Grice
e Ceremonte: il portico a Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Teacher of Nerone. Member of the Porch. He took a materialist view of
the world, claiming that the gods should be IDENTIFIED with the planets, and
that everything in the world can be explained in physical terms.
Grice e Ceretti: la ragione
conversazionale e l’implicatura conversazionale del PASŒLOGICES SPECIMEN – scuola
d’Inra – filosofia piemontese -- filosofia italiana – Luigi Speranza, pel
Gruppo di Gioco di H. P. Grice, The Swimming-Pool Library (Intra). Filosofo
piemontese. Filosofo italiano. Intra, Verbania, Verbano-Cusio-Ossola, Piemonte.
Grice: “I love Ceretti; and I wish Strawson would,
too! Ceretti distinguishes three stages in the development of a communication
system. The first is very primitive, obviously, and avoids the reference to
‘io’ and ‘tu’ as metaphysical – ‘hic’ and ‘nunc’ will do. The second stage he
says may be all that some societies need – ‘green’ for this plant – The third
stage involves the general concept of ‘plant’ and this is where a soul-endowed
entity (animal) can refer to a plant or to an animal like himself or his
companion – at this last stage, Ceretti speaks of ‘soul’ (anima), and the
affectations of the mind being what is communicated – if that’s not Griceian, I
do not know what is!” -- I suoi genitori, Pietro e da Caterina Rabbaglietti, di
condizioni agiate, lo affidarono all'insegnamento privato di ecclesiastici e
successivamente ai docenti del seminario di Arona dove si distinse per il suo
carattere refrattario ai vecchi metodi didattici e ribelle alle rigide regole
di disciplina. Quasi
al termine degli studi si appassiona all'approfondimento della lingua latina e
alla composizione di poesie che lo fecero conoscere come poeta a braccio.
Frequenta come alunno esterno un collegio di gesuiti a Novara dove risulta
primo in retorica tanto che il suo maestro lo spinse a comporre la tragedia “Il
duca di Guisa” sulla base della Storia delle guerre civili di Francia di
Davila. Soggiorna successivamente a Firenze dove ebbe modo di frequentare i
membri del gabinetto Vieusseux.
Dedicatosi agli studi scientifici e storico-filologici e soprattutto a
quelli filosofici, scrisse il poemetto incompiuto Eleonora da Toledo dove dà
prova di penetrazione psicologica dei personaggi e di abile descrizione
ambientale. Nello stesso periodo compose poesia a contenuto filosofico, il
romanzo “Ultime lettere di un profugo” sul modello foscoliano, e infine le
riflessioni “Pellegrinaggio in Italia”, nate a seguito di numerosi viaggi
avventurosi per l'Europa in compagnia di zingari e vagabondi, che gli permisero
di apprendere diverse lingue. Opere queste che mostrano la singolarità del suo
mondo spirituale profondamente diverso e in contrasto con quello degli
altri. Soggiorna nella villetta "La
Chaumière", presso Chambéry, dove lavora alla “Pellegrinaggio in Italia” dato
alla stampe a Intra con lo pseudonimo d’Goreni. Trasferitosi alle Cascine a
Firenze, pubblica “La idea circa la genesi e la natura della Forza”. Adere
all'hegelismo, di cui tenta una revisione in senso soggettivistico in una
grande opera in latino, “Pasaelogices Specimen”, che non riscosse alcun
successo di pubblico. Decide quindi non pubblicare più nulla. Tuttavia continua
a comporre una grande varietà di saggi filosofici. Si dedica esclusivamente
alle meditazioni filosofiche espresse in numerose opere tra le quali i “Sogni e
favole” (Torino), le Grullerie poetiche (Torino) e le Massime e dialoghi
(Torino). La sua opera è stata pressoché
sconosciuta. Solo Gentile gli ha assegnato un ruolo di rilievo in “Le origini
della filosofia contemporanea in Italia” (‘C. e la corruzione dell'hegelismo’).
A lui oggi viene riconosciuta una certa influenza sul pensiero filosofico della
scuola torinese. e sulla formazione della filosofia di Martinetti. A lui è
dedicata la Biblioteca di Verbania. Dizionario Biografico degli Italianim Martinetti
C. “La natura logica di tutte le cose” e pubblicata presso la POMBA di Torino. Gentile.
Cfr. G. Colombo, La filosofia come soteriologia, Milano, Vigorelli. Dizionario biografico degli italiani, Opera Omnia D'Ercole, Torino, Vittore
Alemanni, C.. L'uomo, il poeta, il filosofo, Hoepli, Pasquale D'Ercole, La
filosofia della natura di C., POMBA, Giuseppe Colombo, La filosofia come
soteriologia, Vita e Pensiero, Fiorenzo Ferrari, Il filosofo di Intra.
L'idealismo di Ceretti, in Verbanus, Vigorelli, Martinetti. La metafisica
civile di un filosofo dimenticato, Milano, Bruno Mondadori. L'uomo vuol essere
considerato come l’ultimo frutto, ossia il massimo sviluppo psichico
dell'animalità. Questo massimo sviluppo presuppone necessariamente i prossimi
animali dello sviluppo minore, e cosi via discorrendo. L'uomo vuol essere,
inoltre, considerato come il frutto più recente dell'albero zoologico. E qui
nasce oggidi rispetto all’uomo una contestazione circa la sua produzione
immediata o derivata da’ più prossimi animali inferiori. Questa contestazione
non può ammettersi dalla speculazione, e neppure dalle discipline naturali
empirico-induttive; ma la si agita sopra un terreno affatto estraneo a quello
della speculazione, e della scibilità empirico-induttiva, fomentata da ogni
sorta di passioni, partigiana di religiosità, di moralità, e così via. È
assurdo supporre che una specie si tramuti in una nuova specie come tale; perocchè
le specie sono mere distinzioni teoriche del nostro intelletto. La natura, come
disse un sommo naturalista, non facit saltum; e conseguentemente la distinzione
caratteristica che costituisce le specie “Homo sapiens” non risulta se non in
quanto si prendono in considerazione termini sufficientemente lontani e si trascurano
i termini intermedii. Infatti, se noi consideriamo gli animali superiori
dell'albero zoologico, nei quali le differenze ci sono più sensibilmente manifeste,
troveremo che le specie si suddividono in razze differenti fra loro sotto varii
rapporti, e che le razze si suddividono in varietà differenti, e che dette
varietà si suddividono in varii individui pur differenti fra loro. Inoltre,
troveremo che queste differenze sono a noi tanto più evidentemente manifeste
quanto più si salga alto nell'albero zoologico, ed a noi più vicina sia la
specie che si prende a considerare. La vera trasformazione della specie perciò
non si deve investigare nelle specie come tali, ma piuttosto nei minimi termini
della specie, ossia nella variazione individuale del specimen. Questa
variazione, tuttochè lentissima, modifica col volgere dei secoli le specie,
così come la conchiglia microscopica, variando la propria natura, varia il
terreno che ne risulta. Gli agenti che effettuano la suddetta progressiva variazione
sono di tre ordini, vale a dire: planetarii, psichici, e spirituali. Questi
agenti sono progressivamente tanto più efficaci quanto più si concretano nella
efficacia spirituale. L’agenti del primo ordine planetario modifica
semplicemente il corpo e l’organismo, e indirettamente, ma assai lentamente, la
facoltà istintuale. E un agente puramente planetarii, p. es., la natura del
suolo e dell'aria, ossia generalmente il clima, la condizione geografica e
topografica, e cosi via. L’agente planetario si possono chiamare elementare,
perocchè opera su tutta l'animalità senza distinzione veruna, e sono
presupposti dagli altri agenti succennati. Si può dire in tesi generale che gli
animali inferiori non subiscono modificazione se non lentissima, e molte specie
degli animali inferiori si sono spente, appunto perchè non hanno potuto subire
le modificazioni necessitate dalle progressive variazioni dell'aria e del suolo.
L’istinto delle specie animali inferiori e rigido e difficilmente modificabile,
appunto perchè e un istinti poco variato, che non puo neutralizzarsi fra se in
una ricca varietà di modificazione. L’agente del secondo ordine e psichico (e
no ‘psicologico’ ma veramente psichico), epperciò più intimo nell’organismo,
ossia più essenziale. Un agente psichico modifica l'animale nella sua intima facoltà,
ossia una attitudine, assai più facilmente e più profondamente che non gli agenti
naturali succennali. Questo secondo agente e nella sua essenzialità un maggiore
sviluppo del primo agente naturale plantario, epperciò si manifesta nella
generazione susseguente come una profonda modificazione dell’organismo e
dell’sstintualità. Questa modificazione non e più mera variazione giusta una
astratta affinità, per le quale, p. es., una facoltà diventa minore di altra
facoltà, vale a dire, si manifesta come una pura variazione quantitativa
dell’istintualità. E una modificazione profonda che diventa la proprietà caratteristica
dell'animale (un tigre che tigrizza) e qualche volta e affatto estranea e
contra-dittoria o opposta, o contraria, alla facoltà della generazione pre-esistente.
Allora si dice che una nuove specie (Homo sapiens) e venuta all'esistenza, e la
vecchia si e spenta. La facoltà psichica si modifica sulla base di un istinto
più svariato, il quale si neutralizza appunto fra loro tanto più facilmente quanto
più svariati. L’istinto dell’animali inferiore e tanto più fermo e rigido quanto meno molteplice e svariato. Questa
modificazione causata da un fattore psichico modifica il sistema anatomico e
fisiologico, perocchè non e possibile una modificazione psichica sulla base
d'una invariabilità anatomico-fisiologica. E una modificazione profonde, la
quale, se qualche volta poco modifica l'ordine anatomico-fisiologico
sensibilmente manifesto, e però effettuata piuttosto nell’elementi anatomico,
nel così detto ordine istologico. La modificazione psichica non spetta, come
quelle generali, ad una specie o ad una razza, ma sono più profonde
modificazioni dell’organismo e della corrispettiva istintualità. Essa rifletta
piuttosto la mera individualità animale, epperciò e variabile indefinitamente.
La condizione causale di questa modificazione e data dalla ciscostanza nella
quale versa un certo individuo animale. Cosi non è solo la varia natura
geografica e topografica del suolo e dell'aria in che vive, ma anche i varii
vegetabili e animali con che vive; perocchè dette varia condizione e
sufficiente a modificare l'anima (la psiche) dell'animale. Le delle varia
circostanza costringe un certo individuo a esercitare preferibilmente una certa
facoltà psichica, e per conseguenza a svilupparle preferibilmente. Data la ricca
molteplicità e varietà della facoltà istintuale proprie della specie di “Homo
sapiens”, questa facoltà variamente si combina e si neutralizza. L’istinto cosi
neutralizzato, ossia radicalmente variato, si trasmette alla generazione
veniente; e cosi le condizioni succennate, variando l’atttudini dell’anima
individuale, preparano il terreno alla più ricca e più profonda azione del fattore
veramente spirituale. Il fattore spirituale modifica quell’attitudine che
appartene non alla specie, ma all'individuo animale, ed e un fattore che non
più modifica l'anima senziente, ma lo spirito (animus, psiche, sofflo) ideante
dell’animale. Tuttochè questo fattore, nel su concreto sviluppo, appartene allo
spirito umano, pure gli animali superiori (p. es., una scimia antropomorfa)
possegge un certo quale esercizio equivoco e parziale del suddetto fattore.
Cosi la scimia impara dalla propria osservazione, epperciò gl’individui più
vecchi sono assai più scaltri e periti dei più giovani. È questa la ragione per
la quale l’animale non solamente si aggrega ma si organizza gerarchicamente
giusta un certi statuto di un sentimento comune. È importante che un individuo
animale possa profittare della proprie osservazione; perocchè dello profitto
provoca una maggiore perizia pratica, la quale dal più vecchio è partecipata al
più giovane e trasmessa alla generazione vegnente come una dialettica della
categoria istintuale che più tardi si sviluppe in una vera mentalità. La
categoria spirituale (spiritus, animus) funziona qui come sviluppata categoria
psichica (psiche), epperciò la lingua, il linguaggio e la communicazione, nel
suo amplo uso, vera sintesi e genesi manifesta della categoria spirituale,
arriva all’esistenza come linguaggio no planetario o naturale, ma puramente
psichico; o come linguaggio equivoco o misto, ossia psichico-spirituale; o come
linguaggio assolutamente o puramente spirituale o oggettivato (communicazione
proposizionale – la logica di tutte e cose). Qui non occorre accennare al terzo
ed ultimo stadio, ossia al linguaggio puramente o assolutamente spirituale,
proprietà *esclusiva* (alla Grice) dell'uomo o Homo sapiens sapiens, ma
solamente al primo stadio (psichico) e al secondo stadio (misto) del linguaggio
che nasce e si sviluppa nell’animalità sub-umana, pre-razionale. Il fattore
caratteristico di questa crisi, ossia lo sviluppo dell’anima senziente inter-soggetiva
nella spiritualità pensante proposizionale, è manifesto piuttosto dal
linguaggio ‘muto’ o il gesto di una emozione del corpo e principalmente di
quell’emozione della fisio-nomia. Quest’emozione formula un sistema
comunicativo, in quantochè manifesta una definita emozione intima con una certa
categoria, che, non essendo destinate alla mera soprevivenza o conservazione
dello specimen o della specie, non si puo chiamare semplicemente psichica,
ovverosia istintuale. L’animale sub-umano, p. es., lussureggia per una mera
sensualità erotica – omo-erotica, come Socrate ed Alcibiade --, la quale non
può essere destinata in verun modo alla propagazione della specie dei Grecci!
Così pure due specimen giovani di animale giocano (la lotta greco-romana) colla
vivacità propria dell’età loro, la qualcosa può giovare, ma indirettamente,
all’educazione e destrezza corporale dell’individualità. Così il padre non solo
alimenta il suo figlio, ma l’educa e disciplina ad una pratica operazione
requisita dalla propria specie, locchè dimostra che l’ingenita istintualità non
puo bastare, ed abbisogna dell’ammaestramento dell’osservazione data a lui che
ha già vissuto praticamente nella vita. Il linguaggio misto, o equivoco, ossia
psichico-spirituale, è quel tale sistema di comunicazione che non consta semplicemente
di questo o quello gesto, il quale segna non solo una definita emozione
dell’animo, ma una certa anfi-bologica determinazione della ‘mente’ (mentatio,
mentare, mentire). Così, per es., il cane, alla presentazione d'una cosa che
altre volte fu nocivo, puo involuntariamente fuggire guaiolando. Il gesto segna
naturalmente la paura. Qui certo v’ha una psichica emozione provocata da una
simile cosa, ma quest’emozione del cane dev'essere legata alla *memoria* della *sensazione*
originaria, la quale memoria appunto costituisce una determinazione *equivoca*,
mista, psichica o mentale-spirituale. L’animale superiore possesse una facoltà che
incluse un svariatissimo repertorio di questo o quello segno o gesto, mediante
una modulazione combinatorial di questa equivoca determinazione. Quando l’animale
arriva definitivamente alla soggettivazione della propria coscienza, ossia al
suo “lo” distinto categoricamente dal “non-lo” (cfr. Grice, “Privazione e
negazione), entra categoricamente nella coscienza spirituale – del spirito
oggetivo. Questo passaggio costituisce la creazione o mutazione o trasmutazione
o trassustanzazione (metaeousia) dell’uomo, Homo sapiens sapiens, e solamente
questo passaggio colla propria manifestazione può segnare un soggetto umano che
puo attuare in inter-soggetivita con un altro soggeto umano. Qui l’”umanismo” si
manifesta categoricamente nel proprio caratteristico (la definita soggettivazione
del ‘ego’ come ‘ego’ e del ‘tu’ come ‘tu’), e si manifesta colla parola (parabola)
non certo col documento anatomico-fisiologico, che non puo bastare se non a
certa ampla generalità della distinzione o del genus animale. Prima di entrare
a caratterizzare questa crisi importantissima, ossia lo sviluppo dell’anima
nello spirito, dobbiamo assumere la speculazione retro-spettiva della coscienza
da un ordine uranico nel ordine planetario e nel ordine vegeto-animale. In un
ordine uranico, la coscienza procede verso un’individuazione dalla nebulosa al
cometa, al sole ed al pianeta. Il solo caratteristico essenziale dell'umanismo,
assai più caratteristico di quell’antichissima vaga definizione dell'uomo ragionevole,
animale rationale homo est, è senza dubbio la soggettivazione, e la manifestazione
di questa soggettivazione è fatta con l’inezzo spiritualmente formolato. Conformemente
a ciò, più innanzi, l’uomo (Homo sapiens sapiens) è designato anzi definito
come coscienza inter-soggettivata. Quest’individuazione, qualunque la si voglia
supporre, non può essere una soggettivazione; perocchè l'individuo (Erberto) non
si distingue dalla specie (Homo sapiens sapiens), e le varie specie dei corpi
celesti si confondono colle varie età di un solo individuo. Cosi pure,
speculando in un ordine generalissimo, una specie animale e una età
dell’animalità. Nella specie animale piu infima, l'individuo si distingue dalla
specie (una rosa piu bella dall’altra). Nella specie animale superiore, non solo lo specimen si distingue dalla
specie, ma anche il soggetto dallo specimen ė progressivamente distinto. Cosi,
p. es., il corpo di un animale consta d'innumerevoli individualità viventi aggregate
ed organizzate fra loro, le quali, svolgendosi dall’una in altra fase,
costituiscono l’organo (dell’organismo), l’apparecchio, e la funzione vitale
dell’animale. Ma la coscienza resuntiva di questo individuo vivente è
nell’organismo dell’animale concreto, e non negli animalcoli gregarii che lo
costituiscono. L'animale resuntivo della propria soggettività costituisce lo
svolgimento del senso del pensiero. Qui dobbiamo definire la distinzione del
senso e del pensiero. Il senso non può supporsi astratto dalla coscienza;
perocchè in questo caso sarebbe un senso che non sente (il senso non sente,
l’animale sente), ma può supporsi astratto dalla *co-scienza* del senso;
perocchè la co-scienza e il senso funzionano indistintamente. Finchè la co-scienza
non si distingue categoricamente dal proprio oggetto. E una co-scienza identica
alla sua forma esteriore, la quale è una sensibile esistenza. Quando però la co-scienza
si distingue categoricamente dal proprio oggetto, allora dice: “Io sono e
l'oggetto è” – “Io sono quello che sono, e l’oggetto quello che è, cioè l’ “lo”
e il “non-lo” (p. es., il tu) *siamo* due termini distinti in relazione
d’intersoggetivita. Quest’idea fondamentale che si percepisce un “lo”
(pirothood) è la soggettività; ossia, la nascita dello spirito. Nascita dello
spirito e nascita del pensiero, facendo consistere la spiritualità specialmente
in questo. A conferma di ciò, si noti, primamente, che in questo paragrafo ei
vuole fare appunto la distinzione di senso e pensiero; secondamente, che nel
susseguente paragrafo, parlando dei momenti dello spirito, vi accoglie il
principio sensitivo non come pura e semplice *sensazione*, ma come *sentimento*.
Sulla predetta distinzione, del resto, ritorno nei paragrafi susseguenti. Lo
spirito consta di tre fasi: il sentimento (aisthetikon), l’intelletto (noetikon)
ed il concetto – il A e B – concetto soggetto, concetto predicato). Lo spirito
nel sentimento è uno spirito immediato che poco si distingue dall’anima
senziente. Ma quest’anima senziente appartiene allo spirito, perocchè si *percepisce*
soggetto (un ‘lo’). Il sentimento consta di tre termini: l’attenzione (la
risposta ad un stimolo), la memoria (il riflesso condizionato), e l’imaginazione
(la risposta ipotetica o condizionale). La funzione più o meno complessa di
questi tre termini crea la *soggettività*, che lentamente si svolge dal
sensibile nel cogitabile (co-gitatum, cogito; ergo sum). L’attenzione deve funzionare
nello spirito esordiente, e cosi lo spirito deve *sentire* *che* il senso della
natura – ossia, l’istinto -- più non gli basta. Questo sentimento dell’insufficienza
del proprio istinto l’avverte *che* necessita osservare ed imparare la pratica
della vita. E la prima funzione della mentalità. Epperciò la lingua ariana
conserva più la traccia della parentela del concetto di “manere” e “mens” -- quasichè
pensare e fermarsi, ossia il soggeto ferma l’attenzione sopra un oggetto – che
puo essere un altro soggetto --, siano due operazioni molto affini. Veramente,
tuttochè sommamente dissomiglino queste operazioni, nella loro sensibile inanifestazione
esteriore s’identificano in un fatto comune, quello dell’arrestarsi – la
risposta ad un stimolo. La co-scienza che fissa l’attenzione sopra un oggetto
(che puo essere un altro soggetto), cerca nell’oggetto qualcosa *oltre* il sensibile
immediato, quando esso oggetto non sia la funzione di una mera sensazione immanente,
ma la funzione di una sensazione trascendente. Una seconda funzione del
sentimento è la memoria. Mediante la memoria, una sensazione o attenzione
presente si può risuscitare quando non sia più presente. La co-scienza
attentiva all'oggetto studia un oggetto esteriore ed abbisogna della presenza
di esso oggetto per osservarlo. Ma la memoria contiene e conserva in sè stessa
l’oggetto osservato (che puo essere il ‘lo’ – l’identita personale come
memoria), epperciò si costituisce in-dipendente dalla presenza del medesimo
oggetto. Una terza funzione del sentimento è la imaginazione. L'imaginazione
non solo conserva l’oggetto osservato, ma *crea* l'oggetto possibile che non ha
osservato. Questa funzione emancipa o libera la co-scienza, non solo, come la memoria,
dalla presenza dell’oggetto (s’ricorda o imagina un oggetto assente), ma anche
dalla sensibile esteriore realtà del medesimo oggetto, epperciò l’imaginazione
può liberamente crearsi una propria oggettività, alla Meinong. Questa facoltà
crea non solo l’oggetto composto (compesso combinato) di due oggetti (obble 1 e
obble 2) osservati, ossia non crea solo la mera composizione, addizione o
combinazione, ma puo creare un oggetto che non consta di questo o quello
elemento osservato, ma un oggetto radicalmente imaginario (un circolo quadrato,
un numero imaginario), tuttochè le semplici categorie dello spirito e della
natura debbano necessariamente fornire all’imaginazione se stesse per possibilitare
questa creazione imaginativa o predittiva. Il passaggio dalla coscienza
senziente alla cogitante, ossia dalla bestia all’uomo, è pure una progressiva
distinzione della co-scienza in soggettiva ed intersoggetiva. Qui la distinzione
de soggetivita e intersoggetivita è una mera distinzione generale dell'”io” dal
“non-io” (il ‘tu’). L’ “io” si suppone vivente e pensante *altro* dal non-io
(il tu, in combinazione, il noi), in sè stesso parimenti vivente e pensante. La
natura si rivela come un *popolo*, popolazione, aggreggato, organismo sociale,
di piroti viventi e di pensanti, non si suppone ancora l'altro dal vivente-pensante,
ossia il non-vivente e il non-pensante. Si suppone semplicemente l’altro dal
moio lo vivente e pensante. Perciò la natura uranica, la terrestre,
stochiologica e minerale, la vegetabile o l’animale si suppone distinta dal mio
io, non però distinta dall’io generalmente parlando, ossia si suppone possedere
un loro io analogo a quello della mia co-scienza. Esaminate la radice, ossia gli
antichissimi elementi della comunicazione e troverete ogni dove segnata
l'universa natura (physis) come vivente e pensante analogicamente alla mia co-scienza.
Non vi troverete mai la natura morta colla sua forza cieca, governata da
necessità parimenti cieca, vale a dire, la natura della riflessione. Il
sentimento esplicito dalla mia co-scienza soggettiva può essere comunicato
dall'uno all'altro individuo. È questa comunicazione (o conversazione, nel
senso biblico) la prima proprietà per cui una idea cogitabile è distinta da una
mera sensazione per definizione non-condivisibile. Nessun sistema di
comunicazione puo fornire una sensazione, se questa non sia stata data dal
senso (il ‘dato del senso) come tale – nihil est in communicatione quo prius
non fuerit in sensu). Potrò, p. es., parlare in qualsivoglia modo di un oggetti
visibile. Ma un cieco nato non puo mai ne sentire ne comprendere che sia la
visibilità. Se un soggetto abbia un tempo posseduta la facoltà visiva puo,
parlando di un oggetto veduto, richiamarli alla memoria quasi visibilmente
presente, ma non puo mai fare che tale visione sostituisca la concreta visibile
realtà colla semplice imaginazione. La prima conseguenza della co-scienza
senziente che si sviluppa nella cogitante è che, siccome l’idea o concetto come
tale, ossia nella forma della co-scienza cogitante, può essere *trasmessa* (il
trasmesso) dal l'uno soggeto all'altro soggetto, non può essere trasmesso il
senso come tale, ossia nella forma della co-scienza senziente. Cosi un soggetto
è abilitato a sapere quello che non egli, ma l’altro soggetto ha percepito col
senso (“Una serpe!”), oppure quello che egli in altro tempo ha percepito col
senso, oppure indurre un’idea da quello che presentemente percepisce col senso.
Cosi, p. es., la pecora condotta al macello *vede* macellare la sua simile e fortunatamente
non solo *non* induce che sarà ella stessa macellala, ma anche non percepisce
che questa presente operazione segna un'uccisione; perocchè non possiede l'idea
o il concetto della morte. Cosi il soggetto pensante o intellettivo può sapere
quello che il senziente non può sapere, e questo sapere nasce dalla facoltà
cogitativa o concettuale, per la quale da una sensazione si astrae un’idea
generale o un concetto. Cosi, per es., il soggetto pensante vive nel passato
colla memoria, e nell'avvenire (possibile o reale) coll'imaginazione; il
soggetto senziente, o bestia, vive astrattamente nella sua sensazione presente.
In virtù della sensazione che non può essere indotta in un’idea, egli non
possiede, come il pensante, la distinzione di una natura predominante ed
insubordinabile al soggetto e di una natura subordinabile e passibile del
soggetto. Quest’idea prototipa della forza è un’idea cardinale dello spirito, è
stata il primo germe del sacro. Osservate il sacro e lo troverete Dio, non
perchè sommamente ragionevole, ma perchè onnipotente. Nella religione
spiritualmente più adulta rimane tultavia l'idea dell'onnipotenza, piuttosto
che quella della ragionevolezza, l’attributo eminentissimo del sacro. Mediante
questa passibilità il soggetto può sapere la prima volta di essere nato, di
essere stato lattante, di essere stato partorito, e cosi pure può sapere che
OGNI soggetto, nessuno eccettuato, non vissi oltre una certa mnassima età, ma
morirono in quella o prima di quella. Conseguentemente egli sa *che* il soggetto
non solo nasce (si genera) e muore (corruption), ma può nascere in varie
condizioni e morire in qualsivoglia momento della sua vita. La nozione della
nascita e della morte del soggetto è un fenomeno della co-scienza realizzato la
prima volta che la co-scienza senzienle si svolge nella pensante; perciò
sapientemente nella “Genesi” è detto che l’uomo (Adamo) prima di peccare, ossia
di gustare il frutto del bene e del male, non moriva, ed avendolo gustato dovrà
morire. Veramente la co-scienza senziente non può sapere di nascere e di
morire; perocchè questo sapere non si sa se non sia una nozione *trasmessa* (il
trasmesso) da un soggeto ad altro soggetto, ovvero un'idea indotta dal fatto
costante della morte. Questa crisi della co-scienza, ci manifesta che la co-scienza,
dalla sensazione svolgendosi nella mentalità, procede in un sistema di
distinzioni ideali o possibile o concettuali e astratte che non sono possibili
nella mera sensazione. La mentalità, che nasce dalla sensazione, è prototipicamente
*imitatrice* o inconica della sensazione, e porta seco nel suo sviluppo la *forma
logica* della sensazione stessa, che progressivamente si trasforma in quella
del pensiero. La mentalità è prototipicamente sentiment e funziona in tre caratteristiche
funzioni -- attenzione, memoria, ed imaginazione. Da queste tre prototipiche
funzioni del sentimento nascono tre forme rudimentali della mentalità. La
mentalità non più vive nell’immediata sensazione ma crea il conflato
temporaneo, e vive nella retrospettiva del passato, e nella prospettiva
dell'avvenire. Questo conflato temporaneo possibilita un'esistenza ideale oltre
l’immediato sensibile presente, e conseguentemente un'idealità inducibile
dall'osservazione. Da quest’osservazione nasce una seconda idea elementare
della mentalità, cioè d'una forza naturale che domina la nostra, e d'una forza
subordinabile alla nostra. Di qui la mentalità si esercita per subordinare le
forze predominanti, e da questa generale osservazione si percepisce come un
fatto costante che l’uomo nasce e muore, e finalmente che *io*, come uomo, ma
no come persona, sono nato e devo morire. L'idea della morte come necessità,
tuttochè sembri un’idea comunissima, è lungi dall'essere tale. La co-scienza
primitiva, come quella di certi selvaggi oggidi viventi, percepisce la morte
come un fatto costante. Ma, come la riſlessione, non arguisce punto che questo
fatto, tuttochè costante, sia necessario. Suppongono questi selvaggi che la
natura umana o sovrumana abbia sempre ucciso l’uomo. Ma suppongono parimenti
che quest'uccisione non sia una necessità, ma una sfortunata accidentalità. La
co-scienza che dalla sensazione si svolge nella mentalità si sistematizza in un
sentimento pressochè comune alla umanità. Il soggetto possiede la sua propria
determinazione individuale. Ma proprie determinazioni non affettano un sistema
generale della co-scienza umana, che perciò ſu chiamato senso comune. Mentre
questo sistema generale della co-scienza è pienamente uniforme al senso comune,
il soggetto è un soggetto comune e spiritualmente normale. Ma quando questo sistema
si aliena dal senso comune in on sistema d'idealità più misteriosa, e trascende
con un giudizio prestigioso i giudizi comuni degli uomini, allora si dice, che
questo soggetto è inspirato, ossia profetico, taumaturgico, e così via.
Generalmente parlando, questa co-scienza trascendente subordina la comune, come
provano i varii sacerdoti della primitiva religiosità romana ed etrusca. Quando il soggetto si
aliena dal senso comune senza trascendere in un'idealità prestigiosa, ed
esercita una pratica contradittoria o contraria o opposta a sè stessa, ovvero
incompatibile colle esigenze generali della pratica oggettività, allora si dice
che il soggetto è spiritualmente ammalato, ovverosia demente. L'alienazione
vuol essere accuratamente distinta, se cioè sia alienazione dal mero senso
comune (in questo senso si può dire, che tutti gli uomini grandi furono
alienati), ovvero se sia una alienazione dalle generali esigenze pratiche
dell'oggettività naturale e spirituale (in questo senso gli alienati sono
coloro che comunemente si chiamano pazzi). La co-scienza trascendentale, ossia
la co-scienza dominata dall'idealismo, co-scienza essenzialmente poetica, è il
polo opposto della co-scienza dominata dalla sensazione, co-scienza essenzialmente
prosaica. A quella si devono tutte le organizza zioni primitive dell'umanità, a
questa si deve preferibilmente la tecnica industrialità e la mercatura
primitiva. Vedremo più oltre, che la Coscienza umana progredisce sulla base di
quest'opposizione archetipica della sua storia. La funzione più essenziale e
più generale della mentalità è la comunicazione (il trasmesso). Il primo stadio
del trasmesso è l'uso di una radice designativa – de-segna – segna. Qui io non
segno che una presentazione o un modo di una presentazione, e sempre si riduce
alle semplici categorie dello spazio e del tempo. Il pronome personali non fu
primitivamente io e tu, e così via, categorie troppo metafisiche, per servire a
questo primo stadio della lingua, ma, “qui”, “là” (Bradley, this, that, and
th’other, thatness, thisness), ecc., categorie dello spazio. Un sistema di
comunicazione che consta di radici semplicemente per la che io de-segno non può
soddisfare alle esigenze più generali della mentalità, epperciò da questo primo
stadio si sviluppa, per l'implicita esigenza della mentalità, il secondo stadio.
Il secondo stadio consta della combinazione di una radice con la che de-segno
con una radice pre-dicativa, ma tuttavia legate a una sensibile determinazione;
cosi, p. es., per designare un oggetto, si sceglie l'attributo sensibile più
esplicito in quel l'oggetto, p.es., il verde per designar la pianta, il bianco
per designer la neve. Quest’attributo sensibile, sendo necessariamente variabile
o contingente nell'oggetto, non può costituire una specie. In questo secondo
stadio si trovano molte lingue dei selvaggi o barbari, i quali scelgono un
attributo sensibile dell'oggetto per designarlo, e conseguentemente non possono
arrivare a formolare le specie o il genus o l’universale, ma semplicemente
oggetti in certe sensibili condizioni. Il terzo stadio usa la categoria propria
della mentalità esplicita, la categoria metafisica, per designare l'oggelto;
come, p. es., define la pianta non l'individuo verde, ma l’individuo polare, i
cui poli cospirano alla luce ed all'acqua. Questa proprietà generica comprende
ogni pianta; perocchè la detta polarità è l'attributo cogitabile generale della
pianta. Il gesto è posseduto da ogni animale come inezzo psichico di movimenti
o di formalità; ma il gesto che caratterizza la soggettività è appunto il
trasmesso psichico che si svolse nella spirituale. La prima radice segna una
mera affezioni dell'anima e più tardi si svolse in un segnato meta-forico, per
rispondere all'esigenze della progressiva mentalità. Il rapporto fra il canale
fisico *espresso* dall'anima e l'anima esprimente (segnante) è quello stesso
rapporto, ma più complesso, per il quale un animale segna con un certo definite
gesto certa definite affezione della sua anima. L'uomo, sviluppando in sè
stesso la propria mentalità e l’inezzo per segnarla, si conobbe come specie
comune. Il primo sistema di comunicazione quasi naturale deve essere stato
pressochè identico in ogni umano, come ogni pecora bela, ogni cani abbaia ed
urla. Dovette essere un inezzo nato con lui e trasmesso senza il minimo bisogno
di convenzionalismo e di pratica convivenza per essere capita. La
communicazione è stata realmente uno degli argomenti più favoriti e più frequentemente
trattati dal filosofo, il quale la conosceva, ed a fondo, in molte forme
antiche ed in un numero ancora maggiore di forme moderne. Egli ne ha trattato,
infatti, in molte sue opere. Ne ha accennato nel primo volume della sua grande
opera, cioè Saggio circa la ragione
logica di tutte le cose “Prolegomeni,, Torino. Ne ha accennato anche nelle
seguenti opere già pubblicale in Torino, e cioè nella Proposta di riforma
sociale; nella Introduzione alla cultura generale (facente parte del predetto
vol.), pag. 120 e seguenti. Ne parla poi in parecchie altre opere ancora
inedite. L'uomo che possedette questo sistema di communicazione visse nelle
foreste in una aggregazione o società piuttosto fortuita, poco dissimili da
quelle dei quadrumani, ma si armò per esercire la caccia e la pesca. La sua
nudità lo facea più fragile degli altri animali, epperciò ha dovuto sopperire a
questa nudità e debolezza colle armi artificiali, e sopratutto colla propria
scaltrezza. Questo primo stato dell'uomo vuol essere qui accennato come quello
dell'astratta soggettività abbandonata a sè stessa; perocchè l'uomo, cacciatore
o vivente dei prodotti naturali della terra e del mare, può vivere solitario.
Le aggregazioni o società di questi uomini sono mera accidentalità non necessità
dello stato proprio. In questo primo stato la soggettività nascente è caratteristicamente
manifestata dalla perversione di certi istinti essenzialissimi alla
conservazione del soggetto e della specie. Così, p. es., nessuna specie animale
s'alimenta del proprio simile, ma certi selvaggi mangiano indifferentemente i
loro nemici, amici, consanguinei, figliuoli, ed alimentano le donne, affinchè
ingrassino e siano buone a essere mangiate quando partoriscono più figliuoli da
mangiare. Quest’enorme perversione d’un istinto cosi radicale (l’affezione alla
progenitura) segna quanto sia profonda la crisi che svolge l'istintualità nella
mentalità. Sono certo che la quasi totalità de’ filosofi non sarà d'accordo su
questo puntoe riterrà l’associazione umana come una necessità e non già come
un'accidentalità. Ma l'autore, per la vita solitaria e un po' misantropica da
lui fatta, è stato come involontariamente tirato a generalizzare questo suo
particolare carattere. E una mentalita che si manifesta come un'orribile
perversione dell'istinto, ma è una mentalità volente, non un mero modo
d'ingenita istintualità. Questo titolo è quello, che nonostante la massima
perversione, può nobilitare l’uomo antropofago sopra la bestia istintualmente
tutrice della prole. Cosi pure, relativamente al soggetto individuo, l'uomo selvaggio
o barbaro in procinto di essere cattivato dai suoi nemici, può suicidarsi, la
bestia non mai (penguino?). L'istinto della propria conservazione individuale è
un istinto comune a tutti i viventi nella natura, come pure quello della
conservazione della propria specie non offre eccezione veruna nel regno della
natura. Le sole eccezioni a questo fenomeno generalissimo della vita si trovano
fra gli animali pensanti come il penguino. Tuttochè qui dobbiamo parlare del
soggetto della natura, astratto da qualsivoglia organizzazione necessitata
dalla sua condizione, abbiamo parlato di tre stadii caratteristici della
comunicazione, come quella che può essere comunicata da soggetto a soggett, senza
convenzione, indipendentemente dall'organizzazione sociale fra soggetti o dalla
nessuna organizzazione. La comunicazione appartiene cosi al soggetto solitario
(il Deutero-Esperanto di Grice ch’inventa al bagno) come al soggetto socievole,
e generalmente al soggetto solitario che profitta segnatamente delle occasioni
dell’amore. L’uomo solitario pratica qualche volta questo rapporto colla
femmina come un mero rapporto erotico occasionale. Abbandona la femmina alle
conseguenze della fecondità, non conosce i suoi figliuoli che sono allattati,
nudriti ed educati dalla madre. Ma la comunicazione, che persuase la copula
dell'amore, è la medesima colla quale la madre educa i suoi figliuoli. Cosi la
comunicazione può dirsi radicalmente una creazione della specie ed assume
dignità ed ha il suo svolgimento nella storia universa della spiritualità. Si
può dire in tesi generale che la comunicazione genera la storia nella sua più
semplice elementarità; e dallo svolgimento della lingua si conosce lo svolgimento
dell'umana mentalità e conseguentemente, delle gesta che ne sono conseguite. Mi
furono mandati a casa, in Torino, dal benemerito libraio Loescher tre
grossissimi volumi intitolati Paselogices Specimen Theoo editum. Intri, etc. Un
filosofo di nome Teofilo Eleutero è a tutti ignoto; e non fu poca la mia mera
viglia nel vedere come un'opera filosofica così voluminosa, scritta e stampata
in latino, avesse potuto sfuggirmi; giacchè, come adesso ancora nella mia tarda
età, specialmente allora ho sempre seguito con vivo interesse il movimento
filosofico. La curiosità quindi di sapere chi egli fosse, e qual valore avesse,
mi fe' tosto gittare gli occhi sul primo volume che portava la designazione di
Prolegomena, e che, come subito vidi, era una Introduzione, o Propedeutica che
voglia dirsi, a tutta l'opera. La mia meraviglia crebbe dopo la lettura delle
prime pagine del volume, tanto più che ad essa si congiunse il sentimento del
l'ammirazione: sentimento che col proseguimento della lettura di venne un vero
entusiasmo. Io mi trovava dinanzi ad un hegeliano, e, per giunta, un hegeliano
di alto ingegno e di larghi propo siti: i quali propositi erano nientemeno che
quelli di una Riforma dell'hegelianismo mediante principii dell'hegelianismo
stesso. Comunicai la mia impressione e il mio entusiasmo al signor Loescher, il
quale m'informò che l'autore dell'opera era un intrese, di nome C., dalla cui
figlia aveva ricevuto l'esemplare dell'opera che mandò a me per prenderne
conoscenza. L'impres sione e l'entusiamo potettero ancora, per mezzo della
figlia, essere comunicati al filosofo, che era già assai infermo e che poco di
poi morì della malattia che da parecchi anni lo travagliava, la paralisi
progressiva. Io continuai, naturalmente, a leggere e stu diare la preziosa
opera, ed è di essa che accennerò maggiormente in questo ricordo del filosofo,
essendo essa indubbiamente il maggior titolo del valore e della posizione
filosofica del medesimo. Senonchè, a render meno incompiuto il ricordo, mi si
conceda che rilevi alcuni altri particolari della sua complessa personalità.
Per cio che concerne biografia e bibliografia mi limiterò alle poche notizie
seguenti. Assolti bene o male, anzi piuttosto male che bene, i primi elementi
della sua istruzione, comincia a trarre qualche profitto in un collegio di gesuiti
a Novara. È una singolare circostanza questa, che un uomo che ebbe sempre uno
spirito non solo diverso, ma anche opposto a quello de' gesuiti, avesse proprio
da questi avuto il primo impulso e il primo profitto agli studi Ma un profitto
maggiore e un vero inizio di studi serii sono da lui fatti a Firenze, ove si
reca subito dopo, mettendosi in relazione cogli uomini del famoso Gabinetto
Viessieux e consacrandosi tutto agli studî' di lingue, lettere e scienze.
Quanto a lingue, tra il tempo che e a Firenze e gli anni che immediatamente
seguirono, ne apprese parecchie tra antiche e moderne, allo scopo non solo di
legger la filosofia negli idiomi originali, ma anche di viaggiare, per prender
diretta notizia di uomini e cose. Infatti, comincia subito a viaggiare
percorrendo in lungo e in largo non solo l'Italia, ma anche la Svizzera, la
Francia, la Germania, l'Olanda e l'Inghilterra. Gli studî che fa nella prima
giovinezza si allargano e diveneno più intensi, quando dopo i viaggi si ritira
nella nativa Intra, nella quale accanto agli studi comincia anche a scrivere
opere di vario genere, segnatamente filosofiche. Nella sua carriera di filosofo
passa per varie fasi, che io (nella mia opera intitolata Notizia degli scritti
e del pensiero filosofico di Ceretti) designo e describo come fase poetica,
fase filosofica in genere ed hegeliana in ispecie, fase di transizione, fase
utopistica e riformativa della società civile, e fase ultima del pensiero
cerettiano, la quale è quella del cosìdetto sistema contemplativo. Ad ognuna di
queste fasi corrispondono opere, e non poche, che si muovono nell’orbita del
pensiero cerettiano gradatamente svolgentesi ed esprimentesi in essa. Le quali
opere, se si considera il complesso di esse tutte, costituiscono una massa addirittura
ingente, che versa su tutte le parti dello scibile. E, infatti, un filosofo universale.
Tanto per dare una idea della predetta massa di saggi, ricordo innanzi tutto
quelli che si riferiscono alla fase poetica, la quale gli scalda tanto la mente
ed il cuore, che gli fe ' dire: Cari poeti, voi dell'alma mia foste il primo
verissimo Messia. Ad essa appartengono le opere poetiche di genere romantico: Eleonora
di Toledo; il Prometeo; il Pellegrinaggio in Italia; le Poesie liriche:
inoltre, queste altre di genere giocoso, satirico e filosofico e scritte anche
in tempo posteriore alla giovinezza: le Avventure di Cecchino, e le Grullerie
poetiche. A queste opere scritte in versi se ne potrebbe aggiungere un'altra
scritta in prosa e pur facente parte di questa prima fase, cioè quella
intitolata Ultime Lettere d'un profugo e costituente un romanzo sul genere del
Werther di Goethe e del Jacopo Ortis di FOSCOLO (si veda). Questa prima fase
nella quale la sua mente è ancora incomposta ed in via di formazione – è
caratterizzata dall'aspirazione di lui ad incarnare in sè stesso i pensieri e i
sentimenti de' grandi uomini del suo tempo e di quello che immediatamente lo
precede (Cenobium). Il che egli stesso riepiloga ed esprime dicendo. In
giovinezza io fui innamorato e delirante alla Werther, patriota furibondo alla
Ortis, stravagante alla Byron, dolorante alla Leopardi, misantropico alla
Rousseau, satanico alla Voltaire, ateo materialista alla La Mettrie, e
finalmente miserabile alla mia propria maniera. Alla seconda fase, che contiene
la sua filosofia più eminente e più compiuta, appartiene -- oltre ad un primo
abbozzo di opera intitolata Idea circa la genesi e la natura della forza la grande opera latina predetta “Pasælogices
Specimen”. La filosofia di questa fase ha il fondo hegeliano, ma però da lui
riformato. Le ultime fasi costituiscono poi una ulteriore deviazione tanto dal
pensiero hegeliano in genere, quanto dall'istesso pensiero hegeliano da lui
riformato ed esposto in que st'ultima. Come prima deviazione e ad un tempo come
transizione alle fasi susseguenti si possono considerare la “Sinossi del
l'Enciclopedia speculative”, le “Considerazioni sul sistema della natura e
dello spirito; l'Insegnamento filosofico: le quali saggi hanno ancora
spiccatamente il carattere di filosofia teoretica ed enciclopedica. La nota
principale della suddetta deviazione è che al logo assoluto, il quale nella
grande opera latina diviene il principio cerettiano riformativo dell'Idea
hegeliana, viene più de terminatamente e accentuatamente sostituito il
principio della coscienza assoluta, Coscienza, che, a dir vero, e già apparsa
nella stessa opera latina. Quale ulteriore deviazione, ma specificamente
appartenenti alla fase utopistica riformativa della società civile, si ricordano
le opere intitolate “Sogni e favole” e “Proposta di una riforma civile”. Oltre
ad esse, vanno ricordate anche queste altre, le quali però sono scritte in
forma di romanzi, cioè, i Viaggi utopistici; l'Inconcludente; Don Simplicio;
Don Gregorio; il Protagonista, e qualche altra. La deviazione massima è in
quegli altri saggi, che rappresentano più spiccatamente l'ultima fase, nella
quale perviene ad una specie di subbiettivismo nullistico, da lui designato,
come è detto, col nome di sistema contemplativo. I pensieri di quest'ultima
fase appaiono in parecchi altri scritti dell'ultimo tempo di sua vita, come per
esempio, per nominarne alcuni, nella Vita di Caramella e nelle Memorie postume.
Ma gli scritti mentovati delle diverse fasi, benchè già numerosi, non
costituiscono neppur gli scritti tutti del filosofo d'Intra, essendovene una
quantità ancora notevole, che possono esser nominati scritti varii ed ai quali
appartengono: Biografie, Autobiografie (tra queste, notevolissima, La mia
Celebrità), Commedie, Novelle morali, ecc. e persino un Trattato d'Astronomia e
un Trattato di Medicina. Come vede il lettore, quella che io chiamava una
ingente massa di scritti, e versante sulla universalità dello scibile, non è
una denominazione esagerata, ma interamente reale. E ciò basti a dare una idea
sommaria degli scritti del filosofo intrese. Per cio che concerne il filosofo
propriamente detto, va considerato rispetto al corso della filosofia in genere
ed al periodo filosofico idealistico tedesco in ispecie, nel qual periodo si
riattacca alla maggiore manifestazione speculativa del medesimo, che è la
hegeliana. Si apparecchiò a pigliare il suo posto in quest'ultima, con uno
studio e conoscenza non comune, primamente delle varie discipline dello
scibile, sopratutto di quelle concernenti la Storia universale e le Scienze
positive e naturali d'ogni specie; secondamente, di quelle attinenti alla
filosofia propriamente detta. Rispetto a quest'ultima, è veramente ammirabile
l'opera del nostro filosofo, che – dopo i suoi profondi studi sui filosofi
delle diverse età (non esclusa quella stessa della filosofia indiana) e in
genere ne' testi originali de' medesimi ne ha dato un saggio notevolissimo egli
stesso nel primo volume della sua opera latina, cioè ne' mentovati Prolegomeni.
Ma nella Storia della filosofia uno de' periodi che più studia e conosciuto è
il predetto periodo filosofico tedesco sì ne' filosofi massimi di essa, come
Kant, Fichte, Schelling ed Hegel, si ne' secondarii e pur importanti del
medesimo, come Herbart, Schopenhauer ed altri. In questo periodo e naturale che
quello che massimamente attraesse e legasse il suo spirito fosse Hegel, siccome
quello che compendia in sè, primamente la Storia filosofica generale e, in
secondo luogo, lo stesso speciale periodo tedesco. Hegel, in fatti, è da lui
considerato come quello che ha raggiunta la più alta forma di speculazione
nella scienza filosofica, sopratutto nella disciplina logica. Considerando il
filosofo tedesco in tal modo, è naturale che nel complesso ne accogliesse le
idee e si riattaccasse a lui. Senonchè, pur accogliendole, non le riteneva
scevre di vizii o errori che voglian dirsi. In conseguenza di ciò si propose da
una parte, di additare questi vizii, dall'altra, di correggerli. E la
correzione, che costituiva per lui una riformazione dell'hegelianismo, non è
poi altro che la filosofia cerettiana stessa, quale è concepita ed esposta
nella predetta grande opera latina. Ciò posto, seguiamo ora tal pensiero
filosofico cerettiano ne suoi tratti fondamentali. Primamente, accogliendo
l'hegelianismo come la predetta suprema manifestazione della coscienza
filosofica, ei l'accoglie nel general fondo e pensiero del medesimo, fondo e
pensiere, che vengono da lui riassunti ne' seguenti principii generali. Primo, L'assoluto
è l'Idea. Secondo, l'Idea concreta è lo spirito. Terzo, l'essenza concreta ed assoluta
dello Spirito è l'Idea logica. Inoltre, l'evoluzione dialettica del l'Idea,
nella quale evoluzione consiste il processo metodico di quest'ultima, avviene e
deve avvenire secondo la Nozione, ossia secondo il Concetto, come dice Hegel
(dem Begriffe nach). Rispetto a tali principii designati come hegeliani non che
come veri e inoppugnabili, e quindi da lui stesso accolti, va però osservato,
che di essi non può essere ritenuto come schiettamente e veramente hegeliano il
terzo; giacchè, secondo Hegel, l'essenza concreta ed assoluta dello Spirito non
è l'Idea logica. Questa è per Hegel l’Idea pura e semplice soltanto, e però
immediata ed astratta, non ancora dialetticamente esplicata e, mediante
l'esplicazione, fatta concreta. L'essenza assoluta e concreta dello Spirito è
per lui invece l’Idea che da puramente e semplicemente logica (da Idea logica )
si è estrinsecata nella Natura (cioè si è fatta Idea naturale o Natura), e,
attraverso di questa, è giunta a coscienza di sè, ossia è divenuta spirituale,
o, che vale lo stesso, è divenuta Spirito. In altri termini, l'essenza concreta
assoluta dello spirito è la coscienza dell'idea, ovvero è l'idea conscia di sé,
mentre l'idea logica hegeliana è ancora inconscia. Per cio che concerne i
mancamenti e vizii della dottrina hegeliana, essi, secondo C. concernono
l'evoluzione dialettica dell’idea, o, che vale lo stesso, concernono l'idea nel
suo processo (esplicazione) dialettico. Un primo vizio generale in tale
evoluzione è per lui quello che nella logica hegeliana concerne il prius e il risultato
dell'idea. Notoriamente per Hegel, benchè l'idea sia, da una parte, il
principio universale assoluto, e, dall'altra il principio iniziale
dell'evoluzione dialettica assoluta, principio iniziale che farebbe come il prius
ideale dialettico, pur non di meno pel filosofo tedesco il vero prius dell'idea
non è questo iniziale, ma quello finale a cui l'idea perviene come risultato
del processo dialettico, risultato finale che è propriamente lo spirito, ossia
l'idea pervenuta a coscienza di sè. È per questo che Hegel sostiene che il vero
prius non è l'idea logica, ossia l'idea pura ed estratta, ma lo spirito, che è
l'idea che col processo dialettico si è fatta veramente reale e concreta. Or
questo prius che Hegel pensa e pone come vero è invece da C. ritenuto falso,
perchè pensato ed ottenuto secondo un procedimento dialettico prestigioso e
sconforme al vero ordine logico, che deve avere e seguire il logo (logo che,
come tosto si vedrà, è il principio specifico assoluto cerettiano sostituito
all’idea hegeliana). Accanto a questo vizio generale, trova e addita vizii
particolari affettanti l'idea come logica naturale e spirituale. I vizii
spettanti all'idea logica e al corrispondente processo dialettico sono tre. Il
primo vizio è che nell'esplicazione dialettica dell'idea logica la genesi di
questa sia una genesi della nozione dalla non-nozione. Il secondo vizio è che
l'esplicazione dialettica dell'idea logica è piuttosto un'astratta esplicazione
delle categorie, anzichè un concreto un rimmanente processo di esplicazione ed IMPLICAZIONE.
Il terzo vizio è che il processo dialettico dell'idea logica hegeliana è
piuttosto un logo astratto astrattamente esplicantesi e riassumentesi insultato,
anzichè la sanzione (o affermazione) di sè stesso nella concreta immanente ed
assoluta verificazione della propria posizione, dialettica e riassunzione. Il
primo de' tre vizii indicati, riproducendo il mentovato general vizio del prius,
ei lo determina meglio designandolo come processo inconscio dell'idea logica,
processo che Hegel pensa appunto come inconscio ed C. pensa e vuole invece come
conscio. E può dirsi che su tal coscienza dell'idea logica poggia il punto
cardinale della differenza dell'idea hegeliana dal logo cerettiano. Quanto al
vizio concernente l'idea naturale, esso è in grosso quello stesso
dell'astrattezza, testè rilevato, o, che vale lo stesso, della non raggiunta
realtà dell'idea nel farsi naturale. Infatti, l'idea logica, estrinsecandosi e
divenendo natura, rimane in quello stato astratto e puramente e semplicemente
ideale che ha come idea logica, e non giunge a veramente naturarsi, com'ei dice,
cioè a farsi vera realtà naturale. E finalmente, quanto allo spirito, od idea
hegeliana spirituale, il filosofo intrese vi trova il vizio di quella stessa
prestigiosità speculativa (speculativa prestigiositas), che ha trovata e
rilevata per la logica. Ed osserva, per giunta, che il general vizio innanzi
mentovato dell'idea hegeliana, che cioè essa sia un risultato, diviene più
specifico nello spirito, in quanto questo, concepito da Hegel come l'idea che
dal suo esser-altro (cioè dalla sua esistenza naturale ) ritorna a sè stessa,
ha appunto il carattere speciale di essere un risultato e non una realtà, a dir
cosi, originaria. Accanto ai predetti vizii fondamentali concernenti l'idea
nelle sue varie forme, logica, naturale e spirituale, ne rileva alcuni altri
secondarii; ma noi, limitandoci alla indicazione de ' fondamentali, passiamo ad
indicare le corrispondenti emendazioni di essi. Preposto che all’idea hegeliana
egli in genere sostituisce il logo, principio universale ed assoluto anch'esso,
la prima generale emendazione, concernente il prius ed il risultato dell'idea
innanzi esposti, è fatta da C. nel senso che il logo è oiginariamente conscio e
non già tale per risultato. Rispetto ai tre vizii dell'idea logica propone come
emendazione (Mi piace di riferire colle stesse parole latine di C. il predetto
triplice vizio. Hegelianæ logicæ tractationis defectuositas, in exitu prolegome
norum designata, est primo, quatenus notionis a non-notione progenesis;
secundo, quatenus categoriarum abstracta explicativ, potiusquam concreta
explicationis et IMPLICATIONIS immanens contraprocessu osilas; tertio, quatenus
abstractus er plicativce dialectica LOGUS in abstracta resumptione, potiusquam
in concreta positionis, dialectica et remsumptionis immanente absoluta
verificatione suun ipsum sanciens. Pasael. Spec., CENOBIUM) e però
riformazione, che il primo venga emendato mediante il principio della generale
coscienza logica della nozione od idea hegeliana: il che importa che il logo
sia una nozione (idea) che si genera dalla nozione stessa e non già dalla non-nozione
(nozione inconscia). La emendazione di questo primo vizio coincide in grosso
anche colla generale emendazione predetta del prius e del risultato. La
emendazione del secondo vizio è dal nostro filosofo ottenuta col propugnare ed
effettuare che la genesi delle categorie logiche non avvenga secondo un
processo astratto di sola esplicazione, ma secondo un processo concreto di
esplicazione ED IMPLICAZIONE insieme: nel qual processo concreto i momenti
astratti di esplicazione si negano come astrattamente tali ed affermano perciò
la loro unità. Il terzo finalmente viene emendato, pensando e determinando il logo
assoluto in guisa che esso non rimanga un momento astratto di riassunzione (risultato),
ma che divenga assoluta ed immanente affermazione (sanzione) di tutto il corso
esplicativo, costituendo così un processo e contro-processo, in cui ogni
momento è unità dell'astratto e del concreto. Quanto ai vizi relativi all'idea
naturale hegeliana, la emendazione (stata già implicitamente accennata nella
critica fatta di essi ) consiste in quella che C. appella la NATURAZIONE del logo.
E cioè, mentre Hegel concepisce la natura siccome l'idea ritornante a sè stessa
dal suo esser-altro (dalla sua esternazione ed alterazione), il Ceretti invece
pensa che la natura non è sol tanto ciò, ma è e dev'essere reale naturazione
del logo, ossia reale incarnazione ed obbiettivazione del medesimo. E da
ultimo, quanto all'emendazione del vizio dell'idea spirituale, essa nel
complesso è quella già rilevata nella critica fatta del vizio, e consiste nel
concepir la medesima, ossia lo spirito, siccome logo originariamente conscio e
non divenente tale per risultato d'un processo. Le predette generali e
fondamentali emendazioni, accanto ad altre subordinate e secondarie, son quelle
che nella esposizione ed esecuzione delle idee filosofiche costituiscono la
filosofia cerettiana riformativa della hegeliana, e filosofia riformativa che
forma il contenuto della più volte mentovata grande opera di C., intitolata “Saggio
di Panlogica.” Questo Saggio è un'opera veramente colossale ed è l'enciclopedia
filosofica cerettiana, modellata sulla nota corrispondente Enciclopedia
hegeliana (Encyclopädie der philosophischen duissen schaften) in tre volumi. Concepì
la propria enciclopedia vasto disegno da assolversi in otto volume. Il primo (i
prolegomeni) come propedeutica a tutta l'opera, propedeutica che ad un tempo
contenesse in germe il pensiere della stessa Enciclopedia. Il secondo
contenente (col nome di “ESO-LOGIA”) l'esposizione della logica e metafisica.
Il terzo, il quarto, ed il una con un quinto (col nome di ‘ESSO-LOGIA’)
costituenti la trattazione ed esposizione della filosofia della natura nelle
sue tre parti della Meccanica, della Fisica e della Biologia (od Organica). Il sesto,
il settimo e l'ottavo (col nome di “SINAUTOLOGIA”) designati a trattare la filosofia
dello spirito, distinta anch'essa in tre parti denomi nate Antropologia,
Antropo-pedeutica ed Antropo-sofia. Di questa vasta concezione ed esecuzione il
principio fondamentale ed assoluto è il Logo, che il lettore vede essere in
fondo alla Esologia, Essologia e Sinautologia: Logo che, come si è detto, in
Ceretti piglia il posto e la generale significazione del l'idea di Hegel. Il logo
Cerettiano, come quest'ultima, è l'universa ed assoluta realtà, e realtà con
preminente carattere ideale, comprendente in sè la realtà logica, la naturale e
la spirituale. Per tal carattere anche la filosofia cerettiana è idealismo;
tanto più veramente assoluto, in quanto, non meno e forse ancor più
dell'hegeliano, abbraccia in sè in complessiva unità tutte le forme di
Idealismo apparse nel corso storico della filosofia, si in generale le
antecedenti all'Idealismo tedesco, si in modo più speciale quelle di
quest'ultimo, cioè gli Idealismi subbiettivi Kantiano e Fichtiano, l'Idealismo
obbiettivo Schellinghiano, non che lo stesso Idealismo assoluto Hegeliano.
Questo carattere di universalità ed assolutezza dell'Idealismo cerettiano è una
delle cose più spiccanti, più notevoli ed anche più rilevate dell'Enciclopedia
filosofica del filosofo intrese. Quanto al principio assoluto del Logo, va
parimenti rilevato, che, per la natura conscia del medesimo innanzi additata,
esso vien da C. designato anche come puramente e semplicemente coscienza: per
modo che coscienza e logo ricorrono quasi pro miscuamente nell’enciclopedia
cerettiana ed anche in altre opere posteriori) come espressive e determinative
del principio assoluto. È bene, inoltre, rilevare che tal principio assoluto e
dal nostro filosofo anche puramente e semplicemente detto l'assoluto, il quale
corrisponde in tutto e per tutto al logo e alla coscienza consi derati come
assoluti. Ciò fa intendere come per C. l'elemento conscio costituisce il
carattere essenziale del suo principio assoluto, ossia del suo Logo in tutto il
suo ambito, mentre per Hegel l'elemento conscio è caratteristico e specifico
dello spirito propriamente detto, ossia dell'idea giunta a coscienza di sé. Ciò
farà, d'altra parte, pari menti intendere come il filosofo intrese ponga come
riformativa dell'hegelianismo la proposizione: L'assoluto è la coscienza. Per
cio che concerne la designazione del principio assoluto, rilevo ancora che, ad
esprimere il predetto principio assoluto, egli adopera tante altre volte anche
le parole idea, nozione, persin Pensiere, come Hegel. Ma, se le espressioni son
varie, il senso e valore fondamentale del suo principio è quello del logo
pensato come Logo conscio o coscienza assoluta. Conformemente a ciò (e in
grosso conformemente all'hegelianismo) il Logo vien pensato nella sua IN-TRINSECA
natura e nel suo processo dialettico. Nella sua natura il Logo vien considerato
in tre diverse forme di esistenza, cioè: quale è IN sè, quale è PER sè, e quale
è IN sè E PER sè. La considerazione del Logo IN sè stesso costituisce la
predetta “ESO-LOGIA”, da sis, és, dentro e logos, ossia la dottrina
logico-metafisica del logo. Quella del Logo FUORI DI sè costituisce la “ESSO-LOGIA” (da few, fuori,
in latino, “Exologia”), ossia la dottrina filosofica della Natura. Quella del
Logo IN sè E PER sė, o come il Ceretti la dice, del Logo IN sè e SON sè,
costituisce la “SIN-AUTO-LOGIA”, da “syn” e “autos”, con stesso ), ossia la
dottrina dello spirito. Degno di rilievo è inoltre che il logo IN sè è il logo
nella sua subbiettività. Il logo FUORI DI sè è il logo nella sua obbiettività.
Il logo IN sè e sè e il logo nella unità della sua subbiettività e della sua obbiettività,
ossia è il logo subbiettivo-obiettivo, che è poi il logo assoluto. È bene
parimenti rilevare che come il logo è per eccellenza il logo conscio, il quale
è poi lo spirito o la coscienza, così si designano egualmente lo spirito e la coscienza
nella loro subbiettività, nella loro obbiettività, e nell'unità della subbiettività
e dell'obbiettività. Il predetto triplice modo di essere della natura del logo
soggiace ad un processo esplicativo, che costituisce il processo dialettico,
appellato anche metodo dialettico. Questo processo metodico ha, tanto per Hegel
quanto per Ceretti, tre momenti anch'esso. Questi momenti, che il filosofo
tedesco appella comunemente dell'IN sè, del PER sè e dell'IN sè e del PER sè,
dando loro il valore e significato di momento immediato o intellettivo (della
speculazione dell'idea ), di momento mediato o razionale negativo, e di momento
immediato e mediato insieme, o razionale positivo, vengono invece dal Ceretti
appellati (nel complesso però con valore e significato simili a quelli di
Hegel) momenti della posizione (thesis, positio), ri-flessione e con-cezione.
La posizione, come la parola stessa indica, ha il valore e significato di
quella che comunemente (in Fichte, Schelling ed Hegel), ricorre come “tesi”, mentre
la ri-flessione ha significato e valore di contraddizione (opposizione, ob-positio,
contra-posizione, antitesi ) e la concezione significato e valore di
conciliazione (com-posizione, sintesi) degli opposti, sintesi della tesi e
dall'antitesi. La triplicità delle forme di esistenza del logo (quelle di Eso-Logo,
posizione; Esso-Logo; contra-posizione; e Sinauto-Logo, com-posizione, con le
corrispondenti dottrine d’esologia, essologia e sinantologia, costituisce per C.
i tre Cicli di quest'ultimo. Cicli che, mentre son tre, pur ne costitui solo
sotto triplice forma: costituiscono cioè il logo assoluto uni-trino. Un altro
punto pur degno di rilievo e caratteristico è il modo come determina la
considerazione filosofica o speculativa de tre cicli. La considerazione del
primo, ossia dell'Esologia (posizione) per lui il pensiero del Pensiero (“cogitatio
cogitationis”, l’implicazione o impiegazione dell’impiegazione) quella del
scono un ma secondo o dell'Essologia è il Pensiero del Pensato (“cogitatio cogitatis”
– implicazione dell’implicato, o impiegazione dell’impiegato, e quella del
terzo, o della Sinautologia, è il Pensiero del Pensante (“cogitatio cogitantis,”
implicazione dell’implicante, impiegazione dell’impiegante). Anche
nell'hegelianismo il Pensiero assoluto è identificato col l'idea assoluta, in
quella guisa che il C. identifica parimenti il Pensiero assoluto col Logo
assoluto. Però nella espressione e determinazione cerettiana la cosa ha un
significato più specifico, e propriamente questo, che cioè l'Esologia (posizione)
è la considerazione del Pensiero in sè stesso, del pensiero puro hegeliano e
potrei anche soggiungere, della ragion pura kantiana. L’Essologia (contra-posizione,
impiegato) è la considerazione del Pensiero del Pensato, cioè del Pensiero non
più in sè, puro ed astratto, del Pensiero estrinsecato (fatto per sè),
obbiettivato. La Sinautologia (com-posizione) la considerazione del Pensiero
del Pensante (impiegante: implicazione come relazione tra il implicante e
l’implicato) cioè del pensiero come esistente ed esercitantesi nel subbietto
pensante. Potrei dire che la predetta triplice considerazione è quella del
Pensiero puro e semplice, quella del Pensiero come obbietto di sè medesimo (estrinsecatosi
fuori di sè nella natura), e quella del pensiero astratto ed operante come
proprio subbietto (nella coscienza del pensiero stesso o nello Spirito ). Dopo
le antecedenti generalità, passiamo a considerare parte per parte il logo nelle
sue tre forme di esistenza nella logico metafisica (Esogia, posizione), nella
naturale (Essologia, contra-posizione) e nella spirituale (Sinautologia, composizione).
La dottrina logico-metafisica, conformemente alla hegeliana, è pur distinta in
tre parti che anche per lui, come per Hegel, son quelle dell'Essere,
dell’Essenza e del Concetto: solo che queste nel filosofo tedesco si susseguono
nel modo indicato e nel filosofo intrese mutan posto, diventando primo il
Concetto, secondo l'Essere e terzo l’Essenza. Questo mutamento diposto nella
serie porta poi naturalmente con sè un corrispondente mutamento nel processo
dialettico. Le dottrine di queste tre parti così spostate hanno in Ceretti i
nomi speciali di “PRO-LOGIA” (concetto); “DIA-LOGIA” (essere); e “AUTO-LOGIA”
(essenza). La PRO-LOGIA con sidera il Logo esologico (ESO-LOGO) o
logico-metafisico, nella astratta identità del Pensiero (impiegazione). La
DIA-LOGIA (CONTRA-POSIZIONE) considera il logo nella differenza (IMPIEGATO) di
esso. La AUTO-LOGIA (COM-POSIZIONE) considera il logo nella unità sintetica (IMPIEGANTE)
dell'identità E della differenza del Pensiero stesso. Non credo che il nostro
filosofo abbia avuto giusta ragione d'invertire l'ordine de' tre principii
fondamentali predetti. Ma, checchè sia di ciò, è bene di allegare la ragione
dell'invertimento da lui ritenuto razionale e necessario. La quale, a suo
credere, è che per il logo conscio, o che vale lo stesso, per la Coscienza il
primo (prius) PRO-LOGICO (cioè il primo con cui deve cominciar la logica) non
dev'essere nè indeterminato, come sono l'essere di Hegel e di Rosmini-Serbati,
nè determinato (impiegato), come sono l'Io di Fichte e la predetta Ragione di
Schelling, ma dev'essere lo stesso prius, nel quale sieno implicitamente
contenute tanto la indeterminazione quanto la determinazione. E un sì fatto prius
è la PRO-POSIZIONE, che è il primo ed iniziale momento della sua Pro-logia, il
quale è più primitivo e più semplice del giudizio (A e B) che ne costituisce il
secondo, al quale poi segue il terzo unitivo de' due primi, che è il Sillogismo
(CONIUNCTIO, CO-RAZIONALE). Quanto alla natura de suddetti momenti della Pro-logia,
la Pro-posizione è la immediata ed indistinta coscienza logica, la quale,
appunto per la sua indistinzione, non è nè subbiettiva nè obbiettiva. Il
Giudizio (la proposizione pensata) invece è la coscienza logica, che dalla
indistinzione od indifferenza si esplica e passa nella subbiettività ed
obbiettività di sè medesima. E da ultimo il Sillogismo (coniuctio,
co-razionale) è la subbiettività della coscienza logica, la cui attività
consiste nell'esplicare se stessa, esplicazione di sè stessa, che in fondo è
poi una obbiettivazione della subbiettività. Dato tal concetto generale de'
momenti della pro-logia, il nostro autore passa a considerare e determinar
ciascuno in se medesimo, ed inoltre secondo il predetto processo metodico
tricotomico della Posizione (Proposizione, impiegazione), della Riflessione (contra-posizione,
impiegato) e della Concezione (com-posizione, impiegante). Conformemente a ciò,
distingue la Pro-posizione in “posta”, ri-flessa e concepita; e in posto,
riflesso e concepito, distingue e determina parimenti sì il giudizio (proposizione
pensato) che il Sillogismo (impiegante, composizione). La trattazione ed
esposizione di ciò è amplissima, specialmente quella del Sillogismo; ed è non
solo amplissima, ma anche note volissima per le molteplici determinazioni
logiche ed ontologiche non che illustrazioni ed applicazioni d'ogni genere alle
diverse parti dello scibile e della stessa realtà. La trattazione è di tanto
interesse che è degnissima di esser presa da ognuno in considerazione anche
oggi alla distanza di una sessantina d'anni, dacchè fu pensata ed esposta. Non
potendo entrare nelle particolarità a far intendere il pensiero cerettiano sì
nella concezione de' momenti della predetta pro-logia sì nel passaggio da
questa alla Dia-logia, allegherò un luogo nel quale l'autore lo ri-epiloga, e
che è questo. Il pensiero pro-logico, uscito e passato dalla sua generalità
formale (cioè, dalla pro-posizione) colla particolarità formale della sua
generalità (cioè, col giudizio, impiegato) nell'unità formale della sua
generalità e della sua particolarità (cioè, nel sillogismo, la com-posizione,
impiegante), si concepisce come sistema metodico della RAZIONALITÀ, ossia come
forma assoluta delle forme. La forma sillogistica delle forme pensabili insegna
che il pensiero è essenzialmente il sistema di sè, e non v'è sistema all'in
fuori del sistema del pensiero, poichè l'altro del pensiero non può essere
fatto (posto) da altro che dal pensiero. Inoltre, insegna che il sistema
assoluto del pensiero è il sillogismo giudicativo della proposizione, perciò l'assoluto
non può esser concepito altrimenti. Cosi a pag. 125 della Ragione Logica di
tutte le cose. Esologia, nella versione dal latino (Torino, Baldini)) che nella
forma sillogistica. Questa concezione porta con sè la necessità logica di sè,
poichè è la nozione della nozione. Il sillogismo assoluto, come pro-logico, non
è più che la formalità (la forma assoluta del logo, la quale invoca
l'essenzialità assoluta di sè da esplicare in sè da sè stesso. Quindi il
sillogismo passa dalla sua subbiettività assoluta ad esplicare la sua
obbiettività IMPLICITA assoluta. Questa obbiettività è la verità della
subbiettività sillogistica assoluta. Ciò posto, quella che ora effettua il
passaggio e progresso dalla forma e dalla subbiettività del Pensiero alla
essenzialità ed obbiettività del medesimo è la Dia-logia, che per eccellenza è
la dottrina delle categorie logiche del Pensiero. Corrispondendo la dottrina
dialogica cerettiana alle dottrine logiche hegeliane dell'Essere e dell'Essenza
prese insieme, ne segue che le categorie, onde qui è parola, sono in grosso
quelle che ricorrono nelle predette due dottrine hegeliane. Quanto al concetto
della categoria e alla funzione logica della categorizzazione, sono importanti
queste parole del filosofo intrese. La categoria (predicamento) è propriamente
la predicazione del Pensiere fondata dallo stesso pensiere come necessaria; e
la categorizzazione del Pensiere è l'atto più nobile della speculazione
filosofica e la più alta concezione dal Pensiere umano. Nè meno importanti in
proposito sono gli additamenti che fa intorno alla evoluzione storica delle
categorie presso i diversi filosofi e corrispondenti scuole che spiccano
intorno ad esse. Percio che concerne le categorie trattate e sviluppate nella
Dialogia, le fondamentali son quelle dell'Essere, dell’Essenza, e del
l'Esistenza, come costituenti la triplicità dialogica per eccellenza; e da
queste fondamentali se ne sviluppano altre costituenti momenti subordinati, ma
non meno importanti. L'Essere, infatti, è da prima il Logo generale ed
indeterminato (est logus conscentiæ generalis), ma esso si particolarizza e de
termina in sè medesimo in ulteriori principii categorici. Per esempio, si
distingue e particolarizza come QUALITATIVO, QUANTITATIVO, E MODALE, sorgendo
così LE TRE CATEGORIE DELLA QUALITÀ, della QUANTITÀ e della MODALITÀ (misura).
Ed inoltre l'Essere nella sua stessa generità (innanzi alla predetta
particolarizzazione dunque) è essere (pro-posizione), non-essere (opposizione o
contraposizione) e divenire (composizione): (esse, non-esse, latino FIERI,
perduto nel volgare). Come, d'altra parte, le TRE CATEGORIE della QUALITÀ, QUANTITÀ
e MODALITÀ alla lor volta si distinguono e particolarizzano in altre. Chi
conosce la logica di Hegel vede subito nelle predette categorie cerettiane la
simiglianza con le corrispondenti hegeliane. Ed è forse questa la parte, nella
quale si tiene più da vicino a quello, mentre in altre parti vi sono non poche
dissimiglianze. Nel predetto citato volume della Esologia, ecc. Dall'essere il
processo dia-logico conduce alla seconda categoria fondamentale predetta, cioè
alla Essenza la quale non è altro che la particolarizzazione dello stesso
Essere (Esse suam absolutam particolaritatem adeptum est Essentia). Ciò che si
è detto avvenire per la categoria fondamentale del l'essere avviene anche per
l’essenza, che cioè anche questa, alla sua volta distinguendosi e
particolarizzandosi in sè medesima, ne produce di ulteriori, come quelle del
fondamento, della sostanza, della materia, ecc. E quanto alla terza categoria
fondamentale, cioè l'esistenza, essa è l'unità dell'essere e dell'essenza
(INSISTENZA, ESISTENZA, CONSISTENZA). Ognuno nella “Ex-istentia” riconosce
l'Esse come particolarizzato. Ma d'altra parte, nella particolarizzazione
dell'Essere si specifica e manifesta anche l'elemento dell'Essenza, per forma
che l'esistenza risulta siccome una manifestazione dell'essenza (“EX-SISTENTIA
est essentia manifesta ). E da ultimo l'Esistenza (E-SISTENZA, EX-SISTENZA) dà
anch'essa origine ad altre categorie subordinate, come realtà, necessità, La
terza parte della Logica (o della Eso-logia ) cerettiana, cioè l'Auto-logia, si
fonda, sviluppa e sistematizza in tre categorie fondamentali, che son quelle di
Sapere, Volere, Agire (Scire, Velle, Agere ), le quali sono in corrispondenza
di quelle che ricorrono nella terza parte della Logica hegeliana, e che sono l'idea
del conoscere (die idee des erkennens ), l'idea del bene (die idee des guten) e
l'idea assoluta (die absolute idee). Va però osservato che il volere e l'agire
che in Hegel si congiungono nell’idea del bene, e costituiscono l’idea pratica,
in C. appariscono, al contrario, come momenti e categorie distinte. Questa
terza parte della Logica del Ceretti è una delle più belle e ad un tempo una di
quelle in cui il Ceretti è come più originale e più indipendente da Hegel. Il
modo come vede la distinzione, la relazione e la unificazione del sapere, del
Volere e dell'Agire è qualche cosa di profondo, di stupendo e di vero, e lo si
vede più chiaramente e più determinatamente di quel che possa vedersi nel, pure
grandissimo, filosofo tedesco. Ciò viene dal perchè i tre momenti, che in Hegel
sono come ancora implicati e inviluppati, in C. ricorrono come più sviluppati e
ad un tempo più sistemati. Il pensiero cerettiano dell'auto-logia è (secondo
che lo espressi nella mia Notizia degli scritti del pensiere filosofico del
Ceretti) che l'assoluto è la coscienza logica che si sistematizza in se stessa,
per quindi sistemarsi fuori di sè allo scopo finale di sistemarsi in sè e per
sè come assoluta unità di sè stessa. L'Auto-logia costituisce un sillogismo
assoluto (cioè una connessa triplicità assoluta), i cui termini sono i predetti
di Sapere, Volere, Agire. Nella Coscienza assoluta il Sapere è l'essere del
Volere. Nel Volere c'è, infatti, esterîorazione del Saputo. Il volere è
l'essenza del Sapere. L’agire è l'esistenza del Volere. Tutti e tre insieme
costituiscono l'unitrinità della Coscienza. Anche le tre predette categorie si
distinguono e particolarizzano in altre. Il Sapere si svolge ne ' momenti
subordinati (i quali son tre sotto-categorie anch'essi) la prima sottocategoria
di sapere immediato, la seconda sottocategoria di sapere mediato, e la terza
sottocategoria di sapere assoluto. Il Volere si distingue e particolarizza alla
sua volta nelle tre forme sottocategoriche. Prima sottocategoria del Volere
subbiettivo. Seconda categoria del volere obbiettivo. Terza categoria del
volere assoluto. La categoria auto-logica dell’Agire si particolarizza nelle
sue corrispondenti tre sottocategorie. Prima sottocategoria di “agire attuoso”,
aagire come atto puro e semplice. Una seconda sottocategoria come Agire
volonteroso. Terza sottocategoria come Agire concettuale.Queste tre azioni o
funzioni categoriche dell’Agire le designa come Agere actum, Agere voluntatem e
Agere notionem. Questo è in breve il concetto e disegno della prima parte della
grande opera enciclopedica del nostro filosofo. La seconda parte, quella del
Logo FUORI sè (EXO-LOGO, esso-logo) o del Logo nella sua obbiettivazione, cioè
la Filosofia della Natura, ha avuta una estesissima trattazione; e trattazione
in cui il nostro filosofo si mostra non poco originale ed indipendente rispetto
alla corrispondente parte della Enciclopedia hegeliana. Essa è PER NOI ITALIANI
TANTO più importante, in quanto non vi è in Italia, neppure presso i nostri
filosofi maggiori moderni, una sola opera che, prima di questa di C., meriti il
nome di filosofia della Natura nel senso ampio, vero e moderno della parola. Io
ho scritto su questa parte della grande opera cerettiana tre lunghissime
Introduzioni ai tre volumi che vi si riferiscono, le quali, riunite insieme e
pubblicate sotto il titolo di “Filosofia della Natura” formano un'opera di ben
487 pagine; e in questa ho ampiamente chiarita e dimostrata la verità di tutto
ciò. Quanto al cenno che posso farne qui, specialmente a cagione della vastità
di trattazione che ha in C., esso non può consistere in altro se non nella pura
e semplice indicazione del disegno, della materia e dell'andamento della
trattazione stessa. Premessa la determinazione della posizione e del concetto
della filosofia della Natura nel Sistema pan-logico, passa alla considerazione
di un punto importantissimo, quello cioè della evoluzione storica della
concezione filosofica della natura, evoluzione che, secondo lui, passa per tre
gradi e corrispondenti forme della coscienza filosofica, la forma estetico-teologica
(o sentimentale) la forma empirico -matematica (o intellettiva e riflessiva ) e
la forma speculativa propriamente detta (o concetturale). E fa in propo sito
una stupenda rassegna storica di queste forme, giungendo all'ultima, ossia alla
hegeliana, alla quale egli si riattacca, ulteriormente sviluppandola e
riformandola in ciò che ha di difettivo. Procede quindi alla partizione della
Filosofia della Natura, dividendola come abbiam detto in Meccanica, Fisica e
Biologia, conformemente alla Natura distinta in sè stessa in meccanica, fisica,
e biotica (vivente). Carattere costitutivo della Natura meccanica è la QUANTITà,
della fisica la qualità, e della vivente l'UNITà (composizione) della quantità
e della qualità, la quale unità è poi la MODALITà o la misura della medesima.
Quanto all'unità inscindibile delle tre parti distinte e de' corrispondenti
tre' caratteri della natura, sono notevoli e riassuntive queste parole del
filosofo intrese. Cioè: Il meccanismo é ove è la fisica (la natura fisica), e
la fisica é ove è il meccanismo; e se vi sono il meccanismo e la fisica, vi è
anche la natura vivente. Ad intendere meglio il rapporto ed il corrispondente
concetto filosofico delle predette tre parti e de' tre predetti corrispondenti
caratteri, arreca un esempio illustrativo, che è bene di riprodurre anche qui.
Il meccanismo suppone necessariamente l'esteriorità reciproca dei suoi termini.
Quando questa esteriorità, passata nella sua interiorità, nella sua unità
inseparabile, trascenda sé a sè esteriore, non versa più in un piano o campo meccanico,
il quale ammetta per sè alcuna intrinsecazione qualitativa della esteriorità
meccanica, ma versa propriamente nella natura fisica del meccanismo (in
mechanismi physi), la quale è la à passatQUANTITa nella sua QUALITà che deve
esplicarsi. Così, ad esempio, in qualunque modo supponiamo il ferro, diviso,
figurato, posto in movimento, ecc., esso non cessa di essere ferro. E quando
per azioni esterne, come ad esempio, per l'ossidazione, cessi di essere ferro,
non consideriamo tali azioni come meccaniche, perchè due modi della materia
(l'ossigeno e il ferro) sono divenuti un solo modo (neutrale), il quale non
ammette più alcuna co-alteriorità esterna di fattori (essenzialissima al
meccanismo, ma è in sè l'unità qualificata de' quanti, la natura fisica del
meccanismo. La quale unità è poi LA VITA, ossia, quel principio grazie al quale
l'alteriorità meccanica si neutralizza fisicamente, e la neutralità fisica si
alteriora (si fa altra ) meccanicamente: il che, in quanto è nella
circoscrizione essologica (naturale), è la vita. Ciò posto, concependo la
natura meccanica o il meccanismo come il sistema della quantità, passa alla
reale considerazione e corrispondente sistemazione filosofica di tutti i
principii (detti anche categorie naturali) della medesima come spazio, tempo,
moto, ecc. Conformemente a ciò, concependo la natura fisica parimenti come il
sistema della qualità, svolge i principii o categorie naturali di essa, come
etere (o materia eterea), luce calore, magnetismo, elettricità ecc. E s'intende
che ciò che è detto della natura meccanica e della fisica, va detto anche della
NATURA VIVENTE, della quale, come unità concreta delle due antecedenti, si
vvolgono, determinano e sistematizzano i corrispondenti principii e momenti.
Questi principii, coi relativi sistemi vitali, sono nella loro generalità e
progressività evolutiva la vita cosmica od URANICA, la vita geologica e la vita
fito-zoologica. Per questa intende la predetta reciproca esteriorità de'
termini. La vastità di conoscenza delle discipline naturali non che la forza
speculativa ch'ei mostra nell'intenderne e collocarne i principii nel suo vasto
disegno del sistema panto-logico sono tali da fare de C. una delle menti
filosofiche più vaste e più profonde del nostro paese. Col terzo volume della
Filosofia della Natura, che è il quinto della grande opera pan-logica, questa
rimase interrotta; però se rimase interrotta, la iattura non è stata nè intera
nè irreparabile. Giacchè i cenni e relativi concetti riformativi anche della
terza parte del sistema pan-logico già delineati primamente ne' Prolegomeni,
poscia qua e là considerati negli stessi quattro susseguenti volumi, son tali e
tanti da potersi fare un concetto chiaro e de terminato anche di esso. Ma, per
giunta ed ulteriore integrazione di questa, lascia due saggi che concernono
proprio questa terza parte, cioè le due già mentovate intitolate, l'una,
Considerazioni sopra il sistema generale dello spirito ecc. (Torino), l'altra,
Sinossi del l'enciclopedia speculativa (Torino). Un brevissimo cenno anche di
questa terza parte è il seguente. Quanto al concetto, obbietto e partizione di
essa, rappresen tando la prima parte la subbiettività del logo o della coscienza
assoluta, e la seconda la obbiettività, questa terza rappresenta l'assoluta
unità delle medesime: assoluta unità, che vien cosi ad essere la Coscienza
subbiettiva obbiettivata e ad un tempo la Coscienza obbiettiva subbiettivata.
Or questa Coscienza risultata tale è ciò che C. (conformemente ad Hegel)
appella comune mente anche spirito, il quale è appunto l'obbietto di questa
parte da lui denominata sin-auto-logia. Intanto, siccome lo Spirito, benchè già
sorgente nella stessa animalità, pur non giunge alla sua reale manifestazione,
esistenza e verità se non nella umanità, così divien questa lo speciale
obbietto della sin-auto-logia. La quale perciò è dal nostro filosofo, designata
come speculante l'Uomo, primamente nella Subbiettività secondamente nella
Obbiettività, e in terzo luogo nella Assolutezza del medesimo: Assolutezza, che
è l'unità della subbiettività e dell'obbiettività. Di questa triplice
considerazione, o meglio speculazione, la prima costituisce ciò che egli chiama
l'Antropo-logia, la seconda l'Antropo-pedeutica, la terza, l'Antropo-sofia. I
lettori che conoscono la dottrina hegeliana vedranno tosto la simiglianza della
dottrina cerettiana colla dottrina hegeliana dello Spirito, distinta in quella
di Spirito subbiettivo, spirito obbiettivo e Spirito assoluto. Senonché, se c'è
simiglianza nella generale concezione, c'è anche una notevole differenza nella portico.
L'uomo è la concreta verità dello Spirito (Homo est spiritus concreta veritas).
lare trattazione della medesima. Per dire ancora qualche cosa della concezione
e partizione cerettiana della predetta Sin-auto-logia rilevo che l'Antropo-logia
considera l'Uomo come Subbietto generale. E come tal Subbietto consiste
dell'elemento fisico o corporeo e dell'elemento meta-fisico ossia animico, così
essa è primamente Psico-fisio-logia. Indi considera nel generale subbietto
umano l'elemento, dirò così specificamente umano, ossia la mente, ed è Noo-logia;
in terzo luogo, la mente, o l'attività teoretica, si realizza come attività
pratica e allora l’Antropo-logia nel suo terzo momento è Prasseo-logia o
dottrina del l'azione spirituale. La Psico-fisio-logia, la Noo-logia e la
Prasseo-logia hanno alla lor volta principii, ossia momenti subordinati, e
vengono anche questi considerati, accolti e sistemati nella Antropo-logia
L'Antropo-pedeutica, all'opposto della Antro-pologia che consi sidera l'Uomo
subbiettivo, considera l'Uomo obbiettivo, ossia l'uomo nella obbiettivazione
della propria subbiettività: la quale obbiettivazione costituisce, primamente,
la dialettica mondiale umana e produce ciocchè si appella la storia; è in
secondo luogo il logo sistematico della dialettica obbiettiva, che in senso
lato è ciocchè si appella la didattica; e in terzo luogo è la stessa
obbiettività sistemata nel Subbietto, che è quella che si designa col nome di DIRITTO.
Che anche queste tre parti dell'Antropo-pedeutica (Storia, Didattica, Diritto),
si sviluppino, particolarizzino e sistematizzino in ulteriori sfere, attività,
principii, ecc., lo s'intende da sè. E cosi viene assolta anche questa parte
della Sinautologia. E finalmente vien considerata e trattata l'ultima sfera di
questa, cioè l'Antropo-sofia, la quale ha che fare coll'uomo considerato nella
sua assolutezza, ovvero nella sua Coscienza assoluta, e com prende la sua
attività artistica, religiosa e filosofica. L'Arte è la contemplazione e
produzione del bello, del buono e del vero mediante l'ispirazione estetica: la
Religione e l'apprensione, rivelazione e culto del divino, e tramezza la
manifestazione estetica e la concezione filosofica; la FILO-SOFIA sviluppa la
immediata apprensione religiosa nella mediata concezione del pensiero assoluto.
La triplice ed assoluta attività dello spirito, artistica, religiosa e
filosofica costituisce l'ultimo e supremo sillogismo del Logo assoluto o della
Coscienza assoluta, e con esso si chiude il Sistema pan-logico. Tale è in nuce
il vasto pensiere filosofico cerettiano e la vasta esecuzione del medesimo. Per
ciò che è riferito in queste poche pagine rimando il lettore ai miei molteplici
lavori intorno al Ceretti, specialmente alla Notizia degli scritti e del
pensiere filosofico non che alla Filosofia della Natura » del medesimo. E
soggiungo e annunzio qui volentieri che intorno a quest'uomo, che ha occupato
due decenni di studi della mia vita, son presso a finire l'ultima mia opera:
opera che consiste in una estesa e particolareggiata esposizione di tutto
intero il suo sistema panlogico, compresa la sinautologia. Ho forse speso
intorno a lui più tempo di quel che conveniva per i miei propri studî e lavori.
Ma non me nepento, non solo perchè è stato di giovamento a questi stessi, ma
specialmente perchè ho contribuito a far conoscere un uomo, che fa onore
grandissimo alla filosofia in genere e alla filosofia italiana in ispecie. Grazie!
Diamo a giustificazione un elenco, che pur non si può dire ancora com pleto,
delle opere postume di C.: Traduzioni
varie dal latino, francese, tedesco, inglese. (VIRGILIO, ORAZIO, Lamartine,
Kozbue, Schiller, Shakespeare, Byron e Thompson). Orig. Leonora di
Toledo. Poemetto in tre canti, versi sciolti con liriche intercalate,
varie liriche. Ulttime lettere di un Profugo. Romanzo in prosa.
Pellegrinaggio in Italia. Canti. Poesie Uriche.
Prometeo. Poema. Storia del
diritto Canonico. Avventure di Cecchino. Poema. Miscellanee filosofiche.
Scienze naturali e considerazioni storiche.
Scritti. Salùi. Sogni e Favole (umorismo trascendente), Apocalypsis
(misticismo allegòrico) greco con versione latina (imitazione del greco e
latino della Chiesa primitiva). Opuscolo. Grullerie Poetiche (umorismo
parodiaco) Massime e Dialoghi. I Conferenti. Commedia nebulosa. Ormuzd. Dramma
mistico. Synùp s i dell' Enciclopédia Siwr.idatirn -TSimplizio. Romanzo. Idee
radicali delle discipline finite e delle matematiche empirico-induttive.
Cavalier Sriovannino. Romanzo. Manuale
di medicina pratica. L'Inconcludente.
Romanzo. Lo Zio Giuseppe. Commedia. Considerazioni sopra il anatema
generale dello spirito entro i limiti della riflessione.
Considerazion i circa il sustema della natura entro i limiti della riflessione.
Viaggi utopistici. Il Protagonista. Proposta di una riforma sociale.
Considerazioni generali circa la caratteristica spiritualità
dell'Italia. Insegnamento filosofico.Gregorio. Romanzo. Novellette morali Itinerario
d'un Inqualificabile. Trattato di Astronomia. Introduzione alla coltura
generale. La Divina Commedia. Vita di Giustino Caramella scritta da se stesso.
Vita di due Comici. 1 volume, ld. Vita di Virginia Bonaventura.
Sonnambulo. La mia celebrità. Inventario delle mie vicissitudini mondane.
Memorie Posthume. Stramberie philosophiche. La pubblicazione, che si inizia con
questo primo volume, è un monumento che una figlia pia innalza alla
memoria di un amatissimo padre, non per adempiere ad una espressa o
tacita di lui volontà, ma piuttosto in contrasto a questa, e perchè
gli studiosi conoscano, almeno dopo la di lui morte, la profondità
del sapere che egli aveva potuto condensare nella propria mente, e le
diuturne e dotte speculazioni da lui compiute nella sua non lunga
vita. E affinchè niuna meraviglia possa solére .dalla pubblicazione
stessa, e dalle opere che ne sono l'oggetto, in quanto che e l'una, e le
altre, si differenziano alquanto dal comune, parve opportuno e
conveniente di premettere una breve notizia, che dica al lettore chi sia
stalo, e come abbia vissuto fautore, e con quali intendi menti, e con quali
criteri si diano alla luce i suoi scritti, che egli non ha creduto di
diffondere. C. ha i suoi natali in Intra, la città più popolosa tra quelle
che si adagiano sulle amenissime rive del Lago Maggiore, e meritamente
celebrata per le sue potenti industrie, dal cav. Pietro. Il padre suo,
uomo di chiaro ingegno, tutto compreso della necessità dell'istruzione e
della educazione, prerogativa abbastanza mia in quei tempi, e fervei ile pi
opugualure di ugni istituzione, che ha per iscopo di promuovere quelle due
fonti di civile e materiale benessere, provvide tosto a coltivare
la mente del figliuolo. Seguendo però l'inveterala consuetudine
avita, dapprima l'affida alle cure di questo e quell'abate, che non
riuscirono ad illuminare gran che il di lui intelletto irrequieto, come
egli stesso ha poi umoristicamente narrato in interessantissime pagine. Di
poi lo alloga nel seminario di Arona e nel Collegio di Novara. Ma il
giovanetto, vivace di animo, e la mente precocemente inlesa ad altri
ideali, poco o nulla approdilo di quei primi studi; e liberatosi alfine
dalle pastoie degli insegnanti e del vivere collegiale, tolse a maestro se
medesimo, sorretto solo dalla terrea tenacità del suo volere, e
dall'imperioso ed irresistibile bisogno di sapere. In breve, il diremo
con frase che nel caso nostro non è punlo rellorica, da fondo
all'universo scibile; apprese a parlare ben selle delle moderne lingue, e
delle morte, al latino insegnatogli dai precettori, aggiunse profonde
cognizioni del greco, dell'ebraico e del sanscrito. Si reca a
Firenze, dove soggiorna qualche anno, stringendo amicizia coi primari
ingegni di quel tempo, specie con Capponi, Niccolini, e con quella
chiara pleiade di filosofi che frequentarono il gabinetto del
Vieusseux. Più tardi, desioso di vedere paesi e persone, e fidente nel
suo temperamento robusto e nella florida salute, si da a lunghi e
singolari viaggi. Percorse in vero, più volle, e quasi sempre a piedi,
l'Italia peninsulare, la Sicilia, la Germania, la Francia, e l'Inghilterra,
in cui fece lunga dimora. Ed è tanto in lui il desi ci) 1 suoi
concittadini venerano ancora in lui il fondatore di un Asilo infantile, die è
Ira i pili antichi, eil b modello a Inlla Italia, e lo zelante Sovra
Jtiteiifh'iitf, per più di 'ìi) unni, delle scuole elementari
riviene. derio di penetrare nei più ascosi recessi e della natura, e
dell'animo umano, che attraversa i più malagevoli passaggi dei Pirenei,
accompagnandosi colle frotte di zingari e malviventi, clie abbondavano in
quei paraggi. Nulla lascia in quelle sue peregrinazioni di intentato, o inesplorato,
che può servirgli nello studio dei suoi simili, e dell’abitudini e costumi dei
diversi ordini sociali; e dalle più alle società, dai primari alberghi,
scese alle più umili taverne, mescolandosi colle infime classi, per indagarne i
sentimenti e le tendenze. Dopo siffatto giro per l'Europa ritornò in
patria, ove si compone nella pace famigliare, e si da tutto a viaggi di
altro genere, vogliamo dire a spedizioni lunghe e laboriose nel
campo immenso del sapere, leggendo, e più meditando, le opere dei
massimi filosofi e pensatori d'Italia, ed arricchendo la mente di un
incommensurabile tesoro di cognizioni, di osservazioni e di pensieri
È notabile questo periodo della sua vita, in cui il nostro autore
condensa, per cosi dire, tutta l'umana sapienza nel suo intelletto; chè
dopo d'allora, e in ispecie negli ultimi anni del viver suo, nei quali fu
pur massima la fecondità dello scrivere, ben poco legge, ed anzi si può
asserire che più non consulta nel
dettare libro alcuno, ma lutto quanto gli occorresse, evocasse dalla sua
tenacissima memoria, dallo sterminalo accumulamento di cognizioni, che ha
in mente. Leniti e progressiva paralisi lo ha quasi immobilizzato; egli
dove ricorrere quindi all'alimi aiuto per ugni «no movimento, e i suoi
Lunigliari asseriscono che da anni ed anni non ha mai ad ordinare di
recargli libro alcuno da consultale, mentre detta continuamente per molte
ore del giorno. Era d'altronde ima delle massime da lui predicate, che
l'ingegno vero approfitta poco del materiale altrui, bensì moltissimo
dell'abitudine del coiu-etttrantento e della riflessione; e solpva dirr
fhp gran parte delle sue cognizioni non le (Tivca acqui state eolla lettura, ma
colla meditazione e quasi per una catena di messori' derivazioni. Infatti
la maggior quantità dui suoi scritti data dall'epoca che cessa di
leggere. Manda ai torcili un primo saggio del buu ingegno, un'opera
letteraria, intitolata: II Pellegrinaggio in Italia di Alessandro Goreni, poema
in ottava rima, ove con poesia profondamente inlima, sostanzialmente nuova ed
originale, da sfogo ai molti pensieri ed affetti, di cui aveva ripieno
l'animo. E poco dopo pubblica, coll'allro pseudonimo di Tkeophilo
Eleutero, un secondo e ben diverso saggio della profondità del suo
sapere, e dell'acume del suo intelletto, mandando alla luce Ire grossi
volumi di un'opera filosofica, che intitola “Pasaelogices Specimen”, e fa
stampare in latino – saggio che per modestia volle fosse edito in pochi
esemplari, ma che in Germania da argomento a serie critiche nella Rivista
filosofica Zcitschrift (Halle) ed in altri periodici scientifici. Ma qui
pur troppo s'arrestano i lavori edili del nostro Autore; chè all'infuori di
qualche scritto di minore importanza, apparso su giornali locali, nulla
ei più permise che si da alle stampe di quanto anda scrivendo fino alle
sue ultime ore. Racchiudendosi modestamente, e un poco anche
egoisticamente, nelle soddisfazioni intime delle sue elucubrazioni, più
non volle che alle sue gioie mentali, alle sue indagini filosofiche,
ai suoi profondi ed originali pensieri partecipassero i lettori; e
studia e scrive per sè solo, per esercizio e ginnastica della sua [Pasaelogices
specimen, Tiikophilo Eleutero editimi. Voltimeli pr imitili. Prolegomena. Volumen
secundum. Esologia. Volumen tertium. Natura Medianica — Intra Torino e
Firenze, lilucria di Loeschef. Ve ne sonu altri due volumi inedili.
Ecco come ne parla, fra gl’altri, il Foglio Centrale Letterario di Lipsia
in un lungo articolo sull'opera stessa, di cui noi riportiamo solo un brano. E
sorto un anonimo italiano. Egli parla nella lingua ecumenica del passato il suo
è un lavoro che ò il risultato di un'escogitazione indefessa di
tanti anni, forse di tutta la sua vita con un'estensione di due mila
pagine, e che tratta di tutte le cose del cielo e della terra, e per di
più della logica dello spirito assoluto; è una continuazione della
speculazione di Hegel, dalla quale perù vuole assolutamente distinguere
la propria dottrina] inenLe elevatissima, del poderoso suo intelletto, per
appagare la sua smania del vero. Medita e scrive, al pari di Gioberti, dodici e più ore al giorno. I
suoi concittadini il ritrovavano spesso solitario per le campagne e i
dolci declivi delle amene montagne che stanno a cavaliere d'Intra, sotto
al vitale raggio del sole, o seduto alle ombre amiclie dei l'aggi e dei
castani, colle lasche zeppe di libri, sempre speculando ed annotando
colla matita sopra la carta i suoi pensieri.Al pari dei peripatetici si
diletta di filosofare camminando nell'aer puro, nella serena festività
della natura, alla luce gaia del sole, o nella tepida ed affascinante
quiete dei boschi. Dal ponderoso lavorio mentale del filosofare egli
trova sollievo nelle arti belle e nelle belle lettere; ed allora detta
quelle innumerevoli poesie, che stanno raccolte sotto il
caratteristico titolo di Grullerie Poetiche, e nelle quali con vena
originalissima, non leziosa o ricercatrice di supposti e romantici
ideali, e con spirito satirico il più fine, spesse volte non facilmente
apprezzabile, egli fìssa l'impressione del momento, o deride le
costumanze strane delle mode, o celebra i fasti cittadini, che giungono
col rumore dell'eco all'orecchio suo, lontano ornai dal consorzio
umano, e non abituato che alle voci dei suoi inlimi; ed allora traeva dal
prediletto flauto dolci suoni, o sull'arpa antica traduce la soave ispirazione
dell'animo suo, o sul pianoforte combina le armonie musicali, consuonanti colle
armonie delle idee sue, della natura, e della verità, che a lui si
disvelavano nelle profonde sue speculazioni. Cosi vive C., tanto
grande per intelletto, quanto semplice di modi e di costumi. L'altezza
della sua mente pareggiava la nobiltà affettuosa del suo cuore. Austero per
indole, tollerante delle fatiche, intrepido nei pericoli, alieno dagl’agi,
benché a lui permessi dai beni della fortuna, schivo del mondano
frastuono (non desiderò die una cosa: vivere sconosciuto), chiuse
in petto un'anima temprala a rettitudine, a purezza quasi primitiva, che lo
rese incapace di odio e di avversioni contro chicchessia, e di qualunque
simulazione o maldicenza. Naturale, aborrente da leziosaggini, si
riprodusse, quasi in specchio fedele, nel suo stile semplice e rigido,
tendente ad essere chiaro più che seducente. Affabile, unitissimo, nel
conversare parve un fanciullo; lo si sarebbe detto, anche per la modestia
del vestire e del vivere, un uomo taglialo alia grossa, e di rozzi sensi;
ed invece di quanto allo sentire, di quanta soavità d'animo era egli
dotato! Un cullo affettuoso ei professa per la consorte, troppo presto
rapitagli; un'inarrivabile tenerezza per l'unica sua figlia, che ne
consola la precoce inferma vecchiaia. Colpito invero a cinquantanni
da lento, ma inesorabile morbo, che gli impedi l'uso delle gambe, per
quasi due lustri non si mosse dalle sue stanze, che volle in uno spazioso
lenimento, sull'alto della città, affine di poter distendere lo sguardo vivo
e sereno sul più ampio tratto possibile di quella natura, in cui
egli ha tanto liberamente voluto vivere fino allora. Il suo temperamento,
pur tanto desioso di moto e di novità, si compone con ammiranda
rassegnazione alla quiete, a spaziare in pochi metri quadrali di
superficie. Con una forza d'animo, che solo può venire o da angelico spirito, o
dal conforto della filosofia, sopporta i dolori fisici e morali della
lunga infermità; e mai un lamento, mai un lagno uscì dalla bocca sua,
neppur quando venne da ultimo costretto al letto, e vi rimane fermo per
gli ultimi diciotlo mesi di vita. Che anzi consola e ravviva lo spirito
afflitto della figliuola; e l'anda preparando con filosofici pensieri
alla sua dipartila da questo mondo, che con spirito antiveggente e
quasi profetico, calcola prossima di mesi e di giorni. Era solito di dire: morire non è, ni un bene,
uè un mule, mn soltanto naturai rosa come il nascere. Siate perciò calmi come
sono io. patimenti fisici non gli tolsero, estrema consolazione
della travagliosa vita, la lucidità e la fecondità del pensiero; e
continua le sue meditazioni e i suoi sludi lavoriti, dettando incessantemente
alla diligente sua lettrice. Fin negli estremi momenti, allorché l'ansia
affannosa del respiro rese inintelligibili i suoi accenti, tenta più volte
di esporre l'ultimo suo pensiero sull'opera che aveva in corso. Tale
in breve la vita del nostro autore, nella quale tu non trovi da celebrare
avventure o fatti straordinari, poiché fu tutta dedicata, e modestamente
dedicala, ad una faticosa, ma tranquilla e serena lotta mentale, ad
umbratili sludi, ad inlime soddisfazioni, originate dalla scoperta di nuovi
veri, al cullo delle arti belle e delle scienze; ma per compenso in essa
ti si rivela un inimitabile esempio di indefesso amore del sapere, di
privale eminentissime virtù, di sublime rassegnazione ai mali
fisici. É in memoria adunque di quell'affettuoso padre, di
quell'alta e modestissima intelligenza, di quello squisito animo, che la
figlia sua, signora Argia Franzosim C., intraprende la pubblicazione
delle numerose opere filosofiche, scientifiche e letterarie, che egli
lascia manoscritte ed inedite. L'abbiamo già detto, e convien ripeterlo,
con questo nè interpreta un desiderio del padre, nè fa un pietoso sfregio alla
volontà di lui. Imperocché, come egli non ha pensato a proibirlo,
cosi non ha imposto nè esplicitamente, né implicitamente, per una
postuma vanità, che le sue opere vedessero la luce. Egli non brama mai in
vila sua di curarne la stampa. Lo sperimento fallo del Pellegrinaggio in
Italia e dello Specimen Pasaelogices gli
prova quante noie e quanti fastidi arreca il sorvegliare
l'edizione di poderosi manoscritti; e, ciò che a lui maggiormente
dispiacque, gli ruba soverchiamente di quel tempo, che egli ha sempre
prezioso. Anda d'altronde convinto che i suoi concetti si discostassero
tanto dal modo volgare di pensare, da sembrare meri paradossi; e più volle
invero nelle opere sue ripete essere a lui consentila la maggior libertà
di pensare e di scrivere, appunto perchè non teme di disgustare i suoi
non-lettori. Questo però non è il parere di chi attende alla presente
pubblicazione; è vero che negli scrini, che vedranno la luce, vi è una
originalità di pensiero, la quale può parer strana ai poco colti, ed
impressionare anche i doni; ma è vero altresì che, anzi che provocare
censure, vi è piuttosto a credere che gli stessi desteranno l'ammirazione per
la novità, la potenza, l'altezza dei concetti che vi si affermano dal nostro
filosofo; è piuttosto a sperare che i lettori andranno lieti di poter
rinvenire, in tanta serie di scrittori o plagiari o volgari, una
intelligenza, che esprime idee tutte proprie, e forti, e vere, meritevoli
insomma della più grande considerazione. La quale originalità, che è
riproduzione fedele del carattere dell'Autore, è con suprema e scrupolosa
cura conservata intatta. Più che ad adornargli la veste in modo, che gli
accaparrasse a primo acchito la simpatia, più che a fornirlo di
allettatici attrattive, si è mirato a presentarlo al pubblico nella fedele e
polente impronta del suo genio. Sicché, ad onla che sarebbe tornato
facile di rimediare ad alcune mende del suo stile, piuttosto tendente a
chiarezza che ad eleganza, e di ammodernare la sua specialissima ortografia,
nulla si volle sostanzialmente immutare, e gli scritti si pubblicano
quali si trovarono dettali, ad eccezione di qualche correzione di forma,
necessaria e solila di farsi anche dagli autori stessi, allorché i loro
manoscritti stanno per essere consegnali al tipografo. Un'altra
dichiarazione occorre porre avanli; ed è che la pubblicazione viene cominciata
colle due opere conlciiute nel presente [Egli stesso, parlando rìrlle sue
open 1, così si esprime. Miei scritti potrebbero aen&rare a molti ti»
ainmaxsn ili rontrailiziotii, o anche l'eccesso della trivialità.] volume,
pel solo motivo che esse sono quelle che, fra le poche potute finora
disaminare, parvero a preferenza scritte in modo piano, ordinato e quasi
melodico, e perciò facile ad essere compreso dall'universalità dei lettori; e
quelle altresì, che, trattando di una materia generale, si prestano a
fare in modo riassuntivo rilevare quale fosse la mente dell'autore e
quali le sue dottrine, quali le sue idee su gran parte delle cose umane.
Nell'una invero si discorre dello spirito umano, e si descrivono e criticano i
vari sistemi, che si vennero formando dalla sua nozione; nell'altra
si tratta di tutti i principi cardinali, dei quali è la natura
costrutta, e si analizzano coi criteri forniti dall'intelligenza
riflessa. Ben si sarebbe potuto seguire o un ordine cronologico, man
dando alle stampe le opere nella stessa successione nella quale l'Autore
le scrisse, oppure un ordine razionale, prefiggendosi un punto di
partenza, come dal generale al particolare, o dalle opere letterarie alle
filosofiche, e cosi via. Ma da un lato l'ordine cronologico non ha alcuna
base in ragione, dipendendo da pura casualità materiale che un'opera
sia stata scritta prima dell'altra; dall'altro il razionale, che
certo sarebbe stato più logico e preferibile, richiedeva per essere at tuato
una previa disamina, anche solo sommaria, delle opere tutte, che si hanno
manoscritte; il che avrebbe cagionato un in gente lavorio da compiersi, per
l'unicità dei criteri, da una sola persona, e di conseguenza avrebbe
ritardato chissà di quanto tempo l'inizio di questa pubblicazione, che
considerazioni morali di non minor peso delle razionali consigliavano di
intraprendere tosto. Diamo a
giustificazione un elenco, che pur non si può dire ancora completo, delle opere
postum e di C. Traduzioni varie dal latino, francese, tedesco, inglese (VIRGILIO,
ORAZIO, Lamartine, Kozbue, Schiller, Shakespeare, Byron e Thompson).
Orig. Leonora di Toledo. Poemetto in tre canti, versi sciolti con liriche
intercalate, varie liriche. Tale in succinto lo scopo cui mira, il modo in
cui vien falla, e la ragione per cui si inlraprende in una guisa
piullosto che nell'altra, l'edizione delle Opere di C. Le quali ben
si prevede non abbiano a riscuotere popolari ap plausi, altrettanto fragorosi
quanto facili e poco duraturi; ma si spera in compenso che abbiano a
fermare l'attenzione dei lettori colti, studiosi, meditativi.
Noi neppure ci allentiamo di darne un riassunto analitico, o di
sintetizzare il sistema filosofico dello scrittore, o di esporre quali
furono i suoi ideali, e con quali mezzi assorse alle cognizioni del
buono, del bello, del giusto; poiché, oltrecchè, non essendoci bastato il
tempo a leggere i molti manoscritli da lui lasciati, da remmo giudizio
incompleto ed immaturo, preferiamo che su di essi si esprima liberamente
la pubblica critica. Per Colei poi, che promuove questa
pubblicazione, sarà in Ultime lettere di un Profugo. Romanzo in
prosa, Pellegrinaggio in Italia. Canti, Poesie
Uriche. 1 volume (edito) con alcune liriche. Prometeo. Poema. Storia del
diritto Canonico. Avventure di Cecchino. Poema. Miscellanee filosofiche.
Scienze naturali e considerazioni storiche. Salùi (inedili). # Sogni e
Favole (umorismo trascendente), Apocalypsis (misticismo allegòrico) greco con
versione latina (imitazione del greco e latino della Chiesa primitiva).
Opuscolo. Grullerie Poetiche (umorismo parodiaco) Massime e Dialoghi. I
Conferenti. Commedia nebulosa. Ormuzd. Dramma mistico. Synùp s i dell'
Enciclopédia Siwr.idatirn - Sffnpltcìo. homaiizo. Idee radicali delle
discipline finite e delle matematiche empirico-indut tive. Cavalier
(riovannino. Romanzo. Manuale di medicina pratica. L'Inconcludente. Romanzo. Lo
Zio Giuseppe. Commedia. ogni caso di
sufficiente conforto l'aver dimostrato con essa come il padre suo, nella
sua apparente inoperosità, abbia invece compiuto un lavoro immenso, quasi
incredibile potersi compiere da una mente umana in sessantanni di vita;
come, tuttoché da oltre ventanni se ne stesse segregato dal mondo, tanto
che lo si ritenne sdegnoso dell'umano consorzio, egli abbia seguilo e
ritenuto con diligenza, memoria, affetto ed acume sorprendenti tutto
il corso dei moderni avvenimenti, e si sia interessato alle vicende
anche più minute della vita umana, la quale egli, trattosene fuori,
contemplò e giudicò dall'alto e spassionatamente; ed infine con quanta
forza d'animo e vigoria di mente abbia, anche ammala to, continualo
l'aspra, diuturna e faticosa ricerca della verità e della luce spirituale.
Che se poi le opere sue potranno servire ad accrescere le
cognizioni odierne, e disvelare nuovi orizzonti, a precisare sistemi. Considerazioni
sopra il anatema generale dello spirito entro i limiti ' della
riflessione. Considerazion i circa il sustema della natura entro i limiti
della riflessione. Viaggi utopistici. Il
Protagonista. Proposta di una riforma sociale.Considerazioni generali circa la
caratteristica spiritualità dell'Italia. Insegnamento filosofico.
Gregorio. Romanzo. Novellette morali. Itinerario d'un Inqualificabile. Trattato
di Astronomia. Introduzione alla coltura generale. La Divina Commedia. Vita di
Giustino Caramella scritta da se stesso.Vita di due Comici. Vita di Virginia
Bonaventura. Sonnambulo. La mia celebrità.
Inventario delle mie vicissitudini mondane. Memorie Posthume.
IStramberie philosophiche. filosofici e speculativi oggidì ancora incerti ed
indefiniti, essa avrà nei contempo raggiunto un altro intento, quello
cioè di far contribuire all'aumento del patrimonio intellettuale scritti
che erano dal loro Autore destinati a rimanere sepolti. E ciò la
conforterà maggiormente nell'adempimento dell'intrapreso assunto, che è
per lei il più sacro e il più caro dei doveri. L'arte della parola è per noi
assai più spirituale che non le arti del disegno e della musica. La
medesima contiene idee definite come nell'arte del disegno, e medesimamente una
successione temporanea come nella musica-, ma queste idee definite non
sono più astrattamente naturali come nell'arte del disegno (apparizione), nèuna
successione temporanea di spirituali emozioni, corno nella musica, ma
piuttosto idee concrete (physiche e metaphysiche) colle loro successicni
definite di idee pensale non astrattamente sentite. Si crede
comunemente che l'arte della parola sia la vera resumzione del disegno e della
musica; certamente essa può esprimere idee proprie, quali non potrebbero essere
espresse da vermi disegno e da veruna musica, ma questa proprietà non
costituisce una vera preminenza nel significato che a lei comunemente
si attribuisce. L'arte poetica riassume in se stessa ed esprime a
proprio modo certe idee, quali non potrebbero essere espresse da quelle
altre due arti, ma non potrebbe in verun modo essere sostituita alle prefate
singole arti. La stessa può esprimere una successione di pensieri, ma non una
successione temporanea di emozioni spirituali col prestigio proprio della
musica; così pure può esprimere definite rappresentazioni come le arti
del disegno, ma non può presentarle immediatamente e sensibilmente, al
pari di quella, la quale ripete il suo prestigio appunto da questa
immediala sensibile rappresentazione. Cosi generalmente parlando
l'arie poetica da una parte può essere considerala come resumliva unità
delle idee divorziale nella musica e nel disegno, dall'altra però può
essere considerala come il germe inesplicito delle suddette arti, che
esplicandosi nelle loro astrazioni generano il disegno e la musica.
Infatti se l'arte poetica da una parte accompagna il massimo
svolgimento della civiltà, dall'altra parte è stata un'arte assai
primitiva e forse cosi primitiva come il disegno ed assai più che la
musica; le idee l'arte della parola contenute in queste possono
considerarsi come generate da una astrazione ideale, che costituisce le
suddette arti. L'arte della parola si divide in tre periodi
capitali: l'arte poetica come esiste nella letteratura propriamente
delta; l'arte prosaica, come esiste nelle discipline finite empirico-matematiche;
l’'arte speculativa, come esiste in tulle le cosi delle p/iilosophie, non
arrivale alla necessità logica del pensiero, cppcrciò a quelle philosophie che
devono persuadere o dimostrare in qualche modo la propria
verità. Questi tre periodi costituiscono la concreta arie della
parola, ossia quella che si svolge come manifestazione della
Coscienza pensante. Noi tratteremo brevemente, ma categoricamente
questi tre periodi della parola, che realmente sono anche i periodi
dello spirilo parlante, prima del quale è l'esistenza meramente
psychica e istintiva delle bestie, e oltre il quale il pensiero va in un
altro systema che non è più quello che possa interessare lo spirilo
slesso. Intendiamo arte della parola quell'arte che si svolge nel
pensiero concreto, epperciò si manifesta sotto le forme concrete del
medesimo, non in qualche sua astrazione, come quelle del disegno e della
musica, le quali si manifestano nell'astratta forma del senso intimo o
del senso esteriore. Denominiamo arte della parola quella che si svolge
mediante una lingua letteraria, non quell'idioma popolare che nasce e si
sviluppa islinlivamenle nel popolo, ed appartiene alla natura piuttosto che
allo spirilo pensante. Quest'arte fu considerala astrattamente come
lingua eslhelica, ovvero poesia; ma essa prosegue il suo svolgimento
anche nella lingua prosaica (come nelle discipline finite), e nella
lingua speculativa, ossia in quella che si chiama comunemente
phìlosophia. Questo svolgimento appartiene all'arie della parola, e
comprende lo spirilo assoluto (lo spirilo, non la Coscienza assoluta).
ZNello spirilo giova osservare che le categorie devono essere
gerarchicamente coordinate, e non si potrebbe concepire un'esistenza spirituale
che non possedesse vizi e virtù, buono e male, e cosi via. Perciò abbiamo
dello che quella pura speculazione (dai theologanli meritamente chiamata abuso
della speculazione) non appartiene allo spirito come tale, ma piuttosto è
l'atto caratteristico, col quale lo spirito si svolge dal pensiero in
altro systema. Questa speculazione pura è manifesta dalla parola, ma è il
suo esilo finale, epperciò nella parola che va via dallo spirilo. Così
pure quel pensiero che nasce e si svolge istintivamente nel popolo non
appartiene all'arte in discorso, ma piuttosto alla natura
creatrice. L'arte della parola suppone uno spirito positivamente formulalo
e muore colla morie dello slesso, epperciò la medesima appartiene
essenzialmente allo spirilo, non generalmente alla Coscienza. Lo spirilo
nasce dal non spirilo e muore nel non spirito, ossia è un momento storico nello
svolgimento della Coscienza; epperciò consideriamo come un prodotto della
natura (ossia di un systema non ancora positivamente spirituale) quella
lingua e quel pensiero che nasce e si svolge istintivamente nel popolo.
È una lingua psychica, che progressivamente e lentamente si svolge
in una spirituale; perciò troviamo nelle lingue esordienti la parola
determinala col semplice elemento delle intonazioni, ed inoltre che le
nostre idee metaphysiche ebbero tutte nelle lingue primitive un
significalo di phenomeno sensibile, e anche oggidì si trovano negli
uomini naturali lingue che possono significare individui, non generi e
specie, caratteristico di quelle spirituali. Nell'infimo popolo le idee
metaphysiche sono ancora mollo equivoche; cosi per es. suppongono lo spirito
non solo in un tempo ed in un luogo (vale a dire nella natura), ma anche
con un possesso caratteristico del pensiero humano; questo non può risultare
che da uno spirilo in una forma necessariamente humana. Così
quest'arie della parola comprende la totalità dello spirito (Coscienza
pensante), ma esclude ogni altro systema della Coscienza, che non sia
quello dello spirilo. È questa la ragione per la quale coll'arle medesima
una verità si deve persuadere o dimostrare; e quelle verità logicamente
necessarie, che riescono indifferenti a qualunque negazione o
affermazione o dubitazione, vale a dire si confermano con qualunque
determinazione del pensiero, non appartengono allo spirito, ma sono
l'alto caratle[ i/arte poetica] - rìstico per il quale la
Coscienza si svolge dallo spirilo in un altro syslema. Perciò nell'arie
della parola non comprendiamo la speculazione pura nelle sue verità logicamente
necessarie. Lo spirito è contenuto entro i limili della Coscienza
pensante; olire questi limiti non è spirito veruno, ma semplicemente
un qualche altro syslema della Coscienza slessa. Perciò l'arie
della parola è quella che si svolge: colle categorie del sentimento,
verbigrazia colla persuasione, colla fede, coli' ispirazione, e cosi via; colle
categorie dell' intelletto, verbigrazia colla dimostrazione assiomatica o
empirica; colle categorie di una facoltà concettiva infantile, verbigrazia con
quelle forme equivoche della pìdlosophia comune. Una speculazione pura, che
introduca le verità logicamente necessarie (le quali differiscono
essenzialmente dalle verità suecennate), è il risultalo d'una facoltà
concettiva adulta, la quale conduce la Coscienza fuori dallo spirilo in
un systema più hornogeneo, perocché quello non potrebbe vivere con siffatte
verità. L'arte poetica è l'esordio dell'arte della parola, e lo
spirilo poetò assai prima di parlare prosaicamente, perchè la
poesia appartiene al sentimento ed all'imaginazione, e la prosa
all'intellettualità riflessa. Si dice che gli uomini primitivi sono
essenzialmente poeti, ed il loro linguaggio non esprime mai un' idea
esalta, ma una forma piuttosto oscillante nel sentimento e
nell'imaginazione. È vero che gli stessi parlavano un linguaggio non
menomamente formulato dalla riflessione, ma semplicemente dal sentimento
c dall'imaginazione, che sono però ben altro da quell'intimità
melaphysica che noi possediamo, ed è piuttosto il risultalo dell'opposizione
d'una mente prosaica con una mente poetica. La loro l'orma poetica è
tuttavia profondamente immersa in un elemento immediatamente sensibile,
che noi potremmo difficilmente imaginare. È questa la somma difficoltà che noi
proviamo nel concepire chiaramente le antichissime forme della
poesia, come per es. quella dei Vedi ed anche della nostra Bibbia.
Originariamente si scrisse ogni cosa in una lingua poetica, se
qualche volta non rigorosamente metrica, almeno tale da suonare all'orecchio
con una qualche misura. Troviamo per es. i salmi della nostra Bibbia
scritti in una forma non esattamente metrica, ma nullameno misurala. E
ciò accadde perocché il pensiero era allora essenzialmente poetico; Hegel notò
mollo assennatamente che il primo prosatore nel lernpo è il LIZIO, si scrissero
bensì prima di lui molli pensieri in una lingua perfettamente non metrica,
ma essi, nonostante quest'apparenza prosaica, etano tuttavia poetici; per
es. gli scritti dell’ACCADEMIA sono più poetici che prosaici. Gl’argomenti,
che oggidì consideriamo come necessariamente prosaici, erano trattali in
poesia. Così presso gì' indiani troviamo arylhmetiche, astronomie,
vocabolari etc. distesi in una lingua metrica, e si può dire generalmente
che i primi popoli civili non sapevano pensare e parlare se non
poeticamente. Alcuni popoli, come gli as ia tici, ve rsano tuttavia in ques
t'elemento poetico che loro impossibilitò una sto ria. La
poesia, come esordio dell'arte della parola, si distingue in tre momenti.
È poesia epica, ossia immersa in un elemento oggettivo, in un'unità religiosa o
elhnica; Poesia lirica, ossia la soggellività che nasce e si svolge
da questa generalità; La drammatica, ossia la poesia che oppone i vari
sentimenti e le varie convinzioni, giusta le varie soggellività e le varie
oggettività cosliluile. La poesia didattica veramente non è poesia, ma
piuttosto una riflessione legala nelle forme poetiche e misurale; è
piuttosto una vera dissonanza della riflessione colla sua forma, vale a
dire, con una forma che non è quella propria di lei, essenzialmente
prosaica. Generalmente parlando è poesia la forma del pensiero
poetico, il quale perciò reclama tale forma; e sluona lanlo una
forma l'arte POE l ICA metrica con un pensiero prosaico, quanto un
pensiero poetico con una prosa libera, vale a dire, colla forma della
riflessione; il linguaggi o ed il pe nsiero devono con sonare in una sola
forma, non in d ue diverse e contra rie. Chiamo poesia epica
quell'essenzialità ideale generalmente immersa in qualche astrazione
objettiva di costituzione religiosa o di nazionalità, non quell'astratto
formalismo di un'epopea o di p una lyrica. Cosi per es. gli inni di
Pyndaro e quelli di Tirteo J* "*^ appartengono all'epica, pero cché
i lo ro soggetti non sono con - y^'^ wfs» ' centrati nella loro propria
soggettività^ ma piuttosto immersi i n y* un'obiettiva astrazione
religiosa e nazionale. Possiamo dire clic all'epopea appartengono tutte le
co mposizioni in ossequio d'una qualche costituzione religiosa, o d'una
qualche nazionalità.. Cosi per es. il Malia- bahrata è una splendida
epopea, tuttoché non contenga veruna idealità nazionale, il Shah-Nameh
dei persiani lo è pure, tuttoché differisca essenzialmente dal
Maha-bahrata. La Theogonia d’Esiodo è pure un'epopea religiosa, e così la
Divina Commedia d’ALIGHIERI (si veda), ed il Paradiso perduto di Milton.
Le epopee prettamente nazionali sono l’lliade d'IIomero, l’Eneide
di VIRGILIO (si veda), i Lusiadi di Camoens, e altre simili
composizioni. Generalmente nell'epopea si realizza una somma
grandiosità poetica, ma l'uomo sj^om nare, per cosi dire, ne l l'unità
religiosa o nazional e, a celebrare le quali è destinato. All'epopea
appartengono pure certe formule satyriche, come per es. il Don Quijolte
di Cervantes, e la Verdine d'Orleans s critta da Voltaire, le quali
veramente non sono destinale a celebrare il sentimento religioso e
l'heroismo nazionale, ma il loro argomento, tuttoché salyrico, è pur
sempre religioso e nazionale. Si deve avvertire che l'epopea appartiene
sempre ad u n'astrazione objetliva di costituzione religiosa o nazionale, ma
differisce sommamente per i vari gradi della civiltà, nella quale è nata.
Il secondo momento della poesia è la lyrica propriamente detta.
Chiamiamo lyrica quella poesia del soggetto raccolto in se stesso, o per
lo meno, nella sua vita privata. Gli asiatici generalmente sono troppo
immersi nell'objellivilà costituita religiosa o politica per conoscere
una vera lyrica; si — uebetti, Canaidcr. sul list, rftiier. JeUu spirilo. I:MI
oim:iu5 postumi-: ni hktro ceretti può diro che essa nacque la prima volla
in Grecia ed in Roma quando il soggetto principiava a sentire
l'insufficienza di una costituzione oggettiva ed i bisogni della sua
propria soggettività. Cosi non quelle forme che si chiamano comunemente
lyriche, come l’odi di Pyndaro, gl'inni religiosi eie, appartengono a
una vera lyrica, ma piuttosto quelle dedicate alla soggettività; per
es. appartiene alla vera lyrica l'antica poesia di Museo litolata
Eri e Leandr o, le erotiche di Anacreonle, alcune di Horazio, come
anche quelle di Catullo nei suoi rapporti colla Jjilage scherzosa. Oggidi
la poesia lyrica è tuttavia persìstente, ma l'epica è perfettamente
abolita/yA questo genere, come nell' epopea, può appartenere una poesia
piuttosto umoristica, ironica e parodiaca, perocché la lyrica non è
menomamente vincolata alla serietà, ma semplicemente alla
soggettivazione. Il soggetto può poetare delle varie cose seriamente o
ironicamente, purché in essa varia o salyrica composizione lasci trapelare una
qualche propria convinzione. La transizione da questo genere alla
drammatica è caratterizzala da una poesia alquanto equivoca, nella quale il
soggetto tratta le varie cose ironicamente, parodiacamente eie, ma
non lascia trapelare veruna propria convinzione, così che le delle
poesie non contengono un'idea conclusionale; sono astrattamente negative
e non affermano cosa veruna. Queste poesie si realizzano in un lempo
mollo civile, e sostanzialmente vogliono dire che il poeta rimane
semplicemente spettatore, non attore delle cose ironicamente ricordate.
Comunemente si chiamano queste manifeslazioni quelle di un genio spossato e di
una certa decadenza della civiltà; la storia, come abbiamo detto, per
proseguire la sua vita ha bisogno di principii serii; la forma dei
principii può variarsi quanto si vuole, ma è necessario che la si fissi,
vale a dire, che si fìssi un qualche systema nel quale si svolga la
storia stessa. Ecco la ragione per la quale una rilassatezza di
principii è sempre giudicata un syntomo di .slorica decadenza; non
si avverte però che la rilassatezza di principii conosciuti è sem
pre la nascila vigoros a di principii nuovi e sconosciuti. Il
terzo momento della poesia abbiamo detto è la dramma tica. Qui sono
anlagoni o più soggetti di principii contrari, che si con- [l'arte poetica]
tendono Ira loro, e appurilo in questa conlesa le antagonc convinzioni si
neutralizzano, vale a dire, risulta la loro reciproca insufficienza. L'
un soggetto contende centra l' altro soggetto
avversario, e cosi amendue difendono la propria convinzione, Questa
difesa si effettua mediante le ragioni che tornano favorevoli a esse
convinzioni, m a, siccome esse sono due o giù contr arie, ciascheduna
difendendo se stessa combatte la propria avversaria. Non è certo una
parte che preferisce un negativo un positivo ( la quale preferenza
sarebbe assurda), ma amendue ^che preferiscono un po sitivo a un
negativo, cosi che in ultima analysi amendue vogliono la stessa idea,
ossia che il positivo pre( domini sul neg ativo. C o ntestano semplicemente se
questo sia il (positivo e quello il negativo, o viceversa, epperciò
disputan o, circa una cosa phenomenale, non circa un oggetto o un'
idea concreta. Tulli i soggetti reclamano il positivo ed avversano
il negativo (sono due termini dell'opposizione), ma tale soggetto
vuole a come un positivo, ed avversa b come un negativo; tal alito
soggetto vuole ed avversa inversamente. Giova osservare che l chiamandosi
a positivo e b negativo, quando siano invertiti si devono chiamare
inversamente: a, che phenomenalmentc hora funziona come positivo ed hora
come negativo, è un mero giuoco di parole; perocché sono appunto quei
rapporti essenziali che sono stali mutali i quali cosliluiscono
l'oggetto. Cosi la contesa della drammatica, esaminala con un logico
criticismo perderebbe ogni drammatico interesse, perocché non è contesa
seria, ma semplicemente logomachia. Nella drammatica però queste idee si
contendono profondamente involute nella for ma de jjsent imenlo e_d
eH'imaginazione, e appunto da questa profonda involuzione risulla ogni
drammatico prestigio. A vero dire in essa non si contendono mai le idee
puramente riflesse, ma piullosto quelle che possono grandeggiare nel
conflato del sentimento e dell'imaginazione. Infatti un interesse
drammatico non si potrebbe conseguire colla fredda e prosaica f v< -7 ^
t.'R'i dimostrazione di un theorema matematico; questo vuol dire, m * m
.% mm *40~X*l L che l e verità della riflessione non sono le verità^ del
sentimento, K> H — cru l'una è impolentissima a surrogare il posto
dell'altra. Cosi pure na bella verità poetica, come sarebbe il conflato di
un'azione lieroica, non potrebbe interessare menomamente un
Iheorema malliemiitico e non potrebbe sostituirsi come dimostrazione.
La drammatica non insegna solamente che ogni ordine dello spirilo
ha le proprie verità, e la verità di un ordine non può JCT*»**^**» essere
q ue |] a di un altro, ma insegna altresì che certe convin-4 »>u^»*w^l«
tìom sono così profondamente radicate nel soggetto, che non f si
lasciano sradicare da veruna eloquenza. Non consideriamo in *
quest'ordine i soggetti che persistono nelle proprie convinzioni
^semplicemente perchè non le capiscono, nè possono capire altre Sconvinzioni
contrarie; que sj/opposizione non è spirit uale, e può \ compararsi a
quella della forza bruta la qual e dice; parlate come volet e, via i o
faccio co sì. I varii soggetti nella drammatica posseggono le proprie
convinzioni e le oppongono alle contrarie; da quest'opposizione risulla
una reciproca soppressione di verità, ossia la prova drammatica (nel
sentimento e nell'imaginazione) che tali non sono verità, ma gravi
errori. Da questa reciproca soppressione di verità astratte risulla una
verità neutralizzala ed assai più concreta, che se non persuade i
contendenti della scena persuade l'uditorio. Ma
un'arle_(ìnissim a di far prevalere nella dispula una prò- i pria idea
preconcetta è quella che, nonostante la manifestazione di tulle le
ragioni favorevoli a una certa idea, lascia fortemente trasparire il lato
debole della medesima. L'avversario traila questo lato debole con molla
generosità, ma appunto con quesla generosità vince una causa che si 6 mostrata
troppo impotente. I personaggi delle scene molto incivilite non si
trattano con colleriche invettive, ma piuttosto colla massima cortesia; è il
diplomatico che accarezzando il proprio avversario gentilmente lo
strozza. L'arte soprafma non è quella di combattere viltoriosamente le ragio ni
dell'avversario, ma piuttosto di cond urre passo passo l'avversario al
proprio traviamento, cos icché sembri cadere per_un suo proprio fallo,
vale a dire, comballa contro se sless o. Era questa l'arie finissima d'un
antico philosopho, il quale non contrariava mai le ragioni
dell'avversario, ma lo raggirava cosi che in ultima analysi questi
contrariava se slesso. [l'arte prosaica] Questa drammatica nasce da una
profonda riflessio ne, ma può vestire forme del sentimento e dell'imaginazione,
e risulia assai più polente di quella nata da una mera imaginazione e
da un mero sentimento. Credete voi che Dante, Shakespeare e Goethe
fossero semplicemente poeti inspirali, piuttosto che rob usti pensatori? Se
fossero slati semplicemente poeti non avrebbero potuto imaginare le
composizioni così pregne di pensieri profondi, lo non dico_clie i
profondi pensatori, se si dedicano all'arte poetica, debbano riuscire
necessariamente drammaturgi, ma dico semplicemente che questa forma si presta
maggiorm en te ad un larg o svolgimento dell'idea . Goethe fu certamente
un profondo pensatore e nullameno trattò non solo la drammatica, ma anche
Pepopea, la lyrica e d il romanzo. Questo vuol dire, che il pensiero, il quale
abbia subito un largo svolgimento, a qualunque forma si dedichi,
partorisce capolavori. Varie prosaica è un secondo periodo nell'arie della
parola, il quale differisce essenzialmente dal primo periodo, ossia dall'arte
poetica, perocché quella si volge al sentimento ed all'imaginazione, ma quesla
si volge più particolarmente alla ri/h'ssint>i'. Quest'arte si
distingue pure essenzialmente da qualsivoglia philosophica eloquenza,
perocché quella è dimostrativa o persuasiva secondo l'opportunità e comprende
la totalità dello spirilo; quesla è astrattamente prosaica e
dimostrativa, epperció non può mai riuscire come philosophia, nè
acquistare un drammatico interesse. Essa è destinala a creare piuttosto quelle
tali verità che si chiamano scientifiche, non a creare veruna concreta
verilà dello spirito. L'arte prosaica esordisce come un mero
opinalismo c nasce dire ttamente dalla religiosità; i primi medici per
es., i primi astronomi, ed i primi chimici furono semplicemente
sacerdoti, e possedevano non una nozione di siffatte cose, ma
semplicemente un'inlima convinzione od un fallo esteriore Le discipline
Lulle, che bora versano nella riilessione, originariamente versavano
in una mera convinzione religiosa di un fallo intimo o
esteriore. Perciò noi vediamo che esse originariamente erano semplici
professioni, o più propriamente, semplici operazioni sacerdotali, le
quali riposavano sopra una fede dogmatica, non sopra veruna empirica od
assiomatica dimostrazione. Tulli sanno che la prima medicina fu nei
tempii, e che la malattia originariamente si considerava come uno spirito
maligno che invadesse l'ammalalo, vale a dire, gli ammalali erano
considerali come ossessi; tulli sanno che originariamente si curava con
semplici pratiche religiose, il cui risultalo era dovuto alla fede. La
reclamazione dell'intelligenza riflessa non era nata, epperciò una simile
medicina non conteneva veruna nozione analomica e physiologica, ma riposa
semplicemente sulla pubblica credenza e sulla pubblica ignoranza. Nella
civile babilonia gli ammalali si sponevano pubicamente affinchè
ciascheduno dicesse il proprio parere circa la loro malattia ed i medicamenti
requisiti. Il sacerdote, come religioso, dove sempre curare con medicamenti
prestabiliti e s'egli forviasse dalla cura prestabilita era castigalo colla
morie, precisamente come un herelico il quale non riconoscesse cerle
verità della fede. Allora non si conosceva cosa veruna e non era
naia veruna facoltà di dubilare, perocché tale facoltà appartiene al
criticismo della riflessione. Tutto era fede e religiosa convinzione, la quale
conseguentemente escludeva ogni possibile incertezza; si trattavano le
cose mediche press' a poco come noi trattiamo le verità logicamente
necessarie le quali non si possono in verun modo dubitare, ossia non si possono
dubitare cogitabilmenle. Non dico che quelle verità primitive
somigliassero a quelle essenzialmente indubitabili delle mathematiche
pure, perocché queste reclamano una dimoslrazione e non sono indubitabili
che in questa loro mathematica dimostrazione. La riflessione neona]&nét
ìfent* scenle, che conduce progressivamente il secondo momenlo dell'arie
prosaica, fu una semplice dimostrazione non intellettuale, come noi la
consideriamo, ma una dimostrazione graphica per la quale ceni phenomeni
complessi si riducevano a presentazioni più semplici, dalla cui unità
risultavano i delti phenomeni complessi. Così fu originalmente la
dimostrazione mathematica, e noi sappiamo che una geometria graphica precedette
per molli secoli mia geometria analylica, e le stesse potenze uno, due
eie, che hora si considerano nella loro algebrica generalità, originariamente
si consideravano come linee, super fìci, e così via. Le dimostrazioni
mathematiche, come un risultalo della semplice riflessione, non sono
anche oggidì concepite dai molli nella loro vera essenzialità. Cosi per
es. gli uomini comuni considerano una dimostrazione graphica come
equivalente ad una puramente intellettuale; giova osservare che la
dimostrazione graphica è un fatto sensibile, e si riferisce ad un dato
problema presentabile sensibilmente, ma la dimostrazione intellettuale si
riferisce a un fallo cogitabile, la quale riesce sempre irrefragabile
anche per quelle cose che non si possono presentare sensibilmente,
purché siano ridutlibili ad una tale equazione. L'arte prosaica
consiste nel trovare questa dimostrazione, e nel fare che una verità non
sia più semplicemente soggettiva. Le verità apodittiche si distinguono
dalle verità del primo momento appunto perchè queste sono varie nei varii
soggetti (varii soggetti posseggono varie convinzioni), ma quelle sono
identiche in tulli i soggetti. Un soggetto può possedere una fede ed un
altro soggetto può possederne una contraria, ma nessuno potrà pensare che
un theorema geometrico di Pithagora per es., non sia necessariamente vero,
perocché nessun soggetto può dubitare che a = a, identità alla quale,
come alla propria radice, si riducono lulle le verità
mathematiche. Vi è una terza forma dell'arte prosaica, che è pure una
forma apodilhica, ma differisce essenzialmente dalla dimostrazione
mathematica, perocché quella è semplicemente un mezzo a conoscere qualche
verità naturale o spirituale, questa non è semplicemente un mezzo, ma è
immanente al proprio scopo. Qui non si tratta più di conseguire uno scopo
con un mezzo adeguato, ma si traila di conoscere una verità che ha in se
stessa il proprio principio, mezzo e scopo. L'osservazione esplora ciò clic sia
il soggetlo in se stesso, e suppone che la verità di esso sia in lui recondita
e mediante l'osservazione si possa conoscere quello che e. Le
mathematiche pure contengono verità puramente intellettuali, epperciò
verità irrefragabili e necessarie; ma come tali non possono contenere verun
scopo naturale o spirituale; debbono assumere un elemento empirico, epperciò
un'essenzialità contingente. Le verità empiriche differiscono
essenzialmente dalle mathematiche, perocché quelle sono irrefragabili e
necessarie, ma queste essenzialmente controvertibili; perciò nelle cose
mathematiche non si può avere una propria opinione, e si tratta solamente
di sapere se questa sia o non sia una verità mathematica, ossia una
verità mathematicamente dimostrata; nelle cose empiriche tutto è conlroverlibile,
epperciò i varii soggetti possono possedere varie opinioni e varie
convinzioni, ma queste verità controvertibili possono contenere una natuca
concreta o uno spirilo concreto. L'osservazione insegna esattamente quello
che sia ogni ordine finito, epperciò insegna che ogni ordine empirico
versa in una necessaria contingenza. Presumere di conoscere qualcosa
definitamente coll'osservazione è una presunzione puerile, perocché tanto
l'oggetto dell'osservazione, quanto l'osservazione stessa versano in una
necessaria contingenza. Ogni ordine finito appartiene alle discipline
empirico-induttive o alle discipline mathematiche empirico-induttive;
perciò i cultori di queste discipline finite dicono, non vi è verità
assoluta, ma ogni verità è necessariamente relativa. Questo è vero, perocché
nelle discipline finite non si può trattare se non la verità relativa, e
quella verità assoluta che possibilità la relazione non appartiene a
delle discipline. Però nelle medesime tutte le verità relative non sono
identiche, ed esse si coordinano gerarchicamente secondo il grado di
relazione. Cosi per es. nelle cose spirituali si distinguono verità
puramente soggettive dalle nazionali, e le nazionali dalle verità
humanilarie, e le humanilarie dalle mondiali. Una verità positiva
nell'ordine finito si chiama quella che possiede rapporti più generali,
cosi che possa essere poco affiena dall'opinalilà soggettiva. Così per
es. che i gravi cadano colle leggi di Galileo è una verità empirica, ma
essa è cosi generale e l'arte speculativa cosi costante sul
nostro globo, che non può essere affetta da veruna opinalilà soggettiva.
La medesima è una verità puramente empirica, perocché se una pietra non
cadesse nello spazio libero sulla terra non si troverebbe una ragione
contraria assolutamente necessitala da opporre al suddetto phenomeno; la
pietra deve cadere nello spazio perocché è sempre caduta; è un
documento costante dell'osservazione; ecco lutto; e questo lutto non si
può trascendere in verun modo dall'intelligenza riflessa senza
cadere in gratuite supposizioni. La riflessione non può opporre per
es. che siccome il centro e la peripheria si suppongono necessariamente,
cosi il corpo deve necessariamente procedere dal centro alla peripheria,
e viceversa per conseguire un'esistenza esteriore. Questa cosa si capisce
chiaramente dicendo, che una materia centrale è necessariamente una
materia caduta, ed una peripheria è necessariamente una materia spostata
dal suo centro; cosi una materia è pure un'oscillazione necessaria fra il
centro e la peripheria, perocché la non si può supporre occupare due
luoghi nello spazio. Qui non si traila empiricamente di provare che
generalmente la materia debba essere attratta e respinta dal centro alla
peripheria e viceversa, ma semplicemente di provare che questa tale
materia hora e qui sia attratta o respinta, piuttosto che altrimenti.
Perciò l'osservazione non tratta le verità generali, ma semplicemente
quelle nel tempo e nello spazio; ed i cultori delle discipline finite
dicono saggiamente, che tutte le verità sono relative; s'intende che tulle le
verità finite sono lali. [L'arte speculativa] L'arie prosaica è necessariamente
un'arte che tratta il finito, ed è prosaica perchè appartiene alla
riflessione. L'arte speculativa non è più tale, perocché si propone di
conoscere non le verità relative e finite, ma le verità generali, madri
dì ogni ordine finito. Quest' arie differisce essenzialmente lanlo
dalla poetica quanto dalla prosaica, perocché aspira alla nozione, e
ad una nozione indipendente da ogni empirica autorità; sendo tale, la non
si può chiamare un' arte aslrallamente prosaica nè astrattamente poetica,
perocché contiene il suo argomento concreto, di cui la prosa e la poesia sono
astratte manifestazioni. Cosi lo spirito generalmente parlando non è
poetico astrattamente, perchè anche prosaico, e non è prosaico
aslrallamente perchè anche poetico. Nell'eloquenza philosophica qualche
volta si vuole persuadere (cioè parlare all'imaginazione e al sentimento,
come la poesia); qualche volta però si vuole dimostrare (cioè
parlare alla riflessione, come la didattica finita); in concreto però lo
spirito vuol insinuare la verità, non imporla se sotlo una forma poetica
o prosaica; vuole insinuare una verità concreta di cui la forma poetica e
la prosaica sono forme astraile; lo spirilo vuol trasfondere lo spirilo,
il quale è semplicemente l'attitudine a costituirsi poetico o prosaico. Quest'arte
speculativa per conseguire il proprio scopo si svolse caratteristicamente
per tre momenti, che sono quelli della philosophia comunemente della. Cosi
prima è una s peculazione immersa in un elemento poetico o religioso (come per
es. l' ispirazione e la fede). Poscia è una speculazione immersa in una
dimostrazione mathematica o empirica, cioè una verità generale diesi vuol
conseguire col melhodo delle verità finite. Finalmente è una speculazione
scettica che si rillettc in se stessa, e conchiude che l'inlellellualilà
riflessa è incompetente a conoscere l'assoluto. La FILOSOFIA più o meno
popolarizzata nei vari paesi civili dell'Europa, appartiene sempre al
primo momento, vale a dire, è un sentimento od un'imaginazione più o meno
philosophalc; non si aspira categoricamente alla nozione, ma
semplicemente a persuadere una certa verità generale. Questa persuasione
non può riposarsi se non in una fede nella cosa o nel dichiarante la
cosa. Perciò si fa sempre appello o a un senso comune (come la
scuola scozzese), o a una verità rivelata (come generalmente tutte le
Iheosophie, comprese anche quelle che si dicono speculative), o finalmente a
una ragione esplicita colla forza dell'eloquenza, vale a dire, a una
ragione diretta al sentimento. La FILOSOFIA coi/arie speculativa mune
della gente non può essere se non una philosophia più o meno poetica,
religiosa o irreligiosa; checché ne sia, le sue ra-gioni non sono mai dirette a
costituire la nozione, ma semplicemente a commuovere il sentimento, o provocare
l'imaginazione: perciò quest'eloquenza philosophica non si può chiamare
poetica nè prosaica, ma semplicemente un'arte speculativa che
persuade o commuove secondo le varie circostanze. É la sola
possibile FILOSOFIA che si possa popolarizzare, perocché il sentimento
e l' imaginazione nella gente comune possono essere mediocremente
espliciti, ma la riflessione è sempre notevolmente debole. In
questo primo momento si dice, per es., che la philosophia dev'essere
nazionale, ovvero deve servire la Chiesa, ovvero lo Stato, ovvero la
civiltà, e così via; si vuol fare della philosophia una disciplina finita
con uno scopo finito. E veramente questa manifestazione equivoca della
mente humana non potrebbe trascendere a una pura speculazione, e d'altronde non
potrebbe costituirsi una technica chiaramente professionale. Perciò
quando? udiamo che una persona ci risponde che il suo studio sono le mathematiche,
la chimica, eie, sappiamo positivamente quelli ch'essa dice, ma se udiamo
che la della persona si dedica alla) philosophia, rimaniamo piuttosto
perplessi. Si é talmente generalizzato questo nome, che horamai non si sa più
cosa si vogli a dire,, quando lo si pronuncia. Tra una philosophia
dell'ordine succcnnalo, ed una philosophia come speculazione pura
corre una differenza molto maggiore che non fra la botanica e la
giurisprudenza. Un secondo momento dell'arte speculativa è quello
che, abbandonando il campo della fede, si dedica alla dimostrazione
mathematica o empirica, vale a dire, a una philosophia che vuol
conseguire la propria verità col methodo d'una disciplina finita. Cosi,
per es., Spinoza tratta la sua etilica con un methodo rigorosamente geometrico
(proposizione, dimostrazione, corollario). Nel secolo passato questa
manìa d' imitare i malhemalici fu mollo generale nei philosophi; non
avvertivano che le mathematiche sono rigorosamente esatte, perocché
versano in un'aslratla identità, vale a dire, si riducono alla loro assiomatica
identità a = a, locchè non potrebbe realizzarsi circa veruno scibile
concreto, perocché esso scibile concreto deve contenere le categorie
radicali di qualsivoglia realtà, cioè la qualità e la quantità. Le
mathematiche sono appunto esalte perchè contengono una sola categoria (la
quantità), e le loro verità non sono mai il rapporto di una all'altra
categoria (il quale rapporto costituisce l'essenza di qualsivoglia verità); questa
sola categoria è appunto incontroverlihile, perocché si riferisce
semplicemente a se stessa; perciò si è dello che i theoremi malhemalici
sono giusti, ma non sono veri, appunto perchè non contengono la totale essenza
di quella che noi chiamiamo verità, o, per lo meno, le verità
mathematiche hanno un significalo altro da quello delle altre discipline.
Cosi trattando mathemalicamenle le materie philosophichesi sono dovute
ridurre a un'astratta identità affinchè riuscissero incontrovertibili come
le mathematiche. Spinoza, per es., poneva la massima cardinale che due
cose diverse non possono avere un rapporto fra loro, perocché nella
comunanza di esso rapporto elleno sarebbero identiche; di qui conchiuse una
sostanza universale identica a se slessa, la quale si manifesta nelle sue
varie attribuzioni come la spaziosità, la temporaneità, eie.; considerava
la Coscienza come una mera attribuzione di essa sostan za. Non avvertiva
1° che nulla può essere reale se non sia Coscienza e p perc iò la
Coscienza non è un attributo ma la sostanza stess a di ogni cosa:
che ja mede sim a non è u j^ realtà, ma piuttosto i nfinita
attitudine a realizzarsi epperciò non si può chiamare nè universale,
nè particolare, nè identica, nè differente; ri on si può predicarla
in verun modo finito. Vi ha pure un'altra forma della
dimostrazione, che assai differisce dalla mathematica. E la prova empirica,
della quale abbiamo più sopra riferito il caratteristico essenziale. Nulla di
più ovvio che ascoltare cosi sconsideratamenle dai philosophanli
che la philosophia dev'essere utilitaria, e riposare sopra i
documenti positivi dell'osservazione. Questa proposizione presuppone
una perfettissima ignoranza delle verità puramente philosophiche.
Basta osservare che la philosophia, sendo il termine più generale della
scibilità, non può essere subordinala a uno scopo altro dall'arte
speculativa se stessa; esso scopo suppone necessariamente che vi sia qualcosa
più concreto della philosophia. Solamente con questa supposizione si possono
giudicare positive certe verità, alle quali deve servire. Il terzo
momento dell'eloquenza philosophica è, propriamente rnm«viAo parlando,
un'eloquenza scettic a. Si è scoperto che ogni idea consta di due termini
contrari, ma siccome la riflessione deve necessa- Se eìticìj riamente
affermare o negare, così s i conchiude che nè la ne iiiL zione nè l'afferma
zione contengono le verit à. È questo lo scelticismo finale, al quale arrivò la
speculazione greca. Negli ultimi V tempi della philosophia greca
apparvero tre syslemi, i quali, benché non fossero prettamente sceltici,
riuscirono perù praticamente allo scetticismo. Così, per es., lo stoicismo (il
quale non era menomamente scettico, ed affermava che l'universo è il
corpo d'Iddio), conchiudeva che nel mondo non era cosa veruna pre-
azjì^W- .v- V feribile a un' allra, e così la vera beatitudine dell'uomo
saggio, ^ ( non consiste nel conseguire certe cose ch'egli crede ottime,
e f* 1 "* * f /"cansare certe altre eh egli crede grame; m a
piuttosto nella piena indifferenza ad ogni cosa monda na. Cosi pure i
neoplatonici, i quali non erano menomamente scettici, lant'è che
proclamavano che l'assoluto è uno, epperciò non intelligibile, perocché
l'intelligenza suppone l'intelligente e l'oggetto dell'intelligenza, altro F.f
te et \ dalla stessa), riuscivano praticamente all'estasi colla quale si
] z *iit',\t;c astraevano da ogni senso esteriore. Gli scettici
propriamente delti e poi avendo conosciuto che ogni termine ha il suo
contrario, aspiravano ad un giusto equilibrio (melriopatfna) dei termini contrari,
epperciò conchiudevano doversi speculare continuamente, senza pronunciare
giudizio veruno. L’apathia o ataraxia degli stoici, l’estasi dei
neoplatonici, la mctriopathia degli sceltici, enunciano un solo fatto
concreto, ossia rijr.fimp fflp ny.il riffll' i pio Hifr»"™ h iimang n
p.nrirqflire l'assoluto. Gli stoici trovavano quest'incompetenza
nell'assoluta unità dell'universo, cosicché affermavano che l’intelligenza non
polendo essere se non dualistica, necessariamente non poteva
concepire l'assoluto, il quale è un'unità. I neoplatonici trovavano
quest'incompetenza nell'intelligenza, che presuppone un oggetto essenzialmcnle
altro dall'intelligente. Gli scettici finalmente trovavano
quest'incompetenza nell'assoluta contrarietà delle idee, dalla quale
arguivano l'assoluta incompatibilità di due idee contrarie. Sommariamente si
può conchiudere che il sentimento l’e
imaginazio ne sono^cjjmpe tenti a concepire Tassoluto^ perocché I
ìvA*'tZ~ var j ano ne j varj soggetti; la riflessi one è pure incompetente
a t:|(*M,»*^. concepirlo, perocché deve supporre il suo oggetto
essenzialmente altro da se stessa, e trovando che ogni termine dell'
idea ha il suo contrario, conchiude necessariamente che una tale idea
debba essere un affermativo o un negativo, ma dappoiché non è
astrattamente nè l'uno né l'altro, ossia non è un astratto positivo
perché anche un negativo, e non è un astratto negativo perchè anche un
positivo, arguisce che l’intelletto è incompetente a giudicare. Questo
avviene perchè non si conosce quella facoltà, wr^ÈTche noi chiamiamo
facoltà concettiva, la quale differisce essenzialmente tanto dal sentimento
come dalla riflessione. Il senlimento affermo giustamente la propria
incompetenza a costituirsi t&wtfc-ccìv^vp-un assoluto, l’intelligenza
a ffermò pure la detta incompelcnza, perocché capì che l'assolulo deve
contenere anche la riflessione, epperciò la riflessione non può giudicare
quello che non può essere un suo oggetto altro da se stessa Cosi l'arte
della parola, svolgendosi nel sentimento artistico e nella riflessione
scientifica, arrivò a uno scetticismo filosofico, e si giudica generalmente
incompetente a costituirsi un assoluto. Lo scetticismo è la necessaria
conclusione d'ogni intellettualilà, che abbia trasceso il sentimento, e non
sappia trascendere alla pura speculazione. Il nostro filosofo si propone anche
la celebre questione del progresso, ossia del cammino della civiltà; e trova
che essa fu evolutivamente risolta coir una o coll'altra delle
seguenti tre risposte: Il genere umano invecchia e invecchiando/dgiara
(sentenza prediletta dagli antichi, da parecchi ottimi poeti moderni e
specialmente dai teologi; con essa lo spirito, scorgendo le migliori cose
desiderabili, le illumina col prestigio della distanza nello spazio e del
tempo. Il genere umano scuote le tenebre della sua ignoranza,
ricerca la scienza, con cui recar rimedio alle sue infermità, e accrescere i
beni, insomma migliora; (con essa lo spirito sforzatosi di prendere il governo
del mondo, raggiunge la sua dignità, dalla quale la mistica antichità lo
dichiarò decaduto: ed è prediletta dai novatori in genere). L'uomo né peggiora
né migliora, ma svolge in modo la sua spiritualità, che la prospettiva del suo
processo rimanga duplice, a migliorare per una parte, a peggiorare per l'altra:
lo spirito è una perpetua compensazione attiva del bene e del male, in modo che
l'uno generi l'altro per necessità logica e questa é la soluzione preferita dal
filosofo: soluzione, come si [Prolegomeni] Lo Spirito oggettivo vede,
trascendentale, ma punto strana perchè l'esigenza del trascendentalismo è
propria dell'uomo. Esso è necessario alla spiritualità, cosi come la
respirazione al corpo umano, sebbene, sommando le opposizioni che si sono mosse
alla speculazione, si vede che tutto lo scibile finito iu l'avversario d'ogni
trascendentalismo speculative. La determinazione suprema della
voce, LA FAVELLA, cioè LA PRONUNCIA ARTICOLATA DELLA DIALETTICA PSICHICA è
il vero fondamento dello scibile, perchè concreta sensibilmente lo sdoppiarsi
del pensiero. Èla formula e insieme lo strumento più eminente della
manifestazione spirituale. Sebbene né LA FAVELLA, né la facoltà di
acquistarla siano necessariamente richieste per determinare la posizione
dell'uomo nella natura il sorgere del LINGUAGGIO, È, COME IL PUDORE, SINTOMO della
spiritualità che nasce e si afferma. Lo studio della linguistica che
sembrerebbe poter procedere sopra un terreno libero da qualsivoglia
pas-[Introduzione alla coltura generale, Prolegomeni Massime e Dialoghi, Fase.
Spirito oggetiivo] sione partigiana, invece cammina sotto vane bandiere
teologiche, o in balla del liberalismo naturalistico o finalmente asseconda le
simpatie e avversioni etniche. Come ogni popolo crede ed ha creduto sempre di
essere il primo popolo della terra, cosi crede ed ha creduto sempre di
possedere la più perfetta di tutte le lingue -- opinione che naturalmente osta
ad un bilancio del contributo che ogni idioma porta all'educazione dello
spirito umano. Il problema dell'origine delle lingue, cosi come è posto per
tanto tempo, è assurdo, giacché presuppone pre-nato alla lingua il pensiero, il
quale mediante essa debba riferirne l’origine. L'unica ricerca genetica che,
fuori del dominio speculativo, può condurre a utile risultato, è la
determinazione di un periodo riconoscibile nelle vicende storiche, dal
quale si sono sviluppate le attuali forme linguistiche. Considerando il
rapporto tra l’idea e le primissime radici designative si capisce che detto
rapporto non è idealmente definibile, perchè è meramente naturale. É una
ragione psichica immediata come quella per la quale il RISO è foneticamente
altro dal LAMENTO e SIGNIFICA diversa condizione dell'anima. Ma l'idea
progressivamente si emancipa dalle forme materiali e radicali. Giacché
agevolmente si capisce come una radice viva, ossia espressiva di un solo
concetto determinato, patisca in questa determinazione un impedimento alla sua
dialettica e storica evoluzione. Anzi, la [Considerazioni ecc., Lo spirito
oggettivo] radice e l'idea si legano reciprocamente, e così l'una e l'altra
sono arrestate nel loro metamorfico svolgimento. Si può dire che il pensiero di
un popolo tanto più liberamente si svolge nella storia quanto meno sia
spiritualmente legato dalle radici vive della propria lingua, e che
reciprocamente l'inerzia dialettica conserva le radici vive come l'attività le
corrompe e spegne. Molta importanza ha lo studio delle lingue per la istruzione
e l’educazione del pensiero. L’uomo è tante volte uomo quante lingue conosce,
giacché tale studio concerne vari modi che rispondono ai vari gradi del
pensiero. Infatti, l'idioma accenna progressivamente a dare le forme sensibili,
le intellettive, e le concettuali. Quanto più il pensiero si avvia
all'espressione rigorosamente logica tanto più si libera dalle esigenze tutte
formali della lingua. Giovanetto, sperimentai che dalla lingua è occasionato il
pensiero. Più tardi capii che la lingua è mezzo necessario alla sua
formulazione. Finalmente concepii che la vera forma intrinseca del pensiero non
può essere manifestata da questo mezzo estrinseco, che è la lingua. Il che
significa che essa, giunta che sia di fronte alla speculazione pura, o per dir
meglio, al sistema contemplativo si esautora da sé medesima, riconoscendosi
insufficiente a esprimerlo concretamente. Anzi, la lingua [Idee radicali delle
discipline matematiche ed empirico-induttive. Introduzione alla coltura
generale. Prolegomeni. Massime e Dialoghi. Fase. Lo spirito oggettivo] VOLGARE,
per l’uso pratico della vita, vuol essere studiata assai differentemente che la
letteraria e la FILOSOFICA, perocché lo scopo delle varie forme linguistiche
non è menomamente identico. Anche la semplice nozione storica di un paese è
assai collegata colla conoscenza del suo idioma speciale. Narrando di un
viaggio fatto dall'eroe di uno de’suoi tanti romanzi, C. dice. Il mio
protagonista studia sopratutto di famigliarizzarsi coi singoli idiomi che sono svariatissimi
e giudica che la nozione à un certo paese suppone quella del minuto popolo,
epperciò una pratica dell'idioma locale. E vedemmo che così si comporta nei
suoi viaggi egli stesso. Quanto alla questione circa la preminenza del toscano
sugl’altri dialetti nella nostra lingua letteraria, ecco le osservazioni, che
noi riferiamo qui non perchè ci paiano originali, ma per dimostrare, una volta
di più, quale sicurezza di sguardo ha C, in ogni questione, che si affaccia al
suo intelletto. LA LINGUA ITALIANA possiede, come tutte l’altre, il suo proprio
genio caratteristico, per il quale non può essere confusa con veruna delle
lingue romaniche. I suoi dialetti, moltissimi e svariatissimi, si distinguono
fra loro singolarmente per il loro specifico carattere, ma nessuno potrebbe
sospettarli dialetti d'una lingua altrimenti che l'italiana. Questo avviene
perchè, fra tante differenze, essi posseggono un carattere comune. Memorie
postunte, Fase. Itinerario di un inqualificabile. Fase. Lo spirito
oggettivo] grammaticale e lessicale; e L’UNITÀ DELLO SPIRITO ITALIANO,
nonostante le sue profonde differenze, è improntata in questo generalissimo
tipo comune dei dialetti. Oggidì da letterati si disputa seriamente se il solo
toscano sia il tipo classico della lingua italiana, ovvero se IL GENIO DELLA
NOSTRA LINGUA, essendo sparso in vari dialetti, si debba ecletticamente
approfittare di tutti. Esporrò brevemente la mia opinione. Il toscano è senza
dubbio il più ricco, il più venusto e sopratutto, diremo, il più prettamente
italiano dei dialetti parlati nella penisola, e perciò esso è senza dubbio il
repertorio più copioso e più italiano. Ma non si deve dimenticare che la lingua
parlata in Toscana, quanto sivoglia buona, è pur sempre UN DIALETTO, epperciò
non può essere una lingua letteraria sufficiente. Nessun popolo scrive come
parla. Le lingue parlate nascono e crescono nel popolo, e contengono le mere
idee del popolo; la letteraria e la scientifica sviluppano il materiale linguistico
della parlata giusta le esigenze progressive delle lettere e delle scienze. Ora,
questo materiale della lingua parlata è tanto più sufficiente quanto più
ampiamente è desunto da tutti i dialetti italiani: ognuno di essi possiede
certe locuzioni così proprie all'idea, quali non sono specificamente possedute
da verun altro. Di queste precellenze particolari la lingua delle lettere e
della scienza deve liberamente approfittare e non immiserirsi nell'idioma locale
d'una provincia. Seguitiamo il buon esempio del grande ALIGHIERI, che,
quantunque toscano, esordì a scrivere la sua Commedia non nell'idioma toscano,
ma in una lingua veramente italiana. Spirito oggettivo. Molte forme
grammaticali e lessiche sono riducibili allo SPIRITO GENERALE DELLA LINGUA
ITALIANA, talune non lo sono. Il buon criterio del letterato deve scernere
quelle da queste, e, se l'idea esige neologismi, li deve creare conformemente
al genio della lingua, e omogeneamente ai materiali idiomaticamente o letterariamente
prestabiliti nella lingua italiana. Coll'idioma esclusivamente toscano
s'immiserisce non solo la lingua, ma conseguentemente anche l'idea, la
quale trascende le limitazioni locali e popolari. Dai Sogni e Favole:
Dal Sogno fiiogoologico. Perfezione ed imperfezione degl’enti. Dalla
Favola antropologica. Dialogo tra Fantasia, Lucifero ed il filosofo. Dalla
Favola antropopedeutica. Dialogo tra Favola ed Filosofo. La filosofia e la
solitudine. Dalla Favola angelica. La vita del filosofo. Dal Sogno utopistico.
Dialogo fra il filosofo ed un ere mita della futura società riformata. Dal
Sogno utopistico. L’educazione in un ordinamento utopistico della società.
Dalla favola utopistica. Una gita in aeroplano nella società riformata. Dalla
Favola utopistica. Un casus belli Dalla Favola utopistica. Le condizioni
economich della società riformata dell’anno 2000. Dalla Favola
utopistica. Un disegno di ordinamento cittadino nella società riformata
dell’anno 2000. Dal Sogno assurdo. La società nel secolo xix e nell’e
poca successiva della riforma. Dalla Favola assurda. L’igiene. Dal Sogno
del diluvio riformatore. Un cataclisma. Dalla Favola di F.rato. Poesia,
scienza, speculazione Dalla Favola ili Erato. La danza, la mimica, la musica,
la poesia. Dalla Favola di Erato. I grandi poeti sono spiriti concettivi. Dalla
Favola tecnica. Prolusione agli studi tecnici in una società futura. Dalla
Favola filosofica. Manuale pratico di vita civile Dalle Massime e Dialoghi:
Reminiscenza.» Espressione della verità. Recondita opera della filosofia
nella storia dell’ umanità. Gl’attori della nostra storia europea. Gli spiriti
forti e la moralità. I filosofi nella società degli uomini comuni. Debolezza
delle facoltà mentali. Celebrità e saggezza. I giudizi del mondo. Apprendere da
sò stesso o dal maestro. II giornaletto umoristico. La tirannia della
debolezza. L’apprezzamento della filosofia del mondo. Stazioni nell’itinerario
degli studi. Dialogo di Patologo e Apatologo.» L’uomo piacevole.
Machiavellismo delle sette. Differenze spirituali. Un quinto giudizio del
mondo.Erutti di una coatta abnegazione. La celebrità ed il sapere. Dialogo
della Luna e della 'ltrra. Lagnanze e contentezze inopportune. L’intrinseco del
mondo. L’ineccepibile probità. Conosci te stesso. Il vero sentimento e la
costumanza. La predica delle tre sorelle . Metodo per essere colto e sapiente.
Scopo di un filosofo . Catechismo de! medico praticante. ”Documenti esteriori della
soggettività. L’inettitudine dei filosofi e dei poeti . Annunzio librario.
Dialogo di un filosofo con un amico. Orientazione dello spirito speculativo.
L’infelicità degli uomini grandi . consigli delle persone. La setta. La
personificazione delle maggioranze. I giudizi del mondo. Verità speculativa e
verità della riflessione. Sentenziucce. Le ragioni delle sette. Predilezione
del sentimento e della riflessione Le abitudini della vita pratica e teorica .
Insegnamento delle massime pratiche mondane. L’hegeliana filosofia del diritto
. Trascendentalismo. La divina provvidenza1 diritti della gente.
Astrazioni viste sotto un solo aspetto. Ragioni della verbosità . La solitudine
e la città. Le lodi e i biasimi del nostro tempo. La morte spirituale. L’inavvertenza.
Politica. Circa la musica contemporanea. I desideri del filosofo
.L’essenzialità del sistema contemplativo. Uno stravagante . li soldato.
Un rimprovero sconsiderato1. 'esigenza dello spirito. Il lavoro del cervello.
L’educazione positive. La composizione. I ire periodi della storia umana
Intensità dell’esistenza ed annullamento Insegnamento della lingua.
I fondamenti dello scibile finito. La religiosità dell’Asia. La religiosità in
ROMA. II Cristianesimo. L’igiene. L’ozio delle Trascendentalismo. La verità
poetica. La responsabilità. Paradossi. La professione. Il regime.
L’educazione del getter. L’essenza e il formalismo dello scibile umano.
Il bello poetico. Il deputato. Crepuscolo di Milano.
Pellegrinaggio. Unione di Torino. Silorata. Revue franco-italienne di Parigi.
Philosophische Monatshefte, Rabus. Pasaelogices Specimen. Zeitschrift fur Philosophie
und philosophische Kritik, Perseveranza. Antonietti. Considerazioni sopra
il sistema dello Spirito e della Natura. Lorenzi alle
Considerazioni. Gazzetta Letteraria Ercole. Filosofia delle Scuole
Italiane, Ercole. Pasaelogices Specimen. Annuario biografico universale,
Articolo d'indole generale. Lorenzi. Notizia degli scritti
e del pensiero filosoficodi Pietro Ceretti
accompagnata da un cenno autobiografico pel medesimo
(la mia celebrità). Ercole. Torino, Unione Tip. Editrice. Prefazione
de IP Autore In Atti deirAccademia Reale delle scienze di
Torino (Classe di scienze morali, storiche e filosofiche). Adunanza. Nuova
Antologia.Valdarnini. Zeitschrift filr Philosophie und philosophi-sche
Kritiky Halle, Notizia bibliografica.In Rivista
Italiana di Filosofia dNotizia bibliografica
del Prof. Felice Tocco.Introduzione dei
traduttori ai Prolegomeni, Nuova Antologia.
Letteratura. Tarozzi. Ercole. Rivista Italiana di Filosofia, Ercole.
Machiavelli, T. C. In Lettere ed Arti.Lenzoni. Ateneo Veneto.Ift Revue
philosophique de la France et de L’Etranger. Perez. Ercole. Sinossi. Rassegna
Nazionale. Un poeta filosofo.Notizia. Rivista Italiana di Filosofia.
Notizia Valdarnini. Risveglio educativo, La pedagogia di Ceretti. Studio del
Val-darnini. Prefazione dell’autore In La
Coltura, La fama postuma di un Filosofo
poeta, di Zannoni. In Voce del Lago Maggiore, C. poeta, di
Alemanni. La Filosofia della Natura di P.
Ceretti per Pasquale D'Ercole. Torino,
Unione tip. Editrice. The Mind, Benn. Zeitschrift fììr Philosophie nnd philosophische Kritik, Leipzig, Notizia
sulle opere, Hermann. Rinnovamento Scolastico, Roma, Ceretti
nella storia della Pedagogia, di Fantuzzi. Deutsche Litteraturzeitung, Notizia
sul volume dell'Essologia, del Giovanni Cesca. Rivista Italiana di
Filosofia, Un nuovo Trattato di Filosofia della Natura del Valdarnini.
Nella Storia della Pedagogia Italiana di Valdarnini, Paravia e C.,Dizionario
illustrato di pedagogia di Martinazzoli e
Credaro. Rumori mondani di Negri, Milano Discorso.
Ercole. Inaugurazione del monumento a C., Intra,Vedetta. Alemanni, Saggi di
Filosofia Teoretica. Valdarnini. Firenze Prefazione dell’autore.
Introduzione. Ercole. Essologia, Stampa Notizia sul voi. deirEssologia.
Alemanni.Rassegna Nazionale NotiziaAlemanni. Rivista Italiana
di Filosofia, stX.i,-La Coscienza Fisica,
studio Alemanni. Nella Storia Compendiata della
Filosofia di Cantoni (Milano Hoepli) Rivista Pedagogica Italiafia, La
filosofia naturale di C. Valdarnini. Coltura, Notizia di Petrone, Rivista
Italiana di Filosofia, Le dottrine estetiche di C.. Studio.
Alemanni (Literarisches Centralblatt, Essologia. La Fisica. Nella Enciclopedia
universale illustrata, Milano, Vallardi Editore.
Cenno sul Ceretti. Grundriss der
Gcschichte der.Philosophie,Viertel Theil di Ueberweg-Heinze.
Notizia su C. (Credaro), Rivista Filosofica. La
filosofia di C.. Alemanni. C. (n. intra), filosofo.
implicatio — empiegazzione — ES implicatum — empiegato — EX implicans —
empiegante — SYN. L'uomo nella
serie zoologica.L'uomo vuol essere consideralo come l'ultimo frutto, ossia il
massimo sviluppo psichico dell'animalità. Questo massimo sviluppo presuppone
necessariamente i prossimi animali dello sviluppo minore, e cosi via
discorrendo. L'uomo vuol essere, inoltre, considerato come il frutto più
recente dell'albero 200 logico. E qui nasce oggidi rispetto all'uomo una
contestazione circa la sua produzione immediata o derivata da ' più prossimi
animali inferiori. Questa contestazione non può ammettersi dalla specu lazione,
e neppure dalle discipline naturali empirico-induttive; ma la si agita sopra un
terreno affatto estraneo a quello della speculazione, e della scibilità
empirico - induttiva, fomentata da ogni sorta di passioni, partigiana di
religiosità, di moralità, e così via. È assurdo supporre che una specie si
tramuti in una nuova specie come tale; perocchè le specie sono mere distin
zioni teoriche del nostro intelletto . La natura, come disse un sommo
naturalista, non facit saltum; e conseguentemente le distinzioni
caratteristiche, che costituiscono le specie, non risul tano se non in quanto
si prendono in considerazione termini sufficientemente lontani e si trascurano
i termini intermedii . Infatti, se noi consideriamo gli animali superiori
dell'albero zoologico, nei quali le differenze ci sono più sensibilmente mani
feste, troveremo che le specie si suddividono in razze differenti fra loro
sotto varii rapporti, e che le razze si suddividono in varietà differenti, e
che dette varietà si suddividono in varii indi vidui pur differenti fra loro .
Inoltre, troveremo che queste differenze sono a noi tanto più evidentemente
manifeste quanto più si salga alto nell'albero zoologico, ed a noi più vicina
sia la specie che si prende a considerare. La vera trasformazione della specie
perciò non si deve inve stigare nelle specie come tali, ma piuttosto nei minimi
termini della specie, ossia nelle variazioni individuali. Quesle variazioni,
tuttochè lentissime, modificano col volgere dei secoli le specie, così come le
conchiglie microscopiche, variando la propria na tura, variano il terreno che
ne risulta. Gl’agenti che effettuano la suddetta progressiva va riazione sono
di tre ordini, vale a dire : agenti planetarii, agenti psichici, agenti
spirituali. Questi agenti sono pro gressivamente tanto più efficaci quanto più
si concretano nella efficacia spirituale. Gli agenti del primo ordine
modificano semplicemente l'orga nismo, e indirettamente, ma assai lentamente,
le facoltà istintuali. Sono gli agenti puramente planetarii, p. es., la natura
del suolo e dell'aria, ossia generalmente il clima, le condizioni geografiche e
topografiche, e cosi via.Questi agenti si possono chiamare elementari; perocchè
operano su tulla l'animalità senza distinzione veruna, e sono presupposti dagli
altri agenti succennati. Si può dire in tesi generale, che gli animali
inferiori non subiscono modificazione se non lentissima, e molte specie degli
animali inferiori si sono spente, appunto perchè non hanno potuto subire le
modificazioni necessitate dalle progressive va riazioni dell'aria e del suolo .
Gl’istinti delle specie animali infe riori sono rigidi e difficilmente
modificabili, appunto perchè sono istinti poco variati, che non possono
neutralizzarsi fra loro in una ricca varietà di modificazione. Gli agenti del
secondo ordine sono psichici, epperciò più intimi nell'organismo, ossia più
essenziali . Questi agenti psichici modificano l'animale nelle sue intime
facoltà, ossia attitudini, assai più facilmente e più profondamente che non gli
agenti naturali succennali. Questi secondi agenti sono nella loro essenzialità
un maggiore sviluppo dei primi, epperciò si manifestano nelle generazioni
susseguenti come profonde modificazioni dell'organismo e dell'istinlualità .
Queste modificazioni non sono più mere variazioni giusta una astratta affinità,
per le quali, p. es., una facoltà diventa minore di altra facoltà, vale a dire,
si manifestano come pure variazioni quantitative dell'istintualità . Sono
modificazioni profonde che diventano la proprietà caratteristica dell'animale e
qualche volta sono affatto estranee e contradittorie alle facoltà delle genera
zioni preesistenti. Allora si dice, che nuove specie sono venute all'esistenza,
e le vecchie si sono spente . Le facoltà psichiche si modificano sulla base di
istinti più svariati, i quali si neutralizzano appunto fra loro tanto più
facilmente quanto più svariati . Gl'istinti degli animali inferiori sono tanto
più fermi e rigidi, quanto meno molteplici e sva riati. Queste modificazioni
causate da fattori psichici modificano realmente il sistema anatomico e
fisiologico ( perocchè non sa rebbe possibile una modificazione psichica sulla
base d'una inva riabilità anatomico - fisiologica ), ma sono modificazioni
profonde, le quali, se qualche volta poco modificano l'ordine anatomico
fisiologico sensibilmente manifesto, sono però effettuate piuttosto negli
elementi anatomici, nel così detto ordine istologico. Le dette modificazioni
psichiche non spettano, come quelle generali, ad una specie o ad una razza, ma
sono più profonde modificazioni dell'organismo e della corrispettiva
istintualità; esse riflettono piuttosto le mere individualità animali, epperciò
sono variabili indefinitamente. Le condizioni causali di queste modificazioni
sono date dalle varie ciscostanze, nelle quali ver sarono certi individui
animali. Cosi non è solo la varia natura geografica e topografica del suolo e
dell'aria in che vivono, ma anche i varii vegetabili e animali con che vivono;
perocchè dette varie condizioni sono sufficienti a modificare l'anima
dell'animale . Le delle varie circostanze costringono certi individui a eser
citare preferibilmente certe facoltà psichiche, e per conseguenza a svilupparle
preferibilmente. Data la ricca molteplicità e varietà delle facoltà istintuali
proprie della specie, queste facoltà varia mente si combineranno fra loro e si
neutralizzeranno. Gl’istinti cosi neutralizzati, ossia radicalmente variati, si
trasmettono alla generazione veniente; e cosi le condizioni succennate,
variando le altitudini dell ' anima individuale, preparano il terreno alle più
ricche e più profonde azioni dei fattori veramente spirituali . I fattori
spirituali modificano quelle attitudini che appartengono non alla specie, ma
all'individuo animale, e sono fattori che non più modificano l'anima senziente,
ma lo spirito ideante dell'animale. Tuttochè questi fattori, nel loro concreto
sviluppo, appartengano meramente allo spirito umano, pure gli animali superiori
(p. es., le scimie antropomorfe) posseggono un certo quale esercizio equivoco e
parziale dei suddetti fattori. Cosi la scimia impara dalla propria
osservazione, epperciò gl’indi vidui più vecchi sono assai più scaltri e periti
dei più giovani . È questa la ragione per la quale i suddetli animali non sola
mente si aggregano fra loro, ma si organizzano gerarchicamente giusta certi
statuti del loro sentimento comune. È importante che un individuo animale possa
profittare delle proprie osser vazioni; perocchè dello profitto provoca una
maggiore perizia pratica, la quale dai più vecchi è partecipata ai più giovani
e trasmessa alle generazioni vegnenti come una dialettica delle categorie
istintuali, che più tardi si svilupperanno in una vera mentalità. Le categorie
spirituali funzionano qui come sviluppate cate gorie psichiche, epperciò il
linguaggio, nel suo amplo significato, vera sintesi e genesi manifesta delle
categorie spirituali, arriva all'esistenza : come linguaggio puramente
psichico; come linguaggio equivoco, ossia psichico -spirituale; come linguaggio
assolutamente spirituale. Qui non occorre accennare al terzo stadio, ossia al
linguaggio spirituale proprietà esclusiva dell'uomo, ma solamente al primo e
secondo stadio del linguaggio che nasce e si sviluppa nell'animalità subumana.
Il fattore caratteristico di questa crisi, ossia lo svi luppo dell'anima
senziente nella spiritualità pensante, è manifesto piuttosto dal linguaggio
muto delle emozioni del corpo e princi palmente di quelle della fisionomia.
Quest'emozioni possono for mulare un vero linguaggio, in quantochè manifestano
definite emozioni intime con certe categorie, che, non essendo destinate alla
mera conservazione dell'individuo e della specie, non si pos sono chiamare
semplicemente psichiche, ovverosia istintuali. L'animale, p . es., lussureggia
per una mera sensualità erotica, la quale non può essere destinata in verun
modo alla pro pagazione della specie. Così pure gli animali giovani giocano
colla vivacità propria dell'età loro, la qualcosa può giovare, ma
indirettamente, all'educazione e destrezza corporale dell'indivi dualità. Così
i genitori non solo alimentano la loro prole, ma la educano e disciplinano alle
pratiche operazioni requisite dalla propria specie, locchè significa che
l'ingenita istintualità non potrebbe bastare, ed abbisogna di ammaestramenti
delle osser vazioni date a coloro che hanno già vissuto praticamente nella vita
. Il linguaggio che abbiamo chiamato equivoco, ossia psichico-spirituale, è
quel tale linguaggio fonetico, che veramente non consta di vocaboli, ma
semplicemente di VOCIFERAZIONI, le quali significano non solo definite emozioni
dell'animo, ma certe anfibologiche determinazioni della mente. Così, per.es., i
cani, alla presentazione d'un oggetto che altre volte fu loro nocivo, possono
fuggire guaiolando.Qui certo v'ha una psichica emozione provocata da un simile
oggetto, ma quest'emozione dev'essere legata alla memoria di una sensazione, la
quale memoria appunto costituisce una deter minazione equivoca, psichica o
mentale. Gli animali superiori posseggono una svariatissima facoltà SIGNIFICATIVA,
mediante una modulazione fonetica, di queste equivoche determinazioni. Quando
l'animale arriva definitivamente alla soggettivazione della propria Coscienza,
ossia al suolo distinto categoricamente dal non-io, entra categoricamente nella
coscienza spirituale. Questo passaggio costituisce la creazione dell'uomo, e
solamente questo passaggio colla propria manifestazione può significare un
soggetto umano. Qui l'umanismo si manifesta categoricamente nel proprio
caratteristico ( la definita soggettivazione), e si manifesta colla parola non
certo coi documenti anatomico-fisiologici, che non possono bastare se non a
certe ample generalità della distinzione animale.1 Sguardo retrospettivo sullo
sviluppo della Coscienza naturale. Prima di entrare a caratterizzare questa
crisi impor tantissima, ossia lo sviluppo dell'anima nello spirito, dobbiamo
rapidissimamente riassumere la speculazione retrospettiva della Coscienza
dall'ordine uranico nel planetario e vegeto animale. Nell'ordine uranico la
coscienza procede verso un'individuazione dalla nebulosa alle comete, al sole
ed ai pianeti. Quest'individua [Questo punto è espresso molto determinatamente
e chiaramente nel l'altra opera di C. Considerazioni sopra il sistema generale
dello Spirito,, oveè detto. Il solo caratteristico essenziale dell'umanismo
(assai più caratteristico di quell'antichissima vaga definizione dell'uomo
ragio nevole) è senza dubbio la soggettivazione, e la manifestazione di questa
sogget tivazione è fatta con parole, con gesti o altri inezzi spiritualmente
formolati, Conformemente a ciò, più innanzi, l'uomo è designato anzi definito
come coscienza soggettivatazione, qualunque la si voglia supporre, non può
essere una sog gettivazione; perocchè l'individuo non si distingue dalla
specie, e le varie specie dei corpi celesti si confondono colle varie età di un
solo individuo. Cosi pure, speculando in un ordine generalis siino, le varie
specie vegetabili ed animali sono varie età della vegetazione e dell'animalità.
Ma nelle specie vegetabili l'individuo principia a distinguersi dalla specie .
Nell'ordine animale non solo l'individuo si distingue dalla specie, ma anche il
soggetto dall'individuo ė progressivamente distinto. Cosi, p. es., il corpo
animale consta d'innumerevoli individualità viventi aggregate ed organizzate
fra loro, le quali, svolgendosi dall'una in altra fase, costituiscono i varii
organi ed apparecchi e funzioni vitali dell'a nimale. Ma la coscienza resuntiva
di questo individuo vivente è nell'animale concreto non negli animalcoli
gregarii che lo costi tuiscono . L'animale resuntivo della propria soggettività
costituisce lo svolgimento del senso del pensiero. Lo Spirito o la Coscienza
spirituale . Senso e pensiero e la loro distinzione. Qui dobbiamo
caratterizzare definitivamente la distin zione del senso e del pensiero. Il
senso non può supporsi astratto dalla Coscienza; perocchè in questo caso
sarebbe un senso che non sente, ma può supporsi astratto dalla Coscienza del
senso; perocchè la Coscienza e il senso possono funzionare indistinta inente .
Finchè la Coscienza non si distingue categoricamente dal proprio oggetto, è una
coscienza identica alla sua forma esteriore, la quale è una sensibile
esistenza. Quando però la Coscienza si distingue categoricamente dal proprio
oggetto, allora dice: Io sono e l'oggetto è. Io sono quello che sono, e
l'oggetto quello che è, cioè l’lo e il non lo siamo due termini distinti .
Quest'idea fondamentale che si percepisce un lo è la soggettività ossia la
nascita dello spirito. Quando C. dice qui nascita dello spirito, intende dire
nascita del pensiero, facendo consistere la spiritualità specialmente in
questo. A con ferma di ciò, si noti, primamente, che in questo paragrafo ei
vuole fare appunto la distinzione di senso e pensiero; secondamente, che nel
susseguente paragrafo, parlando dei momenti dello spirito, vi accoglie il
principio sensitivo non come pura e semplice sensazione, ma come sentimento.
Sulla predetta distinzione, del resto, ritorna nei paragrafi susseguenti. Le
fasi dello spirito. Lo spirito consta di tre fasi, il sentimento, l'intel letto
ed il concetto. Lo spirito nel sentimento è uno spirito immediato, che poco si
distingue dall'anima senziente, ma quest'anima senziente appartiene allo
spirito, perocchè si percepisce soggetto. Il sentimento. Qui dobbiamo
brevemente storiare lo spirito nella sua prima fase, ossia nel sentimento. Il
sentimento consta di tre termini: l'attenzione, la memoria, l'imaginazione. La
funzione più o meno complessa di questi tre termini crea la soggettività, che
lentamente si svolge dal sensibile nel cogitabile. L'attenzione deve funzionare
nello spirito esordiente, e cosi lo spirito deve sentire che il senso della
natura, ossia l'istinto, più non gli basta. Questo sentimento
dell'insufficienza del proprio istinto l'avverte, che necessita osservare ed
imparare le pratiche della vita; è la prima funzione della mentalità . Epperciò
tutte le lingue ariane conservano più o meno esplicite le traccie della
parentela lessica di maneo e mens, quasichè pensare e fermarsi, ossia fermare
l'attenzione sopra un oggetto, siano due opera zioni molto affini. Veramente,
tuttochè sommamente dissomiglino queste ope razioni, nella loro sensibile
inanifestazione esteriore s'identificano in un fatto comune, quello
dell'arrestarsi. La coscienza che fissa l'attenzione sopra un oggetto, cerca
nell'oggetto qualcosa oltre il sensibile immediato, quando esso oggetto non sia
la funzione di una mera sensazione immanente. La seconda funzione
caratteristica del sentimento è la memoria. Mediante la memoria una sensazione
presente si può risu scitare quando non sia più presente. La coscienza
attentiva all'oggello studia un oggetto esteriore ed abbisogna della pre senza
di esso oggello per osservarlo. Ma la memoria contiene e conserva in sè stessa
l'oggetto osservalo, epperciò si costituisce indipendente dalla presenza del
medesimo.La terza funzione caratteristica del sentimento è la imaginazione.
L'imaginazione non solo conserva l'oggetto osservato, ma crea l'oggetto che non
ha osservato. Questa funzione emancipa la Coscienza, non solo, come la memoria,
dalla presenza dell'oggettto, ma anche dalla sensibile esteriore realtà del
medesimo, epperciò l'imaginazione può liberamente crearsi una propria
oggettività. Questa facoltà crea non solo l'oggetto composto di oggetti
osservati, ossia non crea solo la mera composizione, ma crea gli oggetti che
non constano di elementi osservati, ma oggetti radi calmente imaginari,
tuttochè le semplici categorie dello spirito e della natura debbano
necessariamente fornire all'imaginazione se stesse per possibilitare la
creazione. Il passaggio dalla coscienza senziente alla cogitante, ossia dalla
bestia all'uomo, è pure una progressiva distinzione della Coscienza in
soggettiva ed oggettiva . Qui la detta distinzione è una mera distinzione
generale dell'lo dal non-Io. L'lo si sup pone vivente e pensante altro dal non-
io, in sè stesso parimenti vivente e pensante. La natura si rivela come un
popolo di viventi e di pensanti, non si suppone ancora l'altro dal vivente
-pensante, ossia il non vivente e il non -pensante; si suppone semplicemente
l'altro dal moio lo vivente e pensante. Perciò la natura uranica, la terrestre,
stochiologica e ininerale, la vegetabile e l'animale si suppongono distinte dal
mio lo, non però distinte dall’lo generalmente par lando, ossia si suppongono
possedere un loro lo analogo a quello della Coscienza umana . Esaminale le
radici, ossia gli antichissimi suoni elementari del linguaggio e troverete ogni
dove significata l'universa natura come vivenle e pensante analogicamente alla coscienza
umana; non vi troverete mai la natura morta colle sue forze cieche, go vernale
da necessità parimenti cieca, vale a dire, la natura della riflessione. Il
sentimento esplicito dalla Coscienza soggettiva può essere comunicato dall'uno
all'altro individuo. È questa comuni cazione la prima proprietà per cui l'idea
cogitabile è distinta dalla mera sensazione. Nessun linguaggio potrà fornire
una sensazione, se questa non sia stala data dal senso come tale lo potrò, p.
es., parlare in qualsivoglia modo degli oggetti visibili, ma il cieco nato non
potrà mai comprendere che sia la visibilità. Se un soy getto abbia un tempo
posseduta la facoltà visiva, potrà, parlando degli oggetti veduti, richiamarli
alla memoria quasi visibilmente presente, ma non potrà mai fare che tale
visione sostituisca la concreta visibile realtà colla semplice imaginazione.La
prima conseguenza della Coscienza senziente che si sviluppa nella cogitante è
che, siccome l'idea come tale, ossia nella forma della Coscienza cogitante, può
essere trasmessa dal l'uno all'altro soggetto, non può essere trasmesso il
senso come tale, ossia nella forma della Coscienza senziente . Cosi il soggello
è abilitato a sapere quello che non egli, ma gli altri hanno percepito col
senso, oppure quello che egli in altro tempo ha per cepito col senso, oppure
indurre un'idea da quello che presen lemente percepisce col senso C.. Sinossi, ecc. Cosi, p . es., la pecora
condotta al macello vede macellare la sua simile e non solo non induce che sarà
ella stessa macellala, ma anche non percepisce che questa presente operazione
signi fichi un'uccisione; perocchè non possiede l'idea della morte. Cosi il
soggetto pensante può sapere quello che il senziente non può sapere, e questo
sapere nasce da una facoltà, per la quale da una sensazione si astrae un'idea.
Cosi, per es., il soggetto pensante vive nel passato colla memoria, e
nell'avvenire coll'imaginazione; il soggetto senziente vive astrattamente nella
sua sen sazione presente. In virtù della sensazione, che non può essere indotta
in un'idea, egli non possiede, come il pensante, la distin zione di una natura
predominante ed insubordinabile al soggetlo, e di una natura subordinabile e
passibile del soggetto. Quest'idea prototipa della forza è un'idea cardinale
dello spi rito, è stata il primo germe della religiosità. Osservate il Dio di
tutti i popoli, e lo troverete Dio, non perchè sommamente ragio nevole, ma
perchè onnipotente. Nelle religioni spiritualmente più adulte rimane tultavia
l'idea dell'onnipotenza, piuttosto che quella della ragionevolezza, l'attributo
eminentissimo della divinità. Mediante questa passibilità il soggetto può
sapere la prima volta di essere nato, di essere stato lattante, di essere stalo
partorito, e cosi pure può sapere che tutti i soggetti, nessuno eccettuato, non
vissero oltre una certa inassima età, ma morirono in quella o prima di quella.
Conseguentemente egli sa che il sog getto non solo nasce e nuore, ma può
nascere in varie condizioni, e morire in qualsivoglia momento della sua vita .
$ 126. La nozione della nascita e della morte del soggetto è un fenomeno della
Coscienza realizzato la prima volta che la Coscienza senzienle si svolge nella
pensante; perciò sapiente inente nella genesi è detto che l'uomo prima di
peccare, ossia di gustare il frutto del bene e del male, non inoriva, ed
avendolo gustato dovrà morire .Veramente la Coscienza senziente non può sapere
di nascere e di morire; perocchè questo sapere non si sa se non sia una nozione
trasmessa dall'uno all'altro soggetto, ovvero un'idea in dotta dal fatto
costante della morte. Ricapitolando, questa crisi della Coscienza, ci mani
festa che la Coscienza, dalla sensazione svolgendosi nella men talità, procede
in un sistema di distinzioni ideali, che non sono possibili nella mera
sensazione. La mentalità, che nasce dalla sensazione, è prolotipicamente
imitatrice della sensazione, e porta seco nel suo sviluppo la forma della
sensazione stessa, che pro gressivamente si trasforma in quella del pensiero.
La mentalità è prototipicamente sentimento, e funziona in tre caratteristiche
fun zioni cioè : come attenzione; come memoria; come imaginazione. Da queste
tre prototipiche funzioni del sentimento nascono tre forme rudimentali della
mentalità. La mentalità non più vive nell'immediata sensazione, ma crea il
conflato temporaneo e vive nella retrospettiva del passato e prospettiva
dell'avvenire. Questo conflalo temporaneo possibilita un'esistenza ideale oltre
l'imme diato sensibile presente, e conseguentemente un'idealità induci bile
dall'osservazione. Da quest'osservazione nasce una seconda idea elementare
della mentalità, cioè d'una forza naturale che domina la nostra, e d'una forza
subordinabile alla nostra . Di qui la mentalità si esercita per subordinare le
forze predominanti, e da questa generale osservazione si percepisce come un
fatto costante che l'uomo nasce e muore, e finalmente che io come uomo sono
nato e devo morire . L'idea della morte come necessità, tuttochè sembri un'idea
comunissima, è lungi dall'essere tale. La coscienza primitiva, come quella di
certi selvaggi oggidi viventi, percepisce la morte come un fatto costante; ma,
come la riſlessione, non arguisce punto che questo fatto, tuttochè costante,
sia necessario . Suppongono questi selvaggi che la natura umana o sovrumana
abbia sempre ucciso l'uomo; ma suppongono pari menti che quest'uccisione non
sia una necessità, ma una sforlu nata accidentalità. La coscienza che dalla
sensazione si svolge nella mentalità si sistematizza in un sentimento pressochè
comune alla umanità. Il soggetto possiede la sua propria determinazione indi
viduale; ma proprie determinazioni non affettano un sistema generale della
Coscienza umana, che perciò ſu chiamato senso comune. Mentre questo sistema
generale della Coscienza è piena mente uniforme al senso comune, il soggetto è
un soggetto comune e spiritualmente normale. Ma quando questo sistema si aliena
dal senso comuue in on sistema d'idealità più misteriosa, e trascende con un
giudizio prestigioso i giudizi comuni degli uomini, allora si dice, che questo
soggetto è inspirato, ossia pro fetico, laumaturgico, e così via . Generalmente
parlando, questa Coscienza trascendente subor dina la comune, come provano i
varii sacerdoti della primitiva religiosità . Quando il soggetto si aliena dal
senso comune senza trascendere in un'idealità prestigiosa, ed esercita una
pratica con tradittoria a sè stessa, ovvero incompatibile colle esigenze gene
rali della pratica oggettività, allora si dice, che il soggetto è
spiritualmente ammalato, ovverosia demente. L'alienazione vuol essere
accuratamente distinta, se cioè sia alienazione dal mero senso comune ( in
questo senso si può dire, che tutti gli uomini grandi furono alienati), ovvero
se sia una alienazione dalle generali esigenze pratiche dell'oggettività natu
rale e spirituale ( in questo senso gli alienati sono coloro che comunemente si
chiamano pazzi ). La Coscienza trascendentale, ossia la Coscienza domi nata
dall'idealismo, Coscienza essenzialmente poetica, è il polo opposto della
Coscienza dominata dalla sensazione, Coscienza essenzialmente prosaica. A
quella si devono tutte le organizza zioni primitive dell'umanità, a questa si
deve preferibilmente la tecnica industrialità e la mercatura primitiva. Vedremo
più oltre, che la Coscienza umana progredisce sulla base di quest'opposizione
archetipica della sua storia.Il linguaggio e i suoi stadii. L'organo più
essenziale e più generale della mentalità è LA LINGUA. Il primo stadio della
lingua è l'uso della RADICE DESIGNATIVA. Qui la lingua non designa che la presentazione
o il modo della presentazione, e sempre si riduce alle semplici categorie del
tempo e dello spazio. I pronomi personali non sono primitivamente Io, Tu, e
così via, categorie troppo metafisiche, per servire a questo primo stadio della
lingua, ma: “qui,” “là”, ecc. -- categorie dello spazio. Una lingua che consta di
radici semplicemente designative non può soddisfare alle esigenze più generali
della mentalità, epperciò da questo primo stadio si sviluppa, per l'implicita
esigenza della mentalità, il secondo stadio. Il secondo stadio consta di una
RADICE *PREDICATIVA*, ma tuttavia legata a una sensibile determinazione. Cosi,
p. es., per DE-SIGNARE un oggetto, si sceglie l'attributo sensibile più
esplicito in quel l'oggetto (“shaggy”) p. es., il verde per DE-SIGNARE la
pianta. Quest'attributo sensibile, sendo necessariamente variabile o
contingente nell'oggetto, non può costituire una specie. In questo secondo
stadio si trovano molte lingue dei selvaggi, i quali scelgono un attributo
sensibile dell'oggetto per designarlo, e conseguentemente non possono arrivare
a formolare le specie, ma smplicemente oggetti in certe sensibili condizioni.
Il terzo stadio usa la categoria propria della mentalità esplicita, la
categoria metafisica, per designare l'oggetto; come, p. es., definie la pianta
non l'individuo verde, ma l'individuo polare, i cui poli cospirano alla luce ed
all'acqua. Questa proprietà generica comprende tutte le piante; perocchè la
detta polarità è l'attributo cogitabile generale della pianta. La lingua è
posseduta da tutti gli animali come lingua psichica di movimenti o di formalità.
Ma la lingua che caratterizza la soggettività è appunto la lingua psichica che
si svolse nella spirituale. Altrove abbiamo trattato esplicitamente
quest'argomento e crediamo superflua una ripetizione. Qui giova solamente
accennare, che le prime radici della lingua significarono mere affezioni
dell'anima e più tardi si svolsero in significati metaforici, per rispondere
all'esigenze della progressiva mentalità. Il rapporto fra il suono espresso
dall'anima e l'anima esprimente è quello stesso rapporto, ma più complesso, per
il quale DETERMINATI ANIMALI SIGNIFICANO (alla Grice) con certi definiti suoni
cerle definite affezioni dell'anima loro .L'uomo, sviluppando in sè stesso la
propria mentalità e l'organo per significarla, si conobbe come specie comune.
La prima lingua quasi naturale deve essere stata pressochè identica in tutti i
soggetti umani, come TUTTE LE PECORE BELANO, tutti i cani abbaiano ed urlano.
Dovette essere una lingua nata con loro e trasmessa alle generazioni senza il
minimo bisogno di convenzionalismo e di pratica convivenza per essere capita. La
lingua è stata realmente uno degli argomenti più favoriti e più frequentemente
trattati da C., il quale la conosce, ed a fondo, in molte forme antiche ed in
un numero ancora maggiore di forme moderne. Egli ne ha trattato, infatti, in
molte sue saggi. Ne ha accennato nel primo volume della sua grande opera, cioè
Saggio circa la ragione logica di tutte le cose “ Prolegomeni, Torino. Ne ha
accennato anche nelle seguenti opere già pubblicale in Torino, e cioè nella
Proposta di riforma sociale; nella Introduzione alla cultura generale. Ne parla
poi in parecchie altre opere ancora inedite . Stato primitivo dell'uomo.L'uomo
che possedetle questa lingua visse nelle foreste in aggregazioni o società
piuttosto fortuite, poco dissimili da quelle dei quadrumani, ma si armò per
esercire la caccia e la pesca. La sua nudità lo facea più fragile degl’altri
animali, epperciò ha dovuto sopperire a questa nudità e debolezza colle armi
artificiali, e sopratutto colla propria scaltrezza. Questo primo stato
dell'uomo vuol essere qui accennato come quello dell'astratta soggettività
abbandonata a sè stessa; perocchè l'uomo, cacciatore o vivente dei prodotti
naturali della terra e del mare, può vivere solitario. Le aggregazioni o
società di questi uomini sono mera accidentalità non necessità dello stato
proprio. In questo primo stato la soggettività nascente è caratteristicamente
manifestata dalla perversione di certi istinti essenzialissimi alla
conservazione del soggetto e della specie. Così, p. es., nessuna specie animale
s'alimenta del proprio simile, ma certi selvaggi mangiano indifferentemente i
loro nemici, amici, con sanguinei, figliuoli, ed alimentano le donne, affinchè
ingrassino e siano buone a essere mangiate quando partoriscono più figliuoli da
mangiare. Quest'enorme perversione d’un istinto cosi radicale (l'affezione alla
progenitura) segna quanto sia profonda la crisi che svolge l'istintualità nella
mentalità. È una mentalità che si ma [Sono certo che la quasi totalità de'
lettori non sarà d'accordo su questo punto col Ce., e riterrà l'associazione
umana come una necessità e non già come un'accidentalità. Ma l'autore, per la
vita solitaria e un po' misantropica da lui fatta, è stato come
involontariamente tirato a generalizzare questo suo particolare carattere.] nifesta
come un'orribile perversione dell'istinto, ma è una mentalità volente, non un
mero modo d'ingenita istintualità. Questo titolo è quello, che nonostante la
massima perversione, può nobilitare l'uomo antropofago sopra la bestia
istintualmente tutrice della prole. Cosi pure, relativamente al soggetto
individuo, l'uomo selvaggio in procinto di essere cattivalo dai suoi nemici,
può suicidarsi, la bestia non mai. L'istinto della propria conservazione
individuale è un istinto comune a tutti i viventi nella natura, come pure
quello della conservazione della propria specie non offre eccezione veruna nel
regno della natura. Le sole eccezioni a questo fenomeno generalissimo della
vita si trovano fra gl’animali pensanti. Tuttochè qui dobbiamo parlare del
soggetto della natura, astratto da qualsivoglia organizzazione necessitata
dalla sua condizione, abbiamo parlato di tre stadii caratteristici della
lingua, come quella che può essere comunicata da soggetto a soggetto,
indipendentemente dall'organizzazione sociale fra soggetti o dalla nessuna
organizzazione. La lingua appartiene cosi al soggetto solitario come al soggetto
socievole, e generalmente al soggetto solitario che profitta segnatamente delle
occasioni dell'amore. L'uomo solitario pratica qualche volta questo rapporto
colla femmina come un mero rapporto erotico, occasionale. Abbandona la femmina
alle conseguenze della fecondità, non conosce i suoi figliuoli che sono
allattati, nudriti ed educati dalla madre . Ma la lingua, che persuase la
copula dell'amore, è la medesima lingua, colla quale la madre educa i suoi
figliuoli. Cosi la lingua può dirsi radicalmente una creazione della specie ed
assume dignità ed ha il suo svolgimento nella storia universa della
spiritualità. Si può dire in tesi generale, che la lingua genera la storia
nella sua più semplice elementarità; e dallo svolgimento SINOSSI
DELL'ENCICLOPEDIA SPECULATIVA della lingua si conosce lo svolgimento dell'umana
mentalità, e, conseguentemente, delle gesta che ne sono conseguite. Proseguiamo
a speculare circa i fenomeni più radicali della soggettivitàesologica" Il
sillogismo che passa dall'astrazione esologica nella essologica è il sistema
dell'Essere-Essenza-Coscienza, che passa nel sistema del
Meccanismo-Chimismo-Vita. L'Essere esologico è Quantità - Qualità - Modalità,
dall'unità corriflessa delle quali categorie avviene (sorge) l’Essenza.
L'Essere essologico determina la Qualità nell'Alteriorità, la Quantità nella
Esteriorità, la Modalità nell'Apparizione. Quindi l'Alteriorità diventa Temporalità, l'Esteriorità
diventa Spazialità, l’Apparizione diventa Luce... Esologica Alessandro
Goreni’. La determinazione suprema
della voce, la favella,
cioè la pronuncia
articolata della dialettica
psichica, è il
vero fondamento dello
scibile, perchè concreta
sensibilmente lo sdoppiarsi
del pensiero: è
la formula e insieme lo strumento
più eminente della manifestazione spirituale.
Sebbenené la favela, né la facoltà di acquistarla siano necessariamente
richieste per determinarela posizione dell'uomo nella natura il sorgere del
linguaggio, è, COME IL PUDORE, sintomo della spiritualità che nasce e si
afferma. Lo studio della linguistica che sembrerebbe poter procedere sopra un
terreno libero da qualsivoglia passione [Introduzione alla coltura generale,
Prolegomeni Introduzione alla Coltura generale Massime e Dialoghi Prolegomeni
1^0 Spirito oggetiivo] sione partigiana,
invece cammina sotto vane bandiere teologiche,
o in balla del liberalismo naturalistico o finalmente asseconda le
simpatie e avversioni etniche. Come ogni popolo crede ed ha creduto sempre di
essere il primo popolo della terra, cosi crede ed ha creduto sempre di
possedere la più perfetta di tutte le lingue» (') opinione che naturalmente
osta ad un bilanciodel contributo che ogni idioma portò all'educazione dello
spirito umano. Il problema dell'origine delle lingue, cosi come fu posto per
tanto tempo, è assurdo, giacché
presuppone prenato alla
lingua il pensiero, il quale
mediante essa debba riferirne l’origine. L'unica ricerca genetica che, fuori
del dominio speculativo, possa condurre a utile
risultato, è la determinazione d’un periodo riconoscibile nelle vicende
storiche, dal quale si siano sviluppate le attuali forme linguistiche.
Considerando il rapporto tra l'idea e le primissime radici designative si
capisce che detto rapporto non è idealmente definibile, perchè è meramente
naturale: è una ragione psichica immediata come quella per la quale il riso è
foneticamente altro dal lamento e significa diversa condizione dell'anima. Ma
l'idea progressivamente si emancipa dalle forme materiali e radicali: giacché
agevolmente si capisce come una radice viva, ossia espressiva di un solo
concetto determinato, patisca in questa determinazione un impedimento alla sua
dialettica e storica evoluzione; anzi, la [Considerazioni ecc.. Lo spirito
oggettivo 391 radice e l'idea si legano reciprocamente, e così l'una e l'altra
sono arrestate nel loro metamorfico svolgimento. Si può dire
che il pensiero di un popolo
tanto più liberamente si svolge nella storia quanto meno sia spiritualmente
legato dalle radici vive della propria lingua, e che reciprocamente l'inerzia
dialettica conserva le radici vive come l'attività le
corrompe e spegne ('). Molta
importanza ha lo studio
delle lingue per la istruzione e
l'educazione del pensiero: l'uomo è tante volte uomo quante
lingue conosce, giacché tale studio concerne vari modi che rispondono ai
vari gradi del pensiero. Infatti
l'idioma accennò progressivamente a) a dare le forme
sensibili, 3) le intellettive, e) le concettuali(*). Quanto più il pensiero si
avvia all'espressione rigorosamente logica tanto più si libera dalle esigenze
tutte formali della lingua. Giovanetto, sperimentai che dalla lingua è
occasionato il pensiero; più tardi
capii che la lingua è mezzo
necessario alla sua formulazione. Finalmente concepii che la vera forma intrinseca del pensiero non può essere
manifestata da questo mezzo estrinseco, che è la lingua. Il che significa che
essa, giunta che sia di fronte alla
speculazione pura, o per dir meglio, al sistema contemplative si esautora da sé
medesima, riconoscendosi insufficiente a esprimerlo concretamente: anzi, la
lingua [Idee radicali delle discipline matematiche ed empirico-induttive.
Introduzione alla coltura generale. Prolegomeni. Massime e Dialoghi. Lo spirito oggettivo volgare, per l’uso
pratico della vita, vuol essere studiata assai differentemente che la
letteraria e la filosofica, perocché lo scopo delle varie forme linguistiche
non è menomamente identico. Anche la semplice nozione storica di un paese è
assai collegata colla conoscenza del suo idioma speciale. Narrando di un
viaggio fatto dall'eroe di uno de' suoi tanti romanzi, Ceretti dice: «Il mio
protagonista studia vasi sopratutto di famigliarizzarsi coi singoli idiom che erano svariatissimi e giudica che
la nozione à\ un certo paese supponesse quella del minuto popolo, epperciò una
pratica dell'idioma locale. E vedemmo che così si comporta nei suoi viaggi egli
stesso. Quanto alla questione circa la preminenza del toscano sugli altri
dialetti nella nostra lingua letteraria, ecco le osservazioni, che noi
riferiamo qui non perchè ci paiano originali, ma per dimostrare, una volta di
più, quale sicurezza di sguardo avesse il Ceretti in ogni questione, che si
affacciasse al suo intelletto: «La lingua italiana possiede, come
tutte le altre, il suo proprio genio caratteristico, per il quale non
può essere confusa con veruna delle lingue romaniche. I suoi dialetti,
moltissimi e svariatissimi, si distinguono fra loro singolarmente per il loro
specifico carattere, ma nessuno potrebbe sospettarli dialetti d'una lingua
altrimenti che l'italiana: questo avviene eperchè fra tante differenze essi
posseggono un caratter comun Memorie postunte. Itinerario di un
inqualificabile. Lo Spirito oggettivogrammaticale e lessicale; e l'unità dello
spirito italiano, nonostante le sue profonde differenze, è improntata in questo
generalissimo tipo comune dei dialetti. Oggidì da letterati si disputa
seriamente se il solo toscano sia il tipo classico della lingua italiana,
ovvero se il genio della nostra lingua,
essendo sparso in vari dialetti, si debba ecletticamente approfittare di
tutti. Esporrò brevemente la mia opinione. Il toscano è senza dubbio il più
ricco, il più venusto e sopratutto, diremo, il più prettamente italiano dei
dialetti parlati nella penisola, e perciò esso è senza dubbio il repertorio più
copioso e più italiano; ma non si deve dimenticare che la lingua parlata in
Toscana, quanto si voglia buona, è pur sempre un dialetto, epperciò non può
essere una lingua letteraria sufficiente: nessun popolo scrive come parla. Le
lingue parlate nascono e crescono nel popolo, e contengono le mere idee del
popolo; la letteraria e la scientifica sviluppano il materiale linguistico
della parlata giusta le esigenze progressive delle lettere e delle scienze. Ora
questo materiale della lingua parlata sarà tanto più sufficiente quanto più
ampiamente sarà desunto da tutti i dialetti italiani: ognuno di essi possiede
certe locuzioni così proprie all'idea, quali non sono specificamente possedute
da verun altro. Di queste precellenze particolari la lingua delle lettere e
della scienza deve liberamente approfittare e non immiserirsi nell'idioma
locale d'una provincia. Seguitiamo il buon esempio del grande ALIGHIERI (si veda),
che, quantunque toscano, esordì a
scrivere la sua Commedia non nell'idioma toscano, ma in una lingua veramente
italiana. Spirito oggettivo. Molte forme grammaticali e lessiche sono
riducibili allo spirito generale della lingua italiana, talune non lo sono: il
buon criterio del letterato deve scernere quelle da queste, e, se l'idea esige
neologismi, li deve creare conformemente al genio della lingua, e omogeneamente
ai materiali idiomaticamente o letterariamente prestabiliti nella lingua
italiana. Coll'idioma esclusivamente
toscano s'immiserisce non solo la lingua, ma conseguentemente anche l'idea, la
quale trascende le limitazioni locali e popolari. Pietro Ceretti. Keywords:
communication, convention, homo sapiens, pirothood, inter-subjective,
animality, animalness, soul, psichico, psychic, psychical versus psychological,
progression, pirotological progression, cenobium, neologismo, panlogica,
pantologico, logo, esologo, essologo, sinautologo, prologo, dialogo, autologo,
tre categorie: tesi QUANTITA (meccanica), anti-tesi, QUALITA (fisica), sin-tesi
MODALITA (vita) – arte/religione/filosofia; storia/didattica/diritto,
antropologia, antropopedeutica, antroposofia, prasseologia, Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Ceretti” – The Swimming-Pool Library. Ceretti.
Grice
e
Ceronetti: la ragione conversazionale e l’implicatura
conversazionale della lanterna – scuola di Torino – filosofia torinese –
filosofia piemontese -- filosofia italiana – Luigi Speranza, pel Gruppo di
Gioco di H. P. Grice, The Swimming-Pool Library (Torino). Filosofo torinese. Filosofo piemontese. Filosofo italiano. Torino,
Piemonte. Grice: “I like Ceronetti; he is a typicall Italaian philosopher; that
is, a typically anti-Oxonian one; he thinks, like Croce and de Santis did, that
philosophy is an infectious disease that some literary types catch! My
favourite of his tracts is “Diognene’s torch”! Genial!” Per essere io morto
all'Assoluto vivo come un innato parricida tra gente già di padre nata priva; pPer
aver detto all'Inaccessibile addio da un cortiletto senza luce vergogna vorrei
gridarmi ma resto muto. Tutto è dispersione, lacerazione, separazione, rotolare
di ruota senza carro, e questo ha nome esilio, o anche mondo. Di vasta
erudizione e di sensibilità umanistica, collabora con vari giornali. Tra le sue
opere più significative vanno ricordate le prose di Un viaggio in Italia e
Albergo Italia, due moderne descrizioni, moderne e direi dantesche, da cui vien
fuori tutto l'orrore del disastro italiano, e le raccolte di aforismi e
riflessioni Il silenzio del corpo e Pensieri del tè. Di rilievo la sua attività
di saggista (Marziale, Catullo, Giovenale, Orazio). Diede vita al teatro dei
Sensibili, allestendo in casa spettacoli di marionette. Le sue marionette
esordivano su un piccolo palcoscenico, nel tinello di casa Ceronetti, ad Albano
Laziale. Si consumavano tè, biscottini (i crumiri di Casale) e mele
cotte." Nel corso degli anni vi assisterono personalità quali
Montale,Piovene, e Fellini. Con la rappresentazione de La iena di San Giorgio,
I Sensibili divenne pubblico e itinerante. Œ In Difesa della Luna, e altri
argomenti di miseria terrestre, suo saggio d'esordio critica il programma
spaziale da prospettive originali e poetiche. Il fondo Guido Ceronetti --
"il fondo senza fondo" -- raccoglie infatti un materiale ricchissimo
e vario: opere edite e inedite, manoscritti, quaderni di poesie e traduzioni,
lettere, appunti su svariate discipline, soggetti cinematografici e
radiofonici. Vi si trovano, inoltre, numerosi disegni di artisti (anche per I Sensibili),
opere grafiche, collage e cartoline. Con queste ultime fu allestita la mostra
intitolata Dalla buca del tempo: la cartolina racconta. Prese posizione a
favore dell'eutanasia, con la poesia La ballata dell'angelo ferito. Beneficiario
della legge Bacchelli, in quanto cittadino che ha illustrato la Patria e versante
in condizioni di necessità economica. Robbe-Grillet, Moravia e Ceronetti
al Premio letterario internazionale Mondello. Palermo Proposto dal controverso
critico e politico Sgarbi come senatore a vita a Napolitano, declina subito
l'invito. Attento alle tematiche ambientali, era noto per essere un acceso
sostenitore del vegetarismo e per una pratica di vita estremamente frugale,
quasi da moderno anacoreta. Solo un vero vegetariano è capace di vedere
le sardine come cadaveri e la loro scatola come una bara di latta. Un
mangiatore di carne (non mi sento di scrivere un carnivoro perché l'uomo non è
un carnivoro) neanche se lo chiudono nel frigorifero di una macelleria avrà la
sensazione di coabitare con dei cadaveri squartati. C'è come un velo sulla
retina dei non vegetariani, quasi un materializzarsi di un velo sull'anima, che
gli impedisce di vedere il cadavere, il pezzo di cadavere cotto, nel piatto di
carne o di pesce. Alcuni suoi articoli sull'immigrazione (disse che ha "un
carattere preciso di invasione territoriale, premessa sicura di guerra sociale
e religiosa") e il Meridione, pubblicati sui quotidiani La Stampa e Il
Foglio, furono tacciati di razzismo, così come scalpore fecero alcune posizioni
da lui espresse sull'omosessualità maschile, accusate di omofobia. In
precedenza sull'argomento si era attirato gli strali dei cattolici per aver
descritto don Bosco come un omosessuale represso. Intervistato nel per Radio Radicale Come articolista,
principalmente su La Stampa e il Corriere della Sera, si occupava spesso di
letteratura, arte, filosofia, costume e cronaca nera (ad esempio scrivendo sul
caso del delitto di Novi Ligure), analizzando il problema del male nel mondo
odierno in una prospettiva gnostica; al contrario giudicava noiosi i processi
di mafia. Notevoli discussioni suscitò, altresì, un suo intervento
giornalistico a difesa del capitano delle SS Erich Priebke (che visitò in
carcere e con cui ebbe uno scambio epistolare), condannato all'ergastolo per la
strage delle Fosse Ardeatine ma che fu soltanto un mero funzionario esecutore,
colpevole della "miseria di non essere un santo" (parafrasi del
saggio di Bloy La tristezza di non essere santi), e creato Mostro delle
Ardeatine, vittima di una giustizia dell'odio. Allo stesso modo, pur esprimendo
sempre la sua simpatia per gli ebrei e per Israele, per convinzioni personali e
la sua parentela acquisita con Giuliana Tedeschi, definì l'ergastolo inflitto a
Hess, al processo di Norimberga, come un crimine politico. La sua posizione
anticonformista pro-Priebke e pro-Hess fece scandalo essendo l'autore un noto
filosemita, con moglie e suocera (superstite di Auschwitz) ebree nonché
convinto filoisraeliano (scrisse articoli di fuoco contro Khomeini e il
terrorismo palestinese). Nel fu
insignito del premio "Inquieto dell'anno" a Finale Ligure. Ostile
al fascismo nella seconda guerra mondiale e al comunismo poi, ma anche
diffidente delle forme della democrazia, non prese mai parte politica attiva, a
parte un brevissimo periodo in cui ebbe la tessera del Partito Socialista dei
Lavoratori Italiani, fino al, quando intervenne al congresso dei Radicali
Italiani, movimento liberale e libertario, e altre volte ai microfoni di Radio
Radicale (era amico di Marco Pannella), anche se si considerava un
"conservatore" e patriota del Risorgimento (descrisse
l'Italia come «una democrazia strangolata sul nascere da tre poteri con il
verme totalitario, democristiano, comunista e sindacale»). Talvolta fu definito
come un "reazionario postmoderno". «Sono sempre stato anticomunista. Il
Mullah Omar e Osama Bin Laden sono modi dell'antiumano. Dietro di loro...
l'ombra di Lenin, inviato della Tenebra, fondatore imitabile dell'universo
concentrazionario, capostipite novecentesco di malvagie entità che non
finiscono di manifestarsi.» (Ti saluto mio secolo crudele) Nel propose in un articolo su la Repubblica,
ispirandosi al fenomeno delle assistenti sessuali per disabili, l'istituzione
di un "servizio erotico volontario" rivolto agli anziani senza che
dovessero rivolgersi a prostitute, per evitare "la barbarie di una
vecchiaia senza sesso". Fece uso di vari pseudonimi, tra i quali Mehmet
Gayuk, il filosofo ignoto (riferimento a Louis Claude de Saint-Martin, filosofo
così chiamato), Ugone di Certoit (quasi l'anagramma di Guido C.) e Geremia
Cassandri. Morì nella sua casa di Cetona (SI) dopo un breve ricovero a
causa di broncopolmonite. Come da disposizione testamentaria, dopo tre giorni e
una cerimonia religiosa a Cetona, fu sepolto sulle colline tra Torino e il
Monferrato, in una tomba a terra situata nel cimitero di Andezeno (Torino), il
paese di origine dei genitori. Disposizione da prendere. Non voglio donne
in calzoni ai miei funerali. Cacciatele via. Almeno in questa pur
insignificante occasione, ma per amore, siano insottanate come le ho sognate
sempre, nella vita.» Altre opere: “Difesa della luna e altri argomenti di
miseria terrestre” (Rusconi, Milano); “Aquilegia, illustrazioni di Erica Tedeschi,
Rusconi, Milano, con il titolo Aquilegia. Favola sommersa, Einaudi, Torino); La
carta è stanca” (Adelphi, Milano); La musa ulcerosa: scritti vari e inediti,
Rusconi, Milano); Il silenzio del corpo. Materiali per studio di medicina,
Adelphi, Milano); La vita apparente, Adelphi, Milano); Un viaggio in Italia, Einaudi,
Torino); Albergo Italia, Einaudi, Torino); Briciole di colonna. La Stampa,
Torino); Pensieri del tè, Adelphi, Milano); L'occhiale malinconico, Adelphi,
Milano); La pazienza dell'arrostito. Giornali e ricordi, Adelphi, Milano); D.D.
Deliri Disarmati, Einaudi, Torino); Tra pensieri, Adelphi, Milano); Cara
incertezza, Adelphi, Milano); Lo scrittore inesistente, La Stampa, Torino, Briciole
di colonna. Inutilità di scrivere, La Stampa, Torino, La fragilità del pensare.
Antologia filosofica personale Emanuela Muratori, BUR, Milano); La vera storia
di Rosa Vercesi e della sua amica Vittoria, Einaudi, Torino, N.U.E.D.D. Nuovi
Ultimi Esasperati Deliri Disarmati, Einaudi, Torino); Piccolo inferno torinese,
Einaudi, Torino); Oltre Chiasso. Collaborazioni ai giornali della Svizzera
italiana, Libreria dell'Orso, Pistoia, La lanterna del filosofo, Adelphi,
Milano); Centoventuno pensieri del Filosofo Ignoto, La Finestra editrice,
Lavis); Insetti senza frontiere, Adelphi, Milano); In un amore felice. Romanzo
in lingua italiana, Adelphi, Milano,, Ti saluto mio secolo crudele. Mistero e
sopravvivenza del XX secolo, illustrazioni Guido Ceronetti e Laura Fatini,
Einaudi, Torino,, L'occhio del barbagianni, Adelphi, Milano,, Tragico
tascabile, Adelphi, Milano,, Per le strade della Vergine, Adelphi, Milano,, Per
non dimenticare la memoria, Adelphi, Milano,, Regie immaginarie, Einaudi, Torino,
Guido Ceronetti, Poesia Nuovi salmi. Psalterium primum, Pacini Mariotti,
Pisa); La ballata dell'infermiere, Alberto Tallone Editore, Alpignano, Poesie,
frammenti, poesie separate, Einaudi, Torino, Premio Viareggio; Opera Prima;
Poesie: Corbo e Fiore, Venezia); Poesie per vivere e per non vivere, Einaudi,
Torino, Storia d'amore ritrovata nella memoria e altri versi, illustrazioni di
Mimmo Paladino, Castiglioni et Corubolo, Verona); Compassioni e disperazioni.
Tutte le poesie, Einaudi, Torino, Disegnare poesia (con Carlo Cattaneo), San
Marco dei Giustiniani, Genova, Scavi e segnali. Poesie inedited, Alberto
Tallone, Alpignano, Andezeno, Alberto Tallone Editore, Alpignano, La distanza.
Poesie, Edizione riveduta e aggiornata dall'Autore, BUR, Milano, Preghiera
degli inclusi, Alberto Tallone Editore, Alpignano, senza data Francobollo,
Alberto Tallone Editore, Alpignano (sotto lo pseudonimo Mehmet Gayuk), Il
gineceo, Tallone, Alpignano; Adelphi, Milano, In memoriam di Emanuela Muratori,
Alberto Tallone, Alpignano, Messia, Tallone, Alpignano, Adelphi, Milano,,
[nella prima parte del libro] Tre ballate recuperate dalle carte di Lugano, Alberto
Tallone, Alpignano, Tre ballate popolari per il Teatro dei Sensibili, Alberto
Tallone, Alpignano; Pensieri di calma a bordo di un aereo che sta precipitando,
Alberto Tallone, Alpignano; A Roma davanti al Tulliano Notte;, Alberto Tallone,
Alpignano, Con l'armata dell'Ebro morire oggi, Alberto Tallone, Alpignano;
Invocazione al Dottor Buddha perché venga e ci salvi, Alberto Tallone,
Alpignano; Le ballate dell'angelo ferito, Il Notes magico, Padova, Poemi del
Gineceo, Adelphi, Milano,, [riedizione de Il gineceo con inediti e nuova prefazione] Sono fragile
sparo poesia, Einaudi, Torino,, Drammaturgia Furori e poesia della Rivoluzione
francese. Carte Segrete, Roma, Alcuni esperimenti di circo e varietà.
Teatro Stabile-Teatro dei Sensibili, Alberto Tallone Editore, Alpignano, Mystic
Luna Park. Teatro Stabile-Teatro dei Sensibili, Alberto Tallone Editore,
Alpignano, Mystic Luna Park. Spettacolo per marionette ideofore, ricordi
figurativi di Giosetta Fioroni, Becco Giallo, Oderzo; Viaggia viaggia, Rimbaud!,
Il melangolo, Genova, La iena di San Giorgio. Tragedia per marionette, Alberto
Tallone, Einaudi, Torino); Il volto (Ansiktet), Teatro dei Sensibili, Alberto Tallone
Editore, Alpignano, Le marionette del Teatro dei Sensibili, Aragno, Torino
[contiene: I Misteri di Londra e Mystic Luna Park] Rosa Vercesi, un delitto a
Torino negli anni Trenta, Teatro Strehler-Teatro dei Sensibili, Alberto
Tallone, Alpignano, Rosa Vercesi, illustrazioni di Maggioni, Edizioni Corraini,
Mantova; Traduzioni e curatele Marziale, Epigrammi, introduzione di Concetto Marchesi,
Einaudi, Torino, II ed. riveduta, Einaudi, Torino; nuova edizione con un saggio
di G. Ceronetti, Einaudi, Torino; nuova ed. riveduta e nuova prefazione di G.
Ceronetti, La Finestra Editrice, Lavis, I Salmi, Einaudi, Torino; nuova ed.
riveduta, Einaudi, Torino; col titolo Il Libro dei Salmi, Adelphi, Milano; Catullo,
Le poesie, Einaudi, Torino, Adelphi, Milano, Blanchot, Il libro a venire (Le
Livre à venir), trad. G. Ceronetti e Guido Neri, Einaudi, Torino; Il
Saggiatore, Milano,. Qohelet o l'Ecclesiaste, Einaudi, Torino, Alberto Tallone
Editore, Alpignano, nuova traduzione; Qohelet. Colui che prende la parola,
Adelphi, Milano, Decimo Giunio
Giovenale, Le Satire, Einaudi, Torino, La Finestra Editrice, Trento, Il Libro
di Giobbe, Adelphi, Milano, Premio Monselice di traduzione, nuova ed. riveduta,
Adelphi, Milano, Cantico dei cantici, Adelphi, Milano, Alberto Tallone Editore,
Alpignano, nuova versione riveduta,. Il Libro del Profeta Isaia, Adelphi,
Milano; nuova ed. riveduta e ampliata, Adelphi, Milano, Come un talismano.
Libro di traduzioni, Adelphi, Milano; Konstantinos Kavafis, Nel mese di Athir,
Edizioni dell'elefante, Roma. Konstantinos Kavafis, Tombe, Edizioni
dell'Elefante, Roma, Giovenale, Le donne. Satira sesta, Alberto Tallone
Editore, Alpignano, Nostradamus: annunciatore nel secolo 16. della Rivoluzione
che durerà; profezie estratte dalle Centurie di Michel de Nostredame, Alpignano,
Alberto Tallone Editore, Tango delle capinere, Castiglioni et Corubolo, Verona.
Due versioni inedite da Shakespeare e da Céline, Cursi, Pisa, Teatro dei
sensibili, La rivoluzione sconosciuta. Pensieri in libertà per ricordare. Una
scelta di testi Guido Ceronetti, Tallone, Alpignano, col titolo La rivoluzione
sconosciuta, Adelphi, Milano, raccolta di locandine teatrali a fogli sciolti
dalla mostra-spettacolo di Dogliani] Henry d'Ideville, Oggi, Alberto Tallone,
Alpignano, senza data. Constantinos Kavafis, Poesia, Alberto Tallone,
Alpignano, senza data Georges Séféris, Poesia, Alberto Tallone, Alpignano,
senza data. Sofocle, Edipo Tyrannos. Coro, Edizioni dell'Elefante, Roma (con
Chaumont) Sura 99. Al Zalzala (Il tremito della terra) dal Corano, calligrafia
di Mauro Zennaro, Edizioni dell'Elefante, Roma, Il Pater noster. Matteo 6, calligrafia
di Zennaro, Edizioni dell'Elefante, Roma, Léon Bloy, Dagli ebrei la salvezza,
con un saggio di G. Ceronetti, traduzione di Ottavio Fatica e Eva Czerkl,
Piccola Biblioteca; Adelphi, Milano, Giorni di Kavafis. Poesie di Constantinos
Kavafis, Officina Chimerea, Verona, Messia, Alberto Tallone Editore, Alpignano;
Adelphi, Milano,.nella seconda parte del libro, Siamo fragili, Spariamo poesia.
i poeti delle letture pubbliche del Teatro dei Sensibili, Qiqajon, Magnano,
2003 Tito Lucrezio Caro, I terremoti. De Rerum Natura. Alberto Tallone,
Alpignano, Constantinos Kavafis, Un'ombra fuggitiva di piacere, Adelphi,
Milano, Trafitture di tenerezza. Poesia tradotta, Einaudi, Torino, François
Villon, I rimpianti della bella Elmiera, Alberto Tallone Editore, Alpignano,.
Orazio, Odi. Scelte e tradotte da Guido Ceronetti, Adelphi, Milano,. Epistolari
Guido Ceronetti e Giosetta Fioroni, Amor di busta, Milano, Archinto, Due cuori
una vigna. Lettere ad Arturo Bersano, Prefazione di Ernesto Ferrero, Padova, Il
Notes Magico, Guido Ceronetti e Sergio Quinzio, Un tentativo di colmare
l'abisso. Lettere, Milano, Adelphi,. Spettacoli del Teatro dei Sensibili La
Iena di San Giorgio. Tragedia per marionette (allestito in appartamento),
prodotto dal Teatro Stabile di Torino, con Ariella
Beddini, Simonetta Benozzo, Paola Roman e Manuela Tamietti, regia di
Egon Paszfory (Guido Ceronetti), scene e costumi di Carlo Cattaneo Macbeth (spettacolo
per marionette allestito in appartamento) Lo Smemorato di Collegno (spettacolo
per marionette allestito in appartamento) Diaboliche imprese, trionfi e cadute
dell'ultimo Faust (spettacolo per marionette allestito in appartamento); Fu
interpretato al Festival di Spoleto da Piera degli Esposti, Paolo Graziosi e
Roberto Herlitzka, con la regia, scene e costumi di Enrico Job I misteri di
Londra (allestito in appartamento); prodotto dal Teatro Stabile di Torino,
regia di Manuela Tamietti, con Patrizia Da Rold (Artemisia), Luca Mauceri
(Baruk), Valeria Sacco (Egeria), Erika Borroz (Remedios) e le marionette del
Teatro dei Sensibili. Furori e poesia della rivoluzione francese. Tragedia per
marionette (allestito in appartamento); al Teatro Flaiano di Roma con i
burattini di Maria Signorelli Omaggio a Luis Buñuel prodotto dal Teatro Stabile
di Torino, Mystic Luna Park (prodotto dal Teatro Stabile di Torino), spettacolo
per marionette ideofore con Armida (Nicoletta Bertorelli), Demetrio (C.), Irina
(Bottacci), Norma (Roman), Yorick (Ciro Buttari) La rivoluzione sconosciuta,
mostra-spettacolo all'ex-convento dei carmelitani a Dogliani Viaggia
viaggia, Rimbaud! (prodotto dal Teatro Araldo di Torino, in occasione del
centenario della morte di Arthur Rimbaud), regia di Jeremy Cassandri (Guido Ceronetti)
con Melissa (Manuela Tamietti), Norma (Paola Roman), Francisco (Gian Ruggero
Manzoni), Yorik (Ciro Bùttari) e Zelda (Roberta Fornier) Per un pugno di
yogurt, collage di poesie Les papillons névrotiques (al Cafè Procope di Torino)
con la partecipazione di Corallina De Maria La carcassa circense, spettacolo
per marionette, azioni mimiche, cartelli, organo di Barberia con Rosanna
Gentili e Bartolo Incoronato Il volto, dedicato a Ingmar Bergman in occasione
dei suoi ottant'anni Ceronetti Circus ovvero Casse da vivo in esposizione
pubblica, letture di poesia, azioni sceniche mimiche e intermezzi musicali con
Elena Ubertalli e Giorgia Senesi M'illumino di tragico, collage di testi e
pantomime liriche; in tournée anche con il titolo I colori del tragico Rosa
Vercesi (prodotto dal Piccolo Teatro di Milano), con Paola Roman, Simonetta
Benozzo e Luca Mauceri Una mendicante cieca cantava l'amore (prodotto dal
Piccolo Teatro di Milano) con Cecilia Broggini, Luca Maceri, Elena Ubertali e
Filippo Usellini Siamo fragili, spariamo poesia, collage di testi poetici,
ballate e canzoni Strada Nostro Santuario (prodotto dal Piccolo Teatro di
Milano) filastrocche, canzoni, ballate, azioni mimiche, happening e numeri di
repertorio popolare La pedana impaziente (), repertorio di marionette e azioni
sceniche mimiche Finale di teatro (, al Teatro Gobetti di Torino) con Fabio
Banfo, Luca Mauceri, Valeria Sacco, Eleni Molos, Filippo Usellini Pesciolini
fuor d'acqua (), con Luca Mauceri e Eleni Molos Quando il tiro si alzaIl sangue
d'Europa (prodotto dal Piccolo Teatro di Milano, in occasione del centenario
della prima guerra mondiale) con Eleni Molos, Elisa Bartoli, Filippo Usellini,
Luca Mauceri e Valeria Sacco Non solo Otello (al Teatro della Caduta di Torino)
Novant'anni di solitudine (, a Cetona in occasione dei novant'anni
dell'autore), con Luca Mauceri, Filippo Usellini, Eleni Molos, Valeria Sacco,
Fabio Banfo, Salvatore Ragusa e Elisa Bartoli Ceronettiade. Deliri e visioni di
Guido Ceronetti (a Cetona in occasione dell'anniversario della nascita
dell'autore), con Luca Mauceri, Eleni Molos, Valeria Sacco, Filippo Usellini
Cataloghi di mostre L'Atelier dei Sensibili a Dogliani, Michela Pasquali,
Dogliani, Biblioteca civica Einaudi, (catalogo della mostra nell'ex Convento
dei Carmelitani a Dogliani). Dalla buca del tempo: la cartolina racconta. I
collages di cartoline d'epoca del Fondo C.i, cura di Rüesch e Franciolli,
Archivi di cultura contemporanea, Museo Cantonale d'Arte Lugano, Poesia
marionette e viaggi di C. nelle visioni di Cattaneo, Tesi eVivarelli, Comune di
Pistoia, Dare gioia è un mestiere duro: trent'anni più due di Teatro dei
Sensibili di C., Andrea Busto e Paola Roman, fotografie di Mario Monge,
Marcovaldo, Nella gola dell'Eone. Ti saluto mio secolo crudele. Immagini del XX
secolo. Tutti i collages di immagini dedicati al ventesimo dell'era da C.i, Il
melangolo, Genova, "Per le strade" di C., Omaggio allo scrittore, Rüesch
e Stefanski, Cartevive, Biblioteca cantonale, Archivio Prezzolini-Fondo
Ceronetti, Lugano, Opere audiovisive su C. I Misteri di Londra. Tragedia per
marionette e attori, regia di Manuela Tamietti, Teatro Stabile di Torino
(riprese videografiche dello spettacolo, Torino). Sulle rotte del sogno. Parole
musiche storie, di Luca Mauceri (cd e vinile EMA Records, Firenze ). Guido
Ceronetti. Il Filosofo Ignoto, film documentario di Fogliotti ePertichini
(Italia'), prodotto con la collaborazione del Teatro dei Sensibili di Guido
Ceronetti e dei Cinecircoli giovanili socioculturali. C. nei mass-media Cura
cinque Interviste Impossibili per la seconda rete radiofonica rai, in cui
"intervistò" Attila (Bene), Auguste e Louis Lumière (Bianchini e Scaccia),
George Stephenson (Scaccia), Jack Lo Squartatore (Carmelo Bene) e Pellegrino
Artusi (Scaccia). Il cantautore Vinicio Capossela, nella raccolta di brani dal
vivo Nel niente sotto il soleGrand tour, ha inserito come incipit della seconda
traccia (Non trattare)una registrazione di C. che declama i primi versetti del
Qoelet. Note Ha usato per molti anni un
sigillo con scritto "In esilio": Capossela intervista C. Morto lo
scrittore, in Corriere fiorentino, C., Tra pensieri, Adelphi, Milano, Stefano,
In morte. Raffaele La Capria, Ultimi viaggi nell'Italia perduta, Mondadori,
Milano, C. morto, ripubblichiamo la sua ultima intervista al Fatto: “Sono un
patriota orfano di patria. Italia, regno della menzogna” Nello Ajello, Ceronetti. Poesia in forma di
marionette, La Repubblica, ricerca.repubblica/ repubblica/archivio/ repubblica ceronetti-poesia-in-forma-di-marionette.html Samantha, lo spazio e il signor Freud "C. L'inferno del corpo", in Cioran,
Esercizi di ammirazione, Adelphi, Milano,
"Oggi una quantità delle mie carte è partita per Lugano dove tutto
entrerà a far partedegli archivi della Biblioteca Cantonale." Per le
strade della Vergine, Adelphi, Milano,«Urlate urlate urlate urlate. / Non
voglio lacrime. Urlate. Idolo e vittima di opachi riti/ Nutrita a forza in
corpo che giace / Io Eluana grido per non darvi pace Diciassette di coma che
m'impietra Gli anni di stupro mio che non ha fine. Con Decreto del Presidente
della Repubblica (pubblicato nella G.U.) gli è stato infatti attribuito un
assegno straordinario vitalizio ai sensi della legge, l'aiuto della legge
Bacchellila Repubblica, in Archiviola Repubblica. Edizione, "Il nostro
meridionale è attaccato alla propria famiglia e nient'altro, qualsiasi
abbominio, qualsiasi sfacelo pubblico non arrivino a toccargli la Famiglia non
gli faranno il minimo solletico. Sono popoli incapaci di amare
disinteressatamente qualcosa perché bello, al di sopra dell'utile. La loro vera
patria la loro nostalgia prenoachide è il deserto e faticano da ubriachi a
ritrovarlo". La pazienza dell'arrostito, Adelphi, Milano
(comedonchisciotte. Org forum/ index .php?p=/discussion/ ceronetti-dal-mare-il-
pericolo-senza-nome lessiconaturale/ migranti-e-prediche/) (ilfoglio /preservativi/news/il-grande-pan-e-vivo) (ilfoglio/cultura/news/far-torto-o-patirlo) (ilfoglio/ preservativi/ news/ deutschland-pressappoco-uber-alle,
Sugli sbarchi in Sicilia l'europeista C. dice, come altri non oserebbero, che
“hanno ormai un carattere preciso di invasione territoriale, premessa sicura di
guerra sociale e religiosa", C., nel dolore si nasconde una luce) Mario Andrea Rigoni, Ma non bisogna confondere
il nichilismo con il razzismo, Corriere della Sera, Guido Almansi, Le leggende
di Ceronetti, la Repubblica, L'innocente Priebke L'invasione Africana; “Il male
omosessuale” (C. dixit). Albergo Italia (Einaudi, Torino), capitolo
"Elementi per una anti-agiografia",
Uno, cento, mille C., C., Priebke. Alcune domande intorno a un
ergastolo, la Stampa Pietrangelo
Buttafuoco, La pietas di C. per Priebke, il Foglio, Sono sempre stato
anticomunista, sempre, Forse, subito dopo la guerra ho avuto una certa simpatia,
però non mi sono iscritto al partito il giorno dopo aver visto La corazzata
Potëmkin, come innumerevoli giovani. Antifascista non è neanche da dire, da
quando ci si è risvegliati. Di quel periodo non ho voglia di parlarne, ero tra
i soliti ragazzini stupidoni che andavano alle adunate, ma non c'è storia di
anima o di pensiero o di famiglia che riguardi il fascismo. I miei non erano
fascisti né antifascisti, erano bravi cittadini come tanti. (Corriere della
sera). Si dice il responso delle urne. Come se un popolo di cretini potesse
fornire oracoli (Per le strade della Vergine)
la mia America: “Un baluardo contro l’ideologia comunista” XIII Congresso Radicali Italiani ilfoglio/preservativi/ prttttt-in-una-sigla-tutto-pannella-
impenitente-ottimista-e-visionario (corriere/ cultura/c.-in-un-amore-felice Chi era, fustigatore dei vizi degli
italiani Riviste/ Su “Cartevive” omaggio, reazionario postmoderno C.: ‘METTIAMO FINE ALLA BARBARIE DELLA
VECCHIAIA SENZA SESSO: PER DISABILI E CARCERATI QUALCOSA SI È MOSSO MA PER I
VECCHI MASCHI SI MUOVERÀ MAI QUALCUNO? LA PROPOSTA: UN SERVIZIO EROTICO
VOLONTARIO PER GLI OVER 70! Abiterò per tre mesi al N. 4 di via Giolitti a
Torino, per mettere in scena col Teatro dei Sensibili La Iena di San Giorgio.
Sulla porta metto quest'altro mio nome: Geremia Cassandri. La pazienza
dell'arrostito. Giornale e ricordi, Milano, Adelphi, Premio letterario
Viareggio-Rèpaci, su premioletterario viareggiorepaci. I VINCITORI DEL PREMIO
“MONSELICE” PER LA TRADUZIONE, su biblioteca monselice, Alberto Roncaccia,
Guido Ceronetti. Critica e poetica (Bulzoni, Roma) Emil Cioran, Esercizi di
ammirazione (Adelphi, Milano, Guido Ceronetti. L'inferno del corpo) Giosetta
Fioroni, Marionettista. C. e il Teatro dei Sensibili secondo l'alchimia figurativa
(Corraini, Mantova) Giovanni Marinangeli, C., Il veggente di Cetona (Fondazione
Alce Nero, Isola del Piano) Fabrizio Ceccardi, Il Teatro dei Sensibili
(Corraini, Mantova) Andrea De Alberti, Il Teatro dei Sensibili di C. (Junior,
Bergamo) Marco Albertazzi, Fiorenza Lipparini, La luce nella carne. La poesia
(La Finestra Editrice, Lavis) Masetti, A. Scarsella, M. Vercesi, Pareti di
carta. Scritti su C. (Tre Lune, Mantova), Ortese, Le piccole persone (Adelphi,
Milano). Lattuada, Frammenti di una luce incontaminata in C.i, La Finestra
Editrice, Lavis, Cioran Gnosticismo moderno.
Ma io diffido dell'amore universale Guido Ceronetti, la Repubblica,
Archivio. L’ultimo bardo gnostico che cantava il dolore per la bellezza
perduta. Morto il più irregolare degli scrittori italiani. Ernesto Ferrero, La
Stampa, V D M Vincitori del Premio Grinzane Cavour per la narrativa italiana V
D M Vincitori del Premio "Città di Monselice" per la traduzione
letteraria V D M Vincitori del Premio Flaiano per la narrative. "StgvvU
nni GIURISPRUDENZA ROMANA. ISTITUZIONI DI DIRITTO ROMANO. PARMA, BATTEI. Le
mie parola sull’istituzioni di diritto romano consentite che sia,
quale il sentimento vivo e sincero dell'anima la richiede. Sia d' omaggio a'
miei maestri, ai quali ritomo qui con ossequio immutato; sia di saluto
fraterno agli studenti, a cui mi presento, e da cui mi bramo accolto,
quale compagno di studi, fiducioso di trar lena, pel compimento del
mio assunto, più che dall' ingegno troppo scarso ed inesperto, dal loro
consentimento amichevole, dallo scambio fra noi, vivo e continuo, d'
affetto fraterno. Da questo scambio io trarrò buon augurio alla carriera
d'insegnante, verso la quale muovo oggi con trepidanza il primo
passo, e alla quale volsi e volgo ogni mio studio, guardando alla
meta con assiduità ferma di volere: del quale io non certo dovrò dolermi,
se, per debole ingegno o per avversa fortuna, quella dovesse per
avventura sfuggirmi. E però consentite che, muovendo il primo passo per
questa via, io qui ricordi l'assidua e amorosa intelligenza di cure del
Maestro illustre che ad essa mi guidava, e di cui ognuno ricorda e r alta
vigoria del pensiero, nutrito da corredo mirabile di studi vari e
profondi, e la bontà pura, ideale dell' anima, onde qui, come ovunque,
conquise d'affetto reverente maestri e discepoli. Consentite che a Brini
io mandi un saluto, coU'affetto il più riconoscente e devoto di
discepolo e di fratello. Invoco ora, o Signori, la vostra attenzione
indulgente sopra un tema, che, per sé, non parmi inopportuno a
trat- tarsi al principio d'un corso d'istituzioni di diritto
romano: se e quanto abbiano avuto d'influenza sulla GIURISPRUDENZA IN
ROMA le scuole filosofiche. Perchè, come in tal corso deve studiarsi per
rapidi tratti tutto 1' organamento del diritto privato e i singoli
istituti di esso. Così è conveniente ed opportuno esaminare e valutare quali
elementi sul delinearsi e conformarsi di quelli ebbero efficacia, e
quanto debba attribuirsene a ciascuno. La ricerca può talvolta, è vero,
rasentare e quasi toccare il campo della storia del diritto romano, che
si volle dalle istituzioni disgiunta; ma tali contatti non fa duopo osservare
come in punti non pochi e non lievi siano inevitabili, per quanto
si voglia lasciare al corso d' istituzioni il carattere più prettamente
dommatico. Che invero troppo spesso non può trascurarsi, per lo studio
preciso e compiuto degl’istituti all'ultimo momento giustinianeo, uno
sguardo alla loro origine e alla vita secolare che precede quel momento:
origine € vita di cui alla cattedra di storia vuoisi riserbata la ricerca
più diretta e diffusa. n tema eh' io prescelgo è arduo. Di più esso
entra buon tratto in un campo che non è il mio, nel quale io m'
avanzo peritoso, con un corredo scarso di studi e invocando l'indulgenza
di chi coltivi di proposito la storia della filosofia, e qui segnatamente del
pensatore illustre, che è onore di questa nostra facoltà giuridica alla
quale presiede. All'arduezza del tema se ne aggiunge la vastità. Talché
il tempo riserbato a discorrerne congiurerà colle deboli forze del
disserente a renderne imperfetta per più lati la trattazione; la quale
afifaticò in lavori appositi e in trattati generali d' antichità e di diritto
romano, uno stuolo numeroso di filosofi, fra cui non pochi valenti, dal
Cujacio in poi, e che fu pur di recente ripresa anche in Italia. Fra
altri, da un uomo, il cui nome segna una gloria e un lutto eterno perle
scienze romanistiche: Padelletti. Vanni. Io non certo presumo esaurirla, ma
solo mi propongo riassumerla per larghi tratti, valendomi e delle altrui
ricerche e di quelle ch'io venni compiendo direttamente sulle fonti,
procedendo dunque con modestia d'intenti. D’una cosa però sopra ogni
altra curandomi: di quella serena imparzialità di giudizio, che in temi di
questo genere, che toccano da vicino le varie credenze filosofiche individuali,
è facile troppo lo smarrire. Che invero non ci mancheranno, nel
procedere in questo tema, esempi di aberrazioni stranissime, a cui, privi di
quella, uomini, pur valorosi, riu- scirono. E innanzi tutto vuoisi qui
delineare per cenni la storia delle varie scuole filosofiche che tennero
in Roma il campo: storia per verità ben nota ad ognuno; ma pure non
inutile forse a richiamarsi qui, in brevi tratti, perchè tosto se ne
colgano quegli elementi, che sono essenziali nella trattazione del nostro
tema. Solo però dall' epoca di CICERONE tali cenni debbon prender le
mosse. Che, se può accogliersi che coi nomi di Socrate, e in ispecie dell’ACCADEMIA
e del LIZIO, giungesse già prima in Roma una qualche eco delle loro
dottrine, questa dovè riuscir ben fievole e inefficace, mentre tanto
saldo e fiero durava tuttavia in Roma quello spirito anti-filosofico, per cui
va Famoso CATONE, e da cui fu destata l'implacabile ironia d’ENNIO. Le
dottrine filosofiche dell’ACCADEMIA e del LIZIO penetrano, benché solo frammentariamente e
indirettamente, coli' insegnamento di Panezio; al quale V aver
abbracciato IL PORTICO non tolse di seguirle e propugnarle in taluni
punti. Ma l’efficacia del PORTICO è però come maestro di dottrine, nelle
quali ebbe discepoli autorevoli e numerosi, e fra essi giureconsulti di grido.
Corrispondendo quelle, pel largo svolgimento che IL PORTICO da alla morale,
con pratici e austeri intenti, alla natura del genio romano. Nel quale
per contrario mal poteva svilupparsi il germe dell' elevato idealismo dell’ACCADEMIA.
Così come non poteva averne favore la poca praticità diretta delle
dottrine del LIZIO, già entrate in Roma coi libri di Aristotele
arrecativi da Siila, colla diffusione curatane da Andronico da Rodi e da
Tirannione. Ne molto di più potevano avervi efficacia le dottrine della NUOVA
accademia, propugnate da Filone di Larisse e da Antioco. CICERONE, pur
abbracciando sostanzialmente IL PORTICO, coglie e assimila, secondo
quella che fu pure la tendenza di Panezio, e rimase tendenza della
filosofia romana in generale, quasi da ogni altra scuola taluni de'
principii che meglio vi corrispondessero al genio romano. Solo combatte
invece la FILOSOFIA DELL’ORTO, forte allora, e ancor più poco appresso:
il quale dura buon tratto allato alla scuola del PORTICO, fino a che
perde teneno. E, come CICERONE assimila principii estranei allo al
PORTICO, altrettanto ne rigetta ciò eh' era in questo di troppo rigido, e
però praticamente inefficace. Ptr CICERONE, ad esempio, contrariamente al
PORTICO, non è immeritevole di pregio il moderato godimento -- De sen. 14. Se
il bene morale sta al disopra d'ogni altro, esso non è tuttavia il
solo bene possibile e apprezzabile. Se è vero che il dolore dev' essere virilmente
tollerato, non è per questo men vero ch'esso sia un male (Tusc, II, 18;
II, 13). Per tal modo, con quest' opera e di assimilazione e
insieme di selezione. CICERONE procaccia il germe delle dottrine filosofiche
elaborate più tardi. La distinzione dell'corpo e dell’anima, il legame di
origine e finalità comune che unisce tutti gl’uomini e che impone a tutti
l'obbligo di fratellevole aiuto, che trovano trattazione più diffusa negli
scritti di Seneca, e poi di Antonino, son già delineati, chiaramente in
Cicerone (cfr. De rep., VI, 17; Ttisc, I, SI; De off., Ili, 6; De leg,)
(1). Dopo CICERONE (si veda0, frammezzo alle lotte combattute dai FILOSOFI
DELL’ORTO, fra i quali risplende il genio sovrano di Lucrezio, e mentre
pure dalle file dei filosofi del CINARGO partono le satire aspre ed argute di
Varrone, Q. Sestio prosegue, benché intinto della setta di CROTONE, le
tradizioni del PORTICO. Sestio raccolte poi da Fabiano e piti tardi da Attalo,
a cui die' gloria l'esser maestro di Seneca. La tendenza eclettica,
che si ha ognora in tutto questo sviluppo, ci si presenta più che mai
viva e spiccata in Seneca, già inclinevolo alla setta dei Crotonesi,
ammiratore dell’Accademia, né sdegnoso di citare Demetrio del Cinargo ed
Epicuro dell’Orto. E in punti sostanziali egli dissente dal Portico.
Significantissimo é un esempio, che già da altri fu notato e illustrato. Per il
PORTICO non può aversi diversità di natura fra ciò che chiamasi corpo e anima.
Seneca separa i due elementi e finisce per creare una specie di antagonismo,
che spiega la vita. Il corpo é la prigione dell' anima, un peso che la
rattiene verso la terra. Finché è unita al corpo, sta come avvinta in
ceppi (Ep.). L’anima, per conservare la sua forza e la sua libertà, lotta
di continuo contro la carne (ibid.). Questa distinzione, così
precisa, del corpo e dell' anima é estranea al vero sistema del Portico e
Seneca è indotto da questa a conseguenze che anche più si allontanano
dalle dottrine de' suoi maestri. Secondo il Portico, l'anima muore, dopo
che il mondo sarà distrutto per mezzo del fuoco. Seneca, esitante su questo
punto, dopo aver detto a Marcia che tutto annienta e strugge la
morte (Com, ad Marc, 19, 5 ), le descrive l’anima del figlio, salente al
cielo, a lato di Catone e dei Scipioni. E scrive altrove senz'altro esser l’anima
eterna e immortale (Ep,, 57, 9). Distacco certo notevole, ma nel
quale troppo volle vedersi oltre il vero, col dar vita air omai
sfatata leggenda che Seneca si ascrivesse alle sette cri- stiane
(6). Seneca riprende con nuova energia V indirizzo morale di
cui già erano i germi in Cicerone: a questo solo rivol- gendo ogni suo
sforzo. Egli non si cura delle discussioni teoriche sul massimo bene, non
formula dogmi; ma segna le norme morali, fin pei rapporti più minuti
della vita. Dopo Seneca, il movimento filosofico prosegue. E dopo la
nube che parve oscurare, sotto i regni di Vespasiano e di Domiziano, la
fortuna dei filosofi, questa rifulge poco appresso più che mai splendida.
Plutarco vien cogliendo nella morale, anche con più ampia libertà
eclettica le regole sostanziali del PORTICO, togliendo a questo però la
rigidità ch'era in Seneca: e benché inclinando verso l’Accademia, col far
presiedere alla vi' a un divino primo, sotto il quale stanno divini di
secondo grado, a cui rimangon dietro, a lor volta, i genii mediatori,
giusta il concetto dell’Accademia, fra l’umano e il divino. E
a quello che potè chiamarsi l'impero dei filosofi, sotto Antonino, si
gittano le basi nel principato d'Adriano. È a questo tempo che la lotta
secolare dell' ellenismo contro il ROMANESIMO finisce colla vittoria completa
di quello. Sì che a Roma accorrono da ogni parte del mondo filosofi,
desiderati ed onorati. Demonace può paragonare Apollonio, che muove co' suoi
discepoli da Atene a Roma, ad un argonauta, che vola al rapimento del
vello d'oro (Luciano, Bem.y 31). È à quel tempo che la filosofia compie
in Roma un passo gigantesco con Epitteto. Questi prosegue la dottrina del
PORTICO, benché con certa tendenza verso il CINARGO. Fissandovi
essenzialmente il pensiero subbiettivo come principio e criterio della verità,
e però riducendo a formale il mondo esteriore. Non dunque dolori, ma fantasie
di dolori; onde la inalterabile fortezza e il disprezzo severo d' ogni bene
umano. E la filosofia d' Epitteto, continuata e propugnata strenuamente
da Flavio Arriano, germoglia più tardi nel sereno ingegno di Antonino, che,
elevando come ad eccelso ideale, il concetto della vita secondo natura,
deducendone, come conseguenze necessarie, la legge più pura della
carità umana, chiude gloriosamente il ciclo del PORTICO in Roma.
Appressa solo qualche bagliore raro e scarso traluce fra le tenebre che
si vengono da ogni lato addensando. IL PORTICO non fa più un passo. Non vale la
filosofia dei così detti accademici eruditi, già prima coltivata, allato
al Portico, da Favorino, da Massimo di Tiro e da Alcinoo, a gittare alcun germe
fruttifero. E le dottrine troppo idealistiche dei accademici, formulate
con nuovo vigore da Plotino, rimangono il culto inefficace di qualche
anima solitaria. Già da questi cenni, benché così rapidi e
incompleti, traluce una singolare coincidenza. I momenti essenziali
per la storia della filosofia in Roma coincidono coi momenti essenziali
per la storia della giurisprudenza. Il genio eclettico di CICERONE
negl’anni della REPUBBLICA, dà in ROMA inizio efficace agli studi della
filosofia, air incirca nel tempo, in cui -- scorse tre generazioni da
quando lo specchio di Gneo Flavio sottrae l'arte del diritto all'arcano
monopolio pontificale e l'insegnamento tentato dal pontefice plebeo
Coruncanio offre i germi, raccolti e rudemente elaborati da Sesto Elio. Q.
Mucio SCEVOLA gitta pure co' suoi XVIII libri iuris civilis i fondamenti
sistematici del diritto. E, al principio del principato d’Ottavinao, la
filosofia, segnatamente del Portico, fiorisce per r insegnamento di
Sestio, al tempo stesso in cui 1'eredità gimidica, tramandata dall' era
repubblicana è raccolta dall' intelletto sovrano di LABEONE, che inizia per
la giurisprudenza l’età delle sue glorie più fulgide e insuperate. Età
che si continua, con isplendore ognor più vivo, fino a Salvie Giuliano,
che colla fissazione deir editto perpetuo, compendia il tesoro elaborato con
continuità meravigliosa d’Ottaviano ad Adriano; nel quale appunto si vien
preparando quello che si disse a buon dritto rimpero dei
filosofi. Questa coincidenza di tempo non deve indurre in noi nessun
preconcetto che valga a sviarci dal sereno esame del nostro tema:
l’analisi dei concetti giurdici. Ma noi
dobbiamo tuttavia notarla, perchè molto soccorso potrà veoin^ene per
spiegazioni .e raffronti nel seguito delle nostre ricerche. Ed
entrando omai neir esame del tema, ricerchiamo se nel principio che
regola gl’istituti e rapporti v'ha alcuno degli elementi filosofici
siamo venuti seguendo. Ne vi spiaccia clie sopra tutto e' intratteniamo in
quest' ufficio modesto e paziente di semplice constatazione e che
riserbiamo a più tardi alcune considerazioni d' ordine generale, che da questa
potranno emergere. Consideriamo tosto i requisiti essenziali al
soggetto del diritto. L’ esistenza fisica e i tre status -- essenzialmente
lo status di libertà. Fra le regole spettanti all'esistenza fìsica
l’influenza del PORTICO ci si presenta spiccata nel concetto teorico
di cui è cenno specialmente in un testo d'Ulpiano, per cui si
considera il feto tuttora entro le viscere materne come parte di queste –
“mulieris portio vel viscerum” -- : Ulp., fr. 1 § 1 D. 25, 4 e prima
Papiniano, fr. 9 §. 1 D. 35, 2 — “homo non recte faisse dicitur”. E però
tosto da osservarsi come questa considerazione astratta, tolta manifestamente
dal PORTICO (Plut., Plac. pML, V, 14, 2: \iripoq eivai Ttig x(X7Tpòq)
rimanne in pratica lettera morta. Perchè, logicamente, dal considerarsi il
feto parte delle viscere materne, verrebbe che, fino al momento del suo
staccarsene e del suo passaggio ad esistenza di per sé stante, esso non dove
dar luogo ad alcun apposito rapporto giuridico. Mentre, contrariamente, stan di
fronte a tal concetto la legge di Numa che proibisce di seppellire la
donna morta incinta, prima di averne estratto il feto (fr. 2 D. 12,
8), le pene contro il procurato aborto, il divieto di Adriano di eseguire
la sentenza di morte contro la con- dannata incinta ( fr. 18 D. 1, 5), la
tutela al ventre pregnante, risalente fino a prima delle XII tavole, e
la “honorum possessio”, che a nome di quello potè chiedersi; istituti e
rapporti intesi tutti alla protezione di un soggetto di diritti sperato, e
dentro altro soggetto. Onde pure la risposta affermativa alla questione,
che tuttavia parve necessario propoiTe. Se il figlio, nato dalla madre
exsecto venire, abbia diritto di succedere ad essa (Ulp., fr. 1 §. 5 D.
38, 17 ) e il considerarsi come un essere già esistente il feto entro lo
viscere materne, benché non ancora a sé stante. Ciò secondo la verità
eterna e precisa delle cose. ( Cfr. Giul., 37 dig,^ fr. 18 D. 36, 2:
Is cui ita legafum est, qìmndoque liberos habuerit, si praegnatc uxore
relieta decesserit, intelligitur expleta conditione dccessisse et legatum
valere, si tamcn posthuììius natus fuerit; Ter. Clem., lib, 11 ad leg. lui. et Pap., fr. 153 D. 50, 16:
IntellegendiiS est mortis tempore fuisse qui in utero relictus est\ Celso,
16 dig.y fr. 187 D. 50, 17; Ulp. 19 ad Sab., fr. 20 D. 36,1).
Espressamente si fa risalire ad Ippocrate la regola che assegna il tempo
di *VII* mesi, come termine minimo della gestazione, Ulp.; Paolo. Ma, per
sé, la necessità di segnare un termine minimo, sufficiente di regola alla
gestazione, si afferma per motivi esclusivamente sociali e giuridici, e
ne porse occasione la Legge Giulia. E la fissazione di quello ai 7 mesi,
giusta la teoria d' Ippocrate, ha un'importanza del tutto
formale. Più importante è per noi l'accoglimento della teoria di
Eraclito e del Portico, che fissa a *XIV* anni la pubertà (Plut., Flac,
pML, V, 24,1; Macrobio, Somn. Scijp., G; Saturn., VII, 7). Accoglimento
che ha una grande importanza pel suo significato giuridico. Esso invero segna
un passo verso quella precisione sicura di linee, onde il diritto,
progredendo, abbisogna, e, anche più, include un riconoscimento fine e delicato
del diritto al pudore. Che ciò io avverta qui, anziché più tardi, non
maravigli; giacche non posso veramente propormi un ordine rigoroso, e mi è
forza lasciare che il discorso trascorra a' vari punti, a cui le
fonti che man mano si offrono, gli porgono il destro. Ne che tale
felicissima alata della scuola dei Proculeiani, nella quale si volle ravvisare
più precisa e più profonda rinfluenza del Portico, sia dovuta veramente a
tale influenza, anziché alla considerazione obiettiva, spregiudicata delle
necessità avanzantesi del diritto, parmi possa sostenersi con alcun serio
argomento. Se influenza vi si ebbe, essa fu tutta nella fissazione formale
del termine al quattordicesimo anno, anziché al dodicesimo o al
quindicesimo, come altrimenti avrebbe potuto aversi. Ma romanamente giuridico e
il senso che fé* avvertire la necessità di quella regola netta e certa e
fé' accoglierla trionfalmente. Proseguendo in tali traccie formali,
l'influenza della filosofia parmi possa avvertirsi anche nella considerazione
del parto trigemino, in caso di gravidanza della madre (Plut.,
Pìcce. pML^ V, 10,4), che ha gravi effetti per l'aspettativa
dei diritti spettanti ai possibili nascituri, fino all'avvenimento
del parto, e che nelle fonti ci si presenta risalente a Sabino e a Cassio
(Giul., fr. 8 §. 1() 1). 40, 7; Gaio, fr. 7 pr. D. 34,5; Paolo, fr. 28 §.4
D. 5,1; Id., fr. 3 D. 5,4). Ma ben altra influenza, sostanziale e diretta,
della filosofia, si sostenne per un tema, che qui dovrà trattenerci alquanto: lo
schiavo. È da tale influenza che si volle determinato l' affermarsi con
moto continuo, dallo scorcio della repubblica al secolo degli Antonini,
di un' intima contraddizione nel concetto di Schiavo. E s' adduce la
dichiarazione tradizionale dei giuristi di questo periodo essere lo Schiavo contro
natura, la protezione che è accordiata man mano alla vita e air integrità
personale dello schiavo contro le eccessive sevizie del padrone (Gellio,
Noci. Att, V, 14; Eliano, Be an,, VII, 48; Gaio, fr. 1
§. 2 D. 1,6; Ulp., fr. 2 D. eod, Modestino, fr. 11 §. 2 D. 48,8) al
cui arbitrio lo schiavo è sottratto, per esser sottoposto, in caso ch'egli
delinqua, ad appositi magistiati, e a procedimento, non sostanzialmente
difforme da quello che vale pel LIBERO (Pomp., fr. 15 D. 12,4; Ulp., fr.
12 D. 2,1; fr. 3 §. 1 D. 29,5; Venul., fr. 12 §. 3 D. 48,2), e
indipendente attività patrimoniale che si riconosce allo schiavo col peculio (
quasi patrimonium Uberi hominis: Paolo, fr. 47 §. 6 D. 15,1). S' adduce
il favor libertatis che inspira in molteplici casi le larghezze con cui si
risolvono le dubbie questioni di stato e s'effettuano i giudizi liberali --
Lege Iimia Petronia si dissonantes pares iudicum existant sententiae pro
libertate prommciari iussuni: Ermog., fr. 24 D. 40,1; e. d' Ant. Pio,
presso Paolo, fr. 38 §. 1 D. 42,1; Ulp., fr. 3 §. 1 D. 2,12), s'eseguiscono
le manomissioni, ordinate per atto d'ultima volontà (Giul., fr. 9 §. 1 D.
33,5; fr. 4 pr. D. 40,2; fr. 16 D. 40,4; fr. 17 §. 3 D. eod.; presso
Paolo, fr. 20 §. 3 D. 40,7; Valente, fr. 87, D. 35,1; Giavoleno, fr. 37
D. 31; Gaio, fr. 88 D. 35,1; S. C. sotto Adriano, in Scevola, fr. 83
(84)§. 1 D. 28,5; rescr. di M. Aurelio, in Marciano, fr. 51 pr. D.
28,5, e in Mod., fr. 45 D. 40,4, cost. dello stesso in Ulp., fr. 2 D.
40,5; Meciano, fr. 32 §. 5 I). 35,2; fr. 35 I). 40,5; Pomp., fr. 4 §. 2
D. 40,4; fr. 5 D. eod.; fr. 20 I). 50,17; Marcello, fr. 3 i. f. D. 28,4;
fr. 34 D. 35,2; Scevola, fr. 48 §. 1 D. 28,6; fr. 29 D. 40,4; presso
Mar- ciano, fr. 50 D. 40,5; Papin., fr. 23 pr. D. 40,5; Paolo, fr.
28 D. 5,2; fr. 40 §. 1 D. 29,1; fr. 14 pr. D. 31; fr. 96 §. 1 I). 35,1;
fr. 33 D. 35,2; fr. 36 pr. D. eod.; fr. 10 §. 1 D.
40,4; fr. 179 D. 50,17; Ulp., fr. 711). 29,2; 9 fr. 29 D. 29,4 ; fr. 1 D. 40,4 ; fr. 24
§. 10
D. 40,5) e in ispecie per fedecommesso, alla cui esecuzione
provveggono già sotto Traiano, e poi sotto Adriano e Commodo,
appositi Senatoconsulti {SS. GC. Bubriano, Dasumiano, Artici, Ulano,
Vitrasiano, Iunciano -- s' adduce l’ingenuità che si vuole accordata al NATO
DA UNA SCHIAVA, che gode della libertà fra il momento del concepimento e
quello del parto (Marciano, fr. 5 §. 3 D. 1,5), o che, ordinatane la
libertà per fedecommesso, non e manomessa indebitamente, per mora
deirerede (rescr. di Marco Aurelio e Vero e di Ca- RACALLA in Ulp., fr. 1
§. 1 D. 38,16; Ulp. fr. 1 §. 3 D. 38,17; fr. 2 §. 3 D. eod.; fr. 26 §. 1
D. 40,5; MARcaNO, fr. 53 pr. D. eod.), fosse pure casuale (rescr. di Ant.
Pio e di Severo e Carac. in Ulp., fr. 26 §§. 1,2, 3D. 40,5;
MoDEST., fr. 13 D. 40,5); il concetto che afferma la libertà inalienabile
(Costantino, c. 6 C. 4,8) e la regola che nega comprendersi nell'usufrutto
il parto della schiava (Cic, De fin., I, 4; Gaio, fr. 28 §. 1 D. 22,1:
Ulp., fr. 68 pr. D. 7,1). Fermiamoci su quest'ultimo punto. È famosa la
disputa, a cui quella regola die luogo ai tempi di CICERONE, fra SCEVOLA,
Manilio e Bruto, ed è pur notissimo come la propugnasse vittoriosamente
quest'ultimo, adducendo essere assurdo il computare fra i frutti
l'uomo, mentre ogni frutto che rechi la natura è destinato
all'uomo. La qual ragione è riferita da Gaio e da Ulpiano (Gaio,
fr. 28 §. 1 D. 22,1; Ulp., fr. 68 pr. §. 1 D. 7,1), ed è tratta
genuinamente dalla teoria del Portico, secondo la quale l'uomo si
considera come signore dell'universo (Cic, De off., I, 7; De nat. Deor.,
II, 62; De fin., Ili, 20). Ma altrove, (fr. 27 pr. D. 5,3) Ulpiano stesso
adduce a fondamento di questa regola un motivo tutto economico. Non
valutarsi come frutto il parto della schiava, perchè lo scopo economico,
pel quale si tenne schiave, non è quello di procacciarsene i parti « non temere
ancillae eim rei causa comparantur ut pariant », ossia perchè i parti della
schiava non costituiscono il frutto economicamente normale di essa. E due
fatti inducono a ritenere che sia appunto questa la ragion vera che
determina quella regola: la mancanza, cioè, di un'industria di allevamento
di schiavi e la parificazione del parto della schiava ad ogni altro frutto,
per qualsivoglia rapporto, all' infuori delF usufrutto. Che la regola,
determinata da questa ragione economica, si volesse poi anche
giustificare con un concetto preso al Portico, non può recar maraviglia,
quando si pensi come in altri punti non pochi la vernice d'una forma
filosofica copra un rapporto determinato essenzialmente da principii
tutt' altro che filosofici. E questa nostra osservazione si
riconnette a un altro lato importante del tema: al freno imposto alle
sevizie del padrone: nel quale volle ravvisarsi pur tanto di stoica influenza.
È essenziale la giustificazione datane da un noto testo di Gaio. Doversi
inibire al padrone di far malo uso delle cose sue, allo stesso modo che
ciò si vieta al prodigo, Inst. Regola dunque che ci si presenta pure
determinata non da altro, che dalla considerazione tutta econo- mica del
regolare uso della proprietà. Ed è parimente una necessità di
natura economica, di raflforzare, cioè, Y attività dello schiavo colla
molla del suo proprio interesse individuale, quella che determina
il riconoscimento del peculio, quale patrimonio di fatto del servo,
distinto dal patrimonio del padrone; la cui funzione ha per ogni lato
dell'evoluzione della schiavitù importanza essenziale. Però codesto
elemento economico, che fu magistralmente seguito dal Pernice nel suo classico
libro su Labeone, e che, pei lati che accennammo, resulta da attestazioni
precise delle fonti, non basterebbe a spiegare per sé il riconoscimento
graduale nello schiavo di altri molteplici diritti e rapporti attinentisi
alla personalità, e l' affermarsi di un vero e proprio sistema giuridico
che per esso si crea, del tutto analogamente al sistema che regola
istituti e rapporti fra liberi. Un altro elemento sostanziale
concorre a dar vita e riconoscimento positivo a quel sistema pei
rapporti più svariati. Questo elemento altro non è che la forza della
natura. Forza, che neirantica convivenza a famiglia regolava nel fatto,
quasi inconsciamente, i rapporti della schiavitù ; ma che, più tardi,
«comparsa la prisca semplice costituzione della familia, ordinate quasi
ad esercito, gerarchicamente, le migliaia di schiavi tratti a Roma dai
popoli vinti, fé' assurgere e fissò a rapporto di diritto quello eh' era
dapprima mero e tacito fatto: affermando nello schiavo la contrapposizione del
concetto di “uomo”, di fronte a quello di “res”. Gli
attributi nello schiavo di ente intelligente e consciente s' impongono air
organismo del diritto, pel quale lo schiavo dove parificarsi a una “res”,
ad una “merx.” Ulpiano, trattando della prestazione dei legati imposti
all'erede, e dei casi in cui l'erede può essere ammesso a prestare, invece
della res legata, Vaestimatio di essa, distingue il legato di una “res”
da quello di uno schiavo, valuta i motivi in cui più probabile in questo
può riuscire la prestazione dell' aestùnatio, ed esce coli' affermazione alia
est condicio ìiominum alia ceterarum rerum (Ulp., fr. 71 §. 4 D.
30). Quest'affermazione coglie e sintetizza l'urto intimo e graduale, di
cui la storia della schiavitù in Roma porge traccio continue ed eloquenti,
e per cui pur riesce infine ad imporsi nella coscienza giuridica e
sociale il riconoscimento nello schiavo degli attributi essenziali della
personalità umana. Tali, l'efficacia del patto adietto alla vendita di
una schiava di non prostituirla. Efficacia che include il riconoscimento
del diritto all'onore (decr. di Vespas., presso Mod., fr. 7 pr. D. 37,14;
Pomp., fr. 34 pr. D. 21,2; Papin., fr. 6 pr. D. 18,7 ; Paolo, fr. 7 D.
40,8 ; Aless. Sey., c. 1 C. 4,56); r azione d' ingiurie per offese allo
schiavo, commisurata secondo il grado d' onorabilità di questo (Ulp., fr.
15 §. 44 D. 47,10). L’ ammissibilità di un giiidizio di calunnia a cagione
dello schiavo, che subì per fatto altrui ingiusto giudizio (Papin., fr. 9
D. 3,6). La valutazione della misericordia usata verso di esso, per
misurare la responsabilità di chi ebbe a procacciarne la fuga, Ulp. Il
riconoscimento della famiglia servile, nella quale con sforzo di finzioni
giuridiche si riesce a dar certa configurazione a rapporti patrimoniali, a
somiglianza di quelli che intercedono nella famiglia dei liberi (Ulp., fr.
39 \D. 23,3 ; Paolo., fr. 27 D. 16,3). E persino il riconoscimento
nello schiavo di rapporti d'indole religiosa (Labeone, presso Ulp., fr.
13 §. 22 D. 19,1; Ulp., fr. 2 pr. D. 11,7). Che pure sulle conquiste
compiute dagli schiavi contribuiscano considerazioni d' ordine pubblico e di
sicurezza pubblica, son ben lungi dal negare. Non par dubbio, ad
esempio, che sia determinata sopratutto da esse la legge Petronia. !Aia
questa pure (appena occorre avvertirlo) non è che una conseguenza, benché
coatta, dell 'affermantesi peronalità dello schiavo. Ne tuttavia che le
stesse dottrine stoiche, col loro elevato concetto della personalità umana,
abbian per qualche lato favorita o affrettata quell'evoluzione, non
<\serei negare: (nò può invero trascurarsi il fatto che il momento più
intenso di essa cade appunto sotto gli Antonini. Ciò che parrai invece
dover negare si è che quelle dottrine vi abbiano avuta una influenza immediata,
essenziale. Talché senza di esse si avesse ognora a disconoscere nello
schiavo ogni attributo della personalità. Su altri istituti e
rapporti attinenti alle persone non ci abbisogna lungo discorso. Non
occorre, per verità, confutare lo strano concetto che influenza del Portico sia
nell'attenuamento della patria potestà, e nella liberazione delle donne
dalla tutela agnatizia. Fatti determinati entrambi dal trasmutarsi della
funzione e natura politica della familia; trasmutarsi, che pure ci spiega l’avanzantesi
prevalenza del vincolo di sangue sul rapporto civile d'agnazione; che ha
poi eifetti importanti, in ispecie neir ordine delle successioni. E pur ci
spiega l’evoluzione dell'essenza prisca dell'eredità familiare
(comprendente, cioè, il complesso di diritti politici e religiosi inerenti alla
domus familiaqtte) verso l’eredità patrimoniale. Concetto, che, accennato
in istudi recenti ed egregi (16), forse non si presenta tuttavia
immeritevole di trattazione nuova ed apposita e d' investigazione minuta nelle
fonti. Ne mi fermo su di un punto, sul quale non si peritò d' insistere
qualche sostenitore deir influenza sdel Portico sulla giurisprudenza
romana: il puro ed elevato concetto del matrimonio, tramandatoci dai
giureconsulti, e in ispecie esplicantesi nella tarda definizione di
Modestino. Basta osservare che quel concetto è in Roma tradizionale, fin dalla
sua più antica e genuina costituzione e che vi si esplica allora dalle
stesse forme, con che il ma- trimonio si compie, e che, inerente dapprima
solo al ma- trimonio curri manu, nel quale è veramente la divini et
Immani iuris cornunicatio, esso s'atteggiò poi, per forza di tradizione
sul matrimonio libero, prevalso su quello, e tra- luce idealmente nei
tempi stessi, in cui il matrimonio era di fatto quale ce lo tratteggiano
con foschi colori Giovenale e Marziale. Occorre qui invece, fra i
diritti attinentisi alle persone, accennare ad alcuni altri, nei quali si
ravvisò l’influenza filosofica, e segnatamente del Portico.
Che, per quanto tocca il diritto alla vita, e l'affermazione negativa di
questo, i romani non abbiano riguardato con deciso is favore il suicidio,
come mezzo estremo di salvaguardia a mali maggiori; e ciò molto innanzi al
tempo in cui la filosofia divenne nota in Roma, resulta dalla
natura del carattere romano e dell' ideale ch' esso prefiggeva alla vita,
dalla stessa aureola di gloria onde fu recinta la memoria di Lucrezia, di
Catone e di Bruto. Né dunque può pensarsi ad alcuna influenza del Portico,
se vediamo i giuristi non considerar come dannata la memoria del suicida.
Ma singolarissima è poi la specialità contemplata nel testo che per consueto si
adduce. In esso si riferiscono rescritti di Adriano e d'Antonino Pio, i quali,
considerando il caso, in cui persona accusata di delitto capitale, prima
d' esser sottoposta al giudizio, ponga fine a' suoi giorni taedio vitae
vel doìoris impatientia, dichiarano non incorsi con ciò nella confisca i
beni di quella. Si ha poi nel caso proposto ad Adriano che il suicida era
accusato d' aver ucciso il figlio. Adriano, con sentimento delicatamente
umano, dichiara doversi presumere che non per timor della pena, ma per dolore
del figlio perduto, V accusato sia volontariamente uscito di vita ( Marciano,
fr. 3 §§. 4-5 D. 48,21); non potendosi ad ogni modo ritenere per se
il suicidio deir accusato equivalente a confessione di reità a condanna.
Come poi Papiniano con lucidissima veduta dichiarò e sostenne ( Ibid,,
pr. ; cfr. fr. 29 pr. D. 29,1 ; Paolo, fr. 45 §. 2 D. 49,14 ). Mentre poi
è chiaro che, all' inversa, il suicidio che 1' accusato volle affrontare
non per altro che per timor della pena e ob conscientiam cnminis, non salva
dalla confisca il patrimonio di lui, che si considera quale dannato o
confesso (Ulp., fr. 6 §. 7 D. 28,3; fr. 11 §. 3 D. 3, 2). Il che
davvero s'intende come logico sviluppo, senza che nulla v'appaia
di influenza o reminiscenza filosofica, se pure essa non voglia vedersi
nel ricordo ai filosofi, come a coloro che si uccidono taedio vitae,,.
vel iactationis (fr. 6 §. 7 D. 28,3). E qui pure, a proposito del diritto
naturale alla vita, si avverte il riconoscimento di tal diritto nello
schiavo, là dove è detto da Ulpiano esser lecito etiam scrms fiaturaliter
in sunm corpus saevire, Ulp. Di fronte al qual diritto affermato perle schiavo,
sta l'obbligo in lui di rifondere col suo peculio al padrone le spese che
ha sostenute per curarlo dalle ferite infertesi tentando d' uccidersi;
talché quel diritto si riduce praticamente ad una curiosa ed amara
irrisione. E tocco di un altro fra i diritti personali. Quello alla
religiosità, al quale s'attiene lo sfavore con cui si riguardò dai
giuristi, conformemente agli stoici, il giuramento (PapiN., fr. 25 §. 1 D.
13,5; Ulp., fr. 7 §. 16 D. 2,14), e in ispecie la condicio iurisitirmidi,
apposta a una liberalità per atto mortis causa ( Labeone, in Giav., fr.
62 pr. D. 29,2 ; Giuliano, fr. 26 D. 28,7; Marcello, fr. 20 D. 35,1
; Ulp., fr. 8 §. 5 D. 28,7). Il generale divieto della condicio
iurisiurandi è anteriore a Labeone e posteriore a Cicerone, e coincide per
tempo col fiorire della filosofia del Portico. E F opinione ch'esso sia
determinato da influenze di questa parrebbe tanto più attendibile, in
quanto siamo qui in tema di religiosità, dove l'istituzione
filosofica ebbe veramente, in sullo scorcio della repubblica e a'
primi tempi del principato, efficacia non lieve e assai diffusa. Senonchè
non so astenermi dal proporre una mia modesta osservazione. Lo sfavore
pel giuramento non è già soltanto nel Portico, ma risale fino tra le
scuole presocratiche, a quella di Velia, e al fondatore stesso di essa, a
Senocrate, che nel giuramento ravvisava un riprovevole privilegio
per l'empietà (Arisi., Bhet, I, 15) (19). Forse quello sfavore, che
nello spirito filosofico si manifesta cosi da antico, era pure in origine
nello spirito romano, e durava nel patrimonio d'idee e di tradizioni,
che, specialmente in materia di religione, i due popoli ritrassero dal ceppo
comune? Il che solo accenno, pur non volendovi troppo insistere,
perchè non paia amor di sistema. E, lasciando omai d' altri rapporti
di minore impor- tanza, pure del tutto formali, come, per ciò che
attiensi alla salute, la definizione del morbo, di habitus cor-
poris contra naturam (Sab., fr. 1 §. 9 D. 21,1 e in Gellio, Noci. Att^lY,
2. cfr. fehris: Giul., fr. 60 D. 42,1) evi- dentemente tolta dallo
stoicismo; il concetto del furiosus, che, come privo di mente, stoicamente
è detto suus fion est (Ulp., fr. 7 §. 9 D. 42,4), passiamo senz'altro
alle cose e ai diritti su di esse. La triplico partizione delle
cose, che ci riferisce Pomponio nel lib. 30 ad Sah. (fr. 30 D. 41,3): F una
comprendente quod contìnetur uno spirita, graece yivwjxsvov; l'altra che
abbraccia qiiod ex contingentihus hoc est j)ÌU' rihus interse
coherentibus constat, quod atiVTQjAjjievov, e una terza dei corpora pUira
non solata^ ma uni nomini suhiecta, resultanti ex disfantibiis, b T
applicazione precisa e genuina della distinzione del Portico. Al
frammento di Pomponio fauno riscontro testi di Plutarco, Fraec. coniug.,
34 ; di Sesto Empirico, Adi\ Math.; IX, 7S; di Seneca J^at.
qiiaest., II, 2 ; Epist.; e di Achille Tazio, Isag, in plten. Arati. Che
dunque per essa i giuristi abbiano formalmente attinto dai filosofi non
v' ha dubbio. Il ricordo formale dei filosofi si ha persino nella
esemplificazione consueta nei giuristi delle cose appartenenti a ciascuna
di quelle tre categorie. Ma se ci facciamo a ricercarne le pratiche
applicazioni, tosto ci avvediamo come altri principi, del tutto
indipendenti da essa, inteivengano. E, invero, il diverso modo con cui si
ammette il possesso e l'usucapione, segnatamente per le res comiexae e le
universitates ex distantibus. La regola che il possesso di una res
connexa implica il possesso delle cose singole da cui risulta composta,
come parti, non come cose a se stanti, e distinte individualmente, si
spiega col concetto tutto romano del requisito A^' animus nel
possesso. Il quale, dovendosi rivolgere alla res connexa nella sua
essenza, non si concepiva che contemporaneamente si rivolgesse alle parti singole
di quella; onde appunto la inammissibilità di un contemporaneo possesso dell'
intiero e delle parti, e la impossibilità di acquistare un diritto sulle
parti, in forza del possesso della res conmxa resultante dalla loro
unione. Il che ha segnatamente ef- fetti importanti per la teoria
deirusucapione. Mentre poi, per quanto tocca in ispecie le regole
del possesso e deirusucapione dei tigna onde resulta composto un
edifizio, concorre anche il riguardo tutto civile che inspirava la lex (le Ugno
iuncto (Venuleio; GiAVOLENO, fr. 23 pr. D. 41,3; Gaio; Paolo; Ulp.,
fr. 7 §. 1 D. 10,4). Meno ancora può trarsi dalla distinzione fatta dai giuristi
delle cose corporali e incorporali. Se per questa, fra il concetto dei
giuristi e quello dei filosofi, può esservi somiglianza, essa è del tutto
apparente. Le cose incorporali dei filosofi, come essenzialmente il tempo
e il vacuo, non hanno nulla di comune colle cose che son chiamate
incorporali dai giuristi per la loro funzione sociale e giuridica, e che
hanno sempre in sé per contenuto cose corporali, e ciò secondo un
concetto che ci si presenta tradizionale e risalente: in modo sopra tutto
preciso e spiccato nella hereditas (Pomponio; Gaio, Inst; Apric;
Papin.; Ulp.; Paolo): e segnatamente, con mirabile evidenza, nel concetto
e nelle regole delF^^t*- capio prò herede (Gaio, II, 54). E di
questo concetto àeìVheredifas, res corporaUs, che ha per contenuto
normale appunto cose corporali, è assai notevole come un filosofo del
Portico parli come di inutile sotigliezza, deridendo i giuristi che raccolsero
(Seneca, De h&n.): e offrendoci con ciò, come fu avvertito, ricordo
certo e perenne della differenza sostanziale che correva, a proposito di
quella partizione, fra il pensiero dei filosofi e quello dei
giuristi. Certo, fra i cor para, la distinzione di quelli che ratione vel
anima carente da quelli che careni ratione non anima o di entrambe, è
rivestita di forma del Portico. Ma è necessario ch'io soggiunga che sotto
di essa sta un concetto tanto primitivo, che davvero non occorreva
rivestirlo del lusso d' una veste filosofica ? Un tema, sul quale
insistettero con particolare predilezione tutti i sostenitori dell'influenza del
Portico, è quello che riguarda, tra i modi d' acquisto della proprietà,
la specificazione. L'opera diretta che qui esercitò, pel riconoscimento
del lavoro umano di fronte alla materia, la scuola dei ProculeiaDÌ, porse pure
argomento per ravvisare una particolare inclinazione di quella verso lo
stoicismo: in contrapposto anche qui alla scuola de' Sabioiani. Quasiché,
a spiegare il riconoscimento del lavoro umano non dovesse bastare una
considerazione positiva di natura tutta economica: la normale preminenza di
valore della nuova specie sopra la materia prima, preminenza che doveva
imporsi al concetto proculeiano, ognora così acuto e vivo e libero,
di fronte all'ossequio tradizionale della proprietà, che pur continua un
preminente riguardo al proprietario della materia. Le fonti, a cui ci si
richiama, pel rapporto inverso alla specificazione, appunto la riduzione
della species alla materia, confortano questo concetto. Si riferiscono
invero per consueto due testi d'Ulpiano, nei quali questi asserisce
sembrar scomparsa la cosa, di cui sia mutata la forma, benché ne duri la
materia, e mutata forma prope interemit suhsiantia rei. Espressamente ciò
giustificandosi da Ulpiano stesso, proprio col criterio economico qmniam
plerumque plus est in manu prctio qtuim in re. E Paolo soggiunge,
adducendo l’opinione e di Labeone e di Sabino, che abest la tabula
picta quando ne sia rasa la pittura, o il vestito quando è scucito,
perché appunto earuni rerum pretium non in substantia sed in arte sit positum
(Paolo,). E, partendo da tal concetto, ben s'intende come,
all'inversa, si considerasse economicamente del tutto nuova la cosa
formata per mezzo del lavoro sopra materia già esistente, e come Proculo
e Nerva potesser dire, secondo quello che Gaio ricorda, che dopo subita
l'opera dello specificatore, essa non potesse più considerarsi come appartenente
al proprietario della materia, Gaio; cfr. Paolo. Né in tema di
materia o sabstantia e species, per r efrore che intervenga su questa o
su quella nel con- tratto di compra vendita, parmi che molto si possa
trarre dalle fonti, per un'essenziale influenza del Portico. Nel
noto passo d' Ulpiano si riferisce come Marcello ritenesse sussistente la
compra vendita, anche quando, per errore, si fosse dato aceto, invece del
vino dedotto in contratto e rame per oro e piombo per argento. Ciò
giustificandosi da Marcello stesso colla ragione che sul corpus
intervenne il consenso, ed errore vi fu solo nella materia. Ulpiano
consente per l’aceto, perchè qui la sostanza, r oùjta (appunto secondo il
linguaggio del Portico) è quella dedotta in contratto. Mentre vi ha
scambio sostanziale di tale oùjt'a nel caso del rame dato per oro e
del piombo per argento. Talché la preoccupazione erronea che nel
concetto di Marcello sembra ingenerare la reminiscenza del Portico,
scompare in Ulpiano, che ne prescinde recisamente, applicando nel modo
più concetto le regole sull' eiTore nell’oggetto del contratto, non importa poi
ch'esso errore verta in corpore o invece in stibstantia. Lo stesso
testo vivissimo d'ALFENO (si veda) che riproduce, secondo la fisica e dell’Orto
(Lucrezio, Nat. rer.) e del Portico (Seneca, Ep.; Plut. Comm. nat.;
Antonino), la mutazione continua della materia, ricordando come il corpo
formato da questa sia sempre lo stesso, per quanto si vengano ognora mutando
via via le particelle che lo compongono, e applica questo principio air
organismo di un jiidicium, che rimane il medesimo col mutarsi de' suoi
membri, ritrae in sostanza un concetto eh' e genetico in Roma,
essenzialmente per la persona giuridica del “populus.” E la fisica del
Portico si riduce dunque solo ad illustrare con veste scientifica ciò che
ben prima s'era nella pratica ravvisato. Influenza del Portico si sostenne
in un preteso sfavore alle usure, che si volle dedune da parole di
Papiniano che usura non natura pervenif . Quasiché non fosse
risalente e tradizionale il concetto che distiogue dai frutti naturali i
frutti civili, e in materia d'usura non si avesse in Roma, fin da antico,
un'assidua, quanto sterile attività legislativa. Ma basti
ornai anche sul tema delle cose, intorno al quale però non voglio
astenermi dall' offrirvi esempio di taluna di quelle aberrazioni, alle
quali accennai essere pervenuti scrittori egregi, per passione ch'essi posero
nell'esame di questo tema. Scelgo la teoria del Laferrière, secondo
la quale la regola che richiede i due requisiti dell' animus e del
corpus per l'acquisto del possesso e della proprietà per occupazione,
riuscirebbe determinata dal concetto fondamentale del Portico, che distingue
nell' uomo 1' elemento spirituale dall' elemento corporeo. Come analogapaente
sarebbe determinata da questo la necessità della tradizione pel
trasferimento della proprietà. E d'altre taccio, già essendo queste esempio
eloquente, come presentantesi sotto un nome scientificamente
onorato e sotto l'insegna gloriosa dell'Istituto di Francia. Dovrei
ora, accennarvi a tutto il sistema romano delle obbligazioni, al
mutamento eh' esso più specialmente subisce dal rigoroso formalesimo, verso 1'
applicazione più agile e diretta della volontà. Mentre pur tutto il
diritto vien ravvivato da raffronti e adattamenti vitali di elementi
nuovi ed estranei coi prischi ed indigeni, e ricordare come questo sia una
conseguenza immediata de' nuovi orizzonti' che omai ha la vita e il
commercio di Roma e delle influenze straniere così continue e
multiformi? E come, a sua volta, il moto potente e continuo di Roma
verso l'universalità, e 1'alito vivificatore che ne deriva sul diritto,
consegua direttamente dalle nuove condizioni politiche ed economiche? Che
questo moto grandioso e continuo corrispondesse alle dottrine stoiche,
per le quali tutto il mondo è una grande città, non può negarsi. Che per
quello riuscisse ad esse più agevole l'aver diffusione è pur certo. Ne
che per tal modo esse abbiano anche cooperato con quello, talora
forse per via inconscia, allo svolgimento di taluni istituti e l'apporti,
come ad esempio dello schiavo, di rapporti relativi alla religiosità e
simili, non vorrei disdire. Ma chi penserebbe sul serio, solo per
un istante, che il moto di Roma verso l’universalità derivi dal Portico,
da alcun'altra delle scuole filosofiche? E che però da filosofie consegua
mediatamente tutta la trasformazione del diritto? Non però se parmi
di dover negare ogni influenza essenziale della filosofia, e in ispecie il
Portico, sullo sviluppo della giurisprudenza romana, air infuori di quelle influenze
concomitanti con altri elementi che teste toccammo, sopra singoli
rapporti, e delle influenze formali che si vennero annoverando sin qui, voglio
io disdire 1' efficacia che la conoscenza della filosofia ebbe dal secolo
di CICERONE in poi, sempre formalmente, ma pur in campo più generale e
importante, nel dar struttura di ars al itis civile («quae rem dissolutam
divulsamque conglutinaret et ratione quadam constringeret »: CICERONE (si veda),
de orat. Imprimendo con ciò nuova forza e nuovo sviluppo a facoltà e a
tendenze ch'erano in Roma native. che non tolse tuttavia che, ricevuto tale
avviamento nella costruzione logica, la giurisprudenza procedesse poi
da sé, indipendente dalla filosofia, elaborando essenzialmente i
rapporti pratici della vita, aborrente da ideali astrazioni. E dove la
reminiscenza filosofica, cessando d'essere formale intacca la sostanza
giuridica, si ha un fluttuar vago d'idee incerte e confuse, un'
indeterminatezza di linee, che fa eloquente contrasto colla precisione
perfetta, sicura, ond'è in Roma esempio mirabile tutto l'organismo del
diritto. Voi intendete ch'io accénno al im naturale. Fra il concetto
d'Ulpiano che lo designa emanazione della ragione diffusa neir universo, e
quello di Paolo che vi ravvisa un' ideale tendenza verso l’aequwn bonum, o
quello di Gaio che lo riaccosta al ius gentium, quale dettato dalla
universa ratio; fra i più diversi significati ed applicazioni di
naturalis ratio, di naturalis, di ìiaturaìiter, che occorrono nelle
fonti, o connessi ad uno di quei tre concetti, od oscillanti fra l’uno e l’altro,
o indipendenti da ognuno, lo studioso procede incertamente. Né certo sta a
me, ne io presumo di portar giudizio sulle varie costruzioni che
modernamente si tentarono del “ifàs naturale”, concepito, o conforme alle
dottrine elaborate in Boma dalla filosofia accademica e del Portico, come
coscienza insita nella umana natura di un diritto universale, e però del tutto
distinto dal ius geniium. O, invece, obiettivamente, come ordine naturale
contrapposto air ordine civile, come dettato dalla ratio. O, di
nuovo subbiettivamente, quale concezione dovuta all' idea del diritto
dettato dalla ragione naturale a tutto il genere umano, atteggiatasi in Roma
sul “ius gentium” e fusasi poi con esso, per esplicarsi poi praticamente
n^Waequita^, che è la forza che s'avanza via via nell'editto pretorio e
gradatamente vi prevale. O invece senz' altro come derivazione e sviluppo dello
stesso ius gentium. A me basta notare sol questo. Quanto d'indeterminato
e d'incerto rimanga tuttavia in ciascuna di quelle costruzioni, e come, s' io
non erro, non sia riuscito ad alcuno, benché ingegni forti e coltissimi
vi si accingessero, di dimostrare che il concetto vago ed astratto del
ius naturOfle scese ad applicazioni pratiche e concrete. Né certo
maggior pregio di linee precise e spiccate o d' importanza diretta e
sostanziale per 1'organico sviluppo del diritto ci presentano nel titolo
de “iustitia” et iure le definizioni astratte, tolte a prestito dal
Portico, di giustizia e di giurisprudenza, e i tre famosi precetti del
diritto. L' artificiosa inutilità di tali concetti, tratti più o
meno fedelmente dalla filosofìa, spicca in guisa vivissima nelle
definizioni del concetto di “legge”; nelle quali, attraverso a vaghe
reminiscenze di Demostene e di Crisippo, ricompare il concetto, romanamente
vero, di coìnmwiìs rei ptiblicae sponsio. La gloria del diritto e dunque
riserbata a Roma; la quale, per opera secolare ed esclusiva del suo
genio, affida ai venturi, con eccellenza insuperata, le leggi eterne
dell'umana vita giuridica. Se v' ha ricordo che debba infiammare
e scuotere i diretti continuatori del sangue e del pensiero latino, è il
ricordo di quella gloria. In questa Università che ha tradizioni nobili e
antiche, proseguite degnamente dal maestro provetto, cui circonda qui da
olti-e cinque lustri reverenza aifettuosa di discepoli, e dall'altro
insegnante che coi lavori acuti e geniali, come coir insegnamento
ef- ficace, onora in Italia le discipline romanistiche, quella
gloria infiammi e riscuota noi pure, o compagni. E com'essa ravviva e
ravvivei-à ognora in me le deboli forze, altrettanto sia come fuoco sacro
ai vostri giovani e ardimentosi intelletti. Cattanei. P
erozzi. Un elenco molto accurato dei lavori appositi scritti sul
nostro tema trovasi nella classica opera deli' Hildenbband, “Gesch. u.
System der Rechts und Siaatsphilos.”, Leipzig. Lo riporto qui, con alcune aggiunte e
avvertenze bibliografiche, che contrassegno collocandole fra parentesi.
Indico con asterisco i lavori che non potei procacciarmi:
Malquytius, De vera non simnìnL<i iurisc, phiL, Paris., 1626
[ristampalo nella Triga ìibelL rariss., Halae Magdeburg]; Paìjaninus
Gaudextius, .2>^ j>/i27o«. ap. Bom. in. et progr. Pisis; | Buaxdes
7->e, vera non simulata iurisc. phih, Francof.; opuscolo che noto
benché certamente privo di valore, solo per amor di completezza, e
seguendo in ciò V e- sempio dello stesso Hildenbrand, che giustamente
tien conto nel suo elenco anche di lavori senza pregio, come p. e. quelli
compresi nella raccolta dello Slevogt] ; Scuilier, Manud. pliilos.
moraliii ad ver, nec simnl. pini., len.; BonMER, Dephilos, iurisc,
stoica^ Halle, 1701 [ristampato nel volume J)e sectis et philos. iurisc.
opusc.^ coli, recogn. et praef. et elog. Ictor. rem. ac progr. de disp.
fori aiixit Slevootius, lenae]; Buddeus, De errar, stoic, negli
Anal. Imt. phiL, Hai., 170G; Voss, De falsis Ictor. ratiocin. ex parte
occas. philos. stoicae enntis, Harderov., 1709; Ev. Otto, De stoica vet.
Ictor. philos.: Id, De vera non simulata philosoph. Ictor. j nel voi.
cit. dello Slevogt; Herjng, De stoica velt. Roman, philos., ibidem;
[Kunholt, Semicenturid comparai, verae et simul. iurisc. phil., Lipsiae,
1718, che trovo citato dall' Eckardt, Herm. duriSj *Lips.]; Slevogt, De sectis et philosophia Icforunif len.;
*£ggerde8. De stole, Ictor. roman. eìusqiie historia et ratioìie,
Kostoch: Hofscaxn, De diàUctica vett, Ictor., Francof., 1735, ne' suoi
Melemata ad pandectas; Schaumburg, De iurisprud. ceti. Ictor. stoica
tractatiis, hoc est succincta demotutr. iuriscon- sultos roman. non vita
solum sed etiam doc trina stoicam philoso- phiam esse profes>ios,
lenae, 1745; *Pauli, De utilitatibus quas attulit philos. ad iurisprud.
ronianani, Lips.; Meister, De plùìos. Ictor. Roman, stoica in doctrina de
corpor. eorumque par- tibus, Gott., 1756 [e neW Opusc. Syll., I, n, 10];
VanHoogwerf, De car. tur. Boni, partibus stoam redolentibus, Traj ad
Bhen., e nell'OsLRiCH, Thes. noe.; Boers^ De antropoì. Ictor.
Roman, quatenus stoica est, Lugd. Bat. [*Terpstra, De philos., cet.
iurtsc, Francof., che trovo citato dall*HoLT, Hist. tur. rom. lineam.,
Leod.] *Ortloff, Ueber den Eiufluss der stoischen Philosophie auf das
rom.Recht.,^ìàng., 1797; *Vax Vollenhoven, De exigua vi quam philosophia
graeca habuìt in effórmanda iurisprudentia romana, Amstelod.; Ea-
TJEN, Hat die stoische Philos. bedeutenden Einfluss auf die rom.
juristischen Schriften gehabt? Kiel, 1839, ristampato nei lahrb. di Sell,
in, pagg. 66 e segg.; [Trevisani, Lo stoicismo coìisìderato in relazione
colla gìurisprud.'» roìnana, nella Gazzetta dei tribunali]; Voigt, lus
natur. bon. ti. Aequum, Leipzig; [Xaferrière, Memoire concernant V
influence du stoicisme sur la doctrine des iurisc. romains, nelle Mevi.
de V Acad. des scienc. mor. et politiques, X, 1860, pagg. 579-685. Fra noi
usciva nel 1876 il lavoro dottissimo del MoRIA^'I, La filosofia del
diritto nel pensiero dei giureconsulti romani, Firenze. Sono ancora a
no- tarsi, benché tocchino solo punti speciali del tema: Eherton,
sulla terminologia stoica nel dir. romano, nella Quaterly RevieWj., di
cui dà un sunto G. Pacciiìoxj, néìV Ardi, ginr., XXXVTII, fase. 1-2; Lecrivain, Le terme stoicien verecundia dans la langue des Dig.,
nella Nouvelle revue hist. de droit frane, et drang. Trattano pure del
nostro argomento, benché non di proposito, i seguenti: [Hopperus, lur.
civil. lib. sex, Lovan.] CuiAcio, Observ.y 56,40; Merillio, Obsero.,\, 8;
Turnebo, Advers., Aurei.; Lipsius, Manud. ad stoic. philos..^ nelle
Opera. Antverpiae; Io., Physiol. stoic., nelle Opera, IV, 542; Kamos,
Tribonianus, Lugd. Bat.; [Bodeus, Observat. et elem. phil. instrumentalis,
Halae Sax.; Ma- 'Jìp: SCOTIO, De sectis Sahinian
et Proculeian, in iure civili, [ Lipsiae^ 1728], Alld., 1740; Eokhardt,
Ilerm. luris, Lips., e. 4; Walch, Opp.; Gravina, De ortu et progr, iur.
civ., Napoli; Brucker, Hist. crii, philos., Lipsiae; G. B. Bon, praef. al
Leibnitz, Opusc. ad iur. peri., nel Leib- NiTZ, Oper«, Genevae; Eineccio,
Antiq. rom., Venet.] ; VICO (si veda), Scienza nova; *Welcker, Die
letzten Grilnde von Recht Staat u. Stafe, Giessen; *Id., Uni-
versa! u. Jurist. poh Encyclopadie, Stuttgart; Veder, Hist, phil. jur. ap. Veti.; Zimmern, Gesch. des rum. Privatr.; Pcchta, Cursus der Instit.;
Ahrens, Iur. Encyclop.,;
[Girard, Hist, du droit rom., Paris Aix; OzANAM, Il paganesimo e il
cristianesimo nel quinto secolo, trad. Car- raresi, Firenze; Voigt, Aeìius
und Sabinus- sijst; Ianet, Hist. de la science polit., Paris; Sumner
Maine, Ancien droit, .trad. frane, Paris; CONTI (si veda), Storia della
fdosofia, Firenze; Renan, Marc Aurèle, 2 ed., Paris; Gregorovius, Der
Kaiser Hadrian, Stuttgart; Hofmann, Der Verfall der rom.
Rechtswiss., nei Krit. stud. im róm. Bechte, Wien; FERRINI (si veda), STORIA
DELLE FONTI DEL DIR. ROM., Milano; Id., note al Gluck, trad. italiana;
Krììgeii, Gesch. der Quell. u. Litteratur des rom. Rechts, Leipzig; CARLE
(si veda), La vita del diritto, Torino; Padelletti, Roma nella storta del
diritto, neir Arch. gim\. Per la storia della filosofia in Roma, e per ciò che
riguarda in ispecie le sue attinenze al diritto, cfr. principalmente:
Hildenbrand. Cfr. sulla filosofia di CICERONE (si veda): Ritter, Hist. de
la philos, trad. frane. Tissot; Hildenbrand,
Branbis, Gesch. der Entiv. der griech. Philos, Berlin; Boissusr, La
relig. romaine d* Auguste aux Antonins, Paris ; BoissiER. Leggenda,
alla quale porsero principale argomento i punti di contatto che le
dottrine di Seneca presentano con quelle cristiane, in, ispecie Ruir
immortalità dell' anima, sulla provvidenza, e sui doveri di carità (punti
toccati con molta diligenza da Fleury, S. Paul et Senèque, Paris). Altro
argomento estrinseco è la simpatia che mo- strano per Seneca i Padri
della chiesa: Seiuca noster: Tertull., De,an,, 20; Hieron., De vir. ili, 12;
Io., Adv. lovin., 1,49; Lxct., Inst. div.y IV, 24. Ed Agostino nota che
Seneca non nominò forse i cri- stiani per non lodarli cantra suæ patriæ
veterem consuetudine tn », né riprenderli cantra propriam forsan
volunlatem: Auc, De civ. dei. Il tèrzo argomento dell' amicizia di Seneca
con S. Paolo si fondava sopra una grossolana falsificazione delle
Kpistolae Senecae ad Paullum. Ricca è la letteratura
riguardante questo argomento, che ha un'importanza assai notevole pel
tema che tocca direttamente dei rap- porti della morale stoica colla
cristiana. Cfr. principalmente, oltre Topera or accennata del Fleury:
Boissier, e nella Revue des deux mondes; Aubkrtjn, Senèque et Si.
Paul^ Paris, 1869; Bau», Seneca ti, Paulus: das VerMltn. des Stoiciwius
zum Ghriat. n. den Schrift. Senecas, neWHe't- delherg. Zeitschr. f.
iviss. Theol.; e Abh. zur (reseli, d. alt. PhiL, heratisg. v. Zeller,
Leipzig; 'Westerburg, Der Ursprung der Saga das Seneca^ christì. gewes.
sei, Berlin. Tutto il contrario si sostenne dall'EcKHARD in un curioso
opuscolo, di cui basta riportare il titolo perchè se ne com- prenda lo
scopo: Obserc. sistens L. A, Senecam in relig. Christian, iniuriosum,
mella Misceli. Lipsiens., Lipsiae, GuEGOROvius; Renan; I rapporti che verrò
enumerando furono notati, quali dall'uno quali dall'altro degli scrittori
che s'occuparono del nostro tema: quali in uno quali in altro senso. Io
non ho creduto di dover per ciascuno di essi avvertire da chi fu notato,
da chi omesso. Saiebbe inutile pel lettore, al quale ciò che preme
sopratutto si è di aver qui, come in un quadro, il risultato complessivo
delle questioni: quadro eh' io mi studiai di delineare colla maggior cura
e fedeltà che mi fu possibile. Otto a Boekelen. Contrariamente
Eckhard, op. cit.,; Merillio, obs.; BRINI (si veda), DELLE DUE SETTE DEI
GIURECONSULTI ROMANI, Bologna; Malquytius; Gibbon, Hist. de la dee. de
Temp. rom.; Eckhard; Laperrière; Renan, op. cit., pag. 605; Wjllelms, Droit
pubi, rom., Paris; Pernice, M. A. Labeo, Halle. Cfr. anche
Padelletti noWArch. giur.; PucHTA, Inst.; Lafehiuère. Cfr. SciALOJA, nel BULL.
DELL’IST. DI DIR. ROM.; BoNFANTE, L'origine deìVìiereditas e dei legati nel
dir. sìACcess. romano, Del cit. Bullettino; Lafeuuièue; Trevisani, op.
cit., nella Gazz. dei 2'rib.. sostiene che i romani ebbero ognora in gran
sfavore il soicidio. Ricorda che costituiva vizio redibitorio per lo schiavo il
suo tentativo di suicidio, anteriore alla vendita; ma davvero non occorre
osservare come ciò sia spiegato chiaramente dalla considerazione
economica verso il padrone (fr. 1 l 1, fr. 23 l 3 D. 21,1). E il.
tentativo di suicidio punito per rescr. di Adriano nel soldato, non è
spiegato ab- bastanza da considerazioni di ordine pubblico e dalle
necessità della disciplina militare? Cfr. in questo senso: Ferii ini, Dir.
pen. rom., nel 'Tratt. teor. prat. del Cogliolo; Ferrini, Teoria dei leg.
e fedecomm,, Milano. T:oiT(xioLi yi] T:XaYYjvat
TrpoxaXijaiTO. Cfr. Keller, Die philos. der Griechen in ihr. geschichll. Entivicklung, 4 Aufl., Leipzig. Ravaisson, Mem. sur le stoicisme,
nelle Meni, des inst. imper. de France ; Acad. des inscr. et beli, lettr.;
GorpERT, Ueber einheitl. zusammeìvgesetz. u. gesammt. Sachen, Halle. È oggetto
di dispute gravi il fr. 30 §. 1 D. 41,3: Pomp., 30 ad Sab.: Labeo lìbris
epistularuui ait si is, cui ad tegularum vel columnarum usucapionem decem
dies superessent, in aedifìcium eas coniecisset, nihilo minus cum
usucapturum, si aedifìcium possedisset. quid ergo in bis quae non quidem
implicantur rebus soli, sed mobilia permanent, ut in anulo gemma? in quo
veruni est et aurum et gem- mam possideri et usucapì, cum utrumque maneat
integrum. In
esso alcuni scrittori ravvisarono un' eccezione utilitatis causa alla
regola generale formulata nei testi succitati, per la quale ecce- zione
si ammetterebbe il proseguimento deirusucapione delle tegole e delle
colonne, anche pel tempo in cui perdono la loro individua na- tura, coir
entrare a far parte della res connexa^ edifizio. Così Wind- scheid, Pand,
6 Aufl., Pampaloni, La legge delle XII Tav. de tigno iunclo, Bologna,
1883, estr. dair^rc^. giur., Altri, invece, si sforzò di ricercarvi lo
stesso senso dei testi citati col dare al nihilominus il sifirnifìcato di non.
Così Kjeiiulf, Civilr.; Uxterholzxkii. Verjà'hrungfilehre hearh. v, Schirmer;
SINTE^'Is, uell' Arcìi, f. civiì, Prax., XX, pagg. 75 e segg., e
System. Altri ancora cercò in vario modo di togliere al testo valore
sre- nerale, limitandone la i)ortata alla specialità in esso contemplata.
E però, intese che vi si trattasse di tegole e di colonne non
incorporato ' solidamente alFedifìzio: (Savigny, Besitz, pag. 269; Randa,
Besitz); che la regola formulata nel testo valesse soltanto pel caso in
cui l'incorporazione delle tegole e delle colonne nell'edifizio avvenisse
quando questo già era compiuto, quando cioè, per tal modo, Teventual^
distacco di esse non urta contro la ratio della legge de tigno iuncta «
ne urbe ruinis deformetur » (Scheurl, Ziir Lelire vom rum. B'e^ sitZf §.
23); oppure valesse solo trattandosi di mobili incorporati al- Tedifizio,
ma non parti essenziali di questo ( Ruggieri, Il possesso). Sempre in questa
tendenza di limitare il valore del testo, negando ad esso portata
generale, altri scrittori intesero restrittiva- mente il termine dei
decem dies, in esso formulato, in applicazione della massima romana di
non tener conto dei minima ( Thibaut nel- YArch, f. civ. Prax.; Puchta,
KÌ, civ. Schrift.Pape, Zeitschr. f. CiviJr. ii, Proc. N. F.); spiegarono la
sentenza del testo colla impossibilità dell' ir- surpatio dei materiali
nei 10 giorni mancanti, per la ragione chf, occorrendo un termine di almeno 10
giorni dalla editio actionis per giungere alla litis contestatio^ se si
agiva qando mancavano 10 soli giorni ad usucapire, la ì'ei vindicatio non
serviva a rendere innocua r usucapione ( Savigny, Besitz, Eisele, lahrh.
/I Bogrn., N. F. o finalmente
intesero che nel testo fosse contemplato il solo caso di unione delle
tegole e delle colonne ad un edificio incompiuto e che la legge de tigno iuncto
non impedisse di staccamele, per essere 1' unione recente di 10
giorni (Meischeider, Besitz u. Besilzschntz,Codeste varie interpretazioni
e spiegazioni sono riassunte dal WiNDSCHEiD, c, più complctamento, da
Perozzi, Sui possesso di parti di cosa^ negli Studi giur. e stor.per
VVIII cenfen. delV Università di Bologna, Roma., il qualo confuta
ciascuna di esse, per giungere alla conclusione che le tegole e le
colonne incorporate all'edifizio sì posseggono e s'usucapiscono non
perse, a parte, ma solo in conseguenza del possesso e dell'usucapione
dell'intero, a differenza della gemma e dell' anello che si posseggono e
s'usucapiscono per se. Hering; Eckhaud, La- rERiuÈRE; Moriani; Cfr.
Trevisani, nella Gazz. dei trib., Laperrière; DiRKSEN, Ueheì' CICERONE s unlergegangene
Schri/t: De iure civili in arte redigendo, nelle philol. u. Philos.
Ahhandl. der k. Aka- demie der Wissensch. zu Berlin, Hjljen- BRAND,
Voigt, Aelivs und Sa- hinussìjst.., Si connette a questa influenza
formale d' ordine generale la ri- cerca delle etimologie, comune ai
giuristi, segnatamente dopo Labeone. Qui Timitazione degli stoici fu
riconosciuta quasi da tutti che ebbero ad occuparsi del nostro tema. Cfr.
da ultimo Lersch, Die Sprach- philosoph, der Alien. Senonchè, nonostante
gli sforzi di un accurato lavoro (CECI, Le etimologie dei' giureconsulti
romani, Torino ) persisto nel credere che sull’indole e sul valore
delle ricerche etimologiche dei giuristi rimanga saldo tuttavia il
giudizio severo ch’ha a formularne Pernice, M. A. Laheo, Si veggano i
testi raccolti ed elaborati, non occorre dire con quale diligenza- e
acutezza, dal Voigt, Ius. natur, MoRiANi; Ratio derivazione dall'indiano rita e
ratum, ordinamento dell'universo e della natura terrestre, comprese le
cose umane. Così Leist, Civ. Stad., Katuralis ratio und Natur der Saclie;
Civ. Stud, Gracco ital. Rechtsgesch., Iena, SuMNER Maine, Ancien droit, Etudes
sur Vane, droit; HiLDENBRAND, Cfr. da ultimo l'acuta ricostruzione del Brini,
Ius naturale, Bologna. La condizione patrimoniale del coniage
superstite nel diritto romano classico, Bologna, Fava e Garagnani; Il
diritto privato romano nelle comedie di Plauto, Torino, Fratelli Bocca; Le
azioni exercitoria e institoria nel diritto romano, Parma, Battei. Guido
Ceronetti. Keywords: la lanterna, la lantern di Diogene, poesia latina, Catullo,
Marziale, Orazio, Giovenale, il filosofo ignoto, la pazienza del … Aforismi. Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Ceronetti” – The Swimming-Pool Library. Ceronetti.
Grice e Cerroni: la ragione
conversazionale e l’implicatura conversazionale hegeliana -- Gaus e il sistema
di diritto romano -- i hegeliani – scuola di Lodi – filosofia lombarda -- filosofia
italiana – Luigi Speranza, pel Gruppo di Gioco di H. P. Grice, The
Swimming-Pool Library (Lodi). Filosofo
lombardo. Filosofo italiano. Lodi, Lombardia. Grice: “I like Cerroni; he is
very Italian: what other philosopher – surely not at Oxford – would
philosoophise on the precocity of Italian identity? But his more general
philosophical explorations may interest the Oxonian who is not into “Italian
studies”! – My favourites are his “Logic and Society,” which reminds me of my
“Logic and Conversation.” Then he has a ‘dialectiics of feelings,’ which is
what all my philosophy of communication is about; he has also philosophised on
anti-contractualist philosophers like Benjamin Constant --!” Studia a
Roma con Albertelli e si laurea in Filosofia del diritto. Ottenne la
libera docenza in Filosofia del diritto e l'incarico di Storia delle dottrine
economiche e di Storia delle dottrine politiche all'Lecce. Divenne
professore di ruolo di Filosofia della politica e ha insegnato a Salerno e
all'Istituto Universitario Orientale di Napoli. Ha insegnato per piùdi venti
anni Scienza della politica nella Facoltà di Sociologia dell'Università
"La Sapienza" di Roma. Sempre all'Università "La Sapienza"
di Roma, era stato nominato professore emerito. Macerata gli conferisce la
laurea honoris causa in Scienze politiche. Altre opere: “Problemi attuali
di storia dell'agricoltura dell'U.R.S.S.” (Milano: Ed. Centro Per La Storia Del
Movimento Contadino); “Il sistema elettorale sovietico” (Roma: Tip. dell'Orso);
“Legge sull'ordinamento giudiziario dell'U.R.S.S.” (Roma: Ed. Associazione
Italia-U.R.S.S, sezione giuridica (Tip. Sagra, Soc. arti grafiche riproduzioni
artistiche) Recenti studi sovietici su problemi di teoria del diritto” Bologna);
Sul carattere dei movimenti contadini in Russia” (Milano: Movimento Operaio); Studi
sovietici di diritto Internazionale: A cura della sezione giuridica della
associazione Italia-urss. [presentazione di Umberto Cerroni, Roma: Tip. Martore
e Rotolo); La dottrina sovietica e il nuovo codice penale dell'URSS, C., .S.l. (Bologna:
STEB); Poeti sovietici d'oggi, Roma: Tip. Studio Tipografico, Per lo sviluppo
degli studi storici sulla Russia, Bologna: STEB); Diritto ed economia:
rilevanza del concetto marxiano di lavoro per una teoria positiva del diritto,
C. Milano: Giuffrè); Idealismo e statalismo nella moderna filosofia tedesca,
Milano: Giuffrè; Individuo e persona nella democrazia, C. Milano: Giuffrè); “Il
problema politico nello Stato moderno, C., .Milano: Giuffrè; Diritto e
sociologia, C., Kelsen e Marx, C. Milano:
Giuffrè); L'etica dei solitari; C., Milano: Giuffrè); Lenin e il problema della
democrazia moderna: saggi e studi (Roma: NAVA) Parlamento e società; C. Edizioni
giuridiche del lavoro); La prospettiva del comunismo, Marx, Engels, Lenin Roma:
Editori Riuniti); Ritorno di Jhering: Edizioni giuridiche del lavoro, (Città di
Castello: Unione arti grafiche) Sulla storicità della distinzione tra diritto
privato e diritto pubblico Milano: Giuffrè); La critica di Marx alla filosofia
hegeliana del diritto pubblico; C., .Milano: Giuffrè); La filosofia politica di
Gentile; C. (Novara: Tip. Stella Alpina) La nuova codificazione penale sovietica
/ C. Edizioni giuridiche del lavoro); Concezione normativa e concezione
sociologica del diritto moderno / C. S.l.: Edizioni giuridiche del lavoro); Diritto
e rapporto economico / Umberto Cerroni.Milano: Giuffrè); Kant e la fondazione
della categoria giuridica, C. .Milano: Giuffrè); Marx e il diritto moderno, C.,
Roma: Editori Riuniti); Teorie sovietiche del diritto / Stucka...(et al.); C. .Milano:
Giuffrè); Saggi / Benjamin Constant; introduzione di C., Roma: Samonà e
Savelli); Il diritto e la storia, C.. Le origini del socialismo in Russia / C.,
Roma: Editori Riuniti); Il pensiero politico dalle origini ai nostri giorni, C..Roma:
Riuniti, Un ouvrage recent sur Marx et
le droit: C., Marx e il diritto moderno, Rome, par Michel Villey.[Paris]:
Sirey); Che cos'è la proprietà?, o, Ricerche sul principio del diritto e del governo:
prima memoria, Pierre-Proudhon; prefazione, cronologia, C., Bari: Laterza); Considerazioni
sullo stato delle scienze sociali: relazioni sugli aspetti generali, C., .[Milano:
Centro nazionale di prevenzione e difesa sociale, (Milano: Tipografia Ferrari) La funzione
rivoluzionaria del diritto e dello stato” (Torino: Einaudi); Il pensiero
politico dalle origini ai nostri giorni” (Roma, Editori Riuniti); La
rivoluzione giacobina / Maximilien Robespierre; C., Roma: Editori Riuniti); Discorso
sull'economia politica e frammenti politici / Rousseau” (Bari: Laterza); La libertà
dei moderni” (Bari: De Donato); Metodologia e scienza sociale” (Lecce:
Milella); Problemi della legalità socialista nelle recenti discussioni
sovietiche, C. .Milano: A. Giuffrè); “Sulla natura della politica: utopia e
compromesso” (Milano: Giuffrè); Considerazioni sullo stato delle scienze
sociali”; Il metodo dell'analisi sociale di Lenin” (Bari: Adriatica); Il
pensiero giuridico sovietico” (Roma: Editori Riuniti); La questione ebraica” (Roma: Editori Riuniti);
La società industriale e la condizione dell'uomo” (Lecce: ITES); “Sul metodo
delle scienze sociali: una risposta” (Milano: Giuffrè); Principi di politica, Constant;
Roma: Editori Riuniti); Strade per la libertà” (Roma: Newton Compton); Tecnica
e libertà: conferenza tenuta al Lions club di Bari (Padova: Grafiche Erredici)
Tecnica e libertà / C., Bari: De Donato); Lavoro salariato e capitale / Appunti
sul salario e appendice di Engels; Introduzione, cura e note filologiche di C.,
Roma: Newton Compton italiana, La societa industriale e le trasformazioni della
famiglia, C., Milano: Giuffrè); Salario, prezzo e profitto / Marx; introduzione
di C., Roma: Newton Compton); Stato e rivoluzione / Vladimir I. Lenin;
introduzione di C. Roma: Newton Compton italiana); Teoria della crisi sociale
in Marx: Una reinterpretazione, C., Bari: De Donato); Strade per la libertà /
Russell; introduzione di C., Roma: Newton compton italiana); Discorso
sull'economia politica e frammenti politici, Rousseau; tr. Spada; prefazione di
C., Bari: Laterza); Caratteristiche del romanticismo economico, Lenin;
prefazione di C., Roma: Editori Riuniti); Kant e la fondazione della categoria
giuridica / C., .Milano: Giuffrè); La libertà dei moderni, C., Bari: De Donato;
Marx e il diritto moderno, C., .Roma: Riuniti; Il pensiero di Marx / Antologia C.,
con la collaborazione di Massari, Roma: Editori Riuniti); Il pensiero politico
dalle origini ai nostri giorni / C. Roma: Riuniti); Saggio sui privilegi: che
cosa e il Terzo stato? / Emmanuel-Joseph Sieyes; introduzione di C., Roma:
Editori Riuniti); Lo sviluppo del capitalismo in Russia; Lenin; introduzione di
C..Roma: Riuniti); In memoria del manifesto dei comunisti, Labriola; Manifesto
del partito comunista / Marx-Engels; introduzione di C., Roma: Newton Compton);
La libertà dei moderni, C., Bari: De Donato); Teoria politica e socialismo;
Roma); Il pensiero di Marx / antologia C., ; con la collaborazione di Massari, Roma:
Editori Riuniti); Teoria della crisi sociale in Marx: una reinterpretazione (Bari:
De Donato); Teoria politica e socialismo” (Roma: Riuniti); Lavoro salariato e
capitale / Marx; con appunti sul salario e appendice di F. Engels;
introduzione, cura e note filologiche di C., Roma: Newton Compton); Marx e il
diritto moderno, C., .Roma: Riuniti); Il marxismo e l'analisi del presente / C.,
Politica ed economia); Societa civile e stato politico in Hegel” (Bari: De
Donato); Salario, prezzo e profitto” (Marx” (Roma: Newton Compton italiana); Il
lavoro di un anno: almanacco, C., .Bari: De Donato); Il pensiero di Marx / Marx;
Roma: Riuniti); Il pensiero politico: dalle origini ai nostri giorni” (Roma:
Editori Riuniti); Il rapporto uomo-donna nella civiltà borghese, ed.Roma: Ed.
Riuniti); Scienza e potere / scritti di C... <et al.>.Milano:
Feltrinelli); Stato e rivoluzione, Lenin” (Roma: Newton Compton); Lo sviluppo
del capitalismo in Russia” (Roma: Riuniti); La teoria generale del diritto e il
marxismo, Pasukanis; con un saggio introduttivo di C., Bari: De Donato); Introduzione
alla scienza sociale, Roma: Riuniti); Lavoro salariato e capitale / Marx; con
appunti sul salario e appendice di F. Engels; introduzione, cura e note
filologiche di C. .Roma: Newton Compton, Materialismo storico e scienza C. Lecce:
Milella); Il rapporto uomo-donna nella civilta borghese, C., Roma: Riuniti, Salario,
prezzo e profitto / Karl Marx; introduzione di C., Roma: Newton Compton); Sulla
storicità dell'eros: note metodologiche / C.); Crisi ideale e transizione al
socialismo, C. Roma: Riuniti); Scritti economici, Lenin; C., .Roma: Riuniti); Stato e
rivoluzione, Lenin; introduzione di C., Roma: Newton Compton); Carte della
crisi: taccuino politico-filosofico, C., Roma: Riuniti, Crisi del marxismo? C.,
intervista di Roberto Romani.Roma: Editori Riuniti); Critica al programma di
Gotha e testi sulla tradizione democratica al socialismo, Marx; C., Roma:
Riuniti, Due tattiche della socialdemocrazia nella rivoluzione democratica, Lenin;
C.. Roma: Riuniti, In memoria del manifesto / Antonio Labriola; introduzione di
C., Roma: Newton Compton Editori); Che cos'è la proprietà?: o ricerche sul
principio del diritto e del governo: prima memoria, Proudhon; prefazione,
cronologia, biografia C. Roma; Bari: Laterza, Lavoro salariato e capitale, Marx;
con appunti sul salario e appendice di Engels; introduzione di C. Roma: Newton
Compton); Lessico gramsciano, C. Roma: Riuniti); La prospettiva del comunismo, Marx,
Engels, Lenin; C., Roma: riuniti); La questione ebraica e altri scritti
giovanili, Marx; introduzione di C., Roma: Editori riuniti); Saggio sui
privilegi: che cosa e il terzo stato? Sieyes; introduzione di C.,: tr. Giannotti.
Roma: Editori Riuniti, Strade per la liberta, Russell; introduzione di C. tr. Stampa,
Roma: Newton Compton); Teoria del partito politico (Roma: Riuniti, I giovani e
il socialismo, Marx, Engels, Lenin, GRAMSCI; C., Roma: Editori Riuniti); Introduzione
alla scienza sociale, Roma; Storia del marxismo, Predrag Vranicki; introduzione
di C., Roma: Editori Riuniti, Quasi una vita... e anche meno, poesie di Italo
Evangelisti; prefazione di C.” (Milano; Roma); “Che cosa fanno oggi i filosofi?
Milano); “Logica e società: pensare dopo Marx” (Milano: Bompiani, La democrazia
come problema della società di massa; Principi di politica” (Roma: Riuniti); “Critica
della filosofia hegeliana del diritto pubblico” (Roma: Editori Riuniti); Il
pensiero di Marx: antologia, con la collaborazione di Massari e Nassisi, Roma:
Riuniti, Scritti economici” (Roma: Riuniti); Teoria della società di massa” (Roma:
Editori Riuniti); La rivoluzione giacobina” (Roma:riuniti, Politica: metodo,
teorie, processi, soggetti, istituzioni e categorie, C., Roma: NIS); La
politica post-classica: studi sulle teorie contemporanee” (Taviano: Lit.
Graphosette) Urss e Cina: le riforme economiche” Centro studi paesi socialisti
della Fondazione Gramsci. Milano: F. Angeli, stampa, Che cosa è il terzo stato
con il Saggio sui privilege” (Roma: Editori Riuniti, Democrazia e riforma della
politica: Lo Statuto del nuovo PCI, C., Roma: Partito Comunista Italiano, Regole
e valori nella democrazia: stato di diritto, stato sociale, stato di cultura” Roma:
Riuniti, La cultura della democrazia, C., Chieti: Metis, Che cosa e il Terzo
Stato? Sieyes; C., Roma: Riuniti, La rivoluzione giacobina / Robespierre; C.;
traduzione di Fabrizio Fabbrini; apparati biobibliografici di Grazia Farina.Pordenone:
Studio Tesi, Manifesto del partito comunista / Marx, Engels; nella traduzione
di Labriola; seguito da In memoria del manifesto dei comunisti di Labriola;
introduzione di C., Roma: TEN, Nazione/regione: i contributi regionali alla
costruzione dell'identità nazionale, Battistini, C.,Prospero.Cesena: Il ponte
vecchio, L'ambiente fra cultura tecnica e cultura umanistica: seminario
svoltosi presso l'ANPA, C.; A. Albanesi, M. Maggi e L. Sisti.Roma: Anpa, [Novecento:
almanacco del ventesimo secolo, Cesena: Il ponte vecchio, Il pensiero politico
italiano, C. .Roma: Newton Compton, Il pensiero politico del Novecento, C., Roma:
Tascabili economici Newton); “Le regole del metodo sociologico” (Roma: Riuniti,
Regole e valori nella democrazia: Stato di diritto, Stato sociale, Stato di
cultura, C. Roma: Editori Riuniti, L'identità civile degli italiani, C., .Lecce:
Manni, L'ulivo al governo: come cambia l'Italia, interventi di C., Roma:
Philos, stampa Politica, C. .Roma: Seam, Confronto italiano: atti degli
incontri di Cetona, Bechelloni, C., Firenze: Ed. Regione Toscana, stampa (Firenze:
Centro Stampa Giunta regionale); “L'identità civile degli italiani” (Lecce:
Manni, Lo Stato democratico di diritto: modernità e politica, C. Roma: Philos,
stampa, Habeas mentem: Scuola e vita civile, C., Rionero in Vulture (Pz):
Calice, Conoscenza e societa complessa: per una teoria generale del sensibile”
(Roma: Philos, Ricordo di Marisa De Luca C. / scritti di C. et al.Lecce, stampa
Confronto italiano: atti degli incontri di Cetona, Giovanni Bechelloni (Firenze:
Ed. Regione Toscana, stampa (Centro
Stampa Giunta Regionale) Taccuino politico-filosofico C. .Roma: Philos, Precocità
e ritardo nell'identità italiana, Roma, Precocità e ritardo nell'identità
italiana, Roma: Meltemi, Taccuino politico-filosofico, C. Lecce: Manni, Le
radici culturali dell'Europa, C., Lecce:Manni,
Radici della civiltà europea, Lecce: Manni,Globalizzazione e democrazia, Lecce:
Manni, Taccuino politico-filosofico, Lecce, Taccuino politico-filosofico C., San
Cesario di Lecce: Manni, L'eretico della sinistra: Bruno Rizzi elitista
democratico” (Milano: F. Angeli, Taccuino
politico-filosofico, Lecce; La scienza e una curiosita: scritti in onore di C./
Perrotta; con la collaborazione di Greco” (San Cesario di Lecce: Manni, Manifesto
del partito comunista, Marx, Engels;
nella traduzione di LABRIOLA; seguito da In memoria del Manifesto dei comunisti
di Labriola” (Roma: Newton et Compton, Dialettica dei sentimenti: dialoghi di
psicosociologia, C.,, A Rinaldi. San Cesario di Lecce: Manni, [Taccuino
politico-filosofico, C. [San Cesario di Lecce]: Manni, Ricordi e riflessioni:
un dialogo con Vagaggini, C., Montepulciano: Le Balze. Le fonti del dritto romao. r
'SeUieae il dritto ocHisiderato astrattamente abbia uoa brigioe ed nn
priocipio onìoo ed assolato, pure quando sf attna come dritto d’un’epoca e
d'un popolo, perchè dipende da tante le condizioni storiche dell'uno e dell'altra,
emana per organii diversi, e prende forme e manifestazioni varie e
conformi allo spirito di esse. Per questo intimo rapporto fra la vita
intima d'un popolo ed il dritto POSITIVO di esso, fra questo e gl’organi esterni
onde si manifesta, i più ingegnosi ed intelligrati che si fecero a trattare del
DRITTO ROMANO, crederono essenziale investigarne avanti tutto le
fonti e gl’organi, per ì quali ebbe vita e realtà. Una
tale investigazione non riesce difficile quantunque volte vi abbia
unità di poteri, o sieno questi armonicamente distinti, sicché la storia
di essi succedendosi pacatamente ed uniformemente è facile intraviNlere l’origine ed
il principio di ciascuna legge. Ma nella storia romana in cui la moltiplicità e
la lotta dei partiti, il tumulto, che non si scompagna da una VITA
AGITATA E GUERRIERA, ed i cambiamenti rapidi e violenti, onde si
avvicenda la storia di Roma, rendono oltromodo difficilè e malagevole lo studio
della genesi e el processo d’ogni fatto storico in generale e di quelli
del dritto in particolare. Per questo saggio però non vi ha difetto
di materiali né di testimonianze storiche. Quando al tumulto dell’esistenza
pubblica tenne dietro il silenzio e la quiete della vita privata, quella
stessa forza che fa il sublime degl’eroi romani, e rese invincibili le
schiere dello repubblica, detta le sentenze dei più grandi giureconsulti che
ricordi la storia. E questi non lasciano nulla a desiderare di
testimonianze e prnove storiche nella ricerca delle fonti del dritto romano.
È ormai indubitato, in che A\i- §.
0. r. l r. ì. 7. fi. dt jmt. H}ì0^V. i.) CICERONE Té. M CAJO ferissero
il JVS GENTIVM dal JVS CIVILE quale impcnrtanza ed es0i:essìone avesse il DRITTO
PRETORIO nella storia del dritto romano,
quale processo tenevasi nelle determinazioni popolari, da qual momento ha
FORZA LEGISLATIVA. Ciascuno di questi fatti è si intimamente incarnato
nella storia di Roma, che ne forma im eie-, mento, ed accenna ad uno dei
periodi di essa. Non havvi però la medesima certezza sull’importante questione
dà qual tempo i senatoconsulti ebbero forza legislativa e le opinioni dei
moderni sono diverse, come pure discordanti sono a tal proposito le
testimonianze degl’antichi scrittori; giacché alcuni ritengono per
indubitato che i senato-consulti non hanno forza legislativa prima del tempo di
TIBERIO, abbisognandovi avanti tutto che sono confermati nei comizii
perchè valeno come altrettante leggi; mentre altri sostengono l'opinione
contraria, ed avvisano che I SENATO-CONSULTI SONO UNA FONTE DI DRITTO
ANCHE AL TEMPO DELLA REPUBBLICA, giacché molto prima di Tiberio occorrono senato-consulti
sulle materie di dritto privato, e particolarmente il [Sileniarmm. È necessario
avanti tutto far considerazione, che in una tale questione importa moltissimo
il distinguere quello che intendesi investigare, se i Senatoconsulti cioè
sie no stati semplice fonte del dritto al tempo della repubblica o abbiano
avuto anche FORZA DI LEGGE. Di quanta importanza sia una tale distinzione
basta a provarlo il diritto pretorio. A tutti è noto qual parte
essenziale questo rappresenti nella storia del dritto Romano co- pica y cap. 5. -^ TheopkUtis, ad U
e. L />• de m^. juris Hugo, SU^ia id driUo, Bach., Histar. jurù Dion.
D'JUcamis. Polibio, lib. Vf. p. &62. — Tacili, Ajffr^ i. 15. um
primum e campo comi- Ita ad paires tramlata sunt. Dian. Canio, CICERONE,
TOPICA, e. 5« « VI SI QVIS IVS CIVILE DICAT ID ESSE Vi quod in kgibìés, senatuicmiultis rebtis
judìcaiis, jurisperitorwn auctoritate, ediclis magistralum eie. consistat.
Theophilus, ad I. Pomponius^ l % § 9. de origin.
jum.Oratiu$, Ep, ì. i6. WLIA SCOYBftTA sprima relemmU)
umanitario in opposiziose dell’elemento civile romano, sia l' anellp, per il
quale il dritto romano si connette con quello dell’umanità, di'esso
in fine pone le basi del dritto posteriore Romano; e pure non ebbe per se
stesso ed immediatamente FORZA DI LEGGE. Sicché quando si dimanda se i senato-consulti
sono una fonte del dritto al tempo della repubblica non si può affermare il
contrario. La loro ezistenza istessa e l’importanza del Senato ne fa
nuova. Ma da qual tempo ha forza legislativa? Non vi ha alcuna legge che
riconosca loro un tale carattere, mentre per contrario ne’ plebisciti è
detto: ET ITA FACTVM EST, ut inter PLEBISCITA ET LEGEM species
constituendi interessent, potestas autem eadem e^/ i ; e certamente non
sarebbesi mancato di affermare il medesimo dei senato-consulti, quando ciò
fosse stato. Un tal cambiamento dove avvenire nei tempi posteriori alla
republica, quando più difficili e rari addivennero i comizii che confermavano
le determinazioni del Senato a quia difficile PLEBS CONVENIRE coepitj POPVLVS
certo multo diffìcilius in tanta turba homimm necessitas ipsa curam reipublica
ad Senatum dedimit. Questa opinione è conferorota dalle seguenti parole
di GAIO Comm. Senatusconsultum est
quod Senatus jubet atque consisterit idque LEGIS VICEM obtinet quamvis
fuit quaesitum. E
perchè le ultime parole “quamvis fuit quaesitum” non accennano alla lotta dei
partiti ma alle diverse opinioni delle due scuole dei Sabiniani e dei
Proculejani, ne segue, che anche al tempo di queste LA CONSUETUDINE per la
quale IN DIFETTO DI LEGGE espressa i senatoconsulti prendevano FORZA
LEGISLATIVA, non è ancora addivenuta un fatto certo ed
indubitato. Sul/t/^ hanorarium e particolarmente l’antica questione, se Y
Edictum perpetunm costituisse sotto ADRIANO un CODICE, che è coi precedenti
Editti Preterii nel medesimo rapporto che le Pandette cogli scritti dei
giuristi, o pure fosse un semplice lavoro privato M CkJO^ i 5
BB&wiiìb dall' Imperadore senza ehe arrestasse il movimento della
legislazione Pretoria, sembra decisa a favore di quest’ultima opinione colle
parole. Jus mttem edicendi habent magistratus popvM Mo^ mani '^-^
Qu(wst<^res non mittuntur: id Edicium m pt'omnciis non proponitur. Le
nostre conoscenze per contrario non si avvantaggiano in menomo modo ooUa
scoverta delle Istituzioni di Gaio sulle quistioni, che riguardano i
responsi prui dentum, la distinzione del jus scriptum e non scriptum che
ritenevasi communemente di origine greca senza che un tal difetto fosse un gran
aniio giacché le notizie e le conoscenze che ci vennero a tal proposito
per altri scrittori, sodisfano abbastanza ai bisogni della scienza. Umberto
Cerroni. Keywords: Hegel and Roman law -- i hegeliani, categoria giuridica,
Trasimacco, Kelsen, Eduardo Gaus, Hegel, sistema di diritto romano. Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Cerroni” – The Swimming-Pool Library. Cerroni.
Grice e Certani: la ragione
conversazionale e l’implicatura conversazionale del sacrificio – filosofia
romana – scuola di Bologna – filosofia bolognese – filosofia emiliana -- filosofia
italiana – Luigi Speranza, pel Gruppo di Gioco di H. P. Grice, The
Swimming-Pool Library (Bologna). Filosofo bolognese. Filosofo emiliano. Filosofo italiano. Bologna,
Emilia-Romagna. Grice: “I like Certani – but then in Italy they learn Hebrew at
school, whereas we at Clifton separated Montefiore from the rest!” Grice:
“Certani philosophised, like Kierkegaard later will, on ‘L’Abraamo,’ Insegna a
Bologna. Opere:
“Conclusioni di filosofia” e di teologia. Insegna a Cesena, Brescia, Milano e
Bologna. Si laurea a Bologna. Altre opere: “Abramo: Caino ed Abele” (Venezia);
“Francesco Saverio” (Bologna, Ferrosi); “La verità vendicata; cioè Bologna
difesa dalle calunnie di Francesco Guicciardini. Osservazioni Istoriche
dell'Abate Giacomo Certani Canonico Dott. Teologo Colleg. Filosofo, e
nell'Bologna pubblico Professore di Filosofia morale. In Bologna per gli Eredi
del Dozza); “Maria Vergine Coronata. Descrizione, e dichiarazione della divota
Solennità fatta in Reggio per Prospero Vedrotti); “La Chiave del Paradiso;
cioè, invito alla Penitenza alle Cavalieri” (Bologna per Giacomo Monti); “Il
Gerione Politico, Riflessioni profittevoli alla vita civile, alle Repubbliche,
e alle Monarchie” (Milano, Compagnini); “S. Patrizio Canonico Regolare
Lateranense Apostolo, e Primate dell'Ibernia; descritta dall'Abate D. Giacomo
Certani ec.” (Bologna nella Stamperia Camerale); “L'Isacco ed il Giacobbe”
(Bologna, per il Monti); “La Santità Prodigiosa, Vita di S. Brigida Ibernese
Canonichessa Regolare di S.Agostino Scritta dall'Ab. D. Giacomo Certani
Canonico Regolare Lateranense Dott. Filosofo e Teologo Collegiato ec. per gli
eredi di Antonio Pisarri); “La Susanna in versi, notata da Lorenzo Legati: nel
suo museo Cospiano ae la nota ancora Gregorio Leti nell'Italia Regnante parte
III lib. II, ove parla di Questo soggetto. Oltre i sopraccennati ne parla
ancora l'Orlandini negli Scrittori Bolognesi ec. Marco Curzio Lingua
Segui Modifica Nota disambigua.svg Disambiguazione – Se stai cercando il
dipinto attribuito al Bacchiacca, vedi Marco Curzio (dipinto). Marco Curzio è
un personaggio leggendario della Roma antica, appartenente alla gens
Curtia. Benjamin Haydon, Marco Curzio si getta nella voragine, National
Gallery of Victoria. La leggenda narra che nel 362 a.C. nel Foro Romano si aprì
una voragine apparentemente senza fondo. I sacerdoti interpretarono il fatto
come un segno di sventura, predicendo che la voragine si sarebbe allargata fino
ad inghiottire Roma, a meno che non si fosse gettato in quel baratro quanto di
più prezioso ogni cittadino romano possedeva. Il giovane patrizio Marco
Curzio, uno dei più valorosi guerrieri dell'esercito romano, convinto che il
bene supremo di ogni romano fossero il valore e il coraggio, si lanciò nella
fenditura armato e a cavallo, facendo così cessare l'estendersi della
voragine. Questo autosacrificio agli dei inferi (Mani) era detto
devotio. Il luogo dove si formò la voragine rimase nella leggenda con il
nome di Lacus Curtius. La leggenda è narrata da Tito Livio nei suoi Annali. Una statua equestre della tarda latinità - in
grandezza ridotta rispetto al naturale - rappresentante Marco Curzio si trova a
Carrara, inserita nelle mura Albericiane in corrispondenza della Porta
cittadina. Il grande attore Antonio de Curtis, in arte Totò, sosteneva
che la sua famiglia discendesse da questo personaggio leggendario. Cùrzio,
Marco, su sapere.it, De Agostini. Marco Curzio, su Enciclopedia Britannica,
Encyclopædia Britannica, Inc. Portale Antica Roma Portale
Biografie Portale Mitologia Ultima modifica 2 anni fa Gens Curtia
famiglie romane che condividevano il nomen Curtius Lacus Curtius Punto
d'interesse nel Foro romano Marco Curzio (dipinto) dipinto attribuito al
Bacchiacca Wikipedia IlGiacomo Cerretani. Jacopo Certani. Giacomo
Certani. Keywords: il sacrificio, Marco Curzio, devozione -- Il cavaliere penitente; ossia, la chiave del
paradiso, chastita, maschile. Christian masculinity,
Percival, The Holy Grail, the knight-penant, cavalier penitente. Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Certani” – The Swimming-Pool Library. Certani.
Grice e Ceruti: l’implicatura
conversazionale di Niso -- ovvero, dell’altruismo – scuola di Cremona –
filosofia cremonese – filosofia lombarda -- filosofia italiana – Luigi Speranza
(Cremona).
Filosofo cremonese. Filosofo lombardo. Filosofo
italiano. Cremona, Lombardia. Grice: “Ceruti is a good one – he has
philosophised on solidarity – and previously on altruism – these are VERY
different concepts, as he notes – but also on ‘vinculum,’ a nice Latin word for
what I’m into! – “A Griceian at heart!” --
Grice: “Only one T!”. Tra i filosofi protagonisti
dell'elaborazione del pensiero complesso, è uno dei pionieri della ricerca
contemporanea inter- e trans-disciplinare sui sistemi complessi. La sua
filosofia si produce all'intersezione di una pluralità di domini di ricerca:
epistemologia (filosofia e storia della scienza, storia delle idee, noologia…),
scienze della natura (fisica, biologia, cosmologia…), scienze dell'uomo
(antropologia, sociologia, psicologia, storia…), scienze dell'organizzazione e
del management. Si laurea in filosofia della scienza con Geymonat con “L'epistemologia
genetica di Piaget” nella quale, attraverso l'analisi dell'epistemologia viene
posto il problema del ruolo della biologia e delle scienze del vivente, nelle
varie articolazioni disciplinari, come decisiva interfaccia fra le scienze
fisico-chimiche e le scienze umane, in grado di favorire processi di
circolazione concettuale e di traduzione reciproca fra vari e multiformi campi
del sapere. Nei suoi studi ha affrontato le questioni del significato
filosofico ed epistemologico delle maggiori rivoluzioni scientifiche del
ventesimo secolo (teoria dei quanti, relatività, teoria dei sistemi, biologia
molecolare) focalizzando le sue ricerche sui temi del cambiamento stilistico e
delle relazioni fra stile e contenuto nella storia delle idee, nonché dello
statuto conoscitivo dei risultati innovativi connessi alle rivoluzioni
scientifiche. Una sintesi di queste ricerche è contenuta nell'opera Disordine e
costruzione. Un'interpretazione epistemologica di Piaget. Assunto da Ginevra,
presso la Facoltà di Psicologia e scienze dell'educazione fondata da Piaget, in
qualità di assistant, svolgendo ricerche nel gruppo di lavoro coordinato da Munari.
In questo periodo approfondisce le relazioni che connettono l'opera di Piaget a
vari modelli e approcci del contesto scientifico a lui contemporaneo: alla
termodinamica di non equilibrio di Prigogine, alle ricerche sul concetto e sui
processi di auto-organizzazione e autopoiesi, all'embriologia di Waddington, ai
nascenti dibattiti sul significato delle ricerche della biologia molecolare. Il
tema chiave di queste convergenze disciplinari è la possibile delineazione di
modelli generali del cambiamento, nonché del ruolo della discontinuità in
questi modelli. L'approfondimento dei singoli filoni disciplinari gli consente
di interrogarsi più estensivamente sul significato profondo e complessivo dei
cambiamenti paradigmatici delle scienze alla fine del ventesimo secolo: dalla
convergenza di varie discipline emerge la prospettiva di una scienza nuova,
caratterizzata da precise assunzioni relativamente alla natura del cambiamento,
alla relazione fra soggetto e mondo, al ruolo del tempo, della storia e della
narrazione negli approcci scientifici. La nozione di complessità costituisce
un'utile maniera sintetica di rapportarsi con tali assunzioni. Per ricostruire
queste novità del contesto scientifico, imposta un programma di ricerca attorno
al tema della epistemologia della complessità, parte integrante del quale è
stata a partire l'organizzazione di convegni internazionali e di seminari, e la
pubblicazione del volume La sfida della complessità. Ricercatore associato
presso il Centre d'Etudes Transdisciplinaires, Sociolgie, Anthropologie,
Politique diretto da Morin, centro di ricerca associato al CNRS e all’Ecole des
Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi, presso il quale dirige l'unità di
ricerca di filosofia della scienza. In quegli anni approfondisce le
problematiche dell'epistemologia genetica e della cibernetica, pubblicando Il vincolo
e la possibilità e La danza che crea. Svolge inoltre ricerche sul ruolo giocato
dalle scienze evolutive e dalla teoria dell'evoluzione di tradizione darwiniana
nel più generale mutamento di prospettiva delle valenze cognitive e stilistiche
del contesto scientifico, focalizzandosi sulle conseguenze epistemologiche e
filosofiche dei modelli di cambiamento e delle relazioni fra continuità e
discontinuità conseguenti alla teoria degli equilibri punteggiati di Gould e Eldredge,
ai dibattiti sulle estinzioni di massa e sulle testimonianze paleontologiche,
alle nuove forme di collaborazione fra evoluzionismo e genetica, alle relazioni
fra approcci storici e approcci nomotetici nelle scienze del vivente. Ne deriva
una serie di ricerche compendiate nel volume Origini di storie, in cui il tema
del cambiamento discontinuo, e i connessi temi dell'evento, della contingenza e
della sensibilità alle condizioni iniziali, vengono discussi all'interno di un
ampio spettro disciplinare, che connette bio G. Bocchi, 1993), in cui il
tema del cambiamento discontinuo, e i connessi temi dell'evento, della
contingenza e della sensibilità alle condizioni iniziali, vengono discussi
all'interno di un ampio spettro disciplinare, che connette bioogia evolutiva,
cosmologia, fisica del caos, antropologia e storia delle idee. Gli
interrogativi sul modo in cui dallo studio del radicamento naturale delle
società umane possano scaturire nuovi strumenti di comprensione dei fenomeni
sociali e culturali della nostra specie lo portano a entrare in contatto con le
ricerche condotte in questi stessi anni dal Santa Fe Institute, volte
all'individuazione di leggi generali della complessità e di modelli generali
sul comportamento dei sistemi complessi. Una nuova linea di ricerca di
filosofia della scienza, che approfondisce a partire dalla metà degli anni
novanta, è lo studio dei modelli di cambiamento dell'evoluzione umana, in
relazione alla teoria degli equilibri punteggiati, alla visione discontinuista
della storia naturale, alle dinamiche ecologiche e ambientali. Una seconda
linea di ricerca epistemologica, strettamente interrelata alla prima, è lo
studio dell'importanza delle analisi genetiche per la ricostruzione
dell'evoluzione e della storia umane, sia dei tempi lunghi della storia delle
varie specie ominidi sia dei tempi medi della storia della nostra specie Homo
sapiens. A partire da Solidarietà o barbarie. L'Europa delle diversità contro
la pulizia etnica, imposta una serie di seminari e di ricerche di filosofia
delle scienze biologiche, evoluzionistiche e storiche sul tema dei confini e
sulle identità nazionali e culturali. Nel far ciò approfondisce una concezione
evolutiva di tali identità, consonante con la prospettiva epistemologica
costruttivistica, e convergente con i presupposti epistemologici,
costruttivisti e antiessenzialisti propri della tradizione evoluzionistica
darwiniana. In queste ricerche, viene affrontata anche la questione del
significato della rivoluzione darwiniana nell'intera storia della tradizione
scientifica occidentale. Un ulteriore studio dedicato a tali problematiche è il
volume Educazione e globalizzazione, che traccia un bilancio epistemologico
degli intrecci disciplinari fra storia, geografia, antropologia, scienze
evolutive e naturali per comprendere il ruolo della diversità culturale nella
storia della specie umana e le radici profonde degli attuali processi di
globalizzazione. Insegna a Palermo, di Milano Bicocca, di Bergamo e a Milano,
dove attualmente insegna e ricopre la carica di direttore del Dipartimento di
Studi umanistici. Presidente della Società Italiana di Logica e Filosofia delle
Scienze. Preside della Facoltà di Scienze della Formazione dell'Università
degli studi di Milano Bicocca. Preside della Facoltà di Scienze della
Formazione dell'Bergamo. Direttore del Centro di Ricerca sull'Antropologia e
l'Epistemologia della Complessità che comprendeva la Scuola di dottorato in
Antropologia ed Epistemologia della Complessità a Bergamo. Principali
tematiche presenti negli studi di Ceruti: Antropologia Bioetica
costruttivismo (filosofia); Epistemologia; Epistemologia della complessità;
Epistemologia genetica; Evoluzionismo; Globalizzazione; Scienze cognitive;
Scienze della formazione; Teoria dei sistemi. Membro della Commissione
Nazionale di Bioetica della Presidenza del Consiglio dei ministri. Nominato,
dal Ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe Fioroni, Presidente della
Commissione incaricata di scrivere le nuove Indicazione per il Curricolo per la
Scuola dell'Infanzia e per il Primo Ciclo di Istruzione. Partecipa alla
fase di fondazione del Partito Democratico, venendo eletto all'Assemblea
costituente del partito e assumendo l'incarico di relatore della Commissione
incaricata di redigerne il Manifesto dei Valori. Alle elezioni politiche
italiane della XVI Legislatura eletto al Senato della Repubblica nelle liste
del Partito Democratico. È stato membro della Commissione permanente
(Istruzione pubblica, beni culturali), della Commissione parlamentare per
l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi e della
Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza. Non si è ripresentato
alle elezioni della XVII legislatura. Altre opere: “Il tempo della
complessità” (Cortina, Milano); “La fine dell'onniscienza” (Studium, Roma); “La
nostra Europa” (Raffaello Cortina Editore, Milano); “Organizzare l'altruismo” (Laterza,
Roma); “Una e molteplice: ripensare l'Europa” (Tropea, Milano); “Il vincolo e
la possibilità” (Feltrinelli, Milano); “Origini di storie” (Feltrinelli,
Milano); “La sfida della complessità” (Feltrinelli, Milano); “Le due paci.
Cristianesimo e morte di Dio nel mondo globalizzato” (Raffaello Cortina
Editore, Milano); “Educazione e globalizzazione, Raffaello Cortina Editore,
Milano); “Formare alla complessità, Carocci, Roma); “Le origini della
scrittura. Genealogie di un'invenzione, Bruno Mondadori Editore, Milano); “Le
radici prime dell'Europa: gli intrecci genetici, linguistici, storici” (Bruno
Mondadori Editore, Milano); “Epistemologia e psicoterapia, Raffaello Cortina
Editore, Milano); “Pensare la diversità. Per un'educazione alla complessità
umana, Meltemi, Roma); Evoluzione senza fondamenti” (Laterza, Roma-Bari);
“Solidarietà o barbarie: l’Europa delle diversità contro la pulizia etnica” (Raffaello
Cortina Editore, Milano, Prefazione di Edgar Morin, Il caso e la libertà,
Laterza, Roma-Bari); Evoluzione e conoscenza, Lubrina, Bergamo); “L'Europa
nell'era planetaria” (Sperling et Kupfer, Milano); “Turbare il futuro: un nuovo
inizio per la civiltà planetaria” (Moretti et Vitali, Bergamo); “Che cos'è la
conoscenza, Roma-Bari); “La danza che crea. Evoluzione e cognizione
nell'epistemologia genetica, Feltrinelli, Milano, Prefazione di Francisco
Varela, Lazlo E., Physis: abitare la terra, Feltrinelli, Milano); Dopo Piaget.
Aspetti teorici e prospettive per l'educazione, Edizioni Lavoro, Roma); Modi di
pensare postdarwiniani: saggio sul pluralismo evolutivo” (Dedalo, Bari); L'altro
Piaget. Strategie delle genesi, Emme Edizioni, Milano Bocchi C. M. Disordine
e costruzione. Un'interpretazione epistemologica dell'opera di Jean Piaget, Feltrinelli,
Milano. Direttore delle riviste scientifiche: La Casa di Dedalo (Casa
Editrice Maccari, Parma); Oikos (Pierluigi Lubrina Editore, Bergamo);
Pluriverso (Rcs, Milano). mauroceruti. Pagina nel sito del Senato, su senato.
Ministero della Pubblica Istruzione, Nuove Indicazioni Nazionali per il Curricolo,
su pubblica.istruzione. Presidenza del Consiglio dei ministri, Comitato Nazionale
di Bioetica, su governo. Rome’s national epic displays a tendency to treat sex
and love. The pair of Trojan warriors Nisus and Euryalus are cast in the roles
of erastes and eromenos. Virgil’s narrative of the two valorous young Trojans
has, of course, various thematic functions and will have resonated in various
ways for a roman readiership. Here I focus on only one aspect of the narrative,
namely the eroticization of their relationship, in he interests of esplong wha
this text might suggest about the pre-conceptions of its Roman readership. See
Makowski for an overview of ancient and modern views of the pair, along with
arguments for describing them as erastes and eromenos on the Greek model
(Makowski finds particular parallels with Plato’s Symposium). For literary
discussions of Nisus and Euryalus that take as their starting point the erotic
nature of their relationship see Gordon Williams, pp. 205-7, 226-31, Lyne, pp.
228-9, and Hardie, 23-34). Bellincioni, ‘Eurrialo’ in Enciclopedia Virgiliana
(Roma), observing that Virgil has added tdhe motif of their friendship to his
Homeric models summarses thus: “L’AMORE CHE UNISCE EURIALO E NISO E UN
SENTIMENTO INTERMEDIO FRA L’AMCIZIA E LA PASSIONE … PUR NELLA SUA
PUREZZA, TENDE ALL’EROS. COMNQUE E PASSIONE CHE SI PONE FINE A SE STESSA E NON
SI SUBIRDINA A PRINCIPI MORALI, COME LA SLEALTA SPORTIVA DI NISO NEL 5o
CHIARAMENTE DIMOSTRA. Bellincione cites Colant,
‘Le’peisode de Niuses et Euryale ou le poeme de l’amitie, LEC. IThe pair of Trojan warriors Nisus and Euryalus are cast in the roles of
erastes and eromaneos. Virgil’s narrative of the two valourus young Trojans
has, of course, various thematic functions and will have resonated in various
ways of a Roman readership. Here I focus on only one aspect of the narrative,
namely the eroticiation of their relation Niso ed Eurialo are first introduced
in the funeral games in Book 5. ‘Nisus et Euryalus primi, Eurialus forma
insignis viridique iuventa, Nisus ammore pio pueri’ (Vir. Aen.). ‘First came
Nisus and Euryalus: Euryalus outstanding for his beauty and fresh yourhfulness,
Nisus for his deveted love for the boy’. During the ensuing footrace, Nisus
indulges ia a questionably bit of gallantry: starting off in first place, he
slips and falls in the blook of sacrificed heifers, then deliberately trips the
man who was in second place, in order the Euryalus may come up from behind an
win first place. Non tamen Euryali, non ille oblitus amorum (Vir. Aen. He was
not forgetful of his love Euryalus, not he! (The plural AMORES is ordinarily
used of one’s sexual partner, one’s LOVE in that sense 0- Liddell Scott ic.
Virgil himself uses the word in the plural to refer to a bull’s mate at
Georgics 3 227. Indeed, Servius, ad Aen. 5 334, writing in a different cultural
climate, was worried by precisely thiat fact, observing that OBLITUS AMORUM
AMARE NEC SUPRA DICTIS CONGRUE: AIT ENIM AMORE PIO PUERI, NUNC AMORUM, QUI
PLURALITER NON NISI TURPITUDINEM SSIGNIFICANT. Virgil’s phrase, OBLITUS AMORUM
contradicts his earlier AMORE PIO PUERI because AMORES in the plural ‘can only
SIGNIFY SOMETHING DISGRACEFUL’ Whereas the description of Nisus’s love for the
boy as PIUS apparently precludes, for Servius, PHYSICALITY. ‘ The two Trojans
reappear in a celebrated episode from Book 9, when they leave the camp at night
in an effort to break through enemy lines and reach Aeneas. They succeed in
killing a number of Italian warriors, ut eventually are themselves both killed.
Euryalus first and then his companion, who, after being morally wounded, flings
himself upon Euryalus’s body. The episode beings with this description of the
pair. Nisus erat portae custos, acerrimus armis, Hyrtacides, comitem Aenea quem
miserat Ida venatrix iaculo celerem levibusque sagittis; et iuxta comes
Euryalus, quo pulchrior alter non fuit Aenaedum Troiana neque induit arma, ora
puer prima signans intonsa iuventa. His amor unus erat
pariterque in bella ruebant. Vir. Aen. 9 176-82. Nisus, sonof
Hyrtacus was the guard of the gate, a most fierce warrior, swift with the
javeling and with nimble arrows, sent by Ida the huntress to accompany Aeneas.
And next to him was his companion Euryalus. None of Aeneas’s followers, none
who had shouldered Trojan weapons, was more beautiful: a boy at the beginning
of youth, displaying a face unshaven. These two shared one love, and rushed
into the fightin side by side. Virgil’s wording is decorous but the emphaisis
on Euryalus’s youthful beauty and particularly the absence of a beard on his
fresh young face, as well as the comment that the THWO SHARED ONE LOVE and
fought side by side – imagery that is repeated from the scene in Book 5 and is
continued throughout the episode in Book 9 – is noteworth For Euryalus’s youth, cf. 217, 276 (puer) and
especially the evocation of his beauty even in death (433-7, language which
recalls the erotic imagiery of CATULLUS and Sappho – Lyne, pp. 229. For their
INSEPARABILITY, cf. 203: TECUM TALIA GESSI and 244-5 (VIDIMUS … VENATU ADSIDUO.
Note: NEVE HAEC NOSTRIS SPECTENTUSR AB ANNIS QUAE FERIMUS, 235-6, CONSPEXIMUS.
237. how Nisus gallantly presents his plan to the assembled troops NOT AS HIS
OWN Bt as his AND EURYALUS’S (235-6: Likewise the question that Nisus asks Euryalus
when he first proposes the plan t o him has suggestive resonances: DINE HUNC
ARDOREM MENTIBUS ADDUNT EURYALE, AN SUA CUIQUE DEUS FIT DIRA CUPIDO? Aen 9
184-5. Cf. Makowsky, p. 8 and Hardie. For the phrase DIRA CUPIDO, compare DIRA
LIBIDO at Lucretius (De natura rerum, 4. 1046, concerning men’s desire TO
EJACULATE and muta cupido at 4. 1057. Euryyalus, is it the gods who put this
yearning (ardor) into our minds, or does each person’s grim desire (dira
cupido) become a god for him?” In addition to its ostensible subject (a desire
to achieve a military eploit), Nisus’s language of yearning and desire could
also evoke the dynamis of an erotic relationship. So too the poet’s depiction
of Nisus’s reaction to seeing his young companion captured by the enemy is
notable for its emotional urgency and its portrayal of Nisus’s intensely
protective for for the youth. Tum vero exterritus,
amens, conclamat Nisus nec se celare tenebris amplius aut tantum potuit
perferre dolorem. Me, me, adsun qui feci, in me convertite ferrum, o Rutuli,
mean fraus omnis, nihil iste nec ausus nect potuit, caelum hoc et conscia
sidera testor, tantum infeliciem nimium dilet amicum (Vir. Aen. Then, terrified out of his mind, unable to hid himself any longer in the
shadows or to endure such great pain, Nisus shouts out: “ME! I am the one who did
it! Turn your weapons to me, Rutulians! The deceit was entirely mine, HE was
not so bold as to do it; he could not have done it. I swear by the sky above
and the stars who know: the only thing he did was to love his unahappy friend
too much. There is, in short, good reason to believe that Virgil’s Nisus and
Euryalus, whose relationship is described in the circumspect terms befitting
epic poetry, would have been UNDERSTOOD by his Roma readers as sharing a SEXUAL
bond, much like the soldiers in the so-called SACRED BAND of Thebes constituted
of erastai and their eromenoi in fourth-century B. C. Greece (Note also
that (meme … figis?) seems to echo
Dido’s words to Aeneas (mene fugis?. So too
Makowski )Euryale infelix, qua te regione reliqui? Quave sequar? Rurus perplexum iter omne revolves fallacis sylvae simul et VESTIGIA
RETRO observata legit dumisque silentisu errat) might recall the scene were
Aeneas loses Creusa a t the end of Book 2. Haride p. 26) points to parallels
with the story of Orpheus and Euryide in the Georgics, as well as as to that of
Aeneas and Crusa in Aeneid 2. For the Sacred Band of Thebes, see Plut, Amat.
Pelop, Athen., and the probable allusion at Pl. Smp. When Nisus, mortally
wounded, flings himself upon his companion’s lifeless body to join him in
death, the narrator breaks forth into a celebrated eulogy. Tum super exanimum
sese proiecit amicum confossus, placidaque ibi demum morte quievit. Fortuanati
ambo! Si quid mean carmina possunt, nulla dies umquam memori vos eximet aevo,
dun domus Aeneae Capitoli immobile saxum accolet imperiumque pater Romanus
habebit. (Vir. Æn.). Then he hurdled himself, pierced through
and through, upon his lifeless friend, and there at last rested in a peaceful
death. Blessed pair! If my poetry has any power, no day shall ever remove you
from the remembering ages, as long as he house of Aenea dwells upon the
immovable rok of the Capitol, as thlong as the Roman father holds sway. The
praise of the two loving warriors joined in death ould hardly be more stirring –
cf. Wiliams, Lyne, for their elegiac union of LOVERS IN DEATH he adduces Pr0. – AMBOS UNA FIDES AUFERET, UNA DIES, and
Tibull. as parallels. op. 2.2, and the language coulnt NOT BE MORE ROMAN. And
Virgil’s words obviously made an impression among those who wished to EXPRESS
FEELINGS OF INTIMACY AND DEVOTION IN PUBLIC CONTEXTS, for we find his language
echoied in funerary instricptions for a husband and his wife as well as for a
woman praised by her male friend. The inscription on a joint tomb of a grandmother
and gradauther explicitly likens them to Nisus and Euryalus. CLE 1142 = CIL,
husband and wife: FORTUNATI AMBO – SI QUA EST, EA GLORIA MORTIS QUO IUNGIT
TUMULUS, IUNXERAT UT THALAMAS; CLE = CIL: a woman praised by her male friend:
UNUS AMOR MANSIT PAR QUOQUE VIDA FIDELIS. Cf. Aen. HIS AMOR UNUS ERAT
PARITERQUE IN BELLA RUEBANT. CLE granddaumother and granddaughter: SIC LUMINE
VERO, TUNC IACUERE SIMUL NISUS ET EURIALUS. So too Senece quotes the lines as an
illustration of the fact that great writers can immortalize people who
otherwise would have no fame: just as Cicero did for Atticus, Epicurus for
Idomeneus, and Seneca himself can do for Lucilius (an immodest claim but one
that was ultltimately borne out), so ‘our Virgil promised and gave and
everlasting memory to the two,’ whom he does not even bother to name, so
renowned had the poet’s words evidently become (Senc. Epist. VERGILIUS
NOSTER DUOBUS MEMORIAM AETERNAM PROMISIT ET PRAESTAT; FORUTATI AMBO SI QUI MEA
CARIMA POSSUNT. It is revealing that sometimes Porous boundary in
Roman tets between wwhat we might call friendship and eroticism among males –
and overlaps I hope to discuss in another context – that Ovid citest Nisus and
Euryalus as the ULTIMATE EMBODIMENT OF MALE FRIENDSHIP, putting them in the
company of THESEUS AND PIRITUOUS, ORESTES AND PYLADES ACHILESS AND PATROCLUS,
Tristia, but the relationship between ACHILEES AND PATROCLUS, at least, was
openly described as including a sexual element by classical Greek writers, and
with characteristic cluntness by Martial, wh cjites the pair as an illustration
of the special pleasures of anal intercourse. The relationships between Cydon
and CClytius, Cycnus and Phaethon, and Juupiter and Ganymede (on Eneas’s
shield) all demonstrate that pedersastic relationships enjoy a comfortable
presence in the world of the Aeneid. Niusus and Euryalus are thus HARDLY ALONE.
Some scholars have even detected an EROTIC ELEMNET in Virgil’s depiction of the
relationship between Aeneas and Evander’s son Pallas. See e. g. Gillis, Putnam,
and Moorton. Erasmo and Lloyd have independently described erotic elements in
the relationship between the young Evander and Anchises, a relationship that,
they argue, is then replicated in the next generation, with Pallas and Aeneas. But their relationship is more complex than
the rather straightforward attraction of Cydon for beautiful boys, of Cycnus
for the well-born young Phaethon, and even of Jupiter for Ganymede. For while
those couples conform unproblematically to the Greek pedrerastic model (one
partner is older and dominant, the other young and sub-ordinate), Nisus and
Eurialus only do so AT FIRST GLANCE. AS the poem progresses they are
transformed from a Hellenic coupling of Erastes and eromanos into a pair of
ROMAN MEN (VIRI). The valosiging distinctions inherent in the pederstaist
paradigm seem to fade with the Roman’s poet remark that the rwo rushed into war
side by side (PARITER – PARITERQUE IN BELLA RUEBANT Vir Æn.), and they
certainly DISAPPEAR when the old man Aletes, praising them from their bold
plan, addresses the TWO as VIRI (QUAE DIGNA, VIRI, PRO LAUDIBUS ISTIS, PRAEMIA
POSSE REAR SOLVI, whe an enemy leader
who catches a glimpse of them shoults out, “Halt, men!” (STATE VIRI, 376), and
most poignantly, when the sight of the two “MEN’S” severed heads pierced on
enemy spears stuns the Trojan soldiers. SIMUL ORA VIRUM
PRAEFIXA MOVEBANT NOTA NIMIS MISERIS ATROQUE FLUENTIA TABO. In other words, although Euryalus is the junior partner in this
relationship, not yet endowed with a full beard and capable of being labeled
the PUER, his actions prove him to be, in the end, as much of a VIR, as
capalble of displaying VIRTUS – as his older lover Nisus. There is a further
complication in our interpretation of the pair, and indeed all the pederstastic
relationships in the Aeneid. Virgil’s epic is of course set in the MYTHIC PAST
and cannot be taken as direct evidence for the cultural setting of Virgil’s own
day. Moreover, the poem is suffused with the influence of Greek poetry. Thus,
one might argue that the rather elevated status of pedersastic relationships in
the Aeneid is a SIGN merely of the DISTANCES both cultural and temporal between
Virgil’s contemporaries and the character s of his epic. Yet, while the
influence of Homer is especially strong in these passages of battle poetry
(Virgil’s passing reference to Cydon’s erotic adventures echoes the Homeric
technique of citing some touching details about a warrior’s past even as he is
introduced to the reader and summarily killed off), is is a much-discussed fact
that there are no UNAMIBUOUS, diret references in the Homeric epics to
pedersastic relationships on the classical model. The relationship between
ACHILLES AND PATROCLUS was understood by later Greek writers to have a seual
component see e. g. Aesch. F.r. Nauck – from the Myrmidons), Pl. Symp.,
Aeschin., Lyne, crediting Griffin, adds Bion Gow. But the test of the Iliad
itself, while certainly suggesting a passionate and deeply intense bond between
the two, does not represent them in terms of the classical pederastic model.
See further, Clarke, Achiles and Patroclus in Love, Hermes, Sergent, and
Halperin.VIRGILIO (si veda) might thus be said to out-Greek Homer in his
description of Cydon. G. Knauer, Die Aeneis und Homer, Gottingen, cites no
Homeric parallel for these lines. And yet the pederastic relationships in the
Aeneid occur NOT AMONG GREEKS but rather among TROJANS AND ITALIANS, two
peoples who are strictly distinguished din the epic from the Greeks, and
who,more importantly, together constitute the PROGENTIROS of the roman race.
Cf. Turnus’s rhetoric based on sharp distinctions among the Trojans, Greeks,
ndnd Italians, and the weighty dialogue between Jupiter and June, where it is
agreed that Trojans and Italians will become ONE RACE. Virgil’s readers found
pederstastic relationships ina n epic on their people’s orgins, and temporal
gap or no, this would have been unthinkable in a cultural context in which
same-se relationships were universally condemned or deeply problematized. But
is it still not the case that, since Nisus and Euryalus are freeborn Trojans,
Virus, and perhaps also Aeneas and Pallas. Significalntly, though, the arua of
a male-female relationship in the Aeneid, namely the doomed love affair of
Aeneas with the would-be univira Dido. In other words, while a MALE-MALE
relationship that corresponds to what would among among Romans of Virgin’s own
day be considered stuprum is capable of being heroized in the epic, a
male-female relationhship that th etet implicitly marks as a kind of stuprum is
not. This tywo types of relationships in the brates, even glamorizes, a
relationship that in his own day would be labeled as instance sos stuprum? Here
the gap between Virgil’s time and the mythis past of his poem has significance.
While, due toe o their freeborn status, analogues of to Nisus and Euryalus in
Virgil’s OWN DAY could not have found their relationship SO OPENLY CELEBRATED,
they did find HEROISED ANCESTORS IN NISUS AND EURYALUS, Cydon, and Clutis. And
perhaps also Aeneas and Pallas. Significantly, though, the aura of the mythic
past does not extend so far as to conceal the moral problematization of a
male-female relationship in the Aeneid, namely the doomed love affair of Aeneas
with the would-be univiria Dido. In other words, while a male-male relationship
that corresponds to what would among Romans of Virgil’s own day be considered
stuprum is capable of being heroized in thee pic, a male-female relationship
that the tect implicitly marks as a kind of stuprum is not. The issue is
complex. Dido is of course neither Roman nor Trojan, and thus at first glance
Aeneas’s relationship with her does not constitute stuprum. But since Dido’s
experiences are, in important ways, seen though a Roman filtre, above all, the
commitment to her first husband that makes her a prototypical univira, her
involvement with Aneas (aculpa 4 19, 172, constitutes an offense within the
moral framework poposed by the text in a way that the relationship between
Nisus and Euryalus does ot. This distintion revelas something about the
relative degrees of problematization of the two types of relationships in the
cultural environment of Virgl’s readership. ‘Blessed pair! If my poetry has any
power no day shall ever remove you from the remembering ages, as lon as the
house of Aeneas dwells upon the immommovable rock of the Capitol, as long as
the Romans father holds sway.’ One can hardly imagine such grandiose prise of
an adulterous couple ina Roman epic!” Mauro Ceruti. Keywords: Niso ed
Eurialo; ovvero, dell’altruismo, dal semplice al complesso, complesso
proposizionale, discover the simple elements, philosophy as deconstructing the
complex, solidarity, altruism, solideratieta, altruismo, sistema complesso,
sistema semplice, etimologia di ‘complesso’. Filosofia della solidarieta,
solidarieta: il semplice della solidarieta, il semplice dell’altruismo, Butler,
amore proprio, amore improprio, altruismo, egoismo, self-love, other-love,
benevolence, organizzare l’altruismo, abitare la complessita, multiple e
diverso, unico e multiple. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Ceruti” – The
Swimming-Pool Library.
Grice e Cerutti: l’implicatura
conversazionale del leviatano – organicismo politico – il corpo politico nella
costituzione italiana – scuola di Genova – filosofia genovese – filosofia
ligure -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Genova). Filosofo
genovese. Filosofo ligure. Filosofo italiano. Geova, Liguria. Grice: “Cerutti
is into politics, like Hobbes, and it’s not surprising he philosophised on ‘il
leviatano,’ as the Italians call it – and represent as a tortoise ridden by
Jacob --,” -- “La globalizzazione dei diritti umani dovrebbe avere il suo
culmine con il riconoscimento del diritto che ha il Genere Umano alla
sopravvivenza» Insegna a Firenze. La sua
filosofia verte principalmente sul marxismo occidentale e la "teoria
critica" propria della Scuola di Francoforte da cui, tra l'altro proviene.
Lavora sulla filosofia politica delle relazioni internazionali ed affari
globali, seguendo due diverse tematiche: la teoria delle sfide globali (armi
nucleari e riscaldamento globale), e la questione dell'identità “politica” (non
sociale o culturale) degli europei in relazione con la legittimazione
dell'unione europea. Da ricordare la sua amicizia con Bobbio del quale Cerutti
stesso si ritiene allievo. Altre opere: “Storia e coscienza di classe”
(Milano); “Totalità, bisogni e organizzazione” (Firenze); “Marxismo e politica.
Saggi e interventi, Napoli); “Gli occhi sul mondo. Le relazioni internazionali
in prospettiva interdisciplinare, a cura di, Roma); “Sfide globali per il
Leviatano. Una filosofia politica delle armi nucleari e del riscaldamento
globale” (Milano, Vita e pensiero). Che cosa significa "Corpi
politici"? Organismi che possono essere bersaglio di una condotta
oltraggiosa ex art. 342 in ragione della funzione politica dagli stessi svolti
e dal cui novero risultano esclusi il Governo, il Senato, la Camera dei Deputati
e le Assemblee regionali, rispetto ai quali la tutela penale viene offerta
dall'art. 290. Articoli correlati a "Corpi politici" Art., Codice
Penale - Violenza o minaccia ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario
o ai suoi singoli componenti Art. 342 Codice Penale - Oltraggio a un
Corpo politico, amministrativo o giudiziarioFurio Cerutti. Keywords: il
leviatano, il corpo politico, l’organismo politico, lotta di classe, Lukacks,
Marx, unione europea, identita culturale, identita sociale, identita politica,
corpi politici, I corpi politici, brunetto latini, aquino, Egidio romano, Dante
Banquet, Marsiglio di Padua, Pegula. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Cerutti” –
The Swimming-Pool Library.
Grice e Cervi
Grice e Cesa
Grice e Cesare – Roma – filosofia
antica. Gaio Giulio Cesare. Cesare
had many friends who followed the philosophy of the Garden, and it is clear
that he had ome leanings towards that philosophy himself. Exactly how far these
went is unclear and whether he ever actually became a member of the sect is a
matter of dispute.
Grice e Cesarini – filosofia
italiana– Luigi Speranza (Genzano di Roma). Filosofo italiano. Grice: “Cesarini was more of a warrior than a
philosopher, but I also fought in the North-Atlantic – in Italy, war trumps
philosophy! He wrote a philosophical story of the war of Velletri – and liked
to dress up as one of his ducal ancestors – a gentleman!” -- There are many
philosophers with the name Sforza Cesarini. Figlio del III duca
Lorenzo Sforza Cesarini. Convinto sostenitore del nuovo Regno d'Italia tanto da
nascondere le armi degli insorti nel suo palazzo. Per questo motivo, il papa
confisca tutte le sua proprietà che vennero loro restituite da Vittorio
Emanuele II dopo il suo ingresso a Roma, reso possibile dalla presa di Porta
Pia, accompagnato dallo stesso filosofo in veste di consigliere del re. Grice: “My mother loved him; but then every Englishman loved the Kingdom
of Italy, or rather, every Englishman hated the Pope!” – Grice: “Sforza
Cesarini should never be confused with the philosopher Cesarini Sforza: Sforza
Cesarini is under “C”; Cesarini Sforza, the jurisprudential philosopher, is
under “S”. IV
duca Sforza Cesarini. Francesco II Sforza Cesarini. Francesco Sforza Cesarini. Sforza Cesarini. Cesarini. Keywords: “Letters of my father, kingdom of
Italy, anti-Popish, Palazzo di Roma. Patria, patriotism, nazionalismo. Il
nuovo regno d’Italia, Vittorio Emanuele II, Porta Pia. Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Cesarini” – The Swimming-Pool Library.
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