Grice e Bacchin: la ragione
conversazionale e l’implicatura conversazionale dell’anypotheton haploustaton
-- overo, i fondamenti della filosofia del linguaggio – la scuola di Belluno –
filosofia veneta -- filosofia italiana – Luigi Speranza, pel Gruppo di Gioco di
H. P. Grice, The Swimming-Pool Library (Belluno). Filosofo veneto. Filosofo italiano. Belluno, Veneto. Grice: “I like
Bacchin; as an Italian he is allows to speak pompously as we at Oxford cannot!
But he is basically saying the commonplace that ‘intersoggetivita’ has a
‘dialectical dimension’ (interoggetivita come dimensione dialettica) in the
sense that the ego (or ‘l’io’) presupposes the ‘altro’ (as he puts it: ‘a cui’)
– therefore; it is a presupposition of the schema, as Collingwood would have
it, alla Cook Wilson – and thus only transcendentally justified. Bacchin has
noted that the operator ~ is basic in that ‘inter-rogo’ invites a ‘risposta’
whose ‘motivation’ may be ‘implicita’ – the ad-firmatum is motivated by the
domanda – which can be another dimanda: why do you think so? “Why do you ask
why I think so?” -- Bacchin is alla
Heidegger and other phenomenologists, with the ‘essere’ versus appare on which
my impicata in ‘Causal Theory of Perception’ depend (‘if A seems B, A is not B.
Note that there is no way to express this implicata without a ~. It might be argued
that it can express with some of the strokes or with some expression that would
flout ‘be brief, rather than the simplest” – and which would involve, as
Parmenide has it, the idea of, precisely –altro’ (other than). Note that
Bacchin equivocates on the ‘altro’ – in the dialectical dimension of
intersubjectivity he obviously means ‘tu,’ not ‘altro.’ In the negation or
contradiction (in dialectical terms) of an affirmation – which is involved in
every ‘dialogue’ that Bacchin calls ‘socratico’ or euristico rather than
sofistico (based on equivocation) – the ‘altro’ is the other, A is not B,
impying A is other than B (cf. my ‘Negation and Privation’). This does not need
have us multiply the sense of ‘ne,’ in old Roman!” -- Dopo aver conseguito la
laurea ottenne la libera docenza in filosofia. Insegna filosofia a
Perugia, Lecce, e Padova. Membro della Società Filosofica Italiana. Cresciuto
nella scuola metafisica di Gentile, sviluppa una propria originalità di
approccio e di ricerca filosofica, che lo rendono difficilmente assimilabile ad
una qualche corrente o famiglia filosofica se non quella della libera e
inesausta teoresi. A testimonianza della
specificità del suo approccio metafisico si può citare questa sua affermazione.
V'è un senso metafisico che può andare perduto. Né basta parlare di metafisica
e considerarsi metafisici per possederlo. La perdita del senso metafisico è anche
trionfo del condizionale e quindi dell'ipocrisia: "direi",
"avanzerei la proposta", "mi si passi l'espressione",
"vorrei che il lettore ricavasse l'impressione..'", "anche se
siamo, il lettore ed io, certo ioimmensamente piccoli", "a mio
sommesso avviso" e così via in un continuo spostare l'attenzione su di sé
e in un continuo, inutile, domandare scusa al lettore della propria scontata pochezza,
rivelando che non è poi così scontata da non parlarne. Nudo e indifeso alla
presenza della verità, il metafisico non lo può essere di meno di fronte agl’uomini,
i qualidi certo- non sono la verità.
Riferimento costante dell'incessante dialogo filosofico di B. E senz'altro
l'attualismo gentiliano. Altre saggi: “Su
le implicazioni teoretiche della struttura formale” (Roma, Sapi); “Originarietà
e mediazione del discorso metafisico” (Roma, Sapi); Sull'autentico nel
filosofare” (Roma, Sapi); “L'originario come implesso esperienza-discorso”
(Roma, Sapi); “Il concetto di meditazione e la teoremi del fondamento” (Roma,
Sapi); “I fondamenti della filosofia del linguaggio” (Assisi); “L'immediato e
la sua negazione, Perugia, Grafica); “Anypotheton” Saggio di filosofia
teoretica” (Roma, Bulzoni); “Teoresi metafisica” (Padova, Nuova Vita); “Haploustaton”
(Firenze, Arnaud); “La struttura teorematica del problema metafisico”; “Classicità e originarietà della metafisica,
scritti scelti” (Milano, Angeli); “La metafisica agevola o impedisce l'unità
culturale europea?”in ‘Il contributo della cultura all'unità europea', Castellano,
Edizioni scientifiche, Napoli); “L'attualismo in Gentile, in Annali, Roma,
Fondazione Spirito. Informazioni biografiche reperibili anche in Bacchin,
Haploustaton, Arnaud, Firenze, B., Teoresi metafisica, Berti, Ricordo di B.,
Bollettino della Società Filosofica Italiana, Scilironi, Tra opposte ragioni:
nota in ricordo di B. in Studia patavina: Rivista di scienze religiose. Filosofia
Filosofo Professore Belluno Rimini. Metafisica del principio. Si comincia dopo
avere cominciato. L’innegabile è innegabilmente. Negare è escludere
un’inclusione indebita. Non v’è limite del sapere. Il luogo del filosofare è la
domanda del luogo per filosofare. Ciò che v’è di originario nell’esperienza. La
filosofia non ha oggetto e nessun oggetto si sottrae alla filosofia. La
riappropriazione metafisica. L’esperienza praticabile è conversione fattuale in
fatto. Funzione della parantesi nell’asserzione e l’aporia del dogmatico.
L’autorità del dogmatico si presenta come critica di ogni autorità. L’ideale
dell’autorità è di essere indiscutibile. Autorità e intelletto si fronteggiano.
Ciò che l’intelletto impone all’autorità è di essere ciò che pretende di
essere. Il luogo della domanda è l’insufficienza di ciò che si presenta a ciò
che, presentan- dosi, non è interamente. L’identità tra inevitabile e
necessario è solo co- struita. Il senso in cui non si può domandare tutto. Ciò
da cui dipendono le valutazioni del domandare. Il senso in cui non si può non
domandare tutto. Domandare tutto è negare di poter asserire. Paradigma del
dottrinario in filosofia. Una richiesta che preceda la domanda di verità non
può essere vera. Il prefilosofico oltrepassa il sapere di non sapere credendo
di superarlo. L’impossibilità di oltrepassare quel ‘limite’ che è la stessa
impossibilità di oltrepassarlo. La costante esistenziale dell’esperienza e gli
equivoci della sua valorazione. La domanda universale investe il linguaggio
come luogo della possibilità dell’errore. Digressione. La base del FILOLOGISMO in
filosofia. Dell’ingenuità storiografica in filosofia. Le due direzioni
dell’ingenuità storiografica. L’equivoco storico in filosofia. Equivoco di
coscienza storica e conoscenza storica. Le storie della filosofia rendono la
filosofia accessibile al senso comune prefilosofico. L’ideale sistematico del
prefilosofico si prolunga nella storiografia. Filosofare nonostante la storia
della filosofia. Inattualità teoretica dello storicismo. La nozione dogmatica
di storia. Il carattere fideistico della tradizione e il circolo del
riconoscimento. Due figure dell’accoglimento della tradizione: integralismo e
progressismo. La ragione formale come unica ragione delle due figure. L’ideale
immanente del credere è coincidere con il vivere. La ragione. Indice. Indice
formale presiede nel suo uso ciò che la determina nei suoi contenuti. Se ogni
fede è cosmica, ogni cosmo è creduto. La valenza sperimentale è già nella
protomatematica, come si esemplifica in GALILEI (si veda). Il carattere
ipotetico di ogni riferimento assertorio all’esperienza. Il rischio erme- neutico
è considerare effettivo ciò che è interpretazione, come si esemplifica in GALILEI.
Il senso in cui la scienza è alienazione. Ingenuità del ten- tativo di fondare
scienza e filosofia sull’esperienza immediata. Il campo in cui si discute è ciò
che intanto permane indiscusso. Credere di conoscere è non sapere di credere.
Il rapporto tra intendere e pretendere è struttura del conoscere. Il rapporto
strutturale di compreso e comprendente tra universi. Il rapporto di compreso e
comprendente è struttura del contenuto di osservazione. Costanti del progetto
d’esperienza e il vettore di interesse. Il progetto fondamentale e KANT Il
progetto di filosofare è il modo filosofico di progettare: miraggio del ritorno
all’immediato, Controllabilità e statuto dell’individuale. Ambiguità del
sapersi orientare nel mondo. L’intenzione conoscitiva del fenomeno individuale.
Progetto del conoscere come adeguazione progressiva. Il co- noscere
rappresentato come rappresentazione. Il presupporre è limite presupposto
all’operare. La scienza ignora di essere una fede. La scienza non può sapere
ciò che essa implica, dovendo postulare ciò di cui abbisogna. La considerazione
pensante. La conoscenza scientifica ipotizza la realtà che le consente di
ipotizzare. Tentativo della distinzione tra ‘visione naturale’ e ‘visione
scientifica’ del mondo. Esame della struttura del ‘punto di vista’ nella
configurazione dei sistemi di riferimento. Dopo l’intermezzo ludico, che cosa
si intende per ‘considerazione logica’. La logica formale è il modo formale di
considerare la logica. Il FORMALISMO DELLA LOGICA (cf. Grice, ‘Formalists and
informalists’). Il formalismo della logica è il nihilismo della verità. La
conciliazione tra storia mondana e filosofare non può avvenire nella storia
mondana. Ciò che si presenta con la divisione pone la richiesta della
connessione. Il pensiero si affida al linguaggio per essere riconosciuto come
indipendente dal linguaggio. Si esemplifica con l’espressione hegeliana
“movimento dell’essenza”. Si insiste con l’esemplificazione hegeliana. Ancora
esemplificazione hegeliana: la “cosa stessa” non può venire utilizzata. Il
senso della cura–custodia. Il senso in cui il pensare penetra. Il pragmatico è
fittiziamente teoretico. La verità mette in questione ogni discorso intorno alla
verità. Il nesso tra tecnica logica e configurazione funzionale del concetto.
La conoscenza scientifica considera astratto ciò che essa non può considerare.
Rischio dell’equivoco tra mera domanda e domanda pura. L’imporsi della verità è
l’asse delle pseudofilosofie. Volontà di coerenza e volontà di dominio.
Coerenza è fedeltà alla logica di un sistema. Sistema ed esistenza. Esistenza e
chiarificazione. Esistenza e coscienza. Coscienza e punto di vista. Il punto di
vista fondamentale non è un punto di vista. La nozione comune di esistenza e
l’istituzione. Ciò che esiste non è assoluto. Differenza tra teoresi e teoria e
l’impossibilità di scegliere la teoresi. La teoresi, che non è teoria, appare
in una qualche teoria. Poiché l’intero non può essere oggetto, nessun oggetto è
intero. La scienza che escluda la filosofia diventa “filosofia della
natura”. Il mondo della vita impone l’astrazione. La filosofia non vincola a se
stessa le scienze. Ricorso alla formula. La “formula” e l’aporia del metodo
ideale. Il metodo di filosofare è filosofare, ossia domandare. Inevitabilità
dell’astratto. Necessità e cogenza. Il carattere divino della matematica è
l’essenza matematica di Dio anche se GALILEI non lo vuole. L’ordine astratto si
esemplifica in WOLFF, ma esso è la logica interna della formulazione del
principio di non contraddizione. La “proposizione” è la figura minima del
sistema, la forma del quale è l’equazione. L’ideale del conoscere esclude dal
conoscere l’operare. Le condizioni del conoscere sono riconosciute nella loro
indipendenza dal conoscere, nel conoscere di cui sono condizioni. La relazione,
che è esperienza, non può essere relazione dell’esperienza con altro da essa.
La conoscenza dell’incono- scibilità dello in sé è conoscenza in sé. L’astratto
è inevitabile, ma non necessario. Per dire con che cosa si comincia, si
comincia con la domanda intorno a come si comincia. Affermare la totalità è
dimostrare che es- sa non può venire negata e, dunque, non abbisogna di venire
affermata. La condizione apriori è trovata analiticamente, perché è
contraddittorio che, nel no- stro conoscere, tutto derivi dall’esperienza.
L’uso è unicamente empirico ed è riconosciuto trascendentalmente. L’analisi è la
presenza operante del “principio di non contraddizione”. La struttura sintetica
del giudizio è l’infinitezza dell’analisi. Il giudizio è domanda infinita di
venire fondato. Tra esperienza e giudizio non sussiste rapporto, perché
l’esperienza non può essere un giudicato. La prima forma di mediazione è
l’immediatezza fenomenologica, o medialità. Il contessere infinito del dato non
è dato. Ogni ordinamento di oggetti è teorico. L’oggetto è pluralità di
oggetti. Se è astratto l’oggetto, è astratto il suo contesto. L’intuizione
astrae dal contessere infinito. Ciò che è dato per primo è risultato di un
processo astrattivo: l’intuizione non è originaria. Differenza tra teorica dei
giudizi e teoresi del giudizio. Impostazione. L’interpretazione empirica
dell’oggetto “come tale” quale oggetto in generale: trascrizione generalizzata
degli oggetti. La sintesi precede ogni analisi e la condiziona. Il conoscere
presenta un duplice livello: quello del suo fungere che costituisce l’oggetto,
quello della consapevolezza di tale fungere. Il conoscere muove dalla fiducia
nello essere in sé del conosciuto, con base esclusiva- mente pratica. Può
venire formulata anche la contraddizione, dunque la forma proposizionale non è
struttura del giudicare. L’analisi come presenza dell’incontraddittorietà
formulata come principio di non contraddizione. Un giudizio media la posizione
di altro giudizio: medialità posizionale o fenomenologica. Di volta in volta un
giudizio può valere come analitico o come sintetico. Si intende di sapere con necessità.
Se v’è un modo empirico di conoscere, v’è un modo non empirico di riconoscerlo.
KANT conosce analiticamente che la conoscenza umana è sintetica. Nessun
giudizio matematico è conoscitivo. La ragione dell’aritmetica è un fatto,
perché le risulta possibile ciò che le risulta fattibile. Le categorie. Indice.
Indice trovate dall’analitica sono usate dalla stessa analitica. L’esperienza è
condizione del darsi delle sue condizioni. “Cosa” ha significato operativo. Il
tempo è essenzialmente prassi. Spazio e tempo provengono dalla sintesi
dell’intelletto, ma operano nella sensibilità. L’oggettivazione dell’esperienza
è matematizzazione, di cui il trascendente è negazione. Il trascendentale è, ma
non appare. La sintesi è negazione di se stessa come negarsi reciproco dei suoi
termini. Tempo e durata. La presenza fungente dell’apriori è analiticamente
reperibile nel dato e non lo eccede. La differenza tra conoscere e sapere è
conosciuta e saputa. Conoscere non è sapere e l’oggetto è matematico perché è
oggetto. Esemplificazione con KANT di ambiguità fra matematica e conoscenza. Il
conoscere della matematica, essendo matematico come conoscere, non è conoscere.
La volontà di potenza è l’impotenza dell’io nei confronti delle sue
rappresentazioni. L’io si riferisce a se stesso come dato all’io. Non vi può
essere una ragione pura. Teoresi e finitezza della ragione. Il senso teoretico
dell’inconoscibilità dello “in sé” è quello dell’inoggettivabilità del vero. La
ragione è strumentale per se stessa. Il carattere filosofico della
ricerca. Il carattere dialettico, o negatorio della filosofia. La
dialettica dell identico livello. La dia-letticità della filosofia e il
momento analitico della filosofia del linguaggio. I limiti di validità
dell analisi nella filosofia del linguaggio. Limiti di validità e
valore. Come è possibile una filosofia del linguaggio. Concetto
di teoria e sua riduzione. La riduzione del concetto di teoria e la radice
pragmatica dell intellettualismo. La nozione a-teoretica dello in
generale come base della teoria. Riduzione del procedimento analitico all inde
terminato, cioè al contraddittorio. Differenza ontologica tra il
contraddittorio ed il negato. La dialetticità come impossibilità di un
procedimento analitico sulla totalità. La domanda totale e la totalità
domandata. L intero della domanda totale e della totalità domandata. La
conversione dialettica della totalità domandata nella esclusività del
domandare. La domanda come riferirsi in atto alla risposta. La
problematicità della definizione concettuale. L inter-soggettività
come dimensione dialettica. La struttura dialettica
dell'implicazione. L'insignificanza teoretica del disaccordo. La
preoccupazione di raggiungere un accordo effettivo è empirica e filosoficamente
ingenua. Fittizietà del rapporto tra filosofia e senso comune. La
superfluità del problema del solipsismo. Presenza e coscienza. La
realtà come pensiero si risolve nel pensiero come atto. La realizzazione.
L'attualismo come attualismo puro. La realizzazione come negazione e come
posizione. L'attualismo monistico come naturalismo. La presenza pura. La
coscienza della presenza pura. Il rapporto tra atto ed oggettivazione tra
presenza e pre-sentificazione. Importo teoretico dell'espressione
"Verum et esse convertuntur". La metaforicità intrinseca delia
parola. La "cosa stessa" come l'intero di se stessa. L identità
pensare-essere. Il riproporsi del pensiero su se stesso come origine
della parola "cosa". La duplice funzione della parola
"cosa". Le condizioni ad un indagine critica. L atto critico o
negatorio come atto di pensiero nella coscienza. La ricerca del mezzo
logico adeguato e l interrogazione. I limiti teoretici delle asserzioni
condizionate da interessi. La riduzione pretesa del sapere al potere
e il concetto a-teoretico di teoria. L'interpretazione matematicistica nei
suoi limiti. La teoria come formulazione generale. La radice
dell'interpretazione matematicistica. Le condizioni imposte dal concetto
d interpretazione. Il carattere teoretico del controllo sull esperienza.
Lo spostamento del limite come essenziale alle determinazioni. La
determinazione come ritorno dell atto: totalità di definizione e totalità di
esaustione. La totalità di definizione come "essenza". L'
atteggiamento fondamentale umano operante nella definizione concettuale.
Il modo indiretto dì dire l'essenza. Originarietà e mediazione nel discorso
metafisico (Il "Tema"; Svolgimento delle indicazioni teoretiche del
"Tema". L'originario come implesso esperienza-discorso.
L'"Esperito" e l'"Esperienza integrale". Il significato
dell'"Implesso"; Il senso dell'"Originarietà"
dell'"Implesso". Il concetto di meditazione e la teoresi del
fondamento (L'impostazione; La "sospensione" degli enti dall'essere).
Giovanni Romano Bacchin. Keywords: anypotheton, haploustaton; ovvero, i
fondamenti della filosofia del linguaggio, il discorso metafisico – a new
discourse on metaphysics, from genesis to revelations, etymologia di
‘autentico’, l’esperienza e il disscorso, implesso esperienza-discorso; anypotheton, haploustaton, anypotheton
hypotheton, supponibile, insupponibile, haplloustaton, superlative di haplous,
simplex, simplicior, simplicissum, simplicissmo, complesso, simplice/complesso,
simpliccismo, simplicissimo, complessissimo, complesso proposizionale, semplice
sub-proposizionale – implesso, analisi del concetto d’impicazione – senso e
significato – senso e segno – proposizione – funzione proposizionale –
Whitehead. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Bacchin” – The Swimming-Pool
Library. Bacchin.
Grice
e Bacchio: il principe tra gl’accademici di Roma – filosofia italiana – Luigi
Speranza, pel Gruppo di Gioco di H. P. Grice, The Swimming-Pool Library (Roma). Filosofo italiano. A member of the Accademia. ANTONINO (si veda) attended
his lectures. He was the adopted son of GAIO. Bacchio.
Grice e Bacci: la ragione
conversazionale e l’implicatura conversazionale dei bagni dei romani – la
scuola di Sant’Elpidio A Mare – filosofia marchese -- filosofia italiana –
Luigi Speranza, pel Gruppo di Gioco di H. P. Grice (Sant’Elpidio). Filosofo marchese. Filosofo italiano. Sant’Elpidio a Mare, Fermo,
Marche. Grice: “You’ve got to love Bacci; he was born in the Italian equivalent
of Weston-super-Mare, and therefore, he dedicated his philosophy to swimming!” –
Studia a Matelica, Siena, e Roma. Scrive “Del Tevere, della natura...”. Pubblica
il “De Thermis”, un saggio sulle acque, la loro storia e le qualità
terapeutiche che venne accolto con entusiasmo. Dopo aver ottenuto la cattedra alla
Sapienza e l'iscrizione all'albo dei cittadini romani, e nominato Archiatra
pontificio. I saggi “Delle acque albule di Tivoli”, “Delle acque acetose presso
Roma e delle acque d'Anticoli”, “Delle acque della terra bergamasca”, “Tabula
semplicim medicamentorum”, “De venenis et antidotis”, “Della gran bestia detta
alce e delle sue proprietà e virtù”; “Delle dodici pietre preziose della loro
forza ed uso”, “L'Alicorno”. Il monumentale trattato “De naturali vinorum
historia”, un compendio in sette libri su tutti i vini conosciuti. Tratta temi
relativi alla vinificazione e conservazione dei vini; Consumo dei vini in
rapporto alle condizioni di salute; Caratteristiche peculiari dei vini; Uso dei
vini nell'antichità classica, Vini delle varie parti d'Italia, Vini importati a
Roma, Vini stranieri. Note DBI. B. la figura le opere, Atti della giornata di
studi tenutasi a Sant'Elpidio. Crespi, B., in Dizionario biografico degl’italiani,
Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. De Naturali Vinorum Historia De
Vinis ItalEae et de Conuiuijs Antiquorum Libri VII B. I Traduzione del libro V nella
parte dedicata ai vini delle Marche, Brandozzi, Associazione culturale Giovane
Europa, Filosofi italiani, Medici italiani Scrittori italiani Professore Sant'Elpidio
a Mare Roma Enologi italiani. In
quo agitur de balneis artificialibus, penes instituta recæperit, hoc tempus non
esta deo compertum, nisi quantum legitur fuisse antiquissimum. Nam ex omnibus
monumentis quæad notitiam hominum peruenerunt, vetustissima huncritum
lavationum, perinde necessarium ad communem vitam commemorant. Balnearum enim
mentionem invenio non modo ante ROMANORUM IMPERIUM. Sed ante asiaticos etiam et
chaldæos extitisse. Imòsii actatis, ante quam ulla extitisset literarum inventio,
dicterija credamus; extat apud Pisandrum id circo calida balnea fuisse natura
bal. cognominata Herculea, quod Minerva olim fesso Herculi calida parasset.
Vel veterum et Galeni in Thermis primus la tascoengerit quodammodo ad
lauacra homines. Quippe ea necessitas, quæ uationumv a primordio rerum
monstrauerat mortalibus ex agresti vita victum quærere, sus. Tecta construere, abæstu&
frigoresetueri: eadem et fordesabluere, mun ditiæ quecultum monstrauit primo
quidem quantum vitæ satisfaceret, donec paulatima liqua industria ad hibita,
laffata corpora mollia quarum foturecrea reedocuit. Verum quando id inftitutum
locum aliquem in REPUBLICA HABE ROMANORUM, VANTA fuerit naturæ solertia incumulandis
gratijs aquarum spontem anantium et quæ differentiæsinttùm simplicis Elementi,
tùm consequentes ex misturi. Et quis vsus earumin balneis. Hactenus proeoac
potuimus explicauimus. Quis enim pro dignitate naturæ, speciales proprietates cunctarum
aquarum sermonem consequi audeat? In his autem quæ ad thermarum vsum
dicendarestant, sirectèquis thermarum ARTIFICIALIUM magisterial consi dignitas.
deret, summum artis cum natura certamen videri poterit. Ut tnesciam anadeo
sciuerit natura elargiri mortalibus tota diumentorum materiam, torqueadeo divinæ
dispositionis ostentare miracula inaquis. Quanto maiora funt, quæ ars addiditor
namenta in Thermissuis. Præsertim fubila ROMANI IMPERII maiestate. In quarum
monumentis, quæ ex eis partim videntur et partimle guntur apud varios authores,
nons atis constat apud me vtra fuerit maior, an magnificentia operis ad illorum
temporum instituta, an commoditas popularis ad vtilitatem lauationum. Principionon
eft dubium fi prima quasiin cunabula cæterarum rerum coniectemus, quin ipsa
vitæ, ac naturæ necessi quia quia eidem vt Athenæus est author vulcanus muneris
vice feruida suppo fuisset. Et livera credimusre tulisse PLATONE tamspectatæ fapientiæ
authorem, superat omnium seculorummemoriam, quam ipse traditexantiquissi mis
monumentis, de Atlantica maxim a olim insula nunc Oceano ipso occupant aextram
Columnas; quam Neptunimunere cùm omni delitiarum genere Thermarron clarssima,
habuisse refert ipse etiam balneas quæ omni cultu ornatæ partim usus, quidem
sub diuo paterent, partim verò subtecto calentia haberent lauacrahy Είμαζα,
τ'έξιμοιρα, λοιπάτε θερμα,καιανα cus Sexcentis autem post Homerum annis, Hippocrates
primus medicinæ auderat. thor, Thermarum vsum curandarum ægritudinum causa,
tanquam rei iam in Græcia communiter vsitate commemorat, ac damnauit aliqua.
Floruitau tem ut ratio temporum habeatur natus primo octogesimæ Olympiadis ut
Hippocrates Soranus tradidit circam Peloponnesia cum bellum: quod teste PLINIO
gestu està tricentesi movrbis Roniæ anno ex actis anteà Regibusannos
circitersexa ginta, et Artaxerse Persarum Regemagnam Græciæ partem, et
Hellespontú occupante. Postquæ temporadum Græcia in dies Sapientiffimorum
virorú scriptis venirent illustrior, perpetua habemus de Balneis testimonia,
Socratis, Platonis, Aristotelis, cæterorum quesuccessu temporum
authorum,qui& Aliam et Persiamnonfolùm Gręciam balnearum vsum habuissefamiliarem
LaconesTber testantur. Laconesinter Græcos antiquiores, primamlaudem Thermarum
marimiznitanquam suuminuentumsibivendicare videntur, Dioneauthore: ac abeis
tores. pofteà huncmorem reliquas nations didicisse. Quod confirmatpartium
nomina in Thermis Romanis, quæ omnes græcæ suntvoces, laconicum,Hypo
cauftum,Miliarium,& Thermæ ipfæ, nedicam cætera. Ex quibusconstat vsum Thermarum
apud Romanos fuise posteriorem, aceasinæmulationem græcorum
constructastestanturMarcus Varroin librode antiquis nomini bus,& item
Vitruuius.Veruntamensubila Romani imperij maiestate, sicut omnes artes
floruere, ac inuenta prius ab alijs meliora cuasére, vnde meri to Roma QUASI
ALTER A MVNDI PARENS dictaest: itaomnium maxi mè Thermarumi nftituta incredibiles,
et supraquàm exprimivnquam pof sit, habuêre progressus,eatamen obliterataferèad
hancætatem,necliteris mandata, multis forsanèdoctis hæc Melius scientibus. Quamobrem
nos, volentes ad noftrarum lauationum regulam, antiquum Thermarum vsum
rcuocarein lucem; operæ precium eft Romanarum instituta prosequi:inqui bus quæ
prima ipsarum introducendarum ratio fuerit, quisordopartium,&
quisvsus,& quæ tandem ineis medicinæ pars extiterit,percurremus. In Critia,
berno tempore, atque feorsumaliaregibuspriuata,alia viris, aliamulieri
bus,aliaitem equis, cæterişúeiumentis. Posteris veròseculis pater OMERO,
cuiusscriptisnullum constat apud Græcos testimonium antiquius,mul toties
calidaruin lauationum mentionem fecit. Præcipuè verò in Odysseæ lib. 8. vbi Poëtaomnium
fermèrituum memoriadignorum obseruátissimus, Thermas indeliciis commemorat
illisversibus. vic. Homeri lo Aid δωμϊνδαίς τεφίλη, κιθαρίςτε, χοροίτε,
De affiduis primùm venatibus deditos, necminusagrestibus operibusedu
catos, nonaliaferè industriatùm amplificandæ Reipublicę, tùmdefen dendæquùm
opusfuit, præualuiffe, quàm quod durata iampacislaboribus corpora, facile quod cunque
militiæ onus sustineredi dicerant. Inquo perce lebremhabemus Quintium
Cincinnatum, abaratro ad dictaturam vocatum. Itemque C. Fabritium et Curium
Dentatum, qui rure ac militiæ laudatissimi, omni Spicula contorquent, cursuque,
ictuquelacescunt, Ab his ergo exercitijs, vt erant frequentes, harena,
puluereque conspersi, ac fudoreprofusiatqueoleo,vtseminudi acexertisbrachijs, cruribusque,vel
liberos altemhabitu, quo degebant, vt effent admunia propriores, necessario
lauationes pofcebant. Qua dere, dum adhuc nouitiavrbs inhis studijs Patres
campum Martium vicinum Tyberi, in quo iuventus post exercitium Lib. 1. c.10 armorum, ludorem, pulueremque
dilueret, aclassitudinem, cursusquela borem natandodeponeret. Qui mos vt
paulatim èreipsa, et quasi nemine Lauationes instituentese in ciuitatem
ingessit quem ve plurimum soletese nouo rūrituum in Tyberi, introduction itatandem
crescente indiesiuuentute,armorumquefimulac exercitiorum affiduo studio, viamtam
frugiinstituti aperuit. Sanèin ciuile videri nobilem ciuitatem in luculentis
Auminis aquis quotidie lauari; aclaua craid circo Asiaticorum, et Græcorum
moreparandaesse, quæpostexercitia non ad munditiam facerentsolùm, verumetiam
recrearent, maiusque robur laffatis membrisadiungerent.Quod tamen propositum longissimè
distulêre: nonquideminscitia, aut vecordiatamgenerosæciuitatis, sed
propter Antevrbempueri, et priinęuofore iuventus. Exercenturequis, domitant que in
puluerecurrus. Aut acres tendunt arcus, aut lenta lacertis ENEIDE Lauationum
Deprimis Thermarum institutis in vrbe Roma. Aris quidem constar Romanos illos
Quirites,antiquosque Sabinos, satissuntexemplonobis, hæc fuisse illius seculi ftudia.
Non pecuniapræua lere, non forma, nõ
ambitiofo hominum comitatu, non stemmatis dignitate certare: fed totamvimin
proprijanimi excellentia,viribuscorporis,acexa etacura Rei pub. collocare.
Feruebant honestælaudisemulatione ingenia, vt quosarma,& propria virtus ad
prim s ciuitatis honores euexerant, studio, ac laboreæ quarent. Quare vbi
militiæ in externosceffasset occasio, ROMANORUM quasi natiuo instinctu dediti
ad labores, autrurese agrestibus ex ercebant ope studia. ribus,
autaddisciplinamac roburcorporis, ciuilibus,ijsquevarijs exercita mentis
vtebantur: cursu, disco,faltu, lucta,& pugilatu,natatione, atque armis.
Quem more man t è urbem conditam fuiffe quoue. APUD LATINO antiquissimum,
planèilis versibusrepresentauit Vergilius. necessitas. 36 strenuè adolesceret,
præclarum habemus Vegetij testimonium, constituisse gruentem,au&taque
fpatio temporis, spectatæ vrbis infiniti masterras autho Aquaríper ducen.decre
ritate; deaquistandem èvicinis montibus, Auuijsquein vrbem perducen- tum. 1 vt egoreor
potissimas causas:Tùm quiaprimiili Patresnontamfrugifu turumolimhuncritum
existimauêre, quàm luxui, ac mollicieiforelenoci nium; id quod accidisse,
posteà declarabitur. Deinde ob aquarum incom moditatem,quarum incolles, vbitunchabitabantdifficiliserat,&
nonsine maximaimpensa,perductio. Verùmhoc laucitiædesideriovniuersimin dis,
duas dis, decreto S. P. Q. R. publico ftatutum est: quæ et potuum
fimul,& laua tionumritui suppeterent.Quod factum est primùm M. VALERIO
MASSIMO P. De cio Mure Coss. (authore PLINIO aqua Tyberinarī Appia ex Tusculano
per ducta, Censore Appio Claudio curante. Aquibusté. porusdimif. poribus,
Tyberinarum aquarum vsus,adeam vsque ætatem tàm potu, quá sus.
lauacrofrequentiffimus, exolescerepaulatimincepit:aclauationum simul, atque
exercitationis gratia (ut tradit Festus Pompeius) Piscina publica ad cli
Piscina Pub.uium Capitolinum iuxtà Tyberimest constituta.Pofteà
Thermæconstructę. stitut& uationumduntaxat, conftitutæ fuerant, haudmagnum
habuêre progressum. Visicùm auctaciuitate, simul atque crescenteindiesineisiuuentutisapplau.
fu; semper maiorisearum capacitates ratiofuit habenda.& præsertim vbime
dicorum consensu incurationem quoque ægritudinum suscipicæperunt.Ve rum tamen post
initia diu ad modum consuetum fuitangustasfieri,actenebri cosas;nonenimcalidæ videbanturnisi
obscuræ;quem admodum fcribit SENECA ad LUCILLO, fuissebalneum SCIPIONE
Aphricani ad Linternum. Causa verò amplificationis Thermarum præcipua, fuit
Palæstrarum adiunctio. Quippe cùm apud Romanos veteres, ferèvfquead Augustum, nonadeo
multa extiterit architecturæ dignitas, nec adeo fuerit consuetudinis Italicæ vt
desuotempores cripsit VITRUVIO et multoetiampost cum Palęstris Lavationes
habere coniunctas;contentus quisque ruralibus exercitationibus, Thermeadvel Campo
ipfoMartio,& harenaPlatearum;solasin Thermisobibantla exercitia có
uationes. Quo ritu ad imperium vsque Principum perseuerante (vnde planè
stitute. constarepoteritThermas exercitiorum cauffa fuiffeinstructas vbicunqueali
qua fierent publica edificia, ac populi celebritas,iuxtà constituebantur et Thermæ.Exemplo
primùm Agrippæ clarissimo; qui ob celebritatem admira bilistempli
Pantheon,atque Campi Martij; iuxtà,Thermas suas extruxit. Sic NERONE posteà Neronianas
suasiuxtà Agonalem circum, ob Ludos, qui ibi fiebant celebres,constituit.
Necfecus authore Suetonio TitusVespasianus dedicato Amphitheatro, Thermas
celeriterextruiiussit: nimirùm ad Amphi Palestrari theatri,& exercitiorum,
quæineofiebant commoditatem. Donectandem cum Ther. Illustratacuni Imperijmaiestate
Architecturæ peritia, more Græcorum Palæ mis coniun-ftræcum Thermis fuêre
coniunctæ, vbinimirùm generosa iuuentus,relictis iamruribus, atqueharenis, simul&
exercitationes obirentomnisgeneris, ac lauarentur. Atque hinc non solum opera Thermarum
fuerunt elegantiùsdi. sposita,atque admodum amplificata, sedtantam etiam
promeruerunt o m niumgratiam, vttotaciuitas paulatim hancsusceperit consuetudinem,
fre quentare singulis diebus Thermas, et tàm Senes, quàm consulares, atque
amplissimi ordinis viri, nec non artifices, et matronæ. Proveteriinstituto,
acftudio virium, promunditia, et prosanitate, atque omni cura corporum.
Romanarum Thermarum cenfura, atque Magnificentia, Quæ quoniam frugiinprimis,obeam,
quam dixi causam et ad ritum la.10 Etæ 40 čtio. A e c ergo initia, atque hæc
incrementa fuerunt thermaru m Romanorum. Primò quidem institutæob ritum
laudabilem,quem exer citium, et vitæratioillorum temporum inuexerat. Deinde au Therme con Therma au Ctæobcommunem
vtilitatem, et magnificatæ cumpalestris. Eradfum mam tandem amplitudinem, ac magnificentiam
perductęob delicias. quem ad modum à nobis ex earum aliqua descriptionem on f
trabitur. Quan quam id quidem, prorei, atq;vrbis magnitudine, haud nostroindigeret
testimonio,descriptio qui Medicinę duntaxatineis instituta profiteremur: nisi minusplenèomnes,curnecela
quide Architecturaconscripserunt, earummaiestatem expreffiffent. Nam ria.
quidde VITRUVIO libriseliciemus,nisinudaquædam lineamenta,atqueeaqui Invitruvio
dem nonadmodum explicata, paucaquelocabalnearumsuitemporis,quan-censura.
doperangusta,& blactariafiebant balnea vt pauloantè ex SENECA testimo
niodiximus quæeiusætate, et poftcà maximè, locuminter primas ædificio rum vrbis
magnificentiashabuêre? Minusàiuniorum scriptis,quimutatis rebusposttotsecula, acminus
concordibus, quif parfimdeeismeminerunt authoribus; fatissibi,atquelegentibus
fecisseratisunt, sivastamduntaxat Thermarum dixerintmolem, ac Dedalei operisinstar
admirarentur, cùm ta men Romanarum rerum magnitudo cunctarum nationum miracula
supera- Medicorum. uerit, non in Thermis folum. Minimè omnium à medicis. Quos
turpe h o dieadrectam lauandiægros institutionem videri deberet hæcignorasse;
indi gnissimumveròproea,quam profitentur Galeni imitationem,quæ vixvlla
essepotestsinehorumrituum notitia, inquibus ferètotaeius doĉtrina versa 20tur.
Quam obremoperæ preciumest, advniuersam instituti nostril rationé, Therme an
aliquam ThermarumVrbanarum, partiumq; ipfarúcensuramfacere. Princi-publicę,an
pio Thermas fuissedecreto publico constitutes vt eftdictü non eft dubitan
priuata. dum.Nam idmultæ declarantauthoritatesscriptorum,acmarmoreæ tabu
læ,inquibus vel Senatusconsulta leguntur, vellegespositæin Thermis,ve! munera.
Quę exmultis pofteàritibusdeclaranda venient, vt potè, in aliquo publico gaudiosinemercedepræstarisolitas;
veloleum gratuitodari incom muni veròluctupublicè Thermarum vsum
interdicisolitum. Imò in priua tispęnisexéplum legimus apud VALERIO MASSIMO Titio
pręfectoobigno miniofam deditionem Calpurnium Cor. Conuictum hominum, et balnearu
vsuminterdixisse. Verùm quinegant Thermas opera fuiffe publica,memi sedin Thermis:
quarumhodieamplitudinem, accelebritatem,hac sancta religione introducta,
templanostra, ac pia xenodochia immittantur. Quare et Thermæ Xeniædicte, quæ ita
apud græcos cognominari folebant, quasi hospitales, et gratuitæ, quo cognomina
Thermarum publicarum vtitur manı Thermarum nissedebent magnificos in eis
Imperatorum titulos, qui æternitate nomi- Thermarum nissui,
tantioperismagnitudine affectassevidenturacRomanis suis, vel Po- magnitudi Oo
pulo gratuito constitutasindicant.Quo planum fitetiam,easfierioportuis
secapacissimas. Non enim in templistuncconsueuit populus congregari, quæidcirco
angustafiebant, acsuisquisqueindigetisacpenatibuseratcon tentus, Tuniorum, nis
ratio. Therma xea 40. Vnde perperam inhistorijsretulit Volaterranus, quiblice.
M.Tulliuspro Cælio legitproSenensibus, cùm nus Francisci Patritij imitatus,
Senias primas verò scripta subSenarummenioria.Inter quam
balneainantiquislegantur, quarummeminititem palatine.,credo fuiffe Palatinas,
atquehas xenias per acpublicas, ademissaria Aque Claudiæ adeaspofteå Cicero,vbi
Sex. Rosciusoccisus,authoreeodemSene,earum cura erat publici muneris Max.
ductæ. Necminus ætatem, quails et Cato, et Fabius ca, nobilissimos Aediles
antesuam, acsuaetiam et alij, populum inthermis exigend imunditias gratia
receptare niæ dop H. 2 manutemperare folitos. Balneator estamenin Plautolegimus, et pofteain Balneatores
M. Tullio CICERONE pro Celio, quieiministerio aderant. Et Iureconsulcus.Instru
et Balneato me nto inquit balneatorio legato, balneatores continentur, quoniam
sinerium lega ti. his balneæ vsum suum præber e non possunt. Producto autem
seutis annis instituto ipso ad luxuriam Principum, non solùm capacitatitantæ vrbis
con sultum eft, fed citrà vllam mensuram aut modum, et vt Ammianus aflimi
Thermarunlat potiusprouinciaruminftar,quàmvlliusædificijforma Thermascæpe
numerus Ther.Impe runtextruere.
Extatinterprimamonumenta,M.Agrippam,inAedilitatis munere; quodpostconsulatum
gessit, gratuitapræbuiffebalneaquæ'po steasub Nerone,vt testator Plinius, ad
infinitum auxêre numerum. Sextus autem ANTONINO victorin censu partium vrbis,
Thermas, amplissima opera Imperatori axii. nominauit. Priuatarum verò balnearú,
quasad priuatosvsus Ther. Priua qui lautè viuerētsibiinproprijs domibus
compararunt, numerum exeodem ta. fubducimusferèdcccLx. quassuccinctèperregioneshicrecensebimus.
Prima s ergo harum duo deci m non eft dubitandum, fuisse Agrippę Thermas,
qui Ther. Agripeo dé authore Plinio, imperáte OTTAVIANO eiussocero, multa et egregiainvrbe
perfecitopera, ac Thermas fuaslytostrato, acencaustopinxit,& pauimétaex
Neroniana. vitropofuit. Erantautemvltrà Campum Martium adfiniftram templiPan
theon, vbinunclocusvulgò Ciambelladicitur, vtquæin Campo et inAgo nali Circo
exercitaretur iuventus, hinc Tyberisnaturalem aquam, hincverò calentiumin Thermis
aquarium haberet commoditatem, vbilauaretur.Ineis verocùm neque capacitati,
nequeadeodelicijs consultumfuisset, eodem au. thore, successit quadragesimo circiterpofteàanno
Nero profusiffimus Imperator, quiad Agonalem ipsum Circumsecundas Thermas suo
nominee ex truxit. Inquibus,vtscribit Lampridius, syluasdeputauit;&
nonfolùmdulces, Alexandri. Sed vel marinas aquas interdum, velalbulasper Aquæductus
Anienisadduci ADRIANO Traiana. eum fecissememinit SVETONIO.Ponitidē Lampridius Alexandrinas,
ab ALESSANDRO SEVERO extructas in CAMPO MARZIO quas quidam easdem esse NERONIANAS
putant, quam tanto imperio fastuo- 30 sam,par erat hac quoque non carere superbia.
InIli et Serapide Moneta Regione, cùm Titus Amphitheatrum dedicasser, Thermas
iuxtà celerite rex truxit, Suetonio;quæ tertiæfueruntImperatoriæ, nimirùm
inAmphitheatri celebritatem& commode vti diximus et id circo breues.
Quartæiuxtàhas Traianę, quas Traianu sobhonorem Suræ, cuiusstudioad imperium
perue nerat,erexit,ac Titi Thermis maiores, vbiquæextantmira Aquarum rece
ptaculaseptem Salas vulgo appellant. Priuatæveròintotahac Regione Bal
cömodianæneę xxx.I n Regione ad Portam Capenam, quintæinordinefuerunt Com et Seueria-modianę,quarum
&Alexandrum Seuerum affectassenomen videtur: etiamsi nę. Antoniana.
interpriores, acnoftrosantiquarios, aliquafitdelocis, et temporibus,&
cognominum assignatione varietas. Inquapræterhas,extantalicuiusnomi nisapud
authoresciuium balnea, Torquati,Vettij Bolani, Mamertini, Aba s c antiani,
Antiochiani, et priuatæ aliæ Balneæ Lxxxv. Sextæ in Circo Maximo Antonianæ,
quasmaximas verè dixeris, Spartianoauthore,quieasm e minitadradices
Auentinicollis ANTONINO Imperatorem cognomento CARACALLA minchoasse, perfeciffeveròeundem
Seuerum:mirahodie architectu ra, ratoria. pa. na. Agrippina. Titi.
instauratas. Adhæc P.Victor Hadriani Thermas. Et ex priuatis Balneisintotahac
Regione Lxu11. Eodemtemporeerexitquoq; suasTher-: mas iuxtàExquilias Agrippina
Neronismater ra, nec imitabili, cum Palęstris coniuncto. In hac et Varianæ, et Decianępo
sterioresnumeranturaP.Victore,necnon Syriacæaliæ cognominatę, et Pri
uatæaliæLXIIII. Seueriquoque nominef uêrein TranītyberinaRegione Scueriane.
Thermæ, eode in Spartiano teste. Necnon Aurelianz,Vopisco. Balneuitem
Aureliane. Ampelidis, Balneum Priscilianæ, et Priuatæ aliæ 1xxxvi. Inter Esquilias et Montem Celium, apud
Titi et Traiani Thermas, PhilippiImp. Thermas Gordiani. amplifl. ac pofitum
estadperpetuamrei memoriaminipsabasylicadistichuin,deAngelis. Quodlicànobisest
restitutum. Quæfuerant Thermæ, nunctemplum est Virginis, auctor El Pivs
ipsePater,cedite Deliciz. ruptèdicuntur, et Priuatæ intota hac Regione 1xxv. Porròrecenseturinli.
Esquilijs Regione Olimpiadis Lauacrum, vbisummo colliculo Sancti Lau Vltimæ
Cæsarum nomine, Constantinæleguntur ThermæinCliuoMontis Quirinalis. Quas non reparatas, non d e integro ex tructas à Constantin
o e x i ftimo, cùmvetuftofatis appareant opére. Necnonmarmoreæ tabulætestimo
nio, quodlegitur: HAS CIVILI BELLO DEVAST ATAS QVANT VM PVBLICÆ PATIEBANTUR
ANGVSTIÆ PETRONIVS PERPENNA RE STITVIT. Propèhas L.quoq; PauliBalnea,quæ vulgò
Balnca Napolicor- Balnea Pau rentijinPanisperna,monialium
ecclesiahodiecelebratur. Adcliuumcollisà Olympiadis. Suburra Agrippinæ
Neronis,quod diximus Balneum, et infrà Nouati ciuis alix balneæ, vbi S.
Pudentianæ est ecclesia. Et Priuatæ aliæ in totum lxxv. Subinde vede
Priuatisreliquisbreuiteragam: erantinquarta Regione, vbi et Templum Pacis,
Priuatæ Balne xLxxv. cum Daphnidisbalneo. In Celi montio xx. Invia Lata LXXV.
In Foro Romano iXVI.In Piscina Publica xlinn. InP alatioxxvi. Pluresin Martialesparsim
leguntur Thermæ, Tuccæ,Hetrusci,Grilli,Lupi, Fortunati, Pontij, Seueri, Fausti,
Peti,Ti ti, Tigillini, quarum locanon assignantur. PorròextraVrbem nonminor
Thermarum cultusessedebuit, vtexquarundam preclariscolligimusm onu,
Constantina. Mentis. Erantad Hostiam P. Tacij Thermæ, centum Numidicis columnis
Thermeer Ooij adscribit Pomponius Lçtus. Necprocul Gordianorum Domus, quam escry
psitIul. Capitolinus admirandam, ducentas columnas vnostilo habentem, et cum
Therinisadeolautis,vtprætervrbanas, vixaliæfimiles haberenturin toto orbe
terraru m. In a lta Semita Regione, Viminali colle, Diocletianæ ex – Diocleti. 1
1.. tant Thermæ, qua sincçperatquidem Diocletianus Imp. Cuni ordine exactif
simo, atque amplissimo Palestrarú omnium generum, inquarum opus quadra
gintamilliaChristianorumeum addixisseaccepimus. Ob magnitudinem tamen vt in
Marmorea tabula legitur CONSTANTIVS ET MAXIMIANVS OMNI CVLTV PERFECTAS ROMANIS
SVIS DEDICAR. Hę,cùm in fermè ædificio admirandæ permanerent, hodie Cartusiensium
Mona tegro sterio Sacræ, Pio Iu11. Pont. Max.subtitulo Sanctæ Mariæ de Angelis
magnificèrestaurantur: Curante M. ANTONIO AMV110.S. R.E.CARD. S. Maria exornatæ. Arpini suas
instituitThermas Cicero,scribens ex Asia ad Q. Fra trem. Erantin Lucullano,
quænunc Frascati vulgò dicitur, Luculli Thermæ, vbi nos integra vidimus
Hypocausti vestigia. Ad Baias autem Thermæ Baians. erantprætervrbanas,supraquàm
quisoptarepotuissetvoluptuofiffimæ,na turaipsaibia quasvberriinè fuppeditante, gelidas,
calidas, et plurifariâfalu bres, quasfatisinsuishistorijs celebrauimus. Quid
verò hìc cęteras Italię pro sequar Philippi. Trarbem L. haberet?
Quinetiam Rusticanas, inquibusfamilia vt inquit COLUMELLA et Rusticana. exeo Palladius
ferijssaltemdiebuslauaretur: nequeenim frequenteniearū vsum robori corporis
operariorum conuenire. Similiterhunc morem acce Aquarum maris, et portuum commoditate,
aquarumduntaxatsustineretpe-': nuriam;hacinpartevenisseincertamenquodam modo
cum naturavisaest, vtaquarum quoque essetabundantissima. Itaquecumhocdesiderio,
crescen teindiesinstituto Thermarum, et modò aliaatquealiaadducta multo spatio
temporis in tantam aquæ venêre copiam, vt Augusti ætate, Strabone teste,
pervrbem, atquecloacasomnesinundareviderentur, et vni uersæpropemodum
ędessubterraneos meatus, syphones, acfistulasvndo sashaberent. Quo tempore M.Agrippa
Augusti ipliusgener, quem complura invrbefecisse constat opera, cultu,atqueedificiomagnifica;aquarum
Cu ratorperpetuus, PLINIO, alijscorriuatis atque emendatis,& alijs nouiter
adductis,septingentos lacus fecit.Pręterea fontes c v,Castella Lacusintelligo ex
Frontino, alueosbreuimuro,inquibusaquæ reciperen tur,& aliaexalia, vt fiunt
apud nos Fontane,Lauacra,Fullonum stagna, jumentorumaquagia, et huiusmodipublicacommoda.
Fontes,
quiprimas ac fyn ceras ex Castello funderent aquas, pauciores id circo quàm
lacus. Castella, certaAquæductuum receptacula, ad MęniaVitruuio,&inviarumdi
uortijs, vbi aquarum facienda esset distributio. Quale etiam num visitur in E r
quilijs Castellum aquæ Claudiæ, indiuortio ad portam Maiorein nunc dictá et
adpisse reliquas Provincias, quibus Romani imperassent, in transcursu
diversarum lectionum obseruauimus. Prætermultas, quaslegimus Romanis anti
Lacus in vr sequar Thermas, cùmeatempestate vulgò vilaquæ libetdiuitumfuas
balneas quiores, vtquasprimasin Greciadiximus, in Asia,inSicilia,&
apudPersas Hebræorum DarijThermas, quasPlutarchusdescribitditiffimas, et lautiffimas.
EtIose
Hifpanorum phus Hebrçorum Thermas ad Ascalonem, ad Tripolim, ad Damascum, ad
Ptolemaidam. Hispaniaqua calidalauari poftfecundum bellum Punicum à 10
Romanisdidicêre,anteànon consueueruntnisiin frigidalauari, authorIu stinus Historicus.
Multæ occurrunt apud authores Thermarum memoriæ,in Germania,in Gallia,in Britannia,aclongè
plura ipfarum vestigial visuntur in Italia, in quibus vidi sępius per inscitiam
etiam doctos virosobstupescere, alij Theatra, alij Labirinthos, alijmemorandas
moles alicuius sepulchri ia ctantes.Quarum tamenritum legimusvenisseadeo communem,
vtnonco lonias, et municipia solum,sednemo dignè tùm Romanam militiam profi
terivisusesset, quinon haberetsuabalnea,& gymnasia, inquibuscommi
litonessuiexercerentur. Quod de CleandroTribuno equitum Commodi Cęs.meminit
Herodianus. Indomesticisveròvsibusbalneum eratviainci-20 bum, vtnotauit
Arthemidorus. Cuiusreipassimhabentur exempla,quùm ex itinere,labore, acexercitio
quopiam balneum primò ingredi consueue rint, et pofteamollia quarumfotu
recreatiaccumberent. De aquis vrbanisad vsum Thermarum adductis. Externe. aqua;
haud copiaivrbe bequid. Fontes V Ros autem Roma, cùmprætercæteras gratias, quibuseamaltissi
musdecorauit, salubritateaëris, situagriadimperium opportuno, zo adportam
SanctiLaurentij,quod pofteà C.Marijtrophæisinsignitum, adhuc illius retinet
nomen. Porrò fingulis castellis aquaruin erant propositi Trophça
suiCastellarij,vtpræclaroquod Romæ legitur epitaphiocostat. D. M. Clemen
Aquarum propria commoda. Mirariveròlicet inprimis ipsarum ductuum fabricam,
duétuumma dignam planècùm magnitudine operis, tùm certè publicaipsavtilitate,
quęgnitudo. Pluribus mundi spectaculis proponenda esse videatur. Molesingens, àdimi
dioferèItaliæquædam perducta,partimexcisisac perforatismontibus, par
30timascendens, partim abimis vallibus perimmensosarcussublata, quibus Aufeia,
et 20 fue xit. Et anteà lib. 31. cap. 3. Clarissima inquit Aqua
ruinomniumintotoorbefri goris, falubritatisquepalmapræconio vrbis Martiaest,
inter reliquadeûn damlociscentum et nouempedesaltitudinismensurantur.Vniuersamverò
omnium censuram ita habuit Frontinus. Altissimus Anioestnouus, Proxima Claudia,
Tertiumlocum tenetIulia,quartum Tepula, dehinc Martia, quæ capiteetiam Claudiæ libramæquat,
deinde Appia, omnibus humiliorAllie tina. Primaverò, vtpropinquior, et maximècommoda,
Appiaadducta co ftarexTusculano:Cenfore vtfupradiximus APPIO CLAUDIO, annovrbis
Appia aqua quæ perportam Capenam,nuncSanctiSebastiani,inocto vr munera
vrbitributa.Vocabatur hæc quondam Aufeia.Fons autem ipfePico nia.
Oriturinvltimismontibus Pelignorum.TransitMarsos,& Fucinum La piconia
tempus addu tiCæsarum N.Seruo CASTELLARIO Aquæ Claudiæ fecit Claudia Saba
tis& fibi& fuis. Extat Senatus consultum apud Iul. Frontinum,quoaquam
non eratpermissum nisiex castelloadducere,ne autriui, autfiftulæ publicæ
lacerarentur. Publicisidcirco Thermis, propria castella videnturfuissecon
ftituta: qualia videmus integra ad Diocletianas Thermas,& adTraianas,mul
tiplici opere con cameratas.In Priuatisautemprima Censorum, aut Aedi
liumeratauthoritas,quorum arbitratupermodulos, digiti, velvncięnomi ne certo annuo
solute vectigali concedebatur. Legequecautum codem te fte,ne quispriuatus aliam
duceret,quàm quæ exlacuredundaret, quam ca ducam vocabant: et hancipsam non in
alium vsum quàm balnearum, aut fullonicarumdari esse solitam. Omnem
aquaminpublicosvsuserogari debere. Cæterùm quotnumeroessenthæaquæ, quæ, quonomine,
et quo tempore,& vnde adducerentur, breuiter percurrendumest. ScribitPro
copiusIustinianiCæs.fcriba,Romæ quatuordecim fuisse aquarum ductus, excocto
latere,ealatitudine,acprofunditate, vtferèequesteripsocúequo
pereosposseteuadere. Nos Frontinum imitati, qui Nerva imperante pręfuit
hisceoperibus curator perpetuus, et fcriptis cuncta sid elitermandauit, octo
aut nouem suo emissario per ductas dicimus. Quę fuerunt ex ordine, Appia,
Anienisvetus, Martia,Tepula, Claudia, Anienisnouus, Iulia, Allietina, et virgo:
etiamsi pofteàduplici, acplurinomine, vtvsueuenit,fuerintcogno minatæ. Nam poft
Frontiniætatem, non aliamlegitur, prętereasfuiss ead ductam, nisieasdem
àdiuersis Imperatoribus autinstauratas, autseductasad bis Regiones exviginti
caftellis distribuebatur. Quadraginta veròannispo- tus. fteà, exmanubijs Pyrrhi
Regis Epiri, Spurio Garbilio,L. Papirio Coff.prima Anienisadductafuit, vtetiamcommodavrbi,
et altæoriginis supra Tybur.Martiaquę. Tertia fuit adducta Martia, dicente PLINIO.
Q. Martius iussusà Se natu Aquarum Appiæ, et Anienistegulaductusreficere,
nouamànomine suo appellatam, cuniculispermontes actis intràpræturæ cum, Marü.
Anienis ve Oo i 1 Triana. cum, Romam non du biè pet ens. Mox specum er sa
in Tiburtina se aperit nouem millibus passuumfornicibusftructis perducta.
Primuseam invrbem per ducere auspicatus est Ancus Martius, vnus exregibus. Poftea
Q. Martius Rex inprętura, rursus querestituit M. Agrippa. Hæc PLINIO. Hancdemum
et Traia namnuncupatam aserit Frontinus, àTraianoin Auentinumvsq; protracta.
Quartafuit Tepula, quaabagro Luculli, quéin Tusculan oex VARRONE legimus
Tepula,. Gn. Seruilius Cepio, L.CasiusLonginus Collin Capitolium perduxêre,
via, quæ PortaMaiorhodie appellatur,claristitulis Cæsarum, Claudij, Claudiaque
VespasianiT, iti,& M.Aurelij. Eamquidemdestinaueratprius Caligula,per et Curiadaduxitveró
Claudiusabvsque xxxvi. lapide, via Tiburtina, èfontibus Cæ Cerulean
ruleo,Curtio,atque Albudino collectam, quibus fæpènominibusscribitur.
Adduxithiç et alteram Anienem, cui ductui ad differentiamveteris, Nouus Anio cognomen
tumfuitinditum, Frontino authore, qui& ipfumpofteàre Fons Albu ftituit. Concipiturautem
per agrum Tyburtinumxx, milliario, operealtili-. Moad Portam Esquilinamadducto.
Aquam verò Iuliam admiscuitcum Tepu laM. Agrippa, viaLatina,quæab Aureliano iterurm
eftituta, eiuscognomen Julia quęeg assumplit. Ållietinam,quam et Augustam,
miratur Frontinus Augustumpro Aureliana, uidentiffimum Principem per ducere
curasse nullius gratiæ, imò et parum sa Alietina, lubrem,nisi fortecùm
opusNaumachiæ aggredereturtrans Tyberim. Quidam ob hoc eam intervrbanas aquas
non numerant. DE AQVA VIRGINE QVAM duxit Agrippa, vt PLINIO, meminitlib.31.c.3.&
deinde Claud. Cęs.Pri mum veròauthorêCaium Cęs. Fuisse indicant marmoreæ inscriptiones,
quarú 30 vnaineiusaquæductuita legitur. Tit.CLAVDIVS DrusifiliusCesarAug.
Nominisra-ductusaquæ Virginis destinatosper Cæs.àfundamétisrefecit,
acrestituit.Virginis porrò nomen vt Frontinus scribitnobilis author de aquis
vrbanis ad cafum fuithuicaquæ inditum:nam quærentibusa quammilitibus, puellam
virgunculam quasdam venas præmonstrasse, ac il as sequutos in gentem aquç
moduminueniffe. Aediculaidcirco Virginisfontiapposita.Quod nomen
posteavidenturadsciuiffe Dianæ, ac Triuiænuncupaffe, quasi Dianæfonsdi Fons
Diane triplex habere dicebatur numen, celebrarisolita, necnon à
triplicifonte,qui- 40 bushæcaquaconcipitur. Vel vt quibusdam placet antiquarijs
virginisno futurna menindicasseIuturnam,quam Nymphamsic dictam teste VARRONE
quòd Nympha. iuuaret, invotisfuisehabitaminfirmis, quiexeaaquabiberent,
facramque in via. simulat que puteum, qui extat, dive Mariæ Virgini
fuisse consecratum, vt ran In Triuia. Libetquiseiusnominis interpretationem
accipiat, verumtamen eofit magis verisimilisnoftrafententia huncfontemfuisse
virginéàDiana,& Triuianun Meuiæ,quæ dinus, Anio nouns 20 vocant Şaloniam,
tio. Vel Triuię. et aqua Diançsacra, quę veteribus virgo habitaest, et in
Triuijs, vt AQVA autem Virgincquoniamsola hæc ad nostrum hanc ætatem Romam
perducitur, altioraliquantosermo habendusest. Eam per cupa Primus aute D thor,
ceretur, 10 Latina dextrorsus, longex1, milliapaff. subterraprius, deinde
arcuato opere. Quinta, ac fausti nominis fuit aqua Claudia, vtinfrontispiciolegitur
Portæ id circo hanc ædemei fuisse constituta masseruntiuxtaipsum fontem,quam
Sinct. Mar. posteà Religione introducta, insuperstitionem præteriti seculiabolendam,
JO est Herculaneus riuus, quem refugiens, virginis nomen obtinuit. Hactenus
Ductus lon Plinius. Habetautemductus longitudinesàcapiteadipsum
Triuijfontem,girudo. spatio a bestàvia Prænestina, dicente Plinio.Marcus Agripa
et virginéaddu ” xitaquamaboctauilapidisdiuerticuloduomillia pafsuú Prænestinavia:iuxtà
(vt Frontinus dimensus est) milliariorum XIIII.n a m vbi fpecus subit montių,
vbicircuitcolles, velvallesæquatarcuatoopere, multos habetflexus. Pro greditur
Anienemfuuium, acintersecta Tyburtinavia, et exinde Nomenta na, et proximè
Salariavia; tandeminter Collatinam Portamque estsalaria, et Puteus Po. Pincianam sub colle Hortulorú, qui est
hodie Sanctæ Trinitatis, ad Trivium litianus vicum exilit fonte. Subitautemeum
collempro fundiffimnospecu,cuiusho die puteus altissimus repertus estin medio
viridario, quod magnifico, ac con spicuointotāvrbem ædificio ibi constituit
Cardinalisamplish. POLITIA. 20NVS, et vtrinqueduæ eiusaquæ marmoreæ
inscriptiones.Tı.CLAVDII nomine. Etquo digno tum fuit magnisilis Romanorum
Architectis, erita; omni futuro seculo memorabile Camilli Agripæ Architecti
inventum, salientemsuaptes ponte facit aqua (impulsam tamen in æreum tubum
rotis ræ, primam fanèlaudem promerentur Sanctiffimi D.nostriPivs IIII. et qui -
statim ei successit Pivs V. Pont. Max. quivirginem ipsam aquam ad Virginisper
pristina mantiquorum formam perducerecurauêre. Quippe lapsu temporum hæcaqua
varias subijt mutationes,& quodmirum eft, vsqueà Plinijtem lutem. Pofte àc
raffantibus in Italiam,& invrbemipsamtot bellis,acvaria rumgentium
incursionibus: plana in historijs monumenta habentur, quæ ductio. Refert
Platina, Adrianum patria Romanum Pont. Max.d omitisiamaf. Adrianiin
fi&isque Longobardis, anno falutisnoftræcirciter Virginis Stauratio.
Aquæductum dirutum, cumalijsvrbisaquæ ductibus restituisse. Donecite
rumnonmulto poftdirutus, protantarerum, quæsuccessit calamitate, nuf quam
prætdr e a videtur fuisse restitutus. Nam
quod in ipso Trivii fonte legi Nicolai. tur, Nicholaumv. annoabh in ccxII.
Virginem fontem restituiffe, planevi detur is Pontifex haud vllam antiqui
ductus huius aquæ partem instauraffe; sedconfluentesduntaxatè vicinia venascitràpontem
Salarium prorefugio vrbis collegiffe, quæeftminimapars; virgoigitur aqua octauo
vt diximus est Salonia. Milliario concipitur,vbi nunc locusà Salone dicitur:
Quæcunque fuerithu ius nominis significatio apud vulgus, quod,vt consueuit
huiusinodi aqua run conceptaculafalasdicere, forsan et hoc obamplitudinem areę
Salonem nunc uparit, dicente præsertim Frontino, hunclocum vnde virgo aqua con-
Riuusnúad iicitur, palustrem fuiffe, et vt scaturigines contineret, lignin
operecom-mititur. 40 cupatum, quod nomen ipsum ædis Sancta Maria invia,
vulgari (vt videtur) vocem utila dicitur, pro Sancta Maria in Trivia, vbi
multa cum devotione Beatæ Mariæ Virginis etiam num ea aqua ab infirmis bibitur.
De Fonte ergo ipso quia d huc in Triviæ vico celebris est, non est dubitandum.
De origin eau - Origo. tem, Pliniusa pertèdicit concipivia Prenestina.
Frontinus autem Collatina ad milliariumoctauum, quæ vtquidam
putant,duorumcircitermilliariorü pore(vtipsememinit )cæpithuius aquæ fimulatque
Martiæpenuria: Ambitione inquit ac auaritia in vilas,acsuburbanadetorquentibus
publicamsa Artificium per Usurpatio. Herculews ipsam aquam volubilibus,
et machinis) quæ eximo puteoads ummam planiciem. paffusexilitfonte,
actantavbertate, vt non hortosfolùm,fed et totam quoque subiectam vrbis partem
reddat irriguam. Cuiustam frugiope Agrippe. mu 4 OO 111 munitum, quod nunc
quoque visitur aliqua parte. Iuxtà estriuus Herculaneus. quemtamen non
admittit, tùm quia locus palustris humilisque est, acvligin e totus obsitus;
nec aquæ est satis vtilis: tùm qui a satis fupe r q; adeam formam
aquæductus Salonia est. Neceum riuum admisisse antiquos,satis apertè de
clarantea Plinij verbaiam allegata. Iuxtàest Herculaneus riuusqué A Salinis
refugiens Virginis nomen obtinuit. Nec secusdimittendaeorum sententia aqua.
est,qui ad Salinas vocatas à Frontino aquas pro Salonia acceperint: cùm hæ
longiusinfluantà Salone, sinistrorsusàvia Præneftina, vcidem Frontinus
inquit,passuum septingentorum octogint aquæ vel Appia aqua, vel Appix
Appi&origo carestudeat, piètamen et public vtilitati consulens, opus tàm
frugiprofequu Vltimaper tusest, aquamqueVirginem, ad eotot seculis desideratam,
hocanno, acmen se MDLxx. decimoseptimo Calen.Septembris, cummaximo totiusvrbis
applausu, ac gaudio perduxit in totum. Consultistamen prius (vt Sapientissimum
decet Principem) Medicis, àquibus et bonitatem aquæ, et vtilitatem, quam
præbere posset huic almæ vrbì re latam comprobauit. Qua dere Naturaem hæc mea
eft sententia: Sanè magnum argumentum bonitatis huius aquæ hoc Qualitates
esseexistimo, quòd hæcaquafueritinvsu, vt nunc quoqueeft, longiffimis seculis. Quippe hæc primas sempermeruit laudes
simulcum aqua Martiain tercæteras vrbisaquas. PLINIO Quantum vir
gotactu(hocestfrigore)tantumpræstatMartia haustu: alternante hoc bo tactus intfrigidæ,
easnonperinde(laudabiles) et haustuesse. Hæcs uccinctè Plin. Hác aquam
Martialis cognominatcrudam, ilisuerlibus. Ritussi placeanttibi Laconum,
Contentus potesaridovapore 30 te influentium, et tepidarum, et frigidarum
aquarum; hanc specialiter vsu Ab experi- balnei comprobat frigore, et profrigida,
metri causa dixitcrudam. Velcru mentis. Dam intelligas eum dixisse in
comparatione aquæ Martiæ, quæ (vt dictúest) vtilior haultuerat, virgo tactu. In
experimentis, tardius hæccoquit legu mina, accibariareliquaque
Tyberisaquęlimpidę,& Cisternales aliquę.nimi rum quia fluuialeseiusmodi,
inrespectu fontium, omni exutæsuntcrudita te,ac pluuiales magis aëreæ. Cæterùm
hęcaquanullis fontium aquis vide- 40 turmeritò postponenda. Cætera verò quæ leguntur
aquarium vrbis nomina, aut variæduntaxatipso nomin e sunt, sicut iam plura ali
cuia quę adduximus nomina:a u t externę sunt Crabra. Sabatina Lacus Saba
saporem, inter vrbanas non adnumerant. Nec Crabram,quæ erataliaaqua, aquæ, nonvrbanæ.
Quomodo quidam Alfietinam, ita vocatam obingratū tis. Amnis Tusculanis,
vndeaduehebatur, relicta. NecSabatinam,quamàLacuSa Larus. batis, qui hodie est
amnis Larus, nouissima momnium aquarum breuimo. Io ductio. Martialis. pars per Capenam portam, nunc
Sancti Sebastiani ducebatur in vrbem. Tota ergo virgo aqua Saloniaeft,
multisvenarum, et riuulorum acquisitionibus vt Frontini verbisvtar obitervsqueinviam
Salariamaucta'. Quam Pivs IIII. Pont. Max. vt delectabatur vrbem suam æternis
monumentis, publi cisq; idgenus operibus adornare,destinauerat.Pivs verò V.
Pont. Max.cũ fanèprimùm orthodoxam fidem noftram à tot seculihuiuserroribusvendi
no, vtquæ Cruda Virgine Martia quem ergi. Quo nomine haud quidem
cruditatisvitioeāhic Poëta damnare voluit. Sed mirisex tollens laudibus
Hetrusci balneum, blandicie præsertim, et varieta dulo 20 qua quanı
diversæ à prædictis aquæ. Quod vsu cuenit in eternis id gen us operibus,
perpetuams ibiquisque memoriamcomparare.ItaqueprimaTherma structuræ exemplo,
nulloque integrèscriptoremandata literis, nisi obiteràmultis, et controuersè.
Et quæ obfitaadeo vetustissimis iacetruinis, vt quanquàm peritissimi multi
hacętate antiquarij conquisitiffimè studuerint easinali quamlucem reuocare: nonminortamenadhucrelictafit,
magnis etiamingenijsconfusio, vtquęsparsim dehisleguntur authoritates scripto
rum,cum paucis quæ ipsarumapparentreliquijs concordentur. Inprimis describenda esse
tixvoypapíce, basisquetantiedificij, quam noftriadverbú Plan tamrectè
appellant: at hæc diuersissima habeturabe aquam tradit Vitruuius, neceadem
dispositioin omnibus Thermis.Porrò, præterfpatiaplatearum, mina esse tantum aut
instauratorum, aut insigniu meor undem constat, ha ud ac additos lucos,
hortosque immensos, ac Lacus, distinguenda effentloca exercitationum
àbalneis.Acloca propriacuique exercitij generiassignanda, vbicominus,
acbreuicirco, vbi eminusfierent, sub Diuo, subtecto, in Xi stis. Et quæratio
fuisset exercitiorum in Palestris, et quali aexercitia.Quis vsus præter e a
totaliarum partium: et quæ dispositio, Corycęi Ephebi, El cothefij, Conisterij,
Exhedrarum, Spheristerij, Xistorum. Etdebalneis, fi singulæ Thermæ plura
habebant balnea, at dubiumnonest,quæ naniratio 30 distinctionis, ancommoditati,
an loco, an ordini, vtcunctis legitur fuisse consultum. An omnibus vnum
essetcommune hypocaustum:& feu vnum commune omnibus, seu commune vni
partitioni, vt verisimile fit, quo loco maximècommodo.Anbinæ& ternæ, quæle guntur
lauationes, eodem fie rentbalneo, andiuerso. Etsidiuerso, aneadem
pluribusferuiebat,ansin gulisnouaaqua.Velquæ ratiotàmmiriartificij calefaciendivna
hora tantam aquæ quantitatem, quæ innumerabili populo sufficeret? Vnde et quo
certo ductutantæ aquæ copia? Quæ ratio erat Pensilium Balnearum, quastantocú
applause Vrbis, et totius Italiæ quosdamintroduxisselegitur? Quibusadid
valibus, aut balneis, aut alueisvtebantur? Etsilabrislapideis vt quidam putant
quæ videmus per Vrbem maximis: quæ eorum erant in balneis dispositiones, et quo
situ ad aquas accipiendas? Etdebalnearijsrebus, quæ fanis expedirent, et quæęgris.
Quiddicam delauandirituperordines; perætates, perleges, peranni tempora,
peripsa exercitia; acde innumerisdenique id genuscircunstantijs,quasvelnon
scriptasabantiquarijs,velper coniectu ramduntax attentatasà iunioribus,
merispotiùserroribus obscuratas, quàm explicatas invenimus? Quare nos dum hec
aliqua ex parte revocare in lucem intendimus, et quævsuimaximè medico
opportunasunt, exponere,nullam Fos Veneris 1 rum instituta, atquemomenta
Aquarum ductuum habemus. is fchnographia Thermarum, &dehisque tractanda funt.
Cap.v. Hermas verò per partesliterisinstaurare, haudquaquàm presentis muneris
est. Nec facile esset, pro tantæ molis magnitudine, non vnius
dulorestituit Hadrianus I. Pont. Max.quam et Ciminam interim appellariin
uenio, àCiminoipsomonteinFaliscis, fonteVenerisdeducta.Drusaauté, Ciminaaqui
Annia, Traiana, Antoniana, Seueriana, Alexandrina, et idgenusaliæ,no. ferè
Dubia in Ther. 2 Oov ferèiuniorum positionem fequemur: sedquátum
exrationeillorumrituum, Spacia Thersimulatque locorum ipsorum diligenti
consideratione colligerepotuimus, percurremus. Spatia in primis Thermarum
videmus amplissima: atque ad eo vt quasdam vndeciesmilliespedumtotaarea
continere constet,authore Baptista Alberto in libris de Architectura. In
Diocletianis, quæ inipsaareaappa
rentvestigia,præterspatiavndiqueplatearum,& prætermembra,quæinfe
riusacsuperius varijsThermarum ministerijsferuiebant, centum continent
partitiones, vario ac nobiliffim oordine. Nec mirum, siconsidereturpublici
çdificijmagnitudo,inquocommunis fueritratiomaximæciuitatisadexer 10 Magnitudo.
citia corporis, ad balneas, ad disciplinas. In is enim communia er
nt studia, tamanimi quàm corporis, necalia erantartium gymnasia, vndefæpè
apud authores Gymnasia legimus pro balneis. Necminus addelicias: Nam ratio
Gymnasia acresipsaostendit, nonfolùmvsuiinpartibus Thermarumfuiffe consultum,
verumetiamvtiuuentus faciliùsadea studiatraheretur, et delicijsmaximè, et ornamento
cunctarum rerum. Propterea Thermæ neque digniores occupa bantvrbis locos,
nequeintervilioresfiebantvicos, sed vbilocicapacitas, at Forma Ther marum, ac
partitið. Queoperis maiestas requireret.Vitruuijtamenętatenon videturfuissecon
suetudinis Italicæ vtipsescribit magnificareadeo palæstrasac Gymnasia in
Thermis: vtquibus satisad exercitiafacerenttùm Campus ipfe Martius,tùm
Agonalis, totCirci,totplatex,totaliaexercitationumlocapublica, et priuata. Sed
per angustas fieri, et paruas quales Agrippæ Thermas meminit Pli nius.Pofteà
veroperductoimperiovrbisad luxuriam Principum,non modò Græcorum more
constitutæ, sed dilatatæfuêreamplius,distinctaquem e liusloca exercitationum,
ac Gynınaliaà balneis. QualesAntonianæ, acDio cletianæde
maioribusextant,acmeliusdispositis:quarum sinunc præsumná describere
magnitudinem, non tam describere, quàm maiorem partem di gnitatis earum mihi
videbor minuere: sedharum maximè, ad notitiam tanti ritus, fequarvestigia. In
his edificationis eratvaria forma, ac varia dispositio partium: sedare a
amplissima, quæ in quadrum clausa, tribus vel uti perpetuis
circuitionibusdiuisaesset. In primovndiq; ambitu, quæ męniorumin ftar lib. s.
6. 11. totum edificium claudebant, errant gymnasia exercitationum, varioordine,
quædicemus. In secundo, longèlat eque spatia platearum, Xista, acPlatano nes,
ad exercitiasub diuo. In medio,tota ipfa moles Thermarum, quæ sunt membra
balnearum, Atria,simul atq; Xifti, et Palęstrarum amplissimæ porti cus,vbi VITRUVIO
athletæ perhyberna tempora intectisstadijsexer cerentur, actranfirentstatim ad
balneas, vt delineata primùm ipfa rumbasi, distinctèmagissingula explanabimus,
4marum. Thermæ. Ther. Diocl. 1 Oo vj Hexedra Lalitudopal. 200 choricen
Calidaria FOхNAT MC) V R a THERMARVM DIOCLE Longitudo Platego Atriolum Die
Scola riú BВ Spheriferti H Tostring 71 Apod TOD Schola Longitudo ΡΙΑΤΑ Laconica
Hexedra Basilica Fngida Topida n u" Agaagiâetlume ORIINS Hexedma Hephebri
ATRIVM nPoarttaitciuosnis la карэхэн Spheristerium 200 Hacera Lpatlitudo.
2 Hemicyclus Condste platego Porucus Tres Stadiate Theatric SET VN M
M HT NONES Hexedra A triolum sperifleriâ Laconicü Coniste Hephebell Hexedra
pal. Kesedara LongituPdloa. odyterium Hypocau Dico Engda Hexedra 'Jių rium
Porticus Staduatę Aquagiấetlume pal. OCCIDENS OS Tres salo ирэхэн ATIOTES
TIANARVM ICON. ATRIVM n Paotrattiicounsis Spenfterum IOOO. Basilica Tepida
Frigidai Calidariú Tõstrina A 5oC Hemicjclus sefala ridium PTENTRIO Scola
1 Departibus Thermarum, acexercitationum locis. N PRIMA ergo facie,
quæestadmeridiem, tertiam ferè partem mediamoc cupabat Theatridium. Quæparseratprincipalis,&
tang caputtotiushuius ædificij: vndeduplicem vt quibusdam videtur habebatvsum;alterum
extrinsecus, alterum intrinsecus. Ambitum enim exterioré ponunt fuisse arcuato
opere distinctum,& apertum,quo exéplo patet, circūcolumnium poftbafilicam
Posticã. ecclesiæ Lateranen.Vnde. f.ingrederenturquafiper Posticum, fiuedextrâverte
rentur, fiuefiniftrâ per porticus, apertèvenirentinampliffimam plateam,ac
exindè quò vellent, fiue in palæstras, fiue in balneas. In conspectu verò
interiori ergaplateas, eratTheatrispeciedistinctumcũsedibus, vbi.f.populus,&
maximè nobiles subvmbrameridiei sederetadludorū spectacula,
quiinplateisexercitij causa fierent. Partes verò quæ vt rinqueà Theatri dio
plures sunt, aliqui balnea putant. Ná quod rotunda forma est vt rinque inversuris
vnum,pinguntessecali darium, et consequenterponunt vnú Tepidarium,vnum
Frigidarium,& vnum lib.5.c.1 Apodyterium. Nec equidem nega uerim debuisse
quæ d ã balnea seorfum, et quali extra palestras constitui:
partimmulieribus,partim artificibus, &hisquivenien
tesàciuitate,statimintrarent, et quasiextràcon spectumpopularemlauarétur, et abirent.
Verütamen hæcnonfuifle balnea, hauddubièvidetur:nam iuxtàeá ria Sacella.
appictionem,nullus hicvidetur Hypocaufti locus: quoddebuite ffeinmedio, et commune
vtriqueordini balnearum, tefte Vitruuio, atinmediohiceft Thea tridiummaximum. Nec
eratconsentaneum, vtmébraspectaculieffentStuphæ. Deest et laconicum,nisifortasse
hæc opinio confundat laconicum cũ calidario. Saterat& vnum Apodyterium
comune, vtpotevnum vestibulum balnearum: hicduo ponuntur.
EtprætereaTepidariaduo,cùm tamenidemfitTepidarium, quodApodyterium. Melius ergomihi
videtur dicendū, hæc fuiffepartimipfius Theatridij membra, et partimlocaadvsum Athletarum.i.eorum,
quiexercendi essentcoram Theatridio, vtpote Conisteria, Elçotesia, et quædam
apertè in pla team, forsane quorum carceres. Duo pofthæc
Peristiliaquadracaoblonga, hinc (vt scribit Plin. Lunior de villa sua)
exercitationú generibus.Vel Sacella, vt nota
turperædiculasæquisvndiquespatiisstaruarum. hæceratprimæfacieipartitio.
Porròinaltera facie, quæabaquiloneeodem comensuhuic refpondet, videntur Gymna
fuiffe maiori ex parte Gymnasia, FILOSOFI dicata, ac Rhetoribus, reliquisq; q
studiis literarum de dissent operam.Vtpot epars magis remota àftrepituAthle
tarum,& litucômodiffimo, tùm propteramenitatévnibrarum erant.n.inhac plarea
Platanones, vt dicemus tùm proptergratafontium murmuria, inNataa
tionéipsamcadentiū. Quaproptervisum est pluribus antiquariis, inmediohoc
Vestibulu. Spatioå Septétrione fuifleprincipale vestibule totius huiusæ
dificij. Ex quo per40 Hexedre medios Platanones patebat aditus ad Natationem,
et hinc, et hinc in porticus, in et Hemi-basilicas, Diętas, et atria, quæ
pofteà dicemus. Primùm verò àd extra vestibuli, cycli. et àsinistraerant Ex
hedræ plures clausæ ante plateam, &cusedibus Hemicycli forma, vt
disputantes, et tam loquentes, quàm audientes sese omnes afpicerent: et aliquæpatentes,
cellscholænoftræad leuiora studia. Maioremverò citer 10 Peristilia fia.
atq; hinc vnum àTheatridiq, quasipalestræbreues,veldeābulationes.Acinver
Spheriste surisvtrinque,vnum Sphærifterium, quod diximus rotunda forma,cum
plurib. 30 Schola. exercitationum. Gymnasticarum continebant partem duæ
vtrinque facies laterales, hinc, atquehinchabebantpartitiones.Ac
fuisseeasadexerci quæ conformes tiadicatas videtur: tùmquia
platexhælateraleserant liberæ,& amplæmillecir, citer pedum spatio.
Tùm quia membr a ipsa partim erant Hemicycli aperti cũ
sedibus,acvarioornamento,quod apparet,lignorum,acpicturarum:& partim conisteria,
Elæothesia,aliaquemembra advsumAthletarum oppor tuna. Totam hanc autem primam
circunferentiam circundabant continua porticus,ducentiscolumnisvnostylo.
Subinde erantPlatex,amplæ,&.Nam siædificiorum perfectio proportionibushumani
corporis responderedebet,vtVitruuiustradit,perfectisfimèresponder in Thermis
Diocletianis, ac melius quàm constituat ex Græcis VITRUVIO eniminhis
Theatridium, vbieratvestibulum, tanquàmcaput: Apodyteriū, pectus: Hyppocaustum,
Stomachus: vmbilicus, maxima, acregalisbasili-Diocletiana cainmedio: venter,
Natatio. Membrorum veròvtrinque, quæfuntbalnea, rummirifica atria, palæstræ,
porticus, Diętæ, basilicæ; æquaratio, ac mensura eft, vt braars et de chiorum,
acfæmorum. itavtquæ exvnatr ad etur parte,cadem ex alterapa basilicaameniffima,
vbiconuenirentomnes, quivelin palæstras venturi Basilica. essent, velinbalneas.
Idcircosatisampla,ornatuplastices,acpicturis adhucnitet antiquiflimis. Hinc
rectâ in Diętam, quæ erat eadem capacitate, fed latiortamen basilica, duplici
columnarum stylotripartita: nam media par teceuatriolum, erat ad itusinatriummaximum,
et inpalestras: capitaverò hincatquehinc deunebantinhemicyclis, vbifortasseAthletarum
ferrentur iudicia Circuncolí - liberæ, vt dixi, t à m q uæ antè Theatr idium
Stadium, nia.,erant xistum, Platanones, et autem, quæeratante Natationem enim
Xista (authoreVi maximè estiuas idonea. Fiebant adexercitationes Platani,
virentes queidgenusXista,&Syl )interduasporticusSylux,quæerant
caperentre-ua. truuio situantè Natationem, vndeaquarum arboresconfitæ, aptissimo
autemStadium,itafiguratum, inquit Vitruuius, vtpof frigeria. PoftXiftum,
Athletarum cursus, variaque alia sent hominum copiæ fine impedimento hæ omnes
errant partitionesquoquo latere,& gym: spectarecertamina.Atque
veròoperismaiestas,erattotamolesinme Stadium nasiorum, et platearum.
Summa,acmultimodisearúmē dio,quæ communes habebatpalæstrascum balneis bris, acmiriartificij,
quàm vtræquelaterales. Inea Porticus riterintelligendafit. Incipiemusautem
àNatatione, quæ patentiffima pars aspiciebatAquilonem: et exeaàlatereperbasilicas,acdiệtasveniemusin
atria, exindein palæstras interiores, acmaximam bafilicam,& demum ad
balnearum membra. Erat in quam Natatio in recessum e dio ab aquilone, lon
Natatio. Gitudinedu centorum pedum, latitudinedimidiominus, ponte, acarcubus bipartite
ad interiores aditus, vbinunc facta estmaiorisaltaris basilica. Habe
batautemàcastelloproximo Aquæ Martiæ emiffarium, quod per occultos tubos
ferebatad Natationem ipfam aquas.Habebat& supernèadlongitudi-Emissarium nem
fontesvaria specie, ac Musxa,quæ teftePlinio,expumicibus, acero-aqua Mar
fisvetustatefaxis extructa vt hodie quoque Romæ sunt in vsu specusima-tię.
ginem referebant, ac fiftulis modò apertis, modò clausis, vario, blandisli
moque salientium aquarumlusu, recentessemperaquasinnatationéipfam Fontes,ac
fundebant. Miris circùm ad hibitis ornamentis, quorum etiamnumapparetMufaa
ædiculæfignorum,& statuarum, fontiumque vestigia, et columnarum bases. A
Natatione plura, ac nobilissimamembra: primùm ab vt roquecapiteerant Porticusna
amplissimæ porticus conformes, nimirùm et adspectaculaNatationum,&
tationis. Ad refrigeria constitutæ. Etaliæadaltiorem
prospectumporticuspensiles,mi noristylo. Exeuntibus veròàporticu, tamdextrâ,quam
sinistra,eratprimùm fcriptio. 30 Platanones. Dięta. iudicia. I n Atriis
era nt Peristilia, hoc est circü columnia, quæ faciebant atrium oblongum
trecentis pedibus, latitudine dimidiominus. vbiin Porticu, orie simacum
sedibus, quæ tertiaitem parte longior quàm lata, eratad exercitia Corticum.
iuuenumdicata. Sub dextra Ephebei erat Corticeum, seu Coryceum à Co. Coryceum.
ryco, quod videtur pilæ genus in Galeno 11. de San. tuenda. Seu Choriceum
Choriceum dictum, Choreisnimirùm, ac saltationibus locus proprius. Proximè
Frigidarium, locus ventis per flatus, feneftris amplis. Ab eoqueiterin
Spheristeriú ro oblongum, et fimplex, ad pilæ ludum aptissimum. Adsinistram
Elçothesium, Spherifleritquæeratad vnctiones faciendascellaolearia.
SubhocConisterium, vbificcó Elçothelium.puluere,
velharenaluctaturiseseconspergerent. Ab eoqueiterinPropni. Conisteriú. geum,
vbi erat in ver u r a porticus Laconicum, quod referemus suo loco p o
Propnigeú. iteà. A Peristilioautem, atrioqueintrantibus ad interiores
Palæstras, erant Talastre in Porticus tres stadiatæ,quas hodie occupat
longitudo ecclesiæ.Ex quibus m e teriores. diaparsamplissima,
centumpedumlatitudine, superingentescolumnas,al Porticusftatissima
prominettestudine, cæterùmitafactasecundum Vitruuium, vtilate Frigidariit.
diate. Xistus. ra, quæ suntvtrinqueadcolumnasmargineshaberent,&
qualeshabethodie via ab Hadriani mole ad Vaticanumsemitas, nonminuspedum
denûm,re liquaqueplaniciesoctogintapedúm. Ita qui vestiti ambularent circùm inmar
20 ginibus, non impediebanturàcunctisfeexercentibus. Hæc autemPorticus
ziso'sapud Gręcos vocitatur,in quo Athletæ in tectis stadijs exercerentur. Quę
quoniamexacteeratinmedio,& velutiincorde totius edificij, vbimaximè
conuenire solebat nobilitas ad exercitia hyberna, ad ambulationes, et adspe
ctacula; cæterasmeritò exceditpartes, tùm magnitudine, tùmregalimaie
stateoperis, altiffimis fuperbiffimis que prominens columnis, et patentissima
vndiqueinperistilia, inbalneas,in Hypocaustum,in Natationein, acfuper nè
feneftris illustrator latissimis. præualereassuesceret: deinde ad
sanitatemtuendam,quiduofuerant fines præcipui:& demum ad delicias. In
quibus omnibus mutua Balnearum,atq; Exercitationum errant beneficia. Nam
quantum conferebant balnea lassatis rumque similiter coniunctaeratvtilitas,
acmutuaerantinuicembe Thermarumneficia. Nempe Thermarum ratioduos,
imòtreshabebat fines: primum ad instituta, ac disciplinam iuuentutis,
quæfic viribus corporis, honestis que vitæ conatibus fines et Exercita
exercitatione, aclabore corporibus ad robur virium reparandum, et admuntionum
muditiam. Tantundem rependebant vtilitatis exercitia, fine quibus balnea non
tuo beneficia possuntesse vtilia, maximèsanis. Itaque Galenusinlibrisdetuenda
San.mo Non pila, non sollis, non t e paganica Thermis Prz. tali parte,
eranthæcmembra,situaliquantifperdiuerfoabeo,quem assignat €phębeum Vitruuius. Primò
Ephæbeum, in medio, hoc autem erat Hexædraamplif Balnearum 1 Bal. Recurel
Atria. De exercitatio num generibus, ac preparationibus ad balnea. Cap. vir.
CONSTAT ergo hactenus,balnearum locain Thermis, at que Exer
citationumfuisseconiuncta. Idqueoptimaratione, quoniam vtro dobalnea Recuratoria
virium esse dixit; modò Exercitia Præparatoriaadbal toria. Exerci nea.Quod
frequenter inalijs authoribuslegimus, et succinctèeoEpigram tatio,Prapa
ratoria. mate colligiturMartialis vnde dieta existimat D. Augustinusin
confessionibus, quòd Bénestaisdivíes,idestquòdan xietatestollat. Ergo vtpro
veteriinstituto generosæ Ciuitatis, quam diximus in laboribusnatam&
educatam, magnaeratomniuminThermiscelebritas; itapro tempore, et pro
conditionibus personarum,Exercitationeserantva- Exercitatio riæ,&
invarijslocis. Quippealiæin Palestris fiebant, aliæinXistis, aliæinnumloca.
Hexedris, subdioalię,instadio,& platearumlibero fpatio; alięin pluribus
fiebantlocis. Necsecus quædam eran tcommunes exercitationes,pueris,
senibus,& iuuenibus, vteo carminenotaturà Martiale. tereolusuum
genera,quorum (vt cætera rumrerum viciffitudincs sunt) vix nomi. Iuuenum
De fatu. Præparat, aut nudis tipitisictushebes. Vara nec iniecto ceromate
brachia tendis, Folle decet pueros ludere, follesenes. Quædam propriæ.
Iunioresautlucta, autcursu, autfaltu, autpilaludicriss; Personarum 20 idgenus
exercitij scepissentaf suescerein Ephebęis. Quemplanèmoremre exercitatio-
presentauit Plautusin Bacchidibus, vbi in personam seuerisenis indicat pue-nes.
Rosprimis vigintianniscum Pedagogo in Palestramantè Solem exorientem
veniffefolitos, d. Βαλανέα Romanorum Puerorum Non harpaftamanu
puluerulentarapis. Vidiffes igiturtum frequentem civitatem,nonfecusatq;
hodienossolemus Vite ratio facrasEcclefiasfestissolennibus, frequentare
Thermas. Alios quidem adho nestos, quos primo instituto proposuimus vitæ
conatus.Alios ad sanitatem Ther. tuendam. Et alios ad oblectamenta tam
animi,quàm corporis capienda, pro celebritate illa populi, pro variarum rerum,
ac ludorum spectaculis. Et denique pro amænitate loci deliciosissimi: vnde
barevéesidcirco dictas græca voce Ibi cursu, luctando, hasta, disco, pugilatu,
pila, Saliendo se exercebant, magis quam scorto, aut fauijs. Fortiori
autemiuuentaiis dem quidemexercebantur, velacrioribusetiáple
runqueludis,halteribus,harpafto,& aliquandocęstu.Velarmorum varijs generibus
in Palestris. Vel in Hippodromis cursu equì, vel agitatu. Athle - Caftus. tæ
vel stadium spectante populo de cusrrissent, vela c ri pugilatu
dimicassent, Halteres. cum cęstibusplumbeis,acbaltheis
implicatismanibus,quo grauiùs percu terent. Alijsaltusimul et halteribus, item
plumbeis globulis. Alijinsphę risterijslusifsent pila, vel foliinplateis, vel
Harpasto, pilamaxima. Senio-Harpastum. resquidam, quorum erat ad sanitatem
præcipuastudia, vtrecensuit Galenus, ambulatione duntaxatantè balneumcontentierant.
Alijclaralectione, vel Senumexer disputatione in Hemicyclis, velde clamatione
oratoria, vel cantumusico. Alijcitationes. modòvnovtebantur, modò alio per occasionem,
exercitij genere. Id circos. Defa. tu. nec mirum septies quosdam
aliquadielauari solitos, quod apud Plinium le gitur. Alexander Seuerus,
vt meminit Lampridiuspostlectionemoperam Palęftræ, aut Sphæristerio, aut
cursui,aut luctaminibus mollioribus dabat, m o x venieba t in balneum. Aliis
supplebant diurni operris labores, quia d r e Operari j. creandum lassatum
viriumr oburvsuriessent balneo. Cæterùm lenis exercitationis modus erat ambulatio,quam
Senes, et Virigraues, et imbecilles potiffimùmobibant. Dignior adl audem,
acdisciplinam,eratexercitatioin Palestris et armiseorum, quirobustisess
entviribus. Etquam oriquazíar, hoc 2. Desa.cu. est vmbra til empugnam, vt
interpretatur GELLIO Græci appellant, divodepce Teu Tirl, ob salubritatem a
gymnasticis dictam, Galeno teste. Innumera præ Рp nomina ad posteras ætates transiêre. Nec nostræ professionis est
exercitatio Nostrisecunum singulosmodos,aut genera: quibusiliveteresvterentur,
recensê. livita dif ferensaban tiquis. re, quam partemà Hieronymo Mercuriali,
Medico atque Philosopho scientissimo elucubratam, propediem in luce meditam
videbimus.Verùm exco rum exercitiorum censu, quem fecimus, hanc præcipuam
habebimus vtili tatem, considerantes quàm longè differathic præsens nostri
seculi viuendi modus,& maximèPrincipum,necopportuno pofteros
destituemusconfi lio. Sanèvbiillorumtemporum vitaaffiduisdeditaeratexercitijs,vtpote
10 quæ et fanitatem conseruarent,& promptiores redderentviresad singula,
tàm animi, quam corporis munera o b e unda; è contra hodie in continuo ocio
degitur. Età Principibus maximè, quiob decorum, ac ampliffimi ordinis
maiestatem, semotam à communi consuetudine degentes vitam;aut curis animi
grauibus iugiter tenentur. Aut siad ludicra aliqui tranfire foleant, ea
Exercitianoinertiasunt, tabellæ, alex, vel Trochinouus modus hàc illuc
supermensam stritemporisagitati: in quo vitæ generet andem ob defidia in, et anxietatem,totam
breui inertia, cursu vitædeficiant. Quapropter generalisfimum hoc ac
saluberrimum sibi Exercitijnequisqueproponeredebet institutum, exercitium necessarium
esse ad susten cesitas ad vitationem vitæ: inquire omnes sapientes, variorum
quenationum ritussum moconsensu conueniunt. Verùin quoniam hoc tempore non
solùm pluri maveterum exercitiorum generanon funtinvsu, imòvelipsorum nomina (ut diximus) sunt
obscura; necadeoilisvtiessetpoffibile, quinec Palestras habemus, nec Thermas, proptereàingratiamnoftrorun
Principum,aliquot particularium exercitation numgenera proponemus ex Galeno, atq; alijsan tiquisauthoribus, quarum multas si non in campis et plateisobire
poterit; licebitfaltem et incameris et inatrijs, acviridarijsfuis, seruataetiainperso
nægrauitate, percommodèexerceri. Exercitationum
inquit Galenus com Exercitatio-pluresdifferentiæinueniuntur. Aliærobustæsunt, et violentę, fiuevehemen num dife-tes; aliæ mediocres, &lenes. Aliæ singulares, aliæcumalio fiunt. Etaliæ rētiæex Gavni uersas
simul corporis exercent partes, aliæ
vnam magis, et aliæalteram. le.2.desan. Vehemens exercitatiodicitur, quę&
robusta, et celerissit: atque hæc multer graue quod uistelum iaculari, et continuatisia et tibusoneremaximo
subla tame, pervertere
temperaturam coguntur. Vnde non mirum est, qui præ properam accelerant senectam, incurrantque facile autin morbos renales, autinpoda gram, autin Hemicraniam, alios queidgenus affectus, medioquevelutiin
fum tuen to, tash abet differentias.
Quædam enim fiuntocylimèagitatis, quædamrobore, acnixu, quædamfinehis, quædam cum roborepariter et celeritate, et quæ Exercitatio damlente. Fodererobustaest, et singularis exercitatio, remigare, discum nugenera. mittere, mouericeleriter, saltare; idquefineintermissionemaximè. Simili
et ac clivis ambulare. Grauiarmaturatectumceleriteragitari.Continua
tusdiucursus.Et iterfacere.Perfunem manibus apprehensum scandere, modo in Palestris quo solitum erat
puerosexerceri.Velèfune, velperticama
nuapprehensa sublimenpendere, acdiutenere.
Manibusinpugnum redu: &tis, iisdemqueprolatis, velinaltumsublatis. Halteribus, feuglobisplus minusgrauibusleorsumpositis, vtraquese inflectensmanu attollere. Quæ
robustior erit exercitatio, si qui ad
sinistram manum fuerit dextrâ coneturat tollere, et sinistrà qui ad dexteram. Diuq;, acsępiusidentidem
facere. Potest et foliscruribuserectusacvno lococõsistensceleriter exerceri, modò retrora suminsiliens, modóinanterioravicifsim
crurumvtrunquereferens. Solus fimiliterexerceriest, summis pedibus ingredi, tensasqueinsublimemanus, hancantrorsum, illamretrorsum celerrimèmouere. Sehumi
celeritercir cumuoluere, velsolum, velcumalijs.Cum alijsverò& citràrobur, et violen tiammultæ exercitationes peraguntur.
Vtcursus admetam constitutam.Vel vibratilisar morum meditatio. Summisinuicem
manibusconcertare.Cones cú alijs. ryco, et paruapilaludere. Stare, nec finereseloco dimoueri;quo exercitij
genereMilo Crotoniates celebratur. Velseerectum, et circumactum
10astantemmutare. Complecti quempiam manibus, digitisquepectinatimiun ctis, isque diuellere
seadnitens. Medium appræhendere, ac sublatum ceù magnumonus protendere, &reducere.
Luctaytrius queluctatorisrobur maximèvtipoterunt Seniores, et quiadmotum suntimbecilles.
Ambula.Vltimò Fri &tiones suppleant. His omnibus ex ercitationum generibus,
imòinfinitis alijs vt Galenusinquit docebant Pædotribæ exercendumesse:&
velinPa læstris, velextrà, velinaltopuluere, velconculcato, et firmosolo, et omni noantèbalneum. Quibus et nosiuxtàpræsentemviuendi
modum, siuepro præparatione, fiquis velit ad balneum, feusinebalneo, vt pleriquehodiefa tecdicere, quæ situborealifrigidas, acpurasstatimàfontibusadmittebat
aquas.EratenimNatatio (vtidiximus) separataà partibus balnearum: citationes, le cimus, percommodè vtipoterimus. Sed de exercitationum emolumentis 40
alio loco occurretdicere: nunc ad describendas balnearum partesin Thermis
redibimụs, acaliaineisrequisitaexplicabimus. De Natatione. Ne i principes
autemThermarum partes, primùm de
Natatione opor Cap. vii. Рp ij nimi. Exercitatio. prope rium mem
brorum.exercet. Luctaricum roboreest, ambobus cruribus alter alteriu scrus com
plecti, minibus intersesecollatis, et collo. Manua lteratanquamfunecol
loalteriusiniecta, ipsumqueretrorsumtrahere, acreuellere.Pectoribusex aduers oinnixi, magn o se conat uin uicem retrudere. Ad
singulares porrò universalis, attinet
electionem, qua parte corporis quis
vtivelit, aut indigeat exerci- particula
tatione. Aliæ enim vniuersas simul exercent corporis partes;quo nomine
ludusparuæpilæà Galeno prætercæteracommendatur. Aliæ vnam magis, aliæalteram exercentpartem, lumbos, crura, brachia, spinam,pulmonē, Deparuepi thoracem. Itatio,
cursusquecrurum exercitationes sunt. Acrocorisini, hoclxludo. Est festiuæs
altationes et Sciamachiæ, crurum, brachiorum,& manuum pro pria. Lumborum
autem, affiduèse inclinare,autpondusaliquod àterra tollere,autassiduèmanibus
sustinere, Spinam transuersim exercet, atollere vt dictum est
alternatimhalteres. Thoracis vero et pulmonis suntpro priæ, maximæ
Respirationes. Cor. Celsus inter exercitationes imbecillisto lib.2. c.8. macho
conferentes,claramcommendatlectionem. Maximaverò voxvocis quoque
instrumentaomniapermouet, dilatatque:naturalemexcitatcalo-Clarale&tio. rem,
et quo magis fitafsidua, eomagisvniuersis corporis partibus communicatur,
vtinnostris concionatoribus experimur et in libro de voceà Gale noestproditum.
Hoc genere exercitationum per vocem, quælenessunt, Lenesexer Lufta. Etio,&
amo tioneetiam quimagis validi. Velequitationessufficiantur,
gestationesquebulatio. seucurru, seuproægrotantibusin Scimpodio,&
Sellaportatili Nimirùmquia singularis eiuserat, acpropriusvsus, non tàm quidemadlaua
Varzac efttionem,quàm ad exercitium. Eftenim Natare laboriosum, quòd itaiacta
quoddam e rerectè Aristoteles in Probleumatibus, Natationem, oblaborem,
cursuico parat, aquarum periculaexercerentur. Et Galenus testator de suo
tempore, pue 1, Defa.tu,rosin aquis qumasina's Feudasfacere consueuiffe,idest,
quòd prima fiebantin of Pifcina, Piscina Pu aquis pueritiæ rudimenta. Itaque
præter Tyberis commoditatem,propria adhuncritum locaconstituta
fuisseinvrbediximus,quæ diuersisexplicata nominibusinuenimus, Natationes,
Piscinas, Stagna, atque etiam naumachias, Piscinædi&tæ, quòd et pisces
hauddubiècontinerent, nontamenad vsum piscium, nam ad hoc
propriaerantviuaria,sed ad munditiam seruanda aquarum,& amoenitatem. Videturautem exercitatio numhuiusmodi causa, primùm constituta
fuiffe Piscina publica dieta sub cliuo Capitolino, ad veniebat populus.
Exca& piscinæaliquandofuntdictæparticularesNata tiones,& labra lapidea,
qualia Romæ videmus maxima, nec non portatilia, ac lignea advsum etiam
calidarum aquarum. Quod authoritate constatM. 08 Tullij CICERONE ad Q.Fratrem
desuisbalneis, Latiorem inquit piscinamvoluissem, vbiiactatabrachianon
offenderentur. Hasà Galeno, acalijs Græcisautho xanu puso 'n ga ribus, modò
xodua krízsas, mod ò Bari i su poe edicta s legimus. Parva autem Solia,
Capesupulco peluesquequercus; quam differentiam planamfaciuot Galeni verba
lib.7. Mé πυελοι. Stagna. thodi, vbi ad ventriculis iccitatem curandam, quæ
Hecticamminetur, nata tioneminbalneo factam consulitivteīsno numerisus, id eft
in piscinis natandocó stitutis, quàmivtotspixpsīsavenoīs. Memorantur porrò et Neronis
Stagna, vbi Amphitheatrum à Martiale poniturinprimis Epigrammatis d. Hic,
vbiconspicui venerabilis Amphitheatri Erigitur moles Stagna Neronis erant. Quod
tamen stagnumnon plane constatanad natationis usum, anpro Nau stagno
circumpofuit, conseuiffe. Stagnihuiusin Vaticano Naumachiæno Navale Sta
minememinit Egelippus Græcus author, in D. Petri et Pauli martyrologijs.
Cæterùm NaumachiapostNatationes& balneas, altiorisfuitinstit utiquàm
Naumachia adnatationem,nec, nifipoftimperiaprincipuminuenta. Nempe inqua
nautici certaminis fieret spectaculum, vel ad disciplinam militarem, quò faci
of Finis duplex liùsmilites pericula Aluminum, vel naualis belli, cùın opus
fuisset, possent Naumachię euadere. Sic Polybius refert Romanos primo bello
Punico, quod aduersus Chartaginienses gesturierant,
militessuosinnaualidisciplina exercuisse. Et SuetoniusAugustumcúm effetcótrà
Pompeiumiturus, inportuIulioapud Baias milites in nauali exercitatione tota vna
hieme detinuiffe. Vel erat N a u
jucundunfpe Etaculum. Machiævsusad delectationem populi, vt cætera spectacula. Pluraenimerãt
quæ præberent animo delectationem:primò aluei magnitudo, ac Cyrcicu 1
vivarium. blica. Quam (ut Festus Pompeius est author) et natatum et
exercitationis caussas duo. rat, gnum. xercitium, tismanibus,
accruribusaffiduè, vniuerfæcorporis exercentur partes.Qua Et
Oribasiuseaminteraliaexercitationum generaadnumerat. Imò Natationis in vrbe
fuitprimus,acantiquissimus vsus ante balnea:quando scilicet conftitutæ fuerunt
exercitationes in Campo Martio,vbiiuuenes (te ste Vegetio) puluerem,
sudoremque detergerent, simulatque ad obennda machiafuerità Nerone
constitutum.Vsumtamen vtrunquepræftarepote Neronis no- sicut& de altero eius
nominis meminit Tacitus,claufifle Neronem in mine stagna valle Vaticani
spatium, in quo equos regeret, apud quenemus, quod navali iusdam OZ
jusdamamplissimiforma, editaadcommoditatem tantiludi,inconspectu
maximæciuitatis. Deinde
classisineam, et iam magnarum nauium introdu Etio, et ludusipsecertaminis.
Etdemum populicelebritas, et velipsaaqua r u m copia, atque amænitas, maris
instar tranquillissimi. Et quæ apertis eu ripistantamvimaquarun
vnohaustureciperet,laxaretquefinitospectaculo.Martialis inquo mouet
admirationem aduenæ Martialis,dum sicadulatur Domitiano.locus. Cui lux primas
acrimunerisipsafuit. Ne tedecipiatratibus naualis Enyo (Paruamora est) dices,
hicmodò Pontuserat. Ex quo plane authoritate colligitur, in Cyrcotammarisquàm
terræcelebra In Cyrco rispectaculadebuisse: vbimodòterra (inquit)
modòPontuserat. Quod Naumachia. Cyrci Maximisitus confirmatinter Auentinnm
montem,& Palatinum de pressus, inquem Gabiusæaquæriuus,quemMarianam
posteridixerunt,per Gabiusaa petuòinfluit na. na aqua,vtFrontinuseftauthor, quæ
fapore,& crafficiemari namaquam Augusti Na æmulabatur, in q u a faciliùs
natat r, t efte quo que Aristotele in Problemati - u m achia: sub colle
Hortulorum, ademiffarium aquæ Virginis. Authore Sueto Domitiani. nio,quiasseritDomitianum
circunstructoiuxtà Tyberinilacu (inter Cain pum Martium scilicet& ipsum
collem Hortulorum, vbi nunc iuxtà Sanctito pluresessentqui exercerentur et
quifrequentarent Thermas adca,quă Bal spectaculaquàm quilauarentur. Eteodemtemporemagnahominum
co-nearum. piaexercebatur, &quivno,& quialioexercitiigenere.
Atadbalneasin trantiumcontinuaficbatsuccessio, nam cùm priores occupassentloca,
reli qui (vt scribit Vitruuius) circunstabant, dum lauarentur. Pleriquesani,ac
robusti, poftquàm in exercitijs incaluissent, nullisferè alijsvtebantur bal
neis vtinfràmonftrabitur nisinatatione. Quæ parsidcircoeratamplissi ma, et exercitationibustamsubdialibus;
quàm interniscommodissima. Vel Balnearum transiffentdunt axat ad balneas
calidas, atque illico egrelliinsili ebantin frigisitus. dam. Summa ergo
artificijin balneishæc fuissevidetur, vt in locoessentquả commodo omnibus
seseexercentibus; acmirandiplanè artificijministerijs totaquarum,calidarum
simul,& tepidarum, quæ continụèexse funderen turin balneas. Pro
commoditate, ac ratione lauationum, erant omnes ad Рpij meri Et parvndafreti, hic modò terrafuit. Non credis?spectes dum
laxent æquora Martem. ropriè verò ad vsum naualis certaminis, duæ fuerunt
certiffiqua Mariainæ Naumachiæ. Priina Augustitrans Tyberim, adductâobidineam
Alfieti Sylueftriædes apparentvestigia naualespugnasineo, penè iustarum Claf
fiume didisse. Luxuosissimus Heliogabalus, euripis vino plenis, naumachia
Heliogabali. exhibuisse. Tradit Lampridius. Sed nuncad partes balnearum
proprias acMilanius. De partibus balnearum, esde Milliariis vafisin
Hyppocausto. BÀLNEARVM veròin Thermisnoneam videmuscopiam, quamde BВ exercitationum locis iam diximus. Ex quo planè videtur, quod mulnum
pluralo Exercitatio Siquisades longis serus spectatoraboris, bus. Alteraverò et
magis celebris, fuit naumachia, quam Domitianidixi. mus Apodyteriú seu
Tepidarium. meridiem, vnde folissemperi llustrarentur, acfouerenturaspectu. Nam
tó: taeafaciesanteriorerat distincta in duos ordines balnearum, vnusàdextris
Hypocausti, &alteràfiniftris. Etvterqueordo distinguebaturinquatuor
Cameras, conformes vtrinque, ac ita collocatas, vt ex una in aliam Etuplatearum
àsitumeridionali proposuimus, progressuferèad media pla eratceù vestibulum
regale Apodyterium, seu Tepidarium. Quem lo mirabilem, meritò alterum noftræ
ætatis Trimegistum dixerim. Hinc fini Hypocaustús tror sumn modicus introitus
in Hypocaustum. Sive vt meliusdicam super Hypocaustilocum, quirotundaforma,
cumopportunishincatquehincmē Cryptoportibris, nuncprimis Nouæ Ecclesiæ facelis dicatuseft.
Totaeniminfràmoles res. Aftuaria. darum, aliæ frigidarum aquarum ductus, alię
calorum æstuaria, aliægrandes tores vt vocabulo vtar Iure consulti curam
succédendi ignem habebant in Thermis. Eratautem vnicum, teste etiam Vitruuio:
collocatum tamenin medio, vt communis eiusesset vsus vtrisque caldarijs, exvnaparte
virilibus, exaltera muliebribus. Id que per opportune æstuaria, quierantmeatus
ab Hypocausto perpetui, vndecalores occulti in cameras caldariorumipsorum
penetrabant. Quod tetigit in primo Syluarum Papinius Statiusd. Vbi languidus ignisinerrat
dioplacet æneatamenpatinasubiecta. Quorum idemeratnomencum ca meris
prædictis,vnum caldarium, alterum tepidarium, tertium frigidarių. Legitur item Milliaria, a magna fortasse capacitate, quali
plus millelibrarú aquæ caperent. Quippeidgenusvasa, teste Vitruuio, maximi
aheni inftar, actestudinataadcircinum, itaerantcollocata, utex tepidarioin
caldarium quantum quæ calidæ exisset, infueret, de frigidario in tepidarium
adeundem modum. Atque hinc planum artificium est, in quotant opere laborauimus,
quomodo ad communeinvsumtantaaquarum copia exvafisfuppedi tareturinbalneas.
Quod restituo in lucem ex Seneca, quidum ad Lucillum mira deliciaruminuentasui temporisdetrectat,
hocafferitobiter. Construiteam, huiusædificij, concameratainuenitur, acdistinctaaddiuerfosvsus.
Aliæ Fornacato. Criptoporticus erant patentes ad refrigeria in magnis
caloribus. Aliä сali IO CUS. cum laxum, et hilaremdescribit PliniusadApollinarem,
hocest, amænum, acmollisteporis, tùm solaribusradijsàmeridie illustratum;tùm
proximi Hypocausti vapore laxum:vbi nimirùm ingressuri ad balneas exuebát
vestes. Qux quoniamprimaerat, acnobiliffima Thermarum pars, nobilissimietiá
numapparetartificij. Figura inquadrumoblonga, achemicyclis quaquefa
ciedistinctum,cum aditis vndiqueinter columniorum, columnisque super
nætestudinis altissimis, quætàm authoris, quàmoperissummam maiestate ostendunt.
Vnde sapienter hæc pars, proposita est pro prima porticu Ecclesiæà Michaele
Angelo Bonaroto, quem pictura, sculptura et rchitectura cloacæ vnde lauationes
exonerarentur, et aliadenique Hypocaustum,atq; Lib.s.c.10
Hypocaustimembra.EratergoHypocaustum fornaxinferior, vbifornaca Aedibus,&
tenuem voluunt hypocausta vaporem. Vasariatria Super Hypocaustotriaerant
compositavasariaænea, velplumbea (ut Palla Mincepice Græcis hæc Mirsapíe,
Latinis vt apud CATONE, Senecam, atque Palladium folitum aditus.Inmedio
quidemerat Hypocaustum, vtrinqueveròinversuris La conicum, deinde consequenter
Calidarium,Frigidarium,& tepidarium,vt planèsingula explicabimus. Principio
contram Theatridium, quodinprospe pateret solitumin ipsis milliarijs dracones,
quæerant fistulatavasatubæ instarære tenui,
perdecliuemilliariocircundata,vtaquadum ados draconis con lis canales occultos,
quorum aliquæ visæ sunt reliquię in eruendis ad nouam ecclesiam m a c e r ijs:
atque ex hinc aquas de duci solitas in Natationes, in Fonsicis organis non
absimiles. Quia d firmitatem quidem, ac robur faciebant Tubi etepi ipsis
valibus: simulatque artificio ferès i miliquonos hodie Romæ nymph eiss tomia.
acviridarijsdamus velarcemusaquas, habebantfiftulasinfra parietes occul tas,
quæ in cameras balnearum,vbi opportunis locis essent epistomia, infundebant
aquas. Quod ex eodem Seneca non est dubium, dum nimiæ la uti ti æ adscribit,
quod continue aqua calida ex sefunderetur in balneas,acrecens semper, veluti ex
calido fonte per cameras transcurreret. Et ex Galeno, vë iam decamerarum
dispositionibus dicemus. De Laconico, esde Solis Balnearum. RDINES
quidembalnearumin Thermisduosdiximus,vtrinque scilicetabhypocausto vnum teste Vitruuio,
alterumvirilium,alte Balnea viri. rum muliebrium. Nam vtscribit
Gelliuslib.io.cap.3.authoritateVar ronis 2. de Analogia, Pudornon
patiebaturvtrunquesexum simullauari,sed do liadoMu aquarкт epis tomijs,
fundebantur. Vbi nota harum ductuum in Balneas alterum arti 30fícium.
Eranttubięne ierecti, tresàdextera et tresàsinistra milliarijs, mu glomerati
specie plurieseundem ignemambiret, pertantumfueretspatij, vasis. quantum
acquirendo calorisatisesset. Quare triplex semper aqua invalis,
acinfinitæcopiæ, calida, tepida, frigida, nam successiuas vasexvase Caldarium
piebataquas.primum quidem,quod caldarium dicebatur,superprimavas. Hypocaustistratura
collocatum, tanquam omnium vasorumvalis, calfa tes, Dracones i 10 са.
Etasperdraconisinuo lucra fundebat aquas. Secundumsuperhoc erat tepidarium,
quod a primi vasis vaporibus modicè incalescebat. Tertium Fri- Frigidariú.
gidarium: vtpotequod frigidass tatimab emissario aquas capiebat et quan tum
subiecta vasa vacuabantur, tantum hoc nouarum aquarum infunde- batfinefine.
Emissarij verò huius obscura quoque ratio est. Nam vide-Emisariaa mus quidemad
Thermas ipsas propria aquarum Castella constituta: qualequarum· extatin
Diocletianis poft palestras orientali parte. Etin Antonianisàt ergo Theatridij
admeridiein. Horum tamen altitude nullibi excedit planiciem bal nearum. Nec
vllus est modus, neque artificij vllius vestigium, insummis Thermarum
testudinibus, vndetam altè deduci potuissent aquæ.Videturita que mihià proximis
iliscaftellis cóstructosfuiffeinf ràpauimentatotiusm o Tepidarium
lib.io.administris balnearijs veletiam iumento alligato, subleuatæ aquæinsu
ipsihypocausto piscinam infundebantur, quæs ponteposteàinsubie pernamn rursusin
Tepidarium, et conse ĉtumFrigidariumcaderent,et exFrigidario,
quenterinCaldarium,velutidiximus. Vnde plenas emper vasa suis aquis imumcalida,
medium temperata, supremum frigida, quæ per fistulasencas hinc atque hinc in
quolibet vase compactas, versis ad vnum quenque actum Tympana Fistulę aqua ac
alias piscinas. Hinc, tanquam a communi fonte, per rotas ac tymparo teacna, ac
id genus alias machinas aquæ hau storias, quas describit Vitruuius commoditas
coniungi desiderabat. Quanquam in hisque post Varronis et post Vitruvi j ętátem
f a ett æ sunt, hæc distinctio non sit mihi ve risimili. Qanrum. liebria.
do auctoritu exercitationum,ac lautitia inThermis,vix publicas potuisse virorum
frequentiæ sufficere videtur.Itaquepromiscuas potius ex eo tempo refuissereor, achonestis
mulieribussatisfecissepriuatas,velquasprincipes Matronas constituisse iam
scripsimus, Agrippinæ Neronis matris balneas, terke inbal
Olympiadis,atquealias. Cameræ in quoque ordine quaternæ, Laconicum, Calidarium,
Frigidarium et Tepidarium. Velternæ adminus:hoc enim non videturdubitandum,non
fuisseThermas vno stylo vbique,nequevno ordinepartium et tam in publicis quam
in priuatis. Et hinc in authoribus Celsus. Tanta earum inuenitur varietas.
Quaternas point Celsus lib. 1. cap. 4. dum scribit, Sub veste primùm paululumin
Tepidario sudare folitos: tùmtranfi- Galenus. re ad Calidarium, vbi sudabatur
largiùs, quod ponitpro Laconico: tumque aut in calidamd
efcendere,autinTepidam;deinde in Frigidam. Easdem C.i72ero qua λουτρόν
Pyriateriit. Hypocaustü point Galenus lib.10..Methodi, a Laconico incipiens:
Primùm enim inquit ingredientis inaë reversantur calido:hinc secundò in aquam
Calidam defcé dunt,quod propriè aoutcovait appellari. Ab hac mox in tertiam
Frigida ibár: et tandem in quarta sudoren detergebant, quod erat tepidarium,
seu Apo dyterium græce dictum. Inquoet Celsusdicit,fenouissimèquiselauissent
abstergere,et vngereconsueuisse. Quem planèordinem et inhis Thermis, quarum
videmus vestigia, seruatum inuenimus. Extat Laconicum adsuda tiones in quoque primæfacieiangulo
vnum, idquenonadeomagnum, hu- iusenim partis noneratvsus communis, nequeadeo necessaries
omnibus, vtquibus fatis ad sudandum exercitiafeciffent. Sed imbecillis proprius
et quiminus validiadexercitia, sudoreshocloco excitabant:subindeintrabát
adcæterasbalneas. Nomen autemdeduxità Laconibus: quos huncritum rium, Laconicum
veròc ommuniter omnibus, et Ciceroni quodam loco ad Sphærifte- Atticum.
Suetoniusin Vespasiani Cæs. Vita Sphærifterium hanc partemap- 30 rium. pellat à
figuræ rotunditate. Locus quippe concameratus ac rotunda fpecie,
Lib.5.c.10.habens,authore Vitruuio, inhemisphæriolumen,exeoqueclypeumæneú
cathenispendens,percuiusreductiones,acdemissiones perficeretur Suda Clypeus
Lationum temperatura, vaporibusnimirùm ficretentis,veldifflatis. Erat autem
huius institutiratio, vtfcribit Dion in Annalibus, vtfus è intrantesinhac par
vfus: t e sudaret et sub i n d e unctione ad hibita, statim descenderent in
frigida. Quod planè clarius ex Galeno fiet pofteà, ac à Martiali obiter
tangitur in Hetrusci Thermis, ad Oppianuin tribus versibus. tepidum tamen
aquarum vaporem potuisse suscipere. Proinde Celsusineo, affus dixit sudationes
lib.z. cap.27. alibi exiccari dixit corpora: Seneca exani tos .primò
instituise, Plutarchusin Alcybiadis Lacedemonijvitaeftteftis. Græ Calidarium.
cialiquando Ilupice Supo's,et nonnullisuTorw50sdictum,ob igneum ineova
Sudatorium. porem: Latinis modo Calidarium,inodò Cella calidaria,Senecæ Sudato
Laconici coni, ncis. mari, ritus si placeant tibi Laconum Contentus potes arido
vapore CrudaVirgine, Martiaquemergi. Vaporíqua Virginem dixit, et
Martiaminhisbalneis Romanasaquas, blandissimifrigo litas in Laco ris. Videtur
autem Laconici aërem,siccum quidem fuisse, atque igneum, Bico. Galenus et
alijmediciinterdum elixari, Oribafius planè aëreferuidu dixit, ac præhumidum in
Laconico. Quod rationi consonum sit. Nam ex æstuarijs, partim quidem siccis, ex
quibusiaindiximusab hypocaustooccul 10 su tenui calore, diceba t
Galenus x. Methodi, reservatis vniquem eatibus, liquatisque per totum corpus
superfluis,sudores, vtilesquemadores clicere, quæ inęqualias untęquare,
cutimlaxare et multa quæsubhac detenta erant, vacuare. Ex Laconico patet aditus
i n Calidarium, quod proprie Calidum So aoutpór, hocestlauacruindicitur,
eodemteste,et calidum Solium. Patetau-lium. tem hæc pars,duplex magnitudine ad
cęteras cameras:vt cuius in balreis maior erat necessitas, longior in e o f i
ebat mora, ac usus frequentior, præsertim minusvalidis ac imbecillis. Vbi
meminisse oportetex Celli verbis, quæ pau Halat et immodicosexta Nerone calet.
Mox tertiolocoerat Frigidarium,seuFrigidumSoliuminquo aquaexquisi.
acviresdensatacutifirmarentur. Qui enim, subdit, hoc modo àcalidislaua- Vlus.
tionibus, sudationibus que laconicis ftatim in frigidam non descendissent,
Paulo post transpirato immoderatius calido innato,totum corpus frigidius
euafiffe sentiebant. Quodfanè frigidælauatiofieri prohibebat,totum semel
corpusconftringendo, etconstipando,nonsecusatqueaccideresoletcalen tiferro, quod
quùm infrigidammittitur, et refrigeratur,et induratur. Atque huius rei causa
potissimum constatinuenta fuisse balna, pro imbecilliu vm i delicet corporum robore:
hoc eft vtimbecilla corporapræcalfacerent, itaque ad frigidum
Soliumpræpararent. Adeoquepræualuit semper frigidarũvsus, Frigidarum vt vixquidam
alijsbalneis vterentur. Carmis Maffiliensis Medicus, etate Neronis prerogativa,
scribit PLINIO damnatis prioribus Medicis, ac balneis, frigidalauarihybernis
etiam algoribus persuasit. Merficęgrosin Lacus.Vide bamussenes consularesin
ostentationem vsquerigentes. Ex frigido tandem Solio erat exitus in Tepidarium,
tepidiscilicetaëris,q uod diximus apodyterium, sive spoliatorium.
Etcratfinisinbalnco.Ancè Tepidarium tamen Cella olearia in Diocletianis commodè
est ut videtur Cella Olearia, eademque Tonstrinæ na. tôs penetrare ignes
in cameras, partim aqueis per suostubos ac spiracula, v a pores misti ad
hemisperium Laconicipetentes,sub curuatura magni clypei intenuiffimas
conuertebanturaspergines, quæimbrium modò super capita Facultates. corum,qui
morabantur in Laconico depluebant. Potest autem hæc prima pars lo ante
retulimus,vel in calidam fieridescensum, vel in tepidam, et quali ad uno,
tenore vtentis arbitrium potuisse temperari. Et Galenus in 3. de an,
tuend a idem videtur asserere, nimirùmquòd in Calido Solioaqua, exvafisquæ
diximus Miliariorum calidis, tepidis,ac frigidis, poteratadvsum trifariam
tèfrigida, ad hunc videlicet vsu minquit Galenusx. Methodi; vtquæ
fuerantFrigidum.So fòexcalfacta fiue'in lium., anterioribus Solijs, fiucin
exercitijs, hicrefrigerarentur, An balnea calida. fieri, tepidam, aciusto
calidiorem. Quam tamenva ri, nempè temperatam lauationibus, sed in priuatis,vel
non videopotuissefieriinpublicis rietatem, parabatur à Balneatore aqua advsum
pu adpriuatosvsus. Nam in Thermis compara LO Aeftiuo serues vbi piscem tempore
quæris. fortas selocus,vbinimirùmoleaseruarentur,atquevnguenta do
Tonstri,aliique odo blicum,vnotenorecalidaomnibus. Quod declarant authoritates
scripto-frigidæ, alia rum, quialias Thermas appellant frigidas, alias blandas,
alias fervidas. Vei frigidas significauit Martialisinprimo Epigrammatum. In
Thermisferua Cecilianetuis. Idem inx. Neronianas indicat fuisse calidiffimas,
eo epigrammate. Temperat hæc Termas nimios priorhoravapores res cal d a Therme
alię resad opportunosvsus,et quivellentbarbæ,et capillorum
cultuivacarent. Unetiones in Eratautem hæc pars vn ade necessarijs,
acessentialibus ut ita loquuntur in Thermis, toto ritu Thermarum, quando hiçmoserat
communissimus, vtquisque lo tus,simplicis faltem oleivnctionevteretur, tùmvtsudoresinhiberet,tùm
vt feabextrinsecùs ambientis iniuriavendicarepofset. Hunc enim tenorem in
omnibus ferè,quę hùc sparsim adductæ sunt,authoritatibus obseruabis: primùm legitur
exercitium, deindebalneum, vbifrictiofiebat,et detersio, inoxstatim frigidæ
lauatio, pofteavnctio,posteacibuset potus,vltimòso mnus. Proinderecolome
legissepluriesinvitis Principum, ficuti ntermu..10 Oleimunus nerapublica erat
Congiarium,erat Recta, erat Sportula,itaoleum aliquan publicum. do publicè
donatum, quoin communi velutigaudio,quisque frueretur in balneis.Nimirùm vel
Thermis cùmprimùmdicatis,velfaftualiquo Principis.vnctionum verò, quasquis quesibi
priuatim deferebatadbalneum, luxus legiturinestimabilis. Quidelicatèviuerent,
velimbecilles, odoratisvnguen Balnea contis refouebant spiritus. Quosdam
legimus iuffisse spargi parietes unguento. spersa vn-Vtfimul equidem puto et
lauarentur, proiectisinalueositaimbutosaquis ipfis, et vngerentur, fic
penetrante exactiùs vnguento, et odorem, virtu temquesuam diutiusseruante in
corpore. At queita Caium Principemsoli tum lauari, testisest Suetonius. Scribit
Lampridius Heliogabalum nunquá inPiscinislauarisolitum, nisiillæcroco, alii súe
preciosisvnguentisperfusæ fuissent. Velplanè conspersiseo modoadluxum
parietibus vtebantur,vedu quis se parieti confricaret (quod aliqui facere
folebant, vt apud Spartianum in Hadrianoleginus)sineministris,acetiam
proprijsmanibusperungilice Balneton ret. Neroautem profusissimus non folùm
calidis balneass pargebatodorib. guentipre-sed et frigidis quoque
vnguentislauabatur, fcribit PLINIO. Recensenturau ciosi. tem hoc in
generepræciolamulta, quæ Galeno teste Romanorum lauritia Olea, etvn-
inueniffevidetur: vt Mendelium, Cyprinum, Narcissinum, Susinum, M e guenta pre-
galium factum ex balsamo, Regale apud Reges Parthos primò comparatum. ciofa.
Nardinumquoque, quodet Foliatumdicebatur, Plinio:et alterum Spicatú, Quodidem Nardipisticæpræciosivnguentum
legiturin Euangelio. Etitem Iasminum oleum,quododoriscaufla vtteftis eft Dioscorides
non inbal neissolùm, verumetiaminterepulandum apud Persas, vsurpari consueue. Unguenta in r a t. Dono, equidem opinor, et in Xenijs. Quem
morem diu Spartanos, at conuiuijs. Quelonasretin uiffe narrat Valerius quę,
Plinio teste, Diapasmata,quasi conspersoria dixeris, Cyprini pulueris instar,
quo hodievtimurodoratissimi; dequoebriam,putidamq;Felceniam illuditMartialis in
primo Epigrammatum, eo carmine. Quid?quod oletgrauiusmiftumdiapasmatevirus?
Apodyterií Vt redeamus ergo ad cameras, Apodyteriumerat principium, et
finisinbal gues. Max. vnguenti, coronarumq uein conuiuio dandarum,
secundismensis. Eratet Oenanthinuminter præciosa. Quorum similia aliqua apud
Paul. Aeginetam legimus vnguenta, atqueolea. Multaquei d genu salia apud PLINIO
inalabastrisferuari solita:nunc omnia rarissima, aut que dam subdititi a, vel
adulterata, tantæ verò e a tempestate copiæ, vevsuscorum ad vulgares quoquede
fuxerit, quodserioarguit Iuuenalis. Moechis Foliataparantur. Diapasmara Ad
sudores autem propri cohibendos, quæda m ficcis constabnt odoribu,
neo; eôdem nimirùm reuertentes, vbiantèbalnearum vestimentacõsignal
sent.Idemqueex Galeni verbis plane intelligiturx. Methodi: hicenim dum
cunctarentur, actergerentur, corpusadhucpersudorem,innoxiè, accitrà
refrigerationem vacuabatur,acinnaturalem redibat mediocritatem. Porrò vana
quorundam controuersia est, ponere Auicen.trescasas(itaenim interpretantur) in
balneo, easque long è aliter dispositas, quam diximus. Cui bil. cnim dubium non
fuisse balneas vnost ylovbiquenequevno ordine? Defijf setamen pariterapud
Arabes hunc ritum, testator Auerroes in Canticis, ac Balnearum nonmirùm
imperfectastùmeoshabuiffebalneas, Nequein antiquiffimisa nidemsły 10 exemplisea
distinction quærendaeft: quando Hippocratisætatenon adeori tè balneaparabantur,
quod et ipseinnuit 3. De ratione victus in morbis acutis. Neque in priuatis
multo minus, quas Galenus aliquando perinde damnat, acin commodas, Depensilibus
balneis, ac balneariis rebus. Uenire potuirationem. Nam si Pensiles balncas
intellexeris sublime salueos, Pensile quid et quæ fu per solario locatæessent,
idmagnuninoneft: ficut et Hortospensi lesvidemus, atquehorrea, acmaiusopus,
Thębas Aegyptias pensiles fcribit Plinius. Audiuiqui id artificiumattribuant
Laconico, ècuiussuspensura lusvbique. ENSILIVM veròbalnearum,
celebreduntaxatnomen peruenitad nos, fuis se eas inter maiora illius seculi
blandimenta: cæterùm Cap. xi. namearum fuerit ratio, non facilè ex aut horibus
colligitur. Ponit Valerius Max,interluxuriæexemplalib.9. CaiumSergium
OratamPensiliabal quæ Auicenna neaprimum facereinstituiffe. Idquet radit
Plinius lib. 9.cap: Pensilibal 54.L. Crafsi Ora- neurum inui torisetate,parum
anterempub.occupatam.Queminteraliasvoluptates,et torSergius Ostrearum
afferitinueniffe viuaria, nec tamgulæ causaa, quàm auaritiæ, vt Orata.
Quiitamangonizatas vendebat villas. Eadem testator Macrobius 3. Saturna lium
cap.15. Porrò venisse eas in gratiam popularem planè oftendit PLINIO Asclepiadis
Neronis Mediciçtate: vrbe, inquit, imòveròtota Italia imperatrice, tum primùm
vsu balnearum pensiliadinfinitumblandien te. Extat et Annei Senecę censura ad
Lucillum, dePensilibusbalneis:qua vapores conuersosintenues aspergines,
imbriummodo Aqua pensi supercapitacorum, lis. q u i lauabantur, depluere diximu
s. Vel quem ad modum Aqua Pensilis dicitur z Fluvius p e n et Auuius Pensilis,
ita id balneum Pensile fortasse intelligendum, exquodi-filis. ximus authore
Seneca, atque Galeno calidas perpetuò aquas, vel quales quisquevellet et
tepidas et frigidas, velut ex calido fonte depluere, actran {currerepercameras.
Verùm nihililliusblandimentivideoinhis,quam ob rem populus eascum tanto
applausu receperit, et quæ ad authorem adscri: bantur voluptuosiffimum.
Pensiles ergo balneę haud publici videntur fuisse vera balnea instituti, sed in
priuatis extitiffe. Vtquæ priuatum habuêre authorem, et pri-rum Pensi uatamc
aussam,nempèinuentæaddelicias. Necvllumvestigium,nulladeliurnrutio. Hisin
Thermis publicis mention habetur, Earumveròrationem, inquatanto.
perehesitaui,elicioexeodem Plinio, cuidererumanti quarummemoriapri ma
laussupercæteros scriptores, meritòtribuendaest.Pensileenim dicitur rum inqnit
suspensura inuentaest, vtnequid deesset adlautitiam. Hæc ha 3 benturde
inuentione, atquedelicijs Pensilium, quarum tamen non facilèin P
suspensuspenfum,et mobile: qualesipfememinit Tyberij Cesaris hortos
Pensilesmiræ voluptatis, quoshaud quaquam ponitsupersolariolocatos,
sedsuspensos,et mobiles, quos inquit singulis diebuspromouerentadso
lemrotisolitores. Quod idem clarainbalneis authoritate exposuit lib.26.
сар.3.dum Cleophantum Medicum commemorat, authore M. Varrone, alia quoque
blandimenta ex cogitaffe, iam inquit suspendendo lectulos, quo rum
iactatuautmorbosextenuaret,autsomnosalliceret. Iambalneasaui disfima hominum
cupiditate instituendo: easdemscilicet,etsuspensas,vtdi xitlectulos.Quam
fententiam confirmant quæm oxpaulòsubiunxitverba, quæ allegauimus; Anxiam nimis
fuisse Asclepiadis, et quorundam eum sequentium curan,tum primùm Pensili
balnearum vsu ad infinitum blandien te. Easdem et balnearum
suspensurasdixitSeneca. Et ValeriusMax.impen faleuibusinitijscępta, suspensis
calidæaquæ balneis. Vnde fiiam mente co cipiasvidere hominem inbalneo
Pensili,velęgritudine debilem,vel volu ptuofævitæ, çuiusdulcitepore,acleniiactaræ,
et nęnijs, et dulciconcentu tibiarum,somnoet quietiindulgeretur,
iamnihilpoterisexcogitaresuauius. Leftuli non Ex quibus intelligitur, neque
lectulorum ritum in publicisextitisse: sed ho erấtin Therrumquoq;, vt Pensilium
balnearum, priuataratio effedebuit, maximèegris. mis. Vtensilia in Neque particulariumquorundam
vtensilium,quorum in balneis aliquando xandrinus Pedagogij consueuiffe
nobilesante ferreadbalneasva sainnumerabilia, aurea,atqueargentea, quorum
hęcquidem adlauandum, illa ad vescendum, alia ad propinandum. Quin etiam
carbonum craticulas, Syndones. etcathedras. Syndonestergendosudoripræparatas,
maximèægris,memi-. nusfitpedesdenos, vt gradus inferior indeauferat,et puluinus
duos pedes. Labrainvr-Hactenus Vitruuius. Quare, vtarbitror, labraistalapidea,
quæmultavide bemarmo-muspervrbemmaxima, vicenoset ampliuspedeslongitudine,
erantfortaf- se in priuatis balne s. Vel aliqua fort af f e in Thermis ad
magnificentiam potius operis, ac ornamentum, quàm advsum. Alioquia d publicum
vsum nó videolocum, nequeadeofuiffevidenturcapaciapopulo. Pofteàvitroquæ dam
extructafuiffe conftat. Pauimentorumautem, ac Lythoftrotorum, quibus alveos,
atque ipsas cameras adornabant, luxus erat inæstimabilis. Quod certe inuentum
Agrippæ tefte Plinio lib. 36. cap. 25. In Thermis, inquit, quas Romæ fecit
Agrippa, figlinum opus encaustopinxit, in reliquis albarioador
Sufpenfabal nea, Thermis. mentio fit, quæ pueris voquisque domino ad balneum
ante ferebant. Ut de strigili, quo sudore in detergebant;meminit Persius eo carmine
Ironico. Strigiles Ipuer, et STRIGILES Crispiniadbalneadefer. Inęgristamen
prostrigilibus, quierantvelofsei, velferrei, velargentei, spon
giavtebantur,Galeno testex.Metho. Idgenuseratet Guttus,quodLe cythum quoquelegitur,
inquoferuabanturoleuni,velaliavnguenta præ 20 30 rea, ciosa ad balneum. Hydriæ,
pelues, alabastri, aliaqueid genusvasa, exau Vasaaurea.ro,argento, ferro,
velinterdum lapidibus quibusdam. Refert Clemens Ale Labra, nit Galenusx.
Methodi. Labraautem ex Vitruuio,et vestigijsipsorumal ueorum videntur fuiffe
extructa in cameris signino opere, atque albario: sic enimlegitur Labrumsublumine
faciendum videtur, nestan tes circumsuisvmbriso bscurentlucem. Scholasautem
labrorum itafieri oportetspaciosas, vtcùm prioreso ccupauerintloca,
circumspectantes reli quirectèftare poffint. Aluei autem latitude inter parieten et
pluteumnemi nauit. O nauit. Non dubi èvitreas facturus cameras, fipriusi
dinuentum fuisset. Visasolimscribit Balineasgemmis, acargentostraras,vtnevitres
ca vestigio quidem locus esset. Argento fæminas lauari solitas, argenteis folijs,
meræge m Afiaticori sum missem perin delicijs fuisse apud omnes nationes
oftenditur, hanc par mirans, hydrias, pelues, vnguentorum odores, et alabastros,
cunctaauromaditißimg lita, ac miro
ornamento instructa; ad socios conuersus, et quasi nimiunı il
DeritibusantiquisinThermisvrbis. Primis ergoThermarum,ac Palæstrarum
institutis,jam partium earum principalium distinctiones,necnon requisitaad
earum vsum magis necessaria tetigimus. De Ritibus verò in eis, atque ordine
publicaemolumentum, quoniam per hæc oblectamenta, assiduafiebatin gymnasijs
frequentia, ac varijs, quasdiximus corporis exercitationibus af suefiebat
iuuentusad armorum industriam,vnde faciliùs posset militiæ labo res,quando hæc
erantprimaillius feculiftudia, sustinere. Hûc accesserat et alia causa, quoniam
qui tepidescere quodammodo ab honeftis conatibus cepiffent,perhas delicias
retrahebaturà vitijsanimi, sicqueocium, quod eftomnium malorum fomes,
tollebantur, feditionesarcebantur, et omnes populares corruptelæ. Ex quibus
triainter communes ritus videnturesse manifesta. Primùm si vetustam illam
verecundiam, ac Romanum decusrespicias, summam in Thermishonestatemfuisse feruatam.
Simaiestatem populi, omnia ineis fuisse magnifica et splendida, velutidiximus,
et quæ nolentes allicerent, atque etiam traherent. Sid enique communem causam.
Communem, ac liberum earum vnicuique fuiffe usum. Erat autem hæc balnea-
Thermecó. Rum condition communissima, vt
singuli balneum ingressuri Quadrantem solmunes. Uerent balneatori. Quod
planèali quæpræclaræ declarant authoritates: pri Quadrantis mùm M. Tullii pro
Cælio, vbi quadrantariam vocat permutationem balnea em concludam. Asiaticos
durante suo imperio luxuofiflimos fuisse, acexeis Thermalu A Fines, etvti
&, probrisseruisse. Pauper fibiquisquevide eandeinque materiam et cibis
seexercentium,aclauationum,haudmirum est hæc instituta semper maioré mis,acar
litatesprin habuisse progressum; siconsideremus non folùm hincvitæ cip.iles
Ther seruare consueuiffe, fanitatem elegantiam eos, et roburcorporis;sedquod
maius eftinre ز gëtostratę. Baturacsordidus (scribit Seneca ad Lucillum)
nisiparietes balnearūmagnis, a c preciocis orbibus refulsissent. Alexandrina
marmor a Numidicis crustis distincta, operose vndique, et picturæmodo
variataçircunlitio, Vitroconditæ cameræ. Aquainper argenteaeffundebant epistomia,
et adhuc (inquit) ple beiasfiftulasloquor. Relinquocum
hisstatuasillicęternitatidestinatas, operatectoria, picturas,
speculariorumlapidumluxus, quiantècameras præbe bantlumina, et columnarn
mingentium numerum, alia quetantioperisor namentasinefine. Atque hocvnotantùm
Plutarchiexemplo,quobalneas primùm ad Gręcos, et exindeadRomanos huncmorem
balnearumema nafse,apud veterum historiarummonumenta clarum est. Cùm ergo Alexa
der Magnusdeuicto Dariorerumtandem Persię, ac imperijeius potitusesset,
balneumque, vt sudorem pugnæ leuaret, ingrederetur; aquarum ductusad-Darij Ther
ludens luxum, Hoccine (inquit) imperare erat. Torifieri solitam. Indicat et cocarmine
Horatius, folutio. 1. Saty.3. Qq dum xuofiffima. Nuditas in Redde pilam, sonatæs
Thermarum,luderepergis? Verecundi ase nudum quisque in balneas exhibere,&
etiamin exercitationes. Cuiusreiinteraliafidem faciuntstatuæ, præsertimvirotum,
inqui bus videtur minuere potuisse corporis gratiam, ac venustatem, si non
pudenda etiam fimpliciterenudataessent. Nonnullitameninter exercitationes,
autfuccincta fibulaprodiresolebant,autsubligaculis,quæ et subligariavo nihil
foluiffe videntur:teste Iuuenali Satir. Nec pueri credunt, nisiquinondum
ærelauantur. Quorum tamen priuatafieret lauatio, hora extraordinaria quæerat poftde
cimā, ij pluri precio lauabant, quod indicate o carmine Martialis
Balneapostdecimanılafo, centumq; petuntur Quadrantes, &c. incommunitamen
gaudio, erataliquandohocmunus interalia Principum, ut gratis lavaretur.
Antonini Pij exemplo, quem balneum sinemercede prestitisse, meminitIul.
Capitolinus. Sive ergo proveter iinstituto, fiueproso Sub ligaculo cabant.
Authore CICERONE (si veda) offi.Scenicorum mostantamhabetveterisdi rumvfus.
Sciplinæ verecundiam, vtin Scenasinesubligaculo prodeat nemo. Tecta tamen non
hac,qua debes partelauaris..promi-Cæterùm cum
haclicentiabalnei,videturdiuadmodum perdurassemulie. Eal. Mulierum verecundiam,
quænon promiscuècumvirisintrarentinbalneas,nisi perabusum. Hinctotpriuatarum
balnearum numerus. Etquædam viden uerecunda. Subligar. E.. dum tuquadrante lauatum
annum, Lauari. Cædere Syluano porcum, et quadrantelauari. Pueri tamen antè
Fibula. Bal Rexibis,&c. Vituperanseum Principem, quivtvnusde multisqua
drāte lauaretur. Idem Iuuen.authoritate confirmatur in 6.ybi mulieres quas
damarguit impudentiæ, quæ communiter cum viris auderent, inquit ips e,
lutamercede, hocmanifestumest, commune,acperpetuum fuissein Ther Locai Thermis
indultum,vtlocus inbalneo, cuicunque tam primati,quàm plebeio co mis commu
munis esset, atque indifferens. Ex quo intelligitur Tertulliani similitudo nia.
aduersusMarchionem, QUASI LOCVS IN BALNEIS: quiavidelicetnul li e x merito
datur, nectollitur locus in balneis, iam gratuito constitutis, et T intinnabu -
ad usum publicum. Erant autem tintinnabula in Thermis summo quo p i a m fasti
gi oposita, fære factitio conflata, quorum sonitu populum, sicut i hodie ad facra;
conuocari lauandihoraeratsolitum.Tintinnabuluminter Xenias exhibuit Martialis,
eo disticho. Virgine visfolalotusabire domum? Facitadeandem licentiam
Suetonijauthoritas, D. Titum Cæs. admissaple Secum plebebenonnunquamin
Thermissuis lavisse. Et Aelij Spartianialia, Hadrianum Cæs. tamprobatævitæ,
publicè frequenterselaui consueuiffecum multis, verecundia etiam priuatis.
Inuafiffe enim consuetudo videtur,ex affiduis il lisexercitijs, inbalneis.
vndefolutohabitu, acseminudiplerunque homines degebant, vtnonesset Idem
affirmatquodamloco Clemens Alexandrinus de athletis et martialis si pudor est,
transfer subl igar in faciem. 10 la. Reges lauif. invil. bres. uaret.d. Dum
ludit media populospectantepalæstra Delapsa est misero fibula verpus erat. Et
lib.3. Chionemnotat verecundiæ, quæmuliebriainbalneis contectala tur
publicæ fuisse muliebres, ut Agrippinæ Augustæ Neronis matris. Olym piadisitem
balneæ in Suburra. EtquastransTyberim, quasiextràconspe čtum hominum habuisse
Ampelidem,& Priscilianam ex P.Victorerecensui mus. Conqueritur hac de
caussa insuis Amatorijs Propertiusnon eam esse tum Romanis virginibusin balneis
libertatem, quibuscum more Spartano publice liceretcertare, et lauari,
hisversibus. Sed magè virgine itot bona gymnasij. Quòd noninfamesexercet corpore
laudes cepsbeneinstitutę Reip.lapsus) totos singulis diebus lauari cepisse. Invniuer
20sum, qui cunquein exercitijsfuis, aut laboribus defatigati effent, vix fanam
vitam putassent, nisibalneasstatimintrarent, vbisudoré, fordespulueremq;
detergerent,acintotum semolliaquarumfoturecrearent. Quoplanèfit, ve Septiesquos
dam lauari. Mirum ese non debeat, nequeluxuiadscribendum,quodquidamsepties
eadem dietum lauari consueu erint, quod Plinius in primis refert. Ac posteri
scriprores Commodum Cęf. et Gordianum idasseruntfactitasse. Sicenim intelle
xêrequotienscunqueexercerentur, laffitudini sacrefrictionisvitare pericula,
obstructionestollere, cutis afperitateinlenire, faciei, manuum,ac vniuersi
corporis decorem conciliare. Erant tamen lauandi horæ constitutæ. Scribit
Lauandiho I ul. Capitolinus antem Alexandri Severi tempora numquam
Therinasantèau 30 roram apertas fuisse, et semper antè solis occasum claudi
consueuiffe. Communiterv erò lauandihora erat a
meridie ad vesperum, quando, inquit Vitruvius, maxime calidæ auræ a spirare
incipiunt. Cuiomnesaliæ authoritates consentiunt. Hadrianus Cęs. inquit Aelius
Spartianus ante horam octauam inpublico neminem, nisiçgrum, lauaripassus est:
quod erat duashoras poftmeridiem.Vbi operæ præciumest Horarum apudantiquos Horologiri
rationemhabere,quidiemartificialem quolibetanni temporedistinguebanttusapudan
horisduodecim, &no&teni per vigilias. Horæergoerantinęquales,
maiorestiquos. estate, quialongiorestuncdies; minoreshieme, et proportionecæteristem
poribus.Haud tamen intelligendumest cosà prandiovsosbalneis fuise: Prădijetcę
Nam communiter vir Romanus impransus, autientaculo tantùm primoma-navfus.
nerefectus, bonam dieipartemimpendissetnegocijs: mox àmeridie,àsexta nimirùm ad
decimam horam,exercitijs et balneo;à balneo autem, circa vi
gesimamscilicet& secundamhoram, cenabatopiparè.Quam dieiatqueho rarum
partitionem conquisitèin eo Martialis epigrammate comprehensam habemus.
Primasalutantes, atquealteracontinethora, Exercet raucos tertiacausidicos.
Martialis ma 10 CO, Multa tuæ Spartemiramur iura Palæstræ, Inter
luctantes n uda puella viros. Refert Plutarc husinterlaudabiles Catonisillius
Cenforij mores, hocsum- verecundiă ma:laudiilicefliffe,
quodcùmfilionunquàmlauisset. Imò Val. Max. fcribitinterafines. Deinstitutis
antiquis, necpatercum filiopubere, necsočercum generis lauabatur. Quia
interista fancta Vincula, non magis quàm in aliquo sacra tolo nudare se ne fasesse
credebatur. Sed transeamusiamadeosritus, qui com inunivsuretinebanturin
Thermis. Perinitia institutihuius, narratSenecaad Lucillum consueuifse veteresquotidiebrachia,
et cruralauare, totosnundi nisfolùm. Cæterùm poft Magni Pompei ętatē
(cuiusmemoria notatur præra. Qa ij Ad quintam variosextendit Roma labores,
Sexta quieslafis,septimafiniserit. Sufficitinnonam nitidisoctaua palæstris,
Imperat extructos frangerenonatoros. Hora libellorum decimaest Euphememeorum,
Temperat ambrosias cùm tuacuradapes. Octavam verò dieihoram fuisselauationibus
propriam,tùm publica,tùm pri M. Tullius CICERONE, uata testantur exempla. M.
Tullius scribit ad Atticum de Cesare: Ambulavit inquitinlittore,pofthoram
octauamin balneum, vnctusest, accubuit, edit, bibitq;opiparè. Horam et distinctionem
temporum aliquamadnotamusex Galenus, Galeno v.de Sa.tuen.d. ANTONINO Imp.
cognomento Pius, ad curam corporis promptifsimus, subbrumabreuibus, f.diebus, sole
Occidente in palestram ingressus, sub indeole operun et tus lauarierat solitus:
in Solstitio autemhora Thermehie-nona, autfummumdecima. Porrò quod legitur apud
aliquos authores,Ther males, eteftimasaliquasfuise Hiemales,
aliquasAestiuas;hæcnoneratcommunisom niumdistinctio, sedquarundam àcerto coelisitu
dispositio. Quales Hiema lesfecissetraditVopiscusAurelianum Cæs.in
Transtyberina regione; nimi rum ad meridiem expositæ,apertè solis fouebantur
aspectu, itaq; ad hie males exercitationes aptissimæ. A e quaratione A estivas
in Gordiano Iunior e meminitIul. Capitolinus, quæ in opaco fit uinter montem
Celium et Esqui Bal.vfuspe-lias,gratas estate exercitationibus præftabant
vmbras. Alioquî penes anni nesannitem tempora, vix vllaeratlauandidistinctio,
sed benèpersonarum. Nam qui cun que lavabantura d exercitium, in differentert
am hiem e, quam estate lauissent, quando
cunquescilicetexercerentur.Sanitatisverò& mundicieicauf sa: quando cunque
opusfuisset,velad priuatamcuique consuetudinem, vt de Telep o Grammaticom emin
it Galen. v. de San. t u. qui lauari consueverat hieme bis mense, estate
quater,medijs verò temporibus ter. Et de Primigene quodam FILOSOFO, quiquadie non
lauisset, febricitabatomnino. Adde liciasautemac voluptates, velme tacente,
priuataquoqueratio essedebuit, et citràvllamaut
regulam, autmensuram. Vnde Meridianæ lauaționes le Lychniinguntur, atqueetiam
antemeridianę, et vespertinæ. Necnon Medicine
introductio. xi,trimixi,polymixi, idest angulorum et luminum,vnius,
duorum,trium, plurium, Devrilitatibus Balnearum es quando primum Dalnceinvfum
Medicina venêre. seruatur; nonaliam legimus fuiffe Rome Medicinam sexcenti sannis,
quàm balnea. Quod teftatur PLINIO Receptos primùm è Græcia Medicos L. Aemilio, M. Licinio Coff. vxxxv. Vrbis Romæ anno.
Quádoqui dempetrari erant, nisi quiob cæliinclementiam crassarentur morbi. Nam
quæ ex malo vitæregimine, ac ex termis causise ueni rep. Andrea Baccius. Andrea
Bacci. Keywords: i bagni dei romani, De thermis – thermal baths – philosophy of
thermal baths – implicatura ginnastica – le xii pietro pretiose – storia
naturale del vino, bacco – terme romane – il vino e la filosofia, bacco ed
Apollo, le xii pietre pretiose per ordine di dio I sardio II topatio III
smeraldo IV barconchio IV saphhiro VI diaspro VII lingurio VIII agata IX
amethisto X berillo XI chrisolito XII onice – tevere, le tibre au louvre, i
vini. Thermopolium romanum – illustrazione – incisione terme romanae – natatio
– piscina – ginnasio, mercurial, arte ginnastica. -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice
e Bacci” – The Swimming-Pool Library
Grice e Badaloni: la ragione
conversazionale e l’implicatura conversazionale della colloquenza – la scuola
di Livorno – filosofia toscana -- filosofia italiana – Luigi Speranza, pel
Gruppo di Gioco di H. P. Grice (Livorno). Filosofo toscano. Filosofo
italiano. Livorno, Toscana. Grice: “I like Badaloni; he never took the ROMAN
story of philosophy – I say story since history, as every Italian knows, is too
pretentious! – seriously until he had to teach it! “Storia del pensiero
filosofico – l’antichita’ is my favourite – because he does his best to
understand Plato’s pragmatics of dialogue as misunderstood by Cicero!” -- Nicola Badaloni, Sindaco di Livorno Predecessore
Diaz Successore Raugi Nicola B. (detto Marco). Di spiccate
convinzioni marxiste, è stato uno studioso di Bruno, Campanella, Vico, Marx, e
Gramsci. All'attività di ricerca e di
docenza a Pisa, dove è stato Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia
e occupa e la cattedra di filosofia, B.
ha affiancato un'imponente attività politica nelle file del movimento operaio,
ricoprendo per molti anni la carica di sindaco di Livorno, di presidente
dell'Istituto Gramsci, nonché di membro del Comitato centrale del PCI. I suoi
contributi storiografici, salutati fin dall'esordio dall'apprezzamento di
Benedetto Croce hanno messo in luce autori considerati minori e pensatori
inattuali (Franco, Fracastoro, Porta, Cherbury, Conti) rinnovando radicalmente,
attraverso una collocazione nel contesto storico, grandi figure viste dalla
storiografia idealistica precedente come immerse in una «solitudine
metastorica». Storicismo e filosofia
Nella presentazione dell'ultima pubblicazione di B., Bodei ha sostenuto che il
marxismo, lontano da ogni vulgata, conserva, per lo storico della filosofia
toscano, la sua capacità di strumento di comprensione del mondo, di erogatore
di energie di cambiamento, di guida per lo sviluppo di una prassi razionale,
ancora validi dopo le esperienze del cosiddetto "socialismo
realizzato". B. ha incessantemente ricercato un legame, nella storia, tra
pensiero e azione sociale e sviluppato uno storicismo di impronta marxista che
raccordasse autori lontani nel tempo (come Bruno, Vico, e Labriola), ma
accomunati dalla tensione al rinnovamento e alla trasformazione progressiva
degli assetti sociali in una data situazione storica determinata. Così come c'è
alterità profonda, ma non rottura senza legame, tra Hegel e Marx e similmente
tra Croce e Gramsci. Altre saggi: “Retorica
e storicità in Vico” -- “Inquietudini e fermenti di libertà nel Rinascimento
italiano” (ETS, Pisa); “Appunti intorno alla fama del Bruno”; “Introduzione a
Giambattista Vico, Feltrinelli); “Marxismo come storicismo, Feltrinelli); “Tommaso
Campanella” (Feltrinelli, 'Istituto Poligrafico dello Stato); “Conti. Un abate
libero pensatore tra Newton e Voltaire” (Feltrinelli); “Il marxismo italiano
degli anni Sessanta” (Editori Riuniti); “Labriola politico e filosofo, sta in
Critica marxista, Roma); “Per il comunismo. Questioni di teoria, Einaudi); “Fermenti
di vita intellettuale a Napoli, Storia di Napoli, Società Editrice Storia di
Napoli); “Cultura e vita civile tra Riforma e Controriforma” (Laterza); “La
storia della cultura, sta in Storia d'Italia, III -(Dal primo Settecento
all'Unità), Einaudi); “Il marxismo di Gramsci. Dal mito alla ricomposizione
politica, Einaudi); “Libertà individuale e uomo collettivo in Gramsci, in
Politica e storia in Gramsci, F. Ferri,
1, Roma, Editori Riuniti-Istituto Gramsci); “Labriola, Croce e Gentile”
(Laterza); “Dialettica del capitale, Editori Riuniti); “Gramsci: la filosofia
della prassi, sta in Antonio Gramsci. La filosofia della prassi come
previsione, in Hobsbawm, E. H., Storia del marxismo” (Torino, Einaudi); “Teoria
della società e dell'economia in Labriola, I e II, in Dimensioni”; Forme della
politica e teorie del cambiamento. Scritti e polemiche” (ETS); Movimento
operaio e lotta politica a Livorno”; “Democratici e socialisti in Livorno”
(Nuova Fortezza); “Filosofia della praxis, sta in Gramsci. Le sue idee nel nostro tempo,
Editrice l'Unità); “Labriola nella cultura europea dell'Ottocento, Lacaita); “Il
problema dell'immanenza nella filosofia politica di Gramsci, Quaderni della Fondazione Istituto
Gramsci Veneto, Venezia, Arsenale); “ Bruno. Tra cosmologia ed etica, De
Donato); “Laici credenti all'alba del moderno. La linea Herbert-Vico, Le
Monnier-Mondadori); “Inquietudini e fermenti di libertà nel Rinascimento
italiano, Edizioni ETS, Pisa, B. è inoltre coautore di due importanti manuali: Storia della pedagogia, (Laterza); “Il
pensiero filosofico. Storia. Testi. Per le Scuole superiori” (Signorelli
Editore). Notizia della morte sul settimanale Macchianera, su macchianera. Giuliano Campioni, Addio a B., maestro di
filosofia, Athenet, Sistema bibliotecario di ateneo, Pisa. La lezione di Nicola
Badaloni di Giuliano Campioni, professore del Dipartimento di Filosofia
dell'Pisa, 20 gennaio,, in Pisanotizie. B. in Treccani Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Predecessore Sindaco di
LivornoSuccessore Livorno Stemma.svg Diaz Raugi Filosofia Politica Politica Categorie: Politici italiani
Politici italiani Filosofi italiani Filosofi. Nicola Badaloni. Badaloni Keywords:
colloquenza, la retorica di Vico. La storia di Vico, storia e storicita,
campanella, lingua utopica. Bruno, Campanella, Gentile, Croce, Labriola,
Gramsci. badaloni — implicatura vichiana — libero — biologia filosofica telesio — vallisneri — lingua utopica di
campanella — “retorica e storicità” — laico — bruno — comune — comunismo —
marchetti — vignoli —Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Badaloni” – The
Swimming-Pool Library. Badaloni.
Grice e Baglietto: la
ragione conversazionle e l’implicatura conversazionale della dialettica – filosofia
ligure – la scuola di Varazze -- filosofia italiana – Luigi Speranza, pel
Gruppo di Gioco di H. P. Grice (Varazze). Filosofo ligure. Filosofo
italiano. Varazze, Liguria. Grice: “I like Baglietto; unlike me, he was a
consceinious objector, but then we were fighting on different camps! I love the
fact that his first tract is on ‘il problema del linguaggio’ in Mazzoni – but
then he turned from ‘la bella lingua’ to Dutch! And specialized in Kant, but
most notably Heidegger – ‘mitsein und sprache.’ But he also wrote on ‘eros’ and
‘love,’ – which is very Platonic of him! And of me, since the ground for my
theory of conversation is on the balance between what I call a principle of
conversational self-LOVE (or egoism, if you mustn’t) and a corresponding
principle of conversational OTHER-love (or altruism, if you must, since I
prefer tu-ism – ‘thou-ism’).” Claudio Baglietto (Varazze), filosofo. Di origini modeste, dopo gli studi liceali
presso il Liceo "Chiabrera"di Savona, studiò Filosofia all'Pisa e si
perfezionò presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, allora diretta da
Giovanni Gentile. Baglietto fu assistente del filosofo Armando Carlini. Negli
anni pisani sviluppò idee di riforma religiosa e morale, in contrapposizione al
Cattolicesimo e al Fascismo. Insieme a Capitini, B. organizzava riunioni serali
in una camera della Normale, cui partecipavano giovani studenti, divenuti in
seguito affermati intellettuali, come Binni, Dessì, Ragghianti, Varese. Così Capitini ricordava l'amico nel suo
saggio Antifascismo tra i giovani (Trapani): "era una mente limpida e
forte, un carattere disciplinato, uno studioso di prima qualità, una coscienza
sobria, pronta ad impegnarsi, con una forza razionale rara, con
un'evidentissima sanità spirituale. Cominciai a scambiare con lui idee di
riforma religiosa, egli era già staccato dal cattolicesimo, né era fascista. Su
due punti convenivamo facilmente perché ci eravamo diretti ad essi già in un
lavoro personale da anni: un teismo razionale di tipo spiccatamente etico e
kantiano; il metodo Gandhiano della noncollaborazione col male. Si aggiungeva,
strettamente conseguente, la posizione di antifascismo, che B. venne
concretando meglio. Non tenemmo per noi queste idee, le scrivemmo facendo
circolare i dattiloscritti, cominciando quell'uso di diffondere pagine
dattilografate con idee di etica di politica, che continuò per tutto il periodo
clandestino, spesso unendo elenchi di libri da leggere, che fossero accessibili
e implicitamente antifascisti. Invitammo gli amici più vicini a conversazioni
periodiche in una camera della stessa Normale [...]". Ottenuta una borsa per perfezionarsi presso
l'Friburgo in Germania, dove allora insegnava Heidegger, in coerenza con i suoi
ideali di nonviolenza incompatibili col Fascismo, B. decide di non rientrare
più in Italia e rinunciò alla borsa, cosa che scandalizza Gentile (che aveva
garantito per lui presso le autorità per il visto). Anche Cantimori criticò
animatamente la scelta di B., in particolare nel suo carteggio con Capitini e
con Varese, accusando i colleghi normalisti dissidenti dal Fascismo di mancanza
di senso di realismo politico, nonché di senso dello Stato (fu poi lo stesso
Cantimori ad avvisare Gentile della morte di B.). Lasciata Friburgo, B. si trasfere quindi a
Basilea, dove visse da esule, proseguendo gli studi e dando lezioni private. Sepolto
nel cimitero di Basilea. Il cammino della filosofia, “Annali della Scuola
Normale di Pisa”, Scritti religiosi. Antifascismo tra i giovani, Celebres,
Trapani); "Kant e l'antifascismo", in Fontanari e Pievatolo,
Bollettino italiano di filosofia politica, Pisa, Ospitato su
archiviomarini.sp.unipi. (Saggio inedito di Baglietto, composto a Basilea e da
anni depositato nell'Archivio Marini dell'Pisa) Note. A. Capitini,
L'antifascismo tra i giovani, Celebres, Trapani); Chiantera Stutte, Cantimori.
Un intellettuale del Novecento, Carocci, Roma, che rinvia soprattutto a Simoncelli,
La Normale di Pisa. Tensioni e consenso; Angeli, Milano); Capitini. Capitini
Mahatma Gandhi Nonviolenza B. e la
questione morale -- "Phenomology
Lab", B., Kant e l'antifascismo di Fontanari, nel "Archivio
Marini". Filosofia Università
Università Filosofo Professore Varazze Basilea Nonviolenza Antifascisti
italiani Studenti dell'Pisa. Claudio Baglietto. Baglietto. Keywords. dialettica, filosofia ligure, baglietto — il
kantismo di heidegger — manzoni — filosofia dell’amore — dialettica — Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Baglietto” – The Swimming-Pool Library. Baglietto.
Grice e Balbillo: il filosofo personale di Nerone -- Roma
– filosofia italiana – Luigi Speranza. (Roma).
Filosofo italiano. A man of learning, he is much admired by Seneca. He is the
personal philosopher of NERONE and writes a long book on astrology. Tiberio Claudio
Balbillo. Balbillo.
Grice e Balbo: il tutore di filosofia -- Roma –
filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Scolaro di SCEVOLA
(si veda) pontefice, e soprattutto un giurista. I shall say but
little of some other Balbus's, mentioned by ancient Authors. Disciple SCEVOLA,
and preceptor of Servio Sulpizio, an excellent philosopher of law. CICERONE says
that Sulpizio did exceed his master, who, by the addition of a mature judgment
to his learning, was something slow, whereas his disciple is quick and
expeditious. B.’s essays are lost, to which perhaps his disciple Sulpizio did
not a little contribute by inserting most of them in his own. Lucio Lucilio Balbo.
Balbo.
Grice e Balbo: gl’ortelani – Roma antica – filosofa
italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo
italiano. Portico. Consul. Friend of CICERONE, who successfully defended him in
a legal action. Comments made by Cicero suggest he was a member of L’ORTO. Lucio Cornelio Balbo.
Balbo.
Grice e Balbo: il portico a Roma – filosofia italiana
– Luigi Speranza. (Roma). Filosofo italiano. Chiamato ‘dal portico’ da
CICERONE che nel De natura Deorum gli assegna l’esposizione delle dottrine
teologiche stoiche. Ivi B. dichiara di
avere familiarità con Posidonio.Antioco dedica a B. un saggio. Secondo CICERONE, B. e pari ai più insigni
stoici. A Stoic philosopher and a pupil of Panezio. B. appears to CICERONE
as comparable to the best philosophers. He is introduced by CICERONE in his
dialogue De natura deorum as the expositor of the opinions of the Portch on
that subject. B.’s arguments are represented as of considerable weight. His
name appears in the extant fragments of CICERONE’s Ortensio, but it is no
longer thought that B. is a speaker in the dialogue. Cicero, De Divinatione. Griffin,
"Composition of the Academica, in Inwood and Mansfield, Assent and
Argument: Studies in Cicero's Academic Books. Brill. Smith, Dictionary of Roman
Biography. Categories: Philosophers of Roman Italy Roman-era Stoic philosophers
Lucilii Ancient Roman people GRICE E BALBO We must not, as Glandorpius has
done, confound this Balbus with *Quintus* Lucilius BALBUS, the philosopher, and
one of Cicero's interlocutors in the books de Natura Deor. A member of the
Portch. Cicero uses him as a spokesmn for the Porch in De natura deorum. Lucio Lucilio Balbo. Quinto
Lucilio Balbo. Balbo.
Grice e Baldini: la
ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale del linguaggio – la
scuola di Greve – filosofia fiorentina – la scuola di Firenze – filosofia
toscana -- filosofia italiana – Luigi Speranza, pel Gruppo di Gioco di H. P.
Grice, The Swimming-Pool Library (Greve).
Filosofo fiorentino. Filosofo toscano. Filosofo Italiano. Greve, Firenze,
Toscana. Grice: “I like Baldini, but more so does Austin! In his collection of
‘lessons’ (lezioni) on ‘filosofia del linguaggio’ (not just ‘sematnica’ or
‘semiotica’) for the distinguished Firenze-based publisher Nardini, he deals
with Austin, but not me!” Grice: “Baldini fails to realise that I refuted
Austdin – when Baldini opposes ‘filosofese,’ I am reminded of my
non-conventional non-conversational implicata – and Austin’s less happy idea of
a felicity condition for a perlocutionary effect!” Grice: “But what I like
about Baldini is that being Italian, he refers to ‘amore’ in his ‘natural’
history of AMicizia – which is all that my conversational pragmatics is about:
Achilles and Ayax must share a lot of common ground to be able to play the game
of conversation, and they do!” Si dedica alla filosofia del linguaggio. Figlio dello
storico Carlo B., laureato a Firenze, insegna a Firenze, Siena, Perugia, Bari, e
Roma. Diversi sono gli’ambiti di ricerca che più di altri B. coltiva: la
filosofia della scienza (con una particolare attenzione al pensiero
dell'epistemologo Popper, di cui ha
curato anche alcune opere), la filosofia del linguaggio, e la semiotica delle
mode filosofiche. Dedicato saggi all'epistemologia, cogliendone le possibili
applicazioni alla medicina, alla storia della scienza, alla pedagogia e,
infine, alla filosofia politica. Parallelamente, ha rivolto i suoi interessi
anche alla storia della scienza e, in particolare, alla storia della medicina.
Un'attenzione particolare è stata dedicata ai nessi che intercorrono tra
l'epistemologia e la filosofia della politica: sulla scorta delle riflessioni
popperiane, ha riletto il pensiero utopico sia nella sua dimensione storica che
in quella teorica. L'altro grande interesse filosofico di B. è stata la
filosofia del linguaggio. In particolare ha studiato le tesi dei semanticisti
generali, un movimento nato negli Stati Uniti tra le due guerre mondiali e di
cui si era occupato per primo in Italia negli anni Cinquanta Francesco Barone.
L'interesse per la filosofia del linguaggio si è declinato anche in chiave
storica: e alla storia della comunicazione Massimo Baldini ha dedicato numerose
opere. Inoltre, gli studi sulla filosofia del linguaggio si sono incentrati
sull'analisi di alcuni linguaggi specialistici: quello della pubblicità, quello
dei mistici, quello della pubblica amministrazione, quello dei giornalisti,
nonché il tema correlato del silenzio. Tutti questi linguaggi, sono stati
studiati nelle prospettive dell'oscurità e della chiarezza, e dell'oggettività
(soprattutto con riferimento al contesto dell'informazione). La
biblioteca comunale "B." di Greve in Chianti A partire dalla fine
degli anni Novanta, infine, gli interessi di B. si sono incentrati sul tema
della moda, che egli ha studiato dal punto di vista storico e semiotico, e
nelle diverse componenti della moda vestimentaria e della moda capelli. Tutta
l'attività di ricerca di B. è confluita in numerose opere individuali e
collettive, curatele, introduzioni e prefazioni a testi italiani e stranieri,
traduzioni, nonché nella collaborazione stabile con alcune case editrici e
riviste scientifiche. In particolare, presso l'editore Armando (Roma) ha
diretto le collane Temi del nostro tempo, I maestri del liberalismo, Moda e
mode, I linguaggi della comunicazione; presso l'editore Rubbettino (Soveria
Mannelli) la collana Biblioteca austriaca (con Antiseri, Infantino e
Ricossa). Menzione a parte merita poi il ricordare che B. è stato ed è
rimasto nel corso dei decenni un grande estimatore e diffusore dell'opera del
concittadino grevigiano Giuliotti, il "poeta-mistico" o
"profeta" Giuliotti, del quale il nostro ha riedito alcune delle sue
maggiori opere per lo più per conto delle edizioni Logos di Roma, oltre a
dedicare al medesimo alcune raccolte di saggi come "Il più santo dei
ribelli. Scritti su Domenico Giuliotti" oppure "Giuliotti. Cristiano
controcorrente" (ed. EMP), senza contare i volumetti preparati per conto
della preziosa casa editrice La Locusta di Vicenza, in consonanza agli
interessi espressisi e sviluppatisi soprattutto a partire dagli anni ottanta,
quelli che afferivano ai connotati e alle 'modalità' del linguaggio dei
mistici, o alle relazioni intercorrenti fra le dimensioni del
silenzio-parola-Parola di Dio-ascolto. È stato altresì membro del
Comitato Nazionale per la Bioetica; membro del comitato scientifico delle
riviste L'Arco di Giano, 'Nuova civiltà delle macchine, Desk. Morì a
causa di un infarto mentre si trovava a cena con alcuni colleghi universitari.
Nel per la casa editrice Rubbettino è
uscito il libro La responsabilità del filosofo. Studi in onore di B. Antiseri
con saggi di amici, colleghi, collaboratori e studenti per ricordare la figura
intellettuale e morale di Massimo Baldini a quattro anni dalla scomparsa.
Partecipano all'antologia Mauro e Kerckhove. Il primo maggio è stata inaugurata a Greve in Chianti la
Biblioteca B. Sulla filosofia del linguaggio «È chiaro che devo
preoccuparmi di essere inteso da tutti perché penso che la chiarezza sia la
cortesia del filosofo» (Gasset, Cos'è la filosofia?) Secondo Baldini
scopo del filosofo e della sua filosofia è essere chiari: scrisse infatti
«l'accusa che più frequentemente viene rivolta alle opere dei filosofi è quella
dell'illegibilità». I filosofi come dimostra nel suo Contro il filosofese e nel
Elogio dell'oscurità e della chiarezza non seguono sempre questa missione ed in
alcuni casi sembra usino volutamente un linguaggio oscuro ed incomprensibile.
Tre dei filosofi più oscuri secondo Baldini, che ricalca in questo anche il
giudizio di Schopenhauer, sono stati Fichte, Hegel e Schelling. Parlando di
Hegel, Baldini riporta il giudizio di uno scritto di Koyré che definisce la
lingua di Hegel "incomprensibile e intraducibile". Citando
inoltre il giudizio di Popper scrive: «Troppo spesso, secondo Popper, i
filosofi vengono meno alla virtù della chiarezza. Con l'oscurità sovente
mascherano le tautologie e le banalità che infiorettano i loro discorsi». Bergson cita l'esempio di Cartesio, di
Malebranche e di molti altri filosofi francesi mostrando che idee molto
raffinate e profonde possono essere espresse nel linguaggio ordinario anziché
con circonlocuzioni e ridondanze e termini che sono causa di equivoci. B. afferma
che l'oscurità in filosofia è, dunque, il modo migliore per fingere di
spacciare pensieri, mentre si sta solo spacciando parole, è una maschera che
cela spesso il vuoto di pensiero o la banalità dei pensieri. Nonostante tutto
secondo B., non bisogna giudicare frettolosamente un filosofo, definendolo
oscuro, a volte può essere una carenza della nostra conoscenza che ci porta a
respingere come vuoto suono, parole che invece, hanno il loro preciso
significato. Filosofare in maniera chiara può avere le sue difficoltà,
Nietzsche infatti afferma che ci vuole meno tempo ad imparare a scrivere
nobilmente che chiaramente e
Wittgenstein che celebra a più riprese la chiarezza, fa autocritica
ammettendo in una sua lettera a Russell che il suo Tractatus
logico-philosophicus è tremendamente oscuro. Quanti celebrano la chiarezza in
filosofia, sanno bene che ogni lettore di testi filosofici deve fare proprio il
consiglio che Wittgenstein da a Russell, quando questi si lamenta con lui
dell'oscurità del trattato, gli scrive. Non credere che tutto ciò in cui tu sei
capace di capire consista di stupidaggini. Invece, un personaggio che
volutamente, secondo B., tende a non farsi capire e a sopraffare
linguisticamente fra gli applausi di ammirazione i suoi ascoltatori, è
Verdiglione. Chi si avventura nelle sue opere, fa rilevare il filosofo,
si imbatteva in frasi tipo questa. Sono tratto da un demone a dire, a fare, a
scrivere sempre fra oriente e occidente e fra nord e sud. Senza luogo della
parola. Questo demone è il colore del punto, dello specchio, dello sguardo,
della voce: la moneta stessa. Punto, sembiante, oggetto scientifico, è indotto
dalla pulsione, dall'instaurazione della domanda, dove l'offerta è il
pleonasmo», ed ancora: «Ecco questo primo rinascimento. Primo in quanto procede
dal secondo, ovvero dall'originario. Secondo dunque non in senso ordinale, non
in nome del nome. Non è neppure nuovo, perché non parte dalla corruzione per
arrivare all'utopia». "Oscuro superlinguaggio" e "gargarismi
linguistici e semantici" sono secondo B. il risultato della verdiglionite
ovvero di chi si muove sui sentieri del filosofese. Secondo B. quindi la
difficoltà di esprimere alcuni profondi pensieri filosofici non dovrebbe essere
amplificata, è vero che ci sono pensieri filosofici difficili da esprimere in
modo semplice, ma è pur vero che il filosofo che desidera trasmettere la
propria filosofia, dove fare un onesto sforzo affinché essa sia quanto più
possibile comprensibile al proprio uditorio. Sociologi: è morto B.,
semiologo e filosofo, Adnkronos, Contro il filosofese I filosofi e l'abuso
delle parole; Contro il filosofeseFichte, Schelling, ed Hegel: i professionisti
dell'oscurità; Koyré, Note sulla lingua e la terminologia hegeliana,
Interpretazioni hegeliane, La Nuova Italia, Firenze; Russel. L'autobiografia
Longanesi, Milano Verdiglione, Manifesto del secondo rinascimento, Rizzoli,
Milano. Altre saggi: “Epistemologia e storia della scienza” (Città di vita,
Firenze); “Campanella ed il linguaggio dell’utopia” – “Utopia e ideologia: una
rilettura epistemologica” Ed. Studium, Roma); “Epistemologia contemporanea e
clinica medica” (Città di vita, Firenze); “Teoria e storia della scienza” (Armando,
Roma); “I fondamenti epistemologici dell'educazione scientifica” (Armando,
Roma); “La semantica generale” (Città nuova, Roma); “Gli scienziati ipocriti
sinceri: metodologia e storia della scienza” (Armando, Roma); “La tirannia e il
potere delle parole: saggi sulla semantica generale” (Armando, Roma); “Congetture
sull'epistemologia e sulla storia della scienza” (Armando, Roma); “Epistemologia
e pedagogia dell'errore” (Scuola, Brescia); “Il linguaggio dei mistici” (Queriniana,
Brescia); “Il linguaggio della pubblicità” “La fantaparola” (Armando, Roma); “Educare
all'ascolto, Scuola, Brescia); “Parlar chiaro, parlar oscuro” (Ed. Laterza,
Roma Bari); “Lezioni di filosofia del linguaggio” (Nardini, Firenze); “Antologia
filosofica, Scuola, Brescia); “Contro il filosofese” (Laterza, Roma); “Storia
della comunicazione, Newton et Compton, Roma); “La storia delle utopie, Armando
Editore, Roma); “Il proverbi italiano” (Newton et Compton., Milano); “Karl
Popper e Sherlock Holmes: l'epistemologo, il detective, il medico, lo storico e
lo scienziato” (Armando, Roma); “La medicina: gli uomini e le teorie, CLUEB,
Bologna); “Il liberalismo, Dio e il mercato” (Armando, Roma); “L’amicizia”
(Armando, Roma); “Introduzione a Karl R. Popper, Armando Editore, Roma); “Capelli:
moda, seduzione, simbologia” Peliti, Roma); “Popper e Benetton: epistemologia
per gli imprenditori e gli economisti” (Armando, Roma); “Elogio dell'oscurità e
della chiarezza, LUISS University Press e Armando Editore, Roma); “Elogio del
silenzio e della parola: i filosofi, i mistici, i poeti, Rubettino, Soveria
Mannelli); “I filosofi, le bionde e le rosse, Armando Editore, Roma); “L'invenzione
della moda: le teorie, gli stilisti, la storia. Armando Editore, Roma); “L'arte
della coiffure: i parrucchieri, la moda e i pittori, Armando Editore, Roma); Popper,
Ottone, Scalfari, LUISS University Press, Roma. Citazionio su B. Scheda
dell'Università LUISS, su docenti. luiss. Filosofia Filosofo Filosofi italiani
Accademici italiani Accademici italiani Professore Greve in Chianti Roma Professori
della Libera università internazionale degli studi sociali Carli Professori
della Sapienza Roma Perugia Siena Bari Firenze. Intendo concentrarmi qui su
alcuni aspetti della teoria aristotelica dell’amicizia: il metodo di indagine
attraverso cui è articolata e acquisita, e il suo significato dialettico e
teorico. Il processo conoscitivo per Aristotele è una transizione da ciò
che è primo per noi a ciò che è primo per sé, e l’indagine sull’amicizia non fa
eccezione. Il primo per noi contempla la nostra esperienza della cosa intesa in
senso ampio, tale da includere: le prassi linguistiche e ascrittive diffuse, le
opinioni notevoli (ἔνδοξα) condivise da tutti o dai più o dai sapienti o da
alcuni di essi, i topoi o luoghi comuni consegnati dalla tradizione, i fenomeni
intesi come fatti della vita, ovverosia le ordinarie prassi umane, i
comportamenti concreti implicati nelle relazioni di amicizia. Si tratta di un
materiale eterogeneo, variegato, opaco, bisognoso di sintesi e di articolazione
concettuale. Il suo trattamento dialettico preliminare e orientato anzitutto a
evidenziare le contraddizioni che tale materiale ospita, per poi cercare di
superarle entro una sintesi superiore la quale, attraverso una teorizzazione
positiva ˗ materiata di distinzioni semantiche e concettuali, argomenti,
definizioni ˗ ne salvi gli elementi genuini nella misura del possibile, mostri
l’apparenza delle contraddizioni, e produca così una sorta d’equilibrio
riflettuto fra il primo per noi, da cui pure si sono prese le mosse, e il primo
per sé, punto d’arrivo dell’indagine. Una buona teoria dovrà fare giustizia dei
caratteri manifesti dell’oggetto, renderli cioè intellegibili e inferibili. Una
teoria che nega questi caratteri, e ipso facto una teoria deficitaria,
insoddisfacente: non ci riconcilierebbe coi φαινόμενα, che pure sono il suo
originario explanandum. Questa cifra metodologica va tenuta presente, se
si vuole apprezzare in modo non superficiale la trattazione aristotelica
dell’amicizia nelle Etiche. Perciò è opportuno partire non da Aristotele, bensì
dall’orizzonte teorico-culturale cui egli si rapporta dialetticamente, nonché
dai suoi obbiettivi polemici. Il significato ordinario di «φιλία» ha
un’estensione ben più ampia della nostra nozione di «amicizia»: oltre
all’amicizia propriamente intesa, può denotare anche l’alleanza politica, la
vasta gamma dei rapporti sociali, dalle relazioni parentali e matrimoniali a
quelle commerciali, quelle cameratistiche, quelle amorose ed erotiche; insomma,
qualunque interazione umana positiva e non ostile, fra individui o fra gruppi –
ma anche fra uomini e dei– è denotabile come φιλία. Nella caratterizzazione
preliminare che ne offre, Aristotele attinge ai grandi modelli omerico ed
esiodeo, così come ai Sette Savi, ai tragici, nonché al sapere filosofico dei
predecessori (Empedocle, Eraclito, etc.); ma il punto di riferimento dialettico
che, sottotraccia, orienta l’intera trattazione, è il Liside platonico, la
prima indagine filosofica sistematica dedicata alla φιλία[8], nelle cui note
aporie sono peraltro condensate e portate a tematizzazione le contraddizioni
insite nelle istanze della tradizione pre-filosofica globalmente intesa. Il
Liside dunque, fra gli ἔνδοξα e i λεγόμενα, riveste un ruolo
dialettico-polemico primario, anche se non se ne fa alcun riferimento
esplicito. È impossibile in questa sede tentarne anche solo una cursoria
sintesi, ma è necessario individuare perlomeno quelle aporie di fondo intorno
alla φιλία che Aristotele riprende in maniera puntuale. Una importante
aporia radicata nella dicotomia attivo/passivo, è articolata intorno alla
questione: chi dei due, in una relazione amicale, è l’amico? Chi ama o chi è
amato? Si sonda tutto lo spazio logico delle possibilità, producendo esiti
paradossali (di qui, appunto, lo status di aporia): se è chi ama, ad essere
amico di chi è amato, allora nel caso che chi è amato odiasse chi lo ama, uno
sarebbe amico di chi lo odia! se è chi è amato, ad essere amico, sarà anche il
caso che chi è odiato è nemico, dunque se qualcuno ama qualcuno che lo odia,
allora sarà nemico di un suo amico! se sono amici o chi ama o chi è amato,
indifferentemente, resta fermo che uno potrebbe essere amico di chi lo odia se
sono amici necessariamente entrambi, allora non potremmo essere “amici” di
entità che non ci amano, come la scienza, o il vino, o i cavalli. L’aporia
presuppone l’ampia estensione semantica di φιλία e di φίλος, che da un lato può
avere significato passivo (esser caro a qualcuno), attivo (essere amico o
reciproco, dall’altro come prefisso (φίλο-) può comporre termini denotanti
amore, passione o apprezzamento per entità impersonali, che non reciprocano. Ma
l’aporia è filosofica, non meramente linguistica. Una seconda aporia
muove dalla questione se l’amicizia si dia fra simili o fra dissimili. Se si dà
fra simili, allora anche i malvagi sarebbero amici, ma fra malvagi non si dà
vera amicizia (assunzione qui data per vera); se si dà non fra simili
simpliciter ma fra simili nell’esser buoni, sorge il problema di come il buono
– il quale basta a se stesso – possa trarre utilità da un altro buono, e
viceversa, quando si era precedentemente stabilito che nessun amico è inutile
all’amico se si dà fra dissimili contrari, come povero/ricco,
sapiente/ignorante etc., allora, daccapo, l’amico sarà amico del nemico, il
malvagio del buono etc.: amico/nemico e malvagio/buono sono contrari; 4) forse
si dà fra certi dissimili non contrari: chi è intermedio fra buono e cattivo
può amare il buono in virtù della presenza in sé di un “male”, cioè della
privazione di bene di cui è conscio e che lo rende intermedio; così l’amicizia
diventa un caso particolare del desiderio, volto strutturalmente a ciò di cui
si è privi. Ma anche qui si ricadrebbe nel caso 1 della Prima aporia: pare che
l’amare unidirezionale e non ricambiato non sia sufficiente all’amicizia,
inoltre il buono sarebbe amato senza amare a sua volta (infatti l’altro gli è
inutile giacché egli ha già il bene presso di sé). A questo punto viene
introdotta l’idea che, se noi cerchiamo nell’amico il bene ma nessun amico può
avere il bene pienamente presso di sé, allora ciò che cerchiamo negli amici è
il «Primo Amico», qualcosa che trascende sia noi che gli amici stessi, di cui
questi ultimi sono apparenze (εἰδώλα). Le relazioni amicali sono da ultimo
orientate verso qualcosa che trascende entrambi i relati, secondo una dinamica
“ascensionale” segnatamente platonica: ma così l’amico in carne e ossa parrebbe
ridotto a mero luogo di transito di una tensione desiderante che ascende in
direzione di un assoluto ideale. Riesaminando poi la relazione “orizzontale”,
si introduce la nozione di «affine» (οἰκεῖος): forse la φιλία è rapporto col
simile in quanto affine, o familiare; ma l’affinità pare essere reciproca (se A
è affine a B, B è affine ad A), dunque il buono risulta inservibile a chi è già
affine al buono; inoltre, sono affini anche i malvagi. Anche se la
trattazione appare un poco schematica e talora verbalistica, essa tocca
problemi speculativi genuini. Come ci si aspetta da un dialogo “socratico” di
Platone, le aporie non trovano uno scioglimento, se non la paradossale
acquisizione che né amanti né amati, né simili né dissimili né contrari, né
affini, né buoni, possono essere amici! Teniamo dunque a mente questi nodi
problematici. L’amicizia è studiata nell’Etiche Eudemia e Nicomachea.
Mentre la trattazione dell’Etica Eudemia risulta più logica e astratta, quella
dell’Etica Nicomachea è più orientata a salvare i fenomeni, è più empirica e
inclusiva: per cogliere i nuclei teorici di fondo, è sensato muovere dalla
prima, e valutare criticamente quando e perché la seconda propone integrazioni
o discostamenti teorici da quella. Sia la Eudemia precedente alla Nicomachea o
meno, in essa appare più nitidamente come la trattazione aristotelica
costituisca una sorta di virtuale controcanto filosofico del Liside platonico.
Etica Eudemia VII introduce il soggetto come specialmente degno di essere
indagato: gli ἔνδοξα universalmente diffusi pongono la φιλία come il fine
stesso della politica, come antidoto all’ingiustizia, come habitus caratteriale
rivolto ai buoni, pongono l’amico come il più grande dei beni esterni (anche in
quanto volontariamente scelto) e l’assenza di amici come il male più terribile.
La φιλία è aspetto centrale dell’etica – soprattutto entro un’etica
eudemonistica imperniata sul bene e sulla felicità – dunque non sorprende che
la sua trattazione occupi quasi un quinto degli scritti etici
aristotelici. Ma altre opinioni notevoli non sono universalmente
condivise: per alcuni il simile è amico del simile (Omero, Empedocle), per
altri lo è il contrario del contrario (Esiodo, Euripide, Eraclito): sono le
opzioni 1 e 3 della Seconda Aporia del Liside, che pure non viene citato. Si
ricordano poi altre opinioni, topoi tradizionali già ripresi dal Liside: per
alcuni non c’è amicizia fra malvagi ma solo fra buoni (cfr. opzione 1 della
Prima Aporia), per altri solo chi è utile può essere amico (cfr. opzione 2
della Seconda Aporia). Prima di passare alla pars construens, Aristotele
enuncia candidamente il criterio metodologico e lo scopo dell’indagine:
Occorre trovare un’argomentazione che insieme renda conto (ἀποδώσει) al
massimo grado delle opinioni (τά δοκοῦντα) intorno a queste cose, e anche che
sciolga le aporie e le contraddizioni. Ciò avverrà qualora appaia che le
opinioni contrarie sono sostenute con buone ragioni: una tale argomentazione
sarà nel massimo accordo coi fenomeni. E le tesi in contraddizione risultano
mantenersi, se quel che affermano è vero in un senso, ma in un altro no. (Et.
Eud.). Le opinioni diffuse e notevoli
non vanno accolte in modo supino e acritico, ma comprese nelle loro buone
ragioni e, nella misura del possibile, salvate entro una sintesi teorica che
superi le aporie e mostri che le affermazioni apparentemente incompatibili
possano essere vere entrambe, in sensi diversi; così vi sarà anche il massimo
accordo coi φαινόμενα. Questi, i desiderata da soddisfare. Se l’amicizia
è desiderio (altra acquisizione del Liside[25]), il desiderio può essere del
piacevole (appetito) o del buono (volontà)[26], dunque ciascuno di essi ci è
«amico» o caro (φίλον); comunque il piacere si presenta come un bene (o appare
tale o è creduto tale[27]): la prima distinzione da fare è perciò fra bene e
bene apparente (φαινόμενον ἀγαθόν), oggetti del desiderio[28]. La seconda è
quella fra bene incondizionato (ἁπλῶς) e bene per qualcuno[29]: ciò che è buono
simpliciter lo è per l’essere umano in generale, ciò che è tale «per qualcuno»
lo è per certi individui particolari in certe circostanze (per esempio,
un’operazione per un malato); parimenti, vi è un piacevole incondizionato e un
piacevole «per qualcuno» (per esempio, in condizioni fisiche o morali
alterate); Aristotele sostiene che il piacevole incondizionato coincida col
buono incondizionato[30]: ciò che è buono per l’uomo in generale, è anche
piacevole per l’uomo in generale, invece un individuo malato o corrotto troverà
piacevoli cose non oggettivamente buone; né coincideranno il piacevole «per
lui» e il buono «per lui». Un uomo saggio e virtuoso troverà piacevole ciò che
è buono, dunque nel suo caso si identificano bene apparente e bene reale (è
buono ciò che gli appare tale), bene «per lui» e bene incondizionato (ciò che è
bene per lui è buono in generale per l’uomo), nonché bene e piacere: egli è
norma rispetto a ciò che per l’uomo in generale è e deve essere buono e
piacevole, in quanto esprime l’eccellenza della stessa natura umana. A ogni
modo, ciò che motiva un soggetto S deve apparire un bene a S (che lo sia o
meno), e apparire a S un bene per lui (che sia o meno anche un bene in senso
incondizionato). Ci sono cose per noi buone in quanto le riteniamo dotate di
valore intrinseco, cose per noi buone in quanto le riteniamo utili, e cose per
noi buone in quanto le troviamo piacevoli. Poiché l’amico è un bene scelto e
desiderato ˗ il φιλεῖν è un caso particolare di desiderio ˗ potrà esserlo per
questi tre motivi: come bene in sé, e cioè in quanto è ciò che è e «per la
virtù», o in quanto è ci è utile, o in quanto sia piacevole, «per il piacere».
Chiariremo successivamente perché il buono in quanto buono, quando il bene sia
l’amico stesso, si identifichi con la sua virtù. Colui che è amato in
base a uno dei tre aspetti suddetti (bene-virtù, utilità, piacevolezza) diventa
un amico ˗ si aggiunge ˗ quando contraccambia l’affetto: dunque la reciprocità
diviene un tratto essenziale dell’amicizia, una sua condizione necessaria;
Aristotele sceglie l’opzione 4 della Prima Aporia del Liside, ma replica
all’obiezione ivi contenuta, secondo cui cose amate come il vino, i cavalli e
la scienza non possono ricambiare, mediante la distinzione fra φιλία e
φίλησις[33]: la seconda è un affetto/desiderio per le cose inanimate, la prima
implica un simile affetto come componente, ma include necessariamente la
reciprocità. Talvolta, una nozione vaga può essere disambiguata mediante una
distinzione semantica, in modo da sciogliere apparenti contraddizioni e insieme
“salvare i fenomeni”. Tuttavia, l’affetto reciproco sulla base di uno dei tre
amabili non è ancora sufficiente perché ci sia φιλία; tale reciprocità deve
essere esplicita, non celata, nota ai due amici: se amo qualcuno che non lo sa,
non siamo amici, nemmeno nel caso lui ami me e io lo sappia; entrambi devono
amarsi l’un l’altro, ed entrambi lo devono fare in modo manifesto, tale che sia
noto all’uno e all’altro. La coscienza di essere amici è essenziale all’essere
amici: qualcuno può credere di essere amico senza esserlo[34], però nessuno può
essere amico di qualcuno senza credere di esserlo. Se manca la reciprocità, non
si ha amicizia ma «benevolenza» (εὔνοια), cioè desiderio del bene dell’altro;
quando quest’ultima è reciproca e non è celata, allora può divenire
amicizia. Le tre forme di amicizia, rispettivamente basate su virtù,
utilità, piacere, secondo l’Eudemia intrattengono la relazione asimmetrica che
Aristotele chiama πρὸς ἓν, in cui vi è un significato primario o focal meaning
cui gli altri, secondari e derivati, rimandano[36]: l’amicizia a causa della
virtù e fondata sul bene è posta come πρώτη φιλία, «prima amicizia», da cui le
altre dipendono dal punto di vista definitorio. Quindi «φιλία» non denota tre
specie di un unico genere, né è un termine equivoco che denota realtà
completamente diverse; è termine “multivoco”, giacché l’amicizia si dice in
molti modi ma in riferimento a un senso che illumina tutti gli altri, e a cui
gli altri si rapportano necessariamente. Molti critici ritengono che, siccome
l’amicizia “utilitaristica” e quella “edonistica” possono darsi
indipendentemente da quella “virtuosa”, l’idea che esse rimandino
necessariamente a quella “virtuosa” non sarebbe convincente, e proprio per
questo sarebbe poi abbandonata nella Nicomachea. Ma la gerarchizzazione πρὸς ἓν
è anzitutto definitoria: il piacere è un bene apparente (dunque, una
declinazione del bene), l’utile è tale in quanto foriero di bene[38] o di
piacere (che, daccapo, è un bene apparente); dunque i tre amabili sono un bene,
un modo di apparire del bene, una via che porta al bene. Al modo in cui il
piacere e l’utilità si definiscono in rapporto al bene[39] (ma, per Aristotele,
non viceversa), così le amicizie basate sul piacere e l’utile si definiscono in
rapporto a quella basata sul bene come tale: e infatti, come vedremo, ne sono
forme imperfette e difettive. Si noti la pur generica assonanza fra la
πρώτη φιλία e il πρῶτον φίλον, il Primo Amico del Liside: se Platone radica il
senso delle relazioni amicali in un anelito a qualcosa che trascende le
amicizie e gli amici stessi illuminandole, per così dire, dall’alto, Aristotele
immanentizza il bene entro gli amici stessi e le loro relazioni; c’è una
amicizia prima, ma non un Amico primo che si distingua dagli amici empirici e
concreti. Il bene che è in gioco nell’amicizia è ubicato negli amici stessi, è
immanente. Qual è la ragione profonda di questa tripartizione? Si può
mostrare in modo puntuale che si tratta di una risposta alle aporie platoniche:
se i platonici pongono come amicizia solo quella virtuosa, «non riescono a dare
conto dei fenomeni»[40], ove per fenomeni si devono intendere non solo le
prassi umane, ma anche gli ἔνδοξα e i λεγόμενα. Se vi sono tre forme di
amicizia, può darsi che alcune opinioni notevoli e intuizioni siano vere
dell’una ma false dell’altra, altre siano vere dell’altra ma false dell’una,
come afferma il passo metodologico succitato. Se poi a partire da ciascuna delle
tre caratterizzazioni si potessero inferire o congetturare dei rispettivi
propria, che coincidano coi rispettivi tratti manifesti dell’amicizia che
parevano aporetici in quanto incompatibili, allora grazie a questa tassonomia
tricotomica le aporie potrebbero essere sciolte, poiché alcuni di questi tratti
caratterizzeranno un tipo di amicizia, alcuni altri un altro tipo di
amicizia. L’amicizia virtuosa, fondata sul bene, è fra simili in quanto
buoni[41]: essa cattura l’opzione 2 della Seconda Aporia del Liside, nonché
l’ideale arcaico, omerico ma anche teognideo e in generale aristocratico, della
φιλία come sodalizio elettivo fra ἀγαθοί; a questo topos tradizionale, il
Socrate del Liside replica che esso è incompatibile con un’altra idea ben
radicata (basata su altri due topoi tradizionali): il buono è autosufficiente,
e un amico gli sarebbe inutile, ma l’amicizia è fondata proprio sull’utilità
reciproca; quest’ultima idea, di matrice esiodea[42] ma anche un luogo comune
confermato dalle prassi umane, non può essere negata, per Aristotele: sono gli
stessi φαινόμενα a mostrare che coloro che intrattengono relazioni continuative
di utilità e soccorso reciproco, si chiamano amici e si ritengono tali, e
così sono dagli altri chiamati e ritenuti. La contraddizione è apparente, se si
postula che l’utilità reciproca è un prerequisito di una forma di amicizia
(quella basata sull’utile) e non dell’altra (quella basata sul bene). Le
relazioni utilitaristiche sono amicizia, sebbene di un certo tipo; sia queste
che quelle fondate sul piacere, possono sussistere anche fra individui non
buoni, persino fra malvagi, sebbene in forma estremamente labile e instabile:
l’opzione 1 della Seconda Aporia del Liside è anch’essa percorribile, in quanto
due individui non “buoni” possono essere amici sulla base del piacere, e sono
simili nella misura in cui condividono certi tipi di piacere; inoltre,
l’intuizione per cui l’amicizia si dà fra contrari come povero/ricco,
sapiente/ignorante etc. ˗ opzione 3 della Seconda Aporia del Liside ˗ è
anch’essa fatta salva, in quanto viene posta come peculiare all’amicizia
utilitaristica, che tipicamente è intrattenuta da individui in qualche senso
contrari (l’uno ha qualcosa che l’altro non ha). Aristotele riesce a salvare i
fenomeni attraverso una distinzione tassonomica fondamentale, che deve
conciliare certe apparenti incompatibilità ma al tempo stesso preservare una
certa unitarietà dell’oggetto: quella di amicizia è una nozione originariamente
ospitale, plurale e polivoca, tanto internamente differenziata da implicare una
demarcazione netta fra l’amicizia virtuosa e le altre, ma non tanto monolitica
da implicare che si escludano dal novero delle amicizie quelle forme di
relazione (utilitaria, edonistica) ordinariamente denominate così: altrimenti
si farebbe violenza al linguaggio e alle “cose stesse”: a quel “primo per noi”
che è lo stesso explanandum originario. Una delle ragioni per cui
l’amicizia virtuosa è detta «prima» nella Eudemia e poi «perfetta» (τέλεια)
nella Nicomachea[44], è che essa è costitutivamente piacevole, benché non sia
fondata sul piacere, e implica la disposizione alla mutua utilità quando serva,
benché non sia fondata sull’utile: dunque contiene in sé, in certo modo, le
altre due. Tuttavia, il piacere che consegue al bene ed è persino costitutivo
di esso, non è lo stesso piacere che fonda le amicizie edonistiche; il primo è
inseparabile dal bene cui consegue[45], quindi l’integrazione di piacere e
utilità nell’amicizia virtuosa non è da concepirsi come una somma estrinseca o
giustapposizione di aspetti positivi (bene + utilità + piacere). La perfezione
di questa amicizia non è una somma di amicizie imperfette, è originaria
completezza. Nella Nicomachea non vi è traccia della relazione πρὸς ἓν, e
la πρώτη φιλία diventa τέλεια φιλία[46]. Le altre amicizie qui sono dette tali
«secondo somiglianza» a quella perfetta: a mio avviso, al netto della
differenza di linguaggio, la posizione di Aristotele non muta in modo sensibile
fra le due opere; la somiglianza delle amicizie edonistica e utilitaristica a
quella perfetta consiste anche qui nel fatto che quest’ultima è, per entrambi
gli amici, utile e piacevole, dunque contiene quegli aspetti che fondano le
amicizie imperfette, ma non ne è simmetricamente contenuta. Infatti, ciò che è buono
è anche utile e piacevole, mentre ciò che è utile può non essere piacevole e
può non essere buono (né simpliciter, né per l’individuo) – per esempio, se
l’individuo è corrotto e trova per sé utile qualcosa che lo approssima a ciò
che non è il suo bene (anche se egli magari crede che sia il suo bene[48]) – e
ciò che è piacevole può essere inutile o persino dannoso. Questo vale in
generale, e a fortiori vale per gli amici buoni, utili, piacevoli. In realtà,
lo stesso “compito” etico implicitamente affidato all’uomo, gli è affidato
anche in rapporto all’amicizia: l’ideale umano, incarnato dal saggio che ne è
norma ed esempio, è quello di far coincidere ciò che è bene per sé con ciò che
è bene in generale, e ciò che è piacevole per sé con ciò che lo è in generale;
si realizza così anche la coincidenza di bene e piacere, visto che il buono in
generale e il piacevole in generale si identificano per natura[49]. Ciò importa
che occorra anzitutto essere buoni (saggi e virtuosi) e, essendolo, prediligere
le amicizie virtuose (che sono appannaggio dei buoni): esse non ospitano
conflitti strutturali, soprattutto il bene e il piacere – il confliggere dei
quali sopraffà l’acratico – sono adeguati ab origine, nell’amicizia perfetta,
giacché essa è piacevole proprio in quanto buona. Ma ciò non esclude che i
buoni possano intrattenere anche amicizie fondate sul piacere, o
sull’utile[50]: esse però, nell’economia della loro vita, risulteranno
marginali, sia nella quantità che nella qualità. Può sorprenderci il fatto
che alla forma di amicizia più rara e più “inarrivabile” delle tre (i buoni
sono pochi, gli amici a causa del bene ancora meno) venga ascritta una priorità
definitoria, sia essa del tipo πρὸς ἓν o «per somiglianza». Ma per Aristotele
qualunque capacità umana – l’amicizia è una virtù, le virtù sono capacità
acquisite – viene individuata e definita sulla base della sua eccellenza: è il
caso eccellente, in cui un tratto umano è più pienamente realizzato, che funge
da essenza normativa rispetto ai casi difettivi, deficitari, degradati,
imperfetti; per definire, occorre guardare ai casi migliori, alla modalità in
cui una potenzialità è dispiegata ed espressa più compiutamente, e che misura
gli altri casi quasi costituendone un virtuale dover-essere rispetto a cui essi
mostrano la loro manchevolezza. Perciò la teoria aristotelica presenta al
contempo una dimensione descrittiva e una normativa, fra le quali sussiste una
sorta di tensione dialettica. E in effetti le amicizie fondate sul piacere e
sull’utile sono incomplete: vengono caratterizzate addirittura come amicizie
per accidens[51], il che sembra sulle prime vanificare l’atteggiamento
inclusivo adottato da Aristotele come cifra metodologica, non solo praticata ma
persino esplicitata in modo programmatico[52]. È come se in sede di definizione
generale Aristotele fosse interessato a preservare l’unità della nozione di
amicizia nonostante le differenze, ma in sede di caratterizzazione
sinottico-comparativa dei diversi tipi, ponesse invece l’enfasi sullo iato che
separa l’amicizia prima o perfetta dalle altre, fino a trattare le altre come
solo accidentalmente tali. Perché esse sono caratterizzate come
«accidentali»? Chi si ama per l’utile o per il piacere lo fa «non perché
l’individuo amato sia quello che è, ma in quanto è utile o in quanto è
piacevole»[53]: l’utilità e la piacevolezza sono proprietà relazionali esterne
all’essenza dell’amico amato, determinate dagli effetti che esso ha su chi lo
ama, «perché gli uni ne traggono un qualche bene, gli altri un piacere»[54];
invece l’amicizia basata sulla virtù e la bontà dell’amico amato, è basata su
proprietà intrinseche all’amato, su ciò che da ultimo l’amato è. Noi siamo il
nostro carattere, il nostro carattere è l’insieme unificato delle nostre virtù,
una seconda natura che è frutto prima dell’educazione e poi delle nostre
scelte: noi siamo un sé che sceglie, e i nostri pensieri, discorsi e azioni
manifestano il nostro “sé”. Pertanto, nell’amicizia perfetta il bene che è in
gioco è l’amico stesso che è amato, per ciò che egli essenzialmente è, mentre
il bene che è in gioco nelle altre amicizie è il bene – nella forma dell’utile
o del piacevole – dell’amico che ama. Anche se l’amicizia è sempre reciproca,
resta fermo che nell’amicizia perfetta il fondamento è, per ciascuno degli
amici, l’altro come buono, nelle altre è invece il proprio bene in quanto
utilità o piacere[56]. Nelle amicizie imperfette la ragione per cui si vuole e
persegue il bene dell’altro, resta radicata nell’interesse proprio come diverso
dal bene elargito all’altro e diverso dall’altro stesso come dotato di valore
intrinseco. È questa differenza radicale a rendere le amicizie imperfette
amicizie per accidens: ciò non implica, si badi, che non siano amicizie, bensì
che lo sono solo in virtù del loro somigliare all’amicizia perfetta, seppure in
modo difettivo. Ma l’amicizia fondata sul bene dell’amico non rischia
così di risultare “disinteressata” in un modo psicologicamente implausibile?
Solo in apparenza, in quanto il bene di chi ama è in gioco, ma lo è in quanto
coincide col bene dell’amico: se siamo amici perfetti, siamo entrambi buoni e
virtuosi, e il nostro bene individuale coincide col bene simpliciter: noi, come
amici perfetti, cooperiamo per realizzare il bene in generale[58]; il bene mio
e dell’amico sono voluti – rispettivamente, dall’amico e da me – in conseguenza
del fatto che anzitutto io e l’amico siamo dei beni: se lo siamo l’uno per
l’altro, è perché siamo buoni, siamo dotati di valore intrinseco, e lo
riconosciamo reciprocamente. Non si tratta di una implausibile relazione
puramente altruistica e disinteressata, perché non si fonda – ribadiamolo –
solo sul volere il bene dell’altro, ma anzitutto sull’altro come bene in sé:
voglio e perseguo il bene dell’altro non per altruismo astratto, ma perché
l’altro è un bene. Una nozione comune con cui forse potremmo rendere più chiaro
questo aspetto, è quella di stima. L’amicizia perfetta è fondata sulla stima
reciproca: un amico che stimo per ciò che è e per come è, esemplifica in sé ciò
che è buono, a prescindere da ciò che io posso trarre da lei/lui: «se uno non
gioisce perché l’altro è buono, non c’è la prima amicizia» (1237b4-5). La stima
reciproca presuppone una consonanza di valori, un’intesa su ciò che vale e ciò
che è degno: e visto che i due amici sono virtuosi e buoni, essi valgono e
sanno di valere, per questo valgono anche l’uno per l’altro. Si tratta di una
amicizia in cui coltivare il proprio bene coincide col coltivare l’altro e il
suo bene, e questo coincidere non è accidentale – come accade nelle altre
amicizie – bensì è costitutivo. Invece posso trarre vantaggio da un amico utile
senza stimarlo affatto, così come posso trarre piacere – per esempio,
divertendomici insieme – da qualcuno che non stimo, che non ritengo una persona
buona, degna, valida. L’accidentalità delle amicizie non perfette si
rende perspicua nella loro strutturale instabilità: un rapporto fondato
sull’utilità non avrà più ragion d’essere, qualora uno dei due amici smetta di
essere utile all’altro; i bisogni umani sono cangianti, e tali sono le risorse
altrui per farvi fronte, cosicché anche le relazioni utilitarie sono
essenzialmente mutevoli; lo stesso accade per gli amici secondo il piacere:
cambiano, nel tempo, le fonti del piacere, i “gusti”, e cambiano anche le capacità
altrui di procurarci piacere; l’amicizia piacevole, poi, è precaria anche
perché riguarda tipicamente i giovani, i quali sono di per sé in continuo
cambiamento[59]. Invece la virtù del carattere è cosa stabile: le
amicizie complete sono stabili perché sono fondate sul bene come virtù, che è
costante e non facile a mutare[60]. Il tempo può rendere inutile un amico che
prima era utile, o non più piacevole un amico che lo era, ma difficilmente può
sottrarre a un carattere le virtù, far diventare malvagi i buoni, stolti i
saggi, e dunque minare le basi su cui le relazioni virtuose fra buoni sono
costruite. Per questo l’amicizia completa è specialmente solida, quasi
incrollabile[61], e l’amico virtuoso è un amico «al massimo grado», un amico
«vero»[63]. Un tale amico si renderà utile se può e quando sia necessario, ma
sarà utile perché è un amico, piuttosto che essere amico perché è utile; e sarà
piacevole all’amico, giacché ci risulta tendenzialmente piacevole frequentare
chi stimiamo[64]. Così Aristotele, forte della sua tassonomia tripartita,
deriva dei propria (dei caratteri distintivi) di ciascuna amicizia, spiegando i
fenomeni e riconciliandoci con le comuni pratiche ascrittive: alcune
intuizioni, luoghi comuni e opinioni notevoli sono vere di un’amicizia, alcune
dell’altra. Parlando coi giovani Liside e Menesseno, Socrate nel Liside si dice
desideroso di amicizia più di ogni cosa al mondo – con una Priamel che
restituisce in modo icastico l’idea dell’amicizia come il più grande dei beni
esterni, fatta anch’essa propria da Aristotele – e invidia ironicamente la loro
felicità, visto che sono giovani e sono diventati amici «in modo facile e
rapido». Si tratta di caustica ironia, visto che la φιλία che ha a cuore
Socrate non è né facile né rapida: ciò che è dissimulato, è che quella non è
verace amicizia, ma altro. Qui c’è un’aporia in nuce, visto che i giovani che
si frequentano, pur con una certa leggerezza e una conoscenza reciproca non
profonda, paiono amici e sono detti tali, eppure non soddisfano i requisiti
della “vera” amicizia non solo secondo l’idea socratica, ma anche secondo
l’opinione diffusa per cui la vera amicizia è durevole, lenta e difficile a
darsi. Aristotele distingue i soggetti delle attribuzioni incompatibili,
salvando la verità di entrambe: l’amicizia giovanile (per esempio, quella di
Liside e Menesseno) è fondata sul piacere, e ha certi tratti distintivi quali
la facilità a prodursi e a decadere, l’intensità emotiva, e così via;
l’amicizia perfetta, tipica degli uomini maturi (è quella per cui Socrate dice
di ardere di desiderio), necessita di una lunga consuetudine e di una
conoscenza reciproca profonda[66], è rara e appannaggio di pochi, è
difficilissima a nascere ma altrettanto difficile a morire, fondandosi su ciò
che in noi vi è di più stabile. Invece, quella utile caratterizza tipicamente
gli anziani, particolarmente bisognosi d’aiuto e sensibili, per debolezza, al
beneficio che può arrecare il mutuo soccorso[67]; inoltre, essa si riscontra
nei più, nelle masse, le quali sono più preoccupate dei benefici personali che
del bene e del bello. Fra le amicizie incomplete, Aristotele ascrive una
superiore nobiltà a quella fondata sul piacere, mentre quella fondata
sull’utile è «da bottegai»[68]. In effetti, la condivisione del piacere è qualcosa
di meno strumentale rispetto al trarre vantaggi da qualcuno: perlomeno il
piacere è un fine, non un mezzo; inoltre, il piacere appartiene alla
frequentazione stessa dell’amico, mentre l’utile è a questa completamente
estrinseco: dunque il fondamento dell’amicizia utile è più esteriore e più
contingente di quello dell’amicizia piacevole. Un altro aspetto
problematico del Liside emerge in particolare nella Prima Aporia rispetto alla
polarità attivo/passivo (amante/amato), ma soggiace implicitamente anche ad
altre aporie: l’amicizia sembra implicare uguaglianza e comunanza da un lato, e
differenza e asimmetria dall’altro; si mescolano aspetti tipici del rapporto
pederastico-erotico (amante e amato non sono intercambiabili), aspetti del
rapporto genitoriale, anch’essi per definizione asimmetrici, e relazioni “fra
buoni” simili, potenzialmente simmetriche. Aristotele cerca di articolare
queste istanze entro un quadro più sistematico: la tassonomia delle tre
amicizie si arricchisce di una distinzione trasversale, fra amicizie
simmetriche e amicizie asimmetriche in cui uno è superiore e l’altro
inferiore[69]; la φιλία deve essere reciproca, ma tale reciprocità può essere
simmetrica o asimmetrica (fra superiore e inferiore). I tipi di amicizia sono
dunque sei, giacché si può essere superiori quanto a virtù, a utilità, e a
piacevolezza. La ulteriore distinzione fra amicizie simmetriche e
asimmetriche consente ad Aristotele una esplorazione straordinariamente ricca
dei legami sociali più eterogenei, che assimila alla φιλία e alle sue
declinazioni i rapporti familiari (padre-figlio, marito-moglie, figlio-figlio),
i rapporti politici fra città (in vista dell’utile)[70], gli stessi rapporti
fra i cittadini in rapporto alla loro comunità, i rapporti fra governanti e
governati, le relazioni commerciali, e così via, e indaga le relazioni profonde
fra amicizia, giustizia, concordia, comunità. Non è possibile restituire
nemmeno sommariamente la ricchezza di tali analisi in questo contributo, il
quale si focalizza piuttosto sul significato filosofico e dialettico della
tripartizione in generale: ma fa d’uopo rilevare che le applicazioni di questa
teoria generale sono molteplici e fecondissime. 3. Amicizia
e autosufficienza La tripartizione (con ulteriore dicotomia
trasversale) non scioglie di per sé un nodo aporetico concernente la stessa
amicizia perfetta fra buoni: è l’idea espressa entro il punto 2 della Seconda
Aporia del Liside, per cui chi ha il bene presso di sé è autosufficiente e non
ha bisogno di nulla, dunque l’amicizia di chicchessia gli sarebbe inutile. È
vero che Aristotele ha distinto l’amicizia perfetta da quella utile, ma resta
il problema di comprendere come mai colui che è saggio, virtuoso e buono,
bastando a sé stesso, abbia una qualche motivazione a coltivare un amico,
foss’anche un amico perfetto: «se è felice chi ha la virtù, che bisogno avrà di
un amico?»[71]. L’idea dell’autosufficienza di chi è saggio, virtuoso, felice e
beato, ripresa dal Liside, è un topos tradizionale, quindi ha lo status di ἔνδοξον
ben radicato, di cui va dato conto e di cui va mostrata la compatibilità con la
teoria positiva proposta nonché con altri ἔνδοξα altrettanto ben
attestati. Il problema è affrontato in Etica Eudemia VII 12 e in Etica
Nicomachea IX 9, in maniere parzialmente differenti. L’Eudemia muove
dall’analogia con la condizione divina, paradigma dell’autosufficienza. Ma la
condizione umana può assurgere all’autosufficienza solo nella misura in cui lo
consente la natura dell’uomo, che è animale sociale-politico[72] e può/deve
realizzare questa natura, non quella divina[73]: il bene umano contempla sempre
il rapporto a un’alterità – è καθ’ ἕτερον[74] ˗ quello divino è assoluto
rapporto a sé[75]. L’autosufficienza divina funge da “idea regolativa”, da
norma ideale: l’uomo felice minimizzerà il numero degli amici e si limiterà a
quelli virtuosi, degni di accompagnarsi a lui; proprio il caso di chi non è
obnubilato da bisogni e mancanze, evidenzia il valore intrinseco dell’amicizia
perfetta, perseguita non già per ricevere benefici bensì per fare, dare e
condividere il bene che si possiede. Ma l’argomento successivo – che è molto
complesso e possiamo solo sintetizzare[76] – chiarisce che non si tratta di un
altruismo generico e astratto, in quanto l’amicizia è ingrediente essenziale,
non accessorio, della felicità individuale. Vivere, per l’uomo, è
percepire e conoscere[77], e – prosegue Aristotele ˗ l’aspirazione massima di
ciascuno di noi è, da ultimo, quella di conoscere noi stessi (tesi che rivisita
il celebre monito delfico-socratico); la felicità è costituita dalla conoscenza
di sé in quanto attivi come buoni e virtuosi[78], e la conoscenza di sé passa
per la conoscenza reciproca fra amici: l’amico è «un altro sé»[79], «percepire
l’amico necessariamente è percepire in certo modo sé stesso e conoscere in
certo modo sé stesso»[80]. Condividendo con l’amico i beni, i piaceri e le
attività della vita felice, incrementiamo dunque la conoscenza di noi stessi e
della nostra stessa felicità. La Nicomachea chiarisce la relazione fra il
riconoscimento reciproco degli amici virtuosi e la loro felicità, soprattutto
in un passo speculativamente densissimo: Se l’essere felici
consiste nel vivere e nell’agire, e l’attività dell’uomo dabbene ed eccellente
è per sé virtuosa [..], se poi anche ciò che è familiare/affine (οἰκεῖον) a
qualcuno è tra le cose che lui trova piacevoli, se noi possiamo osservare il
nostro prossimo meglio di noi stessi, e le sue azioni più che le nostre, se le
azioni degli uomini superiori, che siano anche amici, sono fonte di piacere per
i buoni, dato che hanno tutte e due le caratteristiche piacevoli per natura,
allora l’uomo beato avrà bisogno di amici simili a lui, posto che davvero
preferisca osservare azioni buone, e che gli sono proprie, come lo sono le
azioni dell’amico, quando è buono. (Et. Nic.) Le attività di un’esistenza
virtuosa e felice sono obbiettivamente piacevoli agli occhi di un uomo buono,
virtuoso e felice a sua volta: vi si rispecchia, sentendocisi “a casa propria”,
e la familiarità determinata da affinità e prossimità, gli è in sé piacevole.
Come si evincerà, la nozione platonica di οἰκεῖον, introdotta sul finire del
Liside come cifra stessa della φιλία, trova una ripresa puntuale e una
valorizzazione speculativa nella teoria aristotelica. Il prossimo si offre alla
nostra conoscenza in modo più trasparente che noi stessi, giacché la sua distanza
da noi lo rende meglio oggettivabile. I due tratti umani piacevoli per natura
sono da un lato la felicità di cui la virtù è costitutiva, dall’altro la
familiarità, che chi è felice è virtuoso riscontra ed esperisce nel contemplare
e cooperare con un’altra esistenza felice e virtuosa. Le azioni di un nostro
amico “perfetto” sono buone e nel contempo ci sono proprie, cosicché
contemplarle è come trovare in esse lo stesso bene che noi siamo. Potrebbe
stupire il riferimento reiterato al tema del piacevole, quasi che si trattasse
di una delle due amicizie non perfette: ma occorre tenere a mente che il
piacevole per natura o ἁπλῶς coincide col bene ἁπλῶς, e che si tratta di un
piacere costitutivo del bene e inseparabile da esso, piuttosto che di un
piacere addizionale ed esteriore rispetto al bene cui consegue. Se l’altro è
sufficientemente prossimo a me, posso de-situarmi e oggettivarmi riconoscendomi
nelle sue azioni, secondo una dialettica complessa e chiastica di
riconoscimento reciproco. «Se l’uomo eccellente si comporta verso l’amico come
si comporta verso di sé, dato che l’amico è un altro se stesso, allora, così
come è desiderabile per ciascuno il suo proprio esserci, così è desiderabile
l’esserci dell’amico, o quasi» (EN IX 9, 1170b5-8). In questo gioco speculare
di identificazioni reciproche, il mio rapporto con l’altro è mediato del mio
rapporto con me stesso[82], l’altro è un «altro me» e perseguo il suo bene in
maniera pressoché equivalente a come perseguo il mio (quel «quasi» è una
concessione al realismo empirico, da cui questa idealizzazione non vuole
disancorarsi); ma è altrettanto vero che il mio rapporto con me stesso è a sua
volta mediato dal mio rapporto con l’altro, giacché conosco genuinamente me
stesso non già con un qualche misterioso atto introspettivo[83], bensì
conoscendo persone simili a me che a loro volta mi riconoscono simili a sé:
questa è la ragione perché v’è bisogno di amici buoni e virtuosi entro
relazioni di amicizia “perfetta”; se la felicità implica autosufficienza, si
tratta di un’autosufficienza umana e non divina, che passa per l’inclusione del
prossimo nella nostra esistenza, e per la cooperazione con chi scegliamo come
degno incarnare il bene e la virtù[84]. Come l’essere amici non si dà senza il
sapere di esserlo anche se si può credere di essere amici senza esserlo, così
l’essere felici (in quanto buoni e virtuosi in attività) non si dà senza la
coscienza di essere felici (in quanto buoni e virtuosi), anche se è possibile
credere di essere felici senza esserlo davvero. E per sapere chi sono, devo
rispecchiarmi in amici simili a me[85]. Ciò importa che l’uomo beato non avrà
bisogno di amici “meramente utili” e “meramente piacevoli”, invece dovrà avere
amici buoni e virtuosi: il topos tradizionale è riscattato nella sua verità
profonda, ma anche oltrepassato in virtù della tripartizione; in un senso è
vero, in un altro no. Essere felici insieme è diverso dal semplice divertirsi
insieme, anche se lo include, ed è diverso dal semplice aiutarsi l’un l’altro,
anche se può includerlo. L’amico perfetto ˗ come ogni altro autentico
bene ˗ è oggetto di scelta razionale[86]. Anche per questo la teoria
aristotelica si distanzia da quella platonica[87]: la φιλία erotica, già ben
presente nel Liside sin dalla sua ambientazione scenica – una palestra, ove
Liside è il «bello del momento» di cui Ippotale è innamorato – viene relegata
da Aristotele a una delle tante forme di φιλία, degna di pochi accenni
espliciti, mentre nel Simposio e nel Fedro, dialoghi ben più elaborati e
costruttivi del Liside, l’eros è la forma di φιλία che viene eletta a oggetto
di indagine paradigmatico. Ma le componenti mistico-estatiche della φιλία
erotica come «follia divina» e frutto di invasamento[88], risultano
completamente marginalizzate entro la teoria aristotelica. L’amicizia più degna
e verace è attività derivante da scelta come desiderio razionale; se la
felicità è attività e i beni che la materiano sono oggetto di scelta, allora
anche l’amicizia, ingrediente costitutivo della vita felice, sarà espressione
di attività, piuttosto che passivo invasamento consistente nell’esser
“posseduti” da uomini o dèi. Il primato etico, fisico e metafisico dell’azione
sulla passione, è anche il primato di un certo tipo d’amore su un cert’altro.
L’amicizia è riportata fra gli amici, e la sua declinazione più eccellente,
normante rispetto alle altre, è caratterizzata secondo la dimensione eticamente
più elevata dell’umano: la ragione che sceglie e governa il desiderio,
piuttosto che esserne governata. L’eros platonico, così bellamente ed
enfaticamente rappresentato nel Simposio e nel Fedro, diventa per Aristotele
solo una delle tante declinazioni possibili di un tipo di amicizia – quella
fondata sul piacere – che è già di per sé incompleta e deficitaria[89].
Secondo l’aporetico excipit del Liside, né amanti né amati, né simili né
dissimili, né contrari né affini, né buoni, possono essere amici[90]; le Etiche
aristoteliche presentano una teoria la quale non solo consente ma anche prevede
che amanti, amati, simili, dissimili, contrari, affini, buoni, e perfino
malvagi possano essere amici; inoltre tale teoria offre le risorse concettuali
per chiarire quali coppie di amici possano e/o debbano avere questo o quel
carattere distintivo, e perché. Spero di avere almeno approssimato il
duplice obbiettivo prefissatomi: mostrare in modo dettagliato e sistematico la
dipendenza polemico-dialettica della teoria aristotelica dal Liside platonico,
e mettere in luce il significato filosofico generale della tripartizione della
φιλία in Aristotele. Adkins, ‘Friendship’
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Note al testo [1] Cfr. Phys. I 1: la conoscenza procede da
ciò che è più prossimo e più conoscibile per noi, a ciò che è primo per se o
per natura; se tale “risalita” verso i principi a partire da ciò che ci è
immediatamente più vicino è il metodo della fisica, a fortiori esso si applica
all’ambito etico, che è ambito segnatamente umano: cfr. Et. Nic. I 2,
1095a31-b4, ma anche De An. II 2, 413a11-17 e Met. VII 3, 1029a35-b12. Sul
valore epistemologico di questa differenza, resta decisivo Ruggiu (1965). [2]
Per esempio: quando diciamo, tipicamente, qualcuno «amico» di qualcun altro?
Sul rapporto costitutivo fra il primo-per-noi e il linguaggio, cfr.
Wieland. Cfr. Top. I 1, 100 b 21-23;
intendo questa definizione di ἔνδοξον come una disgiunzione inclusiva: se un’opinione
è condivisa almeno da uno degli insiemi indicati (tutti, i più, i sapienti,
qualcuno di essi), è un ἔνδοξον, e ciò che lo rende tale può essere
quantitativo, o qualitativo, o entrambi: per esempio, se è condiviso da tutti,
lo sarà anche dai sapienti. [4] Sulla intima connessione fra δοκοῦντα, λεγόμενα
e φαινόμενα, cfr. Owen (1967), Nussbaum (1986b). Cfr. De An. I 1, 402b 16-403a8. [6] Cfr.
Herod. III 82, 35 e Tucid. I 137, 4, in cui si trova l’endiadi «συμμαχίᾳ καὶ
φιλία». [7] Nei poemi omerici non vi è il termine φιλία – le prime occorrenze
si trovano in Teognide (Teog. I, 31-38, 53-60, 323-28) – ma termini analoghi
come φιλότης, φίλος sono utilizzati sia a proposito del rapporto fra uomini che
di quello fra uomini e dèi. Sulla φιλία nel mondo antico, cfr. Pizzolato
(1993), Fraisse (1974). [8] Nel Fedro platonico (228a-e), Socrate confuta un
discorso di Lisia sulla φιλία, che Fedro custodiva sotto il mantello: quindi è
verosimile che anche prima della data di composizione del Liside la φιλία fosse
importante oggetto di dibattito e di riflessione critica. Del resto Giamblico
(De Pythagorica Vita, 229-30) e Diogene Laerzio (Vitae Philosophorum, VIII, 10)
attribuiscono già a Pitagora la prima trattazione filosofica della φιλία. [9]
Anche il Fedro e il Simposio si occupano lungamente della φιλία – l’eros è una
forma della φιλία, per Platone quella più significativa – ma, come cercherò di
mostrare, l’indagine aristotelica dipende sistematicamente dal Liside: per così
dire, essa articola una differente risposta a quelle aporie, rispetto a quella
che propone Platone nel Simposio e nel Fedro. [10] Meglio: se qualcuno sia
amico di qualcun altro in quanto ami o, piuttosto, in quanto sia amato. [11]
φίλος + dativo significa “caro a qualcuno”, φίλος + genitivo indica colui a cui
qualcuno è caro, due individui sono φίλοι, quando sono l’uno “caro” all’altro.
[12] Alcuni interpreti leggono il Liside come un esercizio dialettico,
filosoficamente debole [Versenyi (1975)] o più retorico-sofistico che
filosofico [Bordt (1988)], o dal significato prolettico-introduttivo rispetto
ai maturi Simposio e Fedro [Kahn (1996), ma già Gomperz (2013), Auslage 5, e
Willamovitz (1959)]; benché questi due dialoghi successivi ne possano a buon
diritto adombrare il valore intrinseco, tuttavia i temi sollevati dal Liside
sono nodi aporetici sostanziali, e non deve fuorviare il fatto che Socrate
mutui il linguaggio e lo stile argomentativo dal tipo di interlocutore che
affronta (per esempio, “facendo” il sofista col sofista Menesseno, e così via).
Per una interpretazione non riduttiva del Liside e del suo valore speculativo,
è illuminante Trabattoni (2004). [13] Un altro topos tradizionale – per cui la
vera amicizia è fra ἀγαθοί – ricorrente in Platone: per restare all’esempio più
noto, in Resp. I, 351a-e Socrate replica a Trasimaco che fra malvagi e ingiusti
non può esserci alcuna cooperazione né amicizia; era comunque un tema
essenziale per Socrate (cfr. Senofonte, Mem., 2.6 1-7). [14] Sull’ascendenza
omerica di questo topos tradizionale, e sulla sua importanza per Aristotele
(cfr. infra: Par. III), cfr. Adkins (1963). [15] La coscienza del male come
tale è sintomo del fatto che il male è relativo e non assoluto. [16] Qui nel
Liside si tratta di ἐπιθυμία (cfr. 217c). [17] Tralascio qui la questione della
possibile identificazione del Primo Amico col Bene: ciò che rileva, qui, è il
fatto che esso trascenda gli amici concreti, i quali sono tali solo «a parole»
e stanno al Primo amico – che è tale «in realtà» (τῷ ὄντι) – come i mezzi al
fine (cfr. Lys. 220b1-4). [18] Lys 222e1-7. [19] La letteratura sull’amicizia
in Aristotele è sterminata: in luogo di proporre una lunga lista di studi che
comunque sarebbe tutt’altro che esaustiva, nel seguito mi limiterò a citare
alcuni contributi che sono particolarmente pertinenti agli aspetti che
tratterò. Un commento sintetico e preciso a Et. Nic. VIII e IX è Pakaluk
(1998). [20] È il giudizio nettamente prevalente, anche se non unanime. [21]
Sul rapporto fra il Liside e le Etiche aristoteliche riguardo l’amicizia, buoni
spunti si trovano in Annas (1986). [22] Et. Eud. VII 1, 1234b18-1235a4; cfr. anche Et. Nic.
VIII 1. [23] Et. Eud.. [24] Trad. it. modificata. [25] Cfr. supra: nota 16.
[26] Et. Eud. VII 2, 1235b22-23. [27] C’è chi crede che
il piacere sia un bene, ma c’è anche chi crede che non lo sia eppure gli appare
– porto dalla φαντασία – come se lo fosse. Nell’acratico la forza della
φαντασία sopravanza, nelle scelte pratiche, quella della δόξα. [28] Il «bene
apparente» è qualcosa che appare come bene; ma può anche non esserlo: tuttavia,
anche il bene reale motiva il desiderio solo apparendo come bene. Dunque
«apparente» qui non va affatto interpretato come falsa apparenza. [29] Et. Eud.
VII 2, 1235b30-1236a1. [30] Il piacevole non è l’immediato, ma anche ciò che
non procura dispiacere futuro; Aristotele sa bene che molte cose dannose
possono procurare del piacere immediato. Ma chi non è acratico, conscio delle
conseguenze negative, accorderà il suo desiderio con la sua ragione, e la
motivazione data dall’ipotetico piacere immediato sarà soverchiata dalla
motivazione a evitare danni futuri. [31] Questo punto è più chiaro per come è
presentato in Et. Nic. VIII 2, 1155b23-27. [32] Nelle espressioni δι’ ἀρετὴν,
διὰ τὸ χρήσιμον, δι’ ἡδονήν, la preposizione significa a un tempo «in base a»,
«a causa di», «al fine di»: il rispettivo amabile è ciò che causa
quell’amicizia, ciò che ne costituisce il fondamento o ragion d’essere, ciò che
ne rappresenta il fine [su un’idea analoga, cfr. Nussbaum (1986a)]; nei termini
della nota teoria delle quattro cause (dei quattro sensi del διὰ τί, cfr. Phys.
II 3), potremmo plausibilmente intendere il tipo di amabile come causa
efficiente, formale e finale della rispettiva relazione amicale. [33] Cfr. Et.
Nic. VIII 2, 1155b26-31. Mentre la φίλησις è una passione o affezione (πάθος),
la φιλία è uno stato abituale (ἕξις, 1557b28-29). [34] Cfr. Et. Eud. VII 2,
1237b17-23; Et. Nic. VIII 4, 1156b30-33. [35] Vi è discussione sul fatto che
questa caratterizzazione definitoria offra condizioni sufficienti perché
qualcosa sia amicizia, oppure solo condizioni necessarie; propenderei per la
seconda opzione: per esempio, Aristotele ritiene che per diventare amici deve
passare del tempo, e molti scambiano il desiderio di essere amici con l’amicizia
stessa (Et. Eud. VII 2, 1237b12-22); ma se il desiderio è reciproco, sussiste
già benevolenza reciproca non celata, che non è ancora amicizia. [36] Sul focal
meaning cfr. Owen (1963), Ferejohn (1980). L’exemplum princeps è quello della
Metafisica: la sostanza è il focal meaning dell’essere, tutto ciò che è o è
sostanza o rimanda a una sostanza, al modo in cui tutto ciò che è «sano»
rimanda alla salute e tutto ciò che è «medico» alla medicina (cfr. Met. IV 2,
1003a32-1003b11). [37] Cfr. Fortenbaugh (1975). Può esserlo in modo mediato,
come foriero di un altro utile, al modo in cui qualcosa è mezzo di un altro
mezzo, ma in ultima istanza l’utile è tale perché porta al bene e i mezzi sono
tali perché portano al fine. [39] Per esempio, in De An. III 7, 431a10-13 il
piacere è definito come l’essere percettivamente attivi nei confronti del bene
in quanto bene; l’utilità è indefinibile se non come capacità di avvicinarci a
un qualche bene; l’utile sta al bene come il mezzo al fine, e non vi è modo di
definire cosa sia un mezzo, senza chiamare in causa la nozione di fine. [40] Et. Eud. VII 2, 1236a25-26.
[41] Et. Eud. VII 2, 1236b1-2; Et. Nic. VIII
4, 1156b7-8. [42] Cfr. Esiodo, Opera et dies, 342-360; 707-723. [43] Chiamare
amicizia solo quella prima, equivarrebbe a «violentare i fenomeni» (βιάζεσθαι τὰ
φαινόμενα, Et. Eud. VII 2, 1236b 22). [44] Et. Nic. VIII 4, 1156b7. [45] La
prima amicizia, infatti è quella «secondo virtù e a causa del piacere della
virtù» (EE VII 1238a31-32). [46] Secondo Aspasio (164.3-11), Owen (1960) e
Dirlmeier (1967) vi sarebbe comunque focal meaning e relazione πρὸς ἓν,
ancorché non esplicitata. [47] Et. Nic. VIII 5, 1157a32. [48] Se poi
l’individuo è acratico, potrebbe anche non credere che qualcosa sia il suo
bene, ma perseguirlo perché gli “appare” bene e frequentare individui utili a
qualcosa che egli cerca di procurarsi pur sapendo che non è il suo bene: come
uno che frequentasse un pusher in modo costante per procurarsi della droga,
sapendo di farsi del male ma perseverando nel suo comportamento autodistruttivo
(e nelle frequentazioni relative) per debolezza. [49] Sulla rilevanza della
distinzione fra «bene per qualcuno» e «bene incondizionato» in rapporto alla
teoria delle tre amicizie, insiste doverosamente O’Connor (1990). [50] Et. Nic.
[51] Così, nella Nicomachea (Et. Nic. VIII 2, 1156a17), non nella Eudemia. [52]
Cfr. supra: Par. II, 3. [53] EN VIII 3, 1156 a 16-17. [54] EN VIII 3,
1156a18-19 [55] Cooper (1977) sostiene che le amicizie accidentali siano tali
perché dipendano da tratti accidentali del carattere dell’amico amato; Payne
(2000) replica che anche i tratti in virtù di cui qualcuno risulta piacevole o
utile possono essere altrettanto essenziali di quelli che lo rendono virtuoso:
gli amici perfetti sarebbero scelti «per sé stessi» in quanto i loro caratteri
virtuosi sono scelti come fine e non come mezzo (per altro). Ma le letture sono
forse componibili: l’esser utile o piacevole, anche se sopravviene a tratti
essenziali del carattere altrui, restano esterni all’altro, in quanto
relazionali in un senso diverso dalla virtù; l’esser buono è sia essenziale e
intrinseco all’amico, che scelto per sé stesso e non per altro, e rende anche
l’amico stesso, che ha quel carattere virtuoso, scelto per sé stesso e non per
altro. Cfr. supra: nota 31. [56] In Et. Eud. VII 7, 1241a5-7 si afferma che «se
uno vuole per un altro i beni perché costui gli è utile, li vorrebbe allora non
per quello ma per sé stesso; mentre invece la benevolenza, proprio come
l’amicizia, si ritiene che sia rivolta non a quello che la prova, ma a colui
per il quale la si prova. Pertanto, è chiaro che la benevolenza è in relazione
con l’amicizia etica». Qui pare che solo l’amicizia etica (=virtuosa) implichi
la benevolenza, che però è un costituente della definizione generale di
amicizia. Da passi di questo tenore pare che le amicizie incomplete non siano
amicizie in senso proprio, visto che non soddisfano la definizione; Aristotele
è oscillante, è innegabile che vi sia una tensione irrisolta fra la sua
vocazione inclusiva e lo sforzo di enucleazione della “vera” amicizia come
tipologia normante e assiologicamente sovraordinata, che non è semplicemente
una delle tre amicizie ma quella par excellence, di cui le altre sono
approssimazioni manchevoli. Si può accogliere la lettura di Walker, per cui
l’amicizia perfetta soddisfa criteri più severi, le altre criteri più laschi.
[57] Si pensi alla percezione per accidente (De An. II 6, III 1): essa è
comunque studiata come una modalità genuina di percezione: le ragioni per cui
essa è percezione per accidente non inficiano il fatto di essere genuinamente
un tipo di percezione. [58] I due amici perfetti, in quanto buoni e virtuosi,
realizzano l’eccellenza della natura umana, sono esempi del bene incondizionato
e del piacere incondizionato. [59] Et. Nic. VIII 3, 1156a31-1156b1. [60] Et. Eud. VII
2, 1238a11-30; Et. Nic. VIII 3,
1156b17-32. [61] Può succedere che l’altro cambi, peggiori, o impazzisca, ma
non accade per lo più. Cfr. Et. Nic. IX 3. [62] Et. Nic. VIII 4, 1156b10. [63] Et. Eud. VII 2, 1236b31. [64] La sventura, poi, può rivelare
che un’amicizia che pareva perfetta era in realtà in vista dell’utile (Et. Eud.
VII 2, 1238a19-21).
[65] Lys. 211e-212a. [66] Et. Eud. VII 2, 1237b13-27. [67] Et. Nic. VIII 3,
1156a24-31. [68] Et. Nic. VIII 7, 1158a21. [69] Et. Eud. VII 4; Et. Nic. VIII
8. [70] Et. Eud. VII 9-11, Et. Nic. VIII 12-14. [71] Et. Eud. VII 12, 1244b4-5.
[72] Cfr. Pol. I 1, 1253a10-12; Et. Nic. IX 12, 1169b18-19. [73] Et. Eud. VII 12, 1245b15-16. [74] Et. Nic. 1245b18. [75] Et.
Eud. VII 12, 1245b18-19. [76] Si tratta di una complessità anche filologica,
dovuta a corruzioni del testo. Su ciò, cfr. Kosman (2004). [77] Delle tre anime
– nutritivo-riproduttiva, percettiva, razionale – la percettiva e la razionale
sono quelle che discriminano la realtà (cfr. De An. III 3, 427a17-23); la
percettiva, poi, è intimamente connessa col desiderio e, quindi, con l’azione
(cfr. De An. III 9-11). Vivere significa realizzare le proprie capacità
naturali e acquisite, il che per l’uomo implica anzitutto l’esercizio di
percezione e pensiero (ove entrambe vanno concepite come connesse all’azione,
in quanto coinvolgono anche desiderio e intelletto pratico). Su ciò, mi
permetto di rimandare a Zucca (2015), Capp. II e VI. [78] La felicità è «una certa
attività dell’anima secondo virtù completa» (Et. Nic. II 13, 1102a5-6). [79] Et. Eud.
VII 12, 1245a30; Et. Nic. IX 9, 1166 a 32, 1170 b 6. [80] Et. Eud. VII 12,
1245a35-7. [81] Trad. it. modificata. [82] In Et. Eud. VII 6 e in Et. Nic. si argomenta che i tipi di
relazione che si hanno con gli altri dipendono dal rapporto che si ha con sé
stessi: chi è buono e virtuoso sarà anche amico di sé stesso in modo armonico e
costante – sebbene si possa parlare di amicizia solo κατὰ ἀναλογίαν (1240a13),
nel caso dell’auto-rapporto – chi è malvagio sarà incostante e in conflitto con
sé stesso, e in senso analogico sarà nemico di sé stesso. Questa idea non
contraddice l’idea per cui la conoscenza di sé passa per la conoscenza
dell’altro (Et. Nic. IX 9), ma anzi la completa: il buono e virtuoso è felice
anzitutto in quanto ha un “sano” rapporto con sé, ma si conosce e realizza come
felice solo in quanto ha un rapporto di riconoscimento reciproco con amici che
hanno, a loro volta, un altrettanto “sano” rapporto con sé stessi. [83] L’idea
di un accesso introspettivo infallibile ed essenzialmente privato ai nostri
propri atti mentali, così tipicamente moderna, è affatto estranea ad
Aristotele. [84] Come è naturale porre l’enfasi sul valore speculativo
intrinseco della teoria, così è altrettanto opportuno ricordare che l’amicizia
perfetta aristotelica resta prerogativa di un sottoinsieme dei maschi adulti
liberi; tuttavia, questa tara storica affetta la teoria dell’amicizia, per così
dire, mediatamente: in quanto restringe a quel sottoinsieme la capacità di
realizzare l’eccellenza morale, precondizione della relazione d’amicizia
perfetta. [85] Non uso la locuzione «sapere chi sono», anacronisticamente, come
il coglimento di me stesso in quanto individualità irriducibile, magari
ineffabile e inaccessibile ad altri – non è certo questa sorta di soggettività
“novecentesca”, che secondo Aristotele giungerebbe alla coscienza di sé
nell’amicizia – bensì come il venire a conoscenza di che tipo di persona sono.
[86] Come bene intrinseco che trascende il livello del piacevole, è un amabile
oggetto di volontà piuttosto che di appetito (Et. Eud. VII 2, 1235b22-23), e la
volontà è desiderio razionale di beni scelti. [87] Un’analisi sistematica e
comparativa delle nozioni di amicizia e amore in Platone e Aristotele, è Price
(1989). Cfr. anche Kahn (1981). [88] Cfr. Phaedr. 265b-c. [89] La relazione
erotica amante/amato, peraltro, è anche meno significativa e più instabile di
altre relazioni fondate sul piacere – dunque, già di per sé instabili – in
quanto in questo caso il piacere «non deriva dalla stessa fonte» (l’uno gode
nell’esser corteggiato, l’altro nel contemplare l’altro, Et. Nic. VIII 5,
1157a2-10). [90] Lys. 222a3-7. Proverbi, impicatura proverbiale. A Errare
humanum est.jpg Ab amico reconciliato cave. Guardati da un amico
riconciliato.Absit reverentia vero. Bando ai pudori di fronte alla verità.
(Ovidio) Abusus non tollit usum. L'abuso non esclude l'uso.[2] Accidere ex una
scintilla incendia passim. A volte da una sola scintilla scoppia un incendio.Ad
impossibilia nemo tenetur. Nessuno è obbligato a fare l'impossibile.[4]
Adulator propriis commodis tantum suadet L'adulatore tiene di mira solo i suoi
interessi.[5] (Giulio Cesare) Amantis ius iurandum poenam non habet. Il
giuramento dell'innamorato non si può punire.[6] Amicus certus in re incerta
cernitur. Il vero amico si rivela nelle situazioni difficili.[7] (Quinto Ennio)
Amicus omnibus, amicus nemini. Amico di tutti, amico di nessuno.Amicus Plato,
sed magis amica veritas. Amo Platone, ma amo di più la verità.[9] (Aristotele)
Amor arma ministrat. L'amore procura le armi [agli amanti perché possano essere
grati alla persona amata].[10] (proverbio medievale) Amor caecus. L'amore è
cieco.[11] Amor gignit amorem.[10] Amore genera amore. Amor tussisque non
celatur. L'amore e la tosse non si possono nascondere.[12] Amoris vulnus sanat
idem qui facit. La ferita d'amore la risana chi la fa.[12] Anceps fortuna
belli. Le sorti della guerra sono incerte.[9] (Cicerone) Aquila non captat muscas.
L'aquila non prende mosche.[13] Athenas noctuas mittere.[14] Mandare nottole ad
Atene. Fare cosa inutile e superflua. Ars est celare artem.[15] La perfezione
dell'arte sta nel celarla. Audi, vide, tace, si vis vivere in pace.Ascolta,
guarda e taci, se vuoi vivere in pace. B Barba virile decus, et sine barba
pecus.[17] La barba è decoro dell'uomo e chi è senza barba è pecoro. Bene qui
latuit, bene vixit. Ben visse chi seppe vivere nell'oscurità.[18] (Ovidio)
Beati monoculi in terra caecorum. Beati i monòcoli nel paese dei ciechi. Bis
dat qui cito dat. Dà due volte chi dà presto.[19] Bis peccat qui crimen
negat.[20] È due volte colpevole chi nega la propria colpa. Bis pueris senes.
Il vecchio è due volte fanciullo. Bonis nocet qui malis parcet. Chi risparmia i
malvagi danneggia i buoni.[22] Bonum nomen, bonum omen.[23] Buon nome, buon
augurio. C Caecus non judicat de colore.[24] Il cieco non giudica i colori. Non
si può giudicare ciò che si sottrae alle nostre attitudini. Caesar non supra
grammaticos.[25] Cesare non (ha autorità) sopra i grammatici. Le persone più
altolocate non possono avere autorità se non su quelle cose di cui s'intendono.
Canis caninam non est.[26] Cane non mangia cane. Carpe diem. Cogli il giorno.
(Quinto Orazio Flacco) Caseus est sanus, quem dat avara manus. Fa bene quel
formaggio servito da una mano avara.[27] Causa patrocinio non bona peior erit.
La causa cattiva diventa peggiore col volerla difendere.[28] (Ovidio) Causa
perit iusta, si dextera non sit onusta.[29] La giusta causa soccombe se la
destra non è piena [di denaro]. Cave a signatis. Guàrdati dai segnati.[28]
Antico adagio in odio a coloro che sono affetti da qualche imperfezione fisica:
guerci, zoppi, ecc. Cave tibi ab acquis silentibus. Guàrdati dalle acque
chete.[28] Cavendo tutus.[30] Se sarai cauto, sarai sicuro. Cogito ergo sum.
Penso dunque sono. (Cartesio) Commendatoria verba non obligant.[31] Le parole
di raccomandazione non obbligano. Commune periculum concordiam paret.[32] Il
comune pericolo prepari la concordia. Consuetudo est altera natura. L'abitudine
è una seconda natura.[33] D De gustibus non est disputandum. Sui gusti non si
discute.[34] Difficilis in otio quies. È difficile esser tranquilli nell'ozio. Dulce
bellum inexpertis, expertus metuit. La guerra è dolce per chi non ne ha
esperienza, l'esperto la teme. (proverbio medievale) Dum caput dolet, caetera
membra languent. Quando duole il capo, tutte le membra languono.[37] Dum Romae
consulitur, Saguntum expugnatur. Mentre a Roma si delibera, Sagunto è
espugnata.[38] Dum vinum intrat exit sapientia.[39] Mentre il vino entra, esce
la sapienza. Duo cum faciunt idem, non est idem.[35] Quando due fanno la stessa
cosa, non è più la stessa cosa. E Errare humanum est, perseverare autem
diabolicum.[40] L'errare è cosa umana, il perseverare nella colpa invece è
diabolico. Error hesternus sit tibi doctor hodiernus.[41] L'errore di ieri ti
sia maestro oggi. Est in canitie ridicula Venus. È ridicolo l'amore di un
vecchio.[42] (Proverbio medievale) Est modus in rebus, sunt certi denique fines
| quos ultra citraque nequit consistere rectum. C'è una giusta misura nelle
cose, ci sono giusti confini | al di qua e al di là dei quali non può
sussistere la cosa giusta. (Quinto Orazio Flacco) Ex ungue leonem.[43]
Dall'unghia si conosce il leone. Da un atto compiuto si rivela la forza
dell'autore, morale o materiale. Excusatio non petita fit accusatio manifesta
(proverbio medievale)[44] Chi si scusa senza esserne richiesto s'accusa. F
Fabas indulcat fames.[45] La fame addolcisce le fave. Facile est inventis
addere.[46] È facile aggiungere a ciò che è stato inventato. Facile perit
amicitia coacta.[47] Facilmente muore un'amicizia forzata. Facit experientia
cautos.[48] L'esperienza rende cauti. Fac sapias et liber eris.[49] Fa' di
sapere e sarai libero. Felicium omnes sunt cognati. Tutti sono parenti dei
fortunati.[8] Fiat iustitia et pereat mundus. Sia fatta giustizia e perisca
pure il mondo. Frangitur ira gravis cum sit responsio suavis.[50] Una dolce
risposta infrange l'ira. Frustra sapiens qui sibi non sapet.[51] Inutilmente sa
chi non sa per sé. G Gutta cavat lapidem. La goccia scava la pietra. H Homo
longus raro sapiens; sed si sapiens, sapientissimus. Un uomo lungo (ossia alto)
di rado è sapiente; ma se è sapiente, è sapientissimo.[52] Homo sine pecunia,
imago mortis. L'uomo senza danaro è l'immagine della morte.[53] I Ianuensis
ergo mercator. Genovese quindi mercante.[54] Imperare sibi maximum imperium
est. Comandare a sé stessi è la forma più grande di comando. (Seneca, Lettere a
Lucilio, CXIII.30) In magno mari capiuntur flumine pisces.[55] Nei grandi fiumi
si pescano i grandi pesci. Nei grandi affari si fanno i grossi guadagni. In
medio stat virtus. La virtù sta nel mezzo. (Orazio) In vino veritas. Nel vino
c'è la verità. L M Magnum vectigal parsimonia.[56] La parsimonia è un gran
capitale. (Cicerone) Major e longiquo reverentia.[56] La riverenza è maggiore
da lontano. (Tacito) Mala gallina, malum ovum.[57] Gallina cattiva, uovo
cattivo. Mea mihi conscientia pluris est quam omnium sermo.[58] Per me val più
la mia coscienza che il discorso di tutti. (Cicerone) Medicus curat, natura
sanat. Il medico cura ma è la natura che guarisce.[59] Melius est abundare quam
deficere. Meglio abbondare che trovarsi in scarsezza.[60] Mors tua vita
mea.[56] La tua morte è la mia vita. Mortui non mordent. I morti non
mordono[61] [truismo] Mortuo leoni et lepores insultant. Anche le lepri
insultano un leone morto.[62] Multi multa, nemo omnia novit. Molti sanno molto,
nessuno sa tutto.[63] N Natura non facit saltus. La natura non procede per
salti.[64] Naturalia non sunt turpia.[65] Le cose naturali non sono turpi. Nemo
non formosus filius matri. Nessun figlio non è bello per sua madre.[66] Ne
pulsato portam alterius, nisi velis pulsetur et tua.[67] Non bussare alla porta
altrui se non vuoi che bussino alla tua. Nihil est in intellectu quod non
fuerit in sensu. Nulla è nell'intelligenza che prima non fosse nel senso[68]
Non omne quod licet honestum est.[69] Non tutto ciò che è lecito è onesto. Non
omnibus dormio. Non dormo per tutti.[70] Nomen omen Il nome è un presagio (v.
anche nomina sunt consequentia rerum e conveniunt rebus nomina saepe suis)
(Plauto, Persa, 625) Nomina sunt consequentia rerum. I nomi sono corrispondenti
alle cose. (Giustiniano, Institutiones, 2, 7, 3) O Omne animal post coitum
triste. Tutti gli animali sono mesti dopo il coito.[71] Omne ignotum pro
terribili.[72] Tutto ciò che è ignoto incute paura. Omnia munda mundis. Per chi
è puro tutto è puro. (Paolo di Tarso) Omnia vincit amor. L'amore vince ogni
cosa. (Virgilio, Bucoliche X, 69) Omnia fert aetas. Il tempo porta via tutte le
cose. (Virgilio) Omnis festinatio ex parte diaboli est.[73] Ogni fretta viene
dal diavolo. P Panem et circenses. Pane e giochi [per distrarre il popolo].
(Giovenale, X 81) Patere quam ipse fecisti legem.[74] Subisci la legge che tu
stesso hai fatta. Pectus est enim quod disertos facit È infatti il cuore che
rende eloquenti (Quintiliano, 10,7,15) Pecunia non olet Il denaro non puzza
(Vespasiano) Per aspera ad astra. Alle stelle [si giunge] attraverso aspri
sentieri.[75] Periculum in mora. Vi è pericolo nel ritardo. (Tito Livio, Ab
urbe condita; XXXVIII, 25) Philosophum non facit barbam.[76] La barba non fa il
filosofo. Primum vivere deinde philosophari (Thomas Hobbes) Prima vivere, poi
fare della filosofia. Q Quando Sol est in Leone, bibe vinum cum pistone. Quando
il sole è in Leone [segno zodiacale], bevi il vino col pistone [a
garganella].[77] Qui aquam Nili bibit rursus bibet.[78] Chi beve l'acqua del
Nilo la berrà di nuovo. È destinato a ritornarvi. Qui asinum non potest,
stratum caedit.[79] Chi non può bastonare l'asino bastona la bardatura. Qui
gladio ferit gladio perit. Chi di spada ferisce di spada perisce.[80] Qui in
pergula natus est, aedes non somniatur. Chi è nato in una capanna, i palazzi
non li vede neanche in sogno. (Petronio, 74,14) Qui jacet in terra non habet
unde cadat. Per chi giace in terra non c'è pericolo di cadere.[81] [truismo]
Qui medice vivit, misere vivit. Chi vive sotto la guida del medico, vive miseramente.Qui
scribit, bis legit.[82] Quisque faber fortunae suae. Ognuno è artefice del
proprio destino. (Appio Claudio Cieco) Quod differtur non aufertur Ciò che si
dilaziona non lo si perde[83] Quod non potest diabolus mulier evincit. Ciò che
non può il diavolo, l'ottiene la donna.[84] (proverbio medievale) Quot homines
tot sententiae. Tanti uomini, altrettante opinioni.[85] Quot servi tot hostes.
Tanti servi, tanti nemici.[85] R Re opitulandum, non verbis.[86] L'aiuto va
dato con i fatti, non con le parole. Rem tene, verba sequentur Possiedi
l'argomento e le parole seguiranno. (Marco Porcio Catone) Res satis est nota,
plus foetent stercora mota.[87] È cosa nota: lo sterco più è stuzzicato e più
puzza. S Salus extra Ecclesiam non est[88] Al di fuori della Chiesa non v'è
salvezza (Tascio Cecilio Cipriano, Lettera, 73, 21) Sapiens nihil affirmat quod
non probet.[89] Il saggio nulla afferma che non possa provare. Satis quod
sufficit.[90] Ciò che è sufficiente al bisogno, basta. Semel abas, semper
abas.[91] Una volta abate, sempre abate. Proverbio medioevale, affermante che
chi ha vestito una volta l'abito sacerdotale non può spogliarsi più delle idee
e delle abitudini ecclesiastiche. Significa anche, per estensione, che si
conservano sempre le idee una volta acquistate. Semel in anno licet insanire.
Una volta all'anno è lecito fare follie. (Seneca) Senatores boni viri: senatus
autem mala bestia.[92] I senatori sono brava gente; ma il senato è una cattiva
bestia. Sero venientibus ossa.[93] Per chi viene troppo tardi restano le ossa.
Si vis pacem, para bellum. Se vuoi la pace prepara la guerra. (Vegezio) Sicut
mater, ita et filia eius. Quale la madre, tale anche la figlia.[94] Simia simia
est, etiamsi aurea gestet insignia.[95] La scimmia resta sempre scimmia, anche
se indossa ornamenti d'oro. Sol lucet omnibus.[96] Il sole splende per tutti.
Vi sono delle cose di cui tutti gli uomini possono godere. Sorex suo perit
indicio.[97] Il topo perisce per essersi rivelato da sé. Sublata causa,
tollitur effectum.[98] Soppressa la causa, scompare l'effetto. T Timeo Danaos
et dona ferentes. Io temo comunque i Greci, anche se recano doni. (Publio
Virgilio Marone) U Ubi maior, minor cessat. Dinanzi al più forte, il debole
scompare.[8] Ubi opes, ibi amici. Dove sono le ricchezze, lì sono anche gli
amici.[8] Ubi uber, ibi tuber.[99] Dove è la mammella, ivi è il tumore. Dove
c'è abbondanza, ivi si forma il marciume, la corruzione. V Verba movent,
exempla trahunt.[100] Le parole commuovono, ma gli esempi trascinano. Verba
volant, scripta manent.[101] Le parole volano, gli scritti restano.
Vigilantibus, non dormientibus, jura succurunt.[102] Le leggi forniscono aiuto
ai vigilanti, non ai dormienti. Vinum lac senum.[103] Il vino è il latte dei
vecchi. Vulgus vult decipi, ergo decipiatur. Il popolo (il mondo) vuole essere
ingannato, e allora sia ingannato.[104] Note
Citato in Mastellaro, p. 21.
Citato in Tosi 2017, n. 1408.
Citato in Tosi 2017, n. 1010.
Citato in 2005, p. 6. Citato in
Mastellaro, p. 11. Citato in Mastellaro,
p. 25. Citato in Mastellaro, p. 18. Citato in Mastellaro, p. 20. Citato e tradotto in 2005, p. 15. Citato in De Mauri, p. 27. Citato in Mastellaro, p. 24. Citato in Mastellaro, p. 23. Citato in Tosi 2017, n. 2265. Citato, con spiegazione, in Umberto Bosco,
Lessico universale italiano, vol. XV, Istituto della Enciclopedia italiana,
Roma, 1968, p. 59. Citato e tradotto in
2005, § 169. Citato e tradotto in 2005,
§ 188. Citato e tradotto in 2005, §
215. Citato con traduzione in 2005, p.
28. Citato in 1921, p. 43, § 161. Citato e tradotto in 2005, § 243. Citato e tradotto in Lo Forte, § 148. Citato con traduzione in 2005, p. 30. Citato e tradotto in 2005, § 256. Citato e tradotto in Lo Forte, § 154. Citato e tradotto in Lo Forte, § 155. Citato e tradotto in 2005, § 280. Citato in Andrea Perin e Francesca Tasso (a
cura di), Il sapore dell'arte, Skira, Milano, 2010, p. 41. Citato e tradotto in 2005, p. 37. Citato e tradotto in 2005, § 305. Citato e tradotto in 2005, § 312. Citato e tradotto in 2005, § 343. Citato e tradotto in 2005, § 344. Citato in Mastellaro, p. 9. Citato in 2005, p. 57. Citato in Arthur Schopenhauer, Aforismi sulla
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741. Citato e tradotto in 2005, §
744. Citato e tradotto in 2005, §
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Olman, Zwei Mädchen suchen ihr Glück: Caleidoscopio berlinese, Edizioni
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Otto Bittrich, Ägypten und Libyen, Safari-Verlag, Berlino, 1953, p. 7. Citato e tradotto in 2005, § 2167. Dal Vangelo:... tutti quelli che mettono mano
alla spada periranno di spada (Mt 26:52).
Citato in 2005, p. 256. Citato in
2005, p. 258. Citato in Tosi 2017, n.
1174. Citato in De Mauri, p. 171. Citato in 2005, p. 266. Citato e tradotto in 2005, § 2342. Citato e tradotto in 2005, § 2363. Spesso la frase viene attribuita a Cipriano
in una forma diversa: Extra Ecclesiam nulla salus. Citato e tradotto in 2005, § 2415. Citato e tradotto in 2005, § 2421. Citato e tradotto in Lo Forte, § 1034. Citato e tradotto in 2005, § 2457. Citato e tradotto in 2005, § 2472. Citato in 1921, p. 138, § 465. Citato e tradotto in 2005, § 2528. Citato e tradotto in Lo Forte, § 1079. Citato e tradotto in 2005, § 2606. Citato e tradotto in Lo Forte, § 1097. Citato e tradotto in Lo Forte, § 1169. Citato e tradotto in Lo Forte, § 1203. Citato e tradotto in Lo Forte, § 1204. Citato e tradotto in Lo Forte, § 1216. Citato in Proverbi siciliani raccolti e
confrontati con quelli degli altri dialetti d'Italia da Giuseppe Pitrè, Luigi
Pedone Lauriel, Palermo, 1880, vol. IV, p. 140.
Traduzione in voce su Wikipedia. Bibliografia L. De Mauri, 5000 proverbi
e motti latini, seconda edizione, Hoepli, Milano, 2006. ISBN 978-88-203-0992-0
Giuseppe Fumagalli, Chi l'ha detto?, Hoepli, Milano, 1921. Giuseppe Fumagalli,
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hoc, Sandron, 1921. Paola Mastellaro, Il libro delle citazioni latine e greche,
Mondadori, Milano, 2012. ISBN 978-88-04-47133-2. Gustavo Benelli, Raccolta di
proverbi, massime morali, aneddoti, ed altro, Carnesecchi, Firenze, 1876. Renzo
Tosi, Dizionario delle sentenze latine e greche, Rizzoli, 2017. Voci correlate
Modi di dire latini Lingua latina Palindromi latini Categorie: Lingua
latinaProverbi per nazione. Proverbi Exquisite-kfind.png Per approfondire,
vedi: Proverbi toscani. A A brigante brigante e mezzo. 1 A buon cavalier non
manca lancia. 2 A buon cavallo non manca sella. 2 A buon cavallo non occorre
dir trotta. 3 A buon intenditor poche parole.[1 2 A caldo autunno segue lungo
inverno. 4 A cane scottato l'acqua fredda par calda. 5 A cane vecchio non
dargli cuccia. 2 A carnevale ogni scherzo vale, ma che sia uno scherzo che sa
di sale. 6 A caval che corre, non abbisognano speroni. 3 A caval donato non si
guarda in bocca.[2 2 A cavalier novizio, cavallo senza vizio. 3 A cavallo
d'altri non si dice zoppo. 3 A cavallo di fuoco, uomo di paglia, a uomo di
paglia, cavallo di fuoco. 3 A cavallo giovane, cavalier vecchio. 3 A caval
nuovo cavaliere vecchio. 2 A chi batte forte, si apron le porte. 7 A chi Dio
vuole aiutare, niente gli può nuocere. 4 A chi fortuna zufola, ha un bel
ballare. 4 A chi ha abbastanza, non manca nulla. 4 A chi mangia sempre polli
vien voglia di polenta. 8 A chi non piace il vino, il Signore faccia mancar
l'acqua. 8 A chi non può imparare l'abbicì, non si può dare in mano la Bibbia.
4 A chi non vuol credere, poco valgono mille testimoni. 8 A chi non vuol
credere sono inutili tutte le prove. 8 A chi non vuol far fatiche, il terreno
produce ortiche. 9 A chi prende moglie ci vogliono due cervelli. 4 A chi tanto
e a chi niente. 2 A chi troppo e a chi niente. 10 A chi ti dà il cappone, dagli
la coscia e l'alone. 8 A chi ti porge un dito non prendere la mano. 2 A chi
vuole fare del male non manca l'occasione. 4] A ciascun giorno basta la sua
pena.[3] 2] A ciascuno sta bene il proprio abito. 4] A donna di gran bellezza,
dalla poca larghezza. 4] A duro ceppo, dura accetta. 4] A goccia a goccia si
scava la pietra.[4] 11] A goccia a goccia s'incava la pietra. 2] A gran salita,
gran discesa. 4] A granello a granello si riempie lo staio e si fa il monte. 4]
A grassa cucina povertà vicina. 4] A lavar la testa all'asino si perde il ranno
e il sapone. 12] A lume spento è pari ogni bellezza. 4] A mali estremi estremi
rimedi. 1] A muro basso ognuno ci si appoggia. 1] A nemico che fugge ponti
d'oro. 1] A ogni uccello suo nido è bello. 1] A padre avaro figliuol prodigo.
13] A pancia piena si ragiona meglio. 8] A pagare e a morire c'è sempre tempo.
14] A paragone del molto che ignoriamo, è meno di niente quanto noi sappiamo.
4] A pazzo relatore, savio ascoltatore. 8] A pensar male, s'indovina sempre.
15] A pensar male ci s'indovina. 2] A pentola che bolle, gatta non s'accosta.
8] A rubar poco si va in galera, a rubar tanto si fa carriera. 1] A san Lorenzo
il dente la noce già sente. 2] A san Martino [11 novembre], apri la botte e
assaggia il vino. 8] A San Martino ogni mosto è vino. 16] A san Mattia la neve
va via. 4] A scherzar con la fiamma, ci si scotta. 17] A tal fortezza, tal
trincea. 4] A torto si lagna del mare chi due volte ci vuole tornare. 4] A
tutto c'è rimedio fuorché alla morte. 1] A usanza nuova non correre. 2]
Abbattuto l'albero scompare l'ombra. 8] Accasa il figlio quando vuoi, e la
figlia quando puoi. 18] Acquista buona fama e mettiti a dormire. 4] Ai bugiardi
e agli spacconi non è creduto. 8] Ai voli troppo alti e repentini sogliono i
precipizi esser vicini. 19] A voli troppo alti e repentini sogliono i precipizi
esser vicini. 2] Abate cupido, per un'offerta ne perde cento. 4] Abate rigoroso
rende i frati penitenti. 4] Abbi piuttosto il piccolo per amico, che il grande
per nemico. 8] Abiti stranieri, costumi stranieri; costumi stranieri, gente
straniera; la gente straniera sloggia gli antichi abitanti. 4] Abito troppo
portato e donna troppo vista vengono presto a noia. 4] Abbondanza genera
baldanza. 4] Accade in un'ora quel che non avviene in mill'anni. 2] Accade in
un'ora quel che non avviene in cent'anni. 2] Accendere una candela ai Santi e
una al diavolo. 4] Accendere una fiaccola per far lume al sole. 4] Acqua che
corre non porta veleno. 4] Acqua cheta rompe i ponti. 16] Acqua di san Lorenzo
[10 agosto] venuta per tempo; se alla Madonna viene va ancora bene; tardiva
sempre buona quando arriva. 2] Acqua e chiacchiere non fanno frittelle. 20]
Acqua lontana non spegne il fuoco. 21] Acqua passata, non macina più. 22] Ad
albero vecchio ed a muro cadente, non manca mai edera. 4] Ad ogni primavera
segue un autunno. 4] Ad ognuno la sua croce. 23] Ad ognuno pare bello il suo.
4] Ad un grasso mezzogiorno spesso tien dietro una cena magra. 4] Agosto ci
matura il grano e il mosto 16]. Agosto: moglie mia non ti conosco.[5][6] 1] Ai
macelli van più bovi che vitelli. 2] Ai pazzi ed ai fanciulli, non si deve
prometter nulla. 8] Ai pazzi si dà sempre ragione. 8] Aiutati che Dio t'aiuta.
24] Aiutati che il ciel t'aiuta. 25] Aiutati che io ti aiuto. 16] Al baciarsi
presto tien dietro il coricarsi. 4] Al bisogno si conosce l'amico. 1] Al buio
la villana è bella quanto la dama. 2] Al buio, le donne sono tutte uguali. 8]
Al buio tutti i gatti sono bigi. 16] Al confessor, medico e avvocato, non
tenere il ver celato. 26] Al confessore, al medico e all'avvocato non si tiene
il ver celato. 2] Al contadin non far sapere quanto è buono il formaggio con le
pere. 1] Al cuore non si comanda. 1] Al cuor non si comanda. 27] Al cazzo non
si comanda. 2] Al culo non si comanda. 28] Al destino non si comanda. 2] Al
tempo non si comanda. 2] Al tempo e al culo non si comanda. 2] Al debole il
forte sovente fa torto. 8] Al fratello piace più veder la sorella ricca, che
farla tale. 8] Al levar le tende si conosce il guadagno. 4] Al gatto che lecca
lo spiedo non affidar arrosto. 8] Al genio non si danno le ali, ma le si
tagliano. 4] Al medico, al confessore e all'avvocato, bisogna dire ogni
peccato. 8] Al povero manca il pane, al ricco l'appetito. 8] Al primo colpo non
cade l'albero. 2] Al primo colpo non cade un albero. 2] Al suono si riconosce
la pignata. 29] Al villano, se gli porgi il dito, si prende la mano. 30] All'A
tien dietro il B nel nostro abbicì. 4] All'eco spetta l'ultima parola. 4]
All'orsa paion belli i suoi orsacchiotti. 8] All'uccello ingordo crepa il
gozzo. 2] All'ultimo si contano le pecore. 1] All'umiltà felicità, all'orgoglio
calamità. 8] Alla fame è presto ridotto chi s'imbarca senza biscotto. 4] Alla
fine anche le pernici allo spiedo vengono a noia. 8] Alla fine loda la vita e
alla sera loda il giorno.[7] 4] Alla fine loda la vita e alla sera il giorno.
2] Alla guerra si va pieno di denari e si torna pieni di vizi e di pidocchi. 4]
Alle barbe dei pazzi, il barbiere impara a radere. 8] Alle volte si crede di
trovare il sole d'agosto e si trova la luna di marzo. 8] Altri tempi, altri
costumi. 2] Alzati presto al mattino se vuoi gabbare il tuo vicino. 8]
Ambasciator non porta pena. 2] Amare e non essere amato è tempo perso. 4]
Ambasciatore che tarda notizia buona che porta. 2] Amicizia che cessa, non fu
mai vera. 4] Amico beneficato, nemico dichiarato. 4] Amico di buon tempo mutasi
col vento. 4] Amico di ventura, molto briga e poco dura. 31] Ammogliarsi è un
piacere che costa caro. 4] Amor che nasce di malattia, quando si guarisce passa
via. 8] Amor di nostra vita ultimo inganno.[8] 32] Amor, dispetto, rabbia e
gelosia, sul cuore della donna han signoria. 8] Amor nuovo va e viene, amor
vecchio si mantiene. 8] Amor regge il suo regno senza spada. 32] Amore con amor
si paga. 2] Amore di parentato, amore interessato. 4] Amore di villeggiatura
poco vale e poco dura. 2] Amore di fratello, amore di coltello. 8] Amore è il
vero prezzo con che si compra amore. 33] Amore non si compra né si vende. 33]
Amore onorato, né vergogna né peccato. 8] Amore scaccia amore. 4] Anche fra le
spine nascono le rose. 34] Anche i fanciulli diventano uomini. 4] Anche il più
verde diventa fieno. 4] Anche il sole ha le sue macchie. 4] Anche l'abate fu
prima frate. 4] Anche l'ambizione è una fame. 4] Anche la legna storta dà il
fuoco diritto. 4] Anche la regina Margherita mangia il pollo con le dita. 35]
Anche le bestie le ha fatte il Signore. 8] Anche le colombe hanno il fiele. 4]
Anche le pulci hanno la tosse. 2] Anche le uova della gallina nera sono
bianche; ma staremo a vedere se anche i suoi pulcini sono bianchi. 4] Anche un
giogo dorato pesa. 8] Andar presto a dormire e alzarsi presto chiude la porta a
molte malattie. 8] Andar bestia, e tornar bestia, dice il moro. 36] Anno nevoso
anno fruttuoso. 16] Anno nuovo vita nuova. 1] Approfitta degli errori degli
altri, piuttosto che censurarli. 4] Aprile dolce dormire.[9] 2] Aprile e maggio
sono la chiave di tutto l'anno. 4] Aprile ogni goccia un barile.[10] 2] Aprile
piovoso, maggio ventoso, anno fruttuoso. 4] Ara nel mare e nella rena semina,
chi crede alle parole della femmina. 8] Arcobaleno porta il sereno. 2] Aria
rossa o piscia o soffia. 2] Asino che ha fame mangia d'ogni strame. 2] Assai
bene balla a chi fortuna suona. 4] Assai digiuna chi mal mangia. 8] Assai
domanda chi ben serve e tace. 37] Assai domanda chi si lamenta. 8] Assalto
francese e ritirata spagnola. 2] Attacca l'asino dove vuole il padrone e, se si
rompe il collo, suo danno. 1] Avuta la grazia, gabbato lo santo. 8] B Bacco,
tabacco e Venere riducon l'uomo in cenere. 2] Ballaremo secondo che voi
suonerete. 4] Bandiera rotta onor di capitano. Bandiera vecchia onor di
capitano. 2] Basta un matto per casa. 8] Batti il ferro finché è caldo. Batti
il ferro quando è caldo. 1] Bei gatti e grossi letamai mostrano il buon
agricoltore. 38] Bella cosa presto è rapita. 4] Bella in vista, dentro è
trista. 4] Bella ostessa, conti traditori. 2] Bella ostessa, brutti conti. 39]
Bell'ostessa, conto caro. 40] Bella vigna poca uva. 2] Bellezza di corpo non è
eredità. 4] Bellezza e follia vanno spesso in compagnia. 41] Bello in fasce
brutto in piazza. 1] Ben sa la botte di qual vino è piena. 4] Ben si caccia il
diavolo, ma Satana ritorna. 4] Bene per male è carità, male per bene è
crudeltà. 8] Bene educato, non mentì mai. 4] Bene perduto è conosciuto. 4] Beni
di fortuna passano come la luna. 2] Bevi il vino e lascia andar l'acqua al
mulino. 8] Bisogna dire pane al pane e vino al vino. 2] Bisogna far buon viso a
cattivo gioco. 1] Bisogna fare di necessità virtù. 2] Bisogna fare il pane con
la farina che si ha. 4] Bisogna fare la festa quando cade, e prendere il tempo
come viene. 4] Bisogna fare la festa quando è il santo. 4] Bisogna mangiare per
vivere e non vivere per mangiare. 2] Bisogna prendere gli avvenimenti quando
Dio li manda. 4] Bocca che tace nessuno l'aiuta. 2] Bocca che tace mal si può
aiutare. 42] Bocca chiusa ed occhio aperto non fecero mai male a nessuno. 4]
Botte buona fa buon vino. 2] Brutta cosa è il povero superbo e il ricco avaro.
8] Brutta di viso ha sotto il paradiso. 2] Brutto in fasce bello in piazza. 1]
Buca il marmo fin d'acqua una goccia. 8] Bue sciolto lecca per tutto. 8] Bue
fiacco stampa più forte il piede in terra. 4] Bue vecchio, solco diritto. 4]
Buon fuoco e buon vino, scaldano il mio camino. 8] Buon sangue non mente. 2]
Buon tempo e mal tempo non dura tutto il tempo. 1] Buon vino e bravura, poco
dura. 8] Buon vino fa buon sangue. 1] 8] Buon vino, favola lunga. 8] Buona fama
presto è perduta. 4] Buona greppia, buona bestia. 8] Buona guardia giova a
molte cose. 4] Buona la forza, migliore l'ingegno. 4] Buone parole e pere marce
non rompono la testa a nessuno. 31] Burlando si dice il vero. 4] C Cader non
può, chi ha la virtù per guida. 4] Cambiano i suonatori ma la musica è sempre
quella. 1] Cambiare e migliorare sono due cose; molto si cambia nel mondo, ma
poco si migliora. 4] Campa cavallo che l'erba cresce. 2] Campa, cavallo mio, che
l'erba cresce. 1] Can che abbaia non morde. 1] Cane affamato non teme
bastone.[11] 2] Cane e gatta tre ne porta e tre ne allatta. 8] Cane non mangia
cane. 43] Cane ringhioso e non forzoso, guai alla sua pelle! 4] Capelli lunghi,
cervello corto. 4] Carta canta e villan dorme. 1] Casa fatta e vigna posta, non
si sa quello che costa. 44] Casa mia, casa mia, per piccina che tu sia, tu mi
sembri una badia. 45] Casa mia, casa mia, benché piccola tu sia, tu mi sembri
una badia. 2] Casa mia, casa mia, pur piccina che tu sia mi sembri una badia.
9] Castiga il buono e si emenderà; castiga il cattivo e peggiorerà. 4] Cattivo
cominciamento, fine peggiore. 8] Cavallo da vettura, poco costa e poco dura.
46] Cavallo vecchio, tardi muta ambiatura. 47] Cavolo riscaldato non fu mai
buono. 2] Cavolo riscaldato, frate sfratato e serva ritornata non furon mai
buoni. 2] Cento teste, cento cappelli. 48] Certe macchie ben si possono
grattare ma non togliere. 4] Cessato il guadagno, cessata l'amicizia. 49] Chi a
tutti facilmente crede, ingannato si vede. 4] Chi accarezza la mula rimedia
calci. 2] Chi accarezza la mula buscherà calci. 2] Chi accetta l'eredità
accetti anche i debiti. 4] Chi ad altri inganni tesse, poco bene per sé
ordisce. 4] Chi alza il piede per ogni paglia, si può rompere facilmente una
gamba. 8] Chi ama me, ama il mio cane. 50] Chi ara terra bagnata, per tre anni
l'ha dissipata. 51] Chi asino nasce, asino muore. 4] Chi balla senza suono,
come asino si ritrova. 52] Chi ben coltiva il moro, coltiva nel suo campo un gran
tesoro. 47] Chi ben comincia è a metà dell'opera. 53] Chi ben comincia è alla
metà dell'opera. 2] Chi ben comincia è alla metà dell'opra. 1] Chi bene semina,
bene raccoglie. 4] Chi beve vin, campa cent'anni. 54] Chi beve birra campa
cent'anni.[12] 2] Chi biasima il suo prossimo che è morto, dica il vero, dica
il falso, ha sempre torto. 4] Chi caccia volentieri trova presto la lepre. 4]
Chi cade in povertà, perde ogni amico. 4] Chi cava e non mette, le possessioni
si disfanno. 55] Chi cavalca o trotta alla china, o non è sua la bestia, o non
la stima. 8] Chi cento ne fa una ne aspetta. 1] Chi cerca di sapere ciò che
bolle nella pentola d'altri, ha leccate le sue. 8] Chi cerca lealtà e fedeltà
nel mondo, non trova che ipocrisia. 4] Chi cerca, trova.[13] 2] Chi cerca trova
e chi domanda intende. 2] Chi coglie acerbo il senno, maturo ha sempre
d'ignoranza il frutto. 8] Chi comincia in alto, finisce in basso. 8] Chi compra
il superfluo, si prepara a vendere il necessario. 56] Chi compra sprezza e chi
ha comprato apprezza. 2] Chi conserva per l'indomani, conserva per il cane. 8]
Chi contro Dio getta la pietra, in capo gli torna. 8] Chi d'estate secca serpi,
nell'inverno mangia anguille. 4] Chi d'estate vuole stare al fresco, ci starà
anche d'inverno. 4] Chi da gallina nasce, convien che razzoli. 8] Chi da savio
operare vuole, pensi al fine. 4] Chi dà ghiande non può riavere confetti. 4]
Chi di gallina nasce convien che razzoli. 2] Chi dal lotto spera soccorso,
mette il pelo come un orso. 8] Chi dà per ricevere, non dà nulla. 8] Chi del
vino è amico, di se stesso è nemico. 8] Chi di spada ferisce di spada
perisce.[14] 1] Chi di speranza vive disperato muore. 1] Chi di una donna
brutta s'innamora, lieto con essa invecchia e l'ama ancora. 8] Chi di coltel
ferisce, di coltel perisce. 4] Chi di spirito e di talenti è pieno domina su
quelli che ne hanno meno. 4] Chi dice A arrivi fino alla Z. 4] Chi dice A deve
dire anche B. 4] Chi dice donna dice danno. 1] Chi dice donna dice guai, chi
dice uomo peggio che mai. 8] Chi dice male, l'indovina quasi sempre. 4] Chi
dice quel che vuole sente quel che non vorrebbe. 1] Chi disprezza compra. 1]
Chi disprezza vuol comprare e chi loda vuol lasciare. 2] Chi domanda ciò che
non dovrebbe, ode quel che non vorrebbe. 2] Chi domanda non erra. 2] Chi
domanda non fa errore. 57] Chi dopo la polenta beve acqua, alza la gamba e la
polenta scappa. 8] Chi dorme d'agosto dorme a suo costo. 2] Chi dorme non
piglia pesci.[15] 1] Chi è causa del suo mal pianga se stesso.[16] 1] Chi è
bugiardo è ladro. 4] Chi è destinato alla forca non annega. 58] Chi è generoso
con la bocca, è avaro col sacco. 4] Chi è in difetto è in sospetto. 1] Chi è
mandato dai farisei è ingannato dai farisei. 4] Chi è morso dalla serpe, teme
la lucertola. 8] Chi non è savio, paziente e forte si lamenti di sé, non della
sorte. 8] Chi è schiavo delle ambizioni ha mille padroni. 4] Chi è stato
trovato una volta in frode, si presume vi sia sempre. 4] Chi è svelto a
mangiare è svelto a lavorare. 1] Chi è tosato da un usuraio, non mette più
pelo. 8] Chi è uso all'impiccare, non teme la forca. 4] Chi fa da sé fa per
tre.[17] 1] Chi fa come il prete dice, va in Paradiso: ma chi fa come il prete
fa, a casa del diavolo se ne va.[18] Chi fa del bene agli ingrati, Dio lo
considera per male. 4] Chi fa il male odia la luce. 4] Chi fa l'altrui
mestiere, fa la zuppa nel paniere. 59] Chi fa la legge, deve conservarla. 4]
Chi fa una legge, deve anche preoccuparsi che sia eseguita. 4] Chi fa le fave
senza concime le raccoglie senza baccelli. 2] Chi fa falla e chi non fa
sfarfalla. 1] Chi fa un'ingiustizia, la dimentica; chi la riceve, se ne
ricorda. 4] Chi fosse indovino, sarebbe ricco. 4] Chi fugge il giudizio, si
condanna. 4] Chi fugge un matto, ha fatto buona giornata. 8] Chi getta un seme
lo deve coltivare, se vuol vederlo con il tempo germogliare. 60] Chi gioca al
lotto, è un gran merlotto. 8] Chi gioca al lotto, in rovina va di botto. 8] Chi
gioca al lotto, in rovina va di trotto. 8] Chi ha avuto ha avuto e chi ha dato
ha dato. 16]. Chi ha avuto il beneficio, se lo dimentica. 4] Chi ha da far con
un incostante, tien l'anguilla per la coda. 4] Chi ha denti non ha pane e chi
ha pane non ha denti. 1] Chi ha farina non ha la sacca. 1] Chi ha fatto
ingiuria ad altri, da altri convien che la sopporti. 4] Chi ha il capo di cera,
non vada al sole. 61] Chi ha imbarcato il diavolo, deve stare in sua compagnia.
4] Chi ha ingegno, lo mostri. 62] Chi ha per letto la terra, deve coprirsi col
cielo. 8] Chi ha polvere spara. 1] Chi ha portato la tonaca puzza sempre di
frate. 2] Chi ha prete, o parente in corte, fontana gli risorge. 63] Chi ha
tempo, ha vita. 64] Chi ha tempo non aspetti tempo. 1] Chi ha terra, ha guerra.
56] Chi ha tutto il suo in un loco l'ha nel fuoco. 2] Chi ha un mestiere in
mano, dappertutto trova pane. 4] Chi il vasto mare intrepido ha solcato,
talvolta in piccol rio muore annegato. 65] Chi la dura la vince. 1] Chi la fa
l'aspetti. 1] Chi lascia la via vecchia per la nuova sa quel che lascia ma non
sa quel che trova. 1] Chi lascia la via vecchia per la nuova peggio si trova.
16] Chi lavora con diligenza, prega due volte. 4] Chi lavora, Dio gli dona. 4]
Chi mal semina mal raccoglie. 1] Chi male una volta si marita, ne risente tutta
la vita. 4] Chi male vive, male muore. 2] Chi maltratta le bestie, non la fa
mai bene. 8] Chi mangia sempre pan bianco, spesso desidera il nero. 8] Chi
mangia sempre torta se ne sazia. 8] Chi mena per primo mena due volte.Chi molto
parla, spesso falla. Chi mordere non può non mostri i denti. 40] Chi muore
giace e chi vive si dà pace. 1] Chi nasce afflitto muore sconsolato. 1] Chi
nasce è bello, chi si sposa è buono e chi muore è santo. 1] Chi nasce matto non
guarisce mai. 8] Chi nasce tondo non può morir quadrato. 57] Chi non ama le
bestie, non ama i cristiani. 8] Chi non apre la bocca, non le piove dentro. 4]
Chi non beve in compagnia o è un ladro o è una spia. 1] Chi non caccia non
prende. 4] Chi non comincia non finisce. 1] Chi non crede di esser matto, è
matto davvero. 8] Chi non crede in Dio, non crede nel diavolo. 67] Chi non dà a
Cristo, dà al fisco. 8] Chi non è con me è contro di me. 2] Chi non è volpe,
dal lupo si guardi, perché ne sarà preda presto o tardi. 4] Chi non fu buon
soldato, non sarà buon capitano. 68] Chi non ha fede, non ne può dare. 8] Chi
non ha il gatto mantiene i topi e chi ce l'ha li mantiene tutti e due. 8] Chi
non ha imparato a ubbidire, non saprà mai comandare. 8] Chi non ha testa abbia
gambe. 57] Chi non lavora non mangia. 2] Chi non mangia ha già mangiato. 2] Chi
non muore si rivede. 2] Chi non naufragò in mare, può naufragare in porto. 8]
Chi non può bastonare il cavallo, bastona la sella. 4] Chi non risica, non
rosica. 1] Chi non sa adulare non sa regnare. 4] Chi non sa fare non sa
comandare. 68] Chi non sa leggere la sua scrittura è asino di natura. 69] Chi
non sa niente non è buono a niente. 4] Chi non sa tacere non sa parlare. 2] Chi
non sa ubbidire, non sa comandare. 68] Chi non segue il consiglio dei genitori,
tardi se ne pente. 4] Chi non semina non raccoglie. 2] Chi non si innamora da
giovane, si innamora da vecchio. 8] Chi non trovò ombra nell'estate, la troverà
nell'inverno. 4] Chi non vuol essere consigliato, non può essere aiutato. 4]
Chi parla due lingue è doppio uomo. 70] Chi pecca in segreto fa la penitenza
pubblica. 8] Chi pecora si fa, il lupo se la mangia. 1] Chi per grazia prega,
non ha mai bene. 4] Chi perde ha sempre torto. 1] Chi perdona senza
dimenticare, non perdona che metà. 4] Chi pesca con l'amo d'oro, qualcosa
piglia sempr e. 8] Chi piglia leone in assenza, teme la talpa in presenza.
8] Chi più ha più vuole. 1] Chi più ha più ne vorrebbe. 2] Chi più lavora, meno
mangia. 4] Chi più ne fa è fatto papa. 4] Chi più ne ha più ne metta. 2] Chi
più sa meno crede. 1] Chi più spende meno spende. 2] Chi poco sa presto parla.
2] Chi porta fiori, porta amore. 8] Chi predica al deserto, perde il sermone.
71] Chi prende l'anguilla per la coda, può dire di non tenere nulla. 4] Chi
prima arriva meglio alloggia. 2] Chi prima nasce prima pasce. 1] Chi prima non
pensa dopo sospira. 2] Chi rende male per bene, non vedrà mai partire da casa
sua la sciagura. 8] Chi ricorda un beneficio, lo rinfaccia. 4] Chi ride il
venerdì piange la domenica. 1] Chi rimane in umile stato, non ha da temer
caduta. 8] Chi ringrazia non vuol obblighi. 8] Chi ringrazia per una spiga,
riceve una manna. 8] Chi Roma non vede, nulla crede. 8] Chi ruba poco, ruba
assai. 72] Chi rompe paga e i cocci sono suoi. 1] Chi ruba un regno è un ladro
glorificato, e chi un fazzoletto, un ladro castigato. 4] Chi ruba una volta è
sempre ladro. 4] Chi s'accapiglia si piglia.[19] Chi s'aiuta Iddio l'aiuta. 1]
Chi sa fa e chi non sa insegna. 1] Chi sa fare fa e chi non sa fare
insegna.[20] Chi sa il gioco non l'insegni. 1] Chi sa il trucco non l'insegni.
1] Chi sa senza Cristo non sa nulla. 8] Chi scopre il segreto perde la fede. 1]
Chi semina buon grano avrà buon pane; chi semina lupino non avrà né pan né
vino. 2] Chi semina con l'acqua raccoglie col paniere. 2] Chi semina raccoglie.
2] Chi semina vento raccoglie tempesta.[21][22] 1] Chi serba serba al gatto. 1]
Chi si contenta gode. 1] Chi si diletta di frodare gli altri, non si deve
lamentare se gli altri lo ingannano. 4] Chi si fa i fatti suoi campa cent'anni.
57] Chi si fa un idolo del suo interesse, si fa un martire della sua integrità.
73] Chi si fida nel lotto, non mangia di cotto. 8] Chi si fida di greco, non ha
il cervel seco. 74] Chi si guarda dal calcio della mosca, gli tocca quello del
cavallo. 4] Chi si immagina di essere più di quello che è, si guardi nello
specchio. 4] Chi si loda si sbroda. 4] Chi si prende d'amore, si lascia di
rabbia. 8] Chi si scusa si accusa. 1] Chi si somiglia si piglia. 2] Chi si
sposa in fretta, stenta adagio. 75] Chi si umilia sarà esaltato, chi si esalta
sarà umiliato. 8] Chi si vanta da solo non vale un fagiolo. 2] Chi si vanta del
delitto è due volte delinquente. 4] Chi siede in basso, siede bene. 8] Chi sta
tra due selle si trova col culo in terra. 2] Chi tace acconsente. 1][23] Chi
tace davanti alla forza, perde il suo diritto. 4] Chi tanto e chi niente. 1]
Chi troppo e chi niente. 1] Chi tardi arriva male alloggia. 1] Chi ti dà un
osso non ti vorrebbe morto. 4] Chi ti vuol male, ti liscia il pelo. 8] Chi
tiene il letame nel suo letamaio, fa triste il suo pagliaio. 8] Chi tiene la
scala non è meno reo del ladro. 76] Chi troppo comincia, poco finisce. 77] Chi
troppo vuole nulla stringe.[24] 1] Chi trova un amico trova un tesoro. 1] Chi
uccide i gatti fa male i suoi fatti. 38] Chi va a caccia non deve lasciare a
casa il fucile. 4] Chi va a Roma perde la poltrona. 2] Chi va all'acqua
d'agosto, non beve o non vuol bere il mosto. 8] Chi va all'osto, perde il
posto. 78] Chi va al mulino s'infarina. 1] Chi va con lo zoppo, impara a
zoppicare. 79] Chi va piano va sano e va lontano. Chi va forte va alla morte.[25]
80] Chi ha più fretta, più tardi finisce. 4] Chi fa in fretta fa due volte. 4]
Chi pesca e ha fretta, spesse volte prende dei granchi. 4] Chi va via perde il
posto all'osteria. 81] Chi vanta se stesso e abbassa gli altri, gli altri
abbasseranno lui. 4] Chi vende a credenza spaccia assai: perde gli amici e i
quattrin non ha mai.[26] 2] Chi dà a credito spaccia assai perde gli amici e
danar non ha mai. 2] Chi va alla festa e non è invitato, ben gli sta se ne è
scacciato. 4] Chi vien di raro, gli si fa festa. 8] Chi vince ha sempre
ragione. 82] Chi vive in libertà non tenti il fato. 4] Chi vive sei giorni
nell'oasi, il settimo anela il deserto. 8] Chi vivrà vedrà. 2] Chi vuol d'avena
un granaio la semini di febbraio. 2] Chi vuol dell'acqua chiara vada alla
fonte. 4] Chi vuol udir novelle, dal barbier si dicon belle. 8] Chi vuol esser
libero, non metta il collo sotto il giogo. 8] Chi vuol essere pagato, non
dev'essere ringraziato. 8] Chi vuol guarire deve soffrire. 4] Chi vuol
impetrare, la vergogna ha da levare. 83] Chi vuol lavoro degno assai ferro e
poco legno. 2] Chi vuol pane, meni letame. 84] Chi vuol presto impoverire,
chieda prestito all'usuraio. 8] Chi vuol provar le pene dell'inferno, la stia
in Puglia e all'Aquila d'inverno. 8] Chi vuol saper cos'è l'inferno faccia il
cuoco d'estate e il carrettiere d'inverno. 8] Chi vuol un bel pagliaio lo
pianti di febbraio. 8] Chi vuol vedere Pisa vada a Genova. 85] Chi vuole
arricchire in un anno, è impiccato in sei mesi. 4] Chi vuole assai, non domandi
poco. 86] Chi vuole essere amato, divenga amabile. 9] Chi vuole essere sicuro
della sua farina, deve portare egli stesso il sacco al mulino. 4] Chi vuole i
santi se li preghi. 1] Chi vuole la figlia accarezzi la madre. 4] Chi vuole
vada e chi non vuole mandi. 1] Chiara notte di capodanno, dà slancio a un buon
anno. 8] Chiodo scaccia chiodo. 2] Chiodo schiaccia chiodo. 9] Chitarra e
schioppo fanno andare la casa a galoppo. 8] Ci vuole altro che un'accozzaglia
di gente per fare un esercito. 4] Ci vuole ingegno per governare i pazzi. 4]
Ciascuno è artefice della sua fortuna. 2][27] Ciascuno è artefice della propria
fortuna. 2] Ciascuno porta il suo ingegno al mercato. 4] Cielo a pecorelle
acqua a catinelle. 1] Ciò che è male per uno, è bene per un altro. 4] Ciò che
lo stolto fa in fine, il savio fa in principio. 87] Ciò che non si può cambiare
bisogna saperlo sopportare. 4] Col fuoco non si scherza. 1] Col latino, con un
ronzino e con un fiorino si gira il mondo. 4] Col nulla non si fa nulla. 1] Col
pane tutti i guai sono dolci. 1] Col tempo e con la paglia maturano le
nespole.[28] 2] Col tempo e con la paglia maturano le sorbe e la canaglia. 2]
Colla sola lealtà, non si pagano i merletti della cuffia. 4] Come farai, così
avrai. 4] Come i piedi portano il corpo, così la benevolenza porta l'anima. 4]
Comincia, che Dio provvede al resto. 4] Compar di Puglia, l'un tiene e l'altro
spoglia. 8] Comun servizio ingratitudine rende. 8] Con arte e con ingegno, si
acquista mezzo regno; e con ingegno ed arte, si acquista l'altra parte. 4] Con
gli anni crescono gli affanni. 8] Con i matti non ci son patti. 8] Con
l'inchiostro, una mano può innalzare un furfante ed abbassare un galantuomo. 8]
Con la pazienza la foglia di gelso diventa seta. 88] Con la pietra si prova
l'oro, con l'oro la donna e con la donna l'uomo. 8] Con la più alta libertà,
abita la più bassa servitù. 4] Con le buone maniere si ottiene tutto. 89] Con
un bicchier di vino si fa un amico. 8] Con un occhio si frigge il pesce e con
l'altro si guarda il gatto. 8] Conchiuder lega è facile, difficile il
mantenerla. 4] Confidenza toglie riverenza. 4] Conserva le monete bianche per
le giornate nere. 8] Contadini, scarpe grosse e cervelli fini. 1] Contano più i
fatti che le parole. 90] Contro due donne neanche il diavolo può metterci il
becco. 8] Contro due non la potrebbe Orlando. 91] Contro la forza la ragion non
vale. 1] Contro la nebbia forza no vale. 4] Coricarsi presto, alzarsi presto,
danno salute, ricchezza e sapienza. 8] Corpo satollo anima consolata. 1] Corpo
sazio non crede a digiuno. 1] Cortesia schietta, domanda non aspetta. 92] Corre
un pezzo la lepre, un pezzo il cane; così s'alternano le vicende umane. 8] Cosa
fatta capo ha.[29] 2] Cosa di rado veduta, più cara è tenuta. 8] Cosa rara,
cosa cara. 8] Cucina grassa, magra eredità. 4] Cuor contento gran talento. 93]
Cuor contento il ciel l'aiuta. 94] Cuor contento il ciel lo guarda. 2] Cuor
contento non sente stento. 2] D D'aprile ogni goccia val mille lire. 2]
D'aquila non nasce colomba. 4] Da colpa nasce colpa. 4] Da cosa nasce cosa. 95]
Da falsa lingua, cattiva arringa. 8] Da Lodi, tutti passan volentieri. 8] Da un
disordine nasce un ordine. 8] Dagli amici mi guardi Iddio che dai nemici mi
guardo io. 2] Dàgli, dàgli, le cipolle diventano agli. 96] Riferito alle insidie
che l'amore riserva alle virtù delle fanciulle. Dai giudici siciliani, vacci
coi polli nelle mani. 8] Dall'asino non cercar lana. 4] Dall'opera si conosce
il maestro. 4] Dall'immagine si conosce il pittore. 4] Dalla mano si riconosce
l'artista. 4] Dal canto si conosce l'uccello. 4] Dal passato è facile predire
il futuro. 4] Dalla casa si conosce il padrone. 4] Danaro e santità, metà della
metà. 8] Denari e santità metà della metà. 97] Date a Cesare quel che è di
Cesare.[30] 2] Davanti al cameriere non vi è Eccellenza. 4] Davanti l'abisso e
dietro i denti di un lupo. 4] Debole catena muover può gran peso. 8] Dei vizi è
regina l'avarizia. 98] Del senno di poi son piene le fosse. 1] Delle calende
non me ne curo purché a san Paolo non faccia scuro.[31] 2] Detto senza fatto,
ad ognuno pare un misfatto. 4] Di buone intenzioni è lastricato l'inferno. 99]
Di chi è l'asino, lo pigli per la coda. 4] Di dolore non si muore, ma
d'allegrezza sì. 8] Di maggio si dorme per assaggio.[32] 2] Di malerba non si
fa buon fieno. 4] Di notte si ritirano i galantuomini ed escono i birbanti. 8]
Di quello che non ti interessa, non dire né bene né male. 4] Di tutte le arti
maestro è l'amore. 8] Dice la serpe: non mi toccar che non ti tocco. 8]
Dicembre favaio. 16] Dicono che è mercante anche chi perde, ma questo presto
ridurrassi al verde. 100] Dieci ne pensa il topo e cento il gatto. 101] Dietro
il monte c'è la china. 2] Dietro il riso viene il pianto. 8] Dimmi con chi vai,
e ti dirò che fai. 73] Dimmi con chi vai, e ti dirò chi sei. 102] Dio aiuti il
povero, perché il ricco può aiutar se stesso. 8] Dio dà la piaga e dà anche la
medicina. 4] Dio guarisce e il medico è ringraziato. 4] Dio li fa e poi li
accoppia. 1] Dio manda il freddo secondo i panni. 1] Dio mi guardi da chi studia
un libro solo. 4] Dio misura il vento all'agnello tosato. 4] Dio vede e
provvede. 2] Disse la volpe ai figli: "Quando a tordi, quando a
grilli". 4] Dolore comunicato è subito scemato. 4] Domandando si va a
Roma. 2] Domandare è lecito, rispondere è cortesia. 2] Donna al volante,
pericolo costante. 103] Donna adorna, tardi esce e tardi torna. 8] Donna
baffuta sempre piaciuta. 2] Donna barbuta, sempre piaciuta. 103] Donna barbuta
coi sassi si saluta. 2] Donna bianca, poco gli manca. 8] Donna rossa coscia
grossa. 8] Donna che canti dolcemente in scena, pei giovani inesperti è una
sirena. 8] Donna che dona, di rado è buona. 8] Donna che piange, ovver che
dolce canti, son due diversi, ambo possenti incanti. 8] Donna che sa il latino
è rara cosa, ma guardati dal prenderla in isposa. 8] Donna e fuoco, toccali
poco. 8] Donne e motori gioie e dolori. 104] Donna e vino ubriaca il grande e
il piccolino. 8] Donna giovane e uomo anziano possono riempire la casa di
figli. 8] Donna io conosco, ch'è una santa a messa e che in casa è un'orribil
diavolessa. 8] Donna nana tutta tana. 2] Donna nobil per natura è un tesor
cheonna savia e bella è preziosa ancsempre dura. 8] Donna pelosa, donna
virtuosa. 2] Donna pregata nega, trascurata prega. 8] Donna prudente, gioia
eccellente. 8] Dhe in gonnella. 8] Donna si lagna, donna si duole, donna
s'ammala quando lo vuole. 8] Donne e sardine, son buone piccoline. 8] Donne,
danno, fanno gli uomini e li disfanno. 8] Dopo desinare non camminare; dopo
cena, con dolce lena. 4] Dopo e poi son parenti del mai. 2] Dopo il dolce vien
l'amaro. 8] Dopo il fatto il consiglio non vale. 4] Dopo il fatto viene troppo
tardi il pentimento. 4] Dopo il giorno vien la notte. 8] Dopo la grazia di Dio,
la miglior cosa è la libertà. 8] Dopo la tempesta, il sole. 8] Dopo le fosche
nuvole il sol splende più fulgido. 8] Dopo vendemmia, imbuto. 105] Non bisogna
lasciarsi sfuggire le occasioni favorevoli, chi ha tempo non aspetti tempo.
Dove c'è l'amore, la gamba trascina il piede. 8] Dove è castigo è disciplina,
dove è pace è gioia. 4] Dove entra la fortuna, esce l'umiltà. 8] Dove l'accidia
attecchisce ogni cosa deperisce. 4] Dove la fedeltà mette le radici, Dio fa
crescere un albero. 4] Dove non c'è amore, non c'è umanità. 8] Dove non c'è
fieno, i cavalli mangiano paglia. 8] Dove non c'è ordine, c'è disordine. 8]
Dove non si crede né all'inferno né al paradiso, il diavolo intasca tutte le
entrate. 8] Dove non vi è educazione, non vi è onore. 4] Dove non vi sono
capelli, male si pettina. 4] Dove può il vino non può il silenzio. 8] Dove
regna Bacco e Amore, Minerva non si lascia vedere. 4] Dove regna il vino, non
regna il silenzio. 8] Dove son carogne son corvi. 8] Dove sono i pulcini, ivi è
l'occhio della chioccia. 8] Dove vola il cuore, striscia la ragione. 8] Due
cani che un solo osso hanno, difficilmente in pace stanno. 4] Due noci in un
sacco e due donne in casa fanno un bel fracasso. 8] Due polente insieme non
furon mai viste. 8] Dura più un carro rotto che uno nuovo. 4] Duro con duro non
fa buon muro. 106] E È cattivo sparviero quel che non torna al richiamo. 8] È
difficile far diventare bianco un moro. 4] È difficile guardarsi dai ladri di
casa. 4] È difficile piegare un albero vecchio. 4] È difficile zoppicare bene
davanti allo sciancato. 8] È facile lamentarsi quando c'è chi ascolta. 8] È
impossibile come cavalcare un raggio di sole. 4] È impossibile volare senza
ali. 4] È inutile piangere sul latte versato. 98] [truismo] È l'acqua che fa
l'orto. 98] L'acqua fa l'orto. 98] È la donna che fa l'uomo. 57] È lieve astuzia
ingannar gelosia, che tutto crede quando è in frenesia. 4] È meglio avere la
cura di un sacco di pulci che una donna. 4] È meglio contentarsi che
lamentarsi. 8] È meglio correggere i propri difetti, che riprendere quelli
degli altri. 4] È meglio esser digiuno fuori, che satollo in prigione. 8] È
meglio essere testa d'anguilla che coda di storione. 8] È meglio essere uccel
di bosco, che uccel di gabbia. 8] È meglio essere umile a cavallo, che
orgoglioso a piedi. 8] È meglio gelare nella nuda cameretta della verità, che
crogiolarsi nella pelliccia della menzogna. 4] È meglio mangiarsi l'eredità,
che conservarla per il convento. 4] È meglio meritar la lode che ottenerla. 4]
È meglio sentir cantare l'usignolo, che rodere il topo. 8] È meglio testa di
lucertola che coda di drago. 8] È meglio un esercito di cervi sotto il comando
di un leone, che un esercito di leoni sotto il comando di un cervo. 4] È meglio
un leone che mille mosche. 8] È più facile biasimare, che migliorare. 4] È più
facile lagnarsi, che rimuovere gl'impedimenti. 8] È più facile prevenire una
malattia che guarirla. 8] È più facile trovar dolce l'assenzio, che in mezzo a
poche donne il silenzio. 8] È un bel predicare il digiuno a corpo pieno. 4] È
una bella risposta quella che si attaglia ad ogni domanda. 8] Ebrei e
rigattieri, spendono poco e gabbano volentieri. 4] Ecco il rimedio per
l'ipocondria: mangiare e bere in buona compagnia. 8] Errare è umano,
perseverare è diabolico. 107] Errare è umano, perseverare diabolico. 2]
Sbagliare è umano, perseverare è diabolico. 108] Errore non è inganno. 4]
Errore non paga debito. 4] Errore riconosciuto conduce alla verità. 4] Esser
dotto poco vale, quando gli altri non lo sanno. 8] Èssere più torbo che non è
l'acqua dei maccheroni. 8] F Fa quel che il prete dice, non quel che il prete
fa. 1] Fa quello che fanno gli altri, e nessuno si farà beffe di te. 4] Faccia
bella, anima bella. 4] Facile è criticare, difficile è l'arte.[33] 109] Fare
debiti non è vergogna, ma pagarli è questione d'onore. 4] Fare e disfare, è
tutto un lavorare. 110] Fare l'amore fa bene all'amore. 111] Fate del bene al
villano, dirà che gli fate del male. 8] Fatta la legge trovato l'inganno.[34]
1] Fatti asino e tutti ti metteranno la soma. 4] Fatti di miele e ti
mangieranno le mosche. 4] Fatti le ali e poi vola. 4] Febbraio, febbraietto
mese corto e maledetto.[35] 2] Felice non è, chi d'esserlo non sa. 64] Femmine
e galline, se giran troppo si perdono. 8] Ferita d'amore non uccide. 8] Finché
c'è vita c'è speranza. 1] Fino alla morte non si sa qual è la sorte. 8] Fidarsi
è bene, non fidarsi è meglio. 1] Fidati dell'arte, ma non dell'artigiano. 4]
Fino alla bara sempre s'impara. 112] Fortezza che parlamenta, è prossima ad
arrendersi. 4] Fortuna cieca, i suoi acceca. 4] Fortuna instupidisce colui
ch'ella favorisce. 4] Fortunato al gioco, sfortunato in amore. 4] Fra Modesto
non fu mai priore. 8] Fra sepolto tesoro e occulta scienza, non vi conosco
alcuna differenza. 8] Fra un usuraio e un assassino poco ci corre. 8] Frutto
precoce facilmente si guasta. Fuggire l'acqua sotto la grondaia. 4] Funghi e
poeti: per uno buono dieci cattivi. 8] G Gallina che non razzola ha già
razzolato. 113] Gallina vecchia fa buon brodo. 114] Gallo senza cresta è un
cappone, uomo senza barba è un minchione. Gatta inguantata non prese mai topo.
8] Gattini sventati, fanno gatti posati. 115] Gatto e donna in casa, cane e
uomo fuori. 38] Gatto rinchiuso diventa leone. 8] Gatto scottato dall'acqua
calda, ha paura della fredda. 4] Gelosia non mette ruga. Gioco di mano gioco di villano. 1] Gioia e
sciagura sempre non dura. 8] Giovani di buon cuore, indoli buone, crescono
cattivi per poca educazione. 4] Giugno la falce in pugno.[36] 2] Gli abiti e
gli uomini presto invecchiano. Gli abiti e i costumi sono mutabili. 4] Gli
abiti sono freddi, ma ricevono il calore da chi li porta. 4] Gli amori nuovi
fanno dimenticare i vecchi. 4] Gli eredi dell'avaro sono onnipotenti, perché
possono risuscitare i morti. 4] Gli eretici rubano la parola di Dio. 4] Gli
errori degli altri sono i nostri migliori maestri. 4] Gli errori non si
conoscono finché non siano commessi. 4] Gli errori si pagano. 8] Gli estremi si
toccano. 4] Gli idoli separano papa e imperatore. 4] Gli occhi s'hanno a
toccare con le gomita. 91] Gli stolti fanno le feste e gli accorti se le
godono. 116] Gli uccelli dalle stesse piume devono stare nello stesso nido. 8]
Gli uomini onesti non temono né la luce, né il buio. 8] Gobba a ponente luna
crescente, gobba a levante luna calante. 2] Gola degli adulatori, sepolcro
aperto. 117] Gotta inossota, mai fi sanata. 118] Gran giustizia, grande offesa.
4] Grande amore, gran dolore. 8] Greco in mare, Greco in tavola, Greco non aver
a far seco. 74] Gru e donne fan volentieri il nido in alto. 8] Guardalo,
figlia, guardalo tutto, l'uomo senza denari com'è brutto. 4] Guardare e non
toccare è una cosa da imparare. 2] Guardati da chi accende il fuoco e grida poi
contro le fiamme. 4] Guardati da cane rabbioso e da uomo sospettoso. 8]
Guardati da chi giura in coscienza. 8] Guardati da chi non ha cura della sua
reputazione. 8] Guardati da chi ride e guarda da un'altra parte. 8] Guardati da
tre cose: da cavallo focoso, da uomo infido e da donna svergognata. 8] Guardati
da tutte quelle cose che possono nuocere all'anima e al corpo. 8] Guardati dai
fanciulli che ascoltano: anche i piccoli vasi hanno orecchie. 8] Guardati dai
matti, dagli ubriachi, dagli ipocriti e dai minchioni. 8] Guardati dai tumulti,
e non sarai né testimonio né parte. 8] Guardati dal diffamare, perché le prove
sono difficili. 8] Guardati dal vecchio turco e dal giovane serbo. 119]
Guardati dall'ipocrisia, perché è una cattiva malattia. 8] Guardati dalla
primavera di gennaio. 8] Guardati in tua vita di non dare a niun smentita. 8]
Guerra, peste e carestia, vanno sempre in compagnia. 120] H Ha cento volte un
uomo flemma e giudizio, alla centuna corre al precipizio. 65] Ha bel mentir chi
vien da lontano. 76] Ha la giustizia in mano bilancia e spada, perché il giusto
s'innalza e l'empio cada. 4] Ha più il ricco in un angolo, che il povero in tutta
la casa. 8] Ha un buon sapore l'odore del guadagno. 4] Ha un coraggio da leone,
quello che non fa violenza ai deboli. 8] Ho veduto assai volte un piccol male
non rispettato, divenir mortale. 65] I I baci sono come le ciliegie: uno tira
l'altro. 2] I cani abbaiano come sono nutriti. 4] I capponi sono buoni in tutte
le stagioni. 8] I cattivi esempi si imitano facilmente, meno i buoni. 4] I
debiti sono gli eredi più prossimi. 4] I denari del lotto se ne van di galoppo.
8] I denari servono al povero di beneficio, ed all'avaro di gran supplizio. 4]
I desideri non riempiono il sacco. 4] I docili non hanno bisogno della verga.
8] I doni dei nemici sono pericolosi. 4] I fanciulli diventano uomini e le
ragazze spose. 4] I fanciulli e gli ubriachi cadono nelle mani di Dio. 4] I
figli dei gatti mangiano i topi. 8] I figli sono la ricchezza dei poveri. 18] I
figli sono pezzi di cuore. 2] I fiori tanto profumano per i poveri come per i
ricchi. 8] I frati non s'inchinano all'abate, ma al mazzo delle sue chiavi. 4]
I gamberi son buoni nei mesi della erre. 8] I gatti e i veri uomini cadono
sempre in piedi. 121] I genii si incontrano. 4] I genitori amano i figli, più
che i figli i genitori. 4] I genovesi risparmiano anche sui numeri: li usano
due volte.[37] 122] I giovani vogliono essere più accorti dei vecchi. 4] I
giuramenti degli innamorati sono come quelli dei marinai. 4] I granchi son
pieni quando la luna è tonda. 8] I guai della pentola li sa il mestolo che li
rimescola. 8] I ladri grandi fanno impiccare i piccoli. 4] I loquaci e i
vantatori son mal veduti da tutti. 8] I matti ed i fanciulli hanno un angelo
dalla loro. 8] I matti fanno le feste ed i savi le godono. 4] I medici vogliono
essere vecchi, i farmacisti ricchi ed i barbieri giovani. 4] "I miei
datteri sono più dolci", dice il vischio che cresce sulla palma. 8]
[wellerismo] I panni sporchi si lavano in casa. 123] I paperi vogliono portare
a bere le oche. 4] I parenti sono come le scarpe: più sono stretti, più fanno
male. 2] I pazzi crescono senza innaffiarli. 8] I pazzi e i fanciulli possono
dire quello che vogliono. 8] I pazzi per lettera sono i maggiori pazzi. 124] I
pazzi si conoscono dai gesti. 8] I peccati di gioventù si piangono in
vecchiaia. 8] I poeti nascono, e gli oratori si formano. 8] I poveri cercano il
mangiare per lo stomaco; e i ricchi lo stomaco per mangiare. 8] I poveri hanno
la salute e i ricchi le medicine. 8] I pulci di vendemmia li tiene l'uomo e non
le femmine. 125] I ricchi devono consolare i poveri. 8] I rimproveri del padre
fanno più che le legnate della madre. 8] I soldi non fanno la felicità. 2] I
veri amici sono come le mosche bianche. 4] Il bel tempo non viene mai a noia.
9] Il ben di un anno se ne va in una bestemmia. 4] Il ben fare non è mai tardo.
4] Il bisognino fa trottar la vecchia. 2] Il bue dice cornuto all'asino. 126]
Il bue mangia il fieno perché si ricorda che è stato erba. 2] Il buon ordine è
figlio del disordine. 8] Il buon nocchiero muta vela, ma non tramontana. 8] Il
caffè deve essere caldo come l'inferno, nero come il diavolo, puro come un
angelo e dolce come l'amore.[38] 127] Il caldo delle lenzuola non fa bollire la
pentola. 128] Il cane che ho nutrito è quel che mi morde. 8] Il cane è il
miglior amico dell'uomo. 2] Il cane pauroso abbaia più forte. 4] Il cane rode l'osso
perché non può inghiottirlo. 4] Il coccodrillo mangia l'uomo e poi lo piange.
8] Il colombo che rimane in colombaia è al sicuro dal falco. 8] Il colore più
caro agli ebrei è il giallo. 4] Il coraggio copre l'eroe meglio che lo scudo il
codardo. 8] Il corpo e l'anima ridono a chi si alza di buon mattino. 8] Il
corvo piange la pecora e poi la mangia. 117] Il cuor cattivo rende
ingratitudine per beneficio. 8] Il cuor magnanimo si piglia con poco amore, e
il cuore dello stolto con poca adulazione. 8] Il cuore ha le sue ragioni e non
intende ragione.[39] 129] Il dare è onore, il chiedere è dolore. 8] Il delitto
non si deve tollerare, ma anche meno si deve approvare. 4] Il denaro è il nervo
della guerra. 4] Il denaro può molto, ma l'amore può tutto. 4] Il diavolo ben
si lascia pigliare per la coda, ma non se la lascia strappare. 4] Il diavolo fa
le pentole ma non i coperchi. 1] Il diavolo non è così brutto come lo si
dipinge. 130] Il diavolo vuol farsi cappuccino. 2] Il diavolo vuol farsi santo.
2] Il domandare è senno, il rispondere è obbligo. 8] Il dono del cattivo è
simile al suo padrone. 56] Il dubbio è padre del sapere. 4] Il fare insegna a
fare. 4] Il fatto non si può disfare. 4] Il ferro di cavallo che risuona, ha
bisogno di un chiodo. 8] Il ferro è duro, ma il fuoco lo rende morbido. 4] Il
figlio al padre s'assomiglia, alla madre la figlia. 4] Il filo sottile
facilmente si strappa. 4] Il fuoco che non mi scalda, non voglio che mi scotti.
4] Il fuoco che non mi brucia, non lo spengo. 4] Il gatto ama i pesci, ma non
vuole bagnarsi le zampe. 131] Il gatto brontola sempre, anche quando gode. 8]
Il gatto che si è bruciato, ha paura anche dell'acqua fredda. 121] Il gatto è
una tigre domestica. 8] Il gatto lecca oggi, domani graffia. 132] Il gatto non
è gatto se non è ladro. 133] Il gatto non ti accarezza, si accarezza vicino a
te. 134] Il generoso non ha mai abbastanza denaro. 4] Il gentiluomo chiede solo
il miele, ma la gentildonna vuol anche la cera. 8] Il gioco è bello quando dura
poco. 2] Il gioco, il lotto, la donna e il fuoco non si contentan mai di poco.
8] Il giudizio è opera di Dio. 4] Il grano rado non fa vergogna all'aia. 135]
Il Greco dice la verità solo una volta all'anno. 4] Il lamentarsi non riempie
camera vuota. 8] Il lavorare senza pregare, è una botte senza vino, e oro senza
splendore. 4] Il lavoro nobilita l'uomo. 136] Il letto si chiama rosa, se non
si dorme si riposa. 137] Il lotto è la tassa degli imbecilli. 8] Il lotto è un
inganno continuo. 8] Il lupo non caca agnelli. 2] Il lupo perde il pelo ma non
il vizio.[40] 1] Il lupo quando acciuffa una pecora, ne guarda già un'altra. 4]
Il magnanimo è superiore all'ingiuria, all'ingiustizia, al dolore. 8] Il
magnanimo non ricorre all'astuzia. 8] Il male che non ha riparo è bene tenerlo
nascosto. 4] Il male peggiore dei mali è il timore. 8] Il male viene in grandi
quantità, e se ne va via a poco a poco. 4] Il matrimonio è la tomba dell'amore.
2] Il mattino ha l'oro in bocca. 138] Le ore del mattino hanno l'oro in bocca.
139] Il medico pietoso fa la piaga puzzolente. 140] Il medico pietoso fa la
piaga verminosa. 140] Il meglio è nemico del bene. 1] Il merlo ingrassa in
gabbia, il leone muore di rabbia. 8] Il miele non è fatto per gli asini. 4] Il
miglior tiro ai dadi è non giocarli. 4] Il molto ringraziare significa chieder
dell'altro. 8] Il mondo ricompensa come il caprone che dà cornate al suo
padrone. 8] Il mulino di Dio macina piano ma sottile. 141] Il nano è piccolo
anche se è sul campanile. 8] Il passato deve essere maestro dell'oggi. 4] Il
passato non deve prendere a prestito dall'oggi. 4] Il peggior passo è quello
dell'uscio. 2] Il pesce puzza dalla testa. 1] Il Piemonte è la sepoltura dei
francesi. 8] Il poeta ben trova le palme, ma non i datteri. 8] Il politico
bacia con la bocca, e tira calci con i piedi. 8] Il Portogallo[41] è piccolo,
ma è un pezzo di zucchero. 8] Il povero non può e il ricco non vuole. 8] Il
prete, dove mangia, vi canta. 142] Il prete vien cantando e va via zufolando.
143] Il prete vive ancor un anno dopo morte. 142] I suoi familiari continuano
ad incassar per un anno i suoi redditi.[42] Il primo amore non si arrugginisce.
8] Il primo amore non si scorda mai. 8] Il primo anno ci si abbraccia, il
secondo si fascia, il terzo anno si ha la malattia e la cattiva Pasqua. 4] Il puledro
non va all'ambio, se la cavalla trotta. 144] Il ramo assomiglia al tronco. 4]
Il ricco ha tanto bisogno del povero, quanto il povero del ricco. 8] Il ricco
vive, il povero vivacchia. 8] Il ringraziare non fa male alla bocca. 8] Il
ringraziare non paga debito. 8] Il riso abbonda sulla bocca degli stolti. 2] Il
riso abbonda sulla bocca degli sciocchi. 145] Il riso nasce nell'acqua ma deve
morire nel vino. 8] Il sapere è di tutti. 2] Il «se» e il «ma» sono due
corbellerie da Adamo in qua. 4] Il silenzio è d'oro e la parola d'argento. 1]
Il sospirar non vale. 8] Il superfluo del ricco è il necessario del povero. 8]
Il tatto è tattica. 8] Il tatto è tutto. 8] Il tempo è denaro. 146] Il tempo è
un gran medico. 147] Il tempo scopre tutto, perché è galantuomo. 147] Il tempo
vola. 147] Il termine della notte è l'inizio del giorno. 8] Il timore fa
trottare anche lo zoppo. 8] Il troppo gestire è da pazzi. 8] Il troppo tirare,
l'arco fa spezzare. 4] Il turco ben può divenir un dotto, ma un uomo giammai.
119] Il ventre non ha orecchie. 2] Il vero infermo è quello che non vuol esser
guarito. 8] Il vino al sapore, il pane al colore. 8] Il vino è buono per chi lo
sa bere. 8] Il vino è forte ma il sonno lo vince, ma più forte d'ogni cosa è la
donna. 8] Il vino è il latte dei vecchi. 8] Il vino è mezzo vitto. 8] Il vino
fa ballare i vecchi. 8] Il vino la mattina è piombo, a mezzodì argento, la sera
oro. 8] Impara a vivere lo sciocco a sue spese, il savio a quelle altrui. 4]
Impara l'arte e mettila da parte. 1] In amore e in guerra niente regole. 8] In
bocca chiusa non entran mosche. 2] In Campania si inganna persino il diavolo.
8] In casa del calzolaio non si hanno scarpe. 4] In cento libbre di legge, non
v'è un'oncia di amore. 148] In chiesa coi santi e in taverna coi ghiottoni. 1]
In compagnia prese moglie un frate. 1] In febbraio la beccaccia fa il nido. 8]
In Lazio si nasce coi sassi in mano. 8] In lunghi viaggi anche la paglia pesa.
8] In paradiso non ci si va in carrozza. 141] In Sardegna non vi son serpenti,
né in Piemonte bestemmie. 8] In tanta incostanza e quantità delle cose umane,
nulla, se non quello che è passato, è sicuro. 4] In terra di ciechi, beato chi
ha un occhio. 36] In terra di ladri, la valigia dinanzi. 8] In vaso mal lavato,
il vino è tosto guastato. 8] Ingegno e capelli, crescono soltanto con gli anni.
4] Insieme non vanno la pudicizia e la beltà. 4] Inventare è poco, diffondere
l'invenzione è tutto. 4] L L'abbaiare dei cani non arriva in cielo. 4]
L'abbondanza non lascia dormire il ricco. 4] L'abete che fa ombra crede di fare
frutti. 4] L'abete cresce in altezza, ma la felce cresce in larghezza. 4]
L'abito non fa il monaco.[43] 2] L'abuso insegna il vero uso. 4] L'acqua cheta
rovina i ponti. 2] L'acqua corre al mare. 149] L'acqua e il fuoco sono buoni servitori,
ma cattivi padroni. 4] L'acqua fa male e il vino fa cantare. 8] L'acqua fa
marcire i pali. 5] L'acqua fa venire i ranocchi in corpo. 150] L'acqua di
maggio inganna il villano: par che non piova e si bagna il gabbano[44]. 2]
L'acqua non è fatta per sposarsi. 9] L'allegria dei cattivi dura poco. 8]
L'allegria è di ogni male il rimedio universale. 4] L'allegria è il balsamo
della vita. 8] L'allegria fa campare, la passione fa crepare. 8] L'allegria
piace anche a Dio. 8] L'allegria scaccia ogni male. 8] L'allodola vola in alto,
ma fa il suo nido in terra. 8] L'altezza è mezza bellezza.[45] 2] L'ambizione e
la vendetta muoiono sempre di fame. 4] L'ambizione è nemica della ragione. 4]
L'amore di carnevale muore in quaresima. 8] L'amore è cieco. 2] L'amore è
cieco, ma vede lontano. 8] L'amore fa passare il tempo e il tempo fa passare
l'amore. 8] L'amore non è bello se non è litigarello. 103] L'amore non si
misura a metri. 8] L'amore passa dentro la cruna di un ago. 8] L'amore quanto
più è bestia, tanto più sublime. 32] L'amore scalda il cuore e l'ira fa il
poeta. 8] L'amore senza baci è pane senza sale. 8] L'animo fa il nobile e non
il sangue. 8] L'anno produce il raccolto, non il campo. 4] L'apparenza inganna.
1] L'appetito non vuol salsa. 151] L'appetito vien mangiando. 1] L'arancia la
mattina è oro, il giorno argento, la sera è piombo. 2] Con riferimento a chi fa
fatica a digerire le arance. L'arcobaleno la mattina bagna il becco della
gallina; l'arcobaleno la sera buon tempo mena. 1] L'arte non ha maggior nemico
dell'ignorante. 4] L'asino e il mulattiere non hanno lo stesso pensiero. 4]
L'asino non conosce la coda, se non quando non l'ha più. 4] L'assai basta e il
troppo guasta. 1] L'avaro in punto di morte rimpiange i soldi spesi per la
bara. 8] L'avaro lascia eredi ridenti. 4] L'avaro non dorme. 4] L'avaro non
vive, vegeta. 4] L'avversità che fiacca i cuori deboli, ingagliardisce le anime
forti. 8] L'eccesso degli obblighi può fare perdere un amico. 4] L'eccesso
della gioia divien tristezza, e l'eccesso del vino ubriachezza. 8] L'eccezione
conferma la regola.[46] 1] L'eclissi di sole avviene di giorno e non di notte.
4] L'edera taciturna si arrampica in cima alla quercia. 4] L'elefante non cura
il morso delle pulci. 8] L'elemosina non fa impoverire. 4] L'eloquenza del
cattivo è falso acume. 8] L'Epifania tutte le feste porta via.[47] 1] L'erba
del vicino è sempre più verde.[48] 152] L'erba voglio non cresce nemmeno nel
giardino del re. 2] L'erba che non voglio, cresce nell'orto. 4] L'erba non
cresce sulla strada maestra. 4] L'eredità paterna ai paterni, la materna ai
materni. 4] L'errore che si confessa è mezzo rimediato. 4] L'errore è un
cocchiere che conduce sopra una falsa strada. 4] L'errore è umano, il perdono
divino. 153] L'esercizio è buon maestro. 4] L'esperienza nel mondo conduce alla
diffidenza, la diffidenza conduce al sospetto, il sospetto all'astuzia,
l'astuzia alla malvagità e la malvagità a tutto. L'esperienza senza il sapere è
meglio che il sapere senza sapienza. 70] L'estate ce la porta sant'Urbano e
l'autunno san Bartolomeo. 4] L'estate davanti e l'inverno dietro. 4] L'estate
di San Martino dura tre giorni e un pochinino.[49] 2] L'estate per chi lavora,
l'inverno per chi dorme. 4] L'estate è una schiava, l'inverno un padrone. 4]
L'estate per il povero è migliore dell'inverno. 4] L'eternità è una compera
lunga. 4] L'eternità non ha capelli grigi. 4] L'eterno parlatore né ode né
impara. 4] L'idolo si adora finché non è infranto. 4] L'ignorante ha le ali di
un'aquila e gli occhi di un gufo. 4] L'inchiostro è il mio campo, su cui posso
scrivere valorosamente; la penna, il mio aratro; le parole, la mia semente. 8]
L'inchiostro è nero, e tinge le dita e la reputazione. 8] L'inferno e i
tribunali son sempre aperti. 4] L'ingegno viene con gli anni, e se ne va con
gli anni. 4] L'ingratitudine converte in ghiaccio il caldo sangue. 8]
L'ingratitudine è la mano sinistra dell'egoismo. 8] L'ingratitudine è un'amara
radice da cui crescono amari frutti. 8] L'ingratitudine nuoce anche a chi non è
reo. 8] L'ingratitudine taglia i nervi al beneficio. 8] L'intelletto è nella
testa e non negli anni. 4] L'intelletto non viene mai prima degli anni. 4]
L'interesse acceca anche i galantuomini. 8] L'inverno al fuoco e l'estate
all'ombra. 4] L'invidia è annessa alla felicità. 4] L'invidia è un gufo che non
può sopportare la luce della prosperità degli altri. 4] L'invidia è una bestia
che rode le proprie gambe, quando non ha altro da rodere. 4] L'invidia somiglia
alla gramigna, che mai non muore, e da per tutto alligna. 4] L'ipocrisia
intasca il denaro, e la verità va mendica. 4] L'ira senza forza, non vale una
scorza. 4] L'ira turba la mente e acceca la ragione. 4] L'Italia è il paese
dove corre latte e miele. 4] L'Italia è un paradiso abitato da demoni. 4]
L'Italia per nascervi, la Francia per viverci e la Spagna per morirvi. 4]
L'occasione fa l'uomo ladro. 1] L'occhio del padrone ingrassa il cavallo. 1]
L'oggi non deve calunniare il passato. 4] L'olivo benedetto vuol trovar pulito
e netto.L'ombra di un principe dev'essere la liberalità. 4] L'ordine caccia il
disordine. 8] L'ordine è pane, il disordine è fame. 8] L'orgoglio crede che il
suo uovo abbia due tuorli. 8] L'orgoglio è stoltezza, l'umiltà è saviezza. 8]
L'orgoglio fa colazione con l'abbondanza, pranza con la povertà e cena con la
vergogna. 154] L'orologio dell'amore ritarda sempre. 8] L'ospite è come il
pesce: dopo tre giorni puzza. 2] L'ospite e il pesce dopo tre dì rincresce. 1]
L'ozio è il padre di tutti i vizi. 1] L'ozio in gioventù non è la via della
virtù. 4] L'uguaglianza e misurar tutti con la stessa spanna, è la legge della
morte. 8] L'umiliarsi è da saggio, l'avvilirsi è da bestia. 8] L'umiliazione va
dietro al superbo. 8] L'umiltà è il miglior modo di evitare l'umiliazione. 8]
L'umiltà è la corona di tutte le virtù. 8] L'umiltà è la madre dell'onore. 8]
L'umiltà è una virtù che adorna tanto la vecchiaia, quanto la gioventù. 8]
L'umiltà ottiene spesso più dell'alterigia. 8] L'umiltà sta bene a tutti. 8]
L'umiltà sta bene con la castità. 8] L'unione fa la forza. 1] L'uomo avaro e
l'occhio sono insaziabili. 4] L'uomo deve tenere aperta la bocca a lungo prima
che c'entri un colombo arrostito. 4] L'uomo fu creato per lavorare, come
l'uccello per volare. 4] L'uomo ordisce e la fortuna tesse. 1] L'uomo politico
accende una candela a Dio e un'altra al diavolo. 8] L'uomo per la parola e il
bue per le corna. 1] L'uomo propone e Dio dispone. 1] L'uomo propone e la donna
dispone. 2] L'uomo si conosce al bicchiere. 4] L'uomo si giudica male
dall'aspetto. 4] L'usura arricchisce, ma non dura. 8] L'usura è il miglior
apostolo del diavolo. 8] L'usura è la figlia primogenita dell'avarizia. 8]
L'usura è un assassinio. 8] L'usura è vietata da Dio. 8] L'usura veglia quando
l'uomo dorme. 8] L'usuraio arricchisce col sudor dei poveri. 8] L'usuraio ha un
torchio a sangue. 8] L'usuraio ingrassa andando a spasso. 8] La bestemmia gira
gira torna addosso a chi la tira. 4] La buona cantina fa il buon vino. 8] La
buona mamma fa la buona figlia. 4] La buona sorte ogni vile cuore fa forte. 8]
La calma è la virtù dei forti. 2] La capacità si vede nelle difficoltà. 4] La
carestia è il pane dell'usuraio. 4] La carne migliore è quella intorno
all'osso. 4] La carne senz'osso non fa brodo. 4] La carrucola non frulla, se
non è unta. 4] La cattiva sorte porta spesso buona sorte. 8] La cicala prima
canta e poi muore. 8] La coda è la più lunga da scorticare. 1] La comodità fa
l'uomo cattivo. 8] La compassione è la figlia dell'amore. 4] La concordia rende
forti i deboli. 8] La contentezza viene dalle budella. 1] La corda troppo tesa
si spezza. 1] La cupidigia rompe il sacco. 4] La dieta ogni mal quieta. 155] La
difficoltà sta nell'iniziare. 4] La diffidenza aguzza gli occhi. La diffidenza
è la morte dell'amore. 4] La diffidenza porta più avanti della fiducia. 4] La
donna a 15 anni scherza, a 20 brilla, a 25 ama, a 30 brama, a 35 sente, a 40
vuole e a 50 paga. 8] La donna bisogna praticarla un giorno, un mese e
un'estate per sapere che odore sa. 8] La donna buona vale una corona. 8] La
donna deve avere tre m: matrona in strada, modesta in chiesa, massaia in casa.
8] La donna e l'orto vogliono un sol padrone. 8] La donna ha più capricci che
ricci. 8] La donna oziosa non può essere virtuosa. 8] La donna per piccola che
sia, vince il diavolo in furberia. 8] La donna più sciocca vale due uomini. 8]
La donna troppo in vista, è di facile conquista. 8] La fame caccia il lupo dal
bosco. 1] La fame caccia il lupo dalla tana. 4] La fame spinge il lupo nel
villaggio. 4] La fame condisce tutte le vivande. 4] La fame non vede la muffa
nel pane. 4] La fame è cattiva consigliera. 1] La fame, gran maestra, anche le
bestie addestra. 4] La fame muta le fave in mandorle. 4] La farina del diavolo
va tutta in crusca. 1] La fedeltà non è mai rimeritata abbastanza, e
l'infedeltà mai abbastanza. 4] La femmina è cosa mobile per natura. 4] La fine
della passione è il principio del pentimento. 129] La fortuna aiuta gli audaci.
2] La fortuna del savio ha per figliola la modestia. 8] La fortuna è cieca. 2] La
fortuna è cieca, ma la sfiga ci vede benissimo. 108] La fretta fa rompere la
pentola. 8] La fretta è una cattiva consigliera. 108] La furia non fu mai
buona. 4] La gallina del vicino sembra un fagiano. 152] La gatta frettolosa
fece i gattini ciechi. 1] La gatta grassa fa onore alla casa. 121] La gatta,
mette il piede davanti alla vacca. 156] La gatta non s'accosta alla pentola che
bolle. 38] La gatta vorrebbe mangiar pesci, ma non pescare. 157] La gelosia
della moglie è la via al suo divorzio. 4] La gelosia è il peggiore di tutti i
mali. 4] La gelosia è una passione che cerca avidamente quel che tormenta. 4]
La generosità è un muro che non si può alzare più alto di quello che arrivano i
materiali.La gente ricca alleva male i suoi cani, e la gente povera i suoi
figlioli. La gente savia non si cura di quel che non può avere. 87] La gioventù
fugge, e la bellezza sfiorisce. 4] La gioventù vuol fare il suo corso. 4] La
lealtà se ne è andata dal mondo e la dirittura si è messa a dormire. 4] La lega
fa forte i deboli. 4] La liberalità è un muro che non si deve rizzare più alto
di quello che comportino i materiali. 4] La liberalità non sta nel dare molto,
ma saggiamente. 4] La libertà del povero è di lasciarlo mendicare. 4] La
libertà è da Dio; le libertà, dal diavolo. 4] La libertà è più cara degli occhi
e della vita. 4] La libertà fila con le sue mani il filo della sua tenda. 4] La
lingua batte dove il dente duole. 1] La lingua non ha osso e sa rompere il
dosso. 4] La lingua spagnola è la più amabile; quando il diavolo tentò Eva, le
parlo in spagnolo. 8] La lode propria puzza, quella degli amici zoppica. 4] La
luna di gennaio è la luna del vino. 2] La luna è bugiarda: quando fa la C
diminuisce, e quando fa la D cresce 158] La luna non cura l'abbaiar dei cani.
2] La luna regge il lume ai ladri. 158] La luna, se non riscalda, illumina.
158] La Lombardia è il giardino del mondo. 8] La madre del peggio è sempre
incinta. 159] La madre degli imbecilli è sempre incinta. 160] La madre dei
fessi è sempre incinta. 160] La magnificenza spesso copre la povertà. 4] La
mala erba non muore mai. 1] La mala nuova la porta il vento. 1] La malerba
cresce presto. 2] La malinconia e le cure fanno invecchiare anzitempo. 4] La
mercanzia rara è meglio che buona. 8] La miglior difesa è l'attacco. 1] La
minestra lunga sa di fumo. 8] La modestia è il dattero che matura raramente
sull'albero della ricchezza. 8] La modestia è madre d'ogni creanza. 8] La
moglie è la chiave di casa. 8] La morte ci rende uguali nella sepoltura,
disuguali nell'eternità. 8] La necessità aguzza l'ingegno. 2] La necessità fa
più ladri che galantuomini. 8] La notte è fatta per gli allocchi. 8] La notte
porta consiglio. 1] La novella non è bella, se non c'è la giuntarella. 8] La
pancia del buongustaio è il cimitero dei cibi buoni. 8] La parola del ricco è
simile al sole, e quella del povero è simile al vapore. 8] La pazienza è la
virtù dei forti. 9] La pazienza è una buon'erba, ma non nasce in tutti gli
orti. 88] La pecora che se ne va sola, il lupo la mangia. 91] La peggio ruota è
quella che stride. 8] La peggior carne da conoscere è quella dell'uomo. 4] La
penitenza corre dietro al peccato. 8] La pentola vuota è quella che suona. 8]
La pianta si conosce dal frutto. 1] La pigrizia e l'impudicizia sono sorelle.
8] La pittura è una poesia tacita, e la poesia una pittura loquace. 8] La più
bell'ora per il mangiare è quella in cui si ha fame. 8] La polenta è utile per
quattro cose: serve da minestra, serve da pane, sazia e scalda le mani. 8] La
povertà è priva di molte cose, l'avarizia è priva di tutto. 56] La prima acqua
è quella che bagna. 1] La prima gallina che canta ha fatto l'uovo. 108] La
prima eredità al primo figlio, l'ultima eredità all'ultimo figlio. 4] La
provvidenza quel che toglie rende. 4] La pulce che esce di dietro l'orecchio
con il diavolo si consiglia. 8] La puttana e la lattuga una stagione dura. 8]
La rana è usa ai pantani, se non ci va oggi ci andrà domani. 8] La rana non
morde, perché non ha denti. 8] La rana, o salta o piscia, ma mai non sbrana. 8]
La razza comincia dalla bocca. 8] La roba dei pazzi è la prima ad andarsene. 8]
La ruota della fortuna gira. 4] La ruota della fortuna non è sempre una. 4] La
scorza fa bella la castagna. 4] La scimmia è sempre scimmia, anche vestita di
seta. 8] La semplicità senza accortezza è pura pazzia. 8] La sera leoni e la
mattina coglioni. 2] La sorte è come ognuno se la fa. 8] La speranza è cattivo
denaro. 161] La speranza è il pane dei poveri. 2] La speranza è il patrimonio
dei poveri. 2] La speranza è il sogno dell'uomo desto. 2] La speranza è
l'ultima a morire. 2] La speranza è la miglior consolazione nella miseria. 161]
La speranza è la miglior musica del dolore. 161] La speranza è la ricchezza dei
poveri. 2] La speranza è sempre verde. 2] La speranza è un balsamo per i cuor
piagati. 161] La speranza è un sogno nella veglia. 2] La speranza infonde
coraggio anche al codardo. 161] La speranza ingrandisce, l'esperienza
rimpicciolisce. 57] La superbia è figlia dell'ignoranza. 1] La superbia mostra
l'ignoranza. 162] La superbia va a cavallo e torna a piedi. 1] La terra è madre
di tutti gli uomini ed anche sepoltura. 8] La troppa umiltà vien dalla
superbia. 8] La vanagloria è un fiore che mai non porta frutta. 163] La vera
libertà è non servire al vizio. 4] La verità è nel vino. 8] La verità viene
sempre a galla. 2] La veste copre gran difetti. 55] La via dell'inferno è
lastricata di buone intenzioni. 1] La vipera morta non morde seno, ma pure fa
male coll'odor del veleno. 8] La virtù sta nel mezzo.[51] 164] La vita è breve
e l'arte è lunga.[52] 55] La vita è già mezzo trascorsa anziché si sappia che
cosa sia. 165] La volpe si conosce dalla coda. 4] Lamentarsi, supplicare e bere
acqua è lecito a tutti. 8] Latte e vino, tossico fino. 8] Lavora come se avessi
a campare ognora, adora come avessi a morire allora. 4] Lavoro non ingrassò mai
bue. 4] Le allegrezze non durano. 8] Le belle penne rendono bello l'uccello. 4]
Le bellezze durano fino alle porte, la bontà fino alla morte. 4] Le braccia e
le mani del povero appartengono al ricco. 8] Le bugie hanno le gambe corte. 1]
Le bugie sono lo scudo degli uomini dappoco. 4] Le chiacchiere non fanno
farina. 1] Le colombe che rimangono in colombaia, sono sicure dal nibbio. 8] Le
cose lunghe diventano serpi. 1] Le cose lunghe prendono vizio. 1] Le dita della
mano sono disuguali. 8] Le donne hanno lunghi i capelli e corti i cervelli. 4]
Le donne hanno quattro malattie all'anno, e tre mesi dura ogni malanno. 8] Le
bestie vanno trattate da bestie. 8] Le cattive nuove sono le prime ad arrivare.
8] Le cattive nuove volano. 1] Le chiavi ed i lucchetti non si fanno per le
dita fidate. 8] Le disgrazie non vengono mai sole. 1] Le disgrazie sono come le
ciliegie: una tira l'altra.[53] Le donne hanno lunghi i capelli e corti i
cervelli. 166] Le donne hanno sette anime... e mezza. 8] Le donne ne sanno una
più del diavolo. 2] Le donne piglian bene le pulci. 8] Le lacrime sono le armi
delle donne. 4] Le leghe e le corde fradice non durano a lungo. 4] Le malattie
ci dicono quel che siamo. 88] Le montagne stanno ferme, gli uomini
s'incontrano. 167] Le ore del mattino hanno l'oro in bocca. 1] Le parole sono
femmine e i fatti sono maschi. 1] Le piante che fruttano troppo presto, si
seccano. 8] Le querce non fanno limoni. 2] Le ragazze sono d'oro, le sposate
d'argento, le vedove di rame e le vecchie di latta. 8] Le rane han perso la
coda perché non seppero chiedere aiuto. 8] Le rose cascano, le spine restano.
168] Le teste di legno fan sempre del chiasso. 55] Le Trentine vengono giù
pollastre e se ne vanno sù galline. 8] Le vie della provvidenza sono infinite.
1] Le vie del Signore sono infinite. 1] Leggi, rileggi e pondera. 8] Lingua
cheta e fatti parlanti. 4] Lo sbadiglio non vuol mentire: o che ha sonno o che
vorrebbe dormire, o che ha qualche cosa che non può dire. 8] Lo scarafaggio
corre sempre allo sterco. 8] Lo scimunito parla col dito. 8] Lo scorpione dorme
sotto ogni lastra. 8] Lo smargiasso ciancia in guerra, il valente combatte
muto. 8] Loda il gran campo e il piccolo coltiva. 169] Loda il monte e tieniti
al piano. 2] Loda il pazzo e fallo saltare, se non è pazzo lo farai diventare.
8] Lontano dagli occhi, lontano dal cuore. 170] Lontan dagli occhi, lontan dal
cuore. 2] Luna di grappoli a gennaio luna di racimoli a febbraio.[54] 2] Lunga
lingua, corta mano. 8] Lungo come la quaresima.[55] 2] Luglio dal gran caldo,
bevi bene e batti saldo. 16] Lungo digiuno caccia la fame. 4] Lupo non mangia
lupo. 2] M Ma in premio d'amore amor si rende. 33] Maggio ortolano, molta
paglia e poco grano. 16] Maggiore il santo, maggiore la sua umiltà. 8] Mai gli
uomini sanno essere abbastanza riconoscenti verso gli inventori. 4] Mal comune
mezzo gaudio. 2] Mal può rendere ragion del proprio fatto chi lardo o pesce
lascia in guardia al gatto. 65] Mal si giudica il cavallo dalla sella. 3] Male
che si vuole non duole. 9] Male ignoto si teme doppiamente. 8] Male non fare,
paura non avere. 2] Male voluto non fu mai troppo. 57] Maledetto il ventre che
del pan che mangia non si ricorda niente. 8] Manca tanto la pazienza ai poveri,
quanto la compassione ai ricchi. 8] Mangiar molto e far buona digestione, è un
privilegio che han poche persone. 8] Mano dritta e bocca monda possono andare
per tutto il mondo. 4] Marinaio genovese, mercante fiorentino. 8] Martello
d'oro non rompe le porte del cielo. 47] Marzo è pazzo. 16] Marzo pazzerello
guarda il sole e prendi l'ombrello. 2] Marzo molle, gran per le zolle. 16]
Mazza e pane fanno i figli belli; pane senza mazza fa i figli pazzi. 171]
Medico vecchio e chirurgo giovane. 172] Medico vecchio e medicina nuova. 2]
Chirurgo giovane e medico anziano.[56] Mediocre bestiame ben pasciuto è di
maggior vantaggio che molto bestiame mal mantenuto. 173] Meglio andare a letto
senza cena, che alzarsi con debiti. 4] Meglio aperto rimprovero, che odio
segreto. 8] Meglio dietro agli uccelli, che dietro ai signori. 8] Meglio essere
ben educato, che nascere nobile. 4] Meglio essere invidiati che compatiti. 174]
Meglio fare la serva in casa propria, che la padrona in casa altrui. 4] Meglio
fave in libertà, che capponi in schiavitù. 8] Meglio fringuello in man che
tordo in frasca. 2] Meglio fringuello in tasca che tordo in frasca. 2] Meglio
il marito senz'amore, che con gelosia. 75] Meglio l'uovo oggi che la gallina
domani. 1] Meglio mangiar carote in pace che molte pietanze in disunione. 8]
Meglio mendicante che ignorante. 124] Meglio pane con amore, che gallina con
dolore. 4] Meglio poco che niente. 1] Meglio soli che male accompagnati. 1]
Meglio tardi che mai. 1] Meglio un asino vivo che un dottore morto. 1] Meglio
un fiorino guadagnato, che cento ereditati. 4] Meglio un magro accordo che una
grassa sentenza. 2] Meglio un morto in casa che un pisano all'uscio. 2] Meglio
una festa che cento festicciole. 1] Meglio una volta arrossire che mille
impallidire. 8] Meglio vivere ben che vivere a lungo. 64] Meno siamo meglio
stiamo. 57] Mente lieta, vita quieta e moderata dieta. 2] Merito non conosciuto
poco vale. 8] Milan può far, Milan può dir, ma non può far dell'acqua vin. 8]
Mille errori sono più facilmente pronunciati che una verità. 4] Moglie e buoi
dei paesi tuoi. 1] Donne e buoi dei paesi tuoi. 2] Mogli che non contraddicono
e galline che facciano le uova d'oro, sono uccelli rari. 8] Moglie maglio. 1]
Molte cose si giudicano impossibili a farsi prima che siano fatte. Molte mani
fanno l'opera leggera. Molte paglie unite possono legare un elefante. 8] Molte
volte la belleza più adorabile si unisce alla stupidaggine più insopportabile. Molte
volte si perde per negligenza quello che si è guadagnato con giustizia. 4]
Molti hanno buone carte in mano, ma non le sanno giocare. 4] Molti inventano
oro con la bocca ed hanno piombo alle mani e ai piedi. 4] Molti parlano
d'Orlando anche se non videro mai il suo brando. 8] Molti sfuggono alla pena,
ma non ai rimorsi della coscienza. 8] Molti si immaginano di avere il pulcino,
che non hanno ancora l'uovo. 4] Molti si lamentano del buon tempo. 8] Molti
sono i verseggiatori, pochi i poeti. 8] Molti squartano un gatto e giurano che
era un leone. 8] Molti voti fanno l'abate. 4] Molto denaro, molti amici. 4]
Molto fumo e poco arrosto. 1] Molto può nuocere una piccola negligenza. 8]
Morire di fame in una madia di pane. 4] Morta la serpe, spento il veleno. 8]
Morto un papa se ne fa un altro. 1] Mulo buon mulo, ma cattiva bestia. 8] Muore
il ricco, gli fanno il funerale; muore il povero, nessuno gli dice: vale. 8]
Muove la coda il cane non per te, ma per il pane. 4] N Natale con i tuoi,
Pasqua con chi vuoi. Né col capretto né con l'agnello, si adopera il coltello.
8] Né di venere, né di marte non si sposa né si parte, né si dà principio
all'arte. 2] Né donna né tela al lume di candela. 8] Ne uccide più la lingua
che la spada. 2] Ne uccide più la gola che la spada. 2] Necessità fa legge e
tribunale. 2] Negli ordini pari, i pareri sono dispari. 8] Nel bere e nel
camminare si conoscono le donne. 8] Nel bosco tagliato non ci stanno assassini.
8] Nel dubbio astieniti. 2] Nel monte di Brianza, senza vin non si danza. 8]
Nel paese degli zoppi, zoppicar non è vergogna. 8] Nel regno dei ciechi anche
un orbo è re. 175] Nel regno dei ciechi anche un guercio è re. 175] Nel regno
di Dio, poveri e ricchi sono uguali. 8] Nell'autunno non bisogna più sognare di
rose e tulipani. 4] Nell'estate si deve pensare all'inverno, e nella gioventù
alla vecchiaia. 4] Nell'eternità si arriva sempre in tempo. Nell'inverno il
pazzo sogna rose, e nell'estate il savio le raccoglie. 4] Nella botte piccola
c'è il buon vino. 8] Nella felicità ragione, nell'infelicità pazienza. 8] Nella
gotta, il medico non vede gotta. 176] Nelle sventure si conosce l'amico. 1]
Nessuna corona è più bella di quella dell'umiltà. 8] Nessuna fortezza è così
salda che non si lasci conquistare dall'oro. 4] Nessuna ingiustizia rimane
impunita. 4] Nessuna mela è così bella che non abbia qualche difetto. 4]
Nessuna nuova, buona nuova. Nessuno è profeta in patria. Nessuno può dare
quello che non ha. 4] Nessuno può difendersi dalla beffa. 4] Ne uccide più
Bacco che Marte. 4] Neve di Dicembre dura fin che dura la brina. 8] Niente è
più bello di una faccia allegra. 8] Niuna guardia è migliore di quella che una
donna fa a se stessa. 4] Non accettare i rimproveri o consigli da chi educare
non seppe i propri figli. Non aspettar che l'abete porti pomi. 4] Non basta
esser galantuomo, bisogna anche esser conosciuto per tale. 8] Non bisogna fare
il diavolo più nero di quello che è. 8] Non bisogna fasciarsi il capo prima di
romperselo. 8] Non bisogna mai usare due pesi e due misure. 8] Non bisogna
scuotere l'orzo dal sacco prima di avere il frumento. Non c'è alcuno così
povero che non possa aiutare, né alcuno così ricco che non abbia bisogno
d'aiuto. 8] Non c'è cosa più triste sulla terra dell'uomo ingrato.Non si muove
foglia che Dio non voglia. Non c'è affanno senza danno. 4] Non c'è Carnevale
senza luna di febbraio. Non c'è due senza tre. 1] Non c'è due senza tre e il
quarto vien da sé. 2] Non c'è cosa così cattiva che non sia buona a qualche
cosa. 4] Non c'è eretico che non abbia la sua credenza. 4] Non c'è fumo senza
arrosto. 1] Non c'è gallina né gallinaccia che di gennaio l'uova non faccia. 2]
Non c'è intoppo per avere, più che chiedere e temere. 178] Non c'è male senza
bene. 4] Non c'è miglior cieco di quello che non vuole vedere. 4] Non c'è pane
senza pena. 1] Non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire. 2] Non c'è regola
senza eccezioni. 1] Non c'è rosa senza spine.Non cade foglia che Dio non
voglia. 1] Non ci fu mai frettoloso che non fosse pazzo. 8] Non ci rimane
nessuna vigna da vendemmiare, e né meno nessuna donna da maritare. 179] Non
credere a donna, quand'anche sia morta. 4] Non destare il can che dorme. 1] Non
dire quattro se non l'hai nel sacco. 2] Non dire gatto se non ce l'hai nel
sacco. 180] Non è arte il giocare, ma lo smettere. 4] Non è bello ciò che è
bello, ma è bello ciò che piace. 181] Non è bene esser poeta nel villaggio. 8]
Non è bene riporre denaro in una cassa di cui non si ha la chiave. 4] Non è col
dire "miel, miel," che la dolcezza viene in bocca. 117] Non è
contento quel che si lamenta. 8] Non è in nessun luogo chi è in ogni luogo. 4]
Non è mai gran gagliardia, senza un ramo di pazzia. 8] Non è povero, se non chi
si crede tale. 8] Non è sempre savio chi non sa esser qualche volta pazzo. 8]
Non è sì tristo cane, che non meni la coda. 182] Non è tutto oro quel che
luccica. 183] Non è tutto oro quel che riluce. 183] Non esiste amore senza
gelosia. 8] Non fa la stessa viva sensazione il solletico a tutte le persone.
8] Non facendo niente, più pena si sente. 4] Non far mai bene, non avrai mai
male. 8] Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te.[58] 2]
Non fare il male ch'è peccato, non fare il bene ch'è sprecato. 1] Non fare il
passo più lungo della gamba. 2] Non gira il corvo che non sia vicina la
carogna. 8] Non lodare il bel giorno prima di sera. 4] Non mettere il carro davanti
ai buoi. 184] Non mettere il rasoio in mano a un pazzo. 8] Non mettere un
rasoio in mano a un pazzo. 185] Non mi morse mai scorpione, ch'io non mi
medicassi col suo olio. 8] Non nominar la corda in casa dell'impiccato. 1] Non
ogni abisso ha un parapetto. 4] Non ogni lettera va alla posta, non ogni
domanda vuole risposta. 8] Non pensa il cuore quel che dice la bocca. 4] Non
perde il cervello se non chi l'ha. 8] Non rimandare a domani quello che puoi
fare oggi. 1] Non sempre va d'accordo la campana dell'orologio con la
meridiana. 8] Non serve dire «Di tal acqua non berrò». 4] Non si campa d'aria.
4] Non si comincia bene se non dal cielo. 4] Non si dà fumo senza fuoco. 4] Non
si entra in Paradiso a dispetto dei Santi. 1] Non si fa niente per niente. 1]
Non si fan nozze coi fichi secchi. 186] Non si finisce mai di imparare. 4] Non
si insegna a nuotare ai pesci. 4] Non si legge mai libro senza imparare
qualcosa. 4] Non si possono cavar le castagne dal fuoco colla zampa del gatto.
187] Non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca. 1] Non si può bere e
fischiare. 77] Non si sa mai per chi si lavora. 4] Non si sta mai tanto bene
che non si possa star meglio, né tanto male che non si possa star meglio. 8]
Non sono cacciatori tutti quelli che portano il fucile. 4] Non sono uguali
tutti i giorni. 4] Non ti far povero a chi non ha da farti ricco. 8] Non ti
fidar d'un tratto, di grazia o di bontà. 8] Non ti vantar farfalla, tuo padre
era un bruco. 8] Non tutte le ciambelle riescono col buco. 1] Non tutte le lacrime
vengono dal cuor. 4] Non tutti i matti rompono i piatti. 8] Non tutti i pazzi
stanno al manicomio. 8] Non tutti possiamo abitare in piazza. 8] Non tutti sono
ammalati quelli che sono in letto. 8] Non tutti sono infelici come credono. 8]
Non tutti sono infermi quelli che gridano ahi! 8] Non tutti vedono la serpe che
sta nascosta sotto l'erba. 4] Non tutto il male vien per nuocere. 2] Non v'è
mai tanta pace in convento, come quando i frati portano tonache uguali. 8] Non
vi è donna senza amore. 8] Non vi è inganno che non si vinca con l'inganno. 4]
Non vi è lino senza resca, né donna senza pecca. 4] Non vi è nulla che
ricercando non si possa penetrare. 4] Non vi è peggior burla che la vera. 4]
Non vi fu mai gatta che non corresse ai topi. 8] Non vendere la pelle dell'orso
prima di averlo ucciso. 1] Non vo' dormire né fare la guardia. 4] Notte, amore
e vino fanno spesso l'uomo meschino. 8] Novembre vinaio. 16] Nulla è così buono
che a lungo andare non venga a noia. 8] Nuovo padrone, nuova legge. 58] Nutri il
corvo e ti caverà gli occhi. 8] Nutri la serpe in seno, ti renderà veleno. 8] O
O taci, o di' cosa migliore del silenzio.[59] 8] Occhio che piange cuore che
duole. 2] Occhio che piange cuore che sente. 2] Occhio non vede, cuore non
duole. 2] Occhio per occhio, dente per dente.[60] 2] Olio di lucerna ogni mal
governa. 2] Oggi a me domani a te. 2] Oggi allegria, domani malinconia. 8] Oggi
creditore, domani debitore. 8] Oggi fresco e forte, domani nella morte. 8] Oggi
in figura, domani in sepoltura. 8] Oggi in pace, domani in guerra. 8] Oggi
mercante, domani mendicante. 8] Oggi pioggia e doman vento, tutto cambia in un
momento. 8] Ogni Abele ha il suo Caino. 4] Ogni animale per non morir s'aiuta.
188] Ogni bel gioco dura poco. 1] Ogni bella scarpa diventa ciabatta, ogni
bella donna diventa nonna. 8] Ogni bene infine svanisce, ma la fama non
perisce. 4] Ogni cosa ch'è rara, suol essere più cara. 8] Ogni disuguaglianza,
l'amore uguaglia. 4] Ogni erba si conosce dal seme. 4] Ogni fatica merita
ricompensa. 4] Ogni gatta ha il suo febbraio. 8] Ogni giorno non è festa. 4]
Ogni giorno non si fanno nozze. 4] Ogni grillo si crede cavallo. 8] Ogni
lasciata è persa. 1] Ogni legno ha il suo tarlo. 1] Ogni lucciola non è un
fuoco. 8] Ogni lumaca vede le corna delle altre. 189] Ogni matto fa il suo
atto. 8] Ogni medaglia ha il suo rovescio. 1] Ogni pazzo vuol dar consiglio. 8]
Ogni pelo ha la sua ombra. 4] Ogni popolo ha il governo che si merita. 190]
Ogni promessa è debito. 1] Ogni rana si crede gran dama. 8] Ogni rana si crede
una Diana. 8] Ogni scimmia trova belli i suoi scimmiotti. 8] Ogni serpe ha il
suo veleno. 8] Ogni simile ama il suo simile. 1] Ogni uccello fa il suo verso.
8] Ogni uccello canta il suo verso. 191] Ognun patisce del suo mestiere. 192]
Ognuno trascura per sé i godimenti dell'arte sua, quasi venutigli a noia perché
ci ha guardato dentro: il cuoco non è mai ghiotto, il calzolaio va colle scarpe
rotte. Ognun per sé e Dio per tutti. 1] Ognun vede le proprie oche come cigni.
8] Ognuno all'arte sua e il lupo alle pecore. 2] Ognuno ama sentirsi lodare. 4]
Ognuno che ha un gran coltello, non è un boia. 4] Ognuno fa degli errori. 4]
Ognuno faccia il suo mestiere. 2] Ognuno ha i suoi gusti. 193] Ognuno ha il suo
affanno. 8] Ognuno ha la sua croce. 1] Ognuno tira l'acqua al suo mulino. 2]
Orto, uomo morto. 169] Orzo e paglia fanno il caval da battaglia. 8] Ospite
raro ospite caro. 1] Ottobre mostaio. 16] P Paese che vai usanza che trovi. 1]
Paga il giusto per il peccatore. 1] Pancia affamata, vita disperata. 4] Pancia
piena non crede a digiuno. 1] Pancia vuota non sente ragioni. 1] Parla
all'amico come se ti avesse a diventar nemico. 8] Pane finché dura, vino con
misura. 194] Parenti, amici, pioggia, dopo tre giorni vengono a noia. 8]
Parenti serpenti. 1] Parenti serpenti, cugini assassini, fratelli coltelli. 2]
Parere e non essere è come filare e non tessere. 2] Parlare francese come una
vacca spagnola. 4] Passata la festa gabbato lo santo. 1] Passato il fiume
scordato il santo. 4] Patti chiari, amici cari. 2] Patti chiari amicizia lunga.
2] Pazzi e buffoni hanno pari libertà. 8] Pazzo è colui che bada ai fatti
altrui. 8] Pazzo è quel prete che biasima le sue reliquie. 195] Pazzo per
natura, savio per scrittura. 8] Peccati vecchi, penitenza nuova. 8] Peccato
celato è mezzo perdonato.[61] 196] Peccato confessato è mezzo perdonato. 8] Per
amore anche una donna onesta, può perdere la testa. 8] Per chi vuol esser
libero, non c'è catena che tenga. 8] Per essere amabili, bisogna amare. 9] Per
fare l'elemosina non manca mai la borsa. 4] Per il galantuomo non ci sono
leggi. 8] Per il saggio le lacrime delle donne sono come gocce salate. 4] Per
imparare qualche cosa, non è mai troppo tardi. 4] Per l'abbondanza del cuore la
bocca parla. 4] Per l'oro, l'abate vende il convento. 4] Per la santa
Candelora[62] dell'inverno siamo fora, ma se piove o tira vento, dell'inverno
siamo dentro. 2] Per la santa Candelora se tempesta o se gragnola dell'inverno
siamo fora; ma se è sole o solicello siamo solo a mezzo inverno. 2] Per natura
tutti gli uomini sono simili; per l'educazione diventano interamente diversi.
4] Per ogni civetta che si sente cantare sul tetto, non bisogna metter lutto.
8] Per quanto alletti la bellezza di un fiore, nessuno lo coglie se ha cattivo
odore. 4] Per san Lorenzo la noce è fatta. 2] Per San Lorenzo la noce si spacca
nel mezzo. 197] Per san Lorenzo piove dal cielo carbone ardente. 2] Per Santa
Caterina [25 novembre], le bestie fuori dalla cascina. 198] Per trovare
ingiustizie non occorrono lanterne. 4] Per un chiodo si perde un ferro, e per
un ferro un cavallo. 8] Per un punto Martin perse la cappa.[63] 2] Per una
scopa formano un mercato tre donne e assordan tutto il vicinato. 8] Perde le
lacrime chi piange davanti al giudice. 4] Perdona a tutti, ma non a te. 199]
Perdonare è da uomini, scordare è da bestie. 199] Pesce che va all'amo, cerca
d'esser gramo. 8] Pianta a cui spesso si muta luogo, non prende vigore. 4]
Piccola fiamma non fa gran luce. 8] Piccola pietra rovesciar può il carro. 8]
Piccola scintilla può bruciar la villa. 8] Piccole ruote portano gran pesi. 8]
Piccolo ago scioglie stretto nodo. 8] Piglia il bene quando viene, ed il male
quando conviene. 8] Piove sempre sul bagnato. 2] Pisa, pesa per chi posa. 8]
Più alta la condizione, più si deve essere umili. 8] Più briccone, più
fortunato. 4] Più il fiume è profondo, più scorre il silenzio. 4] Più si
chiacchiera, meno si ama. 8] Piuttosto un asino che porti, che un cavallo che
butti in terra. 87] Poca brigata vita beata. 1] Poeta si nasce, oratori si
diventa. 200] Poeti e Santi campano tutti quanti. 201] Poeti, pittori e
pellegrini a fare e a dire sono indovini. 8] Polenta e latte bollito, in
quattro salti è digerito. 8] Portare frasconi a Vallombrosa. 4] Prendi la bruna
per amante e la bionda per moglie. 8] Preghiera di gatto e brontolio di pulce
non arrivano in cielo. 131] Preghiera umile entra in cielo. 8] Presto e bene,
raro avviene. 8] Prete spretato e cavolo riscaldato, non fu mai buono.[64]
Prevedere per provvedere e prevenire. 202] Prima della morte non chiamare
nessuno felice. 4] Prima di ammogliarsi bisogna fare il nido. 4] Prima di
andare alla pesca esamina ben bene la tua rete. 8] Prima di domandare, pensa
alla risposta. 203] Prima lusingare e poi graffiare, è arte dei gatti. 8]
Prodigo e bevitor di vino, non fa né forno né mulino. 8] Pugliesi, cento per
forca e un per paese. 8] Puoi ben drizzare il tenero virgulto, non l'albero già
fatto adulto. 4] Putto in vino e donna in latino non fecero mai buon fine. 4] Q
Qual proposta tal risposta. 1] Qualche intervallo il pazzo ha di saviezza,
qualche intervallo il savio ha di stoltezza. 8] Qualche volta anche Omero
sonnecchia. 204] Quale uccello, tale il nido. 205] Quand'anche si
trapiantassero in paradiso, i cardi non porterebbero mai rose. 8] Quando arriva
la gloria svanisce la memoria. 2] Quando c'è l'esercito, si trova anche il
generale. 4] Quando c'è la salute c'è tutto. 57] Quando canta la rana, la
pioggia non è lontana. 8] Quando ci sono molti galli a cantare non si fa mai
giorno. 16] Quando è alta la passione, è bassa la ragione. 206] Quando è finito
il raccolto dei datteri, ciascuno trova da ridire alla palma. 8] Quando
fischia l'orecchio dritto, il cuore è afflitto; quando il manco, il cuore
è franco. 8] Quando gli eretici si accapigliano, la chiesa ha pace. 4]
Quando il colombo ha il gozzo pieno, le vecce gli sembrano amare. 8] Quando il
culo è avvezzo al peto non si può tenerlo cheto. 2] Quando il fanciullo è
satollo anche il miele non ha più gusto. 4] Quando il fanciullo ha sette anni,
la ragione spunta in lui. 207] Quando il gatto lecca il pelo viene acqua giù
dal cielo. 38] Quando il gatto non c'è i topi ballano. 1] Quando il gatto non
può arrivare al lardo dice che è rancido. 8] Quando il gatto si lecca e si
sfrega le orecchie con la zampina, pioverà prima che sia mattina. 8] Quando il
gozzo è pieno, le ciliegie sono acerbe. 8] Quando il grano ricasca, il
contadino si rizza. 57] Quando il grano va a male, bisogna ringraziare Dio per
la paglia. 8] Quando il lardo è divorato, poco val cacciare il gatto. 8] Quando
il mandorlo non frutta, la semente ci va tutta. 8] Quando il padrone zoppica,
il servo non va diritto. 8] Quando il sole splende, non ti curar della luna. 8]
Quando il tempo è chiaro in autunno, vento nell'inverno. 4] Quando in autunno
sono grassi i tassi e le lepri, l'inverno è rigoroso. 4] Quando l'amore è a
pezzi non c'è alcuna colla che lo riappiccichi. 8] Quando l'angelo diventa
diavolo, non c'è peggior diavolo. 4] Quando l'avaro muore, il danaro respira.
4] Quando l'Italia suona la chitarra, la Spagna le nacchere, la Francia il
liuto, l'Irlanda l'arpa, la Germania la tromba, l'Inghilterra il violino,
l'Olanda il tamburo, nulla è uguale ad esse. 8] Quando la barba fa bianchino,
lascia la donna e tienti al vino. 208] Quando la cicala canta in settembre, non
comprare gran da vendere. 8] Quando la fame entra dalla porta, l'amore esce
dalla finestra. 8] Quando la grazia di Dio è nel cuore, gli occhi nuotano
nell'allegria. 4] Quando la guerra comincia s'apre l'inferno. 4] Quando la neve
si scioglie si scopre la mondezza. 1] Quando la pera è matura casca da sé. 1]
Quando la pera è matura bisogna che caschi. 16] Quando la radice è tagliata, le
foglie se ne vanno. 8] Quando la ragione dorme, il cuore scappuccia. 8] Quando
la luna è bianca il tempo è bello; se è rossa, vuole dire vento; se pallida,
pioggia. 4] Quando la rana canta il tempo cambia. 8] Quando non dice niente,
non è dal savio il pazzo differente. 8] Quando non sai, frequenta in domandare.
209] Quando piove col sole le vecchie fanno l'amore. 1] Quando piove col sole
il diavolo fa l'amore. 1] Quando piove col sole le streghe fanno l'amore. 2]
Quando piove col sole si marita la volpe.[65] 2] Quando piove d'agosto, piove
miele e mosto. 8] Quando si è in ballo bisogna ballare. 1] Quando si è patito
si è inclini a compatire. 4] Quando si mangia non si parla. 57] Quando sono
fidanzate hanno sette mani e una lingua, quando sono sposate hanno sette lingue
e una mano. Quando un amico chiede, non v'è domani. 210] Quando un povero dà al
ricco, Dio ride in cielo. 8] Quando una cosa è accaduta, poco vale lamentarsi.
8] Quando viene la forza, il diritto è morto. 4] Quanto più è alto il monte,
tanto più profonda la valle. 4] Quanto più la rana si gonfia, più presto crepa.
Quanto più se n'ha, tanto più se ne vorrebbe. 4] Quattro lumi non s'accendono.
2] Quattro nuove invenzioni vanta il mondo: scorticare senza coltello,
arrostire senza fuoco, lavare senza sapone, e invece degli occhiali vedere
attraverso le dita. 4] Quel ch'è innato per natura, si porta alla sepoltura. Quel
ch'è raro, è stimato. 8] Quel che con l'acqua mischia e guasta il vino, merita
di bere il mare a capo chino. 8] Quel che è disposto in cielo, conviene che
sia. 4] Quel, che è fatto, è fatto, e non si può fare, che fatto non sia. 211]
Quel che è fatto è reso. 2] Quel che non può l'ìngegno, può spesso la fortuna. Quel
che non puoi pagare col denaro, pagalo almeno col ringraziamento. 8] Quel che è
gioco per il forte per il debole è morte. 8] Quel che si dà al ricco, si ruba
al povero. 8] Quel che si fa a fin di bene, non dispiace mai a Dio. 4] Quel che
si fa all'oscuro, appare al sole. 4] Quel che supera il mio intelletto, lo
lascio stare. 4] Quella bellezza l'uomo saggio apprezza che dura sempre, fino
alla vecchiaia. 4] Quelli che hanno meno ingegno, ne hanno da vendere più degli
altri. 4] Quello che abbaia è il cane sdentato. 4] Quello che deve durare per
l'eternità non si deve scrivere con l'acqua. 4] Quello che è accaduto ieri, può
accadere oggi. 4] Quello che è passato, è scordato. 4] Quello che ha da essere,
sarà. 4] Quello che non avviene oggi, può avvenire domani. 4] Quello che non è
stato può essere. 4] Quello che non può l'intelletto, può spesso il caso. 4]
Quello che puoi fare oggi, non rimandarlo a domani. Quello che si dice all'eco
nel bosco, il bosco lo ripete. 4] Quello che si impara in gioventù, non si
dimentica mai più. 4] Quello che si usa non si scusa. 212] Quello è mio zio,
che vuole il bene mio. 4] Quello è un fanciullo accorto che conosce suo padre.
4] Questo devi sapere che la gelosia di un Arabo è la stessa gelosia. 4] Quieta
non muovere. 16] R Raglio d'asino non giunse mai al cielo. 2] Rana di palude
sempre si salva. 8] Rane, malsane. 8] Render nuovi benefici all'ingratitudine è
la virtù di Dio e dei veri uomini grandi. 8] Ricchezza mal disposta a povertà
s'accosta. 8] Ricchezze nell'India, sapere in Europa, e pompa fra gli ottomani.
8] Ricchi e poveri non portano che un lenzuolo all'altro mondo. 8] Ricco e
grande fortuna potrà farti, ma mai il comune senso potrà darti. 4] Ricorda che
il nemico può diventarti amico. 8] Ride ben chi ride ultimo. 2] Ride ben chi
ride l'ultimo. 2] Roba calda il corpo non salda. 213] Roba d'altri, tutti
scaltri. 4] Roma, a chi nulla in cent'anni, a chi molto in tre dì. 8] Roma non
fu fatta in un giorno. 2] Roma santa, Aquila bella, Napoli galante. 214] Rosso
di mattina, pioggia vicina. 215] Rosso di sera bel tempo si spera; rosso di
mattina acqua vicina. 2] Rosso di sera, buon tempo si spera; rosso di mattina
mal tempo si avvicina. 1] Rosso e giallaccio pare bello ad ogni faccia, verde e
turchino si deve essere più che bellino. 216] Rovo, in buona terra covo. 169] S
Salta chi può. 1] San Benedetto[66] la rondine sotto il tetto. 2] San Lorenzo
dalla gran calura. 2] San Pietro abbracciato, Cristo negato. 4] San Silvestro
[31 dicembre] l'oliva nel canestro. 2] Sangue giovane sempre spavaldo. 8] Sasso
che rotola non fa muschio. 47] Pietra che rotola non fa muschio. 2] Sbagliando
s'impara. 1] Scalda più l'amore che mille fuochi. 8] Scherza coi fanti e lascia
stare i Santi. 1] Scherzando intorno al lume che t'invita, farfalla perderai
l'ali e la vita. 65] Scherzo di mano, scherzo di villano. 1] Gioco di mano,
gioco di villano. 1] Schiena di mulo, corso di barca, buon per chi n'accatta.
8] Scusa non richiesta, accusa manifesta.[67] 217] Se ari male, peggio
mieterai. 47] Se fossero buoni i nipoti non si leverebbero dalla vigna. 218] Se
gioventù sapesse, se vecchiaia potesse. 167] Se i gatti sapessero volare, le
beccacce sarebbero rare. 131] Se il coltivatore non è più forte della su' terra
questa finisce per divorarlo. 47] Se il ladro lasciasse il suo rubare, non ci
sarebbero più forche. 4] Se il giovane sapesse di quanto ha bisogno la
vecchiaia, chiuderebbe spesso la borsa. 4] Se il padre di famiglia è miope, i servi
sono ciechi. 8] Se il piede destro è zoppo, Dio rafforza il sinistro. 8] Se il
poeta s'erige a oratore predicherà agli orecchi e non al cuore. 8] Se il primo
bottone hai fatto essere secondo, tutti sbagliati saranno da cima a fondo. 4]
Se il re sputa sopra un abete si chiama subito abete reale. 4] Se il ricco
conoscesse la fame del povero, gli darebbe del suo pane. 8] Se il ringraziare
costasse denaro, molti se lo terrebbero in tasca. 8] Se il tuo gatto è ladro
non scacciarlo di casa. 8] Se il virtuoso è povero, il lodarlo non basta; il
dovere primo è d'aiutarlo. 8] Se la pazzia fosse dolore, in ogni casa si
sentirebbe stridere. 8] Se le lattughe lasci in guardia alle oche, al ritorno
ne troverai ben poche. 219] Se ne vanno gli amori e restano i dolori. 4] Se
nessuno sa quel che sai, a nulla serve il tuo sapere. 8] Se non è zuppa è pan
bagnato. 1] Se non hai mai rubato, la parola ladro non è per te un'ingiuria. 4]
Se occhio non mira, cuor non sospira. 8] Se ognun spazzasse da casa sua, tutta
la città sarebbe netta. 220] Se piovesse oro, la gente si stancherebbe a
raccoglierlo. 8] Se son rose fioriranno. 1] Se ti vuoi nutrire bene, fai
ballare i trentadue. 8] Se un fratello compie un omicidio, gli altri non sono
responsabili. 4] Se vuoi che t'ami, fa' che ti brami. 8] Se vuoi portare l'uomo
a incretinire, fallo ingelosire. 4] Segui il filo e troverai il gomitolo. 4]
Senza denari non canta un cieco. 1] Senza denari non si canta messa. 1] Senza
umiltà tutte le virtù sono vizi. 8] Sempre ti graffierà chi nacque gatto. 8]
Senza umanità non vi è né virtù, né vero coraggio, né gloria durevole. 8] Seren
d'inverno e nuvolo d'estate, non ti fidare. 4] Sette in un colpo! disse quel
sarto che aveva ammazzato sette mosche. 8] [wellerismo] Settembre, l'uva è
fatta e il fico pende. 16] Si bacia il fanciullo a causa della madre, e la
madre a causa del fanciullo. 4] Si deve alzare di buon'ora chi vuol contentare
i suoi vicini. 8] Si dice il peccato, ma non il peccatore. 2] Si mantiene un
esercito per mille giorni, e non se ne fa uso che per un momento. 4] Si parla
del diavolo e spuntano le corna. 130] Si può conoscere la tua opinione dal tuo
sbadigliare. 8] Si può vivere senza fratelli ma non senza amici.[68] Si stava
meglio quando si stava peggio.[69] 2] Sia l'astrologo che l'indovina ti portano
alla rovina. 4] Sicuro come il pane. 4] Sin che si vive, s'impara sempre. 4]
Sol gente di mal'affare, bestie e botte, van fuori di notte. 221] Son padrone
del mondo oggi le donne e cedon toghe e spade a cuffie e gonne. 8] Sono meglio
cento beffe che un danno. 4] Sono sempre gli stracci che vanno all'aria. 1]
Sopra l'albero caduto ognuno corre a fare legna. 4] Sopra ogni vino, il greco è
divino. 8] Sotto la neve pane, sotto l'acqua fame. 1] Spesso a chiaro mattino,
v'è torbida sera. 222] Spesso chi commette un'ingiustizia, ne subisce una
peggiore. 4] Spesso vince più l'umiltà che il ferro. 8] Sposa bagnata sposa
fortunata. 223] Stretta la foglia, larga la via dite la vostra che ho detto la
mia. 2] Larga la foglia, stretta la via dite la vostra che ho detto la mia. 2]
Stringe più la camicia che la gonnella. 4] Studia non per sapere di più, ma per
sapere meglio degli altri. 224] Studio in gioventù, onore alla vecchiaia. 4]
Sulla pelle della serpe nessuno guarda alle macchie. 8] Superbia povera spiace
anche al diavolo; umiltà ricca piace anche a Dio. 8] T T'annoia il tuo vicino?
Prestagli uno zecchino. 4] Tagliare i capelli con la pentola. 225] Tagliarli
male. Tal lascia l'arrosto che poi brama il fumo. 4] Tale padre, tale
figlio.[70] 2] Tanti galli a cantar non fa mai giorno. 1] Tanti idoli, tanti
templi. 4] Tanti pochi fanno un assai. 226] Tanto fumo e poco arrosto. 2] Tanto
l'amore quanto il fuoco devono essere attizzati. 8] Tanto l'amore quanto la
minestra di fagioli vogliono uno sfogo. 8] Tanto va la gatta al lardo che ci
lascia lo zampino. 1] Tempo chiaro e dolce a capodanno, assicura bel tempo
tutto l'anno. 8] Tenga bene a mente un bugiardo quando mente. 4] Tentar non
nuoce. 1] Terra assai, terra poca. 169] Terra bianca, tosto stanca. 227] Terra
coltivata raccolta sperata. 2] Terra nera buon grano mena. 2] Testa di
lucertola, collo di gru, gambe di ragno, pancia di vacca, groppa di baldracca.
8] Testa di pazzo non incanutisce mai. 8] Tinca di maggio e luccio di
settembre. 8] Tinca in camicia, luccio in pelliccia. 8] Tira più un pelo di
fica che cento paia di buoi. 2] Tira più un capello di donna che cento paia di
buoi. 8] Tolta la causa, cessato l'effetto. 8] Tondi l'agnello e lascia il
porcello. 8] Torinesi e Monferrini, pane, vino e tamburini. 8] Tra cani non si
mordono. 1] Tra i due litiganti il terzo gode. 1] Tra il dire e il fare c'è di
mezzo il mare. 1] Tra l'incudine e il martello, mano non metta chi ha cervello.
4] Tra moglie e marito non mettere il dito. 1] Tradimento piace assai, traditor
non piace mai. 148] Trattar male il povero è il disonor del ricco. 8] Tre cose
cacciano l'uomo di casa: fumo, goccia e femmina arrabbiata. 4] Tre cose fanno
l'uomo ammalato: amore, vino e bagno. 8] Tre cose simili: prete, avvocato e
morte. Il prete toglie dal vivo e dal morto; l'avvocato vuol del diritto e del
torto; e la morte vuole il debole e il forte. 142] Tre cose sono rare: un buon
melone, un buon amico e una buona moglie. 8] Tre sono le meraviglie, Napoli,
Roma e la faccia tua. 228] Trenta monaci e un abate non farebbero bere un asino
per forza. 4] Triste e guai, chi crede troppo e chi non crede mai. 8] Triste
quel cane che si lascia prendere la coda in mano. 8] Triste quell'estate, che
ha saggina e rape. 8] Tromba di culo, sanità di corpo. 213] Troppa manna,
nausea. 8] Troppa modestia è orgoglio mascherato. 8] Troppe soddisfazioni
tolgono ogni voglia. 8] Troppi cuochi guastano la cucina. 1] Troppo povero e
troppo ricco fa ugual disgrazia. 8] Tu scherzi col tuo gatto e l'accarezzi, ma
so ben io qual fine avran quei vezzi. 8] Turchi e Tartari, flagelli dei popoli.
229] Tutta la strada non fallisce il saggio che, accortosi a metà, corregge il
viaggio. 4] Tutte le cose sono difficili prima di diventar facili. 70] Tutte le
strade portano a Roma. 1] Tutte le volpi si ritrovano in pellicceria. 2] Tutte
le volpi si rivedono in pellicceria. 2] Tutte le volte che si ride si toglie un
chiodo dalla cassa. 230] Tutti del pazzo tronco abbiamo un ramo. 8] Tutti i
fiumi vanno al mare. 1] Tutti i giorni sono buoni per andare a caccia. ma non
per prendere uccelli. 4] Tutti i guai son guai, ma il guaio senza pane è il più
grosso. 1] Tutti i gusti son gusti. 1] Tutti i mestieri danno il pane. 231]
Tutti i nodi vengono al pettine. 1] Tutti i peccati mortali sono femmine. 8]
Tutti i salmi finiscono in gloria. 1] Tutti siamo figli di Adamo ed Eva. 190]
Tutto ciò che dura a lungo annoia. 8] Tutto è bene quel che finisce bene.[71]
1] Tutto il cervello non è in una testa. 4] Tutto il mondo è paese. Tutto
quello che è bianco non è farina. 4] Tutto s'accomoda fuorché l'osso del collo.
31] U Uccellin che mette coda vuol mangiare a tutte l'ore. 2] Uccello raro ha
nido raro. 8] Ucci ucci, sento odor di cristianucci. 2] Umiltà e cortesia
adornano più di una veste tessuta d'oro. 8] Un bel tacer non fu mai
scritto.[73] 2] Un'anima magnanima consulta le altre; un'anima volgare
disprezza i consigli. 8] Un'oncia di allegria vale più di una libbra di
tristezza. 232] Un'ora di contento sconta cent'anni di tormento. 233] Un abete
non fa foresta. 4] Un bell'abito è una lettera di raccomandazione. 4] Un buon
abate loda sempre il suo convento. 4] Un buon principio va sempre a buon fine.
4] Un cattivo libro ha spesso un buon titolo, ed una fronte onesta, un cervello
ribaldo. 4] Un cuor magnanimo vuol sempre il bene, anche se il premio mai non
ottiene. 8] Un esercito senza generale è come un corpo senz'anima. 4] Un fido
amico, e ricchezze ben acquistate son due cose rare. 8] Un fratello aiuta
l'altro. 4] Un granello fa traboccare la bilancia. 4] Un granello di polvere fa
scoppiare tutta la bomba. 4] Un ladro non ruba sempre, ma bisogna guardarsi da
lui. 4] Un lume è più presto spento che acceso. 4] Un male tira l'altro. 4] Un
padre campa cento figli e cento figli non campano un padre. 2] Un pazzo ne fa
cento. 8] Un piccolo buco fa affondare un gran bastimento. Un povero virtuoso
val più di un ricco vizioso. 8] Una bella barba e un cuor valente adornano
l'uomo. 4] Una bella giornata non fa estate. 4] Una bella lacrima trova
facilmente un fazzoletto che la asciughi. 4] Una bugia ha bisogno di sette
bugie. 4] Una buona risata si trasforma tutta in buon sangue. 232] Una ciliegia
tira l'altra. 2] Una cosa tira l'altra. 16] Una estate vale più di dieci
inverni. 4] Una parola tira l'altra. 2] Una e buona. 16] Una ma buona. 16] Una
fa, due stentano, ma a tre ci vuol la serva. 8] Una Fenice fra le donne è
quella, che altra donna confessa essere bella. 8] Una mano lava l'altra e tutte
e due lavano il viso. 1] Una mela al giorno leva il medico di torno. 2] Una ne
paga cento. 1] Una ne paga tutte. 1] Una rondine non fa primavera. 1] Un fiore
non fa giardino. 4] Un fiore non fa primavera. 4] Una volta corre il cane e una
volta la lepre. 1] Una volta per uno non fa male a nessuno. 1] Uno semina,
l'altro raccoglie. 72] Uno si fa la sorte da sé, l'altro la riceve bell'e
fatta. 8] Uomo a cavallo, sepoltura aperta. 2] Uomo avvisato mezzo salvato. 1]
Uomo da nessuno invidiato, è uomo non fortunato. 4] Uomo di vino, non vale un
quattrino. 8] Uomo morto non fa più guerra. 234] Uomo senza quattrini è un
morto che cammina. 2] Uomo solitario, o angelo o demone. 235] Uomo zelante,
uomo amante. 4] L'uomo misero è un morto che cammina. 2] Uovo di un'ora, pane
di un giorno, vino di un anno, donna di quindici e amici di trent'anni. 8] V
Va' in piazza vedi e odi, torna a casa bevi e godi. 236] Va più di un asino al
mercato. 4] Val più un piacere da farsi che cento di quelli fatti. 8] Val più
una messa in vita che cento in morte. 4] Vale più la pratica che la grammatica.
1] Vale più un fatto che cento parole. 237] Vale più un gusto che un casale. 1]
Vale più un testimone di vista che cento d'udito. 2] Vale più uno a fare. 16]
Vanga e zappa non vuol digiuno. 47] Vanga piatta poco attacca, vanga ritta
terra ricca, vanga sotto ricca il doppio. 2] Vecchi doni vogliono nuovi
ringraziamenti. 8] Vecchiaia d'aquila, giovinezza d'allodola. 4] Vedere e non
toccare è una cosa da crepare. 2] Vedere per credere. 238] Vento fresco mare
crespo. 239] Ventre pieno non crede a digiuno. 16] Ventre vuoto non sente
ragioni. 16] Vesti un legno, pare un regno. 41] Vi sono dei matti savi, e dei
savi matti. 8] Vicino alla chiesa lontano da Dio. 2] Vicino alla serpe c'è il
biacco. 8] Vigna nel sasso e orto in terren grasso. 240] Vincere un ambo al
lotto è un malefizio, che più accresce la speranza al vizio. 8] Vino amaro, tienilo
caro. 8] Vino battezzato non vale un fiato. 8] Vino battezzato, non va al
palato. 8] Vino dentro, senno fuori. 8] Vino di fiasco la sera buono e la
mattina guasto. 8] Vino e sdegno fan palese ogni disegno. 8] Vino non è buono
che non rallegra l'uomo. 8] Violenza non dura a lungo. 241] Vivi e lascia
vivere. 1] Vizio di natura fino alla fossa dura. 2] Vizio di natura, fino alla
morte dura. 242] Voglia di lavorar saltami addosso, lavora tu per me che io non
posso. 243] Voglio piuttosto un asino che mi porti, che un cavallo che mi getti
in terra. 4] Volpe che dorme, ebreo che giura, donna che piange, malizie
sopraffine colle frange. 4] Note Cfr. voce dedicata su Wikipedia.
Cfr. voce dedicata su Wikipedia. Cfr. Matteo, 6, 34. La locuzione
latina gutta cavat lapidem (letteralmente "la goccia perfora la
pietra") venne utilizzata da Tito Lucrezio Caro, Publio Ovidio Nasone e
Albio Tibullo. Cfr. voce dedicata su Wikipedia. Cfr. voce dedicata su
Wikipedia. Titolo di un'opera di Achille Campanile del 1930, passato a
proverbio e modo di dire comune. Cfr. Petrarca: «La vita el fin, e 'l dí
loda la sera». Cfr. Giacomo Leopardi: «Amore, | amor, di nostra vita
ultimo inganno, | t'abbandonava». Cfr. voce dedicata su Wikipedia.
Cfr. voce dedicata su Wikipedia. Cfr. Giovanni Verga, I Malavoglia.
Slogan pubblicitario degli anni Ottanta. Cfr. Gesù, Discorso della
Montagna: «Cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto; perché chiunque
chiede riceve, e chi cerca trova». Cfr. Gesù, Vangelo secondo Matteo:
«Rimetti la spada nel fodero, perché tutti quelli che mettono mano alla spada
periranno di spada». Cfr. voce dedicata su Wikipedia. Cfr. voce
dedicata su Wikipedia. Cfr. voce dedicata su Wikipedia. Citato in
Giovanni Battista Rossi, Conferenze popolari per gli uomini nel tempo degli
esercizi spirituali, Tappi, Torino, Citato nel film Riso amaro. Citato in
Dizionario Italiano Olivetti, dizionario-italiano.it. Cfr. voce dedicata
su Wikipedia. Cfr. Libro di Osea: «E poiché hanno seminato vento |
raccoglieranno tempesta». Cfr. attribuite a Papa Bonifacio VIII: «Qui
tacet, consentire videtur». Cfr. voce dedicata su Wikipedia. Cfr.
voce dedicata. Cfr. Cristoforo Poggiali, Proverbj, motti e sentenze ad
uso ed istruzione del popolo: Chi dà a credenza, molte merci spaccia; | Ma un
presto fallimento si procaccia». Cfr. Appio Claudio Cieco, Sententiae:
«Quisque faber fortunae suae.» Cfr. voce dedicata. La frase è
attribuita (MACHIAVELLO MACHIAVELLI (si veda0, Istorie fiorentine, II, 3;
Giovanni Villani, Nuova Cronica, VI, 38) a Mosca dei Lamberti che a Firenze,
convinse così gli Amidei a uccidere Buondelmonte de' Buondelmonti; dal delitto
nacquero le fazioni dei guelfi e dei ghibellini. Citato anche nella Divina
Commedia di Dante Alighieri (Inferno): Gridò: "Ricordera' ti anche del
Mosca, | che disse, lasso!, 'Capo ha cosa fatta', | che fu mal seme per la
gente tosca". È possibile che Mosca dei Lamberti adattò al momento un
proverbio già noto ai suoi tempi (Giuseppe Fumagalli, Chi l'ha detto?, Hoepli,
1921); secondo l'Accademia della Crusca (Dizionario della lingua italiana)
corrisponderebbe al latino «Factum infectum fieri nequit». Cfr. Gesù,
Vangelo secondo Matteo: «Rendete dunque a Cesare quel che è di Cesare e a Dio
quel che è di Dio». Cfr. voce
dedicata. Cfr. voce dedicata. Cfr. Philippe Néricault Destouches,
Le Glorieux, atto II, scena V: «La critique est aisée, et l'art est
difficile.». Cfr. «Facta lex inventa fraus.» Cfr. voce
dedicata su Wikipedia. Cfr. voce dedicata su Wikipedia. Riferito
all'uso di numeri civici di colore nero per le abitazioni e rosso per gli
esercizi commerciali. Cfr. Michail Aleksandrovič Bakunin: «Il caffè, per
esser buono, deve essere nero come la notte, dolce come l'amore e caldo come
l'inferno». Cfr. Blaise Pascal: «Il cuore ha le sue ragioni che la ragione
non conosce». Cfr. voce dedicata su Wikipedia. Nei dialetti
siciliani e nel napoletano l'arancia viene chiamata portogallo. La
spiegazione è in Strafforello. Cfr. voce dedicata su
Wikipedia. Veste da lavoro usata, specialmente in Toscana, da contadini e
operai. Cfr. voce dedicata su Wikipedia. Cfr. voce dedicata su
Wikipedia. Cfr. voce dedicata su Wikipedia. Cfr. voce dedicata su
Wikipedia. Cfr. voce dedicata su Wikipedia. Cfr. voce
dedicata. Cfr. voce dedicata. Cfr. Ippocrate: «La vita è breve,
l'arte è lunga, l'occasione è fugace, l'esperienza è fallace, il giudizio è
difficile». Citato in Dizionario Italiano, dizionario-italiano.it.
Cfr. voce dedicata Cfr. voce dedicata. itato in Dizionario Italiano
Olivetti. Cfr. Gesù, Vangelo secondo Luca: «Nessun profeta è ben accetto
in patria». Cfr. Etica della reciprocità. Cfr. anche Salvator Rosa,
iscrizione riportato su un autoritratto: «Aut tace | aut loquere meliora |
silentio.». Questo detto, ripreso dal Libro dell'Esodo («occhio per
occhio, dente per dente, mano per mano, piede per piede, bruciatura per
bruciatura, ferita per ferita, livido per livido»), è chiamato Legge del
taglione. Il proverbio compare in una novella del Decameron di Giovanni
Boccaccio (la quarta della prima giornata). Cfr. Focus storia in tale giorno la
Chiesa cattolica celebra la presentazione al Tempio di Gesù (Luca),
popolarmente chiamata festa della Candelora, perché in questo giorno si
benedicono le candele, simbolo di Cristo. La festa è anche detta della
Purificazione di Maria, perché, secondo l'usanza ebraica, una donna era
considerata impura del sangue mestruale per un periodo di 40 giorni dopo il
parto di un maschio e doveva andare al Tempio per purificarsi: il 2 febbraio
cade appunto 40 giorni dopo il 25 dicembre. Cfr. voce dedicata su
Wikipedia. Citato in Vocabolario degli accademici della Crusca,
Tipografia Galileiana di M. Cellini e c., Firenze, Una leggenda simile esiste
anche in Giappone: i demoni-volpe (le kitsune) preferirebbero celebrare i loro
matrimoni sotto la pioggia mentre splende il sole; il regista Akira Kurosawa ne
prese spunto per il primo episodio (Raggi di sole nella pioggia) del film Sogni
prima della riforma del calendario liturgico Cfr. Proverbio latino medievale:
Excusatio non petita, accusatio manifesta. Citato in Macfarlane,
Attribuita a Francesco Domenico Guerrazzi. Cfr. Libro di Ezechiele:
«Ecco, ogni esperto di proverbi dovrà dire questo proverbio a tuo riguardo:
Quale la madre, tale la figlia». Titolo di una commedia di Shakespeare.
Cfr. Petronio Arbitro, Satyricon, Cfr. Badoer: «Un bel tacer | mai scritto fu».
Fonti Citato ne Il nuovo Zingarelli. Citato in Lapucci.
Citato in Carlo Volpini, proverbi sul cavallo, Cisalpino-Goliardica, Citato in
Donato. Citato in Max Pfister, Lessico etimologico italiano, Reichert, Citato
in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in Selene. Citato in
Marino Ferrini, I proverbi dei nonni, Il Leccio, Citato in Schwamenthal, Citato
in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in
Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in Vocabolario della lingua
italiana. Citato in Schwamenthal, Citato in Macfarlane, Citato in
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in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in
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Torino che non puoi non sapere, Newton Compton Editori, Citato in Pescetti,
Citato in Grisi, Citato in Paronuzzi, Citato in Schwamenthal, Citato in Giulio
Franceschi, Proverbi e modi proverbiali italiani, Hoepli, Citato in Macfarlane,
Citato in Grisi, Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in
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italiani, A. Salani, Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in
Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in Castagna Citato in Grisi, Citato
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Firenze fino ai nostri giorni, V. Batelli e compagni, Citato in Schwamenthal,
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Grande dizionario dei proverbi italiani, Zanichelli, Citato in Schwamenthal, Citato
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italiana, Zanichelli, Bologna, Citato in Giuseppe Pittàno, Frase fatta capo ha.
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libro dei gatti, traduzione di Giovanni Zucca, Fabbri Editori, Milano, Citato
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in Macfarlane, Citato in Strafforello, Citato in Grisi, Citato in Volpini,
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Oddera, Il grande dizionario dei proverbi italiani, in riga edizioni, Bologna,
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le scienze sociali, Meltemi Citato in Schwamenthal, Citato in Macfarlane,
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alle letture festive. Anno B, Paoline, Milano, Citato in Schwamenthal, Citato
in Grisi, Citato in Grisi, Citato in Macfarlane, Citato in Grisi, Citato in
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proverbiali, Nerbini, Citato in Grisi, p. 109. Citato in Ugo
Rossi-Ferrini, Proverbi agricoli, I Fermenti, Citato in Grisi, Citato in Schwamenthal,
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Lombardia, Milano, Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in
Florio, lettera N. Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, § 3630. Citato
in Castagna Citato in Paronuzzi, Citato in Schwamenthal, Citato in Pescetti,
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massime, 29. Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in
Grisi, Citato in Schwamenthal, Citato in Schwamenthal, Citato in Grisi, Citato
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Schwamenthal, Citato in Macfarlane, Citato in Grisi, Citato in Schwamenthal, §
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dire, frasi proverbiali, proverbi antichi e moderni del corpo umano, SugarCo,
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Zingarelli, Zanichelli, Zingarelli, Vocabolario della lingua italiana,
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Dizionario universale dei proverbi di tutti i popoli,, vol. III, Augusto
Federico Negro, Torino, stampa Voci correlate Modi di dire italiani
Scioglilingua italiani Categoria: Proverbi dell'Italia. Massimo Baldini. Keywords: linguaggio,
Campanellese, lingua utopica, fantaparola – phanta-parabola, il proverbio
italiano, amici, implicatura proverbiale, proverbi romani, proverbi italiani,
lezioni di filosofia del linguaggio, con D. Antiseri, indice, grice – filosofia
analica, parte I: filosofia analitica Austin e Grice, parte II tipi di
linguaggio. baldini — implicatura
proverbiale — i amici — das mystisch — filosofia italiana della moda maschile
italiana — haircuts — journalese — journal of the Royal Association of
Philosophy — lingua utopica — Campanellese — Empedocle filosofo poeta —
Lucrezio filosofo poeta — Parmenide filosofo poeta — Eraclito l’oscuro —
vallisneri — fantaparola — gargarismo — trabocchetta — rumore — ingorgo —
aforismo — Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Baldini” – The Swimming-Pool
Library. Baldini.
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