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Monday, December 2, 2024

GRICE ITALO A/Z B BAR

 

 

Grice e Baratono: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale stilistica – la scuola di Firenze – filosofia fiorentina – filosofia toscana -- filosofia italiana – Luigi Speranza, pel Gruppo di Gioco di H. P. Grice, The Swimming-Pool Library (Firenze). Filosofo fiorentino. Filosofo toscano. Firenze, Toscana. Grice: “I like Baratono – especially his ‘stilistica italiana’ – if I were to offer an English stylistics I would not count as a philosopher – but that’s because ‘English’ is spoken by more than Englishmen, while Italian ain’t!” Grice: “Baratono thinks he is a sensist alla ‘Giovanni Locke,’ which he possibly is.” Grice: “In the typical Italian way, instead of focusing on the classics – Roman philosophy – he read sociology and psychology and came up, in a typically Italian way, with a ‘sintessi,’ ‘la psicologia del popolo’ alla Wundt.” Grice: “If Austin punned on sense and sensibility – Baratono takes ‘sensibilia’ VERY sensibly – as the basis for ‘aesthetics,’ seeing that ‘aesthetikos’ IS Ciceronian for ‘sensibile’.” – Grice: “Baratono is Griceian in his search for what he calls the ‘elementary’ – he applies ‘elementary’ to ‘fatto psichico’: judicativo e volitivo – both based on the ‘sensibile’ – or rather on probability and desirability – credibility and desirability --. His use of ‘sense’ does not quite fit the Oxonian ‘sense datum,’ since the will is involved in the sensibile – or, in his wording, it is the anima (or psyche) that searches for the corpus -- -- The compound is something like the hylemorphism – the form is sensible – and the volitive (prattica) and judicative (teoretica) components of the soul operate on this.” Fra i maggiori esponenti del socialismo. Vive a Genova, dove compie i suoi studi. Si laurea in filosofia. Insegna a Genova, Savona, Cagliari, Milano.  B. si iscrive al PSI subito dopo la fondazione e viene eletto consigliere comunale a Savona, aderendo all'ala intransigente in forte polemica con i riformisti. Entra nella Direzione nazionale del partito. Alcune battaglie politiche lo vedono emergere come figura di primo piano del socialismo italiano, come quella che B. porta avanti capeggiando la frazione comunista unitaria al Congresso di Livorno. L'accettazione con riserva dei 21 punti dell'Internazionale comunista di Mosca determina la clamorosa scissione e l'uscita dei comunisti dal Partito Socialista. Presenta al congresso la mozione massimalista. Diviene deputato. Confermato per la terza volta membro della Direzione socialista, mentre la maggioranza massimalista si orienta per la scissione dei riformisti, al Congresso di Roma sostiene fortemente l'unità, anche per il timore dell'affermarsi delle forze fasciste. Dopo il Congresso di Roma, aderisce al Partito Socialista Unitario e diviene un assiduo collaboratore di Critica Sociale. Collabora al “Quarto Stato”. Con il consolidamento del regime fascista, si dedica esclusivamente ai suoi studi filosofici.  Torna all'attività politica all'indomani della Liberazione, con collaborazioni sull'Avanti! riprendendo i suoi studi di critica marxista. Perciò appunto non ho dimenticato i tuoi interessi e sarei lieto che fossi tu a succedermi, In questo senso ho scritto, richiesto da Castiglioni stesso, che ora è preside, a Castiglioni. Ho consigliato lui e con lui la facoltà ad accaparrarsi te per la F.[ilosofia] e Banfi per la St.[oria] d.[ella] F.[ilosofia]». Lettera, Martinetti a B., in Martinetti Lettere, Firenze,, Mathieu, B.,  Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 5, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  B., in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Adelchi Baratono, su Liber Liber.  Opere di B., su open MLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di B., B. su storia.camera, Camera dei deputati. Filosofi italiani Politici italiani Accademici italiani Professore Firenze Genova Politici del Partito Socialista Italiano Deputati della legislatura del Regno d'ItaliaStudenti dell'Università degli Studi di Genova Professori dell'Università degli Studi di Genova Professori dell'Università degli Studi di Cagliari Professori dell'Università degli Studi di Milano. Critica dei valori ed estetica metafisica. Psicologia critica dei valori e metafisica estetica. Carissimo Groppali. Nella tua pubblicazione dal titolo Psicologia sociale e psic. collettira, trovo rammentato un mio articolo (comparso nel quarto fascicolo del l'Archivio di Psic.coll.).con queste parole citato; non posso fare comequel buon figliuolo di Renzo Tramaglino, che, a sentir dire che la sua Lucia era una bella baggiana, per amor dell'epiteto lasciava passare il sostantivo. Lasciami invece un po'brontolare contro la seconda parte del tuo giudizio. E, quantunque in fatto di scoperte scientifiche nessuno si possa dire assolutamente il primo scopritore, permettimi di dare al Sighele quelch' èdi Sighele, ea me quelchesembramio.  Per il nostro caso, la scoperta piùimportante, acuisono giunti questi autori, è la semplice constatazione del fatto, che gli atti estrin secanti la emozione d'un individuo riproducono in altri individui ana loghe emozioni ed atti volontari. Ebbene: prima e più completamente di quegli scienziati, Spencer e pervenuto alla medesima legge con la sua teorica della simpatia; e per di più aveva spiegato il fatto diquella suggestione con la ragione sociale, osservando che un atto emotivo non puo suscitare nei pre senti un sentimento corrispondente se non vi fosse stata l'esperienza propria o atavica che avesse associato quell'atto all'emozione reale unitamente sofferta; trovandone perciò la genesi nella convivenza sociale, per essere gl'individui associati sottoposti alle medesime cause di piacere e dolore. Adunque io nel mio studio potevo passarmi di citare altre teorie, oltre quella spenceriana, quando ridussi il fenomeno collettivo a fenomeno simpatetico. E fin qui non ho fatto, nè ho detto di fare, nessuna scoperta: ma soltanto ho applicato la legge spenceriana a un nuovo gruppo di fatti, da Ini non considerati specialmente. Ripeto: io non ho sostenuto come mia scoperta, ma ho soltanto accettato e meglio dimostrato, che il fatto psichico del delirio collettivo ha per sostrato il giuoco delle emozioni e rappresentazioni, cioè il fatto simpatetico. A questa domanda non puo rispondere nè Sighele, che non è mai entrato nel campo della psicologia generale, nè,c ome si sa, Spencer e gli associazionisti, che si contentavano di descrivere il fatto, riducendolo a uno schema associativo,ciòche,come spiegazione, ha ilvalore di una tautologia, senza svelarne il meccanismo, cioè il rapporto fra gli elementi; né I materialisti, che ne davano una ipotetica spiegazione anatomo-fisiologica, senza entrare nella pura psicologia. Dall'altraparte, rispondere a quelle domande significa trovarele ragioni ultime e più generali del fenomeno collettivo. Vale a dire, ridurlo completamente. Questo ho tentato io di fare; di qui comincia il mio studio genuino. Me ne sono vantato? ho soltanto asserito che tentavo di muovere un  Sighele intui, che i fatti caratteristici della emozione di una folla si possono ridurre a qualcosa di più generale, ov'entri quella facoltà dell'imitazione, quella suggestione, con le quali altri avevano spiegato il contagio morale; perciò egli, se mal non ricordo, senza nulla aggiungere di proprio, si rifere alle teorie di Bordère, Ebrard, Jolly,Tarde, Sergi, Espinas ecc. ecc. Ho dunque accettata una legge, o, meglio, ladescrizione di un fatto generale, che si potrebbe enunciare cosi. In due individui associate, A e B, la percezione degl’atti corrispondenti alle emozioni di alcuno destando in altri la rappresentazione di piaceri o dolori analoghi, suscita piaceri o dolori analoghi e gliatti corrispondenti. In questo enunciato c'è qualcosa di mio. Ma non mi curo di metterlo in luce. Piuttosto ti rivolgo la domanda: osservato il fatto, Spencer ne trova la ragione sociologica. Ma vi è qualcuno che ne trova la ragione *psicologica*? Come una rappresentazione emotiva può diventare un'emozione attuale, condizione e stimolo di atti volontari? Passo nel cammino della psicologia collettiva. Tu puoi scusarmene, perché conosci il tripudio di chi lavora per la scienza, che oggi è ancor l'unica nostra ricompensa. Adunque il rimanente studio, la risposta a quella domanda è mio. Mio nelle premesse, che si riferiscono al saggio, “I fatti psichiri elementary”, dove dimostro che la legge più generale della psiche è data dalla serie dei fatti emotivo -conoscitivo -volitivo, quando si consideri questa come l'espressione di un rapporto, per cui il primo termine rappresenta l'energia determinante degli altri. Mio nell'applicazione al fenomeno collettivo, dove le multiple rappresentazioni emotive devono agire sopra ognuno degli individui come altrettante emozioni reali attenuate, ma accumulate sulla prima; onde l'esaltazione propria della folla. Tutte queste tesi sono diverse da quelle sostenute e dall'intellettualismo e dal volontarismo. Epilogando: Sighele giunse a ridurre il fenomeno collettivo a un fatto generale enunciato come legge; e Spencer da la spiegazione sociologica di questo fatto. Ma, perchè vi fosse una spiegazione *psicologica*, bisogna aver trovato non solo l'associazione, ma anche il rapporto tra gli elementi associati; il quale rapporto di dipendenza, cioè di condizione e stimolo, dove, per ridurre completamente quel fenomeno, coincidere col rapporto o legge più generale della psiche. Questo ho cercato difare: e, poi che in modo particolare avevo stabilita la serie dei fatti psichici veramente elementari e il loro rapporto, cio è la legge psicologica generale, anche particolare, dove riuscire l'inferenza al fenomeno collettivo. Non posso, egregio e carissimo amico, riassumere in poche pagine quello che, a giudizio mio ed altrui è già troppo strettamente riassunto ne'miei saggi. A te, che liconosci, e che possiedi un forte ingegno intuitivo, basta questo richiamo; e spero che ti persuaderai, che Sighele restaugualmente uno de'nostri migliori scienziati, anche senza regalare a lui, che non ne ha bisegno, quelle due o tre pagine con le quali si termina il mio saggio. Spero ancora più fervidamente, che tu non mi dia del noioso e del l'immodesto per questa mia lettera, e che sempre mi creda il tuo. Adelchi. Nacque a Firenze dove il padre, Alessandro, originario di Ivrea, si era stabilito dopo il trasferimento della capitale del regno da Torino. La madre, Ermelinda Rossi, era fiorentina. La famiglia si fissa definitivamente a Genova, e compiuti gli studi classici, frequenta l'università, addottorandosi in lettere e in filosofia. Suo principale maestro fu Asturaro, del cui indirizzo sociologico B. risentì nei suoi primi lavori (Sociologia estetica, Civitanova Marche; Sul problema religioso,in Riv. ital. di sociol.), così come, successivamente, sube l'influsso di Morselli e delle sue lezioni di psichiatria. I suoi interessi psicologici sono documentati in questo periodo da numerose pubblicazioni (I fatti psichici elementari, Torino; Sulla classificazione dei fatti psichici, Bologna; Energia e psiche, in Riv. di filos. e scienze affini). Psicologia e sociologia venivano, poi, naturalmente a fondersi in una wundtiana psicologia dei popoli (Sulla psicologia dei popoli, Genova), permeata di una filosofia scientificamente concepita. Questo movimento culmina nei Fondamenti di psicologia sperimentale (Torino), che risentono ancora dell'influsso positivistico, nella ricerca di una filosofia scientifica, ma cominciano, al tempo stesso, a rivelare la sua originalità filosofica. Contemporaneamente coltivava il proprio gusto estetico frequentando i circoli letterari, le mostre di pittura, i caffè degli artisti. Pubblica un volumetto di versi (Sparvieri,Genova, con acqueforti di Edoardo De Albertis), che sarà seguito da altre poesie (Lettera - Notturno - Congedo), articoli letterari e frammentarie commedie, comparsi generalmente in Riviera ligure.  Questo duplice interesse, psicologico, ed estetico, accompagna il filosofo per tutta la vita, ma non senza trasformarsi radicalmente, dall'originario positivismo, in una personale forma di sensismo, dove tornavano a incontrarsi il significato etimologico e il significato moderno della parola "estetica". L’anno del congresso internazionale di filosofia di Bologna, a cui B. partecipa - egli, che l'anno prima aveva celebrato I funerali del positivismo italiano (in Lavoro nuovo), pubblica la Psicologia sintetica, in cui l'aspetto filosofico e quello scientifico-sperimentale della ricerca erano nettamente divisi, e la psicologia venne assegnata al secondo.  Conseguita la libera docenza, tenne corsi e conferenze all'università di Genova - oltre che all'università popolare - prendendo a interessarsi del problema pedagogico, strettamente congiunto con quello politico. Quattro Discorsi sull'educazione furono da lui riuniti in un volumetto, e alcuni anni dopo uscì la sua opera fondamentale in materia: Critica e pedagogia dei valori (Palermo).  Dalla politica si er sentito attratto. Le sue convinzioni etiche lo indussero a militare nelle file del socialismo; tuttavia, anche nell'attività politica, egli conserva quell'atteggiamento aristocratico e leggermente distaccato che lo caratterizzava sul piano culturale, ciò che tolse mordente alla sua azione. Per le elezioni amministrative, redasse in collaborazione con Gennari un ordine del giorno, votato poi all'unanimità dal Consiglio nazionale del partito, dove si dichiara che dei comuni ci si doveva impadronire per parálizzare tutti i poteri e tutti i congegni dello Stato borghese, allo scopo di accelerare la rivoluzione proletaria. Rispetto alla rivoluzione russa, si pronuncia contro l'accettazione senza riserve delle ventuno condizioni poste da Mosca per l'adesione alla Terza Internazionale, ma e messo in minoranza nella riunione della direzione. Cerca inoltre di evitare ogni scissione a sinistra, anche a costo dell'espulsione dei riformisti, che rappresentavano l'ala destra del partito: questo suo punto di vista, sostenuto prima e durante il congresso di Livorno, trova tuttavia la via sbarrata dal successo degl’unitari. Dalla sua dirittura morale e portato all'intransigenza. Antimassone, respinge l'anticlericalismo di maniera, auspicava la libertà dell'insegnamento. Turati ha a definirlo "il filosofo della direzione del partito". Eletto deputato nella legislatura, sedette al parlamento, ma l'avvento deli fascismo lo costrinse ad abbandonare l'attività politica (nella quale rientrano anche scritti come Le due facce del marxismo italiano, Milano e Fatica senza fatica, Torino).  Più fortunata divenne, a, questo punto, la carriera universitaria. Titolare a Cagliari, si occupa, tra l'altro, di Problemi universitari (Mediterranea) e vagheggia un progetto Per la riforma della facoltà filos. (Atti della Società ital. per il progresso delle scienze), che fu combattuto dal Gentile (Giorn. crit. d. filos. Ital.). Passa a Milano, sulla cattedra di P. Martinetti (che si era ritirato per non prestare giuramento) e torna all'amata Genova, stabilendosi sulla riviera di Sant'Ilario. Qui riceve volentieri i suoi studenti e colti visitatori, attratti da una fama, che, specialmente dopo la pubblicazione di Arte e poesia (Milano), si estese oltre la cerchia dei filosofi di professione. Riprese l'attività politica negli ultimi anni, soprattutto in forma di collaborazione a giornali e di rielaborazione di vecchi scritti di critica marxista. L'ultimo articolo, L'etica dell'economia marxista, uscì sull'Avanti! alla vigilia della morte. Al suo nome è intitolato l'istituto universitario di magistero di Genova.  La sua prima formulazione pienamente matura della filosofia può essere considerata il volume Il mondo sensibile, introduzione all'estetica (Messina), preparato da alcuni degli scritti raccolti in Filosofia in margine (Roma); in esso si vuol raggiungere la "prova esistenziale" della spiritualità del contenuto sensibile. Contro l'impostazione gnoseologica che soggettivizza il mondo, propugna un'impostazione estetica che vede nel mondo sensibile, preso per se stesso, "la forma dell'esistenza". Tale dottrina fu chiamata "occasionalismo sensista", in una comunicazione alla sezione piemontese dell'Istituto di studi filosofici  (Per un occasionalismo sensista, in Concetto e programma della filosofia d'oggi, Milano). La denominazione esprime l'intento di "riflettere sulla pura forma invece di prenderla quale rappresentazione di altro (soggetto od oggetto) posto come un contenuto irreducibile a quella forma. L'esperienza estetica ci mostra che un'ide a pura esiste come forma pura, sensibilmente, e che questa forma sensibile vale per sé, in un rapporto formalmente sentito con certezza, che diciamo verità. Ciò costituisce un valore sensibile direttamente, diverso sia dal valore del sensibile (che rappresenta il valore specificamente teoretico) sia dal valore del sentimento (che rappresenta il valore pratico). L'esserci sensibile interessa il pensatore o l'uomo pratico solo come ostacolo da superare, ma riempe di meraviglia chi guarda il mondo con gli occhi spalancati sol per la gioia di vedere, e così ne può apprezzare la bellezza. Queste idee sono esposte in Arte e poesia,e messe alla prova non solo a contatto con estetiche come quelle di Burke e di Focillon, a cui iscrisse introduzioni (Milano), ma con la stessa opera poetica, per es. di un Verlaine, di cui ripubblica in Italia una raccolta di Poesie, conintroduzione (Milano). Arte e poesia si conclude con una "apologia della forma", la quale sembra a torto imprigionare lo spirito e limitare il valore solo perché, in realtà, lo determina e lo realizza. Rovesciando l'istanza idealistica, secondo cui il valore sta in un'unità spirituale che si riduce a un'esigenza puro-pratica, a una rappresentazione di ciò che non è, dichiara che l'anima cerca il corpo, non viceversa, che lo spirito cerca la forma, la filosofia la poesia. Sicché il valore non appare più la premessa indimostrabile di ogni esistenza, ma il risultato intuitivo della stessa forma sensibile.   Bibl.: F. Della Corte, A. B., in Genova, Sul B. Ipolitico: Meda. Il Partito Socialista Italiano dalla Prima alla Terza Internazionale, Milano, I deputati al Parlamento per la legislatura, Milano, M. Carrea, Per una filosofia del socialismo, in Osservatorio, Genova, Nenni, Storia di quattro anni, Roma, Tasca, Nascita e avvento del fascismo, Firenze, Turati-A. Kuliscioff, Carteggio. Dopoguerra e fascismo, a cura di A. Schiavi, Torino, vedi Indice. Inoltre per alcuni scritti del B., in Critica Sociale, vedi Critica Sociale, cur. Spinella, Caracciolo, Amaduzzi, Petronio, Milano, Indici, cur. Lanza. Sul B. filosofo, oltre l'esposizione del proprio pensiero fatta da lui stesso in Il mio paradosso, in Filosofi ital. contemporanei, Como, Milano, cfr. U. Spirito, L'idealismo ital. e i suoi critici, Firenze, Volpe, Crisi dell'estetica romantica, Messina, Sciacca, Il secolo XX, Milano, Faggin, Il formalismo sensista di A. B.,in Riv. crit. di storia d. filos.,  Assunto, B. e l'estetica moderna, in L'Italia che scrive, Bertin, L'estetica di B.,in Studi filosofici, Bontadini, Dall'attualismo al problematicismo, Brescia, Talenti, A. B., Torino  (con bibl.). Adelchi Baratono. Baratono. Keywords: stilistica, breviario di stilistica italiana, fatto psichico elementare, i fatti psichici eleentare, psicologia filosofica, illuminismo, implicatura luminaria, implicatura escataologica, politica ed etica, la filosofia al margine: gentile, croce, natura umana, esperienza, il mondo sensibile, estetica, il bello, il sublime, criticismo, assiologia, hume a Cremona e torino, spirito, animo, forma logica, l’eneide, riviera ligure, “Rivera Ligure”. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Baratono” – The Swimming-Pool Library. Baratono.

 

Grice e Barba: la ragione conversazionale e l’impliatura conversazionale – la scuola di Gallipoli – filosofia leccese – filosofia pugliese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Gallipoli). Filosofo pugliese. Filosofo italiano. Gallipoli, Lecce, Puglia. Grice: “I like Barba, but then I like Gallipoli – and he was born and died there, at Villa Barba. His main interest was Roman philosophy, which he studied at Naples! – The Roman occupation in Southern Italy brought ‘a breath of fresh air,’ as Barba has it, to the old “Grecia Magna” tradition --.” Grice: “Barba is very clear: ‘Epigrafia filosofica latina,’ o ‘epigrafia filosofica romana’ surely ain’t Grecian!” Conduce gli studi a Gallipoli, per poi trasferirsi a Napoli presso il zio, Tommaso Barba. Tommaso Barba e presidente della Gran Corte. Studia grammatica e materie letterarie nella scuola di Puoti. Si laurea in Filosofia. Studiare nel R. Collegio Cerusico e divenne professore di anatomia umana comparata. Insegna scienze e lettere al ginnasio di Gallipoli e fu sovrintendente scolastico ed Assessore delegato alla Pubblica Istruzione.  Fu arrestato ed esiliato a causa delle resistenze al governo. I membri dell'Associazione Democratica posero una scritta: "Nato dal popolo, Per il popolo si adoperò". A lui fu intitolato il Museo civico di Gallipoli.  Note  AnxaEmanuele Barba, su anxa. 21 aprile  13 ottobre ).  Scheda sul sito del Museo B.. Filosofi. Emanuele Barba. Barba. Keywords. epigrafia latina, iscrizione latina, iscrizione greco-romana, la iscrizione di Platone sulla porta dell’academia, ageometretos medeis eisito, Delville pittore belga (Libert), a Italia crea ‘L’ecole de Platon,’ per la Sorbonna.  I vasi di Barba – gemelli, fratelli siamesi, ecc. Monete romana, Gallipoli, colonia romana, ‘Proverbi e motti del popolo gallipolino” – poesie di Barba sulla morte del re d’Italia, risorgimento – esilato, carcere – la filosofia di Barba, barba filosofo. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Barba” – The Swimming-Pool Library. Barba.

 

Grice e Barbaro: la ragione conversazionale e  l’implicatura conversazionale del Daniele –  filosofia veneziana – scuola di Venezia – filosofia veneta -- filosofia italiana -- Luigi Speranza (Venezia). Filosofo veneziano. Filosofo veneto. Filosofo italiano. Venezia, Veneto. Grice: “This can be confusing to Oxonians, althou we are familiar with the Hanover dynasty! Daniele Barbaro, a faitehful nephew, commented on his uncle’s, Ermolao Barbaro’s, ‘translation’ of Aristotle’s rhetoric – I shouldn’t even be saying this since it’s implicated in the title where Ermolao features as ‘interprete,’ and the ‘commentarium’ is due to Daniele.” Grice: “On top, Daniele wrote about ‘eloquenza,’ but his comments on his uncle’s vulgarization into latin of Aristotle’s vulgar-greek (koine) rhetorica – is perhaps more Griceian – since there is little conversational about Daniele Barbaro’s ‘eloquenza,’ while the rhetoric (or ‘rettorica,’ as he prefers) is ALL about ‘dialettica’ and dialogue!” --  Daniele Barbaro patriarca della Chiesa cattolica Portret van Daniele Barbaro Rijksmuseum -A-4011.jpeg Ritratto di Daniele Barbaro, opera di Veronese, presso il Rijksmuseum di Amsterdam Template-Patriarch (Latin Rite) Interwoven with gold.svg   Incarichi ricopertiPatriarca di Aquileia. Nato 8 a Venezia Nominato patriarca da Giulio III Deceduto Venezia. Ritratto da Paolo Veronese (Firenze, Palazzo Pitti)  Villa Barbaro a Maser  Pratica della perspettiva, 1569 È noto soprattutto come traduttore e commentatore del trattato De architectura di Marco Vitruvio Pollione e per il trattato La pratica della perspettiva.  Importanti furono i suoi studi sulla prospettiva e sulle applicazioni della camera oscura, dove utilizzò un diaframma per migliorare la resa dell'immagine. Uomo colto e di ampi interessi, fu amico di PALLADIO, TASSO e BEMPO. Commissionò a Palladio Villa B. a Maser e a Paolo Veronese numerose opere, tra cui due suoi ritratti. Daniele Matteo Alvise B. e figlio di Francesco di Daniele Barbaro ed Elena Pisani, figlia del banchiere Alvise Pisani e Cecilia Giustinian. Suo fratello minore fu l'ambasciatore Marcantonio Barbaro. Barbaro studiò filosofia, matematica e ottica a Padova.  E ambasciatore della Serenissima presso la corte di Edoardo VI a Londra, e come rappresentante di Venezia al Concilio di Trento.  Nipote del patriarca di Aquileia Giovanni Grimani, fu suo coauditore nella sede patriarcale di Aquileia. Venne promosso in concistoro a patriarca "eletto" di Aquileia (coadiutore), con diritto di futura successione, ma non assunse mai la guida del patriarcato perché morì prima dello zio. All'epoca tale carica era quasi una questione di famiglia per i Barbaro, infatti furono patriarchi di Aquileia ben 4 B.. Ermolao B. il Giovane, patriarca di Aquileia, Daniele Barbaro, patriarca di Aquileia, Francesco Barbaro, patriarca di Aquileia, Ermolao II Barbaro, patriarca di Aquileia. Fu forse nominato cardinale in pectore da papa Pio IV nel concistoro. Solo i Grimani, con cui erano imparentati, occuparono più volte il patriarcato (ben sei).  Partecipò a varie sedute del Concilio di Trento fino alla sua chiusura. Atre opere: commentarii di Aristotele Retorica del suo pro-zio Ermolao Barbaro il Giovane (Venezia); Compendium scientiae naturalis di Ermolao B. il Giovane (Venezia); Commento sull’archittetura d Vitruvio, pubblicato col titolo “Dieci libri dell'architettura di M. Vitruvio” (Venezia). Di essa pubblica anche una versione in latino intitolata M. Vitruvii de architectura, (Venezia). Le illustrazioni sono realizzate da Palladio --; un trattato sulla geometria, prospettiva e scienza della pittura, La pratica della perspettiva (Venezia); un trattato sulla costruzione delle meridiani, “De Horologiis describendis libellus” (Venice, Biblioteca Marciana, Cod. Lat.). Più tardi si scopre che il testo del B. affronta la tecnica di strumenti come l'astrolabio, il planisfero, il bacolo, il triquetrum, e olometro di Abel Foullon. Cronache, probabilmente riprese da Giovanni Bembo nella Cronaca Bemba. Aurea in quinquaginta Davidicos Psalmos doctorum graecorum catena interpretante Daniele Barbaro electo patriarcha Aquileiensi, Venetiis, apud Georgium de Caballis.  Note  La pratica della perspettiva, consultabile (testo italiano + tavole originali)  Giuseppe Trebbi, Barbaro Daniele, in Nuovo Liruti: dizionario biografico dei friulani. 2: l'età veneta. A-C, Forum editrice universitaria, Udine Eubel, Hierarchia Catholica Medii et Recentoris Aevi, III39, che cita gli Acta camerarii e gli Acta vicecancellarii 8, f 7  Cellauro, B. and VITRUVIO: the architectural theory of a Renaissance humanist and patron, Papers of the British School at Rome, Paschini, B. letterato e prelato veneziano del Cinquecento, Rivista di storia della chiesa in Italia, Władysław Tatarkiewicz, History of Aesthetics,  III: Modern Aesthetics, edited by D. Petsch, translated from the Polish by Kisiel and Besemeres, The Hague, Mouton,  B., Pratica della perspettiva, In Venetia, appresso Camillo, & Rutilio Borgominieri fratelli, al Segno di S. Giorgio, Devreesse, La chaine sur les psaumes de B., Revue Biblique,  Mercati, Il Niceforo della Catena di B. e il suo commento del Salterio, in Biblica,  Storia della fotografia Villa Barbaro. Treccani Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Vacca, B. in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Daniele Barbaro, su Enciclopedia Britannica, Giuseppe Alberigo, Daniele Barbaro, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di B., su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di B.,. David M. Cheney, B. in Catholic Hierarchy.  B., su museo galileoMuseo Galileo, Firenze. Daniele B. su mathematica.sns Edizione Nazionale Mathematica Italiana, Pisa, Centro di Ricerca Matematica Ennio De Giorgi Salvador Miranda, Barbaro, Daniele Matteo Alvise, su fiu. eduThe Cardinals of the Holy Roman Church, Florida International University. PredecessorePatriarca di Aquileia Successore Patriarch Non Cardinal Pio M.svg Giovanni Grimani  Aloisio Giustiniani Umanisti italiani Nati Venezia Venezia Barbaro Patriarchi di Aquileia Ambasciatori italiani. DELLA ELOQUENTIA, DIALOGO. INTERLOCVTORI:  L'ARTE, LA NATVRA, ET L'ANIMA. R. IO VORREI VOLENTIERI Natura, che noi disputassimo insieme, se però l'ufficio del disputare alla tua conditione si conuenisse. NATURA.  Il disputare é cosa da te, ò arte, figliuola mia. Ma se à me stesse l'ammaestrarti, di presente direi, che tra il tuo intendimento, o il mio, alcuna differenza non fusse, da che dentro ti venija se il contender meco. ARTE. Al almeno desidero tale occasione. NATURA. Vano, o dannoso desiderio é il tuo, si perche io non sono mai ociosa, come perche tu sempre dei non mes no abbracciare il bene che cercare la verità delle cose. ARTE. Niena te più migioua che il bene ne che il vero più mi diletta. NATURA. In questo almeno tu m’assomigli che ouunque sia, ch'io mi ritrdovi, il vero sono, o il bene di ciascuna cosa. ARTE. si,  ma tu alla cieca ne vai, e io di tanto amo ogn'uno che con deliberato consiglio, o a nati veduto fine faccio, lo di far bene. NATURA. Emmi pur manifesto che la tua grandezza è di nascondere te stessa quantopuoi o di accoltarti à me. ARTE. Questo é, ma ciò a viene, perche tu prima di me al mondo venisti, o gl’uomini a tuoi piaceri adulasti, innanzi ch'io ci nascessi; o questa mia imitazione non ti accresce dignitade alcuna. Percioche, nella formica vile animaluzzo e più degna, nell’uomo meno onorato, ancor che questo quella imitando, l'estate per lo verno si proueda. La mia industria, o natura, fa maggiore il tuo povero patrimonio. NATURA. Che accrecimento farebbe ella, se io non ti lasciassi che accres cere? Tu pure, se uuoi, ben sai, che ogni opera presuppone il soggetto, senza il quale nulla si può fare. Que so da me, non da te procede. Oltra che appresso giusto giudice il secondo. A secondo luogo, non che il primo, ti faria denegato. ARTE. Giusto à tua scelta intendi colui, che te à me anteponga; ma nonſai che per la età molto ti concedo. NATURA. E mi piace di ragionare an poco tea co sopra questa materia, poi che tant'oltra proceduta ſei, che di te con buona equità midolga. Dicoti adunque, che in ordine di onoranza ne prima ſei, né ſeconda. ARTE. Chi adunque à noi soprasta? NATURA. Chi ne fece ambedue é il primo senza mezzo da lui nace qui. Tu doppo me sei. NATURA. Adunque mentono coloro che affermano, te esser madre universale, poi che tu stessa non nieghi eſſere d'altruifattura? NATURA Ad un modo io sono madre, ad un'altro figlia. ARTE Adunque di te cosa picprestante si truova? NATURA. Chi ne dubita? Ma io per essere a gli umani sentimenti vicina, tutta fiata son preferita. ARTE. Hai tu conoscimento di fine alcuno? NATURA. Certo no. Ma nel gouerno del tutto io son drizzata, e quasi addestrata dal padre mio. ARTE. In che dunque é ripoſta questa tua gloria? NATURA. Tanto potente, saggio, e buono é il mio fattore, che la sua gloria in me mirabilmente soprabonda. ARTE. Sommi più volte marauigliata di coteſta tua occulta uirtù, dalla quale tu ſei cosi gentilmente guidata jpelefiate mi è uenuto in animo di cre dere che ella forſe habbia potere di trar mead imitarti diforza; ergo però diſcorrendo,etpiù dentro penetrando, bo giudicato eſſere gran famiglianza tra quelprincipio, che ti muoue, &me, ondeper la ſea creta uirtu,non tua,io mi muouo ad operar come tu fai. Ma poi mi pare,che,ſe il diſcorrere l'ordinare,e il ridurre àfine le coſeantiue dute, è ufficio mio,io ſia inanzi di teſtata nel Cielo appreſſo il padre tuo, che egli habbia l'opera mia uſata in generarti ò produrti NAT. In altra guiſa io faccio le coſe mie tule tue, di quella del fattor noſtro, chenehafatte, & create.Però guardati dinon giudi care troppo animoſamente le coſe, figurando le inuiſibili, & occulte per le uiſibilio manifeſte. Ma perchecosi agramente mi condane ni? ſe in qualunque modo tu uuoi per le coſe già dette chiamar mi, ò madre, è figlia, o ſorella, ó amica ſeisforzatadi nominarmi? no mi tutti di congiuntione, amicitia, oſtrettezza. Egli non ſi uuol có. si correre a furia. AR. Non ti adirare ó Natura, che io non ho contra te mal uolere, né il finemio é ſtato cattiuo, anzi per lo tuo ef faltamento ho uoluto raffrenare la mia credenza, che era di ſapere con qual calamita io tirata fußi ad operare come tu fai,e mi uenu to ben fatto per lo ragionamento, che éftato fra noi, perche hauen do noi do noi ritrouata l'origine del noſtro naſcimento, ſiamoſicuré della no ftra nobiltà, come quella checon la eternità ſipareggi,o dal primo fattore d'ogni coſa proceda. Ma ben mi duole, & per queſto ti ho chiamata,cheà molte ſciagure ſia la grandezza mia ſottopoſta.Et quanto maggiore è lo stato mio, tanto àpiù pericoli mi ueggio eſſer ſoggetta. NAT. Quai ſciagure, oquai pericoliſono queſti? AR. Saper dei Natura, madre mia, che in tutte le parti delmondo mi truouo hauer molti miniſtri,de quali neſono alcuni,chemifanno una gran uergogna, a oltre à ciò miſono di danno infinito, o per lor cagione io ne ſento male. Perche non indrizzando me al debito fine, anzifieramente in abuſo ponendomi, come buona, utile, oono reuole cheio ſono,rea,dannofa, & uituperabilemifanno. Ondegli huomini per mezo mio ingannati da loro, certi de' loro danni, main certi di chi la colpaſiſia, s'accendono d'ira contra dime, à guiſa di co loro,che le ſpade,o non glihomicidi punir uoleſſero. NAT. Tu non ſei ſola nelmale di si fattioltraggi, tutto'l dime ne uengono afe ſai. Percioche producendo io ogni coſaà beneficio della vita di chi ci naſce, moltiſciagurati epieni dimal talento, maleufando l'arti ficio loro,empiono iltutto diconfuſione, auelenando, uccidendo,in, gannando, eoffendendoſenza riguardo alcuno; e chi ode o xede tali ſceleraggini, maledice ogni mia fattura. AR. Duraper certo ėlaforte noſtra,però che il uolgo cieco, &ignorante non ſa, chereo non è quello, che in bene uſar ſipuote.Maper uer direzio poco mi marauiglio, ſe il ueleno auelena,ò il ferro uccide, ma ben grandeam miratione miporge,quädo il cibo, di cuiſiuiue,cosi ſpeſſo in cattiuo umore ſi conuerte, che alla morte conduce. Et ciò dico à fine,chetu Sappia quantoiogiuſtamente mi dolga,che lapiù pretiofa parte, che tupergratia del tuo fattoreall'huomo cõcedi conla quale egli poſ fan debbia altrui eſſere d'infinito giouamento, cosi ad offeſa Sia, ex à danno preparata, che niente più. NAT. Chié quelmaluagio Oingrato,che tal coſa ardiſca di fare? AR. L'Anima, o la più diuina parte di lei. NAT. Perseguitiamola dunque, o facciamo la citare dinanzi al tribunal diuino, Voglio, che ella dica la cauſa ſua. AR. Ma prima uoglio,che infingendo noi con eſſo lei, tanto la prendiamo che ella dica à noi ogni ſuaeſcufatione. NAT. Né la giuſtitia del Giudice, né la uerità del fatto, nela tua dignità ricerca tale inganno,eſſendo quello ſincerißimo,la coſa uerißima, otu quel la,che del medeſimo errorej, del quale ſei per riprender lei, puoi eſ A 2 Ser accufatd. A R. Ben di..Ma io altrimenti non ſonouſata difure. Ma eccoti queſta ingrata,che di molte parti, et eccellenti doni da noi dotata d'alcuna gratia,che futta le habbiamo,non ſi ricorda,contre mecon me fteſa,o contra te per li beni, che dato le hai, altiera ſi lieua. Aſcoltiamola alquanto. ANIMA. Iddio vi ſalui ſorelle amantißime, delle qualiund mi rende atta l'altra mi fa gagliarda als l'operare. AR. Et te ancora ſecondo il tuo buon uolere, ma dins ne, che usi tu cercando? AN. Te ſopra tutte le coſe. ARTE. In parte difficile ti ſei riuolta, perciò che biſogna, che tu oſſeruicon di ligenzatutte le operationi, a modi di coteſta noſtra commune amis ca. AN. Hoio ad impiegare tanta fatica, innanzich'io t'imprens da? AR. Et poſponere a queſta ogni altra cura,ben che dolcißima cura ti fia, per la ſperanza dello acquiſto, che ne farai. Ma che parte di me conoſcer deſideri? AN. Indifferentemente,ſe poßibil fuſſe, tutte le uorrei, tutte le abbraccerei tutte le poſſederei. Ma ora grado mifia tant'oltre procedere, ch'ioſappia altrui paleſare i cons cetti miei. AR. Più chiaramente midi quel che uuoi,perche in molte maniere giouar ti poſſo d'intorno à cosi fatto dimoſtramento di penſieri. Vuoi tu ſapere conqual nodo di ragione ſi ſtringa ung parola con l'altra quale ſia la concordanza de' numeridelle per fone, ode' uocaboli delle coſe, et con quai regole dirittamente fifcri Me? AN. Queſta parte io la preſuppongo. AR. Forſe tu uai cer cando d'intendere con quale unione una coſa con l'altra conuengd, per poter'à tua uoglia diſcorrere, argomentare, o foſtenere le cons teſe  AN. Né ciò intendo per ora, ma di più dilette uol parte ho curd. AR. Tu uuoi tutta fiata porgere diletto col parlar ſoauiſ fimamente,à guiſa di delicata uiuanda acconciandoi numeri, il ſuono, per l'armonia delle uoci eſprimenti coſe piaceuoli, & grate à i fenfi umani? ARTE. 10 uorrei più adentro penetrare, né tanto effer folles cita di piacere alle orecchie,quanto di giouare all'animo, operò dimmiſe hai più parti, quaſi figliuole,cui ſi conuenga la cura del ras gionare. AR. Honne, o hauer ne poſſo ancora molte altre, che nonſono in luce; ma tra le altre una ue n'ba, che non è leggitima; un'altra la quale bēche leggitima ſid, pure e di tāto riſpetto, che rare Holte ſilaſcia al mondo compiutamente uedere. La prima in tanto da me é hauuta per buona, in quanto ella inſegna di conoſcere gli ingan ni del parlare, e à fuggire i ciurmatori. Laſeconda e da me coſto dita, &guardatamolto, percheio temo, che gli huomini di malaf fare non la ſuijno. Et eſſendo ella di bellezza,o di forma ſopra ogni altra eccellente gran pericolo miſoprafta Jlquale tolga lddio, ma doue non paſſa la maluagità umana: doue non penetra l'audacia? ego di queſto, poco fa, la Natura, a io ci doleuumo, et penſauamo,che tu fußi quella tu, che d'ogni male Q uergogna noſtra fußi l'apporta trice. AN. Perunared eu perfida, che ſi truoua, non crediate di gratia, che oggi di tutte ſieno tali,perche da me ui prometto,che als tro che onore non hauerete, AR. Bene, o cosine cape nell’anis mo. Che uuoi tu adunque da me ſapere?  AN. 10 cerco molto, Ò Arte, à modo mio di posſedere coteſta tua cosi bella, o riguardata figliuola,à benefitio deipopoli, o delle genti, o à gloria tua, di me,dicui altro cibo più ſoaue non truouo. AR. Prega tu prima la Natura, che à te conceda corpo ben diſpoſto, oformato, aſpetto graue, o gentile, uoce chiara, á eſpedita fianco,modo, o mouimen ti conformialla virtù, che deſideri". Appreſſo poi à me prometterai congiuramento di non ufare già mai la figliuola mia,uezzofa, inſos lente, « che tanto uagaſia delle bellezze ſue, che per farſi uaghegs giare in ogni luogo, in ogni tempo, in ogni propoſito ſenza riſpetto alcuno compariſca. Et con luſinghe eadulatione dal ben fare le genti, o i popoli aſcoltanti rimuoua. AN. Se ottimo uolere, fe oneſtédimanda ritruoua luogo appreſſo di te, o Natura, con ogni af fetto ti priego, chetu mi dia quello chel'arte mi perſuade, che ti dis mandi, corpo gratiofo,formato,odotato di quelle parti, che conue nientiſono alualore della figliuola fua. Etſe bene in alcun tempo io non ti poteßi di tanto donorimeritare,pure non ceſſerò di eſſertiſem pre obligatißima. NAT. Siati la gratia, che dimandi, conceſſa. A N. Io tigiuro ó Arte,perquella diuinità, che ſi truoua maggiore, di accoſtumare la tua figliuola à giouare ouà ben far’altrui, né per modo alcuno permettere, che ella ſeguagli apperiti diſordinati, ma circoſpetta ſempre, oſempre riguardeuole compariſca. AR. CO si habbi la chiarezza del ſangue, la libertà, eccellenza della pas tria, ibeni da gli huomini defiderati, come ciò facendo,alcolmo della gloria à pochi conceſſa,peruenirai. NA. Felice patria,che di tale, e tant'huomoſaràfornita. Maqual patria le dareſti tu, ó Ar te? ARTE A'mia uogliale darei quella,in cui le leggi poteſſero piit, che gli huomini, doue la maggior parte alla commune utilità s'ina drizzaſſe; antica,nobile,illuſtre,e di quelgouerno, nel quale il bes ne di tutti glialtri gouerniſiconteneffe, qualeforſe non più che unds'e  s'è ritrouata,oſi ritruoua al mondo, oforſe tu, o Natura,conſentia ſti di prepararle il più ſicuro & comodo luogo, oil piie forte fito, cheueder ſi poſſa,nonmeno al mare che alla terra uicino,cui di gra tiaſpeciale ancora il Cielo concede priuilegio di eſſer nimica d'ogni tumulto, o ſeditione,parca,pia,oreligioſa, con inſtitutiottimi temperata: NA. Troppo di cuore commendi, o lodi queſta tua Città, eforſe à ciò fare queſto t’induce,che tu in eſſa puoi il tuo ud lore, o la tuaforza chiaramente dimoſtrare. Ma tu, ó Anima, già ricca di tanti doni, chefatti t'habbiamo, che dici? A N. Le gratie non ſonopari al uolere,io attendo quello, che attender dei, &sò lo ſtudio,che tu ſei ſolita di porre nelle coſe tue;mi& rendo certa, che tuſai ancora, che ritrouando io unatemperatißima compleßione di corpo,à quella dò la umanaperfettione, o come quella temperanza cade, cosiſopra di eſſa declina ilmio ualore. Làondeſono alcune co ſe, allequali io non degno la uita concedere. Ad altre ueramente dos no la uita,ma le operationi di quella cosi ſono occulte, che in forſe fi ftà di credere ſe in eſſe la uita ſi truoui. Altre uita,ſenſo, omouis mento da me hanno comealcune intelligēze, et amore, coſa nobile et ueramente diuina. NAT. Queſtomipare,checosi ſia map ure als cuna fiata io ueggo, che le anime uan ſeguitando le compleßioni de' corpi. Onde poiſono alcuni ſdegnoſi, alcuni manſueti, altriuanno dietro alle apparenze, altrialle fauole più che alla uerità fi danno, emolti in ogni pruoua, ſoda ex inquiſita ragione uan ricercando. A N. Et queſto èquello da me tantodeſiderato dono, che e di ſapes re in tal guiſaſpiegare i concetti miei,ch'io ſatisfaccia à tanta diuer. ſità di nature, o d'ingegni. NAT. Quando tu ſarai giunta à quel paßo,chetu ſappia per mezo dell'arte cosi ben gouernarti con ogni maniera di perſone, dotte,roze,ciuili, barbare, umane, e inumane, allora potrai à tua uoglia mitigar’anco gli adirati, fpingere i pigri, raffrenare i feroci, ingagliardire i deboli; et di uno in altro cótrario à uiua forza ogni anima tramutare. ANIMA. Coteſta é und magica eccellentiſsima. Ma tu Arte,cui è dato di ritrouare alcune uie ragio neuoli di peruenire alla cognitione di coſe non conoſciute, incomincia da quelle che facili, en eſpedite ad inuiarmi al deſiderato fine riputes rai. Ar. Cosi uoglio, o à te farò capo, ó Natura, dinuouo addis mandandoti,di che beni uuoi tu adornare queſta noſtra nouella ſpoſa? NAT. Hollo già detto, a più aperto ti diſtinguo,dar le uoglio, ol tre al corpo ben formato unauoce grata, chiara, eguale, che ogni ſuono ageuclmente ſi pieghi, e che ſe ſteſſa inſino all'eſtremo ſoſtenti. AR. Et io le dimoſtreró parole atte ad eſprimere leggia dramente ogni concetto,pure,ampie, illuftri, eleganti ſeuere,giocona de, accoſtumate, ſemplici,uere, tarde, ueloci, ofinalmente tali, che abbracceranno la uera idea di me in queſtoeſſercitio. Et di più io l'inſegnerò di collocarle si fattamente inſieme, che diletteranno ſema pre, o non falliranno già mai; or iu Anima farai ociofa? AN. Hauendo io per gratia di te Natura le coſe conuenienti, oper tud corteſia ò Arte le parole conformi, farò si, che niuno in mepotrà de fiderare ne penſamento neſtudio alcuno. NAT. 10 a' ſenſi tuoiſot toporrò tutte le coſe, dalle quaifacilmēte ti uerrà fatto di prendere argomento di ragionare. Tu fin tanto non mancherai di diligenza. AR. Paterno, oſaggio ricordo. Però che con la diligenza ogni giorno teſteſſa auanzerai, ella ti farà poßibile ogni impoßibilità, ela la é la perfettione, lalode di tutte le opere de mortalijà cui cons giunte ſono tutte queſte coſe, cura, induftria, penſamento, fatica,eſſer citio, imitatione de migliori, «il tempo padre d'ogni coſa. Credi adunque à me quelloche la lunga eſperienza mi haidimoſtrato, cioé, che niente giouano imieiprecetti,niente le regole, niente gli ammae ſtramenti,ſenza la diligenza,con la quale oltre alla inuentione, all'ordine delle coſe,otterrai di accommodar la uoce alle parole, eſpri mendo le umili con baſſo, o rimeſſo ſuono, le pure coniſchiettezza, le afpre con durezza,abbaſſando, & inalzando queſto beato inſtrué mento à que' tuoni, che ſaranno conuenienti. An. Coteſte fono leggi da eſſere oſſeruate allora che io ſarò col corpo congiunta. Pers cheben ſai chenė lingua, nė uoce habbiamo, nė però egliſi uuoldire cosi ad ogn'uno,in che maniera tra noi fauelliamo. NAT. 10 ſo be ne, chegli huomini andrannofauo leggiando di noi, come altre fiate hanno detto chele cannucce parlarono, ilche é maggior miracolo, che ſe gli Indiani uccelli eſprimono le uoci umane. A R. Se già col mio aiuto uolarono gli huomini, molte coſe inſenſate hebbero mo uimento, che marauiglia potranno oggi maiprendere del parlar nos ſtro? AN. Che debbo dir’io? partita ora dalluogo,oue il parlaa re é uiſibile, l'intendimento ſenza fauella ſi ſcuopre, muoueſi ſenza luogo,e s'impara ſenza discorso. AR. Coteſti miracoli, che tu ci narri,ſono ſegno, che tu non habbia biſogno dell'opera noſtra. AN. Tu di vero, ſeio nella mia primiera ſimplicità mi rimaneßi. Ma diſcendendo dalpuro o purgato eſſere, o venendo quaſi ad un'aria infettata e corrotta,molto mi ſento dal mio primo ſtato ria moſſa. NAT. Peggio ti auerrà meſcolandoti con la masſa matea riile del corpo. A N. Ad ogni modo mi biſogna ſtar ſottopoſta. AR. Non uſciamo di ſtrada,macome buoni mercatanti accontiamo inſieme. Haßi dunquefin'ora promeſſa di uoce eſpedita, di copia di parole, di modo conueniente di accomodar la uoce alle parole;oraci reſta di affettare le parole alle coſe. Cheditu Natura? NAT. Die co, ch'egli è più che neceſſario queſto affettamento,ſenzail quale le parole ſarebbon uane et ſenza frutto, però accreſcendo le doti, che io intendo dare à coſtei, promettole di dimoſtrarle nelle coſe mie us na certa uerità, alla quale accoſtandoſi, potrà ſeco tirare ogniforte di gente, o di tale ueritàſenza dubbioti affermo eſſerne ogn'uno capace. A'R. Già tre corde di queſto liuto ſono accordate, uoci, parole, a coſe. Reſta, che nelle coſeſi ueda una certa conuenienza con eſſo teco,ò Anima, e con le parti tue; che ne riſulti la perfetta e compiutafoauità della deſiderata armonia. Però aiutamia ritros uare le tue più ſecrete parti, epiù occulte uirtù, acciò cheſi ſappia qual parte di te, con quai coſe, « con che parole, et con che attione ſi debba muovere. A n. Piacemi queſta diſpoſitione mirabilmene te ofappi,che auenga;ch'io nonſia ſtata col corpo già mai, nientes dimeno come nouella ſpoſa nella caſa del padre molte coſe hoſapute, che mi aueranno quando ciſarò legata. A R. Ora incomincia à dir mene alcune. AN. Hogià inteſo,che quando io ſarò con eſſo il cor po, molte mie forze emoltemie uirtù ſi ſcoprirāno,le qualiora non ſi conoſcono. Et prima ne gli occhi io ſarò il uedere, nell'orecchie l’u dire, nel palato il guſto, per ogni luogo oparti del corpo faró ſentimento, nel cuore principio diuita,di ſenſo,etdi mouimento. Ben che ad altra intentione altri riguardando,la origine di tai coſe ad al tre parti aſſegnerano. In un luogo ſarò fantaſia,in altro memoriain altro ingegno,et per tutto ſarò anima.Et ſe il corpo fuſſe di tal tem pra, chegli fuſſe diffoſto à riceuere ogni mis uirtù, farei nelle orecs chie la uiſte, o ne gli occhi l'udito, quantunque per molti accia denti, che uengono à i corpi, l'animepouerelle uſar non poſſano le forzeloro, da che nacque l'opinione di coloro, che dicono "credos no che noi moriamo inſieme col corpo.Ma io ti giuro per quell'onnis potente maeſtro, che mi fece che noiſiamo immortali, oſe ora io fo noſenza il corpo,perche non ſi dee credere che io reſtar poſlı dapoi, che'l corpoſarà disfatto? AR. Tutto chemolte ragioni aſſai pro Babiliper l'und ei per l'altra parte mi muouano,pureal modo,che io Sonoſolita di cercare la uerità delle coſe,io non ſono puntoſicura del la voſtra immortalità, però rimettendomi à qualche maggior ſapien za, che la mia non é, mi gioua di credere che noi uiuiate eternaměte. A N. Più oltraiſe fenza il corpo conoſco,fo ueggio, econoſco di conoſcere,miapropria operatione, che dirai tu poſcia dello eſſer mio? AR, Ritorniamo al cominciato ragionamento. An. Ben ti dico ora delle forze mie, perche io conoſco di dentro, e di fuori, dentro con la fantaſia, col diſcorſo, o con l'intelletto, o ciò si dia mandavolontà, come quello del ſenſo appetito, il quale hauirtù di porſiinanzialle coſe diletteuoli, o di fuggire le diſpiaceuoli.La no lontà è Regind. AR. A'me pare, che tu mi hábbiposto inanzia gli occhi la forma di una ben'ordinata Republica, nella quale ui ſia il Principe, iCoſiglieri,i Guardiani, et gli Artefici. Mainfinitamentemi doglio d'alcuni, che per molti ſecreti auenimenti, de' quali non fan renderealtramente ragione, corrono à fabricar nomi, che nonſono, et con quegli impauriſcono le genti,aguiſa delle nutrici,che ſpauenta, no ifanciulli con le fauole, quindi è nato il nome della Fortuna,cui ca pital nimica io ſempreſonoſtata, nõ percheio creda,che à quel nome alcuna coſariſponda, maperche mimoleſtalafalſa opinione di colo ro, che non ſolamente uogliono, che ella ſia una coſa come le altre, che ſono, ma le attribuiſcono la diuinità. NAT. 10fo bene, che la for tuna non è fattura mia. ART. Né di me'ancora. An. Molto mea no dimeauezza à coſe stabili e impermutabili. ART. Laſcida mola dunque andare, o ueggiamo ſe io ti bo ben’inteſa, due ſono i conſiglieri,per quanto io comprendo,ragione, &appetito, daiquali commoſſo e perſuaſo,s’induce à fare, eoperare il tutto, perche ora nė difortuna,nédi uiolenza alcuna ragiono. A N. Senza dub bio, ſe riguardi al nome, maſaper dei, che ſotto queſto nome di appea tito ſi comprendono due conſiglieri,l'uno, nel quale è poſto l'iracons dia,che è come difenſore dell'altro,nelquale è posta la cõcupiſcenza. AR. O diquantimali, e di quante conteſe l'uno e l'altro de gli appetiti ſuoleſſer ſemenza. An. Queſto non già auiene pur il dritto gouerno in tirannia non ſi tramuti. Diritto gouer è quel lo,nel quale,chi deue ubidire, ubidiſce, ochi dee comandare, cos manda". La ragione adunque di queſta piccola città preceder deue allo appetito, e non permettere, che egli ad abandonate redini cors sendo, ſeco dietro la tiri. AR. Moltomipidce quello che tu di,eso B per che 1 jo per ricompenſa di tal piacere voglioti ſcopriremoltiſecreti, che io bo d'intorno alle predette coſe.Ma dimmi tu prima queſta una parte, nella quale é riposta la ragione,diche hai tu inteſo cheella eſſer deb bia adornata? NAT. Diſcienza o di buona opinione ART, Vero é, per che la ſcienza é ilpiù bello adornamento, che s'habs bia, al qualeſe s’auicina la buona opinione,ò che gentileabito é que ſto,diche l'animaſiueſte apparando le ſcienze. Alora ella acquiſta laſua perfettione,allora ella é pronta à conſeguire il deſiderato fine, & quaſi ſeſopraſeinnalzando auanza ogni coſa mortale, o ſi cons giungecon la diuinità.Ma come di coſa precioſa,orara, difficile,or non da noi ora cercata,non ne ragioniamo, ma ritorniamo alla buong opinione, la quale si come la ſcienza è una certa cognitione delle cofe occulte, nata da uere og manifeſte cagioni, cosi eſſa opinione è una incerta notitia,nata da alcune dubbioſe cagioni, alle quali l'anis ma con timore difallire, odi errare, s'inchina. Per uoler'adunque ottenere l'intento fuo,é biſogno conoſcere il modo,col quale dapia gliareſi hanno,o, comeſidice, farſi beneuoli i detti conſiglieri,ac cio che acquiſtata lagratia loro, l'animaſi muoua àfareleuoglie di chi parla.Muoueſiadunque la ragioneuol parte,che è nell'anima, că lepruoue, ocon le ragioni; & tal mouimento s'addimanda inſegna re. Etperche la ragione è uno de' conſiglieri, prudente,etſuegliato, perd nell'ufficio deŪ'inſegnare é di mestiere diacuto epronto inten: dimento, mal'appetito in altro modoſimuoue.Il primo, che è detto Concupiſcibile,richiede una certa piaceuolezzaet cõciliatione. Pero ciòche cosi di dentro i petti umaniſono da quello tirati. Ilſecondo gli fpigneàforza, operò cõ eſo egliſiuuole uſare uno impeto, a cui più propriamente queſto nomedimouimento ſi conuiene, che à gli al tri; e comedebito è lo inſegnare,cioè il dimoſtrare con ueriſimil pruoua le propoſte coſe, cosi è onoreuole il conciliare, o neceſſario il muouere. Ma da ogni afficio di queſti tre peruiene lapropria dileto tatione. An. Io ſo almeno,che altro diletto non ho che lo apparda re. AR. Et tu prouerai appreſo quanto piacere naſca negliapa petiti. An. 10 pure ſono auifata cheeſſendo in eßi ripoſte le umaa ne affettioni, nonpuò eſſere che ſenza riſentimento di dolore ſimuou wano. ARTE. In ogni affetto, & mouimento d'animo, dolore, o piso cere ſono compagni.Oruedi quáto sfrenataſia l'iracondia, oquana to doloroſo ſia l'adirato,et pure conoſcerai, che lo appetito,et la ime ginatione della vendettaglie piùfoane che il mele. Ho duucrtito, che nc ELOQVENZA. ii negli eſtremi dolori gl’uomini hauuto hanno piacere di dolerſi, ayo il non poter ciò fare, èſtato loro di doppia doglia cagione, non cbe à loro elettion ehaueſſero uoluto l'occaſione di dolerſi,ma poſti neldo lore; dolce coſa il poter'à lor uoglia ramaricarſi hāno riputato. Dilet ta ueramente la SPERANZA, ma il deſiderio la tormenta. Peßima coſa è la diſperatione tra tuttigli affetti umani, maſola è ſicura contra la morte. Mauannetu diſcorrendo nelle altre perturbationi,che trouca rai nella allegrezza ſteſſa un mancamento diſpiriti, ounatenerez xa, che al pianto ti condurrà fpele fiate.Però io tiſcuopriròintorno à tai coſe bellißimiſecreti. ANIMA. sidigratia; percioche queſte mi paiono leuere, epotentifuni, con le quai ſi tirano l'altrui ate nos ſtre uoglie. A R. 10 ho inſegnato a' mieifedeli,che non fieno fema pre folleciti d'intorno ad unoaffetto, per fuggire la noia con la uda rietà dellecoſe, imitando la Natura, la qualeama ſopra modo il udm riare,o il mutare le coſe ſue. NAT. Vero è, perche chiaramente dei vedere la diuerſità delle ſtagioniedei tempi, la grandezza co l'ornamento de i cieli, la moltitudine delle coſe e delle apparenze, ch'io ſonouſata di dare alle coſe mie. AR. O'quanto io leggo fo pra il tuo libro è Natura;ma non abandoniamo l'impreſa. Deiaduna que fapereè Animà un'altro ſecreto, non meno delſopra detto bello, degno da eſſere apprezzato. Jo ti dico che tu auuertiſca bene di nõ ſollecitare con tutte le forze ad unoſteſſo tempo i detti conſiglieri, perche l'anima trauiata in molti mouimenti, non attende comeſi dee ad un ſolo.L'eſperienza ti moſtrerà, che ad un'bora né gliocchi, di belißime pitture,né l'orecchie di ſoauißime confonanze potrai pies: namenteſatiarejma compartendole opere, meglio aſſai per guſtare i diletti,e i piaceri delſenſo,uederai quanto può queſtaſeparata pers ſuaſione. Inſegna adunque. Inſegnato che hauerai, muoui, apporta le facelle, et eccita con gli ſtimolide gli affetti l'animo de gliaſcoltanti. AN. O' Arte tu ſarai ſempre arte. A n. Et tu anima ſaraiſempre anima. ANIMA. Eſſendo io anima, o da te ammueſtrata,diuentero Ar te, o tu eſſendo in me Arte, Anima diventerai. A R. Nuouo miracolo, didue coſe farne una; ma digratia non ci laſciamo ſuiare dalle occaſioni,che in uero alcuna uolta épiùdifficile la ſcelta, che la inuentione. Ora foniamo a raccolta, o quaſi ſotto uno ſtendardo ria duciamo le tue;uirtù, dalle quali fin’ora habbiamo iregali aßiſtenti ragione, concupiſcenza,oira. Reſta, che andiamo alle altre parti.; AN. Cosi faremo, o da eſſa memoria ſidarà principio. AR..O B quanto tiſon tenuta in nomeſuo,che mi giouerebbe duuertiré un'afa fetto di Natura, ſe altra fiata in quello abbattendomi, la memoris preſta nõ mi diceſse, Eccoti,ò Arte,quello che ancora uedeſti. Che es ſperienza ſitruouain meſenza di eſſa? chis'accorgerebbe, che in al. cuna di uoi, ó Anine, io miritrouaßi, ſe non fuſe la memoria come guardiana, teſoriera ditutte le parti dello ingegno? onde con ues rità ſidice, Che tanto fa l'huomo, quäto ſiricorda Naſce la memoria dal bene ordinare, l'ordine dello intendere, odal penſamento, però poſſo io con le imagini in alcuni luoghi riposte artificioſaméte indura rela memoriadelle coſe. NAT. A lungo andare tu le ſeipiù toſto di danno, che di prò alcuno, però non mipiace altro che uno eſſercitio, di eſſa memoria,cheſi fa mandando motte coſe à mente. A R. Che fai tu di eſſercitio • Natura, l'ordine della quale è ſempre conforme? il tuo fuoco ſempre tiraall'insù, la tua terra per lo dritto all'ingiù di fcende, o cot ſuo giuſto peſo al centro rouinando à modo alcuno non fi può uſare alla ſalita.volgeſiilcielo tutta fiata raggirandoſi in ſe medeſimo, ogni tua legge e impermutabile, o tutto che i tuoi mona ftri, le tue ſconciature alcuna volta ci diano da marauigliare, pus ge ſono tue fatture,néſono alla tua generale intentione repugnanti, mal'Anime da uno in altro cõtrario trapaſſando, buone di ree,et ree di buonediuengono. NAT. Io conoſco il biſogno in quel modo che gli occhi comprendono la notte, che é priuatione di luce, ma ben ti dico, chela memoria da me con molta cura é guardata nella compoſiz tione dell'huomo. A R. Io l'ho auuertito nel tagliare di eſſo, egomi fono marauigliata con quanta cura difeſo hai quella parte,nella quale éla memoria collocata, hauendole dato nella parte di dietro della tes ſta un'oſſo fermo, e rileuato,che da ogniſtraniera forza nella difens da. Tui in temperata umidità e la impreſione, e in ſecco proportios nato la ritentione delle coſe. Ma tu Arima,la cui nobiltà fi fa manife ſta per tante & tali operationi, di ciò il tuo fattore ne ringratierai, regolando con la ragione i tuoi appetiti, penſa,ordina, ocon lo eſa fercitio conſerua la memoria quanto puoi,percheciò facendo,tale di senterai, quale deſideri, e conoſcendo te ſteſſa, conoſcerai l'altre tue forelle, & come della più onorata di eſſe la tua ragione ſopraſta alla loro, il tuo dritto deſiderio ſarà lor freno, onde infinita riputatione acquiſterai,perche di leggieriſicrede à colui, in chiſifida, et facilmen te ſi fida in chi ſi truoua autorità, w credito, il qual naſce dalla inte grità,o bontà de' coſtumi, o queſto é,ch'io deſideroſa, fe altra ſi truoua del bene,temo aſſai non abbattermiin perſone ma lungie. AN: In che potranno ufare la loro malu agità, non eſſendo lor data ſede? ART. Come io non ti niego,che il uiuer bene, es accoſtumatamente non ſia di gran giouamento à farſi luogo nel coſpetto degli huomini, e acquiſtarlagratia de gli aſcoltanti,cosi non ti conſento che l'has uergli dalla ſua,per uirtù, oforza di parole non ſi poſſa fare. A N. Perche inſegni tu coteſti incanteſimi? A R. Il mio ualore e tale, che io poſſi in parti contrarie e repugnanti, ſenza che io deſidero ſcoprire in altruiſimili inganni, e però biſogna conoſcergli, cosila uerità ſtadi ſopra, ola bugia cade'uinta in terra,cosiſiponfine alle conteſe, cosi ſi terminano le liti, cosi ſi ammolliſce le durezze degli adirati, s'attura le rabbie de’ ſeditioſi, ſi ſollieua l'autorità delle leggi caduta contra il uolere di quegli, che ſtimando l'oro, l'argento, più cheil douere, & à prezzoſeruendo, poſpongono la ſalute coma mune alla utilità priuata.o quanto nei publici mali,e nei tempi pe ricoloſi compenſo pigliarſi ſuole dal parlare digraue et onorato cit. tadino,le cui parole condite diſenno,ſeco hanno l'alleggiamento d'o gnimalinconia,che gliafflige. An. E dunquegran difetto d'huos mini da bene? AR. Senza dubbio, o ciò auiene perche la uia dis ritta è una,male torteſono infinite, però di raro ſi vede tra mortali, chi per la ſola camini. Ma tuſcordata ti ſei d’un'altrauirtù, la quale per mettere le coſe dinanzi a gli occhi (il che éſommamente richies ſto)non ha pari.Di queſta uirtù, perche ella ha grande amicitia co i ſenſi corporali,o é molto confuſa,come quella, che é lo ſpecchio ges nerale di tuttii ſentimenti umani, o perciò è detta imaginatione; di queſta uirtù dico, non hauendola tu ancora eſſercitata, non ne haifin ora alcuna parola mosſa. Io odo dire che nella imaginationeſirifere bano le imagini, e le apparenze da ſenſi riceuute,et beneppeſſo in lei cosi ſtranamente tramutarſi che i ſogni non ſono cosi turbati, et con fuſi, là onde molti ſono detti, o riputati fantaſtici, altri ſi fanno Re O signori,o talmente par loro eſſere que'tali, che ſi credono di eſ ſere,che riſo eg compaßione mouono a chigli vede. Alcuni uanno, come ſi dice,in aria fábricando, et tanto ſi ſtanno nel lor penſiero fißi, che forſennati,e pazzi da tutti creduti ſono. A R. Quanto piùe uanamente ſpender ſi ſuole tal uirtù, tanto à maggior prò li deue ue farla,& adoperarla. Per queſta l'huomo prima taleſi fa, qual uuole che altri ſieno. Perche egli prima dentro diſe ſi propone la coſa, che egli cerca dare ad intendere altrui, con quel migliore e più eccelslente modo cheſi può, auolendo egli metter’altri a pianto, non tera rà mai gli occhi aſciutti. Simile forza nella pittura ſi dimoſtra, lo ar tefice della quale, ogni forma, che egli cerca di far uederenelle ſue tele, primanella imaginatione fermamente ſi dipinze, o quanto più belli,o gagliarda è la ſua imaginatione, tantopiù illuſtre, o loda. ta e la ſua pittura. Molte forme, oſembianze ſono de gli adirati,ma una più eſprimela forza dell'iracondia; queſta una deue inanzi alle altre eſſer poſta nella fantaſia, o à quela il pennello e la linguafi deue indrizzare; en cosi tutta fiata il più efficace modo o di moues re, o di dilettare, ò d'inſegnare por ſi dee chiragiona, inanzi,accioche egli ſi habbia l'aſcoltatore come deſidera.Et queſta è la utilità grans de di coteſta tuapericoloſa potenza,pericoloſa dico, perchemolti no ſanno ufarla à feruigidello intelletto, ocredono, che lo imaginarſi ſia intendere odiſcorrere. Ma laſciamo queſto da parte;o racco: gliamo le tue uirtù. Che mi hai tu dato fin'ora? An. Mente,uolons tà, appetito, memoria, imaginatione. A RT. Molto mi piace.Nella mente, che uiporremo altro, ſenon buona opinione, con l'ufficio dello inſegnare? Làonde la uolontà ſi muoua ad abbracciar le coſe. Et nel lo appetito,che ui ſtarà ſenongli affetti, eccitaticol muouere, &col dilettare, Là onde l'animo ſia uiolentato à bene eſſequire? Della me. moria non dico altro, né della imaginatione, percheſono ambedue di ſopra aſſai bene ſtate de noi diſtinte. Ora bella coſa udirai, oda non eſſer à dietro laſciata. A N. Che mi dirai tu? ART. Dicoti,che doppo la eſpedita dimoſtratione di tutte le tue parti, fa di meſtiere di ſapere in qual maniera elleſieno dipoſte à riceuere la impreſione dei loro oggetti. Perche uana, ofriuolafatica quella ſarebbe, di chi af fettaſſe in parte al pianto diſpoſta ſenza alcun mezo porre il piacere. Credi tu che eguale prontezza hauerai allo imparare,et allo adirars ti? Indrizza adunque i tuoi penſieri à gli ammaeſtramenti, che io ti uoglio dare, oſaperai comedeueeſſer' apparecchiato l'animo dico. lui che ricerca la pruoua, edi colui che è pronto all'affettione, imis tando i buoni medici, i quali prima uannoinueſtigado quai partiſieno guaſte, o quaiſane,eappreſſo, le guaſte uanno disponendo à rices uere i rimedij conuenienti; e prima leniſcono, e ammolliſcono, poi apportano la medicina. L'anima adunque, nella quale la ragione fi dee porre, acciò che dia luogo alle pruoue, et accettar poſſa la buona opinione, e iſcacciare la contraria,deue eſſere ripoſata, e quieta,et non in modo niuno affettionata, et trauagliata. Perche eſſendo il piancere,cheha l'anima, quando impara, foauißima coſa, biſognofache ellaſia lontana da ogniturbatione, operò molto male è conſigliato colui chenel conſigliar'altrui uſa la forza, o la violenza degli aps petiti, &degli affetti, laſciando il ripoſo della verità daparte; qual contento può riportar colui, che partito dal Senato dica, per qual ragione ho io aſſentito?perche ho io cosi deliberato? Buona coſa è l'hauer’alla uerità conſentito,mamiglior'e, ciò hauerfatto ragion neuolmente più toſto che à forza, perche in tal caſo non pure ſifabe ne,maſiſa di far bene; di che non è coſa più diletteuole w gioconda. Habbiaſi dunque l'animo ripoſato di colui cheattende la ragione; queſto ageuolmenteſi può fare, ponendoſiprima di mezo trail si o il no,come chiſta in dubbio.Però che più prontamëte ſi prende para tito,et ſi ammette il uero dubitando, che portando ſeco alcuna opinio ne. Macome diſpoſto ſia lo appetitoalle coſeſueattendi,che loſaprai con una bella diuiſione degli affetti. Perciò che in eſſo appetito gliaf fetti ripoſti ſtanno,comet'ho detto. Ogni affetto e d'intorno al male, ò d'intornoal bene, truouiſi pure lo affetto in qualunque parteſi uos glia. Ecco nel tuo generoſo ſoldato,cui é conceſſo l'adirarſi, opren. der l’armi quando biſogna dico dello appetito iraſcibile, D’INTORNO AL BENE VISTA LA SPERANZA, E LA DISPERATIONE. LA SPERANZA È UNO ASPETTARE IL BENE; LA DISPERATIONE È UN CADIMENTO DA QUELLO ASPETTARE. D'in = torno al maleuiſta l'ira, la manſuetudine, il timore, ol'audacia. Ira é appetito diuendetta euidente per riceuuto oltraggio Mania ſuetudine èraffrenamento dell'ira, oambedue queſti affettiſono in torno almale,difficile,etpreſente.Il timore é un aſpettatione di noia, ouero un ſoſpetto di eſſere diſonorato.Et queſta ſichiamauergogna. Il primo,ouero é temperato,ouero eccede la miſura. Dal temperato neuieneil conſiglio,dall'altro la inconſideratione,il tremore, & altri ſtrani accidenti.Laconfidenza, «audacia, é contrario affetto. Et queſte perturbationi tutte ſono d'intorno almale che dee uenire.Nel L'altro appetito, in cui è poſta la concupiſcenza, d'intorno al bene ui ſta l’amore,il deſiderio, a l'allegrezza. D'intorno al male l'odio, o l'abominatione, di cui ſegno infelice e la triſtezza, dalla quale naſce l'inuidia, la emulatione, lo ſdegno, o la compaßione,quando auiene che la triſtezza detta ſia de i maliouero de i beni altrui. Ma nelle co fe proprie affligendoſi l'huomo tre alleggiamenti ritruoua. Il primo ė ripoſto nel proprio ualore, perche niuno ſcelerato é compiutamente aüegro.L'altro è meſſo nel conſiderare il dritto della ragione, werita 16 D ' Ε ι ι Α fuerità delle coſe, da che naſce la ſofferenza figliuoladella fortezza. L'ultimo é la conuerſatione di alcuno amico, perche ne gli amici e ripoſta la ſoauità della uita. Ritornando adunque allo amore, ti dico, che Amore è uoglia del bene altrui,eu ſe é mouimento d'animo a far bene, li dimanda gratis. Senon ſopporta concorrenza, geloſia, lela ſopporta ad onefto fine, amicitia. L'inuidia non uorrebbe, che altri haueſſe bene,ſe benuifuſſe il merito. Lo ſdegno non lo uorreb be, non ui eſſendo il merito La emulatione il uorrebbe anche per ſe. La compaßione ſi duole del male altrui, temendo il ſimilenon da uengu á lei. Etciò ti puòbaſtare in quanto ad una brieue dichiaraz tiore di tutti gli umani affetti. Ora econueniente, che tu ſappia in che modo à ciaſcuno d'eſſi tu ſia diſpoſta, acciò che tu ſappia poi als truiſimigliantemente diſporre. Eſſendo adunque l'appetito uarias mente affettionato, quandoſi ſdegna,quandoinuidia, quando aborris ſcequando ama, quando teme, quandofpera, equando in altro mo. do é trauagliato,acommoſſo, aſcolta un bellißimo ſecreto, ilquale non ſolamente à diſporre gli animi à qualunque affetto è buono, ma in ogni operatione é neceſſario, & benche oggi mai per uero ammies ſtramento della uita da ogn'uno ſi dica, RIGVARDA AL F13NE, non é però d'ogn’uno l'applicare alle attioni o opere de' mortali, cosi belle ſentenza. Laſcerò da canto le coſe, che non ſpettano alla noſtra intentione,ſolo dirotti quanto io deſidero, che ſia negli af fetti oſſeruato. Deiſapere che egli ſi truoua una maniera diparlare, la quale in molte, manifeſte parole effrime la forzı, ey la natura delle coſe; e quelle molte, omanifeſte parole altro non ſono, che le parti della coſa eſpreſſa. Queſtamanieradi parlare é detta Diffie nitione. Ora dunque io ti ammoniſco, che nel muouere gli effetti pri ma tu habbia à riguardare alla diffinitione di ciaſcuno,come al deſide rato fine. Però cheſe la diffinitione rinchiude in certi termini la nas turi della coſa propoſta, ſenza dubbio querrà, che il conoſcitoredel la natura, o delle parti deltutto diffinito, oeſpreſſo, indrizzerà tutte le forze dello ingegno ſuo, à ciò fare,et tale aiuto preſterà abon dantißima copia di ragionare, o diſciogliere ogni occorrente diffi cultà, e durezzé. Eccotiſe ſai, che l'ira é deſiderio di uendetta per riceuuto oltraggio, o ſe mirerai in queſto fine, non anderai tu dia ſcorrendo, in qual modo eſſer debbia diſpoſto all'ira colui, che tu uora rai hauere ſcorucciato? o conchi, oper qualicagione, & quanti modiſieno di oltraggiare altrui? Et ciòin ogni affetto facendo,non ti farai ſignore, & poſſeditore dello animo di ciaſcheduno? Et rans to più dimoſtrerai con la uoce, & co i mouimenti del corpo, te tale. effere, quale uorrai,che altri ſia, certamente si. La diffinitione adun queé il ſegno,al quale ſi deue attentamente guardare. Ora inbrieue ti dico dell'ira, che eſſendo ella uoglia di uendetta,è neceſſario,che lo adirato ſi dolga, o dolendoſi appetiſca alcuna coſa, dalche naſce,che repugnando altri à gli umani deſiderij, ouero à quelli alcuno impedi mento ponendo, ouero in qualunquemodo ritardande le uoglie al trui, porga cigione di adirarſi, cioé di deſiderare uendetta,ilperche nella ſtanchezza nell'amore, nella pouertà, e ne i biſogni ſonodiſpoſti i petti umani agramente al dolore cagionato dall'ira, epiù cheſono ideſiderijmaggiori, più apparecchiati, oprontiſono all'ira, o al furore. Lo hauer male di chi s'attende ilbene, lo eſſere in poco pre gio tenuto, ò diſubidito, o prezzato, o per ingratitudine, ò per ingiuria ſenza prò dello ingiuriatore, ſono tutte diſpoſitioni al predet to mouimento. Giouamolto, oin queſto, & in altri affetti ſaper. la natura,ilpaeſe, la fortuna, ela conſuetudine di ciaſcheduno. Se adunque ſi accende nell'ira in tal modo, chië diſonorato, o iſcordas to,ſenza dubbio acqueterai colui cheſarà onorato, riuerito,ubidito, ammeſſo, et riputato; ouero, chiſiſarà uendicato,a cuiſarà dimandato perdono con la confeßione del fallo, incolpando la violenza, enon la uolontà. Deueſi dare molto al tempo, oalla occaſionein ognicoſa, operò ne' conuiti, ne i diletti, one igiuochigli umani appetitifoa no più alla manfuetudine inchinati Dell'amorealtro non tidico, le non che eſſendo eſo soglia del bene altrui, l'eſſere cagione, mezano, interceſſore, aiutore al bene altrui,diſpone ageuolmente à tale affets to ciaſcuno. Et perche Amore appreſſo, é una ſimiglianza, w unios ne di uolere, però coluiſarà più amato, ocon l'animo più abbrace ciato, il quale dimoſtrerà d'eſſere d'un'animo, o d'una uoglia steſſa con noi. Ilche nelle allegrezze, one i dolori ſi conoſce, o neį biſoa gni ancora; non ſolo nelle perſone amate, ma ancora negli amici de gli amici. Allo Amore riferiſco la Benuoglienza, e l'Amicitia, las quale, ben che affetto non ſia, pure è nata da eſſo amore, che è uno de gli umani affetti. Qui non é luogo di più diſtintamente ragionare dell'amicitia; de gli oggetti, delle parti, e delſine ſuo. Perciò che altroue nei graui ragionamenti di filoſofia ciò ſi conuiene. Baftiti d'hauere per ora la ſuperficie, el'apparenza. Ritorno adunque e ti dico,che ipiaceuoli,coloro, cheſidimenticano dell'ingiurie i с faceti, imanſueti, gli officiofi uerſo i lontani, atti ſono ad eſſer'amati. Peril cótrario ſapersi chedire intorno all'odio,il quale è ira inſatia: bile, da uendetta, da tempo, daruina alcuna non mitigato; occulto ine ſidiatore, ymortale, nato da in giurie o ſoſpetti. Al quale diſpoſte ſono altre nature più, altre meno, o à megliodiſporle,biſogna ams plificare le ingiurie, « iſospetti,acciò che nonſoloſi brami una ſema plice uendetta, ma la diſtruttione della perſona odista. Del timore, odella confidenza, che ne attendi più, ſe di queſta, ed'ogni altra perturbatione ne i uolumi degliſcrittori, et nelle pratiche umane'ne Jei per uedere aſſai? Timore e turbation d'animo, nata da ſoſpetto di futura noia. Et però chi temeſa ó penſa dipotere ageuolmente eſſer’offeſo, eda chiſpecialmente, ſopraſtando il tempo,es la occas: fione. Etchiciò non ſoſpetta,non é al timore diſpoſto comeé chi ſem pre éſtato fortunato, chi ſempre miſero, chi è copioſo d'amici, di ros 64,09di potere,chi é fuggitoſpeſo dalle ſciag ure, ode pericoli,ego altriſimiglianti;o que'taliſono confidenti, &audaci. Euui altra maniera di timore, non didanno,madi biaſimo; alla quale diſpoſtiſos no i giouanetti,i riſpettoſi, oriuerenti, quelli cheuoglionoeſſer' ha uutiper buoni da ' più uecchi, o da ſimili, opari. Et però aûa loro preſenzaſonopronti ad arroſire. Non cosi ſono i vecchi,perche non credono,che di loro altri ſoſpettino quelle coſe, che ſono ne' giouani, come laſciuie,amori, euanità. Etperche il diſonore è coſa, cheuies n'altronde, però gli ſpiritidalſangue à quellaparte, che più lo ricer inuiati ſono.Ladoueil uiſo ſi tignediquel roſſore, cheſi vede. il contrario nei timidi, nel cuore dei quali il ſangue ſi riſtringe, per ſoccorſo di quella parte, che teme la offenſione. Nella uergogna ſi abbaſſano gli occhi, come che tolerar nonſi posſa la preſenza dicos lui, che è giudice de i difetti umani. Queſto è ne' giouani aſſai buon ſegno di gentil natura. Però che pare, cheuergognandoſi conoſcas no idifetti, ey habbiano cura di quelli. Non uogliopire diſcorrer’ina torno all'audacia, allo ſdegno, alla compaßione, alla emulatione, « al la inuidia. Però che molto ne uedraiſcritto, eragionato da altri. Ben non ti poſſo tacere del male acerbo, mortale, ch'io uoglio à quella fiera indomita, eabomineuole dell'inuidia, che all'udir ſolo il nomeſuo, ſtranamentemi muouo. Lafigura,i modi, ai coſtumi di eſſa ſono da gran poetadeſcritti. Di queſta mi dolgo, per eſſer quels la, che più regnaneimiei seguaci. Là doue il fabro al fabro, il mes dico al medico,l'uno artefice all'altro, inuidia portano ſempremai. M4 ca, Md tacciamoora di queſto, e poicheragionatohabbiamo di te, delo le parti tue, delle quali taci, che in eſſeſi ſtanno,e delle loro difpofia tioni, addimandiamo la Natura quaicoſe a’quai parti di te conuena gono, acciò che accordando la foauißima armonia della umana elo quenza con piacere, og utiledegli aſcoltanti uditi ſiamo apieno por polo raccontare i miracoli della Natura. ' AN. lo ueggio ben oggia mai' ' Arte, che tuſei quella chefai l'acume, ò la ſottilezzadell’oca chio mortale nel ſecreto della diuinamentetrapaſſare. AN. Anzi per te, ó Anima,coteſto mirabile ufficio s'acquiſta, la cui cognitione tanto apporta di lume, e chiarezzaad ogniprofeßione, o scienza, che ucramenteſi può dire chetuſia ilprincipio d'ogni conoſcimento Etperò chiunqueſtima; ola uſanza di uno leggieri eſſercitio, o il ca fo tanto potere quanto tu, o io.uagliamo, grandamente s'allontana dal uero. Tu t'abbatterai in un ſecolo impazzito, d'huomini, i quali s'accoſteranno ad imitare più uno, che l'altro, olo imitar loro non faràſenon manifeſto rubamento, ſciocchi,oferui imitatori, che non Sapendo, perche altri s'habbiano acquiſtato il nome, tutta via in ciò s'affaticano. Altri perche hanno unaſcelta di belle, &ornate pde role uogliono ad uno ſteſſo tempo fcoprirle accomodando à quelle i concetti loro; ma che poi ſono cosi rozi, a inetti, cheſenza ordine, Ofuor di tempo le metteranno, e diranno, Io cosi dißi,perche cosi ha detto alcuno de' più preſtanti. Queſtiſono gli incomodi delfecom lo. Nat. O`quanto m’increſce perciò eſſere ſtimatapouera «biſo gnoſa, come che à me manchi alcunafiata,che donare, o che nel cer care l'altrui teſoro l'huomo perda,ò non conoſca il ſuo. AR. Chi ſempre ſegue, ſempre ſta di dietro, chi nonua dipari,nõ puòauan zare. Male hauerebbonofatto i primi inuentori delle coſe, fehae veſſero aſpettato,chiloro douea farla ſtrada. Et troppo pigro écoe lui, cheſi contenta del ritrouato. Ionon porgo già mai la mano a chi laſcia, oabandona la naturale inclinatione, come bene ho ueduto que' ali non conſeguire il deſiderato fine. NAT. Mi turbano apa preſſo quelli, ò Arte, che tanto di me ſi fidano, che te laſciano à dies tro". AR. Non ti dißi da principio, chenoi erauamo unite, e che ciò che appare di uarietà, e diſomiglianza tra noi,e in un principio ricongiunto? Che miditu? Chiunque opera alcuna coſa da me drizzato, uſa una regola commune, & uniuerſale, che à molte, diuerſe nature feruendo,quelle uniſce, o lega in uno artifi cio medeſimo, perche io ſono la conformità,o la ſimiglianza;altri acutifono, eſuegliati, altriſeueri,& graui,altri piaceuoli, &eles ganti per natura. Vnaperò e l'arte,una éla uia, che ciaſcuno al ſuo ſegno conduce. Quando adunque l'arte precede, facile e lo imitare; lodeuole il rubare, & aperta la ſtrada alſuperare altrui. Et in tal guiſa bene ſilpendeſenza lo auantarſi di eſſer ricco, a fenza dar ſos: spittione di uergognoſo furto. Accompagnifi dunque nelle ciuili con teſe il core, ola ſcrima,cioè la natura, el'arte, ogſi uederanno poi que’miracoli, ch'io ſo fare. Ma laſciamo tai coſe, e incomincia o Natura, o dimmi, in che modo le coſe tue fiſtanno, che di eſſe cosi dileggieri gli huomini ſi uanno ingannando NAT. Sappi ò Arte, che ogn'uno che ci naſce, ſeco porta dal naſcimento ſuo unacerta ins clinatione alla uerità, donde auiene, che inſieme con glianni creſcens do ella in parteſuole il uero congetturare, laqual congetturi opis nione più toſtocheſcienza uferai di chiamare. Laſcio la uſanza mia imitatrice,chefino da primiannirecarſuole molte opinioni, che poi dipenacon l'altra certezzaſileuano, parlerò di quella ſembianza più toſto, che ſembiante di uero,cheé atta nata à muouere l'umane mentia far giudicio delle coſe. Dico adunque, alcune coſeeſſer da ſe ſteſſe manifeſte, chiare, altre, niente da ſe hanno di lume, edi fplendore,mailluminate da quelleche ſeco hanno la luce, ſi fannoa? fenſi umanipaleſi; nel primo gradoé il Sole, o tutti que' corpi, che ſon chiamati luminoſi. Nel ſecondo ſono i corpi coloriti, i quali non hannoin ſe ſcintilla di chiarezza, ma d'altronde ſono illuminati. Il fimigliante ſi ritruoua nello intelletto. Iljaale riceuendo alcune coſe diſubito quelle apprende, og ritiene. Però che quelle ſeco hannoil lume loro, ſe à me ſteſſe il fabricare de' nomi, io le chiamerei Noti tie, ouero Intendimenti primi. Ma poi altre ſono, che non hannoda ſe lume, ó uiuezza alcuna,&però di quelle ſifa giudicio con ſoſpetto di errare, fe da altro luogo la loro intelligenza non uiene; quinci ė nata la opinione, la quale come opinione, che ella é, né uera ſitruoua, ne falfa. Il difetto naſce daquelli uirtù,chepoco dianzi diceſte.Pero che le coſe mie fono, come ſono,mariceuute nell'anima, e da' ſenſi al la fantaſia per alcune debili ſembianze traportate, ſtranamente meſcolate, fannodiuerſe opinioni. Ben’é uero, ch'io non faccio una co ſa tanto diuerſa da un'altra, che l'huomo dueduto non poſſa alcuna Somiglianza tra eſſe ritrouare. AR. Molto mi piace che l'animadi ciò nonſia fatta capace, perche accadendoleſpeſo mutare le opinioni umine, e da uno in altro contrario traportarle, molto deſtramente biſogna adoperarſi,et diſimiglianza, in ſimiglianzaà poco a poco pas fando,perchelo errore in eſe ſimiglianze ſinaſconde, tirar le menti, che no s'aueggono di una in altra ſentenza. An. Et chi può queſto ageuolmente fare? AR. Chi con diligenza inueftiga la natura dela le coſe ſottilmente, uedrà in che l'una con l'altra ſi conuenga, ma non chiamiamo però la opinione incerta,cognitione à queſto ſenſo,checo lui, che ha opinione ſappiaſempre quella eſſer’incerta, o dubbioſt conoſcenza, ma bene che in ſe conſiderata, come opinione da chiuna que hauerà il uero ſapere,ſarà riputataincerta. NAT. O quans to mi nuoce in questo caſo,la uſanza inſieme con la età creſciuta, lds quale à guiſadimeſtesſa, ferma talmente le coſe nelle menti umane, che bene ſpeſſo la bugia, più che la uerità in eſi ritruoua luogo. Et peròcredono molte coſe che nonſono, ouerofe ſono, ad altro modo di quello, che ſono, uengono giudicate. Etfe pure dirittamente appreſe ſono, altre cagioni lor danno,che le uere, e quelle ch'io so eſſere in mediati o continuate à gli effetti. Et queſto auiene quando la ragio ne inchina più al ſenſo che all'intelletto, « più all'apparenza, che al l'eſſenza. AR. Tu hai più dell'Arte,o Natura,che di te ſteſſa,cos si bene uai diſtinguendo i tuoi ragionamenti. NAT. Non te ne ma rauigliare, ò Arte,perche io qual ſono,tale mi dimoſtro, oſe di me medeſima parlo, cometu uedi io lo faccio in quel modo, chetu altre uolté hai confeſſato, che io ragionereiſe io fußite. AR. Quello che io dico, lo dico per amınaeſtramento di coſtei, laqualanche non ſi dee marduegliare di queſta apparenza del uero. Perciò che è aſſai als l'huomo ſaggio, che le buoneragioni gliſieno ſemprequelle ſtelle, da quelle ne prenda la ſimiglianza del uero, che per lo più muoue le umane menti, oin eſſe ageuolmente ſi pone, al che fare, opportuna, ocomoda coſa é ricordarſi, in che maniera per lo pulſato l'huomo ſe ſteſſo habbia ingannato, o in qual modo ancora, e per qual cagione altri ingannatiſi fieno da loro medeſimi, in uero te ne riderui, uedens do alcuni che penſano, ogni coſa, che precede un'altra, cffer di quella cigione, ò che lo eſſer fimile ſia il medeſimo. Ne per ciò direi che l'os pinione fuſe ignoranza,comenon dico, eſſa eſſere ſcienza, perche la ſcienza e stabilità,o fermata da uero, e infallibile argomento, en la ignoranza non è di coſe uere. Onde naſce,chela opinione è un abi to mezano tra il uero intendimento, o l'ignoranza, differente dal dia bitare in queſto che la opinione piega più in una, che in un'altra par te, il dubitare tiene in egual bilancia la mente tra l'affermare, o il negare, eye però biſogna riuocare in dubbio le coſegià ammeſſe,e di mojtrare quäto pericolo ſia il giudicare. Da queſtone naſcerà la que ſtione, e la dimanda, la quale diſponendo le menti alle ragioni; quan to leuerà della prima opinione, tanto porrà di quella, che tu uorrai, o à ciò fare uia non é appreſſo quella che ua per le ſimiglianze delle coſe.Partipoco,ò Anima, cotesti uirtu? penſi tu,che ſia cosi facile il perſuadere? ó credi tù chegià biſogni con dritto giudicio, o con ſal do intendimento penetrare dalla ſuperficie alla profondità delle coſe? A N. Da che occulta radice l'apparente bellezza dicoteſta tua figli uola,nel cuiadornameiito la Natura ſola non baſta. NAT, Ora ogniſentimento mi ſi ſcuopre, ó Anima, da costei, emanifeſta uedo eſſermifatta la cagione,per la quale molti miei amiciſono diſonorati. ART. Quai ſono coteſti amicituoi? NAT. Quei, che inueftis gando uanno iſecretimiei, le ripoſte cagioni delle coſe,i movimenti, le alterationi, &i naſcimenti d'ogni coſa, o che non ſicontentano di ſtare par pari de gli altri huomini,manobilitando la ſpecie loro con le dottrine traſcendono i cieli. AR. Che ſtrano accidente può ueni re à perſone cosi pregiate, come ſono iſeguaci tuoi, ogli amatori della Sapienza,i quali comerettori delmondo, felicißimi,er beatißis mi eſſer deono riputati? NAT. Queſti fedeli miei à punto ſonoquel li, che più de gli altri ſono diſonorati. An. In che coſa? ART. Aſcolta digratia; mentre che gli ſtudioſidi meſi ſtannoſoli, ein par te ripoſta comeſchiui dell'umano confortio,non é loda • grido onora to, che con ammiratione delle gentinon gli eſſalti o inalzi infino al cielo. Mapoi che compareno, et uěgono alla luce,ſono prima da ogn'u no guardati, si per la eſpettatione già conceputa della virtù loro, si an cora per la nouità dell'abito, o dell'aſpetto,et del portamento,ogn's no lor tiene gli occhi addoſſo, a attentamente ſi dimoſtra di uolergli udire. Io non ti potrei eſprimere con che grauità poi aprono la boca ca, e con che tardezza poimandano fuori le parole, etquanta ſia la dimora de i loro ragionamenti, i quali poi che da principio nonſono in teſi dalle genti,comecoſe lontane dalla umana conuerſatione, non cosi toto uiene lor tolta la credenza, per che purſiattende coſa miglios respire conforme alla opinionede’uolgari,iquali dalla prima eſpets tatione inuiati danno i ſeſteßi la colpa del non capire la profondità de' concetti loro. Mapoi che nel ſeguete ragionare s'accorgono pur in tutto di non poter’alcuna coſa da que'beati ritrarre, et che ogn'os ra più le coſe intricate, ar le parole aſcoſe ogni lume d'intelligenza Hanno lor togliendo, quanto ſcherno, Dio buono, jego quanto riſo ſe ne fanno. AR. Jo grauemente miſdegno, ó Natura, & mi dolgo di ſimili auenimenti, poi chegli infelici non fanno drittamente ſtimar le coſe, benchefino al fondodi eſſe paſarſi credono,maforſe è, cheſtan do eßiſemprein altro, quando poi allo in giù riguardando ueggono l'altezza loro, a la profondità delle coſe terrene, uanno uaccillando con gli occhi; ocomparando il cielo alla terra, ſtimano ld terra un minimo punto, o una bella città un niente che nobiltà, che chiaa rezza diſangue può eſſere appreſſo coloro, che ſeſteßicon la eterni tà miſurando, tutti da uno ſteſſo principio uenuti affermano? Che rica chezzaſarà grande appreſocoloro, che ſi ſtimano poſſeditori del cie. lo? qual prouiſione daſoſtentare i popoli farà colui il quale quaſipa ſciuto del cibo de i Dei,altro non guſta, altronon ſente,altronon din fia,cheſempre ſtare alla ſteſſa menſa? ne credono, che altriſieno in bi sogno? Queſte coſe io direi in loro efcuſatione. Ma che midiraitu di quelli che ſono ſtudioſi della vita ciuile, o che fanno le cagioni de’mu. tamenti de i Regni, e delle Rep.le conditioni de principi, gli ufficij di ciaſcuno,le uirti, gli abiti uirtuoſi? Non credi tu, che queſti ſie no più auenturati de gli altri? NAT. Peggio, percioche il ſapere ciaſcuna delle dette coſe,hauer le diffinitionid'ogni uirti, ocoa noſcere diſtintamente ogni buona qualità,non é aſſai, ma egli biſogna uſar tanto teſoro al governoaltrui per ſalute, ocomodo uniuerſaa le, e oltre all'uſo hauer parole al preſente maneggio oalla ciuile uſanza accomodate. ART. Dondeprocede coteſta loro cosi ſot tile ignoranza: forſe cosi eleggono penſando di eſſer' hauutiper dot tiæ intelligenti parlando in cotalguiſa?Ma questa é una groſſezza infinita,perche non é piacere, che s'agguagli à quelloche prende ľa ſcoltatore quando impara &intende ciò che uien detto.Sai tu duns que la cagione di cosi fatto errore? NAT. Forſe è,perche non ha uendo eſsi alcuna eſperienza della conuerfatione cittadineſca, fanno quelguidicio dimolti cheſonoſoliti di far d'alcuni pochi, loro come pagni,co i quali tutto’l giorno con uarie diſputationi argomentando trapaſſano,ne mai ſono riſoluti. ART. Et io ancora cosi credo, pe rò guardati ó Anima, di non entrare nel loro no conoſciuto collegio, ò ſe pure ui uorrai entrare tanto iui dimora,quanto alcun giouamen to ne puoi ritrarreper la ciuile amminiſtratione. Nel resto pronta, et ſuegliata nel coſpetto degli huomininon meno alla ſcuola eall'acas demia,che alla piazza,alla corte, o alſenato intentafarai, o uſans do.doistiche le gi,con mozeme uoci raptorersi, percbe riund coſa é få mots, creudire ripublicico:lizále uanie dig esioni, o le Haitat parole di moint, i quali razlo" 2r.do le ébloro per la Città frendere unsguerra,realize, ne: i mezi di efl: u21 riguardando, riaprindo le ſcuole de presa deguono, di 7: oro, oargos:ht::opia ficcrente del mondo, o cercano chifu il primo ins kantore deli'arxi chifrino in ROMA trionfale, cbisitrouo le naui, chui brizla i czasu, et ilere ciance si fatte,cbenc irfegn2":0,ne dis last250,14.1widojiore della prostione de' daruri, delle genti, o del *010, col quale s bubbis a fartal guerra. Il percbelo. To poi auies fie, cbei nero perini,çia deguamente di loro parlando, ſono con grue de 11ratione acoltati. NAT. Cotto e mio dono,percbe ditus to potere affreuz! cusi mi truono,che wina forzaglimetto irrar ci i tuoi ſegussi. AR. Et forſe corne sfrenati causlii, gli fai tel mezo del coro pericolare; pero sili eccellente natura,che ta lorda, sorrei che mi falje l'aiuto rio.percbe meglio, o çik ficuri aadribs 6290 per lefiziglianze dre coſe. An. Bisogna dunque pik skatie rigliz- guardare, cbe al wero? A R. Cosi biſcgna; o quedo porriaz slitacels il facesi, sı il donerci tu fare, o ciaſcuno, che * pis airtai perjuadere, accio cbe fiso aſcoltato, o inteſo dude geri, lezasli barefeito -Is bagis nga 14.0, får cbe in ejja las casicae spetto dd zero. Queto per fo cjjere, cbei şià f- 931 babe bis 10 c50 surorit: b4xx.: predoi popoli cbei nácti inges gs. An. Dizni gratis, çusio é cbegli buozi idaro fede: cazzo, cbe apps uto, nos lo faze0 percbeloro piace il nero? Ar.. As. Paepiuere già saco: 507 co:cf-:: ta? Forzz aidake,che il sero lis és glicucuitico? Ax Pacte danese giàceil serezos bruszni P -T271? AR Perikliois tragises filer cxz. AX. Aja -- 22:04 ks:0 600leri: del bero. Às. SostraTrao Adira.secte lazaratsie sesi tid: acts indiscrezi !4.cezecklacteae fepie regiaze, o lomatto; c (72.0: 1, o Resmitironine. cedriersdieedia 2.3 " To Rossir adizioro Boricitis 32 2 ciasto nigirisececeáciless Aires22:22: carte.ro 2,cheſe la opinione con la ragione ſarà legata, per modo niuno potrà fuggire,anzifuori dell’eſſerſuo leggiadramente uſcita nõ più opinio ne, maſcienza ſi potrà nominare. A N. Dimmi, ſe'l uerifimile e tale ad ogn'unoegualmente. AR. Nó. An. Che differenza ci fai tu? A R. Grande. Ben'è uero,che quando io dico ueriſimile, io intendo ciò che pare alla più parte. Ma diſtinguendo dico, la più parte però effere ode gli huomini ſenza dottrina,o degli huomini letterati. Et altro ſarà il ueriſimile, che parerà à gli Idioti, altro à iperiti. AN. Inſegnami à conoſcere queſto uerifimile. AR. Il ſegno della ſimia glianza alcuna fiata ſi ritruoua in eſſaſuperficie delle coſe, cheſenza diſcorſo di ragione ſono riceuute,o appreſe daiſenſi umani; da ciò naſce il veriſimile, che pare egualmente a tutti, come auienedimolte miſture, che's'aſſomigliano à l'oro, cheſe il giudicio filaſciaſſe al ſenſo ſolo,per oro da ogn’uno ſarebbono hauute. Alcune uolte il detto fe gno emeſcolato con alcuna ragione,accompagnata col ſenſo, oque sto é quello, che pare àmo!ti. Speſſo più di ragione, che di ſenſo ſi mette, e ciò è quello,che pare à i piùſaggi; o quarto più dalſenſo s'allontana,o s'accoſta la ragione all'intelletto, tanto de' più saggi, edi pochi ſarà l'apparenza del uero. Ma laſciando coteſte più ina terneſomiglianzedel uero, bauendo tu àfare. con la moltitudine, quelle attendi,che a tutti,ò alla partemaggiore appariranno; &co: si ogniforza di proponimento nelle altrui menti rompendo, farai la uoglia tud. AN. Queſto mipiace. Ma uorrei, che tu m'inſegnaſi à congetturar quello chepuò eſſere. Dimmi, ſe n'hai ammaeſtramen to alcuno. A R. Dimandane pur la Natura. AN. Non n'hai tu ancora poter’alcuno? A r. sibene; ma la Natura operando, Sa meglio dime,quello che èpoßibile. An. Dimmi tu dunqueò Naz tura,quai coſeeſſer poſſono? NAT. Tutte quelle il principio delle quali ſi ritruoua. An. Adunque ui ſarà l'arte deldire, poi che'l prin cipio di lei ſi truoua? ilquale nõ é altro, che l'ojferuatione,che fu l'Ar te di te ó Nitura. Ar. Che uai tu mettendo in dubbio quello che fie qui habbiamo fermato? ſegui. NAT. Se quello chepiù importa, ò che piie uale, ò che ha più difficultà, fiuede, ſenza dubbio il meno importante, il più debile, il più facile ejer potri. A n. Adunque ſe l'arte puòridurre gli huomini rozialla uita ciuile, meglio potrà gli ammaeſtrati inalzare algouerno della Città? ART4 pur uti argomentando. AN. Mercé tua, che giàmiſei fatta familiare. A R. Queſto ſo io, che poſſeduta che io ſono dalle anime, dimoſtro il. Α ualore, il piacere, o la facilità dell'operare. NAT. se può eſſer la cagione, chivieta che lo effetto non posſa eſſere? et ſe queſtoé, quel la di neceßità ſi haue. Quello che ſegue dimoſtra,che può eſſere quel lo che antecede. In ſomma ogni coſa può offere, di cui naturale appeti toſi uegga, o dalla poſibilità delle parti naſce quella del tutto. Dals l’uniuerſale il particolare, o dal meno quello che più comprendeſi congettura. Vna metà, il ſimile, il pare ricerca l'altra metà, l'altro Simile, o l'altro pare. Etſeſenza arteſi puòfar’una coſa molto me glio ſi farà con artificio, ſe chi meno può opra, chi più può non opes rera egli ancora? Chene attendi più,ſe queſto ti può eſſere à baſtan za à farti aprire gli occhi è ritrouare il fonte della eloquenza? AR. Et io già mitruouoſatisfatta in queſta parte,che alle coſe appar tenenti all'intelletto ſi conuiene; però aquelle io uorrei,che paſſaßi, lequaliſono da eſſere ne gli appetiti collocate.Et attendo,che tu quel le brieuemente mi dimoſtri,etdiffiniſca, acciò che l'anima oggimaicõ. tenta dellaſeconda promeſſa,alla terza,et ultima ſi riuolga. A N. Per qual cagione, ò Arte, dimanditu le diffinitioni della Natura? ejendo ſuo carico il diffinire. A R. Perche ora io non attendo le eſquiſite, Oregolate diffinitioni,maquelle che dalla più parte delle gentiſono ammeſſe, delle quaiquaſiſenz'artificio ſe ne può formare un numero infinito. An. Tu ſei molto circoſpetta. AR. Seguiò Natura, féle coſe àgli umaniappetitidi lor natura piacere, o dispiacere posſo no apportare,òpur l'Anima ne li fa tali. NAT. Senza dubbio non folo elaAnimaha uirtidi apprendere, ofuggire le coſe, ma in effe ancora e nonſo cheda eſſer fuggito,ouero abbracciato. Quädo adun que tra la coſa, o l'animaſi truouaalcuna conformità, allora lo appe tito ſi muoue ad abbracciarla, o queſto mouimento,ſi può dire, no minar defiderio,ilquale è appetito di coſa che nõ ſi poßiede,cõforme però à quella uirtù ò parte dell'anima, che l'appetiſce; ma quando no ui é queſta conformità,tra gli oggetti, o l'anima,ella gli aborre, o fugge, né ſolamente oue o anima,oſentimento ſi truoua cotefti ab bracciamenti,e fugheſiueggono,ma doue occultamente io ſonoſoli ta di operare, doue non éſenſo, ociò faccio con un ſemplice inſtinto, ilquale al mio poteree tale, quale al tuo é la conoſcenza. Coteſto in ſtinto ogni coſa conduce alla conſeruatione, o albene; & dalmale & dalla morte il tutto ritragge quanto può. Maper dirti de gli huo mini, ſappi, che eſſendo tra le coſe oppoſte, ole parti de gli animi lo ro,conuenienza,quando auiene,che quelli ſíenopreſenti,oche laſcia no impreſſa la loro qualità,in quellapartechegli appetiſie, allora ſi genera ildiletto, e l'allegrezzanata dalla morte delprimo deſides rio, perche poſſedendo la coſa deſiderata, il diſio è già conuertito in piacere. Ilqualpiacere altro non é,cheadempimento di uoglie. Tu conoſcerai, cheil guſto tuo bauerà conformità con le coſe dolci; da queſta nenafcerà l'appetito,auenendo poi,chele coſe dolci uicine fica no à quella parte,doue il detto ſenſo dimora, eche in eſſa laſcino la lor qualitàimpreſſa, che é la dolcezza, nonha dubbio,che quella par te nonſia per bauer diletto, egiocondità. Il ſimigliante uedrai in ogni tua parte, Et per lo contrario ſi ſente noia, e diſpiacereo nella priuatione delle coſe deſiderate, o nell'hauere le difformi, oaborrite, ecome il principio di ottenere il bene era il deſiderio dalla ſperanza accompagnato, cosi il principio di hauere la noia, era la fuga dal timore commoffa. Etcome nella prima impreſione la ſperanza in gio is fi conuertiua, cosi nella ſeconda la paura ſi tramutaua in dolore. Eccoti adunque i quattro principali affetti diuoianime. AN. Vor reiſaperè,o Natura, in cheſia poſta la conueneuolezza, che é trale coſe, ole parti mie. NAT. Percheioſono tale in ciaſcuna coſa, quale io mi truouo, però nelle coſe eſaéripoſta per me; maperche poi auenga,che io tale mi truoui in ciaſcuna coſa,dimandane chi cos si ab eterno prouid. AR. Or l'anima tipare troppo curioſa? ma dimmi quai coſe,à qual parte dell'anima ſono conformi. NÁT. In fomma il uero é il bene, &per tal cagione, quello che è uero,uien giu dicato bene. Ar. Che intendi tù bene? NAT. Ciò che daogn'u no,e da ogni coſa uien deſiderato, &uoluto. A R. Qual bene Ć cercato daữ’intelletto? NA T. Dimandane coſtei  AN. il ſapee re, la dritta opinione. NAT. Dalla uolontà? AR. Ogniabis to di uirti. NAT. Da gli appetiti. AR. Ogniutilità e dilets to AR. Che naſcerà poi, ò Natura, dal deſiderio ditai coſe? NAT. Lo sforzo, o lo ſtudio de'mortali per conſeguirle. An. Buui alcuno inganno de gli appetiti intorno al bene, come ui é l'ingan no dell'intelletto intorno al uero? NAT. Grandissimo. AN. Et come ſe il bene e cosi conforme all'anima? NAT. Non hai tu udito poco di ſopra, come l'anima era d'intorno al uero, opure anco il ue to le era molto conueneuole, et proportionato? AN. Ben'inteſi, che la cognitione del uero era molto confuſa, riſpetto alla fantaſia. ARTE Cosi é. Et di nuouo ti dico, afferino,che ogn'uno confufae mente apprende un bene,nelquale par che l'animo s’acqueti, et quels lo deſideri,mapoi da gli appetiti traportato (come prima era l'intele letto dalla fantaſia ) e aquegli rivolto ſmarriſce la uera strada di quel bene, al quale ciaſcuno digiugner contende, moſſo dalla interna forza della Natura. Et in quella ſtrada,orapiù lentamente, ora più. velocemente camina, troppo è meno amando, et deſiderando quello, che con miſura dourebbe amare,ò defiderare. Indië nata la ingorda uoglia delle ricchezze, lo sfrenato appetito dei piaceri, vtalbora la pigritia, om negligenza dell'ocio; &deſiderando altrilapropria con ſeruatione, s'inganna, credendo,che il bene altrui,ſia la ruina ſua,oue ro temendo di perder’i ſuoibeni, fauori,gratie,amiſtà,onori,o lodi, ſi muoue alla ingiuria,alla inuidis,alla uendetta. Et di qui naſce quello di che tutto di ſi contende fra' mortali, il giuſto, lo ingiufto, ildouere, l'equità, l'utile, oaltre coſe, che ſono cagioni di liti, o di conteſe Per il diletto adunque, & per il comodo, ciaſcuno ſi muoue à fare. Et benefarà quello, alquale ogni coſaſi riferiſce, ouero ſiriferirebbe, per ragione, o per appetito, o per natura.    Et ciò cheopera, difende, conſerua,accreſce,accompagna, ſegue,ordina,et ſignifica il bene, bene ſi chiama, operò la felicità, o tutte le parti ſueſarannobuone, a le uirtie ſopra tutto ſono benidiſua natura degni,bencheàmoltinon ſono cosi apparenti. Ilpró,l’utile, il piacere ebene, perche l'utile ė mezo di conſeguire il deſiderio, oil piacereè moltoalla natura cona forme. ANIMA. Fermati un poco, & dimmi,come non eſſendo beni cosi apparenti le uirtù de coſtumi,gli huominiſieno uenuti in cognis tione di quelle: AR. Credi, ó Anima,che ogni maniera di bene, che appare à gli huomini, éſimiglianza di quel bene, che non appare,e chi uuole drittamente giudicare da coteſti apparenti beni, potrà ris trouare la uia di peruenire alla cognitione di quegli, cheſono in ſebe ni, o che fanno la uera, es ſola felicità,più deſiderata,che conoſciu taima non ſta bene ora difiloſofare intorno a tal coſa. Baſtiti, ch'io ti ritruoui la uia, per la quale gli huomini ſono andati a ritrovare i beni dell'animo, o le uirti interiori. Dicoti adunque, che uedendo i mortali nel corpo umano molte buone conditioni, hanno congetturas to, ancora nell'animo ritrouarſi alcune ottime qualità, à quelle del cor po in qualche parte conuenienti. Dimandane la Natura, quali ſieno le doti del corpo,che tu ſaprai da me poſcia quali ſienogli ornamenti tuoi. AN. Dimmi ò Natura, fe egli ti piace, diche beni adorni tu i corpi umani? NAT. Prima diſanità, o di forza, poi di bellezza, O d'integrità diſenſi. An. In checonſiſte la ſanità? Nat. Nels la. la proportionata meſcolanza degliumori principali, enell'uſo di ej 14,6 queſta proportionata meſcolanza, ueramente ſipuò chiamare una egualità ragioneuole. ART. Credi tu, o Anima,di eſſer’al corpo inferiore? AN. Non già. ART. Credi adunque, che in te eſſer deue una certa egualità. Il cui ualore conſiſte nell'uſo. A N. Quale uuoi tu che ella ſia? AR. Quella che Giustitia ſi chiamna,fers ma, o coſtante volontà di render a ciaſcuno ilſuo. Ma che dici tu delle forze? NÅT. Dico, la gagliardezzaeſſer’una uirtù del cor po,poſta nel potere à ſua uoglia abbattere,atterrare,et uolgere ogni alieno impeto con leggiadria. AR. Bella, aneceſſaris uirtù neli aa nimo. Perqueſto giudicarono ifaggi,eſſer la fortezza, laquale reſis ſtendo à gli impetidella fortuna,ſola nė"ſuperbanel bene,ne uile nelle auuerſità ſi dimoſtra, &fola guida nella militia della uita mortale uin cendo, glorioſamente trionfa. NAT. Che dirai tu della bellezza del corpo, laquale è una proportione di membra, o di parti tra ſe ſteſ fe, o col tutto conuenienti dauiuacità di colori, et gentil gratia acs compagnata? AR. Tumi dipingila temperanza dell'animo,laqua le in ſe ſteſſa raccolta, ecompoſta,inuera, o proportionata miſura conſiſte, tanto può di dentro, che di fuorinel corpo il ripoſato, o quieto penſiero uedi, dolce, ogratioſa maniera ſi conoſce, & quafie una conſonanza di tutte le conſonanze. NAT. Che coſa trouerai tu nell'anima,conformealla integrità dei ſenſi, come alla bontà della uiſta, alla perfettione dell'udito, « al uigored'ogni ſentimento? ART. La prudenza, la quale consiste in saldo, o sincero conoſcia mento delle attioni umane: A N. Egli mi pare, che io ſia da Dio creata à fine, che le coſe mie fieno ſcala all'altezza di quello. AR. Che penſitu altro, ò Natura? NAT. Nulla, ſenon che conchiudo frame, che gli huominiſi ſieno aueduti delle uirtú interiori per le qua lità eſteriori. AR. Senza dubbio, a molti anche ſi ſono ingannas ti, oper una ſimiglianza, che hanno le uirtù con alcuni uitij, se lo Cangiando il nome hanno detto chela tardezza ſia moderata pruten za,la liberalità ſia la larghezzaſenzamiſura; e cosi all'incontro il prodigo ſia liberale. Et non hanno conſiderato, eſſergran differenza tra il ſaper dare, er il non ſaper conſeruare.Et queſto è quel ueriſimi le nei beni, che muoue ſpeſſo lementi, ogli appetiti umani. Orain brieue l'ordine, l'ornamento, e la coſtanza delle coſe handimoſtra to le uirtù, ou appreſſo la concordanza di tutte le operationi, o la grandezza, che le ſopra feſteſſa inalzają si come in ogni arte, com in ogni scienza biſogna hauer’alcuna coſa manifesta, e chiara, dalla quale da prima ella naſca, o s'augumenti,cosinella felicità, bed ta uitaſi richiede, euidente fondamento, preſo dui benimanifeſti à i ſen ſi umani,dalquale s'argomenti il uero, ottimo fine, operò dalle predette coſe ſiſtima, quella eſſer felicità, che con proſpero corſo tracorre,tutta diſeſteſsa, tutta di ſua uoglia, tutta piena,tutta d'ogni parte abondeuole, ocopioſa, eyd'intorno à tai coſe ricordati ſeme pre della diffinitione, da unaparte conſiderando, che coſa é bene,di! l'altra diſtinguendo quello che é del corpo, da quello, che é del’ani mo, e come ciaſcuno in molte parti ſi diuide.perciò che cosi ne trar: rai quella abondanza di coſe che tuuorrai,doue meritamente la pres detta parteſi può dar tutta alla inuentione, laquale e il fondamento della noſtra fábrica. Partidoadunque tutto quello cheſotto il nome di bene, ò uero, ò apparente ſi conciene, trouerai la felicità con tutte le ſue parti,o trouerai, che'l fuggire dal maggior male,ſia bene, et l'acquiſto delmaggior bene, « il contrario delmale; & queſto, pera che molti s'affaticano, e che i nimici lodano alcuna fiata.Et che ſifa ſenza incomodo, feſa, fatica, ò tempo, ſe é diſiderato; ofinalmente tutto è bene,uero, apparente, v dubbio, quello che uiene deſiderato. AN. Che dirai tu del piacere? AR. Grande ueramente è la fore za del piacere, & del dipiacere, percheſin da fanciulli ſi uede, che il tuttoſi fa per tai contrarietà. Et s'io uoleßi pienamente ragionarti, io non finirei cosi toſto, però di eſſo alcune brieui ſentenze io ti pros pongo,dalle quaiſe ne ritrarrà quella ſimigliäza di uero, che in tai be niſi può trarre. Dicotiadunque,che quelle coſe grate ſono, dipid= cere,che ſono alla natura conformi,come hai diſopra ſentito; pero à ciaſcheduno grato ſarà quello,à che eglidi natura ſua ſaràinchinas toje per la medeſima ragione,foaue,et gioconda coſa é la conſuetudi ne, come quella chemolto alla natura ſi confaccia. Perche quello, che speſſo,et per lo più ſifa, è molto uicino a quello che ſempre ſi ſuolfa re. Caro e quello,che non ſi trde per forza,perche la forza é contra natura, onde i trauagli,lecure, e ogni maniera diſtudio, odi pens ſiero,che turbi la quiete dell'animo, perche é uiolēto,arrecca moleſtia o diſpiacere. Seforſe la conſuetudine non l'ammolliſce. Cosi per con trario il diletto, il giuoco, il ripoſo,la ſicurezza ilſuono, et la rimeßio ne, come coſe di ogni neceßitá lotane. Néſolo col ſenſo uicino ſiprende piacere delle coſepreſenti, ma con la memoria,con la ſperanza,del lequali una riguarda le paſſate, l'altra le future. Lepaſſate apportano nella ricordatione aſſai diletto,perche la imaginatione le fa quaſi pres ſeriti, e ſe erano graui, o noioſe, con lieto, o piaceuol fine fatte ſos no dolci, eſoauile coſe buoneche hanno à uenire nello ſferare con fortano, comele preſenti nel goderle,ouero nel imaginarle, ilche ſuos le à gliamantiuenire, iquali non hanno ripoſo ſenon quanto penſano alle coſe diſiderate. Lauittoria ė foauißima coſa, ó lo auanzare il compagno, or però ogni maniera digiuoco ſuol dilettare la caccia, l'uccelare, la peſcagione, et appreſſo l'onore,ogni gratitudine, ogniri uerenza,inſin l'adulatione piace infinitamente. Lo imparare ancora é coſa piaceuole, onde la imitatione delle coſe è giocondiſſima, tutto che le coſe imitate non dilettino, perche nõ la coſa eſpreſſa,malo sfor zo, e il contraſto dell'arte ſuol dilettare. Indi è nato, che la pittura, le statue,o l'opre finte aggradano chi li mira. Ne più ti uoglio af faticare,o Anima,in dimoſtrarti,quello cheda te, et in te prouerai ef ſendo con eſſo il corpo.o quanto ti fia dipiacere il dominar’ultrui il comandare il ridurre à compimento le coſe incominciate, il veder riu ſcire ogni tua deliberatione, e finalmente tutto quello, che al bene t’indrizzerà,ò dal male ti ritrarrà. AN. Se queste coſe ſono buo ne, come tu di, per qual cagione ſipuò errare nel deſiderarle, nel cercarle? A R. Due mouimenti,ò Anima in te conoſcerai, l'uno de' quali da eſſa Natura riceuerai, e l'altro riporterai teco. Nel primo niuno errore puoi commettere,perche non è colpa tua, che alcuna co ſa ſi truoui,che ti diletti; ma nelſecondo ageuolmente puoi cadere, eſſendo in tua mano il freno di non conſentire cosi à pieno à quella prima voglia&, non riguardare alla ragione, che con certo conſiglio al gouerno de'primi appetiti guidar tidee. Maperche per lo primo, O naturalemouimento gli huominifanno il più delle loro operatio ni però debbono eſſer ueriſimilmente guidati,o é creduto per lo più, che ciaſcuno faccia con deliberatione quello cheegli fa, ſeguendo il primo inſtinto; néſi conſidera che in teſi truoua uirtá libera, o po tente,dalla quale ognilode, o ogni biaſimo procede. Etacciò che el la ſiapiù drittamentegouernata, eccoti l'autorità delle ſacre leggi, nella quale è poſta la ſalute, e la correttione d'ogniumano errore. Contra le quaichiunquepreſume di opporſi, dal proprio conſiglio abandonato, è dato in preda alle ſue proprie uoglie,e ſottoposto ale la pend, come quello cheiniquo, o ingiuſto ſia. Ora in brieue ti dico, che eſſendo eſſe leggi nelle rep. àgli animi quaſi medicine delle loro infirmità, o rimedijà i loro errori, biſogna ſapere ogni maniera di gouerno,  gouerno, in che eglipiù fermo fia,da che uegna il cadimento di quels lo, et quanti ſienoi contrarij ſuoi,per poteralla cõmune utilità con le Sante inſtitutioni liberamente prouedere. NAT. Matu non dimo ſtri, ò Arte, che alcune leggi ſono eterne, er immutabili, non da gli huomini ſecondo gli ſtati loro ordinate, ma dallo editto diuino, o da me inuiolabili ſtatuite, communi,& uniuerſali à tutte le genti, lequai non più allo Indiano,cheallo Ethiope,eguali, in ogniſecolo, in ogni luogo ſi Sogliono ritrouare, non ne igrandiuolumiſpiunati da' morta li,manel libro della eternità impreſſe,et ſigillate in ciaſcuno che ci na ſce. AR. Coteſte leggi,ó Natura,non ſono ritrouamenti umani, né ſecondo le occaſioniformate, ma eterne, econtinuate ad un modo in permutabile, del quale non tocca à me il ragionare, «pint é quella ch'io non dico di eſſe, o forſe quella equità,dichefpeſoſi ragiona, al tro nonė, che la leggeſcritta nel cuore d'ogn'uno per correttione di quella cheè poſta per commune uolere di ciaſcun popolo. An. Dun que nelle umane leggiſi truoua errore? AR. Nongià, ma ben può eſſereche ilfondatoredi eſſe al tutto non proueda,et chenon conſide ri molte coſe, le quai per alcuno accidente, come, che molti ne ſieno fanno uariare i giudicij, e in queſto caſo la equità, & l'oneſtà può aſſai, operò molto prudente, oqueduto biſogna cheſia, chiunque forma le fante leggi, « che il più che può tolga il potere à gli huos mini di giudicare da ſe ſteßi. Però cheben ſai, quantopericoloſopra ſtà nel giudicio, riſpetto allo amore, all'odio, e ognialtra perturbae tione umana. Matempo è, cheſi dia fine à queſta parte, perche aſſai sé detto d'intorno alle uirtù dell'anima,e d'intorno alle coſe appars tenenti ad eſſa, si di quelle che allo intelletto, come di quelle, che ape partengono allo appetito. In quanto che elle hanno ſimiglianza del uero, delbene, dj appartengono alla inuentione. A N. Tutto che ó Arte, inanzi à gli occhimiſieno le coſe, che tu m'hai dimoſtras te, hauendole tu ſopra la Natura delle coſe ſtabilite,pur uorrei ſapes re alcunſecreto, come diſopra molti me n'hai ſcoperti, quando tra noi ſi ragionaua delle parti mie. AR. Io non per naſconderti alcu na coſa miſon taciuta, maperche eglimipare, cheda te ſteſſa potrai ogni ripoſte bellezza conſiderare, uedere, che da que' beni che di ſopra habbiamo diſtinti, naſcono treparti principali dello artificio no ſtro. Però che ſe il bene é utile,nenaſce quella parte, che é posta nel conſigliare, laquale ſi uſa neiſenati. Se'l fine è giuſto, quell'altrapare te, che delle ingiurie ciuili,ò criminalitra i popoli fa mentione, felfie ne 1 1 ne é honeſto, allora ampia, o magnifica materia ſipreſta di lodare nelle pompe, et ne i trionfi le opere glorioſe, ma il ualore delgraue, o riputato Cittadino,primanel ben fare,poi nel ben conſigliareſi di moſtra. AN. Diche coſa più ſi conſiglia? AR. Di quello, che: più abbraccia l'utile uniuerſale. Etprima d'intorno al corpo delle uettouaglie, odel uiuere per ſoſtenimento di ogn'uno, odella difen fione per ſicurtà de i popoli, delle ricchezze perſoſtenere la difes Ja. Dapoi delle ſacre leggi, e della religione per ottenere l'ultis mo, o deſiderato fine. ANI. Che ſi ricerca nel conſigliare? ART. Prudenza, beneuolenza, animo, ſecretezza, e celeris, tà nello eſſequire. A N. Gli ineſperti adunque,imaligni, i timis di, i uani, i pigri huomini, non ſono atti al conſigliare: ART. Non già. Necoloro, che non ſanno conſigliare ſe ſteßi. Ma odi: alcuni ſecretidi queſta parte, forſe non uditi fin'ora. Vuoi tu ſapere un modo mirabile di conoſcere glianimi de' mortali? AN. Queſto eil tutto. A R. Sappi,checiò, che ſecreto nell’hkomo ſi truoua, forza cheſia in alcun ſentimento di eſſo,ò di dentro, o difuori.Sentis, mento chiamo ora ogniparte di te ó Anima. Et però uolendo tu ri trouar coteſto ſecreto, tenterai ogni ſentimento, perche quando es toccherai quella parte,nella qualee ripoſto il ſecreto di alcuno, o pia ceuole, ò noioſo,che egli fi fia,ſenza dubbio manderà fuorialcuniſea gni,comemeſſaggieridelle uoglie ſue,ocon alcuneſimiglianze dimo ſtrerà quello,che egli ſipenſa di haueredétro diſe naſcoſo; aguiſa di una corda chealſegno tirata di un'altra; quandoritruoua la conſon: nanza, ſimuque, a ſuona di pari armoniacon quella.Da queſta reues, latione dipende la uittoria, eu l'onore di chi parla nel coſpetto degli huomini.Etqueſto è un ſecreto ripoſto aſſai, wodegno di penſamento.. L'altro è, che a conoſcereil giuſto, e lo ingiuſto,biſogna riguardas re al fire,alquale ciaſcuna coſa deueeſſer meritamente riferita, pera, che quando ſia, che dal debito fine alcuna coſa ſi rimuoua, allora ne ng ſce la ingiuria,la quale éuna eſpreſſa maniera di ingiuſtitia. Aqueſta ingiuria altri ſono più diſpoſti a farla, che à patirla,altri per lo cons, trario. Et questo biſogna conſiderare per potere in quella parte uas lere, ii cuifinalgiudicio rizuarda il giuſto, o l'ingiuſto. Altri ſes creti ui ſono, ma io mi riſeruo là doue della applicatione ragiones remo, cioè quandoſi dirà il mododi porre le coſe nell'anima. Ma che marauiglia è queſta? doue é gita l'Anima, ò Natura? Perche te ne ridi tu? come ſono ingannata? come tolto mi viene il poter ſeguire E l'incominciato ragionamento? NAT. Aſpetta ó Arte, non titurs bare, toſto merrà, con chi tu habbi à ragionare. Ora uoglio che noi ci tramutiamo, o che cifacciamopalpabili, o viſibili. AR. Che mutationi mi usi predicando? NAT. Taci, attendi. Eccomi qui di corpo,e di formaumana. AR, Guardami ancora tu, ch'io ſo no trafigurata,à chimiſomigli tu o Natura? NAT. Io non ſaprei à coſa alcuna ſimigliartijmubene io uedo, che tu hai molto del graue nell'aſpetto, e nello andare, onel uestire,et à pena io ardiſcofiſarti. gliocchi à doſſo. Et mi viene una certa tenerezza di lagrimare. A R. Coteſto é ſegno,che tu mi ami et riueriſci;et tanto più ch'io ti ſcorgo un certo roſſore nel uolto, e ti odo ſopirare. Ma che ti pare de gli occhi miei? NAT. Tu haideldiuinoin eßi, come cheſieno di coloa re celeſte, o di luce penetrante. A R. Et de capelli,chedi tu? delle ciglia? NAT. Quelli ſono neri, a queſte rare, e di oneſta grandezza. ART. Saitu di cheſieno ſegni le predette coſe? NAT. Non già,ma bene ſtimo, che tu t'habbifigurata in quel mo do difuori,che tuſei di dentro, cioè piena d'intelletto, edi capacità ftudiofa delbene,folerte,er ſuegliata comeſei. A R. Tudi il ues ro, e dipiù il naſo aquilino, le orecchie egualiil collo brieue, il pete tolargo, le ſpalle große, le braccia, le palme, ø i diti lunghi, tuttiſou no ſogni euidenti dello eſſer mio. NAT. Ma tunonſei peròtroppo grande,bencheiltuo mouimento ſia tardo, elo ſtarediritto, chedie moſtrino te manſueta, umana, a piaceuole. Ar. Se non fuſſe il mio continuo penſamento, mi uedreſti ancora più allegra. Ma guarda quantiſtrumentiadoperar mi conuiene perporre in opra quello che io nella mente diſegno. NAT. 10 ſono dite più ſemplice, o piis ſchietta comeuedi. AR. Tu mifai ridere con tante mammelle. NAT. A punto io fo ridere ogni coſa per tante mie mammelle, pero che credi tu, chelefemine, noni maſchi habbiano tai parti? AR: Perche le femine ſono quelle chepartoriſcono, però biſo gna, che come eſſe danno la uita, cosi diano il notrimento,etperò han no le dette parti come iſtrumenti della nodritione. NAT. Quans te adunque nedebbo hauer’io, eſſendo madre dituttele coſe? AR. Tu hairagione,ma chi é quel giouane cosi bello, che incontro ne uie ne? NAT. L'anima,che poco dianzi era ſola,ora è accompagnata col corpo. AR. Chemiracoli fai tu ò Natura? NAT. Credi tu Arte ſapere ogni coſa? AR. 10 fo bene quello, che credo, ſo che le genti non crederanno queſte mutationi, che tu o io facciamo. NAT. Pochi ſono i ueri Sauij., però non diamo orecchie al uolgo. Eccoti il deſiderato aſpetto, conſidera o miſura le parti fue, che ria trouerai bella,o proportionata compoſitione. Ar. Che carne gen tile, odelicata, non però troppo molle, guarda chedignità,che maa niera chefronte allegra, « ſignorile,chipotrà dire che egli nonhab bia ad eſſere pieno di coſtumi, o d'ingegno? NAT. Ben ſai,che io gli ho la promeſſa ſeruata in tutto. ART. Rallegromi ueramen. te, o mi pare, che tu ſeimolto miglior maeſtra di me, ma che nome gli daremo?.NAT. Quello che conuengaà chi lo fece. ART. Io ne ho poco che fare. NAT. Anzi tugli hai dato, & darai il miglior'eſſere;ben’è uero,ch'io ne ho la parte mia, o il mie fattore la ſua. ART. Chiamiamolo dunque DINARDO. NAT. Perche? AR. Perche Dio, Natura, & Arte il donarono. NAT. Tu mi allegri con tal fabrica di nomi. A R. In molte lingue io ho queſto potere, il quale e poco da gli huomini conoſciuto. NAT. Mipiace, ma perche non l'hai tu dacapo a piedi minutamente miſurato? AR. Micuſui lo hauerglidimoſtrato, che la oratione eſſer dee.comeil corpo umano, o hauere principio,mezo, & fine. Etche le partiſue deono corriſpondere à ſejteſe, al tutto con dignità,e decoro? Et si comenel capo ſono tutti i ſentimenti del corpo, cosi nel principio eller deono ripoſti i ſentimentidella oratione. A lui pofciaſtarà di ore dinar la predetta materiafecondo il biſogno, facédolo auuertito, che i teftimonij delle opere de’ mortaliſono le coſe che ſtanno d'intorno à quelli. Et però mi gioua di nominarle circostanze, percioche fa cendo,o operando l'huomo alcuna coſa, ha ſempre inanzi,ò apprefe ſo il tempo,il luogo,le perſone, il modo, ilfine, le quaicoſe fanno fede ſe l'operaſua è buona, orea. Da coteſta conſideratione, ſi ſtima chi ragiond, e con chi,ſe è la occaſione di dire ſe in questo, o in quel luo, goſtarà bene di parlareſe ilfine è buono,et altre coſe,alle opere ap pertenēti. Ma tu gratioſißimo Giouane, che con tăto fauore delcielo ſeinato,ti ricorderai tu quelle coſe che dette habbiamo fin'ora? Non titurbure,cheio ſono l'Arte, e queſta è la Natura,con la quale tu, eſſendo Anima ragionaſti. Din. In che maniera ſono le coſe ſchiette, oignude, oin che forma ſono le compoſte,che cosi uiſiete mutate, piacemi di hauerui riconoſciute, o cosi uiaffermo di ricordarmi di quanto s'è detto. ART. 1o non mipoſſo ſatiare di guardarti. NAT. Che giouanezze ſono queſte? ART. Non ti dolere, o Natura, che la bellezza delle opere tue ſia da me riguardata con E 2 marauiglia. NAT. Poi che io à tale fon uenuta, che pienas mente ho ſatisfatto al deſiderio tuo, e chef Anima pronta s'è die moſtrata, comincia tu ancora ò Arte ad inſegnarci ilmodo, col quale applichiamo le coſe all'Anima. Et perché non più aſtratte ſiamo,ma compoſte,però voglio,che con le eſperienze degli ingegni altrui, eo con glieſempi, cheſono oſtaggi della verità, e con l'uſo quotidiano, tu ti rivolga à darci ad intendere la forza di L’ELOQUENZA UMANA. ARTE. Cosi farò. Ma tu, ò Dinardo, presteraimi udienza, e non lasciare à dietro cosa, ch'io ti dica. Marauiglioſa e ueramente la forza o la virti di LA FAVELLA UMANA. Perciò che oltre alla intenzione dei concetti e delle voglie di voi mortali, che per essa si suole con besneficio universale e evidente diletto appalesare, non é in voi sentismento alcuno, l'appettito del quale non sia da quella fieramente eccia tato, e commosso; a chi volesse di ciò prender debito argomento ogn'ora, che venisse bene, riguardando à i modi, che si usano tra  voi, ritroverebbe le cose à i sensi sottoposte alcuna volta essere di minor virtù in muovere ciascuna il senso suo, che IL PARLARE, quall’ora egli sia con bello, efficace, es maestrevole modo formato o fabricato o appreso doppo alcuna più profonda considerazione, conoscerebbe essere QUASI INFINITO IL VALORE DI ESSO PARLARE, come che solo allo intelletto dimostri la sostanza, e la ragione delle cose, it che à niuno altro sentimento, quantunque la Natura sempre a tutti liberalissima stata sia, né é, në fu, nef arà concesso già mai. Quante cose del cielo, quante delle intelligenze, quante del divino PER MEZZO DELLA LINGUA, senza l'aiuto degli’occh iò d'altro sentimento si fanno? IL PARLARE è solo dimostrastore della sostanza, IL PARLARE E SOLO PER UNIVERSALE MINISTRO DELL’ANIMA, IL PARLARE E SOLO STRUMENTO DELLA RAGIONE, ma onde é, o Dinardo, che negli que ni menti, et ne gl’atti degl’uomini tanta forza discens da NELLE PAROLE? DINARDO. Credo veramente, che essendoci dato da essa Natura IL PARLARE, come tu dici, affine, che LE NOSTRE BISOGNE, I NOSTRI PENSIERI ALTRUI MANIFESTIAMO, gran potere in quella FAVELLA debeba essere, la quale da vero, & ſaldo intendimento, e da sforzes uole disiderio procedendo, tale di fuori apparirà, quale di dentro nele l'animo dimorando ſtarasi. ARTE. Ben di. Essendo adunque le parole come ostaggi delle voglie o de concetti, bisogna, come tra’ signori aviene, dare gl’ostaggi alle persone convenienti, e però prensdendo noi DINTORNO AL PARLARE quel miglior partito che si conviene, soglio che picde inanzipie mettendo or gentilmente più oltre pafé fando ritroviamo le maniere, e gl’ASPETTI DELL’ORATIONE, o confiaderiamo quale PARLAMENTO à qual cosa, et à qual persona si conuenga. DINARDO. Di, ch'io t'ascolto. ARTE. Non è dubbio, che riportando IL PARLARE per gl’orrecchi alle anime de gl’ascoltanti, la forza dello intendere o del volere, bisogna in questo viaggio dar mouimento, et modo ad eso PARLARE. Perciòche lo intendimento ó la voglia nell'anima si riposano, o iui come nel suo caro nido dimorano, ne si potreba bono da quello senza ragione, et artificio, di partire. Al che fare accoa ciamente uoglio in prima che in ciaſcuna forma, o maniera di L’ORATIONE si truovi IL CONCETTO DELLE COSE INTESE, ca DESIDERATE, il quale par orasia detto, e nominato SENTENZA. Appresso uoglio, che ci sia lo artificio di levare LA SENTENZA dal luogo suo e là doue farà biſoagno, leggiadramente portarla, perche SIMIGLIANDO LA SENTENZA AL RISPOSO E ALL’ANIMA, diremo, che l'artificio sia la machina, il modo conveniente di levare il peso della SENTENZA dalla MENTE umana. Ma perche si vede che l'anima usa le forze sue, o adopra il corpo come strumento, però à ciascuna forma di LA ORATIONE appresso l'artificio, Ry LA SENTENZA, le ſidarà PAROLE, e voci, per mezzo delle quali puo l’anima delle sentenze la sua virtù, le forze sue gentilmente ad opearare. Ma per che aspetto alcuno non si potrà vedere, oueſieno le pare ti, la compositione di eſſe, IL COLORE, i contorni, oifinimenti del tutta, desidero condonar alle parole i suoi COLORI, il sito, o le parti qua si membra, o i suoi termini, accioche altri all’aspetto, o alla forma conosca quali oſtaggi ſieno dati dall'anima DEI I SUOI RIPOSTI E SECRETI INTENDIMENTI. Chiameremo dunque il colore LA FIGURA, la parte IL MEMBRO, il sito LA COMPOSIZIONE, il finimento chiusa o TERMINE dell’orazione. Et perche van a fatica sarebbe la nostra, le hauessimo solamente formato si bella creatura affine che ella si stesse, ne punto si movesse, pero come vivo s'intende quel corpo cui movimento e concesso, cosi daremo AL NOSTRO PARLARE il suo passo, o vero il suo corso, il quale si farà col riposo di alcune parti e col movimento di alcune altre, come farsi vede ne gl’animali, o perche con altro mouimento si muove uno adirata, con altro un mansueto, o altro é il passo d'uomo grave e atteme pato, altro d'un leggiero però nello spazio per lo quale ha da correre o caminare LA ORATIONE voglio che si conosca ogni interna qualità delle cose per lo movimento e per lo riposo di LE PARTI DEL SERMONE, e we per che di sopra habbiamo dato à ciasscuna parte il nome che à formar UNA MANIERA DI PARLAMENTO si richiede deremo ancora à questa ultima il nome suo si veramente che il riposo, o il movimento delle parti sotto uno stesso vocabolo si rinchiuda, poi chiamato sia o Numero, o numeroso componimento. DINARDO. Qual De dato puo cosi belle figure a fare, adornare, come fai tu, o Arte. Raccolgo fin tanto quelloche io ho da te sentito fin’ora, o dico che tu uuoi, che LA ORATIONE ha una qualità che conuenne alla cosa, o alle persona soggetto, o questa istessa qualità, forma á maa inierazò guisa dimandi. ARTE. Cosi e, DINARDO. Tuu uoi appresso che ciascuna forma primieramente ha la sua SENTENZA che altro non è che il CONCETTO della cosa, da poi l'artificio, che é il modo di les uarla dal luogo suo, ne questo ti basta, a però uuoi ire grandamente si consideri con quai PAROLE si puo pixi acconciamente RAGIONARE, a esprimere la OCCULTA virtù della SENTENZA, disponendo le PAROLE e dando a la parola i suo COLORE, e finalmente rinchiudendola in alcuni termini accio che sieno alla SENTENZA eguali, come l'anima à tutto il corpo, o a ciascuna parte dare il suo numeroso o MISURATO movimento, che col riposo, o con la velocità del tempo presente si misura. ARTE Cosi u'ho detto DINARDO: Ogni cosa mi pare d'intendere ragionevolmente, solo che tu voglia dichiararmi al quanto d'intorno a questo numeroso componimento, che “NUMERO” hai nominato. Et io son dispoſta à farlo, sueramente, ch'io voglio prima partitamente ragionare, ego distinguere la maniera, e la forme predetta, de cioche tu sappia il numero di ciascuna determinazione. Dico adunque, la prissma guisa, es la prima forma dover essere la LA CHIAREZZA, la quale sotto di se contiene la PURITA, o l’ELEGANZA del DIRE, anzi più presto da questa maniera ne risulta la cagione che nel primo luogo si riponga questa forma perche niuna cosa più si ricerca ò si disidera [cf. H. P. GRICE, DESIDERATA --] dachi jagiond, che il lasciarsi intendere, il che altramente non si può fare senzá LA PURITA DEL DIRE, la mondezza, la quale oggi voglio, che ELEGANZA si chiami da noi. Ma perche spesso aviene che sforzansdosi alcuni di esser inteſi, cadono in forma umile, ego dimessa molto les cuando, otogliendo della dignità, della grandezza del PARLARE, però appresso la predetta forma, si dirà della grandezza o GRAVITA DELLA ORATIONE, quale da molte altre fori ne procede, che sono quesste, muestd,  comprensione, asprezza; eemenza, splendore, viva cie tà i boppo LA CHIAREZZA e la grandezza del DIRE a me pare che si convenne conoscer’un’altra forma; ta quate tutto il corpo della orarzione con la convenienza delle parti, ornamento, os gratia recando, bella, en misurata si mostra, v però mi giova di NOMINARLE BELLEZZI, alla quale un'altra formaſi darà, volubile, presta, perche tèggia a dramente si muova, leggiadramente dico a fine, che ne troppo sciolta, né troppo legtta ſiueggia. Et ſe la chiara, a la grande, e la bella, o la veloce forma sono tanto richieste, quanto previdá te stesso considerare che diremo noi di quella, nella qual si dimostrano i modi, i costumi delle persone. Et di quell'altra, che fa credere ogni cosa che si dice esser verissima? Certo non meno queste che quelle esserticare deuriano, quando in queſte sta ripoſta ogni riputatione di CHI PARLA; et ogni credenza delle cose, cosi voglio nominar quella forma la quae le secondo le nature, e gl’abiti delle genti va ragionando sotto della quale è la simplicità, la giocondità, o l'acutezza; e quell'altra ancora, che verità si dimanda, sono forme, senza le quali morta e spenta sarebbe l’orazione. Ed in questo numero sono chiuse le maniere, o le guise, delle quali alcune hanno la sua sentenza, &i loro artificii, e l'altre parti distinte, es separate dall’altre; alcune comunicando insieme, si confarànno, o nella sentenza, ò nello artificio, ò nella parola, ò nella figura; o nel resto, cos me chiaramente uedrai. Queſte uoglio, chetu da feſteſe, come ſemplici forme riguardi diſtinte l'una dall'altra. Perciò che non quel lo che si truoua, ma quello che può essere, voglio che tra te medesimo rivolgendo consideri, e ciascuna forma, come tale, ew tale conoschi. DINARDO. Io t'intendo, Tu vuoi ch'io sappia considerare ogni guisa d’ORAZIONE in se stessa, onde poi a scelta mia io possa questa con quella, e quella con altra mescolando, di più semplici formarne una bella coinin posizione. ARTE. Che credi tu, che vaglia poi cotesta MESCOLANZA che nella purità ritenga grandezza, a peso, nella semplicità, forzkiego splendore, e ha nella grandezza del bello, e dilettevole, ma che afþramente piacevole, e piacevolmente aspra si dimostri, pungendo; gungendo, come si dice, ad un'horafteli e facendo che quello che è nella sentenza ampio o ripieno sia nello artificio ampio ad leggidadro. E in tal modo accompagnando la FIGURA d'una forma con la PAROLA d'un'altra, di più contrario -- cosa alla natura medesima riputata impossibile -- farne una amore uole fratellanza, onde poi questo generoso accozzamento di cose REPUGNANTI empia ogn’uno di maraviglia. DINARDO: Non mi accender pir di grazia, di quello che io sono, cominciami oggi mai à formare ciascheduna delle maniere, accionche io veda il fine della desiderata catena dell'anima delle cose, e del PARLARE. DE Ï Ï A parlare. ARTE Bendi. DEI DUNQUE sapere che come nell'anima, altra parte è quella che apprende la ragione, alfra quella che é da gl’effetti commossi, come dicemmo, o nella natura altre sono le cose allo IN-SEGNARE altre al muovere appartenenti cosi alcune forme dell’orazione e le quali converranno alle cose dell’intelletto, als cune alle cose della voglia, o dell’appetito o quando questo non e  né via, nė ragione alcuna e di poter acconciamente INDURRE OPNIONE E AFFEZZIONE con la forza della favella. Però auuertisci, che nel trattamento della forma da te stesso puo intendere qual forma a qual cosa si confaccia. DINARDO. Ricorditi di farmi ogni cosa chiara con gli essempi di CONVERSAZIONI DIADICHE e io mi obligo di interpretarli secondo la PARTICOLARE occasione in qualunque libro di questi che tu vorrai. Ma prima desidero saper alcuna cosa d'intorno al NUMERO o numeroso componimento, O QUANTITA O FORZA. ARTE. Lasciati à me guidare che il tutto saperai secondo il bisogno. Sappi adunque, o Dinardo, che qual’hora alcuno si rivolga à considerare il modo, e la ragione del medicare, che ritrovando alcuna bella cosa nella medicina, voglia giudiciosamente applicarla all’arte del dire, non è dubbio, che egli non sia per vedere tra la medicina, o l'arte di che si ragiona, grandiſsima simiglianza. Ecco la medicina cerca di indurre sanità, oue ella non ė, ò di conseruarla doue ella si truoua. Il simile fa quest'arte, d'intorno alla buona opinione, perche conogni studio s'affitica di metterla, ò di mantenerla oue sia bisogno. La medicina conosce qual parte del corpo con qual rimedio esser debbia risanata, o preservata, cosi queſt'arte opra con l'anima e con le parti sue con la forma del parlare o conversare. La medicina quanto più può fugge la noia che puo alcuno medicamento recar'atl'infermo, con mele ò con zucchero, ò con altra coperta mitigando il pessimo sapore, ego l'odore delle medicine, ne da questa gentilezza si parte la mia figliuola, cercandodi non offendere quel sentimento che prende i suoi rimedij, il qual sentimento é negl’orrecchi riposto, per le quali sotto la soauità del suono fa trapassar’inſino all'anima la opinione, quantun que sia di cosa dalla natura aborrita. E finalmente la medicina nelle sue composizioni alcune cose vi mette, non tanto gioue uoli alle parti offeſe, quanto preſte apportatrici delle virtù dell'altre cose al luogo infermo, il che quamto ſi conuenga all'artificio fa FAVELLA, non ti posso in poca hora dichiarare perche troppo grande é la forza del suo numeroso componimento; il quale portando ſeco agevolissimamente il valor della parola e della sentenza, pasa, e penetra per ogni parte dell'anima, deerosa di questa soauità, e benche gl’orecchi del volgo ne sentano assai, non è però da dimandare alcuno IDIOTA, onde ella proceda, ò come si faccia, perche QESTO GIUDIZIO E PIU PROPRIO DELL’INTELLETTO CHE DEL SENTIMENTO UMANO. Giudicando adunque, o considerando L’INTENDENTE UOMO quale sia la cagione che la parola più ad un modo che ad un'altro disposta e diletta uolio numerose, ritruova il tutto essere alla Natura, quanto al ſuo principio, conveniente, ma quanto alla perfezione non cosi; però che io ne ho grandssima parte. E perche tu sappia quello che la Natura, a quello che io ti possiamo prestare, dico che la Natura ha posto alls cor nell’orecchie il suo piacere e diletto, vuole che quelle affaticate si folleuino con la soauità, a dolcezza del dire; al che fare niuna cosa è più potente nel vostro ragionare che il NUMERO o la fosnità della parola. Il qual NUMERO bisogna che di sua voglia vegna nell’orazoone, si perche FA ORAZIONE E NON MUSICA (come la poesia),si per fuggir la sospitione dell’artificio, la quae le con luſinghe uole INGANNO pare che VOGLIA ABBAGLIAR L’AMINO DELL’ASCOLANTE opera leua loro ogni PERSUASIONE o fede. Ma quando con ine certo, o non conosciuto numero, dolce però, e soaue, si compone il parla-mento, o si lega insieme il fascio della sentenza e dell’intendimento, senza dubbio il tutto con credenza, o diletto si riceue. Fuggasi dunque il ucrſo, ogni regola continouata del uerso; continouata dico, peroche lo stesso numero più volte replicato facilmente si riconosce, o fa che gl’orecchi aspettanti l'ordinato, consueto ritorno, più al suono che al sentimento si diano cosa assai chiara, o attesa ne i versi, il NUMERO de’ quali usato, e conosciuto, più dall'arte che dalla natura procedente. Ma perche senza legge di NUMERO alcuno, o sciolta del tutto non dee restare l'orazione, che oscura, cu piaccuole ne rimarrebbe, però numerosa o composta ella si disidera grandemente. Ora da che nasca, o per qual cagione diverſamente offer convenga numerosa l'orazione quanto à me s'appartiene dirò brieuemente, dichiarando prima, che cosa sia NVMERO, ò numeroso come ponimento. DINARDO. Questo ordine à me sommamente diletta, però di cuore ti priego, che più distintamente che puoi, me lo dimostri. ARTE. La necessità vuole che le parole sieno pari alla sentenza, perche à questo fine si ragion e conversa, come si è detto, accioche quanto habbiamo di dene troſi dimostri di fuori, doue mancando o accrescendo parole, o il concetto interno non e espresso, come nella mente dimora, ò il parlar e OCIOSO – Grice, otiose -- ò mancheuole. Ma perche la sentenza nell'anima è finita O terminata, però debbon’esser finite, o terminate in QUANTITÀ le parole, che la sentenza dimostrano. La qual QUANTITÀ insieme ragunata, GIRO O CIRCUITO nomineremo il quale altro non e che pieno o perfetto abbracciamento della sentenza. Questo abbracciamento di pari accompagnando la virtù di ef la sentenza, può hauere una ò piu parti, o maggiori, o minori, secondo le parti della sentenza; e ciascuna parte é composta di parole, o si chiama MEMBRO O NODO o si come ogni parte del corpo ha il suo principio, il suo FINE, e il suo MEZZO, o il corpo medesimo e terminato e finito cosi le parti dello abbracciamento, welfo abbracciamento e finito o terminato. In tutto questo spazio adunque che è tra il principio, il fine di ciascuna parte, e tra il cominciamento, es la chiusa, che s'è detto chiamarsi gia ro, ė forza, che la lingua alcuna volta s'adagi, o si riposi secondo il bisogno,o si muoua più ueloce, ò piu tarda secondo la QUALITÀ del concetto. Et questo riposo, o questo movimento, misurato col tempo del proferire, para torisce il numero, del qual ragioniamo vero figliuolo della composizione, o de i termini del parlare, o molto piu nel fine, che nel cominciamento e più apparente ne gl’estremi che nel mezzo. E perche di esso NUMERO gl’orecchi fanno giudicio in quanto al sentimento del piacere o del dispiacere, per esser naturale à ciaſcuno la dilettatione de sensi, o l'intelletto fos lo come ti dissi, ne cerca la cagione però, hauendosi fin'ora in parte dimostrato quello che all'intelletto s'appartiene, in parte dico, perciò che l'intelletto in questo caso molto all’orecchie deferisce, o diverse maniere hanno diverso NUMERO. Però cominciando a trattare delle forme del dire daremo a ciascheduno il suo numeroso componimento, o con essempi DI CONVERSAZIONI DIADICHE ancora ritroueremo quello che con ragione e dimostrato. DINARDO. Molto bene auif di farmi capace di questa magnifica o illusſtre composizione; però segui che con maggior desiderio, che prima, fono apparecchiato d’ascoltarti perche mi pare, che ora tu facci di me pruoua marauigliosa. ARTE. La prima forma e nominata CHIAREZZA – la qual nasce da purità, o da eleganza. Pero essendo ella quasi un tutto, acciò che meglio ſi manifeſti, si dirà delle parti fue, & prima della mondezza o pilerità, poi della scelta o eleganza. Deefl dunque dare alla purità del dire quella sentenza la quale e di piana intelligenza e non ha bisogno di piu conſideratione, come per lo pia sono, o esser deono le narrationi delle cose, come qui. DINARDO. Tancredi, principe di Salerno, e signore assai umano, di benigno aspetto. ARTE Eccoti, che ſenza alcuna fatica di discorſo ogni mediocre ingigno gegro può capire il sentimento della sentenza già pronunciata, come ancora in questa sentenza. DINARDO. Io son Manfredi, nipote di Costanza imperatrice. ARTE. Et molti essempi sono della purità nelle novelle, la sentenza delle quali per la maggior parte è molto alla uolgar’intelligenza fottopo sta, pur che partitamenteſa ciascheduna in ſe conſiderata, percio che pua re non ſarebbono quando ad alcun fineſi riguardasse, o uero altro attendessero per fornir il sentimento loro, come se in questa guifa si dicesse. Essendo “Tancredi principe di Salerno signore assai umano”, perche questa sentenza non e TERMINATA O FINITA dovendo attendere a quello, che segue, o però più presto oscura e che monda enetta. Non aspetti adunque altro intendimento chi vuolessr puro nella sentenza, la quale stando nell'anima, dee esser con tal'artificio levata, che sola si tiri suo riga come di dentro dimostra il concetto, cosi di fuori fa fatto palese, senza alcun accidente che quella accompagni o consegua. E però da questa forma e bandita ogni circostanza di tempo di luogo, di persona, o di modo, ò d'altro avenimento. Vedi questa parte quanto é pura nella sentenza: DINARDO. La quale percioche egli, si come i mercatanti fanno, anda molto in torno a poco con lei dimora, s'inamora d’un uomo chiamato Roberto. ARTE. Non lascia esser pura cotesta sentenza quel trammezamento che dice percioche egli, si come i mercatanti fanno, andaua molto intorno, o questo adiviene, perche SOSPESO SI TIENE L’ANIMO DI CHI ODE. Fuggi adunque ogni raccoglimento se vuoi essere nel tuo dir mondo, & neto; & narra le cose partitamente come stanno, ma de i raccoglimenti quanti o quali sono, dirà poi. Delle parole veramente con le quali si dee uestire la purità breve ammaestramento si darà perche, tutte le parole, piane, facili, usitate, bricui, O communi sono all'anima della purità molto proportionate, onde le trae portate, le straniere, le lunghe, e quelle, che la lingua pena à proferire, o l'intelletto a capire sono dalla purità lontane, però purissime sono queste. DINARDO. Che à me pareva esser’in una bella, dilettevole selua, e in quella andar cacciando e haver preso una cauriola, parcami, che ella e piu che la neue bianca,or in brieue spazio diucnisse si mia domestica che punto da me non si partiva, tuttavia a me pareva haverla si cara, cbe accio che da me non partisse, le mi pareva nella gola haver messo un cola no d'oro e quella con una catena d'oro tener con le mani. ARTE Non è poco haver giudicio di ritrovar le parole ad ogni maniera conformii, ma molto più wi deue avvertir' nel disporle, o COLORIRLE, onde ne nasce il desiderato aspetto. E però sappi che la figura della parola, alla purità sottoposte, é il dritto, ecco. DINARDO. Nicolò Cornacchini e nostro cittadino, o ricco huomo. ARTE. E quiancora DINARDO. A solo adunque vago, piaceuole castello postto ne gl’estremi gioghi delle nostre Alpi sopra il Trivigiano ecsi come ogn’uno dee sapere arnese della reina di Cipri. ARTE. Non cosi puro e se dagli’obliqui casi ha cominciato, Dicendo, Di Asolo, vago e piaceuole castello posseditrice e la Reina di Cipri. Ma puro e per la figura del dritto, avenne che secondo quella parola puro non sia, doue si dice Arnese, voce straniera, ancora nello aretificio non é puro per quello tramezamento che dice, si come ogn’uno dee sapere, o per quelle circostanze del castello vago piaceuole pera che RITARDA IL SENTIMENTO DLL’ASCOLTANT, ovi mette le circonstanze del luogo. DINARDO. Dunque erra chi volendo esser puro usa una parole non pura, artificio, o figura d'altra maniera della orazione? ÁRTE. Errerebbe se egli crede, otenta d'essre in ogni parte puro, e netto, e non usa quello che si conviene ma non erra volendo alla purità del dire porgere grandezza o dignità. Ma ancora voglio che ogni maniera e in se stessa considerata e però la purità del dire ha  le parti sue distinte, o separate dalle altre nė solamente il dritto è figura di questa forma o manierq ma anche ogni altro COLORE che e contrario alla comprensione. Ora trattiamo del sito, o della composizione della sentenza, Dico nella purità, o mondezza del dire doversi mettere le parole insieme con quel modo che piu vicino e al favellare, usita e cosenza molta cura, caffettazione semplicemente quanto si può. E si cos me in ciascheduna parola di queſta forma bisognaua levar ogni durezza, Cogni difficultà di lettere, o di sillabe, accioche la voce di suono e quale, temperato, non impedito usce fuori cosi nella composizione bisosgna guardare d’acconciare talmente che pine tosto nate, che fabricate appariscano, come nell’esempio del sogno si conosceud. Considera tu poi la forza e lo spirito di ciascuna lettera e di ciascuna sillaba, come la natura in tutte ha posto la sua piaceuolezza, durezza, e tifa rai questo giudice del suono delle parole, della loro disposizione, ucdi che la “A” si forma nella più profonda parte del petto, o esce poi fuori con alta voce, risonante, onde lo spirito di essa grande, o sonoro essente, odi la seguente -- ch'é la consonsante “B/” La “B” é purasnella, despedita -- come è aspra la sequente, che e la consonante “C” quando è fine della sillaba, ISA C, órauca quando è posta inanzi la “A” à la “V” come per lo contrario e di dolce, spesso, o pieno suono, precedendo alla “I”. Alla “E” come qui. Salabetto mio dolce iomi ti raccomado o cosi come la mia persona è al piacer tuo, cosi é ciò che ciė, o cio che per me si può fare al comando tuo. Considera poi da te stesso il restante delle lettere, in che maniera essa natura di sua propria qualità ha ciascuna dotata e vederai onde nde sce più questa che quella composizione. Le parti e le membra, della purirità esser deono breui, & ciascuna dee terminar il suo sentimento, non ritardando con lunghezza del giro, o di raccoglimenti la intelligenza del popolo, come qui, D. Suol’essere a' naviganti caro qualhora da oscuro o fortunevole nemboso spinti errano, o travagliano la lor via, col segno della indiana pietra, ritrovare la trammontana in modo che qual ventosossi conoscendo, non Ria lor tolto il potere, e vela, o governo, là doue essi di giugner procacaciano, o almeno dove più la loro salvezza veggiono indirizzare. Bisogna parimente in minore spazio raccogliere il sentimento di ciaccuna parte ouest vuole esser puro, o fare in questo modo benche le parole sono a le quanto dure. DINARDO. Chino di Tacco piglia l'abbate di Clugni a medicalo del male di stomaco, poi il lascia l'abbate ritorna, in corte di Roma, o il ricomcilia con Bonifacio Papa, o fallofriere dell'ospedale. ARTE. E nel uerso ancora esser dee la predetta norma osseruata. DINARDO. Pace non trovo, e non ho da far guerra, e temo, espero, e ardo, e for’un ghiaccio. Il che non quiene in questa altra parte. DINARDO. Voi, ch'ascoltate in rime sparse il suono, perciò che IL SENSO E TROPPO RITARDATO o con lunghssime parti rattenuto. Ha si dunque della purità quello che bisogna d'intorno alla sentenza, all’artificio, alle parole, alla figura, alla composizione, e alle parti di esa. Resta che si tratti del numero, e del finimento, cioè della chiusa, o del termine della sentenza, o delle parti sue. Dico adunque che nello andare, ego nello spazio di questa forma non si dee essere ne veloce ne tardo ma temperato e ne i riposi, ne i movimenti, perche il numero nasce dalla composizione, co dal fine, però sapendo quale esser dee la composizione delle parole quale il fine tutto quello che sotto di queste parti contiene darà ad intender quello che si è detto, perche quanto si ricerca alla composizione si é dichiarito resta che si dica del finimento.ogni sentenza, ogni giro può finire, ò in alcuna parola tronca, o in parola piena, sieno queste parole, ò di II, ò di III, ò di piu silabe, o ancora di una. La parola piena, e compiuta ò e sdrucciolosa,  e volubile, o salda, o ferma, o perche non solo Ridce considerar l'estrema parola di tutta la chiusa, ma anco la vicina, o prossima, però partitamente si dice di ciascun finimento al luogo suo. Come adunque voglia la purità terminare le chiuse sue, assai chiaro ofer dee. prciò cheassimigliandosi elle al dire cotidiano, fuggirà il fine della parola tronca, come e quelle anda, corfuftarà, o C. perche le medesime dee nella disposizione fuggire, come ramarico, o render florido. Ed a contenterà di quel fine, che per lo più la natura a volgari dimostra, ma io non voglio, che con tanta religione si finisca in parole piene, & perfetete, fuggendo le tronche, o le fdrucciolose, che alcuna volta non si metta sie ne altrimenti al suo parlare, perche quello che si dice, si dice per la magegior parte dei finimenti, e delle chiuse della purità. Da questi adunque o dalla disposizione risorge quella MISURA – moderato --, che noi NUMERO addimandiamo. Essendo adunque la chiusa simile alla disposizione, la disposizione non isforzevole, ma temperata e naturale, seguita che il numero dell'uno, o, dell'altro figliuolo e, a quelle somigliante. Ben'è vero, che la forza di ciascuna maniera e riposta piu tosto nelle altre parti che nel numero, eccetto che nella bellezza, douc l'ornamento e il numero grandemente scerca, as molto piùè ne i versi, nella poesia che altrove, o questo dico, acciò che fu non metta piu studio dove non bsſogna riportandoti a gl’orecchi, il giudicio delle quali da essa natura é ſommamente aiutato. Ecco adunque, è Dinardo, quanto giova la mondezza, o purità del dire alla chiarezza. Ma perche questa semplice forma non può da se sola si chiaramente parlare che non visi a qualche impedimento, però bisogna ouunque le sia di aiuato mestieri, con l’eleganza aiutarla come con maniera che più un modo che un'altr piu questo ordine che quello secondo il bisogno adoprando elegge et fo uegna alla semplice purità del dire, il qual'aiuto è più presto nell'artificio che nelle sentenze riposto. Però che ella si sforza far ogni sentenza chiara e aperta, non che le pure già dichiarite di sopra. Parliamo aduneque dell’eleganza,o prima dello artificio, colquale ella lcuar suole ogni sentenza nella mente riposta. ARTE. L’eleganza e maniera che porta chiarezza à tutte le maniere della orazione, o però non tanto alla purità, douc ella manca soccorre, quanto à ciascaduna forma opra intelligenza, o facilità, da queſto nasce, che l’eleganza dalla purità del dire in alcuna cosa é differente. Perciò che la purità da se stessa è chiara, o aperta, ma l’eleganza nella grandezza, e magnificenza del dire e come un sole che ogni oscurità che per quella potesse venire, leua, o disgombra, o però in ogni sentenza ella può molto, si con l'artificio suo, si con COLORE, le figure. L'artificio adunque di les vare ogni sentenza dall’intelletto, acciò che ella sia intesa, cogni avvertimento innanzi fatto di quello che ft ha da ragionare o conversare. DINARDO. Canto com’io vssi in libertade Mentre amor nel mio albergo a sdegno s'ha poi seguirò si come à luim'in crebbe rroppo altamente: ARTE. Il simigliante R fa nella prosa. DINARDO. Mi piace à condiscendere a consigli d'uomini de' quai dicendo mi conuerrà far due cose molto a miei costumi contrarie, l'una sia al qua to me comendare, & l'altra il biasimare alquanto altrui, ma prioche dal ucro nė dall'una ne dall'altra non intendo partirmi il pur farò. ARTE. Vedi quanto gentilmente | sbriga l’intelletto dello ascoltare con tali avvertimenti. Appresso i quali assai bello artificio s'intende quela to, che per chiarezza di alcune cose altre ne narra senza le quali non si intende ageuolmente il restante. DINARDO. Ma per trattar del ben ch'io vi trovai, dico de l'altre cose ch'io vi ho scorte. ARTE. Se il poeta qui non dove dimostrare le pene de dannati e i tormenti di quegl che sono in disgrazia di Dio, non haurebbe potuto dare ad intendere facilmente il bene che ne riusci poi per hauer lo inferno cercato. Ecco qui dalla medesima necessità costretto quest'altro descrive la pestifera mortalità pervenuta nella egregia città di Firenze, avvertendo pri ma chi legge, in questo modo. DINARDO. Ma percioche quale e la cagione, perche le cose che appresso Rileggeranno, avenisseno, non si puo senza questa rammemorazione dimostrare quasi di necessità costretto a scriverla mi conduco. ARTE. Ecco qui ancora un'altra bella preparazione di cose, fatta per levare ogni impedimento, che puo offendere il rimanente. DINARDO. Ma io mi ti voglio un poco scusare che di que' tempi, che tu te n'andasti alcune volte ci volesti venire, e non potesti, alcune ci venisti, o non fosti cosi lietamente veduto, come sole vi e oltre a questo di ciòche io al termine promesso, non ti rendei gli tuoi danari, ARTE. In fine ogni precedente aviso, e ogni ordine di cose, e secondo, che este son fatte, narrandole, ė artificio scelto, e elegante, però tutte le proposizoni de' poeti sono elegantissime. DINARDO. Veramente quant’io del regno santo me la mia mente potei far tesoro e ora materia del mio canto, e canto di quel secondo regno que l'umano spirito si purga e di salir’al ciel diventa degno. ARTE. I simigliante modo è osseruato ne i principij di ogni nouella come da te stesso vedi. Suole ancora l’eleganza porre artificiosamente le opposizioni con le risposte partitamente. DINARDO. Saranno per aventura alcuni di voi che diranno ch'io habbia nello scriuere queste novelle troppo licenza usata. ARTE. Eccola dimanda seguita la soluzione. DINARDO. La qual cosa io niego, percioche ni una cosa e si disonesta che con oneste parole dicendola si disdica ad alcuno. ARTE. E cosi di paripasso alle obiettioni risponde benche altre fide te insieme posto habbia ogni accusa di se fatta, o poi s'habbia scusato, ma quel modo non ha dello elegante, come il predetto pose prima le opposizioni tutte insieme allora quando disse. DINARDO. Sono adunque, discrete donne, stati alcuni, che queste novelle leggendo hanno detto che voi mi piacete troppo e che onesta cosa non ė che io tanto diletto prenda di piacervi e di consolarvi. Et alcuni han dete to peggio, di coinmendarvi, come io so. Altri più maturamente mostrando di voler dire, hanno detto chenon stà bene l'andar'omai dietro queste cose, cice à ragionare o conversare  di donne, o à compiacer loro. E molti molto te neri della mia fama mostrandosi dicono ch'io farei più saviamente,à starmi con le muse in Parnaso che con queste ciance mescolarmi tra voi. E son di quegli ancora che più dispettosamente che sauiamente parlando, hanno detto, ch’io farei più discrettamente a pensare donde io puo haver del pane che dietro a queste frasche andarmi pascendo di vento. Et certi altri, in altra guisa essere state le cose da me raccontatevi, che come io le vi porgo s'ingegnano in detrimento della mia fatica di dimostrare. ARTE. In queſto luogo molte accuse contra dello autore si mettono. Prima che ad alcunaſi risponda, il che non è cosi elegante, come il primo artificio, ben che in tanta confusione egli studia di esser chiaro, cinteso, eso avisa qui sasse AVANTI L’ASCOLTANTE, come fa doue dice, roppo al quanto dalle predette opposizioni, perche non di subito risponde il che ancora é dall’eleganza lontano. DINARDO. Ma quanti ch'io vegna à far la risposta ad alcuno mi piace in favore di me raccontare non una nouella intera ma parte di una. ARTE E ne poeti ancora si osserva secondo che meglio lor ben viene di fare cosi fatti partimenti. DINARDO. Tu argomenti, se'lbuon voler dura, la violenza altrui, per qual cagione di meritar mi scema la misura. ARTE. Questa é una proposta alla quale secondo l'arte della eleganza ſ doueá prinia rispondere ma si è posta ancora la seconda, dove seguita. DINARDO. Ancor di dubitar ti dà cagione Parer tornarsi l'anima àle stesse secondo la sententia di PLATONE. ARTE. Ben che tu veda qui le proposte esser insieme collocate, non è perrò senza eleganza quella parte, per quello che segue. DINARDO. Queste son le question, che nel tuo velle Pontano egualemente, e però pria tratto quella che più badi selle. ART. In questo luogo non tanto l’eleganza dimostra l’artificio suo per lo avvertimento fatto di quello che si dee dire quanto per l’elezione di rispondere prima ad una domanda che ad un'altra. Evvi ancora un'altro artificio della sceltezza, il quale è quando si ripiglia quello che si è detto e si dimostra di che poi si bada dire, come in questi luoghi segnati. DINARDO. Ma hauere in ſino à qui detto della presente novella, voglio che mi basti ,o à coloro rivolgermi, a quali ho la nouella raccontata. Il qual luogo acciò che meglio quello che è detto, e quello che segue, come stesse vi mostro. ARTE Asai si è detto fin qui, con che arte l’eleganza leva dato per sostegno la grandezza o magnificenza del dire cosi nella grandezza è pericolo di uscire in forma che non habbis ornamento, proporzione, o però se le darà per misura, o bellezza sua una forma diligente, accurata, o ben composta, la quale in termini conuvenienti richiudendo l'ampiezza della orazione, o SANGUE  o COLORE amabile en grazioso le dona, onde il tutto misurato e temperato maravigliosamente si puo uedere.Questa forma nė sentenza, ne artificio separato dal l'altre forme ritiene, ma ogni sua forza nelle parole, nel sito di osse, ne i luo mi, o nelle altre parti e riposta. Se però dare non le vogliamo quelle sentenze che acuti sono, o di sottile intendimento.  Le parole adunque di questa forma sono le soaui, leggiadre, bricui, di facile intelligenza, ischiette, o con gran circospezione traportate. Perciò che le traslazioni – o META-FORE -- in questa forma esser deono rarssime, o le figure di questa misurata. O ben composta maniera e la repetizione. DINARDO. Per meſ ua nella città dolente, per me vi ua ne l'eterno dolore, Per me si ua tra la perduta gente. ARTE.  E molto bella eornata questa figura, os tanto più ha di ornde mento, quanto quello che si replica, augumenta, o cresce. Come qui. Amor, che à cor gentil ratto s'apprende, Preſe costui de la bella persona che mifu tolta, e'l modo ancor m'offende. Amor che a nullo amato amar perdona, Mi preſe del coſtui piacer si forte Che, come vedi ancor non m'abbandona. amor condusse noi ad una morte. ARTE. Se alla REPETIZIONE aggiugnerai l’INTERROGAZIONE, senza dubbio tu entrerai nella maniera forte ucemente. DINARDO. Qual'amore qual ricchezza qual parentado baurebbe le lagrime, o i K sospiri pospiri di Tito con tanta efficacia fatti à Gilppo nel cuor sentire che egli perciò la bella sposa, gentil e amata da lui haue fatta divenir di Tito,  se non costei? Quai mi nacce?  ARTE. Tu da te stesso poi quanto ornata sa ducemente questa parte considerando vedi tanto più se appreso le dette figure ancora vi porrai la conversione della quale di sopra s'è detto. Nė ti maravigliarefe( una me desima figura sia da altre figure ornata illustrata. Pero che la lingua di questiornamenti é capacssima. Lascia che à fuo modo altri ragioni, tu ne ſarai giudice, o la cosa istessa te lo dimostra. La conversione adunque è figura di queſta idea, a R suol fare quando in quella stessa parola pii membri ſ lasciano terminare. Bella è ancora la ritornata che si fa quando la parola che segue comincia da quella in che la precedente finisce. DINARDO. Di me medesmo meco mi vergogno. E qui, E consoauepasso a campi discesa, per l'ampia pianura super le rua giadoſe erbe in fine à tanto che, etc. ARTE. O vero in questo modo. Infiammò contra megli animi tutti, egli infiammati infiammar si AUGUSTO OTTAVIANO, che lieti onor tornaro in tristi lutti. ARTE. Et ancora il Bifquizzo come nell'uno poeta si dicra ch'io fui per ritornar più volte volto, Et l'altro. Il fiorir queste innanzi tempo tempio. Da poi la predetta vi sono anco altre ornatissime figure, come è il loro ascendimento alla tradottione o altre. Lo ascendimento si fa quando le parti che seguono cominciano dalle parole medesime nelle quali van terminando le parti precedenti, con questa conditione: che si mutino le cadenze di esse parole. Nel dir l'andar, ne l'andar lui più lento. ARTE. Overo in quest'altromodo. Lusca, io non posso credere che queste parole vengano dalla mia donna, e perciò guarda quello che tu di. Et se pure da lei venissono, non credo che con l'animo fermo dire le ti faccia. E se pure con l'animo le dicesse, il mio Rignore mi fa più onorecheio non merito: ARTE. La traduzione e ė figura che replicando la stessa parola, non foldemente DIMOSTRA L’INTENZIONE DI CHI PARLA ma mirabil'ornamento accresce ove ellasſtruoud Laurd che’l verde lauro e l'aureo crine. ARTE. Molto diligente as accurata figura e quella che si fa quando due più parti fra se congiuntesi sogliono proferire E utile consiglio potranno pigliare e conoscere quello che fa da fuggire o che sia similmente da seguitare.  ARTE. E qui, A cui grandi ey rade ,o à cui minute pelje. ARTE. Forza ė che onunque in una bella e adornata figura s'abbatta un bel giudizio, egli conosca es senta dentro di se alcuna dolcezza; com mese uno udirà in questo modo ragionare. Risposemi non huomo, huomo giàfui, E li parentimiei furon Lombardi, Mantovani per patri ambe dui, Nacqui sub Iulio ancor che fosse tardi, E vissi A ROMA sotto il buon AUGUSTO OTTAVIANO al tempo de gli dei falſie bugiardi poeta fui e CANTAI DI QUEL GIUSTO FIGLIUOL D’ANCHISE CHE VENNE DA TROIA poi che'l superbo Ilion e combusto. ARTE. Non sentirai tu per questa disgiunzione, per la quale ogni parte sotto il suo verbo è rinchiusa, una diligenza gentile del poeta: si come là, do we dice, Io son Beatrice, che ti faccio andare, vegno dal loco, oue tornar disso, amor mi molle, che mi fa parlare. E molto più se nella prosa detto ritrovasi a que' tempi che i nostri maggiori haueano l'occhio al governo di questa REPUBBLICA, eta riconosciuta la virtù de'buoni, davansi compensi dei danni ricevuti per la patria, chi robava il publico, era castigato; fiori ua dia na giouentù dedita alla mercantia, oucro alle lettere, lasciasasi il facer dos: tio, la militia da' nostri questa, per che i cittadini non pigliaſſero l'arme contra se stossi, quello, accio che fussero più finceri i parenti a far giudicio delle cose importanti. ARTE. Vedi, che narrando partitamente, o senza congiugnimeneto alcuno, il parlareè spedito, la figura ornata, o dilettevole sopramo do il suono di essa oratione. Al cui ornamento il traportar delle parti di ossa giova mirabilmente, come quando si dice, Al costei foco, alcolei grido. K 2 Giouin Giouinetto poss'io nel costui regno. Et qui. Vſate le colei bellezze. In questo caso nonf dee di tanto levar dall'ordine loro le parole, che la sentenza oscura deventi, come disse, che i belli, onde mi struggo, occhi mico la, di che è qual piena quella canzone. Verdi panni, sanguigni, oscuri, operſ. Bello al quanto è quel transportamento che dice. Or non odio per lei, per me pieta de cerco che quel non vo, questo non posso. Concedes però a’ poeti maggior licenza per rispetto della necessità del verso nel quale ancora più ampio luogo fanno gl’ornamenti che nella prosa pure non è che del bello non habbiano assai QUELLA FIGURA CHE PER LA NEGAZIONE AFFERMA,come s'egli si dicesse, io nol niego cioè io il confesso. E quella, non è alcuno,che nol creda, cioè ogn’uno il crede. Poi non taca que, cioè parlò, e disse. Suole ancora chi scriue a maggior bellezza circoscrivendo le cose con più parole quello che conuna può esprimere come qui, Era giàl'hora, che volge il deſio, a’ naviganti, e intenerisce il core, Il di, che han detto à i dolci amici,A Dio, ARTE. E cosi A chiama il sole Pianeta, che distingué l'hore, e dicest. LA PRUDENZA DI MARIO, LA SAPIENZA DI CATONE, IN LUOGO DI DIRE MARIO PRUDENTE O CATONE SAGGIO. E é appresso bella figura la innovazione i come qui, Parte preſ in battaglia, e parte ucciſt. Et quia Taciti ſolie senza compagnia, N'andavan l'un dinanzi e l'altro dopo. ARTE. Ecco come la bellezza ogni forma abbelifce, ne per tanto avenga che ella molte figure, molti lumi dimostre di quelle solament est contenuta, ma studiosa del diletto sforza di ragionare o conversare variamente. Là onde per fuggir la fatietà con mirabile artificio è usata di variare l’orazione. E questo suol fare primieramente doppo molte voci di piene sonore lettere ponendo ne alcune di basse U rimesse. Da poi fuggendo la continuata giaciatura de gl’accenti sopra una medesima sillaba, ora nelle ultime, ora in quet le che uanno innanzi adesse gli sopramette, o di più in mezo delle lunghe le corte parole fra mettendo grazia e adornamento le giunge. Bella cosa ė si come tra cittadini vedere gli stranieri, cosi tra le nostre parole alcuna adirai che alicna fa, o mescolare le isquisite con alcuna dette popolari, le BMOWE huone con le usate, finalmente la elezione in questa parte può asai, la quale ritrovandosi in saldo w ſottil giudicio, dimostra in un'essere tutto quello che col consiglio di molti eletto a ricolto esser potrebbe però non degna le vili sſcaccia le brutte, fugge l’aspre, abbraccia l’eleganti SCEGLIE LE SIGNIFICANTI o con copia maravigliosa varia la disposizione, i të pi, il NUMERO e i finimenti; nė di pari lunghezza formerà le  parti del parlare, nė ripiglierà una stessa figura, un tempo medesimo, un modo amile, una persona pari, ma quasi un'adorno pratola orazione di molta varietà formando, diletto, o gioia, recherà sempre mai. Leggi prima qui, come il Poeta i medesimi nomi non ridice in uno stesso luogo. Io credo che ci credette, ch'io credessi, che tante voci usisse da quei bronchi, da genti che per noi si nascondesse, però disse il maeſtro se tu tronchi cualche frafchetta d'una deste piante, penster c'hai ffaran tutti monchi. Allor porfi la mano un poco duante, E colfi un ramufcel da un gran pruno, E'l tronco fuo gridò perche miſchiante. Da che fatto fupoi diſanguebruno, Rincominciò à gridar, per che mi ſterpiš Non hai tu spirto di pietade alcuno? Huomini fummo, oorfemfatti sterpi, ben doverebbe la tua man più pia, seſtate fossim'anime di serpi? Comed'un sstizzo uerde, che arfo Ria, Dal'un de lati che da l'altro geme, Bi cigola per vento che va via. Cosi di quella scheggia usciua insteme, parole,e SANGUE, ond'io lasciai la cima cadere, e dette come l'huom che teme. ARTE Tu puoi uedere in quanti modi il Poeta ha voluto variar le parole con quanta felicità egli lo habbia ottenuto. Il che in molti luoghi può in e lo vedere.si come là, dove parlando del lago gelato, lo chiama ora ghiaccio, era vetro, ora gelozora grosso, o duro vello, ora ghiaccio, ora geld ti guazzi, ora eterno uzzo,ora gelata, ora cristallo orafaſcia gelata, ora fredda crostázora lagrime inuetriate, e simili altre parole usa variando il poema. Il simigliante hanno fatto, fono perfare tutti gli scrittori di non D B 1 L me. Leggerai mirabili essempi della varietà in tanti principij di giornar Odi novelle che sono in quell'autore, o leggerai anco l'ultima parte del secondo libro di quest'altro che comincia. Che andiamo noi pure tutta via di molti amanti et diletti ragionando e conversando. Ma ė tempo di ritornar’omai all’altre parti della forma predetta, o peró d'intorno alle membra dei sapere che la lunghezza di esse in questa forma è piu desiderata chela brevità o cortezza, non però voglio che si lo stremo ti fermi, ma con più distese parti che nell’eleganza vorrei che le sue sentenze li portassero che le parole di esse in tal guisa si collocassero, e si terminasse queüa orazione che variate alſo pradetto modo il fastidio o la satietà si fuggisse, o in grado ogni sprezzata cosa ci uenisse. Il numero al uerso vicino in questa forma ci vuole, il qual numero prima e di quella maniera che di sopra ti ho detto, cioè riposo o mouimento, ovvero tempo di proferire, ò da poi di un'altra che ora io ti dimostrerò. Perciò che molto bene all'orazione può dar forma numerosa e bella, la quale sia nata da ue na certa necessità delle cose ben composte, o considerate, come il contraporre i contrarij o le cose discordi l'una all'altra con misura corrisponedenti, ritrovare i similiipari, o altre cose somiglianti à queste, delle quali partitamente e con essempio ne dirò, Sono alcune membra o nodi della orazione, i quali hanno le lor sentenze opposte ma con una corrispondenza tra loro mirabile temperate. Il primo essempio e di quello che si chiama pare, il quale si fa quando le parti che Äihanno à corrispondere sono quasi di pare numero di silabe o di tempi quasi dico però che questa parità di sillabe, o di tempi con saldo intendimento o giudizio deve essere stimata, e nõ del tutto pari.L'essempio di que ſta forma e questo. Dou’ella disonestamente amica ti fu ch'ella onestamente tua moglie divenga. ARTE Nel predetto essempio in due modi si vede esser fatta numero, ſa la orazione prima per la parità delle sillabe la quale nelle parti si vede poi per la contrarietà corrispondente perche “amica” o “moglie” sono contrarij, onestamente o disonestamente sono contrarij, opposti, solo di pari ud questo.Qui vi à niunoſi cerca inganno, a niunoſifa ingiuria. ARTE. I contrarij adunque fanno la orazione osser numerosa, come ancora. Et di gran lunga é da eleggerpiù tosto il poco osaporito, che il molato o insipido. ART. tornare. 2 ! TAR. Ne i simili ancora cade il numeroso concento in modo che quando in simil suono la chiusa finisce, ne rinsulta il numero. Quel rossore, che in altri ha creduto gittare, sopra di se l'ha sentito ARTE. Spesso auiene che per fuggire il sospetto di cotesto artificio, la simiglianza dei finimenti delle parole in mezo delle parti si ponga, com me qui, Poi veggendo che questo suo consumamento, più tosto che emendamento della cattività del marito potrebbe essere. Che più dispettosamente che sauiamente parlando. Molti esempi ritrouerai da te stesso di queste numerose maniere, nate dalla corrispondenza delle parti. Ora vorrei, che bene aucrtssi di non replicare più volte cotesti adornamenti, di non affettar tanto la consonana delle parti, CHE CADESI IN FASTIDIO OVVERO IN SOSPETTO DELL’ASCOLANTE. E per questa reggerai medesimamente il verfo nel quale caduto in più luoghi Ruede l'autore delle nouelle, il quale à me pare che di ciò molto curato non habbia. Bene uero che con mirabile perfettione riempie le parti e le membra della sua favella quando divide i nodi de’ suoi giri in III parti, come qui Percioche niun'altro diletto, niun'altro diporto, niun'altra consolatione lasciata ti ha la tua eſtrema fortuna. E qui, Et se qualunque di quelle fuſſe in Salomone, ò in Aristotile, ò in Seneca,'haurebbe forzadi guastar ogni lorſenno, ogni lor uirtů, ogni lor santità. Et qui. Ma quanto sensante, quanto poderose, di quanto ben cagion le forze d'amore, etc.. Considera la distintione de’ membri in quella novella,  dove introduce to scolare, la vedova, perche cosi richiedeua la dotta persona dello scolare. ARTE. E degno di consideratione il numero delle sillabe che nelle parti, che hanno a rispondere l'una all'altra, si mette. Perciò che quando una pare te di troppo l'altra avanzasse, non ne seguiterebbe alcuna numerosa compo Rtione, però buone o numerose appaiono esser queste. Accioche come per nobiltà d'animo dall'altre diuise siete, cosi ancora per eccelentia di costumi spartite dall'altre vi dimostriate. ART. Ma qui appare al quanto lunghetta la rispondenza, e la die fagguaglianza de membri. Quanto più si parla de' fatti della fortuna tanto più à chi vuole le eue cose ben riguardare, ne resta da poter dire, ARTE. Può esser ancora che non si gusti il numero per la lunghezza delle sue parti, benche sieno quasi pari come qui, Egli auiene spesso, che sicome la fortuna sotto vili art ialcuna volta grandi tsſori di virtù nasconde, cosi ancora sotto turpissime forme d'huo. Ministruo wa marauiglioſ ingegni dalla natura essere stati riposti. AR. S'io ti uolessi ogni cosa mostrare d'intorno alla bellezza del dire, troppo ritarderei gli ſtudij che hai afare, o pocoti laſcerei da eſercia tarti d'intorno all’eloquenza umana. Però p trapassare alle altre forme, parlo della veloce e pronta maniera dell’orazione; la forza della quale è nello artificio, più tosto, o nelle seguenti parti che nelle sentenze riposta. L'artificio adunque della prestezza e a brievi dimande brievemente rispondere. S'amor non èche è dunque quel ch'ioſento? Ma s'egliè amor, per Dio che cosa è quale? Se buona, ond'ċ l'effetto aspro e mortale? Se ria, ondési dolce ogni tormento? ART. Overo il fare molte dimande, con forze di spirito obrer uits: Non era egli nobile giouane? Non era egli tra gli altri ſuoi cittadini bello? Non era egli valoroso in quelle cose che d' giouani s'appartengono? Non amato? Non bauuto caro? Non uolentieri veduto da ogni huomo? AR. Le membra, quaſ parole eſſer deono bricui uolubili, oche pa ia che in eſſe fa il monimento del parlar noſtro, OLTRE ALLA SIGNIFICAZIONE DELLE PAROLE nelle quali ė ripoſta la forza dela espressione di ogni forma. Soli bastano, accompagnati creſcono, und mille nefå, o delle mille in brieve tempo mille ne naſcono, per ciaſcuna sono aspettate giocondissime, no aspettate venturose, sono cari ageuoli, ma diſageuolivia più care inquanto le uittorie acquiſtate con alcuna fatica fanno il trionfo maggiore, donare, rubbare, guadagnare, guiderdonare, ragionare, ſoſpirare, lagrimare, rotte, reintegrate, prime ſeconde, falje,o uere, lunghe bricui, tutte fono diletteuoli tutte ſono gratiofe. AR. Vedi che mouimento apporti ſeco questo parlamento, il quale quando l'huomo è riſcaldato s'aſcolta con marauiglia delle genti. Confia Ate anco nella forza delle parole, o nelſuono, onella compoſitione come qui. E già uenia sì per le torbid onde, Vn fracaſſo d'un ſuon pien difpauento, Per cui tremauan' amendue le sponde, Non altramente fatti,che d'un uento: Impetuofo per gli auuerſardori, Chefier la ſeluaſenza alcun rattento Gli ramiſchianta, abbatte, e porta i fiori Dinanzi polucroſo ua superbo e fa fuggir lefiere e gli pastori. ART. Tanto voglio che tu sappia della prsſtezza del dire. Perciò che date medesimo puoi comprendere quanto ilconcorso delle cocali, ore forezza delle aillabe pa lontana da questa forma, esfapere che ogni ina dugio di proferire, ogni raccoglimento, ogni giro, impediſce il mouimento fuo. Resta adunque a dire della forma accostumata, o delle fue parti, la. quale e, che ſi conuiene alle cocoalle persone in tal modo che QUELLO CHE SI CHIAMA DECORO, molJa chiaramente si ueda Et però la detta forma ſota to di ſe IV maniere principali si uede contenere. La I ė la unilta u baſſezza. L'altra II é la piaceuolezza o il diletto. La III e l'acutezza Uprontezza. Et l'ultima IV la moderatezza della oration. Delle quai fore menecessariamente in questa forma si ragiona o convresa, perche cosi porta la natua rade gli huomini,i quali sono ó vili, o riputati, è piaceuoli, o moderati. La bajezze dangue e forma infima, e dimessa del dire, alle roze, o idiote persone convenicnte, à femine, fanciulli non diſdiceuole: da Comici, rie chieſta ouſata pia toſto che da Oratori, o eloquenti buomini,o piu tom Ho nelle cause de priuati, che ne i communiconſigli ricercata, quando uor rai attribuire il parlar a quella persona, cui non sidifdice la baffizza. Cá dono in queſta simplicita di dire i pastori, a quelli che le coſe boſcarecce Man deſcriuendo,o però le sentenze di queſta forma ſono piu baſſe Qumi li, opiùfacili che quelle della purità oſcioltezza del dire. Là onde ala cuni giuramenti ſciocchi à qneſtamaniera ſi confanno. O Calandrino mio dolce, culor del corpo mio, quanto tempo t'ho defide Tatob’dauerti edi poterti tenere a mio fenno.Tu m'hai con le piaccuoa lezza tuațratto il filo delacamicia, tu m'hai aggrattigliato il cuore con la tua ribecca. Può egli eſſer che io titenga? Leggeraila tutta, otutto che in questa formauiſa baſſezza, non è però ela ſenza artificio, percioche per dimoſlrarla pulefe,fi fuole alcuna fista minutamente ogni coſa deſcriuere,u ogni particolarità chia rire, introdurre alcune ſcioccheriſpoſte, ò ſemplici contentioni di coſe, che non rileuano con detti, le ſentenze de quali ſono grandi, ma le parole ſciocche, at rozze. L Cominciò à dire ch'egli era gentilhuomo per procuratore, roy. Begli bauea diſcudi più di milantanouefenza quellich'egli hauea àdarealtri che erano anzi piùche meno e che egliſapeus tale coſe fare; ct dire che domine pure unquanche. ART.. A tuo agio nie leggerai ilrestante,mauedi la contentione: Guatatala un poco in cagneſco per amoreuolezza la riniorchiaua '; ege ella cotale ſaluatichetta, facédo uiſtadi non auederſene andaua pure oltra in contengo. Seguita che tutta ëbaſſa per li giuramenti, per le beffe, con per alcuni rabbuffi, come qui. Vedi bestial buomo che ardiſce, là doue io Pid, parlar prima di me, laſcia dir à me, Et alla reina riuolta diſſe, Madonna, costui mi uuol far. conoſcer la moglie di Sicofanta, ne più ne meno come scio con lei ufata nor, fußi, che mi uuol dar' à uedere chela notte prima che Sicofanta giacque con lei meſſer Mazza entraffe in monte nero per forza,e con ſpargie mento di fangue oio vi dicoche non é ucro,anzi u’entró pacificamente: La deſcrittione del fante di fracipolld;& della fante,ėbaſſa,er propria di queſta formaa alcuni lameti cô parole ufitate & popolari. Dime,oimė Giãnel mio io fon morta,ecco ilmarito mio,chetri fto il faccia Dio,che ſi tornò, « non ſo che queſto ſi uoglia dire. ART. Et alcuni prouerbiemodiſono dimeßi. Et cosi al mododeluillan matto doppo il danno fece il patto, muoia. foldo, oniua amore, e tutta la brigata. ARTE. Dalle fentenze di queſta forma ſipuò far congettura quai parole, ochenumero, oquaichiuſe ad effali conuengonc, Però cheari tificioſamente da ogni artificio lontana offer deue ogni ſua parte, & imie tare la ſemplicità, ogroſſezza delle perſone. Io non uorrci queſtaforma in unpocma grande, o genoroſo; o dubito che per questa ragione da ale cuni ripreſo noſia uno de i piùcarifigliuoli ch'io habbia,ilqualefpeſo per dire ognicoſaminutamente cade in parole baßißime,come quando dife. Vn’amme non faria potuto dirſt, Quero. Etmentre che la giù con l'occhio cerco, o quello che ſegue Trale gambe pendeuan le minuggia La corata parea, e il tristo ſacco. Et il reſto. E non uidi già mai menare ſtregghia A ragazzo aſpettato daſignorfo, Et la doue diſſe che Tencuan bor done alle ſue rime. Md ora al diletto paſſando, dirò, che per diletto de gli aſcoltanti ale cuna uolta l'oratione ad una forma s'inchina la quale tutta e riposta nellä, bautentione delpoeta,però gioconda diletteuole maniera s'addimanda ĝrellache la ſemplice edimeſſa alquanto più rileua ealla fauola, ó fala uoloſa narratione ſi uolge. Là onde leſentenze di questa formafaranno contrarie alla forma della dignità del dire; &però diletteuoli o gior conde ſono quelle, doue ragionano inſieme la Diſcordia, o Gioue, o in quel dialogo d'Amore, oue R dimostra in che guiſa difcendeſſe fra more tali Amore.Sonoanco grate,ga dolci quelle ſentenze chehanno quelle coſe ntinutamente deſcritte, lequali per natura loro hanno onde piacere difense timenti umani, es però la deſcrittione dell'amenißima valle delle Donne a molto grata ad udire. Conſidererai di quanta dolcezzaſia ſtato amaeſtro Simone il ragionaméto di Bruno, quando egli deſcriſſe la brigata, che giudi in corſo,og de i loro follazzi, opiaceri,e delle altre coſe diletteuoli che egli uedeus in udiua. Ma è bene che tu ſappia, come di quelle coſe, che a ſenſi ſono ſottoposte, alcune fono oneste, alcune diſoneste. Le diſor Heiste ſe paleſamentesi ſcuoprono co iloroproprij uocaboli, offender for gliono le caſte orecchie;benche non offendano quelliche nė di dirle, ne di farle R logliono tergognare,maſe con diſcretomodoleggiadramente cura prono la bruttezza loro,non pure non perdono il diletto quando ſono inteſe, ma molto più di ſoauird ſeco recano à gli aſcoltanti: Narra lo amore di due cognatiil poeta ALIGHIERI, o uolendo il finedieſſo quantopiù poteua onestan mente ſcoprir diffe. Quel giorno pia non ui legemmo auante, cioé attena demmo ad altro che à legger quello, che fu cagione del nostro amore, o cosi quá lo l'altro poeta diſſe, Con lei fuß'io da cheparte il ſole. E non ci Medeß'altri che le ſtelle.Ocosi in mille modi ó per le coſe antecedenti, per quelle cheſeguono, eſſendo meno diſoneste,le difoneſtißimèappalefar ft poſſono ne è pocalode dichi ſcriuezin tale occaſione abbattědofi,ſenza offen fione anzi con diletto delle oneſte perſone deſcriuer le coſe meno che oneſte. Intělaſi adunque la coſa, ofuggaſi la bruttezza delle parole,o in queſto modo ſarà foaue, & diletteuole il parlar uoſtro. Alquale gli amori, le bele lezze de i luoghi,igiardinizi prati,i fiori le fontane, la prima uera, le pite ture, o altre coſe piaceuoli aggiungendoſi, ſenzadubbio ſi dimoſtrerà la predetta forma,della quale anco di ſopras é detto aſſai, quando del diletto, della gioia tiragionxi, che naturalinēte inuouc ogni coſa creata. Et cosi ſecondo l'affettione di ciaſcuno ſi porge ſolazzo opiacere col ragionare. L'artificio,et le parole della giocõdità tolteſono dalla primaformadel dire chiamata purità, onettezza. Voglio bene in queſto paſſo,che co più licen zoufigli aggiunti, ſegno e che i pocti loſtudio de' quali è proprio il dilet? tare, allora più dilettano quando più belli; e acconiodatiaggiunti- fono? wfati di porre ne' verſi loro, ecco Leggi. L & Giace nella fommità di Partenio, non'umile monte della pastorale Arct. dia,un diletteuolepiano di ampiezza non molto patioſo,peròche'l ſito del luogo nol conſente ma,di minuta, o uerdisſima, crbetta si ripieno, cbe fe: le lafciue pecorelle congli auidi morſi non uipa fceffero,ui ſi potrebbe dom gni tempo ritrouar merdura. ART. Tutti i principii delle giornateſono à proua fatti per dileta tarc, eperò inshi 13 ziunti uiſono meſcolati come tu potrai uedere. Egli lliſuole anchora interporre de i ucrſi per. dilettare, ma con destro modo, Perciò che non mipareche bence ſtia, che la compoſitionc babbia del uer fo come qui. Cofi detto, et riſposto,e contentato, doppo, un brieue.filentio di ciaſcuno. ART. Ecco che nella proſa ui è il uerlo, ſenza quel propoſito che: io ti diceua, però, biſogna rompere i ucrſi con alcuna parola,eccoti uer: foc, Postbaueafine alſuo ragionamento, madicendo. Pofthauca fine Lau, retta.al ſuo.ragionamento non è più verſo, benche queſto.autore altrowe: non foſſeſchifato dal uerfo, come quando diſſe. Poſcia che molto commendata l'hebbe, Disleale, o spregiuro, e traditore, Etpoi con un ſospir aſſai penſoſo, Luogo moltoſolingo, ofuor. dimano.. Et questi uerſi quanto ſono migliori,tanto più ſono da.cſfer fuggiti nel fic lo della oratione, fenon quando,o per eſſempio, o per autoritade, o per di: letto ſono tolti da poeti. Ora delle figure di questa faperai, che alla gioconda forma, oltra le fi gure che alla purità, Q umiltà. conuengono quelle ancora non disd.cono, che alla bellezza ſi danno, o però le membra pari di ſimili cadimenti le rime, i biſguizzi, itramutamenti; i circoli, le uoci.ſimiglianti, il fingeri: de i nomi ſonofigure di questaforma. Leggi i ſimili cadimenti. Tranquilla lite de'giudicanti ristora.le fettche gucrreggianti, in quel le con le ſeuereleggi de gli huomini, la pisceuolezza della natura,meſcoa. lando a queſti nel mezo de gli nocentisſimi guerreggiantipure, ø inno.. centisfime paci recando. Nellefſempio letto ui troucrai anco la bellezza di contrari, la parità de'membri, perche niente ci uicta,che una ſtela figura da molti lumi ancora illuminata, fi poffa fare illuſtre e luminoſa. Laura, che il ucrde lauro,c l'aurco crine.. Eſcherzo di upci ſimiglianti. Il mormorar dett'onde, bisbiglio, ſpruzza.. reribombo,gracidare, fonoparolefinte,cha con diletto cfprimeno il fatto,  ecco quando colui diffe,Filli, Filli,fonando tutti i calami, parue ueram mente che i calami fuſſono tocchi col fiato di dettopaftore, o quello ſem zafar motto alcuno. Rimafu quella di coſtui che diſſe. Tanto d'intorno à quel più bello, quanto pià de Thumido fenting di quello, Et perpiù adornamento et diletto, diſſe anco. L'acqua laquale alla ſua capacità ſoprabondaua. Et comei falli meritano punitione, Cosi i beneficii meritano guidero: done. Nella rima è pofta. la dolcezza de' Poeti di questa lingua, dallaqual.rima chi ardiſſe ò tentaſje per alcun mododidipartirf, toſto ſi pentirebbe. Le rime più vicine sono più dolci. Qucta licenza del rimare moderatamente Bplglia de prosatori, purche di affettata dilettatione: disoneſto SEGNO non porga. Voglio bene la compositione di questa forma, numerosa e più al verso vicina che l'altre, ma il verso per ogni modo le tolgo. Guarda con che facilità si puo coteſta prosa alla dolcezza del verso ridurre. Leg. Vna fede medeſimatraloro per le menti una fermezza, uno amore in agni faſo, in: ogni tronco, in ogni rina, uede L’AMANTE la faccia dolce delld. Fua belladonna, o ella quella del ſuo ſignore. Ma ora non: voglio che tanto ti piaccia la forma predetta che TRALASCIANDO la dignità, o grandezza del dire, procuri con ogni studio il diletto piacere cheda quella sola procede, Perciò che io non uorrei che alcuna. parte del tuo ragionamento ſenza piacer s’udisse, di che l'ascolta, il qual piacere nasce ancora dalla idea dell'altre forme, o dalle orecchie allo animo, trapassando ogni parte di esso sparge di diletto maraiglioso, perche movendo diletta, o dilettando li movc, INSEGNANDO similmente si moue, o diletta in quanto che lo INSEGNARE il moere, o il dilettare, sono operationi non distinte l'una dall'altra. Mi laſciamo questa quistione ad altro, tempo, o ancora non stiamo troppo in questa forma tutta di altra confladeratione, come quella cbe al Posta grandemente conuenga, al quale pocta. i giuochi, po le cose ridicole ſi confanno, operò di. cße ora non te ne dia 60, e tanto piu adietro di buon cuore ti lascerà questa matcria, quanto di: ſacopioſamente da molti ne è stato scritto, et ragionato. La rifponfione: ad ogni parte è anco figura di diletto. Leggi. La quale ciiba fattinc i corpi delicate, o morbide, negl’animi timide o paurofe, ne le menti benignc, o pietoſe, obacci dute le corporalifora ze leggieri, le uoci piacsuoli, o i mouimenti dei membrifoaui.. Ms or a passiamo all'acutezza del dire, forma inucro egregia e piùalto pensamento che altra meriteuple. Peroche ella contiene le SENTENZA fic, del tuttocontrarioalla umiltà, baffezza dell’ORAZIONE, ej in uero altro dicendo, altro intende. Percioche è dicoſeche hanno in ſeforza,et uds Forela onde lo artificiaė proferire le alte o difficili intentioni pianaměte, o con facilità, e le umili &abictte che paianoalte, o degne: onde i primo modo é, quando fi piglia una parola IN ALTRA SIGNIFICAZIONE CHE NELLA USATA CONSUETA MANIERA ne pcro e meno conuencuole et propriafe gli wiguarda alla forza della voce, che la uſala, conſucta, come qui. Non creda donna Berta oſer Martino Prueden un furar altro offerine. 9. Wedergli dentro al conſiglio diuino. Che quel puo furger,oquel può cadere. C: il  secondo modo e quello cheſi fa non mettendo la parola, douee la berie Starebbe, ilche abufione s'addimanda; come ė à dire allegrezza inſanabile, in luogo di dire allegrezza grandißima. Seguita il terzo modo di porre. una þarola pia uolte'., ma che ſempre ſia ad un modo istefjo pigliata, come dicendo, ſecglimuore, morirà tutto, perche uiuendo non uiue. Vſaſi ancora biquestaforma un altro artificio aljai degno di conſideratione il quale ft fa quando il parlare ſi fa pieno ditraslationi, o per la moltitudine di quelle lifa ogn'horpiùmanifesto. Ee leggi fon, ma chiponmanoad eſſe Nullo, percheil paſtor, che precede i Ruminar può,manon ha l'ugne. foffe, Perche la gente che ſua guida uede Pur à quel bel ferir on fella é ghiotta Di quelfi paſce, opiù oltre non chiede. ART. Et in queſto altro loco ancora Nel mezo del camin di noſtra uita Mi ritrouai in unaſelua oſcura Che la diritta uia craſinarita. ART. Acuti ſono ancora quei rimedij, che uanno quafi medicando le dile rezte delle Tralationi con alcune altre piu chiare, ecco dire il fiato della morte é duratralatione. Ma dire della morte, e ſpigne col ſuo fiato il noe ſtro lume, e acutamente raddolcita la aſprezza fua. O qui.Con altezza di: animo propoſe di calcar la miſeria della fori una.Voglio ancora,che acuto fa ilporre inanzi yliocchi le coſe con bella colligatione di SIGNIFICANTI ßia me parole, Vuoi tu ucdere la celerità del tempo. a Delaurco albergo con l'aurora istanzi E to 1vs K $ siratto ufciua it ſol cinto di raggi, Che detto baureſt',.Apur corcò dianzi. Jo uidi il ghiaccio, e li preſſo la rofa, Quaſi in un tempo il granfreddo, e ilgran caldo. Che pure udendo par mirabil cofa Veggo la fuga del miouiuerpresta. Anzi di tutti, et nel fuggir delſole, La ruina del mondo manifesta Voi tu uedere dipinta la oſcurità. Buio d'inferno, o di notte priuata D'ogni pianeta ſotto pouer ciclo Quant'eſſer puo di nuuol tenebrata: ART. No ſolaměte leparolefanno l'effetto,ma te fllabe, et le lettere steffe Vedi quáte fiate uie replicata la quinta lettera come lēte baſſa,co oſcura. Sotto queſtaforma i beidetti ſi coprendono, et quei mottiurbani, che co dimeſe parole dicono altißime coſe. Là onde alcune ſentēze, la ragione delle quali in effe ſi conticnejacute ſono, o di ſuegliato ingegno ſegnimanifesti. come à dire, le minacce fon arme del minacciato. sēdotu huomo penſa alle coſe humane o offendo mortale nõ hauerl'odio immortale, o quello. Rade volte è ſenza effetto quello che uuole ciaſcuna delle parti. Queſte ſono le parti principali dellaforma ſublime; & acuta,nellealtre haida ſeguitare la purità o eleganza del dire. Ma della Modestia, o Circonfpettione del parlare nel quale conſiſte quanta gratia tuti puoi con gli aſcoltanti acqui Atare,dirò,pregandoti caraméte,che tu uoglia questa ſopra tutte l'altre ele gere, abbracciare,et fauorire in ogni tuo ragionamēto. Modesta è adunque quella forma del dire che le proprie coſe abbaſſando innalza le altrui, o quaſi cede e toglierſi laſcia del ſuo, il che opinione acquista di grābone tade appreſſo chi ode.Le ſentezedi quellafono quelle che dimostrano l'ani mo di chi parla alieno dalle contētioni, il deſiderio di fuggire, o terminar le coteſe, il diſpiacere d'accufar altrui, il poter dimoſtrar maggior peccati dell'auuerfario, nõfarlo,et quello che ſi fafarlo sforzatamēté, ė astretto dalla uerità,o p no laſciar opprimere gl'innocēti,uerfo de'quali, chi dice, A deue dimostrare cõ queſta formaofficiofo, et benigne,comefece coſtui. Leggi. Mi piace condiſcendere a' conſigli de gli huomini, de quai die cendo mi conuerrà far due coſe molto a' miei coſtumi contrarie;luna fia al quanto me commendare o l'altra il biaſmar alquanto altrui,o auilire. ART. Molti huomini eccellenti nelle lodi, che date hanno a i loro cittadini uſati ſono di dire, uoi faceſte, uoi uinceste, mánel dimoſtrare alcana coſa meno che oneſta de' fatti loro,hanno detto per modeftia.Noi perdesſimo, noi malefi portasſimo, noialquanto imprudentemente to gließimo la guerra. A questeſentenzeſi aggiugne l'artificio, ilquale con Rate nel dire di fero delle proprie coſe modeſtamente, con dubitatione facendolegrditamente minori di quello cheſono; eſcuſando per lo contras rio gli auuerfarii,oucro con ragione, conalquanto di timore accufando li, permettendoli alcuna coſa a fuomodoin loro diffeſa pronuntiare,acció sonſi dia ſoſpetto al giudice dioffer contentiofo, & amicodelle liti, in que ſto caſo voglio,che tu uſ parole baſſe, et pure, oquelle che hanno manco forza nelle tue lodijonel biaſimo de gli auuerfari, però quelle figure a questa formaſono accomodate,nellequali con deliberato conſiglio alcuna coſaſ pretermette,quiſando però l'aſcoltante di tale deliberationc. Inbrie ue ti dico, cbe la DISSIMULAZIONE, che ironia s'addimanda, quenga, che ale cuna volta morda cu pungasėperò artificio, o figura di queſta materia,nel laqual alcuni Greci riuſcirono mirabilmente. Lacorrettione, oil giudi cio con timore ſonocolori di questa idea. Come quando ſi dice, S'io nca sn'inganno, s’io non erro, cosi mipare, o fimiglianti modi, i quali quanto più banno del leggiadro, tanto più dilettano, o fanno l'effetto, che ſi ricer 14. La correttione e in quel luogo. Si come prima cagione di queſto peccato, fe peccato é, perciò che io t'accerto. ART. Et la disſimulatione iui. Godi Firenze, poi che ſei si grande. ART. Belmodo e modešto é quando o il biaſimo, o la lote ſi fa dar da una terza perſona, perche meno ha d'innidia il teſtimonio altrui, che'l noftro, operò in queſto Poeta nel dire la origine fua, uedrai modestia ma rauiglioft, Leggi ancora qui. Nobilisfime giouuni, à confolatione delle quai io mi ſono meſſo à cosi lunga fatica io mi creda aiutandomi la diuina gratis ſi come io auiſo, per gli uostri pictofi preghi non gia per i mei mcriti quello compiutamente ha Herfornito, che io nel principio della preſente opera promiſi di douer far. ART. Et il principio della quarta giornata i ripieno di queſti modi. Ma tempo è di ucnire all'ultima forma di queſto ordine, ma prima in die gnità o perfettione,comequella, ſenza la quale niuna delle altre può nel l'animo entrare de gli aſcoltanti, dico della uerità, a laquale benche la moc desta e dimeſſaforma piu che l'altre s'auicinano, niente di meno non è da di Te,che ella debbia dall'altre offer abbandonata, imperoche non è opinione,  òaffetto, che ſenza eſſa indurre ſi poſſa, queſta fa credere che cofiſia, come Adice, questa moſtra l'animo di chiragions, queſta èfrutto diquella uir ta che tùche noi chiamiamo imaginatione, cosi potente nel porre le coſe dinanzid gli occhi,et cosi efficace ad ottenere ogni nostra intenţione. Dimoftrafl adia que l'aniino di chi parla in questo modo, cioè ſenza mezo alcuno rompendo in uno effetto, perche la natura in queſta guiſa ui diſpone chequandoſiete iņuno affetto ſenza altra ragione in quello entrando le dimoſtrate, cosi l'a ra, lo ſdegno, il diſo, il dolore,o ogniaccidente ſi fa paleſe. In ſommaſe je fidate,o diffidate, c teneteſperanza d'alcuna coſa ſe allegrezza uimuoue 'ò noia alcuna, ueracißimi pareranno gli affetti uoftri, ſe da quello che defe derateſenza porui tempo di mezo cominciante. Leggi. Fiamma del ciel si le tue trecce pioua Equi doue il Poeta dimanda aiuto Quando uidi costui nel gran diferto. Miferere di me cridai à lui. A R. Come qui è uitiofo, doue un nụncio corre al palazzo à dan nog ua alla Regina della preſa della città, es ardere etſaccheggiare ogni coſa, o incomincia con lunga narratione,dicendo, id ui dirò diffuſamente il tutto. Ma ritorniamo, hauendo il Porta di mandato aiuto à VIRGILIO più bricue che può gli da notitia diſco perche l'affetto lo pronaua à chiedergli pohc cagione egli ſi trouaſje in quel luo. soſeluaggio,dice. Ma tu perche ritorni à tanta noia? Etfa maggiore il ſuo affetto replia çando, perche non fali il dilettoſo monte. Là onde poiil Poeta pien di mara uiglia di ueder VIRGILIO, non gli riſponde, ma dà loco allo affetto,et dicca Leggi. orſe tu quel VIRGILIO, equella fonte, Che parge di parlar si largo fiume, Ripoſi lui con uergognofa fronte, Et piu ritornando all'effetto di primajo de gli altri poeti onor',e tume. AR. Vedi comele Discordia con Giove adirata in tal modo comincia. Parti Giove,che io, la qualeprodußi, et conſeruo il mondo,degna fia di doc uer’eßer biaſmata da ciaſcaduno. AR. Serbati in questo caſo à dimostrare che inte più uaglia la natur ra,che l'arte, o otterrai la credenza del uero che tu uuoi. Dire con uolubi li parolc é ſegno di uerità, l'infigner d'hauerſi ſcordato, il dimostrare die ſere dall'artificio lontario, o lo ejer dulla ucrità commoſſo, il correggerſ daſeſteſſo, lo cſclamare in alcune parti quafi rapito dal uero, o finalmene, te una diligente traſcuragine, & una traſcurata diligentia può far’apparenza diuero. Ecco quanto bene appare,ola modeftia, ola verità ufar la Discordia, doue dice, Etſel mio eſſere pien di miſeria mi ci rende in diſpetto l'effer Dea (coa me tuſei ) onata al gentilißimo modo delfangue two pieghi il tuo anis mo ad aſcoltarmi benignamente. oRati' stato ilmio minacciare più tos fto fegno di diſperatione, che cagion d'odio è di ſdegno che tu mi debbi portare. AR. Et poco dipoi. Io parlerò Gioueaffine di farti pietoſo alla mia miſeria, non con animo d'effer lodatacome eloquente;muoue il dolor la mia lingua, parte,et diſpone a fuo modo le mie parole, o quale id'l ſento nel core tale,à te uegnia allos recchie, cheſenza offer altramente artificioſa, Oornata, affai ti perſuaderà l'oration mia à dolerti di me,la qualedi tanto nonſon conformeallo affan nocleoue quello continuamente m’afflige,queſta toſto fi finirà, o ad ogni richiesta tua s'interromperà,però che qualunque uolta cofa dirò, che mena zogna ti paia ſon contenta di dichiararla,accioche picciolo error nel prin cipio nonſi faccia grande alla fine: AR. Vedi quanto efficaci ſtenote eſclamationi. O‘Amor quanti, o quali ſono le tue forze: AR. Et là doue dice, o felici anime,alle quali in unmedeſimo di auer re il feruente amore o la mortal uita terminare,o piú felicife inſieme ad uno medeſimoluogo n'antaſte, o felicissimi fe nell'altra uitaſi ama.com toi vi amate; come di qua faceste. Questa eſclamationefa parere la cofa uera, ilfalimento bella, la ſentent za degna,o grande,le parole aſpra, o acerba, oil numero fplendida,o generoſa.Al predetto artificio s'aggiungono le parole conuenienti alle cos feale appre nell'ira, le pure, o le fimplici nella comuniſeratione. Leggi. Ahi dolcißimo albergo di tutti imiei piaceri, maledetta fia la crudeltà di colui checon gli occhi della fronte or mi tifa uedcre. Affai m'ora con quelli dellu mēteriguardarti à ciaſcun’hora.Tu hai il tuo corſo finito, et di tale,come la fortuna tel concedette tiſe ſpacciato.Venuto ſe alla fine,alla quale ciaſcun corre, lasciate hai le miſerie del mondo, o le fatiche. ARTE. Conſidera le parti, le parole, o le figure di questa forma nella effempio ora letto, ote ſimili uſorai nelle occaſioni che ti ucrranno, et uce derai uſcirne opora maraniglioſa. Vodi che cömiferatione ſi truoua in que fe parole. Caro mio signore, fe la tua anima oralcmiclagrimc uede, oniuno i conoſcimento ó sentimento doppo la partita di quella rimane a corpi, rice. dei benignemoute l'ultimo dono di colei, laquale tu uiuendo cotato amasti. Vedi ancora qui la ſomiglianza del ucro grandemente adopraſi in rio fpondere alle coſe,che potriano eſſer dimandate. Andreuccio,io ſuno molto certa, che tu ti marauigli, & delle carezze, le qualiiori.fo.a delle mie lagrime;si come colui chenon miconoſci, o per quentura mai ricordar nonm'udisti, matu udirai toſto coſa, la quale più tifarà forſe marauigliare, si come è ch'io ſia tua ſorella. AR. Eccoti,che con una coſa più incredibile fa parere il falſo eſer aero. Vſafi questo modo nel raccontare,nello amplificar le lodi, ouero i uituperii delle genti,ouero in narrare le coſe fuori dell'ordine naturali, e rare.Con una antiucduta escusatio e,come qui, Carissime Donne à me ſipara dinanzi a doucrmifi far raccontare una uerità, che ba troppopiù di quello che ella fu, dimenzogna ſembianza. ARTE. Vera in ſoiamaè quella formadel dire, nella quale confiderata la natura delle coſe la uarietà de gli affetri, la uſanza del uiucre, con prue denza, riguardo dimostra le coſe fuggendo il coſpetto dello artificio, & però molto leggiadramente fidce procedere nell'accurata, obella forme del dire nella quale più vale il numero etl'artificio, che nell'altre.Sicno dun que gli ſpirtidi questa forma partiper tutto il corpo, accompagnati dal sangue della bellezza, o dal mouimento della celerità del dire, che facila mente si otterrà IL DESIDERATO FINE. Ne gl'affetti grandi, bricui ficno le membra, uiusci le parole, nel resto il giudizio di chi parla habbia luogo. Et qui Na il fine delle formc o maniere del dire in quanto che di ciaſcuna partie samente si può dire. Ma non sarà il fine di esse in quanto bisogna sapere il modo di usarle, ed accomodarle NELLA IVILE ORAZIONE. Perciò che colui ne oratore, ne erudito parcrebbe il quale come nouel cfſercitaßcle predette maniere da ſe steſſe ignude, o inconipote, onde l'artefuafi manifestasse, oegli di abomincus de fatietà, e fastidio ricmpicſſe l’orecchie o l’ANIMO dell’ascoltante,  Bella cosa é adunque il meſcolare inſieme le predette forme, o farne una ortima miſtura,dalla quale n'uſcirà l'ottima,o uniuerſale idea della oratio nc; appreſſo la qualeſarà quellà, che mancherà al quanto da quella ottima meſcolanza,cosi di grado in gradofcemundo il terzo,il quarto, o l'ul timo luogo occuperà l'oratore. Della prima operfetta compofitione dela leformeio non ti trouerei per ls uerità chi in questa lingua potefje, pere che gli ſcrittori di efla hanno hauuta ALTRA INTENZIONE, che formarela città M dincica dineſca minicra, ben che per quello ch'io ſtimo, non anderà molto, che alcu noci naſcerà atto a questa grandezza,alla quale più tosto manca la fatie ča,che il modo. Ora in quale forma debbia abondarc L’ELOQUENZA fa peraiz per che la chiarezza, LA VERITA, quella che accostumata ſi chiama, fono le forme principali di tutta la manicra ciuile. Dapoi appresso io amerei la celerità del dire con quelle forme poi,che alla grandezzafi danno, tra le quali io eleggerei la comprenſione. Le altre ueramente ſecondo il tempo; er la occafione reggendomi abbraccerei con quella ſcelta, con quella di fcretione che uolentieri,ut non isforzate păreſſero ucnire riel parlar mio Ben'è uero, che molte ſono le intentioni de gli huomini, e quelle con dilia genza offer dcono confiderate. Chi uuole de i ſecreti di natura parlare, bo delle cose morali dee abondare in grandezza senza alcuno volubile movimeto. Chi veramente cerca narrare i fatti de mortali, come si fa nella storia, elleggerà la schiettezza, o eleganza, nella quale è riposto l'ordine delle co fe,cu dei tempi, a riguarderà primai conſigli, ale deliberationi, poi le attioni, o i fatti, o finalmente gli auenimentio fucceßi. Nei conſigli di moſtrerà quelloche deue cffer lodato,o quello che merita biaſimo nelle at tioni,i fatti,ole parole, il modo, il fine. Et ne ifucceßi dimostrerà ció the alla uirtù,o ciò che alla fortunafi deve attribuire. Chi ne ifenati uud l'esprimere la forza dell’eloquenza, perche il peſo delle cose sară poſto fore. pra lepalle di chiragiona, biſogna abondare in grandezza,o dignità, di mostrar cura openſamento, il che non uale ne i giudicij, ſe non ſono di coi. Le graui, aimportanti, perche in eſſe più fimplicità, baſſezzaſi ricerca, eſſendo quegli per lo più di coſe edi buomini priuati. Nel difendere, ale fai uale la forma accoſtumata, obalfa, ſe non quando arditamente il fatto Rinega. Poco ancora ui ſi vedrà di uolubile, o presto mouimento. Ma non. cosi nello accuſare,douc oajpro, uecmente,o uiuo cſer dee l'accusatore. Chi lola. fi dee dare alla bellezza, o al diletto, o apprezzare lo fplene dore fenza ucсmenza, o celerità. Et in brieuc, biſogna aprir gli occhi; eje nello imitare i dotti,o eccclenti uomini si richiede conſiderare; di che for ma eßt ſieno più abondanti,o di che meno; accioche ſapendoper qual caz glorie eß istatilicno tali,ancora non ſia tolto il potere à gli studioſi di ace coſtarſi loro, o aguagliarli,o le poßibilc é, che pureé paßibile al modo già detto di ſuperargli. Et chi.pure non uoleſſe la fatica,poteße almeno giudicare i loro fecreti. Molti, o minuti ſono i precetti d'intorno a questo offercitio,maio non uoglio più affaticarmi, effendo quegli in molti,o gran di uolumi ordinatamente riposti, oltra che il nostro dicorso à niuno può parere terc imperfitto, quando egli voglia la nostra INTENZIONE riguardare, la quale è stata di fare i fondamenti dell’ELOQUENZA, avvertire di quanta cognizione esser debbia chi à quella si dona; sopra i quali fondamenti sono fordate l'articelle de' maestri, o gl’esercitij de' giovanetti. Baſtiti, oDinardo, che tu sia giunto là, doue di giugnere desideravi, o che tu habbi veduto un circolo della tanto desiderata cognizione. Però che dalle parti dell'ANIMA incominciasti,o in esse sei ritornato, havendo il corso tuo sopra di natura, ci sopra di me fornito, come sopra due rote di quel carro, che per lo aperto cielo ti condurrà vittorioso, o trionfante. Daniele Matteo Alvise Barbaro. Daniele Barbaro. Keywords: archittetura, palladio, prospettiva, retorica, ordine cronologico: Ermolao Barbaro il vecchio – Ermolao Barbaro il giovane – Daniele Barbaro – Temisto, index nominorum, interpretazione e commentario di Barbaro sul commentario di Tesmisto sull’analitica posteriora – manoscritto, Bologna. Manoscritto delle ‘Adnotationes ad analyticos priores’ – commentario diretto su Aristoele e no via Temisto – Villa Barbaro – lezione privati di Barbaro sull’organon di Aristotele – analytica priora e analytica posteriora, non al studio GENERALE, ma alla sua propria villa!. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Barbaro” – The Swimming-Pool Library. Barbaro.

 

Grice e Barbaro:la ragione cnversazionale e l’implicatura convresazionale del vecchio – scuola di Venezia – filosofia veneziana – filosofia veneta -- filosofia italiana – filosofia veneziana – Luigi Speranza (Venezia). Filosofo veneziano. Filosofo veneto. Filosofo italiano. Venezia, Veneto. Umanista --. Grice: “As much as Speranza LOVES Daniele Barbaro, I prefer Ermolao Barbaro; after all, he was his uncle – I mean, Ermolao was Daniele’s uncle – and therefore HE taught HIM; I mean, Ermolao, as a good philosophical uncle, taught the ‘minor’ (literally, since he was his junior) Barbaro.”  "Some like Barbaro, but Barbaro's MY man." Ermolao Barbaro detto il Vecchio. Umanista e vescovo cattolico italiano.  Sendo stato uomo degnissimo, m'è paruto farne alcuna menzione nel numero di tanti singulari uomini, acciocché la fama di sì degno uomo non perisca (Vespasiano da Bisticci, Vite di uomini illustri del secolo XV). Ancora bambino comincia a studiare lettere conVeronese, e il successo di quest'accoppiata allievo-maestro fu tale che tradusse in latino le favole d’Esopo. Fece poi i suoi studi universitari a Padova dove si laurea. Successivamente si trasfee a Roma dove entrò al servizio della cancelleria papale. La sua carriera nella curia romana fu così fulminea che Eugenio IV lo nomina protonotario apostolico e gli concesse la diocesi di Treviso. Il rapporto con il pontefice, però, si interruppe bruscamente quando, dopo che gli era stata promessa la nomina a vescovo di Bergamo, il papa assegna il posto a Foscari.  Lascia Roma e viaggiò per l'Italia ma, dopo una serie di peregrinazioni, tornò a lavorare in curia. Si trasfere poi a Verona dove Niccolò V lo designa vescovo e dove si sistemò in pianta stabile, tranne una breve parentesi a Perugia come governatore. Messer Ermolao Barbaro, gentiluomo viniziano, fu fatto vescovo di Verona da papa Eugenio, per le sue virtù. Ebbe notizia di ragione canonica e civile, ed ebbe universale perizia di teologia, e di questi istudi d'umanità; ed ebbe nello scrivere ottimo stile. Fu di buonissimi costumi, e nel tempo di papa Eugenio si ritornò a Verona al suo vescovado, e attese con ogni diligenza alla cura, e vi accrebbe assai e onorò e multiplicò il culto divino. Era umanissimo con ognuno. Ridusse nel suo tempo il vescovado in buonissimo ordine, così nello spirituale come nel temporale. Aveva in casa sua alcuni dotti uomini, in modo che sempre vi si disputava o ragionava di lettere; ed era la sua casa governata, come si richiede una casa d'uno degno prelato. S'egli compose (che credo di sì) non ho notizia alcuna. Compose. Nulla se ne ha alle stampe trattane qualche lettera, ma più opuscoli manoscritti se ne hanno in alcune biblioteche, e fra essi la traduzione della Vita di S. Anastasio scritta da Eusebio di Cesarea. Note  Vespasiano da Bisticci, Vite di uomini illustri del secolo XV, ed. Barbera-Bianchi, Firenze. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, ed. Firenze, Società storica lombarda, Archivio storico lombardo, ser.4:v.7, L'Umanesimo umbro: Atti del IX Convegno di studi umbri. Gubbio, 2Perugia, Vespasiano da Bisticci, Tiraboschi, cit. pag. 808 Opere (alcune moderne edizioni italiane)  Ermolao Barbaro il Vecchio. Orationes contra poetas. Epistolae. Edizione critica a cura di Giorgio Ronconi.Firenze: Sansoni, Facolta di Magistero dell'Universita di Padova Ermolao Barbaro il Vecchio. Aesopi Fabulae. A cura di Cristina Cocco. Genova: D. AR.FI.CL.ET., Trad. italiana a fronte Hermolao Barbaro seniore interprete. Aesopi fabulae. A cura di Cristina Cocco, Firenze: Sismel-Edizioni del Galluzzo, Il ritorno dei classici nell'umanesimo. Edizione nazionale delle traduzioni dei testi greci in eta umanistica e rinascimentale. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, ed. Firenze, Vespasiano da Bisticci, Vite di uomini illustri, ed. Barbera-Bianchi, Firenze, 1859. Pio Paschini, Tre illustri prelati del Rinascimento: Ermolao Barbaro, Adriano Castellesi, Giovanni Grimani, Roma, Facultas Theologica Pontificii Athenaei Lateranensis, Emilio Bigi, Ermolao Barbaro, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 6 luglio 2018. Voci correlate Ermolao Barbaro il Giovane Collegamenti esterniDavid M. Cheney, Ermolao Barbaro il Vecchio, in Catholic Hierarchy. Predecessore Vescovo di Treviso Successore Bishop CoA PioM.svg Lodovico Barbo Marino ContariniPredecessoreVescovo di VeronaSuccessoreBishopCoA PioM.svg Francesco CondulmerGiovanni Michiel · Biografie Portale Biografie Cattolicesimo Portale Cattolicesimo Treviso Portale Treviso Venezia Portale Venezia Categorie: Umanisti italianiVescovi cattolici italiani Nati a Venezia Morti a Venezia BarbaroVescovi di TrevisoVescovi di VeronaTraduttori dal greco al latino. Ermolao Barbaro, il vecchio. Keywords: eloquenza. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Barbaro” – The Swimming-Pool Library. Barbaro.

 

Grice e Barbaro: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazinale del giovane – scuola di Venezia -- filosofia veneziana – filosofia veneta -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Venezia). Filosofo veneziano. Filosofo veneto. Filosofo italiano. Venezia, Veneto. Grice; “Very good.”, ermolao – the younger – il giovane, non il vecchio --  "Speranza likes Ermolao Barbaro the Younger, but Ermolao Barbaro The Elder is MY man." -- H.G. Ermolao Barbaro il Giovane. Avea profondamente meditato sopra i doveri che impone il carattere di legato a chi lo sostiene e sopra le avvertenze che devono servirgli di norma nella pratica degli affari, ónde servir con vantaggio il proprio governo e riportare onore anche da quello presso di cui risiede. Ei ne ha indicate le tracce in un pregevolissimo opuscolo  in cui la prudenza apparisce compagna della onestà del candore, ed è venuto a delineare in certa guisa il suo ritratto. Ma lo stesso suo merito fu a lui cagione di grave calamità. Cardinale di Santa Romana Chiesa Hermolaus Barbarus Ritratto di Ermolao Barbaro, opera di Theodor de Bry. Patriarca di Aquileia. Ordinato presbitero. Nominato patriarca da papa Alessandro VI. Consacrato patriarca. Creato cardinal da papa Innocenzo VIII. Ermolao Barbaro detto "Il giovane" -- è stato un umanista, patriarca cattolico e diplomatico italiano, al servizio della Repubblica di Venezia. Comincia l'educazione elementare con il padre Zaccaria Barbaro, politico e diplomatico veneziano, poi in tenerissima età e mandato a Verona dal pro-zio Ermolao Barbaro, vescovo della città e umanista di fama, per studiare lettere latine con Bosso. Per perfezionarsi passa a Roma dove ha come insegnanti prima Leto e poi Gaza. Un cursus studiorum concluso con successo. E laureato poeta, a Verona, da Federico III. Segue a Napoli il padre, titolare dell'ambasciata veneziana, e proprio nella città partenopea scrive la sua prima opera ovvero il “De Caelibatu”.  Traduce tutto Temistio, pubblicato poi, in parafrasi. Tornato in Veneto consegue a Padova il dottorato in arti e quello in diritto civile e canonico. Subito dopo fu nominato titolare della cattedra di etica. Come professore insegna soprattutto sulla Nicomachea di Aristotele, mettendo in guardia i suoi studenti dalle traduzioni in latino di Aristotele e predicando il ritorno alla traduzione diretta dal greco, proprio come face lui. Sono infatti di quegli anni i commentari all'Etica e alla Politica e la traduzione della Retorica. Abbandonato l'insegnamento  accompagna nuovamente il padre in missione diplomatica a Roma. E promosso senatore della Repubblica di Venezia e ma stavolta in veste ufficiale, si reca a Milano con il padre per una nuova ambasceria. Il primo incarico diplomatico arriva quando, insieme a Trevisano, rappresenta a Bruges la Serenissima in occasione dei festeggiamenti per l'incoronazione a ‘re dei romani’ di Massimiliano d'Asburgo e nell'occasione fu investito cavaliere. Dopo un'esperienza come savio di terraferma, e finalmente nominato ambasciatore residente a Milano dove si accredita e rimane in carica. Venne creato cardinale in pectore d’Innocenzo VIII nel concistoro, ma non venne mai pubblicato. L'ottima gestione della legazione veneziana a Milano, in tempi davvero turbolenti come quelli della reggenza di Ludovico il Moro, gli vale un anno dopo la nomina ad ambasciatore a Roma alla corte d’Innocenzo VIII. Ed e qui che avvenne la catastrofe.  Il giorno dopo la morte del patriarca di Aquileia Marco Barbo, Ermolao erasi recato all'udienza del papa, per fare istanza acciocché fosse differita la nomina del patriarca successore, finché il senato non gli e ne avesse presentato, secondo il consueto, la nomina. Ma il papa, senza punto badare a cotesta istanza, nomina lui appunto in patriarca di Aquileja; aggiungendogli, essere questa grazia una giusta ricompensa al suo sapere ed alla sua virtù. Il Barbaro in sulle prime si rifiutò dall'accettare la dignità, che il pontefice conferivagli; ma quando Innocenzo gli e lo comandò in virtù di santa ubbidienza, si vide costretto a sottomettervisi ed obbedire. Allora il papa sull'istante lo vestì del rocchetto, di cui, per darglielo, si spogliò uno dei cardinali colà presenti; e poscia in pieno concistoro fu preconizzato patriarca di questa Chiesa. La procedura era rigorosamente contraria alle leggi della repubblica che vietavano ai propri ambasciatori, senza la previa autorizzazione del senato, di ricevere incarichi o nomine dai principi presso i quali erano accreditati. Allora, per giustificare la violazione procedurale, il Papa scrisse una lettera al Doge chiedendogli di confermare la nomina, ma il Consiglio dei Dieci, competente in materia, delibera comunque che Barbaro deve rinunciare al patriarcato. Cosa che, dopo un po' di tira e molla, prontamente fa. Scelse, per farla più solenne, la circostanza del giovedì santo alla presenza del papa e di tutto il sacro collegio. Ma il papa non la volle accettare. Né l'obbedienza sua agli ordini del senato basta per anco a giustificarlo. Poco avveduto, non pensa di spedirne a Venezia la stessa sua dimissione al senato, ad onta dell'opposizione del pontefice; mostrandosi dal canto suo per tal guisa fedele ed obbediente alle leggi del suo governo. Più avrebbe inoltre dovuto lasciar Roma e ritornare a Venezia. Ov'egli si fosse regolato così, l'affare avrebbe cangiato di aspetto, e sarebbesi ridotta ad una semplice controversia di giurisdizione tra la corte di Roma e la Repubblica di Venezia. Ma essendo rimasto in quella capitale, ad onta della fatta rinunzia, né avendone dato avviso al senato, egli fu riputato veramente colpevole in faccia alla legge, e perciò costrinse il senato ad usare verso di lui ogni misura di rigore. Come risultato di questo pasticcio fu bandito perennemente dalla repubblica e interdetto da qualsiasi ufficio pubblico e privato. Quanto al patriarcato di Aquileia, tecnicamente, ne rimase titolare ma il senato oltre ad avergli impedito, con l'esilio, di recarvisi fisicamente, ne congelò le rendite patriarcali e nomina Donato in suo vece, anche se la nomina non fu ratificata dal papa. Ne deriva una situazione di stallo, durante la quale la diocesi patriarcale fu amministrata da Valaresso (anche Valleresso), vescovo di Capodistria, con il titolo di Governatore generale. B. rimase a Roma dove decise di dedicarsi a tempo pieno ai suoi studi. Pparticolarmente importanti, oltre alla composizione di Orationes et Carmina in latino e alla pubblicazione delle “Castigationes Plinianae, disputazioni scientifiche sulle imprecisioni e sulle invenzioni della Naturalis historia di PLINIO,  sono l’epistolario filosofico che si scambiò con Poliziano e Pico, che, insieme, costituirono un vero e proprio triumvirato, a que' giorni potente e celebratissimo nelle scienze e nelle lettere. E sventuratamente colto dalla pestilenza che serpeggia nell'agro romano. Giunta a Firenze la nuova del suo pericolo trafisse altamente il cuore dei due suoi celebri amici Poliziano e Pico. Si lagnavano essi che la sua perdita seco involge il destino delle buone lettere, sembrando loro che in un sol uomo pericolasse l'onere delle cose romane. Pico anzi volle tentar di soccorrerlo, inviandogli col mezzo di suo corriere un antidoto ch'ei medesimo componeva e che credeva atto a domare il morbo pestilenziale. Ma quando arriva a Roma l'espresso, era di già passato tra gli estinti. Note  De Legato, recuperato dal cardinal Quirini da un codice della Vaticana e stampato per la prima volta nelle annotazioni alla Deca II della sua Thiara et purpura veneta  Giovanni Battista Corniani, Camillo Ugoni, Stefano Ticozzi, I secoli della letteratura italiana dopo il suo risorgimento, Torino, Contemporaries of Erasmus, op. cit.91  Bruno Figliuolo, Il Diplomatico E Il Trattatista: B. Ambasciatore Della Serenissima, Napoli, Guida Editori, Bettinelli, Risorgimento d'Italia negli studj, nelle arti, e ne' costumi dopo il mille, Bassano, Bettinelli, cit.219  Antonino Poppi, Ricerche sulla teologia e la scienza nella scuola padovana del Cinque e Seicento, Rubbertino, Branca, La sapienza civile: Studi Sull'umanesimo a Venezia, Firenze, 1988,67  Eugenio Albèri, Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, Firenze, Cappelletti, Le chiese d'Italia della loro origine sino ai nostri giorni, Venezia, Cappelletti, Bernardi, Ermolao Barbaro o la scienza del pensiero dal secolo decimoquinto a noi, Venezia, 1851,12  I secoli della letteratura italiana, Bettinelli, Risorgimento d'Italia negli studj, nelle arti, e ne' costumi dopo il mille, Bassano, Eugenio Albèri, Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, Firenze  Giuseppe Cappelletti, Le chiese d'Italia della loro origine sino ai nostri giorni, Vol. VIII, Venezia  Jacopo Bernardi, Ermolao Barbaro o la scienza del pensiero dal secolo decimoquinto a noi, Venezia, Giovanni Battista Corniani, Camillo Ugoni, Stefano Ticozzi, I secoli della letteratura italiana dopo il suo risorgimento, Torino, 1855 Vittore Branca, La sapienza civile: Studi Sull'umanesimo a Venezia, Firenze, 1988 Bruno Figliuolo, Il Diplomatico E Il Trattatista: Ermolao Barbaro Ambasciatore Della Serenissima, Napoli, Guida Editori, 1999 Antonino Poppi, Ricerche sulla teologia e la scienza nella scuola padovana del Cinque e Seicento, Rubbertino, 2001Thomas Brian Deutscher, Contemporaries of Erasmus: A Biographical Register of the Renaissance and Reformation, University of Toronto Press, 2003 Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Ermolao Barbaro il Giovane Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Ermolao Barbaro il Giovane B., su Treccani – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.Ermolao Barbaro il Giovane, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.Opere di Ermolao Barbaro il Giovane, su openMLOL, Horizons Unlimited srl.Opere di Ermolao Barbaro il Giovane, su Open Library, Internet Archive.David M. Cheney, Ermolao Barbaro il Giovane, in Catholic Hierarchy.Salvador Miranda, BARBARO, iuniore, Ermolao, su fiu.edu – The Cardinals of the Holy Roman Church, Florida International University. Ermolao Barbaro, in Treccani – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Emilio Bigi, B., in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, PredecessorePatriarca di Aquileia Successore Patriarch Non Cardinal Pio M.svg Marco Barbo Nicolò Donà Biografie Portale Biografie: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di biografie Categorie: Umanisti italianiPatriarchi cattolici italiani Diplomatici italiani Nati a Venezia Morti a RomaBarbaroAmbasciatori italianiPatriarchi di AquileiaTraduttori dal greco al latino[altre] Ermolao Barbaro. Keywords: il celibato, lettera a Pico, lettera a Poliziano, traduzione della retorica, commentario all’etica nicomachea, comentario alla politica, retorica ed eloquenza. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Barbaro” – The Swimming-Pool Library. Barbaro.

 

Grice e Barcellona: all’isola -- la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale dei soggeti e le norme – scuola di Catania -- filosofia siciliana – filosofia italiana – Luigi Speranza (Catania). Filosofo siciliano. Filosofo italiano. Catania, Sicilia. Grice: “Perhaps my favourite by Barcellona is “I soggetti e le norme” – vide my conversational norms – and ‘soggeto’ of course relates to ‘intersoggetivita,’ a pet concept of Italian phenomenology!” Grice: “Of course, for us British subjects (to the Queen), the idea of ‘soggeti’ cannot quite make sense! But Barcellona’s point is fascinating: the Romans did have the concept of a sub-iectum and an ob-iectum: they like a symmetrical expression formation, too! Barcellona shows that we have to speak of ‘soggetti’ to get intersoggetivita – and then the norma – a very Roman concept, which as J. L. Austin said (following John Austin), does not quite translate as ‘norm’ – “We don’t use ‘norm’ in ordinary language.””  Barcellona shows that it is ‘I soggetti’ i. e. at least a dyad that makes ‘the noi trascendentale’ adding up ‘l’io trascendentale’ with ‘il tu trascendentale’ and ‘l’altro trascendentale’ that we get the norm. Barcellona got to the idea after seeing the French film, ‘l’un et l’autre’!” --  Pietro Barcellona, deputato della Repubblica Italiana LegislatureVIII Gruppo parlamentarePCI Dati generali Partito politicoPartito Comunista Italiano Titolo di studioLaurea in giurisprudenza ProfessioneDocente universitario Pietro Barcellona (Catania ),  filosofo. È stato docente di diritto privato e di filosofia del diritto presso la facoltà di giurisprudenza dell'Catania. È stato membro del Consiglio superiore della magistratura.  Si laurea in Giurisprudenza nel 1959. Nel 1963 consegue la libera docenza in Diritto Civile e insegna a Messina. Dal 1976 al 1979 è componente del Consiglio Superiore della Magistratura. Ha diretto il Centro per la Riforma dello Stato, fondato con Pietro Ingrao.  Nel 1979 è stato eletto deputato nelle file del Partito Comunista Italiano ed è stato membro della commissione giustizia della Camera. A causa della sua formazione teorica materialista, ha suscitato nel  molto scalpore la sua conversione raccontata nel libro Incontro con Gesù. Docente emerito di filosofia del diritto all'Catania. Altre opere: “Diritto privato e processo economico” (Jovene Editore); “L'uso alternativo del diritto, Laterza); “Stato e giuristi tra crisi e riforma, De Donato, Bari); “Stato e mercato tra monopolio e democrazia, De Donato); “La Repubblica in trasformazione. Problemi istituzionali del caso italiano, De Donato); “Oltre lo Stato sociale: economia e politica nella crisi dello Stato keynesiano, De Donato); “I soggetti e l’intersoggetivo della norma” (Giuffrè); “L'individualismo proprietario, Bollati Boringhieri); “L'egoismo maturo e la follia del capitale, Bollati Boringhieri); “Il Capitale come puro spirito: un fantasma si aggira per il mondo, Editori Riuniti); “Il ritorno del legame sociale, Bollati Boringhieri); “Lo spazio della politica. Tecnica e democrazia, Editori Riuniti); “Dallo Stato sociale allo Stato immaginario. Critica della ragione funzionalista (Bollati Boringhieri); “Laicità. Una sfida per il terzo millennio, Argo); “Diritto privato società moderna, Jovene); L'individuo sociale, Costa & Nolan); “Politica e passioni. Proposte per un dibattito, Bollati Boringhieri); “Il declino dello Stato. Riflessioni di fine secolo sulla crisi del progetto moderno, Ed. Dedalo); “Quale politica per il Terzo millennio?, Ed. Dedalo); “L'individuo e la comunità” (Edizioni Lavoro); “Le passioni negate. Globalismo e diritti umani, Città Aperta); “Le istituzioni del diritto privato contemporaneo, Jovene); “Tensioni metropolitane, Città Aperta); “I diritti umani tra politica, filosofia e storia, A. Guida); “La strategia dell'anima, Città Aperta); “Diritto senza società. Dal disincanto all'indifferenza, Ed. Dedalo); “Fine della storia e mondo come sistema. Tesi sulla post-modernità, Ed. Dedalo, “Il suicidio dell'Europa. Dalla coscienza infelice all'edonismo cognitivo, Ed. Dedalo); “Critica della ragion laica, Città Aperta); “Diagnosi del presente, Bonanno); “La parola perduta. Tra polis greca e cyberspazio, Ed. Dedalo); “L'epoca del postumano, Città Aperta); “La lotta tra diritto e giustizia, Marietti); “Il furto dell'anima. La narrazione post-umana, Ed. Dedalo); “L'ineludibile questione di Dio, Marietti); “L'oracolo di Delfi e L'isola delle capre, Marietti,  Elogio del discorso inutile. La parola gratuita, Ed. Dedalo); “Viaggio nel Bel Paese. Tra nostalgia e speranza, Città Aperta); “Incontro con Gesù, Marietti); “Declinazioni futuro/passato. Poesie, Prova d'autore, Il sapere affettivo, Diabasis); “Il desiderio impossibile, Prova d'autore”; “Passaggio d'epoca. L'Italia al tempo della crisi, Marietti); La speranza contro la paura, Marietti); “L'occidente tra libertà e tecnica, Saletta dell'Uva); “Parole potere, Castelvecchi,. Sottopelle. La storia, gli affetti, Castelvecchi);  La sfida della modernità, La Scuola,.Barcellona e la pittura Una delle più grandi passioni di B., è stata senza ombra di dubbio la pittura. Comincia a dipingere all'età di 20 anni. Due sue opere si trovano in esposizione permanente presso il "Museo dei Castelli Romani". Un suo quadro fa parte della collezione permanente della Salerniana, Galleria Civica d'Arte Contemporanea "Giuseppe Perricone". Vanta diverse personali:  1959"Mostra Città di Catania"; "Galleria Arte Club" di Catania, con testi critici di Manlio Sgalambro e Salvo Di Stefano; "Galleria Arte Club" di Catania. Espone un nucleo di ventiquattro opere sul tema "La città della donna" con testo critico di Giuseppe Frazzetto; 2002"Tensioni metropolitane" presso "Fondazione Luigi Di Sarro" di Roma; 2002"Galleria Quadrifoglio" di Siracusa; "Fondazione Filiberto Menna" di Salerno; 2003"Mitologia del quotidiano" presso "Galleria La Borgognona" di Roma, con testi in catalogo di Simonetta Lux e Domenico Guzzi; "Contrasti" presso "Galleria Tornabuoni" di Firenze, con testo in catalogo di Fabio Fornaciai e dello stesso Barcellona; 2004"Museo dell'Infiorata" di Genzano; "L'impossibile completezza" presso il "Museo Laboratorio di Arte Contemporanea" di Roma, Patrizia Ferri e Mario de Candia; "Il desiderio impossibile" presso "Le Ciminiere", Sala C2, di Catania, con testo critico di Mario Grasso. Saggi sull'opera di B.  Su B., ovvero, riverberi del meno, Atti del Convegno di Studi su alcune opere di Pietro Barcellona, Mario Grasso. Prova d'Autore,.  154-4 W. Magnoni, Persona e società: linee di etica sociale a partire da alcune provocazioni di Norberto Bobbio, Glossa Edizioni, Milano,  M. De CandiaFerri, B. raccontato dai suoi amici, Gangemi, Greco, Modernità, diritto e legame sociale, in «Materiali per una storia della cultura giuridica», Pegorin, Emergenza Antropologica. Pietro Barcellona e la lotta in difesa dell’umano Riconoscimenti Il 29 marzo, il Comune di Misterbianco (CT) gli intitola una piazza.  Note  Pietro Barcellona, su Camera VIII legislatura, Parlamento italiano.  "Barcellona: Mi converto, dal Partito Comunista a Gesù. Ragusa News.  l'Unità,  "Pietro Barcellona, Il Piacere di Dipingere"//archiviostorico.unita/cgi-bin/ highlightPdf.cgi?t=ebook& file=/golpdf/uni__05.pdf/ 11CUL31A.PDF&query= Andrea%20 carugati Corriere della Sera. Omaggio a Pietro Barcellona pittore, giurista e filosofo.//archivio storico.corriere/ ebbraio/01/ Omaggio_B._ pittore_giurista .shtml  Inaugurata la piazza intitolata al prof. Pietro Barcellona | Misterbianco. COM. Napolitano: B. fu un protagonista in Italia. Messaggio del Colle ai funerali del giurista, ex parlamentare Pci e membro laico del Csm[collegamento interrotto] articolo pubblicato da La Sicilia, 9 settembre, sito lasicilia. Filosofi italiani del XX secolo Filosofi. Pietro Barcellona. Keywords: i soggeti e le norme, filosofia siciliana, Barcellona, comune di Messina. Conte di Barcellona, lo stato imaginario, i soggeti, l’intersoggetivo della norma, communita intersoggetiva, discorso futilitario, societas, communitas, socius, seguire, ‘follow’, Toennies, communitario, stato keynesiano, stato imaginario, anima smartita, conflitto e cooperazione sociale, anima smarrita, communitas, immunitas, sociale, societas, discorso inutile, Grice, end of conversation, goal of conversation, deutero-esperanto, linguaggio privato, i soggeti, l’intersoggetivo. --. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Barcellona” – The Swimming-Pool Library. Barcellona.

 

Grice e Barié: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale d’Enea – scuola di Milano – filosofia milanese – filosofia lombarda -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Milano). Filosofo milanese. Filosofo lombardo. Filosofo italiano. Milano, Lombardia. Grice: “”My favourite of Barié’s is his parody of Apel: “il noi trascendentale”!” -- I like Barié; he commited suicide, which is not that rare among philosophers – same percentage than the general population – cf. Durkheim, “Le suicide: a sociological enquiry,””. Grice: “Barié tried to play with the idea of the transcendental, and he did – he applied it first to “I” (‘l’io trascendentale’). When I wrote my thing on personal identity, I preferred the pronoun ‘someone,’ to stand for ‘I’, ‘thou,’ and the allegedy THIRD ‘person,’ ‘he.’ – Barié has also edited Vico’’scienza nuova,’ and provided a ‘compendium’ of the SYSTEMATIC kind, favoured by some, of the history of philosophy, with sections on ‘roman’ philosophy (“l’epicureanismo romano,” “lo stoicism romano,”) --.”  Grice: “Perhaps the closes Barié  comes to me is in his ‘The concept of the ‘transcendental,’ since I struggled with that in “Prejudices and predilections,” where I feign to think that perhaps ‘transcendental’ is too transcendental an expression and should be replaced by ‘metaphysical,’ but my tutee, Sir Peter, being more of a Bariéian, disagreed wholeheartedly!” – Grice: “I cherish Apel’s comment on Barié: “Surely, if we are going to have ‘l’io trascendentale,’ we need at least ‘l’altro trascendentale,’ or as I prefer ‘il tu trascendentale.’” Partendo da posizioni kantiane pervenne a una posizione da lui stesso definita neotrascendentalismo, scuola di pensiero di cui fu il fondatore. Si avviò agli studi di diritto che concluse solo a seguito del primo conflitto mondiale, che lo vide impegnato inizialmente come ufficiale di cavalleria e poi come aviatore. Ottenne la laurea in filosofia.  Inizialmente attestato su posizioni kantiane (La dottrina matematica di Kant nell'interpretazione dei matematici moderni, e La posizione gnoseologica della matematica), nel corso del suo progredire intellettuale Barié perviene a una posizione filosofica critica nei confronti della dottrina kantiana. Di questo passaggio è emblematica l'opera Oltre la Critica, che mette in luce le difficoltà della dottrina precedentemente sostenuta.  Il periodo metafisico Oltre la critica segna il punto di svolta dell'attività filosofico-intellettuale di B., che comincia a sviluppare un interesse metafisico, forse dovuto all'influenza di Piero Martinetti, del quale era stato allievo. In questo senso il filosofo, nel suo primo approccio alla metafisica, si pone su un binario che era già stato di Spinoza, salvo poi rendersi conto del fatto che anche la posizione spinoziana è in realtà insufficiente per tentare di risolvere il dilemma della relazione essere-pensiero. Si ha quindi l'approdo di B. al pensiero leibniziano, testimoniato di La spiritualità dell'essere e Leibniz.  L'approdo al neotrascendentalismo e Il Pensiero Libero docente, ottiene la cattedra universitaria, spostandosi di conseguenza a Genova, Roma e infine Milano, nella cui università succede al suo maestro Martinetti nella cattedra di filosofia teoretica. Consapevole del fatto che, per quanto superata, la lezione antidogmatica di Kant non poteva essere completamente ignorata, Barié inizia una profonda revisione del proprio sistema teoretico che lo porta a diminuire drasticamente le sue pubblicazioni (di questo periodo sono il Compendio sistematico di storia della filosofia, e Descartes) e che culmina con la pubblicazione de L'io trascendentale. Fonda l'istituto di filosofia dell'Milano con lo scopo di renderlo centro propulsivo di una discussione filosofico-culturale con le realtà filosofiche del tempo che si sarebbero confrontate con la nuova visione di B., adesso orientato verso una concezione di filosofia come metafisica, ossia di metafisica quale causa della realtà sensibile e del pensiero. Con lo stesso scopo nacque la rivista Il Pensiero. Altre opere: “La posizione gnoseologica della matematica – e dell’arimmetica in particolare” 7 + 5 = 12” (Torino, Bocca); “Oltre la critica della ragione e del giudizio, il criticismo (Milano, Libreria editrice lombarda); “Spirito e anima: La spiritualità dell'essere e Leibniz” (Padova, MILANI); “Compendio sistematico di storia della filosofia con particolare attenzione alla filosofia romana sino Cicerone” (Torino, Paravia); “L'io trascendentale non-psicologico” (Milano-Messina, G. Principato); “Il concetto trascendentale” “Il trascendentale” (Milano, Veronelli. Atti del Congresso Internazionale di Filosofia, Napoli, riproduzione fotografica (da Opa lLibri antichi  riproduzione fotografica. Assael, Giovanni Emanuele Bariè, Milano, CUEM, Assael, "Il neotrascendentalismo di B.", in Rivista di Storia della Filosofia; Assael, Alle origini della scuola di Milano: Martinetti, B., Banfi, Guerini e associati, Milano, Milano Accademia scientifico-letteraria di Milano Università degli Studi di Milano Scuola di Milano  Giovanni Emanuele Barié, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Giovanni Emanuele Barié, su sapere, De Agostini.B., in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere  B., su openMLOL, Horizons Unlimited srl.  Filosofia Università  Università. Giovanni Emanuele Barié. Keywords: Enea, lo stoicism romano, Enea, eroe romano, eroe stoico, Catone, il noi trascendentale, vico, storia vichiana, arimmetica. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Barié” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Baricelli: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale – scuola di San Marco dei Cavoti – filosofia campanese -- filosofia italiana – Luigi Speranza, pel Gruppo di Gioco di H. P. Grice, The Swimming-Pool Library (San Marco dei Cavoti). Filosofo italiano. Filosofo campanese. Filosofo italiano. San Marco dei Cavoti, Benevento, Campania. Grice: “Italian philosophers can be eccentric; Baricelli started commenting Plato but his masterpiece is a philosophical tract on sweat, as experienced by the athletes Plato was familiar with!” Filosofo, medico, e chimico, di fama italiana ed europea, Giulio Cesare B. è da molti, pure erroneamente, ritenuto originario di Benevento o di San Marco Argentano in Calabria.  Erudito e studioso di poliedriche attitudini e capacità, studia medicina. S’interessa di filosofia tanto che è autore di commenti alle opere dell’ACCADEMIA. Publica De hydronosa natura sive de sudore umani corporis, sulla natura e la terapia della sudorazione umana, e scrive l’Hortulus genialis, edito a Colonia e Ginevra, ove raccolse antidoti e sudi sulle intossicazioni. Da alle stampe il Thesaurus secretorum, in cui sono elencate le cure ed i rimedi per svariate malattie e problematiche quotidiane. Pubblica un trattato sull'uso del siero del latte e del burro come medicamento, intitolato De lactis, seri, butyri facultatibus et usu. Gl’è conferita la cittadinanza beneventana. Cultore di studi umanistici B. scrive anche alcuni epigrammi latini. Muore in Benevento. A San Marco dei Cavoti, gli venneno intitolati un circolo ricreativo, la scuola, ed la strada ove si trova l'abitazione in cui vive, già denominata Via Pastocchia, che ospita anche un monumento in suo onore, opera di Calandro A proposito dell'intitolazione della scuola, su espressa richiesta dell'allora commissario prefettizio Jelardi, l'insigne storico Zazo propone la seguente epigrafe che ne riassume le doti i meriti:  A B. CHE DEL RINASCIMENTO HA LO SPRITO INFORMATORE E LA VASTA ATTIVITÀ PROFUSE NELLE SPECULAZIONI FILOSOFICHE IL COMUNE DI SAN MARCO DEI CAVOTI A RICORDO ED INCITAMENTO PER LE GENERAZIONI CHE IN QUESTA SCUOLA SI EDUCANO NEL FERVORE E NELLA FEDE DEI NUOVI GRANDI, AUSPICATI DESTINI DELLA PATRIA. Zazo, Dizionario bio-bibliografico del Sannio, Napoli, Fuschetto, B., Jelardi, Dizionario biografico dei Sammarchesi, Benevento. nis Hortuli Genialise RERVM MEMORABILIVM, QVÆ IN HORTVLO Geniali continentur elenchus. A Beſton accenfus, perpetuòarder. A cos. poribus effe &tus procreari. Admirandumauxiliuin advefica calculum, qwo abſque inciſione diffoluitur de expurgator Alapides renum vefica frangendos mirabile remedium Ammantium lac ab alimentis recipere qualita tem. Agricola nonſemel tempeftates e Serenitates pre dicunt. Abſyntbiumroborat ventry Abfynthij Romani mira Abſalonformararus. Acorescapitis bufonefanartit Achatis lapidismirabilis Acetum ad i &tus venenosov Acetiſcyllitici miraoperato Adam eratſapiennriſsimus Aegyptiſ in annimenfura Aegyptiorum opinio de elementis. Isbe Aepyptij in morborum -Chrafacileadiguem recara Aemorrhagia (electumprefidiuna Aegypti hierogliphicis vacabant Aegyptiorumarcana ait quartanam Aegyptijregesopera magnifica do admiranda an. Liquitus conftruxiffe.zi. Aegye MONACENSIS. REGLA BIBLIOTHECA Tunt. Aegyptiorum in condiendis corporibus obferuatio. Levis ſalubritatem ad vite produktionem maxå moperè videmusconducere Aegyptiorum Auditim ir lapidis á vefsica extra Sione Aegyptij quomodoignea prefidia component Aerisnatura quomodo nofcatur Afflictionem tribuere intellettum. Agricolafilicibus in horreis cur vtantur Agricola cwufdam interitus. Alexandri mors.quo veneno fuexit caufata Alexandri ſudoredolens. Alexandri uder.fanguineus. Alexandri magnanimitas in ftudiofos Amazones mammas dextras ſecabant. Amoris originis controuerfia Amantes surfacile irafcantur Ambarum vi ebrietatemfaciat Animalia quadam Arni tempora pradicero. An transformatio realis detur. An animal in igne viuere poſsie Anni computum diuerfimode fa &tum Animalia ex putri materia non ſemper extitiffe. Anicularum quarundam facinona. Antimony in vitrum redu & io. Anuli Bubali ad gramphum vtiles Anularis digitus cordi amicus Antora napello inimiciſsima Anginaprafocatina vt compefcatur Animalia a vteerikus Dis dicata, Anguil Anguillarum cum Aquilone affe &tus Animantiumcobur à cominé oritur. Anni climacterici quales. Annibalisſtratagema in boftes. Anniprefagia à quercus galiis: Ancitodorum aliquor obferuationes A priteftium virtus mirabilis Apri ægrotantes hederam quarunt. Api efum infauftum veteribus Apri dentes adanginan dompleuritidem vtiles Apes imminente pluuia adalucaria redeunt Apiumri usherbafcelerata; Apum mirabilisſagacitasdan officium Aqua mirabilis ad viſusdefectum Aquilinumlapidem partum accelerare, 126 Aquafrigidaqualiter apparetur. Arcades qualiter annum computabant Archelai Regis in populos immanitasi go Arboris ficusmirabilisnatura: Arietislingualantium ostendit. Araneorum reła in medicina vfurpata Arbores quandoquein lapides mutate Artemiſia quando in radicibus carbonem producati Articulares dolores quomodo curentur. Archelaus Rexaſtronomie ignarus Ariſtotelis opinio demularum ortu. Ariftotelis rerum indagator, Ariſtolochia piſces ftupidosfacit. Archelaus turrim incombuſtibilem fecit: Aſphaltirisla 'usmirabilis natura, Apronomia medicis neceſaria Ararum vomitu humores expurgat. Aparagor um 2u corporis nitorem producit. Afphespropè halico ibum fiupidi Aſparagi vi mirabiliter erefcant Ap.dum natura qualis. Athenien esfacerdotes cicutam comedebant Atrila canis instarlatrabat Athenienfium ura erga fiicos Aues vfu Taxi nigra fiunt. Auri vfus in medicina Aufonij locus de mecha uxore Afilici odor vermesgignis Bafilijanhabitat pelicudinibm Aphrice Ibid. Bafilifcum haudàgallo excludi. Bardana mira vis in affe& u uteri. Bituminis vis in hiſterica paſs. Braſsica, dorura fimul fatahereunt. Bruta aliquot lafciuiffe in fominas, Bryonia mira virtus in affe&tu-matricis. Braſsica fuccus contra ibrietatem. Britânnurum præfidium in furiofos. Bubuloftercore colicam,anari. Bufonis lapis cóntra vinena. Bufonis.mira propriet as in Aſcite. Arnes dura utfiant teneriores. Canes.obmutefcunt vmbra Hyena. Capramaximè epilepſia tentatur, Capillorum defluussm laudano curare Cani Canicula exortum à veteribus previſum, Carnes cocta,quomodo crude videantur Canes fabrorum exiguos habent lienes Cancri vini quomodo co &tifimulentur Capre in luftinis montibuseuomunt Capilli noftri plantis affimilantur Caftratilienem, dan vitella ouorum deglutire ne. queunt. Cauſtica remedia,qualia adftrumas Caryophillgte vis adcorporismacular Caftorei teftespropèrenes adeffe Caminus quo fumum non emittet, Calphurnius beftia uxores dormientes necabat.Catelli membrorum dolores confopiunt, Cacodamonem mali nnncijpraſagiumattuliffe Calendula folis amica.  Capiuacceiopinio de menftruofanguine Cantharidum mira vis nocendi Carthaginienfium prefidium ad deftillationes in. fantium. Cati.cerebrum hominesdementat. Cornilacrymaſworesſuſcitat, Corui renouantnr eſos ferpenris Cervi carnes ad vita produftionen Cepamab Hyppocrate deteftari Ceruorum vita longiſsima Cerius Alatus Francorum inſignie Cerninum penem.conceptum facere. Ceraforum aqua epilecticis vtiliſsima Chamedrij mira vis ad lienofos Chalcanti vfus quidoperetur Chymici forebantapud veteres: Cibm Chuslapidus quomodo apparetur. Cicutam uterinum furorem domare Cicuta virginum mammas detumat Cynorrhodi radix ad hydrophobiam Cyminum hominibupallorem inducere. Cyprinorum vfuspodlagricis infeftus Cyprini officulü caluarisad spilefiä mirabile Clarorum virorumexitus. Lorui morientiúm fæditatem fentiunt Colicu dolor quomodofanetur  Collegium veterum pro tuendaſanitate Cotoneorumfeminaadcombufta Confedtio fenibuspraftantiſſima Corpusutglabrum reddipofit Corpora venenatá vtnofcantur. Coralline vis adlumbricos Corniplanta hydrophobiam ſuſcitat Consensus de disensus animantium Corneliu Celji valetudinis precepta. Creationis mundi opiniones. 10 Croci metallorum.compofitio.:  Crinesmulierum qua via denfiores fiant Cupreff folia Strumas auferre. Cur fit vtquis clauos vomere videatur. Cucumeres oleum abborrent. Cur quiti impronisè moriantur. D. Ature flores Defunium capillorum ab hydrargiro, Demoris afturia apud indos. IS Democrittfedulitas in olei caritare. Demofthenes quomodocuraffet lingue impedimen Denti Dentium dolores bufonis tibia janari:  Dentium ftupor àportulacaremouetur Dentium dolores paſtinaca marina radio conquieſterr Defipientia mulieribus familiaris, Digiti annularis ſympathia. E. EBura quoartificiocolorentur. Ebriy variafufcipiunt deliria Echini ſagacitas in ventorum mutationibus Elephantte in fæminam mirusamor Empiricorumremedi4periculofa Epistola quomodo in ouo celetur Equam grauidam marem admittere. Equagrauida fomas occiditur,abortit Equorum teftes ad ſecundas depellendas praftan. tiſsimi. Equusphaleris accinctus acrior. fot. Asies rugata quomodo emendentur. Faciem hominis diuerfimode alterari Familia in Creta mire faſcinatrices Faces ardentes ex Betula corticibus Fætor extin &ta lucerna grauidisperniciofu Febricitantium fitis qualiter compefcatur Febrem à quodum pifceillico exitari. Fæmina aliquot inrares mutate,, Fæmina pruritu corripiuntur in pudendis in prima menftriornm eruptione. -Fæcula Brionie in affecte vteri Feniculorum femina aliquando exitialia Filij Filij â parentibus figna recipiunt. Ficorum efumfudoremparerefætidum  Filices ab agris qualiter exterminentur. Flores in Aegypto fine odore. Flamma quomodo in aqua excitetur. Fluuij aliquot mirabilis natura. Fructum vinearum, iumentorumg interitus pre ſagium Ferarum natura in hominibus mirum in modum deft. 8a Fons mirabilis apud Garamantes. Frigida post pharmacü exhihita, felici fucceffu Fraxinum ferpentibus inimicum: Furiofi in pleniluno,magis infaniunt. Futi vulnera quomodo curentur. Fungi ubi in lapides mutentur.  fumus hydrargiri quid efficiat Galenu,Medicorum princeps Aline appenfo milui capite furisunt. Galega, defcordij vis contra peftem. Gallinarum.stercus adfungorum viru.  Gallinarum adeps quomodo diu ſeruetw Gallina quomodofæcunda fiant. Gentium.don populorum ingenia. Germanorum mos circa coitum. Gigantes quando in orbe fuerint, Gymnofophifta apud Indos mirabiles. Grauidationis muliersus affertio.Grauida mulieres marein admittunt. Grauida conceptü quomodo valeant occisltare. Grauidaaliquando fætupariuntfine vnguibus. Gra  Greuide mulieres curpallida. Greci de Iudeorum monumentis nihiladduxe  H. Auftulus aqua matutinus falubris. Heclaignis aqua nutritur Hemicrania Gagate fubmouetur.  Homicrania à carduo benedi&to fanythr. Herfetes ceroro tabacci coufanari. Hellebori nigti ele&tio in Anticris. Hederam cumvino habere diſcordiam Hemorrboidailisherbe mira virtus, Hellebori nigriextra & nm.  Hybernie miraaerisſalubritas, Hidropsà viridi lacerto confanata Hydrophobosè poto catuli congulo aquam illico ap petere. Hippocratis opinio de balbisdefe&tiua, Hydrargiri minera quomodo reperiatur. Hyppiatriquo studioftellas albas in equorum fu cis confingant Hydrophobia rara dicuffion  Hydrargiri mira natura..Hydrargirum remedium eft advermes. Hydrargirum utilead celidolorem Hydrargirumremedium in pofte. Hydrargirum defluuium capillorum facere. Hominis vite longitudinis breuitatis figna, Homo repertus mira vaftitatis. Hominumcur aliquotfubtilioris, vel graffiorisin. genijfiant.  Homines Principis vitam imitantur. Horai. Homines inuenti miragracilitatis.  Hominis compofitionismirabilia Hominesquomodo fiant abfemy.  Hominum corpora olim vafta Ibis in degyptofolum moratur, Ignispraſidra admorbos fele &ta.  Infantes à quibusnutricibm ladandi. Infantis inumbilicum animaduerfio. Indi ante Hiſpanorum tranfitum variolas baud paffi funt. 88 Infania ex folano fyluatico quomodo emondetur Indus quidam longiffime vite. Infantes eiulareautoladein mammillu, Infantium ruptura ut curentur.  Infantes vipreferuentur ab epilepfie. Infantes ànutricibus mores recipere  Infantis umbilicum conceptum facere.  Inser Lupum eAgnum diſcordia. Inter brafficam, de vitesfympathis.  Iumenta clitellaria fibilo, cantu á laboribus fubleuari Aminas aris& vitrileo extrahi Lapidis ignem redensis compofitio. Lapathiam camas duras,teneruofacit, Lacerta apudIndosmira magnitudinis, Lu,fanguisaliquandopluers viſs. Lepusannis decemviueredicitur. Letargicos à Satureia vigiles fieri. Leonardi vatri de partu opinio.  Leones Leones aftatttertianam patiuntur.  Leporumnonomnes hermaphrodui, Leo timet Gallung. ISO Linteaapud Indos igne depurari, Littera aurei coloris quomodofiant: Lignum èviſco Latum diſcutita Lienem adcorporis turpitudinem valere Lolium praun inducit ſyptomata.  Lolij nocumenta Aceto fanari. Ibid. Lups afpe&tu homines obmuteſcunt. Irupi pauci reperiuntur,ones autem multa Zapi quomodo ouibus nacere nequeant., Lumaca lapispartum accelerat Ludi in conuinijsfeftiuiquales, Lupi,canes, doFeles ut curentur,  Lupi in fenio ſerpentesin renibus generant.  Luna confinusad inferiora, mirabilis.  Lue gallica canis infeftus Lumbricosquandoquegenerari virulentos  MAmirimum vitulum àfulmine non ladi, izg Aris yubri admiranda: Maleficas artesir Septentr. exerceri  Mascitius, quàm fæmina animatur, Maritimarumtempestatumprafagia Maculanigre in morbisquid portendant. Mădragoravitibus infundit vim ſoporiferam: Mares in mammillisſapè Lachabent.. Marina pallinace radiusad dentiumdelores yti lis. Mommarum sum vtero ſympathis Medicinepraktamsia quanta fit.. Menftrualisfanguinis immanita, Medea an fuerit venefica.  Memoriaquo prafidio augeatur. Mercury pojisura in hominūnatiuitatibus, quan tum valeat. Mergorum i anferum proprietas contraHydropho biam.. Mellis vfu vita vtiliffimus. Medicina multa abanimalibus capta. Meſpulilignum ab ab ortu preferuat. Menftrua plerifqs fæminis in fenio. Mirabiles in hominibusproprietates dari. Mithridates inculpatè venena bibebat. Mithridatis antidotum ad venena. Mirafontis inEpgroproprietas, Mille pedum preparatio adcalculos.  Mille folium aduulnera conſolidanda. Morborum prauorum natura, Morus planta prudentiffima. Morfusquidam à cane rabido latrauit.  Mors inArthritide quandofuccedat.  Mures futurorum praſcj. Muftela cur rutam comedat. Multa prafidia ab animalibus homines accepije.Mulierum capilli quomodo in vermes mutentur.zo Monftruofa Dæmonis apparitio. Mulieres pregnantes vt nofcantur. Muftella fanguisadepilepfiam. Mundi creatio.ornatus. Mullus sterilisatem producit. Mulierum pinguedoſuamis. Mutin  Mulieresrarò inebriantur. Mulorumgenuspropagare nequit. Mulieresin. Ponto animalibus.nocentes. N: Natura presidentia in brutis.. Natsuitates.hominum quando ob'eruende Natura arcanaprovira producenda. Neronis crudelitas quoque pads a nutrice wiginem fumpfit. Nero Tapfiam magnificauit. Nereides, Sirene lepe vifa fust: Nili proprietu admiranda Niues rubentes in Armenie. Nodi in vmbilico infantis quid sotentas Nuxairiftica quomodofiat vigore for O Learum fterilitatis preſagium: olei, vini,fegetumquefterilitatis prefagium. olei balneumproconkulfis laudatum. aleun amigdalarum dulcinm advariolarum veftigia probibendu. olea Minerka a yeteribu dicata:  slei cinemani raracampofis.  elina olinarum oleum adunguium pannas. tur. Par Oleum latris colicum affe& um domato  Oleum lixiuio miftum albeſcit. Opthalmia aliquando.folo afpe & u communicar  @ris ulceraquomodofanemtur: Oryalus viſu auriginoſos.sanat.. Orestis cadauer odto cubitorum. fa de corde Cersui.corina uznena.. Oxes capite mouentpluuialmininente. Quesalba ubi nigrefiant.  P Arimdi difficultasquandoqueà curto umbi lco prouenit. Paracelfafalſa opinio dehomunculipartu.Panaritiumqualiter illico fanetur. Parthi, Scytheque quo venenofagittas linjrent.Pestilentitemporeinter precipua præfidia.neris  Aifcatio fummum iudicatur. Papauer agreſte contra pleuritidem, Papauer ſolisfpheraminfequitur, Perfa.aliis coquinas replebant: Pediculicorpora morientium relinquunt Beftem ex occulta antipashia oriti. Penna Ibidis ſerpentes-terret,  Perniones:quomodo fanentur: Phalangii'ueneni opera. Phrensuci cur fortiſsimifint, Phrenetidem exnigro-corallio quiefcere Bhreneticialiquando mirabilia loqui. Pharmacum dare, quando periculofum.  Philomenaà vipera deuoratut. Pifa  Piſces marinifalubres, japidi, Pifiesfrixi quomodo in venenum tranfeunt. Pici mirandulani ingenium;  Picem cum oleo habere colligantiam Pici opinio de fcientiarum varietate  Portulæca foment contra lumbricosa Plurimamèterra furfum rapi iterumque deorfumi cumpluuiis precipitarz.  Polypodijmira viscontra cancrosa Porri caputquomodo augeri pofsit: Potentia imaginatiua in conceptu mirabilis. Planta fimileseffe&tu fimiles, vinute... Pluvia imminentisprofagia. Plumburglans in coli dolorepraffans. Prognoftica tempestatis pluusoſa. Prafodiam mirabile ad calculos Preſedia admiranda inangina. Pfli, do Marfi ferpentibus amici. Pulchritudo, deformitas afpeétuo quid portono. dat. Pulchritudo corporis quo termino confitna. $. Euella à teneris veneno odusara. Pulſus deficientes anfemper mali, Queen Vanium profit neris puritasin peffe.  Wartanarii improuifo rimore fananiky. Mr. Qua via volucrumpennacolorentur. Quartana quomododebellerur. Quibuscorpusflorsfcit,his lien decrefcit. Quo artificio es aduratur.  QuorumdamiAnimalium vitalongitado Quorumdam animalium naturl. Quorumdam homină virtutes, & ornamenta.  quo artificio mares ab. uxoribus. [tyfcipere vales Quo Artificio duriſsimafaxa frangerevaleamus. Quomodo in urdieriſomasexcitari valeamus. mks. R Aneterreftris oleum aditrumas ! Rexbarbarumcidoniatum gravidisfummum medicamentum.  Rerum Sympathiam in aliquot brutis Admirabi. lem effe;. Rută inter alexiteria medicaméta cõnumerari, Rores marini virtus miranda, Ruta mira. vis contra venenum. S jabbarici junijmiraproprietas, Sanguis menftruus quandoque ex oculis velgingi uis excluditur, Salis prunelle virtus,de compofitio. Sartyriam carnofum venerems excitat,flaccidum vero extinguat. Sanguis menstrualisexucis, ſcarabais venenū. Sanguis caninus hydrophobis vtilis. Saliua bominisfcorpionesnecat. Scarabei miraproprietas. Scarabai cornuti vis in febre ciendo. Sciffure laborum.usmanuum remed. Scythe quomodo diuabfque cibo vivant: Berpentesquibus fufficibusarceantur. Sene&tutisincommodah Sepermusinter mafculos meră retinet virtutã. Serpeniums ona, velgenitura in pornfumptaSerpenting gignunt. Singulis quopatto cohibeatar, Socij Diomedis in volucres conneri. Solis confuxm ad inferiora maximus. Solatri potencia contra parafitos.  fomniorsuspreſagia à Deoconcedi. Sodami -Gomorrbi fruétus vari. Solis defe & us quomodo comprehendatur. Spurij robuftiores legitimis fuus Spe& acula veterum vbi celebratamagis. Spuweis epilepticis non femper filo Spatiuwvil e fecundum Acryptias. Stygis Arcadiemortifera natura. Sirumarum mirum remediusa. Strumaper vrisano quandoquepurgalai Sterilituin bomine ytdiriwratur SAMIremedium temporepeffu. Succinum parium mulieris accelerare, Syrupus fpinæ infeftorie ad temelusume. SS SwimeisterSidera calidißima. T. sbacci vw apud Iudos. Talpeoleum ad Aruma. Taurifanguis inter VEREBANwerari. Taurilapillu veſice contracalcules. Taum Philoſopbw famen cabiberet. Ferro lenonia contra ventna. Tbagfia mira vis in facillasi. SO Thappa Thapſia veſsicas, do ademata excitat. Torpedinismira vis in capitis dolores. Trauli,cobalbi,do femilingues unde finns. Tuberum efufrequenti hominescadunt. Aleriane vis contra epilepfiam, V Variola,morbilli affe&tmnoni,  Verruce quomodo extirpentur. Verbena vis in capitis doloresi Verbena virtus contra frumas Vermium in corporibus hominum varia figura 18 periuntur Vermes rubei in cerebro adnati.  Verbafci florss Sole aecedente decidunt, Veterum fepulchra mitèconftrudia Veterum ruditasdo, in foribendovarietas. Vena ſarustella ſpleneticis auxiliatrix Veterum in nuptiisconfuetudo. Veteres equoram lacrymas admirabantur. Venenumà diſsimili extinguigecontra Vermes in cordis.capſula exorti Ventorum mutationes ab Echmo previderi. Vifusacies,in quibus fueritadmiranda. Víres collapſa odoribus reſarciri poffunt. Vitrioli, com fulphurisoleumad vermes. Vipera catellosfuosparit,utnutrit Vipera inter ſerpentes fola parit animal vinã.ibe Viperamorſus Hellebori nigri radicibus fanan. Vinum pro Afthmate ſele&tum Vito longena quomodo apparemme zur. Vina Vina alba quomodo rubra fant, Virginitatismulierum figna. Vitrum quo modo diuidarur. Vinum venenatumquibus profuerit. Vinum à veteribus feminis interdi & um. Vifcum quercinum epilepticis falutare Vitri puluerem calculus comminuere.Vimivſus elephanticis falutaris.Vlcera formicantia quomodo breui fanentur. Vricornu proprietas, bet cognitio. Volatilium, piſciumque fecunditatispreſagia. Vrtica folia ſalutem, vel mortem informi in lotio prefagiunf.  De Medicine praftantia. Edicina decçio demiſla eft: ita Mercurius Trifmegiftus apud Aegyptios ſapientiſsi. profectoad fluxilis natura goltre remedium Deus altiſsimus ho minibus conceſſit; vt fanitatem conſer. uare, &perditam recuperare commodè valeamus. lofa autemà vitæ conftituto termino, & à morte nequaquam viuen. sia omninoliberare; ſedcorpora à cor suptione, & feftinadiſſolutione præfer uarepotius iudicatur. Amazonescur mammasdextras refecauerint. Mazones illæ, tantum à ſcriptori bus celebratæ,propterea fibi má. mas dextras refecari curabant, vt magis A armis gerendis aptæ fierent; vel potius Demannum, & brachiorum impedire tur motus. Mihi zutem Galeni opinio 7. Aphor. 43.ex fententia Hippoc. admo dum placet; qui has mulieres id feciffe aferuit, vt manus dextra robuftior cua detet.Hocautem à ratione alienum mi. nimèeft, quippe nutrimentum,quod in mammam dextram à natura diſtribui debebat,totum in manum, & brachium immittebatur. Strab. Olearum fterilitatis prefagium. Ergiliarum occultatio, & emerso Sucularum tempeftuofi fideris, fi pluuiofam tempeftatémouerit, & vitis, &olei germinationé fuffocabit.Ex hac cauſa Democritus olei præuifa caricate, magna vilitate oliuas in toto co tractu coemit, mirantibus, quipaupertatem, do & rinam, & quietem homini oble & a. mento cffeſciebant: at vt apparuit cau. fa, & ingens dinitiarum acceffio,reftituis mercedem, contentusleita probaffe, 0. pes fibi in promptu eflc cum vellet. Ex Fran, luncino in Sphæra. Do&oris Medici, & Philofophi, Hortulus Genialis. DeMedicinepraffantia. Edicina decçio demifla eft: ita Mercurius Triſmegiſtus apud Aegyptios ſapientiſsi musfcriptum reliquit. Hát profecto ad fluxilis natura noltre remèdium Deus altiſsimus ho minibus conceffit; vt fanitatem confere uare, & perditam recuperare commodè valeamus. lofa autem à vitæ conftituto termino, & à morte nequaquam viuen. sia omnino liberare; fed corpora à cor ruptionc, &feftina diſſolutionepræfer uarepotius iudicatur. Amazones cur mammasdextras refecauerint. AMiszonesilla, tantum àfcriptori.. mas dextras reſccaricurabant,vt magis armis gerendis aptæ fierent; vel potius De manuum, & brachiorum impedire tur motus.Mihi autem Galeni opinio 7. Aphor. 43.exfententia Hippoc. admo. dum placet; qui has mulieres id feciffe aferuit, vt manus dextra robuftior cua deret.Hocautem à ratione alienum mi. nimé eft, quippe nutrimentum, quod in mammam dextram à natura diſtribui debebat,totum in manum, & brachium immittebatur. Strab. lib.11. Olearum fterilitatis præfagius. Ergiliarum occultatio, & emerGo Sucularum tempeftuofi fideris, fi pluuiofam tempeſtatemouerit, & vitis, & olei germinationé fuffocabit. Ex bas cauſa Democritusolei præuifa caritate, magna vilitate oliuas in toto co tracta coemit, mirantibus, quipaupertatem, do & rinam, & quietem homini oble & a mento effe ſciebant: at vt apparuit cau. $ a, & ingens dinitiarum acceffio, reftituit mercedem, contentusleita probaffe, o pes Sbi in promptu effe cumi vellet. Ex Frap, lundino in Sphæra. V  O aqua Nili, Nilifluminisproprietas uædam aquæ reperiuntur, quæ fæ. cunditatem proprietate quadam inducere celebrantur: ita eſt quæ ſua vi nitroſa, vt voluit Seneca 3. Natur. quæſt. natura. fæpè vteros per petua fterilitate occluſos aperuit, & conceptumfecit: Vnde mulieres in AE gypto,vtfcripfit Ariſtot.quinos, & qua ternos frequenrer fætus edunt; ratio non alteri tribuitur, quàm Nili aquæ, quæ illis in potu familiariſlima eſt. De Mundicreatione. N qua Anni parte Müdus à Deo crea tusfuiflet,diſcordes interſe ſcriptores funt, vt Hebræi, Iſmaelitæ, Chaldæi, Arabes,Aegyptij,Græci, & Latini.Mula ti enim in Aeftate, nonnulli in vere,alij verò in Autumno conditum fuifle con tendunt. Moyles fuiſſe in Autumno affe. rere videtur, cum in Geneli dicat, Ger minet terra berbam virentem, &facientem emen, Glignum pomifera faciens fru &tung iuxtágenusfuum.Ex Aegyptijs nonnulli A eſtate creatum afferunt. Inter Latinos Cardinalis Aliacenfis vere nouo condi tum voluit.Inſuper variant,quia Plane tas aliquot afferunt in mundi principio fuiſſe creatos in fuis domibus: Solem ſci licet in Leone, Lunam in Cancro, Martē in Scorpione, Saturnum in Capricorno, Venerem in Libra,Mercurium in Virgi ne, Iouem in Sagittario. Alij, Planetas volunt, in fuis altitudinibus, præter Mercuriú, omnes fuiffe collocatos. Que autem opinio fit verior, D.Thomas 4 fons dif. 2. artic. 8. videnduseft. Murium fagacias. Vres ex ônibus animalbusquo dám do cognofcuntur. Cum enim domus aliqua conſenuit, &ruinam aliquam iamcom minatur, primi ſentiunt; & reli & is fuis cauernis, priſtiniſque fiabitationibus, domum relinquunt, properè fugientes, aliudque domiciliú quærunt. Aelianus de var, hift.lib.z.& Leuisius Lempius do fest. nat. Pluuja Mamodofuturorum præcij effe Pluuioſa tempeftatis Prognoſtics. ' Ergiliarum occafus matutinus, lo nubile Coelo accidat, hyené plu. uiofam denunciat,fi fermo Cælo,alpe ram.Sic Veneris,aut Martis per Pleiades tranfitus aliquot dicbus pluuioſam ciet tempeftarem.Saturnus inſuper cum cor pore, aut radijs ad a &turum accedit, i dem minatur.Ex Plinio,óobferuat.Stadi. Agricola non femel tempeftates, & f renitates predicant. Vltos profe & o cognoui pafto res, plerofquc agricolas, quiin prædicédislerenitatibus, & tépeftatib. magnæ mihi erant admirationi, quare tanquamcnriofus fciſcitabar, qua via, &ordinc hęcſcirent?ratus forfan fimpli ces, &idiotas non poflc tanta certitudi. ne futura prænoſcerc;nifi vel Dei mu. nere, vel Demonisa & uid fieret. Exre latu diuerfas ftellarum conftellationes abijs experientia cognitas, no & u, ani. maduerti:quarüobferuatione vera pre M dicunt. Experti enim ſupt Pleiades in Autumno, quæ in principio no&is ori. untur cum Marte, velVenere mouere tempeftatem. Aréturum non fine gran dine emergere. Hadorum ortum & oc. cafum tempeftatem pluvioſam in regio. nibus noftris prænunciare; & alia, quæ in promptu tales habent, licet alijs no minibus hæc fidera nominent. Quare mirum non eft, priores ftellarum per fcrutatores circa carum prædi& iones multa nobis reliquiffe,cum id ſapientia, & obferuatione perfecerint, quod iam idiotæ fine magiftro facere valent. Valeriana miraviscótra epilephan. leriana ſylueftris, quęlpontènal. citur,præter innumeras, quæ ab au & oribus ei tribuuntur virtutes, hancia diù, in multis, atque in fe ipfo Fabius Columna in bifter, plant. expertam ape suit,vt ſemel,velbis radicis puluerisco chlearij dimidium cumvino,aqualadte, aut alio quouis decétifucco & proggro sicómcditate, & ætate fumptü,epilep Valeri Ga correptos liberet. Extirpatur ante quam caulem edat, & puerisexhibetur, & preſertim infantibus, qui morbo hoc facilè laborant. Retulit auctor ſe multis puerulis lac propinafle; multiſ“; amicis donodediffe: qui deinde diuino prius numine glorificato, puluerehuiusplan tæ illis reftitutá fanitatem affirmarunt. Transformationes hominumin beſtia as noneffe reales. Vædá monſtruoſæ hominü tranſ formationes in beſtias à multis au Storibus fcribuntur; & inter alias, de il la Maga famoſiffima Circe, quæ ſocios Vlysis in deftiasfertur mutaffe: de Ar codibus, qui forte ducti tranſnatabant quoddam ftagnum atq; ibi conuerteba tur in Lupos: de Diomedis ſocijs, qui in voluitres conuerſi ſunt, plurima'addu cunt. Hoc non fabuloſo mendacio,fed hiftorica affirmatione multi confirmat, vt in fpec. natut. Gib. Vincentius Beluacenſis retulit. Aflerunt enim (vt ajtSolinus )velmagiciscantibus, vel her barum veneficio in feras corpora tranſ formari. Dicunt in experimento Neuros populos Aeftatis tempore in lupos mu tari, deinde fpatio, quod his attributun eft exacto, inpriſtinam faciem reuerti, Anautem huiuſmodi trasformatiorea. lis ſit vel illufivè facta àDemone,D.Au guft.lib. 18. de ciuit. Dei ita nodum enu. cleauit: Quod transformationes homi numinbruta animalia,quæ dicuntur ar te Dæmonum faétę,non fuerint fecun dum veritatem; fed folum fecundum apparentiam. Quippe opus hoc tantum Deieft; vt in Concil, lacro A Acyrano fancitum eft. Demonis aftutia apud Indos. Erba, quam Tabacchum appella mus, apud Occidentales Iodos in magno cratpretio.Cum eniminter hos dere graui agebatur, ad Sacerdotemil. lico accedebat,quitotuoegotiúexpone bát. Sacerdos auté corá illis fronde, vel furculum Tabacchiſumebat, qua carbo. nibus inic & ta, fumum peros, & nares ex. cipiebat, & inftar mortuiin terrá cade bat. Paulo poſt conſumptis fumivirto bus in cerebro, reſponsa, ſed ambigua, prout Dæmones perilluſiones, & fimu Jachra fuggefferant, populo dabat;qua tanquam religioſa, & veriſsima cunati recipiebant. Ita profi eto hominum ini. micus Gentiles decipere confueuerat. Monardes de rebus Indicis. Quid Picusdefcientiarum varietate fentiret. CH *Vm quodam die Ioannes Picus Mi Urandula de fcientiarum varierate diſſereret,in Hebrçorú, inquii, Philofo phia, omnia funtveluti quodam numi ne facra, & in maieftate veritatisabdita Ceu prodigia quædam, & arcana myfte sia. In Græcorum veròdifciplinis, in genium, acumen, & omnigena eruditio apparet, vt nulla vnquam gens fuerit, quæ dicendi copia, & ingenij elegancia cam illis poffitconferri.InRomanaved sò Academia, ca ferè omnia, quæad ci. witaté, & vitæ morespertinent, &graui. *, & copiosè funt explicata,ac magni fica ficè diđa. Sic ve grauitas maximè Roo manis, & imperijmaieftas, Grçcisinge nium, &acumen; Hebræis do & rina fe. cretior, & quaſi diuinitasaſiribi poſsit, Crinitus da honeft. diſcipl. lib.g. Subditos, Principis vitam vtpluri. mumimitari Rincipis vitam fubditi maximopere imitantur. Hinc fa & um eft,vt ex Philofophica vita Marci Imperatoris, magnum virorum doctorum prouentu ærasilla tulerit. Solent enim plerumque homines vitam Principis æmulari iux. ta illud Platonis à Tullio in epift.ad Lé tulum reperitü: Quales fum in Republica Principes,sales folers effe cines.Quapropter ex bonitate Principis Marci, plurimila philoſophari finxerunr,vt abeo ditarë. tur. Ex Herodiano, & Xiphilino. Rutam allium ferpentibuset werfari. Vtä odor,allija; ferpentibus max ex teftimonio Ariſtotelis 9.de.biſtor. animal.c. 6. habemus muſtelam, cum dimicatura eft cum ſerpentibus, rutam comedere. Hac etiam ratione ducti Perfæ(auctore Simone Sethi ) coquinas allijs replebāt, vt ipfasà ferpentiú contagio tuerentur. Animaliaoriri, & viuere poſſe in ig ne compertum eft. Agna admiratione dignum eſt illud, quod ab Ariſt. s.de hiftor. animal adducitur; animalia ſcilicet oriri, & viuere in igne,cum elementum hoc omnia comburat: & nullatenus pu treſcat. In Cypro, inquit, infulaærarijs fornacibusvbi, Calcites lapis ingeftus compluribus diebus crematur,beſtiola in medio igne naſcuntur pennatæ,paulo mufcisgrandibus maiores, quæ per igne Saliant, & ambulent. Equidem fià tanto viro hocnon aperiretur; vix credere homincs auderent, cum totum rationi aduerſetur; fed hæc, & alia maiora à po fentiſlimanatura fieri poſſunt, 10 Lacus Lachs Affhaltitis mirabilis natura. Yommemoratione dignum puto Alphaltitis lacus naturam expo nere.Salfus ille quidem,ac ſterilis eft,fed tanta leuitate, vt etiam, quæ grauiſſima ſunt,in eum iacta fluitent:nec quiſquam demergi in profundum ne de induſtria quidemfacilè poſſit.Denique Veſpaſia mus, qui eius viſendica uſa illucaccelle sat, iuſfit quoſdam natandi infcios, vin &is poſt terga manibus, in altum deijci, & euenit omnibus, vt tanquam vi fpiri. tus farſum repulfi, deluper Auitarent. Joſepbas lib. 5.de bello Iudaicri.9. Piſces marinos falubriores, & fapidi. ores efe fluminum piſcibus. lices, tum pidiores, tum falubriores ſunt ijs, qui in fuminibus, ftagnis, lacubus, auc riuulis viuunt.Salfedo enim duriorem facit carnem, & fubtilioris fubftantiæ. Contra in piſcibus, qui ſunt in fiumini bus, &perinde eorú caro excrementitia eſt muccoſa, & infuauis. Vndeapud Co. lumellam extat lepidum didū. Philip pus cum ad Numidam hofpitem deue niſlet, & fibi è vicino fluminelupi for moſum appofitúdeguftaffet,ex puiſſet guc dixit: Peream ni piſcem putauerim ! vſque adco à Tyberino,velmarino dif. ferre putauit, vt illum piſcis nomine in. dignum iudicauerit. Mulieris cinni fogant ſerpentes, da in vermesmutantMr. ulierum capilli, quibustantopere gaudent, & pro quorum ſtructu ra in exornandis multum conſumunt te. poris,cremáei, ferpentes abigere vifi sūt: fin autem in aquam inijciantur, in ver mes non diù retenti commutantur. Plurimos homines aqui per tenebras, de per lucem vidiffe. Erum natura opulentiſsima admi ſus aciem,oculoſgue ſplendentes pręſti tit; vt multi felium more noctu vagari liberè potuerint. Legitur de Alexandro per tenebras æquè,ac per lucem vidiſſe; viſum adco acerrimum habuit Galenus, quod in lomnis, patefactis repentè pal pebris, magnamante oculos lucer via debat, vtiplede ſe fidem facit Hip port. Go Platon, plac.6.4. At mirabilior erat TiberijCeſaris proprietas; qui in tenebris exactè videbat;de qua re adeo admiratur Tranquillus, vt id pro mira culo ſcribat. Cibus fapidiſsimus quomodo apparetur. Viſapidissimum cibum habere de liderat, Gallinaceos pullos, qui la &te & panis micis laginati lipt, in menſa procuret, ij profe &to præſtantiſsimum ſaporem exhibent, mireque cum palate ineunt gratiam. Andereriam carycis nu tritus, tum ad medicinam, tum ad gula faporem eſt optimus, & piçlertim iccur. Vnde non mirum L in Inſula Hiſpa niola apud Indos, porci harundinibus zacchari faginatitantæ, ſapiditatis, & bonitatis ſint, vt febricitantibus etiam exhibeantur, Gigan eft muccofa, & infuauis.Vndeapud Co. lumellam extat lepidum di& ú. Philip puis cum ad Numidam hofpitem deuc niſlet, & fibi è vicino flumine lupi for mo ſum appofitú deguftafſet,exfpuillet guc dixit: Peream ni piſcem putauerim ! vſque,adco à Tyberino,velmarino dif. ferre putauit, vt illum piſcis nomine in. dignum iudicauerit. Mulieris cinni fogant ferpentes, do in vermes mutantur. ulierum capilli,quibustantopere gaudent, & pro quorum ſtructu rain exornandis multum confumunt té poris,cremári,ſerpentesabigere vifi sūt: fin autem in aquaminijciantur, in ver. mes non diù retenti commutantur. Plurimos homines aqui per tenebras, acper lucem vidiffe. REErum natura opulentilsima admi randam fæpiſsimè hominibus vi. ſus aciem,oculoſque ſplendentes pręſti tit; vt multi felium more noctu vagari liberè potuerint. Legitur de Alexandro per tenebras æquè, ac per lucem vidiſſe; viſum adco acerrimum habuit Galenus, quod in fomnis, patefactis repentè pal pebris, magnamante oculos lucern vi. debat, vtipfe de ſe fidem facit lib. 7.Hip porr. Platon. plac.6. 4. At mirabilior erat Tiberij Ceſaris proprietas; qui in tenebris exactè videbat; dequa re adeo admiratur Tranquillus, void pro mira culo fcribat. Cibusſapidiſsimus quomodo apparetur. QlideraGallinaceos, pullos,quila &e & panismicis laginatiſipt, in menſa procuret, ij profe &to præſtantiſsimum ſaporem exhibent, mireque cum palato ineunt gratiam. Anderetiam carycis nu tritus, tum ad medicinam, tumad gulæ faporem eſt optimus, & pięlertim iecur. Vnde non mirum G in Inſula Hiſpa niola apud Indos, porci harundinibus zacchari faginatitantæ, ſapiditatis, & bonitatis ſint, vt febricitantibus etiam exhibeantur, Gigantes in orbequando fuerint? G. Igantum foboles paulo ante Dilu (uium apparuit, patet hoc in Geneſi c.6.quando ingreſſi ſunt blijDei ad fili as hominum: poſt autem Diluuium aliqui fueruntgigantes, qui tamen non multo tempore durauerunt. Bonitas e nim naturæ (vt inquit Abulenfis c. 3: Deuteronomij) in cibis, & afpectu cæli ad terran habitatam remen humanum in tanta virtute continebat, vt tanti robo ris, & ftaturæ homines ætas illa produ. ceret; Poftea paulatim deficiente natu, ra,tanquam ad fenium múdus ifte decli. nauit, & humana corpora cum viribus minorata funt. Adfacies mulierü rugatas ſelectum præfidium. (N gratiam rugatarum mulierum, & quæ maculas in viſu fortitæ fuerint, quo ſenium, turpitudinemque faciei abfcondere valcant, optimum adduca mus præſidium. Alumen tritum, & cum recentis oui albumine agitatum,ſi dein de ferbuerit in olla,& { patula ligno coti nuo mouebitur,in vnguenti ſpiſfitudi nem tranſit. Hoc f biduo, vel triduo facies mane & vefperi collinitur, non modò emaculari & erugari, verum ſum mepulchram &gratam eam reddi ani maduertent. Maxima eft folis excellentia, do in hec inferiorainfluxus. Am maximè Homerus Solis natura, & excellentiam admirabatur, vt illú Deorú patré,hominūá; vocauerit. Ipfe enimomniú aftrorú Rex eft, & tempora cuncta moderatur: annos,menfes, & di os diſtinguit, & efficit; nos fua luce læti ficamur, & eiuscalore ſanamur. Ipfe vi. rentes herbas, & terræ nafcentia germi. narefacit, & flores redolere. Ipſefruges, producit, fructusmaturat, aerem puri ficat, lucem affert, tenebraſque repellit, elementa tranſmutat,animalia gignit, gemmaſque pretiofas cum admirandis viribus ex terræ viſceribus mira virtute spitøre facit, Hominųm ipſe, cum ho mine Gigantes in orbequandofuerint? Glucos Igantum foboles paulo ante Dilu (uium apparuit, patet hoc in Genefi c.6.quando ingreſſi funt alij Deiad fili as hominum: poſt autem Diluvium aliqui fueruntgigantes, qui tamen non multo tempore durauerunt. Bonitas e nim naturæ (vt inquit Abulenfis 6. 3. Deuteronomy )in cibis, & aſpectu cæliad terran habitatam femen humanum in tanta virtute continebat, vt tanti robo ris, & ftaturæ homines ætas illa produ ceret; Poftea paulatim deficiente natu, ra,tanquam ad fenium müdus iſte decli. nauit, & humana corpora cum viribus minorata ſunt. Adfacies mulierürugat asſeleétum præfidium. Ngratiam rugatarum mulierum, & quæ maculas in viſu fortitæ fuerint, quo ſenium, turpitudinemque faciei abſcondere valcant, optimum adduca mus præſidium. Alumen tritum, & cum recentis oui albumine agitatum, fi dein de ferbuerit in olla, & ſpacula ligno coti nuo mouebitur,in vnguenti fpiffitudi nem tranfit. Hoc ſi biduo, vel triduo facies mane & vefperi collinitur, non modò emaculæri & erugari, verum ſum mepulchram &gratam eam reddi ani. maduertent. Maxima eft folis excellentia, din hec inferior ainfluxus TO Am maximè Homerus Solis natura, & excellentiam admirabatur, vtillu Deorú patré, hominúý; vocauerit. Ipſe enim omniú aftrorú Rex eft, & tempora cunctamoderatur: annos,menſes, & di es diftinguit, & efficit; nos fua luce læti. ficamur, & eius calore ſanamur. Ipfe vi. rentes herbas, & terræ nafcentia germi. nare facit, & flores redolere. Ipſe fruges producit, fructus maturat, aerem puri ficat, lucem affert, tenebraſque repellit, elementa tranſmutat,animalia gignit, gemmaſque pretiofas cum admirandis viribus ex terræ vifceribus mira virtute qpicere facit, Hominum ipſe, çum ho minegenerat,& tandem quicquid in ter ra oritur, & occidit, corrumpitur &ge neratur, in eius poteftate eft:fic ait Ari ſtot.z.degener.d corrupt. quod propter acceſsú, &receffum Solis in circulo ob liquo,fiuntgenerationes, &corruptio pes. Hæc, & alia tali lideri Creator om. pium largituseft. Falfißimum eft Salamandramin igne viuere pole. B Ariftotelc, & Aeliano,Salaman dram non modò in igne viuere, verum etiam illum extinguere proditú eſt. His ſuffragatur Plinius lib.io.c. 67. qui tantum alleruit Salamandræ rigore elle,vt igné glaciei ad inſtar extinguat, Hi autem famigeratiſſimi viri dormi. tare videntur, cum omnia & comburi, & conſumi ab igne poſle iudicentur, Falſum ergo axioma eſt;breuique fpatio animalillud, antequã comburatur, licet rigidiffimú foret, in igne viuere verifia mile eft.Totú hocexperientia innotuit. Narrat enim Matthiolusin Dia foridisin agro Tridentino,Veris,& Au. Tumpi tempore,maximam Salamandra rum copiam reperiri, fe autem,vtexpe rimentum caperet eius, quodde Sala mandra vulgo fertur, plurimas in igne conieciſſe, fed eas prorſus exarſifle,bre uique penitus eſſeconſumptas. Sabbaticifluuj admirada proprietas. I Nter Arcas, & Raphandas ciuitates (teſtimonio Iofephi.7.de bel. Iudaico ) regni Agrippę, Sabbaticus fluuius repe ritur, ita à leptimo die, quem ludzire ligiosè colunt, appellatus. Hic copiofus fluit, nec meatu ſegniseſt, mirabilemg; naturam obtinuit, liquidem interpofitis lex diebusà fonte luo deficit,audumq; & ficcum alueum relinquit. Quod auté mirabilius eft, nulla mutatione facta ſeptimo die fimilis exoritur, talemque continuo ordinem obferuare pro certo ab omnibus cognitum eft. Quam fitexitiofumpro lattandisine Fantibus vitioſas eligerenutrices. Vtrices pro lactádis puerulis ma lis moribus imbutas, vitiofas, in. B eptas, crudeles vel ſuperbas reijciendas exiſtimo: mites autem, benè moratas, fine vitio, & prudentes cligendas. Pueri enim ex ijs educati ob acceptum nutri mentum à parentum natura recedunt, & 1 ad nutricisvitia, vel prudentiam aliquá inclinationem habent. Indelegitur Ne Pi ronem crudeliffimum à fuis progenito ribus longè degeneraffe(quamuis pravá inclinationem vincerepotuiſſer) ijenim benigniffimi fuerant: ipſe autem à crue delillima nutrice lactatus, & connutri tus, propriam matrem interfecit. Menſtrualisfanguinis mulierum immanitas. Aximum contagium in mulieris i ei F credidit.Refert enim nouellas vites eius pernecari contactu,rutam, & hederam illico mori, apesta & is aluearijs fugere, lina nigrefcere, aciem in cultris tonſor rum hebetari, æs graue virus & ærugi nem contrahere: equas, li lint grauidæ, ta &tas abortire,multaque alia pernicio famala ex illius contactw fieri tradidit. Sed longe à veritate diftar hic auctor: cuiuslibet enimmulierisfanguinēmen i ftruum virulentum effe falfamum eſt, quippe in ſana muliere, non differt & Yanguis à fanguine vitiumque illius in i quantitate tantum perliftit,vtbenè Ca piuacceusin fua Praxi recenſuit, fecus eft in morboſa muliere, ex menftruali enim iſtius fanguine nõmodopericula, quæà Plinio adducuntur, eueniunt, ve - rum etiam alia. Equidem canes epoto · menſtruo in rabiem vertuntur. Homi nes in he & icā, & phthiſim, fià veneficis, eis in potu tribuitur, deueniunt: Oleze contacte ſterili fcunt. Alia ctiam ex il lius virulentia contingunt, quæ reticere melius eſt. Frigidumpotumpoſt pharmacum af fumptum magnæ vtilitatis afue tis fuiſſe. Egrotabat oliin in Sicilia Prorex Ioannes à Vega: ſumptoque Phar maco ſegniter purgationem habebat. Medicusfamiliaris, vtaluum irritaret, juris pulli ſine ſale pararú cyathum co B 2 A ram Principe habebat; illumque nau. ſeantem, & tale brodium abhor. rentem, vtebiberet exorabat. Super ueniens autem Philippus Ingraſsia, iua ris vice, libram aquæ frigidæ cum vn cia zuccarimediocris albedinis propi. mauit. Erat enim ille frigidæ potioni af fuetus,atqueiecore percalidus. At frigi. da cpota, deſtructa eft confeſtim naufea fedatilque nonnullis in ore ventriculi morſibus, talem è veftigio purgationé feliciter perfecit, vt gratias referre In graffiæ pro tali frigidæ potione,cupiens, argenteum illud vas,in quo repofita fri gida fuerat, pretij aureorum nummo. rum quinquaginta, gratiſsimo animo donauerit. Ingraff. de.frig.por.poft medic. Verrucas cuiufdam animalculi liquo reperfanari. Eferam quod mihi in Apuliæ quo dam loco, circa verrucas fucceflit. Expetebat à me quidá nobilis, qui ma. nusà verrucis nimis deturbatas habebat aliquod pro illis abigendis præſidium. Ego coram nonnullis multa,quæ aliàs RII veriſſimaefle comprobaueram,illicon it'o fulebam.Inter hosrufticusquidam ino to pináter,fe ele &tiffimum habere remedia pro ijs penitus dirimendis non rogatus I. faſſus eſt. Sciſcitor quale fit, animalcu Di lum eſſe dixit: ad experimentum veni Before mus, ægro confentiente. Ruſticus ani. i malculum inuenit. Hoc'in floribns 1. Eringij, & Cichorez æftiuo tempore uk moratur,eft coloris calaſsini, cum ma of culis rubeis, & quodammodo aſsimila tur proportionecorporiscantharidiyli y cet paruulum ſit. Acceperat aliquot 12 i- fticus, & ſingula in ſingulis verrucis digitis exprexit: exibat liquor quidam, o manus intumuit, & doluit,fed cum mo. derantia: intra tres dies detumuit, & fana facta eſt, nec verrucę ampliusviſę ſunt. Tauriſanguinem inter lethalia vene na connumerari. Nter atrociſsima, & fuffocantia ve nena Tauriſanguinem recenter epo tum connumeramus; congelatur enim 2. in ventriculo, reſpirationemqueimpe s diens, hominem fuffocat. Themiſtocles B 3 Athe Inesta Athenienfis tanti veneni tentauit expen rimentum. Hic enim ciuium inuidia à Patria relegatus,ad Artaxerxem confu git, à quo diues factus eſt.Dum autem in patriam ingratiam Artaxerxis pugnare cogeretur,in Dianæ téplo,hauſto Tauri fanguine, vitam cum morte commuta uit.Ex Plutarcbe. Quo artificio duriſsim afaxafrangen re valeamus. Aris ſaxa non alia re frangendag quam larido accenfo retulit Ola us.Hoc equidem rationi conſentaneum efle ducimus, cum pinguehumidum,fax lique commiftum illud fit, ob id enim flamma potens & acris eſt diùque ma net. Annibal verò dum Alpium rupes, ingreſſurus Italiam, comminuereopta ret, faxa potentiſsimo igne concalefacta; acerrimo aceto humectabat;: ita enim ea molliebãtur,& in fruſta cædebátur, fra ctioniq; facilior erat locus.ex Tiro Liuip. De lapidis Asbeſti mirabilivirtutes LAsbeſtos lapis,qué Arabia, & Arcadia producit, fi verus & probus fuerit, femel accenſus perpetuam flammam retinere videtur.ExhocGentilestemplorú cane delabra conficere folebant, clarè ani maduertentes fortiſsimam flammam & i * inextinguibilem elucere, quęnecabima bribus,nec tempeſtatibus extingueba tur. D. Auguſtinus lib.21.deCiuit.Deiz. Athenis Veneris Phanum fuiſſe referty in quo de di&to lapide lucernæ conſtru Etæfuerant,quæ aliqua intemperie ex tingui minimè poterant. Aegypti Reges opera magnifica, &admirane da Antiquitus conftruxiſle. Pera ab Aegypti Regibus conſtria & a omni admiratione digna ſem per exiſtimaui. Hi porrò Labyrinthoi rum,Pyramidümqueprimifuerunt au & tores, & Mauſolea fepulchra, & Obe. Hifcos erexerunt, Ferunt admiffo faci: nore, Pheronem Regem è veftigio vi-, Cum amififfe,decennioquecæcum -fúiſle. Vndecimo autem anno ab vrbe Buci, accepto Oraculo, quod viſum reci peret, fi oculos mulieris, quæ tantum B 4 lui ſui viri amplexibus contenta fuiſſet, cum terorumque virorum expers, lotio ab luiſet. Hic ante omnia vxoris lotiura tentauit, cum autem nihil cerneret in. finitarum mulierum vrinam experiri voluit; viſuque recuperato, præter eam (vxorem enim eandem duxit )cuius lo tio vilum accepit, omnes concremauit. 'Abea autem calamitate liberatus, cup alia in alijs templis donaria pofuit, om nia egregia ad memorię diuturnitatem, tum maximè memorabilia, ac fpe &tacu lo dignain templo Solis gemina faxa, quosobelos vocant à figuraverucēzenam cubitorum longitudinis,octonum lati tudinis. Pelõdor. Virg.ex Herod. lib.z. Cacodamonem malinuncijpræfagium aliquando attuliffe. Arcus Brutus cumexercitu ex A Gia nocte media & profunda dum fplendidum erat lumen, & filentium vndique caftra tenebat, multa fecum memoria recolebat. Cum autem ad fe venire aliquem præſentiret, intentus MarcusBrutus cumexercituex A  intentus ad introitum afpiciens,horren dam, & monſtruolam corporis feri & terribilis ſibi aſliſtere imaginem reſpex it.Quis (inquit)interrogans erutus,ho minum, aut Deorum es,quid tibi vis? quidad nos veniſti?Murmurans ille,tu. us Ô Brute(dixit)malus genius ſum, in Philippis me videbis. Tum brufus nihil perterritus, Videbo, reſpondit,cogita. bundusqueaccubuit. Verum Caſsiana cognita clade deinde, cogitationeſque fuas videns, & fpes fallaces ſublapſas re tro referrifin Philippis fibiipfi mortem coniciuit.Ex Plutarcbo. olei, vini,ſegetumgſterilitatis prafagia. Irij vefpertinus occaſus, fi biduoana teuertat, vel fequatur Plenilunium, fegeti rubiginem,&foreftentibus vre. dinem pronunciat. Procionis occafus veſpertinus,fi interlunio eueniat, flores ti yiti, & oleu germinanti iniuriam ex vredine adfert.Aquilæ verfpertinus ex. ortus, & Arduri occalus, in Pleniluniú B S incidit, & olei& vivi ſterilitatem, vtros quetum florente denunciat Ex Iunitino - deris falubritatem advitæproduction anem maximopere videmuscon: ducere.. N Hybernia quaſdam Infulas, ir quia bus homines longiſsimæ vitæ funt, re periri compertum eſt,tanta eft enim ibi: aeris ſalubritas,vtvita humanalongiſsi me producatur, Cum autem ad maxia. mam ſenectutem homines deueniunt, deficiente pauliſper humido radicali, caloris naturalis opera, quia anima pro-. pter complexionis bonitatem recedere: nequit, in corpore magni ſuſcitantur dolores: Idcirco illius regionis homie nes poft diuturnos labores, vitam aber forrétes, longèà propria regione fede portari procurant; præſertimque ad lo. cum minus falubrem, vbifaciliter mon n'antur. Abulenfis in Genef.c.2.6. Anania: in Vnis.Fabrica. Linica.magna proprietatisapud! indos fiering 1 Maximi valoris lintea ex Asbeſti. no lino,& Amiancho lapide con texere Indiani fo !ent. Hæc in ignem; proie & a flammam quidem concipiunt, detrimentumautem nullum recipiunto Cum autem vſu commaculata Indi hæc lintea depurare coguntur, (ſpreto more noſtro )non aqua,non cinere, vel ſmege mate vtuntur; fed in ignem proijciunt:: certiſsimoexperimento perdocti ab eo non cóluni modò; ſed potius-exempta. fplendeſcere,nihilqueillis deperire. Ta.. le Carolum V..Imperatorem nonnulli habuiffe ferunt. Mizaldus. Hominibus àgraui valetudine opa preffis varias hominum figuras appa: rnilleſepißime, expertum oft. Ignum ſpeculatione illud fempers primuntur valetudine ex affe &to cere. bro, an actu Demonis figare diuerſçapa pareant? Quippèno ſemel audiui, non. mullos. Dæmanes,alios verò fæminas. B 6 vidiſſe, vt inter cæteros Alexander ab Alexandro de ſe teſtatur. Cum (inquit) Romæ ægravaletudine oppreffus eſſem iaceremque in lectulo,fpeciem mulieris eleganti formamibiplanè vigilanti ap paruiſſe confiteor, quam cum infpicerem diù cogitabundus,&tacitus fui, repu tans nunquid ego falfà imagine captus, aliter,atque res eſſetafpicerem,cumque meos ſenſus. vigere, & figuram illam pufquam à me dilabi viderem, quæ nam illa effet interrogaui, quæ tum fubridens & ea quæ acceperat verba reſpondens, quaſi me planè derideret, cum diù me fuiſſet intuita diſceſlit. Quomodo au hæcfiani in lib. 1. de pita hominis difa fusè enucleamus. Hydropes lethales multoties ab occul. tis,abditiſq præfidiisdifparuiſſe. Vltiequidem morbinon à me dicorum remedijs, fed à caufis abditis curati funt.Refert Schenkius l.be 3.obferuat. Medicinal, Chriſtophorum quendamin deſperata hyeme, ab hs drope lethali hac via fanatum fuifle. Illi dormienti in Sole aprico lacertus viri. dis occurrit in laxatumque eius finum irrepfit, & toto cotempore, quo dormi. it,per tumentem,nudatumqueventrem oberrauit. Poft horam expergefa & us lacertum in ſinu ſubfultare animaduer tit, quem veluci homini amicum & in noxium dimilit. Huic ab eo tempore hydropicus tumoromnis,citra alia re media intra paucosdies ſubſedit, & diſ paruit. Quicafus mirabilis eft: & non minori admiratione dignus, Bufonis fylueftris, quam fit proprietas. Hoc e nim animal fi per ventrem fcinditur, & fuper renes hidropici ligatur, aquofita tem per vias vrina, quæ in Aſcitelupet abundat,mirabiliter educit.Hoc VVie rus expertuseft,Napaulli ſecreto rema dio hydropicorum aquas Colubri a quatici lapide ventriapplicato ſenfim abfumunt. Infuper vituli marini pelle aquam corpori fuffulam Hermolaus Barbarustolli prodidit. Cæca igitur,& abdita via multos hoc morbo ſanari comperimus. B7 Mediana  II Medeamà veneficiorum calumnia a Diogene fuilevindicatam., moriæ ſcriptoresmandarunt,Meo. deam illam concelebratam magicis arti bus, maximam dediffe operam, ijſque latiſsime fúille inſtructam.Hic.n.apud Srobæum dicebat,Medeam fapientem, non veneficam fuifle, que acceptis mole libus, & effæminatishominum corpo, ribus confirmabat ipfa gymnaſijs,acex ercitationibus, & robulta vigentiaque reddebat.Hinc, vt veriſimile eft,faina emanauit, quod illa coquendo carnes hominibus ivuentutem reftitueret, Si. enim ad ea, quæ de ipfa dicuntur, quod nocturnis horis coram Luna proftrata maleficia fuo nudato corpore pararet, refpicimus, vt patet per Seneca in Tras gæd.7.Quod vero alia attinet de quie bus ipſam accuſent, neſcio quomodo. ab infamia eam liberare valeamus. ImPlenilunio vtplurimum furioſos: vehementius infanire Luna dum Soli opponitur, vehementius furiofos infanire obſerua-: mus: tunc enim ex. fuperabundantium humortin copia-cerebrum ad cranium vique intumeſcit,eofque ad furiam du.. cit.Hac (vt reor) caufa, furioſos Britan. ni luna quarta decimaverberibus affli., gunt, conſiderantes ſailicet ſanguinem, & fpiritum tunc temporis efferuefcere.. Verbera.autem non fine ratione ad talie um ſalutem conferre videntur; vt enim larga proſperitas ad inſaniam homines, ducere potenseft:ſic dolor, & calamitas, prudentiam inducere conſueuit: quod, fapientiæPrinceps perbellè fignificauit: dum dixit, affli &tionem tribuere intele lectum.Bodinus in tbeat.net, Annicomputumdimē ſuramàquin bufdamnationibus ru diordine fuiffeconstructiuni Noi.certus modusapud felos Ar gyptiosfemper fuit, eorum enim Sacerdotes ab Abrahamoedocti,& verá anni-menſura, & Solis curſumcogno., frese fcere valuerunt. Apud alias nationes di ípari numero, parique errore annus no tatus eft:fiquidem Arcades trium men. fium annum faciebát. Lauinij tredecim. Acananes fex.Gręci reliqui .diebus. Romulus annum decem menſibus, qui 304.dicbus conficiebatur ordinauit.Hic å Martio incipiebat,eo quod Marti fuo genitori credito, menſem hunc dicaue rat.Numa poft Romulum quinquagin. ta dies computo huic addidit, annum. que conſtituit 354.diebus. At. C.Cæſar Aegyptios imitatus, ad curſum Solis, quidiebus & quadrante conſtituie tur,annum dirigereftuduit. Céſorinus, & Suetonius. Solatri maioris, e Serpent arie mio norispotentiacontraparafitos mirabilis eft. Irabilis profecto Solatri maio. ris, fiue herbæ Bella donna radicis potentia eft: fi enim contrita, & exiccata vnius ſcrupuli pondere per horas ſex vino infunditur,illudque facacolatura uno homini potui datur,vt illecibum guftare nequeat,efficiet. Hoc paraſitis idoneum eft remedium,hi'enim aperto ore,tanquãomnia deuoraturi,in menſa cófident;fed hac via pænas luent, quip pè alios vidcbunt comedentes, ipſi ta men inſtar Tantaliin menſa fameſcent. Vnde apud conuiuas ridiculi, & confuſi apparebunt.Sanantur hiconfeftim ace to bibito.Idem facit radix Aron, fiuc -minoris Serpentariæ in acetarijs recens contrita;qui enim guſtauerit, apparebit Suffocari cibumque relinquet. Sanatur hie allio comefto. Ventorum ortum,occafumque terre Arem Echinuinmira fagacitatehomi nibuspraſagire. Erreftris Echini, quiautumnalitě. pore in vineis, dumoſilque fpinis verfari præcipuè conſueuit, in ortu oc cafuque ventorum præfagiendo mira l'eft fagacitas.Horum porrò latibula du obusconftru &ta foraminibus, quorum alterum Boream, alterum verò Auftrú reſpiciat,conſtructa reperiuntur. Pre fentientes autem Boream Auſtrum,ali umve ventum fufHaturum, longè abe orum ortu, vnum vel alterum cauernæ meatum obturant; ventorum enim cog nitio-ijs innata eft, vtab ipſisſe tueri va Jeant.Hoc ordine Venatores Echinorú Jatibula, eorumque fagacitatem cond derantes, nulla ſtellarum obferuatione habita, fed folum ex cauernarum mea. tibus clauſis,velapertisVentorú indagia nem cófequentur. Ex Plutarcho in Dialog. Animi pudorem, timoremque hu. manorumcorporum diuerfimoda faciem alterare. agna inter animi pudorem, & ti morem cum vtrumque fit triſti. riæ foboles, videturdiſparitas:quippe in pudorehomines facie rubefcunt,timen tes verò pallefcunt. Natura(vt inquit Macrobius 7. Saturn. ), cum quid ei oc currit honeſto pudore dignum, imum petendo penetrat ſanguinem,quo conto moto diffuſoque cutis tingitur,rubora; saluitur, Thelelius auté (vt ex Taſſone citatur M  citatur) faciem in pudore,voluit affe &iū recipere, & proinde erubeſcere. Hocà ratione alienum haud eft, fiquidem vo lunt Philoſophi naturam pudoretacta, fanguinem,inftar velamenti ante fe ten dere.Experientia infuperhoc docet, e rubeſcentes enim manum fibi ante faci. em frequenter opponunt. At timentes palleſcunt,quia natura cũ quid extrinſe. teoccurrens metuit, in profundum de. mergitur: ita &noscum timemus,late bras quærimus, & loca occulta, Natura itaque defcendens,vt lateat,fanguinem fecum trahit, quo demerſo dilutior cuti. humor remanet,pallorqueſuccedit. Animaliaex putrigenita materit inmundi primordio minimè fuiffe. Væ ex putri materia generantur, ſex animalium genera communi ter exiſtunt. Quædam enim, vt bibio nes, quæ ſunt minutifsima animalia,ex vini exhalationibus fiunt,vt papiliones ex aqua.Quædã ex humorú corruptio pibus proueniunt: vt vermes in fter core,velciſternis. Quædam ex cadaue ribus, vt apes ex iumentis:crabrones,fi ue muſcægrandes,quæ volando ſonant. Scarabæi liue mufcæ virides ex equis, vel canibus mortuis: fcorpius de caucti mortui carnibus:ſerpens de medulla ſpi næ humanæ. Quædam ex lignorum pu tredine, vt teredines, qui lunt vermek intra ligna, quando non abſcinduntur tempore debito, exorti. Quædam ex fructuum corruptione, vt girguliones ex fabis. Quædam ex herbarum corrup tela, vttinex.Hçc autem in mundiprin cipio immediatè à Deo creata fuiſſe, nulla ratio confiteri cogit,cum ipſa na turaliter ex corruptione procedant;poſt autem mundi exordium huiuſmodi ex corruptelis generationes eueniſſe verili mile eft;Deus tamen feminarias cauſas horum materijs indidit, fine quibusori. ri non potuiſſent.Abulenfis in Genefi 6.2. Defygis Arcadia mortifera natura, Alexandrimorte. Circa  Gerialis. ferunt, ille, CircaNonacrinin Arcadia,fons quidá teperitur è petraexoriés, quęStyx ab in colis appellatur, tantæ mortiferæ natu rę, vt ſumma celeritate corrúpat corpo ra. Equidemprotinus hauſta (Seneca teſtimonio 3 quaft.natur.)induratur,in Itarque gypſi ſub humore conftringitur, & ligat viſcera.Quia autem, nec odore, nec fapore notabilis eft,fæpè fallit, nec ea epota,amplius remedio locus eft.Fe runt nonære,non ferro, non teſta aquí huiuſmodi continere,necaliter quam in equi vngula ferri poſſe. Huius vemeni potu,magnumAlexandrum in Babylo. nia fuiſſeextin & um multi ſcriptoresre medico,ob aquę feritatem in media po tione repentè veluti telo confixusinge muit; elatuſque (vt ait Iuſtinus) è conui yio ſemianimis, tanto dolore cruciatus eft,vt ferrum in remedia poſceret, & è tałtu hominum velut vulnere indole. fceret. Achores tineafque capitis,ex bufonis oleofeliciter fanari. Dum 46 prope Luceriam Apuliæ ſemel me dicinam faceren, ibi quendam achori bus,tineiſque per multos annos turpi. ter affe & um,cui varia fuerant applicata temedia,omnia tamen inutiliter, prop termorbi reſiſtentiam repperi. Tande noſtro conſilio hicele &tè ex pharmaco purgatus, folum linimento ex oleo in quo ad exactam co &tionem Bufo fue Rana terreſtris ebullierat, optime cura tus eft, quippe fimplici hoc remedio per paucosdies in capitevtens, fanus, & capillatus fa & us eſt; durante autem lini mento piliersortui,vulſellis à chirurgo extirpabantur. De Cerui lachryma, eiuſque in ciendo fudore potentia. Antæ creditur elle efficaciæ Cerui lachryma in Tudoreciendo, vt' li grana quinque vel ſex potui dětur, totü corpus fere folui iudicemus.De hac lo quens.Abinzoar lib. I.tra &. 13.6.6. le tria grana Azir filio Regij magiſtri equitum in lacte, vel aqua cucurbitæ, vel.roſatæ exhibuiſle:retulit,illumque à virulento ictero liberaffe.Hæcautem in Ceruis ante ceptelmum annum (teſti monio Scaligeri)nulla eft,temporis au tem proceſſu generatur, & in iuglandis molemaccreſcit.Dicitur magnam habe read venenum efficaciam, vt in Afia fe Hiciſsimo fucceflu fæpè experiuntur. Vires infirmorum collapſas, odoribus refarciripoffe. Nfirmorum deperditas vires non potionibus modò, verum atqueodo, ribus reftaurari pofſe obſesuatum eft. Aiunt enim Democritú in dies aliquot, amicorumgratia pomi odore vitam fic bi prorogalle. Hinc multi panem cali dum vino odorifero immerfum nari busadmouentægrorum, quem a tem. poribus, & coſtis cataplafmatis more imponimus,vtique vires egrigie reſti tuimus. ConciliatorApponenſis mori. búdá vitá, ex croco, & caſtoreo cótuſis, vinoq; cómiſtis producere fecófueuifle tefta.  teftatur,ſenibuſque eam compofitioné exhibuiſſe, nullatenus olfa & u magis quam potu profuiſſe. Ferreriuslib.2.Me thod. De olei Balnei mirifica in morbis præftantia. O Lei Balneum, vt Herodotus anti quiſsimusmedicus prodidit, quià diuturnis affliguntur febribus, à laſsitu dine, vel neruoſarum partium dolori bus oppreſsis, conuulfis, & vrinæ, fup preſsis laudatiſsimum, ac ſalutare efic remedium experimur. Vidit huius pre ſidij experientiam Heurnius in quoda extenuato, ac ferè exhauſto, dumeflet Patauij:illum enim validiſsima occupa uerat conuulfio, at tepidi olei pleno vafe immerſus,ac fotus fanuseuafit.In lib.no ftro de Hydron.nat. Adam & fuos contemporaneos, perfc. etiſsimamrerumnaturalium ha buiffe cognitionem. Nter aliasrationes, quas Abulenſis in Genef.in c.f.de longiſsima vitæ pri. morum parentum,quiannum ferè mila Jeſimum ateingebant,retulit,hácaddux it;quod'Adam'rerum naturalium perfe Etamà Deo cognitionem habuit.Intele lexit enimfru & uum, herbarum, lapidú, lignorum, animalium, mineraliumque virtutes, & do&rinam, quibus vita hv mana diutius conſeruari poterat; quæ omnia contemporaneos,(vt ipfi etiam vitam producerent longiſsimèJedocuit. Hæc autem cognitio, & ex diluuio, & gérium diuifione perdita eft. Reperiun turtamenin præfentiarum multa mira bilia,naturęque ſecretiſsima apud ſapi entes, à temporuminiuria foslitan vin dicata; quæ aliquando hominesvidentes aut audientes, tanquam lupernaturalia opera admirantur Rutaminter alexiteria medicamenta connumerari: Nteralexipharmaca præſidia, Rutam minimęconditionis haud efſc perhia bent,fiquidem ieiuno ftomacho come fta multos à veneņiviçulentia liberaſſe C. degi  legitur. Dehac Athenæus in 3.Deipn.la. quens, Archelaum Ponti Regem fuos populos veneno interimete confue uifie fcribit, illos autem à quibufdam edo &tos, ob id antequam è domibus ea grederentur, quotidieRutam cdere fo litos à Tyrannicrudelitate.le.defendiffe. Solaſuſpenſione, capitiscruciatus verbenam mitigare. Trabilis eft Verbenæ proprietas M.in dolore capitis mitigando; 'fi quidem à Petro Foreſto traditur hoc folo præſidio quendam fuifle perſana tum.Ille netlis remedijs, quamuis opti mis curari potuerat,non venæ ſectione, non ſcrupis digerentibus, neque steco &tis pilulis, cucurbitulis, nec alijs topic cis auxilijs. Cum autem nulla iuuarent semedia,ad collum Verbenaviridisafe penſa eſt, & fanus fa & us eft,lib.9.ebſer.3. Detkapſie virtute in fugillatis faci nandis, Neronisquecalle. ditate. Nero Imperator in ſui Imperij ex 36 ordio Thapfiam, eiuſque excellé to tiam magnificauit; Ille quidem dumno. & u incederet incognitus, & in multos impetus faceret,nå ſemel facies fugitla Do ta,cutifq;livida,piftula; ab illis fuerat. L. Confeftim hic,ex Thapfia,thure, & cem ra commiſta,linimento ljuentem vifum collinibat,quopræſidio antelucem à fe da ſugillationeliberabatur; dum autem die in populiconſpectu, faciem fanam oftenderet,facinoris ſui famam, & igno. miniam occultabat. Ex Durante in Her. 25 g. barie. I je obſtétricibus animaduerfio. præcidendo diligentia adhibenda eft;quippefi ni mium curtè vmbilicus religatur,ætatis progreſſu pariédi conatumreftringere, imminenti vitę periculo,poteſt. Ex M46 mbia Cornace. De arboris ficusmirabili natura. I coctu faciles habere deſideramus, in arbore ficus eas ſuſpendemus, ita votum noftrum procul dubio aſſeque mur: credo forſitan ob acutum, & incil: uú odorem, quem arbor Ipirat id cauſa ri;velforſitan occulta cæcaque proprie tate.At quod mirabiliusin huius arbo. ris natura eft, Taurum indomitum, fe rumque in eodem alligatum manfuef cere tradunt. Neſcio autem annaturali via propter-odorem,an aliqua antipa thia, quæ inter talia exiftat hoc eueniat. Audiui tamenà multis vtrumqueexpe rientia fuille confirmatum. Quomodoà vitriolo arislaminas.ex. trahere valeamus. Lui momenti illa cognitio, quomodo à vitrioloæris lamellę extrahantur,ape riam modum, qua facilitate id affequi valeamus.Bulliatur Romanumvitrio. lum in olla cú aquafontis: in eaque cha lybis lamina per horæ quaternionem demergatur: extrahito demum chaly bem, ipſumenim lamellis æris inftar suginis colligatum habebis, quęculcro radende fút, vt alias chalybem immera. gere pofsisznouaſquelamellas extrahe.. re. fiquidem tamdiù corradi poterunt, quouſq; Vätrioli portio in aqua fuerit. Arrigat aures ingeniofus; quia ex hoc: minimo principio multa, precipuèinre: medica, yrilia aſſequetur. oléum vitrioli,&fulphuris rostris: lumbricos plurimumvalere. NITlfi magnis experimentis præſtana tiſsimum remedium ad puerors i lumbricoscomprobalſem,haud audia. rem hic inter arcana ſele &tà fóre repezia nendum confiteri: quippe tanta eft eiuss virtus,& potentia, vt mortuos ferè pur erosè vermibus ad vitam trahat. Hic: induſtria paratur,In libris ſingulis aque fontis oleifulphuris, vel vitrioli chimi.. cè extractorum, aliquotguttulaadden dæ funt,ita vt aqua acidula frat, quæ pu eris,natuque maioribus danda eft diù noctuque ad placitum,.e & enim præſtaa tiſsimæ virtutis 0 T! 10 Da De Caraba mirabili virtute invuula cafum,Amygdalaruamque tu. mores ArtinusRulandusvirin chimicis M celeberrimus in Amygdalarum inflāmatiene, & tumore, vuulæquecaſu ex humoribus à capite fluentibus exci tatis ſola Carabâ mirabiliaparauit-Prie mo fuffimétum cófuebat,hoc modo ex. ceptü.Accipiebat Carabæ albiff. drach. 7.qua redacta in puluerem craſsiorem, & carbonibus impofita,fumus per infa dibulum,ore excipiebatur ab ægro mar. ne,meridie, & veſperi, multa vtilitate, Accipiebatetiam fermenti veteris vnc.. & quam moreemplaftri linteolo indu cebat, afperfoque Carabæ albæ pul uere vertici imponebat per diem,per noctem vero fequétem recens applica bat. Quibus paucis remedijs, &ex fola: quaſi Carabayquam plurimos à fauci um tumoribus, vuulæque cafu,Amyg dalarumque inflámationibus oppreſlos perſanauit. Ex eiusCurationibus. Spina HorTvivs GENIALIS Spine infeftoriæ Baccas" ad. Tenaf mumexfalfapituita expertiſsimum verumque ad illum exiftere remedium. St mihi remedium pro Tenafmodo quadam fortafle mille kominum, qui endemiali fere morbo hic ſugebant per fanafle quam citiſsime. Syrupum ex Baccis fpinæ ceruinæ, fiue infectorice: Aromatario parariiufferam. Hæinfine: O & obris, cum bene maturuerint, collie guntur, exprefloque fucco cum melle vel Zuccaro ad formamfyrupi ducitur: additurque in fine maſticis, velzinzibes sis, anih, vel cinamomiad drach.j.vet? in maiori dofi, fi libuerit.Datur hic fy rup.ab vnce vſque ad duas cumpauco vino dilutus,abitemijs datur cum aqua cinamomi:epoto, cibatur eger,parceta men, & ieiuno ftomacho, præcipiturque ne dormiat.Equidem vna die fanaturę ger, foluitur enim aluus,abfque mole tia, & excretis féroſis.viſcidilg; humorib. Tolo hoc preſidio integrè liberatur C Ariet  mo Arietis linguam futurum in ouibus milanitium, commonftrare.. M Irantur multi Virgilium in 3.. nere, vt linguam paftores conſpicere debeant, deſinant autem admirari, cau ſam enim adducimus ex Plinio, quipro pterea Arietum ora introſpici à pafto ribus voluit, quia cuius coloris ijlin guam habuerint, tále in fætibus gene randis forelanitium. Audiui à multis, hocyeriſsimum reperiri. Ouis enim e. tam cum vterum gerit, fi linguam habueritnigram nigrum pariet agnum, fi albam album, & fic de aliis coloribus. Ridiculüm eft quod fertur; Bafilifcum àGalliouoexclwdi.. On modo à plebeiis verum atq;: à nonnullis ftudiofis, Bafilifcum: abouo galli veteris connaſci perhibe tur. Fingunthi ex aliquorum fcriptorú teſtimonio, quos eriam ego perlegia: Gallo decrepito, quiſeptimum, aut no.. olm, vel ad fummum decimum quar.. Na tum annum agat, ex putrefacto ſemine, aut humorum illuuie altiuo tempore, ouum conflári, ex quo ab eodemfoto (vt à Gallinis alia fouentur oua ) Bafi... liſcusoriatur.Sed hoc animal nemo vio dit,habitat enim (auctóre Plinio ) in Aphricæ folitudinibus: proinde hæc creo dere difficile eſt. Inſuper ſi hanc fpecie em mafculinam poſſe fætare conceſſum. eflet, contingeret etiam inalijs, quod minimèobſeruamus. Mihi aliquotoua: in experimentum à mulierculis allata fünt, dicentibusGallum peperiſſe: erát oblonga,& in caudam ſerpentis quibuſ dá nodulis terminabátur:at hæc à Gallie nisex plurium ouorum minutorů col ligatura (cu kuperfætatione,non autem a Gallis fieri dixi. Homines ex impromiſo Lupi afpects: veluti mutosdo; attonitos fieri. Vlgatiſsimum illud eft, hominesex improuiſo Lupi aſpectuadeo mutos & attonitos fieri,vt nec fari, nec vociferari valeant. A Lupiquadá prietate id fieri aſlerunt, contenderse tes Lupum,fiprior obuium quempiam conſpexeritillico vocem adimere, can demque illum luere pænarn,ſiab homis ne prius videatur. Ad hænugæ ſuot.Si quidem ex terribilişimprouiloqueLu.. pi aſpe &tu,homines terreri, timoteque concutiqveriſimile eft: ex timore autem: valido mébra frigefieri ex raptu ad in teriora fpirituum,inde corporis, & ar.. tuum fieri impedimentu, vociſque pri uationem mirum non eft.Alijalia fin gunt, mihi autem hęc omnia ad folum timorem,tanquamad caufam proporti Onatam reducere viſum eſt.. Multa facinoraàMagisanicalis perpetrari pole. Etulit Leonardus Vairus lib.1.de: Faſcino multas hac noftra tempe fate exiſtere aniculas, quarum impurie tate, nonpaucos effaſcinari pueros illofa quenonmodoin grauiſsimum incidere diſcrimen,verum etiam acerbam fæpiſe fimè ſubire mortem. Pecudes inſuper: partuqalacte priuari,equospacreſcene R Falcin Cquote & emorislegetes abſque fructu colligi, arbores arefcere;ac denique omnia per ſum ire quandoque videri, AFucovulnera illata,Muſcis contri tisbreuifpatio perſanari.. " Vm quadam die apud amicos alie, quot cómorarer,& læti in měla de more varia confabularemur; ecce vous ex ijs in ſuperiori labro à Fuco animali vulneratur,quo morſu ſtatim intumuit vulnus,cum maximo patientis dolore, Amici in riſum ſoli, patientismedelam minimeprocurabant.Ego quidem alias morfus hos curafle recordabar; quare confeftim, vt nonnullas muſcas feruus meus caperet, iulli, quas contritas, dum fupermorfū impofuiſset,breuidolorie datuseſt;.tumorq, cúmaximapatientis lætitia;aliorúg, admiratione detumuit, Quafacilitate vlcera formicantia dan cacoëthica fanarivaleant. Vidam amicus meus, cumir Hya pochondrijs,vicera formicátia,pra maque, quæ à nonnullis vermes dicun Q  tur,paffus eſſet, ſauitatcm,poftmultat do & ifsimis medicis tētạta remedia, ac. quirere non potuit:ylcera enim licet fac pari viderentur;renouationem tamen continuo recipiebanta,Vltimò poftan.. nos,& menfes in empiricum chirurgum incidit:quipaucorum dierum ſpatioita hominem perſänauit. Abluebat primo vlcera albo vino,tum ex - patellis -mari-. nis puluerem, fiue cinerem Ex Corici bus (exemptis interioribus) couſperge-. bat,vltimoherba marina vlcera coope riebat; faſciaque premebat, femel in die hoc vſus remedio vigintidierum fpatio, ægerconualuit. Procurauit arcanum a.. micus, & mihi fideliter communicauit, Fallſsimumeft, quod fertur Viperă o coitu mafculumoccidere, ipfamque asfuis.catultsinpartunecarie LAG Grauiſsimis au & oribusaffirma, mine) maſculi caput'abſcindere (ille.n.. infæminæ os caput inferit ) & fic củoca. sidere, ſed poenam täti facti illam luere. ſiquia fiquidem Viperinicaruliconcepti, gra-. Jiores facti vifceramatris cofrodunt,e am que occidunt. Sic voluit Plinius lib. 10.&Nicander in Thoriacis, quare Vipe. ram aiunt diciab co, quod vi pereat,aut vipariat.vtrumque autem falfifsimum effe, & experientia, & grauiſsimorum e. tiam ſcriptorum auctoritate cognitum eſt.Apollonius apud Philoftratum Vi... peram aliquando viſam fuiffe catulos ſuos; quos peperiſſet lambere, & expolire aſſeruit. Bodinus in nat.theatr. in Gallia,ad Clapum Pictauorú flumen, vbi Viperæfrequentiores ſunt, vtriuſq. fexus viperas lagenis vitreis inclufas fu iffe reculit; illafque peperife, & conce piſle vtroq; parente fuperſtite, Matthi olurs ex. Obferuatione FerdinandiIm perati Neapol.Pharmacopolæ Viperam parere catulos ſuos, & non occidiafts-, ruit;catuloſque-non viſcera matris,led membranas quibns incladuntur diſrúa pere. Quarerectiusſentimus,fi Vipera non à vi parere,vel perire dicimus,fed quafit quaſ Viuiparam, quod non oua, vtcæ.. teri ſerpentes, ſed viuum animal pariat. Iraulos, balbos, & femilingues fieri ob nimiam cerebri bumiditatem, VA communiseft fententia ab expe rientiaalienumreperitur. Rauli, & Balbi non ob cerebri hus midam intemperiem fiunt, vt ferè omnes autumant; inueniuntur enim hi' modo calidi,modo frigidi,modo humi di,vel ficci, vt & reliqui, qui nec Traus li,nec Balbi funt;imò & hi modo (putis " abundant; modo ijs carent:quare non ob bumiditatem nimiam cerebri buiure modi Traulos-& Balbos fieri, fed obt varietatem mearuum, in intrimentis; pertinentibusad locutionem exiftenti um, docuit experientia.Porrò Trauli, qui literam R.exprimere nequcunt, in media palatiregione, vbi quartum eſt osfuperiorismaxilta, duo inueniuntur foramina, quæ nullo modo adeo aperta & obuia sút, vt ijs, qui optime loquútur, Balbis veròiuxta dentes maioraobſer. samus foramina,per quæ ſtillans pitui ta,linguamque irrigans in parte illa an. teriori,bleſam locutionem facit;; vnde bleſi, & ſemilingues fiunt: quod fi hæc non eflent haud balbutarent, licet à ca pite copiofa defcéderet pituita, vtmul tis contingit, quiex hac tamné balbi non fiunt.Quare fententiaHippocratis 2.A phor.32.malè verificatur, cum afferit, balbos ob frigidam, humidamque ca pitis intemperiem fluxu tentari: Auxio. enim talis & Balbis, & non Balbis fuc cedit: concurrit tamen hæc fluxio, vt caufa remota, qua aliquando cum pro zima,dicitur affe &tum facere poffe, fi. iunctatuerit:: fola autem facere nequit. vemale Hippocrates,& alijopinati ſunt ExSanctorio Sander.de pit.en.lib.3. Morbosperniciofos; velmortem, veb affectus longitudineminducere. Jana ciuitate, & in circum vicinis propè Neapolim perniciofifsimi orto funtmorbi,vbiſectis aliquibus corpo, tibus, eorum Ventriculus bilis copiaz, vitellinæ plenus inuentuseft, eiuſque: tunicæ, & inteſtina eodem colore per tincta viſa ſunt. Meatusqui ad fellis; chiftim protendit, ab humoribuscraf fis, viſcoſis, & tenacibus obftru & us ea. rat. Fellis veſica diſſecta, bilis flaua haud inuenta eſt; fed eius vice atra, & inſtar atramenti nigerrima.Hepar quo ad externam partem album erat, in in terna autem nigrum, &atrum, veluti carbo accenſus, & extindus. Langueno tes,in febrium initio,vomitu, &nauſea, moleftabantur. Eorum lotia craſla icte. rica, & fubrubra ſemper erant. Omnes. ferè erant icterici, & longo tempore,ſi: qui euadebant,indigebant, vt fanitatem acquirerent, Ex -Io. Bapt:Cauallario deMore bo Nolano, ſeu demorbo epidemiali Lupicur paucireperiantur, ouess autem multa Tidetur quafi abftrufum illud quxar, aucs autem multæ?'profecto in partu plures lupaedit catulos,quamouis,quæ vnicum, vt plurimum parit; Inſuper o. ues, & agni in hominú alimoniam con tinuo occiduntur; luporum autem caro eſui apta non probatur; nihilominus Q. ues-agni, & arietes ſemper in maioriny mero reperiuntur, quă lupi.Huius cau fa, prima eft Dei bonitas, qui tam imma ne animal in eius ſpecie excrefcere non permittit, in facra enim Gen. c. 7.Noe, vt ex omnibus animantibusnūdis fepa, tena, & feptenamaſculum, & foeminam in arcam tolleret monituseft:ex immu dis vero duo, & duomaſculum, & foe minam. Secunda cauſa luporum eft faga citas, & in propriam ſpeciemimmanitas. Hi enim;cum rationesviuedi deficiunt, ob cibi inopiam in multo numero con ueniunt:atque in circulo vnus poft aliú currit;vt apud vulgum á villicisparatur ludus,diciturque Řotalupo;primusau tem,qui viribus deſtirutus, currere ne. quit &in terram cadit,fit aliorum cibus, renouaturque ludus ad omnium faturi taté.Hæceſt poitísimaratio huius ſpeci Vhelin ei decremen i, alius enim comedit alii um. Ex Aeliano vt reor, Antimonij in vitrum reductio, eiuſ quevires in medicina. 7ltri ſtibium,quod in longis, & dif ficilibus morbis propinatur, in e. pilepfia fcilicet,melarcholia,podagra, elephanticis, reſolutione, in febribus quotidianis,tertianis, & quartanis,peſti fentia correptis, venenatis, hydropicis, tæphaleis, ictericis, & fimilibus; robu ſtis tamen corporibus, ita præparatur. Stibiū, quod ex auri fodinis colligitur, in puluerem tenuiflimum contunditur, teriturq; & fupra ignem in fi &tilio, rude ferrea,aut cochleari continuo agitando vritur, vſquedum omnis humor, ac fu mus euaneſcat, quod in ſex,aut octo ho rarum fpatio expeditur:deinde calx có teritur, carilloque impoſita,in fornacē inter candentes carbones collocatur, & igne luculentiſsimo vrgetur,dū liqueſ. cat picisiftar, poftea ſuper marnorfun ditur,atq; fic ex Stibij vncirs duodecim, vitri ipfius hyacinthi modo pellucidi, wacja M vncias quinque coliges. Andernacus Co ment-z.Dialog.7.de nou. vet.med. Solo Metronchita auxilio mulieres offepragnantes (omiſsis ceterisindio cys)experimur. Vlta apud fcriptores, quibusin primis menfibus mulieré præge nantem comprehendere valeamus, inu. dicia reperiuntur.Dienntmulti,lorij tab. fpe &tione grauidas nofci;fillud album, clarumque fuerit,in eoque atomi afcen dentes, & defcendentesapparuerint. Alt ex ſuppreſsis menſibus,deie &to appeti. tu,vomitu, & nauſea ante prandiumid conſequuntur.Nonnulliex la & te in.ma millis,ex arterijs gulæ fi plus iuſto pul fant,ex lentiginibus,fi in mulieris facie oriútur,ex tumefa & is mámillis, & a ful co earú capitú colore pregnátes venatur. Cæteri tú ex his, tú ex pódese circa pe dé,ex: vmbilici egreſſu, ſiin dies fit ma ior, ex tumefa &tis venis, quæ vidétur in nariú angulis iuxta lachrimalia. Obfte trices.digitisexperiútur an vteriorificiáfue-fat claufum, vel apertum, ex claufo te nim grauidationem patefaciunt. Non défunt alij, qui Hippocratis Aphorifs mis confiſi hydromel, & fuffumigia e x periuntur,epoto enim hydromelle poſt cenam, fi tormina fequentur arguunt prægnantem eſſe mulierem.-Siilia fuf fumigio acuta per pudenda vfa fuerit, fiadnaresodores non perueniunt ', in dicant vtero eſſe gerentem.Hæc autem figna, quia pathognomica non funt ve lúti futilia reijcimus,& tanquam abſurdaad meros Empiricos committimus. Nonenim ex lótij afpe & u vere mulie rem efle prægnantem diuinare poſlumus,nam meatus vrinarius cum vtero: nihilcommunehabet, lotijque claritasy; albedo,& bulloſa granula in eo,poflunt morbosetiam ſignificare, vtin cachochimo corpore ſæpius obſeruamus; hoc itaque indicium prægnantium verum non eſt:Nonexmenſibus ſuppreſsis,nó ex vomita, &nauſea, ſiue appetitus de iectione hoc conſequimur: quia affc & i oneshęc ex multiscaufis, in m ulieribus, quæ pregnantes non funt, affe &tiones e uenirepoffunt. Non ex lacte in mam millis; quia id etiá virgines habere pof Lunt,vt voluit Hippocr. Inſuper inult mulieresin primis menfibuslacinon ha bent: lacergo non eſt grauidationis ved irum indicium Pulſatio arteriarum gule, ſolito crebrior conceptum peculiariter haud arguit,quia ex retentismenfibus, {plenis & ventris tumore & ex pituita in -pe &tore colle &ta etiam fieri poteft.Len tigenes non in folo conceptuapparent,:: quippeſignumihoc, neque omnibus,nes queſemper competit, & in nonprægnā. tibusetiamifta fiunt.Mammillæ tumes fa &tæ,earumque capitum fuſcus color, communiafignafunt &retentis menfi bus,& prægnantibus.Pondus circa pe & en,non in grauidismodò fed, in rete tis menfibus, in mola, & veficæ calculo obſeruatur, Ymbilici egreffusex mul 6 tis caufis præter naturam fieripoteſt,nó ergo peculiare grauidarú indicium eft, Yenæ tumefadęin nariú angulis iuxta lachrimalia, non in grauidis.modo ap 7 parent, fed in quolibet abdomin's & fplenis tumore, & in occlulis menfi bus. Obſtetrices anatomiæ ignaræ de queunt intimum Vteri orificium tange sc,licetmanibuscontractent,illud enim valdeà labijs matricis diftás eft,ipfe au té externá Vteri tantummodo orifici um tractare poffunt, quod femper, & grauidis, & non grauidis apertum ma net, experimentum Hippocratisde hy dromelle, & acuto luftumigio non æter næveritatis eft, vtGalenus & Auicenna comprobarunt. His itaque indicijs vere conceptum explorari non pofle expla natumeft.cognoſcimus tamen ſigno e uidenti & infallibili indicio prægnan tes mulieresin primismenfibusMitren chitæ fue Specilli, quo liquores in Vte rum inijciuntur,auxilio.hoc apud vete. resin magno vſu erat. Profecto;li illius in foramen Vteriexternum apicemin. mittimus, quod fumma cum dexterita te finiftræ manusdigito indice inuenie. mus non enim quilibet inexpertus in yenirefciet, eft ſiquidem externum V. çeri foramé in vuluæ apice particula obe longa, & duriuſcula, quæ exigui penis puerorum exprimit imaginem)ſi ex pice ſpecilli liquor aliquis fuauiſsimus ficut efle vini tenuiſsimi pauxillumine forte exiſtente coneep'u fequatur:abt ortus) exprimitur, breui tractu votum I affequemur, Sienim obturatum eſt in timum vteri foramen, quod fit concep tu pera & o liquor Vterum non ingredi gur,& mulier faftidij njhil perfentiet. Sin autem ex intromiſlo liquore velli, cationem paruam pertulerit mulier: quod facile fiet ex maximo ſenſu parti um vteri,vưiquegrauida non erit; & V teri intimum foramenapertum reperiea tür, vt experientia liquoris oftendet. Sand.Sanctor.lib.1.de vitand error. Periculofum eft pifces frixesin humido locarefor matos fomedere; Nter magna venena piſciú frixorú, quireſeruantur inhumido, vel qui Aeterint cooperti calido vaſculo, eſus eft;bi enim in lethiferú cómutantur ver nenú, &fymptomata pernicioforú fun gorum corporibus inferút, quæ quan doq; non ftatim,ſed poft diem, vel bi duum eueniunt: oportet igitur frixos pifces in loco aperto,vtfrigeant, demita tere, fi venenimalitiam cupimus euita re.Ex ArnoldoVittan.lib.de venenis, 10. Lałtis balneum procorporis decoratie onemultum præftare. Pud veteres lactis Balneum max A idve vu, illiusfiquidem lotione,corpora, & candore, & venuſta te vigebant. Hinc memoriæ proditum eſt Poppeiam Neronis vxorem quin gentas ſecum aſellas ducere conſueuifle, quarü lacte,vt candefieret, totü corpus balneabatur. Mercurialis de Decoratione. Germantantiquitùs corporis firmi tadinimaximèvacabant. M Agna profe &to faude Germano rum conſuetudo, digna iudicatur in corporum hominum vigore confir mando:ijenim legem habuerunt,neant te ætatis vigelimum annum, quiſpianti Venereis amplexibus commiſceretur, recte exiftimantes corporum viresà nim mis tempeſtivo coitu eneruari.Cefar 6. de belloGalico. Fæminas vtero gerentes, libenter: marem admittere:bruta autem grauida nequaquam. ! Olie Vam diſsideatmulier à brutis gra uidationis tempore, bene nouit A rift.7.de biſt. animal. cap. 4. Hæc enim ſigrauida clt, marem admittit,brutoru vero omniumſola equa coitum patitur à conceptų, reliqua autemminime. Ma nifeftifsimum eſthoc in ſpeciehumana mulierem grauidam coitum pati, & ap petere. Cicutam, vterinum furoremex ": tinguere. Icet cicuta inter frigida connume. retur venena, præcipuè quæ in quis, &lacubus inuenitur,furoris tamen vterini, fiue Satyriaſis remedium it. Hic affectus Veneris eſt immoderatus appetitus, cum vteriardore, & delirio, Narrat Diuus Baſilius quaſdam vidifle fæminas, quæ Cicutæ potione rabioſas capiditates extinxerunt.Hoc legiturs. Liebe Homil.fup.Hexaemeron,cuiusverbanotr nulli intelligunt de ciborum appetitu, ego tamen potiusadfurorem vterinum, &ad renereos incentiuosappetitus de ducerem, cuius auxilio compefcuntur: quippe Athenienſes facerdotes cicutæ vfu,libidinisincendia extinguere con ſueuiſſeproditum eſt. Variolas &morbillosmorbos effe no yos, & hereditaria, &paterna prom prietate vagari. Agna eft difcordia inter feripto, origine. Aflerunt multi, hos fub nomi neexanthematum, veteres intellexiſſe, cauſaſque illorum reliquias efle excre mentifanguinis menftrui, quo nutriun fur fætusin vtero, & naturam, fiue calo. remnaturalem, ita exprimunt materiá, & efficientem. Alij minimeà veteribus fuille cognitos volunt, digladiantur que:num vitio.coli,vel ab internis cor. poris principijs apparuerint: quippe Arabes, quorú tempore cæpiffe hic mor buscreditur, eos peftem efle, fierique in pefte, & à corrupto cælo contendunt. de Equidem ante Arabum tempora nul lus-reperitur au & or, à quo morbos hos LT aut generatos, aut clare explicatos ha beamus.Proptereamulti latini, &non nulli inter ipſos Arabes, propter labem menſtrualem, lactis corruptionem, vi &tus rationem, & alias cauſas fieri fcrip ferunt.In tanta rerú difficultate, & ob > fcuritate.Hieronymus Mercurialis vir d octiſsimus, hosefle morbos hæridita o rios,ortúqueà cæli vitio temporeſcrip e torum Arabum, & proinde à veteribus haud fuifle cognitos enucleauit. Adhu ius viri opinionem libenter deuenie, quippęſi à menftruivitio, homines in ficerentur, quia hocab Euæ peccato à mundiorigine fempiternum fuit,debu iffent homines hac menftruorum labe conta&i ſemper Variolas, & Morbillos pari,tamcn vec inprimaætate, nec poſt Noe,nec ante ſcriptores Arabes quem piam hos habuiſle, apertè legitur. Aperiunt iſtorú fundamentum efleiro walidú bruta fanguinea,hæc enim (teſti monio Arift.6.de hiſtor.animal. 18. ) mé ſtruas purgationes habent, & inter cæte. ra Equus,Canis, & Alinus,tamen hæc à Variolis, & Morbillis non tentantur. At quodhuius reimagis negotium conua lidat,eft,Indosante Hifpanorútranſitú nequaquã Variolas paſſos, dirco non à reliquiis nutrimentià menſtruo fangui ne,velab iſtius excremento ortú ducunt Morbilli; quia ſià tali fuifsét variolarú, morbillorúq; origines,vtiq;ij hos mor bos experti fuiſſent. Legitur apud Ra mufiúIndiæ incolas,vitioCęliplurimos Variolis fuiffe extinctos, eoq;tempore, quo noftriáb illis gallicam luem accepe runt, cordemmet viciſsim à noftris Va riolas, & Morbillos recepiſſe.Suntergo hi morbi noui à Cælo productiprimò, cuius vitio adco homines fædati funt, vtin pofterosper hæreditatem maliſée minarias cauſas tranſmittant, proinde morbi hæreditarij dici merentur, quia paterna proprietate vagantur. Ex Mer. caridi. A1 th Dearaneorum telis,earumque ufuo inmedicina. Iro artificio Araneus telas ordi M tur, quibusmufcaspro vi&u ta. piat, hasad Tertianę febris circuitusde pellendos,multi præftantes, & celébres tempeftatis noſtremedici,non fine feli ci fucceflu in vfum præſtitere:fiquidem exiis, & populeo vnguento pilulas pam rant,corporiſque locis, horisaliquot an, - te acceſsionem,in quibus arteriariume uidens deprehenditur pulfátio, colligātas &relinquunt; indė votum conſequun. tur. Ioannes Moibanus. - Natur& cautela inmenftrualimulier rum fanguine purgandomaxi-, ma eft, MalenAgna eſt, in depurandis femina rum corporibus à menſtruali luc, naturæ fagacitas; quippe fi oculos habuerit meatus, quibus lingulis men fibus illam deponere conſueuerit,nouas adi illius expulfionem vias molitur. Proptera.multæ, ex oculis cruentas, laie. chrymas,aliæ ex narium venis farguinis profluuium emisêre,nonnullæ ſputa ru bentia pafſæ ſuntin menftruorum cefla tione.Ipfein quadam ancilla noſtra, cui menſtrua occlufa erant, ex gingiuisſan guinem profundere obferuati.Atquod magnam infert admirationem, multæ per minimum manusdigitum,& per an nularem fingulis menfibusfanguinis fu. fionem habuerunt,vt in religiofa qua dama foeminanon menſtruante ter in fin niſtra manu Ludouicus Mercatus fami. geratus medicus obferuauit. Inter rutam do braſsicam nullam imao effe antipathiam. Xſèriptoribus in re ruſtica malti, fi. fecus rutam feratur, braſsicam illico arefcere tradunt. Aliam von adducant cauſam, & rationem, quam antipathiam, & diſparitatem quandam inter talium naturam.F utile autem eſt hotum argua. mentum, nulla enim inter rutam, & braſsicam.contrarietas eft, quia tamen alte. Elec  NO altera prope alteram areſcit, id in cauſam eſle poteft,quiavtraque calida, & ficca - eft, inde facile euenire poteft, vt ob humiditátis inopiam altera, vel amba i ariditate perdantur. Pediculos morientium corpora miris Jagacitate relinquere. on leue à Medicis præfagium à pediculis in grauibus hominum valetudinibusſumitur. Hi profe &to in moritüris; quandờadeo intenfà eft huis morum corruptela, ve calor innaus re foluatur, vel putreſcat, circaventricule regionem, vel fub-mento, vbi maior eft " ealiditas congregantur,parteſque extrbó mas, tanquam calore proprio orbatasderelinquunt. Quodcalorem proprium penitus exſolui cognouerint, ab infirmi corpore mira celeritate longius abeſle: confpiciuntur. Lemnius. De Achatis lapidismirabili. natura A Chates lapis, qui ex India fertur, tum coloribus diuerſis, tum ve D4 piss TA m  nis variari confpicitur, ex quorum in.. terſectione diuerlæ imagines multoties, fabricamtur.Quod autem mirabilius eft, nuncferarum genera, flores, aut nemo ra,nuncvolucres, autRegum naturales, hic lapis portendir effigies: quippe fer tur in Achate Pyrrhi Regis, & capuri, & feptem arbores in quadam planitie ap parentes extitiſſe, Ex Camillo Leonardo de. lapidib. Ferarum natura in hominibus mie rum in modum deteftanda.. On eſt à ratione alienum, quod de Attila circumfertur, quod Canis more latraſſet: quippe Ioannes; Langius clari nominis medicus ab equi-. tibusComitis Palatini feaudiuifle retu lit, quod in Auftria homine, qui latra. tu,ac curlus pernicitatecumcanibus co tenderet, & cũillisin ſyluis illæfus ve naretur,vidiffent. Hæcauténaturaabfq; dubio deteſtanda eft, quippe tales. im manes ſunt, & in hominum occiſiones procliues, vtAttila crudeliſsimus fuit, NRege in es Ees & in viuentium cædes pronus, à quo tot Vrbes, & populi vaſtati ſunt.. Non modòinfæminaslaſcinire homi: nesverum, etiam brutacernuntur. Omines laſciuire in fæminas, nec nouum, nec inauditum eft cum anebo fub humana fpecie contineantur. Quod autem bruta in eafdem laſciuiant, mirabile eft,Plutarchus in Dialog. Ele phantem in Alexandria fæminam qua- - dam,quæ coronas ſutiles componebat, fuiffeque Ariſtophano Grammatico rio ualem, adamaſſe retulit: A micę,per pla team tranſiens Elephas,&poma, & frum & us donabat, multiſque indicijs, & a morem, & ad fervitutem promptitudi nem declarabat,læpeque à latereafside bat, & laſciuè mammarum loca tange bat,Serpens etiam quidam (teſtimonio eiuſdem ) puellam ardentiſsimè adama uit,no & u ad illam accedebat, placide. - que amplectebatur, &à latere dormie bat, luce autem aduentante nulla illata kelione diſcedebat.Parentes,ne à ſerpé tele. t n itas te læderetur, aliò puellam afportarunt: Ille autem ad amicam vltimo peruenit, quá nonmorefolito'amplexa,ſed qui dam amantium ira in illam irruit, ma nuſquepuellæ nodis vinciens,caudæ exe tremitate amicæ tibias verberebat, profecto præreritę fügæ,atqueablentiæ: iniuriam vlcifci videbatur: Quomodofamine vterogerentes: conceptumvaleantoccultare. Aximam Sabini cuiuſdam Roe mani vxoris in occultando conceptu referam ſagacitatem, quo præfi dioaliæ confimiliter,fi optabuntfæmiö. næ à conceptionis.indicijs faciliter oe cultabuntur.Illa quidé dû aliæ mulieres; fecum lauabantur ventris tumorem ce.. Jare cupiens, vnguento, quo ruffas, & aureascomas.reddebat,ab vtero corpus vniuerſumlinire folebat. Illius erat vis pinguitudinem, ſiue carnis inffationem, aut laxitatem efficere, propterea com. Go: lange in corporis particulis vtebatur, Hlud tumeftumrepletumque redde MA bat, ventriſque tumorem ' occultabat. Parabatur(vt' puto )'vnguentum ex res bus rubificairtibus,& puftulas inducend tibus,calcefcilicet,auripigmento, tiap s. fia, & lulphure, hæc enim alijs rebus co --- mifta veteres ad capillorum cultum cad 1 piebát,ſin a.in aliqua corporisparticula applicantur ex magna caloris vijaut hu mores ex alto ad fummum:trahuntur; aut ipfis fuſis.gignuntur:flatus cutis, & extima corporisſuperficies attollitur, & in maiorem molem ducitur.Ex Plutarc... inlib - epwTikā. Fructuum, vinearum,iumentorumga interitus praſagium. Agnun à mori germinatione ca Lpiturpræſagium, mörus enim. ideo à Theophraſto prudentiſsima vocatur, quia omnium nouiſsima gera minat, & pruinis non tangitur: Idcirco fructus, & Vineæ à mori germia minationeà pruinis liberi fünt. Ea tam menquando à pruina lædi contingit(fia: D G quidemosi M Ty & fiquidem læſam in Aegypto, vt in pſala mo77 legimusMoyfis, tempore prodia tur fuiſſe )Colimaximamarguitintema periem,& proinde fructuum, vinearum. que interitum declarat.Atmaius ab vl. mo &perſicopræfagium capimus, quip pèvlmi, & perfici, folia, præter tempus decidentia,peftem inomniiumentorű,. &pecuino genere præfagiűt. Ex Cardano., Fætoremextinéta, lucerna vteroge Trentibus,infeftumeffe,& ini. micuin... Dor extinctæ lucernægrauis,adeo tur, vt in abortum faciliter conducat. Id: alleruit Ariſtot.8.de hiſt. animal.c.24. vbi non modo mulierés grauidas,,verú. didit.Profecto malus odor fi odor. fi prægnana. tjú corpora ingreditur, quia fætus im becilliseft, & à quolibet alteråtur,facili negotio inficitur, eius caro tenerrima, & ſpiritus inde abortusſequitur.. At no Kemelextinctalucernæ fætor perniciē. quoque Ila He 4 i quoquc hominibus attulit, vt carbones in cameris teſtudinatis facere accenficó. fueuerunt. Duos monachos retulit Pe. trus Foreftus in obferunt. medicin..cum nodu cellam ceruiliariamintrașent, vt fæcem cbullientem exportarent,(fortè candela extincta )cum exitum non inue nirent,ſuffocatosfuiffe,ac mancmortu. os effe inuentos. Infania,& furori àfolanofluatico contrattis vinum potentiſsimnmfora gulare eſe prafidium. Olamur. fyluaticum, quodà multis Belladonna dicitur,tantæ eft immani tatis,vtinlaniam, &furorem hominibus eiusacinos.comedentibusinducat, AC cidit cuidam (referente. Hieron. Trago dib.i.hiftor. ftirp.) quiin fylua plantam vi. derat talis calus: hicmultos decerpfit acinos, & deuorauit: altera verò die in tantam inſaniam,& furorem deuenit, vt plerique illum à Dæmone obſeſlú cre derent.Intellecto tamenmorbo, vinum fortiſsimumà. Trago illi propinatum Spelaria D? esto)  eft, quo facto conſopitus,paulòpoft con ualuit, & abfquelslione vixit, Lolium tritico", alýſque cerealibus: commiftum varia hominibusfymptom mata attulille. Anis,in quo- lolium fuerit, ſtuporem quendam,ac veluti temulentiam efi tantibusparit cum fòmno inexpugna. bili.Id Gatenus afferuit lib.1.de Aliment: facult.Etenim (inquit )cum anni confti tutio praua afiquando fuiffet, lolium tritico affatim ispaſci contigit, quo haud feparato, quod paucus effet tritici prouentus ftatim quidem multis caput dolere cæpit ineunte æſtate in cutemula torum,qui comederant vlcera; & alia fymptomatafunt fubfequuta, quæ fuc corum.prauitatem indicabant, Lolijta. mennocumento acetum efle præſenta Deum remedium iudicatur. Quare tum Htritico,tum abalijs feminibus cerealio busdiligenterloliumfeparandum eſt. Scorpio Scorpioidem herbam Scorpionum: iltus feliciter fanara. Irabilis eft herbæ Scorpioidis in: M Scorpiones potentia,illi quidem huius tactu,exocculta diſcordia exani. mantur, &intermoriuntur, tantam in ter eosanthiphatiam natura indidit.As' quodmirabilius eſt exanimati Scorpi. ones,fi Hellebori albi radice tanguntur; ad vitamreuocantur. Propterea.Scorpi oides,Scorpionum ictibus impoſita fe liciter & citilsimè illorum virus mor, - tificat,viculque perſanat ex, cuius prz. tentancain illos virtute à Scorpione now. men fumpfit, & Scorpioidesdi&ta eft. Mirabilesin biomiwibus proprietatesquase doger adfuiffe. Dmiranda profe &to in homini bus quandoque vifa funt. Regem Pyrrhum aiuntpollicemindextro pede natura habuifle, cuius, taču lies nelis medebatur: bunc cremari eum religae A réliquo corpore haud potuifle perhibet.. De Samplone legitur infacrisLitteris, quod in capillitio mirabilem contineret virtutem, qua aduerfis quibuslibet re fiftere audebat. Veſpaſianūtactu.& fali ua, & fine his quandoquenon paucis af feátibusmedicatumeffe tradunt.Ego e. quidem idiotam cognoui hominē, qui Ipuitione ſola in osinfirmi ranulas per fanabat, &licet primoafpe & u a&u De Monisid perfeciffe dubitauerim, quieui tamen,cum fimpliciter curamagere illú: cognouerim. Dolorem colicum Bubulo ftercore per Sanari. Agnam Bubulo ſtercori" dolorem colicum fanandi indidit efficaciamquippè apud fcriptores legi, & à fide dignis audiuiffe viris afferit Geſnerus, illius potu complures ruſti.. cos fuiſſe liberatos,qui enim ftercus ari dú in iuſculo bibit, ftatim fanatur. Hinc apud multos mosortus eft,vt nonnulli nonmodo ipſum excremét aridum,ve rum.  1 E1 uum recens, & expreflum iufculis ebi bant, & melius habeant. Ego quidéru fticis tantummodo remedium præbe rem, nobilibus vero, ne nausean indu cerem,non auderem,cum nobiliora pro ijs habeamus præfidia, ſufficerent tali.. bus ex eodem ftercore cataplafmata, vt enim reor,ex proprietate tale auxilium colico dolore vexatis,ſubire confueuit. Epilepſiamfrumafqueverbena ako xilio evaneſcere. Aturalis Magiæ profeſſoresverbes: nam (Sole Arietemi ) colle & am graniſque pæoniæ fociatam, contritam, & ex vino albo hauftam per colato, epilepticosinftar miraculi fana. re prodidere.Hoc exHermetetraditur. Nop.minoreft ejuſdem radicis efficacia, quippe collo eius appenfa, qui ſtrumas, patitur,mirū,ac infperatum adfert pra fidiumReferunt Aſtrologi hanc Vene ri effe dicatú, ffrumaſque delere,quod Veneri ancilletur, quæ collo præeft, propter Taurum eius domicilium.. Ex. Durante inHerb. N1111 i Arbores quandoque in lapides commutantur: N Danico mari, iuxta Lubecenfem vrbem Alberti Magni'ætate, arboris ramus inkientus eft cum Nido, & pullis, qui cum in lapidem omnes, cum arboré & nido eflent conuerfi,purpureum ta = men,(vtipfe retulit Jadhuc colorem fa um retinebant. Georgius Agricola eti am memoriæ tradidit,in Elpogano tra étu, iuxta oppidum à Falconibus cog nominatum, Abietes integras cum cor tice in lapides verſås elle,atque, quod maius eft, in rimisetiam porphyritidem Japidem continuifle, quod maximè foc Tertiſsimæ naturæ operibus tribuen dum eſt. Bardanamaiorcum mulieris piero magnam baber ſympathiami quæ MPerfomatia diciturinmulieris yra rum, magnaque eft cum illo eius fym. pathia, quippe illius foliun lämmo ca. pite geftatum matricem furſum tollit, fub planta pedis deorſum. Propterea huiufmodipræfidium aduerſus matri cis ſuffocationes,præcipitationes, ac tiſo locationes præſtantiſsimum à multis iudicatur. Ex Mizaldo, Quomodo literas axrei colorispinger. valeanks. VI T literas aurei coloris habere pole fimus,auri ſolia quot libuerit, eli gemus quibns mellis tres vel quatuor guttas miſcebimus, hæc infimul conte renda funt. ad vnguenti fpiſsitudinem, in ofleoque vaſculo conferuanda, Cum autem ad ſcribendum.huiuſmodi mir ftura vti volumus,aquæ gemmaræ ali quid addendum eſt; vt operi liquorap tior exiftat:ita profe & ò litteras habebi. musincomparabiles. Ex Alex. Pedemono Lano. Qyomodoveftigia; & défórmitates vario lis,&morbillis bomines poſsint. euitari. Ne 92  E morbillos. in facie, corporeque hominum remaneant, expertifsimum apud me, quod in publicam vtilitatem placuit aperire,eftpreſidium,quo vten tes pueri puella quedeformidate, quæ ab ijs relinquitur, carebunt. Cum va riolæ, fiuemorbillimartruerint, & in medio oculi quafi albicantes enricu erint, quod eft fignum bonæ matura tionis,omni die bis oleo amygdalarum dulcium recers. expreffo plura leuiter oblinire oportet, donecexſiccentur, ita profe & ò, vt fæpius experiri libuit, ve Itigia non remanebunt; & quod melius eft,oleum hoc'excoriatas variolasmira. bilíter ad fanitatem perducit. Quantum in hominibus: vfus vene norum valeat. Ithridates fæpè veneno epoto, adeo venenorum tis auxilijs corpus diſpoſuit,vtcitra of fenfam venena ebiberet. Cum autem à Pompeio profiigatus eſſet,atque in ex trema:I trema fortunæ miſeria conſtitutus, è vi e taillæſus diſcedere feſtinabat, quaprop ter venenum hauſit, & pluſquam fatis eſſet,nectamen emori potuit,cum con tinuus venenorum vſus in hominum naturam pertranſeat.Ex Plinio. Inhominibus vermes figura maximè differunt. V 23 5 admodum funt differentes, quippe in quodam Antoniano CanonicoMon tanus obſeruauit.Hiccolico dolore tor quebatur, cuius moleftia Hierameram deuorauit,vermemque deiecit.Erat ille viridis, figura lacerti, ſed craſsior, hirfu. tusq;, & pedibus quatuor innexus.Breui tempore à fera propulſa, canonicus obia ic:contra illa in vitrea phiala aql a plena, per menſes aliquot viua ſuperſtitit. Ex codemMontano lib.4.6.19. Calculusrenum, veficæque in homi mibus, quopacto confumi valeat. Lapil  t Apillus, qui in Tauri veſica,men {e Maio reperitur, magnam habet in conſumendo calculo efficacia. Hic fi vino imponitur, mutato paululum ſa pore, colorem croceum contrahit. De hocvino quotidierecens effufo, donec lapis vino impofitusomnino conſum peus lit, à calculo infirmos bibere opor. tet. Hac enim ratione, nó modo calculú comminui, verum etiam conſumi mul. tos experientia edocuit. Ex Quercetane. Filiosà parentibusfignum aliquod recipere, vulgatifsimumet. " Ilii omnes patrium aliquid, aut aui tum ad vnguema retinere folent,ver Tucam ſcilicet, vel cicatricem, vel effi giem,velmores, autmanuum lineas.In domo noftra omnes à parentibus verru cam in brachio habuimus, & Marcellus filius meus ex me confimiliter. Proue niunt hæc à feminum miſcela, ſpiritu umquevtriuſq; parentis ſeminaliú,auo rumq; effuſione. Proptera etiá ſuccedit, File (fire fi feminain filiorum generatione benc mifcentur,atque in minimas partesiun guntur) vt fætus robuſti euadant. Hac enim rationefpurij robuftiores exiſtunt quoniam ob amoris vehementiam, ve triuſque ſemina multum, beneque.co. ráiſcentur:Ex Cardano de subtit. go D: Marerubrùm in plantisproducendis terre vigorem obtinuiffe videtur, to Adel D mare rubrum afbos nulla in terra prouenit,præter fpinam, quç dipras vocatur. hęc autem propter fer uores, &aquę penuriam rara etiam eſt, quippe non nifi quarto, quintoue anno pluit, & tuncquidem impetuoſe, breai quam te?mpore. At- in mariexeunt plantz, cat quelaurum & oleam appellant.Läu rus arię fimilis in toto eft, olea folio ta tum fru & um oleę proximuin his noftris oliuis parit, & lachrymam -emittit,ex qua medici, Irftendo fanguini medica Hentủ compopunt: Cú auteaquỵ plures inceflerit,fúgi iuxta mare quodãin loco crum HM erumpunt,qui Sole tacti, in lapidem co mutantur. Ex Tbeophr.in 4. de hift.plan. Incapillorum defluuio ex Hydrargynı lac epotum peculiare iudicatur auxilium.. rifabris capillorum defluuium in ducere conſueuit, aliaque ſymptomata; quæ tales in mortis pericula conducunt. Pro huius immanitate, vtiin potu capri no lacte, illudque cum pane commede re,fingulare & expertum eft remedium; quippe ſedata illius vi,atque potentia,à veneni morte liberanturægri, & piliite rum nafcuntur. Ex Foreſto in obſeruat.med. Inter Lupum, Agnum maximam effe antipathiam. Tantralis difcordia,vt ipfisemor., tuis in eorum chordis id etiä eluceſcat. Si enim ex Lupi, Agnique inteſtinis, chordæ conficiuntur, in inftrumentis muſicis applicatas minime concentum vocefque lonoras reddere,fed continuo tadas Bo ta &tas dillonare obſeruatum eft:at quod mirabilius eſt, agninas chordas à Lupi funiculis corrodi, & confumi, fi fimul n repofitæ fuerint,comprobatum eſt. I demde Aquilæ, &anſerum plumis fer tur, Aquilæ enim pluma naturali antia pathia anſerinas poſitæ interplamas, vt docuit experientia eas conlumunt & corrodunt, Quadam pro Epilepſia admiranda reperiun. RiaabHoratio Augenio ioluiscá. (ult.pro epilepfia curanda magne efficacię proponuntur remedia. Primo lococarbo eftille odoratus, qui fub Ar timiſiç radicibusęſtiuo folftitio colligi tur, quiper dies40.infirmis,aliquocon ucnienti liquore exhibendus eft mane ieiuno ſtomacho.confircor ego cuidam, epileptico huiuſmodi remedium ada modumprofuiſſeSecundo loco,Mufte lę fanguis adducitur, hic pręſtantiſsi. mus proepilepfia ſananda cenſetur,au. joris experimento, vidit enim fanatum E epilep probauit, fanari confueuit. Colligitur epilepticum fupra 25.annum,ſolo huius fanguinis vfu potati ſcilicet ftatim at queè venis exiſtadvoc.ij. cum vnaacer. ti:Vltimo loco tefticuli Apri,aut faltem Verris fiueSuis domeſtici-Venere vtéris; &tefticuliGalliexiccati in furno mira biles cenfentur;hi in puluerem tenuiſsi. mèredađi, cum zuccaro mifcentur, & decem continuis diebus epilepticis ad drach.tres,cum aqualettonicæfelici cũ fuccefsu.exhibent. Flatuofam inmembrisconuulfionem lignoce peſcoperfanari, Onoulſio illa, quęà flatu in mufcus lis, & membrisoritur cum dolore, Chanc noftrirampham,ſiue gramphum.yo cát)nodis ligneis à viſco, quod in quer. cubus'adnafcitur, vt experientia com С. viſcuin aftiuo tempore,Sole in Lepois fickere commorante,tunc enim perfectia onis complementumadeptum eft, Dc. bent nodi ligneiillius, loco patienti fu perponi, vtitarimfiatus: diffugiat,pio gui ficco, renuiq; prædirum eftlignum, * aut occulta ratione, vtvoluirCardanus Confiteor,multis taleprælidium ad pre feruationem meconfuluiſie,votumque $ fuiſſe aſſequutosſola iſtius ligni tuſpen y fone. Annult ex bubalorum cornibus | huiufmodi etiam dolores prohibere multa experientia, ex eodem Cardano i obferuati ſunt. Quomodo nonnullorum animalium vent num corpora vostra ingrediatur. Pedido Halangium cum aliquem momor. dit, quamuisparuum fit animal,ex. - iftimare tamen debemus, venenum ex ipſius ore, primo quidem in ſuperfici em,deinde vero in totum corpus defer ri, Præterea marina turturis, ficuti, & terreni Scorpionis aculeus, quamuis ir extremam illam acutiſsimamque par temfiniatur, vbi nullum foramen eft, per quod venenum deijci pofsit,neceffe en eft vt excogitemus ſúbftantiá quianda ineſſe illi,aut fpirituale,autAgidam,qnz E vt mole minima, ita facultate eft quam maxima.Siquidécú nuper fuiſſet quida ict Scorpione, videormihi eſle(inquit) percuſſus grandine:eratque omninofri gidus,frigidoq;fudore perfufus.Quip pe vbi exicta parte,pertotam iplamce leriter diſtributa fuerit venenivis,con tingiteam, endemrurſus.contactu,in fingulas ſubiectarumei partium recipi: mox ex illis inalias continuas, done: in aliquam peruenerit principe:quo tem forémortis periculum inftar. Ad hanc remin primis conferunt vincula parti bus fupernis inie & a, abſciſsioque pare tium venenatarum. Noui equidem ru fticum,quiepoto è viperis medicamen to, reſciſlo priusdigito euafit, ficut, & alium quendamqui ſola ſectione circa medicamen eſt liberatus. Hac Galat. 3. deloc. aff. Mirabile ad Strumas gurturis, ramicem, Adem44 Yemedium. Dmirandum remedium ad ſtru. A mas. Cupreſsi foljaneque teneri. ora,neque duriora in puluerem com di minties, tortiuo vino confperges, atque ita volutabis, dum in fæcis corpus coe TH ant, inde fruma, velramex indecitur, pe tertio primum die foluitur medicamen tum, contractum locum inuenies, quidie o gitis-exprimidebec rurfus ad tres dies idem pharmacum applicabis,eodemque modofolues, &exprimes; feptimodie, vel ad fummum pono, ſtrumæ velut miraculo abolebuntur. Valet etiam ada ramicégutturis, parotidas,omnemdur se ritiem, & ædemata. Hie tollerininhere fit.Chirurg.6... Peftilenti tempore in:er pracipua-prafidia: aeris re&tificatio fummum iudicatur. Mnilaudedignus, omniq; decore admirandus Hippocratesiudican dus eft,qui peſtem illam ex AEthiopia ad Græciam venientem, non aliorepu lit auxilio, quá aeris purificatione.Præ cepit enim,vt per totam ciuitatem ignes accenderétur; qui non è fimplici folum materia,fed etiã beneolenti conftarent. Qua propter, & coronas odoriferas, florefquearomata,vnguenta pinguiſsi magrati odoris, & alia iucundosodores fpirantia, ciues igniſpargebant, quo paa Eto aer purusfa & useft,& ijà peſte tuti fuerunt. Ea fuit magni Hippocratis dia ligentia. Ex Galeno. Portaldara fenuinis contra lumbricas: magna estefficacia. Nlumbricis necandis nonmodòPon tulacz aqua ftillatitia aptiſsima iudi.. catur,verum etiam illius femen.Narrat enin: Arnaldus Villanoua, quendam puerum, dum effet in mortis periculo Conſtitutuspropter lumbricorum mula titudinem drach.jem. feminis Portula cæ cum lacte fumpfiffe,atque lumbricas multos emiſiſke,fuiffequeliberatum. Quorundam animalium vita terminus con. ftitutus,quis fit. epusannis decem viuere fertur, & Catus totidem. Capra o & o. Afinus triginta.Quisdecem: fed vir gregisfæpè quindecim. Canis quatuordecim, & quandoque vigintiTaurus. quindecim. Bos,quia caftratus,viginţi. Sus, & Pauo viginti quinque.Equus-vigioti,&non punquam triginta, inuenti funt, quiad quinquageſimum peruenerint.Colum biodo, vti etiam Turtures. Perdix vi. ginti quinque, vt &Palumbus, qui non nunquam ad quadrageſimumperuenit. Ex Alberto Låddoloresarticulares electuariano mirabile. Periam electuarium illud mirabia le, quo ego in doloribusiun &tura rum, & in arthritide cum felici fucceffua nor femel vfus fum. Huius auctor Pem trus Bayrus eft,licetipfe Galenicompofitionem efle dicat in -lib.18: fuæ Praski. Confiteor fubito ſoluere finemoleſtia, ignitum caloré extinguere, & membra patientis adeo contemperare, vtmultas viderim, endédie, qua pharmacum acce. perant, à ſella ad locú propriúſine alte rius auxilio languētes redire. Capiútur Hermos Qua propter, & coronas odoriferas į floreſquearomata, vnguenta pinguiſsi magrati odoris, & alia iucundosodores fpirantia, ciues igni ſpargebant,quo paa cro aer purus fa & useft, &ijà peftetuti fuerunt. Ea fuit magni Hippocratis dia ligentia. Ex Galeno.. Portulara feminis contra lumbricos. magna est efficacia. Nlumbricis necandis nonmoddPon tulacæ aqua ftillatitia aptiſsima iudim. catur,verum etiam illius femen. Narrat enin: Arnaldus Villanoua, quendam puerum, dum eſſet in mortis periculo! Conſtitutuspropter lumbricorum mula titudinem drach.jem. feminis Portula cæ cum lacte ſumpfiffe,atque lumbricas multos emifiſke,fuifíeque liberatum. * Quorundam animalium vita terminus.com ftitutus,quis fit. epusannis decem viuere fertur, & Catus totidem. Capraodo. Alinus triginta.Quisdecem: fed virgregis læpè. quin io rabia quindecim. Canis quatuordecim, & quandoqueviginti.Taurus quindecim. Bos,quia caſtratus,viginti. Sus, & Pauo viginti quinque.Equus-viginti, & non punquam triginta, inuentiſuật, qui ad quinquagefimum peruenerint.Colum biodo, veietiam Turtures, Perdix vi. ginti quinque, vt &Palumbus, qui nons nunquam ad quadrageſimum peruenit. Ex Alberto Laddolores articulares electisarianos mirabile. le,quo ego in doloribus iun & tura rum, & in arthritide cum felici fucceffu non femel vfus fum. Huius auctor Pew trus Bayrus eft, licetipſe Galenicompo fitionem efle dicat in lib.18. fuæ Brasti. Confiteor ſubito ſoluere ſinemoleſtia, ignitum caloré extinguere, & membra patientis adeo contemperare,vtmultos viderim, eadédie, quapharmacum acce perant, àſella ad locú propriú fine alte rius auxilio languētes redire. Capiútur Hermodactylorum alborum à cordis fuperiorimundatorum, & Diagridii an.. drach.ij.cofti,cymini,zinziberis,cario phyllorum an.dracij.trita, & cribellata conficianturcum fyrupo fa & o exmelle, & vinoalbo inuicem coctis,donec ſyru. pi bene codi formam recipiant. Dofis eſtà drach. ij.ad drac. iiij.fecundum in firmi tolerantiam. Auctorconfitetur ter ab huiuſmodi doloribus fuiffe correp tum,& femperinaurora huiusele & uarij (quod Diacoftum vocat )vnc.ſem, acces piſſe, & in vna die conualuiffe. Ego dia-. gridium in minoridofi,exhibuifemper & beneſucceſsit. Periculofumeft Bafilicum continues adorari. Vantį ſit periculi, herbæ Baſilica frequens odoratus plenus,ex Hol Jerij exacta obferuationeperfpicitur. Quidam enim Italus ex continuo eius odoratuin vehementes, &longos inci-. dit dolores capitis ex Scorpionein cere bro epato,cuius caufa morsconfequuta eft ck Ratio apud aliquot huius euentus,ea potiſsima eft, quod Bafilici folia ſub te. ftafi & ili putrefaéta in Scorpiones mu tentur, ex quo arguunt, frequentem o. doratum animalcula quædam Scorpio onuminftàr, in cerebro geocrare. Vte cumque tamen fit, Bafilici odoratus ad Syncopim, & animi hominum deliquia, mirumin modum prodelle compertum cfts Piſcem Torpedinem, dolores capitis àcaufa calida feliciter fanare. Nter fele & a, & quae dolores capitis à caula calida auferunt remedia,Tor. pedo piſcis eft. Aitenim Celfus, quem ſequutus eft Seribonius Largus, huius Puciscapiti affricatu,adeo tales dolores remoueri vtin pofteru redire nequeant. Cauſa torpedinis qualitas eft,ipfa enim viua in mari, & procul, & à longin $ quo velfi haftá; virgaveattingatur,tor porem piſcatoris mébrisinduceredici. tur, vt Plinius lib.23.prodidit. Idcirco etMatthiolus dixit) mirum non eft huiuſmodi affe& us, quodam ftupore: feliciter ſola confricatione fanare. Queex occulta natura proprietate fiunt, mirabilia videri. Aturæ arcana femper hominibus, admirationem præſticere:ratio eſt,, quia caufas ignoramusproprias, & pro.. pterea in ſpeculandis his ce pitamus, necaliud nobisreftat, quam føla admi. ratio. Quis enim non admiratur, cur: Hyænæ vmbræ conta & u, canesobmya. teſcant?Cur Eryngium ore Capræſum. ptum totum gregem fiftat? CurGallina, appenfo miluicapite nunquam quiefcea. re valeant? Curappenſo allij flueſtris capite in ouis collo, quz in grege omnes antecedat, Lupi ouibus nocere neque.. ant? Profe &to hæc mirabilia funt, & in refum fympathias, & antipathias, & na-. turæ arcana reducuntur. Nonnulla animaliareiuuenefcere: proditur. Agnum natura quibuſdam anie. inalibus pro fene&tute euitandai, COA conceſsit releuamer, Ceruus enim elu, ſerpentum renouari dicitur, quippès dum fentit fene&tute fe grauari, ſpiritu, per nares è cauernis ſerpentes extrahit, fuperataque veneni pernicie,illorum: pabuloreparatur.Colubri quoque alijq; ferpentes quoniamper hybernas latebras. vifum obſcurari ſentiunt, primo vere, maratro, feu feniculo feſe affricát,illud, que comedunt, ita vifum recuperant, &, exacuunt, & vetuſta tunica depoſitag pelleque priori reiuuenelcere dicuntur.. Qgorandam animalium carnes ad vitæ lorem. gitudinem palere. Longifsima vita aliquorum ami.. malium vel eorum proprietate, multi fapientés vitæ longitudinem in hominibusinuenire conati funt,volunt enim carnium efu longæ vitæ animali um,vită poffe produci, re& ecenſulen. tes ſolidá nutrimentă,multú,diùq nutri R, & à morbis defendere. Hac ratione Ceruicarnesprecipuè iuuenisadlógitu L6 dinem vitæ valere autumant, Reculit Plinius quafdam nouifle principes fæ minas,omnibus diebus Cerui carnes de paſtas, & longo ævo febribus, caruiffe.. Dioſcorides lib.z.longam ſençđuter cos agere dixit, qui Viperę carnibus, veſcuntur.Propterea Pliniuslib.13»An tonium Muſam Cæſaris Augufti medi cum dicebat, Viperas in cibis ijs dediffen qui ab vlceribus incurabilibus affligea bantur,ratus hoc auxilium, vitam illis, producere,atque omnesſanafle.Exlib.3; Conuiuij noftilitterarij. Abfürdan, ridiculain effe Paracelli opic. nionem,de homunculi inpbialia vitrea g !.. meratione, de partu. NPara Onmodo ridicula,ledinfanda eft: Paracelfi, damnatæ memoriæ opi-. niode homymauliconceptione, & partu.. Scripſitenimex feminehumano in ama pulla vitrea. conie & o:;: & aliquandiù: fub cquino, fuma, Itabulato, homun-. Cului culum gencrari. Vt autem hanc hypo.. thefimfaliam ille impiusdoceret, exo uo fumpfit conie &turam,quod cum op ſeruaret in loco calido concludipofle, & ex eo tandem pulliim excludi, perſuaſit hoc idem in humano ſemine in vitreo vaſculo reclufo poffe contingere. Sed vana, & fabulofa ſunt eius figmenta, fi-. quidem ex putrefa& o femine, in an. pulla fub fimo recondita talis homun.. culi partus fieri nequit, qualis enim eft cauſa,çaliseffe & us conſequitur,proinde ex putrefacto nihil,piſi corruptum ori.. tur. Infuper in fetusconceptu,vt ex fa. ais:diuiniverbidecretis capitur,ſemen virumque viri: &mulieris concurrere opuseft, præterhęę conceptio haud ori turniſi. fuerit vterus benetemperatus, tanquam hortulus à Deo deftinatus ad hanc prolem, cui fanguis maternns fi mulaffluar: quippè fi.materni- fanguinis deficeretappulfus,necfemenaugeri,nec ali planıę inftar, necpartes conformari pollenr,, vt omnium philofophorum E. 7 conſenlus eft. Ad hæc inter fætum, & vtero gerentem fympathia quædami requiritur, vr calorem, & nutrimená. tum à matre recipiat, & à fætu viuena te inatsis calor augeatur: & abia' ad cona coctionem, & produ &tionem feliciter fuccedant. Quæ omnia fallain effe Pas tacelfi coniecturam atgtrunt: ille enim non perfpexit in ouofemen, exquo puls dus fit, fimulcum alimento vernaculo conferri, & in teſta per fe porracea tans quam invteroquidemconcludi; ex qua pullus ali, & refpirare pofsit Semen vero humanum caloris, & fpiritus Cu iuſdam viuifici particeps, &conforss quorum vi, & beneficio fir generatio, antequam in vitream ampullam per funderetur, eodem temporis veſtigio exhalaret, & conceptio euanefceret: Hue aceedit, quod deeſt fanguis, quo femen nutritur, & augetur. Adde quod per ampullam vitream, fub fimo recon ditam tetas fpirare nequiret confuta.. maergofunt Paracelfiftarum fomnia,& fabula fabulofa eorum magiftri conie & ura; & vana de homunculi partu affertio. Ex. Georgio Bertino Campano. In Armenia nines rúbentes fieri. Iues omnes(fublata philofophand tium ratione)albæ funt, & ita ius d cat fenſus, vtnon immcrito Plinius lib. 17. capite z: niuem vocaverit cæle ftiumaquarum ſpumam. Nihilominus Euftachius Homeri interpres, in Ara menia niues rubentes confpici retulit. Harumcolorçm multi fapientes rummi Aantes, non natura niues rubentes fieri, fed accidentaliter illic voluere. Illa enim loca minio luxuriant, cuius colo re ex halātiones, è quibus in Armenia ninesgenerantur, pallutæ, rubedincm. acquirunti. Pro quartana febrejſalitaremedia. A Rnaldus Villanoua pra fecreto ha. buit in febrequarrapaexhibere taxi barbaſsi radicem ex vino per dúashoras. mote acceſsioné, & Dominus osdecorde: Ceruiad drach. Itidemex vino alterator di& amocretico, ſaluta, chamedrio, chamæpithio, &myrrha ex fucco abfynthit ad ſcrup.ij.caftorei eriam, & bituminis anſcrup. ij. ex vino: Alij,vt quartanam excutiant, infirmis dum in acceſsione affliguntur, timorem ex improuifo incu tiunt. Proptera Titus Liuius fcripfit, Quin & umFabiuin Maximum in con fictu febre quartana fuille liberatum... Terra Lemonia contra venena miram: babet efficaciam. Nterpræſtantiſsima auxilia contra venena,terra Lemniaconnumeratur, quæ ad Cantharides,& adLeporem ma rinú adeò pręſtat, vt quadam proprie. tate, deuorata, omnevenenum per vomitum expellat, quemadmodum mul tis experimentis hæc omnia didicifle. Galenusconfitetur, Lumacalapidem,partümulierum facilitati. Icitur Lumaca, lapidem nobiliſsi.. me virtutis in capitcretinere, qué fi trio I tritum ftranguriofis liquore aliquo conuenienti dederis, vrinam foluere, i breuiterq; fanare comprobatum eft. AL mirabilem baberingrauidamulierecó. Senfum:quippe appenfam fi ſecum por tauerit,in abortum minimè incidet, fin autem tempore partus tritam,cum vino capiet,multa facilitate pariet: fiquidem lapides himeatusmuèaperiunt, è qui-. bus fætui facilior datur tranfitus. Ex: Ifidoro.. Kamum fympathian in aliquet bruto mirabilem. elle Izaldus lib. 1. arcan: &Podinus: lib.3,theat.nat.obſeruatű,exper tumque audiuiſſe aiunt,Vaccam,Quem Equam, Afellam, Canem Suem, Felem; fimiliaq, foeminei generis animalia do meſtica, & manfueta, dum vtero gerunt, autinterire, autabortum parere, fi mas ex quo conceperunt,ma&tetur autocci.. datur,tam valida eft,ac vehemens-illo rum inter fe fympathia. Hoc autem an verum fit,confiteor, menondum fuiffe expertum.. oletno Oleam -arborem puritatis virginitate of amantifsimam. Liva fimanuvirginea plantatur, & educatur,,vberiores fructus præbe redicitur:, vſque adeo puritatis eſtamā tiſsima, & labis nefcia. Hacde cauſa, ve Teor,abantiquis ſapientibus olea, Mi neruæ dicata, & confecrata füit. Audiui equidem àmultis, alearum à laſciuis mulieribus non femel fuifle collectas fructus,calq; fequenti amo parum fru & ificaſſe,ExCarolo Stephanointideraruftia Aftronomiam Medicis effe neceffariam. PRudens Phyſicus Aftronomiam in telligere debet, aliter perfe& usMe dicus effe nequit.Cum autem ægros -Cųe rare intendet, Lunam afpicereoporte bit, fi enim plena cſt,crefcitfanguis, & humiditas in homine, & beftiis, & me dulla in plantis, ita voluit Hippocr.inl. dediſciplina Mahemas: qui apud Galore peritur.Cum ergo quis in morbum in ciderit,fi Luna è combuſtione exit,tunc iei creſcit infirmitas vfque ad oppofitio bis gradum, quo tempore per a &to cceli themateaſpicienda Luna eſt,an cum alia quo planetarum ſocietur fortunato, vel & infortunato;numin malovelbonofue. titalpe & u; & an dominúdomus mortis. afpexerit; ita enim de morte, & vita; de morbi longitudine, & breuitate infire morum accuratiusconie &turarepoterit.. Ex Hippers. 10ak. Ganjucto. Saturni,Martiſque coniun tionem inTauro, Bobuspeftilentiam pradicere futuram. A. Strologorum ex multaobſeruan tia decretum eft, cum Saturnus. Hupiter,& Mars, vel iftorum duo fimul iun &ti fuerint ſub humano figno, cona. currenti ad eam ftellarum fixarun vea Denoforum animalium afpe & u,morbos peftilentes hominibus effc futuros. Ex diuerſitate autem Zodiaci brutis quan doque contagium appariturum, faluis hominibus. Vnde notat Auguftinus Sueſſanus in comment.Apotelaſmatum Pro. Lomai,non multis ante annis,obferualle, cum SaturniMartiſque coniun & io in Tauro horrendiſsima frigora'excitallet, magnam Bobus calamitatem eueniffe. Ques autem licet imbecilliores, füper tites tamen fuiffe. In Boues tamen pe ffis illa defçuit propter cceleſte fignum, ad quod terreftris Bos refertur. Quæfi fuiffet in Ariete, forfitam in Oues graf fata effet. Anno 1479. in figno humano Martis, & Saturni fuit coniunctio (tefti monio Ficini ) & peftis crudeliſsima ho mines inuafit,,vt& prius anno1408. & omnium peſsimaanno 1345. ex trium Planetarium infimul conjun & ione. suffiiu bituminismulieres ab byfterice '. 3 Vltis experimentis comproba audio,, lieres ab vtero ſuffocatas lubitòad ſanie. tatem reuocari, & quod mirabiliuseft, Hyſterică extemplobituméacceſsionen corrigere, fiue crudum, fiue vſtum mu. licrum naribus admoueatur. Propterea mulieres,quętali pafsioni obnoxięfunt lans paſsione liberari. CA lana exceptum, fiue goſsipiocolloap penſum,Medicorum conflio (Mizaldo · auctore ) in romullis locis habent, vt e, crebo olfactu paroxyſmum arceant. Cantharides quandoque ſolo olfa & u fangui. nens, veltactuècorpore euacuajſe. Antharidumvis, & venenú in fane guine purgando per vrinam, apud paucos incognita eft, quippe in potui ex ceptas non modò veſicam exulcerare, verumatque fuffocationes, & horrenda ſymtomatainducerecomprobatum eft. Imò tantæ feritatis funt, vt quandoqué & tactu,vel olfactu hec efficiant,vt cui damchirurgo Mediolani ſucceſsit, qui bis fanguinisprofluuio correptus fuit per vrinam,folum portando cauterium ex cantharidibus in Byrfa. Ex Micbarle Rafraljo. Podeortum fit adagium, Naniga Anticres. } MXneotericisMedicis,nigrum Vlta obſertatione &à prioribus, & neotericis, helleborum ad infanos, & mente captos peculiare auxilium eſſe, probatum eſt. Huiuspotio licet periculoſa fit, cú cau telatamen fumpta, mirabiliter ijs pro deffevidetur. Hellebori virtutem De. moſthenes innuere volebat, dum acti. onem mouens Aeſchini, vt ſeſe pur. garet helleboro dicebat.Hoc in Anti. cyris duabus ele&tiſsimum, & magniva. loris naſcitur, quo nauigare oportere a dagium, quiab intania Canari cupit vt Strabo lib.9.Geograph,loquitur. Hinc Stephanus deHelleboro loquens addit, Anticorenſem quempiã fuiſſe, quiHer çulem dato Helleboro infania libera uerit, Grauidas simio fale prentes, parerifetus fine vnguibus. Noneftàratione aliepum, quodab Ariſtot.dicitur 7 de biftor.animal.c.4 mulieresgrauidas, fi nimio ſale in cibis vſæ fuerint,fætusparere finc vnguibus vngues enim,vt dixit Hipporc.in lib.de care FOS. 1 Carnibusex glutinoſa, & viſcida materia geperátør, hincaecedente Galitorum v. Tu,materia illa viſcida adeo attenuatur, &adimitur, vtfacilè illorum ortusde. ficiat.Comprobatur hocetiam in ladá, tibus, quibusex aſsiduo, & nimio ſali torum vſu,lacomne, paulatim deficere conſueuit. Oui badiin conuiuijsiucundi, feftiuiquelas beantur. N conuiuijs profecto,vt hilariter'iu: Du { 11 X G 3 epulétur,tron femel ludi aliquotper io cum apparantur qui omnes in iftanti um riſus, &cathihnos mutantur. Inter multoshi erunt Feftiui:Si lintea;& map pæ calchanti puluere confricantur, qui foti fe deterſerint ea parte nigrifient;li ceti lintea prius candidiſsima apparue. sint.Si cultri fuccocolocynthidis, vela fòe ta & ifuerit,amara oíaex ijs incita le tiétur:ex afla fætida autem cuncta fæti da audientur:Si fuperpaſtillos nuper e fixos inſtrumétorü chordas minutim in difasproieceris inftar vermium à calore V contracte apparebunt, naufeamque rei inſcijs mouebunt. quibus vinum potui dabitur,cui caftancarum cruftæſubtili ter tritæ fuerint inie & xà ventris «crepi tibusſollicitabuntur. De amorisorigine aliquet controuerfia. OlentesPhyfici amoris originem, velpotius furoris amatorijreperi te indaginem,ex correſpondenti homi num complexione, leu verius ex con formi ipfius fanguinis qualitate,nempe calida proficiſcivolunt, hancenim como plexionem valde amorem gignere af firmarunt, Aſtrologi inter eos amorem exiſtere aiunt, qui in codem aftrorum gradu conſiſtunt,vel qui in aliqua con Itellatione ex æquo participant, & con formes ſunt,tunc enim fe redamare có. fingunt. Alij Philoſophi amorem naſci afferuerút, quoties noftra luminainde. fideratumobic&um conijcimus,voluat cnim quoſdam fpiritus ex ſubtiliſsimo, puriſsimoque fanguine cordis noftri in rem concupitam exhalare, acque ocyſsi * IN me ad mè ad oculos noſtros recurrere, ibique a in vapores'& 'humores refolui,quifen. fim ad correlapſi, diffuſiq;per corpus, in oculis, rei dilectæ quandam idem, inſtar fimulachri, & imaginis,non aliter, quam in fpeculo macula permanet ve nenofi oculi, vel menſtruatæ,auriginoſi, aut fimili aliquo morbo infecti, impri munt.Hacde caufa miſerum amafium, hiſce nouisille &tum fpiritibus,qui natu ralem fuam fedem repetunt, & ad cor permeant, perditam libertatem fuam dolere, lamentarique cogi affirma. Nonnulli autem naturalis fcientiæ ad. 'modum ftudiofi,cum multa de amoris fcaturigine eſſent imaginati;nec veram tam furiofi morbi originem inuenif. fent: in hæcproruperunt:Amorem effe neſcio quid,natum neſcio vnde, qui vee wit neſcio quomodo, &accendit nefcio quo pa&to,certam aliquam rem, &per ſonam. Hominem apud Indos longiſsimam pitam babuiſſe. F Apud Lufitanicæhiſtoricæ fecènti ores ſcriptores(interquos eft Fer din. Caſtanneda:)fidei probatiſsimę, longa narratione, & certa, cuidam nobia li,apud Indosannorū, quibus vixit tre. to centorum, & quadraginta fpatio,iuuenis tæ florem ter exaruiffe, & ter refloruiffe: inuenimus:atque ex cuiuſdam Epifcopi relatu nouiterpercurrimus.(Hocprofe to mirabile eft, & paucifsimis à Deo conceſſum. At non minori admiratione illud dignum eft,quod à Langio de Or benouoproditur,inſulam quádam fu. ifle repertam, Bonicam nomine,in qua fontis reperiatur ſcaturigo cuius aqua vino preciofior fenium epota in iuuen tutem cómPomba. Ex lib. 1.debominis vita, vbi de Priorifla anu facta, & reiuueneſs eente fcribitur. Hydrargyriminer aquomodo inueniatur. Ńter metallica ônia,hydrargyro ex cellétius vix inueniri aliud cryditur, cum ad infinita tale accómodetur.Soler tiinduftria opus eſt, vt vbi eius mineræ fit ſcaturigo coniectores deprehendant; propterea menſbus Aprilis, & Maiiſub aurora, ſereno autem cælo afcendétes, vapores in montibus fpe & ant; ſi enim inftar nebulæ fuerint, non altius feat tollentis,fed humillimæ, ac quaſi terrae ad hærentis, argenti viuiibi ſedem eſſe allequuntur. Ex Cardanode Subtil. Aqua mirabilis pro viſus obfuritate. Periam aquam, quam ſcribuntre ſtituiſſe viſum cęco nouem anno. rum.R.ſucci apij,feniculi, verbenæ,cha medryos, pimpinellæ, Garyophilatæ, Caluię,chelidonię,rutę,centinodię,mor { usgallinæ,garyophyllorum, farinæ vo. latilisan.vnc.j. piperis craſsiuſculètrití, nucis muſchatę,ligni aloes an.drach. iij. Omnia imergătur in vrina pueri, & lex: ta partevini maluatici. Bulliátbreuite pore, tú exprime,& percola.Repone va le vitreo benè obturato.Hora sóni fingu. las guttas ſingulis oculis inftilla. Holler. Roris marinipraftantiſstma'virtutes, Lanta illa, quam Romani, & Itali Roſmarinum dicunt, inter plantas: nobiliſsima eft, magiſque quam ex F 2 iſtimetur excellens, quamuis mulcitu. dine, & frequétia vilefcat.Eftenim fem per virens,nulli nocens, & multis infir mitatibus inimica maximè comitiali morbo, quiferè dæmoniacuseſt. Radix eius cum melle purgatvlcera, tormini. bus medetur, & medendis ferpentum i & ibus cum vino bibitur.Prodeſt etiam contra morbum Regium in vino cum pipere. Et tanto contra maiora mala præualet, quanto maiori gaudet tutela, & fauore cæleſti, à quo omnis virtus confouetur. Naturefagacitas in difficillimis morbus fac mandis magna ift. Agna eft naturæ fagacitas in ali quot morbis ſanandis,qui medi. corum auxilijs perdifficilc eft,vt ad fa nitatem perducantur. Ketulit Alexan. der Veronenſis lib.2. Anatem.c.9.tr ulie rem Venetam,acum crinalem, qua cirri capillorum intorquentur, quatuor die gitorum longitudine ore detinuiſle, dú obdormiſceret, fomnoque ſopitam de M glutif Etv ghuiuifle: decimo autem menſe, quod m mirabile eſt, per vrinam eminxiffe.Lan. Er gius etiá in alia iuuencula,quæ aciculam deuorauerat, id etiam eueniffe fcribit, e Naturæigitur induſtria maxima eſt. * Lapidis compofitio ignē fricationereddernisi. Ricatione cuiuſdam lapidis facilli meignem excutere poterimus. Hæc eius eft compoſitio. Capimus ſkyracis, calamitæ, ſulphuris, calcis viue, picise an.drach. iij. Camphorædrach.j,Alpalit. dre iij critahæc pobanturinvalesce Teoroptimèconcoctecca Hapidécouertátur.Hic panno fricatusu ceditur,fputo veròemoritur.ExRole! Naturam beftis,ad corporis t ütelammulta remedia indicaffe. PlurimaşürNaturæ beneficiaquebê ftiis fuiffe conceffa legimus.Hæcpro fectoruminans Plutarchus, præadmi. rationeinextaſin raptus,Maturan mulo.. to plura in pecudes, quam in hominem contuliffe dixit. Quippefibeſtijs Fors bus accidit.Naturamoxantidotum in F dicauit. Hinc Palumbes, monedula, merulę,perdices, Lauri folijs deguftatis humores fuperfluos expurgant. Lupi, Canes,Feles ſięgrotant,vel li excreme torum colluuie ftomachum, vel viſcera oppleta fentiunt, gramina comedunt ra, re perfufa,herbam frumenti, &rapiſtru decerpunt:quibus ſtomachum, aluumg; exonerant.Columbæ,turtures,pullique gallinacei in morbis heliofelinum degu far. Teſtudincs morſus ſibi in flictos ci cuta perfạnant.Cerui volnerati dictami paſtufagittas, excutiunt.Ivuiteladůmu res venatur, ruta ſe munire confueuit,. vc validiuseosoppugnet. Vrlimandra-. * goram quærunt in mala valetudine. A. priauté egrotanteshedera ſe colligunt., Ceteraverò animalia pro virę tutela di uerfa alia retinent auxilia.Ex Arifter.pl njo,Nipho,&aliis. Lapidem Aetitem mulierum partus. accelerare. Maison Agnam intulitnatura Aetitilapi. diin partu prægnantium accele rando efficaciam: quippefiearum coxis argento cóuolutus partu inſtante fuerit ligatus, miram ytero generabit láxitam tem,ex qua prægnantesfacilius parient. Ab Aquilis pręlidium hoc'captum reorg illa enim dum arctiores ſe ſentiunt & oua cum difficultate pariunt, Ae titem quærunt, ex quo laxiori matricis orificio facto,leniusoua excernūt.Hinc Aeritis S-apis, Aquilinus di & us eft, quiaz Aquilă hos in nidum portant,ibiq;verii reperiuntur. Intellexi ex feminis, pria marias aliquot hos lapides in vſu,& pre cio habere,beneratas partuslaboresfu Bleuare. Hellebori nigriradićem, Viperemorfus in bon Aysſanare. (N magna æſtimatione apud multosis Helleborinigri radix habetur, ipſa enim inter carnem, & pellem iumentià Vipera demorfiinſerta proculdubio faa - mat.Confiteor profe &to fubulcum qué dam porcorú numerüigne perfico, fiue cryſipelate peftilenti pollutum (hunc morbum vulgares, eo quod porcorum caput in excreſcentiamagná deuenit,apo pellap (męobſeruante adfanitatéducti funt.. pellant Capoatto.) fola huius radice om.. nes incolumes feruaffe.In porcorum au. ribus cultello circulum ad viuum fane guinem formabat,deindecentro,ex ſtye. lo ferro perforato,radicisfruſtulum éfo. fingebat, ad paftumý;porcosmittebat, ita equidemſolo học auxilio, omnes Hippiatros in equorum faciepitorum euul, maculas albasfacere. N hominum canitie frequentescapil. larum euulfiones, vt nonnulliin viu habent,vituperantur, eo quod illorum cuulſa niaior generaturcmitics:Hippia atri enim cum maculas albas in equo-... tum facie fingere intendunt, frequeno tiſsime pilosextirpant, qua continuata euulſione,pilos excreſcere albos exper tum eft. Queapud Veteresmagis erantcelebrata: pectaculam Nterorbis terręcelebrata {pe& aculag, Mauſolæum, hoceft: 9.Maufoli ſepul chrum  ES Noun ehrum;Coloſſus folis apudRhodiosios uisOlympici fimulachturm,quodPhidias -fecitex ebore:MuriBabylonis,quos ex. citauit Regina Semiramis; Pyramides in Aegypto; Obeliſcus in via nobiliſsima Babylone à Regina ſupradicta erectus, Rodigingso Marinum Vitulum à Cåeli fulmine non mo leftari. O pauci ſunt ſcriptores,quiMaria num Vitulum, (multa obferuatiu. one peracta) à fulmine incolumem effe perhibent.Propterea Seuerum Imperaitorem Lecticam fuam Vitulimarinico riocontégi voluiſſe legimus,hoc enim animal ex marinis, à Cæli fulminemio nimè percuti audiuerat. Inde fa &tum elte vt veteres, pauidi,pefulmine ferirena tur, tabernacula ex iftiuspellibus con-.. tecta retinerent,ita profecto àCæli fula. mine præſeruari poflcputabant. ExPline. Captaminter bruta maxima Epilepsia tentari: Ippocratesin lib. de facro -morbou: H Fs (si liber ille genuinus eius est) vt ab ' Èpilepſia homines præferuari valeant monet, neque in caprina pelle decum. bendum effe,neq; eandemgeſtare opor tere,beneratus tale animal; maximè ab Epilepſia tentari. Hocetiam Plutarchus rerum naturalium perfcrutator indefef ſusaſleruit:propterea veteresSacerdotes ab eius carne,ve morbida,abftinuiffe fe runtur, neguitantibus aut tangențibus. modo, aliquid eiusmorbi induceretur.. Dinum in Asthmatisçura ſele &tiſsimim.". V TInum pro fanando Aſthmate ab, mo, quo pater eius cum fælici ſemper: fucceflu vſus eſt,adducitur. Habet yie. ni dulcis, quaie potiſsimùm Verpacia eft,non craſsi,ſedtepuis,mellicraticoctii an, lib.decem:puluer. Foliorum Tabe. bacciexicc.in vmbra vnc.j radicum polypodii quercini recentis,acminutiſ.. fimeconcili ync.iij.radicum hellenij re.. motomcditullio,& inciſarum unc. iij..:? macerentur horis 48.poftea verocolentur per manicam Hippocratis vocatam, conſeruetur vinum inloco frigido. Dá - tur vnc. vj. pro vice; ſingulis diebus,; horis ante prandium quinque. Homines a phrenttide correptos sania fortiores fierii On pauci admirantur, cur homi. nesphreneticiflicet in ſanitate debiles fuerint prius ) ipfis fanis fortiores: euadant?Equidem à morbi naturato- · tum procedere verendum non eft: cum autem in phrenitide magis, ob exficcationem lædantur nerui fenſitui, quam motiui, nulli dubium eft, tales quo ad motum ipſis ſanis fortiores, & debilio. res, quo ad virtutem fenfitiuam fieri;: ratio omnium eft,quia operationes,ner uorum fenfitiuorum humiditate magis perficiuntur: fecusmotiui. Huicadiun gitur, quod phrenetici (mente læſa ). doloremnon fentiunt,idcirco fortiores.com Ek Arculano. Tuberum efufrequenti, bomines in epile Pliam incidere. 2 M2Aximopere (ve valuit Simeon Zethus) ſuberum continuattis v fus vituperatur: adeo enim hornines crebro eorú eſu afticiuntur, vtepilepti ci;vel apoplectici fiant. Apud veteres autem in pretio habebantur,illifq; cum Colo quandam affinitatem,nec niſi to. nante loue nafai, credidit antiquitas.. Vnde Iuuenalis: Facient optat atonitrus CHAS - Offri de corde Cerui à morfibus venenofas; hos minespreferu476. Irabilis eſt profecto oſsiculorum, proprietas, quæ in Ceruorum; corde reperiuntur;geſtata enim ad præ feruandiim à beftiarum venenofarum morſibus, & i & ibusmaximeproſunt. In officinis tanquam præſtantiſsimum an.. ridotum contra venenum, & febres pe tulentes,hxc eſſa conſeruatur, &cum feelicifucceffu mediciindiesad hæc valere experiuntur:: multi tamen pre. ofic.cordis ceruipi, os.bubulum tradunt in magnam languentium perniciem, & ped.com M propi eterمه 27 that medicorum afamiam.Ex Alexan.fro Be Pedido. Hemicranian lapide Gegatisſummoueri. MW Vleo experimento Democritus: Hemicranian, lapidis Gagatis ſo'a ad collum appenfione tolli com.. probauis fcribit enim huiufmodi lapi. dem geftatum ſeinperniagis ponderare, quam antequam appendatur: quafi in eo quædam attrahendi in fe fe humo. rem,à quo dolor in parte cranij fufcitam. tar proprietasreperiatur.Mercurialis. Epilepritof non perpetuoconcidere nee quefpumam facere. Vicomitiali morbo laborátnánili in magoa ventrico !orum cerebriz cralo s humoribus obftru & ione conci dere, & fpumam ferre confueuerunt: ſe cus vero in alijs cauſis, vtin quadapu.. ella Aretina Beniuenius obferuauit. In cidit illa in Epilepfiam, tamen neque concidebat,pequeexorefpumam emito. tebat. Sedſtanscaput hinc indecücere wice  uice, ac fi quid infpicere vellet mous bat; nihil interim loquens, nihil fenti ens.Cum auté ad fe reuerteretur, inter rogata quid egiflet, penitus ignorabat. Cauſam Beniuenius exiſtimauit, quod non caderet quod contra & io, & tenfio ad cerebrum non ferretur,cumfolus va por ſurſum aſcenderet: ex quonullor gore cerebrum ipfum intentum, abot dinatis motibus-reliqua membra pre feruare potuit. Vermes rubros in hominum cerebro, in qua dam epidemia natos effe. y Beneuenti,cum multi ignoto morbo decederent è vita, medici tandem, hoc morbo quedam mortuum incidere voluerunt, & in huius cerebro vermem cubeum breuem inuenerunt, quem cum mulrismedicamentis vermesoccidendi vim habétibus interficere nequiuiſſent, fruſta raphani inciſa in vino-maluatico vltimo decoxerunt,quo vermis occilus eft,atque hoc eodem remedio deinde - mili morbo, quali epidemico affe & i omness. Omnes curabantur. Foreftusex lib.Corne tỷ Roterodam. Capillorum defluuium ex Laudano curari. TOn femel morboacuto egrotantia bus (-ſiad fanitatem reducuntur è capite capillos decidere expertumelt. His facilliinè fuccurritur huiufmodilia nimento, quo 'capillorum defluuium non folum amouetur verú etiam amiſsi irerum renouantur. Laudanum cum vi. ño, & oleo rofato ad decentem vnguen ti fpiſsitudinem coquitur, quo caput v niuerfum linitur; breuique capillatum redditur, Ex Bayro.. An empiricis tradararemedia,mortem ! non paucis:attulije.. ftrum baudelt, remedia, quæ ab Kempricis adhibentur, morté aliquádo hominibus attulife, ij a. nulla ra. tione, nullaq; methodofuffulti, fed fola experiméti indagine,nec caufasmorbo Tum verè cognoſcere,nec ordine auxilia applicare poſiúnt.Proptereamilesquida inmorboinueteratoluinepotis,quicapi. Member Aximopere (ve valuit Simeon MZethus) ſuberum.continuattis V.. fus vituperatur: adeo enim, hornines crebro eorú cſuafticiuntur,vtepilepti ci;vel apoplectici fiatt. Apud veteres autem in pretio habebantur, illiſq; cum Colo quandam affinicatem, necniſi toe. nante loue nafai, credidit antiquitas.. Vinde Iuuenalis: Facient opfataronitrua, Cen45 -offi de corde Ceuiàmorfibus venenofisshos minespreferuatge -Irabilis eſt protecto oſsiculorum, proprietas, quæin Ceruorum corde reperiuntur;geſtata enimadpræ • Tóruandum à beſtiárum venenofarum I morſibus, & i& ibusmaximeproſunt.In officinis tanquam præſtantiſsimum an-. ridotum contra venenum, & febres pe.. bilentes, hæcoſſa conſeruatur, & cum. foelici fucceffumcdiciindiesad hæc va lere experiuntur:: (multi tamen pro. ofic.cordis ceruidi, osbubulumtradunt in magnam languentium perniciem, & M pedice medicorum afamiam.Ex Alz xan.fro Bem nedido. Hemicranian laide Gagatia ummoueri. Viro experimento Democritus Hemicraniam, lapidisGagatis fola ad collum appenfione tolli com.. probauis fcribit enim huiufmodi lapi. dem geſtatum ſempernagisponderare, quam antequam appendatur: quafi in eo quædam attrahendi in fe fe humo rem,à quodolor in parte cranij ſuſcita.. tar proprietasreperiatur.Mercurialis. -Epileptites nonperpetuo concidere nee que fpumam facere, Vicomitiali morbo laborát nánili in magoa ventricolorum cerebria crais humoribus obftruatione eonci dere, & fpumam ferre confueuerunt: ſe cus vero in alijs caufis, vt in quadá pu ella Aretina Beniuenius obferuauit. In cidit illa in Epilepfiam, tamen neque concidebat,pequeexore fpumam emit tebat. Sed ftans caput hinc inde cucere vice, ac fi quid inſpicere vellet mout bat;nihil interim loquens, nihil fenti ens.Cum auté ad fe reuerteretur,inter rogata quid egiflet, penitus ignorabat. Caufam Beniucnius exiſtimauit, quod non caderet quod contra & io, & tenfio ad cerebrum non ferretur, cum folusva por ſurſum aſcenderet: ex quo nullori gorecerebrum ipfum intentum, ab of dinatis motibussreliqua membra præ feruare potuit, Vermes rubros in hominum cerebro, in quae dam epidemia natos effe., Beneuenti, cum multi ignoto morbo; decederent è vita, medici tandem, hoc morbo quedam mortuum incidere voluerunt, & in huius cerebro vermem rubeum breuem inuenerunt, quem cum multismedicamentis vermesoccidendi vim habétibus interficere nequiuiſſent, fruſta raphani inciſa in vino maluatico vltimo decoxerunt, quo vermis occiſus eft,atque hoc eodem remedio deinde se smili.morbo, quali epidemico affe & ij, omnes Nous ) omnes curabantur. Foreftusex lib.Corne-, i Roterodam. Capillorum defluuium ex Laudano curari. "Onfemel morboacuto egrotantia bus (-ſiad fanitatem reducuntur ) è capite capillos decidere expertumelt. His facillimèfuccurritur huiufmodilia nimento, quo capillorum defluuium non ſolum amouetur verű etiam amiſsi irerum renouantur. Laudanum cum vi. ño, & oleo rofato ad decentem vnguen ti fpiſsitudinem coquitur, quo caput y niuerfum linitur, breuique capillatum redditur, Ex Bayro.. An empiricis tradararemedia,mortem ! non paucis:attulife: ftrum baudelt, remedia, quæ ab tempricis adhibentur, mortéali quádo hominibusattulife,ijn. nulla ra. tione, nullaq; methodo fuffulti, fed fola experiméti-indagine,neccaulas morbo. Tum verè cognoſcere,nec ordine auxilia applicarepoflunt.Propterea miles quidā. igjorbo inueteratoluinepotis,quicapi N + 136 tis achoribus erat fædatus, finecautio. os,more empiricorum,nec ætate obfer uata, vnguentum ex arſenico, ſulphure viridiæris, femine ſinapis confe&tum capiti appofuit;ita enim ex quodam lio bro remedium collegerat, & mane ſee quenti puer ille, qui erat duodecim an norum, in lecto mortuus inuentus eſt. Hi profe& o fru & us empiricorum ſunt. ExValefio.. Triplici auxilio homines longauam vitam Af quirerepofle. Ifi hominum frequens luxus exo NA vita songior,ſaniorquevideretur,hi ay tem in luxum,epulas, & otia effuli, vix trigefimum exceduntannum, abſque. fene & utis aliquo veftigio,vita enim los. gæua,non luxu,& profufione nimia, fed triplici tantum remediocomparatur;fie quidem pareitas cibi, & potus, bonus cibus,& moderatum exercitiummorta - lium vitam, ex Philoſophorum decre to,producere valebunt.Bartholom.Males ** Dino Gagorio.  Nmin Quo paéto fingultum cohibere valeamus. Onleui angaſtia angultum ho• mines cruciare quandoque vide mus adeò quod multiin longiſsimā via. giliam huiuſmodi affe & u ducti funt, Multi funt, quieximprouifo timorem ſingultientibus incuitientes,votum alle quumtur: alij verò auricularidigito ito bentintus aures diu confricari;Lyfimam chus tamen apud Platonem, fternuta. mento afperfione aquæ frigidæ, & re {pirationis coñibitionefingultum cxčke ti propalauit. Quopado plebrios, tincios en admiration nem -dustus. Plebeiprofe &to qui populi parsfino plicior eft,ex leuifsima occaſione fa. cilè in admirationé ducuntur. Si optas autem vt adftantes credantvel magico Çarmine, vel quodammiraculo te open. rari, manècum Verbaſcum flores aperit æſtiuo tempore, iispræſentibus leniter moueto plantam: flores enim paulatim decidunt, & exiccatur, cum magno ile. lorum ftupore, fiquidem illius plantæ hæceſt proprietas, vt (Sole accedente ) flores decidant. Quod fi magis irridere velis inutiliter aliquid murmurabis, vt admiratio excrefcat, vltimòtandemor mpia in rifum finiantur. Ex Porta. Memoriam è thure epoto maximè Augeri. Maximo hominibusadiumento eſt firma memoria, triftitiæ verò, & Jabori, imbecillitas, iis præſertim, qui bonarum litterarum ftudio incúberec ptant. Ita autem cófirmatur.Thus albife Gmuin in pollinem attritum,& cú vino, li hyemsfuerit,velaqua deco & ionis paſ fularü, fięſtas;epotum,inLunęaugmen. to,oriente Sole, necnonmeridie, & oC- t caſu, mirum in modum memoriam aya gere fertur. Ex Rafi. Quo pačtofamis importunitascohibeatur: Vis Taurum Philoſophum, eiufq; mendo famisimpetu? profe& o dumfa. maemaximèmoleſtabatur, eius importurnitatem, compreſsis hypochondriis & ventris ſtri & ione compefcebat. Apud. Aulum Gellium. Mulierem grauidationis tempore pallefcere., debilioremque effe. TOnlinerationemulieres, quoté pore vterum gerunt, virore pallia dæ fiunt, purus enim illarú fanguiscono tinuò ex corpore deftillat, & in vterum à natura demittitur, vtfætú tú nutriat; tú eius procuret augmentü.Cum autem ipfis paucior in corpore-refideat fanguis neceſſe eſt fieri pallidas, atq; alienos ci Bos appetere.In ſuper exco,quia fanguis folitusipfis minuitur,debiliores fieri ne celle eſt. ExHippocr. lib. 1. de morb.mulier.. Myrifticam nucem à vira geftat am, vigo rofiorem fieri. MIrabilis eft nucismyriſtice, quava cant muſcatam, cum homine fym pathia: ſi enim à viro.geftatur, nomodò vigore proprium cóferuare, verù etiam turgere,magifq;fucculentam, & ſpecio ſam ficrialkunāt, pręfertim fiiuuenilis adultæque ætatis homines circumferát Ex Liuinio Lem. Hepaticos, Gtienoſos decodochamading fanari. INter præſtantiſsima remedia, quæ I hepaticis, & lienofis adhibentur pri mum Chaniædrium locum retinet: fie nim ex aceto deco & a,per pluresdies ex. hibetur,hepaticos,atquelienoſos pro. culdubio fanat: multisequidem experi mentis comprobatum eft tale decoctí viſceraab infar &tu liberare:propterea ini febribus chronicis, eo quod obitruction tres mire abigat, fdelici fùcceffo à multis: pro fingulari ſecreto audio vſurpari. Pulfus deficientes,&intermittentes in ix. uenibus mortem prædicere, O Vanti timoris in languentibus,pul sus deficientes, vermiculantes, & formicantes exiſtant,apud Medicos notiſsimum eſt: ij enim ex proſtrata natura exorti,exitiú efle in foribus aftédūt. In. termittentes autem duorúpulfuum ſpa tie tio,non modò in omnibus fufpe & i ha bentur, verum etiam omnibus maxime iuuenibus exitiofifunt; diſséticGalenus, qui in pueris, &fenibus non ita fore ti mendos afleruit.Huius rei habuitexse. rimentum Proſper Alpinus in Iacobo Antonio Cortulo octuagenario,pleuri. tiro, & febreardente vexato, cui pulfus fuerunt cùm intermittentcs, tum defi cientes; tamen ille citò conualuit.lib.s. de med. method. Mitbridatis Regis, ad venena maximum Antidotum. D Euico Mithridato Rege maximo, in eiusArcanis Pompeius inuenifle in peculiari commentario ipfius manu exarato compofitionem antidoti dici Inr.Cóftabat ex duabus nucibus ficcis ite ficis totidem, & ruræ folijs viginti fimul tritis, addito falisgrano.Si aliquis hoc iciunus allumeret, rullum ei venenum nociturum illa die affirmabat, Ex Plinio. ONO Slidera Quo artificio offa, velebora colorari valeant. I offa,vel ebora coloratahabere de lideramus,ca in primis oportet abim munditiis purgare; deinde in aluminis aquadecoquere,tum demumin vrină, vel calcis aquam in qua diffolutum fit verzioum, rubrica, aut cæruleus color, fiue alius quem volumus immittere, & vna iterum coquere.Cum autem perfri gerata in eodem etiam liquore fuerint, extrahenda ſunt; & pulchra, & bellè tin eta habebimus. Alexius Pedemont. BRICA Bryonieradicio è vinoalbo decoctum, hyfte. ricam paſsiorem reprimere. Ryonia in fedandamulierum hyſte rica paſsione,egregiam habere vir tutem multis experimentis dicitur.Ex multis obſeruationibus in quadam mu liere, quæ quotidie ferè per multos an nos hocaffectu laborauerat, à Matthio lo experta eft. Hæccum ſemelper heb. domadam, cius confilio, ſub fccti ingressum, vinum album, in quo ip fius radicis vncia efferbuerat, hauſſet ex illa paſsione optimè conualuit. Ne tamen amplius in fuffocationes deueni ret vteri,perannum integrum hoc me dicamento vía eſt, nec morbus iterum recidiuauit. Quo fuffitu Serpentes venenati à domibus, velpradiis arceantur. Vlta equidem reperiuntur, quo rum ſuffitus adco o diolus eſt, vtà loco, vbi is. fiat,penitus arçeantur. Scribit Florentinus in Geo pon. Venenatam feram numquam accef luram, vbi adepsceruinus, aut radix Centaurij maioris, autLapisGagates aurDictamus creticus,aut Aquilæ, vel Milui fimus cú ftyrace miftus fuffatur. Ex Gal. autem habemus in lib.de med. fac. parab.ad Solonem.Pyretrum, ful phur,cornu ceruinum, pinguedinem,& pulmonem Afini accenfum,ac fuffitum, cuncta animalia venenoſa efficaciter fu - gare compertum elle. Herpetes exedentesTabucoicereto felicitors Sanuri. Terorymus Aquapenders inl.:.de Tumoy prenat.6.20.5xedcotes her petes teſtatur curaſſe quoad totum cor pus, ex ſero Caprino expurgatione con fecta,fæpèautem cum fa !fæ parille de co & ione:partes affectas aquis therma lbus D.Petri lauabat,vltimoiis, felici cum fucceſfu ſequens admouitCeratú. R.Succi Tabacci, ſeu herbæ Reginæ vnc. iij.Ceræ citrinæ nouiſsime.vnc. ij.Refie næpinivnc.j. Rofinz Tyerebintinæ vnc.j.Oleimyrtini quantum fuffic. pro formando Ceroto. Vina alba, qua induſtrie inrubramu tentur. A Lba vina abſque vllo detrimento in rubra(auctore Mizaldo ) tatim Conuertuntur,lipuluerem mellisad du rilsimă conliltentiam deco&i, & ficcati in vinum albuin proiecerimus, & tran Suaſandomiſcuerimus,Idautem minori faſtidio efficier lapathorum radix, fi re cens, vel ficca in vinum mittitur. Flores in Aegyptoprope Nilum inode tar os exiftere. O Dorin ficco fundatur, eidemq; in nititur;hinceuenit(auctore Theop. 6.de cauf.plantar.) vt fru & us agreſtesvro - banis ſui generis odoratiores,eo quod - ficciores exiſtant vrbanis,habeátur.Heç quoq; caufa eft,quod in Aegypto mini mèodorati flores naſcantur;vt n. Plini - us prodidit, Aegypti aer à Aumine Nile tum nebulofus, tum roſciduseſt: cuius cauſa odor in foribusadimitur. Abfynthium ventriculum roborare ſo lum adftri& ione. Vantam Abſynthium in roboran do ventriculo vim retineat,in mul. tis locis à Galeno exprimitur:bancau tem virtutem non ab amaritudinem fed propter adftri & tionem abfynthio inefle verfimilc eſt. Conſtat hoc totum ab eius fucci natura, qui corroborandi facultate deſtituitur, ex eo, quod ter rez partes, in quibus adſtringendi vis poſita eſt, ab ipſo feparantur. Succus itaque folum amarulentiamhabet, quz tantum abeft, vt ventriculum roboret, fed vt potius illum infeſter. Ex epote Chalcantho, albos pilos è capi te decidere. Icet Chalcanthi, fiuc vitrioli vſus, e reſumpti, apudGalenum ſuſpeatus habeatur: à multis tamen audio maximè commendari. Inter graues fcriptores, Rbaſes eft,qui 29. Continentis, 6.24. ſe habuifle amicum quendam ſcribit; qui potata vitrioli drachma, propènoctem pilos omnes, quos in capite habebatal bos, abiecit.Res profe &to mira eft, pbrenitidem ex nigro Coralio felicitar Sanari. Oralium nigrum, quod Antipallas, fiue Antipatkes dicitur,inPhrenitide morbo corrigendo, & fanando perquá Airam habere facultatem exiſtimatur. Hoc nigerrimi.coloris eft, & ob varie. tatem in magno precio tenetur, & cótra huiuſ HORTvĆvs G & NI ALIS. 14h ** Merete huiuſmodi affectum tanquam præftan tiſsimům remedium vſurpatur. Ex Ense lio de Gemmis lib. 3: Lethargicosà Satureia capiti admota excitari. Vltis experimentis obſeruatum reperio,Satureiam cumfloribus vino incoctam, & calentem occipitiad. #motam, Lethargicosdifficili ac pertina E ci sono oppreſlos, ac veluti raptos exci tare, & reuocare.Vt autem curæ folici $, or fit exitushuius decoctiguttæ aliquot fe infirmiauribus inftillandæ funt. Hana diſchius. I peftilentias quasdam occulta anispat hia ho minum corpora depafcere. M Vlta reperiuntur,quæ occulta qua dam antipathia, cun &tis hominis bus aduerfantur. Huiuſmodi fuit aura illa peſtilens, quæ ex arcula aurea in quá miles forte quidam inciderát (referente Iulio Capitolino ) in Babylonia orta eft, Ex hac nata fertur peſtilentia, quæ in - de Parthos orbemý; compleuit. Huic haud abfimilis, vel prauior vtique fuit G peſtisilla, quæ anno 1348.ab oriente in cipiens (teſte Guidone Cauliacenſi ) vniucrlum fere orbem peruagata eſt, tảntaq; lauitie peragrabat, vt vix quar ta hominum pars ſuperſtes euaferit. Bra M. Infantes eiulare quoties lar, nutricum mammas papillas pangit. Slidua experientia comperimus f A mammasnutricum, & papillas lancinat, & pungit,quippead infanculos tunc nu trices redire videntur ftatim; cum pa pillarum mordicationem, ſiue vellica. tionem ſentiunt. Duplici autem id fieri caufa credendum eft; vel quia quo tem porecoctionem infantulus perfecit, eo dem momento nutricis vbera complen. tur, vel quia tutela Angeli Cuftodisin fantis nutricem ad officium, leuiſsima vellicatione follicitat.Hoc verius vide. tur eo,quod modo citiusmodo tardin fanteseiulant: & vtriuſq; ſtatus non lem per idem eft. Ex Bodino lib.3.Theanatu. Sales Han 7 Salis Prunella virtus, &compofitio. al prunella,ob fingularem vim do lores mitigandià quauiscaufacalida &inflammatione excitatos, quam reti-, net, a nodynum minerale à chymicis apo pellatur. Eius compoſitio talis eſt:Para tur ex,nitro optimo; quod in cruſibulo. funditur, paulatim ſuperinijciendo flom res ſulphuris,quieiuspingaedinem tole Junt, idqueadeo pellucidum, purum que reddunt; vt fi luper lapidemmar moreum effundas; omninò clarum, & dlaphanuin appareat vitri inſtar: quod? đšinde Sal ſjuelapis prunelle.dicitur,Sa lutare eit remediú ad ardentiſsimills febrem Hungaris familiaré extinguento - dam, & edomandam:cuius ferocia tana' ta eſt, vt ægrotantium linguas prorſus nigras, & prunis ardentibusfimiles ef ficiat. Cum autem tanti ſymptomatislę. vitia extinguatarhuius vlu,leniatur, & opprimatur: Sal prunellæ apellatus eft. Eft præterea idem remedium magnum diureticum,& diaphoreticum. Querceta mus in Pharmacopes. 63 Hy ilico appetere. 1 adduxeram: qui Leonem, Gallum ve.. Hydrophobos è poto Catuli coagulo aquami Iris laudibusCatuli coagulum in Aetio, ex tollitur: Illud enim fi femel tantum ex aceto Hydrophobici guftauerint;ſta rim eos,aquæ pofus cupiditatem capere: ob id medicamentum hoc præftantiſsi muth iudicamus, in huiuſmodi enim afa fe & u, nulla falus ſalubrior iudicatur, quam aquæ potus: quo deficiente,mors in foribus ſemper eſte Cur Leo Gallum timeat abfolutaz " izquifitio. CVVmquodam die Cercelliani gra tia apud Carolum Cifellum luriſ conſult. clariſsimum, meique amiciſsi. mum effem, forteinter nosde Gallina tura orta fuir diſputatio; illa preſertim, cur Leo illum timeret? Pro dubii folu. tione Ficinú inlib. z. de vit a celit. compar: reri ſcripfit, eo quod in ordine Phoebeo, Gallus eſt Leone ſuperior. Hoc etiá ex Proclo confirmare volui, qui, Apollinca Dæmonem;qui alias fub Leonis figura apparuerat, ftatim obiecoGallo diſpa ruiffe prodidit. Ifle-autem quia bonarú Jiteraum citra legalem fcientiam admo dumftudiofus et contraria rationeLeo i. nis timorem euenire contendebat. Ada ducebat Leonardum Vairum in lib. 1. de Fafcino, quiex Gallorum oculis ſemina i quædam, ac fpiritus exire profitetur gr I quibus Leonib'dolor,acmeror incredia bilis inčuciatur, inde veluti effafciñatas ritere.Ego quidem licera Lucretio hac etiam opinionem fuftentari viditlemi tamen poft,pleraque vltro, cirroque inter nios de re hac ventilata;confeſſus füi apud me neutram opinionem vide ti validam. Vbienim naturales rationes præualēt,nec ad Aftrologicas,nec adoc cultascófugiendium eft.Leonesquoniá bile faya, & copiacaloris abundant,faci le fit,vt ex fonoraGalli voce comoucka tur:ita profecto Canesex leui etiam al 2, G4 terius 30 II terius latratu faciunt. Infuperrubicun da Galli criſta,flammæinftar rutilantis, primo afpectu,colorisratione,bilem in Leonibus celeri motu excitat, vt panni rubri armenta quædam fugare, & mo uerefolent,inde fit, vt quodammodo Leones &afpe&tum, & Gallivocem ti meant. Haud tamen credendum eft in iis (ledato primo impetu ) perpetuotimo. rem ex hac beftiola durare, & induci poffe. Corues, morientium feditatem ſentire, ob id fuperte&um infirmorum crocitare. Orui, quia hominibus meliorem habent odoratum, vt voluitÀrift, corporis morituri fætidum odorem de longe fentiunt: fecus eft in hominibus, licet prope maneant. Propterea ſuper te & um infirmiCorui volitant, &cro. citant, quando eius corruptio, &fædi tas magna eft, vt ea paſcantur: huiufmo dienim animalium genusrerum foeti darummaximeauidum eſt; quibus pa fcitur: Charlie [ citur: idcirco in bellis, &in peftilenti tempore, cum corpora mortuorum vel hominum velarimaliū humi ia&a funt; Coruorucopiaprcualet.Homines vulga tes, & quiparú prudétes funt;dů Coruos crocitantes fuper te &tum infirmiaſpici unt, illum moridebere afferunt:hoc au. tem falfum eft: ii enim tantum fæditaté inſequuntur. Sæpè tamen Déus permit tit Dæmonesin Coruorum, & aliorum animalium forma ſuper domos: vel in domibusmorientiúapparere, quando be ftialiter vixerút. Et Bernardino de Buftis. Quo artificio es aduratur, ut cinnaba. ricolorem acquiraté Iæsvífum colore cinnabari, & ad ru bedinem verlum habere volueris, o quemadmodum vult Diofcorides; AC i cipe æristaminascuttricoftę profundas: non ſint autemęris alias fufi, quia in hoc ſemper ſtannum commiſtum eſt, Has e ſuper ignitos carbones apta, cum autem i illæ rubeſcere incipient,ſulphurispul.. uerem tenuiſsimum leniter deſuper có iicito, Sleepin ijáto', videbisenim (cellante fulphuris Máma) Pris (quamu'as euidenter extra hi,& euelli.Tumodol.perfe & e nó pol. Te cuelli cognoueris, addito ſulphur. remtoties, quouſque lamulæ eradicari videantur:caue tamen nevrantur, & ad nigredinem vergant. Extinéta tandem Sulphuris flamma, & refrigeratis lami. nis;æris rubei ſquamulas habebis magni valoris,quasloco Hydrargyri præcipi-. tati in medicamentis recipies alias aut tem huius vires apudGalen. & Dioſco videto. Theodorus Ga4, quedinfelicitertex Arist,', deHydrophobia conuerterit, à crimine abfoluitur. Heodorus Gaza vir do & iffimus, dumArift.tex.8.de hiftor,animal.c. 22 traduceret,omnia animantia voluit à Cane rabidodemorfa, ip - rabiem ági,. ac mori, excepto homine. Hoc autem qqantum ſit falfum,quotidianademon Strát obferuantia. Homines n. demor fi; in rabiem aguntur, & pereunt; niſi Tectè curentur, vtcuidam (pauci sunt menses) hic iuueni accidit, quià Canc rabido in manu demorfus, nullo adhibi, to to medico, fed folum circulatoribus com fiſus, in 40.die in furorem deuenit; quo temporelicetme parentes vocaffent,fas s &o tamen preſagio,quodbreuimorere I retur, tanquam deploratū reliqui. Hęc igiturTheodoritradu & io pleroſq; in vi rioslabyrinthos deduxit:multin.,tum i vtGazá defenderent,tum iavtArifto telem ab erroris ſuſpicione vindicarent, textum ita acceperunt animantia omnia à cane rabido correpta interire, hominē 3 verò folum abſque periculo non ferua. rizita expoſuitIulius Pollux. Alii verès inter quos eft Leonicenus, textum malè fuifle conuerfum, veleſle depra suatum contendunt, & fic loco a pocos i legendum mpirs afferunt, quafi ho mocorreptus, &in rabiem, & mortem deueniret, fed non ita citiùs, vt ceteris animalibuscontingit.Hic fenfus quoad - negotij veritaté ver eſt,quiahômo pro i pter oprimú téperamétum, tardius, qua: cætera violatur:tamen Ariſtotelisinten. 2 tio neutiquam eſt ipfe enim ex profeſſo hominem à rabie, & morte ſeruari fcri pſit,cuius textů Gaza fideliter traduxit, neque deprauatum, neque commutan dum exiſtimo, quia mens Philoſophi peruerteretur. Vtauté Ariftopinjoom nibus innoceľçat; hydrophobiamin ho minemorbum elle nouum, illiuſq;tem peftateincognitum proponimus,ex quo iure expofuit animantia omnia é: Canis rabie emori, homine excepto,quia hæc lues in homine nondú innotuerat. Con-. firmat opinionem noftram Plutarchus 8. Sympoſiacorum, in probl.9. dum exfen tentia AthenodoriMedici ſcripfit, hy drophobiam eſſe morbum nouum, atq; apparuiſſe tempore Aſclepiadis, qui Sub Pompeio Romæ claruit. Confir mant etiam hoc Scriptores ante Aſcle piadem, quideHydrophobia mentio. nem aliquam haud faciunt:e od lima. nifeſtum fuiffet, non video cur lub fie lentio tantum morbum occultaſſent, E go quidem Hydrophobiam antiquitus haud extitiſſe,perſuaderemihi nonpof fum:innotuiſſe autem veriſimile eft, nó ob aliud, niſi quia morbushic non ſtaa tim à vulnereaperitur: Siquidem multi in 40.die rabiunt, aliqui poft fextum, autoctauum menfem,vel etiam poſtane num, vt fcribit Gal. Auicenna adnota - uitpoftfeptimum; Albertus poft duo decim.Propterea antiquitus,&precipue Ariſtotelis tempeftate,huius morbi cau fa nóaduertebatur à Medicis innoteſce bat quidem aquę timor taméàcanisvul nere & tabiem, & illa praua ſymptoma ta oriri imaginabantur: idcirco Ariſto teles etiam, interillos, hominem com morſum à canerabido,necrabidum fi eri,nec emori ſcripfit. Alai radicem pro expurg andis vomitu te nacibushumoribus à ventriculo,effico cißimum eleremedium. Vanta Git Affari radicis non modo in ciendo yon: itu,verum etiam in expurgandis àventriculo. & ab eius par tibus, humoribus craſsis & tenacibus ef ficacia,fapientum aliquot edocuit obler: uatio: fiquidem multinon folum in vis tiis ventriculi, ſed etiam in quartanafea bre, aliisque longis affectibushac eua cuationefeliciſsimo cũfucceflu va funt.. Præparatur è fcrup.ij.aut Drach.j.radio cis Affari, quæ in hydromelite, aut para fularum decocto fit diſſoluta, cuitan - tillum cinamomi, &firupi violar. ade iicitur. Ex Fernelio. In conftruendis ſepulebris veteresfuiffeadu! modum diligentes... Xáca Veteres in conftruendis fer Epulchris, webantur diligentia:id circo admiratione maxima dignum eft illud, quodà Ludouico Vluenarratur memoria patrum fuorum fepulhrim fuifleerutum, in quo ardens lucerna inuenta eft.Hæcibidem (vt infcriptio ata * teftabatur Jante Ann.M.D.condita'erat, - & poſita: manibusautēcontreccata, ex templo in puluerécóuerſa eſt.Ex Langit. Ganicula exortum à veteribus maxime fuiße obferuatum. Canis cAničulæ exortus antiquitus à prifcis ex eius colore, deami ſtatu côtecturam capiebant. Illan, fiobfcurior, & veluti: caliginofa oriebatur, graui, & peftilenté foreannu;ficlara & pellucida ſalubre ac proſperu predicebant.Heraclides Põticubi. Aegyptiorum de'quatuor elementis opinio. Vatuor elementa feceruntAegy, & fæmiam conftituunt. Aerem marem iudicant,quà ventus eft, feminā, quà ne bulofus, &iners. A quam virilevocant mare,mulieréómnem aliam.Ignévocát maſculum;qya arder fáma; & fæminami quà luct;& innoxius eft tactu. Terram fortioré marem vocent;faxiscautibusq; fæminçnomen aſsignant, tractabili ad culturam. L: Senecakb.z.Natur. Quaft. Pbreneticos aliquandomirabilia loqui. Mirabile eft, quod aliquádoin Phre« neticisobfcruamus,isturum enim, aliquot(benè inflammato cerebro )}in guaLatinaloqui vel carmina cóponere cum prius fuerint eorum igna viſ funt, fed quod mirabilius eſt, Nicolaus Flo rentinus refert, fe fratrem phrenericum habuiffe, qui futura pradixit, quæ euer nerunt, ita vt eius prædictiones magna ex parte poftea veræ inuentæ fuerint:de quibus tamen fanusexiftens,nullam ha: bebat cognitionem. Infantium rupturn; qua via Sanare: valeamus. Vltis obferuationibus, nullum remedium; Salubrius infantium rnpturis inueniri expertum eſt, quam extritis cochleis, thure, &oui albumine emplaftrum confectum. Hoc enim fi pare in affi &tæ apponitur,& infantes eo temporinlecto detinétur miram in fa nando' affectu retinet efficaciam. Ex Matthiolo. Digitum anularem, maximam cum cords retinere ſympathiam. Valem anularis digituscum corde habeat confenfum, in animi defe & ibus, & in fyncope experimur. Qui e. nim à talibus paſsionibus vexantur,vel. licato articulo anularis digiti,feu medi. ci, vel attritu auri ad eundem cum croci momento eriguntur. Per hunc prefecto vis quædamrefocillatrix ad cor perue nit,ex qua ab animidefe & u collapſi vi gorantur, & in priftinam valetudinem redeunt. Ex Lennio. Carnes code quomodo cruda vje deantur. N lautis conuitiis,nevoraces gulofi que carnes coctas comedant, ticarti ficium parabimus.Excipitur:leporis,aut agni ſanguis, quem congelatum, & fico. catum in puluerem comminuemus,hic: fi fuper carnes coetas fpargitur ftatim foluitur, illæq; colorem proprium mu tantes ſanguinofæ videbuntur, venau feabundus, reijcias. In comeffationi.. bus contra paraſitoshoc eſt ele &tumra medium. Ex Vuerckero... Adoris plcera, labiorumque fciffuras exper HomasThomaiusin Idea fuivirida rij, Nicolaum Zannonem Chirur. gum guim Rauennæ retulit, mirabili fucceffu: & artificio,oris, gingiuarum linguæ,&: palari, nulla alia re, quam radicis penta phyon, fiue quinque foliorum decocto vlcera fanare,atque labiorum fciffuras linimento,ex oleoamygdalarum dulci-, um, cera, &maſtice, quam breuiſsimè adianitatem perducere. Exapri tefticulis,fterilitatem in bomi nibus remoueri. MA Agnaeft vxoratis inquietudo, & Gerileſque exiſtere: propterea.vt à xan to infortunio liberentur, prolemq; ha beant,peraliquot dies ieiuno ſtamacho vir, & vxor cum iure galli veteristeſti culorumapri,que verrisin vmbra exico catorum puluerem capiant:ita profectò. breui tempore optatumadipiſcentur, vt in multisfterilibus ex quacunq; cau « fa non ſemel expertum eft.Ex Democrito. Bufonistibiisdentium doloreseuanefcere.'. Nter maximos cruciatus à quibus; dolores perniciofiſsimiexiſtimătur,ad? cò quod multi & in animideliquia,& in manias deuenerint, multi etiam in vitę deſperationem.Huius doloris remedio. um in odioſo & abominabili animali natura repoſuit. Aperiam hoc arcanum maximum. Tibiæ Bufonis, fiue' ranz terreſtris à carnibus mundatæ, fi fuper dentes condolences fricabuntur,imme diatè dolorem remonent; adeoque cru ciatus ceffabit, vt quafi in dentium ſum perficie dolor collocatusvideatur. Ex. perire modo, & fruere tanti arcani theo fauro. Ex Florauanté. Cepam ab Hippocratemaximèdeteftario ' £pam Hippocrates afpeétu inagis, quam efú coinmendauit, viſu bonā, elu malam elle dicens. Idcirco lucubram tionibus, & litterarum ftuţiis addi& is fùmmècauenda eft: oculos enim vitiati &viſum obtenebrat,bilemque exacuit.. Villicis, & folloribus, qui literis non ind. cumbunt huius eſús maximè collauda tur: eius enim calore vires ad opera exercitanda magnopere excitantur.Ex Plinio.. C Anima 164 B1: 1 c: L L /, Animalibus naturam non modo terra, perum etiam fi um pra termino conftituiffe. Agna fuit conftituendis terrarum terminis, & fitu quibufdam animalibus: ne simul vbique viuentia, & hominibus & fibi ipfis perpetuo effent nocumento. Pro pterea animalium pleraque in diuersű à proprio addu &ta fitum vtplurimum ægrotant, & moriuntur. Hinccolligi musin Meda, Sylva Italia, non niſiin: parte repeririglires. In OlympoMaceo doniæ monte Lupi minimè habitant, nec in Creta Infüla. In Africa nec Vrfig. nec Apri, nec Cerui, necCapreæ viden tur: In Illyria, Thracia, & Epiro Afini paruigenerantur: In Scythica terraa.. tem, &Celtica neclunti Alini, nec vio. uunt Leones in Europa, Pantheræ in Aſia, Ibisin Aegypto lolum commora tur. In Creta: nec Vulpes, nec Vrfifunt, necaliud animal maleficum pręter Pha langium. In Ebulo Cuniculi non funt, catent in Hiſpania, & Balearibus, In Seripho inſula Ranæ ſuntmutæ,illæ au tem fialiò transferuntur, vocales fiunt. In Italia mures aranei venenati ſunt hos tamé regio vltcrior Apenninohaud generat. Ceruiin Hellesponto ad alie nos fines non commeant. In Ithaca illati lepores no viuunt. Sunt & alia animalia quæ in determinatis locis, &non vbiqi viuunt, & generantur. Apjefum in menfis apud Veteres infauftum extitiffe. X veteribus maiores nullum A pij genus in cibis admittere folebant defun &torum enim epulis feralibus ab ipſis erat dicatum, vtex Chryfippo Pli nius retulit. Multiautem non folum ex hoc, quia ſepulchra coronabantur,Api umà veteribus fuiſle damnatum à men ſis, fed etiam quia eius eſu viſus dimis nuitur, & Epilepſia generatur autumát: vnde à Mcdicis nutrices moneri conſue lo, (frequenti enim huius vſu, lactum decrementum, tum malam recipit qua titatem ECO 9. i > Samen litatem )vt ab Apio abſtineant,ne lacté tes in morbum comitialem proni fiant. Dicunt in eorum caulibus nonnulli cru diti ſcriptores vermiculos naſci, eoſque fterilefcere, qui comederint in vtroque fexu: Satyri teſticulum carnofiorem Veneris in. cendia excitæreflaccidum vero extinguere. Atyrium; quod Canis teſticulos vo cant,magnæ apud fapientes eſt conſi derationis:in hoc enim,tum Venerem excitandi,tum reprimendi à natura vi. detur eſſe remedium collocatum. Quip pè maior planta bubulus, quiplenior, & mollior eft,ex ſuperflua &ventola eius humiditate, in potu aſſumptus Veneris incendia excitate cóſueuit: minor verò, qui flaccidior, & aridior eft illa reprime re,Veneremque extinguerevidetur. Ob id(vt aiunt) in Theſſalia mulieres molle teſticulum in la &te caprino ad ſtimulan. doscoitus,& bibere,& hominibus inpo tu;præparare ſolent.Quod autem in Sa tyrio mirabilius eft,aiunt, alterú alterius in poo  Sier o in potu ſumptų potentiam & efficaciam refoluerezlı vterque teſticulusvpà exhi betur. Sterilitatem hominibus,à fterilibus animali " bespoffe prouenire. I verum eſt, quod ab Athenæo pro dicur,Malluin ter in vita parere,relis quoque tempore fterilem efle, quod in eius vtero naſcantur vermiculi, à quibus femendeuoratur non abfque rationeex iftius naturahomines pofle fterileſcere. Terpſicles apud eundem dicebat.Mul lus enim fi viuusin vino fuerit fuffoca. arus,atque id vir biberitçrei venerea -o peram darenon poffe creditur, quod ex 3 Plinio etiam confirmatur, qui veneris incendia extinguere fcripſit. Cynorhodiradicem ad Hydropbobiam pluri mum valere. Dmorſum canis rabidi vnicum " A Pemedii,quodá oraculoroperti proponit Pliniuslib.8.cap.41. Hæc radix Hlueftris roſæ eft, quæ Cynorhoda apl pellatur.NarratB.Fulgofius de quadam s fæmina quæ per ſomniú admonita eft, vt 12 Hvide vtradicem Cynorhodi filio à cane ra. bido demorſo, & aquas iam metuenti præberet, quæ ftatim ex Hifpania affer ri curauit radice qua Hydrophobicus ce, lerrimè fanitati fuit reftitutus. Ex Gem. m4Cofmacrit. lib.1. ap 6. Hominis vitam quibusfignis long am,velbres nem metiamur. Ominis vita pomo perfimilis effe videtur; quod aut maturum,deci. dit Spóte,aut ante iniuria tempeſtatum, ventorumue impetu deijcitur. Vitae breuis figna colligimus, raros dentes, prelongos digitos,ac plumbeum habere colorem. Contra longæ, incuruos hu meros, nares amplas, & tria ſigna primis contraria, multos ſcilicet dentes, breues digitos, craſfosque atque clarum reti. nere colorein Forcius. Extra£tum Hellebori nigri ad morbos inue ter atosmagnaeffe praftantia. N thrities atqueaffectibus inueteratis, iiſque potiſsimum, qui ex atro, & meo lancho T! ta ļ lancholico humore excitantur, extra Ecü migriHellebori,remedium praſtancil efimum femper clle inueni.Capianturnie gr Hellebori radices à fordibus purga tæ, & in pila terantur groſſo modo: in fundantur vino albo,& in vafe terreo e bulliantur quousquc radices benè emol liantur, quo facto prælo exprimantur,& iterum in vaſe terreo leniter ebulliat (deic & is tamen radicibs) quod fucrit expreſsum. Acquiret fuccus (piſsitudi nem inftar picis, quicum modico cinna. somo,& pulucre aniſorum miſcendus eft. Dofis in grandioribuseft fcrup.ſem. in minoribusà granis quatuor vſque ad ſex. Datur cum zuccaro in forma pilalar. Confiteor in obſtructionibus, in c pilepticis, retentione menftruorum ex cralforum humorum infarctu, & in alijs inueteratis affectibus, mirabiles huius remedij fucceflus vid.Conficitur eti, am extra & um fine expreſsionc, & cffi. - Cacifsimum cſt. AdLejenem induratum ejufqueobfrationen efficacifsimaprafidia TE 3 Inte Nter ea remedia, quelienem, &fple. neticos ab obſtru &tionibus liberare reperta sút,mihi femper ex voto fuccef GtAbſinthijRomanideco &tum,ieiuno ftomacho epocú,quod à Cornelio Cel fo fummècoromendatur:Vt autem eura felicior ſuccedat poft cibum,aqua Fabri ferrarij; in qua pluries ignitum ferrum extindum fit, Lienoſis præbenda eft. Experientia id totum manifeftauit, ani Talia enim apud huiulmodi fabrose nutrita, ob eiuspotum, exiguos habere lienes obferuatur. Beniuenius, ciuem Florentinum per feptennium ſplenis fcirro malè affe & um curaffe gloriatur, atque ſolo eſucapparorum, & aqua per lanalle.Debenttamé hæc remedia mul to tempore vfurpari,vtfcopú attingat. Hominem quendam fuiffe repertum, mira vaftitatis,&ingluuiei. NdixeratMaximilianusCæſar Ann, MDX I.apud Auguſtú comitia: quã. do illi vir quidam, prodigiofæ vaftita tis, & craſsitudinis oblatus eft;at in illo incredibilis, & inſatiabilis erat ingluuies itavt integrű virtulü crudun,vel ouem UN It incođá vna vice deuoraret, nec taméfa. mem expleta diceret. Ferunt(vt Surius) hominēBorealibus regionibus ortú fuiſ fe, vbiob locorú frigora folent homines elleedaciores.Hoc taménon folú in Scp tentrionalibus partibus,verú etiam alibi bi repertú cft:Voraces n.fupramodú fuifle referunt Aeliano auctore lib.3.de var. hift.) Pityreú Phrygem, Cambeten Ly dium,Charidamcleonymu,Pifandrum, Charippum,Mithridatem, Ponticum.Et e Anaxilas comicus dicit, Cefiam quendā infinitæ voracitatis extitifle. Antidot erum aliquet contra penenum ab ſeruationes. Rcareca Viperamorfus, per impofi tioné tormentille à campo penſili colle etę,illico liberatus eſt,Altercum ingen ti dolore, & ardore premeretur fuper | dextra spatula, & ita angeretur, vt vix ſe s pedibuscontinere, oculis videre, & lo. qui poſſet, veritus neà fcorpione eller comorſus,oleum bibit,multú vomuit,& à dolore leuatus eft, & quod mirabilius, Ha  in ſpatula nihil erat ſigni,vbi prius fue rat dolor.Quidametiamà fimili dolore, & tremore correptus ex aflumpto Bolo armeno cum aceto ſubito cuafit.Puellus etiam putredinem timens, & vermes al fumpfit Scordeum, &liber fa & us eft. Ex Franci.Thomaſio depeste. Quoartificio Cancri pixiextemplo sodi vi deantur. Inum ſublimatum, fiue aqua vita magnam habet efficaciam ia rubi ficandis cancris viuis: propterea fi vis homines in admirationem dicere,accipe viuos Cancros atque in vino fubliaato fubmergas, ita enim confeftim ruber cent,acli perco &ti eflent cantaeft illius aquæ caliditas, & energia,vt inſtar ignis exardeſcat: admiratio tamen indenaſci cur, quod rubefa & i,& viui ab aqua e. cmpti ambulent. Quorradoflamme excit etw inagha. I calcem non extin & am accipias,Sul & lalnitrum in partes æquales, ac bene omnia fimul ailccas, puluis perabitur, qui forqui in aqua proiectus inflammabitur, ac ducem reddet: quod parui mométi haud Berit,prçcipuè ſinodu luce indigebis.Po e terit id fieri in valčulo aqua pleno, vt™ quidá amicusmeus dū no & u in itinere lefſerexpertus eft,qui totum mihi fideliter comunicauit. 9 vbivigent morbi, ibi maximè remedia oriri. M.Agna eft Naturę prouidentia ia ado iuuandis hominibus,quippè obſeros suatú eft,vbi aliquimorbi copiosè vaga. ctur, ibi remedia accomodataad illlorum exterminiūnaſci voluiffe.Hincinaphri bea, quę ferpentú eft feracißima,aromata? tanquã eorű veneno antidota,oriuntura In Argo Scorpiones plurimi videntur; propterea ibi Locuſta adverſus Scorpio. nesinſurgensnafcitur: ApudIndos Os cidentales Gallica lucs viget,ibi lignum SanaaGuaiacum di& á exoritur, & il. lincad nosdefertur.Catharides veneno ierodunt:ex illis remediú caput, alias & e pedes earum exiftere obferuamus.Quia Stellionibus mordentur, iiſdem in potu Ghana fumptis,fanantur Crocodili adeps, fi in ipfius vicera inftillatur,ſuo veneno me deri videtur. Scorpiones,Draco mari. nus, & Paſtinaca contriti, & eorum pla gis impofiti,procul dubio fanánt. Na. pellusmortiferum venenum eft, vbita men nafcitur,ibi Antorareperitur.cuius radices cốntra Napelliperniciem,fingu Jare ſuntpræfidium. Animantium lac ab alimentis recipere gut litatem. Lacomnein animantium corporibus alimeati recipere qualitatem adeo verum et vt demonftratione nonegeat: liquidem nutrices ex prauo in vidure giminenon ſemel infecifle infantesvifa funt,hac etiá caufa lacin ijs modò.craf fum,modò liquidum,aut ferofum cer nitur,eo quod cibusaut craffus, aut in eiſsius fuerit,modò infantium cóftrin git aluum,modò ſoluit,quod vel con ſtringentia vel foluentia nutrices come derint,Hocin pecoribus etiam manife ftum eft:in locis enim vbi hæc fcamoniú Helleborum,aut mercurialem comedit, vtiq; lacomne ventré,& ftomachūſub vertit: quemadmodú Dioſcorides in Iul ftinis moribus contingere prodidit: vbi ficapre albúveratrū pro pabulo habue i fint, primo foliorúpaftueunmere, & ea rá lacnauſea n epotứcreare atq; ftoma chúvomitionibus offendere ait: Cum a.. adftringétibus pabulis,robore,lentiſcogs frondibus oleagincis, & terebintho pe cus hocveſcitur, lac ſtomacho accómoe datiſsimügenerare veriſimile eft. Ex pulcbritudine, da deformitate aſpoetuse' mures viuentibus coniectusari. MAgmá nobis afpe&tus pulchritudo veldeformitasnon folurn in homin I nib,fed etiã animalibus,& plátis preſtaci cóiectură,qua benignos vel prauosmon res & naturas veoarifolemus; intuitu nó pulchri corporiszfpeciofiq; afpe &tusmité naturam, benignofq;moresin homine illo perfiſtere conieéturamus: contrain I deformicorpore,turpiafpe & u timemus. enim neſcio quid calliditatis, & malitie i In animalibus laudamus catellos, canes Venaticos, & ſagaces, venamur in eis benignam naturam, & mites mores: (6.. tra in Maloſsis,inLupis,Pantheris, & fi milibus, timemus crudelitatem, maliti am, & voracitatem. In plantisex pul chritudine venamur falutares naturas, ex deformitate autem noxias, Rola,Li lium, & Iris nobis præftát argumentum, quamplurimis pollere virtutibus: con tra Cicutam, Aconitum, Napellum.ex deformitate enim plantarumhuiuſmo di,mortem nobis poſſeinducere arbitra arur. Ex Poria in pbyſiognom. 1: partibus Septemrionalibu sdeficitate tes exaceri. Laus Magnus de gentibus Septena. rrionalibus loquens: Sunt (inquit ) Biariniidololatrę, & hamaxobii,Scytha. rum more,atquein falcinandis homini.. bus inftru & iſsimi; quippè oculorum, aut verborum, aut alicuius alterius rei maleficio, homines fæpe ad extremam maciem deducút & tabefcêdo perdunt.. In hamorrhagia fele&tißimum praſidium. Nfluxu fanguinis narium copioſople.. 5i9; & in animi deliquia, & fyncopim deur.. perati intercant. A periam quod mihi deueniunt, multoties etiam tanti peri cali bicmorbus eft,vtægrià ſalute deb u,fem * per adhibere profuit.Burſa paftoris co I trita, ficum ouialbugine, & aceto,com i mifta fuerit, & frontiapplicatur, confe * ftim fanguis conftringitur;ve mihinon £ femel in infirmorumcuracontigit. Vi in febricitantibus fitis, lingua ardor compefcatur. Nfebricitantiú querimonijs ex ſiti, & linguæ ardoribus, Criſtalli vfus inter præcipua iudicatur remedium. It lad enim fi diù in aqua frigida agitatur, &ore deindedetinetur, fitim & calore corrigit, atque linguam humectat: ma ioris tamen virtutis eft lapis albus, qui in lysacis capite reperitur. hic porrò ſub lingua agitatus non modo fitim ca loremquerefrenat; verum etiam faliva in ore excitat: vnde febricitátibus,& ma kimè, fiticuloſis prælentaneum iudicae tur effe præadium. Ex Lemnio. Skolen Al ignis prefidia fuiſsimè in morbis CW AX: dis Aegypties TerueTATE. Var Aegyptij admodum proclives in languentium cura,adignea prælia dia eligeada,propterea vftione vtuntur afthmatelaborantibus,in ſtomacho frie gido,humidoque ab humorumque dea Auxu, &facibus repleto,Hepar,& Lic nem obduratum, &refrigeratum,multa cum vtilitate inucunt; Hydropicos ſub vmbilico, &fub hypochondrio finiftro linea petia ignita adurunt. In doloribus dorfi,lumborum,colli, & orenium arti culorum,in ſpina dorli,lumbis,collo, & alijs partibusdolore cruciatis,hocpræſi-. dium frequentant, In tumoribus à crue. dis, pituitofisquc humoribus generatis ad ignem confugiunt, tanquam auxiliú quod citò multosmorbos curet, inopia queproprium efle autumant. Ex Alpines de Medic. Aeg opri.. Centium, & populorum ingenia bifuris, prouerbäs: excogitari.. Vlius Scaligeri vir acutiſsimi inge nij,Gentium,& populorum naturas tum ex hiſtorijs, tum ex prouerbijs, at que ex ore vulgi ita excepir. Alanoruto luxus:Africanorum perfidia: Europeorü acritas.Mótani afperi. Campeſtres mol liores,deſides.Maritimi prædones, mi ftis tamen moribus: eadem ratione In fulani quoqueſunt.Indimobiles, inge nioſ, magiæ ſtudioſi,numcro fidenteso Affyrij,Syri ſuperſtitioſi. Perſæ, Medi Baštriani,Pyrrhi,Scythæ,Sibi,Phryges, Cares,Cappadoces,Armeni,Pamphilij, mercenarij, atquealijsbellicoſi, Aegyp tiz ignaui,molles, ſtolidi, pauidi. Afria cres infidi,inquieti.Aethiopesanimofi, pertinaces, vitæ mortifque iuxta con temptores. Thraces,Myfi,Arabes,Mo. ſchouitæ, Pæones, Hungari,prædones. Illyrij, Liburni,Dalmatrz, iactabundi, Germani fortes, limplices, animarum prodigi, veri amici, verique hoſtes,Sue. tij.Noruegij.Grunlandi, Gorri, beluæ, Scoti non ininus. Angliperfidi, inflati, feri,contemptorës,ftolidi,amentes, in ertes, in hoſpitales,immanes. Itali con Atatores irrifores,fa &tioſi, alieni fibiip kis bellicofi,coacti,ferui vine (cruiant, E H Dci 318 ! CEL: 1: 1: Dei contéptores. Galli ad rem attenti, mobiles,leues,humapi,hoſpitales,'pro-. digi,lauri,bellicoli,hoftium contempto ges,atque idcirco ſui negligentes, impa rati, audaces, cedentes labori, equites, omnium longè optimi.Hifpanis vi& us, afper domi,alienis menfis largi, alacres, bibaces,loquacesyia & abjadi lor 3.Poc-, tices. SCMabaum,Solis Lunaque coniunčtionen piuentibus oftendere. Irabile eft, quod à natura Scara-. bæus animal notifsimúedidicit, omnibus enim Solis, L'unaque coitum apertè demonftrat.Hicex bibulo fter core pilulam ab ortu, ad occaſum totá. döverlans, in orbis imaginem effingit, quam xxviii.diebus peracta humiicro beobruit ibique candiu abfcondit, dum ZodiacuniLunaambiens fiat interme.. itiis,& fileat:tum foueamaperit, & fide-. THM coniunctionem denuncians,nouam pralem cdit: hæc enim eft iftius beſtio la necalia nafcendi origo Ex Mizeldo.i. exo  # Bobilin 2x Quorundam aimalistu natur &.. Oseft conftans, afinus piger,equus: libidineincenditur, petitąue impe.. tnosè femellam;lupusmiteſcerenequit; Vulpes inſidiola, aſtuta callida: Ceruus timidus;Formicalaborioſa:Apis parca: Canis gratioſus, ad amicitiam propēlus, Leoſolitarius,expers focietatis,nunqua pabulum externum admittens, tanta vocis magnitudine, aut fonitu, vt ſolo Tugitu celerrimaanimantia profternat; Visſa pigerrima,ſolitaria,corporegraui, compacto, indiftin & o: Panthera vehea menis,& ad impetus faciendospropenfa, pernixoyedi& a quaſitota fera.Anguis fæniculi paſtu oculorum lippitudinem carat: Formica temporishyberni pabu lum æfiate condit:Item - fides in canibus, in elephante manſuetudo,ftudium ore of natus in Pauone, çura vocis amanæ ſuam, uiſque in Lufcinia.Forciuss. Cervorum vitam,eße lengisimam. Piabat Magnus Alexander poſteria -jari, Ceruorum vitæ loogicudinem oftenders,propterea multoscapi iuſsit, quibus aureos torques in collo in neđi voluit: in ijs temporis curri culum erat expreffum, &Alexandri deo creturn; illorum aliquot poft centum annosab Alexádri morte capti fuerunt, qui adhuc ætatis ſenium minimè pręfe ferebant.Ex Plinio. Mafculinum fuum citius in ptero, gianfo mining animeri.. X omnium ferè Scriptorum opi nionemaremfætum citiùs in vtero, quam fæminam animari capitur, aiunt enim marem io dextra parte matricis ex feminecalidiori concipifæminam: verò ex ſemine frigido, ſiue minus calido in finiftra partematricis, quæcomparatiuè ad alteram frigida eft.Hincmasdie40. foemina verò 80.vel90..vt plurimuma nimaridicitur:quod frigidum tardum fit,&pigrum in ſua operatione: calidum. autem velox: idcircò virtutem forma tricem invno femine velocius, & citius mébra organizare, & formare, quam in alio obferuamus. Ex DominicoTbolofano fuper Leuit.cap. 1 o. Pici PictMirandulaniingenium, quam maximè collaudatum. A,&, + PiciMirandulani,& ingenium, & & multiplicem do & rinam collaudabant, & miro ordine extollebant:Quando(in quit Picus) ron eft,vthac in re mihi,aut meo ingenio velitisbiandiri: quin refpi.. cite potius afsiduis vigilijs, atq; lucu brationibus,quàm noftro ingenio plau 9 dendum: & fimul aſpicite fupelle & ilem noftram,atque librorum thefauros:oité I debat porro Picus bibliothecam egre. gio ornatuconſtructam,atque omnigem nis libris ex varia eruditione refertam. Ex Crimite InHydrargyro onnis metallica Supernatare. Akreexcepto. Ercij,vel fi mauis, Argenti viui; proprietas mirabilis cit, quòd, omnia mineralia ferè,vtplumbum, fer Tum, æs, & alia ponderotiſsima(excepto. auro )in eo fuperpatent: aurum ditem, * fundum petir, & eius recipit, cola rem, quiignis tantùm opeabfumitut & in fumú mali odoris refoluitur. Hu. jus nidor, & virulentia nauſeam, nocu mentumque adftantibus inducit: inde membra ſtuporem recipiunt, & nerui relaxantur; vt fæpifsimèip inauratorio bus obferuatur. Ex Lem. oleicinnamomai rara o pretiofa como pofitio,plerisque incognita. Icinnamomiolcum ad diuerfas infira: mitates parare optabimus caperec portet, cinnamomicontriti lib.j.quam adinftar liquid: pultis cum oleo amyg-: dalarum dulcium commiſcere ftude bimus, tum demum duodecim dierum ſpatio in loco tepido clauſo vaſculo fituabimus, poftmodum ex torculari totam id exprimatur fortiter: hac ett nim methodo oleum, odoris,.coloris, & faporiscinnamomihabebimusad vo tum. Hocadvires reparandas, & Vio letudinem conferuandam rarum eft ro medium, prodeft parturientibus, & in ftomacho debilitatotam interius,quàna exterius vfurpatur; ngritudines frigi 18g A E das arcet, & in partibus corporis ro u borandis eft tantæ efficaciæ, vt vix ale v toruin conſimile inueniatur remedium.. e Marimum Herinaechin tempeftates:mariti w pracognofcere. Dmiranda profecto: eft' Marini Herinacei proprietas: hic paruus pifciculus eſt, nullatenus tranquillita tis tempore naturali propenſione futu ram præcognoſcit tempeftatem. Ea im. minente ita fe præparat: faburram fa cit, lapidem ore percipiens, ne maris flu & us,vndaqueimpetuofæ facile eum diocodimouere, atque huc illuc in pellere valeant. Nautæ id afpicientes: fucuram tempeftatem à piſciculo hoce. do & ti percipiunt, ob id anchoras & fue. des, & fe ipfos parant, tempeſtatibus maris reſiſtere poſsint.Ex D.Ambrofia, Miracuimdam fontis in Epiro Proprietasi A naturz proprietas illius fontis, qui in Epiro (vbi Dodonæi louis tema. plum olim inftru &tú erat, quacaufa hic faces facer di &tus eft ) inuenitur. Ille fri. gidus eft, & immerſas faces, ſicut cx teri extinguitcum: autemfine igne pro culadmouentur,mirabiliter accedit, A bulenfis fuperGeref.cap. 13. de hoc menti onem facit, afferitque huiuſmodi pro prietatis cognitionem Adam, & conté poraneis fuiffe apertam, diluviogue & gentiumdifperfione effle perditam.vide Pomponium Melam. mHecla ignem emiffum,ficcis.extingui, to que verò nutriri. Dmirationem, &fidem omnem ſuperaret, ignem ab aqua nutriri, & non extinguiintelligere,nifiGeorgi us Agricola,vif noftræ tempeftatis me moria dignus,oculatus adfuiffet in He cla.Narrat hic in Inſula Irlandia mon tem nomine Heclam exiftere,, ex quo ignis emittitur,vt hodie in Vulcanopro. pe Siciliam,Sicaniam dicam, & Puteo lis in loco vocato le Fumarole, obſer uamus. Ille autem à cæteris diſsimilis ficcis extinguitur, aqua verò alitur. Ex lib:noftro de Hydrom:Naty. Hominum aliquot fubtilioris, plerofque au tem groſsioris ingenij adeffe. Ropterea Aftrologi, & præcipuè Al. bumas,hominum aliquos fubtilioris i ingenij,aliquosverò groſsioris inueniri volunt: quia in eorum natiuitate Mer. curius, vel bonam,vel malam habet pòa' fituram.In quorú enim natiuitate Mer. curius in domo,velexaltatione Solis fue sit, ij ſunt ingenio prædici; fi verò fuerit + in domo Lunæ, nafcuntur groſsioresor Ptolemæus, Bropoſ. 70. in quorum ortu | Luna reſpicit Mercuriú, fapientes fieri voluit;contra autem amentes:quiaLuna virtutes naturales infundit,Mercurius verò rationales:vnde eum virtutes naa turales,quibus corpusguberdatur, rati onem reſpiciunt, ille nafcitur sapiens; cùm autem non refpiciunt, amens. Hac etiam de cauſa efficitur mentis hebes, & obliuiofus, qui in natiuitate Mercurium babuerit retrogradum: fi enim dire &tus fuerit,ingenijceleris fiet. HancAſtrolo. gi ducunt rationem, quòd ftellæ nóim. peditæ,luas faciant naturales operatio nes; oppoſitum autem,fiimpediuntur. Hisdecaufis frequenter Aſtrologosve sa pronoſticare de moribus hominiume" accidit; non quòd ita neceſſariò eue. niant, fi homo per voluntatem, ratico pis legem magis, quam ſenſusſequi vo luerit:fed quia pronuseſt ad ſequendum appetitum fenfitiuum, in quo Aſtra influunt. Raxael. Matr. in Addit. Bartol.. Bibyl. Galenum omniumporiamcorporis, folum perfe& ifsimè inter veteres, morbos Caraffe. Ratapud Aegyptiosinuiolabile de cretum, vt fingulis morbis, finguli adhiberentur medici. Hinc illorum 0. cularii, auricularij, & alterius,morbo rum nomenclaturæ aliquot vocabantur: arbitrabantur enim fieri non pofle, vt v nus omnium curarum difciplinam re&tè teneret; quamuis in vnadoctus habere tur, vt BaptiftaFulgofuslib. 2. adnota uit. Galenus tamen illic temporis inter veteres, naturæ miraculum, omnium corporis humani partium, tanquamfa. E pientiſsimus,morbusperfe& ifsimè fo lus curare nouit. In lib.de Pet. Art.Med.c.2. Grecos feriptores de Iudeorum monumenti rutibi pertractafle Riſteas, cuiushodielibellus extat de Translatione In terpretum,refert; Ptolomeum Philadel phum, fecundum Aegypti Regem poft Alexandrum, quæluille ex Demetrio Phalereo, quem ille inſtruendæ biblio thecæ præfecerat, curGræci ſcriptores,.nullá dehiftoriis, &monumétis ludæo rummentionem feciſſent reſpondiffe autem Demetrium, tentafle quidem id facere Theopompu,& Theode&tem,no biles in primis fcriptores, & quedá ex lu.. dæorum monumentis ioleruiſle fcriptis fuis: fed mox taméluifſe temeritatis pe nas:illum enim amentia: hunc cæcitate diuinituspercuflum; ſed poftea mali fui caufam agnofccntes, & ex animo dolen tes, placato Deo,ſanitari elle reſtitutos. Eufebius lib.8 De Prapar. Euang. A Cane qido demo- fum, inftarCanis la traffe proditumeft. Ex corrupta imaginatiua non femel à cane rapido commorh latrare vifi funt:cognouit enim NicolausFlorenti nus quendam, quià cane rapido morſus, curationem vulneris minimè quæfiuit; exercuit hic per dies 35.negotia ſua abſ. que læſjone, maneautéfequentis diei è lecto ſurgens retrò vxorem ſuam inftar canis ſtetic, cæpico;pofteam latrare: dú autemab illa reprehenderetur,lubridés ſurrexit, idque pluries eadé die reperi uit. Serò corrupta ex eius ratio, & die 40.mortuusà morſu illato repertus eft. In Arthritidey Chiragra, quando mors fuccedas. Arò mortem in Athritide, & Chi R corporis ignobilibus humor refideat; hinc (nouo haud fuperueniente morbo) tales àmortis periculo, vexatidoloribus vindicantur. Has tamen mori com pertum eft, quando circa finiftrum pectoris finum, cui cordis turbinatus mucro ſubeſt humorum colluuies den cumbat,atque Gniſtræ manus digitus an Bulan  Di mularis nodum acquirat, ac valde intu i meſcat.ex Lemnis. Lienen ad -corporis tarpitudimem maximè Talere, Vantacoloristurpitudine,qui ab in dicuntur,exiſtant, in dies obſervamus, non modò in illius obftru &tionibus, verùm atqueScirrhis, alijſque tumori - ribus. Hioc iure dicebat Galenus z.de Natur. Facult. Quibus corpus florefcit, his lienem decreſcere,ac vice verla,qui bus lien creſcic, illis corpus tabeſcere, & o vitiofis repleri humoribus. Caufa om nium eft, quòd lien ab infar &tu fa & us imbecillis,nequit(fa &ta humorum ſeparatione in Hepate) melancholicum fuc cumad ſe attrahere: hinc demiflus ille cum fanguine corporisatro colore ani. bitum maculat. Iumenta clitellaria in itinare fibilo, da Cana In à laboribus fubleuni. Vlicęconcencusſongriſ numeri maximè homines delectant, ob id multi & cymbala, & alia muſica inftrumenta frequentant, vt animus à mæftitiis fubleuetur. Hac coniectura obferuatum eft:iumenta clitellaria in la boribus, & itinere, cantu, & libilo al leuari:propterea mulones, vt muli, ce seraqueiumenta dicellaria,& tarcinam, & alia onera minus laboriosè fentiant, tincionabulorum torques in illorú col. lisfufpendunt, quorum fonitu, huiuſ modi valdedele &tari cognouerunt, & perinde refici, & à laſsitudinc fubleyari. Ex Vairo kb.z.da Fafcine, Mafalas nigras in acutis morbis apparentes, exitium prefagics. Neer ligna, mortem languentiuni, quæ præſagiunt in febris acutis, illud maxime obſeruatu iudicaui dignū, quod à Sauonarola multa experientia com probatum eft. Sienim infacie, ſeu genis ægrerum,maculæ nigræ obortæ contpi cientur,prcculdubio languentis exitium minantur,quippè venenofæ, & peftiferę materiæ in corpore predominiú redun dere arguunt, ex quo mors ſubſequitur. Has cum obſeruaſiet Sauonarola, ex tali ľ prognognoſtico,magnumhonorem fua ifle confequutum refert. Acetum adictus venenofos epotumplurimum valere. X Cornelij Celli obferuatione ace tum pertum eſt:quippecùm puer quidam ab j. afpide ictus eſſet, & partim ob ipſum vulaus,partim ob immodicos æftus, fiti premeretur,cum in locis ficcis aliumhu morem nó reperiret,acetum, quod fortè ſecum habebat, ebibit, & liberatus eſt: coniecturandum eft acetum, quamuis refrigerandi vim habeat, habere etiam difsipandi,quo fit, vt terra reſperſa co spumet. Propterea eadem vi veriſimia le eft, fpifleſcentem quoq; intus humo. rem hominis, ab eo diſcuti, & fic dari fanitatem, lib.s.de ictu afpidis. A quodam piſtisgenere febrem illico ex citari. N Arota flumine Inſulæ Zeilã quod. dam piſais genus reperiri referunt, quod manuapprehéfum febrem accen, 1 dat.Equidem piſcesillic neutiquam el culenti ſunt, liceat flumen fitpiſcofiſsi mum, qui tamen piſcem febrium appel fatum retigerit,confeftini à febre corri pitur;ſed quod mirabilius eſt, demiſſo piſce, ftatim liberauit.Cardanus, & 566 lig.in Exercit. Fæminas in maresfuiße commutatas fabulo fum non est. Pudmultosauctores ex pluribus obferuationibus notatum reperio, foeminas in mares quandoque commu taras fuifle:referam folum, quod tempo reFerdinandi I.RegisNeapolisfueceſsit. Erat Salerni quidarn Ludouicus Guara rea, à quo quinque filiæ fufceptæ funt, quarum natu maioribus duabus, alteri Francifcæ, & alteri Carolæ erat nomen. Hæ ambæ cùm perueniffent addecimu quintum annum,in mares mutatę funt: ijs enim genitalia membrainſtar marių eruperunt,mutatoquehabitu pro mari bushabiciſunt: Franciſcus, &Carolus nuncupati.Ex Fulgoro. Sene & utis incommodatam corporis quàm Animai NKINGT ANTUT: Quanta fint in fenibus, & corporis, & animi incommoda, non modò à Scriptoribus, verùm arquecontinua,ob feruatione experimar,vt iure afferere libeat,hanc hominis poftremam ætatis $ partem miferrimam iudicari. Mortales enim cùm ad fene &tutem perueniunt * cor eorum affcum eſt,caput tremulú, (piritus languidus, anhelitus færidus, frons caperata, corpus recuruum, nares mucores deftillant, vifus debilitatur, i capilli decidunt, dentesputreſcunt. In fuper ſenes ſunt iracundi, inexorabiles, moroſi,nimis creduli, rarò obliuiſcun. tur iniuriarum,laudantveteres, prælen tia damnant,triſtes ſunt, languidi, iniu cundi, & alperi:ſuntauari,ſuſpiciofi, o. neroli,difficiles.Exquibus fene &tutem fentina, & cloacam efleomnium ford ú, & immunditiarum ætatis noftræ confia tendum eft.Ex Lauren. Cupero. + Magnum Alexandrum, corporis ſudorem ha buiffe redoleni em. Rat Magnus Alexander tam re & a humorúarmo I 2 nia, & temperamento conftitutus, vee iusanhelitus odorem balſamiexpiraret; imò fudor, quem è corpore emittebat, tanta ſuauitate, & fragrantia redolebat, vt quoties eiuspori recluderentur, gra tiſsimis odoribus perfufus crederetur. Quod autem mirabile, & difficile credi tu eft,cadauer eius tam fuauiterſpira bat, vt aromaticis ſpeciebus repletum efle iudicauerint.. Ex Quinto Curtio,& lib. noftro de Hydron.Natur. Diuerfe quorundam hominum virtutes, ornamentA. P tibus,tumanimi magnificentia col. laudantur,omnes in paucis earum per. fe &tionem, confirmant. Porrò Ablalo nisformam, & pulchritudinem extol lunt:robur, &fortitudinem Sampfonis: fapientiam Salomonis: agilitatem, & celeritaté Afaelis:diuitias, & opes Creo G: liberalitatem Alexandri:vigorem, & dexteritatem Hectoris: eloquentiam Homeri: fortuuam Augufti: Iuftitiam Traiani: zelum Ciceronis. Veteran Baderoase no canna, & in papyro penna fcribebate Veterim ruditas, &infcribendo vari Arbara equidem,& mifera erat ve teruminfcribendo ruditas:ij enim primò in cinere, deindein corticibus, & folijsarborum,pofterin lapidibus,mox in lauri folijs, exinde in laminis plum beis,conſequenter in pergameno, & tan dem in papyro fcribere politiſant.Erat præterea illis in modo fcribendi, ins Itrumentorum diuerfitas: in petrisenim:. ftylo ferreo, in folijs penicillo, in cinere digito,incorticibus cultro in pergame. Eorum etiam atramentum varium erat, primum fuit liquor pifcis illius, quem nos ſepiam appellamus;deinde mororú fuccus;ad hæcex fuligine caminorum; mox eft fynopica rubrica,aut minio; vl. timò tandem ex galla,gummi,, & vitrio o lo fieri cófueuit. Bx Strabonede situOrbis. $ InAngira prauosatiuspilulami rabiles Periamnunc pilulas meas maxi mæ efficacia, quibus in angina 3 prafo А pręfocatiua à cratsis frigidiſý; humori bus exorta, ſéper cu felicifucceeflu vfus fum.Interalias obſeruationes, in quibus tale medicamétum libuit experiri, luc cefsit calus in R. Petro de Stephano Archipresbytero Cercelli, qui ferè fufa focatuserat, quare vocatus anno 16156 vt eius ſaluti confulerem; cognito mora bo, quòd ex craſla & viſcida à capite de ftillatione fieret, pilulas meas in aurora exhibui,non fine loſephi de Simoncin medicinaDo&oris, mei collegæ admis. ratione, qui rennebat quodammodo. medicamentum. Eratpilularum come pofitio ex trochis, alandahal, & Aloes an.Scrup.Sem.j.Diagrid.Scrup.Sem.cú ſyrup.de líquiritia conficitur maſſa. Ex hac plurimępilulæ,vtfacilius æger de glutiret, confe&tæ fupe:Hisdeglutitis, iuriscicerum fubitò cya mbum propine. re foleo,quemadmodum in hoc feci, qui fine moleſtia euacuauit, & breui delituit dolor & gulętumor,benè reſpirauit,be nècomedit, & vna die fanus factus eft, cummaxima multorum admiration & lgtigia. His pilulis vfus eftGalenus ad linguam tumefactam, vi lib. 14. Method s med. ſcriptum reliquit: Capitis noftri capillos, plant arumnatura mo ximè aRimilari. M Agnácapitisnoftris capillicumplá tis retinent fimilitudine: quemaddum n.plantę nónullæ humoris defe& u. inarefcétes contabeſcút,aliç verò alienis naturæ ipfarum humoribus occurſantes: o pereunt; fic &capitis noftricapillisaccia: -1 dit:vel n.ex humiditatisdefe & u,quanu. triútur; vel ex eiuſdé prauitate corrum- 3 puntut, & decidunt.inc defluuiú & alir eapillorūdefe& us in cap'oriútur.Ex Gal. Qya dia volucrum pennits varite coloribus tirgere valeamus: I volucrú pennas variisco !oribus tin--, gere 1 ter abluereoportet; mox in aqua alumi.. nis decoquere,atq; du calent,in aquá cro co colorarā, ſi flauas eas cupimus, conii. * ciemus:lina.cæruleas, in fuccú, aut vinü acinorú ſambuci vel ebuli.In diluto fio. ris æris virides fiunt: codémodo colore minij,atraméti, alteriusue coloristin &tas habebimus. Agric  Poftulanie,à meluannesBerardinus Agricolas, Filicibus pro frumentoconfervant do in borreis pri. Oftulauit Mazzocca à Vitulano,magna expe cationis adoleſcens, ob flagrantem in ſtudia amorem, cuius familjaritas apud me gratiſsima eft:CurAgricolę pto fru mento conſeruando, filicibus pro ftra gulis in horreis vtantur; Equidem hu ius ingenium, & animi indolem fepè de miratus fum: proptera in recurioſiſsima complacere volui.Vtuntur Agricolæ fie 1 cibus in horreis, vt cerealia à corrupte la præferuent: quippè filix à proprietate generationi obeft, hinc agrifilice pleni reputantur fteriles. Hinc filix epota ne cat vermes, &ex aluo deiicit: in grauie dis necar fætum, mulieresque reddit ſteriles: quapropter multa ratione agria cula (1.cet tanti arcaniline ignari) filio cibus pro frumentorum ſtragulis vtun ter: quia illorum corruptioni maxime refiftuor. Terrestres Lumbrices digitorum panaricium: fanats. Panae  sol PAnaricium in latere vnguium accidit, &interapoftemata numeratur,quod tantum inducitdoloris, vt patiens, ne. que diu, nequenoctu dormire valeat. Prohuiuscuratione, & dolorislenitione multimultafcribunt: egoprofe & dcer. tiſsimo experiméto multoties compro baui, lumbricos terreſtres viuos ſuper pánaricium alligatos,præfertim in prin. cipio,mirabilitet apoftemacompefcere, & fanare, vt vix diei fpatium affe &tus pertranſeat. € Galega, atqueScordimir am,contra lüemo peffifentemefe efficaciam. M Trabile obſeruamus Galege, & Scordii efle virtutem cótra febres malignas, & peſtilentes; fi quis enim Galegęfoliainacetariis, autcarniú iure femetindiefumplerit,afebre hactutus, & incolumis præferuabitur. Idem (Gam leni teſtimonio ) Scordium efficere pro batum eft:fiquidem ex.veterum quorú, dammonumentis aduerfus putredinem Scordium fingulare effe. remedium tra đitur, vt j.de Antid.capaz. legimus:nam Is cum nteremptorumcadauerain pręliog multosdies infepulta máſillent; quęcund que ſuper ſcordium.fortè fortuna cocia derant, multò minùs aliis computrue. runt; ea præfertim particula,qua(cerdi um attigerant:ob quáremomnibus per ſuaſum eft,tam reptilium venenisquàm noxiis medicamétis quæ corpusputred ſcere faciunt, fcordum aduerfari. Anni bal. Camil En. Nodos. in infantis ombilico filiorumrume-, rum haud oftendere. Pleriqueexnodis inkantis primènato bliorum numerum ex eadem matre: naſciturumcognoſcere profirenturthoc autem caretratione; fæpèenim fit, vt illa moriarur, aut cafta viuat:vel plutesge neret filios, & pariat, quàm nodorum numerus exiſtat;fiue plures viros habeat: è quibuscum alio plures, cum alio paung ciores filios fuſcipiat. Proptereà certio. kiratione afferendum,in nodorum vm bilici primi infantis coniectura, exiſtin, mosfæcundosvteros plerumque plures ! nodosininfátis parerevmbilicofteriles; miebe autem paucos, eofque non ad vnguem diſtincos, vt frequens obſtetricum obą feruatio demonftrat, & vt euentui hæc talia, vtplurimum concordare.viden i tur. Ex Carda. 8.de Oryalum quem ſolo afpeétu auriginoſosbom. mines ſanare. Irabile eſt, quod de Oryalo aue ecircumfertur. Hæc potrò talem dicitur fuiſle naturam ſortita, vt icteria cum affectum, à quo homines plerum que moleſtantur, ad ſe valeat ſolo oculorum afpectu attrahere; proinde vocao tur I &teribus,fiue Galgulus à multis, ab ' Ariſt. autéin biftor.animal.Goryon. Sed 1 quod mirabilius eft, auriginofus homo ab alite viſus fanatur,ales verò moritur. Homines, quandoque ſolo intuitu Ophtbaho miam contrahere. Vita obieruatione animaduerti Ophthalmiam fiue lippitudinis morbũ quádoq; contagiosú elle, & folo perinde afpe & uab hominibuscontrahi:: oculi enim tunc adeò perniciofam vim. $ retineat, xt in alios propriumaffectum, 6 ciacus  ejaculari valeant. Pulchra ratione hoc Vairuslib.j.de Fafci, quomodofieri por fit, differuit:Siquidem animus malèaffe & us fuum quoque corpusmalè habet; ob id fianimusaliquomcrore, aut vi. tio afficitur,colores.corporisetiam im mutar:ſi enimab inuidiacentatur, pallo re, &croceoscolore corpus. inficit. Inde fitetiam, winuidia tabefcentes,ftocle. Jos.inaliquem. liuentes.defigunt, animi fimul venenum vibrent, & quafivirule.. tis iaculis confodiant.Proptereamirumi non-ef, hominesaliquando ſolo.aſpe & uindippitudinemincideres,vt Hieron nymus, Thomafiusmedicusinſignis, (dú ipfe Neapoli ftudijs.vacarem ) defeipfo. teftatus eft. Adlapidessenum,din neficefrangendos mine rabile remedium.. Vidam -medicus ecuditus, ad lapin desfrangendostanquam admiran dium.parauit cibum,cuiusefficaciam a. dedimirabilem eſle cognouit,včad.lapi.. desexpellendos non folumà renibus,& retisa;ſed etiamab anulo comedentis, efficacius remedium haud confedus fu. erit.Paraturex hepate, pulmone, reni. bus,tefticulis cum priapo hirci, quæ cú & croco, cinnamomo, & mellemifcentur, ac ijs hirci inteſtina implentur.Doſis fint duæ, aut tres.buccella Res porrò mon ftruofa,faveraeft.Ex.Micbaele Pafebl. lib. 1.Metbed.Meck. Veterum medicornmpro conferuanda Sanin tate collegium lans Rifx potentiſsimus Afiæ, & Syrie, quialter Alexanderdi &tus fum, it (vt ex Ariftiin libisecret.fiuede Regin. Principa.habetur)medicos præftantiores exregionibus Indiæ, GregiæMediæ,, ac aliarum mundi parcium congregauit, quibus impofuit,vttalem inuenirent medicinam, qua fi homo vteretur, nec. medicis,nec adia: mediciņa indigeret, pollicitufque fuitRex dirüsimus maxi mumpræmiumefle daturum.Illi autem pro maturèconfülendo e rrium dierum fpatio postulato collegiú iniuére. Mox ad Regem cùmomnes cffent requiſiti Sanages Grocus Medicinæ peritiſsimus, qui pręter ceterosdo & trina & fciētiarua tilabat omniú conſenſu Regiindicauit, quòd fumere quoủibet manè aquábisplez noore,efficiat,vt homo fanusperfiftat, &alia haud indigeatmedicina.blocpro feccò à rationealienu non eft:vtenim in Arabum, Græcorumque antiquifsimis voluminibus inuenitur,aqua ponderofitatis ratione ad ftomachi fundum ten dit,auget calorem, & citiùs comprimit, & digerit cibos, digeftionig; maximè au: xiliarur,ceteriſk; mébris corporispluri múconducit. Fabrorú exemploid torú inquiritur, quiin accenſoscarbones mo dicum aquæ conijciunt,vt ignis vi'maioriaccendatur.Idcirco binos aquæclear ræ hauftus manè potare, menfe Iunio præſertim, propter choleram reprimen dam, multum confert ad fanitatem cone feruandam. EfBurtbolam. Moles in lib. de; ſanit.tuer.. Alexandrum Magnum fudorem fanguineum in pugna habuiſſe. * Vdare fanguinem puruminteradri Skadar randa, quæ rard luccedunt,puimera. SUT  1 tur:vbenim in aliquot fudorex láguinis i iclore cruentus corpore malè affecto,: vifuseft; & is nequaquam fineadmiratie one, & iftuporezita di illeexputo danguis: nexortusfuerit,atquein corpore fano; ) vtique maiorem præſtat-negotijcaufam inueftigandi cupiditatem; vt futiſsimè nobisinlib.de Hydraniofazatura.olimedia to pertraétatuet Referam nunc quod, Magno: Alexandro euenit; dum eſſet in extremevitae pcriculo conftitutus.Is cũ, in pugna quadamedererum fumma cum Indis.decertaters lub @ diarioque milisere deitituereto Milqucadedcholera: luccés, [useftzvékotocorpore purú languinédes fudauerit; Barbariſgulecotus igneis filáns misardere vifus fit.Hocautemtantum ijs terroris-ingcfsit, vt fe Alexandra.com mittere coactant, Lüpathium rantie darworetaſtas,tenetrier mas, efung aprusreddere. Rat apud veteres Lapathiorum vfus, pecu liare,eft,vt carnes; &vedulia cú hiselixata vel link dugaa yesulta, & coriacea,terit titatem, & mollitiemacquirant.Propte. rea,quòdcibos concoctu faciles przſta, bant,& aluumemolliebant à vecerum à mélis raròhujuſmodi abfuifle legimus. Catoncorum feminum:muccaginem combusa fionibus maximèopitulai Nter præftantifsimaauxilia, quæ có buftionibus: adhibentur', feminun cotoneorum muccagipesretinent prin cipatum. Referam:Petri Foreſti in pro prio filio experimentum, Ille matri obo. fequioſus,,cümtefta carbone ignito re pletamkappostaret,cecidit & igneoculos. combuftitit: Putem cum temen cotone. orum in quâ raſaceam coniecifset,atq; muccagineoculosiçpiusabluiffet;mira culi-infarpuer-comualuitabfq; combus ftionis veſtigio. Hoc etiãauxilio in f. milibus cafibus feliciſsimè ſemper vsű fuiffe,idemconfirmat, In lib.6. Obf. Medo Aegyptiospermotas figuras,fenfus,or. rummemoriameffingereconfueuiffe. A Egyptiorum fcientia,quia inter cæterasprecellerorerat apud ve teres, (illa enim ab Abrahan originem habuit) dcirco,& rudimento, &Hiero glyphicis ferè occulra indicabatur. Si à qui illorum primi per figuras animaliú (CornelijTaciti teftimonio)léfusmétis elfingebant, & antiquifsimamonumera humanæ memoriælaxis impreſla cer. auntur, & literarum inuentores perhi. bentur. Hinc in quibufdam Obeliſcis: - látcerę reperiuntur,quæRegum illorum diuitias, acpotentiamdeclarant. Per a - pis enim fpeciemmella conficientis Re. gem oftendebant. Siquem memorem s fignificare volebant; leporem aut vul. pemauritis auribus, quod fummieſlent auditus,& inlignismemoriæ,effingebát: fi veròmalum crocodilum:fi velocem, vel rem citò factam,accipitrem; quonis hæc aliarum fermè auium fit velociſsie ma. Si inuidum, anguillam, quòd cum piſcibus fit intociabilis.Si iuſtum,oculü: Gliberalem, dextram manum, digitis paſsis:fiauarunn,ijfdem compreſsis.Per inſtrumenta quædam, & membra humana pleraque fcribe Jant. De bis vide Pie arium, Diodorum, Srabonem. lum  ritatem, &mollitiem acquirant.Propte. rea, quddcibos concoctu faciles præſta, bant,& aluumemolliebant à veterum à mėlis raròhujuſmodi abfuifle legimus. Cotoncorsimfeminum -muccaginemcombuso fionibus maximè opitulari. Nter præftantiſsimaauxilia, quæ có. buftionibus adhibentur',, feminum, cotoneorum muccagines retinent prin cipatum.Referam:PetriForeſti in pro prio filio experimentum. Illematri obo... fequiofus,cum teſtá carbone ignito re pletamkappúrtaret cecidit& igncoculos, combuft Pitemaeumtemen cotone. orum iniquárafáceam conieciſset,atq; muccagineocalosiçpiusabluiffet;mira. culiinffarpuce -Conualuitabſq; combus ftionis veftigio. Hoc etiãauxilio in fi milibus cafibus feliciſsimè femper vsű fuiffe, idem confirmat, In lib.6.obf. Medo Aegyptiospermotasid pguras, fenfus, re rum memoriam effingere confueuiffe. Aegyptiorum fcientia,quia inter teres, (illa enim ab Abraham originem habuit) dcirco,& rudimenen,& Hiero glyphicis ferè occulta indicabatur. Si qui illorum primi per figuras animaliú 5 (CornelijTaciti teftimonio )jēlusmétis - elfingebant, & antiquifsimamonuméta humanæ memoriæfaxis impreſia cer. auntur, & literarum inuentoresperhi. bentur. Hinc in quibufdam Obeliſcis látceręreperiuntur,quæ Regum illorum diuitias, ac potentiam declarant. Per a pis enim fpeciem mella conficientis Re. gem oftendebant. Si quem memorem ſignificare volebant; leporem aut vul pem auritisauribus, quod fummieſſent auditus, & inlignis memoriæ,effingebát: fi veròmalum crocodilum: lì velocem, vel rem citò factam,accipitrem;quonis bec aliarum fermè auium fit velociſsi ma.Si inuidum, anguillam,quòd cum piſcibus fitinfociabilis.Si iuftum, oculu: G liberalem, dextram manum, digitis paſsis:fi auaruin ijfdem compreſsis. Per inſtrumenta quædam, & membra hu. mana pleraque fcribe vant. De bis vide Pie. crium,Diadorum,cSrabonem. Quamethodo peftilenti tempore àluenos tueri yalcancus. Retiofa,acbreuis theriaca reperitur, qua homines ab aere peſtilenti, ad jun & o vitę regimine,præferuari poſsúr: Sumuntur caricæ,nuces iuglandæ, folia rutæ, &iuni peri baccæ pondereæquali, confundanturfimul, atq cum aceto ro faceo, vel communi diffoluantur; mox per pannum colentur, fuauiterg; expri mantur;ſuccus verò, qui percolabit,fero uetur: vnúenim iftius cochleare, mane ieiuno ftomacho ſumptum,non finit illa die hominemà peſtilentia corripi. Ex Alpbane de Pefter Olivarum oleum unguium pun &tura mira biliter fanare. IN fedando dolore vnguium expun, Aurisacu,vel ferro,atq; iisperſanan dis,nullam remedium oleo oliuarum fa lubrius inuenitur; confiteor multa oba feruatione,multisa; experimentis id toa tum comprobaffe. Honefta mulier; ac vnicè dilecta, Laura de Otaro, mea vxor cariſsima, no femel, dum varia-ad femi liæornamentum,acu contexerer, in vn guibus digitorum pun&a eft; limplicita menoleo oliuarumio puncturiscollini to;&dolor confeftim euanuit, & falus introducta eſt.Ego profe & ò ſemel pun. aus ferri cufpide ſubter pollicisvngue com ſanguinis effufione, fubitò ad lini mentum ex oliuarum oleo, antequam aquamtetigiſſem,deueni;quo adhibita dolor delituit,atque vulnus vnà breui ter, & conſolidationé, & fanitatéhabuito Admirandüauxiliü ad vefica calculã,quoabt que inciſione diffoluitur,& expurgtur. Nter admiranda auxilia, quæ ad cal INTE culoſos adhibentur, connumerandum iudico remedium, à do &tiſsimo Hora tio A ugenio experimento confirmatú in epiftolis addu& um,quo abfque inci fione in vefica multorum Japides com minuit,& expurgauit.Réferam qua via id, innotuita Aegrotabat calculo veſicæ cuiuſdam Typographi filius Romæ poft varia aſſumpta remedia,cùm nulla lub fequutá noſlet ytilitatem,fecaricupidus; de pretio cû Nurfino artificecóuenerate propterea Sacerdotem iufsit accerf ri, vt ſumptis Ecclefiæ facramentis, fex le &tione moreretur, animæ fuiffet confultum.Religiofus ex focietate Iefu, audita confeſsione, proponit illi phare macum,de quo in leipfo, & in alijs peri culum fecerat: expeririæger voluit, & magna aſsiſtentium admiratione fana s:Pharmacum ita erat concinnatum. Puluerris Millepedum præparar,drach, i.ad fummum Scrup.iiij.aquæ vitæ vnc. Sem.iuris cicerum rub.vnc. ix.velx.ca piatæger calidum,horis quinque ante prandium. Efectus medicamenti talis fuit. Horarin duarum fpatio totum corpus incalefcebat, anguſtiabatur z grotus fitiebat, ac ferè loco ſtare non poterat,aliquandocirca pubem dolores vrgebant.Vrina hora quinta cceperunt cralsiores:feddi,fed non multæ.Secunda die à pharmaco contingebant eadem, fedvrinæcopioſiores, & craſsiores.Ter tia labulumapparuit multum. Septima tandem adeò plena fabulo vifæ funt, ve rectequis diceret,easnihil efte quamfabulum aqua diflolutum: omnia in me liorem ftatum redigebantur, ita vt, qui proximèincididebebat, liber abomni malo nona fuerit die. Miliepedum ad calculosRenum VP fuca preparatio. PRæparantur Millepedes ad Renum Velicæque calculos talimodo r.Az fellorumquam volueris quantitatem, vinoquealbogeneroſo abluito diligen ter, mox in ollam copiicito nouam, vi tro obductam, lutoque aliquopiam ile lam incruſtato, demú in furno exiccen tur,ita vt poſsit in tenuem puluerem rc. digi; tumverò affunde vini ciufdem gee neroli quantum poterunt imbibere, & rurfus exiccato, ac tertiò imbibito & exiccato vt ſupra,quartò veròpuluerem irrorato aqua fragarum deſtillationis &olei exCalchanto Scrup.j. permifce to inuicem, & exiccato rurſus: vbi verò fic fuerit exiccatum in tenuiſsimumque puluerem redactum,feruetur in vale vi. treo,aureo,yelargento. Es codem. Frequentem ficoram efum fudorem parere abominabilem. Licetficorumvfus multa hominibus commoda părturiat; ran & ij citifsi mè nutriunt, & impinguant corpora, aluum emolliunt, & per vrinas, & per ambitum corporis non pauca excernunt excrementa: tamen eorum continuus, & frequens vfus fudorem generat abomi. nabilem, & corporis fæditatem; indici um huius rei eft, quòd illorum eſu pe diculorum copia innaſcitur. Hinc apud Rhodiginum lib.6.Antiquar. teet. Anchie molum, & Moſchuni Sophiſtas,legitur tota vita fuiſſe hydropotas,acficis modò folitos veſci, & tamen robuſtos extitiflc, ſed adeò fætentes,vt propter abomina bilem fudorem certatim in balneis aba. liis excluderentur. Mulieres eximiam, &fuauemrerinete pinguedinem. Orpora mulierum fuauiori, & ma: ori fulciuntur pinguedine, quàm hominium ipſa,quæ profe& ò ob ſiccitaa tis, dominium,minùshumidi, & oleofia C ttatis retinere videntur. Propterea apud Plutarchú 3.Sympol -4.habemus, vbi mul sta cadauera promifcuè erất cóburenda, veterú tempeftate, temper decévirorú vnú mulier brcímiſceri ſolitú: qualiil lud vnú tantú ſuppeditaret pīguedin is, vt cętera faciliùs cócremari valuiſsent, Aſtu demonum, mirabiles in hominum.cor poribus effectus procreari.: ribus Dæmonis aftu cffectus con ců, ſpiciuntur, vt quando quis euomat am icus, clauos, pilos,oflamagna: vel quòd plumæ in lecto fint ingeniofifsimè con ferta:multæ enim de iis obferuationes apud Hieronymum Mengum in Malleo Maleficar. Paul:Grillandum, & Delrium reperiuntur. Quomodo autem hæc fieri pofsint, talis eft ratio: aut enim ifta funt Diaboli illufiones,ita quòd ea videátur, quz vera non funt, fiue per a&iua natu ralia hoc efficiétia, ſiueper acrifiam,fiue per aeriscondenfationem;aut funt vera; quippe Diabolusinuifibiliter huiuſmodi in hominis ftomacho intulit, & exinde viſbi.  Emin viſibiliter educit,licet ram magna vide antur; nam &ea diuidere, & integrare poteft faltem apparenter,eò quòd loca ſiter huiuſmodi corpora, & partes eorú, ad nutum moueantur, & ad inuicem con glutinéter,Deo non impediente. Summa Sylueftrina de Malefic. Carduum Benedi& um ab Hemicrania homi. nes preferuare. X India Carduum Benedi& um pri mùmomniumad Imperatorem Fri dericum honoris gratia fuiſle miſſum multi hiſtorici autumant, quod miris laudibus, ob peculiares eius virtutes, planta hæccelebrabatur,&obidà mula tis Carduus Sanctus dicitur. Hæcenim venena lupcrai, &confert cùm vlceri bus, tùm vulneribus, eft præfentaneum remediumad peftem, necat vermes, & vtero prcdeft, & in cibo, & potu viit pata, ab immenfoillo præferuat capitis dolore, quemHemicraniam vocant. Ex Trago. Infantes preferuari Apoplexia.Epilepfia fumpto prime fyropo de Cichor.cum Rhabar. vei Corallio, aut ſucco Rute. tibus morbus epilepticus,apud au * Etores noftros paſsim legitur, ob id af. feetus hic vocanturà nonnullis iLorbus * puerilis, liue mater puerorum: Vtau iem cùm ab Epileplia, cùm apoplexia ghi præferuari valeant, multa obſerua tioneexpertum eft,iis,antequam lacgu ftent, in primo ortu prebendo fyropum in cichorea cum Rhabarbaro drach. ii.ab $ hacluepræſeruari,vt Nicolaus Florer - tinus fatetur. Arnaldus Villanoua Co mit rallium laudat:nam fi diligenter triti të y Scrup.Sem, infans hauſerit cum lacte, antequam aliquid guſtat, nunquam in Epilepſiam incurrere obſeruauit. Ego quidem Marcello,Hieronymo, &Mare i co Antonio filiolis meis ſuccũ ruiæ cum modico auro ad ſcrup. ii. cuilibet dedi, antcquam lac guſtarent, &gratia Deiab Epileplia immunes exiſtunt.Helionora, K. quæ nunc ablactatur, feremortua nata eft fumptoque & ieiunato paruo cochle airo ſyropi de Cihor. cum Rhabar.re uixit, epilepfiam nunquam adhuc palla eft. Menſtrualem mulieris fanguinema Tontta # nimaliaefe venenum. Nter naturæ arcana reponendum eſſe iudicaui,quodàMetrodoro Sceptio traditur demulierismenftrualifangui ne.Mulieres fiquidem fimenſtruationis ſpatio nudatæ ſegetes ambiunt, erucas, vermiculos,fcarabços,ac alia noxia ani malcula decidere faciunt. Tale enim à natura ijs virus inuentum eft.Non folú autem huiuſmodi animalculis menftru alis mulierum fanguis nocere creditur, verùm atque grandioribus; quippè cao pes, ex Plinij teftimonio menftruofan guine guſtato, in rabiemutari vifi funt, quorú morſus inter difficillimos mora ſus fanatu reputatur. At de re hac fupe riùsaliàs tractauimus. Thapfiam veficas,do ademata corporifuper poftam excitare. Magna profectò eft Thapſiæ effi cacia in veficis, & ædematibus ge nerandis,idcirco à nonnullis in peftife Eris febribus vbi veficantia neceffaria súc cum felici ſucceſſu vſurpari audio.Cùm autem corporis locum aliquem inflare quis deſiderat, veloſtentationis, vel cu o riofitatis gracia, ponatur Thapfia in low i co conftituta:ibi enim breui veſicas, & ædemata excitabit; vt tandem citra læ fionem id ſuccedat & breui etiam fol jů uantur, cheriacam linire, vel curninum, i aut acerü fuperponere oportet. Ex Car dano lib.8.devaret. | Antivfum inmedicinapro conferuanda va letudine mirabilem obtinera proprie Mlimbi Irabilis efficaciæ aurum in medi Lcina eſt:quippe innumeras illud pro corporis tuenda fanitate retinet vir.? tutes.Eiusvſusin vino maximèexcellit capiunturpropterea aurilamellæ, quæ ignitętoties in vino extinguútur,donec ferueat iſtud,mox colatur, & vſuiſerua tur. Vigum bocpotatum ventriculo imbecillo fuccurrit, concoctionem ad iuuat,foedum colorem emédat, & prin. cipalia membra coroborat, & rcſarcia. Proinde obferuatum reperio,cor ab illo roborari prauos humores calore fuo abi fumi,vitales ſpiritusclarificari, hepatia que plurimum prodeffe fua virtute ile lius vſum. Multi certiſsimo experimen, to huiufmodi vinum vitam prolongare cognouerunt,fpiritufque fynceros face re,atque virestotius corporis renouare Nonnulli leproſis multum conducere Scribunt,ve ex Mizaldo, & Zacharia à Puteo capitur. Quercetanus Auri falia in aliqua betonicæ,autabfinthij confer lacommiſta, ac deglutita ſua fpecifica facultate vétriculú corroborare fcripfit, Aliquot animalia ex nature eorumfimili tudine à veteribusfais Dầsfuiffe dicat. veterum infania in rum falſa religione: quippe,& i nimalibus cultum reddidiffe,infinitis ae lijs federibus, & naturalibusrebuscircú. fórtur. Inter alia, quædago apud eos PO animalia erant, quæ ex naturæ illorum proprietate, & fimilitudine, vtreor, ali quibus Dijs reperiuntur fuisſe dicata. Hinc Canis Diana { ace: eft, Aquila lo 1 ui, Tigris Baccho,Pawo luponi,LeoCy beli,EquusNeptuno,Cygnus Apollini, Anguis Aeſculapio, CoruusPhoebo A finus Libero,GallusMarti,Colúba Vara neri,No& ua Mineruæ, Lupus Marti, Anſer Iunoni,Soli Phenix.Ex Fonio. Veri V nicornu proprietas, eiusque cognisio, Erum Vnicornu, quod in febribus peftiferis propinatur languentibus veilitate maxima,in fyncopemaximo. Pere prodeffe videtur.Illud auté non ex eo cognofcitur, quòd bullas excitet, vt plerique hominum ignari perſuaſi ſunt: hocenim quodlibet cornu etiam facit: fed alia, diuerfaque methodo. Hoc eſt præcipuum experimentum. Si ſcobem eius củ arſenicogallina,turturi,aut co lumbædeuorandum dabimus, fi fuper Itesmanſerit, vel vnicornuftatim poft arſenicum fumptum datum fuerit)verí K 3 & legitimum Vnicornu pronuntiabi mus. Alii in aurificis fornacem demit. tunt, fiodorem cornu à ſe emittet,ve rumefle prędicapt.Nonnulli experime toʻreferunt, quòd in vftionepon omni no comburaturſed, augeatur potius minimeque in vſtione fætorem cornu *habeat, tt in cornu ceruinioexperirilor elet. Ex Føreſto. Oxo artificio mulierum cinni crocei euadant. CApillorum cullui mulieresmaximè vacát, illud autem iisoprabilìus eft, vt Aauitiem acquirant. Referam mo dum, quo votum aflequi poſsint. Su mito Rhabarbarifabæ magnitudinem, fæniGræci, croci fylueftris, liquiri tiæ tabacci, corticum aranciorum quan.. titatem adtui libitum, paleæ triticæ ft. militer, his quernum cinerem addito,, & incoquito, vt tribusdigitisdefcen dat aqua, inde lauentur capilli: tanta enim fauitie“ redundabunt, vt illos aurcos eſledicas.,. Ex Porta in Phitogn. tipios A4 itib...Adexcitandum in fenibus nauralem caló lorem, eorum; vires deperdit assenquandika confectio præftantiſsima. "Heſauris profecta comparanda eſt, Marſilio Fici 4. no, in lib.z.devita producenda, Medicina Magorum appellatur, quippe ſpiritus, naturalem, vitalem, & animalem fouet, confirmat,& Toborat; & proptereaſenie bus præſtantiſsima eſt. Conſtat hæcex thurisvnc.ij. myrrhæ vnc,j. auri in fo lia ducti drach. fem. contundere fimul į tria oportet, atque aureo quodam mero confundere, & in pilulas ducere. Sumi kä tur huius-mifturæ portiuncula inaurora ieiuno ſtomacho; in æftarecum aqua: roſacea; in hyeme verò cum exiguo Quomodo febris in aliquo confeftim induci palent.. VI febrem in aliquo velad oftentatio.. nem, vel ad remedium, curioſi tatemque inducereoptabimus,(fiquidem in conuulfionibus, parakyſi, aliisque frigidis affe & ibus,non parumaliquádo K4 febrew meri potu. 14 Sheh  febrem excitare profuit, ) Scarabe cor buti in oleo decoquantur, illogue arte ria brachialis iniungatur: tanta enim eſt corum potentia, vt confeftim febris, & accenſiones corporis criantur. Ex Car Nuno. Amultis animalibus anni tempora precognoſci. Tdcntur profe & ò plerac; animalia anni temporaprecognoſcere:fiqui dem ex corum inſtinctu, illa homines commentiuntur. Grues enim autumni tempore ad loca calida peruolant, hye mis frigora fugientes. Hirundines ver nali tempeftate ad regiones noftras re meant. Ficedulæ, coturnices. aliaque multa volucria, in anni temporibus,pa bula commutare,aliaque loca adire con ſpiciuntur. Hæc autem non Ver, Autu mnum,vel Hyemem dire & è præſentiút, quemadmodum nonnulli falsò ſibi per fuafi funt; fed verius ex facta alteratio neà calido, vel frigido in eorum corpo ribus,fiue occulta qualitate,has viciſsi sudines facere cognouerunt. Am ago Amantis ex leuiſsima quidemoccafione sie furcenfere folent.: Viperditè amant,leui alioqui mo mento iraici videntur: ratiohuius rei eft, quiainiurias, licet leues, graues iudicant. Grauefiquidem exiftimatur, vtilleiniuriam in te committat, cui ma ximeplacere ftudeas. Cæterùm quem admodum fubitò dolet», qui contra fui habitus propenfionem facere quippiam conátur; ita &amantem facere conſpi cimas;moxtamen rixarum,& odisper nätde, rurfusque fupplex iugumſubacta ceruice repofcit.Ex Leona dojachine, IN Plenilunio, Nouilunio Pharmaci ex bibitionem àMedicis maximè deteftai. Vlra rationc à Medicis in. Pleni junio, & Nouilunio Pharmacam ehitatur: fiquidem Luna,cùm interme Hriseftzomhiijo caret lumine,atqueſub radijs lotaribus ia &ta, & proinde ſolica caret humiditate, quo fit vt corpora ne ftra magis licca maneant, & virtusteten trix robuftior exiſtat. Idcirco fin No puilunio ipharmacum ægris exhibetur;a K 5 abfquedubio humores noxiosagitabit, atqueob retentricis facultatis inobedie. entiam parum euacuabit.InPlenitapig ob Lunç porentiam corpora noftu yali de calefcunt,humoresque augetur,Hing In pleniluniis no &tesicalidioreselle ex perimur,cuius caufa, cailorem à centro ad circumferentiam attrahi, verilmile: eſt's quas propter fihumores, corporis: noftriad ambitum tendunt, procul dus bio pharmacum improbatur:illudenim à circumferencia ad centrum trahitmg. tumque natureperuertit, quo facilefut cedit;vt virtus kadetur,&humorumsys tiacuatio,velmale,veldeprauana.coring gat: Ex loann,de Pitch 19continuatamaſculorum generatione Jep, LR timanm mirabilembakere virtutem.: TIG apud multos fcriptores repe rifles, feptimun mafculum com tinuatæ generationis mirabilem habere virtutem interhæc noftra embammata minimehoc adieciſlem. Volunt enim quando aliquis ſeptem filios maſculos Continuatim & inter eos fæminam nul,  Quod autem in Hydrargiro mirabile pullam ſuſcipiat, ſeptimum mirabilem virtutem & ftrumas, & alios plerofque effe & us retinere ſanandi, An autem ve rum fit, ncſcio,cupio tamen à fapienti bus experiri. Forum Hydrargiri, fuperpofito yclamine, 1: in molem Mercuriimatari, Yrifices dum valamineralla inau. rare cupiunt, Hydrargiro pro bo peremoliendo vtuntur; illud autem in igneimpofitumin fætores grauem, & fætidas exhalationesreſoluitur,pernici--- ofas quidem, niſi abijscautè'euitantur. iudicatur, eft iftud, ſiſuper illius fumá linteolum extendimus, in quo colligi. poſsit, vtique in argentum viuum fu moſitas illa icerum conuertitur, & Hya, drargiram renouatur. Experimur hoc. etiam in carbonum fumofitatibus in traffas fuligines reuertuntur, licet die uerfimodè ab Hydrargiro,Ex Lemnie. Eæculas Bryonia viera mundificando mirane babere pirtutem. 5 K Singularis profe & ò fæcularum Bryo. niæ,tum pro matrice muodificanda, tum ad hiſtoricas ipſius paſsionesſanan das eſt efficacia:quippe ex multis expe. rimentis comprobatum eft,in huiuſmo di affiEtibus curadis inter remedia,prin cipatum habere. Referam ipfarum con ſtructionem, Exprimatur pręło ex Bry onix conciſis radicibus, & contufis fuca cus.crit primò turbulétus,idcirco in va ſe aliquo afferuādus eft, vefæcalisma. teria ſubſideat: detineatur in locofrigi doper paucosdies; in hoc enim fpatio finclinato vaſculo,viturbulenta aguia) Separetur, & proijciatur) fæces albiſsi mas inſtar amyli in fundo inueniemus quas iterum in pluribusvafculis vitreis, aut terreis diuiſasin vmbra vt, exiccen tur feruabimus;ita protectòintra paucas horaşexiccabitur, & formáanjyli acqui rarexpreſlum, quã Bryonize foculá no minamus.Hac fingipoſſunt pilulex.aut xij. granorum pondere, & cú palico ca ſtorci, & alfęferidę ſummü; ac precipuú. aratur remediú cótra affcctusnarratos. Fæculæ huiufmodi etiamfi diffoluütur, inaqua florum faþarú pro fuco ad orna tum mulierum,paneaſque defendas ef ficacifsimæ funt.Ex Quercerano, Miſaldo, &Zubariaà Puted. Millefolium ad conſolidande vulnera misam babere potentiam. Lurimis experimentis comprobatú audioMillefólij virtutem ad vulne rum coitionem, indielğue nouis obſer: uationibus confirmari.Referam folum quod ab Hellerioin Chirurg.adnotatur. Cuidam deciſus naſus erat,qua osin car tilaginem definit: Ruſticus propenden tem partem alteridigitis coniunxit,her bam tuſam,& èvino nigro tritam,quod Millefolium appellant,impegit, rudius omnia colligauit, vede celerrimè reſti. tit fanguis profuens, & vulnus pulchra e cicatrice brcui coijt. Chymicam aztem, reterum tem; eftate floruiſe. Pud Veteres i maximo prctio ars p !eriſq;illiusftudio vacabátur:inginte s A K7 enim diuitiarum copias illa methodo homines componebant,quibus ditiores facti cum Regibus bellum adibant.Pro. pterca DiocletianumCæſarem legitur poftquam Achillem Aegyptiorum Du cem o & omenſcsin Alexandria obſeſsú: profligaflet, omneschymicæ artis libros, diligenti ſtudio conquiſitos, deflagral. fe: pereparatis opibus, Romanisfacilè. repugnarent. Ex Suidt, oOrolio. Quoartificio corpus glabrum reddi: poßit L Itet varüs modis corpus depilatum; &glabrum reddipoſsit,nulla tamen via præftantior eft,Varronis teftimo nio, quàm loca lauare aqua; vbi Bufo nes decocti fint,donecad tertiam redcat: - quippè- fi tali decocto corpus Jauetur, proculdubio glabrum,&fine pilis had bebitur.. Natiuitatis hominum tempora à multis: obferuari On leuis profectò eſt.multorem: ſcriptorum obſeruatio in homia. EN lp mum natiuitatis tempore: à multis enim occafiopibus temperamenta corú. variant, &plerique àrnaturæ terminis, roaximédiftrahantur. Porròquiinipfor terremotus i momento nafcuntur femper patent in tonitru ſemper lan guidifumo qardenet Cometa coex ar... dendi complexjoneargentesfuntainter's Lühiikempordebiles cuadunt, vel fals, temi Ariſtotelis teftimonio ) melan-; eholici, & atrabile laborantes. Hydárrgýrum non effe vendnum in paura: fumptums quam itme', fed adver: mes nes andas exiftere remedium ydrargyrum, vel fimauisargenti vionm, quodà multis venenum exiftimatur, feliciſsimo fucceflu contra vermes exbibeturjzáptægue certitudi-. nis illud in Hiſpania reputatur, vtmu lienes, tenellis pueris, quila ĉçis vomi.. ty laborant, ad quantitatern granorum trium in propria fubftantia propinare audgár:bacn, via morbuscellare videtur: frequen A Hedmare frequentatisexperimentis. Ego quidem viduam mulierem curani, quæ nouem dierum fpatio vomitibus continuis ex vermibuslaborauerat, & ferè triduono comederatznec cibum retinere valuerat. Haiccùm fcrup.ij. bydrargyri mortifica tii, cum tantillo adoniipropinaffem abfque vlla moleſtia peraluum centum, & pluresemifitvermes, &eademdie lis berata eft, & folita exercuit domi, & foris negotia,magna profe & ò parentum ſemper eventu, domique continuò a quamhabeo, in quaHydrargyrum, in. furum retineo, illaa que puerulis pro vermibus libentiſsimèconcedo, nec ad hucquempiam ex illo noxiam recepifle expertus ſum. Vfuseft hoc remedioad vermesmecandos,MatthiolusHoratius, Augenius, & plerique alii celebres viri, qui omnes huiusauxilii maximè extol. lunt beneficium. Datur pueris in lub: ftantia Scrup. ji grandioribus Scrup.ij. vel drach.j. Corrigitur illud, & nrore ficatur in mortario vitreo cum zuccaro rubeo: ibi enim tam diù conteritur, vt in partes inuiſibiles diffoluatur; ne au tem in priſtinam formam iterum redeat, * olei amigdal,dulc.gurtulas binas adde re oportet, & cum zuccaro rof. violato, vel cidoniato ieiuno ftomacho languen mtibus propinatur.Sciant igitur curioſiin hac dofi nullum præbere periculum,in # maiori tamen non dedi,neque concede tem:licet apud Aufonium Epigram.10. o legatur hydrargyrum contra medicinas venenofas valere. * Datura flores, com ſemper, hominem in ri(was; concitane. M ! Tra eſt Daturæ potentia in faſcinan.. dis, vt ita dicam, hominum men tibus, adeò quòd, qui illiusflores, vel Temen ſumpſerit, à riſu, cachinnisque non defiftat,donec més alienata ex plan tæ viribus in priſtinem redeat tempera mentum, Apud Indos à furibus Datura vfurpatur;fores enim, vel femen in ci bos eorum, quosdepredari volunt, exhi. bent, & in mentis alienationé, & in riſum 2. conci.  MA it concitant: ita profecto furádi parantin duftriam.Durat illorum riſus, & mentis error, viginti quatuor horarumtermipc.. Ex Gozdab Horto. Lupesſenio confectos in renibus venenoſosgeo net areſerpentes. Agnum profectò in præſentiarü arcanum aperio, multis hucuſ. que incognitum de luporum natura. Il lud eft,cur à Lupis animalia commorfa modòfanentur, modòautemmoriantur.. Anquòdluporum aliqui venenoſi, ali qui verò ſine veneno exiftant?Equidem CarolusStephanus lib7 Jus Agricult.cap.i. ſe obſerualle fatetur, ib Luporum fenum renibus,primò ferpentes vno pede.Jona giores, & breuiores, qui temporisſpa tio venenauſsimi effecti,Lupum enecás. Hac via facilius nobis tribuiturconie &tura deLuporum morfibus.Si enimle piiuuenes fuerint, animahaa, momor derint, ex benigniori eorum natura, mortem baud inferunt,vtmultoties ob feruamus, niſifortè.vulnera in principi buscorporis fuerint locis, vel tá grádia, vimori neceflc fit.Sin auté ſenio fuerint confe & i,proculdubio leuiſsimo morſu animalianecabút, propter peculiare ve nenum inLupo delitefcens,quod víu ve nit,vtpieraq; præmorla animalium, vel moriantur, velmembrum morſum pu treſcat, vtfaltem difficillimè curetur. Ex. Gaſp Benkino. Qualiartificio ab vxoribus homines mafcu losfilios fufcipere pale ant. Vita à Scriptoribus ad marium M reperimus:hæcautem præcipua, & ve riora effe exiftimaui.Primovthomo ex exceatur,folidiorig;vtatur cibo,atq; ra rius cócubat: ita n. & calidius & fpiflius fe. méeuadit,fita; prolificum, & aptiſsimum ad marium conceptum. Secundo mater, & incongreffu fuper latusdextrum recubat & à coitu confeftim fuper illud conqui elcat: Siquidem Hippocratesmaſculosin dextris,fæminas verò in finiſtris genera-. ri ſcripſit.In dextris enim ab Hepate fo. uetur ſemen,quod eſt calidum: in ſini. ftris autem à liene frigido quoquo pa.; do refrigeratur, & ad fæminarunt 3 conceptum'præparatur.Tertiò ſpiranti tibus Aquilonibus concubant, Auſtris vero defiftát:Aquilo enim admares fuf. cipiendos accommodatiſsimum eft,Au fter verò ad fæmellas. Capimus huius rei ab ouibus experimentum, quæ fiflá. te Aquilone concipiunt, marem ferunt; Auſtro autem foeminam. Multi, inter quos Cardanus eft,ad marium concep tum Mercurialis maſculæ elum extol lunt,hæc duos quafi coleos pro feminie bus habet, & ab vtroq; coniuge depaſta, marem inducere occulte vi exiftimatur. Magnumele in hac inferiora Lune con fluxum. Trabilis profectò eft Lunæ vis in hæc inferiora: ipfa enim noctes illuminat, & fuper humida poteſtatem haber,marisfluxus, & refluxus per quae draturasfuas intētiùs, & remifliùs facit; quippèdum oritur,maria intumeſcunt, & in æftuariafluunt, quoufque ad circu. lum meridianum illa perueniat; cùm autem ad occafum inclinat, Oceanus ab æftuarijsrefluit ingurgites; quando ſub M Orizonte, percurrit,mare ad confueca æftuaria conuertitur, quoad nocte me dia meridiei circulum Luna atringat; poſtremdcùm ad Orienté tendit,Ocea Rusquoque ad folitos alueos regurgitat. Ipſa in Agricultura rebus dicitur do, mina;propterea antiqui gentiles, qui in terræcultura proficere optabant, Lund libamina ſpecialiter obtuliſſe dicuntur; y ocabatur Diana, ſiue Latonia virgo, aut Plutonia coniux velProſerpin. Leonardi asri deOdtimeftri pariu ſenten tiamdebilem effe. Peculatur Vairus in lib. 2.de Faſcino, Cur partus odimeſtris vitalis mini mè lit,innuit hic, vir alioquin doctus, talem partum non viuere, ob femen im perfectum:quia non datur ſemen (vtar guit )quod ad illud tempus fætu procre. are valeat: ſicutin genere triticiquod dam eft,quod tribus menſibusgignitur; quoddam verò, quod nouem menſibus: fed debile eft huius fundamentum, quá do in Hifpania, & Aegypto o & imeltres partusões vitales efle perhibcãt:Potior ergo concluſionis ratio requiritur,quam nos alibi tábgemus. somniarumprofagizà Deo diuinare, aliqus bus bominibus concedi. On omnibusfomniorum diuina N doconcellavidetur,fed quibusà Deo ex ſpeciali gratia permittitur. Qui anim fomnia proprio ingenio diuirare intendunt (dempta fomniorum intere pretatione, quæ & caulis naturalibus in naſcitur, quorum præfagium ad media cos pertinet) aut cæcutiunt, & delirant; aut dæmonum fallacijs inuoluuntur. Iofeph apud Pharaonem, & Daniela pud Regem Chaldæorum (vt infacris habemus) quia diuina afflati erant ſapi entia, fomnia diuinabant.Propterea mi niftris fuis Pharaonem audita fui fom. nijinterpretatione,dixifle legitur: Num inueirepoterimustalem virum, quifpiriru Deiplenusfit? & Rex Babylonis ad Da. nielem:Audiui de te,queviäm fpiritum De orum habeas, ce ſcientia,inselligentiaq, as Sapientia amplioresinuentafunsin tq.ExTa úello. Inter Polypodium, & Cancrosmagxam in. eſſe antipathiam. Axima videtur inter polybodie M, i quòd fi polypodiumſuper cancirú abie ceris viuum, breuiſpatio tum pedum cortices,cum vngues ille eijcier:tanca eft i iſtius plantæ in illum particularis viru 3 lentia,& efficacia.Ex Mashioto, Ć Dengan Ibidis, ferpentesattonitos reddere. Irabilis eſt ibidis pennarumvis M contra ſerpentes, quippe fi illius penna ad illorum quempiam inijcitur, Confeſtim in veſtigiogreffus hæret: ad mirabiliustamé eft, quòd ſerpens quer pis frondibuscontacta moriatur, quare circulatores aftantibus mirabilia fæpè protrahere à racione inconucniens elle a non debet:multa enim iis funt, quæ ad i mirandaiudicantur:quemadmodum eft Viperam viſo Fago perterri:experimé. " to enim probatum eſt, illiusramo ante hocanimal iniecto, veluti attonitú fie si, nec ampliusmoueri Hoc etiá cuenic Gha. ti ſi barundine feuilsime percutitur: fin verò iterum eadem vipera incutitur confirmari videtur, & fugam repentè adire. Mulieres rard inebriari, acbrd autem ſenes, Ontrariam naturam ſenile corpus, Contd & muliebre fortita funt:ob id mulie. res rarò ab ebrietate corripi afpicimus, crebò tamen'ſencs. Mulier quidem hu mida eft, vtà cutis cenitate,& fplendo re.comperimus, fenex contra ſiccus, cucis afperitas&ſqualor confirmat. M11, lier ex aſsiduis purgationibus fuperfluú exonerat; ſenex autem ex corporis duri. tie,luperfluanonexcernit.Mulieriscor. pus, quia variis purgationibus crat de putatum, pluribus foraminibus fuit có fertum; non ſic ſenis corpus,propterea naturales meatus à corporis ſiccitate, & duricie potiùs obſerantur. Hæc funt în caula, vt ebrii fenes facilè fiant, muº lieres verò perquàm rard. Nam fià mu. liere largè vinumfuerit hauſtum, illud magnam mulieris humiditatem incidens,vtiq;vimluam perdit; dilutiulý; fit, & cerebriſedem non petit: nam per. varia foramina mulieris illius vapor re Currit, & celeriter eius fortitudo euanel cit.In ſenibus vinum contrarietatem no recipit: quia corpusillorum ficcum eſt; ob id vinum firmiter adhæret, cerebría que petit, quia in durioribus membris; & aridis(vt ita dică ) exhalatio nulla fit: hincab ebrietate facilècapiücur. Ex MA crobio 7.Saturn. Qua induſtria in vrgenti fomno, quis vac leat excitari. Agnus Alexander,vt ingerendo imperio, occupatior eſſet,magnú contra ſomnum excogitauit remedium, quoſi quis vtetur,facilèin ſomni graui tate excitari valebit. Ille Vas æneu pro pè lectum conſtituebat, & pilamæneam fiue argenteam manu compreſſam ha bebat,brachiumque ſuper vas illud ap tè componebat,vt pila in ſomno elapſa in æneum procideret, & à fonitu excita retur, & furgeret.Mira equidé fuit hu. ias ingenij dexteritas, licet hæc Alexandri dormitatio potius quàm fomnus dici poſsit.Ex Ammiano Marcellino. Quibusfignü corpora venenata cognoſci yaleant. L Icet venenorum genera multa fint, ex quo difficile fit omnia figna repe rire,quibus cognofci valeant,afferam ta men qua mcthodo corpora, quæ venenü fumpferint,intelligere poſsimus. Porrò magna fit in corpore commotio, dum quis venenum hauferit;præcipuè fiillud calidæ fuerit naturę:doloribus enim va lidis,atqueacutis in ſtomacho, & inte kinis torbonibus languens cruciabitur, præcordiorum fentiet anguſtiam, fati gabitur vomitu,& fuxu ventris, ſudor fuſcirabitur in fronte cum vultu frigi do: colorægri erit pallidus, pulſus de bilis, inzqualis, & inordinatus,fynco pi, &animi deliquiis affligetur. Hæchi omania, vel in maiori parte fuccedunt, o porter celerrimèinggris.vomitum pro uocare, vt aflumptum vencnum eiicia ur. Ex pal.Vilan. Luem Gallicam non modò homines,fed canes etiam inuidere. Tanta eft morbi Gallici quandoque immanitas, vt non modò ex vno lan guente,vel reſpiratione,tactu, autcom merci oplures homines ea lue polluan tur; verùm atque canes, ſi vicera, vel vnguenta infirini lingere potuerint.Ex I perientia hoc edocuit; viſus eft enim & quidam canis Gallica lue captus, quihe I riſui emplaſtra linxerat. Ex obformatore if Iulii Scaligeri. 6. Poet. Quotermi nocorporis hominispulchritudo conftitui debeat. Arii equidem funt Scriptores in conſtituendo termino longitudi nis, & latitudiniscorporis pulchri:ihter quos, ſententia loannis Goropii, in fua Gigantomachia, magis acceptanda vide tur à fapientibus:colligit exHomeride Creto longitudinem hominis pulchri de bere eſſe quatuor cubitorum, latitudi nem verò vnius cubiti. Cymrinum bominibus palliditatem corporis inducere. More Multa profectd ſunt, quæ vultus colorem hominum deflorare ob ſeruantur: fiquidem panis hordeacęi v fus facit homines pallidos.Ex Ariftot. A quælutulentæ potus, vſus ſalitorum, & immoderata Venus valde colorem de. turbant: inter ea tamen, quæ ex proprie. tate decolerare putantur, Cyminivſus, &olfactus eſt. Duo enim de hoc exem pla habentur apud Plin.lib.20.C.24.V. num fe &tatorum Portij latronis, qui, ve illius imitarenturpallorem,cymino fre quenter vtebátur:alterum eſt Iulij Vine dicis,qui, vt Neronen falleret,palloré Sibicymino conciliabat. Ex Mercurialide Decorat. Regem Archelaum maximè Aſtronomie fi iffe imperitum. T minibusneceffariaiudicatur,vt malè ciuitates, refpublicas;hominumo; cætus fine illorumobſeruatione ij con leruare valeant.Vtique horum ope té pora,annos, menſes, & horas metimur, &ſine his in, varia labyrintha inuolui mus mur.Hoc apertè ille imperitus Aſtrono miæ Rex Archelaus oftendit,qui (vt vi ri ſummæ fidei fcriptú reliquerunt) ob Solis Eclipfim,cuius caulam ignorabat, * tantotimore correptus eft,vt regiam is clauferit,filium totonderit, iudicia è fo ro fuftulerit, & iuriſdi& ionem penitts en intermiſerit: vltimum enim orbis diem. eſſe arbitrabatur.Ex Magino. Mira grecilitatis quofdam bomines fuilfe repertos. X Aeliano,& Athençoquofdam ho mines extremæ gracilitatis fuiſſe * colligimus:legitur enim quendá Arche ftratum vatem fuiſſe, qui captus ab ho ftibus tantæ gracilitatis repertus eſt, vt cùmlanci apponeretur, pondus vnius obolihabuiſſet,quod incredibile,& ferè ridiculum exiftimatur.Philetas Couse. tiaminuentuseft, quem ex gracilitate E vſque adeò inualidum fuiffe fcribunt, vt ne à vento deijceretur, pondera ferrea pedibus, & foleis geftare coge { retur, Anguit. Emine Anguillas cumAquilone mirambabere fyme putbiam. Trabilis profe & ò conſenſus eſt, quem Anguillæ cum Aquiloni.. bus habent: ipfis enim ſpirantibus fex. dies fine cibo, & aqua has viuere fertur; cum Auftrisautem diſſentiunt, quippe his flátibus diu ſine cibo, & aqua illæ vi.. uere non poflunt. Ex Bodino in Theat. Aſparagorum vſum corporis facere pitorem. Nter ea,quæ nitorem; &pulchritudia nem tur, Aſparagorum vfusconnumeratur, cuius efficacia à multis in corpore colo.. rando ferè mirabilis iudicatur. Aſpara.. gi fætentem reddunt arinam, & perilla pratos corporis expurganthumores:eb: id mirum non eft,fi,ijs euacuatis,corpus reliquum non modò odoratum redda tur, ſed etiam nitidum, & coloratum: quippeex humorum prauorum conge. rie, & palliditas, & defloreſcentia nobis jonaſcitur, quibus ceflantibus, ceſat de. formitas, & colornitidus exoritur. Ex Auicenna. Picem cum oleo; maximam babere colli gantiam. E X congeneri ferènatura Picem, Rea ſinam, & hujuſmodi, magnam cum oleo affinitatem retinereobferuamus:fi manus enim pice, vel refina fædantur vtique eas oleum extergit,idque ob col": Tigantiam oritur. Oleum furfur tollit, furfur aqua eluit; aquam demumlintco: ficcamus.Ex Cardino Mularumgenuse propriapecieminime propag ari: MVlasequidem,& monftraconfimis lia,nec parere,nechium genus prou pagare obferuamus:id fieri aiuntmulti;. ab improportionato generandi tempe ramento: veriùs tamen cum Bodino in Theau.Natur: hot contingere exiftimo, une fpecierú fit infinitas: natura enim in finitatem abhorret. Ariſtoteles in Syria fupra Phænicesmulas parere ſcriplīt; & Theophraſtus in Cappadocia illas genus 3, propagare voluit:tamen hoc veriſimile haud eſt. Propterea magis credendum reor, in illis locis Aſinarum quoddams: genus oriri mulabus conſimile, potiùs, quàm mulas, quarum partus à noftris. prodigiofus, & funeftus effe dicitur, vt Iulius Obſeq.inlib de prodig: adnotauit. Leones, Sole in Leone'peragrante,a'febribus, moleftari: Irabileeſt, quod in Leonumfpecie contingit,dum Sol Leonis cælefte fignum ingreditur:ijenim à febre tertia.. na in toto fyderis fpatio excruciantur:a deà quòd fateri oportet, talium genus cum hoc fydere antipathiam habere & tertianam recipere'; proinde Leoninaà multis hæcfeprisapperiatur,bene iudi. cantibus, Leonemeſſe peculiarem. Leo. nes hoc temporetertio quoque die paſo cuntur,neciemel etiam accidit, vt bidu um,veltriduum inediam ſufferāt, Ster custunc ficciſsimum, & vrinam fatente excernunt,vt Ariſtotelesadnotatum re liquit.Aiuntmulti, hocà natura forſitan eſſe factum,vt ferociſsimæ beſtiæ quo quo pacto cohiberetur impetus, & à fre quentiori rapina coerceretur. Quo artificio in fenibus barbas, albofque cam pillosdenigrare pale amus. Eferam notabilem miſturam qua, ' R Jeant.Sumito lixiuij communis quantú volueris, decoque in eo faluiæ, & lauri folia cum corticibusiuglandium viri. dium; mox laua, aut ablue madefa &ta fpongia:ita enimnigredinem compara bis, quæ diu durabit, &lætaberis effectu. Ex Porta: Mergum,& Anferem aquaticum in Hydrsa phobiam plurimum valere Ntercuncta animalia adnotauit Arie ftoteles Anſerem aquaticum folùm non rabire, ob id à multis huius efum in Hydrophobia maximè celebrarur: mirifico autem experimento contra ram. bidi canis morlus valere dicitur Mergus qui in aquis & maridegit, quippe ab Ace. tio,eius eſu Hydrophobosillicoaquam efflagitare narratur. Lacertasmira magnitudinisapud Indos iz... Meniria NInfula Sancti Thomę, quçdam La IN Ls certæ ſpécies miræ reperitur magnitu dinis,quæ admodum illius gentibus fa miliaris, eft.In Ioſula etiam Capraria,, quæ vna èFortunatis eft, ingentis ma gnitudinis hæc animalia cerpūrur;habis tatores autépro ijs interficiendis, bom. bardis,fiue ſolopetis,alijfque bellicis in. ftrumentis vtuntur. Ex Amate Luſsin Dia. ofcer. In educandis iuuenibus, miran fulle aibe: niexfium induftriam. Moser Oserat Athenientum in iuvenum educatione, vtij cothurnicibus, fio uc qualeis, aut gallis pugnantibus ftudi. an impendcrent:Solent enim hiermo. di volucres,vfquead extremam virium defeâionem certare. Qulo exemplo ad ſubeundapericula; & vulnera contem merida, ifamınabant iuuencs increpan tès au:bus minus ingenioſos effe homi. nes, non debere.Exsotino apud Lucianum Serpentum eumapudl kudosfrequentari.. NCuba Inſula penes Indos,ferpentes loua totius corporis ipecie, ac forma prediti inueniuntur,quippe ſelquipedis IM I plerumque longitudine exiftunt,& ex terra, & aqua viuunt:Quod autem apud illas rationes mirabilius videtur inlay tioribusmenfis, horum animalium e fum,tanquam ibum ſapidiſsimum free quentari.Fx Petro Bembo. Quomifico,Po ticaput; inmiram intumeſcentiam redderevaleamus. NterAgriculturæ arcana, non infimi momenti methodus eſt, quaporri cam put in tumorem magnum reddere poro Gimus.Aperiam abftrufum artificium:Si enim porri caput,arundine, vel ligneo ſtylo pupugeris,atq; raporum,vel cucu- merum fomen vti foramine occultaueris proculdubio propria capeo in tan tamtumorem deuenire, vtid prodigio- fum iudicetur, Ex Mizaldo. Iwer Fraxinum, &Serpentes miram adeffe Antipathiami Raxini fuccus ad ferpentum morfuss mirabili fuccelu à medicis vſurpa nec fine ratione: hanc enim plans tam Serpentes, ex occulta antipathia ji miro odio infequuntur: fiquidem illius L6 yobras OX tur, vmbras tùm matutinas,tùm veſpertinas euitant,& lógiusaufugiunt. Retulit Pli nius lib. 16.cap. 13.ex fraxino experi. mentum quòd figyrum frondibus fra xini,& igne apparatur, in cuius medio ſerpens lit proiectus,procul dubio ferá in ignempotius, quàm in fraxinu aufu gere:tantusefthorum diffenfus, &co. culta ſerpentum inimicitia., Virginitatem in mulieribus, qua viaexperizi: paleamus. L Apathiū maius in aperienda mulica rum virginitate aftantibus magnam retinet efficaciam: ſi enim ex huius folijs faraturfuffumigium,fiue hęc fuper ig. nitos carbones inijciuntur,vteffument, vbi mulierum fit corona, cum odor ad pudenda mulieris perueniet, illius bon. nitatem,vel malitiam oftendet: quippe fi viro copulata fuerit,abfque dubio v rinabit, fim verò fuerit virgo,vrina po tiùs conftringitur, quam emictatur.Ide etiam faccre autumant,lignum Agallo chum, fiue Xiloaloem, vel femen portu-, acæ fi fuper carbonesiniecta,adeò effument, vt ad pudenda mulieris odor va leat penetrare: mouetur enim in deflo ratis vrina quantò citiùs, fecùs verò in virginibus.Ex.Perta. Quomodo ex duabus aquis claris, lac effings re illud valeamus.quod Virginale Pocatur. Ac illud,quodà pleriſque ob colo Cris ſimilitudinem,liue ex nouo ori gine, Virginale appellatur, ex duabus, aquis artificiosè corifedis exoritur ad multa equidem corporis mala yti. Lifsimum.. Eius modus talis eft. Su mito lithargyrij in puluerem redacti Vnc.ija acetialbivnc.si.commiſta infi-, mul per filtram lineum deſtillato, & a quam clară habebis.Vtautem alteram componas, fumito Salis gemmæ Vnc.), Aquæ cómunis, fiuepluuialis claræ Vnc. Mimiketo fimul, & fic bimas habebisa quas magni valoris. Cùm verò vel ad oftentationem, vel curioſitaré fiue ne. celsitatem lac Virginale conficere opta bis,aquas vtrafque coniungesfimul mil cendogita profectò confeftim laquor la L7 Ereus  M deus ſuſcitabitur, qui Virgineusvoca. tur.Verrucæ in manibus fi hoc lacte per dies aliquot beneconfricantur, euanef cunt. Impetigines,omneſq; faciei macu. læ,rubores, & ex foleardores, hoclini. mento facillimè curantur. Caftrates lienem,velonorum vitellós durios? res deglutire non poffe. Irabilc elt i: lud,quod in caftratis, circa cibum obferuatur: hi enim nec lienem,nec duriores ouorum vitels losdeglutirepoffunt, vt frequentiſsima apud multosinoleuirexperientia.Retulit Bodinus in ſuoTbea.tales priùs fame fe necari pati, quàin lienem vorare por fe.Huius reialia non creditur effe ratio, quã xſophagiiſtorú ex nimia adipecoão | guftatio, & cóftri& io; cũ auté lienis fub-. Itātia spõgiofa &flatuoſa fit,atq; in mã. ducationemagis infletur;facile fit, vtiji i ex ælophagi anguftia talem cibum deo to glutire nequeant. Eadem ratio eftino uerum vitellisdurioribus', qui ex ſuba Itantia glutinoſa,per anguftum non facie la tranſeunt. Spatium humanæ vita, centum annorum fom cundum degyptios compenſariin. teruallo. in. * " Vriofa magis, quàm veritari confo näns mihi videtur Aegyptiorum aliquotopinio,dehominum vitęmenfu, ra:quippe illorú multi, qui medcata cadauera feruart conſueuerant, ex quada conic & ura à cordis humani ponderede fumpta in eam deuenerefententiam, ho. minisviram centum annorum fpatio de Gniri.Sumebant experimentum in cora poribus, quæ fine labemoriebantur; ho rumenim anniculi duarum drachmarú. pondtrisgcorretinere videbantur, bini quatuor;& fic in iingulis annis, quo in anno quinquagelimo bomines centum. drachmiscor in pondere retinere affiras mabant:à quinquagefimo binas: dracha mas fingulisannis decreſcere, atque à cordis pondere detrahi, minuijè dicea. bant, &fic in anno centefimo ad primum, fui ponderis: fecundum iftorum conie... awan,corredibat.Ex Teicntio / arrone.  Claro Pblibotomiam ex vena ſaluatella, pleneticis: plurimumprodeffe. "VrabatGalenus ſpleneticum qué dam;& cumdiù (vtipfe narrat)de illius cura eſſet ſollicitus,atque diligen. ter remedia quæreret quadam nođeſó niauit,fe in infirmo de vena faluatella, quæ eft interminimú,& annularem ma nus digitos ſäguinétrahere; quod fecit, & fanatus illeeſt. Hoc diuinæ bonitati tribuendúexiſtimo, quæ multoties, ho mines per bonosfpiritus dirigit, vt ca perficiant, quæ in corpornm valetudine concernuntur.Ex Bartbol.Sibylla. Gymnoſophiftas apud indosmire,viſus, &in genij dexteritatis inueniri. MIIrabile profectò illud eft; quod de -Gymnoſophiſtis quibusdam apud Indos narratur. Hienim ab exortu, vf quead Solis occaſū; oculis contentiscan. didiſsimi fyderis orbē intuentur,inglo bo igneo rimantes fecreta quædam,a renilgue feruentibus perpetem diem al ternis pedibusinfiftunt.Ex Solino. Quibus auxilysforumarum materia,per pri nis paleasensachari. Bseruatum eft huiufmodi præfi O sibus euaneſcere.Adhibentur primò in firmis aliquot clyfteria, ex fucco bryo niæ, & mercurialis,oleo, & fale concin nata, quibus patiens tum gelu, tum ma. terias.viſcidas copiosè purgari videbi. tur:mox cum oleo amygdalaru dulciū, vel mali aurantij coleis, manè dilucu.. lo, cantharidum præparatarum grana quinque,velſex iuxta corporis naturama. capiet.Cantharides autem per horas 24.. in aceto infundantur,deindeexiccentur, &in puluerem reddantur.Hic enim ea. rumpræparationis modus eſt. Huiul modiauxilijsftrumarummaterias, vri pas euacuari compertum eft., Obferua uit hocDo & orPhyficusJoannes Domi. nicus Donnus,cuitis familiaritas,animi queindoleseſt mihiſemper gratiſsima, mihique tale remedium communicauit; robuſtis tamen corporibus folú adhibe ducéleo: ex illius enim experiméto do lors BARCE- 1 II! lores ad inftar parturientis circa pe &tine tale præſidium commouereaudiui. Alijs etiam modis, & auxilijs (trupęcurătur, quippe fioleo,in quo rana terreſtris,tal pa vellacerto, (vulgò dicitur racano )fi ue lacerta magna vocata ebullierit, diú ftrumæ,purgato corpore, liniantur,abf que dubioexiccátur, & euaneſcunt.Het animalia viua prius in oleo fuffocantur, cùm ad carnium ab oſsibus ſeparationé ebulliunt, & oleum mirabile ad ftrumas componitur. Nonpulliad earum extir. pationem caufticis vtunturmedicamen tis, quorú potentia caro aperitur, & ftru mæetiacuantur.Componuntur hęc talia ex arſenici fublimati drach.j. lithargyrij aur. & aluminis roccean.drach.ij.fabari vftulatur:numero quinq; hæc in pulue. rem reda & a cum frumenti farina,aceto que acerrimo mifcentur, & fit malfa, è qua orbiculi, vel plancentulæ formantur & exiccantur in Sole, vel furno,admoué tur fuper ſtrumas, &fpatio horarum24. opus perficiunt, Alexandri Magni magnanimitas in pofteros: ftudiofas. MVlta ratione Alexander Macedo Magnusdi& us eft',cùm eius excel lentia non modò in litteris apparuerit.. Ille quidem, vt Ariftoteles de animali bus hiftoriasfcriberet,multa liberalitate in pofterum vtilitatem, octingenti auri talenta, cum tribus hominum millibus dedit, vt fyluas,aularia, & viuaria, omnis. generis diſquirerét, & opusab ipio per.. ficeretur.Illi autem per Europain,Afriw. - Cam, & Afiam peragrantes,multa anima: tium gencra ad Ariſtotelem attulerunt, quarum difle & ionibus, de vniuerfa fen? rè horum natura accuratiſsimè Philofon phus fcribere potuit.Ex loanne Bodeno. I WA Mulieres quafdam in oculis, equi effigiem, pel: geminaspupilas babere compertum eft. NO On rarò quædam mulicres magæ reperiuntur, quæ vt plurimum a-. niculæ funt, hominibus, animalibusý; vilu,nocentės. Solent hæ in fingulia, acut oculis, velgeminam habere pupillam, (vt HieronymusMengus de Arte Exe orciſt. adnotauit ) vel equi effigiem, quemadmodùm nonnullas Pontumin colentes habuiſſe legitur. Referuntex iftarum oculis quofdam emittiradios, qui non ſecus iacula & ſagitrę pro homi num cordibus faſcinandis exiftunt, ità profe & ò totü pernicioſa quadam qua litate corpus inficiūt,breuique velnullo temporis conſumpto interuallo,homie nes,bruta,ſegetes,arbores polluunt, & ad interitum tæpè deducunt. sanguinem caninum HydrophobosCupareba PotumAutumant Galenus N Serapio,& pleriq;fapiêtes,fangui nis canini potu, canisrabidimorſum ca. rari teftantur: quæautem fit ratio,apud hos non legitur. Referam tamen, quæ àMarſilio Ficino in lib. z. de Vit.produc. adducitur. Ego opinor (inquit) ſali ziam canis rabidi venenoſam, impreſ fam hominis pedilæſo,per venas paula tim ad corafcendere more veneni, nifi quid in tereadiſtrahat.Si igitur interim canis alterius fanguinem ille biberit,fan guis illecrudus ad multashoras natat in ftomacho, eum denique velutperegrie - num deie & uro per alium. Interea cani. pus languis ifte,faliuam caniná fuperio ra membra prenſantem, priufquam ad præcordia veniat, deriuat ad ftomachű: ná &in canino ſanguine virtus eft ad faa liuamcanis attrahendam, & in ſaliuavia ciſsim viftus ad fimilem fanguinem proſequendum. Venenum igitur à cor defemotum, fanguiniqueimbibitum, in aluo natanti, vnà cum ſanguine per inferiora deducitur, hominemque ita relinquit incolumen. Corallinam, ad puerorum vermes necandos maximè laudari. COMOrallinæ, quam plerique muſcum marinum appellant, in puerorum ť vermibusnccandis,miraeft virtus, & cf. ficacia.Hanccirculatores in plateis vene dere folent,talegue remedium ad lum bricorum internecionem, fummis lau. dibus extollunt. Profectò à veritate in hoc negotio haud abſuot:hoc enim cão teris medicamentis, in rehacaccommo datis,excellétius eft:experimento fiqui. dem comprobatum eft non modòlum. bricos interficeretale præfidium; verùm atque eadem die, cùin aſtantium admi ratione, oxpellere, vtiure dixit Mat thiolus, quòd quandoque viſus fit puer, quiex aſſumpra huiuspulueris drachma, a centum vermes excreuerit. Qua induſtria, labioram,meruum, capia tamgmamilarum citifsimèfifuras fanate vale anus. Periam ele &tiſsimum præfidium, A tumque mamillarum fiffuris feliciſsimo fucceflu fere millies vfus fum. Sumiro lithargyrii argent, myrrhæ, zinziberis an,vncj.redigantur omnia in puluerem fubtilif. & ex cera recenti, melle,& oleo oliuarum ad fuffic. fiat vnguentú. Vfus talis eft: primò liniantur fifluræ ex hu mana ſaliua, mox defuper in tela exten fum applicetur vnguentum,ita cquidem paucis diebus fanantur, Rhabarbarum cidoniatan, y terogerensabs que periculoalue exonerare. IN graudis mulier bus, cùm grandi inorbo affliguntur, magna cautela ſo lent medici medicamenta cuacuantiae ligere: vel enimhaud porrigunt,ne con Ceptum diſperdant, & matrem occidant; velmitiſsima, & benigniſsima excogi tant, & propinant. Multi Rhabarbarum ob eius caliditatem, & amarulentiă recu fát: ſed perperá quidé, quádo illud cido nio Correptú, inter ele& ifsima &benig piſsima connumerari debeat, Rcferam i qua induftria à Ludouico Mercato,viro celeberrimo,prçparetur.Sumanturcoto nea, ab interraneis repurgata, tes diuifa, (ſed fuperftite pellicula, quæ valde eft odorata) in aquadonec tabuc rint ebulliant: mox per linteum colata, & exprefla, optimolaccaro coquantur, & dumid fit,adiicies ad lib.j. huius con diturz,vnc.j.Rhabarbari. Doſis cuius fit vnc.j.vel Aliud cidoniatum compo nitur, quod eftgratius, & abfq; moleftia efficacius euacuat. Diuidatur cidopium &fub God &in par 1 (264 & fublatis feminibuscủfolliculis, parti um ciuitates puluere optimi Rhabar, negligenter triti,ac Drach.j.velj.- aut ij.imp cátur, vel, ſi affectus poftulaueri agarici tantundem, vel foliorum ſene; mox vniantur cidonij partes, papyro que inuoluantur, & ligata in clibano,vel furnello coquantur ad perfe &tam co & i onem;poftremò abie &tis medicamentis internis, pulpa manducetur. Hoc pro fe & ò medicinæ genus fecurè cuacuat, & viſcera omnia corroborat. Animantium robur animi, à femine inge terari. Vanta fit feminis efficacia, in aoda. cia hominibus comparanda, nullo aliomedio ſecuriùs cognoſcitur, quàm caſtratorum natură compéfare.Hipro fextò ſtatim atque teftibus priuantur, animi robur amittunt, atque máſueſcár: fiquidem & à fpirituumcopia, & calore potiſsimùm naſcitur audacia, quæ in teſtium natura valde { pongiola ge. merantur, & ab ijs in corpus deferuntur.Ob id Galenus,in lib.1.de femine,le méSolicóparauit, quod ſuo fulgoreorbe illuſtrat;iuxta cuius fulgorcs ſemē,& ipi rituú,& caloris potentia, ferè corpusil luſtrare admonemur.Hinc Aegyptijſa pientiſsimi,cum Regem fractum, hebe temq; repreſentare volebant,meritò Ti. phonem caſtratum pictabant benè ani maduertentes,nil poſle verius hominem infirmum oftendere,quàin hominem fie nc ſemine. Aegyptiorum aliquot ad Quartanam febrens ſecreta experimenta. х bris quartanas Aegyptis familiaria ſunt, hoc pro ſele &tiſsimo remedio ha bent,ægrotisdeco &tum ex menta para. tum ad femilibram,calidum cum (polio ſerpentis puluerizatibinisdrachmisan te accefsionem per horam propinare.A, lij cum decocto affati temporeacceſsio nisvomitum procurant cum felici fuo. ceffu.Sunt & nonnulli,quiante acceſsio nem pilularum drachmam exhibent. M He exagarici,gentianę,caftorei,mytrhe, rutæ an, drach.ij.piperis longi,calamia romatici,crocian. fcrup.iv.theriacæ an tiquæ drach. iij.conftant, & cum ſyrupo de granat. dulcib.conficiuntur. Aliis ve ſitatiùs eft,exhibere drach. agarici,cum myrrhæ ſcrupulo, diſſoluram in pulegi deco & o, Ex Alpino de Medic. Aegyp. Auesbacciarum taxi eſu nigro colore fieri. Axus inter plontas virulentiam ha bere maximam videtur: quienim fub iftius vmbra dormire audebit, in grauem affe & ionem incidet. In baccis autem venenum potiſsimum viget.nam à viris comeftæ,ventris profluuia, atque funefta pericula mouent: boues illarum vfu moriútur, quemadmodum &peco ra,ffortè has comederint, Aues verò iftarum eſu minimè moriuntur, penna rum autem color in nigrediné mutatus, Chelidonium Lapidem MIT APN epilepfiam baberepirtutcm. VIItrus Chelidonii lapidis à pleriſque maximè extollitur: prelentaneum enim Epilepticis réputatur remedium, adeò quòd non pauci iſtius vſu à tanta morbi forociate liberati funt. Feruntin. Autumni principio,Luna creſcente, hũc lapidem à ventre hirundinis extrahi, & contricum aliquo liquore epilepticis in potum propinari:quippe facultatem re tinere dicitur, tenacem, & vifcidum hu morem, qui caufa caducimorbi eſt exica candi. Multi,chelidonium non folùm elu, fed etiam ſola ſuſpenſione, Epilep ticos à proprietate ſanare contendunt, Ex Lomnio. Miram interafpides, & halic acabum inejſe Antipathiam. Irabilem natura inter alpides, & halicacabum, quemaiorem veſi cariam inuenit diſlenſum, & antipathi am:ijenim, fi iuxtà huiuſmodi plantæ radices quoquo pacto corpora admoue rint,tanta ſtupiditate, & fomnolétia cor Tipiontur, vt amplius nequeant excitari. Ariftotelem rerumcaufis maximum noſcena dis adhibuiffe ftudium M M 2 Erat Aristoteles adeò cauſarum re, Erum cognitionis ftudiofus,vedie cilè quiefceret, nifiad quæfitum exas ctum ſcrutinium deueniret: ob id cumà. graui valetudineopprimeretur,atq; me dicus citra morbicausa,pleraq; vetaret, fertur(teſtimonio Polybij ) sc.medico dixiſſe:Nemecures,vt bubulcú, & for forem; fed prius caufas ediſſere, & ita pre ceptistuis facilè memorigeratum habe bis.Cum autem in Chalcide exularet;ati que Euripi, qui inter Aulidem Bcotia portum,& Eubeam infulam ſuntaugu iti freti,feptiesinterdiu noctuq;alternis fluctibus ſtato tempore refluerent, ille maris recurſus excogitans,atque caulam reddere non valens, tanto mærore affe & us eft,vtmorti occumberet. Ex Iufting Martyr. Infates a nutricib mores,& téperiē recipere, nfantes profe & ò à nutričibus non foi lùm circa temperiem, fed etiam mo res multum recipere videntur.Ob id fat pienterà veteribus,Romulum à lupafu. idela &tatum, proditum eſt, velhocfinx I erring erint, vel vera narrauerint; fuit enimRo mulus ferinis moribus, callidus, fortif limus, & incommodipatientifsimus.At præter hunc,multosà feris enutriros, & educatos legimus; num autem hoc ijs, ex animi feritate fuerit tributum peſcio. Scribitur Cyrum à cane fuiſſe nutritum, TelephumHerculis,filiumà cerua,Pelia Neptuni filium abequa, Alexandrum Priamià vulpe,A egiſthum à capra,quo rum inores,apudScriptoresnoti ſunt,vt apertènofcamus, quid nutrices infanti bus afferant.Equidem quià capra lactá tur,ftulti fiunt, & fälaces;& ita hircuselt;. quare ex hac conie & ura tales euadere in.. fantes, quales fuerint& nutrices com perimus;fed mores virtute animi mode fari poffunt. Qdo artificio vitrum diuidere valeamus. Icet vitrú folum ab adamante, cùm plicabile haud fit, diuidiinueniatur, tamen alia induſtria etiam compertú eft illud poſle diuidi,vt Cardanusrecenſuit Hic eft modus: Filum fulphure, & oleo irabue, L M3 370 imbue,locum circunda,accende, repete, donec locus optimècalefcat;mox confe ftim alio filo, aqua frigida madefa&to circundato, & vitro in eo loco fractum, &diuiſum habebis.Ego quidéalio artie ficio, & fecuriori vitrum, diuido,caſug; hoc mihi notuit. Habebat quadam die cyathum vitri vino ſublimato,fiue aqua vitæfemiplenum, ad curiofitatem non nullorum amicorum,a quamin flammá, accenfa candela,reddidi, vt vinum fub. limatum accendi folet, confuiripta all tem flamma, cyathusin medio diuifus eſt,atque co potiſsimùm loco, quema qua fupernatans attingebat.Ita ex curio. loexperimento, vitruin diuidere apud alios amicosnon lemel valuir Gallinaceum ftercusà fungorum virulentia bomines tueri. ' Vngorummalitia,ex multorum ex.. perimento, pleroſquevita priuauit quia autem homines ab illorum elu ob luxus abſtinere nequeunt,referam quid àGaleno,tanquam arcanum,pro iſtorú. Fe virulentia extirpanda,leu ſuperanda ada notetur.Erat in Myſia medicus quiho mines penè ſuffocatos ab elu fungorum ad vitam ducebat, remedioa; tanquam arcano quodam vtebatur: huncprecibus exorauit, vt tantum auxilium aperireta Stercus gallinaceum ille adduxit, quo contrito ad- læuorem vtebatur, & cum: oxycrato,autoxymelite propinabat in firmis, qui celeriter omnesadiutiſunt. Hoc vſus fuitmox in quibuſdam Vr- r banis Galenus, & verum inuenit: nain: qui præfocabantur, paulò poftvome bant pituitofum humoré omninò cral hiſsimum, & exindeplanè liberati funt. Infuper Myſius ille vtebatur huiuſmodi præſidio in diutinoColi dolorecú oxyo melite,propinato vino, velaqua, cum felicifsimo fucceffu lob id Galenus ex Bolilongo dolore fpafmo correptos,ta li remedio quoſdam perſanauit: nam & hoc colicum doloremaufert, qui caufa ſpaſmi eſt.Ex Gal.16.simplic.cap.io. Varia deliramenta di vini potentißimipotua.r exoriri. M 41 Multa Vlta equidem deliria in ijs,quia vino potentiſsimo inebriantur, fecundùm humorum in corpore prædo-. minium ſuſcitari ſolent:quippe iltorum nonnulliin riſum maximum mouentur, aliqui plorant,pleriq; vociferantur, alij. profund ſsimo lomno quiefcunt.Refert Alphinus,in lib.de medic, degypt. muliere quandam à vini potu largiori ebriam, primònimis euafifle hilarem,atq; in ho.. mines la ciuiffe, quoscomplectebatur, & ofculis tenebat;moxèrifu, & cantu, ad ram, & furias deueniffe ex quibus fami.. liares eam pertimentes, præcauebant;de. inumin mæftitiam,vtdefun &tos lamě. tabili voce deploraret;poftremò à fom. no oppreflam,omnem ebrietatem digef fiffe.Caufa omnium eft, quia vinum pri mòcalefacit,fecundò adurit,tertiò refri gerat; ſi potésfuerit, & immodeſte poti. Ego profe & ò quendam cognoui, qui a pud Marchionem primum Sancti Marci dominum meum erat in culina,vt lances vaſaque culinaria in dies-collueret; vo cabant Iulium Colauentre. Hic epoto vino grandi, quodBeneuento pro domi 13 ni menſa forebatur in tam immanemde uenit ebrietaté, vt Dæmoniacus appare ret,os,manufq; extorquebat,in fe ipfum fæuicbat, ia &tabatq; membra, & infinita agebat deliramenta. Aulæ Sacerdos fa cris libris accingebatur ad exorcizandú hominem: quando vocatus, ebrium illi effe faffus fum,meoqueiuſſu ferula,mo Te puerorum, circa nates,flagelliſá; con tačius, breui ebrietatem dereliquit. Syrium inter fydera.calidißime exiſtere matuth., Riente Syrio tantum aëris concipi.. præ ardore langueſcant;canes in rabiem trahuntur;furiunt viperx, & ferpétes; ftuant mariajaer occultam nocendi qua. fitatem recipit;ſemina, ia era ſub tali ſy dere,minimènafcuntur: talis profectò eft Syrij natura. Exlib.2.de Hydr.natur. Viterum in nuptis mulieribus varios fuiffe mores, o confuetudines.. 3 MS Non  N.DE dumprima On vna equidem apud Veteresin. nuptis fæminis erat confuetudo: quippe conſueuerát homines in finuPer. fico, littoreg;Orientali, Virgines nobi. les nubiles haud deflorare, nifi brachijs, margaritarıım ļineis ornatæ incederent:: ab id illæ in magņo.erantprecio.Deſije. a nuncmosille, & margaritæ vilius illice. muntur.E « Garzi4 ab Horto. Catullus, in nuptijs Pelei, Tetbidw, aliam natat con ſuetudinem, Virgo nupta, noctecun marito erat concubituva, ita tra & abatur:ante coitum eiuscollinen.. fura filo circumdato meníurabatur,mae nèhocrepetebant, quòd fi latius, quam vt filo comprehenderent, collum inueni ebant, defloratam ça nocte cenfebant:ſin: Vitò dibilomaius,integram, aut antea. fuille deuịrginatam habebant. Aļijalias. habuere confuetudines. Pupauetagrefte mirabiliter Pleuriticum mere bum fanare, Efeet Galenuspapaueradolores miti gare, atq; interanodyna reponiina multis locis referat;tamen agrelte,pleu, ritidem,in lib deremed paras.facil.confel, - fus eſt perſanare. Aperiam quodà mo nacho empirico mirabili fucceflu in hoc morbo fa & um vidi.Hic folia & ſemina agreſtis papaueris,in vmbra exiccata,ſe cum continuo deferebat:cum autê quis laterali morbo infeftabatur, eius confr lio ſanguinem à brachio ſecundum ca 1 nones extrahi curabat,mox deco&ú fo liorum in brodio pulli collatum, cum drach.j.velj- iplius papaueris ſeminis capillamentorum, quæ poft colaturam addebãtur,capiebat tepidè, & ieiunio * ſtomacho. In loco doloris hæc Epithe. cata adhibebantur.Parabantur ex pul yere roris marini, & ſalis,farina, & aqua" tres placentulæ,quæ ſuper calido latere in firmam ſubſtantiam ducebantur: hiss locus,epithematis inſtar,fouebatur, & breui tim dolor euanefcebat, tum etiá: apoftema rupebatur, & infirmus ad fa. lutem magna admiratione priftinam rew. dibát, Corni plantam, Singuinarie,vel SörbiHydrom phobiam curatam fufcitare. 1.1 ter 276 Je Nterrerum admiranda, connumera tur aliquot plantarum energia, quæ ſopitam, atque curatam in hominibus Hydrophobiam ſuſcitare, & renouare couſueuere. Pluries etenim obferuatum reperio à Canerabidocommorfos, fi plă tam corni, yel fanguinariæ tetigerintan. te annum exa & um, velfub forbo dor mierint, ineuitabiliter in rabiem incide. Tę. Salius in lib.de affe&. part, virus hoc potius à toto ſubſtantia, quàmàtempe ramenti ratione ſufçitari prodidit; nec enim à taląu, necab vmbra intemperi es introducipoteſt. Itaquemirabileelt, ab iis lopitam rabiem renouari, quod. fieri non poſſet, niſicum rabidalue, ha plantæ aliquam haberent antipathiamy cuius alia potior haud adduci poterit ratio, quam tetigimus, quod huiufmodi a proprietate hocperficiant. Qua induſtria penenum illumptum deſcen.. diffe ad gibbum Hepatis pèlinteftina. rognoſcere valeamus... iquopropinato,nullamajor me dicis, difficultas exoritur, quam veneni refidentiam reperire, vtritè ca adhibe antur pręfidia, quæ talia oppugnare re perta ſunt. Si enim venenum fuerit in ſtomacho,vomitum proderit excitare; fecus autem,li tranſiuerit hepatis regio nes,Hiceft modus. Ponaturoui vitellus cumalbugine, cum infirmi lotioin ma tula;fiinfra paucashorasnigrefcit, & fee tet, venenum adiecoris gibbú peruenit; Tip verò rugetur,çitrinefcat, & non fæte at, inteſtina haudtranfiuit. Hinc indica tionem corradimus, veneno ad inteſtina Traiecto,non conferre vomitum prouo care, ExBAYTO. Plantas peduconfimiles;congeneres retine YENİKHI€s. MVltis experimentiscomprobatum Teperio,plátas,fruticelý; ligna, quę quadã aſpectus ſimilitudine cóueniunt, congeneres retinere vires.Sic multi mea dicorum peritiſsimi locolingniGuaiaci, Buxo vtuntur;loco falſę parillæ,ſmilace it aſpera, loco ſaſſafras, žylucftrifoeniculo; pro polypodio, filicecligunt; protipfa M 7 na  nyhor leum pro myrto,liguitrů; pro ea buio,fambucum;pro china radicem no ftræ arundinis;pro Rhabarbaro, hippo lapathú.Hçcn.facie corporeg; aſsimilá. túr,proindecöſimiles vires habere exia ftimatur. Exlib.noftro de Hydran. Natur. Inter Arundinem. Fräcem,may nam inefſe extipathiam. Aturali quodam odio inter ſe Fi lix, &Afando diſsidere videntur: moritur enim filix, quæ ab arundinem: plantis circundatur; & arundo quæ à fio licum virgultis: quo dudi experimen to agricolæ, arundinis folia in colendis agris, vomeribus alligant, perſuaſi ab iſtorūdiſſenlu, ſilices ab agris extrudere, &,vt audio votum in dies conſequütur. Apri dentem ad Cynanchen, Pleuritiden mirabiliter valere. Agna eft efficacia dentis Apriin NA ! uis eius oleo linino excipitur, ac locus affe &tus tangatur cum pennę' extremitaa: tę,cx Arnaldo, & Auicenna habetur,bảo morbum præfeptiſsimè curari.In curan da pleuritidenon minor eft virtus eius. propterea folent practicantes admiſcere tum fyrupis,tum electuarijs huiufinodi dentis puluerem,benèpoſcentes ab oc ! culta,&aperta proprietate talem pulue rem prodeſſe: quippè extenuādi, & exic, candi vim habet. De hocdente mirum. feribitur;occiſo enim Apro recentar,ip fius détes adeo feruere referüt, yt capil losadmotos nonnunquam comburant. Id accidit., quia Apricalór magous eſt; dumý; occiditur, ira & exercitatione fer uefcit; proinde dentespropter denſam ſubſtantiam, magnamrecipiunrcalidita tem,cuius indicium ipmaeſt. Aparagos ju arundineros fatosmirabiliter ex. crefcere. FAximuseft inter arundines, & af par gos naturalis cófenſus;idcir... Iragos, & pulchriores, & core pore?s atq; ſapidiores habere op tabit,ue, arundinetis leminare procu rabitquippe ex naturali ſympathia mi rum in modum excreſcere, & germinare, animaduertet. Meani co qui MVltis profe& ò notiſsima eft, an Viero gerentes eſu cotoneorum induftrios; acuri ingenij parere filios.. Mirab Trabile eft illud, quodà multis de cotoncorum proprietate affirmari audio: ſi enim.grauidæ mulieres,quàm læpius cotones-comedere folitæ fuerint, filios & induſtrios, & maximaingenij pårere dicuntur:fiquidem cotoneis mia ram hanc facultatem ineffe credunt. A. liud autem mirum in ijsreperiri apud Mizaldum legi,grauidas mulieres háud parere, velfalte difficulter fætum ede re,ſi in cubiculo, quotempore partus fuerint,cotosca feruauerint: credo ex eorum conftringentiodore, velocculta. rationeid euenire. Heder am cum vinomiram habere diſcordiam. tipathia, quæ inter hederam, & vinuinànatura infita eft; fi enim ex hc deræ trunco cratera componitur, in qua vinum dilutumfuerit impofitum,pro cul dubio vinum confeftim effluesfun detur aqua verò intus retinebitur,adeò vini impatiens hedera exiſtimatur.Hoc ducti experimento nonnulli in vinise mendis hederæ poculis vtuntur: ita e quidem num purum, vel dilutum vi num exiftat;examinani, & cognoſcunt, Volatilium piſciumg;fecunditatis,Ginteria. Tuprafagia. Oletin quibuſdam annis animanti bus quædam peculiaris peſtis graſſa ri;hinc fit,ve (liannus valde pluuioſus extiterit(auium, volatilium, bombycú ſericeorum,araneorum,erucarum,inte.. ritum videamus;piſcium verò ftirpiúq;: fertilitatem, & valetudinem.Annus ay. tem ficcusvolatilibus (apibus excepris) falutaris iudicatur;piſcibus verò perni... ciofius:ficut enim in angulto aere, obim. pediram reſpirationein,fuffocamur, vi. uereque nequimus;ita piſces in anguſtis aquis concluſi diu vicam agere mini mè poſſunt. Gallinarum adipem(accharo obuolutam,vor modò a corruptela preferuari;verùm atque oleum redderepretiofis fimun. Mira Mina Ira equidem eft facchari virtus, in conferuandis àcorruptela adi pibus. Cum quadam hyemePrudenria filiamea gallinarum adipes collegiſſeter acfaccharo albo benè conuolutasin va ſculorepofuiflet,æftate ſubſequenti, il lud oleo femiplenum reperit, adeòpel lucido, vtcumad medeferret excellen tius haud inueniri poffe iudicaui. Hoc licet illa pro exornandis capillisvtere tur, tamen pro mitigandis corporis do loribus,pro carnis (cabritie tollenda, ae liifque infirmitatibus vtiliſsimum effe į cenfeo:Quod autem mirabiliusiudicaui: adipes illas:poft multos annos conſerua.. tas, eodem colore,atqueodore, quo re-: centesin vafculo fuerunt claufæ anim aducrti. A quodam Chirurgo amicoet ia nintellexi, humanam adipem faccha. ro conuolutam;per longifsima tempo ra à carie, & rancido præferuari: quodiſi. ita eſt, credo in omnibusanimantiumde. dipibus id euenire.Qrare Magpatú cor pora condienda melius faccharo imple. ta, quàm aromatibus pofle conſeruari crederem;eò magis, quia hoc præſidio, corpora in propriocolore, vi deadipe dixi perfifterent. Cucameres naturali odżo oleumabborreres - aquam verò appetere. INteſtina iudicatur diſcordia, quæ in, ter cucumeres, & oleum ineft: nam, & ijaquam,appetere.à lege naturæ viden. tur.Proinde virentes, atque è propriis. plancis pendentes, vafcula ff aqua plena ſübterhabuerint,adeò longius extrahús, tur, vtaquam inſequiex certitudine ex. iſtimentur; fin autem oleum fub his fue. rit eie & tum procul dubio in feipfos, ve Juti vncus, retrahuntur;fiquidem ij olei impatientes ex naturali antipathia co gnofcuntur.ExMatthiolo, Mandragoram pitibusapplántatam,vim il tis infundere ſoporiferam. T Antam habét Mandragora inducena, di ſoporem efficaciam, vteius pom vel comeſta, vel odorata,quandoque ca taphoram exuſçirent. Illud autem mi rabilc eft, vitibus Mandragoram com plantatam, propriam iis naturam infun-. dere, adeò quòd vinum ex huiuſmodi: confectum ſophrem bibentibusinduce reconſueuerit, vt Rhodiginus adnota-, uit. De Mandragora Iulius Frontinus hiſtoriam feripſit Strathagemwoz.Arn balà Carthaginenfibus cõrra Afrosmit. ſus fuerat, qui cùn ſciret gentem illam vini auidam eſſe,in quibuldam vini do liis, quæ in caſtris habebat, Mandragore copiam coniecit,indeleui comiſſo bello, ex induſtria celsit, fugamque ſimulauit. Barbari,occupatis caltris,auidèmedica. tum merũ cùmhaufiffent, in captapho ram lapſi ſunt, & ab Annibale trucidatia: Quando, Aegypti mortuorum corpora come dire foleant: E condiendis mortuorum corporibus, Aegyptiorum ex monumena tis multa, tum ab Hérodoto, tum à Cæ. Jio Rhodigino exempla afferuntur. Ae gyptii enimmortuoscondiunt, atq; do mi feruant: Ageſilai cadauer cera condi. tum fuit, yt & Perfæ facere folent; Alex andri corpus melle colitum eſt. Apud Iudæos exmyrrha, & aloe cadauera con diebantar,vé apud Ioanné Euangeliſtam cap. Iceportabile equindependenciaenels C. 19. legimus: quippeNicodemus myr rhæ, & alocs ad libras fermè centum mi. furam fecit pro corpore Ieſu Saluatoris noftri condiendo. Magorum eratmos, non humare fuorum corpora, nifià fer - ris ante laniata forent: Affyriorum Re gure fepulchra in paludibus condita fu ile tradunt. Mellis vſum, vita hominibus inducere diuturnitatem. Nenarrabili equidem potentia mel, corruptione cuſtodire valeret, à natura productúeft:propterea Plinius l.20.maximè huius virtutem ad miratur, ClaudioqueCæſari Hippocen taurum, exAegyptoin melleallatum, vt citra cariem eſlet, commendauit: nam & hoc corpora computraſcere non ſinit; fiquidem multi fenium longum mulſi tantum intinctu tolerauêre.Celebre eft mellis exemplum in Pollione, qui cen tefimum annů excefsit: hicenim ab Au. gufto interrogatus, qua ratione, &ani mi, & corporis vigorem, maximè cuſto difíet,hocreſpódiſſe fertur:Melle intus, foris oleo. Proditur etiam Corficæ in fulæ populos, ex aſsiduo mellis vfu, vi. tæ acquirere diuturnitatem, cuius rei li cet Diodorus non comprobet exemplu eò quòd mel Corficú peſsimum cente at, tamen non per hoc vſum mellis ad vi tæ produ & ionem improbauit. Gulinas ouaparere quolibet anni temporefi femina urtica, velcanabisin cibis habuerint. Scripſit Ariftoteles6.de Hiftor.animal. cap. 1, Gallinas toto anno oua parere, exceptis duobus menlibus brumalibus. Hoctamen tempore, quo à fætura deti ftunt, ferninis vrtica, & canabis auxilio faciliter gallinæ fæcundantur:fienim in cibis iſtorum ſemina Ticca comederit, procul dubio tota hyemis tempeſtate, non modò calidis temporibus oua pari ent. Hæc profectò earum corpora cale. faciunt, & ad fæcunditatem diſponunt. Curyepbylatam infantium maculas è corpo Olent tenella infantium corpora, dű vtero exiftunt materno, maculis 0 pore extricare. Solenereexiftuntmaterno, quibusdam, næuis, lituris, veruciſque, quæ à matris imaginatione fiunt, com maculari: hæcporrò quali ſigilla impri muntur, &difficulter poft ortum elui poſluņi. Pro iis delendis principatum habetCaryophyllata, cuius vis,& po tétia in huiuſmodi maculis extricandis, mirabilis iudicatur.Sumitur enim plan ta hæc cum ſuis radicibus in fine menfis Maij, quo tempore virtus vigorofror eſt atque à terreitate emundata, in alem bicco deftillatur, mox ex aqua ſtil lata infantium lituræ maculæque Tæpius lauantur, abſque dubio, eua. Deſcunt. Vrrica folia in lotio infirmi cuftodita, vitam, vel interitumpreſagire. Ira equidem, ex abdito naturæ eſcrutinio, in vica,morteq; infirmi praſagienda, vrticæ virtus,&potentia eft. Si enim recensplanta extirpatur, ac -24.horarum ſpatio ia ægri lotio aderua tur, vtiquefiviridis colore permanebit ex multorum experimentis,falutem, & vitam infirmiſignificare dicitur:fin auté haud A cantu haud viridis cuſtoditur,colorema; mura bit,mortem, velgrauepericulum deno tare, Ex Caftore Durante. Philomelam axem miro conſenſu à viperade. pafci. Vis Philomela cx cantu dulciſsi mo omnibus cognita eft; incogni tus autemeiusconfenſus eſt, quoà Vipe rà depaſci permittit:dum enim ſub ar bore,in quacantans auis fuerit, viperam viderit paulatim ex illa defcendit,&ad viperam accedit, vt illi fiteſca. Ex Thoma Tomai. Caftorem fià canibus inuaditur, minimè te fticulos fibi amputare. Linius,Solinus, & grauiſsimorú Scri ptorum multi,caftorem fibi teſticu. los amputare referunt, quoties venato tes ipfum canibus aggrediuntur quafi confcius exiſtat,quod(ijs reciſis ) à mof tis periculo ſit ereptus; fiquidem vena tores hæc infequuntur animalia, vt ex his accipiant,quodad medicinam vſur patur.' Rci autem veritate hi om. nes grauiter errant; quippe caftor, Ppioru testiculi iuxta ſpinam inclufi funt, vt multis ex anatome obferuatum. eſtiſte rum error ex velicis quibuſdam ortus eft, quæ in vtroque, maſculo & fæmina, loco teſticulorum pendent, flauo plenæ liquore ad medicinam vſurpatæ. Has vocant caſtereum aromatarii, teſticuii autem minimè lunt. Quo atsficio miliciæ Duces, vt hoftes offen danti gnemmiſsilem perniciofum -con ponere valeant. APeriam potentiſsimiigpis miſsilis, fiue artificiari compoſitionem,cuius potentia tanta eft, vt eiusminimaItilla non modò hominem viuum, verùmat que ferrum comburere valeat. Sumun turſandaracæ factitiæ lib. 1o. ſulphuris viui lib.4.oleiè rafa, fiue ex adipealbur ni ftillari lib. 2. ſalinitrifib.j. thuris lib.j.camphoræ vnc.6.vini ſublimati, fi ue aquævitæ optiinę vnc.14.Omniahọc lento igne bene mifceátur; deinde fupa obuoluta, atque accenſa in ollis, in ho ſtes inijciuntur. Ignishic, infernalis di citur,tum ex eo,quòd mirabilia agat; tū N atque ex Paracelfi impij ceſtimonio, qui retulit fc à quodam Dæmone fuille hunc ignem edocum. Demoſthmen lingua duritiem, quibuſdama Lapillis confregiffe. DEmetrius Phalereusalloquutus.com, quomodo fibi curaſſet linguæ impedi menta ſciſcitatus eft.Habebat enim ille linguam duram, & ſcabram, &proinde adoratoriam exercitationem impoten. tiſsimam ). Sanatam refpondit atque la. xatam fuiffe linguam raſpondit ex non nullis lapillisoreretentis, quibus loqui conabatur.Cuius Demofthenis præfidi í um difficilem habentibus loquutionem faluberrimum iudico, vtexpeditius fer mo citari valeat.Ex Plutarcho. Vinum quoddam àferpentibus venenatum, pleroſque àdifficillimis morbisconfanaffe. Trabilise{t hiltoria,quęáProlpe Milocro Alpino,lib.4.de Medic.Method. de vino à ſerpentibus venenato affertur In cella vinaria quidem ciuis Ferrariz inter alia,vinidolium habebat, quod (i ne operculo diù apertum extiterat: - & proinde compluresſerpentes,quos vul gus angues, & anzasappellant,ingreſsi in vinum ſuffocati, & putrefa& i fuerát. Multiægroti ex febribuschronicis; atq; difficillimis vexati morbis ignari,quod ſerpétes in eomortuielent, vinum à ci ue emebant illud, quod guſtui gratum iudicabant, & breui fanati ſunt. Alij ab huius viniſama ſuaui, cum paucos dies bibillent,itidem lanati funt, & poft hos alijitidem eodem modo fere innumeri. Quare vinidominus tantæ vini faculta tis admiratusvinum e dolio torum edu xit, & ferpétes complures ſemi putridos inuenit,qui ré manifeſtá planè fecerunt. Veteres equorum lacrymas inter auguria recepiſſe. Agnifaciebant veteres equorum Llachrymas, atq; ex ijs auguriun vaniſsimumrecipiebant.Propterea ante Cæfaris mortem ad Rubiconemcqui dedicati ab eo flebant,idquemagno au gurio excerptum eſt. Illorum autem N 2 inanitas,ſiue ruditas vt ita loquar, mani feftiffima nobiseft:fiquidétépeftate no ftra fæpius equos collachrymātes afpici mus, necperinde ex ijs alicui ſiniſtri quid accidereobſeruamus. Vt ipſe non Semelexpertusfum, æftate potiſsimum equos lachrymari conſpexi, idcirco vel illorum naturá efle,velmorbú iudicaui. Crocimerallorum compofitio. Fferam Quercetani, Croci metal. Jorumcompoſitionem, qui potens medicamentum tam vomitiuum, quàm purgatiuum fimul eſt, variisque affecti bus accommodatum. Præparatur cum zquis partibus MagnefiæSaturninæ, & Nitri inuicem mixtis, & inflammatis in quodã crucibulo vt vtar artis vocabulis, & remanebit quædam materia calcina ta in colore Hepatis, quz puluerizata, rubicunda apparet inſtarcroci Martis, quæque dulcoranda eft: Doris -grana x. vel xij.cum vino,aut ațio liquore. Hominis compoſitionis mirabilia. Ntet mirabilia, quæin hominis com I pofitionecontingunt,illud quidem mirum eft,quòd tali corporis fit colla tusproportione,vt partes omnes pera. que toti cópofito correſpondeat. Licet auto in eius ftatuia nec certa nec deter, minatareperiatur mēſura;ex hominibo enim aliquibreues,aliquilongi ſunt;la pienus nihilominus perfectioré homi. nis ſtaturam è ſex pedibus cóftareiudi cauerunt, vel quod ſaltem feptem non trárcédar.Interproportiones voluit Vi truuius cubitum quartam partem totius corporis exiftere; eandemſ;penſurat. eſſed capitis vertice, ad pectorisinitisko Manus longitudo à cõiun &tione ad mee dijdigiti extremū corporisdecimapars: eft.Facies à capillorum radicibus ad ex® tremum barbę,eade eſt menſura.Maior pollicis coiú & io,oris eftaltitudo.Tota manustotius faciei menfura eft, Maior iudicisconiun &tio,frontiset altitudo, cilijs fcilicet ad capillorum radices; cæ teræ autem iftius coniun & iones, nafi longitudinem oftendunt:Hominisproe funditas, ſi ſub brachiis, pe& ore, & hu merismeluratur,ftaturæ illiusmedietas: 3 reperi inanitas,ſiue ruditas vt ita loquar,mani. feftiffimanobiseft:fiquide tépeftate no ftrafæpius equos collachrymātes afpici mus, necperindeex ijsalicui finiftri quidaccidere obſeruamus. Vt ipfe non femelexpertus fum, æftatepotiſsimum equos lachrymari conſpexi, idcirco vel illorum natura efle, velmorbú iudicaui. Crocimet allorumscompofitio. Fferam Quercetani, Crocí metal. A medicamentum tam vomitiuum,quàm -purgatiuum fimul eſt, variisque affecti busaccommodatum. Præparatur cuin zquis partibus Magneſiæ Saturninz, & Nitri inuicem mixtis, & inflammatis in quodá crucibulo vt vtar artis vocabulis, & remanebit quædam materia calcina ta in colore Hepatis,quz puluerizata, rubicundaapparetinftar croci Martis, quæque dulcoranda eſt: Dofis -grana x.. vel xij.cum vino,aut alio liquore. Hominis compofitionis mirabilia. I' poſitione contingunt, illud quidem mirum mirtim eft,quod tali corporis fit colla tus proportione,vt partes omnes pera quetoti copofito correfpondeat. Licet autē in eius ſtatura nec certa,nec deter, minata reperiatur mēſura;ex hominibe enim aliquibreues,aliquilongi ſunt; la pienas nihilominus perfectiorë homi nisſtaturam è ſex pedibus cóftareiudi cauerunt, vel quod faltem feptem non trárcédat.Inter proportiones voluitVi truuius cubitum quartam partem totius corporis exiftere;eandemg;menfurami eſea capitisvertice, ad gedorisinitiúko Manuslongitudo à cõiun & ionead mes dijdigiti extrema corporis decimapars: eft.Facies à capillorum radicibus ad ex tremum Barbę,eadé eſt menſura.Maior polliciscóiú & io,oris eftaltitudo.Tota manustotius facieimenfura eft, Maior Indicisconiun & io,frontisettaltitudo,a cilijs fcilicet ad capillorum radices; cæ teræ autem iftius coniunctiones, naf longitudinem oftendunt:Hominisprop funditas, fifub brachiis,pe & ore, & hu merisméluratur, ftaturæ illiusmedietas. 3 rreperitur. Cæteræ partes cum aliistra. bentrationem,vtſuperius tetigimus. Apedumnaturam mirabilem effe. IN Neer terreftria animalia,Aſpidum ne, tura mirabilis iudicatur. Ex his enim mas & fæmina infimul vitam agunt, ta. tula; amoris affectus inter ambdsinge ritur, vtfi cafu illorum alter occiditur viuens occiforem infequi, quouſque fo dj,necem vlciſcatur,hauddeſinat.Quod autem mirabilius eft,ex Plinij, & Ifidori Teſtimonio, occulta proprietate occiío on noicit,(talem ifs natura indidit ) igi quemIrruit, licet in quantovis hominu agmine reperiatur. Præceptum ergoo. mnibus eflc velim,vtocciſo iſtorum ani malium quopiã,celeri fugaiter occiſor arripiat,ne à compare animali veneno fiſsimoinfeftetur, Leporesomneshaudeffe bermaphroditos,con traVeterum opinionem. Mneslepores vtriufq; lcxusexiſte re voluerunt Veteres, quod & M. Varro ctiam tradidit. Error tamen eſt, vt diuturna docuit experientia, quama feulos fculos à fæminis lexu eſſe diſcreros cognitum cft. Porrò tantorum inſcitia, abhoc, vt reor,ortaeft, quia in leporum genere lępius, quàm in aliis animantibus hermaphroditos reperimus: inde Hee brei naturæ arcana intimiùsſubodors tes, leporéfæminino vocabulo léper ex planarunt,ARNEBETH, eò quòd in iis foemineusſexuspræualet magis.Rej ve ritate noomncs hermaphroditiſunt,vt ex peritiſsimis venatoribus audiui; exic & ione multorum cognoui,ficut.com iam Bodinus edoctus fuit,vtivrhluth confitetur. Equidem Hermaphrodig plurimi funt,fedfæcunditatem fervita. rumminimè recinéignecmares vnquam vtero gerunt, necminus fuperfætant. Mirabilen eße Imaginationis po tentiam n vtero gerentibus imaginationis po tentia apertè cognoſcitur.Si enim illæ inter virorum amplexus, & fuauia,ali quid intensè cogitauerint, facilè in in.. fántium corporisexternis partibus imax ginata imprimunt. Hinc variæ rerum formar Ire N  forme,næui,lituræ, verrucæ, & alia figa na in infantibus impreſſa conlpicimus, Lingmultæ ex leporum obeutu fætuse-, dunt ſciſſolabello,aliæ fimis naribus,ore diftorto, vultumonftruofo,labris turpè prominentibus,corporedifformi,ocu-, liſq; horrendis infantes genérant: quia conceptus, vel grauidationis tempore, turpia,monſtruoſa,& horribilia fixa co gitatione excogitarunt-Fæminisidcirce, præſertim nuptis, pulchras imagines da mihaberecófulerem,atq;à turpibus av effe,ne pręuia imaginatione fætus mó. Atruoſos, turpefá; concipiant. Veteres, Climaftericos annos admodum ti muiffe. 1 A mationis apud Aſtronomos exi ſtunt &re vera videtur in quolibet anni feptenario quædam hominis mutation deò quod, ficuti in morbis dies criticos timemus,ita in vita hominum annosClin mactericos,qui à multis ſcalares dicun tui, quòd gradatim eueniant.Sunthi an ni, .Inte hos annos 49.63. magis periculosos credunt; quiaconſtant è feptenario, duplici, &nouenario complicato,obfero uatumq; àgrauibus auctoribusreperio, maiorem hominum partem io anno 63. Mori contingere.Idcirco hos veteres ada modumpertinebant,&, vt capiturin Gellio lib. Auguftus itaſcripfit ad Ça ium nepotem:Spero te lætum, &bene uolum celebraffe, quartum & fexagefi mumannum natalem meum:nam,vt vi des,Elimactericum communem fenio rum omnium, tertium & 'fexageſimum annum euafimus. Dehis tractatum edi dit Iofephus de Roſsi à Sulmona vtilem &jucundum. fMundiprimordiisinter homines, es ferpema tes antiparhiaminfurrexiffe. IRRreconciliabile odium eft, quod inter homines,& ferpérescadit,adeò, quòd expauefcit homo fi ferpentem inuenit, antvidet;magis autem fæmina: fiquidé obſeruatum audio gravidam mulierem (vifo ferpéte )præ timore abortire.Hu. ius difcordia illa ratio potiſsima eft quodàmundiprimordijs ínterkanc, & QUnca Semuan -illum Gt ſtatuta inimicitia, & irreparaa bile odium, quo altera-, alteram fpecia em inſequatur. Carolum V I. Francorum Regem, Ceruum 4 latumpro infigniprimò habuiße. Iluanettum Rex Carolus venandi cauſa fe contulerat, canum latratibus excitatusin fugam Ceruus, æneam tore. quem collogerere viſuseſt, quem vena bulis,aut ferro appeti Rex prohibens,in calles, & retia compellit.Erarin torque latinis litteris infcriptum:HocmeCçſar donauit. Exeotempore Caroluserua alatum pro inſigni habuit; &alii,regibus inſignijs (quęlilijsaurcis tribus conftát) circa latera, Ceruos duos apponere con fueuerunt. Gaguilis in vita Carol. V I. HANC. Reg. Insaanimantia confenfum, &difcas diane ineffe. Vllidubium inter animantia fym pathiam, & antipathiam efle inter trpiantes ſubditur: fiquidem muſtelam miro eiulatu in bufonis os deuorandam inueherelegimus; & bufonern in ferpen Npathi Lisa I tis,botræ vocati, os ingredi.Inſuperci cutam, fturno eſle cibum; homini vero venenum in dies obſeruamus: atqueveo Fatrum cotumices nutrire, hominem autem lædere non eft ambiguum. Senaterem quendam, exconiuge liberos ſur dos, &mutosfufcepiffe omnes. nature. omnesex, &mutos ſuſcipi,itaequidem à Fernelio obferuatum eft in quodā Senatore.Cre didit Ambianus huius reiobfcuram, & cæcam eſſe rationem, mihi autem altera fubeft, quæa Phyficis minimè differt: fi quidem auditio grauis, atque ſurditas quæ à natalibus viſa fit à conformatio nis vitio exoriens, hæreditarios mor bosgenerare creditur, & perinde libe ros, exhuiuſmodivitioſis,ſurdos, &muin tos excitari:fæpè autem non in filiis,ſed ! in nepotibus hæclues oriri videtur. Apud Garamantes. mirabilem fonterros obferuari, Dmiranda profe& ò, eft fontis il.com ARJiusproprietas, quiin oppido Der 1 bris apud Garamantes reperitur. Hices nim die friget, no&c verò æftuat; adeò quòd memoratu incredibile videtur, quomodoin tambreui temporis fpatio tantam natura ſui faciat varietatem. Equidem, quinoéte fontem afpicit, ibi flammasignefqueæternos exiſtere cres dit:quiautem die hyemales ſpectat: fca. tebras, vtique fontem perpetuò rigere exiſtimat. Propterea Debris apud mudi nationes inclyta eſt: eius enim aqua qualitatem excæleſti vertigine,mutare confpiciuntur.Ex Solino. Quo artificio Caminus per ſuperiorem "api cem ſolum fumum emittere valeat. N Caminorum fru & ura,.non modi aim tufferimus laboris, ne ignis fi molimtesin nos ipfos erumpant: fiqu. dem in ventorum mutationc facile fit, vt fumi quandoque potius defcendant; quàmadapicem aſcendant: ventorum enimvisillos deprimit, deſcenderequc percaminum cogit. Egotale ad fumi ferlum impulfionem excogitaui artif. simm.Struktur Caminus, cuiusfuperius fafti. zor faftigiu rotundú fit,ibique foramen la pidibus fi &tilibus conſtructum fit: mox ahenum inſtar tympani ex-ære, in cuius latere feneſtella extracta ſit, fuper lapi des affigito: ftylifớ ferreisfubcingito; ita tamen,ve intus vagari, mouerique commodèpoſsitapta demum fuper fer reos ftylos, & lebeten?' ex ære infuper vexillum,quod feneftellam fubiec dia recto habeat,taliq;induſtria,vtin quo libet vexilli motu, moueatur, & calda riumin gyrum,ita profe & ò è feneſtella, ventis oppofita,fumuserumpet, & non deſcendet.Pleriq;, vt fpero, huit noftro fcruinio,ineliorem addent Atructuram. meamque opinionem noníſpernent. Adconftruendum celerrime Horologium muncrabile in paritte. Ncoritruendis, pingendiſque ſolari, bus Horvlogiis, non modo lintā me ridianam,opuseft imienire, vthorarum tempus fidele reperiamus, rerum atque Ortum, & Occalum, Borcam, &All ftrum cum Aquinoctia, & Solftitia: in is.n. Solarismotusquarnaxime variat. N 7 Ego quidem, vt labores fugiamus, tale excogitaui artificium.Globum planum. extabula lignea formato in cuius medio ftylus ferreus ſitus fit;diuidito mox glo. bum lineis,ex centro ad extremum du cendo illius in 24,portiones, demumin globiapice horas ſignato, &vltimo in patiete contra Solis radios affigito. Vt auté ex Solaribus vmbris diei, horas ve nari poſsis,Horologium portatile afpici. conglobumý; ad horam illam accommo. dato:ita profectò,abfq;alio auxilio, ce ferrimèHorologiumvmbratile in pari cre habebis.In Aequinoctijs, & Solftitijs 1 eodem portatilis Horologijauxilio,fa. cillimè ad horarum æqualitatem globů reducere poterimus. Infancium pir uitam, è capitefluerem, quo artificio Chartaginenſes fiftere procurandTing, Xinfantium pituita, in capiteredú. dante,plerique fuecedunt morbi in. ter alios, morbus comitialis exoritur, qui à multis puerilis vocatur, quòd ijs,ve plurinum,eueniat.. Vt autem infantes ab huiuſmodi pręſèruarent Pæni, illorú vedas capitis lana ſuecida inurere,pitu. itainý; fuentem hoc præfidio compefa cere conſueuerunt. Athiopes infantes te ditos,ab ipſo quoq; natali die,in fronte adurút,ita profe & ò tumcapitis, tumo culorü humorfiftitur. Apud Inſubress. ex teſtimonio Mercurialis, & pleroſque populos,veícribit Scipio Mercurius,l ditos infantes fetonein collo muniunt, quod falutáre experti funt aduerſus mor. bos,qui à capite Huunt, Inmise rasis pluuie,quapotiora ixdiceniny præfagia. pluuiam imminentem,tum ex Gallo rum cantu intempeſtiuo,tum ex fre quenti cornicis crocitarione multi præ dicunt.Hisautem addendum puto muf cas(ca imminente)pulice's, pleraqzani malcula à furore vexari, intentula;mer il dere:hæc enini à vaporum inaerem ctc. rationc à radijs falar bus perturbantur. Infuper (pluuia imminente )odoris fra. grátia in floribus sétitur;apes ad alueária - sedcut;bufones, vermeſi;èterraakédut Brina vifa eft per dies præcedentes; catti manibus caput, quafi linientes, compri munt; ouescapitacommotient:afini hu miles habent aures; ftercora fumát, ma legue olent.Horum omniumratio, va poresàSole exhumidisfublatifunt:pro. inde animalia,cerebra humida habentia, nonnulla magis extorquentur. Vinum à Verrribus fuiffe mulieribus inter di& um. Agna fuitVeterum à vinivfuab. Itinentia:illudautem adeò muli. eribus erat interdi & um,vtcapitale iudi. cium inirct,quæ vinum biberet. Porrò inoleuit confuetudo,vtcognati, & affi. mes, mulieres ofcularentur, ore explo rantes, an ex vinum bibiffent. Idem ve fusMafsilienfibus, Mileliis, pluribus; Græcorum, &Barbarorum gentibusin,. valuit, apud quos muliereshydropota, & viri erant abftemiz: Intermemoran da illor um temporum,EgnatiusMetel fus, vxorem, quod vinum biberet,fufte necafe dicitur. Quo artifii io è plumbo Antimonii flores ex Habere paleamase Ape nij, fiue Stibinon femel extrahere Periam artem,qua flores Antimo à plumbo valui, quo præſidioin multis corporis affe & ionibus feliciſsimo euétu voor.Capito Plumbicampanam, è qua aromatarij rofarum aquam ftillatitiam extrahunt; hæc habet æris fundum: tu verò txargilla eligito,quodacerrimoa etto fupra medietatem implendum con fuilo,eaq; induſtria,qua rofæ ftillantur, in aceti deftillatione carbonibus bene ignitisagendum cít:caue tamen, ne totus fillet acetum, ne aqua extracta vftioné fentiat.Hæcaqua auri colore eft, fapore xerò facchari, & mellis; mirabilis tamen tum in potu, tum extrinfecè vfurpata, ob ftib j flores ex plumbo extre & os. vomitu, & aluo purgat, ob id frigidis affectionibus,obſtructionibusý; vtiliſ. fima': In vlceribus putridis, fætidis acoribus, ſcabie, herpere exedente, & aliis huiuſmodi,maximi eſt valoris.Doe ſis in potu ſît vnc.ij. Deforisad placitū. Clarorum virorum exitum aliquot inte felicem fuiffe Aniene fluuio Aeneas poft tot vi. & orias, torque clara facinora periiffe dicitur: nec diſsimilisRomulo, Cæfari, Alexandro, Annibali, Scipioni, Iugur thæ,Mithridati, atque alijs innumeris mors ſucceſsit:per quàm n. pauci viriex iis, qui clari,atque illuſtres tum virturi bus, tum fortuna habiti funt, quos non infælix exitus,tanq: á pro exemolo,fós offentäuérit porterial text caligero. Defipientiam, mulierum natuefamiliarem indicati. MVlieres vtero gerèntes,fiàphrenia tide capiuntur,Galeni teftimonio, rarò confanefcere legimus, vt fcribit tamen Cælius Aur.femper minus graui ter,minuſquc periculosè, quam viri,mu lieres ægrotant.Hoc autem, vt Merci. sialis opinatur,ab alia ratione continge re non poteft, quam ab ipfarum natura, cuius familiarius eft defipere,quam viri. Mirabile Annibalis, contra Romanos nauala fratagemia. Nfolita,& mirabilis Annibalis milita Eisafutia contra Romanos iudicarur: hic enim bello naturali cum iis dimica. curus, cum impares vires habere anim aduerteret,rale ſtratagema inuenit. Ser pentibus, quorumvenenumconfeftim enecat,pleraſq;ollas impleuit,opertasq; repente in hoftes iaculatus cít, quorum ictibus plurimi cecidere.Hifceftratage matibus vir hic tanquam alter ſerperis, multoties hoftium manus effugere con fucuit.Ex Gdenoin lib.de tbet.Akrijon Ambarum cum vino alicui exbibitum, cena feftiminducere ebrietaisn. Mbarum, quod à vulgo Ambrageye ſea vocatur,fomiſsisatiopam falfos opinionib & bituminofis fontibus,qui in maris profunditate exiftunt, oritur, Hocautem primòliquidum eft,cùm ve rò aquarum impetu ſurfum rapitur, ex aerisfrigiditatecondenſatur, & Amban rum fir:Siquidem in maris concauo, ple raq; mollia,teneraque obfèruantur, & interalia Coralliú, quod ex aqua exea ptum, citiſsimè lapideſeit. In Ambaro illud mirabileiudicatur, quod ab alique antequam vinum hauriat,odoratum, ina sttar ebrii eladat: cum vinoa, propina tū,confeſtim notabiléinducere ebrieta tem multis experimentis eft comproba. tum. Ex Simeone Sethi Greco auctore. oleam Lathyris Tympaniam, Colicas, affe& iones mirabiliter ſanare. Irabile quidem,quod è Cataputię -ſeminibus extrahitur, oleum eft, quippein expellendismorbis,qui à filao tu luccile;frigidis oriuntur, principem habet locum.Contundantur huius ſemi na, atq; in aquatam diùebulliant,vt ex cocta videantur;mox oleum in aqua fu pernatans cochleari colligendúeft. Mos eft apudIndos tale oleum cómodius per decoctionem, quàm expreſsionem cola ligere. Vfurpaturhoc feliciſsimo fuccef. fuin Tympania,colicis, iliaciſq;dolori. bus,ftomachiaffe & ione,aurium furdita te,atq, in iis morbis,qui à ſuccis frigidis, fatua;fiunt. Huius gutta aliquo lique re in potu ſumpta aquam citrinam euan euat,in articulorumq; doloribus pitui tam, humoreſque frigidos. Extrinfecè vfurpatur in omni Hydropis ſpecie: vbi tamen flatuofitas viget, maximam in expellenda proprietatem habere vi detur. Ex Don Garzia ab Horto. Verenum à diſsimili extingui; à fimili vero angeri. Hocpropriumelle veneni,àfapien Lrioribus proditur, à diſsimili ex. tingui, & a ſimili augeri, & robuſtius fi erizea propter non femel à perfidisho minibus exhibita venena nullius valo risfuifleobſeruatum eft,cùmeadiſsimi libusfuerint fociata. Aconitú, & Napel lus miram retinent vim necandi, com pefcitur accamen corum potentia à ve neno diſsimili, ex quorum diſsimilitu dine,vtriuſq;vis hebetatur.Mira eftAu. fonii hiſtoria de vxore mæcha, quzma rito venenum propinauerat, vt a. illud robuftius effet, Hydrargyrum miſcuit ex quo toxici virtusdempta eft, & vir immunis euafit. Hoc epigrammate ille monftrat; Texica Zelotypadedit vxor mecha marito, Necfatis ad mortem, credidit effe datum: Miſcuit  HA Mifcuit agente lethaliapandera viui, Cogeret vt celerem visgemindanecem. Digid at ber fiquis faciunt difiseta venenü; Ansideram fumet,quiſociala bibet. Ergo inter fefe dum noxia pocula cortant, Cele lethalisnoxafalurifora Protinus,Go Vacuos duipetiêre receffiua, Lubrica deie& is,quaria nota cibis. Quanpia cura Deumprodeft crudelier vxor, Elçüm fata voluns,bina venena juuans. Cornelij Celfy de valetudine fanorum bomsi num conferuandatutißima præcepta. Nter grauiſsimosmedicos,& fcripto res,nemo eft,qui in conſeruáda fano rum hominú fanitate oculatior exiſtat. Afferă ciusverba ', ytfaluberrima iſtius præcepta rectius intelligantur.Sanus ho mo,qui, &bene valet, & ſuæ (pontis eft, nullis obligare fe legibusdebet, ac neq; medico,ncq; dcalipta egere.Húcoportet varium habere vitæ genus, modo ruri eſſe,modòin vrbe,fæpiuſý; in agro: na uigare, venari, quiefcere interdum: fed frequentius fe exercere.Siquidé ignauia corpus hebetat labor firmat; illa matură lepc ſenectute, hic longăadoleſcentiá reddir. Prodefteciâincerdúbalnco interdú,aquis frigidisyti;modòvngi,modòipsú negli gere:nullú cibigenus fugere,quopopu. lus-vtatur:interdú in cóuiuio eſie, inter. dum ab eo ſe retrahere:modò plus iufto, modò no ampliusaffumere:bis die poti us quàm femel cibú capere, & fèper quá plurimum,dummodo hunc concoquat. Secl vt huiusgenerisexercitationes cibi queneceſſarij ſunt;ficathletici, ſuperua. cui. Nam, & intermiſſus propter ciui. les aliquas neceſsitates ordo exercitati. onis,corpusaffligit, & ea corpora, quæ more eorum repleta funt,celerrimè, & fenelcunt, & ægrotant. Hæc firmis ſer: uapda fune,cauendumquene inſecunda valecudine, aduerfæ præſidia cenſum mantur.Ex lib.i. Socrati à familiariDeironcde Plasonis indole Somnium fuiffe immiſſum. Solene quandoq;malifpiritus homi nibus fomnia ingerere futurarum re rú, vel Dei permiflione, vel vt nos ipfos dedecipiant. Hinc Socratem legimus, vidiffe per ſomnium,oloris pullum ſibi in gremio plumefcere, qui continuò exorcispennis & expanfisalis, in altum aduolans, fua tiſsimos cantus edebat. Poftridie Pla tone adducto, hic eft (inquit ) Cygnus, quem ego præterita nocte cam fuauiter canentem fomno videram. Hocfomnium, ve fcribit Henricus de Aſsia, à fpirira fa. I miliari, ſub forma Cygni, quem Athe nienſesVeneri dicarunt, fuit immiſsum Socrati, vt Platonem in diſciplinam re ceperit ', à quo, quum ipſe uilil ſcrie ptum reliquerit, dulciſsimi ipfius & Caluberrimai fermones proderentur, Magia ſeu inc antatianis ris. Onmeras eſſe præftigias, quæ magica? arte efficiuntur; multis exemplis notum eft, fed vno in primis, quod deſcribere vifum eft. Rufticus quidam magnis doloribus ventriculi vexaba tur:: quos etfi variis, medicameutis depellere cogar zur illi tamen non 1 ceffarunt, fed potius in dies recrudeſcere vifi funt. Quare agricola doloruin impati ens, cultello ſibi guttur abfcidit. Dum au tem tertio die mortuus ad fepulchrum ef ferretur, à duobus chirurgisin magna ho. minum frequentia, illius ventriculus iraci. fus eſt. In ee (res mira, & prodigiofa ) lignum teres, & oblongum,quatuor excha. lybe cultri, partim acuti, partim ferræ in. ftar dentari, ac duo ferramenta aſpera re. perta fuerunt:quorum fingulaſpithamęlos gitudinem excedebant. Aderat, &capillo. rum inuolucrum globi inftar. Credibileen fanè, hęcin ventriculi cauitate congeſta fu iffe, non alia arte, quàm Dæmonis aftu,& dolo. Quo artificio epiftolam, in ouo celatam alicui afcribere valeamus Nter ſcripturarum furtiuarum arcana non infinum locum tenere exiftimo, in ouo epiftolam celare, atq; amico ſcribere, Videbis enim oui putamen illæſum, mun. dung; illo tamen exempto, difruptos; cha paeteres apparebunt. Aperiam ſecretum. S? Atramento, ex gallis, alumine &aceto con. fecto, in ouicortice literas ſignabis, votum pffequeris. Has oportet in Sole calente ex ccare, mox ouum in muria concoquere ita enim à cortice characteres euaneſcune, & ad interna gradiuntur:ſiquidem putami. ne exempto, notæ oui durato albumine in ueniunturEx.Carolo Stephano. In aquafrigida captanda maximum veterum fuiffeftudium. Aximam antiqui curam adhibebát, vt aquam frigidam pro ætatis in. cendio temperando conferuarent: quareex niuibus eam parabant, vt Athenæusretulit. Dequa re perbellè loquebacur Seneca, & panas montium in voluptates transferunt, Alexandrini aquam Soletepentem, in fene ftris ad ventorum incurfus exponebant, vt poctu frigeſceret;manè autem inte Solis or ruin hani ponebant, folijſque lactucæ, ac que pampinis iniectis frigidam tuebantur. HocGalen.parrat.6. Epidemior. Plasarchu: 6.Sympus cotibus & filicibus aquæ inietti hoc fieri fcripfit. Neronis autem in re har ftudium nobiliſsimum fuiffe proditur: ise genim, vtninis voluptate, ablque njuisia iniuria fruererur, feruentem aquam vitro immifiam in niues refrige jarimandabat:Ex Heur nie. Ecua Fæminas in prima menftruorum eruptione in Venerem maximè incitari. e Erunpune,fceminis bera exurgunt:Pana guis ille,inftar occifi animalis videtur, atq; in maiori copia erumpit, cùm vbera ad du os digitos prominent, que tempore puella rum vocem in grauiorem mutari confpici. mus, Illud autem maximè adnotandum eft, in prima menſtruorum eruptione puellas in pudendis,valida tentigine, prurituque core ripi,ex quo ad Venerem incitantur: quare per tempus illud cautè cuſtodiri exiſtimo. Ex Arift.7.de Hift.anim. Qua induſtria Aegypti lapides à vefica,abfiga incifione extrahant. Irabile quidem eſt Aegyptiorum ftudium in extrahendo lapide à ve fica abſque inciſione, quando noftrates me dici, lapidarij ſine illa facerenequeant, idque cum magno languentium vicę periculo. Hiligneam cannulam accipiunt, octo di. gitorum longitudine, & digiti pollicis latia tudine in opere abfoluendo. Hanc colisca nali admouent, fortiterque infufflant;neau. tem flatus ad interioraperueniat, extre. mū pudendimánu altera perftringunt, fo. samen deinde cannulæ claudunt, vt virga 0 % cabang M N eagalisiotumeſcat, latiorq; fiar. Quo facto miniſter digitoin ano pofito, lapidem pau Jatim ad canalem virgæ, atq; in eius vasex tremun deducit. Quivbipræputio lapidem appropinquare ſentit,cannulam à virgæ ca nali fortiter, impetug; amouet, & lapis ex. trahitur. Ex Alpino. Mult a praſidia ab animalibus, bomines accepiffe. On pauca equidem præſidia funt, quæ ad hominum tutelam ab animalibus accepta ſunt. Chelidoniæenim virtutein ad oculorum morbos ab Hirundine accepi. mus, quæ hanc conquirit herbam,vt furorú filiorum oculos, vel vitiatos, vel.cæcos cu rer, Fæoiculi virtutem ad eandep tutelam ab'anguibus didicimus, Ab Ibide, quæ in ftar Ciconię auis eft, clyftris vſum habui mus: nam & illa roftre marinamaquam al lumere folet, illoſ; pro clyfteri vtitur, vt ventrem nimis onuftum exonerare valeat. Inſuper marinus equus, Hyppopot mus di etus, venarum fectionein nos docuit: illef. quidem mala oppreffus -valetudine, ad re center fuccifas arundines graditur, acutio. riſ;cuſpidefanguinem è cryrjuin venis adi mit. Quod autem in hocmirabile eft, vela guinem cohibeat, in fimo, vel cono volutatur, & ica vitam tuetur, & fanguinem fim ftit. Ex Plinio, alis. Equorum teft:cilos ad ſecundas depellendas miram babere pirt utern. Ingularis profecto Equi teſticulorum ad nulierum fecundasdepellendas eft pro prietas, adeò, quod teftatur Genſerus in e pift. Rufticum quendam, quinquaginta in puerperis feliciter hoc vſum fuiſſe reme dio. Vfus eit & Horatius Augerius in plu. ribus mirabili euentu: præſtantiſsimuin id circo à grauibus auctoribus indicatur re ne diun),nam, & pluribusiam deploratis pro fuit.Capiunturteſticuli equ: caftrati,& tria ftillatim conciſi in forno exiccantur, quorü puluis quantum capitur tribusdigitis è jure bibendas datur in neceſsitate; idé; fi opus eit, bis, auc ter reperitur. Humanam faliuam Scorpiones interimere. Ominum faliua Scorpionibus infe ttiſsimum venenum eít, adeò quòd ca tacti confeftim intereanc. Porrò ijs, ſaliua fora ſubſtancia aduerfaelt, ve Galenus lib.io fimp, medic. experimento confeffus eft; ist. nim à fola faliua morientem vidit Scorpio. nem, id; celeriter patientem à faliua elue riencium, aut fit jentium; tard autem ab 3 illis,qui cibo, potuque fuerant impleti,ina. liis autem proportione, Apium riſus,bominesridendo interfi. cere. Scelerata eft herba quæ Apiamrifusdicia cur, quod ridendo homines interficiar: fi quis enim gnftauerit ieiunus vtique ridendo exanimabitur, vt Apuleiusteftatus eft: Ex hacillud adagium ortum habuit:Sardonius siſus; nam & Sardonia eriam vocatur.Porrò on ex rifu, qui hác guftauerint, moriuntur fed potius,vt placet Saluſtio neruos labio rum, & orismuſculosillius, qui eam come dit, contrahere facit,adeò, vtridendo mori videatur. Qua induſtria Partbi, Scytheque Sagittarum aciem venenajunt: AR'thorum, Scytarumque toxicum, quo fagicrarum acies inungi folebant, humano fanguine, & viperinaſanie confta bat, tantæquc feritatis erat hoc venenum, ve leui tactu animal interimerer, Equidem Scythæ viperas recenter enixas venantur, eaſque diesal.quoccontabelcere finunt, do necip fapien putre.cane, mox com visus hominis fanguine in ollam effuſo, eam ex quifite coopertam; fimoque obrutam com putrefcere finunt, cuius demum.1. ick or fan. PAT fanguini ſupernatans, fiue ferum cuni vipe rarum faniecommixtum lethale Scytharum toxicum eft. Ex Arift. Plinio, & Langio. Succinumpterogerentibus exbibitum, mire partum accelerare. Mvicis experimentis comprobariaudio ſuccinum parturientibus drach. ſemis pondere ex vipo albo potui dátum, mirè par tuin accelerare. Hoc eriam facit eius oleum, fi gutta tantum ex aqua verbenæ parturienti propinatur.Quidātamen medicusHetrufcus (Fallopii teftimonio )exhibebatfcrup.i.bora• cis in decoctomatricariæ, velfabinæ diffolu tæ difficulter parientib.mirag; faciebat: bre ui enim temporis fpatio feetus,vel viuus,vel mortuns egrediebatur. Habebat ille medi euis pro arcano præftantiſsimum hoc auxili um tamen neſcio quomodo postea fuerit de fetum. Ex Andernaco Serpentum oua genituramí per imprudētiam in petu haufta,ſerpentesin corpe ribus procreare: Dmiranda fuccedunt quandoq; fym dem imprudenter cum ea femina, vel ova ſerpentú hauriuntur, è quibus moxſerpentes generantur. Genſerus in lib 2. hift animal cap, de Ranis Rubetis, bufones in ventriculis in reftinifq; hominum haufta eorum genitura, fieri, &nutriri probauit. Iacobus Manlius, in lib.experim.in cuiuſdam equitis, exhau * Ita cuiufdam lacunæ aqua, vbi erantſemina Serpentum, in ventriculo plures angues fu. iflegenicos prodidit: quibus per internalla extractis, medicorum auxiliis, fanus factus eft. Leuinus Lemnius Vermiculos cauda tos, atg; infolita forma beſtiolas vomitu ciectas nouit. In nonnullis lacertas à phar. maco fuifle eductas obferuatum eft, vt Gé. maCoſmocrit vidit. Quare maxima in a quæ potu hominibus opus eſt animaduerfi. one huiufinodi exhanftis, pernicies corpo. Tis conſequatur. In deſperato coli dolore Hydrargyruin, v4. glandem plumbeamexbibitam, multos confanaffe. Irabile videtur, Hydrargyrum,quod à mulis venenum reputatur, in der. peraro coli'dolore exhibitum, plurimun prodell:. Equidem Marianus Sanctus, ex multorum confilio, qui ab hoc lethali mor bo fanati fint, fuadet, fi obstructio perfeue rauerit, & fæces per os extrudantur, hau fire cum aqua fola argenti viui libras tres, Probat hic exratione vinetuin feu duplicatű inteltinum Hydrargyri pondere explicari, fæces detrudi,vermelý; fi ibi fuerint interi. mi, &ægrum liberari. Haud ab hoc difsi mili auxilio quidam nobilis, poft alia ten tata ad morbi huiuſinodi acerbita tem ma. chinamenta, liberatus eft. Hic hauftis olei amygdalarum dulcium fine igne extraćti vnc. iij.cum vino albo, &aqua parietariæ mixcis, mox deuorata glande pluoibea ar gento viuo illita, planè à colico cruciatit euafit, illamque exano abſquelaborerede didjt. Ex Pareo lib. 16. Infæniculorumfeminibus, vim quando que exitialem deliteſcere. Grauibus ſcriptoribus comprobatur, ſerpentes fæniculorum elu, &fene ctam exuere,&oculorum aciem rnonare. Hinc iis affricantur oculi anguium, vt vo. tum affequantur, Ex attritu foeniculorum feminibus, praya quædam imprimitur qua litas, è qua venenati producuntur vermi. culi,quorum eſu multi in peſsima deuene. runt ſymptomata, &ab alexiteriis rarò ad iusj funt, tanta huius veneni potentia eft. Quare foeniculorum ymbelli,antequam co. medantur, aperiantur, & diligenter concu, tjantur, vtå vermibus emundentur. Præ, OS Habis A A ſtabit al quantifper in frigida macerare. Ex Balthajaro Pifanello, Noua admirandag; prafidia, ad Ang i nam, gutturules apoflemata. Fferanı fingularia auxilia, è quibus ex grauiſsimis fcriptoribus, ad anginam & gutturis apoſtemata mirabilia contigiffe proditur.Lignum hederæ ad gutturis apoſte. mata à proprietate valere fcribit Ioannes Marquardus: quippe obſeruatum eft, come dentem excochlearihederæ ligneo, fiue bi. bencem in aliquo ipfius vafe ligneo, num quam, vel raro in gutturis, vel vuulæ apo. temaińcurrere, Rubeta cocta, &pro em plaftroSynachicis impoſita,cófefim liberat. Vermes.quandog, in cordis capſula pro creari, è quibus mors ſubitanea pleriſqueexoritur. Abulofum haud eft, vermes in cordege: nerari. Hoc enim Melues docet, Holle rius, Marth. Cornax, Alexius Pedemonta. nus, & alij loan, Hebenftrit, in lib. de Pette, Principem quendam ex morbi fæuitia peri iffe narrar, cuius cadauere diffecto, vermis albus præacito roſtello, eoq; corneo præ. ditus, cordi adhęreſcere deprehenfus eft. Exmedicis, ſucco alii feram hanc, tanquain ex indubitato remedio, interimi probatü eft. Petrus Sphererius (vt ScheukinsBarratti  lem fiorentinum morte fubitanea correpti, atq; diſſecatum obferuauit, in cuius cordis caplula vermis viuus repertus fuit. Aiunt multi certiſsimo experimenco-ficco allii,ra phani, & nafturtii hos vermes pecari, qui, ex teſtimonio Pedemontani, in corde deli teſcentes,ſyncopim, Epilepfian, & mortem inferre folent. Mares pleroſque in mamillis, mulierum instar, lac producere. Icet marium mamillæ fpiffa carne in fuiffe productum obferuatum eft. Nouit hoc Arift. vtlib. 1. dehiſt. animal. docuit. Veſali us non femel id confpexiffe in 1: 4. 15. Anat. commemorat, & Hieronymus Eugubius in libell, de lacte: fic & Cardanus,lib. 1. de Sub til. qui ianuæ vidit Antonium Denzium, è cuius mamillis lactis tantum profluebat, vt infantem fernè lactàre potuiffet. At hifto ria, quæ affertur ab Alex. Benedicto mira. bilis eft: aitenim, Syrum quendam,mortua coniuge, è qua infans ſupererar, ybera filio admouiffe, ècuius ſuctu tanta lactiscopia i pupillam manauit, vt exinde loco matris nn trire valuerit. Ego quidem in duobus filiis meis, in primis diebus à partu obferuaui, ab obftetrice.mamillas cofrectatas, lacimpulſo (magno multorum ftupore) emififfe: idậ; in aliis etiam infantibus contpexi, Lumbricosquandoque tantaprocreari pi Tulentia, vt interior a corporis perfurare valeant. Nfanda equidé fymptomata à vermibus aliquando proueniunt: refert enim Om bibonus, lib. 4. de morb. infant. Lumbricos ex vmbilico cuiuſdam erupiffe. Tralliani teſtimonio habemus, hæc animalia ob ali menti inopiam inteftina laceraffe, fuiffe ob ſeruatum. Id etiam ab Aegineta confirma tur: jofuper Hollerius confpexit, vermes per inguina, & vmbilicum prorupifle. Ma. gna igitur cura opus eſt in horum redua dantia, ne interioracorporis valeant lace fare, A Infamis vmbilicam, & Ceruinumpenem mirabiliter conceptumfacere. Lexander Benedictus, 1.30. de curand. morbis,vmbilicü infantis, qui fponte caditquoquo, modo in ciboſumprú, fiigno rauerit mulier,adconceptum facere, pro. didit;illumg; in brachialibus à muliere ge ftacuin conceptum inhibere eredir. Cerui. aum inſuper penena aridum, & in fari. namredactum, oboli pondere, à coitu forminis datum; procul dubio ad concipien. dum prodeffe experimento probat, Baueri. us tamen conf: 50.vterum ceruinum fingu lari dote ad conceptum valere prædicat, Vlmi vſum, recentem Elephantiafim curare fuiffe obferuatum. Inquam certum remedium, Vimi vfus in curanda recenti Elephantiaſi à laco. bo Douinero, lib.Tic.7. prædicatur. Vidit enim adoleſcentem tali affetu laboranté, & decoctionis Vimi vſu (factis faciendis ) conualuiffe. Ea equidem pro omni potu vte barur in quolibet paſtu, cum pauco vino al. bo, &cantiſudores mouebantur graueolen tes, vt vix illos cuftodes ferre poffent. Ita viſcera purgabantur, &magaa yrinæ copia excernebatur, quibus excretionibus fanus factus eft. Cyprinorum efum podagricis elle infeflum. Vamuis inter piſces, Cyprinusnobi. lifsimus exiftimetur, cum optimum præbeat nutrimentum, exquiſitiſsimigsexi Atat faporis; tamen podagricis infeftuin ef. fe obferuatum eft. Nouit enim podagroſum Iulius Alexandrinus (vt retulit lib. 15.6. 6.. de salubr. ) cui Cyprinorum efu pinguium, parata érat femper podagra, ve in manu illi th effet, eo pacto accerfere, cùm vellet. G Puluere pellis leporine, perniones à Sep tentrionalibusfanari. Laus, lib. 2. Rerum Septentrionalium,, tilsimè perniones experiri fcripfit, qui mor bus, non aliis ab iis fanatur remediis, quàm puluere pellis leporinæ. Plinius verò Rapú domeſticum feruen's calcaneis impofitúla. nareretulit. Ego ex Carolo Séephano, inlib. de Ragraria, in quodam expertus ſum reme dium, & bene fucceflit. Accipit ille, ficos crematos, è quorum puluere, & cera yngné tum parat;hoc pernionibus impofitum bre uiliberat patientes. Hydrargyrum loco amuletigeftatum à pefte faſcinog corpora defendere. Arfilius Ficinus, & P. Droerus, in lib. M, fienim auellana perforatur, &extracto in. teriori nucleocum acicula, argento viuote pletur, & collo fuspenditur; mirum in mo dum à peſte corpora tuta reddit: ira profe etò à peftifera lue fæniente fe defenderuut multi. Hoc eriam præfidio mulieres lactan. tes, à faſcivatricibus, ne lac fic ademptum, quo infantes alendi funt, præferuari poffe, i Thomas Iordanus, in libe dePefte, prodidit. - Q " ppe multis experimentis obferuatum re, tulit (hoc fecum geſtao - ullas prorſus laga. ruin, lamiarú aut ftriguin infidias lacrátibus nocere. CNICO Meſpili lignum,collo appenfum grauidas ab abo orth preferuare. Wm quadam æſtate apud D. Ioannem Nicolaumn Cucillum Brancacium, mei amantifsimun, ytpuerum curarem interef ſem, fortè inter me, & Doininam D. Man. já Cotoneam e Toleris, eius vxorē, de abor tus præſeruatione, tunc vtero gerentem, có: uentum est. Retulit domina hæc Meſpili li gnum collo appenfum mirè ab abortu gra uidasdefendere;idq; millies à fuis maiori bus foiffe expertum. Confiteor in plerifq;, tale lignum fuifle à me expertum, atq;certú, & rarum remedium ſemper inueniffe fe: fi quidein multæ aborrientes, & dolore, & fã. guinis fluxu (appeofo ligno reſtrictæ ſunt, &ab abortuſeruatæ, adeò quòdined parti cularem virtutem abortú prohibendiinefile seor, Qua induftriabomines abſtemios reddere valeamus. Vleis experimentis comprobatum re perio Anguillas, vel Mullos in vino M fuffo peri sfuffocatos vini faftidium inducere: & enim ex eo bibant homines, procul dubio abfte mii fiunt. Infuper philoſtratus in vita Apol loni, ona noćtuæ elxaca, & infantibus pro cibo allata, hydropotos in tota vita illos reddere ſcripſit. Mizaldus, Ragam viridem, ex iis, quæ in fontibus ſaliunt, viuam in vi. no fuffocatam, idem efficere, fi tale vinum potetur, prodidit. Rotundam Ariſtolochiam mirè piſces ftu pidos reddere. Ira eſt Ariſtolochiæ virtis in piſces: ipfa enim illos odore ad fe al licit,moxftupidos reddit. Proprerea fi eius radicem contritam, calciq; commiſtam, fiue eius decoctionem cum calce pacato flumine aut maris littore piſcatores confpergent, piſces agminatim confluere videbunt. Ili autem puluere deguftata, veluti examina ti ſupernatantes capientur. Puellam veneno ab infantia nutritam, Alexandro ab Indorum Rege fuiße miffam. Ndorum Rex Alexandri fortunæ inuidés, vt illum interimeret, miræ pulchritudi nis mifit puellam, ratus forfitan Alexandru confeftim cum ea concubiturum. Illa au tem Nappelli veneno ferè à cunabulis erat educata, propterea more Serpentum ſcin tillances habebat oculos. Hos Ariftotelesar piciens, caue tibi ab hac (dixit ) 6 Alexan der; nam virus peftilentiſsimum alit, vode tibi exitium paratur. Poft paucos dies pleri q; proci huius commercio venenari periere ex quo Ariſtotelis praſagium mirabile fuit iudicatum. Ex Auerroe. Quale fitigneum prafidium, quodin morbis ab Aegyptis, & * Arab.bus vfurpatur. N lib. deMedicina Aegyptiorum prodi. dit Alpinus, quo pacto illiin morbis cor. pora adurant. Accipiunteniin lineam peti. am cubiti longitudine, latitudine verò tri um digitorum, quam ad formam pyramydis aptant goſsipioque implent; ipfius latior pars, parti adurendæ applicatur, alterumg; capuc accendunt, comburió; cam dia per miteant, ye faſciculus crematur. Continuò ramen dum cutis vritur, ferro circumcirca accingunt carné,ne caloris incendio aliqua oriatur inflammatio.Hocinfuperinuolucro parando obſeruant, vein medio meatus ex iftar fafciculi: ita enim euentatio fue refa piratio aliqua paratur, In vftione autem per aćta offium medulla in carneaduſta, quoad eſchara cadat yantur.Hic vrendi modusAe. gyptiis &, Arabibus familiaris eft. Olim in Creta familiasquaſdam mirè faſes: natricesadfuiffe A quoſdam, tum fæminas in hiſce parti bus animalibus, pueriſque laudando faſci num attuliffe: adeo quodij;fiad ouile, por cileque quodpiam adiuiffent,confeftim in teritum pleriſque produxiffe: Quare mirum haud eft, quod legitur in Creta quaſdam fa. milias adfuiffe, quæ laudando faſcinum is. ferebant. His profectonatura quædam ferè venenofa efficitur, & ex oculis inde fpiritus efflant venenatos,quibusanimalia,pueri, & grandiores faſcino maculantur. Laudando autem venenum promptiusoperatur: fiqui dem laus propria, gaudium affert, quo cordis fpirituumque dilaratio oritur, & veneno. a ditus præparatur.Ex Fracaſtorio - de fymp. sta Antypat.rer. Cyprint verticis oſsiculum mirabiliter Epilep. ticisfubuenire. N Cyprini caluarix vertice quoddam re peritur ofsiculum triangulare lapidisin ftar, quod in curanda Epilepſia; principeng loců obtinereaiunt. Táta enim efficacia epi lepticicis fubuenit, vt morbusis numquam reuertatur,Hoc, vbifuturæ in vertice calua six Cyprinicômitrútur intus fubfiftit,prop I cerea terea ſi illa capello penetratur, ſtacim fora profilit,Andernacushoc ofsiculum nummi Germanici cruciferi appellati,magnitudine exiſtere prodidit,atque ſalutare eſſe Epilep fiæ remedium, Calphurnius Bestia Romanus qua pia vxores dormientes interemerit. Nonnulliex veteribus in venenisnofçé & dili gentiam inter alia Aconitum venenorus omnium elle ocyfsimam comprobarlot: fi quidem tactis huiufinoti veneno genitali bus lexus faninini animaliuin, eodem die mortem inferre viſiun eft.Hacvia Calphur nius beitia, veditaretur forſiçan, vxores dor mientes interemit, de quo à M.Cæcilio ac cufatus eft.Hincilla -atiox peroratio eius in digito mertuas. Confimili induftria Ladica laus Neapolis Rex, cum cuiuſdam medici Prochytami filiam adamaret, cum eaque concumberet, Florentinorum confilio ex cinctus eſt, AcetoStitillitieo Bythagoram vitam longiſsi meproduxiße. Afecit:feripfit enim eius viulongāhonia nes vitá conſequi, & vfquead eius extremum: finem permanere integrè, & dextra valetu dine.lole cu quinquagefimum ageret awaum  hoc remedio vfus eft &eius vfu ad centefi. muum, & decimum ſeptimum productus et integer & nulla vnquam aduerfa valetudine tentatus: cuius optimam facultatem admira. tus, confanguineis co umuuicauit, vt illings vfum haberent. Oleiom lixiuio mixtum in lattis fpeciem tran fire. ' rmè experimen: o oleum lixiuio mixtú, fi diuag retur,in lactis ſpeciem tranfire, comprobatum eſt: eft enim lixiuium tenue, atque calidum,oleum autem cum aêreum fit à lixiuio attenuatur, & proinde aerem con cipit,ex qua albedoiunaſcitur. In aquis etis am, quæ diu agitantur,lactis ſpecies quædam exoritur ex confimili induſtria. huius indi. In cium ſpuma eft, quæ cun fic tenuis, aérem concipit, & dealbatur, Ex Cardano. Quainduftria Scythe abſque cibo, potu per plures diesexiftant. Miraett herba Scythicæ operatio, qua scythæ per plures diesfiue cibo, po - tuque viliere dicuntur. Hanc ij circa Boeri. am inueniuntcreſcentem, & ad famem ficou timque tolerandam vtuntur: fi quidem guftu dulcis, vt liquiritia eft, & in ore detenta fa mis, fitifq; fenfum habetar, Idem apud cales C: Hippice præſtat, eò quòd hæc planta equis confimilem generet effectum. Aiuntmulci, Scythas his herbis duodesos eriam dies, fac mem, &ſicim non ſentire.Ex Martbiolo. Catellos calorem natiuum augere, membros rumque dolores conſopire. P Ro excitando nativo calore, membro. rumque cruciatibus demulcendis, Carelo li præſtantiſsimi(Galeni teſtimonio,7. Me thod med.)exiſtimantur:illorun autem hu. ius naturæ haud omnes habentur, fed ijpræ cipuè,quibus pilus concolor eft. Propterea in Chiragra, podagra, & in omni Arthri. tis fpecie cruciatus, quamlibet efferatos, parti affectæ adhibitos s præſtantiſsime confopire àmalcis comprobatuni repe ris. plurima è terra furſumtapi, iterumque deorfum cum pluuis pracips tari, Aximam yellera,rang,vermiculi,lapil li,ligna,vabijgeneris frumentacealac, fanguis, & id genus alia terræ permixta, quæ cum pluuijs quandoque præcipitari afpici. mus,, nobis præftant admiracionem, adeo quod à cafu infolito plerique perterriti, Cæli mipas metuunt; Celiat aixen admira. tio,fi eorúcauſas penfitamus:hæc enim pri mo mò ventorum effluuijs, ventorumque inipe tu terræ permixta furfum feruntur,mox cum pluuijs iterum deſcendunt. Propterea nec ſemper mirum,autinſolens à ſapientibusiu dicatur: CorneliusGemma, inCoſmitriticaca 6.hæc caufas legitimas à coeleftibus Syzygi. is habere prodidit: fed tamen eo vſque pro gredi ſoiere,cum fpecie fua, tum magnitu dine,vt etiam in portentis principem inue niant locum, Cum Pſylis, &Marfis, Serpentes haudbabere inimicitiam. M Irabile eft, Serpentes, quià mundi pri uerfam,inimicitiainque iniuere,cum - Pſyl lis, & Marfis nec odium nec difconuenienti am retinere, Neceſſe ctenim elt, ve ijs aliqua miftio non omnino contraria oriatur,auto dor, autaliud, è quo fpecies minus ingraca videatur; ita profecto inter homines ipſos. criam contingit: quandoque enim fine cauſa nonnullos odimus,alios amamus,prout re sum.fpecies ad animam noſtram perue. niunte, quibus conuenientiam, & diſconnenientiain capta mus. Ex Fracastor rian - ) Oling Olim vasta, ego robuſtafuifle bominuincor pora. Vamuis Plinius,cæteriq;ſcriptores, ho ninum corpora, robur, vitam ſemper imminui conquerantur; tamen olim Gigan ces extitiffe, &vaſta hominum fuillecorpo. ra negandum non eft.D.Auguftinus lib.15.de Ciuit.Dei.dentem gigantis in quodam flu mine inuentum fuiffe prodidit,quiminutim diuiſus,centum ex noftris dentes ſuperabas. De Pailante ſcribitur admirandum.Hic Ae neam contra Turnum Regem Rutilorum adiuuit, mortuustandem, & fepultus, vbi nunc Roma eft, (reference Solino)Anno O. atingefimo poft Chriftum Dominum dam quiædam ædificia Romefierentcafu in ſepul chro quo arte mirabili cum lucerna ardenti códitus erat, inuétus eft, & integer erectus altitudinem nuricapite excellebat.Quid de Aiace, & quid de Turno; & de ingenti,faxo, quodvterque in hoftem conjecir, referatur nouúhaud eſt.Quid tandem de Oreſte, filio Agamemnonis,cuiuscadauer oéto cub tirá longitudinem excedebat, atque de alijs in numerisdicatur,apud fcriptores reperitur. Idcirco præter ftirpem giganteam,quæ poft diluuiumimminuca eft, alia corpora vastitatem & robur maximum retinuiffe conce. dendum eft; in præfentiarum verò homi. num corpora huiuſmodi comparata, tam pufilla funt, vt præ illis inania effe videan tur. Ex Helinando Chronographo. Equum Phaleris accin&tum pulcbris, acri oremfieri., chris ornantur phaleris, tum acriores, tum pulchriores iudicentur. Eſt de his cla. rum exemplum de Bucephalo Alexandri, qui phaleris accioétus Regijs neminem præter Alexandrum (teftimonio Aeliani) ad fe aſcendere paciebatur, & quoderat 18 illo mirabilius, veaſcenſus facilior effet, demittebatur cum dominus equitare vole bat.Phaleris autem remotis,quilibet medi. aftinus aſcendere, &tractare poterat. Ego quidem domimulam habeo,cuius tanta eft ſagacitas,vt fi feruus meus ephipium parat, habenafque illa humilis,demiffa, & quafi gaudens perfiſtic,viAernatur, hilariſque in. cedit, & acrior: fin autem clitellas, calcitro fa, indomita, feraque confeftim fit, necta lem ſarcinam, niſi vinctis pedibus ferre ſu Atinet, adeò quòd feruus ab opere defiftere cogitur. Exitiofißimum effe homini,ſub Lunaradijs ſomnum facere. Vnæproprium eft,in hæc inferiora hu miditatem immittere: quare exitioſum elt,lub eius radijs diu dormire; quippè dor mientes obleruatum eft ægrè excitari, atque proximos infanis fieri, Lunæ vires in lignis, quæ ad ædificia colliguntur,potiſsimum ex perimur:conciſa enim Luna creſcente, funt ferè emollira per humoris conceptionem, idcirco tanquam inepta à fabricis reijciun rur. Agricola 'experimento cognouerunt, fruméta de agris in Lunæ diminutione colo lecta diutius ficca permanere. Hæc à veterie bus Lucina vocabatur, & à parturientibus inuocabatur: Lunæ enim diftendere rimas corporis,meatibuſgue viam dare munus eft: propterea, tale ſydus partui ſalutare, illum. queaccelerare putabant. Archelaum,Mithridatispræfe&tum, ligneam turrim incombuſtibilem confeiffe. Dmiranduin profectò iudicatum eft AArchelai,Mithridatispræfe&ti,cótra Syllam commentum:hic enim turrim ligue. ain iocombuſtibilem condidit,quam fruftra ille incendere conabatur. Erat currista. bulata alumine collinita, in ijs autem cruſta durior erat obducta, & alumen, plumbique albi  albicineres pigmentis copioſè commifti: quia induſtria ab igne feruata ſunt. Confio mili artificio,Ceſar ex larigna materia cir. ca Padum,Caftellum etiarn conftruxit, Ex Lemnio. Viſcum quercinum fola fufpenfioneEpilepti. cis fubuenire. X grauibusfcriptoribusmultiorbicua losè viſco querciofola ſuſpenſione vulgari filo transfixos idem præftare in 2 molienda,& præcauendaepilepfia tradunt, quod peonię maſculæ radix,aut ſmaragdus è collopendens efficere creditur, Reculit Iacchinus in Epilepticerum curatione, fe mel ea ratione,qua ligno guaiaco vtimur, Viſcum quercinum per dies 40. propinafre, & profuiffe quidem, non tamen Worbum abituliffe,nequelicuilleiterum id temedij iofaciliori morbo experiri. Isterbraſsicam o vites maxisnum ineſe dif fenfum. Focabilis equidem difcordia inter braſsicam, & vites reperitur, propte reade Reruftica fapientes fcriptores, VICCE à braſsica offendi, deterioreſque & fucco, &odore, fi ſecusplancatur, fieri prodidere. Experimento hoc comperitur:nam gerinen ijspropius cu accellerit, auerſü ab inimico Notabilis compulſum odore retrograditur. Infuper G inollam, vbi braſsica elixatur, vini vel mi nimum conijcitur, quippe nec braſsica cona coqui vnquam poterit, & quod mirabilius eft, colorem proprium amitter. Hacmotira tione ſapiéres,ebriis braſsicæ ſucçú propinát, quo ebrietas ſubitò foluitur. Conuiuates pa riter, ne à vini copia potenciaģ; offendantur (Germanorum inftar ) braſsicam crudam primò comedere debent: ita enim viruna ad ſatietatem, abfq; ebrietaris periculo haua rire valebunt. Cati nigerrimiefum cerebrum, homines dementare, Ericulofum eft, verſicoloris, &maximè nigerrimicati cerebrum alicui efirm prz bere: ad iufaniam enim homines ducit, & quod peius, cerebri meatus obftruit, ſpiri. Etuſý; impedit animales, Inter fcriptores Per trusApoinenfis, huius efuadeò io ſanirehow' mines dixit,vt præftigiis quafiobnoxii videa antur. Ponzertus pariter cati pilos venenoſos eſſe prodidit, citly; anhelitumfebrem heoti cam induccre. Exbetulacorticibus, ardentesfaces comparari Etulæ cortices non modò ignem confe. tim recipiunt, verùm atque flammam pariung  Mha pariunt ardentem; quo fit, vepleriq; faces, pro noctis obſcuritate fuganda, ex iis com. ponaot, bene rati lucidiorem has flammam, quãpini fædam parere: ex liquore autem picis inſtar, qui dum vtuntur deftillat, oriri hociu dicatur, cuius natura cùm facile accendatur, mirum haud eft: talem effectum producere. Hæmorrhoidalemn berbam contactu Hamer rboides fünare. Ira eft Hæmorrhoidalis vis, & poté. tia in perfanandis Hæmorrhoides: fi enimhuius radicibus, Hæmorrhoidales do lentes tanguntur, atq; illæ per diem circa fe. mur ferantur, & mox in camino fumanti (afpendantur, procul dubio effectusfanatur: fiquidé Hæmorrhoides que atq; radices ex iccărur, fiaccelcıyor: qua caufa herba ab effe ctu nomen deduxir, nec immeritò: namin iftarum infiammatione, &doloribus, fi hu us radices contufæ applicantur, confeftim, & dolor, & inflammatio mulcentur. Ex Ex Tante. Marine Paltinuca radium,identium do loresmitigare. entium dolores multis experimentis ex Marinæ pattinacæ radio mitigari vifi func; huius eniin radio, qui in piſcis cauda cpa, situr, dentes tanguntur, & gingina ſcari. ! x herbis non paucæ Ecale ſcar ficantur, quo præſidio quan cítiſsime dolor euanefcit. Prodidit Dioſcorides, lib. 2,64p. 9. radiuin hunc dentes frangere, & e urcare.quomodo autem hoc perficiat docu it Plinius lib. 3. cap 4. Conteritur enim is, & cum Helleboro albo miſcetur, quorin miſtura fi dentes illiti fuerint, fine vexatio ne extrahuntur, Plerasg, berbas, Solisexortum, & occafuma ostendere, Solis ortum, & OC cafum noffe videntur tantaq;huius lyde. ris ſectandi,talibus auiditas nafcitur, vt Gr. miter inter kas, & folem magnam in ſe lym pathiam credamus. Profe&to fos calendula in Solis ortu aperitur, &in occafii clauditur; ex quo villicorum horologium à nuleis di citur. Sequuntur Solis fphæram non modo papauer, & illudtithymalli genus, quod vo. cant helioſcopon; ſed etiam malua, lupini & cichorea; intenſius autem Lotus herba re ctatur, &exortum quotidianum, &occafum noſcit. Hæc (Theophrafti teitimonio ) cau lem, &florem veſpere mergit, & circa me. diam noctem tota in lacum irruit, et adeo occulcatur, vt nec manu admiffa quis valeat inuenire, verciturmox panlatimg; erigitur, etin Solis exortu extra aquas confirrgit; for P 3 reing  Temą; aperit, et patefacit, caliterá; etiam num confulit, vc alièab aqua abeffe videa quarum Sodo Qualssin Sodomi, et Gomorriveſtigiso riantur fru et us. LtiſsimiDei decreto quinq; vrbes 211a ciquicus incentæ ſunt wuum, et Gomorrhum præftantifsimæ fiudj erbantur.Harum in fauillis quædam noſcú. tur veſtigia; Giquidem cæleftis ignis reliquiæ adhuc perfiftunt. Quod autem illic admira bile perfpicitur.viridancia fpectantur poma, formaci vuarum racemi, nec quis elt, qui e dendi haud cupiditatem habeat: illa. autem manibus capta faciſcunt, et in cinerem refol. uuntur, fumuggsexcitant, quafiadhucarde ant. Ex Egeſippalib. 4. Magnam inter vterun, ammasinef Seſympathiam. On exiguus inter mulierum vterum, et mammas contéplatur confenfus: quip pe alterum alterius pathema oftendere on laruamus, A venis inter has partes coniunctis maximè ratio ošteditoriri ſympathiá:ex iis e nim materias ab vtrifq; contentis transferring etexonerari experimur.In menftruorum re dundantia Cucurbitula fub mammisappofita, fluxum cohiberi ab Hippocrate docemur,  Lactis copia in puerperis dum magna grauit q; fuerit, die feptimo puerperii octauo, 10 nog; in vterum à naturaefunditur. Suppreisi menfes in virginibus, et viduis caftis, non femel io mammasrefiliunt, et la et tis copiam fuſcitant. In mulierum pubertate accedente menftruo vtramq; parteni creſcere vidernus. Quo artificio Solis defectumfirmiter com prehendere paleamus. Aria induſtria pleriq; conantur folis defectam deprehendere;hocautem có pertum eft, artificio illius defectionem fir miter apprehendi, Pelues hora inſtanti capi. antur, quæ non aqua, fed aut oleo, aút pice implendæ ſunt; ratio enim fuadet, humorem pinguem non facile curbari, atq; imagines perinde, quas recipit conſernare. Equidem in magines in liquido et immoto tantum appa rereconfueuerunt, propterea in olen, et pi. ce, commodius, et firmius, quomodo Luna Solilc opponat, et illum abſcondat accipere poterimus. Ex Seneca in Natur. Quaft. Virginummammillarum tumorem acis cuta impediria Ac inter alias, cicuta pollet efficacia, vt contufa cum vmbeila, atq; virginü B H mammillis impofita, tumorem, et excref centiam valeat prohibere; fortaffe nutrimé cum impedit, quo minus augeantur, vt in pu crorun tefticulis fuccedit, fi hæc adhibetur: ijenim reatibus alimenti obtufis facilè ex iccantur. Aperiani in hoc loco quod à Bon doletio nultis experimentis comprobatum Teperio de piſce Squarina: hicenim mulie. rum mammis fuperpofitus, illas adeò con. ftringit, ve virginum mammillæ appareant; credunt multi in genitalibus eundem fimili ter effectum producere. Quercusgallis, anniprafagia comparari. Napoleon Onmodò à Plinio, verùm atq; à plea riſq; rei rufticæ ſcriptoribus obſerua tum fuiffe comperio, à gallis quercus maio sibus præfagium aliud anni, quodapud vece res in magno fuiſſe pretio,etopinione legi. tur. Aperiuntur gallæ, quando integræ funt, ibig; muſca, aranea, aut vermiculus repe. ritur: fiquidem planta hæc in gallis huiuſmo di aninialium gignere confueuit. Si mufca volar, angi fertilitatem et bellum futurum præſagiunt; ſin vermiculus repit, annonæ carentiam arguunt; fi autem aranea profiliet fummam caritatem, et peftilentes affectus prædicunt. His ego adderem, præfagia hu. iufmodi, fi Deo placuerit, confimiles ſecta. tur elientus. Vitri puluerem, calculos comminuere. ron folum Galenus, fed Anicenna, et mouendos vitri puluerem excollunt quomo do autem hæc fieret, plurimum infudiui; tandem quæ ab Abecizoare componitur,mihi ex voto ſucceſsit, et vitrum adurere didici. Capitur vieri albi, et perſpicui fruftulum, quod terebinthina coll nire oporter totum, nyox tandiù in prunis detinere, veexcandel. cat; hoc demum in aqua exſtinguicur, ſepti. eſg; iteratur, primò tamen linitur, fecundò cxcoquitur, vltimò extinguitur; quo peracto, vitrum conteritur, et in puluerem lubciliſsi mum mutacur. Propinamus languentibus au rei pondus vel drach.j. cum vino albo, et ef ficaciter calculos comminui experimur. Quo artificio aëris naturimexplorare valeamus. Eris qualitatem, et naturam cum ex plorare libuerit, fpongia bene ficca, atq; munda ſèreno cælo per noctem fub diuo exponenda eft; illa eniin fiſicca mane fuerit, ficcu's P5 АБЫ  liceus et aër erit; fi humecta,nimbolus; fi anoll cervda,humidus,acroridus Inſuper ft recente pané eadem induftria expofueris, di corrupto,ficuin contrahere videbitur;à fic co, fiec ficcus;ab Humido aucem, à ftacu pro prionon mutabitur.Siaër fuerit peftilens, carnesexpofitæ corrumpuntur,atque colo rem mutant;fic eciam et adipes.Siaércraf fus erit,patebit in marmore, et filicibus, qnę in cali natura admodum madere folent; cós tra verò in aere'tenui, liges humidus eſſet, hę enim in tali con ica humeſcunt. Ex CATO dano. Quali fratagemate homines, mortui Š videantur. Vltis experimétis confirmatum repe rio fublimatum, ffue aqua vitæ cum fale miſce tur, ac in patina (ſublata qualibet alia lua ce ) accenditur in cabiculo, nocturno tem pore, vbi homines reperiantur; fiquidem ipfi immobiles fuerint, fpeciem mortuorús repræſentabunt. Pleriq; vt Aethiopes fin gant, lucernam accendunt oleo plenam, cum quo ſepia atramentum fit dilucum, fi we calchantuni, aut ærugo, nec fine ratio ne:oftédit enim,lux eorû colores, quæ in iis sát quæaccédācur: oportet tamen iu cubi culorcliquas luces adimere, Nerein VA No Nereidesfaciehumana dy venufta, prezi que fuifferepertas Ereides, quas vulgus Birenas appela lat, plurimæ in locis maritimisinué tę funt;quodauté cátusdulcedine nauigātes hein foporem perliciant, et capiant,nos. in lib. 1. de Hominis vita, abundedifferui mus, vbi de Tritonibus, Nereidibus, ho. minibuſqs in maridegēribas, quos marinos vocant tractatur; Poetarumq; fabulæ eno. dantur, Vidithas Theodorus Gaza et Gee orgius Trapezont ius, homines nagnæ e ruditionis: Gaza in Pelepomeno exorta maris tempeftate, Nereidem proiectain in lidcore reperije viuentem, et fpirantem, ynleu hrniano, facie decora, corpore fqua mis hirto ad pubem vſq, cætera autem ia locuftæcaudam definebant: ad hanc viſen dam magnus fuit concurſus, illa tamen e vac maefta, crebrog, ſuſpirio fatigata et frequentia hominum circumdata gemitus dedit et lacrymas emiſit,quibusmacus mi. fericordia,ad mare deduxit, vbimagno im petu fluctus fecauit, et ex oculis omnium cuanuit. Quid Trapezontius, pleriqs. alii viderint, in loco cita. to narrauimus De Apunx natura, earumque mirabiliſa gacitate. Tu quidem anceps fui in fcrutanda A pummellificatione,foetu, et cera:nam et apud auctores magna reperitur controuer. fia, num illæ ge nerent, et aliundeprolem habeant.Poft auem exactum fcrutinium cu iufdam amici va lido experimento Ariftoter lis opinionem veram eflecomprobaui;fiqui dem Apese floribus fauos conftruunt, exar borum lacryma ceram fingunt, et mella ex aëris'rore captant.Hæ primum fauos confi. ciunt,mox fotin collocant, ore calidum ſpirantes,vt vitain recipiat.Mellificanræfta. te, et autūno cibi caufa;mel autem autinale cleatius eft.Foetus in vere ferotino debilis fit: nã et naiori ex parte emoritur. Multi aiunt oliuas, et examinum copiam cógenerem ha. bere nataram: nam fi altera augetur, alcera abundans fit: fi vna deficit,altera deprimitur ratio eft:nam mella ficcitates augent;lobo. lem verò imbres; quofit, vt ſimuloliuæ, & sopia examinam fit. Vinorum aliquot existere genera natura mirabilis. R aliquot vinorum genera mirabilis naturæ quod? co A quod vua & guftu, & fenfuà cæteris minime diſcrepanr, nec vinum á ymis; tamen quod Heracliam Arcadiæ fit, viros reddicinfancs epotum, & mulieres fteriles: & apudcabyni. am Achaiæ abortum facic: & in Thiffo vi num quoddam lomaum producit; quoddam verò, vigiliam Ex Tbeophraſto lib.9. Plant. Quoartificio ignem manibus abſque læfione tractare valeamus. Pud plerofque fcriptores inueni, ig nem fine læſione poffe tractari, fi tri. tomaluauiſco cum ouorum albumine, ma.. nus liniuntur,ac defuper alumen inducitur.. Hoc autem experimentuin à Magno Alber to captum eſt, apud quem aliud legitur hu. ius negotijartificium:fi enim Ichthyocolle, & aluminis æquales partes capiuntur, & ad inuicem commiſcentur, fiacetum his ſuper funditur; quicquidtali miſcellanea illitum in ignem proijcitur, vtique non comburie tür. Menftrua in ſenio ferèquibufdam fæminés 46 cidere. Vàm fallax fit tum Ariſtotelis, tum ali orum iudicium,quodin mulieribuscir ca quadragefimum annum,fiue quinquagefi mum menftrua deficiant, quotidiana demone strat experiencia. Mulierem hic cognoui, Qyour P7 Victoriam nomine, eamque honeftam & bene morigeratamshuic in anno 45.méftrua ceffarunt, & faufta valetudine vixit,cum au tem fexagefimum ferè annum attingeret, ce teilli menfes rubei,bonique coloris redie. De vberague, quæ priusflaccida erant,more: virginum turgidula facta ſunt lactifque tan ta copia impleta,vt impulſu ferretur: quarez, vt puerulú filiæ fuæ lactaret àmeadmonita eft. Alteram cognoui, quæ vfque ad annum 65.femper menftrua paffa, & hodie viuit, & menftrua fingulis menfibus fuentia habet Hæcautem raròcontingunt.. Bufonislapidem contra venena mirabileinha bere virtutem. Pleriſque lcriptoribus excollitur lapiss ille terreſtrisinuenitur: ſiquidem contra venena folo contactu valere expertü eft; propterea inflationes abeftijs venenatis illatas diſcute re, venenúq; elicere aiut.Scribit Lemnius, tu mores, & dolores ex forieibus,araneis, vel pis,fcarabeis,gliribus, aliifuevenenofis 2. nimalibus caufatos fclo lapidis blaul do attritu.euanef cere Aquarum Fluuios natur& mirabilis repe $ rire. N multis locis aquarum exortas, mira cfficaciæ inuenirilegimus Scribit Arift. in terra Aſsirithidæ aquas naſci, quas cum oues biberint,moxgs inierint, nigros agnos generare. In Arandria dnos ineffe fluuios ad.. notauit, quorum alter candorem, alter nio gritiem facit pecoribas:at Scamander am gis, quem Homerus Xanthuniappellauit, fia uas reddere oues creditur. Mirabilers in concepta imaginationis effe per rentiam Maginationis potentiam tam miram effe Phyfici confitentur ve viſa per cóceptum in partu fæpiſsimè eluceſcant. Referam hi ftoriain admirandam ex Ludouico Vives 12; de Ciuit.Dei de huius negotio conſcriptam In Brabantia Buſco ducis quædam vrbs eft, in qua more eiufdem Prouinciæ quodam die rempli vrbis feſtum celebratur, quo tempore varii ludi apparantur.Sunt aliquot, qui ſtato die diuorum perſonas induunt:nönulli vera Dæmonů.Ex his vnus cū viſa puella exarfif. fet, & demúfaltado ſe ſe recepiſſet, & apreprā Vt er at perfonatus vxore fua in le &tum con. ieciſiet,ſe exeaDanonem gignere velle di.. cells  D cens, concubuit, & concepit inulier: clim autem in partuinfantem peperiffet,'s fimul ac primum editus eft, Calcitare cæpit forma, quali Dæ nones pinguntur. Dentium.stupores à portulaca confeftim amoueri: Entium ftupores,qui ab acidis.edulijs Connarci confueuere,ex aqua aut luc co, vel frondibus portulacæ commanfis, quam citifsimèdiffoluuntur.Ipfe cum qua-. damæftate cùm fiti maxima, tùm dentium: ftupore affligeretur,cömanfis ipfius frondi bus, &à fit, &à ftupore fubito liberatussú, Ab amico quodam audiui parculacæ fuccúi collinitum,abfque dubio verrucas exter minare,mihiautem experiundi locus haudi adhuc datus eft. Ex Aphrodiſeo, Ceraferum aquam ftillatitiam in Epilepfia ! fummumeſſeremedium. Ninitis experimentis Ceraſorum aquam 10 laccurrendis Epilepticis conprebari reperio propierea à loanneAgricola in lib.. Herbar.maximèetiam extollitur. Qua pro vita producenda inter arcana natu 12 connumerentur. APudreru naturalium (crucatores acer rimos inueni, idque in arcanis conſer wari Hellebori nigri fólia Saccharo cómilta degluci deglutientem ad iuglandis magnitudinenia in offenſam valetudinem, ad ſenectutem vſ. que conſeruari.InfuperSilicem ignitum lin. teiſque parum madidis inuolutum,& pedi. bus applicitum,pernicioſos valetudinis vaki pores extrahere. Quoartificio in mulieribuscrinesdenfiores, copiofiores comparare paluamus. Nter ſelectiſsima prælidia, quæ ad capil lorum copiam generaodam ineffe cre duntur,Maluæ radix connumerari poteft:: fi enim caput mulierum livinio lauatur in quo elixa fit maluæ radix, & deinde fucco maluæ crines, inungantur, profecto ya bercim prouenient, & cicila fimé. Giulio Cesare Baricelli (n. San Marco dei Cavoti) è un filosofo.  De hydronosa natura sive de sudore umani corporis Hortulus genialis Thesaurus secretorum De lactis, seri, butyri facultatibus et usu  implicatura sudorosa  de hydronosa natura  de medicinae praestantiae  amazones cur mammas dextras resecaverint  olearum sterilitatis praesagium  nili flumines proprietas  de mundi creatione  murium sagacitas  pluviosa tempestatis prognostica  agricolas non semper tempestates et serenitates praedictunt  valeriana miravis contra epilepsiam  transformationes hominum in bestias non esse reales  daemonis astutia apud indos  quid picus de scientiarum  varietatis sentiret  subditos principis vitam ut plurium imitari  rutam et allium serpentibus adversari  animalis oriri et vivere posse in igne compertum est  lacus asphaltritis mirabilis naturae  pisces marinos salubriores et rapidiores fulminibis esse  mulieris   hominos  cibus  gigantes in orbem  mulieres  excellentia  falsissimum est salamandran in igne vivere posse  sabbatici  lactandis infantibus  menstrualis  pharmacum  animal  tauri  faxa  aegypti reges  sterilitatis praesagia  aeris salubritatem  lintea  hominibus  hydropes  plenilunio  nationibus  romulus  serpentaria  echinum  animi pudorem  animalia  alexandri morti  sanari  cervi sudori  vires  balnei  adam  rutam  verbenam  anima  aeris  sulphuris   caraba  baccas  linguam  galli  homines  magis  fuco  cacoethica  vipera  traulos   morbos  lupi  vitrum  pregnantes  periculo  pro corporis  corporum hominum  utero  paterna  araneus telas  menstruali  rutam  corpora  achatis  hominibus  hominem  utero   praesagium  utero  tritico  scorpionum  hominibus  bubulo  epilepsiam   arbores lapides  bardana  literas  homines  hominibus  hominibus  filios parentibus signum  mare rebrum  hydrargyri  lupum  epilepsia  flatu  corpora  pestilenti  efficacia  animalium  seminis  basilicum  torpedinem  animalia  armenia  febre  lumaca  amantissimam  astronomiam  martisque  passione  cantharides  adagium  parere fetus  iucundi de amoris origine  aqua  virtutes  sagacitas  lapidis  naturam  partus  amorfus  equorum  spectacula  marinum vitulum  epilepsia  vinum  homines  homines  cervi  gagatis  epilepticos  hominum  laudano  mortem  pacto  a viro  hepaticos  mortem  mithridatis  ossa  bryonia  herpetes  vina alba  flores  absynthium  chalcantho  coralio  lethargicos  infantes  prunellae  catuli  gallum  corios  artificio  theodorus  radicem  dilligentes  canicula  quatuor elementis  phreneticos  digitum carnes  vicera  testiculis  dentium   hippocrate  animalibus  apii  satyrii testiculum  hominibus  radicem  hominis extractum  praesidia  hominem  antidotorum  cancri  quomodo  morbi  animantium  pulchritudine  septentrionalibum  hemorraghia   lingua ardor  aegyptios gentium  solis  animalium  cervorum  masculinum fetum  mirandulani  hydrargyro  incognita  tempestates  epiro  hecla  hominum  galenum  graecos  cane  athritide  lionem  iumenta  acutis  acetum  piscis  foeminas  corporis 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vino  praesagia  gallinarum  aquam   mandragoram  corpora  vita hominibus  semina  infantium  vitam  philomelam  castorem  duces  lingua  vinum  equorum  croci  hominis  aspidum  hermaphroditos  imaginationis potentian  climactericos  inter homines carolum  animantia  liberos  garamantes  caminus  horologium  infantium  praesagia  vinum  virorum  familiarem  romanos  ambarum  tympaniam  venenum   toxica  socrati  magia  epistolam  aqua frigida  menstruorum  lapides  homines  testiculos  humanam salivam  homines ridendo   parthi  partum accelerare  serpentum  hydrargyrum vim  anginam  vermes  mamillis lumbricos  infantis  elephantiasim  cyprinorum  leporine  hydrargyrum  gravidas  homines abstemios — aristolochiam  alexandro morbis  creta  cyprini  calphurnius bestia romanus aceto oleum  scythae  catellos  plurima  martis  robusta hominum corpora  equum  homini lunae  mithridiatu  viscum  vites  betulae haemorrhoidalem  dentium dolores  sodomi uterum  solis  virginum  praesagia  vitri  aeris  homines  facie humana apum natura vinorum ignem menstrua virtutem aquarum in conceptu imaginationis esse potentiam dentium stupores epilepsia pro vita producenda mulieribus Giulio Cesare Baricelli. Keywords: sweat, il sudore umano, sudore e la regola, stirgilo, amore, Socrate, Aristotele, controversia sull’origine del sentiment dell’amore, Socrate, l’idea di causa in Aristotele.   Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Baricelli” – The Swimming-Pool Library.

 

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