Elementarium logicae of Ockbam, « Franciscan Studies: poiché non citeremo le ultime pp. della seconda parte, la numerazione delle pp. non dà luogo a confusione tra le due parti; omette- sue mp l'indicazione del volume e dell’annata della rivista. er le notizie biografiche relative ai maestri inglesi che seguono, Empen, A Biographical Register of the arida of OXFORD to (Di 1500, 3 voll., Oxford; per il nostro autore, cfr. MARTIN, Burley, in Oxford Studies presented to Callus, Oxford, Rio. NI ties E Ockham and Some Mertonians [LIKE H. P. GRICE], Mediaeval Sudies, e Repertorium ivi ferergicig, Mertonense, De puritate artis logicae Tractatus longior. With a Revised Edition of the Tractatus brevior, ed. by Bshner, St. Bonaventure N.Y.-Louvain- na e 1955. È contenuto nel ms. Erfurt, Wissenschaftliche Allgemeinbibli Amplon. Q. 276, ff. 6ra-19va; l’indice del ms. è in Tesio, Lea klung der Sprachtheorie im Mittelalter, Beitrige zur Geschichte der Philosophie, Miinster. Pinborg avanza dubbi sull’autenticità dell’opera] reggente nelle arti e come sacre theologie professor — scrive, fra l’altro, una Logica valde utilis et realis contra Ocham e delle Questiones super librum Priorum analeticorum: di entrambi utilizzeremo quanto ha pubblicato Synan. La generazione successiva annovera Guglielmo Heytesbury: fellow del Merton, e tra i fellows fondatori del Queen's, e poi ancora fellow del Merton, è ricordato come maestro in teologia; e due volte cancelliere di Oxford. Compone la sua opera maggiore, le Regulae solvendi sophismata, e i Sophismata. Di lui si ricorderanno le Regulae, il De sensu composito et diviso, il De veritate et falsitate propositionis (questi testi sono Cfr. Synan, Richard of Campsall, an English Theologian, « Mediaeval Studies, Introduction alle Questiones (di cui alla n. seguente); v. WersHEIPL, Repertorium Mertonense. Rispettivamente: Svnan, The Universal and Supposition in a Logica Attributed to Richard of Cempsall, in Mediaeval Thinkers. A Collection of bitherto unedited Texts, ed. O'Donnell, Toronto; e The Works of Richard of Campsall, I: Questiones super librum Priorum analeticorum. Ms. Gonville and Caius 688, ed. by Synan, Toronto. Cfr., oltre a Empen, op. cit., ad L: J.A. WrrsHerPL, Ockbam and Some Mertonians (in part.: il suo testamento), e Repertorium Mertonense. Cfr. Erfurt, Wissenschaftliche Allgemeinbibliothek, ms. Amplon. F. 135, f. 17r: Explicit quidem tractatus optimus datus OXONIE a mag. Hytthisburi; cfr. W. ScHum, Beschreibendes Verzeichniss der Amplonianischen Handschriften-Sammlung zu Erfurt, Berlin. Cfr. A. Mater, Die Vorliufer GALILEI, Roma. Gregorio da RIMINI (si veda) cita i Sophiswata di Heytesbury nel suo commento alle Sentenze. stati editi a Venezia, e il trattato De propositionum multiplicium significatione, conservato in un solo manoscritto. Billingham, poi, e maestro nelle arti e reggente e fellow del Merton. Di lui si sono studiati lo Speculumz puerorum sive Terminus est in quem e il De sensu composito et diviso Wyclif compose una Summula de logica e tre trattati che vanno sotto il nome di Logice continuacio: sono stati tutti pubblicati da Dziewicki nell'edizione delle opere latine di Wyclif sotto il titolo Tractatus de logica. Condiscepolo di Wyclif al Merton e Strode, maestro nelle arti, poeta e uomo politico: la sua Logica [Cfr. GuiLeLMI HENTISBERI Tractatus de sensu composito et diviso. Regulae eiusdem cum suphismatibus. Tractatus HENTISBERI de veritate et falsitate propositionis. Conclusiones eiusdem. Impressum VENEZIA per Bonetum Locatellum sumptibus Octaviani Scoti. I capitoli delle Regulae saranno citati autonomamente. Essi sono: De insolubilibus, De scire et DVBITARE, De relativis, De incipit et desinit, De maximo et minimo, De tribus praedicamentis. Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, ms. lat. VI, 160 (= 2816), ff. 252ra-253vb. 87 Cfr. Maierù, Lo «Speculum puerorum sive Terminus est in quem» di Billingham, «Studi Medievali», A ERMINI (si veda); notizie biografiche; testo dello Speculum puerorum sive Terminus est in quem; testo parziale del De sensu composito et diviso (dall’unico ms. noto, Parigi, Bibliothèque Nationale, lat. 14715), ivi, appendice. J. WycLir, Tractatus de logica, Now First Edited from the Vienna and Prague Mss. by Dziewicki, London  (First repr. New York-London-Frankfurt): la Logica occupa le pp. 1-74 del vol. I; il tr. I Logice continuacio è ivi, pp. 75-120; il tr. II Logice continuacio è ivi, pp. 121-234; il tr. III Logice continuacio occupa i voll. IT-III dei Tractatus de logica. Cfr. Dictionary of National Biography, ed. L. Stefen-S. Lee, London, ad /., e EMDEN, op. cit., ad I. in sei trattati (uno dei quali dedicato alle Conseguentiae) è tutta conservata nel ms. Bodleian, Canon. 219”. Un autore del quale non si sa altro se non che e inglese” è Maulevelt: i più antichi manoscritti delle sue opere, diffuse prevalentemente nell’Europa, sono della metà del secolo XIV”. I trattati qui presi in esame sono Per il testo dei trattati ancora inediti ci serviamo del ms. Oxford Bodleian Library, Canon. 219, ff. 13ra-52vb: la successione dei trattati nel ms. non è quella voluta dall'autore; qui si darà solo l'indicazione dei ff, non del trattato. Per il testo delle Conseguentiae ci serviamo della seguente ed.: Stroni Consequentie cum commento ALEXANDRI SERMONETE. Declarationes GAETANI in easdem Consequentias. Dubia Magistri PAULI PERGULENSIS. Obligationes eiusdem Stropi. Consequentie RicarDI DE FERABRICH. Expositio GAETANI super easdem. Consequentie subtiles HENTISBARI. Questiones in Consequentias Strodi perutiles eximii artium doctoris domini ANtoNI FracHantiani Vicentini. Impressa fuerunt VENEZIA que in hoc volumine continentur per Lagarum de Soardis, sumptibus Heredum nobilis viri domini Octaviani Scoti civis Modoetiensis et Sociorum 1517 Die 8 Aprilis. Risulta dai sgg. ms.: Erfurt, Amplon. Q. 255 « Explicit tractatus fallaciatum lectus Lovanii per mag. Thomam Anglicum dictum Manlevel (f. 27), e Amplon. Q. Hec questiones fuerunt compilate per Manlevel Anglicum doctorem solempnem. Non serve molto alla identificazione del nostro autore quanto si legge in PRANTL (che ricorda il Tractatus obligationum di Martin Molenfelt, per il quale cfr. Murtaty, The « Summulae logicales); F. EHRLE, Der Sentenzentommentar Peters von Candia des pisaner Papstes Alexander V., Miinster, che identifica Tommaso con Martino; GraBMann, Handschriftliche Forschungen und Funde; K. MicHarsri, Le criticisme et le scepticisme dans la philosophie, « Bulletin international de l'Académie polonaise des Sciences et des Lettres», Classe d’hist. et philos., Cracovie, ora in La philosophie au XIVE siècle. Six études, herausg. und eingel. von K. Flasch, Frankfurt. Ma cfr. J. Pinpore, Die Entwicklung der Sprachtheorie ..., cit., p. 146 n. 23; il Pinborg mi ha comunicato le notizie di cui a questa e alla seguente n. con lettera del 18.8.70. Cfr. Gottinga, Universitàtsbibliothek, ms. Theol. 124. De suppositionibus e De terminis confundentibus. Un’adeguata datazione può essere proposta dopo un accurato esame delle sue opere. Per la scuola parigina sono state invece considerate le opere di tre autori: Buridano, Alberto di Sassonia, e Inghen. Buridano e rettore dell’università. Delle sue opere  utilizzeremo il Compendium logicae (il Tractatus de suppositionibus sarà citato L'incipit del trattato De suppositionibus è: Expedit ut terminorum acceptio lucide cognoscatur, e l’explicit: Utrum istae propositiones de virtute sermonis sint verae hoc patebit in libro de Consequentiis et sic sit finis huius operis causa brevitatis »; del trattato De terminis confundentibus l'incipit è: «Affectuose summariam cognitionem terminorum vim confundendi habentium, l’explicit: «consequentia negatur quia ante- cedens est verum et consequens falsum. Il secondo trattato rinvia al primo, ma i codici consultati presentano varianti a questo proposito: il Vat. lat. 3065, f. 26ra, ha: aliquae regulae positae sunt in tractatu de suppositionibus sic incipiente: Intentionis praesentis in hoc tractatu etc. », e ciò è anche (meno «in hoc tractatu etc. ») nell’Amplon. Q. 30, f. 141r; il ms. Cracovia, Biblioteka Jagiellotfiska, ha invece (f. 295v): « incipiente: Expedit etc. », mentre i mss. Cracovia 2178 (f. 43v) e 2591 (f. 80r) omettono l’incipit, pur conservando il rinvio al De suppositionibus. Il trattato De suppositionibus, a sua volta, ha un rinvio all’altro: de quibus patebit [così i mss. Cracovia 2178, f. 40v, e 2591, f. 75v; il Vat. lat. 3065, f. 68ra, ha patuit] in libro de terminorum Confusione ». Maulevelt parla dunque di tre trattati (De suppositionibus, De terminis confundentibus, De conse- quentis) che potrebbero essere parti di un'unica opera logica, o surzzza. Utilizzeremo il testo dei due trattati secondo il ms. Vat. lat. 3065 (De ter minis confundentibus, ff. 25vb-28ra, e De suppositionibus, ff. 65vb-68rb), per il quale cfr. il mio Lo « Speculum puerorum ..., cit., pp. 312-314.  Cfr. Joannis BuripaNI Perutile Compendium totius logicae cum praeclarissima sollertissimi viri JOANNIS DORP expositione. Impressum Venetiis per Petrum de Quarengiis Bergomensem. Anno domini 1499, die XI Maij, s. pp. I '''+—m_1 r o_o T_—1-P-P1_1_.u nell’edizione della Reina #), i Sophismata®, le Consequentiae”; si ricorderanno anche i Capitula a lui attribuiti dal ms. Vat. lat. 3065%. Alberto di Sassonia e anch’egli rettore a Parigi, quindi, e rettore dell’università di Vienna e poi vescovo di Halberstadt: ricorderemo le sue Quaestiones in Ochami logicam, la Logica!” e i Sophismata. Inghen, professore a Parigi e rettore, primo rettore dell’università di Heidelberg, ha lasciato molte opere, ma qui saranno utilizzati solo i Textus dialectices. Le opere di questi filosofi, per la diffusione avuta in tutta Europa, servono a caratterizzare [Burano, Tractatus de suppositionibus, prima ed. a cura di Reina, « Rivista critica di storia della filosofia. Burani Sopbismata, per felicem balligault parisius impressa [...] die 20 Novembris 1493, s. pp. (ma con paginazione a mano nell’esemplare utilizzato). Burani Consequentiae. Impressus parisius per Anthonium caillaut, s. a., s. pp. 9 Ms. cit., ff. 105-107vb; per essi cfr. G. FepERICI VESCOVINI, Sw alcuni manoscritti di Buridano, Rivista critica di storia della filosofia. Per le quali cfr. l’ed. dell’Expositio aurea di Occam. Arsertuci Logica. Perutilis Logica excellentissimi Sacre theologie professoris magistri ALsERTI DE SAXONIA ordinis Eremitarum Divi Augustini. Impressa Venetiis ere ac sollertia Heredum Domini Octaviani Scoti Civis Modoetiensis et sociorum. Anno a Christo ortu. Die XII. mensis Augusti. 101 Cfr. ArseRTI De SaxonIa Sopbismata nuper emendata. Impressum est Parisiis hoc opusculum [...] Opera ac impensa Magistri felicis Baligault Anno ab incarnatione dominica, s. pp. (ma l'esemplare utilizzato ha la paginazione a mano).Stanno in Parvorum logicalium liber continens perutiles Perri HispAnI tractatus priorum sex et [MARsILII dialectices documenta, cum utilissimis commentariis perCONRADUM PSCHLACHER [...] congestis, Viennae Austriae, Johannes Singrenius. I trattati di INGHEN sono: Tractatus suppositionum, ivi, ff. 146v-166r; Tractatus ampliationum, ivi, ff. dottrine ampiamente conosciute e accettate. Non più di un cenno è riservato al Tractatus exponibilium di Pietro d’Ailly (} !%. Il terzo gruppo di FILOSOFI è quello ITALIANO. Pietro di Mantova [si veda], studente a Padova, lettore di filosofia a BOLOGNA. Pietro ha lasciato una Logica di notevole interesse. Gli altri filosofi o vissero a cavallo tra il secolo XIV e quello successivo, come Paolo Veneto. Poiché tuttavia le loro opere testimoniano che IN ITALIA l'insegnamento della logica e impartito spesso su testi di filosofi inglesi o derivati da questi, essi sono posti accanto ai filosofi del secolo XIV quali loro legittimi epigoni. NICOLETTI (si veda), noto come Paolo Veneto, studia, fra l’altro, a Oxford e insegna in varie università italiane e soprattutto a Padova; citeremo 168v-173v; Tractatus appellationum, ivi, ff. 175v-179v; Textus de statu, f. 180; Tractatus restrictionum, ivi, ff. 181v-182r; Tractatus alienationum, ivi, f. 182v; Prima Consequentiarum pars, ivi, ff. 184r-193r; Secunda Consequentiarum pars, ivi, ff. 194v-208v. Al titolo Textus dialectices seguirà solo l'indicazione dei ff. 103 Cfr. MacistRI PetrI DE ArLLvAco Tractatus exponibilium, Parisius Impressus a Guidone Mercatore. In campo gaillardi. Id. Octobris, s. pp. (ma l'esemplare consultato ha la paginazione a mano). Petrus MANTUANUS, Logica. Tractatus de instanti, Padova, Johann Herbort; l’ordine dei trattati è diverso dai mss. alle stampe; l’ed. utilizzata è s. pp., ma l'esemplare che ho consultato ha una paginazione a mano; la segnatura della Bibl. Vat. è Ross. 1769; cfr. la bibliografia in Lo «Speculum puerorum »..., cit., p. 299 n. 16. La più completa trattazione d’insieme del pensiero di NICOLETTI è ancora quella di F. MomicLiano, NICOLETTI e le correnti del pensiero filosofico del suo tempo, Torino; pet il soggiorno ad Oxford, cfr. B. NarpI, Letteratura e cultura veneziana del Quattrocento, in La civiltà veneziana del Quattrocento, Firenze, dove si afferma che NICOLETTI rimane a Oxford almeno 3 anni, e si le sue opere: Logica parva, Logica magna, Quadratura. Paolo da PERGOLE (si veda) e  discepolo di NICOLETTI a Padova e resse la scuola di Rialto a Venezia; la sua Logica segue da vicino la Logica parva del suo maestro; il trattato De sensu corpositio et diviso dipende dall'omonimo trattato di Heytesbury !°; i Dubiz sono legati ai temi delle Consequentiae di Strode. Altro discepolo di NICOLETTI e il vicentino Gaetano da THIENE (si veda),  professore a Padova, che ha legato il suo nome soprattutto al commento delle opere di Heytesbury (Regulae e Sophismata). Si ricorda di lui l’Expositio delle Consequentiae di Strode. Il domenicano Battista da FABRIANO (si veda) riporta il seguente documento. Die 31 Augusti 1390: Fecimus studentem fratrem Paulum de Venetiis in nostro studio Oxoniensi de nostra gratia speciali cum omnibus gratiis quibus gaudent ibidem studentes intranei. Item eidem concessimus quod tempore vacationum Lundonis possit libere morati. Cfr. ora A.R. PerreraH, A Biograpbical Introduction to NICOLETTI, « Augustiniana. Pauri VENETI Logica, [Venezia, Cristoforo Arnaldo], s. pp. AI titolo Logica parva seguirà solo l’indicazione del trattato. Pauri Veneti Logica magna. Impressum Venetiis per diligentissimum virum Albertinum Vercellensem Expensis domini Octaviani Scoti ac eius fratrum opus feliciter explicit Anno D. 1499 Die 24 octobris. Macistri Pauri VenETI Quadratura. Impressum Venetiis per Bone- tum Locatellum Bergomensem iussu et expensis Nobilis viri Octaviani Scoti civis Modoetiensis. Anno ut supra. Cfr. B. NARDI, op. cit., pp. 111-118. Cfr. Pau or PercuLA, Logica and Tractatus de sensu composito et diviso, ed. Brown, St. Bonaventure N.Y.-Louvain-Paderborn 1961. Si tenga presente anche I. Bon, Paul of Pergula on Suppositions and Consequences, « Franciscan Studies », XXV (1965), pp. 30-89. Cfr. per l’ed. dei Dubia, n. 90. Cfr. su Gaetano da Thiene: P. Silvestro DA VaLsanziBIo, Vita e dottrina di Gaetano da Thiene, Padova 1949; per l’ed. dell’Expositio (che citeremo col titolo Super Consequentias Strodi), cfr. n. 90. professore di filosofia e teologia a Padova, Siena, Firenze e Fer- rara, cominciò la sua carriera accademica un decennio dopo Gaetano da Thiene; compose, fra l’altro, una Expositio del De sensu compositio et diviso di Heytesbury. Il senese SERMONETA (si veda), « magister artium et medicinae », figlio del medico Giovanni, insegnò a Perugia, poi a Pisa (per quattro anni) e finì la sua carriera a Padova; ricorderemo i suoi due scritti di logica: Super Consequentias Strodi!5 e Expositio in tractatum de sensu composito et diviso Hentisberi!*, Un’Expositio dello stesso trattato De sensu composito et diviso scrisse anche il carmelitano senese Bernardino di LANDUCCI (si veda)), che divenne generale del suo ordine.Cfr. J. Quérrr-J. Ecuarp, Scriptores Ordinis Praedicatorum, I, Lutetiae Parisiorum 1719, p. 847; G. Brorto-G. ZonTA, La facoltà teologica di Padova,  Padova. Cosenza, Biographical and Bibliographical Dictionary of Italian Humanists and of the World of Classical Scholarship in Italy, Boston, ad L’ed. dell’Expositio è in Tractatus de sensu composito et diviso magistri GuLieLMI HENTISBERI cum expositione infrascriptorum, videlicet: Magistri ALEXANDRI SERMONETE (impressum Venetiis per Jacobum Pentium de Leuco, a. d. 1501, die XVII julii), Magistri BERNARDINI PETRI DE LANDUCHES, Magistri PauLi PercuLENSIS et Magistri Bapriste DE FABRIANO. Si veda ora L. GAR- can, Lo studio teologico e la biblioteca dei Domenicani a Padova nel Tre e Quattrocento, Padova, Battista da Fabriano. Cfr. J. FaccioLATI, Fasti Gymnasii Patavini, I, Patavii; A. FagroNI, Historiae Academiae Pisanae, Pisis; Ermini, Storia dell’università di Perugia, Bologna 1947, p. 501. Cfr. l’ed. cit. inn. 90.  Cfr. l’ed. cit. in n. 113. Cfr. l’ed. del testo in n. 116; si vedano per le notizie biografiche: J. TritHEMIUS, Carmelitana Bibliotheca sive illustrium aliquot Carmelitanae religionis scriptorum et eorum operum catalogus magna ex parte auctus auctore P. Petro Lucio BeLGA, Florentiae apud Georgium Marescottum Contemporaneo del Landucci dovette essere il lodigiano POLITI, artium doctor: alunno di MARLIANI (si veda), insegna calculationes a Pavia! e compose vati trattati di logica: un De sensu composito et diviso, una declaratio della Logica parva di NICOLETTI e una Quaestio de modalibus, che sarà qui utilizzata, scritta al tempo di BORGIA (si veda). VETTORI (si veda), di Faenza, insegn a BOLOGNA, medicina a Padova e poi di 1593, pp. 20-21; C. ne VrrLiers, Bibliotheca Carmelitana, I, Aurelianis (ed. anast. Romae), nr. LXV, Bassani Porti Quaestio de modalibus, Venetiis apud Bonetum Locatellum 1505; l'incipit è (ivi, f. 2ra): « Excellentissimi doctoris magistri Bassiani Politi Laudensis quaestio de numero modorum facientium sen- sum compositum et divisum. Quaestio est difficilis in materia de modalibus, utrum tantum sex [....] », l’explicit è (ivi, f. 4rb): iam patet ex dictis quid sit dicendum. Finis »; cfr. ivi la lettera dedicatoria a Rodrigo Carvajal, dalla quale risulta che fu alunno di Gerolamo Marliani, vivente quando l’au- tore scriveva (insegnò a Pavia nel 1486-87 e nel 1507: cfr. Memorie e docu- menti per la storia dell'università di Pavia [...], Pavia 1878, ad I.), figlio di Giovanni Marliani (per il quale cfr. M. CLaceTT, Giovanni Marliani and Late Medieval Physics, New York 1941. Sul Politi cfr. C. DionisortI, Er- molao Barbaro e la fortuna di Suiseth, in Medioevo e Rinascimento. Studi in onore di B. Nardi, Firenze. Cfr. Quaestio de modalibus, cit., f. 3va: « Pro cuius declaratione prae- suppono mihi unum fundamentum Petri Mantuani in primo capitulo De instanti anno elapso dum Papiae calculationes profiterer per me fortissimis rationibus comprobatum »; il suo Tractatus proportionum introductorius ad Calculationes Suiset è edito insieme con la Quaestio ai ff. 4va-8vb. 120 Quaestio, cit., f. 3va: «[...] stante fundamento diffuse declarato in tractatu nostro De sensu composito et diviso », e f. 4rb: « Hoc autem diffuse declaravimus in tractatu nostro De sensu composito et diviso ». 121 Ivi: «[...] optime poteris sustentare definitionem Pauli de supposi- tione absque aliqua limitatione, ut diffuse contra modernos declaravimus super Logica patva ». 12 Ivi, f. 3va: « Alexandro nunc summo pontifice ».] nuovo a Bologna !*; ha lasciato molte opere di medicina e due opere logiche, composte entrambe al tempo in cui insegnava logica a Bologna: la prima è Collectaneae in suppositiones Pauli Veneti, la seconda è Opusculum in Tisberum de sensu composito et diviso; utilizzeremo solo quest’ultima. Non di tutti questi trattati si troverà qui un’analisi appro- fondita, ma ad alcuni si farà solo un riferimento.La struttura della summzula, o summa, ha subìto una notevole evoluzione. Essa risulta composta di alcuni trattati che riassumevano le dottrine dell’Isagoge e dell’Organon (in questo caso, l’esposizione del De interpretatione occupa il primo posto) ai quali seguivano altri trattati sulle proprietates terminorum. Con la Summa logicae di Occam cade la distinzione tra elementi della logica antiqua ed elementi della logica moderna. La materia è ristrutturata, secondo un criterio ‘naturale’, in parti che studiano l’elemento più semplice o termine, la proposizione, e il sillogismo o strutture logiche complesse. Questo criterio naturale non corrisponde alla distinzione tra logica elementare o degli enunciati e logica o CALCOLO DEI PREDICATI. Ma con il De puritate artis logicae di Burleigh si fa un passo [Cfr. S. Mazzetti, Repertorio di tutti i professori antichi e moderni della famosa Università e del celebre Istituto delle Scienze di Bologna, Bologna. Cfr. per entrambe: BenEDICTI VICTORII BononiensIS Opusculum in Tisberum de sensu composito ac diviso cum eiusdem collectaneis in suppo- sitiones Pauli Veneti. Expositio Benedicti Victorii Bononiensis ordinariam logicae Bononiae publice profitentis feliciter explicit. Laus deo. Finis. Bononiae. Cfr. Bonner, Medieval Logic] avanti. L’opera, si è detto, ci è pervenuta in due redazioni. Se il tractatus longior risulta di due trattati (de proprietatibus terminorum e de propositionibus et syllogismis bypotheticis) e risente ancora del criterio naturale che presiede alla Summa logicae di Occam, il tractatus brevior avrebbe dovuto risultare di parti dedicate alle regulae generales -- e cioè consequentiae, syncategoremata e suppositiones --, all’ars sophistica -- dottrina delle fallaciae --, all’ars exercitativa -- o de obligationibus -- e all’ars demonstrativa -- o sillogismo. Nel iractatus brevior, dunque, la distribuzione della materia non obbedisce più che a criteri puramente logici, ponendo in primo piano la logica degli enunciati. Ma per avere un quadro più completo delle modificazioni subite dall'impianto dei manuali di logica, è opportuno accennare ancora alla struttura di due opere. Le Regulae solvendi sophismata di Heytesbury sono una surzzza !” (ma vanno anche sotto il nome di Logica), ma della summa tradizionale conservano ben poco. Si articolano infatti in capitoli dedicati agli insolubilia, al de scire et dubitare, alla supposizione del relativo (de relativis), alla expositio de incipit et desinit, ai problemi de maximo et minimo e a quelli, compresi nel capitolo de tribus praedicamentis, relativi al moto locale, quantitativo (de augmentatione) e qualitativo (de alteratione). Più tradizionale la distribuzione della Logica di Strode. In un primo trattato Strode ricapitola la materia dei seguenti libri: De interpretatione (con in più la trattazione delle proposizioni ipotetiche), Isagoge, Categorie e Primi analitici, nel secondo si toccano i seguenti argomenti: termine, proposizione, de obligationibus (è, [Cfr, l’Introduction del Bonner a W. BurLEIGH, op. cif., pp. VI-XI. 127 Op. cit., f. 4va: traderem brevi summa» e «Et in sex capitula nostram dividens summulam [...] ». 128 Così, secondo ScHum, op. cit., p. 88, è nel cit. ms. Erfurt, Amplon. F. 135. questo, un trattato dedicato, come avverte l’autore, ai « principia logicalia » e che deve servire ad introdurre i giovani « in tracta- tus graviores» !®); seguono gli altri quattro trattati: conseguentiae de suppositionibus et exponibilibus, obligationes, insolubilia. i Si può notare che in queste opere nuove esigenze e nuovi problemi si fondono con esigenze tradizionali d’insegnamento. Ma emerge sempre più l’affermarsi della logica degl’enunciati o consequentiae rispetto alla logica dei termini, giacché la logica dei termini è sottoposta a verifica mediante consequentiae. Ciò è stato già rilevato a proposito della suppositio, ma trova ora nuove conferme soprattutto nella dottrina della probatio propositionis. La logica elementare, specie nella probatio, è il presupposto indispensabile di tutta l’articolazione del discorso e delle analisi proposte. Contemporaneamente, anche a livello di organizzazione di un corpus di dottrine logiche, la consequentia va a prendere il primo posto. Si è ricordata la collocazione che essa ha nel tractatus brevior De puritate artis logicae di Burleigh. Ma si pensi che, spesso, il sillogismo è considerato, come dev'essere, un tipo di conseguentia (Riccardo di Campsall parla di consequencia sillogistica e Alberto di Sassonia ha de consequentiis syllogisticis) fino a giungere con SERMONETA (si veda), all’affermazione del primato delle consequentiae rispetto ai sillogismi. Le corseguentiae sono communissima pars libri Priorum, aut ad ipsum isagogicon. Tutto ciò è testimonianza di un lavoro che lungo i secoli Fa Cfr. Logica, cit., f. 19vb: «Et haec dicta de principiis logicalibus ad iuvenum introductionem in tractatus graviores sufficiant ». 19 Bonner, Medieval Logic, cit., pp. 29-31. 131 Cfr. Questiones ..., cit., 12.34, p. 205. { sa” Logica, IV, 7: De consequentiis syllogisticis hoc est de syllogismis, . 28vb. È 133 Cfr. Super Consequentias Strodi, cit., f. 2ra: Ad secundum dico libellum hunc esse communissimam partem libri Priorum aut ad ipsum isagorgicon, et per consequens immediate postponi debere ad librum ha avuto di mira l’identificazione di strutture logiche sulle quali fosse possibile operare. Ma è ben noto che la logica è, nel medio- evo, una delle arti del trivio e HA PER OGGETO IL LINGUAGGIO  (è quindi una scientia sermocinalis) come la grammatica e la retorica, differendo però da la GRAMMATICA e la RETORICA perché DIALETTICA mira a discernere le proposizioni vere da quelle false, mentre la grammatica e la retorica insegnano, rispettivamente, a SERVIRSI del linguaggio con correttezza – LA GRAMMATICA -- e con eleganza – LA RETORICA. A sua volta, IL LINGUAGGIO-OGGETTO  d’indagine è una lingua storica, il LATINO. È da chiedersi perciò fino a che punto i risultati dello sforzo compiuto per identificare strutture linguistiche sulle quali fosse possibile operare validamente da un punto di vista logico autorizzino a parlare di logica formale; o, in altri termini, se le strutture siano autentiche forme, siano trattate SENZA FAR RIFERIMENTO AL SIGNIFICATO delle parole e al senso delle espressioni. Quando si cerca una risposta, la difficoltà maggiore s'incontra nel fatto che la proposizione studiata ha un ineliminabile importo esistenziale, per cui elementi extra-logici -- ontologici, gnoseologici -- finiscono per condizionare la trattazione della logica. È tuttavia utile indicare alcuni elementi che documentano il progressivo affermarsi di una concezione formale della logica. Oltre alla distinzione, troppo nota, tra materia e forma di un argomento, ricordiamo che Buridano considera la copula est “formale propositionis;” essa cioè è l’elemento Periermenias et anteponi ad librum Topicorum, Elenchorum et Posteriorum. Patet hic ordo, quia de consequentia hic tamquam de subiecto agitur, quae communiot est omni specie argumentationis seu syllogismo simpliciter, de quo agitur in libro Priorum ». Cfr. Moopy, Truth and Consequence ..., cit., p. 10. 134 Cfr. R. CarnaP, Sintassi logica del linguaggio, tr. it. A. Pasquinelli, Milano 19662, p. 33. 135 Cfr. Tractatus de suppositionibus, cum copula debeat esse formale propositionis; Reina legge: «esse (verbum) formale », ma l'integrazione è superflua. Ma v. BURIDANO, Consequentiae, cit., tei] formale della proposizione categorica o atomica; che Alberto di Sassonia parla di “formale propositionis” per le ipotetiche: sono tali le particelle sincategorematiche (come “si” – sillogismo ipotetico; “vel:, sillogismo disgiuntivo) che fungono da connettivi tra proposizioni atomiche in modo da formate proposizioni molecolari; che Heytesbury usa il termine forzza per indicare una struttura logica, considerata solamente dal punto di vista operativo, nella quale le variabili stanno per proposizioni. Il progressivo, cosciente affermarsi del primato della logica degl’enunciati va dunque di pari passo con l’individuazione di forme logiche. Infine, in un testo in cui si discute della diversità delle logiche, proprie delle varie scienze, all’interno dell’unica (universalis) logica comune a tutte le scienze, e quindi della diversità della rationalis logica fidei e della logica naturalis, Holcot scrive. Sed quid est dicendum: estne logica Aristotelis formalis, an non? Dico, quod si non vis I, 7 (distingue tra materia e forma della proposizione o della consequentia e precisa quali elementi siano da considerare spettanti alla forma). 156 Cfr. Sophismata, cit., II, 8° «Non Socrates currit vel non curtit », f. [4lra]: «[...] quia formale, scilicet nota disiunctionis, in utraque affirmatur », e  « Non aliquis homo currit si aliquod animal currit », f. [4lra-b]: «[..] eo quod in illo sensu negatio cadit supra formale propositionis, scilicet supra notam conditionis. 157 Cfr. cap. VI, app. 2, nn. 8 e 9 (in entrambi i casi si tratta della proposizione copulativa. 158 Cfr. HoLcor Opus questionum ac determinationum super libros Sententiarum, Lugduni 1518, I Sent., q. 5J: « Eodem modo rationalis logica fidei alia debet esse a logica naturalis. Dicit enim Commentator secundo Metaphysicae commento XV quod quaedam logica est universalis omnibus scientiis, et quaedam propria unicuique scientiae; et si hoc est verum, a multo fortiori oportet ponere unam logicam fidei, et similiter alia logica utitur obligatus certa specie obligationis, et alia libere respondens secundum qualitatem propositionum. Modo philosophi non viderunt aliquam rem esse unam et tres; ideo de ea in suis regulis mentionem non fecerunt. Sunt igitur in logica fidei tales regulae: quod omne absolutum praedicatur in singulari de tribus, et non in plurali; alia, quod unitas tenet suum consequens, ubi non obviat relationis oppositum. Et ideo, concessis praemissis dispositis Terminologia logica della tarda scolastica 43 vocare logicam formalem nisi illam, quae tenet in omni “agi sicut dicit Commentator primo Physicorum commento XXV: er- mo concludens per se debet concludere in omni materia, tune patet, quod non. Si vis vocate logicam formalem illam, quae per naturalem inquisitionem in rebus a nobis sensibiliter a non capit instantiam, dico quod sic » !®: secondo Holcot, la logica aristotelica è logica naturale, e la sua validità non trova eccezione nell’ambito della nostra esperienza. Essa è quindi formale nell'ordine della natura. Ma la logica aristotelica non è una logica universale valida in ogni materia (non è applicabile, ad tr pio, al dato rivelato, come al problema della trinità) e in tal senso non è logica formale. Forse altri testi potranno ts mentare meglio e chiarire con quale coscienza i maestri Fa ev si servissero dei propri strumenti scientifici, e quindi della logica Ma sembra incontestabile che qui s’affaccia 1 esigenza di una logica formale, la cui validità si estenda ad ogni campo del sapere e non dipenda dalle particolarità della materia trattata, De sia cioè condizionata dai princìpi di questa, ma ubbidisca solo ai propri princìpi. Prima di concludere, è il caso di spendere qualche parola per presentare questo lavoro e per collocarlo in rapporto ai temi ora accennati. na . Ciascuno dei capitoli nei quali esso si articola è dedicato ie studio di un termine o gruppo di termini, e quindi di una dot- in modo et in figura, negatur conclusio, quia in conclusione obviat cera oppositio; sicut si arguitur sic: haec essentia est pater, haec essentia t.- filius, ergo filius est pater; et utraque praemissarum est vera, et app: ispositio tertiae figurae ». . de" Ivi (continuaz. del testo della n. prec.). Il passo è gar w F. Horemann, Holcot. Die Logik in der Theologie, in Lo ssd Mediaevalia, 2: Die Metaphysik im Mittelalter. Vortrige des si mi nalen Kongresses fiir mittelalterliche Philosophie (Kéln 31 Aug.-6 Sept. 9 herausg. P. Wilpert-W.P. Eckert, Berlin 1963, p. 633. 44 Alfonso Maierà trina, che ha un certo rilievo nel quadro dell’insegnamento logico della tarda scolastica. L’ordine con cui si succedono i capitoli non è quello strettamente alfabetico. Il criterio alfabetico si compone con quello dell’affermarsi cronologico delle dottrine. La combinazione dei due criteri ha portato a una disposizione che, pur salvando la varietà dei temi trattati, forse conferisce una certa unità all’esposizione. Le dottrine, proprie della logica modernorum, relative ai termini e alle proposizioni hanno trovato una particolare sistemazione in due specie di trattati che corrispondono a diversi punti di vista. Uno è quello fornito dal de sensu composito et diviso: si pensi al trattato di Heytesbuty). L’altro corrisponde a quello della probatio propositionis -- quale si trova, ad esempio, nello Speculum di Billingham. Si è dato un certo rilievo a questi temi per due motivi. Primo, perché sembra siano le dottrine verso le quali confluiscono le altre. Si vedano i rapporti tra appellatio e senso composto e senso diviso, tra ampliatio e propositio modalis, tra suppositio confusa, descensus e probatio, tra propositio modalis e probatio, tra la dottrina della probatio e quella del senso composto e del senso diviso: è una fitta rete di nessi che corre da un tema all’altro. Secondo, perché i due punti di vista, in certo senso concorrenti, finiscono per unificatsi. Il de sensu composito et diviso è in genere analizzato per mezzo della dottrina della probatio dai filosofi italiani. Il rapporto tra di essi costituisce uno dei temi più interessanti della filosofia scolastica del linguaggio. I capitoli appellatio, ampliatio-restrictio, e copulatio affrontano una problematica che, pur presente nella tarda scolastica, non ha ricevuto un impulso notevole in quel periodo. Essi infatti svolgono una tematica caratterizzante: le prime discussioni sulle proprietates terminorum. Segue un capitolo che studia un aspetto della suppositio. La dottrina della suppositio rappresenta il frutto più maturo dei parve logicalia e apre la strada allo studio dei termini dal punto di vista della logica degli enunciati. Qui se ne tratta un capitolo particolare, la confusio, al quale i logici della tarda scolastica fanno continua- mente riferimento e che mostra la tendenza a una nuova organizzazione della dottrina in un quadro più ampio. Seguono capitoli dedicati alla propositio modalis, alla probatio propositionis, al sensus compositus e al sensus divisus, che dovrebbero meglio documentare la capacità di analisi dei filosofi alle prese con un linguaggio storico e informale come IL LATINO mentre aspirano a fondare un linguaggio scientifico, ideale, o formale. Quanto di tutto ciò la logica derivi dalle dottrine grammaticali si vedrà nei singoli casi. Rijk, nella sua Logica modernorum fa un primo bilancio dei termini che la logica fa propri RICAVANDOLI DALLA GRAMMATICA FILOSOFICA O RAZIONALE. Di essi ricordiamo suppositio, appositio, appellatio, IMPLICATIO, IMPLICITVM-EXPLICITVM, incongruu. Ma bisogna aggiungere che la logica necessariamente fa leva sulle dottrine grammaticali nella sua indagine sulle strutture linguistiche  del LATINO. Si pensi allo studio delle parti del discorso, in particolare del NOME con i suoi casi (si veda la funzione dei casi obliqui in contrapposizione al caso rectus), e del verbo e del tempo di esso. Del pronome relativo e l’ANAFORA, la CATAFORA, l’ENDOFORA, e l’ESSOFORA, in rapporto al problema della supposizione, la prae-suppositio, e l’implicatura. Si pensi al rapporto tra forma avverbiale e forma causalis o nominale del modo; e, ancora, a quanto siano presenti le dottrine delle costruzioni sintattica – SINTASSI, SEMANTICA, PRAMMATICA -- grammaticali, indipendenti, nella vox attiva o vox passiva, e dipendenti (dictu72) e, in particolare, all’importanza che esse rivestono per l’esame del senso composto e del senso diviso. Si vedrà se, e quale, utilità possa venire alla discussione di problemi affrontati dai filosofi del linguaggio  del nostro tempo, come H. P. GRICE, dalla lettura di testi del genere. Segnaliamo soltanto alcuni punti nei quali il confronto risulta immediatamente interessante: 140 Op. cit., I, pp. 20-22; ma cfr. tutta la prima parte del secondo volume della stessa opera. la dottrina dell’impositio richiama alla mente la critica della dottrina del nome avanzata da ‘Vitters.’ La consignificatio temporis è negata’ da Russell. La dottrina della copula e della predicazione può essere esaminata alla luce dell’ONTOLOGIA – come rama della metafisica, come ha fatto D.P. Henry, sequendo H. P. GRICE – “Semantics and METAPHYSICS,” Part II to his “Studies in the Way of Words”. Per quanto riguarda i modali. Si veda l'esame dei particolari egocentrici e degli atteggiamenti enunciativi operata da Russell. Si tratta solo di alcuni argomenti e punti di contatto che permettono però di notare come il ripropotsi, a distanza di tanti secoli, degli stessi temi sottolinei quanto siano insoddisfacenti le formulazioni e le soluzioni finora affacciate, se la ricerca intorno ad essi continua con impegno. Cfr. Ricerche filosofiche, ed. it. a cura di M. TRINCHERO (si veda), Torino: ad es., $ 40, pp. 31-32. 14 Cfr. A Inquiry into Meaning and Truth, tr. it. di L. Pavolini col titolo Significato e Verità, Milano. Cfr. Henry, The De Grammatico of AOSTA: The Theory of Paronymy, Notre Dame Ind.., che utilizza C. LEJEWSKI, On Lesniewski's Ontology, « Ratio; per i particolari egocentrici, e per gli atteggiamenti enunciativi. APPELLATIO. Appellatio »—mpoonyopia nell'antichità. Il valore primo e fondamentale dei termini appellatio e appellare è, rispettivamente, atto di NOMINARE (DESSINARE) o semplicemente ‘nome’, e ‘nominare’, ‘designare’ DESSINARE. DISENNARE. Ma appellatio rende la “rpoonvopia”, fra l’altro, in due contesti: quello aristotelico o LIZIO delle “Categorie” e quello del PORTICO delle dottrine grammaticali. In rapporto al testo aristotelico e all’insegnamento DEL PORTICO si sono costituite due tradizioni. Di esse la più antica, e più ampiamente testimoniata, è senza dubbio la seconda. Un primo cenno si trova nel spagnuolo Quintiliano, il quale, discutendo del numero delle parti del discorso, si chiede se npoonvopia sia da considerare una specie di nome o una autonoma parte del discorso -- in questo secondo caso, NOMEN è quella parte del discorso indicante una qualità propria, individuale, esempio: ‘SOCRATE,’ o GRICEVS, STRAWSONIVS e PEARSIVS -- mentre appellatio è la parte del discorso indicante una qualità comune, esempio: ‘uomo’ -- e se il termine “npoonvopia” sia da rendere indifferentemente con “vocabulum” o [Cfr. Thesaurus linguae latinae, appellare, appellatio. Cfr. però L. ApAmo, BOEZIO e VITTORINO traduttori e interpreti dell’« Isagoge» di Porfirio, «Rivista critica di storia della filosofia, il quale rileva che Vittorino rende « prevalentemente “xamyopeiv” con “appellare,” xaxmyopla con “appellatio”, xatnYyopobpevos con appellativus. appellatio, oppure se “vocabulum” debba essere distinto da appellatio, indicando il primo termine i nomi comuni di corpi, visibili e tangibili, e il secondo i nomi comuni di cose invisibili e non tangibili. Come è noto, per i grammatici filosofici della tarda antichità il NOMEN può essere PROPRIVM *o* APPELATIVO. Un NOME PROPRIO DESIGNA  i nomi di persona (o animale – H. P. GRICE, “Bellerophon rode Pegasus”). IL NOME APPELLATIVO i nomi comuni: la dottrina del PORTICO è qui evidentemente ripresa. In questo contesto è frequente il richiamo, esplicito [Institutiones oratoriae, ed. Radermacher, Lipsiae. Paulatim a philosophis ac maxime Stoicis PORITCO auctus est numerus (sc. partium orationis), ac primum convinctionibus articuli adiecti, post praepositiones: nominibus appellatio, deinde pro-nomen, deinde mixtum verbo participium, ipsis verbis adverbia. noster sermo articulos non desiderat ideoque in alias partes orationis sparguntur, sed accedit superioribus interiectio. alii tamen ex idoneis dumtaxat auctoribus VIII partes secuti sunt, ut ARISTARCO et aetate nostra PALEMONE, qui vocabulum sive appellationem nomini subiecerunt tamquam speciem eius, at ii, qui aliud nomen, aliud vocabulum faciunt, novem. nihilominus fuerunt, qui ipsum adhuc vocabulum ab appellatione diducerent, ut esset vocabulum corpus visu tactuque manifestum ‘domus lectus’, appellatio, cui vel alterum deesset vel utrumque ‘ventus caelum deus virtus’. adiciebant et adseverationem,ut ‘eheu’, et tractionem ut ‘fasciatim’: quae mihi non adprobantur. vocabulum an appellatio dicenda sit tpoonyopla et subicienda nomini necne, quia partvi refert, liberum opinaturis relinquo. Ma appellatio vale nomen per Quintiliano: cfr. ivi, XII, 10, 34, vol. II, p. 408: res plurimae carent appellationibus. Più generalmente, per il valore del termine APPELLATIO IN RETORICA, cfr. H. Lausserc, Handbuch der literarischen Rbetorik. Eine Grundlegung der Literaturwissenschaft, Miinchen, Registerband. Stoicorum veterum fragmenta, ed. Arnim, Lipsiae, $ 21 Diocles Magnes apud Diog. Laért. VII, 57: toù Sì Xbyov tori pépn Evie, die gno Avoyévne TE Èv TD Tepi pwviig xa Kpbatrrog * $voua, mpoonvopia, pfua, oiviecos, &pipov e $ 22: Diocles Magnes apud Diog. Laért. VII, 58: tot Sì mpoonyopla pév, xatà tèv Atovivnv, pépos Xbyov omuatvov xouviy Toubenta, olov “Uvapwroc”, “Immoc”. dvopa SE tot pepog Abyov SnXoiy idtav mowrtnta, olov Atoyévng, Zwxpktng. Presso il PORTICO tpoonyopia è parte del discorso accanto a $vopua, non una sottoclasse di esso, come sarà PER I LATINI. per i latini.] o implicito, alla distinzione tra vocabulum e appellatio. La tradizione aristotelica è legata a due passi delle Categorie. Aristotele pone la definizione dei termini denomi- [Prisciano però ripete la dottrina originale. In Grammatici latini. Secundum stoicos PORTICO vero V sunt eius (sc. orationis) partes: nomen, appellatio, verbum, pronomen sive articulus, coniunctio. nam participium connumerantes verbis participiale verbum vocabant vel casuale, e aggiunge,  in Grammatici latini. Sic igitur supradicti philosophi [del PORTICO] etiam participium aiebant appellationem esse reciprocam, id est dvTavaNALO TOY mpoomyoplav, hoc modo: LEGENS EST LECTOR et LECTOR LEGENS, CVRSOR EST CURRENS et CVRRENS CVRSOR, AMATOR EST AMANS et AMANS AMATOR, vel nomen verbale vel modum verbi casualem. La lettura di alcuni passi dei grammatici mostra quanto fosse articolata la discussione relativa a appellatio in rapporto al nome (per altre occorrenze, cfr. Thesaurus linguae latinae, appellatio):  DiomEDIS Artis grammaticae libri III, ex rec. H. Keilii, I, in Grammatici latini, cit., I, Lipsiae. Dopo aver definito il NOMEN  pars orationis cum casu sine tempore rem corporalem aut incorporalem proprie communiterve significans, aggiunge. Sed ex hac definitione SCAURO dissentit. separat enim a nomine appellationem et vocabulum. et est hotum trina definitio talis: appellatio quoque est communis similium rerum enuntiatio specie nominis, ut HOMO VIR femina mancipium leo taurus. item vocabulum est quo res inanimales vocis significatione specie nominis enuntiamus, ut arbor lapis herba toga et his similia. Ma cfr. Appellativa nomina sunt quae generaliter communiterque dicuntur. haec in duas species dividuntur, quarum altera significat res corporales, quae videri tangique possunt (i altera incorporales, quae intellectu tantum modo percipiuntur, verum neque videri nec tangi possunt; Ex CWarISsII arte grammatica excerpta. Nomina aut propria sunt aut appellativa e Appellatio dicitur quidquid praeter proprium nomen est. appellativa nomina sunt quae generaliter communiterque dicuntur. haec in duas species dividuntur. alia enim significant res corporales, quae videri tangique possunt, et a quibusdam vocabula appellantur, ut HOMO arbor pecus. Alia quae a quibusdam appellationes dicuntur et sunt incorporalia, quae intellectu tantum modo percipiuntur, verum neque videri nec tangi possunt, ut est VIRILITA – H. P. GRICE, “HORSENESS” --, pietas iustitia. ea nos appellativa dicimus »; PrIScIANO, in Grammatici latini. Quidam autem IX dicebant esse partes orationis, appellationem addentes separatam a nominibus, alii autem  nativi o paronimi (distinguendoli da quelli univoci e da quelli aequi-voci) nel seguente modo, secondo la traduzione di Boezio. De-NOMI-nativa vero dicuntur quaecumque ab aliquo solo differentia casu secundum nomen habent appellationem [tv xatà tobvoua mpoo- myopiav éxe], ut a grammatica grammaticus, et a fortitudine fortis . Sono partonimi quei termini che hanno appellazione, cioè traggono la loro funzione di NOMINARE e quindi la loro forma lingui- [...], alii XI [....]. his alii addebant etiam vocabulum et interiectionem apud Graecos. Proprium est nominis substantiam et qualitatem significare. hoc habet etiam appellatio et vocabulum. Ergo tria una pars est orationis. Hoc autem interest inter proprium et appellativum, quod appellativum naturaliter commune est multorum, quos eadem substantia sive qualitas vel quantitas generalis specialisve iungit; Donato, Ars grammatica, in Grammatici latini. Nomen unius hominis, appellatio multorum, vocabulum rerum est. sed modo nomina generaliter dicimus. Qualitas nominum bipertita est, aut enim propria sunt nomina aut appellativa [...]. appellativorum nominum species multae sunt. alia enim sunt corporalia alia incorporalia; POMPEO Commentum Artis Donati, ex rec. H. Keilii, in Grammatici latini,  Lipsiae. Qualitas nominum principaliter dividitur in duas partes. omnia enim nomina apud Latinos aut propria sunt aut appellativa. Sunt nomina appellativa quae appellantur corporalia, sunt quae incorporalia, e ConsENTII Ars grammatica, ex rec. H. Keilii. Qualitas nominum in eo est, ut intellegamus, utrum nomen quod positum fuerit appellativum sit, an proprium. appellativa enim nomina a genere et specie manant. Appellativa autem nomina, quae a genere et specie manare diximus, plures differentias habent. nam vel rem corporalem vel incorporalem significant. Della distinzione nomen-appellatio-vocabulum resta traccia nei commenti a Prisciano: cfr. quello di Guglielmo di Conches, (in Rijg, Logica modernorum), quello d’ELIA (si veda) e la glossa Promisimus (ivi, p. 260). 6 Cat. 1, la 12-15 (l’espressione messa in parentesi è alla r. 13); transì. Boethii, « Aristoteles latinus; cfr. STEINTHAL, Sprachwissenschaft bei den Ròmern, Berlin. Nur ist allerdings xxtnyopia bei Aristoteles nicht véllig gleichbedeutend mit rpoonyopia und Uvopa, so wenig wie xamnyopeiv] stica, da un altro termine, che può essere detto principale o primitivo – RYLE, “FIDO”-FIDO --, con la sola differenza, rispetto ad esso, della terminazione, o suffisso. Invece, dopo aver precisato che le sostanze prime significano l’individuo (q68e qu, hoc aliquid), Aristotele afferma: In secundis vero substantiis videtur quidem similiter ad appellationis figuram [o sub appellationis figura, sub figura appellationis: o oynua tig mpoonyoplas] hoc aliquid significare, quando quis dixerit HOMINEM HOMO hominem vel animal. Non tamen verum est, sed quale aliquid [motéy 7v] significat (neque enim unum est quod subiectum est quem- admodum prima substantia, sed de pluribus homo dicitur et ani mal). Non autem simpliciter qualitatem significat, quemadmodum album (nihil enim significat album quam qualitatem), genus autem et speciem circa substantiam qualitatem determinant (qualem enim quan- dam substantiam significant). Secondo Aristotele, mentre i nomi delle sostanze prime designano la realtà individuale, un nome di una SOSTANZA SECONDA desi- [dasselbe ist wie rpoonyopevtw; sondern xatmyopia in der hier gemeinten Bedeutung entspricht noch eher dem platonischen Ausdrucke èrwwwyia. Wahrend nimlich évopa, Wort, nur das lautliche ovuforov, Zeichen, der Sache ist, und in npoonyopia die Anwendung dieses dvoua auf die mit demselben bezeichnete Sache liegt: ist xatnyopta das Wort, insofern es nicht bloss Zeichen ist, sondern zugleich das Bezeichnete in sich fasst, d. h. das Wesen und die Bestimmung der Sache aussagt und insofern Be- griff ist ». È da notare che PrISCIANO (in Grammatici latini) dà come DE-NOMI-NATIVO il SOSTANTIVO rispetto all’AGGETTIVO [cfr. H. P. GRICE, “FIDO IS SHAGGY”] (es. SAPIENS SAPIENTIA), che è il contrario di quanto si può vedere in Aristotele (del quale si veda anche Cat.). Per principale: cfr. Boezio, In Cat. Arist., cit., 168A; per primitivo: cfr. Martino DI Dacia, Modi significandi, in Opera, ed. Roos, Hauniae (cfr. PriscIano, in Grammatici latini. Transl. Boethii, « Aristoteles latinus; la prima variante è in apparato critico, la seconda è corrente. 9 Cfr. Cat.; transl.] gnano il genere e la specie. PRIMA SOSTANZA: ‘quest'uomo’ o ‘questo cavallo’ e SOSTANZA in senso proprio. LA SECONDA SOSTANZA, ‘uomo’ o ‘animale’, pur utilizzando gli stessi nomi che designano le sostanze prime (‘quest’'UOMO’ e ‘UOMO’), in realtà designano di esse le qualità comuni. Sono — precisano i filosofi — degl’UNIVERSALI. E l’UNIVERSALE, secondo la definizione aristotelica, è ciò che è predicabile di più. Così, questo testo si presta ad essere accostato da un lato alla definizione di NOMEN appellativum – SOSTANTIVO COMUNE --, poiché nome appellativo è il nome comune, e ciò che in grammatica è detto ‘COMUNE’ in dialettica è detto ‘universale’; dall’altro, al primo testo dello stesso Aristotele, giacché, se ad esempio grammaticus deriva da grammatica, e grammatica è una qualità, come album deriva da albedo e designa principalmente una qualità, sarà lecito chiedersi, per un verso, se LA SOSTANZA SECONDA va considerate nella categoria della qualità e, per un altro verso e soprattutto, se, e come, ‘gramma-] Boethii, Aristoteles latinus. Cfr. Copulata tractatuun parvorum logicalium (ed. Colonia) che fa derivare la dottrina dell’appellatio da questo passo (in BòHNER, Medieval Logic). Cat., De interpr. Cfr. Introductiones Parisienses, Quidam terminus COMMUNIS SIVE UNIVERSALIS SIVE APPELLATIVVS [“shaggy”]; Cfr. Occam, Summa logicae. Et ita omnia illa nomina communia, quae vocantur secundae substantiae, sunt in praedicamento qualitatis, accipiendo esse in praedicamento pro eo, de cuius pronomine demonstrante ipsum praedicatur qualitas. Omnia tamen illa sunt in praedicamento substantiae, accipiendo esse in praedicamento pro illo, de quo significative sumpto praedicatur substantia. Unde in ista propositione: ‘Homo est animal’, vel: ‘Homo est substantia’, ‘homo’ non supponit pro se, sed pro suo significato. SI ENIM SUPPONERET PRO SE, HAEC ESSET *FALSA*: ‘Homo est substantia’, et haec VERA: ‘Homo est qualitas’. Sicut si haec vox ‘homo’ supponat pro se, haec est FALSA: ‘Homo est substantia’, et haec VERA: ‘Homo est vox et qualitas’. Et ita secundae substantiae non sunt nisi quaedam nomina et qualitates praecise significantes substantias. Et propter hoc, et non propter aliud dicuntur esse in praedicamento substantiae. Si noti però] tico” o ‘bianco’ possano designare una sostanza. All’impostazione del problema contribuiscono due dottrine, cioè la definizione di NOMEN data da Prisciano. Proprium est nominis significare substantiam et qualitatem. O, come leggeno i filosofi substantiam cum qualitate, e l’affermazione boeziana relativa alla costituzione degli esseri. In una sostanza diversum est esse et id quod est. L’ id quod est è la sostanza completa, ed è tale grazie a un esse, a una forma, che è un quo est, ciò grazie al quale la sostanza diviene quello che è, ciò di cui la sostanza partecipa. La dottrina grammaticale del nome, substantia et qualitas », si presta ad essere interpretata alla luce della dottrina boeziana, per la quale la sostanza, designata dal nome, è un composto, un quod est, e si costituisce in virtù di un quo est, una forma. Ci si chiede: ciò è vero di tutti i nomi, non solo dei denominativi e dei nomi di sostanza seconda, ma anche dei nomi di sostanza prima. E come si può articolare nella PREDICAZIONE tale distinzione: ponendo a soggetto la substantia, secondo la terminologia grammaticale, o il suppositum, secondo la termi- [che Boezio, In Arist. Periermenias, forma nomi di qualità dai nomi di individui. Alia est enim qualitas singularis, ut Platonis vel Socratis, alia est quae communicata cum pluribus totam se singulis et omnibus praebet, ut est ipsa humanitas. Age enim incommunicabilis Platonis illa proprietas PLATONITAS, SOCRATITAS, GRICEITAS, STRAWSONITAS, PEARSITAS, appelletur. eo enim modo qualitatem hanc PLATONINATE – Platonitatem -- ficto vocabulo nuncupare possimus, quomodo hominis qualitatem dicimus humanitatem. È il problema posto nel De grammatico d’AOSTA. Prisciano, op. cif., II, 18 (cfr. la prec. n. 5); per l’uso, cfr.CHENU, La théologie au douzième siècle, Paris (è qui ripreso e parzialmente modificato l’articolo Grammaire, Archives d’histoire doctrinale. Cfr. Girson, La philosophie au moyen dge, Paris CHENU), e a predicato ciò che vien detto rispettivamente la qualitas  il significatum. I filosofi hanno sviluppato questi temi, mentre nei secoli successivi le dottrine fissate vengono tramandate in modo sostanzialmente immutato. La storia della teoria dei paronimi o denominativi (o derivati) è stata di recente ricostruita da Henry che ha studiato il De grammatico d’Aosta. Riprendiamo qui le linee generali della dottrina anselmiana e seguiamo lo sviluppo del problema. È noto che Boezio pone tre condizioni perché si abbiano i termini denominativi: Tria sunt autem necessaria, ut denominativa vocabula constituantur. Prius ut re participet, post ut nomine, postremo ut sit quaedam nominis TRANS-FIGURATIO, ut cum aliquis dicitur a FORTITUDINE FORTIS, est enim quaedam fortitudo qua fortis ille participet, habet quoque nominis partecipationem, fortis enim dicitur. At vero est quaedam transfiguratio, fortis enim et fortitudo non eisdem syllabis terminantur. ALBERTO Magno, I Sent., d. 2, a. 11, sol. (cit. in CHENU, Duo sunt attendenda in nomine, scilicet forma sive ratio a qua imponitur, et illud cui imponitur; et haec vocantur a quibusdam significatum et suppositum, a grammaticis autem vocantur qualitas et substantia. L’influenza di Porfirio è stata determinante per una impostazione del problema in termini di predicazione: cfr. Moody, The Logic of William of Ockbam, London, in part. p. 74. 19 MartINno DI Dacia, /.c.; ma cfr. Cassionoro, Irstitutiones, cit., II, iii, 9, p. 113: denominativa, id est derivativa [....] ». 20 Cfr. Henry, The « De grammatico » ..., cit., pp. 79-101 (per la ricostruzione storica del problema: in questo saggio sono sistemate le ricerche precedenti dell’autore), e The Logic of St. Anselm, Oxford. In Cat. Arist., cit., 168A-B. L’analisi delle tre condizioni in HenRry, The « De grammatico » A fondamento di questa interpretazione è la dottrina boeziana della costituzione dell’essere mediante la partecipazione a una forma, e quindi al nome che la designa: il denominativo si ricava dal nome della forma, e si differenzia da questo soltanto nella parte terminale. Con ciò non è ancora risolto il problema, se il nome ottenuto significhi principalmente la forma o il soggetto al quale inerisce. Altrove, però, lo stesso Boezio afferma che ALBUM [SHAGGY] è detto denominative di un corpo e perciò può essere predicato del nome di corpo, ma non è possibile che la definizione di album o SHAGGY, e tutto ciò che essa contiene, possa essere predicata del subiecium, cioè del nome che funge da soggetto. Diverso è il caso di animal, detto di homo: animal non solo può essere predicato di homo, ma, essendo esso posto nella definizione di homo, la definizione di animal può essere predicata di homo. Vengono così a configurarsi due tipi di predicazione secondo Boezio: una predicazione secundum accidens, e si ha quando si predica del subiectum ciò che è in subiecto, e una predicazione de subiecto (o in eo quod quid) o essenziale – H. P. GRICE, IZZING, NOT HAZZING --, e si ha quando una parte della sostanza è predicata della sostanza stessa. Questo secondo modo di predicazione ha luogo quando le sostanze seconde sono dette di sostanze prime (non solo, in tal caso, è predicabile il nome, ma anche la ratio o definitio del nome. Ma quando un denominativo è predi- [Cosa siamo soggetto (“FIDO”) e predicato (“SHAGGY”) è detto da Boezio, In Arist. Periermenias. Termini autem sunt nomina et verba, quae in simplici propositione praedicamus, ut in eo quod est Socrates disputat, “Socrates” (FIDO) et disputat (IS SHAGGY) termini sunt. et qui minor terminus in enuntiatione proponitur, ut Socrates (FIDO), subiectus dicitur et ponitur prior; qui vero maior, praedicatur et locatur posterior, ut disputat (IS SHAGGY)»; cfr. HeNRY, The Logic of St. Anselm. Boezio, In Cat. Arist.; cfr. HENRY, The Logic of St. Anselm] cato di un subiectum, la PREDICAZIONE attiene al nome, non alla ratio o definitio del nome. Si vede bene, dunque, che altro è il modo in cui uomo (SHAGGY) è detto di Socrate (FIDO), o ‘animale’ di uomo, altro è il modo in cui album (SHAGGY) è detto di una sostanza qualsiasi. E poiché album (o grammaticus o SHAGGY) non è il nome della qualità (albedo, grammatica, SHAGGINESS, HORSENESS, PLATONITAS), ma di un quale, cioè di un soggetto cui la qualità inerisce (è nome cioè non della sua razio, ma del subiectum), bisogna precisare in che modo esso denoti il subiectum. Anselmo nel De grammiatico fa porre così il problema dal Discepolo. De grammatico peto ut me certum facias utrum sit substantia an qualitas. I termini usati sono quelli della definizione del nome data da Prisciano, ma posti in disgiunzione -- substantia an qualitas. Ben presto però, nel corso della discussione tra Maestro e Discepolo, si cerca di spiegare come grammaticus sia substantia ET qualitas. Per comprendere la risposta data dal Maestro nel testo di Anselmo, si consideri innanzi tutto l’analisi che egli fa di homo: Nempe nomen hominis per se et ut unum significat ea ex quibus constat TOTVS VEL OGNI  homo. In quibus substantia principalem locum tenet, quoniam est causa aliorum et habens ea, non ut indigens illis sed ut se indigentia. Nulla enim est differentia substantiae sine qua substantia inveniri non possit, et nulla differentiarum eius sine illa potest existere. Quapropter quamvis omnia simul velut unum totum sub una significatione uno nomine appelletur ‘homo’, sic tamen principaliter Boezio, In Cat. Arist., cit., 191A-B. All’origine della distinzione tra definizione nominale e definizione essenziale è Anal. post. II, 10 (93b 29 sgg.) secondo  ScHnoLtz, Storia della logica, tr. MELANDRI (si veda) Milano. Cfr. De Grammatico, in S. Anselmi Opera omnia, ed. Schmitt, I, Edimburgi; Anselmo stesso c’informa che il problema e molto dibattuto al suo tempo. Tamen quoniam scis quantum nostris temporibus DIALECTICI certent de quaestione a te proposita hoc nomen est significativum et appellativum substantiae: substantia est homo et homo substantia. Si legga di seguito la risposta fornita al Discepolo per quanto riguarda grammaticus: Grammaticus (SHAGGY) non significat hominem et grammaticam ut unum, sed grammaticam (SHAGGINESS) per se et hominem per aliud significat. Et hoc nomen quamvis sit appellativum hominis, non tamen proprie dicitur eius significativum; et licet sit significativum grammaticae, non tamen est eius appellativum. Appellativum autem nomen cuiuslibet rei nunc dico, quo res ipsa usu loquendi appellatur. Secondo Anselmo, dunque, ciò che distingue l’uso di homo e di grammaticus è che il primo per se et ut unum significat ea ex quibus constat homo, il secondo non significat hominem et grammaticam ut unum, sed grammaticam per se et hominem per aliud significat; il primo è un nome di sostanza e quindi, boezianamente,  praedicatur de subiecto: esso significa e nomina la sostanza -- est significativum et appellativum substantiae --, cioè, ancora boezianamente, esso può essere predicato di un sudiectum non solo come nomen, ma anche quanto alla ratio o definitio del nomen. Il secondo è nome di un composto di sostanza e accidente, composto denominato dall’accidente che inerisce alla sostanza: non qualitas, quindi, ma quale. Il suo nome è predicabile del subiectum-composto, non lo è la sua definitio, 0 ratio: la praedicatio secundum accidens importa che ciò che è predicato non costituisca sostanzialmente un unum aliquid con la sostanza cui inerisce e da cui dipende sostanzialmente. Cfr. AristoTELE, De interpr. 11, 21a 7-15; transl. Boethii, « Aristoteles latinus. Eorum igitur quae praedicantur et de quibus praedicantut, quaecumque secundum accidens dicuntur vel de eodem vel alterum de altero, haec non erunt unum; ut homo (FIDO) albus (SHAGGY) est et musicus, sed non est idem musicus et albus. Accidentia enim sunt utraque eidem. Perciò altra è la significazione, altra la funzione nominativa di grammaticus. Esso significa per se l’accidente, ma nomina il subiectum, l’uomo che ha la grammatica; il subiectum è significato obliquamente, o secondariamente, per aliud, ma è propriamente nominato. L’accidens è significato primariamente, ma non è nominato. Vengono così differenziandosi due funzioni proprie del nomen: una è la significatio, l’altra è l’appellatio. Anselmo usa poco questo ultimo termine, ma usa molto appellativus, appellare. La prima è ordinata al significato, l’altra al REFERENTE (DESIGNATUM, DENOTATUM); e l’appellatio è qui lontana anticipazione della teoria della supposizione. Nelle sue opere, Anselmo prospetta, fra l’altro, la possibilità di considerare il rapporto tra i nomi come humanus SHAGGY e humanitas SHAGGINESS; poiché tuttavia tra di essi non corre un vero e proprio rapporto di paronimia, egli non ne affronta l’analisi. La considerazione di casi come questo avrebbe però permesso di dare al problema un respiro più ampio, come si vede in Occam. Qualche decennio dopo AOSTA, Abelardo riprende il problema in un contesto in cui la presenza di Prisciano si è fatta più determinante. Va notata, innanzitutto, la distinzione che Abelardo scorge tra il diverso valore di qualità in Aristotele e [Nec si album musicum verum est dicere, tamen non erit album musicum unum aliquid. Secundum accidens enim MUSICUM ALBUM, quare non etit ALBUM MUSICUM. Quocirca nec citharoedus bonus simpliciter, sed animal bipes; non enim secundum accidens »; cfr. Henry, The Logic of St. Anselm. Un cenno in tal senso in BòunER, Medieval Logic; ma cfr. D.P. Henry, The Early History of « Suppositio; sonlin Stadics, ripreso in The Logic of St. Anselm; ev appendice 2, n. 1. Henry rende significatio per se con meaning e  appellatio con reference (cfr. The « De grammatico »). Per appellatio in AnseLMo, cfr. De Grammatico. Cfr. Epistola de incarnatione Verbi, in Opera omnia, Romae; ma v. Henry, The « De grammatico ». in Prisciano: mentre per Aristotele qualità denota tutto ciò che è considerabile sotto la categoria della qualità, Prisciano ritiene che qualità sia nome di tutte le forme: omnium formarum nomen accipitur. Ciò permette di considerare qualsiasi forma, quindi anche le forme sostanziali, come qualità, e spiega come si siano moltiplicati i nomi astratti per indicare le forme (es. deus/deitas), e si sia posto il problema di ciò che li differenzia dai corrispondenti nomi concreti. Per quanto riguarda più direttamente il problema dei paronimi, è da dire che Abelardo include questi termini tra i nomina sumpta, i quali si distinguono dai nomina substantiva perché sono detti delle cose semplicemente per significare la forma che ad esse inerisce: essi #0 determinano la sostanza delle cose, ma denotano ciò che è affetto da una certa qualità. 32 AseLARDO, Dialectica, Cfr. CHENU, pet quanto riguarda i nomi divini.Ma già Anselmo parla di nomen sumptum (cfr. Henry, The Logic of St. Anselm, cit., p. 64; s. ANSELMO, Epistola de incarnatione Verbi, cit., p. 13; cfr. glossa Promisimus, in De Rx, Logica Modernorum, Il, i, cit., p. 262. Per AseLARDO, cfr. Logica ‘Ingredientibus'. Sunt autem omnia denominativa vocabula sumpta, non autem omnia sumpta sunt denominativa. Sumpta autem vocabula ea dicimus, quae simpliciter propter adiacentem formam significandam reperta sunt, ut “rationale”, “album”, “FAT,” “SHAGGY.”. Non enim ‘rationale’ dicit animal rationale vel ‘album’ corpus album, sed simpliciter ‘rationale’ ponit affectum rationalitate, ‘album’ affectum albedine, non etiam substantiam rei, quid sit, determinat. Sumptorum veto tria sunt genera, quia quaedam cum nomine formae in materia vocis ex toto conveniunt, ut “grammatica” o Letizia nomen mulieris cum grammatica nomine scientiae o stato d’animi. Quaedam vero penitus a nomine formae differunt, ut studiosus a virtute, quaedam autem cum per principium conveniant, per finem disiuncta sunt, ut fortis fortitudo, quae cum in primis syllabis conveniant, in ultimis differunt. Et haec tantum sumpta, quae scilicet principio conveniunt cum nomine formae et fine differunt, denominative esse determinat. Denominativa dicuntur subiecta illa quae habent appellationem ab aliquo, hoc est vocabulum quodcumque significans ex forma adiacente secundum nomen, id est similitudinem nominis ipsius formae, ut iam est expositum. Cfr. Dialectica. Sicut autem nomina quaedam substan- [Ci si chiede quindi in quale categoria vadano considerati i nomina sumpta, e si risponde: quando contingit idem vocabulum res diversorum praedicamentorum significare, secundum principalem significationem in praedicamento ponendum est, ut album quod albedinem principaliter significat, propter quam maxime repertum est atque ubique eam tenet, quam etiam praedicare dicitut; e ancora: Cum enim tradat grammatica omne nomen substantiam cum qualitate significare, album quoque, quod subiectam nominat substantiam et qualitatem determinat circa eam, utrumque dicitur significare. Sed qualitatem quidem principaliter, causa cuius impositum est, subiectum vero secundario.] tiva dicuntur, quae rebus ipsis secundum hoc quod sunt data sunt, quaedam veto sumpta, quae scilicet secundum formae alicuius susceptionem imposita sunt, sic et definitiones quaedam secundum rei substantiam, quaedam vero secundum formae adhaerentiam assignantur. Cfr. AseLarDOo, Logica ‘Ingredientibus’. Il tentativo di ricondurre le parti del discorso studiate dal grammatico alle categorie aristoteliche è già in Distributio omnium specierum nominis inter cathegorias Aristotelis, ed. Piper, che ha attribuito il trattato a LABEONE (cfr. P. Pier, Die Schriften Notkers LABEONE und seiner Schule, I, Freiburg i.B.-Tibingen, e in « Zeitschrift fiir deutsche Philologie. Ma il sec. IX è il terminus ante quem per la composizione del trattato secondo il De Rx: cfr. On the Curriculum of the Arts of the Trivium at St. Gall Vivarium Cfr. Dialectica, cit., p. 113; v. anche ivi, At vero in his definitionibus quae sumptorum sunt vocabulorum, magna, memini, quaestio solet esse ab his qui in rebus universalia primo loco ponunt, quarum significatarum rerum ipsae esse debeant dici; duplex enim horum nominum quae sumpta sunt, significatio dicitur, altera vero principalis, quae est de forma, altera vero secundaria, quae est de formato. Sic enim ‘album? et albedinem quam circa corpus subiectum determinat, primo loco significare dicitur et secundo ipsius subiectum quod nominat. Alle pp. 596 sg. della Didlectica, AseLARDO si chiede se la definizione « formatum albedine », sia di 4/bum in quanto voce oppure della sua significatio, e poiché sembra ovvio che sia definizione della significatio, chiede ulteriormente se sia della significatio [Richiamando quanto si è detto della soluzione anselmiana e confrontando ad essa quella proposta da Abelardo, si può rile- vare una stretta analogia tra le due posizioni: per Anselmo, come per Abelardo, il termine denominativo significa principal mente la qualità o forma da cui è tratto, e secondariamente il subiectum che nomina. Il termine NOMINARE di Abelardo ha lo stesso valore dell’appellare di Anselmo. Non è venuto alcun contributo originale tardo alla interpretazione del problema dei paronimi.] prima (albedo) o seconda, e mostra le difficoltà dell’uno e dell’altro caso. Conclude però a proposito della significatio prima. Dicatur itaque illa definitio albedinis esse non secundum essentiam suam, sed secundum adiacentiam acceptae. Unde et eam praedicari convenit et de ipsa albedine secundum adiacentiam, hoc modo: omne album est formatum albedine, et de omnibus de quibus ipsa in adiacentia praedicatur, e per la significatio seconda: Potest etiam dici definitio eadem esse huius nominis quod est album, non quidem secundum essentiam suam, sed secundum significationem, nec in essentia sua de ipso praedicabitur, ut videlicet dicamus hanc vocem album esse formatam albedine, sed secundum significationem, se scilicet consignificando, ac si (si)c diceremus: res quae alba (HORSE, PLATO) nominatur est formata albedine (HORSENESS, PLATONITAS) Cfr. De Rik, Logica modernorum, Vincenzo DI BeauvEAIS si limita a richiamare la differenza tra il procedimento aristotelico della derivazione del paronimo (da fortitudo, fortis) e quello di Prisciano (da fortis, fortitudo): cfr. n. 6; PreTRo Ispano, Summulae logicales, ripete la dottrina d’Aristotele e di Boezio, impostando il problema in termini di predicazione; così, riprende anche la distinzione dici de subiecto - esse in subiecto, che ricorda quella boeziana praedicari de subiecto-praedicari in subiecto. Eorum vero, quae dicuntur de subiecto, omnia praedicantur nomine et ratione, ut homo de Socrate et de Platone. Eorum autem, quae sunt in subiecto in pluribus quidem, neque nomen neque ratio de subiecto praedicatur, ut haec albedo (SHAGGINESS, PLATONITAS, HORSENESS) vel hoc album (SHAGGY, PLATO, HORSE). In aliquibus autem nomen nihil prohibet praedicari aliquando de subiecto, rationem vero praedicari est impossibile, ut album de subiecto praedicatur, ratio vero albi de subiecto numquam praedicabitur. Le Sumzyle dello Ps. BACONE riprendono la terminologia e i problemi noti: dezominativum, sumptum (è il concreto, mentre astratto è il termine dal quale suzzitur il concreto); diversità del [Ma Occam ha fornito un’analisi esemplare del nostro problema, inquadrandolo in quello più vasto del rapporto tra nomi concreti e nomi astratti, dal momento che poi con Duns Scoto, i nomi astratti formati sulla base di nomi concreti si erano moltiplicati sempre più. Andavano quindi analizzate tutte le possibilità di rapporti tra nomi concreti e nomi astratti in modo da poter individuare i paronimi e indicarne correttamente le valenze significative. Secondo Occam, quattro sono i tipi di nomi concreti e di corrispondenti nomi astratti; in tre casi però il nome astratto e il nome concreto sono sinonimi, in quanto le forme astratta e concreta non importano cose differenti. Innanzi tutto sono sinonimi le forme astratte e concrete della categoria di sostanza (homo-humanitas), della categoria di quantità (quantum-quantitas) o che riguardano la figura e sono riconducibili alla quantità (curvum-curvitas), e della categoria di relazione (pater-paternitas). Non c’è alcuna distinzione, infatti, nell'unità dell’indi- [procedimento del logico aristotelico e del grammatico di Prisciano. I nomi concreti sono tali perché significant rem in concrecione et inclinacionem ad subjectum, sive ad materiam in qua est accidens, quia album idem est quod res alba, res enim nominat subjectum sive materiam in qua est albedo. Ma è bene ricordare che non tutti i concreti sono denominativi, giacché, oltre a quelli che designano la forma accidentale in congiunzione al suo subiectum, ci sono i concreti che designano la forma sostanziale in unione con la sua materia. Cfr. Summa logicae. Stricte dicuntur illa synonyma, quibus omnes UTENTES INTENDUNT (users intend) uti simpliciter pro eodem; et sic non loquor hic de synonymis. Large dicuntur illa synonyma, quae simpliciter significant idem omnibus modis, ita quod nihil aliquo modo significatur per unum, quin per reliquum eodem modo significetur, quamvis non omnes UTENTES CREDANT ipsa idem significare, sed decepti existimant aliquid significari per unum, quod non significatur per reliquum. Isto secundo modo intendo uti in isto capitulo et in multis aliis de hoc nomine synonyma, o cognomina. Un’esposizione molto chiata in Moopv, The Logic of William of Ockbam, Occam, Sura logicae] -viduo, tra la realtà di esso e il principio formale che lo fa essere quello che è, né si può supporre che la quantità, la figura, la relazione siano cose distinte dalla sostanza quanta, o che ha figura, o che sia in relazione. Alla domanda: che cosa significa dunque la forma astratta humanitas rispetto alla forma concreta homo, Occam risponde che la prima designa tutto ciò che designa la seconda, ma in modo differente, giacché humanitas equivale a homo in quantum o qua homo, cioè alla forma reduplicativa del nome. Infatti il nome astratto rende reduplicativa ed esponibile la proposizione in cui è posto. Sono, inoltre, sinonimi i nomi la cui forma astratta equivale a quella concreta con in più un sincategorema, o un avverbio, e simili. Sono, infine, sinonimi i nomi la cui forma astratta è un nome collettivo e quindi designa molte cose simul sumptae, mentre la forma concreta può essere verificata pro uno solo (populus-popularis). Ma, oltre a questi casi, vi sono nomi astratti che non sono sinonimi dei corrispondenti nomi concreti, e costituiscono il quarto tipo. Essi sono di tre specie: innanzi tutto, si dà il caso che la forma astratta abbia supposizione per un accidente o forma che inerisca a un subiectum, e il concreto abbia supposizione per il subiectum dell’accidente o forma predetta: così, ALBEDO sta per l’accidente, album per il subiectum, cioè per IL CORPO BIANCO  (il contrario si ha per ignis-igneus: ignis, che è la forma astratta — sostantiva, meglio — sta per il subiectum, e igneus, che è la forma concreta — aggettivale — sta per l’acci- [4 Ivi, pp. 22 sgg.; per la expositio in generale, cfr. cap. VI, $ 4; per la reduplicativa in part., cfr. Moopy, op. cit., p. 63. 4 Occam, Summa logicae: l’autore insiste sul carattere arbitrario -- ad placitum instituentis -- della utilizzazione di un termine in luogo di più altri. Possunt enim utentes, si voluerint, uti una dictione loco plurium. Sicut loco istius totius ‘omnis homo’, possem uti hac dictione “A?, et loco istius totius ‘tantum o qua homo’, possem uti hoc vocabulo ‘B’, et sic de aliis.]  dente); inoltre, il termine concreto in molti casi può stare per una parte di una cosa e la forma astratta — sostantiva — per il tutto (homo sta per il tutto in « anima non est homo », mentre humanus sta per una parte in anima est humana. L’anima infatti è una parte dell’uomo, o viceversa: anima sta per una parte, ANIMATVM per il tutto; infine, talora il concreto e l’astratto stanno per cose distinte, per le quali non valgono i rapporti accidens-subiectum, parte-tutto, già esaminati, ma valgono altri rapporti: quello tra causa ed effetto (homo che indica la causa, e humanus che indica il prodotto dell’azione dell’uomo), tra luogo e ciò che sta in esso (Anglia, Anglicus), tra signum e significatum (la differenza essenziale nell'uomo non è l’essenza, ma è segno di una parte dell’essenza, la razionalità. Orbene, denominativi in senso stretto sono i concreti inclusi nella prima specie di concreti e astratti non sinonimi, mentre in senso largo sono denominativi tutti i concreti che non siano sinonimi della corrispondente forma astratta. Terminus autem denominativus ad praesens potest accipi dupliciter, scilicet stricte, et sic terminus incipiens, sicut abstractum incipit, et non habens consimilem finem et significans accidens dicitur terminus denominativus, sicut a ‘fortitudine’ ‘fortis’, a ‘iustitia’ ‘iustus’. Aliter dicitur large terminus habens consimile principium cum abstracto sed non consimilem finem, sive significet accidens sive non; sicut ab ‘anima’ dicitur ‘animatus’. In Expositia aurea ..., cit., ad l., però OccaMm aveva affermato: denominativum multipliciter accipitur, scilicet large, stricte et strictissime: la prima accezione (large) è esemplificata, fra l’altro, proprio con animatus (occorre come esempio della secunda differentia dei nomi concreti e astratti non sinonimi, cfr. Summa logicae; la terza accezione strictissime è quella aristotelico-boeziana; la seconda è così formulata. Secundo modo dicitur denominativum cui correspondet abstractum differens sola terminatione importans rem in alio formaliter inhaerentem et ab eo totaliter differente, et isto modo dicitur materia formata a forma. Si noti, infine, che sempre nell’Exposito aurea, la trattazione dei denominativi è limitata al richiamo degli elementi boeziani e alla riconduzione [Ma Occam va più oltre nell'esame di questo problema. Vi sono dei nomi che sono detti absoluta, che significano primo tutto ciò che significano -- quidquid significatur per idem nomen, aeque primo significatur. Tali sono tutti i nomi della categoria di sostanza e i nomi astratti della categoria della qualità. I nomi non assoluti sono detti connotativi. Nomen connotativum est illud, quod significat aliquid primario et aliquid secundario. Dei nomi connotativi è possibile, a differenza dei nomi assoluti, dare una definitio quid nominis, cioè una definizione nominale, che esprime ciò che è importato dal nome; di album, ad esempio, la definizione nominale è aliquid HABENS [HAZZES] albedinem: orbene, secondo Occam, album significa primariamente ciò che nella definizione nominale è al nominativo -- nell’esempio, aliquid -- e significa secondariamente ciò che nella definizione nominale è al caso obliquo: albedo . Nomi connotativi sono tutti della praedicatio denominativa alla praedicatio univoca o alla PREDICATIO ÆQVIVOCA. Al testo di Occam fa seguito un lungo passo che a un primo giudizio sembra richiamare elementi di Buridano, incluso tra le lettere maiuscole F e M. così: «F. Quamvis ista dicta venerabilis inceptoris clarissima sint ut notatur hic per venerabilem nostrum expositorem magistrum Guilielmum de Ocham. M; esso è dovuto all’editore, frate Marco da BENEVENTO (si veda). Summa logicae, cit., p. 33. #1 Cfr. ivi, p. 35, e Moopy, op. cit., p. 56, il quale rileva che la differenza essenziale, della categoria di sostanza, è invece termine con- notativo. 4 Summa logicae, cit., p. 34. 4 Così il Moopy, op. cit., p. 55, e L. Baupry, Lexigue philosophique de Ockbam, Paris, s.v. connotativum; si veda sw. connotatum una citazione dal II Sent., q. 26, O: Illud quod ponitur ibi (sc. in definitione nominali) in recto est significatum principale et quod ponitur in obliquo est connotatum: il termine connotativo connota ciò che significa secondariamente; e s.v. significare, la quarta accezione. Ma cfr. Bacone, Compendiumi. Deinde diligenter considerandum est ulterius, quod nomen inpositum alicui rei soli extra animam, potest i termini concreti non sinonimi dei corrispondenti astratti, e quindi tutti i denominativi (assumendo il termine in senso stretto o in senso largo), e, più generalmente, tutti i termini contenuti nelle categorie diverse da quella di sostanza, compresi i nomi concreti della categoria della qualità. La terminologia, e quindi la soluzione, occamista non è diffusa al tempo del maestro [Dopo di lui, Strode ritiene, semplicemente, che connotare vale secundario significare, mentre multa simul significare extra animam, et hec vocantur in philosophia cointellecta, et apud theologos connotata ». 50 Ivi, pp. 34-35. 51 Cfr, BurLEIGH (Super artem veterem Porphyrii et Aristotelis, VENEZIA) che distingue semplicemente (sotto Denominativa vero, nel commento alle Categorie) due tipi di nomi concreti: il concretum substantiale e il concretum accidentale. Di essi, solo il secondo è denominativo. Iste terminus homo est concretum substantiale, quia sibi correspondet aliquod abstractum, scilicet humanitas, et non praedicatur denominative; ideo dico quod omne denominativum est concretum sed non e contra; nam concretum quoddam est accidentale et quoddam substantiale. Concretum accidentale est denominativum, sed concretum substantiale non est denominativum respectu illius cuius est substantiale. Srrope, Logic. Item, terminorum quidam dicuntur abstracti et quidam concreti. Abstracti sunt illi qui ultra illud pro quo supponunt non connotant aliquid inhaerere sibi, ut hic: li ‘homo’, li ‘albedo’. Sed concreti sunt illi qui connotant illis pro quibus supponunt aliquid inhaerere, ut fere omnia adiectiva, ut ‘album’, ‘nigrum’ et alia adiectiva, ut alibi magister declaravit. E? sic patet differentia inter suppositionem, significationem et connotationem, vel inter supponere, SIGNIFICARE et connotare. Supponere nam est pro aliquo capi ut subiectum et praedicatum in propositione. Sed SEGNARE vel  SIGNIFICARE est aliquid repraesentare. Connotare vero est secundario significare, ut li ‘album’ non significat principaliter, sed supponit pro substantia quam etiam significa et connotat sibi inbaerere albedinem; v. anche ivi, f. 15vb:  terminus qui principaliter significat substantiam, ut ‘lignum’ vel ‘lapis’, dicitur ex dicuntur esse substantiae vel in praedicamento substantiae; sed qui connotant qualitatem, ‘album’, ‘nigrum’, sunt in praedicamento qualitatis, qui quantitatem, in praedicamento quantitatis. Butidano e Wyclif accostano sempre a comnotare l’avverbio accidentaliter: per l’uno ciò che è ‘connotato’ è ‘appellato’ dal [Burano, Compendium logicae, cit., III, sotto Denominativa vero:Circa quam est primo notandum quod triplicia sunt denominativa: quaedam sunt denominativa voce tantum, quaedam significatione tantum, quaedam voce et significatione simul; esempi del primo sono homo-bumanitas, che sono sinonimi: et alia denominativa reperiuntur in terminis essentialibus et absolutis, e continua. Sed denominativa significatione tantum sunt concreta habentia abstracta cum quibus non conveniunt in principio vel non differunt in fine litteraliter vel syllabaliter sed comnotant aliud accidentaliter pro quo sua abstracta supponunt principaliter, ut li ‘studiosus’ est denominativum significatione tantum respectu huius abstracti ‘virtus’, quia li ‘studiosus’ connotat accidentaliter vittutem pro qua supponit li ‘virtus’. Sed denominativa voce et significatione simul sunt concreta habentia abstracta cum quibus quantum. est ex parte vocis conveniunt in principio litteraliter vel syllabaliter et differunt ab eis in fine et connotant illud accidentaliter pro quo supponunt sua abstracta principaliter, ut li ‘album’ dicitur denominativum voce et significatione simul respectu huius abstracti albedo; quest’ultima specie sono i denominativi veri e propri, i quali secundum illud nomen habent appellationem, id est connotant illudaccidentaliter pro quo supponunt sua abstracta principaliter. WycLir, Tractatus de logica, Terminus substancialis est terminus qui significat naturam rei sine conmotacione accidentalis proprietatis; ut iste terminus, homo, significat essenciam humanam sine connotacione extranea. Sed terminus accidentalis est diccio significans essenciam rei, connotando accidentalem proprietatem: sicut iste terminus, albus, significat substanciam et similiter albedinem, que est proprietas extranea ab essencia, que est substancia. Terminorum alius est concretus, alius abstractus. Terminus concretus est terminus significans rem que indifferenter potest contrahi ad supposicionem simplicem vel personalem; sicut iste terminus, homo, significat in proposicione tam personaliter pro persona; quam eciam simpliciter pro natura. Sed terminus abstractus significat pure essenciam rei sine connotacione aliqua ad suppositum cui inest, sicut iste terminus deitas, bumanitas, albedo, CANITAS etc. Et sic ex omnibus terminis concretis possunt abstracta capi. La definizione di termine denominatus o denominativo non fornisce elementi notevoli. Si veda invece im. Miscellanea philosophica, ed. Dziewicki, London. Nota primo quod “abstractum” in terminis vocatur terminus qui termine concreto, come si vedrà; per l’altro l’accidente è il significato primario del termine. I paronimi costituiscono dunque una classe particolare di nomi, che pongono all’attenzione del logico il problema del rapporto tra significatio e appellatio. Ma che cosa un nome significhi, che cosa nomini, e se la funzione nominativa del nome sia primaria o del tutto secondaria, sono domande che i filosofi si pongono per *tutti* i nomi, non solo per i paronimi. Viene così in primo piano la considerazione del momento istitutivo del nome, dell’atto, cioè, per il quale il nome è costituito come « vox significativa. Si constata che all’origine del nome sta l’esigenza di designare le cose e che quindi la vox diviene significativa innanzi tutto perché l’uomo possa parlare delle cose usando segni fonici in luogo delle cose stes- [significat formam substancialem vel accidentalem primarie; sed concretum est terminus qui formam et suppositum cuius est talis forma significat. Suppono quod cuilibet termino significati est dare primarium significatum.Pro i ntellectu tamen, nota quod primarium significatum alicuius termini est significatum ad quod intellectus tali audito immediate fertur intelligendus; ex quo sequitur quod omnis terminus communis significans habet duplex significatum, scilicet primarium et 2ndarium; sequitur quod omnis terminus habens predicatum debet principaliter sumi pro significato suo primario. Exempli gracia, cum proponitur, Homo est animal, INTELLECTVS AVDIENTIS hanc proposicionem non fertur super Socrates nec Platone, sed absolute super significato primario, quod est species humana que est humanitas. Si autem proponitur cum predicata humanitate, videndum est si predicatum limitat ipsum subiectum racione primarii significati vel secundarii. Et sic revertitur nobis illa antiqua regula et famosa: Talia sunt subiecta qualia permittuntur ab eorum predicatis [cfr. De Ryx, Logica modernorum, II, i, cit., p. 561]. Exemplum ad significatum primarium. Hec est re- gula vera: “Homo communicatur multis, eo quod predicatum non potest com- [e 5; si constata anche, d’altra parte, che la vox resta significativa anche in assenza della cosa da nominare e che quindi le due funzioni del nome non sono strettamente interdipendenti. Altro è il significato, altro il referente del nome. Delle occasioni che si offrono ai filosofi nei testi in uso nelle scuole come luoghi per dibattere questi problemi, dobbiamo richiamarne due: una è rappresentata dal secondo passo delle Categorie d’Aristotele e dalla sua utilizzazione nella definizione delle fallacie’. L’altra è la definizione che Prisciano dà di NOMEN. Esaminiamo brevemente i risultati in questo paragrafo. Ricordiamo che un’ampia documentazione per lo studio di questi temi è fornita da Rijk nella sua Logica modernorum. Come avvio allo studio di questi temi si tenga presente l’insegnamento di Abelardo, il quale, esaminando la dottrina della petere significato primario huius termini 40mz0, cum Socrates non communicatur multis, licet Socrates sit illa humanitas que communicatur multis”. Exemplum, scilicet significati secundarii, homo currit et predicatum limitat subiectum ad significatum secundarium, cum non potest competere significato primario, eo quod humanitas, sive species humana, non potest currere, nisi sit currens. Et suppono quod significatum termini concreti accidentalis primarium est accidens sive forma talem substanciam denominans; ut huius termini, album, significatum primatium est albedo substanciam albisans. Similiter huius termini iustumz, est iusticia subiectum iustificans. Ista supposicio tenet per primam Aristotelis auctoritatem allegantem. Album solam qualitatem significat; quod intelligitur primarie; sed substanciam cui inest albedo secundarie. Et cum omne denominans, ut huiusmodi, sit prius denominato, ut huiusmodi, sequitur quod a principali debet capere suam primariam significacionem sed omnem etsi non sequitur quod album omnem substanciam significaret quod factum est. La prospettiva diversa di Wyclif rispetto a quella di Occam è condizionata dalla soluzione REALISTICA – e non NOMINALISTICA --  al problema degli universali. Per la distinzione tra significatum primarium e significatum secundarium, cfr. ancora m., Tractatus de logica, I, cit., in part. pp. 7 e 76-77 (si veda p. 77: «[...] tripliciter contingit signum significare secundarie quodlibet designandum, ecc.). 55 Cfr. cap. IV, $ 1. 56 In particolare, cfr. la prima parte del secondo volume] impositio, o institutio voluntaria, che è quell’atto libero dell’uomo che attribuisce a una vox una significatio, distingue molto chiaramente la funzione propria della vox significativa  di essere signum, e quindi di generare o constituere intellectum, e la funzione, secondaria secondo Abelardo, di designare le realtà estra-mentali, detta, quest’ultima, nominatio o appellatio. Nel procedimento istitutivo della vox, l’inventor ha guardato a fondo nella natura delle cose: su questo stretto rapporto, in sede di institutio, tra natura delle cose e nomen, si fonda la funzione secondaria della vox. Perciò i nomi dicono riferimento (nominant, appellant) alla realtà attualmente significata, perché tale è una quaedam imponentis intentio, e cioè tale è la volontà dell’inventor. Nel caso di distruzione della realtà esterna (“Roma”, il nome di Roma), però, il nome perde il suo potere appellativo -- la significatio rei --  mentre sussiste la « significatio intellectus. La prima è appunto funzione secondaria, la seconda è funzione primaria della vox; e proprio perché la prima è funzione che viene meno rebus deletis, essa è irrilevante ai fini della determinazione della significatio vera e propria. La significatio si allontana così dalla nominatio. Questa distinzione abelardiana tra significare e appellare- nominare è netta, specie nella discussione sugli universali, giacché in questa indagine non ha peso la nominatio. Per quanto riguarda, poi, la distinzione tra sostanze prime e sostanze seconde, Abelardo glossa l’espressione aristotelica sub 5 Cfr. Logica ‘Ingredientibus’, qui vocabulum invenit, prius rei naturam consideravit, ad quam demonstrandam nomen imposuit; Logica ‘Nostrorum. Impositor (Compositor: Geyer) namque nominum rerum naturas secutus est: così legge Rijk, Logica modernorum. Logica ‘Ingredientibus’. Rerum quippe significatio transitoria est, intellectus vero permanens; cfr. BEONIO BROCCHIERI FUMAGALLI; De Ru] figura appellationis » così: «ex similitudine nominationis ». Il Maestro Palatino, cioè, ritiene che, mentre le sostanze prime nominano le «res subiectae » « ut personaliter discretae », cioè in quanto distinte l’una dall’altra, le sostanze seconde sembra significhino anch'esse le cose come distinte, ma in realtà il modus nominandi dell’uno e dell’altro tipo di sostanze differisce: le seconde infatti  sunt impositae propter qualitatem substantiae, e nominano le cose ut convenientes, in quanto cioè le cose nominate dalle prime convengono in certo modo tra loro. Abelardo perciò afferma che generi e specie, cioè le sostanze seconde, sono in sensibilibus positae per appellationem, extra vero per significationem: essi infatti nominano le cose sensibili e in certo senso le significano, ma non le significano in guanto cose sensibili, dal momento che se queste perdessero le loro forme attuali, sarebbero ancora nominate da generi e specie; perciò la significatio di essi non è esaurita dalle realtà sensibili, che non sta in queste. Anche per le sostanze seconde (anzi, a maggior ragione per esse) vale quindi la distinzione tra significatio e appellatio-nomi- [Logica “Ingredientibu»’, In secundis vero. In primis videtur et est, sed in secundis videtur similiter, ut scilicet significent rem subiectam ut personaliter discretam, sed non est verum. Et unde videtur similiter, supponit: ex figura appellationis, id est ex similitudine nominationis. Similes namque sunt secundae substantiae cum primis in eo quod casdem res quae discretae sunt, nominant, sed in modo quidem nominandi differuntur, quia primae, in quantum hoc aliquid sunt, nominant eas, id est ut personaliter discretas et ab omnibus differentes, secundae vero easdem appellant ut convenientes. Sed wmagis. Secundae non significant res suas ut hoc aliquid, sed potius ut quale aliquid, quia cum primae substantiae maxime propter discretionem substantiae sint impositae, secundae impositae sunt propter qualitatem substantiae. Logica ‘Nostrorum. genera et species quaedam, non omnia, in sensibilibus sunt posita, hoc est sensibilia habent nominare, et ponuntur extra sensibilia, id est res habent significare et non cum aliqua forma quae sensui subiaceat, quia si res omnes formas quae sensui subiacent, amittefent, non ideo minus a genere et specie nominari possent. Sunt igitur] [natio, tanto più, in quanto la convenienza su cui si fondano non può essere esaurita dalla denotazione di una singola res subiecta. Questo stesso tema è affrontato da alcuni dei primi commenti agli Elenchi sofistici nella discussione della figura dictionis, che dai grammatici viene definita: « proprietas constandi ex dictionibus sive ex sillabis tantum: la stessa vox, ad esempio homo, proprio perché può denotare più individui, sembra che significhi la sostanza individuale, mentre in realtà la significa soltanto sub figura appellationis, cioè, non la significa in senso proprio, ma la nomina; CIÒ CHE È SIGNIFICATO IN SENSO PROPRIO È L’UNIVERSALE – cf. Speranza, “Platone e il problema del linguaggio” – Grice, “Meaning and Universals” --. I testi che affrontano il problema fanno tutti riferimento, esplicito o implicito, a Categorie genera et species in sensibilibus posita per appellationem, extra vero per significationem Cfr. Fallacie Parvipontane, cit., p. 586. 6 Cfr. Glose in Aristotilis Sophisticos elencos, cFigura dictionis secundum appellationem est quando aliqua vox eadem figuracione appellat plura et ex hoc videtur significare hoc aliguid. Ut hoc nomen ‘homo’ appellat Socratem et Platonem eadem figura et ex hoc videtur quod significet Socratem et Platonem; non tamen est verum; Summa Sophisticorum elencorum, cit., pp. 334-335, e TRACTATVS DE DISSIMILITVDINE ARGVUMENTORVRA, che dipende dalla Summa riportandone perfino un esempio; Fallacie Vindobonenses. Ex similitudine appellationis, ut hoc nomen ‘homo’ videtur significare hoc aliguid, [non: add. Rijk, ma sembra vada espunto] quia appellat hoc aliquid, idest INDIVIDVVM, sed non significat hoc aliquid, immo significat aliquid, idest VNIVERSALE. Il testo non ha in questo caso un riferimento esplicito alle Categorie, ma la terminologia risente delle discussioni sul passo ricordato. In Fallacie Parvipontane non occorre il termine appellatio nella discussione della figura dictiones, ma si sofferma che il sesto modo di questa fallacia è quello in cui si confonde hoc aliguid con quale quid. Ut autem hoc facilius intelligatur, sciendum quod dictiones determinate significantes dicuntur hoc aliguid significare, ut propria nomina et prono-] [C'è da aggiungere che in questi testi si trova talora un riferimento al nomen appellativum, che è appunto il nome comune, o l’universale. Nell’Ars disserendi di Adamo Parvipontano, appellatio ha un ruolo di primo piano e denota la funzione del nominare. Essa è propria del termine comune, usato come comune, il cui corrispettivo, o designato, è detto appellatum. L’appellatio dà luogo a sofismi O IMPLICATURE (entanglements), se non se ne precisa opportunamente di volta in volta la portata. Ma è bene seguire lo svolgimento del pensiero dell’autore. Adamo nella sua opera si propone di illustrare quanti e quali siano i generi del discorso, e quali i fini dell’arte che li studia. I generi del discorso — insegna — sono due: l’uno si realizza attraverso interrogazione e risposta, nella disputa, l’altro si realizza senza di queste, nella esposizione. Il fine è insegnare come discorrere e come intendere ciò che è comunicato attraverso il discorso nelle discipline filosofiche. Constatato che ogni discorso parte ab interrogatione vel enuntiatione, che entrambe hanno due parti, il de quo si parla, e il quid de eo o ciò che si dice £, e che ciascuno di questi può essere considerato da due punti di vista, qualiter de quo o cosa designata, e qualiter quid o termini designanti, Adamo comincia il suo studio dal de quo o soggetto, precisando che la designazione di esso può essere chiara o oscura, mina. Dictiones autem indeterminate significantes dicuntur quale quid significare, ut nomina generum, nomina specierum. Indeterminate caratterizza il termine communis o universalis che ha confusio. Ma cfr. Logica ‘Cum sit nostra’, per i rapporti tra confusio e quale aliquid.Cfr. Glose..., cit., p. 222 (a proposito di De sopb. el. Cfr. L. Minio-PaLueLLO, Introduction a ADAM or BALSHAM PARVIPONTANUS, Ars disserendi; ci serviremo dell’introduzione del Minio- Paluello per l’esposizione dello schema dell’Ars. 6? Cfr. Ars disserendi] e'che la designazione oscura può avere duplice origine: o perché si applica a differenti cose, o perché il designatume è difficile da cogliere. Passando ad esaminare le designazioni sofistiche, egli distingue quelle incomplexe, cioè consistenti di una sola vox, e quelle complexe, consistenti di più voces. Le prime possono aver luogo per aequivocatio, per univocatio, o con termini collettivi. Le seconde possono aver luogo, se il sofisma è causato da un solo termine, in quattro modi, di cui qui ci preme ricordare solo l’aequivocatio e l’indistinctio. Se il sofisma sorge dal rapporto tra più termini, in molti modi, di cui ricordiamo solo il termine collettivo. All’esame di ognuno di questi livelli di sorgenti di sophismata Adamo fa seguire una esposizione delle regole che permettono di dominare le difficoltà. In tutti i casi ricordati, il Parvipontano fa ricorso al termine appellatio, per caratterizzare l’origine del sofisma, e una volta a nominatio. Per la designazione sofistica incomplessa: — l’aequivocatio è definita eadem diversotrum non eadem ratione appellatio, cioè ha luogo quando si ha la stessa appellatio di più cose non allo stesso titolo, in quanto il nome usato non conserva, nei vari casi, la ratio, la significatio, o definitio grazie alla quale l’appellatio è stata data — l’univocatio invece è eadem 9 Cfr. ivi, pp. 18 sge. 20 Ivi, pp. 25-31 (eguivocatio), pp. 31-32 (univocatio), pp. 32-33 (termine collettivo). 71 Ivi, pp. 42-44 (aequivocatio), pp. 44-46 (indistinctio), pp. 62 sgg. (termine collettivo). 72 Ivi, p. 26; definizione alternativa è: Aequivocatio est eadem diversorum huius aliter quam illius appellatio. equivoce enim dicuntur omnia quorum duplex significatio [GRICE, VICE e VICE], ma anche: Ex quibus igitur que aequivoce dicantur comperiri difficile, duo: plurium pluribus ignorabilis differentia nec tamen nulla; plurium modus appellationis pene idem nec tamen idem; cfr. Rik, Logica modernorum, dove sono esaminati alcuni casi di  ratione diversorum eadem appellatio » ”: essa si differenzia dall’aequivocatio perché non causa, di per sé, sophisticam duplicitatem come si ha in quella; l’univocatio perciò non è un vero e proprio principio sofistico, e si può vedere meglio ciò nei commenti agli Elenchi sofistici ispirati al Parvipontano; l’uso dei termini collettivi dà luogo a sofisma quando si ha « plurium ut non unius appellatio: nel caso della proposizione contraria non sunt concedenda, il sofisma sorge dal fatto che contraria (termine incomplesso) designa due realtà opposte, e si può dubitare se si parla dei due contrari separatamente o di entrambi considerati insieme. Per la designazione sofistica complessa in cui il sofisma sorge dal fatto che un termine è applicato a designare differenti cose, l’aequivocatio ha luogo in tutti i modi in cui si può avere nella prima classe; l’indistinctio è definita: cum quod ipsa verbi variatione distingui solet, in quibusdam non distingui contingit, ed è così distinta dalla aequivocatio: Differt autem ab equivocatione indistinctio quod illa ex diversorum est eadem nominatione, hec ex unius indistincte variata (sc. nominatione). DI si può notare che nominatio prende il posto di appellatio in questo caso. Infine, per la designazione sofistica complessa in cui il sofisma sorge dall’uso di un nome collettivo in connessione con altri termini, Adamo pone le stesse condizioni poste nella prima classe e fornisce l'esempio, duo contraria non sunt con- equivocatio secondo Adamo, e op. cit., II, i, p. 495, n. 1, dove ratio è resa con definition. Apamo DI BarsHam, Ars disserendi, cit., p. 32. 75 Ivi, p. 32 (22 rec.). % Per ulteriori considerazioni, cfr. RiJk, op. cit., I, p. 75. TI Apamo DI BarsHam, Ars disserendi, cit., p. 32. 8 Ivi, p. 45; nella proposizione « verisimilis falsi probatio falsi similis non est», verisimilis può riferirsi a probatio oppure a falsi; di qui l’îndistinctio, giacché non è chiaro quale caso abbia verisimzilis.] cedenda », nel quale il termine incomplesso contraria è sostituito dal termine complesso duo contraria. Il valore di appellatio nel testo di Adamo può essere ulteriormente chiarito da altre occorrenze: appellationum novitas, appellatio permanens, appellatio secundum accidens e così via; tutte confermano che l’accezione fondamentale è parallela a quella di nominatio. Si è detto che appellatio è funzione propria del termine comune in quanto comune. Ciò fa sì che, data l’ampiezza della possibilità di designazione di esso, appellatio s'accompagni sempre nel testo all’indicazione di una pluralità (pluriumz, diversorum) nei confronti della quale va operata una precisazione, una determinazione limitativa. I seguaci del Parvipontano sviluppano questo elemento elaborando la dottrina dell’ampliatio e restrictio dell’appellatio, in alcuni trattati di arte sofistica. L’anonimo autore delle Fallacie Parvipontane definisce l’aequivocatio in rapporto all’appellatio, così come si è visto nel testo di Adamo. Aequivocatio est eadem diversorum non eadem ratione; è un caso di congiunzione (altro esempio: «duo et tria sunt quinque – 2 + 3 = 5. Si quos autem appellationum talium perturbet novitas, sufficiat eis eorum que distinximus sine nominibus cognitio, ne incognite distinctis incognita etiam nomina adhibentem horreant. appella- tionum autem novitatem non horrebit appellatorum tam frequentem usum quam necessariam disciplinam perpendens ». 82 Ivi, p. 36 (28 rec.): «Advertatur autem secundum ea que predicta sunt non ex omni translatione equivocationem contingere, sed ex qua permanentem appellationem fieri accidit et que eius sit ad quod transfertur ». 83 Ivi, p.4(2? rec.): « quoniam secundum accidens est huiusmodi certorum appellatio. contingit autem et hoc his que secundum acci- dens fiunt appellationes frequenter, ut cum dicitur ‘pater istius est albus’. Cfr. l’indice analitico dell’ed. cit. curata dal Minio-Paluello, per avete un quadro completo dell’uso di appellatio. Terminologia logica della tarda scolastica 77 appellatio; l’univocatio è compresa sotto l’equivocatio e e questa può essere intesa in senso lato « quando (sc. est) ex variata appellatione sive ex variata suppositione [...]»: in questo caso, suppositio è concorrente di appellatio; ma suppo- sitio vale qui subiectio, cioè è funzione del termine che è soggetto grammaticale in una proposizione *; appellatio, accostata a suppo- sitio, ne assume in certo senso il valore: infatti ora appellatio è proprietà del termine posto in una proposizione. Univocatio quindi viene definita:manente cadem significatione variata nominis suppositio; quia, etsi vatiatur suppositio, manet tamen eadem significatio » ®. L’anonimo autore precisa che si hanno tre specie di umivocatio: « Prima est quando aliqua dictio sumitur ad agendum de se vel de suo significato »; esempi sono: « ‘magister’ est nomen » e « ‘homo’ est species »; « Secunda species est quando aliqua dictio transsumitur modo ad agendum de aliqua rerum alicuius maneriei, modo de tali manerie rerum, ut cum dicitur: ‘homo est dignissima creaturarum’. Potest enim sic intelligi ut fiat sermo de aliquo appellatorum huius nominis ‘homo’; potest etiam intelligi ut fiat sermo de tali manerie rerum; maneries vale ‘universale natura’ o ‘forma’ di una specie”; si noti l’uso di appellata per designare i subiecta di homo”; Tertia species est quae consistit in ampliatione et restrictione alicuius dictionis, quemadmodum accidere solet in nominibus appellativis ®: 85 Fallacie Parvipontane; essa è duplice: alia est principalis et per se, alia ex adiuncto ». 86 Ivi, p. 561: «Item. Univocatio ex dissimili acceptione unius termini accidit; sed equivocatio eodem modo habet accidere; quare ratione simili- tudinis univocatio sub equivocatione continetur ». 87 Ivi, p. 562. 88 Cfr. De Rijk, op. cif., II, i, p. 532. 89 Fallacie Parvipontane, cit., p. 562. % Cfr. De RyK, op. ciz., II, i, p. 588. 9! Cfr. appendice 1 a questo capitolo. ® Fallacie Parvipontane, cit., p. 562. 78 Alfonso Maierù il nomen appellativum è condizionato nella sua funzione di sog- getto dal tempo del verbo, di modo che può avere appellatio rispetto a cose presenti, passate o future”, Il Tractatus de univocatione Monacensis, che mostra parecchie somiglianze con le Fallacie Parvipontane, definisce l’univocatio e la distingue dall’eguivocatio come segue. Est igitur univocatio manente eadem significatione variata nominis appellatio, quando scilicet aliqua dictio variat appellationem. (Nota) quod equivocatio consistit in variata nominis significatione, univo- catio consistit in variata nominis appellatione 9. Se risulta chiaro che urivocatio è proprietà che appartiene ai termini in base alla loro funzione significativa”, è altrettanto chiaro che, confrontando questo testo e quello delle Fallacie Parvipontane, sempre più suppositio e appellatio appaiono ter- mini concorrenti; nel nostro Tractatus si parla di ampliatio e restrictio dell’appellatio”. Nelle Fallacie magistri Willelmi, la univocatio è ripresa sotto la figura dictionis e definita: eiusdem dictionis in eadem significatione et terminatione varia appellatio », e si aggiunge; « Et notandum quia variatur univocatio usu et accidente consi- gnificatione. Accidit enim ex hiis appellationem restringi vel ampliari » 9. Anche questo testo conferma l’uso ormai accertato 9 Cfr. ivi, e De RiJx, op. cit., II, i, pp. 494-497 e 528-533; cfr. anche cap. II, $ 2. % De Ru, op. cit., II, i,p. 533. 95 Tractatus de univocatione Monacensis, cit., p. 337. % Cfr. De RIJK, op. cit., II, i, p. 496. 9 Cfr. cap. II, $ 2. 98 Fallacie magistri Willelmi, cit., p. 691. Nelle Fallacie Londinenses, cit., p. 665, si legge: « In tertia acceptione (sc. figure dictionis) dicitur appellatio dictionis, scilicet quedam proprietas que inest dictioni ex eo quod supponit unum vel plura». Il contesto indica che qui suppositio ha il valore tecnico più tardi comune (cfr. p. 668, e De Rjx, op. cit., II, i, p. 541); appellatio perciò è inglobato nella suppositio. Terminologia logica della tarda scolastica 79 di appellatio come funzione della « vox significativa » capace, nella proposizione, di ampliazione e restrizione. Il contributo dato dai grammatici alla dottrina dell’appellatio è rintracciabile in alcuni commenti a Prisciano, là dove occorre la definizione di rozen (« substantia et qualitas »). Guglielmo di Conches distingue quattro gruppi di nomi: Nomina igitur vel significant substantias vel ea que insunt substantiis vel quedam figmenta animi vel modos loquendi; substantias, ut hec nomina ‘Socrates’, ‘homo’; vel ea que insunt substantiis, ut ‘albedo’, ‘nigredo’; figmenta animi, ut hec ‘yrcocervus’, ‘chimera’; modos lo- quendi de rebus, ut ‘omnis’ 9. I nomi del primo gruppo sigrificano l’intelligibile, o essenza di qualcosa ‘9, ma rorzinano le realtà individuali, anche se nel testo non si fa alcun esplicito riferimento all’esistenza di esse!%; ciò non è vero solo dei nomi appellativi (ad es. di horzo) ma anche dei nomi propri (Socrates) !. Per i nomi del secondo gruppo, Guglielmo distingue tra ® Il testo del commento di Guglielmo di Conches, secondo il ms. Fi- renze, S. Marco 310, è ampiamente riportato dal De Ru, op. cit., II, i; il passo cit. è a p. 223. . 100 Ivi, p. 224: « Significat ergo hoc nomen ‘homo’ et similia appellativa substantiam, et non aliquam. Quod igitur ab hac voce significatur, ita ut significatur potest intelligi, non tamen esse. Unde dicimus quod solum intelli- gibile significat et non actuale » (cfr. le considerazioni del De Ryx, ivi, 1227), i 101 La p. 224: « Quamvis igitur ‘boo’ significet communem qualitatem omnium hominum et non ipsos homines, tamen nominat ipsos homines et non ipsam qualitatem. Unde dicimus quod aliud significat et aliud nominat » (per il riferimento all’esistenza, cfr. n. 100 e quanto ne dice De Ru, ivi, ; 227), Ù 102 la p. 224: «[...] hoc proprium nomen significat substantiam ita quod aliquam individuam, et significat propriam illius qualitatem [...]. Nomi- nat vero eandem substantiam quam significat, sed non qualitatem»; ma cfr. il testo di Boezio] forma astratta e forma concreta del nomen, albedo e album: pet entrambi Guglielmo stabilisce cosa significhino, cosa nomini. no: « ‘albedo’ significat solam qualitatem, hoc commune acci- dens. Nominat tamen sua individua, ut ‘hec albedo est albedo» 18. Più articolato è il discorso per 4/b4m, e ci riporta a quanto sap- piamo dei paronimi: [...] ‘album’ idem accidens signific sl a i AR nto € denti at quod et albedo’, sed aliter, ; ‘at inherentiam illius accidentis et subiecti, quod hoc nomen albedo non facit. Ergo hec duo nomina non in re significata differunt, sed in modo significandi 1%; e alla domanda, se album significhi sostanza e qualità, risponde: pg: ita, sed secundario, quia cum determinet inherentiam acci- ale et subiecti, quia certum est quia sola substantia est subiectum accidentium, secundario, idest innuendo, significat  substantiam 15, | Della terza classe di nomi Guglielmo afferma che « figmenta animi [...] quoddam significatum animi significant et nomi- nant », mentre di quelli della quarta afferma che « nec substan- tiam (nec) qualitatem significant nec aliquid nominant » !%, ; Guglielmo, dunque, precisa per ogni specie di nome cosa significano, cosa nominano. Ciò è particolarmente importante per i nomi delle prime due classi. La funzione del nome in quanto designa qualcosa (zozzinatio) è identica a quella che nei testi precedenti, abbiamo visto, era chiamata appellatio. In Guglielmo essa assume sfumature che, a lungo andare, confluiranho nella dottrina della suppositio; in particolare, per quanto riguarda i nomi della prima classe, Guglielmo afferma che essi, nella propo- 193. Ivi, 1% Ivi. ist, iuziio 6 A Ivi; cfr. anche p. 225: « Adiectiva igitur nomina nominant illas substantias quibus insunt accidentia que significant, ut ‘4/44’ rem cui inest albedo ». 106 Ivi; p. 225, Terminologia logica della tarda scolastica 81 sizione, possono designare se stessi o la specie!: si tratta di quelle funzioni che saranno chiamate « appellatio materialis » e « appellatio manerialis 0 simplex » ‘!® e che saranno dette più tardi « suppositio materialis » e « suppositio simplex ». Di diverso avviso è Pietro Elia, il quale, nella Sumzza super Priscianum, commentando la definizione che Prisciano dà di nomen, riferisce le opinioni dei suoi contemporanei: dai raggua- gli di Pietro Elia, si può ricavare che ormai la dottrina di Pri- sciano si è incontrata con quella di Boezio (« quod est », cioè «res existens », e « quo est» o forzza) e che Prisciano viene spiegato con Boezio !”. Dopo aver esposto una prima opinione, secondo la quale tutti i nomi significano sostanza e qualità !, perfino omnis e nichil!!!, e una seconda, che sembra essere quella di Guglielmo di Conches !, ne enuncia una terza, per la quale ogni nome significa una substantia, oppure modo substantie: i nomi propri e appellativi significano la sostanza, giacché sono 107 Ivi, p.224: «Sed quamvis proprie nominat (sc. ‘homo’) ipsa indi- vidua, aliquando tamen ex adiuncto nominat speciem quam significat — ut hic: ‘bomo est species” —; aliquando se ipsum tantum, ut hic: ‘homo est nomen? ». 18 Cfr. De Ru, ivi, p. 526; cfr. la glossa Promzisimus; v. quanto si dirà più avanti a proposito del testo del ms. Vienna, lat. 2486. 19 Il De RiJk riporta ampi passi dal ms. Paris, Arsenal 711: cfr. ivi, p. 231: «Hoc autem est illud quod plerique dicunt, scilicet quod omne nomen significat gu0 (quod: De Rijk) est et id quod est, ut hoc nomen (‘bomo’) significat id quod est, idest rem que est homo, et illud quo est, scilicet humanitatem qua est homo, quoniam homo ab humanitate est homo ». 110 Ivi: « Et rursus hoc nomen ‘albedo? significat rem pro substantia que est albedo, et facere album sive albedinem, ut fingam vocabulum, pro forma. Et hoc idem de cetetis nominibus dicunt ». ill Ivi: «Quidam tamen nimis ridiculose dicentes quod ‘omnis’ significat formam que debet dici omnitas, fingentes nomen ad similitudinem huius quod est ‘buzzanitas’. De hoc nomine quod est ‘richil’ dixerunt quod signi- ficat rem que non est pro substantia et nichilitatem pro forma ». 112 Ivi, pp. 231-232. 82 Alfonso Maierù stati trovati dall’imzpositor per parlare delle sostanze !5; gli altri nomi, che sono nomi di accidenti, significano non la sostanza, ma « modo substantie » !: così pure i sincategoremi e i « figmen- torum nomina » !5. A quest’ultima opinione sembra aderire ELIA (si veda) !!, In altri commenti a Prisciano vengono riprese alcune dottrine nelle quali le correlazioni significatio (primaria) —forma e signifi- catio (secondaria)—substantia (o subiectum d'una qualitas) si van- no sempre più accentuando, di modo che appellatio cessa di valere nominatio per limitarsi a designare una natura universale, o anche l’intellectus di essa. Così, le Glosule in Priscianum del ms. Colonia 201 affermano che il nome nozzinat la substantia per via dell’imzpositio ricevuta, ma significat la qualità !”, giacché la qualitas è in realtà la « causa [Dicunt ergo quod nomina propter substantias primo reperta sunt. Qui enim nomina primo imposuit, ad loquendum de substantiis ea invenit ». 114 Ivi: «Sed postea dilatata est locutio, ita scilicet ut non solum de substantiis, verum etiam de ceteris rebus vellent homines loqui. Imposuerunt itaque accidentibus nomina quibus de illis agerent, sed positio eorum est secuta positionem nominum prius impositorum propter substantias. Data sunt itaque nomina accidentibus sed ita ut quamvis significarent illa acci- dentia, tamen modo substantie significarent et in natura communi vel propria (vel) ut in natura communi vel propria. Scis quid est modo substantie signi- ficare: significare aliquid sine tempore et in casuali inflexione communiter vel proprie, vel quasi communiter vel quasi proprie ». 115 Ivi: i sincategoremi (omzzis, neullus) «[...] nichil significant sed tantum consignificant, ut ‘omnis’ consignificat quoniam universaliter et ita quod sine tempore in casuali inflexione et quasi communiter. Nichil enim commune pluribus designat, sed quasi commune aliquid significaret plura complectitur [...]. Hec vero habent alia nomina huiusmodi, ut ‘quis’, ‘nichil et figmentorum nomina, ut ‘hircocervus” et ‘chimera’, ita scilicet quod nichil possit obici contra ». 16 Ivi, p. 234. 17 Ampi passi ivi: cfr. p. 228, n. 1: nomen substantiam tantum inventionis nominum » !!, dal momento che la pluralità di qua- lità, cioè di forme, è la vera causa della pluralità di nomi. Il commento anonimo a Prisciano, contenuto nel ms. Vienna, lat. 2486, fornisce elementi, decisivi nel senso indicato, commen- tando le espressioni « significare substantiam » e « significare qualitatem ». Per la prima, l’anonimo autore riferisce un’opinione secondo la quale ogni nome significa sostanza e qualità: «[...] ‘homo’ significat essentiam que est horzo et istam proprietatem, scilicet humanitatem; et ‘albedo’ significat rem albam et aliquam proprietatem, scilicet albere vel facere album. Et sic omnia alia »!!. Per la seconda, si afferma: «Significare qualitatem est de notare de quo genere rerum aliquid sit vel de qua manerie. ‘Album’ bene denotat de quo genere rerum aliquid sit, scilicet quod ‘album?’ dicitur nomen corporum et quod semper intelligituralbum corpus » !®. Le espressioni « rem albam » del primo passo e « nomen corporum » del secondo non devono trarre in inganno: non si tratta di un significare che denoti realtà esterne, ma di un rinvio alla realtà specifica, astratta, universale, cioè alla forma che è oggetto dell’intelletto (intelligitur), come ben indicano i termini essentia, genus, maneries occorrenti nei testi. C'è uno slittamento della nominatio, 0 significazione secondaria, o appellatio, verso il piano mentale, comunque intralinguistico. Ciò trova ulteriore conferma nella dottrina secondo la quale se albume, posto a parte praedicati; nominat, quia ei fuit impositum, qualitatem vero significat non nuncupative, immo representando et determinando circa substantiam propter quam tamen notandam substantie fuit impositum »; perciò, continua il testo, ogni nome ha due significazioni: « [...] unam per impositionem in substantia, alteram per representationem in qualitate ipsius substantie [...]. Similiter ‘album? per impositionem significat corpus — idest nuncupative, quia qui dixit: «dicatur hec res alba”, non dixit: “substantia et albedo dicantur alba”; in quo notatur impositio —, albedinem vero significat per representationem ut principalem causam. Riportato ivi, p. 241. 120 Ivi, pp. 242-243. 84 Alfonso Maierù significa una qualità, posto però 4 parte subiecti significa una essenza !!, La prima parte di questa affermazione testimonia di una particolare interpretazione dell’appellatio come proprietà del predicato, il quale come tale « appellat formam » o « ratio- nem », come si vedrà; di modo che la dottrina dell’appellatio, se fa leva sul momento istitutivo della vox, dice riferimento alla realtà estramentale attualmente indicata; e se fa leva, invece, sul mo- mento ‘significativo’ (nel senso più forte), dice riferimento alla qualità o forma che è causa del nome. La glossa Promisimus, infine, riprendendo la distinzione tra nomi propri e nomi appellativi presente in Prisciano, analizza i rapporti tra significatio, appellatio e nominatio, riporta varie opi- nioni sullo sfondo della quadripartizione dei nomi di Guglielmo di Conches, e precisa che, secondo un’opinione, il « significare substantiam et qualitatem » è del nome proprio come del nome comune o appellativo !2; per un’altra opinione, invece, solo i nomi propri hanno appellatio-nominatio della sostanza significata, non della qualità, mentre i nomi appellativi hanno appellatio, e appellant i loro appellata in linea di diritto, ma non li nominant di fatto !*. Per quanto riguarda i nomi astratti della categoria [Modo opponitur eis de hoc quod dicit Boetius: “album michil significat nisi qualitatem”. Ita exponunt quod intellexit: quando po- nitur ex parte predicati, tunc significat qualitatem. Sed bene potest poni in subiecto; et tunc significat aliquam essentiam ut ‘album est corpus’: tunc ‘album’ quoddam corporeum significat ». 12 Dal ms. Oxford, Bodl. Laud. lat. 67, citato ivi, p. 258: «Et eorum que significant substantiam quedam determinant qualitatem circa substan- tiam, sive communem, ut ‘homo’, sive propriam, ut ‘Socrates’, que ‘Socra- titas” a Boetio appellatur [cfr. n. 13]. Concedunt ergo quod utrumque istorum nominum ‘homo’, ‘Socrates’ significat substantiam et qualitatem; neutrum tamen eorum plura, licet alterum sit substantia et alterum qualitas, que sunt plura, tamen significare substantiam et qualitatem non est significare plura ». 13 Ivi: «Nomen proprium nominat, idest appellat, cam substantiam quam significat, sed nullam qualitatem. De nulla enim qualitate agitur per Terminologia logica della tarda scolastica 85 della qualità, essi, — si dice, ed è dottrina più comune — sigri- ficant ma non appellant '*. I nomi concreti della categoria della qualità, infine, « nominant, idest appellant » le sostanze cui ineri- scono gli accidenti, e significant primariamente la qualità. Per questa seconda opinione, dunque, i nomi astratti signifi- cano, i nomi concreti della categoria di qualità significano e nomi- nano-‘appellano’, i nomi propri significano-nominano-‘appellano’ l'individuo ma non significano una qualità, i nomi comuni signi- ficano e ‘appellano’, e talora nominano. Il valore di appellare non coincide con quello di nomzizare, come si è constatato finora: l’ap- pellare dei nomi appellativi non dice necessariamente rinvio al referente estralinguistico, ma, sulla scia di quanto si è visto negli altri commenti a Prisciano, rinvia solo agli appellata, al correlativo mentale designato dal termine. Ci sono, anche da un punto di vista grammaticale ormai, gli elementi per una considerazione della funzione appellativa di un nome, all’interno di una proposizione, che sia condizionata appunto dalla struttura logico-linguistica della proposizione stessa. Già con i Tractatus Anagnini la dottrina dell’appellatio, alla proprium, ut hoc nomen ‘Socrates’ et significat et appellat hunc hominem. Appellativum vero significat substantiam et omnem appellat, sed non omnem, cui convenit proprietas designata per ipsum, scilicet humanitas, nominat, sed quamlibet substantiam cui ipsum convenit appellat, quia pro uno- quoque eorum habet poni. Ut hoc nomen ‘boro? significat hominem et omnem appellat et quemlibet hominem, sed nullum determinate ». 14 Ivi: «De hoc vero nomine ‘albedo’ dicunt quod solam qualitatem significat, scilicet a/bedinem, sed nullam appellat, tamen omnem significat ». 125 Ivi, p. 259: « Nominant autem, id est appellant, adiectiva substantias illas quibus insunt accidentia illa que eis significantur, ut ‘albus’ principa- liter significat qualitatem (substantiam: De Rijk) determinando eam inesse, secundario subiectum albedinis et illud nominant ». 86 Alfonso Maierù fine del secolo XII, non ha più una funzione centrale, ma il suo posto è occupato dalle dottrine della sigrificatio e della suppositio. L’autore, anonimo, richiamandosi alla distinzione tra nomi propri e nomi appellativi ‘%, caratterizza l’appellatio come proprietà di un termine di aver riferimento ai suoi appellata: in questo senso occorre a proposito della supposizione di un termine in presenza della dictio ‘alius’ '? e a proposito della supposizione conseguente all’uso comune (« de communi usu loquentium »), e in partico- lare discutendo « de nominibus articularibus », o nomi di dignità e cariche pubbliche, che, assunti al caso obliquo, hanno appellatio ristretta !8, Appellatio dunque occorre nella discussione più gene- rale dell’ampliatio e restrictio d'un termine, di cui si dirà nel seguente capitolo !?, Ma tra la fine del secolo XII e la prima metà del secolo XIII circa fiorì quel genere letterario noto col nome di sumzzulae; in esse la dottrina dell’appellatio, pur non svolgendo un ruolo cen- trale nella trattazione dei « parva logicalia », appare ormai matura da un punto di vista logico: l’appellatio non è più considerata come proprietà del nome in quanto tale, ma proprietà di un ter- mine in una proposizione, cioè in un contesto sincategorematico, in una struttura sintattica logicamente rilevante, nell’ambito della quale si precisano le possibilità operative dei termini. Se ancora nella Logica ‘Cum sit nostra’ il riferimento sintat- tico non è decisamente affermato e sussiste una considerazione del nome assunto nella sua atomicità !*, il discorso si fa più com- pleto e interessante negli altri trattati. 126 Tractatus Anagnini, cit., cfr. ad esempio pp. 301 e 316-317. 127 Ivi, p. 271: «[...] tunc precedens terminus restringitur ad suppo- nendum illa que cadunt sub appellatione sequentis termini », e ancora: « sub appellatione sequentis termini », nello stesso contesto. 128 Ivi, pp. 274-275: « nomina articularia sumpta per obliquum restrin- gunt appellationem, ut ‘video regem’, ‘loquitur de rege’ ». 129 Cfr. cap. II, $ 2. 130 Logica ‘Cum sit nostra’, cit., p. 449: «Et est appellatio sermonis Terminologia logica della tarda scolastica [Le Introductiones Parisienses, dopo aver definito i termini suppositio, significatio, consignificatio, definisce così l’appellatio: Appellatio, ut solet dici, est presentialis convenientia alicuius cum aliquo; vel: quedam proprietas que inest termino ex eo quod pro presenti significat, ut solet dici. Ut hoc nomen ‘Antichristus’ non appellat Antichristum, immo subponit et significat !, Perché un termine abbia appellazione, si richiede la conside razione della struttura proporzionale (convenientia) e il riferimento al tempo presente. Manca, nel testo, qualsiasi cenno all’appellatio come funzione del predicato !°. } Anche il Tractatus de proprietatibus sermonum definisce l’ap- pellatio indicando come elemento caratterizzante la connotazione temporale del tempo presente ‘*, che deve aver luogo in un con- testo proposizionale !*. E poiché l’appellatio è inferiore alla suppo- predicabilis significatio sine tempore [...]. Vel: appellatio est proprietas ter- mini communis quam habet secundum quod comparatur ad sua singularia, que comparatio inest ei secundum quod appellat. Ut cum dicitur: ‘homo est animal’, iste terminus ‘homo? habet comparationem ad singularia, que com- paratio inest ci secundum quod appellat Socratem vel Platonem »: interes- sante il rilievo relativo alla predicabilità, ma il prosieguo del discorso mostra qual è il vero interesse del nostro testo. Si noti che la suppositio è definita «substantiva rei designatio, idest significatio termini substantivi»; è chiaro, dall’analisi di homo contenuta nel primo testo, che suppo- sitio e appellatio non si escludono. 131 Introductiones Parisienses, cit., p. 371. 132 Seguono (ivi, pp. 371-373) sei regole relative all’ampliatio e alla restrictio di suppositio e appellatio. 133 Tractatus de proprietatibus sermonum, cit., p. 722: « Appellatio est proprietas que inest voci ex eo quod assignet aliquem mediante verbo pre- sentis temporis. Per hoc patet quod ille terminus tantummodo appellat qui vere potest sumi cum verbo presentis temporis; ille vero nil appellat qui vere non potest sumi cum verbo presentis temporis, ille scilicet qui nil potest significare presentialiter. Appellare est assignare aliquem. Unde terzzinum appellare nil aliud est quam terzzinum convenire alicui, hocest esse assignare alicui me- diante verbo presentis temporis ». 88 Alfonso Maierù sitio, in quanto è un capitolo di essa !%, l’appellatio può essere anche definita come la coartatio (o restrictio) della suppositio mediante il verbo di tempo presente !%, La Dialectica Monacensis, agli elementi già rilevati della conno- tazione temporale in un contesto proposizionale, aggiunge che 4p- pellare è accidentale per il termine, e che la funzione del termine che appellat è quella di essere predicato !”. Ancora, le Suzzzze Metenses caratterizzano in modo molto chiaro l’appellatio come suppositio del termine « pro iis qui sunt », « pro existente », a differenza della supposizione, che è funzione del termine non legata ai « presentia supposita » !*. 135 Ivi: «[...] cum suppositio et appellatio se habeant quasi superius et nferius [...]». 136 Ivi, pp. 722-723: « Quoniam (autem) variatur per verbum presentis emporis vel preteriti vel futuri, et cum talis variatio sit suppositio coartata et talis suppositio coartata per verbum presentis vel preteriti vel futuri dicatur appellatio. Dialectica Monacensis, cit., p. 616: « Dicitur autem terminus appel- lare id de quo vere et presentialiter et affirmative potest predicari. Ut patet in hoc termino ‘bomzo’, qui appellat Sortem, Platonem, et omnes alios presen- tes. Et notandum quod terminus communis hoc quod appellat, supponit. Sed non convertitur, quia multa supponit que non appellat. Iste enim ter- minus ‘bozz0? supponit Cesarem et Antichristum, non tamen appellat cos, eoquod. non sunt presentes. Unde accidentale est termino appellare id quod modo appellat, quia iste terminus ‘hozz0” appellat Sortem cum ipse est, cras non appellabit ipsum dum ipse non est, sed tamen supponit ». La supposi- zione è comunque superior all’appellazione; di essa si afferma: «[...] ter- minus communis pet se sumptus supponit pro omni quod potest participari formam eius:[...] », dove è presente un riferimento alla forzz4 (natura uni- versale) come residuo delle interpretazioni dell’espressione: « substantia et qualitas ». 1388 Cfr. Summe Metenses, cit., p. 458: «Quoniam appellatio est nota corum. que accidunt termino inquantum est in propositione, ideo viso de suppositione termini videndum est de appellatione eiusdem et de diffe- rentia que est inter appellationem et suppositionem. Sciendum tamen quod appellatio termini est suppositio eius pro iis qui sunt. Unde appellata dicuntur presentia supposita; suppositio est tum pro existente tum pro non Terminologia logica della tarda scolastica 89 Questa caratterizzazione è prevalente nel secolo XIII, e non solo nelle varie sumzzzulae, ma anche in testi come lo Speculum doctrinale di Vincenzo di Beauvais !*. Lamberto di Auxerre ricorda quattro accezioni di appellatio, ma afferma che il valore principale resta « acceptio termini pro supposito vel suppositis actu existentibus » !°. Pietro Ispano a sua volta definisce senz'altro: « Appellatio est acceptio termini pro re existente », il che rende questa funzione del termine diversa dalla significatio e dalla suppositio !!. La necessità dell’attuale esistenza della cosa appellata fa sì che Pietro attribuisca l’appellatio non solo ai nomi comuni, ma anche ai nomi propri quando designano una realtà esistente ‘4°. Bisogna però distinguere due casi existente. Et ex hoc patet differentia inter appellationem et supposi- tionem [...]. Non autem terminus appellat nisi pro eo qui vere est. Et propterea manifestum est quod multos appellavit quos modo non appellat, et multos postea appellabit; item multos appellabat (appellat: De Rijk) quos modo non appellat nec postea appellabit ». 139 Vincenzo DI BEAUVAIS, op. cit., 240: « Appellatio vero dicitur quae- dam proprietas quae inest termino, eo quod ille potest accipi pro aliquo supposito actu existente. Unde differt a suppositione, eo quod suppositio est indifferens respectu entium, et non entium: unde suppositio communior est quam appellatio »; per la distinzione tra nomi comuni o appellativi e nomi propri, cfr. ivi, 95-98. 140 In PRANTL, Appellatio dicitur quatuor modis: propria nominatio, proprietas nominum, acceptio termini pro supposito sub suo significato, acceptio termini pro supposito vel pro sup- positis actu existentibus... Quarto modo est principalis intentio... ». 141 Summulae logicales, cit., 10.01, p. 102; continua così il testo cit.: «Dico autem “pro re existente”, quia terminus significans non ens nihil appellat, ut “Caesar” vel “Antichristus”, et sic de aliis. Differt autem appellatio a suppositione et significatione, quia appellatio est tantum de re existente, sed suppositio et significatio sunt tam de re existente quam non existente, ut “Antichristus” significat Antichristum et supponit pro Anti- christo, sed non appellat, “homo” autem significat hominem et supponit de natura sua tam pro hominibus existentibus quam non existentibus et ap- pellat tantum homines existentes ». 14 Ivi, (10.02): « Appellationum autem alia est termini communis, ut 90 Alfonso Maierù riguardo all’appellatio del termine comune: se il termine ha sup- posizione semplice (se cioè sta per l’essenza comune d’una cosa), allora « idem significat, supponit et appellat »; se invece ha sup- posizione per i suoi inferiora, esso significat la natura comune, supponit per quegli inferiora per i quali viene quantificato e ap- pellat gli inferiora esistenti !9. L’uso dei termini appellatio, appellare da parte di Guglielmo di Shyreswood merita un discorso più ampio. Innanzi tutto, va precisato che secondo Guglielmo appellatio è la generale predica- bilità del nome in una proposizione che abbia il tempo presente !*. Ma il maestro ci informa che, secondo alcuni (guidar), il predi- cato ha appellatio mentre il soggetto ha suppositio 5. Ora, la “homo”, alia termini singularis, ut “Socrates”. Terminus singularis idem significat, supponit et appellat, quia significat rem existentem, ut “Petrus” ». 143 Ivi, 10.03, pp. 102-103: «Item, appellationum termini communis alia est termini communis pro ipsa re in communi, ut quando terminus habet simplicem suppositionem, ut cum dicitur “homo est species” vel “animal est genus”; et tunc terminus communis idem significat, supponit et appellat, ut “homo” significat hominem in communi et supponit pro homine in communi et appellat hominem in communi. Alia est termini communis pro suis inferioribus, ut quando terminus communis habet personalem supposi- tionem, ut cum dicitur “homo cutrit”. Tunc “homo” non significat idem, supponit et appellat, quia significat hominem in communi et supponit pro particularibus et appellat particulares homines existentes. Introductiones în logicam, Appellatio autem est presens convenientia termini i.e. proprietas, secundum quam significatum termini potest dici de aliquo mediante hoc verbo: est [...]. Appellatio autem (sc. est) in omnibus substantivis et adiectivis et participiis et non in pronominibus, quia non significat formam aliquam, sed solam substantiam » (abbiamo tenuto presente le correzioni suggerite in KNEALE, op. cit., pp. 246 sgg., al testo che il Grabmann ha fissato nell’ed. cit.), e p. 82: « Appellatio autem inest termino, secundum quod est predicabilis de suis rebus mediante hoc verbo: est »; cfr. DE Rik, op. cit., II, i, pp. 563 sgg. In questo senso il BocHENSKI, A History of Formal Logic, cit., p. 176, intende appellare come ‘nominare’ le cose presenti. GUGLIELMO DI SHYRESWOOD, op. cif., p. 82: « Dicunt igitur quidam. quod terminus ex parte subiecti supponit et ex parte predicati appellat ». Terminologia logica della tarda scolastica 9i supposizione può essere duplice: « aut secundum actum aut secundum habitum; della supposizione abituale (che ha ri- scontro nella supposizione naturale di Pietro Ispano 19), scrive: « Secundum autem quod est ‘** in habitu dicitur suppositio signifi- catio alicuius ut subsistentis. Quod enim tale est, natum est ordinari sub alio »; la supposizione attuale è definita « ordinatio alicuius intellectus sub alio » !: un termine, in quanto tale, è naturalmente capace di fungere da soggetto e in tal caso ha supposizione abituale; se è usato in una proposizione, esso è attualmente ‘ordinato’ a un predicato, ed ha supposizione attuale. Ciò premesso, Guglielmo commenta così l’opinione dei quidam: Et sciendum, quod ex parte subiecti supponit (sc. terminus) secundum utramque diffinitionem suppositionis (sc. actualem et habitualem), ex parte autem predicati supponit secundum habitualem suam diffinitio- nem. Scieridum etiam quod terminus ex parte subiecti appellat suas res, sed non secundum quod est subiectum. Ex parte autem predicati appellat. Secundum autem quod predicatum, comparatur ad subiectum suum per aliquam suarum rerum et secundum hoc appellat 199. Sembra di poter ricavare dal testo le seguenti affermazioni: la supposizione attuale non importa l’appellatio; la supposizione abi- tuale, propria del termine in quanto tale, importa l’appellatio; l’appellatio è perciò proprietà del termine in quanto tale: il sog- getto appellat in forza della sua ineliminabile supposizione abi tuale, il predicato appellat in quanto esso ha solo supposizione abituale; e poiché il predicato significa una forma che inerisce alla substantia del soggetto, il termine predicato designa solo una 16 Ivi, p. 74. . o 147 Summulae logicales, cit., 6.04, p. 58; cfr. DE Ru, op. cit., II, i, pp. 566 sgg.; cfr. anche cap. II, nn. 67 e 69. : 188 Nel testo di GueLIELMO DI SHYRESWOOD, op. cit., p. 74, si legge sunt, che è riferito insieme a suppositio e copulatio. 149 Ivi. 150 Ivi, p. 82. 92 Alfonso Maierù 151 x n forma e appellat secondo che è ordinato al soggetto, e grazie al soggetto; il predicato è quindi assunto nella sua intenzione e aa; - ; inerisce’ al soggetto che riceve estensione dalla copula !2. Da quanto si è detto, appare evidente che la dottrina della appellatio proposta da Guglielmo è ancora legata all’analisi gram- maticale della relazione che intercorre tra nome appellativo e realtà designata. Ma resta vero ancora, per Guglielmo, che il nome, per sua natura (de se), «supponit pro presentibus » !* cioè ha la funzione, che gli deriva, come si sa, dalla sua impositio, di nominare le cose presenti: è questa la ragione per cui l’appel- latio è legata, come a sua « conditio sine qua non », alla connota- zione temporale della copula di tempo presente. 151 Cfr. ivi, p. 78: «Queratur, utrum dictio, que predicatut, predicet solam formam et si stet simpliciter aut non. Et videtur, quod non. Si enim ita esset, vere diceretur: quedam species est homo sicut dicitur: homo est species. Dicendum, quod hoc non sequitur. Omne enim nomen significat solam formam et non absolute, sed inquantum informat substantiam deffe- rentem ipsam et sic aliquo modo dat intelligere substantiam. Nomen ergo in predicato dat intelligere formam, dico, ut est formam substantie subiecti. Et ideo cum illa substantia intelligatur in subiecto, non intelligetur iterum in predicato. Unde predicatum solam formam dicit ». Si ricordi che significatio è definita (ivi, p. 74): « presentatio alicuius forme ad intellectum »: forma è una natura universale; per il De Rij€, op. cit., II, i, p. 563, n. 3, l’espres- sione « significatum termini » del primo testo della n. 144 vale « the universal nature the term signifies ». 12 Così il De Rug (ivi, p. 564) intende il passo di Guglielmo: di contro ai « quidam » che appaiono sostenitori della teoria dell’identità per quanto riguarda la copula (soggetto e predicato hanno la stessa estensione, indicata dalla copula), Guglielmo è sostenitore della teoria dell’inerenza (per la quale cfr. Moopy, Truth and Consequence..., cit., pp. 32 sgg., e cap. III). sa Cfr. GUGLIELMO DI SHYRESWOOD, op. cif., p. 85: «Et dico, quod ille terminus: homo supponit pro presentibus de se, quia significat formam in comparatione ad suas res. Hec autem comparatio tantum salvatur in existen- tibus. Solum enim est suum significatum forma existentium et proprie pro hiis supponit de se »; per forma, e significatum, cfr. n. 151; per l’interpre- tazione proposta, cfr. KNEALE, op. cit., pp. 247-248. Terminologia logica della tarda scolastica 93 Di contro alla dottrina che interpreta l’appellatio come una specie di suppositio, e precisamente quella specie che vale in rela- zione al tempo presente, dottrina che deriva dall’affermarsi della suppositio come teoria generale del termine nella proposizione in sostituzione dell’appellatio (ben illustrata dal De Rijk'*), sopravvive nelle sumzzzulae l’interpretazione dell’appellatio come proprietà del termine derivante dalla primitiva impositio: essa è documentata dall’Ars Meliduna, dalle Sumule dialectices attribuite a Ruggero Bacone, ma anche nel Compendium studii theologiae di Ruggero Bacone. Se, per parte sua, l’Ars Meliduna afferma ancora le tesi dell’appellatio come risultato immediato dell’institutio 9, della 154 Cfr. Logica modernorum. Causa institucionis vocum fuit manifestacio intel- lectus, idest ut haberet quis quod alii intellectum suum manifestaret [....]. Notandum tamen quod institucio vocum non fuit facta ad significandum, sed tantum ad appellandum, quippe cum appellacio vocum magis sit necessaria ad loquendum de rebus subiectis quam significacio. Quod autem ad appel landum fuerint voces institute, satis probabiliter coniectari potest ex illa inposicione vocis que fit cum puero nomen inponitur: ibi enim non queritur quid significabit illud nomen vel quo nomine puer significabitur sed pocius quid appellabitur. Amplius autem ex hoc quod ubicunque proprie ponuntur nomina in supposito semper ponuntur ad agendum de appellatis tantum, ut dicto quoniam horzo currit. Appellant ergo nomina res illas propter quas supponendas fuerunt instituta. Verba quoque similiter, saltem casualia, idesi participia. Licet autem ad appellandum tantum fuerint institute voces, tamen preter appellacionem habent etiam significacionem, sed hanc ex appellacione contraxerunt sive ex institucione facta ad appellandum ». Discutendo della significazione dei nomi, l’autore c’informa che, secondo una tesi, essi signi ficano le forme ideali, per cui « desinente re appellata, manet vocis signifi- catio » (ivi, p. 295); ciò ricorda da vicino quanto scrive GIOVANNI DI Sa LIsBURY, Metalogicon, cit., IV, 35, p. 205: « [...] temporalia uero widentur quidem esse, co quod intelligibilium pretendunt imaginem. Sed appellatione uerbi substantiui non satis digna sunt que cum tempore transeunt, ut nun- quam in eodem statu permaneant, sed ut fumus euanescant; fugiunt enim, ut idem (sc. Plato) ait in Thimeo, nec expectant appellationem »; cfr 94 Alfonso Maierù necessità del riferimento al presente e della priorità logica della significatio e della suppositio rispetto all’appellatio, giacché il nome conserva quelle quando perde questa in seguito alla distru- zione della cosa ‘appellata’ !*, il discorso diventa più articolato negli altri due testi. L’autore delle Sumzule scarta sia la dottrina della suppositio come proprietà del soggetto !”, sia quella dell’appellatio come proprietà del predicato: l’appellatio è ordinata agli appellata e perciò è proprietà del soggetto come del predicato, giacché en- trambi sono ordinati agli appellata; e poiché i termini che hanno appellazione sono usati nella loro valenza significativa, ogni 4ppel- latio è personale (‘personale’ indica che il termine è usato a deno- tare le realtà significate) e si può articolare a somiglianza della supposizione personale ‘*. L’autore, inoltre, ricorda due opinioni Timaeus a Calcidio translatus commentarioque instructus, ed. T.H. Waszink, « Plato latinus », IV, Londini et Leidae 1962, p. 47. Cfr. MurraLry, The « Summulae logicales » ..., cit., pp. lviti-lix. 156 Ars Meliduna, cit., p. 316: «Significat enim hoc nomen ‘Cesar’ adhuc illud individuum quod olim significavit. Neque enim nomen re (ce)dente significationem amisit quam prius habuerit, sed appellationem, — que est per verbum presentis temporis vera attributio sive copulatio. Unde et semper exigit rem existendi. Distat ergo inter suppositionem, signi- ficationem, appellationem, quia duo prima precedunt tertium, ut in hoc nomine ‘Antichristus’; semper etiam post ipsum manent, ut in hoc nomine ‘Cesar’; ipsa vero simul. Significat itaque ‘Cesar’ individuum, non quod modo sit individuum, sed quod est vel fuit vel erit. Et ita significat individuum quod non est nec tamen (erit) aliquod individuum. Sicut supponit vel, secundum alios, significat boro qui non est et tamen quilibet homo est, quia significatio dictionis appellationem ampliat ». 157 Sumule dialectices, cit., p. 268: «quarto modo dicitur supposicio ‘proprietas termini subjecti’, sive subjecti in quantum alii supponit et subicitur in oracione »; quindi è scartata la tesi che intende la suppo- sitio come « substantiva rei designacio » (ivi). 1588 Ivi, p. 277: «[...] dicitur quod appellacio est termini predicabilis sine tempore significatio (significato: Steele). Quod est falsum: quia appel- lacio dicitur per comparacionem ad appellata que respicit. Cum igitur subjectus terminus equaliter respiciat appellata, sic terminus predicatus erit appellacio Terminologia logica della tarda scolastica 95 relative al riferimento temporale del nome che ha appellatio: una, più diffusa, sostiene che il termine comune denota tutti i suoi (possibili) appellata, senza alcun riferimento temporale (su questa affermazione, legata all’analisi del momer appellativum, fa leva la dottrina dell’ampliatio e della restrictio); l’altra, invece, intende l’appellatio del termine come riferita al presente, giacché « ter- minus est solum nomen presencium » !’. Questa seconda è l’opinione condivisa dall’autore delle Sumzzle; fra i vari argomenti addotti a sostegno di essa, uno è ricavato dalla dottrina della ampliatio: se il termine avesse appellazione per il presente come pet il passato e il futuro, l’ampliazione non avrebbe senso !, e conclude: Dicendum est igitur quod terminus est solum nomen presencium vel existencium, nomen dico significacionis [...]. Quare terminus de se solum concernit presencia, et supponit pro illis de sui materia; pet naturam autem verbi de preterito et futuro, vel habenti materiali eorum ut verba ampliandi, poterunt stare pro preteritis et futuris!9!, All’obiezione, che si può formulare contro la tesi che so- stiene essere elemento caratterizzante dell’appellatio il riferimento al tempo presente, che cioè il nome, a differenza del verbo, non connota il tempo, e quindi non è giustificato alcun riferimento subjecti sicut predicati. Cum igitur omnis appellacio sit respectu significacio- num, omnis appellacio erit personalis. Sicut autem supposicio personalis dividitur sic appellacio potest dividi; alia discreta, alia communis etc., et competunt eadem exempla tam a parte subiecti quam a parte predicati »; cfr. Duplex tamen est sentencia de appellacionibus, quia quidam dicunt quod terminus appellat de se appellata presencia, preterita et futura, et est communis entibus et non-entibus. Alii dicunt quod terminus est solum nomen presencium et nichil est commune enti et non-enti, sive preterito, presenti, et futuro, secundum quod dicit Aristoteles in primo Metaphysice ». 160 Ivi, p. 280. 161 Ivi. 96 Alfonso Maierù temporale ‘2, l’autore risponde che il nome, di per sé, né significa né consignifica il tempo, ma, piuttosto, l’imzpositio che è all’ori- gine del nome è in relazione alla « res praesens » da nominare, e la significatio che ne consegue non può prescindere da ciò !9, Dalla stessa posizione muove Ruggero Bacone nel Corzpen- dium: in polemica con Riccardo Rufo di Cornovaglia, nega che il nome designi un « esse habituale » indifferente alla connotazione temporale e quindi valido per presente, passato e futuro!” e si richiama all’originaria imzpositio del nome che esige la presenza della cosa designata. E all’obiezione che il nome « significat sine tempore », risponde che ciò è detto « quantum ad modum significandi, non quantum ad rem », che anzi, usare un termine per designare una realtà non più esistente o non esistente è usarlo equivocamente e, in fondo, dare ad esso una nuova impositio !£; e ancora: una vox petde la sua significatio una volta distrutta la « res signata »; se dunque una vox significa una realtà non più presente, lo fa perché riceve una nuova imzpositio 19. 16 Ivi, p. 283: «His suppositis, est dubitacio super jam dicta quod nomen significat sine tempore, igitur hujusmodi termini ‘homo’ ‘Sor’, cum sint nomina, non determinant sibi tempus aliquod, nec appellata magis presencia quam preterita vel futura ». 163 Ivi: «[...] inponitur enim nomen rei presenti et appellato presenti. Oportet enim quod sit presens et ens actu cui nomen inponatur. Set hoc dupliciter: aut ens actu et presens in rerum natura, ut ‘homo’ ‘asinus’, aut secundum animam, ut ‘chimera’ et hujusmodi ficta apud intellectum et cognicionem ». 14 Compendium ..., cit., p. 55. 165 Ivi, p. 54: «Nunquam enim homines, quando inponunt nomina infantibus vel animalibus suis, respiciunt nisi ad res presentes sensui, et ideo non abstrahunt a presenti tempore, nec ab actuali »; cfr. Ars Meliduna, in n. 155. 16 Ivi, p. 57: «Sic possumus inponere illis nomina, set alia inposi- cione et alia quam illa que entibus fit, et equivoce; ut Cesar potest per nouam inposicionem significare Cesarem preteritum vel futurum vel mortuum, set equiuoce enti et non enti ». 167 Ivi, p. 60: in part.: «Si enim non est pater, non est filius, nec Terminologia logica della tarda scolastica 97 I testi ora esaminati rappresentano indubbiamente i documenti d’una sopravvivenza di tesi tradizionali, talora riprese polemica- mente (da Bacone) contro l’affermarsi di quella considerazione dell’appellatio che abbiamo detto sintattica: il termine può essere considerato nel momento della sua utilizzazione in una proposi- zione, e in tal caso ha appellatio quando la supposizione di esso è rapportata al presente. Una tale considerazione è possibile grazie al sostituirsi della dottrina logica della suppositio, come dottrina generale del termine nella proposizione, a quella del- l’appellatio, che, muovendo da premesse prevalentemente gram- maticali (nomen appellativum), si era affermata prima come dot- trina del rapporto intercorrente tra il momzen comune e i suoi appellata e poi come dottrina del zomzen condizionato dal tempo del verbo nella proposizione; i due modi di considerare l’appel- latio sono esemplificati, fra l’altro, dalle due opinioni che abbiamo visto nel testo delle Suzzule dello ps. Bacone. Ma, insopprimibile, rimane l’esigenza di rapportare il nome al suo momento istitutivo, quando si pongono le premesse del- l’appellatio e della significatio; la tesi del decadere della vox dalla sua significatio quando vien meno la « res appellata » sostenuta da Ruggero Bacone finisce, però, per distruggere la possibilità non solo d’un discorso logico, ma d’un qualsiasi discorso. Niente di nuovo, rispetto a quanto si è detto, si trova nella tradizione dei commenti ad Aristotele fioriti nel secolo XIII !8. e contrario: set signum et signatum sunt relatiua, ergo perempto signato, non erit vox significatiua ». 18 Si veda, ad esempio, ALserto Magno, Praedicamentorum liber I, in Opera, I, cit., pp. 157b (i derominativa) e 158b: «Et quod dicitur appellationem (quae dicitur quasi ad pulsum, et componitur ab 4 praepo- sitione et pello, pellis) notat, quod alienum pulsum sit ad id quod deno- minatur, sicut et nomen proprium appellatio vocatur proprie, quia ex col- lectione accidentium ad id significandum appulsum est. Nomen enim com- mune propter hoc dicitur appellativum, eo quod in eo multa pelluntut in unum, et ideo est commune multorum ». Ma si veda, per questi riferi- [La trattazione della dottrina dell’appellatio qual è svolta dai maestri del secolo XIV presuppone la conoscenza dei problemi finora esaminati, da quello dei patonimi a quello del « nomen appellativum » a quello, ancora, che è posto dalla domanda se l’appellatio sia una proprietà del predicato e se rimandi a una forma o natura universale. Di Occam si è parlato a proposito dei patonimi; si è visto che la sua dottrina è punto di arrivo di una tradizione di analisi, puntualizza lo status dei problemi e fissa una terminologia. Per quanto riguarda l’appellatio, il « Venerabilis Inceptor » ne precisa il significato una prima volta in rapporto a suppositio, una seconda distinguendo due accezioni di appellare. Ecco il primo passo, tratto dalla Sumzmza logicae: Est [...] sciendum, quod ‘suppositio’ accipitur dupliciter, scilicet large et stricte. Large accepta non distinguitur contra pes arena sed appellatio est unum contentum sub suppositione. Aliter accipitur stricte, secundum quod distinguitur contra appellationem !9, Il secondo passo si legge nell’Elementarium logicae: ‘Appellare’ autem et ‘appellatio’ dupliciter accipitur; uno modo pro significare plura, per quem modum dicuntur quaedam nomina esse nomina appellativa, non praccise quia significant sed quia significant plura. Ideo nomina propria non sunt nomina appellativa [...]. Aliter accipitur appellare pro termino exigere vel denotare seipsum debere sub propria forma, id est ipsummet praedicari in aliqua alia propo- sitione. Et sic solebant (dicere) quod praedicatum appellat suam for- mam et subiectum non appellat suam formam. Nel primo testo Occam afferma che « appellatio est unum menti e per altri, Miztellateinische Worterbuch, s.w. appellatio e appel- lativus. 169 Summa logicae, cit., pp. 175-176. 0 Elementarium logicae, cit., pp. 217-218. i Terminologia logica della tarda scolastica 99 contentum sub suppositione » nel senso che essa è un capitolo della supposizione !; appellatio invece si contrappone a suppo- sitio solo se si intende che questa è proprietà del soggetto e quella del predicato: a chiarire il secondo valore giova il testo del- l’Elementarium. La prima accezione di appellatio, appellare è legata alla dottrina del « nomen appellativum », la seconda invece caratterizza l’appellatio come proprietà del predicato che « appel- lat suam formam ». Ma cosa valga questa espressione si ricava da altri passi: nella Sumzzza logicae l’espressione vale: « ipsum (sc. praedicatum) et non aliud » !2, nell’Elementarium essa è glossata con « praedicatum ipsum non mutatum seu variatum nec alio sibi addito » !#: dal punto di vista logico, una proposizione il cui predicato « appellat suam formam » è vera quando lo stesso ter- mine, non mutato, cioè assunto per tutto ciò che esso importa dal punto di vista della sigrificatio, è predicato « de illo, pro quo subiectum supponit, vel de pronomine demonstrante illud praecise, pro quo subiectum supponit » ! facendo una proposizione vera; così, perché sia vera la proposizione « album fuit nigrum », è necessario che sia stata vera una volta la proposizione: « hoc est nigrum ». Ora, non è richiesto in tali proposizioni che ciò valga anche per il soggetto !5: è noto infatti che il verbo condiziona ciò che segue ad esso, non ciò che precede, e che il soggetto di una proposizione con verbo di tempo o comunque di valote di- verso dal semplice presente ha supposizione per ciò che è o pet ciò che può essere (o per ciò che fu, o sarà), mentre il predicato ha 171 Per Pu. Bonner (Ockbam's Theory of Signification, « Franciscan Studies», VI [1946], pp. 143-170, ora in Collected Articles on Ockham, cit.: v. in part. p. 230, n. 51) e il De RiJ€ (op. ciz., II, i, p. 564) è quel capitolo che riguarda la supposizione di un termine in relazione a cose esistenti; ma cfr. nn. 186 e 187. 172 Summa logicae, cit., p. 195 (l’espressione occorre anche a p. 242). 173 Elementarium logicae,  Summa logicae, cit., p. 195. 175 Elementarium logicae, cit., p. 218. 100 Alfonso Maierà supposizione, nel suo valore specifico, per il tempo e il valore indicato dal verbo !. Nella dottrina dell’appellatio di Riccardo di Campsall vanno distinte due fasi: la prima è quella che emerge dalle Questiones super librum Priorum analeticorum, la seconda si riscontra nella Logica. Nel primo testo, appellare occorre sia in concorrenza con sup- ponere, almeno in un caso in cui si tratta della suppositio del predicato !”, sia nell'espressione « predicatum appellat suam for- mam », che è usata come medium di argomentazione 18. l’autore non fa riferimento ad alcuna connotazione temporale in questi con- testi, e l’esclude esplicitamente là dove definisce il nome comune o appellativo come quello che « significat naturam communem habentem supposita » !?: qualora non avesse un « suppositum presens » o  412 Alfonso Maierù In conclusione, Wyclif conosce due grandi generi di probazio: una legata ai termini mediati, l’altra, meno formalizzata, che si ricollega forse a una tradizione vicina a quella testimoniata dai Tractatus Anagnini”. Infine, è importante rilevare che i maestri di formazione pari- gina, ma anche Occam, non conoscono altro tipo di probatio che non sia la expositio: da questo, che è il più diffuso, comin- ceremo l’esame dei singoli modi di ‘prova’ della verità delle proposizioni. 4. L’« expositio » I termini exponere, expositio hanno una loro storia ante- riore all’uso che ne fanno i logici nel medioevo, sia nel campo blema possit pluribus modis concludi. Ad quod dubium sine verbis respon- deo quod particularis affirmativa et universalis negativa de subiectis non transcendentibus ad minus quadrupliciter probari possunt: a priori, a poste- riori, aeque et indirecte; ut ista propositio: ‘homo currit’ a posteriori potest probari sic: ‘hoc currit et hoc est homo, igitur homo currit*; a priori sic: ‘omne animal currit, homo est animal, igitur homo currit’; ab aeque sic: ‘risibile vel animal rationale curtrit, igitur homo currit*; indirecte sic: quia contradictoria istius significantis principaliter quod homo currit est falsa, igitur ista est vera ‘homo cutrit’ ». C'è da notare che il procedimento a priori, quale qui esposto, ricorda molto da vicino l'operazione contraria alla resolutio che Billingham chiama compositio; quello 4 posteriori, stando all’esempio addotto, si identifica con la resolutio stessa; la probatio ab aeque non contiene alcun accenno all’expositio, che è invece presente in Wyclif; infine, la probatio indirecta è identica alla probatio indirecta ex opposito di Wyclif. La dipendenza di Pietro da Wyclif non è proprio docu- mentabile, come si vede: va piuttosto detto che una stessa tradizione è giunta ai due autori, probabilmente da fonte inglese; in Wyclif l'utilizzazione di questa quadruplice probatio è puntuale e normale, mentre Pietro, per quanto mi risulta, non va oltre questo cenno. 5 Manca in Wyclif ogni riferimento alle « probatio per habitudinem Terminologia vogic. delta tarda scolastica 413 della retorica ® che in quello delle tecniche di approccio agli auctores oggetto di lectio ®. Il Mullally nota che l’origine del termine va ricercata nell’esigenza di chiarire i vari sensi del di- scorso, compito che già Cicerone assegnava alla dialettica 2. L’affer- mazione torna nel medioevo *, in un contesto in cui si discute del compito che spetta al commentatore di Prisciano; in verità, l’esi- genza stessa della expositio, a tutti i livelli, ha la sua origine nel bisogno di chiarire, illustrare, mostrare qualcosa mediante discorso. Nel secolo XII troviamo in testi di logica due usi di expomere: uno, relativo alla vox che « exponitut per significationem alterius predicabilium » che ha una lontana parentela con la probatio officialiter, come si dirà nel $ 6; cfr. Tractatus Anagnini, cit., pp. 285 sgg. 9 Per la retorica, cfr. LausBERG, op. cif., pp. 700 sg., sv. exponere ed expositio. 61 Cfr. Boezio, In Arist. Periermenias, I ed., cit., p. 132; II ed. cit., p. 157: expositor è il ‘commentatore’; e p. 7: « Cuius expositionem nos scilicet quam maxime a Porphyrio quamquam etiam a ceteris transferentes Latina oratione digessimus »; Cassionoro, Institutiones, cit., I, VIII 16, p. 32: «[...] nequaquam vobis modernos expositores interdico ». Per la distinzione tra autentici, disputatores, introductores e expositores cfr. E. R. Curtius, Europdische Literatur, Bern 19619, p. 264.  MutLaLty, The « Summulae logicales » ..., cit., pp. lxxiv sgg., in part. p. lxxiv n., cita Cicerone, Bruto, xLI, 152: «[...] latentem explicare defi- niendo, obscuram explanare interpretando [....] ». Il MuLLaLty, ivi, cita anche De doctrina christiana di S. Agostino, III, dove le ambiguità verbali sono chiarite con l’applicazione di regole grammaticali.  GucLieLMo DI ConcHes, De philosophia mundi, P. L. 172, 101-102: «Antiqui vero glosatores [...] in expositione accidentium erraverunt. Quod ergo ab istis minus dictum est dicere proposuimus, quod obscure exponere, ut ex nostro opere causas inventionis predictorum aliquis querat et diffinitionum Prisciani expositiones [...] » (il passo è cit. dal De Rixk, Logica modernorum, Il, i, cit., p. 110, che segue il testo corretto da E. JeaunEAU, Deux rédactions des gloses de Guillaume de Conches sur Priscien, « Recherches de théologie ancienne et médiévale », XXVTI [1960], p. 218). 414 Alfonso Maierà vocis » #, l’altro relativo alla propositio 9. Questo secondo solo, opportunamente precisato, diviene corrente nella logica medievale. Che a questo stadio l’accezione sia generica, si può constatare anche in Abelardo #; ma ben presto essa si fa più rigorosa. La propositio in tal caso è detta exporibilis. Ma poiché essa è tale in virtù di una vox 0 dictio, è necessario individuare quali dictiones rendano esponibile la proposizione. Si afferma quindi che le dictiones aventi tale proprietà sono quelle sincategorematiche o aventi un importo sincategorematico. Pietro Ispano, nel Tractactus exponibilium, così definisce la propositio exponibilis: Propositio exponibilis est propositio habens obscurum sensum expo- sitione indigentem propter aliquod syncategoreuma in ea implicite vel explicite positum vel in aliqua dictione [....] mentre Buridano afferma: expositio non est nisi explanatio significationis syncategoreu- matum $, La ricerca dell’identificazione dei termini esponibili è operata % Glose in Arist. Sopb. el., cit., p. 212: «Figura dictionis secundum significationem est cumz una vox exponitur per significationem alterius vocis, ut hec vox ‘quid’ exponitur per quale vel quantum, quia iste voces non videntur differre in significatione, tamen differunt » (cfr. anche De RK, op. cit., II, i, p. 500, n.). 6 Introductiones dialetice secundum Wilgelmum, ms. Vienna lat. 2499, f. 27r, cit. in De Rik, op. cit., II, i, p. 132: «Sed quocumque modo ipsi exponant istam propositionem: ‘quoddam animal est homo’, absurdum est eam dici regularem, quia absurdum est ut illud quod prorso continetur ab aliquo in ordine predicamenti, de continenti regulariter predicetur »: si tratta semplicemente della conversione della proposizione. $ Cfr. cap. V, n. 74; v. anche KneaLE, The Development of Logic, cit., pp. 212-213. ST Op. cit., p. 104. 6 Consequentiae, cit., III, 1; cfr. cap. IV, n. 147. Terminologia logica della tarda scolastica 415 nel contesto proposizionale, giacché è fatta in vista di chiarire il senso dell’intera proposizione f, con l’aiuto delle dottrine gram- maticali, oltre che della tradizione aristotelico-boeziana. L’Ars Meliduna individua in particolare le dictiones exclu- sivae” e i quantificatori”, ma non usa la terminologia del- l’expositio, mentre il quinto dei Tractatus Anagnini, che tratta de quinque dictionum generibus (distributive, infinite, aggettive, esclusive, relative) ? e che può essere considerato un trattato de syncategorematibus come ce ne saranno nel secolo XIII”, usa il termine exponere collocandolo in un contesto che è importante perché vi si distingue la « propositio que exponitur » e quella «per quam exponitur », anche se la terminologia è in concor- renza con quella della resolutio””. Tra quelle dictiones che l’anonimo autore chiama distributive sono individuati i compa- rativi, e tra quelle dette aggettive, i superlativi 9, la cui analisi 6 L’Ars Meliduna, cit., p. 329, trattando della contraddizione, afferma che dictiones come tantum, praeter, nisi, adbuc modificano il consueto rap- porto tra le contraddittorie secondo il noto schema del ‘quadrato’ delle proposizioni, e perciò richiedono un’attenzione particolare che tenga conto dell'intero contesto della proposizione condizionato da quelle dictiones. © Ivi, p. 333. © Ivi, p. 322. © Op. cit., p. 297 (argumentum del 5° trattato). 73 Come ad es. il trattato Syrncategoremata di SHYRESWOOD, cit. © Op. cit., p. 317: «Nos autem admittimus eas et dicimus quod frequenter ca que exponitur est incongrua et illa per quam exponitur, con- grua, ut ‘Romanus est fortissimus Grecorum’, hec est incongrua; hec autem: ‘Romanus est unus Grecorum et est fortior omnibus Grecis aliis a se’, hec est congrua. Similiter ea que exponitur est congrua, sed ea per quam exponitur est incongrua, ut “Socrates et Cesar sunt similes’, hec est congrua; sed hec est incongrua: ‘Socrates est talis qualis est Cesar”. Sed fottasse nulla illarum resolutionum est congrua] ha origine grammaticale” ma ha giustificazioni aristoteliche ®. Nel secolo XIII Guglielmo di Shyreswood, fra l’altro, analizza l’expositio dei verbi incipit e desinit. Ma Pietro Ispano, nel testo citato, così enumera i termini o dictiones (signa, nel testo) che rendono esponibile una proposizione: Pro quo notandum est quod ea, quae faciunt propositionem expo- nibilem, sunt in multiplici differentia. Nam quaedam sunt signa exclu- siva, ut «tantum», « solum »; quaedam exceptiva, ut « praeter », « nisi »; quaedam reduplicativa, ut « inquantum », « secundum quod »; quaedam important inceptionem vel desinitionem, ut « incipit », « desinit »; quaedam important privationem finis, ut « infinitum »; quaedam important excessum, ut nomina comparativi et superlativi gradus; quedam important distinctionem, ut « differt », « aliud ab », et sic de aliis; quaedam important specialem modum distributionis, ut « totus », « quilibet », et sic de aliis. Unde propter ista, propositio redditur obscura et indiget expositione, et ideo dicuntut facere propo- sitionem exponibilem 8, Alla metà del secolo XIII, dunque, i principi dell’expositio sono già stabilmente fissati, come testimonia l’opera di Pietro Ispano. © Il MuttLALLy, op. cit., p. lxxvi, rinvia, per i comparativi, a PRISCIANO, op. cit., III, 1 e 8, in Grammatici latini, II, cit., pp. 83 e 87. 78 ARISTOTELE, in Cat. 5, 3b 33-4a 9, afferma che la sostanza non è suscettibile di più o meno, mentre ivi, 8, 10b 26-30 afferma che lo è l’accidente. Cfr. Boezio, In Cat. Arist., cit., ad I, e De differentiis topicis, cit., 1178C: «Namque ad comparationem nihil nisi accidens venit, hoc enim solum recipit magis et minus ». Ma v. m., In Isag., II ed. cit., p. 253: «Quae uero secundum accidens differentiae sunt insepatabiles, ut aquilum esse vel simum vel coloratum aliquo modo, et intentionem suscipiunt et remissionem [...] ». 79 Syncategoremata, cit., pp. 75-78. 80 Tractatus exponibilium, cit., p. 104. In luogo di desinitionem, l’ed. legge definitionem. Il trattato mostra l’expositio dei vari termini: esclu- sivi (pp. 104-108), eccettivi (pp. 108-110), reduplicativi (pp. 110-114), incipit e desinit (pp. 114-118), infinitus (pp. 118-122), comparativi e [ Il secolo XIV però riprende la dottrina, ne riesamina i fonda- menti e ne fissa rigidamente le regole operative. Innanzi tutto, vengono riesaminati i termini che rendono esponibile la proposizione. Nel Tractatus de suppositionibus, Buri- dano afferma che delle voces incomplexae, o semplici dictiones (di- stinte dalle voces comzplexae o orationes), che significano sempre in stretta dipendenza dai concetti ®!, alcune hanno puro valore di categoremi, cioè significano le cose concepite mediante concetti, e perciò possono essere soggetto o predicato nella proposizione; altre hanno puro valore sincategorematico perché significano solo quei concetti che sono le operazioni mentali, come 707, vel, ecc.; altre, infine, sono miste: o perché, oltre ai concetti che significano im- mediatamente e da cui traggono la funzione sincategorematica, significano le cose concepite ma zor possono essere soggetto o predicato, o perché hanno insieme funzione di categorema e di sincategorema ®©. In altre parole, alle voces incomplexae possono corrispondere concetti incomplessi o complessi *; questi ultimi, sincategoremi come fat? o categoremi con sincategorema come chimaera, vacuum, rendono esponibile la proposizione, nel senso che i loro molteplici significati devono essere resi espliciti « per orationes illis aequivalentes in significando » *. La proposizione superlativi (pp. 122-124), differt e aliud (pp. 124-126), fotus (pp. 126-128), quaelibet e quantumlibet (p. 128). 81 Sul rapporto tra concetti e discorso mentale da un lato, voces e orationes dall’altto in Buridano, cfr. REINA, Il problema del linguaggio in Buridano, I, cit., pp. 412-413. 8 Tractatus de suppositionibus, cit., pp. 187-188; cfr. REINA, op. cit., I, p. 405. 83 Tractatus de suppositionibus, cit., p. 189, e v. Sophismata, 1, £. [Sra-vb], dove si afferma che tutto il racconto della guerra di Troia (« conceptus valde multipliciter complexus ») è stato significato con la vox incomplexa «Iliade », come «vacuum » sta per «locus non repletus cor- pore », che implica tre concetti: locus, repletio, corpus. 8 Tractatus de suppositionibus, cit., pp. 189 e 190 (duodecima regula). 27 418 Alfonso Maierù exponibilis, una volta operata l’expositio, è propositio exposita; le proposizioni ad essa corrispondenti sono le exporentes: tra la prima e le altre c'è equivalenza e la regola fondamentale sul piano operativo è la seguente: « Sunt [...] consequentiae formales per exponentes syncategorematum ab exponentibus ad expositam aut ab exposita ad aliquam exponentium » £. Abbiamo fatto precedere il discorso su Buridano a quello su Occam perché Buridano, posteriore a Occam, esplicitando il rap- porto vox incomplexa - conceptus complexus, aiuta a capite Occam (anche se la posizione dei due filosofi è diversa: alla stretta subot- dinazione del linguaggio al pensiero in Buridano, fa riscontro in Occam la « concezione del rapporto fra discorso mentale e di- scorso vocale come rapporto fra due ordini paralleli di segni, ri- spetto ad un unico ordine di significati » *), il quale tiene il discorso più sul piano dei rapporti formali e operativi. Nel capitolo « De propositionibus aequivalentibus hypothe- ticis » Occam scrive: [...] quaelibet categorica, ex qua sequuntur plures propositiones cate- goricae tamquam exponentes, hoc est exprimentes quid ista propo- sitio ex forma sua importat, potest dici propositio aequivalens propo sitioni hypotheticae ®. Si tratta di proposizioni apparentemente categoriche: sono le proposizioni exclusivae®, exceptivae ®, reduplicativae” o inclu- 85 Burmano, Consequentiae, cit., INI, 1. 86 REINA, op. cit., I, p. 413 (cfr. Occam, Summa logicae, cit., p. 179: suppositio materialis, simplex, personalis, per concetti e per voces) e pp. 411-412 (suppositio materialis solo per i termini vocali e scritti secondo Buridano). Summa logicae] denti termini connotativi e relativi (come sizzilis) o collettivi”, oppure il relativo gui”, o termini privativi (es. coecus) e infiniti (immateriale), o i termini designanti «figmenta animi » (es. chimaera)*; incipit e desinit*, il verbo fit": tutte queste propo- sizioni hanno una loro expositio, ad opera di exponentes di cui numero e forma variano di caso in caso”. Diamo un esempio per tutti: per la verità di « Socrates est albus » è necessario che siano vere: « Socrates est » e « Socrati inest albedo » ®. Alle proposizioni ricordate, Occam aggiunge le universali co- struite con i distributivi utergue, neuter”; di tutte, poi, dà le regole della conversione !%, S'è detto che il secolo XIV stabilisce una volta pet tutte le regole operative nell’ambito dell’asserita equivalenza tra la pro- 9 Ivi, pp. 252-255 (per i connotativi, v. cap. I, $ 2). 92 Ivi, pp. 260-261. 9 Ivi, pp. 255-257 (De propositionibus in quibus ponuntur termini privativi et infiniti), e c. 13, p. 258 (De propositionibus in quibus ponuntur termini privativi non aequivalentibus terminis infinitis): la differenza sta in ciò che le prime hanno due exponentes, mentre le seconde « plures habent exponentes quam duae ». 9 Ivi, pp. 258-260. 95 Ivi, pp. 280-285. 96 Ivi, pp. 286-287. 97 È detto dei privativi non equivalenti ai nomi infiniti, ivi, p. 258: « De talibus autem non potest dari certa regula, quia secundum varietatem termi- norum talium propositiones, in quibus ponuntur, diversimode debent exponi ». A maggior ragione differisce l’expositio da tipo a tipo di pro- posizione. 98 Ivi, p. 253: «[...] ad veritatem talis propositionis requiruntur duae propositiohes, quae possunt vocari expomentes ipsius, et una debet esse in recto et alia in obliquo. Sicut ad veritatem istius: ‘Sortes est albus’, requiritur, quod haec sit vera: ‘Sortes est’, et quod haec sit vera: ‘Sorti inest albedo’ » (cors. mio). 99 Ivi, p. 254; esclude però le universali costruite con omzis. che invece saranno incluse dagli altri autori] posizione exponibilis e le proposizioni exponentes, per cui la congiunzione delle exponentes IMPLICA, ed è IMPLICATA da, l’exponibilis. Ma anche a questo proposito va ricordato qualche tentativo precedente. L’Ars Meliduna, analizzando le ipotetiche compositae, considera come terza specie di esse le propositiones IMPLICITE, che hanno luogo con il relativo !%: la proposizione che implicat et continet vim alterius propositionis  è detta IMPLICANS, l’altra è detta IMPLICITA (cf. IMPLICITVM); mentre, quanto ai rapporti d’inferenza tra le due, si afferma che alla proposizione IMPLICITA segue la sua simplex, quella proposizione que remanet sublata relativa particula et verbo quod ei redditur; ad esempio: si Socrates est aliquid quod cutrit, Socrates est aliquid. Ma all’implicita può seguire illa quam implicat nel rispetto dell’habitudo terminorum, cioè dei rapporti tra i termini in essa posti. L’analisi, condotta con l’ausilio della consequentiae, non giunge tuttavia a riconoscere le strutture dell’equivalenza vera e propria. Un tentativo ancora è nel secondo dei Tractatus Anagnini. Sotto il titolo de equipollentiis cathegoricis si discute, fra l’altro, di un argomentare secundum inferentiam, quando sia presente in rapporto inferenziale uno di questi termini: ‘idem’, alie habent aliquid implicitum per relativam particulam. IMPLICITA dicitur propositio que preter principalem significationem, — idest preter significationem que ex principalibus attenditur —, tamen implicat et continet vim alterius propositionis. Ut ‘Socrates est aliquid quod currit’ IMPLICAT istam: ‘aliquid currit’; et ‘homo qui est albus, est animal quod currit’ has duas: ‘homo est albus’, ‘animal currit’. Unde magis proprie diceretur ista IMPLICANS, ille IMPLICITE. Et generaliter: numquam ad IMPLICITAM sequitur illa quam IMPLICAT, nisi hoc operetur habitudo terminorum. Ut ‘si liquid est homo qui est Socrates, aliguid est homo.’ Sed non: ‘si aliguid quod est Socrates est homo, aliquid est Socrate»; quia non coaduniatur hic consecutio habitudine terminorum ». ‘indifferens’, ‘differ, ‘scitur’, ‘prete’, ‘nisi, ‘nunò’, ‘incipit’, ‘desinit’ »!*. Si tratta di un tentativo, in cui il procedimento proprio della expositio s’inttavvede solo nel caso dei termini incipit e desinit. Ma  la dottrina è già fissata: basti per tutti Pietro Ispano. Tuttavia si raggiunge il massimo di chiarezza e di formalizzazione, definendone le regole sul piano operativo. Burleigh ne dà una formulazione molto chiara. Discutendo della expositio di termini come tantum, solum, incipit ecc., Burleigh ne richiama le regole fondamentali: la proposizione exponibilis aequipollet, cioè equivale, e quindi IMPLICA ed è IMPLICATA, dalla congiunzione delle sue exponentes; perciò (si ricordi la regola fornita da Buridano) dall’exposita ad aliquam exponentium » vale la conseguenza, giacché da tutta la copulativa (e l’exposita ne è l'equivalente) a ciascuna parte è valida l’infe- renza (pg 2 p, oppure pq 2 q)!”, ma non viceversa; mentre la falsità di una parte è sufficiente alla falsità del tutto !®, Alberto di Sassonia considera proposizioni equivalenti alle ipotetiche quelle che contengono dictiones exclusivae (tantum, solus, solum, unicus ecc.), exceptivae (praeter, praeterquem, nisi 1% Op. cit., p. 240. 105 Ivi, p. 241: «Item. ‘Socrates incipit esse; ergo Socrates nunc primo est’. Item: ‘Socrates nunc ultimo est; ergo Socrates desinit esse. De puritate artis logicae. Item notandum pro regula, quod omnis propositio exclusiva aequipollet copulativae factae ex suis expo- nentibus »; per la proposizione exceptiva, cfr. p. 165, e così via; p. 171: «[...] exceptiva et exclusiva non sunt simpliciter categoticae sed sunt implicite hypotheticae; valent enim copulativam factam ex suis exponen- tibus ». 107 In part. l’exclusiva implica la sua praeiacens: op. cit., p. 138: « Con- tra. Omnis exclusiva infert suam praeiacentem; ergo cum ista ‘Pater est’, sit praeiacens huius: “Tantum pater est’, oportet quod sequatur: Tantum pater est, ergo pater est ». 198 Ivi, p. 243: «Item notandum pro regula, quod ad hoc, quod copulativa sit vera, requiritur quod utraque parts sit vera, et ad hoc ut copulativa sit falsa, sufficit, quod altera pars sit falsa.]  ecc.), reduplicativae (inquantum, secundum quod) e quelle che contengono incipit e desinit. Il discorso è molto particolareggiato per ciascun caso, discutendosi ogni volta dei vari valori delle dictiones sincategorematiche, delle regole di ciascuna proposizione, dei sofismi che di solito vengono formulati in ordine ad un certo tipo di proposizione; noi ci limiteremo a riprenderne le linee generali. La proposizione exclusiva ha esposizione per mezzo di una copulativa composta di due categoriche, una affermativa, l’altra negativa: « ‘tantum homo currit’, exponitur sic: homo currit et nihil aliud ab homine currit ». Tutta la copulativa è detta da Alberto exponens dell’esclusiva e per essa valgono le regole, già viste, che reggono la copulativa !”, Alberto, inoltre, parla di expo- sitio propria e impropria: la prima si ha quando l’expomens è data nella forma tradizionale e regolare, la seconda quando l’una o l’altra parte dell’exporens contiene elementi non appropriati: ad esempio, della proposizione « Socrates est tantum albus », il cui predicato è un termine connotativo, si ha questa expositio impropria: « So- crates est albus et Socrates non denominatur aliquo alio acci- dente ». La seconda proposizione categorica non è regolamentare, e tutta la congiunzione è falsa. L’expositio propria invece è questa: « Socrates est albus et Socrates non est aliud ab albo », che è vera 159, 19 Arserto DI Sassonia, Logica, cit., III, 6, f. 20ra: et ista copulativa dicitur exponens istius exclusivae, et utraque illarum (sc. pro- positionum, affirmativa et negativa) sequitur ad illam [...]. Ex isto sequitur quod quaelibet pars categorica quae est pars exponens exclusivae sequitur ad exclusivam: propter quod quaelibet pars copulativae sequitur ad ipsam copulativam cuius est pars ». 110 Ivi, f. 20rb; oltre che in tal caso, Alberto pone expositio propria € impropria « quando dictio exclusiva additur termino significanti totum inte- grale » come è domus (f. 20va, 8% regola); quando la stessa dictio « additur termino significanti numerum », (ivi, 92 regola), o « additur termino communi distributo habenti plura supposita » (ivi, 10° regola). Terminologia logica della tarda scolastica 423 Anche la proposizione exceptiva ha esposizione per mezzo di due categoriche, una affermativa, l’altra negativa, che costitui- scono una propositio copulativa!!. Così « omnis homo praeter Socratem currit » ha la seguente expositio: « Socrates non cutrit et omnis homo alius a Socrate currit », mentre di « nullus homo praeter Socratem cuttit » l’expositio è: « Socrates curtit et omnis homo alius a Socrate non currit » !, Inoltre, ogni exceptiva ha una praeiacens, che si ottiene da essa (« dempta [....] dictione exceptiva et parte extra capta, residuum dicitur praeiacens exceptivae » !!5): il rapporto dell’exceptiva con la praeiacens è regolato nel modo seguente: « Si praeiacens exceptivae est vera, exceptiva est falsa. Unde si ista est vera: ‘omnis homo cutrit’, ista est falsa: ‘omnis homo praeter Socratem currit’ » 14, Anche la reduplicativa ha esposizione per mezzo di una copu- lativa !5: il numero dei membri di essa varia però a seconda del numero dei termini dissimili in essa presenti !!°. 111 Ivi, III, 7, f. 21va: «Ex hoc patet quod omnis exceptiva aequi- valet uni copulativae in significando compositae ex una affirmativa et alia negativa: diversimode tamen, sicut iam patuit, exponendo exceptivam affirmativam et exceptivam negativam ». 12 Ivi. 113 Ivi, f. 21vb; v. GuLieLMo DI SHyREswooD, Syrcategoremata, cit., p. 62: «Item si praejacens est in toto vera, exceptiva est falsa et e con- verso »; anche un’altra accezione di praeiacens è fornita da ALBERTO: Ulterius sciendum est quod copulativa composita ex duabus categoricis, cui copulativae propositio exceptiva aequipollet in significando, dicitur praeiacens exceptivae ». u4 Ivi. 115 La controprova è fornita dal caso in cui la negazione « praecedit reduplicativam et verbum principale », giacché allora « fit propositio con- tradictoria reduplicativae »; così la proposizione « aequivalet uni disiuncti- vae », e cioè ha «probatio per causas veritatis »: ivi, III, 8, f. 22va; cfr. $ 8 di questo capitolo. 116 Se la proposizione ha tre termini dissimili (es. « homo in quantum animal est sensibilis »), ha quattro proposizioni esponenti («[...] ad veri- 424 Alfonso Maierù Marsilio dà molto spazio all’expositio nella seconda parte delle sue Conseguentiae. In undici capitoli discute delle proposizioni includenti termini exceptivi (praeter, nisi e praeterquam)!", le dictiones exclusivae (tantum, solum) "® le reduplicativae (inquan- tum, prout, secundum eam rationem e simili)!, incipit'? e desinit'*, o signa alietatis (differt, aliud, non idem, alterum e simili) ‘2, infinitum'*, aggettivi di grado comparativo e superla- tivo !4, signa collectiva (omnis)!®, totus !%, ita e sicut'?. Di tutte Marsilio fornisce l’esposizione mediante proposizioni in congiunzione, nel modo ormai noto !*. tatem istius requiritur veritas unius copulativae, compositae ex quattuor propositionibus; v.g. istius copulativae: ‘homo est animal, et homo est sensibilis, et omne animal est sensibile, et si est aliquod animal illud est sensibile’ », ivi, f. 22va); se la proposizione ha due termini simili (« homo in quantum homo est risibilis »), quattro sono le esponenti (« requiritur quod haec sit vera: ‘homo est homo’, et quod homo sit risibilis, et quod omnis homo sit risibilis, et si aliquod est homo quod illud sit risibile », ivi, f. 22va); se invece tutti i termini sono simili (« ens in quantum ens est ens»), « propter coincidentiam propositionum solum habet tres exponentes, seu unam copulativam pro exponente, compositam ex tribus propositionibus [....]: requiritur quod ens sit ens et omne ens sit ens, et si aliquid est ens quod illud sit ens». Per incipit e desinit, cfr. C. WiLson, Heytesbury. Medieval Logic and the Rise of Mathematical Physics, Madison Wisc. 19602, p. 41. 117 In Textus dialectices. de comparativis. de superlativis. De exceptivis sit haec regula: a qualibet istarum ad suas exponentes simul sumptas vel e converso est bona formalis consequentia: Terminologia logica della tarda scolastica 425 C’è da aggiungere che, per le proposizioni esclusive, Marsilio esige che la praeiacens costituisca il primo membro della congiun. zione di proposizioni mediante la quale si opera l’expositio !?. Naturalmente, il rapporto tra l’exclusiva e la praeiacens è definito in modo diverso rispetto a quello che vige, secondo Alberto di Sassonia, tra l’exceptiva e la sua praeiacens: « quando arguitur ab exclusiva ad suam praeiacentem consequentia est bona » 199. Anche Pietro d’Ailly, epigono della scuola parigina, dedica un trattato alle proposizioni esponibili !#, nel quale non si discosta molto dalla tradizione di Buridano, Alberto e Marsilio. quia ibi arguitur ab aequivalente ad aequivalens »; così per gli altri casi. La proposizione negativa è in genere prodata « per disiunctivam de partibus contradicentibus partibus copulativae ». 129 Ivi, f. 197r: «Et propositio quae remanet deposita dictione exclusiva vocatur ptaeiacens [...]. Prima est affirmativa, ut ‘tantum animal est homo”, quae exponitur per copulativam bimembrem cuius prima pars est praeiacens et secunda universalis negativa. 130 Ivi, £. 197v. 131 Cfr. op. cit.; sono sei capitoli: cap. I, f. [2v]: i termini privativi, negativi o infiniti sono esponibili, ma «[...] de talibus non possunt poni regulae generales vel, supposito quod possent poni, nimis longum esset et nimis tediosum, et etiam cognito quid nominis talium dictionum, facile est exponere propositiones in quibus ponuntur » (contro Buridano: cfr. n. 84); afferma: «illud dictum non erat verum generaliter, scilicet, omnes propositiones in quibus ponuntur termini relativi vel cognotativi (!) aequi- valent propositionibus hypotheticis [...] » (f. [3r]); ff. [3v-4r]: la proposi- zione universale è esponibile se il quantificatore è ufergue o neuter, non lo è se il quantificatore è omnis, o nullus, o quilibet; cap. II De exceptivis, ff. [6r] sgg.; cap. III De exclusivis, ff. [14r] sgg.; cap. IV De reduplicativis, ff. [21r] sgg., e in part., f. [21v]: «Sed tamen apparet mihi proprie dicendum quod in propositione proprie reduplicativa reduplicatio nec est pars subiecti nec est pars praedicati, sed se tenet ex parte formae proposi- tionis, ideo denominat propositionem reduplicativam; et ita potuissem dixisse de dictione et de propositione exceptiva quando locutus sum de dictione proprie exceptiva in secundo corollario primae dubitationis princi- palis secundi capituli, quamvis autem probabiliter dixerim oppositum »; cap. V De incipit et desinit, ff. [24r] sgg., e in part., f. [25r]: «Ex hoc La logica inglese posteriore a Occam ha sviluppato queste dottrine, soprattutto in tre direzioni: da Sutton, Burleigh e Occam !° è stata elaborata la dottrina dell’expositio dei relativi, che poi ha ricevuto una buona sistemazione nel terzo capitolo delle Regulae di Heytesbury; all’expositio de incipit et desinit sono stati dedicati vari trattati, fra cui quello che costituisce il quarto capi- tolo delle Regulae di Heytesbury; alla trattazione dell’expositio del comparativo e del superlativo si è riallacciata in particolare la dottrina de maximo et minimo, di cui ancora una volta Heytesbury ha offerto un esempio d’un notevole livello nel quinto capitolo delle sue Regulae (ma va tenuto presente che in esso la termino- logia propria dell’expositio non è frequente !*). In questo contesto, vengono introdotti nuovi temi, nell’analisi dei quali sono applicate le regole dell’expositio: sono i temi propri della filosofia della natura che caratterizzano il secolo XIV come secolo che ‘precorse’ (si prenda l’espressione con la precauzione usata dalla più recente storiografia) il secolo di Galileo, discutendo il ‘limite’ di una potenza attiva o passiva, o il primo ‘quando’ di un processo di trasformazione. Il metodo applicato nell’analisi di questi e analoghi problemi è quello logico-calculatorio, cioè una sintesi di procedimenti logici e di procedimenti propri della filo- sequitur corollarie quod quaelibet propositio de incipit vel desinit exponitur pet unam copulativam compositam ex una de praesenti et alia de praeterito vel de futuro, sed tamen per aliam exponitur propositio de incipit et per aliam propositio de desinit [...]»; cap. VI, altri verbi: fit (factum est, fiet) ed equivalenti, ff. [29r-30v]; in part. il termine che segue questi verbi « appellat suam formam » (f. [30r]). 13 WersHEIPL, Developments in the Arts Curriculum..., cit., p. 159. 133 Per i tre capitoli ultimi delle Regul4e di Heytesbury, cfr. C. WiLsoN, op. cit., pp. 29 sgg.; per il De relativis, cfr. un cenno nel mio articolo Il «Tractatus de sensu composito et diviso» di G. Heytesbury, « Rivista critica di storia della filosofia. Salvo errore, in De maximo et minimo occotte una sola volta il termine exponitur al f. 31vb; ma cfr. n. 48. Terminologia logica della tarda scolastica 427 sofia della natura (calculationes): il risultato più celebre è il Liber calculationum di Riccardo Swineshead. Ma, contemporaneamente, su di un piano più propriamente logico-formale, Billingham viene inquadrando l’expositio in un contesto che sistema, come si è detto, tutta la trattazione della « probatio propositionis ». Il termine exporibilis è definito come quello che ha « duas exponentes vel plures cum quibus convertitur » !*. È importante rilevare che, mentre gli autori esaminati, specie quelli di forma» zione parigina e lo stesso Occam, danno una notevole importanza alle proposizioni exclusivae, exceptivae e reduplicativae, Billingham dà invece importanza a proposizioni contenenti altri termini quali omnis !, primum e ultimum'*, maximum e minimum, compa- rativo !* e superlativo !’, incipit e desinit, e ai termini exceptivi ed exclusivi, come a differt, aliud e aliter, riserva solo un cenno !4, e alle reduplicative neppure quello. Tutto ciò testimonia di un interesse spostato verso gli argomenti di filosofia della natura che fiorivano ad Oxford in quel tempo. Billingham non sviluppa nel senso delle tecniche ‘calculatorie’ questi temi, ma la scelta è indicativa di un clima culturale. Strode, nella Logica, discute dei termini exporibiles, trattando, di seguito, le proposizioni exclusivae (con un cenno alle exceptivae), le universali, semper totum infinite immediate, incipit e desinit, differt, i gradi positivo, comparativo e superlativo (e a questo pro- posito precisa che i termini maximum e minimum, primum e ultimum, intensissimum e remississimum, velocissimum e tardis- [Cfr. Speculum] simum, propinquissimum e remotissimum, utilizzati dalla filosofia della natura, sono superlativi e perciò esponibili) e le reduplica- tive 42. Anch’egli definisce la proposizione esponibile in rapporto alle exponentes: Nam dicuntur exponentes cum duae propositiones simul inferunt aliquam propositionem formalem, vel plures, sic quod consequens sit determinatio antecedentis cum hoc quod nulla illarum per se sufficiat istam inferre, et ad utramque istarum tam coniunctim quam divisim ex exposita valet consequentia, per quod excluduntur tam singularia quam causae veritatis 193, Questa definizione può essere così illustrata: a) le exponentes sono due proposizioni che in congiunzione (sirz4!) fungono da antecedente in un’inferenza logica rispetto a un’altra proposizione (exposita); b) in modo tale che l’inferenza non valga da una exponens al consequens; c) mentre l’exposita può fungere da ante- cedente rispetto alla congiunzione o a una delle due exporentes (« tam coniunctim quam divisim ») !#. L’accenno all’esclusione dei singularia si giustifica per il fatto che il contesto riguarda l’expositio delle universali, e l’autore nega che l’expositio di esse possa essere fornita dai suoi singularia!S: infatti scrive: 14 Op. cit., ff. 24ra-26vb; per i superlativi elencati, cfr. ivi, f. 26ra. 18 Ivi, f. 24va. 14 Strode scrive: « sic quod consequens sit determinatio antecedentis »; la determinatio consiste in ciò che, da un punto di vista formale, la con- giunzione di più proposizioni (cui l’expesit4 equivale) non infertur da una di esse: ciò è precisato nel testo. Ma forse non è da escludere che l’autore intenda di più: si ricordi che si ha conseguentia formalis secondo Strode quando il conseguens è «de intellectu antecedentis » (cfr. Moony, Truth and Consequence..., cit., p. 71). 145 Op. cit., f. 24va: «Solebant tamen antiqui dicere quod univetsalis exponitur per sua singularia, quod tamen non dico servando quid nominis de li ‘exponi’ »; ma cfr. ivi, f. 21ra: «Mobiliter supponit cum ratione illius sufficienter contingit propositionem in qua ponitur concludi ex una copulativa facta ex omnibus suppositis vel, nt verius dicatur, ex omnibus]  [ ‘omnis homo currit’ sic exponitur: homo currit et nihil est homo quin ipsum, vel quod non, curtat, ergo etc. »!4; l’expositio non può essere data neanche mediante induzione: « iste homo currit et iste homo currit et iste homo curtit » all’infinito, «ergo omnis homo currit »; ma sappiamo che la proposizione universale può essere probata mediante inductio !. Tralasciamo per il momento il riferimento alla dottrina delle causae veritatis che verrà chiarito più avanti.Wyclif affronta la trattazione dei termini exponibiles, precisando che la proposizione esponibile è equivalente ad una congiunzione di proposizioni !9. Nella Logica, egli tratta delle proposizioni exclusiva !9, excep- tiva, universale affermativa‘, delle proposizioni includenti uno dei termini differt, aliud, non idem'®, incipit o desinit'*. Nella Logice continuacio, l'esame della expositio emerge a vario titolo nei tre trattati di cui essa si compone. Nel primo trattato si discute della universale affermativa ‘5. eius singularibus, et etiam cum constantia debita eorum suppositorum con- tingit omnes singulares et illarum quamlibet ex tali propositione concludere, et primus modus dicitur probatio vel inductio, ut iste: ‘homo currit et iste et sic de singulis et isti sunt omnes homines, ergo omnis homo currit [...] » (testo già cit. nel cap. IV, $ 5), e f. 22ra: « Probatur etiam quod illa ‘omnis homo currit’ non formaliter inducitur ex omnibus suis singularibus sine tali medio [...] » (il medium, o constantia, è la proposizione «isti sunt omnes homines »). 146 Ivi, f. 24va. 147 Cfr. cap. IV, n. 194. 14 Cfr. $ 8. 149 Cfr. Tractatus de logica] ; va notato che Wyclif conserva, a differenza di Strode, la probatio per singulares. Essa può essere provata nei quattro modi già esaminati (4 priori, a posteriori, ex opposito, expositorie). Per quanto riguarda l’expo- sitio della universale, l’autore precisa: « pro regula est tenendum quod quelibet universalis affirmativa exponenda debet exponi per suam subalternam, et universalem negativam convenientem in subiecto, sed de contradictorio predicato » !8: cioè di « omnis homo est animal » le exporentes sono « homo est animal » (subal- terna) e « nullus homo est quin sit animal » (universale negativa). Avverte però l’autore che l’expositio vatia a seconda del quantifi- catore, del soggetto (che può essere un solo termine o più ter- mini), del verbo (di tempo presente, o passato, o futuro, oppure ampliativo), del predicato (che può contenere, ad esempio, un relativo implicativo, come nella proposizione « omnis pater generat individuum de sua substancia cui est similis in specie. Anche per la universale negativa Wyclif pone la quadruplice probatio !8, ma, di esse, la « probatio ex equo » non è data per mezzo di exponentes, bensì « per suam simpliciter conversam vel quomodo- libet aliter equipollens » !. In modo analogo, la probatio della particolare affermativa è data in quattro modi !9, Nel secondo trattato Wyclif affronta « ex professo » il tema dell’expositio, che infatti resta qui caratterizzante, nel senso che vengono talora accantonati, o meglio presupposti, gli altri modi di probatio. L’autore tratta, nell’ordine, dell’expositio delle proposi- [Quadrupliciter ergo contingit exposicionem huiusmodi variari; vel racione signi, vel racione subiecti compositi vel simplicis, vel racione verbi, vel racione predicati »; in part. racione verbi (con la ripresa dell’ampliatio), pp. 94-97; racione predicati, p. 98. 158 Ivi, pp. 100-106. 159 Ivi, p. 105; ma vedi p. 106: «Exponentes autem talium universalium non inveni, quamvis cum diligencia sum scrutatus ». 160 Ivi, pp. 107-115 (ex equo, cioè « ex sua simpliciter conversa », p. 115). Terminologia logica della tarda scolastica 431 zioni con i termini differt, aliud (e aliter, sic) !%; o exclusivae !® e exceptivae 8, con i termini incipit e desinit'#*, o con le espres- sioni per se — per accidens!©, con infinitum e inmediate'%; delle proposizioni includenti aggettivi di grado comparativo !” o con termini de plurali (tali sono, ad esempio, « quattuor sunt duo et duo »; « duo homines sunt homo ») !9. Nel terzo trattato, egli discute delle reduplicative ! ancora sulle comparative !”°. Di tutti questi casi egli fornisce un’analisi ampia e dettagliata, con esempi (sophismata) dai quali si traggono conclusiones che riecheggiano (specie a proposito de incipit et desinit, de maximo et minimo ecc.) le discussioni di filosofia della natura correnti a Oxford. Non riteniamo di doverci soffermare su questi temi. Segnaliamo soltanto che, in fondo, Wyclif nella Logice continuacio torna sui principi enunciati nella Logica svolgendo la trattazione con più ampio respiro. In Italia, Pietro di Mantova fa un discorso del tutto analogo a quel che abbiamo visto fare dagli altri maestri, per quanto attiene alla expositio delle proposizioni universali, exclusivae, exceptivae, reduplicativae, o contenenti i termini infinitus, totus, aeternaliter, ab aeterno, semper, differt, aliud, non idem, o com- parativi e superlativi, o immediate !". Anche per Pietro l’expositio 9 e ritorna [Tractatus de logica,  (« de maximo et minimo »). 171 Cfr. Codices Vaticani latini. Codd. 2118-2193, rec. A. Maier, Romae 1961, pp. 31-33 (l’ordine dei trattati, come s’è detto, è diverso nelle edizioni 432 Alfonso Maierù è operata per mezzo di una congiunzione di proposizioni e per essa valgono le regole della copulativa !?, L’expositio è dottrina fondamentale nelle opere di Paolo Ve- neto, ed egli ne tratta a più riprese: nel quarto trattato della Logica parva!®, nella prima parte della Logica magna, e sia nel primo trattato, dove si discute dei termini esponibili, resolubili e officiabili *, sia nei trattati dal quarto al diciottesimo sche trattano delle dictiones che richiedono l’expositio '%, ma anche nel trattato diciannovesimo, dove si parla della expositio dei termini modali in forma avverbiale !%, sui quali torneremo; infine, in più luoghi della Quadratura!”. Le regole che presiedono alla expositio sono così sintetizzate da Paolo: [1] Ab omnibus exponentibus simul sumptis ad suum expositum est bona consequentia, et e converso. [...]. [2] Ab omni exponibili ad quamlibet suarum exponentium est bona consequentia, sed non e e nei manoscritti); v. n. 331 per incipit e desinit. 1?2 Logica, cit., f. [22rb]: «Et valet consequentia ab ista exposita ad istam copulativam et ad quamlibet eius partem principalem, et e converso ab ista copulativa ad illam expositam et non a qualibet parte istius copu- lativae et principali ad istam expositam valet consequentia »; f. [28vb]: « Oppositum tamen arguitur quod ab exclusiva ad suas exponentes est bonum argumentum [...] » ecc. 173 Nell’ordine, viene qui discussa l’expositio dell’universale affermativa (non della negativa, che è probata dupliciter, « aut per sua singularia aut per suum contradictorium »), dei comparativi (positivo « comparabiliter sumptus », cioè in comparazione di eguaglianza, comparativo [es. fortior] e superlativo), differt, aliud e non idem, le exclusivae, exceptivae, reduplica- tivae, immediate, incipit et desinit, totus, semper, ab aeterno, infinitum. 174 Logica magna, cit., I, 1, 4, f. 13rb. 115 Si tratta, nell'ordine, di exclusivae, exceptivae, reduplicativae e sicut, comparativo e superlativo, de maximo et minimo, totus, semper et aeter- num, infinitum, immediate; v. n. 337 per incipit et desinit. 176 Ivi, I, 19, f. 7ira-vb, ma anche nel trattato quarto della Logica parva, cit. 177 Soprattutto nella prima parte, ma anche nelle altre. Terminologia logica della tarda scolastica 433 converso nisi gratia materiae Ex cuiuslibet exponentis contra- dictorio sequitur contradictorium expositi, sed non e converso Paolo da Pergola affronta gli stessi temi trattati da Paolo Veneto e perciò non ci dilungheremo oltre. Per concludere, notiamo che l’expositio non è un’operazione logica che riconduca i termini mediati a quelli immediati. Ad essa è più appropriata la descrizione fornita da Occam, e già ricordata, secondo la quale i termini connotativi devono essere ricondotti a quelli assoluti: ma quest’ultimi sono appunto termini mediati. Nella expositio, inoltre una delle exponentes è negativa: ciò per- ché i termini exporibiles sono caratterizzanti e quindi, in certo senso, limitanti la proposizione: petciò essi hanno un certo im- porto negativo, che va esplicitato. 5. La « resolutio» L’operazione logica che realizza pienamente l’esigenza di ricon- durre i termini mediati a quelli immediati è detta resolutio. Essa, infatti, meglio d’ogni altra si riallaccia alla dottrina aristotelica già ricordata, per la quale la proposizione mediata ha il suo prin- cipio di dimostrazione in quella immediata, e in particolare in quella prima e più nota a noi secondo il senso !°. Ma i termini che designano questa operazione, cioè resolutio e resolvere, non hanno avuto un’accezione tecnica per molti secoli. Impiegati per designare la risoluzione della proposizione o del sillogismo nei loro termini, come si è visto !, nel secolo XII essi vengono usati in concorrenza con expositio, exponete. Lusi si È 178 Logica parva, cit., III. 179 Logica] già accennato, avviene nei Tractatus Anagnini!®, nei quali, c'è peraltro da aggiungere, si parla di resolutio con una frequenza che non abbiamo riscontrato per expositio. Nel terzo trattato, a pro- posito della dictio ‘qui’, considerando che, quando essa è pre- sente, la proposizione è apparentemente categorica (dal momento che equivale a più categoriche avendo in sé ‘implicita’ un’altra proposizione), l'anonimo autore parla di resolutio della prima « in copulativas »; nello stesso contesto, parla di una « resolutio in adiectivis » diversa da quella che ha luogo « in substantivis », cioè della resolutio che una proposizione includente un relativo ha quando contiene un aggettivo o un sostantivo come predicato, e della possibilità che questa resoluzio sia impedita !*. Nel trattato 182 Cfr. n. 74. 183 Tractatus Agnagnini, Iudicium predictarum impli- citarum potest haberi ex resolutione ipsarum in copulativas. Debet autem talis fieri resolutio ut loco relativi ponatur antecedens et loco antecedentis ponatur relativum pronomen cum coniunctione. Unde istas concedimus: ‘aliquis bomo qui desiit esse, non est’, quia copulativa vera est: ‘aliguis homo desiit esse et ipse non est®. Hanc autem iudicamus incongruam: ‘gli- quis homo qui non est, desiit esse’; ponit enim aliquem hominem non esse, quod falsum est. Secundum predictum iudicium omnes iste videntur incon- grue: ‘Socrates erit album quod est nigrum’; ‘Socrates erit senex qui est puer. Omnes istas dicuntur esse nugatorias et ita resolvuntur: ‘Socrates erit album quod est nigrum’: idest album est nigrum et Socrates erit illud. Predictam resolutionem implicitarum non recepimus et dicimus aliter faciendam resolutionem in adiectivis, aliter in substantivis. Et predictas ita resolvimus: ‘Socrates erit album quod est nigrum’ idest quod est vel erit album est nigrum et Socrates erit illud; similiter ‘Socrates erit senex qui est puer® idest qui est vel erit senex, est puer et Socrates erit illud. Verumtamen dicimus quod hee voces que sola significatione sunt adiectiva, possunt resolvi sicuti pure substantiva et secundum hoc ista erit incongrua: ‘Socrates erit senex qui est puer. — Quandoque inpeditur resolutio pre- dictarum implicitarum in copulativas vel propter signum universale vel propter defectum recti vel propter aliquid aliud. Propter signum univer- sale, ut cum dicitur. ‘omnis homo qui currit, movetur® vel ‘omnis homo currit qui movetur; hec non potest resolvi; nam si diceremus: ‘omnis Terminologia logica della tarda scolastica 435 quinto, resolvere occorre a proposito della presenza in una propo- sizione di un termine infinito (ad es. zon albus)!*, o di solus!9, per indicare l’esplicitazione di quel che in tali casi la proposizione implica. Anche nel secolo XIII il valore di resolvere resta generico, e può essere equivalente di exporere !. Ma è nel secolo XIV che il significato di questo termine viene restringendosi e specializzan- dosi. Per la verità, ciò non è riscontrabile né in Occam o Burleigh, né in Buridano, Alberto di Sassonia e Marsilio, ma solo nei testi degli autori inglesi fioriti intorno alla metà del secolo, e in quelli degli italiani. Billingham, nello Speculuzz, scrive: Terminus resolubilis est quilibet terminus communis, sicut nomen vel participium, qui habet aliquem terminum inferiorem se secundum homo currit et ipse movetur®, esset non latina, quia ad dictionem confuse positam non potest fieri relatio per relativum postpositum in alia c(1)ausula. Similiter: ‘exaudio precem que fit ab illo’, ista non potest resolvi, quia non dicimus: ‘prex fit ab illo et ego exaudio eam? ». 184 Ivi, p. 313: « Sciendum etiam est de nominibus infinitis. Ut cum dicitur: ‘Socrates fuit non-albus’, non est sic resolvendum ‘Socrates fuit non-albus’ idest: Socrates fuit et non fuit albus, sed sic resolvendum est: Socrates fuit aliguando et tunc non fuit albus ». 185 Ivi, p. 319: «Nos autem dicimus quod talis locutio potest esse congrua et vera, etiam dictione transsumptive posita, quia non sic resol- vimus ‘solum flumen currit idest: non alia res currit, sed ‘solum flumen currit, idest non alia res fluit. — Dubitatur de hac dictione ‘solus’, quam exclusionem habeat quando adiungitur nomini proprio pertinenti ad non existentia cum verbo pertinenti ad existentia et ad non existentia. Quidam eas non recipiunt, immo dicunt eas positas propter resolutionem, ut ‘solus Cesar non est’, idest Cesar non est et non aliud non est ». 18 GueLIELMo DI SHyreswoon, Syncategoremata, cit., p. 65: «Quod patet si comparetur affirmativa conclusionis ad affirmativam praemissae et negativa ad negativam, cum tam praemissa quam conclusio resolvitur in affirmativam et negativam ». 436 Alfonso Maierù praedicationem; et tunc resolvitur quando capitur inferius eo in eius probatione, et componitur quando capitur superius eo !87, Un termine si dice resolubile, secondo Billingham, quando nella probatio si fa ricorso ai suoi inferiora; ciò non è vero solo dei nomi e dei participi, ma anche dei verbi (« Consimiliter fit reso- lutio verborum ad substantiva, ut: ‘homo currit, ergo homo est currens’, et e contra compositio ») !8*. Tale probatio per inferiora è la resolutio, propriamente parlando; il ricorso ai termini supe- riores è detto compositio !9. Per quanto riguarda la resolutio, il discorso si sposta di con- seguenza sul rapporto tra i termini inferiori e superiori, spesso affrontato nei trattati de consequentiis. Billingham ne tiene conto e riprende le seguenti regole: 1) « ab inferiori ad suum superius sine aliqua dictione habente vim negationis valet consequentia »; ad esempio è valida la conseguenza « homo cuttit, ergo animal currit ». Ma l’inferenza vale talora anche « cum dictione habente vim negationis » quali sono i termini esponibili, il « non » e i ter- mini privativi e infiniti; così è valida l’inferenza: « tantum homo currit, ergo tantum animal cutrit »; 2) « Ab inferiori ad suum su- perius cum constantia subiecti et cum dictione habente vim nega- tionis post superius et inferius tenent consequentia »; 3) « Ex prima regula sequitur alia, quod negato superiori negatur inferius, quia sequitur: ‘hoc currit et hoc est homo, ergo homo currit’, quia ex opposito consequentis sequitur oppositum antecedentis. Nam sequitur: ‘non homo cutrit et hoc est homo, ergo hoc non currit’ » 19, Secondo Billingham, la prima regola regge il sillogismo expo- [Speculum..., cit., pp. 340-341; ma cfr. pp. 367-368, e passim, dove resolvere e resolutio hanno valore generico. 188 Ivi, p. 342. 189 Cfr. n. 45, e capp. VII, nn. 36 e 37. 190 Speculum..., cit., pp. 341-344. Terminologia logica della tarda scolastica 437 sitorius affermativo; la seconda, il sillogismo expositorius nega- tivo: entrambi questi sillogismi sono alla base, secondo il maestro oxoniense, di ogni disputa, anzi della possibilità stessa della dimo- strazione, giacché essi sono fundamentum di ogni altro sillo- gismo !9. Il richiamo all’espressione « syllogismus expositorius » merita qualche cenno che ne chiarisca il significato. Essa è già in uso nel secolo XIII!?. Nel secolo XII, invece, l’Ars Meliduna ha l’espressione « sillogismus expositionis »: richiamandosi all’auto- rità di Aristotele, il testo afferma: «Per sillogismum exposi- tionis fatetur Aristotiles probari posse sillogismos tertie figure, ubi duo dicuntur de tertio » e aggiunge: «Et dicitur  me- rito talis sillogismus expositionis, quia quodammodo exponitur medium per suum inferius ». Ma dagli esempi addotti si può rica- vare che non si tratta del nostro sillogismo ‘*. Più probabile che 191 Ivi, pp. 341-342: «Super quam regulam fundatur syllogismus expo- sitorius in tertia figura [...] et iste syllogismus est fundamentum omnium syllogismorum affirmativorum. Super quem syllogismum fun- dantur alii syllogismi negativi, quo syllogismo expositorio affirmativo vel negativo negato, non erit ulterius disputatio, nec potest arguens aliquid pro bare nec improbare aliquid esse; quod si arguat per syllogismum in modo regulato et negatur illud, et tunc statim veniet ad syllogismum expositorium ». 192 Cfr. ad es., M. Fernanpez Garcia, Lexicon scholasticum philoso- pbico-theologicum, Ad Claras Aquas 1910 (basato sulle opere di Duns Scoto), pp. 667a-668a, dove esso è definito come quel sillogismo che ha per medium un terminus discretus; cfr. anche rs. Duns Scoto, In librum primum priorum Analyt. Arist. quaestiones, cit., q. XI, ff. 289b-290b. 193 Ars Meliduna, cit., pp. 381-382; infatti il testo, tra i due passi, con- tiene quanto segue: «Exempli gratia: ‘omne animal est res, omne animal est substantia, ergo quedam substantia est res’. Quod conclusio vera sit potest ostendi ostenso utramque extremitatum de hoc inferiori medii Socrate probari per tertium modum prime, hoc modo: ‘omne animal est res, Socrates est animal, ergo Socrates est res’; similiter ‘omne animal est substantia, Socrates est animal, ergo Socrates est substantia’ ». Basti esami- nare questi esempi alla luce di quanto detto e di quanto diremo appresso. 438 Alfonso Maierù si avvicini al sillogismo expositorius quello che l’Ars Meliduna chiama inmiediatus, « cuius maior propositio est inmediata », con preciso riferimento al rapporto inferius-superius'*. Guglielmo d’Occam nella Suzzzza logicae scrive: [...] syllogismus expositorius est qui est ex duabus praemissis singu- laribus dispositis in tertia figura, quae tamen possunt inferre conclu- sionem tam singularem quam particularem seu indefinitam, sed non universalem, sicut nec duae universales in tertia figura possunt inferre universalem 195, A chiarimento di questa definizione Occam precisa che le due premesse singolari non richiedono soltanto che il soggetto sia un termine singolare, ma che la realtà designata da esso non sia di fatto più cose distinte '%, Per Occam il sillogismo espositorio è di per sé evidente, per cui, se un argomento può essere ricondotto ad esso, questo argomento è corretto !”. Un'ultima osservazione Nel testo aristotelico richiamato (Anal. pr. I 6, 28a 23 sg.) a expositio corrisponde Exeo oppure txtiderdar. 1% Ivi, p. 383: « Alius mediatus, alius inmediatus. Inmediatus dicitur cuius maior propositio est inmediata, idest terminos habens inmediatos, scilicet tales quorum alter non potest de altero probari per medium demonstrativum, idest per tale medium quod sit causa inferioris et inferius superioris ». 15 Summa logicae, cit, p. 367. 16 Ivi, p. 368: «Est igitur dicendum quod syllogismus expositorius est, quando arguitur ex duabus singularibus in tertia figura, quarum singu- larium subiectum supponit pro aliquo uno numero quod non est plures res nec est idem realiter cum aliquo quod est plures res », e p. 306: « Est tamen advertendum, quod ad syllogismum expositorium non sufficit arguere ponendo pro medio pronomen demonstrativum vel nomen proprium ali- cuius rei singularis. Sed cum hoc oportet, quod illa res demonstrata vel importata per tale nomen proprium non sit realiter plutes res distinctae. Est autem probatio sufficiens, quia syllogismus expo- sitorius est ex se evidens nec indiget ulteriori probatione. Et ideo multum errant, qui negant talem syllogismum in quacumque materia [...] », e p. 306: « Eodem modo, quando aliquis discursus potest reduci ad talem syllogismum va fatta in merito alla definizione di Occam: egli afferma che il sillogismo espositorio ha luogo nella terza figura (il termine medio, in tal caso, è soggetto in entrambe le premesse), nella quale i sillo- gismi non hanno mai una conclusione universale (neppure quando hanno due premesse universali), ma possono avere solo una con- clusione singolare, particolare o indefinita. Billingham recepisce questa dottrina, come si può rilevare con- frontando quanto abbiamo riferito sopra con quanto è detto da Occam: per lui, infatti, il sillogismo espositorio è fundamentum di tutta l’argomentazione (e ciò perché, come afferma Occam, esso è « per se evidens»); le premesse sono costituite di termini inferiori ai termini comuni e perciò non possono essere che sin- golari. Billingham però si discosta da Occam perché estende a tutte le figure il sillogismo espositorio '*, ma, ancora come Occam, proibisce ch’esso possa concludere con una proposizione universale (e non potrebbe essere diversamente: la conclusione non può mai essere più ampia delle premesse, secondo il noto adagio scolastico « amplius quam praemissae conclusio non vule »); infatti egli fa ricorso alla resolutio solo per la probatio della inde- finita affirmativa (e della particularis affirmativa, « quae semper convertitur cum indefinita affirmativa ») !?: essa deve essere pro- vata « per duo demonstrativa », giacché « non est indefinita quin habet vel habere potest demonstrativum sibi correspondens, nec e contra » 2°, Le due derzonstrativae fungono da premesse del sillogismo, la indefinita (o particularis) da conclusione. E va rile- expositorium vel per conversionem vel per impossibile vel per propositiones acquivalentes assumptas, non est fallacia accidentis ». ù 1 198 Speculum..., cit., p. 342: « Potest tamen syllogismus sr esse in qualibet figura: item in prima figura: ‘hoc currit et homo est ! si] ergo homo cutrit’; exemplum secundae figurae: ‘homo est hoc et anim: est hoc, ergo animal est homo? ». 19 Ivi, p. 351. 200 Ivi, p. 350. 440 Alfonso Maierù vato che questo distingue l’expositio e la resolutio: la « propo- sitio exponibilis » è convertibile con le sue exporentes in con- giunzione, mentre le proposizioni immediate non sono convertibili con la « propositio resolubilis ». Questa è dottrina comune a tutti i logici in questo periodo 2, Quanto alla indefinita negativa, essa può essere probata o mediante il sillogismo espositorio negativo, o mediante una con- 201 BrLLincHaM, Speculum, cit., p. 344: «Terminus exponibilis est qui habet duas exponentes vel plures cum quibus convertitur, Et in hoc differt a resolubili, quia licet sequitur formaliter [...], non sequitur e contra; sed in exponibilibus bene sequitur sic et e contra»; STRODE, Logica, cit., £.18vb: «Regula tamen est quod a resolventibus ad resolutum est bona consequentia; sed non oportet quod valeat e contra; si (!) pro omnibus expo- mentibus ad earum expositam consequentia tenet generaliter et e con- tra [...]» (cfr. anche f. 24va); WwcLte, Tractatus de logica, I, cit., p. 83: «Ex istis elicitur talis regula, quod universalis proposicio exposita convet- titur cum suo antecedente debite exponente, licet non universaliter. Sed quandoque proposicio resolutorie vel officialiter proposita, cum suo ante- cedente, gracia materie, convertitur [...] »; PreTRo DI MANTOVA, Logica, cit, f. [76vb]: «[...] semper a resolventibus ad resolutam arguitur componendo et valet consequentia et non e contra de forma »; PAoLo VENETO, Logica parva, cit., III: a quanto riferito sopra (v. n. 178), va aggiunto: «[4] A resolventibus ad resolutum est consequentia bona, sed non e converso [....]. [5] Ab officiantibus ad officiatum est consequentia bona, sed non e con- verso [...]. [6] A descriptione ad descriptum est bona consequentia, et e converso [...] », e ancora, ., Logica magna, cit., I, 1, 4, f. 13rb: « Ex istis elicitur talis regula, quod universalis propositio exposita convertitur cum suis exponentibus sumptis simul, sed propositio resolutorie vel officiabiliter probata cum suo antecedente resolutorie vel officiabiliter ipsum inferente non convertitur nisi gratia terminorum [...] », e I, 20, f. 73vb: « Et in hoc est differentia inter propositionem exponibilem, descriptibilem, resolubilem et officiabilem: quia propositio exponibilis cum suis exponentibus convertitur, propositio descriptibilis cum suis descriptionibus convertitur, sed propo- sitio resolubilis non convertitur cum suis resolventibus: Ita similiter propositio officiabilis non convettitur cum suis officiantibus; propterea, si ab officiantibus ad officiatam est bona consequentia, non oportet quod e contra sit bonum argumentum.] sequentia, il cui antecedens sia la corrispondente proposizione uni- versale negativa 2°, Strode ha una dottrina del tutto analoga a quella di Billin- gham: la resolutio o resolutio per duo demonstrativa non è altro che il « syllogismus expositorius », che è in funzione del termine comune °*; la resolutio è la probatio della proposizione indefi- nita o particolare, anche se nella proposizione sono presenti altri termini che richiederebbero un altro genere di probatio (tali sono verbi ampliativi o di tempo passato e futuro, incipit, intelligitur, e i termini privativi ?*). I fondamenti del sillogismo espositorio sono quelli posti da Billingham; ma, oltre alle regole di infe- renza che definiscono i rapporti tra termini inferiores e superiores, Strode richiama altre regole, fondate sull’autorità di Aristotele: una afferma che quando un termine è predicato di un soggetto che sia suo inferior, tutto ciò che si dice del predicato si dice del soggetto; l’altra afferma che, se in un sillogismo il medio è un pronome dimostrativo, gli altri due termini debbono costituire soggetto e predicato nella conclusione; c'è da aggiungere che Strode chiama anche ‘resolutorius il sillogismo espositorio nega- 22 Cfr. Speculum.  Logica, cit., f. 18vb: « Similiter tenet iste modus arguendi, ut: ‘iste Socrates hoc non est, et iste Socrates est homo, igitur homo hoc non est’; ‘haec non est vera et haec est aliqua propositio, igitut aliqua propositio non est vera’. Et iste modus arguendi vocatur syllogismus expositorius vel resolutio propositionis ratione termini sui communis; omnis nam terminus communis non impeditus est sic resolubilis per duo pronomina », e f. 21rb: «Et con- similiter respectu cuiuscumque casus scripti; nam cum talis terminus ‘omnis’ praecedit, ad resolvendum propositionem in qua ponitur ille, deleatur ille, et loco illius ponatur pronomen demonstrativum sui suppositi cum affirmatione eiusdem in recto de illo pronomine et erit syllogismus expo- sitorius ». Resolvere è usato anche per indicare la prova dell’officiabile; perciò l’aggiunta per duo demanstrativa per la resolutio (cfr. ivi, f. 18vb). 20 Ivi, f. 19ra: «Debet .amen ad concludendum particularem vel indefinitam de verbo ampliativo quandoque aliter capi constantia quam in illis mere de praesenti, ut ista: ‘homo cu*rebat’, sic resolvitur: ‘hoc cur- 442 Alfonso Maierù tivo 2°; resolutorius ed expositorius sono quindi sinonimi, come confermano i Dubia di Paolo da Pergola 2%. rebat et hoc est vel fuit homo, ergo homo currebat’. Similiter ‘puer fuit senex’, sic resolvitur: ‘hoc fuit senex et hoc est vel fuit puer, ergo puer fuit senex”. Et consimiliter sic dicitur de futuro, ut ‘senex erit puet’, sic resolvitur: ‘hoc erit puer et hoc est vel erit senex, ergo senex erit puer?. Similiter ‘coecus potest videre’, sic resolvitur: ‘hoc potest videre de- monstrando aliquem hominem, et hoc est vel potest esse coecus, etgo coecus potest videre’. ‘Socrates incipit currere’ sic resolvitur: ‘hoc incipit currere, et hoc est vel incipit esse Socrates, ergo etc... ‘Album desinit sedere’ sic resolvitur: ‘hoc desinit sedere, et hoc est vel desinit esse album, ergo etc.’. ‘Chimaera intelligitur: hoc intelligitur, et hoc est vel intelligitur esse chimaera, ergo etc.’ ». 205 Consequentiae, cit., f. 26va-b: « Si tamen ex uno termino formaliter infertur alter, et non e converso, respectu cuiuscumque verbi tam a parte subiecti quam a parte praedicati in recto, terminus inferens dicitur inferior et illativus dicitur superior, de quibus datur ista regula: ab inferiori ad suum superius sine aliqua dictione habente vim negationis nec confundendi praeposita est bona consequentia, quae fundatur super multa dicta Porphytii et Aristotelis, scilicet de quocumque dicitur inferius, ut species, de eodem dicitur superius, ut genus. Item Philosophus in Praedicamentis dicit: quando alterum de altero praedicatur ut de subiecto, id est de inferiori, quicquid dicitur de illo quod praedicatur dicitur de isto quod subicitur, quod intelli- gitur de directa praedicatione. Item confirmatur regula per rationem [...]. Et super hac regula fundatur syllogismus qui vocatur expositorius, cuius praemissae sunt mere singulares, cum quibus habet omnis indefinita vel particularis resolvi, ut: ‘hoc currit et hoc est homo, ergo homo currit’, et sicut in tertia ita et in prima figura, ut ‘hoc est currens et homo est hoc, ergo homo est currens’, et sicut in prima etiam in secunda. Et hoc est quod dicit Philosophus secundo Priorum quod medio existente hoc aliquid, id est, pronomine demonstrativo, necesse est extrema coniungi, id est consti- tuere conclusionem. Et nota quod similiter est syllogismus resolutorius negativus, ut ‘hoc non currit, et hoc est homo, ergo homo non currit?. — Et notandum quod in omni tali syllogismo oportet quod solummodo illud quod demonstratur in maiori demonstretur in minori, et sic iste modus syllogizandi tenet ab inferiori ad suum superius sine negatione er sine termino confundente. Sed iste modus negativus tenet per istam regulam: ab inferiori ad suum supetius cum negatione postposita inferiori et superiori Terminologia logica della tarda scolastica 443 Wyclif, sia nella Logica?” che nella Logice continuacio ”*, tratta dei termini resolubiles, o comuni e mediati, che vanno probati per mezzo dei termini immediati ?”. La resolutio è ricon- ducibile al sillogismo expositorius, e Wyclif nota che, sebbene esso sia più comune nella terza figura, si può avere in tutte le figure purché la cosa denotata dal pronome hoc sia, diciamo con espressione occamistica, una numero ”°, La resolutio è « probatio cum debita constantia superioris de inferiori. Similiter tenet cum quacumque dictione habente vim confundendi postposita » (cors. mio). 206 PaoLo pa PercoLA, Dubia, cit., f. 66va: «In hac secunda parte principali huius tractatus tria [...] agere propono [...]. Secundo, syllogismum resolutorium suis conditionibus limitabo. Tractatus de logica, cit., I, p. 4, e ancora p. 6: « Termini resolubiles sunt termini communes qui possunt resolvi usque ad terminos singulares; ut isti termini, anizzal, homo, etc. ». 208 Ivi, p. 82: «Sunt enim, quantum ad propositum pertinet, aliqui ter- mini resolubiles: ut termini communes, puta nomina, verba, adverbia, et par- ticipia habencia signa ipsius inferiora [...] ». 209 Ivi, p. 68: «Et semper terminus mediatus, si sit resolubilis, debet probari per terminum immediatum, ut iste: homo currit, sic resolvitur: Hoc currit: et hoc est homo, igitur homo currit. Alia proposicio: Cras ero episcopus, sic resolvitur: tunc ero episcopus: demonstrando crastinam diem per ly “tunc”; et tunc erit cras: igitur, etc. Ista proposicio: alicubi Deus est, sic probatur: ibi Deus est, et “ibi” est alicubi; ergo etc. Et ista pro- posicio: aligualiter ego moveor, sic probatur: Taliter, vel sic, ego moveor; et “taliter” est aliqualiter; ergo, etc. ». 210 Ivi, p. 37: « Et notandum quod in qualibet figura potest fieri syl/o- gismus expositorius. In prima figura sic: boc est homo, et Sor est hoc: ergo, Sor est homo. In secunda figura, sic fiet syllogismus expositorius: virtus est hoc, et bonitas est hoc; ergo, virtus est bonitas. In tercia figura sic fiet syllogismus: boc diligit Deum, et hoc est homo; ergo, homo diligit Deum. Et iste syllogismus expositorius in tercia figura est maxime usitatus. Et sciendum quod oportet bene notare rem pro qua supponit hoc pronomen hoc in syllogismo expositorio; quia si fuerit diversa supposicio in antecedente et consequente, tunc syllogismus non valet: ut hic: hoc est Petrus (demon- strando naturam humanam) et hoc est Paulus (demonstrando eandem na- turam): ergo Petrus est Paulus. Hoc argumentum non valet [...] ». 444 Alfonso Maierù a posteriori » della particolare affermativa: si tratta però di una « probatio a posteriori inferiori », distinta da quella probatio che l’autore chiama « a posteriori totaliter separato » (0 « demonstra- cio 4 signo, vel demonstracio quia »)?!, Anche la particolare negativa ha « probatio a posteriori », ma « inferendo talem parti- cularem negativam ex singulis »; gli esempi addotti tuttavia sono vere e proprie resolutiones??, Nel caso di proposizioni come « chimera non intelligitur a te », Wyclif introduce un altro modo di probatio (si ricordino i modi 4 priori, a posteriori, ex equo e indirecte), che è detta captio ?*; anche questo è un modo di « pro- batio » 4 posteriori 4. 211 Ivi, pp. 107-108: « Secundo modo probatur particularis a posteriori, et hoc dupliciter: vel a posteriori totaliter separato, vel a posteriori infe- riori. Exemplum primi: în corpore quod videtur a me sunt subiective opera ciones vitales; ergo: corpus quod videtur a me est vivum. Et illa probacio est famosa aput philosophos natutales, et vocatur demonstracio 4 signo, vel demonstracio quia. Exemplum secundi est tale: hoc currit, et hoc est homo, ergo homo currit. Et isti modi probandi innituntur sophiste, de quo datur talis regula: Quod ad particularem affirmativam aut sibi equivalentem infe- rendam resolutorie oportet maiorem esse singularem proposicionis inferende et minorem esse singularem de subiecto sinonimo cum priori, et verbo ac predicato proporcionalibus verbo et subiecto proposicionis principaliter inferende. Verbi gracia, inferendo istam, homo currit, sic arguitur: hoc currit, et hoc est homo; ergo, homo currit. Secundus modus probandi est a posteriori, ut inferendo talem particularem negativam ex singulis; de quibus utendum est arte con- simili, sicut dictum est de inductione particularis affirmative. Ut, homo non est papa, quia hoc non est papa, et hoc est homo, igitur etc. Homo non fuit ad bellum troyanum, quia hoc non fuit ad bellum troyanum, et hoc est vel fuit bomo; igitur, etc. ». 213 Ivi, p. 118: «Sed forte contra illud arguitur inducendo quintum modum probandi proposicionem, qui capcio dicitur. Nam tu intelligis istam proposicionem: aliguid quod non intelligitur a te est, cum intelligere potes quod claudit contradiccionem. Intelligis ergo subiectum huius proposicionis, et per consequens eius primarium significatum; et cum solum primarie significat aliguid quod non intelligitur a te, sequitur quod tu intelligis aliquid quod non intelligitur a te. Sic enim probatur quod #4 scis aliguam proposi- Terminologia logica della tarda scolastica 445 Pietro di Mantova discute del sillogismo espositorio, del quale scrive: «in quolibet syllogismo expositorio terminus qui est medius est terminus discretus aut aggregatus ex termino com- muni et discreto » 25, ma non parla di sillogismo risolutorio; nelle edizioni, si può leggere solo il seguente titolo d’una parte: De eodem syllogismo resolutorio, sotto il quale è trattata la dottrina della resolutio. Pietro, a questo proposito, afferma: « quaelibet propositio cuius primus terminus est resolubilis reso- lubiliter tentus non verbalis, probari debet per duo demonstra- tiva » 2!6; cioè all’espressione « terminus discretus aut aggregatus ex termino communi et discreto » del testo precedente, corti- sponde qui l’espressione « duo demonstrativa », e poiché « non quilibet terminus discretus est immediatus, nec quilibet terminus demonstrativus est immediatus » ?”, la probatio della proposi- zione resolubile non può essere opera d’un qualsiasi sillogismo espositorio, ma solo di quello che abbia come premesse propo- sizioni immediate: il sillogismo sarà allora ‘resolutorio’, caso particolare del sillogismo espositorio. Per i sillogismi espositori, si precisa ch’essi possono aver luogo in tutte le figure, e che concludono validamente se affer- tivi, mentre alcune accortezze richiede la conclusione nei sillo- cionem esse veram quam non scis esse veram, capiendo talem proposicionem scitam a te: aligua proposicio est vera quam non scis esse veram. Sed dicitur quod conclusio intenta est impossibilis. Ulterius dicitur quod modus probandi per capcionem est modus probandi a posteriori; nam posterius est me scire illam proposi- cionem: aligua proposicio est vera quam nescio esse veram sic significantem, quam me scire aliquam proposicionem esse veram quam nescio esse veram. Ideo ille modus probandi, sicut quilibet alius significabilis, continetur sub aliquo predictorum ». 25 Logica] gismi negativi, specie se in quarta figura 2!5, Analogamente, il sillo- gismo ‘resolutorio’ concluderà secondo le stesse regole in tutte le figure, dal momento che, ripetiamo, non è altro che il sillo- gismo espositorio applicato alla probatio delle proposizioni resolubili, Il termine resolubile è definito: terminus communis aut discretus non demonstrativus terminus, quo contingit aliquem terminum immediatum notiorem reperire eandem rem significan- tem per quem concludi potest » ?. La proposizione in cui il termine è posto si dice probabilis®!. Pietro precisa anche che nel resolvere le parti del discorso diverse dal verbo, il termine notior è tale a posteriori, mentre nel caso dei verbi il termine è notior a priori, ed è il verbo esse 2. Pietro chiama resolvenda o composita la proposizione mediata, e resolvens la proposizione immediata grazie alla quale si opera la probatio; una volta effettuata la resolutio, la proposizione me- diata è resoluta 3. 218 Ivi, f. [73ra-b]. 219 Ivi, f. [76va], sotto il citato titolo «De eodem syllogismo resolu- torio »: «Ostendemus nunc quas propositiones etiam concludere possint expositorii syllogismi, et praemittamus quod terminorum secundum quos et per quos probari possunt propositiones [....] ». 20 Ivi, f. [76va-b]. 21 Cfr. n. 30, [4]. 22 Op. cit., f. [76vb]: « Refert tamen in resolvendo et alias partes ora tionis, quia in resolvendo alias partes orationis a verbo, capitur terminus qui est notior a posteriori; in resolvendo vero verba capitur terminus qui est notior a priori, scilicet verbum substantivum »; per i termini e le propo sizioni immediati a priori o a posteriori, cfr. il testo di f. [76va], in n. 39; per quanto riguarda il resolvere verbum, esso è definito (f. [77vb]): «est notius verbum exprimere, scilicet substantivum et eius correspondens parti- cipium »; ci si chiede anche (f. [77rb-vb]): «utrum quodlibet verbum adiectivum sit resolubile in verbum substantivam et suum participium ». 23 Ivi, f. [76vb] (continuaz. del passo della n. preced.): « Huius enim resolvendae ‘hoc currit’ resolvens est haec: ‘hoc est currens’. Ideo bene Terminologia logica della tarda scolastica 447 La resolutio vale come probatio delle proposizioni affermative indefinita, particolare e singolare, purché il primo termine sia reso- lubile 24; nelle corrispondenti negative vere la resolutio è lecita solo quando il termine, in virtù del quale è operata la resolutio, ha supposita, altrimenti bisogna assegnare, come medium di prova, le contraddittorie di esse 5. Paolo Veneto conserva ancora un valore piuttosto generico dei termini resolvere, resolutio, con riferimento al relativo impli- cativo qui, che equivale a et (0 vel) e ille”, e alla resolutio di sequitur tamquam a priori: ‘hoc est cutrens, igitur hoc currit’, et ideo a resolvente ad resolvendam vel compositam in verbis valet argumentum de forma et non e contra. In aliis autem partibus orationis non valet de forma a resolvenda vel composita ad resolventem nec e contra, sed de forma bene valet a resolventibus ad resolvendam. Convenit autem inter verba resol- venda et alias pattes orationis, quia semper a resolventibus ad resolutam arguitur componendo, et valet consequens, et non e contra de forma»; cfr. anche f. [78rb]: « non valet argumentum de forma a composita ad resoì- ventem, sed bene e contra a resolventibus ad compositam tam in verbis quam in aliis ». 24 Ivi, f. [80ra]: « De indefinita autem sive particulari et singulari te- neatur quod ipsa est probanda a primo termino a quo in ea potest sumi pro- batio. Ex quo sequitur quod est diligenter advertendum quod non quaelibet indefinita sive particularis probari potest per duo demonstrativa, [...] et ideo illa ‘tantum animal est homo’ per duo demonstrativa non habet probati quia sumeretur falsum ». 25 Ivi, ff. [79va-b], e [79vb-80ra]: « Pro omnibus igitur propositionibus negativis veris resolubiliter probandis dicatur quod, si termini ratione quorum probandae sunt supposita habeant, sunt resolubiliter probandae, sed si suppo- sitis carent capiendae sunt contradictoriae concludendo istas esse veras indi- recte eo quod contradictoriae sunt falsae, et ita conceduntut conclusiones ibi illatae secundum istam regulam probandae »; per suppositurm, cfr. cap. IV, nn. 62 e 99. 26 Quadratura, cit., II, 22, f. 34va: « Patet consequentia, quia relativum non confusum est resolubile in pronomen relativum et notam copulationis, aut in pronomen relativum et notam disiunctionis », e f. 34vb: «Nulium relativam nominis confuse limitatum est in pronomen relativum et notam copulationis universalite(r) resolubile », ecc. 448 Alfonso Maierù qualsiasi verbo nel presente del verbo esse 2. Ma, naturalmente, prevale l’uso tecnico dei termini. Scrive nella Logica magna: [...] est sciendum quod omnis terminus communis pro aliquo suppo- sitivus, et omne verbum praeter verbum substantivum praesentis tem- poris et numeri singularis, est resolubilis; omnis enim propositio in qua subicitur huius(modi) terminus habet probari per duo pronomina demonstrativa sibi correspondentia 28, C'è però da notare che, in concorrenza col termine resolubilis, Paolo usa talora resolutorius?. La «probatio resolutorie » è propria, secondo il nostro autore, delle proposizioni indefinita e particolare, e della singolare che non abbia come soggetto un pronome dimostrativo 2°. Le corrispondenti negative possono esse- re provate in tre modi: o resolutorie, o assumendo la contradit- dittoria e dalla falsità di questa ricavando la verità di quella, 21 Ivi, II, 37, f. 40rb: «Omne verbum praeter verbum substantivum praesentis temporis est resolubile in verbum substantivum »; «[...] su- biectum enim huius: ‘omnis homo currit’, supponit pro omni homine qui est solum ratione resolutionis illius verbi ‘cutrit’ in ‘sum, es, est’, sed aeque bene resolvuntur illa verba ‘erit’, ‘fuit’ in ‘sum, es, est’, sicut illud verbum “currit’ », ecc. Ciò in un contesto in cui si discute « de suppositione termi norum respectu verborum praeteriti ac futuri temporis ». 28 Op. cit., I, 1, 4, f. 13rb. 29 Ivi, f. 13va: « Exempla de adverbiis resolutoriis, ut: ‘aliqualiter est” resolvitur isto modo  Logica parva. Qualiter propositiones illative probentur prae- senti doctrina dignoscitur satis plene. Et primo namque a resolutione est inchoandum, qua indefinitae, particulares et singulares de subiecto non prono- mine demonstrativo rationabiliter inferuntur. Quaelibet ergo talis est taliter inferenda, ut pro antecedente sumantur duo demonstrativa, in quorum primo praedicetur praedicatum resolvendae et in secundo subiectum: verbi gratia, ‘homo currit’ sic resolvitur: ‘hoc currit et hoc est homo, ergo homo currit’ »; la Logica magna, cit., I, 1, 4, f. 13rb, afferma che tale probatio è propria della indefinita, e non menziona le altre proposizioni. Terminologia logica della tarda scolastica 449 o mediante la universale negativa corrispondente ?!, Il sillogismo che ha come premesse due proposizioni dimostrative è detto expositorius o demonstrativus: può essere affermativo o negativo e ha luogo solo nella terza figura °°. È evidente che il sillogismo demonstrativus è riconducibile alla probatio mediante demonstra- tiva, ma Paolo Veneto non insiste nel collegare le due dottrine né nella Logica parva, né nella Logica magna. Paolo da Pergola, nella Logica, considera « propositio resolu- 21 Ivi, f. 13va, scrive: « Indefinita vel particularis negativa potest tripli- citer probari: uno modo per duo demonstrativa quemadmodum est (haec) indefinita affirmativa ut ‘homo non currit: hoc non currit et hoc est homo, igitur homo non cutrit’. Secundo modo potest probari recurrendo ad eorum contradictoria ipsa probando vel improbando, quo facto statim patebit veritas indefinitae vel particularis negativae. Tertio modo potest probari per univer- salem negativam sibi subalternantem, ut ‘aliquid non currit’ probatur sic: ‘nihil currit, igitur aliquid non currit’ ». 232 Ivi, II, 13, f. 175vb: «Et iuxta tertiam reductionem est notandum quod syllogismus expositorius non potest fieri nisi in tertia figura. Et ratio, quia ad syllogismum expositotium requiritur antecedentia duarum demon- strativarum (ex demonstratarum) inferentium propositionem mediatam; modo hoc non potest fieri in aliis figuris. Si enim dicitur in secunda figura: ‘animal est hoc et homo est hoc, ergo homo est animal’, consequentia bona est et formalis, sed non syllogismus demonstrativus propter causam dictam. Similiter si dicetur: ‘hoc currit et homo est hoc, ergo homo currit’, syllogismus expo- sitorius vocari non debet, sed syllogismus irregularis, optima consequentia formalis existens. Eodem modo est dicendum de negativis .[...]. Numquam tamen est dicendum quod aliquis horum sit syllogismus expositorius vel demonstrativus; ubi autem syllogismus demonstrativus non ita stricte sume- tur, potest sine periculo dici quod in qualibet figura talis reperitut sicut exemplificatum est. Verumtamen est advertendum de pronomine demonstra- tivo ne supponat pro aliquo communi, quia tunc impediret syllogismum demonstrativum, aut quia esset terminus communis, aut quia ratione eiusdem suppositio mutatur, sicut hic: ‘hoc est pater et hoc est filius (demonstrando essentiam communem), igitur filius est pater’ ». Salvo errore, il « syllo- gismus expositorius »» non è menzionato nella Logica parva, né, nelle due opere logiche fondamentali, è messo in relazione alla resolutio.] bilis » sia l’indefinita e la particolare, che la singolare non dimo- strativa 2; le loro corrispondenti negative possono essere provate sia resolutorie, sia « per suum contradictorium » 4, in modo ana- logo a quanto ha affermato Pietto di Mantova. Nei Dubia, invece, Paolo affronta la trattazione del sillogismo ‘resolutorio’, del quale si afferma che è « fundamentum omnium syllogismorum ». Perché si abbia un tale sillogismo sono neces- sarie, tra le altre, le seguenti condizioni: Quod si syllogismus (in rapporto alle quattro proprietà: che risulti di tre termini; « quod semper minor fit in recto »; « quod conclusio sit omnino confor- mis maiori »; « quod sit in figura: nam in omni figura potest fieri syllogismus resolutorius »); Et won in modo (« quia si esset in aliquo 19 modorum non esset syllogismus resolutorius per immediata procedens, sed per mediata »); Et medium sit hoc aliquid et non quale quid (« Id est, sit terminus demonstrativus pro uno solo supponibilis et non pro pluribus [...] »). La reso- lutio deve avvenire «per immediata apud sensum vel intel- lectum » 5, Da questi elementi risulta che il « syllogismus resolutorius » altro non è che il tradizionale « syllogismus expositorius ». Ma risulta anche, dal richiamo a ciò ch’è immediato rispetto al senso o all’intelletto, confermato quanto s'è detto, che cioè esso va ricon- dotto alla dottrina aristotelica dei Secondi analitici. 23 Op. cit., p. 45: «Resolubilis est triplex, scilicet indefinita, patticu- laris, singularis non demonstrativa simpliciter quae probantur sumendo duo pronomina demonstrativa simpliciter, primum conforme subiecto propositionis resolubilis et secundum in recto ut patet in exemplis. Particularis vero indefinita, et singularis negativa possunt probari dupliciter, primo resolutorie et hoc ubi subiectum pro aliquo suppo- nit, ubi vero pro nullo supponit non potest probari resolutorie quia minor est falsa, debet igitur tunc aliter probari scilicet per suum contradicto- rium [...]». 25 Op. cit., ff. 68vb-69ra, Terminologia logica della tarda scolastica 451 6. I termini « officiales » Quanto alla grafia dei termini occorrenti in questo paragrafo, va precisato che la tradizione manoscritta del secolo XIV ha officialis, officialiter e così via, mentre manoscritti e stampe del secolo XV hanno officiabilis** e così via. Noi scriveremo gene- ralmente officialis, e useremo come equivalente italiano ‘offi- ciabile’. Officialis deriva da officium: quest’ultima termine vale sia ‘funzione’, sia ‘compito’ e ‘fine’ ”. Il nostro officiaiis non va confuso con quei termini « officiales » che designano dignità e cariche pubbliche #*, anche se il valore nei due casi è analogo: alcune persone hanno un officiuz: nella società, alcuni termini hanno un officium nella proposizione e nel discorso; si può, anzi, seguire un graduale passaggio dal primo al secondo valore del termine: i maestri hanno un loro officium??, le arti hanno un 236 Ma si vedano i mss.: Vat. lat. 3038, f. 8r: « Et sicut dictum est de prae- dictis officiabilibus vel officialibus [...] » (il testo è quello di BILLINGHAM, Speculum..., cit., p. 367, in apparato alla r. 34), e Cambridge, Corpus Christi College 378, f. 42r (cit. in n. 185 del cap. VII). 237 Cfr. LAauSBERG, op. cit., p. 765. 238 Nei Tractatus Anagnini, cit., p. 274 (cfr. cap. II, n. 56); cfr. anche Occam, Summa logicae, ‘angelus’ est nomen mere absolutum, saltem si non sit nomen officii sed tantum substantiae ». Secondo M.-D. CrÙenu (Tbhéologiens et canonistes, in Études d’histoire du droit cano- nique dediées è Gabriel Le Bras, II, Paris 1965) il termine officium in S. Tommaso deriva da Ismoro, Etyz., cit., VI, xix, 1, per il quale le funzioni dell'anima sono officia che si esercitano nell’unità d’una natura (p. 838): ministerium, in sinonimia, assicura la sacralizzazione dell’officium, sia per i teologici che per i canonisti, in ecclesiologia come in liturgia (ivi). 239 Cfr. di RosceLLINO, la lettera ad Abelardo (in J. ReINERS, Der Nomi nalismus in der Friibscholastik, « Beitrige zur Geschichte der Philosophie des Mittelalters », VIII, 5, Miinster i. W. 1910, p. 80): « Quia igitur suscepto habitu doctoris officium mendacia docendo usutpasti, utique monachus esse cessasti, quia beatus Hieronymus monachum, monachus ipse, diffiniens: ‘Monachus’ inquit ‘non doctoris sed plangentis habet officium, qui se vel 452 Alfonso Maierù loro officium?, le arti sermocinales studiano gli officia delle vatie dictiones *!, Per le Summe Metenses e per il Tractatus de proprietatibus sermonum, officium è proprietas dictionis o sermonis, mundum lugeat et domini pavidus praestoletur adventum’», e GoFFREDO DI Fontames, Quodl. XII, q. 6, ed. J. Hoffmans, Louvain 1932: « Utrum liceat doctori praecipue theologiae recusare quaestionem sibi positam [...] »; la risposta è che il maestro in teologia è « doctor veritatis habens officium publicum docendi » (pp. 105 e 107); nella disputa scolastica, l’opponens e il respondens hanno « diversa officia » (Tractatus Anagnini, cit., p. 260). 20 Cfr. Cassioporo, Institutiones, cit., II, I, 1, p. 94: «officium eius (sc. grammaticae) est sine vitio dictionem prosalem metricamque compo- nere »; e ms. Oxford, Bodl. Library, Laud. lat. 67, f. 6ra (cit. dal De RiJk, Logica modernorum, II, i, cit., p. 165): « Officium eius (sc. dialetice) est docere, argumenta invenire ad probandam questionem propositam et de eisdem iudicare »; considerare l’officium è un topos delle introduzioni alla dialettica nel sec. XII (DE Rtjk, op. cit., II, i, p. 148); cfr. ms. Vienna, lat. 2486, f. 17r (in De RK, op. cit., II, i, p. 235, sotto Quod officium): « Offi- cium uniuscuiusque artis est quod convenit opifici secundum ipsam artem » e ancora: « huius artis officium est considerare proprietatem litterarum in sil- labis, proprietatem sillabarum in dictionibus, proprietatem dictionum et uniuscuiusque accidentis earum in sintasi »; Summa Sophisticorum elen- corum, cit., p. 267: «Officium eius (sc. opificis agentis ex arte) est sic disputare ut videantur circa propositum ea esse que non sunt ». 21 Cfr. ms. Chartres 209, f. 37rb (in R.W. Hun, op. cit., I, p. 227): del verbo est si dice: « quantum ad officium quod exercet in oratione in ui substantiui consideramus [...] » e « aliud est agere de uocibus per se consi- deratis, aliud de eisdem ad uim et officium quod habent in oratione posite relatis »; Fallacie Parvipontane, cit., p. 569: « Et notandum quoniam nomina supponentia verbum duplex habent officium. Supponit enim quandoque nomen pro aliquo suorum appellatorum, quandoque pro nullo ». ABELARDO (Introductiones dialecticae, cit., pp. 73-74) parla di officium delle voces, ma anche delle litterae; per l’officium del verbo est, si veda, cap. III, n. 26. 22 Cfr. Summe Metenses, cit., p. 474: «Est ergo locus sophisticus in dictione qui provenit ex proprietatibus dictionis. Que sunt significatio, consi- gnificatio, officium, transumptio, constructio, ordinatio, prolatio, terminatio eic.», e Tractatus de proprietatibus sermonum, cit., p. 707: «[...] utile vi- detur instituere tractatum de sermonibus et diversitate proprietatum et Terminologia logica della tarda scolastica 453 mentre le « dictiones officiales » sono quelle « quarum constructio est deservire partibus aliis » %. La caratterizzazione del termine officiabile come quello che ha il compito di ordinare il discorso o determinate un contesto presuppone l’analisi sintattica delle strutture della proposizione. Poiché il compito di ‘costanti’ e ope ratori nella logica medievale è svolto dai sincategoremi ?#, questi saranno i termini officiabili per eccellenza per lungo tempo, dalle Summe Metenses* a Guglielmo di Shyteswood #9 e Ruggero Ba- officiorum que considerantur iuxta sermonem. Que sunt copulatio, appellatio, suppositio, et multa alia de quibus dicemus inferius ». Si noti la differenza tra i due testi: nel primo, officium è elencato tra le proprietates, nel secondo officia è in endiadi con proprietates: ma si può supporre un passaggio dalla posizione del primo testo a quella del secondo. Cfr. anche DE Rijk, Soze Notes on the Mediaeval Tract De insolubilibus..., cit., p. 100 (v. cap. II, n. 91) e p. 112: « Sequitur de secunda specie insolubilium. Que provenit ex officio vocis vel ex his que circumstant vocem. Que sunt tria: significatio, suppo- sitio, appellatio. Unde videndum quod, quando ex aliquo officio quod est in voce vel circumstat vocem, provenit insolubile, id est cassandum, si sit accidentale. Cfr. Summe Metenses: tra queste dictiones sono anno- [verate  pva). exponentium sui oppositi. Nec dicuntur exponentes nisi significantur copulative, nec causae veritatis nisi significantur disiunctive. Secondo Strode, dunque, le causae veritatis sono opposte alle exponentes. Queste operano in congiunzione -- significantur copulative --, quelle in disgiunzione – disiunctive. Per le causae veritatis valgono quindi le regole della disgiunzione (p > p v q – “She is in the kitchen; therefore, she is in the kitchen or in the bedroom”), mentre per le exporentes valgono le regole della congiunzione (pq 2 p – “She likes peaches and cream; therefore, she likes peaches”). Strode se ne serve per la probatio delle negative dell'esclusiva, eccettiva e reduplicativa, ma anche delle proposizioni in cui compaiono i termini incipit e desinit. Quanto a quest’ultimo caso, va rilevato che Heytesbury aveva assegnato alle proposizioni contenenti incipit o desinit una duplice expositio, tra cui si doveva scegliere di volta in volta quella più conveniente al problema in esame *%; i due modi dell’expositio non costituivano però una disgiunzione di proposizioni in congiunzione. Strode, invece, as- 54 Logica, cit., f. 19rb; cfr. anche f. 24rb: «Et hoc est generaliter (notandum): cum aliqua propositio habet exponentes, eius contradictorium habet causas veritatis ». 35 Ivi, f. 26va: «Ista tamen ‘Socrates non est asinus in quantum est homo? et consimiles debent dici reduplicativae et habent (probari) per causas veritatis oppositas exponentes reduplicativae, sicut convenienter dictum est de exclusivis et exceptivis », ma cfr. f. 24rb, dove si assegnano le causze veritatis anche all’opposta dell’esclusiva negativa. 36 De incipit et desinit, cit., f. 23va: « Incipere dupliciter solet exponi: videlicet per positionem de praesenti et remotionem de praeterito, ut quod in praesenti instanti est et immediate ante instans quod est praesens non fuit; aut per remotionem de praesenti et positionem de futuro, ut quod in praesenti instanti non est, et immediate post instans quod est praesens erit. Desinere etiam dupliciter potest intelligi, scilicet vel per remo- tionem de praesenti et positionem de praeterito, ut quod in praesenti instanti non est, et immediate ante instans quod est praesens fuit; vel per positionem de praesenti et remotionem de futuro, ut quod in praesenti instanti est et immediate post instans quod est praesens non etit ». Cfr. agg analoghe in GueLieLMO DI SHyrEswooD, Syncategoremata, segna piuttosto la disgiunzione di due congiunzioni di proposizioni (pq v rs), e cioè le causae veritatis 7. La stessa cosa fa Marsilio, ma solo limitatamente al caso in cui il verbo incipit « affirmatur de subiecto singulari substantiali » (ad es. di Socrates) Tra i filosofi italiani, Pietro di MANTOVA (si veda) si serve della probazio per causas veritatis per l'esclusiva ®, l’exceptiva mere negativa” Logica, cit., f. 25ra: «Incipit communiter debet exponi per posi- tionem de praesenti et remotionem de praeterito, ut: ‘hoc nunc est et immediate ante hoc instans quod est praesens hoc non fuit, ergo hoc incipit esse’; vel per remotionem de praesenti et positionem de futuro, ut: ‘hoc munc non est et immediate post hoc instans quod est praesens hoc erit, ergo hoc incipit esse’. Et e converso modo debet exponi li ‘desinit’, ut dicunt, per remotionem de praesenti et positionem de futuro, ut: ‘hoc nunc non est et immediate ante instans quod est praesens fuit’, vel per positionem de praesenti et remotionem de futuro, ut: ‘hoc nunc est et immediate post instans quod est praesens non erit’. Sed ego dico quod tales potius debent dici causae veritatis et non exponentes, ut patet in praecedenti. In istis ergo servetur haec regula, quod non oportet aliquam propositionem de incipit et desinit exponi nisi ut propositio simplex et singularis numeri. WycLIr, nel porre il problema, non esplicita il riferimento alle «causae veritatis », per cui è difficile intendere se si sia staccato dal modo di Heytesbury; cfr. Tractatus de logica. Sor incipit esse, sic exponitur: Sor nunc est, et ipse immediate ante hoc non fuit: igitur etc. Vel sic: Sor iam primo est et ipse inmediate ante hoc non fuit: ergo, Sor incipit esse », e p. 191: « Et hoc est quod solet dici: hoc verbum, incipit, debere disiunctim exponi per remocionem de presenti et posi- cionem de futuro; vel per posicionem de presenti et remocionem de prete- rito; ut, si Sor munc est effectus et non prius fuit, tunc incipit esse. Vel si non est in instans quod est presens, et inmediate post illud erit, tunc incipit esse. Et sic de desinit ». 328 Cfr. Textus dialectices, cit., f. 201r. 329 Logica, cit., f. [29ra-b]: exclusiva in numero plurali affir- mativa habet duas causas veritatis, quarum una est gratia alietatis et alia est gratia pluralitatis: verbi gratia, ‘tantum 12 sunt apostoli dei’ altero illorum modorum verificari potest: ‘12 sunt apostoli dei et nulla non 12 sunt apostoli dei’, vel sic: ‘12 sunt apostoli dei et non plura quam 12 sunt apostoli dei’. Unde talis propositio exclusiva in numero plurali non debet exponi quia propositio exponibilis copulative significat et non veri- 480 Alfonso Maierù e le proposizioni de incipit et desinit. Paolo Veneto avvia il processo mediante il quale questa forma di probatio diventerà con Paolo da Pergola un procedimento autonomo, fissando nella Logica parva la seguente regola (che, si noti, segue quelle relative alla probatio mediante expositio, resolutio, officiatio, descriptio, e a senso composto e senso diviso): « ab una causa veritatis ad propositionem habentem illam causam ficatur disiunctive (ex distiunctive), et ab exposita ad quamlibet suarum exponentem est bonum argumentum formale, sed talis propositio neque verificatur copulative neque ab ista exclusiva ad quamlibet esponentium valet consequentia: convertitur enim cum tali disiunctiva cuius quaelibet pars principalis est copulativa, igitur etc.». Come si può notare, la probatio qui è data mediante la disgiunzione di due copulative. Ai ff. [41vb- 42ra], invece, Pietro di Mantova scrive: «Sed ista ‘a te differt omnis asinus’ habet duas causas veritatis, quia primus terminus in ea mediatus est resolubilis et exponibilis. Ideo ista significat disiunctive sic: ‘a te differt quilibet asinus, id est a te differens est quilibet asinus’ resolvendo, vel exponendo sic: ‘omnis qui est asinus est tecum et nullus asinus es tu, igitur a te differt quilibet asinus’, et hoc est verum et ideo illa est vera ‘a te differt quilibet asinus’»: in questo passo l’accezione di « causae veritatis » sembra essere generica. 35 Ivi, f. [33va]: «I...] exceptiva mere negativa non habet exponi, sed habet causas veritatis disiunctive, et regula superius data de exposi- tione exceptivae vera est de exceptivis non mere negativis ». 31 Ivi, £. [47rb-va]: « Incipit solet sic exponi: ‘Socrates in instanti quod est praesens est et non immediate ante instans quod est praesens fuit veli Socrates in instanti quod est praesens non est et immediate post instans quod est praesens erit, igitur Socrates incipit esse’. Sed haec consequentia non valet quia in primo esse mundi [...]; et quod illa disiunctiva sit vera patet quia eius prima copulativa est vera in illo casu », f. [47va-b]: « Ideo dicitur quod illae dictiones ‘incipit’ et ‘desinit’ et huiusmodi non habent exponi sed habent causas veritatis», e f. [48ra]: « Aliquando autem li ‘incipit’ non habet illas causas veritatis per positionem de praesenti et remotionem de praeterito vel negationem de praesenti et positionem de futuro, sed aliquando habet easdem causas veritatis quas li ‘desinit’, quia illae convertuntur: ‘Socrates incipit non esse’ et ‘Socrates desinit esse’ »; cfr. WiLsoN]mest bona consequentia » *. In questo contesto, le causae veritatis sono assegnate alla proposizione « denominata ab ablativo conse- quentiae »: data la proposizione « homine currente risibile cutrit », poiché l’ablativo assoluto può essere risolto in una proposizione condizionale (« si homo currit »), o temporale (« dum homo cur- rit »), o causale (« quia homo currit »), la proposizione origi- naria sarà vera quando almeno una delle proposizioni alle quali x equivale l’ablativo assoluto è vera**. Ma, ancora nella Logica parva, si afferma che la proposizione esclusiva negativa ha « duas causas veritatis, oppositas exponentibus exclusivae affir- mativae » **. Nella Logica magna, invece, si fa ricorso alla pro- batio per causas veritatis, oltte che per l’esclusiva negativa *5, anche per la reduplicativa negativa 9 e per incipit e desinit *", in modo analogo a quanto afferma Pietro di Mantova. Infine, 332 Logica parva, Logica magna, cit., I, 5, f. 35va. 336 Ivi, I, 8, f. 4irb: «Si autem (sc. negatio) cadit in totum et super reduplicationem, non habet exponi sed solum habet causas veritatis quae sunt contradictoriae exponentium reduplicativae sibi oppositae »; nella Logica parva, cit., IV, invece, aveva scritto: « Negativa vero reduplicativa, cuius negatio praecedit notam reduplicationis, non est exponenda sed pro- banda per suum contradictorium ut saepe dictum est». 337 Mentre nella Logica parva, cit., IV, l’autore ritiene che « dupliciter exponitur », nella Logica magna, cit., I, 18, f. 65va, dopo la discussione di molte opinioni, scrive: « Propositio ergo respectu huius verbi ‘incipit’ vel ‘desinit’ exponi non habet, sed habet causas veritatis quarum quaelibet propositionem de incipit vel desinit potest inferre, et disiunctiva ex eisdem cum ipsa propositione convertitur. Unde haec propositio ‘hoc incipit esse’ habet duas causas veritatis, quarum una est copulativa duarum demonstra- tivarum, unius de praesenti affirmativae et reliquae de praeterito negativae cum determinatione huius dictionis ‘immediate’, ut: ‘hoc nunc est et hoc immediate ante instans quod est praesens non fuit’, Secunda causa veritatis eiusdem est una copulativa talium duarum, unius de praesenti negativae et alterius de futuro affirmativae cum consimili determinatione, ut: ‘hoc 31 482 Alfonso Maierà Paolo da Pergola scrive: « Probabilis per causas veritatis est illa propositio quae habet multas causas veritatis disiunctive sumptas, sicut incipit, desinit et ablativus in consequentia » 38: per quanto riguarda incipit e desinit, non c'è bisogno di altri rife- rimenti dopo quanto si è detto. L’« ablativus in consequentia » ci riporta alla Logica parva di Paolo Veneto, dal quale il Pergolese, al solito, dipende *’, Tuttavia egli allarga il discorso, riservando questo tipo di probatio alle contraddittorie di ciò che può essere provato non solo mediante expositio, ma anche mediante reso- lutio, descriptio e officiatio, e in genere a tutte le proposizioni negative: Nota quandocumque propositio probatur copulative, sive resolubiter sive exponibiliter sive officiabiliter sive descriptibiliter, eius contra- dictorium est probabile per causas veritatis, scilicet per disiunctivam compositam ex partibus contradictoriis #9, nunc non est et hoc immediate post instans quod est praesens erit’. Similiter haec propositio ‘hoc desinit esse’ habet duas copulativas causas veritatis, quarum una componitur ex duabus categoricis, una de praesenti negativa et alia de praeterito affitrmativa, cum hac determinatione ‘imme: diate’; ut: ‘hoc mune non est et hoc immediate ante instans quod est praesens fuit’. Secunda causa veritatis ipsius est una copulativa composita ex duabus talibus, quarum una est affirmativa de praesenti et reliqua nega- tiva de futuro cum simili determinatione, ut: ‘hoc nunc est et hoc immediate post instans quod est praesens non erit’. Vel, si tibi placet, potes dare causas veritatis cum prioribus convertibiles breviores, ut: ‘si hoc nunc est et immediate ante munc non fuit, hoc incipit esse’; et: ‘si tu non es albus et immediate post nunc eris albus, tu incipis esse albus’. Eodem modo dico de li ‘desinit’. Non ci addentriamo qui nella determinazione dell’atteggiamento che Paolo Veneto tiene rispetto a Pietro di Mantova. Logica, cit., p. 79. 33 Si noti che manca ogni cenno alle « causae veritatis » per la esclu- siva negativa (ivi, pp. 57-60); nella trattazione De consequentiis, però, si trova la regola riferita da Paolo Veneto nella Logica parva (ctr. ivi, p. 98). 30 Ivi, p. 84; e ancora (ivi): « Si vero est mediata (sc. propositio) debes videre an sit affirmativa vel negativa; si est negativa, debes cam probare per causas veritatis, aut per contradictorium, aut per singulares, ut supra Terminologia logica della tarda scolastica 483 Il riferimento all’expositio è stato ampiamente illustrato; altret- tanto chiaro risulta il cenno alla resolutio, officiatio, descriptio quando si pensi, come si è detto, che in tutti questi casi la pro- batio è data mediante congiunzione di proposizioni, la cui nega- zione è una disgiunzione di proposizioni negative. dictum est ». Questo passo può essere chiarito ricordando che BILLINGHAM (Speculum..., cit., p. 357) ha assegnato l’oppositum per la probatio di dimostrativa e universale negative o con soggetto infinito, e per l’indefinita negativa ha assegnato una probatio disiunctive: cioè universale negativa o due dimostrative (quest'ultime sono il sillogismo espositorio nega- tivo); che PaoLo Veneto (Logica megna, cit., I, 1, 4, £. 13va) ha assegnato tre modi di probatio alla indefinita o particolare negativa: sillo- gismo espositorio negativo, contraddittoria, universale negativa, e che per la universale negativa (ivi, f. 14ra) ha assegnato il contraddittorio; Wyclit e Pietro di Mantova hanno svolto quel discorso che abbiamo richiamato nel $ 3. Qui Paolo da Pergola, parlando in generale della proposizione mediata negativa, richiama tutti questi vari modi di probatio accanto a quella « per causas veritatis. Il trattato contenuto nei ff. 6ra-19va del ms. Amplon. Q. 276 della Wissenschaftliche Allgemeinbiblio- thek di Erfurt! si compone di varie guaestiones, per ciascuna delle quali si adduce una lunga serie di argomenti (cominciando in genere, dalla parte negativa: videtur quod non), ai quali si risponde (in oppositum) spesso dopo aver formulato una determi- natio brevissima, magari di una sola proposizione; ma talota si ri- sponde di volta in volta dopo ciascun argomento. L’autore — chiunque sia — si preoccupa di fornire una casi- stica delle difficoltà che possono sotgere nell’obiettare, e nel rispondere alle obiezioni, contro i sophismata?. Il trattato si colloca quindi tra quelli che intendono offrire sussidi ai prota- gonisti della disputa scolastica. E poiché le difficoltà nascono sempre dall’uso dei termini cui si fa ricorso, la trattazione verte necessariamente sul valore dei termini e sui modi di ‘provare’ le proposizioni che li contengono. 1 Cfr. Introduzione, n. 79. Il microfilm del ms. di cui mi sono servito non è eccellente; manca il fotogramma del f. 14r; il f. 15 del ms. dev'essere corroso in una delle col. 2 Ms. Amplon. Q. 276, f. 6ra: «Quoniam in(n)ata est nobis via a communibus ad propria, ideo nos de modo opponendi contra sophismata cen E PA primo de communi modo opponendi et respondendi dicamus. Gli argomenti trattati possono essere così riassunti: 1) ci si chiede se l’inductio sia un modo valido di probare la propo- sizione universale 3; 2) a) se la « probatio per contradictorium » sia bora, e cioè valida ‘ e b) se la « probatio a destructione consequentis », o anche la « pro- batio ex opposito conclusionis inferendo oppositum praemis- sae » sia valida 5; 3) ci si chiede « de probationibus incidentibus in multiplicibus, ut in aequivocis »: « an sufficiat cognoscere aliquod multiplex in uno significato » 9; ma la quaestio si articola in varie questioni: a) «an aliquod nomen sit aequivocum » 7; b) « an... significatio dictionis sit eius forma accidentalis » 8; c) « utrum sufficiat probare multiplex in uno probato significato vel non, et ad illud persuadendum oportet inquirere utrum aequivocum significet per modum copulationis sua significata aut per modum disiunctionis » 9; d) «an nomen aequivocum possit distribui pro omnibus suis significatis sive pro quolibet singulari cuiuslibet significati simul a signo universali sibi addito » 1%; e) « an sit contradictio in aequivocis » !!; f) «an propositiones habentes terminum aequivocum debent dici una vel plures » !2; 4) a) sulla base di quanto si è detto ci si chiede poi « an copulativa sit una »!5, e 3 Ivi. 4 Ivi, f. 6va 5 Ivi, £. 7vb. 6 Ivi, f. 8vb. 7 Ivi, «quod non est, videtur»: f. 8vb; «Quod umne nomen sit aequivocum sic videtur »: f. 10ra. 8 Ivi, f. 10vb. 9 Ivi, f. 11rb. Cfr. ps. Duns Scoro, In librum I priorum Analyticorum Aristotelis quaestiones, cit., q. x, ff. 230b-231b: Utrum terminus aequivocus contineat sua significata per modum copulationis. 10 De probationibus, cit., f. 11vb. 11 Ivi, f. 12rb. 12 Ivi, f. 12vb. 13 Ivi, f. 14va. 486 Alfonso Maierù b) « an sit (contradictio in copulativis) » 14; 5) analogamente, a) « quaeritur an disiunctiva sit una vel plures » 55; b) « an sit contradictio in disiunctivis » ‘6; ” 6) « quaeritur an haec propositio ‘homo albus currit’ sit una (vel plures) » 17; i 7) «an falsitas implicationis falsificet propositionem » 18; 8) «an una negatio possit negare plures compositiones » 19; 9) infine, si discute de incipit et desinit: « Quaetitur de expositione et significatione istorum verborum ‘incipit’ et ‘desini’. Primo quaeratur quid significent, secundo utrum suum significatum ipso (?) esse syncategorema vel categorema »: a) «De primo sic quaeritur, utrum significent motum vel muta- tionem » 2; b) « Deinde quaeritur an si(n)t syncategoremata » 8; c) «quid ponitur in huius(modi) praedicationibus (?) proposi tionibus, et videtur quod hoc quod dico ‘incipit’ et ‘desinit’ » 2; d) « (D)einde quaeritur de negatione istorum, et primo utrum habeant intellectum negationis secundum quod possunt con- fundere, dato quod aliquo modo sit ibi negatio » 8; e) « utrum possi(n)t confundere ratione istius negationis » #; f)  j; op- pure 7 D LC, .v.#), e non viceversa !. I sersus di una proposi- zione in disgiunzione sono causae veritatis di essa: basta perciò che sia vero uno dei sensus perché sia vera l’intera proposizione. Così non è per i sersus in congiunzione, poiché in tal caso è necessario che siano veri tutti i sensus perché si abbia la verità vede in ciò un’accettazione della dottrina occamistica della suppositio simplex da parte di Heytesbury. l De propositionum multiplicium significatione, cit., ff. 252vb-253ra: « Unde et si arguitur sic: praecise tot scis quot sunt aliqua quae Plato scit esse, ergo non scis plura quam sunt aliqua quae Plato scit esse, non valet argumentum. Nam per id antecedens non probatur id consequens nisi pro altero sensu [...]»: si tratta della singolare negativa; il procedimento è analogo a quello di cui alla n. 9; ancora, ivi, f. 253ra: « Si tamen arguitur sd istam probandam, sic incipiatur: talis propositio sic praecise significans potest esse quod rex sedet et quod nullus rex sedet? (...) tunc ista est impos- sibilis, igitur non potest esse sicut ista significat, et ista significat praecise quod potest esse quod rex sedet et quod nullus rex sedet, igitur non potest esse quod potest esse quod rex sedet et quod nullus rex sedet: neganda est consequentia; nam consequens id, ut praedictum est, suos sensus copu- lative significat, quorum tamen alter sequitur ex isto antecedente»; per la proposizione in esame, cfr. n. 18; il modo della probatio richiama il procedimento della probatio officialiter. Probare occorre un’altra volta al f. 252va, nella discussione della universale; A Ivi, f. 252va: «Ex quo etiam apparet, cum cuiuscumque proposi- tionis copulative solum significantis contradictorium disiunctive significet quod cuiuscumque multiplicis plures sensus copulative solum significantis contradictorium disiunctive significat opposito modo quo etiam talis univer- salis multiplex significat copulative ». Terminologia logica della tarda scolastica 495 della proposizione cui la congiunzione equivale '. Anche l’espres- sione causae veritatis ha dunque il valore noto; nel caso speci fico, designa solo i sensus in disgiunzione !*. Questo è il primo dei casi esaminati nel trattato. Seguono poi il caso in cui la proposizione universale affermativa non significa tutti i suoi sersus in forma universale, ma uno di essi in forma universale e un altro in forma particolare ‘5; la proposi- zione particolare affermativa o negativa !; la proposizione singolare affermativa o negativa !”. L’autore passa quindi ad esaminare le ipotetiche, e comincia dalla proposizione de copulato extremo!*. Si discute poi della [Nam si copulative significaret, ad eius veritatem cuiuslibet sui sensus veritas requiretetur » (è detto della particolare, cfr. n. 16). 14 Cfr. ivi: «[...] est fallacia consequentis arguendo a propositione habente plures sensus disiunctive ad unum sensum», e f. 253va: « Ca] arguitur a propositione plures causas veritatis habente ad unam istarum, ideo est fallacia consequentis ». L'espressione causae veritatis occorre ancora altre tre volte, ai ff. 252va, 253rb, 253va. 15 Ivi, f. 252vb: «Quaedam tamen universales sunt multiplices, non tamen sensu; quaedam enim sunt universales multiplices quae in uno sensu sunt universales et in alio particulares vel singulares existentes [...] ». Se affermativa, tale proposizione significa i suoi sensus in disgiunzione; se negativa, in modo opposto, e quindi in congiunzione (ivi). 16 Ivi: «Patet igitur quod quaelibet particularis affirmativa multiplex, et etiam negativa quae in quolibet suo sensu est particularis, suos sensus disiunctive significat », e: « Nam ad hoc quod verificetur particularis aliqua sufficit quod verificetur aliquis eius sensus ». 17 Ivi: «Consimiliter etiam de singularibus est dicendum pro parte. Negativa autem singularem (!) singulari affirmative disiuctive significanti [segue vuoto di circa sci lettere] copulative significare suppono ». 18 Ivi, f. 253ra: «Consimilis etiam responsio est ad propositiones hypotheticas multiplices, ut sunt propositiones de disiuncto et de copulato extremo, copulativae, disiunctivae, temporales, conditionales: non potest esse (una) responsio. Unde primo est sciendum quod quaelibet affirmativa 496 Alfonso Maierùà copulativa !. Sia data la proposizione [1] « tantum Socrates est homo et aliquod istorum et plures homines sunt »; essa può essere intesa come composta di due proposizioni, delle quali una risulti una proposizione de copulato extremo. Gli ele- menti che possono essere presi in considerazione sono perciò i se- guenti: [2] « tantum Socrates est homo »; [3] « aliquod istorum et plures homines sunt »; [4] «tantum Socrates est homo et aliquod istorum »; [5] « plures homines sunt ». La [3] e la [4] sono proposizioni de copulato extremo, ciascuna delle quali ha in comune con l’altra l'elemento « aliquod istorum » (l’extremzuze copulato è il soggetto nella [3], il predi- cato nella [4]). I sersus della [1] possono essere dati indif- ferenter dalla congiunzione della [2] e della [3], o dalla congiunzione della [4] e della [5]. Poiché non si ha motivo di preferire una congiunzione di sersus all’altra, la [1] signifi- cherà i suoi sersus mediante una disgiunzione, il cui primo multiplex et hypothetica quae est particularis, indefinita vel singularis ut praemissum est, suos sensus disiunctive significat. Unde et ista: ‘potest esse quod potest esse quod rex sedet et nullus rex sedet [...]». Si noti che l’autore include le proposizioni de copulato extremo tra le ipotetiche; l’esempio addotto è quindi una proposizione de copulato extremo, propria- mente categorica (del resto, non avrebbero altrimenti senso le indicazioni circa la quantità della ‘ipotetica’. Negata, la proposizione in esame significa i suoi ‘sensi’ oppositis modis copulative (ivi). La conclusione di questa discussione è: «Idem etiam de propositionibus multiplicibus de disiunctis extremis et affirmativis» (ivi). 19 Ivi, sotto: «Pro copulativis est tunc sciendum ex suarum partium principalium captione solum significans copulative, sive utraque eius pars copulative sive utraque disiunctive, sive una eius pars disiunctive et alia copulative significet illis duobus modis quibus et istae partes significant copulative, et cuiuslibet talis contradictorium oppositis modis quibus istae partes significant disiunctive significabit ». Terminologia logica della tarda scolastica 497 membro sarà la congiunzione della [2] e della [3] e il secondo membro sarà la congiunzione della [4] e della [5] ?°. Anche nel caso della proposizione [6] « Socrates currit vel Plato currit et Socrates non curtrit », si possono avere interpretazioni diverse: la si può cioè intendere come una congiunzione di proposizioni, formata da [7] « Socrates currit vel Plato currit », e da [8] « Socrates non curtrit », oppure come una disgiunzione di proposizioni formata da [9] « Socrates currit », e da [10] « Plato currit et Socrates non cutrit ». Poiché l’una o l’altra interpretazione si addice a simili propo- sizioni (« indifferenter copulativae vel disiunctivae possunt esse »), i sensus della [7] saranno espressi da una disgiunzione, di cui un membro sarà una congiunzione e l’altro ancora una disgiun- zione . La negazione premessa alla disgiunzione dei sensus della [7] (e così della [1]) darà luogo a una congiunzione di proposi- zioni negative 2. Heytesbury esamina ancora proposizioni il cui dictum può essere inteso multipliciter®, proposizioni che hanno vari sersus in funzione di un pronome relativo in esse presente che può riferirsi a due diversi antecedentes”, e conclude la discussione 20 Ivi, f. 253ra-b; le [1]-[5] sono indicate da Heytesbury con le lettere dalla « alla e; l’analisi è già nel testo, dunque. 21 Ivi, f. 253rb. 2 Ivi: «Ex quo satis patet eius contradictorium istis duobus modis significare copulative ». 3 Ivi: «[...] est sciendum quod sunt quaedam propositiones multi- plices quarum est dictum multiplex, a quibus ad suum dictum arguendo fallit processus [...]»; esempio è: «non scis propositionem falsam esse propositionem veram vel propositionem falsam sciri a te ». 2 Ivi, f. 253rb-va; esempio è: «aliquid differt ab animali quod non differt ab animali»: antecedens del relativo quod può essere sia animal sia aliquid; esso significa disiunctive (causae veritatis). 32 498 Alfonso Maierù con un'analisi dei sersus delle proposizioni comprendenti una condizionale ®. 25 Ivi, f. 253va-b. Sono di vario genere (ivi, f. 253va): « Quaedam tamen sunt conditionales quae indifferenter copulativae vel conditionales, et quaedam disiunctivae vel conditionales, possunt esse. In entrambi i casi significano i loro sensus disiunctive, mentre le contradicentes significano i loro sensus copulative. I termini “compositio” e “divisio rendono “oivdeois” e “Sraipeote” occorrenti nelle opere aristoteliche, principalmente in due contesti: quello del De interpretatione, dove, a proposito dell’enunciato, che risulta di più termini, si dice che la verità e la falsità sono attinenti alla compositio, o affermazione di un termine dell’altro, e alla divisio, o separazione di un termine dall’altro; e quello del De sopbisticis elenchis, dove si parla delle fallacie secundum compositionem e secundum divisionem. Ci soffermeremo sulla seconda delle dottrine aristoteliche, ma non è inutile un rapido esame preliminare dei valori che i due termini e i corrispondenti aggettivi assumono [Non ci occupiamo della Suxipeoig platonica (cfr. ad es. FEDRO). Per i valori degli stessi termini in RETORICA, cfr. LAUSBERG. De interpr.; cfr. transl. Boethii, Aristoteles latinus: circa compositionem enim et divisionem est falsitas veritasque »; cfr. anche 6, 17a 25-26, transl. Boethii, ivi, p. 9: « Adfirmatio vero est enuntiatio alicuius de aliquo, negatio vero enuntiatio alicuius ab aliquo », e Metaph. VI 4, 1027b 19 sgg. e XI 11, 1067b 26; in part. per obvieowe cfr. Top. VI 13, 150b 22 e 14, 151a 20.31. 4 Cft..6.2; 500 Alfonso Maierùà nei testi logici. Dei due termini, compositio è privilegiato rispetto all’altro, per il maggior numero di accezioni con le quali occorre. Nel suo Tractatus syncategorematum Pietro Ispano fornisce una sistematica esposizione dei vari modi in cui può essere inteso il termine compositio *. Compositio può essere rerum o modorum significandi: compositio rerum è quella della forma con la ma- teria, dell’accidente con il suo subiectum, delle facoltà con l’essenza (potenze dell’anima con l’anima), delle parti integrali tra loro in un tutto (nella linea, le parti della linea rispetto al punto e della superficie rispetto alla linea), della differenza con il genere nella costituzione della specie 5. La corzpositio modorum significandi può essere o di una qualità con la sostanza, espressa dal nome $, o di un atto con la sostanza ed è espressa dal verbo”. La compo- sitio di un atto con la sostanza può essere duplice: si può inten- dere l’atto in quanto « habet inclinationem ad substantiam, secun- dum quam inclinationem dicitur de altero », cioè in quanto l’atto è considerato « ut distans », ed è il verbo di modo finito; ma può intendersi l’atto « unitus » alla sostanza, in quanto « privatus ista inclinatione, et sic est in participio » ®. La « compositio actus ut distantis » è ancora duplice: può essere in rapporto con una « substantia exterior », come nel caso della proposizione « Socrates 4 Cfr. op. cit., pp. 483 sgg. Ma si veda anche la traduzione inglese di J.P. Mullally (PETER OF SPAIN, Tractatus syncategorematum..., cit., pp. 17 sgg.). Si confronti quanto dice Pietto Ispano con la triplice distinzione di compositio (rei, intellectus, sermonis) di Dialectica Monacensis, cit., p. 569. 5 PetrI HIsPANI, Tractatus syncategorematum, cit., p. 484B. Per la com- posizione degli accidenti con il subiectum, si veda il Liber sex princi- piorum, cit., p. 35: «Forma vero est compositioni contingens, simplici et invariabili essentia consistens. Compositio etenim non est, quoniam a natura compositionis seiungitur [...] ». 6 PerrI HISPANI, op. cit., p. 484B. 7 Ivi, p. 484C. 8 Ivi, p. 485F. currit »°, o può essere in rapporto con una « substantia intra », x quando il soggetto è sottinteso, come nel caso di « currit » !°. In tutti questi casi, si può dire che il concetto di compositio, in quanto fa riferimento agli elementi di cui esprime un rapporto, rientra nella categoria di relazione !!. Opposta alla composizione è la negatio !?. Particolarmente importante è la « compositio actus ut distantis » perché sta alla base del costituirsi della proposi- zione 5. Il caso più semplice è quello del verbo est: esso « consi- gnificat compositionem », ma poiché rispetto agli altri verbi esso è natura prius giacché « in eis intelligitur » !, tutto quello che di esso si dice vale per gli altri verbi. Alla radice di questa interpre- tazione sta un passo già ricordato di Aristotele 5, ampiamente sviluppato dalla grammatica speculativa !. Che il verbo est, e 9 Ivi, p. 491D. 10 Cfr. ivi, e p. 486D: «Quod autem in verbo fit compositio actus ut distantis, patet per hoc quod actus significatus per verbum semper significatut ut de altero; cum nam dico “‘cutrit’, oportet intelligere substantiam determi- natam, de qua dicatur ‘curtit’, ut praedicatum de subiecto ». 11 Si veda ivi, p. 484A: «Sciendum ergo quod compositio ad aliquid est, quia compositio est compositorum, et compositio et composita sunt compositione composita quare compositio in praedicamento relationis erit ». Cfr. anche H. Roos, Das Sophisma des Boetius von Dacien « Omnis homo de necessitate est animal» in doppelter Redaktion, « Classica et Mediae- valia », XXIII (1962): la « necessitas habitudinis terminorum » (p. 190) non è altro che « necessitas compositionis » (pp. 191-192). 12 Perri HisPANI op. cit, p. 490D: «Cum secundum diversitatem compositionis (ex compositionem) diversificetur negatio, ideo post composi- tionem, dicendum est de negatione »; ma cfr. L.M. DE Rjk, On the Genuine Text of Peter of Spain's «Summule logicales», II, cit, p. 89: «natura divisionis non potest cognosci nisi cognoscatur natura compositionis ». 13 PerRI HISPANI, op. cit., pp. 487A sgg. 14 Ivi, p. 483F. 15 De interpr. 3, 16b 22-25 (cfr. cap. ILI, n. 8). 16 Cfr. ad esempio Tommaso DI ERFURT, Gramzzatica speculativa, in Duns ScotI Opera omnia, I, cit., xxvii, $ 1, f. 59b: «[...] Verbum habet quendam modum significandi, qui vocatur corzpositio, de quo antiqui 502 Alfonso Maierù quindi ogni altro verbo, significhi quella compositio che è rapporto fra due termini nella proposizione è dottrina comune; non altret- tanto comune è la dottrina che suo opposto sia la regatio. Si legga Guglielmo di Shyreswood: Sequitur de hac dictione ‘non’, et videtur quod debeat esse verbum quia significat divisionem et haec, ut videtur, opponitut compositioni denotatae per hoc verbum ‘est’, et sic debet esse verbum sicut et ipsum; contraria enim ejusdem sunt generis. Et dicendum quod haec ratio peccat dupliciter, tum quia haec dictio ‘non’ cum significet divi- sionem tantum — haec dictio ‘est’ non significat compositionem tan- tum ut dictum est prius et sic non significant contraria — tum etiam quia compositio denotata sive consignificata per hoc verbum ‘est’ non opponitur ei quod est ‘non’, quia compositio est modus significandi dependenter, ratione cujus exigit sibi nominativum et hoc est illud quo propositio est unum ex suis partibus. Cum autem huic consentit Grammatici mentionem expresse non fecerunt, quem tamen modum moderni Verbo attribuunt, moti ex dicto Philosophi I. Perihermenias, cap. 3. ubi dicit quod hoc Verbum est, significat quandam compositionem, quam sine extremis non est intelligere; et tamen hoc Verbum, est, in omni Verbo inclu- ditur, tanquam radix omnium, ideo compositio omni Verbo inhaeret, per quam Verbum distans a supposito, ad suppositum principaliter inclina tur [...]» (ma cfr. xviii, $ 10, f. 53b, dove l’autore, trattando della figura, afferma che essa « sumitur a proprietate rei » e che le proprietà comuni in rebus sono tre, « proprietas simplicis, proprietas compositi, et proprietas de- compositi », e continua. Ab his tribus proprietatibus imponit Logicus tres voces, ad significandum scilicet Terminum, Propositionem, et Syllogismum, licet aliter sumatur simzplicitas, compositio, et decompositio in nomine figurae simplicis, compositae et decompositae, quam in Termino, Propositione, et Syllogismo. In Propositione enim et Syllogismo sumitut compositio secun- dum distantiam circa diversa significata diversarum vocum cadens. Sed in nomine compositae, et decompositae figurae, sumitur compositio secundum distantiam vocum circa idem significatum eiusdem dictionis cadens »). Cfr. anche Martino DI Dacia, Modi significandi, cit., nr. 112, p. 53: «Huic autem modo significandi essentiali generali iungitur alter modus significandi immediatior qui dicitur compositio, et ille complectitur ab omni verbo. Et est compositio modus significandi sive intelligendi uniens exttemum distans cum altero extremo »; R. BACcONE, Surzza gramatica, cit., p. 80. Terminologia logica della tarda scolastica 503 anima, asserit et est affirmatio; cum autem dissentit, deasserit et est negatio. Est ergo compositio hujus verbi ‘est’ sicut subjectum affirma- tioni et negationi et opponitur negatio ejus quod est ‘non’ affirma- tioni et non compositioni, nisi affirmatio vocetur compositio, et hoc est aliud a compositione hujus verbi, ut dictum est !. In breve, la compositio è anteriore all’affermazione e alla nega- zione, e perciò la particella zor non si oppone a compositio; ma se si assume compositio nel senso di affirmatio, la negazione non vale divisio, e si ha una contrapposizione. L’equivalenza tra com- positio e affirmatio, divisio e negatio è affermata da Boezio !* ad I? Cfr. Syncategoremata; ma cfr. anche: Sed vi- detur adhuc quod quando ‘est’ est tertium adjacens, non sit ibi praedicatum, sed solum compositio [...] » (cfr. W. or SHERWwooD'°s Introduction to Logic, cit., p. 27, n. 25), e Introductiones in logicam, cit., p. 33: « Sed (sc. verbum) consignificat compositionem, quae est copula et omne aliud verbum sic con- significat per naturam illius. Cfr. MARTINO DI DACIA, Quaestiones super librum Peribermeneias, in Opera, cit., q. 12 « Utrum eadem compositio in numero est in affirmativa et in negativa », pp. 246-247: « Ad quaestionem dico, quod certum est, quod quaestio nostra non est de compositione, quae est actio intellectus, qua componit unum cum altero. Nam talis compositio solum est in affirmativa. Sed tantummodo quaerit de illa compositione, quae est modus intelligendi et datus verbo pro modo significandi, et de tali dico, quod ipsa est eadem numero affirmativa et negativa [...] ». 18 Cfr. In Arist. Periermenias, II ed., cit., p. 49: «Igitur quotiens huiusmodi fuerit compositio, quae secundum esse verbum vel substantiam constituat vel res coniungat, adfirmatio dicitur et in ea veri falsique natura perspicitur. et quoniam omnis negatio ad praedicationem constituitur igitur quoniam id quod in adfirmatione secundum esse vel constitutum vel coniunctum fuerit ad id addita negatio separat, vel ipsam substantiae consti- tutionem vel etiam factam pet id quod dictum est esse aliquid coniunctio- nem, divisio vocatur». Ma già in Boezio è l’affermazione dall’anteriorità della compositio intellectuum (e conseguentemente verborum, che su quella si modella) rispetto all’affirmatio e alla negatio (ivi, p. 75): «Nunc vero quoniam in intellectibus iunctis veritas et falsitas ponitur, oratio vero opi- nionis atque intellectus passionumque animae interpres est: (quare) sine conpositione intellectuum verborumque veritas et falsitas non videtur existere. quocirca praeter aliquam conpositionem nulla adfirmatio vel ne- 504 Alfonso Maierù Abelardo ”, da Occam® a Billingham® e Strode?, Burleigh, poi, afferma in generale che il sincategorema è « dispositio com- positionis » * e, in particolare, che i sincategoremi possono essere riferiti o alla « compositio materialis », cioè alla proposizione intesa materialiter (in quanto sta per se stessa), o alla « compo- sitio formalis », cioè alla proposizione assunta nella sua valenza significativa *. Ma si ricordi che tutta la discussione sulla propo- sizione modale verte sulla questione se il 7z0dus determini o non determini la compositio o l’inhaerentia costituente la proposi- zione #5. Se la compositio fonda la proposizione tanto che « omnis pro- gatio est » (cors. mio). 19 Cfr. Introductiones dialecticae, cit., p. 75: « Compositionem vocat af- firmationem quia ostendit coniungi praedicatum subiecto. Divisionem vocat negationem quia dividit praedicatum a subiecto ». Ma come Boezio, anche AseLARDO ritiene che la compositio intellectuum sia anteriore all’affirmatio e alla negatio (Logica ‘Ingredientibus’): «Sed tamen consigni- ficat (sc. ‘est’), id est cum aliis significat quandam comzpositionem, id est quendam compositum intellectum sive affirmativum sive negativum, et per compositionem tantum compositionem intellectus accipimus. Cfr. Prooemium libri Periermenias (in Expositio aurea, cit.): « Nam in compositione et divisione est veritas vel falsitas » e «sine compositione et divisione, hoc est, sine affirmatione et negatione non sunt vera nec falsa ». 2 Speculum..., cit., p. 338: «Terminus est in quem resolvitur propo- sitio, ut praedicatum et de quo praedicatur, apposito vel diviso esse vel non esse, id est in propositione affirmativa vel negativa [...] », e il ms. Venezia, Bibl. s. Marco, Z. lat. 277 (= 1728), f. 2r, espone (cit. ivi, p. 323): « com- posito vel diviso, esse vel non esse, idest in propositione negativa vel affir- mativa ». 2 Cfr. Logica, cit., f. 13rb: « Et dicuntur sola verba significare cum tem- pore, quia ipsa sola sunt instrumenta quibus mediantibus [anima est] anima est apta pro certo tempore componere vel dividere, id est affirmare vel negare ». 23 Cfr. De puritate artis logicae, cit., p. 221. 2 Ivi, pp. 141, 224-225, 227, 235, ecc. 25 Cfr. cap. V, $ 3: compositio e inbaerentia sono sinonimi per le Sumzze Metenses e Guglielmo di Shyreswood (n. 46). Terminologia logica della tarda scolastica 505 positio est compositio » *, la proposizione composita però è la proposizione ipotetica: così per lo ps. Apuleio ”, per Ars Me- liduna*, per Averroè ?, per Alberto Magno Un'altra accezione meno stretta di compositio è quella che denota l’unione di più voces costituenti un’oratio, non necessa- riamente una enuntiatio o propositio 8; in tal caso il termine è equivalente del boeziano comzplexio ®, e terminus compositus sta a designare anche l’unione di nome e aggettivo #. Ma compositio 2% L.M. De Rijk, On the Genuine Text of Peter of Spain's « Summule logicales », III, cit., p. 46 (è il commento a Pietro Ispano di Robertus Anglicus). 2 Cfr. Peribermeneias, cit., 2, p. 177 (v. cap. V, n. 26); cfr. SULLIVAN, Apuleian Logic, cit., pp. 24-30. 28 Op. cit., p. 352: « Deinceps ad compositas ypotheticas transeamus. Compositarum, prout hic accipitur ‘composita’, quatuor sunt genera ». 2 Cfr. AristoTELIS Opera cum AverROIS commentariis, I, i, Venetiis 1562 (ed. anastatica Frankfurt a. M. 1962), De interpretatione I, 721: « Ora- tio [...] est vel simplex vel composita Composita vero est, quae ex duabus constat orationibus simplicibus ». 3 Liber I Peribermeneias, in Opera, I, cit., p. 410b: enuntiatio simplex- composita o hypothetica. 3 Cfr. PETER or SPAIN, Tractatus syncategorematum..., cit., p. 20 (pro- posizione imperfetta). 32 Cfr. Boezio, In Cat. Arist., cit., 169A: «Sine complexione enim di- cuntur quaecunque secundum simplicem sonum nominis proferuntur, ut homo, equus: his enim extra nihil adjunctum est. Secundum complexionem dicuntur quaecunque aliqua conjunctione copulantur, ut aut Socrates aut Plato, vel quaecunque secundum aliquod accidens conjunguntur »; e 181A (il testo è nella n. 6, cap. III). Si noti però che cormzplexio vale anche conclusio e ‘dilemma’ in Cicerone (cfr. KNEALE, op. cit., p. 178). 3 BrLLincHAM, Speculum..., cit., p. 351: « Sic cum terminis compositis, ut ‘homo albus currit: hoc cutrit et hoc est homo albus, igitur etc.’ »; il termine compositus nell'esempio è homo albus. Cfr. Pretro DI MANTOVA, Logica, cit., f. [66vb]: «nomen compositum » è « vox incomplexa » risul- tante di più parti: « Verumtamen quia consuevimus scire quid vocabulum significaret extra compositionem, cum veniunt duo vocabula in compositione, vocabulum illud resultans dicimus significare aut connotare illud quod istae duae dictiones significant per se sumptae antequam intrarent compositionem » 506 Alfonso Maierù designa anche l’unione di termini significativi nella proposizione o nel periodo #. Un’accezione più tecnica di compositio, ma poco diffusa, è quella che denota il procedimento logico della probatio quando si procede dai termini superiori: così in Billingham *, e forse i precedenti sono da rintracciare nei Tractatus Anagnini* e nelle Summulae di Pietro Ispano ”. Nella dottrina della conoscenza (in particolare del giudizio), compositio si oppone a resolutio e designa o, platonicamente, il processo dal molteplice all’unità oppure, aristotelicamente, il pro- cesso dal semplice al complesso *. (esempio può essere respublica); invece, nota il Mantovano (ivi, f. [65ra]): quilibet conceptus mentalis est simplex, ita quod nulla est pars orationis in mente quae sit composita, quia tunc partes orationis significarent sepa- rate ». HevrEsBury, De sensu composito et diviso, cit., f. 3a-b, ha terminus aggregatus (es. « duo homines »). * HevTesBury, De scire et dubitare, cit., f. 14vb: «[...] et quod illa propositio significat praecise iuxta compositionem terminorum », e f. 15va: et quod haec propositio ‘hoc est homo? significat primo et principa- liter iuxta compositionem terminorum »; STRODE, Conseguentiae, cit., f. 32ra: « Sed omnes istae regulae debent intelligi generaliter cum significant praecise ex compositione suarum partium primarie praecise significantium ». 35 Cfr. cap. VI, n. 55. 3% Tractatus Anagnini, cit., p. 225: «Contra hoc quidam dicunt: illud quod est superius cognitione, etiam fit pars in constitutione inferioris, perhi- bentes speciem constate ex genere et substantialibus differentiis. Hoc verbo quidem simplices abducti dicebant genus esse quasi materiam, differentias vero quasi formas ex quibus iunctis constitueretur species. Sed dicit Magister Adam: “omne significatum dictione est simplex et incompositum”; et dicit ‘componitur’, idest diffinitur, ‘constitutio’ pro diffinitio, ‘constitutio specie? pro diffinitio speciei. Item, compositio illa, secundum quam redu- cuntur inferiora ad sua superiora, opposita est illi compositioni, secundum quam superius reducitur ad sua inferiora »; il procedimento, caratterizzato da Billingham come compositio, è il primo, se per reducere si intende ‘ricon- dutre’, ‘riportare’ logicamente. 3 Cfr. GarceAU, « Iudicium »..., cit., pp. 268-269; cfr. n. 5 al cap. VI Terminologia logica della tarda scolastica 507 Per quanto riguarda, infine, la terminologia impiegata nella trattazione del senso composto e del senso diviso, notiamo che vengono usate le seguenti espressioni: fallacia compositionis - fallacia divisionis, o semplicemente compositio (o coniunctio)- divisio; sensus compositionis - sensus divisionis; sensus compositus- sensus divisus®. 2. Aristotele Le fallaciae del ‘senso composto’ e del ‘senso diviso’ sono illustrate da Aristotele negli Elenchi sofistici, ai capitoli 4° e 20 #!. Incluse tra gli errori dipendenti dal linguaggio usato (rapà TÙv Mew, secundum locutionem, o dictionem) esse sono stretta. mente connesse, tanto da rappresentare l’una il reciproco dell’altra. Infatti, si ha fallacia in senso composto quando si congiungono termini che vanno tenuti divisi, e si ha fallaci in senso diviso quando si dividono termini che vanno presi in congiunzione tra loro. Perciò, nel corso del capitolo 20, Aristotele  sugge 39 La schedatura del De sensu composito et diviso di HevresBurY ha dato i seguenti risultati: oltre a sensus compositus e sensus divisus, l’autore usa, per designare senso composto e senso diviso: compositio e divisio (ivi, ff. 2ra, 2rb tre volte, 3va, 4ra), fallacia compositionis et divisionis (f. 3ra-b) e ancora: «sensus divisus significat divise » (f. 2vb), « diversitas compo- nendi vel dividendi » (f. 2ta), « componere vel dividere » (f. 3rb); usa inoltre compositio per indicare l’unione di più termini che segua un altro termine, ad esempio possibile (f. 2rb, 2va tre volte); «simplex compositio » — « duplex compositio » (f. 3rb). Per le occorrenze nelle Regulae, cfr. n. 147. 4 De soph. el. 4, 165b 26 e 166 a 23-38. 41 Ivi 20, 177a 33-b 34. . 4 Ivi, 177a 34-35; transl. Boethii (rivista in base alle indicazioni fornitemi da L. Minio-Paluello con lettera del 23.12.71) in Boezio, Elenchorum sophi- sticorum Aristotelis interpretatio, P. L. 64, 1029C (si tratta della traduzione boeziana elaborata sul greco dal Lefèvre d’Etaples): « Manifestum autem et eas, quae propter compositionem et divisionem, quomodo solvendum, nam 508 Alfonso Maierù risce di assumere in congiunzione i termini che, intesi divisi, dànno luogo alla fa/lacia in senso diviso e, viceversa, di assumere divisi i termini che, congiunti, dànno luogo alla fa/lacia in senso composto. I medievali hanno poi fatto propria la raccomandazione aristotelica: ripetono spesso «ubi peccat compositio, ibi solvit divisio », e viceversa ‘, e trattano insieme le due fallaciae come due complementari possibilità di errore. Gli esempi con i quali Ari- stotele dà una prima illustrazione del senso composto sono: a) « possibile est sedentem ambulare, et non scribentem scribere »; b) « discit nunc litteras, si quis didicit quas scit »; c) « quod unum solum potest ferre, plura potest ferre » *. È evidente che l’errore si divisa et composita oratio aliud significat cum concluditur, contratium dicendum »; ma v. anche De sopb. el. 23, 179a 11-14; transl. Boethii in Boezio, op. cit., 1032B. 4 Cfr. Glose in Aristotilis Sophisticos elencos, cit., p. 246: « Conpo- sitio est solvenda per divisionem, et divisio per conpositionem »; Fallacie Parvipontane: Ubi enim fallit divisio, ibi solvit compositio, et econverso »; Vincenzo DI BEAUVAIS, op. cit., 277: «Iuxta quod dicit Ari- stoteles, ubi fallit compositio, ibi soluit divisio, et e converso » e «ad haec omnia docet Aristoteles simul soluere, scilicet ut si concludatur divisim, di- cendum est quoniam coniunctim concessum fuit, et e converso »; Ps. BACONE, Sumule dialectices, cit., p. 342: «Nemo enim debet dubitare quin fal- lacia composicionis decurrat super hanc maximam, ‘si conjunetim ergo divisim’, divisio super hanc maximam, ‘si divisim ergo conjunctim’; ergo (in) fallacia composicionis conceditur composicio et probatur divisio, et in fallacia divisionis e contrario »; ALBERTO M., Liber I Elenchorum, in Opera, IL, cit., p. 547b: « Adhuc autem notandum, quod licet semper simul sint compositio et divisio in oratione quantum ad hoc quod si compositio fallit, divisio solvit, et e converso [...]»; ALBERTO DI Sassonia, Logica, cit., V, 4, f. 40rb: «omnis syllogismus peccans per fallaciam compositionis solvitur pet divi- sionem et e converso »; BILLINGHAM, De sensu composito et diviso, in Spe- culum..., cit., p. 387, ma cfr. n. 97. % De sopb. el. 4, 166a 23-32; transl. Boethii in Boezio, op. cit., 1010D- 1011A. Teniamo presente anche le osservazioni di COLLI (si veda) in ARISTOTELE, Organon, trad. it. e note, Torino. Per il terzo esempio, il Colli rinvia a PLaToNE, Euthyd., 294A. Terminologia logica della tarda scolastica 509 nasce in tutti i casi dal porre in congiunzione termini che vanno presi separatamente: la prima proposizione va intesa così: ‘chi sta seduto può camminare, chi non scrive può scrivere’, mentre, assumendo congiunti i termini sedentem-ambulare, scribentem- scribere, si cade in errore; la seconda va interpretata: ‘intende le lettere, giacché ha imparato ciò che ora conosce’ e non: ‘intende le lettere, giacché ha ora imparato ciò che conosce’, congiungendo didicit-nunc; la terza: ‘chi può portare un solo oggetto, può portarne più’ uno per volta, non contemporaneamente. Gli esempi che Aristotele utilizza per il senso diviso sono: a) « quod quinque sunt duo et tria, paria et imparia, et quod majus aequale, tantumdem enim est majus et adhuc amplius »; b) « ego posui te servum entem liberum »; c) « quinquaginta virum centum heros liquit Achilles » 4. In questo caso, gli enunciati vanno così interpretati. Il primo: 5 è uguale a 2 e 3, e il 2 e il 3 sono rispet- tivamente pari e dispari; non è vero che 5 è uguale a 2 e 5 è uguale a 3 (separatamente) e quindi che 5 è insieme pari e dispari; né è vero che qualcosa è maggiore ed uguale a qualcos'altro, che seguirebbe se si ritenesse che 5 è uguale a 3 e che 5 è uguale a 2 (mentre è maggiore di entrambi) per il fatto che 5 è uguale a 3 e a 2. Il secondo: ‘io ho fatto di te che eri schiavo un uomo libero”, mentre non è corretto intendere (separatamente) ‘io ti ho fatto schiavo e io ti ho fatto libero’. Il terzo: ‘di cento uomini il divino Achille lasciò cinquanta’, ma non separando la parola virum da centum e congiungendola a quinquaginta. Nel capitolo 6, poi, dove tutte le fallacie sono ricondotte all’« ignoratio elenchi » ‘, Aristotele afferma che composizione e divisione derivano dal fatto che il discorso, nonostante l’appa- 4 De sopb. el. 4, 166a 33-38; transl. Boethii in BoEzio, op. cit., 1011A; il secondo esempio, che ha riscontro in TERENZIO, Andria (v. 37: «Scis: feci ex seruo ut esse libertus inihi »), probabilmente deriva da una commedia greca; il terzo, forse da un poema perduto. 4 De sopb. el.] renza, non è lo stesso se inteso in un modo o nell’altro, e perciò i due sensi vanno distinti alla ricerca di quello corretto ”, Infine, nel capitolo 20, dove mostra la soluzione da dare a questo tipo di fallacia, Aristotele dà un altro buon numero di esempi di enunciati, nei quali l’interpretazione in un senso o nel- l’altro conferisce al tutto un valore diverso. Ricordiamo tre di essi che hanno avuto una certa fortuna nel medioevo. Il primo: « Putasne quo vidisti tu hunc percussum, illo petcussus est hic? et quo percussus est, illo tu vidisti? », donde appare la differenza tra il dire « videre oculis percussum » e il dire « oculis percussum videre » (‘vedere, con gli occhi, colui che è percosso’ e ‘vedere, colui che è percosso con gli occhi’): esso avrà fortuna nel secolo XIII, in concorrenza con il secondo esempio del senso composto sopra riportato. Il secondo è: « Putasne malum sutorem bonum esse? sit autem quis bonus, sutor malus, quare sutor malus » ® e mostra la difficoltà che nasce dal fatto che attributi opposti sono con- giunti con lo stesso nome; il calzolaio, buon uomo e cattivo arti- giano, non può essere ciabattino buono e cattivo insieme. Il terzo esempio è: « Putasne ut potes, et quae potes, sic et ipsa facies? non citharizans autem habes potestatem citharizandi, 47 Ivi, 168a 26-28; cfr. anche 7, 169a 25-26. nei 20, 177a 36-38 e b11; transl. Boethii in Borzio, op. cit., 1029D- # Ivi, 177b 14-15; transl. Boethii in BorzIo, op. cif., 1030A. L’esempio occorre anche in De inferpr. 11, 20b 35-36, dove si discute della liceità di affermare « unum de plutibus vel plura de uno » e quindi di operare un’in- ferenza valida da due proposizioni in congiunzione tra loro con predicati differenti e identico soggetto (ma è da notare che la transl. Boethii, « Ari- stoteles latinus », II, 1-2, cit., p. 24, ha citharoedus dove Aristotele ha oxvTEÙS) a una proposizione con soggetto immutato e predicati in congiun- zione tra loro. fa Terminologia logica della tarda scolastica 511 citharizabis igitur non citharizans » 9; esso si ricollega al primo degli esempi del senso composto sopra ricordato. La dottrina di Aristotele, per quanto riguarda il nostro argo- mento, è tutta qui. Un contributo potrebbe ticavarsi dalla discus- sione dei sillogismi modali a premesse in senso composto o in senso diviso, ma le due pagine della logica aristotelica non sono acco- stabili immediatamente 5. Per l’una, come per l’altra, saranno i maestri medievali a fornire analisi più precise e puntuali. 3. Da Boezio alla fine del sec. XII La prima patte della Logica modernorum di De Rijk è, come s'è detto, uno studio sulla dottrina dei sofismi nel medioevo fino al secolo XII incluso. I risultati cui l’autore è giunto sono i seguenti: a) la prima fonte per la dottrina dei sofismi nell’alto medioevo è Boezio, che ne fornisce alcuni elementi nel secondo commento al De interpretatione © e nell’Introductio ad syllogismos categoricos *. Ma tra i sofismi esaminati da Boezio in questi testi non figurano quelli secondo la composizione e la divisione; De soph. el. 20, 177b 22-25; transl. Boethii in Boezio, op. cit., 1030A. 51 Cfr. BocHENSKI, La logigue de Théophraste, cit., che registra a p. 136 (« Index des termes techniques grecs ») solo Statpeote, che però occorre, alle pp. 63 sg. e 114, a proposito della ‘scala ontologica’ platonica, dalla quale trae origine il sillogismo aristotelico, e del rapporto tra i termini di questo. 52 In Arist. Periermenias, II ed., cit., pp. 129-134, cit. in De Rgk, Logica modernorum, I, cit., pp. 25-27; le fallaciae ricordate sono quelle secundum aequivocationem, secundum univocationem, secundum diversam partem, se- cundum diversum relatum, secundum diversum tempus, secundum diversum modum: cfr. ivi, pp. 27-28. 5 Op. cit., 778B-780A e 803B-D; cfr. DE Rik, op. cit., I, pp. 4041. 5 Cfr. il prospetto in cui sono confrontati i risultati raccolti dai due testi boeziani in De Rik, op. cit., I, pp. 42-43. Ma cfr. Frustula logicalia, cit, p. 616: «Queritur cur Boetius non enumeravit divisionem et coniunctionem et amphiboliam, que magis proprie impediunt propositionum dividentiam 512 Alfonso Maierù b) sulla traccia di Boezio si muovono le varie Glosule in Periber- meneias fino ad Abelardo 5; c) il primo cenno in Abelardo al sensus per divisionem e al sensus per compositionem quale indicato dagli Elenchi sofistici è nella Logica ‘Ingredientibus’, a proposito delle modali: la modale in senso composto è modale de Sensu, la modale in senso diviso è modale de re *; d) Adamo Parvipontano nell’Ars disserendi enumera i sofismi ex coniunctione ed ex disiunc- tione, corrispondenti al senso composto e al senso diviso di Aristo- tele”, segno di una più decisa penetrazione degli Elenchi sofistici nelle scuole medievali. Ma è con i primi commenti agli Elenchi sofistici prodotti dalla scuola di Alberico di Parigi e poi con i commenti dei Parvipon- tani che si hanno le prime esposizioni sistematiche del senso com- posto e del senso diviso, tanto che esse penetrano anche nelle esposizioni del De interpretatione, là dove Boezio aveva intro- dotto le fallaciae 8. Noi cercheremo di ripercorrere brevemente il cammino della dottrina utilizzando i testi editi dal De Rijk. Le Glose in Aristotilis Sophisticos elencos dànno un’analisi abbastanza elementare del testo aristotelico, e riferiscono opinioni di maestri precedenti. La conpositio è definita « [....] proprietas orationis secundum quam ea que divisim data sunt, coniunctim accipiuntur, ut ‘iste veronensis valet bunc panem et hunc, ergo vale duos panes’. Non sequitur, quia datum est istum veronensem quam que enumerat ». Cfr. n. 58. 55 Cfr. De Rijx, op. cit., I, pp. 44-48. $ Op. cit., p. 489, e Glosse super Periermenias..., cit., p. 13; cfr. De Rijk, op. cit., I, pp. 57 sgg., dove si discute della conoscenza che Abelardo aveva degli Elenchi sofistici. 5 Op. cit., pp. 63 e 65; cfr. De Ru, op. cit., I, pp. 72 sgg. 5 Cfr. Frustula logicalia, cit., p. 613, pp. 616 sg. (cfr. n. 54) e p. 619: « Videntur tamen quedam esse que impediunt contradictionem, que Boetius non ponit, scilicet divisio, compositio, accentus, amphibologia ». Terminologia logica della tarda scolastica 513 valere hunc et hunc panem divisim, sed non coniunctim » 9. Ciò che distingue la compositio e la divisio è questo: quando la seconda è vera e la prima è falsa, si ha il sophismza conpositionis, quando la conpositio è vera e la divisio è falsa, si ha il sophisma divisionis®. I modi o le specie di composizione sono tre, per il nostto testo: « quandoque conponimus plura uni, ut ‘iste vero- nensis valet bunc et bunc pane; quandoque unum pluribus, ut ‘Socrates et Plato habet unum caput’; quandoque plura inter se, ut ‘possibile est album esse nigrum’ vel ‘hic et hic veronensis valet istum et istum panem’ »®®. Nel testo si introduce una distinzione importante: senso composto (corpositio) e senso diviso (divisio) possono avere oti- gine in voce, cioè nella struttura linguistica della frase, o secur- dum intellectum, cioè nella diversa intelligenza della frase stessa °°. Apprendiamo che Maestro Giacomo Veneto riteneva che oggetto dell’analisi del logico sia la struttura della frase ® giacché il logico in essa individua le difficoltà o deficienze che dànno luogo ai sofismi. Un esempio di questo modo di considerare il senso composto e il senso diviso può essere il seguente, relativo al senso compo- sito: « ‘omne non-scribens potest scribere, sed Socrates est non- scribens, ergo potest scribere, ergo Socrates scribit’ » dove « datum est Socratem scribere cum potentia (sc. potest scribere) et postea divisum est a potentia, cum intulit: ‘ergo Socrates scribi » *. 5 Op. cit., p. 209. 9 Ivi. s Ivi. 6 Ivi, p. 246 (a De sopb. el. 20, 177b1): « Due sunt species divisionis et conpositionis, (una) secundum intellectum, et altera secundum vocem ». 6 Ivi, p. 209: « Magister vero Iacobus dicit conpositionem et divisionem tantum esse in voce, et non secundum intellectum. Est autem conpositio secundum ipsum quando aliguid conponitur cum aliquo et postea accipitur divisim et seorsum ». # Ivi. 33 514 Alfonso Maierù Il nostro autore, per la verità, almeno in due luoghi riconosce che Aristotele tratta della corpositio e della divisio « secundum vocem », e sottolinea il primato dell’oratio che esprime l’intel- lectus ©. Questi rilievi sono importanti perché permettono di no- tare come i maestri medievali mirassero a trasferire sul piano lin- guistico il discorso sui sofismi, in modo da trovate su questo piano accorgimenti formali atti a evitare errori. Un altro testo, quasi contemporaneo alle Glose, cioè la Surzzza Sophisticorum elencorum, critica questa tesi e il tipo di analisi in vocibus o in sermonibus o în terminis % e sostiene che il so- fisma in senso composto (compositionis) o in senso diviso (divi sionis) ha origine in intellectibus, nel fatto cioè che una propo- sizione si presta ad essere interpretata secondo diversi punti di vista. Si richiama l’attenzione, ad esempio, sulla proposizione « possibile est sanum esse egrum », la quale, intesa in senso diviso, è vera, in senso composto è falsa, senza che la diversa considerazione implichi modificazioni nella struttura linguistica 65 Ivi, p. 222 (a De sopb. el. 6, 168a 26): « Ad quod dicendum quod Ari- stotiles loquitur hic de conpositione et divisione que fit secundum vocem et non secundum intellectum. Et conpositio et divisio secundum intellectur continetur sub oratione, quia oratio continet amphibologiam et conpositionem et divisionem » (cors. mio), e p. 246 (a De soph. el. 20, 177b1; continua il testo cit. in n. 63): « Sed cum dicit Aristotiles: “quod est secundum divisionem, non est duplex”, tunc loquitur de divisione vocis, quia alia vox est divisa et alia conposita ». % Op. cit., p. 313: «Quidam enim dicunt quod hec conpositio fit in intellectibus; quidam alii dicunt quod tantum fit in vocibus [...]. Illi qui dicunt quod fit in sermonibus vel in vocibus [...]», e p. 314: «Et ideo sciendum est quod secundum illos qui dicunt sophisma conpositionis tantum esse in terminis [....]» (cors. mio). ' Ivi, p. 315: «Hec autem sententia, scilicet quod compositio dicatut tantum in terminis, nobis non placet. Sed dicimus quod fallacia compositionis fit in intellectibus, et hoc videlicet quod plura significantur vel intelliguntur in aliqua oratione »; lo stesso vale per la divisio, pp. 317 sgg. Terminologia logica della tarda scolastica 515 della frase ®. Lo stesso testo ammette, però, che i sostenitori della tesi opposta evitavano l’errore in senso composto o in senso diviso ricorrendo ad accorgimenti riguardanti la disposi- zione dei termini nell’enunciato ®. L’opposizione del nostro anonimo autore, in realtà, non vale a negare una linea di tendenza che riconosce nella constructio, nella ‘sintassi’, cioè nella diversa disposizione dei termini nel- l’enunciato, l’unica possibilità di fissare regole stabili per il rico- noscimento dell’un senso e dell’altro. Semmai, le sue critiche sotto- lineano la necessità di un’analisi approfondita, i cui risultati val- gano a fugare ogni dubbio. Et ideo sciendum est quod secundum illos qui di- cunt sophismata conpositionis tantum esse in terminis, fit illa talis conpo- sitio duobus modis, aut scilicet quando prius coniungimus duas voces et postea separamus, scilicet cum relinquimus unam et concludimus aliam, ut superius diximus [è il caso di « potest scribere » nell’antecedente e « scribit » nella conclusione], aut quando prius aliquod adverbium iungimus cum aliquo verbo, postea illud idem iungimus cum alio verbo, ut in supradictis para- logismis patuit [è il caso, ad esempio, di « verum est nunc Socratem fuisse conclusum, ergo nunc verum est quod Socrates fuit conclusus »]. Et etiam sciendum est quod secundum istos nulla orationum predictarum est multiplex. Unde non est dividendum, sed dicendum quod alia est conposita et alia divisa. Ut in istis est: ‘veruzz est nunc Socratem fuisse percussum’, hec est composita: ‘ergo verum est quod Socrates fuit percussus nunc’, hec divisa ». 70 Sulla scia della Summa, almeno per quanto ci riguarda, si muovono le Fallacie Vindobonenses, cit.: analoga è la caratterizzazione della fallacia in base all’intelligere (p. 508: «Fallacia compositionis est quando compo- sitio est falsa, et divisio vera, ut ‘omnia individua predicantur de uno solo’. Si velis intelligere coniunctim, falsum est. Si vero divisim, verum est, idest quod unumquodque individuum predicatur de uno solo. Fallacia divisionis est quando divisio est falsa et compositio vera, ut ‘duo et tria sunt quinque?. Si velis intelligere divisim, falsum est; si vero coniunctim, verum est»), come è analoga la distinzione dei paralogismi secundum habundantiam e secundum defectum (cfr. la Summa, cit., p. 320: « Item. Vel alii paralogismi qui fiunt secundum habundantiam et defectionem, de quibus dubium est sub [Più interessante la trattazione della compositio e della divisio contenuta nelle Fallacie Parvipontane. Precisato che senso com- posto e senso diviso sono pertinenti alla substantia vocis, cioè alla ipsa vox, mentre accentus e figura dictionis spettano agli accidentia vocis, compositio e divisio sono così descritte: Compositio itaque est fallax coniunctio aliquorum que voce et intellectu dividi debelre)nt vel intellectu tantum. ‘Fallax coniunctio’ dicitur ideo quia nisi sit fallacia, non est compositio. Hoc enim nomen ‘compositi’ prout hic sumitur, nomen fallacie est; ‘voce et intellectu ideo dicitur quia compositionum alia fit voce et intellectu, ut hec: ‘possibile est album esse nigrum’, alia intellectu tantum, ut hec: ‘ista navis potest ferre centum homines”. Divisio est fallax divisio ali- quorum que voce et intellectu coniungi deberent". Riteniamo che ciò che è detto di compositio valga anche di divisio, anche se non risulta esplicitamente dal testo. Compositio e divisio sono dunque i nomi delle fallacie, la prima delle quali è una congiunzione erronea, la seconda una divisione erronea di termini: congiunzione e divisione erronee che hanno la loto radice non solo nella vox ma anche in intellectu, o addirittura soltanto nel- l'intelletto ??; con ciò il testo assume una posizione media tra chi qua specie fallaciarum reducantur », e le Fa/lacie Vindobonenses, cit., p. 509: «Item fiunt paralogismi secundum compositionem. (Qu)orum quidam viden- tur fieri secundum superhabundantiam, quidam (secundum) defectum »: ma il rilievo è già in DE Ry. Più oltre (ivi, pp. 608-609) ci si chiede quale differenza vi sia tra la fallacia «secundum plures interrogationes ut unam» e compositio e divisio: « Eadem enim est oratio sophistica ex compositione et divisione et secundum hanc fallaciam. Verbi gratia: ‘quingue duo sunt et tria’. Sub hac forma proponuntur plures propositiones velut una. Potest etiam intelligi composita, similiter et divisa. Et videntur adtendi omnes iste fallacie secun- dum idem quod secundum copulationem terminorum. Et tamen adtendenda est differentia quia compositio vel divisio fit secundum coniunctionem vel disiunctionem vocis cum coniunctione vel disiunctione intellectus; fallacia Terminologia logica della tarda scolastica 517 sosteneva che la radice del sofisma è la vox e chi sosteneva ch'è l’intellectus. i; 3 L’anonimo autore presenta poi un’accurata analisi dei vari ‘modi’ sofistici propri del senso composto e del senso diviso. Essi sono undici: cinque sono comuni ai due sensi, tre del senso com- posto, tre del senso diviso. Esaminiamo i primi cinque modi comuni. Primus [...] est quando aliqua dictio ita sumi potest ut sit su- biectus vel predicatus per se vel determinatio predicati ?3. La proposizione « possibile est album esse nigrum » può essere interpretata in modo da considerare possibile soggetto e il resto predicato, o viceversa, e meglio, che il dictum « album esse nigrum » sia soggetto e possibile sia predicato: in tal caso, la proposizione è in senso composto (« erit oratio composita ») e falsa; oppure, si può intendere che possibile sia « determinatio pre dicati », cioè che a/bum sia soggetto e « possibile est esse nigrum » sia predicato; qui possibile determina solo il predicato determi. nando la copula est, e non è uno degli estremi della proposizione: essa interponitur, la proposizione è in senso diviso e vera”. Secundus modus est quando aliqua dictio ita sumi potest ut sit predicatus cuiusdam cathegorice vel determinatio consequentis cuiusdam ypothetice ”. Data la proposizione « Socratem esse animal si Socrates est homo autem secundum plures interrogationes ut unam facere fit secundum modum proponendi qui fit tanquam una proponatur, cum plures propo- nuntur. Unde non adtenditur secundum vocem ideoque extra dictionem dicitur esse hec fallacia; la prima interpretazione intende la proposizione come un « sermo de dicto », la seconda come « sermo de re»; v. cap. V. 75 Ivi, p. 577. 318 Alfonso Maierùà est necessarium », si può intendere che mecessarium sia predi- cato del dictum di « si Socrates est homo, Socrates est animal »: in tal caso la proposizione, composta di un soggetto (che è il dictum di una ipotetica) e di un predicato, è categorica, è in senso composto e vera; ma può intendersi che wecessarium determini solo il conseguente dell’ipotetica « si Socrates est homo, Socrates est animal » in modo tale che antecedente sia «si Scenes est homo » e conseguente sia tutto « Socratem esse animal est neces- sarium »: in questo secondo caso è in senso diviso e falsa ”. PA foce fee si qa aliqua propositio ita sumi potest ut È lusdam ypothetice copulate vel i i cuiusdam condicionalis 7, 7 iabnianicaii Sia data la proposizione « Cesar est animal et Cesar est substan- tia, si Cesar est homo »: se la si intende come proposizione copu- lativa, le sue due proposizioni componenti congiunte da ef sono « Cesar est animal », « Cesar est substantia si Cesar est homo »; in tal caso la proposizione è in senso diviso e falsa; se invece la si intende come una proposizione condizionale tuo antece- dens è « si Cesar est homo » e suo consequens è « Cesar est animal et Cesar est substantia »: qui « Cesar est animal» è parte del conseguens: la proposizione è in senso composto e vera ®, Quartus modus est quando dictio di i A ; istrahi potest ad di diversorum potest esse determinativa”9, si VSS IRE Nella proposizione « quicquid est verum semper est verum », l’av- verbio semper può intendersi in congiunzione col primo est o col secondo est: se si intende « quicquid est semper verum est verum.] la proposizione è in senso composto e vera; se si intende « quic- quid est verum, semper est verum », è in senso diviso e falsa ®0. Quintus modus est quando aliqua dictio non posita intelligitur apponenda, vel semel posita intelligitur repetenda 8; Nella proposizione « Socrates videt solem ubi sol est » si può sot- tintendere existens, e se si congiunge a Socrates (« Socrates existens videt solem ubi sol est ») si ha senso composto falso ©, se invece si congiunge con solerz (« Socrates videt solem existentem ubi sol est »), si ha senso diviso vero. Invece nella proposizione « tu es vel eris asinus » si può intendere ripetuto un termine: se è da ripetere #4, si ha la proposizione « tu es vel tu eris asinus » che è una disgiunzione in senso diviso e vera (è vera la prima proposizione che la compone); se è da ripetere 4sir4s, si ha « tu es asinus vel eris asinus » che è una proposizione « de disiuncto predicato », in senso composto e falsa ®. I modi propri del senso composto e del senso diviso sono dati nel testo in parallelo e mostrano come un senso sia il reci- proco dell’altro. Primus [...] modus qui est compositionis proprius, est quando aliqua predicantur de aliquo divisim que volumus fallaciter de eodem predicari coniunctim; Primus modus qui est proprius divisionis, est quando aliqua coniunctim predicantur que fallaciter volumus divisim predicari de illo *. 80 Ivi, p. 579. 81 Ivi. 8 In realtà, si può chiedere a chi vada riferito existens, se a Socrates, o a sol in «ubi sol est»; dalla conclusione del paralogismo seguente si ri- cava che va riferita a Socrates: « Potest enim intelligi hec dictio ‘existenten’, et sic propositio vera est; vel hec dictio ‘existens’, et sic propositio falsa est. Fit ergo secundum hoc talis paralogismus: ‘Socrates videt solem ubi sol est, sed ubicumque Socrates videt, ibi sol est, ergo Socrates est ubi sol est’ » (ivi). 83 Ivi. 84 Ivi, p. 580. 520 Alfonso Maierùà L'esempio che illustra il modo del senso composto è: « hec ypo- tetica est simplex et est propositio, ergo est simplex propositio » nel consequens noi congiungiamo erroneamente due termini («& siva» plex propositio ») che andavano tenuti divisi. Per il modo del senso diviso il testo fornisce quest’esempio: « iste homo est albus monachus et iste homo est monachus, ergo iste homo est albus »: nella conclusione noi predichiamo albus di homo erroneamente separato (‘diviso’) dal termine monachus ®. i Secundus modus secundum compositionem est quando aliquid attri- buitur pluribus gratia cuiuslibet eorum et postea assumitur tam uam attribuatur eis gratia eorum simul; Secundus modus secundum Siivi stonem est quando aliquid attribuitur aliquibus gratia eorum simul postea autem sumitur ac si attributum sit eis gratia singulorum *, i Anche qui gli esempi illustrano come il modo della composizione e quello della divisione siano reciproci. Per il senso composto: « individua predicantur de uno solo, sed ista duo Socrates e Plato sunt individua, ergo predicantur de uno solo »; è evidente che « predicari de uno solo » è proprio di ciascuno individuo non di più insieme. Viceversa, per il senso diviso: « isti duo hatiliies desinunt esse, si aliquis desinit esse, ipse moritur, ergo isti duo moriuntur »; desinere esse qui è predicato di duo homines insieme considerati, mori è predicabile solo di ciascuno singolarmente preso: posto perciò che solo uno dei due uomini muoia, è vero che «isti duo homines desinunt esse », ma non che « tei duo moriuntut », Tertius modus qui est secundum compositionem, est quando aliquid attribuitur alicui respectu diversorum temporum, postea fallaciter infertur ac si attributum sit illud respectu unius temporis tantum 88; Tertius modus qui proprius est divisionis, est quando aliqua negando sive affirmando attribuuntur alicui coniunctim, postea vero separatim inferuntur ®, Anche in quest’ultimo caso si ha, come nei due precedenti, una diversità di predicazione. « Socrates fuit in diversis locis, ergo verum fuit Socratem esse in diversis locis » e « album fuit nigrum, ergo verum fuit album esse nigrum » sono esempi che illustrano come ciò che è predicato va inteso divisimz secondo una diversa verificazione temporale e non coriunctim, cioè con simultanea verificazione; sono perciò esempi del senso composto. « Socrates non potest esse albus et niger, ergo Socrates nec potest esse albus nec potest esse niger »: la negazione qui riguarda la contempo- ranea predicabilità di due contrari, non la predicabilità anche ‘divisa’ di essi; è un esempio di senso diviso”. Questa lunga analisi dei vari modi — che trova riscontro in parte nei Tractatus Anagnini* ed è presupposta dalle Fallacie 89 Ivi, p. 582. 90 Ivi, pp. 581-582. 9 Op. cit., pp. 331-332: si esaminano congiuntamente compositio e divisio. Il testo annuncia « septem principales modos » (p. 331), ma s’inter- rompe dopo il sesto. I primi due modi corrispondono ai primi due modi comuni delle Fallacie Parvipontane (ivi: per il primo modo è dato l'esempio «album possibile est esse nigrum »; il secondo segue il primo senza solu- zione di continuità ed ha il seguente esempio: « necessarium est Socrates esse animal, si Socrates est homo »); il terzo modo (« deceptio proveniens ex diversa transsumptione partium orationis », ivi) può essere così illustrato: data « quodlibet animal est de numero hominum », se si intende che est è il predicato e tutto il resto costituisce il soggetto, la proposizione è vera e vale « quodlibet animal de numero hominum est », cioè vive; se invece « quod- libet animal » è soggetto, est la copula, « de numero hominum » il predicato, allora è falsa. Manca il quarto modo. Il quinto è « deceptio proveniens ex diversa determinatione orationis ad orationem, dictionis ad dictionem » (ivi, pp. 331-332): dato l'esempio « decem et octo homines sunt decem et octo asini », se si intende come se fosse « decem et octo homines sunt totidem asini », la proposizione è falsa; se invece si sostantivizza decemz, essa vale  Londinenses® — va tenuta presente perché rappresenta un ten- tativo serio di fissare, nella struttura della proposizione, elementi per individuare l’origine degli errori e quindi fornire la solu- quanto « decem res sunt decem homines et octo asini» ed è vera. Infine: « Sextus modus est deceptio proveniens ex diversa coniunctione vel disiunc- tione: data «verum est Platonem et Ciceronem et Socratem esse duo », se la congiunzione “et” è sempre copulativa -- cioè congiunge proposizioni --, l’enunciato è falso. Se una sola volta è copulativa, l’enunciato è vero e il senso è: ista duo enuntiabilia sunt duo. Questi modi non hanno riscontro nei modi comuni delle Fallacie Parvipontane, anche se l’ultimo ricorda il procedimento del quinto delle Fa/lacie (dove però è data la disgiun- zione) e il penultimo quello del quarto: ma gli esempi appartengono a una tradizione diversa. ® Op. cit., pp. 657 sgg., ha tredici modi, di cui sette comuni e tre propri alla composizione e alla divisione. Cominciamo dai modi propri: essi ripe tono, talora migliorandola, la formulazione delle Fallacie Parvipontane (in particolare, cfr. p. 661: « Secundus trium propriorum modorum composi- tioni provenit ex eo quod aliquid in una propositione predicatur collective et post predicatur distributive. Secundum hoc sic paralogizatur: ‘Socrates et Plato habent quatuor pedes, ergo sunt quadrupedes’ », dove formulazione ed esempio illustrano meglio lo spirito del modus, e p. 662: «Tertius et ultimus propriorum modorum divisioni provenit ex eo quod in una propo- sitione aliquod verbum copulatur ratione unius instantis, in conclusione ratione plurium », che è formulazione che allinea bene al corrispettivo modo del senso composto il terzo del senso diviso). Dei modi comuni, il primo, il secondo e il sesto corrispondono rispettivamente al primo, secondo e quarto delle Fallacie Parvipontane (ivi, pp. 657-658, 660-661). Il terzo modo [Tertius modus septem communium provenit ex eo quod sub eadem forma vocis incidunt due propositiones ipotetice ») si articola in una tri- plice suddivisione, di cui il primo elemento (pp. 658-659) è accostabile al terzo modo comune delle Fal/acie. Gli altri due elementi sono: « Secundus subdivisorum provenit ex eo quod sub eadem forma vocis incidunt due propositiones ipotetice, quarum una est conditionalis, reliqua disiuncta » e « Tertius subdivisorum provenit ex eo quod sub eadem forma vocis incidunt due propositiones ipotetice, quarum una est copulativa, reliqua disiuncta » (ivi, p. 659). I rimanenti modi comuni sono: «Quartus septem modorum communium provenit ex eo quod aliqua dictio potest determinare aliquam orationem totalem vel partem illius »: data la proposizione «omne animal Terminologia logica della tarda scolastica 523 zione di essi. Se è vero che, come riconosce il De Rijk 2, le analisi grammaticali hanno contribuito allo sviluppo della logica nel secolo XII più di quanto non abbia fatto la dottrina delle fallacie, è da ritenere che la stessa analisi dei sofismi, almeno per quanto ci riguarda, è condotta con criteri che hanno origine gram- maticale. In conclusione, nel secolo XII le strutture linguistiche in cui si concretizzano le fallacie del senso composto e del senso diviso vengono sottoposte ad attenta analisi”. Un testo delle Sentenze di Pietro di Poitiers (} 1205) è illuminante per quanto riguarda un orientamento che si fa luce: quello di individuare attraverso la stessa disposizione dei termini in una proposizione il senso com- posto o il senso diviso: rationale vel irrationale est homo », ome può distribuire « animal rationale vel irrationale » e la proposizione è falsa, o solo « animal rationale » e la proposizione è vera (p. 660). « Quintus septem modorum communium pro- venit ex eo quod oratio potest subponere verbo vel pars orationis »: data la proposizione « verum est Socratem esse hominem et Socratem non esse hominem », si può intendere che soggetto sia « Socratem esse hominem et Socratem non esse hominem » che è il dictum di « Socratem esse hominem et Socrates non sunt homo », e la proposizione è vera; se invece Socratem ogni volta che occorre è soggetto, il dictuz già formulato deriva da « Socrates est homo et Socrates non est homo » e la proposizione è falsa (ivi). « Septimus et ultimus septem modorum communium provenit ex eo quod aliqua dictio potest intelligi preponi vel postponi »: in « album est omnis homo », album può essere il predicato di « omnis homo est albus » e la proposizione è vera, oppure la proposizione può valere: «hoc album est omnis homo » e in tal caso è falsa (p. 661). Tutti questi modi, salvo qualche analogia, non hanno un preciso riferimento in quelli dei testi precedentemente esaminati. 9 Cfr. Logica Modernorum, cit., II, i, p. 491. % Oltre ai testi esaminati, cfr. l'Ars Meliduna, cit., che ha un cenno alla fallacia secundum compositionem et divisionem (p. 351; a pp. 334-335 È un esame delle difficoltà che sorgono dall’uso dei numerali, cui si fa ricorso da Aristotele in poi: «duo et tria sunt aliqua, aliqua sunt quinque, ergo aliqua sunt duo et tria», ecc.); per le Sumzzze Metenses, cit., cfr. p. 477. 524 Alfonso Maierù Et assignant hic compositionem et divisionem, sicut si dicatur: Iste potest videre clausis oculis, id est oculis qui sunt clausi, per divisionem verum est; si oculis clausis, id est quod simul sint clausi et videat per compositionem falsum. Si tamen ex parte subiecti dicatur: clausis oculis potest iste videre, magis est sensus divisionis, et verum est Ita etiam de impenitentia finali potest iste penitere, sed si peniteat iam non erit finalis, et ideo his positis in predicato magis erit sensus compositionis et falsitati propinqua est locutio 9. Il tentativo fatto dai vari maestri è stato quello di analizzare la proposizione per vedere quale senso fosse corretto attribuirle. Ma ora si mette in rilievo che a seconda che alcune dictiones stiano a parte subiecti o a parte praedicati fanno meglio senso diviso o senso composto. Questo principio si tradutrà più tardi in regole precise: si individueranno strutture che permetteranno di valutare facilmente il senso della proposizione e quindi la sua verità o fal- sità. Si tratterà di regole convenzionali, arbitrarie, ma che hanno grande importanza. Il periodo che va ad Occam non apporta notevoli novità nella dottrina del senso composto e del senso diviso. Ciò va detto anche di Buridano e di Alberto di Sassonia, che i i, pure vissero quando una vera svolta veniva operata nella | trattazione di questo tipo di fallacie. Il discorso degli autori, ora, si muove in genere sulla traccia del testo aristotelico e solo qua e là affiora una notazione di un qualche interesse. i Vediamone qualcuna in via preliminare. 95 Perri PrcravensIs Sententiae, II, 17, edd. PS Moore-J.H. Garvi DIG 5 È -J.H. Garvin- 1% Dee: Notre Dame Ind. 1950, pp. 128-129, cit. in De RuK, op. cit.,, Ds 175. % Il rilievo è già in Wirson, William Heytesbury..., cit., pp. 12-13. Terminologia logica della tarda scolastica S25 Sappiamo che Aristotele suggeriva di risolvere la fallacia della composizione intendendo divisi i termini e viceversa, ma ora si tileva che non ogni composizione o divisione dà luogo a fallacia. L’affermazione tradizionale va dunque intesa in senso restrit- tivo: là dove c’è fallacia della composizione, la soluzione è la divisio, e viceversa”. Un altro tema che talora affiora è quello della riduzione del senso composto e del senso diviso ad altre fallacie, per il quale si è visto che Aristotele offre la traccia con la riduzione all’« igno- rantia elenchi ». Ma alla fine del secolo XII in quei commenti a Boezio editi dal De Rijk sotto il titolo Frustula logicalia si sosteneva che Boezio non aveva accennato alla comzpositio e alla divisio perché intendeva comprenderle sotto l’aeguivocatio, da intendere in senso lato”. Invece Pietro Ispano, Tommaso 9? Cfr. Tommaso D'Aquino, De fallaciis, cit., nr. 657, p. 230; Occam, Elementarium logicae, cit., pp. 121 e 123. È per lo meno equivoco ciò che si legge nei Tractatus Anagnini, cit., p. 330: «[...] quas (sc. fallacias composi- tionis et divisionis) ideo mixtius tractamus quia ubicumque est fallacia com- positionis potest esse fallacia divisionis, et e converso »; si vedano invece Fallacie Vindobonenses, cit., p. 508: « Et est sciendum quod ubicumque est compositio, ibi est divisio, et e converso; sed non ubicumque est fallacia compositionis est fallacia divisionis, nec e converso », e Dialectica Monacensis, cit., p. 574: «[...] numquam in eodem paralogismo debent assignari hee ambe fallacie, sed altera tantum »; così va intesa la Surzzza Sopb. el., cit, p. 313: «iEt notandum est quod ubicumque est conpositio, ibidem est divisio. Sed quando compositio facit fallaciam, tunc est sophisma composi- tionis; quando autem divisio facit fallaciam, sophisma est divisionis ». E si legga Occam: « Circa quas non est curiose disputandum an sint una fallacia vel plures, aut quis vocandus sit sensus compositionis et quis divisionis. Hoc enim parum vel nihil prodest ad alias scientias intelligendas » (Tractatus logicae minor, cit., p. 86). 98 Op. cit., p. 617: «Comprehenderat (sc. Boetius) enim sub equivo- catione amphibologiam, coniunctionem et divisionem, quorum sophismata habent fieri secundum termini alicuius diversam acceptiorem », e p. 619: « Ad quod dicendum quod ‘eguivocatio’ laxo modo accipitur a Boetio, ut dicatur: equivocatio idest proprietas secundum quam aliquid significat plura equivoce 526 Alfonso Maierùà d'Aquino !, Duns Scoto !" e Occam ‘® pongono il problema del rapporto tra arzphibologia e compositio et divisio, anche se lo stesso Occam finisce per considerarlo problema non rilevante dal punto di vista della logica applicata !®. Ma in questo periodo la discussione sul senso composto e sul senso diviso trova il suo centro nella identificazione del tipo di ‘molteplicità’ che occorre in queste fallacie e delle ‘cause’ che la determinano. Già le Glose distinguevano le « fallaciae in dictione » secondo una triplice molteplicità: attuale per l’anfibologia e l’equivocità, potenziale per composizione e divisione (e, sarà specificato in seguito, per l’accento), fantastica per la « figura dictionis » !*, forse seguendo il commento d’Alessandto (senza dubbio l’Afro- disio), ora perduto ‘9. Tutti gli autori che se ne occupano nei secoli XIII-XIV !% confermano che la molteplicità potenziale ha luogo nel senso composto e nel senso diviso. Per quanto riguarda le cause, i testi ne identificano due in rapporto a tutte le fallacie: causa apparentiae e causa non existen- principaliter; et in hoc sensu amphibologia, compositio, divisio, accentus sunt equivocatio. Summulae logicales, cit., 8.10, p. 95. 100 Op. cit., nr. 656, p. 230. 101 In libros Elenchorum quaestiones, cit., q. xix, $ 2, p. 240b. 102 Cfr. Summa logicae, III, iv, 8, cit., f. 99rb (dove si discute delle modali), e Tractatus logicae minor, cit., p. 87 (trattando dell’alternativa pro- posizione categorica—proposizione ipotetica). 103 Elementarium logicae, cit., p. 121 (a proposito delle modali); v. n. 97. 10 Op. cit., p. 222. 105 Ma v. ALEXANDRI quod fertur in Aristotelis Sophisticos elenchos com:- mentarium, ed. M. Wallies, « Commentaria in Aristotelem Graeca », II, m, Berolini 1898, p. 22; cfr. PreTRo IsPANO, Surzmzulae logicales, cit., 7.08, p. 67. 106 Cfr. Dialectica Monacensis, cit., p. 569; Pietro IsPANO, op. cito; ALserto M., Liber I Elenchorum; VINCENZO DI BEAUVAIS, op. cit., 276; Tommaso D'Aquino, op. cit., nr. 656, p. 230; Duns Scoro, op. cit., q. xix, in part. p. 241; Buripano, Compendium logicae, cit., VII, 2. Terminologia logica della tarda scolastica 527 tiae (o defectus, o deceptionis, o falsitatis); esse possono facil- mente essere ricondotte a una definizione scolastica di fallacia che troviamo in Pietro Ispano: « fallacia est apparentia sine existen- tia » !”. Nel caso del senso composto e del senso diviso, si cerca di individuare la causa della confusione tra i due sensi (« causa apparentiae ») e il principio dell’errore (« causa non existentiae », « causa defectus »). Ma la discussione sulle cause chiarisce come vada intesa la molteplicità potenziale chiarendo i vari punti di vista dai quali può essere considerato il discorso fallace. Molteplicità potenziale si ha quando le dictiones o voces occor- renti nell’enunciato sono materialmente le stesse, ma dànno luogo a diversi significati. L'identità materiale (o ‘sostanziale’) delle voces è « causa apparentiae », la pluralità dei sensi, o pluralità formale, o attuale !%, è « causa non existentiae ». Tuttavia detta pluralità formale è spesso ricondotta al diverso pronuntiare ', alla diversa prolatio !!° opunctuatio!!! che inter- 107 Op. cit., 7.03, p. 66. 108 Cfr. Dialectica Monacensis, cit., p. 570; GUGLIELMO DI SHYRESWOOD, Introductiones in logicam, cit., pp. 89-90; Pietro ISPANO, op. cit., cit., 7.25, p. 74, e 7.28, pp. 75-76; Ps. Bacone, Sumule dialectices, cit., pp. 334-337; ALserTo M., op. cit., p. 548a; Tommaso D'AQUINO, op. cif., nr. 657, p. 230; Occam, Tractatus logicae minor, cit., p. 86; BurIpANO, op. cit., VII, 3. Si notino, in particolare, nel testo di Tommaso d’Aquino, le equivalenze potentialiter-materialiter, formaliter-actualiter, e si legga BuRIDANO (op. cit., VII, 2): «Multiplicitas potentialis dicitur cum vox, existens eadem se- cundum materiam et diversa secundum formam, habet multas significationes ». 19 Arserto M., op. cit., p. 545b: « Divisa sic pronuntianda est [...]. Composita autem oratio sic pronuntiatur [...] »; v. n. 113. Per la pronun- tiatio nella retorica classica, cfr. CICERONE, DE INVENTIONECiceRoNnE, De inventione: pronuntiatio est ex rerum et verborum dignitate vocis et corporis moderatio; ma cfr. LAusBERG, op. cit., p. 787. V. anche ps. BAcoNE, Sumule dialectices, cit., p. 331. 110 Cfr. Dialectica Monancesis, cit., p. 569: «ex modo proferendi »; Ps. Bacone, Sumule dialectices. -it., pp. 331 e 337. Il Occam, Suzzrza logicae, cit., III, iv, 8, f. 99ra: « Causa non existentiae est diversitas punctuationis », e Elemzentarium logicae, cit., p. 121. 528 Alfonso Maierù viene nella utilizzazione pratica dell’enunciato !!, Alberto di Sassonia, invece, definisce: « Causa autem defectus est diversitas constructive orationis earundem (sc. dictionum), sicut patet in illa ‘quidquid vivit semper est’ » !!. Il riferimento alla constructio!!* indica che alla base di questa dottrina può esserci una preoccupazione di origine grammaticale, che più chiara- mente traspare, presso lo stesso Alberto e presso altri autori, pro- prio nella descrizione della compositio e della divisio: una oratio è composita quando « dictiones ordinantur secundum situm magis debitum », ma è divisa quando « dictiones ordinantur secundum situm minus debitum » !5, mentre altti maestri non privilegiano la compositio rispetto alla divisio 9 (ma il riferimento alla construc- [12 Cfr. ALBERTO M., op. cif., p. 535a-b: « Modi autem arguendi [...] sunt duo, scilicet secundum apparentiam acceptam in dictione, secundum quod dictum est idem quod voce litterata et articulata pronuntiatum est sive pro- latum: [...] omne enim quod dicendo profertur, hoc vocatur dictio: unde hoc modo et oratio dictio est: forma enim dictionis hoc modo accepta pro- latio est: et quae una continua prolatione profertut, una dictio: et quae pluribus, plures est dictiones ». 113 Logica, cit., V, 4, f. 40va. 114 Per i rapporti tra comstructio, congruitas e perfectio come proprietà del discorso secondo Martino di Dacia, cfr. PinBoRG, op. cit., pp. 54-55. 115 Così Pietro IsPANO, op. ci., 7.25, p. 74; cfr. Aquino, op. cit., nr. 657, p. 230; SASSONIA, op. cit., V, 4, f. 40rb, parla di «magis apte construi » e «minus apte construi » rispettivamente per sensus compositus e sensus divisus. . 116 Cfr., ad esempio, SHyreswooD, Introductiones in lo- gicam, cit., p. 89: «Est [...] compositio coniunctio aliquorum, que magis volunt componi. Divisio est separatio aliquorum, que magis volunt dividi » (si ricordi che in altro senso Guglielmo privilegia la compositio: cfr. n. 17);- VINCENZO DI BeAUVAIS, op. cit., 277, dove distingue composizione e divi sione essenziale e composizione e divisione accidentale e precisa che l’oratio è composta in rapporto alla composizione essenziale e divisa in rapperto alla divisione essenziale e, se falsa, è resa vera rispettivamente dalla « div'-io Terminologia logica della tarda scolastica 529 tio è rintracciabile in testi della fine del secolo XII !!?). Per chiarire la natura di tale posizione, esaminiamo l’esempio addotto da Alberto: è il noto sofisma « quicquid vivit semper est ». Ci si chiede con quale verbo più propriamente semper vada congiunto, e si risponde ch’esso va congiunto con est: dun- que, congiunto con es fa senso composto, congiunto con vivit fa senso diviso. Che gli avverbi « de natura sua habent determi nare verbum », come scrive Pietro Ispano !!, è dottrina gramma- ticale; se ne conclude che semzper « potius determinabit verbum principale quam minus principale » !'9, cioè es? piuttosto che vivit. Guglielmo di Shyreswood ricorda che secondo Prisciano « adverbia magis proprie habent precedere suum verbum »!2: di qui dunque i cenni al « situm magis debitum » che troviamo accidentalis » e dalla « compositio accidentalis »; BurIDANO, op. cit., VII, 3. 117 Per un verso cfr. la Diglectica Monacensis, cit., p. 569; « Est itaque quedam compositio sermonis que nil aliud est quam constructio sive ordi- natio alicuius sermonis componibilis vel incomponibilis ad alterum cum quo videtur potius quam cum alio coniugi, sic tamen se habens quod ab illo possit dividi et ordinari cum alio cum quo videtur minus coniugi et ordinabile. Divisio autem est separatio alicuius ab aliquo cum quo natum est ordinari secundum debitum sicut qui debet esse in partibus illius orationis. Ex hoc patet quod ista oratio que multiplex est ex compositione et divisione, quan- tum est de se, sensum compositionis semper habet actualiter et principaliter, sensum vero divisionis protestate »; pet l’altro cfr. le Fallacie  magistri Willelmi, cit., p. 687: « Fallatia secundum compositionem est quando infer- tur coniunctim ex divisim dato tamquam coniunctim dato. Dicitur autem in dictione quia fallit ex proprietate dictionis, scilicet compositione, cum sit compositio dictionum constructio innitens compositioni. Fallatia secundum divisionem est cum infertur ex coniunctim dato quasi divisim dato. In dictione dicitur esse quia fallit ex proprietate dictionis, ut ex divi- sione, cum sit divisio dictionum constructio innitens divisioni. Ideoque secundum divisionem nominatur hec fallatia ». 118 Op. cit., 7.25, p. 74. 119 Ivi. 120 Introductiones in logicam, cit., p. 91; cfr. PRISCIANO, op. cit., XV, 39, in Grammatici latini, nei testi. Ma sem di i i bra un’indebita estensione caratterizzare senso È pra il testo più illuminante tra quelli sfogliati in ordine al ‘Porto tra queste analisi e la dottrina grammaticale dell: constructio sono le « quaestiones » di Duns Scoto sugli Ele, chi sofistici. La sua analisi è tutta impregnata delle dista È delle esigenze derivanti da un’impostazione in linea con la ram. matica speculativa. In essa trovano posto e sistemazione o i temi della pronuntiatio, prolatio e punctuatio che abbiamo vi accennati e utilizzati dagli altri autori. i Di cit., VII, 3, primo modo. Occam, nella Sunzza logicae, cit A » 99ra), per questo sofisma fa riferimento solo alla diversa puachia: Tractatus logicae minor, cit. 86. i È sotto il pri : ‘-, p. 86, i due esempi sono dati di segui ae polo continua poi affermando che, se c'è una lea compositus în quo dis composto e diviso, essa è che «ille sensus est di duo siiae di ictio componitur cum alia dictione; et ille est divisus ictio cum nulla alia immediata sibi componitur » (p. 119): in un’altra, non si ‘compone’ i tra, ; npone’ con una terza dictio nella si izi cfr. l'esame dei modi, più avanti (nn. 133 e 134), COCAINA 531 Terminologia logica della tarda scolastica Conviene perciò seguire il suo discorso fin dall’origine. Distinta una triplice molteplicità !2, egli afferma che la molte- plicità potenziale si ha « quando est ibi identitas vocis secundum materiam, et non secundum formam » ‘, e che la forza non è altro che la prolatio 4. « Causa apparentiae » della fallacia in senso composto e in senso diviso è: « unitas materialium cum similitudine orationis compositae ad divisam [...] et e converso in divisione »: non si tratta soltanto della materiale identità delle dictiones, ma anche di una diversa somiglianza dell’un modo all’altro che sulla materiale identità si innesta; questa diversa somiglianza si fonda sui diversi « modi proferendi compositim vel divisim », che sono di specie differenti '”. Ora, precisa l’autore, « [...] modus profe- rendi est quidam modus significandi Logicalis, per quem unus intellectus ab alio distinguitur » !%. Accanto ai modi significandi grammaticali, che stanno a base della constructio !”, Duns Scoto pone dunque i modi significandi logicales che fondano la diversità dei ‘sensi’ (inzellectus) anche là dove è una stessa constructio. Essi 12 Op. cit., q. xix, $ 4, f. 24la. 13 Ivi. 14 Ivi: «Actualis multiplicitas est, quando est ibi identitas vocis secundum materiam, et formam, quae est prolatio ». 15 Op. cit., q. xxiv, $ 5, f. 247a: « Unde dicendum, quod unitas mate. rialium cum similitudine orationis compositae ad divisam, est causa appa- rentiae in compositione, et e converso, in divisione. Et licet istae simili- tudines radicaliter proveniant ex unitate materialium: istae tamen simili- tudines super modos proferendi compositim, vel divisim fundantur, qui tamen sunt specie differentes ». Perciò le due fallacie non vengono unifi- cate dall’autore (cfr. q. xxiii, f. 245: «Utrum compositio et divisio sint duae fallaciae distinctae specie »). 126 Ivi, q. xxvi, $ 4, f. 249a. 127 Ivi: « Ad rationes. Ad primam dicendum, quod si maior intelligitur solum de modis significandi Grammaticalibus, qui sunt principia construendi unam dictionem cum alia, tunc falsa est maior. Sed si intelligatur, quod omnis diversitas in oratione, vel provenit ex diversitate significati, vel modorum significandi Logicalium, tunc vera est, et minor falsa ». sa Alfonso Maierù sono infatti « ex parte nostra » !® e si traducono in una diversa prolatio e in un diverso punctuare, che non toccano la con- structio in quanto tale !®. Ma la constructio operata dai « modi significandi » grammaticali dà luogo (naturalmente, si potrebbe dire) al senso composto, mentre il senso diviso interviene facendo quasi violenza alla natura delle dictiones e alla loro disposizione nella orazio: 0, meglio, il « modus proferendi » che sta alla base del senso composto è più rispettoso della constructio che non il « modus proferendi » che fonda il senso diviso; ciò risulta dal- l’esame dei tre modi, concretizzati in tre esempi, che Duns Scoto assegna alla composizione e alla divisione !, 128 Ivi, $ 2, f. 248b: « Dicendum, quod diversitas modi proferendi est ex parte nostra. Sed quod oratio sic prolata, hoc significet, et sub alio modo proferendi significet aliud, hoc non est ex patte nostra ». 129 Ivi, q. xxi, $ 6, f. 243a, discutendo del rapporto tra molteplicità attuale e molteplicità potenziale: «Est tamen intelligendum, quod licet determi nata (ex terminata) prolatio determinet orationem multiplicem secundum actualem multiplicitatem, et potentialem, sicut accidit in compositione, et divisione, una tamen multiplicitas ab alia differt. Nam determinata pio: latio orationis multiplicis secundum potentialem multiplicitatem, punctuando ad alterum potest ipsam determinare, manente semper eodem ordine vocum. Sed determinata prolatio, manente eodem ordine vocum, punctuando, non determinat orationem multiplicem secundum actualem multiplicitatem ad alterum sensum, sed ipsa transpositio terminorum. Si enim dicatur Pugnantes vellem ma accipere, ly pugnantes, non pet punctuationem ad alterum sensum potest determinati. Per il primo modo (sedentem ambulare est possibile), cfr. ivi, q. xvi, $ 3, ff. 248b-249a: « Sed ulterius oportet videre, quis modus profe: rendi facit sensus compositum et divisum. Et dicendum est, quod continua prolatio eius, quod est sedentem, cum hoc quod est ambulare, causat sensum compositum. Iste autem modus proferendi possibilis est in ora- tione, nam sic modi significandi Grammaticales ad invicem dependentes terminantur et quae nata sunt coniungi coniunguntur. Iste autem sensus accidit orationi praeter aliquam violentiam, ideo iste sensus magis appropriatur orationi. Sensus autem divisionis accidit ex discontinua prolatione earundem partium. Et quia quae nata sunt coniungi ad invi- Terminologia logica della tarda scolastica [Sembra che queste precisazioni possano illuminare testi che, mancando di espliciti riferimenti, altrimenti risulterebbero oscuri 15, cem, separantur, ideo iste sensus minus appropriatur orationi, unde accidit ei cum quadam violentia »; per il secondo modo (quingue sunt duo et tria), ivi, q. xxx, $ 1, f. 25la: «Ad primam quaestionem dicendum, quod Coniunctio, vel copulatio, per se copulat inter terminos: per accidens autem inter propositiones. Et huius ratio est: nam cum Coniunctio sit pars orationis, habet modos significandi secundum quod cum aliis partibus orationis consttui potest; sed non construitur, nisi cum illis, inter quae copulat, oportet igitur ista habere modos significandi sibi proportionabiles, qui sint principium constructionis; ergo non copulat inter orationes. Sed tamen, quia terminos inter quos copulat accidit partes unius orationis esse, vel diversarum, ideo dicitur copulare inter terminos, vel inter orationes. Magis tamen proprie potest dici, quod coniunctio posset copulare inter terminos unius orationis, vel inter terminos diversarum orationum »; per il terzo modo (quod unum solum potest ferre plura potest ferre), ivi, q. xxxiii, $ 3, f. 253a: «Circa tamen modos intelligendum est, quod tot sunt modi secundum compositionem, et divisionem, quot modis componere contingit, quae nata sunt componi, et illa ad invicem dividere, resultante diversitate sententiae. Sed ad videndum quae nata sunt componi, intelli- gendum est, quod Priscianus dicit, in maiori volumine, quod omnis deter- minatio, et omnia Adiectiva Nominaliter, vel Adverbialiter designata, praeponuntur aptius suis substantivis, ut fortis Imperator fortiter pugnat, et ratio potest esse, nam Adiectiva de se quasi infinita sunt, et ideo per sua Substantiva determinantur. Dicit etiam Priscianus, quod licet omnia postponere, exceptis monosyllabis, ut nunc, turc, et huiusmodi, sed hic videtur esse dicendum, quod quando determinatio componitur cum deter- minabili subsequenti, tunc dicitur oratio composita; et quando ab eodem removetur, dicitur divisa: sed huic modo dicendi repugnat iste paralogismus, Ex quinquaginta virorum centum reliquit divus Achilles, nam si praedicta oratio dicetur composita, quando ly wvirorum componitur cum ly Quir- quaginta, tunc propositio est falsa, cum tamen ille paralogismus sit para- logimus divisionis, et tunc dicitur esse vera in sensu composito, sed tunc dicendum est, quod haec est littera, Quinguaginta ex centum virorum, etc. vel quod paralogismus ille est compositionis, ponitur tamen inter paralo- gismos divisionis, etc. ». 131 In particolare, cfr. Ps. BACONE, op. cif., pp. 334-336 e 341-342, oltre al testo di Occam, in n. 117. * 534 Alfonso Maierù Accenniamo, per concludere, ai modi posti da ciascun autore. Pietro Ispano assegna due modi al senso composto e due al senso diviso ‘©, mentre le Sumzyle attribuite a Bacone forniscono due modi per il senso composto e due per il senso diviso, e ne aggiun- gono per ciascun senso un terzo in forma dubitativa !8. Il testo 12 Op. cit.: « Compositionis duo sunt modi. Primus modus provenit ex co, quod aliquod dictum potest supponere pro se vel pro parte sui, ut haec: “sedentem ambulare est possibile” [...]. Et sciendum quod soleat huiusmodi orationes dici de re vel de dicto. Quando enim subiicitur pro se, dicitur de dicto, quando subiicitur pro parte dicti dicitur de re. Et omnes istae propositiones sunt compositae quando dictum subiicitur pro se, quia praedicatum competentius ordinatur toti dicto quam parti dicti. Secundus modus ‘provenit ex eo quod aliqua dictio potest referri ad diversa, ut “quod unum solum potest ferre, plura potest ferre” » (ivi, 7.27, p. 75); «Divisionis duo sunt modi. Primus provenit ex eo quod aliqua coniunctio potest coniungete inter terminos vel inter propo. sitiones ut hic: “duo et tria sunt quinque” » (ivi, 7.29, p. 76); « Secundus modus provenit ex co quod aliqua determinatio potest refetri ad diversa, ut tu vidisti oculis percussum”. Haec est duplex ex eo, quod iste ablativus “oculis” potest referri (ad) hoc verbum “vidisti”, vel (ad) hoc participium “percussum” » (ivi, 7.30, p. 76). 133 Op. cit: «Et sunt duo modi secundum hunc locum (sc. fallaciam compesicionis); primus, quando aliquid componitur cum uno et cum divi- ditur “non componitur cum alio, ut ‘possibile est sedentem ambulare’ Edi et universaliter, omnis oracio que est ex modo nominali dicitur esse secun- dum quod est de re et dicto [...]» (p. 335); «Secundus modus est quando aliqua diccio componitut cum uno et cum dividitur potest cum alio componi, ut ‘quicumque scit litteras nunc didicit illas [...}'» (ivi); «[..] 3.48 modus est quando determinacio componitur cum uno, et cum dividitur componitur cum alio subintellecto » (p. 336); « Primus est modus (sc. fallaciae divisionis) quando aliquid dividitur ab uno et non compo- nitur cum alio, ut ‘quecumque sunt duo et tria sunt paria et imparia [...] » (ivi); « Secundus modus est quando aliqua determinacio dividitur falso ab uno et componitur cum alio posito in oracione, ut ‘deus desinit nunc esse’ » (altro esempio è « quadraginta virorum centum reliquit  dives Achilles ») (p. 337); «In hoc tamen paralogismo dicitur esse 3.48 modus divisionis, quia cum dividitur determinacio ab aliquo actu posito in ora- cione componitur intellecto, set hoc forte non facit composicionem de Terminologia logica della surda scolastica 535 delle Suzzule è riecheggiato abbastanza da vicino dalla esposi- zione di Alberto Magno, il quale attribuisce tre modi alla compo sitio e tre modi alla divisio !*. Vincenzo di Beauvais, che segue qua hic loquimur, et propter hoc est ibi primus modus » (ivi). 14 Cfr. op. cit., pet il senso composto: «[...] primus provenit, quia aliqua dictio in oratione est composita cum aliquo, et tamen non dividitur id quod est in oratione: et tales sunt hae duae orationes, ut posse sedentem ambulare, et posse non scribentem scribere; « Secundus modus provenit ex hoc quod aliquid componitur cum aliquo in oratione eadem posito, et dividitur etiam ab aliquo posito in eadem oratione: et hujus exemplum est, discere nunc litteras, siquidem didicit quas scit [...]» (pp. 545b-546a); « Tertius modus est, quando componit cum aliquo in oratione posito, sed sub intellectu in eadem oratione; et hujus exemplum est quod dicitur, quod unum solum potest ferre, plura potest ferre: sensus enim compositionis est secundum quod continua et composita est prolatio inter haec duo, 747 solu:, cum hoc verbo infinitivo, ferre, sic, quod potest ferre unum solum, ita quod nihil amplius plura potest ferre: sic enim composita est et falsa: et sic dictio exclusiva respicit infinitivum ferre: quia quod sic unum solum potest ferre, et nihil amplius, non potest ferre plura: quia sic dictio exclusiva ponit formam suam circa hunc terminum, unu, et excludit id quod est oppositum uni ab infinitivo super quod ponitur posse vel possibile: et ideo quod sic unum solum potest ferre, non potest plura ferre. Si autem discontinua et divisa sit prolatio inter haec duo, unu solum, tunc dictio exclusiva excluditur ab isto termino, unutt, et conjungitur cum participio subintellecto quod est ens vel existens solum, potest ferre: et hoc est verum: et ideo divisa est vera, composita falsa » (p. 546a); per il senso diviso: «Primus ergo modus erit, quando aliquid dividitur ab aliquo in oratione posito, et cum nullo componitur in eadem oratione posito: et de hoc duo sunt exempla sic, quinque sunt duo, et tria: et formatur sic: quaecumque sunt duo et tria, sunt quinque: duo et tria sunt duo et tria: ergo duo sunt quinque, et tria sunt quinque, quod falsum est. Adhuc alia oratio: quaecumque sunt duo et tria, sunt paria et imparia: quinque sunt tria et duo: ergo quinque sunt paria et imparia. Adhuc autem penes eumdem modum accipitur et haec oratio, quae est majus esse aequale et formatur sic: quod est majus, est tantumdem et amplius: sed quod est tantumdem, est aequale, et quod est amplius, est inae- quale: ergo quod est tantumdem est aequale et inaequale. — Cum autem in his orationibus sit multiplicitas in hoc quod eadem oratio secundum 736 Alfonso Maierù da presso Aristotele, ammette tre modi di paralogizzare per il senso composto e tre per il senso diviso '5. Tommaso d’Aquino conosce tre modi che valgono sia per il senso composto che per il senso diviso, i quali però non aggiungono niente di nuovo al materiam in omnibus his divisa et composita non eadem significat, sed aliud, in omnibus his significat divisa et composita. Exemplum autem ; juod est quando aliquid in eadem oratione componitur cum aliquo, et ii ab isto componitur cum aliquo in eadem oratione posito, ut ég0 te posui cane entem liberum: et est in hac oratione multiplicitas, ex eo quod oc participium, erfemz, potest componi cum hoc nomine, servum, et si est oratio composita et vera: vel dividi ab illo et componi cat e nomine, liberum, et sic est divisa et falsa: et hoc juxta secundum oa compositionis. — Exemplum autem ejus quod est tertius modus co » sitionis (scilicet quod divisum ab aliquo in oratione posito ine cum aliquo non in eadem oratione posito, sed sub subjecto intellecto) i hoc: quadraginta virorum, centum reliquit divus Achilles: et est h multiplicitas ex eo quod haec dictio, certurz, potest componi cum res termino, viror4m, et tunc est adjectivum ejus et est casus genitivi: et Sic Rae est composita et vera sub hoc sensu, centum virorum ita orco cigno quadraginta. Vel iste terminus, centum, potest addi ad hunc um, reftguit, et tunc componitur cum hoc termino subintellect st: est virorum, et sic est divisa et falsa sub hoc sensu, quod de prezà qua aginta virorum, centum reliquit divus Achilles, quod est impossibile. sti ergo sunt modi compositionis et divisionis. Ma l’aut a Di gere chiarisce ulteriormente il meccanismo del senso composto pei ee pag: Si autem quaeritur penes quid accipiantur modi compo- onis et divisionis? Satis patet per praedicta: quia divisum ab aliquo i oratlone posito: aut non componitur cum aliquo in eadem a » sic est primus modus: aut componitur cum aliquo: et si componitur, ta "gn cum aliquo in oratione posito, aut non posito, sed subintel- lecto. primo modo est secundus modus, altero autem modo tettius t: in pine quam in divisione ». > sn pat ei senso composto: « Primus fit eo quod parti È og soin 1 intellectae, potest ordinari cum diversis verbis, bre sie > si ile est ambulare, possibile est ut ambulet; possibile agi ipa cun ser re “N ut stano ambulet. Minor mul- i ;, est vera; distingui niter de re vera, de dicto (ex dicta) falsa. Secandas inte rn Terminologia logica della tarda scolastica 537 testo dei suoi predecessori !*. Anche Duns Scoto assegna tre modi, come si è visto, e sono comuni ai due sensi !”; ma Guglielmo adverbium possit componi cum uno verbo, vel ab illo dividi, et componi cum alio, ut hic: Quod scit aliquis nunc didicit; sed magister litteras nunc scit; ergo nunc didicit, non valet [...]»; «Tertius fit, eo quod nota exclusionis possit componi cum diversis verbis, ut hic: Quod unum solum potest ferre, non potest plura ferre»; per il senso diviso: «[...] uno modo, eo quod dictio copulativa vel disiunctiva potest copulare dictiones, vel orationes; secundum quem sic paralogizatur: Quaecunque sunt duo et tria, sunt paria et imparia; quinque sunt duo et tria, ergo etc. Secundo modo, eo quod participium possit coniugi cum diversis nominibus, ut hic: Ego posui te servum entem liberum; entem potest coniungi huic nomini servum, et sic est vera composita, quia priori nomini natum est plus com- poni; vel ab eodem dividi, sic est falsa divisa. Tertio modo hoc idem con- tingit, quando aliquod nomen cum alio nomine potest coniungi vere, vel ab codem dividi false; ut hoc nomen centurz in exemplo Aristotelis, cenzum quinquaginta virorum reliquit Achilles. Iteque secundum divisionem potest fieri paralogismus, quoties a coniunctim dato, infertur divisim; et e converso secundum compositionem sic: Iste est bonus, et est clericus; ergo est bonus clericus, et e converso potest argui similiter secundum divisionem ». 1386 Op. cit.: «Primus modus est quando aliquo dictum potest suppo- nere verbo vel ratione totius vel ratione partis: si ratione totius supponat, erit oratio composita, si ratione partis, erit oratio divisa » (nr. 658, p. 230): corrisponde al primo modo del senso composto di Pietro Ispano, fa leva sull’esempio base: « possibile est album esse nigrum », e richiama la distin- zione della modalità de dicto dalla modalità de re; «Secundus modus pro- venit ex eo quod aliquando praedicatum, in quo pluta adunantur per coniunetionem copulativam vel disiunctivam, potest attribui subiecto co- niunctim vel divisim. Si coniunctim, est oratio composita; si divisim, oratio est divisa» (nr. 659, p. 230): anche qui, l'esempio è classico, ma è dato al negativo: «quinque non sunt duo et tria»: la discussione verte sull’interpretazione del rapporto tra soggetto e il predicato «duo et tria»; «Tertius modus est, quando una dictio potest coniungi diversis dictionibus in locutione positis: erit autem tunc secundum hoc composita oratio, quando coniungitur cum dictione cui magis apparet, vel apta nata coniungi; divisa (diversa: Spiazzi) vero, quando ab ea disiungitur. Sicut in hoc paralogismo patet: Quod potest unum solum ferre, plura potest ferre [...]» (nr. 662, p. 231). 137 Op. cit. gli esempi sono: (a) «sedentem ambulare est possi-  d’Oc i i lea atti due modi comuni al senso composto e al senso n Pe gl 5 stessi occorrono anche nei trattati di Burleigh editi er !. Alberto di Sassonia, invece, torna ai tre modi, ma 5 adem aut aliquibus eisde i b ‘m replicata vel repetita, eadem dicti i cum una vel pluribus » (Elezentarium logicae, cit., pp. 119-120; di. Tresa 139 Per il pri i imo modo con i termini i . i modali, cfr. D i i i di do 9 . De puritate ar, ass per il secondo modo con et, cit, ivi, a 242: « fa pio, oa pini tra pg inter duos terminos ia $ 5 est locutio, ex eo d i : I, IG È quod potest inc bag cà propositiones. Et haec distinetio e rit deg a mitrigria Ma iena secundum quod copulant inter terminos È ergono meine 8 secundum quod copulat inter propositiones sic rotta» sig con vel, cfr. ivi, p. 243: «Et est sciendum faod “gu Legea cp ‘vel? ponitur inter duos terminos, uiciea csbieg 3 hei potest disiungere inter terminos vel inter proposi. ri Arg Propositiones, sic est disiunctiva, si disiungat inter ‘minos, e disiuneto extremo. Et h: istincti ;ecun Lernia la le d j laec distinctio est s o eri Le Secundum quod disiungit inter duos = O nis, si !s divisionis; secundum quod disiungit i, Li ionis; quod disiungit intel » SIC est sensus compositionis »; e con si, cfr. la dieci hi e Terminologia logica della tarda scolastica 539 anche questi sono comuni ai due sensi !°. Più interessante l’esposizione di Buridano, il quale, dopo tre modi comuni ai due sensi che ben rispecchiano quelli dei testi finora ricordati ‘4, esamina altri tre modi, anch'essi comuni: la negatio può cadere sull’intera proposizione categorica, è « negatio negans » e rende composta e falsa la proposizione, o può cadere sul soggetto soltanto, è « negatio infinitans » e rende divisa e vera la sofisma « Socrates dicit verum si solum Plato loquitur », ivi, p. 250, e del sofisma « omnis homo, si est Sortes, differt a Platone », pp. 42 sg. 14 Il primo riguarda le modali (cfr. Logica, cit., V. 4, f. 40va: « oratio respectu alicuius modi »); il secondo riguarda le proposizioni che « ratione alicuius coniunctionis vel adverbii » possono essere intese come proposi- zioni categoriche o ipotetiche (ivi, f. 40vb); il terzo sorge «ex co quod in aliquibus propositionibus aliqua dictio ex diversis coniunctionibus ad diver- sas dictiones eiusdem orationis causat diversos sensus, sicut de illa: ‘quicquid vivit semper est’ » (ivi, f. 41ra). 141 « Primus modus est per hoc quod una determinatio potest coniungi cum utroque duorum determinabilium et separari ab altero, vel unum detet- minabile cum utraque (ex utroque) duarum determinationum, ut in illa oratione: ‘quaecumque scit litteras nunc didicit illas’ [...], et in hac oratione ‘quicquid vivit semper est [...]. Similiter in illa: ‘quadraginta virorum centum reliquit divus (ex dives) \Achilles®. In hoc autem modo sensus compositus vocatur quando illa dictio coniungibilis diversis  coniungitur cum illo ad quod habet situm magis convenientem et divisus (ex divisis) vocatur quando separatur ab illo ad quod habet situm magis convenientem, ut quando coniungitur cum illo ad quod habet situm minus convenientem. Secundus modus est per hoc quod diversi termini possunt coniunctim esse unum subiectum vel unum praedicatum, vel possunt divisim unum esse subiectum et alterum praedicatum, ut in hac oratione ‘sedentem ambu- lare est possibile’. Potest enim totum dictum subici et modus praedicari et e converso, et est sensus compositionis; vel potest una pars dicti subici et alia praedicari et quod modus se teneat ex parte copulae, et est sensus divisus et propositio divisa [...]. Tertius modus ponitur prout plures termini possunt simul coniunctim subici vel praedicari in una proposi- tione categorica, et possunt etiam divisim subici vel praedicari, et aequi- valent tunc uni propositioni hypotheticae, ut in hac propositione: ‘quinque sunt duo et tria’ [...]» (op. cit., VII, 3). sia Alfonso Maierù proposizione (è il quarto modo) !®; la negatio negans può cadere sull’intera proposizione ipotetica, e rende la proposizione co: ‘ posta e falsa, o può cadere solo sulla prima categorica e la pro “ sizione allora è divisa e vera (quinto modo) !*; infine data lino. tetica « homo est asinus et equus est capra vel deus est Îae può avere una disgiuntiva, e la proposizione tutta è composta e vera, oppure una congiuntiva, ed è divisa a falsa (sesto modo) !4, Buridano, il quale non esclude che possano darsi altri modi ritiene che questi siano i principali !5, i 5. La logica inglese da Heytesbury a Billingham La trattazione del senso composto e del senso diviso nel secolo XIII e fino ad Alberto di Sassonia è caratterizzata da due elementi: a) innanzi tutto, come si è detto, un accostamento diretto al testo aristotelico, scavalcando la mediazione delle summulae o dei commenti agli Elenchi sofistici fioriti alla fine del secolo XII: questo accostamento è rivelato dai ‘modi’ presi in esame della maggior parte degli autori che sono riconducibili in genere ad esempi occorrenti in Aristotele; b) in secondo luogo, da un’ana- lisi condotta con i mezzi forniti dalla grammatica speccilerive; ed è singolare che se nel solo Duns Scoto, tra gli autori esaminati, le dottrine vengono in luce sistematicamente, l’uso di certa termi: nologia e certe interpretazioni vadano ricondotte alle dottrine della lasagne speculativa nelle quali trovano la loto giustificazione, L. sie sea come in Occam e Buridano, esse sono in via di Nel secondo quarto del secolo XIV in Inghilterra alcuni logici 12 Ivi, 13 Ivi. 14 Ivi. 145 Ivi. Terminologia logica della tarda scolastica 541 impostano diversamente il problema. Emergono sugli altri Gu- glielmo Heytesbury prima e Riccardo Billingham poi. Entrambi dedicano un trattato ai problemi del senso composto e del senso diviso. Ma Heytesbury ne parla a lungo anche nel secondo capi- tolo delle Regulae solvendi sophismata, cioè il De scire et dubitare, e s'è detto che le Regulae vanno datate al 1335 ‘9, di modo che, a questa data, Heytesbury aveva elaborato la sua dottrina, almeno per quanto riguarda un capitolo fondamentale !. È probabile che 14 Cfr. Introduzione. Ma nei vari capitoli delle Regulae, cit., è presente la dottrina del senso composto e del senso diviso: cfr. De insolubilibus, f. Tra: « Sed ista obiectio et ratio nimis cavillatoria est, et bene potest dici sophistica, quia vadit solummodo ad verba et non ad intellectum, cum intelligantur omnia superius posita i sensu diviso; arguit autem iste cavillator contra ista in sensu composito: nimis enim esset prolixum in verbis tantum instare, ut nihil diceretur quod cavillatorie non posset impugnari. Ideo non tantum ad verba nuda, sed ad sententiam referas argumentum et videbis quam potenter concludit »; De relativis, f. 21rb: «‘Tam incipit aliquis punctus moveri qui per tempus quod terminatur ad instans quod est praesens quiescet, ergo iam incipit aliquis punctus moveri et ille per tempus termi natum ad instans quod est praesens quiescet’: notum est quod non valet consequentia, quia antecedens est verum in casu et consequens impossibile. Unde universaliter hoc nomen relativum relatum ad terminum stantem confuse tantum non habet sic exponi. Arguitur enim in huiusmodi exposi- tione a sensu composito ad sensum divisum », e f. 21va, a proposito di casi col verbo apparet (altri casi con apparet in De scire et dubitare, f. 14va); De incipit et desinit, f. 26rb: «Ad aliud cum arguitur quod Socrates in aliquo instanti desinet esse antequam ipse desinet esse, optime respondetur distinguendo illam penes compositionem et divisionem. Sensus divisus est iste: ‘in aliquo instanti antequam Socrates desinet esse, Socrates desinet esse’, et ille sensus claudit opposita. Sersus compositus est iste: ‘Socrates desinet esse in aliquo instanti antequam desinet esse’; in isto sensu tenendo totum illud aggregatum a parte praedicati, satis potest concedi illa propo- sitio »; De maximo et minimo, f. 31va-b: « Sed arguitur forte quod primum est falsum quia non est possibile quod 4 punctus sic movendo ita cito tangat punctum ultra 4 sicut 5, ergo 4 non poterit ita cito tangere aliquem punctum ultra 6 sicut %. Huic dicitur concedendo conclusionem, et ex ista non 542 Alfonso Maierù in Inghilterra le Regulae siano state al centro di discussione al loro apparire; è certo però che del De scire et dubitare è stato fatto un adattamento incentrato sulla dottrina del senso composto e del senso diviso, adattamento che, sotto il titolo (che è l’incipit) Termini qui faciunt 8, ha avuto una certa fortuna nelle scuole !9. Viene da chiedersi quale dei due trattati di Heytesbury sia anteriore all’altro, se le Regulae o il De sensu composito et diviso: la fortuna arrisa al secondo capitolo delle Regu/ae, che non si spiega se fosse stato disponibile l’altro trattato, farebbe pensare all’antecedenza della composizione delle Regulae; l’altro trattato, in tal caso, sarebbe stato composto per l’esigenza di sistemare tutta la materia nel corso della discussione nell’ambito universi- tario. Ma questa è solo un’ipotesi e non abbiamo elementi suffi- cienti a confortarla. È un fatto però che, oltre ai termini modali, vengono in primo piano in questa discussione i termini che riguar- sequitur quin ita cito sicut 4 poterit tangere, poterit ipsum etiam tangere aliquem punctum ultra è, quia ista significat sensum divisum et alia concessa denotat compositionem », e ivi, f. 3lvb: « antecedens nam significat secundum divisionem, consequens autem secundum compositionem » (cors. mio). 148 Cfr. appendice 1 a questo capitolo. Ma è da tener presente che anche il primo capitolo delle Regulae, cioè il De insolubilibus, ha avuto fortuna: cfr. WersnereL, Repertorium Mertonense, cit., pp. 212-213; il primo testo citato dal Weisheipl è l’expositio che ne fa Johannes Venator: cfr. il mio Lo « Speculum »..., cit., p. 313 n. 67. 149 Il trattato fra l’altro è in due codici, Padova, Bibl. Univ. 1123 e Worcester, Cath. F. 118, che contengono, nella prima parte, una succes- sione di piccoli trattati che potrebbero aver costituito un corpus di manuali per principianti negli studi di logica, corpus formatosi nella seconda metà del sec. XIV in Inghilterra (il ms. padovano è inglese); il cod. di Worcester porta l'intestazione « Sophistria secundum usum Oxonie », mentre il rilievo per il codice padovano è dovuto al compilatore del catalogo manoscritto (cfr. c. 341). Il confronto fra il contenuto dei due codici merita un’analisi più approfondita. Il WersHEIPL, The Development..., cit., p. 159, rileva che al De scire et dubitare, comunque, si affiancano discussioni analoghe a Oxford: si ricordi fra l’altro, la discussione di John Dumbleton (primo libro della Surzzza) sull’intensio e remzissio della credenza, ecc. Terminologia logica della tarda scolastica 543 dano ‘atti dell'anima’, come si vedrà in seguito; che termini modali e verbi designanti « actus animae » sono ferzzini officiales secondo la dottrina della probatio propositionis !°; che il De sensu composito et diviso di Billingham tratta prevalentemente dei zer- mini officiales!!; che in un adattamento anonimo !° dell’altro trattato di Billingham, lo Speculum, la dottrina della probatio dei termini officiales è ricondotta a quella del senso composto e del senso diviso, come non è nello Speculum di Billingham. : Tutto ciò fa pensare che i temi del De scire et dubitare di Heytesbury, più che non quelli del De sensu composito et diviso, abbiano avuto fortuna in Inghilterra per la dottrina che ci riguarda, a meno che non si postuli l’esistenza, in ambiente universitario, anteriormente a Heytesbuty e a Billingham e quindi ai manipolatori dei loto trattati, di un testo o di un dibattito che abbia condizionato e convogliato lo svolgimento successivo delle elaborazioni relative al senso composto e al senso diviso sui termini che saranno poi detti officiales !*. In tal caso però il De sensu composito et diviso di Heytesbury con la sua ricca articolazione resterebbe sempre più un fatto isolato che non trova precedenti, se non quelli lontani (e non sappiamo quanto noti in ambiente oxoniense) del seco- lo XII. Forse per sciogliere questo nodo sono necessarie altre indagini sui manoscritti. Ciò che caratterizza le analisi del senso composto e del senso diviso proposte in ambiente oxoniense rispetto a quelle dei secoli precedenti e dei contemporanei che operano in continente! è 150 Cfr. cap. VI, $ 6. 151 Vedi più avanti, p. 556. 152 Cfr. Cambridge, Corpus Christi College ms. 378, ff. 34v-45v; per esso v. il mio Lo « Speculura »..., cit., pp. 302 e 323-324. 5 153 L’ipotesi è stata già avanzata in Lo « Speculum »..., cit., pp. 389 390 n. 128, sulla base d’un primo confronto tra i testi di Heytesbury e di Billingham. ; i : d 154 Quando Occam scrisse il Tractatus logicae minor e l’Elementarium (nel quale ultimo dà ampio spazio alla dottrina delle fallaciae) era in con- 544 Alfonso Maierà l’abbandono sia del testo aristotelico — che non viene più seguito da vicino e costituisce così solo il lontano punto di partenza della discussione — sia dell’impostazione mutuata dalla gramma- tica speculativa, quale abbiamo trovato in Duns Scoto: resta, di questa, un’esigenza che ormai la logica ha fatto propria da tempo, e cioè l’attenzione alla ‘struttura’ della proposizione esaminata; non sono però più rodi significandi o proferendi a fornire la intel- lectio dei vari sensus della proposizione, ma la ‘posizione’ occu- pata dalle varie dictiones. Il tema ha avuto uno sviluppo note- vole grazie alla discussione sulle proposizioni modali, come abbia- mo visto nel capitolo quinto, ma ora viene esteso a tutta la trattazione del senso composto e del senso diviso, e, più general- mente, diventa punto cruciale delle analisi logiche di questo periodo, giacché è su di esso che si incentra, come si è detto, anche la discussione della probatio propositionis. Un altro elemento caratterizzante è il controllo dei rapporti tra senso composto e senso diviso effettuato mediante corseguentia che, accennato qua e là in precedenza!5, viene esaltato nell’analisi proposta da Heytesbury. Ci siamo già occupati in altra sede del trattato di Heytesbuty !%; tinente da tempo (v. Introduzione. Quanto ai rapporti d’inferenza dell’un senso dall’altro, già ABELARDO, Glosse super Periermenias, rilevava a proposito delle proposizioni con possibilis: «Et videtur semper affirmatio ‘possibilis’ de sensu inferre affirmativam de rebus; sed non convettitur. E contratio autem negationem ‘possibilis’ de rebus inferre negationes de sensu», e p. 32: « Cum autem affirmative de ‘possibili’ de sensu inferant affirmativas de rebus (sed non convertitur) et negative de rebus negativas de sensu (sed non convertitur) [...]». Cfr. Occam, Elementarium logicae, cit., p. 123: «Est autem sciendum quod, licet talium orationum sint semper distincti sensus, tamen saepe unus sensus infert alium ita quod saepe impossibile est quod unus sensus sit verus sine alio [...]». Gli altri testi pongono paralogismi (figure sillogistiche), non conseguentiae. 156 Cfr. Il « Tractatus de sensu composito et diviso » di Guglielmo Heyte- sbury, « Rivista critica di storia della filosofia] a questa esposizione rimandiamo per problemi particolari e ci limitiamo qui a richiamare gli elementi fondamentali che carat- tetizzano l’opera !7. Il maestro individua otto modi del senso composto e del senso diviso. Essi sono classificati in base ad elementi sincate- gorematici o che hanno importo sincategorematico. Il primo ha luogo con i termini ampliativi o modali 8: si ha senso diviso quando il ‘modo’ viene a trovarsi tra le parti del dictum e, se verbo, è in forma personale; si ha senso composto quando il modo precede il dictum e sta 4 parte subiecti: il modo in tal caso, se verbo, è impersonale !9. Il secondo modo ha luogo con i verbi dotati di « vis confun- 157 Sarebbe da discutere lo stato del testo, anche in ordine ai commenti che esso ha avuto in Italia, ma è questione che ci porterebbe troppo lontano. Ci limitiamo qui a utilizzare l’edizione veneziana del 1494, che raccoglie le opere di Heytesbury. Nel prossimo paragrafo, parlando dei maestri italiani, diremo qualcosa circa il testo ch’essi avevano presente, almeno per quanto riguarda la distinzione dei vari modi. 158 De sensu composito et diviso, cit., f. 2ta-b: « Et primus modus sicut in principio fuit exemplificatum est mediante hoc verbo ampliativo ‘pos- sum’ vel quocumque consimili ampliativo, sicut ‘convenit’, ‘verum’, ‘possibile’, ‘impossibile’, ‘contingens’ et sic de aliis, quibuscumque similibus accidit compositio et divisio ». 159 Ivi, f. 2rb: «Et sciendum est quid sit sensus compositus et divisus respectu primi modi, sicut et respectu aliorum modorum, et generaliter respectu quorumcumque modorum positorum, et primo cum hoc verbo ‘potest’ sive fuerit suus modus, qualis est ille terminus ‘possibile’, ‘necesse’, ‘necessario’ vel ‘de necessitate’ et sic de talibus. De quibus sciendum est quod quando aliquis ipsorum invenitur in aliqua prmpositione absque alio relativo implicativo sequenti [v. il 3° modo], tunc est sensus divisus et tunc tenetur illud verbum ampliativum in tali proposittone personaliter [...]. Sed quando illud verbum ‘potest’ vel suus modus totaliter praecedit in aliqua propositione, tunc est sensus compositus et tunc sensus compositus significat identitatem instantaneam possibilem respectu istius compositionis sequentis illum terminum ‘possibile’ et tunc tenetur ibi talis terminus dendi » 1: si ha senso composto quando il verbo precede gli altri termini, e senso diviso quando tale verbo non è il primo nella proposizione 181, ì Il terzo modo si verifica con il pronome relativo !£. Il caso più semplice è quello del pronome gui: esso può avere expositio in et ille; se ha expositio, la proposizione categorica equivale a una ipotetica, cioè alla congiunzione di due proposizioni catego- riche; se non ha expositio, la proposizione resta categorica. Si ha senso composto nel secondo caso, senso diviso nel primo !£, ampliativus impersonaliter [...] »; v. cap. V, $ 7. 10 Ivi, £ 2rb: «Secundus modus est mediante termino habente vim confundendi, sicut sunt huiusmodi verba: ‘requiro’, ‘indigeo’, ‘praesuppono’ incipio’, ‘desidero’, ‘cupio’, ‘volo’, ‘teneo’, ‘debeo?’, ‘necessarium’, ‘semper’, ‘in aeternum’, ‘aeternaliter’, ‘immediate’, et sic de aliis ». ” del Nel primo caso non è lecito il descersus dal termine confusus ai suoi inferiora, mentre nel secondo il termine non confusus ha supposizione dreraioit Ma Heytesbury non si sofferma su tutto ciò. ; "Ivi: « Tertius modus est mediante termino relativo ‘qui’, ‘quae’ quod’, qualiscumque?, ‘quicquid’, et hoc maxime respectu termini com- munis stantis confuse tantum, sicut sic arguendo: immediate post hoc erit instans quod immediate post hoc erit, ergo immediate post hoc erit instans et illud immediate post hoc etit ». ; 163 Ivi, £. 2va-b: «Nota hic duas regulas pro relativis. Prima est quod illud relativum ‘qui’, ‘quae’, ‘quod’ vel ‘quid’, quandoque exponitur per unam coniunctionem ‘et’ et per illud relativum ‘ille’, ‘illa’, ‘illud’, et ali- quando non exponitur, quando ipsum praecedit negatio vel terminus includens negationem, [2] et quando refert terminum stantem confuse tan- tum, [3] et quando praecedit verbum principale, sicut patet in proposi tionibus antedictis in tertio modo. — Secunda regula est, quod quando relativum ponitur in eadem categorica, supponit sicut suum antecedens ut ‘omnis homo est animal quod est rationale’, sed relativum positum in alia categorica variat suppositionem, ut ‘omnis homo est animal et illud est rationale’: quia terminus relativus numquam debet sic exponi dum refertur ad terminum communem stantem confuse tantum (cfr. [2]), sive post negationem (cfr. [1]), sive post terminum distributum immediate positum, quod fit quando propositio est in sensu composito. [...]: tunc est sensus divisus quando illud relativum subsequitur verbum principale. Li] Terminologia logica delli tarda scolastica 547 Il quarto modo si ha con i termini infinitus e totus che, quando precedono tutta la proposizione, hanno valore sincategorematico, altrimenti hanno valore di categoremi: nel primo caso la proposi- zione è in senso diviso, nel secondo in senso composto !*. Il quinto modo si ha con la congiunzione ef !9 posta fra ter- mini che stanno 4 parte subiecti o 4 parte praedicati 16. essa fa senso composto quando dalla proposizione originaria non è possi- bile inferire una congiunzione di proposizioni, senso diviso nel caso contrario o quando sia possibile inferire una proposizione contenente uno dei due termini senza l’altro col quale in origine stava in congiunzione !. Il sesto modo si verifica quando occorre la congiunzione tune est sensus compositus quando illud relativum praecedit verbum princi- pale (cfr. [3]), et hoc sive illud relativum sumatur in recto sive in obliquo ». 16 Ivi, f. 2rb: « Quartus modus est mediante termino quandoque categorematice sumpto quandoque syncategorematice, cuiusmodi est terminus ‘infinitus, -ta, -tum’, TOTVS, -ta, -tum’; et ad hunc modum possunt reduci isti termini prius positi adverbialiter, scilicet ‘semper, ‘in aeternum?’, ‘aetet- naliter? et sic de aliis » (l’autore li ha posti anche nel secondo modo, n. 160); f. 2vb: «Unde generaliter quando iste terminus ‘infinitum’ vel aliquis huiusmodi terminus syncategorematice praecedit  totaliter propositionem ita quod istum non antecedit aliquis terminus qui est determinatio respectu istius termini stantis syncategorematice, tunc est sensus divisus [...]»: se ne inferisce che nel caso contrario si ha senso composto (ma cfr. f. 3ra: «[...] sed quando aliquis terminus determinabilis respectu istius praecedit ipsum quando ponitur a parte subiecti, tune tenetur categorematice, sicut quando ponitur a parte praedicati [...]»). 165 Ivi, f. 2rb: « Quintus modus mediante illa copula coniunctionis ‘et’, sicut sic arguendo: isti homines sunt Romae et Ausoniae, igitur isti homines sunt Romae ». 166 Si ricava dagli esempi che occorrono ivi, ff. 3ra-b. 167 Ivi, f. 3ra: « Respectu notae huius coniunctionis ‘et’, si fiat compo- sitio vel divisio, faciliter potest cavillari, quia differentia faciliter apparet inter sensum compositum et divisum»; è infatti uno dei modi più tradi zionali. L'ultimo caso ha riscontro nel testo della n. 165. sa Alfonso Maierà vel'®: si ha senso diviso quando è possibile interpretare la pro- posizione originaria come una disgiunzione di proposizioni cate- goriche, e senso composto quando ciò non è possibile !9, Il settimo modo ha luogo con le determinazioni ita o sicut in quanto esse hanno il potere di limitare ‘a un certo tempo’ (passato, presente, o futuro) la supposizione dei termini se- guenti !”; se una proposizione è preceduta da una tale determina- zione e non è « de simplici subiecto et de simplici praedicato » 17, si da senso composto; se invece la determinazione manca, si ha 1 Nel primo elenco dei modi, questo appare come settimo (ivi, f. 2rb): « Septimus modus mediante ista disiunctione ‘vel’, ut patet in hoc sophi- sma(te): ‘omnis propositio vel eius contradictoria est vera’ ». Ma nell’espo- sizione dei modi esso è discusso come sesto (£. 3rb). 19 L’autore non fornisce molti elementi. Precisa tuttavia, nell’ambito della validità delle regole della disgiunzione note dalla logica degli enun- ciati (ivi, £. 3rb): si vero fuerit post distributionem vel negationem vel aliquem terminorum habentem vim negationis distribuendi vel confun- dendi, tunc [non] fallit argumentum tamquam ab inferiori ad suum supe- rius cum negatione vel distributione, quia universaliter disiunctus est supe- rior quam aliqua eius pars; ideo non sequitur: tu differs ab asino, ergo tu differs ab homine vel ab asino » (differo è termine confundens). 170 È sesto nella prima elencazione dei modi; ivi, f. 2rb: Sextus modus est mediante illa determinatione ‘ita’ vel ‘sicut’, ut “ita erit’, ‘ita fuit, ‘ita est’, ‘sicut est’, ‘sicut fuit’, ‘sicut erit’, ut sic arguendo: ita est quod Socrates erit tantus sicut Plato, ergo Socrates erit tantus sicut Plato, vel e contra ». I Ivi, f. 3rb: «Quando arguitur componendo vel dividendo mediante hac determinatione ‘ita est’, ‘ita fuit’, ‘ita erit’, ‘ita potest esse’, vel respectu termini distributi, vel respectu duplicis compositionis, vel negationis, vel alicuius habentis talem vim cuiusmodi est iste terminus ‘necesse’, frequenter fallit ille modus, ut sic arguendo: ita erit quod tu es omnis homo existens in ista domo, igitur tu eris omnis homo existens in ista domo [...]. Respectu tamen compositionis simplicis, de simplici subiecto et de simplici praedicato, bene valet consequentia: ita erit quod tu eris episcopus, ergo tu eris episcopus [...], et causa est, qui ad idem instans refertur determinati et illa propositio, sed non est sic de aliis ». Sembra quindi che, per Heytesbury, quando la proposizione che segue la determinazione ha lo stesso tempo della determinazione, è valida l’inferenza, se invece il tempo della proposizione è senso diviso, giacché in tal caso soggetto e predicato, la il tempo del verbo non è al presente, si comportano come in qualsiasi propo- sizione di verbo ampliativo. eda) L’ottavo modo è proprio dei verbi che designano atti dell dia letto o della volontà !?; alcuni di essi sono elencati nel secon " modo tra i termini aventi «vis confundendi» . Essi hanno quia i capacità di ‘confondere’ i termini seguenti, ma oltre fa ciò ue il potere di far sì che il dictum seguente « appellat se pi Si ha senso diviso quando il verbo sta tra = parti del Ing Um; se invece totalmente lo precede '® o lo segue !, allora si ha senso composto. Mo Le A questi otto modi Heytesbury fa seguire in una p 14 cazione un nono modo, che poi tralascia nella span pren zione, perché ritiene sia da considerare sotto la E e ca niîs », ma che avrà fortuna presso i commentatori del seco ; Ecco il testo: Nonus modus, mediante termino nie poso a ser legni | 5 > a i i de futuro ad eundem termim r respectu verbi de praeterito vel d i eun È È - a parte praedicati; respectu eiusdem verbi qui modi possunt redu i i i eno diverso da quello della determinazione, l’inferenza non è valida (così alm i o i 1 n * DIRCI n Se ruta « Octavus modus mediantibus terminis pe reni volusitatisi sive intellectus significantibus, sicut sempe en oc verl ; ‘haesito”, ‘credo’, ‘volo’, ‘desidero’, ‘appeto’ et sic de aliis ». s 173 Cfr. n. 160. 17 Cfr. cap. I. | 3 RE 5 De sensu composito et diviso, cit., f. 3va: « [...] et tunc est So È pins ue divisus in istis propositionibus, nre ed pr gen i i jat inter huiusmodi casi intellectus seu voluntatis media i | È : infinitivi modi [...]. Sed quando huiusmodi verbum praecedit totaliter, tunc t sensus compositus [....] ». . . : ha 176 Questa precisazione è solo nel De scire et dubitare, cit., f. 13rb (è pic attenuata nel trattato De sensu composito et diviso?), ma è Ra a incertezza dall'autore: cfr. il mio Lo « Speculum »..., cit., pp. 389- 9 ni Alfonso Maierù ad compositionem vel divisionem, sed magis est fallacia figurae dictio- nis, ut ‘album erit nigrum, ergo nigrum erit album’: non sequitur 1”, Per tutti i modi, Heytesbuty precisa che l’inferenza dal senso composto al senso diviso, o viceversa, non vale a meno che ciò non sia possibile « gratia terminorum » 19: così, per l’ottavo modo, quando occorre il pronome hoc in una proposizione il cui verbo sia scio, senso composto e senso diviso sono equivalenti 1? De sensu composito et diviso, cit., f. 2rb: il testo ha 4 parte praeteriti invece di 4 parte praedicati. 178 Per il primo modo, cfr. ivi, f. 2va :« Arguendo a sensu diviso ad sensum compositum, ubi sensus divisus verificetur per huiusmodi succes- sionem respectu diversarum partium temporis cuius compositio est possibi lis pro instanti, consequentia non valet. Sed respectu terminorum in quibus huiusmodi compositio est possibilis per instans nec aliunde per aliquam rela- tionem implicativam aliud denotatur per sensum divisum quam per sensum compositum, vel e contra, valebit consequentia »; per il secondo modo, ivi: « Arguendo a sensu composito ad sensum divisum mediante aliquo termino habente vim confundendi terminum sicut prius est dictum, generaliter conse- quentia non valet »; per il terzo modo, ivi: «Item respectu terminorum relativorum non valet consequentia a sensu composito ad sensum divisum communiter, nisi fuerit gratia materiae » (ma un discorso più complesso si vedrà nei commenti); per il quarto, ivi, £. 2vb: «[...] respectu terminorum qui sumuntur aliquando categorematice, aliquando syncategorematice, infe- rendo sensum compositum ex sensu diviso fallit consequentia »; per il quinto, ivi, f. 3ra: «Sed satis possunt faciliter aliqui respondere dicendo quod non valet consequentia arguendo a sensu diviso ad sensum compo- situm seu e converso mediante illa nota coniunctionis ‘et’ post terminum distributum. Similiter cum ista coniunctio ‘et’ copulat duos terminos a parte subiecti positos quorum unus est distributus alius non, difficilis est responsio (ma la differentia fra i due sensus faciliter apparet: cfr. n. 167); per il sesto, cfr. n. 169; per il settimo, cfr. n. 171; per l’ottavo, ivi, f. 3va: «In omnibus (sc. exemplis) nam est sensus divisus impertinens sensui compo- sito et e converso et proptetea est consequentia mala [...] » e «[...] potest igitur dici quod non valet consequentia huiusmodi arguendo a sensu diviso ad sensum compositum nisi gratia terminorum ». 551 Terminologia logica della tarda scolastica i ALE i drianii giacché è irrilevante che il termine immediato (hoc) preceda o segu ; 179 verbo !?. Ho E: E° î Il trattato di Heytesbury non è privo di ge sog testo che abbiamo esaminato !°, e non sempre gli eleme La valgono a chiarire la portata delle affermazioni del ce (slide i i in ciò sia ir i i trina. Ma aiutano in ciò s : fissarne con chiarezza la dot i . e a quanto sappiamo delle dottrine precedenti (per bm o a le proposizioni cum dicto, specie le moda li, e i ta ig pe tutto, mentre per quanto riguarda i relativi ca der ci sun i che però no! Y- h, Occam, Sutton ‘*, 1 e s'è detto, a Burleigh, pe a Lnccvis in termini di senso composto e La diviso), s mi ro Wo Siae zan] i sedi de scire — ha Su tutti i modi, l'ottavo — ge in Heytesbury la trattazione più estesa nel De sensu sonpasie Ù i i sta - ivi. Itre a quella delle Regulae). Questi verbi, cui è i ap i ione 12, nel secolo XIV rice- pre riservata una particolare attenzione "*, cer vono, come si è detto, un’accurata analisi. Nella Logica » i ini i i insieme i verbi scio, dubito, volo e i termini modali sono trattat izi ivisione: si ha senso composto i i e e alla divisione: si np ordine alla composizione e ( cl cina uno di questi termini precede il resto ar Line pa i i i tra gli elemen i ivi ndo il termine sta le del ice i 5 in fine della proposizione (cioè dictura; quando invece sta in tin mana icati izione s assi a parte praedicati), la proposi? id Art probata in senso composto o in senso A i iu Cit., pp. 254-255. 19 ivi, f. 3va, e Il «Tractatus »..., cit., PP. 4? sala 180 iaia a e e alla successiva eliminazione del nono ;i basta scorrere i rilievi fatti nelle note precedenti. 181 . VI, n. 132. : nu: . dr 182 ‘n dall'Ars Meliduna, cit., p. 348, dove i verbi | piso | A sono detti verbi « quorum significatio proprie ce si - sg i Strope, Logica, cit., f. 19ra: « Et ideo quando in dun ga orum: ‘scio’, “dubito”, ‘volo’ et terminus rogge peo grin : ; ° i i ici Opos: i iti dictum, dicitur talis pr s A iragiorg pg sorde » ‘possibile est album esse nigrum’. F posito, ut ‘scio Socratem currete’, pos » 952 Alfonso Maierù più che al posto occupato dai verbi indicanti atti dell'anima e dai modi, bada, come si è visto !#, alla supposizione che essi conferi» scono ai termini sui quali operano: nel senso composto causano supposizione semplice, nel senso diviso supposizione personale. La stessa tesi di Strode è sostenuta dall’anonimo adattamento dello Speculum contenuto nel ms. 378 del Corpus Christi di Cambridge: si ha senso composto quando uno dei detti termini (e sono zerzzini officiales) precede il resto della proposizione, senso diviso quando sta per i termini del dictum; quando sta in fine, allora indifferenter si può avere senso composto o senso diviso 185, quando mediat accusativum et infinitum verbi in propositione, ut ‘album possibile est, vel potest esse nigrum’, dicitur sensus divisus. Sed quando finaliter sequitur, dubitandum est arguentem, an velit tenere talem propo- sitionem arguens in sensu composito vel in sensu diviso, sicut in ista ‘omnem hominem esse animal est necessarium’. Si sumatur in sensu compo- sito, conceditur quod sic tunc debet probati: talis propositio est necessaria, scilicet ‘omnis homo est animal’, praecise significans quod omnis homo est animal, ergo omnem hominem esse animal est necessatium. Et si capiatur in sensu diviso, debet probari ut universalis, scilicet per singularia vel pet exponentes, quarum quaelibet est falsa »; cfr. anche ff. 19rb e 26vb. 14 Cfr. capp. V, $ 7, e VI, $ 6. 185 Op. cit., f. 42r-43r: «Termini officiabiles sunt omnes termini fa- cientes sensum compositum et solum talis propositio in sensu composito est officiabilis. Et termini facientes sensum compositum sunt omnia signa mo- dalia, ut ‘possibile’, ‘impossibile’, ‘contingens’ et ‘necessarium’, et omnia verba significantia actum mentis, ut ‘scire’, ‘nolle’, ‘credere’, ‘imaginari’, ‘percipere’, ‘dubitare’, ‘haesitare’, ‘demonstrate’ et similia. Unde quando aliquis istorum terminorum totaliter praecedit dictum propositionis facit sensum compositum (tantum 4dd. inferl.), ut ‘scio deum esse’, ‘possibile est hominem esse animal’. Sed quando aliquis istorum terminorum intermediat dictum propositionis, scilicet (ponitur) inter accusativum casum et infini- tivum modum, tunc facit sensum divisum tantum, ut ‘hominem possibile est cuttere’. Sed quando aliquis istorum terminorum finaliter  subsequitur dictum propositionis, tunc ista propositio potest indifferenter sumi in sensu composito vel in sensu diviso, ut ‘hominem cutrere est possibile’. Omnis propositio in sensu composito est officiabilis, ut ista ‘necesse est deum esse’ sic officiatur: talis propositio est necessaria ‘deus est” propter eius Terminologia logica della tarda scolastica 553 Il trattato Termini qui faciunt, a proposito degli stessi termini (modali e verbi designanti atti dell'anima), scrive « [...] quando aliquis praedictorum terminorum vel consimilium praecedat tota- liter dictum propositionis vel finaliter subsequitur, tunc ii illa propositio in sensu composito », e aggiunge: « sed quando - quis dictorum terminorum mediat dictum propositionis, id est ponitur in medio inter accusativum casum et modum infinitum, tunc illa propositio est totaliter accepta in sensu diviso »!; ica - SAR la stessa tesi ritroviamo nell’anonimo trattato Termini cu. quibus ®8. Il trattato De sensu composito et diviso di Riccardo Billin- gham è da ricondurre a queste ultime discussioni. be L’autore si interessa a quello che considera il primo modo primarium significatum ‘deum esse’, igitur necesse est deum esse. Li Lay propositio in sensu diviso est resolubilis, si primus e sit reso! - ni vel exponibilis, si primus terminus sit exponibilis. tì um prim: ; - ‘hominem possibile est currere’ sic resolvitur: hoc possibile est nn fa hoc est homo, igitur etc. Exemplum secundi: ‘omnem esi pe est currere’ sic exponitur: hominem possibile est currere et nih | est homo quem vel quam non est possibile currere, igitur etc. Unde propositio è rg diviso debet probari per primum terminum mediatum in illa i proposi ros : Il primo termine sul quale la probatio si opera può essere impedito Si A DI s° «Sed nota quod primus terminus. probabilis impeditur sex mo; 1 ni modo, per propositionem hypotheticam, ut ‘si homo currit, “1 currit?. Secundo modo, per propositionem modalem in sensu composito, ut pe cutrere est impossibile’. Tertio modo, per exceptivam et per exe cp ut ‘omnis homo praeter Socratem currit?. Quarto modo, in propositione p cr ralis numeri, ut ‘duo homines habent duo capita’. Quinto modo, pa 5 relativum ponitur a parte praedicati et refertur ad terminum stantem discre e vel determinate, ut ‘homo currit qui est albus?. Sexto modo; per ig tionem negativam, quae debet probari per eius oppositum, ut n us e currit’ A_ parte l’ultimo modo, ben noto agli altri sostenitori E" pro pei i primi cinque non sono ricordati come impedienti la probatio del primo mine: ma essi richiamano regole del senso composto note in past (1° e 2°, 4°) o al tempo dell’autore (5°); per il terzo modo, cfr. il cap. IV. 186 Cfr. appendice 1. 187 Cfr. appendice 2. 554 Alfonso Maierà e che ha luogo con i termini officiales: modali e verbi signifi- canti actum mentis! Degli altri modi, egli ricorda quello che può essere luogo con e?! o con vel!9, Ma, per quanto riguarda il primo modo, egli afferma categoricamente ! che si ha senso composto quando il termine comune è preceduto da un termine officiabile e senso diviso quando il termine comune segue il termine officiabile ‘2, giacché la probatio propositionis può essere fatta solo in base al primo termine della proposizione !?, Per il resto, il trattato non contiene novità né a proposito della dottrina che qui ci interessa, né per quanto attiene alla probatio della pro- posizione quale la conosciamo. i È necessario rilevare, concludendo queste note, che la dot- trina della probatio si è così impadronita di quella del senso com- posto e del senso diviso, che in Heytesbury si presentava come una sistemazione dei vari capitoli della logica di quel tempo-in funzione di un preciso punto di vista. Questo predominio della probatio sul senso composto è sul senso diviso dopo Heytesbury permetterà, come vedremo, ai maestri italiani di spiegare il testo . de [Voco autem officiale omnem terminum verbalem significantem actum mentis, ut ‘imaginor’, ‘intelligo’, ‘scio’, ‘credo’, ‘dubito’ ‘significat’, ‘supponit’ et huiusmodi, quae communiter verba non sunt vera actus singulis simplicis sicut sunt huiusmodi verba ‘percutio’, ‘vendo’, ‘do’ et huiusmodi »; ma si veda, per i modali, ivi e Speculur, cit., pp. 345-346. o Ms. Paris, B.N., lat. 14715, f. 82ra: « Penes secundum modum com- positionis et divisionis fiunt per o" (notam?) copulationis ut ‘quinque sunt duo et tria’, quae falsa est ». DE Cfr. ivi, f. 82ra: «Similiter in sensu diviso cum disiunctione, ut contingit hoc esse, igitur contingit hoc esse vel non esse; tu scis 4 vel b igitur tu scis 4; haec significat 4 esse, igitur significat et esse vel £ non esse »: Evidentemente Billingham, che non si rifà al trattato di Heytesbury, adotta uno schema tradizionale in due o tre modi, al quale si riferisce, 191 BILLINGHAM polemizza contro chi sostiene che si abbia senso composto anche quando l’officiabile segue gli altri elementi della proposizione: cfr op. cit., pp. 389 sgg. ° 192 Ivi, pp. 387-389. 19 Cfr. Speculum..., cit., p. 373. —1 Terminologia logica della tarda scolastica 553 di Heytesbury con le nuove regole, in modo da eliminare ogni incertezza dall’opuscolo del maestro. 6. I trattati italiani dei secc. XV-XVI In Italia la dottrina che studiamo ha avuto due forme, legate a due diverse tradizioni. La prima (per la quale basti ricordare Paolo Veneto), è quella più diffusa nella logica inglese, incen- trata sui termini officiales; l’altra — della quale esamineremo, nell'ordine, i testi di Paolo da Pergola, Battista da Fabriano, Alessandro Sermoneta, Bernardino di Pietro Landucci e Bene- detto Vettori — segue invece da vicino il resto di Heytesbury, che in Italia ha avuto enorme fortuna. Paolo Veneto tratta ex professo del senso composto e del senso diviso nel trattato 21 della prima parte della Logica magna. Riconosciuto che la dottrina « ortum trahit a terminis officia- bilibus » !*, egli respinge la tesi di coloro che assumono la proposi- zione in senso composto quando il modus! precede il dictum o lo segue e in senso diviso quando esso sta tra le parti del dictum '6, ma respinge anche la tesi di chi (come Pietro di Man- tova) ritiene che si ha senso composto solo quando il modus pre- cede il dictum, mentre quando esso sta tra le parti del dicturz 0 lo segue si ha senso diviso !”. Per parte sua si schiera con coloro che 14 Logica magna, cit., I, 21, f. 76rb. 195 Si ricordi (cfr. cap. VI, n. 279 e il cap. V, sulle proposizioni modali), che Paolo Veneto ammette varie specie di ‘modi’; cfr. ivi, f. 76rb-va: « Pro quo est notandum quod omnes illi modi superius explicati, puta nominalis, verbalis, participialis et adverbialis, sensum compositionis et divisionis expri- mere possunt, sed qualiter est difficultas ». 196 Ivi, f. 76va: « Dicunt quidam quod universaliter quandocumque modus simpliciter praecedit orationem infinitivam vel finaliter subsequitur eandem, sensus compositus firmiter nominatur, ut ‘possibile est Socrates currere’, “Socratem currere est possibile’; sed quando mediat dictum, sensus divisus vocatur, ut ‘Socratem possibile est currere’ ». 197 Ivi: « Alli dicunt quod quando modus simpliciter praecedit est sensus 256 Alfonso Maierù ritengono che il modus posto in fondo fa sì che la proporzione sia assunta indifferenter in senso composto e in senso diviso: Dico ergo aliter tenendo medium istorum, quod quandocumque modus simpliciter praecedit dictum categoricum vel hypotheticum facit sensum compositum, et quando mediat verbum dicti et primum extremum tenetur in sensu diviso; sed quando finaliter subsequitur idem potest indifferenter sumi in sensu composito et (in) sensu diviso 18, Li Quando è in senso composto, la proposizione è officiabile in ragione del termine officiabile che precede o segue il dictum (la proposi- zione, con l’officiabile che segue il dicturz, aequipollet ‘9 a quella con l’officiabile che precede); ma quando è in senso diviso essa è resolubile. Ma bisogna fare attenzione: quando la proposizione in senso diviso ha il zzodus «a patte praedicati », se un termine comune precede il verbo di modo infinito, la probatio comincia dal termine comune; ma se il verbo è preceduto solo da un termine immediato, la probatio comincia dall’officiabile anche quando questo sia preceduto da un termine comune posto comunque dopo compositus ut prius, sed quando mediat vel finaliter subsequitur est sensus divisus, ut “4 scio esse verum’ et ‘4 esse verum est scitum a me. Cfr. PieTRO DI MANTOVA, Logica, cit., f. [105va]: «Item, praemittamus quod verba pertinentia ad actum mentis faciunt sensum compositum et sensum divisum. Faciunt autem sensum compositum cum totaliter praecedunt dictum propositionis, ut ‘scio hominem currere’; sensum autem divisum faciunt cum inter partes dicti mediant aut totaliter sequuntur: ideo haec est in sensu diviso ‘hominem scio currere’, aut ‘hominem cutrere scio’ » (è il trattato De scire et et dubitare, e la giustificazione è che questi verbi operano la e a sui termini seguenti, non su quelli precedenti; si veda cap. VII, 198 ; i " Ried ale Logica magna, cit., I, 21, f. 76va; in luogo di surzi, In sensu composito est falsa (sc. propositio ‘creantem esse deum est necessarium’) quia tunc aequipollet huic ‘necessarium est creantem esse deum’ et officiabilis, sicut illa valet: propositio est necessaria ‘crean: est deus’ sic primarie significando, quod falsum est ». i Terminologia logica della tarda scolastica 557 il verbo di modo infinito ?°, Degli officiabili, i termini modali nella forma verbale fanno senso composto se sono presi imper- sonalmente, senso diviso se presi personalmente ?", mentre la loro forma avverbiale, che è esponibile, si comporta in tutto come la forma nominale ?®. La proposizione interpretabile in senso composto e in senso Est ergo pro toto notandum quod quando talis modus finaliter subsequitur et tenetur in sensu diviso, si verbum infinitivi modi terminus mediatus praecedit, ab ipso incipiatur probatio propositionis. Si autem fuerit terminus immediatus, a modo incipiatur probatio propositionis per offi- ciantes, non obstante quod ipsum praecesserit terminus mediatus existens post verbum, verbi gratia dicendo: ‘hoc esse creans est necessarium’, illa propositio officiabilis est sicut illa cui aequipollet: ‘hoc necessarium esse est creans’. Sed dicendo: ‘hoc creans esse est necessarium’, propositio illa est resolubilis respectu istius termini ‘creans’, sicut illa ‘hoc creans necesse est esse’. Ita ergo quod si dicerem ‘deum esse creantem est necessarium’, primus terminus probabilis est li ‘deum’ et secundus est li ‘necessarium’. Sed si dicerem: ‘deum cteantem esse est necessarium’, primus terminus est li ‘deum’ et secundus li ‘creantem’, dato adhuc quod sit appositum verbi infinitivi ». È da notare che, allo stesso proposito (senso diviso con modo in fine), l’autore ha sostenuto che la proposizione « creantem esse deum est necessarium » è resolubile grazie al termine creanferz, così: « hoc esse deum est necessarium et hoc est creans, ergo creantem esse deum est necessarium », e che la proposizione « hoc esse deum est necessarium » va officiata (« Et in sensu diviso similiter, quia debet officiari immediata facta resolutione primi termini [...]», ivi). 201 Ivi, f. 76vb: «Verumtamen est notandum quod huiusmodi verba ‘potest’ et ‘contingit’ non habent huiusmodi distinctionem. Quandocumque nam personaliter sumuntur faciunt sensum divisum, ut ‘antichristus potest esse’, aut ‘Socrates contingit currere’; sed quando impersonaliter sumuntur, tune faciunt sensum compositum, ut ‘potest esse quod antichristus sit, vel currat”, ‘contingit hominem currere’ aut ‘contingit quod Socrates legit, vel disputat’ etc. Quaecumque igitur dicta sunt de terminis officiabilibus possunt etiam in terminis modalibus exponibilibus confirmari, ita quod quando modus praeponitur facit sensum compositum, ut ‘necessario omnis homo est animal’, quando mediat inter subiectum et praedicatum facit sensum divisum, ut ‘omnis homo necessario est animal’; sed quando finaliter subsequitur potest 558 Alfonso Maierù diviso può essere vera o falsa in entrambi i sensi: ma è necessario distinguere questi sensi, a meno che la proposizione non sia vera in entrambi 2°. Regola generale è la seguente: « A sensu composito ad sensum divisum et e converso non valet argumentum » 24, anche se in casi particolari l’inferenza può essere valida 25, I maestri che commentano il testo di Heytesbury ne espon- gono la dottrina in sette o otto modi 2%: in genere i modi 5 e 6 di Heytesbury sono trattati in uno solo, il quinto 2”, mentre c'è oscillazione a proposito dell’ultimo modo appena accennato da Heytesbury: alcuni ne trattano, altri no ?®, indifferenter sumi in sensu composito vel diviso, ut ‘omnis homo est animal necessario’ », . i Ivi, f. 76va: « Dico quod quaelibet istarum (sc. propositionum) et con- similium cum proponitur est distinguenda secundum compositionem et divi- sionem nisi in utroque sensu fuerit vera ». 24 Logica parva, cit., III, e Logica megna, cit., I, 21, f. 76vb: «Ex ista sententia infero istam conclusionem, quod a sensu composito ad sensum divisum cum termino officiabili frequenter fallit argumentum [....]. Similiter a sensu diviso ad sensum compositum non valet talis forma arguendi [...] ». ca Ivi, f. 74va: «Et si ex his concluderes quod sensus compositus con- vertitur cum sensu diviso, dico quod verum est quando utrobique modus est primum probabile [...]. Sed quando modus non utrobique est primus ter- minus, tunc sensus compositus non convertitur cum sensu diviso [...] ». Si tratta, in tal caso, dell’equivalenza (convertitur) tra i due modi. 206 Invece di « Unde octo vel novem modis accidit [...] » del f. 2rb del- l'edizione 1494 del testo di Heytesbury, il ms. Roma, Bibl. Casanat. 85, f. 8rb, il ms. Venezia, Bibl. Marciana, Z. lat. 277 (= 1728), f. 12v, e l’ed. 1501 col commento di Sermoneta, cit., f. 3rb, leggono « Unde septem vel octo modis [...] ». ar Il testo del 1501, cit., f. 12rab: « Quintus modus mediante illa copula coniunctionis ‘et’ et ‘vel’ [...] »; il ms. Marciano, al f. 12v, pone solo la « copula coniunctionis ‘et’ » e non accenna a vel; ma a f. 14r tratta di e£ e al f. 14v, di seguito, di vel. 208 I mss. Casanat. e Marciano non hanno l’ottavo modo (il nono di Heytesbury) né, dei commenti, lo hanno quelli di Paolo da Pergola e di Benedetto Vettori, come si vedrà. Terminologia logica della tarda scolastica 559 Il primo di questi commenti è quello di Paolo da Pergola. Il maestro discute sette modi e di ciascuno considera analitica- mente gli elementi differenzianti l’un senso dall’altro e i casi in cui l’implicazione di un senso da parte dell’altro è lecita. Il primo modo ha luogo con i termini modali (« sive sumantur nominaliter, sive verbaliter, sive adverbialiter »), e si ha senso composto quando il modo « praecedit vel subsequitur dictum pro- positionis », e, se è verbo, esso ha forma impersonale; quando invece il modo (se verbo, in forma personale) « mediat inter partes dicti seu extremorum » si ha senso diviso ?”. In tre modi differiscono senso composto e senso diviso: innanzi tutto, il senso composto esige, a differenza del senso diviso, che i termini della proposizione abbiano una verifica istantanea; inoltre, la proposizione in senso composto richiede che si possa formulare la corrispondente proposizione de inesse insieme con la proposizione modale senza che ne segua alcun incon- veniente, ma ciò non è richiesto dal senso diviso 210. infine, il senso composto va provato officialiter, mentre il senso diviso va provato secondo che richiede il primo termine della propo- sizione ?!!, Dall’uno all’altro senso, e viceversa, vale l’inferenza solo quan- do si verificano le seguenti tre condizioni: che anche il senso diviso come il senso composto richieda una verifica istantanea (l’esem- pio addotto ha il verbo potest)”; che il relativo implicativo qui, Cfr. PaoLo pa PercoLA, De sensu composito et diviso, cit., p. 149. 210 Ivi; forse è un po’ forte intendere l’espressione « ponere in esse » come formulare la proposizione de inesse corrispondente, ma cfr. n. 239. 21 Ivi. 212 Cfr. gli autori seguenti. Credo che questo sia il senso della frase di Paoto (op. cit., p. 150): «Prima, quod compositio sit verificabilis pro instanti et non exigat tempus limitatum. Ideo non sequitur: Tu potes pro- ferre A propositionem, ergo potest esse quod tu proferas A propositionem ». Qui compositio non vale senso composto (ché altrimenti avremmo una ripe- tizione di ciò che si sa) ma vale ‘complesso’ dei termini che costituiscono una quando è presente nella proposizione, non denoti altro nel senso composto e altro nel senso diviso; che i termini occorrenti non siano repugnantes o opposti (es. iustus-iniustus)?, Nel secondo modo, con i termini confundentes, si ha senso composto quando il termine comune ha supposizione confuse tantum e senso diviso quando ha supposizione determinata: poiché la supposizione determinata è verificabile mediante disgiun- zione, ciò che differenzia l’un senso dall’altro è che nel senso diviso si ha la verifica con disgiunzione che nel senso composto non si può avere. Perciò dall’uno all’altro senso e viceversa non vale l’inferenza, almeno da un punto di vista formale, anche se può valere « gratia terminorum » ?!, Il terzo modo ha luogo con i pronomi relativi. Senso com- posto e senso diviso possono aversi in due modi: innanzi tutto, si ha senso composto quando occorre nella proposizione qui (relativo implicativo) e senso diviso quando in luogo di qui si ha et ille; ma in entrambe le proposizioni può occotrere lo stesso pronome qui: in tal caso il senso composto si ha quando il pronome precede il verbo principale ed è unito al suo antece- dente; quando invece esso segue il verbo principale, si ha senso diviso 2! Nel primo caso, il senso diviso costituisce una ptoposi- zione ipotetica di contro al senso composto che è proposizione categorica; nel secondo caso il senso diviso è « magis distributus » rispetto al senso composto. Perciò, nel primo caso l’inferenza tra i due sensi vale solo eccezionalmente ?!5; nel secondo, l’infe- proposizione o un dictum, e quindi sta per la proposizione stessa in senso composto o in senso diviso. Cfr. StropE, Logica, cit., f. 23vb: «[...] ali quando verbum requirit instans pro supposito, id est pro quo debet propo- sitio probari vel verificati, et aliquando tempus ». 213 PaoLo DA PERGOLA, op. cit., p. 150. 214 Ivi: il testo ha solo « [...] non valet argumentum de forma », ma pare che ciò importi che può valere « gratia materiae ». 215 Ivi. 216 Ivi, p. 151: «A resolutione de gui in et et ille, illa, ilud valet argu- Terminologia logica della tarda scolastica 561 renza vale dal senso diviso al senso composto, e non viceversa CA Il quarto modo, che si verifica con totus e infinitus, è spiegato da Paolo con gli stessi elementi forniti da Heytesbury: si ha senso diviso quando uno di essi precede tutti gli altri; se invece segue il verbo principale, o è preceduto da un altro termine, si ha senso composto. La differenza fra i due sensi è quella che deriva dalla funzione di categorema o di sincategorema che i due termini pos- sono avere, e dall’uno all’altro senso e viceversa non vale Vin- ferenza 28, . Il quinto modo ha luogo con et o vel (oppure 442): si ha senso composto quando i termini congiunti da e? o vel stanno collective e senso diviso quando stanno divisive; oppure: senso composto è quando i termini in congiunzione o in disgiunzione stanno dalla stessa ‘parte’ della proposizione (cioè dalla parte del soggetto o del predicato), senso diviso quando stanno in parti diverse. La differenza tra l’un senso e l’altro è data dal fatto che il senso com- posto richiede la verifica di tutti i termini della congiunzione 0 della disgiunzione insieme, mentre il senso diviso comporta la verifica di ciascun termine per sé (e quindi anche di uno in assenza degli altri). Perciò, infine, dal senso composto al senso diviso DO viceversa non vale la consequentia”?. Per quanto riguarda în particolare la disgiunzione, poiché da un elemento di essa all’in- tera disgiunzione vale l’inferenza (« hoc est homo, ergo hoc est homo vel asinus »), Paolo da Pergola avverte che questa non ha luogo quando la disgiunzione è preceduta da un termine distri- mentum quinque conditionibus observatis. Prima quod non referatur ante- cedens stans confuse tantum. ...]. Secunda quod non praecedat terminus distributus. Tertia quod verbum principale non sit negatum. (tesa FA Quarta quod non praecedat terminus qui indifferenter potest teneri catego- rematice et syncategorematice. Quinta quod non praecedat terminus modalis de sensu composito ». 217 Ivi. 218 Ivi, pp. 151-152. 219 Ivi, p. 152. 562 Alfonso Maierù butivo o avente importo distributivo (« tu differs ab asino, ergo tu differs ab homine vel ab asino »: non vale) ?®, Il sesto modo si ha con la determinazione ita fuit ?!, ita erit, ita potest esse: una proposizione è in senso composto quando è preceduta dalla determinazione (e il verbo in tal caso è di tempo presente, come si ricava dagli esempi), altrimenti è in senso diviso (e il verbo non è di tempo presente, ma ha il tempo che ha la determinazione del senso composto). Il senso composto importa che la determinazione restringa la proposizione al tempo o al modo indicato dalla determinazione, mentre il senso diviso consi- dera la proposizione absolute 2. Dal senso composto al senso diviso l’argomentazione non vale quando intervengono altri ele- menti sincategorematici 2*; se invece è « in terminis simplicibus », l’argomentazione vale dall’un senso all’altro senso e viceversa ?*. Infine, il settimo modo si ha con i termini mentali: quando il termine mentale precede o segue il dictum della proposizione, si ha senso composto (come per il primo modo), quando esso sta tra le parti del dictuzz si ha senso diviso. Nel senso composto, essendo il dictum determinato dal termine mentale, i termini del dictum sono disposti alla confusio e alla appellatio rationis 3, ciò che non avviene per il senso diviso. Per quanto attiene ai rapporti fra i due sensi, l’autore elenca nove regole, delle quali la sesta, la settima e l’ottava riguardano 220 Ivi, p. 153. 221 L’editore legge Il/la fuit (ivi). 22 Ivi. 223 In tre casi secondo l’autore: « Primo cum termino distributo »; « Se- cundo mediante termino confundente confuse tantum. Tertio respectu duplicis compatationis » (ivi, p. 154). 224 Ivi: « Sed in terminis simplicibus et sine distributione et sine termino confundente confuse tantum respectu simplicis comparationis, a sensu com- posito ad sensum divisum, et e contra valet argumentum ». 25 Ivi: «[...] sensus compositus est aptus natus ad confusionem et ap- pellationem rationis, dummodo terminus fuerit capax; divisus hoc non exigit simpliciter ». Per l’appellatio rationis, cfr. cap. I, $ 6. a Terminologia logica della tarda scolastica 563 i sillogismi 6 e la nona dà raccomandazioni per l’utilizzazione del settimo modo nella disputa e nei casus obligationis ?: pet- ciò tralasciamo queste ed esaminiamo le prime cinque. Prima regula est ista, a sensu composito ad sensum divisum et e contra non valet argumentum [...] nisi in tribus casibus; primo, cum termino demonstrativo simpliciter sumpto ut: Hoc scio esse ve- rum, ergo scio hoc esse verum [...]. Secundo, cum prunomini de- monstrativo additur determinatio palam convertibilis cum praedicato. Ideo bene sequitur: Hoc album scio esse album, ergo scio hoc album esse album, et e converso. Tertio cum pronomini demonstrativo additur determinatio palam superiori praedicato ut: Hoc coloratum scio esse album, ergo scio hoc coloratum esse album 28. Ma questi tre casi non valgono con i termini dubito, credo, ima- ginor, suspicor, apparet 2. Per quanto riguarda le regole successive, bisogna premettere che Paolo distingue, con Heytesbury, « termini omnino noti » (come ens, aliguod, hoc), « termini medio modo noti » (substantia, corpus, homo, Socrates), e «termini omnino ignoti » (come le variabili A, B, C). La seconda regola è la seguente: « A termino magis noto ad minus notum vel omnino ignotum in terminis mentalibus non valet argumentum, nec a minus noto ad magis notum » 2°, Le regole tre e quattro ? riguardano proposizioni contenenti termini omznino ignoti: si tratta di problemi de scire et dubitare (quando si può dire che una proposizione è scita, dubitanda, ne- ganda ecc.), che non esaminiamo in questa sede. Infine, la quinta regola è la seguente: « A sensu diviso ad sensum divisum de forma non valet argumentum »: ad esempio, 226 Ivi, pp. 156-158. 21 Ivi, p. 158. 228 Ivi, pp. 154-155. 29 Ivi, p. 155. 230 Ivi. 231 Ivi, pp. 155-156. 564 Alfonso Maierù non vale « A scio esse verum, ergo verum scio esse A », giacché non si tratta di conversione semplice della proposizione; la con- versa di « A scio esse verum » secondo Paolo è « scitum esse verum est A»? Il testo di Paolo dipende strettamente da quello di Heytesburye ne rappresenta una lettura attenta alle minime pieghe del discorso, condotta secondo il criterio della « probatio proposi- tionis » (in particolare nel primo modo), che però non è spinto, mi pare, fino a forzare l’originale carattere del testo. Ciò che Paolo viene esplicitando si irrigidisce però in piatte formule scolastiche, che del resto ben rispondono alla intenzione dell’autore, il quale vuole fornire, come dice nella dedica a Pettus de Guidonibus, una tavola o prontuario ordinato della materia, già nota e diffusa in modo disordinato, come strumento cui ricorrere per evitare i sofi- smi con l’ausilio di regole certe ?*. La seconda expositio del testo di Heytesbury che esaminiamo in questa sede è dovuta a Battista da Fabriano. Egli premette all'esame dei singoli modi alcune osservazioni. Innanzi tutto, « [...] arguendo a sensu composito ad sensum divi- sum aut e converso ut plurimum et frequenter consequentia non tenet » 24: la proposizione in senso composto e quella in senso diviso non si implicano reciprocamente, né l’una in qualche modo implica l’altra, da un punto di vista generale. Inoltre, non è possibile dare un’unica descrizione del senso composto e del senso diviso, essendo i modi più di uno; quindi, ad esempio, non si può caratterizzare la proposizione in senso composto come quella in cui il modo precede o segue il dictum e la proposizione in senso diviso come quella in cui il modo sta tra le parti del dictum: infatti non tutte le proposizioni in senso 232 Ivi, p. 156. 233 Cfr. ivi, p. 149. 234 BarTISTA DA FABRIANO, Expositio..., cit., f. 4ra. composto o in senso diviso hanno un modo e un dicturz. Quindi è necessario fornire, per ogni modo, una descrizione appro- priata dei due sensi ”5. L’osservazione è impottante, specie se si tiene presente che lo stesso Paolo Veneto impostava ancora la determinazione dei due sensi sulla posizione del termine officia- bile nella proposizione. Battista da Fabriano ricava il rilievo dal- l’esame dei vari modi di Heytesbuty. I modi esaminati sono otto. Rispetto al trattato di Paolo da Pergola, Battista considera in più il modo caratterizzato dai termini connotativi. In breve, seguiremo l’esposizione di Battista, sottolineandone gli elementi di novità. Nel primo modo (con i termini modali), la forma verbale del modo (ad es. potest) assunta personaliter fa senso diviso ?*, assun- ta impersonaliter fa senso composto #”; la forma nominale (possi- bile, impossibile) fa senso composto quando precede o segue il dictum, se cade « inter partes dicti » fa senso diviso 8. Le diffe- renze fra i due sensi sono quelle stesse elencate da Paolo da Per- gola”? e sostanzialmente allo stesso modo è fissata qui la possi- 235 Ivi, f. 4ra-b. 236 Ivi, f. 4va: «[...] personaliter quando (sc. potest, non potest) construuntur cum recto a patte ante », cioè quando il verbo è preceduto dal nominativo (rectus). 237 Ivi: «Sed ista verba sumuntur impersonaliter quando non recipiunt suppositum per rectum, sed totaliter cadunt super adaequatum significatum alicuius propositionis ». 238 Ivi. 239 Ivi, f. 4vb: « Prima, quia propositio in sensu diviso universaliter pro- batur secundum exigentiam termini mediati praecedentis, si quis fuerit talis, de sensu composito autem probatur officiabiliter. Secunda est, quia propositio de sensu diviso cum li possibile non ponitur in esse sed de sensu composito cum li ‘potest’ vel ‘possibile’ ponitur in esse, sicut ista: ‘possibile est te esse Romae? aut ‘potest esse quod tu sis Romae’; istae duae debent poni in esse, id est, si possibile est te esse Romae et ponatur: ‘tu es Romae’, nullum sequitur impossibile; et similiter, si potest esse quod tu curras, et ponatur in esse quod tu curras, hoc admisso, nullum sequitur]  bilità di inferenza da un modo all’altro 9. Nel secondo modo, con i termini confurndentes, il senso com- posto si ha quando il termine confundibilis segue quello confun- dens; quando invece il termine confundibilis precede quello confun- dens si ha senso diviso #!, Le differenze fra i due sensi sono fornite qui molto più chiaramente che nel testo di Paolo da Pergola: impossibile. Et hoc modo intelligitur: possibili posito in esse nullum sequitur impossibile. Sed de sensu diviso non ponitur in esse, ut ‘album potest vel possibile est esse nigrum’ non ponitur in esse, quia de facto album possibile est esse nigrum et tamen, si ponatur in esse, sequitur impossibile [cioè « album est nigrum»], ut patet. Similiter de ista ‘sedentem possibile est cur- rere’: si ponatur in esse, sequitur impossibile, videlicet ‘sedens currit?. Tertia differentia est, quia propositio in sensu composito cum li ‘possibile’ vel ‘potest’ requirit verificationem instantaneam respectu compositionis se- quentis, hoc est requirit compositionem sequentem posse verificati pro instanti mediante ista nota ‘est’, ut patet, sed de sensu diviso hoc non requirit, sed significat successionem respectu diversarum partium temporis respectu illorum terminorum positorum in illo dicto ». 20 Delle regole di BATTISTA, la quinta (ivi, f. 5vb) riassume le tre condi- zioni di validità poste da Paolo; la prima (ivi, f. Sra), la terza (ivi, f. 5va) e la quarta (ivi, f. 5va-v) sottolineano separatamente la mancanza delle stesse condizioni. Nuova è la seconda regola (ivi, f. Srb-va): «Secunda regula: arguendo a sensu composito ad divisum cum li ‘possibile’ vel ‘potest’ in terminis compositis non valet consequentia formaliter et simpliciter. Unde non sequitur: ‘possibile est te esse omnem hominem, ergo tu potes esse omnis homo’ ». 241 Ivi, f. 6rb; ma Battista caratterizza la differenza tra i due sensi servendosi di varie formule (ivi): «[...] est sensus compositus in hoc modo cum terminus communis stat confuse tantum sequens aliquem istorum termi- norum vel, melius, sensus compositus est cum terminus communis stat con- fuse tantum vel immobiliter, sensus vero divisus est cum terminus capax confusionis stat determinate vel mobiliter; nam dicendo: ‘promitto tibi omnem denarium’, haec est in sensu composito quantum ad hunc modum, et terminus communis non stat confuse tantum; vel dicatut quod sensus compositus est cum terminus confundibilis ab his terminis sequitur aliquem horum termi norum, divisus vero cum terminus confundibilis praecedit vel cum idem terminus stat determinate. differt sensus compositus a diviso quantum ad istum modum dupliciter. Primo, quia ista de sensu composito est probabilis ratione termini facientis sensum compositum, sed illa de sensu diviso ratione termini praecedentis. Secundo, quia propositio de sensu diviso requirit verificationem disiunctivam vel copulativam, ut ‘denarium promitto tibi’ aut ‘omnem denarium tibi promitto’, illa vero de sensu compo- sito non requirit talem verificationem, ut ‘promitto tibi denarium’ non requiritur quod promittam tibi 4 denarium vel quod promittam tibi et denarium, et ita de aliis similiter 2. I due sensi sono « ad invicem impertinentes » e perciò non è lecita l’inferenza dall’uno all’altro *, a meno che i termini che insieme a quello confundens formano la proposizione non siano singolari e semplici, giacché in tal caso la supposizione non varia, sia che il termine segua sia che preceda il verbo confundens. Così sono lecite le conseguentiae: « incipio videre Socratem, ergo So- cratem incipio videre », « promitto tibi 5 denarium, ergo b dena- rium tibi promitto » ?f. Nel terzo modo, con il pronome relativo, si può avere senso composto in tre forme: quando l’antecedens del relativo ha supposizione « confusa tantum » (es. « promitto tibi denarium quem tibi promitto »), quando il relativo è congiunto all’antecedens che sia distributum (cioè quantificato da omnis) senza che tra antecedens e relativo sia posto il verbo principale (« omnis homo qui est albus curtit »), o quando il verbo principale è preceduto dalla negazione (« chimaera quae currit non movetur »). Quando non si verifica nessuno di questi casi, si ha senso diviso (es. « ali- 242 Ivi, f. Grb-va. 243 Ivi, f. 6va. Aggiunge l’autore (ivi): « Et notandum quod ‘indigeo’, ‘requiro’, ‘praesuppono’ et huiusmodi non confundunt confuse tantum nisi cum gerundio. Unde si dicatur: ‘indigeo oculo”, li ‘oculo’ stat distributive, sed dicendo: ‘indigeo oculo ad videndum’, li ‘oculo’ stat confuse tantum immobiliter ». 24 Ivi, f. 8va. 568 Alfonso Maierù quis homo qui est albus currit »)?5. Tenendo presente che il pronome qui in una proposizione in senso composto non può essere risolto in ef e ille e che il pronome relativo, posto nella stessa categorica, ha la supposizione del suo artecedens, mentre, posto in una categorica diversa da quella che contiene l’antecedens (si tratta quindi di una proposizione ipotetica composta di due categoriche), ha supposizione determinata e « replicat totam com- positionem sui antecedentis » (così, data « omnis homo est animal et illud est rationale », la seconda categorica vale « animal quod est omnis homo est rationale », di modo che illud ha supposi- zione determinata ma replicat [cioè richiama] tutta la compositio precedente) 24, argomentando dal senso composto inteso nella prima forma al senso diviso non vale la conseguentia perché l’antecedente è vero e il conseguente è falso 2”; argomentando dal senso composto inteso nella seconda forma al senso diviso la con- sequentia non vale”, ma vale se si argomenta dal senso diviso al senso composto ?*; argomentando dal senso composto nella terza forma al senso diviso, « non valet consequentia de forma licet valeret quandoque gratia materiae » 9. Per quanto riguarda il quarto modo (con infinitus e totus) l’autore non fornisce altro rispetto a quanto sappiamo ?! se non 245 Ivi, ff. &va-b e 9vab. 26 Ivi, f. 8vb. 27 Ivi, ff. 8vb-9ra. 248 Ivi, f. 9ra. a Ivi, f. 9rb: « Arguendo tamen e converso in omnibus his, conse- quentia est bona, quia in his quicquid significat sensus compositus significat sensus divisus, et plus, ut dictum est ». 250 Ivi, f. Iva. 251 Senso composto è quando il termine è categorema, cioè quando è a parte praedicati, o a parte subiecti, ma preceduto da una determinatio (ivi, ff. 9vb e 11ra); dall’un senso all’altro e viceversa non vale la consequentia (ivi, ff. 10ra e 11rh). Terminologia logica della tarda scolastica 569 la determinazione chiara della differenza fra senso composto e senso diviso: Et differt valde sensus compositus a diviso mediante hoc termino ‘infinitus, ta, tum’. Primo, quia in sensu composito significat aliquod certum et determinatum esse sine principio et sine fine [...]. Sed in sensu diviso syncategorematice significat, quocumque finito dato vel dabili, dari maius in quacumque proportione [...]. Est enim una alia differentia, quia syncategorematice est signum confusivum et re(d)dit totam propositionem exponibilem. Unde haec est exponibilis ‘infinitus est aliquis numerus’ et praedicatum stat confuse tantum, ut patet. Sed haec ‘aliquis numerus est infinitus’ non est exponibilis sed resol- vitur, et praedicatum stat determinate ??; Differt  sensus compo- situs a diviso cum isto termino ‘totus’ etc., quia in sensu diviso reddit propositionem exponibilem, in sensu composito est ferminus reso- lubilis. Item in sensu diviso convertitur cum universali et est terminus confusus, sed in sensu composito neutrum sibi convenit, ut patet. Item differunt in significato, quia in sensu diviso et syncategorematice ‘totus’ idem est quod ‘quaelibet pars’ [...] sed in sensu composito significat ens integrum et perfectum cui nihil deest, ut patet ex usu loquendi et accipiendi hos terminos 25, î Dall’uno all’altro senso l’inferenza non vale; né si dica che argo- mentazioni come « infinita sunt finita, ergo finita sunt infinita » sono consequentiae valide perché si procede «a conversa ad convertentem »; risponde il maestro: « Dicatur quod nulla illarum est bona conversio, cum continue in una tenetur idem terminus categorematice et in alia syncategorematice » 25, Il quinto modo, come è noto, ha luogo con le congiunzioni et e vel: si ha senso composto quando i termini congiunti da una delle due particelle stanno collective e senso diviso quando i ter mini stanno divisive ; ciò significa che, mentre le proposizioni; a deest il testo aggiunge est. 254 Ivi, f. 1lva. 25 Ivi. 570 Alfonso Maierù in senso diviso equivalgono, rispettivamente, a una congiun- zione di proposizioni se si tratta della particella ez, e a una disgiunzione di proposizioni se si tratta di vel *, le proposizioni in senso composto richiedono che la verifica della congiunzione o della disgiunzione avvenga rispettivamente coniunctim o di- visim?". Ecco alcuni esempi. Le proposizioni « Socrates et Plato sunt duo homines » e « omnis numerus est par vel impat » sono in senso composto perché non equivalgono a « Socrates est duo homines et Plato est duo homines » e a « omnis numerus est par vel omnis numerus est impar »; le proposizioni « tu es homo et albus », «tu es homo vel asinus » sono in senso diviso perché equivalgono, rispettivamente, alle proposizioni molecolari « tu es homo et tu es albus », « tu es homo vel tu es asinus », per le quali valgono le regole operative della congiunzione e della disgiun- zione. Se però il complesso di termini congiunti dalle suddette particelle è preceduto da un « signum confusivum », distributivo o negativo (es. differt, aliud), le proposizioni sono in senso com- posto e le regole della congiunzione e della disgiunzione non sono applicabili 8. Per quanto riguarda il sesto modo, le notizie date da Battista 256 Ivi, f. 1lvb: «Et ex his patet differentia inter sensum compositum et divisum quoad hunc modum, quoniam in sensu diviso copulatum aequi- pollet copulativae et disiunctum disiunctivae, sed in sensu composito non. Patet etiam alia differentia, quia in sensu diviso a copulato ad quamlibet eius partem et a qualibet parte disiuncti ad totum disiunctum valet conse- quentia, sed in sensu composito non valet ». 251 Ivi, f. 1lva per la congiunzione ef: « Sensus veto compositus requirlt verificationem totius copulati collective et non divisive », f. 11vb pet vel: « Sensus vero compositus [....] requirit [...] quod verificetur totum disiunctum collective ». 28 Ivi, f. 12ra-b. Infine, l’autore si chiede se, poste le particelle 4 parte subiecti, i termini congiunti o disgiunti siano tutti distribuiti oppure solo il primo; es. «omnia duo et tria sunt quinque », « omnis homo vel asinus est asinus »: cfr. ivi, f. 12rb-va. Terminologia logica della tarda scolastica 571 sono analoghe a quelle fornite da Paolo, comprese le regole riguardanti la validità dell’inferenza dall’un senso all’altro, con la sola aggiunta della non validità nel caso sia presente un relativo implicativo ?. È da notare però la precisazione relativa al valore della copula est della proposizione che nel senso composto segue la determinazione: « Universaliter [...] in omnibus huiusmodi propositionibus li ‘est’ non significat tempus quod iam e(s)t prae- sens, sed tempus quod tunc in illo instanti ad quod fit limitatio fuit praesens vel erit praesens. Il verbo “est”, cioè, PERDE LA CONNOTAZIONE TEMPORALE AD ESSO PROPRIA, e conserva il solo valore sincategorematico, lasciando che la connotazione temporale sia affidata al tempo del verbo posto nella determinatio. Anche per il settimo modo l’autore ritiene la dottrina tradizionale: con i termini designanti atti dell'anima la proposizione è in senso composto quando il verbo, sive praecedat sive sequatur, determina il dictum, e allora la proposizione va provata in funzione del verbo che causa senso composto; è in senso diviso quando il verbo sta tra le parti del dictum ed è da probare in funzione del primo termine della proposizione stessa. Perciò le proposizioni esprimenti i due sensi sono « valde ad invicem imper- tinentes et raro vel numquam convertibiles » 24, a meno che la consequentia dall'uno all’altro senso non valga « gratia materiae et terminorum. L’ottavo modo è qui per la prima volta discusso. Facendo leva sulla distinzione tra termini substantiales e connotativi o acci- dentali, ricavata da Occam?, l’autore afferma che l’ottavo 259 Per le regole, cfr. ivi, ff. 13rb-14va; per il relativo, ivi, f. 13vb. 260 Ivi, f. 13rb. 261 Cfr. capitolo III, e capitolo IV, $ 2. 22 Op. cit., f. 14vb. 263 Ivi. 264 Ivi, f. 15va. 265 Summa logicae, cit., pp. 33-36; v. cap. I, $ 2. 572 Alfonso Maierù modo ha luogo con i termini accidentali o connotativi, e aggiunge che, se questo modo è meglio assimilabile alla fallacia « figurae dictionis » o dell’accidente, se ne discute nel senso composto e nel senso diviso perché quei termini, posti 4 parte praedicati, hanno « appellatio rationis » se costruiti con i verbi designanti atti del- l'intelletto, e « appellatio temporis » se sono costruiti con il verbo al tempo passato o futuro *. Si ha senso composto quando il termine connotativo ha appellatio (« animal fuit album », « co- gnosco venientem »), se il termine non ha appellatio la proposi- zione è in senso diviso (« album fuit animal», « venientem cognosco ») ?”, L’inferenza dall’un senso all’altro non vale, se non talora « gratia materiae » 24. Né è da dire che la consequentia vale, ad esempio, nel caso di « album erit hoc » perché si consi- dera « hoc erit album » come conversa della prima: infatti la 266 BATTISTA DA FABRIANO, op. cit., f. 17rb-va: « Iste est octavus et ultimus modus. Et fit mediantibus terminis accidentalibus vel connotativis positis quandoque a parte praedicati quandoque a parte subiecti respectu verbi de praeterito aut de futuro aut verbi concernentis actum mentis vel intel- lectus », e f. 17va-b: « Notandum tertio quod appellatio temporis est acceptio termini habentis respectum ad solum tempus importatum per verbum, ut “hoc erit album’: li ‘album’ respicit solum tempus futurum et ad hoc (ex huc) ut ista sit vera requiritur quod aliquando erit ita quod hoc est album; sed in illa ‘album erit hoc”, li ‘album’ stat ampliative et supponit divisive pro eo quod est vel erit album et non requiritur quod erit ita quod est album; et similiter dicatur respectu verbi de praeterito. Appellatio autem rationis est acceptio termini limitati a termino praecedente concernente actum intellectus, ut ‘cognosco venientem’: ibi est appellatio rationis [est], quia terminus se- quens terminum concernentem actum intellectus supponit pro suo significato sub ratione tali; unde ipsa significat quod cognosco aliquid sub ratione venientis; sed sic non significat illa ‘venientem cognosco’, sed quod illa(m) rem cognosco et illa est veniens, et ideo patet quod valde differunt »; il cenno alla «fallacia figurae dictionis » e alla «fallacia accidentis » è al f. 17va. 267 Ivi, f. 17va. 268 Cfr. in part. ivi, f. 18rb. Terminologia logica della tarda scolastica 573 conversione della prima proposizione è: « hoc erit quod est vel erit album » ?9. Ancora più analitica l'esposizione di Alessandro Sermoneta rispetto a quelle esaminate; di essa ricordiamo gli elementi nuovi e caratteristici. Scopo dell’opuscolo di Heytesbury, secondo Ales- sandro, è quello di facilitare la soluzione dei sofismi e di aiutare ad evitare gli errori, giacché compito di quella parte della dialet- tica che si chiama sofistica (o sopbistaria) non è quello di far sì che gli altri cadano in errore, quanto quello di evitare gli errori ?°°. L’opuscolo perciò è da pospotre a quello dei Primzi analitici !: questo mostra la corretta formazione del sillogismo, il nostro trat- tato mostra le deceptiones; infine, esso fa parte della dialettica ??, Del senso composto e del senso diviso non è possibile dare una descrizione univoca — ritiene Sermoneta ”* con Battista da Fa- briano — giacché i modi sono otto, e può succedere — aggiunge Alessandro — che una stessa proposizione, considerata secondo vari modi, può essere ora in senso composto, ora in senso diviso 7°. Primo modo. Quando un termine modale « totaliter praecedit 269 Ivi, f. 17vb. 270 SERMONETA, Expositio..., cit., f. Sva: Non enim inventa est ut aliis concludamus falso, sed ut deceptiones vitemus ». zm Ivi. 22 Ivi: «Ad tertium dicitur quod utilitas huius non parva est sicut et totius dialecticae cuius est pats [...]. Item a progenitoribus nostris ars artium et scientia scientiarum dicta est; ad omnium nam methodorum prin- cipia viam habet [...]» (cfr. Prerro Ispano, Surzzzulae logicales, cit., 1.01, p. 1). 23 Op. cit., f. Svb. 214 Ivi: «Secundo est notandum quod ex quo octo modis causatur sensus compositus et divisus, non inconvenit ut respectu diversorum termi- norum potentium causare sensum compositum et divisum una et eadem propositio sit de sensu composito et diviso sicut ista. ‘tu potes esse hic et Romae in 4 instanti’: est enim de sensu diviso primi modi et de sensu composito quinti modi merito li ‘et’ ». 574 Alfonso Maierù aut finaliter subsequitur dictum propositionis, fit sensus compo- situs, quando vero mediat inter pattes dicti erit de sensu diviso » 5; in particolare il verbo potest, assunto personaliter, fa senso diviso, assunto imzpersonaliter fa senso composto ?”. Le differenze fra i due sensi costruiti con potest e possibile e le loro negazioni sono queste: la proposizione in senso composto è offi- ciabile, quella in senso diviso resolubile o esponibile; la prima « requirit verificationem instantaneam » ?*, la seconda non la richiede; da ciò segue, in terzo luogo, che la prima « de possi- bili » può essere « posita in esse », ma non così la seconda ”?, La discussione delle obiezioni fornisce ulteriori chiarimenti: il modo necessario, che, essendo avverbio, dovrebbe essere exponibilis %, in realtà equivale al modo wecesse e petciò fa senso composto, mentre possibiliter non equivale a possibile e quindi è esponibile e non fa senso composto ?8!; né fanno senso composto e senso diviso verum e falsum**: evidentemente, Sermoneta non ritiene che questi due termini siano propriamente modali. 25 Ivi, f. 6ra. 26 Ivi, f. 6rab. 201 Ivi, f. 6rb. 218 Ivi, ma cfr. ff. 6vb-7ra: «[...] per verificationem instantaneam in proposito non intelligimus quod praedicatum requirat mensuram instantis, sed ponatut in esse id quod importatur per propositionem; et ideo concedit magister quod possibile est te moveri, quia licet motus non mensuretur in instanti, tamen debet poni in esse hoc totum in hoc instanti, veritas haec, scilicet, quod tu moveris: non tamen quod sit ita, sed quod sibi non repugnat pro tali instanti verum esse te moveri» (nella risposta alla quarta obie- zione non esaminata da noi). 299 Ivi, f. 6rb. 280 Cfr. capitolo VI, $ 6. 281 Obiezione e risposta in SERMONETA (si veda): Ad secundum dicatur quod non inconvenit li ‘verum’ et ‘falsum’ non facere sensum compositum et divisum nisi in voce aut in scripto, non tamen proprie, cum intellectus hoc non faciat; et ratio est, quia li ‘verum’ non ponit neque aliud dicit quam si non poneretut; ideo, Terminologia logica della tarda scolastica 575 L’inferenza dal senso composto al senso diviso e viceversa non vale generalmente 28. Secondo modo. Con un termine corfundens, « sensus compo- situs fit quando terminus communis confunditur confuse tantum a tali termino praecedente [...]. Sensus vero divisus fit cum sequantur huiusmodi signa terminum ab eis confundibi- lem [...] » 4. Le differenze tra i due sersus sono quelle note 28, così come ci è nota l’imzpertinentia dei due sensus e quindi che la consequentia non è lecita ?*. Terzo modo. Dopo aver precisato, secondo la tradizione, qual è il senso composto e quale il senso diviso con i relativi e le diffe- renze fra i due sensi ?”, Sermoneta fornisce un lungo elenco di « documenta de mente He(nti)sberi », in cui ricapitola la dottrina e le condizioni di verità, anche in rapporto agli altri modi: Primum, quod sensus compositus causatur mediante hoc relativo ‘qui’ cum antecedens stat confuse tantum. Ex quo sequitur quod tunc non valet argumentum a sensu composito ad divisum, scilicet cum relativum resolvitur. Probatur, quod a termino stante confuse tantum ad eundem quia omnis propositio infert suum dictum fore verum, ut scribitur in Postpraedicamentis; et ad oppositum negatur assuntum, nec terminum modalem dixerunt logici mobilitare, nisi cum est aptus natus facere sensum compositum et divisum ». Tralasciamo le altre due obiezioni. 283 Ivi, f. 6rb; al f. 7ra-va l’autore elenca « quattuor documenta » tratti da Heytesbury e un corollario, relativi alle condizioni di validità caso pet caso, che sostanzialmente niente aggiungono a quanto hanno affermato i commenti già esaminati. 284 Ivi, f. 7vb. 285 Ivi, f. 7vb-8ra; i verbi careo, indigeo, requiro, ecc. « faciunt con- fundere confuse distributive mobiliter cum absque gerundiis ponuntur in propositione, ut ‘careo pecuniis”. Quando vero cum gerundiis collocantur, confuse tantum, ut ‘indigeo oculo ad videndum; cfr. il testo di Battista da Fabriano, di cui alla n. 243). 286 Ivi, ff. 7vb e 8rab. 287 Ivi, 9va. 576 Alfonso Maierù stantem determinate non valet argumentum [...] 28; Secundum docu- mentum est quod sensus compositus fit cum immediate hoc relativam ‘qui’ additur termino distributo, sic scilicet quod non mediat inter relativam et terminum distributum verbum principale; divisus vero cum resolvitur relativum actualiter aut cum inter ter- minum distributum, scilicet antecedens, et relativum cadit verbum principale, ut ‘omnis homo qui est asinus currit’. Ex hoc sequitur non valere argumentum arguendo a sensu composito ad divisum; patet, quia tunc maior est distributio in sensu diviso quam in composito 9; ‘Tertium documentum, quod etiam causatur sensus compositus mediante hoc relativo ‘qui’ cum principale verbum negetur, sive relativum prae- cedat sive non; divisus autem cum resolvitur relativum 29; Quartum documentum: sensus compositus fit cum hoc termino relativo ‘qui’ quando coniungitur termino potente stare categorematice et syncate- gorematice, sive immediate coniungatur sive non, dummodo praecedat talis terminus stans syncategorematice; divisus vero cum resolvitur relativum aut non praecedit talis terminus ipsum relativum 2. Quin- tum documentum: sensus compositus fit cum praedicto relativo ‘qui’, cum praecedit terminus modalis faciens propositionem de sensu com- posito; divisus vero cum ipse modus aut verbum termini modalis facit ipsam de sensu diviso aut cum actu resolvitur relativum 22; Sextum documentum: sensus compositus fit cum hac determinatione ‘ita erit’, ‘ita fuit’, ‘sic est’, ‘sic fuit et cum hoc relativo ‘qui’ simul, divisus vero cum non ponitur li ‘ita erit’ etc. 29. Di questi sei docuzzenta, i primi tre riprendono le tre forme del senso composto di Battista da Fabriano, e gli altri tre ricol- legano questo modo al primo, al quarto e al sesto. Niente di nuovo aggiunge Sermoneta per i modi quarto RE 288 Ivi, f. 9vb. 289 Ivi; in luogo di distributo, il testo ha distributivo. 290 Ivi, f. 10ra. DI Ivi. 22 Ivi, f. 10rb; al secondo au2, il testo aggiunge si. 29 Ivi. 294 Ivi, f. 1lrb-vb (differenze tra senso composto e senso diviso, non validità della conseguentia dall'uno all’altro senso, discussione di difficoltà). Terminologia logica della tarda scolastica DIT quinto ?5 e sesto 2%, Al settimo modo, invece, dedica una lunga analisi della quale ci limitiamo a ricordare qualche punto: si ha senso composto quando un verbo designante atti dell'anima determina il dictum della proposizione; ciò avviene, secondo Sermoneta, sia quando il termine precede il dictu72 sia quando esso lo segue (e ciò è secondo l’intenzione di Heytesbury)?; si ha senso diviso solo quando il termine sta tra le parti del dictumz ?*; ma se il verbo cade su di un solo termine (« cognosco Socratem ») o su di un incomplexum che significhi un complexum (« scio 4 propositio- nem »), si ha senso composto quando il verbo precede e senso diviso quando segue ??. Tre sono le differenze tra i due sensi: innanzi tutto, i verbi in questione « [...] confundunt confuse tan- tum terminum capacem confusionis cum faciunt sensum compo- situm, sive se teneant in dicto propositionis a parte subiecti sive a parte praedicati; unde ‘scio quod homo est animal’: tam li ‘homo’ quam li ‘animal’ confunduntur; in sensu vero diviso non confunditur nisi illud quod se tenet a parte praedicati, ut ‘alte- rum istorum scio esse verum’: solum li ‘verum’ confunditur »; inoltre, « [...] in sensu composito terminus supra quem cadit talis terminus faciens sensum compositum appellat suam formam, et non in sensu diviso »; ma esse acquistano luce dalla differenza fondamentale, cioè: « de sensu composito propositio est officia- biliter probanda aut descriptibiliter, de sensu vero diviso secun- dum exigentiam primi termini probanda est » ®°. Perciò, continua Sermoneta, « arguendo a sensu composito ad divisum aut e 295 Ivi, f. 13ra-vb (come sopra). 296 Ivi, ff. 14rb-15ra. 297 Ivi, f. 16rb: «ut arguitur velle magister »; Sermoneta però ricorda: «Ali vero dicunt: solum cum dictum praecedit talis terminus fit sensus compositus [...] » (ivi). 298 Ivi. 299 Ivi, f. 16rb-va. 300 Ivi, f. 16va. 37 578 Alfonso Maierù contra in his terminis non valet argumentum: probatur merito differentiae ratione appellationis formae et confusionis in sensu composito quae non servatur in diviso » *. Ma poiché appel- latio e confusio non hanno luogo (« esse non possunt ») quando il soggetto della proposizione è il pronome hoc non accompagnato da un aggettivo che lo determini (« absque aliquo determinabili »), vale l'argomento dal senso diviso al composto e viceversa perché ciò che si intende con la proposizione in senso composto si intende con la proposizione in senso diviso, e quindi le due proposizioni si equivalgono (« convertuntur »)®*%; ciò si ha anche quando oc, posto a soggetto della proposizione, è accompagnato da un deter- minabile, purché il determinabile sia « palam convertibile cum praedicato » oppure superius ad esso ®%, Per quanto riguarda, infine, l’ottavo modo, che ha luogo con i termini connotativi, si deve rilevare che Sermoneta limita la possibilità del senso composto e del senso diviso ai casi in cui i termini connotativi siano posti in una proposizione che abbia il verbo di tempo passato o futuro, o participi equivalenti, oppure abbia incipit o desinit: si ha senso composto quando il connotativo segue il verbo e ha « appellatio temporis », e senso diviso quando il connotativo precede il verbo, « cum a parte ante non appel- let » 4; nessun accenno si fa qui ai verbi designanti atti mentali (che secondo Battista da Fabriano fanno sì che il termine conno- tativo che segua il verbo abbia « appellatio rationis ») giacché di questo Alessandro ha già parlato nel settimo modo, come si è visto. La trattazione del senso composto e del senso diviso svolta 301 Ivi, f. 16va-b. 302 Ivi, ff. 16vb-17ra. 303 Ivi, f. 17ra. Seguono altre regole (ff. 20va-22vb), che riesaminano i vati temi toccati da Heytesbury. da Bernardino di LANDUCCI (si veda)è la più sistematica tra quelle finora esaminate: essa utilizza e discute i trattati di logica dei maestri più rinomati IN ITALIA al suo tempo, ed accenna almeno due volte alle opinioni di SERMONETA (si veda), che designa come quidam doctor, di modo che può essere considerata come il punto di arrivo di una tradizione di interpreti della dottrina del senso composto e del senso diviso. Secondo Landucci, il trattato fa parte degli Elenchi sofistici e perciò esso non è da porre dopo i Primi analitici, come vuole il Sermoneta *”, Inoltre, l’autore fa sua la tesi secondo la quale non è possibile dare una descrizione univoca di ‘senso composto’ e di ‘senso diviso’, giacché di volta in volta diverse sono le raziones che presiedono alla individuazione dei vari modi ®%. 305 Lanpucci, Expositio..., cit.: autori espressamente ricordati, oltre ad Aristotele, Averroè e Heytesbury, sono Strode, Pietro di MANTOVA (si veda), NICOLETTI, e Paolo da PERGOLA (si veda). Si legga il seguente passo relativo alla discus- sione circa la capacità di omnis di distribuire tutto il disiuzcium o il copulatum’ «a parte subiecti: Ad hoc dubium inventi sunt plures modi respondendi. Primus est Petri Mantuani, qui tenet quod totum disiunctum et totum copulatum sit subiectum. Secundus est Pauli Veneti, cuius opinio in diversis operibus est diversificata: nam Sophismate nono tenet quod prima pars solum sit subiectum, et in Quadratura tertio dubio secundi principalis, et in Logica magna et etiam in Parva tenet quod totum disiunctum vel copulatum sit subiectum, attamen solum prima pats est distributa, et illa appellatur ab eo subiectum distributionis. Tertius modus est Hentisberi, Sophismate septimo, qui dicit quod talis propositio est distinguenda eo quod subiectum potest esse totum disiunctum aut una pars tantum, quapropter utramque partem sustentando respondetur ad argumenta probantia quod non distribuatur totum ». 306 Cfr. ivi, f. 2rb (posizione del trattato della suzzzza della logica) e f. 3vb (per la « verificatio instantanea »): cfr. nn. 307 e 325. 307 Ivi, f. 2rb: «Circa secundum dicit quidam doctor quod iste libellus est pars libri Priorum et quod immediate postponendus est ad illum librum, quod quidem, salvo meliori iudicio, non puto esse verum [...]. Ideo puto aliter esse dicendum, videlicet quod iste libellus sit pars libri Elencho- rum [...] ». 308 Ivi, f. 2vb. 580 Alfonso Maierù L’esame degli otto modi segue uno schema costante: in una prima parte si descrivono il senso composto e il senso diviso e se ne mostrano le differenze, in una seconda vengono poste le regole dell’inferenza dall’uno all’altro senso, in una terza ven- gono poste obiezioni (con le relative risposte) a ciò che è detto nelle prime due parti. In questa sede noi trascureremo quanto Landucci afferma circa i modi terzo ®”, quarto *°, quinto ®!, sesto ®!° e ottavo (con « appellatio temporis » soltanto) ?: in essi infatti l’autore non prospetta nulla di nuovo rispetto a quanto già sappiamo dai com- menti precedenti. Diverso è il caso dei modi primo, secondo e set- timo, che sono simili tra loro, e nei quali si propone un discorso unitario che mira a fissare per ciascuno di essi caratteristiche tali che lo distinguano dagli altri due. Il primo modo ha luogo con i termini modali. Ora, il termine modale è così descritto da Landucci: « Terminus modalis est terminus determinativus alicuius dicti et connotativus alicuius passionis propositionis, non habens vim faciendi tale dictum appel- lare formam » *!*. I modi sono i quattro classici, più veruzz e falsum: Landucci non accetta la definizione di Occam secondo cui qualsiasi termine che possa predicarsi di un dictum è da con- siderare modus?*5; egli ritiene invece che solo quei modi che determinino una proposizione connotandone una qualche carat- teristica siano termini modali. Termini come scitum, dubium, intellectum, cognitum non sono modali perché, oltre ad avere ciò che è proprio dei modali, fanno sì che il dictum « appellet for- 309 Ivi, ff. 9vb-12vb. 310 Ivi, ff. 12vb-15rb. 311 Ivi, ff. 15rb-17vb. 312 Ivi, ff. 17vb-20rb. 313 Ivi, f. 23vb-24vb. 314 Ivi, f. 3ra. 315 Cfr. cap. V, $ 6. Terminologia logica della tarda scolastica 581 mam » 355: essi rientrano propriamente nel settimo modo, come ve- dremo. Senso composto e senso diviso così sono caratterizzati: Ideo sensus compositus in primo modo causatur quando terminus modalis totaliter praecedit aut finaliter subsequitur totum dictum totius propositionis in qua ponitur, aut finaliter subsequitur (!); sensus vero divisus causatur quando terminus modalis mediat inter partes propinquas totius dicti; unde partes propinquas dicti appello totum quod regitur a parte ante et a parte post respectu verbi illius dicti, id est a verbo orationis infinitivae vel coniunctivae [...] 317. Ma Landucci, dopo aver precisato che questa è l’opinione di Heytesbury, Paolo Veneto e Paolo da Pergola !, ricorda le opi- nioni di Strode*? e Pietro di Mantova ° e conclude: « Istarum opinionum unaquaeque est sustentabilis et nulla est demonstrativa, et ideo eligat scholaris illam quae sibi magis placet » ®!. 316 Op. cit., f. 3ra-b « [...] et non habet vim faciendi appellare formam tale dictum, quod dico ad differentiam istorum terminorum ‘scitum’, ‘du- bium’, ‘intellectum’ et ‘cognitum’, quia, licet possunt determinare dictum propositionis et ‘connotare passionem, non tamen sunt termini modales primi modi, ex eo quia habent vim faciendi tale dictum appellare formam ». 37 Ivi, f. 3rb. 318 Ivi: «Prima opinio est communis tenens quod diximus, et est opinio etiam Hentisberi, Pauli Veneti in Logica parva et Pauli Pergulensis in hoc tractatu [...] ». 319 Ivi: «Secunda est opinio Sttodi in Consequentiis suis, qui ponit quod quando modus totaliter praecedit est in sensu composito et quando mediat est in sensu diviso; sed quando finaliter subsequitur, tunc est distin- guenda, quia potest capi in utroque sensu ». 320 Ivi: «Tertia est opinio Petri de Mantua in capitulo de modalibus, ponentis modum praecedentem facere sensum compositum, mediantem vero et subsequentem facere sensum divisum, et hoc potest etiam elici ex tractatu soppositionum, ubi ipse tenet in octava regula quod termini modales non habent vim confundendi nisi terminos sequentes, et ideo quando finaliter subsequuntur non confundunt aliquem terminum, et per consequens tunc faciunt sensum compositum. Le differenze fra senso composto e senso diviso sono quattro; le prime due sono generali. Per la prima, la proposizione in senso composto va provata in funzione del termine modale, mentre la proposizione in senso diviso va provata « ratione primi termini, dummodo talis terminus fuerit mediatus » #2; per la seconda, nella proposizione in senso composto il termine modale confundit tutti i termini comzunes presenti nel dictumz; non è così nel senso diviso, giacché la confusio non si esercita sui termini che precedono il modus *. Le altre due differenze riguardano potest, non potest e possibile, impossibile. Precisato che potest fa senso composto quando è usato impetsonalmente e senso diviso quando è usato personalmente **, Landucci pone la terza differenza, per la quale la proposizione in senso composto (« cum dicto praesentis temporis » soltanto, cioè con il verbo del dictum all’infinito pre- sente) richiede una « verificatio instantanea », che non è richiesta dalle proposizioni in senso diviso. Cosa sia da intendere con « verificatio instantanea » è un problema che Landucci si pone. Rifiutata la tesi di Sermoneta (« quidam doctor »)®5 e di chi 322 Ivi, f. 3va, e continua: « Voco autem terminum mediatum omnem terminum excepto pronomine demonstrativo singularis numeri; pronomen vero demonstrativum singularis numeri appello terminum immediatum, et quando ponitur pro subiecto in propositione, talis propositio dicitur imme- diata, ut haec: ‘hoc est homo’ demonstrato Socrate. Et notanter dico ‘singu- laris numeri’, quia in numero plurali est terminus mediatus et communis, ut vult Paulus Venetus in Logicula »; cfr. cap. VI, n. 41. 32 Ivi, f. 3va. 324 Ivi (ciò vale anche per contingit; tra i modi è incluso anche il verbo oportet, e di tutti e tre i verbi è detto: « personaliter vel impersonaliter sumpta »: f. 3ra). 325 Ivi, ff. 3vb-4ra: « Unde requirere verificationem instantaneam diversi diversimode exponunt. Nam quidam doctor dicit quod propositio de sensu composito de li ‘potest’ etc. requirit huiusmodi verificationem, ut puta ista: ‘possibile est te moveri’, non quia praedicatum seu res importata per prae- dicatum mensuretur instanti, quia motus non mensuratur instanti ex quo est de numero successivorum, sed quod ponantur in esse id quod Terminologia logica della tarda scolastica 583 ritiene che la verifica istantanea di una proposizione esige che « sua de inesse sibi correspondens pro infinito modico tempore possit verificati » *5, egli così spiega la frase: propositio de sensu composito de li ‘potest’ etc. requirit verifi- cationem instantaneam, id est requirit ad hoc quod sit vera quod arguendo a sua de inesse de praeterito vel de futuro ad suam de inesse de praesenti cum tali determinatione ‘ita fuit’, seu ‘ita erit’ si sit de futuro, consequentia valeat, ut, verbi gratia, haec propositio de sensu composito ‘possibile est te esse Romae’ requirit verificationem instan- taneam, id est requirit ad hoc quod sit vera quod arguendo ab ista de praeterito ‘tu fuisti Romae’ vel sibi consimili ad talem de praesenti ‘tu es Romae’ cum ista determinatione ‘aliquando fuit ita quod’, consequentia valeat; et quia huiusmodi consequentia valet, scilicet: ‘tu fuisti Romae, ergo aliquando fuit ita quod tu es Romae’, ideo illi de sensu composito correspondet veritas instantanea; ideo illa est vera, immo est necessaria, quia omnes tales propositiones de sensu composito verae sunt necessariae, et eodem modo dicatur de futuro; et si talis consequentia non valeret de praeterito aut de futuro, tunc illa propo- sitio de sensu composito non posset esse vera, immo esse(t) impossibi- lis. Vel dicatur, et brevius, quod propositio de sensu composito de li ‘potest’ etc. requirit verificationem instantaneam, id est requirit ad hoc quod sit vera quod sua de inesse de praesenti, si sit in mundo, sic adaequate significando sit possibilis, et si sit illa de sensu composito de negationibus praedictorum terminorum ‘potest’ et ‘possibile’, requi- importatur per propositionem, ut puta veritas illius propositionis seu signi ficatum, ut sit sensus quod in hoc instanti tu movearis, non tamen quod sit ita, sed sibi non repugnat pro tali instanti verum esse te moveri. Sed iste doctor iudicio meo volens istam differentiam declarare intricavit se et nescivit eam exprimere, et dictum eius est falsum. Nam quaero: per verificationem instantaneam aut ipse intelligit quod sua propositio de inesse sit vera in instanti, aut quod suum significatum sit verum in instanti, aut quod sibi non repugnet esse verum in istanti. Modo quo- cumque intelligat, sequitur quod omnis propositio vera requirit verificationem instantaneam, quod est falsum et contra Hentisberum in tractatu De incipit et desinit, ubi ponit quod aliqua est propositio quae pro sui veritate requirit tempus limitatum; unde omnis propositio vera, est vera in instanti, quod probo [...] »; cfr. il testo di SERMONETA (si veda) in n. 278. 326 Ivi, f. 4ra. 58 rit quod sua de inesse, id est indicativa illius dicti, absque negatione sit impossibilis etc. #7, La verifica è risolta dunque dall’autore in prima istanza in una operazione logica complessa, nella quale sia posta come antecedente una corseguentia e come conseguente la proposizione in senso composto; in seconda istanza in una consequentia nella quale sia posta come antecedente l’affermazione della possibilità della proposizione de iresse e come conseguente la proposizione in senso composto, ad esempio, la verifica di « possibile est album esse nigrum » nel secondo caso va data così: « ‘album est nigrum’ est possibile sic adaequate significando, ergo possibile est album esse nigrum », dove sia l’antecedente che il conseguente sono falsi. La quarta differenza afferma che per i suddetti modi (potest, possibile e non potest, impossibile) la proposizione in senso com- posto esige che se è posta ir esse, cioè « si accipiatur sua de inesse sibi correspondens » come spiega Landucci, allora « nullum sequitur inconveniens », petché «si talis propositio de sensu composito sit vera, sua de inesse sibi correspondens, si sit in mundo, erit possibilis »; ciò invece non è vero per il senso diviso, giacché la proposizione può essere vera e la sua de inesse essere impossibile: così « album potest esse nigrum » è vera, ma la sua de inesse « album est nigrum » è impossibile ®8. Quanto alla liceità dell’inferenza dall’un senso all’altro, Lan- ducci afferma che con potest e possibile non vale l’inferenza dal senso diviso al senso composto né «e contra negative » quando un verbo o participio richiede « tempus limitatum pro veritate talis propositionis » (cioè non vale: «tu potes pertransire hoc spatium, ergo possibile est te pertransire hoc spatium »: prima regola) *; né vale dal senso composto al senso diviso « vel e contra 327 Ivi, f. 4rb. 328 Ivi, f. 4rb-va. 329 Ivi, f. Ava. Terminologia logica della tarda scolastica 585 negative » con gli stessi modi «in terminis compositis seu distributis a parte praedicati » (esempio: non vale « possibile est te esse omnem hominem, ergo tu potes esse omnis homo »: secon- da regola); né, sempre nello stesso caso, vale dal senso diviso al senso composto « aut e contra negative cum terminis per se aut per accidens repugnantibus » (« album potest esse nigrum, ergo possibile est album esse nigrum »: terza regola)*!; né dal senso composto al senso diviso (« et e contra negative ») con il relativo implicativo (« possibile est antichristum esse hominem qui est, ergo antichristum potest esse homo qui est»: quarta regola) *°. Più generalmente (quinta regola) con tutti i termini modali non vale de forza l’inferenza dall’un senso all’altro e vecevetsa, date le differenze che sussistono tra senso composto e senso diviso, purché nella proposizione siano posti termini co- muni 53, Il secondo modo ha luogo con i termini che hanno « vis con- fundendi », cioè « mediantibus terminis potentibus confundere confuse tantum vel distributive mobiliter vel immobiliter » #4, pur- ché essi « non connotent passionem propositionis nec faciant appel- lare formam » *5: la prima precisazione distingue il secondo modo dal primo, mentre la seconda lo distingue dal settimo *%. Né si 330 Ivi, f. Sra. 331 Ivi, f. 5rb; e: «Unde voco terminos per se repugnare oppositos contrarie (ut ‘album’ et ‘nigrum’), contradictorie (ut ‘homo’ et ‘non-homo?), privative (ut ‘caecus’ et ‘videns’), relative (ut ‘dominus’ et ‘servus’); etiam generaliter illos terminos appello per accidens repugnare qui non opponuntur proprie aliquo istorum modorum, tamen non possunt de eodem affirmative verificari, ut 4 locus et 4 locus, et esse adaequate in 4 et esse adequate in © instanti » (f. Srb-va). 332 Ivi, f. Sva. 333. Ivi, f. Svb. 334 Ivi, f. 7vb. 335 Ivi, 336 Ivi, f. 8ra: «Et notander dixi a principio: ‘dummodo tales termini 586 Alfonso Maierù dica, aggiunge LANDUCCI (si veda), che tali precisazioni sono superflue giacché una stessa proposizione può essere in primo modo o in secondo, o in secondo e in settimo, per diversi motivi *. L’autore, pur definendo probabilis questa opinio, titiene che i modi vadano tenuti ben distinti **: se così non fosse, il secondo modo inclu- derebbe il primo e il settimo come suoi casi particolati, ed Heytesbury avrebbe dovuto cominciare dal secondo la sua tratta- zione, come invece non ha fatto’; fra l’altro, avverbi come necessario e contingenter fanno senso composto nel secondo modo, anche se sono modali, e solo impropriamente si dice che lo fanno nel primo, così come impropriamente connotano una passio della proposizione #°;. sono infatti esponibili, non officiabili, come si è tante volte ripetuto. Le differenze fra i due sensi sono così formulate: Prima est, quoniam propositio de sensu diviso ad hoc quod sit vera requirit verificationem in suppositis termini communis cum descensu copulativo vel disiunctivo; propositio veto de sensu composito non, quia uterque descensus sibi repugnat [...]. Secunda differentia est, quoniam propositio de sensu composito ut plurimum probanda est ratione termini confundentis, sed sua de sensu diviso non [...] #4. non sint connotativi’ etc., ut pet hoc differat secundus modus a primo; dixi etiam: ‘non facientibus appellare formam’, ut pet hoc differat a septimo ». 337 Ivi. Una posizione analoga a quella respinta aveva sostenuto SERMO- NETA nell’introduzione alla sua Expositio: « Ad hoc respondetur quod, licet haec opinio sic arguens sit probabilis, tamen magis consonum videtur veritati secundum mentem Hentisberi ipsum [!, cioè i modi 1°, 2° e 7°] separari quam non [....]». 339 Ivi, f. 8ra-b: «Etiam si secundus modus non separaretur ab illis, tunc Hentisber errasset in isto suo tractatu, quoniam secundus modus esset communior et subalternans primum et septimum: sed communiora sunt praemittenda in doctrina, teste Aristotele et Commentatore in primo Physi- corum t.c. LVII et etiam tertio Physicorum t.c. II, ergo Hentisber debuisset tractatum suum incipere a secundo modo et non fecit, ergo errasset ». 30 Ivi, f. 8rb. MI Ivi. Terminologia logica della tarda scolastica 587 Esse riaffermano che la proposizione in senso diviso è probata mediante descensus, mentre la proposizione in senso composto, richiedendo la probatio in funzione del termine confundens, sarà exponibilis oppure officiabilis. Di qui la regola generale fornita da Landucci: « Arguendo a sensu composito ad sensum divisum aut e contra in isto secundo modo non valet consequentia » #%, Il settimo modo ha luogo con i verbi che riguardano atti della mente: ma questi verbi possono designare atti della volontà (volo, nolo, malo, cupio, desidero, opto, odi) o operazioni del- l'intelletto: «absque formidine » come scio, teneo, cognosco, concedo, nego, o «cum formidine » come dubito, credo, ima- ginor, suspicor, apparet e simili 8. Questi verbi possono cadere su di un « complexum verbale », cioè un dictum all’accusativo e l’infinito o con quod e il con- giuntivo, o sopra un « terminum incomplexum » (Socrates, « a pro- positio »): nel primo caso, se uno di essi precede o segue il dicturm fa senso composto, se sta tra le parti del dictu72 fa senso diviso; nel secondo caso, se esso precede il termine, si ha senso composto, se segue a questo, si ha senso diviso *4. Il senso composto e il senso diviso differiscono perché il primo ‘confonde’ i termini comuni seguenti capaci di ‘confu- sione’ e fa sì che il dictum o il termine seguente « appellat for- mam », e il secondo non fa ciò *5; inoltre, la proposizione in senso composto è officiabilis, la proposizione in senso diviso non lo è #4, 342 Ivi, f. 8rb-va. 34 Ivi, f. 20rb-va. 34 Ivi, f. 20va. 35 Ivi, f. 20vb; e ancora (ivi): «Quid autem s[c]it appellatio formae puto notum esse ex Logica parva, quoniam ille terminus appellat formam qui repraesentat suum significatum sub conceptu proprio ». 34 Ivi: Landucci precisa che il primo termine della proposizione in senso 588 Alfonso Maierù Di qui le regole generali: [1] Arguendo a sensu diviso ad sensum compositum aut e contra in praedictis terminis non valet consequentia #7; [2] Arguendo a sensu diviso ad sensum compositum et e contra in praedictis terminis ubi praedicatum sit iste terminus ‘hoc’ et subiectum, in sensu diviso, non sit terminus pet se notus non valet consequentia [...] 4, si foret ter. minus per se notus bene valeret consequentia *’; [3] Arguendo a sensu diviso ad sensum compositum ubi subiectum fuerit terminus pet se notus absque aliquo determinabili, et praedicatum fuerit hoc pro- nomen ‘hoc’, consequentia est bona, et e contra, mediante verbo import- tante scientiam vel certitudinem [...]; notanter vero dixi ‘cum verbo importante scientiam’, quia cum isto verbo ‘dubito’ non valet conse- quentia 59, Tralasciando le regole non riguardanti strettamente l’inferenza, concludiamo ricordando le due regole relative a hoc quando è sog- getto della proposizione: l’inferenza è valida dall’un senso all’altro e viceversa se il pronome è « absque aliquo determinabili » 5, oppure « cum suo determinabili palam convertibili cum praedicato aut palam superius ad ipsum » #*. L’operazione compiuta da Landucci, come si può rilevare, è consistita nel fissare criteri distintivi in modo da giustificare pienamente l’articolazione dei modi proposta da Heytesbuty; egli ha mirato a precisare la dottrina tradizionale che aveva unificato modali (primo modo) e verbi designanti atti dell’anima (settimo) sotto lo stesso motivo della probazio officialiter, e ha identificato composto dev'essere immediato perché essa possa essere « probata officiabi- liter »; così è nel caso di « ego scio hominem esse animal ». 347 Ivi, ff. 20vb-21ra. 38 Ivi, f. 21ra. 349 Ivi, f. 21rb. 350 Ivi. 351 Ivi, f. 21vb. 352 Ivi, f. 22ra. Terminologia logica della tarda scolastica 589 motivi precisi che non permettono la riduzione al secondo modo del primo e del settimo. Di diverso orientamento è la trattazione di Benedetto Vettori: più vicina al testo di Heytesbury nel ritenere l’articolazione in otto modi con la distinzione del quinto (con et) dal sesto (con vel) e con la mancata inclusione del nono, accennato e non sviluppato dal maestro inglese, relativo ai termini connotativi, la discussione del Faventino si svolge su di una linea generale che non ritiene niente della impostazione dei quattro commenti finora esaminati e sembra anzi in diretta polemica con la matura esposizione di Landucci, le cui tesi in certo senso vengono capovolte. Nell’esame di questo trattato, ci limiteremo a segnalare questi motivi di dissenso all’interno della tradizione più comune e che servono a chiarire l’origine e la destinazione di certe precisa- zioni, specie di Landucci: otterremo così un quadro più chiaro dell'esame finora condotto. L'esposizione si articola in lezioni, e sono otto in tutto; di esse una è introduttiva, mentre la sesta discute insieme i modi cinque e sei. Nella prima lezione Vettori chiarisce il suo atteggiamento in questo trattato. Innanzi tutto afferma che il senso composto e il senso diviso possono essere considerati o « secundum se et absolute », oppure « unius per rispectum ad alterum ». Conside- rata in se stessa, la nozione di senso composto è fondata sulla nozione di verità o falsità istantanea (quindi sulla verifica istan- tanea) della proposizione corrispondente al dictu7z, che ha una sua determinazione ad opera di un modo; perciò la proposizione in senso composto « de modo non exponibili vel verbo concer- nente actum mentis » è officiabilis, giacché tale probatio « explicat 353 VertORI, Opusculum in Tisberum..., cit., lect. I, 1: « Et sic notitia sensus compositi secundum se causatur ex notitia instantaneae veritatis vel falsitatis propositionis significantis dictum vel determinatum a modo reddente sensu(m) compositum. propositionem significantem dictum categoricum propositionis officiandae, cuius praedicatum denotatur inesse subiecto secundum idem tempus imperceptibile [...] » **. Considerato in se stesso, il senso diviso a sua volta può essere mostrato (potest ostendi) in due modi: «aut explicatione propositionis, aut expositione eiusdem » #5; perciò la nozione di esso è legata alla explicatio o alla expositio; la explicatio di « tu non potes pertransire 4 spa- tium » è: «tu non habes potentiam ad pertranseundum 4 spa- tium », che è falsa; mentre la expositio (0 resolutio, dice Vettori) esige che sia vera in un tempo percettibile la proposizione « hoc possibiliter currit »; per questo si suol dire che il senso diviso deve « verificari temporaliter » 3%, Considerati poi l’uno in rapporto all’altro, i due sensi rien- trano nella dottrina della conseguentia come specie nel genere ?7. Da queste considerazioni deriva la determinazione del posto da assegnare al trattato tra i libri logici: in quanto i due sensi sono considerati in sé, la nozione di senso composto e di senso diviso è legata alla conoscenza della proposizione e in tal senso è « pars determinationis libri Periermenias »; in quanto essi sono consi- derati in rapporto tta loro, il trattato va posto immediatamente dopo il trattato delle conseguenze ** e immediatamente prima dei Primi analitici. 1 fini del trattato possono essere interno o esterno alla logica; fine interno è la soluzione dei sofismi, fine esterno è servire a tutte le scienze *?. Per quanto riguarda le cause del senso composto e del senso diviso, è da tenere presente che ‘causa materiale’ è il 354 Ivi. Si ricordi come è data la probatio officialis: « Talis propositio est..., quae praecise significat ..., ergo...  « dictum verbale » o un suo equivalente, giacché compositio e divisio sono proprietà logiche di cui la prima inferi cioè esige l’istantanea verifica della proposizione, e l’altra la verifica tem- porale, e si sa che la verifica è proprietà delle proposizioni o dei dicta soltanto *. Inoltre, il modo, o il termine comzponens vel dividens, dà nome e definizioni al dictum composto o diviso *! e quindi la capacità di confondere (virtus confusiva), propria del termine che è modo, opera o su tutto il dictuzz o solo su di una parte di esso e fa senso composto e senso diviso *°: perciò la virtus confusiva del modo ne è la causa formale; e poiché la confusio è opera dell’intelletto (« est de operatis ab intellectu »), senso composto e senso diviso sono legati all’apprebensio, della capacità di un termine di ‘confondere’ un dictumz, da parte dell’in- telletto *4, il quale così ne è causa efficiente. Di qui seguono due affermazioni di notevole importanza: innanzi tutto, senso com- posto e senso diviso non hanno luogo senza la confusio del termine; inoltre, non hanno luogo senza il riferimento all’intelletto (sine intellectu)**. Come si può notare, la seconda affermazione ripren- de il vecchio tema del rinvio all’intelletto, del resto già presente in Heytesbury, per il quale senso composto e senso diviso sono molto simili quanto alla struttura linguistica (vox) ma omzzino impertinentes quanto all’intelletto, in ordine alla verità e alla falsità e « quoad formam arguendi » #7, Ma sulla prima affermazione si fonda tutta la struttura del trattato di Vettori. Egli si chiede infatti, subito dopo, se si possa 36 Ivi, lect. I, 2, supponitur primo, e prima conclusio. 361 Ivi, supponitur secundo. 362 Ivi, supponitur tertio. 363 Ivi, secunda conclusio. 364 Ivi, supponitur quarto. 365 Ivi, tertia conclusio. 366 Ivi. 357 HeyTEsBuRY, De sensu composito et diviso, cit., f. 2ra. 592 Alfonso Maierà dare un’unica definizione di senso composto e senso diviso. Ricordata l'opinione che abbiamo visto essere propria di Battista da Fabriano, Sermoneta e Landucci, egli la rigetta come « falsa imaginatio »*8; egli afferma che, non essendo il concetto di senso composto e senso diviso « mere aequivocus », esso può fungere da concetto comune e indifferenziato (indifferens) rispetto ai con- cetti propri causati dai vari modi 9, Ora, la ratio communis pro- pria di questo concetto è quella che si è detto: non c’è senso composto e senso diviso « sine virtute confusiva » + Da questa affermazione seguirebbe che la proposizione « pos- sibile est Socratem esse istum hominem » non è in senso com- posto perché nessuna parte del dicturz ha confusio, € che la pro- posizione « possibile est Socratem esse hominem » è in senso diviso giacché solo una parte del dictum ha confusio: entrambe, invece, secondo la dottrina tradizionale, dovrebbero essere in senso composto perché il modo precede totaliter il dictum; se- guirebbe inoltre che la congiunzione e?, la disgiunzione vel e il relativo implicativo, non avendo capacità di confondere, non farebbero senso composto e senso diviso, e quindi i modi tre, cin- que e sei non sarebbero tali”. Per rispondere a ciò, Vettori afferma ancora una volta che un termine fa senso composto quando ‘confonde’ o tutte le parti del dictum o almeno la principale, cioè il soggetto, e fa senso diviso quando confonde la parte più remota, cioè il predicato; perciò, continua Vettori, alcuni termini che non hanno tale capacità, non possono fare senso composto 0 senso diviso, ma possono causare corzpositio e divisio (giacché altro è compositio, altro senso composto, e così via); tali sono tutti termini elencati da Heytesbury ad eccezione di quelli del primo e dell’ottavo modo, VETTORI (si veda), dubitatur primo. 39 Ivi. ; . ; 370 Ivi (in particolare il secondo corollario al primo dubbio). 371 Ivi, dubitatur secundo. Terminologia logica della tarda scolastica 593 dei quali si parla communiter quando si tratta di senso composto e di senso diviso *; perciò non « ex diversa applicatione modi ad dictum » nascono le diversità tra i due sensi, ma dalla diversa confusio *: ci sono proposizioni, il cui modo (in forma nominale) precede il dictum, che non sono officiandae perché il soggetto di esse non è confuso (es. in « possibile est Socratem currere » solo il predicato è ‘confuso’), e perciò sono in senso diviso (come « Socratem possibile est currere » e « Socratem currere est possi- bile »; ma, mentre quella è explicanda, queste sono resolubiles); proposizioni come « possibile est hominem esse Socratem » sono invece in senso composto perché il soggetto è confuso e quindi sono da probare officiabiliter o exponibiliter. Ora: se non c'è confusio e il modus precede tutto il dictum, si avranno propo- sizioni compositae, non in senso composto, e se il modus sta tra le parti del dicturz, si avranno proposizioni divisae, non in senso diviso; le compositae « possunt probari vel explicative, ut in sensu diviso, vel officiabiliter aut expositive ut in sensu com- posito » 3, Ciò premesso, egli accetta le osservazioni relative alle propo- sizioni « possibile est Socratem esse istum hominem » e « possibile est Socratem esse hominem »; ritiene inoltre che ez, vel e qui facciano compositio e divisio, ma non senso composto e senso 372 Ivi, supponitur primo; in part: «Quia autem stat aliquos esse terminos non habentes vim assignatam, ideo ab actione sensus compositi vel divisi auferuntur, licet ex eisdem causetur compositio vel divisio in propositione: hi igitur erunt qui assignantur a Tisbero in littera, praeter hos de primo et octavo, quibus communiter utimur in locutione sensus compositi vel divisi [...]». È evidente qui il riferimento alla tradizione, per la quale modali e verbi designanti atti di volontà (1° e 8° modo) fanno senso composto e senso diviso essendo officiabili; l’autore non accenna, infatti, al secondo modo, che per Heytesbury è appunto «cum terminis confundentibus ». 373 Ivi, supponitur  secundo. 374 Ivi, supponitur tertio. 38 Alfonso Maierù 594 diviso. Egli è cosciente che quest’affermazione nega la dottrina di Heytesbury e degli altri logici e perciò la dà come sua IDE personale ?. Egli continuerà così a parlare di “senso composto’ e di ‘senso diviso” secondo la terminologia tradizionale, anche in quei casi in cui avrebbe dovuto semplicemente parlare di Lp e divisio, e continuerà a descrivere i modi nella maniera tradi- zionale. N Tralasciando i modi terzo, quarto, quinto e sesto, cl soffet- miamo brevemente sui quattro rimanenti, limitandoci ad esami- nare la caratterizzazione fornita da Vettori. a Primo modo. Ha luogo quando i termini ampliativi o, bageg si operano su di un dictum verbale o un suo «prec Ss a senso composto quando il modo precede ° segue i ic n mentre quando sta tra le parti del dictum si ha ce De È, il termine modale, sia quando è officiabile che quando cp ; nibile, è sempre in primo modo 8; i verbi potest e contingi 375 Ivi, in fine: «Et sic his habitis facilis est responsio ad gup dum corollarium, concedendo id » Laren gra soir pa er) pro aliis autem tribus negatur notam cor n be hdi i implicativim non facere compositionem vel divistonem, quan ipa e nullum illorum facere sensum compositum La cap cum nullum horum habeat vim confusivam, ut pro egg ir 3 Gu hoc arguatur fere omnia in tertio articulo esse contra core Lodi logicos, concedatur. Ideo volui haec dixisse Reni prop: hear noster habeat quod obicere, et hoc de tertio articulo et per q hodierna Pad; A her 376 Ivi t. rimo. . . 377 da n è ia la tesi di Strode e di -_ ko; Lei magna), relativa alla distinzione da fare quando il modo s gr ps 318 Ivi, fertio, fra cui: «Ex quo sequitur è pen lic nomen sensus compositi in propositionibus modalibus ut = uerunt q cai SI cfr. ad es. il Landucci, per il quale in questo caso si e unta modo; cfr. anche il testo del VETTORI, 0p. cit. lect. III, i ‘ubi sl fis ; prima conclusio, dove si ripropone il problema per g men pira si risponde: « Termini modales adverbialite= sumpti componuni Terminologia logica della tarda scolastica 595 assunti impertsonalmente fanno senso composto; personalmente, senso diviso; il dictum vero segue alla proposizione vera: « deum esse » è dictum di « deus est »; quindi, vera questa, segue che è vero quello e non viceversa; triplice è la differenza tra i due sensi: a) il senso composto ha verificazione istantanea, sia perché tutta la compositio è determinata dal modo, come vuole Heytesbury, sia perché tutte le parti della comzpositio sono ‘con- fuse’ dal modo, come si è detto, mentre il senso diviso richiede, a sua volta, una successione temporale, sia perché il modo determina una parte del dicture, sia perché è confuso solo il pre- dicato; b) il senso composto è officiabile o esponibile, mentre il senso diviso « probatur ratione termini mediati »; c) la terza dif- ferenza proviene « ex parte illativae positionis »; cioè la proposi- zione in senso composto implica una proposizione nella quale il modo sia affermato della proposizione de inesse corrispondente al dictum (es. « necesse est hominem esse animal, ergo haec est necessaria ‘homo est animal’ ») e ciò non è possibile per il senso diviso (non vale l’inferenza: « homo contingenter est animal, ergo haec est contingens ‘homo est animal’ ») 1, Secondo modo. Si ha con un termine che ha « vis confundendi » (confuse tantum, mobiliter o immobiliter) nei riguardi di un proprie et per se in primo modo », e ciò contro Heytesbury, che « ratione suae confusionis vel immobilitationis » li tratta nel secondo modo. 379 Ivi, lect. II, 1, quarto. 380 Ivi, quinto; continua: «Ex quo patet error nostri aemuli conce- dentis esse id ad quod esse verum sequitur suam propositionem esse veram. Jam enim scripsimus circa notitiam insolubilem aliquam propositionem esse falsam, cuius dictum adaequate est verum, ut haec ‘Socrates dicit falsum’, posito quod nihil aliud dicat, et tunc ipsa est falsa, et Socratem dicere falsum est verum ut sequens, ergo etc. Et hoc idem militat contra ponentes obiectum scientiae-vel dubitationis esse significabile complexe et non ipsa conclusio [...] »; quest’ultima è la posizione di Gregorio da Rimini (ma cfr. cap. I, appendice 1). 381 Ivi, sexto. dictum © d'un suo equivalente *: termini aventi la capacità di “confondere” sono di tre specie: alcuni esercitano mediate tale capacità (così omnis nella proposizione universale affermativa, e non causa « compositio »), altri la esercitano immediate (come le « dictiones exclusivae », e non causano « compositio »); altri infine la esercitano sia immediate che mediate, purché non siano im- pediti da altro sincategorema: di essi, alcuni « confundendo immo- bilitant », altri no; fra i primi, sono incipit, desinit, promitto, debeo, obligor, necesse, necessario € impossibiliter; fra i secondi, scio, credo, volo, cupio, immediate **; si ha senso composto quando sono ‘confusi’ quei termini che possono esserlo: se si ha confusio mobilis, la verità o falsità della proposizione è mostrata dalla dalla verità o falsità del descersus a una proposizione « de di- siuncto exttemo »; se si ha confusio immobilis, la verità o falsità sarà provata mediante descensus alla equivalente proposizione in senso diviso; si ha senso diviso quando un termine comune della proposizione non è confuso perché antecede il termine confundens: la verità o falsità di essa sarà provata con descensus dal termine comune non confusus, descensus che non è possibile col senso com- posto **. Di qui deriva l’analisi dei rapporti tra primo e secondo 382 Ivi, lect. III, 1, conclusio. 383 Ivi, supponitur primo: cfr. LANDUCCI, OP. cit., f. 7vb. 34 VerTORI, op. cit., lect. III, 1, supponitur tertio, e cfr. supponitur quarto: « Et ex hoc supponitur quarto quid nominis sensus compositi et divisi in secundo modo. Sensus enim compositus tunc est, cum vis terminorum confundentium confusiva et per consequens vel illius immobilitativa est in terminum communem, ratione cuius veritas vel falsitas datae compositionis, si ex confusione et mobilitatione est, habetur verificata vel falsificata proposi- tione de disiuncto extremo compositioni correspondente ut descensus; et si compositio fuerit ex immobilitatione consequente aliqualem confusionem termini, erit verificata vel falsificata propositione exprimente descensum illius termini communis in divisa propositione compositae correspondente, ad mo- dum quo ea(n)dem declarat compositionem ex vi immobilitationis termini factam. Et sic sensus divisus erit, cum vis illorum terminorum confundentium modo: il secondo modo è superior al primo, che è inferior a quello (« Le. ] differentiam secundi modi compositionis a primo esse sicut superioris a suo inferiori ») #9; ciò è contro l’opinione di Landucci (« Senensis quidam » scrive Vettori), ma alla obiezione di Lan- ducci, che non si capisce perché, se così fosse, Heytesbury avrebbe cominciato il suo trattato dal primo modo anziché dal secondo Vettori risponde che questo si deve al fatto che comunemente si parla di senso composto e senso diviso a proposito dei termini che denotano la possibilità, inclusi perciò nel primo modo *%, Accostiamo subito a questi due l’ottavo modo. I verbi desi- gnanti atti della mente sono di due specie: alcuni designano un atto interiore (intelligere, scire, velle), altri designano un atto este- non transcendit in terminum communem per praecedentiam illius ad ipsos ratione cuius veritas vel falsitas datae propositionis divisae habetur ES descensu illius termini communis repugnante eidem in sensu composito.» L'esempio addotto per il secondo caso del senso composto è « niecessatio: omnis homo est animal »: l’autore non illustra come va operato il descensus in questo caso; si limita a ribadire che «[...] datae propositionis veritas habetur verificato vel falsificato descensu attributo illi termino i S diviso extraneo eidem in sensu composito ». sana sa Ivi, supponitur septimo; continua così il testo: «Quilibet enim terminus qui ratione sui significare posse esse vel non posse esse facit sensum compositum in primo modo cum quilibet talis habeat vim confun- dendi tantum ratione suae confusionis, faciet sensum compositum vel divisum in secundo modo et non e contra; patet enim aliquem esse terminum com- ponentem vel dividentem in secundo qui nullatenus significat posse esse vel non posse esse et sic a ratione compositionis primi modi secluditur ». Tuttavia vii [..] supponitur sexto, quod licet quilibet terminus ‘cdimponena vel dividens in primo modo possit ratione suae confusionis componere vel divi cà in secundo modo, aliqua tamen est propositio in sensu composito vel ; iviso in primo quae nec est composita vel divisa in secundo modo, ut hi ‘necesse est Socratem esse istum hominem’ et ‘Socratem necesse est fees istum hominem?. Et hoc patet per quid nominis sensus compositi o divisi in secundo modo » (cfr. n. 384) sith 386 Ivi, sotto supponitur septimo. 598 Alfonso Maierà riore (video, tango, audio)". Solo i primi fanno senso composto e senso diviso in questo modo **. Tali verbi possono cadere su di un termine incomplexus, o su di un dictum complexum (di qui la distinzione tra probatio descriptibilis e officialis); se cadono su di un complexum, o dictum categoricum, perdono ogni «vis appellationis formae », giacché « appellare formam est restringere terminum ad sui definitionem, sed dictum categoticum nullam habet definitionem, igitur non appellabitur appellatione formae » 39; del resto, solo con un complexum si ha senso com- posto e senso diviso ?, e precisamente si ha senso composto quando il verbo precede o segue il dictuz, mentre se sta tra le parti del dictum si ha senso diviso 32. il primo ha probatio offi- cialis, il secondo va provato secondo il termine mediato precedente, se è presente nella proposizione ®”. Per concludere, esaminiamo l'impostazione che Vettori dà del settimo modo, che ha luogo — egli dice — con le determi nazioni ita est, ita fuit, ita erit. Egli così procede: dei termini am- pliativi, alcuni significano la possibilità (« consignificant posse esse vel non posse esse ») e appartengono al primo modo; altri invece consignificano il tempo, sia se sono considerati in sé (al tempo passato o futuro), sia se considerati nella forma di participio 387 Ivi, lect. VIII, 1, supponitur primo. 388 Ivi, supponitur secundo. 389 Ivi, supponitur tertio. :, 39 Ivi, supponitur quarto; continua: «Hoc idem patet quia sequitur tamquam ab eodem idem: ‘tu intelligis hominem esse animal, ergo hominem esse animal intelligis’, quod non contingeret si dictum illud formaliter appellaretur, sicut hic non sequitur: ‘tu (ergo textus) hominem intelligis, ergo intelligis hominem’, ut patet intuenti ». 391 Ivi, supponitur quinto. 392 Ivi, supponitur sexto. . 33 Ivi, supponitur septimo, e conclude: «Et scias istam differentiam non causare omnimodam impertinentiam inter hos sensus, quia aliquibus conditionibus observatis sensus illi erunt pertinentes [...] ». i — Adam est praeteritus, antichristus est futurus: il participio è detto distractivus; considerando che ampliatio est dilatatio verbi, vel ratione sui, vel ratione participii distractivi ultra propriam sui consignificationem ad plures scilicet temporis differentias », può accadere che unì verbo ampliato possa essere restrictus di fatto « ad unam temporis differentiam  tra quelle richieste dall’amzpliatio; così avviene nel nostro caso, giacché ita, (e solo per accidens l’espressione « aliquando fuit ita ») limita a un istante del tempo connotato la verità della proposizione #9, e quindi l'aggiunta di if4 a un dictum è causa formale del senso composto in questo settimo modo ?, Di qui deriva che il senso composto si ha con l’aggiunta di ifa che restringe l’arzpliatio del tempo del verbo nella proposizione a un istante del tempo con- notato dal verbo che fa parte della deterzzinatio, e che è il passato o il futuro; il senso diviso è dato dalla proposizione senza deter- minazione e col verbo ampliato -- es. senso composto: aliquando fuit ita quod Socrates EST albus, senso diviso: Socrates FUIT albus. Di qui ancora risulta che il senso diviso sta al senso composto come il più ampio al meno ampio. Nel primo caso quella compositio che è il senso diviso ha verità verificabile nel tempo 3% Ivi, lect. VII, 1, conclusio, e praemittitur primo. praemittitur secundo; cfr. anche: Quantum ad primum prae- supponitur primo quid nominis restrictionis. Unde restrictio est acceptio termini in propositione pro paucioribus quam in propositione ampliata. Dico ‘acceptio termini in propositione’, ut denotetur restrictionem non fieri extra propositionem: est enim species suppositionis, quae est proprietas termini proportionaliter capti. Dico ‘pro paucioribus quam’ etc., ut deno- tetur terminum discretum non posse restringi [...]. Supponitur  secundo quod terminum restringi ad pauciora in propositione potest dupliciter intel- ligi: vel ad pauciora scilicet supposita personaliter termino attributa, vel ad pauciora, id est, ad pauciores temporis differentias connotatas per verbum cui accidit ampliatio vel ratione sui vel ratione participii ampliativi, et haec erit restrictio ampliationis cui committatur compositio septimi modi ». 39 Ivi, 1, praemittitur tertio. 397 Ivi, praemittitur quarto.  (« Veritas [...] compositionis divisae proportionatae illi de sensu composito est temporalis et non istantanea [...] »), nel secondo invece è istantanea (« [...] veritas limitatur ad certum instans proportionatum propriae connotationis verbi restricti »: propor- zionato, cioè, al passato o futuro, secondo i casi) **. 398 Ivi, supponitur septimo. Il testo del trattato “Termini qui faciunt” si trova in due manoscritti: PADOVA, Biblioteca Universitaria 1123, ff. 10va-11vb, e Worcester, Cathedral Library, F. 118, f. 30v sgg. Ho esaminato il ms. Padovano. Il testo, ANONIMO, ha, al f. 10va, Incipit :termini qui faciunt” e, al f. 11vb, Expliciunt termini qui faciunt. Il trattato quindi trae il suo titolo dall’incipit. Anche a una prima lettura si può rilevare che ci si trova di fronte non a un’opera originale, ma ad un adattamento di un capitolo delle Regulae solvendi sophismata di Heytesbury, intitolato “De scire et dubitare”. Il materiale del capitolo di Heytesbury è qui organizzato in modo da offrire in primo piano la descrizione del senso composto e del senso diviso, alla quale seguono VI casus con le relative risposte. Nel suo testo, invece, Heytesbury vuole chiarire le difficoltà relative all’uso di scire, dubitare, ecc.; per far ciò, egli formula gli stessi VI casi; passa quindi a descrivere senso composto e senso diviso. Infine risolve i casus. Heytesbury e il suo anonimo manipolatore si propongono fini diversi. A conferma della dipendenza del trattato “Termini qui faciunt” dal testo di Heytesbury diamo di seguito in sinossi i passi più importanti dell’uno e dell’altro (si noti la successione dei fogli dei passi riportati: si constaterà quanto diversa sia la collocazione dei brani paralleli nel testo di Heytesbury e nel nostro trattato. Ms. Padova, Bibl. Un. 1123 (f. 10va) Termini qui faciunt propositiones aliquando sumi in sensu composito et aliquando in sensu diviso et sunt isti et consimiles: scie, dubitare, imaginari, nolle, velle, ‘perci- pere’, CREDERE, ‘intelligere’, POSSIBILE, impossibile, ‘contingens’, NECESSARIUM, et alii consimiles. Unde notandum est quod quando aliquis praedictorum terminorum vel consimilium praecedat totaliter DICTUM PROPOSITIONIS vel finaliter subsequitur, tunc sumitur illa propositio in sensu composito, ut illa ‘Scio deum esse’, ‘Dubito Socratem currere’, ‘Possibile est album esse nigrum’, ‘Hominem esse album est impossibile’. Et significant tales propositiones sic: Scio deum esse, id est scio QVOD deus est. Credo Socratem cutrere, id est: credo QVOD Socrates currit; ‘possibile est album esse nigrum’, id est: “Hoc est possibile: quod album est nigrum, et sic de aliis. Sed quando aliquis dictorum terminorum mediat dictum propositionis, id est ponitur in medio inter ACCUSATIVVM CASUM et, modum infinitum, tunc illa propositio est totaliter accepta in sensu diviso. Et tales sunt istae: ‘4 scio esse verum’, ‘SOCRATEM percipio currere’, ‘album possibile est esse nigrum’ etc. Et istae significant sic: ‘4 scio esse verum’, id est illud quod est 4 scio esse verum; ‘Socratem percipio currere’, id est: illud quod est Socrates percipio [De scire et dubitare. Ad cuius evidentiam est notandum quod aliquando accipiuntur propositiones quaedam in sensu composito quibus consimiles sumuntur in sensu diviso quae non convertuntur cum illis acceptis in sensu composito. Item sciendum quod huiusmodi propositiones maxime fiunt per terminos actum vel habitum animae importantes, aut posse esse vel non posse esse, seu esse necessario vel non esse, vel impossibile esse vel non esse. Eiusmodi sunt isti termini: scire, dubitare, intelligere, imaginari, percipere, velle, nolle, possibile’, ‘impossibi- le’, necesse et sic de aliis multis. Quod autem cum his terminis fiant tales propositiones satis apparet iuxta communem modum loquendi [H. P. GRICE, “ORDINARY LANGUAGE”], ut cum dicitur: ‘scio 4 esse verum’ et ‘4 scio esse verum’. Propositiones istae multum sunt similes, sed non convertuntur. Una enim accipitur in sensu diviso et alia in sensu composito sicut et hic. Aliquam propositionem dubito esse veram’ et ‘dubito aliquam propositionem esse veram, intelligo vel imaginor aliquem punctum esse medium huius corporis’ et ‘aliquem punctum intelligo vel imaginor esse medium huius corporis. Et ita apparet quod multae sunt propositiones similes sicut istae iam praemissae et  aliae huiusmodi quae non convertuntur, cum una accipiatur in sensu currere; ‘album possibile est esse nigrum’, id est illud quod est album possibile est esse nigrum postea, vel sic: de re quae est alba potest fieri res nigra, et sic est de aliis. Ad istam conclusio- composito et alia in sensu diviso, quia sensus compositus rato vel numquam convertitur cum sensu diviso, sed in maiori parte quantumcumque sint similes sunt tamen sibi invicem impertinentes sicut inferius patebit. Item tamquam pro regula est observandum quod cum aliquis istorum terminorum vel similium praecedit totaliter dictum alicuius propositionis seu sequitur finaliter, tunc talis propositio accipienda est in sensu composito, sicut sic dicendo: ‘scio 4 esse verum’; tota illa propositio accipitur in sensu composito, et tunc convertitur cum hac propositione ‘scio quod 4 est verum’, et ex hoc sequitur quod talis propositio ‘a est verum’ vel aliqua propositio significans quod a est verum est scita a me. Multi tamen sunt termini prius accepti qui non multum competenter sequuntut finaliter huiusmodi dictum propositionis, quia improprie diceretur: ‘4 esse verum scio”, ‘aliquam propositionem esse veram scio’. Aliqui tamen istorum competenter possunt sequi huiusmodi dictum finaliter. Convenienter nam dicitur: ‘4 esse verum est possibile’, ‘hominem currere est possibile', ‘hominem esse asinum est impossibile’: sive igitur totaliter praecedit talis terminus dictum huiusmodi sive sequatur finaliter, erit totalis propositio dicta accepta in sensu composito. Prima supponatur  nem probandam arguitur sic, et primo supponitur ista propositio: suppono quod omnis propositio, de qua consideras quam non scis esse veram nec scis esse falsam, sit tibi dubia. Deinde ponitur iste casus, quod tu scias quod 4 sit altera istarum duarum propositionum ‘deus est vel ‘homo est asinus’ et lateat te quae istarum s[clit 4... (f. 11ra) Ad eandem conclusionem probandam arguitur sic, et ponitur iste casus, quod tu scias quod a s[cJit unum istorum contradictoriorum: ‘rex sedet’ et ‘nullus rex sedet’, ita quod tu scias quod quodcumque istorum sit verum quod illud sit 4 et e contra, nescias tu tamen quae istarum sit 4, sicut nec scias quae ista- rum scit vera; isto casu posito, facio tibi istam consequentiam. Tertio ad eandem conclusionem arguitur sic, et ponitur quod Socrates sit coram te et scias tu bene quod ‘hoc est hoc demonstrando Socrate et nescias tu quod hoc est Socrates, scias tamen bene quod ista propositio ‘hoc est Socrates’ significat praecise quod hoc est Socrates, tunc isto posito sequitur quod ista propositio ‘hoc est Socrates’ est tibi dubium quod quaelibet propositio de qua considerat aliquis quam ille nescit esse veram nec scit esse falsam sit dubia eidem. Deinde ponatur quod tu scias quod 4 sit altera illarum: ‘deus est’, ‘homo est asi- nus’, quarum unam scias esse ve- ram et necessariam, scilicet istam ‘Deus est’, et aliam scias esse falsam et impossibilem, scilicet istam ‘homo est asinus’, et te lateat quae illarum sit 4. Item arguitut ad idem sic. Ponatur quod tu scias quid sit ve- rum istorum, demonstratis istis contradictoriis tibi dubiis: ‘rex se- det’, ‘nullus rex sedet’, sic quod scias quod, quodcumque istorum sit 4, quod ipsum sît verum, et quod solum ipsum sit 4 et e con- tra, et cum hoc scias quod 4 est verum istorum, nescias tamen quid istorum sit 4 sicut nescis quid istorum sit verum. Istis po- sitis, fiat haec consequentia... Item ad idem arguitur sic. Po- natur quod tu scias quod hoc sit hoc, demonstrato Socrate, et ne- scias tu quod hoc sit Socrates, scias tamen quod haec propositio ‘hoc est hoc’ significat  praecise quod hoc est hoc, et etiam quod ista propositio: ‘hoc est Socrates” significat prae(f. 12vb)-cise quod hoc est Socrates. Sit enim Socrates coram te quem scias esse homi- nem et nescias ipsum esse Socra- tem, quc posito cequitur quod Terminologia logica della tarda scolastica 605 Quarto arguitur [sic] ad ean- dem conclusionem sic, et ponatur quod Socrates sit coram te, scias tu bene quod ipse est Socrates vel Plato, nescias tamen quis istorum ipse sit, scias tu bene quod ista propositio ‘hoc est Socrates” signi- ficat praecise quod hoc est Socra- tes, tunc ista propositio ‘hoc est Socrates’ est tibi dubia... Quinto arguitur ad eandem conclusionem probandam sic, et ponitur quod tu scias quid demon- sttetur per subiectum huius pro- positionis: ‘hoc est homo” et quod aliquid scias esse hominem et nihil dubitas esse hominem et quod tu scias istam propositionem ‘hoc est homo’ sic significantem praecise quod hoc est homo, tunc ista propositio ‘hoc est homo” est scita a te esse vera vel scita a te esse falsa... (f. 1lva) Sexto arguitur ad pro- bandum (!) conclusionem sic: po- natur quod 4, è, c sint tres propo- sitiones quarum duae primae, sci- licet 4, d sint scitae a te, tertia sit c dubia; et dubitantur sic istae propositiones vel removean- tur a te, ita quod nescias quae istarum s[clit 4 nec quae d nec quae c nec quae sit tibi dubia. Isto posito, arguo sic: aliqua ista- rum est scita a te et quaclihet haec propositio ‘hoc est Socrates” est tibi dubia... Item posito quod scias quod hoc sit Socrates vel Plato, nescias tu tamen an hoc sit Socrates nec scias an hoc sit Plato, et tunc erit ista propositio tibi dubia: ‘hoc est Socrates’... Item suppono quod tu scias quid demonstretur per subiectum huius propositionis: ‘hoc est homo” et scias quod illa propositio signi- ficat praecise sicut termini illius preetendunt, et quod scias aliquid esse hominem et nihil dubites esse hominem; quo posito, sequitur quod ista propositio: ‘hoc est homo’, sit scita a te esse vera vel quod illa sciatur a te esse falsa... Item sint 4, d, c tres proposi. tiones, quarum duae sint scitae a te, scilicet 4 et 2, et tertia, scili- cet c, sit tibi dubia, et nescias quae illarum sit 4 vel b, et simi- licter lateat te (f. 13ra) quae illa rum sit tibi dubia. Istis positis, sequitur quod aliqua illarum pro- positionum sit scita a te, quia tam a quam È sciuntur a te per casum, et sequitur etiam quod quaelibet illarum sit tibi dubia... 606 istarum est dubia, ergo conclusio... Septimo arguitur ad eandem conclusionem sic: tu scis quod hoc est Socrates et dubitas an hoc sit Socrates eodem demonstrato, ergo illud est scitum a te et tibi dubium; et antecedens arguitur sic, et ponatur quod heri vidisti Socratem et neminem alium, et scias tamen bene quod adhuc ille homo quem heri vidisti est So- crates, et sit Socrates hodie coram te et lateat te quod iste est So- crates, tunc sic: tu scis quod iste homo est Socrates; hoc arguitur sic, quia demonstrato isto homine quem heri vidisti, scis bene quod iste est Socrates, sed neminem heri vidisti nisi istum hominem, ergo demonstrato isto scis bene quod iste est Socrates et dubitas an iste idem sit Socrates per ca- sum, igitur sequitur conclusio. Alfonso Maierù Item tu scis quod hoc est So- crates et dubitas an hoc sit Socra- tes, eodem demonstrato; propter quod ponatur quod heri videris Socratem et scias adhuc quod ille homo quem heri vidisti est So- crates, et videas Socratem modo, et lateat te an sit Socrates, sed credas quod ille homo quem nunc vides sit Plato, et non videas ali- quem nisi Socratem; istis positi scis quod hoc est Socrates d monstrato illo quem heri vidisti, quia absque haesitatione conce- deres quod hoc est Socrates, de- monstrato illo quem heri vidisti, quia scis bene quod ille quem heri vidisti est Socrates demon- strato illo quem heri vidisti. Scias nam gratia exempli quod neminem vidisti heri nisi illum qui est So- crates, et tunc sequitur quod tu scis quod hoc est Socrates, de- monstrato illo quem heri vidisti, et eodem demonstrato dubitas an hoc sit Socrates, quia, demonstrato illo quem iam vides, dubitas an hoc sit Socrates, et idem est quem iam vides et heri vidisti, igitur eodem demonstrato scis quod hoc est Socrates et dubitas an hoc sit Socrates. Appendice 2 IL TRATTATO TERMINI CUM QUIBUS E PAOLO DA PERGOLA. Kristeller in “ITER ITALICVM” dà notizia di due trattati de sensu composito et diviso di Paolo da PERGOLA (si veda), nessuno dei quali corrisponde a quello che abbiamo utilizzato nella esposizione precedente e che ha l’incipit: “Cum saepe numero cogitarem.” Del primo di essi, contenuto nel ms. Sessoriano 301 della Biblioteca Nazionale di ROMA, KRISTELLER (si veda) dà questo incipit: “Quoriam ignoratis.” Il secondo, invece, si troverebbe nel ms. Casanatense 85; l'incipit è: “Termini cum quibus.” Il ms. Sessoriano contiene in realtà il trattato a noi noto, ma esso non è segnalato da Kristeller. L’incipit fornito dallo studioso è quello di un altro trattato che nel codice precede il nostro testo. Ecco l’indice del ms. Sessoriano: 1) ff. 1ra-54vb: (Pauli Veneti Logica parva) (manca il primo trattato e metà del secondo): inc.: ef ita non immobilitant. Ideo bene sequitur: scio omnem propositionem, et iste sunt omnes propositiones, ergo scio istam et istam et sic de singulis (cfr. l’ed. veneziana del 1567 « apud Hieronymum Scotum », tr. II De suppositionibus, cap. V, p. 22, 30); expl.: secundum quod mei in exordio primitus asserendo promisi (nell’ed. cit. manca l’ultimo paragrafo: merito-promisi; nel ms. segue, di mano posteriore) E7 sic est finis. FINIS. 1 Cfr. Iter Italicum, II, London-Leiden 1967, p. 122. 2 Ivi, p. 97. 608 Alfonso Maierù 2) ff. S4vb-SSvb: Incipit tractatus brevis magistri Pauli Pergulensis de sensu composito et diviso ad medium inveniendum in silogismo (ma cfr. Codices vaticani latini, II, 679-1134, rec. Pelzer, Romae, Vat. lat. 1109, ff. 144v-145r, dove il testo è attribuito a Marinus de CASTIGNANO (si veda) sotto il titolo Tractatus de inventione medii. Pelzer per lo stesso testo rinvia al Vat. lat. 3037, ff. 151r-154r); inc.: Quoniam ignoratis principiis et ea que sequuntur ignorari habent ab his qui perfecte scire cupiunt; expl: Et sic sepe hec legendo multa alia exempla per temetipsum per regulas ante positas inveniri poteris. Finis. Explicit utilis tractatus ad medium in silogismo inveniendum; 3) ff. 55vb-58vb: (Pauli Pergulensis De sensu composito et diviso: ) Item de sensu diviso et composito tractatus eiusdem. Inc.: Cum sepe numero cogitarem; expl.: que hic scripsi plurima ex te repperies (cfr. l’ed. M. A. Brown cit., pp. 149-158; l’explicit ha riscontro nell’ap- parato); 4) £.59r: versus memoriales. Il manoscritto, del sec. XV, cartaceo, di ff. 59, a due colonne, è dovuto a due mani diverse: la prima, fino al f. 54vb, al punto indicato; la seconda, dal f. 54vb alla fine. Il secondo testo segnalato dal Kristeller occupa i ff. 55va-58rb del ms. Casanatense 3, ed è anonimo. L'attribuzione di esso a Paolo da Pergola è stata forse ricavata dal ms. Marciano, lat. VI, 248 (= 2878); questo codice infatti ha, ai ff. 92va-93vb, un trattato de sensu composito et diviso, incipit: Termini cum quibus, attri- buito al Pergolese (ma ai ff. 89ra-92rb ha il De sensu composito et diviso, incipit: Cum saepe numero cogitarem, che una mano poste- riore a quella che ha copiato il testo ha espressamente attribuito al Pergolese: si veda il margine superiore del f. 89r). In realtà il testo 3 Per la descrizione del codice, cfr. Catalogo dei manoscritti della Biblio- teca Casanatense, I, compilato da Moneti, Muzzioli, Rossi, e Zamboni, Roma. 4 Cfr. J. VALENTINELLI, Bibliotheca manuscripta ad S. Marci Venetiarum, IV, Venetiis 1971, p. 160; il ms. è segnalato dal KRISTELLER, 0p. cit., Tk p. 226 del ms. Casanatense e quello del ms. Marciano differiscono, nono- stante abbiano lo stesso incipit, giacché il primo è notevolmente più lungo del secondo. Diamo di seguito i due testi, segnalando in nota, del più breve, i punti di raccordo con l’altro; si vedrà che esso è derivato da quello maggiore e, così come ci è pervenuto, sembra un riassunto frettoloso del primo. Per stabilire il testo più lungo ci siamo serviti del ms. Casana- tense e del ms. 1123 della Biblioteca Universitaria di Padova, che lo contiene ai ff. 9va-10va 5: anche in questo caso esso è anonimo. Il ms. Padovano è più antico e perciò è stato preso a testo base di questa edizione. Ma Brown ricorda sotto lo stesso incipit anche i testi anonimi contenuti nei mss. Oxford, New College 289, f. 36r sgg. e Worcester, Cathedral F. 118, f. 55b sgg., che non abbiamo preso in esame. I* Termini cum quibus sumuntur propositiones aliquando in sensu composito, aliquando in sensu diviso, sunt isti: scire, dubitare, ima- 5 Una prima analisi del contenuto del ms. è nel mio Lo « Speculum »..., cit., pp. 308-309. 6 Cfr. Introduction a PAuL or PeRGULA, Logica..., cit., p. XI. * P = Padova. Biblioteca Universitaria, ms. 1123, ff. 9ba-10va; C = Roma, Biblioteca Casanatense, ms. 85, ff. 55va-58ra. In questo apparato non sono segnalate le trasposizioni e le varianti come ergo | igitur, iste / ille. Ho letto P in microfilm negativo; si rilevano inter- venti in inchiostro più intenso sul testo, non so se dovuti alla stessa mano dello scriba, o a mano differente; essi non saranno tutti segnalati: noteremo eo) le cancellature, e le aggiunte in margine o in interlinea (indicate con Pe). 1 termini] Incipiunt termini qui cum quibus Termini P_2 composito +et C 39] -ginari’, ‘percipere’, ‘nolle’, ‘velle’, ‘possibile’, ‘impossibile’, ‘necessarium’ et ‘contingens’. Et sumuntur propositiones in sensu composito quando aliquis praedictorum terminorum praecedit totaliter DICTVM PROPOSITIONIS, ut ‘scio 4 esse verum’, vel finaliter subsequitur, ut ‘album esse nigrum est impossibile’. Et ista propositio ‘scio 4 esse verum’, et aliae consimiles quae sumuntur in sensu composito, sic significat: Scio quod 4 est verum. Et ista propositio ‘impossibile est album esse nigrum’ et sic singulis. Sed sumuntur propositiones in sensu diviso quando aliquis istorum terminorum mediat dictum propositionis, id est ponitur inter accusativum casum et infinitum modum, verbi gratia ‘4 scio esse verum’, ‘album possibile est esse nigrum’, ‘aliquam propositionem du- bito esse veram’. Et tales propositiones quae sumuntur in sensu diviso sic significant: ‘a scio esse verum’ sic significat: illud quod est 4 scio esse verum; ‘album possibile est esse nigrum’ sic significat: illud quod est album possibile est esse nigrum. Et ideo tales propositiones sumptae in sensu diviso et in sensu composito sunt quasi sibi invicem impertinentes, et in sensu diviso valet talis consequentia: ‘illud quod est 4 scio esse verum, ergo 4 scio esse verum’; et ista consequentia simpliciter est bona: ‘hoc scis esse verum et hoc est 4, ergo 4 scis esse verum’. Sed arguendo in sensu composito non valet consequentia, ut hic: ‘tu scis hoc esse verum et hoc est 4, ergo tu scis 4 esse verum’, quia antecedens est verum et conse- quens falsum posito casu possibili: posito quod 4 convertatur cum ista ptopositione ‘homo currit’ et posito quod tu videas hominem currere, sed quod tu nescias pro certo an sit homo vel non, isto posito, antece- dens est verum, videlicet ‘tu scis hoc esse verum’, quia ista convertitur cum ista ‘tu scis quod homo currit’ et ista est vera, ergo et alia; et altera pars antecedentis est vera, videlicet quod ‘hoc est 4°; et consequens falsum, videlicet ‘tu scis 4 esse verum’, quia convertitur cum ista: ‘tu scis hominem currere’, quia per casum est tibi dubium si sit homo vel non. Sed ad concludendum propositionem in sensu composito oportet 3 possibile+et C 6 totaliter] totum C 10 propositio om P 11 sin- gulis] similibus C. sed om C sumuntur-+autem C 12 istorum] praedicto- rum C 13 accusativum] aliquem (2) C_ 16 significat+quod C 17-18 sicnigrum om P__ 20 suntom C etom C 21 illud] id C 23 sed+con- similiter C 25 tu om C quia om C_ 27 posito] pono P__28 nescias] nesceas P__ 31 4] verum P homo C_ 32 videlicet] quod C 34 non+ Terminologia logica della tarda scolastica 611 accipere utramque praemissarum in sensu composito, sic: ‘scio quod hoc est verum et scio quod tantum hoc est 4, ergo scio 4 esse verum?. Posito quod 4 sit altera istarum: ‘deus est’ vel ‘homo est asinus’, et bene scias quod 4 sit altera istarum, et sit ista gratia exempli ‘deus est’, et lateat te quae istarum est 4 et consideres tu de istis, et scias istas significare praecise primarie, isto posito sequitur ista conclusio: 4 scis esse verum, et tamen tu non scis 4 esse verum. Antecedens probo sic: hoc quod est 4 scis esse verum, demonstrando istam ‘deus est’, ergo a scis esse verum. Ista consequentia est bona, quia consimilis modus arguendi in sensu diviso valet, et antecedens est verum, quia istam scis esse veram ‘deus est’ et ista est hoc quod est 4, ergo hoc quod est 4 scis esse verum, et tamen tu non scis 4 esse verum; probo, quia non scis quod 4 est hoc verum ‘deus est’, quia latet te per casum an 4 sit ista ‘deus est’ an ‘homo est asinus’, nec tu scis 4 esse aliquod aliud verum per casum, ergo tu non scis 4 esse verum; ideo conceditur conclusio. Et si arguitur sic: ‘4 scis esse verum, ergo tu scis 4 esse verum’, negatur consequentia, quia ista possunt stare simul: 4 scis esse verum, et tamen tu non scis aliquod 4 esse in rerum natura. Probatur sic. Ponatur quod « sit ista propositio ‘deus est’ et quod tu scias istam, et quod tu non ctedas aliquod 4 esse in rerum natura, tunc antecedens est verum ‘4 scis esse verum’; probatur: illud quod est 4 scis esse verum, ergo 4 scis esse verum; antecedens probo: istam ‘deus est’ scis esse veram, et haec est illud quod est 4, igitur hoc quod est 4 scis esse verum, et tamen tu non scis aliquod 4 esse in rerum natura. Alia conclusio est ista de primo casu: tu dubitas 4 esse verum et tamen nullum 4 dubitas esse verum; prima parts patet per ca- sum et secundam partem probo, videlicet nullum 4 dubitas esse verum: quia nullum istorum dubitas esse verum demonstrando istam ‘deus est” vel ‘homo est asinus’, et quodlibet 4 est alterum istorum, ergo nullum 4 dubitas esse verum; consequentia patet et antecedens homo C 34-35 oportet-praemissarum] requiritur quod utraque praemis- sarum sumatur C_ 37 posito] supposito C 38 ista+gratia P—39te+ta- men C add et delPest]lsitC =40isto+casuC 41siclsiC 42de monstrando-est’ del Pe 46 quia+tu C 48 an+haec C 49 verumi om C 53 scis] sis C esse-+verum C 55 tu om C 56 probatur] probo C 57 istam] ista C 58 illud] hoc C 59 natura+quia per casum tu non credis quod aliquod 4 sit in rerum natura C 61 4+est tibi P per casum] ex casu C 63 dubitas-verum] est tibi dubium CU istam] 612 Alfonso Maierà sequitur ex casu. Ideo conceditur conclusio et negatur ista conse- quentia: ‘tu dubitas 4 esse verum, ergo tu dubitas 4 vel 4 est tibi dubium’, quia antecedens est verum (‘tu dubitas 4 esse verum’, quia per casum tu nescis an 4 sit ista ‘deus est’ vel ‘homo est asinus’, ergo tu dubitas 4 esse verum) et consequens falsum, quod tu dubitas a, quia suum contradictorium est verum: ‘tu non dubitas 4°; probatur, quia non dubitas illud quod est 4, quia non dubitas istam ‘deus est’ et haec est 4, ergo tu non dubitas hoc quod est 4. Similiter ista consequentia non valet: ‘tu dubitas 4 esse verum, ergo 4 est tibi dubium’, quia antecedens est verum, ut probatum est, et consequens falsum, videlicet ‘a est tibi dubium’, quia ista non est tibi dubia ‘deus est’, et ista est 4, igitur 4 non est tibi dubium. Ista conclusio est possibilis et sequens ex casu: 4 est scitum 4 te et tamen tu dubitas 4 esse verum: antecedens probatur, quia 4 est ista ‘deus est’ et ista est scita a te, ergo 4 est scitum a te, et conse- quens probatur ut prius. Item sequitur: tu dubitas 4 esse verum et tamen tu non dubitas aliquod 4; prima pars probatur ut prius et secundam partem probo, quia tu non dubitas illud quod est 4, igitur tu non dubitas 4, quia tu non dubitas istam ‘deus est’ et haec est 4, ergo tu non dubitas illud quod est 4; ideo conceditur conclusio et conceditur ista: tu scis 4 et tamen tu non scis 4 esse verum. Prima pars patet, quia tu scis hoc quod est 4, ergo tu scis 4; secundam partem probo, quia tu non scis an 4 sit ista ‘deus est’ an ista ‘homo est asinus’, ergo tu non scis 4 esse verum. Similiter ista est vera: 4 est scitum a te et tamen non est scitum a te 4 esse verum. Et ista est vera: 4 scis esse verum et tamen nullum verum scis esse 4, quia hoc verum non scis esse 4 demonstrando ‘deus est’, nec hoc verum ‘homo est animal’ et sic de singulis, ergo nullum verum scis esse 4; nec aliquid scis esse 4, quia aliquam propositionem nescis esse 4, ergo aliquid non scis esse 4; nec 4 scis esse 4, quia 4 est ista ‘deus est’ et tu nescis istam esse 4, igitur 4 nescis esse 4, et tamen haec est falsa ‘4 nescis istasC 64 velletC  68estozP. 69sit]scitP 72 quia2+tu C 73 hoc] illud C 74 ista] haec C 75 dubium] dubia P est? om P verum-+ergo 4 est tibi dubium quia antecedens est verum C 79 probatur] probo C.81probatur] proboC = utormP = 85haeclistaC 88 4+et G 89 non scis] nes(c)is C an?] vel C 92 tamen om P 93 de- monstrando+istam C verum+ demonstrando C 97 a+nec 4 scis esse idem sibi ipsi 4 quia illud quod est 4 nescis esse 4 C 98 ipsi+a esse idem sibi ipsi’. “A èsse verum est tibi dubium’: si concedatur, tunc sic: ista propositio ‘4 esse verum est tibi dubium’ convertitur cum altera istarum «deus est” esse verum est tibi dubium” vel “‘homo est asinus’ esse ve- rum est tibi dubium” et quaelibet illarum est falsa, ergo verum conver- titur cum falso: conceditur consequentia et negatur antecedens; ante- cedens probo sic: ‘4 esse verum est tibi dubium’ convertitur cum ista «deus est” esse verum est tibi dubium”, quia 4 est ista ‘deus est’, ergo si haec sit vera ‘4 esse verum est tibi dubium’, haec foret vera “‘deus est’ esse verum est tibi dubium”: negatur quod istae duae propositiones convertuntur. Contra: subiecta convertuntur, copulae et praedicata convertuntur et propositiones sunt eiusdem qualitatis et quantitatis, ergo convertun- tur. Dicendum quod regula non est generaliter vera, quia oportet addere quod termini pro eisdem praecise supponant in una sicut in alia. Nam ista consequentia non valet: ‘quilibet homo est unus solus homo, ergo omnis homo est unus solus homo’, et tamen subiecta convertuntur, praedicata et copulae convertuntut etc. et propositiones non convertuntur, et causa est, quia in ista ‘quilibet homo est unus solus homo’ li ‘homo’ supponit pro masculis tantum et in alia ‘omnis homo est unus solus homo’ li ‘homo’ supponit tam pro masculis quam pro feminis, et ideo non convertuntur. Ideo, si conceditur ista ‘4 esse verum est tibi dubium’, contra: nullum istorum esse verum est tibi dubium demonstrando istam ‘deus est’ vel ‘homo est asinus’, a est alterum istorum, ergo 4 esse verum non est tibi dubium: syllogismus in quarto modo primae figurae; si negatur, contra: prima est universalis negativa et minor est parti- cularis affirmativa particularem negativam concludentes, et conclu- ditur directe, igitur etc. Pro isto negatur quod maior est universalis negativa, quia hoc totum ‘nullum istorum est verum’ est subiectum ad li ‘est’ et est affirmativa, et negatur quod concluditur directe, quia 4 est ista deus est et hoc est falsum quod tu nescis istam esse idem sibi ipsi C 103 antecedens! om C 104 probo] probatur C 109 convertuntur--et C. 111 quod+ista € 115 convertunturl+et P om C et2+tamen C 117-118 omnis-homo? om P__ 119 feminis] femellis €121 esse verum om C 122 vel+istam Casinustet C_ 123 dubium+con- sequentia est C 124 minor] secunda C est? om C 126 igitur + syllo- gismus C isto+dicitur quod C est] sit C 128 et!+etiam € conclu- quia conclusio non fit ex maiori extremitate et minoti tantum, sed de illis duabus et de parte medii termini; ideo non concluditur directe. Capio istas quattuor propositiones: ‘homo est homo’, ‘homo est risibilis’, ‘homo est asinus’, ‘homo est rudibilis’; capio tunc illas duas ‘homo est asinus’ et ‘homo est rudibilis’; munc istae duae proposi- tiones convertuntur et una istarum est vera et alia falsa, ergo verum convertitur cum falso; consequentia patet et antecedens probo, quia ista convertuntur cum aliquibus, ergo convertuntur; consequentia patet, quia ex opposito consequentis sequitur oppositum antecedentis, quia sequitur: istae propositiones non convertuntur, ergo non con- vertuntur cum aliquibus; ideo si conceditur consequens, tunc arguitur sic: ex consequente sequitur quod ista convertuntur, ergo significant praecise idem, ergo convertuntur inter se, ergo sequitur conclusio probanda, quod aliquae propositiones convertuntur et tamen una est vera et alia falsa. Capio istas tres propositiones: ‘deus est’, ‘deus est’, ‘deus est’, quarum quaelibet significat praecise quod deus est, et arguo sic: istae propositiones convertuntur, ergo quaelibet istarum convertitut cum cum duabus istarum, sed omnis una est vera et omnes duae istarum sunt falsae, ergo verum convertitur cum falso. Ad primum argumentum dicitur quando arguitur sic: istae duae propositiones convertuntur cum aliquibus, ergo convertuntur, negatur consequentia; nec sequitur: 1sta ‘homo est risibilis” convertitur et ista ‘homo est asinus’ convertitur, ergo istae convertuntur. Eodem modo respondendum est ad omnes tales conclusiones, quia si talis modus arguendi sit bonus, tunc istae conclu- siones sequentes sunt verae, et omnes tales quarum una est ista ‘hoc est aequale’ et ‘hoc est aequale’, demonstrato uno cui ipsum primo ditur] concludatur €129 ex] de C 130 duabus] duobus P_131 ho- mo%est 07: C 132 risibilis] risibile est C asinus+et C rudibi- listet C duas+ propositiones C 133 nunc] et tunc arguo sic C 134 alia+est C 135 quia om C 136 ista] istae propositiones C consequentia] consequentiam C 137 patet] probo C 139 arguitur] arguo C 140 quod 07 C 141 idem+consequentia patet per definitio- nem istius termini converti tunc ultra ista significant praecise idem C ergo?+a primo C 142 propositiones+inter se Cet tamen] quarum C 144 deus est*+deus est deus est deus est in mg C 146 ergo om P quaelibet istarum] una vera illarum C 147 una+illarum C 149 dicitur om € duae propositiones om C 151 risibilis im mg Pe om C 152: tales om C 153. conclusiones! +consimiles C 154 sunt] essent C 130 est inaequale, ‘ergo ista sunt aequalia’, negatur consequentia, et etiam ista ‘hoc est simile et hoc est simile, ergo ista duo sunt similia’, negatur consequentia ista, et etiam ista: ‘hoc est immediatum et hoc est imme- diatum, ergo ista sunt immediata’: non valent huiusmodi consequentiae, quia dicunt quidam quod numquam convertuntur aliquae proposi- tiones nisi quando quaelibet illarum convertitur cum qualibet illarum alia a se ipsa. La Contra istam responsionem arguitur sic, et capio istas duas copu- lativas “ ‘deus est’ et ‘homo est’ ”, “ ‘prima causa est’ et ‘risibile est’ ”; tunc arguo sic: istae duae copulativae convertuntur et istae duae copu- lativae sunt istae quattuor propositiones, ergo istae quattuor propo- sitiones convertuntur. Pro isto negatur quod istae quattuor propo- sitiones sunt istae duae copulativae, sed istae quattuor propositiones cum istis duabus notis et etiam cum actu animae sunt istae duae copulativae, quia si conceditur quod aliquae propositiones convertuntur, quarum non quaelibet convertitur cum qualibet istarum alia a se ipsa, sequitur talis conclusio, quod quattuor propositiones convertuntur et nullae tres, et sint istae quattuor: ‘homo est’, ‘risibile est’, ‘homo est asinus’ et ‘homo est rudibilis’, tunc istae quattuor propositiones con- vertuntur, quia ‘homo est’ et ‘risibile est” convertuntur et aliae duae convertuntur, ergo istae quattuor propositiones convertuntur, et tamen nullae tres convertuntur, quia istae tres non convertuntur ‘homo est’, ‘risibile est’ et ‘homo est asinus’. Similiter sequitur quod centum pro- positiones convertuntur; tamen nullae viginti, et sic de aliis quod numquam videtur esse verum. gti Ideo pro secundo dicitur, captis illis tribus propositionibus: ‘deus est’, ‘deus est’, ‘deus est’, conceditur quod quicquid convertitur cum una illarum convertitur cum duabus illarum, et hoc accipiendo illas duas divisim; et tunc quando arguitur: duae illarum coniunctae sunt falsae, negatur, sed bene coniunctim sunt unum falsum et propositio falsa et tres tamen illarum non sunt propositio; et non sequitur: ista ‘deus est’ convertitur cum ista et cum ista, ergo convertitur cum duabus illarum, negatur consequentia, et causa quare consequentia non valet hoc] homo C 155 primo om €157 duo om C 161 qualibet] quae- libet P 168 istae? interl Pe 169 et om C 171 quaelibet+illarum EC 172 et+tamen C 173 tres+et nullae tres P__ quattuor+propositiones C est!1+homo homo est P est? om P 175 convertunturl+probatur C 176 istae om Cpropositiones] species P 182 conceditur] concedo C quod om P 185 et? om C 187 cum?] tamen C cum3+cum Cest quia, licet ista ‘deus est’ significet praecise sicut unam illarum per se et certum sicut alia per se, non tamen praecise significat sicut illae duae significant, ideo non valet consequentia. Album possibile est esse nigrum, et tamen impossibile est album esse nigrum: prima pars probatur sic: hoc quod est album possibile est esse nigrum, ergo album possibile est esse nigrum; et tamen impos- sibile est album esse nigrum: probatur, nam ista est impossibilis ‘album est nigrum’ et ista praecise significat album esse nigrum, ergo impossibile est album esse nigrum. Similiter eodem modo possunt probari conclusiones subsequentes, videlicet: non currentem possibile est currere, et tamen impossibile est non currentem currere. Et etiam: sedentem possibile est ambulare, et tamen impossibile est sedentem ambulare. Similiter: falsum possibile est esse verum, et tamen impos- sibile est falsum esse verum. Similiter: impossibile possibile est esse, et tamen impossibile est impossibile esse possibile; possibile est Socratem scire hoc 4 et possibile est Socratem scire hoc 5 et omne quod est hoc 4 est impossibile et omne quod est hoc d est impossibile, et tamen impossibile est Socratem scire aliquod impossibile: sit 4 ista ‘homo est asinus’ et 4 ista ‘nullus deus est’, quarum utraque sic signifi- cat praecise, et pono quod utraque illarum cras erit vera et quod Socrates sciat tunc utramque illarum, possibile est Socratem scire utrumque istorum, demonstrando per li ‘istorum’ 4 et 5, et quodlibet istorum est falsum, et tamen impossibile est Socratem scire aliquod falsum: pono casum praecedentem: isto posito sequitur: possibile est Socratem scire quodlibet istorum, et quodlibet istorum est falsum, ut patet per casum, et tamen impossibile est Socratem scire aliquod falsum, quia ista est impossibilis ‘Socrates scit aliquod falsum’ quae praecise significat Socratem scire aliquod falsum, ergo impossibile est Socratem scire aliquod falsum. Possibile est hoc 4 esse nigrum et omne quod est hoc 4 est album, et tamen impossibile est album esse nigrum; sit tunc album aliquod album quod cras erit nigrum, tunc sequitur conclusio. Socrates scit aliquid esse quod non scit esse: probo, et pono quod aliquid sit 188 quare+illa C 189 unam] una C 190 certum (?)] tunc non C 195 nam om C 197 similiter+et C 198 probari+omnes C 199 etiam+non C 206 impossibile!] possibile C—aliquod om C impos- sibile2] possibile C 209 sciat] sciet C 212 sequitur om C 213-214 per casum] ex casu C 214 tamen 07m C ista] haec C 219-220 sit- nigrum om P 221 probo et in mg Pe pono] posito C aliquid] ali- 220 Terminologia logica della tarda scolastica 617 quod Socrates non sciat esse, et quod Socrates sciat illud bene, tunc capio istam propositionem ‘aliquid est quod Socrates non scit esse’; ista est vera, ut apparet; tunc arguitur sic: Socrates scit istam ‘aliquid est quod non scit esse’, quae praecise significat aliquid esse quod Socrates non scit esse, igitur Socrates scit aliquid esse quod non scit esse. Si conceditur consequentia, tune sic: Socrates scit aliquid esse quod non scit esse, ergo aliquid scit esse quod non scit esse: negatur consequentia, quia arguitur a termino stante confuse tantum ad eundem terminum stantem determinate. Similiter, tu scis aliquam propositionem esse veram quam non scis esse veram: pono quod aliqua propositio sit vera quam non scis esse veram et quod bene scias istam; tune, posito casu: tu scis istam propositionem ‘aliqua propositio est vera quam tu non scis esse veram’, ergo tu scis qualiter ista praecise signi- ficat, sed illa praecise significat unam propositionem esse veram quam non scis esse veram, ergo scis aliquam propositionem esse veram quam non scis esse veram. Pono quod non sint plures propositiones in mundo quam istae duae ‘rex sedet’ et ‘nullus rex sedet’, quarum utraque est tibi dubia et consideres de istis et scias istas esse propositiones contradicentes inter se, et scias cum toto casu quod nulla contradictoria inter se contradicentia sunt simul vera, isto posito, sequuntur conclusiones: tu scis aliquam istarum esse veram et tamen nullam istarum scis esse veram. Prima pars probatur sic: tu scis aliquam illarum esse veram, quia tu scis quod ista sunt contradictoria ‘rex sedet’ et ‘nullus rex sedet’ et tu scis quod omnium contradictoriorum alterum est verum, ergo alterum illorum est verum, ergo scis aliquam istarum esse veram; et tamen nullam istarum scis esse veram: probatur sic, quia istam ‘rex sedet’ non scis esse veram, nec istam ‘nullus rex sedet’ scis esse quis P 222 sciat!] sit P illud om C bene+aliquod esse C 224 esse+tunc C apparet] patet C arguitur] arguo C Socrates scis in mg Pe 225 quod+Socrates C 226 Socrates! inter Pe aliquid esse in mg Pe 228 esse?+Socrates C 232 istam] illud C tunc] isto C 233 casu tu scis] capio C 234 tu! om C veram] tu scillam add et del P__ 234-235 ergo-unam] quae praecise significat C 235 sed-significat in #g P° 237 non-veram] etc C 240 istas] ista C pro positiones contradicentes] contradictoria contradicentia C 243 scist+ali- qua illarum P 244 Prima-veram om P 245 contradictoria+demon- strando Cet interl P° 246 alterum] illorum est alterum illorum adé et del P 247 ergo!-verum om P aliquam] aliqua C 248 sic om 245 618 Alfonso Maierù veram, et non sunt plures istarum, ergo nullam istarum scis esse veram. Similiter, tu scis aliquam propositionem esse veram et tamen nullam propositionem scis esse veram. Prima pars probatut ut prius, et secundam partem probo, quia illam ‘rex sedet’ non scis esse veram, nec istam ‘nullus rex sedet’ scis esse veram, et non sunt plures istarum, ergo nullam propositionem scis esse veram. Similiter, tu scis aliquam propositionem esse veram, ut probatur, et tamen quaelibet propositio est tibi dubia: probo, quia ista ‘rex sedet’ est tibi dubia, et ista ‘nullus rex sedet’ est tibi dubia, et non sunt plures illarum, ergo quaelibet propositio est tibi dubia. Et simi- liter, nulla propositio est scita a te: probatur, quia ista ‘rex sedet’ non est scita a te, nec ista ‘nullus rex sedet’ et non sunt plures istarum, ergo nulla propositio est scita a te. Et sic probantur conclusiones aliae consimiles. IT* Incipit tractatus de sensu composito et diviso Magistri Pauli Pergulensis. Termini cum quibus sumuntur propositiones aliquando in sensu composito, aliquando in sensu diviso sunt! isti, scilicet scire, dubitare, intelligere’, ‘imaginari’, ‘percipere’, ‘velle’, ‘nolle’, ‘possibile’, ‘impossibile’, ‘contingens’, ‘necessarium’ et consimiles. Et sumuntur propositiones in sensu composito quando aliquis isto- rum praecedit totaliter dictum propositionis, ut ‘scio esse verum’, vel sequatur finaliter, ut ‘album esse nigrum est impossibile’. Et ista propositio ‘scio 4 esse verum’ et alia consimilis quae sumuntur in sensu composito sic significant quod ista propositio est scita a me sic significando: 4 est verum, et ista ‘impossibile est album esse CU 254 scis-veram om C 259 sunt înterl Po 261 suntom P_ 262 probantur+omnes C 263 consimiles+Expliciunt termini cum quibus P Expliciunt termini cum quibus deo et mariae virgini gratias amen (+die 112 lulij in meg) C. * Ho letto il ms. in microfilm. Ho cercato di limitare gli interventi a quei casi che chiaramente li esigevano; i risultati della lettura proposta, co- munque, non sono confortanti. 1 ssunt 775. 250 255 260 Terminologia logica della tarda scolastica 619 nigrum’ sic significat quod ista propositio est impossibilis sic signi- ficando: album est nigrum. Sed propositiones quae sumuntur in sensu diviso sunt quando aliquis istorum terminorum mediat dictum proposi tionis et ponitur inter accusativum casum e(t) istum modum mediatum, ut ‘4 scio esse verum’, ‘album possibile est esse nigrum’, ‘aliquam propositionem dubito esse veram’; et istae propositiones sic significant: ‘a scio esse verum’, id est, istam propositionem quae est 4 scio esse veram; ‘album potest esse nigrum’, id est, de re quae est alba potest fieri res quae est nigra; ‘aliquam propositionem dubito esse veram?, id est, aliquam propositionem quam ego dubito esse veram. Ideo tales propositiones sumptae in sensu diviso sunt (f. 92vb) particulares et in hoc sensu tenet talis consequentia: hoc 4 scio esse verum, ergo 4 scio esse verum. Sed? ad concludendum3 propositionem in sensu composito requi- ritur quod utraque pars ipsarum sumatur in sensu composito, sicut: ‘scio quod hoc est verum et quod hoc tantum est verum, ergo scio a esse verum’. Supposito quod 4 sit altera istarum ‘deus est’ vel ‘homo est albus’ et bene scias quod 4 est altera istarum, et 4 est ista, gratia exempli, ‘deus est’, sed lateat te tamen quae illarum sit a, et consideres tu * de istis, et scias tu 5 ipsas sic[ut] praecise significare et tamen hoc supposito quod omnis propositio de qua considerat aliquis quod modo scit esse veram neque scit esse falsam quam scit de natura illi eidem (sit dubia), illo casu posito sequitur conclusio ista: 4 scis esse verum et non scis aliquod 4 esse verum, ergo 4 scis esse verum: conse- quentia est bona et consimilis modus arguendi valet in sensu diviso, et antecedens est verum quia ‘deus est’ scis istam esse veram, ut patet per casum an 4 sit ista ‘deus est’, neque tu scis 4 aliquod esse verum ut in casu supponitur, ergo tu non scis 4 esse verum: conceditur conclusio et sic $ arguitur: 4 scis esse verum et tamen? 4 non scis esse verum in rerum natura. Alia conclusio sequens ex eodem casu est ista: tu dubitas 4 esse verum et nullum 4 dubitas esse verum. Prima pars patet per casum, et quod nullum « est tibi dubium probatur sic: nullum illorum est Cfr. Termini cum quibus, I, 1. 34. excludendum 725. ut 75. ut 775. 6 scic m25. ? cum r25. U è Wa 620 : Alfonso Maierù tibi dubium, demonstrando istas duas propositiones: ‘deus est’ et ‘homo est album’, sed quodlibet 4 est alterum istorum, igitur quod- ‘homo est (f. 93ra) album’, sed quodlibet 4 est alterum istorum, igitur quodlibet 4 est tibi dubium. Consequentia patet, et antecedens sequitur ex casu: igitur conceditur conclusio et negatur consequentia ista, videlicet: dubitas @ ergo® 4 est tibi dubium. Ista® consequentia est tibi possibilis et sequens ex isto casu: ‘4 est scitum a te et dubitas (quod) 4 est verum’. Secunda pars conclusionis satis patet, et quod 4 est scitum a te probatur: quia hoc quod est 4 est scitum a te, ergo 4 est scitum a te. Consequentia patet, quia talis consequentia valet in sensu diviso; et antecedens probo: quia ista ‘deus est’ est scitum a te et ista ‘deus est’ est hoc quod est a, ergo 4 est scitum a te: conclusio conceditur. . Item sequitur: tu dubitas 4 esse verum et tu non dubitas aliquod 4, igitur scitur quod tu scias 4 et tu non scias 4 esse verum, et illa ‘a est scitum a te’ et ‘4 non est scitum a te esse verum?, et illa ‘a scis esse verum’ et ‘nullum verum scis esse verum 4°, ‘non aliquid scis esse 4°, ‘non 4 scis esse 4’. ‘A est verum’! et ‘4 est tibi dubium’ convertitur cum alterà istarum: “deus est’ esse verum est tibi dubium”, “‘homo est albus’ esse verum est tibi dubium”, ergo convertitur cum falso; negatur quod “‘4 est verum’ tibi est dubium” convertitur cum altera istarum: “deus est’ esse verum est tibi dubium”, “‘homo est albus’ esse verum est tibi dubium”. Contra: si 4 est forte ista ‘deus est’, igitur si haec est vera: “ ‘4 est verum’ est tibi dubium”, haec forte est vera: “ ‘deus est’ esse verum est tibi dubium”. Negatur consequentia, quia istae duae propositiones (non) convertuntur. Contra: (f. 93rb) subiecta verbum (?) convertitur et possi- bile et praedicata manent eadem et propositiones sunt eiusdem qualitatis et quantitatis, igitur convertitur; argumentum non valet, quia istae duae propositiones non convertuntur: ‘quilibet homo est unus solus homo” et ‘omnis homo est nullus solus homo’, et tamen subiecta convertuntur et copulae et praedicata sunt eadem, et etiam propositiones sunt eiusdem qualitatis et quantitatis. Et !! si concedatur “ 4 est verum’ est tibi dubium”, contra: nullum istorum esse verum est tibi dubium; 8 vel ws. 9 Cfr. Termini cum quibus, I, 1. 78. 10 Cfr. Ivi, 1. 99, Ivi, 1 120. Terminologia logica della tarda scolastica concedo istas duas propositiones: ‘deus est homo” et ‘homo est asinus’, et 4 est alterum istorum, sic esse verum non est tibi dubium: negatur consequentia. Contra: 4 est syllogismus in quarto primae figurae; quod non dicitur quod hoc totum materialiter supponat istum est verum est subiectum in minori, tamen idem totum est praedicatum in maiori et ideo non est syllogismus in quarto primae. Capio !? istas quatuor propositiones: ‘homo est’, ‘animal rationale est et ‘homo est asinus’ !3, ‘homo est risibilis’, et capio istas duas pro- positiones ‘homo est’ et ‘homo est asinus’ et arguo sic: istae duae convertuntur, et una istarum est vera et alia falsa, igitur etc.; patet conse- quentia. Quia istae convertuntur probo, quia ex copulato sequitur oppo- situm, quia sequitur: ista non convertuntur, igitur non convertuntur cum aliquibus; et arguo ex consequente sic: ista convertuntur, ergo significant praecise idem; consequentia patet per definitionem istius termini ‘converti’, et ultra: convertuntur inter se, igitur a primo sequitur conclusio probanda, id est, aliquae sunt propositiones convertibiles inter se, quarum una est vera et alia falsa (f. 93va). Capio istas tres proposi- tiones ‘deus est’, ‘deus est’, ‘deus (est), quarum una ex !* hoc numero praecise significat quod deus est; tunc istae propositiones convertuntur, igitur quaelibet propositio quae convertitur cum una istarum conver- titur cum duabus istarum et omnes duae istarum sunt propositiones falsae et omnis una istarum vera est propositio, ergo vera convettitur cum falsa. Ad! primum istorum arguitur: istae convertuntur, ergo conver- tuntur. Quidam responderunt negando consequentiam, quia sequitur, ut dicunt: convertuntur, igitur praecise 6 idem significant; et etiam!” eodem modo respondent ad omnes tales consequentias consimiles, sci- licet: hoc est aequale et hoc est aequale, demonstrato uno ante ipsum est inaequale, ergo ipsa sunt consimilia: negarent consequentiam et etiam: hoc est simile (et hoc est simile), igitur ista sunt similia, quia dicunt quod numquam est concedendum quod aliquae propositiones convertantur nisi quaelibet illarum et quaelibet alia a se ipsa conver- 12 Cfr. Ivi, 1, 131. 13 albus 775. 14 est 775. 15 Cfr. Termini cum quibus, I, 1. 148. 16 precisse 775. 7 etiam et rys. tantur, dum dicunt quod non sunt concedenda, aliqua sunt contra- dictoria. Contra istam regulam atguitur sic: istae duae copulativae “deus est’ et ‘homo est’”, “‘capra est’, et ‘animal (est)””, istae quatuor propo- sitiones !8 (sunt) istae duae copulativae, igitur quatuor convertantur et tamen quaelibet istarum et non quaelibet alia a se ipsa convertitur. Pro !? isto negatur: quatuor propositiones sunt istae duae copulativae, quia, si conceditur, aliquae propositiones convertuntur. Similiter talis conclusio, quod quatuor propositiones convertuntur et nec? sex nec xx etc. tamen istae (f. 93vb) repios quia accipiuntur duae propositio- nes convertibiles et demum aliae duae convertibiles et nunc quod nullae tres istarum sunt convertibiles et eodem modo est de viginti et centum et mille quod non unus videtur etc. Ideo pro isto argumento negatur ista consequentia: convertitur cum omnibus istis tribus, igitur conver- tuntur cum duabus istarum, quia nullae tres istarum sunt propositiones ut intelligibiles et falsae. Contra: ‘deus (est) nam convertitur cum ista et cum ista, ergo 8! convertitur cum istis, cuius consequentia negatur continue, et haec est causa quia non valet, quia licet ista ‘deus est’ significat praecise sicut istae videtur (?) per se et iterum significat sicut ista alia per se, non praecise significat sicut istae duae, ideo conclusio non valet: album 2 possibile est esse nigrum et impossibile est album esse nigrum; prima pars probatur, scilicet ® quod est album potest esse nigrum, igitur album possibile est esse nigrum; et impossibile est album esse nigrum: nam ista est impossibilis: ‘album est nigrum’, quae praecise significat album esse nigrum, igitur impossibile est album esse nigrum etc. a tractatus de sensu composito et diviso parvus et utilis. en. 18 propositiones quatuor 775. 19 Cfr. Termini cum quibus, I, 1. 167. 20 nec add ms. 21 conclusio (?) w25. 2 Cfr. Termini cum quibus, I, 1. 192, 23 sic licet 775. I numeri rinviano alle singole pagine, il numero in tondo indica che il termine ricorre una sola volta; il numero in tondo seguito dall’abbreviazione ‘n.’ indica che il termine ricorre una sola volta e soltanto nelle note (es. 110 n.); il numero in corsivo indica che il termine ricorre più di una volta nel testo, o nel testo e nelle note (es. 120); il numero in corsivo seguito dall’abbreviazione ‘n.’ indica che il termine ricorre più di una volta soltanto nelle note (es. 130 x.); — il trattino unisce numeri di pagine alle quali si fa un rinvio dello stesso tipo (esempi: 174 n.). 140-150, 151 n.154 n., 155-165, 166 n- NOMI DEI FILOSOFI I E DEI TESTI ANONIMI Abbone (Fleury), Abelardo, v. Pietro Abelardo Adamo di Balsham (Parvipontano)  Adamo, L., Agostino, Aurelio, ps. Agostino Alberico di Parigi Alberto Magno Alberto di Sassonia Albertuccius, v. Alberto di Sassonia Albertus Parvus, v. Alberto di Sassonia Alcuino Alessandro d’Afrodisia, Alessio Ammonio Anselmo d’Aosta ps. Apuleio di Madaura Aristarco Aristotele Arnim Ars Burana Ars Emmerana Ars Meliduna Avetroè Avicenna Bacone, Roberto, v. Koberto Bacone Bacone, Ruggero, v. Ruggero Bacone Battista da FABRIANO (si veda) Baudry Becker-Freyseng Beonio Brocchieri Bernardo di Chartres Bianchelli Billingham, R., v. Riccardo Billincham Bird, O. 20 n. Birkenmajer, A. 16 n. BochefiskiBohnerBOEZIO (si veda) Boh, I. 35 n. FIDANZA (si veda) Borgnet Braakhuis Brandt, Brotto, Brown Buridano, G., v. Giovanni Buridano Burleigh, W., v. Gualtiero Burleigh Busse Buytaert Campsall, R. di, v. Riccardo di Campsall Carisio Carnap. Casari Cassiodoro Chenu CICERONE (si veda) Clagett Colli (si veda), Consenzio, Copulata tractatuum parvorum logicalium”, Cosenza Crisippo Curtius Pra (si veda) Deman “Dialectica Monacensis” Dick Diocle Magnesio Diodoro Crono Diogene di Babilonia Diogene Laerzio Diomede Dionisotti Dodd Donato Dorp Giovanni Dorp Diurr Dulong  Du Marsais Dumbleton Giovanni Dumbleton Duns Scoto Giovanni Duns Scoto Dziewicki Echard Eckert Ehrle Elie Emden Ermini Eudemo Fabroni. Facciolati Fallacie Londinenses, “Fallacie Magistri Willelmi” “Fallacie Parvipontane, Fallacie Vindobonenses, Federici Vescovini, Fernandez Garcia Filone megarico Flasch Fornari Fracanzano Franceschini Frustula logicalia Gaetano da Thiene Galili Garceau Gargan Garlandus Compotista Garvin Geach Gerberto d'Aurillac Gerardo da CREMONA (si veda) Gerolamo Geyer Ghazali-al Giacomo Veneto Gilson Giovanni XXI, v. Pietro Ispano Giovanni Buridano Giovanni Dorp Giovanni Dumbleton Giovanni Duns Scoto Giovanni Duns Scoto Giovanni di Salisbury Giovanni Versor Giovanni Wyclif Glorieux Glose in Aristotilis Sophisticos elencos Glosule in Priscianum, v. Glosule super Priscianum maiorem Glosule super Prisciamum maiorem Goffredo di Fontaines Gohlke Goichon Grabmann Green Gregorio da RIMINI (si veda) GRICE, H. P., Gualtiero Burleigh Guglielmo di Champeaux Guglielmo di Conches Guglielmo Heytesbury Guglielmo d’Occam Guglielmo di Shyreswood Guglielmo Sutton Hadot Henry Hentisber, v. Guglielmo Heytesbuty Hertz Heytesbury, W., v. Guglielmo Heytesbury Hoffmann, Hoffmans Holcot v. Roberto Holcot Houde Hunt Introductiones dialetice secundum Wilgelmum Introductiones Parisienses Isaac Isidoro di Siviglia Jeauneau Johannes Venator Jolivet Keil Kindi-al Kneal Kneale [CITATO DA H. P. GRICE] Kretzmann [solo filosofi] Kristeller Lacombe Lamberto d’Auxerre LANDUCCI (si veda)  Bernardino di Pietro Lausberg Leclercq Lee Lefèvre d’Etaples Lejewski Lesniewski Liber sex principiorum Licht Limentani Lindsay Logica ‘Cum sit nostraLogica Ut dicit’ Lohr Lukasiewicz Maier, Maierù Manthey Marciano Capella Marco da BENEVENTO (si veda) Marinus de CASTIGNANO (si veda) Mario VITTORINO (si veda) Marliani, Gerolamo Marliani, Giovanni Marsilio di Inghen Martin Martino di Dacia Martino Molenfelt Mates Maulevelt, T., v. Tommaso Maulevelt Mazzetti McCall Meiser MELANDRI (si veda) Menghus Blanchellus, v. Bianchelli Michele di Efeso Michalski MINIO-PALUELLO (si veda) Molenfelt, M., v. Martino Molen- felt Momigliano Mommsen Moneti Moody Moore Morgan Mullally Muzzioli Mynors Nagel Nagy NARDI (si veda) NICOLETTI (si veda) Norberg, Notkero Labeone Occam, G., v. Guglielmo d’Occam Ockham, W., v. Guglielmo d’Occam O’Donnel Offredi Otto Palemone Paolo da PERGOLA (si veda) Parvipontano, v. Adamo di Balsham (Parvipontano) Pasquinelli Pavolini Pelzer Perreiah Pertusi Petrus Lucius, Licht, P. de Pietro Abelardo Pietro d’Ailly Pietro Elia Pietro Ispano (Giovanni XXI) Pietro Lombardo Pietro di MANTOVA (si veda) Pietro di Poitiers Pinborg, Piper Platone Politi Pompeo Porfirio Prantl PRETI (si veda) Price Prior Prisciano Probo Promisimus (glossa) Pschlacher Quétif Quintiliano Radermacher Ralph di Beauvais Rashdall Reina Reiners Riccardo Billingham Riccardo di Campsall Riccardo di Ferabtich Riccardo Rufo di Cornovaglia Riccardo Swineshead Rijk Roberto Bacone Roberto Holcot Robertus Anglicus Rodolfo Strode Roos, Roscellino Rossi (si veda) Roure Ruggero Bacone ps. Ruggero Bacone Russell Sanuto Scauro Schepps Schmitt Scholtz Schum SERMONETA (si veda) SERVIO (si veda) Sherwood, W. of, v. Guglielmo di Shyreswood Silvestro da Valsanzibio, Ofm. Cap. Simone di Dacia Simone di Faversham Speranza, Luigi, Spiazzi Steele Stefen Steinthal Strode, R., v. Rodolfo Strode : Sullivan Summa Sophisticorum elencorum Summe Metenses Suppes, Sutton, W., v. Guglielmo Sutton Swiniarski Synan Tarski Teofrasto Terenzio Termini cum quibus (trattato) Termini qui faciunt (trattato) Thomas Tisberus, v. Guglielmo Heytesbury Aquino Tommaso di Erfurt Tommaso Maulevelt Tractatus Anagnini Tractatus de dissimilitudine argumentorum Tractatus de proprietatibus sermonum Tractatus de significatione terminorum Tractatus de univocatione Monacensis Trinchero Tritheim (Trithemius) Ugo di S. Vittore Valentinelli Venator, J., Johannes Venator Verbeke Versor, J., v. Giovanni Versor Vettori, B. Viano Villier Vincenzo di Beauvais Vyver Van Wadding Wallies Waszink Webb Weigel Weisheipl Wilpert, P. Wilson Wittgenstein Wright Zamboni Zonta INDICE DEI MANOSCRITTI Cambridge, Library of Corpus Christi Cracovia, Biblioteka Jagiellotiska Erfurt, Wissenschaftliche Allgemein- bibliothek, Amplon Gottinga, Universitàtsbibliothek, Theol. Oxford, Bodleian Library, Canon. misc. Padova, Biblioteca Universitaria Parigi, Bibliothèque Nationale, lat. Roma, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. Roma, Biblioteca Casanatense, Roma, Biblioteca Nazionale Centrale « Vittorio Emanuele II », Sessoriano Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, lat. TERMINI GRECI aSivatov v. impossibile &hndég v. verum àvayxatov  v. necessarium àvarviimés resolutorius àErovyv àbprotos, v. Uvoua, pnua amoderere probatio anépavorg enuntiatio àmbpaor (def.) negatio artogpatimde, v. \byoc Updpov Buatpeore divisio Sua) verv resolvere Suvatév possibile Exdeows expositio txtidectar expositio ivbeybpevov contingens Evbotov probabile inwvopia uatagao (def. affirmatio satapatixòe, v. MbYoc xatmyopeiv  appel lare xatmyopia praedicamentum, appellatio Mextéy dicibile Mic mapà tiv Méeuv dictio, locutio eros: -<). dmopartixoe A. xatagatimòe puépog Xbyov oratio puépos, v. Adyog Bvopa.; -B. &bprotov  nomen $poc . (def.) terminus mov tu quale aliquid Tong idia, xow qua- litas mpoonvopetv 51 n.; v. appellare Tpoonvopia .; -t. dvravariaotog ; -oyMua mig npoonyopias appellatio, vocabulum mpéodeois appositio rpoconuatvev consignificare Tporaowe dueros ; «al età tporov Tpotkoen praemissa, propositio pipa ; -f. &bprotov verbum onpaivev signi ficare obuBorXov nota 636 cvurépacpa conclusio oivéecpos civdeoe compositio oyfua, v. mpoonvopla  v. li hoc aliquid tpérog (def.) modus okotg dictio quo quvh vox TERMINI LATINI ablativus  a. consequentiae a. in consequentia absolute, v. supponere Absolutus, v. modalis, nomen, suppositio, terminus abstractum, def. abstracta-concreta ex omnibus terminis concretis possunt abstracta capi, v. terminus accentus acceptio, def. a. terminorum a. vocis a. disiunctim o copulative (per copulativam propositionem) accidens a. sive forma a. Subiectum accidentia adiacentia a. vocis secundum a. v. adiectivum, determinare, dicere, fallacia, falsum, nomen, praedicare, praedicatio, significare, terminus accidentalis, v. compositio, concre- tum, divisio, forma, nomen, pro- prietas, suppositio, terminus Accipere 219 n.; a. in sensu compositionis 359 n.; a. coniunctim-divisim 615; a. significative 219 n.; v. definitio, denominativum, modus, usus Accusativus 347 n., 552 n., 553, 602, 610, 619 Adaequate, v. significare Adaequatus, v. significatio, signifi- catum Adiacere, v. accidens, appellatio, esse Adiacentia, v. coniungere, copulare, copulatio, definitio, praedicare, VOx Adiectivatio 212 Adiectivum, def. adiectiva nominaliter vel adverbiali- ter designata 533 7.; a. accidentis 171, 213 n.; a. nominis 336; a. verbi 336; v. substantivatum Adiectivus, v. determinatio, dictio, nomen, participium, terminus, verbum, vocabulum Adf-, v. aff- Adp-, v. app- Adverbialis, v. determinatio, modus 638 Adverbialiter, v. adiectivum, capere, significare, sumere, terminus Adverbium 48 n., 192 n., 211, 212 n., 227 n., 268 n., 294 n., 333 n, 334, 335, 336, 337, 338 n., 343 n., 346 n., 348 n., 353 n., 354 n., 359, 369 n., 386-388, 391, 443 n., 453 n., 462, 515 n., 529, 537 n, 539 n.; adverbia componentia et personalia 212 n.; adverbia impersonalia 212 n.; adverbia localia 212 n.; a. negativum 203 n.; adverbia numeralia 253, 271 n., 284 n., 303 n; adverbia resolutoria 448 n.;_ a. temporale 212 n., 237 n., 336; a. demonstrandi 406 n.; a. hortandi 336; a. negandi 460 n.; a. optandi 336; a. qualitatis 212 n.; a. quantitatis 212 n.; a. similitudinis 270 n.; a. determinativa compositionis 359 n; v. verbum Adversarius 491 n. Aequivoca (nomina) 146, 485 Aequivocatio, def. v. fallacia Aequivocus, v. nomen, praedicatio, terminus, aequivoca Affirmare 321, 479, 504 n., 521 Affirmatio 197 n., 203 n., 321, 330, 354 n., 441 n., 499 n., 503, 504 n., 544 n.; v. qualitas, xxt&gaote Alienare 179 Indice dei termini latini Alienatio, def.  inoltre Alîetas, v. signum Amphibolia 511 n.; v. amphibologia Amphibologia 512 n., 514, 526; ». amphibolia Ampliare 78, 94 n., 107, 139, 145, 146 n., 149, 151, 152, 162, 168 n., 169, 175, 177 n., 179 n., 186 n., 188 n., 189, 190 n., 364 n.; a. copulative aut disiunctive, aut disiunctim aut copulatim 188 n.; v. amplificare, verbum, vis Ampliatio, def. 170, 182, 186, 190, 599; inoltre 19, 44, 76-78, 86, 95, 139, 145, 146, 147, 148 n., 149 n,, 151, 152, 153, 154, 157, 162, 165, 168-170, 172, 175, 177 n., 178, 179 n., 182, 184 n., 185, 186, 188, 189 n., 192, 231 n., 232, 328, 346 n., 430 n., 599; a. respectu suppositorum 170; a. respectu temporis 170; v. amplificatio, appellare, appellatio, restrictio Ampliative, v. stare, supponere Ampliativus, v. participium, praedi- catum, terminus, verbum Amplificare 175 n., 176 n.; v. ampliare Amplificatio 175, 176 n.; v. ampliatio Analysis 396 n. Antecedens (opp. consequens) 19, 101 n., 235, 237 n., 239, 243 n, 278 n., 286-n., 292 n., 389 n, 393 n., 399 n., 428, 440 n,, 441, 443 n., 448 n., 449 n,, 461 n, 490 n., 493, 494 n., 497, 518, 541 n., 542 n., 606, 610-614, 620 (v. oppositum); Indice dei termini latini a. exponens 440 n.; a. (pronominis relativi) 285 n., 293, 434 n., 546 n., 561 n., 567, 568, 575, 576 Apparentia, v. causa Appellare, def. 87 n., 88 n.; -a. du- pliciter accipitur 98; -a. = esse commune 102, 103 n.;-a. = prae- dicare 103 n.; inoltre 47, 49 n., 50 n., 53 n., 57, 58, 70, 71 n, 72 n., 84, 85, 87 n., 88, 89 n., 90, 91, 92, 93 n., 95 n., 98, 99, 100, 101 n., 102, 103 x., 105, 106, 107 n., 108 n., 111-113, 116, 119, 128 n., 129 n., 130 n., 132 n., 151, 153 n., 168, 179 n., 225 n., 228, 342 n., 343 n., 393 n., 394 n., 578, 579 n., 598; a. ampliationem 118 n., 119; . complexionem 110; a. non complexionem, sed formam lil n.; . conceptus 262 7#.; a. formam, def. 598; inoltre 84, 98, 99, 101 n., 106, 107, 109, 110, 115, 116, 117 n., 119, 175 n, 426 n., 549, 577, 580, 581 n., 585, 586 n., 587, 598 (+. dictio, praedi- catum); a. hoc aliquid 72 n.; a. individua 101 n.; a. rationem 84, 107, 113, 114, 116 n., 260, 261 n.; a. propriam rationem-omnes rationes 108 n.; a. substantiam 85 n. (v. nominare); a. significatum formale 113; unum totum sub una significatione uno nomine a. 56; res appellata 93 n., 97, 105 n.; v. instituere, institutio, rpoomnyopetv Appellatio, def. 49 n., 86 n., 87, 89, p D PPDpp ap pp 639 90 n., 94 #., 101, 103, 118, 207 n.; -a. dicitur quattuor modis 89 n.; -a. dupliciter accipitur 98; -a. = proprietas praedicati 109 n.; inoltre 19, 44, 45, 47-49, 50 n., 58, 59 n., 68,70, 71-74, 75, 76-79, 80, 82, 83, 84, 85, alia discreta alia communis 95 n.; . manerialis 0 simplex 81; materialis 81; personalis 95 n.; reciproca 49 n.; . variata 47; . ampliationis, def. 119 n.; inoltre 118, 193; . dicti 124, 127-130, 150, 151 n, 349 n., 356; . dictionis 78 n.; a. enuntiabilis 129, 344; » . formae, def. 119; inoltre rationis, def. 107, 113, 572 n.; inoltre 108 n., 110, 114, 116 n., 120, 260 n., 562, 572, 578; . rationis vel conceptus 107 n.; . suppositi 134; . temporis, def. 118 n., 572 n; inoltre 118, 572, 578, 580; termini 88 n.; a. alia termini communis, alia ter- mini singularis 89 n.; 640 a. termini communis, alia pro ipsa re in communi, alia pro suis infe- rioribus 90 n.; vocum 93 n.; . per modum adiacentis, per mo- dum non adiacentis 106 n.; a. pro formali significato, def. 111; a. pro ratione 111; sufficientia appellationis 135 n.; ex figura appellationis 71 n.; sub figura appellationis 51, 71, 72; ex similitudine appellationis 72 n.; habere appellationem ab aliquo 59 n; v. restringere, tpoonvopia Appellativum, v. appellativus Appellativus 47 n., 58, 98 n.; appelativum 79 n., 97 n.; v. nomen, terminus Appellatum Di appellata dicuntur praesentia suppo- sita 88 n.; a. praesens 96 n.; appellata praesentia, praeterita, fu- tura 95 n., 96 n.; appellata actualiter entia, tria habi- tualiter entia 136; sufficientia appellatorum 135, 136, 167 n. Apponere 136, 157, 166 n., 167 n., 168 n., 170, 171, 203 n., 204 n,, 209 n., 223 n., 225 n., 259, 331 n., 344 n., 368, 519 Appositio 45, 176 n., 344; appositiones id est praedicata 352 n.; v. tphodeore Appositum, v. appositus P » Indice dei termini latini Appositus=ex parte praedicati posi- tus 157; appositum 160 n., 557 n.; a parte appositi 160 n.; ex parte appositi 159 w., 160 n.; esse in apposito 209 n.; v. terminus Aptitudo 241 n.; v. nomen Arguens 437 n., 552 n. ‘Arguere cavillatorie 491 n.; v. forma, modus Argumentare, v. modus Argumentatio 41 n., 395 #., 401 n. Argumentum, def. 398, 400; izoltre a. notius ac probabilius 399; solutio argumentorum 386 n.; v. enthymema, exemplum, inductio, syllogismus Ars: -a. logica 218 n. (v. logica); . nova 15; . vetus 16; . disputandi 399 (v. disputare); inveniendi 395 n.; . iudicandi 395 n. (v. iudicare); . resolvendi 395 n. (v. resolvere); . anche officium, sermocinalis Articularis, v. nomen Articulatio, v. vox Articulatus, v. vox Articulus 48 7., 49 n., 297 n. Ascendere 244 Ascensus, def. 239; inoltre 233 n., 239 n., 240 Assumere 439 n. Assumptio 398 n., 399 7. 2 pp ps so po Indice dei termini latini Attribuere 339 n., 520 n.; a. coniunctim 521; a. coniunctim vel divisim 537 n. Attributio 208 n.; v. subiectus Auctores 413 Authentici 413 n. Calculationes 427 Capere: -c. adverbialiter-nominaliter 466 n.; c. exponibiliter 372 n.; c. modaliter 464 n.; v. abstractum Captio 444; v. modus Casuale, v. casualis Casualis 45, 338 (v. inflexio, mo- dus); casuale 303 n. Casus 172 n., 549 n.; v. accusativus, genitivus, nominativus, rectus, obligatio, obliquus, verbum Categorema 215 n., 226 n., 228, 454 n., 486; categoreuma 229 7. Categorematice, v. stare, sumere, te- nere Categorematicus 226 n. Categoreuma, v. categorema Categoria, v. praedicamentum Categorica 355 n., 420, 422 n., 482 n., 517, 538 n., 546 n.; c. implicita 129 n.; c. simpliciter 421 n.; c. de inesse 403 n.; v. dictum, propositio Causa: -c. apparentiae, def. 531; inoltre 280 n., 526, 527, 531 n.; c. deceptionis 527; c. defectus, def. 528; inoltre 527; c. falsitatis 208 n., 475 n., 476 n, 527; 41 641 c. non existentiae, def. 527 n.; inol- tre 526, 527; c. veritatis, def. 473 (v. probare, probatio, propositi); -causae ve- ritatis sufficientes 476 n.; izoltre 428, 429, 472-475, 476 n., 477-482, 488, 494, 495, 497 n.; v. institutio, inventio Causalis, v. consequentia Cavillator 541 n. Certificabile 402 n.; v. probabile Coartare 139, 161, 163 n., 166 n., 169 n., 195 n. Coartatio, def. 165 n.; inoltre 88, 139, 152, 159, 161; ». restrictio Coartatus, v. suppositio Cohaerere, v. modus Cohaerentia 343; c. praedicati ad subiectum 342; v. nota Cointellectum, v. connotatum Collective 256, 561; ». praedicare, stare, tenere, verificare Commune, v. communis Communis 221 (v. appellare, dictio, esse, nomen, ratio, suppositio, ter- minus, vox); natura humana c. 370 n.; commune, def. 221 n.; inoltre 221 n., 370 n.; naturaliter commune, def. 221; via a communibus ad propria 484 n. Comparatio 87 n., 92 n., 293 n, 416 n., 562 n.; c. aequalitatis 266 n.; c. secundum excessum 266 n.; v. distributio Comparativus 266 n., 270 n., 277, 284 n., 286 n., 293 n., 303 n., 416, 424 n.; v. terminus 642 Complexio 110 n., 111 n., 197, 505; v. appellare, dicere Complexivus, v. conceptus Complexum, v. complexus Complexus: -complexa, incomplexa (designatio sophistica) 74 (v. con- ceptus, dictum, incomplexum, ter- minus, vox); complexum 259, 371, 455, 462-464, 465, 467, 468, 469, 471, 577, 581, 598; v. connexum Componere c. = definire, 506 n.; v. adverbium, diversitas Componibilis, v. terminus Composita, v. compositus Compositio, def. 502 n., 512, 513 n., 516 n., 528 n.; inoltre accidentalis 529 n.; . contingens 349; . duplex 507 n.; . formalis 486 n., 504; . indicativa vel infinitiva 370; . materialis 486 n., 504; . necessaria 336; . simplex 507 n., 548 n.; nnonanann Indice dei termini latini c. actus ut distantis 501; c. intellectus 503 n., 504 n.; c. rerum o modorum significandi 500; c. sermonis 529 n.; c. terminorum 506 #.; c verborum 503 #.; c. secundum distantiam 502 7.; secundum compositionem 381, 499, 523 n.; via compositionis 396 n.; v. adverbium, consignificare, deno- minare, determinare, determinatio, dictio, disponere, dispositio, falla- cia, forma, locutio, modalis, mo- dus, necessitas, oratio, paralogi- smus, propositio, sensus, sophisma, oUvieog Compositum, v. compositus Compositus 499; composita 366, 420, 505 n.; compositum 198, 501 x.; v. conditionalis, copulativa, dictio, intellectus, minor, modalis, nomen, oratio, prolatio, propositio, sen- sus, sermo, subiectum, terminus Comprobare 395 n. Comprobatio 395 n. Conceptus 394 7.; c. complexivus 214; c. complexus 417 n., 418; c. mentalis 220 n., 506 n.; v. appellare, appellatio, ratio Concludere c. copulative-disiunctive 274 n.; c. directe 613, 614; c. divisim 508 n.; c. formaliter 275 n. Indice dei termini latini Conclusio, def. 398, 400; inoltre v. cuprépacpo Concretum, def. 68 n.; c. accidentale 66 n.; c. substantiale 66 7.; v. abstractum, terminus Conditio 375, 376, 380; conditiones contrariae, contradicto- riae, subalternae et subcontrariae 371 n.; v. modalis, necessarium, nota Conditionalis 460 #., 518; c. necessaria 380; c. de dicto et composita, de re et divisa 381; v. consequentia, nota, propositio Conditionatim, v. descendere Confundere c. confuse distributive 265 n., 266 n., 283, 285 n.; c. confuse distributive mobiliter 302 n., 303 n., 575 n.; c. confuse tantum 251, 252, 259 n., 267 n., 268, 284 n., 285, 286 n., 287, 291 n.-293 n., 294, 302 n., 304, 459, 562 n., 567 n.,575, 577, 585, 595; c. confuse tantum —immobiliter 303 n., 304 n.; c. confuse tantum mobiliter 303 #., 304 n.; 643 c. distributive 265, 266, 284 n. 293 fi; c. distributive mobiliter 303 n.; c. distributive mobiliter vel immo- biliter 585; c. immobiliter 233 7., 595; c. immobiliter vel mobiliter 233 #.; c. mobiliter 233 n., 595; c. necessitate signi 233 n.; c. sine distributione 260 n., 283 n.; c. sine distributione confuse tantum 283 n.; potestas confundendi 260 n.; v. immobilitare, signum, syncatego- rema, terminus, virtus, vis Confundibile 284 n.; c. non confusum-confusum 284 n.; v. terminus Confuse 217, 447; minus c. 233 n.; v. confundere, consignificare, copu- lare, dictio, negare, significare, stare, supponere, tenere, vis Confusio, def. 224; inoltre immobilis 596; . mobilis 596; . necessitate modi 233 n.; . necessitate rei 233 n.; auferre confusionem 223 7.; v. modus, terminus Confusivus, v. signum, virtus, vis Confusum, v. confusus Confusus 217, 222; confusum 261 n.; ononn 644 v. confundibile, copulatio, relativum, suppositio, tempus, terminus, vox Congruitas 528 n.; c. intellectus 403 n.; Congruus, ». intellectus, locutio, pro- positio Coniunctim 428, 508 n., 513, 537 n., 539 n., 570; v. accipere, attribuere, descensus, intelligere, praedicare, subicere Coniunctio c. copulativa 147 n., 294 n.; c. copulativa vel disiunctiva 196 n., 537 1 c. disiunetiva 147 n.; . expletiva 330 n.; v. copula, nota, vis Cadunpee 203 n., 207 n., 393 n, 504 n., 505 n., 515 n., 532 n, 534 n., 535 n., 537 n., 539 n 576 n.; c. in adiacentia-in essentia 203 n.; c. intransitive 205 n.; coniunctae (prop.) 615 Connexum 371; v. complexum, modus Connotare: -c. = secundario signifi- care 66; inoltre 66 n., 104, 106, 111, 177 n., 183 n., 215 n, 388 n, 505 n., 599 n.; c. accidentalem proprietatem 67 n.; . accidentaliter 67; c. passionem propositionis 388 n., 389 n., 581 n., 585; c. qualitatem 66 n.; c. tempus 144 n. Connotatio 66 n., 67 n., 144; o D Indice dei termini latini . extranea 67 n.; . accidentalis proprietatis 67 n.; . temporis 144 n.; . verbi restricti 600 Connotativum 65 n.; v. nomen, ter- minus Connotatum 65 #.; connotata = cointellecta 66 n. Conpraedicativum 230 n. Consequens v. determinatio, fallacia, modus, necessitas, oppositum, probatio Consequentia formalis 418, 424 n., 428 n.; . materialis 235; . necessaria 377; . rationalis, conditionelis, causalis 236; c. syllogistica 40; v. ablativus, inferentia, necessitas, nota Consignificare, def. 144 n.; -c. est polisemis (!) 143; inoltre 61 n., 82 n., 139, 141 n., 142, 143, popopno noann Indice dei termini latini 144 n., 181 n., 198, 224, 225, 226 n., 228, 454 n., 503 n., 504 n., 598; c. compositionem 501; c. tempus 140 n., 141 n.; c. tempus sine differentia 181 n., 215 n.; c. tempus confuse-determinate 209; tempus consignificatum in verbo 159; v. copulare, denotare, rpoconualvev Consignificatio:  -c = secundaria  si- gnificatio 140 n., 153; -c = modus significandi 190 n.; izoltre c. varia 143; c. temporis 46, 140, 141 n., 181; c. verbi 159 n., 190 Consignificativas 226; v. dictio Consignificatum, v. consignificatus Consignificatus, v. tempus; consignificatum 140 w., 159 n. Constantia, def. 236, 237 n., 274 n.; inoltre (0. copulatim); . debita 274 n., 275 n., 429 n.; . debita singularium 275 n.; . debita suppositorum 275; . sufficiens 236; . sufficiens suppositorum 274 n.; . singularium 275 n.; . singularium vel suppositorum 274 n.; c. suppositorum 273 n.; c. subiecti 274 n., 436 Constitutio (=definitio) 506 n. Constringere 190 n. Constructio 338 n., 341 n., 452 n.,, onpanonn 645 453, 515, 528, 529 n., 530, 531, 332, 333: ns c. specialis 262 n.; quantum ad constructionem 338; secundum constructionem 339, 341; v. modalis, modus Construere 531 n., 553 n. Contingens 328; v. compositio, mo- dalis, èvBeydpuevov Continuitas subiecti cum praedicato 167 n. Contractus, v. falsitas, veritas Contradictio 444 n., 485, 486, 512 n.; v. oppositio Contradictorium, v. probare, probatio Contradictorius, v. conditio Contrahere 151 n. Convenientia 87 Copula 41 n., 109 n., 179 n., 181 n., 184 n., 186 n., 204 n., 214 n., 227 n., 229 n., 230, 247 n., 270 n., 291 n., 321, 336 n., 346, 355 n., 363 n., 365 n., 503 n., 613, 620; . principalis 270 n.; . simplex 363 n.; . verbalis 365 n.; . vocalis 214 n.; c. coniunctionis ‘et* 547 n., 558 n.; a parte copulae 355 n.; ex parte copulae 321, 539 n.; v. determinatio, modus, officium, syn- categorematicus Copulare: +c. = adiacenter signifi care 211; -c. = significare simul esse 196 n.; inoltre 154 n., 195 n., 198 n., 202, 203 n., 205, 207, 208, 209 n., 210 n., 211 n., 212 n, 213, 399 fi 305 n, 922 1 533 n., 537 n., 538 n., 550 n.; c. intransitive=consignificare 205 n.; c. confuse 212 n.; onnn 646 . confuse et distributive 212 w.; confuse tantum 212 n.; . determinate 212 n.; . discrete 212 n.; . personaliter 212 w.; . simpliciter 212 n.; in adiacentia, in essentia 203 n.; . tempus confuse-determinate 209 w.; . modus, officium, significare, ter- minus Copulatim 188, 189 n.; c. cum medio (o cum constantia) 274; v. ampliare, descendere, descensus Copulatio, def. 207, 209-212, 213; inoltre sive impositio 195 n.; . confusa 211; . confusa distributiva 211; . confusa tantum 211; . determinata 211; . distributiva 211 n.; . distributiva immobilis 211 n.; . intransitiva 205 n.; simplex aut personalis 212 n.; . adiacentiae 205 n.; . essentiae 203, 205 n.; . terminorum 516 n.; . verbi 210 n.; . secundum actum, secundum habi- tum 210 n.; v. nota, officium, significare, vis Copulativa (prop.) 422 n., 432 n., 472, 473 n., 480 n., 486, 489 n, 491 n., 497, 615 (v. propositio); c. composita 423 n., 424 n., 482 n. Copulative 188, 189 n.; v. acceptio, ampliare, concludere, descendere, graonnnnnnn 00NnAnnnann5a0NnnN Indice dei termini latini descensus, probare, significare, supponere, tenere, verificare Copulativus, v. coniunctio, descensus, dictio, verificatio Copulatum, v. copulatus Copulatus, v. descensus, terminus; copulatum 208 n., 211 w., 570 n., 579 n., 621; c. ex terminis de praedicamento ‘ubi’et ‘quando’ 271 n. Deceptio, v. causa Declarabile 402 n.; v. probabile Decompositio 502 n. Deducere ad inconveniens 411 n. Defectus, v. causa Definire 396 n., 413 n., 451 n, 467 n.; v. componete Definitio 55, 56, 57, 60 n., 61 n, 74, 91, 210 n., 379, 387, 409, 410, 413 n., 598; d. sive descriptio 468 n.; d. nominalis 65 n.; d. quid nominis 65, 105; definitiones non secundum essentiam sed secundum adiacentiam acceptae 61 n.; definitiones quaedam secundum rei substantiam, quaedam secundum formae adhaerentiam assignatae 60; v. constitutio, probare Definitivus, v. oratio Demonstrare 268 n., 289 n., 398 n., 442 n., 443 n., 449 n., 459 n, 604-606, 611, 613, 614, 619, 621; v. adverbium, officium Demonstratio 397 #.; d. a signo 444; d. quia 444 Demonstrativa (prop.) 411 n.; v. propositio Indice dei termini latini Demonstrative, v. tenere Demonstrativum 409 n., 439, 445, 447 n., 449 n.; v. pronomen, re- solutio, resolvere Demonstrativus, v. scientia, syllogi- smus, terminus Demonstratum 133 #. Denominans-denominatum 69 n. Denominare 97 n., 230 n., 355 7, 422, 425 n., 481; d. compositionem 353 #.; v. denominans Denominatio 121 w., 405 n. Denominative 55, 59 n., 382 n. Denominativum, def. 50; -d. multi- pliciter accipitur 64 n.; -triplicia sunt denominativa 67 n.; inoltre 54 n., 59 n., 61 n., 64 n., 66 n, 67 n.,97 n.; v. derivativum Denominativus, v. praedicatio, termi- nus, vocabulum Denominatum, v. denominans, ter- minus Denotare 98, 115, 116, 117, 186 n., 202 n., 214, 229 n., 260, 360 n., 378, 502, 550 n., 590, 599 n.; d. sive consignificare 502 Derivativum 54 n.; v. denominativum Descendere 228, 235, 240, 241, 244, 253, 254, 256, 260, 262 n., 264 n.; d. conditionatim et disiunctim 278 n.; d. copulatim 278 n.; d. copulative 241 #., 290, 299 n.; d. disiunctim 241 n., 242 n.; d. disiunctive 241 n., 242 n., 299 n.; d. nec  copulative nec disiunctive 251 n.; . difformiter 264 n.; . uniformiter 264 n.; . ad singulare 246 n., 272; . ad supposita 260; ALALALA 647 d. ad universale 272; d. per disiunctivam propositionem 278 n.; v. propositio Descensus, def. 235; -d. est quadru- plex 238; inoltre d. coniunctim 290; d. copulatim 241, 299 n.; d. copulative 241, 257, 473; d. copulativus, def. 238; inoltre 239, 586; d copulatus, def. 238; d. disiunctim 241, 255, 300; d. disiunctive 241, 473; d. disiunctivus, def. 238; inoltre 239, 586; d. disiunctus, def. 238; inoltre 239; d. insufficiens, def. 240; inoltre 239, 240; d. sufficiens, def. 239; inoltre 240; d. difformiter et non uniformiter 282; d. ad inferiora 233, 468; d. ad singulatria 260 n.; d. de copulato extremo 281; v. immobilitare Describere 402 n., 462, 467, 469, 470 n.; v. propositio Descriptio, def. 468; inoltre 395 n., 440 n., 462 n., 467-469, 470, 471, 480, 482, 483; v. definitio Descriptibilis, v. probatio Descriptibiliter, v. probare Descriptivus, v. oratio 648 Descriptum 440 n., 469 n.; v. pro- positio Designare 85 n., 103 n., 107 n, 134 n., 198 n., 202 n., 375; v. adiectivum Designatum 74 Desinere 478 n., 482; ». incipere, propositio Desinitio 416 Determinabile 112, 185, 539 n., 578, 588; d. subsequens 533 n.; d. superius 184; v. terminus Determinare 145, 365 n., 371, 373 #., 403 n., 465, 471, 486 n., 529, 532 n., 551 n.; d. compositionem 336, 353 n.; d. inhaerentiam accidentis et subiecti 80; d. inhaerentiam praedicati cum su- biecto 335; d. qualitatem 60; d. qualitatem circa substantiam 84 n.; d. qualitatem agendi 343 n.; d. verbum 336; v. adverbium, vis Determinate, v. consignificare, copu- lare, stare, supponere Determinatio d. adiectiva 159; d. adverbialis non modalis 358 n.; determinationes adverbiales-nomina- les 334; d. intrasumpta-extrasumpta 375; d. superior 184; Indice dei termini latini . compositionis 350; . consequentis 517; . copulae 355, 357 n.; dicti 390; inhaerentiae 333; . obliqui 159; . praedicati 339, 343, 517; . subiecti 230 n., 339; . verbi 348 n.; . modus, propositio Determinatuii, v. determinatus Determinatus, v. ratio, significatio, suppositio, tempus, terminus; determinatum 178 n., 261 n., 530 Dialectica, def. 400, 573 n.; -d.= scientia disputandi ex probabilibus 399 n.; v. officium Dialecticus 398 #.; dialectici 56 n., 144 n., 225 n. Dicere: - secundum accidens d. 57; . cum modis 331 n.; . de dicto 351 n.; . de re 351 n.; . non proprie 268 n.; secundum complexionem 505 n.; . sine complexione 505 n.; v. modus, subiectum Dicibile 125, 126 n.; v. Mextév Dictio  SÌ Pe pe RE pd e aaa apaoa Indice dei termini latini 535 n., 536 n., 537 n.-539 n., 544; adiectiva 110 n., 166 n.; adiectiva appellat suam formam 110 n. (v. appellare); . communis generis 297 n.; . composita cum aliquo 535 n.; confuse posita 435 n.; confuse significans 223; . consignificativa 225 n.; . copulativa vel disiunctiva 537 n.; . determinans compositionem 335; d. exceptiva 277, 290, 292, 303, 404 n., 421, 425 n. (v. exceptivus); d. exclusiva 249 n., 276 n., 277, 291, 295 n., 303, 415, 421, 422 n., 424, 475 n., 535 n., 596 (v. exclu- sivus); dictiones modales 277, 334; . officialis 453, 454 n. (v. officium); . reduplicativa 303, 422, 424; . significans actus mentales 459; . significativa 208; . substantiva 110 n., 111 n.; . syncategorematica 229 n., 251, 283 n., 336; extra dictionem 517 n.; v. appellatio, fallacia, figura, forma, locutio, proprietas, significatio, subiectus, HE, puo Dictum, def. 123 n.; inoltre vel significatum 124 n.; . categoricum 471, 556, 590, 598; complexum 598; . hypotheticum 471, 556; . multiplex 497 n.; . singulare 354 n., 361; . verbale 591, 594; . propositionis, def. 123 n.; inoltre 124 n., 125, 341 n., 354 n., 359, 371, 490 n., 552 n., 553, 556 n, 559, 574, 577, 581, 602, 603, 610, 618, 619; v. appellatio, conditionalis, determi- natio, dicere, expositio, minor, mo- dalis, oratio, propositio, sermo, significatum, subicere, supponere Differentia 583 n., 598 n.; d. substantialis 506 n.; d. temporis 112, 181, 182, 184, 187. n., 189, 214; v. ratio Discrete, v. copulare, stare, supponere Discretio 376; d. substantiae 71 n.; d. terminorum 393 Discretum, v. discretus Discretus, v. appellatio, suppositio, terminus; discretum 220 n.; dupliciter sumi- tur d. 220 n. Discontinuitas orationis 167 n. Disiunctim 188, 189 7; d. cum medio 274; v. acceptio, ampliare, descendere, de- scensus, exponere Disiunctio 196 n., 512, 516 rn. 522 n., 548 n., 554 n.; v. modus, nota, significare Disiunctiva (prop.) 425 n. » 472, 650 475 n., 480 n., 482, 489 n., 497; v. propositio Disiunctive 180, 189 n., 477, 480 n., 495 n.; v. ampliare, concludere, descendere, descensus, probatio, significare, supponere, tenere, veri- ficare Disiunctivus, v. coniunctio, descen- sus, dictio, verificatio Disiunctum, v. disiunctus Disiunctus 548 n. (v. descensus, tet- minus); disiunctum 570 n., 579 n. Disiungere 393 n., 537 n., 538 n. Disponere compositionem 335 Dispositio 227, 335; d. compositionis 336, 504; d. tertiae figurae 43 n.; v. modus Disputare 218 x., 452 n.; d. ex probabilibus 399; v. ars, determinatio, disserere Disputatio 218 n., 437 n.; d. realis 394 n. Disputatores 413 n. Disserere idem est quod disputare 400 n. Distinctus, v. significatio, suppositio Distrahere 178; v. terminus Distractivus 599 Distribuere 211 w., 233 n., 242, 243, 254, 255 n., 259, 279 n., 286 n.,, 287, 291 n-293 n., 295, 485, 548 n., 579 n.; habere naturam distribuendi 259; v. modus, vis Distributus, v. suppositio, terminus Distributio 100 n., 108, 210 n., 224, 241, 254, 259, 295, 363 n., 474 n., 493 n., 548 n., 562 n., 576; d. per comparationem 259 n.; Indice dei termini latini v. confundere, modus, subiectum Distributive, v. confundere, copulare, negare, praedicare, stare, sumere, supponere, tenere, vis Distributivus 234 n.; modo distributivo 262 n.; v. copulatio, signum, suppositio, syn- categorema Diversitas componendi vel dividendi 507 n.; v. relativum Dividere 504 n., 507 n., 513, 515 n., 533 n.-537 n., 548 n., 591, 594 n., 597 n.; v. diversitas Divise, v. significare Divisim 428, 508 n., 513, 537 n., 539 n., 570; v. attribuere, conclu- dere, inferre, intelligere, praedicare Divisio, def. 516 n., 528 n., 529 n; inoltre d. accidentalis 528 n.; secundum divisionem 381, 499, 523 n., 529 n., 537 n., 538 n., 542; v. fallacia, locutio, modus, oratio, paralogismus, propositio, sensus, sophisma, Suatpeous Divisive 253, 561; v. accipere, stare, tenere, verificare Divisus 499; v. conditionalis, minor, modalis, oratio, prolatio, proposi- tio, sensus, sermo, terminus Duplicitas sophistica 75 Elenchus, v. ignorantia Enthymema, def. 401 n.; inoltre 400 n., 401 n. Indice dei termini latini Enuntiabile 125-129, 130 n., 154, 522 n., 551 n.; enuntiabilia insolubilia 126 n.; v. interrogabile, nomen, praedicamen- tum, subiectum, verbum Enuntiare 49 n., 126, 133 n., 330 Enuntiatio 18, 49 n., 55 n., 73, 125, 126, 229 n., 230 n., 330, 341 n., 352 n., 354, 499 n., 505; e. simplex-composita (hypothetica) 505 n.; enuntiationes simpliciter 351, 352 n.; e. de inesse 345 n.; v. modus, pars, verbum, vis, ambpavare, Mdyoc Esse: -e. actuale 177 n., 178 n.; e. commune 177 n.; e, intelligibile 178 n.; e. potentiale 178 n.; ‘est’ secundum adiacens 198, 199, 203, 213, 237; ‘est’ tertium adiacens 198, 199, 200, 203, 204 n., 205 n., 213, 503 n.; v. appellare, modus, ponere, praedi- camentum, praedicare, significare, subiectum, verbum Exceptiva (prop.) 373 n., 423 n, 432 n., 479, 480 n.; v. propositio Exceptivus 553 n.; v. dictio, signum, terminus Excludere 454 n. Exclusio 297 n., 435 n.; v. nota Exclusiva (prop.) 373 n., 432 #., 479 n., 480 n., 481; v. propositio Exclusivus 553 n.; v. dictio, signum, terminus Exemplum 400 n., 401 n. Existentia, v. causa Expletivus, v. coniunctio, propositio Explicare 402 n.; v. propositio 651 Explicatio 590 Exponens (exponentes) 192 n. 250 n., 259, 275 n., 287 n., 292 n., 369, 409, 418-422, 424 n., 428, 430, 432, 433, 473 n., 475, 478, 479 n., 480 n., 481, 552 n. Exponere e. disiunctim 479 n.; e. de re, de sensu 340; v. antecedens, probare, propositio Exponibile, v. exponibilis Exponibilis 255 n., 330 n., 383, 402 n., 420 n., 574 (v. modus, propositio, terminus); exponibile 19, 40, 402 n., 432 Exponibiliter, v. capere, probare, stare, tenere, terminus Exposita (prop.) 421, 428, 432 n., 440 n., 480 n.; v. propositio Expositio, def. 414; inoltre e. propria, impropria 422; e. de re, de dicto 343; v. syllogismus, &xdeowe Expositive, v. probare 652 Expositor 65 n., 413 #. Expositorie, v. probare Expositorius 442; ». syllogismus Expositum 407 n., 432, 433; v. pro- positio Extrapraedicamentale 126 n. Extremitas maior, minor 614; e. propositionis 393 n.; v. extremum Extremum 227 n., 496, 502 n, 538 n., 556, 559; e. propositionis 187 n., 355 n.; e. propositionis categoricae 227 n.; v. descensus, extremitas, propositio Fallacia, def. 527; inoltre 39, 72 n., 507, 508, 516, 517 n., 525 n., 529 n., 531 n., 538 n., 543 n; . accidentis 439 n., 572 n.; . aequivocationis 454 n.; . secundum aequivocationem 511 n.; . compositionis, def. 515 n.; inoltre 507, 508 n., 514 n., 525 n., 534 n.; f. secundum compositionem, def. 529 n.; f. consequentis 472, 473, 474 n, 476 n., 477 n., 49 n., 495 n.; f. divisionis, def. 515 n.; inoltre 507, 508 n., 525 n., 534 n.; f. secundum divisionem, def. 529 n.; f. figurae dictionis 550, 572 n. (v. figura); f. secundum univocationem 511 n.; f. secundum diversam partem (rela tum, tempus, modum) 511 n.; f. secundum plures interrogationes ut unam 517 n.; v. modus Fallere 508 #. Falsificare 486, 490 n. neh Indice dei termini latini Falsitas 476 n., 486, 499 n., 503 n., 504 n., 524, 589 n., 596 n., 597 n.; f. contracta 353 n.; f. contracta fallibilis, infallibilis 353 n; f. simpliciter 353 n.; v. causa, improbare, notitia Falsum 338 n., 339 n.; f-verum 345 n., 346 n.; f-verum = accidentia propositionis 345 n.; v. modalis Figmenta animi 79, 80, 419 Figura 43 #., 72 n., 450, 502 n. (». appellatio); f. simplex, composita, decomposita 502 n.; f. (syll.) 396 n., 439 n., 443 n,, 449 n.; f. prima 437 n., 439 n., 442 n, 443 n., 613, 621; £. secunda 439 n., 442 n., 443 n, 449 n.; f. tertia 437, 438 n., 442 n., 443 n, 449 n. (v. dispositio); f. dictionis, def. 72 n., 78; inoltre 72, 78 n., 146 n.,, 152, 208 n,, 414 n., 516, 526, 549, 572 (v.° fallacia) Forma 15 n., 42, 59, 71 n., 81 n, 82, 88 n., 92 n., 98, 103, 104 n, 106 n., 109 n., 110 n., 149 x, 158, 163 n., 165 n., 170, 171 n, 199, 284 n., 493 n., 506 n., 535 n.; quo est 81; " stauendì 558 n., 591; . compositionis 396 ds: £ dictionis 528 n.; f. accidentalis dictionis=significatum eius? 485; f. loquendi 350; mmm Indice dei termini latini . praedicati 103 n., 457 n.; . propositionis 418, 425 n.; . resolutionis 396 n.; . subiecti 457 n.; . termini 106, 137; . vocis 522 n., 531; . sive ratio a qua imponitur (no- men) 54 n.; materia formata a forma 64 n.; de forma 440 n.; ratione formae 163 n.; sub propria forma 98, 360 n.; v. accidens, appellare, appellatio, de- finitio, nomen, praedicare, praedi- catum, significare, sumere, termi- nus, valere, vox Formale 42 n.; f. propositionis 41 n., 42; f. in propositione 319; formalia syllogismi 396 7. Formalis, v. compositio, consequen- tia, formale, logica, principium, significatio, significatum, suppositio Fundamentum 199, 200, 203 n., 204, 206; v. subiectum Futuritio 177 n. Ph Ph ihr i Genitivus 536 n. Gerundius 567 n., 575 n. Glossatores 413 n. Gradus, v. comparativus, positivus, superlativus Grammatica, v. officium Habitualis, v. suppositio, suppositum Habitudo 100 n., 101 w., 258, 454 n., 460 n.; h. terminorum 379, 395 n., 420; v. necessitas, probatio Habitus, v. copulatio, modus, sup- positio 653 Hoc aliquid 51, 72 n., 450; hoc aliquid-quale aliquid 72 n.; v. appellare, significare, còSE cu Hypothetica 304 n., 355 n., 378, 421 n., 496 n., 517, 520, 538 n.; h. copulata 518; v. dictum, propositio Identitas, v. relativum Ignorantia elenchi 509, 525 Illativus, v. terminus Immediatum, v. immediatus Immediatus, v. propositio, syllogi- smus, terminus; immediatum 397 n., 45Immobilis 240; v. confusio, copu- latio, suppositio Immobilitare 242, 243, 249, 257 n., 258, 266, 276 n., 278 n., 284 n.,, 286 n., 295 (v. vi: i. = impedire descensum 304; i. confundendo 596 Immobilitatio 595 n. Immobilitare 242, 243, 249, 257 n., 266, 276, 278 n., 286 n., 295 Immobiliter, v. confundere, stare, supponere, vis Impertinens 550 n., 571, 591, 603, 610; v. terminus Impertinentia 518 n. Implicare 420; v. officium Implicatio 45, 159, 486 Implicativus, v. relatio Implicitus 420, 434 n.; v. categorica, negatio, propositio, terminus Imponere i. nomen 82, 93 n.; i. ad significandum 260; v. forma, intentio, nomen 654 Impositio i. primaria 476 n.; i. vocis 93 n.; secundum impositionem 490 n.; v. copulatio, intentio, nomen Impositor 70 n., 82, 289 n. Impossibile v. modalis, propositio, &SUvatov Impossibilitas 353 n. Improbabile 400 Improbare 400, 437 n., 449 n, 457 n.; i. = ostendete falsitatem propositio- nis 401 Improbatio 186 n. Inceptio 416 Incipere 290, 303 n., 478 n., 479; i. et desinere (incipit et desinit)  (v. propositio) Incomplexum, v. incomplexus Incomplexus, v. terminus, vox; incomplexum 227 n., 468-471, 577; i. significativum complexi 469 (v. complexus) Incompositum 506 n. Incongruus 45; v. propositio Inconveniens, v. deducere Indefinita (prop.) 356 n. 401, 439, 442 n., 449 n.; v. propositio Indistinctio, def. 75; inoltre 74, 75 n. Individuum 94 7., 101 n., 133 n,, 221 n., 246 n.; v. appellare, nomi- nare Inducere 444 n.; i. formaliter 429 n. Indice dei termini latini Inductio, def. 401 n.; inoltre 239, 274 n., 275, 400 n., 401 n., 429, 444 n., 485, 493; v. argumentum, probare Inductive, v. probare Inesse, v. categorica, oratio, propo- sitio Inferentia 231 n., 420 Inferior 103, 185, 220, 224, 236, 246, 406, 438, 441, 442 n., 597 n.; i. quidditative-essentialiter 184; v. inferius, pronomen, terminus Inferius v. appellatio, descensus, probatio Inferre 399, 401 n., 428, 521; i. divisim 537 n.j i. fallaciter 520; i. formaliter 273 n., 275 n., 442 n;; i. resolutorie 444 n. Infinitare 320; v. negatio Infinitive, v. tenere Infinitivus, v. compositio, modus, oratio, terminus, verbum Infinitus, v. modus, nomen, oratio, terminus, verbum Inflexio casualis 82 7. Inhaerere 335, 502 n.; v. modus Inhaerentia 335 n., 504; i. modificata subiecti cum praedi- cato 336; . praedicati ad subiectum 377; . praedicati cum subiecto 346; . verbi 338; . determinare, determinatio, nota, propositio Inopinabile 400 Insolubile 20, 40, 453 7. eee Indice dei termini latini Insolubilis, v. enuntiabile, notitia Instituere 93 n.; i. voces ad appellandum 93 n.; v. placitum Institutio 70, 93, 134 n., 221; i. voluntaria 70, 221 n.; i. ad placitum 104; i. vocum non ad significandum sed tantum ad appellandum 93 n.; causa institutionis vocum 93 n. Intellectus 514, 516 n., 517; i. compositus 504 7.; i. congruus 403 n.; in intellectibus 514; secundum intellectuam 252, 513, 514 n.; v. compositio, congruitas, nomen, notus, significatio Intelligere: -i. primarie, secundarie 69 n.; i. coniunctim 515 n.; i. divisim 515 n., 521; terminus posterius intelligi 403 n.; v. modus Intelligibile, v. esse, significare Intensissimum et remississimum 427 Intensio 542 n.; v. intentio Intentio 22, 145 n., 218 n., 226, 289, 394 n.; . = mana 394 n.; . animae 221 n.; . imponentis 70; . et remissio 416 n.; v. intensio, passio, terminus Interiectio 48 n., 50 n, 227 n. Intermediare 552 n.; v. interponere, mediare Interponere 348 n., 352, 517; v. intermediare, mediare Interrogabile 128 n., 129 n. Introductores 413 n. 655 Inventio 395 n.; causa inventionis nominum 82; via inventionis 396 n. Inventor 70 Iudicare 396 n., 452 n.; i. de veritate propositionis 460 n.; v. ars, scientia Tudicium 395 n., 434 n., 579 n, 583 n. Tungere 515 n. La, ». li Le, v. li Lectio 413 Li 296, 297; v. signum (s. materia- litatis) Limitare 191 n., 192 n.; i. ad officium 402 n. Limitatio 191 x. Locus sophisticus 452 n. Locutio 435 n., 524, 537 n., 593 n.; |. congrua 435 n.; 1. multiplex 538 #.; 1 multiplex secundum compositio- nem et divisionem, o in sensu composito, in sensu diviso 361; secundum locutionem o dictionem 507; v. subiectum, MÉ1< Logica: -1.=scientia differendi 395 n; -l=scientia rationis 396 n.; inoltre 42 n., 218 n., 221, 396 n. (v. ars); 1. antiqua 18, 28, 38; 1. formalis 42, 43; 1. moderna 18, 38; 1. naturalis 42; 1. nova 18; 1. vetus 18; 1. fidei 42; 1. modernorum 18, 22, 25, 28, 44 656 Logicus 403 n., 502 n., 575 n, 594 n.; v. ars Loqui: -l communiter 334; 1. improprie 268; 1. proprie 268, 454 n.; stricte loquendo 359 n; v. forma, modus, usus Ly, v. Maior (praemissa) 442 n., 444 n., 450, 613, 621 Manerialis, v. appellatio Maneries 77, 83 Materia: -m. termini 106; m. vocis 59 n., 531; ratione materiae 163 n.; v. forma, vox Materialitas, v. signum .Materialis, v. appellatio, compositio, consequentia, significatum, suppo- sitio Materialiter 227 n., 390, 504; v. stare, sumere, supponere Maximae (prop.) 398, 468 n. Maximum-minimum 426, 427, 431 Mediare 369, 371, 549 n., 552 n., 553, 555 n., 556, 557 n., 559, 574, 576, 581, 602, 610, 619; v. intermediare, interponere Mediatum, v. mediatus Mediatus, v. propositio, syllogismus, terminus; mediatum 450 Medium, def. 237; inoltre 234, 236, 237, 273, 299, 301 n., 397 n, 400, 406, 407 n., 429 n., 437, 438 n., 447, 450; v. copulatim, disiunctim Medius, v. terminus Mentalis, v. conceptus, praecedere, propositio, terminus Indice dei termini latini Minimum, v. maximum Minor (praemisa) 442 n., 444 n., 450, 613, 621; m. composita-divisa, de re-de dicto 536 n. Mobilis 234 n., 240; ». confusio, suppositio, terminus Mobilitare 242, 249, 257 n., 258, 266, 276, 278 n., 286 n., 295, 575 n.; v. vis Mobilitas 232, 234, 240, 242 Mobilitatio 596 n. Mobilitatum 242, 249, 257 n., 258, 259, 266, 276 n., 278 n., 284 n, 286 n., 295 Mobiliter, v. confundere, stare, sup- ponere, vis Modalis 330, 349 (v. determinatio, dictio, signum, terminus, verbum); m. (prop.) (v. modus, oratio, propo- sitio, quantitas); m. modo adverbiali, verbali, nomi nali 359; modales improprie dictae, proprie dictae 389; m. absoluta 375, 376, 380; modales compositae 364; m. divisa 366; m. cum conditione 375, 376; m. de dicto 150, 342 n., 352, 380, 537 n.; m. de re 340, 341, 342 n., 352, 357, 380, 512, 537 n.; m. de sensu 340, 342 n., 512; m. de sensu composito, de sensu di- viso 388; m. de possibili et impossibili, de Indice dei termini latini necessario et contingenti, vero et falso 362 n.; m. in sensu 338 n.; m. in sensu composito 356 n.; m. in sensu diviso 361; m. quantum ad constructionem 338 n.; m. secundum divisionem 361; m. secundum sensum 340; m. sine aliqua conditione-secundum conditionem 380; m. affirmativa est a compositione modi, negativa a negatione modi 352 n.; dicimus qualibet modali tantum de dicto agi 344; m. nominalis est singularis 352 n. Modaliter, v. capere, probare, su- mere, tenere Modernus, v. logica Modificare 369 n., 370; Moduli 329 n.; v. modus Modus, def. m. = determinatio 334; -m. = determinatio adverbia- lis 334; -m. = determinatio com- positionis 361; -m. = determinatio copulae 355 n.; -m. = determinatio praedicati 350; -m. = determinatio verbi 333; -modi=differentiae entium, differentiae propositionum 363, 364, 382; -m.= dispositio 334; -m. = dispositio compositio- nis, praedicati, subiecti 361 n.; -m. = medius habitus terminorum 337; -m. = pars praedicati, subiecti 361 n.; -m. idest qualitas 334; -m. = qualitas praedicati 333; -m. = terminus determinativus connexi 371 n.; -m. proprie sump- tus, improprie sumptus 387, 388; 657 -modi sunt sex 352 n., 385 ss.; -modi sunt innumeri 358 n.; inoltre m. adverbialis 336, 338 n., 342 n., 348 n., 352 n.354 n. 358 n, 359 n., 555 n.; - casualis 338 n, 342 n.; . verbi casualis 49 ns . exponibilis 589 (v. exponibilis); . expressus 360; . infinitivus 339, 347 n., 354 n,, 465, 549 n., 552 n., 557 n. (v. oratio); m. infinitus 553, 602, 610; m. magnus, m. parvus 333, 334; m. modalis 361; m. nominalis 336, 345 n., 348 n, 352 n.-354 n., 534 n., 555 n.; . participialis 555 n.; . regulatus 437 n.; . resolutorius 395 n.; . verbalis 359 n., 555 n.; . accipiendi oppositionem 359 n.; . arguendi 177 n., 275 n., 329 n 359, 441 n., 461 n., 528 n. 611, 614, 619; BBBBB BBBBBB 658 argumentandi 401 n.; . cohaerendi 343; compositionis 345 n., 519; confusionis 260, 261 n.; . confusionis non  distributivae 261 n.; specialis confusionis 262 n.; consequentis 329 n.; copulandi 208 n.; dicendi 533 n.; distribuendi specialis 259; specialis distributionis 416; . divisionis 519, 520, 534 n.; essendi 195 n.; . fallaciae 329 n., 454 n; . inhaerendi praedicatum cum su- biecto 335, 345 n.; m. intelligendi 142, 195 n., 503 n.; ‘m. loquendi 79, 101 n., 476 n, 490 n., 602; . communis loquendi 266 n.; . necessitatis 333 n.; nominandi 71; . opponendi 484 7.; . possibilitatis 347 n.; . praedicandi 105 x.; . probandi 329 n., 409 n., 444 n., 445 n.; m. probandi efficacior, m. probandi facilior 410 n. ; m. probandi a posteriori 444 n., 445 n.; m. probandi per captionem 445 n.; m. proferendi, def. 531; inoltre 527 n., 532, 544; m. proferendi compositim vel divi- sim 531; m. proponendi 517 n.; m. propositionis 331 n.; m. propositionum modalium 362 n.; m. rei 212; BBBBB BBBBBBBBBS BBBBBBS Indice dei termini latini m. respondendi 484 n., 579 n.; m. scribendi 329 n.; m. significandi 80, 96, 142, 190 n., 195 n., 196 n., 202 n., 329 n, 348, 453 n., 501 n.-503 n., 531, 532, 533 n., 544 (v. compositio, consignificatio); m. significandi dependenter 502; m. significandi essentialis generalis 502 n.; m. significandi grammaticalis 531 n., 532 n.; m. significandi logicalisi. 329  n., Salon m. significandi sive intelligendi 502 n.; m. supponendi 208 n., 345 #.; m. suppositionis 108 n.; m. suppositionis non distributivae 261 n.; . syllogizandi 442 n.; a parte rei, a parte nostra 353; . in sensu 338; . in sensu, in voce 339; quantum ad constructionem 338; . quantum. ad enuntiationem 338 n.; m. quantum ad sensum 338; m. secundum sensum 338 n.; m. secundum compositionem, secun- dum divisionem 520, 533 n.; m. fieri cum distantia per modum generalis, per modum specialis 201 s.; per modum disiunctionis 488 n.; habere modum in praedicato 333; ex patte modi 362 w.; v. dicere, distributivus, fallacia, mo- dalis, moduli, negatio, proferre, propositio, subiectus, suppositio, vis, tpéTtog BBBBBB Indice dei termini latini Multiplicitas 488 n., 532 n., 535 n., 536 n.; m. actualis, def. 531 n.; m. potentialis, def. 527 n.; v. oratio Naturalis, v. suppositio Necessitas 353 n., 375, 379; n. absoluta 378, 379, 380; . conditionata 379, 380; . respectiva 378, 379; . simplex 379; temporalis 379; compositionis 501 n.; consequentiae 379, 380; . consequentis 379, 380; . habitudinis terminorum 501 n.; . totius vel alterius partis temporis 379; n. ex suppositione 379; v. confundere, confusio, modus, no- men, nota, suppositio, tenere Necessarium, v. necessarius Necessarius, v. compositio, conditio- nalis, consequentia, propositio; necessarium 328; n. absolute, sub conditione 380 (v. modalis, propositio, &vayxatov) Negare  n. confuse distributive 276; n. confuse et distributive vel univer- saliter 321; v. adverbium, negatio Negatio 42 n., 160 n., 186 n., 197 n., 203 n., 214 n., 224, 249, 251, 255 n., 259 n., 265 n., 266 n., 270 n., 271 n., 276, 283 n.286 n., 291 n., 292 n., 295 n., 318-321, 330, BppPpDbpPbEDD 659 331 n., 332 n., 348, 354 n., 359 n., 363 n., 400 n., 436 n., 437 n,, 442 n., 454 n., 460 n., 473 n, 475, 481 n., 486, 499 n., 501, 503, 504 n., 539, 544 n., 546 n., 548 n., 583; n. exercita 255 n., 318, 320; negationes implicitae 321; n. inclusa 270 n.; n. infinitans 258, 265 n., 320, 321, 539; n. negans n. praecedens 250 n., 362; n. simplex 347; n. modi 354 n.; v. modalis, particula, qualitas, termi- nus, virtus, vis, &Ttdgaote Negative, v. tenere Negativus, v. adverbium Nomen, def. 49 n., 50 n., 53; inoltre n. absolutum 65, 451 n.; n. accidentale 153; 660 n. adiectivum 80 n., 157, 207 n, 208 n., 211, 212 n., 213, 334 (v. adiectivum, qualitas); n. aequivocum 133 n., 485 (v. aequi- voca); n. appellativam 48, 49 n., 50 n. 32; ST; 73; "TI; 78, 95; II; B 99, 100 n., 102, 128 n., 147-149, 150, 404; '. nomina articularia 86 n., 131 n., 155; commune 52 n., 97 n., 102, 133 n.; compositum 505 n.; connotativum, def. 65; generale 222 n.; impositum 65 n., 82 n.; infinitum 320, 435 n.; numerale 223 n.; obliquum 157; proprium 48, 49 n., 50 n., 72 n, 84 n., 97 n., 98, 100 n., 127, 128 n., 246 n., 314 n., 404, 438 n.; relativum 541 n.; n. significativuam et appellativum, significativum non appellativum, appellativum non significativum eh n. substantivum 59, 192 n., 207 n., 208 n., 211, 212 #.; n. sumptum 59, 60, 209 n. (v. sumptum); n. syncategorematicum 228 n.; nomina synonyma 117 n.; n. verbale 49 n.; n. accidentis 208 n.; n. enuntiabilium 343 n., 382 n.; n. existentiae rei-non existentiae rei 339 ni; . figmentorum 82 (v. figmenta) formae 59; . intellectus 339 x.; . necessitatis 331 n.; BPPDDBPPEP p PEPD Indice dei termini latini . officii 451 n.; . orationis 339 n.; . possibilitatis 331 n.; praesentium vel existentium 95; propositionis 338 n.; rerum 218 n.; secundae impositionis 343 n., 382; . subiecti 208 n.; . substantiae 451 n.; nomina aptitudinem remotivam no- tantia 149 n.; nominis participatio 54; qualitas nominum 50 #.; nominis transfiguratio 54; dare nomina 82 n.; participare re, participare nomine 54; v. appellare, appellatio, inventio, offi- cium, quid, virtus, $voua Nominales 141 Nominalis, v. definitio, determinatio, modus Nominaliter, v. adiectivum, capere, modus, quod, significare, sumere, tenere Nominare 60 n., 61, 62 n., 70, 71 n., 79 n., 80, 82, 84, 85, 120 n, 205 n., 225 n., 344, 394 n.; n. idest appellare substantiam 84 n., 85 (v. appellare); n. substantiam 60, 79 n., 82 n.; n. individua 80, 81 n.; n. speciem 81 n. Nominatio ex similitudine nominationis 71 Nominativus 347 n., 502; v. rectus Nota 185 n., 204 n., 206, 333, 394 n. (1. obpporov); n. conditionalis 277, 459; n. conditionis 42 n., 304 n.; n. cohaerentiae n. coniunctionis 547 n., 550 n. 594 n.; n. consequentiae 292 n.; n. copulationis 197 n., 447 n., 538 n., 554 n.; . disiunctionis 447 n., 594; . diversitatis 223 n.; . exclusionis 299, 537 n.; . inhaerentiae 457 n.; . necessitatis 333 n.; . rationis 304; n. reduplicationis 481 n. Notior, v. notus Notitia: -n. insolubilis 595 n.; n. terminorum 410 x.; n. veritatis vel falsitatis 403 n. Notus, v. argumentum, probare, pro- positio, terminus; notior (notius) 397 n., 406 n.; notiora et priora apud nos, apud naturam 411 n.; n. per sensum vel intellectum 406 n. Numeralis, v. adverbium DIPDDODD Obligatio (obligationes) 20, 30, 42 n.; casus obligationis 563; Obligatorius, v. verbum Obligatus 42 n. Obliquitas 347 n. Obliquus 86 n., 279, 287 n., 547 n.; v. determinatio, nomen, subiectum, verbum Obscuritas 259 n. Officiabilis, v. officialis Officiabiliter, v. officialiter Officiale, v. officialis Officialis 226 n., 451 (v. dictio, pro- batio, significatum); o. (prop.) 456 n. (v. propositio); 661 o. (terminus) 451 n., 456 #., 468 n. (v. terminus); officiale 402 n., 454 n. Officialiter 451, 467; v. probare, pro- batio, propositio, stare, sumere Officians (officiantes) 440  #., 461 n., 469, 557 n.; v. propositio Officiare 372 n., 461, 462, 464 n., 469, 552 n., 557 n. Officiata (prop.) 440 n., 456 n, 461 n., 469; v. officiatum, pro- positio Officiatio 410, 456, 480, 482, 483 Officiatum 440 n.; v. officiata Officium 226, 402 n., 451, 452, 453 n., 454 n., 460; . artis 452 n.; . copulae 204; . copulandi 204; . copulationis 204; . demonstrandi 454 n.; . dialecticae 452 n.; . dictionis 453 n.; . docendi 452 n.; . doctoris 451 n.; grammaticae 452 n.; . implicandi 453 n.; . mentis 277, 459; . nominis 132 n.; praepositionis 454 n.; referendi 453 n.; substantivi verbi 205 n.; . vocis 453 n.; . limitare, nomen Opponens 452 n. Opponere 411 n.; v. modus, oppo- nens Oppositio 345 n. (v. modus); o. contradictionis 331 Oppositum 411 n., 483 n., 54i n, 614, 621; soo0900L9ILLI.L LIO 662 o. antecedentis, consequentis 436; o. propositionis 477; v. probare, probatio, propositio Oratio 18, 94 n., 126, 127, 129 n., 136, 200 n., 203 n., 218 n., o. composita, def. 528; inoltre 285, 505 n., 508 n., 515 n., 517, 527 n., 531 n., 533 n., 536 n., 537 n, 538 n.; o. composita ex syncategoremate et termino communi 283 n.; o. coniunctiva 581; o. definitiva vel descriptiva 467 n.; o. divisa, def. 528; inoltre 508 n., 527 n., 531 n., 533 n., 536 n- 538 n.; o. infinita 467; o. infinitiva 356, 462-464, 555 n. 581; o. modalis, de inesse 354 n.; o. multiplex ex compositione et di- visione 529 n.; o. multiplex secundum actualem multiplicitatem et ’potentialem 532 n.; o. simplex 505 n.; o. sophistica 516 n.; o. subiecta (=dictum) 341 n.; o. infinitivi modi 363 n.; o. de re, de dicto 534 n.; v. discontinuitas, nomen, pars, si- gnum, syncategorema, terminus, bros Orator 398 n. Ordinare Ordinatio 452 Ordo, v. probare Paralogismus 515 n., 519 n., 525 n.,, 533 n., 534 n., 537 n.; p. compositionis 533 n.; p. divisionis 533 #.; p. secundum compositionem 516 n.; p. secundum abundantiam et defec- tionem 515 n. Paralogizare 522 n., 537 n. Pars: -p. enuntiationum 393 n.; p. orationis 48 n., 49 n., 50 n., 211, 225 n., 226 n., 287, 289, 446 n., 447 n., 506 n., 521 n., 523 n.,, 533 n.3 p. propositionis 393 7.; v. copula, modus, praedicatum, subi- cere, subiectum, supponere, suppo- situm, vox Participialis, v. modus Participium 48 n., 49 n., 90 n, .; p. = participiale verbum vel casuale 49 n.; verba casualia id est participia 93 n; p. adiectivum 117 n.; p. ampliativum 599 n. Particula: -p. negativa 331 n.; p. negationis 331 n. Particularis (prop.) 356 n., 362, 363 n., 373 n., 401, 412 n, 439, 444, 449 n., 476 n., 613; v. propositio, signum Parva logicalia 18, 44 Indice dei termini latini Passio animae 394 n., 503 n; v. intentio Pertinens, v. sensus Peiorem (regola del) 327 Perfectio 528 n. Personaliter, v. copulare Personalis, v. adverbium, appellatio, copulatio, suppositio Persuasibile 402 n.; v. probabile Placitum: -ad placitum 106 n. 476 n.; ad placitum instituentis 63 n.; ex placito instituentium 221 n.; secundum placitum 141 n.; v. institutio, significare, vox Ponere in esse 366 w., 565 n., 566 n., 574, 582 n., 584; v. praedicamen- tum Positivus gradus 276 n. Possibile 328, 331, 333 n.; v. mo- dalis, propositio, Suvatév Possibilitas 331 n., 353 n; v. modus, nomen, privatio Posterius, v. intelligere, prius Postponere 523 n., 579 n. Potentiale, v. esse Potestas, v. confundere Praecedere 369, 546 n., 559, 561 #., 571, 575, 576 n., ST7 n., 581 n. (v. negatio); p. simpliciter 555 n., 556; p. totaliter p. vocaliter 403 n.; non p. in voce vel in scripto, sed . in significatione 463 n.; Praedicabile, v. praedicabilis Praedicabilis: -res p. 211; praedicabile v. probatio,: terminus Praedicamentum 105 n., 201 n. 202 n., 260 n., 414 n.; p. enuntiabilium 126 n.; esse in praedicamento 52 n.; esse de praedicamento substantiae 111 n; esse in praedicamento qualitatis 52 n., 66 n.; esse in praedicamento quantitatis 66 n.; esse in praedicamento  relationis 501 n.; esse in praedicamento substantiae 52 n., 66 n; in praedicamento ponere 60; v. copulatum, extrapraedicamentale, significare, xxtnyopla Praedicare 52 n., 55 n., 57, 60, 61 n., 92 n., 98, 102 n., 103, 104, 109 n., 156, 176 n., 203 n.205 n., 206, 219 absolute 375; accidentaliter 204 n.; collective, distributive 522 n.; coniunctim, divisim 519; de subiecto 57, 61 n.; ‘esse’ confuse, determinate 210 n.; in adiacentia 61 n., 204; in essentia 61 n.; principaliter, per accidens 204 n.; secundum adiacentiam 61 n.; p. solam formam 92 n.; p. tertium adiacens 213 n., 230; v. appellare, modus, praedicatum, subicere Praedicatio 486, 503 n. (v. vis); vp poso pd 664 p. denominativa, univoca, aequivoca 65 n.; p. directa 442 n.; p. per  accidens atque impropria 204 n.; p. secundum accidens 57 Praedicativum, v. praedicativus Praedicativus, v. propositio; praedicativum 230 n. Praedicatum 66 n., 68 w., 91, 92 n, p. ampliativum 107; p. appellat suam formam, def. 115; inoltre 98, 100, 101, 103, 104 n., 109 n., 110 n. (v. appellare); p. simplex 548; p. sub propria forma  praedicare 101 n.; a parte praedicati 83, 95 n., 106, 107, 166 n., 228, 229 n., 230 n, ex parte praedicati 84 n., 90 n., 91, 155; talia sunt subiecta qualia permittun- tur ab eorum praedicata 68 n.; v. appositio, appositus, cohaerentia, continuitas, determinare, determi. natio, extremitas, extremum, for- ma, inhaerentia, modus, proposi- tio, qualitas, subiectum, terminus Praedicatus 151 x., 343, 517; v. dic- tio, modus Praeiacens, def. 425 n.; inoltre 421 n., 423, 425 Praemissa 42 n., 43 n., 186 n., 435 n., 439, 457, 485, 602, 611; praemissae mere singulares 442 n.; v. maior, minor, tpotaotg Praeponere 523 n., 533 n., 557 n. Praepositio 48 n., 227 n., 453 n., 454 n.; v. officium Praeteritio 177 n. Primum-ultimum 427 Principium materiale-formale 395 n. Prius-posterius 395 n.; v. notus, pro- bare, probatio Privatio 331, 416; p. possibilitatis 331 n. Privativus, v. terminus Probabile, v. probabilis Probabilis 586 (v. argumentum, pro- positio, terminus); probabile 177 n., 398, 399, 400 n., 402 n., 463, 482, 558 n. (v. cer- tificabile, declarabile, disputare, improbabile, persuasibile, #vSotov) Probabilitas 398 n. Indice dei termini latini Probare 229 n., 273 n., 276, 290, p.=ostendere veritatem propositionis 401; probari vel verificari 560 n. (v. ve- rificare); p. quadrupliciter: a priori, a poste riori, ex opposito et ab aequo 409; . quadrupliciter: a priori, a poste- riori, aeque, indirecte 412 n.; p. ab aeque 412 n.; p. ab aequo 409; p. ex aequo 430; p. a posteriori 409, 410 n., 412 n., 430, 444 n.; p. a posteriori inferiori 444 n.; a posteriori totaliter separato 444 n.; . a priori 409, 410 n., 412 w., 430; . copulative 482; . descriptibiliter 482, 577; explicative 593; exponendo 464 n.; exponibiliter 482, 593; . expositive 593; . expositorie 410, 430; . indirecte 412 n.; . indirecte ex opposito 409; . ex opposito 410 n., 430; . per oppositum 553 n.; uo) vo vtvvvIvvdUvvv 665 p. inductive 493; p. inductive per sua singularia 411 n; p. inductive per suas singulares 410 n.; p. per inductionem 493; p. per singulares 482 n.; p. modaliter 368 7.; p. officialiter  (officiabiliter) 369, 382, 383, 389 n., 464, 465, 482, 559 n., 565 n., 577, 588 n., 593; p. resolubiliter 389 n., 447 n., 464, 482; p. resolutorie 448, 450; p. resolvendo 464 n.; p. per causas veritatis 482 n.; p. per contradictorium 481 n., 482 n; p. per convertibile magis notum 409; p. per definitionem 409; ordo probandi 373 n.; v. exponere, describere, officiare, modus, propositio, resolvere Probatio p. vel inductio 275 n.; p. ab aeque 412 n.; p. ex aequo 430, 444; p. a destructione consequentis 485; p. a posteriori 411, 443, 444; p. a posteriori inferiori 444; p. a posteriori totaliter separato 444; 666 . a priori 411, 444; . descriptibilis 598; . disiunctive 483 n.; . indirecta 412 n., 444; indirecta ex opposito 412 n.; . officialis 590 n., 598; . officialiter 413 n., 494 n., 588; p. per causas veritatis 423 n., 471, 472, 479, 481 n., 483 n;; Pp. per contradictorium 485, 487; p. per habitudinem praedicabilium 412 n., 456; p. per inferiora 436; p. per singulares 429 n.; p. propositionis 20, 40, 44, 45, 234, 271, 368, 373, 374, 393, 401, 403 n., 409 n., 427, 543, 544, 554, 557 n.; p. resolutorie 448; p. sufficiens 438 n.; v. descriptio, expositio, officiatio, resolutio, propositio, &méSewtrc Proferre 505 n., 528 n., 532 n.; p. continue, discontinue 167 n.; p. simpliciter, cum modo 330; v. modus, vox Prolatio 297 n., 527, 528 n., 530, 531, 532; p. continua, discontinua 532 n.; p. continua et composita, disconti- nua et divisa 535 n.; una continua p.-plures  prolationes 528 n. Proloquium 125 n. Pronomen 48 n., 49 n., 72 n., 90 n., 104 n., 157, 165, 203 n., 289 n, 405 n., 441 n., 443 n., 454 fia 588; p. demonstrans 52 n., 99, 101 n., 109 n., 110 n., 115, 132 n., 219 n., 360, 366 n.; dv'Uvvvovu Indice dei termini latini p. demonstrativum 246 #., 274 n., 289 n., 314 n., 363 n., 404, 438 n., 441 n., 442 n., 448, 449 n, 450 n., 453 n., 563 (v. demon- strativum); p. demonstrativum in singulari: nu- mero 404 n.; p. demonstrativum pluralis numeri 406 n.; p. inferius 404; p. relativum 223 n., 434 n., 447 n, 453 n. (v. relativum, antecedens, referens) Pronuntiare 331 n., 527, 528 n. Pronuntiatio, def. 527 n.; inoltre 530 Pronuntiatum 125 n. Propinquissimum-remotissimum 428 Propositio, def. 490 n.; inoltre 52 n., p. adversativa 330 n.; p. categorica (v. categorica, extremum); p. categorica de copulato extremo 278 n.; p. categorica de copulato subiecto vel praedicato 196 n.; p. categorica de disiuncto extremo 260; p. categorica de disiuncto subiecto 180 n., 186 n.; p. categoria: aliqua de inesse, aliqua de modo 378; p. comparativa 330 n.; 667 p. composita 329 n., 364 n., 366 n., 380, 426 n., 446, 447 n., 505, 534 n., 593, 596 n.; p. conditionalis 292 n., 329 n., 376- 378, 381, 495 n., 498 n.; p. congrua 415 n.; p. contingens 335, 364 n.; p. contradictoria 356 n., 476 n.; p. copulativa (v. acceptio, co- pulativa); p. aequivalens uni copulativae 250 n; p. cum modo 331 #., 337; p. cum subiecto infinito 441 n.; p. demonstrativa 439, 481 n. (v. de- monstrativa); p. demonstrativa sive immediata 407 n.; p. descendens 235, 238, 239; p. descensa 235, 237, 238, 239; p. descripta 470; p. descriptibilis, def. 469, 470 n. 471; inoltre 440 n., 470; p. disiunctiva 236 n., 246 n., 260, 267 n., 273 n., 423 n., 473 n, 475 n., 481 n., 482, 486, 495 n., 499 n., 538 n., 570 n. (v. disiune- tiva, descendere); p. divisa 179 n., 180 n., 366 n, 380, 539 n., 593, 596 n.; p. exceptiva 264 n., 283 n., 403 n., 418, 421 n., 423, 424 n., 425, 427, 429, 431, 473 n., 478 n, 480 n., 486 (v. exceptiva); p. exclusiva 248, 249 n., 267 n. . (v. exclu- siva); . expletiva 330 #.; . explicanda 593; . exponenda 464 n.; . exponibilis, def. 414; inoltre 402 n., 414, 416, 418, 420, 421, 440, 472, 477 n., 479 n., 553 n., 569 (v. exponibilis); p. exposita 418, 428, 440 n. (v. exposita, expositum); p. hypothetica 129 w., 186 n., 196 n., 329 n., 418, 425 n., 495 n., 522 n, 538 n., 539 n., 553 n; p. hypothetica copulativa-disiunctiva 522 n.; p. hypothetica conditionalis-disiunc- ta 522 n.; p. hypothetica de disiuncto subiecto 179 n., 180 n,; p. immediata 397 n., 406 n., 409, 410 n., 438, 582 n.; p. immediata a posteriori 405 #n.; p. immediata a priori 405 n.; implicans 420; . implicita 420; . impossibilis 335, 382 n.; incongrua 415 n., 434 n., 465; indefinita 271 n., 272 n., 356 n., 362, 363 n., 366 n., 441 n., 447 n., 448 n., 449 n., 450 n., 496 n. (v. indefinita); p. mediata 402 n., 449 n., 482 n.; p. mentalis 373 n., 394 n.; p. modalis, def. 333, 351 n.; -p. modalis large, stricte, strictissime 333 n.; -p. modalis large, stricte 358; inoltre 44, 45, 173 n., 323, 332, 334, 345 n., 346, 348 n., lie Mo Mao Mu] PPP Indice dei termini latini 351, 353 n., 354, 355 n., 358 n., 359 n., 362, 363 n., 373 n., 553 n., 581 n., 594 n. (v. determi- natio, inhaerentia, modalis, mo- dus); p. modalis modo adverbiali, nomi- nali, verbali 359 n.; p. modalis composita 363 n., 365 n., 366 n. (v. qualitas); p. modalis cum determinatione 375; p. modalis cum determinatione in- trasumpta 376; p. modalis de dicto, de re 344 n., 348, 384: p. multiplex 493 n., 496 n., 497 n.; p. necessaria, def. 381 n.; inoltre 335, 347 n., 360, 363 n., 378, 381 n., 382 n., 464 n.; p. officialis, def. 462 n., 466; inol- tre 440 n., 455, 456, 459, 462, 552 n., 556 n., 557 n., 589 (v. officialis); p. officianda 462 n., 590, 593; p. officians 456, 459, 460, 461 n. (v. officiata, officiatum); p. particularis 271 n., 272 n., 285 n., 356 n., 362, 441 n., 442 n., 444 n, 447 n., 448 n., 450 n., 492 n, 495 n., 496 n. (v. particularis); p. possibilis 335, 381 n., 461 n.; p. praedicativa 329 x., 331 n., 376; p. probabilis 403 w., 405 n., 446, 455, 567; p. probabilis a primo termino 402 n.; p. probabilis per causas veritatis, def. 482; inoltre 472; p. probabilis per oppositum 456 n.; p. probata 456, 470; p. probata resolutorie vel officiali- ter 440 n.; Indice dei termini latini p. proposita resolutorie vel officia- liter 440 n.; p. reduplicativa 418 n., 423, 425 n., 427, 431, 473 n. (v. reduplica- tiva); p. resolvenda 446 (v. resolvenda); p. resolvens 446 (v. resolvens); p. resolubilis 440, 449, 450 n., 553 n., 557 n., 593; p. resoluta 440 x., 446, 447 n. (v. resoluta, resolutum); p. simplex 329 x., 330, 331 n., 341, 342 n., 420; p. simplex de inesse 371 n.; p. simplex et singularis numeri 479 n.; p. singularis 264 n., 271 n., 275, 349 n., 356 n., 361, 362, 363 n., 366 n., 429 n., 438 n., 444 n, 447 n., 448 n., 495 n., 496 n; p. singularis de subiecto conditio- nato 282; . subalterna 430; subcontraria 356 n.; . substitutiva 329 n.; temporalis 495 n.; . universalis 228, 267 n., 270 n., 275 n., 280 n., 283 n., 285 n, 349 n., 356 n., 361 n., 362, 363 n., 369, 373 n., 428 n., 430 n, 454 n., 492 n., 493, 552 n. (v. universalis); p. de copulato extremo 256, 263, 267, 278 n., 495, 496; p. de desinit 426 n.; p. de dicto 344, 351, 382, 383; p. de disiuncto extremo 176 n., 238 n., 267 n., 495 n., 496 n, 538 n., 596; p. de disiuncto praedicato 519; p. de disiuncto subiecto 186; vo 669 p. de impossibili 464 n.: p. de incipit 426 n.; p. de incipit et desinit 426 n., 479 n., 480 (v. incipere); p. de inesse 324, 334, 335, 338, 339 n., 340, 341, 342, 345, 346, 348, 351, 352, 354, 355, 356, 357 n., 358, 359 n., 360-362, 363 n., 364- 366, 376, 387, 389, 464 n., 559, 583, 584, 595 (v. significato); p. de inesse seu de simplici inhae- rentia 365 n.; p. de inhaerentia modificata 365; p. de modo 173, 337, 349, 355 n., 356 n., 361, 378; p. de modo sive modalis 357; p. de necessario 378 w., 381, 382 n., 464 n.; p. de necessario conditionali 378; p. de necessario quando 378; p. de necessario simpliciter 378; p. de necessario simpliciter pro sem- per 378; p. de necessario ut nunc 378; p. de possibili 381 n.; p. de re 340 n., 351, 383; p. de sensu 340 n., 341, 344; p. de sensu composito 355 n. (v. quantitas); p. de sensu diviso 355 n., 357 n.; p. de subiecto recto, de subiecto obliquo 354 n.; p. in sensu compositionis 359; p. in sensu composito 355 n., 356 n.; p. in sensu divisionis 359; p. in sensu diviso 355 n.; p. magis nota 410 n.; p. per se nota 398 w.; p. secundum compositionem et di- visionem 359; v. connotare, dictum, extremitas, ex- 670 tremum, falsum, forma, formale, improbare, maximae, nomen, op- positum, oratio, probare, proba- tio, resolutio, sensus, significatum, subiectum, sumptum, supponere, veritas, TpéTtaote Proprietas 218 n., 453 #.; proprietates accidentales, substantia- les 209 n.; p. incommunicabilis 53; p. dictionis 452, 529 n.; p. sermonis 181; p. termini 599 n.; proprietates terminorum 18, 19, 38, 39, 44, 152, 267; p. simplicis, compositi, decompositi 502 n.; v. appellatio, connotare, connotatio, suppositio Punctuare 530 n., 532 Punctuatio 527, 528 n., 530, 532 n., 538 n. Quaestio, def. 400; inoltre 56 n., 386, 485 Quale 56, 57, 414 n.; q. aliquid 73 n., 450 (»v. hoc ali quid, significare, rowév tu) Qualitas 50 n., 52 n., 53 7., 54, 57, 79 n., 80, 82, 83 n., 84 n., 166 n, 199, 200; . singularis-communicata 53 n.; . substantiae 71 n.; « nominis adiectivi 165 n.; . praedicati 343 n.; q. (propositionis) 353 n., 354 n., 371 n., 613, 620; q.=affirmatio et negatio 264 n.; q. propositionum 42 n.; q. propositionum modalium compo- sitarum 363 n.; sQ QI Indice dei termini latini v. adverbium, connotare, determina- re, modus, nomen, praedicamen- tum, significare, substantia, rrové- Tae Quando 260 n. Quantitas 293 n.; q. continua, discreta 211 n.; q. (propositionis) 265 n., 354 n., 361, 363 n., 366, 373 n., 613, 620; q. modalium 362; q. propositionum de modo in sensu composito 356 n.; v. adverbium, praedicamentum Quantum 414 n. Quia, v. demonstratio Quid nominis 425 n., 428 n., 596 n., 597 n., 599 n.; ». definitio Quidditative, v. inferior Quo est, v. forma, quod est Quod: -q. coniunctionaliter 463, 464; q. coniunctive 465; q. nominaliter 436, 464; q. relative 465 Quod est-quo est 53, 81; v. si- gnificare Ratio rationes vel conceptus 108 n.; r. cavillatoria et sophistica 541 n.; r. communis 261 n., 592; r. determinata 114 n.; r. finita et determinata 229 n.; r. propria 261 n.; non est differentia inter significa tum et rationem propriam 119; Indice dei termini latini r. rerum 218 n.; v. appellare, appellatio, forma, lo- gica, nota Rationalis, v. consequentia Reales 298 n. Rectitudo 347 x. Rectus (casus) 45, 177 n., 279, 287 n., 4A1 n., 442 n.,, 450, 547 n, 565 n.; v. subiectum, verbum Reducere 506 n. Reductio 396 n., 449 n Reduplicatio 425 n., 475 n., 481 n.; v. nota Reduplicativa (prop.) 432 n., 475 n., 478 n., 481 n.; v. propositio Reduplicativus, v. dictio, signum Referens 289 n.; v. pronomen, re- lativum Relatio 435 n.; r. implicativa 550 n.; v. praedicamentum Relativum r. non confusum 447 n.; r. implicativum 594; r. diversitatis 259, 265 n.; r. identitatis 265, 293; v. pronomen, referens Relativus, v. nomen, suppositio, ter- minus Remissio 145 n., 542 n.; v. intensio, intentio Remississimum, v. intensissimum Remotissimum, v. propinquissimum Repugnans, v. terminus Res: -r. appellata 93 n., 97, 105 n.; r. existens 132 n. (v. significare); r. praedicabilis 211; 671 r. significata 60 n., 111 n, 117, 195 n., 349, 453 n.; r. subiecta 205 #., 344 n.; v. appellare, appellatio, compositio, conditionalis, definitio, dicere, exponere, expositio, minor, mo- dalis, modus, nomen, oratio, pro- positio, ratio, sensus, significatio, suppositio, tenere, universale, vox Resolubile, v. resolubilis Resolubilis 448; resolubilia 402 #.; v. propositio, terminus, verbum Resolubiliter 369; v. probare, stare, sumere, tenere Resoluta (prop.) 440 n., 447 n.; v. propositio, resolutum Resolutio r. propositionis 396 n., 441 n.; r. syllogismi 396 n.; r. verborum ad substantiva 407 n., 436; r. per duo demonstrativa 441; via resolutionis 396 n.; v. forma Resolutorie, v. inferre, probare, pro- batio, propositio Resolutorius 395 7., 442, 448; v. adverbium, modus, scientia, syl- logismus, &vaXvtixde Resolutum 440 #. Resolvenda (prop.) 447 n., 448 n.; v. propositio, resolvere Resolvens : (resolventes) 440 #n., 447 n.; v. propositio, resolvere 672 Resolvere r. verbum 446 n.; r. per duo demonstrativa 464 n.; v. ars, probare, SuaX.xdew Respondens 452 n. Restricte, v. stare Restrictus, v. suppositio, terminus Restrictio, def. inoltre maturalis, def. 164 n.; . simplex o naturalis 164; . usualis, def. 164 n.; . ampliationis 599 n.; . termini=coartatio termini 164 n. (v. coartatio) Restrictivam-restringens 184 Restringentes 164 n. Restringere, def. 164 n.; inoltre r. appellationem 86 n.; v. restrictivum Restringibilis 184 n.; v. terminus Rhetor 398 n. muonmo Indice dei termini latini Scientia: -s. demonstrativa 397 #.; s. resolutoria 395 n.; s. sermocinalis 41; s. inveniendi 395 n.; s. iudicandi 395 n.; v. dialectica, logica Sensus 195 n., 340, 489, 490, 491, 492, 493 n., 494498, 532 n. 538 n., 541 n., 544, 550 n., 558 n., 575 n., 581 n., 598 n.; sensus significati disiunctive 477; diversi sensus 340; integrus s. propositionis 340; sensus pertinentes 598 n.; de sensu 340, 341, 342 n., 344 (v. exponere, modalis, propositio); de sensu, de rebus 544 7.; de sensu propositionis 342 n.; in sensu 341 (v. modalis, modus); secundum sensum 339, 341; s. compositionis 353 n., 507, 524, 525 n., 529 n., 535 n., 538 n, 539 n., 555 n. (v. accipere, pro- positio); s. per compositionem 512; s. compositus (v. locutio, modalis, propo- sitio, sumere); Indice dei termini latini s. divisionis 353 n., 507, 524, 525 n.,:529 n., 532 n., 538 n., 555 n. (v. propositio); s. per divisionem 512; s. divisus (v. locutio, modalis, propositio) Sententia 125 n., 130 n. Separare 515 n., 539 n. Sequi 571, 575 ; s. a priori 447 n.; s. finaliter 370 n., 372, 463, 552 n., 603, 618; s. immediate 258; s. mediate 252, 370 n.; s. totaliter 371, 556 n.; v. terminus Sermo 48 n., 198 n., 218 #., 229 n., 230 n., 393 n., 394 n., 399, 452, 453 n., 468, 500 n.; s. compositus vel divisus 167 n.; s. de dicto, de re 517 n.; in sermonibus 514; v. compositio, proprietas, virtus Sermocinalis 452; v. scientia Signatum 97 n.; v. signum Significabile 390, 391; s. complexe 390, 391, 595 n. Significare, def. 66 n.; -s. multipliciter accipitur 131 n.; -s. dividitur in 4 n UI W 673 supponere et copulare 207 n.; inoltre 6adaequate 120 n., 121 n., 372 n., 461, 490 n., 583, 584; . ad placitum 402 n.; . adverbialiter, nominaliter 348 n.; . confuse 223 n. (v. dictio); . copulative 477, 478, 479 n., 489 n., 490 n., 491 n., 492 n-496 n, 497 n., 498 n; . copulative sive disiunctive 207; . disiunctive 177 n., 477, 478, 480 n., 489 n., 490 n., 492 n, 494 n-496 n., 497 n., 498 n.; . diffuse 222 n.; . divise 507 n.; . personaliter pro persona vel sim- pliciter pro natura 67 n.; 674 . praesentialiter 87 n.; s. praecise praecise primarie 506 n., 611; . primarie 410 n., 444 n., 460, 470 n., 490 n., 491 n., 556 n.; . primario 65; . primo 65; . primo et principaliter 506 n.; . principaliter 60, 66 n., 141 n., 206, 412 n., 490 n.; . primo loco, secundo loco 60 n.; . secundarie 69 n., 491 n.; . secundario 65, 101 n., 141 n. (v. connotarte); . qualitercumque 471 w., 475 n.; . syncategorematice 569; . cum tempore 181 n., 214, 504 n.; . sine tempore 96; . ex forma adiacente 59 n.; . per modum copulationis aut per modum disiunctionis 485; . per se, per aliud 57, 58; . per se et ut unum 56, 57; . ut unum 57; . accidens 80, 82 n., 206; actus mentales 277; . aliquid, scilicet universale 72 n.; . essentiam 67 n., 83, 84 n.; formam 81 n., 90 n., 92 #.; . formam adiacentem 59 n.; . fotrmam substantialem vel acci- dentalem primarie 68 n.; . formam et suppositum 68 n.; . hoc aliquid 51, 72 n., 103 n, 209 n.; . idem 143, 205 n.; . id quod est 81 n.; . quo est et id quod est 81 n.; Indice dei termini latini s. intelligibile 79 n.; s. naturam communem habentem supposita 100; s. purum esse 331 n.; s. quale aliquid 51, 73 n., 133 n., 209 n.; s. qualitatem, def. 83; inoltre 51, 69 n., 80, 83, 84, 85 n., 209 n.; s. qualitatem finite, substantiam infi- nite 208 n.; s. qualitatem principaliter, subiectum secundario 60, 85 n.; s. qualitatem propriam, qualitatem communem 79 n.; s. rem existentem 90 n.; s. res diversorum praedicamento- rum 60; s. significatum 114, 119; s. significatum formale 115, 116; s. significatum secundum determina- tam rationem 113 n.; s. substantiam 51, 69 n., 79, 80, 83, 84 n., 85 n, 90 n;j . substantiam confuse 222 n.; . substantias praecise 52 n.; . substantiam principaliter 66 n.; . substantiam secundario 80; . substantiam cum qualitate 53; . substantiam et qualitatem 50 n., 53, 84; s. modo substantiae 81, 82; s. tempus 141 n., 571; s. tempus confusum, determinatum 209 n.; res significata 60 n., 111 n., 117, 195 n., 349, 453 n.; v. copulare, dictio, imponere, insti- tutio, modus, suppositum, verbum, virtus, vox, ompotvev Significatio, def. 92 n.; inoltre 17, 58, 60 n., 61, 66 in., 67 n., 68, pIHLUVLW adaequata 490 n.; . distincta 121 n.; . determinata 230 n.; . finita et determinata 226 n.; . finita 226 n., 230 n.; . formalis 116; prima 61 n.; . primaria 69 n., 140, 490 n.; . principalis 60, 140 n., 142 n. 147 n., 154, 206, 208, 490 n.; s. propria 202 n.; secundaria 60 n., 140, 142 n. (v. consignificatio); . totalis 490 n.; . dictionis 485; . intellectus 70; . propositionum de inesse 346 n.; . rei 70, 218 n.; . vocis 93 n., 218 n.; . per se 58 n.; secundum significationem 61 n.; res cum propria significatione co- niuncta 218 n.; v. appellare, praecedere, vis Significative, v. stare, sumere Significativus, v. dictio, incomple- xum, nomen, terminus, vox Significatum 52 n., 54, 64, 68 n., 80, nYLLOL UV Ww v ILLY VW s. duplex, materiale et formale 111; s. formale, def. 111 n.; inoltre 112 n., 116, 120 (v. appellare, appellatio); s. materiale, def. 111 n.; inoltre 112, 116; s. duplex, primarium et secundarium 69 n.; s. primarium 68 w., 69 n., 382 n, 409, 444 n., 470, 471 n., 553 n; s. secundarium 69 x.; s. adaequatum 120 #., 121 n., 470, 471, 565 n; . non ultimatum 220 n., 269; . principale 65 n., 159 n.; . speciale 195 x.; . totale 120 n., 121 n.; . dicti 371 n.; . propositionis 125, 126 n., 127 n., 382 n., 490 n.; s. termini 92 n.; s. primarium termini, def. 68 n.; s. primarium termini concreti acci- dentalis 69 n.; significata officialia 454 n.; v. dictum, forma, ratio, significare, supponere, terminus Signum 64 n., 69 n., 70, 97 n, 120 n., 132 n., 136, 161, 198, 211 n., 229 n., 242, 243 n., 246 n., 270 n., 291 n., 295 n., 318, 363 n., 409, 416, 430 n., 443 n, 453 n., 471, 575; s. aequivalens orationi 291 n.; signa affirmativa 230 n.; naVLWAW 676 signa collectiva 424; s. confundens 177 n., 302; s. confusivum 569, 570; s. distributivam 211 n., 214 n, 230 n., 242, 252, 264 n., 271 n, 277, 287 n., 304; s. exceptivum 270 n., 416 n; signa exclusiva 416; signa modalia 552 n.; signa negativa 291 n., 295 n., 302; s. particulare 243 n., 363 n.; signa reduplicativa 416; s. universale s. universale affirmativum (v. vis); signa universalia affirmativa aequiva- Jlentia orationibus 291 n.; universale distributivum 283 n.; universale negativum 284 n., 455; alietatis 424; materialitatis 296, 383 n.; . demonstratio, li, signatum, sup- positio Simplicitas 502 n. Singularis 366 n., 373 n., 401 n,, 450 n.; v. dictum, modalis, prae- missa, probare, probatio, proposi- tio, qualitas, subiectum, suppositio, terminus Singulare 42 n., 101 n., 133 n, 219 n., 220 n., 246, 271-273, 275, 289, 369, 370 n., 428, 429 n., 432 n., 460, 477, 485, 493, 552 n.; singularia sufficienterenumerata 275 n.; v. constantia, descendere, descensus, inductio, probare Solutio, v. argumentum aeouo% Indice dei termini latini Sophisma 19, 74, 403 n., 431, 484 #., 525 n., 548 n.; s. compositionis 513, 514 n., 515 n., 525 n.; s. divisionis 513, 525 n. Sophistaria 573 Sophisticus, v. duplicitas, locus, oratio, ratio Stare: -s. ampliative 190 n., 572 n.; s. categorematice 228, 229 m., 576; . collective, divisive 569; . communiter, discrete 192; . confuse 283 n., 284 n., 287 n.; . confuse et distributive 249, 266 n., 270 n., 275 n., 284 n., 285 n, 286 n., 287 n.; s. confuse distributive mobiliter 284 n.; s. confuse et distributive vel immo- biliter 275 n.; s. confuse tantum 245, 271 n. 276 n., 278 n., 283 n.285 n, 286 n., 287 n., 292 n., 293 n, 294 n., 459 n., 541 n., 546 n., 561 n., 566 n., 569, 575, 617; s. confuse tantum immobiliter 567 n.; s. confuse tantum vel immobiliter 566 n.; s. confuse tantum mobiliter 303 n.; s. determinate 268, 283 n., 284 xn., 286 n., 292 n., 553 n., 566 n, 569, 576, 617; s. determinate vel mobiliter 566 n.; s. discrete 553 n.; s. distributive s. exponibiliter 465 n.; s. immobiliter 243 n., 249, 266, 276 n.; s. materialiter 228, 289 n., 367 n.; s. mobiliter 240, 241 n., 249, 266; AV Ww Indice dei termini latini . officialiter 463; . personaliter 457 n.; . resolubiliter 463; . restricte 182; . significative 367 n.; . simpliciter 457 n.; s. syncategorematice 228, 547 n., 576 Status, def. 178, 183 n.; imoltre 178, 180, 184 Stoici 48 n., 49 n., 225 n. Subalternus, v. conditio, propositio Subcontrarius, v. conditio, propositio Subicere 94 n., 102 n., 241 n., 346, 347 n., 348 n., 349 n., 351,352 n, 354 n., 356 n., 361, 373 n., 442 n., 448, 534 n.5 dictum s. pro se, pro parte dicti 351 n; res subiecta 205 x., 344 n.; simul coniunctim s. vel praedicare 539 n. Subiectio 77 Subiectum compositum vel simplex 430 n.; . simplex 548; . singulare 349 n.; . singulare substantiaie 479; . aggregatum ex recto et obliquo 287 n.; s. attributionis 354; s. distributionis 579 n.; duplex s., s. enuntiabilis et s. pro- positionis 349 n.; s. locutionis 354; s. verbi 405 n.; a parte subiecti 84, 95 n., 106, 107 n., 108, 176 n., 227, 228, 229 n., 230 n., 233 n., 247, 255 n., 266, 283, 284 n., 287 n., 344, 352, 355, 356 n., 442 n, 524 n., 545, 547, 549, 550 n, 568 n., 570 n., 572 n., 577, 579 n.; a parte subiecti vel praedicati 176 n.; ex parte subiecti 90 n., 91, 155, 157, 362, 524; dici de subiecto, esse in subiecto 61 n.; esse in subiecto 207 n.; de subiecto (in eo quod quid) 55; in subiecto 55; v. cohaerentia, constantia, continui tas, determinare, determinatio, extremitas, extremum, forma, fun- damentum, inhaerentia, nomen, praedicare, praedicatum, proposi- tio, significare, suppositio, ter- minus nonna 678 Subiectus 151 #., 343, 517; ». dictio, modus, oratio, terminus Subsequi 559, 581 n.; s. finaliter 552 n., 553, 555 n., 556, 557 n., 574, 581, 602, 610; v. sequi Substantia 50 n., 53, 54 n., 56, 57, 80-82, 83 n., 84 n., 91, 92 n, 198 n., 208 n., 222 n., 501, 503 n.; s. an qualitas 56; s. et qualitas 53, 56, 79, 88 n.; s. prima 51, 71 n.; s. secunda 51, 52 x., 71 n.; s. vocis 516; v. appellare, definitio, determinare, discretio, nomen, nominare, predi- camentum, qualitas, significare Substantialis, v. concretum, differen- tia, proprietas, subiectum, ter- minus Substantiatio 212 Substantivatum 207 x.; v. adiectivum Substantivum 90 n., 175 n., 191 »., 211 n., 259, 320, 434, 467, 533 n.; v. nomen, vis Substantivus, v. dictio, terminus, verbum Sufficientia, v. appellatio, appellatum, suppositum Sumere: -s. adverbialiter 303 n., 559, 594 n.; s. categorematice 229 n., 547 n., 550 n.; s. categorice 0 syncategorice et mo- daliter 464 n.; s. distributive 290; s. impersonaliter 557 n., 565, 574, 582 n.; s. materialiter 356 n.; s. nominaliter 303 n., 559; s. officialiter 0 resolubiliter 463; Indice dei termini latini s. personaliter 557 n., 565, 582 n.; s. significative 52 n., 105, 227 n., 356 n., 363 n.; s. syncategorematice 287 n., 547 n., 550 n.; . verbaliter 559; . in propria forma 366 n.; . in sensu composito 359 n., 403 n.; modus, sumptum, superlativus, terminus Summa 33, 39 Summulae 18, 19, 23, 24, 25, 38, 86, 88 n., 93, 132, 206, 210, 540 Sumptum v. nomen, propositio Superior v. modus, superius, terminus Superius Superlativus s. gradus comparabilitersumptus  Supponibilis (terminus demonstrati- vus) 450 Supponere, def. inoltre covw YU svInysaw . absolute 390; . ampliative 185 n.; . copulative, disiunctive 177 n.; . confuse et distributive confuse et distributive immobiliter 254, 283 n.; . confuse mobiliter et distributive 233 n.; . mobiliter, id est confuse distri- butive 272; . confuse tantum simpliciter confuse tantum 272; . confuse tantum vel immobiliter 274 n.; . determinate 248, 250 n., 268 n., 272 n., 273 n., 290, 474 n.; . discrete 273 n.; . distributive 191 n., 275, 291 n.; immobiliter 241 n., 242 n., 276 n.; . materialiter materialiter et simpliciter 286 n.; . mobiliter s. personaliter 220 n., 273 n., 299 n., 371 n.; s. principaliter 67 n.; s. simpliciter 220 n., 371 n.; s. pro praesentibus 92; s. pro propositione 356 n., 363 n.; s. pro se 52 1.; dictum s. pro se, pro parte dicti 351; s. pro se, pro significato 52 n.; v. modus, significare, suppositum, terminus Suppositio, def. 87 n., 94 n., 210, 218 n., 219 n., 287, 295; -s. quasi pro alio positio 219 n.; -s. accipitur dupliciter 98; -s. = proprietas subiecti 103; izoltre; s. absoluta s. accidentalis, def. 158 n.; inoltre 158, 170, 180 n., 309; . actualis 158; . aequa, inaequa 312; . coartata 88 n., 161 n.; . communis, def. 255, 271; inoltre s. comparata 307; vv 680 s. confusa, def. 224, 244, 247 n., 268, 298; inoltre s. confusa necessitate signi vel modi, necessitate rei 233 n.; s. confusa distributiva, def. inoltre s. confusa distributiva immobilis, def. 256, 282, 301; inoltre s. confusa distributiva mobilis, def. inoltre s. confusa mobilis-immobilis 234; s. confusa tantum, def. inoltre s. non distributiva sive confusa tan- tum 258, 259, 309; s. simpliciter confusa tantum 273, 312; s. confusa tantum immobilis, def. 300; inoltre 300, 316, 317; s. confusa tantum mobilis, def. 299; inoltre 300, 316, 317; s. determinata, def. 220 n., 281 n.; inoltre 262 n., 277, 281, 284 n., a Uan Ww UYU % discreta distincta distributa, def. imoltre formalis, def. 219 n.; -s. formalis duplex 219 n.; inoltre 103 n., 219 n., 307, 308, 312; . generalis 307; . habitualis 158; . impropria 306-309, 312; . indeterminata, def. 221; . materialis, def. 296; inoltre 81, 219 n., 262 n., 269 n., 289 n,, 298 n., 306-308, 310, 311, 312, 314, 316, 317, 363 n., 418 n.; . impersonalis et materialis 309; . materialis vel simplex 313; . naturalis, def. 158 n.; inoltre personalis, def. 220 n., 296, 298 n.; inoltre propria proprie dicta, communiter dicta 212; . relativa 253 n., 309; . relativa = s. respectiva 253 n.; . respectiva 158, 253, 307; . restricta 170; . simplex, def. inoltre simpliciter dicta 298 n.; Indice dei termini latini s. singularis, def. 271; inoltre 271, 312; s. specialis 307; s. universalis 312; s. variata 77; s. secundum actum, secundum habi- tum 91, 210 n.; mutare suppositionem 276; recipere suppositionem 241 #.; v. modus, necessitas Suppositum s. actuale, habituale 100, 101 n.; s. in significando tantum, def. 236 n.; s. in supponendo tantum, def. 236 n.; inoltre 235; s. in supponendo et significando si- mul, def. 236 n.; s. per se, per accidens 246 n.; s. praesens 88, 100 (v. appellatum); pluralitas suppositorum 189 n.; sufficientia suppositorum 274 n.; ex parte suppositi 160 n.; v. ampliatio, appellatio, constantia, descendere, significare Syllogismus, def. 401 n.; inoltre s. demonstrativus 449 n.; s. expositionis 437; 681 s. expositorius, def. 438; inoltre s. expositorius vel demonstrativus 449 n.; s. immediatus, def. 438 n.; s. irregularis 449 n.; s. mediatus 438 n.; s. resolutorius 407 n., 441, 442 n., 443 n., 445, 446 n., 450; v. consequentia, figura, forma, mo- dus, peiorem, resolutio Syllogizare 355 n. Synonymum, v. synonimus Synonymus 118 n.; synonymum 62 w., 117 n.; v. nomen Syncategorema, def. 227; -s. est duplex 230; inoltre s. aequivalens orationi 285 n.; s. affirmativum 285 n.; s. confundens 284 n., 287; s. distributivuam 279 n.; s. includens orationem 283 n.; s. negativum 285 n.; v. oratio Tardissimum-velocissimum 427 Temporalis, v. adverbium, necessitas, propositio, veritas Tempus: -t. confusum, determinatum 210 n.; t. consignificatum 362; v. ampliatio, appellatio, connotare, connotatio, consignificare, consigni- 682 ficatio, copulare, differentia, falla- cia, necessitas, significare Tenere: -t. categorematice 229 n., 547 n., 561 n., 569; t. confuse 134 n., 150 n., 152 n,, 223, 224; . confuse et distributive 233 n.; . copulative 268 n.; . copulative seu collective 268; . demonstrative 405 n.; . disiunctive, non disiunctive 268 n.; . distributive 262 n.; . divisive 294 n.; . exponibiliter 372 n., 464 n.; . infinitive 319 n.; . modaliter 390; . negative 319; . necessitate rei pro 233 #.; . nominaliter nominaliter et non modaliter 465; . resolubiliter 445; . syncategorematice 229 n., 251, 561 n., 569 Terminare 394 n. Terminatio 452 n. Terministae 298 n. Terminus, def. 504 n.; -t. tripli- citer accipitur 227 n.; -trimem- bris divisio terminorum 408 #.; -termini seu modi atomo memteimetmtmemme mette Indice dei termini latini . absolutus 67 n., 111 n., 404; . abstractus-concretus 66 n., 67 n. (v. abstractum, concretum); . accidentalis 67 n., 160 n., 486, 549, 572 n.; . adiectivus 164, 212 n.; . aequivalens orationi 267 n.; . aequivocus 196 n., 485; . aggregatus 320, 506 n.; Indice dei termini latini t. ampliativus t. appellativus 106 n., 113 n.; t. appositus 157, 504 n.; t. capax confusionis 302 n., 303 #.; t. comparativus 286 n.; t. complexus 121 n.; termini componibiles 407 #.; t. communis, def. 404 n.; -t. com- munis habet duplex significatum, primarium et secundarium 68 n.; inoltre 88 n., 100 (v. appellatio, oratio, verbum); t. communis distributus 422 n., 474 n.; t. communis non distributus 303 n., 304 n., 474 n.; t. communis non restrictus 136, 157, 166 n., 167 n.; t. communis substantialis sive acci- dentalis 159 n., 160 n.; t. compositus termini concernentes actum mentis 303, 455; t. confundens t. confundibilis 566, 575; termini confundibiles et supponen- tes 291 n.; t. confusus 155 n., 223, 254, 261, 546 n., 596; È t. connotativus 111 n., 404, 425 n., 572 n., 586 n.; t. connotativus dicitur habere du- plex significatum, materiale et for- male 111 n.; t. copulans 208 n., 211 #.; t. copulatus-disiunctus 121 n.; t. demonstrativus (v. supponibilis); t. demonstrativus simplex 405 n.; t. non simpliciter  demonstrativus 119; t. denominativus potest accipi dupliciter 64 n.; t. denominatus 67 n.; t. determinabilis 547 n.; t. determinatus 261; t. non determinatus 373 n.; t. discretus, def. 404 n.; inoltre 404, 406 n., 437 n., 445, 599 n.; termini disparati 185; termini distrahentes 178, 290, 370 n., 460; t. distributus t. divisus 504 w.; termini exceptivi 424, 427; termini exclusivi 427; t. exponibilis, def. 427; inoltre t. illativus 442 n.; t. immediatus, def. 405, 582 n.; inoltre 403 n., 404, 405 n., 407 n., 443 n., 445, 557 n.; t. immediatus a posteriori, def. 405 n.; t. immediatus a priori, def. 405 n.; t. impediens 290; t. impeditus 441 n.; termini impettinentes 567; t. implicitus 321; t. includens negationem 265 w.; t. inclusus 285 n.; t. incomplexus 587, 598; t. inferens 442 n.; t. inferior 274 x., 404 (v. inferior); t. infinitatus 270 n.; t. infinitus 291 w., 419 n.; t. maior 55 n.; t. medius 445, 614; t. mediatus, def. 404, 582 n.; inoltre t. mediatus et communis  t. mentalis 117 n., 394 n., 563; termini mentales substantiales 117; t. minor 55 n.; t. mobilis 240; t. modalis, def. 580; inoltre (v. modus); termini modales exponibiles 557 n.; t. modalis captus adverbialiter et exponibiliter 372 n.; termini negativi 277; termini non negativi 459 n.; t. officialis (officiabilis), def. inoltre  (v. officia lis); t. praedicabilis 101 n.; t. praedicatus 94 n., 134 n.; t. privativus 291 n., 419 #.; primus terminus probabilis 463 n., 553: fia, 297 hi t. relativus 253 n., 425 n., 546 1n., 576 n.; termini repugnantes 560; termini repugnantes per se, per ac- cidens 585; t. resolubilis, def. 435, 443 n., 446; inoltre t. non restrictus 135 n., 157; t. restringibilis 184; t. mediate sequens 251; t. significativus 179 n.; t. simplex 320, 406 n., 562; t. singularis 90 n., 179 n., 241 n, 265 n., 404 (v. appellatio); t. subiectus (v. subiectum); t. substantialis 67 n., 160 #., 571; t. substantivus 106 n.; t. superior 235, 274 n., 436; t. supponens 288 n.; t. suppositivus 448; t. syncategorematicus t. universalis 136, 211 n.; t. verbalis 549 n.; t. vocalis 109 n., 118 n., 220 n,; termini notiores 406; t. notior a posteriori 446; t. notior a priori 446; t. per se notus 405 n., 407 n., 588; termini omnino noti, medio modo noti, omnino ignoti 563; t. primae intentionis 466; t. secundae intentionis 286 n., 370 n., 371, 382 n., 460; t. secundae intentionis vel impositionis  t. secundae impositionis 370 n., 460; t. aut sibi consimilis in forma 474; v. acceptio, appellatio, compositio, copulàtio, copulatum, discretio, habitudo, intelligere, materia, neces- sitas, notitia, propositio, proprie- tas, restrictio, significatum, usus, Bpoc Transfiguratio, v. nomen Transsumptio 452 n., 521 n. Ultimum, v. primum Univocatio, def.  «tres species univocationis inoltre v. fallacia Univocum 146 n. Universale, def. 221 n.; -u. est duplex 221 n.; inoltre universalia in rebus ponere 60 n.; v. descendere, significare Universalis (prop.) (v. propositio); u. multiplex 492, 494 n., 495 n.; u. negativa subalternans 449 n. Usus: -u. loquendi 57, 490 n.; u. loquendi et accipiendi terminos 569; communis u. loquendi 155; u, loquentium Valere de forma Velocissimum, v. tardissimum Verbalis, v. dictum, modus, nomen Verbum, def.; inoltre verba activa, passiva 262 n.; v. adiectivam v. adiectivum resolubile 446 n.; verba ampliandi 95; v. ampliativum verba desiderativa 149; v. distans 502 n.; verba impersonalia 341 n.; . infinitivam 535 n., 557 n.; . infinitum 198 n., 291 n., 320; . modale 359 n.; . modificatum adverbio 343 n.; verba nuncupativa 201; verba obligatoria 304 n.; v. obliquum 177 n., 352 n.; verba optativa 149; v. principale 359 n., 423 n., 475 n., 529, 546 n., 547 n., 561 n., 576; minus principale 529; privativum 259; rectum 177 n.; . resolubile 446 n., 448 n.; . restrictum 600 (v. connotatio); . substantivam 93 n., 116 n., 199- 201, 202 n., 203 n., 204 n., 354 n., 405 n., 406, 446 n., 448, 452 n. (v. officium); v. substantivum resolubile 448 n.; v. vocativum 201, 202; v. enuntiationis 150 n.; verba ad enuntiabilia pertinentia 151; verba ad enuntiationem pertinentia 134 n., 149; v. concernens actum mentis 589; v. significans actum animae 271 n.; verba significantia actum mentis 117, 552 n.; v. significans actum vel habitum mentis 119; verba spectantia ad actum mentis 292 n.; verba ad conceptum vel ad voluntatem spectantia 286 n.; verba ad sensum pertinentia 134 n.; verba pertinentia ad rutum animae 162; v.=terminus communis 191, 215 n.; casus verbi 172, 173 n.; <<<c%< Sssssss infinitum verbi 552 n.; v. adiectivum, compositio, consignificare, consignificatio, copula, copulatio, determinare, determinatio, inhaerentia, modus, participium, resolvere, resolutio, subiectum, vis, pîiua Verificabilis 365 n., 366 n., 559 n. Verificare (v. probare); collective 570 n.; copulative. disiunctive . temporaliter Verificatio 219 n., 360, 490 n., 567, 570 n., 586; v. disiunctiva vel copulativa 567; v. instantanea, def. inoltre Veritas v. aeterna 464 n.; v. contracta 353 n.; v. contracta fallibilis, infallibilis 353 n.; v. instantanea 583, 589 n.; v. simpliciter 353 n.; v. temporalis 600; quantum ad veritatem, quantum ad vocem 345 n.; de veritate propositionis 20; v. causa, iudicare, notitia, probare Verum, v. falsum, modalis, &Amdég Virtus: -v. confudendi 251, 252; v. confusiva 591, 592; <Sss v. distributionis 253; v. negationis 177 n.; v. nominum 491; v. sermonis 102 n., 174, 248 n., 285 n., 490 n.; v. significandi 101 n. Vis: -v. ampliandi 136, 157, 159 n., 160, 162, 167 n., 168 n., 169, 209; v. confusiva 594 n., 596 n.; v. confudendi v. confudendi confuse distributive 266; v. confudendi confuse tantum v. confudendi confuse tantum mobiliter 304; . confudendi aut distribuendi 290; . confudendi immobiliter 304; . coniunctionis 194; . copulationis 202 n.; . determinandi 365 n.; enuntiationis 341 n.; . immobilitativa 596 n.; immobilitandi 242, 243 n.; . mobilitandi 242, 243 n.; modi 342; . negationis praedicationis 199, 200; . significationis 205 n.; . signi universalis affirmativi 293 n.; . substantivi 199, 200; . verbi 199, 200 n., 204; . vocis 490 n. Vocabulum, def. 49 n.; inoltre 47, 48, 49, 50 n., 53 n., 59 n., 60, Sdi di Vv v Vv Vv Vv Wi (v. mpoonvopla) v. adiectivam 145 n.; vocabula denominativa Vox v. articulata 195 n.; v. litterata et articulata 528 n.; prima articulatio vocis 195 n.; v. communis 221 n.; voces complexae; v. confusa 217 n.; v. incomplexa 417, 418, 505 n.; v. prolata 221 n.; voces res significantes 218 n.; v. significativa v. significativa ad placitum v. universalis identitas vocis ex parte vocis in voce secundum vocem v. praedicata accipitur sive ut matetiae, id est in essentia, sive ut formae, videlicet. in adiacentia v. acceptio, accidens, appellatio, for- ma, impositio, instituere, institutio, materia, modus, officium, praecedere, significatio, substantia, veritas, vis, QWW) . Luigi Speranza, “Grice e Maieru”.

 

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