!). r GIUSEPPE ZECCANTE
Professore di Storia della Filosofa
nella R. Accademia scientifico-letteraria di Sfilano
/
LA STORIA DELLA FILOSOFIA
E I RAPPORTI SUOI
lt 0 M A
TIPOBRAFIA DELLE TERME DIOCLEZIANE DI O. BALBI
Via della Mercede, N. 28-29 .
1896
La storia della Filosofia e i rapporti suoi colla storia delia
coltura e della civiltà
I.
Saluto questa illustre città, esempio mirabile di vita
intensamente operosa in tutti i campi, nelle industrie
non meno e nei commerci che in ogni maniera d’istitu¬
zioni sociali e politiche, nelle lettere e nelle arti non
meno che nelle scienze. Italiano o straniero, nessuno può
dimorare anche per poco a Milano, senza ammirare, non
dirò, le sue vie, i suoi giardini, i suoi templi, i suoi
teatri, le sue scuole, i suoi istituti scientifici, i monu¬
menti innalzati ai suoi grandi, le officine e gli stabili-
menti immani, i segni esterni insomma di un’attività
prodigiosa ; ma più di tutto le sorgenti intime di quest’at¬
tività, le qualità peculiari di un popolo forte e serio,
per cui il lavoro è una seconda natura e il tempo è da¬
naro ; per cui la vita non vale la spesa di essere vis¬
suta, se non è rivolta al proseguimento di un fine alto
e degno ; di cui tutti gli sforzi cospirano a ciò : prov¬
vedere ai bisogni della vita materiale e alla ricerca della
4 LA STORIA DELLA FILOSOFIA E 1 RAPPORTI SUOI
prosperità economica, ma non dimenticare i bisogni più
elevati dello spirito e soddisfarli anzi nella misura più
larga.
Modesto lavoratore, ma diligente e coscienzioso, io
non potevo, o Signori, desiderare campo più adatto alla
mia attività che questa nobile città, che di lavoratori è
piena, e di lavoro è insieme esempio ed eccitamento. E
quando questa vostra Accademia, che è come il centro
della operosità letteraria e scientifica di Milano, mi fece
l’onore di chiamarmi alla cattedra di storia della filo¬
sofia, esultò l’animo mio. Esultò, ma fu preso insieme
da sgomento. Quest’Accademia, lo so bene, ebbe in ogni
tempo insigni maestri, e ne ha tali anche oggi che ono¬
rano da soli una città e una nazione, e non posso io,
conscio come sono della mia pochezza, non trovarmi a
disagio in siffatta compagnia. D’altra parte i due che mi
precedettero di recente nell’insegnamento che assumo
oggi) hanno lasciato tale traccia di sè, o per vigoria d’in¬
telletto e risorse inesauribili di critica e di polemica, o
per genialità larga di studii e di parola, ch’io mi sento
anche più da poco al loro confronto, e tutta comprendo
la gravezza del compito a cui mi sobbarco. Ma l’esem¬
pio loro mi soccorra, o Signori, e il vostro favore non
m’abbandoni; e se è vero che ognuno, e specialmente
chi non è vecchio, fecondi e moltiplichi le proprie forze
nell intima società di uomini insigni, mi giova sperare
che aneli io sentirò moltiplicate le mie qui, dove splende
tanta luce di scienza, e che, a questa cooperando anche
in minima parte, mi mostrerò non indegno della fiducia
di cui mi onoraste chiamandomi a questo posto.
Colla storia dulia l'oltura e delia civiltà.
D
IL
Ciò che dà l’impronta ad un secolo e ne forma come
la caratteristica, voi ben lo sapete, o Signori, è non
tanto il tesoro effettivo delle sue cognizioni, delle sue
invenzioni e scoperte, quanto piuttosto la via che segue
per giungere ai risultati a cui giunge, il modo con cui
si rappresenta la natura e la vita, lo spirito che intornia
e vivifica le sue ricerche.
Ora del secolo nostro spirito informatore e abito men¬
tale, a cosi dire, è il concepire la natura e la vita stori¬
camente ; il rappresentarsi i fenomeni o morali e sociali,
o biologici e fisici, come una continua evoluzione, come
dipendenti gli uni dagli altri, come determinantisi reci¬
procamente in una sempre maggiore eterogeneità e com¬
plessità attraverso a differenziazioni successive. Scienza
dei fatti vuol dire oggidi storia dei fatti ; ogni maniera
di scienza si può dire abbia assunto la forma storica ;
tutto il movimento scientifico contemporaneo è essen¬
zialmente storico. Mentre nel secolo passato, in gian
parte, si avea rinunziato ad ogni criterio storico e tra¬
dizionale, e con principii generalissimi e coi dati della
ragione astratta si pretendeva ricostrurre la scienza, la
religione, l’arte, la vita civile e sociale (il grande moto
della Rivoluzione francese è come l’attuazione pratica di
(j LA STORIA Di:LI.A FILOSOFIA K I RAPPORTI SUOI
questa tendenza), nel secolo nostro si riconobbe che fuori
della storia non v’ha salute, che la storia non solo ci
conserva il passato ed è la scuola migliore per l’avve¬
nire, ma è addirittura la forma, a dir cosi, della vita e
della civiltà. E già incominciando dalle scienze morali e
sociali, prime ad assumere la forma storica, come quelle
che s’occupano di fatti che più chiaro presentano il ca¬
rattere dello svolgersi e formarsi progressivo, questo spirito
storico andò a mano a mano propagandosi alle scienze
stesse naturali, sicché oggidì non solo, ad esempio, la filolo¬
gia classica, la linguistica, la scienza del diritto, quella
delle religioni, l’economia, la letteratura e l'arte stessa
hanno un fondamento essenzialmente storico, e metodo e
procedimenti storici ; ma metodo e procedimenti storici
hanno anche la geologia, la cosmologia, la biologia; poiché
nella prima alla vecchia teoria degl’improvvisi cataclismi,
dei subitanei rivolgimenti, delle creazioni ex nihilo , s’è so¬
stituita quella delle lente e graduali trasfonnazioni della
crosta terrestre e quindi d’una vera storia del nostro
pianeta; e nella seconda l’idea, divinata dal Kant e ri¬
dotta a teoria dal Laplace, d’una graduale formazione
del sistema solare da una materia diffusa, tiene oramai
il campo ; e nella terza finalmente veniva a mano a mano
perdendo terreno la dottrina del Cuvier sulla stabilità
delle specie, e vi domina sovrana ora l’idea che, già di¬
vinata dal Kant, dall’Herder e dai Gfoethe, assumeva, col
Lamark e col Darwin specialmente, il valore di teoria e
scoperta scientifica, sulla trasformazione delle specie, sul¬
l’evoluzione graduale e progressiva degli organismi vi¬
venti.
COLLA STORIA DELLA COLTURA E DELLA CIVILTÀ.
7
Scienza della natura è oramai storia della na¬
tura, anche secondo il concetto dell’Haeckel, che al¬
l'opera sua dava il nome di « storia naturale della crea¬
zione » ; scienza dello spirito è storia dello spirito. Come
le faune e le flore si studiano nelle loro filiazioni e nei
loro svolgimenti, cosi ogni scienza si studia nella filia¬
zione e nello svolgimento dei suoi prodotti. La dottrina
dell’evoluzione che è come l’anima di tutta quanta la
coltura scientifica moderna, ha contribuito più che altra
mai a diffondere questo spirito storico, che è diventato, a
dir cosi, una cosa sola con essa.
III.
Conformemente a questa tendenza cosi spiccata che
mostra il secolo nostro per lo storicismo, anche la filosofia
è diventata una scienza essenzialmente storica. Per ve¬
rità non mancano anche oggi tentativi di costruzioni fi¬
losofiche, fatte quasi in odio ad ogni spirito storico, ad
ogni critica anclie rudimentale dei sistemi ; ma sono casi
isolati, avanzi di tendenze antiscientifiche non ancora
appieno scomparse, prodotti di cervelli, acuti anche, se
si vuole, ma chiusi ad ogni altra idèa, che non sia quella
del sistema o della chiesuola, e destinati perciò ad avere
la vita d’un giorno. Siamo ben lontani oggi dal tempo in
cui Cartesio, isolandosi nella riflessione individuale, escla¬
mava che « non vole\ r a neanche sapere se c erano stati
P I,A STORIA DELIA FILOSOFIA E I RAPPORTI SUOI
degli uomini prima di Ini », Quel suo disdegno pei il
passato, quel suo proposito fermo di attingere solo alle
sorgenti del proprio spirito, come se altri spiriti prima
di lui non fossero stati, era giustificato da una naturale
reazione contro l’autorità degli antichi, che dominava
esclusiva nel medio evo; ed era forse necessario a pie-
parare i tempi nuovi e a fare che l’uomo nuovo, acqui¬
stando una nobile ed alta coscienza di sè, cimentasse cosi
le proprie forze nell’acquisto dei nuovi veri. Oggi più che
il proposito del Cartesio giova rammentare quello del
Leibnitz, che, pur non disconoscendo la necessità della
speculazione originale, voleva che questa s innestasse, per
cosi dire, sul vecchio, e chiamava perciò in suo aiuto la
storia (1).
E in realtà le dottrine filosofiche hanno vita e si
propagano o per somiglianza e imitazione, o per oppo¬
sizione e contrasto; sicché in ogni caso il presente è fi¬
glio del passato e padre dell’avvenire. Una filosofia per¬
tanto che faccia astrazione dalla sua storia, è presso a
poco senza fondamento ; un pensiero che s’isoli volonta¬
riamente da tutto ciò che l’ha preceduto, vaga d’ordi¬
nario nel vuoto, e riesce a delle stranezze. Come potrebbe
un problema filosofico essere affrontato convenientemente,
se non se ne conoscessero tutti i lati e gli aspetti, se
non si conoscesse come vi si è affaticato attorno lo spi-
(II Noucea.v Essai, livro 1, cb. 1, « I.a véiité est plus rppan-ìiie
qu’on ne penso ; mais elle est souvent affaiblie et mutile. En faisnnt
remarquer le* traces de la veii-écliez Ics anciens, on tirerait l'or de la
boue, le diamant de la mine, et la lumière dcs ténébres: et ce serait
perenni* quaedam philoxophia ».
‘t
COLLA STORIA DELLA COLTURA E DELLA CIVILTÀ.
rito umano in ogni tempo, e quali furono i tentativi
fatti per scioglierlo? Soltanto nei passato si può trovale
la ragione del presente e ravviamento per l’avvenire.
Mentre le altre scienze possono fino a un certo punto
prescindere dalla loro storia, della filosofia invece è parte
integrante la sua storia. Gli è che la filosofia e la sua
storia hanno in fondo il medesimo oggetto; lo spirito
che riflette su se stesso e vuol comprendere se stesso.
Ciò che ogni individuo, colla riflessione filosofica, scopre
in sè, la storia della filosofia ce lo fa trovare, come in
un’immagine ingrandita, nelle dottrine che si sono suc¬
cedute attraverso i tempi (1).
Non a torto il Wundt lamenta che chi si pone
a filosofare si creda troppo spesso sciolto dall’ob-
bligo di conoscere la storia della filosofia (2); e noi dal
canto nostro lamentiamo che una scuola pur nobilissima,
il Positivismo, che ha reso servigi segnalati alla scienza
e alla filosofia, e che, fondandosi sul concetto dell’evo¬
luzione, dovrebbe per ciò stesso tener conto della storia,
la trascuri invece, o non la curi a sufficienza, latta
qualche rara eccezione, massimamente in Italia, sotto
pretesto che quasi tutto il passato è un tessuto di dot¬
trine vane e fallaci, sogni metafisici di cui non giova oc¬
cuparsi; e che solo il presente, il presente positivistico,
è degno di studio. Invece tutte le dottrine sono degne di
studio ad un modo, o Signori, come quelle che, rappresen¬
tando varii momenti della vita storica dello spiiito,
(t) Fouillèe. — HUloire de la Philosophie. Paris. Delagrave, 1895, p. II.
(2) Philonophic und WisscnirliaSt in Essays, 1385.
10 la storia della filosofìa f« i uaì’ì'ort! suoi
sono egualmente necessarie a rivelarne l’intima natura;
ed ogni esclusivismo è perciò contrario alla scienza e
impedisce la nozione vera dell’oggetto della filosofia.
Le altre scienze hanno anch’esse una loro storia; ma
riguarda più che altro il succedervisi delle ipotesi e delle
teorie, l’affermarvisi di cognizioni nuove e di nuove idee
alla luce di nuovi fatti, i rivolgimenti fecondi portativi
da divinazioni d’intelletti geniali, gli arresti improvvisi
dovuti a tristizia di tempi o d’uomini e cosi via. Sicché
questa storia, a cosi dire, esteriore, nulla, o ben poco, ha
che fare coll’oggetlo delle scienze stesse; e può anche
fino a un certo punto essere ignorata dallo .scienziato.
Egli sarà per questo meno dotto, meno erudito; ma non
sarà meno acuto, meno profondo, meno conoscitore della
materia sua, meno scienziato per questo. Gli è che nelle
scienze è sempre la forma ultima quella che vale; le pre¬
cedenti, scalzate dall’ullima, non hanno alcun valore, e
11 conoscerle può importare all’erudito, importa mediocre¬
mente allo scienziato. Come volete che un fisico, in pos¬
sesso di tutti i trovati della fisica moderna, collo spirito
imbevuto delle nuove idee e dottrine, abbia bisogno, per
far avanzare anche di più la scienza sua, di sapere come
la pensavano, ad esempio, i Caldei intorno a un dato fe¬
nomeno? Egli sa già che contraria al vero è ogni altra
idea e dottrina, che non sia quella confermata dai re¬
centi studi, dalle recenti esperienze; e perciò o non se
ne cura, o se ne cura appena quel tanto che basti a sod¬
disfare una legittima curiosità: a lui preme sovratutto
assicurarsi del presente; perchè il presente solo è scienza,
e da questo solo può prendere le mosse alla conquista di
nuove idee, di nuove cognizioni.
li
COLLA. STOICI A DELLA COLTURA E DELI.A C1NIL1A.
Nulla di tutto questo in iilosofìa. TI progredire di
questa non sta in un continuo accrescersi di cognizioni
positive, nel giungere a risultati ben saldi e definitivi,
nel risolvere i problemi che si pongono, e nel porne di
nuovi clic si risolveranno allo stesso modo; ma piuttosto
in un continuo rifarsi da capo, però con una coscienza
a mano a inano ] iit chiara e comprensiva del problema
speculativo; non nel risolvere definitivamente questo pro¬
blema. ma nel porlo via via con maggior sicurezza e cor¬
redo d'esperienza, sovratutto poi nel conoscere sempre
meglio i metodi che ne prepareranno la soluzione e nel-
l’acquistare via via maggiore abilità ad applicarli. Ciò
vuol dire che altri non potrà avere una chiara nozione
dell’oggetto della filosofia, se non ne conosce la storia;
che anzi la filosofia trova, per cosi dire, se stessa nella
sua storia, la quale è perciò, come dicevamo, parte inte¬
grante di quella, e insieme di quella generatrice e fon¬
damento (1).
IV.
Non già che la filosofia stia tutta quanta nella sua
storia, come altri ha sostenuto, e che nulla si deva la¬
sciare all’iniziativa individuale. Come non è bene che
l’uomo si i li, si chiuda in un pensiero tutto individuale
ed estraneo alla storia, cosi non è bere che niente pensi
di per sò e ripeta soltanto cose dette da altri ; è deplo¬
revole egualmente il soverchio d’originalità, in filosofia si-
(t) Chiappelti. — La Ctltura «lorica e il rinnocamente della filotojla,
r . 38, in Sanai e Note Critiche, Bologna, Zanichelli, 1895.
12 LA STORIA DELLA FILOSOFIA E I RAPPORTI SUOI
nonimo di stranezza il più delle volte, come l’assenza di
originalità e il sostituire all’invenzione la compilazione.
La storia della filosofia impertanto, nel tempo stesso
che ci dà una chiara nozione della filosofia e del formarsi
e svolgersi progressivo del suo oggetto attraverso i tempi,
deve anche eccitare in noi quello spirito di ricerca e di
scoperta, senza cui saremo bensì uomini dotti, biblioteche
ambulanti, pieni la testa d’idee e pensieri altrui, ma
mancanti affatto d’iniziativa, inetti a muovere un passo
senza che gli altri c’indichino il cammino.
C’e un indirizzo oggidì nel campo delle scienze morali
e sociali, che per esser meglio scientifico, per esser meglio
positivo, per fondarsi meglio sui fatti, per poco non fi¬
nisce col ricondurre l’uomo al passato, coll’arrestare ogni
progresso, sotto pretesto che non trova nessuna giusti¬
ficazione nei fatti; col rendere l’uomo un automa culi an¬
tesi nella contemplazione di ciò che fu e vietante a se
stesso ogui aspirazione, ogni ideale d’avvenire.
Ma questo è un falso storicismo, o Signori, non è lo sto¬
ricismo sano e fecondo, di cui abbiamo parlato prima; è un
empirismo vuoto e pernicioso, che ci dobbiamo ben guardare
d’introdurre negli studi di storia della filosofia. Il pensiero
umano, come del resto la vita dei popoli e degl’individui,
non è una specie stabile, non è qualche cosa di rigida¬
mente fisso e permanente; è qualche cosa invece che si
forma e diventa incessantemente; e in questa sua evolu¬
zione ha bisogno del passato sicuramente, ma per
prendere da esso le mosse, per mettersi, partendo da
questo punto, per vie nuove, intentate ancora. For-
sechè la storia perde del suo valore, se può fornire
COLLA STORIA DELLA COLTURA È DELLA CIVILTÀ. 13
qualche utile insegnamento? Ma se fu chiamata in ogni
tempo maestra della vita! Forsechè perde della obbietti¬
vità e serenità che deve avere, se altri può trovarvi un
eccitamento al peusare e all’agire? Ma se la narrazione
schietta e sincera dei fatti non può non produrre un ec¬
citamento negli animi, se la verità ha una sua forza mo¬
trice speciale, che in nessun modo è possibile contenere!
A che servirebbe il passato, se in ogni caso dovesse la¬
sciarci freddi e indifferenti, se per null'altro si dovesse
ricercare e disseppellire, che per soddisfare una vana cu¬
riosità? Il passato non ha valore se non in quanto svegli
in noi forza ed attività, se non in quanto cessi di esser
passato e si trasformi, per cosi dire, in carne e sangue
nostro, sangue che vivifichi questa nostra vita moderna.
Ben sappiamo che ci sono nel passato delle forme
caduche, destinate a tramontare coll'ambiente che le ha
generate ; e non a queste certamente chiederemo quella
vita che non hanno; ma c’è anche e si produce nel tempo
qualche cosa che ha in sè una vitalità immortale, de¬
stinata perciò a rivivere perpetuamente sotto forma nuova
nella coscienza umana ; e a questa chiederemo di com¬
piere l’ufficio suo nella storia; questa cercheremo che,
sorgente di vita, non cessi mai di distribuire e fecon¬
dare la vita. Voi sapete, o Signori, della lampada che
là nelle feste Panatenee si trasmetteva di mano in mano;
ebbene che il passato si trasmetta a noi nello stesso
modo, sicché la fiaccola della vita mai non si spenga,
ma splenda anzi e fiammeggi di luce nuova e più intensa.
Come mancheremo perciò ai dettami di un metodo
rigorosamente scientifico, come ai precetti della critica
f
14
i,\ sooma OKT.U filosofia k i rapporti suoi
storica; come ci si accuserà (li poca serenità eil obbiet¬
tività, se alcuni pensamenti di lilosofi, notevoli per ori¬
ginalità e vigoria, per felice coerenza e connessione lo¬
gica, per una certa tal quale divinazione dell’avvenire,
additeremo ai giovani come degni di essere studiati e
ammirati, sicché anche in loro si svegli l’aculeo della ri¬
cerca e della scoperta, e non rimanga quindi senza frutto
questa grande eredità del passato? « Poiché i grandi filo¬
sofi, scriveva Pascal, non si sono serviti delle invenzioni
che loro sono state lasciate, che come di mezzo per averne
di nuove, e questo felice ardimento ha aperto loro il
cammino alle grandi cose, noi dobbiamo prendere quelle
che essi ci hanno lasciato nello stesso modo, e, seguendo
il loro esempio, farne il mezzo e non il fine del nostro
studio, e cercare cosi di sorpassarli imitandoli » (1).
Anche nel campo del pensiero, o Signori, e non soltanto
in quello dell’azione ci sono gli eroi; ebbene, comeaccendono
a grandi cose gli eroi dell'azione e l’esempio loro è
seme elio frutta abbondantemente, e cosi siano a noi
stimolo ed eccitamento quelli che l’Hegel con frase felice
chiamava gli croi del pensiero nella storia, i grandi fi¬
losofi. Stimolo cd eccitamento a sorpassarli imitandoli,
secondo il detto del Pascal; poiché chi .s’arresia alla sem¬
plice imitazione e riproduzione del pensiero altrui, e non
lo rifa in se stesso, e non vi aggiunge del suo, fa opera
vana, e quasi quasi, nel moto incessante che affatica il
mondo degli spiriti e delle idee, si direbbe che si pro¬
ponga stoltamente d’arrestarlo ad un tratto. Gl’individui
(1) l)c Vanloritc cu matih'c <lc philosoplnc.
COLLA STORIA DELLA COLTURA E DELLA CIVILTÀ.
e le età che vivono del passato, e trovando in questo
tutto ciò che loro bisogna, rifuggono dalle aspre lotte
che costa il crearsi una propria coscienza e una torma
originale di vita, sono individui ed età, si potrebbe dire,
parassite, cui la storia, che è « il giudizio del mondo »
secondo lo Schiller, riserva la noncuranza e l’oblio. E
in realtà nel gran dramma della vita nessuna parte hanno
questi individui e queste età; non di attori, non di spet¬
tatori; neanche di spettatori, poiché gli spettatori non
assistono inerti e passivi all'azione; se hanno una parte,
è quella semplicemente di comparse.
Dunque non si tratta di far rivivere una materia morta
o d’impedire il libero sviluppo dell’attività individuale,
colla storia della filosofia ; si [tratta di far rivivere qual¬
che cosa di organico e vivente, e nello stesso tempo di
porgere vitale nutrimento agli spiriti, perchè non s’acque¬
tino nel passato e assurgano via via a forme più alte e
più degne. A chi non intendesse così lo studio delle
forme storiche del pensiero, a chi volesse farne una fac¬
cenda d’erudizione, impaccio anziché aiuto alla vita
dello spirito nel suo svolgimento, si potrebbe dire
con Cristo: «lasciate che i morti seppelliscano i loro
morti. » (1).
Nè si tema che uno svolgimento originale della vita
dello spirito, che un proprio avviaménto e indirizzo sia
impedito da una larga cognizione di dottrine. Nessuno
spirito, per quanto grande e originale, s’ò mai svolto in¬
dipendentemente da ogni impulso esteriore; anzi quanto
(1) Chiappelli, op., cit. p. 34.
16 LA. STORIA. DELLA FILOSOFIA E 1 RAPPORTI SUOI
furono maggiori gl’impulsi, tanto più ebbe campo di ma¬
nifestarsi la genialità creatrice dello spirito. Gli è che
gl’impulsi esteriori sono altrettante occasioni al rivelarsi
di attività e di energie che altrimenti sarebbero rimaste
latenti, o si sarebbero addirittura distrutte, come quei
germi, pur fecondi di vita, che senza un terreno adatto
in cui siano gettati intristiscono e muoiono. Certo, gli
impulsi esteriori a nulla giovano, se non si esercitano su
nature ricche e geniali; ma queste attingono più che non
si creda dal di fuori ; la storia schiude loro tesori che i
più non arrivano, non che a immaginare, a comprendere.
La creazione non si fa negli spiriti in modo arbitrario
e capriccioso, sovratutto non vi si fa ex tallito ] bensi
per via di un’assimilazione potente di elementi attinti
da tonti le più disparate; per una serie di combinazioni
in cui gli elementi combinati perdono la loro propria na¬
tura, e vi assumono quella pi-"ponderante dello spirito
in cui la combinazione si effettua. Chi potrebbe discer-
uere nel Po le onde confuse della gemina Dora, della
Bormida e del Tataro, del Ticino e dell’Orba? Iddio
solo, risponderebbe il vostro Manzoni; e Iddio solo potrebbe
annoverare e discernere gii elementi molteplici onde uno
spirito geniale è riuscito a comporre l’opera sua.
V.
Ma la storia della tilosclìa non ò utile soltanto per
la filosofia, di cui è, come s’è visto, parte integrante;
di cui è fondamento, ed eccitamento insieme ; è utile non
meno per altri rispetti.
COLLA STORIA DELLA COLTURA E DELLA CIVILTÀ. 17
Oggidì è invalso il vezzo di pigliarsela con la filosofia;
e in Italia special niente ogni uomo di spirito non si cre¬
derebbe più tale, se non sorridesse di compassione al sen¬
tirne solo parlare. Perfino in alto è penetrata questa
specie d’avversione contro la filosofia, e già si progetta
di abolirne l’insegnamento nei nostri Licei, o, peggio an¬
cora, di stremarlo per modo cbe debba finalmente morire
d’inanizione. I filosofi sono specie di sognatori, di ac¬
chiappanuvoli, di venditori di ciance, press’a poco come
quei rivenduglioli all’ingrosso e al minuto nei comme¬
stibili dello spirito, di cui parla Platone nel Protagora,
o come il Socrate aristofaneo, che dall’alto del suo cc
bello trova quella mirabile occupazione che tutti sap¬
piamo. Chi vorrebbe prendei'li sul serio ancora ?
Signori, non io negherò che di questo disfavore in cui è
caduta la filosofia, una parte di colpa spetti ai filosofi stessi.
Troppo apriorismo ha dominato nelle nostre scuole, troppo
dogmatismo intransigente, troppa avversione ad ogni soffio
di novità, troppo gergo scolastico, perchè la filosofia non
finisse coll’esserne danneggiata essa stessa nel concetto
dei più. Ma come far risalire alla cosa il biasimo che
appartiene agli uomini, come scambiare ciò che di sostan¬
ziale ha la filosofia con ciò che ha d’accidentale e caduco?
Anche gli scienziati mostrano una certa noncuranza
per la filosofia. Eppure che cosa è la scienza se manca
di spirito filosofico? se manca di vedute larghe e com¬
prensive, d’idee generali ? Che cosa è la scienza se si
riduce ad una povera e nuda raccolta di fatti senza nesso
logico e valore concettuale? Scienza e filosofia scrive il
Morselli, sono legate intimamente, e « continuano e pas-
18 LA. STORIA DELLA FILOSOFIA E 1 RAPPORTI SUOI
sano l’una nell’altra ; esse sono due aspetti non opposti,
neppur paralleli, ina successivi dell’umano pensiero, che
incomincia dall'osservazione e dall’esperimento, e assorge
poi, per loro mezzo, al concetto generale, alla teoria ed
all’ipotesi » (1). Intanto però, in odio alla filosofìa,gran
parte degli scienziati italiani, e anche i più dotti, anche
quelli che largameute contribuiscono col loro ingegno e
colle loro scoperte all’avanzamento del sapere, rifuggono
d’ordinario da ogni questione generale, da ogni questione
che accenni appena a sollevarsi dalla cerchia dei fatti ;
e s’attengono di proposito al più rigido ed esclusivo spe¬
rimentalismo meccanico. Le discipline scientifiche che non
si propongano ad oggetto fatti palpabili e materiali,
sono per lo meno loro sospette ; la psicologia, l’etica, la
logica, la sociologia, la biologia generale sono metafisica
larvata, roba da lasciare che sene occupi chi ha del tempo
da perdere. È una condizione di cose, che, se può essere
spiegata coll’avversione che inspira naturalmente una fi¬
losofia fantastica, subiettiva, nemica dell’esperienza,
quale regnò gran tempo in Italia, non cessa per questo
di essere deplorevole ; perocché, per questa via, si ren¬
dono impossibili le sintesi alte e geniali, onde sono cosi
meritamente celebrati gli scienziati forestieri, e viene di
moda un positivismo empirico e grossolano, d’un grado
appena più alto del semplice tecnicismo (2). Cosi avviene
che mentre l’Italia non ha scienziato, si può dire, che
(1) Morselli. — La filosofia monistica in Italia nella Ricista di
filosofia scientifica, v ii 6\ anno 1887, p. 10.
(2) Cfr. il mio «aggio « Fatti e Idee » nei Saggi Filosofici, Torino.
Loescher, 1892, p. 133, 134. — Cfr. Morselli op. cit. p. 34-35.
COLIA STORIA DELLA COLTURA E DELLA CIVILTÀ. 19
voglia essere insieme pensatore e filosofo, il resto del
mondo civile lia i grandi nomi dell’Helmholtz, del Virchow,
del Meyer, del Dubois-Reymond, del Lyel, del Bernard,
del Wundt, del Darwin, del Mandsley, dell’Haeckel, del
Tompson, del Draprer, del Crookes, del Berthelot, del-
l’Hirn e d’altri molti, che credono impossibile disgiun¬
gere la scienza dalla filosofia, e sono insieme scienziati
e filosofi eminenti.
Gli è che altrove s’è capito molto bene quale sia l’uf¬
ficio della filosofia ueH’enciclopedia delle scienze, quale
posto spetti alla filosofia nei vari rami del sapere.
Già è noto che in origine la filosofia abbracciava tutto
quauto il sapere, e filosofia era la matematica, filosofia
l’astronomia, filosofia la fisica, filosofia la ricerca scien¬
tifica in generale e il complesso delle nozioni ottenutene.
Poi per la divisione del lavoro e la progressiva specia¬
lizzazione degli studi si staccarono a poco a poco dal
seno di questa madre comune una quantità di scienze,
che acquistarono perciò vita propria ed autonoma. Ma
fu distacco, non fu secessione quella, fu il desiderio na¬
turale del figliuolo giunto a maggiore età di formare
una propria famiglia, pur conservando col padre rapporti
cordiali, non fu l’aperta ribellione d’un figlio dimentico
ad un tratto dei benefizi ricevuti, e divenuto ad un tratto
nemico di chi gli diede la vita. Le scienze distaccatesi
dalla filosofia non hanno cessato di avere con essa dei
rapporti ; il sapere specializzandosi e ramificandosi non
ha perduto la sua unità ; l’unità vivente del sapere ri¬
mane sempre, e sta nella filosofia questa unità. Il rap¬
porto tra la filosofia e le scienze nell’organismo del sa-
20 LA STORIA DELLA FILOSOFIA E I RAPPORTI SUOI
pere è quello stesso che corre tra l’attività centrale e la
periferica nell’organismo del corpo ; la funzione centrale
spetta alla filosofia, la funzione periferica alle scienze
particolari. « Come l’attività periferica nell’organismo,
scrive egregiamente il Chiappelli, alimenta la centrale,
cosi le scienze nel loro moto progressivo modificano i
concetti direttivi dell'esperienza, i principii logici, e danno
nuovo vigore alla sintesi filosofica. Ma è altresi vero, egli
aggiunge, che questi raggi i quali si appuntano in essa
come in un foco centrale, da questo per via d’un’irra-
diazione continua ritornano duplicati ; poiché, come il
centro nervoso per via del processod’innervazione spiega
un’attività motrice sulle parti dell’organismo, cosi l’ipo¬
tesi e l’idea filosofica imprime un continuo moto alle ri¬
cerche particolari, spingendole per vie nuove » (1).
Cosi, se per una parte i grandi sistemi filosofici non
si concepiscono neanche indipendentemente dalle idee scien¬
tifiche del tempo in cui sorgono, per l’altra il movimento
delle idee scientifiche non si capisce, se non lo si ricon¬
nette alla storia di quei pensatori che hanno rinovcllato
i metodi o costruito l’universo sur un piano nuovo. Fu
Aristotele che iniziò agli studi della natura l’antichità e
il medio evo ; fu Cartesio che introdusse in tutte le scienze
il metodo matematico e fece della scienza dell’universo
un problema di meccanica ; fu Leibuitz che inventò il
calcolo dell’infinito dando al metodo matematico, con
questo elemento metafisico, una potenza fino allora sco¬
nosciuta. Nel Rinascimento il nuovo indirizzo negli studi
(1) Chiapponi, op. cit. p. 29 30.
LA. STORIA DELLA FILOSOAIA E 1 RANPORTI SUOI 21
della natura mette capo a due filosofi del metodo, Ba¬
cone e Galileo ; nei tempi moderni gli studi morali e so¬
ciali ebbero nello Stuart Mill chi segnò nettamente la
via da percorrere. Perfino il nuovo concetto dell’universo,
il concetto eliocentrico sostituito al concetto geocentrico
ò dovuto a un filosofo della natura, Copernico , come ad
un filosofo,Giordano Bruno, è dovuto il concetto dell’in¬
finità dei mondi e degli spazi. La legge della gravita¬
zione ebbe in Newton il suo scienziato e il suo filosofo;
e la teoria dell’evoluzione ebbe il suo scienziato e il suo
filosofo nel Darwin. A mano a mano che l’uomo acqui¬
sta piu chiara conoscenza dei suoi rapporti cogli altri
esseri e col mondo, e meglio gli si delinea il posto ch’egli
occupa nella creazione, la filosofia allargai suoi concetti,
portavoce insieme del tempo suo e precorritrice del fu¬
turo. Lo Spencer ò come la sintesi del moto meraviglioso
d’idee, a cui assistiamo ai nostri giorni; nel Kant era la
Germania pensante del tempo suo; la Grecia del IV 0 e
V° secolo av. Or. era tutta quanta in Socrate, in Pla¬
tone, in Aristotele ; S. Tommaso riassumeva in sè tutto
il sapere del medio evo ; nel Rosmini era l’Italia della
prima metà del secolo. Gli è che i grandi filosofi sono
insieme i più individuali per l’originalità dei loro conce-
pimenti, e i più universali per la fedeltà con cui riflet¬
tono le idee del loro tempo (1). Non a torto l’Hegel
mostrava che la più perfettacoscienza che un’epoca possa
acquistare di sè stessa, l’acquista nei suoi filosofi. I grandi
filosofi sono come il mare: tutto mette capo a loro, i grandi
(I) Kouilli'e 0 [>. cit. p. IV.
22 LA STORIA DELLA FILOSOFIA E I RAPPORTI SUOI
fiumi, come i torrenti e gli umili rigagnoli del sapere ;
si potrebbe dire clie tutto essi assorbauo l’ambiente in¬
tellettuale dell'epoca in cui vivono. Ma come il mare, se
assorbe in sè fiumi e torrenti, è pur quello in fondo che
dà vita a fiumi e a torrenti, cosi i grandi filosofi, figli
del loro tempo, esercitano anche sulle intuizioni scienti¬
fiche e sulla coltura generale del loro tempo un’efficacia
poderosa, sebbene latente spesso e inconsapevole. Chi vor¬
rebbe negare, ad esempio, che le dottrine filosofiche dello
Spencer costituiscano in qualche modo l’ambiente intel¬
lettuale del tempo nostro, sicché tutti, anche quelli che
le ignorano, purché non sprovvisti affatto di coltura, ne ri¬
sentono l’influenza e quasi l’assorbono, a dir cosi, coll’a¬
ria che respirano ? Della critica kantiana chi non sa
quale poderoso moto d’idee abbia suscitato in Germania
al suo apparire, e come anche ora, dopo tanto lasso di
tempo, il vecchio Kant torni più vivo di prima alle menti
de’ suoi connazionali, sicché filosofi e scienziati insieme
vanno a gara nel rinverdirne i principii e le dottrine fon¬
damentali ? Non occorre rammentare poi che dalla scuola
dello Schelling uscirono insigni naturalisti ; dalla scuola
dell’Hegel insigni storici ; dalla scuola dell’Herbart va¬
lenti cultori delle discipline antropologiche e pedagogiche;
e che in generale non c’è stato filosofo e pensatore di
vaglia, die a questo o a quel ramo del sapere non abbia
contribuito a dare indirizzo nuovo, o certamente vigoria
e forza nuova.
Senza dire che oggi specialmente il nesso tra la fi¬
losofia e la scienza s’é fatto anche più stretto che non
fosse in passato. Già gli scienziati, fisici e biologi spe-
COLLA STORIA DELLA COLTURA E DELLA OIV-ILTX.
23
cialmente, vanno a mano a mano persuadendosi che i con¬
cetti loro devono cimentarsi alla stregua d’una severa
critica della conoscenza. E l'Helmholtz fin dal 1855 in
una sua « Lesione sulla vista » (1) accennava alla ne¬
cessità d’una critica fìlosuiìca delle cognizioni sperimen¬
tali, e nel 1878 in un discorso che ha per titolo « Il peti’
siero nella medicina » (2), tornava sullo stesso argo¬
mento affermando che « a quel modo che l’anatomista,
giunto che sia a toccare i limiti della potenza ottica del
suo microscopio, deve rendersene conto, cosi è obbligo
d’ogni scienziato studiare esattamente il vaio) e e l’ufficio
del massimo di tutti gli strumenti, di cui egli si serve,
il pensiero umano. » E più esplicitamente ancora in un
suo discorso del 1879 « I fatti nella percezione » (3)
dopo avere accennato che il problema della conoscenza
è quello in cui s’imbattono, muovendo da due parti op¬
poste, la filosofia e la scienza naturale, concludeva che
in fondo l’nna e l’altra hanno l’obbligo di esaminarlo,
sebbene ciascuna da un punto di vista suo proprio. D’al¬
tra parte il Wundt in uu suostudio « Sul problema
della filosofìa nel tempo presente » (4) scrive « che più
o meno consapevolmente s’è fatta strada nell’animo di
tutti l’opinione clm nella scienza dei corpi non si de¬
vano più solo descrivere e collegare fra loro i fenomeni,
ma si tratti oramai di penetrarne il fondo ; onde è chiaro
(1) Contenuta nell’opera * P-rpn'ii-e risia mia miche Vortrii/e ».
(2) « Pas Peniteli in dar Medi-in ».
(3) « P'e T'O tsachea in d'r Wahrnahmung ».
(■]) « Veher die An/gabe dar Phdosophie in. dee Gegencart. »
I.i iprip, 187 X.
24 LA STOKIA DELLA FILOSOFIA E I RAPPORTI SUOI
che cosi la scienza riconosce esser suo obbligo il dar
mano a comprendere filosoficamente l’unità della natura ».
E non solo, egli continua, « i singoli rami delle varie
dottrine sperimentali si sporgono verso la filosofia. La stessa
base astratta della scienza naturale, la Matematica, non
è andata esente dai segni del nostro tempo » (1).
VI.
Da quanto s’è detto risulla adunque che storia della
filosofia vuol dire largamente storia del sapere e della
coltura in generale. Non già che tutte le idee siano idee
filosofiche, e che lo scienze siano una cosa sola colla filo¬
sofia. Ma tutte le idee hanno la loro più alta espressione
nella filosofia, come tutte le scienze hanno in ultimo il
loro fondament i nella filosofia. A non ripetere quello che
s’è detto or ora sui rapporti delle scienze naturali colla
filosofia e sulla necessità che quelle hanno di sottoporre
ad una critica assidua i concetti direttivi dell’esperienza,
che le renda atte ad una larga sintesi della natura ; a
non insistere su cose già note, che i concetti di spazio,
di tempo, di numero, di quantità ecc., su cui costruiscono
il loro edificio le matematiche, sono concetti essenzial¬
mente filosofici, e cui spetta alla filosofia discutere lar¬
gamente ; su che cosa si fondano la morale, il diritto, la
politica, e in genere le scienze sociali, se non su quei
concepimenti riguardanti la natura dell’uomo e della so¬
ci) Cfr. il mio « Problema della conoscenza nell'Empirismo contem¬
poraneo » noi Sa^gi filosofici p. 156-157, anche per le necessarie ci¬
tazioni.
COLLA STORIA DELLA COLTURA E DELLA CIVILTÀ. 2o
cietà, da cui la filosofia non può prescindere e che sono
anzi suoi proprii ? Xon è vero che la morale e il diritto
hanno questo o quell’indirizzo, secondo che l’uomo si con¬
cepisce essenzialmente egoista, o altruista, secondo che
è l’utilità od il dovere il movente supposto delle azioni?
Gl’Inglesi non riescono a persuadersi che l'uomo non sia
in ogni caso indotto ad agire da motivi egoistici, non
riescono a persuadersi che debba determinarsi ad agire
indipendentemente dalle conseguenze utili o dannose che
dalle sue azioni può aspettarsi ; e perciò concepiscono
una moralità pratica e positiva fondata esclusivamente
sull’utile e sull’interesse ; nè diversamente si comportano
in rispetto al diritto e ai resto delle scienze politico-so¬
ciali, penetrate anch’esse tutte quante da cotesto concetto
d’utilità. I Tedeschi, meno pratici, più idealisti, essen¬
zialmente metafisici, concepiscono invece una moralità
fondata sur una legge categorica ed assoluta, che impone
all’uomo il dovere di fare il bene per il bene, indipen¬
dentemente da qualunque vantaggio gli possa derivare;
e questo concetto della moralità estendono anche all’or¬
dinamento giuridico e all’ordinamento economico della
società; sicché, come osserva il Trendelenburg, c è la
tendenza in Germania a dare un fondamento etico aldi¬
ritto naturale, e quella non meno spiccata a fondarsi
sovratutto su considerazioni etiche e morali per proporre
delle riforme all’organizzazione economica della società
presente (1). E l’Individualismo e il Socialismo, le due
teorie sui rapporti dello stato cogl’individui che si con¬
fi) Trendelenburg Naturrccht auf (lem Grande der Ethik, Leipzig
1860. Cfr. Carle La Vita del Diritto. Torino, Bocca, 1890, p. 650.
*>G LA STOIUA DELLA FILOSOFIA e I RAPPORTI SUOI
tendono il campo oggi, su che cosa si fondano in ultimo
che su concetti essenzialmente filosofici, riguardanti la na¬
tura dell’uomo e della . ocietà? L’Individualismo si potrebbe
assomigliare in gualche maniera all’Atomismo. A quel modo
che l’Atomismo nel mondo fisico considera l’universo come
la risultante di un numero infinito di atomi, che, spinti
da una loro intima energia, si combinano diversamente
cosi da produrre quella immensa varietà di cose esistenti
e coordinate fra di loro che dicesi natura, senza che al¬
cuna idea preconcetta presieda a questa combinazione;
così anche l’Invidualismo considera la società umana come
il risultato del reciproco accomodarsi degl’individui, atomi
sociali, che, spinti dai proprii bisogni, dalle proprie ten¬
denze, da influenze naturali, si combinano diversamente
ira loro, dando luogo a quegli aggiogati, che, tribù dap¬
prima, si trasformano poi per via di successive evoluzioni
in stati e nazioni. E anche qui nessuna idea preconcetta
presiede a quest'opera di successivo aggregamento ; tutto
proviene da una forza intima inerente agli stessi individui,
che aggregandosi costituiscono la società (1). E siccome
gl'individui, secondo questa dottrina, sono essi la realtà
vera, mentre la roe : età non è in fondoche un’astrazione,
non devono perciò esser a-sorbiti da questa, non devono es¬
serle in alcun modo sacrificati ; devono essere lasciati liberi
nello svolgimento della propria persona; devono essere, non
contrariati, neanche diretti nelle loro iniziative, ma abban¬
donati ad esse ; sicché per questo modo si abbia, secondo
vagheggia lo Stuart-Mill, quella varietà e ricchezza di
(1) Carle. — Op. cit., p. 523-523.
COLLA STORIA DELLA COLTURA E DELLA CIVILTÀ.
27
temperamenti, di caratteri, di opinioni e di condizioni so¬
ciali, che rompe la monotonia della convivenza civile e
forma uno dei migliori ornamenti della medesima (1). Tutto
al contrario il Socialismo. Il Socialismo nou parte dal
fatto concreto dell’individuo ; parte dall’idea dell’ente so¬
ciale e collettivo, e vuole atteggiare gl’individui all’in¬
tento proprio di questo tutto. Mentre per 1 Invidualismo
la società è come un organismo fisico che si svolge, a
dir cosi, meccanicamente sotto l’impulso di una forza
intima e latente, per il Socialis.no la società è un orga¬
nismo morale che nel suo svolgimento si propone e deve
proporsi di attuare un fine, un ideale offerto dalla ra¬
gione. Il Socialismo non lascia perciò agl’individui il libero
governo di se stessi, non lascia gl’interessi individuali in
balia alla libera concorrenza, come fa lTndividualismo,
ma vuole disciplinare questi e quelli secondo una norma
prestabilita, mirando per questa via a un’organizzazione
sociale, in cui tutti gl’interessi possano coordinai^ in una
mirabile armonia. L’Individualismo vieta allo stato ogni in¬
gerenza nelle iniziative individuali, e vorrebbe ridurne
l’azione alla sola tutela dei diritti e alla repressione del
male, se pure non vorrebbe distruggerne addirittura ogni
azione, considerandola come male peggiore di ogni male
e preferendo, come fa lo Spencer, che i mali sociali
siano lasciati alla vis naiurae medicatrix; il Socialismo
confida nel potere sovrano dello stato, e ne vuole l’in¬
tervento in ogni caso a mettere in atto questo o quel-
(1) Le idee dello Stuart Miti sull’argomento sono contenute sovrat-
tutto nell’opera « La Libertà * e nell’altra « Il Gocerno rappretentatico ».
28 J.A STOMA DEM,A FILOSOFIA E I RAPFOKTI SUOI
l’ideale di organizzazione sociale, con cui si possa re¬
care x’iraedio effettivo ai mali che affliggono la società
umana, ed ottenere la moralità ed il benessere (1). L’In¬
dividualismo s’attiene più che altro ai fatti; il Socialismo
all’idea ; l’uno si connette col Positivismo, l’altro coll’I¬
dealismo ; l’uno si svolge in Inghilterra, il paese classico
del Positivismo ; l’altro in Germania, il paese classico
dell’Idealismo ; l’uno ha a suoi principali rappresentanti
il Bentham, lo Stuart Mill, lo Spencer, strenui campioni
della filosofia dei fatti, del Positivismo; l’altro, a non par¬
lare che dei più recenti, ha propugnatori efficaci e
poderosi il Marx ed il Lassalle, ambedue ferventi se¬
gnaci dell’Hegel, il grande idealista, di cui adottano
spesso il linguaggio metafisico e le forinole astruse,
e al cui idealismo appartiene quell’alto concetto dello
stato, accettato nelle sue conseguenze pratiche dal
socialismo tedesco, per cui esso è come la ragione perma¬
nente e la personifìcazionc vivente dello spirito assoluto.
VII.
Tutto questo basta, credo, o Signori, a provare che il
pensiero e l’idea filosofica è come il sostrato naturale d’ogni
dottrina sociale, e poiché le dottrine sociali tendono a
tradursi nei fatti, è anche ciò che pervade e penetra
tutta quanta la vita dei popoli.
Pare esagerazione alfermar ciò ? Parrà esagerazione
agli osservatori superficiali non avvezzi a rendersi conto
(1) Calle — Oji. eit„ p. 551-552.
I.A STORIA. DELLA FJLOSOeiA li I SUOI lì APPORTI 29
delle riposte cagioni dei fatti; non parrà agli altri che
queste riposte cagioni ricercano, e per cui il fatto è in¬
dice sempre d’un’ idea.
Lo studio delle speculazioni filosofiche, delle forme
del pensiero pare talvolta trasportarci ben lontano dalla
realtà, in un mondo ideale, quasi chimerico, che nulla
abbia che fare col mondo reale in cui si vive e si opera.
Il vero è però che questo studio ci mette ben addentro
nella realtà, ce ne fa penetrare, per cosi dire, il segreto.
Non si può spiegare il movimento senza conoscere il
pensiero che lo dirige e governa; non si può spiegare
l’azione senza conoscere l’idea che si è volata attuare
con essa, e che fu quindi la sua causa motrice. La storia
delle azioni non si può intendere interamente che per
la storia delle idee.
C’è chi ostenta un superbo fastidio delle idee, e non
crede degna di studio altra cosa che i fatti. Ma le idee
sono fatti essi stessi sott’altra forma ; e d’altra parte
possiedono un loro potere, una loro forza speciale, per
cui tendono a tradursi in atto. Un’idea che s’impadro-
nisca d’uno spirito, non lo lascia in pace un istante, e
lo trae anche suo malgrado a operare. Furono fatti studii
notevoli, voi lo sapete, sull’impulsività dell'idea; l'Ardigù
nostro ha pagine importanti sull’argomento e nella Psi¬
cologia e nella Morale ; il Fouillée in Francia ha una
vera dottrina su quelle ch’egli ha chiamato idee-forze.
E le idee sono forze non solo in quanto agiscono su indi •
vidui isolati ; le idee sono forze più che altro in quanto
agiscono sull’intera comunità ; le idee sono forze indivi¬
duali e collettive. Ci sono fatti che si presentano come
30 L A STORIA DELLA FILOSOFIA E 1 RAPPORTI SUOI
effetti di esplosioni momentanee, isolati quasi nel tempo ;
in realtà furono preparati a poco a poco dal lavorio
dell’idea. L’idea è come la goccia d’acqua che scava len¬
tamente il masso; o, se mèglio vi piace, come quei germi
che, infrodottisi di soppiatto nell’organismo, v’iniziano un
vero lavoro di trasformazione. Si potrebbe capire la rivo¬
luzione francese senza conoscere quel moto poderoso d’idee
che l’ha preparata? Si potrebbe capire la rivoluzione
nostra, se ignorassimo tutto ciò che dai suoi precursori
s’è fatto nel campo del pensiero ? Gli è che accanto alla
storia esteriore, alla storia dei fatti, c’è sempre la storia
interiore, la storia delle idee ; nè l’una può stare indi¬
pendentemente dall’altra. Si parla oggi tanto, e a buon
diritto, d’ambiente e della necessità di conoscerlo per
spiegarci interamente ciò che vi accade. Or bene, c’è sol¬
tanto un ambiente fisico, o non anche un ambiente morale
e sociale, un ambiente storico, diremo noi, che importa
conoscere per ispiegarci la storia ? E quest’ambiente sto¬
rico da qual altra cosa è costituito che dalle idee che
vi dominano ?
Delle vitali attinenze fra le grandi correnti del pen¬
siero e i fatti della vita sociale ci dà incontestabili te¬
stimonianze la storia. Dottrine che sembrano le più lon¬
tane dalla vita reale, che si direbbero campate in aria,
quali il Platonismo e lo Stoicismo, hanno esercitato la
più benefica influenza morale in epoche di profonda dis¬
soluzione e precorso e preparato il più grande rivolgi¬
mento sociale che rammenti la storia, il Cristianesimo :
dal Neopitagorismo e dal Neoplatonismo derivò la più
gagliarda opposizione al Cristianesimo invadente e il
31
COLLA. STORIA DELLA COLTURA K DELLA 01\ 1LTÀ.
tentativo <li Giuliano l’apostata di ripristinare la reli¬
gione greca : le speculazioni di Sant'Agostino sul peccato
originale e sulla grazia misero capo alla riforma e alle
guerre di religione : le astratte dottrine della scolastica,
negli ultimi anni del medio evo, s’intrecciarono, per opera
dell’Occam specialmente, colle più vive controversie poli¬
tiche fra l’impero e la chiesa ; e la distinzione, anzi la
rottura d’ogni legame fra teologia e filosofia che l’Occam
cosi gagliardamente sosteneva, faceva riscontro a quella
sua polemica contro i papi in favore dell indipendenza
dello Stato: Molinisti e Giansenisti, le cui controversie
agitarono per tanto tempo la .Francia e che ebbeio parte
cosi notevole nei suoi destini, furono il frutto naturale,
sebbene lontano, delle speculazioni filosofico-religiose di
Sant’Agostino e Pelagio : l’Illuminismo, di cui è nota l’ef¬
ficacia poderosa esercitata, in Germania specialmente,
sulla religione, sulle dottrine giuridiche e politiche, su
quello spirito di riforma che invase studiosi e filosofi,
popoli e principi nella seconda meta del secolo A.VIII,
e a cui son dovute le riforme di Federico 2°, di Giuseppe
2°, e d’altri regnanti minori specialmente in Italia, e in
ultimo anche la rivoluzione francese, fu la conseguenza
del razionalismo del Leibnitz e più ancora del \\ olf ap¬
plicato alla vita pratica, nonché delle dottrine degli In¬
glesi, specialmente del Locke, che si diffusero ed ebbero
il loro effetto maggiore in Francia, dove le tendenze
dell’ Illuminismo presero un carattere più risoluto e più
aperto, e giunsero, dapprima nei libri, poi nella vita,
alle estreme conseguenze. Non palliamo poi dell’efficacia
che il pensiero speculativo d’un uomo esercitò talora diret-
i32 LA STOIUA. DPLLA FILOSOFIA K 1 KAI'POKTl SUOI
tamente sulle sorti d’un popolo. I « Discorsi alla nazione
tedesca » del Fichte, pubblicati nel 1808, mentre ancora
Berlino era invasa dai Francesi e Napoleone era on¬
nipotente in Germania, risvegliarono l’abbattuta coscienza
nazionale ed eccitando vivamente la gioventù, prepara¬
rono le giornate di Lipsia ; le pagine del Primato e del
Rinnovamento di Vincenzo Gioberti, questo emulo di
Fichte troppo dimenticato, prepararono gli animi al ri¬
scatto della patria nostra.
Vili.
Che dire poi dei rapporti tra la filosofia e la religione?
La religione è una specie di metafisica spontanea ; ciò
che le religioni comprendono allo stato di credenza istin¬
tiva, la filosofia comprende sotto la forma di conoscenza
ragionata ; in fondo ad ogni religione c'è l’idea e il prin¬
cipio filosofico ; ogni moto religioso è come pervaso e
penetrato dal pensiero speculativo, latente, se si vuole,
avvolto, per cosi dire, e quasi nascosto nelle pieghe del
sentimento, ma non meno certo ed efficace per questo.
Corre tra queste due forme della vita umana, la filo-
safia e la religione, lo stesso rapporto che tra le due
funzioni fondamentali dello spirito, la ragione e il sen¬
timento ; e come non è possibile disgiungere queste,
cosi non è possibile disgiungere quelle ; non è possibile
delineare le vicende della religione senza indicare i pro¬
gressi della filosofia ; non è possibile riandare la via
percorsa dal pensiero religioso, senza riandare insieme
quella del pensiero filosofico. Dirò anzi che per certi
COLLA STORIA DELLA COLTURA E DELLA CIVILTÀ. 33
popoli, come per esempio gl’indiani, i Persiani, i Chi-
nesi, gli Egizi, gli Ebrei, la religione è quasi tutta la
loro filosofia, e nei libri sacri, non altrove, deve essere
ricercato il pensiero loro intorno a Dio, all’ uomo, alla
natura e a quei problemi fondamentali, che soltanto piu
tardi e presso altri popoli furono argomento delle di¬
scussioni di filosofi propriamente detti.
D’ altra parte i grandi sistemi metafisici hanno an-
ch’essi qualche cosa di solenne, di sacro, di sovranna¬
turale quasi ; furono paragonati a grandi epopee ; si
potrebbero fors’anche, non senza ragione, paragonare a
grandi costruzioni religiose. Un grande poeta, 1’ Heine,
ha messo in rilievo questo che di miotico e religioso che
è proprio dei metafisici, allorquando scriveva del più
arido fra questi, lo Spinoza : « la lettura dello Spinoza
ci colpisce come l’aspetto della grande natura nella sua
calma vivente ; è una foresta di pensieri alti come il
cielo, le cui cime fiorite s’agitano in movimenti ondula¬
torii, mentre i loro tronchi ben fermi affondano le loro
radici nella terra eterna ; si sente nei suoi scritti spirare
un soffio che vi commuove in una maniera iudifinibile ;
si crede respirare l’aria dell’avvenire» {De l'Alemagne).
Ed è naturale che sia cosi ; la religione e la metafisica
s’aggirano in fondo nella medesima sfera ; non è il mondo
dei fatti, della realtà quello di cui s’ occupano 1’ una e
l’altra; è un mondo che trascende i fatti e la realtà ;
anche la metafisica, al pari della religione, sebbene per
vie diverse, ricerca quelle ragioni ultime dell’ uomo e
delle cose, che non possono venir date dall’osservazione
ed esperienza sensibile. So bene che questa ricerca delle
34 LA STORIA DELLA FIIOSOFIA e I RAPPORTI SUOt
ragioni ultime è condannata coinè vana illusione e che
si considera come perduto il tempo che vi si consacra ;
so che si tenta di guarirne lo spirito, come d’una malat¬
tia pericolosa; ma, tanto, la malattia è cronica oramai
e lo spirito, credo, non riuscirà a liberarsene.
D’altra parte è giusto che l’importanza delle ricerche
si misuri solo dal successo ? Cercare senza speranza non
è insensato, nè volgare, osserva il Ribot ; si può intrav-
vedere, se non trovare. La vera nobiltà dell'intelligenza
umana non sta tanto nei risultati che ottiene, quanto
nel line che si propone e negli sforzi che fa per rag¬
giungerlo. Se la Metafisica non riuscirà mai a scoprire
le lagioni ultime delle cose, se non troverà mai la chiave
dfcll’nniverso, rimarrà però sempre un tentativo nobilis¬
simo sull’ignoto di tutti gli spiriti curiosi ed attivi ; e
non dovesse rendere all’ intelligenza altro servizio che
quello di agitarla e tenerla sveglia di continuo, di sol¬
levarla al di sopra d’ uno stretto empirismo, mostran¬
dole che 1’ esperienza non è tutto, che tutto non è
neppure la scienza, che anche le idee, e non i fatti
soltanto, hanno valore, che anche le ricerche sono pre¬
gevoli e non solò le scoperte, le renderebbe sempre un
servigio eminente (1).
Certo, e 1’ abbiamo ammesso anche prima, 1' ufficio
principale della filosofia intesa come metafisica, o mètem-
pirica che dir si voglia, sta oggi nell’unificare e siste¬
mare il sapere, nel rivederci principii e i risultati delle
singole scienze, coordinandoli e armonizzandoli ; certo,
(1) Ribot — Psgchologie augluite contenifiorui'ie, 3“ eJiz. Pari*,
Germor Bailliére, 1881 latro I. p. 21 22.
COMA STORIA OKU.A COLTURA K OKLLA ©VILTÀ
. • -
35
COLL* STURI \ —
essa - IT* S0PratU “° ri " e a dtm,aMnI
zioni delle scienze « pei m comuni, che
vate e «sfocate dall. nuova l-e-dee ^ ^
divengono cosi l’anima e^g » (1). Ma la
tiene e si accresc f l’unico alimento
scienza non basta all'uomo ; non form ^
anche a
L’intelletto non „ c la volontà reclamano
sentimento in ^^“^Sefecoltà non s’arrestano nei
la loro parte. E <1 esse oltrepassano
° T SVarlicao dove cono appianate lo oca-
mmÌ ° • f onesto e d’onde attinge vigoria di propo-
traddiziom di questo, le sue visioni nella
Siti ad attuare, almeno largano
guerà ma, d cona „ist. piena dell' i •
U quelli che io interno e nei-
Cr,^^azionidV;e^c^ = “
ideale “^“^“^“Lzi a un perchè che sfugge,
rir;» -, come nelle pii, alte della coscienza,
minngo, 1894, p. !'•
ot) LA STORIA DELLA FILOSOFIA E I RAPPORTI SUOI
in quelle energie poderose onde nell’universo è moto, è
vita, è senso, è pensiero ; perfino nei fatti più semplici
e famigliari, nei rapporti più elementari.
Ora può la filosofia disinteressarsi di tutto ciò? può
la filosofia trascurare queste altre tendenze dello spirito
umano ? Gli antichi volevano che la filosofia spiegasse
insieme ed appagasse le varie tendenze dello spirito, e
che tosse di questo l’espressione più nobile e più ade¬
guata ; ebbene, perchè non avrà anche oggi questo com¬
pito ? perchè le si vorrà impedire di essere ancora quello
che era già « la scienza della verità, l’arte della vita,
il fondamento della virtù »? (1). Il Tyndall, l’illustre
scienziato, discorrendo nel 1874, davanti all’Associazione
britannica per il progresso della scienza, dell’evoluzione
storica delle idee scientifiche, usciva in queste parole
memorande: « Se lo spirito umano, quale pellegrino che
sospira al remoto focolare, vuol rivolgersi al mistero
ond’è uscito, e cerca come modellare in una sola imma¬
gine il pensiero e la fede, purché s’accinga a siffatto
tentativo non solo senza intolleranza o bigotteria, ma
riconoscendo che non si tocca quaggiù l’estrema perfe¬
zione e che ogni età deve essere libera di plasmare il
mistero d’accordo coi suoi proprii bisogni ; allora, a di¬
spetto di tutte le restrizioni del materialismo, io affer¬
merò essere questo il campo sul quale le facoltà crea¬
tive dell’uomo, diversamente dalle sue facoltà conosci-
(1) 1 ale era la filosofia j.er gli antichi secondo il Uertini. — La
JìloaoJìa onera prima di Socrate , p. 18.
COLLA. STOIllA DELLA COLTURA E DELLA CIVILTÀ. 37
tive, potranno essere nobilmente esercitate » (1). E,
non meno esplicitamente del Tyndall, il Wundt che,
scienziato eminente, tentò la costruzione di un sistema
su base largamente scientifica, assegna alla filosofia il
compito di ordinare le cognizioni varie per modo che
rimangano soddisfatte insieme le esigenze della ragione
e del sentimento.
Non mi dilungherò più oltre in quest’ argomento
che non tratto di proposito ; toccando dei rapporti della
filosofia colla religione io avevo soltanto per iscopo di
mostrare anche per questa via la grande efficacia pratica
di quella sulla vita dell’umanità, e quindi l’importanza
della sua storia nella storia generale.
IX.
La quale importanza è anche dimostrata per un altro
verso : le attinenze della filosofia colla letteratura e col¬
l’arte in genere, la corrispondenza che è quasi sempre fra
i varii indirizzi letterarii e le correnti del pensiero, fra le
forme, le concezioni e le scuole artistiche e i sistemi fi¬
losofici. Trasportiamoci per un momento coll'immagina-
zione a quell’epoca tanto gloriosa per la letteratura francese,
che é il secolo XVII, il secolo di Luigi XIV. In questo
tempo è la filosofia cartesiana che tiene il campo, la fi-
(1) h'Ecolution hitturique det idées scientijlques. — Discourspre-
sìdentiel de M. Y. Tyndall à l’Association Britannique pour 1’ avance-
ment dea Sciences. — Cours scientifìques 19 settembre 1374. II, 12,
p. 265.
38 la Stoma dìclla filosofia e i rapporti suoi
losofia per cui la natura non è che una macchina inerte,
un sistema di ruote e di congegni, senz’attività, propria,
specie di fantoccio nelle mani di Dio. Ebbene, la natura,
priva di vita com’è, non parla nessun linguaggio agli
uomini di questo tempo. Mentre il poeta moderno ascolta
il misterioso battito della vita universale, essi non ascol¬
tano che un secco e monotono tic-tac d’orologio, essi
non s’abbandonano alla natura ; non trovano in essa tur¬
bamento o conforto ; non avvertono alcuna analogia tra
i moti dell’anima loro e quelle infinite parvenze onde si
manifesta la vita nelle cose ; non simpatizzano con la
natura, non le danno valore e significato, o, se le danno
un significato, è quello solo d’un freddo simbolo, rap¬
presentando essa ai loro occhi il complesso delle cause
finali, che concorrono alla dimostrazione di Dio, supremo
architetto dell’universo. Cosi è che i letterati non si sen¬
tono attratti dalla natura, e la marchesa di Rambouillet
esprime come il sentimento di tutti, allorquando assicura
cne « gli spiriti dolci e amatori delle belle lettere non
trovano mai il lor conto alla campagna ».
La ragione astratta in quest’epoca domina in tutti i
campi dell attivila intellettuale e morale. XI pensiero
prova l’esistenza ; cogito ergo suoi, dice Cartesio ; l’uomo,
la persona è sovratutto pensiero, e il pensiero nell’uomo
uccide, o quasi, il sentimento, le facoltà affettive; l’imma¬
ginazione è tenuta in sospetto, perchè turba il giudizio:
i sensi sono organi d’errore ; criterio di verità è non af¬
fermare che ciò che è chiaro, evidenfe, chiaro ed evi¬
dente come il cogito ; il corpo è in contrasto inconci¬
liabile collo spirito, e per poco non se ne t.ien conto; lo
COLTA STORIA DELLA COLTURA E DELLA CIVILTÀ
39
spirito stesso ha il suo reale fondamento in Dio ; e in
Dio l’atto creatore e l’atto conservatore fanno una cosa
sola ; sicché la conservazione delle creature è una « crea¬
zione continuata ».
Questo razionalismo cartesiano si rivela nelle varie
forme dell’arte.
Ecco qui il teatro, che, anziché rappresentarci
individui in carne e ossa, ci rappresenta personaggi
senza corpo quasi, mere astrazioni, stati morali ; an¬
che ciò che di propriamente umano e sensibile c’ è in
essi, si cerca idealizzare per modo cogli artificii dello
stile, che non possa produrre alcuna impressione ma¬
teriale. Le circostanze di tempo e di luogo che deter¬
minano l’individualità, si sbandiscono più che è possibile,
e solo gli elementi generali, proprii d’ogni tempo e d’ogni
luogo, si mettono in luce; il buon senso e la ragione,
osserva Racine stesso, sono i medesimi dappertutto e sem¬
pre. Quindi avviene che Achille potrebbe anche non es¬
sere un greco, e Andromaca potrebb’essere benissimo una
principessa del secolo XVII, e non già soltanto la mo¬
glie di Ettore; Arpagone non è questo o quell’avaro, ma
l’avaro, il tipo dell’avaro, come Tartufo non è un ipocrita,
ma l’ipocrita, il tipo dell’ipocrita. Anche la critica let¬
teraria riproduce questo indirizzo razionalistico : al di
sotto dell’autore non cerca l’uomo, come fa la critica
moderna, che notomizza, a cosi dire, l’uomo, i suoi senti¬
menti, i suoi affetti, i suoi pensieri più intimi, per sor¬
prendere nell’uomo l’autore. Dell’uomo non si cura quella
critica, studia l’opera in se stessa, come un’astrazione,
un qualche cosa per se stante, e la giudica dall’alto di
40 LA. STORIA DELLA FILOSOFIA E I RAPPORTI SUOI
certi pnncipii razionali, alle cui esigenze non è dato
mancar mai : si direbbe che l’opera d’arte non sia per
qiaella. critica qualche cosa d’organico, di vivente; sia un
fossile e nulla più. È notala poetica di Boileau. Alla ra¬
gione, egli sentenzia, deve il poeta attingere tutto ciò che
darà lustro e pregio alle sue opere; l’estro, l’ispirazione
sono esclusi. Amate la ragione, compiacetevi di essasola,egli
ripete di frequente; il « buon senso » è lo scopo supremo
d’ogm poesia. Anche Bacine felicita Corneille d’aver primo
mostrato sulla scena la ragione e d’averne adoperato il
linguaggio. Perfino la storia che parrebbe, più di qua¬
lunque altro genere letterario, dover tener conto delle
circostanze di tempo, di luogo, di tutti i particolari ri-
ferentisi al costume, al carattere degl’individui e delle
età, astrae da tutto ciò volentieri, e rappresenta uomini
e tempi m una specie di generalità costante, sacrificando
cosi anch’essa al razionalismo dominante (1).
X.
. C \ potrebbe essere prova più convincente dei rapporti
intimi fra letteratura e filosofia ? Ma non basta. Questi
stessi rapporti possiamo trovare fra il pensiero filosofico
e 1 indirizzo artistico e letterario del tempo nostro.
E noto che l’indirizzo filosofico dominante al
tempo nostro è quello che nel fatto s’incardina e
dal fatto, dalla realtà positiva prende il nome, il P 0 -
0) Vedi del bellissimo libro di Georges l*ellismer:« Le mouvement
da p. 11 a p. 15 P * * * ( Sciame » specialmente
COLLA STORIA DELLA CULTURA E DELLA CIVILTÀ 41
sitivismo. Il Positivismo abborre da ogni maniera di tra¬
scendenza, ripudia la ricerca delle cause prime, delle
cause finali e non studia che ciò che può essere sotto¬
posto a una verificazione empirica; il suo metodo è l’os¬
servazione e l’esperienza. La natura è ridotta per esso
a fenomeni di movimento, lo spirito umano a fenomeni
di coscienza : se nello spirito e nella natura ci sia una
sostanza a cui quei fenomeni appartengono come a loro
principio immutabile, il Positivismo non sa, o nega reci¬
samente. Ciò che cade sotto l’osservazione e l’esperienza
è solo una serie di fatti ; quale altra realtà ci potrebbe
dunque essere in noi e fuori di noi? E questi fatti si
svolgono gli uni dagli altri necessariamente, si deter¬
minano reciprocamente; determinismo adunque nel mondo
esterno come nell’interno ; il libero arbitrio, l’autonomia
della persona, la persona stessa sono vecchie fole, che
più non reggono alla luce della scienza. Noi non siamo
padroni delle nostre azioni, come non siamo padroni dei
nostri sentimenti e dei nostri pensieri ; al pari del mondo
fisico, anche il mondo morale si sottrae ad ogni specie
di azione libera ; anzi non esiste affatto mondo morale,
poiché virtù e vizio sono in ultimo prodotti naturali,
come potrebbe essere il vetriolo o lo zucchero. Inutile
perciò parlare di dovere; soltanto d’appetiti e d’interessi
è lecito parlare ; i fatti sono sprovvisti d’ogni carattere
morale ; l'ideale che tende a legittimare diritto e mo¬
ralità è inconciliabile coi fatti.
Ebbene, a questo indirizzo positivo in filosofia cor¬
risponde un indirizzo positivo in arte ; mentre la filosofia
conclude la legittimità dei fatti dalla loro necessità,
42 LA STORIA DELLA FILOSOFIA COI RAPPORTI SUOI
l’arte si riduce ogni giorno più a notarli e a trascriverli.
Ecco qui il romanzo che sottopone ad analisi minuziosa
e sapiente il processo dell’agire umano, e mostrando come
si leghino le azioni l’una all’altra, come ciò che dicesi
condotta si sviluppi in una serie sucessiva e necessaria
di atti, presenta l’uomo quale un ingegnoso meccanismo
di ruote, che l’una muove l’altra senza riparo.
È il gusto della ricerca, della descrizione minuta, che
domina il romanzo. Voglia esso presentarci un’anima, un
ambiente, un quadro di costumi, un avvenimento storico,
si direbbe in ogni caso un’opera formata essenzialmente
di documenti ; tanto si cerca di ridurre la parte dell’in¬
venzione, e di copiare per quanto è possibile la realtà
anche in quanto ha di meno significativo. Fatti e perso-
naggi sono tratti dalla realtà ; il romanziere pare non si
proponga neppure d’integrare questa realtà, per paura
si possa dire che ci ha messo del suo. Egli non vuole
apparire nell’opera sua, se ne disinteressa quasi ; rap¬
presenta il bene, senza mostrargli simpatia ; rappresenta
il male, e non gli scappa alcuna parola di riprovazione;
è e vuole essere sopratutto uno spettatore imparziale,
quasi lo spettatore imparziale dello Smith. Anch'egli, come
i pittori, ha il suo album ; e in quest’album nota, sor¬
presi nella realtà, atteggiamenti, gesti, movimenti, into¬
nazioni e flessioni di voce, perfin qualche nome strano
che lo abbia colpito, a non parlare di costumi, di tem¬
peramenti, di caratteri, ecc., materiali tutti di cui trae
poi largo profitto ; egli ama sovratutto di essere un ana¬
lista, uno storiografo, un raccoglitore di fatti e di sen¬
sazioni, e in questo principalmente fa consistere il pregio
1 valore dell’opera sua.
COI.LA STORIA DELLA COLTURA li DELLA CIVILTÀ 4.3
Se tale è il romanzo, che cosa dovrà essere la
storia? La storia come opera d’arte è un'anticaglia
oramai ; le storie deU’Amari, del Capponi, del Botta,
del Colletta, del Cantù, quelle del Thierry, del Mi¬
chelet, del Guizot, del Mignet ecc. in cui si cerca
di dar vita al documento col soffio dell’arte, non sono
più compatibili coll’indirizzo positivo. Lo storico dei giorni
nostri non sacrifica ai lenociai della forma, non ama i
quadri pittoreschi, le vaste generalizzazioni, le sintesi
geniali, non ordina e dispone gli avvenimenti secondo un
intendimento artistico ; egli è sopratutto un erudito pa¬
ziente che si appiatta in un cantuccio del passato, e vi
scova fatti ben accertati e vagliati con una critica mi¬
nuziosa e sagace. Egli teme l’immaginazione, diffida del
sentimento, perfino degli apprezzamenti della ragione vor¬
rebbe far a meno ; il fatto, il nudo fatto è la sua preoc
cupazione costante ; una commozione improvvisa di fronte
a un avvenimento, la previsione anche ragionata delle
conseguenze di questo, un insegnamento che se ne voglia
trarre, tutto ciò oltrepassa la cerchia del fatto e gli è
quindi sospetto. Il più assoluto disinteresse, la più as¬
soluta obbiettività deve dominare nell’opera sua ; solo a
questo patto essa soddisferà alle esigenze di un metodo
scientifico ; poiché essa è scienza, non arte.
E ben vero che le sue ricerche particolari, le sue storie
di luoghi e di tempi determinati, le sue monografie mi¬
nuziose devono trovar posto in un assieme più vasto e
preparare quella sintesi universale, che è lo scopo su¬
premo degli studi storici. Egli sa bene ciò ; ma quella
sintesi deve essere certa, fondata su basi salde, non qual-
44
LA STORIA DELLA FILOSOFIA li I RAPPORTI SUOI
che cosa di chimerico, di campato in aria, e perciò non
vede per il momento di meglio a fare che studiare fatti
separati, di cui possa acquistare conoscenza piena ed in¬
tera ; compiuto questo lavoro analitico, il lavoro sinte¬
tico verrà poi come sua naturale conseguenza.
Anche la critica dell’arte corrisponde all’indirizzo do¬
minante; era un esercizio di gusto, è diventata una
scienza ; una scienza che nell’esame delle opere porta
quel medesimo spirito che porta lo storico nell’esame degli
avvenimenti. L’opera d’arte è sovratutto un documento
oramai ; il critico non si lascia commovere dal bello, come
non si lascia commovere dal brutto ; sono fatti naturali
1 uno e 1 altro, hanno l’uno e l’altro il loro valore e il
loro significato. « U vero critico non ammira, nè biasima,
osserva ri Pellissier ; egli accetta le forme molteplici che
prende l’anima umana per rivelarsi, non ne condanna al¬
cuna e le descrive tutte. Applicando all’ arte come alla
morale un determinismo implacabile, estende 1’,impero
delle leggi organiche fin nel dominio della produzione
letteraria. Egli riduce gli individui a non essere che la
risultante della loro razza, del loro secolo e dell’ambiente
in cui vivono. Dei documenti, ecco ciò ch’egli cerca nel-
1 opera estetica» (1). Che dire poi della poesia? Essa è so¬
vratutto il linguaggio del sentimento e dell’immaginazione;
non può dunque che trovarsi a disagio nel secolo della
critica e della scienza. E in realtà la letteratura al tempo
nostro è in gran parte prosastica.L’epica non è più pos¬
ti) Op. cit. p. 270. Vedi
tolo « L'Éeolution lénlisie •
l’intero baUiesimo capitolo che ha per ti-
colla storia oklla coltura k dell* civiltà 45
sibile : il dramma sfugge alla poesia; alla lirica solo ò
concesso di vivere ancora non ingloriosamente come forma
poetica. Ma il poeta è guardato dalla gente quasi con
compatimento, con quello stesso senso press’a poco con
cui si guarda un ragazzo che giuoca e scherza ; pove¬
retto, non ha altro da fare, lasciamolo divertire ! E di-
fatti è divertimento innocente la poesia; si scherza gx-azio-
samente colle parole, coi suoni' colle rime. Ma un uomo
serio, positivo potrebbe permettersi ciò ? Ohibò ! L’uomo
serio, positivo arrossisce, come di colpa grave, dei ten¬
tativi poetici della sua prima gioventù ; l’uomo serio,
positivo, dice quello che ha da dire in prosa. « Tu ti
contentei’ai della prosa, dice a se stesso, giovane ancora,
Alessandro Dumas ; essa sola dice bene quello che hai
da dire ». Del resto la poesia sopravvissuta si risente
anch’essa dello spiiùto dominante ; descrizioni minuziose
di realtà specialmente famigliar! ; analisi delicate di pen-
siei'i e di sentimenti, ricerche e rappresentazioni fin troppo
esatte di fatti storici ; studio d’una forma, che all’espres¬
sione precisa del concetto congiunga, fin dove è possi¬
bile, L’andamento semplice e piano della prosa. E il Po¬
sitivismo, è il Realismo filosofico che penetra fin dove
parrebbe non dovesse mai penetrare.
XI.
Signori, è tempo di riassumere, è tempo di raccogliere
le vele fin troppo spiegate nel nostro discorso. Voi siete
già persuasi con me che la filosofia ha attinenze strettis¬
sime con tutte le forme della vita spirituale, con tutte
le manifestazioni della civiltà e della storia. La storia
46 LA STORIA DELLA FILOSOFIA E I RAPPORTI SUOI
della filosofìa è per ciò insieme storia del sapere e della
coltura ; storia in largo senso del progresso e della civiltà.
Non meno dei metafisici di Germania, i positivisti di
Francia e d’Inghilterra sostengono ciò. Il Comte e lo
Stuart Mill considerano d’accordo il progresso della spe¬
culazione come la causa principale del progresso sociale (1).
Sarà dunque uno studio di lusso, come sostengono alcuni,
la storia della filosofia ? Anche ammesso che sia un lusso,
è un lusso necessario, un lusso di cui non possono far a
meno gli uomini colti. Sarà una vana curiosità, come
credono altri, un’inutile commedia, un terreno sparso di
rovine? Ma è anzi spettacolo grande e solenne, un dramma
pieno di vita e ricco di significazione, un terreno produt¬
tivo e fecondo. Le si farà colpa di essere un’incessante
e sterile lotta di vita e di morte, un’ alterna vicenda di
sconfitte e di trionfi? Ma se questa è la sorte di tutte
le cose umane, se nella morte è la vita e nella vita
la morte ! Si dirà che è una serie di soluzioni con¬
tradditorie dei medesimi problemi, di risposte unilate¬
rali tutte e tutte esclusive alle stesse domande? Ma
chi potrebbe sostenere che lo spirito umano sia un
tutto essenzialmente armonico e coerente ? L’ incoe¬
renza, la contradizione è nel pensiero, nel sentimento,
nelle opere, in tutte le manifestazioni dello spirito in-
somtna; e pretendereste non fosse nella filosofia che dello
spirito è la manifestazione più piena e più alta ? D’altra
parte perchè guardare i sistemi filosofici solo nei rapporti
onde alcuni sono legati ad alcuni ? Guardateli invece nel
loro complesso, abbracciateli con uno sguardo unico tutti
(1) Veti specialmente Stuart Miti, Logiqtte, voi. p. 52t) 530.
COLLA STORIA DELLA COLTURA K DELLA CIVILTÀ 47
assieme, e vedrete che ricompongono l’unità vivente del
pensiero, vedrete che non s’elidono veramente, ma s’ inte¬
grano piuttosto a vicenda e sono come le membra d’un
vasto organismo, come le faccie di un immenso poliedro.
Alcuni, più radicali degli altri, sostengono addirittura
che parte almeno dei sistemi filosofici 6ono vere bizzarrie
e, bontà loro ! aberrazioni mentali, veri scherzi di natura,^
come si diceva un tempo di quei prodotti naturali fuori
dell’ordinario, di cui non si sapeva dare la sp : egazio^e.
Ma la natura non scherza mai, è ben noto; la natura fa
sempre sul serio ; e come quei prodotti che si dicevano
scherzi una volta, si apprezzano ora più degli altri, perchè
meglio atti a rivelarci il segreto dell’operare della natura;
cosi i sistemi filosofici, che del resto non sono scherzi,
hanno per la scienza nuova un immenso valore, poiché
solo per essi è dato scoprire le leggi onde venne forman¬
dosi il pensiero moderno; solo per essi è dato percorrere le
tappe per cui è passato il pensiero prima di arrivare allo
stato presente.
Ma io penso sovratutto aU’efficacia educativa della
storia della filosofia ; maestro ed educatore, è naturale
che ciò mi preoccupi. La filosofia incomincia là dove fi¬
nisce il senso comune ; quello che al senso comune ap¬
pare chiaro ed evidente, o insignificante almeno, a una
riflessione più profonda è irto di difficoltà e problemi
d’ogni maniera, è addirittura mistero. Ora che cosa gio¬
verà più a scuoterci dal pigro sonno d’una morta e ac¬
quiescente tradizione, che studiare il pensiero di coloro
che hanno tentato risolvere quei problemi, svelare quel
mistero ? E non basta; ai grandi monumenti dell’arte
noi ci accostiamo, perchè ci illumini nn raggio d’imperi-
LA SrOlttA DliLLA FILOSOFIA K 1 RAPi’OIfrt SUOI
tura bellezza, perchè l’educazione artistica e letteraria
meglio si forma collo studio dei grandi classici dell’arte
e colla famigliarità delle loro opere, che colle astratte
regole e le vuote forinole della vecchia retorica: ora l’e¬
ducazione del pensiero scientifico non dovrebbe allo stesso
modo formarsi collo studio dei grandi eroi del pensiero,
i genii della speculazione, Platone, Aristotele, Leibnitz^
Kant, Spencer ? Aggiungasi che quella meravigliosa va¬
rietà di tendenze, d’impulsi, d’indirizzi che si riscontra
nei grandi pensatori, è mirabilmente atta ad arricchire
la coscienza scientifica e a svolgere le moltiformi energie
dell’ingegno ; e che per l’esempio di questa varietà l’uomo
acquista più facilmente quella serena equanimità di giu¬
dizio, quello spirito largo e comprensivo, che abborre da
ogni maniera di esclusivismo, e quindi di dogmatismo,
quello spinto finemente critico e insieme libero e indipen¬
dente, che guarda le cose dall’alto, senza odio e disdegno,
seuza entusiasmi e adorazioni soverchie, sine ira et studio,
che è una virtù e una forza insi me dello scienziato.
Oggi cè nei giovani specialmente la tendenza all’affer-
mare reciso ed assoluto anche nelle questioni più con¬
troverse: ebbene, la storia della filosofia vi terrà lontani
da questo vezzo, o giovani, vi avvezzerà a considerare
le cose da vari punti di vista, non da uno, o da pochi
parziali ed esclusivi, vi renderà tolleranti con tutti, con
tutti i lavoratori serii ed onesti; vi convincerà che anche
nella scienza brutta cosa sono le sette e le chiesuole; che
la libertà è condizione di progresso non soltanto nella vita
civile e politica, ma in quella più intima del pensiero e
delle idee.


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