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Wednesday, January 8, 2025

GRICE ITALO A-Z C CR

 

Grice e Crassicio: la ragione conversazionale e la diaspora di Crotone -- Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Taranto). Filosofo italiano. He moves to Rome where he works as a teacher before joining the school of Quinto Sestio. Crassicio Pasicle. Crassicio.

 

Grice e Crasso: la ragione conversazionale a Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. An orator and a politican. He takes a keen interest in philosophy and at different times studies with Metodoro, Carmada, Clitomaco and Mnesarco. Lucio Lucinio Crasso. Crasso.

 

Grice e Cratippo: la ragione conversazionale al lizio di Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Lizio. Friend of Cicerone. Tutor of Orazio and Bruto. Marco Tullio Cratippo. Crattipo.

 

Grice e Credaro: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale del discorso al senato – scuola di Sondrio – filosofia lombarda -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Sondrio). Filosofo lombardo. Filosofo italiano. Sondrio, Lombardia. Grice: “I like Credaro; it is as if he invented the universities! I especially love the way he connects it all, in that uniquely Italian way, with the ‘assoluto’!”  Si laurea a Pavia, dove fu convittore del Collegio Ghislieri, divenne insegnante di liceo. Wi recò a Lipsia per perfezionarsi nella psicologia filosofica sotto Wundt. Insegna a Pavia. Ministro della Pubblica Istruzione del Regno d'Italia nei governi Luzzatti e Giolitti IV --  istituì il Liceo moderno. Relatore nella presentazione della Legge che istitutiva dei Corsi di perfezionamento, o più comunemente Scuole pedagogiche, di durata biennale, di preparazione per l'esercizio all'ispettorato o per la direzione didattica delle scuole. Fu l'ispiratore della legge Daneo-C., che stabiliva che lo stipendio dei maestri delle scuole elementari fosse a carico del bilancio dello Stato, e non più dei Comuni, contribuendo così in maniera determinante all'eliminazione dell'analfabetismo in Italia. Prima di questa legge, infatti, i comuni di campagna e quelli più poveri, specie nel Sud, non erano in grado di istituire e mantenere scuole elementari e pertanto rendevano di fatto inapplicata la legge Coppino sull'obbligo scolastico.  Si interessa attivamente dei problemi agricoli e forestali di Sondrio. Autore di numerosi saggi, in particolare sui Kant e Herbart.  Commissario Generale Civile della Venezia Tridentina, ossia la suprema autorità del Trentino-Alto Adige che sta per essere fannesso all'Italia. In tale veste tentò una politica particolarmente conciliante verso la minoranza di lingua tedesca e rispettosa dell'ordinamento amministrativo de-centrato della regione. In seguito, anche a causa delle pressioni dei nazionalisti, la sua politica nei confronti della minoranza di lingua tedesca si fece più intransigente. Testimonianza ne è la cosiddetta Lex Corbino,elaborata da Credaro, sull'istituzione di scuole elementari nelle nuove province che è considerata da una parte della storiografia strumento per potenziare la presenza italiana soprattutto nel territorio misti-lingue della regione a danno della minoranza tedesca. Ciononostante, sube l'assalto di una squadra d'azione fascista che lo costrinse alle dimissioni per far luogo all'insediamento di un prefetto di Trento. Termina quindi la sua carriera politica in disparte rispetto al regime che si andava consolidando. Altre opere: “Lo scetticismo degli platonisti (Roma, Terme Diocleziane); La libertà di volere (Milano, Bernardoni); Herbart, Torino, Paravia), “Razionalismo trascendente in Italia” Catania, Battiato); Wundt (Milano, Società Anonima Editrice Dante Alighieri). Andrea Di Michele, L’italianizzazione imperfetta. L’amministrazione pubblica dell’Alto Adige tra Italia liberale e fascismo, Alessandria, Orso, Analfabetismo, Dizionario biografico degli italiani, Cr. un italiano d'altri tempi articolo di Romano, Corriere della Sera,  Sondrio. Se il nome di Carneade non è completamente ignorato dalle persone colte, che non si occupano di storia della filosofia, si deve alla parte giuridica del suo pensiero, la cui conoscenza è tratta quasi interamente da pochi frammenti della famosa orazione (quasi-Trasimaco) *contro* il concetto dello giusto tenuta a Roma frammenti conservati da Lattanzio, il quale li ha presi dal trattato della repubblica di CICERONE. Questa orazione alla Trasimaco *contro* la coerenza del concetto dello giusto – gius – giustiziato, juratum, giurato cf. Cicerone jusjuratum --, che fa epoca nella storia della cultura del popolo romano, non deve essere considerata solamente un episodio della vita di Carneade, una semplice millanteria del facondo oratore, che volesse fare impressione sugli animi dei Romani; ma il suo contenuto deve venire integrato colle altre vedute di Carneade per cercarne il legame ed esaminarne il valore. A tale fine bisogna anche qui muovere dallo stoicismo. L'orazione *contro* lo giurato (Cicerone – iusiuratum) giustiziato ha qualche rapporto con esso? Si sa che tutti e tre i filosofi ambasciatori -- Carneade accademico, Diogene stoico e Critolao peripatetico -- durante il lungo soggiorno a Roma, sia per invito avuto dalla cittadinanza, che in quel tempo godeva la pice decorsa tra la battaglia di Pidna e la terza guerra punica, sia di propria iniziativa, per desiderio di far mostra di tutta la potenza della loro parola e della loro scienza filosofica, a beneficio eziandio della causa che patrocinavano, aprirono un corso di conferenze (GELLIO, Noct. Att.; MACROBIO, Saturn.). É probabile che tutti e tre filosofi – Carneade accademico, Critolao peripatetico del liceo – e Diogene stoico -- abbiano scelto l'argomento delle loro orazioni dalla filosofia pratica, come quella che interessa vivamente i loro ospiti, tutti dati alle armi, agli affari, alla politica, all'amministrazione; anzi e le cito supporre che ciascuno abbia esposte le idee della sua scuola – l’accademia, il lizio, e il portico -- intorno al “giurato” – Cicerone iusiuratum, il principio o imperativo più importante della vita pubblica e privata. Il soggetto del giurato – Cicerone, iusiuratum – dove soddisfare pienamente le esigenze e i desideri dell'uditorio, poichè i romani, a ragione o a torto, si credeno gli uomini più giusti (giuratura, iusiuraturus) e alla virtù del giurato (Cicerone iusiuratum) attribuivano la grandezza, alla quale era pervenuta la propria patria. In questa ipotesi lo stoico Diogene, con parola modesta e sobria, come attesta POLIBIO, che ebbe opportunità di ascoltarlo, spiega ai Romani l'idealismo morale e il cosmo-politismo della sua setta. L'anima di tutti gli uomini è uguale; e come tutte le cose uguali si attraggono, cosi anche gli esseri razionali; per ciò l'istinto della società è insito nella stessa ragione, la quale insegna a ciascuno di noi che esiste una sola città, un solo stato, la grande società umana; ciascuno si sente parte integrante di questo immenso organismo governato da una sola legge (ius) e da un solo diritto, la retta ragione (ius). Questa legge (ius) conforme alla natura si fa sentire in tutti, immutabile, sempiterna, divina; invita col comando al dovere, col divieto allontana dalla frode. È suprema, assoluta; non è lecito crearne altre contrarie, nè abrogarla totalmente o parzialmente; non voto di popolo, non decreto di senato possono dispensare dall'ubbidirla; nessuno ha bisogno d'interprete per comprenderla; è la medesima in Atene e in Roma, oggi e domani e sempre; l'inventore e il promulgatore di essa è uno solo, il maestro e il comandante di tutti, Dio. Chi non vi obbedisce, va contro la natura e per questo fatto solo soffrirà tutte le pene. L'uomo pensa e opera moralmente (mos: costume) solo in quanto conformasi a questa unica legge; e poichè questa è la medesima in tutti gli uomini, tutti debbono tendere allo stesso scopo, al bene universale. Il uomo non deve vivere per sè, ma per l'umanità; l'interesse personale deve essere asso lutarnente subordinato a quello umano Cic., de fin.; de rep.; Plut., de comm. notit.; Zeller). In questo stato politico ed etico regna perfetta concordia ed armonia. Tutti i cittadini hanno vivo il sentimento dell'ordine, coltivano la virtù e reprimono gli appetiti irrazionali, che sono la causa dell’inimicizia e della guerra (bellum, polemos). Sono sottomessi alla volontà divina, al fato, alla serie universale e interminabile delle cause e degli effetti. I doveri fondamentali sono il giurato (iusiuratum), in qua virtutis splendor est maximus, e la benevolenza e la beneficenza.Questedue virtù sono le basi della società civile (CICERONE, de fin.). Intorno ad esse Diogene puo parlare a lungo ai Romani, perchè nel Portico e stato soggetto di molte dispute e di scritti. Il suo tutore Crisippo gli aveva insegnato in proposito una dottrina propria. Tutti gli altri esseri sono nati per il bene degli uomini e degli dei, due uomini per formare una popolazione, una società, una comunanza, una communita, un comune; è inerente alla natura che tra l'uomo e il genere umano, come tra parte e tutto, interceda un diritto naturale. Colui che lo osserva è giusto (promuove il giurato – iusiurato); ingiusto chi lo trasgredisce. Tra il diritto pubblico e quello privato non avvi opposizione (CICERONE, de fin.). Un uomo non si trova in rapporti giuridici con una bestia, ma solo con suo simile. Affinchè si realizzi il regno del giurato (iusiuratum) e della moralità occorre che la perfetta ragione sia presente in tutti. La ragione invece si trova solamente nel sapiente; si formarono quindi gli stati singoli, che tengono divisa l'umanità. Come gli stati, così le istituzioni che li governano sono effetto di errore e stoltezza: quali l’istituzione del matrimonio, l’istituzione della famiglia, l’istituzione della proprietà, l’istituzione dela moneta, l’istituzione del ribunale, l’istituzione del ginnasio (Diog. L.). Stato conforme alla natura umana, con istituzioni veramente buone, non esiste. Edotto di questo idealismo politico, puo sul Campidoglio il pretore romano A. ALBINO, uomo erudito e versato nella lingua greca, dire per ischerzo volgendosi a Carneade. “A te, Carneade, non sembra io sia un pretore, nè questa una città, nè in essa abitino cittadini). A cui Carneade, che subito capisce di essere stato preso per il collega del Portico. “A questo del Portico non sembra cosi.” I filosofi ateniesi non lasciano di contendere neppure in paese straniero; o certo Carneade e stato assai lieto di osservare che al senso pratico dei romani la dottrina de' suoi avversari si presenta come assolutamente *ridicola*; e tornato in patria, crede il fatto degno di essere raccontato a' suoi discepoli (L'aneddoto è ricordato da Clitomaco. CICERONE, Ac.). Sogliono gli storici narrarci che Carneade tenne a Roma *due* discorsi ispirati a scopo opposto. Il primo giorno dimostra l'esistenza del diritto naturale e loda la giustizia (il giurato – il iusiuratum – dike – cf. lex). Il secondo giorno sostenne tutto il contrario; onde gridano all'immoralità, all’audacia e alla sfacciataggine del filosofo, che non si vergognò di difendere contraddizione si anorme. Anche non tenendo conto che, se si applicasse questo criterio, tutta la filosofia dei accademici sarebbe un' immoralità, perchè il loro metodo e di difendere in ogni quistione le soluziori opposte. Idue discorsi (tesi ed antitesi, positio e contra-positio, posizione e contra-posizione), tenuti in giorni successivi, abbiano un'unità perfetta (la sintesi, o com-posizione) e si propongano il medesimo fine: mostrare la falsità della dottrina della tesi di Diogene intorno al giurato; e siccome costoro in questa parte della filosofia, molto più che in altre, sono dipendenti da Platone e da Aristotele, bisogna prendere le mosse da questi. Leggiamo in LATTANZIO. Carneades autem, ut Aristotelem refelleret ac Platonem, IVSTITIAE patronos, prima illa disputatione collegit ea omnia, quae pro IVSTITIA dicebantur, ut posset illa, sicut fecit, evertere. Carneades, quoniam erant infirma, quæ a philosophis adserebantur, sumsit audaciam refellendi, quia refelli posse intellexit (Lattanzio, Instit. div.). E al trove. Nec immerito extitit Carneades, homo summo ingenio et acumine, qui refelleret istorum (Platone e Aristotele ) orationem et iustitiam, quæ fundamentum stabile non habebat, everteret, non quia vituperandam esse iustitiam sentiebat, sed ut illos defensores eius ostenderet nihil certi, nihil firmi de iustitia disputare (Epit.). Di qui è evidente che la prima orazione non era che un esordio, un'introduzione, uno sguardo storico alla questione, un'esposizione delle idee accettate da Diogene, che Carneade s'appresta a confutare nel vegnente giorno (CICERONE., de rep.); confutazione, la quale non ha per iscopo di vituperare la giustizia in sé, ma di colpire i filosofi avversari, o almeno la loro teoria dommatica – il domma. Non è la virtù del Portico, che Carneade demole, ma il sapere. E caso a noi pervennero frammenti solamente della seconda orazione. Questa sola offre una filosofia nuova, da una scossa inaspettata e forte all'intelligenza dei romani. Perciò eam disputationem, qua IVSTITIA evertitur, apud CICERONE  L. FURIO recordatur (Lattanzio, Instit. dio.). E noi ora possiamo tentare di ricostruire questo singolare discorso nelle sue linee generali. Per Carneade, non esiste una giustizia (giurato – iusiurato) naturale nè verso due uomini. Se esso esiste, le medesimecose sarebbero giurate (iusiurata) giuste o ingiuste, buone o cattive, morali o immorali, per ogni uomo, come le cose calde e le fredde, le dolci e le amare. Invece, chi conosce il mondo e la storia, sa che regna una grandissima diversità di apprezzamenti morali e giuridici, di consuetudini tra il popolo romano e il popolo sabino, da Roma a Sabinia, dal Tevere al Trastevere, da tempo a tempo. I cretesi e gl’etoli reputano cosa onesta il brigantaggio. I lacedemoni dichiarano loro proprietà tutti i campi che potevano toccare col giavellotto. Gl’ateniesi soleno annunciare pubblicamente che loro appartene ogni terra che producesse olive e biade. I barbari galli stimano disonorevole cosa procurarsi il frumento col lavoro, invece che colle armi. I romani vietano ai transalpini la coltivazione dell'ulivo e della vite, per impedire la concorrenza ai loro prodotti e dar a questi un valore più elevato. Gli semitici egiziani, che hanno una storia di moltissimi secoli, adorano come divinità il bue e belve di ogni genere. I semitici persiani, disprezzano gli dei dell'Ellade, ne incendiarono i tempii, persuasi essere cosa illecita che gli dei, i quali hanno per abitazione tutto il mondo, fossero rinchiusi tra pareti. Filippo il Macedone idea e Alessandro manda ad esecuzione la guerra contro i greci per punire quei numi. I Tauri, gli Egiziani, i barbari galli (“Norma”) e i Fenici credeno che tornassero assai accetti alle loro deità il sacrifizio umano. Si dice: E dovere dell'uomo che fa il giurato (iusiuratum) ubbidire alla legge. Quale legge? A la legge di ieri, o alla legge di oggi? A quelle fatte in questo lato del Tevere, o nel Trastevere? Se una un imperativo o una legge suprema, universale, trascendente, kantiana, costante s'impone alla coscienza dell’uomo, come pretende Diogene, coteste variazioni non sarebbero possibili. Perciò non esiste un diritto naturale, nè un uomo che per natura arriva al giurato (iusiuratum). Il diritto (IVS) è una invenzione dell’uomo a scopo di utilità e didifesa; come prova anche il fatto che non raramente la legge, le quale e fatta dal sesso maschile, assicura a questo sesso un particolare vantaggio a danno di quello femminile. Nessuna ‘legislazione’, attentamente esaminata, appare l'espressione di un imperative o principio fisso, naturale, vero, immutabile, divino. Invece al profondo osservatore non isfugge che ogni disposizione legale move da ragione di utile e viene cambiata appena non risponde più ai bisogni e agl'interessi di coloro che hanno nelle mani il potere. Ogni nazione cerca di provvedere al proprio bene e considera, per istinto di natura, gl’animali e le altre nazione come istrumenti della propria conservazione e felicità (CICERONE., de rep.). La storia insegna che ogni popolo che diventa grande, potente, ricco, non pensa ai vantaggi altrui, ma unicamente ai proprii. Voi stessi o ROMANI, dice Carneade parlando a un SCIPIONE Emiliano, il futuro distruttore di Cartagine e di Numanzia, a LELIO il saggio, al letterato FURIO Filone, a SCEVOLA il futuro giureconsulto, all'erudito SUPICIO Gallo, al grande oratore GALBA, al vecchio CATONE, l'implacabile nemico di Cartagine, al fiore di tutta la cittadinanza e alla presenza dei colti ostaggi achei trasportati in Italia, tra i quali il grande storico e generale Polibio. Voi stessi, o Romani, non vi siete impadroniti del mondo colla GIUSTIZIA. Se volete essere giusti, restituite le cose tolte agl’altri, ritornate alle vostre capanne a vivere nella povertà e nella miseria. Il criterio direttivo della vostra vita non e il  giurato (iusiuratum), bensi l'utilità, che invano cercate di mascherara. Poichè voi, coll'intimare la guerra per mezzo di araldi, col recare *in-giurie* sotto un pretesto di legalità, col desiderare l'altrui, col rubire, siete per venuti al possesso di tutto il mondo. Ma per temperare il cattivo effetto, che avesse potuto produrre negli animi dei Romani questa audace analisi dei fattori della loro grandezza politica, l'avveduto ambasciatore ateniese ricorda altri esempi, che sono celebri e lodati in tutto il mondo. Rammenta la ben nota risposta data dal pirata catturato ad Alessandro il grande. Io infesto breve tratto di mare con una sola fusta, con quel medesiino diritto, col quale tu, o Alessandro, infesti tutto il mondo con grande esercito e flotta. Il patriottismo, questa virtù somma e perfetta, che suole essere portata fino al cielo colle lodi, è la negazione del giurato (iusiuratum), perchè si alimenta della discordia seminata tra gli uomini e consiste nell'aumentare la prosperità del proprio paese, naturalmente a danno di un altro, coll’nvadere violentemente il territorio altrui, estendere il dominio, aumentare le gabelle. Patriotta è colui che acquista dei beni alla patria colla distruzione di altre città e nazioni, colma l'erario di denaro, rese più ricchi i concittadini. E, quel che è peggio, non solo il popolo e la classe incolta, ma eziandio i filosofi esortano e incoraggiano a commettere cotali atti ingiusti. Cosicchè alla malvagità non manca neppure l'autorità della scienza. Ovunque regnano inganno e ingiustizia, che invano si tentano di nascondere e legittimare. Tutti quelli che hanno diritto di vita e di morte sul popolo sono tiranni. Ma essi preferiscono chiamarsire per volontà divina. Quando alcuni, o per ricchezze, o per ischiatta, o per potenza, hanno nelle mani l'amministrazione di una città, costituiscono una setta. Ma i membri prendono il nome di “ottimato”. Se il popolo ha il sopravvento nel maneggio dei pubblici affari, la forma di governo si chiama libertà; ma è licenza. Ma poichè gli uomini si temono l'un l'altro, e una classe ha paura dell'altra, interviene una specie di *patto* o contratto fra popolo e potenti e si costituisce una forma mista di governo, dove la giustizia è un effetto non di natura o di volontà, ma di debolezza. Ed è naturale che cosi avvenga. Se l'uomo deve scegliere tra le seguenti condizioni: recare *in-giuria* e non riceverne; e farne e riceverne; nè farne, nè riceverne, egli repute ottima la prima, perchè soddisfa meglio i suoi istinti. Poscia la terza, che dona quiete e sicurezza; ultima e più infelice la condizione di chi sia costretto ad essere continuamente in armi, sia perchè faccia, sia perché riceva *in-giurie”. Adunque alla Hobbes lo stato naturale dei rapporti tra uomo e uomo è la lotta (uomo uominis lupo), la guerra, la discordia, la rapina, la violenza, l'inganno, in una parola, la negazione del giurato (giusgiurato). La giustizia è una virtù che si esercita per effetto di debolezza e per proprio tornaconio. Ma Diogene, come vedemmo, considera il giurato (iusiuratum) verso gli uomini. Carneade dove notare che l’istituzione del tempio esiste solamente nel l'immaginazione de' suoi avversari e dei filosofi, dai quali essi attinsero i loro principii. Non si acquista, non si allarga potere, non si fonda regno senza le armi, le guerre, le vittorie; le quali alla loro volta in generale presuppongono la presa e la distruzione di città. E dalle distruzioni non vanno immuni le oggetti addorati nei tempi, ne dalle stragi si sottragge il sacerdote del tempio; né dalle rapine i  tesori e gli arredi sacri. Quanti trofei di divinità nemiche, quante sacre immagini, quante spoglie di tempii resero splendidi i trionfi dei generali romani! E non sono cotesti sacrilegi? Non sono atti di somma ingiustizia? No, innanzi al giudizio del popolo, all'opinione della gente colta, degli storici, dei letterati, questa è gloria, è patriottismo, è prudenza, sapienza, giustizia. Dunque la giustizia non solamente non viene osservata in pratica, ma non esiste nep pure in fondo alla coscienza generale dell’uomo. Anch'essa viene subordinata all'utile. Ma non s'arresta qui la critica di Carneade. Con un esame sottile e profondo dell'antinomia esistente tra i due concetti del ‘scitum’ e del ‘giurato’ e della natura morale dell'uomo quale in realtà è, e quale egli si crede e vorrebbe essere, Carneade ha chiarito un contrasto del cuore (ragione pratica) e della mente (ragione teorica) umana, che tuttavia rimane e che ha servito di fondamento alle teorie utilitaristiche inglesi di tempi a noi vicini. Lo ‘scitum’ – la sapienza politica comanda al Cittadino di accrescere la potenza e la ricchezza della patria, estenderne i confini e il dominio, renderne più intensa la vita con nuove sorgenti di guadagni e di piaceri; e tutto questo non si può compiere senza danno di altre genti. Il giurato (iusiuratum) invece comanda di risparmiare tutti, di beneficare i propri simili indistintamente, restituire a ciascuno il suo, non toccare i beni, non turbare i possedimenti altrui, non sminuire la felicità d'alcuno. Ma se un uomo di stato vuole essere giusto, non ha mai l'approvazione de' suoi amministrati, non gloria, non onori, i quali il popolo attribuisce non al giusto (che promueve il giurato) e onesto e inetto; bensì al sapiente, al prudente, all'accorto. Non per il giurato, ma per il ‘scitum’ i generali di Roma hanno il soprannome di grandi. La violenza, la forza, la negazione del giurato, hanno dato potere e consistenza agli stati. Ma per nascondere la propria origine e fuggire la taccia de negare il giurato (iusiuratum), il popolo, fatto grande e divenuto dominatore, va immaginando delle favole da sostituire alla storia vera, come il mercante arricchito agogna un titolo di nobiltà. Le stesse qualità, e solamente le stesse, mantengono gli stati liberi o forti. Non ha nazione tanto stolta, la quale non preferisce il comandare con la negazione del giurato, all'ubbidire con la promozione del giurato (iusiuratum). La ragione di stato e la salvezza pubblica vincono e soffocano il sentiment *dis-interessato*. Uno stato vuole vivere a prezzo di qualsiasi negazione del giurato (iusiuratum), perchè sa che alla vittoria, con qualunque mezzo acquistata, tien dietro la gloria. Nel concetto degli antichi, la fine della propria nazione non sembra avvenimento naturale, come la morte di un individuo, pel quale questa non solo è necessaria, ma talvolta anche desiderabile. L'estinzione della patria era per essi in certo qual modo l'estinzione di tutto il mondo. Dato questo concetto e un sentimento della gloria diverso e molto più intenso che non sia in noi moderni, doveno in certa guisa parere *giustificati* (giusti-ficati – fatto giurato – iusiuratum -- anche gli atti di violenza e di frode, che avevano per I scopo la conservazione e la potenza del proprio stato; o, per meglio dire, il popolo e gl'individui non hanno coscienza di un principio o imperativo che governa la propria vita. Credeno, I ROMANI pei primi, di promovere il giurato (iusiuratum) e invece sommamente negano il giurato (iusiuratum). Carneade fu il primo a chiarire questa opposizione tra fatto e idea, tra sapienza machiavelica politica e il giurato (iusiuratum) (CICERONE (si veda), de fin.). Il medesimo conflitto tra il giurato e il ‘scitum’ dimostra egli esistere nella vita privata, intendendo per sapiente l'uomo che sa difendere il proprio interesse; e giusto colui che non lede quello degli altri. Sono suoi i seguenti esempi, tolti dalla vita giornaliera e assai chiari e appropriati alla vita romana affogata negli affari. Un tale vuole vendere uno schiavo, che ha l'abitudine di fuggire, o una casa insalubre. Egli solo conosce questi difetti. Ne rende avvisato il compratore? Se si, s'acquista  fama di uomo onesto, perchè non inganna, maeziandio di stolto, per che vende a piccolo prezzo, o non vende affatto; se no, sarà reputato sapiente, perchè fa il proprio interesse, ma malvagio, perchè inganna. Parimenti, se egli s'incontra in uno che vende oro per oricalco, o argento per piombo, tace per comperare a buon prezzo, o indica al venditore lo sbaglio e sborsa di più per l'acquisto? Solamente lo stolto vorrà pagare a maggior prezzo la merce. Se un tale, la cui morte a te recherebbe vantaggio, sta per porsi a sedere in luogo, dove si nasconde serpe velenoso, e tu il sai, dovrai avvertirlo del pericolo, o tacere? Se taci, sarai improbo, ma accorto; se parli, sarai probo, ma stolto (Cic., de rep.). Dunque qui pure si presenta la contraddizione: chi è giusto, è stolto; chi è sapiente, è ingiusto. Ma in questi casi si tratta di una quantità maggiore o minore di denaro e di vantaggi più o meno rilevanti, e v'ha chi potrebbe essere contento e felice della povertà. Ma quando andasse di mezzo la vita, il conflitto diventerebbe più spiccato. Un tale in un naufragio, mentre è poco lontano dall'affogare, vede un altro più debole di lui mettersi in salvo appoggiandosi a una tavola, che vale a sostenere uno solo. Nessuno testimonio è presente. Si fa sua la tavola e si pone in salvo, lasciundo che l'altro perisca. Oppure, se, dopo che i suoi furono sconfitti, incontra nella fuga un ferito a cavallo, che va sottraendosi al ferro dei nemici inseguenti, lo getterà a terra per porre se stesso in sella, o si lasce raggiungere e uccidere. Se egli è uomo sapiente, si salva a qualunque costo. Ma se poi antepone il morire al far morire, sarà giusto, ma stolto. Tale è il giudizio che intorno al suo operato porteranno il uomo.  Cosicchè il giure naturale, la giustizia naturale è stoltezza. Il giure civile è sapienza politica. Tutto è lotta d'interessi. Si ha ragione di credere che Carneade nel suo discorso *contro* il giurato civile tocca anche la questione della schiavitù, dicendo essere un fatto che nega il giurato (iusiudicatum) naturale, che uomo servisse a uomo -- principio che, riconosciuto vero, puo essere assai valido per far conoscere quanto esteso fosse il dominio della negazione del giurato e dare alla sua tesi una grande forza. E ciò si induce a credere dal vedere che in più frammenti il difensore del giurato, ossia il suo contraddittore, viene svolgendo la tesi opposta, perchè la schiavitù, rettamente conservata, torna a utilità del stesso schiavo, il quale sotto un governo buono e forte vive in maggiore sicurezza e viene meglio educato che allo stato di libertà; e come Dio comanda all'uomo, l'anima al corpo, la ragione alle parti appetitive dell'anima, cosi il conquistatore tiene a freno il conquistato, il quale diventa tali appunto perchè e peggiore di quello. Un tenue indizio ci sarebbe anche per farci credere che egli risolve il rimorso nella paura della pena, negando che fosse un sentimento più profondo e disinteressato. Diogene obbietta che in questa ipotesi il malvagio sarebbe semplicemente un incauto e il buono uno scaltro (Cic. de leg.). In conclusione: per Diogene, fondamento della morale e del diritto è l'inclinazione ad amare gli uomini e a rispettare la divinità, inclinazione che ha radice nella natura, la quale sola offre la norma per distinguere il giurato dalla sua assenza, il bene dal male. Per Carneade, generatrice del diritto è l'utilità, e l'utilità sola, e ogni giudizio morale e altrettanta opinione, la quale non deriva da un imperativo kantiano, o un principio naturale fisso, come provano la loro varietà e il dissenso degli uomini (CICERONE (si veda), de leg.). Alla teoria giuridica di Carneade non si deve attribuire un significato di domma o dommatico, che sarebbe in cotraddizione colle premesse teoretiche della sua filosofia. L'egoismo e l'utilitarismo proclamato da Carneade in opposizione all'idealismo morale di Diogene, non è una dottrina *precettiva*, alla Kant (il sollen) ma l'investigazione e l'esposizione di un fatto psicologico e sociale – come il principio cooperativo di Grice. Carneade non pare credere all'effetto pratico della morale normativa e si limita ad analizzare il cuore dell’uomo, la ragione pratica, saggezza, prudential, il quale, per la sua tendenza nativa, è assai lontano dal realizzare il precetto dommatico stoico. Ma da filosofo prudente s'astiene dal proporne del proprio precetto (idiosincrazia). Nota il fatto che si presenta all'osservazione quotidiana con tutti i caratteri della verosimiglianza più alta e sforzano a credere o ad operare; ma nè costruisce una teoria assoluta, ne formula un domma. iusiuro: swear to a binding formula. NA Wundt/1/IV/D/XIII/1 Estate Wundt Zeitungsausschnitte 100. Geburtstag Wundt  NA Wundt. Estate Wundt Brief von Luigi Credaro an Wilhelm Wundt Ricerca Sofistica Lingua Nota disambigua.svg Disambiguazione – "Illuminismo greco" rimanda qui. Se stai cercando il movimento culturale greco del XVIII secolo, vedi Nuovo illuminismo greco. La sofistica (in greco σοφιστική τέχνη, sofistiké téchne) è stata una corrente filosofica[1] sviluppatasi nell'antica Grecia, ad Atene in particolare, a partire dalla seconda metà del V secolo a.C., la quale, in polemica con la scuola eleatica e avvalendosi del metodo dialettico di Zenone di Elea, pose al centro della propria riflessione l'uomo e le problematiche relative alla morale e alla vita sociale e politica. Non si trattò di una vera e propria scuola né di un movimento omogeneo, ma fu estremamente variegata al suo interno: i suoi esponenti (detti appunto sofisti), seppur accomunati dalla professione di «maestro di virtù», si interessarono di vari ambiti del sapere, giungendo ognuno a conclusioni differenti e a volte tra loro contrastanti. L'Acropoli e l'agorà di Atene: qui fiorì la sofistica I sofisti rinunciarono alla vastità delle congetture cosmologiche dei filosofi naturalisti, concentrandosi sulla soggettività dell'uomo, sulla legittimità delle opinioni e il valore dei fenomeni. L'approccio dei sofisti era quindi orientato all'individualismo e al relativismo, alla critica dei valori tradizionali, al razionalismo. I contemporanei avvertirono in queste posizioni il rischio di derive ateistiche e di corruzione dei costumi. Certa storiografia moderna ha invece evocato l'idea di un illuminismo greco. Etimologia. Anticamente il termine σοφιστής (sophistés, sapiente) era sinonimo di σοφός (sophòs, saggio) e si riferiva ad un uomo esperto conoscitore di tecniche particolari e dotato di un'ampia cultura. A partire dal V secolo, invece, si chiamarono «sofisti» quegli intellettuali che facevano professione di sapienza e la insegnavano dietro compenso:[6] quest'ultimo fatto, che alla mentalità del tempo appariva scandaloso, portò a giudicare negativamente questa corrente. Nell'antichità, il termine era spesso posto in antitesi con la parola «filosofia», intesa come ricerca del sapere, che presuppone socraticamente il fatto di non possedere alcun sapere. I sofisti vennero ritenuti falsi sapienti, interessati al successo e ai soldi, più che alla verità. Il termine mantiene anche nel linguaggio corrente un carattere negativo: con «sofismi» si intendono discorsi ingannevoli basati sulla semplice forza retorica delle argomentazioni. La sofistica è stata rivalutata, e oggi è riconosciuta come un momento fondamentale della filosofia antica.  Contesto storico-culturale Magnifying glass icon mgx2. Svg Lo stesso argomento in dettaglio: Pentecontaetiae Guerra del Peloponneso.  Veduta dell’Acropoli di Atene Lo sviluppo della sofistica ad Atene è legato a un insieme di fattori culturali, economici e politico-sociali. Con la sconfitta dei Persiani a Salamina le poleis greche affermarono la propria autonomia, e la loro potenza si ampliò progressivamente nel corso dei successivi cinquant'anni di pace (la cosiddetta Pentecontaetia). In particolare, a primeggiare su tutte furono le città rivali, ovvero Sparta e Atene: la prima espanse la propria influenza su quasi tutto il Peloponneso attraverso un'ampia rete di alleanze, mentre Atene, membro di primo piano della Lega delio-attica, con l'avvento di Pericle finì con l'assumerne il comando. Con il potere politico ed economico crebbe però anche l'ostilità tra le due città, e il desiderio di supremazia sull'intera Grecia portò al disastro della Guerra del Peloponneso.   Pericle Pericle, leader carismatico della fazione democratica, governò Atene per circa un trentennio, portando la città al suo massimo splendore. Egli fece trasferire il tesoro della Lega delio-attica da Deload Atene, e trasformò il volto della città con un imponente piano di riforma architettonica (simbolo del potere dell'epoca sono gli edifici dell'Acropoli: il Partenone, l'Eretteo, i Propilei); inoltre, si intensificarono i rapporti con le altre città, attraverso alleanze e scambi commerciali. Fu proprio questo nuovo clima di pace a favorire l'affermarsi della sofistica, poiché permise ai sofisti, «maestri di virtù» itineranti, di spostarsi di città in città, seguendo le rotte commerciali. Visitando luoghi con tradizioni e ordinamenti politici differenti, talvolta varcando addirittura i confini dell'Ellade, essi iniziarono ad interrogarsi sul valore intrinseco delle leggi e della morale, giungendo ad un sostanziale relativismo eticoche riconosceva il valore delle norme morali solo in relazione alle usanze della città in cui ci si trova ad operare: la stessa areté (virtù) da loro insegnata si riduceva all'insieme delle norme e delle convenzioni riconosciute valide dai cittadini, alle quali il retore si deve adeguare per avere successo e buona fama. Tuttavia, bisogna considerare che non erano considerati “cittadini” le donne, gli stranieri (meteci) e gli schiavi. L'età di Pericle fu dunque al tempo stesso l'età dello splendore e della crisi della polis, poiché coincise con la crisi dei valori tradizionali, di cui i sofisti furono protagonisti; come scrive Untersteiner, la sofistica è «l'espressione naturale di una coscienza nuova pronta ad avvertire quanto contraddittoria, e perciò tragica, sia la realtà». Il primo interesse dei sofisti è la rottura con la tradizione giuridica, sociale, culturale, religiosa, fatta di regole basate sulla forza dell'autorità e del mito (e per questo motivo sono talvolta guardati come "precursori dell'Illuminismo"), a cui veniva contrapposta una morale flessibile, basata sulla retorica. D'altra parte, la stessa retorica che essi insegnavano aveva un'enorme importanza per la vita civile nel regime democratico dell'epoca, il quale riconosceva a tutti i cittadini l'uguaglianza giuridica (isonomia) e la libertà di parola durante l'assemblea pubblica (parresia).  Il tramonto dell'aristocrazia segnò il tramonto di una mentalità, di un'epoca con le sue aspirazioni eroiche. Le eroiche lotte sostenute contro i Persiani, le nuove leggi e le nuove costituzioni crearono un grande senso di fiducia in se stessi. Nel pensiero dei sofisti si rispecchiano le esigenze delle àlacri classi borghesi, l'arrivismo degli uomini nuovi, l'irriverenza verso le tradizioni sacre ed il beffardo disprezzo del passato, le violente lotte fra città e città, la corsa sfrenata alle cariche politiche. I sofisti Rosa, Protagora e Democrito I sofisti erano considerati maestri di virtù che si facevano pagare per i propri insegnamenti. Per questo motivo essi furono aspramente criticati dai loro contemporanei, soprattutto da Platone e Aristotele, ed erano offensivamente chiamati «prostituti della cultura». Ironicamente, i sofisti furono i primi ad elaborare il concetto occidentale di cultura (paideia), intesa non come un insieme di conoscenze specialistiche, ma come "metodo di formazione" di un individuo nell'ambito di un popolo o di un contesto sociale. Essi riscossero successo soprattutto presso i ceti altolocati.  La figura del sofista, come persona che si guadagna da vivere vendendo il proprio sapere, si pone come precursore dell'educatore e dell'insegnante professionista. Argomento centrale del loro insegnamento è la retorica: mediante il potere persuasivo della parola essi insegnavano la morale, le leggi, le costituzioni politiche; il loro intento era di educare i giovani a diventare cittadini attivi, cioè avvocati o militanti politici e, per essere tali, oltre ad una buona preparazione, bisognava anche essere convincenti e saper padroneggiare le tecniche retoriche. I sofisti, a differenza dei filosofi greci precedenti, non si interessano alla cosmologia e alla ricerca dell'archèoriginario, ma si concentrano sulla vita umana, diventando così i primi filosofi morali. Vengono distinte due generazioni di sofisti:  Sofisti della prima generazione: Protagora, Gorgia, Prodico e Ippia Sofisti della seconda generazione: solitamente allievi dei primi, sono a loro volta distinguibili in: Sofisti politici: Antifonte, Crizia, Trasimaco, Licofrone, Callicle, Alcidamante, Polo, l'Anonimo di Giamblico Sofisti della physis, si interessano del rapporto natura-uomo, spesso conducendo studi naturalistici: Antifonte, (Ippia) Eristi, portano all'esasperazione il metodo dialettico: Eutidemo e Dionisodoro, Eubulide di Mileto Altri: Seniade di Corinto, forse l'anonimo autore dei Dissoi logoi Stando alle fonti, pare che anche il filosofo Aristipposia stato un sofista prima di incontrare Socrate e unirsi a lui; in particolare pare fosse allievo di Protagora e sappiamo per certo che diede lezioni di eloquenza a pagamento. A questo proposito si racconta un aneddoto: protagonisti sono Aristippo e il padre di un suo alunno, il quale, contestando il prezzo troppo alto della retta annuale, gli avrebbe detto: «Mille dracme? Ma io con mille dracme ci compro uno schiavo!», e Aristippo avrebbe risposto: «E tu compralo questo schiavo, così ne avrai due in casa, questo e tuo figlio!». A quanto pare Aristippo praticava tariffe differenziate in base alle capacità degli allievi, così che se uno di questi aveva la sfortuna di essere poco dotato la sua tariffa aumentava vertiginosamente, mentre se al contrario era particolarmente brillante e intuitivo la tariffa ammontava a poco più di 1 dracma, praticamente gratis.  Caratteri generali della sofistica Lo stesso argomento in dettaglio: Relativismo etico sofistico. La sofistica, come detto, fu un movimento disomogeneo, e ogni sofista differiva dagli altri per interessi e posizioni personali. Tuttavia, è possibile riconoscere in questi autori alcuni caratteri comuni. Centralità dell'uomo. I sofisti si interessarono prevalentemente di problematiche umane ed antropologiche, tanto che gli studiosi parlano di antropocentrismo sofistico. Essi approfondirono i temi legati alla vita dell'uomo, che venne analizzata soprattutto dal punto di vista gnoseologico (ciò che l'uomo può conoscere e ciò che non può conoscere), etico (ciò che è bene e ciò che è male) e politico (il problema dello Stato e della giustizia). L'essere umano veniva considerato a partire dalla sua condizione di individuo posto all'interno di una comunità, caratterizzata da determinati valori culturali, morali, religiosi e via dicendo. Essi insegnavano pertanto a osservare formalmente le leggi e le tradizioni della polis, così da diventare cittadini rispettati e di successo – quindi virtuosi. Rottura con la “fisiologia” presocratica. Come conseguenza del punto precedente, i sofisti in genere trascurarono le discipline naturalistiche e scientifiche, che invece erano state tenute in grande considerazione dai filosofi precedenti. Per questa ragione alcuni studiosi hanno definito "cosmologica" la filosofia precedente ed "umanistico" o "antropologico" il pensiero sofistico. In realtà, va precisato che tale generalizzazione è per certi versi limitativa, poiché ad essa fanno eccezione i casi di Ippia di Elide (che, mirando ad un sapere enciclopedico, coltivò studi inerenti a vari campi scientifici, tra cui matematica, geometria e astronomia) e Antifonte (il quale, studioso dei testi ippocratici, fu esperto di anatomia umana ed embriologia). Relativismo ed empirismo. I sofisti concepivano la verità come una forma di conoscenza sempre e comunque relativa al soggetto che la produce e al suo rapporto con l'esperienza. Non esiste un'unica verità, poiché essa si frantuma in una miriade di opinioni soggettive, le quali, proprio in quanto relative, finiscono per essere considerate comunque valide ed equivalenti: si parla pertanto di relativismo gnoseologico. Questo relativismo investe tutti gli ambiti della conoscenza, dall'etica alla politica, dalla religione alle scienze della natura.Dialettica e retorica. Le tecniche dialettiche dell'argomentare (cioè dimostrare, attraverso passaggi logici rigorosi, la verità di una tesi) e del confutare (cioè dimostrare logicamente la falsità dell'antitesi, l'affermazione contraria alla tesi) erano già state utilizzate da Zenone all'interno della scuola eleatica, ma fu soprattutto con i sofisti che esse si affermarono e si affinarono. La dialettica divenne una disciplina filosofica essenziale e influenzò profondamente la retorica, ponendo l'accento sull'aspetto persuasivo dei discorsi, fino a scadere nell'eristica.Alla luce di tutto ciò, alcuni studiosi hanno voluto vedere nel movimento sofistico una sorta di “illuminismo greco” ante litteram, in quanto i miti e le credenze tradizionali vennero criticati e sostituiti con nozioni razionali: in altre parole la sofistica avrebbe in un certo senso anticipato alcuni motivi tipici di quel movimento culturale sviluppatosi in Europa nel XVIII secolo, l'Illuminismo appunto.  L'insegnamento  Greuter, "Socrate e i suoi studenti", XVII secolo. Nell'Atene era costume che i maestri tenessero lezione all'aperto, in piazza o sotto i portici Con la comparsa dei sofisti nascono nuovi luoghi deputati all'insegnamento: le case dei cittadini più ricchi, le palestre pubbliche e le piazze, le quali includevano dei portici in cui i maestri potevano passeggiare con i loro discepoli o sedere in banchi dove potevano discutere. In genere, la scelta del luogo in cui tenere lezione era legata al tipo di "sapienza" professata: Socrate, ad esempio, scelse la piazza pubblica per mostrare la sua disponibilità verso tutti i cittadini e il disinteresse per il denaro – e lo stesso faranno i cinici in epoca successiva – mentre gli accademici, i peripatetici e gli stoici preferiranno luoghi attrezzati con strumenti scientifici e biblioteche. D'altra parte, va ricordato ancora una volta che la sofistica non fu una scuola filosofica, bensì un movimento caratterizzato da un ampio e variegato dibattito interno.  Capisaldi dell'insegnamento sofistico sono:  L'insegnabilità della virtù: essendo i sofisti "maestri di virtù", il loro insegnamento si basava sulle strategie per conseguirla, con fini eminentemente utilitaristici; non essendo infatti possibile conoscere il Bene in sé, l'educazione era volta a diffondere i valori più convenienti alla vita civile dell'individuo. Per questo motivo, essi si rivolsero non solo agli aristocratici, ma anche ai ceti emergenti che aspiravano al successo.La retorica: i sofisti non furono degli scienziati, poiché non limitavano il campo del loro sapere ad una disciplina specifica; piuttosto, per loro era importante il metodo di comunicazione, e per apprenderlo erano previsti due momenti, la dialettica e l'eristica: la prima consiste nell'arte di saper argomentare, la seconda nel saper vincere in una discussione. Il loro insegnamento abbracciava molte tematiche, e oltre alla morale si occuparono di problemi di diritto, ponendo la questione dell'esistenza o meno del diritto naturale (physis) e del suo rapporto col diritto positivo (nomos).Per quanto riguarda le leggi e le norme i sofisti, spostandosi di città in città, si accorsero che ogni cultura ha diverse regole e leggi. Ciò fece sorgere in loro domande quali:  Ci sono regole uguali per tutti? In genere i sofisti propendono per il no, cioè per il relativismo etico. Vi è una cultura superiore alle altre? Porre la domanda già equivale ad una critica delle tradizioni e ad una propensione per il relativismo culturale. La Seconda sofistica Lo stesso argomento in dettaglio: Seconda sofistica.  L'imperatore ADRIANO, in veste greca, offre un sacrificio ad Apollo (Londra, British Museum) Dopo il successo del V secolo a.C., nel secolo successivo la sofistica vide un progressivo ridimensionamento della propria importanza, soprattutto a causa delle già menzionate critiche rivolte ai sofisti dai filosofi dell’ACCADEMIA e del LIZIO, e dalle loro scuole. Tuttavia, si assiste, in piena età imperiale, ad una rinascita della sofistica, grazie a un movimento filosofico-letterario definito da Filostrato Seconda sofistica[24] (detta anche Nuova sofistica o Neosofistica, per differenziarla da quella antica). Diversamente dalla sofistica del V secolo, però, la Seconda sofistica abbandona i temi di interesse filosofico ed etico (come la divinità, la virtù e via dicendo), per occuparsi esclusivamente di oratoriae retorica. La Nuova sofistica si presenta così subito come un movimento di impronta essenzialmente letteraria, orientato allo studio e all'esercizio dell'oratoria e ben distante dall'impegno politico e culturale dei sofisti dell'età di Pericle. I nuovi sofisti mirano all'affermazione personale e al successo pubblico, cercando (eccetto che in rari casi) di ingraziarsi la simpatia e i favori dei potenti; la loro produzione letteraria, improntata alla ricercatezza stilistica secondo lo stile del cosiddetto asianesimo, spazia attraverso vari generi: dialoghi, trattati, opere satiriche, novelle, fino a ben più leggere opere di intrattenimento, brani in cui veniva ostentata la propria bravura retorica.  Tra i vari autori di lingua greca che rientrano in questo fenomeno letterario, i più importanti sono:  Dione Crisostomo («dalla bocca d'oro») ricoprì varie cariche politiche e svolse la propria attività di retore e insegnante in Bitinia e a ROMA, dove però è condannato all'esilio. Erode Attico, tra i più importanti e rinomati, insegnante di retorica e amico dell'imperatore stoico Marco Aurelio ANTONINO, ricoprì vari incarichi nell'amministrazione pubblica romana, tra cui il consolato. Elio Aristide, allievo di Erode Attico, famoso soprattutto per le opere di onirocritica e per la sua devozione al dio Asclepio; Luciano di Samosata, uomo vicino alla famiglia imperiale romana -- dinastia degli Antonini --, è autore di vari saggi sui più disparati argomenti, nonché modello di purismo linguistico. Flavio Filostrato, membro di una famiglia di celebri retori e sofisti, è tra i più potenti letterati alla corte dei Severi. La Seconda sofistica perdura. Tratti tipici di questo movimento sono rintracciabili in filosofi come Imerio, Libanio, Temistio e Sinesio, per giungere infine alla Scuola di Gaza. La storiografia moderna considera comunemente i sofisti come filosofi. Si veda a proposito: M. Untersteiner, Le origini sociali della sofistica, appendice a: I sofisti, Milano Guthrie, The Sophists, Cambridge Kerferd, I sofisti, trad. it., Bologna Reale, Il pensiero antico, Milano Kerferd, I sofisti, trad. it., Bologna. Più precisamente, Untersteiner, riprendendo a sua volta Marrou e Levi, scrive: «Fu più volte riconosciuto che nella sofistica non devesi scorgere una scuola filosofica abbastanza uniforme e coerente, ma piuttosto sia meglio accogliere l'opinione molto diffusa nell'antichità, “che considerava sofisti coloro che andavano da una città all'altra della Grecia per insegnarvi pubblicamente la loro σοφία dietro retribuzione. Il contenuto di questa sapienza variava secondo gli insegnanti di essa; però (nemmeno Gorgia rappresenta un'eccezione) tutti i sofisti professavano di essere maestri di ἀρετή (virtù), ossia dichiaravano d'impartire ai loro discepoli un insegnamento rivolto a finalità insieme individuali e sociali”» (I sofisti, Milano sofistica, in Dizionario di filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana Il sostantivo σοφιστής deriva dal verbo σοφίζειν (sophízein), che significa «rendere sapiente». Cfr. Guthrie, The Sophists, Cambridge Per le varie accezioni del sostantivo si veda anche: L. Rocci, Dizionario Greco Italiano, Firenze Kerferd, I sofisti, trad. it., Bologna Sofista» in origine indicava generalmente una personalità ritenuta sapiente, e fu utilizzata per riferirsi anche a poeti come Omero ed Esiodo.  DK. La rivalutazione della sofistica come corrente filosofica iniziò a opera di Hegel e Nietzsche. Oggi ai sofisti è riconosciuto lo statusnon solo di filosofi morali ma anche di teoreti. Cfr. G.B. Kerferd, I sofisti, trad. it., Bologna Untersteiner, I sofisti, Milano Kerferd, I sofisti, trad. it., Bologna Untersteiner, I sofisti, Milano Faggin, Storia della filosofia, volume primo, Principato editore, Milano, Così li definisce Socrate in: Senofonte, Memorabili Jaeger, Paideia, trad. it., Firenze Jaeger, Paideia, trad. it., Firenze Kerferd, I sofisti, trad. it., Bologna Diogene Laerzio Plutarco, De liberis educandis Untersteiner, I sofisti, Milano Questo è l'argomento su cui verte il Teetetoplatonico, nel quale si analizza la dottrina protagorea dell’homo mensura (Cfr. DK 80A1). Kerferd, I sofisti, trad. it., Bologna Tra i cittadini ateniesi abbienti che patrocinarono l'attività dei sofisti, il più famoso è senz'altro Callia, che compare come personaggio nel Protagora di Platone (è in casa sua che avviene il dialogo e sono ospitati Protagora, Prodico e Ippia). ^ M. Untersteiner, I sofisti, Milano Kerferd, I sofisti, trad. it., Bologna Jaeger, Paideia, trad. it., Firenze Illuminanti al riguardo sono le affermazioni di Antifonte (DK) e quelle contenute nei cosiddetti Dissoi logoi (DK Filostrato, Vite dei sofisti I Corno, Letteratura greca, Milano Corno, Letteratura greca, Milano  Edizioni dei frammentiModifica I frammenti e le testimonianze sui sofisti sono raccolti in Die Fragmente der Vorsokratiker, a cura di Hermann Diels e Walther Kranz. In traduzione italiana sono consultabili:  I presocratici. Testimonianze e frammenti, a cura di G. Giannantoni, Roma-Bari: Laterza 1979. I presocratici. Prima traduzione integrale con testi originali a fronte delle testimonianze e dei frammenti di Hermann Diels e Walther Kranz, a cura di Giovanni Reale, Milano: Bompiani, 2006. I sofisti. Testimonianze e frammenti, a cura di M. Untersteiner e A.M. Battegazore, Firenze: La Nuova Italia, Milano: Bompianim con introduzione di REALE (si veda)). I sofisti, cur. Bonazzi, pref. di F. Trabattoni, Milano: BUR, Abbagnano, Giovanni Fornero, Protagonisti e testi della filosofia, Volume A, Tomo 1, Paravia Bruno Mondadori, Torino Mauro Bonazzi, I sofisti, Roma: Carocci, Guthrie, The Sophists, Cambridge: Cambridge, Kerferd, I sofisti, trad. it., Bologna: Mulino, Parente, Sofistica e democrazia antica, Firenze: Sansoni, Jaeger, Paideia. La formazione dell'uomo greco, Firenze, La nuova Italia (nuova edizione con un'introduzione di REALE (si veda), Bompiani: Milano. Marrou, Storia dell'educazione nell'antichità, Roma: Studium, Levi, Storia delle Sofistica, Napoli, Morano, 1966. E. Paci, Storia del pensiero presocratico, Roma: Edizioni Radio Italiana, Plebe, Breve storia della retorica antica, Bari: Laterza, Reale, Il pensiero antico, Milano: Vita e Pensiero, Schreiber, Aristotle on false reasoning: language and the world in the Sophistical refutations, State University of New York Press, Untersteiner, I sofisti, Milano: Mondadori Antropocentrismo Demagogia Dissoi logoi (Sofistica) Eristica Presocratici Relativismo culturale Relativismo etico sofistico Retorica Seconda sofistica Sofisma. «sofista» Sofistica, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Taylor e Mi-Kyoung Lee, The Sophists, su Stanford Encyclopedia of Philosophy. George Duke, The Sophists (Ancient Greek), su Internet Encyclopedia of Philosophy. Portale Antica Grecia   Portale Filosofia. Protagora retore e filosofo greco antico  Eristica arte della contesa verbale  Dissoi logoi opera filosofica. Luigi Credaro. Keywords: i sofisti, il giurato, iusiuratum, Carneade, il secondo discorso, contro Democrito, ragione pratica (saggezza), ragione teorica, a philosopher in political linguistics: German minority, Italian majority in Trento. Il prefetto di Trento. Lingua tedesca, lingua italiana, ordinamento amministrativode-centrato, Wundt, Kant, razionalismo trascendente, Herbart, scetticismo, accademia, prima accademia, seconda accademia, terza accademia,  liberta di volere, freewill, volere libero, ambiascata ateniense a roma, influenza dell’academia nell’elite romana – l’accademia come perfezionamento per la dirigenza romana, Wundt, positivismo, suggestione, i primordii del kantismo in Italia, Hegel vacuo. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Credaro” – The Swimming-Pool Librrary. Credaro.

 

Grice e Crescente: la ragione conversazionale al cinargo a Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. A member of the Cinargo in Rome. Taziano regards him as a greedy immoral hypocrite.

 

Grice e Cresi: la ragione conversazionale -- cappuccino e ciserciano – scuola dell’Aquila – filosofia abruzzese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (L’Aquila). Filosofo aquilese. Filosofo abruzzese. Filosofo italiano. L’Aquila, Abruzzo. Essential Italian philosopher. Filosofo italiano. Esponente di una nota famiglia abruzzese, grande studioso nonché maestro di scherma, quindi, alla morte della madre, e decide di entrare nell'ordine dei frati minori cappuccini. Dotato di una brillante vocazione predicatoria che lo porta sino alla corte di Urbano VIII. Venne pubblicamente lodato anche dal Duca di Osuna che gli propone il vescovato di Pozzuoli e dal Granduca di Toscana che gli propone quello di Fiesole, ma in entrambi i casi V. rifiuta.  Nella prima metà Professoresi prodiga per aprire una sede dei cappuccini nell’Aquila, colpito dalla morte di un suo confratello che il medico non è riuscito a soccorrere nell'allora sede di San Giuseppe fuori le mura. Acquista un vasto terreno sul margine orientale della cinta muraria e vi costruì il convento e la chiesa di S. Michele, oggi inglobati nel complesso monumentale dell'Emiciclo. Camerlengo dell'Aquila. Giacomo Di Marco, Storia del complesso architettonico, in Zazzara, Palazzo dell’Emiciclo e palazzina ex G.I. Maschile. Rigenerazione e adeguamento sismico a L’Aquila, Pescara, Carsa. Dragonetti Frati minori cappuccini d'Abruzzo, Le attività del Convento Santi Francesco e Chiara di L'Aquila, su frati cappuccini. L'Emiciclo Rinasce, La storia, su emiciclo rinasce.  Dragonetti, “Le vite degli illustri aquilani” (L'Aquila, Perchiazzi).  PER  DNA DIFFAMAZIONE  CON ABUSO DI UFFICIO   Il R. Commissario della S. Casa dogi' Incurabili E I COMPONENTI della disciolta Amministrazione se vuoi che il ver ti sia ascoso  Tutt' al contrario la storia converti; che i greci vinti fur Troia vittrice  E che Penelopea è meritrice! Ariosto   Orlando Furioso e. NAPOLI   TIPOGRAFIA F. BIDERI  HARVARD COLLEGE UHUIY   THE6IFT0P Hi NELSON GAY Indice Servizio Ospedaliero.  PROGETTI PER NUOVE COSTRUZIONI E NUOVI  OSPEDALI RESTRIZIONE DEL NUMERO DEI MALATI. RIDUZIONE DI SPESA PER MANTENIMENTO DEGL’INFERMI LA SOPPRESSIONE DEL VINO E L'ALTERAZIONE DELLA VITTITAZIONE  VIOLAZIONE DEL CONTRATTO PER LA FOR-  NITURA DELLA CARNE   BIANCHERIA E CASERMAGGIO   LA SOMMINISTRAZIONE DELLE MEDICATURE  ANTISETTICHE Condizioni finanziarie della Pia Casa Canee ohe prodassero le attuali condizioni   economiche Entrate Riduzioni di corrisposte   ESCOMPUTI D'AMBRA, MOCCIA E IZZO RIDUZIONE DI ESTAGLIO DEL FONDO SALICELLE Riduzioni di Canoni.   ESCOMPUTO SIGILLO Riduzioni nei fitti dei fabbricati.   CONTRATTO ED ESCOMPUTO FORINO Cauzione > 66   Inventario e consegna dei fondi urbani, Fabbricati affidati in esazione al Tesoriere Fondi in Ariano Spese Personale Amministrativo e Sanitario Lavori Forniture Provvedimenti per far danaro PRELEVAMENTI SULLE CAUZIONI Alligato   Rapporto d’Antonelli IGIENE DEI LOCALI   MANUTENZIONE   CASA DI SALUTE   CASA DI MATERNITÀ   STANZE D' ISOLAMENTO   STANZE DI OPERAZIONI CUCINA CASERMAGGIO   CONSULTAZIONI GRATUITE, SALA IDROTERAPICA E STANZA PER RICEZIONE DISCIPLINA DEL BASSO PERSONALE. DIREZIONE DELL'OSPEDALE   STANZA DI MEDICATURA V anno iSgi il giorno io novembre in Napoli. Si sono  riuniti in casa del Comm. Vastarini- Cresi, il Comm. Prof. Salvatore Trinchese y il Cav. avv. GSavio, Roberto e Cosenza.   Constatatosi che tutti gP intervenuti hanno letto P opuscolo intitolato u Relazione del R. Commissario della S. Casa  degli Jhcurabili sulla gestione, firmato Napodano Deputato ai Parlamento „, sono  stati unanimemente d'avviso che si debba rispondere a tale  pubblicazione per rimettere le cose a posto, smentire le infondate accuse e respingere gli ingiusti apprezzamenti sugli atti  cofnpiuti dalla disciolta Amministrazione, che sono a studio  travisati nel loro contenuto.   U avvocato Vastarini ha fatto rilevare che P opuscolo  del R. Commissario, più che essere diretto a calunniare gli  atti compiuti dalla disciolta amministrazione, ha tutto il carattere delP aggressione personale contro P ex So pr aintendente : se sonosi coti/use a studio le responsabilità delle diverse  amministrazioni ciò si e fatto allo scopo di colpire, senza  riguardo e mi sur a ^ la sua persona. Per la qual cosa egli rivendica a se il diritto di rispondere personalmente alla suddetta relazione per assumere tutta la responsabilità della  forma da dare alla risposta e della sostanza di quegli atti  che non riguardano i componenti del governo disciolto.   V avv. Lo Savio ha fatto anch' egli rilevare: che gli  addebbiti contenuti nella relazione del R. Commissario riguardano in minima parte la disciolta Amministrazione la quale è rimasta in ufficio solamente dal 30 dicembre 1890 al 3 settembre 1891; che parte degli ingiusti apprezzamenti della  relazione stessa si riferiscono ad epoca in cui egli collaborò  nella qualità di Governatore col Sopraintendente Vastarini  e coti altri Governatori ;  che molti altri riguardano r Amministrazione precedente presieduta dal conte Spinelli; — che  in ogni caso, essendo appunti rivolti al potere esecutivo del  Consiglio di Governo, feriscono direttamente tutti coloro che  tale potere esercitarono. Per la qual cosa aderisce al desiderio espresso da C., ma non credendosi egli,  nella qualità di Governatore delegato, disinteressato nella disputa, intende di assumere, anche per parte sua, tutta la  responsabilità della sostanza e della forma della risposta da  dare al R. Commissario, nella compilazione della quale vuol  collaborare con Vastarini. Dopo le suddette dichiarazioni, i convenuti sono discesi  alP esame degli addebbiti contenuti rie Ila Relazione del R. Commissario ed hanno constatato, che non si riferiscono alla disciolta Amminis trazione gli addebiti:   1.° Per la deficienza della biancheria nel guardaroba;   2.° Per i criteri che informarono la impostazione delle somme all'attivo ed al passivo nel preventivo 1890;   3.° Per gli escomputi di estaglio agli affìttuarii Moccia,  d' Ambra e Izzo; Per la riduzione d' estaglio al fondo Salicelle, affittato  al d' Ambra;   5.° Pel conto 1887, 1888, 1889; Per Tescomputo accordato airenfiteuta Giovanni Sigillo, Per la nuova pianta del personale amministrativo.  Per i lavori eseguiti. Che quelli rifer enfisi alla disciolfa Amminis frazione sono  limitati:   i." Alla spesa votata per gì ingegneri; Al deliberato aumento di un farmacista ;   j.° Ai lavori eseguiti nel 1891; .   4? Alla generica ed indimostrata accusa di sperpero di  denaro.   Fatta tale constatazione \ i signori Trinchese, Di Roberto e Cosenza hanno dichiarato che avendo essi a suo tempo  preso cognizione esatta di molti atti compiuti dal Comm. Vasfarini coi poteri del Consiglio dal 4 settembre al 30 dicembre iSgo, epoca in etti non esisteva un governo regolare; ed  avendo ratificato tali atti a norma della Legge e del Regolamento^ non intendono scindere la loro responsabilità da  quella dei signori V astar ini e Lo Savio.   Ma questi ultimi hanno vivamente insistito nelle già  fatte dichiarazioni e sulla necessita che la risposta al R. Commissario, almeno per quanto riguarda la forma, abbia un  carattere tutto personale. Per la qual cosa i signori Trinchescy De Roberto e Cosenza, pur rimanendo solidali con i  signori Vastarmi e Lo Savio nella responsabilità degli atti,  compiuti col loro concorso o da loro ratificati > lasciano a questi la libertà di rispondere in quella maniera che crederanno  più conveniente a difendere il decoro della disciolta Amministrazione e quello delle persone singolarmente prese di mira dalla relazione del R. Commissario.  C., G. Lo Savio   S. Trinchese   D. Di Roberto   L. Cosenza   mmsm     Mentre eravamo, il giorno 7 del corrente mese, innanzi all' Ecc.ma Sezione IV del Consiglio di Stato per discutere  la nostra domanda di sospensione del r. decreto 31 Agosto 1891,  T on. Avvocato Erariale, nostro contraddittore, con cavalleresca  cortesia ci mostrò un opuscolo a stampa del quale vedevamo  altri esemplari innanzi a ciascun componente dell' alto consesso  amministrativo. Ne leggemmo V intestazione, che dicea: Relazione del r. Commissario della 5. Casa degli Incurabili sulla  gestione dal 4 Settembre al 4 Novembre iSgi, e ci riservammo  di procurarcene copia e di esaminarlo più tardi.   È una pubblicazione, che vorrebbe indirettamente combattere  il ricorso, col quale i rappresentanti della disciolta Amministrazione impugnarono il detto real decreto, senza parere d' essere stata compilata a cotal fine.   La forma inurbana e sgrammaticata (1), e il contenuto riboccante di malafede, ci avrebbero consigliato di rispondervi  con la parola di Cambronne, se qualcuno ci avesse imposto  V increscioso compito di discuterne col redattore; ma tale non   (1) Eccone un saggio per ora: via via ne daremo altri'   Pag. 36. * Una rilevante quantità di fondi che 1* Opera Pia ha in Ariano,  aventi una rendita annua di circa lire 8000, è affidata in amministrazione ad  una persona del luogo; la quale non ha mai comunicato i contratti che da lui  si facevano, e da oltre 10 anni non ha inviato i resoconti della sua gestione  (che ora soltanto dopo la mia nomina, ha trasmesso) limitandosi a mandare  di quanto in quanto quel pò di danaro che egli credeva. è il nostro dovere, e ne rendiamo grazie agli Dei immortali*   Una cosa soltanto c'importa di stabilir chiaramente, ed è  che, dimostrato in modo innegabile dal nostro ricorso, non essere la relazione del sig. Ministro dell' Interno, precedente P impugnato decreto di scioglimento e redatta sulla falsariga d' un  rapporto prefettizio, se non un tessuto di audaci e meditate  inesattezze, si tenta ora con una mal dissimulata manovra di  spostar la questione e di fuorviare la pubblica opinione.   Da ciò noi tragghiamo gli auspici più lieti per l'esito della  nostra causa innanzi alPEcc.ma Sezione IV del Consiglio di  Stato, dappoiché ivi la disputa è circoscritta fra termini precisi  ed inamovibili, quali sono, da una parte il real decreto con la  relativa motivazione, e dalP altra il ricorso coi suoi mezzi di  annullamento. Il nostro avversario, che fa proporre, come un  litigante volgare, eccezioni dilatorie d' incompetenza, sfatate,  prima ancora d'essere svolte; che s* ingegna, con pubblicazioni,,  come quella, di cui dovremo occuparci, di uscir fuori dalla  lizza e di trascinarvi noi ed il pubblico, ci dà il gradito annunzio della vittoria, precorrendo la decisione dell'alto consesso»  amministrativo.   Ad uomini però, come quelli, che componevano la disciolta  Amministrazione, non può bastare una decisione, che, per la  necessaria limitazione degli istituti sociali, soltanto prò veritate  habetur: essi han bisogno d* invocare il giudizio d 1 un tribunale  più alto, del tribunale della pubblica opinione, che confermi il  pronunziato di quella e lo completi.   A questo giudice supremo è appunto rivolta la risposta, che  ci accingiamo a dare al libello famoso, che reca la firma del  R. Commissario per la temporanea gestione della S. Casa degP Incurabili.   SERVIZIO OSPEDALIERO   Progetti per nuove costruzioni e nuovi Ospedali. — li libello   comincia dal rilevare che il Governo della Santa Casa u preoccupato da strani progetti per nuovi Ospedali da fondare, per  nuove costruzioni ed abbellimenti da compiere, mentre per quelli  non si peritò di spendere somme rilevanti, studiò una severa economia nel servizio ospedaliero con deplorevoli conseguenze  per i poveri ammalati. „   Una reminiscenza di pudore, fenomeno riflesso d'una sensazione irrevocabilmente passata, fece premettere al redattore  di cotesto periodo una timida frase: Se non vado errato.   Ora noi, se parlassimo con lui, gli diremmo: Avete errato,  e se con più coscienza aveste consultato i precedenti d' archivio, ve ne sareste avveduto, perchè avreste trovato traccia di  quel che andiamo a riferirvi.   Sul finire del 1889, prima ancora che il Parlamento discutesse il progetto di legge sugli istituti pubblici di beneficenza,  al Soprintendente della disciolta Amministrazione balenò in  mente il pensiero di concentrare nell' Ospedale degli Incurabili  gì* infermi dei nosocomi dipendenti dal R. Albergo dei Poveri,  Cesarea, Vita e Loreto.   Era un pensiero, che, attuato, aVrebbe potuto essere fecondo  di grandi vantaggi per tutti e due i colossi della carità napolitana.   La S. Casa degl' Incurabili, assumendo il ricovero e la cura  degl' infermi del Real Albergo contro il pagamento annuale della  somma stessa, che questo spendeva per codesto titolo, avrebbe  profittato di tutta la differenza, che può derivare dalla unificazione di un servizio duplicato. Le spese generali, come direbbe  un commerciante, pel mantenimento dei 300 infermi del R. Albergo, sarebbero state interamente, o quasi, economizzate, perchè  rispetto ad essi sarebbero state sufficienti, o con qualche lievissimo aumento, quelle che sia si facevano per gl'infermi della  S. Casa* — L' insegnamento ne avrebbe risentito senza dubbio  il benefico influsso, perchè 300 letti di più avrebbero allargato  d' oltre un terzo il materiale clinico, ciò che avrebbe richiamato un numero maggiore di studiosi in quel libero ateneo  della scienza medica napolitana, che il Soprintendente sognava  di far assorgere al grado di rivaleggiare senza svantaggio con  T insegnamento ufficiale di qualsivoglia Università d'Europa.   Per l'Albergo dei Poveri il disegno non era meno proficuo,  perchè, liberandosi dalle cure proprie degli istituti ospitalieri,  avrebbe circoscritto i suoi fini al ricovero dei vecchi inabili  d* ambo i sessi ed all' istruzione ed educazione degli adolescenti. Riacquistata la disponibilità dei vasti locali, occupati dai tre  nosocomi, esso avrebbe potuto curare V antica piaga, che rode  quella grande istituzione, e che le ha sempre impedito di dare  i frutti, che Napoli ha dritto di aspettarne, poiché avrebbe potuto separare completamente la famiglia dei vecchi, corrotti,  avanzi di pena, incorreggibili, dalla famiglia giovane, educabile,  la quale può produrre operai per ogni mestiere, agricoltori,  giardinieri, marinari etc., ed aprire per tal via una corrente  nuova di vita con elementi istruiti ed educati nelle sfere inferiori della nostra popolazione.   Tolti di mezzo 300 letti, i locali avrebbero di molto superato i bisogni della doppia famiglia dei vecchi e dei giovani,  e rimanendone disponibile qualcuno, poiché non per anco la  crisi edilizia s' era allora dichiarata, avrebbe potuto essere alienato a buone condizioni.   Con ciò un fabbricato, che per un istituto pubblico di beneficenza rappresenta una passività, perchè soggetto alle tasse ed  alla manutenzione, si sarebbe trasformato in capitale fruttifero,  atto a riequilibrare il bilancio del R. Albergo, se ne avesse avuto  bisogno.   Ma perchè il pensiero del Soprintendente si fosse potuto avvicinare air attuazione, era mestieri che la S. Casa avesse avuto  i locali necessari per ricevere i 300 infermi, che il R. Albergo  avrebbe dovuto affidare agli Incurabili.   Domandi lo scrittore della relazione ai suoi colleghi in Parlamento, on.li De Riseis e De Martino, e saprà che il Governo  del R. Albergo," in seguito ad una accurata relazione del secondo,  nella quale ebbe la cortesia di rilevare, con una forma ben diversa dalla sua, appartenersi l' iniziativa di quel progetto al  Soprintendente degl' Incurabili, il governo del R. Albergo, diciamo, prese una deliberazione che commetteva ai due lodati  gentiluomini V incarico di trattare col governo della S. Casa.   Sorse così la necessità di far procedere allo studio dei progetti per le nuove costruzioni, che determinò la spesa di quella  somma, che il R. Commissario avrebbe dovuto trovare tutt'altro  che inutile, se dice sul serio a pag. 4, di voler procedere al  raggruppamento dei servizi ospedalieri della città. L' ampliamento, che esigerà cotesta impresa, non può aver luogo altrimenti che sulla base di quei progetti.   Le trattative iniziate col governo del R. Albergo furono interrotte pel sopravvenire della legge sulle Opere Pie, e per non  essersi trovata allora una via per regolare il trattamento d'un  basso personale d' infermieri, addetto agli Ospedali di quello,  ma composto di ricoverati, che non si poteva assumere dagl' Incurabili. Ciò non ostante le difficoltà si sarebbero vinte  sicuramente, se V una e 1' altra Amministrazione non avessero  dovuto, per le frequenti crisi, mutare e rimutare governatori.   Ma, posto pure che a nulla fossero approdate quelle trattative, la necessità e 1' urgenza di ampliare i locali della S. Casa  s* imponevano e s' impongono a chiunque non è del tutto destituito di sentimento umano. Il modo come sono allogati gl'infelici, affetti da tisi, è tale che stringe il cuore a chiunque visita queir asilo di dolori, non leniti da alcuna speranza. I reclami del corpo sanitario, insistenti, continui, giustificati, non  ispirarono al Soprintendente della disciolta Amministrazione, il  giudizio che hanno ispirato al R. Commissario intorno al niun  bisogno ed alla niuna urgenza di quei progetti ; ed egli, non  solamente non si pente di averli ordinati, ma, se fosse rimasto  in ufficio, li avrebbe certamente attuati.   E questo per i progetti, riferentisi alle nuove costruzioni ;  quanto ai nuovi Ospedali, da fondare, l'allusione è diretta in-^  dubbiamente alla succursale di Torre del Greco. Ivi la S. Casa  possiede un podere ed un vecchio edificio, destinato principalmente agli idropici ed a coloro, che un tempo si curavano con  le stufe di vinacce, e poi, per tolleranza dell' Amministrazione,  agi' infermi che il Municipio del luogo vi manda a pagamento,  perchè non ha un ospedale proprio.   Nella stessa condizione di Torre del Greco, ossia senza ospedale proprio, si trovano le finitime città di Resina, di Portici,  di S. Giorgio a Cremano, di Ponticelli e di Barra, e i loro infermi, affluendo a Napoli, gravano senza corrispettivo i bilanci  degli Ospedali di quest' ultima, perchè, come è noto, non v'ha  nelle province meridionali una legge che obblighi i comuni al  rimborso delle spese di spedalità.   Trovar modo di diminuire 1' aggravio, che i suddetti municipii producono al bilancio della S. Casa, e far sorgere una  nuova ed importante istituzione parve al Soprintendente una  iniziativa non indegna della sua sollecitudine.   Ed accarezzando codesto pensiero, immaginò una forma di  consorzio, pel quale i mentovati municipii con le rispettive Congreghe di Carità, così per Y impianto, come pel mantenimento,  avrebbero fissato la misura del proprio concorso proporzionalmente al numero dei letti, che ciascuno avrebbe richiesto pei  rispettivi bisogni. La S. Casa vi sarebbe intervenuta col nome,  col corpo sanitario, con la farmacia, con la somma stessa che  vi spende attualmente e con la cessione del suolo. Poteva sorgere in tal guisa un ospedale di duecento letti, che, costruito  e disposto secondo le ultime esigenze della scienza; con padiglioni segregati per le malattie infettive e con una trentina di  stanze a pagamento, principalmente pei forestieri; servito dalle  più grandi illustrazioni medico-chirurgiche, sarebbe stato in  quella incantevole posizione il nucleo vero d' una interessantissima stazione sanitaria.   Se le città concorrenti e l' istituto promotore se ne sarebbero  vantaggiate, non è mestieri dimostrare, tanto la cosa è per sé  stessa evidente. Si fu perciò che fu commesso al Governatore  prof, Giovanni Antonelli l'incarico di studiare il problema, e  di dare ad un ingegnere l' indirizzo scientifico pel progetto d'arte  che avrebbe dovuto risolverlo. V insigne uomo vi si dedicò con  amore, ed il progetto con la relazione si trovano ora nell'archivio del Pio Luogo.   Nocque all' idea 1' esser nata nel cervello d' un uomo politico, perchè le bieche passioni di parte attraversarono a costui  siffattamente la via, che non gli fu possibile di tentare nemmeno di promuovere il consorzio.   Rimane non pertanto il progetto, ed il giorno, in cui la bufera politica sarà passata, non vi sarà uomo di retti intendimenti, il quale non troverà che la somma, occorsa per quel  progetto, che potrà esser sempre utilmente ripreso, fu spesa  assai meglio di quella, che è servita per dare alle stampe le  tremila copie del libello famoso del r. Commissario.     Digitized by     Google     — 19 —   Restrizione del numero dei malati— Questo signore, del quale  non sapremmo dire se è maggiore V ignoranza o la fallacia,  aggiunge che " mentre si spendeva nei progetti e nelle costruzioni, indicate di sopra, si lasciò che i maggiori risparmi s'introducessero nel servizio dell' ospedale.   a II quale fu ridotto ad un numero di malati inferiore a quello  che era in passato e che il Regolamento prescrive. „   Se egli non avesse ignorato quel Regolamento, che cita a  sproposito, avrebbe saputo che, non dallo stesso, ma dall'articolo 1 1 dello Statuto organico, è stabilito, che hanno per  anno, deliberandosi il bilancio preventivo, il Consiglio d' amministrazione determina il numero dei letti, che, secondo la  capacità dei locali e la disponibilità dei mezzi finanziari, ravvisa potersi mantenere nel corso dell' esercizio. — Se avesse  letto il citato articolo, avrebbe domandato la deliberazione presa  nella discussione del bilancio 1891 ed avrebbe trovato che il  numero degli infermi era stato fissato ad ottocento, mentre  nell' esercizio precedente era stato di ottocento cinquanta. —  E se avesse spinto più oltre le sue indagini, come ne aveva  il dovere, prima di scrivere ciò che scrisse, avrebbe appreso  che la misura non poteva essere più ragionevole.   L' Ospedale degl* Incurabili, per una strana antifrasi tra la  sua denominazione e il suo Statuto, non può accogliere che  gì 1 infermi cronici di malattie curabili, ed è contro il suo fine  accogliere quelli affetti da morbi incurabili, per guisa che, quando  si constata che tale è divenuta la condizione d' un qualche infermo, gli si dà la qualifica di depositario e lo si restituisce  alla famiglia o s' invitano le autorità municipali del comune,  cui appartiene, per mandarlo a rilevare (1).   Nel corso del 1890 si verificò che cotesti depositari erano  mano mano giunti ad un centinaio, e poiché ciò contraddiceva  allo scopo dell' Opera Pia, in quanto che essi occupavano letti,  che potevano essere occupati da altri infermi, i quali con pochi     (1) Art. 546 del Reg. Gl'infermi dichiarati insanabili, detti depositari, sono  consegnati alle rispettive famiglie.   Se non abbiano parenti in Napoli, il Direttore ne informa caso per caso la  Sopraintendenza per richiedere le rispettive autorità municipali di mandarli a  rilevare. giorni di degenza potevan guarire, fu dato ordine alla Direzione di rientrare nell* osservanza del Regolamento, fateendo  sgombrare i letti dai depositari. — Havvi in archivio una voluminosa corrispondenza coi Sindaci, col Prefetto, e col Questore di Napoli, che si riferisce a tale argomento e che il r.  Commissario non ha letta.   Sbarazzate le sale dai depositari, la forza fu diminuita di  cinquanta infermi e si rimase così nei limiti del numero ordinario di quelli che effettivamente la S. Casa ha obbligo di ricevere.   Non è vero dunque che il numero degF infermi fosse stato  ridotto al di sotto di quello che il Regolamento, ossia lo Statuto, prescrive ; ed è men vero ancora che fosse ristretto a  settecento.   Il regio Commissario non sa che neir Ospedale si compilano  i quadri della statistica mensile : glielo facciamo saper noi. Li  consulti; li metta a raffronto coi registri e se egli riuscirà ad  indicarci una sola giornata, nella quale il numero degli infermi  sia stato di 700, noi ci obblighiamo a far onorevole ammenda  ed a proclamarlo un uomo di buona fede.   Riduzione di spesa pel mantenimento degli infermi. — Quanto  abbiamo detto basterebbe a dimostrare che la riduzione di  L. 28,000 nella cifra stanziata nel bilancio preventivo del 1891,  pel mantenimento dei malati, era una conseguenza diretta e  necessaria della riduzione del numero dei letti. Ma non vogliamo contentarci di questa sola risposta, perchè abbiamo da darne  un' altra ancor più calzante.   Per T esercizio 1889 era stata prevista pel vitto degli infermi  la spesa di lire 160,000, delle quali si trovarono spese in meno  a chiusura di conto lire 16,057,07 ; e perciò la previsione si  riconobbe eccessiva per una somma eguale (Vedi doc. V allig.  al ricorso. Relaz. del Segretario Generale sul conto 1889, pag.  28 air art. 22 Appalti).   Il conto deir esercizio suddetto fu dato il 3 agosto 1890,  vale a dire, circa un mese prima che si deliberasse il presuntivo del 1891, e per conseguenza le previsioni furono commisurate alle risultanze di quello. Ora il regio Commissario avrebbe riputata prudente la condotta della disciolta Amministrazione, se, non ostante la provata eccedenza del preventivo per 850 infermi, avesse mantenuti invariati gli stanziamenti, anche quando il numero veniva  ridotto ad 800.   E dire che l'Italia s' abbia a dibattere nelle angustie d'una  crisi economica e finanziaria così intensa e così prolungata,  mentre possiede un genio di questa forza che potrebbe salvarla.   — La soppressione del vino e Y alterazione della vittitazione —   u Per gì' infermi ridotti a così scarso numero con inopportune  u ed insane (!) economie fu alterata la vittitazione — così conu tinua il libello famoso — e quindi per ordine dell' attuale Diu rettore, con autorizzazione del Governo della Pia Opera, fu  u soppressa totalmente la distribuzione normale del vino, che  u il Regolamento prescrive tassativamente fra V alimentazione  u ordinaria; e fu mantenuto in proporzioni molto tenui il quanu titativo del cibo, che a ciascuno era fornito. „   Dalle trascritte parole ognuno avrà compreso che si calunnia il Regolamento, prestando agli egregi uomini, che lo compilarono criteri, che non ebbero, né potettero avere.   A loro non passò mai pel capo, che con ogni specie d' infermità fosse compatibile V uso del vino, sicché potessero berne  senza pregiudizio i cardiaci al pari dei tubercolotici, quelli affetti da malattie dell' apparecchio genito-urinario, come i colpiti da lesioni violente: da commozione cerebrale, etc.   E non poteva cotesta stranezza passar loro pel capo in  quanto che non mancarono di farsi assistere, come risulta dalla  relazione che precede il Regolamento stesso, da un' apposita  Commissione Sanitaria, che li avrebbe certamente trattenuti  dal prendere il dirizzone che loro attribuisce il r. Commissario. — Lo legga dunque il Regolamento, o lo legga meglio, se  non lo lesse bene la prima volta, e troverà a pag. 268 la tabella indicativa della razione giornaliera per gì' infermi nelle  sale comuni ed in quelle a pagamento, e nell' angolo a destra,  destra della pagina, tra le annotazioni generali per tutti gl'infermi, vedrà 1' ultima segnata con la lettera A così concepita: la  razione del vino è data solo quando è prescritta dal medico ! Richiami, dopo di ciò, le mappe della vittitazione giornaliera,  riferentisi all' epoca della quale parla, e se un qualche morbo  non gli ha offeso la retina, leggerà che i professori, non a  tutti gì' infermi indistintamente, permisero Y uso del vino, ma  solo ad alcuni, così come si fa pel latte, per le aranciate, granite e limonate.   Quando avrà fatto cotesto esame si persuaderà che, non  dalla passata Amministrazione, ma da lui è stato violato il Regolamento del P. Luogo e quello del senso comune !   Per le proporzioni molto tenui del quantitativo del cibo il  r. Commissàrio avrebbe dovuto sapere che esse non si determinavano dall' Amministrazione, ma dalla tabella annessa al  Regolamento ed esistente alla citata pagina 268. Per constatare  poi se il Regolamento si osservava dalla dispensa e dalla cucina doveva richiamare le mappe speciali di ciascuna. sala, e  quella generale di tutte; confrontare le prescrizioni mediche  con le emissioni della dispensa e con le ricevute della cucina;  e se avesse trovate non regolari le liquidazioni, allora avrebbe avuto il diritto di parlare, altrimenti avrebbe fatto meglio  a tacere (1).     (1) Art. 642. Compilata la mappa, il capo-sala la rassegna allo esame ed  alla firma del professore, e poi ne dà comunicazione all' ufficiale liquidatore.   643. L'ufficiale liquidatore, riunite le mappe di ciascuna sala, le esamina  attentamente per accertare lo effettivo numeri) degli infermi presenti, tenuto  conto degli esistenti nel giorno precedente, di quelli ricevuti in giornata e  degli usciti e trapassati, e compila lo stato di giornata del movimento di tutti  gì' infermi.   644. Riconsegna poi le mappe di ciascuna infermeria ai rispettivi capi-sala  per servir loro di riscontro nella distribuzione del vitto: ed essi ne fanno l'indomani trasmissione all'ispettore contabile.   643. Liquidato l'effettivo numero degl'infermi presenti, l'ufficiale liquidatore  lo ripartisce sul modello in istampa, approvato dalla Soprintendenza, in distinte categorie, secondo il trattamento disposto dai- professori di razioni intere ed a metà, di dieta lattea e di ogni altra somministrazione straordinaria.   647. In conformità del risultato di verificazione di cui all'art. 643, lo ufficiale liquidatore rilascia, coll'approvazione del Direttore, le richieste ai capi-sala  per rilevare il pane dalla dispensa a mezzo dei serventi, e comunica alla dispensa stessa ed alla cucina le quatti ita e le qualità delle somministrazioni,  tanto per la mattina, che per la sera, notando parimenti le quantità del sale Violazione del contratto per la fornitura della carne — Ma   se errò per ignoranza nel formulare le accuseche precedono,  non si può dire altrettanto per V addebito relativo al contratto  della carne. Egli scrisse che " con deplorevole condiscendenza  s' era permesso al fornitore della carne, violando il contratto  di appalto, che avesse dato in vece della carne di manzo, quella  cosidetta di maglione „. Noi non troviamo la parola adatta  a definire cotesta asserzione: quella che ci verrebbe sotto la  penna, non vogliamo scriverla.   Né può esimerlo dallo stigma che avremmo diritto di infliggergli T aver citato in pruova della sua assertiva le dichiarazioni di anonimi malati, usciti dall' Ospedale, quando il fatto  affermato poteva e doveva esser dimostrato dalle dichiarazioni  delle Suore, che sovrintendono alla cucina, e ricevonsi ogni  giorno la carne; da quelle dell' Economo, che dee presenziare  air immissione e respingere i generi, se non corrispondono  ai contratti, non meno che da quelle dell'Ispettore contabile,  che ha il dovere di controllare la qualità e le quantità dei generi stessi (1).   e del condimento corrispondente alle proporzioni di regola, fissate dall'Amministrazione.   Art. 64S. Il vitto è trasportato dalla cucina alle infermerie ed è somministrato agli infermi per cura dei rispettivi serventi.   I capi sala e le suore di carità vigliano la distribuzione, onde siano esattamente osservate le prescrizioni dei direttori di sala.   (1) Art. 064. Il servizio della cucina è affidato ad una suora di carità o  ad apposito cuoco con quel numero di basso personale che il Consiglio creda  competente.   Art. 668. La persona preposta alla cucina, suora o cuoco, deve rifiutare i  generi, che non le risultassero di buona qualità, facendone rapporto al Direttore.   Art. 104. L'Economo ha obbligo di verificare l'immissione dei generi, di  esaminarne la qualità e quantità e non deve autorizzarne il ricevimento, se non  quando siasi accertato che essi corrispondono esattamente ai campioni ed alle  condizioni dei contratti per le qualità' ed alle richieste per le quantità'.   Art. 96 Egli (l'Ispettore contabile) adempie al disposto negli articoli 644,  646, 649, 714 e 718, ed ha incarico precipuo di verificare la esattezza dello  stato generale della visitazione giornaliera etc, che i generi che si forniscono  dagli appaltatori, o di ufficio dell' Economato, rispondano per qualità e quantità al disposto dell'art. Il raccomandare le proprie asserzioni ad ipotetici infermi  usciti dall'Ospedale rivela, o che non si ebbe la temerità d'interpellare per iscritto, come doveasi, coloro che avrebbero potuto dar le vere notizie; o che s' ebbe il coraggio di nasconderne le dichiarazioni. Neil' un caso o neir altro, si può esser  più ameni ?   Eppure il r. Commissario lo è stato.   In fatti quest' accusa era andata su pei giornali della Prefettura, come una delle più maravigliose scoperte del r. Commissario, che si sarebbe affrettato ad informarne P Ill.mo Sig.  Prefetto. Allora dai componenti della disciolta Amministrazione  si fece notare che era una brutta e sciocca invenzione, perchè  all'Ospedale non era entrata mai carne di maglione odi buffala, come pure allora si diceva; essersi invece dato il manzetto,  che è un genere di carne migliore del manzo. Ed a questo  proposito si faceva notare altresì era stato incaricato il Direttore  della Farmacia. Prof. Reale di fare il confronto tra il valore  nutritivo del brodo di manzo e del brodo di manzetto. — Il r.  Commissario, in seguito di ciò, ebbe, per bontà sua, la magnanimità d' interpellare il Prof. Reale, che gli rispose in iscritto esser vero che la disciolta Amministrazione gli aveva dato  1' incarico di far 1' analisi comparativa dei due brodi, di averla  egli fatta e di aver trovato che quello di manzetto era più  nutritivo (1).   Ed // Paese, organo della Prefettura e del r. Commissario,   Di conseguenza, tutti gli atti, relativi agli indicati movimenti, non possono  considerarsi per le liquidazioni dei conti in danaro, se non siano mun ti del  visto di riscontro dell' Ispettore contabile.   Art. 97. L' Ispettore deve apporre il visto suddetto ogni volta che non abbia ad osservare irregolarità.     (1) Al pubblico, e non al R. Commissario, che li ha letti, facciamo sapere  che i rapporti del Prof. Reale, diretti al governatore del carico, cav. Cosenza,  hanno le date del 27 e 29 Aprile ultimo, e che il primo prese il n. di protocollo alla ricezione 1701, e 1' altro 1738.   Da questo fatto si può giudicare che, se si negarono al Soprintendente della  disciolta Amministrazione le copie legali dei documenti, ciò si fece per poter  diffamare a proprio libito, senza preoccupazione di possibili smentite. agli 8 ottobre ultimo, anno III, n. 278, pubblicò' la lettera del  chiaro Professore, concepita nei seguenti termini :   " Ottemperando alle orali disposizioni della S. V. IlLma, mi  u pregio di rassegnarle quanto appresso :   u Incaricato dal Governo di questa Santa Casa, sottoposi  " ad analisi il brodo fornitomi dalla cucina della Pia Casa.   u Con rapporti del 24 (è un errore, deve dir 27) e del 29  " aprile di questo anno dettagliatamente mostrai i risultamenti  u delle mie analisi, epperò la composizione dei brodi esamia nati etc. etc. „.   Dopo di ciò, la realtà del fatto non si poteva più revocare  in dubbio, ed il giornale, per non mostrare d' essere stato accoppato addirittura, chiudeva il suo articoletto di cronaca, rivolgendo al Prof. Reale le due seguenti interrogazioni:   a Crede egli d' aver analizzato due brodi dell'identico tipo ? —  " cioè ottenuti da quantità uguali ed in modo uguale ? „   Ora il r. Commissario scrive che il signor Reale ha espressamente dichiarato, non solo di non aver manifestato l'opinione  che manifestò, ma di non esser stato mai interrogato su tale  questione. Ci vuole una bella faccia!   Chi scrive non sa se la carne di maglione sia poco o molto  dura, perchè è la prima volta in vita sua che ne sente parlare. La relazione dice che è durissima, ma v'è da scommettere cento contro uno che non supera quella della faccia dell' on. r. Commissario.   In ultimo la relazione afferma " che dalle dichiarazioni, fatte  dallo stesso fornitore signor Pirozzi, è risultato che si era prescelta quella qualità di carne per un sentimento di malintesa  economia. „   Se son vere coteste dichiarazioni — e noi protestiamo di non  credervi, perchè il Pirozzi, nella sua modesta condizione di  beccaio, è uno dei più onesti galantuomini del mercato di Napoli — chi scrisse la relazione dev' essere persona d' una. . . .  ingenuità della forza di cento cavalli.   Come ? Se s' era permesso con deplorevole condiscendenza al  fornitore della carne di violare il contratto, non è da pensare  che egli si prendesse cotesta licenza nell' interesse della S. Casa.  L' economia dovrebbe averla fatta lui: eppure, a dare ascolto al r. Commissario, egli proprio, il Pirozzi, gli avrebbe rivelato  che era stata inspirata da un malinteso sentimento! Pel Pirozzi  sarebbe stato altro che ben inteso.   Il r. Commissario poteva dar la pruova del fatto asserito, se  avesse avuto i più elementari rudimenti di cose amministrative  e doveva darla, una volta che il fatto lo aveva asserito. Egli  non avrebbe avuto che a richiamare le liquidazioni dei conti  del Pirozzi, e a rilevare dalle stesse se la carne era stata a  costui pagata in conformità dei contratto, mentre ne aveva fornito di qualità inferiore allo stabilito. In questo caso si sarebbe  verificato un furto patente, nella consumazione dei quale non  potevano non esser coinvolte le suore addette alla cucina, l'Economo dell' Ospedale, e V Ispettore contabile: ed il r. Commissario doveva denunziarli al potere giudiziario insieme al Pirozzi  ed ai componenti della disciolta Amministrazione, se il fatto  era seguito col loro consenso. Se non l'ha fatto o se noi fa,  egli dà la pruova d'essere.... quello che è.   Se poi -le liquidazioni si son fatte sul prezzo della carne di  maglione, la responsabilità è della Ragioneria — di quella Ragioneria, che ha avuto le lodi del relatore (p. 27), mentre essa, se non presenta un ordine scritto del Soprintendente o  del Governo, che a ciò la autorizzava, avrebbe proceduto a  rovescio del suo dovere, passando sopra al contratto. E in  questo caso il r. Commissario, lungi dal far gli elogi del Ragioniere, dovrebbe avere il coraggio di destituirlo.   II r. Commissario però non fa né questo né quello, perchè  sa di non poterlo fare, essendo la sua una vera innegabile e  cosciente... inesattezza.   Biancheria e casermaggio — Veniamo ora al servizio della  biancheria e del casermaggio " ridotto nelle più squallide condizioni, perchè la disciolta Amministrazione, non avendo per  due anni consecutivi speso quasi nulla per lo acquisto di detti  generi, la scorta precedentemente esistente s' era venuta assottigliando di giorno in giorno. I mobili, i letti e le matarasse  sono in pessima condizione e per mancanza di lenzuola non  possono bene spesso rifarsi i letti agli ammalati. „   A prescindere dalla smaccata esagerazione, con la quale è     Digitized by     Google     presentata la suesposta accusa, convien rilevare, per rispondervi, che T ultima provvista di biancheria fu fatta nel 1887,  e doveva servire, non solo per detto esercizio, ma anche pel  successivo del 1888,   Nel maggio del 1889 air amministrazione del sig. conte Spinelli succedette quella del sottoscritto, il quale trovò, com'era  naturale, deliberato ed in gran parte speso od impegnato il  bilancio preventivo. In questo, air art 25, era stanziata per  biancheria una cifra di lire 25,000, la quale, come risulta dalla  citata relazione del Segretario Generale, fu quasi interamente  spesa, poiché, a chiusura del conto, non si trovò che un residuo di lire 705.63.   Deliberato il bilancio del 1890, calcato sulle stesse orme di  quello precedente per le ragioni esposte nella nota, diretta il  16 maggio 1890 all' Illustrissimo signor Prefetto Codronchi, il  sottoscritto ed i suoi colleghi, dal modo imbarazzato, col quale  procedeva il servizio di cassa, si accorsero che le condizioni  economiche dell' istituto, a loro affidato, non eran quelle che  avevan creduto dapprima.   Istituite perciò delle indagini sopra ogni singolo ramo di servizio ebbero ad intravedere che il bilancio della S. Casa era travagliato da un disavanzo di circa lire 170,000   Queste circostanze il r. Commissario avrebbe potuto rilevare  dall' incartamento relativo ai conti, nel quale si legge la sopradetta nota del 16 maggio 1890 (V. alligati al ricorso doc. IV,  p. 17), che fu il primo grido d 1 allarme dato dal Soprintendente  Vastarini-Cresi. Da quel momento il Governo del P. Luogo diede  opera allo studio diligente ed accurato dei conti; rimasti indiscussi, 1887 (secondo semestre) 1888 e 1889, per avere al più  presto il concetto preciso della vera condizione finanziaria dell' Istituto; e, com' era ben naturale, si tennero stretti i cordoni  della borsa, e s'andò spendendo con grandissima parsimonia  il bilancio del 1890, sopratutto in quegli articoli che portavano  i maggiori stanziamenti, tra' quali era pur quello relativo alla  biancheria. Alla chiusura del conto 1890 si trova in fatti che  della cifra stanziata rimasero non erogate lire 17,632,55.   A tre agosto 1890 soltanto, con la deliberazione che approvava i conti dei tre esercizii anzidetti 1887, 1888. e 1889, si potè veder chiaro nella situazione, e cessò la ragione dell'incedere prudente e riservato nelle spese.   Ma, se a quella data i dubbi della situazione eransi dileguati,  l' Amministrazione s' era venuta sciogliendo. Il cav. GaetanoSavarese, per gli affari del suo commercio era rimasto lungamente a Parigi, ed al suo ritorno si credette in dovere di rassegnare le proprie dimissioni da Governatore. Il conte Ludolf,  o poco prima o poco dopo di lui, aveva fatto altrettanto. Il  Prof. Giovanni Antonelli intervenne per V ultima volta in ufficio  per prender parte alla deliberazione del 3 agosto e per mera  deferenza personale al Soprintendente. Non rimasero in carica  che quest' ultimo e il cav. Lo Savio, i quali a 4 settembre 1890,  prima ancora che giungesse in Napoli il comm. Basile, per  prendere il posto del conte Codronchi, tramutato in Milano,  si affrettarono a spedire le proprie dimissioni (Ved. doc. XVII  allig. al ricorso pag. 77).   Non ricevendo alcuna risposta, il Soprintendente a 20 settembre rinnovò le sue preghiere all' illustrissimo signor Prefetto,  perchè prendesse atto delie date dimissioni e provvedesse alla  ricostituzione dell' Amministrazione (V. doc. XVIII alligato al  ricorso pag. 78).   Se il sottoscritto dicesse oggi che, essendo dimissionario, non  credette d' avere il diritto di trattare un affare così importante  come era la rifornitura del casermaggio e delia biancheria, il  r. Commissario che, certo misura dalla propria 1' altrui buona  fede, e che, gestore temporaneo con mandato d'una legittimità  molto discutibile, non esita ad affrontare la responsabilità d'un  prestito di mezzo milione, sorriderebbe d' incredulità. Ma chi  scrive lo disse allora, il 20 settembre 1890, nella chiusa della  citata lettera "... io son costretto a far deliberazioni di ur* genza per una parte, e per un' altra a rimandare molte cose  " importanti con detrimento degli interessi dell' Istituto. „   AH' Illustrissimo signor Prefetto piacque di prolungare per  ben quattro mesi la situazione anormale della S. Casa, e più  ancora V avrebbe prolungata, se il Vastarini-Cresi non gli avesse  rotti gli alti sonni nella testa il 17 dicembre 1890 (V. doc.  XIX allig. al ricorso p. 79) e se non si fosse tolto, per giunta,.  la briga di chiedere il concorso di quattro gentiluomini, ai quali ha il rimorso d'aver procurato tutte le molestie, che si  ponno subire, quando s* ha a combattere con V inurbanità e la  malafede.   Per le ragioni sovraesposte, gli strali, che al r. Commissario  hanno temprato un Ragioniere ed un Segretario di prefettura,  e che egli, grottesco Griso del fiero Innominato, crede di avventare suir aborrito capo dei Vastarini-Cresi, vanno a colpire  in pieno petto la venerata persona del Comm. Basile. Meno  male che il r. Commissario " ritiene presso di sé una tovaglia,  rinvenuta nelle stanze degli ammalati a pagamento, e che vuol  conservare a memoria a" imperituro disdoro^ certamente del  Prefetto, che fu causa che la biancheria non si rifornisse, perchè con essa potrà asciugare il sangue e fasciar le ferite che  gli ha prodotto per aberrazione di colpi ! Invece, della lancia,  sarà la tovaglia di Achille (Basile), che ferisce e sana !   Ma tutta cotesta lunga storia, ci si potrà dire, non riguarda  che il 18 C X), e, dato pure che vi si mandi buona, essa giustifica un' Amministrazione che non è quella che è stata sciolta.   Ora voi dovete giustificare l'Amministrazione nominata il 31  dicembre 1890, che è rimasta in ufficio fino al 4 settembre 1891.   Che cosa ha essa fatto per provvedere alla biancheria ? Se  non era il r. Commissario non si sarebbe nemmeno saputo che  il Grande Ospedale versava in quelle angustie. — La negligenza  per questa parte indubitabilmente è grave; e non si limita soltanto alla biancheria ed al casermaggio.   Se non era quella mente di aquila del r. Commissario, la  disciolta Amministrazione avrebbe esaurito il periodo sessennale della sua gestione e non avrebbe pensato alle sale di operazioni segregate, come ci ha dovuto pensare lui, per non far  sentire agli altri ammalati le grida strazianti dei paziente.   E non e' è che lui, il quale abbia pensato " ad una distribuzione razionale e sicura degli ammalati nei varii reparti, per  evitare lo sconcio, da lui riconosciuto, di veder confusi tra gl'infermi comuni, alcuni affetti da tubercolosi e simili,,.   Non e' è che lui, che abbia pensato u ad invitare la commissione sanitaria a guardare il modo come trovansi aerate le  sale, studiando se sia il caso di adottare per alcune di esse o per tutte appositi ventilatori, non senza badare alla tenuta dei  cessi e della loro disinfezione. „   Non e' è che lui, che " ha creduto di migliorare col nuovo  bilancio la condizione dei salarii al personale degli inservienti  e delle camminanti : e a quest' ultime (che ne erano prive e  non aveano facoltà di uscire, e non son morte) ha dato il vitto  ogni giorno ed ai primi il vitto solamente nei giorni di guardia: „   Non e' è che lui, che abbia pensato u a nominare una commissione di professori sanitari e di un illustre ingegnere (sic)  per istudiare un piano regolatore per i diversi servizi e per i  definitivi adattamenti dell' Ospedale affinchè questo, mentre intende a raggiungere lo scopo umanitario, sia altresì condotto  (sic) all' altezza dei progressi scientifici e civili (sic) richiesti  dall'odierna coltura! „.   Non e' è che lui, il quale " abbia fatto notare al signor Prefetto, che probabilmente lo ignorava, come e qualmente la S.  Casa, mentre appresta agi' infermi la cura ospedaliera, fornisce  del pari alla gioventù studiosa il mezzo di compiere la propria  cultura (sic) professionale, mediante il suo (di chi ?) vasto materiale clinico !   Non e' è che lui ! Non e' è che lui ! — O Scarpetta, quante  volte, nel leggere la relazione del r. Commissario per la temporanea gestione della S. Casa degli Incurabili, la tua figura,  sbucando tra le carte, che ingombrano il mio scrittoio, come  le tentazioni nel quadro del S. Antonio di Morelli, mi guarda  con quel sorriso tra lo scemo e il malizioso che ne costituisce  la nota caratteristica, e mi ripete: Non e' è che lui ! non e' è  che lui!   E T illusione per un momento mi esilara e mi rinfranca; ma  poi di nuovo la penna, impotente a tradurre con la parola il  sentimento d'infinito disprezzo che m* invade, freme sulla carta;  perchè non sa lasciarvi scorrere i feroci giambi di Archiloco.   Alle iniziative ed ai meriti, che il r. Commissario con tanta  modestia si attribuisce, non v' è che una lieve osservazione a  fare, ed è quella che si desume da una deliberazione, presa  dalla disciolta Amministrazione il 17 giugno ultimo sovra un  rapporto del Direttore dell' Ospedale, sig. cav. Gaetano Antonella Riportiamo qui il testo della prima ed in alligato quello del secondo, avendone, per fortuna, il Governatore Cosenza,  che concorse largamente a ciò che forma il tema dell' una e  dell' altro, conservato le copie tra le sue carte.   Se il r. Commissario — e non ci parrebbe strano — volesse  contestare V autenticità dei due menzionati documenti, tuttoché non ne ignori V esistenza in archivio, ed ha provato di  non ignorarla, saccheggiandoli, sarà utile che sappia altra copia del rapporto del Direttore trovasi nelle mani del chiarissimo  prof. Cardarelli, che potrà anche informarlo da chi, perchè, come e quando la ricevette.   Ciò premesso, ecco la deliberazione:   u Presenti il funzionante Sopraintendente cav. Lo Savio e i  governanti comm. Trinchese e cav. Cosenza — assistiti dal Segretario Generale barone De Marinis.   " Vista la elaborata relazione del Direttore di questo Ospedale in data 16 corrente mese, con la quale da una parte si  rassegnano diverse proposte per provvedere:   a) air igiene dei locali:   b) alla buona manutenzione:   e) al miglioramento della casa di salute per gli infermi a  pagamento:   d) della casa di maternità:   e) della cucina:  della Direzione Ospedaliera;   g) della sala di medicatura;   h) della formazione di nuovi locali per stanze d'isolamento, per stanze di ricezione, per la sala idroterapica e per  le consultazioni gratuite; e da altra parte si riferisce sul bisogno di provvedere il nuovo casermaggio e sui mezzi più acconci per attuare questo intento, senza apportare alcuno spostamento al bilancio della pia Opera.   „ Ritenuto il pregio e V importanza del detto lavoro e riconosciuta 1' utilità di seguirne le tracce:   a Ritenuto che in quanto alla prima parte, si rivela opportuno di procedere con un piano regolatore, commettendo ad  un ingegnere l' incarico di compilare un regolare disegno estimativo per T attuazione delle sopraindicate molteplici proposte;   Ritenuto che in ordine alla seconda parte, è necessario per procedere all' appalto per la provvista del nuovo casermaggio,  e per dismettere tutto il vecchio materiale inutile, un regolare  capitolato, da redigersi da persone competenti sotto tutti i  rapporti;   " DELIBERA   u 1° Esprimere la più sentita soddisfazio ne al Direttore per  la pregevole relazione, diretta a questo Consiglio, sui più importanti miglioramenti da apportare all' opera ospedaliera.   " 2° Commettere al Soprintendente di far compilare da un  ingegnere, che egli crederà prescegliere, il piano regolatore col  progetto indicativo della spesa occorrevole alla relativa attuazione in base alle proposte contenute nella relazione suddetta.   fc 3° Commettere ad una commissione, presieduta dal Governatore del carico cav. Cosenza e composta dal Segretario  Generale di quest* Amministrazione e dello stesso Direttore dell' Ospedale, l' incarico di compilare un capitolato che possa  servire di base all'appalto pel nuovo casermaggio „.   Or come si vede dalla riferita deliberazione, ed an che meglio dalla Relazione del Direttore, che si legge in alligato, non  erano indispensabili gli sforzi di quel poderoso intelletto del  regio Commissario per discoprire i bisogni dell' Ospedale e per  proporre i mezzi di accorrervi. Quello che sarebbe stato comandato dalla più elementare decenza, era di non tradire la  verità col manifesto fine di far emergere la propria persona,  diffamando, con la circostanza aggravante del mandato ricevuto, altri, che tenea modestamente a fare il bene senza plagii e senza gran cassa.   La somministrazione delle medicature antisettiche — Un ultimo addebito la relazione del r. Commissario rivolge alla disciolta Amministrazione per ciò che tiene al servizio ospedaliere e vogliamo riferirlo con le parole testuali della relazione  medesima:   a Un altro fatto gravissimo, tollerato dalla disciolta Am" ?nini s tra sione a danno degli infermi ho trovato nella somu ministrazione delle medicature antisettiche, la quale è affidata  u ad un appaltatore per V annuo corrispettivo di lire dodicimila. Tale servizio procedeva nel modo più irregolare che possa  " immaginarsi, sia perchè i preparati più costosi non venivano  " forniti addirittura, sia perchè quelli che erano apprestati non  " solo erano di pessime qualità, ma ancora di quantità infeu riore a quella richiesta.   u Tutto ciò ho assodato non pure di persona (?), ma anche  u dai reclami di molti professori, Direttori di sale chirurgiche  " e delle suore della Carità, preposte a tale servizio, e sopra" tutto da un rapporto del Professore Annibale di Giacomo,  " direttore primario della sala delle lesioni violente.   u E debbo aggiungere che questo appaltatore è un impieu gato stipendiato della S. Casa, che avrebbe dovuto prestare  " servizio in qualità di farmacista, ma per i favori che godeva  " facilmente si esimeva dai suoi obblighi, e tutto ciò mentre  " il Regolamento vieta in modo assoluto agli impiegati di con" correre o prender parte agli appalti di qualsiasi natura „.   Innanzi tutto ci sia permesso di rilevare che, se rispondesse  alla realtà dei fatti, quanto afferma il r. Commissario, ci troveremmo di fronte ad un vero e proprio reato, qual' è quello  preveduto dall' articolo 321 del codice penale, che suona così:   " Chiunque essendo autorizzato alla vendita di sostanze medicinali, le somministra in ispecie, qualità o quantità non corrispondente alle ordinazioni mediche o diversa da quella dichiarata, o pattuita,. è punito con la reclusione sino ad un  anno e con la multa da lire cinquanta a cinquecento. „   Cotesto reato, a prescindere da tutte le prove che si ricordano nella relazione, il r. Commissario V ha assodato di persona  in tutte e tre le forme, in cui si è palesato, cioè nel non fornirsi a dirittura i preparati più costosi, nel dar quelli, che si  fornivano, di pessima qualità, nel darli di quantità inferiore a  quella richiesta. Tutto ciò ho assodato di persona, egli dice.   Or, ciò non ostante, il r. Commissario non ha denunziato al  potere giudiziario il fornitore ed i suoi complici,; che, come vedremo, sarebbero stati parecchi; anzi non ha nemmeno intentato contro di quello un giudizio civile per la risoluzione del contratto ed il risarcimento dei danni.   Che vuol dire ciò? — Una cosa soltanto: che il r. Commissario sa di non aver detto il vero. Ed eccorie la dimostrazione limpida, matematica, irrecusabile. Allorquando entrò neir amministrazione il sottoscritto, trovò  che il suo predecessore aveva concesso a trattativa privata la  fornitura a cottimo delle medicature antisettiche al signor Alfonso D' Anna, che è precisamente il fornitore, che la relazione  presenta nel modo accennato di sopra.   Siccome il Vastarini aveva ed ha pel signor conte Spinelli,  e pei suoi colleghi d' Amministrazione, tra i quali vi era nientemeno che il comm. Francesco Saverio Correrà (un secolo di  probità e di dottrina!), non già la stima ordinaria, che si ha  per ogni galantuomo, ma quel rispetto che s' avvicina alla venerazione, tenne per criterio direttivo dei suoi giudizii sugli atti  dei suoi predecessori, che nulla vi potesse essere che. non rispecchiasse la più alta ed incontestabile moralità. E molti provvedimenti, dei quali non poteva raccogliere dagli incartamenti  la motivazione; li confermò sulla considerazione che non potevano non essere giusti ed equi. Di tal natura ritenne che fosse il contratto stipulato col D'Anna, prima d' essersi informato  della ragione òhe lo aveva determinato ; e se ne confermò,  dopo che T ebbe conosciuta. Essa gli risultò essere stata questa, che nell'anno precedente al contratto medesimo, quando  i generi di medicatura si fornivano a consumo e non a cottimo, erasi constatata una spesa di L. 24000, mentre il D' Anna  offrì di fare servizio e lo lece per sole 12000.   Il d'Anna, anche allora, figurava nella pianta degli stipendiati in qualità di farmacista del P. Luogo, ma non è altrimenti  vero che per i favori che godeva si esimesse dai suoi obblighi. Egli invece non prestava sotto V amministrazione Spinelli,  come non ha prestato sotto la amministrazione Vastarini, il  servizio di farmacista, perchè comandato a soprintendere al  forno. E neir esercizio di questa funzione egli portò tale una  diligente e coscienziosa sorveglianza, che la spesa pel panifìcio,  che era di L. 500 mensili, discese a sole 300, dal giorno in  cui il D' Anna se ne ebbe ad occupare.   Il r. Commissario non ha che a riscontrare in contabilità i  documenti e si convincerà della verità di quanto affermiamo.   Scaduto il termine del contratto, stipulato dal D'Anna colT Amministrazione Spinelli, alla fine del 1890, furono banditi  gì' incanti per la fornitura delle medicature antisettiche, come per ogni altra provvista; fu indicata, come base dell'asta, la  somma stabilita nel contratto scaduto; ma non vi fu gara.   All' infuori del D'Anna, nessuno si presentò per la concessione dell' appalto. In tale stato di cose non vi erano che due  soluzioni del problema: o ripigliare il servizio in economia con  l'eventualità, più che certa, di ritornare al consumo di L. 24,000;  od accettare la offerta del D'Anna, esaminando i documenti,  in base dei quali egli chiedeva d' essere autorizzato ad assumere f appalto, quantunque fosse uno stipendiato del P. Luogo.  Egli esibì i documenti stessi, che aveva esibiti al conte Spinelli.  Erano certificati di parecchi Professori, che, letti dal Vastarini,  lo determinarono così come avevano determinato lo Spinelli,  a concedere la domandata autorizzazione.   Ora che di ciò è piaciuto al r. Commissario plasmare un'accusa, il Vastarini ha richiesto al D'Anna quei documenii per  farne argomento della propria difesa, e il D'Anna glieli ha fatto  tenere con 1' aggiunta di due altri, che meritano 1' onore d' essere intercalati nel testo di questa risposta.   Dei detti certificati, due furono rilasciati in settembre del 1881  dai professori di chirurgia Folinea e Mazziotti ed uno il 27  agosto dello stesso anno dal signor professore Annibale Di Giacomo, direttore primario della Sala delle lesioni violente, come  dice la relazione, per renderne più ponderosa V autorità. I signori Folinea e Mazziotti attestavano d'essersi serviti per le  rispettive cliniche chirurgiche delle medicature Lister dal sig.  Alfonso D' Anna e d' averle trovate di ottima qualità e perfettamente corrispondenti allo scopo.   Il prof. Di Giacomo poi certificava, ed il documento è tutto  di pugno del lodato Professore, u che gli oggetti di medicau tura alla Lister, che vende il farmacista d'Anna, sono di otu tima qualità ed identici a quelli che adopera lo stesso Lister  a a Londra (!?!), come avea potuto convincersi dal nome della  u Casa inglese, dalla quale li ritirava il D' Anna, non che in  u parecchi casi di operazioni, nei quali egli (il Di Giacomo)  u li aveva adoperati.   " Ed in fede etc. etc. „ (1)   (1) I certificati anzidetti trovansi presso il sottoscritto, che è pronto a mostrarli a chiunque avesse vaghezza di esaminarli. Sarebbe deplorevole che il prof. Di Giacomo avesse con leggerezza rilasciato il documento del 27 agosto 1881, perchè esso  principalmente fu quello, che determinò la risoluzione del Vastarini, stante che il suo redattore, autorevole quanto gli altri  due, gli era personalmente noto, come uomo di carattere integro ed incapace di rilasciar certificati o di far rapporti a  partita doppia, secondo che ora vorrebbe far credere la relazione del regio Commissario.   Noi prevediamo che si potrà dire d' esser vero il certificato  del Di Giacomo di dieci anni fa, ma siccome è possibile che  il D'Anna siasi mutato da quel che era allora, non è impossibile che il giudizio portato dal Di Giacomo sulla qualità delle  medicature, da lui ora fornite, sia anche mutato, e quindi sia  vero il rapporto che dice il r. Commissario aver ricevuto dal  eh. professore.   Tutto questo ragionamento, come si vede, è fondato sulla  supposizione che il D' Anna non sia più quel coscienzioso fornitore di una volta; ma a combattere codesta supposizione daremo lettura del documeuto che segue, invitando il n Commissario ad ascoltarla nella posizione dell' attenti ! e con la mano  al berretto. Eccola:   IL PREFETTO DELLA PROVINCIA DI NAPOLI (Udite !)   u Veduta la deliberazione in data 27 maggio p. p., con cui  " il Consiglio d' amministrazione dello Spedale Clinico di questa  '■ Città ha chiesta V autorizzazione di procedere, mediante trat" tativa privata, all' appalto per la somministrazione degli ar41 ticoli di medicatura a tutto 1' anno 1892;   " Ritenuto che dall'atto predetto risulta dimostrata la conu venienza e V opportunità che V appalto in parola sia affidato  " al sig. Alfonso D' Anna, il quale tiene in appalto la detta som" ministrazione {Udite !) per 1' Ospedale militare di questa Di" visione, per quello del 2° Dipartimento marittimo e per quello  " degl' Incurabili e dà le maggiori garantie {Udite! Udite!) per  u il buon andamento del servizio;   u Ritenuto inoltre che i prezzi dell' offerta, presentata dal  u D'Anna ( Udite /), sono notevolmente inferiori a quelli corriu sposti finora per tale somministrazione ; talché 1* Ospedale  u Clinico potrà ritrarre una rilevante economia dal novello apu paltò ;  u Veduti gli articoli ecc. ecc.   Decreta :   " V Ospedale Clinico è autorizzato a concedere, mediante  u trattativa privata, al sig. Alfonso D' Anna Y appalto per la  " somministrazione degli articoli di medicatura fino a tutto il  u 1892 ed in base alla tariffa alligata alla deliberazione 27  " maggio p. p. del Consiglio di amministrazione.   u Napoli {Udite!) 6 luglio 1891.   Ma l'apprezzamento del decreto prefettizio è solamente preventivo. Ascolti ancora il r. Commissario, senza ritirar la mano  dal berretto, perchè ora ce la mettiamo anche noi: Quando  parlano uomini, come quello; del quale ci apprestiamo a riferir  la parola, si ha il dovere, qualunque sia la posizione dell'ascoltatore, di serbare P attitudine del rispetto, che impone la  canizie, congiunta alla scienza ed alla probità indiscutibili.   " OSPEDALE CLINICO DI NAPOLI „   u Certifico io qui sottoscritto che il sig. Alfonso D'Anna, dal  u mese di giugno del volgente anno, somministra a quest' Ou spedale gli articoli di medicatura (bende compresse, garza ec.)  u e che non ha dato motivo ad alcun reclamo per la buona  u qualità degli articoli somministrati.   u In fede del vero {udite !) ed a richiesta dell' interessato.   Napoli 12 novembre 1891   77 Presidente del Consiglio di Ammiitistrasionv   {Udite! udite!) Carlo Gallozzi   u Visto per la firma del signor Carlo Gallozzi nel presente  " certificato.   u Napoli 23 novembre 1891   u II Delegalo Municipale   u Avv. Di Giulio „  Dopo di ciò potremmo cessare: abbiamo rivendicato l'onore  di un galantuomo, che per deferenza a noi, come al nostro  predecessore, ha fatto con grandissimi sacrifizi un servizio inappuntabile air Ospedale, che fu già affidato alle nostre cure; e  ne avevamo il dovere, dappoiché egli fu calunniato, non perchè ne avesse dato il menomo pretesto, ma perchè aveva la  sventura d'esercitare uh servizio così delicato, che, quando non  si fa con coscienza, mette in giuoco la vita degli infelici.   Lanciare sul viso ai componenti della disciolta Amministrazione T accusa del fatto gravissimo (il regio Commissario ne  intese tutta V importanza) d* aver tollerato a danno degli infermi che quel servizio procedesse nel modo più irregolare  che possa htimaginarsi, era V ingiuria più atroce che si potesse far loro. Essa non ha un equivalente che in quella che  si facesse ad un soldato d' onore di avere tradita la consegna  per oscitanza nelP adempimento del proprio dovere, perchè l'uno  e gli altri avrebbero consegnato al nemico le vite umane, alla  lealtà, così dell' uno, come degli altri, affidata.   Rappresentando i componenti del disciolto Governo come  traditori, non per proposito, ma per ignavia, il regio Commissario li ha designati al pubblico disprezzo.   A poterlo fare logicamente però, egli doveva passare a traverso del povero D' Anna; non ostante che questi fosse innocente. Ma ciò, che importava? — 11 regio Commissario non ha  forse la missione di dimostrare che il decreto del 31 agosto  ultimo era stato giusto e provvido, e che il Prefetto di Napoli  è un fior di filantropo, che, oltre 1' affetto per 1' umanità sofferente, non aveva nessun altro motivo — ci spieghiamo nessun  altro motivo — per volerne alla disciolta Amministrazione, anzi  al solo Soprintendente ?   E chi oserà dire che innanzi al bisogno di ottenere cotesto  risultato dovesse arrestarsi, perchè rovinava un padre di famiglia nella riputazione e negli interessi? Il r. Commissario è  milite obbediente e disciplinato, e a la guerre, comme à la  guerre !   Potremmo cessare; ma non vogliamo, perchè il r. Commissario ha pagato di persona, assumendo d' aver egli, proprio  egli, assodato che i preparati più costosi non venivano forniti, e che quelli, che erano apprestati, non solo erano di pessima  qualità, ma ancora di quantità inferiore a quella richiesta. Ora  noi dobbiamo costringerlo con la forza inesorabile della logica  a confessare che non ha detto il vero, o, che in un' ipotesi  più mite, quando 'parla o scrive, non ha la coscienza degli  atti suoi.   Prima di ogni altro rileviamo che non si è contentato di affermare il fatto, che poteva esser caduto sotto la sua personale osservazione, ma dice che quel fatto fu tollerato dalla disciolta Amministrazione, ossia precedentemente alla sua entrata  neir Ospedale e che ciò l'ha assodato dai reclami di molti pròfessovi. Direttori di sale chirurgiche e delle Suore di carità,  preposte a tale servizio. Noi lo sfidiamo a produrre un solo di  tali reclami, diretto o alla Direzione dell' Ospedale od alla Soprintendenza od al Governatore del carico; ma deve produrlo  col numero di protocollo, che ne accerti la data di ricezione  dal Segretariato Generale e con la immancabile decretazione, che  sta in tutte le centinaia di migliaia di carte di pugno del Soprintendente o del Governatore Delegato. Se non lo fa, ha scritto  una.... inesattezza.   Egli dice d' aver assodato di persona i fatti, che denunzia.  Noi gli abbiamo dimostrato che sono reati, ora gli aggiungiamo che non potevano esser consumati senza la complicità delle  Suore, del Ragioniere, del vice-Direttore e dei professori di Chirurgia.   li D' Anna deve fornire a cottimo tutta quella quantità di  generi, che occorrono per le svariate operazioni. La Suora, che  è preposta al servizio, gliene deve far la richiesta. Egli deve  dalla Suora ritirare la ricevuta di ciò che fornisce, non solo  per garentir sé medesimo dalle sottrazioni, che possono cornili ettere i suoi dipendenti, ma per presentarla alla Ragioneria,  che a sua volta deve mettere a riscontro le richieste con le  ricevute, per aver la pruova che fu osservato il contratto e che  si possono compilare i mandati pel pagamento. Or se la Suora  ha fatta la richiesta e non ha avuto il genere, e come mai  avrà rilasciata la ricevuta ? e se non 1* ha rilasciata, in base a  qual documento la Ragioneria avrà preparato i mandati e sottoposti alla firma del Soprintendente ?Avrà mentito la Suora e il Ragioniere, e perchè ? per far lucrare al D' Anna qualche centinaio di lire, che avranno poi  diviso fra loro?   Evi si sono arrischiati, non ostante gl'immancabili clamori dei  Direttori di sala, degli assistenti, dei coadiutori ? E impossibile.  È assurdo.   Ma sapete voi come si fa la distribuzione dei generi di medicatura ? Vi assiste il signor Tigani, infermiere maggiore, funzionante da Vice-Direttore, o almeno vi si assisteva al tempo  della passata Amministrazione. Senza la sua presenza non si  apre un pacchetto di cotone, né si taglia un metro di garza.   Se il genere richiesto non si trova, o se è di pessima qualità o se è in quantità minore di quella richiesta, Tigani lo  deve sapere, lo deve consentire, ne deve trarre un corrispettivo. Senza di lui la frode è impossibile. Egli non ha fatto alcun  reclamo mai, né al Direttore, né al Soprintendente, né al Governatore del carico; dunque, se la frode è avvenuta, il complice necessario è Tigani.   Ma chi è costui? Il r. Commissario lo sa, quanto noi. È il  marito d'una Musolino, stretto affine di S. E. il Ministro dell' Interno. Quest' indicazione dovrebbe bastare per far riconoscere al r. Commissario quale assurdo egli abbia sballato, quando  ha scritto che i generi più costosi non si fornivano, o si fornivano in quantità o qualità diverse dal contratto.   Ma se egli, senza pensare, ha insultato con la sua affermazione un uomo, che per le attinenze familiari ha il dovere di  credere onesto, ha egli pensato almeno all' ingiuria atrocissima,  che ha rivolto ai professori di chirurgia scrivendo quelle insensate parole?   Un professore Direttore di Sala, nella più parte dei casi insegnante, procede ad una grande operazione chirurgica in presenza dei suoi alunni. Si tratta di una laparotomia, di una nefrectomia, di una grande amputazione. Il chirurgo ha fatta una  giusta diagnosi; V occhio della fronte V ha servito bene, come  quello della mente; la mano armata del ferro ha secondato il  pensiero.   L'angoscia che ha turbato per tanti giorni l'operatore, più  crudele di quella che tormenta il giuocatore, quando segue con     Digitized by     Google     41     lo sguardo smarrito il moto circolare della rollina, si calma.  L'operazione è riuscita; ma!., mancano i preparati più costosi  per assicurarne il risultato !... La vita del malato è in pericolo !...  T ammalato muore... e non pel fatto del chirurgo, ma per l'ingordigia dell' appaltatore delle medicature. Il chirurgo è costretto  a scrivere nel suo passivo una partita perduta per colpa dell' appaltatore : deve esporsi alla maldicenza degli emuli, alla  critica degli invidiosi, alla sfiducia degli alunni, perchè?— Perchè il D'Anna gli ha fatto mancare dieci pacchi di cotone fenicato o quindici metri di garza!   E il professore tace, e tacciono gli assistenti, 'e tacciono le  Suore e tacciono gl'inservienti e i preti e i colleghi e gli alunni  e tutti, perchè D'Anna possa dare meno di quel che dovrebbe  per lire dodicimila!   Eh ! via, ditelo ! non sentite che quello che avete affermato,  di fronte a quel che noi vi diciamo, è un assurdo di cosi sfolgorante evidenza, che la sua luce, percotcndo nel torbido specchio della vostra coscienza, rimbalza e vi sospinge fino al labro  ribelle la confessione d' aver mentito ?     Prima di dar la parola a chi ha esercitato, in qualità di Governatore delegato, al pari di noi, il potere esecutivo dell'Amministrazione, al nostro egregio e carissimo amico cav. Lo  Savio, per rispondere a quella parte della relazione, che tratta  delle Condizioni finanziarie della Pia Casa, sentiamo il dovere di  trovare una formola, che chiuda logicamente questo scritto.   L' abbiamo cercata, ma non a lungo, perchè era sul nostro  tavolo un opuscolo, dal titolo — La maggioranza del disciolto  Consiglio Provinciale di Napoli al Paese— Memorandum— 22 gennaio 1889 — Tipi Giannini,   In quest' opuscolo, sottoscritto fra altri, anche dall' attuale  r. Commissario per la temporanea gestione della S. Casa degli  Incurabili, evvi un capitolo, intitolato : u Le feste Pompeiane,  Un presidente contabile — nel quale per sei pagine fitte in8 j  grande, si leggono a carico d'un uomo, che copri V ufficio di  Presidente del Consiglio provinciale di Napoli, accuse tali, che  parea dovessero, se fondate, sbarrargli per sempre la via del  ritorno all' alto seggio. Eppure queir uomo v' è ritornato e col voto dei r. Commissario, sottoscrittore del ricordato memorandum ! Anzi, a dimostrazione palpabile della confessata calunnia; queir uomo concede a questo il permesso di farsi nominare suo Vice-Presidente  e di portarsi insieme con lui nella stessa lista candidato a consigliere comunale di Napoli !   11 capitolo, cui alludiamo, è preceduto da una epigrafe tolta  dal libro dei Proverbi, Capo 26 n. 27, nel suo testo latino, e  con la corrispondente traduzione italiana.   È la conclusione più calzante, che si possa dare a tutto quanto  innanzi abbiamo detto.   Qui fodit foveam incidet in eam, et qui volvit lapidem, revertetur ad eum.   Chi scava la fossa vi cadrà, e la pietra cadrà addosso a  chi l'ha smossa!   Napoli. PERSONALE AMMINISTRATIVO E SANITARIO   Gravissima, dice il rapporto, é la quistione del personale amministrativo, sanitario e di assistenza addetto alla pia Casa.  Esso, calcolate le pensioni, assorbisce quasi la metà delle rendite nette del Luogo pio. E di ciò sono responsabili tutte le  amministrazioni, non esclusa l'amministrazione Vastarini-Cresi,  che è, manco a dirlo, la più colpevole.   Dopo ciò ognuno s'aspetta di sentire, non solo in che consista  questa colpa, ma quali sono i criteri del r. Commissario per  procedere ad una razionale riforma del personale amministrativo, sanitario e di assistenza: di questi due ultimi specialmente  che assorbiscono i quattro quinti di quella metà delle rendite  di cui parla il regio Commissario.   Ma niente di tutto ciò. Il Regio funzionante sa che un esercito di 1*20 professori, 86 inservienti, 50 infermiere o caminanti,  36 suore di carità, 20 ecclesiastici, rattoppatrici, lavandaie, bacilari per i teatri anatomici e trasporto de' cadaveri, uscieri,  portieri; oltie un personale speciale per i gabinetti batteriologico, idroterapico, chimico, elettroterapico, ortopedico ecc., insieme ai letti, biancheria, locale ecc. formano proprio V opera  ospedaliera. Dire che la somma sjjesa per tale personale è sottratta al mantenimento dei malati è lo stesso che dire che la spesa per  le indennità ad un segretario ed un ragioniere di prefettura  che aiutano il r. Commissario a dire tante corbellerie ed i denari sciupati nello stampare tante calunnie, sanano le piaghe  dei poveri infermi!!... E un argomento a contrariis, come dicono  gli scolastici.   Ma tanto è vero che lo scrittore o firmatario del rapporto sapeva che il personale sanitario e di assistenza non dovesse essere compreso a titolo di biasimo nell'ammontare della spesa  sottratta al mantenimento dei malati, che immediatamente se ne  scorda, e restringe i suoi benevoli, quanto esatti apprezzamenti, al  personale amministrativo.   Ed allora perchè parlare, con evidente malafede, di metà della spesa sottratta alla cura dei poveri infermi? Perchè non parlare col linguaggio onesto delle cifre, e dire che, sopra un'entrata annua che rasenta il milione, la spesa del personale amministrativo è di lire 63,010.00 e non oltre, e che in questa  sono compresi gli stipendi ed i salari per tutto il personale  della Direzione ospedaliera e sue dipendenze, che potrebbe a  buon dritto dirsi destinata al servizio sanitario ?   Se il regio Commissario fosse stato assistito da buona fede e  non avesse dovuto rispondere alle esigenze di una diffamazione  organizzata a detrimento di parecchi galantuomini, si sarebbe  reso conto delle innumerevoli difficoltà amministrative della  azienda affidata alla sua temporanea gestione, ed avrebbe constatato di quale e quanta attitudine, di quale e quanto concorso  efficace di tutti fa d'uopo per porsi in grado di veder chiaro  in ogni singolo atto amministrativo e nel complesso di tutti.   Se di ciò si fosse reso conto il r. Commissario non si vedrebbe ora posto alla gogna delle nostre categoriche smentite.   Ma rientriamo presto nell'argomento della spesa pel personale  amministrativo e sbrighiamocene in poche parole.   Col regolamento generale del pio Luogo del 1879, con le piante  N. 1 e '*, la spesa per gli stipendii amministrativi fu fissata a  L. 40,420.00 a cui aggiunto il compenso di esazione dovuto al  tesoriere, compreso in detta pianta, ma non indicato, per il suo  ammontare di L. 4000,00, si ha un totale di. . L. 41,420.00  le quali, con le modificazioni al regolamento deliberate nel 1885, discesero a L. 42,160.00   Però con l'attuazióne di detta pianta un personale  di stralcio rimase tagliato fuori, ma che però prestava un servizio indispensabile, e che nel 1886 gravava  sul bilancio per L. 20,850.00   Sicché la spesa totale annua fu di L. 63,010.00   come fu rinvenuta dal Vastarini-Cresi.   L'amministsazione da questo presieduta, con deliberazione 17  novembre 1889, approvata dalla Giunta provinciale il 21 gennaio 1890, approvò una nuova pianta per l'ammontare di lire 63,880 ridotta poi a L. 57,680.00   Mantenne fuori pianta alcuni impiegati che gravano  sul bilancio per L. 5,330.00   sino a raggiungere le L. 63,010.00   che si pagavano prima.   Se il regio Commissario non ha perduto, fra l'altro, la virtù  di comprendere l'eloquenza delle cifre, dica come L. 63,010.00  sono superiori a L. 63,010.00.   E se questa è la sostanza, qual valore possono avere gli apprezzamenti del r. Commissario?   Meno male che non ha trovato modo di giustificare, con argomenti simili a quelli adoperati finora, la formazione di una  novella pianta per il personale contenzioso come fece la relazione ministeriale. E per quanto riguarda la voluta pianta per  il personale tecnico e l'aumento dei farmacisti, riproduciamo dal  ricorso alla IV sezione del Consiglio di Stato il brano che a  questi due argomenti si riferisce:   « Non differenti apprezzamenti l'altro appunto sulla spesa  deliberata per gl'Ingegneri.   « Basta far notare che la Giunta provinciale amministrativa  ha approvata tale spesa (Vedi verbale 16 settembre 1891 per  notar Merola), renduta necessaria dalla esecuzione del contratto  per l'assunzione a partito forzoso delle rendite e della manutenzione dei fabbricati ; e che, approvata per lire 7,000, se ne  sono assegnate solo 4680 per tre ingegneri ispettori, che debbono vegliare alla esecuzione della manutenzione.   « Qui però cade in acconcio far notare che non si tratta di  una spesa di carattere organico e permanente, ma puramente  transitorio, che vive la vita di un' esercizio finanziario, e che,  mentre, il contratto di manutenzione ha avuto principio il 4  maggio 1890, la spesa per gli ingegneri ispettóri non ha gravato neanche il bilancio 1891, essendosi stanziata per la prima volta  sul bilancio del 1892.   (( E si noti ancora che uno degli ingegneri ispettori, il signor  Errico Migliaccio, era già impiegato antico dell'Amministrazione  con uno stipendio uguale a quello che oggi percepisce in lire  1680 e che perciò in definitivo la novella spesa si riduce a  L. 3000.00.   « Se l'amministrazione disciolta ha in ultimo chiesto all'autorità tutoria r autorizzazione per aumentare uno e non due  posti nell'organico dei farmacisti, ciò ha fatto per le aumentate  esigenze del servizio.   « In fatti, oltre che l'uso delle specialità chimiche e l'introduzione  degli alcaloidi mila farmacopea rendono più penoso il servizio farmaceutico, l'amministrazione ha impreso a fornire i farmachi  a due altri istituti Pii, al Manicomio provinciale di S. Francesco di Sales, ed ai tre ospedali (Vita, Cesarea e Loreto), dipendenti dal Reale Albergo dei Poveri. Come possa l' antico personale rispondere alle nuove esigenze lo dica l'imparzialità della  IV Sezione del Consiglio di Stato (e qui la verecondia del R.  Commissario ! )   « Da tutto ciò chiaramente emerge che non infruttuosi richiami della R. Prefettura vi furono, non aggravio di novelli  stanziamenti nel 1891 per un aumento di personale, non creazione di nuovi organici, non ingiustificata proposta di aumento  di farmacisti ; ma vigile e solerte cura degli amministratori nel  migliorare le rendite del pio Istituto e nel restringere il passivo nei limiti del puro necessario ».   E tutto ciò potrebbe bastare in risposta alle calunniose menzogne contenute per questa parte nel rapporto del R. Commissario. Ma per dare un'altra prova della serietà dei suoi studii  giuridici, a titolo di amenità, riportiamo l'articolo 231 del regolamento del pio Luogo, dal quale vorrebbesi trarre l' obbligo  da parte degli ingegneri inscritti nell' albo, a norma dell' art.  222, di prestar l'opera loro gratuitamente per l'ispezione permanente di cui nel contratto di manutenzione. Art. In generale, per tutti i lavori commessi agli ina gegneri ed architetti, questi non hanno dritto a riscuotere  « compensi o rimborsi di spese dal pio Luogo   e salvo ai medesimi lo esigere direttamente dagl' intraprenditori  « nel caso di esecuzione delle opere e senzi responsabilità del Pio Luogo,  « quei diritti e rimborsi che potessero loro competere.   Non è il caso di far commenti ! ! !   Che dire poi dello appunto fatto per aver dato un alloggio  conveniente al Direttore dell' importante nosocomio ?   Ha compreso perfettamente il R. Commissario che, votata la  nuova pianta, non era più il caso di far ricorso alla disposizione del regolamento, che assegnava al Direttore una casa della  pigione di L. 400 all'anno, ed allora ha detto che lo alloggio,  di cui parla la nuova pianta, dovesse limitarsi a due o tre  stanze nello interno dell'ospedale.   Per verità, se V autore del rapporto si fosse doluto che un semplice infcrmieie maggiore occupa una casa alla discesa Maria Longo  della pigione di L. 125 al mese sol perchè parente d' un Ministro (e che Ministro!) lo avremmo compreso, tanto più che ora  il R. Commissario ha concesso allo stesso impiegato un alloggio suppletivo come fosse un supplemento di stipendio !   Ma rivolgere censura air amministrazione Vastarini per aver  concesso al Direttore un alloggio rispondente alla importanza del  posto che occupa, è la prova provata che il R. Commissario,  compreso dal voluttuoso desiderio di riuscir gradito al sig. Prefetto, ha voluto parlar del Direttore in un modo purchessia, conoscendo che la corda sensibile del cuore del chiaro uomo che  siede sulle cose della Provincia di Napoli avrebbe vibrato con  insolita frequenza! C'intendiamo, onorevole R. Commissario?   LAVORI   Se per combattere le altre affermazioni del R. Commissario  ci ò bastato riassumere le accuse uà esporre i fatti da cui ri   Digitized by     Google     — 76 —   sultava la evidente malafede con cui lanciavansi tali accuse; per  quanto riguarda la rubrica lavori non possiamo fare altrettanto.  Sono così condensate e tante le ingiuste affermazioni del R.  Commissario, che bisogna averle presenti nel loro contesto per  comprendere, dopo averle esaminato, qua! malgoverno si è fatto  della riputazione dell' amministrazione Vastarini col famoso  rapporto.   Prima però di esporre i brani testuali della relazione del R.  Commissario, faremo precedere una breve ma chiara esposizione  dello stato contabile e contrattuale dei lavori, prima dell' amministrazione Vastarini, cioè fino a tutto dicembre 1889, durante il 1890, e per il periodo dal 30 dicembre 1890 al 2 settembre 1891, che riguarda la dimoila amministrazione.   Il 28 febbraio 1884 F amministrazione presieduta dal signor  Conte Spinelli, dietro regolare autorizzazione della Deputazione  provinciale, e previo esperimento dei pubblici incanti, stipulò  con gF imprenditori Vincenzo d'Errico, Mauro Abate e Antonio  d'Ambrosio un contratto di appalto generale per tutti i lavori  bisognevoli ai fabbricati del pio Luogo, di muratura, falegnameria e dipintura, per qualsivoglia ammontare e per la durata  di tutto il dicembre 1889. La tariffa posta a base di tale contratto era quella del genio civile, il ribasso contrattuale per i  lavori in muratura era il 6 OjO, la liquidazione ed il pagamento  si convenne dovesse farsi dietro regolare misura degli ingegneri  direttori dei lavori.   In virtù del suddetto contratto furono affidati ai suddetti imprenditori tutti i lavori di manutenzione dell' ospedale e del vastissimo patrimonio urbano appartenente al Pio luogo; i lavori  di riparazione e rifazione delle diverse infermerie dell' ospedale;  od in fine tutti i lavori necessari a ricostruire e ritornare in  parte il diruto ex monastero della Consolazione appartenente al  Pio luogo e clie non dava un soldo di rendita.   Iniziati tali lavori nel 1884, furono alacremente proseguiti  negli anni successivi.   Nel 1886 però in parecchi importantissimi caseggiati del Pio luogo, per le condizioni speciali del sottosuolo di Napoli,  per Io stato deplorevole delle fondazioni dei fabbricati di Napoli in generale, per le infiltrazioni delle acque di Serino, e per  il rigurgito di quelle delle antiche conserve, sopravvennero  schiacciamenti e lesioni in gran numero con imminente pericolo di mina di molti fabbricati, per cui fu necessario accorrere prontamente ad eseguire le più urgenti riparazioni.   Ognuno comprenderà di leggieri che ci riesce impossibile indicare la spesa occorsa per tanta e cosi importante quantità di  lavori, per non avere a nostra disposizione la ragionerìa o l'archivio del Pio luogo e perchè non riguardano gestioni della disciolta amministrazione. Però basterà fai* sapere che a chiusura  di conto 1889, dietro ordini severissimi e perentori del Vastarini,  i sig. ingegneri del Pio luogo fecero pervenire tutte le misure  dei lavori ordinati dalle precedenti amministrazioni ed eseguiti  nel 1887, 1888 e 1889 e, secondo la liquidazione fatta dalla Ragioneria del Pio luogo di tali misure, il loro ammontare complessivo ascese alla cifra di lire 211,003:89, di cui figurava pagata la somma di lire 42,841:00, era a pagar la rimanenza di lire 168,162,89 (1).   (I) Nelle suddette misure liquidate perla suindicata somma di lire 211003.89   figuravano :   L. 70 mila circa per lavori di sottofondazione e ricostruzione eseguiti nel gran  caseggiato a via Cisterna dell' Olio ;   L. 50 mila per lavori eseguiti nel locale dell' ex monastero della Consolazione,  pel quale si erano spese, negli anni precedenti, altre L. 70 mila  già pagate, e ciò allo scopo di ridurre detto locale redditizio.   L. 20 mila per lavori di sottofondazione e ricostruzione nel fabbricato in via  Carbonara n. 109.   L. 13 mila per consimili lavori eseguiti nei caseggiati in via Montagnola ;   L. 150 mila in uno per lavori di carattere straordinario e patrimoniale. Le rimanenti L. 70 mila rappresentavano V importo dei lavori eseguiti  nel 1889 per la manutenzione dei caseggiati e del fabbricato ospedaliero, non che per la rinnovazione di due infermerie ncll' ospedale stesso. Poiché però si avea ragione di ritenere che la liquidazione  eseguita dalla ragioneria non fosse stata rigorosamente esatta  e le misure stesse inviate dai sig. ingegneri risentissero della  fretta con cui erano state compilate, il Governo si riserbò di  sottoporre le liquidazioni dei lavori ad una severa revisione contabile, tecnica e contrattuale. E, come fu dichiarato a pag. 21  della relazione morale a stampa sul conto 1890, « tale revisione  « eseguita per la parte tecnica dall' egregio prof. Udalrico Ma« soni, per la parte contabile e contrattuale dalla Segreteria e  « dal Governatore Lo Savio (non dalla ragioneria) si ottenne una   (( RIDUZIONE D2 SPESA SULLA SEMPLICE PARTITA DELLE OPERE MURARIE   « di ben l. 33,670:53 ».   Se si tien conto che di tutti i lavori liquidati a chiusura di  conto 1889, solo una minima parte, per pochissime migliaia di  lire e per bisogni impellenti, fu ordinata dal Vastarini : — che  tutti iudistintamente tali lavori furono eseguiti in base al regolare contratto del 26 febbraio 1884 e per bisogni riconosciuti dai  precedenti amministratori: — che sulla primitiva liquidazione già  approvata dall'autorità tutoria, si fece la rilevante economia di L.  33,670.53 come risulta dal rendiconto 1890: che la disciolta amministrazione infine non fece essa la spesa, ma fu ben essa invece a far Y economia suindicata, se si tien conto di tutto ciò,   Ora trattandosi di lavori eseguiti nel 1889 ed anni precedenti, la responsabilità non può spettare ai Vastarini, nò per quanto si riferisce alla ordinazione  loro, nò per quanto tiene alla esecuzione.   E se tale responsabilità non spetta al Vastarini, molto meno spetta alla dìsciolta amministrazione che fu nominata con decreto 30 dicembre 1890.   Se però si fa accenno a tale divisione di responsabilità, è perchè il R. Commissario sappia a chi sono dirette le sue ingiuste e calunniose osservazioni.  Che per quanto tiene al merito degli apprezzamenti suoi sugli atti compiuti  dall' amministrazione Spinelli, sappia il R. Commissario che per tutta la gran  quantità di lavori eseguiti dal 1884 in poi, essa non ebbe bisogno di altre risorse straordinarie fuorché delle lire 60(X) di rendita alienate nel 1888, le quali  furono compensate dal maggior utile rctratto dai locali della Consolazione, che  ora rendono L. 14 mila all'anno. diciamo, qual uomo di buona fede presterà ascolto ai calunniosi  apprezzamenti del R. Commissario ?   Questo per quanto si riferisce ai lavori eseguiti fino a tutto  il 1889.   Per quanto poi riguarda i lavori eseguiti nel 1890 bisogna aver  presente che, scaduto il contratto con gì' imprenditori d'Errico,  d'Ambrosio ed Abate col 31 dicembre 1889 e procedutosi a  cottimo chiuso col Forino per la riscossione delle rendite e manutenzione dei fabbricaliy il quale contratto dovea avere il principio  della sua esecuzione col 4 maggio 1890, era giuocoforza provvedere alla manutenzione dell'importante patrimonio immobiliare per 4 mesi, cioè dal 31 dicembre 1889 al 4 maggio 1890.   Se negli anni precedenti la manutenzione aveva assorbito la  somma di lire COmila all'anno, tutto lasciava supporre che tale  manutenzione per un quadrimestre (e nei 4 mesi invernali specialmente) avrebbe assorbito la somma di oltre L. 20mila.   Dall' altro canto il Forino, che in tale quadrimestre dovea procedere ai novelli affitti per suo conto, avea il massimo interesse  a che gli accomodi locativi fossero fatti in conformità dei patti  da stipulare con i nuovi inquilini, verso dei quali egli era 1' unico responsabile. Perciò l'amministrazione con deliberazione  12 gennaio 1890 concesse a forfait al Forino la manutenzione  anticipata di tutti gli stabili compresi nel capitolato di appalto  per il compenso unico di L. lOmila.   Se il R. Commissario si fosse fatto guidare da quel sentimento  di onesta equanimità che invano si cerca nelle 45 pagine del  suo rapporto, avrebbe dovuto rilevare che i soli preventivi già  presentati dagli ingegneri per lavori di manutenzione, fino al  12 gennaio, epoca in cui fu adottata la deliberazione, superavano  le L* i Ornila accordate al Forino come compenso a cottimo per lutto il  quadrimestre.   Né valga il dire che bisognava sottoporre all'approvazione  dell'autorità tutoria tale, deliberazione, poiché la spesa trovavasi stanziata in bilancio e veniva erogata in limiti molto inferiori allo stanziamento corrispondente; e poi, approvato dall’autorità tutoria il contratto Forino, non era neeessario sotto*  porre a novella approvazione un atto che, altro non faceva che  anticiparne la esecuzione, anticipandone i vantaggi.   Esposte queste indispensabili notizie sullo stato contabile e  contrattuale dei lavori, veniamo alle accuse ganeriche del R.  Commissario.   Udite :   « Dopo gli stipendii, la spesa che fino ad ora ha assorbito le  k migliori risorse della Pia opera, ò stata quella dei lavori d'ogni  « genere che si sono eseguiti, laddove, essendo la manutenzione  « dei fabbricati appaltata al riscuotitore di essi, non si sarebbe  a dovuto che erogare le somme occorrenti nei lavori di carattere  « straordinario che si fossero potuti verificare ed in quelli di  « manutenzioae del fabbricato ospedaliero e delle poche case, la  a cui esigenza è mantenuta direttamente dall'Amministrazione b.   Se quest'accusa generica fosse stata corroborata con esempii,  per verità la serietà del R. Commissario se ne sarebbe avvantaggiata un tantino, non fosse altro nella forma, pur rimanendo  vacua nella sostanza. Ma veniamo a discuterla.   Se si tratta di lavori eseguiti fino a tutto il 18R9, questi non  ci riguardano, come abbiamo dimostrato: e d' altronde, non essendo la manutenzione appaltata, ma eseguita in economia, in  base a regolare contratto per la valutazione dei lavori, e comprendendo gran parte delle somme spese fino a tal epoca; lavori  necessarii alla conservazione del patrimonio, l'accusa si appalesa ingiusta e calunniosa per tale periodo precedente.   Se poi si tratta di lavori eseguiti nel 1890, bisogna aver presente:   1. Che il contratto della manutenzione a cottimo ha avuto  inizio il 4 maggio 1890 e che perciò la manutenzione per un  quadrimestre era a carico dell' amministrazione la quale erogò  la somma suddetta di L. 10,000.00   2. Che essendo esclusa dal contratto Forino  la manutenzione dell' Opera ospedaliera e sue dipendenze, tale manutenzione preventivata per  lire 18mila si è verificata, per le opere straordinarie occorse nell' ospedale, per ....;) 28,376.41) (1)   3. Cke è occorso pagare col bilancio 1890:   a) Parte dei lavori eseguiti nel 1889 per ri-',  fare la seconda sala donne . . L. 3954,60]   b) Parte dei lavori eseguiti anche f   nel 1889 per ricostruire la sala oftal- ; 11,240.80 (2)   mici s. 4000,001   e) Parte dei lavori eseguiti per la ]   lavanderia a vapore ;, 3292,20'   4. Che non essendo comprese nel contratto  Forino le case soggette ad espropriazione per un  valore di L. 700 mila, e non essendo state espropriate per tutto il 1889, come si era convenuto,  è stato giocoforza manutenerle per poterle af iìttare, erogando una somma di circa . . » 6,000,00   Tutte le suddette somme hanno gravato sul bilancio 1890 per lo ammontare complessivo di » 55,623.36   E sapete voi, onorevole regio Commissario, per  quanto figura nel consuntivo 1890 la cifra riguardante la partita lavori, ossia per gli art. 14 e  44 del bilancio ? figura per » 68,702,11   Da cui sottratta la somma di L. 55,623.36,  che ha gravato sul 1890 per le cause su esposte,  si ha che la spesa sostenuta in detto esercizio  per i lavori straordinari è di sole .... » 13,079.76 Vedi conto del Tesoriere 1890 e relazione a stampa del Segretario Generale del Pio luogo su detto conto pag. 10. donde risulta che sull'art. 44  (Fabbricato ospedaliero) fu fatto uno storno in aumento per L. 10,37f>,46.   (2) I lavori (a) furono eseguiti dai fratelli Russo con regolare contratto su  preventivo degli ingegneri Giambarba e Curcio ed ammontarono a L. 12 mila  circa — I lavori (b) furono eseguiti dal D* Errico in base al contratto 28 febbraio 1884 — I lavori (e) dallo stesso D' Errico col citato contratto 28 febbraio  1884 e per speciale autorizzazione dell' autorità tutoria (Ingegnere Fulvio). E tenuto conto dello stato gravissimo di molti fabbricati, dei  lavori che si sono eseguiti a piazza Cavour, a Porta Carrese a  Montecalvario, a Cisterna dell' Olio ecc., domandiamo alla lealtà  del R. Commissario se gli pare, non diciamo grossa, tale cifra  ma almeno sufficiente a provvedere ai più urgenti bisogni.   Ed allora perchè buttare delle frasi generiche e vuote e che  non sono altro se non la espressione della più sballata posa da  grand' uomo ?   Ma qui non s' arresta il R. Commissario. Egli seguita a dire:  I lavori si eseguivano senza autorizzazione, senza contratto, senza  preventivo, illegalmente, per colpa sempre dell'Amministrazione,  che anzi, con suo rincrescimento, .ce ne dispiace davvero per lui)  in ciò ha riscontrato le maggiori colpe e le più gravi ; fino al  punto da essere indotto ."senza rincrescimento, crediamo) a promuovere giudizio di responsabilità verso i passati amministratori.   Era naturale. Premessa la incoscienza completa ed assoluta  delle condizioni contabili e contrattuali dei lavori e la deplorevole costante oscitanza delle disposizioni di quelle leggi che  invoca sempre a sproposito, un simile linguaggio, se non si scusa  si spiega ! È il linguaggio di tutti coloro che, a corto di argomenti e di fatti, vogliono produrre una certa impressione.   E diciamo a corto di argomenti e di fatti; perchè quelli citati  dal R. Commissario stanno contro la sua tesi.   Esaminiamoli.   Sarebbero illegali i lavori eseguiti per riduzione della casa  del Direttore dell' Ospedale, perchè ordinati dal Soprintendente  Vastarini, in data 10 dicembre 1 889, senza autorizzazione del Consiglio.   Per lo statuto organico del pio Luogo il Sopraintendente è il  potere esecutivo dell' amministrazione. Il Consiglio vota il bilancio preventivo, il Sopraintendente spende le somme tutte  comprese nei singoli capitoli del bilancio. Tale disposizione,  chiara, categorica, precisa, giammai sconosciuta o posta semplicemente in dubbio dall' autorità tutoria, dava il diritto al  Soprintendente di autorizzare la spesa per quello, come per altri lavori. E tale spesa fa primieramente autorizzata per Lire 3000 e si elevò a Lire 8278,62 per essersi riconosciuta posteriormente la necessità di rifare i lastrici solari grandemente  avariati. E tali lavori furono eseguiti dallo imprenditore d' Errico in virtù del contratto 28 febbraio 1884, con uno speciale  ribasso del 10 0[0 ottenuto dal Soprintendente,   Sarebbero illegali, secondo il rapporto del R. Commissario,  i lavori eseguiti a Piazza Cavour, :c per i quali dall'Ingegnere  « Curcio il 22 dicembre 1890 furono presentati quattro conti  « ammontanti ciascuno a Lire 499,97, 499,94, 499,96, 423,55».  Per i gravissimi ed improvvisi danni manifestatisi nei fabbricati a Piazza Cavour nel settembre 1890, fu dato ordine immediato agli ingegneri Curcio e Fulvio di far procedere alla  puntellatura della estesa zona di case pericolanti ed ai lavori  pili urgenti per assicurarne la stabilità. Nel tempo stesso ai  suddetti signori ingegneri fu dato incarico di preparare un estimativo generale e complessivo per la sistemazione definitiva di  tutta la zona dei fabbricati minaccianti ruina.   Non ostante ripetuti richiami dall'Amministrazione, i suddetti  ingegneri tardarono a preparare V estimativo, per non essere facile rendersi un conto preciso dello stato delle fondazioni e per  non potersi procedere ad una prova di esse, pendente una  perizia giudiziaria, che si espletava per assodare la causa delle  lesioni.   Sui primi di dicembre, impartiti gli ordini a tutti gì' ingegneri di liquidare senza ritardo, sia con misure finali, sia con  misure parziali, tutti i lavori eseguiti nel 1890, agli effetti della  chiusura di conto; V ingegnere Curcio inviò, per quelli eseguiti  a Piazza Cavour, le quattro liquidazioni indicate dal R. Commissario.   Però, mentre furono inviate alla ragioneria per essere tenute presenti agli effetti del conto lavori 1890, allo steso ingegnere Curcio fu impartito l'ordine di presentare il preventivo  generale complessivo e comprendervi anche lo ammontare dei lavori  eseguiti e liquidali, acciò la Giunta provinciale, esaminando la pratica, potesse avere sott' occhio la vera e precisa esposizione  delle cose.   E così avvenne. Inviato dagli ingegneri Curcio e Fulvio il  preventivo generale in cui i lavori già eseguiti e liquidati erano compresi non solo, ma portavano una speciale indicazione, fu dal Governo,  con deliberazione 12 Febbraio 1891, approvato tale preventivo  per lire 7260,94, e tale spesa fu sanzionata dall'autorità tutoria alla quale furono esposti i fatti nel modo surriferito.   Non pare al R. Commissario che prima di lanciare una calunnia, avrebbe avuto il dovere di esaminare l'incartamento  di piazza Cavour, piuttosto che prendere a casaccio delle misure in mano e dirne di così marchiane ? Porti i nostri ringraziamenti a chi lo ha servito così bene: egli lo conosce !!!   Non occorre parlare dei lavori di manutenzione concessi a  fortait al Forino per il quadrimestre gennaio-maggio 1890 e per  L. 10 mila, avendone discorso estesamente innanzi.   Non siamo in grado di dare una risposta air accusa che  riguarda i lavori del 1891 coi numeri del registro di ragioneria 7, 17, 34, 35, 36, 37, 48, 51, 68, 69, 74, 75, 77, 78, 80, 81,  82, e 83 (tombola !) ammontanti a L. 6000 complessivamente,  perchè non abbiamo presente il registro di ragioneria e non ci  ha fatto l'onore il R. Commissario di indicare la natura dei  lavori eseguiti, altrimenti avrebbe avuto per questa parte la  degna risposta.   Però è facile argomentare che, trattandosi di 18 lavori differenti per T ammontare di L. 6000, deve ognuno avere un importo inferiore a L. 500, e deve riguardare ognuno una singola partita di lavoro.   Prosegue il R. Commissario che sono illegali « i lavori in  « corso di restauro della casa in via Oronzio Costa n. 12 afB« dati senza contralto all' appaltatore medesimo e che egli ha fatto  « perciò immediatamento sospendere ».   I lavori in via Oronzio Costa n. 12 sono lavori in condominio  e riguardano sottofondazioni e ricostruzioni di muro comune, e  furono concessi, di accordo fra tutti i condomini, all' imprenditore Francesco Palmieri con conlraUo privalo del 27 ottobre 1890  {Beg. n. 9580 ufficio atti priv. il 6 novembre 90, voi. 63 fol. 117  ecc.), tra la S. Casa, Zampella, Pizzoli e Tagliatetela.   La tariffa che è a base del contratto è quella Folinea del 1886,  tipi Giannini.   Ah! occhi di lince d'un R. Commissario ! !....   Non è altrimenti vero e non risulta dall' incartamento, a cui  fa appello il R. Commissario, che i primi lavori della lavanderia  si siano dovuti distruggere per non essersi posto mente a proporzionarli alla dimensione delle macchine; ma invece si son  dovuti modificare i primitivi lavori per modifiche apportale dallo  stesso fornitore delle macchine Ing*De Bollari nella dimensione ed ubicazione di queste. Ciò risulta da un rapporto dell' Ing. Fulvio di cui  non ricordiamo la data e che è negli atti.   Né possiamo tampoco preoccuparci dell'altro appunto pel  quale si vorrebbe far credere che sono stati posti a carico della  S. Casa dei lavori per l'ammontare di lire 2360,69 che avrebbero dovuto cedere a carico di Forino.   La stessa forma generica dell'accusa, la dimostrata ignoranza  da parte del R. Commissario dei patti e condizioni del capitolato di appalto, ci autorizzano a ritenere che', tali lavori sono  stati posti a carico della S. Casa, perchè sono dipendenti da altri lavori di costruzione di volte, muri maestri o fondazioni.   E ciò conformemente a quanto è disposto nel capitolato, il  quale pone a carico del pio Luogo la spesa per lavori straordinarii di costruzione ecc. e per lavori da questi dipendenti.   La dimostrazione poi dell' asserita mancanza di preventivo,  nella esecuzione dei lavori il R. Commissario dice, che « è ri« sultata dall' aver fatto verificare da un ingegnere di sua fi« ducia(sic) alcuni lavori nell'ospedale a pagamento delle donne,  « per i quali, negli ultimi giorni dell'Amministrazione Vastarini,  « era stato presentato dall'ingegnere Migliaccio un preventivo  « e dall'essersi trovato che i lavori stessi erano invece da tempo  « stati eseguiti ». Perii che, opportunamente interrogalo il Migliaccio, ha per iscritto dichiarato che i lavori erano slati [verbalmente ordinati  dall'Amministrazione dicendoglisi di compilarlo poi il preventivo per corredo della pratica ecc.   Anche a quest'altra speciosa ed amena invenzione una breve  e precisa smentita.   Sorto il bisogno di riformare il reparto dei pagamenti donne,  fu dall' Amministrazione dato incarico air ingegnere Migliaccio  di compilare il preventivo per tali lavori. Il preventivo fu regolarmente compilato ; furono banditi i pubblici incanti per lo  appalto dei lavori stessi e ne rimase aggiudicatario l'imprenditore Vincenzo d'Errico col ribasso del 33 0[0.   Essendosi però preveduto il caso del probabile aumento dei  lavori oltre il limite del preventivo, nella bozza del capitolato  di appalto preparato dalla Segreteria, il Governatore Lo Savio  (quello in balia di cui restava l'amministrazione, secondo la relazione ministeriale) aggiunse di suo pugno la clausola, che in  caso di aumento dei lavori per qualsiasi ammontare, anche oltre il quinta  voluto dalla legge (quella sui lavori pubblici, onorevole R. Commissario ! ) / lavori si sarebbero intesi fatti alle medesime condizioni delr aggiudicazione. L' aggiudicazione avvenne, come abbiam detto col 33 OjO di  ribasso.   Lungo il corso dei lavori il Governatore Cosenza, che sorvegliava personalmente l'andamento di essi, riconobbe la necessità di aumentarsi il numero delle camere a pagamento, e quindi  di accordo col Soprintendente e col Governatore Lo Savio, diede  ordine di trasformarsi a camere a pagamento per le donne un  gran salone che aveva prima avuto altra destinazione. Da ciò  1' aumento di lavori e la necessità di un preventivo suppletivo per  integrare la pratica.   Ma era naturale che essendosi preveduto nel capitolato di appalto il probabile aumento dei lavori, ed essendo stati validamente garentiti gli interessi della S. Casa con la clausola su. espressa, si poteva anche far di meno dell'altro preventivo;  potendo bastare che nella misura finale fosse compresa la maggìor quantità di lavori eseguiti alle tnedesime condizioni della primitiva aggiudicazione.   Questo è quanto risulta dai documenti, onorevole R. Commissario, ed affermando il contrario, (ciò che non può essere) l'ingegnere Migliaccio ha mentito.   E forte dubitiamo che l'ingegnere Migliaccio abbia affermato  ciò che asserisce il R. Commissario ; perchè, almeno questa  volta, trattandosi di una dichiarazione scritta, avrebbe dovuto  pubblicarne il testo preciso.   Non diciamo parola sul fatto per il quale il R. Commissario  dice di aver prodotto formale denunzia air autorità giudiziaria,  poiché non saremo noi che preoccuperemo il libero corso della  giustizia. Però non vogliamo tacere che non può un'amministrazione essere tenuta responsabile dell'accordo fraudolento tra  un ingegnere ed un imprenditore, se tale accordo vi fu.   Dopo avere esposto con la maggiore brevità possibile, ma  crediamo, con ugual chiarezza, l'organizzazione di questo ramo  di servizio, e dopo aver distrutto i fatti che dal R. Commissario sono posti a base dei suoi ingiusti apprezzamenti, vegga  ognuno se le ultime parole contenute nel suo rapporto che accennano a enorme disordine, ad abusi, a sistematico disprezzo delle leggi,  possono meritare una seria considerazione o non ci autorizzano  piuttosto ad esclamare:   :: Le sue parole ci fan 1' effetto che ci farebbe fuso di feminetta o di fanciullo stocco! FORNITURE   Coloro che hanno seguito la storia dello scioglimento dell' Amministrazione degli Incurabili, ricorderanno che, fra le accuse della relazione ministeriale, ve n'era una la quale affermava che, quando nell'aggiudicazione delle forniture seguivasi  il sistema delle pubbliche aste, non si osservavano le regole della  legge di contabilità.   Il fatto posto a base di tale accusa era il seguente: Procedutosi agli incanti pubblici per l'aggiudicazione della  fornitura di carte e stampe, sorse divergenza sulla interpetrazione di una cifra contenuta in una scheda di offerta di ribasso.  Il Soprintendente, che presiedeva alle aste, invitò tutti i concorrenti a leggere la scheda allo scopo di evitare contestazioni, e  tutti meno uno, tal Guadagno, ritennero che la scheda contenesse il ribasso del 46 OjO sul prezzo d'asta.   Siccome era quella la scheda che portava il maggior ribasso,  a quell'offerente fu aggiudicato lo appalto delle carte e stampe.   Il Guadagno reclamò, contro tale provvedimento, ma il reclamo fu respinto dall'amministrazione. Ripetuto il reclamo al  Prefetto, questi non vi provvide nei trenta giorni voluti dalla  legge. Ma dopo parecchi mesi, quando l'aggiudicatario avea già  fatto gran parte della fornitura, il signor Prefetto, che già covava nell'animo il malcelato disegno di colpire i malvisi amministratori, mise fuori il reclamo Guadagno e minacciando l'annullamento dell" asta seguita e dell 1 aggiudicazione verificata,  pretese che V amministrazione trovasse modo di far tacere il Guadagno !!   Tale indecoroso aggiustamento fu respinto dal Consiglio di  Governo, che con sua novella deliberazione confermò le precedenti.   Il Prefetto inviò la pratica al Ministero dell'interno perchè  fòsse annullata l' asta per violazione di legge : e prima che il  Consiglio di Stato (Sezione interni) si fosse pronunziato sul chiesto annullamento, la relazione ministeriale lanciò 1' accusa di  inosservanza delle norme della legge e del regolamento di contabilità.   Ma nello scorso settembre, la domanda del signor Prefetto  per l'annullamento della suddetta asta, sottoposta all'esame del  Consiglio di Stato, fu da questo respinta, per non essersi riscontrata nella deliberazione della disciolta amministrazione alcuna violazione di legge e per avere il Soprintendente, che presiedeva alle aste, bene giudicato in fatto.   Altra accusa contenuta nella relazione ministeriale era che, parecchie forniture, anche superanti le lire 500 9 si aggiudicassero a  trattativa privata e senza alcuna autorizzazione.   Il R. Commissario ha taciuto della decisione del Consiglio di  Stato sopra riferita, e non ha potuto fare a meno di constatare  che tutte le forniture sono regolari nella forma (questa volta  il R. Commissario smentisce il Prefetto ed il Ministro — Cielo!)   Però siccome più che l'interesse della verità e della giustizia,  lo muove il malvolere ed il bisogno prepotente di calunniare,  sostiene che, gli appalti hanno nel più gran numero il difetto  di essere stati conclusi, a trattativa privata, in seguito a diserzione d' incanti, e con diminuzione del prezzo di base d' asta; il  che farebbe suppone che si fissassero i prezzi alti negli incanti appositamente per [irli andare deserti (?!!) e conchiudere poi i contratti con  prezzi molto vantaggiosi con persone che si credeva di favorire.   Il fatto sta precisamente come asserisce il R. Commissario!  Alcuni incanti andarono deserti, ma non peri prezzi alU, bensì per  i prezzi bassi messi a base delle aste. Ma ad onta dei prezzi bassi,  e delle diserzioni dagli incanti, per quasi tutti i contratti stipulati a  trattativa privata, e con debita autorizzazione, anche per somme  inferiori a lire 500, o fu dai contraenti ottenuto un lieve ribasso sul già basso prezzo d'asta, o fu accettato puramente e  semplicemente il prezzo d'asta ad onta che per la sua bassezza  avesse allontanato i concorrenti.   £ per tal modo la Santa Casa potè ottenere delle economie di  carattere contrattuale per parecchie migliaia di lire. E sappia #  l'onorevole Commissario che i prezzi furono fissati dietro indicazioni ufficiali ricevute dal Presidente della Camera di Commercio !...   Non rileviamo neanche la sconcia irriverenza contenuta nelle  ultime parole surriferite del rapporto, che vorrebbe far credere  al premeditato favoritismo seguito nelle aste, poiché grazie al  Cielo, i disciolti governatori' non sono né il Deputato di S. Angelo dei Lombardi, ne il Vice Presidente del Consiglio provinciale di Napoli.  Che dire poi dell'altro addebito mosso dal Regio Commissario  sull'appalto degli apparecchi medici e chirurgi ?   Egli ha affermato che per tale fornitura il ribasso offerto  deir80 e 90 per cento si credè senza giustificato motivo ridurlo al  63 e 53 °[ .   Basterà esporre come andarono le cose (e risulta dallo incartamento) per convincersi che anche in ciò il R. Commissario è  in aperta mala fede.   L'asta per la fornitura degli oggetti medici e chirurgi fu  aperta sulla base di un ribasso del 30 0[0 sui prezzi della tariffa precedentemente adottata dalla S. Casa.   Apertisi gli incanti ed accesasi calorosa gara fra i concorrenti, il Giannattasio, esasperato per vedersi contrastare un servizio che egli facea da moltissimi anni, offrì d'un colpo il ribasso  del 90,05 0|0 sui prezzi della sua stessa tariffa, e rimase aggiudicatario dell'appalto.   Riunitosi il Consiglio di Governo considerò che era immorale  ed iniquo profittare di un momento di aberrazione di un fornitore e costringerlo ad eseguire lo appalto a disastrose condizioni, e che d'altra parie potea indurlo a non fornire un materiale atto al buon servizio ospedaliero ; chiese perciò, con  apposita deliberazione, alla Giunta provinciale autorizzazione di  ridurre tale ribasso al 63 e 53 per cento, che pur era sempre  superiore a quello offerto da altri concorrenti,   E la Giunta Provinciale, a relazione del senatore De Siervo,  accordò la chiesta autorizzazione, trovando giusto e morale il  provvedimento del Governo.   In verità il R. Commissario comprenderà di leggieri che tra  l'accusa che muove da lui e l'encomio di Siervo  (una probità indiscussa) la scelta, per ogni uomo che si rispetta, non può esser dubbia e non se l'abbia a malo !   Tanto più che il R. Commissario fa come padre Zappata che  predica bene e razzola male.   Ed infatto ha violato la legge ed il contratto facendo stampare il rapporto dal suo tipografo particolare e non dal fornitore dell'Amministrazione, erogando una spesa superiore a lire  500 (lire 700) senza lo esperimento dei pubblici incanti e senza  dispensa dell'autorità tutoria.   PROVVEDIMENTI PER FAR DENARO   Prelevazioni sulle cauzioni — Siamo alla fine del rapporto e  ci vediamo costretti a deplorare ancora una volta la completa  incoscienza deiraccuratore.   « Tali sistemi di amministrazione dovevano naturalmente  t creare un continuo dissesto nelle condizioni della pia Casa,  « (prosegue il rapporto), la quale bene spesso veniva perciò a  « trovarsi in urgente bisogno di denaro. Se il R. Commissario si fosse reso conto delle date delle scadenze mensili degli incassi e delle spese della S. a Casa, avrebbe  appreso che non ai deplorati sistemi di Amministrazione del disciolto  Governo deve attribuirsi Yurgente bisogno di danaro in cui normalmente si trova l'opera pia, ma alla speciale natura del maturo  delle spese e delle rendite.   Legga ed apprenda!   Gli potrà servire per misurare tutta l'importanza degli impegni che assume e delle spese che autorizza a casaccio durante la sua gestione. Supposto un preventivo in pareggio, e sia quello del 1890 ;  nel mese di gennaio si incassano per interesse de' capitali, estagli, affìtti fabbricati, quote di arrendamene, infermi a pagamento, tesoreria ecc. ( con poche varianti in più od in meno  per ogni anno) L. 46,532.17   Si pagano invece nello stesso mese   di gennaio :•; 62,583.60     Risulta una deficienza di .... » 16,051,43  Tale deficienza nel mese di febbraio, per la differenza in più della spesa sull'incasso, è di . . L. 36,187.35   per la qual cosa l'ammontare complessivo della de ficienza a fine febbraio aumenta a s 52,238.78 Riporto L. 52,238.78   In marzo il supero della epesa sull'incasso è di » 17,589.97   Nell'aprile si verifica per » 18,394.64   In maggio continua ancora per » 14,647.31   Per modo che a fine maggio la deficienza raggiunge l'ammontare complessivo di .... » 102,870.70   Nel giugno invece, pel fatto dell'incasso del semestre a fine mese, l'introito supera la spesa per » 41,102.25   perciò la dficienza verificatasi nei mesi precedenti   discende a » 58,768.45   A luglio riprende però il suo cammino ascendente; aumenta di » 17,655.99   ed ammonta perciò a fine luglio a » 76,404.44   Nell'agosto per un avanzo di « 202.84   vidiscende a » 76,201.60   Ma risale nel settembre per » 10,772.50   Sale ancora nell'ottobre per >~^®^®^ ^^®~^^ -^-^i--'«-^-^-~&   Rapporto d’Antonelli  Direttore Amministrativo dell' Ospedale degl' Incurabili     All' III. sig. Soprintendente dello Stabilimento stesso   Napoli, li 16 Luglio t891.   In seguito dei più accurati studii, fatti col concorso dell' ili. mo signor Governatore cav. Cosenza, circa le attuali condizioni del nostro Ospedale, relative alla igiene dei locali, alla loro manutenzione, alla Casa di Salute, a quella  di Maternità, alle stanze d'isolamento, a quelle di operazioni, alla cucina, al  casermaggio, alle consultazioni gratuite, alla sala idroterapica, ed alle stanze  per la ricezione, alla disciplina del basso personale ed alla Direzione dell' Ospedale; e quali dovrebbero essere per ottenere che questo grande Istituto di  beneficenza risponda alle esigenze del progresso della scienza, e che di nulla  manchi per venire in sollievo della umanità languente", pregiomi sottometterle  tutto un piano di riforme, che, se troveranno benigna eco nell'animo dei signori componenti l'ilLmo Consiglio, salvo quelle savie modifiche che crederà  apportarvi, certamente potrà dirsi: Maria Longo fondò gì* Incurabili, e l'attuale  Amministrazione li riformò. Pria di entrare nell' argomento, ho il dovere di dirle che base degli studii è  stata la riforma totale, progressiva, accelerata dell'Opera, senza aggravare  l'attuale bilancio, onde il pareggio conseguito possa rimanere stazionario.   Igiene dbi locali   Le attuali infermerie certamente non si possono abbattere per poi ricostruirle,  ma essendo antigieniche possono essere bonificate, sia con l'apertura di vani  nelle pareti interne per renderle maggiormente arieggiate, sia con lo sterro di  una superfìcie quadrata di terrapieno, che attualmente trovasi a ridosso di alcune di esse nella Sezione " uomini „.   Dividere l'Ospedale chirurgia da quello medico, giacche la promiscuità procura agl'infermi in chirurgia delle infezioni che lo isolamento ovvia del tutto.   Rifare l' Ospedale a donne „ sul tipo delle poche sale, rifatte in quello a uomini „, togliendo le sale, che sono fomite e ricetto d'infezioni.   Costruire i cessi in modo, che, pur rimanendo in vicinanza immediata delle  sale per comodo degl'infermi, non mandino alle sale stesse tutti quei miasmi,  di cui oggi sono infetti e non propaghino tutti quei microrganismi che nelle  fecci di essi son contenuti, badando che il sistema del cesso offra solidità e  abbia tutte le garenzie per essere inodoro.   Manutenzione   L' attuale manutenzione è del tutto derisoria, poiché il danaro vien profuso  per accomodare, a misura del bisogno urgente, un fabbricato vecchio,sorto a  spezzoni, senza apportare alcuna modifica radicale al fabbricato stesso, ma  producendo invece del danno nel modo come vengono eseguiti i rappezzi, giacche le fabbriche nuove pel proprio rassetto e per lo scuotimento che producesi alle vecchie, ne fa conseguire la necessità di rifare quello che poco prima  si rifece, e, per la verità, informino i corsi sottostanti 1' Ospedale.   Verificare l'attuale incanalamento delle acque di rifiuto, le quali ora si infiltrano in tutte le fabbriche, e si assiste al miserando spettacolo, che mura, spesse parecchi palmi, piovano a permanenza. Anche le grondaie anno oggi la missione di depreziare il fabbricato per la  loro cattiva costruzione e manutenzione.   Sicché risulta necessaria la radicale ricostruz 1 me di quanto vi è di fradicio,  onde per parecchi anni si possa essere esenti da manutenzioni, ovvero fare  la parte minima, cioè imbianchimento, rappezzi d'intonaco, tegole ed altro,  con mezzi economici e con qualche operaio del Pio luogo, evitando così la  permanenza nelT Ospedale di imprenditori di manutenzione e di squadre di muratori,che sono la causa precipua dei guasti che si verificano e che essi stessi  producono per poi poter lavorare su più vasta scala. L'attuale ordinamento della Casa di salute, se la rende non passiva, non  può calcolarsi come un cespite rilevante, se tengonsi presenti le spese che per  essa si erogano in quanto a vitto e casermaggio speciale ed alle rette che si  esigono. Pur apprezzando l'operato dell' ill.mo Governo per aver disposto il  miglioramento delle località e del mobile, certamente non si raggiungerà lo  scopo di avere una Casa di Salute, accessibile al gentiluomo, come all'individuo del medio ceto, mantenendo ciascuno nel proprio ambiente e con quegli agi relativi alla retta che ciascuno paga secondo la classe.   La promiscuità delle diverse classi nello stesso appartamento condannerà   il gentiluomo a non uscire di camera per non trovarsi a contatto con persone   che non sono del suo grado, e farà nascere invidia e sospetto nell'animo di   chi paga in meno, in vista del migliore trattamento che vedrà usato, sia per   vitto che per servitù, a chi ne ha dritto per contributo di retta maggiore.   In fatti oggi vedesi qualche gentiluomo capitare nella nostra Casa di Salute, il quale resta confinato nella sua stanza fino alla guarigione, privo anche del  benefizio di poter scambiare una parola, poiché la maggioranza degl'infermi  è gente del basso ceto.   Si figuri la S. V. illustrissima, quando la retta sarà aumentata e qualcuno crederà, venendo, di trovarsi in un ambiente di gente del suo rango, e  troverà poi della gente del volgo, quale discredito gitterà costui sulla Casa di Salute, ed allora sarà accessibile soltanto alle infime classi sociali con le rette mìnime, rimanendo vuote, con tutte le migliorìe apportate, quelle stanze, la cui  retta dovrebbe formare il cespite maggiore della Casa di Salute. Risulta manifesta la necessità di ampliare la Casa di Salute di un secondo  piamo, onde ottenere la divisione completa delle diverse classi, facendo vivere  ogni elemento nel proprio ambiente, e per conseguire lo scopo basterà costruire  due sole tese di scala in seguito delle esistenti e servirsi del suppenno soprastante la Casa di Salute, ove le mura già sono abbastanza sviluppate, trasferendo la Biblioteca ad altro posto, per ottenere un quadrato completo, così  nella parte settostante, come nella superiore.   Casa di maternità'   La nostra casa di maternità forse è la prima in Italia pel numero delle incinte, che vi affluisce e per le operazioni, che in essa si praticano, e per la  valentia dei professori, ma non è certamente all'altezza dei tempi per le sue  condizioni igieniche.   Le incinte sono addossate l' una all' altra, e l' aria che vi si respira non è  la migliore: i pavimenti, le pareti ed il soffitto lasciano a desiderare; le stanze  del puerperio, quelle di operazioni, l'altra da bagno sono in condizioni pessime e mancano tutt' affatto le stanze d' isolamento per quelle donne che durante il puerperio vanno soggette a complicanze.   Devesi venire in soccorso di tale istituzione, e porla in grado di funzionare  secondo le esigenze della igiene e della scienza e fare che risponda alle prescrizioni del Regolamento circa la inaccessibilità a chiunque, mentre attualmente è un via vai di persone estranee, in barba al Regolamento. Stanze d' isolamento Il difetto assoluto di stanze d' isolamento nell' ospedale genera ogni giorno  giustissime doglianze da parte del Corpo Sanitario, poiché, sviluppatasi una  infezione qualsiasi in un infermo, questo resta in sala con grave danno degli  altri, segnatamente per le sale di chirurgia, ove sonovi operati di recente.   Cito un esempio: oggi dalla nostra casa di maternità od anche per ricezione alla porla, perviene all' Ospedale una donna affetta da infezione puerperale:  questa devesi attualmente collocare in sala comune ed essendosi in massima  risoluto che in tali casi devesi collocare in sala di medicina per non comunicare l' infezione in quelle di chirurgia, pure non si è assolutamente certi della  immunità per le ragioni che dirò in seguito.   Le stanze d' isolamento sono necessarie, tanto per i casi citati, come per  tanti altri, cioè per pustola maligna, tetano ecc. e debbono essere poste fuori  T ambito dell' Ospedale, poiché è risaputo che, non solo la vicinanza dello infermo infetto propaga agli altri la infezione, ma veicolo certo d' infezione può  essere il Medico, colui che è adibito per la medicatura, ovvero il basso personale destinato al cambio della biancheria, al rifacimento del letto, all'apprestamento del cibo etc. Ond' è mestieri che due quartierini nelT Interno deli' atrio dell' Ospedale e  propriamente quelli che oggi sono tenuti dal Rettore con l'altro soprastante,  vengano sfittati e messi a disposizione per lo isolamento, uno per gli uomini  ed uno per le donne, adattando due stanze pei tetanici, delegandovi un personale a parte, sia medico come assistente ed inserviente.   Stanze di Operazioni   Per quanto 1' antisepsi è garenzia di quasi tutte le operazioni chirurgiche,  pure per molte di esse è necessità assoluta che l'ambiente, in cui si opera,  sia del tutto asettico e che l' infermo, dopo subita la operazione, possa essere  trasferito in una stanzetta attigua, restandovi per qualche giorno pria di passare in sala comune, ond* evitare possibili complicanze. Si rendono massimamente necessarie dal punto di vista, che dovendosi praticare apertura dell'addome, l'ambiente, nel quale si opera, deve prestarsi ad  un facile riscaldamento, come ad una facilissima disinfezione completa, quindi località piccola, ben disposta, pavimento di asfalto dipinto, letto di operazione semplicissimo, e corredato^ di quanto è necessario per potere operare con tutti' i  rigori prescritti dai più recenti progressi scientifici. L'attuale cucina, come ho avuto l'onore altra volta d'intrattenere laS. V.,  non risponde per la sua costruzione alla buona preparazione del cibo in generale e della pasta in particolare, la quale, non potendosi cuocere in acqua  a parte, dev' essere cotta col brodo; riducendo questo, non dico guasto, ma  certamente non buono, sia per 1' acqua che vi si aggiunge per cuocere la pasta, sia per le impurità che questa vi lascia durante le ebollizioni. Pel posto ov' è collocata, cioè tanto lontana dalle infermerie, che il vitto arriva in esse quasi immangiabile, rendendosi vani gli sforzi per ottenere dai  fornitori materie prime buone, quando la cattiva preparazione e la lontananza  della cucina contribuiscono efficacemente a rendere guasto il cibo, tale lontananza rende quel servizio quasi privo di sorveglianza, tanto necessaria pel  suo buon andamento.   Per ovviare a tutti siffatti sconci basta collocare la cucina in una località  più eentrale per potere apprestare con maggiore faciltà e sollecitudine il vitto  alle diverse infermerie, ed anche per esercitarvi, durante la preparazione dei  cibi, un' attiva vigilanza, costruendola in modo che la preparazione delle vivande riesca tale da evitare gl'inconvenienti di sopra enunciati. Casermaggio   Le condizioni del casermaggio nell' Ospedale degl' Incurabili sono deplorevolissime, come anche altra volta ho avuto l'onore di rassegnarle, però non basterebbe il rifornire di tela la guardaroba, ovviando cosi alle esigenze urgenti, ma credo che debbasi radicalmente riformare il casermaggio dell'Opera in  tutte le sue più minute parti. I letti esistenti, composti di spalliere e tavole, sono covo d' insetti nella stagione calda e fomite perenne d'infezione pei microrganismi che in essi annidano. I pagliericci anch'essi sono fomite perenne di infezione e coi progressi della  scienza sono assolutamente da abolirsi.   Le materasse sono deficienti di lana e la lana che contengono è tale, che  dev' essere lavata e cardata. I guanciali trovansi nelle stesse condizioni delle materasse. Le lenzuola, camice e camici, cusciniere, traverse, salvietti, berretti etc. sono oggi in tale deficienza che manca magari il servizio giornaliero.   I zoccoli per gì' infermi sono indecenti e parmi si dovessero abolire, sostituendo le pantofole col sughero interno coverto, tanto per decenza, quanto per  evitare lo assorbimento da parte del legno, che oggi funziona da suola, mentre le pantofole che si propongono possono facilmente sterilizzarsi con la stufa.   Quindi per ottenere un casermaggio che riesca soddisfacente per le esigenze della scienza, occorre: Sostituire alle spalliere e tavole un letto in ferro con grata di ferro invece delle tavole, leggiero, svelto, con le minori connessure possibili, senza  pomi, ond' evitare che in esso trovino nido microbi infettivi. Sostituire all'attuale paglierìccio un secondo materasso di lana nera, la  quale, costando molto meno di quella bianca, si presta benissimo al lavaggio  ed alla disinfezione più completa. Lavare e cardare l'attuale lana, aggiungendone tant'altra, per quanto  basti a rendere più soffici le attuali materasse e guanciali. Provvedere ad una fornitura di tela, che possa bastare non solamente  ai bisogni ordinarli, ma bensì per tenere un deposito di effetti nuovi, corrispondenti ad una metà almeno della dotazione generale in uso. Abolire le scodelle sotto i letti e sostituirle con le sputacchiere di metallo.   Consultazioni gratuite, sala Idroterapica  e stanze per ricezione Trasferendo la cucina in posto più centrale, gli attuali locali della cucina,  uniti a quelli della ricezione, dovrebbero servire a concentrare in un punto  solo, con entrata a parte, senza alcuna comunicazione con l'Ospedale, tanto  le stanze per la ricezione, quanto quelle per le consultazioni gratuite, ed il gabinetto idroterapico con l'aggiunzione di una sala da bagno. Così facendo, potrebbero fittarsi gli attuali locali di via Consolazione, adibiti per le consultazioni gratuite ; si eviterebbe un via vai di gente nell'Ospedale, che recatisi al gabinetto idroterapico ; si avrebbero le sale per la ricezione  più decenti ed igieniche, segnatamente per la stagione invernale; si avrebbe un dispensano celtico decente, giacché lo esistente è indegno e con l'aggiunta della sala da bagno, si potrebbero spedire sulle infermerie gli ammalati ricevuti, netti, senza insetti e vestiti con gli abiti dell'Ospedale.   Disciplina del bas3o personale   Per mantenere alta la disciplina nell'Ospedale e per richiedere dal basso  personale assistenza agli infermi, nettezza dei locali, rifiuto delle mance, lecite ed illecite, e per essere certi che non si perpetrino furti a danno del Pio  Istituto ; è mestieri migliorare le condizioni economiche della classe degl' inserventi e delle camminanti.   Dal modo come è pagato attualmente il basso personale, pare tacitamente  autorizzato a commettere furti; giacche, percependo un' inserviente soli 23 soldi  al giorno risolve un problema, se, dopo di aver lavorato una giornata intera,  può satollare di solo pane i figli.   Cito un caso che può servire di pruova a quanto dico. Havvi un inserviente che fino ad ieri ha tenuto delegati tutt' i suoi averi per pigione, e pure  ha risoluto il problema della vita. Domando come lo ha risoluto, essendo stato  sempre nell' Ospedale e non avendo avuto altri prowenti ? Io non voglio malignare, ma certamente a danno di qualcuno avrà risoluto il problema dell' esistenza per sé e per la sua famiglia. Le camminanti con sole 16 lire mensili, dovendo provvedere a vitto e vestito debbono, se non altro, mangiare a danno delle povere inferme, sottraendo dal cibo comune quanto basta ai loro bisogni.   Riconosciuta la necessità di migliorare le condizioni economiche di tale elasse, è evidente che il miglioramento debba essere razionale e progressivo, e  senza spostare di molto, come dissi, la finanza del Pio Luogo.   Nell'attuale basso personale vi sono degli ottimi elementi, come ve ne sono di quelli non suscettivi di miglioramento, e per fare che il basso personale ben risponda alle esigenze del servizio, ritengo debba dividersi in due  classi distinte, cioè infermieri ed inservienti. GÌ' infermieri dovrebbero essere quegli inservienti e camminanti intelligenti,  che previo esame dessero garenzia di capacità a prestar la cura prescritta dai  professori agi' infermi, ed evitare pure che continuasse il grave sconcio che, mentre si opera un infermo, lo inserviente che appresta al professore operatore quant' occorre per operare, tolga dal letto di un infermo la traversa sporca, o venga dalla pulizia del cesso.   Essi, gì' infermieri, dovrebbero solamente assistere alla medicatura, alle operazioni, allo esatto adempimento delle prescrizioni mediche ed alla distribuzione  del cibo. GÌ' inservienti, cioè V attuale personale meno intelligente dovrebb' essere adibito alla nettezza dei pavimenti ed alle latrine, al trasporto del vitto dalla  cucina nelle infermerie ed a quello della biancheria lurida dalle infermerie alla  lavanderia e viceversa.   Ai primi concedere un aumento di salario, dividendo il servizio di 12 in 12  ore, senz' altro dritto, e pei secondi concedere il vitto a quelli di guardia.   Direzione dell' Ospedale   L' Ufficio di Direzione, ove attualmente trovasi, può essere considerato fuor  dell' Ospedale, giacche tutto il movimento svolgesi alla porta maggiore. Alla porta maggiore affluisce il pubblico, che intende visitare gl'infermi nell' Ospedale. Alla porta maggiore presentansi gì' infermi per chiedere l'ammissione straordinaria. Alla porta maggiore si presenta il maggior numero dei professori addetti  nelle diverse sale.   Per la porta maggiore entra ed esce il basso personale e succedono tante  contrattazioni col pubblico, che è meglio tacerne.   Alla porta maggiore risiedono i Professori di guardia, delegati per la ricezione degl'infermi e pei soccorsi urgenti. Alla porta maggiore deve risiedere il Direttore, onde ovviare all' entrata nelV Ospedale di tante persone estranee al servizio, proibire 1' uscita del personale e trovarsi nel centro dell' Ospedale, onde poter sorvegliare tutti gli svariati servizii. Per le ragioni espresse dovrebbesi trasferire la Direzione alla porta maggiore, chiudendo l' attuale porta che mena sull' Ospedale Donne. Stanza di medicatura  Per un Ospedale come il nostro, che riceve le colpite da lesioni violenti, si  rende di somma necessità una stanza di medicatura, atta a fornire i primi  soccorsi alle infelici che si presentano, corredata in modo da non lasciare a  desiderare, con un corredo di ferri cerusici occorrevoli, tanto per le ferite ed  altre lesioni, quanto per venire in soccórso dei bisogni urgenti nelT Ospedale  senz' attendere che si apra 1' armamentario, segnatamente di notte.   Ecco detto in quali condizioni versa 1' Ospedale degli Incurabili, e quanto  è necessario che si faccia per poter vedere all'altezza dei tempi e dei progressi scientifici questo grande Istituto di beneficenza.   Ora panni necessario discutere del modo come conseguire gli scopi innanzi  premessi, senz' aggravare la finanza dell' Istituto, onde non abbia del poetico  il presente progetto.   Attualmente 1' Amministrazione degf Incurabili spende annualmente per l'Ospedale una vistosa cifra per mantenere un vecchio carname senza mai potere  ricostruire radicalmente nulla.   Se all' attuale spesa si aggiungesse altra cifra di circa lire 20,000 si otterrebbe una cifra totale rilevantissima da potersi iscrìvere nel bilancio per le spese  di fabbriche. Se l’Amministrazione dell'Ospedale ordinasse un piano regolatore generale  per le riforme accennate, ponendo come base il migliore conseguimento possibile sulla pianta dello attuale fabbricato e la massima economia, potrebbesi  bene erogare la cifra di lire 500.000 per sola ricostruzione dell' Ospedale, senza tenere conto dei pavimenti, che già fanno parte di altro contratto e pel  quale la cifra annuale già è prevista in bilancio. Pagandosi a lire 50.000 annue con l'interesse del 5 p. 0j0 a scalare, sarebbe più che sufficiente la cifra iscritta, giacché in essa sarebbero anche compresi gl'interessi.   Mi si potrebbe domandare, e l'altra cifra di 20,000 lire per venire in soccorso dell' attuale spesa per manutenzione? La Casa di Salute, com' è attualmente tenuta, e ristretta com' è, dà all'Amministrazione un'entrata di circa L. 30,000 lorde; ma ampliata, come si desidera, e con F aumento delle rette, F introito sarebbe senz' altro triplicato.  E quello che asserisco non potrà in verun modo venire smentito, dal momento che tutt' i giorni debbono respingersi individui richiedenti per mancanza  di posti nella Casa di Salute. A maggiormente confortare questa mia asserzione, valga anche l'ultima deliberazione dell'onorevole Consiglio circa la cura delle malattie di occhi nella  Casa di Salute. Oggi quasi tutti i provinciali benestanti affluiscono in Napoli sulle locande e  colà sona operati e rimangono in un ambiente settico, dovendo pagare 'cibo  assistenza, e parecchie migliaia di lire per operazioni.   Ma quando la nostra Casa di Salute potrà allogare per bene siffatti infermi, ad essi converrà pagare anche una retta giornaliera di oltre lire 20, poiché in essa è compreso alloggio, vitto, assistenza e cura, e qualunque possa  essere la durata della degenza nell'Ospedale di un tale infermo, gli costerà  sempre molto meno di quanto pagherebbe privatamente.   Rifacendo l'Ospedale, come ho detto, non si avrebbe bisogno di manutenzione pei primi dieci anni, ma solamente jii conservazioni. Qneste potrebbero  eseguirsi economicamente, aggiungendo all'attuale operaio fabbricatore, che già  paga l’Amministrazione, un secondo per imbiancare le pareti delle sale annualmente, tanto per mantenerle, quanto per disinfettarle, fare qualche rappezzo  -d' intonaco o di asfalto, rimettere qualche tegola o quadrone, senza andare incontro a contratti di manutenzione. Circa poi alla esecuzione del lavoro son certo che non uno ma dieci imprenditori verrebbero alla subasta per aggiudicazione, essendo certa la riscossione di una vistosa cifra in ogni fine di anno, ovvero Y imprenditore, avendo bisogno di danaro, troverà sicuramente i fondi a collocare mercè una inftnitisimale differenza d'interesse. Vengo ora alla seconda parte della riforma, cioè al casermaggio. Potrebbe 1'Amministrazione nelle attuali condizioni del bilancio, appena conseguito il pareggio e tenendo ancora iscritte delle cifre in esito per debiti precedenti, affrontare la grave spesa per riformare tutto il casermaggio?   Si potrà conseguire lo scopo di mutare fondatamente 1' attuale casermaggio  con le risorse normali del bilancio?   Converrà all' Amministrazione vendere gli attuali letti per comprarne altri, secondo le norme più innanzi descritte, senza subire la camorra di chi compra  roba vecchia?   Ed ammesso che si avveri questa ultima previsione, sarà conveniente aggravare V erario dell' Opera, iscrivendo una grossa cifra per casermaggio a detrimento di altri impegni del bilancio?   Converrà all' Ammintstrazione, non potendo venire in soccorso del casermaggio con le risorse normali, fare una operazione finanziaria per attuare la  riforma con celerità, onde non andare incontro a vedere per parecchi anni l’Ospedale messo per una porzione sul sistema moderno e per 1' altra sull’antico?   Io credo che qualunque dei mezzi sopra citati non può essere conveniente  per T Amministrazione, giacche, o non si otterrebbe la riforma progressiva, accelerata di questa branca di servizio, ovvero ne soffrirebbe non poco la finanza del Pio luogo. Una sola via resta, onde compiere con sollecitudine e senza grave spesa la  riforma accennata, ed è la seguente:   Bandire gì' incanti con un capitolato redatto in modo da non lasciare scappatoie all' aggiudicatario, e questo scopo si raggiunge presto, quando alla Direzione degli Ufficii Amministrativi presiede quelf Egregio funzionario che è il  barone De Marinis, dando il casermaggio per retta giornaliera, per persona e  giornata di degenza, comprendendovi la lavatura ed il rattoppo.   Base dell' incanto dovrebb' essere il consumo di casermaggio sulla media  della spesa e degl' infermi di un decennio, da stabilire questo dato la retta  giornaliera per fornitura di casermaggio, lavatura e rattoppo da corrispondersi  al fornitore.   Mettere per base all' inca nto un campionario completo di letti, e quanto altro occorre agl'infermi di ambo i sessi coi rispettivi prezzi di acquisto, pagati  dall' Amministrazione, con 1' obbligo all' aggiudicatario di rinnovare una sala  per ogni mese. Apprezzare, mercè periti scelti di accordo fra l'Amministrazione ed il fornitore, tutto quanto possiede 1' Ospedale e sui prezzi del campionario calcolare  il valore dei capitale impiegato dal fornitore pel nuovo impianto, giusta il numero dei letti completi ed accessorii forniti. La differenza fra i due capitali sarebbe rimborsata al fornitore in tante rate  mensili con gì' interessi a scalare dal primo all' ultimo mese dell' appalto.   Come ben vede la S. V. IH. questo sarebbe certamente un mezzo da riformare in tempo brevissimo tutto il casermaggio della Pia Opera, senza che l'Opera stessa si aggravi di una spesa ingente, e noti che come ho avuto l'onore di esporle, in fine dello appalto tutto il materiale sarebbe di esclusiva proprietà del Pio Luogo, senza essere forzati a ricorrere ad un secondo appalto.   Aggiungo un' ultima riflessione e poi avrò finito.   Ammesso che 1' aggiudicatario dovesse spendere per mettere il casermaggio  nei modi richiesti L. 50,(KJ0 e che il nostro materiale attuale non valesse altro  che 20,000, le 30,000 lire di differenza spese dall' aggiudicatario sarebbero  rimborsate in un novennio, mese per mese, importando una maggiore spesa  mensile di lire 300 circa, ma, scaduto il contratto, 1' Amministrazione si trova un capitale reale e non nominale di effetti per casermaggio di lire 50,000,  giacche, com' è risaputo, l' aggiudicatario in fine dello appalto deve consegnare  gli effetti come li ha ricevuti, rifacendo i danni ove le condizioni si verificassero diverse.   Ed ora conchiudo con una speranza ed un augurio; la speranza, che, se  ho mancato di senno amministrativo e di forma nella esposizione delle mie  idee, voglia F Illustrissimo Governo essermi di ausilio, riparandovi con la sua  saggezza ; F augurio ò che, dopo un accurato esame e quelle modifiche che  crederà F 111. Governo apportarvi, venga attuato il presente progetto.   Il Direttore — G. Antonklli Vastarini Cresi. Vastarini-Cresi. Vastarini. Perhaps under C? -- Refs.: The H. P. Grice Papers, Bancroft, MS – Luigi Speranza,, “Grice e Cresi: cappuccino e ciserciani” – The Swimming-Pool Library, Villa Speranza, Liguria. Cresi.

 

Grice e Crespi: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale d’Antonino e compagnia – filosofia romana – scuola di Milano – filosofia lombarda -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Milano). Filosofo milanese. Filosofo lombardo. Filosofo italiano. Milano, Lombardia. Grice: “Crespi is an interesting figure; Strawson calls him an Englishman since he became a Brit! My favourite is his edition of Marcauurelio’s remembrances – which is a n irony: he was a roman, but left his remembrances in Hellenic; and the Italians needed a translation! It would be as if Pocahontas’s remembrances were in Anglo-Saxon!” Collaboratore della Critica sociale, si avvicina alle posizione modernista. Collaboraa Il Rinnovamento, L'Unità, La Rivoluzione liberale, Coenobium. Emigrato durante il fascismo, ospita numerosi esuli antifascisti. Altre opere: “Le vie della fede” (Roma, Libreria editrice romana); “Sintesi religiosa” (Firenze, Tip. Bonducciana di A. Meozzi); “L’impero romano” (Milano, Treves); “Dall'io al tu” (Modena, Guanda). Nunzio Dell'Erba, Rosselli e Sturzo, "Annali della Fondazione Ugo La Malfa", Luigi Sturzo, Mario Sturzo, Carteggio, Roma, Edizioni di storia e letteratura-Istituto Sturzo, Giovanni Bonomi, C., Cremona, Padus). Wikipedia Ricerca Filosofia ellenistica periodo della filosofia greca antica La filosofia ellenistica è il periodo della filosofiaoccidentale e della filosofia greca antica durante il periodo ellenistico.  StoriaModifica  Il mondo ellenistico. Il periodo ellenistico seguì le conquiste di Alessandro Magno, che aveva diffuso la cultura greca antica in tutto il Medio Oriente e nell'Asia occidentale, dopo il precedente periodo culturale della Grecia classica. Il periodo classico della filosofia greca antica era iniziato con Socrate, il cui allievo Platone aveva insegnato ad Aristotele, che a sua volta aveva istruito Alessandro. Mentre i pensatori classici avevano per lo più sede ad Atene, il periodo ellenistico vide i filosofi attivi in tutto l'impero. Il periodo iniziò con la morte di Alessandro nel 323 a.C. (poi quella di Aristotele), e fu seguito dal predominio della filosofia dell'antica Roma durante il periodo imperiale romano.  Sviluppi e dibattiti sul pensieroModifica I fondatori dell'Accademia, i peripatetici, i seguaci del cinismo e del cirenaismo erano stati tutti allievi di Socrate, mentre lo stoicismo era soltanto indirettamente influenzato da lui.Il pensiero di Socrate fu quindi influente per molte di queste scuole dell'epoca, portandole a concentrarsi sull'etica e su come raggiungere l'eudaimonia (la bella vita), e alcune di loro seguirono il suo esempio di usare l'autodisciplina e l'autarchia a tal fine. Secondo Grayling, la maggiore insicurezza e perdita di autonomia dell'epoca spinse alcuni a usare la filosofia come mezzo per cercare sicurezza interiore dal mondo esterno. Questo interesse nell'usare la filosofia per migliorare la vita è stato colto nell'affermazione di Epicuro: "vuote sono le parole di quel filosofo che offre una terapia per nessuna sofferenza umana".  L'epistemologia degli epicurei è empirica, con la conoscenza che alla fine proveniva dai sensi.[4]Epicuro sosteneva che le informazioni sensoriali non sono mai false, anche se a volte possono essere fuorvianti, e che "Se combatti contro tutte le sensazioni, non avrai uno standard contro il quale giudicare anche quelle di coloro che dici si sbagliano". Rispose a un'obiezione all'empirismo fatta da Platone in Menone, secondo la quale non si può cercare informazioni senza avere un'idea preesistente di cosa cercare, quindi significa che la conoscenza deve precedere l'esperienza. La risposta epicurea è che la prolepsi (preconcetti) sono concetti generali che consentono di riconoscere cose particolari e che queste emergono da ripetute esperienze di cose simili.   PlatonismoModifica Il Platonismo rappresenta la filosofia dell'allievo di Socrate, Platone, e i sistemi filosofici da esso strettamente derivati.  Antica AccademiaModifica Il platonismo primitivo, noto come "l'Antica Accademia", inizia con Platone, seguito da Speusippo (nipote di Platone dell’ACCADEMIA), che gli succedette come capo della scuola, e da Senocrate. Entrambi cercarono di fondere le speculazioni pitagoriche sul numero con la teoria delle forme di Platone.  Scetticismo accademicoModifica  Carneade, copia romana dalla statua esposta nell'Agorà di Atene, Museo Glyptothek Lo scetticismo accademico è il periodo dell'antico platonismo risalente intorno a quando Arcesilao divenne capo dell'Accademia platonica, fino a quando Antioco di Ascalona respinse lo scetticismo, sebbene i singoli filosofi, come Favorino e il suo maestro Plutarco, continuassero a difendere lo scetticismo accademico dopo questa data. Gli scettici accademici sostenevano che la conoscenza delle cose è impossibile. Le idee o le nozioni non sono mai vere; tuttavia, ci sono gradi di somiglianza con la verità, e quindi gradi di credenza, che consentono di agire. La scuola era caratterizzata dai suoi attacchi agli stoici e al dogma stoico che impressioni convincenti portavano alla vera conoscenza.  Arcesilao Carneade Cicerone Medioplatonismo Antioco di Ascalona respinse lo scetticismo, lasciando il posto al periodo noto come Medioplatonismo, in cui il platonismo era fuso con alcuni dogmi peripatetici e molti stoici. Nel medioplatonismo, le forme platoniche non erano trascendenti ma immanenti alle menti razionali, e il mondo fisico era un essere vivente e animato, l'anima del mondo. La natura eclettica del platonismo in questo periodo è dimostrata dalla sua incorporazione nel pitagorismo (Numenio di Apamea) e nella filosofia ebraica (Filone di Alessandria).  Plutarco Neoplatonismo Il Neoplatonismo, o plotinismo, era una scuola di filosofia religiosa e mistica fondata da Plotino nel III secolo e basata sugli insegnamenti di Platone e degli altri platonici. Il vertice dell'esistenza era l'Assoluto o il Bene, la fonte di tutte le cose. Nella virtù e nella meditazione l'anima aveva il potere di elevarsi per raggiungere l'unione con l'Assoluto, la vera funzione degli esseri umani. I neoplatonici non cristiani erano soliti attaccare il cristianesimo fino a quando cristiani come Agostino, Boezio ed Eriugena non adottarono il neoplatonismo.  Plotino Porfirio Giamblico Proclo CirenaismoModifica Il Cirenaismo fu fondato nel IV secolo a.C. da Aristippo, allievo di Socrate. Aristippo, nipote del fondatore, sostene che il motivo per cui il piacere era buono era che era evidente nel comportamento umano fin dalla più giovane età, perché questo lo rende naturale e quindi buono (il cosiddetto argomento della culla).I Cirenaici credevano anche che il piacere presente liberasse dall'ansia del futuro e dai rimpianti del passato, lasciandoci in pace.Queste idee furono prese ulteriormente da Anniceride di Cirene, che espanse il piacere per includere cose come l'amicizia e l'onore. Teodoro l'Ateo non era d'accordo e sosteneva che i legami sociali dovrebbero essere tagliati e dovrebbe essere sposata l'autosufficienza. Egesia di Cirene, d'altra parte, affermava che la vita alla fine non poteva essere complessivamente piacevole.   Cinismo Il pensiero dei Cinici si basava sul vivere con il minimo necessario e nel rispetto della natura. Il primo cinico fu Antistene, che era un allievo di Socrate. Introdusse le idee di ascetismo e opposizione alle norme sociali Il suo seguace fu Diogene, che seguì questa direzione. Invece del piacere, i cinici promuovevano il vivere intenzionalmente in difficoltà (ponos). Tutto questo perché era visto come naturale e quindi buono, mentre la società era innaturale e quindi cattiva, così come i benefici materiali. I piaceri forniti dalla natura (che sarebbero stati immediatamente accessibili) erano tuttavia accettabili. Cratete di Tebe affermava quindi che "la filosofia è un chilo di fagioli e non si cura di nulla". Altri cinici includevano Menippo e Demetrio .  Scuola peripatetica. Un busto in marmo di Aristotele La scuola peripatetica era composta dai filosofi che avevano mantenuto e sviluppato la filosofia di Aristotele. Sostenevano l'esame del mondo per comprendere il fondamento ultimo delle cose. Lo scopo della vita era l'eudaimonia che nasceva da azioni virtuose, che consistevano nel mantenere la media tra i due estremi del troppo e del troppo poco.  Teofrasto  Stratone di Lampsaco Alessandro di Afrodisia Aristocle di Messene Pirronismo  Pirro d'Elide, testa in marmo, copia romana, Museo Archeologico di Corfù Il Pirronismo era una scuola di scetticismo filosoficoche ebbe origine con Pirrone e fu ulteriormente avanzata da Enesidemo nel I secolo a.C. Il suo obiettivo era l'atarassia (essere mentalmente imperturbabile), che si ottiene attraverso l'epoché(cioè la sospensione del giudizio) su questioni non evidenti (cioè, questioni di credenza).  Pirrone Timone di Fliunte Enesidemo Sesto Empirico Epicureismo  Busto romano di Epicuro L'epicureismo fu fondato da Epicuro. La sua epistemologia era basata sull'empirismo, ritenendo che le esperienze sensoriali non possano essere false, anche se possono essere fuorvianti, poiché sono il prodotto del mondo che interagisce con il proprio corpo. Ripetute esperienze sensoriali possono quindi essere utilizzate per formare concetti (prolepsi) sul mondo, e tali concetti ampiamente condivisi ("concezioni comuni") possono fornire ulteriormente le basi per la filosofia. Applicando il suo empirismo, Epicuro sostenne l'atomismo notando che la materia non poteva essere distrutta poiché alla fine si sarebbe ridotta a nulla e che doveva esserci vuotoaffinché la materia potesse muoversi. Anche se questo di per sé non provava l'esistenza degli atomi, si oppose all'alternativa osservando che gli oggetti infinitamente divisibili sarebbero infinitamente grandi, simili ai paradossi di Zenone. Considera l'universo governato dal caso, senza alcuna interferenza da parte degli dei. Considerava l'assenza di dolore come il più grande piacere e sosteneva una vita semplice.  Epicuro Metrodoro Ermarco di Mitilene Zenone di Sidone Filodemo di Gadara Lucrezio  StoicismoModifica  Zenone di Cizio, il fondatore dello stoicismo Lo stoicismo fu fondato da Zenone di Cizio nel III secolo a.C. Basato sulle idee etiche dei cinici, insegnava che l'obiettivo della vita era vivere in accordo con la natura. Sostenne lo sviluppo dell'autocontrollo e della forza d'animo come mezzi per superare le emozioni distruttive.  Zenone di Cizio Cleante Crisippo Panezio Posidonio Seneca Epitteto Marco Aurelio Il giudaismo ellenistico era un tentativo di stabilire la tradizione religiosa ebraica all'interno della cultura e della lingua dell'ellenismo. Il suo principale rappresentante fu Filone di Alessandria.  Filone di Alessandria Flavio Giuseppe  Il neopitagorismo era una scuola di filosofia che faceva rivivere le dottrine pitagoriche, prominente nel I e II secolo. Era un tentativo di introdurre un elemento religioso nella filosofia greca, adorare Dio vivendo una vita ascetica, ignorando i piaceri del corpo e tutti gli impulsi sensoriali, per purificare l'anima.  Publio Nigidio Figulo. Apollonio di Tiana. Numenio di Apamea. Cristianesimo ellenisticoModifica Il cristianesimo ellenistico è il tentativo di riconciliare il cristianesimo con la filosofia greca, a partire dalla fine del II secolo. Attingendo in particolare al platonismo e al neoplatonismo emergente, figure come Clemente Alessandrino cercarono di fornire al cristianesimo un quadro filosofico.  Clemente Alessandrino. Origene. Agostino d'Ippona. Elia Eudocia. Voci correlate Filosofia greca Filosofia antica Ellenismo Religione ellenistica Cento scuole di pensiero Grayling, The History of Philosophy, Penguin, Peter Adamson, Philosophy in the Hellenistic and Roman Worlds, Oxford. Grayling, The History of Philosophy, Penguin, John Sellars, Hellenistic Philosophy, Oxford University Press, Adamson, Philosophy in the Hellenistic and Roman Worlds, Oxford University Press, Sellars, Hellenistic Philosophy, Oxford University Press, Platonismo su Enciclopedia Britannica. Adamson, Philosophy in the Hellenistic and Roman Worlds, Oxford, Adamson, Philosophy in the Hellenistic and Roman Worlds, Oxford. Adamson, Philosophy in the Hellenistic and Roman Worlds, Oxford University Press, Adamson, Philosophy in the Hellenistic and Roman Worlds, Oxford. Adamson, Philosophy in the Hellenistic and Roman Worlds, Oxford, Adamson, Philosophy in the Hellenistic and Roman Worlds, Oxford. Adamson, Philosophy in the Hellenistic and Roman Worlds, Oxford University Press, Peter Adamson, Philosophy in the Hellenistic and Roman Worlds, Oxford. Adamson, Philosophy in the Hellenistic and Roman Worlds, Oxford, Adamson, Philosophy in the Hellenistic and Roman Worlds, Oxford. Adamson, Philosophy in the Hellenistic and Roman Worlds, Oxford, Adamson, Philosophy in the Hellenistic and Roman Worlds, Oxford Long, Sedley, The Hellenistic Philosophers, Cambridge, Reale, The Systems of the Hellenistic Age: History of Ancient Philosophy (Suny Series in Philosophy), edito e tradotto dall'italiano da Catan, Albany, New York "Platonismo." Cross, FL, ed. nel dizionario di Oxford della chiesa cristiana . New York: Oxford. Portale Antica Grecia   Portale Antica Roma   Portale Filosofia Atarassia termine filosofico  Scuola cirenaica Autarchia (filosofia) Wikipedia IlAngelo Crespi. Grice: “His essay on Antonino is brilliant – his philosophy of history is controversial. Keywords: la filosofia dell’impero romano, impero, impero romano, impero britannico, funzione dell’impero, funzione storica dell’impero, filosofia imperial, imperialismo, imperialismo romano, imperialism britannico, post-imperialismo, Antonino.  Filosofia della storia – aporie, lingua latina, impero romano, lingua nazionale, nazione romana, nazione italiana, lingua italiana, lingua fiorentina, lingua toscana, toscano, -- Refs.: Luigi Speranza, “Crespi e Grice” – The Swimming-Pool Library. Crespi.

 

Grice e Crespo: la ragione conversazionale -- filosofo italiano.

 

Grice e Critolao: la ragione conversazionale a Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Sent as a deputation to Rome. He emphasizes the relative unimportance of material comforts for the good life. 

 

Grice e Croce: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale dell’idealismo – scuola di Pescasseroli – filosofia aquilese – filosofia abruzzese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Pescasseroli). Filosofo italiano. Pescasseroli, L’Aquila, Abruzzo, Italia. Grice: “I would think the fashionable Englishwoman may think Croce is the most important philosopher that ever lived!” -- vide under “Grice as Croceian” -- Grice as Croceian: expression and intention -- Croce, B., philosopher. As CROCE observes, it is a common-place in philosophy that there is, or appears to be, a divergence in meaning between, on the one hand, at least some of what PEANO call this or that FORMAL device, when it is given a standard two-valued interpretation, and, on the other, what is taken to be its analogues or counterpart in ITALIAN — such expressions as non, e, o, se, ogni, alcuni (almeno uno), il. Some — PEANO, VAILATI, FORTI — *may* at some time have wanted to claim that there is in fact no such divergence. But such a claim, if made at all, has been somewhat rashly made. And those suspected of making it — PEANO, VAILATI, FORTI — have been subjected to some pretty rough handling — notably by CROCE! Those who do concede that such a divergence in meaning (between, say, Peano’s inverted iota and ‘il’) exists adhere, in the main, to one or the other of two rival groups: the formalists and the informalists. An outline of a not uncharacteristic formalistic position may be given as follows. Insofar as we are concerned with the formulation of very general patterns of valid inference, a formal device possesses a decisive advantage over its ITALIAN counterpart. For it will be possible to construct in terms of the formal device a system of very general formulae, a considerable number of which can be regarded as, or are closely related to, this or that pattern of inference the expression of which involves such a device. Such a system may consist of a certain set of simple formulae that must be acceptable if the device has the meaning that has been assigned to it, and an indefinite number of further formulae, many of which are less obviously acceptable and each of which can be shown to be acceptable if the members of the original set are acceptable. We have, thus, a way of handling a dubiously acceptable pattern of inference, and if, as is sometimes possible, we can apply a decision procedure, we have an even better way. Furthermore, from a PHILOSOPHICAL point of view, the possession by, say, ‘il,’ of that element in its meaning, which it does not share with inverted iota, is to be regarded as an *IMPETFECTION*. Such an element is an undesirable excrescence. The very presence of this element has a the double result that the concept which, say, ‘il,’ manifests cannot be precisely or clearly defined, and that at least some statements involving it cannot, in some circumstances, be assigned a definite truth value. The indefinability of this concept — the definite article — is objectionable in itself and leaves open the door to ‘metaphysics.’ We cannot be certain that none of these expressions is metaphysically *loaded.* For these reasons, the expressions of natural speech cannot be regarded as acceptable, as they may turn out to be ultimately UNINTELLIGIBLE or coherent. The proper course is to construct PERFECT, language — RAGIONATO, incorporating the formal device, the sentences containing it will be clear, determinate in truth value, and certifiably free from metaphysical incoherence. The foundations of philosophy qua regina scientiarum will be secured, since the statements of a scientist will be expressible within this perfect language. To this CROCE infamously replied that the PHILOSOPHICAL demand for a perfect language rests on an assumption not be conceded. The primary yard-stick by which to judge the adequacy of Italian is hardly its ability to serve the needs of a particular science. An expression in Italian can be guaranteed as fully intelligible even if a precise definition, of the assertion of a logical equivalence  of its signification has been provided. Italian serves many purposes other than that inquiry in this of that science. Proficient Italian speakers know perfectly well what an expression in Italian means — and what they mean by it — and so, a fortiori, that it is coherent) without knowing its definition. Indeed, the provision of such a definition upon request may (and usually does) consist in the specification, as generalised as possible, of the conditions that count for or the applicability of sheer felicitous use, of the expression in question. Moreover, while it may be granted that PEANO’s inverted iota  may be amenable to a systematic treatment, the facf  remains that there are very many inferences and arguments, expressed with ‘il’ and not with the inverted iota, which are recognisably valid. There is room for an *unsimplified* unreginented, and so more or less free and not systematic, use in conversational discourse of ‘il’. This use may be aided and guided by the *simplified* first-order predicate calculus of inverted iota (with identity) but cannot be legally or officially supplanted by it. Indeed, not only do the two enterprises differ, but sometimes they come into conflict. A rule that may hold for inverted iota may not hold for ‘il.’ On the general question of the place of the reformation of a natural language, I shall here have nothing to say. I shall confine myself to the dispute in its relation to the *alleged* divergence of meaning. In fact, I wish to maintain that the common assumption shared by formalists and informalists that the divergence in meaning — between, say, the inverted iota and ‘il’ — do in fact exist is (broadly speaking) a *mistake* that arises from inadequate attention to the nature and importance of the general conditions that, in one way or another, apply to conversation as such, irrespective of its subject matter.  Grice: “Another way to consider Croce is as what I call an anti-formalist. It is a commonplace of philosophical logic that there are, or appear to be, divergences in meaning between, on the one hand, at least some of what I shall call the formal devices-~, A, V, D, (Vx), (3x), (vx) (when these are given a standard two-valued interpretation)-and, on the other, what are taken to be their analogues or counterparts in natural language-such expressions as not, and, or, if, all, some (or at least one), the. Some logicians may at some time have wanted to claim that there are in fact no such divergences; but such claims, if made at all, have been somewhat rashly made, and those suspected of making them have been subjected to some pretty rough handling.  Those who concede that such divergences exist adhere, in the main, to one or the other of two rival groups, which I shall call the formalist and the informalist groups. An outline of a not uncharacteristic formalist position may be given as follows: Insofar as logicians are concerned with the formulation of very general patterns of valid inference, the formal devices possess a decisive advantage over their natural counterparts. For it will be possible to construct in terms of the formal devices a system of very general formulas, a considerable number of which can be regarded as, or are closely related to, patterns of inferences the expression of which involves some or all of the devices: Such a system may consist of a certain set of simple formulas that must be acceptable if the devices have the meaning that has been assigned to them, and an indefinite number of further formulas, many of which are less obviously acceptable and each of which can be shown to be acceptable if the members of the original set are accept-able. We have, thus, a way of handling dubiously acceptable patterns of inference, and if, as is sometimes possible, we can apply a decisionprocedure, we have an even better way. Furthermore, from a philosophical point of view, the possession by the natural counterparts of those elements in their meaning, which they do not share with the corresponding formal devices, is to be regarded as an imperfection of natural languages; the elements in question are undesirable excres-cences. For the presence of these elements has the result both that the concepts within which they appear cannot be precisely or clearly de-fined, and that at least some statements involving them cannot, in some circumstances, be assigned a definite truth value; and the indef-initeness of these concepts not only is objectionable in itself but also leaves open the way to metaphysics-we cannot be certain that none of these natural language expressions is metaphysically "loaded." For these reasons, the expressions, as used in natural speech, cannot be regarded as finally acceptable, and may turn out to be, finally, not fully intelligible. The proper course is to conceive and begin to construct an ideal language, incorporating the formal devices, the sentences of which will be clear, determinate in truth value, and certifiably free from metaphysical implications; the foundations of science will now be philosophically secure, since the statements of the scientist will be expressible (though not necessarily actually expressed) within this ideal language. (I do not wish to suggest that all formalists would accept the whole of this outline, but I think that all would accept at least some part of it.)  To this, an informalist might reply in the following vein. The philosophical demand for an ideal language rests on certain assumptions that should not be conceded; these are, that the primary yardstick by which to judge the adequacy of a language is its ability to serve the needs of science, that an expression cannot be guaranteed as fully intelligible unless an explication or analysis of its meaning has been provided, and that every explication or analysis must take the form of a precise definition that is the expression or assertion of a logical equivalence. Language serves many important purposes besides those of scientific inquiry; we can know perfectly well what an expression means (and so a fortiori that it is intelligible) without knowing its analysis, and the provision of an analysis may (and usually does) consist in the specification, as generalized as possible, of the conditions that count for or against the applicability of the expression being ana-lyzed. Moreover, while it is no doubt true that the formal devices are especially amenable to systematic treatment by the logician, it remains the case that there are very many inferences and arguments, expressed in natural language and not in terms of these devices, which are nevertheless recognizably valid. So there must be a place for an unsimplified, and so more or less unsystematic, logic of the natural counterparts of these devices; this logic may be aided and guided by the simplified logic of the formal devices but cannot be supplanted by it. Indeed, not only do the two logics differ, but sometimes they come into conflict; rules that hold for a formal device may not hold for its natural counterpart.  On the general question of the place in philosophy of the reformation of natural language, I shall, in this essay, have nothing to say. I shall confine myself to the dispute in its relation to the alleged diver-gences. I have, morcover, no intention of entering the fray on behalf of either contestant. I wish, rather, to maintain that the common assumption of the contestants that the divergences do in fact exist is (broadly speaking) a common mistake, and that the mistake arises from inadequate attention to the nature and importance of the conditions governing conversation. I shall, therefore, inquire into the gen-cral conditions that, in one way or another, apply to conversation as such, irrespective of its subject matter. I begin with a characterization of the notion of "implicature."I genitori appartenevano a due abbienti famiglie abruzzesi: la famiglia Sipari, quella materna, originaria della stessa Pescasseroli, ma radicatasi anche in Capitanata e Terra di Lavoro, particolarmente legata agli ideali liberali, e l'altra, quella paterna, originaria di Montenerodomo (in provincia di Chieti), ma trapiantata a Napoli, legata invece ad una mentalità di stampo borbonico. C. crebbe in un ambiente profondamente cattolico, dal quale però, ancora adolescente, si distaccò, non riaccostandosi più per tutta la vita alla religiosità tradizionale.  Il terremoto di Casamicciola A diciassette anni perse i genitori, Pasquale C. e Luisa Sipari, e la sorella Maria, periti  durante il terremoto di Casamicciola, nell'isola d'Ischia, dove C. si trovava in vacanza con la famiglia. Un terremoto durato non più di 90 secondi ma dalla potenza devastatrice enorme - e per questo rimasto come esempio terribile di distruzione nel modo di dire delle popolazioni coinvolte - dove lo stesso Benedetto rimase «sepolto per parecchie ore sotto le macerie e fracassato in più parti del corpo. Il "problema del male", in sottofondo alla sua filosofia ottimistica sul progresso, rimarrà insoluto, se non addirittura negato, e dietro le quinte del suo pensiero, influenzato da questi eventi giovanili come evidenziato dalle meditazioni private dei Taccuini personali. Quegli anni furono i miei più dolorosi e cupi: i soli nei quali assai volte la sera, posando la testa sul guanciale, abbia fortemente bramato di non svegliarmi al mattino, e mi siano sorti persino pensieri di suicidio.Fra i primi ad accorrere in suo aiuto fu il cugino Petroni, la famiglia del quale lo assisté affettuosamente nei mesi seguenti nella loro residenza di campagna a San Cipriano Picentino, paese non troppo distante da Salerno. In seguito a questo tragico episodio fu affidato, assieme al fratello superstite Alfonso, alla tutela del cugino Silvio Spaventa, figlio della prozia Maria Anna C. e fratello del filosofo Spaventa, che, mettendo da parte dei dissapori storici che aveva con la famiglia Croce, lo accolse nella propria casa a Roma, dove il giovane Benedetto trascorse gli anni dell'adolescenza ed ebbe modo di formarsi culturalmente[14] fino all'età di vent'anni. Nel circolo culturale nella casa dello zio Silvio, C. ebbe modo di frequentare importanti uomini politici ed intellettuali tra cui Labriola che lo inizierà al marxismo. Pur essendo iscritto alla facoltà di giurisprudenza dell'Università di Napoli, Croce frequentò le lezioni di filosofia morale a Roma tenute dal Labriola. Non terminò mai i suoi studi universitari, ma si appassionò a studi eruditi e filosofici, trascurando il pensiero hegeliano, di cui criticava la forma incomprensibile.  Il ritorno a Napoli Lasciata la Roma troppo accesa di passioni politiche, Tornò a Napoli, dove acquistò, per abitarvi, la casa dove aveva trascorso la sua vita VICO, il filosofo napoletano amato da C. per la concezione filosofica anticipatrice, per certi aspetti, della sua. Fu tra i fondatori della Società dei Nove Musi, un cenacolo di intellettuali. Compì numerosi viaggi in Spagna, Germania, Francia e Regno Unito mentre nella sua formazione culturale cresceva l'interesse per gli studi storici e letterari, in particolare per la poesia di Carducci, e per le opere di Sanctis. Attraverso Antonio Labriola con cui era rimasto in contatto, si interessò al marxismo, di cui però criticava come astorica la visione che dava del capitalismo. Da Marx risalì alla filosofia hegeliana che cominciò ad apprezzare e ad approfondire.  La fondazione de La critica e la vita politica Uscì il primo numero della rivista La critica, con la collaborazione di Gentile, e stampata a sue spese, allorché subentrò l'editore Laterza. Venne nominato per censo senator e fu Ministro della Pubblica Istruzione nel quinto e ultimo governo Giolitti.  Con regio decreto dgli fu concesso il titolo di "Nobile". Elaborò una riforma della pubblica istruzione che fu poi ripresa e attuata da Gentile.  Posizione nella prima guerra mondiale «Ardenti e vivacissime furono in quei dieci mesi le polemiche tra «interventisti» e «neutralisti», come erano chiamati non si può dire che [gli interventisti] avessero torto, come non si può dire che l'avessero i loro oppositori, perché dissidî di questa sorta non sono materia, nonché di tribunali, neppure di critica scientifica, e hanno questo carattere entrambe le tesi, appassionatamente difese, sono necessarie per l'effetto politico e, come suona il motto, che, se una delle due opposizioni non ci fosse, converrebbe inventarla. Più di un cosiddetto «neutralista» si sentiva talvolta scosso dalla tesi avversaria e inclinava ad accoglierla, e il medesimo accadeva a più di un «interventista. Storia d'Italia Bari, Laterza) Il filosofo, nella scelta tra le due posizioni, neutralismo o interventismo alla prima guerra mondiale, si rivolse alla prima; ma il suo era un neutralismo che contemperava le posizioni liberali con la possibilità dell'intervento (rimase comunque poco favorevole alla guerra, e, non obbligato ad arruolarsi, per limiti di età - 49 anni -, non andò mai al fronte a differenza di altri intellettuali come D'Annunzio, volontario. Scriveva a Bigot che era pronto ad accettare quella guerra che saremo costretti a fare, quale che sia, anche contro la Germania, ad accettarla come una dolorosa necessità, risoluto a non provocarla per ragioni antinazionali e settarie»  (C., Epistolario, Napoli) Il rapporto con il fascismo L'iniziale fiducia al governo fascista  C. nella sua biblioteca Inizialmente C. fu vicino al fascismo. Ascoltò e applaudì il discorso di MUSSOLINI al teatro San Carlo di Napoli, durante l'adunata preparatoria per la marcia su Roma. In occasione delle votazioni al Senato, successive all'uccisione del deputato socialista Matteotti, fu tra i 225 senatori che votarono la fiducia al governo MUSSOLINI, insieme a Gentile e Morello. In seguito C. spiegò in un'intervista che il suo non era stato un voto fascista, ha votato a favore del regime perché pensava che MUSSOLINI, se sostenuto, puo esser sottratto all'estremismo fascista a cui C. fa risalire la responsabilità del delitto Matteotti. Abbiamo deciso di dare il voto di fiducia. Ma, intendiamoci, fiducia condizionata. Nell'ordine del giorno che abbiamo redatto è detto esplicitamente che il senato si aspetta che il Governo restauri la legalità e la giustizia, come del resto Mussolini ha promesso nel suo discorso. A questo modo noi lo teniamo prigioniero, pronti a negargli la fiducia se non tiene fede alla parola data. Vedete: il fascismo è stato un bene; adesso è divenuto un male, e bisogna che se ne vada. Ma deve andarsene senza scosse, nel momento opportuno, e questo momento potremo sceglierlo noi, giacché la permanenza di Mussolini al potere è condizionata al nostro beneplacito. C. scrive su Il Giornale d'Italiache il regime mussoliniano «non poteva e non doveva essere altro che un ponte di passaggio per la restaurazione di un più severo regime liberale».  La rottura e il Manifesto degli intellettuali antifascisti Il filosofo abruzzese si allontanò definitivamente dal regime allorché, su sollecitazione di Amendola, scrisse il Manifesto degli intellettuali antifascisti in replica al Manifesto degli intellettuali fascisti di Gentile. Lo scritto, pubblicato sul quotidiano Il Mondo, tra l'altro sosteneva. Contaminare politica e letteratura, politica e scienza è un errore, che, quando poi si faccia, come in questo caso, per patrocinare deplorevoli violenze e prepotenze e la soppressione della libertà di stampa, non può dirsi nemmeno un errore generoso. E non è nemmeno, quello degli intellettuali fascisti, un atto che risplende di molto delicato sentire verso la patria, i cui travagli non è lecito sottoporre al giudizio degli stranieri, incuranti (come, del resto, è naturale) di guardarli fuori dei diversi e particolari interessi politici delle proprie nazioni. In che mai consisterebbe il nuovo evangelo, la nuova religione, la nuova fede, non si riesce a intendere dalle parole del verboso manifesto; e, d'altra parte, il fatto pratico, nella sua muta eloquenza, mostra allo spregiudicato osservatore un incoerente e bizzarro miscuglio di appelli all'autorità e di demagogismo, di proclamata riverenza alle leggi e di violazione delle leggi, di concetti ultramoderni e di vecchiumi muffiti, di atteggiamenti assolutistici e di tendenze bolsceviche, di miscredenza e di corteggiamenti alla Chiesa cattolica, di aborrimenti della cultura e di conati sterili verso una cultura priva delle sue premesse, di sdilinquimenti mistici e di cinismo. Per questa caotica e inafferrabile "religione" noi non ci sentiamo, dunque, di abbandonare la nostra vecchia fede: la fede che da due secoli e mezzo è stata l'anima dell'Italia che risorgeva, dell'Italia moderna; quella fede che si compose di amore alla verità, di aspirazione alla giustizia, di generoso senso umano e civile, di zelo per l'educazione intellettuale e morale, di sollecitudine per la libertà, forza e garanzia di ogni avanzamento.»  Secondo Norberto Bobbio, il Manifesto degli intellettuali antifascisti sancì l'assunzione da parte di C. del ruolo di coscienza morale dell'antifascismo italiano» e di «filosofo della libertà. Lo scritto segnò inoltre la rottura dell'amicizia con Gentile, a causa delle ormai inconciliabili divergenze filosofiche e politiche. In seguito Croce fu l'unica voce fuori dal coro tollerata dal regime. Il ruolo di Croce come coscienza dell'antifascismo è testimoniato, tra gli altri, da Primo Levi, che ricordò che negli anni del fascismo e della guerra, segnati per gli antifascisti da smarrimento morale, isolamento e incertezze, solo «La Bibbia, C., la geometria, la fisica, ci apparivano fonti di certezza. Il mio liberalismo è cosa che porto nel sangue, come figlio morale degli uomini che fecero il Risorgimento italiano, figlio di Sanctis e degli altri che ho salutato sempre miei maestri di vita. La storia mi metterà tra i vincitori o mi getterà tra i vinti. Ciò non mi riguarda. Io sento che ho quel posto da difendere, che pel bene dell'Italia quel posto dev'essere difeso da qualcuno, e che tra i qualcuni sono chiamato anch'io a quell'ufficio. Ecco tutto.»  (Lettera a Alfieri) Rifiutò di entrare nell'Accademia d'Italia, e dopo un breve appoggio al movimento antifascista Alleanza Nazionale per la Libertà, fondato dal poeta Lauro De Bosis, si allontanò dalla vita politica, continuando peraltro ad esprimere liberamente le sue idee politiche, senza che il regime fascista lo censurasse, almeno esplicitamente. L'unico atto di ostilità violenta ed esplicita compiuto dal fascismo verso C. fu la devastazione della sua casa napoletana. Negl’anni successivi, quelli della sua affermazione e del cosiddetto consenso, il fascismo ritenne C. un avversario poco temibile, sostenitore com'era della tesi di un fascismo inteso come malattia morale inevitabilmente superata dal progresso della storia. Inoltre la fama di C. presso l'opinione pubblica europea lo proteggeva da interventi oppressivi da parte del regime. Ha altresì blandi rapporti culturali con intellettuali in qualche modo vicini al regime, anche se marginali, come un carteggio epistolare con il tradizionalista Julius Evola, a cui espresse l'apprezzamento formale per due opere, da pubblicare presso Laterza con il benestare dello stesso C., Saggi sull'idealismo magico, Teoria dell'individuo assoluto e, successivamente, La tradizione ermetica. Il governo fascista richiese ai docenti delle università italiane un atto di formale adesione al regime in base all'articolo del regio decreto (il cosiddetto giuramento di fedeltà al fascismo). A seguito di tale provvedimento, i docenti avrebbero dovuto giurare di essere fedeli non solo alla patria, secondo quanto già imposto dal regolamento generale universitario, ma anche al regime fascista. In quell'occasione, C. incoraggia professori come Calogero e Einaudi a rimanere all'università, per continuare il filo dell'insegnamento secondo l'idea di libertà. Se la sua figura fu importante per l'area politica del liberalismo, la sua scuola ha durante tutto il ventennio fascista una platea assai più ampia di allievi: del resto, già prima dalle sue idee avevano tratto esempio anche Gramsci e il gruppo comunista de L'Ordine Nuovo.Polemica sulla Giornata della fede La non adesione di C. al fascismo parve messa in discussione dal gesto compiuto durante la guerra d'Etiopia, quando il filosofo, in occasione della Giornata della fede dona la propria medaglietta da senatore accompagnandola con questa secca lettera al presidente del Senato. Eccellenza, quantunque io non approvi la politica del Governo, ho accolto in omaggio al nome della Patria, l'invito dell'E.V., e ho rimesso alla questura del Senato la mia medaglia, Il gesto suscita negl’ambienti dell'antifascismo italiano, in patria e all'estero, sorpresa, dolore e polemiche che colpirono dolorosamente C.. Al termine di un drammatico colloquio con Ceva, inviata a sostenere il punto di vista degl’antifascisti, dopo un iniziale tentativo di giustificazione, C. affermò. Dica che io sono sempre lo stesso, che sono sempre con loro. Il regime varò la legislazione anti-semita. C. non era presente nell'aula del Senato, quale forma di protesta. Egli fu uno dei pochi a esprimersi contro di esse a livello pubblico. Il governo invia a tutti i professori universitari e i membri delle accademie un questionario da compilare ai fini della classificazione "razziale". Tutti gl’interpellati risposero. L'unico intellettuale non ebreo che rifiuta di compilare il questionario è Croce. L'unico effetto della richiesta dichiarazione sarebbe di farmi arrossire, costringendo me, che ho per cognome CROCE, all'atto odioso e ridicolo insieme di protestare che non sono ebreo, proprio quando questa gente è perseguitata. Il filosofo, invece di restituire compilata la scheda, invia una lettera al presidente dell'Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, in cui scrive sarcasticamente. Gentilissimo collega, ricevo oggi qui il questionario che avrei dovuto rimandare prima del 20. In ogni caso, io non l'avrei riempito, preferendo di farmi escludere come supposto ebreo. Ha senso domandare a un uomo che ha circa sessant'anni di attività letteraria e ha partecipato alla vita politica del suo paese, dove e quando esso sia nato e altre simili cose? (C. a Messedaglia, Presidente dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti di Venezia, in A. CAPRISTO, L’espulsione degl’ebrei dalle accademie italiane, Torino, Zamorani. C. è quindi espulso da quasi tutte le accademie di cui è membro, comprese l'Accademia Nazionale dei Lincei e la Società Napoletana di Storia Patria.  All'Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, unica accademia che lo mantenne socio, alla fine della guerra C. riconosce il merito di non averlo espulso durante il regime fascista. Dopo aver denunciato la persecuzione degl’ebrei, C. però critica anche gli atteggiamenti degl’ebrei stessi, sia quelli che hanno aderito al fascismo, sia quelli che vivevano separati, ritenendo la specificità ebraica come pericolosa per gl’ebrei stessi. Quando s'iniziò l'infame persecuzione contro gl’ebrei, io ebbi, con un brivido di orrore, la piena rivelazione della sostanziale delinquenza che è nel fascismo, come chi fosse costretto ad assistere allo sgozzamento a freddo di un innocente e mi misi di lancio dalla loro parte con tutto l'esser mio per fare quello che per loro si poteva a lenire o diminuire il loro strazio. Molti danni e molte iniquità compiute dal fascismo non si possono ora riparare per essi come per altr’italiani che le soffersero, né essi vorranno chiedere privilegi o preferenze, e anzi il loro studio dovrebbe essere di fondersi sempre meglio con gl’altri italiani; procurando di cancellare quella distinzione e divisione nella quale hanno persistito nei secoli e che, come ha dato occasione e pretesto in passato alle persecuzioni, è da temere ne dia ancora in avvenire l'idea di popolo eletto, che è tanto poco saggia che la fece sua Hitler, il quale, purtroppo, aveva a suo uso i mezzi che lo resero ardito a tentarne la folle attuazione. Essi disconoscono le premesse storiche -- Grecia, ROMA, Cristianità -- della civiltà di cui dovrebbero venire a fare parte. Lettera a Merzagora) Espresse quindi una posizione di perplessità per il sionismo. Il rientro nella vita politica Dopo la caduta del regime C. rientra in politica, accettando la nomina a presidente del Partito Liberale Italiano. Durante la Resistenza cercò di mediare tra i vari partiti antifascisti e fu Ministro senza portafoglio nel secondo governo Badoglio, benché non stimasse né il Maresciallo né il re Vittorio Emanuele III, a causa della loro compromissione col fascismo. Subito dopo la liberazione di Roma entrò a far parte del secondo governo Bonomi, sempre come ministro senza portafoglio, ma diede le dimissioni qualche mese dopo.  Egli avrebbe preferito l'abdicazione diretta del sovrano in favore del piccolo Vittorio Emanuele (con rinuncia di Umberto al trono), la reggenza a Badoglio e l'incarico di capo del governo a Carlo Sforza, ma i rappresentanti del Regno Unito si opposero. Al referendum sulla forma dello Stato votò per la monarchia, inducendo tuttavia il Partito Liberale (di cui rimane presidente) a non schierarsi, per far sì che prevalesse sulla questione piena ed effettiva libertà di scelta, e dichiarando in seguito: «il buon senso fece considerare a quei milioni di votanti favorevoli alla monarchia, che, se anche essi avessero riportato la maggioranza legale, una monarchia con debole maggioranza non avrebbe avuto il prestigio e l'autorità necessaria, e perciò meglio valeva accettare la forma nuova della Repubblica e procurar di farla vivere nel miglior modo, apportandovi lealmente il contributo delle proprie forze. C. con Altavilla e il Capo provvisorio dello Stato, Concetti che C. aveva, nella loro sostanza, già espresso; ben prima che Umberto II, nel messaggio ribadisse tale indicazione. Eletto all'Assemblea Costituente, non accettò la proposta di essere candidato a Capo provvisorio dello Stato, così come in seguito rifiutò la proposta, avanzata da Luigi Einaudi, di nomina a senatore a vita. Si oppose strenuamente alla firma del Trattato di pace, con un accorato e famoso intervento all'Assemblea costituente, ritenendolo indecoroso per la nuova Repubblica. Fonda a Napoli l'Istituto italiano per gli studi storici destinando per la sede un appartamento di sua proprietà, accanto alla propria abitazione e biblioteca nel Palazzo Filomarino dove oggi ha sede la Fondazione Biblioteca C. Presidente dell'associazione PEN International e, negli stessi anni, entrò a far parte del Consiglio di Amministrazione dell'Istituto Suor Orsola Benincasa di Napoli. Per un ictus cerebrale rimase semiparalizzato e si ritirò in casa continuando a studiare: morì seduto in poltrona nella sua biblioteca. I funerali solenni si tennero nella sua Napoli e le sue spoglie tumulate nella tomba di famiglia al Cimitero di Poggioreale. Il rapporto con la cultura cattolica «Pure filosofo quale sono io stimo che il più profondo rivolgimento spirituale compiuto dall'umanità sia stato il cristianesimo, e il cristianesimo ho ricevuto e serbo, lievito perpetuo, nella mia anima. Il rapporto di C. con la cultura cattolica varia nel corso del tempo. I filosofi idealisti, come C. e Gentile, avevano esercitato assieme alla cultura cattolica una comune critica al positivismo ottocentesco. Alla fine degli anni venti vi era stato un progressivo allontanamento della cultura laica e idealistica dalla cultura cattolica. C., pur non essendo un anticlericale militante, riteneva importante la separazione liberale tra culto e stato, propugnata da CAVOUR. Il culto con i Patti Lateranensi ha ormai raggiunto un rapporto equilibrato con le istituzioni statali italiane distaccandosi quindi dalle posizioni politiche antifasciste dell'idealismo crociano. C. fu contrario al Concordato e dichiara apertamente in Senato che accanto o di fronte ad uomini che stimano Parigi valer bene una messa, sono altri per i quali l'ascoltare o no una messa è cosa che vale infinitamente più di Parigi, perché è affare di coscienza. Mussolini gli rispose dichiarandolo «un imboscato della storia», e accusando il filosofo di passatismo e di viltà di fronte al progresso storico. Quando C. scrive la Storia d'Europa, il Vaticano critica aspramente l'autore che difendeva le filosofie esaltanti una religione della libertà senza Dio. Il Sant'Uffizio pose all'Indice questo saggio ma, non ottenendo negli anni successivi da C. un qualsiasi ripensamento, ninserì nell'elenco dei libri proibiti tutti i suoi scritti. La polemica anti-concordataria crociana vide l'adesione del giovane filosofo nonviolento e liberalsocialista Aldo Capitini che a Firenze, a casa di Luigi Russo, aveva avuto modo di conoscere C., a cui aveva consegnato un pacco di dattiloscritti che il filosofo napoletano aveva apprezzato e fatto pubblicare nel gennaio dell'anno seguente presso l'editore Laterza di Bari con il titolo Elementi di un'esperienza religiosa. In poco tempo gli Elementi diventarono uno tra i principali riferimenti letterari della gioventù antifascista. La posizione personale di C. nei confronti della religione cattolica è ben espressa nel suo saggio Perché non possiamo non dirci "cristiani". Il termine "cristiani" inserito nel titolo tra virgolette non voleva indicare l'adesione a un credo confessionale, bensì la consapevolezza di un'inevitabile appartenenza culturale rappresentata nella sua particolare prospettiva dal fenomeno del cristianesimo: non si trattava di una professione di fede cristiana dovuta a un rinnegamento dell'agnosticismo come volle fare intendere la propaganda fascista, ma di riconoscere il valore storico e di «rivolgimento spirituale»:  «Il cristianesimo è stato la più grande rivoluzione che l'umanità abbia mai compiuta: così grande, così comprensiva e profonda, così feconda di conseguenze, così inaspettata e irresistibile nel suo attuarsi, che non maraviglia che sia apparso o possa ancora apparire un miracolo, una rivelazione dall'alto, un intervento di Dio nelle cose umane, che da lui hanno ricevuto legge e indirizzo affatto nuovo. Tutte le altre rivoluzioni, tutte le maggiori scoperte che segnano epoche nella storia umana, non sostengono il suo confronto, parendo rispetto a lei particolari e limitate. Tutte, non escluse quelle che la Grecia fece della poesia, dell'arte, della filosofia, della libertà politica, e Roma del diritto: per la capacità dei princìpi cristiani di contrastare il neopaganesimo e l'ateismo propagandati dal nazismo e dal comunismo sovietico. Sono profondamente convinto e persuaso che il pensiero e la civiltà moderna sono cristiani, prosecuzione dell'impulso dato da Gesù e da Paolo. Su di ciò ho scritto una breve nota, di carattere storico, che pubblicherò appena ne avrò lo spazio disponibile. Del resto non sente Ella che in questa terribile guerra mondiale ciò che è in contrasto è una concezione ancora cristiana della vita con un'altra che potrebbe risalire all'età precristiana, e anzi pre-ellenica e pre-orientale, e riattaccare quella anteriore alla civiltà, la barbarica violenza dell'orda? C., in sintesi, vede nel cristianesimo il fondamento storico della civiltà occidentale ma non ripudia l'immanentismo radicale del suo pensiero che vede nella religione un momento della realizzazione storica dello spirito che si avvia, superandolo, ad una più alta sintesi.  All'Assemblea Costituente lotterà contro l'inserimento, voluto dalla DC, e dal comunista Togliatti, dei Patti Lateranensi nel secondo comma dell'articolo della Costituzione della Repubblica Italiana, giudicandolo come "sfacciata prepotenza pretesca". In vista delle elezioni politiche, tuttavia, si accordò con il segretario della Democrazia Cristiana, Alcide De Gasperi, per dare vita a un manifesto comune, Europa, cultura e libertà, contro i totalitarismi passati e presenti. A seguito della vittoria della DC, replicò severamente ai laici benpensanti schierati col Fronte Popolare che sbeffeggiavano il ceto umile e contadino di cui era composto in prevalenza l'elettorato cattolico:  «Beneditele quelle beghine di cui ridete, perché senza il loro voto e il loro impegno oggi non saremmo liberi. Lasciando disposizioni per la sua morte (che avverrà tre anni dopo) scriverà invece che la sensibilità religiosa della moglie cattolica le consentirà di evitare che un sacerdote tenti di "redimerlo" all'ultimo minuto, perché è "cosa orrenda profittare delle infermità per strappare a un uomo una parola che sano egli non avrebbe mai detta".  C. fu legato sentimentalmente e convisse con Angelina Zampanelli, fino alla morte di lei. La coppia prese alloggio a Palazzo Filomarino, a Napoli. Angelina, sofferente di cuore, morì poco più che quarantenne a Raiano, dove insieme a Croce ella soggiornava spesso d'estate, presso il Palazzo Rossi-Sagaria, ospiti della cugina del filosofo, Petroni, moglie di Rossi. C. sposa a Torino, con rito religioso e poi civile, Adele Rossi, da cui ha V figli: Giulio, Elena, Alda, Lidia (moglie dello scrittore e dissidente anticomunista polacco Grudziński) e Silvia. Il filosofo, oggi, deve non già fare il puro filosofo, ma esercitare un qualche mestiere, e in primo luogo, il mestiere dell'uomo.»  (C., Lettere a Vittorio Enzo Alfieri, Sicilia Nuova Editrice, Milazzo. L'opera di Croce può essere suddivisa in tre periodi: quello degli studi storici, letterari e il dialogo con il marxismo, quello della maturità e delle opere filosofiche sistematiche e quello dell'approfondimento teorico e revisione della filosofia dello spirito in chiave storicista. Come idealista, ritiene che la realtà sia quella che viene concepita dal soggetto, in quanto riflesso della sua idea e interiorità, ed è convinto che la razionalità e la libertà emergano nella storia, pur tra immani difficoltà. La filosofia idealista riconduce totalmente l'essere al pensiero, negando esistenza autonoma alla realtà fenomenica, ritenuta il riflesso di un'attività interna al soggetto; l'idealismo, come in Hegel, implica una concezione etica fortemente rigorosa, come ad esempio nel pensiero di Fichte che è incentrato sul dovere morale dell'uomo di ricondurre il mondo al principio ideale da cui esso ha origine; in C. questo ideale è la libertà umana. Definito da Gramsci "papa laico della cultura italiana", a sua filosofia ha goduto di enorme credito nella cultura italiana del XX secolo, perlomeno fino agli anni settanta e ottanta, in cui si sono levate molte critiche verso il suo approccio, ritenuto superato. C. È un intellettuale rispettato anche al di fuori dell'Italia. La rivista Time gli dedica la copertina e contestualmente alla rivalutazione del pensiero crociano, si è registrato l'interesse della collana editoriale di Stanford, mentre la rivista statunitense di politica internazionale Foreign Affairs lo inserì tra i pensatori più attuali, accanto a intellettuali come Berlin, Fukuyama e Trotsky. Parallelamente allo studio del marxismo, C. approfondisce anche il pensiero di Hegel; secondo entrambi la realtà si dà come spirito che continuamente si determina e, in un certo senso, si produce. Lo spirito è quindi la forza animatrice della realtà, che si auto-organizza dinamicamente divenendo storia secondo un processo razionale. Da Hegel egli recupera soprattutto il carattere razionalistico e dialettico in sede gnoseologica: la conoscenza si produrrebbe allora attraverso processi di mediazione dal particolare all'universale, dal concreto all'astratto, per cui C. afferma che la conoscenza è data dal giudizio storico, nel quale universale e particolare si fondono recuperando la sintesi a priori di Kant e lo storicismo di VICO, suo altro filosofo di riferimento. Da destra, Giovanni Laterza, Jacini, C. e Secly. Il divenire e la logica della dialettica, in Hegel e in Marx, è esso stesso verità in movimento; anche per C. la verità è dialettica, ma occorre esprimere un giudizio storico ed esistono delle regole che arginano la pretesa giustificativa di ogni fenomeno: in Croce lo Spirito - in quanto intelletto umano - si realizza nella storia ma nel rispetto della libertà. Per questo ogni fatto è quindi calato nella realtà storica, ma questo non può giustificare, con la scusa del divenire e del progresso, aspetti deplorevoli come, ad esempio, il totalitarismo fascista o comunista, il primo come necessario (concezione di Gentile e della sua idea di realtà come atto puro di pensare e agire) e il secondo come fase storica obbligata (seguendo il concetto marxiano della dittatura del proletariato, di cui il filosofo tedesco parla nella sua teoria "razionalista" del materialismo storico). Quindi il materialismo dialettico di Engels e quello storico di Marx sono da ritenersi errati. In questo, il suo storicismo si differenzia dal pensiero di un altro filosofo liberale, Popper, secondo cui dialettica e storicismo finiscono invece per generare quasi sempre totalitarismo (concezione assai diffusa nel pensiero del liberalismo novecentesco). Al contrario di Popper e Arendt, per C. la radice totalitaria è proprio nell'antistoricismo, cioè nel rifiuto dello storicismo stesso. Il neoidealismo entrò in crisi, sostituito da nuove filosofie come l'esistenzialismo e la fenomenologia; sempre in nome del libertà e dell'umanesimo, C. critica l'esistenzialista Heidegger, divenuto poi anti-umanistico e colpevole di accondiscendenza verso il nazismo, definendolo anche "un Gentile più dotto e più acuto, ma sostanzialmente della stessa pasta morale. Esprime così  un tagliente giudizio sul filosofo di Essere e tempo. Scrittore di generiche sottigliezze, arieggiante a un Proust cattedratico, egli che, nei suoi libri non ha dato mai segno di prendere alcun interesse o di avere alcuna conoscenza della storia, dell'etica, della politica, della poesia, dell'arte, della concreta vita spirituale nelle sue varie forme - quale decadenza a fronte dei filosofi, veri filosofi tedeschi di un tempo, dei Kant, degli Schelling, degli Hegel! -, oggi si sprofonda di colpo nel gorgo del più falso storicismo, in quello, che la storia nega, per il quale il moto della storia viene rozzamente e materialisticamente concepito come asserzione di etnicismi e di razzismi, come celebrazione delle gesta di lupi e volpi, leoni e sciacalli, assente l'unico e vero attore, l'umanità. E così si appresta o si offre a rendere servigi filosofico-politici: che è certamente un modo di prostituire la filosofia.»  (Conversazioni Critiche, Serie Quinta, Bari, Laterza. L'asserzione di Hegel che "la storia sia storia di libertà" viene da C. inquadrata nella sua concezione dialettica della libertà vista nel suo iniziale nascere, nel successivo crescere e infine nel raggiungimento di uno stadio finale e definitivo di maturità. C. fa proprio questo detto hegeliano chiarendo però che non si vuole «assegnare alla storia il tema del formarsi di una libertà che prima non era e che un giorno sarà, ma per affermare la libertà come l'eterna formatrice della storia, soggetto stesso di ogni storia. Come tale essa è per un verso, il principio esplicativo del corso storico e, per l'altro, l'ideale morale dell'umanità». I popoli e gli individui anelano sempre alla libertà, e come dice Hegel «ciò che è razionale è reale» (cioè la ragione concepisce quello che può diventare reale) e «ciò che è reale è razionale» (cioè esiste un'intrinseca razionalità, anche minima, in ogni fenomeno storico, anche se non tutto il reale è ovviamente razionale). Alcuni storici, senza ben rendersi conto di quello che scrivono, sostengono che ormai la libertà ha abbandonato la scena della storia. Ma affermare che la libertà è morta vorrebbe dire che è morta la vita. Non esiste nella storia un ideale che possa sostituire quello della libertà «che è l'unica che faccia battere il cuore dell'uomo, nella sua qualità di uomo». Ciò significa che la libertà non è una fase di presa di coscienza che conduce allo Stato etico o al socialismo, venendo superata, ma è essa stessa la verità nel divenire, non una fase. Egli critica Hegel, poiché secondo lui il filosofo ha concepito la dialettica in modo riduttivo, ovvero semplicemente come dialettica degli opposti, mentre secondo C. sussiste anche una logica dei distinti: non ogni negazione è infatti opposizione, ma può essere semplice distinzione. Ciò significa che certi atti ed eventi devono essere sempre considerati appunto distinti rispetto ad altri ordini di atti ed eventi, e non ad essi opposti. Elabora, quindi, un vero e proprio sistema, da lui denominato la filosofia dello spirito. Inoltre, la prima importante differenza con Hegel è che nel sistema crociano non vi rientra né la religione, né la natura. La religione sarebbe infatti un complesso miscuglio di elementi poetici, morali e filosofici che le impediscono di presentarsi come forma autonoma dello Spirito. La natura poi non è altro che l'oggetto "mascherato" dell'attività economica, è il frutto della considerazione economica diretta al mondo. Qui la realtà in quanto attività (ovvero produzione dello spirito o della storia) è articolata in quattro forme fondamentali, suddivise per modo (teoretico o pratico) e grado (particolare o universale): estetica (teoretica - particolare), logica (teoretica-universale), economia (pratica - particolare), etica (pratica - universale). La relazione tra queste quattro forme opera la suddetta logica dei distinti, mentre all'interno di ognuna di esse si ha la dialettica degli opposti. All'interno dell'estetica infatti si ha opposizione dialettica tra bello e brutto, all'interno della logica, l'opposizione è tra vero e falso; nella economia tra utile e inutile e infine nell'etica tra bene e male.  Estetica C. scrisse anche importanti opere di critica letteraria (saggi su Goethe, Ariosto, Shakespeare e Corneille, "La letteratura della nuova Italia" e "La poesia d’ALIGHIERI (si veda)"). Egli si mosse nell'ambito della sua teoria estetica che mirava alla scoperta delle motivazioni profonde dell'ispirazione artistica. Quest'ultima era ritenuta tanto più valida quanto più coerente con le categorie di bello-brutto. La prima parte della teoria estetica la ritroviamo in opere come Estetica come scienza dell'espressione e linguistica generale, Breviario di estetica e Aesthetica in nuce. In seguito modificò questa iniziale teoria stabilendo per la storia un nesso con la filosofia. L'estetica, dal significato originario del termine aisthesis (sensazione), si configura in primo luogo come attività teoretica relativa al sensibile, si riferisce alle rappresentazioni e alle intuizioni che noi abbiamo della realtà.  Come conoscenza del particolare l'intuizione estetica è la prima forma della vita dello Spirito. Prima logicamente e non cronologicamente poiché tutte le forme sono presenti insieme nello spirito. L'arte, come aspetto dell'Estetica, è una forma della vita spirituale che consiste nella conoscenza, intuizione del particolare che:  come forma dello spirito, come creatività non è sensazione, conoscenza sensibile che è un aspetto passivo dello spirito rispetto ad una materia oscura e ad esso estranea; come conoscenza (prima forma dell'attività teoretica) non ha a che fare con la vita pratica. Bisogna quindi respingere tutte le estetiche che abbiano fini edonistici, sentimentali e moralistici; quale espressione di un valore autonomo dello spirito, l'arte non può né deve essere giudicata secondo criteri di verità, moralità o godimento; come intuizione pura va distinta dal concetto che è conoscenza dell'universale: compito proprio della filosofia. L'arte può essere definita quindi come intuizione-espressione, due termini inscindibili per cui non è possibile intuire senza esprimere né è possibile espressione senza intuizione. Ciò che l'artista intuisce è la stessa immagine (pittorica, letteraria, musicale ecc.) che egli per ispirazione crea da una considerazione del reale, nel senso che l'opera artistica è l'unità indifferenziata della percezione del reale e della semplice immagine del possibile. La distinzione tra arte e non arte risiede nel grado di intensità dell'intuizione-espressione. Tutti noi intuiamo ed esprimiamo: ma l'artista è tale perché ha un'intuizione più forte, ricca e profonda a cui sa far corrispondere un'espressione adeguata. Coloro che sostengono di essere artisti potenziali poiché hanno delle intense intuizioni ma che non sono capaci di tradurre in espressioni, non si rendono conto che in realtà non hanno alcuna intuizione poiché se la possedessero veramente essa si tradurrebbe in espressione. L'arte non è aggiunta di una forma ad un contenuto ma espressione, che non vuol dire comunicare, estrinsecare, ma è un fatto spirituale, interiore come l'atto inscindibile da questa che è l'intuizione. Nell'estetica dobbiamo far rientrare anche quella forma dell'espressione che è il linguaggio che nella sua natura spirituale fa tutt'uno con la poesia. L'estetica quindi come una «linguistica in generale». Dall'estetica deriva la critica letteraria crociana, espressa in molti saggi. Della logica, C. tratta essenzialmente nella Logica come scienza del concetto puro); essa corrisponde al momento in cui l'attività teoretica non è più affidata alla sola intuizione (all'ambito estetico), ma partecipa dell'elemento razionale, che attinge dalla sfera dell'universale. Il punto di arrivo di questa attività è l'elaborazione del concetto puro, universale e concreto che esprime la verità universale di una determinazione. La logica crociana è anche storica, nella misura in cui essa deve analizzare la genesi e lo sviluppo (storico) degli oggetti di cui si occupa. Il termine logica in C. assume quindi un significato più vicino al termine dialettica ovvero ricerca storiografica. In genere, la Logica di C. è lontana da criteri scientifico-razionali, e si ispira ai metodi dell'immaginazione artistica e dell'eleganza estetico-letteraria, nei quali il filosofo raggiunge risultati eccellenti. Di carattere decisamente diverso è invece la filosofia delle scienze fisiche, matematiche e naturali delle quali C. non si occupa affatto nei suoi studi. Del resto, come segnala Geymonat nel suo Corso di filosofia - immagini dell'uomo, la vera indubbia grandezza di C. va cercata assai più nella sua opera di storiografo, di critico letterario, ecc., che non nella sua opera di filosofo. Gentile ai tempi del direttorato alla Scuola normale di Pisa. In ogni caso la logica e la filosofia della scienza è stata sviluppata in Italia da altre correnti di pensiero contemporaneo a quello crociano, con studiosi fra quali PEANO (si veda) e lo stesso GEYMONAT (si veda). Un orientamento parzialmente diverso ebbe invece Gentile che, pur criticando gli eccessi del positivismo, intrattenne anche rapporti con matematici e fisici italiani e cercò di instaurare un rapporto costruttivo con la cultura scientifica. Invece C. ha con la logica e la scienza un rapporto difficile. La sua posizione portò in Italia nella prima metà del Novecento ad uno scontro dialettico fra due culture contrapposte: quella artistico-letteraria e quella tecnico-scientifica. Il rapporto conflittuale con le scienze matematiche e sperimentali Un caso emblematico del giudizio di C. nei confronti della matematica e delle scienze sperimentali è la sua nota diatriba con il matematico e filosofo della scienza Enriques, avvenuta in seno al congresso della Società Filosofica Italiana, fondata e presieduta dallo stesso Enriques. Questi sostene che una filosofia degna di una nazione progredita non potesse ignorare gli apporti delle più recenti scoperte scientifiche. La visione di Enriques mal si confaceva a quella idealistica di C. e Gentile, come pure a gran parte degli esponenti della filosofia italiana di allora, per lo più formata da idealisti crociani.  C., in particolare, rispose ad Enriques[84], liquidando in modo deciso - antifilosofico secondo Enriques - la proposta di considerare la scienza come un valido apporto alle problematiche filosofiche e sostenendo, anzi, che matematica e scienza non sono vere forme di conoscenza, adatte solo agli «ingegni minuti» degli scienziati e dei tecnici, contrapponendovi le «menti universali», vale a dire quelle dei filosofi idealisti, come C. medesimo. I concetti scientifici non sono veri e propri concetti puri ma degli pseudoconcetti, falsi concetti, degli strumenti pratici di costituzione fittizia. La realtà è storia e solo storicamente la si conosce, e le scienze la misurano bensì e la classificano come è pur necessario, ma non propriamente la conoscono né loro ufficio è di conoscerla nell'intrinseco. Sul tema C. sostenne, tra l'altro, che: Gli uomini di scienza sono l'incarnazione della barbarie mentale, proveniente dalla sostituzione degli schemi ai concetti, dei mucchietti di notizie all'organismo filosofico-storico. (C. da Il risveglio filosofico e la cultura italiana, A proposito dello sviluppo della logica matematica e dell'introduzione dei formalismi simbolici, ad opera di matematici e filosofi quali Frege, Peano, Russell, C. dichiara. I nuovi congegni della logica matematica sono stati offerti sul mercato. E tutti, sempre, li hanno stimati troppo costosi e complicati, cosicché non sono finora entrati né punto né poco nell'uso. Vi entreranno nell'avvenire? La cosa non sembra probabile e, ad ogni modo, è fuori della competenza della filosofia e appartiene a quella della pratica riuscita: da raccomandarsi, se mai, ai commessi viaggiatori che persuadano dell'utilità della nuova merce e le acquistino clienti e mercati. Se molti o alcuni adotteranno i nuovi congegni logici, questi avranno provato la loro grande o piccola utilità. Ma la loro nullità filosofica rimane, sin da ora, pienamente provata. (C. da Logica come scienza del concetto puro. Anni dopo, ancora scrive. Le scienze naturali e le discipline matematiche, di buona grazia, hanno ceduto alla filosofia il privilegio della verità, ed esse rassegnatamente, o addirittura sorridendo, confessano che i loro concetti sono concetti di comodo e di pratica utilità, che non hanno niente da vedere con la meditazione del vero. C. da Indagini su Hegel e e schiarimenti filosofici e ribadiva come:  «Le finzioni delle scienze naturali e matematiche postulano di necessità l'idea di un'idea che non sia finta. La logica, come scienza del conoscere, non può essere, nel suo oggetto proprio, scienza di finzioni e di nomi, ma scienza della scienza vera e perciò del concetto filosofico e quindi filosofia della filosofia. C. da Indagini su Hegel e schiarimenti filosofici. Tuttavia ebbe altresì un cordiale e rispettoso scambio epistolare con Albert Einstein. Secondo diversi storici e filosofi (es. Giorello, Bellone, Massarenti), l'influenza antiscientifica di C. e di Gentile sarebbe stata fortemente deleteria sia sul piano dell'istituzione scolastica per gli orientamenti pedagogici della scuola italiana, che si sarebbe indirizzata prevalentemente agli studi umanistici considerando quelli scientifici di secondo piano, sia per la formazione di una classe politica e dirigente che attribuisse importanza alla scienza e alla tecnica e portando, per conseguenza, ad un ritardo dello sviluppo tecnologico e scientifico nazionale.  La scuola sarà caratterizzata dal primato dell'umanesimo letterario e in particolare dell'umanesimo classico. Tutte le istituzioni culturali saranno improntate al primato delle lettere, della filosofia e della storia. Giorello nel quarantennale della morte di C. ha scritto che "predicò la religione della libertà e per questo gli siamo riconoscenti. Ma la sua condanna della scienza e la sua estetica hanno causato danni gravissimi alla nostra cultura. Che ora esige riparazione.  Lo stesso Giorello però ha in parte ritrattato l'affermazione, negando che sia da attribuire a C. il mancato sviluppo scientifico italiano, adducendo che quelle che lui considerava una "colpa" sarebbero da accreditare maggiormente alla Chiesa, agli scienziati stessi e alla classe politica, più che all'idealismo, che trascura le scienze ma nemmeno le ostacola, definendo la filosofia di Croce «interessante sotto altri profili, ma poco interessante, quando si parla di scienza. C. riteneva le scienze umane e sociali prive di qualunque validità e del tutto inutili per lo studio dei fenomeni umani. Lui stesso dichiarò più volte di non riuscire a capire perché si dovesse sprecare del tempo a studiare «i cretini, i bambini e i selvaggi, quando esistono pensatori come Kant. ilosofia della pratica «La legge morale è la suprema forza della vita e la realtà della Realtà.»  (Filosofia della pratica. Etica ed economica, Laterza, Bari) Economia ed etica vengono trattate in Filosofia della pratica. Economica ed etica. C. dà molto rilievo alla volizione individuale che è poi l'economia, avendo egli un forte senso della realtà e delle pulsioni che regolano la vita umana. L'utile, che è razionale, non sempre è identico a quello degli altri: nascono allora degli utili sociali che organizzano la vita degli individui. Il diritto, nascendo in questo modo, è in un certo qual senso amorale, poiché i suoi obiettivi non coincidono con quelli della morale vera e propria. Egualmente autonoma è la sfera politica, che è intesa come luogo di incontro-scontro tra interessi differenti, ovvero essenzialmente conflitto, quello stesso conflitto che caratterizza il vivere in generale. C. critica anche l'idea di Stato etico elaborata da Hegel ed estremizzata da Gentile. Lo stato non ha nessun valore filosofico e morale, è semplicemente l'aggregazione di individui in cui si organizzano relazioni giuridiche e politiche. L'etica è poi concepita come l'espressione della volizione universale, propria dello spirito; non vi è un'etica naturale o un'etica formale, e dunque non vi sono contenuti eterni propri dell'etica, ma semplicemente essa è l'attuazione dello spirito, che manifesta in modo razionale atti e comportamenti particolari. Questo avviene sempre in quell'orizzonte di continuo miglioramento umano. Teoria e storia della storiografia «La storia non è giustiziera, ma giustificatrice»  C., Teoria e storia della storiografia) La storia e lo spirito: lo storicismo assoluto  VICO Come si evince anche da Teoria e storia della storiografia la filosofia di C., ispirata soprattutto a VICO, è fortemente storicista. Per ciò, se volessimo riassumere con una formula la filosofia di C., questa sarebbe storicismo assoluto, ossia la convinzione che tutto è storia, affermando che tutta la realtà è spirito e che questo si dispiega nella sua interezza all'interno della storia. La storia non è dunque una sequela capricciosa di eventi, ma l'attuazione della Ragione. La conoscenza storica ci illumina a proposito delle genesi dei fatti, è una comprensione dei fatti che li giustifica con il suo dispiegarsi. Si delinea in quest'ottica il compito dello storico: egli, partendo dalle fonti storiche, deve superare ogni forma di emotività nei confronti dell'oggetto studiato e presentarlo in forma di conoscenza. In questo modo la storia perde la sua passionalità e diviene visione logica della realtà. Quanto appena affermato si può evincere dalla celebre frase «la storia non è giustiziera, ma giustificatrice». Con questo afferma che lo storico non giudica e non fa riferimento al bene o al male. Quest'ultimo delinea, inoltre, come la storia abbia anche un preciso orizzonte gnoseologico, poiché in primo luogo è conoscenza, e conoscenza contemporanea, ovvero la storia non è passata, ma viva in quanto il suo studio è motivato da interessi del presente. Il bisogno pratico, che è nel fondo di ogni giudizio storico, conferisce a ogni storia il carattere di "storia contemporanea", perché, per remoti e remotissimi che sembrino cronologicamente i fatti che vi entrano, essa è, in realtà, storia sempre riferita al bisogno e alla situazione presente, nella quale quei fatti propagano le loro vibrazioni.La storiografia è in seconda istanza utile per comprendere l'intima razionalità del processo dello spirito, e in terzo luogo essa è conoscenza non astratta, ma basata su fatti ed esperienze ben precise. Anche se subisce l'influsso dello storicismo di Voltaire, C. critica gli illuministi e in generale tutti coloro che pretendono di individuare degli assoluti che regolino la storia o la trascendano: invece la realtà è storia nella sua totalità, e la storia è la vita stessa che si svolge autonomamente, secondo i propri ritmi e le proprie ragioni.  La storia è un cammino progressivo per cui «Nulla c'è al di fuori dello spirito che diviene e progredisce incessantemente: nulla c'è al di fuori della storia che è per l'appunto questo progresso e questo divenire. Ma il positivo destinato a superare storicamente la negatività dei periodi bui della storia non è una certezza su cui adagiarsi: questa consapevolezza del progresso storico deve essere confermata da un impegno costante degli uomini in azioni i cui risultati non sono mai scontati né prevedibili. La storia diviene, allora, anche storia di libertà, dei modi in cui l'uomo promuove e realizza al meglio la propria esistenza. La libertà si traduce, sul piano politico, in liberalismo: una sorta di religione della libertà o di metodo interpretativo della storia e di orientamento dell'azione, che è imprescindibile nel processo del progresso storico-politico, come si evince dal volume. La storia come pensiero e come azione Per C. la libertà può essere apprezzata solo difendendola costantemente in maniera dialettica, poiché la storia è necessariamente contrasto. Chi desideri in breve persuadersi che la libertà non può vivere diversamente da come è vissuta e vivrà sempre nella storia, di vita pericolosa e combattente, pensi per un istante a un mondo di libertà senza contrasti, senza minacce e senza oppressioni di nessuna sorta; e subito se ne ritrarrà inorridito come dall'immagine, peggio che della morte, della noia infinita.»  (La storia come pensiero e come azione). Ciò però non vuol dire che C. giustifichi la violenza come necessaria; nello stesso saggio ammonisce infatti che «la violenza non è forza ma debolezza, né mai può essere creatrice di cosa alcuna, ma soltanto distruggerla».  La concezione storica crociana ebbe grande seguito in Italia per molto tempo ed ebbe notevole influenza anche all'estero, ad esempio per quanto riguarda la formazione del maggior storico americano del nazismo, George Mosse. C. interviene al congresso liberale. C. critico letterario, specie quello di Poesia e non poesia, esercitò molta influenza successiva, quasi una "dittatura intellettuale sulla cultura italiana, ma ricevette anche critiche: ad esempio furono ritenute scorrette, "pseudoconcetti" (riprendendo una parola usata da Croce), poiché non presentate come opinione personale ma come veri canoni estetici, varie tesi, come la sua opposizione alle novità letterarie europee, esemplificate dalle stroncature verso gran parte dell'opera di Annunzio, Pascoli (di cui apprezzò solo alcune parti di Myricae e dei Canti di Castelvecchio criticando i saggi e le poesie civili), del crepuscolarismo e di Leopardi: di quest'ultimo salvò, nei Canti, gli idilli e i canti pisano-recanatesi, ma criticò le poesie dottrinali e polemiche (in particolare i Paralipomeni della Batracomiomachia e la Palinodia al marchese Capponi) e le opere filosofiche (apprezzò solo una minima parte delle Operette morali), affermando che quella leopardiana non era vera filosofia, ma solo uno sfogo poetico in prosa, inferiore comunque alle liriche, dovuto esclusivamente alle condizioni fisiche e psicologiche del poeta recanatese. C. non considera Leopardi un vero filosofo, come Schopenhauer, a cui invece riconosce dignità filosofica ma che non apprezza come individuo poiché ritenuto cinico e indifferente, ma solo un pensatore, il cui pensiero è essenzialmente al servizio della sua poesia. Sulla scorta di Sanctis, esprime simpatia umana al poeta recanatese per lo spirito civile, l'impegno e la lotta eroica contro le sofferenze fisiche, come espresso nella poesia La Ginestra. Egli fu grande ammiratore soprattutto del Carducci, in quanto classicista, razionale e sentimentale al tempo stesso, ma senza scadere nel sentimentalismo irrazionale, e, a proposito del decadentismo e degli autori di questo movimento, scrisse, in Del carattere della più recente letteratura italiana: «Nel passare da Carducci a questi tre, sembra, a volte, come di passare da un uomo sano a tre malati di nervi». La polemica contro il decadentismo è figlia di quella contro il positivismo: Croce sostiene che il misticismo decadente, che egli disapprova come sintomo di vuoto spirituale e filosofico (C. è razionalista e idealista al tempo stesso), è figlio dello scientismo positivistico e delle pseudoscienze da esso generate (come lo spiritismo): Di qua il positivismo, di fronte il misticismo; perché questo è figlio di quello: un positivista dopo la gelatina dei gabinetti, non credo abbia altro di più caro che l'inconoscibile, cioè la gelatina dove si coltiva il microbio del misticismo». Le opere di C. spaziano dalla filosofia, alla storiografia, all'aneddotica, alla critica letteraria e all'erudizione storica. Qui si indicano le più importanti. Per un elenco completo si veda L'opera di Benedetto Croce, bibliografia a cura di S. Borsari, Napoli, Istituto italiano per gli studi storici, I principi dell'estetica crociana, oltre ad essere formulati in opere organiche, trovarono anche applicazione critica in prefazioni e curatele di opere altrui. Tale è, ad esempio, la prefazione all'opera di Parodi, Poesia e letteratura: conquista di anime e studi di critica, pubblicata postuma da Laterza, a cura di C.. Il filosofo napoletano collabora inoltre con numerosi articoli su vari argomenti pubblicati su molti giornali e riviste stranieri e italiani (Cfr. Panetta, Settant'anni di militanza: C., tra riviste e quotidiani) Ad esempio la sua collaborazione con il quotidiano Il Resto del Carlino dura per più di 40 anni. Filosofia dello spirito Estetica come scienza dell'espressione e linguistica generale Logica come scienza del concetto puro Filosofia della pratica. Economica ed Etica Teoria e storia della storiografia; Problemi di estetica e contributi alla storia dell'estetica italiana La filosofia di VICO Saggio sullo Hegel seguito da altri scritti di storia della filosofia Materialismo storico ed economia marxistica Nuovi saggi di estetica Etica e politica. La poesia. Introduzione alla critica e storia della poesia e della letteratura La storia come pensiero e come azione Il carattere della filosofia moderna Discorsi di varia filosofia; Filosofia e storiografia; Indagini su Hegel e schiarimenti filosofici; Perché non possiamo non dirci "cristiani"; Primi saggi Cultura e vita morale L'Italia. Pagine sulla guerra Pagine sparse; Nuove pagine sparse; Terze pagine sparse; Scritti e discorsi politici; Carteggio C.-Vossler; C. - Papini, Carteggio; Il caso Gentile e la disonestà nella vita universitaria italiana; Saggi sulla letteratura italiana del Seicento La rivoluzione napoletana La letteratura della nuova Italia; I teatri di Napoli dal Rinascimento alla fine del secolo decimottavo La Spagna nella vita italiana durante la Rinascenza Conversazioni critiche Storie e leggende napoletane Manifesto degli intellettuali antifascisti Goethe Una famiglia di patrioti ed altri saggi storici e critici Ariosto, Shakespeare e Corneille Storia della storiografia italiana nel secolo decimonono; La poesia di Dante Poesia e non poesia Storia del Regno di Napoli Uomini e cose della vecchia Italia Storia d'Italia; Storia dell'età barocca in Italia Nuovi saggi sulla letteratura italiana del Seicento Storia d'Europa nel secolo decimonono Poesia popolare e poesia d'arte Varietà di storia letteraria e civile Vite di avventure, di fede e di passione Poesia antica e moderna Poeti e scrittori del pieno e del tardo Rinascimento La letteratura italiana del Settecento Letture di poeti e riflessioni sulla teoria e la critica della poesia Aneddoti di varia letteratura Morra e Castro Edizione nazionale La casa editrice Bibliopolis ha in corso di pubblicazione l'edizione nazionale delle opere di C., promossa con Decreto del Presidente della Repubblica. Eugenio Montale, Tutte le poesie, Milano, Mondadori, Enciclopedia italiana Treccani alla voce "neoidealismo" Severino, La filosofia dai Greci al nostro tempo. La filosofia contemporanea, Milano, Rizzoli, Giorello, Dimenticare Croce?  C. - Senato  Partito Liberale Italiano «nato nel 1924, sciolto durante il fascismo e ricostituito». In Enciclopedia Treccani alla voce "Partito Liberale Italiano"  Pagina jpg del Corriere del Mezzogiorno: Luigi Mosca, L'America innamorata di C. La prestigiosa rivista USA "Foreign Affairs" lo incorona tra i pensatori più attuali, Einaudi infatti sosteneva che «il liberismo non è né punto né poco "un principio economico", non è qualcosa che si contrapponga al liberalismo etico; è una "soluzione concreta" che talvolta e, diciamo pure, abbastanza sovente, gli economisti danno al problema, ad essi affidato, di cercare con l’osservazione e il ragionamento quale sia la via più adatta, lo strumento più perfetto per raggiungere quel fine o quei fini, materiali o spirituali che il politico o il filosofo, od il politico guidato da una certa filosofia della vita ha graduato per ordine di importanza subordinandoli tutti al raggiungimento della massima elevazione umana.» (in Einaudi, Il buongoverno. Saggi di economia politica, a cura di Rossi, Il filosofo dedica ai paesi degli avi, sia paterni che materni, due monografie, intitolate Montenerodomo: storia di un comune e due famiglie e Pescasseroli, uscite per Laterza e in seguito collocate in appendice alla Storia del Regno di Napoli (Laterza, Bari).  È noto, a tal proposito, l'aneddoto narrato in un testo coevo, secondo il quale il padre del filosofo, prima di morire tra le macerie, avrebbe detto al figlio «offri centomila lire a chi ti salva». Cfr. Balzo, Cronaca del tremuoto di Casamicciola, Tip. De Blasio e C., Napoli, Un'analisi di quella traumatica esperienza anche in relazione all'opera di C. è in S. Cingari, Il giovane C. Una biografia etico-politica, Rubbettino, Soveria Mannelli, Il problema del male nell’indagine di Cucci. Testimonianza di C. sul terremoto  C., Memorie della mia vita, Istituto italiano per gli studi storici, Napoli.  "Il superstite è accolto allora nella casa romana del politico Spaventa, cugino del padre e fratello del filosofo. Il lutto, lo spaesamento, l’adolescenza: non stupisce che questa miscela abbia precipitato il giovane in una crisi d’ipocondria; e l’ostentato contegno olimpico dell’adulto deriva forse da questo periodo oscuro. «Quegli anni», confessa l’autore del Contributo, furono «i soli nei quali assai volte la sera, posando la testa sul guanciale, abbia fortemente bramato di non svegliarmi al mattino». Nella Roma del trasformismo, Benedetto si chiude in biblioteca. Ma a scuoterlo è Labriola, che con le lezioni sull’etica di Herbart gli offre un appiglio cui aggrapparsi nel naufragio della fede. C. ricorda di averne recitato più volte i capisaldi sotto le coperte, come una preghiera": v. A cento anni dal “Contributo” di C., di Matteo Marchesini, Sole 24 ore, Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Ministri della Pubblica Istruzione, su storia.camera.  Ultimo Governo Giolitti, su storia.camera. Jannazzo, C. e la corsa verso la guerra, in Idem, C. e il prepartito degli intellettuali, Zisa, Palermo, Levi della Vida, Fantômes retrouvés, Diogène, Gnoli, C. e il suo fantasma, in la Repubblica, Camera dei deputati - Portale storico; citato in Levi Della Vida, Fantasmi ritrovati, Venezia, Salvatore Guglielmino/Hermann Grosser, Il sistema letterario. Guida alla storia letteraria e all'analisi testuale: Novecento; Casa Editrice G. Principato S.p.A.,. Guglielmino/Grosser, Sambugar, Salà, Letteratura italiana, C. e il manifesto antifascista.  Levi, Potassio, in Il sistema periodico, poi in Opere, Torino, Einaudi, «La più efficace difesa della civiltà e della cultura si è avuta in Italia, per opera di C.. Se da noi solo una frazione della classe colta ha capitolato di fronte al nemico a differenza di quel che è avvenuto in Germania, moltissimo è dovuto al C.. (Ruggiero) Osserva Nicola Abbagnano nella sua Storia della filosofia: «Il regime fascista, certo per costituirsi un alibi di fronte agli ambienti internazionali della cultura, consentì tacitamente a C. una certa libertà di critica politica; e Croce si avvalse di questa possibilità [...] per una difesa degli ideali di libertà... Negli anni del fascismo e della seconda guerra mondiale la figura di C. ha assunto perciò, agli occhi degli italiani, il valore di un simbolo della loro aspirazione alla libertà, e ad un mondo in cui lo spirito prevalga sulla violenza. E tale si mantiene a distanza di anni. Il terzo volume del carteggio tra C. e Laterza (l'editore delle opere crociane) offre una grande quantità di esempi delle difficoltà di mantenersi in equilibrio “tra l'opposizione concreta e organizzata al fascismo, e l'adesione o la cinica indifferenza”. Esempi “quasi tutti orientati però verso una precisa direzione: quella dell'autocensura, a volte praticata, altre volte orgogliosamente respinta... Tra i molti casi che potrebbero essere citati a illustrazione di questo atteggiamento, è notevole quello sorto attorno alla dedica apposta da Paolo Treves, nel libro sulla filosofia di Campanella, al padre Claudio, scrittore e parlamentare socialista, famigerato tra i fascisti soprattutto per il celebre duello ingaggiato con Mussolini. La dedica recitava: “A mio padre, che mi additò con l'esempio la dignità della vita”. Laterza scrive a C. accostando, con diplomatica sottigliezza, la lettura di un volgare trafiletto anticrociano e antilaterziano sul “Lavoro fascista” alla questione della dedica, che egli propone al Treves di limitare “alle prime tre parole essenziali, non essendo opportuno motivarla allo stato attuale delle cose”. Alla lettera C. risponde il giorno dopo, tranquillizzando Laterza sulla “purezza” del lavoro storico del Treves e sull'assenza in esso di riferimenti al presente, e aggiungendo, con maliziosa e retorica ingenuità: “ma veramente non capisco perché vi abbia fatto senso quella dedica affettuosa di un figlio al padre. O che la dignità della vita (il corsivo è ovviamente di Croce) è un fatto politico del giorno?”. Comunque sia, la dedica uscì poi nella versione “purgata”. Maurizio Tarantino, recensione a C.-Giovanni Laterza, Carteggio, a c. di Antonella Pompilio, Napoli, Roma-Bari, Istituto italiano per gli studi storici, Laterza,  “L'indice”. L'episodio è narrato con dovizia di particolari in una lettera di Nicolini a Gentile riportata da Sasso in Per invigilare me stesso, Bologna, Il mulino, Barbera, La biblioteca esoterica. Carteggi editoriali Evola-C.-Laterza, Roma, Fondazione Julius Evola, Cesare Medail, Evola: mi manda Don Benedetto, in Corriere della Sera, Cfr. la prefazione del testo Lettere di Julius Evola a C.. Regio Decreto Legge, Disposizioni sull'istruzione superiore (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia, Tacchi, Storia illustrata del fascismo, Giunti, La Repubblica, Giarrizzo rivendicò con una punta di orgoglio l'essere annoverato tra i “nipotini” di C. (se, nel corso di uno sgradevole scontro, sono stato per Martino un «basco verde di Palazzo Filomarino. Giarrizzo, Giuseppe, Di C. e del filosofare sine titulo, Archivio di storia della cultura: Napoli: Liguori,  si veda: Gramsci, Il materialismo storico e la filosofia di C.  C., Epistolario, I, Napoli, Istituto italiano per gli studi storici, La vicenda è descritta e analizzata da Sasso, La guerra d'Etiopia e la “patria”, in Per invigilare me stesso, Bologna, Il mulino, Battista, Corriere della Sera, B. Croce, Taccuini di lavoro, Napoli, La tentazione antisemita di tre antifascisti liberali  Dante Lattes, Ferruccio Pardo, C. e l'inutile martirio d'Israele. L'ebraismo secondo C. e secondo la filosofia crociana  Sarfatti, Il ritorno alla vita: vicende e diritti degli ebrei in Italia dopo la seconda guerra mondiale, Tompkins, L'altra Resistenza. Servizi segreti, partigiani e guerra di liberazione nel racconto di un protagonista, Il Saggiatore, C. rimane fermo sulle sue posizioni: l'unica condizione alla quale i partiti antifascisti dell'opposizione avrebbero accettato di entrare nel governo di Badoglio è l'abdicazione di Vittorio Emanuele III. È stato il re, dice C., ad APRIRE LE PORTE AL FASCISMO, favorendolo, appoggiandolo e servendolo per 'anni. Tompkins, Operti, Lettera aperta a C., Torino, Lattes, Mazzini, poi in Scritti e discorsi politici, Bari, Laterza; sulle caratteristiche "affettive" del pronunciamento di C. al referendum, vedi Fulvio Tessitore, Il percorso psicologico dalla monarchia alla repubblica attraverso i Taccuini di lavoro di C., in C. e la nascita della Repubblica. Atti del convegno tenutosi presso il Senato della Repubblica, Soveria Mannelli, Rubbettino,  "non sono veri liberali...coloro che si fregiano, come ora taluni hanno preso a fare, del nome di monarchici, perché il liberalismo non ha altro fine che quello di garantire la libertà" e se "la forma Repubblicana gli offre questa...garanzia quando non gliene offre sicura la monarchia, sarà anche eventualmente repubblicano" (Taccuini di lavoro; "se il tentativo la duplice abdicazione di Vittorio Emanuele III e di Umberto II] fallisse, noi sosterremo il partito della Repubblica, adoperandoci a farla sorgere temperata e non sfrenata, sennata e non dissennata" (Taccuini di lavoro. C., mai nominato, formalmente rifiutò prima ancora che la sua ventilata nomina potesse concretizzarsi. (In Galliani, Il Capo dello Stato e le leggi, Giuffrè, Ente Morale, su Uni SOB.na.Senato della Repubblica-Cinecittà Luce, Il filosofo della libertà: Napoli - il funerale di C. C., Maria Curtopassi, Dialogo su Dio: carteggio, Archinto, Il carteggio fra C. e Curtopassi è stato pubblicato presso la casa editrice Archinto da Giovanni Russo, autore anche della nota introduttiva, Griffo, Il pensiero di C. tra religione e laicità. La citazione è tratta da: C, Taccuini di lavoro, vol. 6, Napoli. C., Perché non possiamo non dirci anticoncordatari. Discorso contro i patti lateranensi, tratto da: C., Discorsi parlamentari, Bardi editore, Roma, Atti parlamentari della Camera: Guido Verucci, Idealisti all'Indice. C., Gentile e la condanna del Sant'Uffizio, Laterza, Capitini, La compresenza dei morti e dei viventi, Il Saggiatore, Milano, La Critica. Rivista di Letteratura, Storia e Filosofia diretta da C., Il ministro dell'Educazione Nazionale, Bottai alluse ironicamente all'operetta crociana con un articolo intitolato Benedetto Croce rincristianito per dispetto (In Ruggiero Romano, Paese Italia: venti secoli di identità, Donzelli Editore,Perché non possiamo non dirci "cristiani, in La Critica; poi in Discorsi di varia filosofia, Laterza, Bari, Croce, M. Curtopassi, Dialogo su Dio. Carteggio op.cit. ibidem. Focher, Rc. a Capanna, La religione in C.. Il momento della fede nella vita dello spirito e la filosofia come religione, Bari, in Rivista di studi crociati, Sandro Magister, Colloquio con Foa (Da l'Espresso, Documenti)  In Vittorio Messori, Pensare la storia: una lettura cattolica dell'avventura umana, Paoline, Nello Ajello, Solo per amore, "La Repubblica, Sasso, Per invigliare me stesso, Bologna, Il mulino, Nel registro mortuario di Raiano, vicino a L'Aquila, viene indicata erroneamente come "moglie del senatore C."  C. e l'amore  Giannangeli, C. a Raiano, in "L'Osservatore politico letterario", Milano-Roma, Morta Alda C., figlia di C.  È morta Silvia C. l'ultima nata del filosofo  Morta Lidia, l'ultima figlia ancora vivente di C. Si è spenta a Napoli. Il pensiero filosofico di C. - senato  C., La storia come pensiero e come azione, Laterza, Bari Saggio sullo Hegel  C., da "papa laico" a grande dimenticato  Grassano, La filosofia politica di Popper: 1 - La critica della dialettica hegeliana e dello storicismo; commento a La società aperta e i suoi nemici e Miseria dello storicismo di Popper  Croce e il totalitarismo  Carteggio C.-Omodeo Hegel, Lineamenti di filosofia del diritto, Bompiani, Milano In opposizione al positivismo che voleva riportare la storia ad una forma della scienza, Croce si era interessato dell'estetica nella quale avrebbe dovuto essere compresa la storia; cfr. La storia sotto il concetto generale dell'arte, Bari.  Per questo motivo C. della Divina Commedia di Dante apprezza la prima cantica dell'Inferno in quanto risultato di una forte e sentita intuizione-espressione, mentre apprezza meno la cantica del Paradiso dove Dante mescolerebbe poesia e filosofia  Nella premessa C. scrive di aver trattato l'argomento nello scritto intitolato Lineamenti di una logica come scienza del concetto puro pubblicato negli Atti dell’Accademia pontaniana. In effetti però avverte C. che il volume «È una seconda edizione del mio pensiero, piuttosto che del mio libro» (C., Logica, Ricerca in Italia. Un passato da salvare, conferenza del prof. Bernardini, dal sito Centro Studi Enriques, C., La storia come pensiero e come azione, Laterza, Bari. Quel che si scrivevano Einstein e C.  Dimenticare C.? (Corriere della Sera)  La scienza negata. Il caso italiano, Codice, l'Italia della scienza negata (dal blog de Il Sole 24 Ore)  Ministro dell'Istruzione del governo MUSSOLINI, promotore della riforma scolastica varata in Italia. Radice in Faracovi,  Enriques, Approssimazione e verità, Belforte, Livorno, Giorello, Dimenticare C.?, in Il Corriere della Sera, L'arretratezza dell'Italia in campo scientifico è il risultato di cattive scelte dei politici da una parte e di resistenze culturali e di incapacità degli scienziati stessi a comunicare dall'altra e che quindi risultano indipendenti dall'idealismo crociano. A livello culturale, casomai, esistono altre forze che potrebbero essere imputate del ritardo scientifico, si veda per esempio la nefasta influenza della Chiesa in merito ad alcuni aspetti delle ricerche bioetiche. La mia perplessità nei confronti di Croce non riguarda le pretese conseguenze della sua filosofia sullo sviluppo tecnico-scientifico del nostro Paese. Mi sembra che sia una polemica datata e ormai superata. Non credo che dalle posizioni antiscientifiche di Croce derivi un ritardo della società italiana nei confronti della scienza. Quella di C. è una filosofia interessante sotto altri profili, ma poco interessante, quando si parla di scienza e quindi è deficitaria sotto il profilo di una seria trattazione del problema della conoscenza.» (Giorello), in È vero che C. odiava la scienza? - Dialogo tra Giorello e Ocone, Matera, Biscaldi, Giusti, Pezzotti, Rosci, Scienze umane - Corso integrato, Marietti Scuola, 9. C., La storia come pensiero e come azione, Laterza, Bari, Abbagnano, Storia della filosofia, Benadusi, Caravale, M.s Italy: Interpretation, Reception, and Intellectual Heritage, Palgrave Macmillan, Sambugar, Salà, Letteratura italiana  Paolo Ruffilli, Introduzione alle Operette morali di Leopardi, ed. Garzanti  Sebastiano Timpanaro, Classicismo e illuminismo nell'Ottocento italiano  C., Schopenhauer e il nome del male  Si riferisce a d'Annunzio, Fogazzaro e Pascoli  Riportato in Pazzaglia, Letteratura italiana III  C., Del carattere della più recente letteratura italiana, in Letteratura della nuova Italia, Bari, Dino Biondi, Il Resto del Carlino, Edizioni Nazionali istituite anteriormente alla legge su Ministero per i Beni e le Attività Culturali, concernente l'«Edizione Nazionale delle opere di C. Integrazione della composizione della Commissione» su Ministero per i Beni e le Attività Culturali, VISTO il D.P.R istitutivo dell'Edizione Nazionale delle opere di C.».Bibliografia Fassò, C., in Novissimo Digesto Italiano, diretto da Azara e Eula, Torino, Pomba, Antoni, Commento a C., Venezia, Neri Pozza, Alfredo Parente, Il pensiero politico di C. e il nuovo liberalismo, Solmi, Il C. e noi, in "La Rassegna d'Italia", La letteratura italiana contemporanea, a cura di Giovanni Pacchiano, Milano, Adelphi). Nicolini, C., Pomba, Torino, Ottaviano Giannangeli, C. a Raiano, in "L'Osservatore politico letterario", Milano-Roma, (ora in Id., Operatori letterari abruzzesi, Lanciano, Itinerari). Damiano Venanzio Fucinese, Dieci lettere inedite di C., in "Dimensioni", Lanciano, Ulisse Benedetti, C. e il Fascismo, Roma, Volpe Rditore, Roma, Sasso, C. La ricerca della dialettica, Napoli, Morano, Badaloni, Muscetta, Labriola, Croce, Gentile, Roma-Bari, Laterza (in part. di Muscetta: La versatile precocità giovanile di Benedetto Croce. Profilo della sua lunga operosità, Critica e metodologia letteraria di C., Croce scrittore: multiforme unità della sua prosa). Gianfranco Contini, La parte di C. nella cultura italiana, in Altri esercizi, Torino, Einaudi, Sasso, La "Storia d'Italia" di C.. Cinquant'anni dopo, Napoli, Bibliopolis,  Bonetti, Introduzione a C., Laterza, Ryn, Will, Imagination and Reason: Babbitt, C. and the Problem of Reality, Giammattei, Retorica e idealismo, Mulino, Bologna, Sasso, Per invigilare me stesso. I taccuini di lavoro di C., Bologna, Mulino, Galasso, C. e lo spirito del suo tempo, Milano, Saggiatore, C. e la cultura meridionale. 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In seiner,,Introduzione  alla filosotia' sagt er: Damit aus einem Volke eine Nation werde, muß es sich  seiner Nationalität, seiner Kraft und seiner Kultur bewußt sein. Philosophie Hegels an, die gerade in Italien, namentlich an der Universität  Neapel, von jeher gepflegt wurde. C. übernimmt von dem großen deutschen  Denker den Leitgedanken, nämlich die Idee des Geistes als einer dialektischen Tätigkeit, die sich im Rhytmus von Gegensätzen bewegt. Diese Gegensätze  formuliert er allerdings etwas anders als Siegel, indem er zwischen kontradiktorischen und nur konträren Momenten unterscheidet. Ferner lehnt C. die empirischen Gedanken völlig ab; für ihn erzeugt nur der Geist die Realität. Es gibt in der Welt nichts, was nicht Manifestation des Geistes wäre. Er gliedert  sich in zwei Hauptformen: theoretische Aktivität (Erkennen) und praktische  (Wollen und Handeln). Unterformen sind: intuitives Anschauen (Kunst),  intellektuelles Denken (Wissenschaft), ulititalisches Handeln (Ökonomie),  moralisches Wollen (Ethik). So schrieb denn C. ein Buch über Lebendiges  und Totes in Hegels Philosophie und betonte seine innere Verwandtschaft  mit Vico, dessen Lehre er gleichfalls eine besondere Schrift gewidmet hat. Diese Verwandtschaft tritt besonders in C. Werken über Historik und  Ästhetik hervor. Diese und andere Bücher des italienischen Philosophen  haben internationales Ansehen erlangt. Gentile schließt sich zwar im allgemeinen an den Geist der Hegelschen Dialektik an. Er faßt sie aber nicht  als abstrakte Reflexion auf, sondern als konkretes Denken, das zugleich ein  landein ist. Daher bezeichnet er seine Philosophie als Aktualismus. Die  wahre Realität liegt in dem schöpferischen Akt des Geistes. Dieser ist nicht  etwa nur Bewußtsein und Kontemplation der Welt, sondern schöpferisches  Hervorbringen der Welt; Ethik und Politik sind daher ein Ausfluß des Geistes. Selbst die historische Schau bedeutet nicht nur einen Bericht über Geschehnisse der Vergangenheit, sondern auch eine geistige Schöpfung 1). In dieser  Lehre erblickt Gentile eine Fortführung der italienischen Tradition, die von  Bruno bis auf Vico, Gioberti und Spaventa reicht. Er hat sich vollkommen  dem Faschismus angeschlossen, war eine Zeitlang Unterrichtsminister und  Urheber einer tiefgreifenden Schulreform. Gentile hat auch wichtige Beiträge  zur Staatstheorie des Faschismus geliefert 2 ), welche weiter unten erwähnt  werden sollen. Es sei noch hinzugefügt, daß auf dem Gebiete der Rechtsphilosophie sich G. Del Vecchio auch außerhalb Italiens einen Namen gemacht  hat durch seinen Kampf gegen den reinen Rechtspositivismus und seine  philosophische Begründung des Imperialismus; dadurch hat seine Lehre eine  nahe Beziehung zum Faschismus. Von den zahlreichen Schriften Gentiles ist,,Der aktuale Idealismus“ auch  in deutscher Übersetzung erschienen.   -I Vgl. besonders „Che cosa e il fascismo", „La filosolia de] fascismo“. Charakteristisch ist der Satz:,,Lo stato del fascismo e una creazionc tutta spirituale". Benedetto Croce. Croce.  Keywords: idealism, la filosofia di Croce come antecedente del fascismo, Mussolini giornalista, la ruttura Croce-Gentile – l’idealismo di Croce pre-fascismo come fascista: hegel, idea dello spirito, idealism assoluto, la relazione tra Vico e Hegel.  Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Croce: implicatura: intenzione, espressione, e communicazione” Croce.

 

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