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Monday, December 2, 2024

GRICE ITALO A/Z B BAL

 

Grice e Balbillo: il filosofo personale di Nerone -- Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza. (Roma). Filosofo italiano. A man of learning, he is much admired by Seneca. He is the personal philosopher of NERONE and writes a long book on astrology. Tiberio Claudio Balbillo. Balbillo.

 

Grice e Balbo: il tutore di filosofia -- Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Scolaro di SCEVOLA (si veda) pontefice, e soprattutto un giurista. I shall say but little of some other Balbus's, mentioned by ancient Authors. Disciple SCEVOLA, and preceptor of Servio Sulpizio, an excellent philosopher of law. CICERONE says that Sulpizio did exceed his master, who, by the addition of a mature judgment to his learning, was something slow, whereas his disciple is quick and expeditious. B.’s essays are lost, to which perhaps his disciple Sulpizio did not a little contribute by inserting most of them in his own. Lucio Lucilio Balbo. Balbo.

 

Grice e Balbo: gl’ortelani – Roma antica – filosofa italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Portico. Consul. Friend of CICERONE, who successfully defended him in a legal action. Comments made by Cicero suggest he was a member of L’ORTO. Lucio Cornelio Balbo. Balbo.

 

Grice e Balbo: il portico a Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza. (Roma). Filosofo italiano. Chiamato ‘dal portico’ da CICERONE che nel De natura Deorum gli assegna l’esposizione delle dottrine teologiche stoiche.   Ivi B. dichiara di avere familiarità con Posidonio.Antioco dedica a B. un saggio.  Secondo CICERONE, B. e pari ai più insigni stoici. A Stoic philosopher and a pupil of Panezio.  B. appears to CICERONE as comparable to the best philosophers. He is introduced by CICERONE in his dialogue De natura deorum as the expositor of the opinions of the Portch on that subject. B.’s arguments are represented as of considerable weight. His name appears in the extant fragments of CICERONE’s Ortensio, but it is no longer thought that B. is a speaker in the dialogue. Cicero, De Divinatione. Griffin, "Composition of the Academica, in Inwood and Mansfield, Assent and Argument: Studies in Cicero's Academic Books. Brill. Smith, Dictionary of Roman Biography. Categories: Philosophers of Roman Italy Roman-era Stoic philosophers Lucilii Ancient Roman people GRICE E BALBO We must not, as Glandorpius has done, confound this Balbus with *Quintus* Lucilius BALBUS, the philosopher, and one of Cicero's interlocutors in the books de Natura Deor. A member of the Portch. Cicero uses him as a spokesmn for the Porch in De natura deorum. Lucio Lucilio Balbo. Quinto Lucilio Balbo. Balbo.

 

Grice e Baldini: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale del linguaggio – la scuola di Greve – filosofia fiorentina – la scuola di Firenze – filosofia toscana -- filosofia italiana – Luigi Speranza, pel Gruppo di Gioco di H. P. Grice, The Swimming-Pool Library (Greve). Filosofo fiorentino. Filosofo toscano. Filosofo Italiano. Greve, Firenze, Toscana. Grice: “I like Baldini, but more so does Austin! In his collection of ‘lessons’ (lezioni) on ‘filosofia del linguaggio’ (not just ‘sematnica’ or ‘semiotica’) for the distinguished Firenze-based publisher Nardini, he deals with Austin, but not me!” Grice: “Baldini fails to realise that I refuted Austdin – when Baldini opposes ‘filosofese,’ I am reminded of my non-conventional non-conversational implicata – and Austin’s less happy idea of a felicity condition for a perlocutionary effect!” Grice: “But what I like about Baldini is that being Italian, he refers to ‘amore’ in his ‘natural’ history of AMicizia – which is all that my conversational pragmatics is about: Achilles and Ayax must share a lot of common ground to be able to play the game of conversation, and they do!”  Si dedica alla filosofia del linguaggio. Figlio dello storico Carlo B., laureato a Firenze, insegna a Firenze, Siena, Perugia, Bari, e Roma. Diversi sono gli’ambiti di ricerca che più di altri B. coltiva: la filosofia della scienza (con una particolare attenzione al pensiero dell'epistemologo  Popper, di cui ha curato anche alcune opere), la filosofia del linguaggio, e la semiotica delle mode filosofiche. Dedicato saggi all'epistemologia, cogliendone le possibili applicazioni alla medicina, alla storia della scienza, alla pedagogia e, infine, alla filosofia politica. Parallelamente, ha rivolto i suoi interessi anche alla storia della scienza e, in particolare, alla storia della medicina. Un'attenzione particolare è stata dedicata ai nessi che intercorrono tra l'epistemologia e la filosofia della politica: sulla scorta delle riflessioni popperiane, ha riletto il pensiero utopico sia nella sua dimensione storica che in quella teorica.  L'altro grande interesse filosofico di B. è stata la filosofia del linguaggio. In particolare ha studiato le tesi dei semanticisti generali, un movimento nato negli Stati Uniti tra le due guerre mondiali e di cui si era occupato per primo in Italia negli anni Cinquanta Francesco Barone. L'interesse per la filosofia del linguaggio si è declinato anche in chiave storica: e alla storia della comunicazione Massimo Baldini ha dedicato numerose opere. Inoltre, gli studi sulla filosofia del linguaggio si sono incentrati sull'analisi di alcuni linguaggi specialistici: quello della pubblicità, quello dei mistici, quello della pubblica amministrazione, quello dei giornalisti, nonché il tema correlato del silenzio. Tutti questi linguaggi, sono stati studiati nelle prospettive dell'oscurità e della chiarezza, e dell'oggettività (soprattutto con riferimento al contesto dell'informazione).   La biblioteca comunale "B." di Greve in Chianti A partire dalla fine degli anni Novanta, infine, gli interessi di B. si sono incentrati sul tema della moda, che egli ha studiato dal punto di vista storico e semiotico, e nelle diverse componenti della moda vestimentaria e della moda capelli. Tutta l'attività di ricerca di B. è confluita in numerose opere individuali e collettive, curatele, introduzioni e prefazioni a testi italiani e stranieri, traduzioni, nonché nella collaborazione stabile con alcune case editrici e riviste scientifiche. In particolare, presso l'editore Armando (Roma) ha diretto le collane Temi del nostro tempo, I maestri del liberalismo, Moda e mode, I linguaggi della comunicazione; presso l'editore Rubbettino (Soveria Mannelli) la collana Biblioteca austriaca (con Antiseri, Infantino e Ricossa).  Menzione a parte merita poi il ricordare che B. è stato ed è rimasto nel corso dei decenni un grande estimatore e diffusore dell'opera del concittadino grevigiano Giuliotti, il "poeta-mistico" o "profeta" Giuliotti, del quale il nostro ha riedito alcune delle sue maggiori opere per lo più per conto delle edizioni Logos di Roma, oltre a dedicare al medesimo alcune raccolte di saggi come "Il più santo dei ribelli. Scritti su Domenico Giuliotti" oppure "Giuliotti. Cristiano controcorrente" (ed. EMP), senza contare i volumetti preparati per conto della preziosa casa editrice La Locusta di Vicenza, in consonanza agli interessi espressisi e sviluppatisi soprattutto a partire dagli anni ottanta, quelli che afferivano ai connotati e alle 'modalità' del linguaggio dei mistici, o alle relazioni intercorrenti fra le dimensioni del silenzio-parola-Parola di Dio-ascolto.  È stato altresì membro del Comitato Nazionale per la Bioetica; membro del comitato scientifico delle riviste L'Arco di Giano, 'Nuova civiltà delle macchine, Desk.  Morì a causa di un infarto mentre si trovava a cena con alcuni colleghi universitari. Nel  per la casa editrice Rubbettino è uscito il libro La responsabilità del filosofo. Studi in onore di B. Antiseri con saggi di amici, colleghi, collaboratori e studenti per ricordare la figura intellettuale e morale di Massimo Baldini a quattro anni dalla scomparsa. Partecipano all'antologia Mauro e Kerckhove. Il primo maggio  è stata inaugurata a Greve in Chianti la Biblioteca B.  Sulla filosofia del linguaggio «È chiaro che devo preoccuparmi di essere inteso da tutti perché penso che la chiarezza sia la cortesia del filosofo»  (Gasset, Cos'è la filosofia?) Secondo Baldini scopo del filosofo e della sua filosofia è essere chiari: scrisse infatti «l'accusa che più frequentemente viene rivolta alle opere dei filosofi è quella dell'illegibilità». I filosofi come dimostra nel suo Contro il filosofese e nel Elogio dell'oscurità e della chiarezza non seguono sempre questa missione ed in alcuni casi sembra usino volutamente un linguaggio oscuro ed incomprensibile. Tre dei filosofi più oscuri secondo Baldini, che ricalca in questo anche il giudizio di Schopenhauer, sono stati Fichte, Hegel e Schelling. Parlando di Hegel, Baldini riporta il giudizio di uno scritto di Koyré che definisce la lingua di Hegel "incomprensibile e intraducibile".  Citando inoltre il giudizio di Popper scrive: «Troppo spesso, secondo Popper, i filosofi vengono meno alla virtù della chiarezza. Con l'oscurità sovente mascherano le tautologie e le banalità che infiorettano i loro discorsi».  Bergson cita l'esempio di Cartesio, di Malebranche e di molti altri filosofi francesi mostrando che idee molto raffinate e profonde possono essere espresse nel linguaggio ordinario anziché con circonlocuzioni e ridondanze e termini che sono causa di equivoci. B. afferma che l'oscurità in filosofia è, dunque, il modo migliore per fingere di spacciare pensieri, mentre si sta solo spacciando parole, è una maschera che cela spesso il vuoto di pensiero o la banalità dei pensieri. Nonostante tutto secondo B., non bisogna giudicare frettolosamente un filosofo, definendolo oscuro, a volte può essere una carenza della nostra conoscenza che ci porta a respingere come vuoto suono, parole che invece, hanno il loro preciso significato.  Filosofare in maniera chiara può avere le sue difficoltà, Nietzsche infatti afferma che ci vuole meno tempo ad imparare a scrivere nobilmente che chiaramente e  Wittgenstein che celebra a più riprese la chiarezza, fa autocritica ammettendo in una sua lettera a Russell che il suo Tractatus logico-philosophicus è tremendamente oscuro. Quanti celebrano la chiarezza in filosofia, sanno bene che ogni lettore di testi filosofici deve fare proprio il consiglio che Wittgenstein da a Russell, quando questi si lamenta con lui dell'oscurità del trattato, gli scrive. Non credere che tutto ciò in cui tu sei capace di capire consista di stupidaggini. Invece, un personaggio che volutamente, secondo B., tende a non farsi capire e a sopraffare linguisticamente fra gli applausi di ammirazione i suoi ascoltatori, è Verdiglione.  Chi si avventura nelle sue opere, fa rilevare il filosofo, si imbatteva in frasi tipo questa. Sono tratto da un demone a dire, a fare, a scrivere sempre fra oriente e occidente e fra nord e sud. Senza luogo della parola. Questo demone è il colore del punto, dello specchio, dello sguardo, della voce: la moneta stessa. Punto, sembiante, oggetto scientifico, è indotto dalla pulsione, dall'instaurazione della domanda, dove l'offerta è il pleonasmo», ed ancora: «Ecco questo primo rinascimento. Primo in quanto procede dal secondo, ovvero dall'originario. Secondo dunque non in senso ordinale, non in nome del nome. Non è neppure nuovo, perché non parte dalla corruzione per arrivare all'utopia». "Oscuro superlinguaggio" e "gargarismi linguistici e semantici" sono secondo B. il risultato della verdiglionite ovvero di chi si muove sui sentieri del filosofese. Secondo B. quindi la difficoltà di esprimere alcuni profondi pensieri filosofici non dovrebbe essere amplificata, è vero che ci sono pensieri filosofici difficili da esprimere in modo semplice, ma è pur vero che il filosofo che desidera trasmettere la propria filosofia, dove fare un onesto sforzo affinché essa sia quanto più possibile comprensibile al proprio uditorio.  Sociologi: è morto B., semiologo e filosofo, Adnkronos, Contro il filosofese I filosofi e l'abuso delle parole; Contro il filosofeseFichte, Schelling, ed Hegel: i professionisti dell'oscurità; Koyré, Note sulla lingua e la terminologia hegeliana, Interpretazioni hegeliane, La Nuova Italia, Firenze; Russel. L'autobiografia Longanesi, Milano Verdiglione, Manifesto del secondo rinascimento, Rizzoli, Milano. Altre saggi: “Epistemologia e storia della scienza” (Città di vita, Firenze); “Campanella ed il linguaggio dell’utopia” – “Utopia e ideologia: una rilettura epistemologica” Ed. Studium, Roma); “Epistemologia contemporanea e clinica medica” (Città di vita, Firenze); “Teoria e storia della scienza” (Armando, Roma); “I fondamenti epistemologici dell'educazione scientifica” (Armando, Roma); “La semantica generale” (Città nuova, Roma); “Gli scienziati ipocriti sinceri: metodologia e storia della scienza” (Armando, Roma); “La tirannia e il potere delle parole: saggi sulla semantica generale” (Armando, Roma); “Congetture sull'epistemologia e sulla storia della scienza” (Armando, Roma); “Epistemologia e pedagogia dell'errore” (Scuola, Brescia); “Il linguaggio dei mistici” (Queriniana, Brescia); “Il linguaggio della pubblicità” “La fantaparola” (Armando, Roma); “Educare all'ascolto, Scuola, Brescia); “Parlar chiaro, parlar oscuro” (Ed. Laterza, Roma Bari); “Lezioni di filosofia del linguaggio” (Nardini, Firenze); “Antologia filosofica, Scuola, Brescia); “Contro il filosofese” (Laterza, Roma); “Storia della comunicazione, Newton & Compton, Roma); “La storia delle utopie, Armando Editore, Roma); “Il proverbi italiano” (Newton & Compton., Milano); “Karl Popper e Sherlock Holmes: l'epistemologo, il detective, il medico, lo storico e lo scienziato” (Armando, Roma); “La medicina: gli uomini e le teorie, CLUEB, Bologna); “Il liberalismo, Dio e il mercato” (Armando, Roma); “L’amicizia” (Armando, Roma); “Introduzione a Karl R. Popper, Armando Editore, Roma); “Capelli: moda, seduzione, simbologia” Peliti, Roma); “Popper e Benetton: epistemologia per gli imprenditori e gli economisti” (Armando, Roma); “Elogio dell'oscurità e della chiarezza, LUISS University Press e Armando Editore, Roma); “Elogio del silenzio e della parola: i filosofi, i mistici, i poeti, Rubettino, Soveria Mannelli); “I filosofi, le bionde e le rosse, Armando Editore, Roma); “L'invenzione della moda: le teorie, gli stilisti, la storia. Armando Editore, Roma); “L'arte della coiffure: i parrucchieri, la moda e i pittori, Armando Editore, Roma); Popper, Ottone, Scalfari, LUISS University Press, Roma. Citazionio su B. Scheda dell'Università LUISS, su docenti. luiss. Filosofia Filosofo Filosofi italiani Accademici italiani Accademici italiani Professore Greve in Chianti Roma Professori della Libera università internazionale degli studi sociali Carli Professori della Sapienza Roma Perugia Siena Bari Firenze. Intendo concentrarmi qui su alcuni aspetti della teoria aristotelica dell’amicizia: il metodo di indagine attraverso cui è articolata e acquisita, e il suo significato dialettico e teorico.  Il processo conoscitivo per Aristotele è una transizione da ciò che è primo per noi a ciò che è primo per sé, e l’indagine sull’amicizia non fa eccezione. Il primo per noi contempla la nostra esperienza della cosa intesa in senso ampio, tale da includere: le prassi linguistiche e ascrittive diffuse, le opinioni notevoli (ἔνδοξα) condivise da tutti o dai più o dai sapienti o da alcuni di essi, i topoi o luoghi comuni consegnati dalla tradizione, i fenomeni intesi come fatti della vita, ovverosia le ordinarie prassi umane, i comportamenti concreti implicati nelle relazioni di amicizia. Si tratta di un materiale eterogeneo, variegato, opaco, bisognoso di sintesi e di articolazione concettuale. Il suo trattamento dialettico preliminare e orientato anzitutto a evidenziare le contraddizioni che tale materiale ospita, per poi cercare di superarle entro una sintesi superiore la quale, attraverso una teorizzazione positiva ˗ materiata di distinzioni semantiche e concettuali, argomenti, definizioni ˗ ne salvi gli elementi genuini nella misura del possibile, mostri l’apparenza delle contraddizioni, e produca così una sorta d’equilibrio riflettuto fra il primo per noi, da cui pure si sono prese le mosse, e il primo per sé, punto d’arrivo dell’indagine. Una buona teoria dovrà fare giustizia dei caratteri manifesti dell’oggetto, renderli cioè intellegibili e inferibili. Una teoria che nega questi caratteri, e ipso facto una teoria deficitaria, insoddisfacente: non ci riconcilierebbe coi φαινόμενα, che pure sono il suo originario explanandum.  Questa cifra metodologica va tenuta presente, se si vuole apprezzare in modo non superficiale la trattazione aristotelica dell’amicizia nelle Etiche. Perciò è opportuno partire non da Aristotele, bensì dall’orizzonte teorico-culturale cui egli si rapporta dialetticamente, nonché dai suoi obbiettivi polemici. Il significato ordinario di «φιλία» ha un’estensione ben più ampia della nostra nozione di «amicizia»: oltre all’amicizia propriamente intesa, può denotare anche l’alleanza politica, la vasta gamma dei rapporti sociali, dalle relazioni parentali e matrimoniali a quelle commerciali, quelle cameratistiche, quelle amorose ed erotiche; insomma, qualunque interazione umana positiva e non ostile, fra individui o fra gruppi – ma anche fra uomini e dei– è denotabile come φιλία. Nella caratterizzazione preliminare che ne offre, Aristotele attinge ai grandi modelli omerico ed esiodeo, così come ai Sette Savi, ai tragici, nonché al sapere filosofico dei predecessori (Empedocle, Eraclito, etc.); ma il punto di riferimento dialettico che, sottotraccia, orienta l’intera trattazione, è il Liside platonico, la prima indagine filosofica sistematica dedicata alla φιλία[8], nelle cui note aporie sono peraltro condensate e portate a tematizzazione le contraddizioni insite nelle istanze della tradizione pre-filosofica globalmente intesa. Il Liside dunque, fra gli ἔνδοξα e i λεγόμενα, riveste un ruolo dialettico-polemico primario, anche se non se ne fa alcun riferimento esplicito. È impossibile in questa sede tentarne anche solo una cursoria sintesi, ma è necessario individuare perlomeno quelle aporie di fondo intorno alla φιλία che Aristotele riprende in maniera puntuale.  Una importante aporia radicata nella dicotomia attivo/passivo, è articolata intorno alla questione: chi dei due, in una relazione amicale, è l’amico? Chi ama o chi è amato? Si sonda tutto lo spazio logico delle possibilità, producendo esiti paradossali (di qui, appunto, lo status di aporia): se è chi ama, ad essere amico di chi è amato, allora nel caso che chi è amato odiasse chi lo ama, uno sarebbe amico di chi lo odia! se è chi è amato, ad essere amico, sarà anche il caso che chi è odiato è nemico, dunque se qualcuno ama qualcuno che lo odia, allora sarà nemico di un suo amico! se sono amici o chi ama o chi è amato, indifferentemente, resta fermo che uno potrebbe essere amico di chi lo odia se sono amici necessariamente entrambi, allora non potremmo essere “amici” di entità che non ci amano, come la scienza, o il vino, o i cavalli. L’aporia presuppone l’ampia estensione semantica di φιλία e di φίλος, che da un lato può avere significato passivo (esser caro a qualcuno), attivo (essere amico o reciproco, dall’altro come prefisso (φίλο-) può comporre termini denotanti amore, passione o apprezzamento per entità impersonali, che non reciprocano. Ma l’aporia è filosofica, non meramente linguistica.  Una seconda aporia muove dalla questione se l’amicizia si dia fra simili o fra dissimili. Se si dà fra simili, allora anche i malvagi sarebbero amici, ma fra malvagi non si dà vera amicizia (assunzione qui data per vera); se si dà non fra simili simpliciter ma fra simili nell’esser buoni, sorge il problema di come il buono – il quale basta a se stesso – possa trarre utilità da un altro buono, e viceversa, quando si era precedentemente stabilito che nessun amico è inutile all’amico se si dà fra dissimili contrari, come povero/ricco, sapiente/ignorante etc., allora, daccapo, l’amico sarà amico del nemico, il malvagio del buono etc.: amico/nemico e malvagio/buono sono contrari; 4) forse si dà fra certi dissimili non contrari: chi è intermedio fra buono e cattivo può amare il buono in virtù della presenza in sé di un “male”, cioè della privazione di bene di cui è conscio e che lo rende intermedio; così l’amicizia diventa un caso particolare del desiderio, volto strutturalmente a ciò di cui si è privi. Ma anche qui si ricadrebbe nel caso 1 della Prima aporia: pare che l’amare unidirezionale e non ricambiato non sia sufficiente all’amicizia, inoltre il buono sarebbe amato senza amare a sua volta (infatti l’altro gli è inutile giacché egli ha già il bene presso di sé).  A questo punto viene introdotta l’idea che, se noi cerchiamo nell’amico il bene ma nessun amico può avere il bene pienamente presso di sé, allora ciò che cerchiamo negli amici è il «Primo Amico», qualcosa che trascende sia noi che gli amici stessi, di cui questi ultimi sono apparenze (εἰδώλα). Le relazioni amicali sono da ultimo orientate verso qualcosa che trascende entrambi i relati, secondo una dinamica “ascensionale” segnatamente platonica: ma così l’amico in carne e ossa parrebbe ridotto a mero luogo di transito di una tensione desiderante che ascende in direzione di un assoluto ideale. Riesaminando poi la relazione “orizzontale”, si introduce la nozione di «affine» (οἰκεῖος): forse la φιλία è rapporto col simile in quanto affine, o familiare; ma l’affinità pare essere reciproca (se A è affine a B, B è affine ad A), dunque il buono risulta inservibile a chi è già affine al buono; inoltre, sono affini anche i malvagi.  Anche se la trattazione appare un poco schematica e talora verbalistica, essa tocca problemi speculativi genuini. Come ci si aspetta da un dialogo “socratico” di Platone, le aporie non trovano uno scioglimento, se non la paradossale acquisizione che né amanti né amati, né simili né dissimili né contrari, né affini, né buoni, possono essere amici! Teniamo dunque a mente questi nodi problematici. L’amicizia è studiata nell’Etiche Eudemia e Nicomachea. Mentre la trattazione dell’Etica Eudemia risulta più logica e astratta, quella dell’Etica Nicomachea è più orientata a salvare i fenomeni, è più empirica e inclusiva: per cogliere i nuclei teorici di fondo, è sensato muovere dalla prima, e valutare criticamente quando e perché la seconda propone integrazioni o discostamenti teorici da quella. Sia la Eudemia precedente alla Nicomachea o meno, in essa appare più nitidamente come la trattazione aristotelica costituisca una sorta di virtuale controcanto filosofico del Liside platonico.  Etica Eudemia VII introduce il soggetto come specialmente degno di essere indagato: gli ἔνδοξα universalmente diffusi pongono la φιλία come il fine stesso della politica, come antidoto all’ingiustizia, come habitus caratteriale rivolto ai buoni, pongono l’amico come il più grande dei beni esterni (anche in quanto volontariamente scelto) e l’assenza di amici come il male più terribile. La φιλία è aspetto centrale dell’etica – soprattutto entro un’etica eudemonistica imperniata sul bene e sulla felicità – dunque non sorprende che la sua trattazione occupi quasi un quinto degli scritti etici aristotelici.  Ma altre opinioni notevoli non sono universalmente condivise: per alcuni il simile è amico del simile (Omero, Empedocle), per altri lo è il contrario del contrario (Esiodo, Euripide, Eraclito): sono le opzioni 1 e 3 della Seconda Aporia del Liside, che pure non viene citato. Si ricordano poi altre opinioni, topoi tradizionali già ripresi dal Liside: per alcuni non c’è amicizia fra malvagi ma solo fra buoni (cfr. opzione 1 della Prima Aporia), per altri solo chi è utile può essere amico (cfr. opzione 2 della Seconda Aporia).  Prima di passare alla pars construens, Aristotele enuncia candidamente il criterio metodologico e lo scopo dell’indagine:    Occorre trovare un’argomentazione che insieme renda conto (ἀποδώσει) al massimo grado delle opinioni (τά δοκοῦντα) intorno a queste cose, e anche che sciolga le aporie e le contraddizioni. Ciò avverrà qualora appaia che le opinioni contrarie sono sostenute con buone ragioni: una tale argomentazione sarà nel massimo accordo coi fenomeni. E le tesi in contraddizione risultano mantenersi, se quel che affermano è vero in un senso, ma in un altro no. (Et. Eud.).  Le opinioni diffuse e notevoli non vanno accolte in modo supino e acritico, ma comprese nelle loro buone ragioni e, nella misura del possibile, salvate entro una sintesi teorica che superi le aporie e mostri che le affermazioni apparentemente incompatibili possano essere vere entrambe, in sensi diversi; così vi sarà anche il massimo accordo coi φαινόμενα. Questi, i desiderata da soddisfare.  Se l’amicizia è desiderio (altra acquisizione del Liside[25]), il desiderio può essere del piacevole (appetito) o del buono (volontà)[26], dunque ciascuno di essi ci è «amico» o caro (φίλον); comunque il piacere si presenta come un bene (o appare tale o è creduto tale[27]): la prima distinzione da fare è perciò fra bene e bene apparente (φαινόμενον ἀγαθόν), oggetti del desiderio[28]. La seconda è quella fra bene incondizionato (ἁπλῶς) e bene per qualcuno[29]: ciò che è buono simpliciter lo è per l’essere umano in generale, ciò che è tale «per qualcuno» lo è per certi individui particolari in certe circostanze (per esempio, un’operazione per un malato); parimenti, vi è un piacevole incondizionato e un piacevole «per qualcuno» (per esempio, in condizioni fisiche o morali alterate); Aristotele sostiene che il piacevole incondizionato coincida col buono incondizionato[30]: ciò che è buono per l’uomo in generale, è anche piacevole per l’uomo in generale, invece un individuo malato o corrotto troverà piacevoli cose non oggettivamente buone; né coincideranno il piacevole «per lui» e il buono «per lui». Un uomo saggio e virtuoso troverà piacevole ciò che è buono, dunque nel suo caso si identificano bene apparente e bene reale (è buono ciò che gli appare tale), bene «per lui» e bene incondizionato (ciò che è bene per lui è buono in generale per l’uomo), nonché bene e piacere: egli è norma rispetto a ciò che per l’uomo in generale è e deve essere buono e piacevole, in quanto esprime l’eccellenza della stessa natura umana. A ogni modo, ciò che motiva un soggetto S deve apparire un bene a S (che lo sia o meno), e apparire a S un bene per lui (che sia o meno anche un bene in senso incondizionato). Ci sono cose per noi buone in quanto le riteniamo dotate di valore intrinseco, cose per noi buone in quanto le riteniamo utili, e cose per noi buone in quanto le troviamo piacevoli. Poiché l’amico è un bene scelto e desiderato ˗ il φιλεῖν è un caso particolare di desiderio ˗ potrà esserlo per questi tre motivi: come bene in sé, e cioè in quanto è ciò che è e «per la virtù», o in quanto è ci è utile, o in quanto sia piacevole, «per il piacere». Chiariremo successivamente perché il buono in quanto buono, quando il bene sia l’amico stesso, si identifichi con la sua virtù.  Colui che è amato in base a uno dei tre aspetti suddetti (bene-virtù, utilità, piacevolezza) diventa un amico ˗ si aggiunge ˗ quando contraccambia l’affetto: dunque la reciprocità diviene un tratto essenziale dell’amicizia, una sua condizione necessaria; Aristotele sceglie l’opzione 4 della Prima Aporia del Liside, ma replica all’obiezione ivi contenuta, secondo cui cose amate come il vino, i cavalli e la scienza non possono ricambiare, mediante la distinzione fra φιλία e φίλησις[33]: la seconda è un affetto/desiderio per le cose inanimate, la prima implica un simile affetto come componente, ma include necessariamente la reciprocità. Talvolta, una nozione vaga può essere disambiguata mediante una distinzione semantica, in modo da sciogliere apparenti contraddizioni e insieme “salvare i fenomeni”. Tuttavia, l’affetto reciproco sulla base di uno dei tre amabili non è ancora sufficiente perché ci sia φιλία; tale reciprocità deve essere esplicita, non celata, nota ai due amici: se amo qualcuno che non lo sa, non siamo amici, nemmeno nel caso lui ami me e io lo sappia; entrambi devono amarsi l’un l’altro, ed entrambi lo devono fare in modo manifesto, tale che sia noto all’uno e all’altro. La coscienza di essere amici è essenziale all’essere amici: qualcuno può credere di essere amico senza esserlo[34], però nessuno può essere amico di qualcuno senza credere di esserlo. Se manca la reciprocità, non si ha amicizia ma «benevolenza» (εὔνοια), cioè desiderio del bene dell’altro; quando quest’ultima è reciproca e non è celata, allora può divenire amicizia.  Le tre forme di amicizia, rispettivamente basate su virtù, utilità, piacere, secondo l’Eudemia intrattengono la relazione asimmetrica che Aristotele chiama πρὸς ἓν, in cui vi è un significato primario o focal meaning cui gli altri, secondari e derivati, rimandano[36]: l’amicizia a causa della virtù e fondata sul bene è posta come πρώτη φιλία, «prima amicizia», da cui le altre dipendono dal punto di vista definitorio. Quindi «φιλία» non denota tre specie di un unico genere, né è un termine equivoco che denota realtà completamente diverse; è termine “multivoco”, giacché l’amicizia si dice in molti modi ma in riferimento a un senso che illumina tutti gli altri, e a cui gli altri si rapportano necessariamente. Molti critici ritengono che, siccome l’amicizia “utilitaristica” e quella “edonistica” possono darsi indipendentemente da quella “virtuosa”, l’idea che esse rimandino necessariamente a quella “virtuosa” non sarebbe convincente, e proprio per questo sarebbe poi abbandonata nella Nicomachea. Ma la gerarchizzazione πρὸς ἓν è anzitutto definitoria: il piacere è un bene apparente (dunque, una declinazione del bene), l’utile è tale in quanto foriero di bene[38] o di piacere (che, daccapo, è un bene apparente); dunque i tre amabili sono un bene, un modo di apparire del bene, una via che porta al bene. Al modo in cui il piacere e l’utilità si definiscono in rapporto al bene[39] (ma, per Aristotele, non viceversa), così le amicizie basate sul piacere e l’utile si definiscono in rapporto a quella basata sul bene come tale: e infatti, come vedremo, ne sono forme imperfette e difettive.  Si noti la pur generica assonanza fra la πρώτη φιλία e il πρῶτον φίλον, il Primo Amico del Liside: se Platone radica il senso delle relazioni amicali in un anelito a qualcosa che trascende le amicizie e gli amici stessi illuminandole, per così dire, dall’alto, Aristotele immanentizza il bene entro gli amici stessi e le loro relazioni; c’è una amicizia prima, ma non un Amico primo che si distingua dagli amici empirici e concreti. Il bene che è in gioco nell’amicizia è ubicato negli amici stessi, è immanente.  Qual è la ragione profonda di questa tripartizione? Si può mostrare in modo puntuale che si tratta di una risposta alle aporie platoniche: se i platonici pongono come amicizia solo quella virtuosa, «non riescono a dare conto dei fenomeni»[40], ove per fenomeni si devono intendere non solo le prassi umane, ma anche gli ἔνδοξα e i λεγόμενα. Se vi sono tre forme di amicizia, può darsi che alcune opinioni notevoli e intuizioni siano vere dell’una ma false dell’altra, altre siano vere dell’altra ma false dell’una, come afferma il passo metodologico succitato. Se poi a partire da ciascuna delle tre caratterizzazioni si potessero inferire o congetturare dei rispettivi propria, che coincidano coi rispettivi tratti manifesti dell’amicizia che parevano aporetici in quanto incompatibili, allora grazie a questa tassonomia tricotomica le aporie potrebbero essere sciolte, poiché alcuni di questi tratti caratterizzeranno un tipo di amicizia, alcuni altri un altro tipo di amicizia.  L’amicizia virtuosa, fondata sul bene, è fra simili in quanto buoni[41]: essa cattura l’opzione 2 della Seconda Aporia del Liside, nonché l’ideale arcaico, omerico ma anche teognideo e in generale aristocratico, della φιλία come sodalizio elettivo fra ἀγαθοί; a questo topos tradizionale, il Socrate del Liside replica che esso è incompatibile con un’altra idea ben radicata (basata su altri due topoi tradizionali): il buono è autosufficiente, e un amico gli sarebbe inutile, ma l’amicizia è fondata proprio sull’utilità reciproca; quest’ultima idea, di matrice esiodea[42] ma anche un luogo comune confermato dalle prassi umane, non può essere negata, per Aristotele: sono gli stessi φαινόμενα a mostrare che coloro che intrattengono relazioni continuative di utilità e soccorso reciproco, si chiamano amici  e si ritengono tali, e così sono dagli altri chiamati e ritenuti. La contraddizione è apparente, se si postula che l’utilità reciproca è un prerequisito di una forma di amicizia (quella basata sull’utile) e non dell’altra (quella basata sul bene). Le relazioni utilitaristiche sono amicizia, sebbene di un certo tipo; sia queste che quelle fondate sul piacere, possono sussistere anche fra individui non buoni, persino fra malvagi, sebbene in forma estremamente labile e instabile: l’opzione 1 della Seconda Aporia del Liside è anch’essa percorribile, in quanto due individui non “buoni” possono essere amici sulla base del piacere, e sono simili nella misura in cui condividono certi tipi di piacere; inoltre, l’intuizione per cui l’amicizia si dà fra contrari come povero/ricco, sapiente/ignorante etc. ˗ opzione 3 della Seconda Aporia del Liside ˗ è anch’essa fatta salva, in quanto viene posta come peculiare all’amicizia utilitaristica, che tipicamente è intrattenuta da individui in qualche senso contrari (l’uno ha qualcosa che l’altro non ha). Aristotele riesce a salvare i fenomeni attraverso una distinzione tassonomica fondamentale, che deve conciliare certe apparenti incompatibilità ma al tempo stesso preservare una certa unitarietà dell’oggetto: quella di amicizia è una nozione originariamente ospitale, plurale e polivoca, tanto internamente differenziata da implicare una demarcazione netta fra l’amicizia virtuosa e le altre, ma non tanto monolitica da implicare che si escludano dal novero delle amicizie quelle forme di relazione (utilitaria, edonistica) ordinariamente denominate così: altrimenti si farebbe violenza al linguaggio e alle “cose stesse”: a quel “primo per noi” che è lo stesso explanandum originario.  Una delle ragioni per cui l’amicizia virtuosa è detta «prima» nella Eudemia e poi «perfetta» (τέλεια) nella Nicomachea[44], è che essa è costitutivamente piacevole, benché non sia fondata sul piacere, e implica la disposizione alla mutua utilità quando serva, benché non sia fondata sull’utile: dunque contiene in sé, in certo modo, le altre due. Tuttavia, il piacere che consegue al bene ed è persino costitutivo di esso, non è lo stesso piacere che fonda le amicizie edonistiche; il primo è inseparabile dal bene cui consegue[45], quindi l’integrazione di piacere e utilità nell’amicizia virtuosa non è da concepirsi come una somma estrinseca o giustapposizione di aspetti positivi (bene + utilità + piacere). La perfezione di questa amicizia non è una somma di amicizie imperfette, è originaria completezza.  Nella Nicomachea non vi è traccia della relazione πρὸς ἓν, e la πρώτη φιλία diventa τέλεια φιλία[46]. Le altre amicizie qui sono dette tali «secondo somiglianza» a quella perfetta: a mio avviso, al netto della differenza di linguaggio, la posizione di Aristotele non muta in modo sensibile fra le due opere; la somiglianza delle amicizie edonistica e utilitaristica a quella perfetta consiste anche qui nel fatto che quest’ultima è, per entrambi gli amici, utile e piacevole, dunque contiene quegli aspetti che fondano le amicizie imperfette, ma non ne è simmetricamente contenuta. Infatti, ciò che è buono è anche utile e piacevole, mentre ciò che è utile può non essere piacevole e può non essere buono (né simpliciter, né per l’individuo) – per esempio, se l’individuo è corrotto e trova per sé utile qualcosa che lo approssima a ciò che non è il suo bene (anche se egli magari crede che sia il suo bene[48]) – e ciò che è piacevole può essere inutile o persino dannoso. Questo vale in generale, e a fortiori vale per gli amici buoni, utili, piacevoli. In realtà, lo stesso “compito” etico implicitamente affidato all’uomo, gli è affidato anche in rapporto all’amicizia: l’ideale umano, incarnato dal saggio che ne è norma ed esempio, è quello di far coincidere ciò che è bene per sé con ciò che è bene in generale, e ciò che è piacevole per sé con ciò che lo è in generale; si realizza così anche la coincidenza di bene e piacere, visto che il buono in generale e il piacevole in generale si identificano per natura[49]. Ciò importa che occorra anzitutto essere buoni (saggi e virtuosi) e, essendolo, prediligere le amicizie virtuose (che sono appannaggio dei buoni): esse non ospitano conflitti strutturali, soprattutto il bene e il piacere – il confliggere dei quali sopraffà l’acratico – sono adeguati ab origine, nell’amicizia perfetta, giacché essa è piacevole proprio in quanto buona. Ma ciò non esclude che i buoni possano intrattenere anche amicizie fondate sul piacere, o sull’utile[50]: esse però, nell’economia della loro vita, risulteranno marginali, sia nella quantità che nella qualità.  Può sorprenderci il fatto che alla forma di amicizia più rara e più “inarrivabile” delle tre (i buoni sono pochi, gli amici a causa del bene ancora meno) venga ascritta una priorità definitoria, sia essa del tipo πρὸς ἓν o «per somiglianza». Ma per Aristotele qualunque capacità umana – l’amicizia è una virtù, le virtù sono capacità acquisite – viene individuata e definita sulla base della sua eccellenza: è il caso eccellente, in cui un tratto umano è più pienamente realizzato, che funge da essenza normativa rispetto ai casi difettivi, deficitari, degradati, imperfetti; per definire, occorre guardare ai casi migliori, alla modalità in cui una potenzialità è dispiegata ed espressa più compiutamente, e che misura gli altri casi quasi costituendone un virtuale dover-essere rispetto a cui essi mostrano la loro manchevolezza. Perciò la teoria aristotelica presenta al contempo una dimensione descrittiva e una normativa, fra le quali sussiste una sorta di tensione dialettica. E in effetti le amicizie fondate sul piacere e sull’utile sono incomplete: vengono caratterizzate addirittura come amicizie per accidens[51], il che sembra sulle prime vanificare l’atteggiamento inclusivo adottato da Aristotele come cifra metodologica, non solo praticata ma persino esplicitata in modo programmatico[52]. È come se in sede di definizione generale Aristotele fosse interessato a preservare l’unità della nozione di amicizia nonostante le differenze, ma in sede di caratterizzazione sinottico-comparativa dei diversi tipi, ponesse invece l’enfasi sullo iato che separa l’amicizia prima o perfetta dalle altre, fino a trattare le altre come solo accidentalmente tali. Perché esse sono caratterizzate come «accidentali»?  Chi si ama per l’utile o per il piacere lo fa «non perché l’individuo amato sia quello che è, ma in quanto è utile o in quanto è piacevole»[53]: l’utilità e la piacevolezza sono proprietà relazionali esterne all’essenza dell’amico amato, determinate dagli effetti che esso ha su chi lo ama, «perché gli uni ne traggono un qualche bene, gli altri un piacere»[54]; invece l’amicizia basata sulla virtù e la bontà dell’amico amato, è basata su proprietà intrinseche all’amato, su ciò che da ultimo l’amato è. Noi siamo il nostro carattere, il nostro carattere è l’insieme unificato delle nostre virtù, una seconda natura che è frutto prima dell’educazione e poi delle nostre scelte: noi siamo un sé che sceglie, e i nostri pensieri, discorsi e azioni manifestano il nostro “sé”. Pertanto, nell’amicizia perfetta il bene che è in gioco è l’amico stesso che è amato, per ciò che egli essenzialmente è, mentre il bene che è in gioco nelle altre amicizie è il bene – nella forma dell’utile o del piacevole – dell’amico che ama. Anche se l’amicizia è sempre reciproca, resta fermo che nell’amicizia perfetta il fondamento è, per ciascuno degli amici, l’altro come buono, nelle altre è invece il proprio bene in quanto utilità o piacere[56]. Nelle amicizie imperfette la ragione per cui si vuole e persegue il bene dell’altro, resta radicata nell’interesse proprio come diverso dal bene elargito all’altro e diverso dall’altro stesso come dotato di valore intrinseco. È questa differenza radicale a rendere le amicizie imperfette amicizie per accidens: ciò non implica, si badi, che non siano amicizie, bensì che lo sono solo in virtù del loro somigliare all’amicizia perfetta, seppure in modo difettivo.  Ma l’amicizia fondata sul bene dell’amico non rischia così di risultare “disinteressata” in un modo psicologicamente implausibile? Solo in apparenza, in quanto il bene di chi ama è in gioco, ma lo è in quanto coincide col bene dell’amico: se siamo amici perfetti, siamo entrambi buoni e virtuosi, e il nostro bene individuale coincide col bene simpliciter: noi, come amici perfetti, cooperiamo per realizzare il bene in generale[58]; il bene mio e dell’amico sono voluti – rispettivamente, dall’amico e da me – in conseguenza del fatto che anzitutto io e l’amico siamo dei beni: se lo siamo l’uno per l’altro, è perché siamo buoni, siamo dotati di valore intrinseco, e lo riconosciamo reciprocamente. Non si tratta di una implausibile relazione puramente altruistica e disinteressata, perché non si fonda – ribadiamolo – solo sul volere il bene dell’altro, ma anzitutto sull’altro come bene in sé: voglio e perseguo il bene dell’altro non per altruismo astratto, ma perché l’altro è un bene. Una nozione comune con cui forse potremmo rendere più chiaro questo aspetto, è quella di stima. L’amicizia perfetta è fondata sulla stima reciproca: un amico che stimo per ciò che è e per come è, esemplifica in sé ciò che è buono, a prescindere da ciò che io posso trarre da lei/lui: «se uno non gioisce perché l’altro è buono, non c’è la prima amicizia» (1237b4-5). La stima reciproca presuppone una consonanza di valori, un’intesa su ciò che vale e ciò che è degno: e visto che i due amici sono virtuosi e buoni, essi valgono e sanno di valere, per questo valgono anche l’uno per l’altro. Si tratta di una amicizia in cui coltivare il proprio bene coincide col coltivare l’altro e il suo bene, e questo coincidere non è accidentale – come accade nelle altre amicizie – bensì è costitutivo. Invece posso trarre vantaggio da un amico utile senza stimarlo affatto, così come posso trarre piacere – per esempio, divertendomici insieme – da qualcuno che non stimo, che non ritengo una persona buona, degna, valida.  L’accidentalità delle amicizie non perfette si rende perspicua nella loro strutturale instabilità: un rapporto fondato sull’utilità non avrà più ragion d’essere, qualora uno dei due amici smetta di essere utile all’altro; i bisogni umani sono cangianti, e tali sono le risorse altrui per farvi fronte, cosicché anche le relazioni utilitarie sono essenzialmente mutevoli; lo stesso accade per gli amici secondo il piacere: cambiano, nel tempo, le fonti del piacere, i “gusti”, e cambiano anche le capacità altrui di procurarci piacere; l’amicizia piacevole, poi, è precaria anche perché riguarda tipicamente i giovani, i quali sono di per sé in continuo cambiamento[59].  Invece la virtù del carattere è cosa stabile: le amicizie complete sono stabili perché sono fondate sul bene come virtù, che è costante e non facile a mutare[60]. Il tempo può rendere inutile un amico che prima era utile, o non più piacevole un amico che lo era, ma difficilmente può sottrarre a un carattere le virtù, far diventare malvagi i buoni, stolti i saggi, e dunque minare le basi su cui le relazioni virtuose fra buoni sono costruite. Per questo l’amicizia completa è specialmente solida, quasi incrollabile[61], e l’amico virtuoso è un amico «al massimo grado», un amico «vero»[63]. Un tale amico si renderà utile se può e quando sia necessario, ma sarà utile perché è un amico, piuttosto che essere amico perché è utile; e sarà piacevole all’amico, giacché ci risulta tendenzialmente piacevole frequentare chi stimiamo[64].  Così Aristotele, forte della sua tassonomia tripartita, deriva dei propria (dei caratteri distintivi) di ciascuna amicizia, spiegando i fenomeni e riconciliandoci con le comuni pratiche ascrittive: alcune intuizioni, luoghi comuni e opinioni notevoli sono vere di un’amicizia, alcune dell’altra. Parlando coi giovani Liside e Menesseno, Socrate nel Liside si dice desideroso di amicizia più di ogni cosa al mondo – con una Priamel che restituisce in modo icastico l’idea dell’amicizia come il più grande dei beni esterni, fatta anch’essa propria da Aristotele – e invidia ironicamente la loro felicità, visto che sono giovani e sono diventati amici «in modo facile e rapido». Si tratta di caustica ironia, visto che la φιλία che ha a cuore Socrate non è né facile né rapida: ciò che è dissimulato, è che quella non è verace amicizia, ma altro. Qui c’è un’aporia in nuce, visto che i giovani che si frequentano, pur con una certa leggerezza e una conoscenza reciproca non profonda, paiono amici e sono detti tali, eppure non soddisfano i requisiti della “vera” amicizia non solo secondo l’idea socratica, ma anche secondo l’opinione diffusa per cui la vera amicizia è durevole, lenta e difficile a darsi. Aristotele distingue i soggetti delle attribuzioni incompatibili, salvando la verità di entrambe: l’amicizia giovanile (per esempio, quella di Liside e Menesseno) è fondata sul piacere, e ha certi tratti distintivi quali la facilità a prodursi e a decadere, l’intensità emotiva, e così via; l’amicizia perfetta, tipica degli uomini maturi (è quella per cui Socrate dice di ardere di desiderio), necessita di una lunga consuetudine e di una conoscenza reciproca profonda[66], è rara e appannaggio di pochi, è difficilissima a nascere ma altrettanto difficile a morire, fondandosi su ciò che in noi vi è di più stabile. Invece, quella utile caratterizza tipicamente gli anziani, particolarmente bisognosi d’aiuto e sensibili, per debolezza, al beneficio che può arrecare il mutuo soccorso[67]; inoltre, essa si riscontra nei più, nelle masse, le quali sono più preoccupate dei benefici personali che del bene e del bello. Fra le amicizie incomplete, Aristotele ascrive una superiore nobiltà a quella fondata sul piacere, mentre quella fondata sull’utile è «da bottegai»[68]. In effetti, la condivisione del piacere è qualcosa di meno strumentale rispetto al trarre vantaggi da qualcuno: perlomeno il piacere è un fine, non un mezzo; inoltre, il piacere appartiene alla frequentazione stessa dell’amico, mentre l’utile è a questa completamente estrinseco: dunque il fondamento dell’amicizia utile è più esteriore e più contingente di quello dell’amicizia piacevole.  Un altro aspetto problematico del Liside emerge in particolare nella Prima Aporia rispetto alla polarità attivo/passivo (amante/amato), ma soggiace implicitamente anche ad altre aporie: l’amicizia sembra implicare uguaglianza e comunanza da un lato, e differenza e asimmetria dall’altro; si mescolano aspetti tipici del rapporto pederastico-erotico (amante e amato non sono intercambiabili), aspetti del rapporto genitoriale, anch’essi per definizione asimmetrici, e relazioni “fra buoni” simili, potenzialmente simmetriche. Aristotele cerca di articolare queste istanze entro un quadro più sistematico: la tassonomia delle tre amicizie si arricchisce di una distinzione trasversale, fra amicizie simmetriche e amicizie asimmetriche in cui uno è superiore e l’altro inferiore[69]; la φιλία deve essere reciproca, ma tale reciprocità può essere simmetrica o asimmetrica (fra superiore e inferiore). I tipi di amicizia sono dunque sei, giacché si può essere superiori quanto a virtù, a utilità, e a piacevolezza.  La ulteriore distinzione fra amicizie simmetriche e asimmetriche consente ad Aristotele una esplorazione straordinariamente ricca dei legami sociali più eterogenei, che assimila alla φιλία e alle sue declinazioni i rapporti familiari (padre-figlio, marito-moglie, figlio-figlio), i rapporti politici fra città (in vista dell’utile)[70], gli stessi rapporti fra i cittadini in rapporto alla loro comunità, i rapporti fra governanti e governati, le relazioni commerciali, e così via, e indaga le relazioni profonde fra amicizia, giustizia, concordia, comunità. Non è possibile restituire nemmeno sommariamente la ricchezza di tali analisi in questo contributo, il quale si focalizza piuttosto sul significato filosofico e dialettico della tripartizione in generale: ma fa d’uopo rilevare che le applicazioni di questa teoria generale sono molteplici e fecondissime.     3. Amicizia e autosufficienza    La tripartizione (con ulteriore dicotomia trasversale) non scioglie di per sé un nodo aporetico concernente la stessa amicizia perfetta fra buoni: è l’idea espressa entro il punto 2 della Seconda Aporia del Liside, per cui chi ha il bene presso di sé è autosufficiente e non ha bisogno di nulla, dunque l’amicizia di chicchessia gli sarebbe inutile. È vero che Aristotele ha distinto l’amicizia perfetta da quella utile, ma resta il problema di comprendere come mai colui che è saggio, virtuoso e buono, bastando a sé stesso, abbia una qualche motivazione a coltivare un amico, foss’anche un amico perfetto: «se è felice chi ha la virtù, che bisogno avrà di un amico?»[71]. L’idea dell’autosufficienza di chi è saggio, virtuoso, felice e beato, ripresa dal Liside, è un topos tradizionale, quindi ha lo status di ἔνδοξον ben radicato, di cui va dato conto e di cui va mostrata la compatibilità con la teoria positiva proposta nonché con altri ἔνδοξα altrettanto ben attestati.  Il problema è affrontato in Etica Eudemia VII 12 e in Etica Nicomachea IX 9, in maniere parzialmente differenti. L’Eudemia muove dall’analogia con la condizione divina, paradigma dell’autosufficienza. Ma la condizione umana può assurgere all’autosufficienza solo nella misura in cui lo consente la natura dell’uomo, che è animale sociale-politico[72] e può/deve realizzare questa natura, non quella divina[73]: il bene umano contempla sempre il rapporto a un’alterità – è καθ’ ἕτερον[74] ˗ quello divino è assoluto rapporto a sé[75]. L’autosufficienza divina funge da “idea regolativa”, da norma ideale: l’uomo felice minimizzerà il numero degli amici e si limiterà a quelli virtuosi, degni di accompagnarsi a lui; proprio il caso di chi non è obnubilato da bisogni e mancanze, evidenzia il valore intrinseco dell’amicizia perfetta, perseguita non già per ricevere benefici bensì per fare, dare e condividere il bene che si possiede. Ma l’argomento successivo – che è molto complesso e possiamo solo sintetizzare[76] – chiarisce che non si tratta di un altruismo generico e astratto, in quanto l’amicizia è ingrediente essenziale, non accessorio, della felicità individuale.  Vivere, per l’uomo, è percepire e conoscere[77], e – prosegue Aristotele ˗ l’aspirazione massima di ciascuno di noi è, da ultimo, quella di conoscere noi stessi (tesi che rivisita il celebre monito delfico-socratico); la felicità è costituita dalla conoscenza di sé in quanto attivi come buoni e virtuosi[78], e la conoscenza di sé passa per la conoscenza reciproca fra amici: l’amico è «un altro sé»[79], «percepire l’amico necessariamente è percepire in certo modo sé stesso e conoscere in certo modo sé stesso»[80]. Condividendo con l’amico i beni, i piaceri e le attività della vita felice, incrementiamo dunque la conoscenza di noi stessi e della nostra stessa felicità. La Nicomachea chiarisce la relazione fra il riconoscimento reciproco degli amici virtuosi e la loro felicità, soprattutto in un passo speculativamente densissimo:    Se l’essere felici consiste nel vivere e nell’agire, e l’attività dell’uomo dabbene ed eccellente è per sé virtuosa [..], se poi anche ciò che è familiare/affine (οἰκεῖον) a qualcuno è tra le cose che lui trova piacevoli, se noi possiamo osservare il nostro prossimo meglio di noi stessi, e le sue azioni più che le nostre, se le azioni degli uomini superiori, che siano anche amici, sono fonte di piacere per i buoni, dato che hanno tutte e due le caratteristiche piacevoli per natura, allora l’uomo beato avrà bisogno di amici simili a lui, posto che davvero preferisca osservare azioni buone, e che gli sono proprie, come lo sono le azioni dell’amico, quando è buono. (Et. Nic.) Le attività di un’esistenza virtuosa e felice sono obbiettivamente piacevoli agli occhi di un uomo buono, virtuoso e felice a sua volta: vi si rispecchia, sentendocisi “a casa propria”, e la familiarità determinata da affinità e prossimità, gli è in sé piacevole. Come si evincerà, la nozione platonica di οἰκεῖον, introdotta sul finire del Liside come cifra stessa della φιλία, trova una ripresa puntuale e una valorizzazione speculativa nella teoria aristotelica. Il prossimo si offre alla nostra conoscenza in modo più trasparente che noi stessi, giacché la sua distanza da noi lo rende meglio oggettivabile. I due tratti umani piacevoli per natura sono da un lato la felicità di cui la virtù è costitutiva, dall’altro la familiarità, che chi è felice è virtuoso riscontra ed esperisce nel contemplare e cooperare con un’altra esistenza felice e virtuosa. Le azioni di un nostro amico “perfetto” sono buone e nel contempo ci sono proprie, cosicché contemplarle è come trovare in esse lo stesso bene che noi siamo. Potrebbe stupire il riferimento reiterato al tema del piacevole, quasi che si trattasse di una delle due amicizie non perfette: ma occorre tenere a mente che il piacevole per natura o ἁπλῶς coincide col bene ἁπλῶς, e che si tratta di un piacere costitutivo del bene e inseparabile da esso, piuttosto che di un piacere addizionale ed esteriore rispetto al bene cui consegue. Se l’altro è sufficientemente prossimo a me, posso de-situarmi e oggettivarmi riconoscendomi nelle sue azioni, secondo una dialettica complessa e chiastica di riconoscimento reciproco. «Se l’uomo eccellente si comporta verso l’amico come si comporta verso di sé, dato che l’amico è un altro se stesso, allora, così come è desiderabile per ciascuno il suo proprio esserci, così è desiderabile l’esserci dell’amico, o quasi» (EN IX 9, 1170b5-8). In questo gioco speculare di identificazioni reciproche, il mio rapporto con l’altro è mediato del mio rapporto con me stesso[82], l’altro è un «altro me» e perseguo il suo bene in maniera pressoché equivalente a come perseguo il mio (quel «quasi» è una concessione al realismo empirico, da cui questa idealizzazione non vuole disancorarsi); ma è altrettanto vero che il mio rapporto con me stesso è a sua volta mediato dal mio rapporto con l’altro, giacché conosco genuinamente me stesso non già con un qualche misterioso atto introspettivo[83], bensì conoscendo persone simili a me che a loro volta mi riconoscono simili a sé: questa è la ragione perché v’è bisogno di amici buoni e virtuosi entro relazioni di amicizia “perfetta”; se la felicità implica autosufficienza, si tratta di un’autosufficienza umana e non divina, che passa per l’inclusione del prossimo nella nostra esistenza, e per la cooperazione con chi scegliamo come degno incarnare il bene e la virtù[84]. Come l’essere amici non si dà senza il sapere di esserlo anche se si può credere di essere amici senza esserlo, così l’essere felici (in quanto buoni e virtuosi in attività) non si dà senza la coscienza di essere felici (in quanto buoni e virtuosi), anche se è possibile credere di essere felici senza esserlo davvero. E per sapere chi sono, devo rispecchiarmi in amici simili a me[85]. Ciò importa che l’uomo beato non avrà bisogno di amici “meramente utili” e “meramente piacevoli”, invece dovrà avere amici buoni e virtuosi: il topos tradizionale è riscattato nella sua verità profonda, ma anche oltrepassato in virtù della tripartizione; in un senso è vero, in un altro no. Essere felici insieme è diverso dal semplice divertirsi insieme, anche se lo include, ed è diverso dal semplice aiutarsi l’un l’altro, anche se può includerlo.  L’amico perfetto ˗ come ogni altro autentico bene ˗ è oggetto di scelta razionale[86]. Anche per questo la teoria aristotelica si distanzia da quella platonica[87]: la φιλία erotica, già ben presente nel Liside sin dalla sua ambientazione scenica – una palestra, ove Liside è il «bello del momento» di cui Ippotale è innamorato – viene relegata da Aristotele a una delle tante forme di φιλία, degna di pochi accenni espliciti, mentre nel Simposio e nel Fedro, dialoghi ben più elaborati e costruttivi del Liside, l’eros è la forma di φιλία che viene eletta a oggetto di indagine paradigmatico. Ma le componenti mistico-estatiche della φιλία erotica come «follia divina» e frutto di invasamento[88], risultano completamente marginalizzate entro la teoria aristotelica. L’amicizia più degna e verace è attività derivante da scelta come desiderio razionale; se la felicità è attività e i beni che la materiano sono oggetto di scelta, allora anche l’amicizia, ingrediente costitutivo della vita felice, sarà espressione di attività, piuttosto che passivo invasamento consistente nell’esser “posseduti” da uomini o dèi. Il primato etico, fisico e metafisico dell’azione sulla passione, è anche il primato di un certo tipo d’amore su un cert’altro. L’amicizia è riportata fra gli amici, e la sua declinazione più eccellente, normante rispetto alle altre, è caratterizzata secondo la dimensione eticamente più elevata dell’umano: la ragione che sceglie e governa il desiderio, piuttosto che esserne governata. L’eros platonico, così bellamente ed enfaticamente rappresentato nel Simposio e nel Fedro, diventa per Aristotele solo una delle tante declinazioni possibili di un tipo di amicizia – quella fondata sul piacere – che è già di per sé incompleta e deficitaria[89].  Secondo l’aporetico excipit del Liside, né amanti né amati, né simili né dissimili, né contrari né affini, né buoni, possono essere amici[90]; le Etiche aristoteliche presentano una teoria la quale non solo consente ma anche prevede che amanti, amati, simili, dissimili, contrari, affini, buoni, e perfino malvagi possano essere amici; inoltre tale teoria offre le risorse concettuali per chiarire quali coppie di amici possano e/o debbano avere questo o quel carattere distintivo, e perché.  Spero di avere almeno approssimato il duplice obbiettivo prefissatomi: mostrare in modo dettagliato e sistematico la dipendenza polemico-dialettica della teoria aristotelica dal Liside platonico, e mettere in luce il significato filosofico generale della tripartizione della φιλία in Aristotele. Adkins, ‘Friendship’ and ‘Self-sufficiency’ in Homer and Aristotle, «Classical Quarterly», Annas, Plato and Aristotle on Friendship and Altruism, «Mind»: 532-554. 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I 1, 100 b 21-23; intendo questa definizione di ἔνδοξον come una disgiunzione inclusiva: se un’opinione è condivisa almeno da uno degli insiemi indicati (tutti, i più, i sapienti, qualcuno di essi), è un ἔνδοξον, e ciò che lo rende tale può essere quantitativo, o qualitativo, o entrambi: per esempio, se è condiviso da tutti, lo sarà anche dai sapienti. [4] Sulla intima connessione fra δοκοῦντα, λεγόμενα e φαινόμενα, cfr. Owen (1967), Nussbaum (1986b).  Cfr. De An. I 1, 402b 16-403a8. [6] Cfr. Herod. III 82, 35 e Tucid. I 137, 4, in cui si trova l’endiadi «συμμαχίᾳ καὶ φιλία». [7] Nei poemi omerici non vi è il termine φιλία – le prime occorrenze si trovano in Teognide (Teog. I, 31-38, 53-60, 323-28) – ma termini analoghi come φιλότης, φίλος sono utilizzati sia a proposito del rapporto fra uomini che di quello fra uomini e dèi. Sulla φιλία nel mondo antico, cfr. Pizzolato (1993), Fraisse (1974). [8] Nel Fedro platonico (228a-e), Socrate confuta un discorso di Lisia sulla φιλία, che Fedro custodiva sotto il mantello: quindi è verosimile che anche prima della data di composizione del Liside la φιλία fosse importante oggetto di dibattito e di riflessione critica. Del resto Giamblico (De Pythagorica Vita, 229-30) e Diogene Laerzio (Vitae Philosophorum, VIII, 10) attribuiscono già a Pitagora la prima trattazione filosofica della φιλία. [9] Anche il Fedro e il Simposio si occupano lungamente della φιλία – l’eros è una forma della φιλία, per Platone quella più significativa – ma, come cercherò di mostrare, l’indagine aristotelica dipende sistematicamente dal Liside: per così dire, essa articola una differente risposta a quelle aporie, rispetto a quella che propone Platone nel Simposio e nel Fedro. [10] Meglio: se qualcuno sia amico di qualcun altro in quanto ami o, piuttosto, in quanto sia amato. [11] φίλος + dativo significa “caro a qualcuno”, φίλος + genitivo indica colui a cui qualcuno è caro, due individui sono φίλοι, quando sono l’uno “caro” all’altro. [12] Alcuni interpreti leggono il Liside come un esercizio dialettico, filosoficamente debole [Versenyi (1975)] o più retorico-sofistico che filosofico [Bordt (1988)], o dal significato prolettico-introduttivo rispetto ai maturi Simposio e Fedro [Kahn (1996), ma già Gomperz (2013), Auslage 5, e Willamovitz (1959)]; benché questi due dialoghi successivi ne possano a buon diritto adombrare il valore intrinseco, tuttavia i temi sollevati dal Liside sono nodi aporetici sostanziali, e non deve fuorviare il fatto che Socrate mutui il linguaggio e lo stile argomentativo dal tipo di interlocutore che affronta (per esempio, “facendo” il sofista col sofista Menesseno, e così via). Per una interpretazione non riduttiva del Liside e del suo valore speculativo, è illuminante Trabattoni (2004). [13] Un altro topos tradizionale – per cui la vera amicizia è fra ἀγαθοί – ricorrente in Platone: per restare all’esempio più noto, in Resp. I, 351a-e Socrate replica a Trasimaco che fra malvagi e ingiusti non può esserci alcuna cooperazione né amicizia; era comunque un tema essenziale per Socrate (cfr. Senofonte, Mem., 2.6 1-7). [14] Sull’ascendenza omerica di questo topos tradizionale, e sulla sua importanza per Aristotele (cfr. infra: Par. III), cfr. Adkins (1963). [15] La coscienza del male come tale è sintomo del fatto che il male è relativo e non assoluto. [16] Qui nel Liside si tratta di ἐπιθυμία (cfr. 217c). [17] Tralascio qui la questione della possibile identificazione del Primo Amico col Bene: ciò che rileva, qui, è il fatto che esso trascenda gli amici concreti, i quali sono tali solo «a parole» e stanno al Primo amico – che è tale «in realtà» (τῷ ὄντι) – come i mezzi al fine (cfr. Lys. 220b1-4). [18] Lys 222e1-7. [19] La letteratura sull’amicizia in Aristotele è sterminata: in luogo di proporre una lunga lista di studi che comunque sarebbe tutt’altro che esaustiva, nel seguito mi limiterò a citare alcuni contributi che sono particolarmente pertinenti agli aspetti che tratterò. Un commento sintetico e preciso a Et. Nic. VIII e IX è Pakaluk (1998). [20] È il giudizio nettamente prevalente, anche se non unanime. [21] Sul rapporto fra il Liside e le Etiche aristoteliche riguardo l’amicizia, buoni spunti si trovano in Annas (1986). [22] Et. Eud. VII 1, 1234b18-1235a4; cfr. anche Et. Nic. VIII 1. [23] Et. Eud.. [24] Trad. it. modificata. [25] Cfr. supra: nota 16. [26] Et. Eud. VII 2, 1235b22-23. [27] C’è chi crede che il piacere sia un bene, ma c’è anche chi crede che non lo sia eppure gli appare – porto dalla φαντασία – come se lo fosse. Nell’acratico la forza della φαντασία sopravanza, nelle scelte pratiche, quella della δόξα. [28] Il «bene apparente» è qualcosa che appare come bene; ma può anche non esserlo: tuttavia, anche il bene reale motiva il desiderio solo apparendo come bene. Dunque «apparente» qui non va affatto interpretato come falsa apparenza. [29] Et. Eud. VII 2, 1235b30-1236a1. [30] Il piacevole non è l’immediato, ma anche ciò che non procura dispiacere futuro; Aristotele sa bene che molte cose dannose possono procurare del piacere immediato. Ma chi non è acratico, conscio delle conseguenze negative, accorderà il suo desiderio con la sua ragione, e la motivazione data dall’ipotetico piacere immediato sarà soverchiata dalla motivazione a evitare danni futuri. [31] Questo punto è più chiaro per come è presentato in Et. Nic. VIII 2, 1155b23-27. [32]  Nelle espressioni δι’ ἀρετὴν, διὰ τὸ χρήσιμον, δι’ ἡδονήν, la preposizione significa a un tempo «in base a», «a causa di», «al fine di»: il rispettivo amabile è ciò che causa quell’amicizia, ciò che ne costituisce il fondamento o ragion d’essere, ciò che ne rappresenta il fine [su un’idea analoga, cfr. Nussbaum (1986a)]; nei termini della nota teoria delle quattro cause (dei quattro sensi del διὰ τί, cfr. Phys. II 3), potremmo plausibilmente intendere il tipo di amabile come causa efficiente, formale e finale della rispettiva relazione amicale. [33] Cfr. Et. Nic. VIII 2, 1155b26-31. Mentre la φίλησις è una passione o affezione (πάθος), la φιλία è uno stato abituale (ἕξις, 1557b28-29). [34] Cfr. Et. Eud. VII 2, 1237b17-23; Et. Nic. VIII 4, 1156b30-33. [35] Vi è discussione sul fatto che questa caratterizzazione definitoria offra condizioni sufficienti perché qualcosa sia amicizia, oppure solo condizioni necessarie; propenderei per la seconda opzione: per esempio, Aristotele ritiene che per diventare amici deve passare del tempo, e molti scambiano il desiderio di essere amici con l’amicizia stessa (Et. Eud. VII 2, 1237b12-22); ma se il desiderio è reciproco, sussiste già benevolenza reciproca non celata, che non è ancora amicizia. [36] Sul focal meaning cfr. Owen (1963), Ferejohn (1980). L’exemplum princeps è quello della Metafisica: la sostanza è il focal meaning dell’essere, tutto ciò che è o è sostanza o rimanda a una sostanza, al modo in cui tutto ciò che è «sano» rimanda alla salute e tutto ciò che è «medico» alla medicina (cfr. Met. IV 2, 1003a32-1003b11). [37] Cfr. Fortenbaugh (1975). Può esserlo in modo mediato, come foriero di un altro utile, al modo in cui qualcosa è mezzo di un altro mezzo, ma in ultima istanza l’utile è tale perché porta al bene e i mezzi sono tali perché portano al fine. [39] Per esempio, in De An. III 7, 431a10-13 il piacere è definito come l’essere percettivamente attivi nei confronti del bene in quanto bene; l’utilità è indefinibile se non come capacità di avvicinarci a un qualche bene; l’utile sta al bene come il mezzo al fine, e non vi è modo di definire cosa sia un mezzo, senza chiamare in causa la nozione di fine. [40] Et. Eud. VII 2, 1236a25-26. [41] Et. Eud. VII 2, 1236b1-2; Et. Nic. VIII 4, 1156b7-8. [42] Cfr. Esiodo, Opera et dies, 342-360; 707-723. [43] Chiamare amicizia solo quella prima, equivarrebbe a «violentare i fenomeni» (βιάζεσθαι τὰ φαινόμενα, Et. Eud. VII 2, 1236b 22). [44] Et. Nic. VIII 4, 1156b7. [45] La prima amicizia, infatti è quella «secondo virtù e a causa del piacere della virtù» (EE VII 1238a31-32). [46] Secondo Aspasio (164.3-11), Owen (1960) e Dirlmeier (1967) vi sarebbe comunque focal meaning e relazione πρὸς ἓν, ancorché non esplicitata. [47] Et. Nic. VIII 5, 1157a32. [48] Se poi l’individuo è acratico, potrebbe anche non credere che qualcosa sia il suo bene, ma perseguirlo perché gli “appare” bene e frequentare individui utili a qualcosa che egli cerca di procurarsi pur sapendo che non è il suo bene: come uno che frequentasse un pusher in modo costante per procurarsi della droga, sapendo di farsi del male ma perseverando nel suo comportamento autodistruttivo (e nelle frequentazioni relative) per debolezza. [49] Sulla rilevanza della distinzione fra «bene per qualcuno» e «bene incondizionato» in rapporto alla teoria delle tre amicizie, insiste doverosamente O’Connor (1990). [50] Et. Nic. [51] Così, nella Nicomachea (Et. Nic. VIII 2, 1156a17), non nella Eudemia. [52] Cfr. supra: Par. II, 3. [53] EN VIII 3, 1156 a 16-17. [54] EN VIII 3, 1156a18-19 [55] Cooper (1977) sostiene che le amicizie accidentali siano tali perché dipendano da tratti accidentali del carattere dell’amico amato; Payne (2000) replica che anche i tratti in virtù di cui qualcuno risulta piacevole o utile possono essere altrettanto essenziali di quelli che lo rendono virtuoso: gli amici perfetti sarebbero scelti «per sé stessi» in quanto i loro caratteri virtuosi sono scelti come fine e non come mezzo (per altro). Ma le letture sono forse componibili: l’esser utile o piacevole, anche se sopravviene a tratti essenziali del carattere altrui, restano esterni all’altro, in quanto relazionali in un senso diverso dalla virtù; l’esser buono è sia essenziale e intrinseco all’amico, che scelto per sé stesso e non per altro, e rende anche l’amico stesso, che ha quel carattere virtuoso, scelto per sé stesso e non per altro. Cfr. supra: nota 31. [56] In Et. Eud. VII 7, 1241a5-7 si afferma che «se uno vuole per un altro i beni perché costui gli è utile, li vorrebbe allora non per quello ma per sé stesso; mentre invece la benevolenza, proprio come l’amicizia, si ritiene che sia rivolta non a quello che la prova, ma a colui per il quale la si prova. Pertanto, è chiaro che la benevolenza è in relazione con l’amicizia etica». Qui pare che solo l’amicizia etica (=virtuosa) implichi la benevolenza, che però è un costituente della definizione generale di amicizia. Da passi di questo tenore pare che le amicizie incomplete non siano amicizie in senso proprio, visto che non soddisfano la definizione; Aristotele è oscillante, è innegabile che vi sia una tensione irrisolta fra la sua vocazione inclusiva e lo sforzo di enucleazione della “vera” amicizia come tipologia normante e assiologicamente sovraordinata, che non è semplicemente una delle tre amicizie ma quella par excellence, di cui le altre sono approssimazioni manchevoli. Si può accogliere la lettura di Walker, per cui l’amicizia perfetta soddisfa criteri più severi, le altre criteri più laschi. [57] Si pensi alla percezione per accidente (De An. II 6, III 1): essa è comunque studiata come una modalità genuina di percezione: le ragioni per cui essa è percezione per accidente non inficiano il fatto di essere genuinamente un tipo di percezione. [58] I due amici perfetti, in quanto buoni e virtuosi, realizzano l’eccellenza della natura umana, sono esempi del bene incondizionato e del piacere incondizionato. [59] Et. Nic. VIII 3, 1156a31-1156b1. [60] Et. Eud. VII 2, 1238a11-30; Et. Nic. VIII 3, 1156b17-32. [61] Può succedere che l’altro cambi, peggiori, o impazzisca, ma non accade per lo più. Cfr. Et. Nic. IX 3. [62] Et. Nic. VIII 4, 1156b10. [63] Et. Eud. VII 2, 1236b31. [64] La sventura, poi, può rivelare che un’amicizia che pareva perfetta era in realtà in vista dell’utile (Et. Eud. VII 2, 1238a19-21). [65] Lys. 211e-212a. [66] Et. Eud. VII 2, 1237b13-27. [67] Et. Nic. VIII 3, 1156a24-31. [68] Et. Nic. VIII 7, 1158a21. [69] Et. Eud. VII 4; Et. Nic. VIII 8. [70] Et. Eud. VII 9-11, Et. Nic. VIII 12-14. [71] Et. Eud. VII 12, 1244b4-5. [72] Cfr. Pol. I 1, 1253a10-12; Et. Nic. IX 12, 1169b18-19. [73] Et. Eud. VII 12, 1245b15-16. [74] Et. Nic. 1245b18. [75] Et. Eud. VII 12, 1245b18-19. [76] Si tratta di una complessità anche filologica, dovuta a corruzioni del testo. Su ciò, cfr. Kosman (2004). [77] Delle tre anime – nutritivo-riproduttiva, percettiva, razionale – la percettiva e la razionale sono quelle che discriminano la realtà (cfr. De An. III 3, 427a17-23); la percettiva, poi, è intimamente connessa col desiderio e, quindi, con l’azione (cfr. De An. III 9-11). Vivere significa realizzare le proprie capacità naturali e acquisite, il che per l’uomo implica anzitutto l’esercizio di percezione e pensiero (ove entrambe vanno concepite come connesse all’azione, in quanto coinvolgono anche desiderio e intelletto pratico). Su ciò, mi permetto di rimandare a Zucca (2015), Capp. II e VI. [78] La felicità è «una certa attività dell’anima secondo virtù completa» (Et. Nic. II 13, 1102a5-6). [79] Et. Eud. VII 12, 1245a30; Et. Nic. IX 9, 1166 a 32, 1170 b 6. [80] Et. Eud. VII 12, 1245a35-7. [81] Trad. it. modificata. [82] In Et. Eud. VII 6 e in Et. Nic. si argomenta che i tipi di relazione che si hanno con gli altri dipendono dal rapporto che si ha con sé stessi: chi è buono e virtuoso sarà anche amico di sé stesso in modo armonico e costante – sebbene si possa parlare di amicizia solo κατὰ ἀναλογίαν (1240a13), nel caso dell’auto-rapporto – chi è malvagio sarà incostante e in conflitto con sé stesso, e in senso analogico sarà nemico di sé stesso. Questa idea non contraddice l’idea per cui la conoscenza di sé passa per la conoscenza dell’altro (Et. Nic. IX 9), ma anzi la completa: il buono e virtuoso è felice anzitutto in quanto ha un “sano” rapporto con sé, ma si conosce e realizza come felice solo in quanto ha un rapporto di riconoscimento reciproco con amici che hanno, a loro volta, un altrettanto “sano” rapporto con sé stessi. [83] L’idea di un accesso introspettivo infallibile ed essenzialmente privato ai nostri propri atti mentali, così tipicamente moderna, è affatto estranea ad Aristotele. [84] Come è naturale porre l’enfasi sul valore speculativo intrinseco della teoria, così è altrettanto opportuno ricordare che l’amicizia perfetta aristotelica resta prerogativa di un sottoinsieme dei maschi adulti liberi; tuttavia, questa tara storica affetta la teoria dell’amicizia, per così dire, mediatamente: in quanto restringe a quel sottoinsieme la capacità di realizzare l’eccellenza morale, precondizione della relazione d’amicizia perfetta. [85] Non uso la locuzione «sapere chi sono», anacronisticamente, come il coglimento di me stesso in quanto individualità irriducibile, magari ineffabile e inaccessibile ad altri – non è certo questa sorta di soggettività “novecentesca”, che secondo Aristotele giungerebbe alla coscienza di sé nell’amicizia – bensì come il venire a conoscenza di che tipo di persona sono. [86] Come bene intrinseco che trascende il livello del piacevole, è un amabile oggetto di volontà piuttosto che di appetito (Et. Eud. VII 2, 1235b22-23), e la volontà è desiderio razionale di beni scelti. [87] Un’analisi sistematica e comparativa delle nozioni di amicizia e amore in Platone e Aristotele, è Price (1989). Cfr. anche Kahn (1981). [88] Cfr. Phaedr. 265b-c. [89] La relazione erotica amante/amato, peraltro, è anche meno significativa e più instabile di altre relazioni fondate sul piacere – dunque, già di per sé instabili – in quanto in questo caso il piacere «non deriva dalla stessa fonte» (l’uno gode nell’esser corteggiato, l’altro nel contemplare l’altro, Et. Nic. VIII 5, 1157a2-10). [90] Lys. 222a3-7. Proverbi, impicatura proverbiale. A Errare humanum est.jpg Ab amico reconciliato cave. Guardati da un amico riconciliato.Absit reverentia vero. Bando ai pudori di fronte alla verità. (Ovidio) Abusus non tollit usum. L'abuso non esclude l'uso.[2] Accidere ex una scintilla incendia passim. A volte da una sola scintilla scoppia un incendio.Ad impossibilia nemo tenetur. Nessuno è obbligato a fare l'impossibile.[4] Adulator propriis commodis tantum suadet L'adulatore tiene di mira solo i suoi interessi.[5] (Giulio Cesare) Amantis ius iurandum poenam non habet. Il giuramento dell'innamorato non si può punire.[6] Amicus certus in re incerta cernitur. Il vero amico si rivela nelle situazioni difficili.[7] (Quinto Ennio) Amicus omnibus, amicus nemini. Amico di tutti, amico di nessuno.Amicus Plato, sed magis amica veritas. Amo Platone, ma amo di più la verità.[9] (Aristotele) Amor arma ministrat. L'amore procura le armi [agli amanti perché possano essere grati alla persona amata].[10] (proverbio medievale) Amor caecus. L'amore è cieco.[11] Amor gignit amorem.[10] Amore genera amore. Amor tussisque non celatur. L'amore e la tosse non si possono nascondere.[12] Amoris vulnus sanat idem qui facit. La ferita d'amore la risana chi la fa.[12] Anceps fortuna belli. Le sorti della guerra sono incerte.[9] (Cicerone) Aquila non captat muscas. L'aquila non prende mosche.[13] Athenas noctuas mittere.[14] Mandare nottole ad Atene. Fare cosa inutile e superflua. Ars est celare artem.[15] La perfezione dell'arte sta nel celarla. Audi, vide, tace, si vis vivere in pace.Ascolta, guarda e taci, se vuoi vivere in pace. B Barba virile decus, et sine barba pecus.[17] La barba è decoro dell'uomo e chi è senza barba è pecoro. Bene qui latuit, bene vixit. Ben visse chi seppe vivere nell'oscurità.[18] (Ovidio) Beati monoculi in terra caecorum. Beati i monòcoli nel paese dei ciechi. Bis dat qui cito dat. Dà due volte chi dà presto.[19] Bis peccat qui crimen negat.[20] È due volte colpevole chi nega la propria colpa. Bis pueris senes. Il vecchio è due volte fanciullo. Bonis nocet qui malis parcet. Chi risparmia i malvagi danneggia i buoni.[22] Bonum nomen, bonum omen.[23] Buon nome, buon augurio. C Caecus non judicat de colore.[24] Il cieco non giudica i colori. Non si può giudicare ciò che si sottrae alle nostre attitudini. Caesar non supra grammaticos.[25] Cesare non (ha autorità) sopra i grammatici. Le persone più altolocate non possono avere autorità se non su quelle cose di cui s'intendono. Canis caninam non est.[26] Cane non mangia cane. Carpe diem. Cogli il giorno. (Quinto Orazio Flacco) Caseus est sanus, quem dat avara manus. Fa bene quel formaggio servito da una mano avara.[27] Causa patrocinio non bona peior erit. La causa cattiva diventa peggiore col volerla difendere.[28] (Ovidio) Causa perit iusta, si dextera non sit onusta.[29] La giusta causa soccombe se la destra non è piena [di denaro]. Cave a signatis. Guàrdati dai segnati.[28] Antico adagio in odio a coloro che sono affetti da qualche imperfezione fisica: guerci, zoppi, ecc. Cave tibi ab acquis silentibus. Guàrdati dalle acque chete.[28] Cavendo tutus.[30] Se sarai cauto, sarai sicuro. Cogito ergo sum. Penso dunque sono. (Cartesio) Commendatoria verba non obligant.[31] Le parole di raccomandazione non obbligano. Commune periculum concordiam paret.[32] Il comune pericolo prepari la concordia. Consuetudo est altera natura. L'abitudine è una seconda natura.[33] D De gustibus non est disputandum. Sui gusti non si discute.[34] Difficilis in otio quies. È difficile esser tranquilli nell'ozio. Dulce bellum inexpertis, expertus metuit. La guerra è dolce per chi non ne ha esperienza, l'esperto la teme. (proverbio medievale) Dum caput dolet, caetera membra languent. Quando duole il capo, tutte le membra languono.[37] Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur. Mentre a Roma si delibera, Sagunto è espugnata.[38] Dum vinum intrat exit sapientia.[39] Mentre il vino entra, esce la sapienza. Duo cum faciunt idem, non est idem.[35] Quando due fanno la stessa cosa, non è più la stessa cosa. E Errare humanum est, perseverare autem diabolicum.[40] L'errare è cosa umana, il perseverare nella colpa invece è diabolico. Error hesternus sit tibi doctor hodiernus.[41] L'errore di ieri ti sia maestro oggi. Est in canitie ridicula Venus. È ridicolo l'amore di un vecchio.[42] (Proverbio medievale) Est modus in rebus, sunt certi denique fines | quos ultra citraque nequit consistere rectum. C'è una giusta misura nelle cose, ci sono giusti confini | al di qua e al di là dei quali non può sussistere la cosa giusta. (Quinto Orazio Flacco) Ex ungue leonem.[43] Dall'unghia si conosce il leone. Da un atto compiuto si rivela la forza dell'autore, morale o materiale. Excusatio non petita fit accusatio manifesta (proverbio medievale)[44] Chi si scusa senza esserne richiesto s'accusa. F Fabas indulcat fames.[45] La fame addolcisce le fave. Facile est inventis addere.[46] È facile aggiungere a ciò che è stato inventato. Facile perit amicitia coacta.[47] Facilmente muore un'amicizia forzata. Facit experientia cautos.[48] L'esperienza rende cauti. Fac sapias et liber eris.[49] Fa' di sapere e sarai libero. Felicium omnes sunt cognati. Tutti sono parenti dei fortunati.[8] Fiat iustitia et pereat mundus. Sia fatta giustizia e perisca pure il mondo. Frangitur ira gravis cum sit responsio suavis.[50] Una dolce risposta infrange l'ira. Frustra sapiens qui sibi non sapet.[51] Inutilmente sa chi non sa per sé. G Gutta cavat lapidem. La goccia scava la pietra. H Homo longus raro sapiens; sed si sapiens, sapientissimus. Un uomo lungo (ossia alto) di rado è sapiente; ma se è sapiente, è sapientissimo.[52] Homo sine pecunia, imago mortis. L'uomo senza danaro è l'immagine della morte.[53] I Ianuensis ergo mercator. Genovese quindi mercante.[54] Imperare sibi maximum imperium est. Comandare a sé stessi è la forma più grande di comando. (Seneca, Lettere a Lucilio, CXIII.30) In magno mari capiuntur flumine pisces.[55] Nei grandi fiumi si pescano i grandi pesci. Nei grandi affari si fanno i grossi guadagni. In medio stat virtus. La virtù sta nel mezzo. (Orazio) In vino veritas. Nel vino c'è la verità. L M Magnum vectigal parsimonia.[56] La parsimonia è un gran capitale. (Cicerone) Major e longiquo reverentia.[56] La riverenza è maggiore da lontano. (Tacito) Mala gallina, malum ovum.[57] Gallina cattiva, uovo cattivo. Mea mihi conscientia pluris est quam omnium sermo.[58] Per me val più la mia coscienza che il discorso di tutti. (Cicerone) Medicus curat, natura sanat. Il medico cura ma è la natura che guarisce.[59] Melius est abundare quam deficere. Meglio abbondare che trovarsi in scarsezza.[60] Mors tua vita mea.[56] La tua morte è la mia vita. Mortui non mordent. I morti non mordono[61] [truismo] Mortuo leoni et lepores insultant. Anche le lepri insultano un leone morto.[62] Multi multa, nemo omnia novit. Molti sanno molto, nessuno sa tutto.[63] N Natura non facit saltus. La natura non procede per salti.[64] Naturalia non sunt turpia.[65] Le cose naturali non sono turpi. Nemo non formosus filius matri. Nessun figlio non è bello per sua madre.[66] Ne pulsato portam alterius, nisi velis pulsetur et tua.[67] Non bussare alla porta altrui se non vuoi che bussino alla tua. Nihil est in intellectu quod non fuerit in sensu. Nulla è nell'intelligenza che prima non fosse nel senso[68] Non omne quod licet honestum est.[69] Non tutto ciò che è lecito è onesto. Non omnibus dormio. Non dormo per tutti.[70] Nomen omen Il nome è un presagio (v. anche nomina sunt consequentia rerum e conveniunt rebus nomina saepe suis) (Plauto, Persa, 625) Nomina sunt consequentia rerum. I nomi sono corrispondenti alle cose. (Giustiniano, Institutiones, 2, 7, 3) O Omne animal post coitum triste. Tutti gli animali sono mesti dopo il coito.[71] Omne ignotum pro terribili.[72] Tutto ciò che è ignoto incute paura. Omnia munda mundis. Per chi è puro tutto è puro. (Paolo di Tarso) Omnia vincit amor. L'amore vince ogni cosa. (Virgilio, Bucoliche X, 69) Omnia fert aetas. Il tempo porta via tutte le cose. (Virgilio) Omnis festinatio ex parte diaboli est.[73] Ogni fretta viene dal diavolo. P Panem et circenses. Pane e giochi [per distrarre il popolo]. (Giovenale, X 81) Patere quam ipse fecisti legem.[74] Subisci la legge che tu stesso hai fatta. Pectus est enim quod disertos facit È infatti il cuore che rende eloquenti (Quintiliano, 10,7,15) Pecunia non olet Il denaro non puzza (Vespasiano) Per aspera ad astra. Alle stelle [si giunge] attraverso aspri sentieri.[75] Periculum in mora. Vi è pericolo nel ritardo. (Tito Livio, Ab urbe condita; XXXVIII, 25) Philosophum non facit barbam.[76] La barba non fa il filosofo. Primum vivere deinde philosophari (Thomas Hobbes) Prima vivere, poi fare della filosofia. Q Quando Sol est in Leone, bibe vinum cum pistone. Quando il sole è in Leone [segno zodiacale], bevi il vino col pistone [a garganella].[77] Qui aquam Nili bibit rursus bibet.[78] Chi beve l'acqua del Nilo la berrà di nuovo. È destinato a ritornarvi. Qui asinum non potest, stratum caedit.[79] Chi non può bastonare l'asino bastona la bardatura. Qui gladio ferit gladio perit. Chi di spada ferisce di spada perisce.[80] Qui in pergula natus est, aedes non somniatur. Chi è nato in una capanna, i palazzi non li vede neanche in sogno. (Petronio, 74,14) Qui jacet in terra non habet unde cadat. Per chi giace in terra non c'è pericolo di cadere.[81] [truismo] Qui medice vivit, misere vivit. Chi vive sotto la guida del medico, vive miseramente.Qui scribit, bis legit.[82] Quisque faber fortunae suae. Ognuno è artefice del proprio destino. (Appio Claudio Cieco) Quod differtur non aufertur Ciò che si dilaziona non lo si perde[83] Quod non potest diabolus mulier evincit. Ciò che non può il diavolo, l'ottiene la donna.[84] (proverbio medievale) Quot homines tot sententiae. Tanti uomini, altrettante opinioni.[85] Quot servi tot hostes. Tanti servi, tanti nemici.[85] R Re opitulandum, non verbis.[86] L'aiuto va dato con i fatti, non con le parole. Rem tene, verba sequentur Possiedi l'argomento e le parole seguiranno. (Marco Porcio Catone) Res satis est nota, plus foetent stercora mota.[87] È cosa nota: lo sterco più è stuzzicato e più puzza. S Salus extra Ecclesiam non est[88] Al di fuori della Chiesa non v'è salvezza (Tascio Cecilio Cipriano, Lettera, 73, 21) Sapiens nihil affirmat quod non probet.[89] Il saggio nulla afferma che non possa provare. Satis quod sufficit.[90] Ciò che è sufficiente al bisogno, basta. Semel abas, semper abas.[91] Una volta abate, sempre abate. Proverbio medioevale, affermante che chi ha vestito una volta l'abito sacerdotale non può spogliarsi più delle idee e delle abitudini ecclesiastiche. Significa anche, per estensione, che si conservano sempre le idee una volta acquistate. Semel in anno licet insanire. Una volta all'anno è lecito fare follie. (Seneca) Senatores boni viri: senatus autem mala bestia.[92] I senatori sono brava gente; ma il senato è una cattiva bestia. Sero venientibus ossa.[93] Per chi viene troppo tardi restano le ossa. Si vis pacem, para bellum. Se vuoi la pace prepara la guerra. (Vegezio) Sicut mater, ita et filia eius. Quale la madre, tale anche la figlia.[94] Simia simia est, etiamsi aurea gestet insignia.[95] La scimmia resta sempre scimmia, anche se indossa ornamenti d'oro. Sol lucet omnibus.[96] Il sole splende per tutti. Vi sono delle cose di cui tutti gli uomini possono godere. Sorex suo perit indicio.[97] Il topo perisce per essersi rivelato da sé. Sublata causa, tollitur effectum.[98] Soppressa la causa, scompare l'effetto. T Timeo Danaos et dona ferentes. Io temo comunque i Greci, anche se recano doni. (Publio Virgilio Marone) U Ubi maior, minor cessat. Dinanzi al più forte, il debole scompare.[8] Ubi opes, ibi amici. Dove sono le ricchezze, lì sono anche gli amici.[8] Ubi uber, ibi tuber.[99] Dove è la mammella, ivi è il tumore. Dove c'è abbondanza, ivi si forma il marciume, la corruzione. V Verba movent, exempla trahunt.[100] Le parole commuovono, ma gli esempi trascinano. Verba volant, scripta manent.[101] Le parole volano, gli scritti restano. Vigilantibus, non dormientibus, jura succurunt.[102] Le leggi forniscono aiuto ai vigilanti, non ai dormienti. Vinum lac senum.[103] Il vino è il latte dei vecchi. Vulgus vult decipi, ergo decipiatur. Il popolo (il mondo) vuole essere ingannato, e allora sia ingannato.[104] Note  Citato in Mastellaro, p. 21.  Citato in Tosi 2017, n. 1408.  Citato in Tosi 2017, n. 1010.  Citato in 2005, p. 6.  Citato in Mastellaro, p. 11.  Citato in Mastellaro, p. 25.  Citato in Mastellaro, p. 18.  Citato in Mastellaro, p. 20.  Citato e tradotto in 2005, p. 15.  Citato in De Mauri, p. 27.  Citato in Mastellaro, p. 24.  Citato in Mastellaro, p. 23.  Citato in Tosi 2017, n. 2265.  Citato, con spiegazione, in Umberto Bosco, Lessico universale italiano, vol. XV, Istituto della Enciclopedia italiana, Roma, 1968, p. 59.  Citato e tradotto in 2005, § 169.  Citato e tradotto in 2005, § 188.  Citato e tradotto in 2005, § 215.  Citato con traduzione in 2005, p. 28.  Citato in 1921, p. 43, § 161.  Citato e tradotto in 2005, § 243.  Citato e tradotto in Lo Forte, § 148.  Citato con traduzione in 2005, p. 30.  Citato e tradotto in 2005, § 256.  Citato e tradotto in Lo Forte, § 154.  Citato e tradotto in Lo Forte, § 155.  Citato e tradotto in 2005, § 280.  Citato in Andrea Perin e Francesca Tasso (a cura di), Il sapore dell'arte, Skira, Milano, 2010, p. 41.  Citato e tradotto in 2005, p. 37.  Citato e tradotto in 2005, § 305.  Citato e tradotto in 2005, § 312.  Citato e tradotto in 2005, § 343.  Citato e tradotto in 2005, § 344.  Citato in Mastellaro, p. 9.  Citato in 2005, p. 57.  Citato in Arthur Schopenhauer, Aforismi sulla saggezza nella vita, traduzione di Oscar Chilesotti, Dumolard, Milano, 1885.  Citato in Marco Costa, Psicologia militare, FrancoAngeli, Milano, 2006, p. 645. ISBN 88-464-7966-1  Citato in 1876, p. 66.  Citato in 1921, p. 496.  (ES) Citato in Jesús Cantera Ortiz de Urbina, Refranero Latino, Ediciones Akal, Madrid, p. 68 § 773. ISBN 9788446012962  Citato e tradotto in 2005, § 645.  Citato e tradotto in 2005, § 650.  Citato in De Mauri, p. 29.  Citato e tradotto in Lo Forte, § 366.  Citato in Giuseppe Fumagalli, L'ape latina, Milano, 1975, p. 82  Citato e tradotto in 2005, § 732.  Citato e tradotto in 2005, § 739.  Citato e tradotto in 2005, § 741.  Citato e tradotto in 2005, § 744.  Citato e tradotto in 2005, § 747.  Citato e tradotto in 2005, § 829.  Citato e tradotto in 2005, § 835.  Citato in 2005, p. 108.  Citato in 2005, p. 109, § 941.  Citato in Filippo Ruschi, Questioni di spazio: la terra, il mare, il diritto secondo Carl Schmitt, G. Giappichelli Editore, Citato e tradotto in 2005, § 1072.  Citato in 2005, p. 152.  Citato e tradotto in 2005, § 1313.  Citato con traduzione in Jean Louis Burnouf, Metodo per studiare la lingua latina adottato dall'Università di Francia, presso Ricordi e Jouhaud, Firenze 1850, p. 276.  Citato in 2005, p. 158.  Citato in 2005, p. 159.  Citato in AA. VV., Dizionario delle sentenze latine e greche, § 1509, Rizzoli, Milano, 2017.  Citato in 2005, p. 166.  Citato in 2005, p. 168.  Citato in 1921, p. 88, § 319.  Citato e tradotto in Lo Forte, § 733.  Citato in 2017, § 664.  Citato in 1876, p. 58.  Citato in 1921, p. 556.  Citato e tradotto in Lo Forte, § 788.  Citato in 1921, p. 536.  Citato in Paul-Augustin-Olivier Mahon, Medicina legale e Polizia medica, vol. 4, a cura di Giuseppe Chiappari, Pirotta, Milano, 1820, p. 295.  Citato in Guillaume Musso, Central Park, traduzione di Sergio Arecco, Bompiani, 2016, p. 195.  Citato in Ann Casement, Who Owns Jung?, Karnac Books, 2007, Londra, p.176 Anteprima Google  Citato in L. De Mauri, Angelo Paredi e Gabriele Nepi, p. 95.  Citato in Peter Olman, Zwei Mädchen suchen ihr Glück: Caleidoscopio berlinese, Edizioni Mediterranee, Roma, 1966, p. 265.  Citato e tradotto in 2005, § 1970.  Citato in 2005, p. 248.  (DE) Citato in Friedrich Otto Bittrich, Ägypten und Libyen, Safari-Verlag, Berlino, 1953, p. 7.  Citato e tradotto in 2005, § 2167.  Dal Vangelo:... tutti quelli che mettono mano alla spada periranno di spada (Mt 26:52).  Citato in 2005, p. 256.  Citato in 2005, p. 258.  Citato in Tosi 2017, n. 1174.  Citato in De Mauri, p. 171.  Citato in 2005, p. 266.  Citato e tradotto in 2005, § 2342.  Citato e tradotto in 2005, § 2363.  Spesso la frase viene attribuita a Cipriano in una forma diversa: Extra Ecclesiam nulla salus.  Citato e tradotto in 2005, § 2415.  Citato e tradotto in 2005, § 2421.  Citato e tradotto in Lo Forte, § 1034.  Citato e tradotto in 2005, § 2457.  Citato e tradotto in 2005, § 2472.  Citato in 1921, p. 138, § 465.  Citato e tradotto in 2005, § 2528.  Citato e tradotto in Lo Forte, § 1079.  Citato e tradotto in 2005, § 2606.  Citato e tradotto in Lo Forte, § 1097.  Citato e tradotto in Lo Forte, § 1169.  Citato e tradotto in Lo Forte, § 1203.  Citato e tradotto in Lo Forte, § 1204.  Citato e tradotto in Lo Forte, § 1216.  Citato in Proverbi siciliani raccolti e confrontati con quelli degli altri dialetti d'Italia da Giuseppe Pitrè, Luigi Pedone Lauriel, Palermo, 1880, vol. IV, p. 140.  Traduzione in voce su Wikipedia. Bibliografia L. De Mauri, 5000 proverbi e motti latini, seconda edizione, Hoepli, Milano, 2006. ISBN 978-88-203-0992-0 Giuseppe Fumagalli, Chi l'ha detto?, Hoepli, Milano, 1921. Giuseppe Fumagalli, L'ape latina, Hoepli, Milano, 2005. ISBN 88-203-0033-8 Giacomo Lo Forte, Ad hoc, Sandron, 1921. Paola Mastellaro, Il libro delle citazioni latine e greche, Mondadori, Milano, 2012. ISBN 978-88-04-47133-2. Gustavo Benelli, Raccolta di proverbi, massime morali, aneddoti, ed altro, Carnesecchi, Firenze, 1876. Renzo Tosi, Dizionario delle sentenze latine e greche, Rizzoli, 2017. Voci correlate Modi di dire latini Lingua latina Palindromi latini Categorie: Lingua latinaProverbi per nazione. Proverbi Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi: Proverbi toscani. A A brigante brigante e mezzo. 1 A buon cavalier non manca lancia. 2 A buon cavallo non manca sella. 2 A buon cavallo non occorre dir trotta. 3 A buon intenditor poche parole.[1 2 A caldo autunno segue lungo inverno. 4 A cane scottato l'acqua fredda par calda. 5 A cane vecchio non dargli cuccia. 2 A carnevale ogni scherzo vale, ma che sia uno scherzo che sa di sale. 6 A caval che corre, non abbisognano speroni. 3 A caval donato non si guarda in bocca.[2 2 A cavalier novizio, cavallo senza vizio. 3 A cavallo d'altri non si dice zoppo. 3 A cavallo di fuoco, uomo di paglia, a uomo di paglia, cavallo di fuoco. 3 A cavallo giovane, cavalier vecchio. 3 A caval nuovo cavaliere vecchio. 2 A chi batte forte, si apron le porte. 7 A chi Dio vuole aiutare, niente gli può nuocere. 4 A chi fortuna zufola, ha un bel ballare. 4 A chi ha abbastanza, non manca nulla. 4 A chi mangia sempre polli vien voglia di polenta. 8 A chi non piace il vino, il Signore faccia mancar l'acqua. 8 A chi non può imparare l'abbicì, non si può dare in mano la Bibbia. 4 A chi non vuol credere, poco valgono mille testimoni. 8 A chi non vuol credere sono inutili tutte le prove. 8 A chi non vuol far fatiche, il terreno produce ortiche. 9 A chi prende moglie ci vogliono due cervelli. 4 A chi tanto e a chi niente. 2 A chi troppo e a chi niente. 10 A chi ti dà il cappone, dagli la coscia e l'alone. 8 A chi ti porge un dito non prendere la mano. 2 A chi vuole fare del male non manca l'occasione. 4] A ciascun giorno basta la sua pena.[3] 2] A ciascuno sta bene il proprio abito. 4] A donna di gran bellezza, dalla poca larghezza. 4] A duro ceppo, dura accetta. 4] A goccia a goccia si scava la pietra.[4] 11] A goccia a goccia s'incava la pietra. 2] A gran salita, gran discesa. 4] A granello a granello si riempie lo staio e si fa il monte. 4] A grassa cucina povertà vicina. 4] A lavar la testa all'asino si perde il ranno e il sapone. 12] A lume spento è pari ogni bellezza. 4] A mali estremi estremi rimedi. 1] A muro basso ognuno ci si appoggia. 1] A nemico che fugge ponti d'oro. 1] A ogni uccello suo nido è bello. 1] A padre avaro figliuol prodigo. 13] A pancia piena si ragiona meglio. 8] A pagare e a morire c'è sempre tempo. 14] A paragone del molto che ignoriamo, è meno di niente quanto noi sappiamo. 4] A pazzo relatore, savio ascoltatore. 8] A pensar male, s'indovina sempre. 15] A pensar male ci s'indovina. 2] A pentola che bolle, gatta non s'accosta. 8] A rubar poco si va in galera, a rubar tanto si fa carriera. 1] A san Lorenzo il dente la noce già sente. 2] A san Martino [11 novembre], apri la botte e assaggia il vino. 8] A San Martino ogni mosto è vino. 16] A san Mattia la neve va via. 4] A scherzar con la fiamma, ci si scotta. 17] A tal fortezza, tal trincea. 4] A torto si lagna del mare chi due volte ci vuole tornare. 4] A tutto c'è rimedio fuorché alla morte. 1] A usanza nuova non correre. 2] Abbattuto l'albero scompare l'ombra. 8] Accasa il figlio quando vuoi, e la figlia quando puoi. 18] Acquista buona fama e mettiti a dormire. 4] Ai bugiardi e agli spacconi non è creduto. 8] Ai voli troppo alti e repentini sogliono i precipizi esser vicini. 19] A voli troppo alti e repentini sogliono i precipizi esser vicini. 2] Abate cupido, per un'offerta ne perde cento. 4] Abate rigoroso rende i frati penitenti. 4] Abbi piuttosto il piccolo per amico, che il grande per nemico. 8] Abiti stranieri, costumi stranieri; costumi stranieri, gente straniera; la gente straniera sloggia gli antichi abitanti. 4] Abito troppo portato e donna troppo vista vengono presto a noia. 4] Abbondanza genera baldanza. 4] Accade in un'ora quel che non avviene in mill'anni. 2] Accade in un'ora quel che non avviene in cent'anni. 2] Accendere una candela ai Santi e una al diavolo. 4] Accendere una fiaccola per far lume al sole. 4] Acqua che corre non porta veleno. 4] Acqua cheta rompe i ponti. 16] Acqua di san Lorenzo [10 agosto] venuta per tempo; se alla Madonna viene va ancora bene; tardiva sempre buona quando arriva. 2] Acqua e chiacchiere non fanno frittelle. 20] Acqua lontana non spegne il fuoco. 21] Acqua passata, non macina più. 22] Ad albero vecchio ed a muro cadente, non manca mai edera. 4] Ad ogni primavera segue un autunno. 4] Ad ognuno la sua croce. 23] Ad ognuno pare bello il suo. 4] Ad un grasso mezzogiorno spesso tien dietro una cena magra. 4] Agosto ci matura il grano e il mosto 16]. Agosto: moglie mia non ti conosco.[5][6] 1] Ai macelli van più bovi che vitelli. 2] Ai pazzi ed ai fanciulli, non si deve prometter nulla. 8] Ai pazzi si dà sempre ragione. 8] Aiutati che Dio t'aiuta. 24] Aiutati che il ciel t'aiuta. 25] Aiutati che io ti aiuto. 16] Al baciarsi presto tien dietro il coricarsi. 4] Al bisogno si conosce l'amico. 1] Al buio la villana è bella quanto la dama. 2] Al buio, le donne sono tutte uguali. 8] Al buio tutti i gatti sono bigi. 16] Al confessor, medico e avvocato, non tenere il ver celato. 26] Al confessore, al medico e all'avvocato non si tiene il ver celato. 2] Al contadin non far sapere quanto è buono il formaggio con le pere. 1] Al cuore non si comanda. 1] Al cuor non si comanda. 27] Al cazzo non si comanda. 2] Al culo non si comanda. 28] Al destino non si comanda. 2] Al tempo non si comanda. 2] Al tempo e al culo non si comanda. 2] Al debole il forte sovente fa torto. 8] Al fratello piace più veder la sorella ricca, che farla tale. 8] Al levar le tende si conosce il guadagno. 4] Al gatto che lecca lo spiedo non affidar arrosto. 8] Al genio non si danno le ali, ma le si tagliano. 4] Al medico, al confessore e all'avvocato, bisogna dire ogni peccato. 8] Al povero manca il pane, al ricco l'appetito. 8] Al primo colpo non cade l'albero. 2] Al primo colpo non cade un albero. 2] Al suono si riconosce la pignata. 29] Al villano, se gli porgi il dito, si prende la mano. 30] All'A tien dietro il B nel nostro abbicì. 4] All'eco spetta l'ultima parola. 4] All'orsa paion belli i suoi orsacchiotti. 8] All'uccello ingordo crepa il gozzo. 2] All'ultimo si contano le pecore. 1] All'umiltà felicità, all'orgoglio calamità. 8] Alla fame è presto ridotto chi s'imbarca senza biscotto. 4] Alla fine anche le pernici allo spiedo vengono a noia. 8] Alla fine loda la vita e alla sera loda il giorno.[7] 4] Alla fine loda la vita e alla sera il giorno. 2] Alla guerra si va pieno di denari e si torna pieni di vizi e di pidocchi. 4] Alle barbe dei pazzi, il barbiere impara a radere. 8] Alle volte si crede di trovare il sole d'agosto e si trova la luna di marzo. 8] Altri tempi, altri costumi. 2] Alzati presto al mattino se vuoi gabbare il tuo vicino. 8] Ambasciator non porta pena. 2] Amare e non essere amato è tempo perso. 4] Ambasciatore che tarda notizia buona che porta. 2] Amicizia che cessa, non fu mai vera. 4] Amico beneficato, nemico dichiarato. 4] Amico di buon tempo mutasi col vento. 4] Amico di ventura, molto briga e poco dura. 31] Ammogliarsi è un piacere che costa caro. 4] Amor che nasce di malattia, quando si guarisce passa via. 8] Amor di nostra vita ultimo inganno.[8] 32] Amor, dispetto, rabbia e gelosia, sul cuore della donna han signoria. 8] Amor nuovo va e viene, amor vecchio si mantiene. 8] Amor regge il suo regno senza spada. 32] Amore con amor si paga. 2] Amore di parentato, amore interessato. 4] Amore di villeggiatura poco vale e poco dura. 2] Amore di fratello, amore di coltello. 8] Amore è il vero prezzo con che si compra amore. 33] Amore non si compra né si vende. 33] Amore onorato, né vergogna né peccato. 8] Amore scaccia amore. 4] Anche fra le spine nascono le rose. 34] Anche i fanciulli diventano uomini. 4] Anche il più verde diventa fieno. 4] Anche il sole ha le sue macchie. 4] Anche l'abate fu prima frate. 4] Anche l'ambizione è una fame. 4] Anche la legna storta dà il fuoco diritto. 4] Anche la regina Margherita mangia il pollo con le dita. 35] Anche le bestie le ha fatte il Signore. 8] Anche le colombe hanno il fiele. 4] Anche le pulci hanno la tosse. 2] Anche le uova della gallina nera sono bianche; ma staremo a vedere se anche i suoi pulcini sono bianchi. 4] Anche un giogo dorato pesa. 8] Andar presto a dormire e alzarsi presto chiude la porta a molte malattie. 8] Andar bestia, e tornar bestia, dice il moro. 36] Anno nevoso anno fruttuoso. 16] Anno nuovo vita nuova. 1] Approfitta degli errori degli altri, piuttosto che censurarli. 4] Aprile dolce dormire.[9] 2] Aprile e maggio sono la chiave di tutto l'anno. 4] Aprile ogni goccia un barile.[10] 2] Aprile piovoso, maggio ventoso, anno fruttuoso. 4] Ara nel mare e nella rena semina, chi crede alle parole della femmina. 8] Arcobaleno porta il sereno. 2] Aria rossa o piscia o soffia. 2] Asino che ha fame mangia d'ogni strame. 2] Assai bene balla a chi fortuna suona. 4] Assai digiuna chi mal mangia. 8] Assai domanda chi ben serve e tace. 37] Assai domanda chi si lamenta. 8] Assalto francese e ritirata spagnola. 2] Attacca l'asino dove vuole il padrone e, se si rompe il collo, suo danno. 1] Avuta la grazia, gabbato lo santo. 8] B Bacco, tabacco e Venere riducon l'uomo in cenere. 2] Ballaremo secondo che voi suonerete. 4] Bandiera rotta onor di capitano. Bandiera vecchia onor di capitano. 2] Basta un matto per casa. 8] Batti il ferro finché è caldo. Batti il ferro quando è caldo. 1] Bei gatti e grossi letamai mostrano il buon agricoltore. 38] Bella cosa presto è rapita. 4] Bella in vista, dentro è trista. 4] Bella ostessa, conti traditori. 2] Bella ostessa, brutti conti. 39] Bell'ostessa, conto caro. 40] Bella vigna poca uva. 2] Bellezza di corpo non è eredità. 4] Bellezza e follia vanno spesso in compagnia. 41] Bello in fasce brutto in piazza. 1] Ben sa la botte di qual vino è piena. 4] Ben si caccia il diavolo, ma Satana ritorna. 4] Bene per male è carità, male per bene è crudeltà. 8] Bene educato, non mentì mai. 4] Bene perduto è conosciuto. 4] Beni di fortuna passano come la luna. 2] Bevi il vino e lascia andar l'acqua al mulino. 8] Bisogna dire pane al pane e vino al vino. 2] Bisogna far buon viso a cattivo gioco. 1] Bisogna fare di necessità virtù. 2] Bisogna fare il pane con la farina che si ha. 4] Bisogna fare la festa quando cade, e prendere il tempo come viene. 4] Bisogna fare la festa quando è il santo. 4] Bisogna mangiare per vivere e non vivere per mangiare. 2] Bisogna prendere gli avvenimenti quando Dio li manda. 4] Bocca che tace nessuno l'aiuta. 2] Bocca che tace mal si può aiutare. 42] Bocca chiusa ed occhio aperto non fecero mai male a nessuno. 4] Botte buona fa buon vino. 2] Brutta cosa è il povero superbo e il ricco avaro. 8] Brutta di viso ha sotto il paradiso. 2] Brutto in fasce bello in piazza. 1] Buca il marmo fin d'acqua una goccia. 8] Bue sciolto lecca per tutto. 8] Bue fiacco stampa più forte il piede in terra. 4] Bue vecchio, solco diritto. 4] Buon fuoco e buon vino, scaldano il mio camino. 8] Buon sangue non mente. 2] Buon tempo e mal tempo non dura tutto il tempo. 1] Buon vino e bravura, poco dura. 8] Buon vino fa buon sangue. 1] 8] Buon vino, favola lunga. 8] Buona fama presto è perduta. 4] Buona greppia, buona bestia. 8] Buona guardia giova a molte cose. 4] Buona la forza, migliore l'ingegno. 4] Buone parole e pere marce non rompono la testa a nessuno. 31] Burlando si dice il vero. 4] C Cader non può, chi ha la virtù per guida. 4] Cambiano i suonatori ma la musica è sempre quella. 1] Cambiare e migliorare sono due cose; molto si cambia nel mondo, ma poco si migliora. 4] Campa cavallo che l'erba cresce. 2] Campa, cavallo mio, che l'erba cresce. 1] Can che abbaia non morde. 1] Cane affamato non teme bastone.[11] 2] Cane e gatta tre ne porta e tre ne allatta. 8] Cane non mangia cane. 43] Cane ringhioso e non forzoso, guai alla sua pelle! 4] Capelli lunghi, cervello corto. 4] Carta canta e villan dorme. 1] Casa fatta e vigna posta, non si sa quello che costa. 44] Casa mia, casa mia, per piccina che tu sia, tu mi sembri una badia. 45] Casa mia, casa mia, benché piccola tu sia, tu mi sembri una badia. 2] Casa mia, casa mia, pur piccina che tu sia mi sembri una badia. 9] Castiga il buono e si emenderà; castiga il cattivo e peggiorerà. 4] Cattivo cominciamento, fine peggiore. 8] Cavallo da vettura, poco costa e poco dura. 46] Cavallo vecchio, tardi muta ambiatura. 47] Cavolo riscaldato non fu mai buono. 2] Cavolo riscaldato, frate sfratato e serva ritornata non furon mai buoni. 2] Cento teste, cento cappelli. 48] Certe macchie ben si possono grattare ma non togliere. 4] Cessato il guadagno, cessata l'amicizia. 49] Chi a tutti facilmente crede, ingannato si vede. 4] Chi accarezza la mula rimedia calci. 2] Chi accarezza la mula buscherà calci. 2] Chi accetta l'eredità accetti anche i debiti. 4] Chi ad altri inganni tesse, poco bene per sé ordisce. 4] Chi alza il piede per ogni paglia, si può rompere facilmente una gamba. 8] Chi ama me, ama il mio cane. 50] Chi ara terra bagnata, per tre anni l'ha dissipata. 51] Chi asino nasce, asino muore. 4] Chi balla senza suono, come asino si ritrova. 52] Chi ben coltiva il moro, coltiva nel suo campo un gran tesoro. 47] Chi ben comincia è a metà dell'opera. 53] Chi ben comincia è alla metà dell'opera. 2] Chi ben comincia è alla metà dell'opra. 1] Chi bene semina, bene raccoglie. 4] Chi beve vin, campa cent'anni. 54] Chi beve birra campa cent'anni.[12] 2] Chi biasima il suo prossimo che è morto, dica il vero, dica il falso, ha sempre torto. 4] Chi caccia volentieri trova presto la lepre. 4] Chi cade in povertà, perde ogni amico. 4] Chi cava e non mette, le possessioni si disfanno. 55] Chi cavalca o trotta alla china, o non è sua la bestia, o non la stima. 8] Chi cento ne fa una ne aspetta. 1] Chi cerca di sapere ciò che bolle nella pentola d'altri, ha leccate le sue. 8] Chi cerca lealtà e fedeltà nel mondo, non trova che ipocrisia. 4] Chi cerca, trova.[13] 2] Chi cerca trova e chi domanda intende. 2] Chi coglie acerbo il senno, maturo ha sempre d'ignoranza il frutto. 8] Chi comincia in alto, finisce in basso. 8] Chi compra il superfluo, si prepara a vendere il necessario. 56] Chi compra sprezza e chi ha comprato apprezza. 2] Chi conserva per l'indomani, conserva per il cane. 8] Chi contro Dio getta la pietra, in capo gli torna. 8] Chi d'estate secca serpi, nell'inverno mangia anguille. 4] Chi d'estate vuole stare al fresco, ci starà anche d'inverno. 4] Chi da gallina nasce, convien che razzoli. 8] Chi da savio operare vuole, pensi al fine. 4] Chi dà ghiande non può riavere confetti. 4] Chi di gallina nasce convien che razzoli. 2] Chi dal lotto spera soccorso, mette il pelo come un orso. 8] Chi dà per ricevere, non dà nulla. 8] Chi del vino è amico, di se stesso è nemico. 8] Chi di spada ferisce di spada perisce.[14] 1] Chi di speranza vive disperato muore. 1] Chi di una donna brutta s'innamora, lieto con essa invecchia e l'ama ancora. 8] Chi di coltel ferisce, di coltel perisce. 4] Chi di spirito e di talenti è pieno domina su quelli che ne hanno meno. 4] Chi dice A arrivi fino alla Z. 4] Chi dice A deve dire anche B. 4] Chi dice donna dice danno. 1] Chi dice donna dice guai, chi dice uomo peggio che mai. 8] Chi dice male, l'indovina quasi sempre. 4] Chi dice quel che vuole sente quel che non vorrebbe. 1] Chi disprezza compra. 1] Chi disprezza vuol comprare e chi loda vuol lasciare. 2] Chi domanda ciò che non dovrebbe, ode quel che non vorrebbe. 2] Chi domanda non erra. 2] Chi domanda non fa errore. 57] Chi dopo la polenta beve acqua, alza la gamba e la polenta scappa. 8] Chi dorme d'agosto dorme a suo costo. 2] Chi dorme non piglia pesci.[15] 1] Chi è causa del suo mal pianga se stesso.[16] 1] Chi è bugiardo è ladro. 4] Chi è destinato alla forca non annega. 58] Chi è generoso con la bocca, è avaro col sacco. 4] Chi è in difetto è in sospetto. 1] Chi è mandato dai farisei è ingannato dai farisei. 4] Chi è morso dalla serpe, teme la lucertola. 8] Chi non è savio, paziente e forte si lamenti di sé, non della sorte. 8] Chi è schiavo delle ambizioni ha mille padroni. 4] Chi è stato trovato una volta in frode, si presume vi sia sempre. 4] Chi è svelto a mangiare è svelto a lavorare. 1] Chi è tosato da un usuraio, non mette più pelo. 8] Chi è uso all'impiccare, non teme la forca. 4] Chi fa da sé fa per tre.[17] 1] Chi fa come il prete dice, va in Paradiso: ma chi fa come il prete fa, a casa del diavolo se ne va.[18] Chi fa del bene agli ingrati, Dio lo considera per male. 4] Chi fa il male odia la luce. 4] Chi fa l'altrui mestiere, fa la zuppa nel paniere. 59] Chi fa la legge, deve conservarla. 4] Chi fa una legge, deve anche preoccuparsi che sia eseguita. 4] Chi fa le fave senza concime le raccoglie senza baccelli. 2] Chi fa falla e chi non fa sfarfalla. 1] Chi fa un'ingiustizia, la dimentica; chi la riceve, se ne ricorda. 4] Chi fosse indovino, sarebbe ricco. 4] Chi fugge il giudizio, si condanna. 4] Chi fugge un matto, ha fatto buona giornata. 8] Chi getta un seme lo deve coltivare, se vuol vederlo con il tempo germogliare. 60] Chi gioca al lotto, è un gran merlotto. 8] Chi gioca al lotto, in rovina va di botto. 8] Chi gioca al lotto, in rovina va di trotto. 8] Chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato. 16]. Chi ha avuto il beneficio, se lo dimentica. 4] Chi ha da far con un incostante, tien l'anguilla per la coda. 4] Chi ha denti non ha pane e chi ha pane non ha denti. 1] Chi ha farina non ha la sacca. 1] Chi ha fatto ingiuria ad altri, da altri convien che la sopporti. 4] Chi ha il capo di cera, non vada al sole. 61] Chi ha imbarcato il diavolo, deve stare in sua compagnia. 4] Chi ha ingegno, lo mostri. 62] Chi ha per letto la terra, deve coprirsi col cielo. 8] Chi ha polvere spara. 1] Chi ha portato la tonaca puzza sempre di frate. 2] Chi ha prete, o parente in corte, fontana gli risorge. 63] Chi ha tempo, ha vita. 64] Chi ha tempo non aspetti tempo. 1] Chi ha terra, ha guerra. 56] Chi ha tutto il suo in un loco l'ha nel fuoco. 2] Chi ha un mestiere in mano, dappertutto trova pane. 4] Chi il vasto mare intrepido ha solcato, talvolta in piccol rio muore annegato. 65] Chi la dura la vince. 1] Chi la fa l'aspetti. 1] Chi lascia la via vecchia per la nuova sa quel che lascia ma non sa quel che trova. 1] Chi lascia la via vecchia per la nuova peggio si trova. 16] Chi lavora con diligenza, prega due volte. 4] Chi lavora, Dio gli dona. 4] Chi mal semina mal raccoglie. 1] Chi male una volta si marita, ne risente tutta la vita. 4] Chi male vive, male muore. 2] Chi maltratta le bestie, non la fa mai bene. 8] Chi mangia sempre pan bianco, spesso desidera il nero. 8] Chi mangia sempre torta se ne sazia. 8] Chi mena per primo mena due volte.Chi molto parla, spesso falla. Chi mordere non può non mostri i denti. 40] Chi muore giace e chi vive si dà pace. 1] Chi nasce afflitto muore sconsolato. 1] Chi nasce è bello, chi si sposa è buono e chi muore è santo. 1] Chi nasce matto non guarisce mai. 8] Chi nasce tondo non può morir quadrato. 57] Chi non ama le bestie, non ama i cristiani. 8] Chi non apre la bocca, non le piove dentro. 4] Chi non beve in compagnia o è un ladro o è una spia. 1] Chi non caccia non prende. 4] Chi non comincia non finisce. 1] Chi non crede di esser matto, è matto davvero. 8] Chi non crede in Dio, non crede nel diavolo. 67] Chi non dà a Cristo, dà al fisco. 8] Chi non è con me è contro di me. 2] Chi non è volpe, dal lupo si guardi, perché ne sarà preda presto o tardi. 4] Chi non fu buon soldato, non sarà buon capitano. 68] Chi non ha fede, non ne può dare. 8] Chi non ha il gatto mantiene i topi e chi ce l'ha li mantiene tutti e due. 8] Chi non ha imparato a ubbidire, non saprà mai comandare. 8] Chi non ha testa abbia gambe. 57] Chi non lavora non mangia. 2] Chi non mangia ha già mangiato. 2] Chi non muore si rivede. 2] Chi non naufragò in mare, può naufragare in porto. 8] Chi non può bastonare il cavallo, bastona la sella. 4] Chi non risica, non rosica. 1] Chi non sa adulare non sa regnare. 4] Chi non sa fare non sa comandare. 68] Chi non sa leggere la sua scrittura è asino di natura. 69] Chi non sa niente non è buono a niente. 4] Chi non sa tacere non sa parlare. 2] Chi non sa ubbidire, non sa comandare. 68] Chi non segue il consiglio dei genitori, tardi se ne pente. 4] Chi non semina non raccoglie. 2] Chi non si innamora da giovane, si innamora da vecchio. 8] Chi non trovò ombra nell'estate, la troverà nell'inverno. 4] Chi non vuol essere consigliato, non può essere aiutato. 4] Chi parla due lingue è doppio uomo. 70] Chi pecca in segreto fa la penitenza pubblica. 8] Chi pecora si fa, il lupo se la mangia. 1] Chi per grazia prega, non ha mai bene. 4] Chi perde ha sempre torto. 1] Chi perdona senza dimenticare, non perdona che metà. 4] Chi pesca con l'amo d'oro, qualcosa piglia sempr e. 8] Chi piglia leone in assenza, teme la talpa in presenza. 8] Chi più ha più vuole. 1] Chi più ha più ne vorrebbe. 2] Chi più lavora, meno mangia. 4] Chi più ne fa è fatto papa. 4] Chi più ne ha più ne metta. 2] Chi più sa meno crede. 1] Chi più spende meno spende. 2] Chi poco sa presto parla. 2] Chi porta fiori, porta amore. 8] Chi predica al deserto, perde il sermone. 71] Chi prende l'anguilla per la coda, può dire di non tenere nulla. 4] Chi prima arriva meglio alloggia. 2] Chi prima nasce prima pasce. 1] Chi prima non pensa dopo sospira. 2] Chi rende male per bene, non vedrà mai partire da casa sua la sciagura. 8] Chi ricorda un beneficio, lo rinfaccia. 4] Chi ride il venerdì piange la domenica. 1] Chi rimane in umile stato, non ha da temer caduta. 8] Chi ringrazia non vuol obblighi. 8] Chi ringrazia per una spiga, riceve una manna. 8] Chi Roma non vede, nulla crede. 8] Chi ruba poco, ruba assai. 72] Chi rompe paga e i cocci sono suoi. 1] Chi ruba un regno è un ladro glorificato, e chi un fazzoletto, un ladro castigato. 4] Chi ruba una volta è sempre ladro. 4] Chi s'accapiglia si piglia.[19] Chi s'aiuta Iddio l'aiuta. 1] Chi sa fa e chi non sa insegna. 1] Chi sa fare fa e chi non sa fare insegna.[20] Chi sa il gioco non l'insegni. 1] Chi sa il trucco non l'insegni. 1] Chi sa senza Cristo non sa nulla. 8] Chi scopre il segreto perde la fede. 1] Chi semina buon grano avrà buon pane; chi semina lupino non avrà né pan né vino. 2] Chi semina con l'acqua raccoglie col paniere. 2] Chi semina raccoglie. 2] Chi semina vento raccoglie tempesta.[21][22] 1] Chi serba serba al gatto. 1] Chi si contenta gode. 1] Chi si diletta di frodare gli altri, non si deve lamentare se gli altri lo ingannano. 4] Chi si fa i fatti suoi campa cent'anni. 57] Chi si fa un idolo del suo interesse, si fa un martire della sua integrità. 73] Chi si fida nel lotto, non mangia di cotto. 8] Chi si fida di greco, non ha il cervel seco. 74] Chi si guarda dal calcio della mosca, gli tocca quello del cavallo. 4] Chi si immagina di essere più di quello che è, si guardi nello specchio. 4] Chi si loda si sbroda. 4] Chi si prende d'amore, si lascia di rabbia. 8] Chi si scusa si accusa. 1] Chi si somiglia si piglia. 2] Chi si sposa in fretta, stenta adagio. 75] Chi si umilia sarà esaltato, chi si esalta sarà umiliato. 8] Chi si vanta da solo non vale un fagiolo. 2] Chi si vanta del delitto è due volte delinquente. 4] Chi siede in basso, siede bene. 8] Chi sta tra due selle si trova col culo in terra. 2] Chi tace acconsente. 1][23] Chi tace davanti alla forza, perde il suo diritto. 4] Chi tanto e chi niente. 1] Chi troppo e chi niente. 1] Chi tardi arriva male alloggia. 1] Chi ti dà un osso non ti vorrebbe morto. 4] Chi ti vuol male, ti liscia il pelo. 8] Chi tiene il letame nel suo letamaio, fa triste il suo pagliaio. 8] Chi tiene la scala non è meno reo del ladro. 76] Chi troppo comincia, poco finisce. 77] Chi troppo vuole nulla stringe.[24] 1] Chi trova un amico trova un tesoro. 1] Chi uccide i gatti fa male i suoi fatti. 38] Chi va a caccia non deve lasciare a casa il fucile. 4] Chi va a Roma perde la poltrona. 2] Chi va all'acqua d'agosto, non beve o non vuol bere il mosto. 8] Chi va all'osto, perde il posto. 78] Chi va al mulino s'infarina. 1] Chi va con lo zoppo, impara a zoppicare. 79] Chi va piano va sano e va lontano. Chi va forte va alla morte.[25] 80] Chi ha più fretta, più tardi finisce. 4] Chi fa in fretta fa due volte. 4] Chi pesca e ha fretta, spesse volte prende dei granchi. 4] Chi va via perde il posto all'osteria. 81] Chi vanta se stesso e abbassa gli altri, gli altri abbasseranno lui. 4] Chi vende a credenza spaccia assai: perde gli amici e i quattrin non ha mai.[26] 2] Chi dà a credito spaccia assai perde gli amici e danar non ha mai. 2] Chi va alla festa e non è invitato, ben gli sta se ne è scacciato. 4] Chi vien di raro, gli si fa festa. 8] Chi vince ha sempre ragione. 82] Chi vive in libertà non tenti il fato. 4] Chi vive sei giorni nell'oasi, il settimo anela il deserto. 8] Chi vivrà vedrà. 2] Chi vuol d'avena un granaio la semini di febbraio. 2] Chi vuol dell'acqua chiara vada alla fonte. 4] Chi vuol udir novelle, dal barbier si dicon belle. 8] Chi vuol esser libero, non metta il collo sotto il giogo. 8] Chi vuol essere pagato, non dev'essere ringraziato. 8] Chi vuol guarire deve soffrire. 4] Chi vuol impetrare, la vergogna ha da levare. 83] Chi vuol lavoro degno assai ferro e poco legno. 2] Chi vuol pane, meni letame. 84] Chi vuol presto impoverire, chieda prestito all'usuraio. 8] Chi vuol provar le pene dell'inferno, la stia in Puglia e all'Aquila d'inverno. 8] Chi vuol saper cos'è l'inferno faccia il cuoco d'estate e il carrettiere d'inverno. 8] Chi vuol un bel pagliaio lo pianti di febbraio. 8] Chi vuol vedere Pisa vada a Genova. 85] Chi vuole arricchire in un anno, è impiccato in sei mesi. 4] Chi vuole assai, non domandi poco. 86] Chi vuole essere amato, divenga amabile. 9] Chi vuole essere sicuro della sua farina, deve portare egli stesso il sacco al mulino. 4] Chi vuole i santi se li preghi. 1] Chi vuole la figlia accarezzi la madre. 4] Chi vuole vada e chi non vuole mandi. 1] Chiara notte di capodanno, dà slancio a un buon anno. 8] Chiodo scaccia chiodo. 2] Chiodo schiaccia chiodo. 9] Chitarra e schioppo fanno andare la casa a galoppo. 8] Ci vuole altro che un'accozzaglia di gente per fare un esercito. 4] Ci vuole ingegno per governare i pazzi. 4] Ciascuno è artefice della sua fortuna. 2][27] Ciascuno è artefice della propria fortuna. 2] Ciascuno porta il suo ingegno al mercato. 4] Cielo a pecorelle acqua a catinelle. 1] Ciò che è male per uno, è bene per un altro. 4] Ciò che lo stolto fa in fine, il savio fa in principio. 87] Ciò che non si può cambiare bisogna saperlo sopportare. 4] Col fuoco non si scherza. 1] Col latino, con un ronzino e con un fiorino si gira il mondo. 4] Col nulla non si fa nulla. 1] Col pane tutti i guai sono dolci. 1] Col tempo e con la paglia maturano le nespole.[28] 2] Col tempo e con la paglia maturano le sorbe e la canaglia. 2] Colla sola lealtà, non si pagano i merletti della cuffia. 4] Come farai, così avrai. 4] Come i piedi portano il corpo, così la benevolenza porta l'anima. 4] Comincia, che Dio provvede al resto. 4] Compar di Puglia, l'un tiene e l'altro spoglia. 8] Comun servizio ingratitudine rende. 8] Con arte e con ingegno, si acquista mezzo regno; e con ingegno ed arte, si acquista l'altra parte. 4] Con gli anni crescono gli affanni. 8] Con i matti non ci son patti. 8] Con l'inchiostro, una mano può innalzare un furfante ed abbassare un galantuomo. 8] Con la pazienza la foglia di gelso diventa seta. 88] Con la pietra si prova l'oro, con l'oro la donna e con la donna l'uomo. 8] Con la più alta libertà, abita la più bassa servitù. 4] Con le buone maniere si ottiene tutto. 89] Con un bicchier di vino si fa un amico. 8] Con un occhio si frigge il pesce e con l'altro si guarda il gatto. 8] Conchiuder lega è facile, difficile il mantenerla. 4] Confidenza toglie riverenza. 4] Conserva le monete bianche per le giornate nere. 8] Contadini, scarpe grosse e cervelli fini. 1] Contano più i fatti che le parole. 90] Contro due donne neanche il diavolo può metterci il becco. 8] Contro due non la potrebbe Orlando. 91] Contro la forza la ragion non vale. 1] Contro la nebbia forza no vale. 4] Coricarsi presto, alzarsi presto, danno salute, ricchezza e sapienza. 8] Corpo satollo anima consolata. 1] Corpo sazio non crede a digiuno. 1] Cortesia schietta, domanda non aspetta. 92] Corre un pezzo la lepre, un pezzo il cane; così s'alternano le vicende umane. 8] Cosa fatta capo ha.[29] 2] Cosa di rado veduta, più cara è tenuta. 8] Cosa rara, cosa cara. 8] Cucina grassa, magra eredità. 4] Cuor contento gran talento. 93] Cuor contento il ciel l'aiuta. 94] Cuor contento il ciel lo guarda. 2] Cuor contento non sente stento. 2] D D'aprile ogni goccia val mille lire. 2] D'aquila non nasce colomba. 4] Da colpa nasce colpa. 4] Da cosa nasce cosa. 95] Da falsa lingua, cattiva arringa. 8] Da Lodi, tutti passan volentieri. 8] Da un disordine nasce un ordine. 8] Dagli amici mi guardi Iddio che dai nemici mi guardo io. 2] Dàgli, dàgli, le cipolle diventano agli. 96] Riferito alle insidie che l'amore riserva alle virtù delle fanciulle. Dai giudici siciliani, vacci coi polli nelle mani. 8] Dall'asino non cercar lana. 4] Dall'opera si conosce il maestro. 4] Dall'immagine si conosce il pittore. 4] Dalla mano si riconosce l'artista. 4] Dal canto si conosce l'uccello. 4] Dal passato è facile predire il futuro. 4] Dalla casa si conosce il padrone. 4] Danaro e santità, metà della metà. 8] Denari e santità metà della metà. 97] Date a Cesare quel che è di Cesare.[30] 2] Davanti al cameriere non vi è Eccellenza. 4] Davanti l'abisso e dietro i denti di un lupo. 4] Debole catena muover può gran peso. 8] Dei vizi è regina l'avarizia. 98] Del senno di poi son piene le fosse. 1] Delle calende non me ne curo purché a san Paolo non faccia scuro.[31] 2] Detto senza fatto, ad ognuno pare un misfatto. 4] Di buone intenzioni è lastricato l'inferno. 99] Di chi è l'asino, lo pigli per la coda. 4] Di dolore non si muore, ma d'allegrezza sì. 8] Di maggio si dorme per assaggio.[32] 2] Di malerba non si fa buon fieno. 4] Di notte si ritirano i galantuomini ed escono i birbanti. 8] Di quello che non ti interessa, non dire né bene né male. 4] Di tutte le arti maestro è l'amore. 8] Dice la serpe: non mi toccar che non ti tocco. 8] Dicembre favaio. 16] Dicono che è mercante anche chi perde, ma questo presto ridurrassi al verde. 100] Dieci ne pensa il topo e cento il gatto. 101] Dietro il monte c'è la china. 2] Dietro il riso viene il pianto. 8] Dimmi con chi vai, e ti dirò che fai. 73] Dimmi con chi vai, e ti dirò chi sei. 102] Dio aiuti il povero, perché il ricco può aiutar se stesso. 8] Dio dà la piaga e dà anche la medicina. 4] Dio guarisce e il medico è ringraziato. 4] Dio li fa e poi li accoppia. 1] Dio manda il freddo secondo i panni. 1] Dio mi guardi da chi studia un libro solo. 4] Dio misura il vento all'agnello tosato. 4] Dio vede e provvede. 2] Disse la volpe ai figli: "Quando a tordi, quando a grilli". 4] Dolore comunicato è subito scemato. 4] Domandando si va a Roma. 2] Domandare è lecito, rispondere è cortesia. 2] Donna al volante, pericolo costante. 103] Donna adorna, tardi esce e tardi torna. 8] Donna baffuta sempre piaciuta. 2] Donna barbuta, sempre piaciuta. 103] Donna barbuta coi sassi si saluta. 2] Donna bianca, poco gli manca. 8] Donna rossa coscia grossa. 8] Donna che canti dolcemente in scena, pei giovani inesperti è una sirena. 8] Donna che dona, di rado è buona. 8] Donna che piange, ovver che dolce canti, son due diversi, ambo possenti incanti. 8] Donna che sa il latino è rara cosa, ma guardati dal prenderla in isposa. 8] Donna e fuoco, toccali poco. 8] Donne e motori gioie e dolori. 104] Donna e vino ubriaca il grande e il piccolino. 8] Donna giovane e uomo anziano possono riempire la casa di figli. 8] Donna io conosco, ch'è una santa a messa e che in casa è un'orribil diavolessa. 8] Donna nana tutta tana. 2] Donna nobil per natura è un tesor cheonna savia e bella è preziosa ancsempre dura. 8] Donna pelosa, donna virtuosa. 2] Donna pregata nega, trascurata prega. 8] Donna prudente, gioia eccellente. 8] Dhe in gonnella. 8] Donna si lagna, donna si duole, donna s'ammala quando lo vuole. 8] Donne e sardine, son buone piccoline. 8] Donne, danno, fanno gli uomini e li disfanno. 8] Dopo desinare non camminare; dopo cena, con dolce lena. 4] Dopo e poi son parenti del mai. 2] Dopo il dolce vien l'amaro. 8] Dopo il fatto il consiglio non vale. 4] Dopo il fatto viene troppo tardi il pentimento. 4] Dopo il giorno vien la notte. 8] Dopo la grazia di Dio, la miglior cosa è la libertà. 8] Dopo la tempesta, il sole. 8] Dopo le fosche nuvole il sol splende più fulgido. 8] Dopo vendemmia, imbuto. 105] Non bisogna lasciarsi sfuggire le occasioni favorevoli, chi ha tempo non aspetti tempo. Dove c'è l'amore, la gamba trascina il piede. 8] Dove è castigo è disciplina, dove è pace è gioia. 4] Dove entra la fortuna, esce l'umiltà. 8] Dove l'accidia attecchisce ogni cosa deperisce. 4] Dove la fedeltà mette le radici, Dio fa crescere un albero. 4] Dove non c'è amore, non c'è umanità. 8] Dove non c'è fieno, i cavalli mangiano paglia. 8] Dove non c'è ordine, c'è disordine. 8] Dove non si crede né all'inferno né al paradiso, il diavolo intasca tutte le entrate. 8] Dove non vi è educazione, non vi è onore. 4] Dove non vi sono capelli, male si pettina. 4] Dove può il vino non può il silenzio. 8] Dove regna Bacco e Amore, Minerva non si lascia vedere. 4] Dove regna il vino, non regna il silenzio. 8] Dove son carogne son corvi. 8] Dove sono i pulcini, ivi è l'occhio della chioccia. 8] Dove vola il cuore, striscia la ragione. 8] Due cani che un solo osso hanno, difficilmente in pace stanno. 4] Due noci in un sacco e due donne in casa fanno un bel fracasso. 8] Due polente insieme non furon mai viste. 8] Dura più un carro rotto che uno nuovo. 4] Duro con duro non fa buon muro. 106] E È cattivo sparviero quel che non torna al richiamo. 8] È difficile far diventare bianco un moro. 4] È difficile guardarsi dai ladri di casa. 4] È difficile piegare un albero vecchio. 4] È difficile zoppicare bene davanti allo sciancato. 8] È facile lamentarsi quando c'è chi ascolta. 8] È impossibile come cavalcare un raggio di sole. 4] È impossibile volare senza ali. 4] È inutile piangere sul latte versato. 98] [truismo] È l'acqua che fa l'orto. 98] L'acqua fa l'orto. 98] È la donna che fa l'uomo. 57] È lieve astuzia ingannar gelosia, che tutto crede quando è in frenesia. 4] È meglio avere la cura di un sacco di pulci che una donna. 4] È meglio contentarsi che lamentarsi. 8] È meglio correggere i propri difetti, che riprendere quelli degli altri. 4] È meglio esser digiuno fuori, che satollo in prigione. 8] È meglio essere testa d'anguilla che coda di storione. 8] È meglio essere uccel di bosco, che uccel di gabbia. 8] È meglio essere umile a cavallo, che orgoglioso a piedi. 8] È meglio gelare nella nuda cameretta della verità, che crogiolarsi nella pelliccia della menzogna. 4] È meglio mangiarsi l'eredità, che conservarla per il convento. 4] È meglio meritar la lode che ottenerla. 4] È meglio sentir cantare l'usignolo, che rodere il topo. 8] È meglio testa di lucertola che coda di drago. 8] È meglio un esercito di cervi sotto il comando di un leone, che un esercito di leoni sotto il comando di un cervo. 4] È meglio un leone che mille mosche. 8] È più facile biasimare, che migliorare. 4] È più facile lagnarsi, che rimuovere gl'impedimenti. 8] È più facile prevenire una malattia che guarirla. 8] È più facile trovar dolce l'assenzio, che in mezzo a poche donne il silenzio. 8] È un bel predicare il digiuno a corpo pieno. 4] È una bella risposta quella che si attaglia ad ogni domanda. 8] Ebrei e rigattieri, spendono poco e gabbano volentieri. 4] Ecco il rimedio per l'ipocondria: mangiare e bere in buona compagnia. 8] Errare è umano, perseverare è diabolico. 107] Errare è umano, perseverare diabolico. 2] Sbagliare è umano, perseverare è diabolico. 108] Errore non è inganno. 4] Errore non paga debito. 4] Errore riconosciuto conduce alla verità. 4] Esser dotto poco vale, quando gli altri non lo sanno. 8] Èssere più torbo che non è l'acqua dei maccheroni. 8] F Fa quel che il prete dice, non quel che il prete fa. 1] Fa quello che fanno gli altri, e nessuno si farà beffe di te. 4] Faccia bella, anima bella. 4] Facile è criticare, difficile è l'arte.[33] 109] Fare debiti non è vergogna, ma pagarli è questione d'onore. 4] Fare e disfare, è tutto un lavorare. 110] Fare l'amore fa bene all'amore. 111] Fate del bene al villano, dirà che gli fate del male. 8] Fatta la legge trovato l'inganno.[34] 1] Fatti asino e tutti ti metteranno la soma. 4] Fatti di miele e ti mangieranno le mosche. 4] Fatti le ali e poi vola. 4] Febbraio, febbraietto mese corto e maledetto.[35] 2] Felice non è, chi d'esserlo non sa. 64] Femmine e galline, se giran troppo si perdono. 8] Ferita d'amore non uccide. 8] Finché c'è vita c'è speranza. 1] Fino alla morte non si sa qual è la sorte. 8] Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. 1] Fidati dell'arte, ma non dell'artigiano. 4] Fino alla bara sempre s'impara. 112] Fortezza che parlamenta, è prossima ad arrendersi. 4] Fortuna cieca, i suoi acceca. 4] Fortuna instupidisce colui ch'ella favorisce. 4] Fortunato al gioco, sfortunato in amore. 4] Fra Modesto non fu mai priore. 8] Fra sepolto tesoro e occulta scienza, non vi conosco alcuna differenza. 8] Fra un usuraio e un assassino poco ci corre. 8] Frutto precoce facilmente si guasta. Fuggire l'acqua sotto la grondaia. 4] Funghi e poeti: per uno buono dieci cattivi. 8] G Gallina che non razzola ha già razzolato. 113] Gallina vecchia fa buon brodo. 114] Gallo senza cresta è un cappone, uomo senza barba è un minchione. Gatta inguantata non prese mai topo. 8] Gattini sventati, fanno gatti posati. 115] Gatto e donna in casa, cane e uomo fuori. 38] Gatto rinchiuso diventa leone. 8] Gatto scottato dall'acqua calda, ha paura della fredda. 4] Gelosia non mette ruga.  Gioco di mano gioco di villano. 1] Gioia e sciagura sempre non dura. 8] Giovani di buon cuore, indoli buone, crescono cattivi per poca educazione. 4] Giugno la falce in pugno.[36] 2] Gli abiti e gli uomini presto invecchiano. Gli abiti e i costumi sono mutabili. 4] Gli abiti sono freddi, ma ricevono il calore da chi li porta. 4] Gli amori nuovi fanno dimenticare i vecchi. 4] Gli eredi dell'avaro sono onnipotenti, perché possono risuscitare i morti. 4] Gli eretici rubano la parola di Dio. 4] Gli errori degli altri sono i nostri migliori maestri. 4] Gli errori non si conoscono finché non siano commessi. 4] Gli errori si pagano. 8] Gli estremi si toccano. 4] Gli idoli separano papa e imperatore. 4] Gli occhi s'hanno a toccare con le gomita. 91] Gli stolti fanno le feste e gli accorti se le godono. 116] Gli uccelli dalle stesse piume devono stare nello stesso nido. 8] Gli uomini onesti non temono né la luce, né il buio. 8] Gobba a ponente luna crescente, gobba a levante luna calante. 2] Gola degli adulatori, sepolcro aperto. 117] Gotta inossota, mai fi sanata. 118] Gran giustizia, grande offesa. 4] Grande amore, gran dolore. 8] Greco in mare, Greco in tavola, Greco non aver a far seco. 74] Gru e donne fan volentieri il nido in alto. 8] Guardalo, figlia, guardalo tutto, l'uomo senza denari com'è brutto. 4] Guardare e non toccare è una cosa da imparare. 2] Guardati da chi accende il fuoco e grida poi contro le fiamme. 4] Guardati da cane rabbioso e da uomo sospettoso. 8] Guardati da chi giura in coscienza. 8] Guardati da chi non ha cura della sua reputazione. 8] Guardati da chi ride e guarda da un'altra parte. 8] Guardati da tre cose: da cavallo focoso, da uomo infido e da donna svergognata. 8] Guardati da tutte quelle cose che possono nuocere all'anima e al corpo. 8] Guardati dai fanciulli che ascoltano: anche i piccoli vasi hanno orecchie. 8] Guardati dai matti, dagli ubriachi, dagli ipocriti e dai minchioni. 8] Guardati dai tumulti, e non sarai né testimonio né parte. 8] Guardati dal diffamare, perché le prove sono difficili. 8] Guardati dal vecchio turco e dal giovane serbo. 119] Guardati dall'ipocrisia, perché è una cattiva malattia. 8] Guardati dalla primavera di gennaio. 8] Guardati in tua vita di non dare a niun smentita. 8] Guerra, peste e carestia, vanno sempre in compagnia. 120] H Ha cento volte un uomo flemma e giudizio, alla centuna corre al precipizio. 65] Ha bel mentir chi vien da lontano. 76] Ha la giustizia in mano bilancia e spada, perché il giusto s'innalza e l'empio cada. 4] Ha più il ricco in un angolo, che il povero in tutta la casa. 8] Ha un buon sapore l'odore del guadagno. 4] Ha un coraggio da leone, quello che non fa violenza ai deboli. 8] Ho veduto assai volte un piccol male non rispettato, divenir mortale. 65] I I baci sono come le ciliegie: uno tira l'altro. 2] I cani abbaiano come sono nutriti. 4] I capponi sono buoni in tutte le stagioni. 8] I cattivi esempi si imitano facilmente, meno i buoni. 4] I debiti sono gli eredi più prossimi. 4] I denari del lotto se ne van di galoppo. 8] I denari servono al povero di beneficio, ed all'avaro di gran supplizio. 4] I desideri non riempiono il sacco. 4] I docili non hanno bisogno della verga. 8] I doni dei nemici sono pericolosi. 4] I fanciulli diventano uomini e le ragazze spose. 4] I fanciulli e gli ubriachi cadono nelle mani di Dio. 4] I figli dei gatti mangiano i topi. 8] I figli sono la ricchezza dei poveri. 18] I figli sono pezzi di cuore. 2] I fiori tanto profumano per i poveri come per i ricchi. 8] I frati non s'inchinano all'abate, ma al mazzo delle sue chiavi. 4] I gamberi son buoni nei mesi della erre. 8] I gatti e i veri uomini cadono sempre in piedi. 121] I genii si incontrano. 4] I genitori amano i figli, più che i figli i genitori. 4] I genovesi risparmiano anche sui numeri: li usano due volte.[37] 122] I giovani vogliono essere più accorti dei vecchi. 4] I giuramenti degli innamorati sono come quelli dei marinai. 4] I granchi son pieni quando la luna è tonda. 8] I guai della pentola li sa il mestolo che li rimescola. 8] I ladri grandi fanno impiccare i piccoli. 4] I loquaci e i vantatori son mal veduti da tutti. 8] I matti ed i fanciulli hanno un angelo dalla loro. 8] I matti fanno le feste ed i savi le godono. 4] I medici vogliono essere vecchi, i farmacisti ricchi ed i barbieri giovani. 4] "I miei datteri sono più dolci", dice il vischio che cresce sulla palma. 8] [wellerismo] I panni sporchi si lavano in casa. 123] I paperi vogliono portare a bere le oche. 4] I parenti sono come le scarpe: più sono stretti, più fanno male. 2] I pazzi crescono senza innaffiarli. 8] I pazzi e i fanciulli possono dire quello che vogliono. 8] I pazzi per lettera sono i maggiori pazzi. 124] I pazzi si conoscono dai gesti. 8] I peccati di gioventù si piangono in vecchiaia. 8] I poeti nascono, e gli oratori si formano. 8] I poveri cercano il mangiare per lo stomaco; e i ricchi lo stomaco per mangiare. 8] I poveri hanno la salute e i ricchi le medicine. 8] I pulci di vendemmia li tiene l'uomo e non le femmine. 125] I ricchi devono consolare i poveri. 8] I rimproveri del padre fanno più che le legnate della madre. 8] I soldi non fanno la felicità. 2] I veri amici sono come le mosche bianche. 4] Il bel tempo non viene mai a noia. 9] Il ben di un anno se ne va in una bestemmia. 4] Il ben fare non è mai tardo. 4] Il bisognino fa trottar la vecchia. 2] Il bue dice cornuto all'asino. 126] Il bue mangia il fieno perché si ricorda che è stato erba. 2] Il buon ordine è figlio del disordine. 8] Il buon nocchiero muta vela, ma non tramontana. 8] Il caffè deve essere caldo come l'inferno, nero come il diavolo, puro come un angelo e dolce come l'amore.[38] 127] Il caldo delle lenzuola non fa bollire la pentola. 128] Il cane che ho nutrito è quel che mi morde. 8] Il cane è il miglior amico dell'uomo. 2] Il cane pauroso abbaia più forte. 4] Il cane rode l'osso perché non può inghiottirlo. 4] Il coccodrillo mangia l'uomo e poi lo piange. 8] Il colombo che rimane in colombaia è al sicuro dal falco. 8] Il colore più caro agli ebrei è il giallo. 4] Il coraggio copre l'eroe meglio che lo scudo il codardo. 8] Il corpo e l'anima ridono a chi si alza di buon mattino. 8] Il corvo piange la pecora e poi la mangia. 117] Il cuor cattivo rende ingratitudine per beneficio. 8] Il cuor magnanimo si piglia con poco amore, e il cuore dello stolto con poca adulazione. 8] Il cuore ha le sue ragioni e non intende ragione.[39] 129] Il dare è onore, il chiedere è dolore. 8] Il delitto non si deve tollerare, ma anche meno si deve approvare. 4] Il denaro è il nervo della guerra. 4] Il denaro può molto, ma l'amore può tutto. 4] Il diavolo ben si lascia pigliare per la coda, ma non se la lascia strappare. 4] Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi. 1] Il diavolo non è così brutto come lo si dipinge. 130] Il diavolo vuol farsi cappuccino. 2] Il diavolo vuol farsi santo. 2] Il domandare è senno, il rispondere è obbligo. 8] Il dono del cattivo è simile al suo padrone. 56] Il dubbio è padre del sapere. 4] Il fare insegna a fare. 4] Il fatto non si può disfare. 4] Il ferro di cavallo che risuona, ha bisogno di un chiodo. 8] Il ferro è duro, ma il fuoco lo rende morbido. 4] Il figlio al padre s'assomiglia, alla madre la figlia. 4] Il filo sottile facilmente si strappa. 4] Il fuoco che non mi scalda, non voglio che mi scotti. 4] Il fuoco che non mi brucia, non lo spengo. 4] Il gatto ama i pesci, ma non vuole bagnarsi le zampe. 131] Il gatto brontola sempre, anche quando gode. 8] Il gatto che si è bruciato, ha paura anche dell'acqua fredda. 121] Il gatto è una tigre domestica. 8] Il gatto lecca oggi, domani graffia. 132] Il gatto non è gatto se non è ladro. 133] Il gatto non ti accarezza, si accarezza vicino a te. 134] Il generoso non ha mai abbastanza denaro. 4] Il gentiluomo chiede solo il miele, ma la gentildonna vuol anche la cera. 8] Il gioco è bello quando dura poco. 2] Il gioco, il lotto, la donna e il fuoco non si contentan mai di poco. 8] Il giudizio è opera di Dio. 4] Il grano rado non fa vergogna all'aia. 135] Il Greco dice la verità solo una volta all'anno. 4] Il lamentarsi non riempie camera vuota. 8] Il lavorare senza pregare, è una botte senza vino, e oro senza splendore. 4] Il lavoro nobilita l'uomo. 136] Il letto si chiama rosa, se non si dorme si riposa. 137] Il lotto è la tassa degli imbecilli. 8] Il lotto è un inganno continuo. 8] Il lupo non caca agnelli. 2] Il lupo perde il pelo ma non il vizio.[40] 1] Il lupo quando acciuffa una pecora, ne guarda già un'altra. 4] Il magnanimo è superiore all'ingiuria, all'ingiustizia, al dolore. 8] Il magnanimo non ricorre all'astuzia. 8] Il male che non ha riparo è bene tenerlo nascosto. 4] Il male peggiore dei mali è il timore. 8] Il male viene in grandi quantità, e se ne va via a poco a poco. 4] Il matrimonio è la tomba dell'amore. 2] Il mattino ha l'oro in bocca. 138] Le ore del mattino hanno l'oro in bocca. 139] Il medico pietoso fa la piaga puzzolente. 140] Il medico pietoso fa la piaga verminosa. 140] Il meglio è nemico del bene. 1] Il merlo ingrassa in gabbia, il leone muore di rabbia. 8] Il miele non è fatto per gli asini. 4] Il miglior tiro ai dadi è non giocarli. 4] Il molto ringraziare significa chieder dell'altro. 8] Il mondo ricompensa come il caprone che dà cornate al suo padrone. 8] Il mulino di Dio macina piano ma sottile. 141] Il nano è piccolo anche se è sul campanile. 8] Il passato deve essere maestro dell'oggi. 4] Il passato non deve prendere a prestito dall'oggi. 4] Il peggior passo è quello dell'uscio. 2] Il pesce puzza dalla testa. 1] Il Piemonte è la sepoltura dei francesi. 8] Il poeta ben trova le palme, ma non i datteri. 8] Il politico bacia con la bocca, e tira calci con i piedi. 8] Il Portogallo[41] è piccolo, ma è un pezzo di zucchero. 8] Il povero non può e il ricco non vuole. 8] Il prete, dove mangia, vi canta. 142] Il prete vien cantando e va via zufolando. 143] Il prete vive ancor un anno dopo morte. 142] I suoi familiari continuano ad incassar per un anno i suoi redditi.[42] Il primo amore non si arrugginisce. 8] Il primo amore non si scorda mai. 8] Il primo anno ci si abbraccia, il secondo si fascia, il terzo anno si ha la malattia e la cattiva Pasqua. 4] Il puledro non va all'ambio, se la cavalla trotta. 144] Il ramo assomiglia al tronco. 4] Il ricco ha tanto bisogno del povero, quanto il povero del ricco. 8] Il ricco vive, il povero vivacchia. 8] Il ringraziare non fa male alla bocca. 8] Il ringraziare non paga debito. 8] Il riso abbonda sulla bocca degli stolti. 2] Il riso abbonda sulla bocca degli sciocchi. 145] Il riso nasce nell'acqua ma deve morire nel vino. 8] Il sapere è di tutti. 2] Il «se» e il «ma» sono due corbellerie da Adamo in qua. 4] Il silenzio è d'oro e la parola d'argento. 1] Il sospirar non vale. 8] Il superfluo del ricco è il necessario del povero. 8] Il tatto è tattica. 8] Il tatto è tutto. 8] Il tempo è denaro. 146] Il tempo è un gran medico. 147] Il tempo scopre tutto, perché è galantuomo. 147] Il tempo vola. 147] Il termine della notte è l'inizio del giorno. 8] Il timore fa trottare anche lo zoppo. 8] Il troppo gestire è da pazzi. 8] Il troppo tirare, l'arco fa spezzare. 4] Il turco ben può divenir un dotto, ma un uomo giammai. 119] Il ventre non ha orecchie. 2] Il vero infermo è quello che non vuol esser guarito. 8] Il vino al sapore, il pane al colore. 8] Il vino è buono per chi lo sa bere. 8] Il vino è forte ma il sonno lo vince, ma più forte d'ogni cosa è la donna. 8] Il vino è il latte dei vecchi. 8] Il vino è mezzo vitto. 8] Il vino fa ballare i vecchi. 8] Il vino la mattina è piombo, a mezzodì argento, la sera oro. 8] Impara a vivere lo sciocco a sue spese, il savio a quelle altrui. 4] Impara l'arte e mettila da parte. 1] In amore e in guerra niente regole. 8] In bocca chiusa non entran mosche. 2] In Campania si inganna persino il diavolo. 8] In casa del calzolaio non si hanno scarpe. 4] In cento libbre di legge, non v'è un'oncia di amore. 148] In chiesa coi santi e in taverna coi ghiottoni. 1] In compagnia prese moglie un frate. 1] In febbraio la beccaccia fa il nido. 8] In Lazio si nasce coi sassi in mano. 8] In lunghi viaggi anche la paglia pesa. 8] In paradiso non ci si va in carrozza. 141] In Sardegna non vi son serpenti, né in Piemonte bestemmie. 8] In tanta incostanza e quantità delle cose umane, nulla, se non quello che è passato, è sicuro. 4] In terra di ciechi, beato chi ha un occhio. 36] In terra di ladri, la valigia dinanzi. 8] In vaso mal lavato, il vino è tosto guastato. 8] Ingegno e capelli, crescono soltanto con gli anni. 4] Insieme non vanno la pudicizia e la beltà. 4] Inventare è poco, diffondere l'invenzione è tutto. 4] L L'abbaiare dei cani non arriva in cielo. 4] L'abbondanza non lascia dormire il ricco. 4] L'abete che fa ombra crede di fare frutti. 4] L'abete cresce in altezza, ma la felce cresce in larghezza. 4] L'abito non fa il monaco.[43] 2] L'abuso insegna il vero uso. 4] L'acqua cheta rovina i ponti. 2] L'acqua corre al mare. 149] L'acqua e il fuoco sono buoni servitori, ma cattivi padroni. 4] L'acqua fa male e il vino fa cantare. 8] L'acqua fa marcire i pali. 5] L'acqua fa venire i ranocchi in corpo. 150] L'acqua di maggio inganna il villano: par che non piova e si bagna il gabbano[44]. 2] L'acqua non è fatta per sposarsi. 9] L'allegria dei cattivi dura poco. 8] L'allegria è di ogni male il rimedio universale. 4] L'allegria è il balsamo della vita. 8] L'allegria fa campare, la passione fa crepare. 8] L'allegria piace anche a Dio. 8] L'allegria scaccia ogni male. 8] L'allodola vola in alto, ma fa il suo nido in terra. 8] L'altezza è mezza bellezza.[45] 2] L'ambizione e la vendetta muoiono sempre di fame. 4] L'ambizione è nemica della ragione. 4] L'amore di carnevale muore in quaresima. 8] L'amore è cieco. 2] L'amore è cieco, ma vede lontano. 8] L'amore fa passare il tempo e il tempo fa passare l'amore. 8] L'amore non è bello se non è litigarello. 103] L'amore non si misura a metri. 8] L'amore passa dentro la cruna di un ago. 8] L'amore quanto più è bestia, tanto più sublime. 32] L'amore scalda il cuore e l'ira fa il poeta. 8] L'amore senza baci è pane senza sale. 8] L'animo fa il nobile e non il sangue. 8] L'anno produce il raccolto, non il campo. 4] L'apparenza inganna. 1] L'appetito non vuol salsa. 151] L'appetito vien mangiando. 1] L'arancia la mattina è oro, il giorno argento, la sera è piombo. 2] Con riferimento a chi fa fatica a digerire le arance. L'arcobaleno la mattina bagna il becco della gallina; l'arcobaleno la sera buon tempo mena. 1] L'arte non ha maggior nemico dell'ignorante. 4] L'asino e il mulattiere non hanno lo stesso pensiero. 4] L'asino non conosce la coda, se non quando non l'ha più. 4] L'assai basta e il troppo guasta. 1] L'avaro in punto di morte rimpiange i soldi spesi per la bara. 8] L'avaro lascia eredi ridenti. 4] L'avaro non dorme. 4] L'avaro non vive, vegeta. 4] L'avversità che fiacca i cuori deboli, ingagliardisce le anime forti. 8] L'eccesso degli obblighi può fare perdere un amico. 4] L'eccesso della gioia divien tristezza, e l'eccesso del vino ubriachezza. 8] L'eccezione conferma la regola.[46] 1] L'eclissi di sole avviene di giorno e non di notte. 4] L'edera taciturna si arrampica in cima alla quercia. 4] L'elefante non cura il morso delle pulci. 8] L'elemosina non fa impoverire. 4] L'eloquenza del cattivo è falso acume. 8] L'Epifania tutte le feste porta via.[47] 1] L'erba del vicino è sempre più verde.[48] 152] L'erba voglio non cresce nemmeno nel giardino del re. 2] L'erba che non voglio, cresce nell'orto. 4] L'erba non cresce sulla strada maestra. 4] L'eredità paterna ai paterni, la materna ai materni. 4] L'errore che si confessa è mezzo rimediato. 4] L'errore è un cocchiere che conduce sopra una falsa strada. 4] L'errore è umano, il perdono divino. 153] L'esercizio è buon maestro. 4] L'esperienza nel mondo conduce alla diffidenza, la diffidenza conduce al sospetto, il sospetto all'astuzia, l'astuzia alla malvagità e la malvagità a tutto. 4] L'esperienza senza il sapere è meglio che il sapere senza sapienza. 70] L'estate ce la porta sant'Urbano e l'autunno san Bartolomeo. 4] L'estate davanti e l'inverno dietro. 4] L'estate di San Martino dura tre giorni e un pochinino.[49] 2] L'estate per chi lavora, l'inverno per chi dorme. 4] L'estate è una schiava, l'inverno un padrone. 4] L'estate per il povero è migliore dell'inverno. 4] L'eternità è una compera lunga. 4] L'eternità non ha capelli grigi. 4] L'eterno parlatore né ode né impara. 4] L'idolo si adora finché non è infranto. 4] L'ignorante ha le ali di un'aquila e gli occhi di un gufo. 4] L'inchiostro è il mio campo, su cui posso scrivere valorosamente; la penna, il mio aratro; le parole, la mia semente. 8] L'inchiostro è nero, e tinge le dita e la reputazione. 8] L'inferno e i tribunali son sempre aperti. 4] L'ingegno viene con gli anni, e se ne va con gli anni. 4] L'ingratitudine converte in ghiaccio il caldo sangue. 8] L'ingratitudine è la mano sinistra dell'egoismo. 8] L'ingratitudine è un'amara radice da cui crescono amari frutti. 8] L'ingratitudine nuoce anche a chi non è reo. 8] L'ingratitudine taglia i nervi al beneficio. 8] L'intelletto è nella testa e non negli anni. 4] L'intelletto non viene mai prima degli anni. 4] L'interesse acceca anche i galantuomini. 8] L'inverno al fuoco e l'estate all'ombra. 4] L'invidia è annessa alla felicità. 4] L'invidia è un gufo che non può sopportare la luce della prosperità degli altri. 4] L'invidia è una bestia che rode le proprie gambe, quando non ha altro da rodere. 4] L'invidia somiglia alla gramigna, che mai non muore, e da per tutto alligna. 4] L'ipocrisia intasca il denaro, e la verità va mendica. 4] L'ira senza forza, non vale una scorza. 4] L'ira turba la mente e acceca la ragione. 4] L'Italia è il paese dove corre latte e miele. 4] L'Italia è un paradiso abitato da demoni. 4] L'Italia per nascervi, la Francia per viverci e la Spagna per morirvi. 4] L'occasione fa l'uomo ladro. 1] L'occhio del padrone ingrassa il cavallo. 1] L'oggi non deve calunniare il passato. 4] L'olivo benedetto vuol trovar pulito e netto.[50] 2] L'ombra di un principe dev'essere la liberalità. 4] L'ordine caccia il disordine. 8] L'ordine è pane, il disordine è fame. 8] L'orgoglio crede che il suo uovo abbia due tuorli. 8] L'orgoglio è stoltezza, l'umiltà è saviezza. 8] L'orgoglio fa colazione con l'abbondanza, pranza con la povertà e cena con la vergogna. 154] L'orologio dell'amore ritarda sempre. 8] L'ospite è come il pesce: dopo tre giorni puzza. 2] L'ospite e il pesce dopo tre dì rincresce. 1] L'ozio è il padre di tutti i vizi. 1] L'ozio in gioventù non è la via della virtù. 4] L'uguaglianza e misurar tutti con la stessa spanna, è la legge della morte. 8] L'umiliarsi è da saggio, l'avvilirsi è da bestia. 8] L'umiliazione va dietro al superbo. 8] L'umiltà è il miglior modo di evitare l'umiliazione. 8] L'umiltà è la corona di tutte le virtù. 8] L'umiltà è la madre dell'onore. 8] L'umiltà è una virtù che adorna tanto la vecchiaia, quanto la gioventù. 8] L'umiltà ottiene spesso più dell'alterigia. 8] L'umiltà sta bene a tutti. 8] L'umiltà sta bene con la castità. 8] L'unione fa la forza. 1] L'uomo avaro e l'occhio sono insaziabili. 4] L'uomo deve tenere aperta la bocca a lungo prima che c'entri un colombo arrostito. 4] L'uomo fu creato per lavorare, come l'uccello per volare. 4] L'uomo ordisce e la fortuna tesse. 1] L'uomo politico accende una candela a Dio e un'altra al diavolo. 8] L'uomo per la parola e il bue per le corna. 1] L'uomo propone e Dio dispone. 1] L'uomo propone e la donna dispone. 2] L'uomo si conosce al bicchiere. 4] L'uomo si giudica male dall'aspetto. 4] L'usura arricchisce, ma non dura. 8] L'usura è il miglior apostolo del diavolo. 8] L'usura è la figlia primogenita dell'avarizia. 8] L'usura è un assassinio. 8] L'usura è vietata da Dio. 8] L'usura veglia quando l'uomo dorme. 8] L'usuraio arricchisce col sudor dei poveri. 8] L'usuraio ha un torchio a sangue. 8] L'usuraio ingrassa andando a spasso. 8] La bestemmia gira gira torna addosso a chi la tira. 4] La buona cantina fa il buon vino. 8] La buona mamma fa la buona figlia. 4] La buona sorte ogni vile cuore fa forte. 8] La calma è la virtù dei forti. 2] La capacità si vede nelle difficoltà. 4] La carestia è il pane dell'usuraio. 4] La carne migliore è quella intorno all'osso. 4] La carne senz'osso non fa brodo. 4] La carrucola non frulla, se non è unta. 4] La cattiva sorte porta spesso buona sorte. 8] La cicala prima canta e poi muore. 8] La coda è la più lunga da scorticare. 1] La comodità fa l'uomo cattivo. 8] La compassione è la figlia dell'amore. 4] La concordia rende forti i deboli. 8] La contentezza viene dalle budella. 1] La corda troppo tesa si spezza. 1] La cupidigia rompe il sacco. 4] La dieta ogni mal quieta. 155] La difficoltà sta nell'iniziare. 4] La diffidenza aguzza gli occhi. La diffidenza è la morte dell'amore. 4] La diffidenza porta più avanti della fiducia. 4] La donna a 15 anni scherza, a 20 brilla, a 25 ama, a 30 brama, a 35 sente, a 40 vuole e a 50 paga. 8] La donna bisogna praticarla un giorno, un mese e un'estate per sapere che odore sa. 8] La donna buona vale una corona. 8] La donna deve avere tre m: matrona in strada, modesta in chiesa, massaia in casa. 8] La donna e l'orto vogliono un sol padrone. 8] La donna ha più capricci che ricci. 8] La donna oziosa non può essere virtuosa. 8] La donna per piccola che sia, vince il diavolo in furberia. 8] La donna più sciocca vale due uomini. 8] La donna troppo in vista, è di facile conquista. 8] La fame caccia il lupo dal bosco. 1] La fame caccia il lupo dalla tana. 4] La fame spinge il lupo nel villaggio. 4] La fame condisce tutte le vivande. 4] La fame non vede la muffa nel pane. 4] La fame è cattiva consigliera. 1] La fame, gran maestra, anche le bestie addestra. 4] La fame muta le fave in mandorle. 4] La farina del diavolo va tutta in crusca. 1] La fedeltà non è mai rimeritata abbastanza, e l'infedeltà mai abbastanza. 4] La femmina è cosa mobile per natura. 4] La fine della passione è il principio del pentimento. 129] La fortuna aiuta gli audaci. 2] La fortuna del savio ha per figliola la modestia. 8] La fortuna è cieca. 2] La fortuna è cieca, ma la sfiga ci vede benissimo. 108] La fretta fa rompere la pentola. 8] La fretta è una cattiva consigliera. 108] La furia non fu mai buona. 4] La gallina del vicino sembra un fagiano. 152] La gatta frettolosa fece i gattini ciechi. 1] La gatta grassa fa onore alla casa. 121] La gatta, mette il piede davanti alla vacca. 156] La gatta non s'accosta alla pentola che bolle. 38] La gatta vorrebbe mangiar pesci, ma non pescare. 157] La gelosia della moglie è la via al suo divorzio. 4] La gelosia è il peggiore di tutti i mali. 4] La gelosia è una passione che cerca avidamente quel che tormenta. 4] La generosità è un muro che non si può alzare più alto di quello che arrivano i materiali.La gente ricca alleva male i suoi cani, e la gente povera i suoi figlioli. La gente savia non si cura di quel che non può avere. 87] La gioventù fugge, e la bellezza sfiorisce. 4] La gioventù vuol fare il suo corso. 4] La lealtà se ne è andata dal mondo e la dirittura si è messa a dormire. 4] La lega fa forte i deboli. 4] La liberalità è un muro che non si deve rizzare più alto di quello che comportino i materiali. 4] La liberalità non sta nel dare molto, ma saggiamente. 4] La libertà del povero è di lasciarlo mendicare. 4] La libertà è da Dio; le libertà, dal diavolo. 4] La libertà è più cara degli occhi e della vita. 4] La libertà fila con le sue mani il filo della sua tenda. 4] La lingua batte dove il dente duole. 1] La lingua non ha osso e sa rompere il dosso. 4] La lingua spagnola è la più amabile; quando il diavolo tentò Eva, le parlo in spagnolo. 8] La lode propria puzza, quella degli amici zoppica. 4] La luna di gennaio è la luna del vino. 2] La luna è bugiarda: quando fa la C diminuisce, e quando fa la D cresce 158] La luna non cura l'abbaiar dei cani. 2] La luna regge il lume ai ladri. 158] La luna, se non riscalda, illumina. 158] La Lombardia è il giardino del mondo. 8] La madre del peggio è sempre incinta. 159] La madre degli imbecilli è sempre incinta. 160] La madre dei fessi è sempre incinta. 160] La magnificenza spesso copre la povertà. 4] La mala erba non muore mai. 1] La mala nuova la porta il vento. 1] La malerba cresce presto. 2] La malinconia e le cure fanno invecchiare anzitempo. 4] La mercanzia rara è meglio che buona. 8] La miglior difesa è l'attacco. 1] La minestra lunga sa di fumo. 8] La modestia è il dattero che matura raramente sull'albero della ricchezza. 8] La modestia è madre d'ogni creanza. 8] La moglie è la chiave di casa. 8] La morte ci rende uguali nella sepoltura, disuguali nell'eternità. 8] La necessità aguzza l'ingegno. 2] La necessità fa più ladri che galantuomini. 8] La notte è fatta per gli allocchi. 8] La notte porta consiglio. 1] La novella non è bella, se non c'è la giuntarella. 8] La pancia del buongustaio è il cimitero dei cibi buoni. 8] La parola del ricco è simile al sole, e quella del povero è simile al vapore. 8] La pazienza è la virtù dei forti. 9] La pazienza è una buon'erba, ma non nasce in tutti gli orti. 88] La pecora che se ne va sola, il lupo la mangia. 91] La peggio ruota è quella che stride. 8] La peggior carne da conoscere è quella dell'uomo. 4] La penitenza corre dietro al peccato. 8] La pentola vuota è quella che suona. 8] La pianta si conosce dal frutto. 1] La pigrizia e l'impudicizia sono sorelle. 8] La pittura è una poesia tacita, e la poesia una pittura loquace. 8] La più bell'ora per il mangiare è quella in cui si ha fame. 8] La polenta è utile per quattro cose: serve da minestra, serve da pane, sazia e scalda le mani. 8] La povertà è priva di molte cose, l'avarizia è priva di tutto. 56] La prima acqua è quella che bagna. 1] La prima gallina che canta ha fatto l'uovo. 108] La prima eredità al primo figlio, l'ultima eredità all'ultimo figlio. 4] La provvidenza quel che toglie rende. 4] La pulce che esce di dietro l'orecchio con il diavolo si consiglia. 8] La puttana e la lattuga una stagione dura. 8] La rana è usa ai pantani, se non ci va oggi ci andrà domani. 8] La rana non morde, perché non ha denti. 8] La rana, o salta o piscia, ma mai non sbrana. 8] La razza comincia dalla bocca. 8] La roba dei pazzi è la prima ad andarsene. 8] La ruota della fortuna gira. 4] La ruota della fortuna non è sempre una. 4] La scorza fa bella la castagna. 4] La scimmia è sempre scimmia, anche vestita di seta. 8] La semplicità senza accortezza è pura pazzia. 8] La sera leoni e la mattina coglioni. 2] La sorte è come ognuno se la fa. 8] La speranza è cattivo denaro. 161] La speranza è il pane dei poveri. 2] La speranza è il patrimonio dei poveri. 2] La speranza è il sogno dell'uomo desto. 2] La speranza è l'ultima a morire. 2] La speranza è la miglior consolazione nella miseria. 161] La speranza è la miglior musica del dolore. 161] La speranza è la ricchezza dei poveri. 2] La speranza è sempre verde. 2] La speranza è un balsamo per i cuor piagati. 161] La speranza è un sogno nella veglia. 2] La speranza infonde coraggio anche al codardo. 161] La speranza ingrandisce, l'esperienza rimpicciolisce. 57] La superbia è figlia dell'ignoranza. 1] La superbia mostra l'ignoranza. 162] La superbia va a cavallo e torna a piedi. 1] La terra è madre di tutti gli uomini ed anche sepoltura. 8] La troppa umiltà vien dalla superbia. 8] La vanagloria è un fiore che mai non porta frutta. 163] La vera libertà è non servire al vizio. 4] La verità è nel vino. 8] La verità viene sempre a galla. 2] La veste copre gran difetti. 55] La via dell'inferno è lastricata di buone intenzioni. 1] La vipera morta non morde seno, ma pure fa male coll'odor del veleno. 8] La virtù sta nel mezzo.[51] 164] La vita è breve e l'arte è lunga.[52] 55] La vita è già mezzo trascorsa anziché si sappia che cosa sia. 165] La volpe si conosce dalla coda. 4] Lamentarsi, supplicare e bere acqua è lecito a tutti. 8] Latte e vino, tossico fino. 8] Lavora come se avessi a campare ognora, adora come avessi a morire allora. 4] Lavoro non ingrassò mai bue. 4] Le allegrezze non durano. 8] Le belle penne rendono bello l'uccello. 4] Le bellezze durano fino alle porte, la bontà fino alla morte. 4] Le braccia e le mani del povero appartengono al ricco. 8] Le bugie hanno le gambe corte. 1] Le bugie sono lo scudo degli uomini dappoco. 4] Le chiacchiere non fanno farina. 1] Le colombe che rimangono in colombaia, sono sicure dal nibbio. 8] Le cose lunghe diventano serpi. 1] Le cose lunghe prendono vizio. 1] Le dita della mano sono disuguali. 8] Le donne hanno lunghi i capelli e corti i cervelli. 4] Le donne hanno quattro malattie all'anno, e tre mesi dura ogni malanno. 8] Le bestie vanno trattate da bestie. 8] Le cattive nuove sono le prime ad arrivare. 8] Le cattive nuove volano. 1] Le chiavi ed i lucchetti non si fanno per le dita fidate. 8] Le disgrazie non vengono mai sole. 1] Le disgrazie sono come le ciliegie: una tira l'altra.[53] Le donne hanno lunghi i capelli e corti i cervelli. 166] Le donne hanno sette anime... e mezza. 8] Le donne ne sanno una più del diavolo. 2] Le donne piglian bene le pulci. 8] Le lacrime sono le armi delle donne. 4] Le leghe e le corde fradice non durano a lungo. 4] Le malattie ci dicono quel che siamo. 88] Le montagne stanno ferme, gli uomini s'incontrano. 167] Le ore del mattino hanno l'oro in bocca. 1] Le parole sono femmine e i fatti sono maschi. 1] Le piante che fruttano troppo presto, si seccano. 8] Le querce non fanno limoni. 2] Le ragazze sono d'oro, le sposate d'argento, le vedove di rame e le vecchie di latta. 8] Le rane han perso la coda perché non seppero chiedere aiuto. 8] Le rose cascano, le spine restano. 168] Le teste di legno fan sempre del chiasso. 55] Le Trentine vengono giù pollastre e se ne vanno sù galline. 8] Le vie della provvidenza sono infinite. 1] Le vie del Signore sono infinite. 1] Leggi, rileggi e pondera. 8] Lingua cheta e fatti parlanti. 4] Lo sbadiglio non vuol mentire: o che ha sonno o che vorrebbe dormire, o che ha qualche cosa che non può dire. 8] Lo scarafaggio corre sempre allo sterco. 8] Lo scimunito parla col dito. 8] Lo scorpione dorme sotto ogni lastra. 8] Lo smargiasso ciancia in guerra, il valente combatte muto. 8] Loda il gran campo e il piccolo coltiva. 169] Loda il monte e tieniti al piano. 2] Loda il pazzo e fallo saltare, se non è pazzo lo farai diventare. 8] Lontano dagli occhi, lontano dal cuore. 170] Lontan dagli occhi, lontan dal cuore. 2] Luna di grappoli a gennaio luna di racimoli a febbraio.[54] 2] Lunga lingua, corta mano. 8] Lungo come la quaresima.[55] 2] Luglio dal gran caldo, bevi bene e batti saldo. 16] Lungo digiuno caccia la fame. 4] Lupo non mangia lupo. 2] M Ma in premio d'amore amor si rende. 33] Maggio ortolano, molta paglia e poco grano. 16] Maggiore il santo, maggiore la sua umiltà. 8] Mai gli uomini sanno essere abbastanza riconoscenti verso gli inventori. 4] Mal comune mezzo gaudio. 2] Mal può rendere ragion del proprio fatto chi lardo o pesce lascia in guardia al gatto. 65] Mal si giudica il cavallo dalla sella. 3] Male che si vuole non duole. 9] Male ignoto si teme doppiamente. 8] Male non fare, paura non avere. 2] Male voluto non fu mai troppo. 57] Maledetto il ventre che del pan che mangia non si ricorda niente. 8] Manca tanto la pazienza ai poveri, quanto la compassione ai ricchi. 8] Mangiar molto e far buona digestione, è un privilegio che han poche persone. 8] Mano dritta e bocca monda possono andare per tutto il mondo. 4] Marinaio genovese, mercante fiorentino. 8] Martello d'oro non rompe le porte del cielo. 47] Marzo è pazzo. 16] Marzo pazzerello guarda il sole e prendi l'ombrello. 2] Marzo molle, gran per le zolle. 16] Mazza e pane fanno i figli belli; pane senza mazza fa i figli pazzi. 171] Medico vecchio e chirurgo giovane. 172] Medico vecchio e medicina nuova. 2] Chirurgo giovane e medico anziano.[56] Mediocre bestiame ben pasciuto è di maggior vantaggio che molto bestiame mal mantenuto. 173] Meglio andare a letto senza cena, che alzarsi con debiti. 4] Meglio aperto rimprovero, che odio segreto. 8] Meglio dietro agli uccelli, che dietro ai signori. 8] Meglio essere ben educato, che nascere nobile. 4] Meglio essere invidiati che compatiti. 174] Meglio fare la serva in casa propria, che la padrona in casa altrui. 4] Meglio fave in libertà, che capponi in schiavitù. 8] Meglio fringuello in man che tordo in frasca. 2] Meglio fringuello in tasca che tordo in frasca. 2] Meglio il marito senz'amore, che con gelosia. 75] Meglio l'uovo oggi che la gallina domani. 1] Meglio mangiar carote in pace che molte pietanze in disunione. 8] Meglio mendicante che ignorante. 124] Meglio pane con amore, che gallina con dolore. 4] Meglio poco che niente. 1] Meglio soli che male accompagnati. 1] Meglio tardi che mai. 1] Meglio un asino vivo che un dottore morto. 1] Meglio un fiorino guadagnato, che cento ereditati. 4] Meglio un magro accordo che una grassa sentenza. 2] Meglio un morto in casa che un pisano all'uscio. 2] Meglio una festa che cento festicciole. 1] Meglio una volta arrossire che mille impallidire. 8] Meglio vivere ben che vivere a lungo. 64] Meno siamo meglio stiamo. 57] Mente lieta, vita quieta e moderata dieta. 2] Merito non conosciuto poco vale. 8] Milan può far, Milan può dir, ma non può far dell'acqua vin. 8] Mille errori sono più facilmente pronunciati che una verità. 4] Moglie e buoi dei paesi tuoi. 1] Donne e buoi dei paesi tuoi. 2] Mogli che non contraddicono e galline che facciano le uova d'oro, sono uccelli rari. 8] Moglie maglio. 1] Molte cose si giudicano impossibili a farsi prima che siano fatte. Molte mani fanno l'opera leggera. Molte paglie unite possono legare un elefante. 8] Molte volte la belleza più adorabile si unisce alla stupidaggine più insopportabile. Molte volte si perde per negligenza quello che si è guadagnato con giustizia. 4] Molti hanno buone carte in mano, ma non le sanno giocare. 4] Molti inventano oro con la bocca ed hanno piombo alle mani e ai piedi. 4] Molti parlano d'Orlando anche se non videro mai il suo brando. 8] Molti sfuggono alla pena, ma non ai rimorsi della coscienza. 8] Molti si immaginano di avere il pulcino, che non hanno ancora l'uovo. 4] Molti si lamentano del buon tempo. 8] Molti sono i verseggiatori, pochi i poeti. 8] Molti squartano un gatto e giurano che era un leone. 8] Molti voti fanno l'abate. 4] Molto denaro, molti amici. 4] Molto fumo e poco arrosto. 1] Molto può nuocere una piccola negligenza. 8] Morire di fame in una madia di pane. 4] Morta la serpe, spento il veleno. 8] Morto un papa se ne fa un altro. 1] Mulo buon mulo, ma cattiva bestia. 8] Muore il ricco, gli fanno il funerale; muore il povero, nessuno gli dice: vale. 8] Muove la coda il cane non per te, ma per il pane. 4] N Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi. Né col capretto né con l'agnello, si adopera il coltello. 8] Né di venere, né di marte non si sposa né si parte, né si dà principio all'arte. 2] Né donna né tela al lume di candela. 8] Ne uccide più la lingua che la spada. 2] Ne uccide più la gola che la spada. 2] Necessità fa legge e tribunale. 2] Negli ordini pari, i pareri sono dispari. 8] Nel bere e nel camminare si conoscono le donne. 8] Nel bosco tagliato non ci stanno assassini. 8] Nel dubbio astieniti. 2] Nel monte di Brianza, senza vin non si danza. 8] Nel paese degli zoppi, zoppicar non è vergogna. 8] Nel regno dei ciechi anche un orbo è re. 175] Nel regno dei ciechi anche un guercio è re. 175] Nel regno di Dio, poveri e ricchi sono uguali. 8] Nell'autunno non bisogna più sognare di rose e tulipani. 4] Nell'estate si deve pensare all'inverno, e nella gioventù alla vecchiaia. 4] Nell'eternità si arriva sempre in tempo. Nell'inverno il pazzo sogna rose, e nell'estate il savio le raccoglie. 4] Nella botte piccola c'è il buon vino. 8] Nella felicità ragione, nell'infelicità pazienza. 8] Nella gotta, il medico non vede gotta. 176] Nelle sventure si conosce l'amico. 1] Nessuna corona è più bella di quella dell'umiltà. 8] Nessuna fortezza è così salda che non si lasci conquistare dall'oro. 4] Nessuna ingiustizia rimane impunita. 4] Nessuna mela è così bella che non abbia qualche difetto. 4] Nessuna nuova, buona nuova. Nessuno è profeta in patria. Nessuno può dare quello che non ha. 4] Nessuno può difendersi dalla beffa. 4] Ne uccide più Bacco che Marte. 4] Neve di Dicembre dura fin che dura la brina. 8] Niente è più bello di una faccia allegra. 8] Niuna guardia è migliore di quella che una donna fa a se stessa. 4] Non accettare i rimproveri o consigli da chi educare non seppe i propri figli. 4] Non aspettar che l'abete porti pomi. 4] Non basta esser galantuomo, bisogna anche esser conosciuto per tale. 8] Non bisogna fare il diavolo più nero di quello che è. 8] Non bisogna fasciarsi il capo prima di romperselo. 8] Non bisogna mai usare due pesi e due misure. 8] Non bisogna scuotere l'orzo dal sacco prima di avere il frumento. 8] Non c'è alcuno così povero che non possa aiutare, né alcuno così ricco che non abbia bisogno d'aiuto. 8] Non c'è cosa più triste sulla terra dell'uomo ingrato.Non si muove foglia che Dio non voglia. Non c'è affanno senza danno. 4] Non c'è Carnevale senza luna di febbraio. 2] Non c'è due senza tre. 1] Non c'è due senza tre e il quarto vien da sé. 2] Non c'è cosa così cattiva che non sia buona a qualche cosa. 4] Non c'è eretico che non abbia la sua credenza. 4] Non c'è fumo senza arrosto. 1] Non c'è gallina né gallinaccia che di gennaio l'uova non faccia. 2] Non c'è intoppo per avere, più che chiedere e temere. 178] Non c'è male senza bene. 4] Non c'è miglior cieco di quello che non vuole vedere. 4] Non c'è pane senza pena. 1] Non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire. 2] Non c'è regola senza eccezioni. 1] Non c'è rosa senza spine.Non cade foglia che Dio non voglia. 1] Non ci fu mai frettoloso che non fosse pazzo. 8] Non ci rimane nessuna vigna da vendemmiare, e né meno nessuna donna da maritare. 179] Non credere a donna, quand'anche sia morta. 4] Non destare il can che dorme. 1] Non dire quattro se non l'hai nel sacco. 2] Non dire gatto se non ce l'hai nel sacco. 180] Non è arte il giocare, ma lo smettere. 4] Non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace. 181] Non è bene esser poeta nel villaggio. 8] Non è bene riporre denaro in una cassa di cui non si ha la chiave. 4] Non è col dire "miel, miel," che la dolcezza viene in bocca. 117] Non è contento quel che si lamenta. 8] Non è in nessun luogo chi è in ogni luogo. 4] Non è mai gran gagliardia, senza un ramo di pazzia. 8] Non è povero, se non chi si crede tale. 8] Non è sempre savio chi non sa esser qualche volta pazzo. 8] Non è sì tristo cane, che non meni la coda. 182] Non è tutto oro quel che luccica. 183] Non è tutto oro quel che riluce. 183] Non esiste amore senza gelosia. 8] Non fa la stessa viva sensazione il solletico a tutte le persone. 8] Non facendo niente, più pena si sente. 4] Non far mai bene, non avrai mai male. 8] Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te.[58] 2] Non fare il male ch'è peccato, non fare il bene ch'è sprecato. 1] Non fare il passo più lungo della gamba. 2] Non gira il corvo che non sia vicina la carogna. 8] Non lodare il bel giorno prima di sera. 4] Non mettere il carro davanti ai buoi. 184] Non mettere il rasoio in mano a un pazzo. 8] Non mettere un rasoio in mano a un pazzo. 185] Non mi morse mai scorpione, ch'io non mi medicassi col suo olio. 8] Non nominar la corda in casa dell'impiccato. 1] Non ogni abisso ha un parapetto. 4] Non ogni lettera va alla posta, non ogni domanda vuole risposta. 8] Non pensa il cuore quel che dice la bocca. 4] Non perde il cervello se non chi l'ha. 8] Non rimandare a domani quello che puoi fare oggi. 1] Non sempre va d'accordo la campana dell'orologio con la meridiana. 8] Non serve dire «Di tal acqua non berrò». 4] Non si campa d'aria. 4] Non si comincia bene se non dal cielo. 4] Non si dà fumo senza fuoco. 4] Non si entra in Paradiso a dispetto dei Santi. 1] Non si fa niente per niente. 1] Non si fan nozze coi fichi secchi. 186] Non si finisce mai di imparare. 4] Non si insegna a nuotare ai pesci. 4] Non si legge mai libro senza imparare qualcosa. 4] Non si possono cavar le castagne dal fuoco colla zampa del gatto. 187] Non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca. 1] Non si può bere e fischiare. 77] Non si sa mai per chi si lavora. 4] Non si sta mai tanto bene che non si possa star meglio, né tanto male che non si possa star meglio. 8] Non sono cacciatori tutti quelli che portano il fucile. 4] Non sono uguali tutti i giorni. 4] Non ti far povero a chi non ha da farti ricco. 8] Non ti fidar d'un tratto, di grazia o di bontà. 8] Non ti vantar farfalla, tuo padre era un bruco. 8] Non tutte le ciambelle riescono col buco. 1] Non tutte le lacrime vengono dal cuor. 4] Non tutti i matti rompono i piatti. 8] Non tutti i pazzi stanno al manicomio. 8] Non tutti possiamo abitare in piazza. 8] Non tutti sono ammalati quelli che sono in letto. 8] Non tutti sono infelici come credono. 8] Non tutti sono infermi quelli che gridano ahi! 8] Non tutti vedono la serpe che sta nascosta sotto l'erba. 4] Non tutto il male vien per nuocere. 2] Non v'è mai tanta pace in convento, come quando i frati portano tonache uguali. 8] Non vi è donna senza amore. 8] Non vi è inganno che non si vinca con l'inganno. 4] Non vi è lino senza resca, né donna senza pecca. 4] Non vi è nulla che ricercando non si possa penetrare. 4] Non vi è peggior burla che la vera. 4] Non vi fu mai gatta che non corresse ai topi. 8] Non vendere la pelle dell'orso prima di averlo ucciso. 1] Non vo' dormire né fare la guardia. 4] Notte, amore e vino fanno spesso l'uomo meschino. 8] Novembre vinaio. 16] Nulla è così buono che a lungo andare non venga a noia. 8] Nuovo padrone, nuova legge. 58] Nutri il corvo e ti caverà gli occhi. 8] Nutri la serpe in seno, ti renderà veleno. 8] O O taci, o di' cosa migliore del silenzio.[59] 8] Occhio che piange cuore che duole. 2] Occhio che piange cuore che sente. 2] Occhio non vede, cuore non duole. 2] Occhio per occhio, dente per dente.[60] 2] Olio di lucerna ogni mal governa. 2] Oggi a me domani a te. 2] Oggi allegria, domani malinconia. 8] Oggi creditore, domani debitore. 8] Oggi fresco e forte, domani nella morte. 8] Oggi in figura, domani in sepoltura. 8] Oggi in pace, domani in guerra. 8] Oggi mercante, domani mendicante. 8] Oggi pioggia e doman vento, tutto cambia in un momento. 8] Ogni Abele ha il suo Caino. 4] Ogni animale per non morir s'aiuta. 188] Ogni bel gioco dura poco. 1] Ogni bella scarpa diventa ciabatta, ogni bella donna diventa nonna. 8] Ogni bene infine svanisce, ma la fama non perisce. 4] Ogni cosa ch'è rara, suol essere più cara. 8] Ogni disuguaglianza, l'amore uguaglia. 4] Ogni erba si conosce dal seme. 4] Ogni fatica merita ricompensa. 4] Ogni gatta ha il suo febbraio. 8] Ogni giorno non è festa. 4] Ogni giorno non si fanno nozze. 4] Ogni grillo si crede cavallo. 8] Ogni lasciata è persa. 1] Ogni legno ha il suo tarlo. 1] Ogni lucciola non è un fuoco. 8] Ogni lumaca vede le corna delle altre. 189] Ogni matto fa il suo atto. 8] Ogni medaglia ha il suo rovescio. 1] Ogni pazzo vuol dar consiglio. 8] Ogni pelo ha la sua ombra. 4] Ogni popolo ha il governo che si merita. 190] Ogni promessa è debito. 1] Ogni rana si crede gran dama. 8] Ogni rana si crede una Diana. 8] Ogni scimmia trova belli i suoi scimmiotti. 8] Ogni serpe ha il suo veleno. 8] Ogni simile ama il suo simile. 1] Ogni uccello fa il suo verso. 8] Ogni uccello canta il suo verso. 191] Ognun patisce del suo mestiere. 192] Ognuno trascura per sé i godimenti dell'arte sua, quasi venutigli a noia perché ci ha guardato dentro: il cuoco non è mai ghiotto, il calzolaio va colle scarpe rotte. Ognun per sé e Dio per tutti. 1] Ognun vede le proprie oche come cigni. 8] Ognuno all'arte sua e il lupo alle pecore. 2] Ognuno ama sentirsi lodare. 4] Ognuno che ha un gran coltello, non è un boia. 4] Ognuno fa degli errori. 4] Ognuno faccia il suo mestiere. 2] Ognuno ha i suoi gusti. 193] Ognuno ha il suo affanno. 8] Ognuno ha la sua croce. 1] Ognuno tira l'acqua al suo mulino. 2] Orto, uomo morto. 169] Orzo e paglia fanno il caval da battaglia. 8] Ospite raro ospite caro. 1] Ottobre mostaio. 16] P Paese che vai usanza che trovi. 1] Paga il giusto per il peccatore. 1] Pancia affamata, vita disperata. 4] Pancia piena non crede a digiuno. 1] Pancia vuota non sente ragioni. 1] Parla all'amico come se ti avesse a diventar nemico. 8] Pane finché dura, vino con misura. 194] Parenti, amici, pioggia, dopo tre giorni vengono a noia. 8] Parenti serpenti. 1] Parenti serpenti, cugini assassini, fratelli coltelli. 2] Parere e non essere è come filare e non tessere. 2] Parlare francese come una vacca spagnola. 4] Passata la festa gabbato lo santo. 1] Passato il fiume scordato il santo. 4] Patti chiari, amici cari. 2] Patti chiari amicizia lunga. 2] Pazzi e buffoni hanno pari libertà. 8] Pazzo è colui che bada ai fatti altrui. 8] Pazzo è quel prete che biasima le sue reliquie. 195] Pazzo per natura, savio per scrittura. 8] Peccati vecchi, penitenza nuova. 8] Peccato celato è mezzo perdonato.[61] 196] Peccato confessato è mezzo perdonato. 8] Per amore anche una donna onesta, può perdere la testa. 8] Per chi vuol esser libero, non c'è catena che tenga. 8] Per essere amabili, bisogna amare. 9] Per fare l'elemosina non manca mai la borsa. 4] Per il galantuomo non ci sono leggi. 8] Per il saggio le lacrime delle donne sono come gocce salate. 4] Per imparare qualche cosa, non è mai troppo tardi. 4] Per l'abbondanza del cuore la bocca parla. 4] Per l'oro, l'abate vende il convento. 4] Per la santa Candelora[62] dell'inverno siamo fora, ma se piove o tira vento, dell'inverno siamo dentro. 2] Per la santa Candelora se tempesta o se gragnola dell'inverno siamo fora; ma se è sole o solicello siamo solo a mezzo inverno. 2] Per natura tutti gli uomini sono simili; per l'educazione diventano interamente diversi. 4] Per ogni civetta che si sente cantare sul tetto, non bisogna metter lutto. 8] Per quanto alletti la bellezza di un fiore, nessuno lo coglie se ha cattivo odore. 4] Per san Lorenzo la noce è fatta. 2] Per San Lorenzo la noce si spacca nel mezzo. 197] Per san Lorenzo piove dal cielo carbone ardente. 2] Per Santa Caterina [25 novembre], le bestie fuori dalla cascina. 198] Per trovare ingiustizie non occorrono lanterne. 4] Per un chiodo si perde un ferro, e per un ferro un cavallo. 8] Per un punto Martin perse la cappa.[63] 2] Per una scopa formano un mercato tre donne e assordan tutto il vicinato. 8] Perde le lacrime chi piange davanti al giudice. 4] Perdona a tutti, ma non a te. 199] Perdonare è da uomini, scordare è da bestie. 199] Pesce che va all'amo, cerca d'esser gramo. 8] Pianta a cui spesso si muta luogo, non prende vigore. 4] Piccola fiamma non fa gran luce. 8] Piccola pietra rovesciar può il carro. 8] Piccola scintilla può bruciar la villa. 8] Piccole ruote portano gran pesi. 8] Piccolo ago scioglie stretto nodo. 8] Piglia il bene quando viene, ed il male quando conviene. 8] Piove sempre sul bagnato. 2] Pisa, pesa per chi posa. 8] Più alta la condizione, più si deve essere umili. 8] Più briccone, più fortunato. 4] Più il fiume è profondo, più scorre il silenzio. 4] Più si chiacchiera, meno si ama. 8] Piuttosto un asino che porti, che un cavallo che butti in terra. 87] Poca brigata vita beata. 1] Poeta si nasce, oratori si diventa. 200] Poeti e Santi campano tutti quanti. 201] Poeti, pittori e pellegrini a fare e a dire sono indovini. 8] Polenta e latte bollito, in quattro salti è digerito. 8] Portare frasconi a Vallombrosa. 4] Prendi la bruna per amante e la bionda per moglie. 8] Preghiera di gatto e brontolio di pulce non arrivano in cielo. 131] Preghiera umile entra in cielo. 8] Presto e bene, raro avviene. 8] Prete spretato e cavolo riscaldato, non fu mai buono.[64] Prevedere per provvedere e prevenire. 202] Prima della morte non chiamare nessuno felice. 4] Prima di ammogliarsi bisogna fare il nido. 4] Prima di andare alla pesca esamina ben bene la tua rete. 8] Prima di domandare, pensa alla risposta. 203] Prima lusingare e poi graffiare, è arte dei gatti. 8] Prodigo e bevitor di vino, non fa né forno né mulino. 8] Pugliesi, cento per forca e un per paese. 8] Puoi ben drizzare il tenero virgulto, non l'albero già fatto adulto. 4] Putto in vino e donna in latino non fecero mai buon fine. 4] Q Qual proposta tal risposta. 1] Qualche intervallo il pazzo ha di saviezza, qualche intervallo il savio ha di stoltezza. 8] Qualche volta anche Omero sonnecchia. 204] Quale uccello, tale il nido. 205] Quand'anche si trapiantassero in paradiso, i cardi non porterebbero mai rose. 8] Quando arriva la gloria svanisce la memoria. 2] Quando c'è l'esercito, si trova anche il generale. 4] Quando c'è la salute c'è tutto. 57] Quando canta la rana, la pioggia non è lontana. 8] Quando ci sono molti galli a cantare non si fa mai giorno. 16] Quando è alta la passione, è bassa la ragione. 206] Quando è finito il raccolto dei datteri, ciascuno trova da ridire alla palma. 8] Quando fischia l'orecchio dritto, il cuore è afflitto; quando il manco, il cuore è franco. 8] Quando gli eretici si accapigliano, la chiesa ha pace. 4] Quando il colombo ha il gozzo pieno, le vecce gli sembrano amare. 8] Quando il culo è avvezzo al peto non si può tenerlo cheto. 2] Quando il fanciullo è satollo anche il miele non ha più gusto. 4] Quando il fanciullo ha sette anni, la ragione spunta in lui. 207] Quando il gatto lecca il pelo viene acqua giù dal cielo. 38] Quando il gatto non c'è i topi ballano. 1] Quando il gatto non può arrivare al lardo dice che è rancido. 8] Quando il gatto si lecca e si sfrega le orecchie con la zampina, pioverà prima che sia mattina. 8] Quando il gozzo è pieno, le ciliegie sono acerbe. 8] Quando il grano ricasca, il contadino si rizza. 57] Quando il grano va a male, bisogna ringraziare Dio per la paglia. 8] Quando il lardo è divorato, poco val cacciare il gatto. 8] Quando il mandorlo non frutta, la semente ci va tutta. 8] Quando il padrone zoppica, il servo non va diritto. 8] Quando il sole splende, non ti curar della luna. 8] Quando il tempo è chiaro in autunno, vento nell'inverno. 4] Quando in autunno sono grassi i tassi e le lepri, l'inverno è rigoroso. 4] Quando l'amore è a pezzi non c'è alcuna colla che lo riappiccichi. 8] Quando l'angelo diventa diavolo, non c'è peggior diavolo. 4] Quando l'avaro muore, il danaro respira. 4] Quando l'Italia suona la chitarra, la Spagna le nacchere, la Francia il liuto, l'Irlanda l'arpa, la Germania la tromba, l'Inghilterra il violino, l'Olanda il tamburo, nulla è uguale ad esse. 8] Quando la barba fa bianchino, lascia la donna e tienti al vino. 208] Quando la cicala canta in settembre, non comprare gran da vendere. 8] Quando la fame entra dalla porta, l'amore esce dalla finestra. 8] Quando la grazia di Dio è nel cuore, gli occhi nuotano nell'allegria. 4] Quando la guerra comincia s'apre l'inferno. 4] Quando la neve si scioglie si scopre la mondezza. 1] Quando la pera è matura casca da sé. 1] Quando la pera è matura bisogna che caschi. 16] Quando la radice è tagliata, le foglie se ne vanno. 8] Quando la ragione dorme, il cuore scappuccia. 8] Quando la luna è bianca il tempo è bello; se è rossa, vuole dire vento; se pallida, pioggia. 4] Quando la rana canta il tempo cambia. 8] Quando non dice niente, non è dal savio il pazzo differente. 8] Quando non sai, frequenta in domandare. 209] Quando piove col sole le vecchie fanno l'amore. 1] Quando piove col sole il diavolo fa l'amore. 1] Quando piove col sole le streghe fanno l'amore. 2] Quando piove col sole si marita la volpe.[65] 2] Quando piove d'agosto, piove miele e mosto. 8] Quando si è in ballo bisogna ballare. 1] Quando si è patito si è inclini a compatire. 4] Quando si mangia non si parla. 57] Quando sono fidanzate hanno sette mani e una lingua, quando sono sposate hanno sette lingue e una mano. Quando un amico chiede, non v'è domani. 210] Quando un povero dà al ricco, Dio ride in cielo. 8] Quando una cosa è accaduta, poco vale lamentarsi. 8] Quando viene la forza, il diritto è morto. 4] Quanto più è alto il monte, tanto più profonda la valle. 4] Quanto più la rana si gonfia, più presto crepa. Quanto più se n'ha, tanto più se ne vorrebbe. 4] Quattro lumi non s'accendono. 2] Quattro nuove invenzioni vanta il mondo: scorticare senza coltello, arrostire senza fuoco, lavare senza sapone, e invece degli occhiali vedere attraverso le dita. 4] Quel ch'è innato per natura, si porta alla sepoltura. Quel ch'è raro, è stimato. 8] Quel che con l'acqua mischia e guasta il vino, merita di bere il mare a capo chino. 8] Quel che è disposto in cielo, conviene che sia. 4] Quel, che è fatto, è fatto, e non si può fare, che fatto non sia. 211] Quel che è fatto è reso. 2] Quel che non può l'ìngegno, può spesso la fortuna. Quel che non puoi pagare col denaro, pagalo almeno col ringraziamento. 8] Quel che è gioco per il forte per il debole è morte. 8] Quel che si dà al ricco, si ruba al povero. 8] Quel che si fa a fin di bene, non dispiace mai a Dio. 4] Quel che si fa all'oscuro, appare al sole. 4] Quel che supera il mio intelletto, lo lascio stare. 4] Quella bellezza l'uomo saggio apprezza che dura sempre, fino alla vecchiaia. 4] Quelli che hanno meno ingegno, ne hanno da vendere più degli altri. 4] Quello che abbaia è il cane sdentato. 4] Quello che deve durare per l'eternità non si deve scrivere con l'acqua. 4] Quello che è accaduto ieri, può accadere oggi. 4] Quello che è passato, è scordato. 4] Quello che ha da essere, sarà. 4] Quello che non avviene oggi, può avvenire domani. 4] Quello che non è stato può essere. 4] Quello che non può l'intelletto, può spesso il caso. 4] Quello che puoi fare oggi, non rimandarlo a domani. Quello che si dice all'eco nel bosco, il bosco lo ripete. 4] Quello che si impara in gioventù, non si dimentica mai più. 4] Quello che si usa non si scusa. 212] Quello è mio zio, che vuole il bene mio. 4] Quello è un fanciullo accorto che conosce suo padre. 4] Questo devi sapere che la gelosia di un Arabo è la stessa gelosia. 4] Quieta non muovere. 16] R Raglio d'asino non giunse mai al cielo. 2] Rana di palude sempre si salva. 8] Rane, malsane. 8] Render nuovi benefici all'ingratitudine è la virtù di Dio e dei veri uomini grandi. 8] Ricchezza mal disposta a povertà s'accosta. 8] Ricchezze nell'India, sapere in Europa, e pompa fra gli ottomani. 8] Ricchi e poveri non portano che un lenzuolo all'altro mondo. 8] Ricco e grande fortuna potrà farti, ma mai il comune senso potrà darti. 4] Ricorda che il nemico può diventarti amico. 8] Ride ben chi ride ultimo. 2] Ride ben chi ride l'ultimo. 2] Roba calda il corpo non salda. 213] Roba d'altri, tutti scaltri. 4] Roma, a chi nulla in cent'anni, a chi molto in tre dì. 8] Roma non fu fatta in un giorno. 2] Roma santa, Aquila bella, Napoli galante. 214] Rosso di mattina, pioggia vicina. 215] Rosso di sera bel tempo si spera; rosso di mattina acqua vicina. 2] Rosso di sera, buon tempo si spera; rosso di mattina mal tempo si avvicina. 1] Rosso e giallaccio pare bello ad ogni faccia, verde e turchino si deve essere più che bellino. 216] Rovo, in buona terra covo. 169] S Salta chi può. 1] San Benedetto[66] la rondine sotto il tetto. 2] San Lorenzo dalla gran calura. 2] San Pietro abbracciato, Cristo negato. 4] San Silvestro [31 dicembre] l'oliva nel canestro. 2] Sangue giovane sempre spavaldo. 8] Sasso che rotola non fa muschio. 47] Pietra che rotola non fa muschio. 2] Sbagliando s'impara. 1] Scalda più l'amore che mille fuochi. 8] Scherza coi fanti e lascia stare i Santi. 1] Scherzando intorno al lume che t'invita, farfalla perderai l'ali e la vita. 65] Scherzo di mano, scherzo di villano. 1] Gioco di mano, gioco di villano. 1] Schiena di mulo, corso di barca, buon per chi n'accatta. 8] Scusa non richiesta, accusa manifesta.[67] 217] Se ari male, peggio mieterai. 47] Se fossero buoni i nipoti non si leverebbero dalla vigna. 218] Se gioventù sapesse, se vecchiaia potesse. 167] Se i gatti sapessero volare, le beccacce sarebbero rare. 131] Se il coltivatore non è più forte della su' terra questa finisce per divorarlo. 47] Se il ladro lasciasse il suo rubare, non ci sarebbero più forche. 4] Se il giovane sapesse di quanto ha bisogno la vecchiaia, chiuderebbe spesso la borsa. 4] Se il padre di famiglia è miope, i servi sono ciechi. 8] Se il piede destro è zoppo, Dio rafforza il sinistro. 8] Se il poeta s'erige a oratore predicherà agli orecchi e non al cuore. 8] Se il primo bottone hai fatto essere secondo, tutti sbagliati saranno da cima a fondo. 4] Se il re sputa sopra un abete si chiama subito abete reale. 4] Se il ricco conoscesse la fame del povero, gli darebbe del suo pane. 8] Se il ringraziare costasse denaro, molti se lo terrebbero in tasca. 8] Se il tuo gatto è ladro non scacciarlo di casa. 8] Se il virtuoso è povero, il lodarlo non basta; il dovere primo è d'aiutarlo. 8] Se la pazzia fosse dolore, in ogni casa si sentirebbe stridere. 8] Se le lattughe lasci in guardia alle oche, al ritorno ne troverai ben poche. 219] Se ne vanno gli amori e restano i dolori. 4] Se nessuno sa quel che sai, a nulla serve il tuo sapere. 8] Se non è zuppa è pan bagnato. 1] Se non hai mai rubato, la parola ladro non è per te un'ingiuria. 4] Se occhio non mira, cuor non sospira. 8] Se ognun spazzasse da casa sua, tutta la città sarebbe netta. 220] Se piovesse oro, la gente si stancherebbe a raccoglierlo. 8] Se son rose fioriranno. 1] Se ti vuoi nutrire bene, fai ballare i trentadue. 8] Se un fratello compie un omicidio, gli altri non sono responsabili. 4] Se vuoi che t'ami, fa' che ti brami. 8] Se vuoi portare l'uomo a incretinire, fallo ingelosire. 4] Segui il filo e troverai il gomitolo. 4] Senza denari non canta un cieco. 1] Senza denari non si canta messa. 1] Senza umiltà tutte le virtù sono vizi. 8] Sempre ti graffierà chi nacque gatto. 8] Senza umanità non vi è né virtù, né vero coraggio, né gloria durevole. 8] Seren d'inverno e nuvolo d'estate, non ti fidare. 4] Sette in un colpo! disse quel sarto che aveva ammazzato sette mosche. 8] [wellerismo] Settembre, l'uva è fatta e il fico pende. 16] Si bacia il fanciullo a causa della madre, e la madre a causa del fanciullo. 4] Si deve alzare di buon'ora chi vuol contentare i suoi vicini. 8] Si dice il peccato, ma non il peccatore. 2] Si mantiene un esercito per mille giorni, e non se ne fa uso che per un momento. 4] Si parla del diavolo e spuntano le corna. 130] Si può conoscere la tua opinione dal tuo sbadigliare. 8] Si può vivere senza fratelli ma non senza amici.[68] Si stava meglio quando si stava peggio.[69] 2] Sia l'astrologo che l'indovina ti portano alla rovina. 4] Sicuro come il pane. 4] Sin che si vive, s'impara sempre. 4] Sol gente di mal'affare, bestie e botte, van fuori di notte. 221] Son padrone del mondo oggi le donne e cedon toghe e spade a cuffie e gonne. 8] Sono meglio cento beffe che un danno. 4] Sono sempre gli stracci che vanno all'aria. 1] Sopra l'albero caduto ognuno corre a fare legna. 4] Sopra ogni vino, il greco è divino. 8] Sotto la neve pane, sotto l'acqua fame. 1] Spesso a chiaro mattino, v'è torbida sera. 222] Spesso chi commette un'ingiustizia, ne subisce una peggiore. 4] Spesso vince più l'umiltà che il ferro. 8] Sposa bagnata sposa fortunata. 223] Stretta la foglia, larga la via dite la vostra che ho detto la mia. 2] Larga la foglia, stretta la via dite la vostra che ho detto la mia. 2] Stringe più la camicia che la gonnella. 4] Studia non per sapere di più, ma per sapere meglio degli altri. 224] Studio in gioventù, onore alla vecchiaia. 4] Sulla pelle della serpe nessuno guarda alle macchie. 8] Superbia povera spiace anche al diavolo; umiltà ricca piace anche a Dio. 8] T T'annoia il tuo vicino? Prestagli uno zecchino. 4] Tagliare i capelli con la pentola. 225] Tagliarli male. Tal lascia l'arrosto che poi brama il fumo. 4] Tale padre, tale figlio.[70] 2] Tanti galli a cantar non fa mai giorno. 1] Tanti idoli, tanti templi. 4] Tanti pochi fanno un assai. 226] Tanto fumo e poco arrosto. 2] Tanto l'amore quanto il fuoco devono essere attizzati. 8] Tanto l'amore quanto la minestra di fagioli vogliono uno sfogo. 8] Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino. 1] Tempo chiaro e dolce a capodanno, assicura bel tempo tutto l'anno. 8] Tenga bene a mente un bugiardo quando mente. 4] Tentar non nuoce. 1] Terra assai, terra poca. 169] Terra bianca, tosto stanca. 227] Terra coltivata raccolta sperata. 2] Terra nera buon grano mena. 2] Testa di lucertola, collo di gru, gambe di ragno, pancia di vacca, groppa di baldracca. 8] Testa di pazzo non incanutisce mai. 8] Tinca di maggio e luccio di settembre. 8] Tinca in camicia, luccio in pelliccia. 8] Tira più un pelo di fica che cento paia di buoi. 2] Tira più un capello di donna che cento paia di buoi. 8] Tolta la causa, cessato l'effetto. 8] Tondi l'agnello e lascia il porcello. 8] Torinesi e Monferrini, pane, vino e tamburini. 8] Tra cani non si mordono. 1] Tra i due litiganti il terzo gode. 1] Tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare. 1] Tra l'incudine e il martello, mano non metta chi ha cervello. 4] Tra moglie e marito non mettere il dito. 1] Tradimento piace assai, traditor non piace mai. 148] Trattar male il povero è il disonor del ricco. 8] Tre cose cacciano l'uomo di casa: fumo, goccia e femmina arrabbiata. 4] Tre cose fanno l'uomo ammalato: amore, vino e bagno. 8] Tre cose simili: prete, avvocato e morte. Il prete toglie dal vivo e dal morto; l'avvocato vuol del diritto e del torto; e la morte vuole il debole e il forte. 142] Tre cose sono rare: un buon melone, un buon amico e una buona moglie. 8] Tre sono le meraviglie, Napoli, Roma e la faccia tua. 228] Trenta monaci e un abate non farebbero bere un asino per forza. 4] Triste e guai, chi crede troppo e chi non crede mai. 8] Triste quel cane che si lascia prendere la coda in mano. 8] Triste quell'estate, che ha saggina e rape. 8] Tromba di culo, sanità di corpo. 213] Troppa manna, nausea. 8] Troppa modestia è orgoglio mascherato. 8] Troppe soddisfazioni tolgono ogni voglia. 8] Troppi cuochi guastano la cucina. 1] Troppo povero e troppo ricco fa ugual disgrazia. 8] Tu scherzi col tuo gatto e l'accarezzi, ma so ben io qual fine avran quei vezzi. 8] Turchi e Tartari, flagelli dei popoli. 229] Tutta la strada non fallisce il saggio che, accortosi a metà, corregge il viaggio. 4] Tutte le cose sono difficili prima di diventar facili. 70] Tutte le strade portano a Roma. 1] Tutte le volpi si ritrovano in pellicceria. 2] Tutte le volpi si rivedono in pellicceria. 2] Tutte le volte che si ride si toglie un chiodo dalla cassa. 230] Tutti del pazzo tronco abbiamo un ramo. 8] Tutti i fiumi vanno al mare. 1] Tutti i giorni sono buoni per andare a caccia. ma non per prendere uccelli. 4] Tutti i guai son guai, ma il guaio senza pane è il più grosso. 1] Tutti i gusti son gusti. 1] Tutti i mestieri danno il pane. 231] Tutti i nodi vengono al pettine. 1] Tutti i peccati mortali sono femmine. 8] Tutti i salmi finiscono in gloria. 1] Tutti siamo figli di Adamo ed Eva. 190] Tutto ciò che dura a lungo annoia. 8] Tutto è bene quel che finisce bene.[71] 1] Tutto il cervello non è in una testa. 4] Tutto il mondo è paese.[72] 1] Tutto quello che è bianco non è farina. 4] Tutto s'accomoda fuorché l'osso del collo. 31] U Uccellin che mette coda vuol mangiare a tutte l'ore. 2] Uccello raro ha nido raro. 8] Ucci ucci, sento odor di cristianucci. 2] Umiltà e cortesia adornano più di una veste tessuta d'oro. 8] Un bel tacer non fu mai scritto.[73] 2] Un'anima magnanima consulta le altre; un'anima volgare disprezza i consigli. 8] Un'oncia di allegria vale più di una libbra di tristezza. 232] Un'ora di contento sconta cent'anni di tormento. 233] Un abete non fa foresta. 4] Un bell'abito è una lettera di raccomandazione. 4] Un buon abate loda sempre il suo convento. 4] Un buon principio va sempre a buon fine. 4] Un cattivo libro ha spesso un buon titolo, ed una fronte onesta, un cervello ribaldo. 4] Un cuor magnanimo vuol sempre il bene, anche se il premio mai non ottiene. 8] Un esercito senza generale è come un corpo senz'anima. 4] Un fido amico, e ricchezze ben acquistate son due cose rare. 8] Un fratello aiuta l'altro. 4] Un granello fa traboccare la bilancia. 4] Un granello di polvere fa scoppiare tutta la bomba. 4] Un ladro non ruba sempre, ma bisogna guardarsi da lui. 4] Un lume è più presto spento che acceso. 4] Un male tira l'altro. 4] Un padre campa cento figli e cento figli non campano un padre. 2] Un pazzo ne fa cento. 8] Un piccolo buco fa affondare un gran bastimento. 8] Un povero virtuoso val più di un ricco vizioso. 8] Una bella barba e un cuor valente adornano l'uomo. 4] Una bella giornata non fa estate. 4] Una bella lacrima trova facilmente un fazzoletto che la asciughi. 4] Una bugia ha bisogno di sette bugie. 4] Una buona risata si trasforma tutta in buon sangue. 232] Una ciliegia tira l'altra. 2] Una cosa tira l'altra. 16] Una estate vale più di dieci inverni. 4] Una parola tira l'altra. 2] Una e buona. 16] Una ma buona. 16] Una fa, due stentano, ma a tre ci vuol la serva. 8] Una Fenice fra le donne è quella, che altra donna confessa essere bella. 8] Una mano lava l'altra e tutte e due lavano il viso. 1] Una mela al giorno leva il medico di torno. 2] Una ne paga cento. 1] Una ne paga tutte. 1] Una rondine non fa primavera. 1] Un fiore non fa giardino. 4] Un fiore non fa primavera. 4] Una volta corre il cane e una volta la lepre. 1] Una volta per uno non fa male a nessuno. 1] Uno semina, l'altro raccoglie. 72] Uno si fa la sorte da sé, l'altro la riceve bell'e fatta. 8] Uomo a cavallo, sepoltura aperta. 2] Uomo avvisato mezzo salvato. 1] Uomo da nessuno invidiato, è uomo non fortunato. 4] Uomo di vino, non vale un quattrino. 8] Uomo morto non fa più guerra. 234] Uomo senza quattrini è un morto che cammina. 2] Uomo solitario, o angelo o demone. 235] Uomo zelante, uomo amante. 4] L'uomo misero è un morto che cammina. 2] Uovo di un'ora, pane di un giorno, vino di un anno, donna di quindici e amici di trent'anni. 8] V Va' in piazza vedi e odi, torna a casa bevi e godi. 236] Va più di un asino al mercato. 4] Val più un piacere da farsi che cento di quelli fatti. 8] Val più una messa in vita che cento in morte. 4] Vale più la pratica che la grammatica. 1] Vale più un fatto che cento parole. 237] Vale più un gusto che un casale. 1] Vale più un testimone di vista che cento d'udito. 2] Vale più uno a fare. 16] Vanga e zappa non vuol digiuno. 47] Vanga piatta poco attacca, vanga ritta terra ricca, vanga sotto ricca il doppio. 2] Vecchi doni vogliono nuovi ringraziamenti. 8] Vecchiaia d'aquila, giovinezza d'allodola. 4] Vedere e non toccare è una cosa da crepare. 2] Vedere per credere. 238] Vento fresco mare crespo. 239] Ventre pieno non crede a digiuno. 16] Ventre vuoto non sente ragioni. 16] Vesti un legno, pare un regno. 41] Vi sono dei matti savi, e dei savi matti. 8] Vicino alla chiesa lontano da Dio. 2] Vicino alla serpe c'è il biacco. 8] Vigna nel sasso e orto in terren grasso. 240] Vincere un ambo al lotto è un malefizio, che più accresce la speranza al vizio. 8] Vino amaro, tienilo caro. 8] Vino battezzato non vale un fiato. 8] Vino battezzato, non va al palato. 8] Vino dentro, senno fuori. 8] Vino di fiasco la sera buono e la mattina guasto. 8] Vino e sdegno fan palese ogni disegno. 8] Vino non è buono che non rallegra l'uomo. 8] Violenza non dura a lungo. 241] Vivi e lascia vivere. 1] Vizio di natura fino alla fossa dura. 2] Vizio di natura, fino alla morte dura. 242] Voglia di lavorar saltami addosso, lavora tu per me che io non posso. 243] Voglio piuttosto un asino che mi porti, che un cavallo che mi getti in terra. 4] Volpe che dorme, ebreo che giura, donna che piange, malizie sopraffine colle frange. 4] Note  Cfr. voce dedicata su Wikipedia.  Cfr. voce dedicata su Wikipedia.  Cfr. Matteo, 6, 34.  La locuzione latina gutta cavat lapidem (letteralmente "la goccia perfora la pietra") venne utilizzata da Tito Lucrezio Caro, Publio Ovidio Nasone e Albio Tibullo. Cfr. voce dedicata su Wikipedia.  Cfr. voce dedicata su Wikipedia.  Titolo di un'opera di Achille Campanile del 1930, passato a proverbio e modo di dire comune.  Cfr. Petrarca: «La vita el fin, e 'l dí loda la sera».  Cfr. Giacomo Leopardi: «Amore, | amor, di nostra vita ultimo inganno, | t'abbandonava».  Cfr. voce dedicata su Wikipedia.  Cfr. voce dedicata su Wikipedia.  Cfr. Giovanni Verga, I Malavoglia.  Slogan pubblicitario degli anni Ottanta.  Cfr. Gesù, Discorso della Montagna: «Cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto; perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova».  Cfr. Gesù, Vangelo secondo Matteo: «Rimetti la spada nel fodero, perché tutti quelli che mettono mano alla spada periranno di spada».  Cfr. voce dedicata su Wikipedia.  Cfr. voce dedicata su Wikipedia.  Cfr. voce dedicata su Wikipedia.  Citato in Giovanni Battista Rossi, Conferenze popolari per gli uomini nel tempo degli esercizi spirituali, Tappi, Torino, Citato nel film Riso amaro.  Citato in Dizionario Italiano Olivetti, dizionario-italiano.it.  Cfr. voce dedicata su Wikipedia.  Cfr. Libro di Osea: «E poiché hanno seminato vento | raccoglieranno tempesta».  Cfr. attribuite a Papa Bonifacio VIII: «Qui tacet, consentire videtur».  Cfr. voce dedicata su Wikipedia.  Cfr. voce dedicata.  Cfr. Cristoforo Poggiali, Proverbj, motti e sentenze ad uso ed istruzione del popolo: Chi dà a credenza, molte merci spaccia; | Ma un presto fallimento si procaccia».  Cfr. Appio Claudio Cieco, Sententiae: «Quisque faber fortunae suae.»  Cfr. voce dedicata.  La frase è attribuita (MACHIAVELLO MACHIAVELLI (si veda0, Istorie fiorentine, II, 3; Giovanni Villani, Nuova Cronica, VI, 38) a Mosca dei Lamberti che a Firenze, convinse così gli Amidei a uccidere Buondelmonte de' Buondelmonti; dal delitto nacquero le fazioni dei guelfi e dei ghibellini. Citato anche nella Divina Commedia di Dante Alighieri (Inferno): Gridò: "Ricordera' ti anche del Mosca, | che disse, lasso!, 'Capo ha cosa fatta', | che fu mal seme per la gente tosca". È possibile che Mosca dei Lamberti adattò al momento un proverbio già noto ai suoi tempi (Giuseppe Fumagalli, Chi l'ha detto?, Hoepli, 1921); secondo l'Accademia della Crusca (Dizionario della lingua italiana) corrisponderebbe al latino «Factum infectum fieri nequit».  Cfr. Gesù, Vangelo secondo Matteo: «Rendete dunque a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio».  Cfr. voce dedicata.  Cfr. voce dedicata.  Cfr. Philippe Néricault Destouches, Le Glorieux, atto II, scena V: «La critique est aisée, et l'art est difficile.».  Cfr. «Facta lex inventa fraus.»  Cfr. voce dedicata su Wikipedia.  Cfr. voce dedicata su Wikipedia.  Riferito all'uso di numeri civici di colore nero per le abitazioni e rosso per gli esercizi commerciali.  Cfr. Michail Aleksandrovič Bakunin: «Il caffè, per esser buono, deve essere nero come la notte, dolce come l'amore e caldo come l'inferno».  Cfr. Blaise Pascal: «Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce».  Cfr. voce dedicata su Wikipedia.  Nei dialetti siciliani e nel napoletano l'arancia viene chiamata portogallo.  La spiegazione è in Strafforello.  Cfr. voce dedicata su Wikipedia. Veste da lavoro usata, specialmente in Toscana, da contadini e operai.  Cfr. voce dedicata su Wikipedia. Cfr. voce dedicata su Wikipedia. Cfr. voce dedicata su Wikipedia.  Cfr. voce dedicata su Wikipedia. Cfr. voce dedicata su Wikipedia.  Cfr. voce dedicata.  Cfr. voce dedicata.  Cfr. Ippocrate: «La vita è breve, l'arte è lunga, l'occasione è fugace, l'esperienza è fallace, il giudizio è difficile».  Citato in Dizionario Italiano, dizionario-italiano.it.  Cfr. voce dedicata Cfr. voce dedicata.  itato in Dizionario Italiano Olivetti.  Cfr. Gesù, Vangelo secondo Luca: «Nessun profeta è ben accetto in patria».  Cfr. Etica della reciprocità.  Cfr. anche Salvator Rosa, iscrizione riportato su un autoritratto: «Aut tace | aut loquere meliora | silentio.».  Questo detto, ripreso dal Libro dell'Esodo («occhio per occhio, dente per dente, mano per mano, piede per piede, bruciatura per bruciatura, ferita per ferita, livido per livido»), è chiamato Legge del taglione.  Il proverbio compare in una novella del Decameron di Giovanni Boccaccio (la quarta della prima giornata). Cfr. Focus storia in tale giorno la Chiesa cattolica celebra la presentazione al Tempio di Gesù (Luca), popolarmente chiamata festa della Candelora, perché in questo giorno si benedicono le candele, simbolo di Cristo. La festa è anche detta della Purificazione di Maria, perché, secondo l'usanza ebraica, una donna era considerata impura del sangue mestruale per un periodo di 40 giorni dopo il parto di un maschio e doveva andare al Tempio per purificarsi: il 2 febbraio cade appunto 40 giorni dopo il 25 dicembre.  Cfr. voce dedicata su Wikipedia.  Citato in Vocabolario degli accademici della Crusca, Tipografia Galileiana di M. Cellini e c., Firenze, Una leggenda simile esiste anche in Giappone: i demoni-volpe (le kitsune) preferirebbero celebrare i loro matrimoni sotto la pioggia mentre splende il sole; il regista Akira Kurosawa ne prese spunto per il primo episodio (Raggi di sole nella pioggia) del film Sogni prima della riforma del calendario liturgico Cfr. Proverbio latino medievale: Excusatio non petita, accusatio manifesta.  Citato in Macfarlane, Attribuita a Francesco Domenico Guerrazzi.  Cfr. Libro di Ezechiele: «Ecco, ogni esperto di proverbi dovrà dire questo proverbio a tuo riguardo: Quale la madre, tale la figlia».  Titolo di una commedia di Shakespeare.  Cfr. Petronio Arbitro, Satyricon, Cfr. Badoer: «Un bel tacer | mai scritto fu». Fonti  Citato ne Il nuovo Zingarelli.  Citato in Lapucci.  Citato in Carlo Volpini, proverbi sul cavallo, Cisalpino-Goliardica, Citato in Donato.  Citato in Max Pfister, Lessico etimologico italiano, Reichert, Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in Selene.  Citato in Marino Ferrini, I proverbi dei nonni, Il Leccio, Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in Vocabolario della lingua italiana.  Citato in Schwamenthal, Citato in Macfarlane, Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, § 235.  Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in Castagna Citato in Schwamenthal, Citato in Vezio Melegari, Manuale della barzelletta, Mondadori, Milano, Citato in Macfarlane, p. 352.  Citato in Francesco Protonotari, Nuova antologia di scienze, lettere ed arti, volume settimo, Direzione della nuova antologia, Firenze, Citato in Grisi, Citato in Daniela Schembri Volpe, 101 perché sulla storia di Torino che non puoi non sapere, Newton Compton Editori, Citato in Pescetti, Citato in Grisi, Citato in Paronuzzi, Citato in Schwamenthal, Citato in Giulio Franceschi, Proverbi e modi proverbiali italiani, Hoepli, Citato in Macfarlane, Citato in Grisi, Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in Volpini, Citato in Francesco Picchianti, Proverbi italiani, A. Salani, Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in Castagna Citato in Grisi, Citato in Schwamenthal, Citato in Augusto Arthaber, Dizionario comparato di proverbi e modi proverbiali, Hoepli, Citato in Macfarlane, Citato in Temistocle Franceschi, Atlante paremiologico italiano, Edizioni dell'Orso, Citato in Macfarlane, Citato in Schwamenthal, § 1066.  Citato in Grisi, Citato in Macfarlane, Citato in Amadeus Voldben, Il giardino della saggezza, Amedeo Rotondi, Citato in Niccolò Tommaseo e Bernardo Bellini, Dizionario della lingua italiana, Unione Tipografico-Editrice Torinese, Citato in Macfarlane, Citato in Grisi, Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in Giuseppe Fumagalli, Chi l'ha detto?, Hoepli, Citato in Grisi, Citato in Macfarlane. Citato in Schwamenthal,  Citato in Emanuel Strauss, Concise Dictionary of European Proverbs, Routledge, Citato in Macfarlane, Citato in Giuseppe Giusti, Dizionario dei proverbi italiani.  Citato in Macfarlane, p. 364.  Citato in Macfarlane, Citato in Macfarlane, Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in Filippo Moisè, Storia della Toscana dalla fondazione di Firenze fino ai nostri giorni, V. Batelli e compagni, Citato in Schwamenthal, Citato in Macfarlane, Citato in Macfarlane, Citato in Schwamenthal, Citato in Alfani, Citato in Macfarlane, Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, § 2034.  Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in Castagna Citato in Schwamenthal, Citato in Paola Guazzotti e Maria Federica Oddera, Il Grande dizionario dei proverbi italiani, Zanichelli, Citato in Schwamenthal, Citato in Grisi, Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in Valter Boggione, Chi dice donna, POMBA, Citato in Schwamenthal. Citato in Salvatore Battaglia, Grande Dizionario della Lingua Italiana, VII Grav - Ing, Unione Tipografico-Editrice Torinese, Torino, Citato in Macfarlane, Citato in Grisi, Citato in Donalda Feroldi, Elena Dal Pra, Dizionario analogico della lingua italiana, Zanichelli, Bologna, Citato in Giuseppe Pittàno, Frase fatta capo ha. Dizionario dei modi di dire, proverbi e locuzioni, Zanichelli,Citato in Schwamenthal, Citato in Piero Angela, Ti amerò per sempre: La scienza dell'amore, Mondadori, Milano, Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in Macfarlane, Citato in Macfarlane, Citato in Florio, lettera G.  Citato in Gutta cavat lapidem. Indagini fraseologiche e paremiologiche, a cura di Elena Dal Maso, Carmen Navarro, Universitas Studiorum, Mantova, Citato in Gustavo Strafforello, La sapienza del mondo: ovvero, Dizionario universale dei proverbi, A.F. Negro, Citato in Paronuzzi, Citato in Silvia Merialdo, Genova. Una guida, Odòs Libreria Editrice, Udine, Citato in Castagna Citato in Macfarlane, Citato in Castagna Citato in Schwamenthal, Citato in Anna Fata, Lo zen e l'arte di cucinare, Edizioni Il Punto d'Incontro, Vicenza, Citato in Salvatore Battaglia, Grande Dizionario della Lingua Italiana, XII Orad - Pere, Unione Tipografico-Editrice Torinese, Torino, Citato in Macfarlane, p. 389.  Citato in Dizionario di Italiano, corriere.it, diavolo.  Citato in Paronuzzi, Citato in Roberto Allegri, 1001 cose da sapere e da fare con il tuo gatto, Newton Compton, Roma, Citato in Brigitte Bulard-Cordeau, Il piccolo libro dei gatti, traduzione di Giovanni Zucca, Fabbri Editori, Milano, Citato in Schwamenthal, Citato in Grisi, Citato in Schwamenthal, Citato in Castagna Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, § 4058.  Citato in Schwamenthal, Citato in Macfarlane, Citato in Strafforello, Citato in Grisi, Citato in Volpini, Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in Castagna Citato in Macfarlane, Citato in Schwamenthal, Citato in Paola Guazzotti, Maria Federica Oddera, Il grande dizionario dei proverbi italiani, in riga edizioni, Bologna, Citato in Schwamenthal, Citato in Paolo De Nardis, L'invidia. Un rompicapo per le scienze sociali, Meltemi Citato in Schwamenthal, Citato in Macfarlane, Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in Grisi, p. 130.  Citato in Luigi Pozzoli, Sul respiro di Dio. Commento alle letture festive. Anno B, Paoline, Milano, Citato in Schwamenthal, Citato in Grisi, Citato in Grisi, Citato in Macfarlane, Citato in Grisi, Citato in Macfarlane, Citato in Schwamenthal, Citato in Ann H. 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Modi di dire, frasi proverbiali, proverbi antichi e moderni del corpo umano, SugarCo, Citato in Castagna Citato in Castagna Citato in Castagna Citato in Schwamenthal, Citato in Castagna Citato in Grisi, Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in Grisi, Citato in Schwamenthal, Citato in Grisi, Citato in Salvatore Battaglia, Grande Dizionario della Lingua Italiana, Orad - Pere, Unione Tipografico-Editrice Torinese, Torino, Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in Castagna Citato in Gustavo Strafforello, La sapienza del mondo, ovvero, Dizionario universale dei proverbi, Negro, Citato in Schwamenthal, § 5620.  Citato in Schwamenthal, Citato in Francesco Grisi, Il grande libro dei proverbi. Dall'antica saggezza popolare detti e massime per ogni occasione, Piemme, Citato in Gluski, Proverbs. Proverbes. Sprichworter. Proverbi. Proverbios. Poslovitsy. A comparative book of English, French, German, Italian, Spanish and Russian proverbs with a Latin appendix, Elsevier Citato in Schwamenthal, Citato in Macfarlane, p. 267.  Citato in Novo vocabolario della lingua italiana, coi tipi di M. Cellini e C., Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in Castagna Citato in Macfarlane, Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, § 5932. Bibliografia Augusto Alfani, Proverbi e modi proverbiali, Tipografia e Libreria Salesiana, Torino, 1882. Niccola Castagna, Proverbi italiani, Antonio Metitiero, Napoli, Castagna, Proverbi italiani, pe' tipi del Commend. Gaetano Nobile, Napoli, Donato, Gianni Palitta, Dizionario dei proverbi, L.I.BER. progetti editoriali, Genova, 1998. John Florio, Giardino di ricreatione, appresso Thomaso Woodcock, Londra, Grisi, Il grande libro dei proverbi, Piemme, Lapucci, Dizionario dei proverbi italiani, Mondadori, Macfarlane, The Little Giant Encyclopedia of Proverbs, Sterling, New York, Paronuzzi, José e Renzo Kollmann, Non dire gatto..., Àncora Editrice, Milano, Pescetti, Proverbi italiani. Raccolti, e ridotti sotto a certi capi, e luoghi comuni per ordine d'alfabeto, Compagnia degli Aspiranti, Verona, Schwamenthal e Straniero, Dizionario dei proverbi italiani e dialettali, Selene, Dizionario dei proverbi, Pan libri, Volpini, proverbi sul cavallo, Ulrico Hoepli, Milano, Il nuovo Zingarelli, Zanichelli, Zingarelli, Vocabolario della lingua italiana, Zanichelli Editore, Bologna, Strafforello, La sapienza del mondo: ovvero, Dizionario universale dei proverbi di tutti i popoli,, vol. III, Augusto Federico Negro, Torino, stampa Voci correlate Modi di dire italiani Scioglilingua italiani Categoria: Proverbi dell'Italia. Massimo Baldini. Keywords: linguaggio, Campanellese, lingua utopica, fantaparola – phanta-parabola, il proverbio italiano, amici, implicatura proverbiale, proverbi romani, proverbi italiani, lezioni di filosofia del linguaggio, con D. Antiseri, indice, grice – filosofia analica, parte I: filosofia analitica Austin e Grice, parte II tipi di linguaggio.  baldini — implicatura proverbiale — i amici — das mystisch — filosofia italiana della moda maschile italiana — haircuts — journalese — journal of the Royal Association of Philosophy — lingua utopica — Campanellese — Empedocle filosofo poeta — Lucrezio filosofo poeta — Parmenide filosofo poeta — Eraclito l’oscuro — vallisneri — fantaparola — gargarismo — trabocchetta — rumore — ingorgo — aforismo — Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Baldini” – The Swimming-Pool Library. Baldini.

 

Grice e Baldinotti: all’isola – la scuola di Palermo -- filosofia italiana – filosofia siciliana -- Luigi Speranza (Palermo). Filosofo siciliano. Filosofo italiano. Palermo, Sicilia. Grice: “I like Baldinotti; Speranza thinks he is a Griceian, just to oppose to the Italian received view that he is Lockeian! But I say, he is MORE than either! Baldinotti can quote from  Rousseau, and the French authors that Locke never cared about! And most importantly, he can SIMPLIFY and need not appeal to Anglo-Saxonisms as Locke does (what does it mean that a ‘word’ STANDS for ‘an idea’?” --.” Grice: “In fact, as Speranza showed at Oxford, one can organize a tutorial on the philosophy of language (he won’t though – he hardly organises!)  just using Balidonotti’s rough Latin of first chapter of ‘De vocibus’!”  “All the material I rely on in my Oxford 1948 talk on ‘meaning’ for the Philosophical Society can be found there: ‘vox’ significat affectus animae artificialiter, lachrymal significat affectum animae naturaliter --.” Grice: “Unless she is a crocodile, as Speranza remarks!” Tutore di metafisica nel ginnasio di Mantova, pavia, padova. Altre saggi: “De recta humanae mentis institutione”;  Historiae philosphica prima, et expeditissima adumbratio, Operationum mentis analysis . De elementis humanarum cognitionum -- de perceptione et ideas, earumque adnexis -- de idearum affectionibus, et in primis de realitate, abstractione, universalitate earumdem -- de simplicitate, compositione, relatione idearum -- de idearum clartitate, et distinctione, veritate, et perfectione, DE VOCIBUS, DE SYNONIMIS, ET INVERSIONIBUS, DE VARIETATE LINGUARUM, ET DE MUTUO VOCUM, ET IDEARUM IFLUXU, DE USU, ET ABUSU VERBORUM, DE VERBORUM INTERPRETATIONE, DE MULTIPLICITI SCRIBENDI RATIONE. De humana cognition. Humana cognitionis analysis, de PROPOSITIONIBUS -- de gradibus humana cognitionis -- De cognitione probabili -- De cognitionum realitate -- De extensione humanarum cognitionum -- De impedimentis humanarum cognitionum -- de humanarum cognitionum instrumentis --  De mentis magnitudine, et perspicacitate augenda -- De analysi, et definitione -- de ratiocinio et demonstratione -- De nonnullis argumentorum generibus -- De inductione et analogia -- De methodo generatim -- De methodo analytica -- De methodo synthetica -- De principiis -- De hypothesibus -- De ratione coniectandi probabilia -- De fontibus humanarum cognitionum -- de conscientia -- de ratione -- De concursu rationis, et revelationis -- De sensibus, deque recto eorum usu -- De cognitionibus, et erroribus sensuum -- De observatione, et experientia -- de auctoritate -- De testibus oculatis, et auritis -- De traditione et monumentis -- De historia -- De librorum authenticitate,sinceritate, suppositione, interpolatione, corruptione, et de interpretationibus -- de arte hermeneutica -- “Tentamen”; “De metaphysca generali liber unicum” De existente et possibili, et deiis, quae qua tenus tale est, ad utrumque pertinent -- De identitate, similitudine, distinctione -- De composito, simplici, uno -- De infinito. De spatio. De tempore. De causa. De non nullis impropriis causarum generibus. De Kantii philosophandi ratione et placitis, ut ad metaphysicam generalem referuntur. S. Gori Savellini, Cesare B. in "Dizionario Biografico degli Italiani", Istituto dell'Enciclpopedia Italiana, Roma. Troilo, Un maestro di Rosmini a Padova, Cesare B. in: "Memorie e documenti per la storia della Padova", Padova. Cesare B., Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. DE VOCIBUS. Voces nostrum studium,et operam expostulare,fuit iam suo loco observatum.Quae cum sint idearum nostrarum signa, horum tradenda prima divisio est', qua in naturalia, et artifi cialia distinguuntur. Signum naturale cum re significata habet nexum ex eius natura derivatum; artificiale vero ex hominum institutione, et arbitrio aliquam rem significat: lacrymae sunt doloris signum naturale, voces signum idearum artificiale. Non erit porro alienum de naturalibus signis advertere, homines non raro ad errorem trahi, dum ex illisrem significatam inferunt: sunt enim haec signa, vel effectus, qui caussas, vel caussae quae effectus indicant,ut in signis rerum futurarum. Iidem autem effectus nunc ab una,nunc ab alia caussa oriun tur;neceadem caussa eosdem semper effectusgignit; sed multa sunt, quae causarum actionem determinant, suspendunt, et etiam omnino mutant. Non igitur necessario, et semper SIGNUM NATURALE rem certam innuit; sed a multi spendet, quod eo una potius,quam alia ostendatur. SIGNA AFFECTUUM ANIMI SUNT NATURALIA. Eos tamen non semper denotant,et ille in perpetuo errore versaretur, qui de affectibus ex eorum signis statueret. Sed ad voces revertamur, quarum origo, indoles, vis, in ideas et mentis operationes, influxus, usus, abusus, interpretatio leviter attingenda. Quin imo Reid Rech. sur. l'Entend. arbitratur, eas, quas dicimus causas, esse tantum RERUM SIGNA.Videmus dumtaxat, quae dam hunc inter se nexum habere, ut si unum praecedat, aliud illico subsequatur. Id tantum statuere possumus; non vero in eo, quod prae cedit respectu illius, quod subsequitur, causalitatem, ut aiunt, inesse, cum haec nullaratione ostendatur. Inter eas quae non prorsus inutiliter attinguntur, commemorari possunt potissimum nominum divisiones, ad quarum normam nomen in enunciatione, vel est subiectum de quo aliquid effertur, vel est praedicatum quod effertur, vel est concretum, remque significat cum sua forma, vel est ab. Voces INSTITUTIONIS esse signa nempe ARTIFICIALIA, nec necessarium habere NEXUM CUM REBUS, ad evidentiam probantmuti, et linguarum varietas. Nam si haberent, organo tantum vocis impedito, sermonis nullus esset usus, et quae apud omnes eadem sunt, iis demetiam nominibus appellarentum. Mira autem est non rerum, sed verborum diversitas; et muti sunt ii, qui surditat elaborant. Nunc vero videamus, an facultates humanae vocibus AD RES SIGNIFICANDAS INSTITUENDIS sint pares. An videlicet possint homines linguam aliquam condere. Animi affectus, sensusque vividi doloris et voluptatis naturalibus quibusdam signis coniunguntur, iisdemque manifestantur: homines haec facile possunt artificialia reddere, sinempe observent affectus, quos indicant, nec ea tantum edant impellente natura, sed consulto, ut quae experiuntur, ceteris manifestent. Quae signa clamoribus non articulatis, habitu vultus, et gestibus continentur, atque actionis, quam vocant, linguam conficiunt. Usu autem constat facilem, expeditam secretam idearum COMMUNICATIONEM hac lingua non obtineri, distantia, et interposito corpore impediri. Sensim igitur ab ea recedere coguntur homines, ad eamque feruntur, quae vocis distinctionibus pititur. Hanc ut instituant clamores naturales in primis pro stractum solamque formam exprimit, vel est categorematicum quod solum et per se aliquid notat, vel est syncatagorematicum quod ab alio avulsum nihil certi repraesentat, vel categoricum quod rem categoria comprehensam obiicit. Sed de his satis, sapiens est non qui multa, sed qui utilia novit. Negat Lamy in Trat. de Ar. log.; et Rousseau disc. sur. l’ineg. parmi les Hom. parum abesse censet, quin demonstratum sit, fieri numquam posse, ut lingua ulla suam ab hominibus originem habeat. Ita etiam A. Encycl. A. lang. His e diametro se se oppouunt Epicurei, quorum hac super re doctrinam LUCREZIO (si veda) de Nat. rerum exposuit. Diodorus Siculus Bibl. quod nobis possibile, et hypotheticum est, factum habet, omnesque linguas humanum fuisse inventum putat. Nuperrime in Diss. de ling. orig. ab A. Berol. an. praemio donata Herder contendit linguas in universum non divinae, sed humanae prorsus esse institutionis. De hac lingua V. Condil. Gram. Sinensium lingua hanc videtur originem habuisse, ea constat ex monosyllabis., quae pronunciationo variata otficiunt SIGNA, (V. Condil. -- trahunt, et simul iungunt, rerum etiam externarum sonos referunt, et imitantur, unde voces oriuntur, quae elevatione et depressione multum distantes aliquo modo gestuum et clamorum vim exprimunt. Atque ita verborum dstinctioni consultum, quantum patitur vocis et auditus organum rude adhuc et inexercitatum. Subtilius, qui haec disputant, quorum etiam aures delicatiores, similitudinem quamdam inveniunt inter impressionem a rebus, et a verbis excitatam. Eamque prolatis ex. gr. vocibus "crux", "mel",  "vepres", "furens", "turbidus", "languidus" distincte sentiunt. Hinc multae voces. Multae etiam facultate, qua pollemus, per metaphoras sive transferentiam omnia explicandi, et associandi insensibiles ideas sensibilibus. Revera verba, quae res insensibiles referunt, metaphorica sive transrelata omnino sunt. Perpetuo autem usu nomina propria evasere, et vetustate multorum etymologia sensibilis ita evanuit, ut res pror sus in sua SPIRITUALITATE relinquant. Quin immo eadem verba solum confugiendo ad metaphoras sive transferentiam poterant fabricari. Externa namque forma carent, etsono res insensibiles, unde earum no mina desumantur. Ac certe per imagines solum et similitudines id, quod experimur, aliis, qui illud ipsum non experiuntur, possumus explicare. Traité des connois. hum.) Alii monosyllaba Sinensium numerant. Freret sur la lang, des Chin., et signa inde componunt 54509. et 80000. Haec loquendi ratio supponit iudicium aurium subtilissimum. SOAVE (si veda), Compendio di Lock. Ap. al c.I. Hoc facile sibi suadeat quisquis rerum, quae sonorae sunt, nomina advertat ex gr. "ululare", "hinnire", "sibilus", "tonitrus", "stridor", "murmur". Observat Warburthon Ess. sus les Hierogl. actionis lingua, inventis iam vocibus, homines usos fuisse, Orientales praesertim, quorum alacritas, et imaginatio vehemens hunc exitum etiam requirit. Atque exempla permulta ex historia tum sacra, tum profana hanc in rem profert. Ut recte nomina rebus IMPOSITA sint, quamdam esse debere rerum, et nominum convenientiam ex ipsa earumdem rerum natura ortam in Cratylo contendit Plato. Sunt enim, ait ipse, nomina IMITAMENTUM, quemadmodum etiam pictura, et qui rei speciem in litieras, ac syllabas referre nonnovit, is ineptus nominum opifexest. Erecentioribus Ioannes Baptista Vico, principii d'una scienza ec., de similitudine verborum cum forma rerum multis disseruit. Horum nominum exempla sint cogitatio, voluntas, desiderium, aliaque huiusmodi. V. Traité de la Formation mechan. etc. Ch.XII.  Quod vero homines, ut boc aliisque modis ad sermonem formandum aptisutantur, fortius incitat, indigentia est, maxima rerum omnium magistra. Sermonis etiam utilitas, atque necessitas vix paucis inventis vocibus sub oculos posita. Hinc multi conatus, ut verborum numerus augeatur, quos felices reddit cognitionum, et idearum COMMERCIUM homines inter initum. Haec enim se mutuo fovent, et,ut verba commercium illud amplificant, ita ex commercio novae vires additae, et nova suppeditata istrumenta, quibus ars faciendorum et deligendorum verborum perficiatur. Nec vero sunt verba hominum opus, in quo ipsi nihil aliud, quam arbitrium recte sequantur. Est enim illa analogia im pressionis, et soni imitatio, quam pulcherrime in fingendis vocibus sequimur. Est forma, et affectio orgaai vo eis, a qua earumdem elementa, literae praesertim vocales determinantnr. Sunt denique derivata, et voces artium, et technicae in hominum libertate haud repositae, cum illae derivationis naturam imitentur. Hac vero vim, et EFFECTUS RERUM SIGNIFICENT significent. Duo sunt, quae videntur iam asserta impugnare. Primum scilicet sermonis institutionem requirere, ut de significatu verborum conveniatur. Conveniri autem inter eos non posse, qui omni sermone destituti sunt. Quasi vero nulla alia praeter voces ratio suppetat. Qua explicetur quid ipsae SIGNIFICENT Percipi enim id. Modum transferendi verba necessitas genuit inopia coactaet augustiis, post autem delectatio iucunditasque celebravit. Cic. de Orat. III. 38. Notat et illuminat marime orationem tamquem stellis qui. busdam verbum translatum Idem ib. 48. Huc faciunt quae de linguarum analogia subtiliter disserunt Valcke naerius in observatt. academicis, Lennep inpraelett. academicis et Scheidius in orat. de linguarum analogia ex analogicis mentis actionibus probata. Sed est etiam unde moveantur homines ad res alias per multas metaphorice appellandas, eas scilicet quas primum obscure, et confuse percipiunt. Et enim has meditando earum quamdam similitudinem cum aliis distincte perceptis intelligunt, quorum proinde nomina ad illa transferunt. Atque in hoc mirifice dele ctantur luce, quae ex rebus claris, et distinctis in alias obscuras, et confusas diffunditur. potest ex circumstantiis, in quibus adhibentur, et ex gestibus, qui pronunciatis nominibus res indicarent. In eamdem etiam rem conferet illa imitatio, atque similitudo. Aliud vero erat huiusmodi. Summis viris difficultas maxima se semper obiecit in linguis ornandis, et perficiendis. Qui ergo fieri potuit, ut homines plane rudes, atque ferini, communione scilicet cum aliis non exculti ex integro sermonem con dant? Fieri istud quidem non posset, si de perfecto sermone contenderetur, in quo non tantum apte expressa, quae ad necessitatem pertinent, sed etiam, quae ad cultum vitae, et oblectationem. In quo multae orationis partes, multae leges syntaxis, et inflexionum, multa denique, ut numerus, et varietas obtineatur. Haec sermoni non absolute necessaria sunt, et vix nomina, utaiunt, substantiva, et signum aliquod numquam variatum ad verbum auxiliare sum exprimendum. Quae quidem hominis licet sylvestris facultates non superant. Multa in qualibet lingua videntur esse synonima, voces scilicet, quae unam, eamdemque ideam referunt. Dubitari autem iure potest, an revera sint. Quin potius statuerem ea, quae di cuntur synonima, eamdem ideam principalem reddere, accessoria vero differre plerumque. Atque hoc modo inter se differunt "amo", et "diligo"; "peto", et "postulo", "timeo", et "vereor" Condill. Gram. Traité de la form. mechan. du langage; Condillac Traité des connois. hum.; Grammaire, Maupertuis Diss.sur les moyens etc. pour exprimer leurs idées; Sulzer de l'influence recipr. de la raison, etc. extat in Ac. Ber. et Vol. IV. opusc. Select. Mediol. Soave Comp. etc. Ap. al C.I. Receptum apud logicos novimus, ut nomina tribuant in synonima, quae secundum unam eamdem que rationem de pluribus usurpantur, et in homonyma quae rationem naturamque diversam in iis SIGNIFICANT, de quibus adhibentur, Iam vero homonyma alia dicuntur casu et citra rationem ac temere im. Synonima stricto sensu accepta, quae nulla idea accessoria differrent, linguae vitium indicarent. D'Alemb. Elem. de Phil. XIII. Hac de re notandum est, vocibus duplicem illam ideam  subesse. Et, ut praeteream exempla, quis est, qui non noverit, vocabula quaeque loco, et tempori, et generi s u scepto orationis non convenire? Quod profecto maxime oritur ex idea accessoria, quae non solum verba eamdem principalem exprimentia distinguit, sed eorum etiam opportunitatem deter minat. Quae ergo synonima habentur, ea profecto non iure; namque discrepant accessoriis illis ideis, quae rerum diversos aspectus, gradus, et relationes, et adiuncta exprimunt. Imperiti haec apprime synonima reputant, quorum levia discrimina lin guarum cultores notant. In eo frequenter peccant ex lexicis pene omnia, quae adolescentes, misere decipiunt. Duplex distinguitur ordo verborum, et conformatio, naturalis, et artificialis; seu inversa. Porro quem ordinem habent ideae, idem etiam verborum est: ordo autem idearum, fertur ad modum, quo in mente sibi succedunt, vel ad earum dependentiam mutuam,ex qua fit, utaliaealias regant, et explicent, aliae explicentur, atque regantur. Si primum, ordo, quo exprimuntur ideae, naturalis erit, quando idem, ac ille, qui in earum successione servatur. Qui quidem in singulis diversus est. Si secundum, ut ordo sit naturalis, quae alias regunt, vel ab aliis explicantur praemittendae sunt. Quae reguntur, et alias explicant postponendae. Secus erit artificialis, seu inversus. Sed unde oritur, quod ordo inversus orationi vim addat,et siteius quasi lumen quoddam nosque voluptate perfundat? Scilicet posita, et alia dicuntur ratione, quod rebus tribuantur aliqua inter se similitudine cohaerentibus. Posteriora haec aptius vocantur analoga, sive attributionis, quum uni quidem rei primario conveniunt, reliquis secun dario,sive proportionis,quae pluribus rebus propter proportionem aliquam accommodantur. Ex  hoc fonte methaphorae pleraeque omnesdimanant. Nonnullarum rerum, atque actionum voces quaedam ex ideis hisce accessoriis inhonestae, et turpes evadunt; quae ideae si in aliis vocibus omittantur, vel mutentur,nulla amplius est turpitudo. Unde fit, quod eae. dem res, etverecunde, etobscoene dicifpossint,etquod ea,quae turpia re non sunt, nominibus, ac verbis flagitiosa ducamus. vel re. D'Alembert loc. cit. Traité de la form. mech. du lang. ch. IX n.161.  quia eum, quem Rethores MODUM appellant, et numerum parit; quia imaginationem exercet;quia ideas nimis disiunctas coniungit. Revera voces ordine inverso positas ad se mutuo referi m u s, ut postulat idearum ratio. Atque si in periodo multae sint ideae, quae a quadam principalipendeant, et exiis aliquaehuic praeponantur, postponantur vero aliae, arctius omnes cum ea coniunguntur. In quo nexu illud praesertim admirabile,quod uno verbo ad integram sententiam animus revocetur. ET IDEARUM INFLUXU. Varietatem linguarum,et nos ad confusionem Babylonicam referimus: simul autem liceat statuere,ex diverso hominum ingenio, et indole,eorumque externis circumstantiis oriri potuisse, et magna ex parte ortum esse,ut singulae suum -co lorem habeant. Ac ex confusione illa vocum origines potius, quam ipsaelinguae;quae perfici sensim debuerunt,etaugeri verborum copia, atque syntaxi, et inflexionibus moderari. Non una autem in hoc fuit omnium gentium ratio, quod multis causis tum physicis, cum moralibus tribuendum est. Atque inter eas recenserem caeli temperiem, non eamdem ubique faciem naturae, rerum aspectus multiplices, diversas opiniones sive ad civitatem sive ad religionem pertinentes, regiminis formam, educationem, mores denique et studia. Revera sermonis vis, copia,et harmonia, et inflexio nationum exprimit characterem,ingenium,atque culturam;ac eadem linguarum, et gentium fuere semper fata, et vicissitu dines. QUOD IN ROMANI IMPERII, ET LINGUAE LATINAE ORTU, progressu, et occasu velut sub oculos positum est. Iunctam, cohaerentem, levem, et aequabiliter fluentem orationem facit verborum collocatio. de Orat. D'Alembert Eclair cis. Condill. Gram.; Art.d'Ecrire; Traité de la form. mechan. etc.  INSTITUTIONE DE VARIETATE LINGUARUM, ET DE MUTUO VOCUM. Sed ex iisdem quoque caussis fit, ut nationes singulae suas habeant idearum compositiones, et vocibus, quibus aliae carent, utantur. Inde in interpretando necessitas verborum circuitum saepius adhibendi, cum non semper verbum e verbo exprimi possit. Indeadeo difficile, libros ex una in aliam linguam convertere. Atque in hoc lice tomnis cura, et studium ponatur, adeo singulis linguis suum quoddam inest ingenium, ut nullae fere sint interpretationes, quae authographi vim, et elegantiam, et nativum splendorem nequaquam desiderent. Quae quidem eo nos adducunt, ut intelligamus, quem dam esse posse sermonem, edisci, et percipi omnino facilem. Quem si universalem veluti linguam cunctae gentes amplecterentur, eo possent mutuum idearum, et cognitionum commercium inire. Ac difficultas, qua ab hoc impediuntur, ex lin guarum varietate, et multitudine orta, alia etiam ratione vinci posset, characteristicam nempe aliquam linguam adhibendo, quae res ipsas, non rerum voces exprimeret. De bac sermo erit inferius. Interim cum nullus ex hisce modis adhuc suppetat. Nec ulla spes sit, ut in unum, V. Clericum Art. Crit. Linguarum varietas non leve incommodum affert societati, et progressui scientiarum. Nec enim consultum, ut facile edisci possent, sed casu magna ex parte conditae, et procurata copia, et ornatus. Sublatis declinationibus, coniugationibus, et generibus, si substantiva unam immutabilem terminationem haberent, suam adiectiva, et verba pariter, quae adverbiorum ope temporibus, et modis distinguerentur. Pullae superessent regulae grammaticorum, et solius lexici auxilio linguam quam libet perciperemus. Cumque insuper esset prima illa lingua absurda, et egestate, atque uniformitatis squalore sordesceret. Maxime erit optandum, ut LATINI SERMONIS USU conservetur. Locupletissimus namque est hic sermo, electissimis, et praeclaris verbis abundat, communis hactenus fere fuit omnium eruditorum; qui eo abiecto, si suam singuli linguam in scribendo usurparent, iam, vel aliena omnia nescirent, vel in omnium gentium, quae doctrinae laude vel alium conveniant omnes. Splendescunt, perdiscendis linguis curam, et operam compellerentur insumere, quam ad rerum cognitionem adipiscendam con tulissent. Quae hactenus de vocibus dicta sunt, satis ostendunt, easabideis, et cogitandi modo non parum pendere. Sed magnus etiam est verborum in ideas, et mentis operationes influxus. Atque in psychologia, si fortasse ad veritatem plane non sua detur, nullas fere absque verborum usu nos exequi posse. Illud profecto demonstratur, eo foveri multum, et perfici. Quod probari nunc potest exemplo mutorum. Earum etiam gentium, quibus signa numerica pro maioribus quantitatibus deficiant, cetera sint nimis composita. Illi quidem multis omnino ideis destituuntur, mentisque facultates obtusas habent, nec ad operandum faciles et expeditas. Hae vero gentes in rebus ARITHMETICIS ne vix quidem progressæ sunt. Tantum signa valent ad humanas cognitiones promovendas vel impediendas. Equidem arbitror, a veritate abesse longius, qui crederet verba communicationi cum aliis tantum inservire. Ea menti sistunt obiecta. Nimis composita dividunt. Si magnifica sint et nobilia, res amplificant, et extollunt. Si humilia, imminuunt, et deprimunt. Mosheim DISSERT. DE LINGUÆ LATINÆ CVLTVRA ET NECESSITATE V. etiam quæ nuperrime Ferrius, et Tiraboschius, Gorius, et VANNETTI (si veda) in eam habent Alamberti sententiam, Melang., statuentem bene LATINE scribi non posse, et LATINITATE abiecta studium omne ad patriam linguam transferentem. Refert Condaminius, quosdam Americæ populos, cum ocesnume rorum supra ternarium non habeant, in hoc arithmeticam eorum consistere: certevix paucis huiusmodi signis utuntur, iisque ad modum compositis, ex quofit, ut maiores numeros mente haud comprehendant, et quem libet ultra vicesimu in indefinite concipiant, atque capillorum numero comparent.V. De la Condamine Voy. Paw Rech. sur les Americ. Cogitatio, ait ACCADEMIA in Theæteto, est sermo,quem mens apud se volvit circa illa, quæ considerat. Cum enim cogitat, secum ipsa disserit adeo, ut cogitatio sit sine strepitu vocis oratio, aut interior collocutio. Verba sunt veluti signa algebrica idearum. Brevitati proinde consulunt, multarum idearum comparationem faciliorem reddunt, mentenique sublevant in consideratione multarum rerum, atque compositarum: quæ verborum utilitates maxime elucentin modorum mixtorum ideis, quas in nullo exemplari iunctas videmus, sed verbis exhibentur et comprehenduntur. Verba denique nexus inter ideas augent, eas facilius, et promptius exsuscitant, distinguunt, quæ vix confuse percipe rentur. Sic technicæ in arte pingendi voces omnia alicuius tabulæ vitia, omnemque præstantiam indicant. Quæ eos prorsus fugerent, qui illas voces nequaquam callerent. Quare scientiæ, omnesque artes multum debent verborum inventoribus, ut Linnæo Botanica; et Ontologia, licet nomenclatione tantum contineretur, non esset penitus contemnenda. De verborum usu, et abusu hæc fere a Lokio, aliisque melioris notæ Logicis accepimus. In primis duplicem esse usum verborum. Vel enim eo cogitationes nobiscum cooferimus, vel aliis exprimimus. Illum jam attigimus capite superiore, in quo osten debam, maximas utilitates ex hoc interno sermone profluere. Cum aliis autem utimur verbis,aut in vitæ civilis consuetudine,vel in studio Scientiarum. Inquo præsertim distinctioni, et perspicuitati. Ideæ in primis connexæ inter se sunt ex analogia rerum, et ex circumstantiis, in quibus acquiruntur. Sed insuper verbis etiam unæ cum aliis colligantur. Quot ideas unum verbum sæpius excitat? Atque ex verbis hæc alia utilitas provenit, ut in ideiş revocandis, et disponendis ordini, quo a nobis comparatæ fuere,non adstringamur, sed illum qui magis placeat, magisque conveniat iisdem tribuimus. Bonnet Ess. Analyt. Sulzer. Micheælis de l'influ. des opin. sur le lang. etc. Condil. Art. de penser; STELLINI OSSERVAZIONE SULLE LINGUE; Soave Comp. di Locke Iap. al cap. XI.  Scilicet, si circa ideas maxime compositas,  sertim versemus, iisdem nomina, quibus appellantur, substituimus. Nimis enimesset operosum, eetiam impossibile, omnes ideas simplices illas componentes mente revolvere. Quod etiam confusionem afferret, et, ne idearum relationes viderentur, obstaret. Hæc habitualis, non actualis distincta perceptio est idea coeca, et symbolica Leibnitii. circa notiones præ 1 litandum est, ne per se difficilia reddantur difficiliora. Et ne rerum INVESTIGATIONES in æternas quæstiones de nomine abeant. Locutionis perspicuitas, atque distinctio maxime optanda idearum claritatem, et distinctionem desiderat: quomodo enim, quæ confuse percipimus, aliis distincte explicarentur? ad eam confert brevitas, in qua tamen habendus modus;nam ut nimia verborum copia res obruit, ita eorum egestas tenebras rebus offundit. Denique cum iis, qui loquuntur confuse, vitanda fa miliaritas est,qua nihil fortius ad idem vitium contrahendum. Ita autem verbis utamur, ut unicuique idea determinata re spondeat;dequo,sinobiscum tantum colloquimur, nos ipsos debemus interrogare; si vero cum aliis,et dubium sit, an verba ideas claras,etdistinctas in aliorum mentem immittant, tunc ea dilucide explicanda sunt. Id quidem de nominibus idea rum simplicium præstari potest (vix autem erit necesse), si observanda proponantur obiecta,quæ significant,etmodus,et circumstantiæ indicentur, in quibus eorum ideæ acquiruntur. Nomina vero idearum, quæ sint compositæ, decla rantur earum obiectis exhibitis, et addita ipsorum definitione; nec enim omnia attributa patent sensibus, et multa indolem potentiæ habent. Quod si hæc obiecta non existant.Verborum universalium magnus est usus, et maxima utilitas; innumera enim individua una tantum voce comprehendi mus, quæ esset impossibile omnia suis nominibus distinguere. Esset etiam inutile, quia necii, quibus cum loquimur, multoque minus illi, quibus aliquid scriptum relinquimus, eadem indivi dua agnoscunt.  ergo. Sed quæ circa rectum verborum usum,et eorum inter pretationem, de qua inferius, præcipienda sunt, separari vix possunt ab idearum doctrina iam tradita; utrisque enim idem finis, avocationempe ab erroribus. Inter eætiam intimus nexus, quantus inter voces, et ideas. Nunc lum, quæ propius ad verba pertinent, quæque eo loci explicata non sunt. ne actum agam, so meratio idearum, quas simul reflexione, aut pro arbitrio con iunximus. fiat enu Vocibus demum abutimur, si quæ incertam significa tionem habent, non definiantur; si definitus sensus mPombaur. Si in rebus scientiarum artes consectemur oratorias. Namque delectant, et movent, mentemque avertunt a philosophico rerum examine,quas non accurate,sed ad similitudinem exprimunt. In verborum sensu commutando peccarunt vehementer scholastici. V. Gassendum in Exerc. Arist. Exerc. Hic cum Logicis fere omnibus non præcipio, abstinendum esse a tropis atque figuris:rebus enim permultis vocabula metaphorica necessario imposita sunt, aliis utiliter, cum ex iis orationi splen dor accedere videatur. Condil. Art. d' écrire. Translationes propter similitudinem transferunt animos,etre. Neque vero minor utilitas ex verbis notionum;.harum nullum archetypum extra nos invenitur iunctas exhibens ideas, ex quibus componuntur. Id vero præstant nomina, quæ illas comprehendunt. Sunt denique voces, quas particulas appellant Grammatici; his utimur, ut ideas, et periodi membra, et periodos ipsas interse coniungamus. Quisaneusus mirificus est, et ex eo maxime vis tota orationis derivat. Rectus erit,si m u tuam rerumdependentiam, et relationes diligenter consideremus.  Hæcdeusu. Nunc de abusu,quirestat,dicendumest. Iam vero abutimur verbis, si iis, nullam ideam, aut obscuram associemus, adeo ut inania sint, et ambigua: in quo non rarum estlabi;etmaxime verba notionum virtutis,honoris,et simi lium multo pluribus sunt meri soni; obiectum namque non referunt, quod sensus moveat, nec illud quod referunt in in fantia, percipimus. Hinc ea absque ulla significatione usurpandi longam consuetudinem iam contraximus, a qua ut reMilanius, reflexione vehementer nitendum est. Sed abusus verborum etiam ex ignorantia, et malitia. Scilicet, qui partium studio, vel anticipata opinione moventur. Qui vulgo avent imponere. Qui difficultatum pondere hærent et idearum defectu impediuntur. Tunc enim vero ii obscuritatem affectant, verbis inanibus se se involvunt, nova etiam fundunt, atque sesquipedalia. Optimum ergo erit, mentem parumper a verbis abstrabere, eamque in ideas intendere, ne verborum so nitu hallucinemur. Ut verba recte interpretemur, advertendum in primis, notiones eius, a quo adhibentur,'significare. Non igitur suppo natur, omnes iisdem verbis adnectere easdem ideas, et ipsis rerum realitatem apprime respondere. Quæ qui supponunt, de rebus perperam ex verbis iudicant, et ex propriis aliorum ideas non bene copiiciunt. Hisce per summa capita indicatis, advertam in primis, duplicem distingui sensum verborum, proprium scilicet,et tran slatum;namque verba,aut illam rem exprimunt,cui primum fuere assignata. Vel ex quadam similitudine cum re ipsis propria eadem verba ad aliam significandam transferimus. Quod si fiat, sensum habent translatum, secus autem proprium. Nisi quis sensum proprium alicuius vocabuli accurate perceperit, numquam fieri poterit, ut translatum assequatur; hic siquidem ad illum refertur. Rerum præterea conditionem inspiciet,ex qua oritur, ut quædam voces potius, quam aliæ, ad res sensu translato exprimendas, electæ fuerint. Inde clarius is sensus patebit ferunt, ac movent huc, et illuc, qui motus cogitationis celeriter agi tatus per se ipse delectat. de Orat. Translatio est, cum verbum in quamdam rem transfertur ex alia; quod propter similitudinem recte videturposse transferri. Cic. ad Heren.; Alembert Eclaircis., sur les Elém. de phil. Quam vero quisque vocibus notionem subiicit, arguere tuto possumus, si multa nobis nota sint, eaque invicem conferamus; loquentis scilicet ingenium,et characterem; affectus, oris habitum; linguæ, quautitur, vim, etindolem; rem,quam tractat; circumstantias, in quibus versatur; opiniones, religionem, quam sequitur;demum popularium eiusmores, ritus, consuetudines. Haac enim omnia efficiunt, ut licet verba sint eadem, non tamen eumdem significatum, eamdemque vim habeant. Nunc vero singula verborum genera persequar, deque  Difficilius assequimur sensum verborum, quæ notionibus respondent; siquidem præter caussas nominibus rerum existentium communes, peculiares etiam concurrunt, ex quibus efficitur, ut singuli fere has ideas diverso modo componant. Nec eadem semper significatio est vocibus orationis par ticulas exprimentibus; loquentium igitur, vel scribentium affe ctus, et præcipue contextus consulatur,cum ex iis sit dedu cenda. De nominibus relativis, quid advertendum in præsen tiarum,ut recte explicentur? Porro id muneris iam explevi dum agebam de eiusdem generis ideis. Quid de nominibus uni versalibus,quod paritereoloci, traditum non sit? Illud subiungam,voces particulares,aliquis,quidem etc. obscuras esse et indeterminatas, nec denotare, quæ, et quanta subiecta sint; universales vero aliquando particulariter esse sumendas, aliquando non omnia individua generum,sed individuorum omnia  siores esse, iisnonnulla admoneam,ad quæ semper in eorum interpretatione spectemus. Qualitatum sensibilium nomina, colorum nempe, saporum, aliarumque huiuscemodi, sensationum etiam doloris, et voluptatis, non ita accipienda sunt, quasi explicent id, quod est in rebus extranos positis. Nostras affectiones, sensationesque upice indicant, nec vero vim,et quantitatem earumdem. Hanc experimur, non autem accurate possumus efferre. Fit autem sæ pius,ut in singulis maior,vel minor multiplici gradu sit. Dubitari quidem potest,quin ipsæ sensationes apud aliquos prorsus differant, licet omnes iisdem verbis utantur. Omnes arborum folia viridia appellant; sed adhuc videndum, utrum hæc vox eamdem omnibus ideam excitet. Quam dubitationem ingerit di versa corporis temperies, et habitus, nec eadem omnino fabrica sensuum;unde certo oritur,affectiones easdem aliquibus inten aliis languidiores. Nomina idearum compositarum non idem apud omnes. Maxime si veteres cum recentioribus confe rantur.Ne eas igitur ex nostris notionibus interpretemur, sed ex illis quæ ampliores fortasse, vel angustiores. Nominibus substantiarum easdem qualitates non omnes complectimur. Nulli essentiam primariam,a qua eæ nascuntur,et quam nemo novit.   genera significare. Quæ quidem ex circumstantiis, linguarum indole, ingenio, loquendi consuetudine patent dilucide. His fere,quæ adhuc de vocibus disserebam, continentur potiora,ex quibus Grammatica philosophica conficitur: linguarum singulæ suam habent, eaque particularis Grammatica dicitur. Est vero etiam Grammatica universalis,quæ principia constituit omnibus linguis communia. Notandum superest,syntaxim totam legibus concordantiæ, et regiminis moderari. Illæ principio identitatis, hæ principio diversitatis innituntur. Verborum disputatio manca videretur, si de scribendi rationibus haudquaquam dissererem. Non igitur una fuit hæc ratio apud omnes,nec omnibus temporibus;tamen in eo con veniebant, quod signis non ore,sed manu expressis,quæ mente revolvimus, manifestarent. Ac, quæ fuere adhibitæ, pictura, symbolis allegoricis, denique signis arbitrariis continentur. Pictura, aut unam figuram, aut plures exhibet, signa arbitraria, aut ideas,aut syllabas,aut litteras verborum significant. Scripturæ, licet ab ea, qua nunc omnes fere gentes utuntur, longe dissimilis,specimen aliquod hominibus innotuit per imagines, quæ sui res exhibent, et quas conamur exprimere gestibus, et clamoribus, ut iis longinqua designemus. Ad has imagines adumbrandas urgebat necessitas communicandi cum absentibus, et præsentibus explicandi id, quod verbis efferri non poterat. Inde scripturæ origo potius, quam ex cura committendi nostras cognitiones posteritati. Ac homines ex rerumimaginibusidconsiliicepisse,ut illas ad suos cogitationes enuntiandas delinearent, omnium pene De usu, abusu, interpretatione verborum videantur Locke Ess, etc. Leibnitz Nouv. Ess, etc. Clericus art.crit., Du Marsais princip. de gram. Condillac gram. D'Alembert Elem.de Phil. et Eclaircis. sur les Elem. etc, Hinc sensim crescere CONVENTIONIS SIGNA, etomniatan. dem huiusmodi evadere. Quae sola notiones reflexione perceptas possunt exprimere;quae ob multos rerum aspectus sunt neces saria. Namque notiones illae nullam imaginem praeseferunt, nec ulla imago diversas relationes comprehendit, sub quibus res, ut lubet, consideramus. Signa autem, quae ex CONVENTIONES sunt, optime quidem ab eo constituta fuissent, qui singula singulis ideis simplicibus destinasset, suaideis universalibus, aliademum determinationibus individua constituentibus. Enim vero simul iungendo, et apte componendo haec signa, res omnes possent distincte explicari. Hoc scribendi modo philosophus tantum uti potest, nempe ille solus, qui probe noverit, quaenam ideae simplices illas substantiarum, et notionum componant. Quique etiam adeo individua observaverit, ut ea possit plane describere. Illum Paw Recher. sur les Americ. Quemadmodum artis typographicae occasio fuit ars caelatoria et sculptoria, ita occasio scripturae non inepte ex pictura derivatur. Praesertim quum non aliter pictura sit obiectorum in oculos incurrentium scriptura, quam scriptură sit obiectorum quae aures feriunt pictura. Videsis Augustum Heumannum in conspectu reipublicae literariae Signa huiusmodi spectant ad linguae universalis institutionem. Alia ratio, qua ad eamdem possumus pervenire, indicata, vix est N. LXXII., LXXXII. V. Soave Comp. di Locke, qui etiam celebriores scriptores recenset, a quibus ea institutio suscepta fuit. Leibnitii historiam, et commend. characteristicae linguae univers. Traité de la Form. etc. Mémoires de l'Acad.de Berl., ibi Thiebault videtur succensere Michaelis, et non ita difficilem, nec vero inutilem, et multo minus perniciosam, quemadmodum ille, censet linguae universalis institutionem, quae primo illo modo conti. neretur. Sepositis iis,quae de universali lingua instituenda excogitari subti.  vetustarum nationum monumenta, et gentium sylvestrium usus confirmant. Quae scribendi ratio picturae affinis, cum auctis cogni tionibus, relationibus, et indigentiis ad omnia exprimenda non non satis esset apta, paulatim a signis discessum est rerum i m a ginem referentibus, et huius pars tantum depicta, et plures ideae uno signo manifestatae. nenses adhibent; proindeque mirum non est, si tanti apud illos sit literas scire. Quae difficultas effecit, ut nationes pene omnes eum scribendi m o d u m probaverint, quo non obiecta, non ideas, sed sonos verborum reddunt; ad quem duplici via perveniri posse declarabam liter possent, splendideque proponi; multo fuerit satius consilio adquie scere Ludovici Vivis, cuius haec sunt (De tradendis disciplinis lib.III. verba. Sacrarium est eruditionis lingua,et sive quid recondendum est,sive promendum velut proma quaedam conda.Et quando aerarium est eruditionis, ac instrumentum societatis hominum,e re esset generis humani unam esse linguam, qua omnes nationes communiter ute rentur: si perfici hoc non posset, saltem qua gentes ac nationes plurimae, certe qua nos christiani initiati eisdem sacris, et ad commercia et ad peritiam rerumpropagandam. Peccati enim poenaesttot esse linguas. Eam vero ipsam linguam oporteret esse cum suavem, tum etiam doctam et facundam. Suavitas est in sono sivé simplicium verborum ac separatorum, sive coniunctorum. Doctrina est in apta proprietate appellandarum rerum. Facundia in verborum et formularum varietate ac copia. Quae omnia effi cerent, ut libenter ea loquerentur homines,et aptissime possent explicare quae sentirent, multumque per eam accresceret iudicii. Talis videtur mihi latina lingua ex iis certe quas homines usurpant, quaeque nobis sunt cognitae. Quod continuo diligenter, ostendit, eaque tradit quae merito cum disputatione componantur ab Aloisio Lanzio libris inscriptionum et carminum praefixa. Sinensium alphabetum Typographicum ex 50000. signis constat. V. Mémoir, concernant l'histoire etc. des Chinois parles mission. tom.X1., Mopertuis ius auget ad 80000. Iaponenses, licetomnino diversa linguautan tur, quae tamen Sinenses literis consignant,probe intelligunt; adeo verum est haec signa non rerum voces, sed earum conceptus delineare. V. Marpertuis loc. Iam. cit. Cesare Baldinotti. Keywords: signum, genere, segno, genere, segno naturale, lacrima, segno artificiale, ‘homo’, conventione, imposizione, idea, ideazionismo, ‘Locki’ – enciclopedismo, illuminismo, ‘discorso sulle lingue’, propositione, articulazione, logica, grammatica, forma logica, modus significandi, imitatmento, il Cratilo di Platone. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Baldinotti” – The Swimming-Pool Library.  

 

Grice e Balduino: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale del vestigio dell’angelo al  Campidoglio – la scuola di Montesardo – filosofia pugliese -- filosofia italiana – Luigi Speranza, pel Gruppo di Gioco di H. P. Grice, The Swimming-Pool Library  (Montesardo). Filosofo pugliese. Filosofo italiano. Montesardo, Alessano, Lecce, Puglia. Grice: “It is amusing that when we were lecturing with Sir Peter at Oxford on ‘Categoriae’ and ‘De Interpretatione,’ Girolamo Balduino had done precisely that – AGES before, in a beautiful beach town of Italy! ‘vir Montesardis,’ –“ Grice: “Strawson and I, following an advice by Paulello, drew a lot from Balduino’s commentary – especially of the Peri Hermeneias, the section on the ‘oratio,’ since we were looking for ordinary-language ways to render all the modal distinctions (indicative, imperative, optative, interrogative, vocative, …) that Balduino finds so easy to digest – but our Oxonian tutees didn’t!” --  Girolamo Balduino (Montesardo), filosofo.  Studiò all'Padova sotto Marco Antonio Passeri (detto il Genua) e Sperone Speroni, formandosi nell'eclettismo aristotelico proprio di quella scuola. Insegna sofistica in quello Studio; passò poi all'Salerno e all'Napoli.  Nella seconda metà del Cinquecento le sue opere furono occasione di vivaci dibattiti. Alle sue dottrine si oppose, in particolare, il filosofo padovano Jacopo Zabarella. Altre opere: “Perì hermeneias”, “De interpretation, “Dell’interpretazione”; “Quaesita tum naturalia, tum logicalia”.  Studi Giovanni Papuli, B.: ricerche sulla logica della Scuola di Padova nel Rinascimento, Manduria, Lacaita, Papuli, B. e la logica scotistica, in Acta Congressus Scotistici, Roma, Papuli, Da B. allo Zabarella e al giovane Galilei: scienza e dimostrazioni, in « Bollettino di storia e filosofia », Raffaele Colapietra, recensione di Ricerche sulla logica della scuola di Padova nel Rinascimento, Emeroteca della Provincia di Brindisi. B.. “De signis”. It. segnare, notare, segnificare, notificare. Primum oportet ponere quid sit nomen et quiddam in proæmio, ut propositum suæ considerationis ante quid verbum cognovit et infra ab orationibus rethoricis et poeticis, atque his quæ affectus explicant, illam se legit. Item tes cum iste liber cum tota logicae undem modum cong ordine lint considerandæ quo, ex processu resolvente com, siderandi participet, qui ut ante monstrani est instrumen monstrat cum inquit primum bum etc. vers tum seu organum notificandi. Quid inter hunc librum quid nomen quid alios differt? Respondetur. Id interesse et, inter diversos primum, non intentione, cum libros eandem rem eodem. Sed quod primo exequi instituimus dicit opor versa prædicata propria, de illa cognoscantur. Q dis eaq. præs cipia quæ ut deus, et prima in omni tempore, loco, et subiecto dicata ex fine libri facile inveniri possunt demostrationis prin sunt nes mus, extremum nam ut posuis cellaria. Sed suppositione in hoc libro et finis, rum conceptarum res et secundum quid. nam tuimus dicata quinq vocem SIGNIficativam stag are, ut toto, necessario tra verlrum etc. Hæc verbi, orationis, enunciationis nominis, nis quibus eædem libro poeticorum est præceptionem tradere finiendo considerant alterum ut aspernetur et um metrum formandum, bi etc. ponere ergo sumetur non tanquam res dubia inquirendum sum, verum et constans ponendum primo mento magno exemplo explicatur artificum idem ligna ut lignum, sit sed ut per seno post incos unus artifex statua malter, referet tæ, cum suo proprio monius inquiens est, ad metria positi oest. Ita que non nisi ut enunciativa. Sed de subiecto do post secund infine. Regulem logicem ponuntur ut notæ orator et  poeta enunciativa orationis codem modo ista des:ante et SIGNIficativas intendit idenim definitionem nomini suer, sitione SIGNIficantes tionis tantum urilitatem declarat apo demonstra, ad impossibile primo prior de tione simplici et hæc porest. Sed demonstratio viriali cuius, extranea autem quod licer hæc omnia demonstrationis Postremo scientiarum. ne viam atrium et iuxtaponitur uerbo. Magentinus positionis modos modo considerantes est interpretario posis ab instituto, nomen, aim. Ponere seu constituere. Ammonius has tres particulas legit cum ergo sunt prædicata propria, affirmationis et negatio mum ponendum constituat, alterum appetendum explicaretur oportet definire et fugiat. Poeta ad cocinnum orator vero adornatum. Id, quasi istorum quid nominis ad efficiendam. Huic quam retuli rei confidera Averrois, definitio enim inquit Aristotele ingeo navem, alteradarcham considerandi modo, assentit, Amonius definitiones positiones in arte dicuntur. Metafisicae in hoc libro confiderari de oratione, in magno com cuiusratio est primopoft. quam per voces clariores mo prior primo, syllogismus est positis et concessis et concesso, pri oratio in quaquibusdam attingit. Magentinus syllogism ducente hac tenus. Paul e re niam fiunt. Quos cis nunc. De utilitate dicimus ab anima, quæ facile opus suum inquitex proposito patet: ad de et ex inscriptione cepit ergo tertium  modorum quos Ammonius attulit. Su subiceti interpretationem refertur. Quam mitur enim gratia quæri retulimus nam enunciatio ad ins ponere, primo prosupposito tendatur tet non simpliciter sic enunciatio in to, propositum quas per voces clariores NOTIFICARE nostrum esse, de oratione enunciativa. Hic autem finis haberino potest, nisi per hæc præ tertio ait igitur de partibus tractandum est, quid nomen et quid verbum inquiens et Aristotele verba conne fit ita res tractatæ alibi differunt. Requires et ens quia propositum Aristotele quam, necessario. Quona igitur modo sei ungi simplicium essential cognoscenda differentia locus, tamen hic nomen quid ferme omnis explicatur ex proprio fine quoniam et uerbum. Juult ergo cum cæteris ista considerat utg syllogism parte sefficiantur logicus bus ponere sumendum fore pro definire et definit, ut verum strationi deseruiant, grammaticus vero voces tis compositas incongruum sermonem ex elemen, ut congruum, siue oportet ponere, id est definire et falsum declarant. Et novissime ut demons dissentio latina ac sensum accedens ab Aristotele sidiceret. Sed ab his ad Aristotele verba græca et. nam committeretur nugatio possunt? ideo dixit primum est erfide hoc infra fit proprius considerandi oportet ponere  id est definire, magis ut iudico. Hæc ut bene Ammonius cognoscit. Ac.p fine propositis nullo modo tamen, ut omnia moveri commune commodum est id muniter posito primo top. nono.Tertio et concello quomodo sumitur procom de mente Ammonii attulimus gratia explicentur omnibus Aristotele. Quarto pro ea fine ratiocina, pro proprium est. Locis quos adverbio quod nibuscarentibus pro definitio positione fieri ex Heracliti sententia via relinquenda non est docentes, fine via eius contemplationem medio. Secundo poster incommens damus, tenebrisan; circumsusi more feramur, est igitur enumerat: tray in incertum imperitorum via, illa quam toti logicæ Aristotele to magno est. coniung nomine et verbo. Pris. primo post secundo post. et ratiocinatione ex hypothesi. Secundo supra retulimus et hic accepit sed quem modum Aristotele hic fert. Ex hisitaque patet. Arit, resconsiderandas acceperit, verbum nullum proj ea considerantur. Quod si orationem ante etiam posuit et tractavit, non nisi ut genus commune enunciationis, ad verbum. OD rum ordinem pofuisse) tanquam subiecta et tertio prædi num triplex potestelle consideratio: primo ut absolute Cara, quideorum, scilicet ponere sive constituere. Sed SIGNIificant simplices CONCEPTUS. Ita in prædicamentis cons citorcum primo post in parva commentatione: scieny fiderantur. aliomodo secundum orationem, ut partes tiasitunius generis fubieéti, quçcúq; exprimis componitur, sunt enunciationis: sica dhuc librum spectabunt, propter et partes et PASSIONES horú sunt pse. igitur duo sunt per reaenim inquit traduntur sub rationem nominis: uet er se predicata, substantia sive essentia quæ per definitione, et biut SIGNIficant cum tempore aut sine tempore, intulit accidens proprium, quod per demonlirarionem concluditur. etiam. et traduntur alia huius modi, quæ ad dictionum secundo post. Inmagno commento cur tantum pertinentrationem, ut enunciationem conftituunt sed quid istorum proposuit? Ad hoc dicendum mihi uiden quam vistant iuiri ingenium et iudicium semper cum sum tur: ex primo post res quarueif ecf timperfectum, et quasi in mente, non habentuere definitiones. Secundo ponendum quod supra documus, res logicas ut intrumen ta et organa artium  et scientiarum, ad proprios fines et quod satis probatum est supra cum a nobis Ammonius notitiam explicandam referri. His datis patet ad petitios est reprehensus. Præter eaut diximus nome et verbum nem responsio: namdum Aristotele quid prædi et orumponen simplicior asunt decem vocum conceptibus. Amplius dumpropofuit, et propriosfinesquiipsorumpropriafer rationoininis et ucrbi et fi ut materia adorationemenun rendicuntur accidentia, anteposuille dicetur sic enim ora, ciatiuam pertineant: tamen corum rationes sunt commu cionem definiens enunciatilia inquiet non omnis: sed in nes, non ad orationem tantum contra et æ. ut prædicari de qua verum et falsum explicatur et nomen quod vox fit si vocibus simplicibus prædicamentorum non possint, licet SIGNIificatrix. Requirit secundo Ammonius a quo Aquinas cum divo Thomas in ultimo suo dicto contra Ammonii opis mas accepit. Side simplicium vocum essentia in prædica; nionem consentiam: nomina et verba in hoc libro tracta mentistra et auit: cur hic iterum repetits respondet Ammonius. ri,ut cum tempore aut sine tempore SIGNIficant, et non solu unum quod supra tanquam falsum reiecimus. Nam et fi hæc SIGNIificare dicuntur, sed et alia huius modi quæ perlig verum dicat. Ut robique easdem res subicto, rationetas nent ad rationem dictionum. Licet ipse sub inferat, utes men differentes finiri: nihilo minus differentia quamaddu nunciationem constituunt. Non solum affirmatigam enun cit est falsa. Dum inquitin prædicamentis voces simplis ciationem, ut Ammonius afferebat. Si autem ista verba, ces considerariut indicativæ sunt rerum simplicium quæ Aquinas referret addi et tasuperius ut diceret qiftain hoc quando cum temporis mensura SIGNIficant, verba: quando libro traduntur sub ratione nominis et verbi et alia huius, sine tempore cum articulis explicant, nomina sunt dicen modi, scilicet traduntur quem  ad rationem pertinent diction da. Quando pars affirmationis uel negationis, dictio: cum num, tunc inter nomen, et verbum et dicionem distingue autem pars syllogismi, terminus. Sed primum inas SIGNA y ret. Sed primum de mente sua verius credo. nam alii ta differentia dubito: quarationeun quam fiet: ut substan teridemdi et umforet contrasequodin, Ammonium die sia per le existens SIGNIficari possit cum motu? maxime ximus. Postular Ammonius et AQUINO curaliisoras cum prædicamentares sint completæina et tu. Nam quinto tionis partibus missis, solum nominis et verbi considen metaph. septimom et septimo primo physic. ens rationem præposuit? addituretiam. quia libro poetico, quod est, aut existere dicitur, in decem primasres, seu voces partitur: quo ergo SIGNIficari possunt cum tempore! nisi diceres ut sunt imperfe et cres, et in motu cum actione, et passione et generatione lubstantiæ alteratione qualitatis augumento quantitates et ex accidente mutatione eorum quem ut uo referuntur. Seundo nec dubium solve revidetur quod dicit. Sed falsum etiam est in prædicamentis rum orationis partes enumerans, inquit septem elle. Elementum, syllabam, coniunctionem, nomen, uerbum, articulum, orationem. Ad hoc breviter respondent alig qui Aristotele omifisse quediximus, tanquam inutilia et ad rectum poetarum metrum spectancia hic solum mentioq nem fecisse nominis et verbi: pista sunt necessariæ parstes enunciativæ orationis, inquo, Ammonio non aduery voces considerari, ut ad simplicium rerum cognitionem dedu satur nec diuo AQUINAS & fi oratio enunciativa quando que cunt. Sed inftan taliqui. In prædicamentis, Aristotele fini ens in conftetexaliis, non necessario, simpliciter, omnitempore, quit. Substatia dicitur. sed quam uanère spondeantex Aril. Quinto meta et Alexandro Aphrodiseo exponente cognoscant, secundum se inquit vero dicuntur quæcunq; predicamenti figuras SIGNIficant aut secundum Boethium quæcunque figuras predicationis significant. Itaq. Per Aphrodiseus quod a nomine, vel uerbo deducitur:lig verbum hoc dici et significare res simplices, prædicamen ca ad metaph. Non logicum pertinent: sed ut decemu ces, res mediis CONCEPTIBUS A POSITIONE SIGNIFICANT logie corum considerationi convenient. Tertio dubito et tan cuti et legendum, et navigandum alegere et navigare verbo originem ducunt. Similia dici possunt de explicatione Alexandri. Quautitur Ammonius dum de verbo consin dcrans Aristotele inquit. Verba autem secundum se dicta nomina sunt id est simplex habent SIGNIficatum nominis eius simplicibus partibus simile, ex quibus constatoratio. Ita pro Alexandro dicendum. Adverbia plurima ex parte quam vanam explicationem existimo, dictionem, scilicet affirmationis partem vocari. Nam quid interest dicere nomen et verbum vocem esse SIGNIFICATRICEM A PLACITO et afferere nomen et verbum dictionem esse ihuius may de ducia vero nomine aut a parte orationis simpliciquæ nifestum indicium ex Aristotele sumitur. Qui ipsam orationem definiensait oratio est vox SIGNIficatrix, cuius ex partibus aliqua separata SIGNIficat ut dictio, verum non ut affirmatio ergo idem est dictio, quod nomen. Ut habet translatio Magentini. Et verbum. Ergo dictio, orationis communis pars erit, non affirmatione stantum. Nisi per appropriationem dicat illud sed AQUINO vidensuocesalo, gico consideratas non posse decem simplicissimas resnis fime diis conceptibus explicare itaenim secundo intely uim habeat nominis. Et ita si quando goriatura verbo, nihil Alexandri et Aristotele sententiæ officit. Sed cur particispium, quoquam se pissime in demonstrativis scientiarum sermonibus utitur, tam hicquam poeticorum libro relis quit? Ammonius dicit, quia ad nomen et verbum reduciy tur. Alii vero quod idem sft dicunt quia pars comporis ta non simplex orationis dicitur. Quæ responsio magis perspicua et evidens iudicio meo est. Nam primo pos ter, secundo, præposuit dupliciter præ cognoscere oportere, leda sive secundæ intentiones dicentur, nonu tres linere alia namgquia sunt prius opinari necesse est alia vero quid lationibus denotant ad philosophiam naturalem spe et an est quod dicitur intelligere oportet sed cum duas propos tes et metaph. A literalseric, simplicium inquit diction ne rettrese numeravit et ad hoc respondet Aver, optertia ma veneratione sanctitatis probarim: in hactamenre' sponsione dissentio: cum decem voces non solum simplices conceptus sed res mediis conceptibus explicent: loco et subiecto et non nisirespe et uhorum ut pronomen loco proprii nominis. Adverbium tam hic, quam in libro poeticorum relinquitur, uel quiaut Ammonius ait, modum dicit quo prædicatum incit subiecto. aut ut  sрее   species composita est ex his dicas etiam o duas præposuit neccessarias signum est q Aristotele dixit dupliciter præcognoscere oportet et quia lunt, opinari necesse est et quid intelligere oportet ad tertiam vero præcognitionem der scendens, fineullo necessitates verbo additoait quædam autem ut rag nam compositaquæ esse et am tertiam naturam non dicunt distinctama componentibus, explicatis necessariis partibus, coniunctim ex his explicari intelliguntur verum quicquid sit de Arist. textu et ratione quamdi xi: sufficiens ref ponfiofit: qhicde simplicibus partibus Aristotele loquitur, quale non est participium. Coniunctionem omisit, nonquia inutilis, quoniam. infra quod ipseconfirmat hic, et supra contra Boethii opinionem adduxit Arist. dividet orationem enunciatiuam in unam simpliciter et coniunctione unam: quæ necessario coniuctionem expostulat. Nec exomisit ut Ammonius et Aquinas quia pars orationis non est sed pars conne et ensatque coniungens. quoniam Aristotele coniunctionem poeticæ locutio nian numeravit, tanquam orationis elementum. Item in cap.quarto Aver dicet, q syllogismus conditionalis est unus per unam copulativam. Gifoloritur ergo dies est sicut predicativus est unus per medium terminum sed hic medius terminus necessaria est pars prædicatiui sive CATHEGORICI syllogismi. Ergoconiunétio syllogismiexpofis tionefiuehypothetici.Hinc etiam contra eos fequetur inutilemconiun et ionemnonesse: sed hypotethico fyllor gisino necessariam: ut medium terminum prædicativo syllogismo. Alii sentiunt propterea coniunctionem omiy filfe de enuntiatione una simpliciter demonstrationi servienti, non coniun et ione una considerat sed hanc reo sponsionem suprareiecimus: ea rationeq hic liber etiam ad librum priorum dirigitur, proximam syllogismo hypothetico positionem seu præmis lamelargiens. Itemin hoc libro, capit.quarto, propofitam enunciationem ab aliis oratoriisac poeticis seligens, in has duas partitur. itidemq; definite oratione in libro poeticorum eam in hasdistribuit feudi uisit species. Dicendum igitur nobis videtur, proptereahic relictam coniunctionem esse, quia facilis, et Aristoteles sufficiens erat ea parva cognitioquam tradidit in libro poeticorum. Aut secondo dicasquor demonstrativa scientia. Et secundo poft. iuxta ordi niamhic propofitum est de vocibus necessario SIGNIFICATRICI nemquem compositiuum aut componentem appellant, pri bus agere ad interpretationem per voces clariores efficieendam: quem oém orationem efficient nam hic libercom munia principia explicat. Dic secondo q in libro poeticorum cap. septimo, coniunctio significationis est expers: qua de causa definitioni, quæ perfecta oratio est, nond eses Post ea quid est negatio, o affirmatio et enunciatio, u oratio, deinde quid sit negatio, a affirmatio, o enunciatio, oratio. mo genus, quid syllogismus, inde speciem, demonstrationem collegit. Premponens igitur hic ista duo tangfinem unum in tegrūperse ex genere et specie constitutum, primo ait enunciationem, deinde oratione, non ita per se intenta: nobis innato aminus communi ad communiora. Sed hæc responsio improbatur quia. Si ordinen obis innato, seu aminus communi et im per se et oincipiendum est, cur latus ordo ex accidente euenit, ut quando gab imperfer et o furnatinitium quia in libro de anima secundo, textura Magentino cum universe res quas universalia dicunt singulis præferantur, cur hic non primum de oratione et genere, deindede enunciatione affirmatione et negatione ex orsus fit Aristoteles sed primum a nomine et uerbo: nam auta nobilior iincho an dumerat, aut are magiscõi, ut ordone ceffarius servaretur, non anobiliori, cum negationem affirmationi prætulerit non acommuniori, quia oratio fuif setante ponenda. Responder ipse. Solere quandoq; Arist. Hocfacere et are communiori quæ ad singulasres spes et antincipere quomodo hic dicita nominee SIGNIficante substantiam sive eflentiam et a verbo SIGNIficante actionem seu passionem, Aristoteles inchoare sed quare istum secundum necessarium ordinem inter negationem et affirmationem, enunciationem et orationem non seruauerit, ut Gbioccultumomi fit. Præter ca enunciatio ut finishorum materialium principiorum prenstantior est, ergo antepor nendafuisset. Amplius nomen et uerbum, non ideo communiora esse dicimus, q subtantiam aut accidens SIGNISFICARE dicuntur, sed q voces SIGNIficative apositionelunt, non substantiæ aut accidentis, ut naturæ terminatæ, sed communiter omnium ratio ergo est sumpta a processu resolvente finem in causas et principia prima intra rem itas quecum orationem non omnem, sed inqua est verum et falsum, id est enunciativam, ut finems peculetur, et hæc ex nomine et verbo, ut materiis, constituatur necessario ergo primum dehis ponendum quidf snt: deinde complebit reliquas partes processus resolutiui sed subiectum, ut totum potential primas species continens, cognosci non potest finesuis speciebus, sicut totum constare non potnifiex suis constituentibus principiis materialibus: ergo deinde de his quæ ad finem proprium diriguntur, dicendum, quid oratio et enunciatio, ut completes finisele et us habeatur: quiahec in affirmationem et negationem dividitur ut pris mophy intelligere et scire, id est intelligere scientificum: quod Auer. Finem rerum naturalium pofuit. Item genuscum principali sua specie unum finé constituit, acea uno proce mio proponuntur et epilogo colliguntur: ut primoprio rumde syllogismo tradaturus, resoluentem processum efficiens a principali fine inchoauit: de demonftratione et  Propositis communibus, ut materia, principiis, quæ per se SIGNIficant ia omnem orationem conftituunt: nunc de coniumctis ex his principiis & conftitutis proponit. pri mumq; ait Deinde, ut diximus ex Ammonio, ordinem et urum proponit de rebus omnibus: deinde de elementis, denotata principiorum constituen tiu madres constitutas. Et de omni anima prius quam hac autilla animaratio pof t e a inquit quid ne a t i o affirmati o et c Hic quæris igitur & causa ordinis a dnoscelatiesta notioribus nobis Diiii gationem affirmationi prætulerit. Ammonius ait prius nomen perfectius posuit? Item in situs, et ad nosre asenfuuisus incepit ut Auer. aitineodem libro. de anima de intellectu prius quamdesecuny. dum locum motiva potentia. Similiter secundum accidens est ut a comunioribus five minus comunibus pro Milanius. Nam de generatione considerans de ea generatim sedin ruit: et fi per se non SIGNIficat ut ait Aristotele licet SIGNIfica, demonftratio intenditur quam syllogifmus. Et primophy. tionem non impediat perfead hunc librumnon per primo finem proponens rerum naturalium primum, dixit. Et at, quietiam per se SIGNIFICANTIA principia ut materias spe quoniam intelligere et scire contingit, id est rationem ellen culari conftituit. Quarenon inutilis quidem coniun&tioerit: tiam ac naturam ipsarum, inde scientiam per demonstras sednec necessaria pars SIGNIficans, orationi per se, id est, tionem acquisitam ratione et eflentia posita et explicata omni conveniens oratio autem divisa in species duas, per definitionem, in fine explicando, nobilius explicavit, quas monstravimus, conjunctionem a poetica, ut eius parti ac magis intentum. Sed ad huc dubium remanet curnes utilem, mutuo accipit sed ad enunciationem relatam ut primo priorum, prius TEX. BOEZIO. ordine ad nos relato, ab imperfecto ad perfectum procedit et   tum negatio enim diuisionem continet, affirmatio autem in compositione consistit negationem igitur affirmationi præposuit, et magis ad partes accedir, compositioautem ad totum. Sed ueniat anti uiri fit dictum negation magis composita dicitur quam affirmatio, cum additione negan cis particulæ, affirmatio efficiatur negatio. Ad rationem orationem quatenus ex luis materialibus principiis cons harum alter utra præferatur. Sed contra dicimus, pris mo hic liberad demonstrationem dirigitur, ut ipse fal dem, fic nece ædem voces. Quarum autem hæ primum NOTAE sunt, eædem omnibus PASSIONES ANIMAE sunt et quas rum hæ similitudines, res etiam eædem. Sunt quidem ergo hæc in voce, earum in anima passios ad modum necliter et omnibus cædem, fic nec eædem voces. sentiens cum Magentino reprehenditura Sueffa. adiu mentum seu commodumin proæmio, nointractatupræ do secondo phy.tertio.natura est principium motus et quietis, per se et non secundum accidens ita que ex his positis sequitur negationem instrumentum explicans con fitione formam eflentiam q; cognoscimus hoceft agen rium et dirigentium ad ipsas. Oportet igiturante cogno! Scereea exquibus est definitio: propter eaq ifta præcogni tetur, quææternorum est non autem ad eaquæ possunt ponitur. Diceret enim ille utilitatem totius libri et subiecti esse et non esse. Amplius et fiinuno, quod de potens anteponenda, non utilitatem cognitionis, perquampro tiaadactume ducitur, non esse prius fit eo, quod est: pofitad eclarari, ac definiri possunt. meæ etiam rationi nontamen simpliciter in omni natura: cumea, quem poten responderet. In sequenti textu commodum quale fitex tia continentur, non nisiaba et tu, ac eo quod uere eft in plicari: sed quam in ordinate ac fine arte id faciat, uides actume dantur præterea cap.quarto enunciationem in rintalii, retamen idem cum Ammonio sentit quiait Ari. has duas species diuidensinquit. Prima autem oratio docere uelle nomen et verbum quorum finitiones promi enunciatiua est affirmatio, deinde negatio ergo analoga, fit, voces SIGNIficativas esse, quod ifferata vocibus nonli aut per rationem ad aliud nonç que diuisa participatur ab SIGNIficantibus, ut scindapfus docetom quæ inprimis, ac utrii: fedde hoc fuo loco dicemus. sicut Ammonius di proxime ab ipfis vocibus in dicentur. conceptus, scilicet durum promittit: Mihi quod uerius probatur iftud est, primo: quorum interuentures explicantur.quæ omnia, hic affirmationem et negationem numerariut plures species enunciationis, id est oppositionem contradictoriam erficientes. Quæ infine fectionis fecundæ, in hoc conssistit. ut aliquas edeiiciant, deftruant, abiiciant, atque ne gent; in hoc autem efficiendo potissimam et inprimis vim habet negatio. Quade causa ibi primum ab Arift .numeratur, ut secondo de anima cum species subiecti fint plures, ex enumeratione ipsarum precognoscitur esse, id verum in demostratione, iti demin definitionem ons quod anteponendum est, prius quam tractatus cognitioaut definitiohabeatur. Secundo sciendum primo topic. ofta  Opposita secundum contradictionem protenfa alterum oppositum explicare.Et primo post. octauo. In antiqua commentatione, de omni eft quod non inquodam quidem fic, in quodam autem non nec aliquando quisdem sic, aliquando quidem non. Jitidem & tex. Quinto scire autem simpliciter opinamur: sed non sophistico monitionis: qua simplici conceptu fine assertione seu compo iun et a et  divisa, notio rem esse quam affirmationem nam ta, ad eam habendam nos dirigunt at qzillamex præno attendere folemus diligentius ad contraria, ut nobis ads uerlancia, quam eaquæ sunt nobisi nnata. hæc autem affirmatio, illa negatio explicat per externa, explicantia ti sefficiunt. Arif. igitur quoniam dixit oportet nos constituere, siue ponere quid nomen, et uerbum etc et com muniter hæc erunt voces SIGNIificatiuæ positione aliem fine quodam modo alterum sed cum iple species ex propriis very explicatione, aliem cum vero. iccircoiftatria antemani principiis internis definiuntur, I uxta ipsarum naturam, feftat: nesue definitiones fineratione et fineea quam ipse proprietatem et ut ad commune genus proportionale tradidit arte ponantur, at constituantur. In hoc textu eu analogum referuntur, finienda sunt primo, modo hic in proæmio negatio præposita numeratur, ut instrumeng voces esse SIGNIficatiuas: quod Ammonilis exponens cum tum est habens ellenorius: secondo autem modo infra in Magentino ait quattuor ad ho cutilia effe: rem, conceptum, tra et tatu et propria definition subsequitur itainfra intely vocem, et literas. Amm. autemait Aril. inchoare, nona lectus quando plineuero est et falso: circa composition rebus, quæ perse, nec simplices sunt nec compofitr: id nem enim est falsum et uerum. Querunt novissime curuo enim habent conceptus sed a vocibus, tr"fine quibus dis cem omiserit. Sed Aris . infri ad hoc respondebit ut supra sciplina et præceptio fieri non potest aitam; nullam facere etiam a nobis fatis est dictum. Propter ea ad alia contendamus. Aristotele de literis mentionem g nullius ui funt ad proporto & fiuerafint, dimin Pombaamen ponunturcum aliammay gis intentam differentiam SIGNIFICARE SCILICET A POSITIONE, NON NATURA relinquat, quamtamen Alex. et Pfellius prosequuntur et in expositione tex. Ammonius A uer. ato alii non omittunt unum ergo et idem cum hissentiens, eorum veritatem confirmo. Cum nominis doctrina et dissciplina ex ante posita fiue præexistenti fiat cognitione, ftretur et testimonio Auer. confirmetur. primopost.ses cundo. et Arift. primo Metaph. et apud Alex. pri motop. quarto oportetenimait Arift. ex quibus eft de finitiopræ scire, fiue ante cognoscere et Alex. inquit definition per omnia nota et precognita procedit et Averroes primo post. secundo. fic. etiam uerisimile eft effe dispositionem specierum prænotionum conceptionis id est defiunumeorum quæ diximus explicatur, nomen et verbum  primo secundo. hec autem quandog imperfctiora, TEX. BOETHIL. Suntergoea, quæ funt in voce earum, que sunt inanie quandoy perfectiora, minus communia autcomiora. Ma ma, passionum not&,o eaquæ scribuntur, corum, que gentinusaitq cum evidentia dixerit, abhistanquam abdi tis et occultis abstinuit. Aquinas dicit gquia Aril. cępitapar sunt in uoce. Et quem ad modum nec literæ omnibuse et s tibuse numerare: ideo nunc procedit a partibus ad tol adducam dicitur. aliud effe dicere num note: O quæ scribuntur eorum IN VOCE. Et queme procedere, quia magis sensate sunt de anima instrumentum, seu Atat, esse magis minusu e compositam aliud finem habes PASSIONES ANIME SUNT, o quarumbæ similitudines, res quoquecedem. re ut alterum coniungicum altero, aut feiungi ab altero enunciet. secundum concedimus: sed exillo affirmationis naturam magis compositam esse, sequi negamus sed Magentinus dicit q enumeratis nominee et verbo et aliis eorum definitiones tradendæ erant, quas ponere constistuerat. Sed hoc Aril. non facit: sed caput proponit quod nobis ad iumento erit sed quod fit ad iumentum non exiplicat, nec increpandus ame eritut Herminius idem negationis potius. Secundo respondet p in hisquę possunt efle X non efle, prius eft non effe quod SIGNIficant negatio, quamefle, quod explicat affirmatio sed ut species sunt æque genus diuidentes, sunt fimulnatura, nihil grefert Quorum tamen hæc primum notæ funt, eædem omnibus i ta con    la contemplanda. Quod fi ita est. Cur ergo iftorum quat PASSIONES SEU CONCEPTIONES esse omnibus easdem:id est tuor meminic? Et si infra longioribus, nunc tamen quod ellea natura: Expolitores non explicant qua de causa, ad rem pertinent dicamus et brcuiter: finem huius libri interpretationem esseut fupra pofuimus hæc autem ut lov gicum instrumentum et organum cognoscendi, ad explicationem rerum dirigitur, ac tanqua multimum & perfe netemere et fineulla ratione iddrift pofuiffe dicamus. notandum, sexto topi. In explicandis partibus defini tionis oppositorum, non tantum opus effe oppoftiscum negation præpofita, sed etiam rebus huius modi, quiz intentum finem refertur interpretatio uero rerum non busdefinitio feu definitionis pars tanquam habitui conue fit nisi per voces clariores SIGNIficantes A POSITIONE, aut perl iteras cum voces defuerint propter eanecresomi lit, sed tanquam fine multimum et in primis intentum por fuit tertio enim mera meta nemo define consuls nit: nam per se habitus per privations noscuntur: licet quodammodo id est ut commentator primo pofter, in magna commentauone et primorheto. cap. quin toinepitomatibus logicalibus explicet alicui generi ha minum privatio, atque oppositum cum negatione praeposita, alterum manifestet. quam obrem topica loca constituunt. Qomnibus, aut pluribus ita uidentur. Cum igitur supra explicasset, li voces SIGNA ESSE A POSITIONE, ex appo fat: fed ftatuitatq; ponit: sed quomodo et per quæis finis eueniat deliberat. nam primo ethico septimo, fifinem tanquam exemplar habuerimus, magis intelligemus quæ nobis sunt bona et septim opoli. in principio: duo funt inquibus omnis commendation bene agendiconsiy fito cum negatione præmissa, nunc eadem explicat pary ftit. unum ut propositum ac finis recte agenda subjaceat: alterum ut eas quæ in illum sinem ferant actiones inueniamus, resigitur hic non relinquuntur sed tanquam fines explicanda ponuntur. Nec literæ fruftra ab Arift. nume rantur cum vocum fungantur officio: hisq; principibus explicatis,& quæ scribuntur aperiri intelligimus huius enim caula quæ sunt in voce conscribimus, ut absentisbus uocibus, res concepta scertius, uberius et firmius teneremus quæ enim uox, tot philosophorum, a nobis absentium, sententias unquam aperuit ad quas eorum libri nostam facile deduxerunt, ut possemus aliquando quid ticulamex opposite positiuo passiones enim et respros prereaq eædem sunt omnibus, NATURA SUNT, NON EX ARBITRIO ET POSITIONE ex opposito voces, ac scripiuræ quia non sunt eædem, A POSITIONE, NO NATURA SIGNIFICANT. aHinc etiam differentia vocum A POSITIONE ET PASSIONUM sive conceptionum et rerum colligitur et approbationem intelligat, ex græca particular aperitur. quæ diciti quorum quidem. Quæ particula causam propofiti explicat, non controversiam. Quioaduerba, Ammonius primum obseruat.q cumde uocibus et literis diceret Arist. ait. quorum ex SIGNA sunt sed passions similitudines re senserint eorum scripta fæpius repetentes a gnoscere: No rum uocauit. Quia simulacra rerum naturas, quoadlicet igiturut Ammonius dico nihilo pusesse scriptis. Sed dico, representant ut inpi et uristidetur inquibus mutarefor magis fuisse conveniens Arift. nomen & verbum et c des mas præsentatas non licet. litin Socrate pitto calvo, fi finire per uoces quæ in disciplinis quasalio certo duce mo, oculis prominentibus SIGNA vero et NOTAE totumha per discimusfacile primas tulerunt: quam perscripta: bent ab impositione et cogitatione nostra, ut in militum quibus periti occulta cognoscunt et percepta declarant, SIGNIS ET NOTIS diversis a; institutis conspicitur. Sed cong Nunc ad litera mueniamus ea quæ in uoce sunt, cons traquia secondo priorum. de enthimema te tractans. fi stunt, aut continentur, sunt SIGNA se unorem ounebonor enim duo hæc significat earum passionum i.eorum conceptuum: quos patitur, id est, ut formis perficitur phantasia, mens, seu anima, ut Prelliusait et quem scribuntur SIGNA ac NOTAE funt eorum quæ in uoce consistunt. Etquemadmo gnificans.quiaidemuerbum,lignum,&notauocatur. dum necliteræomnibusexdem ficneceædem uoces.} Explicata prima definitionis particula, núc ad secundam accedit q uoces A POSITIONE SIGNIFICANT. Id que approbat Arifto. ratione fumpta ex opposite cum negation prol tensa. Quodquodam modo notius, alterum palam facit. primo topico et auo, hinc facile confirmatut experimen Arist. quod supra de negatione ante posita affirmationi docuimus ratione sed oppositum ei quod est A POSITIONE elle, estelle A NATURA: quæ eadem omnibus in est ex opsposito igitur ratio in hunc modum formetur ad conclusionem ex similinotiori in litteris innuendam, id natura esse dicetur quod eftomnibus idem; natura enim princiy pium est perse& deomni: quæ igitur non sunt omnibus eadem, non natura sunt aut significant. A negatione proy Prætereasi hæc differentia uera esset, acillam Aristot. ex his uerbis intenderet, his tantum nominibus pofitis suffincienter explicasset, dum diceret. Propterea quod uoces & literæ SIGNA ac NOTAE sunt, A POSITIONE SIGNIFICANT. PASSIONES vero et RES quia SIMILITUDINES SUNT A NATURA. Ita in finiendo nomine et uerbo sufficeretsiduntaxat dixisset, nomen et uerbum es tnota non igitur addendum quog cesfint A POSITIONE SIGNIFICANTES et hic omittendum fuils set, quod voces & literæ sunt notæ fue SIGNA non eadem, neidem calu, actemere refricaret. Mihi ita sentiendum videtur. Ovuboloy superior “NOTAM” (NOTARE, NOTIFICARE), “SIGNUM” (SIGNARE, SIGNIFICARE), “VESTIGIUM” dices re quæ ita dicuntur quia ut notiora exterius NOTIFICANT, ac ut VESTIGIA pedum significant. Hoera autem, id est PASSIONES SIVE CONCEPTIONES non ita: quanuis interius priæ definitionis ad negationem definiti henc propositio, similitudines rerum vocentur: rem tamen et fiinterius, quia perspicua, approbanda non est: sed lumiper senoi exterius non aperiunt propterea igitur voces et literas fi, tam oportet, alibi quodam modo declarandam: Allumy SIGNA ET NOTAS vocauit et  PASSIONES SIMILITUDINES quia ille prio, id eft minor propositio in textu ex oppofito cumne exterius, hæc interius manifestant. Secundo ex dicti sfaz gatione præposita notiori in literis et quemadmo! cile reprehenditur syllogismus quem Suella formauitex dum neque literæ omnibus eædem: fic nec eædemuol litera dum afferit Arifto. uelle probare voces & literas ces conclusio consequetur. Igitur nec voces A NATURA SIGNIFICANT a quume uarient, A POSITIONE haberi, conceptiones ver et SIGNIFICANT et non omnibuseç demerunt. Quorum aux res, cum non euarient, natura esse. hocto tumuultelle tem.; Approbata minori propofitione ex simili notiori præceptum et complexionem fiue conclufionem ad qua inliteris, in quibus idem prædicatum inuenitur. nunc inferenda mait Aristotele in textu ratiocinari. Quæcung sunt alia duo, conceptus scilicet, seu passions & resmanis aliorum SIGNA VEL NOTAE, positione se habent. Uult deinde fe stata natura effe et ita ead emomnibus, inquit ledpal, quom dassumptionem, id est minorem Arift.ponatibi funt Gones animæ quarum hædi et æ uoces primum nuly quidem igitur quæ sunt in uoce et c. id est sed nomina et lointeruentu, noræ sunt hæ animæ passiones sunt cæs uerba. Et scripta sunt signa et notæ aliarum, voces, Ccili demomnibus et res quarumhæ passiones sunt similitus c et conceptionum, et scripta vocum: sequitur conclusiout dines, etiam eædem funt. Sed cuius gratia manifestat putatibi qaemad modum nec literæe ædem ficnecuos Aristot. ipsum definiensait, syllogismus est imperfectus: ex signis ubieodem uerbo ut itur ad ex plicandum SIGNUM NATURALE E SIGNUM A POSITIONE uana iti demerit, assignata differentia Magentini. non fita positione ceseæd emerunt ubi sic ingræco non haberi affirmattur. Sed primær esponsionis partitio, feudiftinentio, quo quod manifefte falsum eft Toosenim sic latine significat nam modo fit uera in primo suo membro, supra longios et quem ad modum et ait et uim habere inferendi fæ ribus disservimus cetera tamquam uera probanus. Seddu pe consueuisse. Sed obiurgandus est Ammonius qui lis SIGNUM ET NOTAM ait approbationem, id est probationem bitabis Vox SIGNIficatrix est per se genus nominis et uery bi: igitur vox erit generis pars communis, per se unum constituens: duo igitur consequuntur. primum naturale ,unā per se constituerecum artificiali, et ens reale cum enteratio, nis: secondo partem efle intotoniinuscommuni: signifi care,scilicetapositione,effeinuoce,quæeftmagiscomo munis. Qui modus improprius dicitur eius, quod est in esse.q nomina,& uerb auoces, & scripta a positionef SIGNIificent: cum secondo priorum In Epiromatibus logica, libus, de rhetorica persuasiua et syllogismo contradictoria SIGNA enthimematis et demonstrationis et topica etiam,  non a positione significent. lignum ergo, et NOTA, commune est ad signum, quod EX ARBITRIO ET inftituto signifiy alioelle. quartophy.Adprimum&finihilhicneceffario cat,& signumnaturaconsistens. Secundo propria eius ratiocinatio confutatur: non enim unus est syllogismus in textu quen suo arbitratu diuisit, sedduo. Vnus quonos mina Aristot. Et verba voces esse SIGNIFICATIVAS declarat: quod amedi&um est Paulo antedum primum in textum hoc modo quæ sunt in voce sunt NOTAE ET SIGNA scilicet SIGNIFICANTIA exterius earum quæ sunt in anima passionum minor siue assumptio, ut pofitio per se nota, ap Aris. dubitarem res logicas ut habentes esse imperfectum et quasi in cogitatione ut subiecto: in voce ut SIGNO,aliam naturam ullam sortitas non esse, quam eamquam anima probationis non indigens ponetur. Cum nomen et uers ex arbitrio finxit: ut ad aliud SIGNIficandum exterius refe bum definiet, sed nomen et verbum sunt SIGNA seu voces: ratur. Ficut ea, quæ artificum manuseffingunt præterna itaq; maior, ergo et c.propositio allumpta est, ut per seno turæopis, lignum, scilicetæs, aurumue, nil reliquumha ta. SIGNUM est illa græca particula quidem igitur quæ bent, nisi quod ars uera per sua inftrumenta hoc uelillo uel executionis fit nota, uel fi neulla approbatione ex propositis inferens, meam sententiam confirmabit id esse fine approbatione aliqua positum. ut communiter affertum abomnibus: Secundus syllogismus eriti bi. Etquems admodum et c ut secunda pars definitionis ponatur, SIGNIFICARE, SCILICET, A POSITIONE. Quod tanquam per se notum, non demonstrat, sed quia non omnino, cinealiy qua controversia est consessum propter eaquodam modo ex opposito cum negatione præposita manifestat. Quod in scriptis est manifestius, a positione sint; et eui dentius conttantius q; manifestent. Syllogismus igitur erit. quæ non omnibus eadem sunt illa non a natura quæ in omnibus uno modo invenitur: per se idem in omnibus similiter operans sed A POSITIONE sunt et SIGNIFICANT minor in textu. Et quem ad modum nec literæ omnibus eædem, fic nec uoces eædem. Ita que maior propositio syllogismi Suessenon est ad hanc inferendam conclufionem, quam nostra secunda ratiocinatio intulit et quæa suessa ratiocinationis conclusion et complexion dicitur, no bisminor secondi syllogismi cum eius approbatione ex simili literarum uiderur nam fine ulla controuersia ut bene animaduertit Ammonius scripturæ et literæa positione significant licet quodam modo uertaturindus biuman nomina et uerba, nátura, ut Plato uideturassere re, anaconfilio, ut Arift. sentit, significare dicantur. hinc. per se unum constituit cum voce, naturali opera anima ut fequetur eum non aduerba Arift. ne que sensum dicere. dum infecunda sua expofitione afferit, quam Alexandri & Afpafii esse confirmat, hic Aristotele velle colligere similitudi singulare opus naturæ est, fed ut indiuiduum ab arte for matum. Itaque nec primum sequetur, naturale cum arti ficialiunum per se constituere: quianon ut naturale, sed nem inter scripta et uoces. Sed q ex hoc predicato, significa ut arte effectum, formatum cum sua causa formali perl e re ut non idem, idefta pofitione: quod norius et firmiusin unum efficeredicitur: similiterres logicas et placitum scriptis uidetur. Inferti demde uocibus significatiuis, tan uementis arbitrium in uoce contineri affirmamus: non quam genere proximo nominis et uerbi et omnium alio tamen ut opus naturæ eft, per se unum genus conftituit, rum. Quærit secundo Ammonius: cur Arift. non dixer fed tantu muta positione, et confilio, et cogitatione fal cit. uoces sunt SIGNA CONCEPTIONUM. Sed eaquæ sunt in et um eft, ut vox ad hoc uel illud explicandum ponatur. Voce irespondet primum: cum triplex fit oratio, concel & ex communi imponentium consiliore feratur. Sica pra, in uoce; inscripto: de secunda hic loquitur fecuny mentis relatione, que in uoce ad significandum relinquis do respondet, voces naturae dimus ficut uidere, audire: aliud eft ergo uoces esse, ut opus naturæ, aliud nomis na et verba a positione et nostra cogitatione, quæ uoce utuntur, nam quem ad modum ianua dicitur lignum, & nummusæsue laurum ex arte, quæ imponit figuras et tur, uocem naturæ opus, artis logicæ inftrumentum et opus artificiale per leunum et ad alterum SIGNA ng dum relatum conftituitur. Ex his ad id quod secundo consequebatur patet responsio non enim in conuerniens eft minus commune, quod formam et a&umdig characteres: eodem modo et uoces dicuntur nomina, cit, contineriin alio magis communi quod  in potentia cum a locutoria imagination fingunturac formantur, fie exiftens per ficiac formariabali opossitminus commu; gna eorum,quæ inanimouoluntantur,& talem sunt formamadeptæ:utex positionefignificent.signum est uoxmutorum articulata, quæ quianon ex composito et  institutione aliorum eft, ideo nomen et uerbum non dicis ni.ut de intellectu et cogitativa Auer opinatur de anima altrice, sentiente et rationali et ex Aristotele confirmatur secundo de anima. Postremo in uoce, perfe&io placiti, seuarbitrii, confilii, &pofitionis, effet dicendum sed metaphyfico et naturali hæc quæftio difficilis relinquenda ellerbonitatis, tamen gratia, quam breuissime poterore spondebo. Sed animaduerten dum primo modo effigiantia progenuerit. Hoc,alterum comitatur, easdem res logicas, uts ecundo intellecta, ad logicam non ut scientiam sed artem spectare namearuni, mentis arbitrium, ut externa causa efficiens assignatur aquo effig ciunturea, quæartiu et scientiarum explicationi conuer niunt et in uocibus, acaliis notioribus regulis apponuntur primo post secondo poster tertio ponens dum metaph. Non eodem modo, omnium unitatis per se causam requiri. Alia nanque, quæ matelriæ conditionibu suacant, ut intelligentiæ fiue mentes, fta timens et unum persesunt. Aliaquæ ex materiis constant, unum per se fiunt q hocidem, quod ens potentia erat; idem fit et u:efficiente tantum educented epotens tiaina et um artificialia per se unum conftituunt, secundo physica secundode animao octauo, non cum subiecto ut naturæ indiuiduum est, sed ut arte formatum, viue effigia tum est: artis, ac formæ artificialis esse recipiens. causa enim propria cum sitars, & esse us artificiale quiderit. Ficut causa propria indiuidui et esse et in naturalis est forma et substantia, effe tum igitur subftantia erit, ita proportione et similitudine quadam, quæ de unitate et definitioneres rum artificialium dicta sunt: fere eadem de rebus logicis, et v ocesignificatrice a positione dicenda sunt non enim quod in uoce ex consilio et mentis arbitrio pofitumest, quibus quibu suoxipsa, quali formatur et denominatione exo trin. ecus SIGNIFICARE A POSITIONE dicitur, atque, ut aiunt, per attributionem placiti, ut formæ specialis, uoci, ut cantibus omnibus, non definite contractis ad nomen et verbum: nam uox significativa partem communits imam generis nominis et uerbi et orationis conitituit non pros materiæ sive generi magis communi ad sunt. Nec incon prie nomen et uerbum tantum. Differentiam aut eniliter ueniens modus ellendi in alio eft, minus communisinma rarum abelc mentis quam Ammonius accepita Dionysgis communi fiue formæ in materia, ut Suetreuidetur, quo fio, lumasab Arist. in libro enim poeticorum ait. Eles niam quarto physica Primus modus numerator partis in mentum uocem effe indiuuduam: ergo proprie in uoce sed toto, secundus totiusin partibus tertius specie ingenere, ad sensum patet literas partes eorum efle quæ scribuntur. Quartus generis in specie, quintus speciei, leu formem inmai Quæriturcur passiones uocauit et similitudines uelfimu feria  et c. Nec ualetfua obiectio contra Porphyrium: lacra. Ut Ammonius dicit. Sueffar espondet propter eafie sequeretur Arist. Intam paucis verbis ambigue dicere. Militudines appellari, qarederiuaniur: passiones uero, ut animum ipsum perficiunt:c onceptus, ut principilim et ratio intelligendi. Sed contra, quiarecte Ammonius interpretatur, simulacra rerum dicuntur, non quia causa, taarebus ut phantasmatibus siue sensu perceptis sed quoniam rerum naturas, quo ad licet, representant ut in picturis demonstrate in quibus mutare, ac transformare naturas representatas non licet. Præterea conceptus, nifi constituantur nouarum rerum uocabula, rem iam concer ptam et cognitam supponunt. Non igitur proprieprincis piumseuratio cognoscendi dicentur: nisi ut species et phantasma, ut obiectum alumina intellectus agens, eft des puratum, uta iunt, formatum et illustratum. Item non explicatquem animum passiones perficiant. quianon mentem per se impatibile in, ut Auer. opinatur. Sed animam seu mentem phantasticam, id eft existentem in phantasia ut oprimePsellius explicauit attributiue enim mens quia dudicit eaque sunt in uoce. Sumitur ut parsminus communis in toto, id est inmagis communi. cum vero sequitur, sunt SIGNA earum passionum quæ sunt in anima nunc sumitur ut accidens et forma in subiecto. Sed constraquia æque ipsum inconveniens hoc sequetur: cum placitum, fiue consilium, uoci non hæreat denominatione interna, id est intrinsecus sed a confilio imponentium attributum, ut SIGNOf Placitum ergo fiue arbitrium, pactio et mentis cogitation eft in uoce ut SIGNO non cui extraanis mæ operationem inhæreat: sed passiones animæ rationa liconueniuntutactueamformantesacperficientesetiam dum dormimus. Item proprius modus elrendi in alio maxime dicitur ultimus,utinlocoueluale aliitrans lumptiue, id est per translationem, ut Arift et commentator afirmant. Tertio queritur quod primo loco quæren dun fuerat an per uoce, ergo aliquid ex propofitis inferat, an executionis fit nota AQUINAS ait ex præmissis concludere, hoc modo quia Arift. dixit oportet ponere quid nomen et uerbum et c Shemc sunt uoces SIGNISficatii caduca et infirmapatibilis et poftremo in homine sola mortalis. Sed hic primum quærocur solum Arift. passion num et similitudinum seu simulacrorum meminit: Respo deturcu principio intelletus fiue mens phantastica rerum qualia dumbratas intelligentias et similitudines recipit, his ut patiens i l lu f tratur u t patibilis intellectus. Hinc requistur, eas similitudines, ut animam perficiunt phantasticam, passiones vocari, perficientes, ac illustrantes eamnuilo contrario ante corrupro. Hemec similitudines dicuntur ut o intendimus ex Ammonio jur rerum naturas quo ad licet representant et conceptus, ut abintelle et tu patibili seu possibili concipiuntur, autiam sunt conceptæ. Secundo ponendum intellectum patibilem, idest possibilem ad passiones et similitudines cum eas primum concipit conferri, ut poteftate eft omnia illa, tertio de anima quem ad modum TABVLA RASA in qua nihil esta scriptum siue fir et um. Indeetiam sequitur tertio intellectum semper esse uerum. tertio de anima id eft non errare. sed intelles Etu ssecundo progressus ultra componit illas passiones, ut simplicial intelle et a: et hoc quando ßuerequandog false compræhendit ut infra sectione quinta datur opisnio falsa ac apositione, confilio, fiue arbitrio opinatur. Buntur sunt notæ eorum quæ sunt in voce, non autemdi dequibus Alexander forteait dee isdem rebus fæpe uæ: ergo oportet uocum SIGNIficationem exponere, seu rectius ponere. Contra placet Sueffecum græcis omnibus notam elle executionis. Sed nec ipse quicontradicit diffi cilere fellitur, non enimdiuus AQUINAS afirmat ergo aliquid supra  tra & tatum, seu, ut ipsia iunt, colligere supra execustum, sed ex prædicatis ac præceptis inferre, infra confidei randaspræ cognitiones ut nosetiam diximus et itaes xecutionis est nota propter eanon uniuersatim eft uerrum quidem igitur notam efle executionis, quæexan te positis no ntr a haturnam nomen definiens, nomen in quitquid emigitur eft uox et c. definition autem nominis exante cognitis partibus sequitur similiter secondo priorum deenthimemate tractans, declarator et posito quidfis gnumdicatur, intulit Enthimema qudem igitur est syllorgismus imperfectus sed alii arbitrantur, ornatus causa a græcis poni.fica NOSTRIS LATINIS quidem enim adexory nandam orationem ponuntur: Mihi Arift. uerba et pro cellum consideranci, quando que epilogi, quando q exer cutionis, siue ornatus ellenota uidetur: quod facileex fuperiore & inferior scriptura, ne ambigua estimentur, perspicuum fiet. Quærit Ammonius cur dixerit. quçscri nos diuersos sensus habere in quo Magentinus fruftraconatur, Alexandrum arguere. itaphi sensusuarii quos exueris simplicibus cognitis et eifdem, acanaturacon di non sunt literem & elementa sed horum partes i secundo fiftentibus intellectus coniungit non omnibus iidem Xerit .literæ et elementa sunt SIGNA eorum, quæ in uoce: duobus modis respondet, primo hic Arif. de nomine et uerbo, acaliis propositis in proæmio speculari, cuiusmo aitq si'uerbum Aris ad omnem dictionem extenditur litteræ proprie sub his continentur quem scribuntur, elemens taueroquæ proprie in prolatione consistunt, subhisquem in  oce. Sed Arift. generatim loquitur de vocibus SIGNIficatiuis ut pars definitionis eft omnium, quæ in proæmio definire proposuit. Sed in libro poeticorum elementum definitur, a uox fit indiuidua: non omnis, scilicet per se significans sed ex qua intelligibilis vox fieri poteft.hic uero dixit eaquæ sunt in uoce.i.arbitrium, confilium, an passiones simplices quas de ipsis habemus, easdem res cognitio, intelligentia sunt SIGNA SIGNIFICANTIA et intelli SIGNIFICARE dicantur: cum semper fint distinguen deutdie gentiam conceptuun explicantia, non igitur hic eft fers uerfas res continentes Responde as aliudeile dicere paso mo proprie de elementis ex literis, quæ eadem sun tre, li fiones primas effe similitudines easdem, id eft a natura cetratione quam diximus differant, ledde uocibus SIGNIFICANTES fignifi constantes, aliud passionesesse naturales fimilitudines rem patibilem affirmamus primo de anima tery tio de anima ratione phantasiæ fiue cogitatiue quæ funt ,l icet a positione et opinantium consili opendeant. His positis, patethorum duntaxat Arist. meminiffe, quia hæc sola sint uere omnibus eadem, adquæ anima cons paratur ut potestate recipiens quam obrem passiones Arift. appellauit alii autem conceptus, aut non iidemdi cuntur, autadillas, quas diximus passiones et similitudines, reducuntur hæc dehisha et enus quæ tunc docenda erunt cum de anima dicemus. De æquiuocis ambigunt. id est natura consistentes habebunt: quibus plura cognosscunt et representant, acreferunt licet voces quarum proprie ambiguitas dicitur, non naturas inteædem feda positione SIGNIficent: æquoca enim rem unam cominus nemnon habent: fed tantum uocem et hoc responsio, diz ui AQUINAS dictis, eft fuita. Sed obiicies ut Suella contra Porphyrium ubi voces funt eædema consilio, pofitæ, easdem primas conceptiones fine erroreaut falso SIGNIficant; non ergo ambigue loqui contingeret, ne quedifting bis. ubinamin Ari. patet, similitudines in primis esseres rum simulacra et naturalia ficutresnatura eædem omnis bus sunt? Respondeasextertiode anima animam, quodammodo efficiomnia,cum omnium formas,aut sensu, aut mentes uscipiat et quia singulorum formæ per animam cognoscuntur, LAPIS autem NON EST IN ANIMA,sed species et forma eius primum lapidem representans. Primum ergo similitudines et species rem et DURAM LAPIDEM ESSE repre reautillic Arist.dicit. Ad phantasmata intellectus confers tur, ut sensus ad SENSIBILIA a quibus natura mouemur: atque impossibile dicitur, qui nuis istangamur. Itemne celle Arilair, intelligentem phantasmara, id eft eorum SIMILITUDINES, specularit ex res autem o narura constent, tanquam omnibus perspicuum omittatur. Amnionius di de anima ad poftremo relatum dixit cæterum prodig tum de hiseflein libris de anima, scilicet tertio de anir TEX. BOETHIT. De his uero dictum – LAPIS EST DURA – est inijs, qui sunt de anima, alte rius enim est negocij. Eius demrei uel diuerfarum nam analoga, ut primum offensioad arteriam, fideconsulto et composito siat, illac concipiuntur, diuersa continent, ordine, comparatione qua commeat spiritus uox eft: tussisuero, non eft ea uox: seu proportione adunum collata. tamen eorum prime intelligentiæ fcuconceptiones eædem dicuntur, id eft naturra non arbitrio uariæ ficut voces: qux comparatione, reu proportione dicta A POSITIONE SIGNIFICANT simili ratione ambigua, id eft æquiuoca, primas conceptiones easdem, nus, quicum SIGNIficatione aliquaemittitur. Sed postula quamuis per eadem loca, machinamenta proueniat. quia, scilicet non ex proposito accidit nam aitfi necogitatio ne aut consilio vox missa, non est vox nam “hocomnino” in definitione uocis collocandum eft quoniamuox eft so in  guere differentes, qui satis ex notis locibus, atque errore, conceptionibus conftituere poffent, quod fit ads sentant, nam intellectus omnium, de rebus senfibilibus primum uenit, ex quibus VISA quædam et similitudines procreat ad quasintelligens feconuertit et cum intelli uersariorum consilium ,aut quid ueline Dicas his disting dioneuti opus non effe, quibus ita hæc nomina sunt perspicua et communia, ut quasidomi ab ipsorum positione nascantur. Sed his qui quasi modo nascentes de notissimis rebus atque nominibus hæsitant, nihilq; ab aliisexplicar tum nouerunt: qua de causa, diftinctio in bis nominibus fiet, quæ habentur dubia: quorum res abditæ et arbitrium consilium plurimarum rerum et conceptum non gie necesse est simul phantasma aliquod speculari. phang ialmata enim, sicut sensibilia sunt: præterquam tertiode aninia sunt sine materia. fecido natura constant similitudines: non ex arbitrio pendent: quia ad similitudines comparatur patibilis intellectus, ut natura pure potentia aut poteft ate recipiens tertio de anima in natura enim anime ef tunum natura agens, alterum natura patiens ficut in omnia lia natura monstratur tertii. Prætes perspicuuin dicitur. Ad textum nunc redeamus. Ex uerbis his collige quod supra docuimus uenforqui dem igitur quandog ad exornandam orationem ab Ari. poni, ut hic: nilenim ex supra cognitis infert, neque alia quid exequendum. seu tractandum proponit. Queresab Arift.cur istorum naturam dillerere diligentius et proprietates omittis? quibusg ab animantibus instrumentis uocalibus proueniant: pulmone et aspera arteria, aquos ma at conceptus dicit mentis primi, quid intererit quo minus fint phantasmata: Respordet an neque alii phantasmata sunt, uerum non fine phantasmate tum in rum primo, uocis materia aer præstatur. ab altero, voces graves et acutæ effigiemfumunt.& q articulate dicantur a lingua, palato labiis, ac dentibus ut animæ rationalis motioni deseruiunt curhçcitidema positionc, alteraa natura confiftant atque fimilitudines rerum sint primum fimulacra, voces uero passionum ligna, ac notæ dicans tur: Ad hæc omnia putoAristot. respondere propterea abeo essereliaa o alterius est pertra &ationis, id eft ad alium pertinent modum considerandi naturalem deani, ma: nam pertra et are quanam ratione istaabaninia, ac instrumentis eius proueniant, an a voluntate pendeant, ut operationes, ad animam, suum proprium principium res rum voces primo res generatim SIGNIificare, sedl ogicos feruntur, de quibus ut supra diximus, secundo de anima differit ubi vocem significativa mex imagination animæ uoluntaria, Conum appellat: hinc ergo patet voce sesse SIGNIificatiuas sic enim ad interpretatio rum primo conceptus quod ex definitione Platonis aquo Grammatici acceperunt confirmant nomen nem dicuntur conferretex et apositione SIGNIifica re quia ab imaginatione SIGNIficant et voluntate ut commentato at Arist. asserunt. Arist. enimait oportet animatum esse ucrberans et cum imaginatione aliqua, id eit voluntaria cuius rationem adducens, inquit sunt in aninia et quarum passionum eq voces primum gnasunt etc sed contra quia eodemmodo nomen defini, tura logico, poeta, atque grammatico id autem ut verum fit in definition nominis declarabimus secundo fin nisharumuo cum eft idem ei ad quem oratio enunciatiua refertur hicautem eft interpretation rerum conceptarum, quæ idem sunt quod conceptus: SCOTUS vero quæstione secunda respondet conceptus SIGNIficarerem, ut similitudo et speciesrei, non ut accidens animæ dicitur, Sed non quæritur hoc, sed duntaxat, an voces principaliter, seu vox enim est quidam SONUS SIGNIFICATIVUS NON NATURALITER  ut SIGNIficatiuus est sonus respirati acris sicut tussis sed ab alio libero movente hunc aerem ad arteriam. Ing quit etiam Themistius acute hunc locum perspiciens hus iusergoaeris quem spirando reddimus percussion et quibus imaginationem passivi intellctus nomine appels landamcensuit tertio de anima primo de anima ex quibus tam obscuris verbis non potest concludi aliud, nifiquod poftremo deduximus non enim video quid suadi et a sequatur, fi primi et aliia primis conceptibus non sunt phantasmata, non tamen sine phantasmate, line quo nihil intelligit animam, nisi conceptus primo phantasmata representare et necesario: ut intulimus. Mihi autem VISUM eft, sermonem Arift. adomnia supra di et a potuisse referri, cuius uerifimile argumentum poteft esse. dixit dictum eft, quidem ergo in his quæ de anima, id est libris duobus secondo et tertio: ut retulimus; non tertio solum ut Ammonius opinatur. Et ut finem tandem quærendi faciamus paucis ad hæcadditis, poftres moquæramus nomina fiue uoces an primo SIGNIficent res, an conceptus? Quidam respondent, grammaticos finientes quod substantiam vel qualitatem significet et hic Arift.quæ in voce, ligna sunt earum passionum quæ de his quidem igitur dicemus in his que de anima alterius enim estnegocij: et um hoc Arift. Dehis quidem dictum efti nhis, quæ   in primis res aut conceptiones significent. Propterea uerius ad rem et senfum accedens, respondeo et nobiscum, sinominibus non concinnat suella, re tamé idem affirmat cum Alexandro primum pono voce tanquam ultimo in? Tentumfinem et principalius, mediatetamen, SIGNIficare RES et extremum, voces, an res ipsas SIGNIficent in contrariam partem Arift. et Comment. et quæ scribuntur SIGNA et no iæ sunt eorum quæ in voce & li uoces PRIMO SIGNIFICANT CONCEPTUS, et conceptus primum res, scripturæ ergo primum uoces declarant sed contrarium, leniuum teltimonio et experimento monfiratur. Quia scriptura homini et cei terarum rerum dequibus philosophi differunt, utimur, rei cum ipsarum explicandarum causa præterea epistola in uen fecundo autem minus principaliter, sed IMMEDIATE CONCEPTUS quæ duo afferta exemplo a scie manifestant urnam ascia ut instrumentum efficit immediatum sed principale seu princeps efficiens est artificismanus quod declar ta affirmatur, ut certiores faciamus absentes, siqu id esset rans primo de anima octauoThemist ait qprincipale ac ultimo intentum cognosci et definiri, indiuiduum dicitur: fed alio intermedio cognito forma uero uniuersalis fine alio medio: ut tamen ad indiuiduum cognoscendum refertur. Hæc di et ahisrationibus approbantur. Id quod eos scire aut nostra autipsorum interesset: igiturres poftremo, ut ultimü & finis, explicari intenduntur. Item fi quæ scribuntur SIGNA sunt vocum, autearum quæ extraani mam, quod impossibile eft, aut in anima: uoces autemin anima conceptus dicuntur, quos ad rerum explicationem in primis uoces SIGNIficant, ad quod SIGNIficandum nouos referriut sinem supraretulimus. Nunc ade aquæ adducerum nominum inventorim posuit hic autem ad rem explicandam uoces consticuit id.n. de uerbo considerans Aril. et manifestans uerbum SIGNIficare, approbat, quia consftituit intellectu. sed VOX PROLATA hominis tunc conftituit, et quie cerefacit intellectum non cum ad conceptum: sed ad naturam humanam deducit ergo voces et nomina tanguls timum finem in primis intentum res explicabunt licetins ter mediis conceptibus præterea primo elenchorum pris banturex Arift. respondebo. Non solum querendum quid philosophus dicat. Sed quid convenient errationi et sententiæ suæ vere opinetur audiendum. Hunc enim in modum. Aristoteles Intelligimus quæ scribuntur, sunt notæ eorumquç in voce i. confilii et arbitrii in voce quæ secondo intellectus et conceptus res explicantes dicuntur. Sici nterpreteris quæ ex Arift. adducuntur que scribuntur sunt lignaeorü, quæ in voce i.explicant cum voces defuerint ea, quem ex plicantur per voces, quarum uice fungitur immediateer go uoces sed non tanquam ultimum et extremum, quod mo, uocum finem declarans Arist. ait: quoniam res addil serendum afferre non poffumus, utimur nominibus loco rerum ad explicationem ergo rerum, consideration uocum referturnon conceptuum, ut fine mulcimum. Amplius. Idem opus exercetcumeo, cuiusuicemgerit, utdeconsu metaph. Ratio illiusrei, cuius nomen est SIGNUM, definition eft uox igitur rei per definitionem explicatæ, SIGNUM dicetur. Item teftimonio fenfuum confirmatur:quorum clara& certaiudiciasunt, eorumquærationeetiamiudis cantur.Ad quidenimtam diu expectamus, flagitamusuo le, rege et pro-consule, siue proregein vollendiscontro uersiis perspicuum est. Scripta autem vocum uicem exercent. Idem ergoextremum significatum habebunt. explicationem, scilicet, conceptarum rerum. Amplius literarum inventor, ad rerum explicationem direxit et Auer. Ait scri cum interpretationem: nisi ueri inuenié di gratia in rebus, pturas SIGNIficare uerba, id est fine medio et SIGNIficata uer quas cognoscere cireftatuimus I denim uolumus et borum cum forte uoces defuerint, hæc dequestionibus ardemus defiderio tang extremum. Ad hæc.fi conceptus sunt inftrumenta ipsa rumuocum ut ad rerum notitian mediis conceptibus ducant nó igitur ultimum et extremum que verum adbucest. SIGNUM autem huius est, hır coce e ruus enim aliquid SIGNIficat, sed non dumuerum aliquid, vel falsum, fi non uelese, uel non esse addatur, uclfine pliciter, uel fecundum tempus. Est autem quem admodum in anima aliquando quidem o falsum. Nomina quidem igitur ipsa Q verba consimi liafuntei intelligentiæque est sine composition neo diuie suimus et rationibu sacsensibus, rationem confirmatibus fone, ut “HOMO” uel “ALBUM”, quando non aliquid additur: nes approbauimus. Pugnabis poftremo, fi uoces, mediis con queenim falsum, nequeuerumadhuc est. SIGNUM autem ceptibus explicationem rerum efficiunt: cum immediate bus ueritas et falfitas inuenitur, hæc autem conceptus sunt, non res ipsę. respondeasuerum et falsum in conceptibus, ut in rerum similitudine inueniri: quæadipfarumuerará rerum cognitionem refertur uerum in rebus est, ut in causa. In poft prædicamentis cap.de priori et in fine huius primi libri itap attributiue. i. per attributionem et collationem ad res, veritas in conceptibus erit: uere autem, ut in causa, in rebus. Dices propter quod unum quod am tale et illudma césrefertur, ueascia admanus artificum: quod suprapor SIGNIficatum non ab organo sumi oportere: sed ultimo explicare conftituunt. nam quod uicem alterius perficit, dum uerum aliquid uel falfum; si non uel esse uel non effe  fatis, ac principale SIGNIficatum vocum dicentur. Etfiobiicietati quidem intellectus fincuero, uel falso, aliquando autem cuiiam quis Arift. textum, quem retulimus voces PRIMUM SIGNIFICARE CONCEPTUS intelligas fine medio alio. non tamen,ut necessees thorum alterum in effe, fic etiam in uoce. Circa compositionem n. o divisionem, eft uerum,o falfum. No ultimum & extremum SIGNIficatun. Nam uoces dicuntur SIGNIficare conceptus, ut rerii sunt similitudines ut ab ipsis rebus conceptus uenisse ad intelletum dicamus, quas novissime, ut finem et ultimum intermedias conceptibus per voces clariores NOSCAMUS. Nec secundum eorum argumentum concludet. Voces ea in primis ut finem SIGNIficare in quis mina igitur ipsa et verba consimilia sunt ei, qui fine comegis. Si ergo voces mediis conceptibus explicantres, igitur uoces magis et inprimis conceptus, q res ipsa saperient. Dic Aristoteles locum ualere in causa principe. i. principali non iuuante tanquam instrumento, quomodo conceptus a duo intellecus et cogitation fine vero uel falso, aliquando autem cuiiam necesse est alterum horum ineses, ic, etiam inuos ce. Circa compositionem enim et divisionem estuerum conceptus, ut accidentia denotent, nunquam substantiam explicabunt. Paucis, ut supra, respondeas, tocum propria addatur, uel simpliciter uel secundum tempus et extremo fine intent. Quod quandoq substantia quando g accidens appellatur. Huic veritati Alexander et Themistius ascribunt, etc. Ammonius non dissentit. Secundo quæs ritur, an scripturæ siue quæ scribuntur, tanquam ultimum Magentinus hunc in modum Aristotelis textum cum præce denticonne et tit.cum duo sint investigata. Primiiquonam modo nominis et uerbi SIGNIfication intelligenda ellerutrum TEX. BOEZIO (si veda) Est autem, quem ad modum in anima, aliquando positione, divisione est, intellectui. Ut “HOMO”, uel, “ALBUM”, quando non aliquid additur, neque enim falsum. Ne huius est, quia “hircocervus” aliquid significat sed none E   hæc duo fineab Aristotele, posita, causam et finem curitapo ratiocinatur. Quem ad modum in anima intelle usquando fuerit, non declarant:ut.l. quid nominis partium definir tionis nominis et uerbiorationis, enunciatiuæ tang præs cognitions ponag ntur. Alterum etiam secondo dicúrey fello. Non et enim video ubi investigauerit Aristotele inquibus verum et falsum inveniretur. Quod nucquog inueftigare constituat. Item pugnantiacum Ammon. dicit. aitenim in anima eft quando querum aut falfum et ita probatio Ammonius per hæc utilitate in ad institutæ commentatio, esset minorisibi. Circaca in positionem. n.intellectus et di nis propositum tradi cum. C. verum et falsum sit in mentis uifione meftuerum aut falfum conclufio ut claratuncre concepribus et uocibus ut SIGNIficantibus et quodnumcdo linqueretur ergo itaerit in uoce sed uere arguit ex hypo cet philosophus non in his simplicibus sed compofitisue theli, non potential cathegorico syllogism nam cumpos rum et falsum spectari non nominibus nisi ut peroratio fitionem quodammodo ignotam manifestet, non syllogir n e m enunciatiuam a firmativam coniunctis, vel per negativam divisis, ita gnó in quit hæc quæ diximus Aristotele docuif m o arguit. Ex quo aliud ignotum natura concluditur, sed ex hypothesi, ut diximus et infradicemus. Prætere aut Commen et Ammonius asserunt ibi circa compofitionem enim & diuisionem non minorem sed approbationem unius partis antecedentis apponit. Aliquádo intellectus cumuero et falso fit SIGNUM est particula enim quæcau sam propositi denotat, scilicet quia verum et falsum sunt circa compositionem, id est affirmatione, quaaliquid cum falsum in compositione et divisione sequuntur intentiones se: sed nunc docere et in conceptibus et vocibus ut SIGNI? SIGNIficatiuis, falsum & uerum spe et ari,dum coniunguntur aut diuiduntur non persesumptis. Addeex Amm.hæc Aris. Nunc docere ut alteram orationis parte mante cognoscat. Dices pro Magentino illa quæ dixit, ab Amm.ferem aduer bum superiori textu sumpfife cuminquit cumhæcitaq percaquæ nunc dicunturtradentur. Iuocesesse SIGNIficati was rerum mediis conceptibus tum uel maxime quibus in rebus quocunq fuerit modo ueritatem ac falfitatem scruz tariconuenict C. inhoctex. Addés uero quem in textu supe intellectus. i. sunt in anima, sexto metaph. Ergo eruntin riori confideret ait. de quibus in præsentia nobis perpen uocibus seu uerbis significantibus ipsas conceptiones, ut fioest. Utrumin rebus anmentis conceptibus, an uocibus, Comen. animaduertit. Exhis declaratis etiam patet,q in aninquibufdam. harumduabus: anetiamin omnibus. telle et usfitali quando finc uero aut falso, idq; tangexsuo fiin uocibus qualibus his scilicet compofitis non nomine & uerbo et prædicamentis, ita incompositis conceptibus qui causa funt locum, no per le in simplicibus nec compo! Fitis rebus) Sed animaduerte quod dixerit nobis perpensio uisionez.i. line uero aut falso hæc exemplo manifeftat subs inprçsentiaeft) quod tamen inferius considerabit. neg dicitab Arifthæcquæ ipse perpendit, inveftigata nec'ait Inveftigasse Aristan SIGNIficatio nominis et uerbis olī, pen deatexuocetantum, an ex intelligentia uel rebus: sed quo cunq; fueritmodo, inhisueritas & falfita seft, ute xplicátis bus instrumétis hac enim ratione res ipfa sabiecit adquas famen ut extremum et finemultimum explicandas, uoces ter et non admittunt: ergo nec dequominus: nistuery et conceptiones animæ referuntur, q siquispiamhęcquæ bum effe affirmatum, aut non effe negatum addatur. fim eft fine uero aut falso, quando cuihorum alteruminesse necesse eft, ita et in uoce: hoc totum eft propofitio maior, affumptio et minori bi.circa compofitionem enim et diui rionemestuerum et falsum et non circa simplicia, ita ergo erit in voce. Sed contra: quiaminor hæc effe debuiflet: fed alio componi SIGNIficatur, aut diuifioné, id est negationé, qua explicatur prçdicatum a subie&to disiúgi. et uerum et opposite perspicuum utcorolarium et consfequens posuitcū ait. nomina quidemigituripsa et uerba consimiliasuntei intelligentię fiue intellectuiquiestfine compositione et di ftantię et accidétis: “HOMINIS”. C. et “ALBI” . utexhisomniaalia prædicamenta intelligatur. quando. n. his non aliquid ads ditur, fcilicet uerbum prædicatum “ALBUM” cum “HOMINE” suz biecto coniungens, neque falfum ne que uerum adhuc eft. Hoc denominehyrcoceruimanifeftat, nanquehuiusinor di compofita nomina uidentur uerum aut falsum admity  exvocetanti: m, aut sola intelligentin, an ex resolumuos ex Anmonio dicimus non probarit, inutrunq zfitdi&tum. Cesitemper animi sensus rerum elle interpretes. Secundo inquibusuerum et falum inuenireiur quòdnunequoß idoftendendti Arist. proponit. fedutrunchiltorum reiicio. non eniin fupra inuestigauit. Sed pofuit, ut persenorum, AQUINAS dicitq postquam tradiditordinem SIGNIficationis uocum, hic agitde diuersa uocum SIGNIficatione: quarum quædam uerum & falfum SIGNIficant: quædam non. Sedli cetuerumdicatur, ut de Ammonioreiulinius: tamenfine nomina et uerba SIGNIficatiua efle, cx hoc peaquæsuntin cuius gratia ista ponantur,fubricuit: Licédumigiturcum uocefunt SIGNA ET NOTAE SIGNIFICANTES PASSIONES nullomes diointerie et o, hisautem mediis, tanquam ultimui, res explicare. prçterea non uideo ubi inuestigarit, an nominis et uerb SIGNIgnificatio intelligenda esset ex uoce tantum, aut intelligentia tantum, aut ex re solum: fed hoc posuit sunt uæ, quibus etiam differebantabaliis: nuncuelleconstitue quidem ergoquę funt in uoce et c ut SIGNIficatio sumatur non ex uoce tantum, nonintelligentia, fed arbitrio,cognitione, et CONSILIO et  imponentium consensu, quem in uoce re feuante cognoscere differétiam, qua oratio differtano mine et uerbo: et quaoratio enunciatiuaaboraroriis poeticis optantibus et c.separatur et quoniamquępones reoportet et antecognoscere, ut per senota, non isialiquo facili instrument innuidebent nullo modo demonstrari. Propterea ex fimili seu hypothefi, &cóceflo, acpofitotery expaétione et confilio reliquerunt acuoci per attributio né dederunt at nullamentio eftfaéta de rebus, anabeasu mendaeflet SIGNIicatio nominis et uerbi quoniam maxiy m u m esset ignorationis, ac inscitiæ in Arift. argumentum, firem tam perspicuam, nec dubiain pro occulta quæliffet tiam definitionis partem et differentiam manifeftat.cũ inz quit. esid. ubi, ',proenim Magentinus uertit. ut causam hic assignareuelit ut Ammonius et Aquinus dixerút, acdubia. cuieniniuelrudi dubium uideretur, nomen et uerbum quod ut organum & instrumentum SIGNIficant a rebus, inftrumenti SIGNIficatiu et organi cognoscendi alte rum, SIGNIficationem habere, cum tantü SIGNIficentur, & nul lomodo SIGNIficent ine SIGNIficare & explicare ,utorgas num logicum uideantur? Item ea SIGNIficatioerat nomio nis et uerbiponenda, quæ ut præcognitio partium definitionisadea cognoscendadirigeret hæcautem eftuoxa de quo nunc differemus aitergo de antecedente syllogismi exposito ficutuelquem admodu menim eft in anima intellectus cogitatio, intelligentia vóruceenim ifta SIGNIficat.) aliquando quidemsine uero uel fallo: aliquandouer rocui necesse esthorum alteruminesse. Ex hoc posito et notiori antecedente infert quodammodo ignotumin choantibus consequens ficetiam in uoce ut SIGNIS ET NOTIS CONCPTVVM erit, aliquando sine uero uel fallo ut in nominibus et uerbis, aliquando cuinecesseestiam horum alterumin effe: ut in oratione enunciatiua, Suellaueroita pofitione SIGNIficans,non res tantum SIGNIficata: a uoce ergo et intelligentia in voce relicta, Ctributa fiue attributa SIGNIficatio nominis et uerbi pident, no ar ebus. Amplius: Suela nam licet fupra male textum Arist. declararit Sucr sa, nun cueritatecoaaus idem dicit quodnosin explicans do philofopho dicebamusp ofitisduabus partibus defini tioniscómunibusnomini et uerbo et orationi enunciatis pliciter,  efle, quamartemutexemplar, adopuseffin latenus inc aliquiduocum: neceorum quæ in uoce, no ut gendumexteriusafpicit, qopusexarte notioriinmates finis: cum conceptus prior fit uoce et ueritate quem in uoce confiftit: non ut agens.quia res agens est, a qua oratioues taut falsa vocatur sed non difficileest Amm. et Aquinas. sententiam et opinionem, a Suessæ argumentis defendere. primum, absurdum affirmat. Conceptus non tangformam SIGNIficant: qui in voce tang artificiali materia relinquuntur: quo esseueriautfalliinuoce, cumnecaliquidfintvocum, nec cumuiuocessuntnotæ: Exhisrespondemus: rationem eorum quæsuntin uoce: Peroenimabeocumsupra dixe ritArift. Eaquæfuntinuoce etc.nonnifiarbitrium, et placitum, cogitatiointelligitur: ut ipse metcum locum interpretans, opinatur: ergo conceptus est aliquid existens in voce, non utopus naturaleest, sed arte.i. uoluntate: confi et um. Itemipfeconfiteturuocemsignificatiuam,communeges nusnominisuerbi& orationis enunciatiuę uocari: nõuo lessuntsimilitudinesrerum.Seddicessecundomenunc cé, utnaturaleopus. Ergouta cognitione, imaginatione pugnantiadicerecumhis, quæanteacontraAnimo.Boe uoluntaria effi&taeft: ut signum fit ad aliud extraexplican thium,& Scotum diximus: orationen dariinméte et no dum relatum: Et fecundo de anima Averroes et Themist. tioremesseea, quæinuoceconfiftit. Diximusadhçcartis fumentes ab Arift. asserunt: essentiam uocis interpretatis inuentoribu sueliaminuentam docentibus, ineodem no efle percussionem aeris anhelati, ad membrum quod cana tioremesse artem, acconceptionescūuero& falsoinani dicitur, ab ex pulfione animæ imaginatiuæ uoluntariæ: et ma, quam exterius opus effictum: ficinpropofito,excong infraqinessendo uocem necesse est ut percutiens habeat ceptibus rationem coposuit, notioribusapositione signifi animam imaginatiuam, tuoluntatem:effentiaergouol catis:quiquodammodonotiores:utindu&ionesensata cispendet abipso conceptu et placito reliéto a positione patet infraenim sectione quinta ex opposition maioriin in uoce, tangforma et uox uropus naturæ interpretans mente, explicatitae! Tein uoce: Item placitum est causa, a placito ab anima etiam, tangagente, depédet: nam secundo de anima. percussiorespiratiaerisad uocala arteriam ab anima quæinhispartibus uox eft ut efficiente causa hinc Cómen. Inprincipiocómentiait oportet igiturut percussioaerisanhelati ab anima, queestisismé præcognitionem partistertię definitionisratiocinatur:no brisadcannam, fitillud quodfacituoc a et inmediocom igitur demonftrationem effect quæadnaturaliterignos menti primum enim mouens in uoce,estanima,imagina tiua et concupiscibilis et ideouox eftsonusilliusprimi uolentis & mouentis. Etq etiam dici pof sit quodammo dofinisuocum, perspicuum est ex his,quæ fupradocuio mus: fine muocum effè eriam res conceptas: namorgal na ad eorum opera, tang finem & ultima, diriguntur.pris mo topic..cumnonpropterse, sed propte ralterum exo petantur:sed uoces SIGNA sunt ET NOTAE CONCEPTUUM adquos explicandosreferimus: finesergo medii,licetnon ultimi tumdir igitur. Secundo post.primo. necillam utperitus ad rem per se nota efficere potuit. ne ipse suampręcogni tionum artem confirmaturus experiment contrarioinfir maret. Itidemminime consecurionem ualere dicimus:ra tio ex caufis eft notioribus, ergodemóftrationempropter quid aut simpliciter constituere affirmabitur quoniam alte rum& pręcipuum demonftratiodi &arequirit.utadigno tum naturaliter dirigatur, non ad pręcognitionem ponendam, utpersenotam:nam primopofte veręetiàdefis uocabuntur: Exhisfacileeiusrationibus respondemus. nitiones, quidtantum nominis non ueræ definition suim haberedicunturab Auer. Utpræcognitiones sunt:ita et fi hæc præcognitio ex caufamonftretur, nonutdemonstras tiua, fed ut ex fimili accepta, et uisa, et alibideclarata; pros ptereatopica potius, quàmdemonftransuocanda:noto pica,o fitdubia, autfalfa, immouera, sed hic accepta alig biuisa philosopho et hic posita, utc redita:dequo latius ressecundum feeffe dicantur, nótamen apudeosquicon ceprus et res conceptas ignorant: adquarumexplication nem, utultimum, referuntur. Ad tertiam de agente dico: inquit exAmmonioait. Primo quiahæcconfi& anomina rem, agens remotum uocari: aquo intellecus phantasticus falsum significare uidentur: ut. Aquinas ait. Sedcótra.quia fimilitudiné abftrahit: sedanima, ut naturaagens,uocem ab Aristotele dicitur sed non dum uerum aut falsum signifi interpretantem tang operationem propria mefficit, &lo cant. Nifi effe aut non effe addatur: ergoutrunque signis gico tradit: cuilogicusproprium considerandi modum ficareuidentur. Item causa assignandafuiffet, curexem attribuens, utinftrumentum significandi & explicandicon pliscöpositis (que uerum dignificare potius etiá uidentur) Ad primam, utpatet, intelligentia, inuoceartecong fi et tareli&ta,eft,utaliquiduocis.i.forma. Ad secundam Q non fitfinis, nonualet, idpriuseft,ergonon finis:Deus enim eftpriormotu&creatura,quæad Deicognitionem deducunt, ut signa et effe&ta ad suumfinem cognoscenda directa: fimiliter dicatur de uocibus, & fi conceptus prio riaexternareli&um: manifeftum eft argumentum qdixit Arist. bon uoces: sedeaquæsuntinuoce, suntsignapass fionum et conceptuum,utnaturaliumsimulacrorum et res rum fimilitudinum. i.cóceptusapositione,(utratio)signi exfimilinotiori, et fuperiusab Arif. pofito, exlibrisdeani maprocessisle: ficutinanima eftaliquandointelle us fineueroautfalso, aliquandocum horum altero: ita& in uoce: et de uero et  falso loquitur utAlex. et Ammo.ac cæteriboni expositoresaffirmant)orationisenunciatiuæ, et denominibusfignificantibusaplacito,nonutnaturas quamobremuoces significant cúfiuntnotæ. Necproptes reao conceptusutcaufedicuntur.quosnomina et  uoces tanquam SIGNA et effetusimitantur, afferendúeftArif.des monftrantem rationem efficere: namhich ypotheticè ad Deoda nieprimotopic. dicemus. Quæruntcur Arift.fis &aprotulitexemplapotiusquàmuera.Sueflasumens ut  pliciter, quod præsentis efttemporis.aut secundum tome pus.i.præteritum& futurumut Com. explicauit. De Am monii expositione dicemustunc,cumaddubiaresponden bimus. Quæritprimú Suessa.qualisnam ratiocinatio Aris. fuerit(quéadmodum inanima quandoq intelligétiafine ueroautfallo, quando quehorumalterumnecetle eft in esse.respondet. Aquinas et Ammo. intex. præcedenti,nes liderat, accognoscit: Respondendum ergoest uteftdig &um Arift. exhypothefileu positione,& ex fimili notion riprocedere: quod quemadmodum particuladenotat. dum asimili: sed a causaquamimitatureffectus, proceder re. nam Ammo. ait: circa enunciatiuam orationem quæ quæsupraetiam Aril. poluit: namproptereauoxfignum exillorumcomplexuefficitur, uerum et falsum spectari. &notaexterius explicansdicitur, qapositione et intellig ante voces quoq; hæccircaconceptuscósiderari.utqui causæ uocuinlunt,aquibusconceptusfimplicesfineueris tate, & compofiticum uero & falsodefignantur & declas tantur: Responsionem improbat Suelta: quia conceptus non causaueriaut falliinuocetang formasunt:cumnuls duftioncperspicuum eft ut Amnioniusanimaduertit no tioremartem Seddices ratione inaliniilieffe& et tamex ignotis concludes re, nanieaexquibushic ratiocinatur, extertiodeanima infrasumuntur: hæcautemtanquam ardua,& inchos antibus difficilia,utphilofophus,& relinquendasupra nosmonuit: Satis huicrationi faciendum arbitror ex his, gentiaatqzarbitriopendet:ineo presertimartific equivoces impofuit: uel ab impositis et Gibi notis nominibus, regulas logicæ docet:in mente enim artificis& docétis ing E ii   quærimus, ad que causa hæc nondirigitur. Tertio dicit: ut quçinintelle&usuntfolo.sednefcioquçueritasdicipót, cuinihilextraresponderinre:cum infra& inpoftpredi camentisdicatur abeoq resest, uelnoneftoratiodicitur uerauelf alla remota aūt causa et prima radice, ceterade ftruinec effe eft. Item Aristotele de vocibus loquitur. Propterea mihi hoc libet dicere. Hac de causa fiais exemplissuasen tentianicomproballe,o fi&aamer a positione significant: & ideo magisobuia& perspicuaacconsuetafuntadexpli candum: ut quod ámodonotiora, ut magisuulgata, exars omnemueritatem haberiin compofitione& diuisione.ne excludatur ueritas apud Platonem in intelligibilibus,& in telligentiisfiuemenubus,& apudArift.desimpliciuming telligentia et abstractis: fedeam que in pronunciatiuissubs est motibus, scilicet cum discursu: seu ratiocinatione: quæ perenunciatiuam fitorationem.&inniotibuspronuna ciatiuis,non invoce solum (intelligas) exiftentibus:fices nimtextui Arift.& eiusdillisaduersantiadiceret.sedetia ne&diuifionefalsum & uerumremouerineceffeeft:pro ptereaergodixit, (circacompositionem at causam noia ret: sed ad nomina in uoce descendens ait non significare uerum, aut falsum: significare enim proprium eftnomi num, quæinuocea compositione significanteconfiftunt. PetitAmmonius quomodo uerum fit, circacomposicios innueretueritatem non in rebusreperiri:fedinhisetiam, nem et divisionenelle uerum et falsum. Responder non nonutitur: ficut utiturhis, quæ falsum significare maxime affirmantur. fecundam causam adducit: utinnueret, non solum nomina simplicia ad ueritatem explicanda indiges reuerbo sed etiam ipsa composite. Sed idem est dicendum de nominibus compositis ueris, nosautem de fictis proprie non  bitrio plurimorum: exhistamenfi&lisnominibus, aliaue ca intelligendasunt. exempla autem innotescendi gratia inuenta, exuulgatis& consuetistr ad endafunt et lificadi cantur: quibustaméuerum facilius inueniamus, autinuen tum facilius doceamus: Petit Suella cur Aristotele.dixerit conpositionem significare cum uero et falso, non autem significare uerum aut falsum i respondet, hoc differreinter significare uerum et significare cum uero:quias ignificare ueru potest uere in nomine simplici inueniri:u.g.hoc nomen uerum aut fallum, simplex verum significat.i. se ipsum: sed significare cum uero, eftfignificare cum uerbi complexu ut de uerbo dicetur, significare cum tempore, notempus: ut dies et annus sedlicethęc dubitatione relinquenda foret, cum id quærat, quodin Arift.textunoneft:tamenneaus inmotibus pronunciatiuis, ideftquicaufafuntutper enung ciatiuam orationem pronuncientur,ueritasergoquacon ditorum ingenia, obuiriau&oritatem fallantur, ponere& cipitur,aut enunciatur aliquid ineffc alicui,folum circa con pofitionem & diuifionemeft,utspeciesorationisenuncia tiuæ.dixieam ueritatem circacompofitionem elle,quæ concipiturinmente, uelexplicaturinuoce,& quaprædiy catuminesse subiectoaffirmatur:quoniam primotopic.4, loca accidentis propriè dicuntur,quibus potentes fumus concludere hæc alteriineile:& ideo locaeducentia uerum enunciative propofitionis dicuntur loca accidentis et veritatis qua aliquid alicui in esse concipitur vel explicatur:Sci scitatursecüdo Ammonius cur Aristotele dicens nomina igitur et uerba consimiliaíunteiqui sine compositione et divisione est intelleclui exempla protulittantum nommun, non uerborum dicens, ut “homo” vel “album”. Respondet per hominem nomen: per “album” verbum fumpfiffe: non eata meninquitratione, qua verbum proprie inferius definitur. Sed quia Aristotele statuit, omnemvuocem quæt erminum prædicatum facit, verbum appellanda. Sed responsio hęc improbandauidetur: primum q Arift.nondieetinfraprę refellereconstitui: non. n. Aristotele dicit compositionem cum uero aut falso significare: sed ait circa. n. compositionem et divisionem elle veritatem et falsitatem. Item de “hircoscervi” nomine afferuit. “Chircocervus” aliquid SIGNIficat, sed non dum uerum aut falsum de nominibu sergoopposiy dicatumu erbum appellandum fore: quod fictiam dices tum dicit eiquod Suellafingebat: nomina non significare ret, exemplum albiquod posueratantea, adexplicandum uerum aut falsum, sed significare sine vero aut salso: Eiusery uere uerbum, inutile videretur:Aliter igitur responden, gore sponfioin textu Aristotele.infirmatur, cum denominibus dum. His exemplis dicta inchoantibus comprobandaque compositis neget significare verum aut fallum: differentia etiam abeo assignatauerbis Aristotele, adversatur Ampliu snec potuisset Aristotele dicere, compositionem et diuisionem verum significare, na in compositio. i.affirmatio et divisio.i.negay cumuerbonominibus:tamenutnotaprædicatumcuin ciosumerenturinuoce quo infrade oratione enunciatiua dubieto connectens, dubiumfaciunt, anuerum & failum dicetur. Litoratio significans verum vel falsum, &inqua fignificent, signum est. Ammoniusetiam tanquam duy eftuerum& falfumutinfigno externo significante:nam oratio in mente, non significate positione, ut hic intelli, bium quærit de uerbis primæ et secundæ personæ “ambulO”, “ambulaAS” et in quibus tertia persona et certas statuitur. Git SIGNUM est opde nominibus fimplicibu s& compofitis, line uerbo, intulit dicens nomina igitur ipsa auteur bacó similia sunt fine compositione et divisione intellecus. lt homo et album hircocervus quæ et si aliquid simplex significent, non dum tamen uerum aut falsum hæc autem nomini in voce sunt, noninmente: quiafiutinmēte essent, ut ningit. quæ veritatis et falsitatis videntur capacia. Licet nonperfe, fedcomplexuhorumuerborum cũcertispery fonis.nonitadubium eft de nominibus, dequibusinse acceptishæstat nemo, an veritatem significant aut falsitatem: Quærit nouissime Ammonius quid intellexerit Aristotele. Per simpliciter, uel secundum tempus cum ait. (hircocery considerentur, non dicerenturno significare uerum aut falsum et q effent fimilia intellectui fine compositione& diy uifione: quia essent ipseintelle&us,seuintelligentiafineue roautfallo: Dicendum igiturin questionem potiusuerten dumcur dixerit (circac compositionem.et divisionem, ut inmentesunt, est verum et falsumj denominibus autem in uoce corolarie inferens,ait:(fineuerbonondum uerum uusenim aliquidsignificat:fednondum uerumaliquid autfalsum, finon, ueleffeuelnonesseaddatur,uelfimpli citeruel secundum tempus. respondet sermonem Arif. ad eadem referens verba, inquiens: nifi effe addatur fimplicis ter,ideftnisi effe addaturindefinite et indeterminate significans: ut “Fuit hircocervus” est, auterit. Non definiens, ac determinansan hodie, sero, anmane, perendie etc. vel aut falsum significare. Ad quod respondendum, quod fecundum tempus, ideftnifiaddatur cum aliqua determis propterea vox quando eftfineuero&fallo, quandoque natione tempori addita præsenti, præterito, uel futuro, cum his, quia circa compofitionem et divifionem intelle, sciliceterat,eft,erit,herianno superiori, hodie uel cras, & us eftuerum & falfum:ex quo intulit de nominibus in autsuccessiuotempore.quam tamenexplicationemaci uoce, gfintfine uero, X fallo ex eadem causa, pfimiliasing intellectui fine compofitione et divisione: circa quæuerum cipiens Magentinus uel in latinum vertens non intellexit: cumpereffef smpliciter et omnino, in, finitoacdetermi & falsum uersatur, ut caulam, quaposita, uerum aut falsum i ponitur. & hac remota (ut in nominibus fineaddito uery natotemporeintelligat. Ad tempus uero et in tempore infinito. tragelaphuserat, uel erit, hęc.n.infinitafunt: fed bouidetur, quæ fimiliasunt intelligentięfinecompositio eft presentist emporis, aitdefinitumelle:l iceteft,utdeDeo facilius conftitutam sententiam approbant verba aute in ut dicetur quandam compositionem significant, quam licet ex se non habeant, sed ex alio, ex compositis, scilicet dicitur infinitum significet: Idem Deus, erat, et est, sed in aliis rebus, tempore non definite uti murita. Hinc liquet, igitur erunt: quæ et fiacu et explicite verbii, prædicatum et subiectum ut nomina non contineant, illata men eximigit, ergo et hic per tempus dimpliciter, tempus præsens, 8C per secundum tempus præteritum vel futurum: quæ pros ptereanuncupantur et lunt, quere tempus prælensciry cunstant, iuxtas; ipsum ponuntur: propterea dixit, secun significat, quemadmodum in oratione quaestequus ferus. Ofitis et precognitis partibus definitionis nominis ac nunc ad definitione sponendas integras ac totas accedit: sed Ammonius querit cur primo de nomine ade verbo definis dum tempus quod non simpliciter et ina et ueft. Sed quod.tionem assignet? respondet, proptere a nomen uerbo esse præteriit uel futurum est: solum præsens simpliciter et in actuest utre et te. Aquinas exposuit. Nec Sueffe confutatio ualet et que liber differentia temporis est tempus secundu quid: quoniam per aliquid ab aliis differentiis differt: quod autemper partem est, fecundumquid, non simplicitertas antepositum, qnomen substantiả.i. naturam et vim rerum significat: verbum vero a&ionematqz affetionem, quænel Cellario naturam acuimmouentem supponit. contraarguit Sueffa. substantia non nisi per accidentia cognoscitur, prius ergo verbum definiendumq nomen: Ad instantiam, Am Icesse dicetur: primo clenchorum. Sedĝfalla hæc fit monius facile diceret substantiam cognoscifine describir improbatio patet, quiaens, cumin substantiamens simplisciter diuidatur & accidens, inaĉtum simpliciter, et potens tiam secundum quid, ne quaquam uere divideretur: quia per aliquid differ substantia ab accidente et potentia ab aétu, &fi proprie differentiam non habeant. Item ratiofal lit. lihęc species per aliquam differentiam acuprecipue differt, rrgo per partem. Igitur secundum quid. accidenti aut posteriora accidentia vero per substantias definiri, ut priores: fic Aristotele primo naturam quam motum finiuit, aquamotus, ut perseprincipio, prouenit: & materiam primo phy..g formam. phy. quæ a materia cuiu nitur& datellelustentatur, Aliteripse respndet, proptere a nomen uerbo prætulisle, onotius est. Et iterbi feconuenire Arist. affirmauit, sed enunciationitantu: erunt igitur enunciationes, cum enunciationis proprium opusef signum. sed compositionem acueritatem comsignificat quan fician. Suellanouariis Sorticularumdi et tis et improbatis sententiis, hocuisum est: literas et nomina quo ad prima eorumimpo fitionem, non significare nidi in complexum, nec cum uero et falso: sed quod quo ad nova impositio, nem, significare possunt cum vero et falso: propter eaqapo in compositione explicare fine additouer bonó possunt. Dis fitione sunt. Nung tamen erunt propositiones aut enuncia cas Querbumetsi compositionem extremorum aétu non tiones: propter eanóualereait, a, significat cum uero aut dicat, a et tionem tamen, et affectionem significat, quæ causa fallo, ergo enunciation erit. Quoniáin quit oportetinantes est, qpredicatum seu appositúsubie &ofiue suppositocon cedenteaddere. significet ex prima impositione, nonau iungatur, uerbum ergo lempereftunio comiungens apritu temex nova institutione. Sed contrahancadditam conditio dinesaltem cum in propositione non est. Sedcunsecundum nem ex proprio arbitrio. Enuciatio prima impositiones isse, acpurú accipitur: nomina uero sunt composita, seu quæ significat propriecum vero et falso. Ego ubi est proprium apta sunt pera & tumuerbi coniungi, proptere a nomina pen opus, necessario propriumerit instrumentum: neq; enima denta verbo, quasi formauniéte et verbiianoíe quasimai nova aliqua institutione propriú opus a proprio inftrosen teria, qunici habetp uerbum. Ut materiaaŭt, tempore pre iungipoteft: proptereafi. a. b. c, etc.  novis aut antiquis concedit forma, & prius, ut facilius & ordinenecessitatisnos Giliis&pofitioneimpositasunt, ad verum et falsum, seu ut menanteafiniendu. Verbum vero, quniéda funt, prçsuppo ipfi volunt cum uero et falso significandum. enunciationes nés, posterius ut ignotius et the posterius explicandú: quas quando secundū se, acpurumdicetur. Ipsum.n.sic purumi nullüueritatis et compositionis, aqua verum explicatur, est dam, nonperse, sed quam sine compofitis nominibus non est intelligere. Gi ergo hac de causa nomem præponit verbo, q notitia verbi in compositione verum explicantis, non pont, intelligi sine nominibus compositis. Ita et nomina, uerum  illud, quod Ammonius, tempus simpliciter & omnino, ponentium CONSILIO coplcctuntur. Exemplo simili Amm sus ideftindetinite et indeterminate significans, appellabat, Ma, gentinus dicit esse tempus finitum et determinatum. Et parsticula, quam Ammo. adom né temporis differentiam rer pra, cum dicimus "curro", "curris", nin git, pluit, complexuhorūuer borum cúcertis intelle&is personis, cú vero et fallof sgnificant. ferebar, Magentinus ad solum præsens direxit. falsum igir. Girolamo Balduino. Balduino. Keywords: il vestigio dell’angelo, Campidoglio Inv. # 334, donazione di papa Gregorio, logicalia, interpretatio, interpretazione, logica, signum, segno, nota, notare, notante, segnante, notificare, segnante, vestigio, il segno del’angelo, campidoglio, san michele, vestigo, etym. dub. ves-stigium, foot-print. – segno naturale – segno, genere e specie – genere: segno. Specie: segno naturale, vestigio, marca, nota.. segno artifiziae, segnar per posizione, arbitrio, a piacere, consilio. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Balduino” – The Swimming-Pool Library. Balduino.

 

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