Grice
e Crassicio: la ragione conversazionale e la diaspora di Crotone -- Roma –
filosofia italiana – Luigi Speranza (Taranto). Filosofo italiano. He moves to Rome where he works as a teacher before
joining the school of Quinto Sestio. Crassicio Pasicle. Crassicio.
Grice
e Crasso: la ragione conversazionale a Roma – filosofia italiana – Luigi
Speranza
(Roma). Filosofo italiano. An orator and a politican. He takes
a keen interest in philosophy and at different times studies with Metodoro,
Carmada, Clitomaco and Mnesarco. Lucio Lucinio Crasso. Crasso.
Grice
e Cratippo: la ragione conversazionale al lizio di Roma – filosofia italiana –
Luigi Speranza
(Roma). Filosofo italiano. Lizio. Friend of Cicerone. Tutor of Orazio and
Bruto. Marco Tullio Cratippo. Crattipo.
Grice e Credaro: la ragione
conversazionale e l’implicatura conversazionale del discorso al senato – scuola
di Sondrio – filosofia lombarda -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Sondrio). Filosofo lombardo. Filosofo italiano. Sondrio, Lombardia. Grice: “I like
Credaro; it is as if he invented the universities! I especially love the way he
connects it all, in that uniquely Italian way, with the ‘assoluto’!” Si laurea a Pavia, dove fu convittore del
Collegio Ghislieri, divenne insegnante di liceo. Wi recò a Lipsia per
perfezionarsi nella psicologia filosofica sotto Wundt. Insegna a Pavia. Ministro
della Pubblica Istruzione del Regno d'Italia nei governi Luzzatti e Giolitti IV
-- istituì il Liceo moderno. Relatore
nella presentazione della Legge che istitutiva dei Corsi di perfezionamento, o
più comunemente Scuole pedagogiche, di durata biennale, di preparazione per
l'esercizio all'ispettorato o per la direzione didattica delle scuole. Fu
l'ispiratore della legge Daneo-C., che stabiliva che lo stipendio dei maestri
delle scuole elementari fosse a carico del bilancio dello Stato, e non più dei
Comuni, contribuendo così in maniera determinante all'eliminazione
dell'analfabetismo in Italia. Prima di questa legge, infatti, i comuni di
campagna e quelli più poveri, specie nel Sud, non erano in grado di istituire e
mantenere scuole elementari e pertanto rendevano di fatto inapplicata la legge
Coppino sull'obbligo scolastico. Si
interessa attivamente dei problemi agricoli e forestali di Sondrio. Autore di
numerosi saggi, in particolare sui Kant e Herbart. Commissario Generale Civile della Venezia
Tridentina, ossia la suprema autorità del Trentino-Alto Adige che sta per essere
fannesso all'Italia. In tale veste tentò una politica particolarmente
conciliante verso la minoranza di lingua tedesca e rispettosa dell'ordinamento
amministrativo de-centrato della regione. In seguito, anche a causa delle
pressioni dei nazionalisti, la sua politica nei confronti della minoranza di
lingua tedesca si fece più intransigente. Testimonianza ne è la cosiddetta Lex
Corbino,elaborata da Credaro, sull'istituzione di scuole elementari nelle nuove
province che è considerata da una parte della storiografia strumento per
potenziare la presenza italiana soprattutto nel territorio misti-lingue della
regione a danno della minoranza tedesca. Ciononostante, sube l'assalto di una
squadra d'azione fascista che lo costrinse alle dimissioni per far luogo
all'insediamento di un prefetto di Trento. Termina quindi la sua carriera
politica in disparte rispetto al regime che si andava consolidando. Altre
opere: “Lo scetticismo degli platonisti (Roma, Terme Diocleziane); La libertà
di volere (Milano, Bernardoni); Herbart, Torino, Paravia), “Razionalismo
trascendente in Italia” Catania, Battiato); Wundt (Milano, Società Anonima
Editrice Dante Alighieri). Andrea Di Michele, L’italianizzazione imperfetta.
L’amministrazione pubblica dell’Alto Adige tra Italia liberale e fascismo,
Alessandria, Orso, Analfabetismo, Dizionario biografico degli italiani, Cr. un
italiano d'altri tempi articolo di Romano, Corriere della Sera, Sondrio. Se il nome di Carneade non è
completamente ignorato dalle persone colte, che non si occupano di storia della
filosofia, si deve alla parte giuridica del suo pensiero, la cui conoscenza è
tratta quasi interamente da pochi frammenti della famosa orazione (quasi-Trasimaco)
*contro* il concetto dello giusto tenuta a Roma frammenti conservati da
Lattanzio, il quale li ha presi dal trattato della repubblica di CICERONE.
Questa orazione alla Trasimaco *contro* la coerenza del concetto dello giusto –
gius – giustiziato, juratum, giurato cf. Cicerone jusjuratum --, che fa epoca
nella storia della cultura del popolo romano, non deve essere considerata
solamente un episodio della vita di Carneade, una semplice millanteria del
facondo oratore, che volesse fare impressione sugli animi dei Romani; ma il suo
contenuto deve venire integrato colle altre vedute di Carneade per cercarne il
legame ed esaminarne il valore. A tale fine bisogna anche qui muovere dallo
stoicismo. L'orazione *contro* lo giurato (Cicerone – iusiuratum) giustiziato
ha qualche rapporto con esso? Si sa che tutti e tre i filosofi ambasciatori --
Carneade accademico, Diogene stoico e Critolao peripatetico -- durante il lungo
soggiorno a Roma, sia per invito avuto dalla cittadinanza, che in quel tempo
godeva la pice decorsa tra la battaglia di Pidna e la terza guerra punica, sia
di propria iniziativa, per desiderio di far mostra di tutta la potenza della
loro parola e della loro scienza filosofica, a beneficio eziandio della causa
che patrocinavano, aprirono un corso di conferenze (GELLIO, Noct. Att.; MACROBIO,
Saturn.). É probabile che tutti e tre filosofi – Carneade accademico, Critolao
peripatetico del liceo – e Diogene stoico -- abbiano scelto l'argomento delle
loro orazioni dalla filosofia pratica, come quella che interessa vivamente i
loro ospiti, tutti dati alle armi, agli affari, alla politica,
all'amministrazione; anzi e le cito supporre che ciascuno abbia esposte le idee
della sua scuola – l’accademia, il lizio, e il portico -- intorno al “giurato”
– Cicerone iusiuratum, il principio o imperativo più importante della vita
pubblica e privata. Il soggetto del giurato – Cicerone, iusiuratum – dove
soddisfare pienamente le esigenze e i desideri dell'uditorio, poichè i romani,
a ragione o a torto, si credeno gli uomini più giusti (giuratura, iusiuraturus)
e alla virtù del giurato (Cicerone iusiuratum) attribuivano la grandezza, alla
quale era pervenuta la propria patria. In questa ipotesi lo stoico Diogene, con
parola modesta e sobria, come attesta POLIBIO, che ebbe opportunità di
ascoltarlo, spiega ai Romani l'idealismo morale e il cosmo-politismo della sua
setta. L'anima di tutti gli uomini è uguale; e come tutte le cose uguali si
attraggono, cosi anche gli esseri razionali; per ciò l'istinto della società è
insito nella stessa ragione, la quale insegna a ciascuno di noi che esiste una
sola città, un solo stato, la grande società umana; ciascuno si sente parte
integrante di questo immenso organismo governato da una sola legge (ius) e da
un solo diritto, la retta ragione (ius). Questa legge (ius) conforme alla
natura si fa sentire in tutti, immutabile, sempiterna, divina; invita col
comando al dovere, col divieto allontana dalla frode. È suprema, assoluta; non
è lecito crearne altre contrarie, nè abrogarla totalmente o parzialmente; non
voto di popolo, non decreto di senato possono dispensare dall'ubbidirla;
nessuno ha bisogno d'interprete per comprenderla; è la medesima in Atene e in
Roma, oggi e domani e sempre; l'inventore e il promulgatore di essa è uno solo,
il maestro e il comandante di tutti, Dio. Chi non vi obbedisce, va contro la
natura e per questo fatto solo soffrirà tutte le pene. L'uomo pensa e opera moralmente
(mos: costume) solo in quanto conformasi a questa unica legge; e poichè questa
è la medesima in tutti gli uomini, tutti debbono tendere allo stesso scopo, al
bene universale. Il uomo non deve vivere per sè, ma per l'umanità; l'interesse
personale deve essere asso lutarnente subordinato a quello umano Cic., de fin.;
de rep.; Plut., de comm. notit.; Zeller). In questo stato politico ed etico
regna perfetta concordia ed armonia. Tutti i cittadini hanno vivo il sentimento
dell'ordine, coltivano la virtù e reprimono gli appetiti irrazionali, che sono
la causa dell’inimicizia e della guerra (bellum, polemos). Sono sottomessi alla
volontà divina, al fato, alla serie universale e interminabile delle cause e
degli effetti. I doveri fondamentali sono il giurato (iusiuratum), in qua
virtutis splendor est maximus, e la benevolenza e la beneficenza.Questedue
virtù sono le basi della società civile (CICERONE, de fin.). Intorno ad esse
Diogene puo parlare a lungo ai Romani, perchè nel Portico e stato soggetto di
molte dispute e di scritti. Il suo tutore Crisippo gli aveva insegnato in
proposito una dottrina propria. Tutti gli altri esseri sono nati per il bene
degli uomini e degli dei, due uomini per formare una popolazione, una società,
una comunanza, una communita, un comune; è inerente alla natura che tra l'uomo
e il genere umano, come tra parte e tutto, interceda un diritto naturale. Colui
che lo osserva è giusto (promuove il giurato – iusiurato); ingiusto chi lo
trasgredisce. Tra il diritto pubblico e quello privato non avvi opposizione (CICERONE,
de fin.). Un uomo non si trova in rapporti giuridici con una bestia, ma solo con
suo simile. Affinchè si realizzi il regno del giurato (iusiuratum) e della moralità
occorre che la perfetta ragione sia presente in tutti. La ragione invece si
trova solamente nel sapiente; si formarono quindi gli stati singoli, che
tengono divisa l'umanità. Come gli stati, così le istituzioni che li governano
sono effetto di errore e stoltezza: quali l’istituzione del matrimonio, l’istituzione
della famiglia, l’istituzione della proprietà, l’istituzione dela moneta, l’istituzione
del ribunale, l’istituzione del ginnasio (Diog. L.). Stato conforme alla natura
umana, con istituzioni veramente buone, non esiste. Edotto di questo idealismo
politico, puo sul Campidoglio il pretore romano A. ALBINO, uomo erudito e
versato nella lingua greca, dire per ischerzo volgendosi a Carneade. “A te,
Carneade, non sembra io sia un pretore, nè questa una città, nè in essa abitino
cittadini). A cui Carneade, che subito capisce di essere stato preso per il
collega del Portico. “A questo del Portico non sembra cosi.” I filosofi
ateniesi non lasciano di contendere neppure in paese straniero; o certo
Carneade e stato assai lieto di osservare che al senso pratico dei romani la
dottrina de' suoi avversari si presenta come assolutamente *ridicola*; e
tornato in patria, crede il fatto degno di essere raccontato a' suoi discepoli
(L'aneddoto è ricordato da Clitomaco. CICERONE, Ac.). Sogliono gli storici
narrarci che Carneade tenne a Roma *due* discorsi ispirati a scopo opposto. Il
primo giorno dimostra l'esistenza del diritto naturale e loda la giustizia (il
giurato – il iusiuratum – dike – cf. lex). Il secondo giorno sostenne tutto il
contrario; onde gridano all'immoralità, all’audacia e alla sfacciataggine del
filosofo, che non si vergognò di difendere contraddizione si anorme. Anche non
tenendo conto che, se si applicasse questo criterio, tutta la filosofia dei
accademici sarebbe un' immoralità, perchè il loro metodo e di difendere in ogni
quistione le soluziori opposte. Idue discorsi (tesi ed antitesi, positio e
contra-positio, posizione e contra-posizione), tenuti in giorni successivi,
abbiano un'unità perfetta (la sintesi, o com-posizione) e si propongano il
medesimo fine: mostrare la falsità della dottrina della tesi di Diogene intorno
al giurato; e siccome costoro in questa parte della filosofia, molto più che in
altre, sono dipendenti da Platone e da Aristotele, bisogna prendere le mosse da
questi. Leggiamo in LATTANZIO. Carneades autem, ut Aristotelem refelleret ac
Platonem, IVSTITIAE patronos, prima illa disputatione collegit ea omnia, quae
pro IVSTITIA dicebantur, ut posset illa, sicut fecit, evertere. Carneades,
quoniam erant infirma, quæ a philosophis adserebantur, sumsit audaciam
refellendi, quia refelli posse intellexit (Lattanzio, Instit. div.). E al
trove. Nec immerito extitit Carneades, homo summo ingenio et acumine, qui
refelleret istorum (Platone e Aristotele ) orationem et iustitiam, quæ
fundamentum stabile non habebat, everteret, non quia vituperandam esse
iustitiam sentiebat, sed ut illos defensores eius ostenderet nihil certi, nihil
firmi de iustitia disputare (Epit.). Di qui è evidente che la prima orazione
non era che un esordio, un'introduzione, uno sguardo storico alla questione,
un'esposizione delle idee accettate da Diogene, che Carneade s'appresta a confutare
nel vegnente giorno (CICERONE., de rep.); confutazione, la quale non ha per
iscopo di vituperare la giustizia in sé, ma di colpire i filosofi avversari, o
almeno la loro teoria dommatica – il domma. Non è la virtù del Portico, che
Carneade demole, ma il sapere. E caso a noi pervennero frammenti solamente
della seconda orazione. Questa sola offre una filosofia nuova, da una scossa
inaspettata e forte all'intelligenza dei romani. Perciò eam disputationem, qua IVSTITIA
evertitur, apud CICERONE L. FURIO
recordatur (Lattanzio, Instit. dio.). E noi ora possiamo tentare di ricostruire
questo singolare discorso nelle sue linee generali. Per Carneade, non esiste
una giustizia (giurato – iusiurato) naturale nè verso due uomini. Se esso
esiste, le medesimecose sarebbero giurate (iusiurata) giuste o ingiuste, buone
o cattive, morali o immorali, per ogni uomo, come le cose calde e le fredde, le
dolci e le amare. Invece, chi conosce il mondo e la storia, sa che regna una grandissima
diversità di apprezzamenti morali e giuridici, di consuetudini tra il popolo romano
e il popolo sabino, da Roma a Sabinia, dal Tevere al Trastevere, da tempo a
tempo. I cretesi e gl’etoli reputano cosa onesta il brigantaggio. I lacedemoni
dichiarano loro proprietà tutti i campi che potevano toccare col giavellotto. Gl’ateniesi
soleno annunciare pubblicamente che loro appartene ogni terra che producesse
olive e biade. I barbari galli stimano disonorevole cosa procurarsi il frumento
col lavoro, invece che colle armi. I romani vietano ai transalpini la
coltivazione dell'ulivo e della vite, per impedire la concorrenza ai loro
prodotti e dar a questi un valore più elevato. Gli semitici egiziani, che hanno
una storia di moltissimi secoli, adorano come divinità il bue e belve di ogni
genere. I semitici persiani, disprezzano gli dei dell'Ellade, ne incendiarono i
tempii, persuasi essere cosa illecita che gli dei, i quali hanno per abitazione
tutto il mondo, fossero rinchiusi tra pareti. Filippo il Macedone idea e
Alessandro manda ad esecuzione la guerra contro i greci per punire quei numi. I
Tauri, gli Egiziani, i barbari galli (“Norma”) e i Fenici credeno che
tornassero assai accetti alle loro deità il sacrifizio umano. Si dice: E dovere
dell'uomo che fa il giurato (iusiuratum) ubbidire alla legge. Quale legge? A la
legge di ieri, o alla legge di oggi? A quelle fatte in questo lato del Tevere,
o nel Trastevere? Se una un imperativo o una legge suprema, universale, trascendente,
kantiana, costante s'impone alla coscienza dell’uomo, come pretende Diogene,
coteste variazioni non sarebbero possibili. Perciò non esiste un diritto
naturale, nè un uomo che per natura arriva al giurato (iusiuratum). Il diritto (IVS)
è una invenzione dell’uomo a scopo di utilità e didifesa; come prova anche il
fatto che non raramente la legge, le quale e fatta dal sesso maschile, assicura
a questo sesso un particolare vantaggio a danno di quello femminile. Nessuna ‘legislazione’,
attentamente esaminata, appare l'espressione di un imperative o principio
fisso, naturale, vero, immutabile, divino. Invece al profondo osservatore non
isfugge che ogni disposizione legale move da ragione di utile e viene cambiata
appena non risponde più ai bisogni e agl'interessi di coloro che hanno nelle
mani il potere. Ogni nazione cerca di provvedere al proprio bene e considera,
per istinto di natura, gl’animali e le altre nazione come istrumenti della
propria conservazione e felicità (CICERONE., de rep.). La storia insegna che
ogni popolo che diventa grande, potente, ricco, non pensa ai vantaggi altrui,
ma unicamente ai proprii. Voi stessi o ROMANI, dice Carneade parlando a un SCIPIONE
Emiliano, il futuro distruttore di Cartagine e di Numanzia, a LELIO il saggio,
al letterato FURIO Filone, a SCEVOLA il futuro giureconsulto, all'erudito
SUPICIO Gallo, al grande oratore GALBA, al vecchio CATONE, l'implacabile nemico
di Cartagine, al fiore di tutta la cittadinanza e alla presenza dei colti
ostaggi achei trasportati in Italia, tra i quali il grande storico e generale
Polibio. Voi stessi, o Romani, non vi siete impadroniti del mondo colla GIUSTIZIA.
Se volete essere giusti, restituite le cose tolte agl’altri, ritornate alle
vostre capanne a vivere nella povertà e nella miseria. Il criterio direttivo
della vostra vita non e il giurato
(iusiuratum), bensi l'utilità, che invano cercate di mascherara. Poichè voi, coll'intimare
la guerra per mezzo di araldi, col recare *in-giurie* sotto un pretesto di
legalità, col desiderare l'altrui, col rubire, siete per venuti al possesso di
tutto il mondo. Ma per temperare il cattivo effetto, che avesse potuto produrre
negli animi dei Romani questa audace analisi dei fattori della loro grandezza
politica, l'avveduto ambasciatore ateniese ricorda altri esempi, che sono celebri
e lodati in tutto il mondo. Rammenta la ben nota risposta data dal pirata
catturato ad Alessandro il grande. Io infesto breve tratto di mare con una sola
fusta, con quel medesiino diritto, col quale tu, o Alessandro, infesti tutto il
mondo con grande esercito e flotta. Il patriottismo, questa virtù somma e
perfetta, che suole essere portata fino al cielo colle lodi, è la negazione del
giurato (iusiuratum), perchè si alimenta della discordia seminata tra gli
uomini e consiste nell'aumentare la prosperità del proprio paese, naturalmente
a danno di un altro, coll’nvadere violentemente il territorio altrui, estendere
il dominio, aumentare le gabelle. Patriotta è colui che acquista dei beni alla
patria colla distruzione di altre città e nazioni, colma l'erario di denaro,
rese più ricchi i concittadini. E, quel che è peggio, non solo il popolo e la
classe incolta, ma eziandio i filosofi esortano e incoraggiano a commettere
cotali atti ingiusti. Cosicchè alla malvagità non manca neppure l'autorità
della scienza. Ovunque regnano inganno e ingiustizia, che invano si tentano di
nascondere e legittimare. Tutti quelli che hanno diritto di vita e di
morte sul popolo sono tiranni. Ma essi preferiscono chiamarsire per volontà
divina. Quando alcuni, o per ricchezze, o per ischiatta, o per potenza, hanno
nelle mani l'amministrazione di una città, costituiscono una setta. Ma i membri
prendono il nome di “ottimato”. Se il popolo ha il sopravvento nel maneggio dei
pubblici affari, la forma di governo si chiama libertà; ma è licenza. Ma poichè
gli uomini si temono l'un l'altro, e una classe ha paura dell'altra, interviene
una specie di *patto* o contratto fra popolo e potenti e si costituisce una
forma mista di governo, dove la giustizia è un effetto non di natura o di
volontà, ma di debolezza. Ed è naturale che cosi avvenga. Se l'uomo deve
scegliere tra le seguenti condizioni: recare *in-giuria* e non riceverne; e
farne e riceverne; nè farne, nè riceverne, egli repute ottima la prima, perchè
soddisfa meglio i suoi istinti. Poscia la terza, che dona quiete e sicurezza;
ultima e più infelice la condizione di chi sia costretto ad essere continuamente
in armi, sia perchè faccia, sia perché riceva *in-giurie”. Adunque alla Hobbes lo
stato naturale dei rapporti tra uomo e uomo è la lotta (uomo uominis lupo), la
guerra, la discordia, la rapina, la violenza, l'inganno, in una parola, la negazione
del giurato (giusgiurato). La giustizia è una virtù che si esercita per effetto
di debolezza e per proprio tornaconio. Ma Diogene, come vedemmo, considera il
giurato (iusiuratum) verso gli uomini. Carneade dove notare che l’istituzione
del tempio esiste solamente nel l'immaginazione de' suoi avversari e dei
filosofi, dai quali essi attinsero i loro principii. Non si acquista, non si
allarga potere, non si fonda regno senza le armi, le guerre, le vittorie; le
quali alla loro volta in generale presuppongono la presa e la distruzione di
città. E dalle distruzioni non vanno immuni le oggetti addorati nei tempi, ne
dalle stragi si sottragge il sacerdote del tempio; né dalle rapine
i tesori e gli arredi sacri. Quanti trofei di divinità nemiche,
quante sacre immagini, quante spoglie di tempii resero splendidi i trionfi dei
generali romani! E non sono cotesti sacrilegi? Non sono atti di somma
ingiustizia? No, innanzi al giudizio del popolo, all'opinione della gente
colta, degli storici, dei letterati, questa è gloria, è patriottismo, è
prudenza, sapienza, giustizia. Dunque la giustizia non solamente non viene
osservata in pratica, ma non esiste nep pure in fondo alla coscienza generale
dell’uomo. Anch'essa viene subordinata all'utile. Ma non s'arresta qui la
critica di Carneade. Con un esame sottile e profondo dell'antinomia esistente
tra i due concetti del ‘scitum’ e del ‘giurato’ e della natura morale dell'uomo
quale in realtà è, e quale egli si crede e vorrebbe essere, Carneade ha
chiarito un contrasto del cuore (ragione pratica) e della mente (ragione
teorica) umana, che tuttavia rimane e che ha servito di fondamento alle teorie
utilitaristiche inglesi di tempi a noi vicini. Lo ‘scitum’ – la sapienza
politica comanda al Cittadino di accrescere la potenza e la ricchezza della
patria, estenderne i confini e il dominio, renderne più intensa la vita con
nuove sorgenti di guadagni e di piaceri; e tutto questo non si può compiere senza
danno di altre genti. Il giurato (iusiuratum) invece comanda di risparmiare tutti,
di beneficare i propri simili indistintamente, restituire a ciascuno il suo,
non toccare i beni, non turbare i possedimenti altrui, non sminuire la felicità
d'alcuno. Ma se un uomo di stato vuole essere giusto, non ha mai l'approvazione
de' suoi amministrati, non gloria, non onori, i quali il popolo attribuisce non
al giusto (che promueve il giurato) e onesto e inetto; bensì al sapiente, al
prudente, all'accorto. Non per il giurato, ma per il ‘scitum’ i generali di
Roma hanno il soprannome di grandi. La violenza, la forza, la negazione
del giurato, hanno dato potere e consistenza agli stati. Ma per nascondere la
propria origine e fuggire la taccia de negare il giurato (iusiuratum), il
popolo, fatto grande e divenuto dominatore, va immaginando delle favole da
sostituire alla storia vera, come il mercante arricchito agogna un titolo di
nobiltà. Le stesse qualità, e solamente le stesse, mantengono gli stati liberi
o forti. Non ha nazione tanto stolta, la quale non preferisce il comandare con
la negazione del giurato, all'ubbidire con la promozione del giurato
(iusiuratum). La ragione di stato e la salvezza pubblica vincono e soffocano il
sentiment *dis-interessato*. Uno stato vuole vivere a prezzo di qualsiasi
negazione del giurato (iusiuratum), perchè sa che alla vittoria, con qualunque
mezzo acquistata, tien dietro la gloria. Nel concetto degli antichi, la fine
della propria nazione non sembra avvenimento naturale, come la morte di un
individuo, pel quale questa non solo è necessaria, ma talvolta anche
desiderabile. L'estinzione della patria era per essi in certo qual modo
l'estinzione di tutto il mondo. Dato questo concetto e un sentimento della
gloria diverso e molto più intenso che non sia in noi moderni, doveno in certa
guisa parere *giustificati* (giusti-ficati – fatto giurato – iusiuratum --
anche gli atti di violenza e di frode, che avevano per I scopo la conservazione
e la potenza del proprio stato; o, per meglio dire, il popolo e gl'individui
non hanno coscienza di un principio o imperativo che governa la propria vita.
Credeno, I ROMANI pei primi, di promovere il giurato (iusiuratum) e invece sommamente
negano il giurato (iusiuratum). Carneade fu il primo a chiarire questa opposizione
tra fatto e idea, tra sapienza machiavelica politica e il giurato (iusiuratum)
(CICERONE (si veda), de fin.). Il medesimo conflitto tra il giurato e il
‘scitum’ dimostra egli esistere nella vita privata, intendendo per sapiente
l'uomo che sa difendere il proprio interesse; e giusto colui che non lede
quello degli altri. Sono suoi i seguenti esempi, tolti dalla vita giornaliera e
assai chiari e appropriati alla vita romana affogata negli affari. Un tale
vuole vendere uno schiavo, che ha l'abitudine di fuggire, o una casa insalubre.
Egli solo conosce questi difetti. Ne rende avvisato il compratore? Se si,
s'acquista fama di uomo onesto, perchè
non inganna, maeziandio di stolto, per che vende a piccolo prezzo, o non vende
affatto; se no, sarà reputato sapiente, perchè fa il proprio interesse, ma
malvagio, perchè inganna. Parimenti, se egli s'incontra in uno che vende oro
per oricalco, o argento per piombo, tace per comperare a buon prezzo, o indica al
venditore lo sbaglio e sborsa di più per l'acquisto? Solamente lo stolto vorrà
pagare a maggior prezzo la merce. Se un tale, la cui morte a te recherebbe
vantaggio, sta per porsi a sedere in luogo, dove si nasconde serpe velenoso, e
tu il sai, dovrai avvertirlo del pericolo, o tacere? Se taci, sarai improbo, ma
accorto; se parli, sarai probo, ma stolto (Cic., de rep.). Dunque qui pure si
presenta la contraddizione: chi è giusto, è stolto; chi è sapiente, è ingiusto.
Ma in questi casi si tratta di una quantità maggiore o minore di denaro e di
vantaggi più o meno rilevanti, e v'ha chi potrebbe essere contento e felice
della povertà. Ma quando andasse di mezzo la vita, il conflitto diventerebbe
più spiccato. Un tale in un naufragio, mentre è poco lontano dall'affogare,
vede un altro più debole di lui mettersi in salvo appoggiandosi a una tavola, che
vale a sostenere uno solo. Nessuno testimonio è presente. Si fa sua la tavola e
si pone in salvo, lasciundo che l'altro perisca. Oppure, se, dopo che i suoi
furono sconfitti, incontra nella fuga un ferito a cavallo, che va sottraendosi
al ferro dei nemici inseguenti, lo getterà a terra per porre se stesso in
sella, o si lasce raggiungere e uccidere. Se egli è uomo sapiente, si salva a
qualunque costo. Ma se poi antepone il morire al far morire, sarà giusto, ma
stolto. Tale è il giudizio che intorno al suo operato porteranno il uomo. Cosicchè il giure naturale, la giustizia
naturale è stoltezza. Il giure civile è sapienza politica. Tutto è lotta
d'interessi. Si ha ragione di credere che Carneade nel suo discorso *contro* il
giurato civile tocca anche la questione della schiavitù, dicendo essere un
fatto che nega il giurato (iusiudicatum) naturale, che uomo servisse a uomo --
principio che, riconosciuto vero, puo essere assai valido per far conoscere
quanto esteso fosse il dominio della negazione del giurato e dare alla sua tesi
una grande forza. E ciò si induce a credere dal vedere che in più frammenti il
difensore del giurato, ossia il suo contraddittore, viene svolgendo la tesi
opposta, perchè la schiavitù, rettamente conservata, torna a utilità del stesso
schiavo, il quale sotto un governo buono e forte vive in maggiore sicurezza e
viene meglio educato che allo stato di libertà; e come Dio comanda all'uomo,
l'anima al corpo, la ragione alle parti appetitive dell'anima, cosi il
conquistatore tiene a freno il conquistato, il quale diventa tali appunto
perchè e peggiore di quello. Un tenue indizio ci sarebbe anche per farci
credere che egli risolve il rimorso nella paura della pena, negando che fosse
un sentimento più profondo e disinteressato. Diogene obbietta che in questa ipotesi
il malvagio sarebbe semplicemente un incauto e il buono uno scaltro (Cic. de
leg.). In conclusione: per Diogene, fondamento della morale e del diritto è
l'inclinazione ad amare gli uomini e a rispettare la divinità, inclinazione che
ha radice nella natura, la quale sola offre la norma per distinguere il giurato
dalla sua assenza, il bene dal male. Per Carneade, generatrice del diritto è
l'utilità, e l'utilità sola, e ogni giudizio morale e altrettanta opinione, la
quale non deriva da un imperativo kantiano, o un principio naturale fisso, come
provano la loro varietà e il dissenso degli uomini (CICERONE (si veda), de leg.).
Alla teoria giuridica di Carneade non si deve attribuire un significato di
domma o dommatico, che sarebbe in cotraddizione colle premesse teoretiche della
sua filosofia. L'egoismo e l'utilitarismo proclamato da Carneade in opposizione
all'idealismo morale di Diogene, non è una dottrina *precettiva*, alla Kant (il
sollen) ma l'investigazione e l'esposizione di un fatto psicologico e sociale –
come il principio cooperativo di Grice. Carneade non pare credere all'effetto
pratico della morale normativa e si limita ad analizzare il cuore dell’uomo, la
ragione pratica, saggezza, prudential, il quale, per la sua tendenza nativa, è
assai lontano dal realizzare il precetto dommatico stoico. Ma da filosofo prudente
s'astiene dal proporne del proprio precetto (idiosincrazia). Nota il fatto che
si presenta all'osservazione quotidiana con tutti i caratteri della
verosimiglianza più alta e sforzano a credere o ad operare; ma nè costruisce una
teoria assoluta, ne formula un domma. iusiuro: swear to a binding formula. NA
Wundt/1/IV/D/XIII/1 Estate Wundt Zeitungsausschnitte 100. Geburtstag Wundt NA Wundt. Estate Wundt Brief von Luigi
Credaro an Wilhelm Wundt Ricerca Sofistica Lingua Nota disambigua.svg
Disambiguazione – "Illuminismo greco" rimanda qui. Se stai cercando
il movimento culturale greco del XVIII secolo, vedi Nuovo illuminismo greco. La
sofistica (in greco σοφιστική τέχνη, sofistiké téchne) è stata una corrente
filosofica[1] sviluppatasi nell'antica Grecia, ad Atene in particolare, a
partire dalla seconda metà del V secolo a.C., la quale, in polemica con la
scuola eleatica e avvalendosi del metodo dialettico di Zenone di Elea, pose al
centro della propria riflessione l'uomo e le problematiche relative alla morale
e alla vita sociale e politica. Non si trattò di una vera e propria scuola né
di un movimento omogeneo, ma fu estremamente variegata al suo interno: i suoi
esponenti (detti appunto sofisti), seppur accomunati dalla professione di
«maestro di virtù», si interessarono di vari ambiti del sapere, giungendo
ognuno a conclusioni differenti e a volte tra loro contrastanti. L'Acropoli
e l'agorà di Atene: qui fiorì la sofistica I sofisti rinunciarono alla vastità
delle congetture cosmologiche dei filosofi naturalisti, concentrandosi sulla
soggettività dell'uomo, sulla legittimità delle opinioni e il valore dei fenomeni.
L'approccio dei sofisti era quindi orientato all'individualismo e al
relativismo, alla critica dei valori tradizionali, al razionalismo. I
contemporanei avvertirono in queste posizioni il rischio di derive ateistiche e
di corruzione dei costumi. Certa storiografia moderna ha invece evocato l'idea
di un illuminismo greco. Etimologia. Anticamente il termine σοφιστής
(sophistés, sapiente) era sinonimo di σοφός (sophòs, saggio) e si riferiva ad
un uomo esperto conoscitore di tecniche particolari e dotato di un'ampia
cultura. A partire dal V secolo, invece, si chiamarono «sofisti» quegli
intellettuali che facevano professione di sapienza e la insegnavano dietro
compenso:[6] quest'ultimo fatto, che alla mentalità del tempo appariva
scandaloso, portò a giudicare negativamente questa corrente. Nell'antichità, il
termine era spesso posto in antitesi con la parola «filosofia», intesa come
ricerca del sapere, che presuppone socraticamente il fatto di non possedere
alcun sapere. I sofisti vennero ritenuti falsi sapienti, interessati al
successo e ai soldi, più che alla verità. Il termine mantiene anche nel
linguaggio corrente un carattere negativo: con «sofismi» si intendono discorsi
ingannevoli basati sulla semplice forza retorica delle argomentazioni. La
sofistica è stata rivalutata, e oggi è riconosciuta come un momento
fondamentale della filosofia antica. Contesto storico-culturale
Magnifying glass icon mgx2. Svg Lo stesso argomento in dettaglio:
Pentecontaetiae Guerra del Peloponneso. Veduta dell’Acropoli di Atene Lo
sviluppo della sofistica ad Atene è legato a un insieme di fattori culturali,
economici e politico-sociali. Con la sconfitta dei Persiani a Salamina le
poleis greche affermarono la propria autonomia, e la loro potenza si ampliò
progressivamente nel corso dei successivi cinquant'anni di pace (la cosiddetta
Pentecontaetia). In particolare, a primeggiare su tutte furono le città rivali,
ovvero Sparta e Atene: la prima espanse la propria influenza su quasi tutto il
Peloponneso attraverso un'ampia rete di alleanze, mentre Atene, membro di primo
piano della Lega delio-attica, con l'avvento di Pericle finì con l'assumerne il
comando. Con il potere politico ed economico crebbe però anche l'ostilità tra
le due città, e il desiderio di supremazia sull'intera Grecia portò al disastro
della Guerra del Peloponneso. Pericle Pericle, leader carismatico
della fazione democratica, governò Atene per circa un trentennio, portando la
città al suo massimo splendore. Egli fece trasferire il tesoro della Lega
delio-attica da Deload Atene, e trasformò il volto della città con un imponente
piano di riforma architettonica (simbolo del potere dell'epoca sono gli edifici
dell'Acropoli: il Partenone, l'Eretteo, i Propilei); inoltre, si
intensificarono i rapporti con le altre città, attraverso alleanze e scambi
commerciali. Fu proprio questo nuovo clima di pace a favorire l'affermarsi
della sofistica, poiché permise ai sofisti, «maestri di virtù» itineranti, di
spostarsi di città in città, seguendo le rotte commerciali. Visitando luoghi con
tradizioni e ordinamenti politici differenti, talvolta varcando addirittura i
confini dell'Ellade, essi iniziarono ad interrogarsi sul valore intrinseco
delle leggi e della morale, giungendo ad un sostanziale relativismo eticoche
riconosceva il valore delle norme morali solo in relazione alle usanze della
città in cui ci si trova ad operare: la stessa areté (virtù) da loro insegnata
si riduceva all'insieme delle norme e delle convenzioni riconosciute valide dai
cittadini, alle quali il retore si deve adeguare per avere successo e buona
fama. Tuttavia, bisogna considerare che non erano considerati “cittadini” le
donne, gli stranieri (meteci) e gli schiavi. L'età di Pericle fu dunque al
tempo stesso l'età dello splendore e della crisi della polis, poiché coincise
con la crisi dei valori tradizionali, di cui i sofisti furono protagonisti;
come scrive Untersteiner, la sofistica è «l'espressione naturale di una
coscienza nuova pronta ad avvertire quanto contraddittoria, e perciò tragica,
sia la realtà». Il primo interesse dei sofisti è la rottura con la tradizione
giuridica, sociale, culturale, religiosa, fatta di regole basate sulla forza
dell'autorità e del mito (e per questo motivo sono talvolta guardati come
"precursori dell'Illuminismo"), a cui veniva contrapposta una morale
flessibile, basata sulla retorica. D'altra parte, la stessa retorica che essi
insegnavano aveva un'enorme importanza per la vita civile nel regime
democratico dell'epoca, il quale riconosceva a tutti i cittadini l'uguaglianza
giuridica (isonomia) e la libertà di parola durante l'assemblea pubblica
(parresia). Il tramonto dell'aristocrazia segnò il tramonto di una
mentalità, di un'epoca con le sue aspirazioni eroiche. Le eroiche lotte
sostenute contro i Persiani, le nuove leggi e le nuove costituzioni crearono un
grande senso di fiducia in se stessi. Nel pensiero dei sofisti si rispecchiano
le esigenze delle àlacri classi borghesi, l'arrivismo degli uomini nuovi,
l'irriverenza verso le tradizioni sacre ed il beffardo disprezzo del passato, le
violente lotte fra città e città, la corsa sfrenata alle cariche politiche. I
sofisti Rosa, Protagora e Democrito I sofisti erano considerati maestri di
virtù che si facevano pagare per i propri insegnamenti. Per questo motivo essi
furono aspramente criticati dai loro contemporanei, soprattutto da Platone e
Aristotele, ed erano offensivamente chiamati «prostituti della cultura».
Ironicamente, i sofisti furono i primi ad elaborare il concetto occidentale di
cultura (paideia), intesa non come un insieme di conoscenze specialistiche, ma
come "metodo di formazione" di un individuo nell'ambito di un popolo
o di un contesto sociale. Essi riscossero successo soprattutto presso i ceti
altolocati. La figura del sofista, come persona che si guadagna da vivere
vendendo il proprio sapere, si pone come precursore dell'educatore e
dell'insegnante professionista. Argomento centrale del loro insegnamento è la
retorica: mediante il potere persuasivo della parola essi insegnavano la
morale, le leggi, le costituzioni politiche; il loro intento era di educare i
giovani a diventare cittadini attivi, cioè avvocati o militanti politici e, per
essere tali, oltre ad una buona preparazione, bisognava anche essere
convincenti e saper padroneggiare le tecniche retoriche. I sofisti, a
differenza dei filosofi greci precedenti, non si interessano alla cosmologia e
alla ricerca dell'archèoriginario, ma si concentrano sulla vita umana,
diventando così i primi filosofi morali. Vengono distinte due generazioni di
sofisti: Sofisti della prima generazione: Protagora, Gorgia, Prodico e
Ippia Sofisti della seconda generazione: solitamente allievi dei primi, sono a
loro volta distinguibili in: Sofisti politici: Antifonte, Crizia, Trasimaco,
Licofrone, Callicle, Alcidamante, Polo, l'Anonimo di Giamblico Sofisti della
physis, si interessano del rapporto natura-uomo, spesso conducendo studi
naturalistici: Antifonte, (Ippia) Eristi, portano all'esasperazione il metodo
dialettico: Eutidemo e Dionisodoro, Eubulide di Mileto Altri: Seniade di
Corinto, forse l'anonimo autore dei Dissoi logoi Stando alle fonti, pare che
anche il filosofo Aristipposia stato un sofista prima di incontrare Socrate e
unirsi a lui; in particolare pare fosse allievo di Protagora e sappiamo per
certo che diede lezioni di eloquenza a pagamento. A questo proposito si
racconta un aneddoto: protagonisti sono Aristippo e il padre di un suo alunno,
il quale, contestando il prezzo troppo alto della retta annuale, gli avrebbe
detto: «Mille dracme? Ma io con mille dracme ci compro uno schiavo!», e
Aristippo avrebbe risposto: «E tu compralo questo schiavo, così ne avrai due in
casa, questo e tuo figlio!». A quanto pare Aristippo praticava tariffe
differenziate in base alle capacità degli allievi, così che se uno di questi
aveva la sfortuna di essere poco dotato la sua tariffa aumentava
vertiginosamente, mentre se al contrario era particolarmente brillante e
intuitivo la tariffa ammontava a poco più di 1 dracma, praticamente
gratis. Caratteri generali della sofistica Lo stesso argomento in dettaglio:
Relativismo etico sofistico. La sofistica, come detto, fu un movimento
disomogeneo, e ogni sofista differiva dagli altri per interessi e posizioni
personali. Tuttavia, è possibile riconoscere in questi autori alcuni caratteri
comuni. Centralità dell'uomo. I sofisti si interessarono prevalentemente
di problematiche umane ed antropologiche, tanto che gli studiosi parlano di
antropocentrismo sofistico. Essi approfondirono i temi legati alla vita
dell'uomo, che venne analizzata soprattutto dal punto di vista gnoseologico
(ciò che l'uomo può conoscere e ciò che non può conoscere), etico (ciò che è
bene e ciò che è male) e politico (il problema dello Stato e della giustizia).
L'essere umano veniva considerato a partire dalla sua condizione di individuo posto
all'interno di una comunità, caratterizzata da determinati valori culturali,
morali, religiosi e via dicendo. Essi insegnavano pertanto a osservare
formalmente le leggi e le tradizioni della polis, così da diventare cittadini
rispettati e di successo – quindi virtuosi. Rottura con la “fisiologia”
presocratica. Come conseguenza del punto precedente, i sofisti in genere
trascurarono le discipline naturalistiche e scientifiche, che invece erano
state tenute in grande considerazione dai filosofi precedenti. Per questa
ragione alcuni studiosi hanno definito "cosmologica" la filosofia
precedente ed "umanistico" o "antropologico" il pensiero
sofistico. In realtà, va precisato che tale generalizzazione è per certi versi
limitativa, poiché ad essa fanno eccezione i casi di Ippia di Elide (che,
mirando ad un sapere enciclopedico, coltivò studi inerenti a vari campi
scientifici, tra cui matematica, geometria e astronomia) e Antifonte (il quale,
studioso dei testi ippocratici, fu esperto di anatomia umana ed embriologia).
Relativismo ed empirismo. I sofisti concepivano la verità come una forma di
conoscenza sempre e comunque relativa al soggetto che la produce e al suo
rapporto con l'esperienza. Non esiste un'unica verità, poiché essa si frantuma
in una miriade di opinioni soggettive, le quali, proprio in quanto relative,
finiscono per essere considerate comunque valide ed equivalenti: si parla
pertanto di relativismo gnoseologico. Questo relativismo investe tutti gli
ambiti della conoscenza, dall'etica alla politica, dalla religione alle scienze
della natura.Dialettica e retorica. Le tecniche dialettiche dell'argomentare
(cioè dimostrare, attraverso passaggi logici rigorosi, la verità di una tesi) e
del confutare (cioè dimostrare logicamente la falsità dell'antitesi, l'affermazione
contraria alla tesi) erano già state utilizzate da Zenone all'interno della
scuola eleatica, ma fu soprattutto con i sofisti che esse si affermarono e si
affinarono. La dialettica divenne una disciplina filosofica essenziale e
influenzò profondamente la retorica, ponendo l'accento sull'aspetto persuasivo
dei discorsi, fino a scadere nell'eristica.Alla luce di tutto ciò, alcuni
studiosi hanno voluto vedere nel movimento sofistico una sorta di “illuminismo
greco” ante litteram, in quanto i miti e le credenze tradizionali vennero
criticati e sostituiti con nozioni razionali: in altre parole la sofistica
avrebbe in un certo senso anticipato alcuni motivi tipici di quel movimento
culturale sviluppatosi in Europa nel XVIII secolo, l'Illuminismo appunto.
L'insegnamento Greuter, "Socrate e i suoi studenti", XVII
secolo. Nell'Atene era costume che i maestri tenessero lezione all'aperto, in
piazza o sotto i portici Con la comparsa dei sofisti nascono nuovi luoghi
deputati all'insegnamento: le case dei cittadini più ricchi, le palestre
pubbliche e le piazze, le quali includevano dei portici in cui i maestri
potevano passeggiare con i loro discepoli o sedere in banchi dove potevano
discutere. In genere, la scelta del luogo in cui tenere lezione era legata al
tipo di "sapienza" professata: Socrate, ad esempio, scelse la piazza
pubblica per mostrare la sua disponibilità verso tutti i cittadini e il
disinteresse per il denaro – e lo stesso faranno i cinici in epoca successiva –
mentre gli accademici, i peripatetici e gli stoici preferiranno luoghi
attrezzati con strumenti scientifici e biblioteche. D'altra parte, va ricordato
ancora una volta che la sofistica non fu una scuola filosofica, bensì un
movimento caratterizzato da un ampio e variegato dibattito interno.
Capisaldi dell'insegnamento sofistico sono: L'insegnabilità della virtù:
essendo i sofisti "maestri di virtù", il loro insegnamento si basava
sulle strategie per conseguirla, con fini eminentemente utilitaristici; non
essendo infatti possibile conoscere il Bene in sé, l'educazione era volta a
diffondere i valori più convenienti alla vita civile dell'individuo. Per questo
motivo, essi si rivolsero non solo agli aristocratici, ma anche ai ceti
emergenti che aspiravano al successo.La retorica: i sofisti non furono degli
scienziati, poiché non limitavano il campo del loro sapere ad una disciplina
specifica; piuttosto, per loro era importante il metodo di comunicazione, e per
apprenderlo erano previsti due momenti, la dialettica e l'eristica: la prima consiste
nell'arte di saper argomentare, la seconda nel saper vincere in una
discussione. Il loro insegnamento abbracciava molte tematiche, e oltre alla
morale si occuparono di problemi di diritto, ponendo la questione
dell'esistenza o meno del diritto naturale (physis) e del suo rapporto col
diritto positivo (nomos).Per quanto riguarda le leggi e le norme i sofisti,
spostandosi di città in città, si accorsero che ogni cultura ha diverse regole
e leggi. Ciò fece sorgere in loro domande quali: Ci sono regole uguali
per tutti? In genere i sofisti propendono per il no, cioè per il relativismo
etico. Vi è una cultura superiore alle altre? Porre la domanda già equivale ad
una critica delle tradizioni e ad una propensione per il relativismo culturale.
La Seconda sofistica Lo stesso argomento in dettaglio: Seconda sofistica.
L'imperatore ADRIANO, in veste greca, offre un sacrificio ad Apollo (Londra,
British Museum) Dopo il successo del V secolo a.C., nel secolo successivo la
sofistica vide un progressivo ridimensionamento della propria importanza,
soprattutto a causa delle già menzionate critiche rivolte ai sofisti dai
filosofi dell’ACCADEMIA e del LIZIO, e dalle loro scuole. Tuttavia, si assiste,
in piena età imperiale, ad una rinascita della sofistica, grazie a un movimento
filosofico-letterario definito da Filostrato Seconda sofistica[24] (detta anche
Nuova sofistica o Neosofistica, per differenziarla da quella antica).
Diversamente dalla sofistica del V secolo, però, la Seconda sofistica abbandona
i temi di interesse filosofico ed etico (come la divinità, la virtù e via
dicendo), per occuparsi esclusivamente di oratoriae retorica. La Nuova
sofistica si presenta così subito come un movimento di impronta essenzialmente
letteraria, orientato allo studio e all'esercizio dell'oratoria e ben distante
dall'impegno politico e culturale dei sofisti dell'età di Pericle. I nuovi
sofisti mirano all'affermazione personale e al successo pubblico, cercando
(eccetto che in rari casi) di ingraziarsi la simpatia e i favori dei potenti; la
loro produzione letteraria, improntata alla ricercatezza stilistica secondo lo
stile del cosiddetto asianesimo, spazia attraverso vari generi: dialoghi,
trattati, opere satiriche, novelle, fino a ben più leggere opere di
intrattenimento, brani in cui veniva ostentata la propria bravura
retorica. Tra i vari autori di lingua greca che rientrano in questo
fenomeno letterario, i più importanti sono: Dione Crisostomo («dalla
bocca d'oro») ricoprì varie cariche politiche e svolse la propria attività di
retore e insegnante in Bitinia e a ROMA, dove però è condannato all'esilio. Erode
Attico, tra i più importanti e rinomati, insegnante di retorica e amico
dell'imperatore stoico Marco Aurelio ANTONINO, ricoprì vari incarichi
nell'amministrazione pubblica romana, tra cui il consolato. Elio Aristide,
allievo di Erode Attico, famoso soprattutto per le opere di onirocritica e per
la sua devozione al dio Asclepio; Luciano di Samosata, uomo vicino alla
famiglia imperiale romana -- dinastia degli Antonini --, è autore di vari saggi
sui più disparati argomenti, nonché modello di purismo linguistico. Flavio
Filostrato, membro di una famiglia di celebri retori e sofisti, è tra i più
potenti letterati alla corte dei Severi. La Seconda sofistica perdura. Tratti
tipici di questo movimento sono rintracciabili in filosofi come Imerio,
Libanio, Temistio e Sinesio, per giungere infine alla Scuola di Gaza. La
storiografia moderna considera comunemente i sofisti come filosofi. Si veda a
proposito: M. Untersteiner, Le origini sociali della sofistica, appendice a: I
sofisti, Milano Guthrie, The Sophists, Cambridge Kerferd, I sofisti, trad. it.,
Bologna Reale, Il pensiero antico, Milano Kerferd, I sofisti, trad. it.,
Bologna. Più precisamente, Untersteiner, riprendendo a sua volta Marrou e Levi,
scrive: «Fu più volte riconosciuto che nella sofistica non devesi scorgere una
scuola filosofica abbastanza uniforme e coerente, ma piuttosto sia meglio
accogliere l'opinione molto diffusa nell'antichità, “che considerava sofisti
coloro che andavano da una città all'altra della Grecia per insegnarvi
pubblicamente la loro σοφία dietro retribuzione. Il contenuto di questa
sapienza variava secondo gli insegnanti di essa; però (nemmeno Gorgia
rappresenta un'eccezione) tutti i sofisti professavano di essere maestri di ἀρετή
(virtù), ossia dichiaravano d'impartire ai loro discepoli un insegnamento
rivolto a finalità insieme individuali e sociali”» (I sofisti, Milano
sofistica, in Dizionario di filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana Il
sostantivo σοφιστής deriva dal verbo σοφίζειν (sophízein), che significa
«rendere sapiente». Cfr. Guthrie, The Sophists, Cambridge Per le varie
accezioni del sostantivo si veda anche: L. Rocci, Dizionario Greco Italiano,
Firenze Kerferd, I sofisti, trad. it., Bologna Sofista» in origine indicava
generalmente una personalità ritenuta sapiente, e fu utilizzata per riferirsi
anche a poeti come Omero ed Esiodo. DK.
La rivalutazione della sofistica come corrente filosofica iniziò a opera di
Hegel e Nietzsche. Oggi ai sofisti è riconosciuto lo statusnon solo di filosofi
morali ma anche di teoreti. Cfr. G.B. Kerferd, I sofisti, trad. it., Bologna
Untersteiner, I sofisti, Milano Kerferd, I sofisti, trad. it., Bologna
Untersteiner, I sofisti, Milano Faggin, Storia della filosofia, volume primo,
Principato editore, Milano, Così li definisce Socrate in: Senofonte, Memorabili
Jaeger, Paideia, trad. it., Firenze Jaeger, Paideia, trad. it., Firenze
Kerferd, I sofisti, trad. it., Bologna Diogene Laerzio Plutarco, De liberis
educandis Untersteiner, I sofisti, Milano Questo è l'argomento su cui verte il
Teetetoplatonico, nel quale si analizza la dottrina protagorea dell’homo
mensura (Cfr. DK 80A1). Kerferd, I sofisti, trad. it., Bologna Tra i cittadini
ateniesi abbienti che patrocinarono l'attività dei sofisti, il più famoso è
senz'altro Callia, che compare come personaggio nel Protagora di Platone (è in
casa sua che avviene il dialogo e sono ospitati Protagora, Prodico e Ippia). ^
M. Untersteiner, I sofisti, Milano Kerferd, I sofisti, trad. it., Bologna
Jaeger, Paideia, trad. it., Firenze Illuminanti al riguardo sono le
affermazioni di Antifonte (DK) e quelle contenute nei cosiddetti Dissoi logoi
(DK Filostrato, Vite dei sofisti I Corno, Letteratura greca, Milano Corno,
Letteratura greca, Milano Edizioni dei
frammentiModifica I frammenti e le testimonianze sui sofisti sono raccolti in
Die Fragmente der Vorsokratiker, a cura di Hermann Diels e Walther Kranz. In
traduzione italiana sono consultabili: I presocratici. Testimonianze e
frammenti, a cura di G. Giannantoni, Roma-Bari: Laterza 1979. I presocratici.
Prima traduzione integrale con testi originali a fronte delle testimonianze e
dei frammenti di Hermann Diels e Walther Kranz, a cura di Giovanni Reale,
Milano: Bompiani, 2006. I sofisti. Testimonianze e frammenti, a cura di M.
Untersteiner e A.M. Battegazore, Firenze: La Nuova Italia, Milano: Bompianim
con introduzione di REALE (si veda)). I sofisti, cur. Bonazzi, pref. di F.
Trabattoni, Milano: BUR, Abbagnano, Giovanni Fornero, Protagonisti e testi
della filosofia, Volume A, Tomo 1, Paravia Bruno Mondadori, Torino Mauro
Bonazzi, I sofisti, Roma: Carocci, Guthrie, The Sophists, Cambridge: Cambridge,
Kerferd, I sofisti, trad. it., Bologna: Mulino, Parente, Sofistica e democrazia
antica, Firenze: Sansoni, Jaeger, Paideia. La formazione dell'uomo greco,
Firenze, La nuova Italia (nuova edizione con un'introduzione di REALE (si veda),
Bompiani: Milano. Marrou, Storia dell'educazione nell'antichità, Roma: Studium,
Levi, Storia delle Sofistica, Napoli, Morano, 1966. E. Paci, Storia del
pensiero presocratico, Roma: Edizioni Radio Italiana, Plebe, Breve storia della
retorica antica, Bari: Laterza, Reale, Il pensiero antico, Milano: Vita e
Pensiero, Schreiber, Aristotle on false reasoning: language and the world in
the Sophistical refutations, State University of New York Press, Untersteiner,
I sofisti, Milano: Mondadori Antropocentrismo Demagogia Dissoi logoi
(Sofistica) Eristica Presocratici Relativismo culturale Relativismo etico
sofistico Retorica Seconda sofistica Sofisma. «sofista» Sofistica, su
Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Taylor e Mi-Kyoung Lee,
The Sophists, su Stanford Encyclopedia of Philosophy. George Duke, The Sophists (Ancient Greek), su Internet Encyclopedia of
Philosophy. Portale
Antica Grecia Portale Filosofia. Protagora retore e filosofo greco
antico Eristica arte della contesa verbale Dissoi logoi opera
filosofica. Luigi Credaro. Keywords: i sofisti, il giurato, iusiuratum,
Carneade, il secondo discorso, contro Democrito, ragione pratica (saggezza),
ragione teorica, a philosopher in political linguistics: German minority,
Italian majority in Trento. Il prefetto di Trento. Lingua tedesca, lingua
italiana, ordinamento amministrativode-centrato, Wundt, Kant, razionalismo
trascendente, Herbart, scetticismo, accademia, prima accademia, seconda
accademia, terza accademia, liberta di
volere, freewill, volere libero, ambiascata ateniense a roma, influenza
dell’academia nell’elite romana – l’accademia come perfezionamento per la dirigenza
romana, Wundt, positivismo, suggestione, i primordii del kantismo in Italia,
Hegel vacuo. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Credaro” – The Swimming-Pool
Librrary. Credaro.
Grice
e Crescente: la ragione conversazionale al cinargo a Roma – filosofia italiana
– Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano.
A member of the Cinargo in Rome. Taziano regards him as a greedy immoral
hypocrite.
Grice e Cresi: la ragione
conversazionale -- cappuccino e ciserciano – scuola dell’Aquila – filosofia
abruzzese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (L’Aquila). Filosofo aquilese.
Filosofo abruzzese. Filosofo italiano. L’Aquila, Abruzzo. Essential Italian
philosopher. Filosofo italiano. Esponente di una nota famiglia abruzzese,
grande studioso nonché maestro di scherma, quindi, alla morte della madre, e
decide di entrare nell'ordine dei frati minori cappuccini. Dotato di una
brillante vocazione predicatoria che lo porta sino alla corte di Urbano VIII.
Venne pubblicamente lodato anche dal Duca di Osuna che gli propone il vescovato
di Pozzuoli e dal Granduca di Toscana che gli propone quello di Fiesole, ma in
entrambi i casi V. rifiuta. Nella prima
metà Professoresi prodiga per aprire una sede dei cappuccini nell’Aquila,
colpito dalla morte di un suo confratello che il medico non è riuscito a
soccorrere nell'allora sede di San Giuseppe fuori le mura. Acquista un vasto
terreno sul margine orientale della cinta muraria e vi costruì il convento e la
chiesa di S. Michele, oggi inglobati nel complesso monumentale dell'Emiciclo.
Camerlengo dell'Aquila. Giacomo Di Marco, Storia del complesso architettonico,
in Zazzara, Palazzo dell’Emiciclo e palazzina ex G.I. Maschile. Rigenerazione e
adeguamento sismico a L’Aquila, Pescara, Carsa. Dragonetti Frati minori
cappuccini d'Abruzzo, Le attività del Convento Santi Francesco e Chiara di
L'Aquila, su frati cappuccini. L'Emiciclo Rinasce, La storia, su emiciclo
rinasce. Dragonetti, “Le vite degli
illustri aquilani” (L'Aquila, Perchiazzi). PER
DNA DIFFAMAZIONE CON ABUSO DI UFFICIO Il R. Commissario della
S. Casa dogi' Incurabili E I COMPONENTI della disciolta
Amministrazione se vuoi che il ver ti sia ascoso Tutt' al contrario
la storia converti; che i greci vinti fur Troia vittrice E che
Penelopea è meritrice! Ariosto Orlando Furioso e. NAPOLI
TIPOGRAFIA F. BIDERI HARVARD COLLEGE UHUIY
THE6IFT0P Hi NELSON GAY Indice Servizio Ospedaliero. PROGETTI
PER NUOVE COSTRUZIONI E NUOVI OSPEDALI RESTRIZIONE DEL NUMERO DEI
MALATI. RIDUZIONE DI SPESA PER MANTENIMENTO DEGL’INFERMI LA SOPPRESSIONE
DEL VINO E L'ALTERAZIONE DELLA VITTITAZIONE VIOLAZIONE DEL CONTRATTO
PER LA FOR- NITURA DELLA CARNE BIANCHERIA E CASERMAGGIO
LA SOMMINISTRAZIONE DELLE MEDICATURE ANTISETTICHE Condizioni
finanziarie della Pia Casa Canee ohe prodassero le attuali condizioni
economiche Entrate Riduzioni di corrisposte ESCOMPUTI
D'AMBRA, MOCCIA E IZZO RIDUZIONE DI ESTAGLIO DEL FONDO SALICELLE Riduzioni di
Canoni. ESCOMPUTO SIGILLO Riduzioni nei fitti dei fabbricati.
CONTRATTO ED ESCOMPUTO FORINO Cauzione > 66 Inventario e
consegna dei fondi urbani, Fabbricati affidati in esazione al Tesoriere Fondi
in Ariano Spese Personale Amministrativo e Sanitario Lavori Forniture
Provvedimenti per far danaro PRELEVAMENTI SULLE CAUZIONI Alligato
Rapporto d’Antonelli IGIENE DEI LOCALI MANUTENZIONE
CASA DI SALUTE CASA DI MATERNITÀ STANZE D'
ISOLAMENTO STANZE DI OPERAZIONI CUCINA CASERMAGGIO
CONSULTAZIONI GRATUITE, SALA IDROTERAPICA E STANZA PER RICEZIONE DISCIPLINA
DEL BASSO PERSONALE. DIREZIONE DELL'OSPEDALE STANZA DI
MEDICATURA V anno iSgi il giorno io novembre in Napoli. Si sono
riuniti in casa del Comm. Vastarini- Cresi, il Comm. Prof. Salvatore Trinchese
y il Cav. avv. GSavio, Roberto e Cosenza. Constatatosi che tutti gP
intervenuti hanno letto P opuscolo intitolato u Relazione del R. Commissario
della S. Casa degli Jhcurabili sulla gestione, firmato Napodano Deputato
ai Parlamento „, sono stati unanimemente d'avviso che si debba rispondere
a tale pubblicazione per rimettere le cose a posto, smentire le infondate
accuse e respingere gli ingiusti apprezzamenti sugli atti cofnpiuti dalla
disciolta Amministrazione, che sono a studio travisati nel loro
contenuto. U avvocato Vastarini ha fatto rilevare che P
opuscolo del R. Commissario, più che essere diretto a calunniare
gli atti compiuti dalla disciolta amministrazione, ha tutto il carattere
delP aggressione personale contro P ex So pr aintendente : se sonosi coti/use a
studio le responsabilità delle diverse amministrazioni ciò si e fatto
allo scopo di colpire, senza riguardo e mi sur a ^ la sua persona. Per la
qual cosa egli rivendica a se il diritto di rispondere personalmente alla suddetta
relazione per assumere tutta la responsabilità della forma da dare alla
risposta e della sostanza di quegli atti che non riguardano i componenti
del governo disciolto. V avv. Lo Savio ha fatto anch' egli
rilevare: che gli addebbiti contenuti nella relazione del R. Commissario
riguardano in minima parte la disciolta Amministrazione la quale è rimasta in
ufficio solamente dal 30 dicembre 1890 al 3 settembre 1891; che parte degli
ingiusti apprezzamenti della relazione stessa si riferiscono ad epoca in
cui egli collaborò nella qualità di Governatore col Sopraintendente
Vastarini e coti altri Governatori ;
che molti altri riguardano r Amministrazione precedente presieduta dal
conte Spinelli; — che in ogni caso, essendo appunti rivolti al potere
esecutivo del Consiglio di Governo, feriscono direttamente tutti coloro
che tale potere esercitarono. Per la qual cosa aderisce al desiderio
espresso da C., ma non credendosi egli, nella qualità di Governatore
delegato, disinteressato nella disputa, intende di assumere, anche per parte
sua, tutta la responsabilità della sostanza e della forma della risposta
da dare al R. Commissario, nella compilazione della quale vuol
collaborare con Vastarini. Dopo le suddette dichiarazioni, i convenuti
sono discesi alP esame degli addebbiti contenuti rie Ila Relazione del R.
Commissario ed hanno constatato, che non si riferiscono alla disciolta Amminis
trazione gli addebiti: 1.° Per la deficienza della biancheria nel
guardaroba; 2.° Per i criteri che informarono la impostazione delle
somme all'attivo ed al passivo nel preventivo 1890; 3.° Per gli
escomputi di estaglio agli affìttuarii Moccia, d' Ambra e Izzo; Per
la riduzione d' estaglio al fondo Salicelle, affittato al d' Ambra;
5.° Pel conto 1887, 1888, 1889; Per Tescomputo accordato
airenfiteuta Giovanni Sigillo, Per la nuova pianta del personale
amministrativo. Per i lavori eseguiti. Che quelli rifer enfisi alla
disciolfa Amminis frazione sono limitati: i." Alla spesa
votata per gì ingegneri; Al deliberato aumento di un farmacista ;
j.° Ai lavori eseguiti nel 1891; . 4? Alla generica ed
indimostrata accusa di sperpero di denaro. Fatta tale
constatazione \ i signori Trinchese, Di Roberto e Cosenza hanno dichiarato che
avendo essi a suo tempo preso cognizione esatta di molti atti compiuti
dal Comm. Vasfarini coi poteri del Consiglio dal 4 settembre al 30 dicembre
iSgo, epoca in etti non esisteva un governo regolare; ed avendo
ratificato tali atti a norma della Legge e del Regolamento^ non intendono
scindere la loro responsabilità da quella dei signori V astar ini e Lo
Savio. Ma questi ultimi hanno vivamente insistito nelle già
fatte dichiarazioni e sulla necessita che la risposta al R. Commissario, almeno
per quanto riguarda la forma, abbia un carattere tutto personale. Per la
qual cosa i signori Trinchescy De Roberto e Cosenza, pur rimanendo solidali con
i signori Vastarmi e Lo Savio nella responsabilità degli atti,
compiuti col loro concorso o da loro ratificati > lasciano a questi la
libertà di rispondere in quella maniera che crederanno più conveniente a
difendere il decoro della disciolta Amministrazione e quello delle persone
singolarmente prese di mira dalla relazione del R. Commissario. C., G. Lo
Savio S. Trinchese D. Di Roberto L.
Cosenza mmsm Mentre eravamo, il giorno 7 del
corrente mese, innanzi all' Ecc.ma Sezione IV del Consiglio di Stato per
discutere la nostra domanda di sospensione del r. decreto 31 Agosto
1891, T on. Avvocato Erariale, nostro contraddittore, con
cavalleresca cortesia ci mostrò un opuscolo a stampa del quale
vedevamo altri esemplari innanzi a ciascun componente dell' alto
consesso amministrativo. Ne leggemmo V intestazione, che dicea: Relazione
del r. Commissario della 5. Casa degli Incurabili sulla gestione dal 4
Settembre al 4 Novembre iSgi, e ci riservammo di procurarcene copia e di
esaminarlo più tardi. È una pubblicazione, che vorrebbe
indirettamente combattere il ricorso, col quale i rappresentanti della
disciolta Amministrazione impugnarono il detto real decreto, senza parere d' essere
stata compilata a cotal fine. La forma inurbana e sgrammaticata
(1), e il contenuto riboccante di malafede, ci avrebbero consigliato di
rispondervi con la parola di Cambronne, se qualcuno ci avesse
imposto V increscioso compito di discuterne col redattore; ma tale
non (1) Eccone un saggio per ora: via via ne daremo altri'
Pag. 36. * Una rilevante quantità di fondi che 1* Opera Pia ha in Ariano,
aventi una rendita annua di circa lire 8000, è affidata in amministrazione
ad una persona del luogo; la quale non ha mai comunicato i contratti che
da lui si facevano, e da oltre 10 anni non ha inviato i resoconti della
sua gestione (che ora soltanto dopo la mia nomina, ha trasmesso)
limitandosi a mandare di quanto in quanto quel pò di danaro che egli
credeva. è il nostro dovere, e ne rendiamo grazie agli Dei
immortali* Una cosa soltanto c'importa di stabilir chiaramente, ed
è che, dimostrato in modo innegabile dal nostro ricorso, non essere la
relazione del sig. Ministro dell' Interno, precedente P impugnato decreto di
scioglimento e redatta sulla falsariga d' un rapporto prefettizio, se non
un tessuto di audaci e meditate inesattezze, si tenta ora con una mal
dissimulata manovra di spostar la questione e di fuorviare la pubblica
opinione. Da ciò noi tragghiamo gli auspici più lieti per l'esito
della nostra causa innanzi alPEcc.ma Sezione IV del Consiglio di
Stato, dappoiché ivi la disputa è circoscritta fra termini precisi ed
inamovibili, quali sono, da una parte il real decreto con la relativa
motivazione, e dalP altra il ricorso coi suoi mezzi di annullamento. Il
nostro avversario, che fa proporre, come un litigante volgare, eccezioni
dilatorie d' incompetenza, sfatate, prima ancora d'essere svolte; che s*
ingegna, con pubblicazioni,, come quella, di cui dovremo occuparci, di
uscir fuori dalla lizza e di trascinarvi noi ed il pubblico, ci dà il
gradito annunzio della vittoria, precorrendo la decisione dell'alto
consesso» amministrativo. Ad uomini però, come quelli, che
componevano la disciolta Amministrazione, non può bastare una decisione,
che, per la necessaria limitazione degli istituti sociali, soltanto prò
veritate habetur: essi han bisogno d* invocare il giudizio d 1 un
tribunale più alto, del tribunale della pubblica opinione, che confermi
il pronunziato di quella e lo completi. A questo giudice
supremo è appunto rivolta la risposta, che ci accingiamo a dare al
libello famoso, che reca la firma del R. Commissario per la temporanea
gestione della S. Casa degP Incurabili. SERVIZIO OSPEDALIERO
Progetti per nuove costruzioni e nuovi Ospedali. — li libello
comincia dal rilevare che il Governo della Santa Casa u preoccupato da
strani progetti per nuovi Ospedali da fondare, per nuove costruzioni ed
abbellimenti da compiere, mentre per quelli non si peritò di spendere
somme rilevanti, studiò una severa economia nel servizio ospedaliero con
deplorevoli conseguenze per i poveri ammalati. „ Una
reminiscenza di pudore, fenomeno riflesso d'una sensazione irrevocabilmente
passata, fece premettere al redattore di cotesto periodo una timida
frase: Se non vado errato. Ora noi, se parlassimo con lui, gli
diremmo: Avete errato, e se con più coscienza aveste consultato i
precedenti d' archivio, ve ne sareste avveduto, perchè avreste trovato traccia
di quel che andiamo a riferirvi. Sul finire del 1889, prima
ancora che il Parlamento discutesse il progetto di legge sugli istituti
pubblici di beneficenza, al Soprintendente della disciolta
Amministrazione balenò in mente il pensiero di concentrare nell' Ospedale
degli Incurabili gì* infermi dei nosocomi dipendenti dal R. Albergo dei
Poveri, Cesarea, Vita e Loreto. Era un pensiero, che,
attuato, aVrebbe potuto essere fecondo di grandi vantaggi per tutti e due
i colossi della carità napolitana. La S. Casa degl' Incurabili,
assumendo il ricovero e la cura degl' infermi del Real Albergo contro il
pagamento annuale della somma stessa, che questo spendeva per codesto
titolo, avrebbe profittato di tutta la differenza, che può derivare dalla
unificazione di un servizio duplicato. Le spese generali, come direbbe un
commerciante, pel mantenimento dei 300 infermi del R. Albergo, sarebbero state
interamente, o quasi, economizzate, perchè rispetto ad essi sarebbero
state sufficienti, o con qualche lievissimo aumento, quelle che sia si facevano
per gl'infermi della S. Casa* — L' insegnamento ne avrebbe risentito
senza dubbio il benefico influsso, perchè 300 letti di più avrebbero
allargato d' oltre un terzo il materiale clinico, ciò che avrebbe richiamato
un numero maggiore di studiosi in quel libero ateneo della scienza medica
napolitana, che il Soprintendente sognava di far assorgere al grado di
rivaleggiare senza svantaggio con T insegnamento ufficiale di
qualsivoglia Università d'Europa. Per l'Albergo dei Poveri il
disegno non era meno proficuo, perchè, liberandosi dalle cure proprie
degli istituti ospitalieri, avrebbe circoscritto i suoi fini al ricovero
dei vecchi inabili d* ambo i sessi ed all' istruzione ed educazione degli
adolescenti. Riacquistata la disponibilità dei vasti locali, occupati dai
tre nosocomi, esso avrebbe potuto curare V antica piaga, che rode
quella grande istituzione, e che le ha sempre impedito di dare i frutti,
che Napoli ha dritto di aspettarne, poiché avrebbe potuto separare
completamente la famiglia dei vecchi, corrotti, avanzi di pena,
incorreggibili, dalla famiglia giovane, educabile, la quale può produrre
operai per ogni mestiere, agricoltori, giardinieri, marinari etc., ed
aprire per tal via una corrente nuova di vita con elementi istruiti ed
educati nelle sfere inferiori della nostra popolazione. Tolti di
mezzo 300 letti, i locali avrebbero di molto superato i bisogni della doppia
famiglia dei vecchi e dei giovani, e rimanendone disponibile qualcuno,
poiché non per anco la crisi edilizia s' era allora dichiarata, avrebbe
potuto essere alienato a buone condizioni. Con ciò un fabbricato,
che per un istituto pubblico di beneficenza rappresenta una passività, perchè
soggetto alle tasse ed alla manutenzione, si sarebbe trasformato in
capitale fruttifero, atto a riequilibrare il bilancio del R. Albergo, se
ne avesse avuto bisogno. Ma perchè il pensiero del
Soprintendente si fosse potuto avvicinare air attuazione, era mestieri che la
S. Casa avesse avuto i locali necessari per ricevere i 300 infermi, che
il R. Albergo avrebbe dovuto affidare agli Incurabili.
Domandi lo scrittore della relazione ai suoi colleghi in Parlamento,
on.li De Riseis e De Martino, e saprà che il Governo del R.
Albergo," in seguito ad una accurata relazione del secondo, nella
quale ebbe la cortesia di rilevare, con una forma ben diversa dalla sua,
appartenersi l' iniziativa di quel progetto al Soprintendente degl'
Incurabili, il governo del R. Albergo, diciamo, prese una deliberazione che
commetteva ai due lodati gentiluomini V incarico di trattare col governo
della S. Casa. Sorse così la necessità di far procedere allo studio
dei progetti per le nuove costruzioni, che determinò la spesa di quella
somma, che il R. Commissario avrebbe dovuto trovare tutt'altro che
inutile, se dice sul serio a pag. 4, di voler procedere al raggruppamento
dei servizi ospedalieri della città. L' ampliamento, che esigerà cotesta
impresa, non può aver luogo altrimenti che sulla base di quei progetti.
Le trattative iniziate col governo del R. Albergo furono interrotte pel
sopravvenire della legge sulle Opere Pie, e per non essersi trovata
allora una via per regolare il trattamento d'un basso personale d'
infermieri, addetto agli Ospedali di quello, ma composto di ricoverati,
che non si poteva assumere dagl' Incurabili. Ciò non ostante le difficoltà si
sarebbero vinte sicuramente, se V una e 1' altra Amministrazione non
avessero dovuto, per le frequenti crisi, mutare e rimutare
governatori. Ma, posto pure che a nulla fossero approdate quelle
trattative, la necessità e 1' urgenza di ampliare i locali della S. Casa
s* imponevano e s' impongono a chiunque non è del tutto destituito di
sentimento umano. Il modo come sono allogati gl'infelici, affetti da tisi, è
tale che stringe il cuore a chiunque visita queir asilo di dolori, non leniti
da alcuna speranza. I reclami del corpo sanitario, insistenti, continui,
giustificati, non ispirarono al Soprintendente della disciolta
Amministrazione, il giudizio che hanno ispirato al R. Commissario intorno
al niun bisogno ed alla niuna urgenza di quei progetti ; ed egli,
non solamente non si pente di averli ordinati, ma, se fosse rimasto
in ufficio, li avrebbe certamente attuati. E questo per i progetti,
riferentisi alle nuove costruzioni ; quanto ai nuovi Ospedali, da
fondare, l'allusione è diretta in-^ dubbiamente alla succursale di Torre
del Greco. Ivi la S. Casa possiede un podere ed un vecchio edificio,
destinato principalmente agli idropici ed a coloro, che un tempo si curavano
con le stufe di vinacce, e poi, per tolleranza dell'
Amministrazione, agi' infermi che il Municipio del luogo vi manda a
pagamento, perchè non ha un ospedale proprio. Nella stessa
condizione di Torre del Greco, ossia senza ospedale proprio, si trovano le
finitime città di Resina, di Portici, di S. Giorgio a Cremano, di
Ponticelli e di Barra, e i loro infermi, affluendo a Napoli, gravano senza
corrispettivo i bilanci degli Ospedali di quest' ultima, perchè, come è
noto, non v'ha nelle province meridionali una legge che obblighi i comuni
al rimborso delle spese di spedalità. Trovar modo di
diminuire 1' aggravio, che i suddetti municipii producono al bilancio della S.
Casa, e far sorgere una nuova ed importante istituzione parve al
Soprintendente una iniziativa non indegna della sua sollecitudine.
Ed accarezzando codesto pensiero, immaginò una forma di consorzio,
pel quale i mentovati municipii con le rispettive Congreghe di Carità, così per
Y impianto, come pel mantenimento, avrebbero fissato la misura del
proprio concorso proporzionalmente al numero dei letti, che ciascuno avrebbe
richiesto pei rispettivi bisogni. La S. Casa vi sarebbe intervenuta col
nome, col corpo sanitario, con la farmacia, con la somma stessa che
vi spende attualmente e con la cessione del suolo. Poteva sorgere in tal guisa
un ospedale di duecento letti, che, costruito e disposto secondo le
ultime esigenze della scienza; con padiglioni segregati per le malattie
infettive e con una trentina di stanze a pagamento, principalmente pei
forestieri; servito dalle più grandi illustrazioni medico-chirurgiche,
sarebbe stato in quella incantevole posizione il nucleo vero d' una
interessantissima stazione sanitaria. Se le città concorrenti e l'
istituto promotore se ne sarebbero vantaggiate, non è mestieri
dimostrare, tanto la cosa è per sé stessa evidente. Si fu perciò che fu
commesso al Governatore prof, Giovanni Antonelli l'incarico di studiare
il problema, e di dare ad un ingegnere l' indirizzo scientifico pel
progetto d'arte che avrebbe dovuto risolverlo. V insigne uomo vi si
dedicò con amore, ed il progetto con la relazione si trovano ora nell'archivio
del Pio Luogo. Nocque all' idea 1' esser nata nel cervello d' un
uomo politico, perchè le bieche passioni di parte attraversarono a costui
siffattamente la via, che non gli fu possibile di tentare nemmeno di promuovere
il consorzio. Rimane non pertanto il progetto, ed il giorno, in cui
la bufera politica sarà passata, non vi sarà uomo di retti intendimenti, il
quale non troverà che la somma, occorsa per quel progetto, che potrà
esser sempre utilmente ripreso, fu spesa assai meglio di quella, che è
servita per dare alle stampe le tremila copie del libello famoso del r.
Commissario. Digitized by Google
— 19 — Restrizione del numero dei malati— Questo
signore, del quale non sapremmo dire se è maggiore V ignoranza o la
fallacia, aggiunge che " mentre si spendeva nei progetti e nelle
costruzioni, indicate di sopra, si lasciò che i maggiori risparmi s'introducessero
nel servizio dell' ospedale. a II quale fu ridotto ad un numero di
malati inferiore a quello che era in passato e che il Regolamento
prescrive. „ Se egli non avesse ignorato quel Regolamento, che cita
a sproposito, avrebbe saputo che, non dallo stesso, ma dall'articolo 1 1
dello Statuto organico, è stabilito, che hanno per anno, deliberandosi il
bilancio preventivo, il Consiglio d' amministrazione determina il numero dei
letti, che, secondo la capacità dei locali e la disponibilità dei mezzi
finanziari, ravvisa potersi mantenere nel corso dell' esercizio. — Se
avesse letto il citato articolo, avrebbe domandato la deliberazione
presa nella discussione del bilancio 1891 ed avrebbe trovato che il
numero degli infermi era stato fissato ad ottocento, mentre nell'
esercizio precedente era stato di ottocento cinquanta. — E se avesse
spinto più oltre le sue indagini, come ne aveva il dovere, prima di
scrivere ciò che scrisse, avrebbe appreso che la misura non poteva essere
più ragionevole. L' Ospedale degl* Incurabili, per una strana
antifrasi tra la sua denominazione e il suo Statuto, non può accogliere
che gì 1 infermi cronici di malattie curabili, ed è contro il suo
fine accogliere quelli affetti da morbi incurabili, per guisa che,
quando si constata che tale è divenuta la condizione d' un qualche infermo,
gli si dà la qualifica di depositario e lo si restituisce alla famiglia o
s' invitano le autorità municipali del comune, cui appartiene, per
mandarlo a rilevare (1). Nel corso del 1890 si verificò che cotesti
depositari erano mano mano giunti ad un centinaio, e poiché ciò
contraddiceva allo scopo dell' Opera Pia, in quanto che essi occupavano
letti, che potevano essere occupati da altri infermi, i quali con
pochi (1) Art. 546 del Reg. Gl'infermi dichiarati
insanabili, detti depositari, sono consegnati alle rispettive
famiglie. Se non abbiano parenti in Napoli, il Direttore ne informa
caso per caso la Sopraintendenza per richiedere le rispettive autorità
municipali di mandarli a rilevare. giorni di degenza potevan guarire,
fu dato ordine alla Direzione di rientrare nell* osservanza del Regolamento,
fateendo sgombrare i letti dai depositari. — Havvi in archivio una voluminosa
corrispondenza coi Sindaci, col Prefetto, e col Questore di Napoli, che si
riferisce a tale argomento e che il r. Commissario non ha letta.
Sbarazzate le sale dai depositari, la forza fu diminuita di
cinquanta infermi e si rimase così nei limiti del numero ordinario di quelli
che effettivamente la S. Casa ha obbligo di ricevere. Non è vero
dunque che il numero degF infermi fosse stato ridotto al di sotto di
quello che il Regolamento, ossia lo Statuto, prescrive ; ed è men vero ancora
che fosse ristretto a settecento. Il regio Commissario non sa
che neir Ospedale si compilano i quadri della statistica mensile : glielo
facciamo saper noi. Li consulti; li metta a raffronto coi registri e se
egli riuscirà ad indicarci una sola giornata, nella quale il numero degli
infermi sia stato di 700, noi ci obblighiamo a far onorevole
ammenda ed a proclamarlo un uomo di buona fede. Riduzione di
spesa pel mantenimento degli infermi. — Quanto abbiamo detto basterebbe a
dimostrare che la riduzione di L. 28,000 nella cifra stanziata nel
bilancio preventivo del 1891, pel mantenimento dei malati, era una
conseguenza diretta e necessaria della riduzione del numero dei letti. Ma
non vogliamo contentarci di questa sola risposta, perchè abbiamo da darne
un' altra ancor più calzante. Per T esercizio 1889 era stata
prevista pel vitto degli infermi la spesa di lire 160,000, delle quali si
trovarono spese in meno a chiusura di conto lire 16,057,07 ; e perciò la
previsione si riconobbe eccessiva per una somma eguale (Vedi doc. V
allig. al ricorso. Relaz. del Segretario Generale sul conto 1889,
pag. 28 air art. 22 Appalti). Il conto deir esercizio
suddetto fu dato il 3 agosto 1890, vale a dire, circa un mese prima che
si deliberasse il presuntivo del 1891, e per conseguenza le previsioni furono
commisurate alle risultanze di quello. Ora il regio Commissario avrebbe
riputata prudente la condotta della disciolta Amministrazione, se, non ostante
la provata eccedenza del preventivo per 850 infermi, avesse mantenuti invariati
gli stanziamenti, anche quando il numero veniva ridotto ad 800.
E dire che l'Italia s' abbia a dibattere nelle angustie d'una crisi
economica e finanziaria così intensa e così prolungata, mentre possiede
un genio di questa forza che potrebbe salvarla. — La soppressione
del vino e Y alterazione della vittitazione — u Per gì' infermi
ridotti a così scarso numero con inopportune u ed insane (!) economie fu
alterata la vittitazione — così conu tinua il libello famoso — e quindi per
ordine dell' attuale Diu rettore, con autorizzazione del Governo della Pia
Opera, fu u soppressa totalmente la distribuzione normale del vino,
che u il Regolamento prescrive tassativamente fra V alimentazione u
ordinaria; e fu mantenuto in proporzioni molto tenui il quanu titativo del
cibo, che a ciascuno era fornito. „ Dalle trascritte parole ognuno
avrà compreso che si calunnia il Regolamento, prestando agli egregi uomini, che
lo compilarono criteri, che non ebbero, né potettero avere. A loro
non passò mai pel capo, che con ogni specie d' infermità fosse compatibile V
uso del vino, sicché potessero berne senza pregiudizio i cardiaci al pari
dei tubercolotici, quelli affetti da malattie dell' apparecchio
genito-urinario, come i colpiti da lesioni violente: da commozione cerebrale,
etc. E non poteva cotesta stranezza passar loro pel capo in
quanto che non mancarono di farsi assistere, come risulta dalla relazione
che precede il Regolamento stesso, da un' apposita Commissione Sanitaria,
che li avrebbe certamente trattenuti dal prendere il dirizzone che loro
attribuisce il r. Commissario. — Lo legga dunque il Regolamento, o lo legga
meglio, se non lo lesse bene la prima volta, e troverà a pag. 268 la tabella
indicativa della razione giornaliera per gì' infermi nelle sale comuni ed
in quelle a pagamento, e nell' angolo a destra, destra della pagina, tra
le annotazioni generali per tutti gl'infermi, vedrà 1' ultima segnata con la
lettera A così concepita: la razione del vino è data solo quando è
prescritta dal medico ! Richiami, dopo di ciò, le mappe della vittitazione
giornaliera, riferentisi all' epoca della quale parla, e se un qualche
morbo non gli ha offeso la retina, leggerà che i professori, non a
tutti gì' infermi indistintamente, permisero Y uso del vino, ma solo ad
alcuni, così come si fa pel latte, per le aranciate, granite e limonate.
Quando avrà fatto cotesto esame si persuaderà che, non dalla
passata Amministrazione, ma da lui è stato violato il Regolamento del P. Luogo
e quello del senso comune ! Per le proporzioni molto tenui del
quantitativo del cibo il r. Commissàrio avrebbe dovuto sapere che esse
non si determinavano dall' Amministrazione, ma dalla tabella annessa al
Regolamento ed esistente alla citata pagina 268. Per constatare poi se il
Regolamento si osservava dalla dispensa e dalla cucina doveva richiamare le
mappe speciali di ciascuna. sala, e quella generale di tutte; confrontare
le prescrizioni mediche con le emissioni della dispensa e con le ricevute
della cucina; e se avesse trovate non regolari le liquidazioni, allora
avrebbe avuto il diritto di parlare, altrimenti avrebbe fatto meglio a
tacere (1). (1) Art. 642. Compilata la mappa, il capo-sala
la rassegna allo esame ed alla firma del professore, e poi ne dà
comunicazione all' ufficiale liquidatore. 643. L'ufficiale
liquidatore, riunite le mappe di ciascuna sala, le esamina attentamente
per accertare lo effettivo numeri) degli infermi presenti, tenuto conto
degli esistenti nel giorno precedente, di quelli ricevuti in giornata e
degli usciti e trapassati, e compila lo stato di giornata del movimento di
tutti gì' infermi. 644. Riconsegna poi le mappe di ciascuna
infermeria ai rispettivi capi-sala per servir loro di riscontro nella
distribuzione del vitto: ed essi ne fanno l'indomani trasmissione all'ispettore
contabile. 643. Liquidato l'effettivo numero degl'infermi presenti,
l'ufficiale liquidatore lo ripartisce sul modello in istampa, approvato
dalla Soprintendenza, in distinte categorie, secondo il trattamento disposto
dai- professori di razioni intere ed a metà, di dieta lattea e di ogni altra
somministrazione straordinaria. 647. In conformità del risultato di
verificazione di cui all'art. 643, lo ufficiale liquidatore rilascia,
coll'approvazione del Direttore, le richieste ai capi-sala per rilevare
il pane dalla dispensa a mezzo dei serventi, e comunica alla dispensa stessa ed
alla cucina le quatti ita e le qualità delle somministrazioni, tanto per
la mattina, che per la sera, notando parimenti le quantità del
sale Violazione del contratto per la fornitura della carne — Ma
se errò per ignoranza nel formulare le accuseche precedono, non si
può dire altrettanto per V addebito relativo al contratto della carne.
Egli scrisse che " con deplorevole condiscendenza s' era permesso al
fornitore della carne, violando il contratto di appalto, che avesse dato
in vece della carne di manzo, quella cosidetta di maglione „. Noi non
troviamo la parola adatta a definire cotesta asserzione: quella che ci
verrebbe sotto la penna, non vogliamo scriverla. Né può
esimerlo dallo stigma che avremmo diritto di infliggergli T aver citato in
pruova della sua assertiva le dichiarazioni di anonimi malati, usciti dall'
Ospedale, quando il fatto affermato poteva e doveva esser dimostrato
dalle dichiarazioni delle Suore, che sovrintendono alla cucina, e
ricevonsi ogni giorno la carne; da quelle dell' Economo, che dee
presenziare air immissione e respingere i generi, se non
corrispondono ai contratti, non meno che da quelle dell'Ispettore
contabile, che ha il dovere di controllare la qualità e le quantità dei
generi stessi (1). e del condimento corrispondente alle proporzioni
di regola, fissate dall'Amministrazione. Art. 64S. Il vitto è
trasportato dalla cucina alle infermerie ed è somministrato agli infermi per
cura dei rispettivi serventi. I capi sala e le suore di carità
vigliano la distribuzione, onde siano esattamente osservate le prescrizioni dei
direttori di sala. (1) Art. 064. Il servizio della cucina è
affidato ad una suora di carità o ad apposito cuoco con quel numero di
basso personale che il Consiglio creda competente. Art. 668.
La persona preposta alla cucina, suora o cuoco, deve rifiutare i generi,
che non le risultassero di buona qualità, facendone rapporto al Direttore.
Art. 104. L'Economo ha obbligo di verificare l'immissione dei generi,
di esaminarne la qualità e quantità e non deve autorizzarne il
ricevimento, se non quando siasi accertato che essi corrispondono
esattamente ai campioni ed alle condizioni dei contratti per le qualità'
ed alle richieste per le quantità'. Art. 96 Egli (l'Ispettore
contabile) adempie al disposto negli articoli 644, 646, 649, 714 e 718,
ed ha incarico precipuo di verificare la esattezza dello stato generale
della visitazione giornaliera etc, che i generi che si forniscono dagli
appaltatori, o di ufficio dell' Economato, rispondano per qualità e quantità al
disposto dell'art. Il raccomandare le proprie asserzioni ad ipotetici
infermi usciti dall'Ospedale rivela, o che non si ebbe la temerità d'interpellare
per iscritto, come doveasi, coloro che avrebbero potuto dar le vere notizie; o
che s' ebbe il coraggio di nasconderne le dichiarazioni. Neil' un caso o neir
altro, si può esser più ameni ? Eppure il r. Commissario lo è
stato. In fatti quest' accusa era andata su pei giornali della Prefettura,
come una delle più maravigliose scoperte del r. Commissario, che si sarebbe
affrettato ad informarne P Ill.mo Sig. Prefetto. Allora dai componenti
della disciolta Amministrazione si fece notare che era una brutta e
sciocca invenzione, perchè all'Ospedale non era entrata mai carne di maglione
odi buffala, come pure allora si diceva; essersi invece dato il manzetto,
che è un genere di carne migliore del manzo. Ed a questo proposito si
faceva notare altresì era stato incaricato il Direttore della Farmacia.
Prof. Reale di fare il confronto tra il valore nutritivo del brodo di
manzo e del brodo di manzetto. — Il r. Commissario, in seguito di ciò,
ebbe, per bontà sua, la magnanimità d' interpellare il Prof. Reale, che gli
rispose in iscritto esser vero che la disciolta Amministrazione gli aveva
dato 1' incarico di far 1' analisi comparativa dei due brodi, di
averla egli fatta e di aver trovato che quello di manzetto era più
nutritivo (1). Ed // Paese, organo della Prefettura e del r.
Commissario, Di conseguenza, tutti gli atti, relativi agli indicati
movimenti, non possono considerarsi per le liquidazioni dei conti in
danaro, se non siano mun ti del visto di riscontro dell' Ispettore
contabile. Art. 97. L' Ispettore deve apporre il visto suddetto
ogni volta che non abbia ad osservare irregolarità. (1) Al
pubblico, e non al R. Commissario, che li ha letti, facciamo sapere che i
rapporti del Prof. Reale, diretti al governatore del carico, cav.
Cosenza, hanno le date del 27 e 29 Aprile ultimo, e che il primo prese il
n. di protocollo alla ricezione 1701, e 1' altro 1738. Da questo
fatto si può giudicare che, se si negarono al Soprintendente della
disciolta Amministrazione le copie legali dei documenti, ciò si fece per
poter diffamare a proprio libito, senza preoccupazione di possibili
smentite. agli 8 ottobre ultimo, anno III, n. 278, pubblicò' la lettera
del chiaro Professore, concepita nei seguenti termini :
" Ottemperando alle orali disposizioni della S. V. IlLma, mi u
pregio di rassegnarle quanto appresso : u Incaricato dal Governo di
questa Santa Casa, sottoposi " ad analisi il brodo fornitomi dalla
cucina della Pia Casa. u Con rapporti del 24 (è un errore, deve dir
27) e del 29 " aprile di questo anno dettagliatamente mostrai i
risultamenti u delle mie analisi, epperò la composizione dei brodi esamia
nati etc. etc. „. Dopo di ciò, la realtà del fatto non si poteva
più revocare in dubbio, ed il giornale, per non mostrare d' essere stato
accoppato addirittura, chiudeva il suo articoletto di cronaca, rivolgendo al
Prof. Reale le due seguenti interrogazioni: a Crede egli d' aver
analizzato due brodi dell'identico tipo ? — " cioè ottenuti da
quantità uguali ed in modo uguale ? „ Ora il r. Commissario scrive
che il signor Reale ha espressamente dichiarato, non solo di non aver
manifestato l'opinione che manifestò, ma di non esser stato mai
interrogato su tale questione. Ci vuole una bella faccia! Chi
scrive non sa se la carne di maglione sia poco o molto dura, perchè è la
prima volta in vita sua che ne sente parlare. La relazione dice che è
durissima, ma v'è da scommettere cento contro uno che non supera quella della
faccia dell' on. r. Commissario. In ultimo la relazione afferma
" che dalle dichiarazioni, fatte dallo stesso fornitore signor
Pirozzi, è risultato che si era prescelta quella qualità di carne per un
sentimento di malintesa economia. „ Se son vere coteste
dichiarazioni — e noi protestiamo di non credervi, perchè il Pirozzi,
nella sua modesta condizione di beccaio, è uno dei più onesti
galantuomini del mercato di Napoli — chi scrisse la relazione dev' essere
persona d' una. . . . ingenuità della forza di cento cavalli.
Come ? Se s' era permesso con deplorevole condiscendenza al
fornitore della carne di violare il contratto, non è da pensare che egli
si prendesse cotesta licenza nell' interesse della S. Casa. L' economia
dovrebbe averla fatta lui: eppure, a dare ascolto al r. Commissario, egli
proprio, il Pirozzi, gli avrebbe rivelato che era stata inspirata da un
malinteso sentimento! Pel Pirozzi sarebbe stato altro che ben
inteso. Il r. Commissario poteva dar la pruova del fatto asserito,
se avesse avuto i più elementari rudimenti di cose amministrative e
doveva darla, una volta che il fatto lo aveva asserito. Egli non avrebbe
avuto che a richiamare le liquidazioni dei conti del Pirozzi, e a
rilevare dalle stesse se la carne era stata a costui pagata in conformità
dei contratto, mentre ne aveva fornito di qualità inferiore allo stabilito. In
questo caso si sarebbe verificato un furto patente, nella consumazione
dei quale non potevano non esser coinvolte le suore addette alla cucina,
l'Economo dell' Ospedale, e V Ispettore contabile: ed il r. Commissario doveva
denunziarli al potere giudiziario insieme al Pirozzi ed ai componenti
della disciolta Amministrazione, se il fatto era seguito col loro
consenso. Se non l'ha fatto o se noi fa, egli dà la pruova d'essere....
quello che è. Se poi -le liquidazioni si son fatte sul prezzo della
carne di maglione, la responsabilità è della Ragioneria — di quella Ragioneria,
che ha avuto le lodi del relatore (p. 27), mentre essa, se non presenta un
ordine scritto del Soprintendente o del Governo, che a ciò la autorizzava,
avrebbe proceduto a rovescio del suo dovere, passando sopra al contratto.
E in questo caso il r. Commissario, lungi dal far gli elogi del Ragioniere,
dovrebbe avere il coraggio di destituirlo. II r. Commissario però
non fa né questo né quello, perchè sa di non poterlo fare, essendo la sua
una vera innegabile e cosciente... inesattezza. Biancheria e
casermaggio — Veniamo ora al servizio della biancheria e del casermaggio
" ridotto nelle più squallide condizioni, perchè la disciolta
Amministrazione, non avendo per due anni consecutivi speso quasi nulla
per lo acquisto di detti generi, la scorta precedentemente esistente s'
era venuta assottigliando di giorno in giorno. I mobili, i letti e le
matarasse sono in pessima condizione e per mancanza di lenzuola non
possono bene spesso rifarsi i letti agli ammalati. „ A prescindere
dalla smaccata esagerazione, con la quale è Digitized
by Google presentata la suesposta accusa,
convien rilevare, per rispondervi, che T ultima provvista di biancheria fu
fatta nel 1887, e doveva servire, non solo per detto esercizio, ma anche
pel successivo del 1888, Nel maggio del 1889 air
amministrazione del sig. conte Spinelli succedette quella del sottoscritto, il
quale trovò, com'era naturale, deliberato ed in gran parte speso od
impegnato il bilancio preventivo. In questo, air art 25, era stanziata
per biancheria una cifra di lire 25,000, la quale, come risulta
dalla citata relazione del Segretario Generale, fu quasi
interamente spesa, poiché, a chiusura del conto, non si trovò che un residuo
di lire 705.63. Deliberato il bilancio del 1890, calcato sulle
stesse orme di quello precedente per le ragioni esposte nella nota,
diretta il 16 maggio 1890 all' Illustrissimo signor Prefetto Codronchi,
il sottoscritto ed i suoi colleghi, dal modo imbarazzato, col quale
procedeva il servizio di cassa, si accorsero che le condizioni economiche
dell' istituto, a loro affidato, non eran quelle che avevan creduto
dapprima. Istituite perciò delle indagini sopra ogni singolo ramo
di servizio ebbero ad intravedere che il bilancio della S. Casa era travagliato
da un disavanzo di circa lire 170,000 Queste circostanze il r.
Commissario avrebbe potuto rilevare dall' incartamento relativo ai conti,
nel quale si legge la sopradetta nota del 16 maggio 1890 (V. alligati al
ricorso doc. IV, p. 17), che fu il primo grido d 1 allarme dato dal
Soprintendente Vastarini-Cresi. Da quel momento il Governo del P. Luogo
diede opera allo studio diligente ed accurato dei conti; rimasti indiscussi,
1887 (secondo semestre) 1888 e 1889, per avere al più presto il concetto
preciso della vera condizione finanziaria dell' Istituto; e, com' era ben
naturale, si tennero stretti i cordoni della borsa, e s'andò spendendo
con grandissima parsimonia il bilancio del 1890, sopratutto in quegli
articoli che portavano i maggiori stanziamenti, tra' quali era pur quello
relativo alla biancheria. Alla chiusura del conto 1890 si trova in fatti
che della cifra stanziata rimasero non erogate lire 17,632,55.
A tre agosto 1890 soltanto, con la deliberazione che approvava i conti
dei tre esercizii anzidetti 1887, 1888. e 1889, si potè veder chiaro nella
situazione, e cessò la ragione dell'incedere prudente e riservato nelle
spese. Ma, se a quella data i dubbi della situazione eransi
dileguati, l' Amministrazione s' era venuta sciogliendo. Il cav. GaetanoSavarese,
per gli affari del suo commercio era rimasto lungamente a Parigi, ed al suo
ritorno si credette in dovere di rassegnare le proprie dimissioni da
Governatore. Il conte Ludolf, o poco prima o poco dopo di lui, aveva
fatto altrettanto. Il Prof. Giovanni Antonelli intervenne per V ultima
volta in ufficio per prender parte alla deliberazione del 3 agosto e per
mera deferenza personale al Soprintendente. Non rimasero in carica
che quest' ultimo e il cav. Lo Savio, i quali a 4 settembre 1890, prima
ancora che giungesse in Napoli il comm. Basile, per prendere il posto del
conte Codronchi, tramutato in Milano, si affrettarono a spedire le
proprie dimissioni (Ved. doc. XVII allig. al ricorso pag. 77).
Non ricevendo alcuna risposta, il Soprintendente a 20 settembre rinnovò
le sue preghiere all' illustrissimo signor Prefetto, perchè prendesse
atto delie date dimissioni e provvedesse alla ricostituzione dell'
Amministrazione (V. doc. XVIII alligato al ricorso pag. 78).
Se il sottoscritto dicesse oggi che, essendo dimissionario, non
credette d' avere il diritto di trattare un affare così importante come
era la rifornitura del casermaggio e delia biancheria, il r. Commissario
che, certo misura dalla propria 1' altrui buona fede, e che, gestore
temporaneo con mandato d'una legittimità molto discutibile, non esita ad
affrontare la responsabilità d'un prestito di mezzo milione, sorriderebbe
d' incredulità. Ma chi scrive lo disse allora, il 20 settembre 1890,
nella chiusa della citata lettera "... io son costretto a far
deliberazioni di ur* genza per una parte, e per un' altra a rimandare molte
cose " importanti con detrimento degli interessi dell' Istituto.
„ AH' Illustrissimo signor Prefetto piacque di prolungare per
ben quattro mesi la situazione anormale della S. Casa, e più ancora V
avrebbe prolungata, se il Vastarini-Cresi non gli avesse rotti gli alti
sonni nella testa il 17 dicembre 1890 (V. doc. XIX allig. al ricorso p.
79) e se non si fosse tolto, per giunta,. la briga di chiedere il
concorso di quattro gentiluomini, ai quali ha il rimorso d'aver procurato
tutte le molestie, che si ponno subire, quando s* ha a combattere con V
inurbanità e la malafede. Per le ragioni sovraesposte, gli
strali, che al r. Commissario hanno temprato un Ragioniere ed un
Segretario di prefettura, e che egli, grottesco Griso del fiero
Innominato, crede di avventare suir aborrito capo dei Vastarini-Cresi, vanno a
colpire in pieno petto la venerata persona del Comm. Basile. Meno
male che il r. Commissario " ritiene presso di sé una tovaglia,
rinvenuta nelle stanze degli ammalati a pagamento, e che vuol conservare
a memoria a" imperituro disdoro^ certamente del Prefetto, che fu
causa che la biancheria non si rifornisse, perchè con essa potrà asciugare il
sangue e fasciar le ferite che gli ha prodotto per aberrazione di colpi !
Invece, della lancia, sarà la tovaglia di Achille (Basile), che ferisce e
sana ! Ma tutta cotesta lunga storia, ci si potrà dire, non
riguarda che il 18 C X), e, dato pure che vi si mandi buona, essa giustifica
un' Amministrazione che non è quella che è stata sciolta. Ora voi
dovete giustificare l'Amministrazione nominata il 31 dicembre 1890, che è
rimasta in ufficio fino al 4 settembre 1891. Che cosa ha essa fatto
per provvedere alla biancheria ? Se non era il r. Commissario non si
sarebbe nemmeno saputo che il Grande Ospedale versava in quelle angustie.
— La negligenza per questa parte indubitabilmente è grave; e non si
limita soltanto alla biancheria ed al casermaggio. Se non era
quella mente di aquila del r. Commissario, la disciolta Amministrazione
avrebbe esaurito il periodo sessennale della sua gestione e non avrebbe pensato
alle sale di operazioni segregate, come ci ha dovuto pensare lui, per non
far sentire agli altri ammalati le grida strazianti dei paziente.
E non e' è che lui, il quale abbia pensato " ad una distribuzione
razionale e sicura degli ammalati nei varii reparti, per evitare lo
sconcio, da lui riconosciuto, di veder confusi tra gl'infermi comuni, alcuni
affetti da tubercolosi e simili,,. Non e' è che lui, che abbia
pensato u ad invitare la commissione sanitaria a guardare il modo come trovansi
aerate le sale, studiando se sia il caso di adottare per alcune di esse
o per tutte appositi ventilatori, non senza badare alla tenuta dei
cessi e della loro disinfezione. „ Non e' è che lui, che " ha
creduto di migliorare col nuovo bilancio la condizione dei salarii al
personale degli inservienti e delle camminanti : e a quest' ultime (che
ne erano prive e non aveano facoltà di uscire, e non son morte) ha dato
il vitto ogni giorno ed ai primi il vitto solamente nei giorni di
guardia: „ Non e' è che lui, che abbia pensato u a nominare una commissione
di professori sanitari e di un illustre ingegnere (sic) per istudiare un
piano regolatore per i diversi servizi e per i definitivi adattamenti
dell' Ospedale affinchè questo, mentre intende a raggiungere lo scopo
umanitario, sia altresì condotto (sic) all' altezza dei progressi
scientifici e civili (sic) richiesti dall'odierna coltura! „.
Non e' è che lui, il quale " abbia fatto notare al signor Prefetto,
che probabilmente lo ignorava, come e qualmente la S. Casa, mentre
appresta agi' infermi la cura ospedaliera, fornisce del pari alla
gioventù studiosa il mezzo di compiere la propria cultura (sic)
professionale, mediante il suo (di chi ?) vasto materiale clinico !
Non e' è che lui ! Non e' è che lui ! — O Scarpetta, quante volte,
nel leggere la relazione del r. Commissario per la temporanea gestione della S.
Casa degli Incurabili, la tua figura, sbucando tra le carte, che
ingombrano il mio scrittoio, come le tentazioni nel quadro del S. Antonio
di Morelli, mi guarda con quel sorriso tra lo scemo e il malizioso che ne
costituisce la nota caratteristica, e mi ripete: Non e' è che lui ! non
e' è che lui! E T illusione per un momento mi esilara e mi
rinfranca; ma poi di nuovo la penna, impotente a tradurre con la parola
il sentimento d'infinito disprezzo che m* invade, freme sulla
carta; perchè non sa lasciarvi scorrere i feroci giambi di
Archiloco. Alle iniziative ed ai meriti, che il r. Commissario con
tanta modestia si attribuisce, non v' è che una lieve osservazione
a fare, ed è quella che si desume da una deliberazione, presa dalla
disciolta Amministrazione il 17 giugno ultimo sovra un rapporto del
Direttore dell' Ospedale, sig. cav. Gaetano Antonella Riportiamo qui il testo
della prima ed in alligato quello del secondo, avendone, per fortuna, il
Governatore Cosenza, che concorse largamente a ciò che forma il tema
dell' una e dell' altro, conservato le copie tra le sue carte.
Se il r. Commissario — e non ci parrebbe strano — volesse
contestare V autenticità dei due menzionati documenti, tuttoché non ne ignori V
esistenza in archivio, ed ha provato di non ignorarla, saccheggiandoli,
sarà utile che sappia altra copia del rapporto del Direttore trovasi nelle mani
del chiarissimo prof. Cardarelli, che potrà anche informarlo da chi,
perchè, come e quando la ricevette. Ciò premesso, ecco la
deliberazione: u Presenti il funzionante Sopraintendente cav. Lo
Savio e i governanti comm. Trinchese e cav. Cosenza — assistiti dal Segretario
Generale barone De Marinis. " Vista la elaborata relazione del
Direttore di questo Ospedale in data 16 corrente mese, con la quale da una
parte si rassegnano diverse proposte per provvedere: a) air
igiene dei locali: b) alla buona manutenzione: e) al
miglioramento della casa di salute per gli infermi a pagamento:
d) della casa di maternità: e) della cucina: della
Direzione Ospedaliera; g) della sala di medicatura; h)
della formazione di nuovi locali per stanze d'isolamento, per stanze di
ricezione, per la sala idroterapica e per le consultazioni gratuite; e da
altra parte si riferisce sul bisogno di provvedere il nuovo casermaggio e sui
mezzi più acconci per attuare questo intento, senza apportare alcuno spostamento
al bilancio della pia Opera. „ Ritenuto il pregio e V importanza
del detto lavoro e riconosciuta 1' utilità di seguirne le tracce: a
Ritenuto che in quanto alla prima parte, si rivela opportuno di procedere con
un piano regolatore, commettendo ad un ingegnere l' incarico di compilare
un regolare disegno estimativo per T attuazione delle sopraindicate molteplici
proposte; Ritenuto che in ordine alla seconda parte, è necessario
per procedere all' appalto per la provvista del nuovo casermaggio, e
per dismettere tutto il vecchio materiale inutile, un regolare
capitolato, da redigersi da persone competenti sotto tutti i
rapporti; " DELIBERA u 1° Esprimere la più sentita
soddisfazio ne al Direttore per la pregevole relazione, diretta a questo Consiglio,
sui più importanti miglioramenti da apportare all' opera ospedaliera.
" 2° Commettere al Soprintendente di far compilare da un
ingegnere, che egli crederà prescegliere, il piano regolatore col
progetto indicativo della spesa occorrevole alla relativa attuazione in base
alle proposte contenute nella relazione suddetta. fc 3° Commettere
ad una commissione, presieduta dal Governatore del carico cav. Cosenza e
composta dal Segretario Generale di quest* Amministrazione e dello stesso
Direttore dell' Ospedale, l' incarico di compilare un capitolato che
possa servire di base all'appalto pel nuovo casermaggio „. Or
come si vede dalla riferita deliberazione, ed an che meglio dalla Relazione del
Direttore, che si legge in alligato, non erano indispensabili gli sforzi
di quel poderoso intelletto del regio Commissario per discoprire i
bisogni dell' Ospedale e per proporre i mezzi di accorrervi. Quello che
sarebbe stato comandato dalla più elementare decenza, era di non tradire
la verità col manifesto fine di far emergere la propria persona,
diffamando, con la circostanza aggravante del mandato ricevuto, altri, che
tenea modestamente a fare il bene senza plagii e senza gran cassa.
La somministrazione delle medicature antisettiche — Un ultimo addebito la
relazione del r. Commissario rivolge alla disciolta Amministrazione per ciò che
tiene al servizio ospedaliere e vogliamo riferirlo con le parole testuali della
relazione medesima: a Un altro fatto gravissimo, tollerato
dalla disciolta Am" ?nini s tra sione a danno degli infermi ho trovato
nella somu ministrazione delle medicature antisettiche, la quale è
affidata u ad un appaltatore per V annuo corrispettivo di lire
dodicimila. Tale servizio procedeva nel modo più irregolare che
possa " immaginarsi, sia perchè i preparati più costosi non
venivano " forniti addirittura, sia perchè quelli che erano
apprestati non " solo erano di pessime qualità, ma ancora di
quantità infeu riore a quella richiesta. u Tutto ciò ho assodato
non pure di persona (?), ma anche u dai reclami di molti professori,
Direttori di sale chirurgiche " e delle suore della Carità, preposte
a tale servizio, e sopra" tutto da un rapporto del Professore Annibale di
Giacomo, " direttore primario della sala delle lesioni
violente. u E debbo aggiungere che questo appaltatore è un impieu
gato stipendiato della S. Casa, che avrebbe dovuto prestare "
servizio in qualità di farmacista, ma per i favori che godeva "
facilmente si esimeva dai suoi obblighi, e tutto ciò mentre " il
Regolamento vieta in modo assoluto agli impiegati di con" correre o
prender parte agli appalti di qualsiasi natura „. Innanzi tutto ci
sia permesso di rilevare che, se rispondesse alla realtà dei fatti,
quanto afferma il r. Commissario, ci troveremmo di fronte ad un vero e proprio
reato, qual' è quello preveduto dall' articolo 321 del codice penale, che
suona così: " Chiunque essendo autorizzato alla vendita di
sostanze medicinali, le somministra in ispecie, qualità o quantità non corrispondente
alle ordinazioni mediche o diversa da quella dichiarata, o pattuita,. è punito
con la reclusione sino ad un anno e con la multa da lire cinquanta a
cinquecento. „ Cotesto reato, a prescindere da tutte le prove che
si ricordano nella relazione, il r. Commissario V ha assodato di persona
in tutte e tre le forme, in cui si è palesato, cioè nel non fornirsi a
dirittura i preparati più costosi, nel dar quelli, che si fornivano, di
pessima qualità, nel darli di quantità inferiore a quella richiesta.
Tutto ciò ho assodato di persona, egli dice. Or, ciò non ostante,
il r. Commissario non ha denunziato al potere giudiziario il fornitore ed
i suoi complici,; che, come vedremo, sarebbero stati parecchi; anzi non ha
nemmeno intentato contro di quello un giudizio civile per la risoluzione del
contratto ed il risarcimento dei danni. Che vuol dire ciò? — Una
cosa soltanto: che il r. Commissario sa di non aver detto il vero. Ed eccorie
la dimostrazione limpida, matematica, irrecusabile. Allorquando entrò neir
amministrazione il sottoscritto, trovò che il suo predecessore aveva
concesso a trattativa privata la fornitura a cottimo delle medicature
antisettiche al signor Alfonso D' Anna, che è precisamente il fornitore, che la
relazione presenta nel modo accennato di sopra. Siccome il
Vastarini aveva ed ha pel signor conte Spinelli, e pei suoi colleghi d'
Amministrazione, tra i quali vi era nientemeno che il comm. Francesco Saverio
Correrà (un secolo di probità e di dottrina!), non già la stima
ordinaria, che si ha per ogni galantuomo, ma quel rispetto che s'
avvicina alla venerazione, tenne per criterio direttivo dei suoi giudizii sugli
atti dei suoi predecessori, che nulla vi potesse essere che. non rispecchiasse
la più alta ed incontestabile moralità. E molti provvedimenti, dei quali non
poteva raccogliere dagli incartamenti la motivazione; li confermò sulla
considerazione che non potevano non essere giusti ed equi. Di tal natura
ritenne che fosse il contratto stipulato col D'Anna, prima d' essersi
informato della ragione òhe lo aveva determinato ; e se ne confermò,
dopo che T ebbe conosciuta. Essa gli risultò essere stata questa, che nell'anno
precedente al contratto medesimo, quando i generi di medicatura si
fornivano a consumo e non a cottimo, erasi constatata una spesa di L. 24000,
mentre il D' Anna offrì di fare servizio e lo lece per sole 12000.
Il d'Anna, anche allora, figurava nella pianta degli stipendiati in
qualità di farmacista del P. Luogo, ma non è altrimenti vero che per i
favori che godeva si esimesse dai suoi obblighi. Egli invece non prestava sotto
V amministrazione Spinelli, come non ha prestato sotto la amministrazione
Vastarini, il servizio di farmacista, perchè comandato a soprintendere
al forno. E neir esercizio di questa funzione egli portò tale una
diligente e coscienziosa sorveglianza, che la spesa pel panifìcio, che
era di L. 500 mensili, discese a sole 300, dal giorno in cui il D' Anna
se ne ebbe ad occupare. Il r. Commissario non ha che a riscontrare
in contabilità i documenti e si convincerà della verità di quanto
affermiamo. Scaduto il termine del contratto, stipulato dal D'Anna
colT Amministrazione Spinelli, alla fine del 1890, furono banditi gì'
incanti per la fornitura delle medicature antisettiche, come per ogni
altra provvista; fu indicata, come base dell'asta, la somma stabilita nel
contratto scaduto; ma non vi fu gara. All' infuori del D'Anna,
nessuno si presentò per la concessione dell' appalto. In tale stato di cose non
vi erano che due soluzioni del problema: o ripigliare il servizio in
economia con l'eventualità, più che certa, di ritornare al consumo di L.
24,000; od accettare la offerta del D'Anna, esaminando i documenti,
in base dei quali egli chiedeva d' essere autorizzato ad assumere f appalto,
quantunque fosse uno stipendiato del P. Luogo. Egli esibì i documenti
stessi, che aveva esibiti al conte Spinelli. Erano certificati di
parecchi Professori, che, letti dal Vastarini, lo determinarono così come
avevano determinato lo Spinelli, a concedere la domandata
autorizzazione. Ora che di ciò è piaciuto al r. Commissario
plasmare un'accusa, il Vastarini ha richiesto al D'Anna quei documenii
per farne argomento della propria difesa, e il D'Anna glieli ha
fatto tenere con 1' aggiunta di due altri, che meritano 1' onore d' essere
intercalati nel testo di questa risposta. Dei detti certificati,
due furono rilasciati in settembre del 1881 dai professori di chirurgia
Folinea e Mazziotti ed uno il 27 agosto dello stesso anno dal signor
professore Annibale Di Giacomo, direttore primario della Sala delle lesioni
violente, come dice la relazione, per renderne più ponderosa V autorità.
I signori Folinea e Mazziotti attestavano d'essersi serviti per le
rispettive cliniche chirurgiche delle medicature Lister dal sig. Alfonso
D' Anna e d' averle trovate di ottima qualità e perfettamente corrispondenti
allo scopo. Il prof. Di Giacomo poi certificava, ed il documento è
tutto di pugno del lodato Professore, u che gli oggetti di medicau tura
alla Lister, che vende il farmacista d'Anna, sono di otu tima qualità ed
identici a quelli che adopera lo stesso Lister a a Londra (!?!), come
avea potuto convincersi dal nome della u Casa inglese, dalla quale li
ritirava il D' Anna, non che in u parecchi casi di operazioni, nei quali
egli (il Di Giacomo) u li aveva adoperati. " Ed in fede
etc. etc. „ (1) (1) I certificati anzidetti trovansi presso il
sottoscritto, che è pronto a mostrarli a chiunque avesse vaghezza di
esaminarli. Sarebbe deplorevole che il prof. Di Giacomo avesse con leggerezza
rilasciato il documento del 27 agosto 1881, perchè esso principalmente fu
quello, che determinò la risoluzione del Vastarini, stante che il suo
redattore, autorevole quanto gli altri due, gli era personalmente noto,
come uomo di carattere integro ed incapace di rilasciar certificati o di far
rapporti a partita doppia, secondo che ora vorrebbe far credere la relazione
del regio Commissario. Noi prevediamo che si potrà dire d' esser
vero il certificato del Di Giacomo di dieci anni fa, ma siccome è
possibile che il D'Anna siasi mutato da quel che era allora, non è impossibile
che il giudizio portato dal Di Giacomo sulla qualità delle medicature, da
lui ora fornite, sia anche mutato, e quindi sia vero il rapporto che dice
il r. Commissario aver ricevuto dal eh. professore. Tutto
questo ragionamento, come si vede, è fondato sulla supposizione che il D'
Anna non sia più quel coscienzioso fornitore di una volta; ma a combattere
codesta supposizione daremo lettura del documeuto che segue, invitando il n
Commissario ad ascoltarla nella posizione dell' attenti ! e con la mano
al berretto. Eccola: IL PREFETTO DELLA PROVINCIA DI NAPOLI (Udite
!) u Veduta la deliberazione in data 27 maggio p. p., con cui
" il Consiglio d' amministrazione dello Spedale Clinico di questa '■
Città ha chiesta V autorizzazione di procedere, mediante trat" tativa
privata, all' appalto per la somministrazione degli ar41 ticoli di medicatura a
tutto 1' anno 1892; " Ritenuto che dall'atto predetto risulta
dimostrata la conu venienza e V opportunità che V appalto in parola sia
affidato " al sig. Alfonso D' Anna, il quale tiene in appalto la
detta som" ministrazione {Udite !) per 1' Ospedale militare di questa Di"
visione, per quello del 2° Dipartimento marittimo e per quello "
degl' Incurabili e dà le maggiori garantie {Udite! Udite!) per u il buon
andamento del servizio; u Ritenuto inoltre che i prezzi dell'
offerta, presentata dal u D'Anna ( Udite /), sono notevolmente inferiori
a quelli corriu sposti finora per tale somministrazione ; talché 1*
Ospedale u Clinico potrà ritrarre una rilevante economia dal novello apu
paltò ; u Veduti gli articoli ecc. ecc. Decreta :
" V Ospedale Clinico è autorizzato a concedere, mediante u
trattativa privata, al sig. Alfonso D' Anna Y appalto per la "
somministrazione degli articoli di medicatura fino a tutto il u 1892 ed
in base alla tariffa alligata alla deliberazione 27 " maggio p. p.
del Consiglio di amministrazione. u Napoli {Udite!) 6 luglio
1891. Ma l'apprezzamento del decreto prefettizio è solamente preventivo.
Ascolti ancora il r. Commissario, senza ritirar la mano dal berretto,
perchè ora ce la mettiamo anche noi: Quando parlano uomini, come quello;
del quale ci apprestiamo a riferir la parola, si ha il dovere, qualunque
sia la posizione dell'ascoltatore, di serbare P attitudine del rispetto, che
impone la canizie, congiunta alla scienza ed alla probità
indiscutibili. " OSPEDALE CLINICO DI NAPOLI „ u
Certifico io qui sottoscritto che il sig. Alfonso D'Anna, dal u mese di
giugno del volgente anno, somministra a quest' Ou spedale gli articoli di
medicatura (bende compresse, garza ec.) u e che non ha dato motivo ad
alcun reclamo per la buona u qualità degli articoli somministrati.
u In fede del vero {udite !) ed a richiesta dell' interessato.
Napoli 12 novembre 1891 77 Presidente del Consiglio di
Ammiitistrasionv {Udite! udite!) Carlo Gallozzi u Visto
per la firma del signor Carlo Gallozzi nel presente "
certificato. u Napoli 23 novembre 1891 u II Delegalo
Municipale u Avv. Di Giulio „ Dopo di ciò potremmo cessare:
abbiamo rivendicato l'onore di un galantuomo, che per deferenza a noi,
come al nostro predecessore, ha fatto con grandissimi sacrifizi un
servizio inappuntabile air Ospedale, che fu già affidato alle nostre cure;
e ne avevamo il dovere, dappoiché egli fu calunniato, non perchè ne
avesse dato il menomo pretesto, ma perchè aveva la sventura d'esercitare
uh servizio così delicato, che, quando non si fa con coscienza, mette in
giuoco la vita degli infelici. Lanciare sul viso ai componenti
della disciolta Amministrazione T accusa del fatto gravissimo (il regio
Commissario ne intese tutta V importanza) d* aver tollerato a danno degli
infermi che quel servizio procedesse nel modo più irregolare che possa
htimaginarsi, era V ingiuria più atroce che si potesse far loro. Essa non ha un
equivalente che in quella che si facesse ad un soldato d' onore di avere
tradita la consegna per oscitanza nelP adempimento del proprio dovere,
perchè l'uno e gli altri avrebbero consegnato al nemico le vite umane,
alla lealtà, così dell' uno, come degli altri, affidata.
Rappresentando i componenti del disciolto Governo come traditori,
non per proposito, ma per ignavia, il regio Commissario li ha designati al
pubblico disprezzo. A poterlo fare logicamente però, egli doveva
passare a traverso del povero D' Anna; non ostante che questi fosse innocente.
Ma ciò, che importava? — 11 regio Commissario non ha forse la missione di
dimostrare che il decreto del 31 agosto ultimo era stato giusto e
provvido, e che il Prefetto di Napoli è un fior di filantropo, che, oltre
1' affetto per 1' umanità sofferente, non aveva nessun altro motivo — ci
spieghiamo nessun altro motivo — per volerne alla disciolta
Amministrazione, anzi al solo Soprintendente ? E chi oserà
dire che innanzi al bisogno di ottenere cotesto risultato dovesse
arrestarsi, perchè rovinava un padre di famiglia nella riputazione e negli
interessi? Il r. Commissario è milite obbediente e disciplinato, e a la
guerre, comme à la guerre ! Potremmo cessare; ma non
vogliamo, perchè il r. Commissario ha pagato di persona, assumendo d' aver egli,
proprio egli, assodato che i preparati più costosi non venivano
forniti, e che quelli, che erano apprestati, non solo erano di
pessima qualità, ma ancora di quantità inferiore a quella richiesta.
Ora noi dobbiamo costringerlo con la forza inesorabile della logica
a confessare che non ha detto il vero, o, che in un' ipotesi più mite,
quando 'parla o scrive, non ha la coscienza degli atti suoi.
Prima di ogni altro rileviamo che non si è contentato di affermare il
fatto, che poteva esser caduto sotto la sua personale osservazione, ma dice che
quel fatto fu tollerato dalla disciolta Amministrazione, ossia precedentemente
alla sua entrata neir Ospedale e che ciò l'ha assodato dai reclami di
molti pròfessovi. Direttori di sale chirurgiche e delle Suore di carità,
preposte a tale servizio. Noi lo sfidiamo a produrre un solo di tali
reclami, diretto o alla Direzione dell' Ospedale od alla Soprintendenza od al
Governatore del carico; ma deve produrlo col numero di protocollo, che ne
accerti la data di ricezione dal Segretariato Generale e con la
immancabile decretazione, che sta in tutte le centinaia di migliaia di
carte di pugno del Soprintendente o del Governatore Delegato. Se non lo fa, ha
scritto una.... inesattezza. Egli dice d' aver assodato di
persona i fatti, che denunzia. Noi gli abbiamo dimostrato che sono reati,
ora gli aggiungiamo che non potevano esser consumati senza la complicità
delle Suore, del Ragioniere, del vice-Direttore e dei professori di Chirurgia.
li D' Anna deve fornire a cottimo tutta quella quantità di generi,
che occorrono per le svariate operazioni. La Suora, che è preposta al
servizio, gliene deve far la richiesta. Egli deve dalla Suora ritirare la
ricevuta di ciò che fornisce, non solo per garentir sé medesimo dalle
sottrazioni, che possono cornili ettere i suoi dipendenti, ma per presentarla
alla Ragioneria, che a sua volta deve mettere a riscontro le richieste
con le ricevute, per aver la pruova che fu osservato il contratto e
che si possono compilare i mandati pel pagamento. Or se la Suora ha
fatta la richiesta e non ha avuto il genere, e come mai avrà rilasciata
la ricevuta ? e se non 1* ha rilasciata, in base a qual documento la
Ragioneria avrà preparato i mandati e sottoposti alla firma del Soprintendente
?Avrà mentito la Suora e il Ragioniere, e perchè ? per far lucrare al D' Anna
qualche centinaio di lire, che avranno poi diviso fra loro?
Evi si sono arrischiati, non ostante gl'immancabili clamori dei
Direttori di sala, degli assistenti, dei coadiutori ? E impossibile. È
assurdo. Ma sapete voi come si fa la distribuzione dei generi di medicatura
? Vi assiste il signor Tigani, infermiere maggiore, funzionante da
Vice-Direttore, o almeno vi si assisteva al tempo della passata
Amministrazione. Senza la sua presenza non si apre un pacchetto di
cotone, né si taglia un metro di garza. Se il genere richiesto non
si trova, o se è di pessima qualità o se è in quantità minore di quella
richiesta, Tigani lo deve sapere, lo deve consentire, ne deve trarre un
corrispettivo. Senza di lui la frode è impossibile. Egli non ha fatto
alcun reclamo mai, né al Direttore, né al Soprintendente, né al Governatore
del carico; dunque, se la frode è avvenuta, il complice necessario è
Tigani. Ma chi è costui? Il r. Commissario lo sa, quanto noi. È
il marito d'una Musolino, stretto affine di S. E. il Ministro dell'
Interno. Quest' indicazione dovrebbe bastare per far riconoscere al r.
Commissario quale assurdo egli abbia sballato, quando ha scritto che i
generi più costosi non si fornivano, o si fornivano in quantità o qualità
diverse dal contratto. Ma se egli, senza pensare, ha insultato con
la sua affermazione un uomo, che per le attinenze familiari ha il dovere
di credere onesto, ha egli pensato almeno all' ingiuria
atrocissima, che ha rivolto ai professori di chirurgia scrivendo quelle
insensate parole? Un professore Direttore di Sala, nella più parte
dei casi insegnante, procede ad una grande operazione chirurgica in presenza
dei suoi alunni. Si tratta di una laparotomia, di una nefrectomia, di una
grande amputazione. Il chirurgo ha fatta una giusta diagnosi; V occhio
della fronte V ha servito bene, come quello della mente; la mano armata
del ferro ha secondato il pensiero. L'angoscia che ha turbato
per tanti giorni l'operatore, più crudele di quella che tormenta il
giuocatore, quando segue con Digitized by
Google 41 lo sguardo smarrito il
moto circolare della rollina, si calma. L'operazione è riuscita; ma!.,
mancano i preparati più costosi per assicurarne il risultato !... La vita
del malato è in pericolo !... T ammalato muore... e non pel fatto del
chirurgo, ma per l'ingordigia dell' appaltatore delle medicature. Il chirurgo è
costretto a scrivere nel suo passivo una partita perduta per colpa dell'
appaltatore : deve esporsi alla maldicenza degli emuli, alla critica
degli invidiosi, alla sfiducia degli alunni, perchè?— Perchè il D'Anna gli ha
fatto mancare dieci pacchi di cotone fenicato o quindici metri di garza!
E il professore tace, e tacciono gli assistenti, 'e tacciono le
Suore e tacciono gl'inservienti e i preti e i colleghi e gli alunni e
tutti, perchè D'Anna possa dare meno di quel che dovrebbe per lire
dodicimila! Eh ! via, ditelo ! non sentite che quello che avete
affermato, di fronte a quel che noi vi diciamo, è un assurdo di cosi sfolgorante
evidenza, che la sua luce, percotcndo nel torbido specchio della vostra
coscienza, rimbalza e vi sospinge fino al labro ribelle la confessione d'
aver mentito ? Prima di dar la parola a chi ha esercitato,
in qualità di Governatore delegato, al pari di noi, il potere esecutivo dell'Amministrazione,
al nostro egregio e carissimo amico cav. Lo Savio, per rispondere a
quella parte della relazione, che tratta delle Condizioni finanziarie
della Pia Casa, sentiamo il dovere di trovare una formola, che chiuda
logicamente questo scritto. L' abbiamo cercata, ma non a lungo,
perchè era sul nostro tavolo un opuscolo, dal titolo — La maggioranza del
disciolto Consiglio Provinciale di Napoli al Paese— Memorandum— 22 gennaio
1889 — Tipi Giannini, In quest' opuscolo, sottoscritto fra altri,
anche dall' attuale r. Commissario per la temporanea gestione della S.
Casa degli Incurabili, evvi un capitolo, intitolato : u Le feste
Pompeiane, Un presidente contabile — nel quale per sei pagine fitte in8
j grande, si leggono a carico d'un uomo, che copri V ufficio di
Presidente del Consiglio provinciale di Napoli, accuse tali, che parea
dovessero, se fondate, sbarrargli per sempre la via del ritorno all' alto
seggio. Eppure queir uomo v' è ritornato e col voto dei r. Commissario,
sottoscrittore del ricordato memorandum ! Anzi, a dimostrazione palpabile della
confessata calunnia; queir uomo concede a questo il permesso di farsi nominare
suo Vice-Presidente e di portarsi insieme con lui nella stessa lista
candidato a consigliere comunale di Napoli ! 11 capitolo, cui
alludiamo, è preceduto da una epigrafe tolta dal libro dei Proverbi, Capo
26 n. 27, nel suo testo latino, e con la corrispondente traduzione
italiana. È la conclusione più calzante, che si possa dare a tutto
quanto innanzi abbiamo detto. Qui fodit foveam incidet in eam, et qui volvit lapidem,
revertetur ad eum. Chi scava la fossa vi cadrà, e
la pietra cadrà addosso a chi l'ha smossa! Napoli. PERSONALE
AMMINISTRATIVO E SANITARIO Gravissima, dice il rapporto, é la
quistione del personale amministrativo, sanitario e di assistenza addetto alla
pia Casa. Esso, calcolate le pensioni, assorbisce quasi la metà delle rendite
nette del Luogo pio. E di ciò sono responsabili tutte le amministrazioni,
non esclusa l'amministrazione Vastarini-Cresi, che è, manco a dirlo, la
più colpevole. Dopo ciò ognuno s'aspetta di sentire, non solo in
che consista questa colpa, ma quali sono i criteri del r. Commissario
per procedere ad una razionale riforma del personale amministrativo,
sanitario e di assistenza: di questi due ultimi specialmente che
assorbiscono i quattro quinti di quella metà delle rendite di cui parla
il regio Commissario. Ma niente di tutto ciò. Il Regio funzionante
sa che un esercito di 1*20 professori, 86 inservienti, 50 infermiere o
caminanti, 36 suore di carità, 20 ecclesiastici, rattoppatrici,
lavandaie, bacilari per i teatri anatomici e trasporto de' cadaveri,
uscieri, portieri; oltie un personale speciale per i gabinetti batteriologico,
idroterapico, chimico, elettroterapico, ortopedico ecc., insieme ai letti,
biancheria, locale ecc. formano proprio V opera ospedaliera. Dire che la
somma sjjesa per tale personale è sottratta al mantenimento dei malati è lo
stesso che dire che la spesa per le indennità ad un segretario ed un
ragioniere di prefettura che aiutano il r. Commissario a dire tante
corbellerie ed i denari sciupati nello stampare tante calunnie, sanano le
piaghe dei poveri infermi!!... E un argomento a contrariis, come
dicono gli scolastici. Ma tanto è vero che lo scrittore o
firmatario del rapporto sapeva che il personale sanitario e di assistenza non
dovesse essere compreso a titolo di biasimo nell'ammontare della spesa
sottratta al mantenimento dei malati, che immediatamente se ne scorda, e
restringe i suoi benevoli, quanto esatti apprezzamenti, al personale
amministrativo. Ed allora perchè parlare, con evidente malafede, di
metà della spesa sottratta alla cura dei poveri infermi? Perchè non parlare
col linguaggio onesto delle cifre, e dire che, sopra un'entrata annua che
rasenta il milione, la spesa del personale amministrativo è di lire 63,010.00 e
non oltre, e che in questa sono compresi gli stipendi ed i salari per
tutto il personale della Direzione ospedaliera e sue dipendenze, che
potrebbe a buon dritto dirsi destinata al servizio sanitario ?
Se il regio Commissario fosse stato assistito da buona fede e non
avesse dovuto rispondere alle esigenze di una diffamazione organizzata a
detrimento di parecchi galantuomini, si sarebbe reso conto delle
innumerevoli difficoltà amministrative della azienda affidata alla sua
temporanea gestione, ed avrebbe constatato di quale e quanta attitudine, di
quale e quanto concorso efficace di tutti fa d'uopo per porsi in grado di
veder chiaro in ogni singolo atto amministrativo e nel complesso di
tutti. Se di ciò si fosse reso conto il r. Commissario non si vedrebbe
ora posto alla gogna delle nostre categoriche smentite. Ma
rientriamo presto nell'argomento della spesa pel personale amministrativo
e sbrighiamocene in poche parole. Col regolamento generale del pio
Luogo del 1879, con le piante N. 1 e '*, la spesa per gli stipendii
amministrativi fu fissata a L. 40,420.00 a cui aggiunto il compenso di
esazione dovuto al tesoriere, compreso in detta pianta, ma non indicato,
per il suo ammontare di L. 4000,00, si ha un totale di. . L.
41,420.00 le quali, con le modificazioni al regolamento deliberate nel
1885, discesero a L. 42,160.00 Però con l'attuazióne di detta
pianta un personale di stralcio rimase tagliato fuori, ma che però prestava
un servizio indispensabile, e che nel 1886 gravava sul bilancio per L.
20,850.00 Sicché la spesa totale annua fu di L. 63,010.00
come fu rinvenuta dal Vastarini-Cresi. L'amministsazione da
questo presieduta, con deliberazione 17 novembre 1889, approvata dalla
Giunta provinciale il 21 gennaio 1890, approvò una nuova pianta per l'ammontare
di lire 63,880 ridotta poi a L. 57,680.00 Mantenne fuori pianta
alcuni impiegati che gravano sul bilancio per L. 5,330.00
sino a raggiungere le L. 63,010.00 che si pagavano
prima. Se il regio Commissario non ha perduto, fra l'altro, la
virtù di comprendere l'eloquenza delle cifre, dica come L.
63,010.00 sono superiori a L. 63,010.00. E se questa è la
sostanza, qual valore possono avere gli apprezzamenti del r. Commissario?
Meno male che non ha trovato modo di giustificare, con argomenti simili a
quelli adoperati finora, la formazione di una novella pianta per il
personale contenzioso come fece la relazione ministeriale. E per quanto
riguarda la voluta pianta per il personale tecnico e l'aumento dei
farmacisti, riproduciamo dal ricorso alla IV sezione del Consiglio di
Stato il brano che a questi due argomenti si riferisce: « Non
differenti apprezzamenti l'altro appunto sulla spesa deliberata per
gl'Ingegneri. « Basta far notare che la Giunta provinciale
amministrativa ha approvata tale spesa (Vedi verbale 16 settembre 1891
per notar Merola), renduta necessaria dalla esecuzione del
contratto per l'assunzione a partito forzoso delle rendite e della manutenzione
dei fabbricati ; e che, approvata per lire 7,000, se ne sono assegnate
solo 4680 per tre ingegneri ispettori, che debbono vegliare alla esecuzione
della manutenzione. « Qui però cade in acconcio far notare che non
si tratta di una spesa di carattere organico e permanente, ma
puramente transitorio, che vive la vita di un' esercizio finanziario, e
che, mentre, il contratto di manutenzione ha avuto principio il 4
maggio 1890, la spesa per gli ingegneri ispettóri non ha gravato neanche
il bilancio 1891, essendosi stanziata per la prima volta sul bilancio del
1892. (( E si noti ancora che uno degli ingegneri ispettori, il
signor Errico Migliaccio, era già impiegato antico
dell'Amministrazione con uno stipendio uguale a quello che oggi
percepisce in lire 1680 e che perciò in definitivo la novella spesa si
riduce a L. 3000.00. « Se l'amministrazione disciolta ha in
ultimo chiesto all'autorità tutoria r autorizzazione per aumentare uno e non
due posti nell'organico dei farmacisti, ciò ha fatto per le
aumentate esigenze del servizio. « In fatti, oltre che l'uso
delle specialità chimiche e l'introduzione degli alcaloidi mila
farmacopea rendono più penoso il servizio farmaceutico, l'amministrazione ha
impreso a fornire i farmachi a due altri istituti Pii, al Manicomio
provinciale di S. Francesco di Sales, ed ai tre ospedali (Vita, Cesarea e
Loreto), dipendenti dal Reale Albergo dei Poveri. Come possa l' antico personale
rispondere alle nuove esigenze lo dica l'imparzialità della IV Sezione
del Consiglio di Stato (e qui la verecondia del R. Commissario ! )
« Da tutto ciò chiaramente emerge che non infruttuosi richiami della R.
Prefettura vi furono, non aggravio di novelli stanziamenti nel 1891 per
un aumento di personale, non creazione di nuovi organici, non ingiustificata
proposta di aumento di farmacisti ; ma vigile e solerte cura degli
amministratori nel migliorare le rendite del pio Istituto e nel
restringere il passivo nei limiti del puro necessario ». E tutto
ciò potrebbe bastare in risposta alle calunniose menzogne contenute per questa
parte nel rapporto del R. Commissario. Ma per dare un'altra prova della serietà
dei suoi studii giuridici, a titolo di amenità, riportiamo l'articolo 231
del regolamento del pio Luogo, dal quale vorrebbesi trarre l' obbligo da
parte degli ingegneri inscritti nell' albo, a norma dell' art. 222, di
prestar l'opera loro gratuitamente per l'ispezione permanente di cui nel
contratto di manutenzione. Art. In generale, per tutti i lavori commessi
agli ina gegneri ed architetti, questi non hanno dritto a riscuotere «
compensi o rimborsi di spese dal pio Luogo e salvo ai medesimi lo
esigere direttamente dagl' intraprenditori « nel caso di esecuzione delle
opere e senzi responsabilità del Pio Luogo, « quei diritti e rimborsi che
potessero loro competere. Non è il caso di far commenti ! ! !
Che dire poi dello appunto fatto per aver dato un alloggio
conveniente al Direttore dell' importante nosocomio ? Ha compreso
perfettamente il R. Commissario che, votata la nuova pianta, non era più
il caso di far ricorso alla disposizione del regolamento, che assegnava al
Direttore una casa della pigione di L. 400 all'anno, ed allora ha detto
che lo alloggio, di cui parla la nuova pianta, dovesse limitarsi a due o
tre stanze nello interno dell'ospedale. Per verità, se V
autore del rapporto si fosse doluto che un semplice infcrmieie maggiore occupa
una casa alla discesa Maria Longo della pigione di L. 125 al mese sol
perchè parente d' un Ministro (e che Ministro!) lo avremmo compreso, tanto più
che ora il R. Commissario ha concesso allo stesso impiegato un alloggio
suppletivo come fosse un supplemento di stipendio ! Ma rivolgere
censura air amministrazione Vastarini per aver concesso al Direttore un
alloggio rispondente alla importanza del posto che occupa, è la prova
provata che il R. Commissario, compreso dal voluttuoso desiderio di
riuscir gradito al sig. Prefetto, ha voluto parlar del Direttore in un modo
purchessia, conoscendo che la corda sensibile del cuore del chiaro uomo
che siede sulle cose della Provincia di Napoli avrebbe vibrato con
insolita frequenza! C'intendiamo, onorevole R. Commissario?
LAVORI Se per combattere le altre affermazioni del R.
Commissario ci ò bastato riassumere le accuse uà esporre i fatti da cui
ri Digitized by Google — 76
— sultava la evidente malafede con cui lanciavansi tali accuse;
per quanto riguarda la rubrica lavori non possiamo fare
altrettanto. Sono così condensate e tante le ingiuste affermazioni del
R. Commissario, che bisogna averle presenti nel loro contesto per
comprendere, dopo averle esaminato, qua! malgoverno si è fatto della
riputazione dell' amministrazione Vastarini col famoso rapporto.
Prima però di esporre i brani testuali della relazione del R.
Commissario, faremo precedere una breve ma chiara esposizione dello stato
contabile e contrattuale dei lavori, prima dell' amministrazione Vastarini,
cioè fino a tutto dicembre 1889, durante il 1890, e per il periodo dal 30
dicembre 1890 al 2 settembre 1891, che riguarda la dimoila
amministrazione. Il 28 febbraio 1884 F amministrazione presieduta
dal signor Conte Spinelli, dietro regolare autorizzazione della
Deputazione provinciale, e previo esperimento dei pubblici incanti,
stipulò con gF imprenditori Vincenzo d'Errico, Mauro Abate e
Antonio d'Ambrosio un contratto di appalto generale per tutti i
lavori bisognevoli ai fabbricati del pio Luogo, di muratura, falegnameria
e dipintura, per qualsivoglia ammontare e per la durata di tutto il
dicembre 1889. La tariffa posta a base di tale contratto era quella del genio
civile, il ribasso contrattuale per i lavori in muratura era il 6 OjO, la
liquidazione ed il pagamento si convenne dovesse farsi dietro regolare
misura degli ingegneri direttori dei lavori. In virtù del
suddetto contratto furono affidati ai suddetti imprenditori tutti i lavori di
manutenzione dell' ospedale e del vastissimo patrimonio urbano appartenente al
Pio luogo; i lavori di riparazione e rifazione delle diverse infermerie
dell' ospedale; od in fine tutti i lavori necessari a ricostruire e
ritornare in parte il diruto ex monastero della Consolazione appartenente
al Pio luogo e clie non dava un soldo di rendita. Iniziati
tali lavori nel 1884, furono alacremente proseguiti negli anni
successivi. Nel 1886 però in parecchi importantissimi caseggiati
del Pio luogo, per le condizioni speciali del sottosuolo di Napoli,
per Io stato deplorevole delle fondazioni dei fabbricati di Napoli in generale,
per le infiltrazioni delle acque di Serino, e per il rigurgito di quelle
delle antiche conserve, sopravvennero schiacciamenti e lesioni in gran
numero con imminente pericolo di mina di molti fabbricati, per cui fu
necessario accorrere prontamente ad eseguire le più urgenti riparazioni.
Ognuno comprenderà di leggieri che ci riesce impossibile indicare la
spesa occorsa per tanta e cosi importante quantità di lavori, per non
avere a nostra disposizione la ragionerìa o l'archivio del Pio luogo e perchè
non riguardano gestioni della disciolta amministrazione. Però basterà fai*
sapere che a chiusura di conto 1889, dietro ordini severissimi e
perentori del Vastarini, i sig. ingegneri del Pio luogo fecero pervenire
tutte le misure dei lavori ordinati dalle precedenti amministrazioni ed
eseguiti nel 1887, 1888 e 1889 e, secondo la liquidazione fatta dalla Ragioneria
del Pio luogo di tali misure, il loro ammontare complessivo ascese alla cifra
di lire 211,003:89, di cui figurava pagata la somma di lire 42,841:00, era a
pagar la rimanenza di lire 168,162,89 (1). (I) Nelle suddette
misure liquidate perla suindicata somma di lire 211003.89
figuravano : L. 70 mila circa per lavori di sottofondazione e
ricostruzione eseguiti nel gran caseggiato a via Cisterna dell' Olio
; L. 50 mila per lavori eseguiti nel locale dell' ex monastero
della Consolazione, pel quale si erano spese, negli anni precedenti,
altre L. 70 mila già pagate, e ciò allo scopo di ridurre detto locale
redditizio. L. 20 mila per lavori di sottofondazione e
ricostruzione nel fabbricato in via Carbonara n. 109. L. 13
mila per consimili lavori eseguiti nei caseggiati in via Montagnola ;
L. 150 mila in uno per lavori di carattere straordinario e patrimoniale.
Le rimanenti L. 70 mila rappresentavano V importo dei lavori eseguiti nel
1889 per la manutenzione dei caseggiati e del fabbricato ospedaliero, non che
per la rinnovazione di due infermerie ncll' ospedale stesso. Poiché però
si avea ragione di ritenere che la liquidazione eseguita dalla ragioneria
non fosse stata rigorosamente esatta e le misure stesse inviate dai sig.
ingegneri risentissero della fretta con cui erano state compilate, il
Governo si riserbò di sottoporre le liquidazioni dei lavori ad una severa
revisione contabile, tecnica e contrattuale. E, come fu dichiarato a pag.
21 della relazione morale a stampa sul conto 1890, « tale revisione
« eseguita per la parte tecnica dall' egregio prof. Udalrico Ma« soni, per la
parte contabile e contrattuale dalla Segreteria e « dal Governatore Lo
Savio (non dalla ragioneria) si ottenne una (( RIDUZIONE D2 SPESA
SULLA SEMPLICE PARTITA DELLE OPERE MURARIE « di ben l. 33,670:53 ».
Se si tien conto che di tutti i lavori liquidati a chiusura di
conto 1889, solo una minima parte, per pochissime migliaia di lire e per
bisogni impellenti, fu ordinata dal Vastarini : — che tutti
iudistintamente tali lavori furono eseguiti in base al regolare contratto del
26 febbraio 1884 e per bisogni riconosciuti dai precedenti
amministratori: — che sulla primitiva liquidazione già approvata
dall'autorità tutoria, si fece la rilevante economia di L. 33,670.53 come
risulta dal rendiconto 1890: che la disciolta amministrazione infine non fece
essa la spesa, ma fu ben essa invece a far Y economia suindicata, se si tien
conto di tutto ciò, Ora trattandosi di lavori eseguiti nel 1889 ed
anni precedenti, la responsabilità non può spettare ai Vastarini, nò per quanto
si riferisce alla ordinazione loro, nò per quanto tiene alla
esecuzione. E se tale responsabilità non spetta al Vastarini, molto
meno spetta alla dìsciolta amministrazione che fu nominata con decreto 30
dicembre 1890. Se però si fa accenno a tale divisione di
responsabilità, è perchè il R. Commissario sappia a chi sono dirette le sue
ingiuste e calunniose osservazioni. Che per quanto tiene al merito degli
apprezzamenti suoi sugli atti compiuti dall' amministrazione Spinelli,
sappia il R. Commissario che per tutta la gran quantità di lavori
eseguiti dal 1884 in poi, essa non ebbe bisogno di altre risorse straordinarie
fuorché delle lire 60(X) di rendita alienate nel 1888, le quali furono
compensate dal maggior utile rctratto dai locali della Consolazione, che
ora rendono L. 14 mila all'anno. diciamo, qual uomo di buona fede presterà
ascolto ai calunniosi apprezzamenti del R. Commissario ?
Questo per quanto si riferisce ai lavori eseguiti fino a tutto il
1889. Per quanto poi riguarda i lavori eseguiti nel 1890 bisogna
aver presente che, scaduto il contratto con gì' imprenditori
d'Errico, d'Ambrosio ed Abate col 31 dicembre 1889 e procedutosi a
cottimo chiuso col Forino per la riscossione delle rendite e manutenzione dei
fabbricaliy il quale contratto dovea avere il principio della sua
esecuzione col 4 maggio 1890, era giuocoforza provvedere alla manutenzione
dell'importante patrimonio immobiliare per 4 mesi, cioè dal 31 dicembre 1889 al
4 maggio 1890. Se negli anni precedenti la manutenzione aveva
assorbito la somma di lire COmila all'anno, tutto lasciava supporre che
tale manutenzione per un quadrimestre (e nei 4 mesi invernali specialmente)
avrebbe assorbito la somma di oltre L. 20mila. Dall' altro canto il
Forino, che in tale quadrimestre dovea procedere ai novelli affitti per suo
conto, avea il massimo interesse a che gli accomodi locativi fossero
fatti in conformità dei patti da stipulare con i nuovi inquilini, verso
dei quali egli era 1' unico responsabile. Perciò l'amministrazione con
deliberazione 12 gennaio 1890 concesse a forfait al Forino la
manutenzione anticipata di tutti gli stabili compresi nel capitolato di
appalto per il compenso unico di L. lOmila. Se il R.
Commissario si fosse fatto guidare da quel sentimento di onesta
equanimità che invano si cerca nelle 45 pagine del suo rapporto, avrebbe
dovuto rilevare che i soli preventivi già presentati dagli ingegneri per
lavori di manutenzione, fino al 12 gennaio, epoca in cui fu adottata la
deliberazione, superavano le L* i Ornila accordate al Forino come
compenso a cottimo per lutto il quadrimestre. Né valga il
dire che bisognava sottoporre all'approvazione dell'autorità tutoria
tale, deliberazione, poiché la spesa trovavasi stanziata in bilancio e veniva
erogata in limiti molto inferiori allo stanziamento corrispondente; e poi,
approvato dall’autorità tutoria il contratto Forino, non era neeessario
sotto* porre a novella approvazione un atto che, altro non faceva
che anticiparne la esecuzione, anticipandone i vantaggi.
Esposte queste indispensabili notizie sullo stato contabile e
contrattuale dei lavori, veniamo alle accuse ganeriche del R.
Commissario. Udite : « Dopo gli stipendii, la spesa che
fino ad ora ha assorbito le k migliori risorse della Pia opera, ò stata
quella dei lavori d'ogni « genere che si sono eseguiti, laddove, essendo
la manutenzione « dei fabbricati appaltata al riscuotitore di essi, non
si sarebbe a dovuto che erogare le somme occorrenti nei lavori di
carattere « straordinario che si fossero potuti verificare ed in quelli
di « manutenzioae del fabbricato ospedaliero e delle poche case, la
a cui esigenza è mantenuta direttamente dall'Amministrazione b. Se
quest'accusa generica fosse stata corroborata con esempii, per verità la
serietà del R. Commissario se ne sarebbe avvantaggiata un tantino, non fosse
altro nella forma, pur rimanendo vacua nella sostanza. Ma veniamo a
discuterla. Se si tratta di lavori eseguiti fino a tutto il 18R9,
questi non ci riguardano, come abbiamo dimostrato: e d' altronde, non essendo
la manutenzione appaltata, ma eseguita in economia, in base a regolare
contratto per la valutazione dei lavori, e comprendendo gran parte delle somme
spese fino a tal epoca; lavori necessarii alla conservazione del
patrimonio, l'accusa si appalesa ingiusta e calunniosa per tale periodo
precedente. Se poi si tratta di lavori eseguiti nel 1890, bisogna
aver presente: 1. Che il contratto della manutenzione a cottimo ha
avuto inizio il 4 maggio 1890 e che perciò la manutenzione per un
quadrimestre era a carico dell' amministrazione la quale erogò la somma
suddetta di L. 10,000.00 2. Che essendo esclusa dal contratto
Forino la manutenzione dell' Opera ospedaliera e sue dipendenze, tale
manutenzione preventivata per lire 18mila si è verificata, per le opere
straordinarie occorse nell' ospedale, per ....;) 28,376.41) (1) 3.
Cke è occorso pagare col bilancio 1890: a) Parte dei lavori
eseguiti nel 1889 per ri-', fare la seconda sala donne . . L.
3954,60] b) Parte dei lavori eseguiti anche f nel 1889
per ricostruire la sala oftal- ; 11,240.80 (2) mici s.
4000,001 e) Parte dei lavori eseguiti per la ]
lavanderia a vapore ;, 3292,20' 4. Che non essendo comprese
nel contratto Forino le case soggette ad espropriazione per un
valore di L. 700 mila, e non essendo state espropriate per tutto il 1889, come
si era convenuto, è stato giocoforza manutenerle per poterle af iìttare,
erogando una somma di circa . . » 6,000,00 Tutte le suddette somme
hanno gravato sul bilancio 1890 per lo ammontare complessivo di »
55,623.36 E sapete voi, onorevole regio Commissario, per
quanto figura nel consuntivo 1890 la cifra riguardante la partita lavori, ossia
per gli art. 14 e 44 del bilancio ? figura per » 68,702,11 Da
cui sottratta la somma di L. 55,623.36, che ha gravato sul 1890 per le
cause su esposte, si ha che la spesa sostenuta in detto esercizio
per i lavori straordinari è di sole .... » 13,079.76 Vedi conto del
Tesoriere 1890 e relazione a stampa del Segretario Generale del Pio luogo su
detto conto pag. 10. donde risulta che sull'art. 44 (Fabbricato
ospedaliero) fu fatto uno storno in aumento per L. 10,37f>,46.
(2) I lavori (a) furono eseguiti dai fratelli Russo con regolare
contratto su preventivo degli ingegneri Giambarba e Curcio ed ammontarono
a L. 12 mila circa — I lavori (b) furono eseguiti dal D* Errico in base
al contratto 28 febbraio 1884 — I lavori (e) dallo stesso D' Errico col citato
contratto 28 febbraio 1884 e per speciale autorizzazione dell' autorità
tutoria (Ingegnere Fulvio). E tenuto conto dello stato gravissimo di molti
fabbricati, dei lavori che si sono eseguiti a piazza Cavour, a Porta
Carrese a Montecalvario, a Cisterna dell' Olio ecc., domandiamo alla
lealtà del R. Commissario se gli pare, non diciamo grossa, tale
cifra ma almeno sufficiente a provvedere ai più urgenti bisogni.
Ed allora perchè buttare delle frasi generiche e vuote e che non
sono altro se non la espressione della più sballata posa da grand' uomo
? Ma qui non s' arresta il R. Commissario. Egli seguita a
dire: I lavori si eseguivano senza autorizzazione, senza contratto,
senza preventivo, illegalmente, per colpa sempre
dell'Amministrazione, che anzi, con suo rincrescimento, .ce ne dispiace
davvero per lui) in ciò ha riscontrato le maggiori colpe e le più gravi ;
fino al punto da essere indotto ."senza rincrescimento, crediamo) a
promuovere giudizio di responsabilità verso i passati amministratori.
Era naturale. Premessa la incoscienza completa ed assoluta delle
condizioni contabili e contrattuali dei lavori e la deplorevole costante
oscitanza delle disposizioni di quelle leggi che invoca sempre a
sproposito, un simile linguaggio, se non si scusa si spiega ! È il
linguaggio di tutti coloro che, a corto di argomenti e di fatti, vogliono
produrre una certa impressione. E diciamo a corto di argomenti e di
fatti; perchè quelli citati dal R. Commissario stanno contro la sua
tesi. Esaminiamoli. Sarebbero illegali i lavori eseguiti
per riduzione della casa del Direttore dell' Ospedale, perchè ordinati
dal Soprintendente Vastarini, in data 10 dicembre 1 889, senza
autorizzazione del Consiglio. Per lo statuto organico del pio Luogo
il Sopraintendente è il potere esecutivo dell' amministrazione. Il
Consiglio vota il bilancio preventivo, il Sopraintendente spende le somme
tutte comprese nei singoli capitoli del bilancio. Tale disposizione,
chiara, categorica, precisa, giammai sconosciuta o posta semplicemente in
dubbio dall' autorità tutoria, dava il diritto al Soprintendente di
autorizzare la spesa per quello, come per altri lavori. E tale spesa fa
primieramente autorizzata per Lire 3000 e si elevò a Lire 8278,62 per essersi
riconosciuta posteriormente la necessità di rifare i lastrici solari
grandemente avariati. E tali lavori furono eseguiti dallo imprenditore d'
Errico in virtù del contratto 28 febbraio 1884, con uno speciale ribasso
del 10 0[0 ottenuto dal Soprintendente, Sarebbero illegali, secondo
il rapporto del R. Commissario, i lavori eseguiti a Piazza Cavour, :c per
i quali dall'Ingegnere « Curcio il 22 dicembre 1890 furono presentati
quattro conti « ammontanti ciascuno a Lire 499,97, 499,94, 499,96,
423,55». Per i gravissimi ed improvvisi danni manifestatisi nei fabbricati
a Piazza Cavour nel settembre 1890, fu dato ordine immediato agli ingegneri
Curcio e Fulvio di far procedere alla puntellatura della estesa zona di
case pericolanti ed ai lavori pili urgenti per assicurarne la stabilità.
Nel tempo stesso ai suddetti signori ingegneri fu dato incarico di preparare
un estimativo generale e complessivo per la sistemazione definitiva di
tutta la zona dei fabbricati minaccianti ruina. Non ostante
ripetuti richiami dall'Amministrazione, i suddetti ingegneri tardarono a
preparare V estimativo, per non essere facile rendersi un conto preciso dello
stato delle fondazioni e per non potersi procedere ad una prova di esse,
pendente una perizia giudiziaria, che si espletava per assodare la causa
delle lesioni. Sui primi di dicembre, impartiti gli ordini a
tutti gì' ingegneri di liquidare senza ritardo, sia con misure finali, sia
con misure parziali, tutti i lavori eseguiti nel 1890, agli effetti
della chiusura di conto; V ingegnere Curcio inviò, per quelli
eseguiti a Piazza Cavour, le quattro liquidazioni indicate dal R. Commissario.
Però, mentre furono inviate alla ragioneria per essere tenute presenti
agli effetti del conto lavori 1890, allo steso ingegnere Curcio fu impartito
l'ordine di presentare il preventivo generale complessivo e comprendervi
anche lo ammontare dei lavori eseguiti e liquidali, acciò la Giunta
provinciale, esaminando la pratica, potesse avere sott' occhio la vera e
precisa esposizione delle cose. E così avvenne. Inviato dagli
ingegneri Curcio e Fulvio il preventivo generale in cui i lavori già
eseguiti e liquidati erano compresi non solo, ma portavano una speciale
indicazione, fu dal Governo, con deliberazione 12 Febbraio 1891,
approvato tale preventivo per lire 7260,94, e tale spesa fu sanzionata
dall'autorità tutoria alla quale furono esposti i fatti nel modo
surriferito. Non pare al R. Commissario che prima di lanciare una
calunnia, avrebbe avuto il dovere di esaminare l'incartamento di piazza
Cavour, piuttosto che prendere a casaccio delle misure in mano e dirne di così
marchiane ? Porti i nostri ringraziamenti a chi lo ha servito così bene: egli
lo conosce !!! Non occorre parlare dei lavori di manutenzione
concessi a fortait al Forino per il quadrimestre gennaio-maggio 1890 e
per L. 10 mila, avendone discorso estesamente innanzi. Non
siamo in grado di dare una risposta air accusa che riguarda i lavori del
1891 coi numeri del registro di ragioneria 7, 17, 34, 35, 36, 37, 48, 51, 68,
69, 74, 75, 77, 78, 80, 81, 82, e 83 (tombola !) ammontanti a L. 6000
complessivamente, perchè non abbiamo presente il registro di ragioneria e
non ci ha fatto l'onore il R. Commissario di indicare la natura dei
lavori eseguiti, altrimenti avrebbe avuto per questa parte la degna
risposta. Però è facile argomentare che, trattandosi di 18 lavori
differenti per T ammontare di L. 6000, deve ognuno avere un importo inferiore a
L. 500, e deve riguardare ognuno una singola partita di lavoro.
Prosegue il R. Commissario che sono illegali « i lavori in « corso
di restauro della casa in via Oronzio Costa n. 12 afB« dati senza contralto
all' appaltatore medesimo e che egli ha fatto « perciò immediatamento
sospendere ». I lavori in via Oronzio Costa n. 12 sono lavori in
condominio e riguardano sottofondazioni e ricostruzioni di muro comune, e
furono concessi, di accordo fra tutti i condomini, all' imprenditore Francesco
Palmieri con conlraUo privalo del 27 ottobre 1890 {Beg. n. 9580 ufficio
atti priv. il 6 novembre 90, voi. 63 fol. 117 ecc.), tra la S. Casa,
Zampella, Pizzoli e Tagliatetela. La tariffa che è a base del
contratto è quella Folinea del 1886, tipi Giannini. Ah! occhi
di lince d'un R. Commissario ! !.... Non è altrimenti vero e non
risulta dall' incartamento, a cui fa appello il R. Commissario, che i
primi lavori della lavanderia si siano dovuti distruggere per non essersi
posto mente a proporzionarli alla dimensione delle macchine; ma invece si
son dovuti modificare i primitivi lavori per modifiche apportale
dallo stesso fornitore delle macchine Ing*De Bollari nella dimensione ed
ubicazione di queste. Ciò risulta da un rapporto dell' Ing. Fulvio di cui
non ricordiamo la data e che è negli atti. Né possiamo tampoco
preoccuparci dell'altro appunto pel quale si vorrebbe far credere che
sono stati posti a carico della S. Casa dei lavori per l'ammontare di
lire 2360,69 che avrebbero dovuto cedere a carico di Forino. La
stessa forma generica dell'accusa, la dimostrata ignoranza da parte del
R. Commissario dei patti e condizioni del capitolato di appalto, ci autorizzano
a ritenere che', tali lavori sono stati posti a carico della S. Casa,
perchè sono dipendenti da altri lavori di costruzione di volte, muri maestri o
fondazioni. E ciò conformemente a quanto è disposto nel capitolato,
il quale pone a carico del pio Luogo la spesa per lavori straordinarii di
costruzione ecc. e per lavori da questi dipendenti. La
dimostrazione poi dell' asserita mancanza di preventivo, nella esecuzione
dei lavori il R. Commissario dice, che « è ri« sultata dall' aver fatto
verificare da un ingegnere di sua fi« ducia(sic) alcuni lavori nell'ospedale a
pagamento delle donne, « per i quali, negli ultimi giorni
dell'Amministrazione Vastarini, « era stato presentato dall'ingegnere
Migliaccio un preventivo « e dall'essersi trovato che i lavori stessi
erano invece da tempo « stati eseguiti ». Perii che, opportunamente
interrogalo il Migliaccio, ha per iscritto dichiarato che i lavori erano
slati [verbalmente ordinati dall'Amministrazione dicendoglisi di
compilarlo poi il preventivo per corredo della pratica ecc. Anche a
quest'altra speciosa ed amena invenzione una breve e precisa
smentita. Sorto il bisogno di riformare il reparto dei pagamenti
donne, fu dall' Amministrazione dato incarico air ingegnere Migliaccio
di compilare il preventivo per tali lavori. Il preventivo fu regolarmente
compilato ; furono banditi i pubblici incanti per lo appalto dei lavori
stessi e ne rimase aggiudicatario l'imprenditore Vincenzo d'Errico col ribasso
del 33 0[0. Essendosi però preveduto il caso del probabile aumento
dei lavori oltre il limite del preventivo, nella bozza del
capitolato di appalto preparato dalla Segreteria, il Governatore Lo
Savio (quello in balia di cui restava l'amministrazione, secondo la relazione
ministeriale) aggiunse di suo pugno la clausola, che in caso di aumento
dei lavori per qualsiasi ammontare, anche oltre il quinta voluto dalla
legge (quella sui lavori pubblici, onorevole R. Commissario ! ) / lavori si
sarebbero intesi fatti alle medesime condizioni delr aggiudicazione. L'
aggiudicazione avvenne, come abbiam detto col 33 OjO di ribasso.
Lungo il corso dei lavori il Governatore Cosenza, che sorvegliava
personalmente l'andamento di essi, riconobbe la necessità di aumentarsi il
numero delle camere a pagamento, e quindi di accordo col Soprintendente e
col Governatore Lo Savio, diede ordine di trasformarsi a camere a
pagamento per le donne un gran salone che aveva prima avuto altra
destinazione. Da ciò 1' aumento di lavori e la necessità di un preventivo
suppletivo per integrare la pratica. Ma era naturale che
essendosi preveduto nel capitolato di appalto il probabile aumento dei lavori,
ed essendo stati validamente garentiti gli interessi della S. Casa con la
clausola su. espressa, si poteva anche far di meno dell'altro preventivo;
potendo bastare che nella misura finale fosse compresa la maggìor quantità di
lavori eseguiti alle tnedesime condizioni della primitiva aggiudicazione.
Questo è quanto risulta dai documenti, onorevole R. Commissario, ed
affermando il contrario, (ciò che non può essere) l'ingegnere Migliaccio ha
mentito. E forte dubitiamo che l'ingegnere Migliaccio abbia
affermato ciò che asserisce il R. Commissario ; perchè, almeno
questa volta, trattandosi di una dichiarazione scritta, avrebbe
dovuto pubblicarne il testo preciso. Non diciamo parola sul
fatto per il quale il R. Commissario dice di aver prodotto formale
denunzia air autorità giudiziaria, poiché non saremo noi che
preoccuperemo il libero corso della giustizia. Però non vogliamo tacere
che non può un'amministrazione essere tenuta responsabile dell'accordo
fraudolento tra un ingegnere ed un imprenditore, se tale accordo vi
fu. Dopo avere esposto con la maggiore brevità possibile, ma
crediamo, con ugual chiarezza, l'organizzazione di questo ramo di
servizio, e dopo aver distrutto i fatti che dal R. Commissario sono posti a
base dei suoi ingiusti apprezzamenti, vegga ognuno se le ultime parole
contenute nel suo rapporto che accennano a enorme disordine, ad abusi, a
sistematico disprezzo delle leggi, possono meritare una seria
considerazione o non ci autorizzano piuttosto ad esclamare:
:: Le sue parole ci fan 1' effetto che ci farebbe fuso di feminetta o di
fanciullo stocco! FORNITURE Coloro che hanno seguito la storia
dello scioglimento dell' Amministrazione degli Incurabili, ricorderanno che,
fra le accuse della relazione ministeriale, ve n'era una la quale affermava
che, quando nell'aggiudicazione delle forniture seguivasi il sistema
delle pubbliche aste, non si osservavano le regole della legge di
contabilità. Il fatto posto a base di tale accusa era il seguente: Procedutosi
agli incanti pubblici per l'aggiudicazione della fornitura di carte e
stampe, sorse divergenza sulla interpetrazione di una cifra contenuta in una
scheda di offerta di ribasso. Il Soprintendente, che presiedeva alle
aste, invitò tutti i concorrenti a leggere la scheda allo scopo di evitare
contestazioni, e tutti meno uno, tal Guadagno, ritennero che la scheda
contenesse il ribasso del 46 OjO sul prezzo d'asta. Siccome era
quella la scheda che portava il maggior ribasso, a quell'offerente fu
aggiudicato lo appalto delle carte e stampe. Il Guadagno reclamò,
contro tale provvedimento, ma il reclamo fu respinto dall'amministrazione.
Ripetuto il reclamo al Prefetto, questi non vi provvide nei trenta giorni
voluti dalla legge. Ma dopo parecchi mesi, quando l'aggiudicatario avea
già fatto gran parte della fornitura, il signor Prefetto, che già covava
nell'animo il malcelato disegno di colpire i malvisi amministratori, mise fuori
il reclamo Guadagno e minacciando l'annullamento dell" asta seguita e dell
1 aggiudicazione verificata, pretese che V amministrazione trovasse modo
di far tacere il Guadagno !! Tale indecoroso aggiustamento fu
respinto dal Consiglio di Governo, che con sua novella deliberazione
confermò le precedenti. Il Prefetto inviò la pratica al Ministero
dell'interno perchè fòsse annullata l' asta per violazione di legge : e
prima che il Consiglio di Stato (Sezione interni) si fosse pronunziato
sul chiesto annullamento, la relazione ministeriale lanciò 1' accusa di
inosservanza delle norme della legge e del regolamento di contabilità.
Ma nello scorso settembre, la domanda del signor Prefetto per
l'annullamento della suddetta asta, sottoposta all'esame del Consiglio di
Stato, fu da questo respinta, per non essersi riscontrata nella deliberazione
della disciolta amministrazione alcuna violazione di legge e per avere il
Soprintendente, che presiedeva alle aste, bene giudicato in fatto.
Altra accusa contenuta nella relazione ministeriale era
che, parecchie forniture, anche superanti le lire 500 9 si aggiudicassero
a trattativa privata e senza alcuna autorizzazione. Il R.
Commissario ha taciuto della decisione del Consiglio di Stato sopra
riferita, e non ha potuto fare a meno di constatare che tutte le
forniture sono regolari nella forma (questa volta il R. Commissario
smentisce il Prefetto ed il Ministro — Cielo!) Però siccome più che
l'interesse della verità e della giustizia, lo muove il malvolere ed il
bisogno prepotente di calunniare, sostiene che, gli appalti hanno nel più
gran numero il difetto di essere stati conclusi, a trattativa privata, in
seguito a diserzione d' incanti, e con diminuzione del prezzo di base d' asta;
il che farebbe suppone che si fissassero i prezzi alti negli incanti
appositamente per [irli andare deserti (?!!) e conchiudere poi i contratti
con prezzi molto vantaggiosi con persone che si credeva di
favorire. Il fatto sta precisamente come asserisce il R.
Commissario! Alcuni incanti andarono deserti, ma non peri prezzi alU,
bensì per i prezzi bassi messi a base delle aste. Ma ad onta dei prezzi
bassi, e delle diserzioni dagli incanti, per quasi tutti i contratti
stipulati a trattativa privata, e con debita autorizzazione, anche per
somme inferiori a lire 500, o fu dai contraenti ottenuto un lieve ribasso
sul già basso prezzo d'asta, o fu accettato puramente e semplicemente il
prezzo d'asta ad onta che per la sua bassezza avesse allontanato i
concorrenti. £ per tal modo la Santa Casa potè ottenere delle
economie di carattere contrattuale per parecchie migliaia di lire. E
sappia # l'onorevole Commissario che i prezzi furono fissati dietro indicazioni
ufficiali ricevute dal Presidente della Camera di Commercio !...
Non rileviamo neanche la sconcia irriverenza contenuta nelle ultime
parole surriferite del rapporto, che vorrebbe far credere al premeditato
favoritismo seguito nelle aste, poiché grazie al Cielo, i disciolti
governatori' non sono né il Deputato di S. Angelo dei Lombardi, ne il Vice
Presidente del Consiglio provinciale di Napoli. Che dire poi dell'altro
addebito mosso dal Regio Commissario sull'appalto degli apparecchi medici
e chirurgi ? Egli ha affermato che per tale fornitura il ribasso
offerto deir80 e 90 per cento si credè senza giustificato motivo ridurlo
al 63 e 53 °[ . Basterà esporre come andarono le cose (e
risulta dallo incartamento) per convincersi che anche in ciò il R. Commissario
è in aperta mala fede. L'asta per la fornitura degli oggetti
medici e chirurgi fu aperta sulla base di un ribasso del 30 0[0 sui
prezzi della tariffa precedentemente adottata dalla S. Casa.
Apertisi gli incanti ed accesasi calorosa gara fra i concorrenti, il
Giannattasio, esasperato per vedersi contrastare un servizio che egli facea da
moltissimi anni, offrì d'un colpo il ribasso del 90,05 0|0 sui prezzi
della sua stessa tariffa, e rimase aggiudicatario dell'appalto.
Riunitosi il Consiglio di Governo considerò che era immorale ed
iniquo profittare di un momento di aberrazione di un fornitore e costringerlo
ad eseguire lo appalto a disastrose condizioni, e che d'altra parie potea
indurlo a non fornire un materiale atto al buon servizio ospedaliero ; chiese
perciò, con apposita deliberazione, alla Giunta provinciale
autorizzazione di ridurre tale ribasso al 63 e 53 per cento, che pur era
sempre superiore a quello offerto da altri concorrenti, E la
Giunta Provinciale, a relazione del senatore De Siervo, accordò la
chiesta autorizzazione, trovando giusto e morale il provvedimento del
Governo. In verità il R. Commissario comprenderà di leggieri che
tra l'accusa che muove da lui e l'encomio di Siervo (una probità
indiscussa) la scelta, per ogni uomo che si rispetta, non può esser dubbia e
non se l'abbia a malo ! Tanto più che il R. Commissario fa come
padre Zappata che predica bene e razzola male. Ed infatto ha
violato la legge ed il contratto facendo stampare il rapporto dal suo tipografo
particolare e non dal fornitore dell'Amministrazione, erogando una spesa
superiore a lire 500 (lire 700) senza lo esperimento dei pubblici incanti
e senza dispensa dell'autorità tutoria. PROVVEDIMENTI PER FAR
DENARO Prelevazioni sulle cauzioni — Siamo alla fine del rapporto
e ci vediamo costretti a deplorare ancora una volta la completa
incoscienza deiraccuratore. « Tali sistemi di amministrazione
dovevano naturalmente t creare un continuo dissesto nelle condizioni
della pia Casa, « (prosegue il rapporto), la quale bene spesso veniva
perciò a « trovarsi in urgente bisogno di denaro. Se il R. Commissario si
fosse reso conto delle date delle scadenze mensili degli incassi e delle spese
della S. a Casa, avrebbe appreso che non ai deplorati sistemi di
Amministrazione del disciolto Governo deve attribuirsi Yurgente bisogno
di danaro in cui normalmente si trova l'opera pia, ma alla speciale natura del
maturo delle spese e delle rendite. Legga ed apprenda!
Gli potrà servire per misurare tutta l'importanza degli impegni che
assume e delle spese che autorizza a casaccio durante la sua gestione. Supposto
un preventivo in pareggio, e sia quello del 1890 ; nel mese di gennaio si
incassano per interesse de' capitali, estagli, affìtti fabbricati, quote di
arrendamene, infermi a pagamento, tesoreria ecc. ( con poche varianti in più od
in meno per ogni anno) L. 46,532.17 Si pagano invece nello
stesso mese di gennaio :•; 62,583.60 Risulta una
deficienza di .... » 16,051,43 Tale deficienza nel mese di febbraio, per
la differenza in più della spesa sull'incasso, è di . . L. 36,187.35
per la qual cosa l'ammontare complessivo della de ficienza a fine
febbraio aumenta a s 52,238.78 Riporto L. 52,238.78 In marzo
il supero della epesa sull'incasso è di » 17,589.97 Nell'aprile si
verifica per » 18,394.64 In maggio continua ancora per » 14,647.31
Per modo che a fine maggio la deficienza raggiunge l'ammontare
complessivo di .... » 102,870.70 Nel giugno invece, pel fatto
dell'incasso del semestre a fine mese, l'introito supera la spesa per »
41,102.25 perciò la dficienza verificatasi nei mesi
precedenti discende a » 58,768.45 A luglio riprende
però il suo cammino ascendente; aumenta di » 17,655.99 ed ammonta
perciò a fine luglio a » 76,404.44 Nell'agosto per un avanzo di «
202.84 vidiscende a » 76,201.60 Ma risale nel settembre
per » 10,772.50 Sale ancora nell'ottobre per >~^®^®^ ^^®~^^ -^-^i--'«-^-^-~&
Rapporto d’Antonelli Direttore Amministrativo dell' Ospedale degl'
Incurabili All' III. sig. Soprintendente dello Stabilimento
stesso Napoli, li 16 Luglio t891. In seguito dei più
accurati studii, fatti col concorso dell' ili. mo signor Governatore cav.
Cosenza, circa le attuali condizioni del nostro Ospedale, relative alla igiene
dei locali, alla loro manutenzione, alla Casa di Salute, a quella di
Maternità, alle stanze d'isolamento, a quelle di operazioni, alla cucina,
al casermaggio, alle consultazioni gratuite, alla sala idroterapica, ed
alle stanze per la ricezione, alla disciplina del basso personale ed alla
Direzione dell' Ospedale; e quali dovrebbero essere per ottenere che questo
grande Istituto di beneficenza risponda alle esigenze del progresso della
scienza, e che di nulla manchi per venire in sollievo della umanità
languente", pregiomi sottometterle tutto un piano di riforme, che,
se troveranno benigna eco nell'animo dei signori componenti l'ilLmo Consiglio,
salvo quelle savie modifiche che crederà apportarvi, certamente potrà
dirsi: Maria Longo fondò gì* Incurabili, e l'attuale Amministrazione li
riformò. Pria di entrare nell' argomento, ho il dovere di dirle che base
degli studii è stata la riforma totale, progressiva, accelerata
dell'Opera, senza aggravare l'attuale bilancio, onde il pareggio
conseguito possa rimanere stazionario. Igiene dbi locali
Le attuali infermerie certamente non si possono abbattere per poi ricostruirle,
ma essendo antigieniche possono essere bonificate, sia con l'apertura di
vani nelle pareti interne per renderle maggiormente arieggiate, sia con
lo sterro di una superfìcie quadrata di terrapieno, che attualmente
trovasi a ridosso di alcune di esse nella Sezione " uomini „.
Dividere l'Ospedale chirurgia da quello medico, giacche la promiscuità
procura agl'infermi in chirurgia delle infezioni che lo isolamento ovvia del
tutto. Rifare l' Ospedale a donne „ sul tipo delle poche sale,
rifatte in quello a uomini „, togliendo le sale, che sono fomite e ricetto
d'infezioni. Costruire i cessi in modo, che, pur rimanendo in
vicinanza immediata delle sale per comodo degl'infermi, non mandino alle
sale stesse tutti quei miasmi, di cui oggi sono infetti e non propaghino
tutti quei microrganismi che nelle fecci di essi son contenuti, badando
che il sistema del cesso offra solidità e abbia tutte le garenzie per
essere inodoro. Manutenzione L' attuale manutenzione è
del tutto derisoria, poiché il danaro vien profuso per accomodare, a
misura del bisogno urgente, un fabbricato vecchio,sorto a spezzoni, senza
apportare alcuna modifica radicale al fabbricato stesso, ma producendo
invece del danno nel modo come vengono eseguiti i rappezzi, giacche le
fabbriche nuove pel proprio rassetto e per lo scuotimento che producesi alle
vecchie, ne fa conseguire la necessità di rifare quello che poco prima si
rifece, e, per la verità, informino i corsi sottostanti 1' Ospedale.
Verificare l'attuale incanalamento delle acque di rifiuto, le quali ora
si infiltrano in tutte le fabbriche, e si assiste al miserando spettacolo, che
mura, spesse parecchi palmi, piovano a permanenza. Anche le grondaie anno
oggi la missione di depreziare il fabbricato per la loro cattiva
costruzione e manutenzione. Sicché risulta necessaria la radicale
ricostruz 1 me di quanto vi è di fradicio, onde per parecchi anni si
possa essere esenti da manutenzioni, ovvero fare la parte minima, cioè
imbianchimento, rappezzi d'intonaco, tegole ed altro, con mezzi economici
e con qualche operaio del Pio luogo, evitando così la permanenza nelT
Ospedale di imprenditori di manutenzione e di squadre di muratori,che sono la
causa precipua dei guasti che si verificano e che essi stessi producono
per poi poter lavorare su più vasta scala. L'attuale ordinamento della
Casa di salute, se la rende non passiva, non può calcolarsi come un
cespite rilevante, se tengonsi presenti le spese che per essa si erogano
in quanto a vitto e casermaggio speciale ed alle rette che si esigono.
Pur apprezzando l'operato dell' ill.mo Governo per aver disposto il
miglioramento delle località e del mobile, certamente non si raggiungerà
lo scopo di avere una Casa di Salute, accessibile al gentiluomo, come
all'individuo del medio ceto, mantenendo ciascuno nel proprio ambiente e con
quegli agi relativi alla retta che ciascuno paga secondo la classe.
La promiscuità delle diverse classi nello stesso appartamento
condannerà il gentiluomo a non uscire di camera per non trovarsi a
contatto con persone che non sono del suo grado, e farà nascere
invidia e sospetto nell'animo di chi paga in meno, in vista del
migliore trattamento che vedrà usato, sia per vitto che per
servitù, a chi ne ha dritto per contributo di retta maggiore. In
fatti oggi vedesi qualche gentiluomo capitare nella nostra Casa di Salute, il
quale resta confinato nella sua stanza fino alla guarigione, privo anche
del benefizio di poter scambiare una parola, poiché la maggioranza
degl'infermi è gente del basso ceto. Si figuri la S. V.
illustrissima, quando la retta sarà aumentata e qualcuno crederà, venendo, di
trovarsi in un ambiente di gente del suo rango, e troverà poi della gente
del volgo, quale discredito gitterà costui sulla Casa di Salute, ed allora sarà
accessibile soltanto alle infime classi sociali con le rette mìnime,
rimanendo vuote, con tutte le migliorìe apportate, quelle stanze, la cui
retta dovrebbe formare il cespite maggiore della Casa di Salute. Risulta
manifesta la necessità di ampliare la Casa di Salute di un secondo piamo,
onde ottenere la divisione completa delle diverse classi, facendo vivere
ogni elemento nel proprio ambiente, e per conseguire lo scopo basterà
costruire due sole tese di scala in seguito delle esistenti e servirsi
del suppenno soprastante la Casa di Salute, ove le mura già sono abbastanza
sviluppate, trasferendo la Biblioteca ad altro posto, per ottenere un quadrato
completo, così nella parte settostante, come nella superiore.
Casa di maternità' La nostra casa di maternità forse è la
prima in Italia pel numero delle incinte, che vi affluisce e per le operazioni,
che in essa si praticano, e per la valentia dei professori, ma non è
certamente all'altezza dei tempi per le sue condizioni igieniche.
Le incinte sono addossate l' una all' altra, e l' aria che vi si respira
non è la migliore: i pavimenti, le pareti ed il soffitto lasciano a
desiderare; le stanze del puerperio, quelle di operazioni, l'altra da
bagno sono in condizioni pessime e mancano tutt' affatto le stanze d'
isolamento per quelle donne che durante il puerperio vanno soggette a
complicanze. Devesi venire in soccorso di tale istituzione, e porla
in grado di funzionare secondo le esigenze della igiene e della scienza e
fare che risponda alle prescrizioni del Regolamento circa la inaccessibilità a
chiunque, mentre attualmente è un via vai di persone estranee, in barba al
Regolamento. Stanze d' isolamento Il difetto assoluto di stanze d'
isolamento nell' ospedale genera ogni giorno giustissime doglianze da
parte del Corpo Sanitario, poiché, sviluppatasi una infezione qualsiasi
in un infermo, questo resta in sala con grave danno degli altri,
segnatamente per le sale di chirurgia, ove sonovi operati di recente.
Cito un esempio: oggi dalla nostra casa di maternità od anche per
ricezione alla porla, perviene all' Ospedale una donna affetta da infezione
puerperale: questa devesi attualmente collocare in sala comune ed
essendosi in massima risoluto che in tali casi devesi collocare in sala
di medicina per non comunicare l' infezione in quelle di chirurgia, pure non si
è assolutamente certi della immunità per le ragioni che dirò in
seguito. Le stanze d' isolamento sono necessarie, tanto per i casi
citati, come per tanti altri, cioè per pustola maligna, tetano ecc. e
debbono essere poste fuori T ambito dell' Ospedale, poiché è risaputo
che, non solo la vicinanza dello infermo infetto propaga agli altri la
infezione, ma veicolo certo d' infezione può essere il Medico, colui che
è adibito per la medicatura, ovvero il basso personale destinato al cambio
della biancheria, al rifacimento del letto, all'apprestamento del cibo
etc. Ond' è mestieri che due quartierini nelT Interno deli' atrio dell'
Ospedale e propriamente quelli che oggi sono tenuti dal Rettore con
l'altro soprastante, vengano sfittati e messi a disposizione per lo
isolamento, uno per gli uomini ed uno per le donne, adattando due stanze
pei tetanici, delegandovi un personale a parte, sia medico come assistente ed
inserviente. Stanze di Operazioni Per quanto 1'
antisepsi è garenzia di quasi tutte le operazioni chirurgiche, pure per
molte di esse è necessità assoluta che l'ambiente, in cui si opera, sia
del tutto asettico e che l' infermo, dopo subita la operazione, possa
essere trasferito in una stanzetta attigua, restandovi per qualche giorno
pria di passare in sala comune, ond* evitare possibili complicanze. Si
rendono massimamente necessarie dal punto di vista, che dovendosi praticare
apertura dell'addome, l'ambiente, nel quale si opera, deve prestarsi ad
un facile riscaldamento, come ad una facilissima disinfezione completa, quindi
località piccola, ben disposta, pavimento di asfalto dipinto, letto di
operazione semplicissimo, e corredato^ di quanto è necessario per potere
operare con tutti' i rigori prescritti dai più recenti progressi
scientifici. L'attuale cucina, come ho avuto l'onore altra volta
d'intrattenere laS. V., non risponde per la sua costruzione alla buona
preparazione del cibo in generale e della pasta in particolare, la quale, non
potendosi cuocere in acqua a parte, dev' essere cotta col brodo;
riducendo questo, non dico guasto, ma certamente non buono, sia per 1'
acqua che vi si aggiunge per cuocere la pasta, sia per le impurità che questa
vi lascia durante le ebollizioni. Pel posto ov' è collocata, cioè tanto
lontana dalle infermerie, che il vitto arriva in esse quasi immangiabile,
rendendosi vani gli sforzi per ottenere dai fornitori materie prime
buone, quando la cattiva preparazione e la lontananza della cucina
contribuiscono efficacemente a rendere guasto il cibo, tale lontananza rende
quel servizio quasi privo di sorveglianza, tanto necessaria pel suo buon
andamento. Per ovviare a tutti siffatti sconci basta collocare la
cucina in una località più eentrale per potere apprestare con maggiore
faciltà e sollecitudine il vitto alle diverse infermerie, ed anche per
esercitarvi, durante la preparazione dei cibi, un' attiva vigilanza,
costruendola in modo che la preparazione delle vivande riesca tale da evitare
gl'inconvenienti di sopra enunciati. Casermaggio Le condizioni
del casermaggio nell' Ospedale degl' Incurabili sono deplorevolissime, come
anche altra volta ho avuto l'onore di rassegnarle, però non basterebbe il
rifornire di tela la guardaroba, ovviando cosi alle esigenze urgenti, ma credo
che debbasi radicalmente riformare il casermaggio dell'Opera in tutte le
sue più minute parti. I letti esistenti, composti di spalliere e tavole,
sono covo d' insetti nella stagione calda e fomite perenne d'infezione pei
microrganismi che in essi annidano. I pagliericci anch'essi sono fomite
perenne di infezione e coi progressi della scienza sono assolutamente da
abolirsi. Le materasse sono deficienti di lana e la lana che
contengono è tale, che dev' essere lavata e cardata. I guanciali
trovansi nelle stesse condizioni delle materasse. Le lenzuola, camice e
camici, cusciniere, traverse, salvietti, berretti etc. sono oggi in tale
deficienza che manca magari il servizio giornaliero. I zoccoli per
gì' infermi sono indecenti e parmi si dovessero abolire, sostituendo le
pantofole col sughero interno coverto, tanto per decenza, quanto per
evitare lo assorbimento da parte del legno, che oggi funziona da suola, mentre
le pantofole che si propongono possono facilmente sterilizzarsi con la
stufa. Quindi per ottenere un casermaggio che riesca soddisfacente
per le esigenze della scienza, occorre: Sostituire alle spalliere e tavole
un letto in ferro con grata di ferro invece delle tavole, leggiero, svelto, con
le minori connessure possibili, senza pomi, ond' evitare che in esso
trovino nido microbi infettivi. Sostituire all'attuale paglierìccio un
secondo materasso di lana nera, la quale, costando molto meno di quella
bianca, si presta benissimo al lavaggio ed alla disinfezione più
completa. Lavare e cardare l'attuale lana, aggiungendone tant'altra, per
quanto basti a rendere più soffici le attuali materasse e
guanciali. Provvedere ad una fornitura di tela, che possa bastare non
solamente ai bisogni ordinarli, ma bensì per tenere un deposito di
effetti nuovi, corrispondenti ad una metà almeno della dotazione generale in
uso. Abolire le scodelle sotto i letti e sostituirle con le sputacchiere
di metallo. Consultazioni gratuite, sala Idroterapica e
stanze per ricezione Trasferendo la cucina in posto più centrale, gli
attuali locali della cucina, uniti a quelli della ricezione, dovrebbero
servire a concentrare in un punto solo, con entrata a parte, senza alcuna
comunicazione con l'Ospedale, tanto le stanze per la ricezione, quanto
quelle per le consultazioni gratuite, ed il gabinetto idroterapico con
l'aggiunzione di una sala da bagno. Così facendo, potrebbero fittarsi gli
attuali locali di via Consolazione, adibiti per le consultazioni gratuite ; si
eviterebbe un via vai di gente nell'Ospedale, che recatisi al gabinetto
idroterapico ; si avrebbero le sale per la ricezione più decenti ed
igieniche, segnatamente per la stagione invernale; si avrebbe un dispensano
celtico decente, giacché lo esistente è indegno e con l'aggiunta della sala da
bagno, si potrebbero spedire sulle infermerie gli ammalati ricevuti, netti,
senza insetti e vestiti con gli abiti dell'Ospedale. Disciplina del
bas3o personale Per mantenere alta la disciplina nell'Ospedale e
per richiedere dal basso personale assistenza agli infermi, nettezza dei
locali, rifiuto delle mance, lecite ed illecite, e per essere certi che non si
perpetrino furti a danno del Pio Istituto ; è mestieri migliorare le
condizioni economiche della classe degl' inserventi e delle camminanti.
Dal modo come è pagato attualmente il basso personale, pare
tacitamente autorizzato a commettere furti; giacche, percependo un'
inserviente soli 23 soldi al giorno risolve un problema, se, dopo di aver
lavorato una giornata intera, può satollare di solo pane i figli.
Cito un caso che può servire di pruova a quanto dico. Havvi un
inserviente che fino ad ieri ha tenuto delegati tutt' i suoi averi per pigione,
e pure ha risoluto il problema della vita. Domando come lo ha risoluto,
essendo stato sempre nell' Ospedale e non avendo avuto altri prowenti ?
Io non voglio malignare, ma certamente a danno di qualcuno avrà risoluto il
problema dell' esistenza per sé e per la sua famiglia. Le camminanti con
sole 16 lire mensili, dovendo provvedere a vitto e vestito debbono, se non
altro, mangiare a danno delle povere inferme, sottraendo dal cibo comune quanto
basta ai loro bisogni. Riconosciuta la necessità di migliorare le
condizioni economiche di tale elasse, è evidente che il miglioramento debba
essere razionale e progressivo, e senza spostare di molto, come dissi, la
finanza del Pio Luogo. Nell'attuale basso personale vi sono degli
ottimi elementi, come ve ne sono di quelli non suscettivi di miglioramento, e
per fare che il basso personale ben risponda alle esigenze del servizio,
ritengo debba dividersi in due classi distinte, cioè infermieri ed
inservienti. GÌ' infermieri dovrebbero essere quegli inservienti e
camminanti intelligenti, che previo esame dessero garenzia di capacità a
prestar la cura prescritta dai professori agi' infermi, ed evitare pure
che continuasse il grave sconcio che, mentre si opera un infermo, lo
inserviente che appresta al professore operatore quant' occorre per operare,
tolga dal letto di un infermo la traversa sporca, o venga dalla pulizia del
cesso. Essi, gì' infermieri, dovrebbero solamente assistere alla
medicatura, alle operazioni, allo esatto adempimento delle prescrizioni mediche
ed alla distribuzione del cibo. GÌ' inservienti, cioè V attuale
personale meno intelligente dovrebb' essere adibito alla nettezza dei pavimenti
ed alle latrine, al trasporto del vitto dalla cucina nelle infermerie ed
a quello della biancheria lurida dalle infermerie alla lavanderia e
viceversa. Ai primi concedere un aumento di salario, dividendo il
servizio di 12 in 12 ore, senz' altro dritto, e pei secondi concedere il
vitto a quelli di guardia. Direzione dell' Ospedale L'
Ufficio di Direzione, ove attualmente trovasi, può essere considerato
fuor dell' Ospedale, giacche tutto il movimento svolgesi alla porta
maggiore. Alla porta maggiore affluisce il pubblico, che intende visitare
gl'infermi nell' Ospedale. Alla porta maggiore presentansi gì' infermi per
chiedere l'ammissione straordinaria. Alla porta maggiore si presenta il
maggior numero dei professori addetti nelle diverse sale. Per
la porta maggiore entra ed esce il basso personale e succedono tante
contrattazioni col pubblico, che è meglio tacerne. Alla porta
maggiore risiedono i Professori di guardia, delegati per la ricezione
degl'infermi e pei soccorsi urgenti. Alla porta maggiore deve risiedere il
Direttore, onde ovviare all' entrata nelV Ospedale di tante persone estranee al
servizio, proibire 1' uscita del personale e trovarsi nel centro dell'
Ospedale, onde poter sorvegliare tutti gli svariati servizii. Per le
ragioni espresse dovrebbesi trasferire la Direzione alla porta maggiore,
chiudendo l' attuale porta che mena sull' Ospedale Donne. Stanza di
medicatura Per un Ospedale come il nostro, che riceve le colpite da
lesioni violenti, si rende di somma necessità una stanza di medicatura,
atta a fornire i primi soccorsi alle infelici che si presentano,
corredata in modo da non lasciare a desiderare, con un corredo di ferri
cerusici occorrevoli, tanto per le ferite ed altre lesioni, quanto per
venire in soccórso dei bisogni urgenti nelT Ospedale senz' attendere che
si apra 1' armamentario, segnatamente di notte. Ecco detto in quali
condizioni versa 1' Ospedale degli Incurabili, e quanto è necessario che
si faccia per poter vedere all'altezza dei tempi e dei progressi scientifici
questo grande Istituto di beneficenza. Ora panni necessario
discutere del modo come conseguire gli scopi innanzi premessi, senz'
aggravare la finanza dell' Istituto, onde non abbia del poetico il
presente progetto. Attualmente 1' Amministrazione degf Incurabili
spende annualmente per l'Ospedale una vistosa cifra per mantenere un vecchio
carname senza mai potere ricostruire radicalmente nulla. Se
all' attuale spesa si aggiungesse altra cifra di circa lire 20,000 si
otterrebbe una cifra totale rilevantissima da potersi iscrìvere nel bilancio
per le spese di fabbriche. Se l’Amministrazione dell'Ospedale
ordinasse un piano regolatore generale per le riforme accennate, ponendo
come base il migliore conseguimento possibile sulla pianta dello attuale
fabbricato e la massima economia, potrebbesi bene erogare la cifra di
lire 500.000 per sola ricostruzione dell' Ospedale, senza tenere conto dei
pavimenti, che già fanno parte di altro contratto e pel quale la cifra
annuale già è prevista in bilancio. Pagandosi a lire 50.000 annue con
l'interesse del 5 p. 0j0 a scalare, sarebbe più che sufficiente la cifra
iscritta, giacché in essa sarebbero anche compresi gl'interessi. Mi
si potrebbe domandare, e l'altra cifra di 20,000 lire per venire in soccorso
dell' attuale spesa per manutenzione? La Casa di Salute, com' è
attualmente tenuta, e ristretta com' è, dà all'Amministrazione un'entrata di
circa L. 30,000 lorde; ma ampliata, come si desidera, e con F aumento delle
rette, F introito sarebbe senz' altro triplicato. E quello che asserisco
non potrà in verun modo venire smentito, dal momento che tutt' i giorni debbono
respingersi individui richiedenti per mancanza di posti nella Casa di
Salute. A maggiormente confortare questa mia asserzione, valga anche
l'ultima deliberazione dell'onorevole Consiglio circa la cura delle malattie di
occhi nella Casa di Salute. Oggi quasi tutti i provinciali
benestanti affluiscono in Napoli sulle locande e colà sona operati e
rimangono in un ambiente settico, dovendo pagare 'cibo assistenza, e
parecchie migliaia di lire per operazioni. Ma quando la nostra Casa
di Salute potrà allogare per bene siffatti infermi, ad essi converrà pagare
anche una retta giornaliera di oltre lire 20, poiché in essa è compreso
alloggio, vitto, assistenza e cura, e qualunque possa essere la durata
della degenza nell'Ospedale di un tale infermo, gli costerà sempre molto
meno di quanto pagherebbe privatamente. Rifacendo l'Ospedale, come
ho detto, non si avrebbe bisogno di manutenzione pei primi dieci anni, ma
solamente jii conservazioni. Qneste potrebbero eseguirsi economicamente,
aggiungendo all'attuale operaio fabbricatore, che già paga l’Amministrazione,
un secondo per imbiancare le pareti delle sale annualmente, tanto per
mantenerle, quanto per disinfettarle, fare qualche rappezzo -d' intonaco
o di asfalto, rimettere qualche tegola o quadrone, senza andare incontro a
contratti di manutenzione. Circa poi alla esecuzione del lavoro son certo
che non uno ma dieci imprenditori verrebbero alla subasta per aggiudicazione,
essendo certa la riscossione di una vistosa cifra in ogni fine di anno, ovvero
Y imprenditore, avendo bisogno di danaro, troverà sicuramente i fondi a
collocare mercè una inftnitisimale differenza d'interesse. Vengo ora alla
seconda parte della riforma, cioè al casermaggio. Potrebbe
1'Amministrazione nelle attuali condizioni del bilancio, appena conseguito il
pareggio e tenendo ancora iscritte delle cifre in esito per debiti precedenti,
affrontare la grave spesa per riformare tutto il casermaggio? Si
potrà conseguire lo scopo di mutare fondatamente 1' attuale casermaggio
con le risorse normali del bilancio? Converrà all' Amministrazione
vendere gli attuali letti per comprarne altri, secondo le norme più innanzi
descritte, senza subire la camorra di chi compra roba vecchia?
Ed ammesso che si avveri questa ultima previsione, sarà conveniente aggravare
V erario dell' Opera, iscrivendo una grossa cifra per casermaggio a detrimento
di altri impegni del bilancio? Converrà all' Ammintstrazione, non
potendo venire in soccorso del casermaggio con le risorse normali, fare una
operazione finanziaria per attuare la riforma con celerità, onde non
andare incontro a vedere per parecchi anni l’Ospedale messo per una
porzione sul sistema moderno e per 1' altra sull’antico? Io credo
che qualunque dei mezzi sopra citati non può essere conveniente per T
Amministrazione, giacche, o non si otterrebbe la riforma progressiva, accelerata
di questa branca di servizio, ovvero ne soffrirebbe non poco la finanza del Pio
luogo. Una sola via resta, onde compiere con sollecitudine e senza grave spesa
la riforma accennata, ed è la seguente: Bandire gì' incanti
con un capitolato redatto in modo da non lasciare scappatoie all'
aggiudicatario, e questo scopo si raggiunge presto, quando alla Direzione degli
Ufficii Amministrativi presiede quelf Egregio funzionario che è il barone
De Marinis, dando il casermaggio per retta giornaliera, per persona e
giornata di degenza, comprendendovi la lavatura ed il rattoppo.
Base dell' incanto dovrebb' essere il consumo di casermaggio sulla
media della spesa e degl' infermi di un decennio, da stabilire questo
dato la retta giornaliera per fornitura di casermaggio, lavatura e
rattoppo da corrispondersi al fornitore. Mettere per base
all' inca nto un campionario completo di letti, e quanto altro occorre
agl'infermi di ambo i sessi coi rispettivi prezzi di acquisto, pagati
dall' Amministrazione, con 1' obbligo all' aggiudicatario di rinnovare una
sala per ogni mese. Apprezzare, mercè periti scelti di accordo fra
l'Amministrazione ed il fornitore, tutto quanto possiede 1' Ospedale e sui
prezzi del campionario calcolare il valore dei capitale impiegato dal
fornitore pel nuovo impianto, giusta il numero dei letti completi ed accessorii
forniti. La differenza fra i due capitali sarebbe rimborsata al fornitore
in tante rate mensili con gì' interessi a scalare dal primo all' ultimo
mese dell' appalto. Come ben vede la S. V. IH. questo sarebbe
certamente un mezzo da riformare in tempo brevissimo tutto il casermaggio della
Pia Opera, senza che l'Opera stessa si aggravi di una spesa ingente, e noti che
come ho avuto l'onore di esporle, in fine dello appalto tutto il materiale
sarebbe di esclusiva proprietà del Pio Luogo, senza essere forzati a ricorrere
ad un secondo appalto. Aggiungo un' ultima riflessione e poi avrò
finito. Ammesso che 1' aggiudicatario dovesse spendere per mettere
il casermaggio nei modi richiesti L. 50,(KJ0 e che il nostro materiale
attuale non valesse altro che 20,000, le 30,000 lire di differenza spese
dall' aggiudicatario sarebbero rimborsate in un novennio, mese per mese,
importando una maggiore spesa mensile di lire 300 circa, ma, scaduto il
contratto, 1' Amministrazione si trova un capitale reale e non nominale di
effetti per casermaggio di lire 50,000, giacche, com' è risaputo, l'
aggiudicatario in fine dello appalto deve consegnare gli effetti come li
ha ricevuti, rifacendo i danni ove le condizioni si verificassero
diverse. Ed ora conchiudo con una speranza ed un augurio; la
speranza, che, se ho mancato di senno amministrativo e di forma nella
esposizione delle mie idee, voglia F Illustrissimo Governo essermi di
ausilio, riparandovi con la sua saggezza ; F augurio ò che, dopo un
accurato esame e quelle modifiche che crederà F 111. Governo apportarvi,
venga attuato il presente progetto. Il Direttore — G. Antonklli Vastarini Cresi. Vastarini-Cresi. Vastarini. Perhaps
under C? -- Refs.: The H. P. Grice Papers, Bancroft, MS – Luigi Speranza,,
“Grice e Cresi: cappuccino e ciserciani” – The Swimming-Pool Library, Villa
Speranza, Liguria. Cresi.
Grice e Crespi: la ragione conversazionale e
l’implicatura conversazionale d’Antonino e compagnia – filosofia romana – scuola
di Milano – filosofia lombarda -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Milano). Filosofo milanese. Filosofo lombardo. Filosofo
italiano. Milano, Lombardia. Grice: “Crespi is an interesting figure; Strawson
calls him an Englishman since he became a Brit! My favourite is his edition of Marcauurelio’s
remembrances – which is a n irony: he was a roman, but left his remembrances in
Hellenic; and the Italians needed a translation! It would be as if Pocahontas’s
remembrances were in Anglo-Saxon!” Collaboratore
della Critica sociale, si avvicina alle posizione modernista. Collaboraa Il
Rinnovamento, L'Unità, La Rivoluzione liberale, Coenobium. Emigrato durante il
fascismo, ospita numerosi esuli antifascisti. Altre opere: “Le vie della fede”
(Roma, Libreria editrice romana); “Sintesi religiosa” (Firenze, Tip.
Bonducciana di A. Meozzi); “L’impero romano” (Milano, Treves); “Dall'io al tu”
(Modena, Guanda). Nunzio Dell'Erba, Rosselli e Sturzo, "Annali della
Fondazione Ugo La Malfa", Luigi Sturzo, Mario Sturzo, Carteggio, Roma,
Edizioni di storia e letteratura-Istituto Sturzo, Giovanni Bonomi, C., Cremona,
Padus). Wikipedia Ricerca Filosofia ellenistica periodo della filosofia greca
antica La filosofia ellenistica è il periodo della filosofiaoccidentale e della
filosofia greca antica durante il periodo ellenistico.
StoriaModifica Il mondo ellenistico. Il periodo ellenistico seguì le
conquiste di Alessandro Magno, che aveva diffuso la cultura greca antica in
tutto il Medio Oriente e nell'Asia occidentale, dopo il precedente periodo
culturale della Grecia classica. Il periodo classico della filosofia greca
antica era iniziato con Socrate, il cui allievo Platone aveva insegnato ad
Aristotele, che a sua volta aveva istruito Alessandro. Mentre i pensatori
classici avevano per lo più sede ad Atene, il periodo ellenistico vide i
filosofi attivi in tutto l'impero. Il periodo iniziò con la morte di Alessandro
nel 323 a.C. (poi quella di Aristotele), e fu seguito dal predominio della
filosofia dell'antica Roma durante il periodo imperiale romano. Sviluppi
e dibattiti sul pensieroModifica I fondatori dell'Accademia, i peripatetici, i
seguaci del cinismo e del cirenaismo erano stati tutti allievi di Socrate,
mentre lo stoicismo era soltanto indirettamente influenzato da lui.Il pensiero
di Socrate fu quindi influente per molte di queste scuole dell'epoca,
portandole a concentrarsi sull'etica e su come raggiungere l'eudaimonia (la
bella vita), e alcune di loro seguirono il suo esempio di usare
l'autodisciplina e l'autarchia a tal fine. Secondo Grayling, la maggiore
insicurezza e perdita di autonomia dell'epoca spinse alcuni a usare la
filosofia come mezzo per cercare sicurezza interiore dal mondo esterno. Questo
interesse nell'usare la filosofia per migliorare la vita è stato colto
nell'affermazione di Epicuro: "vuote sono le parole di quel filosofo che
offre una terapia per nessuna sofferenza umana". L'epistemologia degli epicurei è empirica, con
la conoscenza che alla fine proveniva dai sensi.[4]Epicuro sosteneva che le
informazioni sensoriali non sono mai false, anche se a volte possono essere
fuorvianti, e che "Se combatti contro tutte le sensazioni, non avrai uno
standard contro il quale giudicare anche quelle di coloro che dici si
sbagliano". Rispose a un'obiezione all'empirismo fatta da Platone in
Menone, secondo la quale non si può cercare informazioni senza avere un'idea
preesistente di cosa cercare, quindi significa che la conoscenza deve precedere
l'esperienza. La risposta epicurea è che la prolepsi (preconcetti) sono
concetti generali che consentono di riconoscere cose particolari e che queste
emergono da ripetute esperienze di cose simili. PlatonismoModifica
Il Platonismo rappresenta la filosofia dell'allievo di Socrate, Platone, e i
sistemi filosofici da esso strettamente derivati. Antica
AccademiaModifica Il platonismo primitivo, noto come "l'Antica
Accademia", inizia con Platone, seguito da Speusippo (nipote di Platone
dell’ACCADEMIA), che gli succedette come capo della scuola, e da Senocrate.
Entrambi cercarono di fondere le speculazioni pitagoriche sul numero con la
teoria delle forme di Platone. Scetticismo accademicoModifica
Carneade, copia romana dalla statua esposta nell'Agorà di Atene, Museo
Glyptothek Lo scetticismo accademico è il periodo dell'antico platonismo
risalente intorno a quando Arcesilao divenne capo dell'Accademia platonica,
fino a quando Antioco di Ascalona respinse lo scetticismo, sebbene i singoli filosofi,
come Favorino e il suo maestro Plutarco, continuassero a difendere lo
scetticismo accademico dopo questa data. Gli scettici accademici sostenevano
che la conoscenza delle cose è impossibile. Le idee o le nozioni non sono mai
vere; tuttavia, ci sono gradi di somiglianza con la verità, e quindi gradi di
credenza, che consentono di agire. La scuola era caratterizzata dai suoi
attacchi agli stoici e al dogma stoico che impressioni convincenti portavano
alla vera conoscenza. Arcesilao Carneade Cicerone Medioplatonismo Antioco
di Ascalona respinse lo scetticismo, lasciando il posto al periodo noto come
Medioplatonismo, in cui il platonismo era fuso con alcuni dogmi peripatetici e
molti stoici. Nel medioplatonismo, le forme platoniche non erano trascendenti
ma immanenti alle menti razionali, e il mondo fisico era un essere vivente e
animato, l'anima del mondo. La natura eclettica del platonismo in questo
periodo è dimostrata dalla sua incorporazione nel pitagorismo (Numenio di
Apamea) e nella filosofia ebraica (Filone di Alessandria). Plutarco Neoplatonismo
Il Neoplatonismo, o plotinismo, era una scuola di filosofia religiosa e mistica
fondata da Plotino nel III secolo e basata sugli insegnamenti di Platone e
degli altri platonici. Il vertice dell'esistenza era l'Assoluto o il Bene, la
fonte di tutte le cose. Nella virtù e nella meditazione l'anima aveva il potere
di elevarsi per raggiungere l'unione con l'Assoluto, la vera funzione degli
esseri umani. I neoplatonici non cristiani erano soliti attaccare il
cristianesimo fino a quando cristiani come Agostino, Boezio ed Eriugena non
adottarono il neoplatonismo. Plotino Porfirio Giamblico Proclo
CirenaismoModifica Il Cirenaismo fu fondato nel IV secolo a.C. da Aristippo,
allievo di Socrate. Aristippo, nipote del fondatore, sostene che il motivo per
cui il piacere era buono era che era evidente nel comportamento umano fin dalla
più giovane età, perché questo lo rende naturale e quindi buono (il cosiddetto
argomento della culla).I Cirenaici credevano anche che il piacere presente
liberasse dall'ansia del futuro e dai rimpianti del passato, lasciandoci in
pace.Queste idee furono prese ulteriormente da Anniceride di Cirene, che
espanse il piacere per includere cose come l'amicizia e l'onore. Teodoro l'Ateo
non era d'accordo e sosteneva che i legami sociali dovrebbero essere tagliati e
dovrebbe essere sposata l'autosufficienza. Egesia di Cirene, d'altra parte,
affermava che la vita alla fine non poteva essere complessivamente
piacevole. Cinismo Il pensiero dei Cinici si basava sul vivere con
il minimo necessario e nel rispetto della natura. Il primo cinico fu Antistene,
che era un allievo di Socrate. Introdusse le idee di ascetismo e opposizione
alle norme sociali Il suo seguace fu Diogene, che seguì questa direzione. Invece
del piacere, i cinici promuovevano il vivere intenzionalmente in difficoltà
(ponos). Tutto questo perché era visto come naturale e quindi buono, mentre la
società era innaturale e quindi cattiva, così come i benefici materiali. I
piaceri forniti dalla natura (che sarebbero stati immediatamente accessibili)
erano tuttavia accettabili. Cratete di Tebe affermava quindi che "la
filosofia è un chilo di fagioli e non si cura di nulla". Altri cinici
includevano Menippo e Demetrio . Scuola peripatetica. Un busto in marmo
di Aristotele La scuola peripatetica era composta dai filosofi che avevano
mantenuto e sviluppato la filosofia di Aristotele. Sostenevano l'esame del
mondo per comprendere il fondamento ultimo delle cose. Lo scopo della vita era
l'eudaimonia che nasceva da azioni virtuose, che consistevano nel mantenere la
media tra i due estremi del troppo e del troppo poco. Teofrasto Stratone di Lampsaco Alessandro di Afrodisia
Aristocle di Messene Pirronismo Pirro d'Elide, testa in marmo, copia
romana, Museo Archeologico di Corfù Il Pirronismo era una scuola di scetticismo
filosoficoche ebbe origine con Pirrone e fu ulteriormente avanzata da Enesidemo
nel I secolo a.C. Il suo obiettivo era l'atarassia (essere mentalmente
imperturbabile), che si ottiene attraverso l'epoché(cioè la sospensione del
giudizio) su questioni non evidenti (cioè, questioni di credenza).
Pirrone Timone di Fliunte Enesidemo Sesto Empirico Epicureismo Busto
romano di Epicuro L'epicureismo fu fondato da Epicuro. La sua epistemologia era
basata sull'empirismo, ritenendo che le esperienze sensoriali non possano
essere false, anche se possono essere fuorvianti, poiché sono il prodotto del
mondo che interagisce con il proprio corpo. Ripetute esperienze sensoriali
possono quindi essere utilizzate per formare concetti (prolepsi) sul mondo, e
tali concetti ampiamente condivisi ("concezioni comuni") possono
fornire ulteriormente le basi per la filosofia. Applicando il suo empirismo,
Epicuro sostenne l'atomismo notando che la materia non poteva essere distrutta
poiché alla fine si sarebbe ridotta a nulla e che doveva esserci vuotoaffinché
la materia potesse muoversi. Anche se questo di per sé non provava l'esistenza
degli atomi, si oppose all'alternativa osservando che gli oggetti infinitamente
divisibili sarebbero infinitamente grandi, simili ai paradossi di Zenone. Considera
l'universo governato dal caso, senza alcuna interferenza da parte degli dei.
Considerava l'assenza di dolore come il più grande piacere e sosteneva una vita
semplice. Epicuro Metrodoro Ermarco di Mitilene Zenone di Sidone Filodemo
di Gadara Lucrezio
StoicismoModifica Zenone di Cizio, il fondatore dello stoicismo Lo
stoicismo fu fondato da Zenone di Cizio nel III secolo a.C. Basato sulle idee
etiche dei cinici, insegnava che l'obiettivo della vita era vivere in accordo
con la natura. Sostenne lo sviluppo dell'autocontrollo e della forza d'animo
come mezzi per superare le emozioni distruttive. Zenone di Cizio Cleante
Crisippo Panezio Posidonio Seneca Epitteto Marco Aurelio Il giudaismo
ellenistico era un tentativo di stabilire la tradizione religiosa ebraica
all'interno della cultura e della lingua dell'ellenismo. Il suo principale
rappresentante fu Filone di Alessandria. Filone di Alessandria Flavio
Giuseppe Il neopitagorismo era una
scuola di filosofia che faceva rivivere le dottrine pitagoriche, prominente nel
I e II secolo. Era un tentativo di introdurre un elemento religioso nella
filosofia greca, adorare Dio vivendo una vita ascetica, ignorando i piaceri del
corpo e tutti gli impulsi sensoriali, per purificare l'anima. Publio
Nigidio Figulo. Apollonio di Tiana. Numenio di Apamea. Cristianesimo
ellenisticoModifica Il cristianesimo ellenistico è il tentativo di riconciliare
il cristianesimo con la filosofia greca, a partire dalla fine del II secolo.
Attingendo in particolare al platonismo e al neoplatonismo emergente, figure
come Clemente Alessandrino cercarono di fornire al cristianesimo un quadro
filosofico. Clemente Alessandrino. Origene. Agostino d'Ippona. Elia
Eudocia. Voci correlate Filosofia greca Filosofia antica Ellenismo Religione
ellenistica Cento scuole di pensiero Grayling, The History of Philosophy,
Penguin, Peter Adamson, Philosophy in the Hellenistic and Roman Worlds, Oxford.
Grayling, The
History of Philosophy, Penguin, John Sellars, Hellenistic Philosophy, Oxford
University Press, Adamson, Philosophy in the Hellenistic and Roman Worlds,
Oxford University Press, Sellars, Hellenistic Philosophy, Oxford University
Press, Platonismo su Enciclopedia Britannica. Adamson, Philosophy in the
Hellenistic and Roman Worlds, Oxford, Adamson, Philosophy in the Hellenistic
and Roman Worlds, Oxford. Adamson, Philosophy in the Hellenistic and Roman
Worlds, Oxford University Press, Adamson, Philosophy in the Hellenistic and
Roman Worlds, Oxford. Adamson, Philosophy in the Hellenistic and Roman Worlds,
Oxford, Adamson, Philosophy in the Hellenistic and Roman Worlds, Oxford. Adamson,
Philosophy in the Hellenistic and Roman Worlds, Oxford University Press, Peter
Adamson, Philosophy in the Hellenistic and Roman Worlds, Oxford. Adamson,
Philosophy in the Hellenistic and Roman Worlds, Oxford, Adamson, Philosophy in
the Hellenistic and Roman Worlds, Oxford. Adamson, Philosophy in the
Hellenistic and Roman Worlds, Oxford, Adamson, Philosophy in the Hellenistic
and Roman Worlds, Oxford Long, Sedley, The Hellenistic Philosophers, Cambridge,
Reale, The Systems of the Hellenistic Age: History of Ancient Philosophy (Suny
Series in Philosophy), edito e tradotto dall'italiano da Catan, Albany, New
York "Platonismo." Cross,
FL, ed. nel dizionario di Oxford della chiesa cristiana . New York: Oxford. Portale
Antica Grecia Portale Antica Roma Portale Filosofia
Atarassia termine filosofico Scuola cirenaica Autarchia (filosofia)
Wikipedia IlAngelo Crespi. Grice: “His essay on Antonino is brilliant – his philosophy of history
is controversial. Keywords: la filosofia dell’impero
romano, impero, impero romano, impero britannico, funzione dell’impero,
funzione storica dell’impero, filosofia imperial, imperialismo, imperialismo
romano, imperialism britannico, post-imperialismo, Antonino. Filosofia della storia – aporie, lingua
latina, impero romano, lingua nazionale, nazione romana, nazione italiana,
lingua italiana, lingua fiorentina, lingua toscana, toscano, -- Refs.: Luigi
Speranza, “Crespi e Grice” – The Swimming-Pool Library. Crespi.
Grice e Crespo: la ragione
conversazionale -- filosofo italiano.
Grice e Critolao: la ragione
conversazionale a Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Sent as a
deputation to Rome. He emphasizes the relative unimportance of material
comforts for the good life.
Grice e Croce: la ragione conversazionale e l’implicatura
conversazionale dell’idealismo – scuola di Pescasseroli – filosofia aquilese –
filosofia abruzzese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Pescasseroli). Filosofo italiano. Pescasseroli, L’Aquila, Abruzzo,
Italia. Grice: “I would think the fashionable Englishwoman may think Croce is
the most important philosopher that ever lived!” -- vide under “Grice as
Croceian” -- Grice as Croceian: expression and intention -- Croce, B.,
philosopher. As CROCE observes, it is a common-place in philosophy that there
is, or appears to be, a divergence in meaning between, on the one hand, at
least some of what PEANO call this or that FORMAL device, when it is given a
standard two-valued interpretation, and, on the other, what is taken to be its
analogues or counterpart in ITALIAN — such expressions as non, e, o, se, ogni,
alcuni (almeno uno), il. Some — PEANO, VAILATI, FORTI — *may* at some time have
wanted to claim that there is in fact no such divergence. But such a claim, if
made at all, has been somewhat rashly made. And those suspected of making it —
PEANO, VAILATI, FORTI — have been subjected to some pretty rough handling —
notably by CROCE! Those who do concede that such a divergence in meaning
(between, say, Peano’s inverted iota and ‘il’) exists adhere, in the main, to
one or the other of two rival groups: the formalists and the informalists. An
outline of a not uncharacteristic formalistic position may be given as follows.
Insofar as we are concerned with the formulation of very general patterns of
valid inference, a formal device possesses a decisive advantage over its
ITALIAN counterpart. For it will be possible to construct in terms of the
formal device a system of very general formulae, a considerable number of which
can be regarded as, or are closely related to, this or that pattern of
inference the expression of which involves such a device. Such a system may
consist of a certain set of simple formulae that must be acceptable if the
device has the meaning that has been assigned to it, and an indefinite number
of further formulae, many of which are less obviously acceptable and each of
which can be shown to be acceptable if the members of the original set are
acceptable. We have, thus, a way of handling a dubiously acceptable pattern of
inference, and if, as is sometimes possible, we can apply a decision procedure,
we have an even better way. Furthermore, from a PHILOSOPHICAL point of view,
the possession by, say, ‘il,’ of that element in its meaning, which it does not
share with inverted iota, is to be regarded as an *IMPETFECTION*. Such an
element is an undesirable excrescence. The very presence of this element has a
the double result that the concept which, say, ‘il,’ manifests cannot be
precisely or clearly defined, and that at least some statements involving it
cannot, in some circumstances, be assigned a definite truth value. The
indefinability of this concept — the definite article — is objectionable in
itself and leaves open the door to ‘metaphysics.’ We cannot be certain that
none of these expressions is metaphysically *loaded.* For these reasons, the
expressions of natural speech cannot be regarded as acceptable, as they may
turn out to be ultimately UNINTELLIGIBLE or coherent. The proper course is to
construct PERFECT, language — RAGIONATO, incorporating the formal device, the
sentences containing it will be clear, determinate in truth value, and
certifiably free from metaphysical incoherence. The foundations of philosophy
qua regina scientiarum will be secured, since the statements of a scientist
will be expressible within this perfect language. To this CROCE infamously
replied that the PHILOSOPHICAL demand for a perfect language rests on an
assumption not be conceded. The primary yard-stick by which to judge the
adequacy of Italian is hardly its ability to serve the needs of a particular
science. An expression in Italian can be guaranteed as fully intelligible even
if a precise definition, of the assertion of a logical equivalence of its
signification has been provided. Italian serves many purposes other than that
inquiry in this of that science. Proficient Italian speakers know perfectly
well what an expression in Italian means — and what they mean by it — and so, a
fortiori, that it is coherent) without knowing its definition. Indeed, the
provision of such a definition upon request may (and usually does) consist in
the specification, as generalised as possible, of the conditions that count for
or the applicability of sheer felicitous use, of the expression in question.
Moreover, while it may be granted that PEANO’s inverted iota may be
amenable to a systematic treatment, the facf remains that there are very
many inferences and arguments, expressed with ‘il’ and not with the inverted
iota, which are recognisably valid. There is room for an *unsimplified*
unreginented, and so more or less free and not systematic, use in
conversational discourse of ‘il’. This use may be aided and guided by the
*simplified* first-order predicate calculus of inverted iota (with identity)
but cannot be legally or officially supplanted by it. Indeed, not only do the
two enterprises differ, but sometimes they come into conflict. A rule that may
hold for inverted iota may not hold for ‘il.’ On the general question of the
place of the reformation of a natural language, I shall here have nothing to
say. I shall confine myself to the dispute in its relation to the *alleged*
divergence of meaning. In fact, I wish to maintain that the common assumption
shared by formalists and informalists that the divergence in meaning — between,
say, the inverted iota and ‘il’ — do in fact exist is (broadly speaking) a
*mistake* that arises from inadequate attention to the nature and importance of
the general conditions that, in one way or another, apply to conversation as
such, irrespective of its subject matter. Grice: “Another way to consider
Croce is as what I call an anti-formalist. It is a commonplace of philosophical
logic that there are, or appear to be, divergences in meaning between, on the
one hand, at least some of what I shall call the formal devices-~, A, V, D,
(Vx), (3x), (vx) (when these are given a standard two-valued interpretation)-and,
on the other, what are taken to be their analogues or counterparts in natural
language-such expressions as not, and, or, if, all, some (or at least one),
the. Some logicians may at some time have wanted to claim that there are in
fact no such divergences; but such claims, if made at all, have been somewhat
rashly made, and those suspected of making them have been subjected to some
pretty rough handling. Those who concede
that such divergences exist adhere, in the main, to one or the other of two
rival groups, which I shall call the formalist and the informalist groups. An
outline of a not uncharacteristic formalist position may be given as follows:
Insofar as logicians are concerned with the formulation of very general
patterns of valid inference, the formal devices possess a decisive advantage
over their natural counterparts. For it will be possible to construct in terms
of the formal devices a system of very general formulas, a considerable number
of which can be regarded as, or are closely related to, patterns of inferences
the expression of which involves some or all of the devices: Such a system may
consist of a certain set of simple formulas that must be acceptable if the
devices have the meaning that has been assigned to them, and an indefinite
number of further formulas, many of which are less obviously acceptable and
each of which can be shown to be acceptable if the members of the original set
are accept-able. We have, thus, a way of handling dubiously acceptable patterns
of inference, and if, as is sometimes possible, we can apply a
decisionprocedure, we have an even better way. Furthermore, from a
philosophical point of view, the possession by the natural counterparts of
those elements in their meaning, which they do not share with the corresponding
formal devices, is to be regarded as an imperfection of natural languages; the
elements in question are undesirable excres-cences. For the presence of these
elements has the result both that the concepts within which they appear cannot be
precisely or clearly de-fined, and that at least some statements involving them
cannot, in some circumstances, be assigned a definite truth value; and the
indef-initeness of these concepts not only is objectionable in itself but also
leaves open the way to metaphysics-we cannot be certain that none of these
natural language expressions is metaphysically "loaded." For these
reasons, the expressions, as used in natural speech, cannot be regarded as
finally acceptable, and may turn out to be, finally, not fully intelligible.
The proper course is to conceive and begin to construct an ideal language,
incorporating the formal devices, the sentences of which will be clear,
determinate in truth value, and certifiably free from metaphysical implications;
the foundations of science will now be philosophically secure, since the
statements of the scientist will be expressible (though not necessarily
actually expressed) within this ideal language. (I do not wish to suggest that
all formalists would accept the whole of this outline, but I think that all
would accept at least some part of it.)
To this, an informalist might reply in the following vein. The
philosophical demand for an ideal language rests on certain assumptions that should
not be conceded; these are, that the primary yardstick by which to judge the
adequacy of a language is its ability to serve the needs of science, that an
expression cannot be guaranteed as fully intelligible unless an explication or
analysis of its meaning has been provided, and that every explication or
analysis must take the form of a precise definition that is the expression or
assertion of a logical equivalence. Language serves many important purposes
besides those of scientific inquiry; we can know perfectly well what an
expression means (and so a fortiori that it is intelligible) without knowing
its analysis, and the provision of an analysis may (and usually does) consist
in the specification, as generalized as possible, of the conditions that count
for or against the applicability of the expression being ana-lyzed. Moreover,
while it is no doubt true that the formal devices are especially amenable to
systematic treatment by the logician, it remains the case that there are very
many inferences and arguments, expressed in natural language and not in terms
of these devices, which are nevertheless recognizably valid. So there must be a
place for an unsimplified, and so more or less unsystematic, logic of the
natural counterparts of these devices; this logic may be aided and guided by
the simplified logic of the formal devices but cannot be supplanted by it.
Indeed, not only do the two logics differ, but sometimes they come into
conflict; rules that hold for a formal device may not hold for its natural
counterpart. On the general question of the
place in philosophy of the reformation of natural language, I shall, in this
essay, have nothing to say. I shall confine myself to the dispute in its
relation to the alleged diver-gences. I have, morcover, no intention of
entering the fray on behalf of either contestant. I wish, rather, to maintain
that the common assumption of the contestants that the divergences do in fact
exist is (broadly speaking) a common mistake, and that the mistake arises from
inadequate attention to the nature and importance of the conditions governing
conversation. I shall, therefore, inquire into the gen-cral conditions that, in
one way or another, apply to conversation as such, irrespective of its subject
matter. I begin with a characterization of the
notion of "implicature."I genitori appartenevano a due abbienti
famiglie abruzzesi: la famiglia Sipari, quella materna, originaria della stessa
Pescasseroli, ma radicatasi anche in Capitanata e Terra di Lavoro,
particolarmente legata agli ideali liberali, e l'altra, quella paterna,
originaria di Montenerodomo (in provincia di Chieti), ma trapiantata a Napoli,
legata invece ad una mentalità di stampo borbonico. C. crebbe in un ambiente
profondamente cattolico, dal quale però, ancora adolescente, si distaccò, non
riaccostandosi più per tutta la vita alla religiosità tradizionale. Il
terremoto di Casamicciola A diciassette anni perse i genitori, Pasquale C. e
Luisa Sipari, e la sorella Maria, periti
durante il terremoto di Casamicciola, nell'isola d'Ischia, dove C. si
trovava in vacanza con la famiglia. Un terremoto durato non più di 90 secondi
ma dalla potenza devastatrice enorme - e per questo rimasto come esempio
terribile di distruzione nel modo di dire delle popolazioni coinvolte - dove lo
stesso Benedetto rimase «sepolto per parecchie ore sotto le macerie e
fracassato in più parti del corpo. Il "problema del male", in
sottofondo alla sua filosofia ottimistica sul progresso, rimarrà insoluto, se
non addirittura negato, e dietro le quinte del suo pensiero, influenzato da
questi eventi giovanili come evidenziato dalle meditazioni private dei Taccuini
personali. Quegli anni furono i miei più dolorosi e cupi: i soli nei quali
assai volte la sera, posando la testa sul guanciale, abbia fortemente bramato
di non svegliarmi al mattino, e mi siano sorti persino pensieri di suicidio.Fra
i primi ad accorrere in suo aiuto fu il cugino Petroni, la famiglia del quale
lo assisté affettuosamente nei mesi seguenti nella loro residenza di campagna a
San Cipriano Picentino, paese non troppo distante da Salerno. In seguito a
questo tragico episodio fu affidato, assieme al fratello superstite Alfonso, alla
tutela del cugino Silvio Spaventa, figlio della prozia Maria Anna C. e fratello
del filosofo Spaventa, che, mettendo da parte dei dissapori storici che aveva
con la famiglia Croce, lo accolse nella propria casa a Roma, dove il giovane
Benedetto trascorse gli anni dell'adolescenza ed ebbe modo di formarsi
culturalmente[14] fino all'età di vent'anni. Nel circolo culturale nella casa
dello zio Silvio, C. ebbe modo di frequentare importanti uomini politici ed
intellettuali tra cui Labriola che lo inizierà al marxismo. Pur essendo
iscritto alla facoltà di giurisprudenza dell'Università di Napoli, Croce
frequentò le lezioni di filosofia morale a Roma tenute dal Labriola. Non
terminò mai i suoi studi universitari, ma si appassionò a studi eruditi e
filosofici, trascurando il pensiero hegeliano, di cui criticava la forma
incomprensibile. Il ritorno a Napoli Lasciata la Roma troppo accesa di
passioni politiche, Tornò a Napoli, dove acquistò, per abitarvi, la casa dove
aveva trascorso la sua vita VICO, il filosofo napoletano amato da C. per la concezione
filosofica anticipatrice, per certi aspetti, della sua. Fu tra i fondatori
della Società dei Nove Musi, un cenacolo di intellettuali. Compì numerosi
viaggi in Spagna, Germania, Francia e Regno Unito mentre nella sua formazione
culturale cresceva l'interesse per gli studi storici e letterari, in
particolare per la poesia di Carducci, e per le opere di Sanctis. Attraverso
Antonio Labriola con cui era rimasto in contatto, si interessò al marxismo, di
cui però criticava come astorica la visione che dava del capitalismo. Da Marx
risalì alla filosofia hegeliana che cominciò ad apprezzare e ad
approfondire. La fondazione de La critica e la vita politica Uscì il
primo numero della rivista La critica, con la collaborazione di Gentile, e
stampata a sue spese, allorché subentrò l'editore Laterza. Venne nominato per
censo senator e fu Ministro della Pubblica Istruzione nel quinto e ultimo
governo Giolitti. Con regio decreto dgli
fu concesso il titolo di "Nobile". Elaborò una riforma della pubblica
istruzione che fu poi ripresa e attuata da Gentile. Posizione nella prima
guerra mondiale «Ardenti e vivacissime furono in quei dieci mesi le polemiche
tra «interventisti» e «neutralisti», come erano chiamati non si può dire che
[gli interventisti] avessero torto, come non si può dire che l'avessero i loro
oppositori, perché dissidî di questa sorta non sono materia, nonché di
tribunali, neppure di critica scientifica, e hanno questo carattere entrambe le
tesi, appassionatamente difese, sono necessarie per l'effetto politico e, come
suona il motto, che, se una delle due opposizioni non ci fosse, converrebbe
inventarla. Più di un cosiddetto «neutralista» si sentiva talvolta scosso dalla
tesi avversaria e inclinava ad accoglierla, e il medesimo accadeva a più di un
«interventista. Storia d'Italia Bari, Laterza) Il filosofo, nella scelta tra le
due posizioni, neutralismo o interventismo alla prima guerra mondiale, si
rivolse alla prima; ma il suo era un neutralismo che contemperava le posizioni
liberali con la possibilità dell'intervento (rimase comunque poco favorevole
alla guerra, e, non obbligato ad arruolarsi, per limiti di età - 49 anni -, non
andò mai al fronte a differenza di altri intellettuali come D'Annunzio,
volontario. Scriveva a Bigot che era pronto ad accettare quella guerra che
saremo costretti a fare, quale che sia, anche contro la Germania, ad accettarla
come una dolorosa necessità, risoluto a non provocarla per ragioni
antinazionali e settarie» (C., Epistolario, Napoli) Il rapporto con il
fascismo L'iniziale fiducia al governo fascista C. nella sua biblioteca
Inizialmente C. fu vicino al fascismo. Ascoltò e applaudì il discorso di MUSSOLINI
al teatro San Carlo di Napoli, durante l'adunata preparatoria per la marcia su
Roma. In occasione delle votazioni al Senato, successive all'uccisione del
deputato socialista Matteotti, fu tra i 225 senatori che votarono la fiducia al
governo MUSSOLINI, insieme a Gentile e Morello. In seguito C. spiegò in
un'intervista che il suo non era stato un voto fascista, ha votato a favore del
regime perché pensava che MUSSOLINI, se sostenuto, puo esser sottratto
all'estremismo fascista a cui C. fa risalire la responsabilità del delitto
Matteotti. Abbiamo deciso di dare il voto di fiducia. Ma, intendiamoci,
fiducia condizionata. Nell'ordine del giorno che abbiamo redatto è detto
esplicitamente che il senato si aspetta che il Governo restauri la legalità e
la giustizia, come del resto Mussolini ha promesso nel suo discorso. A questo
modo noi lo teniamo prigioniero, pronti a negargli la fiducia se non tiene fede
alla parola data. Vedete: il fascismo è stato un bene; adesso è divenuto un
male, e bisogna che se ne vada. Ma deve andarsene senza scosse, nel momento
opportuno, e questo momento potremo sceglierlo noi, giacché la permanenza di
Mussolini al potere è condizionata al nostro beneplacito. C. scrive su Il Giornale
d'Italiache il regime mussoliniano «non poteva e non doveva essere altro che un
ponte di passaggio per la restaurazione di un più severo regime
liberale». La rottura e il Manifesto degli intellettuali antifascisti Il
filosofo abruzzese si allontanò definitivamente dal regime allorché, su
sollecitazione di Amendola, scrisse il Manifesto degli intellettuali
antifascisti in replica al Manifesto degli intellettuali fascisti di Gentile. Lo
scritto, pubblicato sul quotidiano Il Mondo, tra l'altro sosteneva. Contaminare
politica e letteratura, politica e scienza è un errore, che, quando poi si
faccia, come in questo caso, per patrocinare deplorevoli violenze e prepotenze
e la soppressione della libertà di stampa, non può dirsi nemmeno un errore
generoso. E non è nemmeno, quello degli intellettuali fascisti, un atto che
risplende di molto delicato sentire verso la patria, i cui travagli non è
lecito sottoporre al giudizio degli stranieri, incuranti (come, del resto, è
naturale) di guardarli fuori dei diversi e particolari interessi politici delle
proprie nazioni. In che mai consisterebbe il nuovo evangelo, la nuova
religione, la nuova fede, non si riesce a intendere dalle parole del verboso
manifesto; e, d'altra parte, il fatto pratico, nella sua muta eloquenza, mostra
allo spregiudicato osservatore un incoerente e bizzarro miscuglio di appelli
all'autorità e di demagogismo, di proclamata riverenza alle leggi e di
violazione delle leggi, di concetti ultramoderni e di vecchiumi muffiti, di
atteggiamenti assolutistici e di tendenze bolsceviche, di miscredenza e di
corteggiamenti alla Chiesa cattolica, di aborrimenti della cultura e di conati
sterili verso una cultura priva delle sue premesse, di sdilinquimenti mistici e
di cinismo. Per questa caotica e inafferrabile "religione" noi non ci
sentiamo, dunque, di abbandonare la nostra vecchia fede: la fede che da due
secoli e mezzo è stata l'anima dell'Italia che risorgeva, dell'Italia moderna;
quella fede che si compose di amore alla verità, di aspirazione alla giustizia,
di generoso senso umano e civile, di zelo per l'educazione intellettuale e
morale, di sollecitudine per la libertà, forza e garanzia di ogni
avanzamento.» Secondo Norberto Bobbio, il Manifesto degli intellettuali
antifascisti sancì l'assunzione da parte di C. del ruolo di coscienza morale
dell'antifascismo italiano» e di «filosofo della libertà. Lo scritto segnò
inoltre la rottura dell'amicizia con Gentile, a causa delle ormai
inconciliabili divergenze filosofiche e politiche. In seguito Croce fu l'unica
voce fuori dal coro tollerata dal regime. Il ruolo di Croce come coscienza
dell'antifascismo è testimoniato, tra gli altri, da Primo Levi, che ricordò che
negli anni del fascismo e della guerra, segnati per gli antifascisti da
smarrimento morale, isolamento e incertezze, solo «La Bibbia, C., la geometria,
la fisica, ci apparivano fonti di certezza. Il mio liberalismo è cosa che porto
nel sangue, come figlio morale degli uomini che fecero il Risorgimento
italiano, figlio di Sanctis e degli altri che ho salutato sempre miei maestri
di vita. La storia mi metterà tra i vincitori o mi getterà tra i vinti. Ciò non
mi riguarda. Io sento che ho quel posto da difendere, che pel bene dell'Italia
quel posto dev'essere difeso da qualcuno, e che tra i qualcuni sono chiamato
anch'io a quell'ufficio. Ecco tutto.» (Lettera a Alfieri) Rifiutò di
entrare nell'Accademia d'Italia, e dopo un breve appoggio al movimento
antifascista Alleanza Nazionale per la Libertà, fondato dal poeta Lauro De
Bosis, si allontanò dalla vita politica, continuando peraltro ad esprimere
liberamente le sue idee politiche, senza che il regime fascista lo censurasse,
almeno esplicitamente. L'unico atto di ostilità violenta ed esplicita compiuto
dal fascismo verso C. fu la devastazione della sua casa napoletana. Negl’anni
successivi, quelli della sua affermazione e del cosiddetto consenso, il
fascismo ritenne C. un avversario poco temibile, sostenitore com'era della tesi
di un fascismo inteso come malattia morale inevitabilmente superata dal
progresso della storia. Inoltre la fama di C. presso l'opinione pubblica
europea lo proteggeva da interventi oppressivi da parte del regime. Ha altresì
blandi rapporti culturali con intellettuali in qualche modo vicini al regime,
anche se marginali, come un carteggio epistolare con il tradizionalista Julius
Evola, a cui espresse l'apprezzamento formale per due opere, da pubblicare
presso Laterza con il benestare dello stesso C., Saggi sull'idealismo magico,
Teoria dell'individuo assoluto e, successivamente, La tradizione ermetica. Il
governo fascista richiese ai docenti delle università italiane un atto di
formale adesione al regime in base all'articolo del regio decreto (il
cosiddetto giuramento di fedeltà al fascismo). A seguito di tale provvedimento,
i docenti avrebbero dovuto giurare di essere fedeli non solo alla patria,
secondo quanto già imposto dal regolamento generale universitario, ma anche al
regime fascista. In quell'occasione, C. incoraggia professori come Calogero e
Einaudi a rimanere all'università, per continuare il filo dell'insegnamento secondo
l'idea di libertà. Se la sua figura fu importante per l'area politica del
liberalismo, la sua scuola ha durante tutto il ventennio fascista una platea
assai più ampia di allievi: del resto, già prima dalle sue idee avevano tratto
esempio anche Gramsci e il gruppo comunista de L'Ordine Nuovo.Polemica sulla
Giornata della fede La non adesione di C. al fascismo parve messa in discussione
dal gesto compiuto durante la guerra d'Etiopia, quando il filosofo, in
occasione della Giornata della fede dona la propria medaglietta da senatore
accompagnandola con questa secca lettera al presidente del Senato. Eccellenza,
quantunque io non approvi la politica del Governo, ho accolto in omaggio al
nome della Patria, l'invito dell'E.V., e ho rimesso alla questura del Senato la
mia medaglia, Il gesto suscita negl’ambienti dell'antifascismo italiano, in
patria e all'estero, sorpresa, dolore e polemiche che colpirono dolorosamente C..
Al termine di un drammatico colloquio con Ceva, inviata a sostenere il punto di
vista degl’antifascisti, dopo un iniziale tentativo di giustificazione, C. affermò.
Dica che io sono sempre lo stesso, che sono sempre con loro. Il regime varò la
legislazione anti-semita. C. non era presente nell'aula del Senato, quale forma
di protesta. Egli fu uno dei pochi a esprimersi contro di esse a livello
pubblico. Il governo invia a tutti i professori universitari e i membri delle
accademie un questionario da compilare ai fini della classificazione
"razziale". Tutti gl’interpellati risposero. L'unico intellettuale
non ebreo che rifiuta di compilare il questionario è Croce. L'unico
effetto della richiesta dichiarazione sarebbe di farmi arrossire, costringendo
me, che ho per cognome CROCE, all'atto odioso e ridicolo insieme di protestare
che non sono ebreo, proprio quando questa gente è perseguitata. Il filosofo,
invece di restituire compilata la scheda, invia una lettera al presidente
dell'Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, in cui scrive sarcasticamente.
Gentilissimo collega, ricevo oggi qui il questionario che avrei dovuto
rimandare prima del 20. In ogni caso, io non l'avrei riempito, preferendo di
farmi escludere come supposto ebreo. Ha senso domandare a un uomo che ha circa
sessant'anni di attività letteraria e ha partecipato alla vita politica del suo
paese, dove e quando esso sia nato e altre simili cose? (C. a Messedaglia,
Presidente dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti di Venezia, in A.
CAPRISTO, L’espulsione degl’ebrei dalle accademie italiane, Torino, Zamorani. C.
è quindi espulso da quasi tutte le accademie di cui è membro, comprese
l'Accademia Nazionale dei Lincei e la Società Napoletana di Storia
Patria. All'Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, unica accademia
che lo mantenne socio, alla fine della guerra C. riconosce il merito di non
averlo espulso durante il regime fascista. Dopo aver denunciato la persecuzione
degl’ebrei, C. però critica anche gli atteggiamenti degl’ebrei stessi, sia
quelli che hanno aderito al fascismo, sia quelli che vivevano separati,
ritenendo la specificità ebraica come pericolosa per gl’ebrei stessi. Quando
s'iniziò l'infame persecuzione contro gl’ebrei, io ebbi, con un brivido di
orrore, la piena rivelazione della sostanziale delinquenza che è nel fascismo,
come chi fosse costretto ad assistere allo sgozzamento a freddo di un innocente
e mi misi di lancio dalla loro parte con tutto l'esser mio per fare quello che
per loro si poteva a lenire o diminuire il loro strazio. Molti danni e molte
iniquità compiute dal fascismo non si possono ora riparare per essi come per
altr’italiani che le soffersero, né essi vorranno chiedere privilegi o
preferenze, e anzi il loro studio dovrebbe essere di fondersi sempre meglio con
gl’altri italiani; procurando di cancellare quella distinzione e divisione
nella quale hanno persistito nei secoli e che, come ha dato occasione e
pretesto in passato alle persecuzioni, è da temere ne dia ancora in avvenire
l'idea di popolo eletto, che è tanto poco saggia che la fece sua Hitler, il
quale, purtroppo, aveva a suo uso i mezzi che lo resero ardito a tentarne la
folle attuazione. Essi disconoscono le premesse storiche -- Grecia, ROMA,
Cristianità -- della civiltà di cui dovrebbero venire a fare parte. Lettera a
Merzagora) Espresse quindi una posizione di perplessità per il sionismo. Il
rientro nella vita politica Dopo la caduta del regime C. rientra in politica,
accettando la nomina a presidente del Partito Liberale Italiano. Durante la
Resistenza cercò di mediare tra i vari partiti antifascisti e fu Ministro senza
portafoglio nel secondo governo Badoglio, benché non stimasse né il Maresciallo
né il re Vittorio Emanuele III, a causa della loro compromissione col fascismo.
Subito dopo la liberazione di Roma entrò a far parte del secondo governo
Bonomi, sempre come ministro senza portafoglio, ma diede le dimissioni qualche
mese dopo. Egli avrebbe preferito
l'abdicazione diretta del sovrano in favore del piccolo Vittorio Emanuele (con
rinuncia di Umberto al trono), la reggenza a Badoglio e l'incarico di capo del
governo a Carlo Sforza, ma i rappresentanti del Regno Unito si opposero. Al
referendum sulla forma dello Stato votò per la monarchia, inducendo tuttavia il
Partito Liberale (di cui rimane presidente) a non schierarsi, per far sì che
prevalesse sulla questione piena ed effettiva libertà di scelta, e dichiarando
in seguito: «il buon senso fece considerare a quei milioni di votanti
favorevoli alla monarchia, che, se anche essi avessero riportato la maggioranza
legale, una monarchia con debole maggioranza non avrebbe avuto il prestigio e
l'autorità necessaria, e perciò meglio valeva accettare la forma nuova della
Repubblica e procurar di farla vivere nel miglior modo, apportandovi lealmente
il contributo delle proprie forze. C. con Altavilla e il Capo provvisorio dello
Stato, Concetti che C. aveva, nella loro sostanza, già espresso; ben prima che
Umberto II, nel messaggio ribadisse tale indicazione. Eletto all'Assemblea
Costituente, non accettò la proposta di essere candidato a Capo provvisorio
dello Stato, così come in seguito rifiutò la proposta, avanzata da Luigi
Einaudi, di nomina a senatore a vita. Si oppose strenuamente alla firma del
Trattato di pace, con un accorato e famoso intervento all'Assemblea
costituente, ritenendolo indecoroso per la nuova Repubblica. Fonda a
Napoli l'Istituto italiano per gli studi storici destinando per la sede un
appartamento di sua proprietà, accanto alla propria abitazione e biblioteca nel
Palazzo Filomarino dove oggi ha sede la Fondazione Biblioteca C. Presidente
dell'associazione PEN International e, negli stessi anni, entrò a far parte del
Consiglio di Amministrazione dell'Istituto Suor Orsola Benincasa di Napoli. Per
un ictus cerebrale rimase semiparalizzato e si ritirò in casa continuando a studiare:
morì seduto in poltrona nella sua biblioteca. I funerali solenni si tennero
nella sua Napoli e le sue spoglie tumulate nella tomba di famiglia al Cimitero
di Poggioreale. Il rapporto con la cultura cattolica «Pure filosofo quale sono io
stimo che il più profondo rivolgimento spirituale compiuto dall'umanità sia
stato il cristianesimo, e il cristianesimo ho ricevuto e serbo, lievito
perpetuo, nella mia anima. Il rapporto di C. con la cultura cattolica varia nel
corso del tempo. I filosofi idealisti, come C. e Gentile, avevano esercitato
assieme alla cultura cattolica una comune critica al positivismo ottocentesco.
Alla fine degli anni venti vi era stato un progressivo allontanamento della
cultura laica e idealistica dalla cultura cattolica. C., pur non essendo un
anticlericale militante, riteneva importante la separazione liberale tra culto
e stato, propugnata da CAVOUR. Il culto con i Patti Lateranensi ha ormai
raggiunto un rapporto equilibrato con le istituzioni statali italiane
distaccandosi quindi dalle posizioni politiche antifasciste dell'idealismo
crociano. C. fu contrario al Concordato e dichiara apertamente in Senato che accanto
o di fronte ad uomini che stimano Parigi valer bene una messa, sono altri per i
quali l'ascoltare o no una messa è cosa che vale infinitamente più di Parigi,
perché è affare di coscienza. Mussolini gli rispose dichiarandolo «un imboscato
della storia», e accusando il filosofo di passatismo e di viltà di fronte al
progresso storico. Quando C. scrive la Storia d'Europa, il Vaticano critica
aspramente l'autore che difendeva le filosofie esaltanti una religione della
libertà senza Dio. Il Sant'Uffizio pose all'Indice questo saggio ma, non
ottenendo negli anni successivi da C. un qualsiasi ripensamento, ninserì
nell'elenco dei libri proibiti tutti i suoi scritti. La polemica
anti-concordataria crociana vide l'adesione del giovane filosofo nonviolento e
liberalsocialista Aldo Capitini che a Firenze, a casa di Luigi Russo, aveva
avuto modo di conoscere C., a cui aveva consegnato un pacco di dattiloscritti
che il filosofo napoletano aveva apprezzato e fatto pubblicare nel gennaio
dell'anno seguente presso l'editore Laterza di Bari con il titolo Elementi di
un'esperienza religiosa. In poco tempo gli Elementi diventarono uno tra i
principali riferimenti letterari della gioventù antifascista. La posizione
personale di C. nei confronti della religione cattolica è ben espressa nel suo
saggio Perché non possiamo non dirci "cristiani". Il termine
"cristiani" inserito nel titolo tra virgolette non voleva indicare
l'adesione a un credo confessionale, bensì la consapevolezza di un'inevitabile
appartenenza culturale rappresentata nella sua particolare prospettiva dal
fenomeno del cristianesimo: non si trattava di una professione di fede
cristiana dovuta a un rinnegamento dell'agnosticismo come volle fare intendere
la propaganda fascista, ma di riconoscere il valore storico e di «rivolgimento
spirituale»: «Il cristianesimo è stato la più grande rivoluzione che
l'umanità abbia mai compiuta: così grande, così comprensiva e profonda, così
feconda di conseguenze, così inaspettata e irresistibile nel suo attuarsi, che
non maraviglia che sia apparso o possa ancora apparire un miracolo, una
rivelazione dall'alto, un intervento di Dio nelle cose umane, che da lui hanno
ricevuto legge e indirizzo affatto nuovo. Tutte le altre rivoluzioni, tutte le
maggiori scoperte che segnano epoche nella storia umana, non sostengono il suo
confronto, parendo rispetto a lei particolari e limitate. Tutte, non escluse
quelle che la Grecia fece della poesia, dell'arte, della filosofia, della
libertà politica, e Roma del diritto: per la capacità dei princìpi cristiani di
contrastare il neopaganesimo e l'ateismo propagandati dal nazismo e dal
comunismo sovietico. Sono profondamente convinto e persuaso che il pensiero e
la civiltà moderna sono cristiani, prosecuzione dell'impulso dato da Gesù e da
Paolo. Su di ciò ho scritto una breve nota, di carattere storico, che
pubblicherò appena ne avrò lo spazio disponibile. Del resto non sente Ella che
in questa terribile guerra mondiale ciò che è in contrasto è una concezione
ancora cristiana della vita con un'altra che potrebbe risalire all'età
precristiana, e anzi pre-ellenica e pre-orientale, e riattaccare quella
anteriore alla civiltà, la barbarica violenza dell'orda? C., in sintesi, vede
nel cristianesimo il fondamento storico della civiltà occidentale ma non
ripudia l'immanentismo radicale del suo pensiero che vede nella religione un
momento della realizzazione storica dello spirito che si avvia, superandolo, ad
una più alta sintesi. All'Assemblea Costituente lotterà contro
l'inserimento, voluto dalla DC, e dal comunista Togliatti, dei Patti
Lateranensi nel secondo comma dell'articolo della Costituzione della Repubblica
Italiana, giudicandolo come "sfacciata prepotenza pretesca". In vista
delle elezioni politiche, tuttavia, si accordò con il segretario della
Democrazia Cristiana, Alcide De Gasperi, per dare vita a un manifesto comune,
Europa, cultura e libertà, contro i totalitarismi passati e presenti. A seguito
della vittoria della DC, replicò severamente ai laici benpensanti schierati col
Fronte Popolare che sbeffeggiavano il ceto umile e contadino di cui era
composto in prevalenza l'elettorato cattolico: «Beneditele quelle beghine
di cui ridete, perché senza il loro voto e il loro impegno oggi non saremmo
liberi. Lasciando disposizioni per la sua morte (che avverrà tre anni dopo)
scriverà invece che la sensibilità religiosa della moglie cattolica le
consentirà di evitare che un sacerdote tenti di "redimerlo"
all'ultimo minuto, perché è "cosa orrenda profittare delle infermità per
strappare a un uomo una parola che sano egli non avrebbe mai detta". C. fu legato sentimentalmente e convisse con
Angelina Zampanelli, fino alla morte di lei. La coppia prese alloggio a Palazzo
Filomarino, a Napoli. Angelina, sofferente di cuore, morì poco più che
quarantenne a Raiano, dove insieme a Croce ella soggiornava spesso d'estate,
presso il Palazzo Rossi-Sagaria, ospiti della cugina del filosofo, Petroni,
moglie di Rossi. C. sposa a Torino, con rito religioso e poi civile, Adele
Rossi, da cui ha V figli: Giulio, Elena, Alda, Lidia (moglie dello scrittore e
dissidente anticomunista polacco Grudziński) e Silvia. Il filosofo, oggi, deve
non già fare il puro filosofo, ma esercitare un qualche mestiere, e in primo
luogo, il mestiere dell'uomo.» (C., Lettere a Vittorio Enzo Alfieri, Sicilia
Nuova Editrice, Milazzo. L'opera di Croce può essere suddivisa in tre periodi:
quello degli studi storici, letterari e il dialogo con il marxismo, quello
della maturità e delle opere filosofiche sistematiche e quello
dell'approfondimento teorico e revisione della filosofia dello spirito in
chiave storicista. Come idealista, ritiene che la realtà sia quella che viene
concepita dal soggetto, in quanto riflesso della sua idea e interiorità, ed è
convinto che la razionalità e la libertà emergano nella storia, pur tra immani
difficoltà. La filosofia idealista riconduce totalmente l'essere al pensiero,
negando esistenza autonoma alla realtà fenomenica, ritenuta il riflesso di
un'attività interna al soggetto; l'idealismo, come in Hegel, implica una
concezione etica fortemente rigorosa, come ad esempio nel pensiero di Fichte
che è incentrato sul dovere morale dell'uomo di ricondurre il mondo al
principio ideale da cui esso ha origine; in C. questo ideale è la libertà
umana. Definito da Gramsci "papa laico della cultura italiana", a sua
filosofia ha goduto di enorme credito nella cultura italiana del XX secolo,
perlomeno fino agli anni settanta e ottanta, in cui si sono levate molte
critiche verso il suo approccio, ritenuto superato. C. È un intellettuale
rispettato anche al di fuori dell'Italia. La rivista Time gli dedica la
copertina e contestualmente alla rivalutazione del pensiero crociano, si è
registrato l'interesse della collana editoriale di Stanford, mentre la rivista
statunitense di politica internazionale Foreign Affairs lo inserì tra i
pensatori più attuali, accanto a intellettuali come Berlin, Fukuyama e Trotsky.
Parallelamente allo studio del marxismo, C. approfondisce anche il pensiero di
Hegel; secondo entrambi la realtà si dà come spirito che continuamente si
determina e, in un certo senso, si produce. Lo spirito è quindi la forza
animatrice della realtà, che si auto-organizza dinamicamente divenendo storia
secondo un processo razionale. Da Hegel egli recupera soprattutto il carattere
razionalistico e dialettico in sede gnoseologica: la conoscenza si produrrebbe
allora attraverso processi di mediazione dal particolare all'universale, dal
concreto all'astratto, per cui C. afferma che la conoscenza è data dal giudizio
storico, nel quale universale e particolare si fondono recuperando la sintesi a
priori di Kant e lo storicismo di VICO, suo altro filosofo di riferimento. Da
destra, Giovanni Laterza, Jacini, C. e Secly. Il divenire e la logica della
dialettica, in Hegel e in Marx, è esso stesso verità in movimento; anche per C.
la verità è dialettica, ma occorre esprimere un giudizio storico ed esistono
delle regole che arginano la pretesa giustificativa di ogni fenomeno: in Croce
lo Spirito - in quanto intelletto umano - si realizza nella storia ma nel
rispetto della libertà. Per questo ogni fatto è quindi calato nella realtà
storica, ma questo non può giustificare, con la scusa del divenire e del
progresso, aspetti deplorevoli come, ad esempio, il totalitarismo fascista o
comunista, il primo come necessario (concezione di Gentile e della sua idea di
realtà come atto puro di pensare e agire) e il secondo come fase storica
obbligata (seguendo il concetto marxiano della dittatura del proletariato, di
cui il filosofo tedesco parla nella sua teoria "razionalista" del
materialismo storico). Quindi il materialismo dialettico di Engels e quello
storico di Marx sono da ritenersi errati. In questo, il suo storicismo si
differenzia dal pensiero di un altro filosofo liberale, Popper, secondo cui
dialettica e storicismo finiscono invece per generare quasi sempre
totalitarismo (concezione assai diffusa nel pensiero del liberalismo
novecentesco). Al contrario di Popper e Arendt, per C. la radice totalitaria è
proprio nell'antistoricismo, cioè nel rifiuto dello storicismo stesso. Il
neoidealismo entrò in crisi, sostituito da nuove filosofie come
l'esistenzialismo e la fenomenologia; sempre in nome del libertà e
dell'umanesimo, C. critica l'esistenzialista Heidegger, divenuto poi
anti-umanistico e colpevole di accondiscendenza verso il nazismo, definendolo
anche "un Gentile più dotto e più acuto, ma sostanzialmente della stessa
pasta morale. Esprime così un tagliente
giudizio sul filosofo di Essere e tempo. Scrittore di generiche sottigliezze,
arieggiante a un Proust cattedratico, egli che, nei suoi libri non ha dato mai
segno di prendere alcun interesse o di avere alcuna conoscenza della storia,
dell'etica, della politica, della poesia, dell'arte, della concreta vita
spirituale nelle sue varie forme - quale decadenza a fronte dei filosofi, veri
filosofi tedeschi di un tempo, dei Kant, degli Schelling, degli Hegel! -, oggi
si sprofonda di colpo nel gorgo del più falso storicismo, in quello, che la
storia nega, per il quale il moto della storia viene rozzamente e
materialisticamente concepito come asserzione di etnicismi e di razzismi, come
celebrazione delle gesta di lupi e volpi, leoni e sciacalli, assente l'unico e
vero attore, l'umanità. E così si appresta o si offre a rendere servigi
filosofico-politici: che è certamente un modo di prostituire la
filosofia.» (Conversazioni Critiche, Serie Quinta, Bari, Laterza. L'asserzione
di Hegel che "la storia sia storia di libertà" viene da C. inquadrata
nella sua concezione dialettica della libertà vista nel suo iniziale nascere,
nel successivo crescere e infine nel raggiungimento di uno stadio finale e
definitivo di maturità. C. fa proprio questo detto hegeliano chiarendo però che
non si vuole «assegnare alla storia il tema del formarsi di una libertà che
prima non era e che un giorno sarà, ma per affermare la libertà come l'eterna
formatrice della storia, soggetto stesso di ogni storia. Come tale essa è per
un verso, il principio esplicativo del corso storico e, per l'altro, l'ideale
morale dell'umanità». I popoli e gli individui anelano sempre alla libertà, e
come dice Hegel «ciò che è razionale è reale» (cioè la ragione concepisce
quello che può diventare reale) e «ciò che è reale è razionale» (cioè esiste
un'intrinseca razionalità, anche minima, in ogni fenomeno storico, anche se non
tutto il reale è ovviamente razionale). Alcuni storici, senza ben rendersi
conto di quello che scrivono, sostengono che ormai la libertà ha abbandonato la
scena della storia. Ma affermare che la libertà è morta vorrebbe dire che è
morta la vita. Non esiste nella storia un ideale che possa sostituire quello
della libertà «che è l'unica che faccia battere il cuore dell'uomo, nella sua
qualità di uomo». Ciò significa che la libertà non è una fase di presa di
coscienza che conduce allo Stato etico o al socialismo, venendo superata, ma è
essa stessa la verità nel divenire, non una fase. Egli critica Hegel, poiché
secondo lui il filosofo ha concepito la dialettica in modo riduttivo, ovvero
semplicemente come dialettica degli opposti, mentre secondo C. sussiste anche
una logica dei distinti: non ogni negazione è infatti opposizione, ma può
essere semplice distinzione. Ciò significa che certi atti ed eventi devono
essere sempre considerati appunto distinti rispetto ad altri ordini di atti ed
eventi, e non ad essi opposti. Elabora, quindi, un vero e proprio sistema, da
lui denominato la filosofia dello spirito. Inoltre, la prima importante
differenza con Hegel è che nel sistema crociano non vi rientra né la religione,
né la natura. La religione sarebbe infatti un complesso miscuglio di elementi
poetici, morali e filosofici che le impediscono di presentarsi come forma
autonoma dello Spirito. La natura poi non è altro che l'oggetto
"mascherato" dell'attività economica, è il frutto della
considerazione economica diretta al mondo. Qui la realtà in quanto attività
(ovvero produzione dello spirito o della storia) è articolata in quattro forme
fondamentali, suddivise per modo (teoretico o pratico) e grado (particolare o
universale): estetica (teoretica - particolare), logica (teoretica-universale),
economia (pratica - particolare), etica (pratica - universale). La relazione
tra queste quattro forme opera la suddetta logica dei distinti, mentre
all'interno di ognuna di esse si ha la dialettica degli opposti. All'interno
dell'estetica infatti si ha opposizione dialettica tra bello e brutto,
all'interno della logica, l'opposizione è tra vero e falso; nella economia tra
utile e inutile e infine nell'etica tra bene e male. Estetica C. scrisse
anche importanti opere di critica letteraria (saggi su Goethe, Ariosto,
Shakespeare e Corneille, "La letteratura della nuova Italia" e
"La poesia d’ALIGHIERI (si veda)"). Egli si mosse nell'ambito della
sua teoria estetica che mirava alla scoperta delle motivazioni profonde
dell'ispirazione artistica. Quest'ultima era ritenuta tanto più valida quanto
più coerente con le categorie di bello-brutto. La prima parte della teoria
estetica la ritroviamo in opere come Estetica come scienza dell'espressione e
linguistica generale, Breviario di estetica e Aesthetica in nuce. In seguito
modificò questa iniziale teoria stabilendo per la storia un nesso con la
filosofia. L'estetica, dal significato originario del termine aisthesis
(sensazione), si configura in primo luogo come attività teoretica relativa al
sensibile, si riferisce alle rappresentazioni e alle intuizioni che noi abbiamo
della realtà. Come conoscenza del particolare l'intuizione estetica è la
prima forma della vita dello Spirito. Prima logicamente e non cronologicamente
poiché tutte le forme sono presenti insieme nello spirito. L'arte, come aspetto
dell'Estetica, è una forma della vita spirituale che consiste nella conoscenza,
intuizione del particolare che: come forma dello spirito, come creatività
non è sensazione, conoscenza sensibile che è un aspetto passivo dello spirito
rispetto ad una materia oscura e ad esso estranea; come conoscenza (prima forma
dell'attività teoretica) non ha a che fare con la vita pratica. Bisogna quindi
respingere tutte le estetiche che abbiano fini edonistici, sentimentali e
moralistici; quale espressione di un valore autonomo dello spirito, l'arte non
può né deve essere giudicata secondo criteri di verità, moralità o godimento;
come intuizione pura va distinta dal concetto che è conoscenza dell'universale:
compito proprio della filosofia. L'arte può essere definita quindi come
intuizione-espressione, due termini inscindibili per cui non è possibile
intuire senza esprimere né è possibile espressione senza intuizione. Ciò che
l'artista intuisce è la stessa immagine (pittorica, letteraria, musicale ecc.)
che egli per ispirazione crea da una considerazione del reale, nel senso che
l'opera artistica è l'unità indifferenziata della percezione del reale e della
semplice immagine del possibile. La distinzione tra arte e non arte risiede nel
grado di intensità dell'intuizione-espressione. Tutti noi intuiamo ed
esprimiamo: ma l'artista è tale perché ha un'intuizione più forte, ricca e
profonda a cui sa far corrispondere un'espressione adeguata. Coloro che
sostengono di essere artisti potenziali poiché hanno delle intense intuizioni
ma che non sono capaci di tradurre in espressioni, non si rendono conto che in
realtà non hanno alcuna intuizione poiché se la possedessero veramente essa si
tradurrebbe in espressione. L'arte non è aggiunta di una forma ad un contenuto
ma espressione, che non vuol dire comunicare, estrinsecare, ma è un fatto
spirituale, interiore come l'atto inscindibile da questa che è l'intuizione.
Nell'estetica dobbiamo far rientrare anche quella forma dell'espressione che è
il linguaggio che nella sua natura spirituale fa tutt'uno con la poesia.
L'estetica quindi come una «linguistica in generale». Dall'estetica deriva la
critica letteraria crociana, espressa in molti saggi. Della logica, C. tratta
essenzialmente nella Logica come scienza del concetto puro); essa corrisponde
al momento in cui l'attività teoretica non è più affidata alla sola intuizione
(all'ambito estetico), ma partecipa dell'elemento razionale, che attinge dalla
sfera dell'universale. Il punto di arrivo di questa attività è l'elaborazione
del concetto puro, universale e concreto che esprime la verità universale di
una determinazione. La logica crociana è anche storica, nella misura in cui
essa deve analizzare la genesi e lo sviluppo (storico) degli oggetti di cui si
occupa. Il termine logica in C. assume quindi un significato più vicino al
termine dialettica ovvero ricerca storiografica. In genere, la Logica di C. è
lontana da criteri scientifico-razionali, e si ispira ai metodi
dell'immaginazione artistica e dell'eleganza estetico-letteraria, nei quali il
filosofo raggiunge risultati eccellenti. Di carattere decisamente diverso è
invece la filosofia delle scienze fisiche, matematiche e naturali delle quali C.
non si occupa affatto nei suoi studi. Del resto, come segnala Geymonat nel suo
Corso di filosofia - immagini dell'uomo, la vera indubbia grandezza di C. va
cercata assai più nella sua opera di storiografo, di critico letterario, ecc.,
che non nella sua opera di filosofo. Gentile ai tempi del direttorato alla
Scuola normale di Pisa. In ogni caso la logica e la filosofia della scienza è
stata sviluppata in Italia da altre correnti di pensiero contemporaneo a quello
crociano, con studiosi fra quali PEANO (si veda) e lo stesso GEYMONAT (si veda).
Un orientamento parzialmente diverso ebbe invece Gentile che, pur criticando
gli eccessi del positivismo, intrattenne anche rapporti con matematici e fisici
italiani e cercò di instaurare un rapporto costruttivo con la cultura
scientifica. Invece C. ha con la logica e la scienza un rapporto difficile. La
sua posizione portò in Italia nella prima metà del Novecento ad uno scontro
dialettico fra due culture contrapposte: quella artistico-letteraria e quella
tecnico-scientifica. Il rapporto conflittuale con le scienze matematiche e
sperimentali Un caso emblematico del giudizio di C. nei confronti della
matematica e delle scienze sperimentali è la sua nota diatriba con il matematico
e filosofo della scienza Enriques, avvenuta in seno al congresso della Società
Filosofica Italiana, fondata e presieduta dallo stesso Enriques. Questi sostene
che una filosofia degna di una nazione progredita non potesse ignorare gli
apporti delle più recenti scoperte scientifiche. La visione di Enriques mal si
confaceva a quella idealistica di C. e Gentile, come pure a gran parte degli
esponenti della filosofia italiana di allora, per lo più formata da idealisti
crociani. C., in particolare, rispose ad Enriques[84], liquidando in modo
deciso - antifilosofico secondo Enriques - la proposta di considerare la
scienza come un valido apporto alle problematiche filosofiche e sostenendo,
anzi, che matematica e scienza non sono vere forme di conoscenza, adatte solo
agli «ingegni minuti» degli scienziati e dei tecnici, contrapponendovi le
«menti universali», vale a dire quelle dei filosofi idealisti, come C.
medesimo. I concetti scientifici non sono veri e propri concetti puri ma degli
pseudoconcetti, falsi concetti, degli strumenti pratici di costituzione
fittizia. La realtà è storia e solo storicamente la si conosce, e le
scienze la misurano bensì e la classificano come è pur necessario, ma non
propriamente la conoscono né loro ufficio è di conoscerla nell'intrinseco. Sul
tema C. sostenne, tra l'altro, che: Gli uomini di scienza sono
l'incarnazione della barbarie mentale, proveniente dalla sostituzione degli
schemi ai concetti, dei mucchietti di notizie all'organismo filosofico-storico.
(C. da Il risveglio filosofico e la cultura italiana, A proposito dello
sviluppo della logica matematica e dell'introduzione dei formalismi simbolici,
ad opera di matematici e filosofi quali Frege, Peano, Russell, C. dichiara. I
nuovi congegni della logica matematica sono stati offerti sul mercato. E tutti,
sempre, li hanno stimati troppo costosi e complicati, cosicché non sono finora
entrati né punto né poco nell'uso. Vi entreranno nell'avvenire? La cosa non
sembra probabile e, ad ogni modo, è fuori della competenza della filosofia e
appartiene a quella della pratica riuscita: da raccomandarsi, se mai, ai
commessi viaggiatori che persuadano dell'utilità della nuova merce e le
acquistino clienti e mercati. Se molti o alcuni adotteranno i nuovi congegni
logici, questi avranno provato la loro grande o piccola utilità. Ma la loro
nullità filosofica rimane, sin da ora, pienamente provata. (C. da Logica come scienza
del concetto puro. Anni dopo, ancora scrive. Le scienze naturali e le
discipline matematiche, di buona grazia, hanno ceduto alla filosofia il
privilegio della verità, ed esse rassegnatamente, o addirittura sorridendo,
confessano che i loro concetti sono concetti di comodo e di pratica utilità,
che non hanno niente da vedere con la meditazione del vero. C. da Indagini su
Hegel e e schiarimenti filosofici e ribadiva come: «Le finzioni delle
scienze naturali e matematiche postulano di necessità l'idea di un'idea che non
sia finta. La logica, come scienza del conoscere, non può essere, nel suo
oggetto proprio, scienza di finzioni e di nomi, ma scienza della scienza vera e
perciò del concetto filosofico e quindi filosofia della filosofia. C. da
Indagini su Hegel e schiarimenti filosofici. Tuttavia ebbe altresì un cordiale
e rispettoso scambio epistolare con Albert Einstein. Secondo diversi storici e
filosofi (es. Giorello, Bellone, Massarenti), l'influenza antiscientifica di C.
e di Gentile sarebbe stata fortemente deleteria sia sul piano dell'istituzione
scolastica per gli orientamenti pedagogici della scuola italiana, che si sarebbe
indirizzata prevalentemente agli studi umanistici considerando quelli
scientifici di secondo piano, sia per la formazione di una classe politica e
dirigente che attribuisse importanza alla scienza e alla tecnica e portando,
per conseguenza, ad un ritardo dello sviluppo tecnologico e scientifico
nazionale. La scuola sarà caratterizzata dal primato dell'umanesimo
letterario e in particolare dell'umanesimo classico. Tutte le istituzioni
culturali saranno improntate al primato delle lettere, della filosofia e della
storia. Giorello nel quarantennale della morte di C. ha scritto che
"predicò la religione della libertà e per questo gli siamo riconoscenti.
Ma la sua condanna della scienza e la sua estetica hanno causato danni
gravissimi alla nostra cultura. Che ora esige riparazione. Lo stesso Giorello però ha in parte ritrattato
l'affermazione, negando che sia da attribuire a C. il mancato sviluppo
scientifico italiano, adducendo che quelle che lui considerava una
"colpa" sarebbero da accreditare maggiormente alla Chiesa, agli
scienziati stessi e alla classe politica, più che all'idealismo, che trascura
le scienze ma nemmeno le ostacola, definendo la filosofia di Croce
«interessante sotto altri profili, ma poco interessante, quando si parla di
scienza. C. riteneva le scienze umane e sociali prive di qualunque validità e
del tutto inutili per lo studio dei fenomeni umani. Lui stesso dichiarò più
volte di non riuscire a capire perché si dovesse sprecare del tempo a studiare
«i cretini, i bambini e i selvaggi, quando esistono pensatori come Kant. ilosofia
della pratica «La legge morale è la suprema forza della vita e la realtà della
Realtà.» (Filosofia della pratica. Etica ed economica, Laterza, Bari)
Economia ed etica vengono trattate in Filosofia della pratica. Economica ed
etica. C. dà molto rilievo alla volizione individuale che è poi l'economia,
avendo egli un forte senso della realtà e delle pulsioni che regolano la vita
umana. L'utile, che è razionale, non sempre è identico a quello degli altri:
nascono allora degli utili sociali che organizzano la vita degli individui. Il
diritto, nascendo in questo modo, è in un certo qual senso amorale, poiché i
suoi obiettivi non coincidono con quelli della morale vera e propria.
Egualmente autonoma è la sfera politica, che è intesa come luogo di
incontro-scontro tra interessi differenti, ovvero essenzialmente conflitto,
quello stesso conflitto che caratterizza il vivere in generale. C. critica
anche l'idea di Stato etico elaborata da Hegel ed estremizzata da Gentile. Lo stato
non ha nessun valore filosofico e morale, è semplicemente l'aggregazione di
individui in cui si organizzano relazioni giuridiche e politiche. L'etica è poi
concepita come l'espressione della volizione universale, propria dello spirito;
non vi è un'etica naturale o un'etica formale, e dunque non vi sono contenuti
eterni propri dell'etica, ma semplicemente essa è l'attuazione dello spirito,
che manifesta in modo razionale atti e comportamenti particolari. Questo
avviene sempre in quell'orizzonte di continuo miglioramento umano. Teoria e
storia della storiografia «La storia non è giustiziera, ma
giustificatrice» C., Teoria e storia della storiografia) La storia e lo
spirito: lo storicismo assoluto VICO Come si evince anche da Teoria e
storia della storiografia la filosofia di C., ispirata soprattutto a VICO, è
fortemente storicista. Per ciò, se volessimo riassumere con una formula la
filosofia di C., questa sarebbe storicismo assoluto, ossia la convinzione che
tutto è storia, affermando che tutta la realtà è spirito e che questo si
dispiega nella sua interezza all'interno della storia. La storia non è dunque
una sequela capricciosa di eventi, ma l'attuazione della Ragione. La conoscenza
storica ci illumina a proposito delle genesi dei fatti, è una comprensione dei
fatti che li giustifica con il suo dispiegarsi. Si delinea in quest'ottica il
compito dello storico: egli, partendo dalle fonti storiche, deve superare ogni
forma di emotività nei confronti dell'oggetto studiato e presentarlo in forma
di conoscenza. In questo modo la storia perde la sua passionalità e diviene
visione logica della realtà. Quanto appena affermato si può evincere dalla
celebre frase «la storia non è giustiziera, ma giustificatrice». Con questo
afferma che lo storico non giudica e non fa riferimento al bene o al male.
Quest'ultimo delinea, inoltre, come la storia abbia anche un preciso orizzonte
gnoseologico, poiché in primo luogo è conoscenza, e conoscenza contemporanea,
ovvero la storia non è passata, ma viva in quanto il suo studio è motivato da
interessi del presente. Il bisogno pratico, che è nel fondo di ogni giudizio
storico, conferisce a ogni storia il carattere di "storia
contemporanea", perché, per remoti e remotissimi che sembrino
cronologicamente i fatti che vi entrano, essa è, in realtà, storia sempre
riferita al bisogno e alla situazione presente, nella quale quei fatti propagano
le loro vibrazioni.La storiografia è in seconda istanza utile per comprendere
l'intima razionalità del processo dello spirito, e in terzo luogo essa è
conoscenza non astratta, ma basata su fatti ed esperienze ben precise. Anche se
subisce l'influsso dello storicismo di Voltaire, C. critica gli illuministi e
in generale tutti coloro che pretendono di individuare degli assoluti che
regolino la storia o la trascendano: invece la realtà è storia nella sua
totalità, e la storia è la vita stessa che si svolge autonomamente, secondo i
propri ritmi e le proprie ragioni. La storia è un cammino progressivo per
cui «Nulla c'è al di fuori dello spirito che diviene e progredisce
incessantemente: nulla c'è al di fuori della storia che è per l'appunto questo
progresso e questo divenire. Ma il positivo destinato a superare storicamente
la negatività dei periodi bui della storia non è una certezza su cui adagiarsi:
questa consapevolezza del progresso storico deve essere confermata da un
impegno costante degli uomini in azioni i cui risultati non sono mai scontati
né prevedibili. La storia diviene, allora, anche storia di libertà, dei modi in
cui l'uomo promuove e realizza al meglio la propria esistenza. La libertà si
traduce, sul piano politico, in liberalismo: una sorta di religione della
libertà o di metodo interpretativo della storia e di orientamento dell'azione,
che è imprescindibile nel processo del progresso storico-politico, come si
evince dal volume. La storia come pensiero e come azione Per C. la libertà può
essere apprezzata solo difendendola costantemente in maniera dialettica, poiché
la storia è necessariamente contrasto. Chi desideri in breve persuadersi che la
libertà non può vivere diversamente da come è vissuta e vivrà sempre nella
storia, di vita pericolosa e combattente, pensi per un istante a un mondo di
libertà senza contrasti, senza minacce e senza oppressioni di nessuna sorta; e
subito se ne ritrarrà inorridito come dall'immagine, peggio che della morte,
della noia infinita.» (La storia come pensiero e come azione). Ciò però
non vuol dire che C. giustifichi la violenza come necessaria; nello stesso
saggio ammonisce infatti che «la violenza non è forza ma debolezza, né mai può
essere creatrice di cosa alcuna, ma soltanto distruggerla». La concezione
storica crociana ebbe grande seguito in Italia per molto tempo ed ebbe notevole
influenza anche all'estero, ad esempio per quanto riguarda la formazione del
maggior storico americano del nazismo, George Mosse. C. interviene al congresso
liberale. C. critico letterario, specie quello di Poesia e non poesia, esercitò
molta influenza successiva, quasi una "dittatura intellettuale sulla
cultura italiana, ma ricevette anche critiche: ad esempio furono ritenute
scorrette, "pseudoconcetti" (riprendendo una parola usata da Croce),
poiché non presentate come opinione personale ma come veri canoni estetici,
varie tesi, come la sua opposizione alle novità letterarie europee,
esemplificate dalle stroncature verso gran parte dell'opera di Annunzio,
Pascoli (di cui apprezzò solo alcune parti di Myricae e dei Canti di
Castelvecchio criticando i saggi e le poesie civili), del crepuscolarismo e di Leopardi:
di quest'ultimo salvò, nei Canti, gli idilli e i canti pisano-recanatesi, ma
criticò le poesie dottrinali e polemiche (in particolare i Paralipomeni della
Batracomiomachia e la Palinodia al marchese Capponi) e le opere filosofiche
(apprezzò solo una minima parte delle Operette morali), affermando che quella
leopardiana non era vera filosofia, ma solo uno sfogo poetico in prosa,
inferiore comunque alle liriche, dovuto esclusivamente alle condizioni fisiche
e psicologiche del poeta recanatese. C. non considera Leopardi un vero
filosofo, come Schopenhauer, a cui invece riconosce dignità filosofica ma che
non apprezza come individuo poiché ritenuto cinico e indifferente, ma solo un
pensatore, il cui pensiero è essenzialmente al servizio della sua poesia. Sulla
scorta di Sanctis, esprime simpatia umana al poeta recanatese per lo spirito
civile, l'impegno e la lotta eroica contro le sofferenze fisiche, come espresso
nella poesia La Ginestra. Egli fu grande ammiratore soprattutto del Carducci,
in quanto classicista, razionale e sentimentale al tempo stesso, ma senza
scadere nel sentimentalismo irrazionale, e, a proposito del decadentismo e
degli autori di questo movimento, scrisse, in Del carattere della più recente
letteratura italiana: «Nel passare da Carducci a questi tre, sembra, a volte,
come di passare da un uomo sano a tre malati di nervi». La polemica contro il
decadentismo è figlia di quella contro il positivismo: Croce sostiene che il
misticismo decadente, che egli disapprova come sintomo di vuoto spirituale e
filosofico (C. è razionalista e idealista al tempo stesso), è figlio dello
scientismo positivistico e delle pseudoscienze da esso generate (come lo
spiritismo): Di qua il positivismo, di fronte il misticismo; perché questo è
figlio di quello: un positivista dopo la gelatina dei gabinetti, non credo
abbia altro di più caro che l'inconoscibile, cioè la gelatina dove si coltiva il
microbio del misticismo». Le opere di C. spaziano dalla filosofia, alla
storiografia, all'aneddotica, alla critica letteraria e all'erudizione storica.
Qui si indicano le più importanti. Per un elenco completo si veda L'opera di
Benedetto Croce, bibliografia a cura di S. Borsari, Napoli, Istituto italiano
per gli studi storici, I principi dell'estetica crociana, oltre ad essere
formulati in opere organiche, trovarono anche applicazione critica in
prefazioni e curatele di opere altrui. Tale è, ad esempio, la prefazione
all'opera di Parodi, Poesia e letteratura: conquista di anime e studi di
critica, pubblicata postuma da Laterza, a cura di C.. Il filosofo napoletano
collabora inoltre con numerosi articoli su vari argomenti pubblicati su molti
giornali e riviste stranieri e italiani (Cfr. Panetta, Settant'anni di militanza:
C., tra riviste e quotidiani) Ad esempio la sua collaborazione con il
quotidiano Il Resto del Carlino dura per più di 40 anni. Filosofia dello
spirito Estetica come scienza dell'espressione e linguistica generale Logica
come scienza del concetto puro Filosofia della pratica. Economica ed Etica
Teoria e storia della storiografia; Problemi di estetica e contributi alla
storia dell'estetica italiana La filosofia di VICO Saggio sullo Hegel seguito
da altri scritti di storia della filosofia Materialismo storico ed economia
marxistica Nuovi saggi di estetica Etica e politica. La poesia. Introduzione
alla critica e storia della poesia e della letteratura La storia come pensiero
e come azione Il carattere della filosofia moderna Discorsi di varia filosofia;
Filosofia e storiografia; Indagini su Hegel e schiarimenti filosofici; Perché
non possiamo non dirci "cristiani"; Primi saggi Cultura e vita morale
L'Italia. Pagine sulla guerra Pagine sparse; Nuove pagine sparse; Terze pagine
sparse; Scritti e discorsi politici; Carteggio C.-Vossler; C. - Papini,
Carteggio; Il caso Gentile e la disonestà nella vita universitaria italiana; Saggi
sulla letteratura italiana del Seicento La rivoluzione napoletana La letteratura
della nuova Italia; I teatri di Napoli dal Rinascimento alla fine del secolo
decimottavo La Spagna nella vita italiana durante la Rinascenza Conversazioni
critiche Storie e leggende napoletane Manifesto degli intellettuali
antifascisti Goethe Una famiglia di patrioti ed altri saggi storici e critici
Ariosto, Shakespeare e Corneille Storia della storiografia italiana nel secolo
decimonono; La poesia di Dante Poesia e non poesia Storia del Regno di Napoli
Uomini e cose della vecchia Italia Storia d'Italia; Storia dell'età barocca in Italia
Nuovi saggi sulla letteratura italiana del Seicento Storia d'Europa nel secolo
decimonono Poesia popolare e poesia d'arte Varietà di storia letteraria e
civile Vite di avventure, di fede e di passione Poesia antica e moderna Poeti e
scrittori del pieno e del tardo Rinascimento La letteratura italiana del
Settecento Letture di poeti e riflessioni sulla teoria e la critica della
poesia Aneddoti di varia letteratura Morra e Castro Edizione nazionale La casa
editrice Bibliopolis ha in corso di pubblicazione l'edizione nazionale delle
opere di C., promossa con Decreto del Presidente della Repubblica. Eugenio
Montale, Tutte le poesie, Milano, Mondadori, Enciclopedia italiana Treccani
alla voce "neoidealismo" Severino, La filosofia dai Greci al nostro
tempo. La filosofia contemporanea, Milano, Rizzoli, Giorello, Dimenticare
Croce? C. - Senato Partito Liberale Italiano «nato nel 1924,
sciolto durante il fascismo e ricostituito». In Enciclopedia Treccani alla voce
"Partito Liberale Italiano" Pagina jpg del Corriere del
Mezzogiorno: Luigi Mosca, L'America innamorata di C. La prestigiosa rivista USA
"Foreign Affairs" lo incorona tra i pensatori più attuali, Einaudi
infatti sosteneva che «il liberismo non è né punto né poco "un principio
economico", non è qualcosa che si contrapponga al liberalismo etico; è una
"soluzione concreta" che talvolta e, diciamo pure, abbastanza
sovente, gli economisti danno al problema, ad essi affidato, di cercare con
l’osservazione e il ragionamento quale sia la via più adatta, lo strumento più
perfetto per raggiungere quel fine o quei fini, materiali o spirituali che il
politico o il filosofo, od il politico guidato da una certa filosofia della
vita ha graduato per ordine di importanza subordinandoli tutti al
raggiungimento della massima elevazione umana.» (in Einaudi, Il buongoverno.
Saggi di economia politica, a cura di Rossi, Il filosofo dedica ai paesi degli
avi, sia paterni che materni, due monografie, intitolate Montenerodomo: storia
di un comune e due famiglie e Pescasseroli, uscite per Laterza e in seguito
collocate in appendice alla Storia del Regno di Napoli (Laterza, Bari). È noto, a tal proposito, l'aneddoto narrato
in un testo coevo, secondo il quale il padre del filosofo, prima di morire tra
le macerie, avrebbe detto al figlio «offri centomila lire a chi ti salva». Cfr.
Balzo, Cronaca del tremuoto di Casamicciola, Tip. De Blasio e C., Napoli, Un'analisi
di quella traumatica esperienza anche in relazione all'opera di C. è in S.
Cingari, Il giovane C. Una biografia etico-politica, Rubbettino, Soveria
Mannelli, Il problema del male nell’indagine di Cucci. Testimonianza di C. sul
terremoto C., Memorie della mia vita,
Istituto italiano per gli studi storici, Napoli. "Il superstite è accolto allora nella
casa romana del politico Spaventa, cugino del padre e fratello del filosofo. Il
lutto, lo spaesamento, l’adolescenza: non stupisce che questa miscela abbia
precipitato il giovane in una crisi d’ipocondria; e l’ostentato contegno
olimpico dell’adulto deriva forse da questo periodo oscuro. «Quegli anni»,
confessa l’autore del Contributo, furono «i soli nei quali assai volte la sera,
posando la testa sul guanciale, abbia fortemente bramato di non svegliarmi al
mattino». Nella Roma del trasformismo, Benedetto si chiude in biblioteca. Ma a
scuoterlo è Labriola, che con le lezioni sull’etica di Herbart gli offre un
appiglio cui aggrapparsi nel naufragio della fede. C. ricorda di averne
recitato più volte i capisaldi sotto le coperte, come una preghiera": v. A
cento anni dal “Contributo” di C., di Matteo Marchesini, Sole 24 ore, Dizionario
biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Ministri della Pubblica Istruzione, su
storia.camera. Ultimo Governo Giolitti,
su storia.camera. Jannazzo, C. e la corsa verso la guerra, in Idem, C. e il
prepartito degli intellettuali, Zisa, Palermo, Levi della Vida, Fantômes
retrouvés, Diogène, Gnoli, C. e il suo fantasma, in la Repubblica, Camera dei
deputati - Portale storico; citato in Levi Della Vida, Fantasmi ritrovati, Venezia,
Salvatore Guglielmino/Hermann Grosser, Il sistema letterario. Guida alla storia
letteraria e all'analisi testuale: Novecento; Casa Editrice G. Principato
S.p.A.,. Guglielmino/Grosser, Sambugar, Salà, Letteratura italiana, C. e il
manifesto antifascista. Levi, Potassio,
in Il sistema periodico, poi in Opere, Torino, Einaudi, «La più efficace difesa
della civiltà e della cultura si è avuta in Italia, per opera di C.. Se da noi
solo una frazione della classe colta ha capitolato di fronte al nemico a
differenza di quel che è avvenuto in Germania, moltissimo è dovuto al C.. (Ruggiero)
Osserva Nicola Abbagnano nella sua Storia della filosofia: «Il regime fascista,
certo per costituirsi un alibi di fronte agli ambienti internazionali della
cultura, consentì tacitamente a C. una certa libertà di critica politica; e
Croce si avvalse di questa possibilità [...] per una difesa degli ideali di
libertà... Negli anni del fascismo e della seconda guerra mondiale la figura di
C. ha assunto perciò, agli occhi degli italiani, il valore di un simbolo della
loro aspirazione alla libertà, e ad un mondo in cui lo spirito prevalga sulla
violenza. E tale si mantiene a distanza di anni. Il terzo volume del carteggio
tra C. e Laterza (l'editore delle opere crociane) offre una grande quantità di
esempi delle difficoltà di mantenersi in equilibrio “tra l'opposizione concreta
e organizzata al fascismo, e l'adesione o la cinica indifferenza”. Esempi
“quasi tutti orientati però verso una precisa direzione: quella
dell'autocensura, a volte praticata, altre volte orgogliosamente respinta...
Tra i molti casi che potrebbero essere citati a illustrazione di questo
atteggiamento, è notevole quello sorto attorno alla dedica apposta da Paolo
Treves, nel libro sulla filosofia di Campanella, al padre Claudio, scrittore e
parlamentare socialista, famigerato tra i fascisti soprattutto per il celebre
duello ingaggiato con Mussolini. La dedica recitava: “A mio padre, che mi
additò con l'esempio la dignità della vita”. Laterza scrive a C. accostando,
con diplomatica sottigliezza, la lettura di un volgare trafiletto anticrociano
e antilaterziano sul “Lavoro fascista” alla questione della dedica, che egli
propone al Treves di limitare “alle prime tre parole essenziali, non essendo
opportuno motivarla allo stato attuale delle cose”. Alla lettera C. risponde il
giorno dopo, tranquillizzando Laterza sulla “purezza” del lavoro storico del
Treves e sull'assenza in esso di riferimenti al presente, e aggiungendo, con
maliziosa e retorica ingenuità: “ma veramente non capisco perché vi abbia fatto
senso quella dedica affettuosa di un figlio al padre. O che la dignità della
vita (il corsivo è ovviamente di Croce) è un fatto politico del giorno?”.
Comunque sia, la dedica uscì poi nella versione “purgata”. Maurizio Tarantino,
recensione a C.-Giovanni Laterza, Carteggio, a c. di Antonella Pompilio,
Napoli, Roma-Bari, Istituto italiano per gli studi storici, Laterza, “L'indice”. L'episodio è narrato con dovizia
di particolari in una lettera di Nicolini a Gentile riportata da Sasso in Per
invigilare me stesso, Bologna, Il mulino, Barbera, La biblioteca esoterica.
Carteggi editoriali Evola-C.-Laterza, Roma, Fondazione Julius Evola, Cesare
Medail, Evola: mi manda Don Benedetto, in Corriere della Sera, Cfr. la
prefazione del testo Lettere di Julius Evola a C.. Regio Decreto Legge, Disposizioni
sull'istruzione superiore (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia,
Tacchi, Storia illustrata del fascismo, Giunti, La Repubblica, Giarrizzo
rivendicò con una punta di orgoglio l'essere annoverato tra i “nipotini” di C.
(se, nel corso di uno sgradevole scontro, sono stato per Martino un «basco verde
di Palazzo Filomarino. Giarrizzo, Giuseppe, Di C. e del filosofare sine titulo,
Archivio di storia della cultura: Napoli: Liguori, si veda: Gramsci, Il materialismo storico e
la filosofia di C. C., Epistolario, I,
Napoli, Istituto italiano per gli studi storici, La vicenda è descritta e
analizzata da Sasso, La guerra d'Etiopia e la “patria”, in Per invigilare me
stesso, Bologna, Il mulino, Battista, Corriere della Sera, B. Croce, Taccuini
di lavoro, Napoli, La tentazione antisemita di tre antifascisti liberali Dante Lattes, Ferruccio Pardo, C. e l'inutile
martirio d'Israele. L'ebraismo secondo C. e secondo la filosofia crociana Sarfatti, Il ritorno alla vita: vicende e
diritti degli ebrei in Italia dopo la seconda guerra mondiale, Tompkins,
L'altra Resistenza. Servizi segreti, partigiani e guerra di liberazione nel
racconto di un protagonista, Il Saggiatore, C. rimane fermo sulle sue
posizioni: l'unica condizione alla quale i partiti antifascisti
dell'opposizione avrebbero accettato di entrare nel governo di Badoglio è
l'abdicazione di Vittorio Emanuele III. È stato il re, dice C., ad APRIRE LE
PORTE AL FASCISMO, favorendolo, appoggiandolo e servendolo per 'anni. Tompkins,
Operti, Lettera aperta a C., Torino, Lattes, Mazzini, poi in Scritti e discorsi
politici, Bari, Laterza; sulle caratteristiche "affettive" del pronunciamento
di C. al referendum, vedi Fulvio Tessitore, Il percorso psicologico dalla
monarchia alla repubblica attraverso i Taccuini di lavoro di C., in C. e la
nascita della Repubblica. Atti del convegno tenutosi presso il Senato della
Repubblica, Soveria Mannelli, Rubbettino, "non sono veri liberali...coloro che si
fregiano, come ora taluni hanno preso a fare, del nome di monarchici, perché il
liberalismo non ha altro fine che quello di garantire la libertà" e se
"la forma Repubblicana gli offre questa...garanzia quando non gliene offre
sicura la monarchia, sarà anche eventualmente repubblicano" (Taccuini di
lavoro; "se il tentativo la duplice abdicazione di Vittorio Emanuele III e
di Umberto II] fallisse, noi sosterremo il partito della Repubblica,
adoperandoci a farla sorgere temperata e non sfrenata, sennata e non
dissennata" (Taccuini di lavoro. C., mai nominato, formalmente rifiutò
prima ancora che la sua ventilata nomina potesse concretizzarsi. (In Galliani,
Il Capo dello Stato e le leggi, Giuffrè, Ente Morale, su Uni SOB.na.Senato
della Repubblica-Cinecittà Luce, Il filosofo della libertà: Napoli - il
funerale di C. C., Maria Curtopassi, Dialogo su Dio: carteggio, Archinto, Il
carteggio fra C. e Curtopassi è stato pubblicato presso la casa editrice
Archinto da Giovanni Russo, autore anche della nota introduttiva, Griffo, Il
pensiero di C. tra religione e laicità. La citazione è tratta da: C, Taccuini
di lavoro, vol. 6, Napoli. C., Perché non possiamo non dirci anticoncordatari.
Discorso contro i patti lateranensi, tratto da: C., Discorsi parlamentari, Bardi
editore, Roma, Atti parlamentari della Camera: Guido Verucci, Idealisti
all'Indice. C., Gentile e la condanna del Sant'Uffizio, Laterza, Capitini, La
compresenza dei morti e dei viventi, Il Saggiatore, Milano, La Critica. Rivista
di Letteratura, Storia e Filosofia diretta da C., Il ministro dell'Educazione
Nazionale, Bottai alluse ironicamente all'operetta crociana con un articolo intitolato
Benedetto Croce rincristianito per dispetto (In Ruggiero Romano, Paese Italia:
venti secoli di identità, Donzelli Editore,Perché non possiamo non dirci
"cristiani, in La Critica; poi in Discorsi di varia filosofia, Laterza,
Bari, Croce, M. Curtopassi, Dialogo su Dio. Carteggio op.cit. ibidem. Focher,
Rc. a Capanna, La religione in C.. Il momento della fede nella vita dello
spirito e la filosofia come religione, Bari, in Rivista di studi crociati, Sandro
Magister, Colloquio con Foa (Da l'Espresso, Documenti) In Vittorio Messori, Pensare la storia: una
lettura cattolica dell'avventura umana, Paoline, Nello Ajello, Solo per amore,
"La Repubblica, Sasso, Per invigliare me stesso, Bologna, Il mulino, Nel
registro mortuario di Raiano, vicino a L'Aquila, viene indicata erroneamente
come "moglie del senatore C." C. e l'amore Giannangeli, C. a Raiano, in
"L'Osservatore politico letterario", Milano-Roma, Morta Alda C.,
figlia di C. È morta Silvia C. l'ultima
nata del filosofo Morta Lidia, l'ultima
figlia ancora vivente di C. Si è spenta a Napoli. Il pensiero filosofico di C.
- senato C., La storia come pensiero e come azione, Laterza, Bari Saggio
sullo Hegel C., da "papa
laico" a grande dimenticato
Grassano, La filosofia politica di Popper: 1 - La critica della
dialettica hegeliana e dello storicismo; commento a La società aperta e i suoi
nemici e Miseria dello storicismo di Popper
Croce e il totalitarismo
Carteggio C.-Omodeo Hegel, Lineamenti di filosofia del diritto,
Bompiani, Milano In opposizione al positivismo che voleva riportare la storia
ad una forma della scienza, Croce si era interessato dell'estetica nella quale
avrebbe dovuto essere compresa la storia; cfr. La storia sotto il concetto
generale dell'arte, Bari. Per questo
motivo C. della Divina Commedia di Dante apprezza la prima cantica dell'Inferno
in quanto risultato di una forte e sentita intuizione-espressione, mentre
apprezza meno la cantica del Paradiso dove Dante mescolerebbe poesia e
filosofia Nella premessa C. scrive di
aver trattato l'argomento nello scritto intitolato Lineamenti di una logica
come scienza del concetto puro pubblicato negli Atti dell’Accademia pontaniana.
In effetti però avverte C. che il volume «È una seconda edizione del mio
pensiero, piuttosto che del mio libro» (C., Logica, Ricerca in Italia. Un
passato da salvare, conferenza del prof. Bernardini, dal sito Centro Studi
Enriques, C., La storia come pensiero e come azione, Laterza, Bari. Quel che si
scrivevano Einstein e C. Dimenticare C.?
(Corriere della Sera) La scienza negata.
Il caso italiano, Codice, l'Italia della scienza negata (dal blog de Il Sole 24
Ore) Ministro dell'Istruzione del
governo MUSSOLINI, promotore della riforma scolastica varata in Italia. Radice
in Faracovi, Enriques, Approssimazione e
verità, Belforte, Livorno, Giorello, Dimenticare C.?, in Il Corriere della
Sera, L'arretratezza dell'Italia in campo scientifico è il risultato di cattive
scelte dei politici da una parte e di resistenze culturali e di incapacità
degli scienziati stessi a comunicare dall'altra e che quindi risultano
indipendenti dall'idealismo crociano. A livello culturale, casomai, esistono
altre forze che potrebbero essere imputate del ritardo scientifico, si veda per
esempio la nefasta influenza della Chiesa in merito ad alcuni aspetti delle
ricerche bioetiche. La mia perplessità nei confronti di Croce non riguarda le
pretese conseguenze della sua filosofia sullo sviluppo tecnico-scientifico del
nostro Paese. Mi sembra che sia una polemica datata e ormai superata. Non credo
che dalle posizioni antiscientifiche di Croce derivi un ritardo della società
italiana nei confronti della scienza. Quella di C. è una filosofia interessante
sotto altri profili, ma poco interessante, quando si parla di scienza e quindi
è deficitaria sotto il profilo di una seria trattazione del problema della
conoscenza.» (Giorello), in È vero che C. odiava la scienza? - Dialogo tra
Giorello e Ocone, Matera, Biscaldi, Giusti, Pezzotti, Rosci, Scienze umane -
Corso integrato, Marietti Scuola, 9. C., La storia come pensiero e come azione,
Laterza, Bari, Abbagnano, Storia della filosofia, Benadusi, Caravale, M.s
Italy: Interpretation, Reception, and Intellectual Heritage, Palgrave
Macmillan, Sambugar, Salà, Letteratura italiana
Paolo Ruffilli, Introduzione alle Operette morali di Leopardi, ed.
Garzanti Sebastiano Timpanaro,
Classicismo e illuminismo nell'Ottocento italiano C., Schopenhauer e il nome del male Si riferisce a d'Annunzio, Fogazzaro e
Pascoli Riportato in Pazzaglia,
Letteratura italiana III C., Del
carattere della più recente letteratura italiana, in Letteratura della nuova
Italia, Bari, Dino Biondi, Il Resto del Carlino, Edizioni Nazionali istituite
anteriormente alla legge su Ministero per i Beni e le Attività Culturali, concernente
l'«Edizione Nazionale delle opere di C. Integrazione della composizione della
Commissione» su Ministero per i Beni e le Attività Culturali, VISTO il D.P.R istitutivo
dell'Edizione Nazionale delle opere di C.».Bibliografia Fassò, C., in Novissimo
Digesto Italiano, diretto da Azara e Eula, Torino, Pomba, Antoni, Commento a C.,
Venezia, Neri Pozza, Alfredo Parente, Il pensiero politico di C. e il nuovo
liberalismo, Solmi, Il C. e noi, in "La Rassegna d'Italia", La
letteratura italiana contemporanea, a cura di Giovanni Pacchiano, Milano,
Adelphi). Nicolini, C., Pomba, Torino, Ottaviano Giannangeli, C. a Raiano, in
"L'Osservatore politico letterario", Milano-Roma, (ora in Id.,
Operatori letterari abruzzesi, Lanciano, Itinerari). Damiano Venanzio Fucinese,
Dieci lettere inedite di C., in "Dimensioni", Lanciano, Ulisse
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della dialettica, Napoli, Morano, Badaloni, Muscetta, Labriola, Croce, Gentile,
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meridionale. Atti del convegno di studi, Sulmona-Pescasseroli-Raiano, a cura di
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Rivista di letteratura, storia e filosofia» ai «Quaderni della “Critica”» su
biblioteca filosofia.uniroma1. C., il filosofo liberale, sul RAI Filosofia, su
filosofia.rai. Alessandra Tarquini, C., il filosofo liberale, Radio3. Aus dieser Schule sind die
beiden großen zeitgenössischen Philosophen Italiens hervorgegangen, C. und
Gentile. Beide Denker knüpfen an die J
Gentile, Che cosa e il fascismo. Gentile hat einen Neudruck seiner Werke
veranlaßt. In seiner,,Introduzione alla filosotia' sagt er: Damit aus
einem Volke eine Nation werde, muß es sich seiner Nationalität, seiner
Kraft und seiner Kultur bewußt sein. Philosophie Hegels an, die gerade in
Italien, namentlich an der Universität Neapel, von jeher gepflegt wurde.
C. übernimmt von dem großen deutschen Denker den Leitgedanken, nämlich
die Idee des Geistes als einer dialektischen Tätigkeit, die sich im
Rhytmus von Gegensätzen bewegt. Diese Gegensätze formuliert er allerdings
etwas anders als Siegel, indem er zwischen kontradiktorischen und nur konträren
Momenten unterscheidet. Ferner lehnt C. die empirischen Gedanken völlig ab; für
ihn erzeugt nur der Geist die Realität. Es gibt in der Welt nichts, was nicht Manifestation
des Geistes wäre. Er gliedert sich in zwei Hauptformen: theoretische
Aktivität (Erkennen) und praktische (Wollen und Handeln). Unterformen
sind: intuitives Anschauen (Kunst), intellektuelles Denken
(Wissenschaft), ulititalisches Handeln (Ökonomie), moralisches Wollen
(Ethik). So schrieb denn C. ein Buch über Lebendiges und Totes in Hegels
Philosophie und betonte seine innere Verwandtschaft mit Vico, dessen
Lehre er gleichfalls eine besondere Schrift gewidmet hat. Diese
Verwandtschaft tritt besonders in C. Werken über Historik und Ästhetik
hervor. Diese und andere Bücher des italienischen Philosophen haben
internationales Ansehen erlangt. Gentile schließt sich zwar im allgemeinen an
den Geist der Hegelschen Dialektik an. Er faßt sie aber nicht als
abstrakte Reflexion auf, sondern als konkretes Denken, das zugleich ein
landein ist. Daher bezeichnet er seine Philosophie als Aktualismus. Die
wahre Realität liegt in dem schöpferischen Akt des Geistes. Dieser ist
nicht etwa nur Bewußtsein und Kontemplation der Welt, sondern
schöpferisches Hervorbringen der Welt; Ethik und Politik sind daher ein
Ausfluß des Geistes. Selbst die historische Schau bedeutet nicht nur einen
Bericht über Geschehnisse der Vergangenheit, sondern auch eine geistige
Schöpfung 1). In dieser Lehre erblickt Gentile eine Fortführung der
italienischen Tradition, die von Bruno bis auf Vico, Gioberti und Spaventa
reicht. Er hat sich vollkommen dem Faschismus angeschlossen, war eine
Zeitlang Unterrichtsminister und Urheber einer tiefgreifenden
Schulreform. Gentile hat auch wichtige Beiträge zur Staatstheorie des
Faschismus geliefert 2 ), welche weiter unten erwähnt werden sollen. Es
sei noch hinzugefügt, daß auf dem Gebiete der Rechtsphilosophie sich G. Del
Vecchio auch außerhalb Italiens einen Namen gemacht hat durch seinen
Kampf gegen den reinen Rechtspositivismus und seine philosophische
Begründung des Imperialismus; dadurch hat seine Lehre eine nahe Beziehung
zum Faschismus. Von den zahlreichen Schriften Gentiles ist,,Der aktuale
Idealismus“ auch in deutscher Übersetzung erschienen. -I Vgl. besonders „Che cosa e il fascismo", „La
filosolia de] fascismo“. Charakteristisch ist der Satz:,,Lo stato del fascismo
e una creazionc tutta spirituale". Benedetto Croce. Croce. Keywords: idealism, la filosofia di Croce come
antecedente del fascismo, Mussolini giornalista, la ruttura Croce-Gentile –
l’idealismo di Croce pre-fascismo come fascista: hegel, idea dello spirito,
idealism assoluto, la relazione tra Vico e Hegel. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Croce:
implicatura: intenzione, espressione, e communicazione” Croce.
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