Grice ed Alderotti: la
ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale – filosofia fiorentina
– filosofia toscana -- filosofia italiana -- Luigi Speranza, pel Gruppo di
Gioco di H. P. Grice, The Swimming-Pool Library (Firenze). Filosofo
fiorentino. Filosofo toscano. Filosofo italiano. Firenze, Toscana. Grice: “I
like Alderotti; but then his favourite treatise was Aristotle’s little thing to
his son, Niccomaco – which Hardie instilled on me like a leech!” “Alderotti was
what we would call a Florentine-Bologne-oriented Aristotelian; he thought, with
Aristotle, that the heart trumps the head -- Grice: “What I like most about lderotti is his
archiginnasio – no such thing at Oxford! So, as Speranza says in “Colloquenza
all’archiginnasio,” Alderotti knew what he was doing, even if his pupils did
not!”Scienziato e filosofo erudito, scrisse per l'amico e protettore Donati,
uno dei primi testi di medicina in lingua volgare, il Della conservazione della
salute. Il più conosciuto medico del medio evo, tanto da meritarsi una
citazione nel Paradiso d’ALIGHIERI (si veda), insegna a Bologna, applicando,
durante le sue lezioni di medicina, un innovativo metodo scolastico. Inizia la
lezione con una lectio o expositio di un passo tratto da un testo autorevole (di
Ippocrate, Galeno, ecc.). Procede poi per quaestiones con riferimento alle IV cause
aristoteliche. La causa materiale -- la materia della trattazione --, la causa
formale -- la sua forma espositiva --, la causa efficiente -- l'autore
dell'opera -- e la causa finale -- il
fine o lo scopo dell'argomento prescelto. A questo punto il maestro formula una
serie di dubia, cui fanno seguito i momenti euristici della disputatio ed, infine,
della solutio. ALIGHIERI (si veda) lo cita in modo dispregiativo nel “Convivio.”
Temendo che 'l volgare non fosse stato posto per alcuno che l'avesse laido
fatto parere, come fece quelli che transmuta lo latino de l'etica ciò e A.
ipocratista provide. Dizionario biografico degl’italiani, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Opere. Tra i primi volgarizzatori toscani è A.,
il famoso fiorentino, professore a Bologna, uno dei personaggi più notevoli del
suo tempo. A. è pure il primo traduttore italico della morale a Nicomaco, che
volgarizzata entra oramai a far parte della cultura generale. Di traduzioni
della Nicomachea, c'eran le due greco-latine dell'Ethica vetus e dell'Ethica nova,
frammentarie,e quella del liber Ethicorum completa letterale. Ma il volgarizzatore
non puo certamente servirsi di un testo incompleto o di traduzioni letterali
che avrebbero evidentemente lasciato Aristotele oscurissimo nel volgare come lo
è nelle traduzioni latine. Ci sono le traduzioni arabe: quella del commentario
di Averroe. Ma come si puo presentare per la prima volta a'laici, incapaci di comprendere
un vastosi stema filosofico, Aristotele con tutto il bagaglio delle sue
dottrine logiche e metafisiche che servono di base all'Etica? Resta il
compendio alessandrino-arabo, e questo difatti ammesso alla facile diffusione
del volgare divenne il testo morale aristotelico di moda. A. riduce in volgare
il compendio alessandrino-arabo della morale a Nicomaco. Poco più tardi [Ho in
un lavoro precedente trattato dell'Etica volgare e francese; a quel lavoro
modesto richiamo il lettore il quale, trattandosi di una questione già molto
controversa, voglia con sicurezza accogliere le nostre conclusioni. Giacchè ora
alle conclusioni sono costretto dalle necessità e dall'economia dell'argomento.
MARCHESI, Il Compendio volgare dell'Etica Aristotelica e le fonti del VI libro
del Tresor in Giorn. Stor.della lett.it.] LATINI (si veda), nel Tresor accolge
il volgare di A., modificato secondo il testo originale latino ch'ei conosce e
a cui porta contributo di meditazioni. Sicché tra i due compendi è una notevole
differenza: una differenza che va tutta a favore di ser LATINI (si veda) il
quale ha il vantaggio di lavorar dopo in un tempo in cui, per quella energia
naturale della filosofia novella, si progrede assai rapidamente nel gusto e
nella filosofia. La traduzione di A. in gran parte fedele al contenuto, nella
forma è condotta con una notevole indipendenza rispetto alla frase latina, e
non di rado si vede la sicurezza ch'è nell'intendimento del traduttore e la
buona conoscenza che A. ha del linguaggio filosofico. Spesso compendia la materia.
Daltra parte, allarga tante volte la frase o il concetto e diluisce nel volgare
il testo latino per bisogno di ripetizioni e di esempi o di ampliamenti, servendosi,
come fa in principio, di qualche altro rifacimento, e aggiungendo dichiarazioni
proprie. A. non è un traduttore che si preoccupi dalla frase e voglia
mantenersi fedele alla parola o al tenore dell'esposizione. A. è un COMMENTATORE
E INTERPRETE occupato del contenuto FILOSOFICO che pur vuole spesso acconciare
dal lato espositivo nella maniera più rispondente, secondo lui, a'bisogni della
chiarezza e della semplicità. Generalmente palesa una certa libertà nel
compendiare e nel rendere il concetto con espressioni diverse dall'originale, come
quando, per es., A. traduce il latino “vita scientiæ et sapientiæ” come “vita
contemplatiua”. Qualche volta invece il concetto è più largamente definito per
l’aggiunta di qualche breve dichiarazione che serve a chiarirne il contenuto e
a precisarlo di più rispetto alle considerazioni precedenti. Cosi il testo dice
che l'uomo rifugge dai luoghi solitarî o deserti o ermi, ed A. aggiunge.
“Perchè l'uomo naturalmente ama compagnia. Altrove è detto che beatitudine è cosa
completa che non abbisogna. Delle parti più confuse e difficili a intendersi fa
una para-frasi, invertendo anche l'ordine delle idee e disponendole in maniera
più agevole per la intelligenza finale, seguito in questo naturalmente da LATINI
(si veda). Ecco un esempio. RERVM QVEDAM SVNT COGNITE APVD NOST ET QVEDAM SVNT
COGNITE APUD NATVRAM. OPORTET ERGO VT AMATOR SCIENTIE CIVILIS PROMTUS SIT AD RES EXIMIAS ET SCIAT
OPINIONES RECTAS. OPINIONES AVTEM RECTE SVNT VT IN ARTE CIVILI INCIPIATVR A
REBVS APVD NOS COGNITIS ET IN CONSVETVDINIBVS PULCRIS ET HONESTIS FACTA SI
ASSVETUDO PRINCIPIVM ENIM ESTET INCEPTIO A QVA RES EST. EX MANIFESTO EXISTENTE
SVFFICIENTER QVIA REST EST, NON INDIGETVR PROPTER QVID RES EST. INDIGET AVTEM
HOMO AD PROMPTITVDINEM HABITATIONIS VERITATIS RERVM BONARVM AVT APTITVDINE BONE
INSTRUMENTALITATES EX QVA SCIAT VERVM AVT FORMA PER QVAM ACCIPANTVR PRINCIPIA
RERVM HABEO FACILE. QVI VERO NEVTRAM BABVERIT HARVM APTITVDINVM AVDIAT SERMONEM
HOMERI POETE VBI DICIT QVIDEM BONVS EST HIC AVTEM APTVS VT BONVM FIAT. La rendizione di A.: Sono cose le quali sono
manifeste alla natura, e sono cose le quali sono manifeste A NOI. Onde, in
questa scienza ch’e l’etica, si dee cominciare dalle cose le quali sono
manifeste a noi. L'uomo lo quale si dee studiare in questa scienza ed
apprendere, si dee ausare nelle cose buone e giuste e oneste. Onde gli conviene
avere l'anima sua naturalmente disposta a quella scienza. Ma quello uomo che
non hæ neuna di queste cose, è inutile a questa scienza – “d'altra cosa.” A.
chiarisce “di fuori da sè.” Altre aggiunte, come quelle di aggettivi, tendono
solo ad accrescere l'efficacia del concetto. D’altra parte, A. co-ordina spesso
le frasi sciolte e le considerazioni staccate del LATINO nella continuata
semplicità di un solo periodo. LATINI (si veda) riempie le lacune. Molte
espressioni trascurate d’A. o tralasciate a dirittura per difficoltà
d'intendimento sono supplite nel “Tresor.” Per es., il testo fa una triplice
divisione delle arti. QVEDAM HABENT SE HABITVDINEM GENERVM ET QVEDAM
HABITUDINEM SPECIERVM ET QVEDAM HABITVDINE INDIVIDVORUM. A. omette la terza categoria
degl’arti, notando solo le generali e le particolari. LATINI, traducendo anche
con finezza etimologica, completa. Altrove sono interi brani del tutto omessi
nel volgare che LATINI (si veda) restituisce alla esposizione del compendio
aristotelico. Diamone un esempio. Arsciuilis non pertinet La scienza da La
science de cité go pueronequeprosecuto- reggerelacittade ridesideriiatqueuicto-
non conviene a fantneàhomequivueille rie,eoquodamboigna- garzonenèauo mais A.
non vide nel compendio alessandrino il legame tra le due considerazioni,e omise
l'ultima;difatti il com pendiatore o il traduttore latino butta giù una frase
fuor di senso che non ha rapporto alcuno con l'originale; Aristotele dice:«non
è acconcio l'uditore giovane perchè èinesperto delle azioni che riguardano la
vita, e i discorsi della nostra verner ne afiert pas à en 1 risuntrerum
seculi, mocheseguitile cequeanduisontnonsa neque proficit ipsis. Non son ensuirre sa volonté, por
tem. que ilse torne me, enim intenuit ars ista scientiam sed conuersio. nem
hominis ad bonita- suevolontadi,pe- chant des choses dou sie rò che non cle:
car ceste ars ne qui savi nelle cose del ert pas la science de l'o secolo. à
bonté. scienza da queste si tolgono e intorno a
queste si aggirano – “οι λόγοι δ'εκ τούτων και περί τούτων”. Non pero tutte le lacune
sono supplite da LATINI. La omissione di qualche concetto importante nel
volgare è giustificata dal fatto ch'esso si trova altre volte particolarmente
espresso e dalla facilità di richiamarlo alla mente nei luoghi ov'esso è
ripetuto. Cosi avviene per il principio più volte enunciato della eccellenza
del bene voluto per sé, rispetto al bene voluto per altro. LATINI elimina pure
qualche ridondanza del volgare. Cosi nell’ “ARS DIRECTIVA CIVITATVM”, che A.
traduce “l'arte civile la quale insegna reggere la cittade”, LATINI omitte
‘civile’. Altre volte, invece, la espressione è più estesa in LATINI, come
quando traduce il semplice « princeps » riferito all'arte civile, mentre più
sicuro intendimento dell'espressione. Dice il testo che la beatitudine, come
l'uomo che dorme, non manifesta alcuna virtù quando l'uomo la possiede in abito
e non in atto. LATINI spande. E poco prima alla definizione della potenza
razionale ch'è più degna quando si è in atto, LATINI aggiunge “chè il bene non
è bene se non è fatto.” Talune espressioni proprie del volgarizzatore vanno
oltre i bisogni della chiarezza e la necessità dell'intendimento. Laddove il
testo latino dice del bene dell'anima ch'è il più degno di tutti, LATINI insere
il concetto della divinità mette di suo la ragione evidentemente per il bisogno
di ribadire il principio che pone in dio il sommo bene e di asservire il
trattato aristotelico alle idea il volgare dice solo « principale e
sovrana ». L'aggiunta comunemente è fatta per maggiore precisione e per
un con « colui che sta nel travito ». LATINI riconduce all'esatta
interpretazione. Nello sfrondare le ridondanze del volgare e nel ridurre la
materia alle proporzioni dell'originale latino, LATINI non sempre riesce a
cogliere l'esatto intendimento della parola, e riducendo smarrisce l'idea che
vi èracchiusa; ilt. Ha. QVEM AD MODVM PERITI AGONISTÆ EATQVE ROBVSTI CORONANTVR
QVIDEM ET ACCIPIVNT PALMAM APVD ACTVM AGONISET VICTORIE. A. traduce. A ė somigliante
di quello che sta nel travito a combattere, chè solamente quelli che combatte
et vince, quelli a la corona della vittoria, e fa vera illustrazione e
IMPLICATUVRA della frase finale. “E se alcuno uomo sia più forte di colui che
vince, non à perciò la corona, perch'egli sia più forte, s'egli non combatte,
avvegna che egli abbia la potenzia di vincere.” LATINI si ferma alla prima
parte trascurando il significato particolare dell’apud che qui sta per post.
Pure nell’intelligenza della parola latina il testo di LATINI è generalmente
più fine del volgare, nel quale tal volta si trova sconvolto l'ordine delle
frasi e delle idee [Un esempio: LATINO: difficile: A. impossibile. LATINO: in
omnibus artificibus. A.: nelle cose artificiali. lità contemporanee della fede.
Generalmente LATINI ha maggiori riguardi per il testo, perciò che riguarda i
concetti semplici e le singole espressioni. Cosi LATINI corregge la frase
talvolta malamente resa o ingiustamente compendiata e confusa d’A.. A. si
restringe talora a molto semplice espressione, impropria, che mal si adatta al
concetto latino, come quando traduce “periti agonistæ atque robusti” per
deviazione dal retto intendimento del latino. Riporto un brano. A. traduce la
seconda parte del periodo: ut pote. come se fosse esplicazione del concetto già
espresso: opera decora exerceat. LATINI la riferisce invece al precedente:
absque materia. Nel volgare italico et al volta anche, in maniera al quanto
diversa, in LATINI l'espressione latina è modificata quando apparisca troppo
cruda. In fine del compendio aristotelico si parla di uomini che non si possono
correggere con parole, per cui occorre “assiduatio verberum tam quam in bestia.”
A. traduce vagamente “pena.” LATINI è più civile ancora. Il volgarizzatore di
LATINI tende spesso, più che A., a modificare quelle che a lui sembrano
asperità di giudizio o durezze d'espressione. Così, nello stesso brano,
de'delinquenti per natura, di coloro che non possono correggersi con parole nė
per castighi, dice il t. «tollendisunt de medio», e A. letteralmente “son datorre
di mezzo.” L. è meno severo. È un riscontro casuale; ma sinoti ad ogni modo
come l'urbanità dell'espressione del volgare e la temperanza cortese di
giudizio pare si accordi coi principi positivi di un diritto criminale molto
recente! E LATINI si accorda talvolta con A. nel m o T. difficile est
enim A. perciò che non homini ut opera decora è possibile all'uomo exerceat
absque mate ch'egli faccia belle o riautpotequodha pereech'egliabbia
beatpartemcompeten arte la quale si con tem rerum bone uite
pertinentiumetcopiam eabbondanzad'amici familieetparentumet ediparenti,eprospe
prosperitatemfortune. rità di ventura sanza venga a buona vita, li beni di
fuori. ne... 5 1 l'on face b e lesoevres, seiln'ia gran part des choses
avenables à bono vie et habondance d'avoir etd'amisetdeparenz, et prosperité de
fortu dificare le opinioni del testo, come quando fieri amendue della
loro vita comunale, rinnegano il detto d'Aristotele che l'ottimo governo sia
nel principato, affermando migliore il governo delle comunità. LATINI qualche
volta fa dei tagli al testo latino e al volgare, sopprimendone talune
espressioni non per amore di brevità, ma evidentemente perch'ei si rifiuta di
accoglierne il giudizio. Ciò risulta chiaro dalla costanza con cui
l'espressione è soppressa ogni qualvolta si presenti nell'intendimento VOLUTO
DALL’AUTORE. Una prova. Il compendio latino e con esso A. fa una duplice
divisione della virtù: virtù intellettuale, come sapienza, scienza, e prudenza,
e virtù morale come castità, larghezza, umiltà. E poi lo esempio. Quando noi
volemo lodare un uomo di virtude intellettuale diciamo. Questo è un savio uomo intendevile
e sottile. Quando volemo lodare un altro uomo di virtude morale, diciamo. Questo
è un casto uomo umile e largo. Nell'uno e nell'altro caso LATINI sopprime a
dirittura l'espressione che racchiude il concetto della umiltà. La prima volta quando
parla della virtù morale, soggiunge un po'in fastidito e non curante del testo.
Ed è curioso e notevole documento questo d’uno tra i più illustri
rappresentanti del laicato dotto del tempo, uomo di parte e d'azione tenace e
bellicosa e guelfo ardente, che si rifiuta cosi chiaramente di accogliere
l'umiltà tra le virtù morali, ribellandosi al giudizio che uomo umile ė uomo
virtuoso. C'è qui l'alto sentire del laico e lo spi [ex parte moralium largum
uel castum uel humilem. uel modestum eum appellamus. Rito sdegnoso elaboria cavalleresca
del tempo, che si annidava bensi nella fierezza solitaria e nella severa
integrita dell'uom casto, o sorrideva nel magnifico gesto signorile dell'uom
largo e cortese, ma non si acconciava a indossare il saio dell'umile
curvato. Quale dei due volgarizzatori ha merito maggiore e chiaro. A. ha
il merito della priorità. Compendia troppo, abbrevia, toglie parte di
considerazioni e di esempi al testo latino. LATINI che lavorò a ppresso a lui è
più fine e completo, e poi anche il suo volgarizzamento si presta allora assai
meglio del volgare d’A.. A. molte volte amplia o riduce la materia. LATINI
traduce con maggiore fedeltà sia nell'evitare le ripetizioni inutili del
volgare sia nel colmarne le lacune rispetto all'ori ginale latino, le cui
espressioni segue con attenzione e riproduce spesso con esattezza. Siamo nel
periodo dei compendi e dell'enciclopedia. Un compendio fatto è fatica ri
sparmiata al mæstro che deve dire le «chose universali ». LATINI, che ha
intelligenza fine, trasse il compendio italico
e l'incluse nell'opera sua e ne colma le lacune e ne affina i contorni e
lo ripuli di fronte al testo latino da cui egli pompeggiandosi dicea di aver
tratto la parte morale. E non fa cenno d’A.: egli accoglie, corregge, assimila;
d'altra parte è tutta una letteratura e una divulgazione anonima e i diritti di
proprietà non sono ancor sorti. C'è però da osservare che nel ritocco della
materia volgare LATINI non va oltre qualche singola espressione o frase,
trascurata o ridondante. Egli non si attenta mai a rimaneggiare e ad acconciare
la materia nel contenuto ideale, per il modo con cui le idee sono esposte nel
volgare o compendiate o disposte o interpretate. Questo dunque testimonia
onorevolmente che A. è allora ritenuto autorevole INTENDITORE – “come Hardie” –
Grice -- del trattato aristotelico anche da un uomo per cultura famoso come ser
LATINI, sebbene al grande discepolo di costui non appare ugualmente felice
dicitore del volgare. Tuttavia le modificazioni introdotte d’A. e assai più
ancora da LATINI non sono tali da farci notare la presenza di nuovi elementi
etici o l'azione modificatrice diretta del volgarizzatore spinto da una evoluta
coscienza sociale del tempo. I filosofi del medio evo accolgono e credono. Sono
ansiosi di notizie. Si accetta tutto, il vero e il falso, anzi più il falso che
il vero. Ad A. che scrive un sonetto sulla pietra filosofale risponde LATINI che
ragiona sulle virtù delle pietre. È ancora intatto l’edificio secolare che più
tardi la critica riduce nei frantumi donde sorge la nuova coscienza degl’individui
e delle genti. MAGLIABECH. Carmina magistri A. de florentia super scientiam
lapidis philosophorum ex Alberto Magno edita feliciter. Solvete i corpi inaqua
a tuti dico voi che intendete di far sol et luna delle duo aque poi prendete
l'una qual più vi piace e fate quel chio dico datella a ber a quel vostro
inimico senza manzare i dicho cosa alguna morto larete e riverso in bruna dentro
dal cuore del lion anticho poi su li fate la sua sepoltura si e in tal modo che
tuto si sfacia la polpa e lossa o tuta sua giuntura. La pietra aretee da poi questo
si facia de terra aqua et daqua terra fare così la pietra uuol multiplicare e
qual intendera ben sto sonetto sera signor de quel a chi e suzetto. Il
compendio alessandrino-arabo presta dunque la materia etica aristotelica al
volgare d'Italia; e la morale a Nicomaco puo cosi divenire libro di attualità
adoperato e sfruttato, nella valutazione dei principi etici e nella decisione
delle finalità umane, dai nuovi scrittori volgari: tra questi ė ALIGHIERI, a
cui A. da motivo di presentare in più nobil veste il volgar di
Toscana, e LATINI ha ad ora ad ora insegnato come l'uom s'eterna ». Questo saggio fa parte di un altro più esteso e
completo sui rifacimenti aristotelici latini e volgari, il quale spero verrà
presto a portare un contributo, non privo d'interesse, alla storia
ell'aristotelismo e a colmare qualche lacuna la conoscenza del movimento filosofico
che è prima: giacchè ne'volgarizzamenti e ne'rifacimenti sta i cultura;
seguendo il volgarizzarsi e il diffondersi della filosofia “classica”,
specialmente, noi troveremo i sentiero ascoso che va d’ALIGHIERI a PETRARCA Ma
ora ho fatto opera molto modesta; trattando solo le spi. ese questioni critiche
agitate intorno al compendio volgare ell'Etica, ho inteso risolvere taluni
dubbî, lungamente mante nūti, ed eliminare molti errori. Il lettore, che
attende forse uno studio riassuntivo sulla influenza della morale aristotelica,
comprende come questo sia possibile solo alla fine dell'opera, quando le
ricerche già fatte e i risultati ottenuti ci metteranno in grado di poter
volgere uno sguardo sicuro e sereno su quel grande campo dove la tradizione
aristotelica alligno rigogliosa e tenace ramificandosi e abbarbicandosi per una
serie copiosis. sima di rampolli viziosi e invadenti. Il compendio volgare
dell'Elica nicomachea e per la prima volta impresso a Lione a cura dell'editore
Tournes, su di un manoscritto appartenente a Corbinelli. Manni stimo inutile,
per le moltissime mende, la edizione,condotta inoltre su un solo manoscritto,e
ristampò il trattato aristotelico valendosi principalmente di II codici
Laurenziani. L'ultima ediz. è condotta da Berlan in base a un esemplare
dell'ediz. lionese emendato e comple tato da Zenone su un ms. Il compendio
volgare dell'Elica aristotelica è quello stesso che forma un ibro del Tresor
volgarizzato, secondo la comune opinione, da Giamboni. Pero si trova anche in
tutte le edizioni del Tesoro volgare: Treviso, Flandrino (de Lisa), Venezia, Fratelli
da Sabbio, Venezia, Sessa;Venezia, a cura di Carrer il quale nel libro VI seguì
anche le due edizioni, Lionese e del Manni;Bologna, ed.da Gaiter il quale si
valse di tutte le stampe precedenti, de'mss.del Tesoro e di raffronti continui
col testo originale Eppure di questo compendio manca una stampa che ne ripro
duca fedelmente e criticamente la lezione;giacchè a tutti gli editori dell'Etica,che
eseguirono le loro stampe sulle precedenti o solo col sussidio di qualche
ms.,sfuggi quella rigogliosa co munione di codici, che abbiam potuto noi
esaminare, da' quali [L'Etica d'Aristotile ridotta in compendio da Latini et
altre tradutioni et scritti di quei tempi. Con alcuni dotti Avvertimenti
intornoallalingua, Lione,Giov.deTornes. L'Etica d'Aristotile e la Rettorica di
M. Tullio aggiuntovi il libro de' Costumi di Catone, Firenze, Dall'edizione
lionese trasse la parte riguardante le quattro virtù un tal Luigi Ruozi che la
pubblicò modifican dola nell'ortografia e nella lezione: Trattato delle quattro
virtù cardinali compendiate da Latini sopra l'Eticad'Aristotile,Verona. Etica
d'Aristotile compendiata da ser Brunetto Latini e due leggende di autore
anonimo,Venezia, sarà possibile, con un esame complessivo, trarre nella sua
veste primitiva l'antico volgarizzamento toscano; d'altra parte gli editori più
recenti del Tesoro nel curare la lezione del VI libro, ritenendolo, com'era
naturale,volgarizzamento dal francese, come tutti gli altri libri, credettero
opportuno acconciarne la lezione anche inbase al testo francese,alterandone
laveste originaria e originale. Intorno a questo antico e primo compendio
volgare dell'Etica si è agitata una lunga e spinosa questione. Esso fin dalle
prime stampe porta il nome di Latini, e il fatto stesso poi che si trova
inserito nel testo volgare del Tresor, di cui costi tuisce appunto la materia
del VI libro, non ha mai fatto dubitare ai critici e agli editori ch'esso non
si debba considerare come una parte del Tesoro e quindi,come tutti gli altri
libri, volga rizzamento di Bono Giamboni.Solo il Mabillon, ritenendo che
Brunetto stesso avesse volgarizzato il suo Tresor, credeva che ciò fosse pure
avvenuto dell'Etica. Il primo dubbio intorno al traduttore del compendio
francese in toscano fu mosso dal Manni, indotto da una nota del Salviati il
quale « trovò in fronte « a un particolar testo dell'Etica: Qui comenza l'Elica
di Ari. « stolile volgarizzata per mæstro A. medico e philosopho
«dignissimo».Ad ogni modo egli si acqueta volentieri all'au. torità della
Crusca che cita il Tesoro « tutto » stampato per traduzione di Bono Giamboni [Altri
che vennero dopo nota rono che qualcuno dei mss. dell'Etica indicava un mæstro A.
come il volgarizzatore dell'opera; difatti il Lami ritiene che ilvero
traduttore sia A., e il Mebus,seguito dal Maffei, sostieneche la versione d’A.,
fatta probabil mente assai prima,venisse più tardi inserita nel Tesoro volga.
rizzato,in tuttiglialtri libri, da Giamboni. Lo Chabaille, Museum Italicum, Paris.
Novelle letterarie, Firenze, Storia della lett. ital., 3a ediz., Firenze. VitaAmbrosii
Traversarii, che curò la edizione critica francese del Tresor, dalla perfetta
somiglianza ch'è tra l'Elica e il vi libro del Tesoro, deduce che Brunetto
avesse tradotto Aristotile in italiano prima ancora di voltarlo in francese, e
che quindi il compendio volgare del l'Etica dev'essere a lui attribuito
Paitoni, che scrisse sopra tale argomento un lungo articolo, finisce col non
sapere da che parte decidersi Zannoni ha spinto in vece la questione molto
avanti,servendosi di un passo del Conrito di Dante (Tratt.), dove è fatto cenno
di un volgarizzamento dal latino dell'Etica per opera di Mæstro A., ilcui
volgare Dante chiama «laido».Lo Zannoni ri tiene « che Brunetto voltasse in
francese il volgare di A. « e che il Giamboni a questo desse luogo nella sua
versione «delTesoro»(3). Questa congetturaèancheaccoltadalPuc cinotti,ch'è
stato il più accanito difensore di A.. Sundby combatte tutte le opinioni
precedenti:quella delloCha. baille e dello Zannoni,opponendo loro le parole
stesse di Bru netto che,nella sua introduzione, assevera di aver tradotto dal
latino in francese,de latin en romans;quella del Mehus, citando il passo di
Dante il quale parla evidentemente di una traduzione dal latino. Egli reputa
diversa da quella che abbiamo la traduzione di A.,dicui sifacenno nel Convito; afferma
recisamente che Brunetto ha tradotto Aristotile dal latino in francese e che il
testo italiano dell'Etica è opera di Giamboni. Gaiter, ch'è il più recente editore
delTesoro, seguendo, come pare, la congettura di Chabaille, confonde la
Lilivresdou Tresor par Brunetto Latini, Paris, Biblioteca degli autori antichi
greci e latini volgarizzati, Venezia, Il Tesoretto e il Favolello di ser
Brunetto Latini, Firenze, Prefazione,pp.XXXV sgg. Storia della
medicina,Firenze, MARCHESI. Della vita e delle opere di Brunetto Latini,
Firenze,1884,pp.139 sgg. La stessa opinione del Sundby aveva esposta prima V.
Nannucci,Manuale, Firenze, Nicomachea con ilLibro de'Vizi e delle Virtù e con
il VI libro del Tesoro, il quale « fu prima compilato e poscia dall'autore
«annestato nella maggior parte del Tesoretto»; e altrove ricorda una nota del
Sorio che attribuiva a Brunetto Latini il volgarizzamento dell'Elica
d'Aristotile; del resto non fa cenno della questione. Il Cecioni, perultimo, trattando
delSecretum Secretorum, in una breve digressione sull'Elica volgare, dopo avere
riassunto tutte le opinioni,assicura che A. deve averne fatto una traduzione,
poichè altrimenti sarebbe inesplicabile il motivo per cui parecchi codici di
rispettabile antichità attribui. scono la traduzione aA.;ma del resto afferma che
la questione circa il volgarizzamento dell'Etica, che noi possediamo, rimane
indecisa nè si potrà forse in alcun modo risolvere. Cosi scetticamente si
chiude la questione, irresoluta. Dopo l'esame dei codici dell'Etica volgare e
latina e del Tesoro, non è più lecito dubitare di poter decidere la questione
in modo definitivo, e a definirla concorrono parecchi dati positivi e sicuri;
il primo, di capitale importanza: la tradizione manoscritta. Il compendio
volgare della Nicomachea ci ha una ben larga ed evidente tradizione
isolata.Nelle biblioteche di Firenze,ove il latino del testo aristotelico ebbe
per la prima volta veste volgare e popolare conoscenza, ben ventidue codici ci
attestano della larga diffusione che il volgarizzamento ebbe come opera a sė,
indipendente da altre opere più larghe che la integrassero. A'codici fiorentini
si aggiungono altri che ho potuto esaminare: due Ambrosiani,tre Marciani,uno
della Nazionale di Napoli, uno della Comunale di Nicosia. Pochi altri mss. dell'Etica
si trovano sparsi per le biblioteche d'Italia, ma da ragguagli cortesi che ho
potuto avere di essi, è lecito dedurre come tutti quanti ade riscano per
contenuto e per lezione al nucleo centrale e fonda mentale dei
mss.fiorentini. Ediz.cit.del Tesoro, Prefaz.,p.xv. Propugnatore. Tutti
icodici presentano una redazione unica del volgarizzamento,che è quella stessa
della edizione Manni, con la quale ho fattolacollazione. Le varianti frequenti nella
lezione, le inversioni,le omissioni reciproche, gli scambi, le lacune del testo
a stampa sopra tutto, si debbono, oltre che alla bontà maggiore o minore del
modello, a sbagli de' trascrittori, e non valgono dinanzi alla somiglianza e
conformità dell'assieme.Molte lacune e accorciamenti si possono attribuire
soltanto a sbada taggine de'copisti per le gravi difettosità che ne vengono al
senso, e sono indubbiamente prodotte dalleespressioni consimili
cheapocadistanza han prodotto la facile omissione: giacchè il copista credendo
di proseguire saltava d'un tratto il brano. Accanto alle lacune, che dànno
qualche volta luogo a strane combinazioni d'idee,va notato un buon numero di
ampliamenti, di cui taluni sono ripetizioni di luoghi antecedenti.Qualche volta
le parole si trovano collocate in maniera diversa nel periodo o sostituite con
altre e mutate con lo scopo di abbreviare o modificare il costrutto (2 ); le
molte differenze ortografiche vann ori ferit e al tempo della trascrizione. Fra
i codici che più si accostano al testoastampa vanno notati 6.c.g.h.4.2.m.p.e
specialmente d ed e,iquali hanno pure comuni con il testo Manni molte
particolarità ortografiche.Le maggiori divergenze presentano i codd.7 e 1;in
quest'ultimo è notevole un'aggiunta al libro sesto Nel cod. V la lezione presenta
spiccate differenze, (1) È da osservare come nel secondo libro (cap.IX del
Tesoro) occorrano tre parole greche trascritte con caratteri
latini:19)apeyrocaliaoapeiorocalia(4.y.) edanche apeyrochilia (6) eapherocalia (g):in
pa recchi codici tale parola è mancante perchè manca il brano che la contiene;
eutrapeles (x.y.4.m.p.)o eutrapelos(2.6.7.d.e.f.g.h.)ed anche eutrapelo (6) ed
eutrapeleos (8); 3o recoples orechoples(e.g.) ed anche recupes (6) erecopls (2).Inqualchecodice,
come nel cod.1, il copista salta il passo dove avrebbe dovuto introdurre le
parole greche. (2 ) Come si nota anche particolarmente nell'Ambr. C. 2 1, i n f.,
ch'è una trascrizione umanistica della seconda metà del '400, (3) Manni, Gaiter,p.115:«in
questo cambio era grande brigæt specialmente nella seconda metà,dalla
lezione comune,e risente dell'influenza dell'opera francese di Brunetto e
dell'azione diretta modificatrice del trascrittore: l'influenza del francese in
questo codice, come nell'Ambros. c. 2 1 i n f., c i è attestata indubbiamente
dal fatto ch'essi vanno oltre il limite solito dell'Elica e proseguono con le
stesse parole, intorno alla differenza tra la retorica e la scienza di fare le
leggi, le quali chiudono il VI. libro del Tresor; ma possiam dire che per
quanto la lezione di V sia in molti punti alterata,non presenta tuttavia una
redazione diversa dalla comune dei mss.e delle stampe del Manni e del Gaiter,
alla quale ultima specialmente aderisce verso la fine.Dall'esame critico della
lezione risulta una somiglianza intima tra icodd.1 e 7; tenendo poi conto delle
particolarità più comuni, possiamo stabilirediversi gruppi di codici:a) 1.a.y.5.6.7.8.x.r.
9. che ci danno la più autorevole lezione;b) g.C.d.e.f.N.r. 2.s.;c) 4.m.p. Come
s'è detto, il compendio volgare dell'Etica si trova pure inserito nel
volgarizzamento del Tresor, di cui forma la prima metà della seconda parte, o
meglio il VI libro, secondo la indicazione comune.Dei venti codici del Tesoro
da me esaminati, dodici solamente contengono il trattato aristotelico: gli
altri sono mutili. La lezione dell'Etica ne' codici del Tesoro, tranne le
solite Jivergenze omai notate come comuni in questa redazione del l'Etica
volgare,è da collegarsi alla stessa famiglia dei codici isolati e de'testi a
stampa. C'è da notare nel complesso un numero maggioredivarianti, omissioni, aggiunte,
frequentissimi sbagli di trascrizione e qualche breve interpolazione del
copista «pero fue trovata una cosa c'aguagliasse et questa cosa si è il danaio.
« percio che l'opera di colui che fa la chasa si aghuaglia ad opere di colui «
che fæ i calzari col danaio; chè per lo danaio puote l'uomo donare et «
prendere le grandi cose e picciole, per cio che 'ldanaio è uno strumento
«perloquale ilgiudicepuotefaregiustizia, pero che el danaio èleggie
«senz'anima. ma il Giudice è leggi ech'à anima et dio glorioso si è leggie «
uniuersale d'ongni cosa », stesso,che sidistingue subito
permancanza di riscontroinaltri codici. Oltrere P, che servirono di base
allastampa fiorentina, uno de'codici più fedeli all'ediz.del Manni è
l'Ambros.G. 75 Sup. e Z,dove pur si trova una grande confusione causata dallo
spostamento di varie parti.Tra icodd.più scorretti dal lato ortografico e P. In
base alle particolarità più comuni icodd.del Tesoro si possonodividere
ne'seguenti gruppi:19) d.v.1. 2°)n. λ.π.φ.3ο)λ.μ.γ.Ρ.Ζ.ε.Ambr. Riassumendo, possiam
dire: la lezione del testo aristotelico volgare appare generalmente,
ne'codd.dell'Etica e del Tesoro, fluttuante,poco sicura.Ma lesolite differenze
nella espressione, nella struttura del periodo, le frequenti omissioni e
aggiunte di parola,gli spostamenti e le lacune,comuni alla maggior parte dei
codici,riguardano più d'ogni cosa la bontà della copia,la correttezza del
modello copiato, la esperienza o la libertà del l'amanuense, ma non
compromettono in alcun modo l'unità del volgarizzamento. La materia dell'Etica
si trova nella maggior parte dei codici ugualmente distribuita.Una grave
inversione presentano 1. d. e.s.; in essi il testo dap.6 Manni [Gaiter 25: compimentoe
forma di uirtu ] va d'un tratto a p. 18 (Gaiter 57: ciascuno huomo che ingiusto
et reo sie] e seguita sino a p.21 (Gait.66: E pero è bestial cosa seguir troppo
la dilettazione del tatto] donde torna indietroap.9 [Gait.34: La potenzia uæ'innanzi
all'acto] e prosegue sino a p. 18 [Gait. 57: dee l'uomo essere punilo];quindi
tornadinuovoap.6 (Gait.25:beatitudoècosa ferma et stabile] seguitando sino alla
fine del primo libro [p.8 M., 31 G.: Questièun casto huomo, humile et largo).È
determi nato cosi uno scambio reciproco, nel principio, de'libri secondo e
terzo. 'T 8 G. MARCHESI Un'altra inversione è nei codd.del Tesoro a.T. X.
u.In essi iltesto dell'Etica dalla fine del cap.XXIX (pp.M.35,G.101: l'uomo si
uiene a fine con grande sottilglianza de li suoi in tendimentine le cose le qualisonbuonema
questasottilglianza e cerlezza e sauere ragion diuina e le dilettationi che
l'uomo elegge per gratia d'altro.son queste ricchezza etc.... Jez.u]
corred'untrattoalcap.XXXVIII (pp.M.41,G.121] e prosegue sino al primo periodo
del cap.XXXIX (pp.M. 43,G. 125:per a u e r e lungamente u i n t i li desideri
della carne. Lo magnanimo serue bene.....u]; quindi ritorna al cap.XXXIV (pp.M.
37, G.110) eva sino al cap.XXXVIII (pp. M.41, G.120:inman. giare e in bere e in
luxuria e tutle dilectationi corporali ne la misura delle quali l'uomo elegge
per se medesimo.et quando ella e rea si detta callidita. ne le cose ree si come
incanta menti.....u]; dopo itre primi periodi del cap.XXXVIII torna cosi
nuovamente al cap.XXIX (pp.M. 35,G. 101). La stessa inversione nell'ordine della
materia h a il m s. V i s i a n i. I codici dell'Etica, in gran
parte,presentano la solita divisione della materia in dodici libri,che non di
rado è limitata alla semplice indicazione numerica,senza alcun accenno
all'argomento svolto (h. 4. ); i n p a r e c c h i c o d i c i (y. c. e. h. 4.
m. r.) l a materia oltre che in libri è divisa in tanti capitoletti; in altri, soltanto
in rubriche le quali sono qualche volta costituite dalle stesse parole del
testo,come in 5 e 6.Altri co. dici mancano di qualunque divisione sia in libri
che in rubriche (p.8.Amb.). L'Ambr. C.21inf.,delsec.XV,presentala partizione
comune fino al decimo libro;la materia degli ultimi due è divisa in tre
capitoli (c.53':tracta di la beatitudine la quale puo hauere in questo mondo:
Di po la uirtu diciamo di labeatitudine; c.57 "tracta che se l'huomo ha buona
natura la ha da dio: sonno huomini che sonno buoni per pauura; c.57'di Gouernamento
dilacittade:lonobilehuomoetbuono regitore di la citta fa nobili et buoni
cittadini). In d in luogo di libri è detto fioretti, e cosi pure al principio
di v: Fioretti dell'Elicha d Aristotile del primo libro. . Dei codici del
Tesoro, taluni (e,u,n) non danno alcuna in dicazione sul modo con cui la
materia è distribuita;altri (a,a) hanno un elenco delle rubriche posto in
principio alla seconda parte dell'opera, vale a dire il VI libro; in 8 è un
rubricario generale posto in principio del Tesoro; le rubriche di t
fanno! parte del testo,e una divisione in capitoli si trova in r
(De leuile nominale de le tre potenzie del'anima Come lobene si diuide de la
polenzia dell'anima de la uerlude intellectuale di che l'omo desidera tre cose
|de le uerlude che ssono inabito comesitroualauerlude comel'omopuo farebene e
male de le tre isposizioni in operatione de le cose che conuienefareperforzætc.).
In due codici (Z eAmb.) tutta la materia del VI libro è divisa in cinque
capitoli: 1°) « Incipit «libro d'eticha Aristotile; Secondo capitolo d'elicha
Ari «stotile:sonooperationi lequali homo fa;39)Terzocapilolo « d'eticha: due
sono le specie d'amista; Quarto capitolo de « eticha: la dilectatione è nata e
notricata; Quinto capitolo « de etica: Dopo le uirtù diciamo oggimai della
beatitudine ».Altri codici presentano la divisione per libri o per rubriche che
si trova nelle stampe. Riferiamo il titolo originario dei dodici libri
dell’Etica, træn dolo da'codici più antichi ed autorevoli, del sec.XIV: «
Prologo « sopra l'etica d'Aristotile Qui si finisce il prologo di questo «
libro d'Aristotile. Qui appresso si comincia il primo libro e « tracta in
questo primo libro della felicitade: le uite nominate ve famose.IQui comincia
ilsecondo libro dell'Etica d'Aristo « tile e comincia a diterminare delle
uirtudi e primieramente « mostra che ongni uirtu che noi abbiamo è per
costumanza « d'opere:Concio siacosa che siano due uirtudi.|Qui comincia “il
terzo libro dell'etica e tratta dell'operazioni le quali sono “volontarie e che
non sono uolontarie: Sono operazioni le quali « l'uomo fæ sanza sua uolontade uqi
comincia il quarto libro « dell'etica d'Aristotile ove si ditermina di quella
uertude la « quale è detta uertude della liberalitade:Larghezza è mezzo in «
dare e in riceuere pecunia qui comincia il quinto libro del « l'etica e
determina della giustizia la quale è uerti che dee « essere nell'operatione
delli huomini: Iustizia si è abilo lau « de u o l e qui comincia il sesto libro
dell'Etica e cominc a a d e « terminare delle uertudi intellettuali per ciò che
infino a quie «ellisiæditerminatodelleuirtudimorali:Due sonolespezie «
delle uirtudi |Qui si comincia il settimo libro dell'etica del « sommo filosofo
Aristotile e ditermina della uertude la quale è detta uertude della contenenza:
Li uizii de costumi molto « reil Qui comincia l'ottavo libro dell'etica
d'Aristotile nel quale «ditermina dell'amistade la quale è cosa necessaria
all'uomo: « Amistade si è una delle uertudi dell'uomo IQui comincia il nono
libro dell'etica d'Aristotile il quale ditermina della pro «prietade
dell'amistade: Lo conueneuole agualliamento si « aguallia le spezie Qui
comincia il decimo libro dell'etica « d'Aristotile nel quale tratta della
dilettazione e della felicitade « per ciò che pare che queste due cose si sieno
fine de la dilet. « tazione et dice qui che la dilectazione si è fine
dell'operazione virtuosa:La diletlazionesiènatænotricata|Quicomincia «
l'undecimo libro dell'etica d'Aristotile nel quale ditermina della beatitudine
la quale puote l'uomo auere in questa uita. Et dice « qui che la beatitudine è
cosa perfecta: Dopo le uirtudi di c i a m o oggi mai | Qui comincia il dodecimo
libro dell'Etica. E t determina come l'uomo il quale à buona natura si l'æ
dalla « grazia di dio, et questi cotali sono disposti ad acquistare uer. « tudi:
Sono uomini che sono buoni per natura ». Del rubricario più comune diamo per
saggio quello del primo libro:«Perqualescienziașireggelacittade delleuiteet «
quale è laudabile |di due modi di bene che è beatitudine «delle potentie naturali
dell'anima demeriti delle operationi adi tre spezie del bene Comes'acquistætconserualabeati.
« tudine |Onde uiene la beatitudine e di che à bisognio chi « non puote auere
la beatitudine per che /che cose sono aspre « a sofferire |come æ similitudine
l'uomo felice con dio onde « procede felicitade in che comunica l'uomo colle
piante et colle «bestieetincheno dell'animacom'æcontrarimouimenti « della uertu
intellettuale e della morale ».Nel codice Marciano II,141,la materia è diversamente
distribuita in dodici «parti»; la prima non è indicata,poi «della forteça:
Diciamo omai di « ciascuno habito della liberalità: largheça è meço in dare «
del conuersare: dopo questo dobbiamo dire di quelle cose «dellagiustitia:
Justiciasi è habilol audabile dello intellecto « dell'anima: Due sono le specie
delle uirtudi |de tre uitii primi: «Vilii e costumi molto rei dell'amistade: Amistade
e una «delle uirtude dell'uomo e d'iddio |dello aguagliamento della «amistade: Lo
conueneuole ad guagliamento della dilectatione: « La dilectatione si è nata e nutricala
della beatitudine:Quando «noiauemodeterminato delcorreggimentodeVitii.depaura.
« della pena: La scienzia delle uirtudi si a questa utilitade ». Il compendio
volgare del Trattato Aristotelico, come si può desumere dall'incipit e
dall'esplicit di ogni codice,veniva più comunementeindicatocoltitolodi Elhica d'Aristotile,
ed anche: Etica del sommo phylosofo Aristotile; molto più raramente: Fioretti
dell'Elica d'Aristotile. Occorre anche talvolta la indi cazione latina: Elhica
Aristotilis, e più sovente quella di Liber Ethicorum. Ne' codici del Tesoro il
titolo più comune è pure: l'Etichad'Aristotile,edanche:l'EtichadelgrandesauioAri
slotile;in parecchi si trova l'indicazione latina:Ethica Ari stolilis. Nei
codici dell'Etica manca ogni notizia intorno alle necessità e a'criteri
dell'opera.Fa eccezione ilcod.Marciano II, 134 il quale contiene, solo fra
tutti, l'epistola proemiale del volgarizzatore ad un amico,che a quella fatica
del tradurre avevalo indotto. « Incipit proemium transductoris huius operis «
uulgaris.— Più uolte essendo amicho mio da la tua gintileza « con grande
instanzia infestato l'Eticha Iconomicha et politicha de « Aristotile de lingua
latina in parlar (moderno] et uulgar ti « transducha. La quale richiesta
considerando truouo la mala «sua axeuolezza uincere ogny mia faculta.Et anche
hauendo « udito altri circha a questa opera auere insudato non m'è pa «ruto
douerse seguire per fugire la riprensione de molti.Ma pure la forza de la tua
amicizia è tanta che mi constringie et fami intraprendere quello che mi
cognosco impossibile.Onde la gratia superna inuocho al principio di tale faticha
doue « mi mecto seguendo el uoler tuo iusta mia possa. Et perche el « dire de
Aristotile è scropoloso et stranio molto dal modo del « nostro parlare, pure
quanto potro ad esso mi acostero.Alcuna « uolta le sue proprie parole et alcun
altra el senso dimostraro «suzinto,seruando la uerità del testo.Ma auanty che
questo « cominci alquanto della persona et essere suo toccharo ad cio « che le
sue opere pergrate siano da te riceuute ». Il prologo non ci porge alcuna
notizia storica,e del resto sulla sua auten ticità ci lascia grandemente
perplessi. Il fatto che,tra tanti manoscritti dell'Etica, noi lo troviamo solo
in questo,abbastanza tardivo,della fine del sec.XV,può destare grave
sospetto,ma non sarebbe ad ogni modo motivo sufficiente per indurci a rin
negarlo senz'altro. Ben altri motivi non ci permettono di prestar fede
all'autenticità del proemio Marciano. In esso il volgarizza tore dice di aver
udito « altri circa a questa opera avere in « sudato »; l'espressione è molto
ambigua; giacchè o si riferisce a precedenti volgarizzatori,e ciò non è
possibile perchè A. fu il primo a volgarizzar l'Etica, o a traduttori latini; ma
per quanto sappiam noi in nessuna delle traduzioni latinedella Ni comachea si
leggono accenni alle difficoltà del traduttore; solo Ermanno ilTedesco,nel
prologodellasuaversione delCommen. tario d'Averroè alla Poetica
d'Aristotele,dice della grande dif ficoltà da lui trovata « propter
disconuenientiam modi metrifi «candiingræco cum modometrificandiinarabo, etpropter
auocabulorumobscuritates»(1);ma ci sembrer ebbe affatto inopportuno scorgere
nel prologo alla Poetica di Ermanno un rapport col prologo all'Etica diA.. Epoinel1200eneltre.
cento è ben difficile trovare la nota individuale,sopratutto nelle traduzioni;
furon più tardi gli umanisti che alteri del merito proprio rivelarono a quattro
venti le difficoltà del lavoro da essi intrapreso e compiuto; del resto tutta
la parte del pro logo, di cui ora parliamo,si connette con la præmunitio tanto
comune agli scrittori del quattrocento, i quali nell'introduzione alle opere
loro ci ricordano spesso la difficoltà dell'argomento e il timore della critica
e la debolezza dell'ingegno e il riguardo Il prologo è pubblicato dal Jourdain
(Recherches critiques sur l'age et l'origine des traductions,latines
d'Aristote, Paris). amorevole per l'amico che la vince sulle giuste
considerazioni e preoccupazioni dell'autore.È questo,ripeto,un motivo comune
agli umanisti,a'quali l'aveva comunicato lo spirito retorico delle composizioni
proemiali latine. Lo stile poi del proemio è assai diverso dal volgare di A.,
ch'è quale potea rampollare schietto di mezzo all'efflorescenza letteraria
dell'ultimo dugento.Lo stile del prologo marciano ri. sente molto invece di
quel volgare farneticante da scuola e da sacrestia che pretendea ingentilirsi
nel '400 signorilmente, usur pando gli addobbi lessicali delle forme latine.C'è
in fine un ultimo argomento decisivo. Nel titolo dell'epistola proemiale è
adoperata la parola transductoris,e nel volgare stesso del pro logo si trova
adoperato il verbo transducere. Ora nel sec. XIII e XIV la espressione latina
traducere non è ancora passata col significato moderno nel latino e nel volgare;
il primo, come pare, ad usare il vocabolo traducere con il significato di
tradurre, fu il Bruni; d'allora soltanto s'introdusse nel latino e quindi
nell'italiano (1). Sicchè possiamo affermare che il prologo Marciano è di avan.
zata fattura quattrocentina.Come sia comparso non sappiamo, nè torna conto
indagare e congetturare sulle cause e sulle ori gini di tutte
lescritturecheapparveroingrande numero,affac cendate e moleste,in quel tempo di
continue esercitazioni re toriche e di finzioni letterarie. Stabilita la unità
del volgarizzamento contenuto ne'codd.del l'Eticædel Tesoro,passiamooramai
allaindicazionedell'autore. De' ventinove codici dell'Elica, da me esaminati,
ventidue sono anonimi;uno,del sec.XIV (5), attribuisce la traduzione a un mæstro
Giovanni Min.(2); sei codici (4.y.&.g.m.p.) danno il nome del
volgarizzatore dell'Elica, traslatata in uulgari a magistro A.. (1) Vedi R.
SABBADINI,Del tradurre iclassici antichi in Italia,in Atene e Roma,an.III,no
19-20,col.202. (2)Explicitethica Aristotilis translate amgio iohemin. vulgare. deo
gratias. Dei codici del Tesoro,tre del sec.XIV,oltre la solita attri. buzione a
Brunetto in principio di tutta l'opera, alla fine del sesto libro ci danno
un'indicazione particolare del volgarizzatore, la quale è sfuggita a tutti gli
studiosi del Tesoro ed è di molta importanza per la questione agitata intorno
all'autore del com pendio volgare. Ecco dunque le soscrizioni.a:Explicit etica
Aristotilis a magistro A. in uulgare traslala; T: Explicit hetica Aristotilis a
magistro A. in uolgare trasleclata; 1:Explicit Elicha Aristotilis a magistro
Tadeo in uulghari traslatlata. Dalla tradizione manoscritta si può dunque
ricavare: 1o) che ilcompendio volgare della Nicomachea ebbe una larghissima
diffusione come testo particolare, indipendente da altra opera; 2°)ch'esso,quando
non correva anonimo,veniva comunemente attribuito a mæstro A.. Ma da'codici del
Tesoro balza fuori un nuovo cumulo d'in dizi gravi e sicuri, che infirmano
seriamente l'unità del vol garizzamento dell'opera di Brunetto,attribuito
sempre con cordemente per intero a Bono Giamboni: 19) Parecchi codici del sec.
XIV danno, come s'è visto, il nome del volgarizzatore del l'Etica: Mæstro A.;
la soscrizione finale, perchè non si possa ritenere aggiunta posteriore,è
sempre di mano del copista che ha trascritto il codice per intero.Questà
attribuzione è l'unicachesitroviintuttoilms.,oltreaquellageneralecon cui va
riferito il complesso dell'opera a Brunetto.Ciò è di spe. ciale importanza per
noi: difatti, giacchè il copista solo per l'Etica sente il bisogno di riferire
il nome del traduttore, vuol dire ch'ei sapeva che solo quella parte del Tesoro
rimaneva estranea al volgarizzamento generale dell'opera, e il volgare di A. vi
si trovava come inserito. In qualche codice anepigr. e mutilo,come
a,l'attribuzione a A. è anzi l'unica indica zione di autore che sitrovi in
tutta l'opera.2 ) Di solitoicodici mutili si fermano prima di giungere
all'Elica; d'altra parte pa recchi mss.del Tesoro si arrestano alla fine del
compendio aristotelico. Ciò dimostra che questo costituiva come un punto
di fermata, era un libro introdotto a parte, si che poteva benis simo
arrestare al libro V l'amanuense che fosse sprovvisto del. l'originale, o
determinare una pausa nella trascrizione,alla fine del libroVI. Nel
cod.r,miscellaneo,l'Elica è preceduta dal VII libro del Tesoro: si può notare
dunque il distacco ch'è tra le due parti, non considerate come legate e
dipendenti nella stessa opera. In qualche ms.,come ri,precede una tavola della
materia che giunge sino a tutto il libro V, escludendo la rimanente, dall'Elica
in poi; e ciò dimostra ancora che l'Elica arrestava quasi il corso regolare
dell'opera volgarizzata ed era estraneaalvolgarizzamento del Tesoro. Un
particolare fon damentale: il cod.d ha questa soscrizione dell'amanuense,al
l'Etica: Ecplicit l'Etica Aristotile in questo tanto che io noe trouata; ciò
significa chiaramente che il copista, per trascrivere la parte dell'opera che
comprendeva il compendio aristotelico, era obbligato a ricorrere ad un altro
testo che non era quello unico del Tesoro. Ci resta finalmente da osservare che
mentre tutti i codici del Tesoro differiscono quasi sempre e in m a niera
notevole nella lezione, mostrano invece una concordanza molto maggiore
nell'Etica; vuol dire che si tratta di un testo particolarmente prefisso
a'trascrittori.Ciò dimostra ancora la maggiore divulgazione del testodell'Etica
lacui lezione più re golare, rispetto alla lezione caotica del Tesoro, era
fissata da una più grande diffusione delle copie. Concludiamo questa prima
parte. Dall'esame dei codici e della materia manoscritta ci risulta che
esisteva nel secolo XIV un compendio volgare della Nicomachea, attribuito a mæstro
A., che noi troviamo anche inserito integralmente nel Tresor vol garizzato, di
cui costituisce il VI libro. Ma nèicodicidelTesoro,nèquellidell'Eticacidicono
da Il Sorio da questo particolare, ch'egli osserva nel cod. Ambr., trasse
argomento principale diattaccoallaautenticità delVIIlibrodel Tesoro.La opinione
del Sorio fu combattuta dal Gaiter (Propugnatore) con argomenti dubbi ed
indecisi: l'uno e l'altro eran difatti fuor di strada. che volgarizzó A..La
questione è importantissima;data la identità tra l'Elica e il volgare del VI
libro del Tresor non resta che una questione di priorità:0 Brunetto si servi di
A., o A. di Brunetto; vale a dire,o mæstro A. volgarizzo il VI libro del
Tresor, il quale ebbe così tradizione e fortuna isolata da tutto il resto del
volgarizzamento, ch'è opera di Bono; o Brunetto si servi per il suo Compendio
francese del volgare di A.,che fu introdotto però intatto nel Tesoro, in luogo
di un volgarizzamento diretto dal francese. Nel Convito di Dante è unpasso che
spinge molto avanti la questione: Tratt.I,cap.10:«La gelosia dell'amico fa
l'uomo «sollecito a lunga provvedenza: onde pensando che perlo desiderio di
intendere queste Canzoni alcuno inletterato avrebbe «fatto il comento latino
trasmutare in volgare,e temendo che 'l volgare non fosse stato posto per alcuno
che l'avesse laido « fatto parere, come fece quelli che trasmutò il latino del
«l'Etica,ciò fu A. Ippocratista,provvididiponere «lui,fidandomi di me più che
d'un altro».IlSundby,che vuole ad ogni costo ritenere di Bono tutto il
volgarizzamento del Tresor,se ne sbriga assai piacevolmente: « Nel caso adunque
che il passo succitato del Convilo fosse esatto in tutte le sue « parti, la
cosa sarebbe chiarissima: la traduzione di A. dovrebbe essere affatto diversa
di quella di cui noi ci occu « piamo,e questa si dovrebbe attribuire a Bono
Giamboni. E non ci sarebbe niente da dire; resterebbe però fin ora da
spiegare,se non altro,la tradizione manoscritta che,laddove non tace,dà il nome
del volgarizzatore:A.,accordandosi col passo di Dante; e d'altra parte non
sarebbe lecito trascurare quegl'indizi che non danno certamente più come sicura
l'unità delvolgarizzamentodiBono.Nedevefareombra l'appellativo di « laido »
dato da Dante al volgare di A., giacchè per MARCHESI. certo questo non è
il modello migliore di prosa trecentistica, e la opinione del Nannucci,di cui
si fa forte il Sundby,può ri tenersi giustificata da un sistema di ammirazione
proprio della fede e dell'entusiasmo delle generazioni passate per tutti i do
cumenti letterarî del nostro trecento. Tutto dunque ci fa credere che il
volgarizzatore sia mæstro A.: Esiste una sola Etica volgare in tutti i codici;
2 )i codici che portano il nome del volgarizzatore l'attribuiscono a mæstro A.;
la dichiarazione esplicita di Dante, il quale ha l'aria di parlarne come
dell'unico, comunemente noto, volgarizzamento ch'esistesse a suo tempo
dell'Etica latina. kesta anche esclusa la prima congettura,che A. volgarizzasse
il francese di Brunetto; Dante ce lo dice esplicitamente: « colui « che
trasmutó lo latino dell'Etica. Del resto, a prescinder da altriargomenti
principali e decisivi, ch'esporremosubito,ilcom: pendio volgare dell'Etica non
può ritenersi come volgarizzamento del VI libro del Tresor per le frequenti
differenze, non solo di forma ma di sostanza, che presenta rispetto al testo
francese: e sono omissioni o aggiunte di pensieri,di esempi,di considerazioni,
ampliamenti o riduzioni di concetti: e tutto questo non può ammettersi nella
traduzione di un'opera,a meno che il traduttore non abbia voluto rimaneggiare
per conto suo l'originale. Dunque A. volgarizzò e compendio da una delle
redazioni latine del testo aristotelico, la quale e nota allora sotto il nome
di Liber Ethicorum, nome ch'è anche particolarmente proprio di un'altra
redazione latina della Nicomachea, letterale e molto oscura, cui il commento
tomistico a v e a spinto allora alla massim a diffusione. Dal testo tomistico
difatti il Sundby fa derivare il compendio francese e volgare dell'Elica,e pone
iraffronti;ve dremo appresso come il critico danese si sia messo su una falsa
(1)Manuale della lett.italiana,vol.I,p.382. IlN. trova anzi l'Etica «adorna di
molta purezza e semplicità di stile». MARCHESI. strada.Ad ogni modo che A. abbia tradotto
direttamente dal Jatino ci è confermato dal confronto tra l'Etica volgare e il
Liber Ethicorum da cui dipende; se avessimo scarsezza di argomenti o mancanza
di prove sicure potremmo anche valerci delle soscri zioni di taluni codici
dell'Etica e del Tesoro che indicano il nostro volgarizzamento come Elhica
Aristotilis e più spesso Liber Ethi corum,facendoci sospettare lasua
provenienza dal testo latino. Di mæstro A. i codici (4. y.) ci dicono soltanto
che su « florentino » e Dante aggiunge ch'ei fu medico, « Ippocratista ». Di un
A., d'Alderotto, fiorentino, « fisico massimo », scrisse, con la solita ingenuità,una
breve vita Filippo Villani,il quale ce lo descrive di parenti oscuri,
poverissimo, dedito ai mestieri più vili, e col cerebro oppilato e tenebroso
fino ai trent'anni. Passati gli anni trenta « si consumarono quegli umori
grossi; A. divenne un altro uomo e rivelòilsuo ingegno dedicandosi allo studio
delle arti liberali,della filosofia e per ultimo della medicina,che insegnò
pubblicamente a Bo logna. Dice il Villani: « Fu costui de' primi infra' moderni
che adimostrò le segretissime cose dell'arti nascoste sotto i detti « degli
autori, e la spinosa terra e inculta solcando all'ottimo « futuro seme
apparecchiò. Questi, sprezzati alcun tempo i so pravvegnenti guadagni,cupido di
gloria e d'onore,si dette a « commentare gli autori di medicina. Nella qual
cosa fu di tanta «autorità,che quello ch'egli scrisse è tenuto per ordinarie
achiose,lequali furono postene'principali libridimedicina. E fu in quell'arte
di tanta reputazione, quanto nelle civili « leggi fu Accorso, al quale egli fu
contemporaneo. Il Villani ci riferisce inoltre un aneddoto molto curioso,
riportato poi da Le Vite d'uomini illustri Fiorentini,colle annotazioni del
co.G. M a z zucbelli,Firenze, Biscioni, in una nota sopra A., inserita nelle
Prose di Dante e del Boccaccio, Firenze, 1723, vuol dimostrare che A. era di
famiglia cittadinesca,che possedeva effetti stabilieche prese per moglie una
de'Ri goletti, il cui padre aveva il titolo di dominus, che in quei tempi si
con cedevasoltantoa cavalieri.Cfr. notadelMazzuchelli, MARCHESI Negri (1) e dal
Fabricio (2), intorno agli eccessivi compensi che A. « tenuto come un altro
Ippocrate da'Signori d'Italia in « fermi » (3), esigeva per le sue visite
giornaliere; e ci narra che chiamato a Roma dal pontefice,Onorio IV,richiese
cento ducati d'oro al giorno; invece,dopo la guarigione del pontefice, n'ebbe
in compenso diecimila. Villani non ci dà alcun cenno cronologico;dice solo che
fu seppellito a Bologna d'anni ottanta.Giovanni Villani (Storie,seguito dal Fa.
bricio, dal Poccianti e dal Cinelli, pone l'anno della morte nel 1303;l'Alidosi
sostiene invece che A. morisse,il Biscioni e il Negri, per approssimazione,
nella fine del sec.XIII.Delle opere di A. ci attesta il Mazzu chelli ch'esiste
una raccolta a stampa col titolo « Expositiones «inarduumAphorismorum Hippocratisvolumen.
Indivinum « Prognosticorum Hippocratis librum. In præclarum regi. a minis
acutorum Hippocratis opus. In subtilissimum Iohan «nitiiIsagogarum
libellumIohan.Bapt.Nicollini Salodiensis a operainluceme missæ.Venetis, apud Luc.Antonium
Iuntam. Scrisse anche in ci. Galeni Artem parvam commen taria, Neapoli,
Mazzuchelli, che attribuisce anch'egli a A. la traduzione in volgare dell'Elica
d'Aristotile, aggiunge che nella libreria dei pp.Minori Osservanti in Cesena si
con serva un ms.intitolato Magistri Taddei Glossæ in Galenum, eiusdem
Aphorismata. Di mæstro A. si conservano in al cuni codici parecchi trattatelli
medicinali e fra questi è par Istoria degli Scrittori Fiorentini, Ferrara,
Biblioth. latina mediæ etinfimæætatis, Patavii, Notissimo anche un distico del
Verino (de illustr.urbis Florent., lib.I)su A.: «Est quoque Thadæi celeberrima
fama,non alter For « sitan in medica reperitur ditior arte ». A proposito di
questo aneddoto vedi la erudita nota del Mazzuchelli, Cfr. Mazzuchelli, Biblioteca
Angelica (Roma),Thaddæi de florentia ticolarmente diffuso un libellus de
seruanda sanitate o libellu's conseruandæ sanitatis, dedicato a Corso Donati. Fra
i m a noscritti che lo comprendono è di speciale importanza l'Ambrosiano J. 108
sup.,del sec.XIII per una nota posta in principio, di mano dello stesso copista
che trascrisse tutto il codice: « Iste « libellus scriptus et compositus per
probissimum et prudentis « simum uirum dominum magistrum Taddeum de Flor.
doctorem « in arte medicine in ciuitate bononie transmissus nobili militi «
domino Curso donati de florentia », È notevole anche il proemio del trattato
medicinale:« Quoniam passibilis et mutabilis a existit humani corporis
conditio, complexionem et consisten « tiam quam a principio sue originis homo
habuit non seruando, « necessarium extitit artem et scientiam inuenire,per quam
in « sanitate et natura et corpus hominis conseruetur, motus igitur « precibus
et amore cuiusdam mei amici,multa mihi dilectionis «teneritate coniuncti nec
non pro utilitate aliorum hominum, « more uiuentium bestiarum ad conseruationem
sanitatis et uite « in humanis corporibus libellum medicinalem inuenire
disposui « de libris et dictis philosophorum breuiter compilatum ». Da queste
ultime parole risulta ancor meglio l'identità ch'è tra l'autore del libellus,
studioso sfruttatore e compendiatore di m a teria filosofica e l'autore del
nostro compendio volgare dell'Etica. Il trattato di A.,molto curioso,contiene
quei precetti igienici che bisognerebbe osservare fin dal principio della
giornata in torno alle abluzioni del capo,all'igiene della bocca,dello stomaco,
libellus medicinalis; Magistri Thaddæi de florentia de r e giminesanitatis; Curacrepotorummagni
Tadeiabeocom posita. Riccardiana, Magliabechiana,cl.21,cod.62;141. Membran.a
due colonne;contiene:19) Vegetii de re militari libri; Isiderus de bellis; a
c.31a segue la notissima epistola de cura et modo rei familiaris di Bernardo,al
gratioso militi et felici domino Raimundo domino CastriAmbrosii;a c.32 asegue
iltrattatodiA..Ilcod.consta d icc. 3 5 n. num., l a c. 3 4 * e 3 5 a v u o t e.
Questo cod. si trova legato assieme con un altro membr. dello stesso formato, di
cc.19 scritte perdisteso,con tenente i Saturnali di Macrobio.
MARCHESI de'cibi,delle bevande, della digestione,del sonno;sulle condi zioni
del corpo umano durante le diverse stagioni e quindi sulla igiene delle
stagioni. Segue a dire della efficacia terapeutica, molto larga,dialcune
pillole,da prendersi avanti o anche dopo ilcibo,compostedaun«frateRobertodeAlamania»conuna
quantità di sostanze vegetali e aromatiche. La parte trascritta nel cod.Ambros.
finisce con la ricetta adatta «ad faciendum «cristerepropassioneyliaca». Questo
A. famosissimo medico del suotempoedanchepoeta(1), autoredicommentari e di
trattati, insegnante l'arte della medicina nell'Accademia di
Bologna,fualtresìquellochetradussedallatinoinvolgare il compendio dell'Etica
aristotelica. E veniamo al VI libro del Tresor. È noto ed è stato detto da
tutti gli editori e gli studiosi del Tresor, ch'esso risulta da m o l teplici e
varie compilazioni fatte in diverso tempo da Brunetto, su scrittori
specialmente latini; poi riassunte e combinate nel compendio enciclopedico
francese del mæstro di Dante. Lo C h a baille anzi afferma che Brunetto avea
preludiato alla compila zione del Tresor con opuscoli separati in prosa e in
verso, fra cui l'Elica d'Aristotile,ch'egli dunque suppone,come parecchi
altri,compendiata e volgarizzata da Brunetto Latini,prima della compilazione
del Tresor (2). Ma su ciò non vale la pena discu tere,giacchè sarebbe
combattere contro imulini a vento. Magliabech. Tadæi magistri de Florentia
Carmina. Op. cit., Introd., p. vi. Riferiamo un passostesso di Brunetto:Liv.I,cap.I:«Il «
(cist livres) est autressi comme une bresche de miel cueillie « de diverses
flors; car cist livres est compilés seulement de « mervilleus diz des autors
qui devant nostre tens ont traitié « de philosophie, chascuns selonc ce qu'il
en savoit partie; car « toute ne la pueent savoir home terrien, porce que
philosophie « est la racine d'où croissent toutes les sciences que home
peut savoir. Egli dunque non dice di essersi limitato
a raccogliere e tradurre scritti latini soltanto; e si deve intendere anche di
volgari. Fra questi è il compendio dell'Etica di mæstro A. che Brunetto,
valendosi anche di raffronti continui con il testo latino originale,trasporto
nel VI libro del suo Tresor. Allo Zannoni, il quale riteneva che A. avesse
tradotto Aristotile di latino in italiano e che Brunetto poscia voltasse il
testo di A., Sundby oppone le parole di Brunetto, che nel Prologo della seconda
parte (il Tesoro volgare) dichiara di tradurre il libro d'Aristotile de latin
en romans. Per venire in aiuto di quanto abbiamo asserito non è necessario
ricorrere alla sottile nota del Paitoni, ilquale sosteneva che il volgare
italiano si chiamava anche « latino »; giacchè essendosi Brunetto servito non
solo del volgare di A., ma anche,come vedremo,della redazione originale
latina,anzi avendo acconciato e rifatto in molti punti il volgare in base al
testo latino, è chiaro come abbia potuto dire d'aver tratto il suo compendio
dal latino,che del resto è anche l'originale dell'Etica diA.. E poniamo le nostre
conclusioni. Il compendio volgare dell'Etica è la traduzione che mæstro A. fece
di una delle redazioni latine del testoaristotelico,laquale ci è rimasta.La
traduzione è in gran parte fedele al contenuto, nella forma è condotta al
quanto liberamente: spesso il traduttore compendia la materia, d'altra parte
allarga sempre la frase o il concetto e diluisce nel volgare il testo latino
per bisogno di ripetizioni o di esempi o di ampliamenti, servendosi, come fa in
principio,di qualche altro rifacimento o aggiungendo delle dichiarazioni
proprie.A. non è un traduttore letterale che si preoccupi della frase e voglia
mantenersi fedele alla parola o al tenore dell'esposizione; egli I codici del
Tesoro traducono « di latino in uolgare », ovvero « di « latino in romanzo » o
« di gramaticha in uolgare ». è solo un interprete occupato del contenuto
che pur vuole p a recchie volte acconciare dal lato espositivo nella maniera
più rispondente, secondo lui, a'bisogni della chiarezza e della s e m plicità.È
l'originale una traduzione latina, di un compendio alessandrino-arabo della
Nicomachea, elementarissimo, semplice e piano, ridotto a una esposizione
riassuntiva molto breve, e talvolta anche efficace, nonostante l'incertezza e
la poca fedeltà di talune espressioni. Molti luoghi fondamentali, anzi diciam
pure tutte le parti più notevoli per gravità e serietà di enunciati, per
difficoltà di contenuto critico, vengono senz'altro omesse interamente, o ri
dotte alla loro ultima e più semplice espressione. Cosi, per dare qualche
esempio, nel 1° libro è saltato il passo importante al principio del cap.3,in
cui Aristotile nega la possibilità diotte. nere una precisione assoluta nei
giudizi e pone la necessità del giudizio per approssimazione; altra omissione
considerevole è quella della prima metà del cap.4,in cui Aristotile passa alla
definizione del supremo de beni, alla critica del concetto di fe licità, e si
accinge a discutere la dottrina platonica del bene assoluto; è tralasciata pure
tutta la confutazione della dottrina platonica delle idee (cap.VI) e l'astrusa
enunciazione fondamen tale dell'Eudaluovía aristotelica considerata come bene
vero ed assoluto che comprende in sè, unificandoli, tutti gli altri beni
necessari all'autarchia della vita; e della seguente trattazione intorno
a'principii (cap. VII) non è alcun cenno nel compendio. Dei brani accolti
tuttavia è vero e proprio ampliamento. Ad ogni modo il testo si prestava
benissimo all'intelligenza comune per l'intendimento più facile e semplice e la
forma più piana che non l'oscurissimo Liber Ethicorum del commento tomistico.
(1)Questo compendio fu conosciuto prima dal Jourdain in un codice della
Sorbona; e più tardi dal Luquet (Hermann l'Allemand, in Revue de l'histoire des
Religions, Paris, in due mss. della Biblioteca Nazionale: il n ° 12954, che
pone la data della versionenel1244,eilno16581 che è forse lo stesso veduto dal Jourdain.
Come compendio poteva anzi dirsi ben riuscito;giacché per ri durre allora in
più brevi proporzioni l'Elica nicomachea, ch'è da per sè una condensazione
poderosa delle norme logiche e de principi esposti nell'Organo, bisognava
appunto sfrondarla di tutti i luoghi più ardui 'a spiegarsi e a comprendersi
senza l'aiuto di richiami e di collegamenti, e semplificarne e chiarirne il
contenuto eliminando la rassegna delle opinioni e la parte critica, sopprimendo
le divisioni minori, togliendo il carico degli argomenti favorevoli o 'contrarî
ad ogni problema e riducendo questo alla sua più semplice ed elementare espressione.Ilcom
pendio arabo latinizzato era dunque il testo etico aristotelico di moda
piùrecente.Essocièrimasto,sottoilnome diLiber Ethico r u m, i n u n codice
Laurenziano, già Gaddiano (Plut.) membr. in fol., a due colonne,di
cc.scr.219,miscell. Enon tuttodiunamano; contiene:una Cronicadianonimo;
laHistoria troiana di Darete frigio,premessa un'epistola:Cor nelius Nepos
Sallustio Crispo suo salutem; Graphia aureæ urbisRomæseuantiquitatesurbisRomæ
dianonimo;Eu tropii historia romanæ Ciuitatis dilatata a Paullo Diacono: Liber
Alexandri regis; un'epistola di Alessandro ad Aristo tile intorno alle regioni
e alle cose notevoli delle Indie; Liber Sibyllæ, di Beda; un'epistola
dell'abate Ioachim; un'ora zione di Seneca a Nerone; i LibrideremilitaridiVegezio;
11) ilLiberEthicorum,d'Aristotile:vadac.131ac.142;la materia è distribuita in
ventidue capitoli indicati dalla iniziale colorata;manca
ognialtradivisione.Com.:Incipitliberprimus Ethicorum. R.;allafine: Incipiamus
ergoetdicamus.Explicit prima pars nichomachie Ar.que se habet per modum theo
rice et restat secunda pars que se habet per modum pratice. Et est expleta eius
translatio ex arabico in latinum. Anno incarnationis uerbi. La soscrizione,
importantissima per la storia di questa reda zione,è di mano dello stesso
copista,scritta con lo stesso in chiostro e coi medesimi caratteri di tutto il
testo aristotelico. Seguono di mano più recente e in carattere minuto alcune
cita zioni dell'andria e dall'Eunuco di Terenzio.La lezione
dell'Etica verso la fine è molto incerta e in taluni punti a dirittura insa
nabile. Dopo il Liber Elhicorum vengono le orazioni catilinarie e iltrattato de
Senectute,l'orazione di Sallustio contro Cicerone, l'invettiva di Cicerone
contro Sallustio, le orazioni pro Marcello, pro Ligario,proDeiotaro,ilibride
Officiis,iParadoxa,epoi la Catilinaria e il Giugurtino di Sallustio; seguono,
di mano del sec.XIV, alcune bolle di papa Bonifacio VIII. La versione
dell'Etica, compiuta nel 1243, si deve con molta probabilità attribuire ad
Ermanno ilTedesco (Hermannus Alemannus),il quale trovandosi in quel tempo nella
Spagna,a Toledo,aveva due anni prima (nel 1241) ridotto in latino il commento
di Averroè alla Nicomachea,e più tardi nel 1256 compi la versione di altri due
testi arabi di Averroè relativi alla poetica e alla retorica d'Aristotile. La
traduzione di A.,che dovette essere di poco,meno di un ventennio, posteriore,
corse ed ebbe fortuna e divulgazione; ce lo attesta il buon numero di codici,
l'uso che ne fece Brunetto, la dichiarazione di Dante che ne parla come di cosa
comune mente nota,egli che molte espressioni del volgare di A. ricorda nella
sua Commedia. Brunetto Latini più tardi si accinse a svolgere nella parte
morale del suo Tresor la dottrina etica di Aristotile. Egli si servi del
volgare di A.,ma prese anche in mano il testo latino: c e l o dimostrano le
aggiunte e le modificazioni introdotte, che corrispondono in tutto con il Liber
Ethicorum; qualche altra volta ridusse il volgare di A. e quindi con esso anche
il latino della redazione araba. Nessuno vorrà certo ancora dubitare che
l'Etica di A. sia tratta dal compendio francese di Brunetto, rivendicando a
questo la priorità; giacche,pur volendo saltare sul passo di Dante, sulla
particolare designazione de'codici,sulla tradizione isolata dell'Elica
volgare,rimane sempre una barriera dinanzi a cui bisogna fermarsi:la materia
de'due Compendî.La dipendenza diretta dell'Elica dal testo latino ci è fra
l'altro attestata dalle numerose espressioni latine trasportate di peso,quando
corrispon dano nel lessico volgare, nel compendio di A.; mentre Brunetto è
costretto tante volte a tradurre dirersamente,m u tando la dizione, e
dall'Elica e dal Liber Ethicorum. D'altra parte poi nell'Etica molte cose ci
sono che mancano nel com pendio franceseeche pur dipendono dal testo
latino.Un'ultima prova: tutti i codici dell'Elica e del Tesoro si chiudono allo
stesso modo, con le stesse parole, e la chiusa non corrisponde al testo
francese. Brunetto va più in là di A.: egli include nel suo compendio tutta la
fine del rifacimento latino. Se si do. vesse considerar l'Etica come un
volgarizzamento del libro VI del Tresor,anzi che come un compendio
indipendente,non si spiegherebbe più quella ostinata lacuna e quella costante
diver genza alla fine. Solo cinque codici dell'Elica, di trascrizione al quanto
tarda, seguono volgarizzando l'opera di Brunetto: i tre codici Marciani e i
coddice Ambros. C 2 1. i n f., i quali rivelano molto chiaramente l'influenza
del testo francese. In essi il brano finale è volgarizzato in modo del tutto
differente; ciò è na turale: giacchè nessun codice dell'Etica e del Tesoro dava
quella parte del testo francese, i trascrittori, che tennero l'occhio al Tresor,
dovettero pensare, ciascuno per conto proprio, a volgarizzarla.Anzi il Marciano
II, 134 contiene tutto quanto ilcompendio di A.,compreso ilbrano finale rias
suntivo,che non si trova invece negli altri codici dell'Etica o del Tesoro
iquali proseguono col testo francese sino alla fine; e questa nel Marc.II,134
ci appare evidentemente come una sovrapposizione voluta dal trascrittore.
Naturalmente tutti i giudizi e i sospetti di ampliamenti, di aggiunte, di
mutamenti arbitrarî del volgarizzatore, di sbagli continuati degli amanuensi,
agitati dagli editori del Tesoro, ca dono innanzi all'entità e al valore
storico diverso dei due com pendi, volgare e francese. E data la priorità del
volgare, cadono anche meschinamente tutti i tentativi di emendazione apportati
dagli editori alla lezione del VI libro in base al testo francese. Nel
Propugnatore Gaiter, che accude allora Quale dei due traduttori, in
fine,abbia merito maggiore non possiam dire.A. ha ilmerito della
priorità;Brunetto che lavoròappresso a lui è più fineecompleto,e poi anche
ilfran cese si prestava allora molto meglio del volgare italico.A. qualche
volta amplia o riduce la materia, Brunetto si richiama al testo.Siamo nel
periodo de compendi e dell'enciclopedia. U n compendio fatto è fatica
risparmiata al mæstro che deve dire le«chose universali».Brunetto,che aveva
intelligenza fine, trasse il compendio italico alla lingua di Francia e
l'incluse n e l l'opera sua e ne colmo le lacune e ne affino i contorni e lo
ripuli di fronte al testo latino,da cui egli pompeggiandosi dicea di aver
tratto la parte morale del Tresor. E non fa cenno di A.:
egliaccoglie,corregge,assimila;d'altraparteètuttauna let teratura e una
divulgazione anonima quella che dall'ultimo m e dievo va al trecento,e i
diritti di proprietà letteraria non sonoancor sorti. E poi mæstro A. forse non
appariva degno di menzione speciale al mæstro di Dante; echisa, forse, che in
questo non dobbiamo trovare indizio di una lotta accademica, svoltasi di mezzo
al laicato dotto della seconda metà del dugento e nel trecento,negli Studi
pubblici,tra medici inchinevoli alle lettere e letterati avversi a'medici? C'è
però da osservare che nel ritocco della materia volgare,in base al testo
latino, Bru netto non va oltre qualche singola espressione o frase, trascurata
o ridondante. Egli non si attenta mai a rimaneggiare e ad ac conciare la
materia nel contenuto ideale, per il modo con cui le idee furono rese nel
volgare o compendiate o disposte o interpretate riguardo all'originale
latino.Questo dunque testi monia onorevolmente che A. era allora ritenuto
autorevole MARCHESI a preparare,con l'aiuto dei mss.e del testo
francese,la sua edizione del l'operadi Brunetto, inunsaggiodicorrezioni alVI
libro,siscagliasempre, con taluni intendimenti spiritosi,contro l'amanuense che
tanto strazio avea fatto del presunto volgare di Bono; e con l'aiuto del testo
francese si affanna a correggere gli sbagli e a colmare le lacune lasciate dai
trascrittori e da Bono stesso. ed esperto intenditore del trattato
aristotelico anche da un uomo per cultura famoso come ser Brunetto, sebbene al
grande di scepolo di costui non apparisse ugualmente felice dicitore del
volgare. Dunque Brunetto si valse del volgare di A. (1), ch'ei ri. dusse e
acconciò in molti punti in conformità al testo latino, come si vedrà
chiaramente dal confronto che faremo. Più tardi gli amanuensi del Tesoro,al
posto del VI libro,introdussero il volgare già ben noto dell'Elica, essendo ben
chiara e conosciuta la dipendenza del compendio francese dall'altro
volgare.Cosi resta anche spiegato il fatto che parecchi codici del Tesoro si
fermano all'Etica: Il compendio di A. rimaneva, rispetto al VI libro del
Tesoro, originale e fondamentale; in un volgariz zamento italico dell'opera di
Brunetto esso dovea necessariamente e naturalmente tenere il posto del francese
che da esso proveniva. Già anche loChabaille noto come la seconda parte del
Tresor, interamente consacrata alla morale, offre «plus d'ensemble « et plus
d'unitė » (2); ed anche noi durante l'esame critico dei codici abbiamo potuto
osservare come appunto il VI libro non presenti quella lezione così fluttuante,
incerta, caotica degli altri libri;ciò è ben chiaro:icopisti avevano un testo
già da lungo tempo fissato. Con questo se abbiamo voluto rilevare la differenza
che l'Etica offre, nell'incertezza minore della lezione, rispetto a'libri volga
rizzati del Tesoro,non intendiamo affermare che la lezione del compendio di A.
siacostante e sicura.La mancanza diuna lezione rigorosamente affine nella
maggior parte dei codici si deve al fatto ch'essi servivano non ad uso
letterario, nel qual caso la lezione avrebbe dovuto essere molto più
rigorosa,ma ad uso morale;per cui itrascrittori,quando non erano affatto (1)
Così lo studio accurato della questione e la inconfutabile testimonianza del
documento son venuti a confermare in parte la fortunata ipotesi dello Zannoni.
MARCHESI Ho già detto che gli amanuensi introdussero il compendio di A. nel
posto del VI libro del Tresor; ho detto gli amanuensi e non il volgarizzatore,
giacchè non mancarono alcuni (non oso affermare se Bono od altri) i quali
vollero volgarizzare tutta l'opera,compreso il VI libro; ma il nuovo volgare
dell'opera francese,di fronte al comunissimo compendio originale di A., rimase
eclissato e restò soltanto in pochi codici quattrocentini, che ho potuto
rinvenire.I codici sono due,di valore e di con tenuto diverso. Magliabechiano
cartac.del sec.X V, in 4o,di cc.53 scritte ed 8
bianche,anepigrafo.Ilcod.contiene l'Etica tratta evidentemente dal Tresor,
giacchè va oltre il limite del compendio di A., e comprende la chiusa del
libroVI dell'originalefrancese.A c.46'segue,senzaalcuna par ticolare
indicazione, il trattato sulla « doctrina di parlare ad Alessandro; infineac.53':
ExplicitAristotilisEuthica uul garis Amen. La lezione si mantiene per una buona
metà fedele al testo comune dell'Elica; dal cap.47 sino alla fine presenta una
grande ed accentuala differenza e mostra evidentemente la Secondo la edizione
Gaiter. ignoranti,semplificavano dove e come volevano,buttando giù il
periodo anche ridotto, che sembrasse loro di rendere in ogni modo fedelmente
l'idea espressa dall'autore e di significare lo stesso concetto. Nei codici
dell'Etica si trovano molte espressioni qualche volta incerte, fluttuanti dalla
differenza ortografica al periodo ridotto o allargato o smembrato o dissennato,
che ci testimonia da una parte della negligenza o della caparbietà di
trascrittori ignorantelli,in un tempo in cui tutti quanti tenevano un crogiolo
dove manipolare la pasta morale delle dottrine ari. stoteliche o supposte tali,
e dall'altra parte dello stato de' testi donde copiavano,che,data lagrande
diffusionedell'opera,doveano a forza portare le tracce di
cancellazioni,aggiunte,modifica zioni,lasciatevi dai possessori:filone di muffa
questo che ci fa tante volte scivolare il piede lungo il percorso delle
trascrizioni trecentistiche di autori ritenuti catechisti o
morali. L'Etica (ediz.Manni, Li Tresors. Liv. II, Magliabech. 21. 8.
pp.52sgg.).L'uomo part.I, chap.XLI.Li 149. c.33. ch'è buono si diletta in bons
hom se delite en semedesimo abbiendo soimeisme, pensantas allegrezza delle
buone bones choses; autressi operazioni, eseegliè sedeliteilavecsonami, buono molto
allegrasi cuiiltientautressi com conl'amico suo, lo quale mesoimeismes. Maisli
eglitienesiccomeun mauvaishomtozjorsest altrosè; mailreofugge enpaor, ets'esloignedes
dallenobiliebuoneope- bonesoevres;etseilest razioni,os'eglièmolto moltmalvais, ils'esloi
reo si fugge daseme- gnedesoimeisme;car desimo,peròchequando egli sta solo si è
ripreso da ricordamento delle maleopere, ch'egliha fatto, enonamanèse, faites, et
blasmesacon. nèaltrui, perciòchela science, etporcehetil natura del bene è
tutta mortificata inluinel profondo della sua iniquità; nènon si diletta
soiettoz homes; etce avientporcequelara cine de touz biens est
ilnepuetseulsdemorer, sanztristesce, porceque illi remember desmau
vaisesoevresqueila influenza continuata del testo francese, si che c'è da
pensare a una nuova redazione sovrapposta. Riporto un brano che valga a far
notare meglio le differenze e le relazioni dell'Etica di A. col testo francese
e il volgare del cod. Magliabechiano. mortefiéeenlui, eten son mal ne se puet
de. tutto el bene è mortifi. pienamente nel male ch'eglifa,perciòchela liter
plainement, car cata in lui.etnel male natura del male si'l træ toutmaintenant que
il non si può dilettare pie. al contrario dellasuadi- sedelite, enune chose
namente,percioche lettazione,edèdiviso malfaite,lanaturede
quand'eglisidilettadi insemedesimo,eperciò son mal si l'atrait au
èinperpetuafatica ed contraire deceluidelit. quellomalesieltræ angoscia, epieno
d'ama- Etàcequelimauvais al contrario di quella ritudineedisozzuradi
estpartizensoimeisme, dilettatione.percioche perversità. Adunquea
siconvientqueilsoitl'uomoreoèdiversoet L'uomo ch'è buono si diletta in se
medesimo pensando nelle buone cose, et similmente si diletta coll'amico suo, el
quale egli reputa se medesimo. Ma l'uomo ch'è reo sempre sta in paura et fuggie
dall'o pere buone; et s'egli ė molto reo fuggie da se medesimo et non può stare
solo sanza tristizia, impercioch'egli si ricor da delle sue rie opere, ch'egli
à fatte et ripren delo la coscienza sua. Et perciò vuole male a se medesimo et
ad ogni altro huomo.Et questo èperchèlaradicedi uno male, la natura di
quello cotale uomo nes- en continuel travail de in se medesimo è m e
sunopuoteessereamico, penseret plains demolt stierechesiain continua per ciò
che l'amico deve insemedesimo,ecompi. ne se laisse cheoir en a lei. Lo
cominciamento lla possa tornare a bene. doit efforcier chamentodellainiquità
lettazione, laquale l'huo piglia accrescimento gars; mais li fermes mo ba nelle
femmine, per usanza di tempo. liensquitozjorsestavec alqualesiuadinanzi
L'officio del confortare l'amistiéetquipointne unodiletteuolesguarda
MARCHESI sance sensible; et ce confortamento,ma pare cede loconfortamento
poonsnosveoirpar.i. essereetsomigliarsia puoteesseredettaami-
homequiaimeparamors llui;mælcomincia stade per similitudine, une dame,car tout
avant mento dell'amista è di infino atanto ch'ella passe unsdelitablesre
scunouomosidee guar- niuno huomo può essere chose quià amer face. amico aquello
tale,per dare ch'egli non caggia in questo pelago d'ini- sere et en itele male
niuna cosa la quale sia quità,anzi si dee isfor- zare di venire a finedi
mecineparcuiilpuisse seria et tale infelicità bontà, perlaqualeabbia Certes, et
en itele mi- cioch'egli non ha in se aventuren'aurailjà daamare. Ettalemi. ainz
se felicitade. Adunquecia. queiln'ænluinule maliceetdeiniquitéque
ch'eglinonsilascica mentononèamistà, ave- l'on ne puet ræmbre,
dereinquestoistraboc gnachè egli si somigli inordinato! Addunque dilettazione e
allegrezza àbienvenir:donques nonhamairimedioche chascuns se gart que il
chascuns que il viegne et della malicia la quale àlafinde bontépar
èsanzarimedio anzisi dell'amistà si è dilettazione sensibileavutadi-
quoiilsepuissedeliter del'uomo sforzare ac nanzi,si come l'amista mento
d'allegrezza colli tel tresbuchement de suoi amici.Lo conforta. Addunque
ciaschuno huomo si de guardare amertume,etyvresde fatichæt pensieroetsia avere
in se cosa da a- laidesceetdeperversité, pieno di molta amari mare.E questo
cotale etqueilsoitdestortpar tudineetèebbrodisoz hæ in se tanta miseria, misere
neant ordenée. zura di peruersita, et che non è rimedio niuno Donc nus ne puet
estre sia distorto per miseria ch'egli possa venire a amisdetelhome,porce en
soi meisme et avec cioch'elli uengha alla d'unafemina,allaquale sonami. Confors
n'est finedellabontaper la v'hadinanzidilettevoli pasamistié,jàsoitce
qualeeglisipossadi guardamenti,eladiletta- que illesembleàestre:
lettareinsemedesimo, zionesièlegamedell'a- mais li commencemens et hauere
compimento mistà,eseguitalainse- d'amistiéestunsdeliz didilettationecolsuo
parabilemente.Ladispo- rasavorez par conois- amico.L'amistà non è sizione dalla
quale pro Gli huomini rei tardo s'accordano nelle oppi nioni: et
sono sanza parte d'amista, et per se desevre, ce est deliz. si pertiene a
colui ch'à insegravezzadicostumi ed esercizio di vertude, unità d'opinione e
con cordia di mettere amore, perciò che le discordie dell'openione sono da
trarre dalla nobile con. gregazione,acciòch'ella rimanga unita di pace e in
concordia di volon tade. Quelle cose che danno altrui vera digni. tade da
reggere,sisono le uirtudi e le loro opere e l'unità dell'oppinione; e questo si
truova negli uomini buoni, concios sia ch'egli sono fermi e costanti in fra
loro, e nelle cose di fuori, perciocch'egli uogliono bene continuamente.Ma rade
volte addiviene che gli uomini si accordino in una oppinione,eper cagione di
compiere gli loro desideri si soste: gnano molta briga e molta angoscia e molta
fatica, ma non per ca. gionedivertude,ehanno moltesottilitadiinseper ingannare
colui,con cui hanno a fare, e perciò sempre sono in rissa e in tenzone. C. MÆCHESI. Cil habiz dont pre
mierementnaistlicon fors puet estre apelez amistié par semblant jusqu'à tant
que il croist par longuesce de tens. Et li ofices dou confort affiert au
preudome et au ferme que il soit griez en moralité de sa vie et es proesces et
es costumes et toutes ver tuz, et plains de science et de bone opinion et de
concorde, desirrous d'a. mor; por ce devroient estre ostées toutes des cordes
et malvais pen. sers d'entre les nobles compaignies des homes, si que il
puissent vivre en pais et en concorde de propre volonté,cele chose qui plus
aide à maintenir et governer les dignitez des vertus et ses oevres.Et la con
corde des opinions et es bons homes,porcequ'il sont parmenant dedans soi et es
choses dehors; car toutes foiz jugent et vuelent bien. mentoellegamechenon si
parte e sempre con lei et la dilettazione (sic). L'abito dal quale pro ciede confortamento si può dire
amista per si. militudine infino a tanto ch'elli crescie per lungo temporale.
L'ufficio del confortatore s'appartie ne a buono huomo et al fermo, el quale è
graue di costumi et exercitato nelle uirtu,et essere pie toso di scienza et
auere accontamento d'oppinio. ni, et concordia intro ducta d'amore (sic),per.
ciò che le discordie delle oppinioni sono per disfa re le diuisioni dell'opere
le quali sono nella nobile congregazione in con cordia di uolontà.Quella cosa
la quale aiuta reg. giereladignitàelavirtu et l'opere delle uirtu.et
concordiadelleoppinioni si truoua negli huomini buoni et costanti intra se et
nel desiderio delle cose di fuori, percio che perano bene et uogliono
Limauvaishomepo bene. s'acordent à lor opinion; car il n'ont en amistie
nulepart, et poracom plir lor desirriers suef questi cotali sempre ado
frentilmaint espoines chagionedicompierele et mainttra va ilconmie le loro
conchupiscienzie poramistié; etsontes eglisostengonomolte mauvaishommesmain-
faticheetmoltitraua tes mauvaises soutil- gli:. per chagione d'a
lancesporengigniercels mista, et molti scaltri quiàel sont à faire, et
mentietmoltesottilita. porcesontil touzjors Et sonohuominireiper enpaineeten angoisse.
chagione d'ingannare L'altro codice, che ci presenta una redazione affatto
nuova e dipendente in tutto direttamente dal testo francese, è il Maglia
bechiano (vecch. segn.), cartac.delsec.XV, a due colonne,di cc.scr.160; con le
didascalie in rosso e rozzo disegno a colore nella prima iniziale e ne'margini
della prima pagina. Contiene il Tesoro; precede un indice della materia:a c.5*:
Questo libro si chiama il Tesoro il quale è chauato per lo mæstro Burneto
Latino di Firenze di piu libri di filosofia che sono strati per li tempi. Qui
comincia l'eticha di Aristotille; finisce l'Etica a c.76: Qui finisce il libro
dell'eticha d'Aristotille. La soscrizione finale a carta Qui finisce il libro
del Tesoro che fa il mæstro Bruneto Latino di Firenze. dio ne sia lodato. La
lezione offertaci dal ms. Mgl. è infelicissima e costellata di sbagli, di
contorcimenti e travisamenti di parola che pare non si possano attribuire tutti
quanti al copista. (“And that’s why Hardie disliked it!” – Grice). Il
volgarizzatore in molti punti dà a vedere di essere poco felice conoscitore del
volgare come poco esatto intenditore degallico. Molte espressioni gallliche o
sono adattate malamente all'idioma italico o lasciate intatte a dirittura e
trasportate di peso nel volgarizzamento. Ma ciò vede il lettore nel confronto
che Hardie e Grice poneno tra il testo del Liber Elhicorum e l'Etica di
coloro ch'anno a fare con loro per cio sempre sono in brigha ed in
angoscia. A. col compendio di LATINI
(vedasi) e il volgare del Tresor; confronto da cui balza fuori un documento
largo e complesso, vivo e certo della tradizione morale aristotelicadel
“Lizio,” come A. chiama la scuola, nel tempo in cui vive e conosce e compone
ALIGHIERI (vedasi). Dell'Etica di A. Hardie
e Grice danno la lezione critica, quale risulta da’codici più autorevoli
dell'Etica e del Tesoro, diversa quindi da quella offertaci dalle stampe che si
son succedute fin ora. Liber Ethicorum. L'Etica d'Aristotile. Omnis ars et
omnis incessus et Ogni arte e ogni dottrina e ogni omnis sollicitudo vel propositumet
operazione e ognie lezione pareado quelibet actionum et omnis electio mandare alcun
bene. Adunque bene ad bonum aliquod tendere videtur. dissero li filosofi, che
lo bene si è Optime ergo diffinierunt bonum di quello lo quale disiderano tutte
le centes quod ipsum est quod intenditur cose. Secondo diverse arti sono diversi
ex modis omnibus. Sunt autem in- fini; che sono tali fini che sono ope
tentaperartes multas diversa. Que- razionie sono tali finiche non sono da menim
sunt actio ipsa metet que- operazioni, ma seguitansi alle opera dam sunt ipsum actum.
Cum quesint zioni. Conciosiachosache siano molte artes ac ipsarum actiones
multe, arti e molte operazioni, ciascuna hæ erunt intenta per ipsas multa. Ac
losuofine.Verbigrazia. La medicina tamen actum in ipsis existit melius si hæ un
suo fine, cio è fare sanitade, actione. Est igitur intentum per me- el'arte della
cavalleria la qualein dicinam sanitas et per artem regiti- segna combattere, si
ha un suo fine uamuelred actiuam exercituum uic- per lo quale ella è trovata, cio
è vittoria et pernauium structiuam naui- toria, e la scienza di fare le navi, si
gatio et perdomus rectiuam diuitie; hæ un altro fine cio è navicare; e la
etista sunt acta honorabilia. Que- scienza che insegna reggere la casa dam autem
artium habentse habi- suæ la famiglia sua ha e un altro tudine generum et quedam
habitu- fine, cio è ricchezza. Sono al quante dine specierum et quedam habitudine
arti le quali sono generali e sono individuorum. Ideoque quedam ipsa. Al quante
le quali sono speciali e con rum sunt sub aliis, ut sub militari factura
frenorum et cetere artium instrumentorum militarium, et sub tengon si sotto quelle.
Verbigrazia. La scienza della cavalleria si è generale, sotto la quale si
contengono altre arte exercitu alicetere omnes bellice scienze particolari, siccome
è la scienza siue litigatorie. Et simpliciter hono- di fare lifrenieleselleele spadee
rabilissima omnium atrium est con- tuttel'altre, le quali insegnano fare stitutiuæt
instructiva ceterarum. cose, le quali sono mistieri abatta Et quemadmodum
quibusque rebus glia; equeste arti universali sono più a natura productis est perfectio
quam degneepiùonorevilidiquelle, im. Perse naturaintendit, etintellegibi. Perciocchè
le particolari sonfatteper libusest perfectio quamintendit per l'universali.
Esiccome nelle cose In tutto il principio del compendio di A., e quindi anche
del testo francese, si sente l'influenza diretta dell'altra redazione del Liber
Ethicorum, che servì di base al commento d’Aquino. Ecco il latino di
quest'altra redazione: « Omnis ars et omnis doctrina, similiter « autem et
actus et electio, bonum quoddam appetere uidentur. Ideo bene enunciauerunt
bonum, beržalglio per suo
adirizamento,tutto Tutte arti e tutte opere e tutte in. Tous ars et toutes doctrines et
tramesse sono per chiedere alcuno touteseuvresettouztriemenz sont bene. Dunquedissebeneilfilosafo
porquerre aucun bien, donquesdis- chequeglichetuttelecosedeside trentbienli
philosophequeceque rano è ilbene. Secondo le diuerse toutes choses desirrentest
le bien. arti sono le fini diverse. Chetalifini Selon cdiversars, lesfinssont
di. sonoopere, talisonoch'esconodel verses; cartelesfinssonteneuvres,
l'opere.Eperciochemoltesonol'arti et teles sont celes quel'onensuitpar
el'opereciascuna à suo fine.Che medicina æ una fine cioè a fare
lesarsetlesoevres, chascune a sa santade. Ela fine dela batalgli asi fin; carmedicinea une
fin,ceest ènetoria, el'artedifarenauià àfairesanté; etbatailleasafin,
unaltrofine,cioènauichare. Ela les oevres; et porce que maintes sont
porquoielefutrovée, ceest victoire; scienza cheinsengnaagouernarea et les ars
de faire neis ont une autre l'uomo sua magione e sua familglia fin,
ceestnagier; etlasciencequi àun'altrafinecio è ricchezza. Et sono
enseigneàhomeà governersa maison alcune arti che sono gienerali e al et
samaisnieauneautrefin,ceest cunechesonospezialli, cioèpersua richesce.
Etsontaucunesarsquisont diuisione, eperòsonol'unasottol'al generaus,
etaucunesquisontespe- trasi come la scienza di chaualleria ciaus, c'est
particuleres, etaucunes ch'ègienerale,edisottoaquella sontsarzdevision;
etporcesont sono più altre scienze partichullari, lesunessouzlesautres; sicomme
cioè la scienza di fare frenieselle est la science de chevalerie, quiest
espadeetuttel'altre cosecheinse generaus,etdesozlisontautres
gnanoafarecosecheabattalglia sciencesparticuleres, ceestlascience bisongnano.
de faire frains et seles et espées, et E l'arti universalli sono più dengne
toutesautresarsquienseignentà epiùonoreuolichel'altre, percio
fairechosesquiàbataillebesoignent. Chelle particullarisono trouatteper Et
cistartuniversalesontplusdigne leuniversali. E così tutte le chose queliautre,
porcequelesparticu. che sono fatte per natura è unadi leressont trovees par les
universales. retana cosa per a che la natura in Ettoutaussicommeenchosesqui
tendefinalmente. Altre si tutte le
cose sont faites par nature est une dar- chesonofatteperartièunafinale
reinechoseàquoila natureentent cosaachesonoordinatetuttelecose
finelment,autressieschosesquisont diquellaarte. Esicomecoluiche faites par art
est une finel chose à Li Tresors. Magliabech.quoi sont ordenées trestoutes les
træ di sua arte a uno sengnio à uno «
quod omnia appetunt. Differentia uero quædam uidetur finiam. Hi quidem enim
sunt opera «tiones; hiueropræterhasopera quædam. Quorum autemsuntfinesquidampræteroperationes,
« in his meliora existunt operationibus opera. Multis autem operationibus
entibus et artibus et doctrinis,multi sunt et fines. Medicinalis quidem enim
sanitas,nanifactiue uero nauigatio, •yconomicæ uero diuitiæ.Quæcumque autem
sunt talium sub una quadam uirtute, quemad modum sub equestrifrenifactiuætquæcumque
aliæ equestrium instrumentorumsunt:hæc « autem et omnis bellica operatio sub
militari; secundum eundem itaque modum aliæ sub alteris. In omnibus itaque
architectonicarum fines omnibus sunt desiderabiliores his quæ sunt sub ipsis. «
Horum enim gratia et illa prosequuntur. Quest'esempio, che manca nella nostra
redazione latina, è tratto dal Liber Ethicorum del commentotomistico:
Igituretaduitamcognitioeiusmagnum habetincrementum,etquemad modum sagittatores
signum habentes seintellectus,eodem modorebusef. fattepernaturaèunoultimointen
fectisabarteestperfectioquam per seintenditartificiumhumanum.Hac finalmente, cosìnellecosefatteper
autem perfectioestbonum ad quod arteèunointendimentofinale, al intenditur, et
est optimum eorum que queruntur propter ipsum et di quelle arti; siccome l'uomo
che ipsius causa. Scientia igitur istius est sættahalo
segno per suo dirizza scientia diuina maximi existensiuua. mento,
coşiciascunaartehæ menti in uita et CONVERSAZIONE hu. un suo finale
intendimento, loquale mana. Habentes igitur intentionem dirizzalesue
operazioni.Adunqua acpropositumdignum ualdeestut
l'artecivile,laqualeinsegnareggere inueniamus inquisitione remqueest lacittade,
éprincipaleesovranadi perfectiouoluntatis.Arsigiturdi. tuttealtrearti,
perciocchèsottolei rectiuaciuitatumprincepsestartium,
sicontegnonomoltealtrearti, le quali eoquod sub hac continenturresho.
sonoonorevili,siccomelascienzadi norabilesualideconsistentie;utpote farel'ostee
direggere la famiglia, arsexercitualisetarsfamiliedo-
elarettoricaèanchenobile,percio mus dispensatiua ac rethorica,et ch'ella si
ordina e dispone tuttel'altre eoquodipsautitarartibusactiuisomni-
chesicontegnonosottolei, elosuo bus et componitet ordinatlegesearum
compimentoàilfinedituttel'altre. Atqueiuditia etdistinguitinter Adunquelobenelo
qualesiseguita laudabilesetillaudabiles.Huius itaque artisperfectioacpropositumadpro-
l'uomo, percioch'ellalocostringe priatpropositaomniumartiumreliqua- di fare
bene e costringelo di non rum. Bonum igiturusitatumsecundum fare male. La recta
dottrina si è che suum modum est bonum humanum. L'uomo si proceda in essa, secondo
ipsum namque effectiuum estcetero- chelasuanaturapuotesostenere. rum bonorum
omnium artium et Verbigrazia:l'uomocheinsegnageo
saluatartificesnequidaganthorridum metriasidee procedereperargo dimento lo
quale la natura intende quale sono ordinate tutte l'operazioni di
questascienza, sièlobene del
chosesdecelart.Etaussicomme altresiciascunaarteæunafinale
cilquitraitdesonar causeignala cosache'ndirizaquellaopera.Qui celui bersail por
son adrescement, parla del gouernamento della citta tout autressi a chascune
ars Dunque l'arte che insen finelchosequiadrescesesoevres. Gnia la citta
gouernare è principale Donques l'art qui enseigne la cité
àgovernerestprincipausetdame etsoverainedetoutesars, porceque
desouzlisontcontenuesmaintesho- norablesars,sicomme rectoriqueet
lasciencedefaireostetdegoverner e donna di tutte l'arti,
peròchedisottoaleisonotuttii mæstrionoreuoliecontiensisotto luitutte
molteonorabillearti, sicome retoriccha e la scienza di fare oste
edigouernaresuamasnada.E an samaisnie;etencoreestelenoble, coraè nobile peroch'ellamettein
porcequeelemetenordreetadresce toutesarsquisouzlisont,etlisiens compliemensetsafinssiestfinet
compliementdesautres.Donquesest ele li biens de l'ome, porce que ele
constraintdebienfaireetelecons- traint de non mal faire. Lidroizenseignemenzsiestque
onailleselonccequesa naturele ordineeadirizzaartichesonosotto
lui,eilsuocompimentodisuafine sièfineecompimentodel'altre. Dunque ilbene che diquestascienza
uiene si è bene dell'uomo pero che 'l constringniedinonfarelomale. E il diritto
insegniamento ch'ell'à inleisecondosuanaturalepuote soferire. Cioèadirechecoluiche
puetsofrir; ceestà direquecilqui insengna gouernaredeeandareper
enseignegeometriedoitalerparar- suoi argomenti chesonoapellatidi
gumensquisontapelésdemonstra- mostrazioni.Erittorichadeeandare cions,
etenrectoriquedoitalerpar perargomentieperragioneuedere
argumenzetparraisonvoiresembla- senbiabille, eciò auiene percioche ble. Etceavientporcequechaschuns
ciascunoartieregiudicabeneedicela artiensjugebienetditla veritéde
ueritàdiciòcheapartienealsuome cequiapartientàsonmestier,eten stiere,
ecosiinciòèilsuosenno sottile. ce est ses sens soutis. une e sovrana La scienza di città governare
non La science decitégovernerne sifamichaafanciullonedahuomo
afiertpasàenfantneàhomequi chesegualesueuolontadi,percio vueilleensuirresa volenté,porceque
che amendue sono non sacenti delle anduisontnonsachantdeschosesdou cosse del
seculo, chequestaartenon siecle;carcestearsnequiertpasla chiedela sienza dell'uomo,
mach'egli science del'ome, maisqueilsetorne sitorniabontà.Esapiatechein àbonté.
Etsachiésqueenfesestde. fateèinduemaniere, chel'uomo
ij.manieres;carlihompuetbien puotebeneessereuechioditenpo
estrevielsdeaageetenfes demors; euechioperhonestavita. autillaudabile. Et saluatioquidem
mentifortiliqualisichiamanodimo. Uniuslaudabilis existit,quantomagis strazioni,
elorettoricodeeprocedere gentiumacciuitatum. Rectadoctri. Nella sua scienza per
argomentie natioestinquirereinunoquoquege- ragioniverisimili; equestosièpercio
nerumiuxta mensuramquamsustinet checiascunoarteficegiudichibene
naturailliusgeneris; etutexigitur etdicalaveritadediquellocheap. Quidema mathematico
demonstratio partieneallasuaarte. Lascienzada et a rethore sufficientia
persuasiua. reggere la cittade non conviene a Unusquisque enim artificumrecto
garzonenèauomo cheseguitilesue iuditio iudicat de eo quod est infra h a cose
buone e giuste e oneste; onde Rerumquedamsuntcogniteapud gli conviene avere l'anima
sua natu nos, et quedam sunt cogniteapud ralmentedispostaaquellascienza:
naturam. Oportetergoutamator maquellouomo che non hæneuna
scientieciuilispromtussitadres diquestecose,èinutileaquesta
eximiasetsciatopinionesrectas. Opi- scienza Questo ci prova chiaramente che
Brunetto non ebbe tra mani altro testo latino fuor del compendio
alessandrino-arabo; giacché le altre traduzioni greco-latine della Nicomachea
gli avrebbero dato la giusta indicazione del poeta: Esiodo. Ma forse pertutto il
riferimento, che son volontadi, peroche
non > bitum suæ scientiæ, et in hoc est nelle cose del secolo. E nota che
gar perspicax ipsius scientia. ludicans zonesidiceindue modi, quanto al autem deomni
sapiensestomnipe- tempo e quanto alli costumi, che ritiaimbutus. Arsciuilis non
pertinet può taloral'uomo essere vecchio di pueroneque prosecutori desiderii atque
tempo e garzone di costumi, e tal uictorie, eoquodambo ignarisunt fiata garzone
di tempo e vecchio di rerum seculi, neque proficitipsis. Non costumi. Adunqueacoluisi
conviene enim intenditarsista scientiam sed la scienza di reggere la cittade, lo
conuersionem hominis ad bonitatem; quale non è garzone di costumie neque differt
puer et ateautinmo- che non segui tale sue volontadi, se ribus pueris, non enim
aduenit quidem non quando si conviene e quanto si defectus ex parte temporis sed
propter conviene ed ove si conviene. usum uite in moribus puerilis; pueri ergo dissoluti
et desideriorum prose- cutores non proficiunt penitus ex arte civili. Qui autem
utitur desiderio secundum quod oportet et quando sono cose le quali sono
manifeste alla natura, e sono cose le quali sono manifeste a noi. Onde in
questa scienza si dee cominciare dalle cose, oportet, et quantum oportetet ubi
oportet, hic plurimum proficit ex scientia artis civilis. lo quale dee studiare
in questa scienza, ed apprendere, si dee ausare nelle le quali sono manifeste a
noi. L'uomo savi et puet estre enfes
par aage et viel Dunque la sienzia di città ghouer
parbonevie.Donqueslasciencede nare è a fare huomo che non sia governer citez
n'afiert à home qui fanciulo de cuore molle e che non estenfesensesfaizetquiensuie
sesvolentės,selorsnonquantille covient faire et tant comme il co- vient,et là
où il se covient,et si comme est covenable. seguasuauolontadi,senoquelliche
siconuengonoetanto com'ellesi debono e la dove si conuiene e si come
conueneuole. E sono chose che sono chonueneuoli a natura e cose
chesonoconueneuolliannui;che Iliachosesquisontconnuesà nature et sontchosesquisontcon-
chisivuolestudiareasaperequesta neuesànos;porquoinosdevonsen scienza, eglideeussarecosegiustee
cestesciencecommencieraschoses buoneeoneste,ond'egligliconuiene quisont conneuesànos,carquise
auerel'armi naturallemente aquesta vuetestudieràsavoircestescience, scienza,macoluichenonanèl'uno
ildoituserdeschosesjustes,droites nèl'altroriguardiaciòchedee.Se et bonnesethonestes,oùillicovient
'lprimoèbuonoel'altroèapere avoirl'ame naturaument ordenée à gliato ad essere
buono. Ma chi da cestescience;maiscilquin'ane ssenonsanienteenonaprendedi l'onnel'autreregardeàcequeHo-
ciò chel'uomogl’insenguia,egliè merusdist:Selipremiersestbons,
deltuttomecciante.- Quidicedelle liautres estappareilliezàestrebons; treuie Dacontaresono
mai squidesoinesetneant,etqui.ij.uie. L'unaèuiadichonchupi.
n'aprentdecequehomlienseigne, senziæ diconuotizia.L'altraèuita
ilestdoutoutmescheanz. Les cittadina,cioèdisennoediproeza viesnomées quisontàcontersont
ed'onore.Laterzaécontenpratiua..ij.L'uneestviedeconcupiscenceet E più ujuono
secondo la uita delle decovoitise;l'autresiestvieciteine, bestie, ch'èapellatauitadichonchu
ceestdesensetdeproesceetd'onor; pisenzia,peròch'egliseghonolaloro la tierce est
contemplative: et li uolontade e loro diletto. E chatuna
plusorviventselonclaviedesbestes, diqueste.ij.uiteàsuapropriafine
quiestapeléeviedeconcupiscence, diuerse dal'altre,tuttoaltresìcome
porcequeilensuientlorvolentezet [lasienzadiconbatteredi]medi lordeliz. Etchascunedeces.ij.vies
cina à sua finediuersa dalla scienza asaproprefin,diversedesautres,
delconbattere, chèquellabadaafare toutautressi comme medicineasa
santà,equellaadauereuetoria.Qui findiversedelasciencedecombatre; diuisadelbene Ubene
carelebéeàfairesanté,etcele ėinduemaniere,che'unamaniera autreàvictoire. Libiensesten
è ch'èdisideratapersemedesimo[e ij.manieres;carunemanieredebien
l'altra)eun'altramanieradibeneè niones autem rectæ sunt ut in arte Le vite
nominate e famose sono ciuiliincipiaturarebusapudnos
tre;l'unasièvitadiconcupiscenza, cognitis, etinconsuetudinibuspul-
l'altrasièvitacittadina,cioèvita crisethonestisfactasitassuetudo diprodezza ed’onore;
la terza si è principium enim est et inceptio a vita contemplativa: e sono
molti quaresest. Exmanifesto existente uominichevivonosecondolavita
sufficienterquiaresest,nonindigetur dellebestie,laqualesichiamavita
propterquidresest.Indigetautem diconcupiscentia,perciòchesegui. Homo adpromtitudinem
habitationis tano tutte le loro volontadi; ecia
leritatisrerumbonarumautaptitudine scunadiqueste vitesihasuofine boneinstrumentalitatisexquasciat
propriodiversodaglialtri,sicome uerum,autformaperquamaccipian-
l'artedellamedicinahadiversofine turprincipiarerumabeofacile.Qui dalla scienza dicombattere,chè'l
veroneutramhabueritharumaptitu- fine della medicina si èdi fare sani.
dinumaudiat sermonem Homeripoete tade,e'lfinedellascienzadifare ubidicit: Illequidem
bonusest,hic battagliesièvittoria. Benesièse autem aptus ut bonus fiat. Vite
condo due modi, chè è uno bene lo famosetressunt. Uitaconcupiscen-
qualeuomovuoleperse, eunaltro tieetuoluptatis,uitaprobitatiset benelo quale l'uomo
vuole peraltro. honoris,uitascientieetsapientie; Benepersesìcomelabeatitudine,
pluresuerohominumseruisuntuo- bene peraltruisonodettiglionori luptatis uitam
bestiarum eligentes elevertudi,perciòcheuomovuole
inexecutionedelectationum.Sunt questecoseperaverebeatitudine. autem termini
harum uitarum distan. Natura lcosa è all'uomo ch'eglisia teset bonaipsarumbona diuersificata.
cittadino,etconversicongliuomini Sicutergobonum quodestinarte artefici,econtralanaturadell'uomo
exercitualiestaliudabonoquodest sièd'abitaresoloneldeserto,elà
inartemedicinali, sicabinuicemalia ovenonsianogente,peròchel'uomo sunt bona
trium uitarum. Et bonum naturalmente ama compagnia. quidem medicine est
sanitas, bonum Beatitudo si è cosa compiuta,la exercitualisestuictoria.Estautem
qualenonabbisognaneunacosadi bonumsecundumduosmodos:bonum fuoridase, perlaqualelavitadel
per se et bonum propter aliud; et l'uomosièlaudabileegloriosa.Adun. quesitum qui
demproptersemelius quelabeatitudinesièlo maggior est quesito propter aliud. Nosuero
beneelapiùsovranacosælapiù manca nel compendio di A., BranettosivalseanchedelLiberminorum
moralium:«.aduertat « intentionem poetæ dicentis: Optimus est hominum qui a
semet ipso intelligit quod expedit.Qui « autem ab altero hoc intelligit, est in
uia directionis. Qui uero nec a semet
ipso intelligit nec « ab altero recipit, hic uir est inutilis, est qui est
desirrez por lui meisme, et une autre maniere de bien est qui est desirrez por
autrui. Biens par lui est beatitude,qui est nostre fin,à quoi nos entendons;bien
par autrui sont les honors et les vertuz; car ce desire li hom por avoir
beatitude. Naturale cosa è a l'uomo ch'egli sia cittadino
e ch'egli conuersi in tra le gienti, cioè intra gli uomini e intra gli
artefici. E contra natura sarebe abitare in diserto oue non à persona,però che
l'uomo naturale. mente si diletta in conpangnia. Bea tittudine è cosa conpiuta,
si che non à niuno bisongnio d'altra cosa fuori di lui, per chui la uita degli
uomini ė pregiabile e groliosa:dunque è beatitudine il magiore bene di tutti, e
la più sourana cosa e la trasmil gliore di tutti i beni che sieno. Qui diuisa
di treposanzie Tutte le opere dell'uomo o sono malvagie o [buone.om.]. Colui
che lle fa buone l'opere,egli è degno d'auere il compimento della uertu di L'anima dell'uomoæ.ij.posanze. L'una è
uegiettative,e questa è co mune ad alberi ed a piante, ch'egli anno annima
uigettatiua,altresìco m'àno gli uomini; la seconda è apel latta sensitiua; la
terza è apellata r a zionabile,l'èperquestoche l'uomoè ragioneuole e diuisato
da tutte le cose, per ciò che niuna altra cosa æ anima razionale se no l'uomo;e
questa possanza è alcuna uolta in natura e al cunauoltainpodere.Ma beatittudine
è quand'ella è in opera e non miga quand'ella è in podere solamente; chè s '
egli no 'l f a, egli non è mi c h a buono. Naturel chose est à l'ome que il
soit citeiens,etque ilconverseentre les homes et entre les artiens; car contre
nature seroit de habiter en desers où il n'a nule gent,porce que li hom
naturelmentsedeliteen com paignie. Beatitude est chose complie,si que ele n'a
nul besoing d'autre chose fors de li,par quoie la vie des homes est puissanz et
glorieuse: donques est beatitude li graindres biens de touz et la plus
soveraine chose et la très mieudre de touz biens qui soient. L ' ame del' o m e a j i j. puissances. L'une est vegetative, et ce est
c o m mun asarbresetasplantes,caril ont ame vegetative aussi come li home
ont;lasecondeestapeléesen sitive, et est c o m m u n e à toutes bestes, car
eles ont ames sensitives; la tierce est apelée rationable,et por ceste est li
hom divers de toutes choses,porce que nule autre chose n'a ame ratio.
nableselihom non.Etcestepuis sance rationable est aucune foiz en oevre et
aucune foiz en pooir; mais beatitude est quant ele est en oevre, et non pas
quant ele est en pooir seulement; car se il ne le fait, il n'est mie bons. ch'è
disiderata per altrui. Bene per lui è
beatitudine, ch'è nostra fine a che noi intendiamo.Bene per altrui sono gli
onori e le uertu: chè questo si disidera per auere beatitudine. Toutes les
oevres des homes ou Ogni operazione che
l'uomo fæ o ellaèbuonaoellaèrea;equello uomo lo quale fa buona la sua ope. razione,
si è degno d'avere la perfezione della virtude di quella opera
zione.Verbigrazia: lo buono cetera tore,quando egli cetera bene,si è
degnacosach'egliabbiailcompimento di quella arte,e lo rio tutto il con. trario.
Adunque se la vita dell'uomo è secondo l'operazione della ragione, allora si è
laudabile la sua vita, quand'egli la mena secondo la sua propria vertude; ma
quando molte vertudi si raunano insieme nell'animo dell'uomo, allora si è la
vita dell'uo mo molto ottima e molto onorata,e molto degna,sicchè non puote
essere più;perciò che una virtude non puote beatitudinem ultimam propter se uo
lumus,cum sitfinisnosteretintentum à nobis; honores autem et uirtutes propter
beatitudinem, eo quod per ipsas pertingimus ad illam. Homo naturaliter ciuilis
est et con uiuithominibusetsocietatesexercet comel'uomo; lasecondapotenziasi
cumartificibusdecenter,nequeap chiamaanimasensibilenellaquale
petitsolitudinemnequedesertum participal'uomocontuttelebestie, neque heremum.
perciòchetuttelebestiehannoanima Beatitudo es tres completa, nullius
sensibile;laterzasichiamapotenza indigens, perquamuitahominislau. razionale,
perlaqualel'uomosiè dabilisexistit. Beatitudoigiturexce
diversodatuttel'altrecose,perciò lentissimum est eligibilium et opti. che neuna
altra cosa hæ anima ra mumbonorum,cumsitperfectiore zionale, sicomel'uomo.E
questa rumoperabilium. Sicutigiturestin potenziarazionalesiètalorainatto
qualibetartiumbonumquodillaars etalorasièinpotenzia;ondela
intendit,etsicutestcuilibetmem. beatitudinedell'uomosièquandoella
brorumcorporis actuspropriusin vieneinatto, enonquandoellaèin
quoeialiudnoncomunicat,sicest homini actus proprius in quo aliud ei non
comunicat. Homini autem se cundum animam uegetabilem COMUNICANT terræ
nascentia,et secun dum animam sensibilem comunicant ei animalia; actus uero ei
proprius, inquo nullum aliud ipsi comunicat, est actus secundum rationem et di
scretionem. Ratio uero duplex
est: potenzia: ratio uidelicet actualis et ratio poten tialis;dignior autem ad
intentionem rationis et magis cognita est ratio actualis,ut pote actus hominis
di. scernentis et agentis. Et omnis actio quam agit actor aut est bona aut est
mala. Actor autem bene agens in omni arte meretur intentionem uir tutis, ut
bene citharizans citharedus bonus; citharizans autem male malus. ottima che
l'uomo possa avere. L'a nima
dell'uomo si ha tre potenzie; l'una si chiama potenzia vegetabile, nella quale
comunica l'uomo cogli arbori e colle piante,perciò che tutte le piante hanno
anima vegetabile, si
bonesoumauvaisessont.Etcilqui quell'opera.Chècoluichebeneopera fait
lesbonesoevres,ilestdignes è degnod'auereilcompimentodisuo
d'avoirlecomplimentdelavertude mestiere,equeglichemalfanno,il
celeoevre;carcilquibiencitoleest contrario. Dunqueselauitadell'uomo
dignesd'avoirlecomplimentdeson è secondo l'opera di ragione, alora mestier,
etciquimallefait, lecon- è da pregiare quand'eglila mena
traire;doncselaviedel'omeest secondolapropriauertu. Maquando
seloncl'oevrederaison,lorsestele mantieneuertusonogliuominisaui,
prisablequantillamaineseloncla esauioebisongniabile,enorevolee propre vertu;
mais quant maintes moltodengniosichepiùnonpotrebe
vertuzsontenl'ome,savieestbesoi. essere; percidcheunasolauertunon
gnableethonoréeetmultdigne, si puotefarel'uomodeltuttobeatone
queplusneparroitestre,porceque perfetto.Chèunasolarondineche
uneseulevertunepuetfairel'ome uengnianèunosologiornotemperato
detoutebeatitudeneparfait;carune nondonaciertanainsengniadelprimo
solearondelequivieigneneunsseus tenpo. Eperciòinunopocodiuita
jorsatemprésnedonentcertaineen- d'uomoeinunopocoditenpoch'egli
seignedouprintens;etporceenpo facciabuoneopere, nonpossiamoperò
devied'ome,neenpodetensque direch'eglisiabeato. Qui ilfacebonesoevres, nepoonnosdire
diuisa di tre maniere di bene. Il queilsoitbeates. Libiensest beneèdiuisatointremaniere,che
devisezen.iij.manieres, carliuns l'unoèilbenedell'anima,el'altro
estbiensdel'ame,etliautresest delcorpo. Mailbene dell'anima è il doucors, etlitiersdehorslecors;
piùdengnio chenullodeglialtri, maislibiensdel'ameestplusdignes
peròcheglièilbenedidio,esua quenusdesautres,carceestlibiens
formanonèchonosutaseperl'opere de Dieu, et saformen'espasconneue
separlesoevresvertueusesnon.Et sanzfaillebeatitudeestenquerre
lesvertuzetenelsuser,maisquant beatitudeestenhabitetaupooir del'ome,etnonensesfaiz,ceest
àdirequantilporroitbienfaireet ilnelefaitmie, lorsestvertuous
aussicommecilquisedort, carses oevres ne ses vertuz ne se mostrent pas. Mais l'omquiestbeatescovient
aussicommeparnecessitéqueilface uertudiose non.E sanza fallo beati
tudineèinchiedereleuertuefarle. Maquando beatitudine ènell'abitoe
inpoteredell'uomononèsenone fatti:questoèadire,quandoeglipuote
benefareeno'lfaaloraèegliuer tudiosoaltresìcomecoluichedorme; chè sue opere e sueuertunonsimo
strano. Ma l'uomo ch'èinbeatitudine conuiene altresì come per necissetà
ch'eglifacciailbeneinoperæsi comeilsauiochampioneeforteche
lebiensenoevre.Etsicommeli sichonbatteuuoleportarelacorona Actusigiturhominisunæstuitarum
l'uomo fare beato,nè perfetto,sic famosarum trium prenominatarum, una rondine
quando appare uitascilicetrationisetscientieet sola, eunosolodietemperatonon
sapientie. Etomnis quidemresbona dànnocertadimostranzachesiave.
existitetdecorapropteruirtutemsibi propriam. Vita ergo hominis actus
estanimeintellectiueperuirtutem sibipropriam;sedcumuirtutesani- memultesint, eritperoptimam
et honoratis simam in fine et dignissimaminfineperfectioniset complementi.
Unanempehyrundononpro- nosticaturuerneque diesunicatem- peratiæris,sicnecuitapaucæt
lobenedell'animasièpiùdegno tempus modicumsignumcertumsunt
benedineuno,elaformadiquesto beatitudinis. bene si non si conosce se non nell'o
Bonum tripliciter diuiditur; est perazioni, le quali sono con vertudi. bonum
anime et bonum corporis et nutalaprimavera;ondeperciò nè. inpicciolavitadell'uomo,nè
in pic ciolotempochel'uomofacciabuone operazioni, nonpotemodicereche
l'uomosiabeato. Lo bene sidivide in tre parti, chè
l'unosièbenedell'anima,l'altrosi è bene del corpo, el'altro si è bene di fuore dalcorpo.
Di questi tre beni, come bonum extra corpus.
Bonum ergo delle vertudi e nell'uso loro; ma quoddignissimebonumdiciturest
quandolabeatitudineènell'uomoin bonum anime, neque apparet forma abito, e non
in atto,allora si è vir istiusboni, nisiinactibusquisunt
tuosacomel'uomochedorme,lacui auirtute. Et beatitude quidemest operazione e virtudenonsimani.
inacquisitioneuirtutumetinusu festa; mal'uomobuonodinecessità
earumsimul.Cumquefueritbeatitudo è bisogno che l'aoperisecondol'atto, in homine
tamquam in possessioneet et è somigliante di quello che sta habituet non actu,
tuncesttamquam neltravitoa combattere; chè sola uirtuosus dorniiens cu non
apparet mente quelli che combatte et vince, actionequeuirtus. Beatusautemactu
quellià la coronadellavittoria; e necessarioexercet beatitudinem. Et se alcuno
uomosiapiùfortedicolui, quemadmodumperitiagonisteatque chevince, nonàperciòla
corona, robusticoronanturquidemetacci. perch'eglisiapiùforte,s'eglinon
piuntpalmam apud actumagoniset combatte, avvegnach'egliabbiala uictorie,
sicuirtuosielectiboniac potenziadivincere;ecosìlogui. beati laudantur et premia
uirtutum derdone della virtude non ha l'uomo suscipiunt dum apparent
operationes se non in fino a tanto ch'egliadopera ipsorum
secundumueritatem;etisto. lavirtudeattualmente; equestosiè rumuitæstin se ipsa
delectabilis. perciòcheloloroguiderdoneela Unusquisque enim hominum delecta-
lorobeatitudineèladilettazione,che La beatitudine si è nell'acquistare della uettoria, tutto altresì l'uomo buono e
beato æ il guiderdono e la loda della sua uertu ch'egli fæ et mostra ueracemente
per queste opere, perciò che il guiderdono delle sue opere e della beatittudine
è ildiletto ch'egli n'atantoe com'egli opera la uertu; chè ciascuno si dileta
in cid ch'egli ama; il giusto si dileta in giustizie e l'asagia e gli
piacciono, e 'l uertudioso nelle uertu. Et tutte l'opere che sono per uertu
sono belle e dilettabille in se medesime. Beatitudeestlachoseau monde
Beatitudine èl acosa al mondo che quiesttrèsdelitable,maislabeati
tudequiestenterreabesoingdes biensdedehors;carilestdurechose
quel'onfacebelesoevres,seiln'ia grant part des choses avenables à
bonevieethabondanced'avoiret d'amisetdeporenz,etprosperitéde fortune, et por ce
la sapience abe. soigned'aucunechosequifaceco perciòlasapienzaàbisongniod'al
noistre sa valor et ses honors.Se cuna cosa che faccia conossere suo aucuns
done as homes dou monde, ualore e suo onore.Se alcuno dona disglorious et
soverainsfaiz, l'en ahuomodelmondodonogroliosoe
doitbiencroirequecildonssoitbea. Sourano fattol'uomo debenecredere
titude,porcecequeestlamieudre che quellodonosiabeatitudine, perciò
chosequiestrepuisseaumonde; car ch'eglièlamigliorecosachepossa
eleestmulthonorablechose, etest esserealmondo;ch'ell'èmoltoono.
licompliemensetlaformedevertu; rabilecosa[essere]edèilcompimento
neiln'estpasditdouchevalnes elaformadellauertu;nèeglinonè
desautresbestes,nedesenfans,que michadettodelcaualloedel'altrebe ilsoient
beates,porce qu'il ne font oevres de vertu. Beatitude est chose ferme et
estable, tozjors en une fermeté, si que ele ne stie,nè degli fanciulli che
sieno beati, perciò ch'egli non fanno opere di uertu. Beatitudo è cosa ferma et
stabille. Arrestiamo qui la trascrizione del cod. Magliabech., sembrando ci la
parte trascritta suciente ad attestare la propria dipendenza dal testo
francese. milglioreepiugioiosætradiletta bille: mallabeatitudinedeeessere
interræbenidifuori. Chè gliè dura cosa che l'uomo faccia belle opere e ch'egli abbia parte di
cose aueneuolliahuonauitædabondanza d'auereedabondanzad'amiciedi parenti e
prosperita di fortuna, e F sages
champions et fors qui se combat et vaint emporte la corone de victoire,
toutautressilihom bonsetbeatesa le guerredon et la loange de la vertu que il
fait et mostre veraiement par ses oevres, porce que li guerredons de la
beatitude est li deliz que l'om atentcomme iluevrelavertu,car chascuns se
delite en ce que il aime: lijustessedeliteenjustise,etlisages en
sapience,etlivertueusenvertu; et toute oevre qui est par vertu est bele et
delitable en soi meisme. virtude, si è bella e diletteuile in se Beatitudo
autem omnium rerum est medesima. Beatitudo
si è cosa ot optimaiocundissimaatque delectabi- tima, giocundissimæ
dilettabilissima. lissima. Beatitudo tamen quest hic La beatitudine, la quale è
interra, si bonisexterioribusindiget; difficile
abbisognadeglibenidifuori,perciò est enim homini ut opera decora che non è
possibile all'uomo ch'egli exerceatabsquemateriautpotequod
facciabelleopereech'egliabbia habeatpartemcompetentemrerum
artelaqualesiconvengaabuona boneuitepertinentiumet copiam vita, e abbondanza
d'amicie dipa familie et parentum et prosperita- renti, eprosperitàdiventura,sanza
temfortune.Ethacquidemdecausa libenidifuori; eperquestacagione
indigetarssapientiearteregnandi, nonabbisognaalcunacosachefaccia ut apparere
faciat honorificentiam manifestare il suo onore e lo suo va suiatqueualorem.
Etsialiquarerum lore. Sealcundonoèfattodidome donata est hominibus a deo
excelsa nedio glorioso e eccelso agli uomini etgloriosa, dignumestutbeatitudo
delmondo, degnacosaè da credere siue FELICITAS donumsitdiuinum se- che quellodonosiabeatitudine,im
cundumquodipsæstoptimaomnium perciòch'ellasièlapiùottimacosa rerum humanarum;
est igitur de onorevole molto e compimento e rebus prehonorabilibus,cum sit
com. turineoquodestamatumapud eglihanno,
infinoatantoch'egliado ipsum; delectetur ergo iustus in perano la virtude; chè
il giusto si justitiætuirtuosusinuirtuteet dilettanellaiustiziæ'lsavionella
sapiensinsapientia.Etactionesfientes sapienza, elo virtuoso nella virtude;
peruirtuteminseipsissuntdelecta. eognioperazione,laqualesifaper biles uenuste
ac decore. forma di virtude. E neuna genera plementum uirtutis siue forma et
zione d'animali puote avere beatitu fructusipsius Non diciturautem
dine,senonl'uomo,eneunogarzone deequo neque de alio aliquo anima- nonhæ
beatitudine, perciòcheneuno liumhuiusmodi,nequedepueris,quod
animalenèneunogarzonenonado sintbeati,eoquodnequehuiusmodi perasecondovertude.
animalia neque pueri agant opera Beatitudo si è cosa ferma e stabile
uirtutis.Etbeatitudoestresfirma sempresecondounadisposizione, nella stabilis secundum
dispositionemunam, quale non cade varieta denèpermu inquamnoncaditalteratioet permutazione
alcuna, e non v'ha talora tatio, etnoncomitanturipsameuen: beneetaloramale, matuttaviabene,
tusuarii,etnuncbonitasnuncmalitia. E questo siè perciòchelabonitade
Etenimbonitasetmaliciæstin opere elareitadesi ènella operazione hominis; et columpnabeatitudinis
dell'uomo. La colonna della beatitu
estoperasecundumuirtutem; co- dinesièl'operazione, chel'uomofæ 1 se remue pas,et si n'est mie une foiz bien
et autre mal, mais toutes foiz bien,porce que li muemenz de bonté ou de malice
n'est pas se es oevres des homes non. Li pilers de beatitude est lesoevres que
l'onfait selonc vertu,et la colone dou con traire est les oevres que l'on fait
selonc vice; et la vertus ferme et estable est en l'ame de l'ome.Li hom
vertueus ne se contorbe ne ne s'es maie por nule temporal chose qui li
avieigne; car il n'auroit jà beatitude se il s'esmaioit,car dolor et paor
abatent l'oevre de vertu et la joie de beatitude. Felicités est une chose qui
vient par vertu de l'ame, non pas dou cors. Aucunes choses sont mult griez à
sostenir;mais quant l'on les a bien sostenues,lors apert et se mostre la
hautesce de son corage; et sont au tres choses qui ne sont griez à sos tenir,
ne li hom qui les sueffre ne mostre pas que en lui soit force.Et jà soit ce que
mort et maladies de filz soient griez à sostenir, ne doivent pas remuer l'ome
de sa felicité; car bienetfelicité,ethome felixet Dex glorious et benois sont
tant digne chose et tant honorable que nulz pris ne nule loenge ne lor sofit
pas; et nos devons reverer et magnifier et glorifier Dieu sor toutes choses et
si devons croire que en lui sont tuit bien et toutes felicitez.,porce que il
est commencemenz et achoisons de touz biens. secondo virtude,e la colonna del
con trario suo si è l'operazione, la quale l'uomo fæsecondolovizio;equesta
operazione si erma e stante nel. l'anima dell'uomo,et l'uomo virtuoso non si
muove,e non si turba per cosa contraria temporale che gli possa a v venire,
perciò che già non arebbe beatitudine, s'egli si conturbasse, perciò che la
tristizia e la paura si toglie altrui l'allegrezza della beati. tudine. Sono cose le quali sono molto forti a sostenere; ma
quando l'uomo l'à sostenute pazientemente, si dimostra la grandezza del suo
cuore; e sono altre cose le quali sono lievi a sostenere,e perché l'uomo le so.
stegna non si mostra grande fortezza in lui, siccome morte di figliuoli e loro
malitia.Queste cose,avegnache ellesiano forti,non permutano l'uomo di sua
felicitade.La felicitade e l'uomo bene avventurato e domenedio bene detto e
glorioso sono tanto degna cosa e tanto da onorare che le loro lodi non si
possono dicere,e spezial mente si conviene a noi di reverire e magnificare
messere domenedio sopra tutte cose, e dee l'uomo pen sare di lui, che nel suo
pensare ha l'uomo tutto bene, e tutta felicitade, perciò ch'egli è
cominciamento e ca gione di tutto bene.
lumpna uero contrarii beatitudinis est opera secundum contrarium
uirtutis; et optima operationum secundum uir tutem est stabilissima earum in
ani ma;et uita beatorum continua est semperperactioneshonorabilesbonas; et
uirtuosus perfectus absque ex tollentia speculatur in rebus virtuali bus et
substinet irruentia mala et tollerat ea tollerantia decenti et non turbatur cor
neque formidat ex ma. gnis calamitatibus ex temporis malitia occurrentibus;
nisi enim eas decenter sustinuerit conturbabitur eius felicitas et inducentur
super ipsum meror et tristitiaque impedient secundum uir tutes operationes.
Quedam autem actionum malitie difficiles sunt ad sufferendum: sed quando
acciderint homini et eas sustinuerit,demonstrant eius magnanimitatem. Alie uero
que. dam facilepossuntsufferrietheecum inciderint homini et eas sustinuerit,
non demonstrant eius magnanimita tem; et mortuis ex bonitate actionum filiorum
et ex malitia ipsarum con tigit [modicum aliquid tante, in.
quam,quantitatis].transmittetfelices a sua felicitate ad infelicitatem; neque
infelices a sua infelicitate ad felicitatem. Bonum etfelicitasatque felices
et deus benedictus et excelsus digniora sunt et honoratiora quam ut lau dentur.
Immo conuenit quidem uene rari deum et
ipsum singulariter m a gnificare et eius intuitu felicitatem
etfelicesetbonum,cum sintresdi. uine, et gratia quorum omnia alia aguntur;et
creditur de eo quod est Felicitade si è un atto il quale procede da perfetta
virtude dell'anima et non del corpo.
Principium bonorum etipsorum causa, quod sit res diuina. Felicitas est
quidem actus anime procedens a uirtute perfecta,non cor poris sed anime. Prima
di passare al raffronto della parte finale nelle diverse redazioni, non sarà
inopportuno riprodurre ancora un brano, del principio del secondo libro, che
valga a confermare le diffe renze e le relazioni da noi stabilite tra i due
compendi, volgare e francese, e il testo latino. Liber Ethicorum. Litresor, Virtus
ergo duplex est – Grice: NONSENSE: Virtue, like philosophy, is entire!--.,
Porceapert uidelicetintellectualiset ilque.ij.manieressont
moralis;intellectualis, devertuz: l'uneestde utsapientiætprudentia
l'entendementdel'home, etsimilia.Laudantese- ceestsapience, science nim hominem
ex parte Et uirtutum quidem tuel,nos disons:ce est uirium intellectualium eum appellamus.
intellectualium genera prisierdevertu intellec uns sages hom etsoutis; par
enseignement,et liumestperbonam et porcelicovientexpe honestam conuersatio-
rience et lonc tens. La nem;nequesuntinno- vertudemoraliténaist bispernaturam.Res et
croistparbonuset enimnaturalesnonegre. honeste;car ele n'est diuntur a natura
sua pas en nos par nature; perassuetudinem,utpe- àcequechosenaturele tra,quæsempertendit
ne puetestremuéede et sens; l'autre est de sapientem eum dicimus autscientemaut(secun-
choses semblables. Et dumaliquidhuiusmodi); cepuetchascunsveoir sed ex parte
moralium clerement; car quant largumuelcastumuel un home humilem uel modestum
mais quant nos le volons tioetincrementumfit prisierdemoralité,nos inhomineperdoctrinam
etdisciplinam;ideoque chastesetlarges.X.La in eius acquisitione ex- vertu de
l'entendement perimentoindigetettem- estengendréeetescreue pore longo.
Generatio autem uirtutum mora en l'ome par doctrine et moralité,ce est chastée
et largesce, et autres disons:ceestunshom nos volons L'Etica.– Due sono le virtudi; l'una si è
dettaintellettuale,sicco me lasapienza e scienza e prudenza; l'altra si chiama
morale,sicome castitade e larghezza ed umiltade; onde quando noi volemo lodare
alcuno uomo divertudeintellet. tuale,diciamo: questi è un saviouomo,intende
vile e sottile; e quando noi volemo lodare un altro uomo di virtude morale,
cioè de costumi, si diciamo:questi è un uomo umile e largo.- Concio
siacosachesiano due vertudi,una intel lettuale e l'altra morale, la
intellettuale si si in genera e cresce per dottrina e insegnamento,e la virtude
morale si si in. genera e cresce per b u o na usanza;e questa ver tude morale
non è in noi per natura,percioc cbè natural cosa non si puote mutare della sua
disposizione per contra
riausanza.Verbigrazia: ad centrum naturaliter, lanaturadellapietrasi
etignisadcircumferen èl'andareingiuso,onde tia, numquam assue non la potrebbe
l'uomo receptionem, et perfi questevirtudinonsono tiunturinnobisexbona in noi
per natura,la po. A. amplio e chiarì meccanicamente l'esempio della pietra e
del faoco, valendosi del latino del Liber Ethicorum del commento tomistico:
puta lapis natura deorsum latus non autiqueassuescitsursumferri,
nequesideciesmilliesassuescat quis,eumsursumiaciens»;e sopratutto del Liber
minorum moralium: Lapis enim qui naturaliter deorsam descendit quamvis « quis
probiciat ipsum sursum uicibus innumerabilibus, quarum non comprehenditur
multitudo, «uolens per hoc assue facere ipsum mouerisursum, numquam
habebitpossibilitateminhoc.Et similiter ignis non est possibile at recipiat per
assuetudinem diuersum motionis suæ ». nos par usage; por quoijediqueces vertuz
ne sont pas dou tout en nos sanz nature ne dou tout selonc nature; mais li
commencemenz et la racine de recoivre ces vertuz sont en nos par nature,et le
lor c o m pliment est en nos par usage. Et toutes choses tanto gittare in suso, situm; neque aliarum
ch'ella imprendesse ad rerumullaassuescetop. Andareinalto ;elana-
positumnaturesue. turadelfuocosièd'an. Attamen cognationem dareinsuso,ondeno'l
aliquamhabetconsue. potrebbe l'uomo tanto tudo cum natura et co trarreingiuso,
ch'egli gnationemaliquamcum imparassedivenirein intellectu. Nonsuntita que in
nobis uirtutes niunacosanaturalepuo- morales naturaliter, ne tenaturalmente
farelo quepreternaturam; sed contrario della sua na- nati sumus ad earum giuso;
eduniversalmente tura. Mà avvenga che scunt huiusmodi oppo consuetudine. Item
omne puissanced'aprendrela tenziadiriceverleèin quodinnobisestnatura.
estennousparnature, noipernatura,elocom- literpreextititinnobis
etlicomplemenzesten pimentoèinnoiper potentialiter,deindeap usanza. Ondequestever.
paretactualiter.Ethoc tudinonsonoinnoi al manifestumestinsen
postuttopernatura;ma sibus. Sensus enim in laradicee'lcomincia.
nobisnonfiunteoquod mentodiriceverequeste uideamusuelaudiamus multociens,sed e
con trariofitinnobis.Ha bemus enim eos prius naturaliteretpostmo. vertudi si è
in noi per natura, e'lcompimento elaperfezionediqueste virtudisièinnoiper
usanza. Ognicosala dumexercitamurineis.
sonordreparusage con traire.Raison comment: la nature de la pierre est d'aler
tozjors aval, ne nus ne la porrait tant giteramont que ele seust sus aler; et
la nature doufeuestd'aleramont, ne nus ne leporroit tant avaler que il seust en
aval metre la flamme. Et generalment nul na tural chose ne puet par usage
aprendre à faire lecontraire de sa nature. Et jà soit ce que ceste vertuz ne
soit en nous par nature, certes la
diusinterextremadicta, Et porunemeismechose et d'oïr, et par celui quella potenziao dee
ethocmodoestinom- pooirvoitetoit,etnus vede, enonvedel'uomo nibus
artificibus.Nam nevoitdevantqueilen prima eode, ch'egliab- hedificatores sumus
ex ait le pooir. Donques bialapotenziadelve- usuhedificandietcytha.
savonsnosquelipooir dereedell'udire. Dunque rediexusucytharizandi; est devant
le faire.Mais vedemo già che la po- ex bene quidem facere es choses de moralité
tenziavadinanziall'atto. hocbonisumusinbiis, estli contraires;car E nelle cose
morali è ex male autem mali. l'uevre et li faiz est de. tutto locontrario, chè
vant le pooir. Raison l'operazioneel'attova eadem
fituirtusetcor- comment:aucunshom dinanzi alla potenzia. rumpitur.....autem a
la vertu de justise, Verbigrazia: l'uomosi similiter sanitates. Et cor
mentneleseustlimais. rumpunturexpaucitate tresseiln'eneustovré fatteprimacase,
edal- etmultitudine,uttimi- autrefoiz. Autressi se trimenti non potrebbe ditas
et procacitas. Ti- vent aucun bien citoler peravereeglimoltevolte
averequellaarte, seegli midusenimfugitomnia, Exeisdemergoetper porce que il a
devant hæ la virtude che si actiones laudabiles cor- fait maintes cevres de
chiamagiustiziapera- rumpunturproptersu- jostise; etunsautresa vereegli
fattoinnanzi perfluitatemautdiminu- lavertudechastée, porce
molteoperazionidigiu. tionem, utexercitia su- que il a devant fait stizia, edhæl'uomola
per fluaaut diminutæt maintesoevresdecha virtudechesichiama
nutrimentisusceptiosu-stée.Toutautressiest castita deperavereope-
perfluaautdiminutafor- des choses de mestier rate dinanzi molte ope- m a m
sanitatis corrum- et de art.On scet faire razionidicastitade;e punt, equalitasautem
maisons,porcequeon cosiadivienedellecose ipsorumsanitatemfacit
enamaintesfaitespre artificiali, chè l'uomo et auget et conseruat. Et mierement; car autre
hal'artedifarelecase uirtutes morales porce que il en sont non
l'avessemoltevolte procax autem omnia in- molt usé. Et li hom est adoperata dinanzi;esi. uadit. Fortitudo
autem bons por bien faire,et migliantemente l'arte qualeèinnoiperna-
Virtutesautemacqui- qui sontennosparna tura, sièprimæpoi rimusexfrequentatione
turesontpremierement sivieneinatto,siccome actuumhabitusinducen-
enpooiretpuisen fait, avviene de sensi del- tes. Iusti etenim sumus aussi comme
li sens de l'uomo,chèprimaha exusuactuumiustitie, l'ome;cartoutavanta l'uomo la
potenzia dive. et casti similiter, scilicet li hom pooir de veoir dere e
d'udire, e per ex usu actuum castitatis, del ceterare ha l'uomo
inhisesthabitusme- mauvaispormal faire.
et inest fortitudo ei qui scit fugere a fugiendis et inuadere inuadenda,
ethichabitusacquiritur Per una medesima exconsuetudineuilipen
cosasigeneranoinnoi di (sic) terribilia.Sicca levirtudi,esicorrom
ponosequellacosasifa indiversimodi;eadi viene della virtude si
comedellasanitade,che una medesima cosa in diversi modi fatta fa ella sanitade
e corrompela. Verbigrazia: la fatica s'ella è temperata si in. genera sanitade
nel corpo dell'uomo,e s'ella è più che non si con. viene o meno che non si
conviene,si corrompe lasanitade;esìadiviene della virtude che si cor rompe per
poco e per troppo, e conservase per tenere lo mezzo.Verbi. grazia: paura e ardi
mento corrompono la prodezzadell'uomo;per cio che l'uomo che ha paura si fugge
per tutte le cose, e l'uomo ch'è arditoassalisceognicosa e credelasi menare
fine; e nè l'uno nè l'al. tro non èprodezza;ma la prodezza si è tenere lo mezzo
intra l'ardi mentoelapaura;edee stitatishabitusacqui. ritur ex consuetudine
retrahendiseauolupta tibus,etsimiliterseha betinceterishabitibus laudabilibus.
per avere molte volte ceterato; e l'uomo è buono per far bene,e lo rio per far
male. naissent en nos et se cor rumpent les vertus,se cele chose est menée en
diverses manieres;tout autressi c o m m e la santé; car travailleratempree.
ment engendre santé au corsdel'ome;maistra vailler o plus ou mains que mestiers
n'est,cor ront la santé; mais meenneté la garde et acroist: autressi est de
vertu, car ele corront et gaste par po et par trop,et si se conserve et
maintient par la meenneté.Raison com ment: Paors et harde corrumpent la proesce
del' om e; c a r li hom qui a paor s'enfuit por toutes choses, ne n'ose nule
emprendre; et li hardis emprent à faire toutes choses,et les cuide mener å fin.
Et sachiez que l'une
ne l'autre n'est pas proesce: mais proesce est aler entre hardement et paor. Et
doit li hom foïr les choses qui sont à foïr, et envaïr les choses qui sont à
envaïr. Et cist habiz est aquis par usage de desprisier les terri bles choses,et
habiz de chastée est aquis par u a mens l'altre virtudi,siccome tu hai inteso
della pro dezza; chè tutte le virtù s'acquistanoesisalvano per tenere lo mezzo.
Col raffronto del devez entendre de
toutes vertuz. brano finale mettiamo termine a questo prospetto comparativo,
che porta un contributo,non privo d'in teresse, alla conoscenza della fortuna
aristotelica, ed è d'impor tanza fondamentale per la storia dei compendî
neolatini del l'Elica nicomachea. che
sono da fuggire. E sage de retenir soi contre l'uomo fuggire le cose
cosideiintenderein tutte ses covoitises. Autressi Liber Ethicorum. Educatio puerorum secundum
no- Dee essere lo notricamento delli bilem legem necessaria est ad indu-
garzoni secondo la nobile legge, e cendumeispermodumcastitatiset
ausarliadoperazionidivirtù, ein non per modum continentie. Inde- questo dee
essere per modo di castità, lectabilisenimest apud plures homi. enon per modo
di continenzia, per. Numususuirtutum per modum con- ciocchèl'uso della CONTINENZA
TEMPERANZA non è tinentie.Nequeabstrahendæsteis dilettevolea molti uomini, enonsi
manus statim post pueritiam, sed dee ritrarre la mano di gastigare continuanda
est eis usque ad con il fanciullo via via dopo la fan sistentiam et robur
virilitatis. In ciullezza; anzi dee durare in fino al rectificando quosdam
sufficit redar- tempo, chel'uomo è compiuto. Sono gutioetcastigatio sermocinalis,
in uomini che si possono correggere aliisautem quibusdam uixsufficitas. per
parole e sono altri che non siduatio uerberum tam quam in bestia. si possono
correggere per parole, Neutrouerohorummodorumrecti- anziv'èmistieripena.
Esonoaltri ficabiles tollendi sunt de medio. No- che non si correggono in niuno
di bilisetstrenuusrectorciuitatisciues questiduemodi, equesticotali
nobilesefficit, etbonioperatoresha- sono datorredimezzo. Lonobilee'l
benteslegemetoperalegisexer- buonoreggitore dellacittafanobili
centesaduersantureisqui contraria cittadiniebuoni, li quali servan ola agunt,
etsibonaagant. Inpluribus leggeefannol'oper achecomanda ciuitatibus iam abiit
regimen uite la legge e sono avversari a coloro hominum ideoque dissolute
uiuunt che non osservano gli comandamenti et propriassectantur uoluptates.Et
dellalegge, avegnach'ellifacciano regimen quidem conuenientius est bene. In
molte citta di èitoviailreg. communis prouisio moderata,cuius gimento della
vita dellihuomini,però usum obseruare possible est et non che si vivono
dissolutamente ese summedificile: etquodcupitquili. guitanolelorovolontadi.
Lopiùcon betseruariinseetamicisetfiliiset venevolereggimentoche porresi
familia. Et precipueydoneusadtalis puotenellacittà, sièquellocheè regiminisconstitutionemestillequi
temperatoprovedimento, intalmodo sciuerit quod dictum est in hoc libro. che si
puoteosservareenonètroppo Scietenimcanonesuniuersalesad grave;
equelloloqualedesidera particulariadistrahere. Communis l'uomo che si osservi
insèenelli I codd. ce questicotalisono
rei perchè sonopartiti in tutto dal mezo, et « debbono essery odiati si come
sono li lupi et cacciati d'ongne buono luogo. Lo nobile etc. L'Etica
d'Aristotile. Li Tresors, Magliabech. Et li norrissemens des enfans doit I
nodrimenti da fanciulli debbono estrenoblesentelmanierequeil esserenobili,
sichesiabeneapreso soientaprisàfaireetàuserlesbones afareedausodibuoneopereper
oevresparchastée non mieparcon- chastitænomicapercontinuanza. tinance,
carcontinancen'estmiecon- Che continuanza nonemicha conue
venablechoseasgens;etl'onne neuollecosaagienti; el'uomo non
doitpasostercestusagenecest deemichaleuare questausanzane
chastiementmaintenantqueilont questochastighamentoimmantenente enfance passée,
mais maintenir la ch'egliàla fanciullezasua, maman jusquesàtant quelidroizaagessoit
tenerla insinoa tanto che il diritto acompliz. Iliahomesquipueent estre governé
par chastiement de paroles, et autresiaquinepueent
mieestrechastiéparparoles,mais par menaces de torment; et autre home sontquel'onnepuet
chastier ne parl'unne parl'autre; ettelhome doiventestrechastiésiqueilnede-
mourentavecautresgens. Li chacciatisi ch'egli nodimorino con
noblesgouverneresdelacitéfaitles l'altrigienti. Quidicedelgouerna
citeiensnoblesetlesfaitbienoyrer mentodellacitta Ino.
etgarderlaloietcontresterasautres biligouernamentidellacitta defanno
quinelagardent, jàsoitcequeil icittadininobilieglifabene operare lefacentbien,
Maintescitez sontoù eguardarelalegieecontradirea ligouvernementdelaviedel'ome
quegliche nollaguardano,concio sontdestruit, etviventdissoluement,
siacosach'eglifaccianobene.Molte car chascuns va après sa volenté. città sono
oue il gouernatore della Liplus nobles governemensquisoit ụitadell'uomoè
distrutæuiuono enlaviedel'ome, età moinsde disolutamente, chè chattuno
poineetdetravail,estcilquel'on apressosuauolonta. Ilpiùconuene
consiredemaintenirsoietsamaisnie uolle comandamento egouernamento
etsesamis,etcilpuetconvenable- chesianellauita dell'uomo e apena
mentmaintenirgensquiaurala dipeneeditraualglioè quellache science de ce livre;
porce que il l'uomo considera di mantenere se e saurajoindrelesenseignemensuni.
suamasnadæsuoiamici; equeuli verselsaveclesparticulers; carci- puote
conueneuollementemantenere teiennecommuneest diversedela
gientecheàconsecolascienzadi particulere,aussicommeentozmes- questolibro;
peròch'eglisapragiun agiosiacompiuto. Esonohuomini
chepossonoesseregouernatipergha. stigamentodiparole,ealtrisonoche
nopossonoesseregastigatiperpa role, ma perminacieditormenti; e altrisonochel'uomononpuotees
seregastigati nè per l'unonè per l'altro; etallihuominidebbonoessere uæ A.
riduce molto sensibilmente il testo latino e ne sopprime a dirittura la fine. Forse
A. ritenne compiuto a quel punto trattato aristotelico della morale e credette
opportuno escludere le parole seguenti. Forse a lui medico e mæstro fa ombra
quell'accenno, in fine, all'arte della medicina. Probabilmente A. rappresenta
più da vicino il metodo pratico, e il libellus de servanda sanitate pnò darcene
fede. S'è cosi, A. non puo piacevolmente accogliere l'affermazione
aristotelica. Namque ciuilitas differta
particulari suoi figliuoli e negli amici suoi. E quem ad modum in medicina et ceteris
lo buono ponitore della legge si è potentiis operatiuis; inhacintentione quegliloqualesale
regole universali, nonmodicæstdifferentia. Inomnibus le quali sono determinate
in questo ergo huius necessaria cognitio uni. libro,et salle coniungere alle
cose uersalium simul et particularium. particulari le quali vegnono altrui Experientia
enim sola non est sufficiens in hiis, neque scientiauniuer- saliuminipsissecuræstetcerta
absque experimento. Multi ergo m e dicorum sola freti experientia in se
ipsis,quidem intendunt,bene uidentur operari et in aliis non proficiunt
quicquam,eo quod naturam ignorant. Considerandum est itaque qualiter et per que erit quis
peritus legislator. Erit autem hoc per noticiam rerum ciuilium, que subiectum
sunt huius potentie. Quemadmodum se habet in ceteris artibus consimilibus huic,
posse experientie in inuentione legis non estmodicum.Quidam putauerunt quod hac
ars et rethorica sint unum et idem: in uno etiam putauerunt
intralemani,peròcheabeneordi. esse uiliorem hanc rethorica: et leue quid
reputarunt scientiam condendi le. ges. Non estautem sic;electionam que in arte
qualibet actus nobilis est, et quidem per duo est,siue per scien tiam et
experientiam: et per scientiam quidem est actus illius inventio et per
experientiam est ipsius directio et certificatio. Et universaliter connare le leggi si è mistieri
ragionee sperienza. di uiuere coronpono
ibuoni usi di tiers;
carenchascunechoseconvient gniere lo'nsigniamento uniuersale il conoistreles
particuleresetlesuni. Chol particullare; chèciertauitadi verseleschoses,
porcequeseuleespe. comuneèdiuersadallaparticullare, rience
n'estmiesoffisansence; et savoir les universels choses n'est pas
altresicomeintutti mestieri, chèin ciascuna cosa conuiene conoscere li seure chose
sanz l'esperience; ainsi commenosveonsmaintmirequi par particullari e queste
uniuersali cose, peroche solla SPERANZA non èmica soficiente in cio; e sapere
l'uniuersali cosenon è mica sicuracosasanza seule experience sevent maint bien
faireenlormestieretenseignierne les porroientasautres, porcequeil
n'ontsciencedes universels. Donques l'esperienze; sìcomenoiueggiamo molti
mediciche per sola speranza seracilparfaizmaistresdelaloi
neseguemoltobenefareinsuome. quiseitlesparticulerschosespar stiere,
einsengniareno'lpotrebono experience et qui seit les choses agli altri, però
ch'elgli non áno universels. scienza de l'uniuersali cose. Dunque Home furent
qui cuidierent que sara quegli perfetto mæstro della rectoriqueetla science
demaistrie legie chefæle particullari cose deloifussentunemeismechose,et
persperienzæ che sa le coseuni penserentquecestesciencefustle- uersali. giere;
maislaveritén'estpasainsi, Huomini furono che credottono che porce que li
maistres de la loi doit lla retoriccha e la scienza di m o
estresemblablesàsesciteiens, et strarelegiefossonounacosa, epen
doitsavoircestart, etquilesaura sarono che questa scienza fossele
liseraprofitable, etautrementnon; giere; ma llaueritanonècosi,però
etseilcommencastà faireloisanz cheimastridellalegiedebbonoes cestescience,
ilneporroitdoitrement sere similgli antialoro cittadinie conoistrenejugierlabontéde
sana- ture, deacomplirladefautedesa science, mais porcequenoscuidons
consirertouteshumaineschosespar legiesanzaquestascienzæglinon guise de
philosophie, simetronstout potrebe dirittamentegiudicharenė avant
lesdizdesancienssages; et conosere di bontà di sua naturane
encepenseronsquelesdes ordenées conpieladifaltadisuascienza. Ma manieres de
vivre corrumpentles perochenoi abbiamo d'andarecon bons us des citez,
etliconvenable siderandotutteumanecose perguisa les redrescent,
etquiestl'achoison diphilosophia,simetonotut'auanti demaleviededanzlacitéetdela
i detti deli antichi sauieciòpen bone, et parquoilaloiest semblable
seremonoicheledisordinatemaniere as costumes. Debono saperequestaarte: chilese
guirrasaràprofitabileealtrimenti non.Es'eglicominciasonoafare ditio legum similatur potentiis ciui libus,
nec potest esse conditor legum qui non habuit scientiam istius artis. Qui uero habuit eam proficiet
per experientiam et qui non, non. Et cum inceperintimponere legem absque habitu
scientiali, non recte discernent. Neque bene iudicabit, nisibonitaset
excellentia multa nature suppleat de. fectum scientie. At quantum cumque natura
bene disposita sit, est tamen promtior et expeditior est in uere iudi.
cando,cum secum habuerit certudinem artificialem.Quoniam itaque proponi mus
speculari in rebus humanis modo philosophico, substinemus primitus
dictaantiquoruminhoc; deindeconsi derabimus modos uiuendi,qui extant; qui
ipsorum corruptiui sintconsortii ciuilis in ciuitatibus quibusdam et
rectificatiui in quibusdam, et qui corruptiui in omnibus et qui rectifi. catiui
in omnibus, et que est causa bonæ uite quarundam ciuitatum et que causa
quarundam habentium se e contrario, et quarum leges con suetudinibus
similantur. Incipiamus ergo et dicamus. cittadini,e le conueneuoli la dirizzano, e
chi è chagione di malla uita dentro alla città e della buona, e perché la legie
è sembiante a costumi. Da questo prospetto risulta chiaro quanto abbiamo prima
affermato, ed insieme con la questione dell'etica volgare è risoluta quella non
meno importante del volgarizzamento del Tresor e delle fonti di esso, che
Sundby con molto buona volontà ma con poca fortuna rintraccia nel latino
dell'altro Liber Ethicorum, del commento tomistico e nelle chiose d’AQUINO (si
veda). È naturale che il critico ha qualche volta gridato all'impossibilità di
trovare il passo corrispondente nell'originale, ch’egli rinvenne del resto
molto malconcio e scompigliato nel volgare di LATINI. Nè Sundby è il primo a
esser tratto in inganno circa le fonti del libro del Tresor. Già Mehus parla di
un'etica latina di cui si valse LATINI, compilata per incarico dell'imperatore
Federico I a Napoli, e di una traduzione in latino del Liber magnorum
Ethicorum, fatta sotto gl’auspici di Manfredi da mæstro Bartolomeo di Messina. Mehus
è senza dubbio fuor di strada. Giacchè quest'ultima opera rimane estranea alla
tradizione dell'Etica nostra, nè di quella prima imperiale versione
d'Aristotile pare che non sia lecito dubitare. De'rifacimenti latini dell'Etica
aristotelica dirò compiutamente in un prossimo lavoro; giacchè non è più
possibile star paghi alle vecchie notizie,e d'altra parte le buone ricerche del
Jourdain non sono affatto compiute e i risultati da lui ottenuti non sono più
in buona parte sostenibili. Della Nicomachea si conoscono cinque redazioni
latine nel 1300; delle quali tre derivano direttamente dal greco: l'Ethica
uetus che comprende solo il secondo e il terzo libro,l'Ethica noua che contiene
il primo libro, e il Liber Elhicorum che abbraccia tutti i libri e al posto dei
primi tre inserisce con frequenti ritocchi e modificazioni il testo dell'Ethica
noua e dell'Ethicauetus. Il Liber Ethicorum, che fu commentato d’AQUINO
(vedasi), ebbe larghissima diffusione,come pare anche dal numero e dalla
importanza de'mss. che lo contengono, insieme col commento tomistico servi di
testo fondamentale per l'instituto filosofico etico del tempo. Per il tramite
arabo ci son pervenuti due rifacimenti latini della Nicomachea,d'indole ben
diversa: il Liber Ethicorum, volgarizzato d’A., che SERVE DI FONTE al Tresor, e
il Liber Minorum Moralium o liber Nickomachiæ, tradotto dall'arabo in latino
per opera di Ermanno il Tedesco (Herman nus Alemannus). È questa la parafrasi
dell'Etica fatta da Averroè; il rifacitore non volle solo tradurre l'opera m a
intese altresi chiarirla e spiegarla,accrescendone e sviluppandone idati
dimostrativi che nel testo sono ridotti a'risultati de'processi lo
gici.Aristotile parve un po'contratto;l'arabo ne distese imuscoli Fin ora ho
potuto esaminare ventidue mss.,di cui quattro del sec.XIII
(Laurenzian.89,sup.44;XIII Sin.1;79,13; XIII Sin, diciassettedelse colo (Ambrosian.
F. 141 sup.; A. inf.,di mano di Boccaccio; Laurenz. XII Sin.7; XII Sin.9; Nazion.Napoli,VIII
G. 11;G. 25; G.27: Riccard. III;Marciana (mss.lat.) cl.VI,39, 41,43,44,122;Uni
vers.Padova; Antoniana; Capit. Padova G. 54; e uno del sec.XV:Ambros.R. 50.
sup.). Laurenz. , sup. Trova si pure
impresso in tutte le edizioni di Aristotele con il commentario di Averroès
(Venezia, Andrea d'Asolo; Giunta). Laurenz. X I I I, Sin. 1 2; V I I I,
Dext. 6. (3) Ashburnham.e ne arrotondo icontorni, stemperandone la fibra.
Aristotile, ada giatosi nella mollezza araba un po' adiposa, si presento all'in
telligenza un po'incerta, bambina alquanto e stentata,delle nuove genti latine
che con più agevolezza poterono,cosi in veste più larga,contemplarlo e
comprenderlo; e l'opera aristotelica, accresciuta di quel po' di cemento della
parafrasi araba che riempiva gl'interstizî apparenti della sua costruzione
ideale,poté intendersi e premere sulle coscienze senza l'aiuto di un com
mentario apposito che dissolvendone l'unità finale ne facesse a p parire gli
elementi semplici di formazione. Cod.Ashburnhamiano955[=
1]membr.sec.XIV,conlaprimapagina miniata.Tit.: L'Etica del sommo phylosofo
Aristotile; la soscrizione finale si legge difficilmente; pare: Explicit liber
Ethicorum Aristotelis phylo. sophj in uulgari idioma scriptus: di cc. scr. 48,
le cui ultime presentano molte abrasioni. Cod.Magliabechiano 12.8.57
[52]membr.sec.XIV;titolieiniziali color.,di cc.scr.26. Com. Prolago sopra
l'etichadel sommo phylosofo Aristotile; in fine: Explicit liber ethicorum
Aristotilis. deo gratias. In fondo è ilnome del trascrittore «Sander me
scrissit». Cod.MagliabechianoA.2.3.2[= 3]membr.sec.XIV;titolieiniziali in
rosso,di cc.scr.22. Com.: Prolago sopra l'etica d'Aristotile; in fine: Qui finisce
il libro dell'Etica del sommo filosafoAristotile il quale tratta delle uertudi
che ssi conuegnono auere a cchostumi ed a buona vita delli huomini. In fondo «
Giouanni di Lapo Arnolfi lo fece scriuere. Compiesi di < scriuere m »; più
sotto è indicato iltrascrittore«Sanderme scrissit»:è
lostessodelcod.precedente. MARCHESI. Cod.Magliabechiano 2.4.274[=
4) membr.sec.XIVexc.dicc.scr.44, miscell., contiene il Trattato sulle avversità
della fortuna (c.1-16'). L'Etica com.: Incipit Ethica Aristotilis translata in
uulgari a magistro A. florentino; infine: Explicitethica Aristotilistraslatatape
rmæstro A. deo grazias. A c.1a « Qui cominciano le robriche di tutto il libro
dell'eticha « d'Aristotile traslatata per lo mæstro A. ». Cod.Marciano
(mss.ital.)II,3 [= M]membr.sec.XIV,225 X 164,di cc.46 non
numerate;anepigr.Precede il trattato «de la doctrina di tacere «etdi
parlare»diAlbertano da Brescia;finisceac.11a:Quifiniscee libro de la doctrina
di tacere et di parlare el quale fece messere Alber tano giudice da brescia
nell'anno domini Millesimo CCXL V del mese di dicembre Deogratias Amen.Dopo un
foglio vuoto,ac.13a seguono alcune « Sententie Tulij et Senece et aliqua dicta
Aristotilis », che vanno sino a c.18a. L'Eticii,anepigrafa,vadac.18'ac.46t;iltestoèmolto
guasto e scorretto,senza alcuna divisione in libri; in fine: Finitus est liber
deo gratiasAmen. Cod.Palatino634[=5] membr.sec.XIV;rubricheeinizialicolorate:
di cc. scr.27, più una bianca. Tit.: Incomincia l'eticha d'Aristotile in uol.
gare; in fine: Explicit ethica Aristotilis translata a mgio iohe min. deo
gratias. Cod.Riccardiano 1538 [= 6;vecch.segn.S.III.47]membr.sec.XIV
inc.,miscell.,con belle iniziali colorate e rabescate e numerose vignette
intercalate nel testo,di cc. scr.231. Tit.: Incipit etthica Aristotalis. Segue
all'Etica il trattato delle quattro Virtù, il Segreto de Segreti e da l t r e
scrittur e sacre e profane;il cod.,come sivede dalla soscrizione
finale,appartenne a un Bertus de Blanchis che ne fu forse anche il
trascrittore. Cod.Riccardiano 1651 [= 7;vecch.segn.N. IV.27]membr.sec.XIV,
coniniziali colorateer abescate, dicc.scr.50.Tit.:Prolagosopra l'ethica
d'Aristotile;infine:explicitliberEthicorum Aristotelis. Contiene in oltre:
Egidio Romano, la esposizione della Canzone di Cavalcanti. Cod. Laurenziano Sup.110[=
a]membr.sec.XV, dicc.42.Nella 66 C. MARCHESI Cod. Riccardiano membr. sec.
XIV, miscell.; presenta t r a c c e di quattro mani diverse;la più antica
riempi ifogli dell'Etica (da c.5a a c. 3 0 ). Com.: Qui comincia l'etica
d'Aristotile. Cod. Ambrosiano C.21.inf. membr.del sec.XV, dicc.58,con la prima
pagina fregiata e miniata, con lo stemma del possessore e il ri tratto del
filosofo; le iniziali di ogni libro colorate e fregiate. Com.: La Prefatione di
'l primo libro di l'Ethica de Aristotele ad Nicomacho suo figliuolo; nessuna
soscrizione finale. prima pagina è lo stemma del possessore con la
indicazione « Jacopo di « piero benciuenni ciptadino florentino spetiale a
pie'del Ponte Vecchio 1488 ». Tit.:Prolago sopral'eticadelsommo phylosofo Aristotile;infondoporta
la data della trascrizione: 1451. Cod. Laurenziano [= r] cartac. sec. X V, di
cc. 118. Precede a p. 1 « Insegnamento delle uirtudi e mortificamento de'uitii
secondo Aristotile e detti e autorità notabili di Santi et di molti saui et
filosafi et poeti » cioè, il VII libro del Tesoro. L'Etica cominciaac. Qui comincia
l'etica d'Aristotile; in fine: Explicit l'etica d'Aristotile. Cod. Magliabechiano2.4.106[=
m]cartac.sec.XV,dicc.77,miscell.; contiene volgarizzamenti di opere sacre.L'Etica(c.54-72t)com.:
Qui co mincia un'opera facta per lo grande sapiente Aristotile detta l'Eticha;
in fine: Finita l'eticha d'Aristotile translatata per mæstro A..deo
gracias.Sottoèl'indicazionedell'anno Scrittadigennaio1459».
Cod.Magliabechiano2.2.72[= p]cartac.sec.XV,miscell.:contiene la dottrina del parlare
(estratta dalla P.I,cap.13del Tesoro), il Segreto de Segreti, il volgarizz. da Vegezio
Flavio,un libro delle Aringherie etc. Si trova unito a questo un codicetto
dello stesso formato, di cc. 18, conte nente una piccola storia o diario della
città di Firenze. L’Etica va da c. 5 4 a c. 3 6 ', a n epigr. In fine: Compiuta
è l'Etica d'Aristotile translatata in uolgare da mæstro A.. Cod. Magliabechiano21.9.90(=
r]cartac.sec.XV exc.miscell.Con tiene una parte del trattato del Governo della
famiglia di ALBERTI (vedasi) e dell'Etica solo il libro ottavo e nono; vede
bene che il trascrittore ha volutoestrarrelaparte riguardantel'Amicizia;ambedue
ilibrisondivisi in capitoletti. A c. 6 1 è l a soscrizione del copista Strozzi
», eladata:. Codice Marciano (mss.ital.) I,134(= N) membr.sec.XV,205X 138,
cc.64 non numerate,con le iniziali dei libri miniate e dorate. Com.: Incipit
proemium transductoris huiusoperisuulgaris; iltestocom.ac.21:Libri Ethicorum
siue Moralium Aristotelis qui sunt X in multa capitula diuisi, quia generaliterdemoribussehabet.
Nam inprimo librodeterminat de felicitate morali et eius partibus. Segue un
semplicissimo ristretto volgare degli Economici,indue libri:Incipiunt libri
Ichonomicorum Ari. stotilis duo diuisi in aliqua capitula pertinentis ad
gubernationem familie. Nam in primo libro determinat de partibus Iconomiceetde coniugatione
mulieris et uiri, quæ dicitur nuptialis,de coniugatione parentum ad filios quæ
dicitur paterna,et dominorum ad seruos quæ dicitur dispotica. « La scientia di
regiere la casa ha nome Iconomicha et è differente da la scientia di
reggiere la cipta la quale ha nome polliticha. Non solamente « perchè una cio e
la Iconomica considera el regimento de la casa et la « politica el regimento de
la cipta,ma etiandio perché in reggiere la casa «nondieesseresenonuno.».A
c.61asegueun Extractum Aristotelis de libro Secreta Secretorum de arte
cognoscendi qualitates hominum ad Alexandrum regem. In ultimo è questa
soscrizione: « Ex Venetiis primo finis». Codice Marciano (mss.ital.) (=
V]cartac.sec.XV inc.,272X200, di cc.48 non numerate,con la iniziale miniata e
il titolo rubricato: Hetica d'Aristotile; finisce a c.38 ': Qui finisce il
libro detto Ethyca d'Aristotile. Composto per lo nobile phylosapho Aristotile
greco Atheniense scritto e compiuto. Nellestinche di firençe nel malleuato di
sotto. Seguono due carte bianche, e a c. 41 il libro di sentenze, che si legge
pure nel Marciano II, 3. Cod. Mediceo-Palatino membr.sec.XV,di cc.scr.54, più
quattro vuote:ititolidei libri e dei capitolicolorati;scrittomolto nitida
mente.Per incuriadichirilegòne'due primi quaderni è un'inversione cui pone
riparo la opportuna numerazione delle pagine.C o m.: Incipit Ethyca Ari. Stotilistranslatainuulgariamagistro
A. florentno; infine:Explicit Ethica Aristotilis traslatata per magistro A..Deo
gratias Amen. Cod.Palatino cartac.sec.XV, dicc.44,miscell.;contiene il libro di
ammæstramenti,sentenze,il libro di Catone,il trattato delle quattro virtù, e
altri volgarizzamenti di carattere morale. L'Etica com.: Questa si è l'etica
d'Aristotile; in fine: Explicit etica Aristotilis translata a magistro A..
Cod.Palatino510[= d]cartac.sec.XV inc.,dicc.111,miscell.;con. tiene
volgarizzamenti da BOEZIO (vedasi), CICERONE (vedasi), etc. L'Etica com.: Qui
chominciano i fioretti dell'etica d'Aristotile; in fine: Finiti i fioretti
dell'etica deo gratias. Cod. Palatino
cart a c. sec. X V, dicc. 4 5: iniziali colorate e fregiate. Inc. Qui
chomincia il proemio sopra l'ettichia di Aristotile Pren. cipe di filosafi; in
fine: Finito e libro chiamato l'eticha d'Aristotile a di X X V d'ottobre mille
quatrociento quarantacinque per le mani di filippo Adimari da firenze a uso e
stanza di se e di suoi amici deo gratias. Cod.Riccardiano1084 [= c]cartac.sec.XV,dicc.49;inizialieru
briche colorate. Inc. Comincia il prolago del libro della hetica d'Aristotile;
in fine « deo gratias amen ». Cod.Riccardiano cartac. sec.XV, dicc.248,miscell.;con
tiene scritture sacre.L'Etica va da c.49a a c.702. Com.: Prolagho sopra l'eticha
del somo filosafo Aristotile; in fine: Finiscie l'eticha del sommo filosafo
Aristotile deo grazias. Cod.Riccardiano 2323 sec. XV,di cc.51; rubriche e
iniziali grandi colorate.Precede la Introduzione al dittare di «mæstro Giouanni
« bonandree da Bologna », con questa ottava al principio « Di Bologna natio
«questoautore|nellacittastudiandodou'ènato conallegrezzæmæstral «amore di giouani
scolar questo trattato brieuementecomposeilcui ti «nore conciedeachi l'aurabeni
studiato sopra quelche la epistola a di. manda et sofficientemente in lei si
spanda ». L'Etica è compresa da c.20 ac.51;infine: Explicit Eth. Ar.traslatataamagistro
A.inuulgare. Scribere qui nescit nullum putat esse laborem.
Cod.Riccardiano1610[= h]cartac. sec.XV, dicc.26, miscell.;contiene il trattato
delle quattro virtù.Com.: Incipit liber Ethicorum Aristotilis;
infine:ExplicitliberEthicorum Aristotilis.Ilcopistafu«lulianusAndree a de
Empoli che lo scrisse « per sè e per i suoi consanguinei ». Cod.Riccardiano cartac.sec.XV,dicc.69:inizialierubriche
colorate,con frequenti macchie d'acqua nel margine.Contiene il Segreto de
Segreti(1"-44a)el'Etica (441-68a); com.: Fioretti dell'eticha d'Aristotile
del primo libro; in finc: Qui finiscie el libro dodecimo ed ultimo delle ticha composto
perlonobile filosofo etsommo Aristotile.Amen. Cod. Ambrosiano J. 166 inf.
Cartac., trascriz. rec. Il codice consta di più parti cucite insieme. L'ultimo
quaderno contiene l’Etica, il Segreto,e il volgarizzamento dell'orazione pro
Marcello. La trascrizione è fatta con molta probabilità su di un codice antico,
fedelmente. L'Etica è anepigrafa; in fine: Explicit Eth. Ar.Manca ogni
divisione della materia. Cod.Erbitense [Biblioteca Comunale di
Nicosia].Cartac.,trascriz.rec. Contiene il volgarizzam. toscano del de Amicitia
e il compendio dell'Etica, che manca del primo libro. Cod.Napolitano
Nasion.XII.E: Copia recente d'un ms. quattrocentino posseduto dalla biblioteca
di casa Bentivoglio. Contiene il trattato della fisimomia (sic), ch'è aggiunto
in fine come tredicesimo libro dell'Etica.Inc.: Dell'Eticha del sommo filosofo
AristotilelibriXIII;in fine: Qui son finiti i dodici libri dell'eticha del
sommo Aristotile. Cod.Ambrosiano G. Sup.(=
Amb.)membr.sec.XIV,aduecolonne, con rubriche fregiate e colorate; di cc. scr. 121.
L'Etica va da c.56a « In « cipit libro d'eticha Aristotile » a c.73a « Expicit
libro d'eticha Aristotile. « Incipit libro costumantie. L'ultimo capitolo con cui
si chiude il codice è: Come ilsignoredeestarearendereragione. Finisce (c.121a) «eprenderai
« commiato dal consellio e dal comune de la citta e te ne anderai a gloria dea
honore. Finiscelo libro di mæstro Brunecto Latini da Fiorenza». Cod. Ashburnhamiano
540 (= a)cartac.sec.XIV;anepigr.e mutilo, dicc. 138. L'Etica finisceac.73t: Explicitelica
Aristotilisa Magistro A. in uulgare traslata. Il resto del Tesoro si arresta a
cc.88 (lib.VII, cap.27]; a c.90 è un capitolo in terza rima di Dante: lo
scrissi già d'amor pii uolte in rime,con una notizia sull'occasione ch'ebbe il
poeta di scriver quella poesia;a c.94 è una legienda chome tre monaci andarono
nel paradiso di lutiano. il qual e in terra... Seguono altri scritti,tra cui un
framm. del Fiore di filosofi. Cod.Gaddiano cartac. sec.XIV,acef.e mut.; ilprimo
foglio è aggiunto di mano diJacopo Gaddi, dicc.147, sciupatodall'acqua. Ilcodice
si chiude con l'Etica,ed ha questa soscrizione: Finito el libro fatto e chon
pulato per Latini. Il cod.come si vede da un'indicazione sulla guardia,apparteneva
a'figliuoli di « Giouanni di ser Andrea di Michele « Benci lanaiolo cittadino
fiorentino ». Cod.Laurenziano42.23(= ) membr.sec.XIV,contitoliinrossoe le
iniziali colorate, e il ritratto del mæstro, in principio, dipinto nell'atto
che insegna; di cc. 142. Il testo è diviso in tre parti: dopo la prima è un
indice della materia precedente; un altro indice di tutta la rimanente m a
teria trovasi alla fine del codice. L'Etica va da c. 59! « Cominciamento del «
segondo libro del Tesoro lo quale e appella l'eticha che compuose Ari « slotile
» a c.774 « Explicit hetica Aristotilis a magistro A. in uol. «gare
traslectata». Infinedelcod.: «Explicitlibroloqualefuecomposto per lo mæstro
Brunetto Latino di fiorenza et poi traslectato di fran ciescho in latino (Bondi
pisano mi scrisse dio lo benedisse. Testario sopra nome, dio lo caui di gienoua
di prigione. et a llui et a li autri che ui sono e da dio abiano
benizione.Amen amen). La soscrizione è di mano dello stesso copista.
Cod.Laurenziano 90 Inf.46 (= d)cartac.sec.XIV exc.,aduecolonne; titoli in rosso
e iniziali colorate; di cc. L'Etica va da c. 74+ (Qui co. mincia l'ectica
d'Aristotile et est la segonda parte del Tesoro) a c. 100a (Explicit l'etica
Aristotile in questo tanto che io noe trouata).In fine del codice: Qui fenisce
lo sourano libro-Explicit lo libro del Tresoro. Cod. Magliabechiano 2. 8. 36
(vecch. segn. 25. 258] secc. XIII-XIV: acefalo e mutilo di cc.91. Comincia al
lib.II, P. I,cap.19 efinisceal lib.III,P.II,cap.21. L'Etica finisceac.19a,senza
alcuna soscrizione. Tra il compimento della prima parte e il principio della
seconda (cc.44-75)sono della stessa mano alcune tavole planetarie e
astrologiche, tavole ad lunam et ad Pascham inveniandas etc. Proven.Strozzi.
Cod.Palatino cartac. sec.XIVexc.,dicc.214; miscell.Con tiene,oltre il
Tesoro,ilLibro di amæstramenti di costumi,le cinque chiari della
sapienza,iltrattatodelle quattro Virtù morali,lo libro di Chato. L'Etica va da
c.87+ Qui chominciano le robriche del secondo libro del Tesoro, cioèd'eticha d'Aristotile-
epoi: Quisi chomincialo secondo libro del Tesoro e primamente dell'ecitta
d'Aristotile) a c.115a [Explicit Etica Aristotilis a Magistro Tadeo in vulgari
traslatta ta deo grazias. Finisce il Tesoro a c.175a.Al recto dell'ultima
carta,dimano di poco po. steriore, si legge « Questo libro è di Giuliano di
Giouanni Quaratesi: chi llo « achatta, piaccagli renderlo per l'amore di dio, e
dalle lucerne e da' fan «ciullilorighuardi».Com.iltestodel Tesoro: «Questo è lo
librochessi «chiama Texoro loqualeèchauato dalla bibbiæde'libridifilosofi a che
ssono stati per li tempi ». Cod.Riccardiano 2221 (= 2)membr.sec.XIV,di cc.127;
iniziali co lorateefregiate. L'Eticavadac. 58'«Incipit libbro elichaAristotile»
a c.75'«Expicit libbrod'etichaAristotile».A c.1224: Qui finiscielo libro di
mastro bruneto Latini da fiorensa. Si nota una grande confusione nella
distribuzione della materia dell'Etica,prodotta dallo spostamento di varie
parti. Cod.Laurenziano 42. 19 (= P) membr.sec.XIV, a due
colonne,con molte miniature e iniziali colorate; di cc.93. L`Etica va da c.40a
« Qui « comincia la seconda parte del Tesoro di Burnetto Latino el quale libro
e si chiama la ethica d'Aristotile » a c. 51a « Qui finisce l'Eticha d'Ari a
stotile ». = u. membr. Cod.Casanatense1911(=
)cart.sec.XV,dicc.130;anepigr.mutilo. L'Etica va da c.33* Qui chomincia il
nobile libro che fecie il sauio Ari.
stotilefilosafocioèl'Eticasua)ac.45 (fincieillibrodel'etica). Inun'av.
vertenza apposta al codice stesso è notata la mancanza della parteche ri guarda
la Politica (lib.IX); vi si trova la teologia,divisa in due parti; com.: Voiuoresti
ch'ioviconfortassi l'animeuostremaio dubito fare ilchontrario.;(in questo
trattato si parla di dio,angeli,sacramenti, del l'anima).Nel fl.r.membr.della
guardia è un indice della materia che giunge sino alla natura del delfino (V
libro). Cod.Magliabechiano2.2.82(= n)cartac.sec.XV,dicc.111,mutilo; siarresta
al principio dell'Elica (cap.1): sièinutileinquestascienza. Inc.: Qui comincia
lo libro il quale fece ser Benedecto (sic) Latini di firense e parla della
nascienza di tutte le chose e æ nome il Tesoro. L'Etica ha questo tit.: Qui
comincia il sechondo libro del Tesoro facto per ser Brunetto latini di firenze
il quale parla dell'ethica di Aristotile. Si trovano in questo codice altri
volgarizzamenti da Seneca, Boezio, G e ronimo etc. Cod.Magliabechiano2.2.48(=
v)cartac. sec.XV,dicc.153,mutilo; e x p l. « Q u i d i c i e della Branchacio e
d i c h oncrusione ». I n c.: In comincia il Tesoro di Latini da Firenze
conpilato in francescho. L'Etica va da c.60a [Qui parlla il mæstro della
beatitudine.coe.parlla Aristotile sopra l'eticha] a c.81* [Qui finisce il
secondo libro di questo trattato di ser Brunetto Latini oue brieuemente a
trattato della beatitudine e delle uirttu sopra l’etica d’Arisstotile. Al mar g.
i n f. della prima pagina si legge il nome di un possessore: Concini. I CODICI
MUTILI DEL TESORO. Cod.Leopold.Gaddiano IV (= 0) membr.sec.XIV,a due
colonne,con la iniziale dorata e dentro essa l'effigie dell'autore; di cc.40.
Inc.: Qui in. chomincia el Tesoro di ser burnetto Latino di firenze. E parla
del na. scimento e de la natura di tutte le cose. Si arresta alle parole « allora
«uegnonolichacciatoriefanno»,cioè al penultimo capitolodellaprima parte (de
unicorno).Sul foglio di custodia in fine si legge il nome del possessore «
Liber mei Angeli Zenobii de gaddis de florentia ». Cod.Leopold. Gaddiano 26 (=
T)cartac.sec.XIV,a due colonne,di cc.88. Inc.: Questo libro si chiama il Tesoro
maggiore il quale fece mæstro brunetto Latini di firenze, e tratta della bibia
e di filosofia e delle uecchie istorie ad amæstramento di choloro che
leggierano.Contiene tutta la prima parte e il prologo della seconda (c. 85): «
E poi uerra il prolagho apresso a questo dicha de l'eticha del grande sauio
Aristotole ». Cod.Laurenziano 42. 22 (= E)cartac.sec.XIV,di cc.165;titoli in
rosso e iniziali colorate, con l'effigie dell'autore in principio; mutilo.
Inc.: In nomine Domini Amen. Qui comincia lo libro del Thesoro maggiore, lo
quale libro fece mæstro brunetto Latino di fiorenza. Questo primo libro fauella
del nascimento di tutte le cose di filosophia et di sue parti. Prologue de la
natura di tutte cose. Si arresta alla prima parte: « per « ragunare la secunda
parte di questo thesoro che dia essere da pietre pre «tiosecioecharbonchi
perlle diamanti».La lezione di questocodice in moltissimi punti si allontana da
quella comune delle stampe e dei codici, non solo per diversità di
espressioni,ma anche per copia e qualità di notizie. Cod.Laurenziano 42. 20 (=
B)membr.sec.XIV,a due colonne,col ri. tratto dell'autore in principio; titoli
in rosso e iniziali colorate, di cc. 112. Inc. « Questo libro e chiamato il
tesoro magiore il quale fece ser burnetto. « Latini di firenze il quale tratta
de la bibbia et di filosofia et del cho « minciamento del mondo e de
l'antichita de le uecchie istorie et de le a nature di tutte chose insomma ad
amæstramento e dottrina di molti. «Ed erechato di francescho in uolgare
apertamente».Comprende la prima parte e il prologo della seconda: Qui parla
alquanto d'eticha d'A ristotile.A c.112a è un elenco de're di Francia.
Cod.Laurensinno 42. 21 (= p) cartac.sec.XV,di cc.70. Inc.: Qui comincia il
libro del Tesoro il qual fe ser brunetto da fiorença e parla del nascimento di
tutte le cose.Contiene fino a tutto il libro V. Molte varianti.
Cod.Magliabech.VIII.1375 (= U) membr. sec.XIV. Anepigr.,acef., matilo, dicc.32,aduecolonne,con
le iniziali colorate.Proven.Strozzi.ediz.. Romagn., Bologna)ne «elliuengnano. Etperciononæinloropuntodifermeçça
ketuttecose ve tutte creature si muouono e si mutano in alimento percio dico
ken « questi tre tempi cioe li passati e li presenti e quelli ke sono a uenire
non a sono niente se del pensiero noe a chuelli souiene de le cose passate e in
« guarda la presente ed atente quelle ke deono uenire » etc.... sino a c. 41
(p. 94, ed. cit.) « e la reina non uolse aconsentire al matrimonio anzi la «
uolea donare ». Da questo punto ch'è evidentemente interrotto, per man. canza
di nesso con la pagina seguente,la distribuzione e l'entità della m a teria
sembra in gran parte diversa dalla comune del Tesoro. Riferiamo talune rubriche:
a c. 5a il cod. seguita « dira qui apresso Lamet frate di Comelore
Manfredi prega il ppche li concedess e il ren gno etc. etc. Seguita quindi a
dire di Manfredi e della battaglia di Benevento e di Carlo d'Angiò e di Gianni
da Procida e de'Vespri,lungamente.Vengono appresso altre narrazioni « Come si
lamenta il conte Giordano Cod.Palatino 483 (= Q)cartac.sec.XV,dicc.65.
Inc.:Quichomincia lo libro il quale fecie ser Benedetto Latini di firenze e
parlla della n a scienza di tutte le chose e a'l nome il Tesoro. Comprende la
prima parte e il prologo della seconda. Ne resta esclusa dunque l'Etica e il
resto del Tesoro. Insieme con questo codice si trova legato un altro, di mano
diversa, contenente iframmenti del Buouo d'Antona,in ga rima.
Cod.Riccardiano2196(= w)membr.sec.XV,aduecolonne,dicc.67. Si ferma al punto ove
parla del « modo di trovare l'acqua e delle cisterne » È da notare che ci
troviamo di fronte a una lezione ben diversa dalla più comune. CONCETTO
MARCHESI. «Giosepoe figliuolo diJacobetc.... Come sicominciai agioaltempo
«diSaulediJerusalem– Loquintoagiosicominciaquandoigiudei «eranoinpregione
Danielf.gesseediSaul ·delgloriosoreSalomone «profetta de elias
deloredugidiTebas– dieliseusprofete. de « isaie profette de germie profette
etc. etc. ». A c. 9 abbiamo un cata logo di pontefici: segue la storia della
chiesa di Roma e di Costantino. Poi « Come franceschi perdero lo 'perio di lo
re imperadore di Roma « primo taliano di beringhieri come perdeo la sengnoria e
uenne amao «dotto di Sasogna Reame della mangna Arigho della mangna
«Comeloredifranciafusconfitto Comelo'peradorepreseliparlati «difrancia Come la chiesa
uacantidi buoni pastoritradivalo'peradore tinuamente la natura lauora in tutte
cose seguono figure astrono miche,della luna,del mappamondo. Finisce a c.32. «
Dell'altra citta di uerso nasce lo fiume di rodano e uassene dall'altra parte
uerso borghon « Francia diuide in « gnia e per proenza molto correndo e anzi
che lli sia a mare si «duepartiellamaggioreparteentrainmare
presoadArlil'altrobraccio.». Qui si arresta il codice. Come con KLII, A. FLORENTINUS.
qua fortuna. Sunt quivelint ex humili prorsus loco, et infima populi fæce.Sed
contra aliisvidetur editus exAiderotta gente,non patricia illa et primaria;duplex
enim fuit;sed altera,minus quidem nobili,fedhonefta et liberali. A. certe patrem habuit, et ex
gente A. di ctus est a Scriptoribus. Fuere A. fratres Simon et Bonaguida,
homines obfcuri, quorum vix nomen ad nos pervenit. Ac A. quoque ip sum narrant
non minimam ætatis partem non folum inglorie, sed ignominiose etiam
transegisse. Adeo enim ftupidum a natura fuiffe tradunt,ut totis triginta annis
n e c literas didicerit, nec honetto ulli artificio aprus fit visus. Itaque v i
ctitasse ajunt sordido et illiberali quæftu, occupatum præ foribus sacelli S.
Mi. chælis in Horto vendendis minutis candelis, quas ibi religionis causa
accendi mos erat. Sed exactis triginta ætatis annis, quafi ex veteri somno
experre ctum, et dissipata cerebri caligine, incredibili ardore excitatum ad
literas, quarum discendarum ftudio Bononiam, adhuc rudem, et vix in Grammatica
eruditum convolasse ajunt. Sed hæc, quæ de A. memoriæ tradidit Philip pus
Villanius, quamquam et Florentinus, et non indiligens scriptor, et ad m o d u m
antiquus, aliquis in dubium revocat, quod fabulis fimilia videan. tur; qua de
re integrum erit unicuique judicium. IÌ. C u m igitur Bononiam venisset, ut
optimarum artium ftudiis animum excoleret, in quo omnes consentiunt, FILOSOFIA totum,
ac Medicinæ le de dit. Incidit A. adventus ad fcholas noftras in illud tempus,
cum Medica facultas, quæ antea ufu fere et exercitatione peritorum tota
continebatur, a FILOSOFI tractata, nova luce donari cæperat; fi tamen vetus
illa Arabum Philosophia, quæ tunc scholas invaserat,n o n ubique tenebras et caliginem
offundere poterat. Sed ita persuasum erat hominibus, atque hæc potislima A.
laus fuit, quod primus ex noftris Medicinam cum Philofophia arctissi m o fædere
conjunxisse visus sit. Tentaverant id quidem ante A. alii, (h) et erantin
Academia noitra ante illum Phyficæ, five,ut dicere ama bant, Phyficalis
ientiædoctores,& professores, quifacem A. ipfiprætu. lerant; nec dubito,
quin eorum aliquem in scholis noftris audierit. Sed ille unus plus operæ
contulit inftaurandis Medicina ftudiis ad ejus fæculi guftum, q u a m
fuperiores omnes. Extant adhuc ampla ejus commentaria in libros vete rum
Magiftrorum artis Medicæ, partim typis edita, partim manu exarata in
locupletiorum bibliothecarum pluteis, quæ primum inter docendum in scholis
nusprotulitexlibroHH. Excerpt.Scriptur.
Annotaz. del Dot. Ant. M. Biscioni al Conventus S Crucis Flor. Vid.
Ci.Mazuccbel,in Conv. di Dante. In Firenze XVI. "Haddæus Florentiæ
natus eft paulo post initium sæculi XIII.,(a) incertum THE, Nnn 2 Obiit anno
MCCXCV., ut infra dice- teringum et c. Presentibus Mag. Salveto de tur.Cum
igitur,Philippo genarius decesserit, natum oportet Villavio auctore, octo
annoMCCXV. Com.Bonon. Ferraria et M a g. Santo de Cesena. Ex Mem. ab Pbilip.
Villan, in lib. de laut.Florent. in Append. N. XII. Ex tabulisanni MCCLI., quas
Biscio.Ci. Mazuccbel. loc.cit. Jul.Mag. A. professor artis Medicine
Vid.Jo.Antr.Vunjted defair.viror. fil. qnd.d n.Alderotti de Florentia fecit
Joan. illuftr. et c. nem dn. Anglonis fuum procuratorem ad re Petri Hispani,
cipiendam pacem et remifsionem a Loteren. Ro.Pontifexrenunciatus,di&tusif Jeannes
XXI., go qui dicitur Rigutius et a Bonino fuo fi commentaria babemus in librum
Ifaac Medici, quæ lio et ab omnibus et fingulis aliis de consan- Jubtilitatibus
dialecticis abundant. Ilm in hipo guinitate ipsorum... de omni injuria, et pucratem
w Arijtotelem scripufe dicitur; nec du offenfione que dicebatur eise facta per
Mag. bito, quin bæc fcripta aliquanto ante A. A. vel B.naguidam fuum fratrem
commentaria prolierint. Sed quantum bæc illis vel per aliquem de
contanguinitate ipforum præjliterint, doctorum hominum judiciun postea vel quæ
diceretur eise facts per predictos L o vlendit. A., ab eo tradita,
m o x ab auditoribus excepta, incredibilem ei famam concilia runt. Id autem in
eo potissimum mirabantur homines, quod ita Medicinam tractaret, ut ejus
facultatis canones et præcepta ad severioris FILOSOFIA ratio nes exigeret; quod
nemo ante illum magno fuccefsu perfecerat. III. In hunc modum recepta eft in
scholis noftris vetus illa Medicina FILOSOFICA, fi ita appellare licet, quæ
brevi tempore omnes Europæ Acade. mias pervafit, et innumeros Scriptores tulit.
Hinc agmen interpretum in Hip pocratem, et Galenum, atque Avicennæ in primis,
aliosque veterum Medico rum libros, A. duce; cui non satis ad laudem fuit
interpretem dici,sed plufquum interpres a quibufdam dici amavit, et ut alter
Hippocrates apud Italos habitus eft. Ejus autem gloffæ, præcipuis Medicinæ
libris adjectæ, in scholis communi suffragio receptæ sunt, et pro ordinariis,
ut dicere folebant, longo tempore habitæ eodem loco fuerunt apud Medicinx
Itudiofos, atque Ac curtianæ gloffæ legum libris appofitæ apud Juris Civilis
professores. Magister etiam Medicorum jure di&us eft, ob excellentium
Medicorum copiam, qui ex ejus fchola prodierunt. Tanta denique ejus nominis
fama, et inre Medica celebritas fuit, ut perinde esset in usu popularis
fermonis Thaddæum fequi, ac Medicinam
profiteri. IV. Docere cæpit A.., aut non multo fe rius; eodemque tempore
scribendo vacabat, neque operam fuam curandis V.Cum igitur æque felix in curandis
ægrotis, acdoctusinscholareputa retur, non folum in civitate noftra Medicinam
fecit, sed paflim vocabatur ad curandos magnates, et viros principes per alias
Italiæ civitates. Hinc aliquis de illo magnifice potius, quam verescriptum
reliquit, non confuevisse illum aliis, quam principibus, et nobiliflimisviris
curandis operam præftare. Sed il lud tamen indubium eft, non fivisse aliò fe
abduci ad curandum quemquam, nifi pacta ingenti mercede, quæ non tam efiet pro
loci diftantia, aut difficul tate curationis, quam pro fui dignitate, et facultatibus
eorum, ad quos CU randos vocaretur. Neque far erat de mercede pacisci: nam fibi
quoque cau. tum volebat de itu et reditu, accepta ingentis pecuniæ sponsione
pro fecurita: te itineris·Dignæ sunt, quæ legantur, tabulæ an. scriptæ,cum
Thaddæus Mutinam iturus esset ad curandum Gerardum Rangonum. In iisRan goni
procuratores A. promittunt, fe facturos, ut liberum iter et expedi ium ad eam
civitatem habeat, fufcipientes in se omne periculum, et impen sam: quod si
pactis minime ftetiffent, promiserunt, fe eidem reftituturoster mille libras
bononinorum, quas depofiti loco a Thaddæo ipfo accepisse fate bantur. Similes
tabulas habemus cum Mutinam rurfus ment. in Parad. ALIGHIERI, dou a vellutela.
MEDICINE ! Ita appellati:r a Benvenuto ImolenfiCum evo. apud Ercard. Corp.
Histor. med. ævi col 1 1 lo ibid. Sed qui plusquam Commentator a Pbi. qui
revera opus fuum tum inscripsit, is fuit Turrisanus A. auditor;de quo
alibifermo erit. plufquam Commen M a per amor della verace manna Hic homo, cum
penes Italos, ut al. fundature, Paradisi, t e r Hipocras haberetur. Pbilip.
Villan. de Laud. Tbali læus ad calcem Commentar. ix A Florentiæ,five de Cl.
Florentin. Non per lomondo, percuimo's'afo In picciol tempo gran dortorli feo. Dant.Aligber. de S.Dominico
Ord.Prædicator. tis defiderari patiebatur. Docendi tamen, et scribendi laborem
intermifit an no,utopinor,cum civilebellum, a Lambertacciis, et Jere.
miensibusexcitatum, civitatem noftram miserandum in modum conculit.Sed ipfe
quoque fatetur,se aliquando a scribendo ceffasse ob quæstum, quem curan dis
ægrotis faciebat. Atque hinc apparet, quæ fides habenda fit Philippo Villanio,
cum scribit, A., fpreto lucro, fe totum interpretandis vete. rum Magiftrorum
libris dedille. Fallitur etiam Villanius, cum scribit, Thaddæum ftipendio
publice conftituto Bononiæ docuiffe; nondum enim, eo vivente,Medicin æ
profefforibus ftipendia attributa fuerant. lippo Villanio, aliisque
Scriptoribus dictus et, fanna Diretro all'Ostiense et a Taldea (c!Eo anno
Mag.Thaddæus Medicorum magitter moritur. Ricobald. Compilat.Cbronolog.
pborismos Hippocrat. bulm. Pbilip.
Villan. loc. cit. ægro evocaretur ad curandum Guidonem Guidonum.
Utrasque in Appendice dabi mus.Sed quis credat, in his contractibus bona fide
actum? Ego fraude caruisse non arbitror. Facit, ut ita credam, infignis
Odofredi locus, ad fraudes pertinens Advocatorum sui temporis; qui cum
immodicasmercedes præterjus falque pro suis advocationibus et patrociniis
extorquere vellent a clientibus eos adigebant ad ftipendium, quali deberent ex
causa mutui.Eodem artificio usum arbitror A., quem ne obulum quidem verisimile
eft deposuisse apud Rangoni, et Guidoni procuratores. Sed ego tamen existimo,
A., probum hominem et pium, non ita immitem fuiffe, ut tam ingentes pecu-, nias
exigeret ab iis, quos curandos aggrederetur. Potius crediderim, hanc cau tionem
voluiffe, ne jutta mercede fraudaretur, et damna fibi æquo jure præfta rentur,
quæ quacumque ex causa pertulisset. Vocatus
aliquando ad curandum Romanum Pontificem, negasse dici tur se iturum, nisi
centum aurei nummi in dies fingulos penderentur. Quod cum immodicum videretur
iis, quibus negotium datum erat, ut cum Thaddæo transigerent, neque ea de re
conveniret; concessit tamen Pontifex, grandem quantumvis pecuniam vitæ et incolumitati
fuæ pofthabendam ratus. Mox autem, cum arnice Thaddæum argueret, quod tam magno
operam suam locaret, ille admirationem fimulans; ego vero, inquit, multo magis
obftupesco, cum ceteri fere viri nobiles, et minores Principes quinquaginta et amplius
aureos nummos mihi in dies conferre soleant, tibi, qui maximus es Chriftianorum
Principum,grave visum esse,quod centum petierim.Sed Pontifex,ubi A. ftudio
optime convaluit, decem millia aureorum eidem rependi juffit, non tam ut tantum
virum pro dignitate fua, et ejus meritis remuneraretur, quam ut omnem ab se
averteret avaritiæ suspicionem. Itanarrat Philippus Villanius, qui tamen
Pontificis nomen filet• Sed hunc fuisse Honorium IV. alii Scriptores tradunt,
et in primis Joannes Tortellius in libro de Medicina et Medicis ad Simonem
Romanum. Sunt etiam qui hæc tribuant Petro Apono illuftri Medico, de quo alio
loco dice mus. Sed credibilenon videtur,tum quiapotiormihiet auctoritas Philippi
Villanii, et Joannis Tortellii, quam aliorum multo recentiorum, qui hæc de
Petro Apono scripserunt;tum quia Honorii IV.ætate Petrus Aponus nondum ad
tantam famam pervenire potuerat, ut ad curandum Pontificem accerseretur. Sunt
qui immaniter augent pecuniam, quam Pontifex recuperata valetudine Thaddæo
numerari jusserit; nec desunt qui non minus, quam ducenta millia aureorum
accepisse dicant. Sed nimis multa mihi etiam videntur pro iis t e m poribus vel
ea decem millia, quæ Villanius omnium modeftiffimus narrat. A. certe Medicinam faciens ad
ingentes divitias pervenit;nec facile est reperire plures ejus facultatis
professores, qui majores fint consecuti. Ejus autem commodis, et utilitatibus
consuluit etiam non uno modo Populus Bononiensis. Ei nimirum, et ejus hæredibus
concessa eft immunitas a vectiga libus, et remissio ab omni munere publico.
Additum eft, ut libere a quovis intra fines Agri Bononienfis prædia, et fundos
emere posset, quos vellet; modo ne ab exulibus et profcriptis. Itaque eum
voluerunt gaudere omnibus civium commodis,neque iis oneribus obnoxium effe,quæ
cives reipublicæ causa sustine re debebant. Ejus quoque discipulis eadem.
privilegia, et immunitates populi beneficio concessæ sunt,quibus gaudebant
ScholaresJuris Civilis et Canonici. Id autem, nominatim pro auditoribus Mag. A.
ftatutum, aliorum Medicina profefforum
auditoribus communicatum est. Ita honor additus est Scholæ ad Simonem Romanum
Medicum præftantif Dicit advocatus, fi
promittis mihi fimum. Ex Cot. Vatican. aput Apostol. Zenun milleaureos nominefalarii,
nonteneris.Sed in Dissert. Volpian.faciasmihiunum inftrumentum, inquo con Ex Stat.
Pop. Bon.tineatur, quod tu teneris mihi dare mille ex vel potius in quibus eji
Rubri. causamutui. Odofred.inl. Sifubfpecie.C.de cadeprivilegio Mag.A. ductoris
Fixi Polulando. Pbilip, Villan, loc. cit. ce et diicipulorum ejus. Vid.,dow
Jo.Tortellius de Medicina& MedicisMedi. Medicæ,quæ A. potissimum
opera magis aucta, et nobilitata,parigradu deinceps fuit cum scholis Legum, et Canonum.
X. Nescio quid molettiæ illi etiam intulisse credo Clarellum quendam,ut opinor,
Medicum, five quod ejus doctrinam impugnaret, five quod medendi rationem
carperet. Queritur de illo in Commentariis ad Joannicii Ifago gen, X I. Habere
consuevit in familia sua Thaddæus Medicos aliquot, quibus adjutoribus uteretur
five in scholæ muneribus, five in ægrotantium cura. Eo rum aliqua mentio eft in
ejus teftamento, quod in Appendice damus. Dome ftica quoque negotia, ne quid
esset, quo a suis ftudiis interpellaretur, per pro curatoresaliquando agere
consuevit. procuratorem suum conftituit Octavantem Florentinum, affinitati fibi
conjunctum,eum, qui Jus Pontificium exeunte fæculo XIII. in scholis noftris
docuit;de quo fuo loco diximus. Vit. Append. Pertinet hoc ad annum tisnominedñe Adelefuefilieipfi Mag.
A. dum numero, quo luci altitudő indicatur. dieXV.MajiMag. tia. bus dicitur
Regalettus Bunaguide de Floren.Quamdiu vixit priinum dignitatis locum tenuit
interMedicinæ profef fores; ac multum ei quoque tribuerunt professores aliarum
disciplinarum. Sed gravis offenfionis causa ei aliquando fuit cum Bartholomæo
Varignana,qui ex ejus schola, ut verisinile eit,prodierat, et magiftro adhuc
vivente ma gnopere celebraricceperat. Receperat
ille in Medicina erudiendos quofdam, qui ad A. fcholam ante accesserant. Id ei
magno crimini datum eft a A.; ac fortasse erat contra leges scholafticas,vel
Academiæ noftræ mo rem. Neque vero aliter to'li diffidium potuit,& sarciri
injuria,qua affectum fe credebat A., quam ubi Varignana promisisset omnem pænam
pora'em, et fpiritualem ultro subiturum, q u a m in e u m ftatuissent Vicarius
Ar. chidiaconi Bononienfis, et aliquot doctores ex Collegio Magiftrorum,
arbitri ad tam rem delecti. (c) quæ cum scriberet, nondum, ut arbitror, id
auctoritatis consecutus erat, ut hujusmodi obtrectatoris importunitatem
fortasse A. natura suspiciofus, et ad inanes metus comparatus; quod,ni fallor,
oftendunt etiam tot capta de securitate itinerum, et ftipendiorum fuo rum
caurelæ, et iterata fæpius testamenta, de quibus diximus. Id porro ex ejus
corporis habitu, et temperamento quid fuisse, pro certo habeo. Ipfe enim de se
fatetur, fe somnambulum fuil. fe, (e) et interdum ex alio loco dormientem fine
fenfu cecidiile. (f) ipfe (a) Vide tabulassocietatisinterMag.Gen A. doctor
Fixice fecitsuum procurato tilemde Cingulo, Lou Mag GuilielmumdeDeza
reminomnibusfuiscaufis&negotiisdn. ra fcriptas in Append. deo matrimonio
unite trescentas libras Pifa. Finitus
eft tractatus de febribus do norum in forenis de duodecim.Pretereado mino
Clarello, qui facit nos evigilare, et tran firepermentemno ftramquidquidmalipo.
brasejusdemmonete. ErMen.Con. Bonon. test. Tbad. ir Isag. Joannic. Fortale ad
Otavantem, qui putea canonum pro f e f. eundem pertinent, quæ babetad finem
cap.36. Hoc eft, inquit, quod dicit tallidicus, qui fa. tereaque Adelæ fratrem,
intelligimus extabulis cit omnia mala trautire per mentem noftram.scriptis in Mem.
Com. Bon., Dequartoficprocedo:videtur,quod inquibuslegitur: Dn.Octavantedñi Guidalo
homo poflitdormiendo fentire, nam dorinien do movetur, ficut patet in
furgentibus de no. čte,quorumegofuiunus. Guidalottipater Sed locus fortasse
mendojus in pe Bunoniæ degebat, ex Mem. Com.Bonon.,inqui a se avertere poffet.
Sed erat accidere debebat, in quo insolens ali navit eidem propter nuzias
quinquaginta li. for fuit, Guirlalutti Florentini filium fuiffe,propo cti de
Florentia scolaris Bonon... emit dige. ftum. pretio lib.L. bon. Regalettusautem
tem XII. A. fere sexagenarius uxorem duxit Ade lam Guidalotti Regaletti filiam,Octavantis,
quem ante nominavimus, fo rorem, ex eaque filiam suscepit Minam, quæ adhuc
innupta erat, cum Magiftrorum collegium jure tunc dice O &avantem deFlorentiasuumcognatum.Ex
Mem, Com. Bonon. batur, nonautem Melicorum; quianonsolum Me XV.Jan. Mag. dicinæ,
fed alia,um quoque artium liberalium pro fesjures complectebatur, ut ex ipfis
hujus controver A. artis Fixice professor fil. and. Alde rotti de Florentia
fuit confeffus habuiife a dño fæ actisapparet,quæin Appendiceexbibentur.
Guidalottoqnd.dňi Regalettide Florentiado. Teftamentum fæpius, nec uno in
loco A. fecit. Et quoniam perpetuo domicilium Bononiæ habuit, cum aliò
diverteret ad curandos magnates, itinerum pericula reputans, propterea
teftamentum sæpius fecisse videtur. Sed omnium poftremum Bononiæ condidit, quo
cete ra omnia revocavit facta Bononiæ, Florentiæ, Ferrariæ, Romæ, Mediola ni,
Venetiis, et alibi. Pro anima fua, et ad pias causas x. mille libras bonon.
legavit: quæ immanis summa erat pro ætate illa, et privati hominis facultati
bus. Ex his bis mille
quingentas libras impendi voluit emendis prædiis pro pauperibus verecundis,
quorum administrationem esse voluit penes Fratres de Pocnitentia. Viger ad hanc
diem ut cum maxime pium hoc inftitutum,a pru dentissimis civibus adminiftratum
in civitate noftra, quo consulitur egettati h o neftorum civium, quibus
oitiatim mendicare victum vel natalium, vel ætatis, sexusve conditio fine
pudore non finit. Fratribus Minoribus, penes quos sepeliri voluit, ubicumque
ejus obitus contigisset, multa legavit. Atque illud viri prudentiam maxime
demonftrat, quod præftari voluit in perpetuum ali menta uni ex Fratribus ejus
Ordinis qui Parisiis theologiæ studeret, fupra numerum eorum, qui ibidem facris
ftudiis destinati esse solerent. Jisdem Fra. tribus Minoribus Conventum erigi
voluit, in quo tresdecim Fratres ali possent. Viginti ex fuis scholaribus magis
egentes ex albo panno vestiri in die obitus sui mandavit, itemque familiares
suos omnes masculos, qui secum eo tempore futuri essent. Statuit etiam impensam
funeris fibi apud Fratres Minores cele brandi,& certam insuper summam, pro
die feptimo obitus sui, trigesimo, cen tefimo, et anniversario, erogandam in
Fratrum refectionem, ut iis diebus pro anima fua preces ad Deum funderent; qui
mos ab antiquissimis temporibus ad eam ætatem pervenerat. Exliteris NicolaiIV.
In Codicediplom. Quisibisuppetias ferrent, ubieffetopus,tumin docendo, tum in
medendo. Etiam Bononiæ for Hanc Biscionius in adnotat. ad Convi. talle,
antequan iter aliquod susciperet, teflamen vium ALIGHIERI Adolam vocat., sed in
testamento tum fecerat, quod indicatum vidinius in Memor. Autograpbo en Adela.
mff. Biblioth. publ. Bonon. Com. Bonon. ejus anni. (Quia Fratribus Minoribus
quidquam pof Jam inde Uher- fidere non licebat, voluit ut medietas predicte tus
facerdos Sanctæ Catharinæ de Saragotia contingentis ipfi Opizo perveniat ad
Dominas legaverat X. corbes frumenti pauperibus vere cundis, ut ex ejus
tejlamerto apud Fraires Mi- cujus dicte Domine nores: ex quo apparet ejus pii
inflituti anti pendere pro necessitatibus Fratrum Minorum quitas. infirmorum
fenum et forenfium. Vide teftam. Hos duos Medicos in schola fua, uti T. in
Append. credibile efl, eruditos, in sua familia babebat, et Sorores S. Clare
civitatis Florentie fructus et Sorores teneantur ex 1 mo N ipse extremum
obiit diem. Sed ante illud tempus filium genuerat ex illegiti mo complexu.Hic
patrisnomen geflit, & vulgo Thaddæolus dicebatur,cum que Nicolaus jure
legitimorum nataliumdonavit. De bibliotheca sua in hunc modum ftatuit.Avicenna
opera,quatuor voluminibus contenta, et Galeni item, quæ totidem voluminibus
comprehensa erant,Fratribus Minoribus ea conditione legavit,ne ullo umquam
tempore alie nari, diftrahive possent, aut e Conventu ipfo exportari. Fratribus
B. Marize Servis legavit Metaphysicam Avicenna, Ethicam Aristotelis, et Sextum
de N a turalibus Avicenna in majori volumine. Magiftro Nicolao Faventino
Glossas fuas omnes, quas scripserat in veterum Medicorum libros, et Almanforem
suum, et Magiftro Johanni Affifinati Serapionem suum,& Sextum de N a
turalibus Avicennæ in minori volumine, fi quidem uterque in familia sua esset
tempore obitus sui. Adelæ uxori fuæ,præter aliquam pecuniæ summam, cu biculi
sui supellectilem omnem legavit, & veftes, & gemmas,exceptis dumta. xat
valis aureis, et argenteis, et usumfructum domus Florentiæ in via S. Cru
cis,& fundosinagro Florentino. Hæredesautem inftituit Minamfiliamsuam A.
filium naturalem, et Opizum Bonaguidæ fratris sui filium; quibus, fi abfque
filiis masculis legitimis decessissent, Fratres Minores, et pauperes verecundos
fubftituit. Nupfit hæc A. filia Dorgo Pulcio Florentino sum X V. Obiit A. cum
annos octoginta vixisset. Fuit autem ejus mors repentina, ut narrat Benvenutus
Imolenlis, Dantis inter pres. Tumulatus eft apud Fratres Minores, quos vivus
magnopere dilexerat, et apud quos ægrotus etiam aliquando sub extremum vitæfuæ
tempus jacue rat. Sedejus fepulchrimagnifice extructi, & elegantis,quod
eratprope januam Ecclefiæ, propter recentiora ædificia ibidem excitata, nulla
jam vefti. Manni degli antichi Sigilli. Nicolaus V.mandavit utHofpitale S.AntoniiPatavini,
quod FratresTer dieXX.Marzii A. Ordinis, five de Penitentia,ex bonis bæredita
dæus erat in vivis, ut ex charta societatis in riis Mag. A. Bononiæ
erexerant,indomum ter Mag. Gentilem Cingulanum, g Mag. Gui. pro
Sanétimonialibus Franciscanis, ex Monasterio lielmum Dexarensem, quam in
Append. danus. Ferrarienfi Corporis Cbriflitra. lucendis, convertere. Af eodem
annoaddiem XVII. Juliiinvivisef tur.Sed r jijtentibus Fratribus,res ita
compofita eft de defiderat, ut ex bis tabulis, quas indicavit infequentiannoper
Bifurionem Bononiæ Legatum, CI. Montius:, die XVII. Jul. ut iratres Ecclefiam
S. Antonii, cu aljacentes D. Ugolinus de Montezanico Dn. Novellonus ætes cum
molicocenfuad bufpitalitatemexercen Megloris de Florentia Dn. Amadeus Poete
damretinerent; fedbonareliqua,quæadeosex Dn.Frater Raynucciusqund. Deotaiuti
com bereditate Mag.7budlæi pervenerant, novo Par milfarii et executores
testamenti egregii vi tbenoni pro Sanctimonialibus Corporis Christi con ri&
discreti Mag. A. Aruendo attribuerentur:pero qui fuit de Florentia artis Filice
profetforis featumest, Catharina Vigria, quamnuncinSan. Fuerunt confeffihabuiffeadñoBartholomeo
clarum Virginum album relatam veneramur, cum MEDICINE mo genere nato. A.
autem fivequod cælibem vitam duxerit,five quod filios non genuerit, aut
pofteritatis memoria apud nos diu fuperftites non habuerit, certe nulla ejus
superfuit. Sed opulenta Mag. A. hæreditas non ita humanis cafibus subjecta fuit,
ut nobiles ejus reliquis non exiftant. Sanctillimum enim ad hanc diem civitatis
noitræ Monasterium Corporis Chrifti, et Collegium Puellarum S. Crucis ex bonis
hæreditariis Mag. A. initium legata insuper alia, quæ legi poffunt in tefta
quali acceperunt. Mittimus mento ipso, quod in Appendice exhibemus. Unum
addimus, quod maxi me memorandum videtur,aureosnempe florenos xv.in annos
fingulos legatos Zco Scansalti Pisado, quamdiu futurus effer in Januensium
carceribus, ex qui bus ubi eum liberari contigiffet, cc. libras bonon. eidem
perfolvi a suis hæredia bus mandavit. Nota est ex eorum tima Pilanorum cum
Januensibus rum vires miserandum in modum temporum scriptoribus infelix pugna
mari pugnata,qua Pisano pax convenit. Tunc
bello capri, qui supererant, redditi funt, effæti prope enecti. Diligentissimus Mannius jam, et tam
longi carceris incommodis proftratæ funt. Magna corum cædes fuit, abductus
præfertim ex nobilioribus. Ne atque ingens numerus in captivitatem que ullis
conditionibus adduci potuere victores, ut captivos redderent. Ita enim
confilium fuit sobolem invifæ primariis civibus detentis, ne procreandis
liberis dare operam poffent, fuccide. civitatis impedire, totque fortissimis
viris, ac re nervos civitatis, usque in illud tempus potentissimæ. Itaque non
ante annos Sigillum Universitatis Carceratorum Januæ detentorum illustrat. Ex
eorum numero erat Zeus Scanfalti, amicus, ut opinor, Thaddæi; qui quam pronus
effet ad ferendam miseris opem, cum ex hoc, tum ex fingulis fere teftamenti sui
capitibus liquet.Dn.Mina quondam Mag. A. Corporis Cbrisi, W Puellarum S.
Crucis, quæ A. uxor Dorgiquondam Dorgi dePula vidit, lowindicavitCi.Montius.
cis.Ex tabulisan.inarcbiv. publ.Flo vent. Inilicavit Cl. Biscion. Vide Append.
gia pauci supererant, Ecclefiam S. Antonii, d adja centes æles, bonaque omnia
ad eum locum perti deus confeffus eft quod ipse emit quandam pe. tiam terre...
Actum in loco Fratr. Minor, ! Blanchi Cofe for. auri cccc, depofitos ab ipfo
aliquot aliis Monialibus ex Ferrariensi Monaste. Mag. A. et c.Ex Mem.Com.Bonon.
rio in nouum buc noftrum commigrantibus. Anno autem Fratres sertii Ordinis,qui
Pbilippus Villan..die... Mag. A. nentia,erigendoPuellarumpericlitantium domici
in camara Ministri ubi Mag. A. ja lio libere tradiderunt, quod in via S. Mamæ
acebat infirmus prefentibus Mag. Bertolaccio, mæniffimo civitatis locu, non
longe a Monasterio Fratris Venture Mag Nicolao de Faventia Corporis Cbrijli,conjtructumest,a
S.Crucisti. &c. ExMem.Com.Bonon. tulo infignitum. Hæc ex monumentis
Monialium gia supersunt. Minime igitur audiendus eft Joannes
Villanius, qui A. obitum protrahita, aut fi quis est alius, qui in aliud tempus
referat. Paulo poft ejus mortem dillidium ortum est inter Fratres Ter tii
Ordinis, five de Pænitentia, et Priorem fratrum Prædicatorum, ac Guardianum
Fratrum Minorum in eligendis pauperibus ad præfcriptum teftamenti ip fius Mag. A..
Sed litem omnem fuftulit Dinus Mugellanus, clarus legum interpres, qui per
illud tempus Bononiæ docebat, cui utraque pars arbitrium dederat. Possem hic
plura Scriptorum teftimonia de A. admodum ho norifica afferre; possem et Scriptores
multos emendare, multos supplere,qui de illo vel minus diligenter, vel minus
vere scripserunt; in quo numero sunt præsertim scriptores noftri Alidofius, et Ghirardaccius.
Sed hæc curabunt, qui magis otio abundant. Nunc ejus scripta recensenda funt,
quæ et multa fue. runt, et magno in pretio habita. A. SCRIPTA. Expositio in
arduum Ipocratis volumen. Galenus Aphorismos Hippocratis illuftri commentario
exornavit. A. et Hippocratis Aphorismos, et Galeni commentarium diligenter
exposuit.Cum autem in septem libros, fivepar ticulas Hippocratis volumen
Aphorismorum diftributum fit, A. fcripto tradidit expofitionem suam in sex
priora capita, eamque absolvit. Decimadie Septemb., utadejuscalcem adnotatum
efttam in editis exemplaribus, quam in manu exarato, quod vidi in bibliotheca,
Collegii Hispanorum Bononiæ. Eft
autem hoc A. opus valde proli xum, cuiscribendo non uno tempore insudavit. Sic
enim ad ejus finem ait: In his particulis explanandis diversa fuerunt tempora.
N a m cum efjorn in nono anno mei regiminis (qui publice docebant regere tur)
incepi gloffare Aphorismos a principio. Et infpatiofex menfium glossa. v i
primam, fecundam, tertiam, a quartam particulas, a quintam usque ad illum
Aphorismum: Mulieri menstrua fine colore. Tunc autem fupersedi, convertens me
ad glosas, quas fuper Tegni feceram, completiores edendas; quas perfeci usque
ad illud capitulum caufarum: Ad inventionem vero salu brium. Ibidem vero
deftiti impeditus a guerra civitatis Bononiæ, au lucrati va operatione
distractus. Poft vero placuit mihi refumere, ut complerem glof fas Aphorismorum,
addendo ad eas, quas primo feceram. Et feci additiones Super primam, Be
fecundam, no quartam particulam. In tertia vero particu la solum glossas
veteres divis: Item in quinta particula super veteribies glosis quas feceram
primo nullam additionem feci. Incepi autem de nova glosam in illo Aphorismo:
Mulieri menftrua fine colore, ut dictum est. Quod hic habetde Bononiensium
bello, pertinerevideturad Lambertacciorum, et Jeremienfium turbas, civitas
noftra pæne desolata eft. Cum autem nono anno poftquam docere cæperat, ad inter
pretandum Hippocratis Aphorismos le contulerit, in eoque opere tempus aliquod
impendere debuerit, et rursum eo dimiffo, librum Tegni interpre tandum
susceperit, et in eo verfatus fit, quoad Bononiæ in otio quietus esse potuit;
subductis rationibus apparet, debuisse illum publice docendi in scholis noftris
munus suscipere, imo ditavit hortulanum fuum. Vixit autem renze, noftro
cittadino, il quale fu sommo Fisiciano sopra tutti. Je. scholas diceban 4.
ооо annis Fuit Thaddæus medicus famosus, apud Murat. Antiq. med. ævi To.
conterraneus auctoris, Dantis qui le In questo tempo morì in Bologna git&
scripsit Bononiæ& vocatuseitplus. M. A. detto da Bologna, ma era di Fi. quam
commentator.Et factus est ditiflimus, et mortuus est morte repen Villan, tina,
et fepultus eft Bononiæ ante portam Extar Dini confilium,five fententia in
Minorum in pulchra et marmorea sepultu- arcbivo Fratr. Prædicat. Bonon. ra.
Benvenut. Imol. comment, in Purgat. ALIGHIERI Ad Ad septimam
particulam Aphorismorum quod attinet, Thaddæus perpetua in eam commentaria non
reliquit, sed monuit auditores suos, fi quis voluif fet ex ore docentis
excerpere, quæ in nenda in schola protulisset, fe deinde emendaturum, et utin
ordinem re digerentur curaturum. Sic enim inquit: immediate Icribere intendo.
Sed fi quis de meis auditoribus notare voluerit eas corrigam, o in petias
redigi faciam. Hæc autem verba fcripfi, ut si alicubi minus completa expositio
reperiatur, non adfcribatur ignorantiæ, fed potius novitati, a pigritiæ
scriptoris. Sed Thaddæi commentaria in septi m a m partem Aphorismorum nufpiam
apparent, et ejus loco circumferri solebat expofitio Zancarii, de quo alio loco
dicemus. Expositio in divinum Hipocratis Pronosticorum volumen, A d cujus finem
ita ada notatum eft in editis exemplaribus. Explicit liber tertius yra ultimus
Pro. nofticorum Hipocratis fecundum antiquam translationem a A. Florentina
explanatus. Sed revera
Thaddäus ipfe non unam translationem præ mani bus habuit, fed faltem duas. Ad
extrema vero capita, seu textus libri tertii nihil adnotavit A., aut certe
nihil adnotatum reperio in edis tis exemplaribus; manu enim scripta explorare
non licuit. A. Florentini in præclarum regiminis acutorum morborum Hipocratis
volu men expositio. Hanc Thaddæus in proæmio fatetur se maxime procudisse ut
rem gratam faceret Bartholomæo Veronenfi, quem fibi dilectiffimum vocat, et pollentis
ingenii; aitque,non minimo fibi adjumento fuisse ad id operis perficiendum. Non
attigit A., nisi tres priores libros hujus operis, ratus fortasse, quartum non
effe legitimum Hippocratis færum,quod aliis visum erat, ut fatetur Galenus ipfe
initio commentariorum in hunc quartum librum de regimine acutorum. Suam porro
diligentiam oftendit A. in his commentariis exarandis, appellans ad verfionem
Græcam, ubi in ea, quæ ex Arabica facta erat, vitium suspicabatur. Atque hinc
apparet, duplicem ejus libri interpretationem per illud tempus in doctorum
manibus verfatam fuisse, quarum altera ex Græca, altera ex Ara. bica lingua
ducta erat. In fubtiliffimum figogarum Johannicii libellum expositio. E a m fic
concludit A.: Scio tamen, quod de his obscure dixi, Jed fellus f u m a deficit
charta: misera excusatio, et vix fapienti homine digna. Quæ hactenus
recensuimus A. opera in unum volumen redacta Venetiis edita sunt per Lucam
Antonium Junctam curante Joan ne Baptista Nicolino Sallodienfi, qui in epiftola
nuncupatoria ad Aliobel. lum Averoldum Polenfium Antiftitem, et Romani
Pontificis Legatum ad Venetos, impense A. laudat, illumque dicit, nonnisi ad
lapsam Extat hic A. liber in Codice Vaticano, ejufque hæc eft æcono. mia.
Initio agit de corpore sano, ejusque, ut ita dicam, essentia, et va. riis
sanitatis gradibus; tum pergit in hunc modum: Nota quod dicit Johan nicius,
quod fi unaquæque res naturalis propriam naturam jervaverit, facit fanitatem,
fi vero ipfam dimiferit, facit ægritudinem, vel neutralitatem, fta tum
fcilicet, quo necfanum eft, necægrum. Sequitur in hunc modum usque ad finem
libri: Nota quod dicit Galenus; nota quod dicit Hipocras, Avicenna.Nota quod
venæ non dicuntur oriri ab epate quod oriantur ex ea dem materia v c. Nota
differentiam arteriarum ad venarum, originem nervorum W c. Nota quod partes
totius capitis funt quatuor B c. Inter has notationes, in quibus totus hic
liber decurrit, aliquas quæftiones interferit, Ad text. X. lib. I. ita inquit:
Alia quod patet per translationem Græcam. Liba translatio non ponit hic nifi
duos colores et c. III. text. X. ea
Aphorismorum particula expo Super feptima vero particula nihil principum
fanitatem recuperandam vocari consuevisse. Auctoritates are definitiones fuper
libro Tegni, quamplures utiles dubitationes. uti Unde dicendum quod litera
Arabica, Cod. Vatic. ex qua fumitur illa auctoritas, elt corrupta, 1 uti
est illa: Quæritur hic an dari poffit membrum, quod nec recipitur, nec tribuit.
Nunquam editus eft
hic A. liber, quem ne ipse quidem au ctor satis elimatum cenfuit. Itaque rurlus Artem parvam Galeni, sive li brum Tegni
interpretandum suscepit. Habemus hoc A. opus typis editum Neapoli cum hoc
titulo: Commentaria in artem parvam Galeni. Neapolianno.Horum initiofatetur, fe
præmaturam aliamexpo fitionem Artis parvæ edidisse,hisverbis:
Atveroquoniamfuper eundem librum expofitionem facere necessitas compulit
præmaturam, in qua non ut expedit Galeni instituta patefeci". Ideo e c.
Magiftri A. conflia. In Codice Vaticano consilia Medica A. sunt centum
quinquaginta sex.Minore numero,imo perpauca,lirecte memi ni, funt in codice
bibliothecæ Cæsenaris Fratrum Minorum. Primum in utroque codice est de
debilitate visus. Ultimum in codice Vaticano eft de virtute Aquæ vitis. Docet
in eo modum præparandi alembicum cu. preum. Incipit: A d faciendam Aquam vitem,
quæ alio nomine dicitur aqua ardens. Eft unum ex his consiliis de minctu urinæ
cum fanguine. Incipit: Conqueftus est dn. Bartoločtus comes. Eft is
Bartholottus comes Ripæ Insulæ Suzariæ et Bardinæ, de quo plura diximus, ubi de
Rolandino Passagerio a r tis Notariæ doctore agebamus. Eft aliud A. confilium
ad midtum f a n guinis pro Duce Venetiarum. Aliud item de impedimento loquelæ
propter mollitiem linguæ. Incipit: Cura comitis Bertholdi. In librum Galeni de
crisi. Eft in codice Vaticano. Magiftri A. de Florentia quæftio de augmento.
Eft in codice Vatica A. artis Medicinæ in civitate Bononiæ doctorem. Eft in
codice bi. bliothecæ Eftenfis, tefte Muratorio. Idem Italice extat, scriptus in
m o d u m epistolæ cuidam ex Neriis Florentinis. Incipit: Imperciocchè la con
dizione del corpo umano. Extat etiam latine typis editus Bononiæ cum libelló
Mag.Benedicti de Nurlia ejusdem argumenti. Num autem Italice scriptus fit
libellus ifte ab auctore suo, an latine, mihi non conftat. Italica tamen lingua,
quæ tum nitefcere, et a Scriptoribus nobilitari cceperat, delectatum constat A.,
qui Ariftotelis Ethicam in eam linguam vertit; quamquam hunc ejus laborem haud
magnopere laudandum exiftimarit Dantes in Convivio, ubi ait, velle se suum
illum librum Italica, five, ut ipfe inquit, vulgari lingua donare, ne ab alio
quopiam interprete vitietur, ut Ethicæ Ariftotelis contigit, quam A. dæus
Italicam fecit. Eum purgare nititur Biscionius,vitio vertens non tam A., qui
Italicam ex Latina non bonam, quam veteri interpre ti,qui nihilo meliorem ex
Græca Latinam fecerat Ariftotelis Ethicam.Sed vix quisquam probabit hanc
Biscionii defensionem. Id unum enim r e prehendit in A. Dantes Aligherius, quod
Italicam interpretationem ejus libri non bonam dederit. Nihil autem impedit,
quominus librum aliquem, licet mendofiffimum, et maxime corruptum, optime, quod
ad nitorem verborum attinet, interpretari, et in aliam linguam elegantissime
quispiam convertere possit. Habuerat A. Aristotelis Ethicam ex Thesauro Latini,
ut observat Laurentius Mehus, qui de his abun de disserit in prolegomenis ad
epiftolas Ambrofii Camaldulenfis, nuper Flo rentiæ editas. no. Libellus
fanitatis conservandæ factus pay adinventus per probiffimum virum Mag. (f)E
temendo,cheilvolgarenonfosse dato posto per alcuno, che l'avelse laido
fat. Epift.Ambrof.Cam. to parere, come
fece quegli, che tramutò il Ooo 2 Cod.
Vatic. 2 Expe latino dell'Etica, ciò fu A. Ipocratita provvidi di ponere lui, fidandomi di me più
(d) Murat.To.IX.Rer.Ital.Script.p.583. che d'un'altro.Convito di Dante.In
Firenze Vid.Biscion.Annot.al Convitodi Dan Experimenta Mag. A. probata ab ipfo.
Hunc titulum habet collectio ex. perimentorum Medicinalium Thaddæi in codice
Vaticano. (a) Incipit: Omnes herbee a radices quæ debent prius coqui, abluantur
mundentur Poit brevem præfationem, fire inftructionem, defcribere incipit
primum Syrupos varii generis. Receptio Syrupi majoris fecundum M. T. Syrupus
Jor. danus M. T. ad correctiones epatis aut fplenis c. Deinde describit electua ria, inter quæ
hæc confectio locum habet: Confectio qua utuntur magna tes in curia Romana,
vagy maxime convenit in æftate fanguinem mundificans, colera fuaviter educitur.
R. pulpæ Caffic fi. Tamarindorum 3. pe. nidii.zuc.violati añş.x.Syrupi violati,
Ġ.Mirrhæ s3 conficianturfive dissolvantur cum tali fucco. X. Prunorum.ios
feminum ordei mundi. lic quir. añ i 2 cum ifta aqua decoquatur usque ad
spissitudinem mellis. Dein pergit ad vina medicata. In his ett Aqua vitis ad
calculum M. B. ideft, M a. giftri Bartholomæi de Varignana, ut opinor, medici
celeberrimi, cujus infra mentionem faciemus. Tum de oleis agitur, ibidemque
describitur Tragea M. T. et Tragea M. B., ideft, Magiftri A., et Magiftri
Bartholomæi. Pulveres fubinde varii, et pilulæ, et unguenta describuntur, tum
remedia quædam ad peculiares morbos. N e c desunt fuperftitiofa quædam, et vanissima.
Tale eft illud: Ut homo poffit ire super
ignem fine læfio. ne. Dicas ifta verba. ter in nomine individuæ
Trinitatis.Abyfon. Dalma. tiu, vel Magata, v e a s nudus. Emplaftra quædam poft
hæc describuntur: fed in hujus libri extremis partibus vix ordo ullus apparet,
ut conjicere liceat, aliena manu aliquid genuinis Thaddæi experimentis additum;
quo ex genere esse arbitror superftitiola illa, quæ dixi. De Interioribus libri
VI.a mag. A. correcti. Ita in codice Vaticano. A. de Bononia de aquis, oleis, a
vinis medicatis. Extat inter codices mo locorecensuitejus Commentariain Ipocratem,
mox Commentariain Avicennam; nam neque in alia Hippocratis opera fcripfit A.,
quam quæ indicavimus, quæque vel iple Biscionius feorfim poftea enumerat; nec
ulla in Avicennam Commentaria scripsisse comperio.Addit tamen idem Biscionius
descriptionem pulveris mirabilis Mag. A., quam re perit ad calcem libri M a g.
Aldobrandini. E g o alterius pulveris descriptio n e m in hunc m o d u m reperi
ad calcem Almansoris, ideft, libri Rasis in codice Vaticano. Recepta quam
mag.Taddeusreliquitpauperibus in te ftamento: Cinamomi eleli s Macis. Croci aš
3 ij. Sene s fiat pul vis poftea R u s Tartari albi fubtilissime pulverizati, a
misce fimul. Dosis ejus eft; 3 ij cum brodio poteftconfici cum zuccaro ut
melius conserve tur. E u m d e m pulverem defcriptum vidi in codice bibliothecæ
Cælepatis Fratrum Minorum inter confilia Medica Mag. A. ad libri marginem in
hunc modum: Pulvis folutivus A. Cinamomi: 5. Macis.Cra ci añ 7. 3. 1. Sene ad
pondus predictorum. Fiat pulvis, cui potes addere de zuccaro albo vel rubeo B
eft delectabilior. DON MEDICINE Thomæ Bodleii. Auxit immaniter Biscionius
paucis verbis catalogum operum Thaddæi, dum pri (c) To. I. mill. Angliæ.
Cod. (d) Cod. Vatic. Aderotti. Taddeo Alderotti.
Alderotti. Keywords: le quattro cause. Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed
Alderotti” – The Swimming-Pool Library.
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