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Tuesday, January 14, 2025

GRICE ED ALDEROTTI

 

Grice ed Alderotti: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale – filosofia fiorentina – filosofia toscana -- filosofia italiana -- Luigi Speranza, pel Gruppo di Gioco di H. P. Grice, The Swimming-Pool Library  (Firenze). Filosofo fiorentino. Filosofo toscano. Filosofo italiano. Firenze, Toscana. Grice: “I like Alderotti; but then his favourite treatise was Aristotle’s little thing to his son, Niccomaco – which Hardie instilled on me like a leech!” “Alderotti was what we would call a Florentine-Bologne-oriented Aristotelian; he thought, with Aristotle, that the heart trumps the head --  Grice: “What I like most about lderotti is his archiginnasio – no such thing at Oxford! So, as Speranza says in “Colloquenza all’archiginnasio,” Alderotti knew what he was doing, even if his pupils did not!”Scienziato e filosofo erudito, scrisse per l'amico e protettore Donati, uno dei primi testi di medicina in lingua volgare, il Della conservazione della salute. Il più conosciuto medico del medio evo, tanto da meritarsi una citazione nel Paradiso d’ALIGHIERI (si veda), insegna a Bologna, applicando, durante le sue lezioni di medicina, un innovativo metodo scolastico. Inizia la lezione con una lectio o expositio di un passo tratto da un testo autorevole (di Ippocrate, Galeno, ecc.). Procede poi per quaestiones con riferimento alle IV cause aristoteliche. La causa materiale -- la materia della trattazione --, la causa formale -- la sua forma espositiva --, la causa efficiente -- l'autore dell'opera -- e  la causa finale -- il fine o lo scopo dell'argomento prescelto. A questo punto il maestro formula una serie di dubia, cui fanno seguito i momenti euristici della disputatio ed, infine, della solutio. ALIGHIERI (si veda) lo cita in modo dispregiativo nel “Convivio.” Temendo che 'l volgare non fosse stato posto per alcuno che l'avesse laido fatto parere, come fece quelli che transmuta lo latino de l'etica ciò e A. ipocratista provide. Dizionario biografico degl’italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere. Tra i primi volgarizzatori toscani è A., il famoso fiorentino, professore a Bologna, uno dei personaggi più notevoli del suo tempo. A. è pure il primo traduttore italico della morale a Nicomaco, che volgarizzata entra oramai a far parte della cultura generale. Di traduzioni della Nicomachea, c'eran le due greco-latine dell'Ethica vetus e dell'Ethica nova, frammentarie,e quella del liber Ethicorum completa letterale. Ma il volgarizzatore non puo certamente servirsi di un testo incompleto o di traduzioni letterali che avrebbero evidentemente lasciato Aristotele oscurissimo nel volgare come lo è nelle traduzioni latine. Ci sono le traduzioni arabe: quella del commentario di Averroe. Ma come si puo presentare per la prima volta a'laici, incapaci di comprendere un vastosi stema filosofico, Aristotele con tutto il bagaglio delle sue dottrine logiche e metafisiche che servono di base all'Etica? Resta il compendio alessandrino-arabo, e questo difatti ammesso alla facile diffusione del volgare divenne il testo morale aristotelico di moda. A. riduce in volgare il compendio alessandrino-arabo della morale a Nicomaco. Poco più tardi [Ho in un lavoro precedente trattato dell'Etica volgare e francese; a quel lavoro modesto richiamo il lettore il quale, trattandosi di una questione già molto controversa, voglia con sicurezza accogliere le nostre conclusioni. Giacchè ora alle conclusioni sono costretto dalle necessità e dall'economia dell'argomento. MARCHESI, Il Compendio volgare dell'Etica Aristotelica e le fonti del VI libro del Tresor in Giorn. Stor.della lett.it.] LATINI (si veda), nel Tresor accolge il volgare di A., modificato secondo il testo originale latino ch'ei conosce e a cui porta contributo di meditazioni. Sicché tra i due compendi è una notevole differenza: una differenza che va tutta a favore di ser LATINI (si veda) il quale ha il vantaggio di lavorar dopo in un tempo in cui, per quella energia naturale della filosofia novella, si progrede assai rapidamente nel gusto e nella filosofia. La traduzione di A. in gran parte fedele al contenuto, nella forma è condotta con una notevole indipendenza rispetto alla frase latina, e non di rado si vede la sicurezza ch'è nell'intendimento del traduttore e la buona conoscenza che A. ha del linguaggio filosofico. Spesso compendia la materia. Daltra parte, allarga tante volte la frase o il concetto e diluisce nel volgare il testo latino per bisogno di ripetizioni e di esempi o di ampliamenti, servendosi, come fa in principio, di qualche altro rifacimento, e aggiungendo dichiarazioni proprie. A. non è un traduttore che si preoccupi dalla frase e voglia mantenersi fedele alla parola o al tenore dell'esposizione. A. è un COMMENTATORE E INTERPRETE occupato del contenuto FILOSOFICO che pur vuole spesso acconciare dal lato espositivo nella maniera più rispondente, secondo lui, a'bisogni della chiarezza e della semplicità. Generalmente palesa una certa libertà nel compendiare e nel rendere il concetto con espressioni diverse dall'originale, come quando, per es., A. traduce il latino “vita scientiæ et sapientiæ” come “vita contemplatiua”. Qualche volta invece il concetto è più largamente definito per l’aggiunta di qualche breve dichiarazione che serve a chiarirne il contenuto e a precisarlo di più rispetto alle considerazioni precedenti. Cosi il testo dice che l'uomo rifugge dai luoghi solitarî o deserti o ermi, ed A. aggiunge. “Perchè l'uomo naturalmente ama compagnia. Altrove è detto che beatitudine è cosa completa che non abbisogna. Delle parti più confuse e difficili a intendersi fa una para-frasi, invertendo anche l'ordine delle idee e disponendole in maniera più agevole per la intelligenza finale, seguito in questo naturalmente da LATINI (si veda). Ecco un esempio. RERVM QVEDAM SVNT COGNITE APVD NOST ET QVEDAM SVNT COGNITE APUD NATVRAM. OPORTET ERGO VT AMATOR SCIENTIE CIVILIS PROMTUS SIT AD RES EXIMIAS ET SCIAT OPINIONES RECTAS. OPINIONES AVTEM RECTE SVNT VT IN ARTE CIVILI INCIPIATVR A REBVS APVD NOS COGNITIS ET IN CONSVETVDINIBVS PULCRIS ET HONESTIS FACTA SI ASSVETUDO PRINCIPIVM ENIM ESTET INCEPTIO A QVA RES EST. EX MANIFESTO EXISTENTE SVFFICIENTER QVIA REST EST, NON INDIGETVR PROPTER QVID RES EST. INDIGET AVTEM HOMO AD PROMPTITVDINEM HABITATIONIS VERITATIS RERVM BONARVM AVT APTITVDINE BONE INSTRUMENTALITATES EX QVA SCIAT VERVM AVT FORMA PER QVAM ACCIPANTVR PRINCIPIA RERVM HABEO FACILE. QVI VERO NEVTRAM BABVERIT HARVM APTITVDINVM AVDIAT SERMONEM HOMERI POETE VBI DICIT QVIDEM BONVS EST HIC AVTEM APTVS VT BONVM FIAT. La rendizione di A.: Sono cose le quali sono manifeste alla natura, e sono cose le quali sono manifeste A NOI. Onde, in questa scienza ch’e l’etica, si dee cominciare dalle cose le quali sono manifeste a noi. L'uomo lo quale si dee studiare in questa scienza ed apprendere, si dee ausare nelle cose buone e giuste e oneste. Onde gli conviene avere l'anima sua naturalmente disposta a quella scienza. Ma quello uomo che non hæ neuna di queste cose, è inutile a questa scienza – “d'altra cosa.” A. chiarisce “di fuori da sè.” Altre aggiunte, come quelle di aggettivi, tendono solo ad accrescere l'efficacia del concetto. D’altra parte, A. co-ordina spesso le frasi sciolte e le considerazioni staccate del LATINO nella continuata semplicità di un solo periodo. LATINI (si veda) riempie le lacune. Molte espressioni trascurate d’A. o tralasciate a dirittura per difficoltà d'intendimento sono supplite nel “Tresor.” Per es., il testo fa una triplice divisione delle arti. QVEDAM HABENT SE HABITVDINEM GENERVM ET QVEDAM HABITUDINEM SPECIERVM ET QVEDAM HABITVDINE INDIVIDVORUM. A. omette la terza categoria degl’arti, notando solo le generali e le particolari. LATINI, traducendo anche con finezza etimologica, completa. Altrove sono interi brani del tutto omessi nel volgare che LATINI (si veda) restituisce alla esposizione del compendio aristotelico. Diamone un esempio. Arsciuilis non pertinet La scienza da La science de cité go pueronequeprosecuto- reggerelacittade ridesideriiatqueuicto- non conviene a fantneàhomequivueille rie,eoquodamboigna- garzonenèauo mais A. non vide nel compendio alessandrino il legame tra le due considerazioni,e omise l'ultima;difatti il com pendiatore o il traduttore latino butta giù una frase fuor di senso che non ha rapporto alcuno con l'originale; Aristotele dice:«non è acconcio l'uditore giovane perchè èinesperto delle azioni che riguardano la vita, e i discorsi della nostra verner ne afiert pas à en  1 risuntrerum seculi, mocheseguitile cequeanduisontnonsa neque proficit ipsis. Non son ensuirre sa volonté, por tem. que ilse torne me, enim intenuit ars ista scientiam sed conuersio. nem hominis ad bonita- suevolontadi,pe- chant des choses dou sie rò che non cle: car ceste ars ne qui savi nelle cose del ert pas la science de l'o secolo. à bonté.  scienza da queste si tolgono e intorno a queste si aggirano – “οι λόγοι δ'εκ τούτων και περί τούτων”. Non pero tutte le lacune sono supplite da LATINI. La omissione di qualche concetto importante nel volgare è giustificata dal fatto ch'esso si trova altre volte particolarmente espresso e dalla facilità di richiamarlo alla mente nei luoghi ov'esso è ripetuto. Cosi avviene per il principio più volte enunciato della eccellenza del bene voluto per sé, rispetto al bene voluto per altro. LATINI elimina pure qualche ridondanza del volgare. Cosi nell’ “ARS DIRECTIVA CIVITATVM”, che A. traduce “l'arte civile la quale insegna reggere la cittade”, LATINI omitte ‘civile’. Altre volte, invece, la espressione è più estesa in LATINI, come quando traduce il semplice « princeps » riferito all'arte civile, mentre più sicuro intendimento dell'espressione. Dice il testo che la beatitudine, come l'uomo che dorme, non manifesta alcuna virtù quando l'uomo la possiede in abito e non in atto. LATINI spande. E poco prima alla definizione della potenza razionale ch'è più degna quando si è in atto, LATINI aggiunge “chè il bene non è bene se non è fatto.” Talune espressioni proprie del volgarizzatore vanno oltre i bisogni della chiarezza e la necessità dell'intendimento. Laddove il testo latino dice del bene dell'anima ch'è il più degno di tutti, LATINI insere il concetto della divinità mette di suo la ragione evidentemente per il bisogno di ribadire il principio che pone in dio il sommo bene e di asservire il trattato aristotelico alle idea  il volgare dice solo « principale e sovrana ». L'aggiunta comunemente è fatta per maggiore precisione e per un  con « colui che sta nel travito ». LATINI riconduce all'esatta interpretazione. Nello sfrondare le ridondanze del volgare e nel ridurre la materia alle proporzioni dell'originale latino, LATINI non sempre riesce a cogliere l'esatto intendimento della parola, e riducendo smarrisce l'idea che vi èracchiusa; ilt. Ha. QVEM AD MODVM PERITI AGONISTÆ EATQVE ROBVSTI CORONANTVR QVIDEM ET ACCIPIVNT PALMAM APVD ACTVM AGONISET VICTORIE. A. traduce. A ė somigliante di quello che sta nel travito a combattere, chè solamente quelli che combatte et vince, quelli a la corona della vittoria, e fa vera illustrazione e IMPLICATUVRA della frase finale. “E se alcuno uomo sia più forte di colui che vince, non à perciò la corona, perch'egli sia più forte, s'egli non combatte, avvegna che egli abbia la potenzia di vincere.” LATINI si ferma alla prima parte trascurando il significato particolare dell’apud che qui sta per post. Pure nell’intelligenza della parola latina il testo di LATINI è generalmente più fine del volgare, nel quale tal volta si trova sconvolto l'ordine delle frasi e delle idee [Un esempio: LATINO: difficile: A. impossibile. LATINO: in omnibus artificibus. A.: nelle cose artificiali. lità contemporanee della fede. Generalmente LATINI ha maggiori riguardi per il testo, perciò che riguarda i concetti semplici e le singole espressioni. Cosi LATINI corregge la frase talvolta malamente resa o ingiustamente compendiata e confusa d’A.. A. si restringe talora a molto semplice espressione, impropria, che mal si adatta al concetto latino, come quando traduce “periti agonistæ atque robusti” per deviazione dal retto intendimento del latino. Riporto un brano. A. traduce la seconda parte del periodo: ut pote. come se fosse esplicazione del concetto già espresso: opera decora exerceat. LATINI la riferisce invece al precedente: absque materia. Nel volgare italico et al volta anche, in maniera al quanto diversa, in LATINI l'espressione latina è modificata quando apparisca troppo cruda. In fine del compendio aristotelico si parla di uomini che non si possono correggere con parole, per cui occorre “assiduatio verberum tam quam in bestia.” A. traduce vagamente “pena.” LATINI è più civile ancora. Il volgarizzatore di LATINI tende spesso, più che A., a modificare quelle che a lui sembrano asperità di giudizio o durezze d'espressione. Così, nello stesso brano, de'delinquenti per natura, di coloro che non possono correggersi con parole nė per castighi, dice il t. «tollendisunt de medio», e A. letteralmente “son datorre di mezzo.” L. è meno severo. È un riscontro casuale; ma sinoti ad ogni modo come l'urbanità dell'espressione del volgare e la temperanza cortese di giudizio pare si accordi coi principi positivi di un diritto criminale molto recente! E LATINI si accorda talvolta con A. nel m o  T. difficile est enim A. perciò che non homini ut opera decora è possibile all'uomo exerceat absque mate ch'egli faccia belle o riautpotequodha pereech'egliabbia beatpartemcompeten arte la quale si con tem rerum bone uite pertinentiumetcopiam eabbondanzad'amici familieetparentumet ediparenti,eprospe prosperitatemfortune. rità di ventura sanza venga a buona vita, li beni di fuori. ne... 5 1 l'on face b e lesoevres, seiln'ia gran part des choses avenables à bono vie et habondance d'avoir etd'amisetdeparenz, et prosperité de fortu  dificare le opinioni del testo, come quando fieri amendue della loro vita comunale, rinnegano il detto d'Aristotele che l'ottimo governo sia nel principato, affermando migliore il governo delle comunità. LATINI qualche volta fa dei tagli al testo latino e al volgare, sopprimendone talune espressioni non per amore di brevità, ma evidentemente perch'ei si rifiuta di accoglierne il giudizio. Ciò risulta chiaro dalla costanza con cui l'espressione è soppressa ogni qualvolta si presenti nell'intendimento VOLUTO DALL’AUTORE. Una prova. Il compendio latino e con esso A. fa una duplice divisione della virtù: virtù intellettuale, come sapienza, scienza, e prudenza, e virtù morale come castità, larghezza, umiltà. E poi lo esempio. Quando noi volemo lodare un uomo di virtude intellettuale diciamo. Questo è un savio uomo intendevile e sottile. Quando volemo lodare un altro uomo di virtude morale, diciamo. Questo è un casto uomo umile e largo. Nell'uno e nell'altro caso LATINI sopprime a dirittura l'espressione che racchiude il concetto della umiltà. La prima volta quando parla della virtù morale, soggiunge un po'in fastidito e non curante del testo. Ed è curioso e notevole documento questo d’uno tra i più illustri rappresentanti del laicato dotto del tempo, uomo di parte e d'azione tenace e bellicosa e guelfo ardente, che si rifiuta cosi chiaramente di accogliere l'umiltà tra le virtù morali, ribellandosi al giudizio che uomo umile ė uomo virtuoso. C'è qui l'alto sentire del laico e lo spi [ex parte moralium largum uel castum uel humilem. uel modestum eum appellamus. Rito sdegnoso elaboria cavalleresca del tempo, che si annidava bensi nella fierezza solitaria e nella severa integrita dell'uom casto, o sorrideva nel magnifico gesto signorile dell'uom largo e cortese, ma non si acconciava a indossare il saio dell'umile curvato. Quale dei due volgarizzatori ha merito maggiore e chiaro. A. ha il merito della priorità. Compendia troppo, abbrevia, toglie parte di considerazioni e di esempi al testo latino. LATINI che lavorò a ppresso a lui è più fine e completo, e poi anche il suo volgarizzamento si presta allora assai meglio del volgare d’A.. A. molte volte amplia o riduce la materia. LATINI traduce con maggiore fedeltà sia nell'evitare le ripetizioni inutili del volgare sia nel colmarne le lacune rispetto all'ori ginale latino, le cui espressioni segue con attenzione e riproduce spesso con esattezza. Siamo nel periodo dei compendi e dell'enciclopedia. Un compendio fatto è fatica ri sparmiata al mæstro che deve dire le «chose universali ». LATINI, che ha intelligenza fine, trasse il compendio italico  e l'incluse nell'opera sua e ne colma le lacune e ne affina i contorni e lo ripuli di fronte al testo latino da cui egli pompeggiandosi dicea di aver tratto la parte morale. E non fa cenno d’A.: egli accoglie, corregge, assimila; d'altra parte è tutta una letteratura e una divulgazione anonima e i diritti di proprietà non sono ancor sorti. C'è però da osservare che nel ritocco della materia volgare LATINI non va oltre qualche singola espressione o frase, trascurata o ridondante. Egli non si attenta mai a rimaneggiare e ad acconciare la materia nel contenuto ideale, per il modo con cui le idee sono esposte nel volgare o compendiate o disposte o interpretate. Questo dunque testimonia onorevolmente che A. è allora ritenuto autorevole INTENDITORE – “come Hardie” – Grice -- del trattato aristotelico anche da un uomo per cultura famoso come ser LATINI, sebbene al grande discepolo di costui non appare ugualmente felice dicitore del volgare. Tuttavia le modificazioni introdotte d’A. e assai più ancora da LATINI non sono tali da farci notare la presenza di nuovi elementi etici o l'azione modificatrice diretta del volgarizzatore spinto da una evoluta coscienza sociale del tempo. I filosofi del medio evo accolgono e credono. Sono ansiosi di notizie. Si accetta tutto, il vero e il falso, anzi più il falso che il vero. Ad A. che scrive un sonetto sulla pietra filosofale risponde LATINI che ragiona sulle virtù delle pietre. È ancora intatto l’edificio secolare che più tardi la critica riduce nei frantumi donde sorge la nuova coscienza degl’individui e delle genti. MAGLIABECH. Carmina magistri A. de florentia super scientiam lapidis philosophorum ex Alberto Magno edita feliciter. Solvete i corpi inaqua a tuti dico voi che intendete di far sol et luna delle duo aque poi prendete l'una qual più vi piace e fate quel chio dico datella a ber a quel vostro inimico senza manzare i dicho cosa alguna morto larete e riverso in bruna dentro dal cuore del lion anticho poi su li fate la sua sepoltura si e in tal modo che tuto si sfacia la polpa e lossa o tuta sua giuntura. La pietra aretee da poi questo si facia de terra aqua et daqua terra fare così la pietra uuol multiplicare e qual intendera ben sto sonetto sera signor de quel a chi e suzetto. Il compendio alessandrino-arabo presta dunque la materia etica aristotelica al volgare d'Italia; e la morale a Nicomaco puo cosi divenire libro di attualità adoperato e sfruttato, nella valutazione dei principi etici e nella decisione delle finalità umane, dai nuovi scrittori volgari: tra questi ė ALIGHIERI, a cui A. da motivo   di presentare in più nobil veste il volgar di Toscana, e LATINI ha ad ora ad ora insegnato come l'uom s'eterna ».  Questo saggio fa parte di un altro più esteso e completo sui rifacimenti aristotelici latini e volgari, il quale spero verrà presto a portare un contributo, non privo d'interesse, alla storia ell'aristotelismo e a colmare qualche lacuna la conoscenza del movimento filosofico che è prima: giacchè ne'volgarizzamenti e ne'rifacimenti sta i cultura; seguendo il volgarizzarsi e il diffondersi della filosofia “classica”, specialmente, noi troveremo i sentiero ascoso che va d’ALIGHIERI a PETRARCA Ma ora ho fatto opera molto modesta; trattando solo le spi. ese questioni critiche agitate intorno al compendio volgare ell'Etica, ho inteso risolvere taluni dubbî, lungamente mante nūti, ed eliminare molti errori. Il lettore, che attende forse uno studio riassuntivo sulla influenza della morale aristotelica, comprende come questo sia possibile solo alla fine dell'opera, quando le ricerche già fatte e i risultati ottenuti ci metteranno in grado di poter volgere uno sguardo sicuro e sereno su quel grande campo dove la tradizione aristotelica alligno rigogliosa e tenace ramificandosi e abbarbicandosi per una serie copiosis. sima di rampolli viziosi e invadenti. Il compendio volgare dell'Elica nicomachea e per la prima volta impresso a Lione a cura dell'editore Tournes, su di un manoscritto appartenente a Corbinelli. Manni stimo inutile, per le moltissime mende, la edizione,condotta inoltre su un solo manoscritto,e ristampò il trattato aristotelico valendosi principalmente di II codici Laurenziani. L'ultima ediz. è condotta da Berlan in base a un esemplare dell'ediz. lionese emendato e comple tato da Zenone su un ms. Il compendio volgare dell'Elica aristotelica è quello stesso che forma un ibro del Tresor volgarizzato, secondo la comune opinione, da Giamboni. Pero si trova anche in tutte le edizioni del Tesoro volgare: Treviso, Flandrino (de Lisa), Venezia, Fratelli da Sabbio, Venezia, Sessa;Venezia, a cura di Carrer il quale nel libro VI seguì anche le due edizioni, Lionese e del Manni;Bologna, ed.da Gaiter il quale si valse di tutte le stampe precedenti, de'mss.del Tesoro e di raffronti continui col testo originale Eppure di questo compendio manca una stampa che ne ripro duca fedelmente e criticamente la lezione;giacchè a tutti gli editori dell'Etica,che eseguirono le loro stampe sulle precedenti o solo col sussidio di qualche ms.,sfuggi quella rigogliosa co munione di codici, che abbiam potuto noi esaminare, da' quali [L'Etica d'Aristotile ridotta in compendio da Latini et altre tradutioni et scritti di quei tempi. Con alcuni dotti Avvertimenti intornoallalingua, Lione,Giov.deTornes. L'Etica d'Aristotile e la Rettorica di M. Tullio aggiuntovi il libro de' Costumi di Catone, Firenze, Dall'edizione lionese trasse la parte riguardante le quattro virtù un tal Luigi Ruozi che la pubblicò modifican dola nell'ortografia e nella lezione: Trattato delle quattro virtù cardinali compendiate da Latini sopra l'Eticad'Aristotile,Verona. Etica d'Aristotile compendiata da ser Brunetto Latini e due leggende di autore anonimo,Venezia, sarà possibile, con un esame complessivo, trarre nella sua veste primitiva l'antico volgarizzamento toscano; d'altra parte gli editori più recenti del Tesoro nel curare la lezione del VI libro, ritenendolo, com'era naturale,volgarizzamento dal francese, come tutti gli altri libri, credettero opportuno acconciarne la lezione anche inbase al testo francese,alterandone laveste originaria e originale. Intorno a questo antico e primo compendio volgare dell'Etica si è agitata una lunga e spinosa questione. Esso fin dalle prime stampe porta il nome di Latini, e il fatto stesso poi che si trova inserito nel testo volgare del Tresor, di cui costi tuisce appunto la materia del VI libro, non ha mai fatto dubitare ai critici e agli editori ch'esso non si debba considerare come una parte del Tesoro e quindi,come tutti gli altri libri, volga rizzamento di Bono Giamboni.Solo il Mabillon, ritenendo che Brunetto stesso avesse volgarizzato il suo Tresor, credeva che ciò fosse pure avvenuto dell'Etica. Il primo dubbio intorno al traduttore del compendio francese in toscano fu mosso dal Manni, indotto da una nota del Salviati il quale « trovò in fronte « a un particolar testo dell'Etica: Qui comenza l'Elica di Ari. « stolile volgarizzata per mæstro A. medico e philosopho «dignissimo».Ad ogni modo egli si acqueta volentieri all'au. torità della Crusca che cita il Tesoro « tutto » stampato per traduzione di Bono Giamboni [Altri che vennero dopo nota rono che qualcuno dei mss. dell'Etica indicava un mæstro A. come il volgarizzatore dell'opera; difatti il Lami ritiene che ilvero traduttore sia A., e il Mebus,seguito dal Maffei, sostieneche la versione d’A., fatta probabil mente assai prima,venisse più tardi inserita nel Tesoro volga. rizzato,in tuttiglialtri libri, da Giamboni. Lo Chabaille, Museum Italicum, Paris. Novelle letterarie, Firenze, Storia della lett. ital., 3a ediz., Firenze. VitaAmbrosii Traversarii, che curò la edizione critica francese del Tresor, dalla perfetta somiglianza ch'è tra l'Elica e il vi libro del Tesoro, deduce che Brunetto avesse tradotto Aristotile in italiano prima ancora di voltarlo in francese, e che quindi il compendio volgare del l'Etica dev'essere a lui attribuito Paitoni, che scrisse sopra tale argomento un lungo articolo, finisce col non sapere da che parte decidersi Zannoni ha spinto in vece la questione molto avanti,servendosi di un passo del Conrito di Dante (Tratt.), dove è fatto cenno di un volgarizzamento dal latino dell'Etica per opera di Mæstro A., ilcui volgare Dante chiama «laido».Lo Zannoni ri tiene « che Brunetto voltasse in francese il volgare di A. « e che il Giamboni a questo desse luogo nella sua versione «delTesoro»(3). Questa congetturaèancheaccoltadalPuc cinotti,ch'è stato il più accanito difensore di A.. Sundby combatte tutte le opinioni precedenti:quella delloCha. baille e dello Zannoni,opponendo loro le parole stesse di Bru netto che,nella sua introduzione, assevera di aver tradotto dal latino in francese,de latin en romans;quella del Mehus, citando il passo di Dante il quale parla evidentemente di una traduzione dal latino. Egli reputa diversa da quella che abbiamo la traduzione di A.,dicui sifacenno nel Convito; afferma recisamente che Brunetto ha tradotto Aristotile dal latino in francese e che il testo italiano dell'Etica è opera di Giamboni. Gaiter, ch'è il più recente editore delTesoro, seguendo, come pare, la congettura di Chabaille, confonde la Lilivresdou Tresor par Brunetto Latini, Paris, Biblioteca degli autori antichi greci e latini volgarizzati, Venezia, Il Tesoretto e il Favolello di ser Brunetto Latini, Firenze, Prefazione,pp.XXXV sgg. Storia della medicina,Firenze, MARCHESI. Della vita e delle opere di Brunetto Latini, Firenze,1884,pp.139 sgg. La stessa opinione del Sundby aveva esposta prima V. Nannucci,Manuale, Firenze, Nicomachea con ilLibro de'Vizi e delle Virtù e con il VI libro del Tesoro, il quale « fu prima compilato e poscia dall'autore «annestato nella maggior parte del Tesoretto»; e altrove ricorda una nota del Sorio che attribuiva a Brunetto Latini il volgarizzamento dell'Elica d'Aristotile; del resto non fa cenno della questione. Il Cecioni, perultimo, trattando delSecretum Secretorum, in una breve digressione sull'Elica volgare, dopo avere riassunto tutte le opinioni,assicura che A. deve averne fatto una traduzione, poichè altrimenti sarebbe inesplicabile il motivo per cui parecchi codici di rispettabile antichità attribui. scono la traduzione aA.;ma del resto afferma che la questione circa il volgarizzamento dell'Etica, che noi possediamo, rimane indecisa nè si potrà forse in alcun modo risolvere. Cosi scetticamente si chiude la questione, irresoluta. Dopo l'esame dei codici dell'Etica volgare e latina e del Tesoro, non è più lecito dubitare di poter decidere la questione in modo definitivo, e a definirla concorrono parecchi dati positivi e sicuri; il primo, di capitale importanza: la tradizione manoscritta. Il compendio volgare della Nicomachea ci ha una ben larga ed evidente tradizione isolata.Nelle biblioteche di Firenze,ove il latino del testo aristotelico ebbe per la prima volta veste volgare e popolare conoscenza, ben ventidue codici ci attestano della larga diffusione che il volgarizzamento ebbe come opera a sė, indipendente da altre opere più larghe che la integrassero. A'codici fiorentini si aggiungono altri che ho potuto esaminare: due Ambrosiani,tre Marciani,uno della Nazionale di Napoli, uno della Comunale di Nicosia. Pochi altri mss. dell'Etica si trovano sparsi per le biblioteche d'Italia, ma da ragguagli cortesi che ho potuto avere di essi, è lecito dedurre come tutti quanti ade riscano per contenuto e per lezione al nucleo centrale e fonda mentale dei mss.fiorentini.  Ediz.cit.del Tesoro, Prefaz.,p.xv. Propugnatore. Tutti icodici presentano una redazione unica del volgarizzamento,che è quella stessa della edizione Manni, con la quale ho fattolacollazione. Le varianti frequenti nella lezione, le inversioni,le omissioni reciproche, gli scambi, le lacune del testo a stampa sopra tutto, si debbono, oltre che alla bontà maggiore o minore del modello, a sbagli de' trascrittori, e non valgono dinanzi alla somiglianza e conformità dell'assieme.Molte lacune e accorciamenti si possono attribuire soltanto a sbada taggine de'copisti per le gravi difettosità che ne vengono al senso, e sono indubbiamente prodotte dalleespressioni consimili cheapocadistanza han prodotto la facile omissione: giacchè il copista credendo di proseguire saltava d'un tratto il brano. Accanto alle lacune, che dànno qualche volta luogo a strane combinazioni d'idee,va notato un buon numero di ampliamenti, di cui taluni sono ripetizioni di luoghi antecedenti.Qualche volta le parole si trovano collocate in maniera diversa nel periodo o sostituite con altre e mutate con lo scopo di abbreviare o modificare il costrutto (2 ); le molte differenze ortografiche vann ori ferit e al tempo della trascrizione. Fra i codici che più si accostano al testoastampa vanno notati 6.c.g.h.4.2.m.p.e specialmente d ed e,iquali hanno pure comuni con il testo Manni molte particolarità ortografiche.Le maggiori divergenze presentano i codd.7 e 1;in quest'ultimo è notevole un'aggiunta al libro sesto Nel cod. V la lezione presenta spiccate differenze, (1) È da osservare come nel secondo libro (cap.IX del Tesoro) occorrano tre parole greche trascritte con caratteri latini:19)apeyrocaliaoapeiorocalia(4.y.) edanche apeyrochilia (6) eapherocalia (g):in pa recchi codici tale parola è mancante perchè manca il brano che la contiene; eutrapeles (x.y.4.m.p.)o eutrapelos(2.6.7.d.e.f.g.h.)ed anche eutrapelo (6) ed eutrapeleos (8); 3o recoples orechoples(e.g.) ed anche recupes (6) erecopls (2).Inqualchecodice, come nel cod.1, il copista salta il passo dove avrebbe dovuto introdurre le parole greche. (2 ) Come si nota anche particolarmente nell'Ambr. C. 2 1, i n f., ch'è una trascrizione umanistica della seconda metà del '400, (3) Manni, Gaiter,p.115:«in questo cambio era grande brigæt  specialmente nella seconda metà,dalla lezione comune,e risente dell'influenza dell'opera francese di Brunetto e dell'azione diretta modificatrice del trascrittore: l'influenza del francese in questo codice, come nell'Ambros. c. 2 1 i n f., c i è attestata indubbiamente dal fatto ch'essi vanno oltre il limite solito dell'Elica e proseguono con le stesse parole, intorno alla differenza tra la retorica e la scienza di fare le leggi, le quali chiudono il VI. libro del Tresor; ma possiam dire che per quanto la lezione di V sia in molti punti alterata,non presenta tuttavia una redazione diversa dalla comune dei mss.e delle stampe del Manni e del Gaiter, alla quale ultima specialmente aderisce verso la fine.Dall'esame critico della lezione risulta una somiglianza intima tra icodd.1 e 7; tenendo poi conto delle particolarità più comuni, possiamo stabilirediversi gruppi di codici:a) 1.a.y.5.6.7.8.x.r. 9. che ci danno la più autorevole lezione;b) g.C.d.e.f.N.r. 2.s.;c) 4.m.p. Come s'è detto, il compendio volgare dell'Etica si trova pure inserito nel volgarizzamento del Tresor, di cui forma la prima metà della seconda parte, o meglio il VI libro, secondo la indicazione comune.Dei venti codici del Tesoro da me esaminati, dodici solamente contengono il trattato aristotelico: gli altri sono mutili. La lezione dell'Etica ne' codici del Tesoro, tranne le solite Jivergenze omai notate come comuni in questa redazione del l'Etica volgare,è da collegarsi alla stessa famiglia dei codici isolati e de'testi a stampa. C'è da notare nel complesso un numero maggioredivarianti, omissioni, aggiunte, frequentissimi sbagli di trascrizione e qualche breve interpolazione del copista  «pero fue trovata una cosa c'aguagliasse et questa cosa si è il danaio. « percio che l'opera di colui che fa la chasa si aghuaglia ad opere di colui « che fæ i calzari col danaio; chè per lo danaio puote l'uomo donare et « prendere le grandi cose e picciole, per cio che 'ldanaio è uno strumento «perloquale ilgiudicepuotefaregiustizia, pero che el danaio èleggie «senz'anima. ma il Giudice è leggi ech'à anima et dio glorioso si è leggie « uniuersale d'ongni cosa »,   stesso,che sidistingue subito permancanza di riscontroinaltri codici. Oltrere P, che servirono di base allastampa fiorentina, uno de'codici più fedeli all'ediz.del Manni è l'Ambros.G. 75 Sup. e Z,dove pur si trova una grande confusione causata dallo spostamento di varie parti.Tra icodd.più scorretti dal lato ortografico e P. In base alle particolarità più comuni icodd.del Tesoro si possonodividere ne'seguenti gruppi:19) d.v.1. 2°)n. λ.π.φ.3ο)λ.μ.γ.Ρ.Ζ.ε.Ambr. Riassumendo, possiam dire: la lezione del testo aristotelico volgare appare generalmente, ne'codd.dell'Etica e del Tesoro, fluttuante,poco sicura.Ma lesolite differenze nella espressione, nella struttura del periodo, le frequenti omissioni e aggiunte di parola,gli spostamenti e le lacune,comuni alla maggior parte dei codici,riguardano più d'ogni cosa la bontà della copia,la correttezza del modello copiato, la esperienza o la libertà del l'amanuense, ma non compromettono in alcun modo l'unità del volgarizzamento. La materia dell'Etica si trova nella maggior parte dei codici ugualmente distribuita.Una grave inversione presentano 1. d. e.s.; in essi il testo dap.6 Manni [Gaiter 25: compimentoe forma di uirtu ] va d'un tratto a p. 18 (Gaiter 57: ciascuno huomo che ingiusto et reo sie] e seguita sino a p.21 (Gait.66: E pero è bestial cosa seguir troppo la dilettazione del tatto] donde torna indietroap.9 [Gait.34: La potenzia uæ'innanzi all'acto] e prosegue sino a p. 18 [Gait. 57: dee l'uomo essere punilo];quindi tornadinuovoap.6 (Gait.25:beatitudoècosa ferma et stabile] seguitando sino alla fine del primo libro [p.8 M., 31 G.: Questièun casto huomo, humile et largo).È determi nato cosi uno scambio reciproco, nel principio, de'libri secondo e terzo.  'T 8 G. MARCHESI Un'altra inversione è nei codd.del Tesoro a.T. X. u.In essi iltesto dell'Etica dalla fine del cap.XXIX (pp.M.35,G.101: l'uomo si uiene a fine con grande sottilglianza de li suoi in tendimentine le cose le qualisonbuonema questasottilglianza e cerlezza e sauere ragion diuina e le dilettationi che l'uomo elegge per gratia d'altro.son queste ricchezza etc.... Jez.u] corred'untrattoalcap.XXXVIII (pp.M.41,G.121] e prosegue sino al primo periodo del cap.XXXIX (pp.M. 43,G. 125:per a u e r e lungamente u i n t i li desideri della carne. Lo magnanimo serue bene.....u]; quindi ritorna al cap.XXXIV (pp.M. 37, G.110) eva sino al cap.XXXVIII (pp. M.41, G.120:inman. giare e in bere e in luxuria e tutle dilectationi corporali ne la misura delle quali l'uomo elegge per se medesimo.et quando ella e rea si detta callidita. ne le cose ree si come incanta menti.....u]; dopo itre primi periodi del cap.XXXVIII torna cosi nuovamente al cap.XXIX (pp.M. 35,G. 101). La stessa inversione nell'ordine della materia h a il m s. V i s i a n i. I codici dell'Etica, in gran parte,presentano la solita divisione della materia in dodici libri,che non di rado è limitata alla semplice indicazione numerica,senza alcun accenno all'argomento svolto (h. 4. ); i n p a r e c c h i c o d i c i (y. c. e. h. 4. m. r.) l a materia oltre che in libri è divisa in tanti capitoletti; in altri, soltanto in rubriche le quali sono qualche volta costituite dalle stesse parole del testo,come in 5 e 6.Altri co. dici mancano di qualunque divisione sia in libri che in rubriche (p.8.Amb.). L'Ambr. C.21inf.,delsec.XV,presentala partizione comune fino al decimo libro;la materia degli ultimi due è divisa in tre capitoli (c.53':tracta di la beatitudine la quale puo hauere in questo mondo: Di po la uirtu diciamo di labeatitudine; c.57 "tracta che se l'huomo ha buona natura la ha da dio: sonno huomini che sonno buoni per pauura; c.57'di Gouernamento dilacittade:lonobilehuomoetbuono regitore di la citta fa nobili et buoni cittadini). In d in luogo di libri è detto fioretti, e cosi pure al principio di v: Fioretti dell'Elicha d Aristotile del primo libro. . Dei codici del Tesoro, taluni (e,u,n) non danno alcuna in dicazione sul modo con cui la materia è distribuita;altri (a,a) hanno un elenco delle rubriche posto in principio alla seconda parte dell'opera, vale a dire il VI libro; in 8 è un rubricario generale posto in principio del Tesoro; le rubriche di t fanno!   parte del testo,e una divisione in capitoli si trova in r (De leuile nominale de le tre potenzie del'anima Come lobene si diuide de la polenzia dell'anima de la uerlude intellectuale di che l'omo desidera tre cose |de le uerlude che ssono inabito comesitroualauerlude comel'omopuo farebene e male de le tre isposizioni in operatione de le cose che conuienefareperforzætc.). In due codici (Z eAmb.) tutta la materia del VI libro è divisa in cinque capitoli: 1°) « Incipit «libro d'eticha Aristotile; Secondo capitolo d'elicha Ari «stotile:sonooperationi lequali homo fa;39)Terzocapilolo « d'eticha: due sono le specie d'amista; Quarto capitolo de « eticha: la dilectatione è nata e notricata; Quinto capitolo « de etica: Dopo le uirtù diciamo oggimai della beatitudine ».Altri codici presentano la divisione per libri o per rubriche che si trova nelle stampe. Riferiamo il titolo originario dei dodici libri dell’Etica, træn dolo da'codici più antichi ed autorevoli, del sec.XIV: « Prologo « sopra l'etica d'Aristotile Qui si finisce il prologo di questo « libro d'Aristotile. Qui appresso si comincia il primo libro e « tracta in questo primo libro della felicitade: le uite nominate ve famose.IQui comincia ilsecondo libro dell'Etica d'Aristo « tile e comincia a diterminare delle uirtudi e primieramente « mostra che ongni uirtu che noi abbiamo è per costumanza « d'opere:Concio siacosa che siano due uirtudi.|Qui comincia “il terzo libro dell'etica e tratta dell'operazioni le quali sono “volontarie e che non sono uolontarie: Sono operazioni le quali « l'uomo fæ sanza sua uolontade uqi comincia il quarto libro « dell'etica d'Aristotile ove si ditermina di quella uertude la « quale è detta uertude della liberalitade:Larghezza è mezzo in « dare e in riceuere pecunia qui comincia il quinto libro del « l'etica e determina della giustizia la quale è uerti che dee « essere nell'operatione delli huomini: Iustizia si è abilo lau « de u o l e qui comincia il sesto libro dell'Etica e cominc a a d e « terminare delle uertudi intellettuali per ciò che infino a quie «ellisiæditerminatodelleuirtudimorali:Due sonolespezie « delle uirtudi |Qui si comincia il settimo libro dell'etica del « sommo filosofo Aristotile e ditermina della uertude la quale è detta uertude della contenenza: Li uizii de costumi molto « reil Qui comincia l'ottavo libro dell'etica d'Aristotile nel quale «ditermina dell'amistade la quale è cosa necessaria all'uomo: « Amistade si è una delle uertudi dell'uomo IQui comincia il nono libro dell'etica d'Aristotile il quale ditermina della pro «prietade dell'amistade: Lo conueneuole agualliamento si « aguallia le spezie Qui comincia il decimo libro dell'etica « d'Aristotile nel quale tratta della dilettazione e della felicitade « per ciò che pare che queste due cose si sieno fine de la dilet. « tazione et dice qui che la dilectazione si è fine dell'operazione virtuosa:La diletlazionesiènatænotricata|Quicomincia « l'undecimo libro dell'etica d'Aristotile nel quale ditermina della beatitudine la quale puote l'uomo auere in questa uita. Et dice « qui che la beatitudine è cosa perfecta: Dopo le uirtudi di c i a m o oggi mai | Qui comincia il dodecimo libro dell'Etica. E t determina come l'uomo il quale à buona natura si l'æ dalla « grazia di dio, et questi cotali sono disposti ad acquistare uer. « tudi: Sono uomini che sono buoni per natura ». Del rubricario più comune diamo per saggio quello del primo libro:«Perqualescienziașireggelacittade delleuiteet « quale è laudabile |di due modi di bene che è beatitudine «delle potentie naturali dell'anima demeriti delle operationi adi tre spezie del bene Comes'acquistætconserualabeati. « tudine |Onde uiene la beatitudine e di che à bisognio chi « non puote auere la beatitudine per che /che cose sono aspre « a sofferire |come æ similitudine l'uomo felice con dio onde « procede felicitade in che comunica l'uomo colle piante et colle «bestieetincheno dell'animacom'æcontrarimouimenti « della uertu intellettuale e della morale ».Nel codice Marciano II,141,la materia è diversamente distribuita in dodici «parti»; la prima non è indicata,poi «della forteça: Diciamo omai di « ciascuno habito della liberalità: largheça è meço in dare « del conuersare: dopo questo dobbiamo dire di quelle cose    «dellagiustitia: Justiciasi è habilol audabile dello intellecto « dell'anima: Due sono le specie delle uirtudi |de tre uitii primi: «Vilii e costumi molto rei dell'amistade: Amistade e una «delle uirtude dell'uomo e d'iddio |dello aguagliamento della «amistade: Lo conueneuole ad guagliamento della dilectatione: « La dilectatione si è nata e nutricala della beatitudine:Quando «noiauemodeterminato delcorreggimentodeVitii.depaura. « della pena: La scienzia delle uirtudi si a questa utilitade ». Il compendio volgare del Trattato Aristotelico, come si può desumere dall'incipit e dall'esplicit di ogni codice,veniva più comunementeindicatocoltitolodi Elhica d'Aristotile, ed anche: Etica del sommo phylosofo Aristotile; molto più raramente: Fioretti dell'Elica d'Aristotile. Occorre anche talvolta la indi cazione latina: Elhica Aristotilis, e più sovente quella di Liber Ethicorum. Ne' codici del Tesoro il titolo più comune è pure: l'Etichad'Aristotile,edanche:l'EtichadelgrandesauioAri slotile;in parecchi si trova l'indicazione latina:Ethica Ari stolilis. Nei codici dell'Etica manca ogni notizia intorno alle necessità e a'criteri dell'opera.Fa eccezione ilcod.Marciano II, 134 il quale contiene, solo fra tutti, l'epistola proemiale del volgarizzatore ad un amico,che a quella fatica del tradurre avevalo indotto. « Incipit proemium transductoris huius operis « uulgaris.— Più uolte essendo amicho mio da la tua gintileza « con grande instanzia infestato l'Eticha Iconomicha et politicha de « Aristotile de lingua latina in parlar (moderno] et uulgar ti « transducha. La quale richiesta considerando truouo la mala «sua axeuolezza uincere ogny mia faculta.Et anche hauendo « udito altri circha a questa opera auere insudato non m'è pa «ruto douerse seguire per fugire la riprensione de molti.Ma pure la forza de la tua amicizia è tanta che mi constringie et fami intraprendere quello che mi cognosco impossibile.Onde la gratia superna inuocho al principio di tale faticha doue « mi mecto seguendo el uoler tuo iusta mia possa. Et perche el « dire de Aristotile è scropoloso et stranio molto dal modo del « nostro parlare, pure quanto potro ad esso mi acostero.Alcuna « uolta le sue proprie parole et alcun altra el senso dimostraro «suzinto,seruando la uerità del testo.Ma auanty che questo « cominci alquanto della persona et essere suo toccharo ad cio « che le sue opere pergrate siano da te riceuute ». Il prologo non ci porge alcuna notizia storica,e del resto sulla sua auten ticità ci lascia grandemente perplessi. Il fatto che,tra tanti manoscritti dell'Etica, noi lo troviamo solo in questo,abbastanza tardivo,della fine del sec.XV,può destare grave sospetto,ma non sarebbe ad ogni modo motivo sufficiente per indurci a rin negarlo senz'altro. Ben altri motivi non ci permettono di prestar fede all'autenticità del proemio Marciano. In esso il volgarizza tore dice di aver udito « altri circa a questa opera avere in « sudato »; l'espressione è molto ambigua; giacchè o si riferisce a precedenti volgarizzatori,e ciò non è possibile perchè A. fu il primo a volgarizzar l'Etica, o a traduttori latini; ma per quanto sappiam noi in nessuna delle traduzioni latinedella Ni comachea si leggono accenni alle difficoltà del traduttore; solo Ermanno ilTedesco,nel prologodellasuaversione delCommen. tario d'Averroè alla Poetica d'Aristotele,dice della grande dif ficoltà da lui trovata « propter disconuenientiam modi metrifi «candiingræco cum modometrificandiinarabo, etpropter auocabulorumobscuritates»(1);ma ci sembrer ebbe affatto inopportuno scorgere nel prologo alla Poetica di Ermanno un rapport col prologo all'Etica diA.. Epoinel1200eneltre. cento è ben difficile trovare la nota individuale,sopratutto nelle traduzioni; furon più tardi gli umanisti che alteri del merito proprio rivelarono a quattro venti le difficoltà del lavoro da essi intrapreso e compiuto; del resto tutta la parte del pro logo, di cui ora parliamo,si connette con la præmunitio tanto comune agli scrittori del quattrocento, i quali nell'introduzione alle opere loro ci ricordano spesso la difficoltà dell'argomento e il timore della critica e la debolezza dell'ingegno e il riguardo Il prologo è pubblicato dal Jourdain (Recherches critiques sur l'age et l'origine des traductions,latines d'Aristote, Paris).   amorevole per l'amico che la vince sulle giuste considerazioni e preoccupazioni dell'autore.È questo,ripeto,un motivo comune agli umanisti,a'quali l'aveva comunicato lo spirito retorico delle composizioni proemiali latine. Lo stile poi del proemio è assai diverso dal volgare di A., ch'è quale potea rampollare schietto di mezzo all'efflorescenza letteraria dell'ultimo dugento.Lo stile del prologo marciano ri. sente molto invece di quel volgare farneticante da scuola e da sacrestia che pretendea ingentilirsi nel '400 signorilmente, usur pando gli addobbi lessicali delle forme latine.C'è in fine un ultimo argomento decisivo. Nel titolo dell'epistola proemiale è adoperata la parola transductoris,e nel volgare stesso del pro logo si trova adoperato il verbo transducere. Ora nel sec. XIII e XIV la espressione latina traducere non è ancora passata col significato moderno nel latino e nel volgare; il primo, come pare, ad usare il vocabolo traducere con il significato di tradurre, fu il Bruni; d'allora soltanto s'introdusse nel latino e quindi nell'italiano (1). Sicchè possiamo affermare che il prologo Marciano è di avan. zata fattura quattrocentina.Come sia comparso non sappiamo, nè torna conto indagare e congetturare sulle cause e sulle ori gini di tutte lescritturecheapparveroingrande numero,affac cendate e moleste,in quel tempo di continue esercitazioni re toriche e di finzioni letterarie. Stabilita la unità del volgarizzamento contenuto ne'codd.del l'Eticædel Tesoro,passiamooramai allaindicazionedell'autore. De' ventinove codici dell'Elica, da me esaminati, ventidue sono anonimi;uno,del sec.XIV (5), attribuisce la traduzione a un mæstro Giovanni Min.(2); sei codici (4.y.&.g.m.p.) danno il nome del volgarizzatore dell'Elica, traslatata in uulgari a magistro A.. (1) Vedi R. SABBADINI,Del tradurre iclassici antichi in Italia,in Atene e Roma,an.III,no 19-20,col.202. (2)Explicitethica Aristotilis translate amgio iohemin. vulgare. deo gratias. Dei codici del Tesoro,tre del sec.XIV,oltre la solita attri. buzione a Brunetto in principio di tutta l'opera, alla fine del sesto libro ci danno un'indicazione particolare del volgarizzatore, la quale è sfuggita a tutti gli studiosi del Tesoro ed è di molta importanza per la questione agitata intorno all'autore del com pendio volgare. Ecco dunque le soscrizioni.a:Explicit etica Aristotilis a magistro A. in uulgare traslala; T: Explicit hetica Aristotilis a magistro A. in uolgare trasleclata; 1:Explicit Elicha Aristotilis a magistro Tadeo in uulghari traslatlata. Dalla tradizione manoscritta si può dunque ricavare: 1o) che ilcompendio volgare della Nicomachea ebbe una larghissima diffusione come testo particolare, indipendente da altra opera; 2°)ch'esso,quando non correva anonimo,veniva comunemente attribuito a mæstro A.. Ma da'codici del Tesoro balza fuori un nuovo cumulo d'in dizi gravi e sicuri, che infirmano seriamente l'unità del vol garizzamento dell'opera di Brunetto,attribuito sempre con cordemente per intero a Bono Giamboni: 19) Parecchi codici del sec. XIV danno, come s'è visto, il nome del volgarizzatore del l'Etica: Mæstro A.; la soscrizione finale, perchè non si possa ritenere aggiunta posteriore,è sempre di mano del copista che ha trascritto il codice per intero.Questà attribuzione è l'unicachesitroviintuttoilms.,oltreaquellageneralecon cui va riferito il complesso dell'opera a Brunetto.Ciò è di spe. ciale importanza per noi: difatti, giacchè il copista solo per l'Etica sente il bisogno di riferire il nome del traduttore, vuol dire ch'ei sapeva che solo quella parte del Tesoro rimaneva estranea al volgarizzamento generale dell'opera, e il volgare di A. vi si trovava come inserito. In qualche codice anepigr. e mutilo,come a,l'attribuzione a A. è anzi l'unica indica zione di autore che sitrovi in tutta l'opera.2 ) Di solitoicodici mutili si fermano prima di giungere all'Elica; d'altra parte pa recchi mss.del Tesoro si arrestano alla fine del compendio aristotelico. Ciò dimostra che questo costituiva come un punto    di fermata, era un libro introdotto a parte, si che poteva benis simo arrestare al libro V l'amanuense che fosse sprovvisto del. l'originale, o determinare una pausa nella trascrizione,alla fine del libroVI. Nel cod.r,miscellaneo,l'Elica è preceduta dal VII libro del Tesoro: si può notare dunque il distacco ch'è tra le due parti, non considerate come legate e dipendenti nella stessa opera. In qualche ms.,come ri,precede una tavola della materia che giunge sino a tutto il libro V, escludendo la rimanente, dall'Elica in poi; e ciò dimostra ancora che l'Elica arrestava quasi il corso regolare dell'opera volgarizzata ed era estraneaalvolgarizzamento del Tesoro. Un particolare fon damentale: il cod.d ha questa soscrizione dell'amanuense,al l'Etica: Ecplicit l'Etica Aristotile in questo tanto che io noe trouata; ciò significa chiaramente che il copista, per trascrivere la parte dell'opera che comprendeva il compendio aristotelico, era obbligato a ricorrere ad un altro testo che non era quello unico del Tesoro. Ci resta finalmente da osservare che mentre tutti i codici del Tesoro differiscono quasi sempre e in m a niera notevole nella lezione, mostrano invece una concordanza molto maggiore nell'Etica; vuol dire che si tratta di un testo particolarmente prefisso a'trascrittori.Ciò dimostra ancora la maggiore divulgazione del testodell'Etica lacui lezione più re golare, rispetto alla lezione caotica del Tesoro, era fissata da una più grande diffusione delle copie. Concludiamo questa prima parte. Dall'esame dei codici e della materia manoscritta ci risulta che esisteva nel secolo XIV un compendio volgare della Nicomachea, attribuito a mæstro A., che noi troviamo anche inserito integralmente nel Tresor vol garizzato, di cui costituisce il VI libro. Ma nèicodicidelTesoro,nèquellidell'Eticacidicono da Il Sorio da questo particolare, ch'egli osserva nel cod. Ambr., trasse argomento principale diattaccoallaautenticità delVIIlibrodel Tesoro.La opinione del Sorio fu combattuta dal Gaiter (Propugnatore) con argomenti dubbi ed indecisi: l'uno e l'altro eran difatti fuor di strada.  che volgarizzó A..La questione è importantissima;data la identità tra l'Elica e il volgare del VI libro del Tresor non resta che una questione di priorità:0 Brunetto si servi di A., o A. di Brunetto; vale a dire,o mæstro A. volgarizzo il VI libro del Tresor, il quale ebbe così tradizione e fortuna isolata da tutto il resto del volgarizzamento, ch'è opera di Bono; o Brunetto si servi per il suo Compendio francese del volgare di A.,che fu introdotto però intatto nel Tesoro, in luogo di un volgarizzamento diretto dal francese. Nel Convito di Dante è unpasso che spinge molto avanti la questione: Tratt.I,cap.10:«La gelosia dell'amico fa l'uomo «sollecito a lunga provvedenza: onde pensando che perlo desiderio di intendere queste Canzoni alcuno inletterato avrebbe «fatto il comento latino trasmutare in volgare,e temendo che 'l volgare non fosse stato posto per alcuno che l'avesse laido « fatto parere, come fece quelli che trasmutò il latino del «l'Etica,ciò fu A. Ippocratista,provvididiponere «lui,fidandomi di me più che d'un altro».IlSundby,che vuole ad ogni costo ritenere di Bono tutto il volgarizzamento del Tresor,se ne sbriga assai piacevolmente: « Nel caso adunque che il passo succitato del Convilo fosse esatto in tutte le sue « parti, la cosa sarebbe chiarissima: la traduzione di A. dovrebbe essere affatto diversa di quella di cui noi ci occu « piamo,e questa si dovrebbe attribuire a Bono Giamboni. E non ci sarebbe niente da dire; resterebbe però fin ora da spiegare,se non altro,la tradizione manoscritta che,laddove non tace,dà il nome del volgarizzatore:A.,accordandosi col passo di Dante; e d'altra parte non sarebbe lecito trascurare quegl'indizi che non danno certamente più come sicura l'unità delvolgarizzamentodiBono.Nedevefareombra l'appellativo di « laido » dato da Dante al volgare di A., giacchè per MARCHESI. certo questo non è il modello migliore di prosa trecentistica, e la opinione del Nannucci,di cui si fa forte il Sundby,può ri tenersi giustificata da un sistema di ammirazione proprio della fede e dell'entusiasmo delle generazioni passate per tutti i do cumenti letterarî del nostro trecento. Tutto dunque ci fa credere che il volgarizzatore sia mæstro A.: Esiste una sola Etica volgare in tutti i codici; 2 )i codici che portano il nome del volgarizzatore l'attribuiscono a mæstro A.; la dichiarazione esplicita di Dante, il quale ha l'aria di parlarne come dell'unico, comunemente noto, volgarizzamento ch'esistesse a suo tempo dell'Etica latina. kesta anche esclusa la prima congettura,che A. volgarizzasse il francese di Brunetto; Dante ce lo dice esplicitamente: « colui « che trasmutó lo latino dell'Etica. Del resto, a prescinder da altriargomenti principali e decisivi, ch'esporremosubito,ilcom: pendio volgare dell'Etica non può ritenersi come volgarizzamento del VI libro del Tresor per le frequenti differenze, non solo di forma ma di sostanza, che presenta rispetto al testo francese: e sono omissioni o aggiunte di pensieri,di esempi,di considerazioni, ampliamenti o riduzioni di concetti: e tutto questo non può ammettersi nella traduzione di un'opera,a meno che il traduttore non abbia voluto rimaneggiare per conto suo l'originale. Dunque A. volgarizzò e compendio da una delle redazioni latine del testo aristotelico, la quale e nota allora sotto il nome di Liber Ethicorum, nome ch'è anche particolarmente proprio di un'altra redazione latina della Nicomachea, letterale e molto oscura, cui il commento tomistico a v e a spinto allora alla massim a diffusione. Dal testo tomistico difatti il Sundby fa derivare il compendio francese e volgare dell'Elica,e pone iraffronti;ve dremo appresso come il critico danese si sia messo su una falsa (1)Manuale della lett.italiana,vol.I,p.382. IlN. trova anzi l'Etica «adorna di molta purezza e semplicità di stile».  MARCHESI.   strada.Ad ogni modo che A. abbia tradotto direttamente dal Jatino ci è confermato dal confronto tra l'Etica volgare e il Liber Ethicorum da cui dipende; se avessimo scarsezza di argomenti o mancanza di prove sicure potremmo anche valerci delle soscri zioni di taluni codici dell'Etica e del Tesoro che indicano il nostro volgarizzamento come Elhica Aristotilis e più spesso Liber Ethi corum,facendoci sospettare lasua provenienza dal testo latino. Di mæstro A. i codici (4. y.) ci dicono soltanto che su « florentino » e Dante aggiunge ch'ei fu medico, « Ippocratista ». Di un A., d'Alderotto, fiorentino, « fisico massimo », scrisse, con la solita ingenuità,una breve vita Filippo Villani,il quale ce lo descrive di parenti oscuri, poverissimo, dedito ai mestieri più vili, e col cerebro oppilato e tenebroso fino ai trent'anni. Passati gli anni trenta « si consumarono quegli umori grossi; A. divenne un altro uomo e rivelòilsuo ingegno dedicandosi allo studio delle arti liberali,della filosofia e per ultimo della medicina,che insegnò pubblicamente a Bo logna. Dice il Villani: « Fu costui de' primi infra' moderni che adimostrò le segretissime cose dell'arti nascoste sotto i detti « degli autori, e la spinosa terra e inculta solcando all'ottimo « futuro seme apparecchiò. Questi, sprezzati alcun tempo i so pravvegnenti guadagni,cupido di gloria e d'onore,si dette a « commentare gli autori di medicina. Nella qual cosa fu di tanta «autorità,che quello ch'egli scrisse è tenuto per ordinarie achiose,lequali furono postene'principali libridimedicina. E fu in quell'arte di tanta reputazione, quanto nelle civili « leggi fu Accorso, al quale egli fu contemporaneo. Il Villani ci riferisce inoltre un aneddoto molto curioso, riportato poi da Le Vite d'uomini illustri Fiorentini,colle annotazioni del co.G. M a z zucbelli,Firenze, Biscioni, in una nota sopra A., inserita nelle Prose di Dante e del Boccaccio, Firenze, 1723, vuol dimostrare che A. era di famiglia cittadinesca,che possedeva effetti stabilieche prese per moglie una de'Ri goletti, il cui padre aveva il titolo di dominus, che in quei tempi si con cedevasoltantoa cavalieri.Cfr. notadelMazzuchelli, MARCHESI Negri (1) e dal Fabricio (2), intorno agli eccessivi compensi che A. « tenuto come un altro Ippocrate da'Signori d'Italia in « fermi » (3), esigeva per le sue visite giornaliere; e ci narra che chiamato a Roma dal pontefice,Onorio IV,richiese cento ducati d'oro al giorno; invece,dopo la guarigione del pontefice, n'ebbe in compenso diecimila. Villani non ci dà alcun cenno cronologico;dice solo che fu seppellito a Bologna d'anni ottanta.Giovanni Villani (Storie,seguito dal Fa. bricio, dal Poccianti e dal Cinelli, pone l'anno della morte nel 1303;l'Alidosi sostiene invece che A. morisse,il Biscioni e il Negri, per approssimazione, nella fine del sec.XIII.Delle opere di A. ci attesta il Mazzu chelli ch'esiste una raccolta a stampa col titolo « Expositiones «inarduumAphorismorum Hippocratisvolumen. Indivinum « Prognosticorum Hippocratis librum. In præclarum regi. a minis acutorum Hippocratis opus. In subtilissimum Iohan «nitiiIsagogarum libellumIohan.Bapt.Nicollini Salodiensis a operainluceme missæ.Venetis, apud Luc.Antonium Iuntam. Scrisse anche in ci. Galeni Artem parvam commen taria, Neapoli, Mazzuchelli, che attribuisce anch'egli a A. la traduzione in volgare dell'Elica d'Aristotile, aggiunge che nella libreria dei pp.Minori Osservanti in Cesena si con serva un ms.intitolato Magistri Taddei Glossæ in Galenum, eiusdem Aphorismata. Di mæstro A. si conservano in al cuni codici parecchi trattatelli medicinali e fra questi è par Istoria degli Scrittori Fiorentini, Ferrara, Biblioth. latina mediæ etinfimæætatis, Patavii, Notissimo anche un distico del Verino (de illustr.urbis Florent., lib.I)su A.: «Est quoque Thadæi celeberrima fama,non alter For « sitan in medica reperitur ditior arte ». A proposito di questo aneddoto vedi la erudita nota del Mazzuchelli, Cfr. Mazzuchelli, Biblioteca Angelica (Roma),Thaddæi de florentia  ticolarmente diffuso un libellus de seruanda sanitate o libellu's conseruandæ sanitatis, dedicato a Corso Donati. Fra i m a noscritti che lo comprendono è di speciale importanza l'Ambrosiano J. 108 sup.,del sec.XIII per una nota posta in principio, di mano dello stesso copista che trascrisse tutto il codice: « Iste « libellus scriptus et compositus per probissimum et prudentis « simum uirum dominum magistrum Taddeum de Flor. doctorem « in arte medicine in ciuitate bononie transmissus nobili militi « domino Curso donati de florentia », È notevole anche il proemio del trattato medicinale:« Quoniam passibilis et mutabilis a existit humani corporis conditio, complexionem et consisten « tiam quam a principio sue originis homo habuit non seruando, « necessarium extitit artem et scientiam inuenire,per quam in « sanitate et natura et corpus hominis conseruetur, motus igitur « precibus et amore cuiusdam mei amici,multa mihi dilectionis «teneritate coniuncti nec non pro utilitate aliorum hominum, « more uiuentium bestiarum ad conseruationem sanitatis et uite « in humanis corporibus libellum medicinalem inuenire disposui « de libris et dictis philosophorum breuiter compilatum ». Da queste ultime parole risulta ancor meglio l'identità ch'è tra l'autore del libellus, studioso sfruttatore e compendiatore di m a teria filosofica e l'autore del nostro compendio volgare dell'Etica. Il trattato di A.,molto curioso,contiene quei precetti igienici che bisognerebbe osservare fin dal principio della giornata in torno alle abluzioni del capo,all'igiene della bocca,dello stomaco, libellus medicinalis; Magistri Thaddæi de florentia de r e giminesanitatis; Curacrepotorummagni Tadeiabeocom posita. Riccardiana, Magliabechiana,cl.21,cod.62;141. Membran.a due colonne;contiene:19) Vegetii de re militari libri; Isiderus de bellis; a c.31a segue la notissima epistola de cura et modo rei familiaris di Bernardo,al gratioso militi et felici domino Raimundo domino CastriAmbrosii;a c.32 asegue iltrattatodiA..Ilcod.consta d icc. 3 5 n. num., l a c. 3 4 * e 3 5 a v u o t e. Questo cod. si trova legato assieme con un altro membr. dello stesso formato, di cc.19 scritte perdisteso,con tenente i Saturnali di Macrobio.    MARCHESI de'cibi,delle bevande, della digestione,del sonno;sulle condi zioni del corpo umano durante le diverse stagioni e quindi sulla igiene delle stagioni. Segue a dire della efficacia terapeutica, molto larga,dialcune pillole,da prendersi avanti o anche dopo ilcibo,compostedaun«frateRobertodeAlamania»conuna quantità di sostanze vegetali e aromatiche. La parte trascritta nel cod.Ambros. finisce con la ricetta adatta «ad faciendum «cristerepropassioneyliaca». Questo A. famosissimo medico del suotempoedanchepoeta(1), autoredicommentari e di trattati, insegnante l'arte della medicina nell'Accademia di Bologna,fualtresìquellochetradussedallatinoinvolgare il compendio dell'Etica aristotelica. E veniamo al VI libro del Tresor. È noto ed è stato detto da tutti gli editori e gli studiosi del Tresor, ch'esso risulta da m o l teplici e varie compilazioni fatte in diverso tempo da Brunetto, su scrittori specialmente latini; poi riassunte e combinate nel compendio enciclopedico francese del mæstro di Dante. Lo C h a baille anzi afferma che Brunetto avea preludiato alla compila zione del Tresor con opuscoli separati in prosa e in verso, fra cui l'Elica d'Aristotile,ch'egli dunque suppone,come parecchi altri,compendiata e volgarizzata da Brunetto Latini,prima della compilazione del Tresor (2). Ma su ciò non vale la pena discu tere,giacchè sarebbe combattere contro imulini a vento. Magliabech. Tadæi magistri de Florentia Carmina. Op. cit., Introd., p. vi.  Riferiamo un passostesso di Brunetto:Liv.I,cap.I:«Il « (cist livres) est autressi comme une bresche de miel cueillie « de diverses flors; car cist livres est compilés seulement de « mervilleus diz des autors qui devant nostre tens ont traitié « de philosophie, chascuns selonc ce qu'il en savoit partie; car « toute ne la pueent savoir home terrien, porce que philosophie « est la racine d'où croissent toutes les sciences que home peut savoir. Egli dunque non dice di essersi limitato a raccogliere e tradurre scritti latini soltanto; e si deve intendere anche di volgari. Fra questi è il compendio dell'Etica di mæstro A. che Brunetto, valendosi anche di raffronti continui con il testo latino originale,trasporto nel VI libro del suo Tresor. Allo Zannoni, il quale riteneva che A. avesse tradotto Aristotile di latino in italiano e che Brunetto poscia voltasse il testo di A., Sundby oppone le parole di Brunetto, che nel Prologo della seconda parte (il Tesoro volgare) dichiara di tradurre il libro d'Aristotile de latin en romans. Per venire in aiuto di quanto abbiamo asserito non è necessario ricorrere alla sottile nota del Paitoni, ilquale sosteneva che il volgare italiano si chiamava anche « latino »; giacchè essendosi Brunetto servito non solo del volgare di A., ma anche,come vedremo,della redazione originale latina,anzi avendo acconciato e rifatto in molti punti il volgare in base al testo latino, è chiaro come abbia potuto dire d'aver tratto il suo compendio dal latino,che del resto è anche l'originale dell'Etica diA.. E poniamo le nostre conclusioni. Il compendio volgare dell'Etica è la traduzione che mæstro A. fece di una delle redazioni latine del testoaristotelico,laquale ci è rimasta.La traduzione è in gran parte fedele al contenuto, nella forma è condotta al quanto liberamente: spesso il traduttore compendia la materia, d'altra parte allarga sempre la frase o il concetto e diluisce nel volgare il testo latino per bisogno di ripetizioni o di esempi o di ampliamenti, servendosi, come fa in principio,di qualche altro rifacimento o aggiungendo delle dichiarazioni proprie.A. non è un traduttore letterale che si preoccupi della frase e voglia mantenersi fedele alla parola o al tenore dell'esposizione; egli I codici del Tesoro traducono « di latino in uolgare », ovvero « di « latino in romanzo » o « di gramaticha in uolgare ». è solo un interprete occupato del contenuto che pur vuole p a recchie volte acconciare dal lato espositivo nella maniera più rispondente, secondo lui, a'bisogni della chiarezza e della s e m plicità.È l'originale una traduzione latina, di un compendio alessandrino-arabo della Nicomachea, elementarissimo, semplice e piano, ridotto a una esposizione riassuntiva molto breve, e talvolta anche efficace, nonostante l'incertezza e la poca fedeltà di talune espressioni. Molti luoghi fondamentali, anzi diciam pure tutte le parti più notevoli per gravità e serietà di enunciati, per difficoltà di contenuto critico, vengono senz'altro omesse interamente, o ri dotte alla loro ultima e più semplice espressione. Cosi, per dare qualche esempio, nel 1° libro è saltato il passo importante al principio del cap.3,in cui Aristotile nega la possibilità diotte. nere una precisione assoluta nei giudizi e pone la necessità del giudizio per approssimazione; altra omissione considerevole è quella della prima metà del cap.4,in cui Aristotile passa alla definizione del supremo de beni, alla critica del concetto di fe licità, e si accinge a discutere la dottrina platonica del bene assoluto; è tralasciata pure tutta la confutazione della dottrina platonica delle idee (cap.VI) e l'astrusa enunciazione fondamen tale dell'Eudaluovía aristotelica considerata come bene vero ed assoluto che comprende in sè, unificandoli, tutti gli altri beni necessari all'autarchia della vita; e della seguente trattazione intorno a'principii (cap. VII) non è alcun cenno nel compendio. Dei brani accolti tuttavia è vero e proprio ampliamento. Ad ogni modo il testo si prestava benissimo all'intelligenza comune per l'intendimento più facile e semplice e la forma più piana che non l'oscurissimo Liber Ethicorum del commento tomistico. (1)Questo compendio fu conosciuto prima dal Jourdain in un codice della Sorbona; e più tardi dal Luquet (Hermann l'Allemand, in Revue de l'histoire des Religions, Paris, in due mss. della Biblioteca Nazionale: il n ° 12954, che pone la data della versionenel1244,eilno16581 che è forse lo stesso veduto dal Jourdain.  Come compendio poteva anzi dirsi ben riuscito;giacché per ri durre allora in più brevi proporzioni l'Elica nicomachea, ch'è da per sè una condensazione poderosa delle norme logiche e de principi esposti nell'Organo, bisognava appunto sfrondarla di tutti i luoghi più ardui 'a spiegarsi e a comprendersi senza l'aiuto di richiami e di collegamenti, e semplificarne e chiarirne il contenuto eliminando la rassegna delle opinioni e la parte critica, sopprimendo le divisioni minori, togliendo il carico degli argomenti favorevoli o 'contrarî ad ogni problema e riducendo questo alla sua più semplice ed elementare espressione.Ilcom pendio arabo latinizzato era dunque il testo etico aristotelico di moda piùrecente.Essocièrimasto,sottoilnome diLiber Ethico r u m, i n u n codice Laurenziano, già Gaddiano (Plut.) membr. in fol., a due colonne,di cc.scr.219,miscell. Enon tuttodiunamano; contiene:una Cronicadianonimo; laHistoria troiana di Darete frigio,premessa un'epistola:Cor nelius Nepos Sallustio Crispo suo salutem; Graphia aureæ urbisRomæseuantiquitatesurbisRomæ dianonimo;Eu tropii historia romanæ Ciuitatis dilatata a Paullo Diacono: Liber Alexandri regis; un'epistola di Alessandro ad Aristo tile intorno alle regioni e alle cose notevoli delle Indie; Liber Sibyllæ, di Beda; un'epistola dell'abate Ioachim; un'ora zione di Seneca a Nerone; i LibrideremilitaridiVegezio; 11) ilLiberEthicorum,d'Aristotile:vadac.131ac.142;la materia è distribuita in ventidue capitoli indicati dalla iniziale colorata;manca ognialtradivisione.Com.:Incipitliberprimus Ethicorum. R.;allafine: Incipiamus ergoetdicamus.Explicit prima pars nichomachie Ar.que se habet per modum theo rice et restat secunda pars que se habet per modum pratice. Et est expleta eius translatio ex arabico in latinum. Anno incarnationis uerbi. La soscrizione, importantissima per la storia di questa reda zione,è di mano dello stesso copista,scritta con lo stesso in chiostro e coi medesimi caratteri di tutto il testo aristotelico. Seguono di mano più recente e in carattere minuto alcune cita    zioni dell'andria e dall'Eunuco di Terenzio.La lezione dell'Etica verso la fine è molto incerta e in taluni punti a dirittura insa nabile. Dopo il Liber Elhicorum vengono le orazioni catilinarie e iltrattato de Senectute,l'orazione di Sallustio contro Cicerone, l'invettiva di Cicerone contro Sallustio, le orazioni pro Marcello, pro Ligario,proDeiotaro,ilibride Officiis,iParadoxa,epoi la Catilinaria e il Giugurtino di Sallustio; seguono, di mano del sec.XIV, alcune bolle di papa Bonifacio VIII. La versione dell'Etica, compiuta nel 1243, si deve con molta probabilità attribuire ad Ermanno ilTedesco (Hermannus Alemannus),il quale trovandosi in quel tempo nella Spagna,a Toledo,aveva due anni prima (nel 1241) ridotto in latino il commento di Averroè alla Nicomachea,e più tardi nel 1256 compi la versione di altri due testi arabi di Averroè relativi alla poetica e alla retorica d'Aristotile. La traduzione di A.,che dovette essere di poco,meno di un ventennio, posteriore, corse ed ebbe fortuna e divulgazione; ce lo attesta il buon numero di codici, l'uso che ne fece Brunetto, la dichiarazione di Dante che ne parla come di cosa comune mente nota,egli che molte espressioni del volgare di A. ricorda nella sua Commedia. Brunetto Latini più tardi si accinse a svolgere nella parte morale del suo Tresor la dottrina etica di Aristotile. Egli si servi del volgare di A.,ma prese anche in mano il testo latino: c e l o dimostrano le aggiunte e le modificazioni introdotte, che corrispondono in tutto con il Liber Ethicorum; qualche altra volta ridusse il volgare di A. e quindi con esso anche il latino della redazione araba. Nessuno vorrà certo ancora dubitare che l'Etica di A. sia tratta dal compendio francese di Brunetto, rivendicando a questo la priorità; giacche,pur volendo saltare sul passo di Dante, sulla particolare designazione de'codici,sulla tradizione isolata dell'Elica volgare,rimane sempre una barriera dinanzi a cui bisogna fermarsi:la materia de'due Compendî.La dipendenza diretta dell'Elica dal testo latino ci è fra l'altro attestata dalle numerose espressioni latine trasportate di peso,quando corrispon dano nel lessico volgare, nel compendio di A.; mentre Brunetto è costretto tante volte a tradurre dirersamente,m u tando la dizione, e dall'Elica e dal Liber Ethicorum. D'altra parte poi nell'Etica molte cose ci sono che mancano nel com pendio franceseeche pur dipendono dal testo latino.Un'ultima prova: tutti i codici dell'Elica e del Tesoro si chiudono allo stesso modo, con le stesse parole, e la chiusa non corrisponde al testo francese. Brunetto va più in là di A.: egli include nel suo compendio tutta la fine del rifacimento latino. Se si do. vesse considerar l'Etica come un volgarizzamento del libro VI del Tresor,anzi che come un compendio indipendente,non si spiegherebbe più quella ostinata lacuna e quella costante diver genza alla fine. Solo cinque codici dell'Elica, di trascrizione al quanto tarda, seguono volgarizzando l'opera di Brunetto: i tre codici Marciani e i coddice Ambros. C 2 1. i n f., i quali rivelano molto chiaramente l'influenza del testo francese. In essi il brano finale è volgarizzato in modo del tutto differente; ciò è na turale: giacchè nessun codice dell'Etica e del Tesoro dava quella parte del testo francese, i trascrittori, che tennero l'occhio al Tresor, dovettero pensare, ciascuno per conto proprio, a volgarizzarla.Anzi il Marciano II, 134 contiene tutto quanto ilcompendio di A.,compreso ilbrano finale rias suntivo,che non si trova invece negli altri codici dell'Etica o del Tesoro iquali proseguono col testo francese sino alla fine; e questa nel Marc.II,134 ci appare evidentemente come una sovrapposizione voluta dal trascrittore. Naturalmente tutti i giudizi e i sospetti di ampliamenti, di aggiunte, di mutamenti arbitrarî del volgarizzatore, di sbagli continuati degli amanuensi, agitati dagli editori del Tesoro, ca dono innanzi all'entità e al valore storico diverso dei due com pendi, volgare e francese. E data la priorità del volgare, cadono anche meschinamente tutti i tentativi di emendazione apportati dagli editori alla lezione del VI libro in base al testo francese. Nel Propugnatore Gaiter, che accude allora   Quale dei due traduttori, in fine,abbia merito maggiore non possiam dire.A. ha ilmerito della priorità;Brunetto che lavoròappresso a lui è più fineecompleto,e poi anche ilfran cese si prestava allora molto meglio del volgare italico.A. qualche volta amplia o riduce la materia, Brunetto si richiama al testo.Siamo nel periodo de compendi e dell'enciclopedia. U n compendio fatto è fatica risparmiata al mæstro che deve dire le«chose universali».Brunetto,che aveva intelligenza fine, trasse il compendio italico alla lingua di Francia e l'incluse n e l l'opera sua e ne colmo le lacune e ne affino i contorni e lo ripuli di fronte al testo latino,da cui egli pompeggiandosi dicea di aver tratto la parte morale del Tresor. E non fa cenno di A.: egliaccoglie,corregge,assimila;d'altraparteètuttauna let teratura e una divulgazione anonima quella che dall'ultimo m e dievo va al trecento,e i diritti di proprietà letteraria non sonoancor sorti. E poi mæstro A. forse non appariva degno di menzione speciale al mæstro di Dante; echisa, forse, che in questo non dobbiamo trovare indizio di una lotta accademica, svoltasi di mezzo al laicato dotto della seconda metà del dugento e nel trecento,negli Studi pubblici,tra medici inchinevoli alle lettere e letterati avversi a'medici? C'è però da osservare che nel ritocco della materia volgare,in base al testo latino, Bru netto non va oltre qualche singola espressione o frase, trascurata o ridondante. Egli non si attenta mai a rimaneggiare e ad ac conciare la materia nel contenuto ideale, per il modo con cui le idee furono rese nel volgare o compendiate o disposte o interpretate riguardo all'originale latino.Questo dunque testi monia onorevolmente che A. era allora ritenuto autorevole  MARCHESI a preparare,con l'aiuto dei mss.e del testo francese,la sua edizione del l'operadi Brunetto, inunsaggiodicorrezioni alVI libro,siscagliasempre, con taluni intendimenti spiritosi,contro l'amanuense che tanto strazio avea fatto del presunto volgare di Bono; e con l'aiuto del testo francese si affanna a correggere gli sbagli e a colmare le lacune lasciate dai trascrittori e da Bono stesso.  ed esperto intenditore del trattato aristotelico anche da un uomo per cultura famoso come ser Brunetto, sebbene al grande di scepolo di costui non apparisse ugualmente felice dicitore del volgare. Dunque Brunetto si valse del volgare di A. (1), ch'ei ri. dusse e acconciò in molti punti in conformità al testo latino, come si vedrà chiaramente dal confronto che faremo. Più tardi gli amanuensi del Tesoro,al posto del VI libro,introdussero il volgare già ben noto dell'Elica, essendo ben chiara e conosciuta la dipendenza del compendio francese dall'altro volgare.Cosi resta anche spiegato il fatto che parecchi codici del Tesoro si fermano all'Etica: Il compendio di A. rimaneva, rispetto al VI libro del Tesoro, originale e fondamentale; in un volgariz zamento italico dell'opera di Brunetto esso dovea necessariamente e naturalmente tenere il posto del francese che da esso proveniva. Già anche loChabaille noto come la seconda parte del Tresor, interamente consacrata alla morale, offre «plus d'ensemble « et plus d'unitė » (2); ed anche noi durante l'esame critico dei codici abbiamo potuto osservare come appunto il VI libro non presenti quella lezione così fluttuante, incerta, caotica degli altri libri;ciò è ben chiaro:icopisti avevano un testo già da lungo tempo fissato. Con questo se abbiamo voluto rilevare la differenza che l'Etica offre, nell'incertezza minore della lezione, rispetto a'libri volga rizzati del Tesoro,non intendiamo affermare che la lezione del compendio di A. siacostante e sicura.La mancanza diuna lezione rigorosamente affine nella maggior parte dei codici si deve al fatto ch'essi servivano non ad uso letterario, nel qual caso la lezione avrebbe dovuto essere molto più rigorosa,ma ad uso morale;per cui itrascrittori,quando non erano affatto (1) Così lo studio accurato della questione e la inconfutabile testimonianza del documento son venuti a confermare in parte la fortunata ipotesi dello Zannoni. MARCHESI Ho già detto che gli amanuensi introdussero il compendio di A. nel posto del VI libro del Tresor; ho detto gli amanuensi e non il volgarizzatore, giacchè non mancarono alcuni (non oso affermare se Bono od altri) i quali vollero volgarizzare tutta l'opera,compreso il VI libro; ma il nuovo volgare dell'opera francese,di fronte al comunissimo compendio originale di A., rimase eclissato e restò soltanto in pochi codici quattrocentini, che ho potuto rinvenire.I codici sono due,di valore e di con tenuto diverso. Magliabechiano cartac.del sec.X V, in 4o,di cc.53 scritte ed 8 bianche,anepigrafo.Ilcod.contiene l'Etica tratta evidentemente dal Tresor, giacchè va oltre il limite del compendio di A., e comprende la chiusa del libroVI dell'originalefrancese.A c.46'segue,senzaalcuna par ticolare indicazione, il trattato sulla « doctrina di parlare ad Alessandro; infineac.53': ExplicitAristotilisEuthica uul garis Amen. La lezione si mantiene per una buona metà fedele al testo comune dell'Elica; dal cap.47 sino alla fine presenta una grande ed accentuala differenza e mostra evidentemente la Secondo la edizione Gaiter.  ignoranti,semplificavano dove e come volevano,buttando giù il periodo anche ridotto, che sembrasse loro di rendere in ogni modo fedelmente l'idea espressa dall'autore e di significare lo stesso concetto. Nei codici dell'Etica si trovano molte espressioni qualche volta incerte, fluttuanti dalla differenza ortografica al periodo ridotto o allargato o smembrato o dissennato, che ci testimonia da una parte della negligenza o della caparbietà di trascrittori ignorantelli,in un tempo in cui tutti quanti tenevano un crogiolo dove manipolare la pasta morale delle dottrine ari. stoteliche o supposte tali, e dall'altra parte dello stato de' testi donde copiavano,che,data lagrande diffusionedell'opera,doveano a forza portare le tracce di cancellazioni,aggiunte,modifica zioni,lasciatevi dai possessori:filone di muffa questo che ci fa tante volte scivolare il piede lungo il percorso delle trascrizioni trecentistiche di autori ritenuti catechisti o morali. L'Etica (ediz.Manni, Li Tresors. Liv. II, Magliabech. 21. 8. pp.52sgg.).L'uomo part.I, chap.XLI.Li 149. c.33. ch'è buono si diletta in bons hom se delite en semedesimo abbiendo soimeisme, pensantas allegrezza delle buone bones choses; autressi operazioni, eseegliè sedeliteilavecsonami, buono molto allegrasi cuiiltientautressi com conl'amico suo, lo quale mesoimeismes. Maisli eglitienesiccomeun mauvaishomtozjorsest altrosè; mailreofugge enpaor, ets'esloignedes dallenobiliebuoneope- bonesoevres;etseilest razioni,os'eglièmolto moltmalvais, ils'esloi reo si fugge daseme- gnedesoimeisme;car desimo,peròchequando egli sta solo si è ripreso da ricordamento delle maleopere, ch'egliha fatto, enonamanèse, faites, et blasmesacon. nèaltrui, perciòchela science, etporcehetil natura del bene è tutta mortificata inluinel profondo della sua iniquità; nènon si diletta soiettoz homes; etce avientporcequelara cine de touz biens est ilnepuetseulsdemorer, sanztristesce, porceque illi remember desmau vaisesoevresqueila  influenza continuata del testo francese, si che c'è da pensare a una nuova redazione sovrapposta. Riporto un brano che valga a far notare meglio le differenze e le relazioni dell'Etica di A. col testo francese e il volgare del cod. Magliabechiano. mortefiéeenlui, eten son mal ne se puet de. tutto el bene è mortifi. pienamente nel male ch'eglifa,perciòchela liter plainement, car cata in lui.etnel male natura del male si'l træ toutmaintenant que il non si può dilettare pie. al contrario dellasuadi- sedelite, enune chose namente,percioche lettazione,edèdiviso malfaite,lanaturede quand'eglisidilettadi insemedesimo,eperciò son mal si l'atrait au èinperpetuafatica ed contraire deceluidelit. quellomalesieltræ angoscia, epieno d'ama- Etàcequelimauvais al contrario di quella ritudineedisozzuradi estpartizensoimeisme, dilettatione.percioche perversità. Adunquea siconvientqueilsoitl'uomoreoèdiversoet L'uomo ch'è buono si diletta in se medesimo pensando nelle buone cose, et similmente si diletta coll'amico suo, el quale egli reputa se medesimo. Ma l'uomo ch'è reo sempre sta in paura et fuggie dall'o pere buone; et s'egli ė molto reo fuggie da se medesimo et non può stare solo sanza tristizia, impercioch'egli si ricor da delle sue rie opere, ch'egli à fatte et ripren delo la coscienza sua. Et perciò vuole male a se medesimo et ad ogni altro huomo.Et questo èperchèlaradicedi uno male, la natura di   quello cotale uomo nes- en continuel travail de in se medesimo è m e sunopuoteessereamico, penseret plains demolt stierechesiain continua per ciò che l'amico deve insemedesimo,ecompi. ne se laisse cheoir en a lei. Lo cominciamento lla possa tornare a bene. doit efforcier chamentodellainiquità lettazione, laquale l'huo piglia accrescimento gars; mais li fermes mo ba nelle femmine, per usanza di tempo. liensquitozjorsestavec alqualesiuadinanzi L'officio del confortare l'amistiéetquipointne unodiletteuolesguarda  MARCHESI sance sensible; et ce confortamento,ma pare cede loconfortamento poonsnosveoirpar.i. essereetsomigliarsia puoteesseredettaami- homequiaimeparamors llui;mælcomincia stade per similitudine, une dame,car tout avant mento dell'amista è di infino atanto ch'ella passe unsdelitablesre scunouomosidee guar- niuno huomo può essere chose quià amer face. amico aquello tale,per dare ch'egli non caggia in questo pelago d'ini- sere et en itele male niuna cosa la quale sia quità,anzi si dee isfor- zare di venire a finedi mecineparcuiilpuisse seria et tale infelicità bontà, perlaqualeabbia Certes, et en itele mi- cioch'egli non ha in se aventuren'aurailjà daamare. Ettalemi. ainz se felicitade. Adunquecia. queiln'ænluinule maliceetdeiniquitéque ch'eglinonsilascica mentononèamistà, ave- l'on ne puet ræmbre, dereinquestoistraboc gnachè egli si somigli inordinato! Addunque dilettazione e allegrezza àbienvenir:donques nonhamairimedioche chascuns se gart que il chascuns que il viegne et della malicia la quale àlafinde bontépar èsanzarimedio anzisi dell'amistà si è dilettazione sensibileavutadi- quoiilsepuissedeliter del'uomo sforzare ac nanzi,si come l'amista mento d'allegrezza colli tel tresbuchement de suoi amici.Lo conforta. Addunque ciaschuno huomo si de guardare amertume,etyvresde fatichæt pensieroetsia avere in se cosa da a- laidesceetdeperversité, pieno di molta amari mare.E questo cotale etqueilsoitdestortpar tudineetèebbrodisoz hæ in se tanta miseria, misere neant ordenée. zura di peruersita, et che non è rimedio niuno Donc nus ne puet estre sia distorto per miseria ch'egli possa venire a amisdetelhome,porce en soi meisme et avec cioch'elli uengha alla d'unafemina,allaquale sonami. Confors n'est finedellabontaper la v'hadinanzidilettevoli pasamistié,jàsoitce qualeeglisipossadi guardamenti,eladiletta- que illesembleàestre: lettareinsemedesimo, zionesièlegamedell'a- mais li commencemens et hauere compimento mistà,eseguitalainse- d'amistiéestunsdeliz didilettationecolsuo parabilemente.Ladispo- rasavorez par conois- amico.L'amistà non è sizione dalla quale pro   Gli huomini rei tardo s'accordano nelle oppi nioni: et sono sanza parte d'amista, et per  se desevre, ce est deliz. si pertiene a colui ch'à insegravezzadicostumi ed esercizio di vertude, unità d'opinione e con cordia di mettere amore, perciò che le discordie dell'openione sono da trarre dalla nobile con. gregazione,acciòch'ella rimanga unita di pace e in concordia di volon tade. Quelle cose che danno altrui vera digni. tade da reggere,sisono le uirtudi e le loro opere e l'unità dell'oppinione; e questo si truova negli uomini buoni, concios sia ch'egli sono fermi e costanti in fra loro, e nelle cose di fuori, perciocch'egli uogliono bene continuamente.Ma rade volte addiviene che gli uomini si accordino in una oppinione,eper cagione di compiere gli loro desideri si soste: gnano molta briga e molta angoscia e molta fatica, ma non per ca. gionedivertude,ehanno moltesottilitadiinseper ingannare colui,con cui hanno a fare, e perciò sempre sono in rissa e in tenzone. C. MÆCHESI. Cil habiz dont pre mierementnaistlicon fors puet estre apelez amistié par semblant jusqu'à tant que il croist par longuesce de tens. Et li ofices dou confort affiert au preudome et au ferme que il soit griez en moralité de sa vie et es proesces et es costumes et toutes ver tuz, et plains de science et de bone opinion et de concorde, desirrous d'a. mor; por ce devroient estre ostées toutes des cordes et malvais pen. sers d'entre les nobles compaignies des homes, si que il puissent vivre en pais et en concorde de propre volonté,cele chose qui plus aide à maintenir et governer les dignitez des vertus et ses oevres.Et la con corde des opinions et es bons homes,porcequ'il sont parmenant dedans soi et es choses dehors; car toutes foiz jugent et vuelent bien. mentoellegamechenon si parte e sempre con lei et la dilettazione (sic). L'abito dal quale pro ciede confortamento si può dire amista per si. militudine infino a tanto ch'elli crescie per lungo temporale. L'ufficio del confortatore s'appartie ne a buono huomo et al fermo, el quale è graue di costumi et exercitato nelle uirtu,et essere pie toso di scienza et auere accontamento d'oppinio. ni, et concordia intro ducta d'amore (sic),per. ciò che le discordie delle oppinioni sono per disfa re le diuisioni dell'opere le quali sono nella nobile congregazione in con cordia di uolontà.Quella cosa la quale aiuta reg. giereladignitàelavirtu et l'opere delle uirtu.et concordiadelleoppinioni si truoua negli huomini buoni et costanti intra se et nel desiderio delle cose di fuori, percio che perano bene et uogliono Limauvaishomepo bene. s'acordent à lor opinion; car il n'ont en amistie nulepart, et poracom plir lor desirriers suef questi cotali sempre ado   frentilmaint espoines chagionedicompierele et mainttra va ilconmie le loro conchupiscienzie poramistié; etsontes eglisostengonomolte mauvaishommesmain- faticheetmoltitraua tes mauvaises soutil- gli:. per chagione d'a lancesporengigniercels mista, et molti scaltri quiàel sont à faire, et mentietmoltesottilita. porcesontil touzjors Et sonohuominireiper enpaineeten angoisse. chagione d'ingannare L'altro codice, che ci presenta una redazione affatto nuova e dipendente in tutto direttamente dal testo francese, è il Maglia bechiano (vecch. segn.), cartac.delsec.XV, a due colonne,di cc.scr.160; con le didascalie in rosso e rozzo disegno a colore nella prima iniziale e ne'margini della prima pagina. Contiene il Tesoro; precede un indice della materia:a c.5*: Questo libro si chiama il Tesoro il quale è chauato per lo mæstro Burneto Latino di Firenze di piu libri di filosofia che sono strati per li tempi. Qui comincia l'eticha di Aristotille; finisce l'Etica a c.76: Qui finisce il libro dell'eticha d'Aristotille. La soscrizione finale a carta Qui finisce il libro del Tesoro che fa il mæstro Bruneto Latino di Firenze. dio ne sia lodato. La lezione offertaci dal ms. Mgl. è infelicissima e costellata di sbagli, di contorcimenti e travisamenti di parola che pare non si possano attribuire tutti quanti al copista. (“And that’s why Hardie disliked it!” – Grice). Il volgarizzatore in molti punti dà a vedere di essere poco felice conoscitore del volgare come poco esatto intenditore degallico. Molte espressioni gallliche o sono adattate malamente all'idioma italico o lasciate intatte a dirittura e trasportate di peso nel volgarizzamento. Ma ciò vede il lettore nel confronto che Hardie e Grice poneno tra il testo del Liber Elhicorum e l'Etica di  coloro ch'anno a fare con loro per cio sempre sono in brigha ed in angoscia.  A.  col compendio di LATINI (vedasi) e il volgare del Tresor; confronto da cui balza fuori un documento largo e complesso, vivo e certo della tradizione morale aristotelicadel “Lizio,” come A. chiama la scuola, nel tempo in cui vive e conosce e compone ALIGHIERI (vedasi).  Dell'Etica di A. Hardie e Grice danno la lezione critica, quale risulta da’codici più autorevoli dell'Etica e del Tesoro, diversa quindi da quella offertaci dalle stampe che si son succedute fin ora. Liber Ethicorum. L'Etica d'Aristotile. Omnis ars et omnis incessus et Ogni arte e ogni dottrina e ogni omnis sollicitudo vel propositumet operazione e ognie lezione pareado quelibet actionum et omnis electio mandare alcun bene. Adunque bene ad bonum aliquod tendere videtur. dissero li filosofi, che lo bene si è Optime ergo diffinierunt bonum di quello lo quale disiderano tutte le centes quod ipsum est quod intenditur cose. Secondo diverse arti sono diversi ex modis omnibus. Sunt autem in- fini; che sono tali fini che sono ope tentaperartes multas diversa. Que- razionie sono tali finiche non sono da menim sunt actio ipsa metet que- operazioni, ma seguitansi alle opera dam sunt ipsum actum. Cum quesint zioni. Conciosiachosache siano molte artes ac ipsarum actiones multe, arti e molte operazioni, ciascuna hæ erunt intenta per ipsas multa. Ac losuofine.Verbigrazia. La medicina tamen actum in ipsis existit melius si hæ un suo fine, cio è fare sanitade, actione. Est igitur intentum per me- el'arte della cavalleria la qualein dicinam sanitas et per artem regiti- segna combattere, si ha un suo fine uamuelred actiuam exercituum uic- per lo quale ella è trovata, cio è vittoria et pernauium structiuam naui- toria, e la scienza di fare le navi, si gatio et perdomus rectiuam diuitie; hæ un altro fine cio è navicare; e la etista sunt acta honorabilia. Que- scienza che insegna reggere la casa dam autem artium habentse habi- suæ la famiglia sua ha e un altro tudine generum et quedam habitu- fine, cio è ricchezza. Sono al quante dine specierum et quedam habitudine arti le quali sono generali e sono individuorum. Ideoque quedam ipsa. Al quante le quali sono speciali e con rum sunt sub aliis, ut sub militari factura frenorum et cetere artium instrumentorum militarium, et sub tengon si sotto quelle. Verbigrazia. La scienza della cavalleria si è generale, sotto la quale si contengono altre arte exercitu alicetere omnes bellice scienze particolari, siccome è la scienza siue litigatorie. Et simpliciter hono- di fare lifrenieleselleele spadee rabilissima omnium atrium est con- tuttel'altre, le quali insegnano fare stitutiuæt instructiva ceterarum. cose, le quali sono mistieri abatta Et quemadmodum quibusque rebus glia; equeste arti universali sono più a natura productis est perfectio quam degneepiùonorevilidiquelle, im. Perse naturaintendit, etintellegibi. Perciocchè le particolari sonfatteper libusest perfectio quamintendit per l'universali. Esiccome nelle cose In tutto il principio del compendio di A., e quindi anche del testo francese, si sente l'influenza diretta dell'altra redazione del Liber Ethicorum, che servì di base al commento d’Aquino. Ecco il latino di quest'altra redazione: « Omnis ars et omnis doctrina, similiter « autem et actus et electio, bonum quoddam appetere uidentur. Ideo bene enunciauerunt bonum,  beržalglio per suo adirizamento,tutto   Tutte arti e tutte opere e tutte in. Tous ars et toutes doctrines et tramesse sono per chiedere alcuno touteseuvresettouztriemenz sont bene. Dunquedissebeneilfilosafo porquerre aucun bien, donquesdis- chequeglichetuttelecosedeside trentbienli philosophequeceque rano è ilbene. Secondo le diuerse toutes choses desirrentest le bien. arti sono le fini diverse. Chetalifini Selon cdiversars, lesfinssont di. sonoopere, talisonoch'esconodel verses; cartelesfinssonteneuvres, l'opere.Eperciochemoltesonol'arti et teles sont celes quel'onensuitpar el'opereciascuna à suo fine.Che medicina æ una fine cioè a fare lesarsetlesoevres, chascune a sa santade. Ela fine dela batalgli asi fin; carmedicinea une fin,ceest ènetoria, el'artedifarenauià àfairesanté; etbatailleasafin, unaltrofine,cioènauichare. Ela les oevres; et porce que maintes sont porquoielefutrovée, ceest victoire; scienza cheinsengnaagouernarea et les ars de faire neis ont une autre l'uomo sua magione e sua familglia fin, ceestnagier; etlasciencequi àun'altrafinecio è ricchezza. Et sono enseigneàhomeà governersa maison alcune arti che sono gienerali e al et samaisnieauneautrefin,ceest cunechesonospezialli, cioèpersua richesce. Etsontaucunesarsquisont diuisione, eperòsonol'unasottol'al generaus, etaucunesquisontespe- trasi come la scienza di chaualleria ciaus, c'est particuleres, etaucunes ch'ègienerale,edisottoaquella sontsarzdevision; etporcesont sono più altre scienze partichullari, lesunessouzlesautres; sicomme cioè la scienza di fare frenieselle est la science de chevalerie, quiest espadeetuttel'altre cosecheinse generaus,etdesozlisontautres gnanoafarecosecheabattalglia sciencesparticuleres, ceestlascience bisongnano. de faire frains et seles et espées, et E l'arti universalli sono più dengne toutesautresarsquienseignentà epiùonoreuolichel'altre, percio fairechosesquiàbataillebesoignent. Chelle particullarisono trouatteper Et cistartuniversalesontplusdigne leuniversali. E così tutte le chose queliautre, porcequelesparticu. che sono fatte per natura è unadi leressont trovees par les universales. retana cosa per a che la natura in Ettoutaussicommeenchosesqui tendefinalmente. Altre si tutte le cose sont faites par nature est une dar- chesonofatteperartièunafinale reinechoseàquoila natureentent cosaachesonoordinatetuttelecose finelment,autressieschosesquisont diquellaarte. Esicomecoluiche faites par art est une finel chose à Li Tresors. Magliabech.quoi sont ordenées trestoutes les træ di sua arte a uno sengnio à uno   « quod omnia appetunt. Differentia uero quædam uidetur finiam. Hi quidem enim sunt opera «tiones; hiueropræterhasopera quædam. Quorum autemsuntfinesquidampræteroperationes, « in his meliora existunt operationibus opera. Multis autem operationibus entibus et artibus et doctrinis,multi sunt et fines. Medicinalis quidem enim sanitas,nanifactiue uero nauigatio, •yconomicæ uero diuitiæ.Quæcumque autem sunt talium sub una quadam uirtute, quemad modum sub equestrifrenifactiuætquæcumque aliæ equestrium instrumentorumsunt:hæc « autem et omnis bellica operatio sub militari; secundum eundem itaque modum aliæ sub alteris. In omnibus itaque architectonicarum fines omnibus sunt desiderabiliores his quæ sunt sub ipsis. « Horum enim gratia et illa prosequuntur. Quest'esempio, che manca nella nostra redazione latina, è tratto dal Liber Ethicorum del commentotomistico: Igituretaduitamcognitioeiusmagnum habetincrementum,etquemad modum sagittatores signum habentes seintellectus,eodem modorebusef. fattepernaturaèunoultimointen fectisabarteestperfectioquam per seintenditartificiumhumanum.Hac finalmente, cosìnellecosefatteper autem perfectioestbonum ad quod arteèunointendimentofinale, al intenditur, et est optimum eorum que queruntur propter ipsum et di quelle arti; siccome l'uomo che ipsius causa. Scientia igitur istius est sættahalo segno per suo dirizza scientia diuina maximi existensiuua. mento, coşiciascunaartehæ menti in uita et CONVERSAZIONE hu. un suo finale intendimento, loquale mana. Habentes igitur intentionem dirizzalesue operazioni.Adunqua acpropositumdignum ualdeestut l'artecivile,laqualeinsegnareggere inueniamus inquisitione remqueest lacittade, éprincipaleesovranadi perfectiouoluntatis.Arsigiturdi. tuttealtrearti, perciocchèsottolei rectiuaciuitatumprincepsestartium, sicontegnonomoltealtrearti, le quali eoquod sub hac continenturresho. sonoonorevili,siccomelascienzadi norabilesualideconsistentie;utpote farel'ostee direggere la famiglia, arsexercitualisetarsfamiliedo- elarettoricaèanchenobile,percio mus dispensatiua ac rethorica,et ch'ella si ordina e dispone tuttel'altre eoquodipsautitarartibusactiuisomni- chesicontegnonosottolei, elosuo bus et componitet ordinatlegesearum compimentoàilfinedituttel'altre. Atqueiuditia etdistinguitinter Adunquelobenelo qualesiseguita laudabilesetillaudabiles.Huius itaque artisperfectioacpropositumadpro- l'uomo, percioch'ellalocostringe priatpropositaomniumartiumreliqua- di fare bene e costringelo di non rum. Bonum igiturusitatumsecundum fare male. La recta dottrina si è che suum modum est bonum humanum. L'uomo si proceda in essa, secondo ipsum namque effectiuum estcetero- chelasuanaturapuotesostenere. rum bonorum omnium artium et Verbigrazia:l'uomocheinsegnageo saluatartificesnequidaganthorridum metriasidee procedereperargo dimento lo quale la natura intende quale sono ordinate tutte l'operazioni di questascienza, sièlobene del  chosesdecelart.Etaussicomme altresiciascunaarteæunafinale cilquitraitdesonar causeignala cosache'ndirizaquellaopera.Qui celui bersail por son adrescement, parla del gouernamento della citta tout autressi a chascune ars Dunque l'arte che insen finelchosequiadrescesesoevres. Gnia la citta gouernare è principale Donques l'art qui enseigne la cité àgovernerestprincipausetdame etsoverainedetoutesars, porceque desouzlisontcontenuesmaintesho- norablesars,sicomme rectoriqueet lasciencedefaireostetdegoverner e donna di tutte l'arti, peròchedisottoaleisonotuttii mæstrionoreuoliecontiensisotto luitutte molteonorabillearti, sicome retoriccha e la scienza di fare oste edigouernaresuamasnada.E an samaisnie;etencoreestelenoble, coraè nobile peroch'ellamettein porcequeelemetenordreetadresce toutesarsquisouzlisont,etlisiens compliemensetsafinssiestfinet compliementdesautres.Donquesest ele li biens de l'ome, porce que ele constraintdebienfaireetelecons- traint de non mal faire. Lidroizenseignemenzsiestque onailleselonccequesa naturele ordineeadirizzaartichesonosotto lui,eilsuocompimentodisuafine sièfineecompimentodel'altre. Dunque ilbene che diquestascienza uiene si è bene dell'uomo pero che 'l constringniedinonfarelomale. E il diritto insegniamento ch'ell'à inleisecondosuanaturalepuote soferire. Cioèadirechecoluiche puetsofrir; ceestà direquecilqui insengna gouernaredeeandareper enseignegeometriedoitalerparar- suoi argomenti chesonoapellatidi gumensquisontapelésdemonstra- mostrazioni.Erittorichadeeandare cions, etenrectoriquedoitalerpar perargomentieperragioneuedere argumenzetparraisonvoiresembla- senbiabille, eciò auiene percioche ble. Etceavientporcequechaschuns ciascunoartieregiudicabeneedicela artiensjugebienetditla veritéde ueritàdiciòcheapartienealsuome cequiapartientàsonmestier,eten stiere, ecosiinciòèilsuosenno sottile. ce est ses sens soutis.  une e sovrana La scienza di città governare non La science decitégovernerne sifamichaafanciullonedahuomo afiertpasàenfantneàhomequi chesegualesueuolontadi,percio vueilleensuirresa volenté,porceque che amendue sono non sacenti delle anduisontnonsachantdeschosesdou cosse del seculo, chequestaartenon siecle;carcestearsnequiertpasla chiedela sienza dell'uomo, mach'egli science del'ome, maisqueilsetorne sitorniabontà.Esapiatechein àbonté. Etsachiésqueenfesestde. fateèinduemaniere, chel'uomo ij.manieres;carlihompuetbien puotebeneessereuechioditenpo estrevielsdeaageetenfes demors; euechioperhonestavita.   autillaudabile. Et saluatioquidem mentifortiliqualisichiamanodimo. Uniuslaudabilis existit,quantomagis strazioni, elorettoricodeeprocedere gentiumacciuitatum. Rectadoctri. Nella sua scienza per argomentie natioestinquirereinunoquoquege- ragioniverisimili; equestosièpercio nerumiuxta mensuramquamsustinet checiascunoarteficegiudichibene naturailliusgeneris; etutexigitur etdicalaveritadediquellocheap. Quidema mathematico demonstratio partieneallasuaarte. Lascienzada et a rethore sufficientia persuasiua. reggere la cittade non conviene a Unusquisque enim artificumrecto garzonenèauomo cheseguitilesue iuditio iudicat de eo quod est infra h a cose buone e giuste e oneste; onde Rerumquedamsuntcogniteapud gli conviene avere l'anima sua natu nos, et quedam sunt cogniteapud ralmentedispostaaquellascienza: naturam. Oportetergoutamator maquellouomo che non hæneuna scientieciuilispromtussitadres diquestecose,èinutileaquesta eximiasetsciatopinionesrectas. Opi- scienza Questo ci prova chiaramente che Brunetto non ebbe tra mani altro testo latino fuor del compendio alessandrino-arabo; giacché le altre traduzioni greco-latine della Nicomachea gli avrebbero dato la giusta indicazione del poeta: Esiodo. Ma forse pertutto il riferimento, che  son volontadi, peroche non > bitum suæ scientiæ, et in hoc est nelle cose del secolo. E nota che gar perspicax ipsius scientia. ludicans zonesidiceindue modi, quanto al autem deomni sapiensestomnipe- tempo e quanto alli costumi, che ritiaimbutus. Arsciuilis non pertinet può taloral'uomo essere vecchio di pueroneque prosecutori desiderii atque tempo e garzone di costumi, e tal uictorie, eoquodambo ignarisunt fiata garzone di tempo e vecchio di rerum seculi, neque proficitipsis. Non costumi. Adunqueacoluisi conviene enim intenditarsista scientiam sed la scienza di reggere la cittade, lo conuersionem hominis ad bonitatem; quale non è garzone di costumie neque differt puer et ateautinmo- che non segui tale sue volontadi, se ribus pueris, non enim aduenit quidem non quando si conviene e quanto si defectus ex parte temporis sed propter conviene ed ove si conviene. usum uite in moribus puerilis; pueri ergo dissoluti et desideriorum prose- cutores non proficiunt penitus ex arte civili. Qui autem utitur desiderio secundum quod oportet et quando sono cose le quali sono manifeste alla natura, e sono cose le quali sono manifeste a noi. Onde in questa scienza si dee cominciare dalle cose, oportet, et quantum oportetet ubi oportet, hic plurimum proficit ex scientia artis civilis. lo quale dee studiare in questa scienza, ed apprendere, si dee ausare nelle le quali sono manifeste a noi. L'uomo savi   et puet estre enfes par aage et viel Dunque la sienzia di città ghouer parbonevie.Donqueslasciencede nare è a fare huomo che non sia governer citez n'afiert à home qui fanciulo de cuore molle e che non estenfesensesfaizetquiensuie sesvolentės,selorsnonquantille covient faire et tant comme il co- vient,et là où il se covient,et si comme est covenable. seguasuauolontadi,senoquelliche siconuengonoetanto com'ellesi debono e la dove si conuiene e si come conueneuole. E sono chose che sono chonueneuoli a natura e cose chesonoconueneuolliannui;che Iliachosesquisontconnuesà nature et sontchosesquisontcon- chisivuolestudiareasaperequesta neuesànos;porquoinosdevonsen scienza, eglideeussarecosegiustee cestesciencecommencieraschoses buoneeoneste,ond'egligliconuiene quisont conneuesànos,carquise auerel'armi naturallemente aquesta vuetestudieràsavoircestescience, scienza,macoluichenonanèl'uno ildoituserdeschosesjustes,droites nèl'altroriguardiaciòchedee.Se et bonnesethonestes,oùillicovient 'lprimoèbuonoel'altroèapere avoirl'ame naturaument ordenée à gliato ad essere buono. Ma chi da cestescience;maiscilquin'ane ssenonsanienteenonaprendedi l'onnel'autreregardeàcequeHo- ciò chel'uomogl’insenguia,egliè merusdist:Selipremiersestbons, deltuttomecciante.- Quidicedelle liautres estappareilliezàestrebons; treuie Dacontaresono mai squidesoinesetneant,etqui.ij.uie. L'unaèuiadichonchupi. n'aprentdecequehomlienseigne, senziæ diconuotizia.L'altraèuita ilestdoutoutmescheanz. Les cittadina,cioèdisennoediproeza viesnomées quisontàcontersont ed'onore.Laterzaécontenpratiua..ij.L'uneestviedeconcupiscenceet E più ujuono secondo la uita delle decovoitise;l'autresiestvieciteine, bestie, ch'èapellatauitadichonchu ceestdesensetdeproesceetd'onor; pisenzia,peròch'egliseghonolaloro la tierce est contemplative: et li uolontade e loro diletto. E chatuna plusorviventselonclaviedesbestes, diqueste.ij.uiteàsuapropriafine quiestapeléeviedeconcupiscence, diuerse dal'altre,tuttoaltresìcome porcequeilensuientlorvolentezet [lasienzadiconbatteredi]medi lordeliz. Etchascunedeces.ij.vies cina à sua finediuersa dalla scienza asaproprefin,diversedesautres, delconbattere, chèquellabadaafare toutautressi comme medicineasa santà,equellaadauereuetoria.Qui findiversedelasciencedecombatre; diuisadelbene Ubene carelebéeàfairesanté,etcele ėinduemaniere,che'unamaniera autreàvictoire. Libiensesten è ch'èdisideratapersemedesimo[e ij.manieres;carunemanieredebien l'altra)eun'altramanieradibeneè niones autem rectæ sunt ut in arte Le vite nominate e famose sono ciuiliincipiaturarebusapudnos tre;l'unasièvitadiconcupiscenza, cognitis, etinconsuetudinibuspul- l'altrasièvitacittadina,cioèvita crisethonestisfactasitassuetudo diprodezza ed’onore; la terza si è principium enim est et inceptio a vita contemplativa: e sono molti quaresest. Exmanifesto existente uominichevivonosecondolavita sufficienterquiaresest,nonindigetur dellebestie,laqualesichiamavita propterquidresest.Indigetautem diconcupiscentia,perciòchesegui. Homo adpromtitudinem habitationis tano tutte le loro volontadi; ecia leritatisrerumbonarumautaptitudine scunadiqueste vitesihasuofine boneinstrumentalitatisexquasciat propriodiversodaglialtri,sicome uerum,autformaperquamaccipian- l'artedellamedicinahadiversofine turprincipiarerumabeofacile.Qui dalla scienza dicombattere,chè'l veroneutramhabueritharumaptitu- fine della medicina si èdi fare sani. dinumaudiat sermonem Homeripoete tade,e'lfinedellascienzadifare ubidicit: Illequidem bonusest,hic battagliesièvittoria. Benesièse autem aptus ut bonus fiat. Vite condo due modi, chè è uno bene lo famosetressunt. Uitaconcupiscen- qualeuomovuoleperse, eunaltro tieetuoluptatis,uitaprobitatiset benelo quale l'uomo vuole peraltro. honoris,uitascientieetsapientie; Benepersesìcomelabeatitudine, pluresuerohominumseruisuntuo- bene peraltruisonodettiglionori luptatis uitam bestiarum eligentes elevertudi,perciòcheuomovuole inexecutionedelectationum.Sunt questecoseperaverebeatitudine. autem termini harum uitarum distan. Natura lcosa è all'uomo ch'eglisia teset bonaipsarumbona diuersificata. cittadino,etconversicongliuomini Sicutergobonum quodestinarte artefici,econtralanaturadell'uomo exercitualiestaliudabonoquodest sièd'abitaresoloneldeserto,elà inartemedicinali, sicabinuicemalia ovenonsianogente,peròchel'uomo sunt bona trium uitarum. Et bonum naturalmente ama compagnia. quidem medicine est sanitas, bonum Beatitudo si è cosa compiuta,la exercitualisestuictoria.Estautem qualenonabbisognaneunacosadi bonumsecundumduosmodos:bonum fuoridase, perlaqualelavitadel per se et bonum propter aliud; et l'uomosièlaudabileegloriosa.Adun. quesitum qui demproptersemelius quelabeatitudinesièlo maggior est quesito propter aliud. Nosuero beneelapiùsovranacosælapiù manca nel compendio di A., BranettosivalseanchedelLiberminorum moralium:«.aduertat « intentionem poetæ dicentis: Optimus est hominum qui a semet ipso intelligit quod expedit.Qui « autem ab altero hoc intelligit, est in uia directionis. Qui uero nec a semet ipso intelligit nec « ab altero recipit, hic uir est inutilis, est qui est desirrez por lui meisme, et une autre maniere de bien est qui est desirrez por autrui. Biens par lui est beatitude,qui est nostre fin,à quoi nos entendons;bien par autrui sont les honors et les vertuz; car ce desire li hom por avoir beatitude. Naturale cosa è a l'uomo ch'egli sia cittadino e ch'egli conuersi in tra le gienti, cioè intra gli uomini e intra gli artefici. E contra natura sarebe abitare in diserto oue non à persona,però che l'uomo naturale. mente si diletta in conpangnia. Bea tittudine è cosa conpiuta, si che non à niuno bisongnio d'altra cosa fuori di lui, per chui la uita degli uomini ė pregiabile e groliosa:dunque è beatitudine il magiore bene di tutti, e la più sourana cosa e la trasmil gliore di tutti i beni che sieno. Qui diuisa di treposanzie Tutte le opere dell'uomo o sono malvagie o [buone.om.]. Colui che lle fa buone l'opere,egli è degno d'auere il compimento della uertu di  L'anima dell'uomoæ.ij.posanze. L'una è uegiettative,e questa è co mune ad alberi ed a piante, ch'egli anno annima uigettatiua,altresìco m'àno gli uomini; la seconda è apel latta sensitiua; la terza è apellata r a zionabile,l'èperquestoche l'uomoè ragioneuole e diuisato da tutte le cose, per ciò che niuna altra cosa æ anima razionale se no l'uomo;e questa possanza è alcuna uolta in natura e al cunauoltainpodere.Ma beatittudine è quand'ella è in opera e non miga quand'ella è in podere solamente; chè s ' egli no 'l f a, egli non è mi c h a buono. Naturel chose est à l'ome que il soit citeiens,etque ilconverseentre les homes et entre les artiens; car contre nature seroit de habiter en desers où il n'a nule gent,porce que li hom naturelmentsedeliteen com paignie. Beatitude est chose complie,si que ele n'a nul besoing d'autre chose fors de li,par quoie la vie des homes est puissanz et glorieuse: donques est beatitude li graindres biens de touz et la plus soveraine chose et la très mieudre de touz biens qui soient. L ' ame del' o m e a j i j. puissances. L'une est vegetative, et ce est c o m mun asarbresetasplantes,caril ont ame vegetative aussi come li home ont;lasecondeestapeléesen sitive, et est c o m m u n e à toutes bestes, car eles ont ames sensitives; la tierce est apelée rationable,et por ceste est li hom divers de toutes choses,porce que nule autre chose n'a ame ratio. nableselihom non.Etcestepuis sance rationable est aucune foiz en oevre et aucune foiz en pooir; mais beatitude est quant ele est en oevre, et non pas quant ele est en pooir seulement; car se il ne le fait, il n'est mie bons. ch'è disiderata per altrui. Bene per lui è beatitudine, ch'è nostra fine a che noi intendiamo.Bene per altrui sono gli onori e le uertu: chè questo si disidera per auere beatitudine. Toutes les oevres des homes ou   Ogni operazione che l'uomo fæ o ellaèbuonaoellaèrea;equello uomo lo quale fa buona la sua ope. razione, si è degno d'avere la perfezione della virtude di quella opera zione.Verbigrazia: lo buono cetera tore,quando egli cetera bene,si è degnacosach'egliabbiailcompimento di quella arte,e lo rio tutto il con. trario. Adunque se la vita dell'uomo è secondo l'operazione della ragione, allora si è laudabile la sua vita, quand'egli la mena secondo la sua propria vertude; ma quando molte vertudi si raunano insieme nell'animo dell'uomo, allora si è la vita dell'uo mo molto ottima e molto onorata,e molto degna,sicchè non puote essere più;perciò che una virtude non puote beatitudinem ultimam propter se uo lumus,cum sitfinisnosteretintentum à nobis; honores autem et uirtutes propter beatitudinem, eo quod per ipsas pertingimus ad illam. Homo naturaliter ciuilis est et con uiuithominibusetsocietatesexercet comel'uomo; lasecondapotenziasi cumartificibusdecenter,nequeap chiamaanimasensibilenellaquale petitsolitudinemnequedesertum participal'uomocontuttelebestie, neque heremum. perciòchetuttelebestiehannoanima Beatitudo es tres completa, nullius sensibile;laterzasichiamapotenza indigens, perquamuitahominislau. razionale, perlaqualel'uomosiè dabilisexistit. Beatitudoigiturexce diversodatuttel'altrecose,perciò lentissimum est eligibilium et opti. che neuna altra cosa hæ anima ra mumbonorum,cumsitperfectiore zionale, sicomel'uomo.E questa rumoperabilium. Sicutigiturestin potenziarazionalesiètalorainatto qualibetartiumbonumquodillaars etalorasièinpotenzia;ondela intendit,etsicutestcuilibetmem. beatitudinedell'uomosièquandoella brorumcorporis actuspropriusin vieneinatto, enonquandoellaèin quoeialiudnoncomunicat,sicest homini actus proprius in quo aliud ei non comunicat. Homini autem se cundum animam uegetabilem COMUNICANT terræ nascentia,et secun dum animam sensibilem comunicant ei animalia; actus uero ei proprius, inquo nullum aliud ipsi comunicat, est actus secundum rationem et di scretionem. Ratio uero duplex est: potenzia: ratio uidelicet actualis et ratio poten tialis;dignior autem ad intentionem rationis et magis cognita est ratio actualis,ut pote actus hominis di. scernentis et agentis. Et omnis actio quam agit actor aut est bona aut est mala. Actor autem bene agens in omni arte meretur intentionem uir tutis, ut bene citharizans citharedus bonus; citharizans autem male malus. ottima che l'uomo possa avere. L'a nima dell'uomo si ha tre potenzie; l'una si chiama potenzia vegetabile, nella quale comunica l'uomo cogli arbori e colle piante,perciò che tutte le piante hanno anima vegetabile, si    bonesoumauvaisessont.Etcilqui quell'opera.Chècoluichebeneopera fait lesbonesoevres,ilestdignes è degnod'auereilcompimentodisuo d'avoirlecomplimentdelavertude mestiere,equeglichemalfanno,il celeoevre;carcilquibiencitoleest contrario. Dunqueselauitadell'uomo dignesd'avoirlecomplimentdeson è secondo l'opera di ragione, alora mestier, etciquimallefait, lecon- è da pregiare quand'eglila mena traire;doncselaviedel'omeest secondolapropriauertu. Maquando seloncl'oevrederaison,lorsestele mantieneuertusonogliuominisaui, prisablequantillamaineseloncla esauioebisongniabile,enorevolee propre vertu; mais quant maintes moltodengniosichepiùnonpotrebe vertuzsontenl'ome,savieestbesoi. essere; percidcheunasolauertunon gnableethonoréeetmultdigne, si puotefarel'uomodeltuttobeatone queplusneparroitestre,porceque perfetto.Chèunasolarondineche uneseulevertunepuetfairel'ome uengnianèunosologiornotemperato detoutebeatitudeneparfait;carune nondonaciertanainsengniadelprimo solearondelequivieigneneunsseus tenpo. Eperciòinunopocodiuita jorsatemprésnedonentcertaineen- d'uomoeinunopocoditenpoch'egli seignedouprintens;etporceenpo facciabuoneopere, nonpossiamoperò devied'ome,neenpodetensque direch'eglisiabeato. Qui ilfacebonesoevres, nepoonnosdire diuisa di tre maniere di bene. Il queilsoitbeates. Libiensest beneèdiuisatointremaniere,che devisezen.iij.manieres, carliuns l'unoèilbenedell'anima,el'altro estbiensdel'ame,etliautresest delcorpo. Mailbene dell'anima è il doucors, etlitiersdehorslecors; piùdengnio chenullodeglialtri, maislibiensdel'ameestplusdignes peròcheglièilbenedidio,esua quenusdesautres,carceestlibiens formanonèchonosutaseperl'opere de Dieu, et saformen'espasconneue separlesoevresvertueusesnon.Et sanzfaillebeatitudeestenquerre lesvertuzetenelsuser,maisquant beatitudeestenhabitetaupooir del'ome,etnonensesfaiz,ceest àdirequantilporroitbienfaireet ilnelefaitmie, lorsestvertuous aussicommecilquisedort, carses oevres ne ses vertuz ne se mostrent pas. Mais l'omquiestbeatescovient aussicommeparnecessitéqueilface uertudiose non.E sanza fallo beati tudineèinchiedereleuertuefarle. Maquando beatitudine ènell'abitoe inpoteredell'uomononèsenone fatti:questoèadire,quandoeglipuote benefareeno'lfaaloraèegliuer tudiosoaltresìcomecoluichedorme; chè sue opere e sueuertunonsimo strano. Ma l'uomo ch'èinbeatitudine conuiene altresì come per necissetà ch'eglifacciailbeneinoperæsi comeilsauiochampioneeforteche lebiensenoevre.Etsicommeli sichonbatteuuoleportarelacorona Actusigiturhominisunæstuitarum l'uomo fare beato,nè perfetto,sic famosarum trium prenominatarum, una rondine quando appare uitascilicetrationisetscientieet sola, eunosolodietemperatonon sapientie. Etomnis quidemresbona dànnocertadimostranzachesiave. existitetdecorapropteruirtutemsibi propriam. Vita ergo hominis actus estanimeintellectiueperuirtutem sibipropriam;sedcumuirtutesani- memultesint, eritperoptimam et honoratis simam in fine et dignissimaminfineperfectioniset complementi. Unanempehyrundononpro- nosticaturuerneque diesunicatem- peratiæris,sicnecuitapaucæt lobenedell'animasièpiùdegno tempus modicumsignumcertumsunt benedineuno,elaformadiquesto beatitudinis. bene si non si conosce se non nell'o Bonum tripliciter diuiditur; est perazioni, le quali sono con vertudi. bonum anime et bonum corporis et nutalaprimavera;ondeperciò nè. inpicciolavitadell'uomo,nè in pic ciolotempochel'uomofacciabuone operazioni, nonpotemodicereche l'uomosiabeato. Lo bene sidivide in tre parti, chè l'unosièbenedell'anima,l'altrosi è bene del corpo, el'altro si è bene di fuore dalcorpo. Di questi tre beni,  come bonum extra corpus. Bonum ergo delle vertudi e nell'uso loro; ma quoddignissimebonumdiciturest quandolabeatitudineènell'uomoin bonum anime, neque apparet forma abito, e non in atto,allora si è vir istiusboni, nisiinactibusquisunt tuosacomel'uomochedorme,lacui auirtute. Et beatitude quidemest operazione e virtudenonsimani. inacquisitioneuirtutumetinusu festa; mal'uomobuonodinecessità earumsimul.Cumquefueritbeatitudo è bisogno che l'aoperisecondol'atto, in homine tamquam in possessioneet et è somigliante di quello che sta habituet non actu, tuncesttamquam neltravitoa combattere; chè sola uirtuosus dorniiens cu non apparet mente quelli che combatte et vince, actionequeuirtus. Beatusautemactu quellià la coronadellavittoria; e necessarioexercet beatitudinem. Et se alcuno uomosiapiùfortedicolui, quemadmodumperitiagonisteatque chevince, nonàperciòla corona, robusticoronanturquidemetacci. perch'eglisiapiùforte,s'eglinon piuntpalmam apud actumagoniset combatte, avvegnach'egliabbiala uictorie, sicuirtuosielectiboniac potenziadivincere;ecosìlogui. beati laudantur et premia uirtutum derdone della virtude non ha l'uomo suscipiunt dum apparent operationes se non in fino a tanto ch'egliadopera ipsorum secundumueritatem;etisto. lavirtudeattualmente; equestosiè rumuitæstin se ipsa delectabilis. perciòcheloloroguiderdoneela Unusquisque enim hominum delecta- lorobeatitudineèladilettazione,che La beatitudine si è nell'acquistare  della uettoria, tutto altresì l'uomo buono e beato æ il guiderdono e la loda della sua uertu ch'egli fæ et mostra ueracemente per queste opere, perciò che il guiderdono delle sue opere e della beatittudine è ildiletto ch'egli n'atantoe com'egli opera la uertu; chè ciascuno si dileta in cid ch'egli ama; il giusto si dileta in giustizie e l'asagia e gli piacciono, e 'l uertudioso nelle uertu. Et tutte l'opere che sono per uertu sono belle e dilettabille in se medesime. Beatitudeestlachoseau monde Beatitudine èl acosa al mondo che quiesttrèsdelitable,maislabeati tudequiestenterreabesoingdes biensdedehors;carilestdurechose quel'onfacebelesoevres,seiln'ia grant part des choses avenables à bonevieethabondanced'avoiret d'amisetdeporenz,etprosperitéde fortune, et por ce la sapience abe. soigned'aucunechosequifaceco perciòlasapienzaàbisongniod'al noistre sa valor et ses honors.Se cuna cosa che faccia conossere suo aucuns done as homes dou monde, ualore e suo onore.Se alcuno dona disglorious et soverainsfaiz, l'en ahuomodelmondodonogroliosoe doitbiencroirequecildonssoitbea. Sourano fattol'uomo debenecredere titude,porcecequeestlamieudre che quellodonosiabeatitudine, perciò chosequiestrepuisseaumonde; car ch'eglièlamigliorecosachepossa eleestmulthonorablechose, etest esserealmondo;ch'ell'èmoltoono. licompliemensetlaformedevertu; rabilecosa[essere]edèilcompimento neiln'estpasditdouchevalnes elaformadellauertu;nèeglinonè desautresbestes,nedesenfans,que michadettodelcaualloedel'altrebe ilsoient beates,porce qu'il ne font oevres de vertu. Beatitude est chose ferme et estable, tozjors en une fermeté, si que ele ne stie,nè degli fanciulli che sieno beati, perciò ch'egli non fanno opere di uertu. Beatitudo è cosa ferma et stabille. Arrestiamo qui la trascrizione del cod. Magliabech., sembrando ci la parte trascritta suciente ad attestare la propria dipendenza dal testo francese. milglioreepiugioiosætradiletta bille: mallabeatitudinedeeessere interræbenidifuori. Chè gliè dura cosa che l'uomo faccia belle opere e ch'egli abbia parte di cose aueneuolliahuonauitædabondanza d'auereedabondanzad'amiciedi parenti e prosperita di fortuna, e  F sages champions et fors qui se combat et vaint emporte la corone de victoire, toutautressilihom bonsetbeatesa le guerredon et la loange de la vertu que il fait et mostre veraiement par ses oevres, porce que li guerredons de la beatitude est li deliz que l'om atentcomme iluevrelavertu,car chascuns se delite en ce que il aime: lijustessedeliteenjustise,etlisages en sapience,etlivertueusenvertu; et toute oevre qui est par vertu est bele et delitable en soi meisme. virtude, si è bella e diletteuile in se Beatitudo autem omnium rerum est medesima. Beatitudo si è cosa ot optimaiocundissimaatque delectabi- tima, giocundissimæ dilettabilissima. lissima. Beatitudo tamen quest hic La beatitudine, la quale è interra, si bonisexterioribusindiget; difficile abbisognadeglibenidifuori,perciò est enim homini ut opera decora che non è possibile all'uomo ch'egli exerceatabsquemateriautpotequod facciabelleopereech'egliabbia habeatpartemcompetentemrerum artelaqualesiconvengaabuona boneuitepertinentiumet copiam vita, e abbondanza d'amicie dipa familie et parentum et prosperita- renti, eprosperitàdiventura,sanza temfortune.Ethacquidemdecausa libenidifuori; eperquestacagione indigetarssapientiearteregnandi, nonabbisognaalcunacosachefaccia ut apparere faciat honorificentiam manifestare il suo onore e lo suo va suiatqueualorem. Etsialiquarerum lore. Sealcundonoèfattodidome donata est hominibus a deo excelsa nedio glorioso e eccelso agli uomini etgloriosa, dignumestutbeatitudo delmondo, degnacosaè da credere siue FELICITAS donumsitdiuinum se- che quellodonosiabeatitudine,im cundumquodipsæstoptimaomnium perciòch'ellasièlapiùottimacosa rerum humanarum; est igitur de onorevole molto e compimento e rebus prehonorabilibus,cum sit com.  turineoquodestamatumapud eglihanno, infinoatantoch'egliado ipsum; delectetur ergo iustus in perano la virtude; chè il giusto si justitiætuirtuosusinuirtuteet dilettanellaiustiziæ'lsavionella sapiensinsapientia.Etactionesfientes sapienza, elo virtuoso nella virtude; peruirtuteminseipsissuntdelecta. eognioperazione,laqualesifaper biles uenuste ac decore. forma di virtude. E neuna genera plementum uirtutis siue forma et zione d'animali puote avere beatitu fructusipsius Non diciturautem dine,senonl'uomo,eneunogarzone deequo neque de alio aliquo anima- nonhæ beatitudine, perciòcheneuno liumhuiusmodi,nequedepueris,quod animalenèneunogarzonenonado sintbeati,eoquodnequehuiusmodi perasecondovertude. animalia neque pueri agant opera Beatitudo si è cosa ferma e stabile uirtutis.Etbeatitudoestresfirma sempresecondounadisposizione, nella stabilis secundum dispositionemunam, quale non cade varieta denèpermu inquamnoncaditalteratioet permutazione alcuna, e non v'ha talora tatio, etnoncomitanturipsameuen: beneetaloramale, matuttaviabene, tusuarii,etnuncbonitasnuncmalitia. E questo siè perciòchelabonitade Etenimbonitasetmaliciæstin opere elareitadesi ènella operazione hominis; et columpnabeatitudinis dell'uomo. La colonna della beatitu estoperasecundumuirtutem; co- dinesièl'operazione, chel'uomofæ 1   se remue pas,et si n'est mie une foiz bien et autre mal, mais toutes foiz bien,porce que li muemenz de bonté ou de malice n'est pas se es oevres des homes non. Li pilers de beatitude est lesoevres que l'onfait selonc vertu,et la colone dou con traire est les oevres que l'on fait selonc vice; et la vertus ferme et estable est en l'ame de l'ome.Li hom vertueus ne se contorbe ne ne s'es maie por nule temporal chose qui li avieigne; car il n'auroit jà beatitude se il s'esmaioit,car dolor et paor abatent l'oevre de vertu et la joie de beatitude. Felicités est une chose qui vient par vertu de l'ame, non pas dou cors. Aucunes choses sont mult griez à sostenir;mais quant l'on les a bien sostenues,lors apert et se mostre la hautesce de son corage; et sont au tres choses qui ne sont griez à sos tenir, ne li hom qui les sueffre ne mostre pas que en lui soit force.Et jà soit ce que mort et maladies de filz soient griez à sostenir, ne doivent pas remuer l'ome de sa felicité; car bienetfelicité,ethome felixet Dex glorious et benois sont tant digne chose et tant honorable que nulz pris ne nule loenge ne lor sofit pas; et nos devons reverer et magnifier et glorifier Dieu sor toutes choses et si devons croire que en lui sont tuit bien et toutes felicitez.,porce que il est commencemenz et achoisons de touz biens. secondo virtude,e la colonna del con trario suo si è l'operazione, la quale l'uomo fæsecondolovizio;equesta operazione si erma e stante nel. l'anima dell'uomo,et l'uomo virtuoso non si muove,e non si turba per cosa contraria temporale che gli possa a v venire, perciò che già non arebbe beatitudine, s'egli si conturbasse, perciò che la tristizia e la paura si toglie altrui l'allegrezza della beati. tudine. Sono cose le quali sono molto forti a sostenere; ma quando l'uomo l'à sostenute pazientemente, si dimostra la grandezza del suo cuore; e sono altre cose le quali sono lievi a sostenere,e perché l'uomo le so. stegna non si mostra grande fortezza in lui, siccome morte di figliuoli e loro malitia.Queste cose,avegnache ellesiano forti,non permutano l'uomo di sua felicitade.La felicitade e l'uomo bene avventurato e domenedio bene detto e glorioso sono tanto degna cosa e tanto da onorare che le loro lodi non si possono dicere,e spezial mente si conviene a noi di reverire e magnificare messere domenedio sopra tutte cose, e dee l'uomo pen sare di lui, che nel suo pensare ha l'uomo tutto bene, e tutta felicitade, perciò ch'egli è cominciamento e ca gione di tutto bene.  lumpna uero contrarii beatitudinis est opera secundum contrarium uirtutis; et optima operationum secundum uir tutem est stabilissima earum in ani ma;et uita beatorum continua est semperperactioneshonorabilesbonas; et uirtuosus perfectus absque ex tollentia speculatur in rebus virtuali bus et substinet irruentia mala et tollerat ea tollerantia decenti et non turbatur cor neque formidat ex ma. gnis calamitatibus ex temporis malitia occurrentibus; nisi enim eas decenter sustinuerit conturbabitur eius felicitas et inducentur super ipsum meror et tristitiaque impedient secundum uir tutes operationes. Quedam autem actionum malitie difficiles sunt ad sufferendum: sed quando acciderint homini et eas sustinuerit,demonstrant eius magnanimitatem. Alie uero que. dam facilepossuntsufferrietheecum inciderint homini et eas sustinuerit, non demonstrant eius magnanimita tem; et mortuis ex bonitate actionum filiorum et ex malitia ipsarum con tigit [modicum aliquid tante, in. quam,quantitatis].transmittetfelices a sua felicitate ad infelicitatem; neque infelices a sua infelicitate ad felicitatem. Bonum etfelicitasatque felices et deus benedictus et excelsus digniora sunt et honoratiora quam ut lau dentur. Immo conuenit quidem uene rari deum et ipsum singulariter m a gnificare et eius intuitu felicitatem etfelicesetbonum,cum sintresdi. uine, et gratia quorum omnia alia aguntur;et creditur de eo quod est Felicitade si è un atto il quale procede da perfetta virtude dell'anima et non del corpo.   Principium bonorum etipsorum causa, quod sit res diuina. Felicitas est quidem actus anime procedens a uirtute perfecta,non cor poris sed anime. Prima di passare al raffronto della parte finale nelle diverse redazioni, non sarà inopportuno riprodurre ancora un brano, del principio del secondo libro, che valga a confermare le diffe renze e le relazioni da noi stabilite tra i due compendi, volgare e francese, e il testo latino. Liber Ethicorum. Litresor, Virtus ergo duplex est – Grice: NONSENSE: Virtue, like philosophy, is entire!--., Porceapert uidelicetintellectualiset ilque.ij.manieressont moralis;intellectualis, devertuz: l'uneestde utsapientiætprudentia l'entendementdel'home, etsimilia.Laudantese- ceestsapience, science nim hominem ex parte Et uirtutum quidem tuel,nos disons:ce est  uirium intellectualium eum appellamus. intellectualium genera prisierdevertu intellec uns sages hom etsoutis; par enseignement,et liumestperbonam et porcelicovientexpe honestam conuersatio- rience et lonc tens. La nem;nequesuntinno- vertudemoraliténaist bispernaturam.Res et croistparbonuset enimnaturalesnonegre. honeste;car ele n'est diuntur a natura sua pas en nos par nature; perassuetudinem,utpe- àcequechosenaturele tra,quæsempertendit ne puetestremuéede et sens; l'autre est de sapientem eum dicimus autscientemaut(secun- choses semblables. Et dumaliquidhuiusmodi); cepuetchascunsveoir sed ex parte moralium clerement; car quant largumuelcastumuel un home humilem uel modestum mais quant nos le volons tioetincrementumfit prisierdemoralité,nos inhomineperdoctrinam etdisciplinam;ideoque chastesetlarges.X.La in eius acquisitione ex- vertu de l'entendement perimentoindigetettem- estengendréeetescreue pore longo. Generatio autem uirtutum mora en l'ome par doctrine et moralité,ce est chastée et largesce, et autres disons:ceestunshom nos volons L'Etica.– Due sono le virtudi; l'una si è dettaintellettuale,sicco me lasapienza e scienza e prudenza; l'altra si chiama morale,sicome castitade e larghezza ed umiltade; onde quando noi volemo lodare alcuno uomo divertudeintellet. tuale,diciamo: questi è un saviouomo,intende vile e sottile; e quando noi volemo lodare un altro uomo di virtude morale, cioè de costumi, si diciamo:questi è un uomo umile e largo.- Concio siacosachesiano due vertudi,una intel lettuale e l'altra morale, la intellettuale si si in genera e cresce per dottrina e insegnamento,e la virtude morale si si in. genera e cresce per b u o na usanza;e questa ver tude morale non è in noi per natura,percioc cbè natural cosa non si puote mutare della sua disposizione per contra   riausanza.Verbigrazia: ad centrum naturaliter, lanaturadellapietrasi etignisadcircumferen èl'andareingiuso,onde tia, numquam assue non la potrebbe l'uomo receptionem, et perfi questevirtudinonsono tiunturinnobisexbona in noi per natura,la po. A. amplio e chiarì meccanicamente l'esempio della pietra e del faoco, valendosi del latino del Liber Ethicorum del commento tomistico: puta lapis natura deorsum latus non autiqueassuescitsursumferri, nequesideciesmilliesassuescat quis,eumsursumiaciens»;e sopratutto del Liber minorum moralium: Lapis enim qui naturaliter deorsam descendit quamvis « quis probiciat ipsum sursum uicibus innumerabilibus, quarum non comprehenditur multitudo, «uolens per hoc assue facere ipsum mouerisursum, numquam habebitpossibilitateminhoc.Et similiter ignis non est possibile at recipiat per assuetudinem diuersum motionis suæ ». nos par usage; por quoijediqueces vertuz ne sont pas dou tout en nos sanz nature ne dou tout selonc nature; mais li commencemenz et la racine de recoivre ces vertuz sont en nos par nature,et le lor c o m pliment est en nos par usage. Et toutes choses  tanto gittare in suso, situm; neque aliarum ch'ella imprendesse ad rerumullaassuescetop. Andareinalto ;elana- positumnaturesue. turadelfuocosièd'an. Attamen cognationem dareinsuso,ondeno'l aliquamhabetconsue. potrebbe l'uomo tanto tudo cum natura et co trarreingiuso, ch'egli gnationemaliquamcum imparassedivenirein intellectu. Nonsuntita que in nobis uirtutes niunacosanaturalepuo- morales naturaliter, ne tenaturalmente farelo quepreternaturam; sed contrario della sua na- nati sumus ad earum giuso; eduniversalmente tura. Mà avvenga che scunt huiusmodi oppo consuetudine. Item omne puissanced'aprendrela tenziadiriceverleèin quodinnobisestnatura. estennousparnature, noipernatura,elocom- literpreextititinnobis etlicomplemenzesten pimentoèinnoiper potentialiter,deindeap usanza. Ondequestever. paretactualiter.Ethoc tudinonsonoinnoi al manifestumestinsen postuttopernatura;ma sibus. Sensus enim in laradicee'lcomincia. nobisnonfiunteoquod mentodiriceverequeste uideamusuelaudiamus multociens,sed e con trariofitinnobis.Ha bemus enim eos prius naturaliteretpostmo. vertudi si è in noi per natura, e'lcompimento elaperfezionediqueste virtudisièinnoiper usanza. Ognicosala dumexercitamurineis. sonordreparusage con traire.Raison comment: la nature de la pierre est d'aler tozjors aval, ne nus ne la porrait tant giteramont que ele seust sus aler; et la nature doufeuestd'aleramont, ne nus ne leporroit tant avaler que il seust en aval metre la flamme. Et generalment nul na tural chose ne puet par usage aprendre à faire lecontraire de sa nature. Et jà soit ce que ceste vertuz ne soit en nous par nature, certes la   diusinterextremadicta, Et porunemeismechose  et d'oïr, et par celui quella potenziao dee ethocmodoestinom- pooirvoitetoit,etnus vede, enonvedel'uomo nibus artificibus.Nam nevoitdevantqueilen prima eode, ch'egliab- hedificatores sumus ex ait le pooir. Donques bialapotenziadelve- usuhedificandietcytha. savonsnosquelipooir dereedell'udire. Dunque rediexusucytharizandi; est devant le faire.Mais vedemo già che la po- ex bene quidem facere es choses de moralité tenziavadinanziall'atto. hocbonisumusinbiis, estli contraires;car E nelle cose morali è ex male autem mali. l'uevre et li faiz est de. tutto locontrario, chè vant le pooir. Raison l'operazioneel'attova eadem fituirtusetcor- comment:aucunshom dinanzi alla potenzia. rumpitur.....autem a la vertu de justise, Verbigrazia: l'uomosi similiter sanitates. Et cor mentneleseustlimais. rumpunturexpaucitate tresseiln'eneustovré fatteprimacase, edal- etmultitudine,uttimi- autrefoiz. Autressi se trimenti non potrebbe ditas et procacitas. Ti- vent aucun bien citoler peravereeglimoltevolte averequellaarte, seegli midusenimfugitomnia, Exeisdemergoetper porce que il a devant hæ la virtude che si actiones laudabiles cor- fait maintes cevres de chiamagiustiziapera- rumpunturproptersu- jostise; etunsautresa vereegli fattoinnanzi perfluitatemautdiminu- lavertudechastée, porce molteoperazionidigiu. tionem, utexercitia su- que il a devant fait stizia, edhæl'uomola per fluaaut diminutæt maintesoevresdecha virtudechesichiama nutrimentisusceptiosu-stée.Toutautressiest castita deperavereope- perfluaautdiminutafor- des choses de mestier rate dinanzi molte ope- m a m sanitatis corrum- et de art.On scet faire razionidicastitade;e punt, equalitasautem maisons,porcequeon cosiadivienedellecose ipsorumsanitatemfacit enamaintesfaitespre artificiali, chè l'uomo et auget et conseruat. Et mierement; car autre hal'artedifarelecase uirtutes morales porce que il en sont non l'avessemoltevolte procax autem omnia in- molt usé. Et li hom est adoperata dinanzi;esi. uadit. Fortitudo autem bons por bien faire,et migliantemente l'arte qualeèinnoiperna- Virtutesautemacqui- qui sontennosparna tura, sièprimæpoi rimusexfrequentatione turesontpremierement sivieneinatto,siccome actuumhabitusinducen- enpooiretpuisen fait, avviene de sensi del- tes. Iusti etenim sumus aussi comme li sens de l'uomo,chèprimaha exusuactuumiustitie, l'ome;cartoutavanta l'uomo la potenzia dive. et casti similiter, scilicet li hom pooir de veoir dere e d'udire, e per ex usu actuum castitatis, del ceterare ha l'uomo inhisesthabitusme- mauvaispormal faire.   et inest fortitudo ei qui scit fugere a fugiendis et inuadere inuadenda, ethichabitusacquiritur Per una medesima exconsuetudineuilipen cosasigeneranoinnoi di (sic) terribilia.Sicca levirtudi,esicorrom ponosequellacosasifa indiversimodi;eadi viene della virtude si comedellasanitade,che una medesima cosa in diversi modi fatta fa ella sanitade e corrompela. Verbigrazia: la fatica s'ella è temperata si in. genera sanitade nel corpo dell'uomo,e s'ella è più che non si con. viene o meno che non si conviene,si corrompe lasanitade;esìadiviene della virtude che si cor rompe per poco e per troppo, e conservase per tenere lo mezzo.Verbi. grazia: paura e ardi mento corrompono la prodezzadell'uomo;per cio che l'uomo che ha paura si fugge per tutte le cose, e l'uomo ch'è arditoassalisceognicosa e credelasi menare fine; e nè l'uno nè l'al. tro non èprodezza;ma la prodezza si è tenere lo mezzo intra l'ardi mentoelapaura;edee stitatishabitusacqui. ritur ex consuetudine retrahendiseauolupta tibus,etsimiliterseha betinceterishabitibus laudabilibus. per avere molte volte ceterato; e l'uomo è buono per far bene,e lo rio per far male. naissent en nos et se cor rumpent les vertus,se cele chose est menée en diverses manieres;tout autressi c o m m e la santé; car travailleratempree. ment engendre santé au corsdel'ome;maistra vailler o plus ou mains que mestiers n'est,cor ront la santé; mais meenneté la garde et acroist: autressi est de vertu, car ele corront et gaste par po et par trop,et si se conserve et maintient par la meenneté.Raison com ment: Paors et harde corrumpent la proesce del' om e; c a r li hom qui a paor s'enfuit por toutes choses, ne n'ose nule emprendre; et li hardis emprent à faire toutes choses,et les cuide mener å fin. Et sachiez que l'une ne l'autre n'est pas proesce: mais proesce est aler entre hardement et paor. Et doit li hom foïr les choses qui sont à foïr, et envaïr les choses qui sont à envaïr. Et cist habiz est aquis par usage de desprisier les terri bles choses,et habiz de chastée est aquis par u a mens l'altre virtudi,siccome tu hai inteso della pro dezza; chè tutte le virtù s'acquistanoesisalvano per tenere lo mezzo. Col raffronto del devez entendre de toutes vertuz. brano finale mettiamo termine a questo prospetto comparativo, che porta un contributo,non privo d'in teresse, alla conoscenza della fortuna aristotelica, ed è d'impor tanza fondamentale per la storia dei compendî neolatini del l'Elica nicomachea.  che sono da fuggire. E sage de retenir soi contre l'uomo fuggire le cose cosideiintenderein tutte ses covoitises. Autressi   Liber Ethicorum. Educatio puerorum secundum no- Dee essere lo notricamento delli bilem legem necessaria est ad indu- garzoni secondo la nobile legge, e cendumeispermodumcastitatiset ausarliadoperazionidivirtù, ein non per modum continentie. Inde- questo dee essere per modo di castità, lectabilisenimest apud plures homi. enon per modo di continenzia, per. Numususuirtutum per modum con- ciocchèl'uso della CONTINENZA TEMPERANZA non è tinentie.Nequeabstrahendæsteis dilettevolea molti uomini, enonsi manus statim post pueritiam, sed dee ritrarre la mano di gastigare continuanda est eis usque ad con il fanciullo via via dopo la fan sistentiam et robur virilitatis. In ciullezza; anzi dee durare in fino al rectificando quosdam sufficit redar- tempo, chel'uomo è compiuto. Sono gutioetcastigatio sermocinalis, in uomini che si possono correggere aliisautem quibusdam uixsufficitas. per parole e sono altri che non siduatio uerberum tam quam in bestia. si possono correggere per parole, Neutrouerohorummodorumrecti- anziv'èmistieripena. Esonoaltri ficabiles tollendi sunt de medio. No- che non si correggono in niuno di bilisetstrenuusrectorciuitatisciues questiduemodi, equesticotali nobilesefficit, etbonioperatoresha- sono datorredimezzo. Lonobilee'l benteslegemetoperalegisexer- buonoreggitore dellacittafanobili centesaduersantureisqui contraria cittadiniebuoni, li quali servan ola agunt, etsibonaagant. Inpluribus leggeefannol'oper achecomanda ciuitatibus iam abiit regimen uite la legge e sono avversari a coloro hominum ideoque dissolute uiuunt che non osservano gli comandamenti et propriassectantur uoluptates.Et dellalegge, avegnach'ellifacciano regimen quidem conuenientius est bene. In molte citta di èitoviailreg. communis prouisio moderata,cuius gimento della vita dellihuomini,però usum obseruare possible est et non che si vivono dissolutamente ese summedificile: etquodcupitquili. guitanolelorovolontadi. Lopiùcon betseruariinseetamicisetfiliiset venevolereggimentoche porresi familia. Et precipueydoneusadtalis puotenellacittà, sièquellocheè regiminisconstitutionemestillequi temperatoprovedimento, intalmodo sciuerit quod dictum est in hoc libro. che si puoteosservareenonètroppo Scietenimcanonesuniuersalesad grave; equelloloqualedesidera particulariadistrahere. Communis l'uomo che si osservi insèenelli  I codd. ce questicotalisono rei perchè sonopartiti in tutto dal mezo, et « debbono essery odiati si come sono li lupi et cacciati d'ongne buono luogo. Lo nobile etc. L'Etica d'Aristotile. Li Tresors, Magliabech. Et li norrissemens des enfans doit I nodrimenti da fanciulli debbono estrenoblesentelmanierequeil esserenobili, sichesiabeneapreso soientaprisàfaireetàuserlesbones afareedausodibuoneopereper oevresparchastée non mieparcon- chastitænomicapercontinuanza. tinance, carcontinancen'estmiecon- Che continuanza nonemicha conue venablechoseasgens;etl'onne neuollecosaagienti; el'uomo non doitpasostercestusagenecest deemichaleuare questausanzane chastiementmaintenantqueilont questochastighamentoimmantenente enfance passée, mais maintenir la ch'egliàla fanciullezasua, maman jusquesàtant quelidroizaagessoit tenerla insinoa tanto che il diritto acompliz. Iliahomesquipueent estre governé par chastiement de paroles, et autresiaquinepueent mieestrechastiéparparoles,mais par menaces de torment; et autre home sontquel'onnepuet chastier ne parl'unne parl'autre; ettelhome doiventestrechastiésiqueilnede- mourentavecautresgens. Li chacciatisi ch'egli nodimorino con noblesgouverneresdelacitéfaitles l'altrigienti. Quidicedelgouerna citeiensnoblesetlesfaitbienoyrer mentodellacitta Ino. etgarderlaloietcontresterasautres biligouernamentidellacitta defanno quinelagardent, jàsoitcequeil icittadininobilieglifabene operare lefacentbien, Maintescitez sontoù eguardarelalegieecontradirea ligouvernementdelaviedel'ome quegliche nollaguardano,concio sontdestruit, etviventdissoluement, siacosach'eglifaccianobene.Molte car chascuns va après sa volenté. città sono oue il gouernatore della Liplus nobles governemensquisoit ụitadell'uomoè distrutæuiuono enlaviedel'ome, età moinsde disolutamente, chè chattuno poineetdetravail,estcilquel'on apressosuauolonta. Ilpiùconuene consiredemaintenirsoietsamaisnie uolle comandamento egouernamento etsesamis,etcilpuetconvenable- chesianellauita dell'uomo e apena mentmaintenirgensquiaurala dipeneeditraualglioè quellache science de ce livre; porce que il l'uomo considera di mantenere se e saurajoindrelesenseignemensuni. suamasnadæsuoiamici; equeuli verselsaveclesparticulers; carci- puote conueneuollementemantenere teiennecommuneest diversedela gientecheàconsecolascienzadi particulere,aussicommeentozmes- questolibro; peròch'eglisapragiun agiosiacompiuto. Esonohuomini chepossonoesseregouernatipergha. stigamentodiparole,ealtrisonoche nopossonoesseregastigatiperpa role, ma perminacieditormenti; e altrisonochel'uomononpuotees seregastigati nè per l'unonè per l'altro; etallihuominidebbonoessere     A. riduce molto sensibilmente il testo latino e ne sopprime a dirittura la fine. Forse A. ritenne compiuto a quel punto trattato aristotelico della morale e credette opportuno escludere le parole seguenti. Forse a lui medico e mæstro fa ombra quell'accenno, in fine, all'arte della medicina. Probabilmente A. rappresenta più da vicino il metodo pratico, e il libellus de servanda sanitate pnò darcene fede. S'è cosi, A. non puo piacevolmente accogliere l'affermazione aristotelica.  Namque ciuilitas differta particulari suoi figliuoli e negli amici suoi. E quem ad modum in medicina et ceteris lo buono ponitore della legge si è potentiis operatiuis; inhacintentione quegliloqualesale regole universali, nonmodicæstdifferentia. Inomnibus le quali sono determinate in questo ergo huius necessaria cognitio uni. libro,et salle coniungere alle cose uersalium simul et particularium. particulari le quali vegnono altrui Experientia enim sola non est sufficiens in hiis, neque scientiauniuer- saliuminipsissecuræstetcerta absque experimento. Multi ergo m e dicorum sola freti experientia in se ipsis,quidem intendunt,bene uidentur operari et in aliis non proficiunt quicquam,eo quod naturam ignorant. Considerandum est itaque qualiter et per que erit quis peritus legislator. Erit autem hoc per noticiam rerum ciuilium, que subiectum sunt huius potentie. Quemadmodum se habet in ceteris artibus consimilibus huic, posse experientie in inuentione legis non estmodicum.Quidam putauerunt quod hac ars et rethorica sint unum et idem: in uno etiam putauerunt intralemani,peròcheabeneordi. esse uiliorem hanc rethorica: et leue quid reputarunt scientiam condendi le. ges. Non estautem sic;electionam que in arte qualibet actus nobilis est, et quidem per duo est,siue per scien tiam et experientiam: et per scientiam quidem est actus illius inventio et per experientiam est ipsius directio et certificatio. Et universaliter connare le leggi si è mistieri ragionee sperienza.   di uiuere coronpono ibuoni usi di  tiers; carenchascunechoseconvient gniere lo'nsigniamento uniuersale il conoistreles particuleresetlesuni. Chol particullare; chèciertauitadi verseleschoses, porcequeseuleespe. comuneèdiuersadallaparticullare, rience n'estmiesoffisansence; et savoir les universels choses n'est pas altresicomeintutti mestieri, chèin ciascuna cosa conuiene conoscere li seure chose sanz l'esperience; ainsi commenosveonsmaintmirequi par particullari e queste uniuersali cose, peroche solla SPERANZA non èmica soficiente in cio; e sapere l'uniuersali cosenon è mica sicuracosasanza seule experience sevent maint bien faireenlormestieretenseignierne les porroientasautres, porcequeil n'ontsciencedes universels. Donques l'esperienze; sìcomenoiueggiamo molti mediciche per sola speranza seracilparfaizmaistresdelaloi neseguemoltobenefareinsuome. quiseitlesparticulerschosespar stiere, einsengniareno'lpotrebono experience et qui seit les choses agli altri, però ch'elgli non áno universels. scienza de l'uniuersali cose. Dunque Home furent qui cuidierent que sara quegli perfetto mæstro della rectoriqueetla science demaistrie legie chefæle particullari cose deloifussentunemeismechose,et persperienzæ che sa le coseuni penserentquecestesciencefustle- uersali. giere; maislaveritén'estpasainsi, Huomini furono che credottono che porce que li maistres de la loi doit lla retoriccha e la scienza di m o estresemblablesàsesciteiens, et strarelegiefossonounacosa, epen doitsavoircestart, etquilesaura sarono che questa scienza fossele liseraprofitable, etautrementnon; giere; ma llaueritanonècosi,però etseilcommencastà faireloisanz cheimastridellalegiedebbonoes cestescience, ilneporroitdoitrement sere similgli antialoro cittadinie conoistrenejugierlabontéde sana- ture, deacomplirladefautedesa science, mais porcequenoscuidons consirertouteshumaineschosespar legiesanzaquestascienzæglinon guise de philosophie, simetronstout potrebe dirittamentegiudicharenė avant lesdizdesancienssages; et conosere di bontà di sua naturane encepenseronsquelesdes ordenées conpieladifaltadisuascienza. Ma manieres de vivre corrumpentles perochenoi abbiamo d'andarecon bons us des citez, etliconvenable siderandotutteumanecose perguisa les redrescent, etquiestl'achoison diphilosophia,simetonotut'auanti demaleviededanzlacitéetdela i detti deli antichi sauieciòpen bone, et parquoilaloiest semblable seremonoicheledisordinatemaniere as costumes. Debono saperequestaarte: chilese guirrasaràprofitabileealtrimenti non.Es'eglicominciasonoafare   ditio legum similatur potentiis ciui libus, nec potest esse conditor legum qui non habuit scientiam istius artis. Qui uero habuit eam proficiet per experientiam et qui non, non. Et cum inceperintimponere legem absque habitu scientiali, non recte discernent. Neque bene iudicabit, nisibonitaset excellentia multa nature suppleat de. fectum scientie. At quantum cumque natura bene disposita sit, est tamen promtior et expeditior est in uere iudi. cando,cum secum habuerit certudinem artificialem.Quoniam itaque proponi mus speculari in rebus humanis modo philosophico, substinemus primitus dictaantiquoruminhoc; deindeconsi derabimus modos uiuendi,qui extant; qui ipsorum corruptiui sintconsortii ciuilis in ciuitatibus quibusdam et rectificatiui in quibusdam, et qui corruptiui in omnibus et qui rectifi. catiui in omnibus, et que est causa bonæ uite quarundam ciuitatum et que causa quarundam habentium se e contrario, et quarum leges con suetudinibus similantur. Incipiamus ergo et dicamus.  cittadini,e le conueneuoli la dirizzano, e chi è chagione di malla uita dentro alla città e della buona, e perché la legie è sembiante a costumi. Da questo prospetto risulta chiaro quanto abbiamo prima affermato, ed insieme con la questione dell'etica volgare è risoluta quella non meno importante del volgarizzamento del Tresor e delle fonti di esso, che Sundby con molto buona volontà ma con poca fortuna rintraccia nel latino dell'altro Liber Ethicorum, del commento tomistico e nelle chiose d’AQUINO (si veda). È naturale che il critico ha qualche volta gridato all'impossibilità di trovare il passo corrispondente nell'originale, ch’egli rinvenne del resto molto malconcio e scompigliato nel volgare di LATINI. Nè Sundby è il primo a esser tratto in inganno circa le fonti del libro del Tresor. Già Mehus parla di un'etica latina di cui si valse LATINI, compilata per incarico dell'imperatore Federico I a Napoli, e di una traduzione in latino del Liber magnorum Ethicorum, fatta sotto gl’auspici di Manfredi da mæstro Bartolomeo di Messina. Mehus è senza dubbio fuor di strada. Giacchè quest'ultima opera rimane estranea alla tradizione dell'Etica nostra, nè di quella prima imperiale versione d'Aristotile pare che non sia lecito dubitare. De'rifacimenti latini dell'Etica aristotelica dirò compiutamente in un prossimo lavoro; giacchè non è più possibile star paghi alle vecchie notizie,e d'altra parte le buone ricerche del Jourdain non sono affatto compiute e i risultati da lui ottenuti non sono più in buona parte sostenibili. Della Nicomachea si conoscono cinque redazioni latine nel 1300; delle quali tre derivano direttamente dal greco: l'Ethica uetus che comprende solo il secondo e il terzo libro,l'Ethica noua che contiene il primo libro, e il Liber Elhicorum che abbraccia tutti i libri e al posto dei primi tre inserisce con frequenti ritocchi e modificazioni il testo dell'Ethica noua e dell'Ethicauetus. Il Liber Ethicorum, che fu commentato d’AQUINO (vedasi), ebbe larghissima diffusione,come pare anche dal numero e dalla importanza de'mss. che lo contengono, insieme col commento tomistico servi di testo fondamentale per l'instituto filosofico etico del tempo. Per il tramite arabo ci son pervenuti due rifacimenti latini della Nicomachea,d'indole ben diversa: il Liber Ethicorum, volgarizzato d’A., che SERVE DI FONTE al Tresor, e il Liber Minorum Moralium o liber Nickomachiæ, tradotto dall'arabo in latino per opera di Ermanno il Tedesco (Herman nus Alemannus). È questa la parafrasi dell'Etica fatta da Averroè; il rifacitore non volle solo tradurre l'opera m a intese altresi chiarirla e spiegarla,accrescendone e sviluppandone idati dimostrativi che nel testo sono ridotti a'risultati de'processi lo gici.Aristotile parve un po'contratto;l'arabo ne distese imuscoli Fin ora ho potuto esaminare ventidue mss.,di cui quattro del sec.XIII (Laurenzian.89,sup.44;XIII Sin.1;79,13; XIII Sin, diciassettedelse colo (Ambrosian. F. 141 sup.; A. inf.,di mano di Boccaccio; Laurenz. XII Sin.7; XII Sin.9; Nazion.Napoli,VIII G. 11;G. 25; G.27: Riccard. III;Marciana (mss.lat.) cl.VI,39, 41,43,44,122;Uni vers.Padova; Antoniana; Capit. Padova G. 54; e uno del sec.XV:Ambros.R. 50. sup.).  Laurenz. , sup. Trova si pure impresso in tutte le edizioni di Aristotele con il commentario di Averroès (Venezia, Andrea d'Asolo; Giunta). Laurenz. X I I I, Sin. 1 2; V I I I, Dext. 6. (3) Ashburnham.e ne arrotondo icontorni, stemperandone la fibra. Aristotile, ada giatosi nella mollezza araba un po' adiposa, si presento all'in telligenza un po'incerta, bambina alquanto e stentata,delle nuove genti latine che con più agevolezza poterono,cosi in veste più larga,contemplarlo e comprenderlo; e l'opera aristotelica, accresciuta di quel po' di cemento della parafrasi araba che riempiva gl'interstizî apparenti della sua costruzione ideale,poté intendersi e premere sulle coscienze senza l'aiuto di un com mentario apposito che dissolvendone l'unità finale ne facesse a p parire gli elementi semplici di formazione. Cod.Ashburnhamiano955[= 1]membr.sec.XIV,conlaprimapagina miniata.Tit.: L'Etica del sommo phylosofo Aristotile; la soscrizione finale si legge difficilmente; pare: Explicit liber Ethicorum Aristotelis phylo. sophj in uulgari idioma scriptus: di cc. scr. 48, le cui ultime presentano molte abrasioni. Cod.Magliabechiano 12.8.57 [52]membr.sec.XIV;titolieiniziali color.,di cc.scr.26. Com. Prolago sopra l'etichadel sommo phylosofo Aristotile; in fine: Explicit liber ethicorum Aristotilis. deo gratias. In fondo è ilnome del trascrittore «Sander me scrissit». Cod.MagliabechianoA.2.3.2[= 3]membr.sec.XIV;titolieiniziali in rosso,di cc.scr.22. Com.: Prolago sopra l'etica d'Aristotile; in fine: Qui finisce il libro dell'Etica del sommo filosafoAristotile il quale tratta delle uertudi che ssi conuegnono auere a cchostumi ed a buona vita delli huomini. In fondo « Giouanni di Lapo Arnolfi lo fece scriuere. Compiesi di < scriuere m »; più sotto è indicato iltrascrittore«Sanderme scrissit»:è lostessodelcod.precedente. MARCHESI.   Cod.Magliabechiano 2.4.274[= 4) membr.sec.XIVexc.dicc.scr.44, miscell., contiene il Trattato sulle avversità della fortuna (c.1-16'). L'Etica com.: Incipit Ethica Aristotilis translata in uulgari a magistro A. florentino; infine: Explicitethica Aristotilistraslatatape rmæstro A. deo grazias. A c.1a « Qui cominciano le robriche di tutto il libro dell'eticha « d'Aristotile traslatata per lo mæstro A. ». Cod.Marciano (mss.ital.)II,3 [= M]membr.sec.XIV,225 X 164,di cc.46 non numerate;anepigr.Precede il trattato «de la doctrina di tacere «etdi parlare»diAlbertano da Brescia;finisceac.11a:Quifiniscee libro de la doctrina di tacere et di parlare el quale fece messere Alber tano giudice da brescia nell'anno domini Millesimo CCXL V del mese di dicembre Deogratias Amen.Dopo un foglio vuoto,ac.13a seguono alcune « Sententie Tulij et Senece et aliqua dicta Aristotilis », che vanno sino a c.18a. L'Eticii,anepigrafa,vadac.18'ac.46t;iltestoèmolto guasto e scorretto,senza alcuna divisione in libri; in fine: Finitus est liber deo gratiasAmen. Cod.Palatino634[=5] membr.sec.XIV;rubricheeinizialicolorate: di cc. scr.27, più una bianca. Tit.: Incomincia l'eticha d'Aristotile in uol. gare; in fine: Explicit ethica Aristotilis translata a mgio iohe min. deo gratias. Cod.Riccardiano 1538 [= 6;vecch.segn.S.III.47]membr.sec.XIV inc.,miscell.,con belle iniziali colorate e rabescate e numerose vignette intercalate nel testo,di cc. scr.231. Tit.: Incipit etthica Aristotalis. Segue all'Etica il trattato delle quattro Virtù, il Segreto de Segreti e da l t r e scrittur e sacre e profane;il cod.,come sivede dalla soscrizione finale,appartenne a un Bertus de Blanchis che ne fu forse anche il trascrittore. Cod.Riccardiano 1651 [= 7;vecch.segn.N. IV.27]membr.sec.XIV, coniniziali colorateer abescate, dicc.scr.50.Tit.:Prolagosopra l'ethica d'Aristotile;infine:explicitliberEthicorum Aristotelis. Contiene in oltre: Egidio Romano, la esposizione della Canzone di Cavalcanti. Cod. Laurenziano Sup.110[= a]membr.sec.XV, dicc.42.Nella  66 C. MARCHESI Cod. Riccardiano membr. sec. XIV, miscell.; presenta t r a c c e di quattro mani diverse;la più antica riempi ifogli dell'Etica (da c.5a a c. 3 0 ). Com.: Qui comincia l'etica d'Aristotile. Cod. Ambrosiano C.21.inf. membr.del sec.XV, dicc.58,con la prima pagina fregiata e miniata, con lo stemma del possessore e il ri tratto del filosofo; le iniziali di ogni libro colorate e fregiate. Com.: La Prefatione di 'l primo libro di l'Ethica de Aristotele ad Nicomacho suo figliuolo; nessuna soscrizione finale.   prima pagina è lo stemma del possessore con la indicazione « Jacopo di « piero benciuenni ciptadino florentino spetiale a pie'del Ponte Vecchio 1488 ». Tit.:Prolago sopral'eticadelsommo phylosofo Aristotile;infondoporta la data della trascrizione: 1451. Cod. Laurenziano [= r] cartac. sec. X V, di cc. 118. Precede a p. 1 « Insegnamento delle uirtudi e mortificamento de'uitii secondo Aristotile e detti e autorità notabili di Santi et di molti saui et filosafi et poeti » cioè, il VII libro del Tesoro. L'Etica cominciaac. Qui comincia l'etica d'Aristotile; in fine: Explicit l'etica d'Aristotile. Cod. Magliabechiano2.4.106[= m]cartac.sec.XV,dicc.77,miscell.; contiene volgarizzamenti di opere sacre.L'Etica(c.54-72t)com.: Qui co mincia un'opera facta per lo grande sapiente Aristotile detta l'Eticha; in fine: Finita l'eticha d'Aristotile translatata per mæstro A..deo gracias.Sottoèl'indicazionedell'anno Scrittadigennaio1459». Cod.Magliabechiano2.2.72[= p]cartac.sec.XV,miscell.:contiene la dottrina del parlare (estratta dalla P.I,cap.13del Tesoro), il Segreto de Segreti, il volgarizz. da Vegezio Flavio,un libro delle Aringherie etc. Si trova unito a questo un codicetto dello stesso formato, di cc. 18, conte nente una piccola storia o diario della città di Firenze. L’Etica va da c. 5 4 a c. 3 6 ', a n epigr. In fine: Compiuta è l'Etica d'Aristotile translatata in uolgare da mæstro A.. Cod. Magliabechiano21.9.90(= r]cartac.sec.XV exc.miscell.Con tiene una parte del trattato del Governo della famiglia di ALBERTI (vedasi) e dell'Etica solo il libro ottavo e nono; vede bene che il trascrittore ha volutoestrarrelaparte riguardantel'Amicizia;ambedue ilibrisondivisi in capitoletti. A c. 6 1 è l a soscrizione del copista Strozzi », eladata:. Codice Marciano (mss.ital.) I,134(= N) membr.sec.XV,205X 138, cc.64 non numerate,con le iniziali dei libri miniate e dorate. Com.: Incipit proemium transductoris huiusoperisuulgaris; iltestocom.ac.21:Libri Ethicorum siue Moralium Aristotelis qui sunt X in multa capitula diuisi, quia generaliterdemoribussehabet. Nam inprimo librodeterminat de felicitate morali et eius partibus. Segue un semplicissimo ristretto volgare degli Economici,indue libri:Incipiunt libri Ichonomicorum Ari. stotilis duo diuisi in aliqua capitula pertinentis ad gubernationem familie. Nam in primo libro determinat de partibus Iconomiceetde coniugatione mulieris et uiri, quæ dicitur nuptialis,de coniugatione parentum ad filios quæ dicitur paterna,et dominorum ad seruos quæ dicitur dispotica. « La scientia di regiere la casa ha nome Iconomicha et è differente da la scientia di reggiere la cipta la quale ha nome polliticha. Non solamente « perchè una cio e la Iconomica considera el regimento de la casa et la « politica el regimento de la cipta,ma etiandio perché in reggiere la casa «nondieesseresenonuno.».A c.61asegueun Extractum Aristotelis de libro Secreta Secretorum de arte cognoscendi qualitates hominum ad Alexandrum regem. In ultimo è questa soscrizione: « Ex Venetiis primo finis». Codice Marciano (mss.ital.) (= V]cartac.sec.XV inc.,272X200, di cc.48 non numerate,con la iniziale miniata e il titolo rubricato: Hetica d'Aristotile; finisce a c.38 ': Qui finisce il libro detto Ethyca d'Aristotile. Composto per lo nobile phylosapho Aristotile greco Atheniense scritto e compiuto. Nellestinche di firençe nel malleuato di sotto. Seguono due carte bianche, e a c. 41 il libro di sentenze, che si legge pure nel Marciano II, 3. Cod. Mediceo-Palatino membr.sec.XV,di cc.scr.54, più quattro vuote:ititolidei libri e dei capitolicolorati;scrittomolto nitida mente.Per incuriadichirilegòne'due primi quaderni è un'inversione cui pone riparo la opportuna numerazione delle pagine.C o m.: Incipit Ethyca Ari. Stotilistranslatainuulgariamagistro A. florentno; infine:Explicit Ethica Aristotilis traslatata per magistro A..Deo gratias Amen. Cod.Palatino cartac.sec.XV, dicc.44,miscell.;contiene il libro di ammæstramenti,sentenze,il libro di Catone,il trattato delle quattro virtù, e altri volgarizzamenti di carattere morale. L'Etica com.: Questa si è l'etica d'Aristotile; in fine: Explicit etica Aristotilis translata a magistro A.. Cod.Palatino510[= d]cartac.sec.XV inc.,dicc.111,miscell.;con. tiene volgarizzamenti da BOEZIO (vedasi), CICERONE (vedasi), etc. L'Etica com.: Qui chominciano i fioretti dell'etica d'Aristotile; in fine: Finiti i fioretti dell'etica deo gratias. Cod. Palatino  cart a c. sec. X V, dicc. 4 5: iniziali colorate e fregiate. Inc. Qui chomincia il proemio sopra l'ettichia di Aristotile Pren. cipe di filosafi; in fine: Finito e libro chiamato l'eticha d'Aristotile a di X X V d'ottobre mille quatrociento quarantacinque per le mani di filippo Adimari da firenze a uso e stanza di se e di suoi amici deo gratias. Cod.Riccardiano1084 [= c]cartac.sec.XV,dicc.49;inizialieru briche colorate. Inc. Comincia il prolago del libro della hetica d'Aristotile; in fine « deo gratias amen ». Cod.Riccardiano cartac. sec.XV, dicc.248,miscell.;con tiene scritture sacre.L'Etica va da c.49a a c.702. Com.: Prolagho sopra l'eticha del somo filosafo Aristotile; in fine: Finiscie l'eticha del sommo filosafo Aristotile deo grazias. Cod.Riccardiano 2323 sec. XV,di cc.51; rubriche e iniziali grandi colorate.Precede la Introduzione al dittare di «mæstro Giouanni « bonandree da Bologna », con questa ottava al principio « Di Bologna natio «questoautore|nellacittastudiandodou'ènato conallegrezzæmæstral «amore di giouani scolar questo trattato brieuementecomposeilcui ti «nore conciedeachi l'aurabeni studiato sopra quelche la epistola a di. manda et sofficientemente in lei si spanda ». L'Etica è compresa da c.20 ac.51;infine: Explicit Eth. Ar.traslatataamagistro A.inuulgare. Scribere qui nescit nullum putat esse laborem. Cod.Riccardiano1610[= h]cartac. sec.XV, dicc.26, miscell.;contiene il trattato delle quattro virtù.Com.: Incipit liber Ethicorum Aristotilis; infine:ExplicitliberEthicorum Aristotilis.Ilcopistafu«lulianusAndree a de Empoli che lo scrisse « per sè e per i suoi consanguinei ». Cod.Riccardiano cartac.sec.XV,dicc.69:inizialierubriche colorate,con frequenti macchie d'acqua nel margine.Contiene il Segreto de Segreti(1"-44a)el'Etica (441-68a); com.: Fioretti dell'eticha d'Aristotile del primo libro; in finc: Qui finiscie el libro dodecimo ed ultimo delle ticha composto perlonobile filosofo etsommo Aristotile.Amen. Cod. Ambrosiano J. 166 inf. Cartac., trascriz. rec. Il codice consta di più parti cucite insieme. L'ultimo quaderno contiene l’Etica, il Segreto,e il volgarizzamento dell'orazione pro Marcello. La trascrizione è fatta con molta probabilità su di un codice antico, fedelmente. L'Etica è anepigrafa; in fine: Explicit Eth. Ar.Manca ogni divisione della materia. Cod.Erbitense [Biblioteca Comunale di Nicosia].Cartac.,trascriz.rec. Contiene il volgarizzam. toscano del de Amicitia e il compendio dell'Etica, che manca del primo libro. Cod.Napolitano Nasion.XII.E: Copia recente d'un ms. quattrocentino posseduto dalla biblioteca di casa Bentivoglio. Contiene il trattato della fisimomia (sic), ch'è aggiunto in fine come tredicesimo libro dell'Etica.Inc.: Dell'Eticha del sommo filosofo AristotilelibriXIII;in fine: Qui son finiti i dodici libri dell'eticha del sommo Aristotile.  Cod.Ambrosiano G. Sup.(= Amb.)membr.sec.XIV,aduecolonne, con rubriche fregiate e colorate; di cc. scr. 121. L'Etica va da c.56a « In « cipit libro d'eticha Aristotile » a c.73a « Expicit libro d'eticha Aristotile. « Incipit libro costumantie. L'ultimo capitolo con cui si chiude il codice è: Come ilsignoredeestarearendereragione. Finisce (c.121a) «eprenderai « commiato dal consellio e dal comune de la citta e te ne anderai a gloria dea honore. Finiscelo libro di mæstro Brunecto Latini da Fiorenza». Cod. Ashburnhamiano 540 (= a)cartac.sec.XIV;anepigr.e mutilo, dicc. 138. L'Etica finisceac.73t: Explicitelica Aristotilisa Magistro A. in uulgare traslata. Il resto del Tesoro si arresta a cc.88 (lib.VII, cap.27]; a c.90 è un capitolo in terza rima di Dante: lo scrissi già d'amor pii uolte in rime,con una notizia sull'occasione ch'ebbe il poeta di scriver quella poesia;a c.94 è una legienda chome tre monaci andarono nel paradiso di lutiano. il qual e in terra... Seguono altri scritti,tra cui un framm. del Fiore di filosofi. Cod.Gaddiano cartac. sec.XIV,acef.e mut.; ilprimo foglio è aggiunto di mano diJacopo Gaddi, dicc.147, sciupatodall'acqua. Ilcodice si chiude con l'Etica,ed ha questa soscrizione: Finito el libro fatto e chon pulato per Latini. Il cod.come si vede da un'indicazione sulla guardia,apparteneva a'figliuoli di « Giouanni di ser Andrea di Michele « Benci lanaiolo cittadino fiorentino ». Cod.Laurenziano42.23(= ) membr.sec.XIV,contitoliinrossoe le iniziali colorate, e il ritratto del mæstro, in principio, dipinto nell'atto che insegna; di cc. 142. Il testo è diviso in tre parti: dopo la prima è un indice della materia precedente; un altro indice di tutta la rimanente m a teria trovasi alla fine del codice. L'Etica va da c. 59! « Cominciamento del « segondo libro del Tesoro lo quale e appella l'eticha che compuose Ari « slotile » a c.774 « Explicit hetica Aristotilis a magistro A. in uol. «gare traslectata». Infinedelcod.: «Explicitlibroloqualefuecomposto per lo mæstro Brunetto Latino di fiorenza et poi traslectato di fran ciescho in latino (Bondi pisano mi scrisse dio lo benedisse. Testario sopra nome, dio lo caui di gienoua di prigione. et a llui et a li autri che ui sono e da dio abiano benizione.Amen amen). La soscrizione è di mano dello stesso copista. Cod.Laurenziano 90 Inf.46 (= d)cartac.sec.XIV exc.,aduecolonne; titoli in rosso e iniziali colorate; di cc. L'Etica va da c. 74+ (Qui co. mincia l'ectica d'Aristotile et est la segonda parte del Tesoro) a c. 100a (Explicit l'etica Aristotile in questo tanto che io noe trouata).In fine del codice: Qui fenisce lo sourano libro-Explicit lo libro del Tresoro. Cod. Magliabechiano 2. 8. 36 (vecch. segn. 25. 258] secc. XIII-XIV: acefalo e mutilo di cc.91. Comincia al lib.II, P. I,cap.19 efinisceal lib.III,P.II,cap.21. L'Etica finisceac.19a,senza alcuna soscrizione. Tra il compimento della prima parte e il principio della seconda (cc.44-75)sono della stessa mano alcune tavole planetarie e astrologiche, tavole ad lunam et ad Pascham inveniandas etc. Proven.Strozzi. Cod.Palatino cartac. sec.XIVexc.,dicc.214; miscell.Con tiene,oltre il Tesoro,ilLibro di amæstramenti di costumi,le cinque chiari della sapienza,iltrattatodelle quattro Virtù morali,lo libro di Chato. L'Etica va da c.87+ Qui chominciano le robriche del secondo libro del Tesoro, cioèd'eticha d'Aristotile- epoi: Quisi chomincialo secondo libro del Tesoro e primamente dell'ecitta d'Aristotile) a c.115a [Explicit Etica Aristotilis a Magistro Tadeo in vulgari traslatta ta deo grazias. Finisce il Tesoro a c.175a.Al recto dell'ultima carta,dimano di poco po. steriore, si legge « Questo libro è di Giuliano di Giouanni Quaratesi: chi llo « achatta, piaccagli renderlo per l'amore di dio, e dalle lucerne e da' fan «ciullilorighuardi».Com.iltestodel Tesoro: «Questo è lo librochessi «chiama Texoro loqualeèchauato dalla bibbiæde'libridifilosofi a che ssono stati per li tempi ». Cod.Riccardiano 2221 (= 2)membr.sec.XIV,di cc.127; iniziali co lorateefregiate. L'Eticavadac. 58'«Incipit libbro elichaAristotile» a c.75'«Expicit libbrod'etichaAristotile».A c.1224: Qui finiscielo libro di mastro bruneto Latini da fiorensa. Si nota una grande confusione nella distribuzione della materia dell'Etica,prodotta dallo spostamento di varie parti.   Cod.Laurenziano 42. 19 (= P) membr.sec.XIV, a due colonne,con molte miniature e iniziali colorate; di cc.93. L`Etica va da c.40a « Qui « comincia la seconda parte del Tesoro di Burnetto Latino el quale libro e si chiama la ethica d'Aristotile » a c. 51a « Qui finisce l'Eticha d'Ari a stotile ». = u. membr. Cod.Casanatense1911(= )cart.sec.XV,dicc.130;anepigr.mutilo. L'Etica va da c.33* Qui chomincia il nobile libro che fecie il sauio Ari.   stotilefilosafocioèl'Eticasua)ac.45 (fincieillibrodel'etica). Inun'av. vertenza apposta al codice stesso è notata la mancanza della parteche ri guarda la Politica (lib.IX); vi si trova la teologia,divisa in due parti; com.: Voiuoresti ch'ioviconfortassi l'animeuostremaio dubito fare ilchontrario.;(in questo trattato si parla di dio,angeli,sacramenti, del l'anima).Nel fl.r.membr.della guardia è un indice della materia che giunge sino alla natura del delfino (V libro). Cod.Magliabechiano2.2.82(= n)cartac.sec.XV,dicc.111,mutilo; siarresta al principio dell'Elica (cap.1): sièinutileinquestascienza. Inc.: Qui comincia lo libro il quale fece ser Benedecto (sic) Latini di firense e parla della nascienza di tutte le chose e æ nome il Tesoro. L'Etica ha questo tit.: Qui comincia il sechondo libro del Tesoro facto per ser Brunetto latini di firenze il quale parla dell'ethica di Aristotile. Si trovano in questo codice altri volgarizzamenti da Seneca, Boezio, G e ronimo etc. Cod.Magliabechiano2.2.48(= v)cartac. sec.XV,dicc.153,mutilo; e x p l. « Q u i d i c i e della Branchacio e d i c h oncrusione ». I n c.: In comincia il Tesoro di Latini da Firenze conpilato in francescho. L'Etica va da c.60a [Qui parlla il mæstro della beatitudine.coe.parlla Aristotile sopra l'eticha] a c.81* [Qui finisce il secondo libro di questo trattato di ser Brunetto Latini oue brieuemente a trattato della beatitudine e delle uirttu sopra l’etica d’Arisstotile. Al mar g. i n f. della prima pagina si legge il nome di un possessore: Concini. I CODICI MUTILI DEL TESORO. Cod.Leopold.Gaddiano IV (= 0) membr.sec.XIV,a due colonne,con la iniziale dorata e dentro essa l'effigie dell'autore; di cc.40. Inc.: Qui in. chomincia el Tesoro di ser burnetto Latino di firenze. E parla del na. scimento e de la natura di tutte le cose. Si arresta alle parole « allora «uegnonolichacciatoriefanno»,cioè al penultimo capitolodellaprima parte (de unicorno).Sul foglio di custodia in fine si legge il nome del possessore « Liber mei Angeli Zenobii de gaddis de florentia ». Cod.Leopold. Gaddiano 26 (= T)cartac.sec.XIV,a due colonne,di cc.88. Inc.: Questo libro si chiama il Tesoro maggiore il quale fece mæstro brunetto Latini di firenze, e tratta della bibia e di filosofia e delle uecchie istorie ad amæstramento di choloro che leggierano.Contiene tutta la prima parte e il prologo della seconda (c. 85): « E poi uerra il prolagho apresso a questo dicha de l'eticha del grande sauio Aristotole ». Cod.Laurenziano 42. 22 (= E)cartac.sec.XIV,di cc.165;titoli in rosso e iniziali colorate, con l'effigie dell'autore in principio; mutilo. Inc.: In nomine Domini Amen. Qui comincia lo libro del Thesoro maggiore, lo quale libro fece mæstro brunetto Latino di fiorenza. Questo primo libro fauella del nascimento di tutte le cose di filosophia et di sue parti. Prologue de la natura di tutte cose. Si arresta alla prima parte: « per « ragunare la secunda parte di questo thesoro che dia essere da pietre pre «tiosecioecharbonchi perlle diamanti».La lezione di questocodice in moltissimi punti si allontana da quella comune delle stampe e dei codici, non solo per diversità di espressioni,ma anche per copia e qualità di notizie. Cod.Laurenziano 42. 20 (= B)membr.sec.XIV,a due colonne,col ri. tratto dell'autore in principio; titoli in rosso e iniziali colorate, di cc. 112. Inc. « Questo libro e chiamato il tesoro magiore il quale fece ser burnetto. « Latini di firenze il quale tratta de la bibbia et di filosofia et del cho « minciamento del mondo e de l'antichita de le uecchie istorie et de le a nature di tutte chose insomma ad amæstramento e dottrina di molti. «Ed erechato di francescho in uolgare apertamente».Comprende la prima parte e il prologo della seconda: Qui parla alquanto d'eticha d'A ristotile.A c.112a è un elenco de're di Francia. Cod.Laurensinno 42. 21 (= p) cartac.sec.XV,di cc.70. Inc.: Qui comincia il libro del Tesoro il qual fe ser brunetto da fiorença e parla del nascimento di tutte le cose.Contiene fino a tutto il libro V. Molte varianti. Cod.Magliabech.VIII.1375 (= U) membr. sec.XIV. Anepigr.,acef., matilo, dicc.32,aduecolonne,con le iniziali colorate.Proven.Strozzi.ediz.. Romagn., Bologna)ne «elliuengnano. Etperciononæinloropuntodifermeçça ketuttecose ve tutte creature si muouono e si mutano in alimento percio dico ken « questi tre tempi cioe li passati e li presenti e quelli ke sono a uenire non a sono niente se del pensiero noe a chuelli souiene de le cose passate e in « guarda la presente ed atente quelle ke deono uenire » etc.... sino a c. 41 (p. 94, ed. cit.) « e la reina non uolse aconsentire al matrimonio anzi la « uolea donare ». Da questo punto ch'è evidentemente interrotto, per man. canza di nesso con la pagina seguente,la distribuzione e l'entità della m a teria sembra in gran parte diversa dalla comune del Tesoro. Riferiamo talune rubriche: a c. 5a il cod. seguita « dira qui apresso Lamet frate di    Comelore Manfredi prega il ppche li concedess e il ren gno etc. etc. Seguita quindi a dire di Manfredi e della battaglia di Benevento e di Carlo d'Angiò e di Gianni da Procida e de'Vespri,lungamente.Vengono appresso altre narrazioni « Come si lamenta il conte Giordano Cod.Palatino 483 (= Q)cartac.sec.XV,dicc.65. Inc.:Quichomincia lo libro il quale fecie ser Benedetto Latini di firenze e parlla della n a scienza di tutte le chose e a'l nome il Tesoro. Comprende la prima parte e il prologo della seconda. Ne resta esclusa dunque l'Etica e il resto del Tesoro. Insieme con questo codice si trova legato un altro, di mano diversa, contenente iframmenti del Buouo d'Antona,in ga rima. Cod.Riccardiano2196(= w)membr.sec.XV,aduecolonne,dicc.67. Si ferma al punto ove parla del « modo di trovare l'acqua e delle cisterne » È da notare che ci troviamo di fronte a una lezione ben diversa dalla più comune. CONCETTO MARCHESI.  «Giosepoe figliuolo diJacobetc.... Come sicominciai agioaltempo «diSaulediJerusalem– Loquintoagiosicominciaquandoigiudei «eranoinpregione Danielf.gesseediSaul ·delgloriosoreSalomone «profetta de elias deloredugidiTebas– dieliseusprofete. de « isaie profette de germie profette etc. etc. ». A c. 9 abbiamo un cata logo di pontefici: segue la storia della chiesa di Roma e di Costantino. Poi « Come franceschi perdero lo 'perio di lo re imperadore di Roma « primo taliano di beringhieri come perdeo la sengnoria e uenne amao «dotto di Sasogna Reame della mangna Arigho della mangna «Comeloredifranciafusconfitto Comelo'peradorepreseliparlati «difrancia Come la chiesa uacantidi buoni pastoritradivalo'peradore tinuamente la natura lauora in tutte cose seguono figure astrono miche,della luna,del mappamondo. Finisce a c.32. « Dell'altra citta di uerso nasce lo fiume di rodano e uassene dall'altra parte uerso borghon « Francia diuide in « gnia e per proenza molto correndo e anzi che lli sia a mare si «duepartiellamaggioreparteentrainmare presoadArlil'altrobraccio.». Qui si arresta il codice. Come con KLII, A. FLORENTINUS. qua fortuna. Sunt quivelint ex humili prorsus loco, et infima populi fæce.Sed contra aliisvidetur editus exAiderotta gente,non patricia illa et primaria;duplex enim fuit;sed altera,minus quidem nobili,fedhonefta et liberali. A. certe patrem habuit, et ex gente A. di ctus est a Scriptoribus. Fuere A. fratres Simon et Bonaguida, homines obfcuri, quorum vix nomen ad nos pervenit. Ac A. quoque ip sum narrant non minimam ætatis partem non folum inglorie, sed ignominiose etiam transegisse. Adeo enim ftupidum a natura fuiffe tradunt,ut totis triginta annis n e c literas didicerit, nec honetto ulli artificio aprus fit visus. Itaque v i ctitasse ajunt sordido et illiberali quæftu, occupatum præ foribus sacelli S. Mi. chælis in Horto vendendis minutis candelis, quas ibi religionis causa accendi mos erat. Sed exactis triginta ætatis annis, quafi ex veteri somno experre ctum, et dissipata cerebri caligine, incredibili ardore excitatum ad literas, quarum discendarum ftudio Bononiam, adhuc rudem, et vix in Grammatica eruditum convolasse ajunt. Sed hæc, quæ de A. memoriæ tradidit Philip pus Villanius, quamquam et Florentinus, et non indiligens scriptor, et ad m o d u m antiquus, aliquis in dubium revocat, quod fabulis fimilia videan. tur; qua de re integrum erit unicuique judicium. IÌ. C u m igitur Bononiam venisset, ut optimarum artium ftudiis animum excoleret, in quo omnes consentiunt, FILOSOFIA totum, ac Medicinæ le de dit. Incidit A. adventus ad fcholas noftras in illud tempus, cum Medica facultas, quæ antea ufu fere et exercitatione peritorum tota continebatur, a FILOSOFI tractata, nova luce donari cæperat; fi tamen vetus illa Arabum Philosophia, quæ tunc scholas invaserat,n o n ubique tenebras et caliginem offundere poterat. Sed ita persuasum erat hominibus, atque hæc potislima A. laus fuit, quod primus ex noftris Medicinam cum Philofophia arctissi m o fædere conjunxisse visus sit. Tentaverant id quidem ante A. alii, (h) et erantin Academia noitra ante illum Phyficæ, five,ut dicere ama bant, Phyficalis ientiædoctores,& professores, quifacem A. ipfiprætu. lerant; nec dubito, quin eorum aliquem in scholis noftris audierit. Sed ille unus plus operæ contulit inftaurandis Medicina ftudiis ad ejus fæculi guftum, q u a m fuperiores omnes. Extant adhuc ampla ejus commentaria in libros vete rum Magiftrorum artis Medicæ, partim typis edita, partim manu exarata in locupletiorum bibliothecarum pluteis, quæ primum inter docendum in scholis nusprotulitexlibroHH. Excerpt.Scriptur. Annotaz. del Dot. Ant. M. Biscioni al Conventus S Crucis Flor. Vid. Ci.Mazuccbel,in Conv. di Dante. In Firenze   XVI. "Haddæus Florentiæ natus eft paulo post initium sæculi XIII.,(a) incertum THE, Nnn 2 Obiit anno MCCXCV., ut infra dice- teringum et c. Presentibus Mag. Salveto de tur.Cum igitur,Philippo genarius decesserit, natum oportet Villavio auctore, octo annoMCCXV. Com.Bonon. Ferraria et M a g. Santo de Cesena. Ex Mem. ab Pbilip. Villan, in lib. de laut.Florent. in Append. N. XII. Ex tabulisanni MCCLI., quas Biscio.Ci. Mazuccbel. loc.cit. Jul.Mag. A. professor artis Medicine Vid.Jo.Antr.Vunjted defair.viror. fil. qnd.d n.Alderotti de Florentia fecit Joan. illuftr. et c. nem dn. Anglonis fuum procuratorem ad re Petri Hispani, cipiendam pacem et remifsionem a Loteren. Ro.Pontifexrenunciatus,di&tusif Jeannes XXI., go qui dicitur Rigutius et a Bonino fuo fi commentaria babemus in librum Ifaac Medici, quæ lio et ab omnibus et fingulis aliis de consan- Jubtilitatibus dialecticis abundant. Ilm in hipo guinitate ipsorum... de omni injuria, et pucratem w Arijtotelem scripufe dicitur; nec du offenfione que dicebatur eise facta per Mag. bito, quin bæc fcripta aliquanto ante A. A. vel B.naguidam fuum fratrem commentaria prolierint. Sed quantum bæc illis vel per aliquem de contanguinitate ipforum præjliterint, doctorum hominum judiciun postea vel quæ diceretur eise facts per predictos L o vlendit. A.,   ab eo tradita, m o x ab auditoribus excepta, incredibilem ei famam concilia runt. Id autem in eo potissimum mirabantur homines, quod ita Medicinam tractaret, ut ejus facultatis canones et præcepta ad severioris FILOSOFIA ratio nes exigeret; quod nemo ante illum magno fuccefsu perfecerat. III. In hunc modum recepta eft in scholis noftris vetus illa Medicina FILOSOFICA, fi ita appellare licet, quæ brevi tempore omnes Europæ Acade. mias pervafit, et innumeros Scriptores tulit. Hinc agmen interpretum in Hip pocratem, et Galenum, atque Avicennæ in primis, aliosque veterum Medico rum libros, A. duce; cui non satis ad laudem fuit interpretem dici,sed plufquum interpres a quibufdam dici amavit, et ut alter Hippocrates apud Italos habitus eft. Ejus autem gloffæ, præcipuis Medicinæ libris adjectæ, in scholis communi suffragio receptæ sunt, et pro ordinariis, ut dicere folebant, longo tempore habitæ eodem loco fuerunt apud Medicinx Itudiofos, atque Ac curtianæ gloffæ legum libris appofitæ apud Juris Civilis professores. Magister etiam Medicorum jure di&us eft, ob excellentium Medicorum copiam, qui ex ejus fchola prodierunt. Tanta denique ejus nominis fama, et inre Medica celebritas fuit, ut perinde esset in usu popularis fermonis Thaddæum fequi,  ac Medicinam profiteri. IV. Docere cæpit A.., aut non multo fe rius; eodemque tempore scribendo vacabat, neque operam fuam curandis V.Cum igitur æque felix in curandis ægrotis, acdoctusinscholareputa retur, non folum in civitate noftra Medicinam fecit, sed paflim vocabatur ad curandos magnates, et viros principes per alias Italiæ civitates. Hinc aliquis de illo magnifice potius, quam verescriptum reliquit, non confuevisse illum aliis, quam principibus, et nobiliflimisviris curandis operam præftare. Sed il lud tamen indubium eft, non fivisse aliò fe abduci ad curandum quemquam, nifi pacta ingenti mercede, quæ non tam efiet pro loci diftantia, aut difficul tate curationis, quam pro fui dignitate, et facultatibus eorum, ad quos CU randos vocaretur. Neque far erat de mercede pacisci: nam fibi quoque cau. tum volebat de itu et reditu, accepta ingentis pecuniæ sponsione pro fecurita: te itineris·Dignæ sunt, quæ legantur, tabulæ an. scriptæ,cum Thaddæus Mutinam iturus esset ad curandum Gerardum Rangonum. In iisRan goni procuratores A. promittunt, fe facturos, ut liberum iter et expedi ium ad eam civitatem habeat, fufcipientes in se omne periculum, et impen sam: quod si pactis minime ftetiffent, promiserunt, fe eidem reftituturoster mille libras bononinorum, quas depofiti loco a Thaddæo ipfo accepisse fate bantur. Similes tabulas habemus cum Mutinam rurfus ment. in Parad. ALIGHIERI, dou a vellutela. MEDICINE ! Ita appellati:r a Benvenuto ImolenfiCum evo. apud Ercard. Corp. Histor. med. ævi col 1 1 lo ibid. Sed qui plusquam Commentator a Pbi. qui revera opus fuum tum inscripsit, is fuit Turrisanus A. auditor;de quo alibifermo erit. plufquam Commen M a per amor della verace manna Hic homo, cum penes Italos, ut al. fundature, Paradisi, t e r Hipocras haberetur. Pbilip. Villan. de Laud. Tbali læus ad calcem Commentar. ix A Florentiæ,five de Cl. Florentin. Non per lomondo, percuimo's'afo In picciol tempo gran dortorli feo. Dant.Aligber. de S.Dominico Ord.Prædicator. tis defiderari patiebatur. Docendi tamen, et scribendi laborem intermifit an no,utopinor,cum civilebellum, a Lambertacciis, et Jere. miensibusexcitatum, civitatem noftram miserandum in modum conculit.Sed ipfe quoque fatetur,se aliquando a scribendo ceffasse ob quæstum, quem curan dis ægrotis faciebat. Atque hinc apparet, quæ fides habenda fit Philippo Villanio, cum scribit, A., fpreto lucro, fe totum interpretandis vete. rum Magiftrorum libris dedille. Fallitur etiam Villanius, cum scribit, Thaddæum ftipendio publice conftituto Bononiæ docuiffe; nondum enim, eo vivente,Medicin æ profefforibus ftipendia attributa fuerant. lippo Villanio, aliisque Scriptoribus dictus et, fanna Diretro all'Ostiense et a Taldea (c!Eo anno Mag.Thaddæus Medicorum magitter moritur. Ricobald. Compilat.Cbronolog. pborismos Hippocrat. bulm.  Pbilip. Villan. loc. cit. ægro   evocaretur ad curandum Guidonem Guidonum. Utrasque in Appendice dabi mus.Sed quis credat, in his contractibus bona fide actum? Ego fraude caruisse non arbitror. Facit, ut ita credam, infignis Odofredi locus, ad fraudes pertinens Advocatorum sui temporis; qui cum immodicasmercedes præterjus falque pro suis advocationibus et patrociniis extorquere vellent a clientibus eos adigebant ad ftipendium, quali deberent ex causa mutui.Eodem artificio usum arbitror A., quem ne obulum quidem verisimile eft deposuisse apud Rangoni, et Guidoni procuratores. Sed ego tamen existimo, A., probum hominem et pium, non ita immitem fuiffe, ut tam ingentes pecu-, nias exigeret ab iis, quos curandos aggrederetur. Potius crediderim, hanc cau tionem voluiffe, ne jutta mercede fraudaretur, et damna fibi æquo jure præfta rentur, quæ quacumque ex causa pertulisset. Vocatus aliquando ad curandum Romanum Pontificem, negasse dici tur se iturum, nisi centum aurei nummi in dies fingulos penderentur. Quod cum immodicum videretur iis, quibus negotium datum erat, ut cum Thaddæo transigerent, neque ea de re conveniret; concessit tamen Pontifex, grandem quantumvis pecuniam vitæ et incolumitati fuæ pofthabendam ratus. Mox autem, cum arnice Thaddæum argueret, quod tam magno operam suam locaret, ille admirationem fimulans; ego vero, inquit, multo magis obftupesco, cum ceteri fere viri nobiles, et minores Principes quinquaginta et amplius aureos nummos mihi in dies conferre soleant, tibi, qui maximus es Chriftianorum Principum,grave visum esse,quod centum petierim.Sed Pontifex,ubi A. ftudio optime convaluit, decem millia aureorum eidem rependi juffit, non tam ut tantum virum pro dignitate fua, et ejus meritis remuneraretur, quam ut omnem ab se averteret avaritiæ suspicionem. Itanarrat Philippus Villanius, qui tamen Pontificis nomen filet• Sed hunc fuisse Honorium IV. alii Scriptores tradunt, et in primis Joannes Tortellius in libro de Medicina et Medicis ad Simonem Romanum. Sunt etiam qui hæc tribuant Petro Apono illuftri Medico, de quo alio loco dice mus. Sed credibilenon videtur,tum quiapotiormihiet auctoritas Philippi Villanii, et Joannis Tortellii, quam aliorum multo recentiorum, qui hæc de Petro Apono scripserunt;tum quia Honorii IV.ætate Petrus Aponus nondum ad tantam famam pervenire potuerat, ut ad curandum Pontificem accerseretur. Sunt qui immaniter augent pecuniam, quam Pontifex recuperata valetudine Thaddæo numerari jusserit; nec desunt qui non minus, quam ducenta millia aureorum accepisse dicant. Sed nimis multa mihi etiam videntur pro iis t e m poribus vel ea decem millia, quæ Villanius omnium modeftiffimus narrat. A. certe Medicinam faciens ad ingentes divitias pervenit;nec facile est reperire plures ejus facultatis professores, qui majores fint consecuti. Ejus autem commodis, et utilitatibus consuluit etiam non uno modo Populus Bononiensis. Ei nimirum, et ejus hæredibus concessa eft immunitas a vectiga libus, et remissio ab omni munere publico. Additum eft, ut libere a quovis intra fines Agri Bononienfis prædia, et fundos emere posset, quos vellet; modo ne ab exulibus et profcriptis. Itaque eum voluerunt gaudere omnibus civium commodis,neque iis oneribus obnoxium effe,quæ cives reipublicæ causa sustine re debebant. Ejus quoque discipulis eadem. privilegia, et immunitates populi beneficio concessæ sunt,quibus gaudebant ScholaresJuris Civilis et Canonici. Id autem, nominatim pro auditoribus Mag. A.  ftatutum, aliorum Medicina profefforum auditoribus communicatum est. Ita honor additus est Scholæ ad Simonem Romanum Medicum præftantif  Dicit advocatus, fi promittis mihi fimum. Ex Cot. Vatican. aput Apostol. Zenun milleaureos nominefalarii, nonteneris.Sed in Dissert. Volpian.faciasmihiunum inftrumentum, inquo con Ex Stat. Pop. Bon.tineatur, quod tu teneris mihi dare mille ex vel potius in quibus eji Rubri. causamutui. Odofred.inl. Sifubfpecie.C.de cadeprivilegio Mag.A. ductoris Fixi Polulando. Pbilip, Villan, loc. cit. ce et diicipulorum ejus. Vid.,dow Jo.Tortellius de Medicina& MedicisMedi.   Medicæ,quæ A. potissimum opera magis aucta, et nobilitata,parigradu deinceps fuit cum scholis Legum, et Canonum. X. Nescio quid molettiæ illi etiam intulisse credo Clarellum quendam,ut opinor, Medicum, five quod ejus doctrinam impugnaret, five quod medendi rationem carperet. Queritur de illo in Commentariis ad Joannicii Ifago gen, X I. Habere consuevit in familia sua Thaddæus Medicos aliquot, quibus adjutoribus uteretur five in scholæ muneribus, five in ægrotantium cura. Eo rum aliqua mentio eft in ejus teftamento, quod in Appendice damus. Dome ftica quoque negotia, ne quid esset, quo a suis ftudiis interpellaretur, per pro curatoresaliquando agere consuevit. procuratorem suum conftituit Octavantem Florentinum, affinitati fibi conjunctum,eum, qui Jus Pontificium exeunte fæculo XIII. in scholis noftris docuit;de quo fuo loco diximus. Vit. Append. Pertinet  hoc ad annum tisnominedñe Adelefuefilieipfi Mag. A. dum numero, quo luci altitudő indicatur. dieXV.MajiMag. tia. bus dicitur Regalettus Bunaguide de Floren.Quamdiu vixit priinum dignitatis locum tenuit interMedicinæ profef fores; ac multum ei quoque tribuerunt professores aliarum disciplinarum. Sed gravis offenfionis causa ei aliquando fuit cum Bartholomæo Varignana,qui ex ejus schola, ut verisinile eit,prodierat, et magiftro adhuc vivente ma gnopere celebraricceperat. Receperat ille in Medicina erudiendos quofdam, qui ad A. fcholam ante accesserant. Id ei magno crimini datum eft a A.; ac fortasse erat contra leges scholafticas,vel Academiæ noftræ mo rem. Neque vero aliter to'li diffidium potuit,& sarciri injuria,qua affectum fe credebat A., quam ubi Varignana promisisset omnem pænam pora'em, et fpiritualem ultro subiturum, q u a m in e u m ftatuissent Vicarius Ar. chidiaconi Bononienfis, et aliquot doctores ex Collegio Magiftrorum, arbitri ad tam rem delecti. (c) quæ cum scriberet, nondum, ut arbitror, id auctoritatis consecutus erat, ut hujusmodi obtrectatoris importunitatem fortasse A. natura suspiciofus, et ad inanes metus comparatus; quod,ni fallor, oftendunt etiam tot capta de securitate itinerum, et ftipendiorum fuo rum caurelæ, et iterata fæpius testamenta, de quibus diximus. Id porro ex ejus corporis habitu, et temperamento quid fuisse, pro certo habeo. Ipfe enim de se fatetur, fe somnambulum fuil. fe, (e) et interdum ex alio loco dormientem fine fenfu cecidiile. (f) ipfe (a) Vide tabulassocietatisinterMag.Gen A. doctor Fixice fecitsuum procurato tilemde Cingulo, Lou Mag GuilielmumdeDeza reminomnibusfuiscaufis&negotiisdn. ra fcriptas in Append. deo matrimonio unite trescentas libras Pifa.  Finitus eft tractatus de febribus do norum in forenis de duodecim.Pretereado mino Clarello, qui facit nos evigilare, et tran firepermentemno ftramquidquidmalipo. brasejusdemmonete. ErMen.Con. Bonon. test. Tbad. ir Isag. Joannic. Fortale ad Otavantem, qui putea canonum pro f e f. eundem pertinent, quæ babetad finem cap.36. Hoc eft, inquit, quod dicit tallidicus, qui fa. tereaque Adelæ fratrem, intelligimus extabulis cit omnia mala trautire per mentem noftram.scriptis in Mem. Com. Bon., Dequartoficprocedo:videtur,quod inquibuslegitur: Dn.Octavantedñi Guidalo homo poflitdormiendo fentire, nam dorinien do movetur, ficut patet in furgentibus de no. čte,quorumegofuiunus. Guidalottipater Sed locus fortasse mendojus in pe Bunoniæ degebat, ex Mem. Com.Bonon.,inqui a se avertere poffet. Sed erat accidere debebat, in quo insolens ali navit eidem propter nuzias quinquaginta li. for fuit, Guirlalutti Florentini filium fuiffe,propo cti de Florentia scolaris Bonon... emit dige. ftum. pretio lib.L. bon. Regalettusautem tem XII. A. fere sexagenarius uxorem duxit Ade lam Guidalotti Regaletti filiam,Octavantis, quem ante nominavimus, fo rorem, ex eaque filiam suscepit Minam, quæ adhuc innupta erat, cum Magiftrorum collegium jure tunc dice O &avantem deFlorentiasuumcognatum.Ex Mem, Com. Bonon. batur, nonautem Melicorum; quianonsolum Me XV.Jan. Mag. dicinæ, fed alia,um quoque artium liberalium pro fesjures complectebatur, ut ex ipfis hujus controver A. artis Fixice professor fil. and. Alde rotti de Florentia fuit confeffus habuiife a dño fæ actisapparet,quæin Appendiceexbibentur. Guidalottoqnd.dňi Regalettide Florentiado. Teftamentum fæpius, nec uno in loco A. fecit. Et quoniam perpetuo domicilium Bononiæ habuit, cum aliò diverteret ad curandos magnates, itinerum pericula reputans, propterea teftamentum sæpius fecisse videtur. Sed omnium poftremum Bononiæ condidit, quo cete ra omnia revocavit facta Bononiæ, Florentiæ, Ferrariæ, Romæ, Mediola ni, Venetiis, et alibi. Pro anima fua, et ad pias causas x. mille libras bonon. legavit: quæ immanis summa erat pro ætate illa, et privati hominis facultati bus. Ex his bis mille quingentas libras impendi voluit emendis prædiis pro pauperibus verecundis, quorum administrationem esse voluit penes Fratres de Pocnitentia. Viger ad hanc diem ut cum maxime pium hoc inftitutum,a pru dentissimis civibus adminiftratum in civitate noftra, quo consulitur egettati h o neftorum civium, quibus oitiatim mendicare victum vel natalium, vel ætatis, sexusve conditio fine pudore non finit. Fratribus Minoribus, penes quos sepeliri voluit, ubicumque ejus obitus contigisset, multa legavit. Atque illud viri prudentiam maxime demonftrat, quod præftari voluit in perpetuum ali menta uni ex Fratribus ejus Ordinis qui Parisiis theologiæ studeret, fupra numerum eorum, qui ibidem facris ftudiis destinati esse solerent. Jisdem Fra. tribus Minoribus Conventum erigi voluit, in quo tresdecim Fratres ali possent. Viginti ex fuis scholaribus magis egentes ex albo panno vestiri in die obitus sui mandavit, itemque familiares suos omnes masculos, qui secum eo tempore futuri essent. Statuit etiam impensam funeris fibi apud Fratres Minores cele brandi,& certam insuper summam, pro die feptimo obitus sui, trigesimo, cen tefimo, et anniversario, erogandam in Fratrum refectionem, ut iis diebus pro anima fua preces ad Deum funderent; qui mos ab antiquissimis temporibus ad eam ætatem pervenerat. Exliteris NicolaiIV. In Codicediplom. Quisibisuppetias ferrent, ubieffetopus,tumin docendo, tum in medendo. Etiam Bononiæ for Hanc Biscionius in adnotat. ad Convi. talle, antequan iter aliquod susciperet, teflamen vium ALIGHIERI Adolam vocat., sed in testamento tum fecerat, quod indicatum vidinius in Memor. Autograpbo en Adela. mff. Biblioth. publ. Bonon. Com. Bonon. ejus anni. (Quia Fratribus Minoribus quidquam pof Jam inde Uher- fidere non licebat, voluit ut medietas predicte tus facerdos Sanctæ Catharinæ de Saragotia contingentis ipfi Opizo perveniat ad Dominas legaverat X. corbes frumenti pauperibus vere cundis, ut ex ejus tejlamerto apud Fraires Mi- cujus dicte Domine nores: ex quo apparet ejus pii inflituti anti pendere pro necessitatibus Fratrum Minorum quitas. infirmorum fenum et forenfium. Vide teftam. Hos duos Medicos in schola fua, uti T. in Append. credibile efl, eruditos, in sua familia babebat, et Sorores S. Clare civitatis Florentie fructus et Sorores teneantur ex 1 mo N ipse extremum obiit diem. Sed ante illud tempus filium genuerat ex illegiti mo complexu.Hic patrisnomen geflit, & vulgo Thaddæolus dicebatur,cum que Nicolaus jure legitimorum nataliumdonavit. De bibliotheca sua in hunc modum ftatuit.Avicenna opera,quatuor voluminibus contenta, et Galeni item, quæ totidem voluminibus comprehensa erant,Fratribus Minoribus ea conditione legavit,ne ullo umquam tempore alie nari, diftrahive possent, aut e Conventu ipfo exportari. Fratribus B. Marize Servis legavit Metaphysicam Avicenna, Ethicam Aristotelis, et Sextum de N a turalibus Avicenna in majori volumine. Magiftro Nicolao Faventino Glossas fuas omnes, quas scripserat in veterum Medicorum libros, et Almanforem suum, et Magiftro Johanni Affifinati Serapionem suum,& Sextum de N a turalibus Avicennæ in minori volumine, fi quidem uterque in familia sua esset tempore obitus sui. Adelæ uxori fuæ,præter aliquam pecuniæ summam, cu biculi sui supellectilem omnem legavit, & veftes, & gemmas,exceptis dumta. xat valis aureis, et argenteis, et usumfructum domus Florentiæ in via S. Cru cis,& fundosinagro Florentino. Hæredesautem inftituit Minamfiliamsuam A. filium naturalem, et Opizum Bonaguidæ fratris sui filium; quibus, fi abfque filiis masculis legitimis decessissent, Fratres Minores, et pauperes verecundos fubftituit. Nupfit hæc A. filia Dorgo Pulcio Florentino sum X V. Obiit A. cum annos octoginta vixisset. Fuit autem ejus mors repentina, ut narrat Benvenutus Imolenlis, Dantis inter pres. Tumulatus eft apud Fratres Minores, quos vivus magnopere dilexerat, et apud quos ægrotus etiam aliquando sub extremum vitæfuæ tempus jacue rat. Sedejus fepulchrimagnifice extructi, & elegantis,quod eratprope januam Ecclefiæ, propter recentiora ædificia ibidem excitata, nulla jam vefti. Manni degli antichi Sigilli. Nicolaus V.mandavit utHofpitale S.AntoniiPatavini, quod FratresTer dieXX.Marzii A. Ordinis, five de Penitentia,ex bonis bæredita dæus erat in vivis, ut ex charta societatis in riis Mag. A. Bononiæ erexerant,indomum ter Mag. Gentilem Cingulanum, g Mag. Gui. pro Sanétimonialibus Franciscanis, ex Monasterio lielmum Dexarensem, quam in Append. danus. Ferrarienfi Corporis Cbriflitra. lucendis, convertere. Af eodem annoaddiem XVII. Juliiinvivisef tur.Sed r jijtentibus Fratribus,res ita compofita eft de defiderat, ut ex bis tabulis, quas indicavit infequentiannoper Bifurionem Bononiæ Legatum, CI. Montius:, die XVII. Jul. ut iratres Ecclefiam S. Antonii, cu aljacentes D. Ugolinus de Montezanico Dn. Novellonus ætes cum molicocenfuad bufpitalitatemexercen Megloris de Florentia Dn. Amadeus Poete damretinerent; fedbonareliqua,quæadeosex Dn.Frater Raynucciusqund. Deotaiuti com bereditate Mag.7budlæi pervenerant, novo Par milfarii et executores testamenti egregii vi tbenoni pro Sanctimonialibus Corporis Christi con ri& discreti Mag. A. Aruendo attribuerentur:pero qui fuit de Florentia artis Filice profetforis featumest, Catharina Vigria, quamnuncinSan. Fuerunt confeffihabuiffeadñoBartholomeo clarum Virginum album relatam veneramur, cum  MEDICINE mo genere nato. A. autem fivequod cælibem vitam duxerit,five quod filios non genuerit, aut pofteritatis memoria apud nos diu fuperftites non habuerit, certe nulla ejus superfuit. Sed opulenta Mag. A. hæreditas non ita humanis cafibus subjecta fuit, ut nobiles ejus reliquis non exiftant. Sanctillimum enim ad hanc diem civitatis noitræ Monasterium Corporis Chrifti, et Collegium Puellarum S. Crucis ex bonis hæreditariis Mag. A. initium legata insuper alia, quæ legi poffunt in tefta quali acceperunt. Mittimus mento ipso, quod in Appendice exhibemus. Unum addimus, quod maxi me memorandum videtur,aureosnempe florenos xv.in annos fingulos legatos Zco Scansalti Pisado, quamdiu futurus effer in Januensium carceribus, ex qui bus ubi eum liberari contigiffet, cc. libras bonon. eidem perfolvi a suis hæredia bus mandavit. Nota est ex eorum tima Pilanorum cum Januensibus rum vires miserandum in modum temporum scriptoribus infelix pugna mari pugnata,qua Pisano pax convenit. Tunc bello capri, qui supererant, redditi funt, effæti prope enecti. Diligentissimus Mannius jam, et tam longi carceris incommodis proftratæ funt. Magna corum cædes fuit, abductus præfertim ex nobilioribus. Ne atque ingens numerus in captivitatem que ullis conditionibus adduci potuere victores, ut captivos redderent. Ita enim confilium fuit sobolem invifæ primariis civibus detentis, ne procreandis liberis dare operam poffent, fuccide. civitatis impedire, totque fortissimis viris, ac re nervos civitatis, usque in illud tempus potentissimæ. Itaque non ante annos Sigillum Universitatis Carceratorum Januæ detentorum illustrat. Ex eorum numero erat Zeus Scanfalti, amicus, ut opinor, Thaddæi; qui quam pronus effet ad ferendam miseris opem, cum ex hoc, tum ex fingulis fere teftamenti sui capitibus liquet.Dn.Mina quondam Mag. A. Corporis Cbrisi, W Puellarum S. Crucis, quæ A. uxor Dorgiquondam Dorgi dePula vidit, lowindicavitCi.Montius. cis.Ex tabulisan.inarcbiv. publ.Flo vent. Inilicavit Cl. Biscion. Vide Append. gia pauci supererant, Ecclefiam S. Antonii, d adja centes æles, bonaque omnia ad eum locum perti deus confeffus eft quod ipse emit quandam pe. tiam terre... Actum in loco Fratr. Minor, ! Blanchi Cofe for. auri cccc, depofitos ab ipfo aliquot aliis Monialibus ex Ferrariensi Monaste. Mag. A. et c.Ex Mem.Com.Bonon. rio in nouum buc noftrum commigrantibus. Anno autem Fratres sertii Ordinis,qui Pbilippus Villan..die... Mag. A. nentia,erigendoPuellarumpericlitantium domici in camara Ministri ubi Mag. A. ja lio libere tradiderunt, quod in via S. Mamæ acebat infirmus prefentibus Mag. Bertolaccio, mæniffimo civitatis locu, non longe a Monasterio Fratris Venture Mag Nicolao de Faventia Corporis Cbrijli,conjtructumest,a S.Crucisti. &c. ExMem.Com.Bonon. tulo infignitum. Hæc ex monumentis Monialium   gia supersunt. Minime igitur audiendus eft Joannes Villanius, qui A. obitum protrahita, aut fi quis est alius, qui in aliud tempus referat. Paulo poft ejus mortem dillidium ortum est inter Fratres Ter tii Ordinis, five de Pænitentia, et Priorem fratrum Prædicatorum, ac Guardianum Fratrum Minorum in eligendis pauperibus ad præfcriptum teftamenti ip fius Mag. A.. Sed litem omnem fuftulit Dinus Mugellanus, clarus legum interpres, qui per illud tempus Bononiæ docebat, cui utraque pars arbitrium dederat. Possem hic plura Scriptorum teftimonia de A. admodum ho norifica afferre; possem et Scriptores multos emendare, multos supplere,qui de illo vel minus diligenter, vel minus vere scripserunt; in quo numero sunt præsertim scriptores noftri Alidofius, et Ghirardaccius. Sed hæc curabunt, qui magis otio abundant. Nunc ejus scripta recensenda funt, quæ et multa fue. runt, et magno in pretio habita. A. SCRIPTA. Expositio in arduum Ipocratis volumen. Galenus Aphorismos Hippocratis illuftri commentario exornavit. A. et Hippocratis Aphorismos, et Galeni commentarium diligenter exposuit.Cum autem in septem libros, fivepar ticulas Hippocratis volumen Aphorismorum diftributum fit, A. fcripto tradidit expofitionem suam in sex priora capita, eamque absolvit. Decimadie Septemb., utadejuscalcem adnotatum efttam in editis exemplaribus, quam in manu exarato, quod vidi in bibliotheca, Collegii Hispanorum Bononiæ. Eft autem hoc A. opus valde proli xum, cuiscribendo non uno tempore insudavit. Sic enim ad ejus finem ait: In his particulis explanandis diversa fuerunt tempora. N a m cum efjorn in nono anno mei regiminis (qui publice docebant regere tur) incepi gloffare Aphorismos a principio. Et infpatiofex menfium glossa. v i primam, fecundam, tertiam, a quartam particulas, a quintam usque ad illum Aphorismum: Mulieri menstrua fine colore. Tunc autem fupersedi, convertens me ad glosas, quas fuper Tegni feceram, completiores edendas; quas perfeci usque ad illud capitulum caufarum: Ad inventionem vero salu brium. Ibidem vero deftiti impeditus a guerra civitatis Bononiæ, au lucrati va operatione distractus. Poft vero placuit mihi refumere, ut complerem glof fas Aphorismorum, addendo ad eas, quas primo feceram. Et feci additiones Super primam, Be fecundam, no quartam particulam. In tertia vero particu la solum glossas veteres divis: Item in quinta particula super veteribies glosis quas feceram primo nullam additionem feci. Incepi autem de nova glosam in illo Aphorismo: Mulieri menftrua fine colore, ut dictum est. Quod hic habetde Bononiensium bello, pertinerevideturad Lambertacciorum, et Jeremienfium turbas, civitas noftra pæne desolata eft. Cum autem nono anno poftquam docere cæperat, ad inter pretandum Hippocratis Aphorismos le contulerit, in eoque opere tempus aliquod impendere debuerit, et rursum eo dimiffo, librum Tegni interpre tandum susceperit, et in eo verfatus fit, quoad Bononiæ in otio quietus esse potuit; subductis rationibus apparet, debuisse illum publice docendi in scholis noftris munus suscipere, imo ditavit hortulanum fuum. Vixit autem renze, noftro cittadino, il quale fu sommo Fisiciano sopra tutti. Je. scholas diceban  4. ооо annis Fuit Thaddæus medicus famosus, apud Murat. Antiq. med. ævi To. conterraneus auctoris, Dantis qui le In questo tempo morì in Bologna git& scripsit Bononiæ& vocatuseitplus. M. A. detto da Bologna, ma era di Fi. quam commentator.Et factus est ditiflimus, et mortuus est morte repen Villan, tina, et fepultus eft Bononiæ ante portam Extar Dini confilium,five fententia in Minorum in pulchra et marmorea sepultu- arcbivo Fratr. Prædicat. Bonon. ra. Benvenut. Imol. comment, in Purgat. ALIGHIERI Ad   Ad septimam particulam Aphorismorum quod attinet, Thaddæus perpetua in eam commentaria non reliquit, sed monuit auditores suos, fi quis voluif fet ex ore docentis excerpere, quæ in nenda in schola protulisset, fe deinde emendaturum, et utin ordinem re digerentur curaturum. Sic enim inquit: immediate Icribere intendo. Sed fi quis de meis auditoribus notare voluerit eas corrigam, o in petias redigi faciam. Hæc autem verba fcripfi, ut si alicubi minus completa expositio reperiatur, non adfcribatur ignorantiæ, fed potius novitati, a pigritiæ scriptoris. Sed Thaddæi commentaria in septi m a m partem Aphorismorum nufpiam apparent, et ejus loco circumferri solebat expofitio Zancarii, de quo alio loco dicemus. Expositio in divinum Hipocratis Pronosticorum volumen, A d cujus finem ita ada notatum eft in editis exemplaribus. Explicit liber tertius yra ultimus Pro. nofticorum Hipocratis fecundum antiquam translationem a A. Florentina explanatus. Sed revera Thaddäus ipfe non unam translationem præ mani bus habuit, fed faltem duas. Ad extrema vero capita, seu textus libri tertii nihil adnotavit A., aut certe nihil adnotatum reperio in edis tis exemplaribus; manu enim scripta explorare non licuit. A. Florentini in præclarum regiminis acutorum morborum Hipocratis volu men expositio. Hanc Thaddæus in proæmio fatetur se maxime procudisse ut rem gratam faceret Bartholomæo Veronenfi, quem fibi dilectiffimum vocat, et pollentis ingenii; aitque,non minimo fibi adjumento fuisse ad id operis perficiendum. Non attigit A., nisi tres priores libros hujus operis, ratus fortasse, quartum non effe legitimum Hippocratis færum,quod aliis visum erat, ut fatetur Galenus ipfe initio commentariorum in hunc quartum librum de regimine acutorum. Suam porro diligentiam oftendit A. in his commentariis exarandis, appellans ad verfionem Græcam, ubi in ea, quæ ex Arabica facta erat, vitium suspicabatur. Atque hinc apparet, duplicem ejus libri interpretationem per illud tempus in doctorum manibus verfatam fuisse, quarum altera ex Græca, altera ex Ara. bica lingua ducta erat. In fubtiliffimum figogarum Johannicii libellum expositio. E a m fic concludit A.: Scio tamen, quod de his obscure dixi, Jed fellus f u m a deficit charta: misera excusatio, et vix fapienti homine digna. Quæ hactenus recensuimus A. opera in unum volumen redacta Venetiis edita sunt per Lucam Antonium Junctam curante Joan ne Baptista Nicolino Sallodienfi, qui in epiftola nuncupatoria ad Aliobel. lum Averoldum Polenfium Antiftitem, et Romani Pontificis Legatum ad Venetos, impense A. laudat, illumque dicit, nonnisi ad lapsam Extat hic A. liber in Codice Vaticano, ejufque hæc eft æcono. mia. Initio agit de corpore sano, ejusque, ut ita dicam, essentia, et va. riis sanitatis gradibus; tum pergit in hunc modum: Nota quod dicit Johan nicius, quod fi unaquæque res naturalis propriam naturam jervaverit, facit fanitatem, fi vero ipfam dimiferit, facit ægritudinem, vel neutralitatem, fta tum fcilicet, quo necfanum eft, necægrum. Sequitur in hunc modum usque ad finem libri: Nota quod dicit Galenus; nota quod dicit Hipocras, Avicenna.Nota quod venæ non dicuntur oriri ab epate quod oriantur ex ea dem materia v c. Nota differentiam arteriarum ad venarum, originem nervorum W c. Nota quod partes totius capitis funt quatuor B c. Inter has notationes, in quibus totus hic liber decurrit, aliquas quæftiones interferit, Ad text. X. lib. I. ita inquit: Alia quod patet per translationem Græcam. Liba translatio non ponit hic nifi duos colores et c. III. text. X. ea Aphorismorum particula expo Super feptima vero particula nihil principum fanitatem recuperandam vocari consuevisse. Auctoritates are definitiones fuper libro Tegni, quamplures utiles dubitationes. uti Unde dicendum quod litera Arabica, Cod. Vatic. ex qua fumitur illa auctoritas, elt corrupta, 1 uti est illa: Quæritur hic an dari poffit membrum, quod nec recipitur, nec tribuit. Nunquam editus eft hic A. liber, quem ne ipse quidem au ctor satis elimatum cenfuit. Itaque rurlus Artem parvam Galeni, sive li brum Tegni interpretandum suscepit. Habemus hoc A. opus typis editum Neapoli cum hoc titulo: Commentaria in artem parvam Galeni. Neapolianno.Horum initiofatetur, fe præmaturam aliamexpo fitionem Artis parvæ edidisse,hisverbis: Atveroquoniamfuper eundem librum expofitionem facere necessitas compulit præmaturam, in qua non ut expedit Galeni instituta patefeci". Ideo e c. Magiftri A. conflia. In Codice Vaticano consilia Medica A. sunt centum quinquaginta sex.Minore numero,imo perpauca,lirecte memi ni, funt in codice bibliothecæ Cæsenaris Fratrum Minorum. Primum in utroque codice est de debilitate visus. Ultimum in codice Vaticano eft de virtute Aquæ vitis. Docet in eo modum præparandi alembicum cu. preum. Incipit: A d faciendam Aquam vitem, quæ alio nomine dicitur aqua ardens. Eft unum ex his consiliis de minctu urinæ cum fanguine. Incipit: Conqueftus est dn. Bartoločtus comes. Eft is Bartholottus comes Ripæ Insulæ Suzariæ et Bardinæ, de quo plura diximus, ubi de Rolandino Passagerio a r tis Notariæ doctore agebamus. Eft aliud A. confilium ad midtum f a n guinis pro Duce Venetiarum. Aliud item de impedimento loquelæ propter mollitiem linguæ. Incipit: Cura comitis Bertholdi. In librum Galeni de crisi. Eft in codice Vaticano. Magiftri A. de Florentia quæftio de augmento. Eft in codice Vatica A. artis Medicinæ in civitate Bononiæ doctorem. Eft in codice bi. bliothecæ Eftenfis, tefte Muratorio. Idem Italice extat, scriptus in m o d u m epistolæ cuidam ex Neriis Florentinis. Incipit: Imperciocchè la con dizione del corpo umano. Extat etiam latine typis editus Bononiæ cum libelló Mag.Benedicti de Nurlia ejusdem argumenti. Num autem Italice scriptus fit libellus ifte ab auctore suo, an latine, mihi non conftat. Italica tamen lingua, quæ tum nitefcere, et a Scriptoribus nobilitari cceperat, delectatum constat A., qui Ariftotelis Ethicam in eam linguam vertit; quamquam hunc ejus laborem haud magnopere laudandum exiftimarit Dantes in Convivio, ubi ait, velle se suum illum librum Italica, five, ut ipfe inquit, vulgari lingua donare, ne ab alio quopiam interprete vitietur, ut Ethicæ Ariftotelis contigit, quam A. dæus Italicam fecit. Eum purgare nititur Biscionius,vitio vertens non tam A., qui Italicam ex Latina non bonam, quam veteri interpre ti,qui nihilo meliorem ex Græca Latinam fecerat Ariftotelis Ethicam.Sed vix quisquam probabit hanc Biscionii defensionem. Id unum enim r e prehendit in A. Dantes Aligherius, quod Italicam interpretationem ejus libri non bonam dederit. Nihil autem impedit, quominus librum aliquem, licet mendofiffimum, et maxime corruptum, optime, quod ad nitorem verborum attinet, interpretari, et in aliam linguam elegantissime quispiam convertere possit. Habuerat A. Aristotelis Ethicam ex Thesauro Latini, ut observat Laurentius Mehus, qui de his abun de disserit in prolegomenis ad epiftolas Ambrofii Camaldulenfis, nuper Flo rentiæ editas. no. Libellus fanitatis conservandæ factus pay adinventus per probiffimum virum Mag. (f)E temendo,cheilvolgarenonfosse dato posto per alcuno, che l'avelse laido fat.  Epift.Ambrof.Cam. to parere, come fece quegli, che tramutò il Ooo 2  Cod. Vatic. 2 Expe latino dell'Etica, ciò fu A. Ipocratita  provvidi di ponere lui, fidandomi di me più (d) Murat.To.IX.Rer.Ital.Script.p.583. che d'un'altro.Convito di Dante.In Firenze Vid.Biscion.Annot.al Convitodi Dan Experimenta Mag. A. probata ab ipfo. Hunc titulum habet collectio ex. perimentorum Medicinalium Thaddæi in codice Vaticano. (a) Incipit: Omnes herbee a radices quæ debent prius coqui, abluantur mundentur Poit brevem præfationem, fire inftructionem, defcribere incipit primum Syrupos varii generis. Receptio Syrupi majoris fecundum M. T. Syrupus Jor. danus M. T. ad correctiones epatis aut fplenis  c. Deinde describit electua ria, inter quæ hæc confectio locum habet: Confectio qua utuntur magna tes in curia Romana, vagy maxime convenit in æftate fanguinem mundificans, colera fuaviter educitur. R. pulpæ Caffic fi. Tamarindorum 3. pe. nidii.zuc.violati añş.x.Syrupi violati, Ġ.Mirrhæ s3 conficianturfive dissolvantur cum tali fucco. X. Prunorum.ios feminum ordei mundi. lic quir. añ i 2 cum ifta aqua decoquatur usque ad spissitudinem mellis. Dein pergit ad vina medicata. In his ett Aqua vitis ad calculum M. B. ideft, M a. giftri Bartholomæi de Varignana, ut opinor, medici celeberrimi, cujus infra mentionem faciemus. Tum de oleis agitur, ibidemque describitur Tragea M. T. et Tragea M. B., ideft, Magiftri A., et Magiftri Bartholomæi. Pulveres fubinde varii, et pilulæ, et unguenta describuntur, tum remedia quædam ad peculiares morbos. N e c desunt fuperftitiofa quædam, et vanissima. Tale eft illud: Ut homo poffit ire super ignem fine læfio. ne. Dicas ifta verba. ter in nomine individuæ Trinitatis.Abyfon. Dalma. tiu, vel Magata, v e a s nudus. Emplaftra quædam poft hæc describuntur: fed in hujus libri extremis partibus vix ordo ullus apparet, ut conjicere liceat, aliena manu aliquid genuinis Thaddæi experimentis additum; quo ex genere esse arbitror superftitiola illa, quæ dixi. De Interioribus libri VI.a mag. A. correcti. Ita in codice Vaticano. A. de Bononia de aquis, oleis, a vinis medicatis. Extat inter codices mo locorecensuitejus Commentariain Ipocratem, mox Commentariain Avicennam; nam neque in alia Hippocratis opera fcripfit A., quam quæ indicavimus, quæque vel iple Biscionius feorfim poftea enumerat; nec ulla in Avicennam Commentaria scripsisse comperio.Addit tamen idem Biscionius descriptionem pulveris mirabilis Mag. A., quam re perit ad calcem libri M a g. Aldobrandini. E g o alterius pulveris descriptio n e m in hunc m o d u m reperi ad calcem Almansoris, ideft, libri Rasis in codice Vaticano. Recepta quam mag.Taddeusreliquitpauperibus in te ftamento: Cinamomi eleli s Macis. Croci aš 3 ij. Sene s fiat pul vis poftea R u s Tartari albi fubtilissime pulverizati, a misce fimul. Dosis ejus eft; 3 ij cum brodio poteftconfici cum zuccaro ut melius conserve tur. E u m d e m pulverem defcriptum vidi in codice bibliothecæ Cælepatis Fratrum Minorum inter confilia Medica Mag. A. ad libri marginem in hunc modum: Pulvis folutivus A. Cinamomi: 5. Macis.Cra ci añ 7. 3. 1. Sene ad pondus predictorum. Fiat pulvis, cui potes addere de zuccaro albo vel rubeo B eft delectabilior. DON  MEDICINE Thomæ Bodleii. Auxit immaniter Biscionius paucis verbis catalogum operum Thaddæi, dum pri (c) To. I. mill. Angliæ. Cod.  (d) Cod. Vatic. Aderotti. Taddeo Alderotti. Alderotti. Keywords: le quattro cause. Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Alderotti” – The Swimming-Pool Library.

 

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