Grice e Consoli – l’italiano come
lingua universale – filosofia italiana – Luigi Speranza (Catania). Filosofo catanese. Filosofo siciliano. Filosofo italiano. Lingua
nazionale della terra. Linguaggio mondiale. Ling du mond. Ling nazionel de le
ter. Vox mondiel. Il latino lingua universala, Storia della letteratura latina.
Catania. Santi Consoli Sindaco di Catania Durata mandato Predecessore Salvatore
Di Stefano Giuffrida Successore Salvatore Di Stefano Giuffrida C. è stato un
filosofo, storico, letterato e politico italiano. Filosofo, storico e
letterato, C è insegnante di letteratura latina e filosofia romana a Catania. Divenne sindaco di Catania. Organizza
l'«Esposizione agricola siciliana», che venne
inaugurata da Vittorio Emanuele. Termina il suo mandato e torna ad occuparsi
dell'insegnamento. Scrive anche alcuni saggi
sulla storia della Sicilia. Pubblica
numerose opere tra cui Italiensk grammatik til brug for norske og danske, Catania,
Letteratura Norvegiana, Milano, De C. Plinii Caecilii Secundi rhetoricis
studiis, Catania), L’autore del De origine et situ Germanorum, Roma; Brevi
annotazioni critiche alle Satire di Persio, Roma, Il neo-logismo (deutero-esperanto)
in Plinio il Giovane, Palermo, Sicilia gloriosa, Catania). Santi Correnti, La
città semprerifiorente, Catania. Santo
Daniele Spina, Andrea D’Amico Franz, commediografo e politico in Catania, Agorà.
Opere su MLOL, Horizons Unlimited.Predecessore
Sindaco di Catania Successore Salvatore Di Stefano Giuffrida Salvatore Di
Stefano Giuffrida. Portale Biografie: accedi alle voci di Wikipedia che
trattano di biografie Categorie: Storici italiani del XX secoloLetterati
italianiPolitici italiani del XX secoloNati nel 1853Morti nel 1927Sindaci di
Catania[altre]. Ricerca Libri aiuta i
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di ragg i ungere un pubblico più ampio, l'imi cffclluarc una ricerca sul
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garbarti College li&rarg
CONSTANTIUS FUND EstiblJshed by
Professor E. A. Sofhoclbs of Harvard
University for " the parchase of Greek ud ritiri books, (the utdenl elusici) or of Arabie hook», or of hooks illustratine or ex. soch Greek, Latin, or Arabie t ' Will,
dated 1880.) Jii*^.
.1.^.0.1,.- !> I I
V IL NEOLOGISMO MEGLI 8CRITTI DI PLINIO IL GIOVANE Altre opere del Prof. Doti. Santi
Consoli ITALIENSK GRAMMATIK til "for-u.gr for IbTcrslce cgr Catania, 1884. L. 3. L
esposte , secondo il metodo scientifico , agli alunni delle scuole secondarie classiche. Catania, 1887. L. 3, 60. (E ALLO Siili) IL 1. N. Torino, 1888. L. 6. ■TJI
[\ 2' ediz. riveduta e
migliorata. Milano , 1892. L. I 9 60. liettet*atat*a Ho^eQtena Milano, 1894. L. I, 60. De C. Plinii Gaecilii Secanti RHRTORICIS STUDIIS. Catinae, 1897. L. 3 (esaurito). e-
IL NEOLOGISMO NEGLI SCRITTI DI
PLINIO IL GIOVANE CONTRIBUTO AGLI
STUDI SULLA LATINITÀ ARGENTEA
DEL DOTTOR SANTI CONSOLI Libero docente di letteratura e lingua
latina nella R. Università di Catania
PALERMO LIBRERIA INTERNAZ. ALB.
REBER 1900 - - >• r ■ :• &/. X? & >'
^>RD CÓQ; Ql AUG 1 1902 ^5-VL-^./UOl-/W rfcLu-ó xu^x-oL . Proprietà letteraria dell 9 autore. (Catania, Via Maddem, n. 160) Tipografia editrice BARBACALLO &
8CUDERÌ , in Catania. MARGRETHE CONSOLI
nata GLÒERSEN MIA DILETTA E
VENERATA MOGLIE NEL III ANNIVERSARIO
DELLA SUA MORTE INTROD UZIONE Il ne faut point dédaigner les études qui ont pour objet d*écl«ircir méme tei ou tei petit point particulier de la
langue d' un auteur. 0. RlEMANN. È noto che* neiprimi tempi dell'impero
romano, tanto per i inutamenti politici
avvenuti quanto per il progresso lento,
ma costante, del ' sermo plebeius' che tendeva
a prevalere sul ' sermo urbanus ', la lingua letteraria era divenuta, a poco a poco, una lingua
artificiale che ogni scrittore, non più
vincolato dall'uso del linguag- gio
delle conversazioni colte, soleva per lo più plasmare da sé, secondo i suoi gusti e secondo i fini
letterari che si era proposto di
raggiungere. 1 Tale tendenza, che co-
stituisce appunto uno dei caratteri precipui della lati- nità argentea, abbiamo potuto osservare in
particol&r modo negli scritti che
ancora ci rimangono di Plinio il giovane
; e, poiché dell' arte retorica di lui ci siamo
occupati di proposito in» un nostro lavoro stampato di recente, 2 ora ci proponiamo dimettere in
rilievo i neo- 1 Cfr. O. Riemann,
Études sur la langue et la grammaire de
Tite-Live, Paris, Thorin, 1885 (2* ediz.); pagg. 12-13. * DeC Plinii Caecilii Secundi rhetoricis
studiis, Cat'msLOy 1897. cod. Vatic.
3864 ; F = cod. Florentin. già della
bibl.- S. Marco 284 ; D = cod. Dresd. D
166 ; [R = cod. Riccard. 488]; p = -o :: o- I -- : ^ CAPITOLO PRIMO Neologismi della l. a serie Sez. I. — Nomi sostantivi. A. — a) Da quanto ci è dato argomentare ,
conside- rando i resti della letteratura
romana pervenuti sino a noi, pare che
Plinio il giovane sia ricorso per il primo
ai temi degli aggettivi ' sinister ' e ' socialis * per for- mare le due voci nuove ' siriisteritas ' e '
socialitas \ . l.° Il significato di '
sinisteritas ' non si può disgiun- gere
da quello delle voci ' stultitia ' e ' rusticitas * ; e indica perciò « goffaggine , inettitudine » ,
l' antitesi , in somma, di ' dexteritas
'. Se ne ha la conferma nei seguenti
passi di Plinio : ■' Quae tanta grauitas ? quae
tanta sapientia ? quae immopigritia, adrogantia, sini- steritas ac potius amentia, in hoc totum diem
in- pendere, ut offendas, ut inimicum
relinquas ad quem — 10 — tamquam amicissimura ueneris ? ' Epist. VI
17, 3. — ' Ple- rique autem, dum
uerentur ne gratiae potentium nimium
inpertire uideantur, sinisteritatis atque etiam raa- lignitatis famam consequuntur. ' Epist. IX 5,
2. 2.° L' altro sostantivo ' socialitas
' vale lo stesso di ' comitas ' = «
affabilità , cortesia , socievolezza » : ce
lo affermano i seguenti due luoghi di Plinio: ' Non re- missionibus tuis eadem frequentia eademque
illa soci a- 1 i t a s interest ? ' Pan.
49, 4. — ' Primum est autem suo esse
contentimi , deinde quos praecipue scias indigere sustentantem fouentemque orbe quodam
socialitatis ambire. ' Epist. IX 30, 3.
È nondimeno da notarsi che nelP ed. a
leggesi ' societatis ' invece di ' socialitatis \ 6) Plinio, memore forse d'un ben noto
precetto ora- ziano sulla ' callida
iunctura ' di parole note, 1 formò per
il primo , a quanto pare , mediante composizione, quattro nuovi sostantivi : ' cauaedium,
sesquihora, duum- uiratus, laudiceni
'. l.° ' Cauaedium ' risulta dalla
fusione intimadelle due voci * cauum
aedium ' , che> troviamo appunto usate in
stretta dipendenza tra loro, ma separate (cioè: ' cauum aedium ' ), da Varrone, 2 Vitruvio 3 e Plinio
il vecchio 4 ; e vale « cortile, corte »
, quello spazio nel mezzo delle case
romane, dove cadeva la. pioggia dal tettò. Si può. assomigliare il ' cauaedium ' all' '
inpluuium ' , voce u- sata da Cicerone
e. da Livio 5 ; ma se ne differenzia in
i Horat. Epist II 3, 47-48. Cfr. Cic. De oraL III 38, 154. * Varr. De Un. Lat V 33, 161 e 162
(Spengel). 3 Vitrvv. De arch. VI 3,
1. 4 Plin. sen. Nat hist XIX 1 (6), 24; XVII 21 (35),
166. 5 Cic. In Verr. act see. I 23, 61;
56, 147.— Liv. XLIII 13, 6.
— 11 — ciò che T i inpluuium '
solevasi costruire nelle case pic- cole,
mentre il ' cauaedium ' era di maggiori dimensioni, adatto alle case più grandi. 1 Plinio il
giovane scrisse : * Est contra medias
(se. porticus) cauaedi u m hilare '.
Epist II 17, 5. E nello stesso passo si ripete la voce ' cauaedium ' : ' A tergo cauaedium'. 2.° La voce i sesqui ', irrigidita, servi ,
prima ancora dell' età augustea, a
foggiare alcune voci composte. 2 An- che
gli scrittori del primo secolo dell'impero usarono nuove voci composte col numerale ' sesqui \ 3
Dovette, per ciò, Plinio il giovane
sentirsi quasi abilitato dai nu- merosi
esempi, accolti nelP uso comune, a formare la
voce ' sesquihora', che vale «un' ora e mezzo »: ' Ege- ram horis tribus et dimidia, supererat
sesquihora'. Epist IV 9,9. 3.° Dal numero delle persone elette a
cooperare per uno stesso ufficio, ne
venne la denominazione di alcune
magistrature romane, come p. es. ' triumuiratus, quin- * Vedi E. Guhl und W. Koner, Dos Leben der
Grieehen und Rómer nach antiken
Bildwerken dargestellt, 419.— J.
Overbeck, Pompe ji in seinen Gebàuden,
Alterthùm. und Kunstwerken, I, 241. 2 Ne «iano d* esempio le seguenti : '
sesquialter, sesquilibra, sesquimensis,
sesquimodius, sesquioctauus, sesquiopus, sesqui- pedalis, sesqui pes, sesqui plex (sescuplex),
sesquitertius ', etc. : per le quali
voci vedasi il Georges, Ausfuhrliehes lateinisch- deuisches Handwòrterbuth, 7 a ediz., Leipzig,
1880, 2° voi., coli. 2363-2364. * Per le seguenti voci composte con * sesqui
' si hanno soltan- to esempi negli scritti
del primo secolo dell'impero : 'sescuncia,
sescuplus, sesquicullearis, sesquicyathus, sesquidigitalis, sesqui- digitus, 8esquiiugerum, sesquiobolus,
sesquiopera, sesquipeda- neus,
sesquiplaga ', etc. — 12 — queuiratus ', etc. 1 Dello
stesso modo troviamo in Plinio per la
prima volta la voce ' duumuiratus ' :' ' Hunc Tre- bonius Ruflnus... in duumuiratu tollendum
abolen- dumque curauit. ' Epist IV 22,
1. Ma certamente il so- stantivo '
duumuiratus ' dovette essere accolto prima
nell'uso comune dei contemporanei di Plinio e, fors'an- che, nell'uso dell' età anteriore. 2 È noto, in fatti, che Cicerone accenna, in
una sua orazione, all' ufficio dei '
duumuiri perduellionis ', 3 e Cesare a
quello dei ' duumuiri municipiorum \ 4 Livio,
inoltre, in più luoghi fa cenno dei ' duumuiri ', distinguen- doli in a) ' duumuiri nauales ' (XL 26, 8) o
' duumuiri nauales classis ornandae
reflciendaeque causa ' (IX 30, 4; cfr.
XL 18, 7 e 8); b) ' duumuiri sacrorum ' (III 10, 7) ovvero ' duumuiri sacris faciundis ' (V
13, 6; VI 37, 12) o ' sacris faciendis'
(VI 5, 8); e) 'duumuiri ad ae- dem
faciendam ' (VII 28, 5 ; cfr. XXII 33, 8) o
■ i La voce ' seruatio *
riappare, più tardi, nella * Vulgata *,
E8dr. IV 8, 21-22; e in Cael. Avrbl. Celer. uel acut pass. Ili 4,45.
« Cic. In Pis. 34, 84. —
Vare. Rer. rust II 1, 16. — Cfr. Vlpian.
in Big. XLVII 14, 1, §§ 2 e 4. Calustrat. in Big. XLVII 14
, 3, §2. : ... : — 21 —
Non teniamo conto della congettura del Gièrig che legge : ' abacta hospitum iumenta cerneres ',
così lon-* tana dal testo quale è stato
conservato dai codici, tran- ne il e, e
dalle più antiche edizioni del Paneg. E, dall'ai-? tro canto, la congettura dell' Ernesti : '
abactus hospitum exercèretur ' o '
exercerentur ', attenendosi all'uso pas-
sivo del verbo i exercere ', lascia intatto il neologismo 1 abactus ', a cui si riferisce la nostra
osservazione. 3.° Il nome ' praelusio '
si nota nel seguente passo di Plinio:
'Tu tamen aestima, quantum nos in ipsa pu-
gna certaminis maneat, cuius quasi praelusio atque praecursio has contentiones excitauit '.
Epist. VI 13, 6. Perciò * praelusio ' si
equipara alla voce ' prolusio ', l che
significa « preludio, prolusione, saggio ». 2
Alcuni vorrebbero sostituire nel passo citato dell'episto- la pliniana a ' praelusio ' la voce i
prolusio ', prima usata da Cicerone, per
evitare, forse, d'attribuirsi a Plinio la
novità del vocabolo ; ma si farebbe cosa inesatta, per- chè alla sostituzione osta V unanime conferma
della voce ' praelusio ', che vien data
dai codici più autore- voli dell'
epistolario di Plinio. 8 i Cic. De
orai. II 80, 325; Diuinat in Caec. 14, 47. .
2 Nella tarda latinilà riappare la voce l praelusio ' : per es.: Evmen. Pro restaurandis scholis (Augustoduni)
oratio, 2 : * Ibi armantur ingenia, hic
proeliantur ; ibi p r a e 1 u s i o, hic pugna
committitur ' (edit De la Baune, il quale nella nota a pag. 142, col. 2 a , sospetta: * praelusio forte
prolusio'). — Ambros. De exeidio urbis
Hierosolymitanae III 8: 'Praelusio quaedam
belli * ( Migne, Patrolog. curs., ser. I, toni. 15 , col. 2077 ) ;
etc. Per altri esempi vedii lessici
Forcellini - De Vit (tom. 4° [1868],
pag. 801, col. 2 a ), e Georges (voi. 2° [J880J, col. 1658). > 3 Non è, forse, infondata la congettura che
presume sosti- tuire ' praeludit ' a *
proludit ' nel passo vergiliano : ' Arbori^
— 22 — 4.° Più per un ricordo
omerico che per la simmetria della
frase, pare che Plinio siasi indotto a formare, in antitesi a ' nutus ', il nome composto '
renutus ': ' Vide in quo me fastigio
collocaris, cum mihi idem potestatis
idemque regni dederis, quod Homerus Ioui optimo maxi- mo nam ego quoque simili nutu ac renutu
re- spondere uoto tuo possum \ Epist I
7, 1-2. Talché ' re- nutus ', in
opposizione a ' nutus ', vale lo stesso che
' recusatio ', cioè « far cenno di no, accennare di no , rifiutare ». l e) Plinio si avvalse anche di temi verbali
per for- mare i due nuovi sostantivi : i
unctorium ' e ' auoca- mentum '. * 1.° Nei bagni degli antichi Romani e' era ,
di solito , un luogo apposito dove i
bagnanti si ungevano il corpo, dopo
essersi lavati nelle vasche de' bagni. In tutte le opere degli scrittori latini , anteriori a
Plinio, che sono giunte integre o a frammenti
sino a noi, non c'è parola che serva ad
indicare tale luogo di unzione. Primo ad
indicarlo, valendosi della voce ' unctorium ', apparisce Plinio (Épist II 17, 11 ): e tuttavia
pertanto tempo pri- ma di lui si era
fatto uso del luogo di unzione, sì ne-
cessario a complemento del bagno. Non sarebbe quindi improbabile che il nome ' unctorium ' fosse
stato accolto nelP uso letterario in tempi
anteriori a quelli di Plinio; tanto più
che e Plauto e Cicerone avevano usato le voci obnixus trunco, uèntosque tacessi t |
Ictibus, et sparsa ad pu- gnato i) r o 1
u d i t* barena ' (Ribbeck); il quale passo si nota identico in Georg. Ili 233-234 ed Aen. XII
105-100. i Cfr, Hoic IL XVI 250. — 23 —
* unctor, unctio, unctura ' l , derivate, come ' unctorium ', dal tema del verbo ' ungere ' o ' unguere
\ 2.° Col suffisso -men-to- aggiunto al
tema del verbo composto , 30. — Qvintu,.
//mi/, orat VI 3, 61. — Martial.. Epigr.
XIV 20 (Schneidewin. 19), 1; XI 58, 9.— Cfr.
Vlpian. in Dfg. XXXII 52, § 8 ; etc. — In uo luogo di Varr. Rer. rust. I 48, 1 leggevasi un tempo la voce
* theca' : 'ut grani t li e e a sit
gluma et apex arista ': nella recente edi?. del
Keil (Lips., Teubner, 1889, pag. 59) si legge: 'ut grani apex sit gluma et arista'. — 31 —
ellenismi, alcuni de' quali sono rappresentati da voci semplici, altri da voci composte. a) Alcuni de' grecismi dedotti da voci
sempiici fu- rono da Plinio latinizzati
nella desinenza; altri conser- varono la
desinenza greca originaria. ad) Si
presentano con la desinenza latinizzata :
1.° ' Baptisterium ', « bacino per bagnarsi e nuotare, bagno ». Se ne ha la conferma nei seguenti
due luo- ghi di Plinio : * Inde
apodyterium balinei laxum et ta- lare
excipit cella frigidaria, in qua baptisterium
amplum atque opacum \ Epist V 6 , 25. — ' Inde ba- linei cella frigidaria spatiosa et effusa,
cuius in contra- riis parietibus duo
baptisteria uelut eiecta sinuan- tur\
Epist II 17, 11. » Nel passo che
abbiamo citato per il secondo , la le-
zione del cod. D i duobus aptisteria ' differisce da quella comunemente accettata; ma si scorge evidente che
l'a- manuense fu tratto in errore da ciò
che, essendo scritte neir esemplare
tutte di seguito le due voci ' duo bapti-
steria ' in modo da formare ' duobaptisteria ', egli cre- dette dividere il nesso in ' duob. aptisteria
', ritenendo la prima parte un'
abbreviazione di * duobus \ Quanto al
passo citato sopra per il primoj se si accoglie la le- zione ' sphaeristerium ', che presentano lo
stesso cod. D i Per gli scrittori
ecclesiastici la voce ' baptisterium ' passò
a significare il luogo in cui si amministra il sacramento del battesimo; ma in un luogo dell'epistola 2*
del Iib. ir Apollina- re Sidonio
continuò a conservarne il significato pliniano: 4 Huic basiiicae appendix piscina forinsecus seu, si
graecari mauis, baptisterium ab oriente
connectitur ' (Migne , Pairolog. tur*.,
ser. I, tona. 58, col. 475). — 32
— è l'ed. p, non resta menomata per
nulla la nostra os- servazione sulP
ellenismo ' baptisterium ', che è conferà
mato per neologismo pliniano dal luogo della Epist. II 17, 11.
2;° Nei seguenti passi del libro delle epistole di Pli- nio all'imperatore Traiano si legge per la
prima volta il grecismo i buleuta %
avente il significato di « senatore
greco, consigliere »: ' Claudiopolitani ingens balineum defodiunt magis quam aediflcant, et quidem
ex ea pe- cunia quam b u 1 e u t a e
additi beneficio tuo aut iam
obtuleruntob introitimi autnobis exigentibus conferunt\ Epist X 39 (48), 5. — ' Superest ergo ut ipse
dispicias, an in omnibus ciuitatibus
certum aliquid omnes qui deinde b u 1 e
u t a e legentur debeant prò introitu da-
re '. Epist. X 112 (113), 3. — * Adfirmabatur mihi in omni ciuitate plurimos .esse buleutas ex
aliis ciui- tatibus '. Epist X 114
(115), 3. 1 3.° ' Eranus ' significò
propriamente « gradevole com- pagnia »;
poi si disse ' eranus ' un' associazione priva-
ta in Grecia, avente lo scopo di assicurare ai suoi mem- bri un appoggio nel caso che cadessero nella
indi- genza, ma a patto che il
beneficato dovesse restituire all'
associazione il soccorso in danaro ricevuto, ove la sua condizione economica si fosse migliorata.
In con- seguenza, valse poi a
significare anche qualunque tas- sa o
contribuzione o colletta imposta per venire in soc- corso ai bisognosi. * 1 L'uso della voce 'buleuta* si trova
ripetuto presso Ael. Spartian. Seuer. 17, 2: * Alexandriuis ius buleutarum
de- dit * (Peter). Vedi i lessici
Freund-Theil (tom. I [1855], pagi- na 368;. e Georges (voi. l.° [1879], col.
819). * Dell' ' eranus ' de' Cristiani
trattò Flor. Tbrtvll. Apologet. — 33
— Cicerone fece uso del vocabolo in
esame, ma conser- vandolo tale e quale,
con le stesse lettere greche * . Pli-
nio lo latinizzò : ' Datum mihi libellum ad e r a n o s pertinentem his litteris subieci'. Epist X 92
(93). Il vocabolo si trova anche
latinizzato nella lettera di ri- ■ sposta dell'imperatore Traiano a Plinio,
Epist. X 93 (94). Il Beroaldus fece
bene a restituire nel passo di Pli- nio,
sopra citato, la grafia legittima ' eranos ', invece della grafia ' heranos ' portata dall' ed.
A. 4.° i Idyllium ' indica un genere
ben noto di poesia pastorale: * Siue
epigrammata siue i d y 1 1 i a siue eglo-
gas siue , ut multi , poematia seu quod aliud uocare malueris licebit uoces '. Epist IV 14,
9. È da notarsi che la grafia della
voce ' idyllium ' non è conservata
costante nei codici e nelle più antiche e-
dizioni di Plinio. Alla grafia ' idyllia ', che è presenta- ta dai codd. M, V, e accettata dal Beroaldus,
si avvici- na la grafia ' edyllia '
dell' ed. p; perciocché è ben no- to che
nelle parole greche latinizzate il dittongo et da- vanti ad una vocale si rappresentò in latino
tanto con e quanto con i : ma 1' uso
prevalente dell' e è più an- tico,
mentre nel primo secolo dell' impero il suono vo- calico i rappresentò più spesso il dittongo
greco che stiamo considerando. Da ' edyllia ' a ' edullia ', grafia accolta
dall' ed. a, il passaggio era facile,
stante che il suono vocalico gre- co o
ebbe per primo suo rappresentante in latino Yu: aduers. gent. prò Christ, cap. 39 (Migne,
Patrolog. cura., ser. I, tom. 1°, col.
468 e col. 470). i Cic. Epiai, ad Att.
XII 5, 1. Cpiwqli — II Neologismo
puntano, ? — 34 — cfr. ' cumba * e c cymba \ Solo per
disaccortezza del copista si trova
scritta nel cod. F la forma ' dullia '
invece di ' edullia ' : non vi si vorrà certo scorgere li- na poco spiegabile aferesi. La grafia ' hedylia ' del cod. si deve
attribuire al- l' uso inesatto del segno
dell' aspirazione h ed alla ri- duzione
abusiva del doppio suono liquido l, per la con-
siderazione, forse, che in alcune parole era rimasta oscillante la scrittura latina tra F uso d'
una sola o di due l, l Non si scorge chiaro per quale via siasi
pervenuto a rappresentare ' idyllia '
con ' dugtia ' nel cod. /?. 5.° '
Poematium ' vale « breve componimento poetico,
poemetto ». Veramente noi e' immaginiamo la forma del singolare ' poematium ', ma la parola ci
viene pre- sentata nella forma del
plurale ' poematia ' tanto nel passo
precedentemente citato della Epist IV 14, 9, in
proposito del grecismo ' idyllium ', quanto nel passo seguente : ' Audiui recitantem Sentium
Augurinum cum summa mea uoluptate, immo
etiam admiratione. poe- matia appellai'.
Epist IV 27, 1. 2 i Vedi la nostra
Fonologia latina^ ediz. cit., n. 27, pp. 31-32. 2 La voce ' poematium ' si osserva, sempre
nelle forme del plurale, in due luoghi
degli Opuseula di Deg. Magn. Avson. :
XVII, Cento nuptialis (verso la fine) : * Probissimo uiro Plinio in poematiis lasciuiam, in moribus
constitisse censuram ' (Peiper, pag.
218);— IX, De bissula: 'Poematia, quae in n-
lumnam moara luseram rudia et incohata ad do mestica e soia- cium cantilenae ' (Peiper, pag. 114). Ma si
deve avvertine che nel luogo citato per
il primo, il cod. Laurent. 51 , 13 pre-
senta la forma € poematis '; e in quello citato il secondo, nel cod. Tilianus o Leidensis Voss. lat. Q. 107
(prima Voss. lat 191) si preferisce la
forma ' poema.ta \ Cosicché, ove si accolgano — 35 —
Neil' ammettere ohe Plinio abbia introdotto il gre- cismo ' poematium ', ci siamo attenuti, tanto
per il pri- mo passo citato dell' Epist
IV 14, 9 quanto per il se- condo passo,
ai codd. M, V. Ma la lezione ' poemata ' è
ammessa , per tutti e due i passi pliniani sopra citati, dal cod. F e dall' ed, a. Anche la ed. p
presenta per il passo dell' Epist IV 14,
9 la lezione ' poemata ' ; e dello
stesso modo il cod. R presenta ' poemata ' per il passo cit. dell' Epist IV 27, 1. ' La lezione ' poematica ', presentata con
notevole per- sistenza, in tutti e due i
passi che abbiamo riportati sopra, dal
cod, />, verrebbe a dare forma adiettiva al
sostantivo 'poematia': e ci sarebbe sempre un neolo- gismo di fonte greca, non usato da alcuno
scrittore la- tino i cui scritti ci
siano rimasti. Ma il lessico la ri-
pudia, tuttoché la lezione ' poematica ' sia ammessa an- che dalla ed. p nel passo dell' Epist. IV 27,
1. Avvertenza. — Del diminutivo di
fonte greca ' sipun- culus ' ci siamo
occupati sopra, a pag. 27. * Vb) Plinio
conservò la desinenza greca nei seguenti
tre grecismi, che egli per il primo introdusse nelP uso letterario latino : 1.° ' Buie ' significa « consiglio, senato »
o collegio dei decurioni nelle città
elleniche e in quelle città che le
varianti presentate dai detti codici, non si può ammettere con oerte2za che Ausonio abbia continuato
Fuso della voce » poematium \ 1 II Vallauri , che registra nel suo Lex.
Latini Italique sermoni* tutti i
neologismi pliniani, ommeite soltanto ' poema-
tium \ — 36 — erano rette secondo le norme amministrative
greche. Ne troviamo esempi nel libro
delle epistole di Plinio a Traiano,
nelle forme dell'accusativo e dell'ablativo
del singolare: ' Qui uirilem togam sumunt uel nuptias faciunt uel ineunt magistratum uel opus
publicum de- dicane solent totam b u 1 e
n atque etiam e plebe non exiguum
numerum uocare '. Epist X 116 (117), 1. Ve-
di per altri esempi Epist. X 81 (85), 1; 110 (111), 1; 112 (113), 1. 2.° ' Lyristes ' significa « sonatore di
lira », e osser- vasi per la prima volta
nei segg. luoghi pliniani: Epist I 15,
2; IX 17, 3; 36, 4; 40, 2. l — Quanto alla gra-
fia sono concordi i codd., l'ed. p e le più antiche edi- zioni dell' epistolario pliniano : si
eccettui il cod. M che, nel passo citato
dell' Epist. IX 17, 3 presenta al nomi-
nativo ' lyristis ', come se ai tempi di Plinio il suono vocalico greco -q avesse avuto il valore
dell' i. * 3.° i Phantasma ' significa
« fantasma , spettro , vi- sione , larva
» : i Igitur perquam uelim scire , esse
phantasmata et habere propriam figuram numen- que aliquod putes, an inania et ùana ex metu
nostro imaginem accipere '. Epist VII 27
, 1. Il Casaubonus credette sostituire a
' phantasmata ' la voce ' phasma- ta ',
per evitare, forse, che si attribuisse a Plinio Pin- ì Della voce ' lyristes ' si valse, di
poi, Apollin. Sidon. Epist. Vili 11
(Migne, Patrolog. curs., ser. I, tona. 58, col. 605). 2 In proposito della pronunzia dell' ij, che
Y Inama osserva essere stata oscillante
fin dai tempi di Platone ( 427 ? - 347 a.
Cr.), leggasi la memoria d9l D* Ovidio, ' Di un luogo di Plato* ne addotto a prova dell' antichità dell'
itacismo ', pubblicata negli « Atti
della R. Accademia di scienze morali e politiche di Napoli o, voi. 24°, a. 1891, pagg.
217-237. — 37 — troduzione del neologismo ' phantasma '
nell'idioma la- tino, poiché la voce
greca ' phasma ' era già nota come
titolo di una commedia di Menandro, * e per F indica- zione di un mimo. 2 Ma contro la sostituzione
propo- sta dal Casaubonus sta F
affermazione concorde dei co- dici e
delle più antiche edizioni delle epistole di Plinio. E da notarsi che Plinio, benché avesse
introdotto Fuso della voce ' phantasma
', pure nella stessa epist. 27 , lib.
VII, invece di ripetere il nuovo grecismo , si av- valse delle voci latine rispondenti a *
phantasma ' : ' ef- flgies ' {Epist VII
27, 8 ; III 5, 4) , che nella for- ma mediale ha il significato di «e
distribuire ». Si op- pone nondimeno al
legame di discendenza tra il cit verbo
greco e la voqe ' diamoerie ' il tramite attico e quello della koiné, per cui le voci elleniche
si trasfu- sero nella lingua latina
negli ultimi tempi della repub- blica
romana e nei primi secoli dell'impero; poiché si sarebbe dovuto ottenere nella trascrizione
latina della voce greca, al caso genitivo
del singolare, la forma * diamoerias o *
diamoeras e non ' diamoeries ' o , se-
condo la ed. A, ' diamories \ La
grafia ' diamones ', data dall' ed. a , non si sa- prebbe a quale voce greca riferirla; e perciò
la si deve credere il risultamento di
un' inavvertita spostatura di lettere
della voce ' dianomes \ * 1 Cosi T
interpreta il Lagergren op. cit, pag. 83.
* Vedi il lessico Porcellini - De Vit, tom. 2, pag. 696, col. l.« L' osservazione fu accolta dal Vallauri a
pag. 207, col. 1.% del Lexicon Latini
Iialique ter/noni*. s II Dizionario
Georges-Calonghi, che registra tutti gli elle-
nismi introdotti da Plinio, non nota ' dianome ' nò ' diamone ' mentre nelT Ausfuhrl. Handioòrterb. del
Georges ò registrata la voce 'dianome',
coL 1992, voi. 1° (1879;. 9.° '
Procoeton * vale « anticamera » : * Deinde uel
cubiculum grande uel modica cenatio, quae plurimo sole, plurimo mari lucet ; post hanc cubiculum cum
pro- c o e t o n e , altitudine
aestiuum, munimentis hibernum \ Epist. II
17, 10. — Per altri esempi vedi Epist. II 17,
10 e 23. Se è vero che Terenzio
Varrone nel proemio del libro secondo
Rerum t+usticarum usò la voce ^ i 1 Ma in non poche edizioni dei tre libri
Rerum rustìcaram di Varrone la voce '
procoetona ' del proemio del libro 2 3 resta
conservata con le lettere greche , come per es. nelt* edizione * cum notife Iosephi Scaligeri, Adriani
Turnebr, Petri Vicfcorii et Antonii
Augustinl ; Amstelodami, 1623', pag. 56; nell'adizione ohe sotto la denominazione Les agronome»
latin» è compresa nella Collection
Nisard, pag» 100, col. l a ; nell'edizione di ' Ioan- nes Gymnicus, Coloniae, 1536 \ pag. 96 ; eto.
— NelF edizione del Keil (Lipsia,
Teubnér, 1889, pag. 70) si trova accolta la
forma in lettere latine ' procoetona \ ma in nota si avverte che nei codici consultali dall' editore si legge
invece ' procoeoona \ — 47 — considerando in primo luogo gli aggettivi di
fonte no- minale, poi quelli di fonte
verbale , indi gli aggettivi composti,
e, in fine, gli aggettivi dedotti dal greco.
A. — Riconosciamo come d' immediata derivazione da nomi sostanti vi i seguenti cinque
aggettivi: * orarius, bellatorius,
castigatorius, praecursorius , sacerdotali^ ',
quantunque, eccetto il primo, gli altri quattro si rife- riscano a sostantivi aventi il loro
fondamento in temi verbali. 1.° ' Orarius * deriva da ' ora *, « costa,
spiaggia del mare », e perciò vale ad
indicare la qualità di cosa appartenente
alla costa, avente, per così dire, relazione
con la spiaggia o lido; quindi ' oraria nauis ' o ' oraria nauicula ' significa « piccolo naviglio da
costeggiare ». Plinio si valse
dell'aggettivo ' orarius * nei seguenti due
luoghi: l Nunc destino partim o r a r i i s nauibus partim uehiculis prouinciam petere \ Epist X 15
(26). — * Rur- sus, cum transissem in o
r a r i a s nauiculas, Bithy- niam
intraui '. Epist. X 17A (28), 2. Il
Keil, pur conservando nel testo pliniano la lezione comune ' orariis nauibus ' e ' orarias
nauiculas * , av- verte in nota ,
rispettivamente , ' fortasse onerariis '
e ' fortasse onerarias ' ; ma la congettura di lui non pare accettabile : nei due luoghi citati il
testo pli- niano non presenta nei codici
variante alcuna. E, del resto , la sostituzione
dell' aggettivo i oneraritts *, se vale
a rimuovere da Plinio la menda d'avere introdotto un neologismo non necessario, non rende il
testo mi- gliore di quel che è in fatto,
conservandosi il neolo- gismo ' orarius
\ 2.° Da ' bellator ', « battagliero,
guerriero » , Plinio — 48 — foggiò P aggettivo i bellatorius \ che
applicò in traslato a ' stilus ' per
indicare lo « stile polemico » , proprio
delle dispute; ma, riconoscendo egli stesso l'arditezza del traslato, lo mitigò con l'aggiunzione
della mino- rante ' quasi ' : ' Scio
nunc tibi esse praecipuum stu- dium
orandi ; sed non ideo semper pugnacem hunc et
quasi bellatorium stilum suaserim'. Epist. VII 9, 7. Se non che è da avvertire che nel luogo
citato il cod. D e V ed. p presentano la
lezione .' quasi bello- rum stilum \
l 3.° Plinio dedusse 1' aggettivo *
castigatorius ' dal no- me i castigator
', per indicare qualità propria di chi
castiga o corregge; e nell'esempio seguente unì ap- punto la qualità indicata da ' castigatorius
' col nome ' solacium ', a fin di
significare quel conforto con cui ci si
studia di consolare una persona afflitta, trovando da biasimare il dolore eccessivo che la
opprime. Certo è ardito associare 1'
epiteto i castigatorius ' con l' idea di
conforto rappresentata da ' solacium '; e però l'autore, ad attenuare lo stridente contrasto , premise
, come al solito, la parola ' quasi'. Il
passo è il seguente : ' Proin- de siquas
ad eum de dolore tam iusto litteras mittes ,
i Ambi. Marceli*, usò anche , ma in senso proprio , l' agget- tivo ' bellatorius ' : * Ideoque hoc ni mia
cauendum , quod mili- tem colsi nominis
cum bellatoriis iumentis extinxit '.
(Rer. gest. XXIII 5, 13. Gardthausen). Cfr. XXXI 2, 22. Si deve riconoscere pure il significato proprio di (
bellatorius ' nel se- guente luogo
dell'antica traduzione latina di Irbn. Deteet et euer*. falso cognomin. agnition. seu contro,
haereses IV 34, 4: 'la tantum
transmutationem fecit, ut gladios et lanceas b el- la torias in aratra fabricauerit ipse '
(Migne, Patrolog. curi ser. Graeca et
Orientai., toni. 5, col. 985). — 49
— memento adhibere solacium, non quasi
castigato- ri u m et nimis forte, sed
molle et humanum '. Epist V 16, 10.
« Notisi che nel luogo cit. il solo
cod. M presenta la voce ' castigatorium
' : V ed. a dà la lez. ' castigato- rum
', che si potrebbe intendere nel modo stesso che si è detto sopra intorno a ' bellorum '
sostituito a 4 bellatorium \ Tuttavia ,
come bene avverte il Gierig, 2 il
genitivo plurale ' castigatorum ' non si adatterebbe con gli aggettivi che seguono ' forte, molle,
humanum \ e nocerebbe all' efficacia
della frase. 4.° Un altro aggettivo ,
formato , come i due prece- denti, da
temi di ' nomina agentis ', è ' praecursorius ', da ' praecursor ', e significa « preventivo,
che precorre, che precede » : ma V
arditezza dell' immagine è atte- nuata ,
come nei due neologismi precedenti , dalla pa^
rola premessa ' quasi ': ' Interim ne quid festinationi meae pereat, quod sum praesens petiturus hac
quasi praecursoria epistula rogo \
Epist. IV 13, 2. Così il passo di Plinio
si legge nei codd. Jf, V e nelP ed. p. La
lezione ' praeciirsori ' data dal D deve essere consi- derata come grafìa monca , poiché il dativo
singolare del nome ' praecursor ' non
può coordinarsi con le al- tre parole
del testo. 1 Apollinare Sidonio fece
uso più acconcio dell'aggettivo '
castigatorius ', associandolo alia voce 'seueritas': Epist. IV 1 :,' Aetatulam nostrum, mobilem , teneram ,
crudam , modo castigatoria seueritate
decoqueret , modo mandato* rum
salubritate condirei ' (Migne, Patrolog. curs., ser. I, tom. 58, col. 508). * Gierig op. cit., tom. 1°, pag. 446, col.
2. a Consoli — il Neologismi) puntano,
4 — 50 — Altra volta Plinio, invece di valersi del
nuovo ag- gettivo ' praecursorius \
foggiato per esprimere la pre- cedenza *
,■ usò la voce greca ' pròdromos \ che ha il
valore di «" precorrente, che corre innanzi» 8 : v. Epist IV 9, 23. Nel luogo cit. dell' Epist. IV 13,
2, alla voce ' praecursoria ' trovasi
sostituita ' praeceptoria ' nel cod. F e
nelFed. a. E il Gierig 3 avverte che neicodd.
Vosslail., Oxon., Arhzen. , Hamburg. ( Lindenbrogìana excerpta) , Bongars. si legge pure *
praeceptoria \ Per ispìegare quest'
altro neologismo ( che ' praeceptorius \
supposta l'ammissione di esso in sostituzione di 'prae- cursorius', sarebbe sempre un aggettivo di
formazione plinlanà , sul tipo dei
precedenti aggettivi derivati da '
nomina agentis * in -tor) si ricorre do alcuni com- mentatori di Plinio al contenuto
dell'epistola di cui Si tratta ; e
poiché vi si parla di ' praeceptores ', se
ne trae la conclusione che i praeceptoria epistula ' dovrebbe avere il significato di epistola
concernente i precettori :
interpretazione inesatta, perchè nel passo
cit. della Epist IV 13,2 non si accenna atìcora al concetto di i praeceptores \ che viene in
seguito , do- * V agg. •
praecursorius ' fii adoperato nello stesso signifi- cato da Amm. Marcell. Rer. gest. XXXI 3, 6;
XV 1, £; **» e da Avrel. Cassiod. In
psalt expos, p$a\m. XXXIX 8; Variar. Ili
epist. 51 (Migne, Patrolog. cura., ser. I, tona. 70, col. 290 ; e totù. 09, col. 606). Vedi A. Corradi , In C.
Plin. Caec. Seeun- dum obÈeruationes ad
orationem uerborumque construetìonem et
usimi pertinente*; Bergamo, frat. Cattaneo, 1889; pag. té. Vedi anche il lessico Forcellini-De Vit, tom.
4 (\%m), pag.78ì, col. l a e 2*. . « V. Aeschyl. SepL adii. Thtb. w. 80, 195,—
SophòA. Antig. v. 108. * Gierig op. cit., tom. 1°, pag. 339, col.
1.* — 51 — pò che se ne rende avvertito il lettore con
le parole : ' prius accipe causas
rogandi \ Vi si accenna, invece, alla
fretta dell'autore ed a ciò che l'autore stesso avreb- be chiesto all' amico suo Tacito, se fosse
stato in pre- senza di lui. Ma se si vuole accettare per genuina la
lezione ' prae- ceptoria \ bisogna darle
il valore lessicale di ' prae- cursoria
', ricorrendo al verbo ' praecipere ' ( donde
' praeceptor ' e ' praeceptorius '), il quale per Cesare, Livio, Lucrezio, Virgilio ed altri ebbe pure
il signi- ficato di « prendere prima,
anticipare, prevenire ».' 5.° Dalla
voce composta ' sacerdos % il cui secondo
elemento si riattacca al tema del verbo ' dare ', Plinio dedusse il nuovo aggettivo ' sacerdotalis ',
che , in ri- spondenza alla sua origine,
significa « spettante ai sa- cerdoti,
sacerdotale » : * Proximis sacerdotalibus
ludis productis in commissione pantomimis \ EpisL VII 24, 6. E per ' ludi sacerdotales ' si debbono
intendere quelli che davano i sacerdoti
al loro entrare in carica. 2 Qui è
necessario avvertire che abbiamo conservato
tra i neologismi pliniani la voce ' sacerdotalis ', non ostante che l'uso di tale aggettivo si sia
notato 3 nella frase di Velleio
Patercolo II 124, 4: 'Proxime a nobi-
i Caes. De b. e. Ili 31, 2.-Liv. IH 46, 7; XXX 8, 9; XXXVl 19, 9. — Lvcret. De rer. nat VI 803 e 1048. —
Vero. Bel. Ili 98. — Val. Flac. Argon.
IV 341 (ma neir ed. aldina si legge 4
praeripiunt '). — Stat. Theb. Vili 328; etc.
* Sveton. io Ùiu.AuQUSt. 44 parla di Mudi pontificale*;*. * la fotti, nel Dizionario Georges-Calonghi,
[Torino, 1896], col. 2396, si trova
notato il vocabolo ( sacerdotalis ' con l'auto-
rità di Plinio e di Velleio Patercolo. B lo stesso osservasi nel- YAmf&hrL Handtoorterb. del Georges, voi,
2.° [J880], col. 2183. _ so lissimis ac sacerd-otalibus uiris desti nari
praeto- ribus contigit ' (Halm) ;—
perciocché tanto nell'apo- grafo di
Bonifacio Amerbach , (il solo che ci resti della storia romana di Velleio ; che, cohie è noto
, il codice Murbacensis , scoperto da
Beato Renano verso il 1515, si è
perduto) , quanto nella ' editto princeps ' di Basi- lea, 1520, la lezione accertata, è '
sacerdoti bus uiris ' : poi, per una
congettura dello Scheffer si sostituì a ' sa-
cerdotibus' Y aggettivo ' sacerdotatibus \ Dopo Plinio, si dilagò l'uso della voce ' sacerdotalis*, massimamente negli scritti ecclesiastici : ne
abbiamo eziandio una conferma in diverse
iscrizioni, in luoghi di Ammiano Marcellino
e di Macrobio, ! in alcune co-
stituzioni imperiali raccolte nel Codice Teodosiano, 2 etc. B. — Plinio ricorse ai temi dèi verbi '
haesito ' e ' monstro ' per formare i
due nuovi aggettivi i haesi- tabundus '
e ' monstrabilis '. l.° ' Haesitabundus
' ha il significato del participio
presente ' haesitans ', che vale « esitante, dubbioso, con- fuso » : ' Expalluit notabiliter, quamuis
palleat semper, et haesitabundus «
interrogai^, non ut tibi no- cerem, sed
ut Modesto » '. EpisL I 5, 13. 2.°
L'altro aggettivo verbale fc iiionstrabilis' è sinoni- mo di ' insignis, illustris % e significa «
notevole, co- spicuo, illustre, insigne,
chiaro » : 'Est enim probitate i Amm.
Marcell. Rer. gest. XXVlII 6, 10.— Màcrob. Saturn. Ili 5,6.— Vedi inoltre i lessici
Forcellitii-De Vit (toni. 5 [1871], pag. 288, col. 2 a ), Freund-Theil (toro. 3 [
1865 ], pp. 143-144), Georges (voi. 2°
[1880], col. 2183). * Cod. Tkeodos. XII 1, 145; XII 5, 2; XVI 10, 20 (Haenei). — 53 —
morum, ingenii elegantia, operum uarietate monstra- bilis'. Epist. VI 21, 3. ' C. — I nuovi aggettivi composti, che
appariscono per la prima volta negli
scritti di Plinio, hanno la mag- gior
parte per primo elemento componente la particel- la negativa ' in- : due soli sono formati con
la parti- cella 4 per- premessa, ed uno
con la particella ' prò- \ a) È stato
giustamente osservato che nella latinità
argentea, per amor di vivezza nei contrasti, si preferi- va formare l'antitesi di un aggettivo col
premettere allo stesso la particella
negativa 'in-', invece di ac- compagnare
all' aggettivo V avverbio ' non ' o di ricor-
rere a eleganti circorìlocuzioni, come l'uso prescriveva neir età aurea della prosa latina. Plinio non
si allon- tanò dal gusto prevalente ai
tempi suoi, e, oltre all'ac- cettare P
uso di aggettivi in tal modo formati da scrit-
tori suoi contemporanei, egli stesso ne formò altri set- te, premettendo la particella negativa, 'in-'
a due ag- gettivi semplici ed a cinque
aggettivi composti. aa) 1.° L'aggetti
vq , p. 299), * ob die sogenannten senteutiae Varronis Varronisches
enthalten ist ganz unsìcher*. * Cic. Tusc. diap. Ili 34, 81 ; De legib.h
11, 32.— Vero. Georg. IV 94; Aen. IX 548.- Stat. Theb. IX, 109.-Tac. Agr.9;
Ann. XII 14; Hiat. III 59; ete. ■ — 55 —
1.» ' Incongruens ' significa « inconseguente, incongru- ente, disconvenevole *. Plinio se ne valse
nel seg. pas- so: ' Quibus sententi^
Caepionis placuit, sententiam Macri ut
rigidam durjimque reprehendunt: quibus Ma-
cri, illam alterarli dis^olutam atque etiam in congru- ente ni uocant \ Epkt. IV 9, 19. l 2.° D3II0 stesso
modo, per indicare ' qui non reuere- tur
\ « chi ha poca stima, i' irriverente » , il nostro autore premise la par(,ic3lla negativa ' in-
' al partieir pio presente del verho '
re-uereor ', e die origine al neologismo
* inreuerens', che si legge nel luogo se^
guente: ' Sum enim deprecatus ne quis ut inreue^ r e n t e m operis arguepet, quod recitaturus
\ Epist. VIH 21, 3. 2 Non nuoce alla nostra osservazione sul
neologismo pliniano ' inreuerens ' il
considerare che nel cod, M si trova la
lezione ' ut inreuerenti ', perchè la differenza del caso, importante senza dubbio per V
ordine sintat- tico della frase, non
contrasta al valore lessicale della
parola. 1 A. Gell. Noci. AH.
XII 5, 5 continuò V uso dell' aggettivo
* iucou^ruens ' ; e Avhkl. Avgvst. De don, perseu. 22, 01 (M-~ gne, Patrolog. eurs., §gr, }, tom. 45, col.
1030; 1' accolse n$Ua forma del grado
superlativo. Vedi per altri esempi presentati
da Lattanzio il Georges, Ausfùhrl. Handwòrterb., voi. 2° (1880) coi. 133.
* Aleute tracce della continuazione dell* uso dell'agg. ' tnre-* uerens ' troviamo in Ael. Spartian. Carae. 2,
5 (secondo il Peter); e particolarmente
in Flou. Tertvll. De orai. 16; Ad nat. I 10;
Aduers. Mare. II 14 (Migqe, Patrolog. cura., ser. I, tom. 1 , col. 1173,575; tom. 2, col. 302). Vedi altri
esempi nei lassici Forcel- Uni-Da Vit
(tom. 3 [1865], pag. 623, col. 2 J ), e George* (voi. 2' [1880], col. 381). — 56 —
3.° Dàlia forma participiale ' ascensus \ premessa la particella negativa ' in- ', si è formato '
inascensus ', che vale « non prima
salito, dove nessuno è salito », e
perciò « inaccessibile ». Plinio se ne servì per il pri- mo nel Pan. 65, 3: 'Inascensum illum
superbiae principum locum terere\ Nel
riferire il passo di Plinio abbiamo
seguito la lezione presentata dai codd. d, e; poi- ché la lezione ' inaccensum ' del cod. d non
pare che pos- sa adattarsi, per
contrasto di significato, alle seguenti.
parole della frase citata : ' illum superbiae principum lo- cum \ Non contrasterebbe al concetto di tutta
la frase la congettura del Lipsius, per
la quale si viene a sostitui- re al
neologismo ' inascensum ' la voce ' inaccessum ', usata da Virgilio e da altri x ; ma sarebbe
grave erro- re posporre la lezione
genuina data da codici autore- voli, la
quale non contrasta col senso dell' intera frase, ad una congettura, per quanto questa possa
apparire più gradita all' interprete e
sia proposta da un filologo
insigne. 4.° Nel seguente
periodo del Pan. 4,7:' Iam firmi- tas,
iam proceritas corporis , iam honor capitis et di- gnitas oris, ad hoc aetatis i n d e f 1 e x a
matur itas nec sine quodam munere dèum
festinatis senectutis insigni- bus ad
augendam maiestatem ornata caesaries, nonne
longe lateque principem ostentant ? ' — presentasi l'ag- gettivo nuovo ' indeflexus ', che risulta
dall'unione della particella negativa '
in- ' con una forma participiale del
1 Vero. Aen. VII 11
: Vili 195.— Senec. Herc. '[furens] 606.-
Sil. Ital. Pun. Ili 516. -Plin. sen. Nat. hist VI 28 (32), 144; XII
14(30), 52.— Tac. Hist IV 50; e altrove. — Poi Macrob. Saturn. V 17, 7 ; etc. — Sì —
verbo ' de-flecto \ E però ' indeflexus ' significa « non piegato » ; e, riferendosi ad ' aetatis
maturi tas ', assu- me il significato di
« non indebolito » , non mai di «
invariabile », come inesattamente qualcuno interpreta.? Il Beroaldus, forse per evitare il
neologismo, ha so- stituito nel testo di
Plinio a ' indeflexa '. la voce ' in-
flexa ', senza avvertire che V uso ha determinato un va- lore non negativo alla particella ' in- '•
preposta al verbo ' flectere '. E, di
fatto , Ivvbkal. Sii i 1, & t Vlfiak in Din XXkVll 11, 4— Cfr. Porphyr.
Hor.epist 1 20, IO, citato dui Georges
ne\Y Amfùhrl Handworterb., voi. 2°
(18S0), col. 1212. * Vedi Cic.
De orai II 80, 325; Pro Cluent 21, 58; De legi-
btt* Il 7, 16; Epint ad Ali. IV 16a, 2; XVI 6, 4; etc. '
— 63 — che consideriamo, si
spiega con la forma mediale del verbo
greco corrispondente. l 2.° Dal tema
della voce ' uber ', passato par il tra-
mite di * ubertas ' o di * ubertus \ * Plinio formò il ver- bo l ubertare ', avente il significato di «
fecondare, fer* tìlizzare, rendere
fecondo o abbondante » : * * Et caelo
quidem ftumquam benigni tas tanta, ut omnes si nini ter-* ras u b e r t e t foaeatque \ Pan. 32 , 2.
Tale è la le- zione del cod. A ; ì codd.
d, o, d presentano la lezio- ne i uberet
% che sì adatta anche bene al concetto che
Fautore volle esprimere nel luogo citato del Panegi^ fico. Ma il verbo * uberare ' non può èssere
conside- rato come un neologismo
introdotto da Plinio , poi- ché Puso del
Verbo 'uberar^' è stato accertato in Co-
lumella 4 ; ed è noto cbe Columbia fu contemporaneo 1 L* uso del verbo ' prooemiari ' fu
accolto poi da Ivl. Victv Are rhet 15,
(nella ed. Orelli delle opere di Cicerone [1833], voi. 5, parte 1", pag. 244); da Apollin.
Sidon. Epìst. ad Ma* meri Claudian.
(Migne, Patrolog. curs. t aer. I, tom. 53, còl 781). Vedi A. Corradi op. cit., pag. 35, nota. « L'aggettilo 'ubertus' ha per sé l'autorità
di &.Oell. Noci. Att VI (VII) 14, 7.
Non teniamo contò d*un passò di Solfilo fcl,
& ' solo pla&ò u b e r t o q u e ', presentato dal òod*
Aogetomom I, 4, 15, e dal feod.
Sangallòns. 187, ma rifiutato dal Motnttisert
òhe sì avvale deli* autorità di altri codici : il óod. Parisin» 68 te presenta invece : ' Pannonia solo planò
uberiqufe '. • Riappare molto tardi il
verbo * ubertare ' in Evmén. Ornilo*.
aetio Cbnstànlino Aug. Mauienèium nomine, 9: ' Agros diuturno ardore sitiòntes expetitus uotis imber u b e
r t a t ' • ( Mìgae» Pd- trótog. extra.
, sar. I, toni. 8, col. 649). * Colvm.
De re rtist. V 9, 11. Vedi atìcbe Pallad. De re
rud. X! fòatòber) 8, 3. — 64
-~ di Seneca il filosofo, è scrisse i
suoi libri prima di Pli- nio il vecchio.
* B. — Di verbi nuovi, composti con
preposizioni, Pli- nio ne presenta
soltanto quattro : ' indecere, defreraere,
interscribere, pertribuere '. Li considereremo successi- vamente come sono stati enunciati, secondo P
ordine della lettera iniziale del verbo
semplice. , -1.° Il verbo ' indecere _'
significa « sconvenire* essere
disdicevole, star male ». Non pare che Plinio sia stato il primo ad usarlo, tuttoché negli scritti di
lui si os- servi per la prima volta la
forma verbale ' indecent \ In fatti,
tanto la forma participiale ' indecens ', adope- rata in senso di aggettivo, quanto la forma
avverbiale 6 indecenter ' si trovano
negli scritti dei contemporanei di
Plinio. - Il passo pliniano che presenta il verbo ' indecere ' è il seg. ': ' Nam iuuenes
confusa adhuc quaedam et quasi turbata
non indecent'. Epist. Ili 1, 2. * I cQdd. M e V danno nel passo citato la
lezione Mn- dicent', la quale non si
adatta al concetto che informa 1
Thuffsl-Schwàbe, G. d. r. L. », a. 293, pag. 713, • Per la voce ' indecens ' v. Vitrvv. De
arch. VII 5; Patron. Sai. 128, 3;
Qvintil.- Imi orai. XI 3, 158; Martial. Epigr. II 11, 4; V 14, 7; XI 61, 13; Svlton. Diu.
Claud. 30.— Per Taw, 4 Indecenter' v.
Qvintil. ìn$L orati 5, 64 ; Martial. Epigr. XII
22, 1 ; etc. ; e per la forma superi. * indecentiesime ': Qvintil. Imst. orai. Vili 3, 45. Cfr V Antibarb. del
Krebs , y. 'indaoere'. * Osservasi il v
rl>^ ' indecere * nel seguente luogo di A, G 4 bll. Noci. AtL VI (VII) 12, 2. ( Feininisque solis
uestem longe late-. que diffu?am in dece
re existimauervint ad ulnas cruraque
aduersus oculos protegenda ' (ed. Hertz: ma sbcondo la ' lectio Gronouiana ' é da leggerti 4 decorarti * i a
vece di ' indec^re '). — 65 — il periodo, e nemmeno corrisponde al verbo
della propo- sizione seguente '
conueniunt '. È necessità, dunque, ac-
cogliere il neologismo ' indecent ' per non cadere in una dissonanza sintattica e in una stortura del
senso del pe- riodo. 2.° Il seguente luogo di Plinio, letto
secondo il cod. M: ' Ego et modestius et
constantius arbitratus immanis- simum
reum non communi temporum inuidia, sed pro-
prio crimine urgere , cum iam satis primus ille impe- tus defremuisset et languidior in dies ira ad
iu- stitiam redisset, .... mitto ad
Anteiam ' etc. Epist IX 13, 4; — ci ha
dato argomento di notare tra i neologismi
pliniani il verbo composto ' de-fremere % che vale « ces- sar di fremere »*. Ma la lezione '
deferuissèt \ presen- tata dal cod. D e
dalle edd. p f a, e P equivalente le-
zione ' deferbuisset ', data dalle edd. prealdine del Lae- tus, del Beroaldus e del Catanaeus, non sono
da tras- curarsi , poiché il verbo '
deferuescere ' ( ' déferuere '), che
significa « cessar di bollire, finir di fermentare », e, in senso traslato, « sbollire, quietarsi,
calmarsi », si adatta meglio ad
esprimere quello sbollimento d' ira,
quella calma succeduta allo sdegno, che Plinio accen- na in modo non dubbio con le frasi : ' primus
ille im- petus', ' languidior in dies
ira', ' ad iustitiam redire', 2 i Ne
vediamo continuato l'uso da Apollin. Sidon. Epp.l 5; IV 12; IX 9
(Migne, Patrolog. eurs., ser. I, tom. 58, coli. 455,518, 623 ). V. i lessici
Freund-Theil (tom. 1° [1855], pag. 753) e
Georges (voi. 1° [1879J, col 1860).
2 Nel Dizionario Georges-Calonghi non è notato il verbo 20. >•**
Cfr. V 6, 21 e 6, 27. 2.° '
Cohors ', come termine tecnico militare:, valse a significare la decima parte di una legione ,
oonteaente tre ' manipuli ' o sei '
centuriae ' ;, si: ebbe anche il si-
gnificato di « schiere ausiliarie » : ma in tutti e dite significati si riferì sempre ai soldati di
fanteria- o pe* doni (' pedites ').
Plinio riferì anche ' cohors ' alla ca-
valleria (' equites '), scrivendo: ' P. Accio Aquila, cen- turione e o h o r t i s sextae equestris'.
Epist. X 106 (107). Ma nell&
risposta dell' imperatore TrAittno st? li-
l Colvm. De re rust. X 362 ; XI 2, 30. — re-
nio (Epist X 107 (108): ' Libellum P. Aedi Aquilae, centu- rionis sextae equestris) , la voce ' cohortis
' è evitata , come ben si osserva nella
ed. A: per una congettura del Beroaldus
si legge la voce ' cohortis ' premessa alle pa- role ' sextae equestris ' nel testo della cit.
epistola di Traiano. Donde s' indusse Plinio ad associare il
concetto di ' cohors ' con quello di '
equites ' ? Probabilmente non
dall'essere in quella sesta coorte commisti insieme ca- valieri e pedoni , come suppone il Lagergren
, riepilo- gando l'opinione del
Forcellini l , (che militarmente ciò
avrebbe prodotto una dannosa confusione), ma dalla ne- cessità di dare un termine adatto ad una
parte del- l' i equitatus ' , ricorrendo
, per somiglianza di ordina- mento
militare, ai nomi delle divisioni della fanteria. Cicerone aveva, però, ben chiaramente
distinto 1' i equi- tatus' dalle
'cohortes'. 2 3.° ' Species ' nell' uso
della latinità aurea ebbe o il
significato attivo di « vedere, guardare », o quello pas- sivo, di « aspetto, apparenza, figura,
imagine ». Plinio se ne valse per
significare « ipotesi, caso particolare »,
facendone un sinonimo di ' casus ' ; e con tale signifi- cato, trasmesso per tradizione, la voce '
species ' si con- servò nel linguaggio
dei giuristi. 3 Nei seguenti passi di
Plinio abbiamo la conferma del nuovo significato del sostantivo ' species ' : ' Nam haec quoque
species in- 1 Lagergren, op. cit,
pag. 74. — Vedi il lessico Forcellini-
De Vit, tona. 2° (1861), pag. 264, col. l. a * Cic. Pro M. Marcello 2, 7 ; EpisL ad fam. XV 2, 7.
3 Vlfiàn. in Dig. IX 2, 5, § 3.
— 77 — cidit in cognitionem
meam\ Epist. X 56 (64), 4. — ' Mox ipso
tractatu, ut fieri solet, diffundente se crimine plures s p e e i e s inciderunt \ Epist. X 96 (97), 4. Per quale tramite
sia venuta la significazione di ' spe-
cies ' adottata da Plinio, non può dirsi con certezza. Tuttavia F essersi indicato da Cicerone e da
Varrone 1 con la voce ' species ' anche
le « specie di un genere » ci dà una
probabile spiegazione; poiché, essendo le spe-
cie come i casi particolari di un genere , si rendeva non difficile il passaggio dalla
significazione di « spe- cie » a quella
di « caso ». 4.° La locuzione
particolare ' uenia sit dicto *, usata
tra parentesi, la quale corrisponde alF espressione ita- liana « sia permesso di dire, sia detto con
permesso, mi si permetta di dirlo », è
dovuta a Plinio : ' Vsque adhuc certe
neminem ex iis quos eduxeram mecum
(uenia sit dicto) ibi amisi. Epist V 6, 46. Dal passo citato si presume che Plinio abbia fatto
uso della locuzione * uenia sit dicto ',
per allontanare da sé r ira degli dei,
che, secondo la credenza popolare ro-
mana, F avrebbe colpito , se egli immodestamente si fosse vantato. In un altro luogo per
esprimere lo stes- so concetto, in
proposito di una convalescente da grave
malattia, Plinio scrisse la frase ' inpune dixisse liceat' (Epist Vili 11, 2. 2 B. — I nomi sostantivi di fonte verbale, che
si ebbe- ro da Plinio un significato
nuovo, sono un ' nomen i Cic. Top. 7,
30 ; De ìnuent. I 27, 40.— Varr. Rer. rust. Ili 3,3. s Lagergren, op. cit., pag. 75, — 78 —
agenti» ' in rsor e quattro ' nomina actioois' in -Ho o l.° Il nome ' mensor ', dal verbo i metiri
*, si ebbe da prima da Orazio il
significato di « misuratore », in
generale. 1 Poi Ovidio e Columella ne fecero un sinoni- BM eli . ' deeempedator \ cioè « misuratore
dei eampi, agrimensore ».* Plinio
attribuì alla voce ', ehe Quintiliano
adoperò al singolare* col significato di
« annotazione^ nota » ; 4 ma Plinio, usandolo al plu- rale, attribuì ai vocabolo il significato di
« osservar ùonì scritte al margine di un
libro > : ' Nuno a te Mk brum urmmn
cum adnotatioaibiis tuis expecto.'
ìiptet; VK 30, & 3.° Il
sostantivo ' excursio ', considerato come temniiie 1 HoaAT. Carnkn l. 28, % — Cfr Mauxuiì,
Epigr. X 17> & t Ovid. Metam. I
106.— Col vm. V l. Cfr. per 'deeempedator*
Cic. Philip. XIII 18,37. 3 V. in
proposilo l'osservazione del Gbsner, cit, da A. Cor- radi, pagi 3& * Qvintil. Imi. orai X 7, 31. tecnico Al cose militari, valse ad
indicare, fla dall' età aure^
cjell'idiopia Latino, la sortita da una città ( f erup- tio ') *, la scorreria (• discursio milHaris
') 2 e la soara- wucci$ (' prima incursio
militaris 'X 3 Plinio per il pri- pjo
attribuì al vocabolo il significato di qualsivoglia 4 qp#r$a, gita, scappata in paese »: ' An, ut
solebas, Ut- taglione rei farai liaris
otoeundaei crebris excursiouibus
a^acaris ? \ Epist. I 3, 2. Del resto , noa è estraneo fi tale accezione della voce ' excprsio ' V uso
cjke in pi» Jpogttf Plinio stessa fece
del verbo * excurrere \ dwde * excur^Q.
\ per indicare de' viaggi intrapresi : ' Gnpa
juiblicufp opus m,ea pecunia inchoaturus in Tuseos e,]fcuciirrUsera.' Epist III 4,2. — 'Destino
eròe», si tamen offlcii ratio
permiserit, excurrere isto \ ffeist. JII
6, 6. — ' Nunc uideor commodissime . po&K» in rem praesentem excurrere.' Epist X 8 (24), 3*
4 4.° Nel periodo della latinità aurea
il nome ' ppaeeep- tip ' significò «
precetto , insegnamento * , e aocihe «
preconcetto, pregiudizio ». 5 Plinio attribuì a ' praecep- tio ' il significato di « prelevamento o
prelevazione » di parte di un'eredità
prima degli altri coeredi: 'Satur- ninas
autem, qui nos reltquit taeredes, quadrantem rei publicae nostrae, deinde prò quadrante
praeceptio- nem quadringentorum milium
dedit'. Epist V 7,1. t Cabsl P* k a II 30, 1. « Cic. De prou. cons. 2,4; Pro * Deiói 8, 2&— Liv. XXX VII
143. 3 Usl XXX 8, 4 ; 1 1, a XXX
VII 18, 4. 4 II, giureconsulto Scovala
conservò il significato pliniano di
'e;xpursp/ u^Dig. XXXIII 1, L3, in fine. 5 Cip. Pari orai. 36, 123. — 80 —
Con ciò Plinio si attenne più da vicino alla fonte della parola, che è il verbo ' praecipere '=«
prendere innan- zi, prendere prima »;
talché, invece di dare un signi- ficato
nuovo al nome ' praeceptio ', restituì allo stesso il valore lessicale originario che, a poco a
poco, si era modificato nell'uso: tanto
più che Plinio stesso usò il verbo '
praecipere ' nel significato di « ottenere prima, percepire innanzi , prelevare da un' eredità
» , come osservasi in Epist, V 7, 1 ; X
75 (79), 2. Nella lingua dei
giureconsulti romani la parola in esame
conservò sempre il significato anzidetto; e. si
diede appunto la qualità indicata dall' aggettivo ' prae- cipuus' a quella parte di eredità, prelevata,
che non entrava nella divisione dell'
asse ereditario; 1 mentre * praecipuum '
sostantivato aveva avuto presso Cicerone
il significato di « preminenza, eccellenza, vantaggio ».* 5.° ' Praesumptio ' non fu voce accolta
nella latinità aurea. 3 Plinio l' usò
nel senso di « godimento prema- 1
Vlpian.ìii Dig. XXXIII 4,2. Papinian. in Dig. XL 5,23, § 2; XXXI 75 e 76. Cfr. Apollin. Sidon. Epist. VI
12 (Migne, Patro- log. cur8. % ser. I,
tona. 58, col. 560-561). Del resto, tale uso può considerarsi come una conseguenza del
significato attribuito fin dai tempi
antichi all' espressione ' pars praecipua ' o ' res praecipua'. Vedi Plavt. Rudens 188-189;
Terent. Adelph. 258. * Cic. De finibus
II 33, 110: 'Homini.... praecipui a na-
tura nihil datum e3se diceraus ? '
8 Leggevasi in un luogo di Cicerone, De diuinat. II 53, 108 : 'Praesumptio tamen.... non dabitur*. Ma in
realtà i codd. Leidens. Voss. 84,
Leidens. Voss. 86, Leidens. Heins. 118, Vin-
189 dobon. 2Qjr danno
concordemente ' praesensio ', invece di * prae-
sumptio \ Il Pearcius vi sostituì, per mera congettura, la voce — 81 —
turo, uso prematuro », facendone quasi un sinonimo della voce ' praeceptio \ Ma, nell' assegnare
al nome ' praesumptio ' tale
significato, Plinio si allontanò dal- l'
uso che ne fecero i suoi contemporanei. Quintiliano , in fatti, P adoperò come termine di retorica,
per indi- care la figura ' prolepsis \ 1
D' altro canto , Seneca 2 e poi Giustino
ed altri 3 attribuirono alla voce ' praesump-
tio ' il significato di « speranza, fiducia , aspettazione , opinione ». Plinio, invece, conservò alla
voce il signi- ficato più vicino all'
etimologia della stessa (' prae ' e 4
sumere '), cioè « uso o godimento anticipato » , equi- valente perciò , come dicevamo sopra , a
quello del nome ' praeceptio ', ma non
facilmente assimilabile , come suppone
il Lagergren 4 , al significato della voce
' anticipatio ', che per Cicerone vale « prenozione, pre- notizia, idea anticipata ». 5 La conferma del significato pliniano del
sostantivo ' praesumptio ' è data dai
seguenti luoghi : ' Rerum '
adsumptio' : lo seguirono il Christ (nella 2. a ed. Orelliana, Tu- rici, 1861; voi. 4, pag. 554), il Nobbo
(Lips., 1850, pag. 1162, col. 2. a ) ed
altri. i Qvintil. Inai. orai. IX 2, 16
; 2, 18. 2 Senec. Episi. mor. XIX 8
(117), 6. Cfr. A. F. Rosengren , De
elocut. L. Annaei Seneeae commentano; Upsaliae, Wahl- stròm (senza data della pubblicazione, ma è,
probabilmente, del 1849-1850), pag.
38. s Ivstin. Epit hist Phil III 4, 3.
— Spartian. Hadr. 2, 9.— Si valsero
anche della voce * praesumptio ', in significato si- mile, i giureconsulti Papin. in Dig. XLI 3, 44, § 4, e Vlpian. in Dig. XXIX 2, 30, § 4; XL 5, 24, § 8; XLIII
4, 3, § 3; etc. * Lagergren, op. cit.,
pag. 57. ' s Cic. De nat deor. I 16, 43; 17, 44. Consoli — II
Neologismo Pliniano, 6 — 82 — quas adsequi cupias praesumptio ìpsa iucunda
est'. Epist. IV 15, 11. — ' Ego
beatissimum esistitilo qui bo- nae
mansuraeque famae praesumptioDe perfrui-
tur certusque posteritatis curii futura gloria uiuit '. Epist. IX 3, 1.
Il significato attribuito da Plinio al nome ' praesump- tio ' si deve non al dotto arbitrio dì autorevole
scrit- tore, ma all' efficacia che Bull*
accezione di ; praesump- tio ' esercitò,
con molta probabilità, V uso che lo stesso
Plinio fece del verbo ' praesumere ', accostando al si- gnificato primitivo di « prendere prima »
anche i si- gnificati di « adempiere
prima, porre prima, pregustare », che
risultano dai segg. esempi: Epist. II 10, 6; III 1, 11; VI 10, 5; Vili, 11, 1; Pan. 79, 4. C. — Quanto al significato dei grecismi '
cataracta , paedagogìum, sipo ', Plinio
presenta delle novità che ' ne presso
gli scrittori dell' età aurea, né presso i con-
temporanei di lui ci è dato osservare.
I.° ' Cataracta ' o ' cataractes ' servì ad indicare, per antonomasia, le cascate o cateratte del Nilo.
■ Livio se ne valse per denotare le «
saracinesche » alle porte delle
fortezze. ! Plinio, invece, indica con ' cataracta ' o • cataractes ' la « chiavica o cateratta »
che è nei fiumi por reggere il corso
dell'acqua: 'Si nihil nobis loci i
Vitrw. De arch. Vili ■>. — Sknkc. Nat. quaest. IV 2, A.— I'lin. sBN.'jVflt hit!. V 9 (IO), 54 e 59. * Liv. XXVII 28, 10 e 11. — Cfc Vboet. Epit
rei mil. IV 4. Lo slesso significato
notasi in Plvtar. Anton. 76, 2 : cfr. an-
che dello stesso Plutarco Aratus 26, 1. — 83 — natura praestaret,
expeditum tamen erat cataractis aquae
cursum temperare. ' Epist X 61 (69), 4. l
2.° La latinità classica non si avvalse del
grecismo 4 paedagogium ' 2 : cominciò a
servirsene la latinità ar- gentea.
Svetonio con la frase ' ingenuorum paedagogia '
alluse alla sfrontata prostituzione e seduzione dei tempi di Nerone, se pure nel testo svetoniano non
si voglia preferire alla lezione '
paedagogia ' l'altra lezione 6 proa-
gogia. 3 Seneca e Plinio il vecchio indicarono con ' pae- dagogium ' , per metonimia , i fanciulli
educati in un istituto, ossia la
scolaresca. 4 Ma Plinio il giovane re-
stituì a ' paedagogium ' il significato di luogo o isti- tuto dove erano educati i fanciulli destinati
ad impie- ghi o uffici superiori : '
Puer in paedagogio mixtus pluribus
dormiebat. ' Epist VII 27, 13. L'
etimologia mista greco-latina della pretesa voce ' paedagium ', la quale fu accolta dalla ed.
p nel luogo cit. dell' epist. pliniana,
potrebbe solo tentarsi per ispie-, gare
una parola nuova che dai codici concordemente
si attesti essere stata usata dal nostro autore, come, per es., la voce ' cryptoporticus ' ; ma si deve
sempre rifiu- tare, quando con essa si
voglia tentare V accettazione 1 Cfr.
Rvtil. Nàmàt. Dered. suo I 481: ' Tum cataracta- rum claustris excluditur aequor * (Baehrens,
Poetae Latin, min. voi. 5°, pag. 21 : ma
nel cod. Vindobon. 277 (387; si accoglie la
grafia ' catharactarum '). *
Vedi per il significato della voce greca considerata: Demosth. Orai, de corona 258 (313, 10-12) ; Plvtar.
Pomp. 6, 2. 3 Sveton. Nero 28. * Senec. Dial VII {De uita beata) 17, 2 ;
Dial. IX (De tran- quii animi) 1, 8;
Epist mor. XX 6 (123), 7. — Plin. sen. Nat
hist XXXIII 12 (54), 152, — 84
— di una parola che non è accolta dai
codici né registrata nei lessici, ma
soltanto proposta come congettura d'in-
terprete. Molto meno si può fare buon viso alla conget- tura del Lipsins ', che, movendo dal
presupposto che ' paedagogium ' dovesse
riferirsi soltanto alla riunione degli
alunni, non mai al luogo della riunione, voleva
sostituire la espressione ' puer e paedagogio ' alla le- zione data dai codici ' puer in paedagogio
'. 3." Il grecismo ' sipo ', che
vale « corpo vuoto o cavo, sifone »,
penetrò nella lingua latina dopo 1' età
di Cicerone -; e se ne valsero gli scrittori dell'età ar- gentea per indicare « sifone , canale, pompa
per alzar 1' acqua », oper termine di
confronto a cosa somigliante 1 Ivsti
Lipsi Ad Annales C. Taciti liber tommentarius, Pa- risiis, N. Buon, 1606; pag. 236, Ad librum XV
Ann.: ' Vides ergo ubique paedagogia prò
coetu et quasi collegio pue- rorum. prò
loco non accipiò, ne epud Plinium quidem lib. VI] epist. « Puer io paedagogio mistus pluribus
dormiebat ». re- scriboque : « Puer e
paedagogio >. intellegit enim puerum pae-
dagogianum'. » Si è preteso
riconoscere la parola 'siphone' iu un luigodi
Lucilio, cit. da Cic, De flnibusll 8, 23; ma lalezkmu é incerisi Il cod. Palat., ora Vatic. 1513, presenta
'hirsizon'; l'altro cod Palat., ora
Vatic. 1525, presenta 'hrysizou': gli altri codd. , come il More)., 1" Erlang. 38, il
Vratisl. IV F 180 danno ' hirsi-
phon". Nella 1" ed. dell' Orelli, del 18;8, si legge ' hir
sìpliovo '; e quasi consimile lez. ' fir
siphoue' si osserva in quella del
Medvig. L' Ernest! la trasformò a dirittura in ' si pitone ' ; ma 11 Bailer (2* ed. Orellian», Turici, 1861,
voi. 4', pag. 103} la, restimi alta
Torma 'hirsizon', data dal 1° cod. sopra cit. del se- colo XI. A noi parrebbe meglio conservarsi la
lez. del cod. Va- tic. 1525, ' hrysizou
' p. ' hrysiazon ', part. pres. del verb') greco rhysiàio, Torse 'rhysizo. Ma, in tanta
incertezza, nulla si può af- fermare che
rispanda sicuramenle al vero. r — 85 —
al sifone K Plinio se ne servì , attribuendo alla parola il significato di « tromba da incendio », e
venne così a determinare in un caso
particolare il significato generico di «
tromba per acqua » : i Alioqui nullus
usquam in publico sipo, nulla hama, nullum denique instrumentum ad incendia compescenda \ Epist.
X 33 (42), 2. 2 Ma è probabile (e,
nell'incertezza della conclu- sione, ci
siamo indotti a notare la voce i sipo ' tra i neo- logismi di fonte pliniana) , che Plinio non
sia stato il primo a designare con '
sipo ' la tromba da incendio ; perocché
il retore Musa, citato da Seneca il retore 3 , con la frase 'caelo repluunt ', detta in
proposito dei sifoni, accenna al significato
in generale di tromba che schizzi
l'acqua in modo che questa, ricadendo in forma di piog- gia, sembri che ripiova dal cielo. 4 Sez. II. — Altre parti del discorso. A. — In due soli aggettivi ci è stato dato
di osser- 1 Senec. Nat. quaest. II 16. — Colvm. De re rust. Ili 10;
IX 14.-Plin. sen. Nat hist II 65 (66), 166; XXXII 10 (42;, 124. — Ivvenal. Sai II 6, 310. * Anche Ulpiano accenna a ' siphones ' per
gli incendi in Big. XXXIII 7, 12, §
18. 3 Senec. rhet. Controuers. X
praef., 9. 4 Nel Dizionario
Georges-Calonghi, v. * repluo ', col. 2341, e
v. ' sipho ', col. 2500, si afferma ripetutamente, ma non sappia- mo renderci convinti del motivo, che da
Seneca il retore si at- tribuì alla voce
' sipho ' il significato di (1880), col.
2412, e riferita con- temporaneamente
tanto al significato eine Spritze, quanto al
significato Feuerspritze. — 86
— vare che il significato attribuito ai
medesimi da Plinio si allontana dal
significato che si ebbero nell'uso del-
l' età anteriore e in quello dei contemporanei di Plinio stesso. Tali aggettivi sono : ' octogenarius
' e ' otiosus \ 1.° L' aggettivo '
octogenarius ' fu da Vitruvio e da
Frontino adoperato a significare una misura. ' Plinio se ne valse per indicare « vecchio di ottanta
anni, ottua- genario, ottogenario »: '
Femina splendide nata , nupta praetorio
uiro, exheredata ab octogenario patre \
Epist VI 33, 2. 2.° L' aggettivo
' otiosus ', che significa propriamente
« ozioso, inoperoso, disoccupato », ed equivale a ' ua- cuus muneribus ', soleva essere riferito
anche a cose inanimate, p. es. a tempo,
età 2 , discorso, 3 etc. A que- sto uso
si accostò Plinio, scrivendo: 'Per hos dies li-
bentissime otium meum in litteris conloco, quos alii otiosissimis occupationibus perdunt. ' Epist
IX 6, 4. Ma nessuno prima di Plinio
aveva riferito V epi- teto di ' otiosae
' alle somme di danaro non date ad in-
teresse, ' non occupatae ' : ' Pecuniae publicae, domine, prouidentia tua et ministerio nostro et iam
exactae sunt et exiguntur; quae uereor
ne otiosae iaceant. ' Epist. X 54 (62),
1. Anche il giureconsulto Scevola
applicò alla ' pecu- nia ' non data ad
usura la qualità di ' otiosa \ 4 i
Vitrw. De areh. Vili 7 ('fistulae
octogenariae';.— Frontin. De aqu. urb.
Rom. 58 : ' Fistola octogenaria dia-
metri digitos X\ * Cic. Epist ad Q. fratr. Ili 8, 3 ; De seneci 14, 49. 3 Qvintil. Inst. orai Vili 2, 19; I ),
35. * Scabvol. in Dig. XXII 1, 13, § 1:
« Pro pecunia otiosa usuras praestare
debeat ' (Mommsen : ma nel cod, Florent. dei
Digesta è scritto ' pecunia uitiosa '). — 87 —
B. — Come si è già avvertito, Plinio fu parco d' in- novazioni quanto ai verbi. Egli, in fatti,
attribuì signi- ficato non noto agli scrittori
dell' età anteriore , né , a quanto
appare, accolto dai contemporanei, ai tre verbi
* exseri bere, per colere, prosecare ', conservandoli sempre in senso proprio. l.° La latinità aurea presenta V uso di
'ex-scribere ' nel significato di «
trascrivere, copiare », ed anche nei
significato di « notare, registrare, mettere per iscritto ». 1 Plinio, invece, assegnò al verbo ' exseribere
' due signi- Acati nuovi, 1' uno proprio
e 1' altro figurato , che non troviamo
negli scritti dei contemporanei di lui. Il si-
gnificato proprio , di cui ora interessa intrattenerci , (che, al suo tempo, tratteremo del verbo '
exseribere ' in senso traslato) è: «
dipingere, disegnare , rappresenta- re »
: ' Herennius Seuerus, uir doctissimus, magni aesti- mat in bibliotheca sua ponere imagines
municipum tuo- rum petitque
exseribendas pingendasque de- legem '.
Epist IV 28, -1. Donde tale significato ?
È noto che ' scribere ' ebbe anche il significato di «e disegnare, dipingere ». 2 Plinio il
vecchio, a determi^ nare meglio il
lavoro di copiatura di una pittura, si valse
del verbo ' transcribere \ 3 Appare probabile quindi che Plinio il giovane, attenendosi allo stesso
ordine di con- cetti, meglio che della
preposizione ' trans ' si sia ser- vito
della preposizione ' ex ', che esprime con maggiore esattezza l'idea di « trarre fuori, dedurre
», e, pre- l Cic. in Verr. aet. see. II 77, 189.— Varr. Rer. rust. II 5, 18. * Cic. Tu8c. dìsp. V 39, 113. — Catvll.
Carm. 37, 10. 3 Plin. sen. Nat. hist XXV 2 (4), 8: * Veruna ot indura fal- la* est colori bus... multumqu 3 riamente
significa « usatto, piccolo socco,
calzare leggiero », che si soleva portare
dalle donne e dai damerini effeminati. Ma poiché il soc- co era usato dagli attori comici per la
rappresentazio- ne della commedia, e quindi,
per figura metonimia, ven- ne a
significare la commedia, così Plinio che, adope- rando il linguaggio scenico , aveva chiamato
una sua villa, presso al lago Lario, col
nome ' comoedia ', ne in- dicò il sito
basso, rasente il lido del lago, col diminu-
tivo ' socculus \ Ecco il passo pliniano : ' Huius (lacus) in litore plures uillae meae, sed duae maxime
ut de- lectant ita exercent. altera
inposita saxis more Baiano lacum
prospicit, altera aeque more Baiano lacum tan-
git, itaque illam tragoediam, hanc appellare comoediam soleo ; illam, quod quasi cothurnis , hanc ,
quod quasi s o e e u 1 i s sustinetur \
Epist IX 7, 2-3. La lezione ' oculis '
che, invece di ' socculis ', è data dal
cod. D e dalle edd. p, a, non ci pare in alcun modo attendibile, prima di tutto perchè vien meno
il paral- lelismo che l'autore vuol
mettere in evidenza tra la villa
chiamata ' tragoedia ' e quella che porta il nome di 6 comoedia ' ; in secondo luogo, perchè
bisogna forzare il senso della frase per
supporre omogeneità tra ' sus- tinetur
cothurnis ' e ' sustinetur oculis \ Preferiamo, dun- que, la lezione ' socculis ', che è
presentata dal cod. IH e dalle edizioni
prealdine. — 97 — 10.? Dicevasi propriamente ' sportula ',
diminutivo di i sporta ', quel
canestrino di cibi, che si soleva dare dai
patroni ai clienti, allorquando questi si recavano da loro per salutarli. In senso traslato, Plinio se
ne valse per indicare quelle largizioni
che per lo più da autori, di poco merito
si solevano dare ai ' laudicene, per essere
applauditi di continuo da questi durante la recitazione dei loro lavori letterari : ' Sequuntur
auditores actori- bus similes, conducti
et redempti: manceps conuenitur: in
media basilica tam palam sportulae . quam in
triclinio dantur. ' Epist II 14, 4. .
Pare che Quintiliano si sia accostato al concetto di Plinio con l'avvertire che è sconveniente per
gli oratori ' inter moras laudationum '
il * respicere ad librarios suos,. ut
sportulam dictare uideantur. ' l E da av-
vertirsi inoltre che il nome ' sportula ' fu anche usato, in senso traslato, dall' imperatore Claudio
per indicare i « brevi giochi dati al
popolo ». 2 B. — I sostantivi di fonte
verbale, innovati nel loro senso
traslato dal nostro autore , si possono ordinare così : a) ' nomina agentis ' formati col
suffisso -tor ; b) ' nomina actionis ' col
suffisso -tion ; e) sostantivi formati
da temi di verbi per il tramite del tema del
participio presente; d) sostantivi verbali aventi diverso suffisso.
a) Non molto è da dirsi dei quattro ' nomina agentis ': i Qvintil. InsL orai. XI 3, 131. « Sveton. Diu. Claud. 21. Consoli — li Neologismo puntano* — 98 —
* * debitor, frenator, gestator,
reductor, ' — che nei loro significati
in traslato presentano tracce d' innovazione.
1.° Il nome ' debitor' significò propriamente « chi deve una somma di danaro ad un suo creditore
». l Accolto in traslato, indicò « chi è
obbligato , chi è te- nuto a qualche
cosa », la quale veniva espressamente
enunciata, per es. * uitae , animae , uoti, etc. ' 2 Plinio accolse tale significato del nome ' debitor
*, considerato in traslato, ma vi
apportò la novità di adoperarlo as-
solutamente , cioè senza indicazione della cosa* per cui si restava obbligato : ' Cuius generis quae
prima occasio tibi, conferas in eum
rogo; habebis me, habebis ipsum gratissimum
debitorem. ' Epist. Ili 2, 6. 2.° La
voce ' frenator ' appare per la prima volta
nella latinità argentea, e riferita sempre a cose mate- riali, per es. il giavellotto, 3 il cavallo.
4 Plinio lo riferì,, per traslato, ad
argomenti morali : ' Contemptor ambi-
tiónis et infìnitae potestatis domitor et frenator ani- mus ipsa uetustate florescit. ' Pan. 55,
9. 3.° Quanto al nome ' gestator ', che significa
« por- tatore per guadagno, facchino »,
ed è perciò sinoni- mo di ' baiulus ' p
' baiolus ', voce usata da Cicerone 5 ,
Plinio lo riferì a un delfino che portava sul dorso i figli : * Incredibile, tam uerum tamen quam
priora, del- phinum gestatorem
collusoremque puerorum in i Cic. De
off. II 22, 78. — Senec. De bene/. VI 19, 5. — Mo- destia in Dig. L 16, 108. 2 Ovid. Ex Pon. IV 1, 2; Triti. I 5, 10. —
Martin Epigr. IX 42, 8. 3 Val. Flac. Argon. VI 162. 4 Stat. Theb. I 27.. 5 Cic. De orai. II 10, 40 ; Parad. IL-, 2,
23. — 99 terram quoque extrahi solitum harenisque
siccatum, ubi incaluisset, in mare
reuolui. ' Epist. IX 33, 8. 4.° Il nome
' reductor ', considerato in senso proprio,
significa « riconduttore, chi riconduce » : e in tale sk- gniflcato T usò Livio. 1 Ma Plinio adoperò '
reductor '• nel senso traslato di «
restauratore » : ' (Titinius Capito)
colit studia, studiosos amat fouet prouehit, multorum qui aliqua conponunt portus sirius gremium ,
omnium exemplum, ipsarum denique
litterarum iam senesceii- tium reductor
ac reformator. ' Epist. Vili 12, 1. 6)
I. quattro ' nomina actionis ' : ' descensio , dispen- salo , egestio , nutatio ', formati da temi
verbali , pre- sentano le seguenti
innovazioni nel loro uso traslato. l.°
' Descensio ' indica propriamente « discesa, l'azione del discendere ». 2 Plinio ne preferì V uso
metonimico per indicare i luoghi stessi
nei quali si discende per mezzo di
gradinir 'Frigidariae cellae conectitur media,
cui sol benignissime praesto est; caldariae magis : prò- minet enim. in hac tres descensio nes, duae
in sole, tertia a sole longius, à luce
non longius. * Epist V 6, 26. Talché,
come bene avverte il Gierig , le ' de-
seensiones ' erano non le scale, ma ' lacus, in quos per gradua descendebatur. ' 3 i Liv. II 33, il. « Cic. De flnibus V 24, 70: ' Quem Tiberina
descensio, festo ilio die, tanto gaudio
ad feci t, quanto L. Paullum, cum re-
gem Perseo captum adduceret, eodem flumine inuectio?' (Ci- tiamo il passo di Cic. secondo il ood. Palat.
(Vatic) 1525 e la ed. Cratandrina del
1528; che, invece di 'descensio', si legge
' dissensio ' nel cod. Morelian., e ' decursio ' nella prima ediz. dell' Orelli, 1828). 8 Giehig, op. cit., tom. 1°, pag. 409, col.
l. a .— 100 — - Che Plinio sia stato veramente il primo ad
introdur- re nella lingua letteraria
tale uso metonimico della vo- ce '
descensio ', c'induce a dubitare l'avvertenza del Nà- gelsbach 1 , che soventi volte ad alcuni casi
mancanti nella flessione dei nomi
verbali in -us si suppliva coi
corrispondenti casi dei nomi verbali in -io. Or , tanto in Irzio 2 quanto in Virgilio 3 , trovasi
usato 'descensus' in senso metonimico di
« via che discende » : e se, co- me nota
opportunamente il Lagergren 4 , ai casi non
usati della flessione di * descensus ' si dovette supplire coi corrispondenti casi della flessione di '
descensio ' , questo nome non poteva non
avere il valore metonimi- co di '
descensus ' ; e quindi è assai probabile, sebbene non si abbia alcuna prova diretta in
conferma, che il significato metonimico
attribuito a 'descensio' sia an- teriore
all' età di Plinio. 2.° In dipendenza
dal significato fondamentale proprio del
verbo ' dispensare ', che vale « pesare esattamente, dividere o distribuire proporzionatamente »,
il sostan- tivo verbale * dispensatio '
si riferì a cose materiali, in-
dicandone la distribuzione economica o l'amministra-- zione o il maneggio, per es; ' dispensatio
aerarii 5 , an- nonae '* etc. Plinio
riferì la voce ' dispensatio % in sen-
so traslato, anche a cose morali, scrivendo all'impera- tore Traiano : * Iulius... Largus ex Ponto nondunr mihi uisus ac ne audi.tus quidem.... dispensationem i Naegelsbach,
Lateinische Stilistik 3 , pag. 151 eg. «
Hirt. De b. Gal. Vili 40, 4. 3 Vbrg.
Aen. VI 126. 4 Lagergren, op. cit., pag. 56. 5 Cic. In Vatin. 15, 36. « Liv. X 11,9. Cfr. IV 12, 10. — 10Ì
— quandam ' mihi erga te pietatis suae
ministeriuniqùó mandauH. ' Epist. X 75
(79), 1. È probabile .che la via per
giungere al significato pliniano della
voce 4 dispensatio ' sia stata aperta dal-
l' uso, accolto da Cicerone e poi da Livio , Seneca ed altri, del verbo 4 dispensare n riferito ad
argomenti im- materiali. l 3.° 4 Egestio ', sostantivo nato dal verbo 4
egerere '=» « portare fuori, condurre
via », è voce che apparisce per la prima
volta nella latinità argentea, col signifi-
cato proprio di « trasporto », ed anche, particolarmen- te, di « egestione, evacuazione ».* Plinio,
riferendolo per traslato ad 4 opes
publicae', ne fece un sinonimo di 4
effusfo ' di danaro, voce già usata da Cicerone. 3 Il pas- so di Plinio è il seguente : ' Hoc tunc uotum
senatus , hoc praecipuum gaudium populi,
haec liberalitatis ma- teria gratissima,
si Pallantis facultates adiuuare publi-
carum opum egestione contingeret. ' Epist. Vili 6, 7. 4.° Il verbo 'nutare' fu gradito ai poeti
dell'età au- gustea : a Cicerone nemmeno
dispiacque farne uso nel senso traslato
di « vacillare nel giudizio, essere incer-
to » 4 . Ciò non ostante, il sostantivo verbale 4 nutatio ' non pare che sia stato accolto dalla latinità
. aurea. I contemporanei di Plinio V
usarono in senso proprio di «
barcollamento, vacillamento ». 5 Plinio, invece, Tado- i Cic. De orai. I 3i, 142.-Liv. XXVII 50,
10; XXXVIII 47, 3. — Sbnec. Dial. VI (Ad
Mare, de eonsol) 11, 1 * Sveton. Diu. Claud.O.
s Cic. Pro Rose. Am. 46, 134. 4
Cic. De nat. deor. I 43, 120,-Cfr. Tac. Hist. II 98; III 40; IV 52.
5 Srnkg Nat quaest. VI2, 6,—
Qvintil. ln*t. orai. XI 3, 129. - 10$
— però in senso figurato, riferendolo a
' res publica ', per indicare
«decadenza, rovina dello Stato»: 'Cogi porro
non poteras nisi periculo patriae et n u t a t i o n e rei pùblicae. ' Pan. 5, 6. La nostra osservazione si poggia sulla
premessa che, nel passo citato, la
lezione ' nutatione ',' presentata dal
Cuspinian. e dal cod. Liuineii, sia da preferirsi alla le- zione * mutatione ', che è data concordemente
dai codd. A } 6, o 9 d. • e)
I due sostantivi verbali formati per il tramite del tema del participio presente sono 'audentia'
e 'instantia'. 1.° Il nome ' audentia '
non fu accolto dalla latinità aurea.
Nella latinità d' argento se ne fece uso per si- ' gnificare « arditezza, coraggio », in
dipendenza dal si- gnificato del verbo '
audere ', da cui proveniva. ' Ma Plinio
trasferì: il significato di 'audentia' all'uso delle parole, per indicare « ardimento -, audàcia
nel dire »" : 'Si datur Homero et
mollia uoeabulà et Graeca ad le- uitatem
uersus contrahere, extendere, inflectere, cur ti- bi similis audentia, praesertim non delicata
sed ne- cessaria, non detur ? ' Epist.
Vili 4, 4. : 2.° Il sostantivo '
iftstantia ', conformemente al verbo '
instare ', da cui prende origine, significò « imminenza immediata ». 2 Plinio attribuì ài vocabolo,
che adoperò in traslato, due significati
: a) « veemenza del discorso »•* ' Habet
quidem oratio et historia multa communia ,
sed plura diuersa in his ipsis quae communia uiden- 1 Tac. Ann. XV 53; Germ. 31 e 34. Cfr.
'audentior' nei Deal de oratoribus, 14
(Halm ; ' ardentior * per il Bàhrens) e in Qvin- til. Inst. orai. XII 10, 23. * Cig. De fato 12, 27. — 103 —
# tur haec uel maxime ui
amaritudine instanti e, illa tractu et
suauitate atque etiam dùlcedine placet/
Epist V 8, 9-10. — b) «diligenza, studio assiduo»: ' Quid est enim quod non aut illae occupationes
inpedire aut haec instantia non possit
efflcere ? ' Epist. IH 5, 18. Per il
primo dei due significati predetti Quintiliano si era. già avvalso dell'avverbio ' instanter
V d) Resta a parlare dei tre sostantivi
verbali: ' iadtw- catus, motus, retinaculum
\ l.° La voce i aduocatus ' nei tempi
della Repubblica romana designò V uomo
perito nella conoscènza del di- ritto,
che veniva chiamato a dare i suoi coitigli in tòta- no ad una questione giuridica da trattarsi
dinanzi ai magistrati, e sosteneva poi
co' suoi suggerimenti e fcftft la
presenza una delle parti litiganti dinanzi ai wi&gl 1 strati stessi. 2 Neil' età imperiale *
adiiocatufc ' tìivéhitè sinonimo di '
patronus causae ', cioè « difensore o pà*
trocinatore; causidico, che assiste e conduce il pi*oc&&ò *. E di questo secondo significato di '
aduocatus ' Plinio^ al pari de' suoi
contemporanei 3 , ci presenta àlquahtl
esempi. 4 Ma Plinio stesso attribuì anche alla voce ' ad- uocatus ' un significato in traslato ,
riferendola non & 1 QtfitffriL.
tnsì. orai. IX 4, 126: ' Vbicunque acriter erit, i n- stànter, pugnaciter dicendunT (Bonnell;. « Cig.
Pro Sul. 29, 81 ; Pro CluenL 40, 110; De orai il 74, 301 ; De off. I 10, 32; Epist. ad fam. VII
14, 1 ; etc. — 'Aduo- catus ' per «
aiuto » in genere, v. Pro Caectaa 9, 20.
3 Qvintil. Inst. orai. XII 1, 13. — Sveton. Dia. Claud. 15 e 33. — Diàl. de oratoribus, 1. * Epist. I 23, 4; III 4, 2; 9, 21 ; IV 9, 7
; 11, 12; 12, 4; V 4, 2; 20, 1; VI 31,
11; VII 33, 4; X 81 (85), 6. — 104
— cause ò liti o questioni giuridiche,
ma alla ' abstinen- tia ' : ' Id uero
deerat, ut cum Pallante auctoritate pu-
blica ageretur , Pallas rogaretur ut senatui cederet, ut illi superbissimae abstinentiae Caesar ipse
ad- uocatus esset. ' Epist. Vili 6,
9. Quanto abbiamo osservato sul
significato pliniano del- la voce '
aduocatus ', considerata in traslato , non sa-
rebbe accettabile, se nel luogo citato, invece di ' Caesar ipse aduocatus esset', si leggesse, come si
suòle comunemente: ' Caesar ipse
patronus aduocaretur'. Così appunto è
presentata la lezione dall' ed. a, con la
ripetizione del pronome ' ipse ' dopo ' patronus ': ' Cae- sar ipse patronus ipse aduocaretur '. 2.° Dalla radice del verbo ' mouere ' col.
suffisso -tu- si formò il nome ben noto
' motus ', che in traslato, óltre ali!
indicare « il moto dèi sensi e 1' attività o energia dello spirito, la commozione dell'animo, la
passione », servì a significare « i
motivi, le cause, i moventi » di un dato
divisamente. Plinio fu il primo ad adoperare
la voce ' motus ' in tale significato: 'Audisti consilii mei motus'. Epist. Ili 4, 9. 3.° Il
sostantivo i retinaculum ', non discostandosi dal significato proprio del verbo ' reti nere ',
da cui deriva, servì ad indicare qualunque
oggetto potesse servire a trattenere o a
tener fermo; perciò, secondo i casi par-
ticolari , significò « cavezza \ gomena o fune 2 , briglia o redina 3 , vimini pieghevoli per legare le
viti 4 », etc. Plinio per il primo
attribuì un significato figurato alla
i Horat, Sai I 5, 18. 2 Ovid. Metam. XIV 547; XV 696. 8 Vbrg. Georg. I 513. i Vbrg. Georg. I 265. — 105 — voce ' retinaculum ', per indicare « i
legami o vincoli morali della vita » : '
Adfuit tamen deus uoto, cuius ille
compos , ut iam securus liberque moriturus, multa illa uitae, sed minora r e t i n a e u 1 a
abrupit.' Epist I 12, 8. Nella stessa
epistola , § 4 /egli chiamò questi ' uitae
retinacula', in modo più diretto , * preda uiuendi,' co- me li aveva detto, prima di lui, Plinio il
vecchio ! ; ed al § 3, li disse *
uiuendi causae '. C. — I grecismi nei
quali, considerati in senso tras- lato,
si nota l'innovazione pliniana sono due: ' cratér * e ' xenium '. 1.° ' Crater ', « grande coppa, cratere,
vaso da me- scere », è un grecismo
accolto nella lingua latina e la-
tinizzato nella forma ' cratera*'. Passò al senso traslato per P uso particolare che ne fecero i poeti,
per signifi- care « voragine vulcanica V
vaso per Polio » 3 , e anche una
costellazione 4 , ete. Ma Plinio fu il primo, e forse il solo, ad usare il grecismo ' crater ' nel
senso traslato di « conca o bacino d'
acqua » : ' Fonticulus in hoc, in fonte
crater'. Epist V 6, 23. 2.° ' Xenium '
rappresentava, secondo l'etimo greco 5 ,
il dono ospitale, fatto, cioè, agli ospiti o ai commen- 1 Plin. sen. Nat hist. XXII 6 (7), 14:
'Addidere uiuendi pretia deliciae
Juxusque * (Mayhofl). Tacito indica i ' uitae
retinacula ' come 'pretia nasceadi' (Germ. 31; ma in più co- dici si legge * noscendi '). * Lvcrbt. De ter, nau VI 701.— Ovid. Metam.
V 424. — Cfr. Plin. sen. Nat hist. II
106 (110), 237; III 8 (14), 88. » Verg.
Aen. VI 225. — Cfr. Martial. Epigr. XII 32, 12. 4 Ovid. Fast li 244.— Cfr. Cic. De nat deor.
II 44, 114 {Arati phaenom. 219). 5 Vedi Svidàs Lexic. Graee. et Lai, vol2°,
col. 1032 (Bernhardy). — Ì06 — sali. E in tale significato, oltre gli
esempi di Vitruvio, Marziale ed altri ',
abbiamo l'esempio di Plinio stesso: '
Summo die abeuntibus nobis, tam diligens in Caesare humanitas, xenia sunt missa'. Epist. VI 31,
14. Ma Plinio assegnò inoltre al
grecismo * xenia ' il signifi- cato
triaslato di « dóni fatti a certe persone per otte- nere da loro qualche favore », ed in
particolare i doni che si facevano agli
avvocati o causidici per patroci- nare
con maggiore impegno le cause: ' Quam me iuuat
quod in causis agendis non modo pactione dono munere ùerum etiam x e n i i s semper abstinui ! '
Epist V 13 (14), 8. E, dopo P esempio di
Plinio, si ampliò àncora di più il
significato della voce ' xenium ', indicandosi
con essa i doni che si offrivano dai provinciali ai pro- consoli o ad altre autorità 2 . Sbz. ii. -^ Aggettati. Li distingueremo in aggettivi derivati da
fonte no- minale ed aggettivi formati
con temi verbali. A. «-* 1.° L'
aggettivo ' enodis ', formato dalla prepo-
sizione.' e' e dal tema del sostantivo 'nodus'» nel si- gnificato proprio vale « liscio , senza nodi
». In tale accezione 1' usò appunto
Virgilio , che lo riferì quale attributo
alla voce ' truncus \ 8 Plinio l'adoperò in senso traslato, riferendolo ad alcune poesie per
indicarne la scorrevolezza e la facilità
: ' Recitabat.. f erudit&m sane 1
Vitrvv. De afòh. VI 9.— Martial. Epigr. XIII 3, ì-2 e 5-6. * Vlpiàì*. iti Dig. I 16, 6, § 3. i 'V'fcRG. Georg. Il 78 : ' Rursum e n o d e
s trunci resecantur ' (Ribbeck). — Cfr.
Plin. sen, Nat hM, V 1, 14. — ìot — I
luculentamque materiam. scripta elegia* erat fluentibus et teneris et e n o d i b u s , sublimibus
etiam, ut popo- scit locus. ' Epist V
17, 2. 2.° '■ Hamatus ' derivato da '
hamus ', in senso proprio significò
«fornito d'amo»; e Cicerone l'usò in tale si-
gnificato. l L' accezione in traslato dell' aggettivo * ha- matus', per indicare cose che , insidiose
come l'amo , si mettono in opera per
ottenere vantaggi maggiori, si deve a
Plinio, che lo riferì a ' munera ' con -P intendi- mento d' indicare quei doni che si fanno col
fine sot- tinteso di ricavarne maggiori
remunerazioni : i Hos ego uiscatis
hamatisque muneribus non sua promere puto,
sed aliena corripere '. Epist. IX 30, 2. Plinio do- vette certamente venire all' uso traslatò di
' hamatus ', indottovi dal significato
attribuito in traslato al nome 4 hamus '
da scrittori a lui anteriori e da scrittori con- temporanei. 2 3.° ' Inamoenus ' appartiene a quella serie
di agget- tivi sì graditi alla latinità
argentea, formati col pre- mettere all'
aggettivo la particella negativa i in- ' : si-
gnifica P opposto di ' amoenus ', e perciò « spiacevole, sgraziato, disameno ». Ovidio se ne valse per
indicare PAverno. 3 Plinio ne fece, per
traslata, un attributo di certi lavori
letterari « senza attrattiva, spiacevoli, ina-
meni »: ' Oratiunculam unam alteram retractaui. quàhi- quam id genus operis inamabile, inamoenum
ma- gisque laboribus ruris quam
uoluptatibus simile '. Epist IX 10, 3. - . l Cic. Acad. priòr. II 38 121. * Huràt. Sai. II 5, 25. — Martial. Epigr. V 18, 7; VI 63, 5. — Vedi
anche Plin. Pan. 43, 5. 3 Ovid. Metam. X
15. — Cfr. Stat. Sii II 2, 3*3, — Ì08
— 4.° L' aggettivo ' peracerbus ' vale
lo. stesso di * acer- bus ' con un
rafforzamento indicato dalla particella pre-
posta ' per'; significa perciò, in senso proprio, « molto aspro , molto acerbo » , come disse appunto
Cicerone dell' uva immatura. ] Plinio
adoperò in traslato V ag- . gettivo '
peracerbus ' per significare un che di « dolo-
roso , assai spiacevole » : '• Mihi quidem illud etiam peracerbum fuit, quod sunt alter alteri quid
para- rent indicati. ' Epist VI 5,
6. 5.° L'aggettivo ' saxeus '
propriamente significa « sas- seo, di
pietra ». Plinio attribuì a ' saxeus ' il signifi- cato di « insensibile », duro come di pietra,
che non sente impressione di alcuna cosa
bella : ' Ego Isaeum non disertissimum
tantum uerum etiarn beatissimum iudico.
quem tu nisi cognoscere concupiscis, saxeus
ferreusque es .' Epist II 3, 7. Ma in ciò egli si avvi- cinò all' espressione di Ovidio : ' Mater ad
auditas stu- puit ceu s a x e a voces '
2 ; nella quale l'epiteto ' saxea ' vale
attonita per la meraviglia dolorosa, come se fosse divenuta di sasso. Forse, nel l'attribuire
alla voce 'saxeus', in senso figurato,
il significato anzidetto, Plinio ebbe
presente la frase che si legge nel v. 258 del Prometti, uinctus di Eschilo. B. — 1° e 2.° Tra gli aggettivi di fonte
verbale, che si ebbero da Plinio un
nuovo significato in traslàto, si
annoverano 'adductus' e ' circumscriptus ': entrambi dotati della forma del comparativo. ' Adductus \ che propriamente significa «
angusto , 1 Cic. De senect. 15, 53. * Ovid. Metom, V 509. — 109 —
stretto », si ebbe in traslato vari significati , uno dei quali riferito in forma comparativa da Plinio
air ora- tore, vale « più serrato, più
breve nelF espressione »• Similmente '
circumscriptus ', che in senso proprio si-
gnifica « circoscritto » , in senso traslato fu da Cice- rone riferito alla frase, ali" ambitus
uerborum M , men- tre da Plinio fu
riferito, anche in forma comparativa,
all' oratore stesso per indicare la qualità della conci- sione, che fregia il discorso di lui. Eccone
la conferma: ' In contionibus idem qui
in orationibus est, pressior tamen
et.circumscriptior et adductior'. Epist I
16, 4. 3.° Il significato proprio di '
incustoditus ' è « non custodito, senza
guardie ». La latinità argentea attribuì
a ' incustoditus ' due significati in traslato, uno consi- derato in passivo, ed è dovuto a Tacito ; P
altro consi- derato in attivo,' ed è
stato per la prima volta deter- minato
da Plinio. Nel primo significato vale « inosser- vato », 2 o pure « non contegnoso, non celato
» 3 . Nel traslato attivo, secondo
l'accezione pliniana, * incustodi- tus '
significa « improvvido, incauto, imprevidente, sen- za precauzione » : ' Tuitus sum Iulium Bassum
ut i n- custoditum nimis et incautum ita
minime malum \ 4 Epist. VI 29, 10. 4.° Dal significato proprio che
all'aggettivo ' inductus ' proveniva
dalla sua qualità originaria di participio per- 1 Cic. OraL 12, 38; cfr. 61, 204. * Tao. Ann. II 12; XV 55. 3 Tac. Ann. XII 4. * In proposito il Gierig, op. cit., tom. 2,
pag. 91, col. 2% ag- giunge il*
commento: ' Puer enim, qui non custoditur, nog-
legens, remissus nimis esse solet '
.— no — fetta del verbo '
inducere ', Plinio, lo volse in trasla-
to, e lo attribuì a ' sermo ' per indicare un linguaggio straniero : ' Inuidéo Graecis, quod illorum
lingua seri- bere maluisti. neque enim
coniectura eget, quid sermo- ne patrio
exprimere possis, cum hoc insiticio et i n d u c- t o tam praeclara opera perfeceris \ Epist IV
3, 5, — 6 Totam uillam oculis tuis
subicere conamur , si nihil inductum et
quasi deuium loquimur.' Epist V 6, 44.
Cfr. Epist. Ili 18, 10. Nulla
osta ad ammettere che Plinio si sia permesso di
attribuire a ' inductus ', in senso traslato, il significato anzidetto, per aver tenuto presente che già
Cicerone si era servito ad un fine
consimile del verbo * inducereV 5.° Nel
luogo testé citato della Epist. IV 3, 5, si osser- va eziandio che Plinio per il primo adoperò
in senso traslato l'aggettivo '
insiticius ' , derivato dal verbo i
inserere ', a fin di significare il linguaggio importato dal di fuori, in antitesi alla lingua
materna. La voce ' insiticius ' nel significato
proprio di ,« innestato » era già stata
accolta nella lingua letteraria, molto tempo
prima di Plinio. 2 Sez. III. —
Verbi. I verbi ai quali, considerati in
traslato, Plinio attri- buì un
significato nuovo, sono , eccetto uno, tutti com- posti ; e la ragione ne è manifesta, perchè
nell'amplia- re le funzioni del traslato
ha molta efficacia la parti- cella che
forma il primo elemento della composizione.
i Cic. Philip. XIII 19, 43. * Ne
sia d'es. Varr. Rer. rasi. II 8, 1. Vedi in prcfposito la osservazione del.GESNER, riportala da A.
Corradi, pag. 33. r — Ili —
A. — Esamineremo da prima i verbi composti che provengono da un tema semplice
originariamente ver- bale , e poi i
verbi composti nel cui tema si contiene
un tema nominale. a) I vèrbi
composti della prima serie saranno trat-
tati secondo l'ordine alfabetico della lettera iniziale del tema verbale semplice. l. Q 11 verbo ' in-arescere ', come P
incoativo 'aresce- re ', originariamente
' arere ', ebbe il significato proprio
di « disseccarsi, inaridire » : e, oltre non pochi scrit- tori fioriti al tempo della latinità
argentea, ne dà la conferma lo stesso
Plinio : ' Buxus, qua parte defendl- tur
tectis, abunde uiret; aperto caelo apertoque uento et quamquam longinqua aspergine maris
inarescit'. Epist. II 17, 14. Ma Plinio
attribuì anche al verbo ' in- arescere '
il significato di « finire », riferito a oose im- materiali : 'Sed quod cessat ex reditu
frugalitate sup- pletur/ex qua uelut
fonte liberalitas nostra decurrit : quae
tamen ita temperanda est, ne nimia profusione
inarescat. ' Epist. II 4, 3-4.
La sola ed. p presenta, invece di ' inarescat', la pa^- rola * marcescat ', che pare un' emendazione
fatta dal- l' editore per fare
rieritrareF espressione di Plinio nel- P
uso traslato del verbo ' marcescere ', che Livio e 0- vidio riferirono alle voci ' desidia, otium V 2.° Il significato proprio del. verbo '
per-domare ', che vale « soggiogare,
domare », si riferì costantemente ad
esseri animati, come per es. ' uiri, 2 gentes,* canes, 4 l
Liv. XXVIII 35, 2.— Ovid. Ex Pon. II 9, 61. * Tibvl. II 1, 72. 8 Vell.' Paterc. Hist Rom. II 95, 2.— Cfr.
Liv. XL 41, 2. 4
Tibvl. I 2, 52. — m — «
serpentes, tauri, l età; ovvero a regioni designate invece dei popoli che le abitano, per es. il '
Latium ', 2 la ' Bri- tannia ', 3 una
regione in generale. * Plinio applicò in
traslato il verbo ' perdoniate ' al suolo che si coltiva : ' Tantis glaebis tenacissimum solum, cura
primum prò- secatur, adsurgit , ut nono
deraum sulco perdome- t u r. ' Epist V
6, 10. Gli scrittori contemporanei
avevano agevolato a Pli- nio la via per
venire all'uso traslato del verbo ' perdo-
nare', poiché lo avevano riferito, in generale, a cose inanimate. Così in Seneca si osserva la frase
' perdo- mare farinam ', che significa «
dimenare la farina con l'acqua e farne
una pasta » 5 ; e in Stazio, la frase 'per-
domita Ceres ' 6 . Ma a Virgilio fu più gradita l'espres- sione figurata ' imperare aruis ' 7 per
riferirla a chi ' exercet frequens
tellurem '. 3.° Il significato proprio
del verbo ' con-fodere ' fu « trapassare
, trafiggere , ferire ». Plinio 1' adoperò in
traslato per indicare quel segno fatto con una linea tras- versale sulle parole d'uno scritto, che
dovevano essere cancellate o emendate 8
: ' Expecto ut quaedarn ex hac epistula,
ut illud « gubernacula gemunt » et « dis ma-
i Ovid. Heroid. 12, 163-164. « Liv. Vili 13, 8. 3 Tac. Hist. I 2. 4 Liv. XXVIII 12, 12. — Martial. Epigr. IX
43, 8. 5 Senec. Episi. mor. XIV 2 (90;,
23. Stat. Theb. I 524 7 Vbrg. Georg. I 99. 8 Vedi in proposito di tale
segno le *Notae XXIquae uersi- bus
apponi consuerunt * (cod. Paris., 7530), ripubblicate dal Keil nella collezione dei Grammatici Latini, voi. VII, pagg. 533-536. — 113 —
ris proximus », isdem notis quibus ea de quibus scribo confodias. ' Epist IX 26, 13. La differenza tra V ac- cezione pliniana del verbo ' confodere ',
considerato in senso traslato, e il
significato che allo stesso verbo at-
tribuì, anche in traslato, Tito Livio, sta in ciò che que- sti lo riferi ad argomento morale o
giuridico, 1 mentre Plinio lo applicò ad
indicare l'azione materiale del se-
gnare i luoghi da emendare d'uno scritto. 2 4.° Da una composizione multipla risultò il
verbo ' re- com-ponere ', il cui
significato proprio è « racconciare,
mettere in ordine ». 3 Plinio indicò con ' recomponere * il concetto di « placare, calmare, acchetare
, rappattu- mare » : ' Quo magis quosdam
e numero nostro inpro- baui, qui modo ad
Celsum modo ad Nepotem, prout hic uel
ille diceret, cupiditate audiendi cursitabant, et nunc quasi stimularent et accenderent, nunc quasi
reconcilia- rent ac recomponerent,
frequentius singulis , ambobus interdum
propitium Caesarem.... precabantur. '
Epist VI 5, 5. È uopo avvertire
che la lezione ' recomponerent % nel
passo citato, è data' in modo approssimativo dal cod. flf, e
che presenta la parola scritta in guisa incerta: ' re om- ponerent\ Invece il cod. D e le edizioni p, a
danno la lezione ' reconciliarent
componerentque ' : la quale , se venisse
accettata, renderebbe inutile la nostra osserva- zione, poiché il verbo ' componere ' nel
senso traslato di « acchetare,
pacificare, riconciliare » era stato già
usato, prima di Plinio , nelle frasi : ' componere bel- * Liv. V il, 12. « Cfr. Cic. Epist
adfam. IX 10, 1.— Horat. Epist. II ,3, 446-447.
3 Ovid. Amor. I 7, 68. Consoli — Il Neologismo puntano 8 - 114 —
lum, 1 componere controuersias,* componere lites, 1 com- ponere seditiones ', 4 etc. 5.° Il verbo ' ad-radere ', nel suo
significato proprio di « radere ,
accorciare , mozzare » , si rapporta alla
barba, ai capelli e anche ai rami degli alberi. Plinio lo accolse in traslato per significare il
concetto di 103 »
44 » 16
» 75 »
120 > 102
» 23 Pag.
31 »
47 » 35
una ijuaiu si nana, uei u
abactus^ Pan. 20, 4. acor 3 : VII
3, 5. actiuncula t : IX 15, 2. adductus
3 : I 16, 4. adnotatio 2 : VII 20,
2. adnotator x : Pan. 49, 6. adradere 3 : II 12, 1. adsistere 3 : VII 6, 3; X 81 (85), 1.
aduocatus 3 : Vili 6, 9.
aposphragisma ,: X 74 Q6Ì.
3. baptisterium t : II 17, 11; V 6, 25.
bellatorius 1 : VII 9, 7. buie! : X 81 (85), 1; 110 (IH), 1; 112(113), 1; 116 (117), 1. Pag.
32 Pag. 68
» 48 »
82 » 10
» 25 »
108 » 75
» 28 »
17 » 112
» 105 »
43 » 28
» 73 — 130 —
Pag. 65 defremere ,: IX 13, 4. »
99 descensio 3 : V 6, 26. » 116
destringere 3 : Pan. 37, 2 (cfr. Ili 5,
14). > 45 dianome,:X 1 16(1
17),2. » 100 dispensatio 3 : X 75 (79), I.
73 districte , : IX 21, 4. 11
duurauiratus,: IV 22, 1. ecclesiali 10
(111),1. egestio 3 : Vili 6, 7. eiecta { : II 17, 11. electa t : III 5, 17. enodis 3 : V 17,2. eranus t : X 92 (93). excursio 2 : I 3, 2. exscribere 2 : IV 28, 1. exsoribere 3 : V 16, 9. exsecare 3 : II 12, 3. exultantius t : III 18, 10. Pag. 98 frenator 3 : Pan. 55, 9. Pag. 98 gestator 3 : IX 33, 8. . »
là » 11
Pag. 39 »
101 » 24
» 25 »
106 » 32
» 78 >
87 » 115
» 115 »
70 Pag. *ag
f. 33 » 107
» 111 »
56 » 55
» 109 »
64 52 haesitabundus t :1 5,
13. 15 haesitator^V 10(11), %. J07 hamatus ? : IX 30, 2. 40 heliocammus^II 17,20. 38 hetaeria , : X 34 (43), 1; 96 (97), 7. 68 historice t : II 5, 5. idyllium , : IV 14, 9. inamoenus 3 : IX 10, 3. inarescere^; li 4, 4. inascensus ,: Pan. 65,3. incongruensj: IV 9, 19. incustoditus 3 :VI 29 f 10. indecere t : II J 1, 2. Pag. 56
» 25 » 109 Pag.
» » Pag.
» » 53
58 55 71
110 102 66
54 119 40
61 91 indeflexus ,: Pan. 4, 7. indignatiuncula x : VI 17, 1.
inductus 3 : III* 18, 10; IV 3,
5; V 6, 44. ingloriosi^: 1X26, 4. inperspicuus,: 1 20, 17. inreuerens,: Vili 21,3* inreuerenter^ il 14,2; VI 13, 2.
insitici us 3 : IV 3, 5.
instantia , : III 5, 18 ; V 8,
10." interscribere,:VII 9, 5. inturbàtus { : Pan. 64, 2. inumbrare 3 : Pan. 19,1, iselasticum , : X 118 (119), 1; 119 (120). iselasticus,:X 118(119) 1-2; 119 (120), iuba 3 : V 8, 10. 89 Latine , : VII 4, 9. 92 latitudo 3 : I Ì0, 5. 13 laudiceni t : II 14, 5. 120 lectkare 3 :VII 17, 4. 38 lyrica , : III 1, 7 ; VII 17, 3; IX 22, 2. 36 Jvristes , : I 15, 2; IX 17, 3; 36, 4; 40, 2. 78 mensor 2 : X I7B , 5; 18 (29), 3.
41 mesochorus t : II 14, 6. 28
mettila , : V 6, 35. 41 muniambij: VI
21,4- 52 monstrabihs,: VI 21, 3. 68 mortifere t : III 16, 3. 104 motus . : III 4, 9. 9? muscufus % : V 8, 10. — 181 —
Pag. 93 numeri 3 : III- 4, 5. »
101 nutatiog : Pan. 5, 6. Pag. »
> Pag. »
> 86 octogenarius 9 :Vl
33,2. 27 offendiculuir^:IXll,l. 61 opisthographus L : III 5 17.
47 orarius , : X 15 (26) ; 17A
(28), 2. 86 otiosus g: X 54 (62), 1. 83 paedagogium-, :VII 2.7, 13.
108 peracerbus 3 : VI 5, 6. 88
percolere 2 : V 6, 41. 58 pereopiosus
,: IX 31, 1. 59 perdecorus^ III 9,
28. Ili perdomare 3 : V 6, 10. 119 perseuerare 3 :VI20,19. 94 pertica , : Vili 2, 8. 66 pertribuere t : X 86B (18), 2.
36 phantasma »:VII 27, 1. 34
poematium , : IV 14 , 9; 27, 1. 79 praeceptio 2 : V 7, 1. 49 praecursorius.:IV 13,2. 21 praelusio f : VI 13, 6. 116 praesternere 3 : V8, 14; Pan. 31, 1.
80 praesumptio 2 1 IV 15, 11; IX
3, 1. 46 procoeton 4 : II 17, 10; 17, 23.
59 prominulus 4 : V 6, 15. 62
prooemiari t : II 3, 3. 88 prosecare 2 :
V 6 , 10. 42 protopraxia l : X 108 (109), 1.
121 proxirae.,: I 10, 11; IV 29
1' V 7 4. 69 puellariter,: Vili
10,1. Pag. 113 recomponere 3 : VI 5,
5. » 99 reductor s : Vili 12, 1. 71 redundanter ,: 120, 21. 118 reformare a : Pan. 53, 1. 18 reformator 1 :VHI 12, 1. 22 renutus t : I 7, 2. 117 resultare.* : VIII 4, 3; Pan. 73, 1.
104 retinaculum^: I 12, 8.
» Pag. 51 » 122
Pag. 108 69
19 11 94
9 84 27
96 10 76
95 97 119
14 sacerdotalis ,:VII
24,6. salubriter 3 : I 24, 4; VI 30, 3.
saxeus 3 : II 3, 7. scurriliter ,: IV 25, 3. seruatio.rX 120(121),1. sesquihora t : IV 9, 9. singultus 3 : IV 30, 6. sinisteritas x : VI 17, 3; IX 5, 2.
sipo 2 : X 33 (42), 2. sipunculus
t : V 6, 23; 6, 36. socculus 3 : IX 7, 3. social itas t : IX 30, 3; Pan. 49, 4.
species o : X 56 (64), 4; 96 (97), 4.
spoliarìum 3 : Pan. 36, 1.
sportula 3 : II 14, 4. subsignare
3 : III 1, 12; X 4 (3), 4. subterraneum 4 :IV 11,9. 63 ubertare , : Pan. 32, 2. 77 ueria , : V 6, 46; Vili 11, 2.
22 unctorium ,: II 17, 11.
Pag. 105 xenium 3 : V 13 (14), 8.
Pag. 42 zotheca t : II 17, 21. »
29 zothecula , : V 6, 38. — 132
— IL
INDICE dei luoghi di Plinio, nei quali si contengono I neologismi notati. Epist. lib. I •
• 17, 20 pag.
40 30, 2 Pag.
25 17, 20 »
44 30, 6 »
95 3, 2 pag.
79 17, 21 »
43 5, 4 »
68 17, 23 »
46 Epist. lib. V
• • 1 5, 13
» 52 1
1 7,' 2 »
22 Epist. lib. Ili
• • 6, 10
pag. 89 10, 5
» 92 6, 10 »
112 10, 11 »
121 1, 2 pag.
64 6, 15 »
60 12, 8 »
105 1, 7 »
38 6, 20 »
75 15, 2 »
36 1, 12 »
119 6, 21 »
75 16, 4 »
109 2, 6 »
98 6, 23 »
27 20, 17 »
58 4, 5 »
93 6, 23 »
105 20, 21 »
72 4, 9 »
104 6, 25 »
31 24, 4 »
122 5, 17 »
25 6, 26 »
99 5, 17 »
61 6, 27 »
44 Epist. lib. II
• • 5, 18
» 103 6, 27
» 75 9, 28 »
59 6, 28 »
44 3, 3 Pag-
62 16, 3 »
68 6, 29 »
44 3, 7 »
108 18, 10 »
70 6, 29 »
44 4, 4 »
111 18, 10 »
110 6, 30 »
44 5, 5 »
68 6, 31 »
44 12, 1 »
114 Epist. lib. IV
6, 35 » 28
12, 3 » 115
. 6, 36 » 27
13, 5 » 121
3, 5 pag. no
6, 38 •» 29
14, 2 » 71
3, 5 » 110
6, 41 » 88
14, 4 » 97
9, 9 » 11
6, 44 » 110
14, 5 » 13
9, 19 » 55
6, 45 » 16
14, 6 » 41
11, 9 » 14
6, 46 » 77
17, 5 » 11
13, 2 » 49
7, 1 » 79
17, 10 » 46
14, 9 » 33
7, 4 » 121
17, 11 » 22
14, 9 » 34
8, 10 » 91
17, 11 » 24
15, 11 » 81
8, 10 » 92
17, 11 » 31
22, 1 » 12
8, 10 » 102
17, 16 » 44
25, 3 » 69
8, 14 » 116
17, 17 » 44
27, 1 » 34
10 (11), 2 » 15
17, 17 » 44
28, 1 » 87
13 (14), 8 » 106
17, 19 » 44
29, 1 » 121
16, 3 » 73
— 133 — 5 Pò
j! 1 16, 9 16, IO
17, 2 pag. 115 » 48 »
106 ^»s& lib. VI: 5
5 8 13
13 17 17
20 21 21
23 29 30
33 5 6
1 2 6
1 3 19
3 4 5
10 3 2
pag. 113 » 108 » 121
» 71 V 21 » 26
» 9 » 119 » 52
» 42 » 17 » 109
» 122 » 86 Epist. lib. VII: 3
4 6 9
9 17 17
20 21 24
27 27 5
9 3 5
7 3 4
2 2 6
1 13 pag.
» » 90
89 116 66
48 38 » 120
78 44 51
36 83 »
» Epist. lib. Vili: 2, 8
4,3 4,4 5, 3
pag. 94 » 117 » 102
» 23 6,7 6, 9
10, 1 12, 1 12, 1
20, 7 21, 3 23, 1
pag. 101 » 104 » 69
» 18 » 99 » 28
» ùo » 23 J^rtst lib. IX: 3, 1 5, 2
7, 10, 3
3 4 2
11, 1 13, 15,
17, 3 21, 4 2
3 4 22,
25, 26, 26, 12
26, 13 30, 2 30, 3
31, 1 33, 8 36, 3
4 2 36,
40, pag. 82 » 10 »
96 » 107
» 27 » 65 » 25 »
36 » 74
» 38 » 28 » 53 »
73 » 112
» 107 10 58 98 44
36 36 »
» » »
» Epist. lib. X : 4 (3), 4 pag. 119 15 (26) »
17 A (28), 2 » 17 B, 5 » 33 (42), 2 » 39 (48), 5 » 54 (62), 1 » 47
47 78 85 32 86
56 (64), 4 61 (69), 4 74 (16), 3
75 (79), 1 81 (85), 1 81 (85), 1
86 B (18), 92 (93) 96 (97), 4
96 (97), 7 106 (107) 108 (109)
110 (111) 110 (111) 112 (113)
112 (113) 114 (115) 116 (117)
116 (117) 118. (119) 118 (119)
118 (119) 120 (121) Pag.
» » » » •2
» »
» » I » 1
» 1 »
1 » 3 » 3 » 1
» 2 »
1 » 1 » 2 » 1
» 76
82 44 100
36 116 66
33 77 38
75 42 36
39 36 32
32 36 45
40 61 61
•19 Panegyr. 4,7
5, 6 19, 1 20, 4
31, 1 32, 2 36, 1
37, 2 49, 4 49, 6
53, 1 55, 9 64, 2
65, 3 82, 8 92, 3
pag. 56 » 102 »
120 » 20
» 116 »
63 » 96
» 117 »
10 » 16
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98 » 54
» 56 »
23 » 17 L'AUTORE DEL LIBRO DE ONRAR BISI (ERMANOKYA RICERCHE CRITICHE DEL DOTTOR
SANTI CONSOLI Libero docente di
letteratura e lingua latina nella R. Università di Catania DERE
ROMA. Ermanno LoescHER &
Co (Bretsehneider e Regenberg) Librai di S. M. la Regina d’Italia 1902
Proprietà letteraria dell’ autore.
(Catania, via Maddem, n. 160)
MII Tipografia editrice
BARBACALLO & SCUDERI, in Catania.
1006914 NOY £ 1906 Pad
«TI AG -YC16
A RoBERTO DI CARCACI MIO ALUNNO
NEGLI ANNI 1889 = 1894 AVVERTENZA Nel presente libro si compendiano i
risultamenti di un lavoro paziente di
ricerche, durato per più anni. Le
conclusioni, alle quali siamo pervenuti, sembreranno a taluni molto ardite ; e, forse, non tutti
coloro che de- gneranno il libro di una
lettura attenta, stimeranno che si
debbano fare a tali conclusioni « accoglienze oneste e liete ». Ma chiunque esamini il nostro
libro con a- nimo alieno da preconcetti,
non potrà, pur dissentendo dalle
conclusioni, disconoscere che le nostre indagini critiche sono state sempre obiettive e senza
il disegno di far prevalere, ad ogni
costo e in qualunque, modo, una tesi
prestabilita. Delle osservazioni che ci saranno
fatte, terremo il debito conto, ringraziando fin d’ ora i lettori benevoli. È opportuno, inoltre, avvertire che, quanto
al testo di Tacito, abbiamo seguito l’
ediz. curata dal Halm ; e per la nat.
Rist. di Plinio, l’ ediz. Jan-Mayhoff. Quanto
al testo della Germ., abbiamo preferito attenerci alla recente ediz. di Ioannes Mueller (Wien u.
Prag , F. Tempsky ; Leipzig, G. Freytag:
1900, ed. II maior). Citando di Tacito
un intero capitolo o più parti d uno
stesso capitolo, si è omesso di indicare il num. del rigo accanto al num. d’ ordine del capitolo.
Degli au- tori che sono citati nel corso
del libro , abbiamo con- servato i testi
tali quali si presentano nelle edd. con-
sultate, senza variarne menomamente la grafia, ancorchè questa apparisca, talvolta, inesatta. TTI DT NR gi TÀ + + GND è + CHIND è + GHIND è + HD + è qu»
00: LL tt rit ‘rl eee e asi
_— > —_ «= ++ «mm è Malatano
li sen a cut NA limiter sociali leva st E rc CAPITOLO PRIMO Esame critico delle notizie concernenti il
tempo in cui fu scritta e pubblicata la
Germania. Dell’aureo libretto de
origine et situ Germanorum 1, che
indicheremo, come altri han fatto prima, con l’ab- breviatura Germ., non trovasi fatta menzione
nell’ an- tichità, sia perchè non se
n’ebbe notizia dagli scrittori 1 Il
tit. de origine et situ Germanorum è indicato per la pri- ma volta dal Panormita, in una lettera dell’
aprile 1426 diretta al Guarini di Verona
(vedi cod. Marciano XIV 221 f 95; cod.
Classense 419, 8 f. 3: cit. dal SABBADINI, notizie storico-critiche di alcuni codici latini, in Studi italiani di
filol. class. VII pp. 122-125), ed è
confermato dai codd. Vatic. 1862 e Vatic. 1518.
In una nota di Pier Candido Decembrio (cod. Ambros. R 88 sup. £. 112: vedi SABBADINI, il ms.
hersfeldese delle opere mi- nori di
Tac., in Rio. di filol. e d' istruz. class. XXIX 262) leg- gesi il tit. de orig. et situ Germaniae,
ripetuto dal cod. Neapol. Il cod.
Leidens. dà: de origine situ moribus ac populis Ger- manorum : cf. WoELFFLIN, sum Titel der
Germania des Tac., in Rhein. Mus. N. F.
XLVIII 2, 312. CoNsoLI : L’ autore
della Germania, 1 sad le cui opere sono pervenute sino a noi; sia
perchè, seb- bene ne avessero avuto
notizia, essi credettero di met- tere il
libretto in non cale; sia anche perchè quanto
potè essere scritto intorno allo stesso, non si conservò intatto dall’ azione del tempo. Quale di
queste tre ipo- tesi risponda al vero o
a questo più si avvicini, nello stato
presente delle nostre cognizioni sull’ antichità classica, non può con certezza affermarsi.
Nemmeno un cenno sull’autore della Germ.
è pervenuto sino a noi; e tutto quello
che ci è dato sapere in proposito si può
soltanto dedurre dal contenuto della Germ. stessa 1. Nessun dubbio, però, si può avere sulla
romanità del- 1’ autore, il quale, in
tutto quanto scrive sui Germani, mostra
che ha costantemente l’attenzione volta alle con- dizioni morali, politiche e militari di Roma,
che talora gli son causa di vive
inquietudini. Ma degli scrittori romani
che trattarono delle relazioni, in pace e in guerra, dei Romani coi Germani, dopo quello che ne
aveva scritto il ‘ summus auctorum diuus
Iulius ?, ® ce ne sono parecchi, nel
primo secolo dell’ impero. * Tito Livio a-
4 Qualcuno, spingendo all’ estremo le conseguenze del silen- zio degli antichi sul nome dell’a. della
Germ., è giunto a ne- gare l'autenticità
del libro: vedi quel che scrive in proposito
A. GeFFRoy, Rome et les barbares, étude sur la Germanie de Tacite, Paris 1874, pp. 55-56. 2? Germ. 28, ì. 3 Vedi W. ScHLEUSNER, quae ratio inter Taciti
Germaniam ac ceteros primi saeculi
libros Latinos,in quibus Germani tan-
gantur, intercedere uideatur. Acc. loci quidam Amm. Marcel- lini. 1886. A. LUECKENBACH, de Germaniae quae
uocatur Taci- teae fontibus. Marb. 1891. A. GUDEMAN, the sources of the
Ger- mania of Tacitus, in Transactions
and proceedings of the American
philological association, 1909, vol. XXXI, pp.
93-111. aa veva già trattato dei Germani nel corso
delle sue sto- rie, scrivendo delle
imprese di Giulio Cesare! e delle
spedizioni di Druso. ? Dello stesso argomento si era cer- tamente dovuto intrattenere l’imperatore
Ottaviano Au- gusto, tanto nelle sue memorie,
* quanto nell’elogio che egli scrisse
per il figliastro Druso 4; e, dopo Ottaviano,
anche Vipsanio Agrippa nella sua autobiografia *; Giulio Marato, liberto e biografo di Augusto
$; e forse Cremuzio Cordo ne’ suoi libri
de rebus Augusti ?: chè notevoli furono,
durante l’ impero augusteo, i conflitti
tra Romani e Germani. Di poi Velleio Patercolo, men- zionata la disfatta di Varo, promise
intrattenersi dei Germani. * Non
potevasi escludere un cenno della poli-
l Vedi il principio dell’epit. del 1. CIV : ‘ prima pars libri si- tum Germaniae moresque continet ’. ? Epitomae dei Il. CKXXVII, CXXXVIII, CXXXIX
e CXL. 8 Sveron. Aug. 85; Claud. 1. Cf. G. BERNHARDY, Grundriss d. r L.5 $ 46, p. 261. TEUFFEL-SCHWABE, G. d. r.
L. 5 $ 220, 3, p. 468. 4 Vedi l’ epit. ll CXL di Livio. Sveron. Claud. 1. Cass. Dion. r. Rom. LV 2, 2. 5 Intorno all'autobiografia di Agrippa vedi
la menzione che ne fa Serv. comm. in
Verg. georg. II 162, p. 235, vol. 3°,
fasc. 1°, rec. Th. 6 SveToN. Aug. 79. 7 Vedi SEN. dial. VI 1, 3; 22,4; 26,1 e 5. Tac. ann. IV 34 e 35. Cass. Dion. r. Rom. LVII 24, 1-4. Sveron.
Tib. 61; Calig. 16. Neli’ ed. Bonnell di
QvinTIL. X 1,04, vol. 2°, p. 163 non si
fa menzione di Cremuzio Cordo; e dove alcuni pretendono leg- gere ‘ nec immerito Cremutii libertas '’, lo
Zumpt coi migliori codd. legge: ‘nec
immerito remitti ( cod. Bamb ‘ rem uti ’ )
lib., dix. uel noc. * 8 VeLL.
PaTERC. A. R. II 119 ‘“ordinem atrocissimae calamita- tis , qua nulla post Crassi in Parthis damnum
in externis gen- tibus grauior Romanis
fuit, iustis uoluminibus ut alii, ita n 0 s
conabimur exponere: nune summa deflenda est’ (Halm). — di
tica romana, quanto alle relazioni coi Germani, nelle autobiografie degli imperatori Tiberio ! e
Claudio * ; e di proposito si dovette
trattare delle lotte, sì varie e
persistenti , contro i Germani negli scritti di Cornelio Lentulo Getulico, che fu a capo delle legioni
della Ger- mania superiore 3, e nei
commentarii di Cn. Domizio Corbulone ,
che fu anche’ a capo degli eserciti romani
in Germania e mosse guerra contro i ‘Chauci?. ' Nè può presumersi che le importanti vicende
delle armi romane nella Germania siano
state lasciate senza alcuna menzione
nelle Ristoriae di Cornelio Bocco, Servilio No-
niano, Cluvio Rufo *, Fabio Rustico e di altri istorio- grafi, ai quali pare che si debbano riferire
le afferma- zioni generiche ‘ memorant ,
‘ quidam opinantur ’, ‘ ad- huc extare
’, che si notano nel cap. 3° della Germ.
Storicamente è accertato che trattarono dei Germani e delle guerre germaniche Aufidio Basso e ©.
Plinio Secondo. Il lavoro di Aufidio
Basso aveva per titolo belli germanici
libri", e probabilmente formava parte
1 Sveron. Tib. 61; Dom. 20. 2
Sen. lud. de m. Claud. 5, 4. PLIN. n. Ah. XII 17 (39), 78 Sveron. Claud. Al. 8 Cass. Dion. r. Rom. LIX 22, 5: cf.
SveToNn. Galb. 6. Ma il Jahn (Pers. p.
CXLII) ammette che Lentulo Getulico non abbia
scritto propriamente una storia, sibbene un carme sulle spedi- zioni contro i Germani ed i Britanni. 4 Tac. ann. XI 18 e 20. 5 Il GIORDANI, studi sopra Tac., crede che
si accenni a Cluvio Rufo nel celebre
elogio di QvintIL. i. 0. X 1, 104 ‘superest ad- hue et
exornat aetatis nostrae gloriam uir saeculorum me- moria dignus’, cet. Vedi opere di P.G., pubblic. da A. Gussalli, vol. 12°, pag. 215; Milano, Sanvito,
1857, 6 QUvINTIL. i. 0. X ], 103. Vea
d’un altro lavoro storico più ampio, scritto da lui stesso !. Plinio Secondo narrò in libri
trentuno @ fine Aufidii Bassi la storia
de’ suoi tempi, in continua- zione di
quella scritta da A. Basso ?, e perciò vi do-
vette includere la trattazione delle relazioni dell’ im- pero coi Germani: dovette in particolar modo
trat- tare di tali relazioni nei due
libri de vita Pomponii Secundi, il quale
fu legato in Germania sotto Claudio, e,
per la vittoria sui ‘Chatti’ devastatori; si ebbe lo onore del trionfo. Plinio scrisse inoltre
venti libri bellorum Germaniàe! o
Germanicorum bellorum î, nei quali
trattò (ripetiamo le parole del nipote di lui, Pli- nio il giovane) ‘omnia quae cum Germanis
gessi- mus bella”.6 La storia pliniana
delle guerre ger- maniche si conservò in
Germania sino al sec. XVII; poi sparve e
non se n° ebbe più notizia: ma non si è
perduta la speranza che il prezioso ms. si possa ritro- vare, ?
1 TEUFFEL - ScHWABE, G. d.
r. L.5 S 277, 2, p. 664. CL R. NicoLa1, G. d. r. L. Magdeb. .1881, n. 107, p. 616, ? PLIN.n. h,, praef. 20. PLIN. epist. III 5,
6: vedi anche V_ 8,5, 3 PLIN. epist. II
5, 3. Tac. ann. XII 27 e 28, 4 PLIN.
epist. III 5,4. 5 Tac. ann. I 69,6. SyYMMACH. epist. IV 18
ad Protadium, p. 152: ‘ enitar, si fors uotum iuuet, etiam Plinii Secundi Germa- nica bella conquirere”. 6 PLIN. epist. III 5, 4. La frase di Plinio
il giovane è ripetu- ta da Suetònio :'
‘bella’ omnia, quae unquam cum Ger-
manis gesta sunt, XX uoluminibus comprehendit’: v. C. Sve- Ton. TRANO. deperditorum librorum reliquiae,
ed. Roth, 1882, P. 300. i © H. F. Massmann; Germ. des C. Corn. Tac.,
Quedlinburg u. Leipzig 1847, p. 179,
noja 6, riferisce un passo dei monumenta
ME Sicchè non sarebbe fuor di
luogo il supporre che quanto si contiene
nel libretto de origine et situ Ger-
manorum avesse potuto, per intiero o in parte, in una forma identica a quella con cui è pervenuto
sino a noi o alla stessa somigliante,
costituire, come un’introdu- zione
geo-etnografica o in altro modo, parte integran- te dei lavori storici sulla Germania di
Aufidio Basso o di Plinio Secondo; e
particolarmente di quest’ ultimo che,
oltre al continuare l’opera di Basso, trattò più ampiamente e, con migliore e più esatta
conoscenza dei fonti e dei fatti il tema
delle guerre germaniche. Se non che ad
ammettere ciò pare che contrastino alcuni
luoghi notevoli del testo della Germ., poichè in essi, secondo quel che comunemente affermasi, si
menziona- no fatti posteriori alla morte
di Plinio Secondo (a. 79 d. Cr.).
Infatti, nelle parole ‘ac rursus inde pulsi ( sc. Germani) proximis temporibus triumphati magis
quam uicti sunt” (Germ. 37, 26) si vuol
vedere un’allusione al trionfo di
Domiziano sui ‘Chatti?, a. 83 d. Cr.! Si
pretende riconoscere nelle parole del cap. 42, 9 della Germ. ‘raro armis nostris, saepius pecunia
iuuantur ’ (sc. Marcomani et Quadi),
l’usanza invalsa sotto Domi-
Paderbornensia del FuEeRsTENBERG: ‘Plinii XX uwolumina de bellis Germanis... quae Conr. Gesnerus
Augustae Vindelicorum, alii Tremoniae in
Westphalia apud Casparum Swarzium pa-
tricium Tremoniensem exstitisse tradiderunt’. La nota del Massmann è ripetuta dal Geffroy, op. cit., p.
85, n. 3. 1 Sveron. Dom. 6 ‘de Catthis
Dacisque post uaria proelia duplicem
triumphum egit’. Cf. Dom. 13, in fine. Le monete in cui si dà a Domiziano il tit. di ‘Germanicus’
sono del princi- pio dell'a. 84. Vedi
EcKkHEL VI 378; 397: e MommsEN-DE RuG-
GIERO, le prov. rom. da Ces. a Dioclez., Roma, 1887; cap. IV, P. 139, e nota 1* nella stessa pag. — 7
ziano di dar danaro ai capi dei barbari per tenerseli: ubbidienti e dar loro i mezzi di accrescere
il numero dei partigiani dei Romani. !
Si scorge nel cap. 45 della Germ. un
accenno intorno alle notizie sulle. regioni
nordiche, pervenute a Roma dopo la spedizione di Giulio Agricola ?. Osservasi inoltre che
l’annessione dei campi decumati, indicata
nel cap. 29, 19 Germ. con le parole ‘mox
limite acto promotisque praesidiis sinus im-
perii et pars prouinciae habentur (sc. agri decumates)’, si compì al tempo di Domiziano o di Traiano,
3 Si fa men- zione nel cap. 33 Germ.
dello sterminio dei ‘ Bructeri/, che
vuolsi avvenuto verso l’ a. 100 d. Cr. Infine si. ad- duce come prova evidentissima che la Germ.. fu
scritta e pubblicata verso la fine del
secolo I d. Cr., il com- puto degli anni
presentato nel cap. 37, 6 per, indicare
la durata della lotta coi Germani: ‘sescentesimum et quadragesimum annum urbs nostra agebat, cum
pri- mum Cimbrorum audita sunt
arma...... ex quo si ad alterum
imperatoris Traiani consulatum computemus,
ducenti ferme et decem anni colliguntur *. Consideriamo l’ uno dopo l’altro i ll.
citati.. I. — Germ. 37, 23 ‘ mox
ingentes Gai Caesaris minae in ludibrium
uersae. inde otium, donec occasione dis-
cordiae nostrae et ciuilium armorum expugnatis legio- 1 Cass. Dion. r. Rom. LXVII 7, 3-4
(Xiphil.). 2 Tac. Agr. cc. 10, 12 e 33
in fine. 3 Così affermasi nei comm.
alla Germ: di I. F. K. Dilthey
(Braunschweig 1823, p. 187 sg.), di Th, Kiessling (Lps. 1832, p. 119 sg.). di U. Zernial (Berl. 1890, p.
60), di A. Pais (Torino 1890, p. 49), di
G. Marina (Romania e Germania ovvero il
mondo germanico secondo le relazioni di Tac., Trieste 1892, P. 97), etc. RR era
num hibernis etiam Gallias adfectauere; ac rursus inde pulsi proximis temporibus triumphati magis
quam uicti sunt’. Nella lotta, dunque,
contro i Germani, il passo cit. ci
rappresenta successivamente i sgg. fatti : a) la spedizione poco seria di Caligola; d) la
sospensione di qualsiasi spedizione militare
sotto Claudio e Nerone; c)
l'insurrezione dei ‘ Bataui ” guidati da Giulio Civile, la quale si estese anche alle Gallie ; d) un
trionfo di nessuna importanza, sui
barbari. Tale trionfo non può essere
altro che soltanto quello di cui menò vanto Do-
miziano sui ‘ Chatti ’ ? A noi pare, invece, che l’ auto- re abbia voluto riferirsi ai vantaggi, di
poca efficacia e poco duraturi,
riportati dalle armi di Vespasiano sui
‘‘Bataui’ e sugli alleati di questi. Se, in vero, l’autore avesse voluto riferirsi al trionfo di
Domiziano, non a- vrebbe certamente
tralasciato di menomarne, in un modo
qualsiasi, 1’ importanza, come appunto si legge nel de uita et moribus Iulii Agricolae * e in altri
scritti che menzionano o fanno allusione
alla vantata vittoria di Domiziano. * Si
aggiunga che l’ autore, avendo mal a-
nimo contro Domiziano ; se per Caligola disse poco prima, notando il ridicolo delle imprese di
lui contro 1 Tac. Agr. 39, 3 scrive
di Domiziano: ‘inerat conscientia
derisui fuisse nuper falsum e Germania triumphum, emptis per commercia, quorum habituset crines in
captiuorum speciem formarentur. ’ ? PLIN. pan. 16, 3 ‘accipiet ergo aliquando
Capitolium non mimicos currus nec falsae
simulacra uictoriae, sed imperato- rem
ueram ac solidam gloriam reportantem ’ e. q. s. Cass. Dion. r. Rom. LXVII 4, 1. Oros. hist. adu. pag. VII
10, 3 e 4. Loda, invece, MARTIAL, ep.IX
6; e FRONTIN. sfrat. I 1, 8; 3, 10. II 3,
23; 11, 7. IV 3, 14 (ed. Gundermann) mostra di non dubitare menomamente dell’ importanza della spedizione
di Domiziano, i. Gas i Germani : ‘ ingenies Gai Caesaris minae
in ludibrium uersae ’, ! avrebbe scritto
parole più gravi contro Do- miziano ,
ove avesse voluto DIADIESI alla iattanza di
EI imperatore. D’ altro canto,
la frase ‘ proximis temporibus trium-
phati magis quam wicti sunt" non può riferirsi all’ o- nore trionfale concesso, nell’a. 50 «dd. Cr.,
a Pomponio Se- condo che aveva
sottomesso i ‘ Chatti ’ e liberato, dopo
lunghi anni di cattività, alcuni dei soldati -di Varo, caduti prigionieri nella battaglia di
Teutoburg ?; poi- chè l’ insurrezione
dei ‘ Bataui ’, dilatata nelle Gallie,
alla quale si accenna con le parole ‘ expugnatis legio- num hibernis etiam Gallias adfectauere ’, * è
posteriore di circa venti anni alla
vittoria di Pomponio Secondo. E però le
parole citate del testo della Germ. ‘ pro-
ximis temporibus triumphati magis quam uicti sunt’, non possono che riferirsi al tempo in cui
Vespasiano riusciva a sedare l’
insurrezione batavica; e, sebbene
intorno a ciò non sia dato d’ avere dirette notizie da Tacito, perchè le historiae di lui restano
interrotte nel lib. V 26, appunto quando
lo storico insigne si accingeva a
trattare della fine dell’insurrezione di Civile,e della vit- toria riportata dalla politica di Vespasiano
sulle sedi- zioni germaniche, pure il
trionfo di Vespasiano sui ‘ Ba- taui? e
i loro alleati germanici è indicato chiaramente
dalle parole ‘ uidimus sub diuo Vespasiano Velaedam diu apud plerosque numinis loco habitam ?
(Germ. 8, 8). 1 Lo stesso
apprezzamento notasi in Tac. Agr. 13,11. rist. IV 15, 9. Cf. A. RIESE,der Feldzug des Caligula
an der Rhein, in Neue Heidelberger
Jahrbicher, vol. VI, fasc. 2. i 2 Tac.
ann. XII 28. 3 Vedi anche Tac. hist. IV
17 e V 26. 40 — Veleda, vergine fatidica di nazione
bructera, ebbe, co- me è noto, una parte
principalissima, insieme col suo popolo
e con altri popoli germanici, nel movimento in-
surrezionale sollevato da Civile. ! Essa fu, dunque, ve- duta a Roma, non pregiata nè tenuta in onore
da Vespasiano, come fu poi onorata da
Domiziano la ver- gine Ganna, che a lei
succedette nell’ arte del vatici- nio ?,
ma prigioniera *, probabilmente incatenata pres- so al carro trionfale del vincitore. 4 Un’altra ragione c’induce ad ammettere che
nel passo considerato della Germ, si
tratti del trionfo di Vespa- siano,
verso l’a. 70 d. Cr, e non di quello arrogatosi, insieme col titolo di Germanico >, da
Domiziano. I popoli che presero parte
all’ insurrezione di Civile furono, anzi
tutto , i ‘ Bataui”, ai quali si unirono i
‘ Canninefates’, i ‘ Frisii”, i ‘ Bructeri”, i ‘ Tencteri”, etc.0 Essi prevalsero da prima, mentre Roma era
dilaniata dalle guerre civili tra i
pretendenti all’ impero, tanto che
‘expugnatis legionum. hibernis etiam Gallias adfec- tauere ?. Perciò gl’insorti, di cui
immediatamente dopo 1 Tac. hist. IV
61; 65. V 22; 24. 2 Cass. Dion. r. Rom. LXVII 5, 3
(Xiphil.). 3 STAT. silu. I 4, 89 sgg.
‘non uacat Arctoas acies, Rhenum- que
rebellem, | captiuaeque preces Veledae, et (quae maxima nuper | gloria) depositam Dacis
pereuntibus arcem | pandere’. Vedi MommsEN-DE RucGIERO, op. cit., cap. IV, pp. 132 e 135.
4 U. Zernial, commentando la voce ‘ uidimus’ del |. c., p. 30, dice esplicitamente: « Wir haben gesehen, n.
zu Rom, auch Tacitus selber, der sich
des etwa im 15. Lebensjahre gesehenen
Triumphes ueber die Bataver sehr wohl erinnern konnte ». 5 Sveron. Dom. 13. 6 Tac. hist. IV 15; 16; 21. Leida
sì dice ‘ rursus inde pulsi’ e. q. s., altri non sono che gli stessi ‘ Bataui ed i loro alleati, che
erano stati ca- pitanati da Civile, e dei
quali poi, stante il sopravvento delle
armi di Ceriale, menò trionfo Vespasiano, L° im- peratore Domiziano , invece, si vantò del
trionfo sui ‘ Chatti’, non sui ‘ Bataui
’. È vero che, in origine , i ‘ Batani”
furono ‘ Chattorum quondam populus et se-
ditione domestica in eas sedes transgressus, in quibus pars Romani imperii fierent’ ( Germ. 29, 3);
! ma, al tempo dell’insurrezione di
Civile, erano del tutto sepa- rati dai ‘
Chatti” : e questi non si trovavano uniti coi
‘Bataui’, già abbattuti da Vespasiano, quando Domiziano fece irruzione, al dire di Suetonio, ‘ sponte
in Catthos ” ?. Non puossi, inoltre,
non mettere in evidenza che, se l’autore
della Germ. avesse voluto riferire le sue con-
siderazioni d’ordine politico e militare a Domiziano, non si sarebbe valuto di un’allusione generica,
spiegabile solo per chi scrive in tempi
di oppressione e di tiran- nide. Si
conviene comunemente che la Germ, sia stata:
scritta e pubblicata verso il 98 d. Cr., allorchè ‘rara temporum felicitate’, come scrisse Tacito
stesso, ‘ ubi sentire quae uelis et quae
sentias dicere licet’ } 1° im- peratore
Nerva aveva riunito ‘res olim dissociabiles,
principatum ac libertatem’, e l’ imperatore Traiano aveva accresciuto ‘ quotidie felicitatem
temporum’; sicchè ‘ nec spem modo ac
uotum securitas publica, sed 1 Vedi
inoltre Tac. hist. IV 12, 6 ‘ Bataui, donec trans Rhe- num agebant, pars Chattorum, seditione
domestica pulsî extrema Gallicae orae
uacua cultoribus..... occupauere ’, 2
Sveron. Dom. 6. 3 Tac. hist. 1 1,
19. n ia ipsius uoti fiduciam ac robur adsumpserit’!:
e per tanto, sein un lavoro che si
suppone scritto prima della Germ., cioè
nel de vita et moribus Iulii Agricolae, lo
autore, non più preoccupato delle ‘conseguenze della sua franchezza di linguaggio, chè i tempi di
Domiziano erano finiti per sempre,
dichiara, con frase forse ec- cessiva,
falso il trionfo di questo imperatore sui (Ger-
mani *, qual motivo poteva avere l’autore della Germ. per indicare la stessa cosa con una timida e
lontana allusione, mentre si godeva da
tutti piena libertà ? In generale, poi,
è da avvertirsi -che la frase più volte
citata ‘triumphati magis quam uicti sunt ’, se in- dubitabilmente è detta per i ‘ Bataui” ed i
loro alleati, nel pensiero dell’ autore
si doveva eziandio estendere dalla
bravura dei ‘Bataui’ all’indomabile fierezza dei Germani. Dello stesso modo Floro, riferendosi
al breve gaudio delle vittorie di Druso
in Germania, ne conclu- deva in generale
: ‘ quippe Germani uicti magis quam |
domiti erant ’?. II. — Quanto
ai ‘ Marcomani’ ed ai ‘ Quadi’ si av-
verte, nel. cap. 42 della Germ., che avevano avuto pri- ma i loro re della nobile stirpe di Maroboduo
e di Tu- dro, ma che poi avevano accolto
re stranieri, il cui po- tere fondavasi
sull’autorità di Roma : questi re, si con-
clude nel cap. cit., ‘ raro armis nostris, saepius pecu- nia iuuantur, nec minus ualent’. Chi siano
stati i ‘ reges externi’ imposti da Roma
ai ‘ Marcomani ’ ed ai ‘Quadi ’, non ci
è dato saperlo, perchè i fonti fin qui noti
1 Tac. Agr. 3, 2-6; cf. 44, 15, ?
Tac. Agr. 39, 4: cf. la nota precedente.
3 FLOoR, epit. II 30 (IV 12, 30), pag. 101, ed. Halm, i — 3—
non soccorrono per determinare ne’ suoi particolari il pensiero enunciato dall’autore !; e di
conseguenza non ci è noto in che modo e
in qual tempo gli imperatori ro- mani li
abbiano giovati con armi o con danaro. Ma è
inesatto affermare che l’usanza di dare ai principi dei Germani armi o danaro, per acquistare dei
partigiani e sostenere l’autorità dell’
impero sopra i barbari, sia cominciata
sotto Domiziano *; poichè fin dal 47 d. Cr.
l’imperatore Claudio aveva mandato Italico, nipote di Arminio, a regnare sui ‘ Cherusci”,
‘auctum pecunia, additis stipatoribus’*;
e al tempo dell’ insurrezione di Civile,
a. 70, si osservava: ‘Germanos.... non iuberi,
non regi, sed cuncta ex libidine agere; pecuniam- que ac dona, quis solis corrumpantur (sc.
Ger- mani), maiora apud Romanos”.* Di
modo che il passo di Cassio Dione, nel
quale si dà la notizia che Domi- ziano
mandò a Decebalo danari e operai abili nei di- ! Per i tempi posteriori a quelli in cui fu
scritta la Germ. si noverano soltanto i
re dei ‘Quadi’ Viduarius, a. 358 (Amm. Marc.
r. g. XVII 12, 21) e Gabirius, a. 873 (id. XXIX 6,5. XXX, 5,3); edi principi dei ‘Quadi’ Araharius (id. XVII
12, 12-16), Vitro- dorus e Agilimundus
(id. XVII 12 21). A qualche commenta-
tore della Germ. (cf. i comm alla Germ. del Dilthey, p. 265; del Kiessling, p. 151; del Pais, p: 64; etc.)
è parso di scorgere nella frase ‘iam et
externos patiuntur' una probabile allusione
a Vamnio, di gente queda, imposto da Druso (a. 19) come re ai ‘Suebi’ (Tac. ann. II 63. XII 29): e ciò
può ben darsi, ma l'accenno sarebbe
sempre riferito ad un fatto anteriore al tempo
in cui imperò Domiziano. 2 V. i
comm. alla Germ. del Dilthey, p. 265; del Kiessling, p. 151 sg.; del Pais, p. 64; del Marina, p.
132. 3 Tac. ann. XI 16, 6. 4 Tac hist. IV 76, 9. Lo stesso concetto
notasi in HERODIAN. de Rom. imperatorum
uita et rebus, VI 7. FI Pn versi mestieri sì in pace che in guerra,
devesi co- ordinare ermeneuticamente coi
ll. citati sopra, e con- cluderne che
anche prima del 79 d. Cr. si era messa
in atto dagli imperatori romani la politica dei sus- sidi di armi e danaro, verso i barbari. III. — Nel cap. 45 della Germ. si leggono
le sgg. notizie: ‘ trans Sitonas aliud
mare, pigrum ac prope immotum, quo cingi
cludique terrarum orbem hinc fi- des,
quod extremus cadentis iam solis fulgor in ortum edurat, adeo clarus, ut sidera hebetet; sonum
insuper emergentis audiri formasque
equorum et radios capitis adspici
persuasio adicit. illuc usque, si fama uera,tan- tum natura’.* Vuolsi che tali notizie siano
pervenute dal libro de vita et moribus
Iulii Agricolae, al cui autore furono
riferite da Agricola stesso, reduce dalle
guerre di Britannia, non prima dell’a. 85 d. Cr., cioè sei anni circa dopo la morte di Plinio
Secondo. Infatti, quanto al ‘ mare
pigrum ac prope immotum ’, leggesi nell’
Agr. 10, 18: ‘sed mare pigrum et graue remi-
gantibus perhibent ne uentis quidem perinde attolli ?. Che ivi fosse il limite del mondo ‘ cludique
terrarum orbem ’, riscontrasi in una
frase del discorso di Agri- cola ai
soldati: ‘nec inglorium fuerit in ipso terra-
rum ac naturae fine cecidisse’ (Agr. 33, 26). E il fe- nomeno che osservasi nelle regioni nordiche
*, cioè : 1 Cass. Dion. r. Rom. LXVII
7, 3-4 (Xiphil.). 2 Secondo la recens.
Halm e la recens. Io. Mueller. 3 Alcuni
commentatori della Germ. (v.il comm. di U. Zernial, p. 87; e l’op. cit. del Marina, p. 138 in
fine e p.. 140 in princi- pio, censurano
l'autore di essa per aver confuso il nord della
Britannia con la Scandinavia; ma la censura non è giusta, Masini
Ae ‘ extremus cadentis iam solis
fulgor in ortum edurat, adeo clarus, ut
sidera hebetet’, è accennato nel cap.
12, 9 dell'Agr.: ‘ nox clara et extrema Britanniae par- te breuis, ut finem atque initium lucis
exiguo discrimine internoscas ?. La rispondenza che abbiamo riportata intera
tra le notizie riferite nella Germ. e le
notizie consimili che presenta il libro
de v. et m. I Agricolae, non porta di
conseguenza che l’autore dell’una abbia attinto alle notizie esposte nell’altro libro, ma dà
argomento ad ammettere che tanto chi
scrisse la Germ. quanto l’au- tore
dell’Agr. attinsero le loro notizie agli stessi fonti, che per questo ultimo furono confermati dalla
narra- zione fatta da ‘Agricola, al
ritorno dalla Britannia. E di tali fonti
comuni alcuni sono pervenuti sino a noi,
e rendono agevole il riconoscere che le notizie recate in principio del cap. 45 della Germ. erano già
acquisite alla coltura generale, prima
ancora della spedizione di Agricola in
Britannia. Il celebre viaggiatore
Pytheas (a. 330 circa a. Cr.) indica il
mare che nella Germ. è detto ‘pigrum ac
prope immotum ’, con la designazione ‘ pepegyia thà- lassa ’.! Anch’egli dovette far menzione
delle chiare notti estive delle regioni
settentrionali, poichè osservò che nell’
estrema Thyle si alternavano nel corso del-
l’anno sei mesi senza notte e sei mesi senza giorno *. perchè il fenomeno della breve durata e
della chiarezza delle notti estive
osservasi ugualmente tanto nell’un paese quanto
nell’ altro. Cf. Ven. Bepa, hist gentis
Anglorum I 1, col. 1jin operum tomus
tertius, Colon. Agrip. 1612.
1 STRAB, geogr. I 4, 2 (C. 63), ed. Meineke, v. 1°, p. 82. ? Prin. n. A. II 75 (77), 187. AE
Plinio, movendo dalla osservazione sulle chiare notti estive in Britannia, cerca dare una
spiegazione del fe- nomeno notato da
Pytheas : egli scrive ‘ aestate luci-
dae noctes haut dubitare permittunt, id quod cogit ratio credi, solstiti diebus accedente sole propius
uerticem mundi angusto lucis ambitu
subiecta terrae continuos dies habere
senis mensibus, noctesque e ‘diuerso ad
brumam r emoto ’.' A Plinio si deve anche la divulga- zione della rotizia, che poi venne,
probabilmente, con- fermata dalla
relazione orale o scritta di Agricola, sul
‘mare pigrum ac p. i.’: egli lo dice ‘mare concre- tum ?, ed avverte che da alcuni era chiamato
‘ Cro- nium ’? e che, secondo Philemon, quella
parte del mare che precedeva il ‘
Cronium ’, sino al promontorio ‘ Rusbeae
’,3 era detto dai Cimbri ‘Morimarusa ’, cioè
.‘mortuum mare ?’.* Ma prima di Plinio si era già os- servato da Seneca padre che ai confini del
mondo era l’oceano, e dopo questo il
nulla”: concetto che trovasi ripetuto in
parte nella frase della Germ.:* illuc usque,
si fama uera, tantum natura ’; alla quale risponde la frase dell’Agr.: ‘in ipso terrarum ac naturae
fine ”. Resta la difficoltà dell’inciso
‘si fama uera”’, in cui parrebbe
contenersi un accenno alle notizie sull’ alto
1 Prin. n. h. II 75 (77), 186. L’ osservazione è ripetuta in IV 16 (30), 104. ? PLIn. n. A. IV 16 (30), 104: cf. XXXVII 2
(11), 35. 3 ‘ Vsque ad promunturium
Rusbeas': così nei codd. Leidens. (A),
Riccard. (R), Paris. 6797 (d) e nelle edd. Detlefsen (Berol. 1866), L. Jan (Lips. 1870). ‘ Roudoas’ è
dovuto a correzione di seconda mano nel
cod. Leidens. Lips. 7 (F). Solino
(coll. r. m. 19, 2, rec. Mommsen) lo
trascrive ‘ad promunturium Rubeas”’ 4
PLIN. n. Ah. IV 13 (27), 95. 5 SEN. RHET. suas. I 1, p. 2, ed. Kiessling.
= If. nord, conosciute meglio a
Roma ovvero positivamente confermate da
Agricola dopo il suo ritorno dalla Bri-
tannia. Nei codd. leggesi veramente ‘et fama uera’, che non pochi dei moderni edd. della Germ.
hanno ri- presentato. La sostituzione
della cong. ‘si’ all’ ‘et’ è dovuta ad
una congettura del Grozio ; cosicchè se,
per tale congettura, si può presumere che l’autore vo- glia presentare un suo dubbio, che valga a
mettersi in contrasto con le voci ‘ persuasio
’ e ‘ fides ’, con le quali si
annunziano certi fenomeni naturali, quali il rumore del sorgere del sole, le forme dei cavalli e dei
raggi del ca- po del sole stesso, e lo
splendore dei raggi solari per- sistente
fin dopo il tramonto e tanto da oscurare le
stelle; ogni dubbio si elimina con la lezione ‘et fama uera’, che dà per indubitato il limite del
mondo in quel ‘mare pigrum’, con cui si
cinge e si chiude lo orbe terrestre. Nè
da tale conclusione è possibile al-
lontanarsi, ammettendo col Dòderlein lo spostamento delle parole ‘et fama uera’ dopo ‘natura’, di
modo che l’ intera frase suoni: ‘illuc
usque tantum natura, et fama uera’. Il
Ritter, invece di tentare di risolve- re
la questione, la tronca, chiudendo tra parentesi qua- dre tutta la frase ‘illuc usque, et fama
uera, tantum natura ’.! A noi pare che
si debba, anzi tutto, tener presente l’
avvertenza del Massmann: “libri impressi
iungunt vera tantum natura’.* E, d’ altro canto, 0s- servando che nel cod. Rom. della bibl. Angelica
(Au- gustinorum) Q 5,12 manca la voce
‘usque’ e stanno 1 P. Cornelii
Taciti opera recensuit FRANCISCvs RITTER, Lps.
1864, p. 651. ? MASSMANN, Op.
cit., p. 129, nota 23 ConsoLi : ZL’
autore della Germania. : cy LA accanto ‘illuc ‘ut’, e osservando inoltre che
la particella ‘‘ut’ è data ‘anche,
invece di ‘ et’, dal cod. Florent. della
Laur. 73,20 e dal Vatic. 655, se ne deduce evidentemente che la frase della Germ. dovette sonare: ‘
illuc, ut fama, uera tantum natura’. ! E
con lo scrivere ciò l’ autore non si
propose affermare alcuna cosa sulla verità o me- ‘‘no delle notizie attinte per fama intorno
all’ argomento studiato, ma soltanto
mirò ad indicare con l’espressio- ne ‘ut
fama” un concetto di limitazione a quanto si
soleva affermare rispetto ai termini del mondo (‘na- ‘tura ’ ); concetto consimile a quello
significato prima, in rapporto allo
splendore ed alle parvenze del sole, con
le voci ‘fides? e ‘persuasio’. Del
resto, ove non si vogliano accettare le varianti ‘ dei codd. sopra citati, si può sempre
pervenire alla medesima conclusione,
conservando la lez. ‘illuc usque, et
fama, uera tantum natura’; che vale « la natura
vera, ossia il mondo reale, ? si estende fin là soltanto: tale ne è anche la ‘fama ». Talchè l’inciso
‘et fama ’= ‘et fama haec est’ vale a
mostrare che era general- ‘ mente noto
che si estendevano sino a quel punto, non
oltre, i limiti della ‘natura reale.
IV. — Per garentire i confini dell’impero dalle in- .cursioni dei barbari, si cominciò a costruire,
anche dalla 1 Il Nipperdey, leggendo
‘usque et fama, ultra tant. nat. ’,
conviene, in parte, nello stesso concetto, togliere, cioè, a ‘ fa- ‘ma’ l’epiteto ‘‘uera’. 2 ‘“Verus’ non indica soltanto la qualità di
ciò che si fonda sulla ‘verità, ma
rappresenta anche la qualità di tutto ciò che
ha per base la realtà o, per ripetere le parole del-GEoRGES, ausfihrl. Handiob, II 3093, « in der
Wirklichkeit begrindet, *wirklich
», PERS (3 pe parte del Reno, un ‘limes’ o via fortificata,
per lo più munita di argini (‘aggeres ’)
e di stazioni di guardia (‘praesidia’)',
sotto l’impero di Tiberio ®: fu conti-
nuato e probabilmente portato a compimento sotto A- driano (117-138). L’autore della Germ. dà per
il pri- mo, anzi il solo, la notizia che
gli ‘agri decumates ’, siti al sud-ovest
della Germania, tra l’ alto Reno e le
sorgenti «lel Danubio, e sui quali il fisco riscoteva, for- se, un diritto di decima dai possessori, ‘
vennero incor- porati all’ impero; onde,
per la difesa del territorio annesso, il
‘limes’ insieme coi ‘ praesidia’ si portò
innanzì, oltre il Reno; e però i campi decumati ‘ sinus imperii et pars prouinciae habentur ? (Germ.
29, 19). Quande si fece tale spostamento
? Alcuni dei commen- 1 TH. MommsEn, der Begriff des Limes, in
Westdeutsche Zeit- schrift fiur
Geschichte u. Kunst, a. XIII, fasc. 2°. Vedi
inoltre MommsEN-DE RucGiIERO, op. cit.,
cap. IV, p. 115, nota l. 2 Tac. ann. I
50, 3 ‘limitemque a Tiberio coeptum”’. II 7, 11
“et cuncta inter castellum Alisonem ac Rhenum nouis limiti- bus aggeribusque permunita’ (a. 16 d.
Cr.). 8 Cf. SPARTIAN. Hadr. 12, 6; in scriptt. hist. Aug. I p. 14, ed. H. Peter.
Nell'op. cit. MomMseNn-DE RuGGIERO, cap. IV, p. 142, si fa menzione di nuove costruzioni aggiunte
ai ‘ limites’ sot- to i regni di
Adriano, Antonino Pio e Marco Aurelio. Notasi
inoltre, in un discorso del console Velio (Vettio ?) Cornificio Gordiano (a. 275), che alla morte di
Aureliano i Germani rup- pero il ‘
limes’ transrenano ed invasero alcune forti e ricche città dell'impero: v. Vopisc. Tac. 3, 4, in scriptt. hist. Aug. XXVII p. 187, ed. P. 4 GEFFROY, Op. cit., p. 318 sg. Ma il Mommsen giustamente avverte
che « nè è linguisticamente provato che ‘decumas’ possa significare obbligato alla decima, nè
simili istituzioni son note nell'impero
». Vedi MommsEN-DE RucGIERO, op. cit., cap.
IV, p. 141, nota 11, ELI tatori della Germ. si affrettano ad indicare
il tempo di Domiziano o, in generale,
verso la fine del I sec. ed il principio
del II. ! Tale indicazione porterebbe di
conseguenza che l’autore della Germ. avesse atteso a scrivere il suo lavoro sotto Domiziano o nei primi
tem- pi dell’ impero di Traiano, in ogni
caso dopo l’a. 79. Ciò pare a noi
inesatto. Infatti, Domiziano se, per
ingannare l’ opinione pub- blica, aveva
celebrato pseudo-trionfi sui Germani, non
ignorava, d’altro canto, che per un mero caso (cioè, la piena del Reno) aveva superato la sedizione
di L. An- tonio, preside della Germania
superiore, ? e che ai con- fini i suoi
eserciti erano stati sopraffatti dai barbari; *
talchè, piuttosto che estendere i confini dell'impero di là dal Reno, per annettere al suo dominio gli ‘
agri decu- mates’, avrebbe stimato gran
ventura conservare i confi- ni di prima,
senza spingere in avanti il ‘limes’ ed i
‘ praesidia ’. È supponibile che si estendano i confini del dominio, allorquando ci sia la possibilità
che i nemici vinti lascino agio di
spostare le antiche linee di dife- gno
SM nuove opere militari a garentia del
territorio acquistatà sl ma quando i nemici sono vincitori e minacciosi, com@nsi può mai
deliberare e attuare l'accrescimento del
terytorio dello Stato ? Non vi ha
nemmeno notizia cha setto Traiano siano
stati inclusi dentro i confini dell'im € gli “agri decu- 1 Vedi i comm. del Dilthey, p. 188; dello
ernia, p. 60; del Pais, p. 49; del
Marina, p. 97; etc. x 2 SvETON. Dom.
6 3 Oros. hist. adu. pag. VII 10, 3 e
4. Orosio &ità in proposito la
storia, che or più non abbiamo, scritta da Cornelio Tacito sulle imprese di Domiziano. Cf. Tac. ann. XI
1 4 REI (RT mates’. Se Tacito avesse scritto qualcosa in
proposito, narrando la storia degli
imperi di Nerva e di Traiano, come egli
aveva promesso di fare, riserbando il lavoro
per gli anni senili,* certo gli storici posteriori che si valsero delle storie tacitiane, lo avrebbero
in un modo qualsiasi ripetuto o, almeno,
accennato. Si ha, invece,
un’affermazione in contrario nel seg. luogo di Orosio: ‘mox Germaniam trans Rhenum in pristinum
statum reduxit’? Avendo, per tanto,
Traiano restituito le cose oltre il Reno
allo stato pristino, l’illazione non è dub-
bia, che anche gli ‘ agri decumates’, siti di là dal Reno, dovettero ridursi, in conseguenza dei
prosperi eventi delle armi imperiali,
alla condizione anteriore, di es- sere,
cioè, ‘sinus imperii et pars prouinciae’. Perciò non si può non inferirne che l’ annessione
dei ‘ decu- mates ’ all'impero dovette
compiersi prima del regno di Traiano,
giacchè questi si restrinse a ridurre la ‘ Germa- niam trans Rhenum in pristinum statum”. E
poi, se è ve- ro che Traiano, per un
sentimento di vanità indegno di un prode
e glorioso imperatore, avesse fatto scolpire
il suo nome sui monumenti eretti per conservare la memoria di imprese da altri anteriormente
compite, ‘non ut ueterum instaurator sed
conditor’, tanto che ne avesse avuto il
nomignolo ‘ herba parietina ’,* cer- to
si dovrebbe restare perplessi, ove mai nei campi decumati o altrove si trovasse qualche
memoria lapidea concernente l’annessione
dei campi sopra menzionati, 1 Tac.
hist. I 1, in fine. ? Oros. hist. adu.
pag. VII 12, 2. 3 Amm. Marc. r. g. XXVII
3, 7. Cf. ex Sexto Aur. Victore de uita
et moribus Rom. imperatorum epitome, Ven. 1586, f, 185, SSR
sì dovrebbe; dicevamo, restar perplessi nell’ attribuire a Traiano:ciò che prima di lui si era
fatto. Se, dunque, non si può non
ammettere l’annessione dei campi decumati
all’ impero, anteriore ai regni di
Domiziano .e di Traiano, non è fuor di luogo il sup- porre che l’ abbiano attuata i due primi
imperatori Fla- vi, e probabilmente
(poichè è noto che sotto Tito l’im- pero
godè di una perfetta tranquillità.) il solo Vespa- siano, il quale, come avverte Tacito in un
luogo citato da Orosio; riaperse le
porte del tempio di Giano un anno dopo:
che egli stesso le aveva chiuse ?, avendo
portato a. compimento l’impresa contro i Giudei 8. V. — Nel cap. 33 della Germ. narrasi che il
terri- torio, posseduto un tempo dai
‘Bructeri ’, era stato oc- cupato dai. ‘
Chamaui’ e dagli ‘ Angriuarii’, posciachè
i ‘ Bructeri?” erano stati ‘ penitus excisi uicinarum con- sensu nationum, seu superbiae odio seu
praedae dul- cedine seu fauore quodam
erga nos deorum’; e si ag- 1 Oros.
hist. adu. pag. VII 9, 13. 2 Oros.
hist. adu. pag. VII 19, 4: ‘quas (se. Iani portas) utrum post Vespasianum et Titum aliquis
clauserit, neminem scripsisse memini,
cum tamen eas ab ipso Vespasiano post
annum apertas Cornelius Tacitus prodat’ (ed. Zangemeister). 3 Oros. hist. adu. pag. VII 3, 8; 9, 9. Il
Mommsen ammette che la fondazione della
linea di confine, per la quale si com-
prese nell'impero la vallata del Neckar, sia stata opera dei Flavi; ma la giunta dubitativa « principalmente
forse di Domiziano », messa li soltanto
perchè, non essendosi nominato nella Germ.
l'autore della linea di confine « è una prova che questi (l'au- tore) dovè. essere Domiziano », ci pare così
priva di fondamento da non potersi
accogliere come notizia conforme al vero. Vedi
MomwmsEN-DE RucciERO, op. cit., cap. IV, p. 142 e nota 2 in d.* P. 142.
— 93 giunge che di essi ‘super
sexaginta milia non armis: telisque'
Romanis, sed quod magnificentius est, oblec-
tationi oculisque ceciderunt’. Onde l’autore manda, come dice il Vannucci *, un « fiero e
spaventoso grido» di gioia », esprimendo
un « voto inumano »:: ‘ maneat, quaeso,
duretque gentibus, si non amor nostri,.at certe
odium sui, quando urgentibus imperii fatis nihil iam praestare fortuna maius potest quam. hostium.
discor= diam’. L’esterminio dei ‘
Bructeri’ si compì appunto, secondo l’
osservazione di qualche commentatore: della:
Germ., verso l’ a. 100.* In tal modo, annunciandosi! nella Germ. fatti avvenuti verso il 100 d.
Cr., il libro non potè essere scritto
prima dell’ a. 79. Risponde al vero tale
conclusione ? Noi sappiamo che i ‘
Bructeri’, come in’ generale tutte le
altre genti di stirpe germanica, si mostraro-
no costantemente avversi ai Romani :? battuti prima dalle armi romane, ‘ cooperarono alla.
distruzione:delle legioni di Varo;*
molestarono, insieme: coi ‘Tuban- tes’ e
gli ‘ Vsipetes ’, la ritirata di Germanico che a- veva tratto orrenda vendetta dei ‘Marsi’ (a.
14 d. i C. Corn. Tacito, tutte le
opere con note italiane compilate da A.
VANNUCCI, Prato 1848, vol. IV, p. 274, in nota. 2 Vedi i comm. del Kiessling, p. 127; del.
Marina, p. 105; etc. 8 Narra Suetonio
(Tib. 19) che un Bructero commise un: at-
tentato contro la vita di Tiberio: l'odio di nazione mutavasi in: odio contro le persone. 4 VeLL. PaTERC. A. R. II 105, 1. Cf. l'epit.
L CXXXVIII di. T. Livio. 5 Vedi GEFFROY, Op. cit., p. 230. MommsEN-De
RuGGIERO, Op. cit., cap. I, p. 44: cf.
p. 52. Cf. anche A. Wixms, das Sehlachtfeld
im Teutoburger Walde, in Neue Jahrbùcher fùr Philologie u. Paedag. CLIII p. I, fasc. 7; CLV p. I,
fascec. 1, 26.3, ei) SR + gp
Cr.)!; ma furono, poco dopo (a. 15), sconfitti da L. Stertinio, che tolse loro l’aquila della 19.*
legione di- strutta nella foresta di
Teutoburg. ® E ancorchè, edotti dalla
sventura e atterriti dalle armi imperiali, aves- sero opposto un rifiuto alle insistenti
sollecitazioni de- gli ‘ Ampsiuarii ’,
che li incitavano a partecipare alla
guerra contro i Romani (a 58 d. Cr.) 3, pure non tra- lasciarono di unirsi con Giulio Civile, che
aveva su- scitato le fiamme dell’
insurrezione nella Germania e nella
Gallia‘, e presero parte in diversi scontri contro i Romani. La vergine Veleda, che nell’
insurrezione di Civile seppe coi suoi
vaticini accrescere l’ardore pa- trio
degli insorti, mediante il fanatismo POMEIONA, era appunto di nazione bructera. ‘ L’insurrezione dei ‘ Bataui’ e degli altri
popoli che con loro si erano levati in
armi contro Roma, a poro a poco fu
repressa, tra il 70 ed il 71 o 72 d. C. Nulla
sappiamo della fine di Civile : forse ottenne di vivere in pace, sotto il dominio romano. Ma i
compagni di lui, Classico e Tutor duci
dei ‘Treueri’, e i fratelli Alpinio
Montano e D. Alpinio personaggi autorevoli fra
gli stessi ‘Treueri’, forse si salvarono con la fuga, i Tac. ann. I 51, 7. 2 Tac. ann. I 60, 10. Non sappiamo spiegarci
perché nei loro comm. alla Germ. lo
Zernial (p. 65), il Marina (p. 104), etc. voglia- no indicare l'aquila della 212 legione, e il
Dilthey (p. 198) l'aquila della 18°,
quando le parole precise di Tac. sono: ‘interque caedem et praedam repperit (sc. L.
Stertinius) undeuicen- simae. legionis
aquilam cum Varo amissam'. 3 Tac. ann. XIII, 56.
4 Tac. hist. IV 21, 11. 5 Tac.
hist. IV 77, 2. V 18, 4. 6 Tac. hist. IV 61 e 65. —_ di forse si uccisero ciascuno di propria mano ';
Giulio Sa- bino, capo dei ‘Lingones ?’,
fu mandato al supplizio ; ? e Veleda fu
vista a Roma .dall’autore della Germ. *, e,
come sopra si è detto ', prigioniera.
Dopo il 71 o 72, i ‘ Bructeri’, vinti, dovettero sot- tomettersi alle condizioni imposte dai Romani
vittorio- sì : non avevano più per
ispiratrice e guida la fatidi- ca Veleda
‘numinis loco habita’; e della loro pro-
strazione morale e civile, non ancora rimarginate le ferite avute nell’ultima insurrezione
batavica, non po- tevano non profittare
i popoli vicini, emuli per armi, avidi
di preda, bramosi di possedere le loro terre, e
forse anche rivali per comune parentela. Fecero, di- fatti, lega a danno dei ‘Bructeri’, li
assalirono, li so- praffecero, perchè li
trovarono più deboli o imprepa- rati; e
più di sessanta mila ne trucidarono. I ‘Cha-
maui’ e gli ‘ Angriuarii ’, che probabilmente si ebbero 1 Tacito fa menzione di Giulio Classico in
Aist. II 14. IV 55; 57; 59; 70; 79. V 19
sgg.;—di Giulio Tutor in Aist. IV 55 ; 57;
59; 70; 72. V 19; 21;—dei fratelli Alpinii in hist. III 35. IV 31 e 32. V 19.
? Cass. Dion. r. Rom. LXVI 16, 2 (Xiphil.). 3 Germ. 8,9. 4 Vedi la nota 3 a pag. 10. 5 Ammesso che, secondo Strabone (geogr. VII
1, 3 (C 291), p. 400 M.), vi fossero
stati dei ‘ Bructeri minores”, e perciò la distin- zione tra ‘B. maiores’ e ‘B. minores”, il
Miillenhoff! conget= tura che i
‘Bructeri maiores’ e i ‘ Chamaui' siano stati lo stesso popolo. In tale ipotesi, i ‘ Bructeri'
che si levarono in armi con Civile
contro Roma, sarebbero stati i ‘B. minores '.
Ammiano Marcellino (r. g. XVII 8, 5) narra che, molti anni dopo, nel 358, i ‘Chamaui’ furono, alla loro
volta, sterminati dall'imperatore
Giuliano, — DE la parte precipua in tale guerra di
sterminio, vennero ad occupare le terre
dei vinti.! I ‘ Bructeri” superstiti
all’immane strage, costretti a mutar sedi, restarono sempre un popolo per sè, senza confondersi
con altre genti, ma si piegarono a
sommissione verso l’autorità romana,
tanto da sottomettersi, alcuni anni dopo, al
re imposto loro da Vestricio Spurinna, legato della Germania inferiore .* Tale sommessione
dovette avve- nire verso l’a. 97,
durante l’impero di Nerva'.3 Or, tra 1
Germ. 33, 2. Non risponde al vero l’asserzione di alcuni commentatori (v. per es. i comm. Pais p. 53,
Marina p. 104, etc.) che l'autore della
Germ. abbia esagerato nelle notizie date
sullo sterminio dei ‘Bructeri’, poichè egli non dice sol- tanto ‘ Bructeris penitus excisis uicinarum
consensu nationum ”, ma premette ‘
pulsis Bructeris’: talchè il popolo dei ‘ Bructe- ri’ non fu completamente annientato. Potrà,
forse, dirsi esage- rato il numero dei
morti, ‘super sexaginta milia’; ma una
statistica ufficiale dei caduti in battaglia, massime trattandosi di pugne tra popoli barbari, non era allora
possibile. 2 PLIN. epist. Il 7, 2. 8 Così opina il Mommsen, nell' Index nominum
cum rerum enarratione pubblicato in fine
degli scritti di Plinio il giovane,
recens. Keil, Lps. 1870, p. 429, 2* c. Arrogi la considerazione che, ammesso l'ordine cronologico nella
disposizione delle e- pistole pliniane
(cf Mommsen, aur Lebensgeschichte des jiingern
Plinius, in Hermes III (1869) pp. 31-53), tuttochè contraddetto da Plinio stesso (episf. I 1, 1), le epistole
del 2° lib., tra le quali si annovera
quella cit. concernente Spurinna, furono scritte tra l'a. 97 e l'a. 100. Quando, però, il
Mommsen afferma (ve- di MommsEn - DE
RucgiERO, op. cit., cap. IV, p. 135) : « questa
catastrofe (la sottomissione dei ‘ Bataui’ e degli altri popoli insorti con Civile) e le ostilità coi vicini
popoli fiaccarono la loro potenza (cioè,
la potenza dei ‘ Bructeri’); sotto Ne-
rone essi dovettero per forza accettare dai vicini stessi, ap- poggiati indirettamente dal legato romano, un
re che non vo: SS, e il 71 o 72, anno in cui i ‘ Bructeri”
insieme coi ‘Ba- taui’ soccombettero
sotto le armi romane, ed il 97 pas- sa
circa un venticinquennio, nei primi anni del quale si compì la strage e l’espulsione dei ‘
Bructeri ’, colpiti dalla lega dei
popoli vicini. Indichiamo i primi anni
del venticinquenuio, perchè appare più rispondente al vero, in mancanza di qualsiasi documento in
proposi- to, che lo sterminio dei
‘Bructeri’ si fosse compito appunto in
un tempo più vicino al 71 o 72, quando
questi erano prostrati dalla vittoria romana sui ‘Ba- taui’ edi loro alleati, anzichè più tardi,
quando, rico- stituitisi nelle nuove
sedi, riannodarono relazioni di
dipendenza con Roma, e si assoggettarono al re impo- sto dal legato romano. Non vi ha, del resto,
alcun do- cumento o alcuno accenno nelle
storie antiche, che as- segni l’a. 100 o
altro anno anteriore o posteriore al-
l’anno 100, all’avvenimento della distruzione dei ‘Bruc- teri’ ed all'immigrazione dei ‘ Chamaui ’ e
degli ‘ An- griuarii’ nel territorio
bructero ‘iuxta Tencteros?. Poche altre
notizie restano intorno ai ‘Bructeri ?.
Dopo i guai gravissimi inflitti loro dai popoli vicini, essi, come si è detto sopra, non si
dispersero nè per- dettero la loro
nazionalità nè il nome nella storia.!
Nella prima metà del sec. IV sono menzionati in due panegirici a Costantino ; ®? poi, nello
stesso sec. IV e levano »; egli, se
non c'inganniamo, non ha tenuto presente
che la sommessione dei ‘Bructeri’ ad un re imposto dal le- gato Vestricio Spurinna avvenne sotto Nerva,
non sotto Nerone. 41 Vedi LEDEBUR, das Land und Volk der
Bructerer, Berl. 1827. 2 Incerti pan. Constantino Aug. dictus, 12. NAZARI pan. Con- stantino Aug. dictus, 18: in BAEHRENS, XI
panegyrici Latini, VII e X, pp. 169,
227. cin B$ ‘nel V si trovano stretti in lega con quelli
che erano stati nel I sec. i loro feroci
persecutori, i ‘Chamaui ’ e gli ‘
Angriuarii’, e inoltre coi ‘Chatti’, gli ‘Amp-
siuarii ’, i ‘ Sugambri ’, i ‘ Chasuarii ?!: formavano la potente confederazione dei Franchi.® Anche il
ven. Beda fa menzione dei ‘Bructeri’,
dicendoli ‘ Boruch- tuarii ?.? VI. — Il cap. 37 della Germ. presenta un
importante computo di anni. Se dall’anno
640 di R., in cui per la prima volta si
udì parlare delle invasioni cimbriche,
sì giunge al secondo consolato di Traiano, ‘ ducenti 1 Vedi Jos. WoRMSTALL, ueber die Chamaver, Brukterer und Angrivarier, mit Rùcksicht auf den Ursprung
der Franken und Sachsen. Neue Studien 2: Germania des Tacitus, Gymn.- Progr. Miinster, 1888. Il Millenho£, cit. da
U. Zernial, p. 65, opi- na che gli
‘Angriuarii’ (v. Tac. ann. II 8, 13; 19,7; 22, 6; 24, 15; 41,.8) e gli ‘ Ampsiuarii’ (v. Tac. ann. XHI
55, 1; 56, 4) for- massero uno stesso
popolo, poichè « Angrivarii ist der rein
geographische Name der Anwohner der Weser oberhalb der Chauken oder spàteren Friesen, und Ampsivarii
nur eine spe- ziellere, wie es scheint,
gleichfalls geographische Benennung fiir
eine Abteilung des Volkes ». ? Il nome
‘Franci’, adoperato per significare in complesso più popoli, appare per la prima volta in una
frase del panegi- rico d’ incerto autore
a Costantino : ‘ terram Batauiam ..... a
diuersis Francorum gentibus occupatam’ (ed. cit. Baeh- rens VII 5, p. 163). Ma nella Castori
Romanorum cosmogra- phi tabula quae
dicitur Peutingeriana, segm. II, n. 2, in alto, si legge ‘ Chamavi. qui et Pranci” (1. Franci:
la lett. c è corrosa nella parte
superiore): v. Die Weltkarte des Castorius, genannt die Peutingersche Tafel: einleitender Text
von Konrad Miller; Ravensburg,
1887. 3 Ven. BEDA, hist. gentis Anglorum V 10, col. 124, in operum tom. tertius, ed. cit. bh ferme et decem anni colliguntur’. È noto che
Traiano fu la prima volta console nell’
a. 91; fu nominato ad un secondo
consolato per il 98, nel quale anno, per la
morte di Nerva, venne assunto all’ impero: perciò se ne conclude che la Germ. fu scritta in un
tempo non anteriore al 98, se appunto di
questo anno è fatta es- pressa menzione
nel testo del libro. E tale conclusione
si dovrebbe accettare, se non ostassero alcune conside- razioni che non sono da omettersi. L’autore comincia il cap. 37 col menzionare
che i Cimbri, un tempo sì potenti e di
gran fama, si erano ridotti ad una ‘
parua ciuitas ’. Il nome dei Cimbri ! gli
richiama alla mente le memorabili lotte che si erano combattute dai Romani contro i popoli
germanici, a cominciar dal consolato di
Cecilio Metello e Papirio Carbone, a.
641/113. E di qui un breve ‘ excursus ’ sulle
vicende di tali lotte, che si ferma, come sopra abbiamo dimostrato, al trionfo sui ‘ Bataui ’ e sugli
altri popoli insorti con essi, e che
altri vorrebbe estendere sino al trionfo
di Domiziano sui ‘ Chatti’ nell’ a. 83. Nessuno ? È notevole che nella Germ. non si fa
alcun cenno dei Teu- toni, che furono
valorosi compagni dei Cimbri. Plinio tratta di
loro nella n. A. IV 14 (28), 99. XXXV 4 (8), 25. XXXVII 2 (11), 35. Tacito li menziona insieme coi Cimbri in
hist. IV 73, 12: v. anche VeLL. PATERC.
A. R. II 8, 3; 12, 2 e 4. Pompon. MEL.
chor. III 3, 32; 6, 54. Amm. Marc. r. g. XVII 1, 14. XXXI 5, 12. Oros. hist. adu. pag. V 16, 1. 9. 14. Ma
forse l’autore della Germ. si restrinse
a menzionare i soli Cimbri, perché la guerra
contro i Cimbri ed i Teutoni si indicò pure con la sola espres- sione ‘ bellum Cimbricum * (v. l’ epit. Ul.
LXVII, LXVIII di T. Livio; ma in Floro
epit. I 38 [III 3] ‘ bellum Cimbricum , Teu-
tonicum ’); o forse anche- perché i Teutoni si reputavano un popolo celtico : cf. APPIAN. IV 1, 2, csf
accenno vi è intorno agli avvenimenti che si succe- dettero sino all’ a. 98, che è il termine del
computo dei 210 anni, fatto, per
incidente, poco prima. E ciò diviene
inspiegabile, se si considera che l’autore, avendo fissato per termine del computo degli anni di
lotta coi Germani l’ a. 98, importante
perchè appunto allora Traiano succedette
al padre adottivo Nerva, non poteva
passare sotto silenzio, tra le altre cose, il fatto che la autorità delle armi romane era a quel tempo
in sì alto pregio da fare ottenere a
Vestricio Spurinna, legato di Nerva, una
vittoria incruenta sui ‘ Bructeri, ferocissima
gens’ germanica, soltanto con la minaccia della guerra e col terrore !. Nè poteva tenere in non cale
i buoni risultamenti dell’ abile
direzione politica e militare di Traiano
che, per assodare il dominio romano sul ter-
ritorio dei ‘ Mattiaci ’ e per dar fine alle agitazioni delle tribù germaniche della regione centrale del
Reno, cau- sate dall’ imprudente
scorreria di Domiziano, stette an- cora
per qualche tempo al comando degli eserciti sul
Reno, prima di recarsi a Roma per assumervi il potere supremo. Pare, inoltre, che dissoni dalle
lodi concor- demente date dai
contemporanei ai due imperatori Nerva e
Traiano, e per il loro savio governo e per la
rinnovata autorità delle armi romane, il fatto che l’au- tore della Germ., il quale doveva, giusta la
premessa, estendere le sue
considerazioni ed il suo rapido ‘ ex-
cursus’ sino al secondo consolato di Traiano, si è fer- mato, invece, alla desolante osservazione ‘
triumphati magis quam uicti sunt’; egli
avrebbe dovuto avere sott'occhio gli
avvenimenti che si compivano, sotto la
1 PLIN. epist. II 7, 2. BRL)
pesi è stata nostra, e la Germania è
vinta: ‘regno Arsacis acrior est
Germanorum libertas ’. Oltre a ciò il
tono retorico di tutta la frase fa dubita-
re di esservi stata un’ interpolazione. Precede e seguc al periodo notato una considerazione storica
che in nulla è avvantaggiata dal periodo
stesso, anzi resta da questo interrotta
per dar luogo all’ espressione enfatica ‘ tam
diu G. uincitur ’. Se si espungesse il periodo conside- rato, il pensiero dell’autore si mostrerebbe
in gradato svolgimento, moverebbesi
eguale a sè stesso e non in- terrotto
sino alla conclusione ultima che, per quel certo pessimismo da cui è informata, nulla ha da
fare con l’en- fasi delle parole
espunte. Nè vi è necessità di sostituire
alla particella ‘tam ’, che nella proposizione seg. ‘ me- dio tam longi aeui spatio multa in uicem
damna’ pare collocata in riscontro col ‘
tam’ della frase ‘ tam diu G. uincitur
’, la voce ‘ tamen’ che è data dal cod.
Leid. (0) nella forma tam®! e, più chiaramente, nella forma completa tamen dal cod. Neapol. (c) ;
perocchè, fatta 1’ espunzione, si regge
sempre bene tutta la frase, che in
origine dovette, secondo ogni probabilità, così
esser letta : ‘ sescentesimum et quadragesimum annum urbs nostra agebat, cum primum Cimbrorum
audita sunt arma, Caecilio Metello ac
Papirio Carbone consu- libus. medio tam
longi aeui spatio multa in vicem dam-
na’ e. q. s. A chi attribuirsi
l’interpolazione, se interpolazione ci
fu? Può ben darsi che la si debba attribuire a qualche antico grammatico , la cui glossa erudita
sulla durata 1 Ma avverte il Massmann,
op. cit., p. 110, nota 25, ‘ deleta ab-
breuiatura ‘, RARE; A delle guerre germaniche sia penetrata nel
testo; può darsi anche che sia una
giunta correttiva fatta da chi più tardi
scrisse l’ apografo, sur un originale creduto
mendoso !. Ma a noi pare di scorgere, nel testo stesso della frase che crediamo interpolata, l’
autore della possibile interpolazione. A
nessuno sfugge l’enfasi della
conclusione ‘ tam diu G. uincitur’; e la vittoria sulla Germania è intimamente connessa col secondo
termine del computo fatto, cioè l’ ‘
alter imperatoris Traiani con- sulatus
’: dunque lo scopo della frase altro non poteva
essere che quello di lodare l’imperatore Traiano, il cui secondo consolato aveva il merito altissimo
di aver dato termine, secondo che
credevasi verso la fine del sec. I, alla
lotta contro i Germani , durata per più di
due secoli. Chi tra gli scrittori romani vissuti in sul declinare del sec. I e nel principio del II
largì più en- comi agli imperatori Nerva
e Traiano fu Plinio il gio- vane; tanto
che uno dei moderni critici, che con am-
mirabile dottrina ha trattato della vita e dell’elocuzione di lui, non ha esitato a scrivere: ‘nemo
quidem pos- sit negare, Plinium in
Panegyrico modum in nuirtutibus Traiani
praedicandis transiisse (cf. pan. 30-82; 40; 57; 59-80), et tum in illa oratione tum in
epistolis nonnullis (cf. epist. ud. Tr.
imp. 10 (5), 2 [a. 98]; 8 (24), 1 [a.
101]; 31 (40), 1) ex Bithynia ad Traianum missis sen- tentias inesse plenas immodicae adulationis
ac paene 1 È nota la dichiarazione che
leggesi nel cod. Leid. Perizon. della
Germ., la quale è annoverata tra i ‘ libellos nuper adin- uentos et in lucem relatos ab Enoc Asculano
quamquam satis mendosos” ConsoLI: L’ autore della Germania. 3 IRE
seruilis erga Traianum et Neruam reuerentiae !. Plinio, inoltre, diede in particolar modo evidenza al
titolo di Germanico attribuito a Traiano
*; fece menzione delle vittorie di lui
nei paesi renani 3; e specialmente s’ in-
trattenne, con ampie lodi, del secondo consolato di Tra- iano ‘. L’a. 98 è per più ragioni anno
notevole per Plinio: gli è conferita da
Nerva e da Traiano l’importante ca- rica
di ‘ praefectus aerarii Saturni ’ 5; il suo amico e protettore Traiano è assunto all’impero, ed
egli si af- fretta a scrivergli una
breve epistola gratulatoria, espri-
mendo il voto: ‘ precor ergo ut tibi et per te generi bumano prospera omnia, id est digna saeculo
tuo, con- tingant ’ $. Nell’a. 98, in
fine, si reputarono dai Romani come
finite, per l’ opera prudente di Traiano, le lotte bisecolari contro i Germani, con la
sottomissione di questi. Non sarebbe perciò una congettura priva di
fonda- mento l’ammettere che Plinio il
giovane, rendendosi in- terprete de’
sentimenti suoi e de’ suoi contemporanei ,
sentimenti di soddisfazione e di gioia per i vantaggi apportati dagli avvenimenti dell’ a. 98 all’
impero ro- mano, avesse inserito in una
parte dell’opera dello zio, 4 J. P.
LAGERGREN, de vita et elocutione C. Plinii Caecilii Se- cundi, Vpsaliae 1872, pp. 12-13; in Uysala
universitets aars- skrift, 1871, V. ? PLIN. pan. 9, 2. 14, ). 3 PLIN. pan. 14, 1-5. 82, 4-5. PLIN. pan. 56, 3-7. Vedi Mommsen, sur Lebensgeschichte d. j.
Plin. sopra cit.; e l'art. dello StoBBE
nel Philologus XXVII, p. 641: donde la
notizia riferita dal LAGERGREN, 0. c., p.4; e dal NicoLaI, G. d. r.
L.,n. 115, p. 640. Cf. TEUFFEL-SCHWABE, G. d. r. L, © n. 340, 1, p.849;
ete. 6 PLIN. epist. ad Tr. imp. 1, 2.
(SISI ini BB intitolata bellorum Germaniae uiginti ll. (la
quale parte sarebbe probabilmente quella
stessa pervenuta a noi col titolo de
orig. et situ Germanorum) la frase sopra no-
tata del cap. 37, a fin di computare la durata delle guerre germaniche sino all’a. 98, in cui,
dopo sì lungo tempo, la Germania era
stata completamente vinta. Nè
certamente sarebbe stato intendimento di Plinio
violare con una postilla, che ora appare interpolazione, il libro del dotto scrittore, il quale era a
lui zio e padre adottivo affettuoso, ma
rendere il libro delle guerre germaniche
meglio rispondente ai tempi in cui comin-
ciò a farsene la pubblicazione , cioè verso la fine del sec. I. Quante volte non occorre a noi,
oggidi, nel pub- blicare un libro di autore
antico, di aggiungere delle note nelle
quali si accenni, per completare o chiarire
i concetti espressi nel testo, ad avvenimenti posteriori alla vita dello scrittore ? Ma al tempo dei
Romani non avevasi il mezzo odierno di
distinguere le postille e le note dal
testo; talchè sovente queste penetrarono nel
testo stesso , dal quale indistinte si riprodussero negli apografi scritti in tempi seriori; e da ciò
il lavoro, non facile nè sempre sicuro
ne’ suoi risultamenti, della cri- tica
moderna, di espungere dai testi classici tutto ciò che si considera come interpolato. Un altro argomento ci conferma nella nostra
conget- tura. Plinio il giovane
nell’epistola a Bebio Macro, nella quale
espone in ordine cronologico i libri dello zio, nota tra questi : ‘ bellorum Germaniae uiginti,
quibus omnia quae cum Germanis gessimus
bella collegit ’. ! Eviden- temente,
poichè l’epistola fu scritta l’a. 101, come tutte 1 PLIN. epist. III 5, 4. — 36 —
le altre contenute nel lib. 3°, con la frase ‘ omnia q. c. G. gessimus bella’, si allude a tutte le
guerre com- battute contro i Germani
sino a quel tempo in cui credevasi
comunemente che fossero finite per l’opera sa-
gace di Traiano, cioè sino all’a. 98; e nella voce ‘ ges- simus ’ si travede il pensiero che la
narrazione storica di Plinio Secondo era
stata prolungata dal nipote sino a
comprendere tutte le guerre germaniche ; chè, se si fosse ristretta alle sole guerre combattute
mentre era ancora in vita Plinio
Secondo, ed avesse conservato lo scopo
precipuo per cui era stata scritta, cioè salvare ‘ ab iniuria obliuionis’ la memoria di Druso
Nerone, sareb- besi detto obiettivamente
‘ gesta sunt’: nella voce ‘ ges- simus’
si scorge non difficilmente la persona di chi ha scritto l’epistola a Bebio Macro. In tale
argomento soc- corre l’autorità di
Suetonio, il quale, scrivendo di Plinio
Secondo : ‘ itaque bella omnia, quae unquam cum Germanis gesta sunt, XX uwoluminibus
compreben- dit ’,' da un canto ripete
l’espressione di Plinio il giovane
‘omnia bella ?, e dall’ altro canto con 1° uso del verbo ‘ gesta sunt” dà evidenza al tempo sino a cui
erano state narrate le guerre germaniche. Si aggiunga un’altra considerazione. Plinio
Secondo nella pref. alla sua nat. Rist.
serive : ‘ uos quidem omnes, patrem te
fratremque (sc. Vespasianum, Titum, Domi-
tianum), diximus opere iusto, temporum nostrorum historiam orsi a fine Aufidi Bassi. ubi sit
ea quaeres ? iam pridem peracta
sancitur, et alioquin statutum erat
heredi (cioè al figlio adottivo, Plinio il giovane) man- dare, ne quid ambitioni dedisse uita iu- 1 V. pag. 5, nota é. GI
dicaretur”’'. Era quindi proposito di lui, a fin di evitare la facile accusa di avere alterato il
vero per mire ambiziose , affidare al
figlio adottivo, che, gio- vinetto,
molto aveva appreso dalla molteplice e copiosa
dottrina del suo secondo padre, l’incarico di pubblicare, dopo la sua morte, i lavori storici che gli
affidava, e forse anche di limare o
farvi delle opportune giunte, per
rendere la pubblicazione meglio adatta ai tempi in cui essa aveva luogo. Che vale, infatti, la
frase ‘ per- acta sancitur’ se non, come
spiega Io. Harduinus, ‘ ac- curatius
elimatur, castigatur ° ?*? Non poteva forse il figlio adottivo , valente letterato anch’ egli,
prender parte a tale ‘ limae labor ’,
dopo la morte dell’ autore, avendo
l’obbligo di pubblicare i libri di lui? E, dal canto suo, Plinio il giovane aveva, quanto alla storia,
una certa competenza, perchè aveva
atteso agli studi storîci se- condo l’
es. paterno, come egli stesso dichiarava : ‘ me
uero a«l hoc studium (sc. historiae) impellit domesticum quoque exemplum 5. Gli antichi non può dirsi che siano stati
molto seru- polosi nel metter mano sui
lavori altrui, per emendarli, 1 PLIN.
n. A. praef. 20. Ma il Detlefsen (ed. Berl. 1866) acco- glie la lez. ‘ per acta sancitum et alioqui
’. 2 Vedi C. Plin. Sec. hist. nat. Ul XXX VII quos
interpretatione et notis illustrauit
IoanNES HARDVINVS, Paris. 1741, t. I, p.
4, not. 7. Ma nelle ‘ notae et emend. ad
1. I', n. VI, p. 7, spie- gandosi il
perchè sia stata preferita nel testo la jez. ‘ peracta sarcitur’ invece di ‘ sancitur ’, si
aggiunge: ‘ hoc est, reuocatur,
retractatur, accuratius elimatur, ad polituram sarcitur; uti de araneae tela Plinius ipse loquitur’ (n. A. XI
24 (28), 84 ‘ ad polituram sarciens
’.) 8 PLIN. epist. V 8, 1 e 4. — 38 —
massime quando questi non erano stati ancora pnbbli- cati. Che non si disse per le commedie di Terenzio,
e- mendate e forse preparate da Scipione
l’Africano e da C. Lelio ?! Anneo
Cornuto lasciò forse intatte le satire
dell'amico e discepolo suo Persio Flacco ? ?. È superfluo addurre altri esempi: ci basti rammentare
che, se le mani di L. Vario e di Plozio
Tucca si astennero dal pro- fanare il
poema lasciato incompleto da Virgilio, ciò av-
venne per espresso ordine di Augusto, cui non era le- cito disubbidire ?. VII. — A niuno, poi, sfugge l’ osservazione
che nella Germ. non si fa cenno dei
rapporti di tregua e di guerra tra i
Romani ed i Germani, dopo il regno di Vespa-
siano. Nulla si dice della venuta in Roma, verso l’ a. 85, di* Masyos, re dei ‘ Semnones ’, e di
Ganna, vergine fatidica, che succedette
a Veleda: entrambi furono ac- colti
onorevolmente da Domiziano. Trascurasi di men-
zionare 1’ impresa di Domiziano contro i ‘ Chatti”; chè, come si è dimostrato sopra, non può indursi
un’ allu- sione a tale impresa dalle
ultime parole del cap. 37 ‘ proximis
temporibus triumphati magis quam uicti sunt’.
Omettesi di far menzione della spedizione di Vestricio Spurinna contro i ‘ Bructeri’, dopo la morte
di Domi- 4 Vedi Cic. ad Att. VII 3,
10. QvinTIL. è. 0. X 1, 99; ed un framm.
del libro de poetis di Suetonio, ed. Roth 1882, p. 293, 5-6. 2 V. la vita A. Persii Flacci de commentario
Probi Valeri sublata: il Roth la omise
nella sua ed. dei framm. di Suetonio. 8
SERV. comm. in Verg. Aen. I: ‘ Augustus uero, ne tantum opus (sc. Aeneis) periret, Tuccam et Varium
hac lege iussit emendare, ut superflua
demerent, nihil adderent tamen’: vol. I,
fasc. 1°, p. 2, ed, Th. dia ziano: ed altre omissioni potremmo aggiungere.
Invece tutto ad un tratto si passa dalle
notizie sopra avveni- menti occorsi
durante il regno di Vespasiano al secondo
consolato di Traiano ; e sì importante lacuna dà .nuovo argomento a sospettare interpolato il passo
del cap. 37, del quale si è sopra a
lungo discusso. Cosicchè, e per i
molteplici argomenti che ci offre il
testo della Germ., convenientemente interpretato, e per gli argomenti esterni sopra esposti, non
puossi non ri- conoscere che nella Germ.
non sono menzionati avve- nimenti
posteriori all’a. 79 d. Cr.; e però sorge spon-
taneo il dubbio che non Tacito, istoriografo fiorito al- quanti anni dopo, ' ma Plinio Secondo (se è
da non te- nersi conto di Aufidio Basso,
scrittore anch’egli di guerre
germaniche) possa essere stato l’ autore della Germ. ; o meglio, che questa in principio abbia
formato parte, come una digressione
necessaria, dei venti libri bello- rum
Germaniae. Nè quarantasei capitoli (si direbbero meglio paragrafi) di un’introduzione o di una
digressio- ne, quanti se ne contano
appunto nella Germ., si pos- sono
ritenere troppi per un lavoro storico che ha il
‘ suo svolgimento in venti libri; poichè è noto che la digressione sull’Africa è di non breve
estensione nel d. Iug. di Sallustio; e
similmente la digressione di Ta- cito
sulla Britannia, nel libro de vita ef moribus Iulii 1 Il libro de wita et moribus Iulit Agricolae,
primo, in ordine cronologico, dei lavori
di Tacito, è dell'a. 98: diciamo primo,
perchè pare ormai dimostrato che il dial. de oratoribus non sia lavoro di Tacito. Vedi L. VALMAGGI, nuovi
appunti sulla critica recentissima del
dialogo degli oratori, in Rio. di filol,
e d'i. cl, a. XXX, fasc. 1°, p. 23.
PRE (pn Agricolae, occupa non
meno di sette capitoli; e l’altra
digressione di Tacito stesso sulla Giudea si svolge in ben dodici capitoli sui ventisei cc. del lib.
V delle Rist., il quale non ci è
pervenuto completo. diri CAPITOLO SECONDO La Germania nella tradizione degli
scrittori sino ai tempi del
Rinascimento. Costantemente si è
indicato Tacito quale autore della
Germ., sin dal tempo in cui l’aureo libretto fu scoperto e rimesso in onore insieme con tanti altri
tesori let- terari dell’ antichità. Su
quale fondamento si poggia tale
indicazione ? L’ indagheremo nel presente capitolo. I. — Tacito fu sempre considerato dagli
scrittori posteriori, sia dell’ età
antica sia del medio evo ', co- me
‘scriptor historiae Augustae ’ ?, o ‘ qui post Augu- stum usque ad mortem Domitiani uitas
Caesarum tri- ginta uoluminibus exarauit ’ 8, o
semplicemente ‘ an- nalium scriptor ’‘,
o con altra indicazione analoga *; 1
Vedi EMMERICH CoRrNELIvs, quomodo Tacitus historiarum scriptor in hominum memoria uersatus sit
usque ad rena- scentes literas saeculis
XIV et XV; inaug. diss. Marpurgi Chatt.
1888. M. MANITIUS, Beitrtige sur Geschichte d. ròmischer Pro- saiker in Mittelalter, II, in Philologus, N.
F. I (1889), pp. 565-566. 2 Vopisc. Tac. 10,3; in scriptt. hist. Aug.
XXVII p. 192, ed. P. 3 HreRoNYM. comm. in Zach. IIl 14, t. VI, coll. 913-914, ed. Vallars., Veron. 1736. 4 IoRDAN. de or. act. Get. 2, 29, p. 3, ed.
A. Holder. È però pro- babile che
Iordanis, citando con inesattezza ‘ Cornelius anna- lium seriptor ’, mentre ripete le notizie
contenute nel libro de u. et m. Iul.
Agric., cc. 10, 11, 12, riferisca osservazioni e notizie non attinte direttamente ai libri di
Tacito. 5 Omettiamo l’ epiteto ‘sane
ille mendacium loquacissimus ’, dato a
Tacito da TERTVLL. apologet., cap. 16, pp. 47-48, Canta- brigiae 1686: le necessità della lotta
rendevano talvolta ingiu- sti i primi
apologisti del Cristianesimo. ii dI e in generale, anche quando non fu indicato,
in forma di epiteto aggiunto al nome
proprio, il genere lette- rario da
Tacito coltivato, si citarono i luoghi degli
annali o delle istorie, talvolta nominandosi Tacito au- tore, talvolta omettendosi il nome di
lui. Il nome dell’autore non sempre è
indicato nello stesso modo. Tertulliano
', Vopisco ?, San Girolamo *, Orosio 4,
Apollinare Sidonio *, etc. lo nominano ‘ Cornelius Taci- tus ’. Lo stesso nome ‘ Cornelius Tacitus”
osservasi in uno scolio di Giovenale © e
in un luogo degli annales Fuldenses di
Rudolf, monaco di Fulda, il quale si valse
della prima parte degli ann. di Tacito per la sua com- pilazione storica che va dall’ 838 all’ 863
?; si nota an- 1 TERTVLL. apologet. |. l1.: egli cita Tac Rist. V 3; 4; 9. ? Vopisc. Auretian. 2, 1. Tae. 10,3; in
seriptt. hist. Aug. XXVI, XXVII, pp. 149,192, ed. P. Sul 1° luogo di Vopisco, che nota di menzogna Livio, Sallustio, Tacito e
Trogo Pompeo, il Petrarca osserva:
‘notat ystoricos, immeriter puto, precipue
(sic) primos duos’. Vedi P. pe NoLHac, Petrarque et l’humani-
sme d'aprés un essai de restitution de sa bibliothèque, Paris 1892, p. 258. 3 HiERoNYm. l.
l. sopra, in nota 3, pag. 4l. 4 Oros.
hist. adu. pag. I 5,1 (cf. Tac. hist. V 7). VII 3,7 (cita un luogo delle Aist. di Tac., forse del lib.
VI o VII, non per- venuto a noi). VII
10, 4 (cita un luogo di Tac., che si è per-
duto: cf. Tac. hist. III 46. Cass. Dion. r. Rom. LXVII 6, 1; 7, 2; etc.). VII 19, 4 (la notizia che dà nel ].
c. non è in quel che ci resta dei libri
di Tac.). VII 27, l (cf. Tac. Rist. V
3, sgg.). 5 APOLLIN. SIpon. carm. 23, 153 sg. ‘et qui pro ingenio fluente
nulli, | Corneli Tacite, es tacendus ori’: ed. Luetjohann, in
monum. Germ. hist., Berl. 1887, t. VIII, p. 253. 6 Schol. Iuuenal. V 14,101 ‘cuius (sc.
Moysis) Cornelius etiam Tacitus meminit’:
cf. Tac. hist. V 3. 7 Ann.
Fuld. a. 852 ‘super amnem quem Cornelius Tacitus, 49-=
che in un’ epistola di Pietro di Bluis! e (tralasciando di menzionare Frekulf, monaco di Fulda e poi
vescovo di Lisieux, Giovanni di
Salisbury, Vincenzo di Beauvais, i
quali, come ormai è accertato, conobbero Tacito solo di nome ?) in un’ epistola e altri Il. degli
scritti del Boccaccio 3, nel comentum
super Dantis Aldigherij co- scriptor
rerum a Romanis in ea gente gestarum, Visurgim,
moderni uero Wisaraha uocant’: in PERTZ, monum. Germ. hist. vol. I, p. 368. Vedi per le citazioni
tacitiane negli annali di Fulda e nelle
res gestae Saronicae di Widukind, monaco di
Corwey, la diss. cit. del Cornelius, p. 38. 4 PETRI BLESENSIS Bathoniensis in Anglia
archidiaconi opera omnia, Paris. 1667,
epist. 101 ad R. archid. Nannet, p. 158, col.
2° ‘ profuit mihi frequenter inspicere...... Corn. Tacitum, Titum Liuium' e. q. s. Ma A. HorTis, studj sulle
opere latine del Boccac- cio con
particolare riguardo alla storia della erudizione nel m. evo e alle letterature straniere, Trieste
1879, p. 425, dubita che « Pietro di
Blois conoscesse più in là del nome di Tac. ». Con- sente in ciò F. RamorINO, Corn. Tac. nella
st;ria della coltura, 2* ed., Milano
1898, p. 91, nota 38. Vedi la diss. c. del Corne- lius, p. 41.
? Vedi HoRTIS, op. cit., p. 425, nota 3, e le monografie, ivi menzionate, di E. Grunauer sui fonti della
storia di Frekulf, dello Schaarschmidt
su Giov. di Salisbury, dello Schlosser su
Vinc. Bellovacense. Il Petrarca non scrisse mai il nome di Tac., che tuttavia egli non poteva ignorare,
poichè l’amico suo Guglielmo da
Pastrengo ne aveva fatto cenno nel libro de orig. rer., f. 18: v. P. pE NoLHAC, op. cit., chap. VI, p. 266. 3 Boccaccio,
epist. ad Nic. de Montefalcone : ‘ quaternum quem asportasti Corn.i Tac.i quaeso saltem mittas
': v. FR. CORAZZINI, le lettere edite e
inedite di messer G. B. trad. e comm. con
nuovi documenti, Firenze 1877. La lettera porta la data ‘ Nea- poli XIII kal. februarii’, ed è del 1371: v.
Gustav KoERTING, G. d. Litterat. Italiens im Zeitalter der Renaissance ; II
(Boc- caccio *s Leben u. Werke), Leipz. 1880, cap. I, pag. 47. Il Boc- i
d4 — moediam di Benvenuto de Rambaldis
da Imola !, nel liber Augustalis?, nello
scritto de wiris claris di Do- menico
Bandini aretino ®, in una lettera del 1395 di
Coluccio Salutati , 4 etc. .5- Anche del solo nome ‘ Ta- caccio ripete il nome Cornelio Tacito altre
due volte nel cap. IV, p. 201 e p. 253,
del comento sopra la Commedia di D. A.
iv. opere di m. G. B. cittadino fiorentino, con le annotazioni di A. M. Salvini, vol. V, Firenze 1724); ed
una sola volta nel libro gen. deorum,
INI 23, f. 28, ed. Parigi 1517. I detti luoghi
del Bocce. si riferiscono ai luoghi di T'ac. ann. XV 57 e 60-65. hist. Il 2-3. 1 Comentum Inferni, c. IV, t. I, p. 152
‘sicut patet apud Cor-° nelium
Tacitum': ed. Jac. Phil. Lacaita, Florentiae 1887. Vedi per la citaz. tacitiana concernente Cleopatra
(c. VI) le consi- derazioni del
Ramorino, disc. c, p. 93, nota 43. ?
Liber Aug.c.5 ‘de... Messalina scribit Cornelius Tacitus ’; in FREHER-STRUVE, rerum Germanicarum
scriptores, t. II, p. 6. Ha dato
evidenza alla citaz. il MANITIUS, Beitrige zur G. d. r. Pr. im Mittelalter sopra cit., p. 566. 3 Il Bandini scrive di Tacito: ‘ Cornelius
Tacitus orator et hystoricus
eloquentissimus’. Vedi l’ epistolario di CoLuccio Sa- LUTATI, edito da Fr. Novati, III p. 297,
nota. 4 C. SALUTATI, epist. IX 9, vol.
III, p. 76, ed. cit. 5 Ci fermiamo con
le nostre citazioni alla fine del sec. XIV: non
è necessario perciò ripetere le citazioni tacitiane che si notano negli scritti dei più autorevoli umanisti del
sec. XV, quali Sicco Polenton, Poggio
Bracciolini, Francesco Barbaro, Giov. Tortelli,
Flavio Biondo, Lor. Valla, L. B. Alberti, card. Bessarione, etc. Vedi VoIGT-VALBUSA, il risorg. dell'antichità
elass., Firenze 1888, v. I, pp. 250-257.
R. SABBADINI, storia e critica di alcuni testi
latini, in Museo it. di ant. class. ( Comparetti ), Firenza 1890, v. III, p. 339 sgg. In. notizie
storico-critiche di alcuni codd. latini,
in Studi ital. di filol. class., Firenze 1899, v. VII, pp. 119- 132. In. Za scuola e gli studi di Guarino
Guarini veronese, Catania 1896, p. 101,
e il doc. 16 a pp. 193-194. — 45 — citus’ si valsero Vopisco ! e Apollinare
Sidonio ?: que- st’ ultimo 1’ unì con ‘
Gaius ?.* Ma da altri si preferì l’ uso
del solo nome “ Cornelius ’ ‘ : talora vi si aggiun- se ‘ Gaius ?. 5 Non pochi citarono dei luoghi tacitiani
senza però no- minare l’ autore; così
troviamo ripetuti, e talvolta quasi alla
lettera, alcuni passi delle rist. e degli ann. di Ta- 1 Vopisc. Prob. 2, 7;in scriptt hist Aug.
XXVIII p. 202, ed. P. ‘non Sallustios,
Liuios, Tacitos, Trogos atque omnes di-
sertissimos imitarer”’. 2 APOLLIN. Sipon. epist. IV 22, 2. carm. II
192: ed. Luetjohaan, p. 73 e p.
178. 3 APOLLIN. Sipon. epist. IV 14, 1 ‘ Gaius Tacitus unus e maio- ribus tuis’, p. 65; ma nel cod. Paris. 9551
(F.del Luetj.) c' è ‘tacius corneli”.
C£. col |. c. di Sidonio Tac. hist. V 26. 4 Oros. hist. adu. pag. I
10, 1 (cf. VII 34, 5); 10, 3 (cf. Tac.
hist. V 3); 10, 5. VII 9, 7 (cf. Tac. hist. V 13. SveToN. deperdi- torum librorum reliquiae, ed. Roth, IX, p.
287). APOLLIN. SIpon. epist. IV 22, 2,
ed. cit., pp. 72-73. Sehol. Iuuenal. I 2,99 (ef. Tac. hist. libb. 1,
II). IORDAN., Op. c., 2, 29. Boccaccio, com. sopra la Comm. di D. A. pp. 202, 254, vol. e ed. cit.
L. BRUNI, laudatio urbis Florentinae
(cf. Tac. hist. I 1. KrrNER, laud, urb. FI. L. B., Livorno 1889, pp. 19, 30). Omettiamo di
citare il chron. Cas. di Petrus, che nel
catal. dei libri della badia di Montecassino an- novera ‘ historiam Cornelii cum Omero (sîc)',
perchè, come bene avverte A. Hortis, op.
c., p. 425, n. 2, la riunione del no- me
Cornelio con quello di Omero farebbe pensare « piuttosto allo Pseudo-Cornelio Nipote ... ben noto per
le sue attinenze con le istorie troiane
di Ditti e Darete ». 5 APOLLIN. Sipon. epist.
IV 22, 2 ‘ cum Gaius Cornelius Gaio
Secundo (se. C. Plin. Caecil. Sec.) paria suasisset’; ed. c., p. 72: cf. PLIN. epist. V 8, TRE
BENE gene cito, in Sulpicio
Severo , ! Orosio, ? e nello scoli aste di
Giovenale. ® Vi ha una frase di Cassiodorio, che pare desunta dalle storie di Tacito.‘ Anche il
Boccaccio si valse, come abbiamo veduto,
di Tacito , © talvolta senza 1 SvLP.
SEv. chronica quae uulgo inscribuntur hist. sacra (in S. S. opera studio et lab. Hier. De Prato, t. II, Veron. 1754) II 28, p. ì59 (cf. Tac. ann. XV 37 in fine); II 29, pp. 160-161 (cf.
Tac. ann. XV 40 e 44 in fine). È probabile che quanto scrive Sulp. Sev. ‘ de Hierosolymorum supremo die’
II 30, pp. 163- 166, sia stato preso da
un luogo ora perduto del lib. V Aist. di
Tac.: v. la nota 6* a p. 164, col. 1°, ed. c. ; e inoltre BERNAYS, de chronicis Sulpicii Seueri, p. 55 sgg. Per
uno strano inverti- mento dell’ ordine
logico, P. Hochart nel suo libro de l’ authen-
ticité des ann. et des hist. de Tac., Paris 1890, pp. 200-201, scambia l’effetto con la causa, e ammette che
il presunto fal- sificatore di Tac.
abbia copiato da Sulpicio Severo quello che
in realtà costui copiò da Tac. ?
Oros. hist. adu. pag. VII 4,
11 (cf. Tac. ann. IV 62 e 63); 4, 17
(cf. Tac. ann. II 85 in fine). 3 Schol. Iuuenat. 1 5, 108 : cf. Tac. ann. XV 62. 4 Casson. war. XI 3i, p. 157, 2* col., in M.
A. CassioporI 0- pera omnia, ed. J.
Garet.,, Ven. 1729, t.I: ‘more maiorum
scuto supposito "; cf. Tac. /A'st. IV 15, 10 ‘inpositusque
scuto more gentis ’. 5 Il Boccaccio ebbe conoscenza di Tac. ann.
Il. XII-XVI e hist. ]l. IIT-]II, perchè
se ne avvalse, senza menzionare i fonti,
negli ultimi capitoli del libro de claris mulieribus, per narrare la vita di Epicharis la cortigiana (c. 91:
cf. Tac. ann. XV 51- 57), di Pompeia
Paolina, moglie di Seneca (c. 92: cf. Tac. ann.
XV 60; 63; 64), di Poppea Sabina, amante e poi sposa di Ne- rone (c. 93: ct Tac arn. XIII 45 e 46. XIV
60-63. XV 23. XVI 6), di Triaria, moglie
di L. Vitelliv fratello dell’ imperatore (c.
94: cf. Tac. Aist. II 63. III 77); e aggiungiamo anchela vita di Agrippina, madre di Nerone (c. 90: cf. Tac.
ann. Il. XII-XIV), sebbene le notizie
possano essere state prese da SvETon. Claud.
26. 29. 39. 43. 44. Ner.6. 9. 28. 34. 35. Vedi ScHUECK, Boccaccio's RESO ge
nominarlo. ? II. — Quanto alla
Germ. non vi è, sino al sec. IX,
scrittore alcuno che ne abbia fatto menzione.o ne ab- bia tratto vantaggio, ripetendo o imitando
qualche luo- go di essa. Si è preteso
scorgere un accenno alla Germ. c. 45 ed
al nome dell’ autore della stessa (Cornelio) in
un’ epistola di Cassiodorio *, con la quale il re Teodo- rico ringrazia il popolo degli ‘ Haesti ? 3
per un dono di ambra. Nell’ ep. di
Cassiodorio si legge : ‘ succina quae a
uobis ... directa sunt, grato animo fuisse suscepta: quae ad uos oceani unda descendens, hanc
leuissimam substantiam, sicut et
uestrorum relatio continebat, ex-
lateinische Schriften, in Jahrbb. fiur Philol. u. Pidag. CX (1874),
p. 170 sgg. A. HoRTIS, op.c., pp. 425-426. G. KOERTING, Op. c., VII, p. 393. P_ pE NoLHAC, op. c., chap. VI, pp. 266-267: e
Boc- cace et Tacite, in Mélanges de l
Ecole de Rome, t. XII, 1892. RAMORINO, disc. c., p. 92, nota 4l.
1 Dal novero degli scrittori che nell'età di mezzo si valsero di Tac., senza menzionarlo, dobbiamo
escludere l’autore ignoto della vita
Heinrici IV, vissuto nel sec XII, non ostante che il Cornelius vi trovi delle frasi, in cui
sembrano riflettersi certe espressioni
che si notano negli ann. di Tac.: v. MANITIUS, Beitr. cit. p. 566; RAMORINO, disc. c., p. 91, nota
40. E si deve altresi escludere dal
novero Guglielmo di Malmesbury che, in un luogo
dei gesta reg. Angl. c. 68, ed. Hardy, I 95, con la frase * incre- dibile quantum breui adoleverit’ pare che
abbia voluto ripro- durre la frase
tacitiana, Gist. II 73, 1 ‘ uix credibile memoratu est quantum ... adoleuerit’; poichè la stessa
frase leggesi in SaLL. Cat. 6, 2
‘incredibile memoratu est quam facile coalue-
rint'; e ciò avvertiva sin dal 17-III-1390 il GaABOTTO, in un art. pubbl. nella Rio. di filol. e d’i. el. XIX
(1891), pp. 397-308. 2 Cassion. uar. V
2, ed. c., t. I, p. 73. 3 ‘ Aestii ’,
secondo il testo della Germ. 45, 8. —
48 — portat; sed unde ueniat,
incognitum wos habere dixe- runt, quam
ante omnes homines patria uestra offerente
suscipitis. haec quodam Cornelio scribente legitur in interioribus insulis oceani ex
arboris succo defluens, unde et succinum
dicitur, paulatim solis ar- dore
coalescere. — cum in maris fuerat delapsa confi- nio, aestu alternante purgata, uestris
littoribus trada- tur exposita.’ Or, il
‘ quidam Cornelius scribens’ non è, come
affermano alcuni ,' Corn. Tacito, autore delle
hist. e degli ann., ma ‘ Cornelius Bocchus ?. Il Peter nota, infatti, il l. cit. di Cassiodorio tra
i frammenti delle storie di ‘ Cornelius
Bocchus ’ ; * ed è noto che Pli- nio
Secondosegna questo scrittore il quarto tra gli au- tori i cui scritti gli servirono di fonti per
compilare il libro XXXVII della sua
naturalis historia :3 e ap- punto nel
libro XXXVII trattasi del sucino o ambra ,'
1 Vedi MASSsMAnN, op. c., pp. 158-159. TH Finck, Germ. her- ausgegeben u.
erlàutert, Gòttingen 1857, p. 14, nota 2. GEFFROY, Op. c., p. 97. A: Pars, comm. cit, p. XIX. MARINA, Op. c., p. 4; 2. RAMORINO,
disc. c., p. 31. etc. ? Historic. Rom.
fragmenta, ed. Peter, Lps. 1833, p. 298, n.° 8,* Vedi Mommsen, introd. ai coll. r. m. di
Solino, p. XVII. 3 PLIN. n. h. I ex
auctoribus l. XXXVII. Si valse anche del-
le opere di Bocco per compilare i Il. XVI, XXXII e XXXIV; ma in questi u'timi due si cita solo ‘
B»echus', senza il nome *
Cornelius. 4 PLIN. n. A. XXXVII 3 (11),
42 e 43. Le notizie sull'’ambra, date da
Bocco e raccolie da Plinio, furono poi ripetute da So- LIN. coll. r. m. 20, 9 sgg. Vedi il comm. c.
del DiLTHEY, pp. 290- 296; e WoLFGANG
HELBIG, osseroazioni sopra il commercio
dell’ ambra, in Atti d. Accad. d. Lincei, 1877 : inoltre v. le pp. 184-189 della dissertazione di ETTORE PAIS,
intorno alle più an- tiche relazioni tra
la Grecia e l'Italia, in Riv. di filol. e di.
cl. XX (1892). Rea GEA e vi si esprime lo stesso concetto
annunciato da Cas- siodorio, con parole
quasi consimili. Nè vale il dire che
nelle voci ‘ legitur, insulis, ex arboris succo, solis ar- dore’ del 1. ce. di Cassiodorio si ripetono
le voci del testo della Germ. c. 45
‘legunt, legitur, sucum arbo- rum,
insulis, solis radiis’; poichè, oltre la ripetizione del concetto, vi ha maggiore analogia di
forme tra il passo cit. di Cassiodorio
ed il corrispondente luogo di Plinio
Secondo, nel quale luogo si ripresentano, come
sì è avvertito sopra, le notizie date da Cornelio Bocco. ! Nemmeno può ammettersi che Iordanis abbia
avuto notizia della Germ.?® sol perchè
nel c. 2 del de or. act. Get. sì trovano
le due voci ‘inaccessam, ape- ruit?, che
si osservano usate anche nel c. 1° della
Germ., ma con tutt'altro intendimento e in due periodi interamente separati e indipendenti l’ uno
dall’ altro *. 1 Cassiod. ‘in interioribus insulis oceani’;
cf. Plin. n. A. XXXVII 3 (11), 42 ‘in
insulis septentrionalis oceani’. Cassiod.
‘ex arboris succo defluens’; cf. Plin. ibid. ‘ defluente medulla pinei generis arboribus ’; e 43 ‘ arboris
sucum esse’. Cassiod. ‘unde etsuccinum
dicitur ’; cf Plin.ibid. 43 ‘ ob id sucinum ap-
pellantes’ (e Solin. 20, 9 ‘sucum esse arboris de nominis ca-
pessas qualitate ’). Cassiod. ‘ aestu alternante purgata,
littoribus tradatur exposita ’; cf.
Plin. ibid. 42 ‘ipse intumescens aestus
rapuit ex insulis, certe in litora expellitur”; XXXVII 2 (11), 35 ‘ esse concreti maris purgamentum ”. 2 Che Iordanis
abbia avuto notizia della Germ. l' ammette il
Massmann, op. c., p. 157. 3 IorpAN. de or. act. Get. 2, 5 p. 3, H. ‘quam
diu siquidem armis inaccessa m (sc.
Britanniam) Romanis Iulius Cae- sar
proeliis, ad gloriam tantum quaesitis, aperuit’. Si con- fronti con Germ. 1, 3
‘cetera Oceanus ambit...... nuper co-
CONSOLI : L’ autore della Germania. 4
i — 50 — E non solamente nella
Germ. occorre il v. ‘ aperire ’ nel
significato di « far conoscere, dar notizia », e perciò « rendere accessibile », perocchè con lo
stesso signifi- cato appare in Livio !,
Mela ?, Tacito 3, etc. Similmente non è
attendibile il confronto del c. 3 del lib. di Ior- danis col c. 40 della Germ., ‘nei quali cc.
sono comuni le parole ‘est in Oceani
insula’, non ordinate però in modo
identico in entrambi. Poi è da notarsi che
Iordanis cita, come fonte della sua designazione geo- grafica, il secondo libro dell’opera di
Tolomeo; nè, d’al- tro canto, è noto
quale sia precisamente 1’ isola indi-
cata nella Germ., nella quale era il luogo sacre alla dea ‘ Nerthus” o ‘Terra mater ’ £. Neppure il luogo del ven. Beda, che noi,
trattando dei ‘ Bructeri ’, abbiamo
riferito sopra (p. 28, nota 3), dà la
certezza che questo scrittore, vissuto dal 674 al 735, ab- gnitis quibusdam gentibus ac regibus,
quos bellum aperuit. Rhenus, Raeticarum
Alpium inaccesso ac praecipiti uertice
ortus’ e. q. s. i 1 Liv. X 24, 5. XXXVI 17, 14. XLII 52, 14. 2 Pompon. Met. chor. III 6, 49. 8 Tac. Agr. 22, 1. hist. IV 64, 19. ann. II 70, 10. Vedi inoltre
Lvcan. de b. c. IV 352. Var. FLAC. Arg. I 169. 4 ]l confronto è sostenuto anche dal
Massmann, l. c. 5 IORDAN. 3, 4 p. 4, H.
“est in Oceani arctoi salo posita in-
sula magna, nomine Scandza ”. Germ. 40, 8 ‘ est in insula O- ceani castum nemus ”. 6 Si discute ancora se sia Riigen, Fehmarn,
Helgoland, Laa- land, Bornholni,
Seeland, la Scandinavia stessa , che gli anti-
chi consideravano come isola. Il MicHELSEN, vorchristliche Kultusstatten (citato da U. Zernial, comm. p.
78, da A. Pais, comm. p. 61, e da G.
Marina, op. c., p. 127) indica come più
probabile Alsen.« mit dem heiligen Walde Hellewith und dem heiligen See Hellesò ». pe
=. bia avuto notizia diretta
della Germ. Si asserisce, è vero, che i
nomi di popoli ‘ Fresones, Rugini, Boruchtuarii, Anglii’ egli non poteva ad altro fonte
attingerli che alla Germ., perchè
appunto nei cc. 34, 44 (43), 33, 40
della Germ. si tratta di essi !, Ma ciò è inesatto, per- chè troviamo fatta menzione dei ‘ Frisii ’,
che il Beda chiama ‘ Fresones *, in
Plinio Secondo, Cassio Dione, nel
panegyr. Constantio Caesari, oltrechè in Tacito. * Dei ‘ Rugii ’, detti dal Beda ‘ Rugini ?, si fa
menzione nel- l’appendice excerpta
Valesiana alle storie di Ammiano
Marcellino ; inoltre in Iordanis, Procopio, Paolo diaco- no. ? Quanto ai ‘ Bructeri ’, che con lieve
mutazione .il Beda chiama ‘ Boruchtuarii
’, è opportuno aggiungere che di loro si
fa cenno non solamente da Velleio Pa-
tercolo, Plinio il giovane, Nazario e dall’autore del pa- negirico a Costantino Augusto, dei quali
sopra si è te- nuto discorso, ma anche
da Strabone, Claudiano, Gre- gorio di
Tours, etc. * Degli ‘Anglii’, che nel sec. V
passarono nella Britannia, leggesi un cenno in Tolo- meo 5; e lo stesso Beda spiega l’ etimologia
del loro 1 Vedi MassMann, op. c., p.
159. 2 Pcin. n. A. IV 15 (29), 101:
qualcuno legge anche la voce ‘ Frisii’
premessa a ‘gens tum fida’ in XXV 3 (6), 21. Cass. Dion. r. Rom. LIV 32.
Incerti pan. Const. Caes. 9; in BAEHRENS,
XII pan. Lat., V, p. 138. Tac. Agr. 28, 14. hist. IV 15, 12; 18, 26; 56, 15; 79,8. ann. I 60, 6.IV 72, 1; 74,
1. XI 19,3. XIII 54, 2. 3 Excerpta
Vales. 10, 48 p. 292, 2° vol., ed. Gardthausen. Ior- DAN. de or. act. Get. 54,7 p. 64, H. PrRocoP.
de db. Goth. II 14.
PavL. pIac. de gest. Langobard. I 19, in rer. Ital. scriptt. del MURATORI, t. I, -pp. 415-416. Cf PTOLEM.
geogr. II 11. 4 STRAB. geogr. VII 1,
3-4 (C. 290-292), pp. 398-401, ed. M.
CLAVDIAN. de IV cons. Hon. 451. GRrEGOR. TvRENS. II 9. 5 ProLem. geoyr. II 11. Un antico trad, di
Tolomeo li disse vi BO nome: ‘porro de Anglis, hoc est de illa
patria quae Angulus (per altri, Anglia)
dicitur.’ ! L'angolo sarebbe il
territorio che si estende da Flensburg sino all’ Eider, a sud-ovest dello Schleswig. * III. — Le prime e sicure tracce della Germ.
appari- scono nel sec. IX, in un libro
intitolato franslatio S. Alexandri?, che
fu cominciato da Rudolf, monaco del
monastero di Fulda, nell’a. 863, e, per la morte di co- stui avvenuta nell’ 865, continuato e portato
a fine da un altro monaco dello stesso
monastero, Meginhard. Rudolf, trattando,
nelle prime pagine del suo lavoro, dei
costumi dei Sassoni, riproduce alla lettera diversi luoghi dei cc. 4, 9, 10, 11 della Germ.,
rendendone al- cune espressioni più
adatte al gusto letterario de’ suoi
tempi; ma non nomina mai l’autore del libro. Valga- no i sgg. confronti, nei quali sono
trascritte in corsivo ‘ Sueui Angili,
qui magis orientales sunt quam Longobardi '; Col. Agrip. 1584, p. 27, col. 1°. 1 Ven. BEDA, hist. gent. Angl. I 15, col.
11, t. III, ed. c. 2 Si noti eziandio
che il ven. Beda dovette attingere le noti-
zie sui ‘Saxones’, dei quali fa cenno nel l. c., non soltanto alla geogr. di Tolomeo, ma anche ad altri
fonti, p. es. AMM. Marc. r. g. XXVI 4,5.
XXVII 8, 5. XXVIII 2, 12; 5, 1e4. XXX 7,
8. PacaT. DREPAN. pan. Theodos. Aug.
5; in BAEH- RENS, X// pan. Lat. XII, p.
275. Oros. hist. adu. pag. VII 25, 3;
32, 10. IORDAN. de or. act. Get. 36, p. 43, ed. H. 3 Pubbl. nei monum. Germ. historica, t. II,
p. 675 sgg., ed. Pertz. 4 Il RITTER, Op. c.,
praef. p. XVI, n., dimostra evidente l’erro-
re in cui incorsero il Massmano, op. c., p. 224 sgg. e il Haupt (comm. Germ.) di attribuire a Meginhard
quella parte della transl. S. Alex, che
era stata scritta da Rudolf, le parole
e parti di parole della Germ. identicamente
ripetute nella dransl. S. Alexandri:
Rudolf: ‘nec facile ullis aliarum gentium... conubiis infecti, propriam et sinceram et tantum sui
similem gentem facere conati sunt. unde
habitus quoque... corporum...in tan- to
hominum numero, idem pene omnibus’: cf. Germ. 4, Rudolf: ‘marime Mercurium venerabantur, cui
certis diebus humanis quoque hostiis
litare consueuerant. Deos suos neque
templis includere neque ullae humani oris speciei adsi- milare ex magnitudine... caelestium arbitrati
sunt: lucos ae nemora consecrantes
deorumque nominibus appellantes secre-
tum illud sola reuerentia contemplabantur’: cf. Germ. 9. Rudolf: ‘auspicia et sortes quam maxime
obseruabani : sortium consuetudo simplex
erat. uirgam frugiferae arbori de- cisam
in surculos amputabant eosque notis quibusdam discre- tos super candidam uestem temere ac fortuito
spargebant. mox, sî publica consultatio
fuit, sacerdos populi, sì priuata, ipse pa-
ter familias precatus deos coelumque suspiciens ter singulos tu- lit, sublatosque secundum inpressam ante
notam interpretatus est. sî
prohibuerunt, nulla de eadem re ipsa die consultatio : si permissum est, euentuum adhue fides
exigebatur. auium uo- ces uolatusque
interrogare proprium gentis illius erat; equo-
rum quoque praesagia ac monitus experiri, hinnitusque ac fre- mitus obseruare; nec ulli auspicio maior
fides, non solum a- pud plebem, sed
etiam apud proceres habebatur. erat el alia
obseruatio auspiciorum, qua grauium bellorum euentus explo- rare solebant: eius quippe gentis, cum qua
bellandum fuit, cap- tiuum quoquo modo
interceptum cum electo popularium suo-
rum, patriis quemque armis, committere et uictoriam huius uel illius pro iudicio habere ’: cf. Germ.
10. Rudolf: ‘quomodo autem certis
diebus, cum aut inchoa- tur luna aut
impletur, agendis rebus auspicatissimum initium
crediderint...... praetereo ’: cf. Germ. 1l. Si osservano anche tracce della Germ.in più
luoghi di Adamo di Brema, scrittore del
sec. XI: in essi si PES gra fa menzione della ‘Sueonia” e dei ‘ Sueones
’;! ed è noto che in nessuno scritto,
greco o latino, lasciatoci
dall’antichità classica, e anteriore alla Germ. (c. 44), si fa parola dei ‘ Suiones ’, abitatori della
penisola scandinava o della parte
orientale di essa. ? Iordanis menziona
la ‘ gens Suethans” e i ‘ Suethidi, cogniti in
hac gente reliquis corpore eminentiores 7.3 Ma Adamo di Brema dovette ricavare dalla trans. S.
Alex., non dalla Germ. direttamente,
quelle poche frasi del suo lib. V, le
quali sono consimili ad alcune frasi che si
leggono nei ce. 4, 9, 10, 11 della Germ. Lo stesso può dirsi del chronicon Vraugiense del sec. XII,
per quelle espressioni che paiono
imitate dalla Germ. e, invece, furono
desunte dalla stessa Zransl. S. Alex. 4
Il Cornelius, nel suo pregevole studio sulle vicende delle opere tacitiane nel medio evo, ha
creduto affer- mare che in un luogo
della vita Mathildis di Donizone (nel
qual luogo si nota la facilità biasimevole, con cui i Germani ingaggiavano delle risse cruente,
massi- me se eccitati da troppe bevande
spiritose) si ripete l’ osservazione del
c. 22 della Germ.: ‘crebrae, ut in- ter
uinolentos, rixae raro conuiciis, saepius caede et uulneribus transiguntur ’. Ma il confronto
appare inve- risimile, perchè Donizone,
piuttosto che riferirsi ad una cattiva
usanza osservata dall’ autore della Germ., in- 1 Descriptio insularum Aquilonis 21 (c.
230), in Micene, Patro- log. curs., t.
CXLVI, col. 637; 27 (c. 235), col. 644; 26 (c. 234), col. 642.
? R. KEySER, Norges historie,
Kristiania 1865, vol. I, p. 34 sg. 3
IORDAN. de or. act. Get. 3, 40; 3, 55, p.5
H. 4 V. il confronto dimostrativo fatto
dal Massmann, op. c., An- hang, pp.
220-234. — 55 tende dar notizia della facilità con cui a’
suoi tempi si veniva a risse sanguinose
per causa dell’ubbriachez- za. * Del
resto, trattasi di un’ usanza, che osserviamo
tutto dì nelle classi sociali che più difettano di coltura e si abbandonano al vizio dell’ ubbriachezza
: molto più doveva ciò avvenire tra
genti barbare, e nei tempi de- scritti
da Donizone. * Dalle osservazioni
premesse ci è dato concludere che, sino
all’età del Rinascimento, sparutissime sono le tracce della Germ. nella tradizione degli scrittori:
non mai Tacito venne indicato quale
autore della Germ. 1 MANITIUS,
Beitrige c., p. 566. RAMORINO, disc. c, pp. 91-92, nota 40.
? Tacito avvertiva: ‘nec facilem inter temulehtos consen- sum’ (Aist. I 26, 6) — ‘ uinolentiam ac
libidines, grata barba- ris’ (ann. XI
16, 12). — 56 — CAPITOLO TERZO La Germania nella tradizione
manoscritta. I. — Il primo degli
umanisti, che abbia fatto men- zione
della scoperta di un libro intitolato de origine et situ Germanorum, fu Antonio Beccadelli,
detto il Panormita, il quale, in una
lettera diretta al Guarini veronese,
scriveva: ‘ compertus est Cor. Tacitus de ori-
gine et situ Germanorum. Item eiusdem liber de uita lulii Agricolae isque incipit: clarorum
wirorum facta ceteraue. Quinetiam Sex. Iulii Frontonis liber de
aquae- ductibus qui in urbem Romam
inducuntur; et est litteris aureis
transcriptus. Item eiusdem Frontonis liber alter, qui in hunc modum iniciatur : cum omnis res
ab im- peratore delegata mentionem
exrigat et cetera. Et in- uentus est
quidam dialogus de oratore et est, ut con-
iectamus, Cor. Taciti, atque is ita incipit: saepe ex me requirunt et cetera. Inter quos et liber
Suetonii Tranquilli repertus de
grammaticis et rbetoribus : huic initium
est: grammatica Romae. Hi et innumerabiles
alii qui in manibus uersantur, et praeterea alii fortas- se qui in usu non sunt, uno in loco simul
sunt; ii uero omnes, qui ob hominum
ignauiam in desuetudinem ab- ierant
ibique sunt, cuidam mihi coniunctissimo ii di-
mittentur propediem , ab illo autem ad me proxime et de repente; tu secundo proximus eris, qui
renatos sane illustrissimos habiturus
sis ’.! Alla lettera si as-
segna la data dell’ aprile 1426. Con la stessa lettera si può ben mettere in confronto una epistola
scritta dal 1 Studi ital. di filol.
class. VII, p. 125. E Poggio al Niccoli, in data del 3 novembre
dell’anno pre- cedente. ! Il Poggio gli
annunziava : ‘ quidam monachus amicus
meus ex quodam monasterio Germaniae, qui 0-
lim a nobis recessit, ad me misit litteras, quas nudius quartus accepi; per quas scribit se reperisse
aliqua uo- lumina de nostris, quae
permutare uellet cum Nowuella Ioannis
Andreae, uel tum Speculo, tum Additionibus,
et nomina librorum mittit interclusa .. Inter ea uo- lumina est Iulius Frontinus et aliqua opera
Corn. Tac. nobis ignota. Videbis
inuentarium, et quaeres illa uo- lumina
legalia, si reperiri poterunt commodo’ pretio.
Libri ponentur in Nurimberga,
quo et deferri debent Speculum et
Additiones, et exinde magna est facultas
libros aduehendi. Vt uidebis per inuentarium, haec est particula quaedam, nam multi alii restant ;
scribit enim in hunce modum: « sicuti
mihi supplicastis de notando poetas, ut
ex his eligeretis qui uobis placerent, inueni
multos e quibus collegi aliquos, quos in cedula hac in- clusa reperietis » ”....... La lettera del
Panormita e quella del Poggio con-
vergono nella notizia della stessa scoperta, che il pri- mo accenna con particolari minuti, mentre il
secondo, tranne per le determinazioni
concernenti Frontino e Ta- cito, si
rimette all’ inventario; e convergono anche nella notizia, che nel luogo della scoperta degli
autori men- tovati abbondavano libri
antichi, parte già in uso e parte ancora
ignoti. ® La notizia al Poggio provenne dal mo- 1 La data del 1425 è segnata nell’ ed.
Tonelli dell’ epistol. del Poggio,
Firenze 1832. ? Panorm.: “hi et
innumerabiles alii quiin manibus uersan-
tur, et praeterea alii fortasse qui in usu non sunt, uno in loco simul sunt’. Pogg. :‘ haec est particula
quaedam, nam multi — 58 — haco che, appresso, è detto ‘ Hersfeldensis
° !; ma donde provenne la notizia al
Panormita? quale inventario o no- ta di
libri gli fudato di osservare, per indicare poi con tanta precisione il principio dell’ Agr., dei
libri di Fron- tino, del dialogo de
oratoribus e del libro di Suetonio de
gramm. et rhetoribus? Egli fa cenno di un suo
‘ coniunctissimus ’, al quale sarebbero stati mandati i libri ‘ propediem ’, e da questo a lui
‘proxime et de repente ’. Perciò o il
monaco hersfeldese, oltre all’ave- re
iniziato delle trattative col Poggio, trattò anche dello scambio dei codd. del suo monastero coi libri
che desi- derava, con qualche umanista
amico del Panormita; ov- vero il
Panormita attinse la notizia, che egli comunica
al Guarini, direttamente dal Poggio, tanto più che al- lora egli era in sì buoni rapporti di
amicizia col Poggio da mandargli, per
mezzo del suo discepolo ed amico
Giovanni Lamola, l’Ermafrodito, e ricevere da lui del- le magnifiche lodi ® insieme con l’
avvertimento (non bene accolto) di
scegliere argomenti più serii per i suoi
carmi. alii restant ’; cf.
epist. 1. lib. III, del 14 settembre 1426 :‘ quin etiam dedi operam, ut habeam inuentarium
cuiusdam uetustis- simi monasterii in
Germania, ubi est ingens librorum copia’.
Queste affermazioni dovettero provenire dalla frase ‘inueni multos’ e. q. s., che si legge in quella
parte della lettera del monaco
hersfeldese, che è ripetuta dal Poggio.
1 Poem epist. III 12 T. ‘ monachum illum ,Hersfeldensem ’. 2 Poggi epist. ll 40 T.: ‘ laudo igitur
doctrinam tuam, iucun- ditatem carminis,
iocos et sales; tibique gratias ago pro por-
tiuncula mea, qui Latinas Musas, quae iamdiu nimium dor- mierunt, a somno excitas.’ L’ epistola
presenta la data 3 apri- le 1426, perciò
è contemporanea, o forse di pochi giorni ante-
riore, a quella scritta dal Panormita al Guarini, — 59 —
Così non si può discompagnare la scoperta della Germ., indicata dal Panormita, dalle pratiche
iniziate dal Poggio col monaco
hersfeldese per aversi, insieme con
altri codd., ‘ uolumen illud Corn. Taciti et aliorum, quibus caremus ’.! Son note, dall’
epistolario del Pog- gio, le vicende di
tali pratiche; ® ma si ignora quali
possano essere stati i risultamenti finali di esse. Si sa tuttavia con quale pertinacia insistessero i
cercatori di opere classiche nell’ età
del Rinascimento, e in ispecial modo il
Poggio e il Niccoli; talchè non è improbabile
che alla fine il monaco hersfeldese, dopo il vivo rim- provero che gli inflisse il Poggio e la
minaccia di non ottenere nulla, venuto
meno il favore del Poggio me- desimo,
quanto alla lite che a nome del suo monastero
da più anni sosteneva dinanzi alla Curia, 3 si fosse in- dotto a portargli il cod. promesso. * Nè fa
meraviglia che il Poggio, avuto il cod.,
ne abbia conservato asso- luto silenzio
nell’ interesse suo, sia a vantaggio dei
4 Poca epist. III 12 T. Il Voret (trad. VALBUSA, II 4, vol. I, P. 254) vorrebbe farla risalire alla scoperta
fatta, nel 1422 in Germania, da
Bartolomeo Capra, arcivescovo di Milano; e del
parere del Voigt è il SABBADINI (v. Studi ital. di filolog. class. VII, p. 128 sg.). Ma danno motivo a dubitare
di ciò) le osserva- zioni fatte dal
Poggio, in riguardo a tale scoperta, nella lettera al Niccoli, del 10 giugno 1422 (epist. I
21). ? Pocair epist. III 12; 13; 14;
19; 29. 3 Pogcir epist. III 29 T. (26
febbr. 1429): ‘ monachus Hersfel- densis
uenit absque libro; multumque est a me increpatus ob eam causam: asseuerauit se cito rediturum,
nam litigat no- mine monasterii, et
portaturum librum. Rogauit me multa: di-
xi me nil facturum, risi librum haberemus; ideo spero ot il- lum nos habituros, quia eget fauore
nostro”. 4 VOIGT-VALBUSA, op. c., II 4,
vol. I, pp. 255-256. REN no suoi negozi librari, sia a causa delle vie
tortuose e non sempre legittime allora
seguite per venire in possesso di codd.
preziosi. Egli stesso dichiara al Niccoli, in oc- casione che questi gli aveva prestato l’
esemplare allo- ra noto di Tacito (oggi
cod. Medic. II): ‘ Cornelium
Ta- citum, cum uenerit, obseruabo penes
me occulte. Scie enim ommem illam cantilenam, et unde exierit,
et per quem, et quis eum sibi uindicet,
sed nil dubites, non exibit a me ne
uerbo quidem.’ ! Nè osta il giudizio es- presso dal Poggio, nella lettera del 17
maggio 1427, sull’ inventario portato
dal monaco di Hersfeld,® cioè che questo
inventario era ‘ plenum uerbis, re uacuum ’,
e che nella parte del medesimo inventario, mandata al Niccoli, concernente Tacito ed altri
scrittori, vi fossero ‘ res quaedam
paruulae, non satis magno... aestimandae ’ ;
onde egli era caduto ‘ ex maxima spe, quam concepe- rat ex uerbis suis.’ Perciocchè, se in realtà
fosse stato di sì poca importanza e di
sì minimo pregio il cod. promesso, per
qual motivo avrebbe il Poggio tanto in-
sistito per averne il possesso, come egli attesta nelle due lettere che scrisse poi al Niccoli, l’
una del 31 maggio 1427 e l’altra del 26
febbraio 1429? ® Anzi, nella prima delle
due lettere citate, dichiara espressa-
mente di aver meglio che per altri. codd. provveduto ‘ al modo di aversi il ‘ uolumen ’ di
Cornelio Tacito, ‘ quo maxime indigemus,
id quidem imprimis est, quod uolo: 1
Poee epist. III 14 T. (27 settem. 1427). In conferma del si- lenzio che tenevasi sui risultamenti delle
investigazioni e delle pratiche iniziate
con mercatanti di codd. e con monasteri, v. l’e- pist. II 1.
2 Poca epist. III 12 T. 8 Pogeli
epist. III 13; 29, in fine, T. POR;
E quin mandaui isti monacho, ut uel ipse
secum defer- ret, nam credit se
rediturum brevi, uel per alium mo-
nachum curaret deferendum : alios (sc. libros) iussi por- tari Nurimbergam, hunc uero Romam proficisci
recta uia, et ita se facturum recepit
’. Il Poggio aveva osservato, nell’ inventario
presen- tatogli dal monaco hersfeldese,
dei libri classici che erano ormai
acquisiti alla repubblica letteraria ; e ne
traeva argomento per mostrare l’ ignoranza del frate che, credendo nuovo per tutti quello che esso
frate non sapeva, aveva infarcito l’
inventario di libri già noti, ‘qui sunt
iidem (soggiunge il Poggio al Niccoli ') de
quibus alias cognouisti’. Probabilmente il Poggio dovette vedere anche indicato nell’inventario del
monaco hersfel- dese quel tanto che già
conoscevasi delle Rist. e degli ann. di
Tacito, e che egli stesso aveva avuto occasione di leggere nell’esemplare, scritto ‘ litteris
antiquis ’, che si apparteneva a
Coluccio Salutati o ad altri, e poi si
ebbe 1’ agio di osservare in un altro esemplare ( oggi cod. Medic. II ) , scritto ‘ litteris
Longobardis ’, presta- togli dal Niccoli
? ed a questo restituito per mezzo di
Bartolomeo de’ Bardi. * Perciò egli nutrì la speranza di venire presto in possesso anche di qualcuno
dei primi libri degli annali, che forse
nell’inventario erano adom- brati con
qualche indicazione diversa da quella data
comunemente per il codice già noto; ovvero nella pre- sunzione che il frate, ignorante di studi
umanistici, non avesse saputo
determinare con chiarezza il cod.posseduto,
1 Poco epist. III 12 T. (17 maggio 1427). ? Pogau epist. III 15 T. (21 ottobre
1427). 3 V. il poscritto della lettera
del Poggio al Niccoli, in data del 5
giugno 1428 (III 17 T.) I e da ciòla possibilità che questo cod. per
avventura con- tenesse altre parti non
note dell’opera tacitiana; ovvero per
qualsivoglia altra ragione che a noi non è dato inve- stigare. In tal modo può avere una
spiegazione plausibile l’insistenza del
Poggio nel pretendere dal frate la con-
segna del ‘ uolumen Taciti ’, non ostante che prima, dato uno sguardo superficiale all’ inventario ,
fosse rimasto disingannato di quanto
aveva sperato, e perciò avesse sì poco
pregiato i libri indicati e avesse notato di trat- tarsi di ‘ res quaedam paruulae , non satis
magno ae- stimandae’; chè, ‘si quid
egregium fuisset ’, serive e- gli al
Niccoli, ‘ aut dignum Minerua nostra, non solum
scripsissem, sed ipse aduolassem, ut significarem ’.! Ed a rinnovellare le speranze venute meno
nell’animo del Poggio avrà certamente contribuito
il discorso fattogli da Niccolò da
Treviri, uomo dotto ‘ et, ut uwidetur, mi-
nime uerbosus aut fallax ’, intorno ad un libro di Pli- nio sulle guerre germaniche. * In questo
libro pliniano il Poggio dovette
subodorare i primi libri degli anna-
les, perchè, come bene avverte il Voigt, questi « non portavano più verun nome d’ autore »;? e
però, men- tre da un canto iniziava,
sebbene con una certa dub- biezza, delle
pratiche col Trevirese per aversi il cod.
1 Poggi epist. III 12 T. 2 Poca
epist. III 12 T. (17 maggio 1427): ‘ de historia Plinii cum multa interrogarem Nicolaum hune
Treuerensem, addidit ad ea quae mihi
d.xerat, se habere uolumen historiarum Plinii
satis magnum; tunc cum dicerem, uideretne esse /istoria na- turalis, respondit se hunc quoque librum
uidisse legisseque, sed non esse illum,
de quo loqueretur; in hoc enim bella Germa-
nica contineri '. 3
VoIGT-VALBUSA, Op. c., II 4, vol, I, p. 252.
rm BI pliniano, ! dall’altro
canto, per meglio riuscire nel suo
intento, onorifico e al tempo stesso lucroso, è possibile che abbia sollecitato anche il monaco
hersfeldese per lo stesso cod. pliniano,
in cui, come si è detto, credeva di
potere rinvenire i libri perduti degli ann.; ma di que- sta seconda pratica nulla scriveva in
particolare al Niccoli, a cui soltanto
prometteva, protestando la sua sincerità
, di dire a suo tempo quanto potesse inte-
ressarlo ?. Le pratiche col
Trevirese nel primo periodo non do-
vettero approdare a nulla, poichè costui, trattato ma- lamente dalla Curia, se ne era allontanato sì
malcon- tento da non volerne sentire più
di libri o di altro; 3 onde il Poggio si
propose di mandare qualcuno in Germania,
che curasse di portargli i libri desiderati, 4 1 PocaIr epist. III 12 T.‘adhuc neque despero, neque confido uerbis suis (sc. Nicolai Treuerensis) — litterae sunt a quodam socio suo, cui librorum mittendorum curam
delegauit, se mi- sisse libros
Francofordiam, ut exinde Venetias deferrentur ’. Notisi quanto mistero in quei negoziati,
forse per non susci- tare i sospetti
degli amministratori dei monasteri, dai quali
venivano esportati, probabilmente per vie illecite, quei codd. preziosi. Era forse ad Augsburg o a Dortmund
il luogo in cui conservavasi il cod,
pliniano dei bella Germaniae (cf. MaAss-
MANN, Op. c., p. 179), ovvero nella stessa Frankfurt a/M? Hers- feld non è molto distante da questa
città. 2 Pogcit epist. III 12 T. ‘ hie
monachus eget pecunia: ingres- sus sum
sermonem subueniendi sibi, dummodo ...... et nonnulla alia opera quae, quamuis ea. habeamus, tamen
non sunt ne- gligenda, dentur mihi pro
his pecuniis — haec tracto; nescio quid
concludam: omnia tamen a me scies postea.
3 PogaIr epist. III 13 T. (31 maggio 1427): cf. epist. III 14 (27 settembre 1427). 4 Pool epist. III 13 T. ‘ ego solus uolui
aliquem mittere in ns BA: n Ma dopo non guari Niccolò da Treviri
riapparve nel mo- vimento del commercio
librario :! nessun vantaggio ebbe a
ricavare il Poggio dal ritorno del Trevirese, in quanto al codice pliniano delle guerre
germaniche e, fors° anche, in quanto ai
libri di Tacito non ancora noti? Certo
non viè documento, apparso fin oggi, che
ci dia in proposito notizie precise. Ma il Voigt bene avverte non essere probabile che il Poggio ed
il Niccoli vi avessero rinunziato, e «
quel silenzio non sì spieghe- rebbe
meno, se il codice fosse venuto in Italia per vie segrete ». ?
Intorno ai risultamenti definitivi delle pratiche a lun- go continuate tra il Poggio e il monaco
hersfeldese, non è improbabile la
congettura del Voigt, che e per le vive
insistenze del Poggio stesso e per l’ efficacia
indubitata del danaro mediceo, alla fine il codice (* uo- lumen illud Corn. Taciti et aliorum, quibus
caremus’ ) sia stato portato a Roma o a
Firenze; « diversamente, soggiunge il
Voigt, quegli amici umanisti non si sa-
rebbero dati più pace. Ma le vie difficili e tortuose, con cui si giunse ad averlo, spiegano
abbastanza, per- chè il libro sia stato
tenuto nascosto per una intera
generazione, dissimulandone il possesso, come quello delle due parti degli annali ».* Or, si
conserva un cod. su cui si modellò la ‘
ed. princ. ’? stampata a Venezia,
probabilmente da Vindelin da Spira, verso il 1469 o il Germaniam, qui curaret libros huc afferri:
sed nolunt qui nolle possunt, et
deberent uelle”. 1 PoccI epist. III 29
(26 febbraio di e IV 4 T. (27 dicem- bre
1428). 2 VoIGT-VALBUSA, Op. c., Il 4,
vol. I, p. 252. 3 VoIGT-VALBUSA, Op.
c., II 4, vol. I, p. 256. i È 1470: esso contiene gli. ultimi libri degli
ann. uniti, mediante numerazione
successiva, coi libri che restano delle
Rist. ?, poi la Germ. e il dial. ; è il cod. Vindobo- nensis del sec. XV, di scrittura bella ma non
accurata, che a Mattia Corvino, re di
Ungheria, provenne, senza dubbio, da
Firenze.? Il cod. Vindobon. porta la data del
1466, perciò è posteriore alla morte del Poggio‘: non putrebbe, per tanto, essere stato una copia,
fatta con poca diligenza da qualcuno
degli scribi del Poggio, sul cod.
primitivo o sur un apografo, venuto a Roma o a Firenze, di provenienza hersfeldese? « Non è punto
provato, avverte il Ramorino, che tutti
i Taciti diffusisi nel 400 provenissero
dal secondo Mediceo ».° Sicchè, se la no-
stra congettura, avvalorata dalle ricerche precedenti e non contrastata da alcun documento, è
attendibile, non è forse da ammettersi
che il frate hersfeldese, ottempe- rando
alle pressanti richieste del Poggio, abbia aggiunto, 1 Seguo l'opinione del Massmann, op. c.,
p. 23, accolta dg Carlo Castellani, il
quale, in una nota segnata sulla copertina
dell'esemplare che conservasi nella bibl. V. E. di Roma, attri- buisce la ‘ princeps’ a Vindelin da Spira.
Vedi’ introd. all’ ed. delle opp. di
Tac. fatta dal Jacob, 1885, vol. I, p. XXXV..
? Ma delle hist. mancano gli ultimi tre capp. del lib. V, cioè 24, 25, 26 e circa metà del c. 23: si giunge
sino alle parole ‘nauium magnitudine
potiorem * (V 23), come nel cod. Vatic. 1863.
3 Il Massmann, il Michaelis ed altri edd. di Tac. fanno men- zione del cod. Vindobon.: di proposito ne
tratta il HimER, in Zeitschrift fur die
bsterr. Gymn. 1878, p. 801. 4 Il Poggio
mori il 30-X del 1459: v. i fonti di questa data nell’ opusc. di G. A. CESAREO, un bibliofilo
del quattrocento, p. 5, 2.à eol., nota 2
(estratto dalla riv. Natura ed arte, a. I, 1891-92). 5
RAMORINO, disc. c., p. 96, nota 49.
CONSOLI: L’ autore della Germania. 5
ASTRA ca Bi probabilmente in copia, al ‘ uolumen Corn.
Taciti * una parte, l’introduzione
forse, insomma quel che aveva po- tuto
avere, del cod. pliniano delle guerre germaniche, nel quale il Poggio si aspettava di rintracciare
i primi libri degli ann. tacitiani? Ne
sarebbe così derivata, o per preconcetto
del Poggio o per interessata annuenza del
frate tedesco o di altri (non escluso Niccolò da Treviri) alle esigenti aspettative del Poggio, la
intitolazione a Tacito di una parte dei
Germanica bella di Plinio Se-
condo. Se, dunque, si ammette
che fonte del cod. Vindobon. sia stato
il cod. o l’apografo venuto dalla Germania per
i lunghi e pertinaci maneggi del Poggio, e tenuto per qualche tempo accuratamente nascosto in
Firenze, si spiega agevolmente il perchè
fossero noti in Italia la Germ. e il
dial. prima ancora che si avesse notizia dei
codd. portati, sul declinare del 1455, da Enoch d’Ascoli.! 1 Nella bibl. di Cesena si conserva un ms.
della Germ., che, secondo il cat. del
Muccioli, appartiene forse al sec. XIV. Tale
indicazione apparve inesatta al LEHNERDT (Enoche v. Ascoli und die Germania des T.s, in Hermes, vol.
XXXIII, fasc. 3°, p. 504), perchè nel
ms. è disegnato lo scudo e il nome di Ma-
lat[esta] N[ouellus], vicario apostolico di Cesena e fondatore di quella bibl., morto nel 1465. Veramente la
data del sec. XIV è da reputarsi molto
anteriore alla vera: ma non poteva il ms.
essere stato copiato sur un cod. o un apografo anteriore al- la divulgazione dei libri portati da Enoch in
Italia? non era forse Malat. Novello in
vita ed in grande autorità prima del
1455? Un altro ms, della Germ., più corretto del precedente, è incluso nel cod. segnato D IV 112, che si
conserva nella bibl. Gambalunga di
Rimini; porta la data del 1426, secondo il cat.
del prof. Attilio Tambellini (v. G. MAZZATINTI, inventari dei mss. delle biblioteche d' Italia, Forlì 1892, vol.
IL, p. 165, n.° 23), la — 607 — II. — Per altra via, qualche tempo dopo,
gli umani- sti del ‘400 ebbero di nuovo
notizia della Germ. : se ne ascrive il
merito ad Enoch di Ascoli. ! Era questi
un mediocre erudito, ? che aveva passato alcuni anni in Firenze, prima quale maestro dei figli di
Cosimo de’ Medici, e poi con l’ ufficio
di ripetitore nella fa- miglia de’ Bardi; indi insegnò belle lettere
in Ascoli e in Perugia. Sia per rapporti
personali che egli ave- va col papa, sia
per autorevoli lettere commendatizie
concesse da Cosimo de’ Medici, a cui era stato prima raccomandato dal dotto Ambrogio Traversari,
generale dell’ ordine dei Camaldolesi$
fu prescelto da Niccolò V per fare delle
ricerche di codd., specialmente delle de-
che perdute di T. Livio, nelle biblioteche delle chiese quale data il LEHNERDT (I. c., p. 505) e R.
RETZENSTEIN (zur Texrt- geschichte der
Germania, in Philologus vol. LVII (n. s. XI),
fasc. 2°, p. 367 sg.) ritardano giustamente sino al 1476; tanto più che chi scrisse l’apografo, certo
Rainerius Maschius da Rimini, dichiara
di averlo scritto allorchè ‘ dicebatur oratores
imperatoris et regis Gallorum et aliorum ultramontanorum ue- nire ad oranlum Sixtum IIII pontificem';
perciò dopo il 1471, anno in cui fu
assunto alla tiara Sisto IV della Rovere.
4 Per i funti delle notizie intorno ad Enoch d'Ascoli, v. ALFRE- Do REUMONT, aneddoti storico-letterari, in
Archivio storico ita- liano, serie III,
t. XX (1874), pp. 188-189. VOIGT-VALBUSA, OP. C., vol. II, pp. 192-194. 2 Si deve riconoscere un encomiv esagerato
in quel che scrisse di lui Gius. LENTO,
clarorum Asculanorum praeclara facinora,
Romae 1622, p 37: ‘ Enochus, sapienti et altiore mente prae- ditus, omnem mouere lapidem, donec res (cioè,
la scoperta di codd. antichi) prospere
scilicet cesserit. quam ob rem non so-
lum nutantes litteras Latinas confirmauit, uerum Graecam fa- cundiam tuendo melius propagauit
latius.' 3 A. TRAVERSARII epist., p.
335, ed. Mehus. — 6R— e dei chiostri dell’ Europa settentrionale.
Enoch partì per il suo viaggio di
esplorazioni letterarie nella pri-
mavera del 1451 : visitò l’ isola di Seeland, e di là scris- se una comunicazione a Leon Battista
Alberti.! Poi non diede più notizie di
sè,” salvo quelle accennate dal Pog- gio
in una lettera, con la frase sarcastica: ‘ Enoch E- sculanus, qui adeo diligens fuit, ut nihil
iam biennio inuenerit dignum etiam
indocti hominis lectione ’.8 Pro-
babilmente, se si accoglie la testimonianza del Filelfo,* Enoch penetrò nella penisola scandinava. Non
si ha alcuna notizia intorno alla via
del ritorno: è possibile che abbia
percorso, per fare ritorno in patria, la Ger-
mania e vi abbia fatto delle indagini per iscoprire dei codici. Si conserva ancora nell'archivio di
Kònigsberg il breve, con cui Niccolò V
raccomandava al gran mae- stro dell’
Ordine teutonico, Ludwig von Erlichshausen,
il ‘ dilectum filium Enoch Esculanum......... qui diuersa loca et monasteria inquirat, si quis ex ipsis
deperditis apud uos libris reperiretur
’.5 Ma non è provato da alcun 1
GrroL. MANCINI, vila di L. B. Alberti, Firenze i882, p. 328 sg. 2 Onde il Poggio ironicamente scriveva: ‘
ille enim Enoch a- deo solers et
diligens fuit, ut ne uerbum quidem ad me adhuc
scripserit’; epist. X 17 T. (22 gennaio 1452 [1453]). 3 Poca epist. IX 12: la lettera non porta
data; è probabile che sia stata scritta
nel 1453. 4 Nella lettera del Filelfo a
Callisto III, del 19 febbr. 1456,
(epist. Ven. 1502) si legge: ‘is enim
Enochus in Daciam (/. Da- niam) usque
profectus est, et, ut referunt aliqui, in Candauiam (. Scandinauiam) usque, quae quam longissime
ultra reliquas omnes insulas, de quibus
exstet memoria apud priscos rerum
scriptores, posita est in mari oceano e regione Germaniae ad septentrionem ’. 5 VOIGT-VALBUSA,
Op. c., V ©, vol, II, p. 193,
lm documento, che Enoch sia
stato in Hersfeld ed abbia fatto delle
ricerche in qualche monastero di quella città. E, del resto, a qual fine visitare i monasteri
di Hersfeld, per i quali egli avrebbe «
senza dubbio ricevuto istruzioni esatte
da Poggio »,' se il monaco tedesco, con cui ebbe a trattare il Poggio per il‘ uolumen illud
Corn. Taciti et aliorum ’, era, è vero,
« nativo di Hersfeld », ma « stava nel
convento di Niirnberg, e andava e tor-
nava spesso da Roma per interessi del monastero »,° cioè del monastero norimberghese ? In ogni
caso, non sarebbe una congettura priva di
fondamento, che Enoch, nel suo viaggio
di ritorno, avesse visitato qualcuno dei
monasteri di Nirnberg, secondo le possibili istru- zioni dategli dal Poggio. Enoch ritornò a Roma sul declinare del 1455,
5 por- tando seco alcuni codici ; ma non
vi trovò liete acco- glienze, come egli
sperava, perchè Niccolò V, suo pro-
tettore, era morto, e il nuovo papa Callisto III non mostravasi benevolo verso gli umanisti e le
loro ricerche letterarie. Aggiungasi che
gli eruditi, tanto a Roma quanto a
Firenze, non mostravano benevolenza per lo
Ascolano, poichè questi si era deciso a non concedere copia alcuna de’ suoi codd., prima che fosse
stato. de- gnamente rimunerato delle sue
fatiche. Scriveva, infatti, 1 Studi
ital. di filol. class. vol. VII, p. 130.
? Studi ital. di filol. class. vol. VII, p. 128. 8 « Forse nel novembre », aggiunse VITTORIO
Rossi nella no- ta: l'indole e gli studi
di Giovanni di Cosimo de’ Medici, no-
tizie e documenti; pubblicata nei Rendiconti della R. Accad. dei Lincei, classe di scienze morali,
storiche e filologiche : es= tratto dal
vol. II, fasc. 19, Roma 1893. A p. 34 sg., n. 4, lo di- mostra ampiamente, A] Je
Carlo de’ Medici, protonotario apostolico , al fratello Giovanni: « sì che vedete se volete gettare
via tanti danari per cose, che la lingua
latina può molto bene fare senza esse,
che a dirvi l’oppenione di molti dotti
uomini, che gli anno visti, da questi quattro infuori che sono segnati con questo segno x, tutto il
resto non vale una frulla ».'! Ciò non
ostante Carlo de’ Medici mandò al
fratello, insieme con la lettera cit., l’inventario dei codd. portati da Enocb. Su questo inventario
si deter-. minò meglio l’opinione punto
benevola che i dotti fio- rentini si
erano formata per lo scopritore : di essa si
rese interprete Vespasiano da Bisticci che, per ispiegare quel che tenevasi cattivo risultamento del viaggio
fatto da Enoch per investigazioni
letterarie , scriveva nella sua
biografia del « maraviglioso grammatico » : « istimo che procedesse per non avere universale
notizia di tutti gli scrittori, e quegli
che erano e quegli che non si tro-
vavano ». # Or, come mai si può conciliare tanta non- curanza , non diciamo dispregio , per i codd.
scoperti dall’ Ascolano, se tra questi
era compreso quel codice hersfeldese, o
meglio norimberghese, per il cui possesso
si era sì lungo tempo e con tanta persistenza affati- cato il Poggio, d’ accordo col Niccoli ? Non
è lecito forse da questa contraddizione
argomentare che il cod., che si vuol dire
hersfeldese, fosse probabilmente venuto
prima in possesso del Poggio? 3 Sarebbesi questi mo- 1 GAxE, carteggio I, p. 163 sg. Vitt.
Rossi, opusc. c., II, p. 27. La lettera
del Medici porta la data del 13 marzo 1456, st. com.; 1455, st. fior. ? VESPASIANO, vile d'uomini illustri del
sec. XV, ed. Bartoli, p. 511. 8 Volet-VALBUSA, Op. c., V 5, vol, II, p.
194, nota 2: suppone si strato così indifferente per le scoperte di
Enoch, e avrebbe con la sua indifferenza
provocato quel giudizio sì freddo e
altezzoso della scuola umanistica fiorentina, sulla quale’ valeva molto la sua grande autorità, se non
avesse posseduto prima del ritorno di
Enoch, avendolo in un modo qualsiasi
ottenuto, un esemplare del cod. che per
lunghi anni aveva così vivamente ambito ? III. — Enoch, disingannato per la fredda
accoglienza avuta e dai dotti umanisti e
dai principi mecenati , si ritirò ad
Ascoli, dove poco dopo mori. Quand’ egli si
ricoverò nella sua città nativa, dovette portare seco i codici che, per la forte remunerazione che si
aspettava di duecento o trecento
fiorini, non aveva potuto trovare
occasione di cedere ad alcuno; e che egli avesse. con sè i detti codici prima di morire, c’ induce
ad ammet- terlo una lettera del
protonotario apostolico Carlo de’
Medici, del 10 dicembre 1457, nella quale questi serive al fratello Giovanni che, avuta notizia della
morte di Enoch , sì era affrettato a
scrivere a Stefano de’ Nar- dini, da
Forlì, allora « governatore di tutta la Marca », per pregarlo di mandargli, se non gli
originali, almeno le copie dei codici
dell’ Ascolano. ! Non si ha alcuna
notizia certa intorno alle persone che vennero
in possesso dei codici portati da Enoch.
Quando questi giunse a Roma, dopo la sua lunga pere- grinazione per i paesi nordici, dovette
certamente, oltre al presentare degli
elenchi dei libri scoperti, permettere
anche di osservare i libri stessi; ma non permise a nes- che nell’ elenco di Enoch non fossero stati
inclusi gli scritti di Tacito e di
Suetonio. 1 Vitt. Rossi, opusc. c.,
VIII, p. 30. naz suno di trarne copia, prima che gli si fosse
data una de- gna remunerazione per la scoperta
fatta.! Perciò, finchè egli fu in vita,
i codici che aveva scoperti rimasero in suo
potere. Aveva tentato, è vero, confortato forse dalle e- sortazioni dell’ Aurispa *, di offrirli a re
Alfonso; ma il risultamento delle nuove
pratiche non dovette essere conforme ai
desideri di Enoch. Non è però improbabile
che, dopo la morte di Enoch, i codici di lui siano pas- sati, mediante gli abili maneggi di Carlo de’
Medici e la cooperazione di Stefano de’
Nardini, nella biblioteca di Giovanni di
Cosimo de’ Medici , e perciò a servizio
degli umanisti fiorentini. Un’ allusione a ciò pare di 1 Carlo de’ Medici scriveva al fratello
Giovanni, in data del 13 marzo 1456 (1455,
st. fior.): « Lui (Enoch) per insino a qui
non ha voluto farne copia a persona, imperò dice non vuole avere durate fatiche per altri, e non
delibera darne copia al- cuna, se prima
da qualche grande maestro non è remunerato
degnamente, ed ha oppenione d’averne almanco 200 o 300 fio- rini ». GAYE, Op. c., I, p. 163. Vitt. Rossi,
opuse. c., p. 27. — Sino al dicembre
1457, quando già era ‘avvenuta la morte di
Enoch, nè Carlo de’ Medici né il card. di Siena avevano po- tuto avere gli originali o le copie dei libri
nuovi lasciati dal- 1 Ascolano : v.
lett. VIII del 10 dicembre 1457, in Virt. Rossi, opusc. c., pp. 30-31. 2 V. la lettera dell’Aurispa al Panormita,
del 28 agosto 1455, in SABBADINI, biogr.
documentata di Giovanni Aurispa, Noto
1890, p. 128; e v. la chiusa di un’altra lettera dello stesso Au- rispa al Panormita, del 13 dicembre 1455,
pubblicata nel cit. libro del Sabbadini,
p. 133. Ma la data della prima lettera de-
ve essere portata un po’ più tardi, probabilmente al 1457, come han dimostrato con validi argomenti il
CESAREO, opuse. c., I, p. 4, col. 12, e
il Rossi, opusc. c., pp. 34-35, nota 4.
A RES scorgere in una lettera
scritta da Carlo de’ Medici, il 13
gennaio 1458. ! In qual modo pervenne
ad averne notizia, e come si ebbe l’agio
di farne l’apografo Gioviano Pontano, il
quale viveva lontano dai circoli letterari di Roma e di Firenze? Nessun documento ci aiuta, per
ora, a de- terminare una risposta
precisa e certa al quesito pro- posto; e
nulla c’ è da spigolare nè da congetturare
dalle due note attribuite al Pontano, che si leggono nel cod. Leidens. Perizon. Ma è possibile che
nuove ri- cerche sulle vicende di alcuni
codici di fonte (come credesi)
pontaniana , i quali si conservano nella bi-
blioteca di Minchen, p. es. il cod. degli Argon. di Val. Flacco , ? e il cod. che contiene il
libro An- dreae Floci Florentini de
Romanorum magistrati- bus ac
sacerdotiis;* e nuove indagini negli archivi di
Firenze e di Napoli chiariscano le relazioni che ebbe il Pontano con gli umanisti fiorentini, dai
quali pro- babilmente si ebbe facoltà di
prender copia dei codici d’ Enoch, che
egli trovava ‘ mendosos et imperfectos.’
Ma le congetture concernenti le relazioni del Pontano con la scuola umanistica fiorentina non
tolgono la pos- 4 Nella cit. lettera
del Medici (v. Rossi, opusc. c., IX, p. 31)
si legge: « Per una vostra sono avisato come aveste la lettera mi scrisse m. Stephano de Nardinis supra
quelli libri di Enoc; non ho poi altro,
ma non dubitate che per essere il pri-
mo che gl’abbia,non v’àanno acostare uno de- naro di più ». Il Rossi tuttavia resta in
dubbio « se quei maneggi sortissero
l’effetto desiderato » (pag. 39). 2 Nel
cod. Lat. 802 (cod. Victorin. 123) leggesi appunto l' an- notazione ‘emit Florentiae Iouianus ’. 3 Nel cod. Lat. 822 (cod. Victorin. 162) c'è
la nota ‘ est Io- uiani Pontani.
Florentiae, MCCCCLXV III ', i sibilità, che egli sia venuto a conoscenza
dei codici e- nochiani, per acquisto che
abbia fatto degli stessi la corte di
Napoli; sebbene, in tal caso, non ci sarebbe
stato altro scopo per trarne copia, che quello di cor- reggerne le mende numerose. Ma nessun
documento nè indizio ci aiuta per
affermare o congetturare ciò. Fatto
certo è che il così detto cod. hersfeldese, quale fu portato da Enoch a Roma, non si conservò
in nes- suna biblioteca: era scritto su
pagine divise in colon- ne, e per la
Germ. presentava (se quanto afferma il De-
cembrio, è da riferirsi al cod. anzidetto !) la particola- rità dell'uso della v. ‘inscientia ? nel cap.
16, 6, invece di ‘inscitia’; mentre,
come è noto, nel sec. XV era invalsa
generalmente l’ usanza di scrivere le pagine
dei libri per intero, senza dividerle in colonne; e in> oltre, in nessun cod. della Germ., finora
conservato, osservasi la v. ‘ inscientia
’ nel 1. c. ? IV. — Quanto all’ elenco
dei libri portati iu Italia da Enoch d’
Ascoli, non abbiamo testimonianze del tutto
concordi nè complete. Bartolomeo Platina ne nota due: il de re coquinaria di Celio Apicio e il
comm. ad Ora- zio di Porfirione.* Degli
stessi due libri fa menzione Vespasiano
da Bisticci. 4 1 Vedi SABBADINI, il
ms. hersfeldese etc., in Rio. di filol. e d’i.
cl., a. XXIX (1901), p. 262. ?
Soltanto il cod. della bibl. Angelica (‘ Augustinorum’ ) Q 5, 12 del 1466, e il cod. Kappianus (K del
Massmann) presentano “iusticia’ invece
di ‘ inscitia ”. 3 PLATYNAE de uitis
max. pont. hist. periocunda, Venet. (Ph.
Pincio Mantuano) 1511, fol. 150,
4 VESPASIANO, l. c. Par |
pes Il Panormita apprese da Teodoro
Gaza che tra le scoperte enochiane erano
Apicio e un Caesaris iter;! e l’Aurispa,
in una lettera del 13 dicembre 1455, diretta al
Panormita, enumera: a) l’Apicio, cui chiama ‘ pauperem coquinarium ’, inferiore nell’arte culinaria
alla sua cuo- ca; b) il Caesaris iter,
che ‘ prosa oratione est, non uersu’; c)
il commento di Porfirione, che a lui sem-
bra ‘ magis aestimandus quam quicquam aliud ab ipso allatum ?.* Il ‘ quicquam aliud ’ della frase
dell’Aurispa può tanto riferirsi ai due
libri menzionati prima, Api- cio e il
Caesaris iter, quanto alle altre novità librarie recate da Enoch, le quali l’Aurispa non
credeva degne di essere rammentate; chè
non può supporsi che egli le ignorasse,
se scriveva al Panormita: ‘eum qui co-
dices hos inuenit et Romam perduxit ad uos mittam cum omnibus musis suis”. Carlo de’ Medici chiedeva a Stefano de’
Nardini che dei codici nuovi lasciati da
Enoch, morto ad Ascoli, gli mandasse: «
Appicius de re quoquinaria, Porfirione
sopra Oratio, Suetonio de uiris illustribus, Itinerarium Augusti ».* Dovevano essere gli stessi
quattro libri che avea contrassegnati
nella lettera del 13 marzo 1456 a
Giovanni de’ Medici; poichè il resto dei libri portati dall’Ascolano non valeva, secondo lui, « una
frulla » ‘. 1 Nella lettera del
Panormita all'Aurispa (v. SABBADINI, dbiogr.
doc. di G. Aurispa, p. 133, n. 1) si legge: ‘ fac tecum deferas A- picium coquinarium et Caesaris « iter »,
nuperrime, ut refert Theodorus tuus
nunciam meus, inuentos Romamque perductos ’.
2 La lettera dell'Aurispa è cit. a p. 72, nota 2.* 8 Di questo incarico dato al Nardini egli
scrive al fratello Gio- vanni, nella
lett. del 10 dicembre 1457: v. VITT. Rossi, opusc. c., VIII, pp. 30-31. 4 Vitt, Rossi, opusc, cit., II, p. 27. TR (; pere
Talchè ai tre libri che già conosciamo per le testimo- nianze sopra indicate, bisogna aggiungere,
secondo quel che scriveva Carlo de’
Medici, il libro di Suetonio de uiris
illustribus (non de grammaticis et rhetoribus).
Oltre questi quattro libri, null’ altro sappiamo degli al- tri libri portati da Enoch.' Nè a riempiere
la lacuna può valere la testimonianza,
testè data alla luce, di P. C.
Decembrio; poichè questi non dice, nè lascia in alcun modo intendere, che i quattro libri segnati
nella nota (Germ., Agr., dial. de
oratoribus e Suetonio) si deb- bano
comprendere tra le recenti scoperte di Enoch. L’a. 1455 a cui, nella nota del Decembrio, si
accompagnano le parole ‘ Cornelii taciti
liber reperitur Rome uisus ”, vale a
indicare in qual tempo l’autore dello zibaldone
ebbe notizia o vide i libri che nota nell’ elenco, non la data della scoperta di Enoch; chè, se
intendimento di lui fosse stato
accennare in un modo qualsiasi tale
data, avrebbe certamente aggiunto qualche parolaana- loga a quelle che si osservano nella nota del
cod. Leid. Perizon. ‘ nuper adinuentos
et in lucem relatos ab E- noc Asculano
?. : Nulla, per tanto, osta ad
ammettere che il Decembrio abbia potuto
attingere le notizie che trascrive nel suo
zibaldone a tutt’ altra fonte, che non a quella dei co- 1 Appare inesatta l’asserzione, che nella
lista di Carlo de' Medici sia notata la
sola opera di Suetonio « certamente per-
chè essa nel cod. occupava il primo posto » (v. Studi ital. di filol. class. vol. VII, p. 130, nota 4);
perocchè , argomentando da una nota di
Pier Candido Decembrio (Riv. di filol. e d'’ i.
cl., a. XXIX (1901), fasc. 2°, p. 268) l’opera di Suetonio occu- pava, invece, nel cod. l'ultimo posto. — 77 —
dici portati da Enoch! : probabilmente le avrà attinto al codice del monaco hersfeldese, in quanto che
verso la metà del sec. XV questo cod.
doveva essere già per- venuto tra le
mani del Poggio. Il Decembrio, come è
noto, sin dal 1450 era al servizio della Curia romana. Se, al contrario, si volesse ammettere che il
Decembrio fosse stato uno dei primi,
anzi risolutamente il primo ?, a vedere
il così detto cod. hersfeldese delle opere mi-
nori di Tacito, portato in Italia da Enoch, si andrebbe incontro ad un’affermazione indubitata di
Carlo de’ Me- dici, il quale scriveva al
fratello: « a dirvi l’oppenione di molti
dotti uomini, che gli Anno visti (cioè, i libri
portati dall’Ascolano), da questi quattro infuori che so- no segnati...., tutto il resto non vale una
frulla » :3 e i quattro libri, l'abbiamo
osservato sopra, erano Apicio,
Porfirione, Suetonio e l’Itinerarium. Sarebbe stato mai possibile che i quattro libri segnati nella
nota del Decembrio fossero stati
giudicati per « una frulla » da quei
dotti uomini, che costituivano, diremo così, il fiore della scuola umanistica romana nel sec. XV
? È da notarsi, inoltre, che il libro
di Suetonio, accen- nato da P. C.
Decembrio, ha per titolo de grammati-
4 Si noti la differenza tra il tit. della Germ. segnato dal De- cembrio (de origine et situ Germaniae) e
quello scritto nel cod. Leid. Perizon.
(de origine situ moribus ac populis Germano-
rum), attribuito al Pontano. Se il Decembrio e lo scrittore del cod. cit. avessero attinto la denominazione
della Germ. alla stes- sa fonte, non
avrebbero certamente mostrato alcuna discre-
panza quanto al tit. del libro.
? Così opina il Sabbadini : v. Rio. di filol. e d’i. cl., a. XXIX (1901), p. 263. 3 Lett, cit. del 13-III 1456: v, Vitt.
RossI, opusc, c., II, P. 27. nun
E cis et rhetoribus, il quale non
corrisponde al tit. de viris
illustribus, che si legge nella lettera di Carlo de’ Medici. Egli è vero che il secondo tit.
include in sè l’altro, come il genere
contiene la specie; ma un titolo pre-
ciso, tutto proprio, doveva averselo il libro di Suetonio, portato dall’Ascolano. Nel cod. Leid.
Perizon. è scritto: ‘ Caii Suetonii
Tranquilli de wiris illustribus liber in-
cipit. » de grammaticis ’; e in fine la nota: ‘ amplius repertum non est adhuc. desunt rhetores XI”.
Certo, l’ indicazione del Decembrio
risponde meglio al conte- nuto di quanto
rimane del libro di Suetonio ; mentre l’
indicazione di Carlo de’ Medici si riferisce alle notizie che si avevano intorno ad un libro di
Suetonio de wi- ris illustribus, del
quale si era giovato S. Girolamo per
scrivere le vite degli uomini illustri, dall'età degli apostoli sino a” suoi tempi.' E non pare
perciò impro- babile la congettura, che
Enoch, per indicare nell’ in- ventario
il libro di Suetonio, avesse usato il titolo
de uiris illustribus, a fin di attirar meglio sui suoi co- dici 1’ attenzione dei dot ti; stante che
allera era divul- gata la leggenda, che
Sicco Polenton (de’ Ricci), dopo essersi
servito dell’ opera di Suetonio, per compilare il suo libro de scriptoribus linguae Latinae, 1’
avesse di- strutto col proposito di
togliere qualsiasi prova a chi si fosse
avvisato di accusarlo di plagio.? In appoggio di tale congettura, vale molto la nota, attribuita al
Pontano, che leggesi nel cod. Leid.
Perizon: in essa, oltre l’ in- vettiva
contro Sicco Polenton per la pretesa distruzio- i HieroNnyM. epist. XLVII ad Desiderium, t.
I, col. 209, Veron. 1734; prol. ad
Dextrum praet. praef. in libr. de uiris illustri- bus, t. II (1735), col. 807. ? Vitm. Rossi, opusc. c., p. 37 sg. — 79
— ne di quella parte del libro di
Suetonio, ‘ quae est de oratoribus ac
poetis’, si trae occasione di lamentare
che Bartolomeo Fazio non avesse potuto, per l’ imma- tura morte (novembre 1457),' leggere lo
scritto di Sue- tonio, mentre componeva
il libro de uiris illustribus temporis
sui. Di modo che, con l’ intitolare de wiris
illustribus il libro di Suetonio, si volle indicare il con- tenuto del libro molto maggiore del vero, non
tanto, forse, per trarre in inganno chi
si fosse deciso a compra- re il codice,
quanto per avvicinare la scoperta di Enoch
al libro compilato dal Polenton ed alle vite degli uomini illustri del Fazio. Non si può disconoscere che, se Enoch aveSse
portato seco degli scritti di Tacito,
così pregiati dai dotti uma- nisti del
sec. XV, non avrebbe di certo tralasciato di
dar loro evidenza, compilando 1’ elenco dei libri sco- perti durante il suo viaggio nell’Europa
settentrionale. Nè è ammissibile che
alla diligenza d’ un cercatore di
codici, scelto appunto per tali indagini da un pon- tefice di mente superiore e d’ illuminata
liberalità, qua- le fu Niccolò V, fosse
sfuggito il nome di Tacito, ove questo
nome si fosse trovato scritto sul frontespizio di qualcuno dei codici o dei libri contenuti in
uno stesso codice; nè l’intendimento di
trarre vantaggio dal met- tere in prima
linea il nome di Suetonio poteva essere
d’ ostacolo , che si scrivesse il nome di Tacito accanto o anche dopo quello di Suetonio, se in realtà
il nome di Tacito si trovava in fronte a
qualcuno dei libri portati da Enoch in
Italia. L’ importanza di Tacito nei 1
ZENO, diss. Voss., Ven. 1752, p. 70 sg.
— 80 — giudizi degli umanisti
del sec. XV non era inferiore a quella
attribuita a Suetonio. ! Molto meno
attendibile ci sembra l’ avvertenza, che
fu omessa la menzione del nome di Tacito nella lettera del Medici, 10 dicembre 1457, perchè questi
vide solo al principio del codice il
libro di Suetonio. ®? Appare, infatti,
da un’ altra lettera di Carlo de’ Medici, con la data « Roma, 13 marzo » (1456 st. com., 1455
st. fior.),3 che egli ebbe sott’ occhio
l’ inventario compilato da E- noch, non
il codice, sul quale inventario contrassegnò
quattro libri, i migliori secondo « l’oppenione di molti dotti uomini, che gli Anno visti ». E di più
nella cit. lettera del*°10-XII 1457 non
si fa elenco di codici, ma solamente di
libri, e tra questi il de wiris illustribus
di Suetonio occupa il terzo posto. Or, se Carlo de’ Me- dici vide 1’ inventario presentato da Enoch e
non i co- dici, molto meno probabile
appare la congettura, che egli abbia
veduto « una semplice copia, affine al cod.
Vaticano 4498, che reca tutte quattro le opere in que- 1 Arrogi una considerazione: come si
potrebbe conciliare la niuna menzione
della Germ. nell'inventario delle scoperte del-
l’Ascolano, col fatto che per avidità di guadagno i cercatori e mercatanti di codici dicevano talvolta cose
non vere o esage- ravano:quel che
realmente si era scoperto? Valga d' es. il ca-
so di Niccolò da Treviri: questi nell'inventario dei libri nuovi mandato al Poggio scrisse di avere presso di
sè un ‘ uolumen in quo sunt XX comoediae
Plauti' (v. Poca epist. III 29 T.); e
poi, invece, ne portò sedici (v. PocaIt epist. IV 4 T.). ? Cosi appunto si legge in Studi ital. di
filol. class. vol, VII, p. 130, nota 4;
e Rio. di filol. e d'i. cl. a. XXIX (1901), fasc. 2, p. 264. E dello stesso avviso è anche il
LEHNERDT, in Hermes, vol. XXXIII (1898),
p. 501. 3 GAYE, Op. c., I, p. 163 sg.
Vitt. Rossi, opuse. c., II, p. 27. ASI
RS st’ ordine» Suetonio de
grammaticis, Tacito Agricola, dialogus,
Germania ».! Aggiungasi che nella nota dello
zibaldone del Decembrio il libro di Suetonio occupa l’ultimo posto, e la Germ. ha il primo parsa:
anterio- re, perciò, all’Agr. e al dialogus.* Altre considerazioni c’ inducono ad
ammettere come probabile che, tra i
libri portati da Enoch in Italia, quelli
attribuiti a Tacito mancassero dell’ indicazione del nome dell’ autore. Dalla lettera del
Panormita al 1 Rio. di filol. e d’i.
el. 1. c. Ma in realtà il cod. Vatic. 4498
contiene Suetonius de grammaticis et rhetoribus nel terzo po- sto: lo precedono Frontinus de aquaeduct. e
Rufus de pro- uinciis. 2 Perciò appare, ora, infondato, alla luce
dei documenti testé scoperti, il
ragionamento del LEHNERDT |. c., p. 501: « dass in Carlos Briefe nur Suetonius, nicht aber die
beiden Taci- teischen Schriften genannt
werden, findet leicht eine Erklàrung.
Wir erfuhren schon aus einem frilheren Briefe, dass Enoche mit seinen Schàtzen sehr zuritckhaltend war;
so lag auch den beiden Medici nicht der
Codex selbst, sundern nur das In- ventar
Enoches vor, in dem, wie so hàufig, nur das erste Werk der Sammelbandschrift aufgefihrt war
». La spiegazione, invece, sarebbe tutta
al contrario, perchè, se- condo la nota
dello zibaldone di Pier Candido Decembrio, la
Germ. è il primo senitto del cod.; l’ultimo è il de gramm. et rhetoribus di Suetonio. y 3 Vitt. Rossi nell'opusc. c., p. 38, nota 1,
scrive: « se poi E- noch non trascrisse
il cod. da lui scoperto, ma portò questo
stesso in Italia, può ben darsi gli sia sfuggito il nome di Ta- cito, che, come nel cod. Perizoniano, dovea
leggersi in fronte al secondo opuscolo
contenutovi, alla Germania, e non al pri-
mo, il dialogo de oratoribus ». Ma il MASsMann, op. c., p. 7, descrivendo îl cod. Leid. Perizon. XVIII C
21, osserva che il 1° opusc. porta nel
fol. I il soprascritto di colore rosso ‘ CoR-
CONSOLI n L’ autore detta Germania, 6
cn a Guarini veronese, citata
in principio del presente ca- pitolo,
apprendiamo che solo per congettura erasi at-
tribuito a Tacito il dialogus. Nè alla notizia precisa data dal Panormita contrasta la nota del
Decembrio, per la quale si vuole
riconoscere per vero « indi -
scutibilmente che il dialogo portava il nome di Tacito »;! perocchè l’ affermazione del
Decembrio de- vesi riferire allo stato
del codice o di un apografo del codice,
ventinove anni dopo che ne avea dato l’ annun-
zio il Panormita. Dopo tanti anni era possibile che il Decembrio avesse veduto e descritto qualche
esemplare, proveniente forse dal cod.
annunziato dal frate hers- feldese, nel
quale esemplare la congettura del Panor-
mita fosse stata accolta come notizia indubitata, e si fosse ascritta a Tacito la paternità del
dial. Quanto all’ Agr. manca qualsiasi
testimonianza, che il libretto formasse
parte del cod. portato da Enoch. Il
Decembrio lo nota soltanto nell’ elenco, senza indi- care espressamente che l’Agr. era incluso
nello stesso cod., insieme con la Germ.,
il dial. e il Suetonio, e ne teneva il
secondo posto. Nè havvi alcun codice, in cui si
presentino riunite insieme le tre così dette opere minori di Tacito e il de gramm. et rhetoribus di
Suetonio, nel- l’ordine stesso della
descrizione che ne fece il Decembrio.
Alla mancanza di testimonio per l’Agr. non può sup- plire, come pare a noi, il cod. Vatic. 4498;
* perchè, co- NELII TACITI DIALO-/gus
de oratoribus incipit’: e la stessa os-
servazione ci è stata confermata, in una cortese lettera del 4-X 1901, dal prefetto della biblioteca
universitaria di Leida sig. S. G. de
Vries, alla cui gentilezza ci siamo rivolti per avere delle notiziecerte sull'argomento. 1 Rio. di filol. e d’ i. cl., 1. c., p.
264. ? V. gli Studi ital. di filol.
class. vol. VII, p. 130: si ammette
— 88 —- me sopra si è in parte
avvertito, ! in questo cod. non si
contengono raccolte le sole quattro opere che si di- cono costituire il cod. hersfeldese, portato
da Enoch in Italia, e nemmeno nell’
ordine indicato dal Decembrio (G. A. d.
S.), ma vi si contengono anche: 1° Fronti-
nus de aquaeduct.; 2° Rufus de prouinctis ;.... 4° [ Pseu-
do-] Plinius de viris illustribus ;..... 8° M. Iunii Nypsi de mensuris ; 9° incerti de ponderibus ; 10°
Senecae apokolokyntosîs ; 11° Censorinus
de die natali. Di que= sti
scritti alcuni, come p. es. il de aquaeduct. di Fron- tino,? erano già noti prima che il cod. dell’
Ascolano fosse stato portato in
Italia. V.— Resta la testimonianza che
dicesi del Pontano, scritta sul cod.
Leid. Perizon., la quale avrebbe un no-
tevole valore, se prima si chiarissero, mediante la sco- perta di nuovi documenti, le difficoltà
presentate dal Voigt * e accolte dal
Teuffel,' ma da altri respinte. * Egli è
vero che Vittorio Rossi è pervenuto a dimo-
strare, con documenti che si conservano nell’ archivio fiorentino (Med. avanti il Princip.), essere
conforme al vero l’attestazione
pontaniana: ‘qui (sc. Bartholo- maeus
Facius) ne hos Suetonii illustres uiros uidere pos- appunto che al difetto di testimonianza per
l' Agricola debba supplire il cod.
Vatic. 4498, 1 V. p. 81, nota 1l?. ? Poe epist. III 37. IV2e4T, 3 VoIGT-VALBUSA, Op. c., II 4, vol. I, p.
255 sg., nota 3. 4 TEUFFEL-SCHWABE, G.
d. r. L. 5, $ 334, 4, p. 835. 5 Vedi
WuENSCH, de Tac. Germaniae codicibus Germanicis, Marburg 1893; e 4ur Texigeschichte der Germ.,
in Hermes vol. XXXII (1897), fasc, 1°,
p. 57. dn set, mors immatura effecit. Paulo enim post
eius mor- tem in lucem redierunt.’
Infatti, il Fazio morì nel 1457; e dalla
lettera di Carlo de’ Medici, 13 genn. 1458, ri-
sulta che sino a quella data non si era potuta ottenere copia dei libri portati da Enoch. Rimangono
però senza soddisfacente risposta altre
obiezioni mosse dal Voigt. Resta sempre
nell’ attestazione attribuita al Pontano
una certa vacuità o mancanza d’ interesse, quanto alle notizie che vi si annunziano. Egli si duole
che il Fazio sia stato sorpreso da morte
immatura, sicchè non si sia trovato
presente quando veniva alla luce l’opuscolo
di Suetonio de wviris illustribus : la ragione di tale do- glianza è evidentemente quella accennata
sopra, che il Fazio se ne sarebbe potuto
servire nel comporre il suo libro de
viris illustribus temporis sui. Ma il Fazio in
una lettera al card. Enea Silvio Piccolomini, scritta nei primi mesi del 1457,! gli dà la notizia: ‘
librum quem 1 La lettera, scritta da
Napoli e senza data, fu pubblicata nella
raccolta assai confusa delle epistole di Enea Silvio Piccolomi- ni, contenuta in opera quae exrtant omnia di
lui, Basil. 1571, p. 778, n. 233. Nella
lett. si fa menzione, fra le altre cose, di
alcune lettere di congratulazione, scritte precedentemente dallo stesso Fazio, per la promozione del
Piccolomini al cardinalato ; e vi si fa
cenno anche del terremoto di Napoli. Or, secondo il bre- ve di Callisto III (‘ dat. Romae apud S.
Petrum anno MCCCCLVI XV Kal. Ianuarii,
pontificatus nostri anno II ’), riferito testual- mente da Oporico RAYNALDO, in ann. ecel. el.
D. Mansi, Lucae 1753, t. X, p. 99, la
promozione del Piccolomini al cardinalato
ebbe luogo il 18 dicem. 1456, Il terremoto che rovinò Napoli ed altre città del Regno avvenne « la domenica
mattina a di 5 di dicembre (1456), a ore
dieci e mezza », e si ripeté nei giorni se-
guenti (v. cron. di Bologna, in MURATORI, rer. It. scriptt. t.
XVIII, cc. 722, 723; giornali napolitani
dal 1266 al 1478, ibid. t. XXI, c. 1132:
l’INFESSURA, nel diurio della città di Roma, ibid, t. III, SE
de uiris illustribus scripsi, Regi dedicaui ac tradidi*; ed aggiunge: ‘ in quo opere, ut aliquando
uidebis, si non quantum uirtutum tuarum
magnitudo postularet, at quantum ingenii
mei paruitas potuit, quantumcum- que res
ipsa passa est, tibi a me tributum cognosces.’
Cosicchè, se verso la fine del 1456 il Fazio portò a compimento e pubblicò il suo libro sulla vita
degli uo- mini illustri, e ne fece un
presente ad Alfonso d’ Ara- gona, re di
Napoli, è evidente che a nulla gli sarebbe
giovata, ancorchè egli fosse vissuto sino al principio del 1458, la divulgazione del libro
suetoniano, avve- nuta in quel tempo. Nella stessa annotazione del cod. Leid.
Perizon. si accoglie con leggerezza,
come notizia indubitata, il sup- posto
plagio di Sicco Polenton e la distruzione di quella parte del libro di Suetonio, che trattava de
oratoribus ac poetis. ! Resta un’ altra difficoltà. Secondo l’
annotazione del cod. Leid. Perizon., il
libro de grammaticis et rheto- ribus di
Suetonio si divulgò poco dopo la morte del
Fazio, anzi, per i dati contenuti nella lettera di Carlo de’ Medici, non prima del gennaio 1458. Un
certo tem- p. II, c. 1137, menziona il
terremoto del 24 dicembre 1456). La
lettera del Fazio è, per conseguenza, posteriore al dicembre 1456. Nella raccolta cit., p. 784, n. 251, è
compresa una lett. del card, Piccolomini
di risposta a quella del Fazio, con la data
‘ex urbe Roma die XXV Martii 1457,’ Si può, dunque, affer- mare che la lettera del Fazio dovette essere
scritta tra la fine del dicem. 1456 e la
metà del marzo 1457. 1 RIiTscHL,
Parerga zu Plautus und Terena, Leipz. 1845, I p. 632. RoTH, C. Sueton. Tranq. quae supersunt
omnia, Lps. 1882 ; praef., p. LI
sg. ana po era, senza dubbio , necessario perchè i
libri o le copie di essi, che Stefano
de’ Nardini avea promesso , giungessero
a Carlo de’ Medici, e da questo si mandas-
sero al fratello Giovanni, in Firenze, il quale doveva es- sere il primo ad averli. ' Perciò la
divulgazione dei libri portati da Enoch
non poteva aver luogo prima che alcuni
mesi fossero scorsi dopo il gennaio 1458. Intanto Enea Silvio Piccolomini è il primo a far menzione,
sebbene in un modo poco esatto, del
contenuto della Germ. nella grande
epistola di risposta a Martino Meyer, cancel-
liere dell’ arcivescovo di Magonza ?. Il Meyer, con lettera in data del 31 agosto 1457, * si era
congratulato col Piccolomini della
promozione al cardinalato e nello stesso
tempo , colta la propizia occasione, avevagli
descritto le tristi condizioni fatte dalla Curia romana alla Germania, e l’aveva avvertito che ‘ nunc
uero, quasi ex somno excitati, optimates
nostri quibus remediis huic calamitati
obuiam pergant cogitare coeperunt iugumque
prorsus excutere et se in pristinam uindicare liberta- tem decreuerunt ’: sono i preludi della
riforma religiosa. Il card. Piccolomini,
che aveva già scritto su tale ar- 1 Le
precise parole scritte da Carlo de' Medici nella lett. cit. del 13 genn. 1458 (F IX, doc. 576) sono queste :
« non dubitate che per essere il primo
che gl'’abbia (i libri di Enoch), non
v'énno a costare uno denaro di più ». ?
L’epistola del card. Piccolomini è pubblicata col titolo de ritu, situ, moribus et conditione Germaniae
descriptio, in opera quae extant omnia,
ed. cit., pp. 1034-1086. 8 L' epistola
del Meyer è pubblicata a p. 1035 delle opere di
E. S. Piccolomini, ed. c.; ma, per evidente menda di stampa, porta la data erronea: ‘ex Hasthaffenburga
pridie Calend, Septembris MCCCCVII ”,
invece del MCCCCLVII, RT gomento al Meyer la lettera del dì 8 agosto
1457, ! tornò a scrivergli in proposito,
per confutare le affer- mazioni di lui,
altre tre lettere * ; e di ciò non contento,
per dare, probabilmente, una maggiore pubblicità alle ragioni addutte in confutazione delle
osservazioni del Meyer, si accinse a
scrivergli una lunga epistola, che prima
mandò, per averne l’ autorevole parere, ad An-
tonio card, di S. Crisogono, con lettera in data del 1° febbraio 1458. 3 Al Piccolomini premeva di
ribattere le accuse che provenivano
dalla Germania, per prepararsi i voti
favorevoli nel prossimo conclave, che, difatti, lo elevò, dopo la morte di Callisto III, all’
onore della tiara; ed era importante per
lui che tutti sapessero quel che egli ne
pensasse intorno alle agitazioni tedesche
contro la Curia di Roma. E però, per confutare gli ar- © gomenti addotti dal Meyer (cui avverte ‘
nec dubitamus te perditum iri, nisi e
schola erroris et officina ueneni
retrahas pedem), arreca, tra le molte ragioni, i bene- fici fatti dalla Chiesa di Roma alla
Germania, e fa un confronto tra i
costumi degli antichi Germani , quali
furono descritti da Cesare e Strabone, e la civiltà te- desca de’ suoi tempi; indi soggiugne (p.
1051): ‘ is igi- 1 Epist. n°. 369, pp.
836-839, op. c. ? Una delle tre
lettere, che è segnata nella raccolta cit. col
n° 338, p. 822, porta la data ‘Romae XII Calend. Octobris a. MCCCCLVII ’. Un' altra, di n° 345, p. 827, ha
la data ‘ex urbe, die uigesima
Octobris’, senza indicazione dell’anno, che deve essere lo stesso 1457. La rimanente, segnata
col n° 288, p. 801, non porta data, ma
dal posto che occupa tra una epist. del-
l'11-IX 1457, e una del 3-X dello stesso anno, è probabile che sia stata scritta nella seconda metà del
settembre 1457. 3 La lett. al card. di
S. Crisogono è pubblicata a p. 1034, e
precede immediatamente quella diretta al Meyer. =,
tur fuit Germanorum status Strabonis tempore, quem usque ad Tiberium Caesarem uixisse constat.
his fero- ciora de Germanis scribit
Cornelius Tacitus, quem in Adriani
tempore incurrisse perhibent. parum quidem
ea tempestate a feritate brutorum maiorum tuorum uita distabat. erant enim plerumque pastores,
syluarum in- colae ac nemorum.........
nec munitae his urbes erant, neque oppida
muro cincta, non arces altis innixae mon-
tibus, non templa sectis structa lapidibus uisebantur. aberant hortorum ac uillarum delitiae, nulla
uiridaria, “nulla tempe, nulla uineta
colebantur: praebebant largos flumina
potus; lacus et stagna inseruiebant lauacris et, si quas natura calentes produxerat, aquae.
parum apud eos argentum, rarius aurum,
margaritarum incognitus usus. nulla
gemmarum pompa, nulla ex ostro uel se-
rico uestimenta. nondum metallorum inuestigatae mi- nerae; nondum. miseros in uiscera terrae
mortales -tru- serat auri sitis:
laudanda haec et nostris anteferenda
moribus. at in hoc uiuendi ritu nulla fuit literarum cognitio, nulla legum disciplina, nulla
bonarum artium studia. ipsa quoque
religio barbara, inepta et, ut pro-
priis utamur uocabulis , ferina ac brutalis. talis tua Germania fuit usque ad Adrianum Caesarem,
quamuis iam ceterae orbis prouinciae excultae
artibus ac mo- ‘ribus essent ’. Dovette, dunque, il Piccolomini aver
notizia, sebbene alquanto imperfetta ,
della Germ. anteriormente al 1° febbraio
1458, che è la data segnata nella missiva al
card. di S. Crisogono. E, se consideriamo attentamente il contenuto della lettera del Piccolomini al
Meyer, in data 8 agosto 1457, appare non
dubbio che egli ebbe notizia della Germ.
prima di questa ultima data; poi-
ica chè nella lettera si
contengono , riassunte senza indi-
cazione di autori, osservazioni consimili a quelle che sui costumi dei Germani antichi sono
ampiamente svol- te nella grande
epistola sopra cit. Leggesi, infatti, nella
lettera: dell’ 8 agosto 1457 : ‘ namque si legamus uetu- sta tempora, inueniemus Germanos olim ritu
uixisse barbaro, uestibus usos laceris;
uenationi tantum et agro- rum culturae
dedisse operam, feroces quidem homines
et belli appetentes , sed argenti prorsus inopes, quibus quippe nec uini usus erat. ipsaque Germania
intra mare et Danubium rursusque intra
Rhenum et Albim conti- nebatur; nunc
uero quantum transgressa sit suos li-
mites, non ignoramus ?. e. q. s.! Perciò il Piccolomini dovette conoscere il contenuto della Germ.
prima del- 1’ 8 agosto 1457, cioè circa
sei mesi prima del tem- po in cui,
secondo la lettera di Carlo de’ Medici , del
13 gennaio 1458, si erano cominciati a divulgare i libri portati da Enoch; e, per tanto, appare non
vera l’ an- notazione del cod. Leid.
Perizon., d’essere, cioè, la Germ. e gli
altri opuscoli ‘ nuper adinuentos et in lucem re- .latos ab Enoc Asculano ’, giacchè del
contenuto della Germ. sì era avuta
notizia prima che i libri portati da
Enoch, in originale o in copia, fossero stati acqui- stati da Giovanni di Cosimo de’ Medici o da
altri, e pri- ma che se ne fosse
cominciata la divulgazione. Ma per
quale via sia pervenuto il Piccolomini ad a-
vere in sue mani la Germ. non ci è dato, secondo i documenti del tempo scoperti sino ad oggi,
determi- narlo con certezza. Non è
improbabile che il Piccolo- mini sia
stato aiutato in tali indagini dal Poggio ? e
1 Epist. n.° 369, p. 838, ed cit.
2 Nella lettera del 4 gennaio 1457 il Poggio, congratula ndosi — 90 —
dal Panormita,! coi quali egli aveva relazioni di buona amicizia: ed è noto quanto ebbe a stentare il
primo, nei lunghi e tediosi maneggi, per
aversi il ms. del frate hersfeldese ; del
secondo si sa che sin dal 1426 aveva
dato notizie della Germ. nella lettera, citata sopra, al Guarini veronese. Il Lehnerdt però, per la soluzione del
quesito, muove da una notizia che si
legge nella lettera del 10 dicem- bre
1457 di Carlo de’ Medici al fratello Giovanni: « heri mandò per me il cardinale di Siena e
domandomi se Enoch avesse lasanti (1.
lasciati) libri alcuni nel banco nostro;
dissigli che no. Lui mi domandava che via lui
potessi tenere ad avere certi libri che lui aveva: io fe” col Piccolomini, per la promozione di lui
al cardinalato, gli scri- veva: ‘accedit
ad consolationem meam et summam iocundi-
tatem quod uir eloquentissimus (cioè il Piccolomini) optimis- que artibus eruditus, fructum eloquentiae et
doctrinae sit, quod perraro accidit,
consecutus: in quo gloriari quodam modo mihi
merito uideor posse nostri quondam ordinis uirum, hoc est e- loquentiae studiis et dicendi exercitio
praestantem, eo in statu esse
collocatum, ut suae doctrinae aemulos extollere et eis praesidio atque ornamento esse possit'. Ed in
un'altra lettera del 3 novembre (manca
l'indicazione dell’anno, ma è, senza
dubbio, del 1457) lo stesso Poggio profferiva i suoi servigi al card. Piccolomini, scrivendogli: ‘me penitus
tuum esse ubique satisfaciendi cupidum,
si qua in re mea tibi cura, studio, opere,
diligentia opus esset.’ Le due lettere del Poggio sono comprese nell’ epistolario del Piccolomini, segnate
l’una col n. 216, p. 771, l’altra col n.
295, p. 806: tra le due lettere è compresa la re- sponsiva di ringraziamento del Piccolomini al
Poggio, n. 293, p. 805. 1 Vedi la lettera del Piccolomini, allora ‘
episcopus Senensis ', ad Antonio
Panormita, n. 407, p. 951 sg.; e la menzione del Panormita nell'epist. al Fazio, notata al n.
251, p. 784. PEN co (ROSS al giuoco del baloco. Di poi ho sentito che
lui ha scrit- to ad Ascoli a certi sua
amici; e pertanto vorria che voi
medesimo scrivessi a m. Stefano che in singulari vostro servizio lui mi fessi avere o i libri
di che io gli ò scritto overo la copia
».! Il Lehnerdt ne argomenta che il
Piccolomini (denn niemand anders ist der be-
triebsame Cardinal von Siena) dovette attingere le no- tizie sulla Germania, annunziate nella
lettera, a Martino Meyer, al ms.
enochiano, di cui venne in possesso pri-
ma del Medici. ? Ma alla congettura del Lehnerdt si oppone il testo di un’altra lettera di Carlo
de’ Medici, in data del 13 gennaio 1458,
che sopra abbiamo rife- rito. Stefano
de’ Nardini, sollecitato, oltre che da Carlo,
anche da Giovanni de’ Medici, rispose dando promessa certa, che questi avrebbe avuto i libri di
Enoch o le copie; e dovette aggiungere
che lo stesso Giovanni de’ Medici li
avrebbe avuti per il primo, poichè il fratello
Carlo nella lettera su cennata soggiugne le sgg. paro- le, più volte da noi citate: « non ho poi
altro, ma non dubitate che per essere il
primo che gl’ab- bia non vanno a costare
uno denaro di più. » 8 Or, se Giovanni
de’ Medici doveva essere il primo ad
aver i libri di Enoch, giusta l’ affermazione «di Carlo confortata dalla lettera di Stefano de’
Nardini, non è possibile che prima di
lui il card. Piccolomini ne fosse venuto
in possesso. E naturale poi che un
certo tempo dovette trascorrere tra la
lettera del 13 gennaio 1458 e la trasmissione
dei libri di Enoch o di copie dei medesimi, che Gio- 1 Vitt. Rossi, opusc. c., VIII, p.
31. 2 LEHNERDT, l. c., pp. 502,
504. 3 VITT. Rossi, opusc. c., IX, p.
31. vanni de’ Medici desiderava avere:
così si giunge al- la fine di gennaio od
al principio di febbraio. Il Pic-
colomini, che non risulta essere stato il primo ad a- verli e leggerli, poteva averne avuto
notizia, stante la difficoltà delle
comunicazioni in quei tempi, verso la
‘metà o la fine di febbraio: dunque non era possibile che egli ne avesse avuto conoscenza prima «li
scrivere la lunga lettera al Meyer; la
quale lettera fu, senza dub- bio,
preparata e scritta nel gennaio 1458, poichè in data del 1° febbraio fu spedita per esame al card.
di S. Crisogo- no. ! L’improbabilità che
il Piccolomini avesse tratto van- taggio
dai libri enochiani si rende ancor più evidente, se si bada alla conclusione cui siamo pervenuti
poco prima, cioè, che per altra via il
Piccolomini dovette aver noti- zia del
contenuto della Germ., prima dell’8 agosto 1457. VI. — Anche nella supposizione che la Germ.
si fosse trovata unita coi libri portati
da Enoch, essa non dove- va presentare,
come sopra sì è avvertito, il nome dell’au-
tore, poichè non se ne fa cenno nell’inventario dei li- bri di recente scoperti. Il nome dell’autore
dovette es- sere aggiunto dopo, quando
si cominciò la divulgazione del libro, e
si riconobbe che era identico a quello già
1 Nella lett. del Piccolomini al card. di S. Crisogono, p. 1034 ed. c., si legge: ‘ epistolam scribere
institui et liber exiuit; quid dixi
liber? libri exiuere. — mittimus igitur ad tuum examen, ut uideas corrigasque, uel, si melius putes,
igne consumas. tu solus es, cuius
existimationem audiendam arbitror. — ad te
ergo ueluti ad fontem doctrinae uenio et ad ipsum iubar scientiarum, si condendum aut comburendum
opus iudicaueris, obediam imperio tuo.
si duxeris edendum, exibit liber intrepi-
dus et nullius calumnias uerebitur, quando abs te probatus fuerit, quem omnes probant.' e. q. s. Pei 7, ME
indicato dal Panormita nella lettera dell’ aprile 1426, diretta al Guarini. E per tal modo la Germ.
fu anno- tata, ventinove anni dopo
(1455), col nome di Tacito nello
zibaldone di Pier Candido Decembrio. Cosicchè
l’ indicazione di Tacito come autore della Germ. si ri- connette, anche per il libro portato da
Enoch, allo stes- so fonte che abbiamo
considerato sopra, trattando del codice
del frate hersfeldese: la conclusione ne sarebbe la stessa. Per tale conclusione troverebbesi
forse modo di coordinare l’ attestazione
notata nel cod. Leid. Pe- rizon. con le
ricerche fatte anteriormente dal Poggio, e
col fatto che il contenuto della Germ. era noto prima che si fossero divulgati in Italia i libri
portati da E- noch; in quanto che il
Pontano, che è detto autore del- l’
attestazione, non deve aver letto il nome di Tacito in fronte alla Germ. che egli trascrisse,
correggendone le mende, ma ve l’appose
per le notizie avutene a Roma e a
Firenze in quei circoli letterari, ai quali il
libro era prima noto. Il
vedersi, dunque, attribuita a Tacito la paternità della Germ. nei codici del sec. XV, che soli
ci riman- gono dell’ aureo libretto ,
resta sempre dovuto, come pare a noi, ad
un presupposto del Poggio ed all’ an- nuenza
non disinteressata del frate hersfeldese; se non sì vuole direttamente ammettere che tale
attribuzione sì fondi sulla fede d’ un
amanuense del sec. XV, fede, come bene
avverte il Valmaggi in proposito del dia-
logo de oratoribus, che si ha da reputare dubbia « per lo meno, sino a tanto che altri documenti e
prove sie- no contro di lei ».! 1 L. VaLMaG6I, dial. degli oratori, Torino
1890; introduz., pa- gina XXXIX. Di
CAPITOLO QUARTO La Germania comparata
con la naturalis historia di Plinio.
* Uno studio che avesse 1’ obietto di
comparare la Germ. con gli scritti di
Plinio Secondo, riuscirebbe cer- tamente
non poco utile a dare evidenza e conferma ai
risultamenti delle indagini fatte nei precedenti capitoli. Ma un tale studio sarebbe, di necessità,
incompleto, perchè gli scritti di
Plinio, i quali si avvicinano, per
analogia di argomento, alla Germ., cioè i venti libri Germanicorum bellorum, la vita di Pomponio
Secondo e i libri di storia a fine
Aufidii Bassi, non sono per- venuti sino
a noi. Solo si può istituire il confronto tra
la' Germ. e la nat. hist., determinando anzi tutto quali notizie, quali considerazioni, insomma quali
concetti presentino in entrambe le opere
considerate il carat- tere di comune
origine; sì che se ne possa indurre che
tanto l’una quanto l’altra debbano essere state manife- stazioni, sebbene per obietti diversi, dei
pensieri di una stessa mente. Seguiremo nelle nostre indagini l’ordine dei
libri della nat. hist. * Restringiamo il confronto soltanto ai
concetti o pensieri a- naloghi espressi
nei due libri. Quanto al confronto lessicale,
sintattico e stilistico tra la Germ. e la n. A. di Plinio, abbiamo prepa:ato un libro, che sarà pubblicato
immediatamente dopo il presente lavoro,
di cui può considerarsi opportuno comple-
mento. Valga la stessa avvertenza per il capitolo sg., in cui la Germ. sarà comparata con gli scritti genuini
di Tacito, = DE I.— a) Una spedizione navale, capitanata da
Druso, si mosse nel 742/12 dalle foci
del Reno verso le re- gioni orientali,
per fare delle scoperte ed estendere il
dominio romano. Un’altra spedizione fu tentata ven- totto anni dopo, nel 16 d. Cr., dal prode
Germanico. Alla prima impresa si allude
nella . A. II 67 (67), 167 ‘
septentrionalis uero oceanus maiore ex parte nauiga- tus est auspiciis diui Augusti Germaniam
classe circum- uecta ad Cimbrorum
promunturium 7. Ad entrambe le imprese
si riferisce la notizia, di cui nella Germ. 34, 6 ‘ipsum quin etiam Oceanum illa temptauimus
”.! b) Non è da omettersi che della
strage di Crasso, menzionata nella Germ.
37, 15, si fa cenno nella n. A. II 56
(57), 147; e la notizia. si ripete in vari modi in V 24 (21), 86. VI 16 (18), 47: cf. XV 19
(21), 83. c) Nemmeno si deve
tralasciare l’ osservazione, che il cenno
sulla guerra cimbrica, fatto nella Germ. 37, 7,
notasi anche nella n. A, II 57 (58), 148. * II. — Nel lib. II della n. A. si osservano
tre Il. di confronto. a) Dei ‘ Boi ’ Plinio dà notizia, indicando
i luoghi, in Italia, in cui le loro
centododici tribù furono distrutte, 1
Della prima spedizione si fece, più tardi, menzione da Sve- Ton. Claud. 1; e da Cass. Dion. r. Rom. LIV
32,2. La seconda spedizione del 16 d.
Cr. è lodata in versi da ALBINOv. PED. (v. PLM. ed. Baehrens, vol.
VI, pp. 351-352: cf. SEN. suas. I 15, p.
10, ed. Kiessling); la narra Tac. ann.
II 8; 23; 24. ? La notizia è poi, in
diverse occasioni, ripetuta nella n. A.
VII 22 (22), 86. VIII 40 (61), 143. XVI 32 (57), 132. XVII 1 (1), 2. XXII 6 (6), 11. XXVI 4 (9), 19, XXXIII 11
(53), 150. XXXVI 1 (1), 2; 25 (61),
185. ci GG i (n. h. Ill 15 (20), 116), e denotando, quali
conseguenze delle loro scorrerie: in
Italia, la fondazione di ‘ Laus Pompeia’
(III 17 (21), 124) e la distruzione di ‘ Mel-
pum ? (III 17 (21), 125); indica anche i luoghi da loro abitati in Gallia (IV 18 (32), 107). Nella
Germ. (28, 7. 42, 3) si denotano i
luoghi occupati e poi abbandonati dai ‘
Boi” o ‘ Boii”, in Germania. b) Quanto
agli ‘ Arauisci ’, che avevano le loro sedi
nella Pannonia, sulla riva destra del Danubio, tra la Drava e la Sava, trovasi menzione nella Germ.
28, 10 e nella n. A. III 25 (28), 148:
li nominò anche Tolo- meo, indicando le
loro sedi più a settentrione di quelle
degli Scotdisci.* Vi è però una differenza nella grafia, chè nella n. A. è scritto ‘ Erauisci’, e
nella Germ. ‘ Arauisci ’. Ma del nome
usato da Tolomeo la lettera iniziale è
A. Una simile differenza notasi nel nome
‘ Bastarnae ’, usato nella Germ. 46, 4, e ‘ Basternae ”, adoperato nella n. A. IV 14 (28), 100. ? 1 ProLEM. geogr. ll 16, 3. ? Ma si deve avvertire che la grafia ‘
Basternae' non è co- stante nella n. 4.,
come asserisce il GEORGES, ausfithrl. Handwb.
I, c. 743; poichè in IV 12 (25),81 mutasi in ‘ Basternaei” e poi in VII 26 (27), 98 diviene all’abl. ‘ Bastrenis’,
che nel cod. Riccard. (R. del Mayhoff) è
‘ bastenis ’, e nel cod. Leid. (F. del
Mayh.) ‘ bostrenis’, Né i codd. della Germ. consentono tutti col Leid. Perizon. nel presentare nel |. c. ‘
Bastarnas ’: il cod. Va- tic. VRB. 655
presenta ‘basternes ’, e con strana metatesi il
Vindobon. ‘ bastranas’. Nemmeno la grafia accolta dal Leid. Perizon. può mettersi in relazione con quella
che osservasi in Tac. ann. ll 65, 14,
perché in questo la forma ‘ Bastarnas® è
dovuta ad una congettura di Beato Renano: nel cod. è ‘ baster- nas’. Cf. cod. inscr. Lat. Il 2, p. 862. Ma
in Strabone sempre ‘ Bastàrnai *: Il 1,
41 (93); 5, 12 (118); 5,30 (128). VII 1, 1
(289) ; 2, 4 (294); 3, 2 (296); 3, 15 e 17 (305, 306). Ri odi
c) Soltanto nella Germ. 29, 17 (v. sopra, pp. 19-22) sì nominano i‘ decumates agri’. La n. A. II
4 (5), 32 fa solamente menzione di una ‘
decumanorum colonia ”. III. — Il lib.
IV della n. /. offre un buon numero di
confronti con la Germ. a) All’
indicazione generica della Germ. 44, 20 ‘ Su-
ionibus Sitonum gentes continuantur ’,! risponde quella più particolareggiata della 7. %. IV
11 (18), 41 ‘ circa Ponti litora
Moriseni Sitonique Orphei uatis
genitores optinent ’. Resta però la differenza del- l’ordine flessivo tra ‘Sitones” e ‘ Sitoni
?. b) I gioghi dell’Abnoba, nella Selva
nera, sono indi- cati, tanto nella n. %.
IV 12 (24), 79 quanto nella Germ. 1, 9,
come punto d’ origine del Danubio; anzi la retta grafia ‘ Abnoba ’, indicata dai codici della
n. A. e quale venne accolta da Tolomeo,®
fu di guida a Beato Renano per
determinare, nel testo della Germ. 1. c., la forma esatta ‘ Abnobae ’ tra le varianti ‘ Arnobae
’ (cod. Va- tic. 1862 e cod. Neapol.), ‘
Arbonae ’ (cod. Leid. e cod. Va- tic.
1518), ‘ Arnibae ’ (cod. Arundel.). Due iscrizioni sco- perte nello Schwarzwald hanno confermato la
forma ‘ Abnoba. ?. c) È data dalla n. R. IV 12 (24), 79 la
notizia, che 1 Omettiamo di citare
per i ‘ Sitones ’ il 1. della Germ. 45, 1,
perché nei codd. si Iegge ‘trans Suionas”’ (nel Leid. ‘Suiones’). Il MEISER ha sostituito ‘Sitonas ’; e la
congettura di lui è sta- ta accolta da
U. Zernial, Io. Miiller, etc. Hanno conservato la lezione dei codd. il Dilthey, il Kiessling,
il Finek, il Kritz, il Halm, il
Ramorino, etc. ? ProLEM. yeogr. Il 11. ConsoLI: L’ autore della Germania. 7 osi OB ci
il Danubio ‘ in Pontum uastis sex fluminibus euolui- tur ’; ma'non è del tutto esatta, nè conforme
al cen- no che prima ne avevano fatto
Ovidio, Strabone e Me- la,! e dopo
ripeterono Solino, Ammiano Marcellino, Isi-
doro. ? Nella Germ. si conferma la notizia data dalla n. h., salvochè, come spiegazione
dell’esclusione di una settima foce del
gran fiume, si soggiugne immediata-
mente ‘ septimum os paludibus hauritur?. Se nessun rapporto ci fosse stato nella composizione e
nell’ inten- dimento della n. A. e della
Germ., in questa sarebbesi detto
esplicitamente in modo consimile a quanto scris- se Ammiano Marcellino, l. c.: ‘ amnis
Danuuius — s e p - tem ostiis.... erumpit
in mare — septimum se- gnius et palustri
specie nigrum ?. d) Nella Germ. 1, 2 i
‘Sarmatae ’ e i ‘ Daci ’*sono indicati
come confinanti coi Germani. La n. A., oltre
all’indicare il secondo nome dato dai Romani ai ‘ Daci *. (‘ Getae ’), e dai Greci ai ‘Sarmatae’
(‘Sauromatae ’), determina i luoghi da
loro occupati (IV 12 (25), 80: cf. VI 34
(39), 219), e mostra che presso di loro era in
uso il fafuaggio (XXII 1 (2), 2): aggiunge che la Ger- mania è confinante (‘contermina ’) con la
Scizia (VIII 15 (15), 38). e) Uno dei confini dei luoghi abitati dai
‘Chatti’ e 1 OvI. trist. II 189.
STRAB. geogr. VII 3, 15 (C. 305), vol. II,
p. 419 ed. M. Pompon. Met. chor. II 1, 8. Confrontando il Da- nubio al Nilo, Mela dice che quello sbocca
nel mare pontico ‘ totidem quot ille
(sc. Nilus) ostiis’; e il Nilo, secondo afferma
lo stesso Mela, chor. I 9, 51, ‘ septem in ora se scindens singulis tamen grandis euoluitur ’. ? SoLin. coll. r. m. 13, 1} p. 90, 12 ed. M. Amm, Marc. r. g. XXII 8, 44 e 45. Is. orig. XII 21, p.
1158. 3 DO dagli ‘Heluetii” è, secondo
la Germ. 30, 5. 28, 6, il ‘ sallus
Hercynius” o ‘ Hercynia silua’: la stessa selva
è segnata nella n. %. IV 12 (25), 80 come confine della gente pannonica dei “Carnunti’. Plinio denota
anche l’importanza della selva (IV 14
(28), 100), e avverte che in essa sono ‘
inuisitata genera-alitum’ (X 47 (67),
132) e una ‘roborum uastitas intacta aeuis et conge- nita mundo ’ (XVI 2 (2), 6). f) Nella Germ. 46, 4 si considera la voce ‘
Bastarnae ’ come un’altra denominazione del
popolo dei ‘ Peucini ”. La n. h.
determina prima i luoghi occupati dai ‘ Ba-
sternaei’! (IV 12 (25), 81); poi annovera i ‘Baster- nae’ accanto ai ‘Peucini’ (IV 14 (28), 100).
* 9g) Dei mari nordici, coi quali
confina a settentrione la terra dei
Germani, è data nella Germ. 1,3 una no-
tizia indeterminata: ‘cetera Oceanus ambit, latos si- nus et insularum immensa spatia complectens’.
Nella n. h. la stessa notizia è presentata
con maggiore deter- minazione: IV 13
(27), 96 ‘ mons Seuo ibi inmensus nec
Ripaeis iugis minor inmanem ad Cimbrorum usque promunturium efficit sinum, qui Codanus
uocatur re- 1 Per la differenza
grafica del nome del popolo considerato,
v. sopra, p. 96, nota 2°. 2 Nel
|. c. della n. A. si legge: ‘quinta pars Peucini, Baster- nae supra dictis contermini Dacis’.
Potrebbesi, tralasciato il segna
d’interpunzione messovi dall’edit. Jan, considerare ‘ Ba- sternae’ come apposizione di ‘Peucini’: così
ne sarebbe con- fermata l'osservazione
della Germ., che fa tutto un popolo dei
‘Bastarnae’ e dei ‘Peucini’. Del resto, in nessun altro l. della n. h. si tratta dei ‘Peucini’, come di un
popolo a sè, diffe- rente dai ‘
Basternae”. Cf. StRAB. geogr. VII 3, 15 (C 305); 3, 17 (C 306), p. 419 sg., ed. M. ni 100
fertus insulis quarum clarissima est Scatinauia incon- pertae magnitudinis ’. h) All’ osservazione che leggesi nella n. A.
IV 14 (28), 98 ‘Germania .... nec tota
percognita est’, ri- spondono le
considerazioni con cui l’autore della Germ.
dà termine al suo lavoro, tralasciando ‘ cetera iam fa- bulosa” e quel che egli trova ‘ut incompertum
?. i) Intorno alle schiatte germaniche
degli ‘ Ingaeuo- nes’ (Germ.) o ‘
Ingyaeones ” (n. h.), degli ‘ Hermino-
nes?’ (Germ.) o ‘ Hermiones” (n. Ah.) e degli ‘ Istacuo- nes’ (Germ.) o ‘Istyaeones ’ (n. 4.) non è
fatta men- zione alcuna in iscritti
anteriori o posteriori alla Germ. e alla
n. X.! Sembra però che nella Germ. 2, 15 sg.
la distinzione delle tre schiatte sopra mentovate sia stata fatta in dipendenza dai progenitori
mitologici, figli di Manno. Segue,
infatti, nello stesso cap. della Germ.,
una distinzione di popoli germanici fatta con
criterio alieno dalla leggenda (‘eaque uera et antiqua nomina’), ma, come pare, per
esemplificazione, cioè : ‘ Marsi °,
Gambriuii, Suebi, Vandilii ”. La
distinzione appare più precisa e completa nella
n. h. IV 14 (28), 99 e 100: I ‘ Vandili” 3, II ‘Ingyae- A Il Georges, ausfithri. Handwb. II, c.
216, registra Ingae- vones, secondo la
grafia accolta nel testo della Germ. (ma
‘Ingaenones’ nei codd. Vatic. VRB. 655, Laurent. LXXIII 20, Stotgard. IV 152, Venet. misc. XIV 1);
registra Hermiones (I, c. 2813), secondo
la grafia della n. A.; ma nonsi cura di no-
tare gli ‘Istaeuones'. 2 Nella
Germ. nulla si dice dei ‘Marsi’ oltre del cenno del c. 2, 17. Tacito ne fa menzione negli ann. I
50, 13; 56, 20. II 25, 4. 3 ‘Vandali’, nel cod, Paris. 6797. — ol —
ones’, III ‘Istyaeones °°, IV ‘ Peucini °.8 Tra i ‘ Van- dili” si comprendono : a) i ‘ Burgodiones”
‘4; b) i ‘ Va- rinnae’ 5; c) i
‘Charini’; d) i ‘Gutones’: dei quali
popoli due soltanto, cioè i ‘ Varinnae ’ e i ‘Gutones”, sono annoverati nella Germ. 40, 4. 44, l,
forse con inesattezza, tra i ‘Suebi’; i
due rimanenti, ‘Burgo- diones’ e
“‘Charini’, sono taciuti. Gli ‘Ingyaeones’
comprendono: a) i ‘ Cimbri’ ‘; b) i ‘Teutoni’% c)i ‘ Chauci’:3 la Germ. tace dei ‘ Teutoni ’.
Sotto il no- me degli ‘Istyaeones ’ sono
notati i ‘Sicambri’ (‘ Su- gambri’, per
Strabone), dei quali non si fa alcuna
menzione nella Germ. Si ascrivono agli ‘ Hermiones”: a) i ‘Suebi’; * 6) gli ‘ Hermunduri ’ !; c) i
‘Chatti ’ !!; d) i ‘ Cherusci ”. !2 I ‘
Peucini” (Basternae) sono espli- 1
‘Inguaeones’, ed. Detlef.; ‘Ingaeuones’, secondo la ‘1. uulg.’ e nell’ed. Sillig. ? ‘Istiaeones’, ed. Detlef, ; ‘Istaeuones’,
secondo la ‘1. uulg.’ e nell’ed.
Sillig. 3 Quanto ai ‘ Peucini’ cf.
Germ. 46. 4 ‘Burgundiones’ nel cod.
Paris. 6797 e nell'ed. Sillig. 5 ‘
Varine’ nel cod. Riccard.; ‘ Varini” secondo la ‘1. uulg.' e nell’ed. Sillig. : ‘ Varini’ anche nella
Germ. 40, 4. 6 I ‘Cimbri’ non si devono
confondere coi ‘Gambriuii’. Stra- bone,
infatti, pone in elenco separatamente i ‘Gambriuii’ e i ‘Cimbri’: geogr. VII 1, 3 (C 291), p. 399,
ed. M. 7 Cf. n. h. XXXV 4 (8), 25.
XXXVII 2 (11), 35. 8 Intorno ai ‘
Chauci’ v. Germ. 35, 2. 36, 1. Cf. n. A. XVI 1
(1), 2; 1 (2), 5. 9 V. Germ. cc.
33-43; e inoltre 9, 4. Cf. n. h. IL 67 (67), 170. IV 12 (25), 81; 14 (28), 100. 10 V. Germ. Al, 4. 42, 1. ll Dei ‘Chatti’ si ha notizia in più Il.
della Germ.: 29, 3. 30, 1, 4, 15. 31, 2
e I1. 32, l e 4, 35, 5. 36, 10 7. 38, 2.
12 V. Germ. 36, 1, 6, 8. —
102 — citamente annoverati tra le
nazioni germaniche, elimi- nandosi così
il dubbio annunziato uella Germ. 46, 2:
‘Germanis an Sarmatis adscribam dubito’. Or,. se i ‘Marsi’ edi ‘Gambriuii’, dei quali è fatta
menzione nel- la Germ., sono da
considerarsi in dipendenza dagli ‘Ingaeuones’!;
e se tra gli ‘ Herminones” son da com-
prendersi .i ‘Suebi’ e, in subordinazione a questi, i ‘Vandilii?,*? (poichè i.’ Varini” ed i ‘
Gotones’, che nella n. A. si annoverano
tra i ‘ Vandilii”, sono com- presi
dall’autore della Germ. tra i ‘Suebi ’), restano a rappresentare gli ‘Istaeuones’ le due
nazioni dei ‘Sugambri’’ e dei ‘
Peucini’: il che, considerati prin-
cipalmente i luoghi occupati da loro, non pare possibi- le. Vi sono, dunque, delle incertezze e delle
notizie in- complete nella Germ., che la
n. &. ha interamente chiarito o
completato ; talchè, se si ammette che au-
tore della Germ. sia quello stesso che scrisse la n. A., è evidente che questo lavoro dovette essere
scritto do- po la Germ.: e in ciò sì
avrebbe una indiretta con- ferma della
notizia data da Plinio il giovane, che la
opera bella Germaniae (della quale la Germ. potreb- besi, secondo quanto si è osservato sopra,
considerare come la parte introduttiva)
fu scritta prima della x. ’. j) Il
fiume ‘ Albis’ è solamente indicato nella n. /. 1 Vedi Marina, op. c., p. 33. ? Vedi Dilthey, op. c., p. 249: « es wird dadurch sehr wahr- scheinlich, dass die Vandalen selbst nur
Ostliche Sueven waren ». 8 Plinio il giovane, presentando nell’epist. quinta del lib. III, $ 2, l'elenco dei libri scritti dallo zio,
avverte : ‘ fungar indicis partibus
atque etiam quo sint ordine scripti notum
tibi faciam’. L' opera della Ge rmaniae è indicata nell’ elenco prima della n. }, — 103 —
IV 14 (28), 100 come uno degli ‘ amnes clari’ che ‘in oceanum defluunt’. La Germ. 41, 9 presenta
l’indica- zione dell’ ‘ Albis’ con una
certa enfasi : ‘ flumen in- clutum et
notum olim; nunc tantum auditur ’; ne de-
nota prima l’ origine nel paese degli ‘ Hermunduri ’. k) La menzione dei ‘Frisii’ fatta, prima
d’,\ogni al- tro scrittore, da Plinio
nella n. A. IV 15 (29), 101, si osserva
nella Germ. 34, 3. 35, 3, aggiunta la di-
stinzione dei ‘Frisii’ in ‘maiores’ e ‘minores’; e all’espressione ‘ gens tum fida’, di cui si
fa cenno nel- la n. h. XXV 3 (6), 21,
alludendosi ai ‘Frisii’?, ri- sponde
l’osservazione di Tacito: ‘ natio Frisiorum .in- fensa aut male fida”. * l) Le notizie intorno ai popoli della prov.
Belgica, ‘Neruii’, ‘Tungri ’, ‘ Treueri
’, ‘ Heluetii”, sono comuni alla n. h.
ed alla Germ.; ma il semplice cenno fatto
dalla prima‘, è più particolareggiato nella seconda, per i ‘Neruii’ e i “Treueri’ (28, 15), per i
‘Tungri’ (2, 20) e per gli ‘Heluetii”
(28, 6). 1 Sarà certamente una menda
di stampa il $ 110, invece del 101,
segnato nella p. 119,.n. 1, delle prov. rom. del :MommsEn, trad. De RuagieRo, Roma 1887. ? Vedi Lup. JAN, scripturae discrepantia nel
vol. IV dell’ ed. della n. h., p.
XVII. 3 Tac. ann. XI 19,3. De’ ‘Frisii’ tratta anche
Tacito in Agr. 28, 14. hist. IV 15, 12;
18, 26; 56, 15; 79, 8. ann. I 60, 6. IV 72,
le; 73, 4; 74, 1. XI 19,3. XIII 54, 2, 9, 23. Per altre notizie sui ‘ Frisii” v. Cass. Dion. r. Rom. LIV 32,
2-3; PTOLEM. geogr. II 11; e il pan.
d’incerto autore a Costanzo,.$ 9; in BAEHRENS,
ZII pan. Lat., V, p. 138. 4 V.
n. h. IV 17 (31), 106: cf. inoltre XII 1 ;(2), :5 per gli ‘ Heluetii’ ; e XXXI 2 (8), 12 per. la fonte
di acqua ferrugino- sa presso i ‘
Tungri”, — 104 —
Similmente le brevi notizie che dà la n. A. IV: 17 (31), 106, concernenti i ‘ Nemetes”, i ‘
Triboci ?, i ‘ Van- giones’, gli “ Vbii”
(‘ colonia Agrippinensis ’), i Bata-
ui’, (con qualche particolare, per i ‘ Bataui?, in IV 15 (29), 101; e per gli ‘ Vbii”, in XVII 8 (4),
47), sì osser- vano nella Germ. 28, 19
sgg. e 29, 1 sgg. IV. — Il ‘ Pontus
Euxinus” è indicato nella Germ. 1, 10
con l’espressione ‘ Ponticum mare ’. Dello stesso mo- ‘ do è indicato nella n. R. V 27 (27), 97 ‘
hine Ponti - cum, illinc Caspium et
Hyrcanium ?. Osservasi prima la stessa
espressione in Livio e Mela !. V. —
Nella descrizione generale dei popoli germa-
nici, la Germ. 4,6 dà evidenza ai sgg. caratteri: ‘ tru- ces et caerulei oculi , rutilae comae, magna
corpora ’ e. q. s. Nella n. A. VI 22
(24), 88 si annunziano quasi con le
stesse parole i caratteri di alcuni popoli dell’A- sia: ‘ipsos uero excedere hominum
magnitudinem, ru- | tilis comis,
caeruleis oculis , oris sono truci ’. Trovasi,
inoltre, nella n. A. XXVIII 12 (51), 191 l’avvertenza, in proposito delle ‘ rutilae comae ’,sche ad
arte si otteneva o si rendeva, se
naturale, più evidente tale colore «lei
capelli mediante l’ uso d’ un certo sapone gallico, ado- perato in Germania più dagli uomini che dalle
donne. VI. — a) Cesare scriveva che la
maggior parte de- gli antichi Germani si
nutrivano di latte, cacio e car- ne. ?
Nella Germ. 23, 3 si dà una notizia analoga a quella 1 Liv. XL 21, 2. Pompon. Met, chor. II 1,
5. Cf. Tac. ann. XIII 39, 2; e, per
analogia, ‘os Ponticum”’ (ann. II 54, 4).
2 Cars. d. G. VI 22, 1: cf IV 1,8.
— 105 — data da Cesare quanto
alla carne (‘recens fera ’), ma si
restringe la notizia concernente i latticini, poichè si esclude il cacio dall’ ordinario vitto dei
Germani, e si indica il solo ‘lac
concretum ?, cioè latte rappreso o
cagliato. La restrizione che notasi nella Germ. appare confermata e più chiaramente indicata nella
n. R. XI 41 (96), 259: ‘ mirum barbaras
gentes quae lacte uiuant ignorare aut
spernere tot saeculis casei dotem, densantes
id alioqui in acorem iucundum et pingue butyrum. spuma id est lacte concretior lentiorque quam quod serum uocatur’: cf. XXVIII 9 (35), 133. b) Il pensiero
laudativo per i Germani, indicato dalla
frase della Germ. 23, 3 ‘ cibi simplices, agrestia poma, recens fera aut lac concretum: sine apparatu,
sine blan- dimentis expellunt famem”’ ha
complemento nell'osser- vazione igienica
notata, in generale, da Plinio: ‘ homi-
ni cibus utilissimus simplex, aceruatio saporum pesti- fera et condimento perniciosior’ (n. A. XI 53
(117), 282). VII. — a) Quando si legge nella Germ. 9, 9
la par- te notevole che avevano per il
culto delle genti primi- tive le selve
sacre: ‘lucos ac nemora consecrant deo-
rumque nominibus appellant secretum illud, quod sola rewerentia uident’;! ricorre alla mente quel
che os- serva Plinio nella n. A. XII 1
(2), 3 ‘ haec fuere nu- minum templa,
priscoque ritu simplicia rura etiam nunc
deo praecellentem arborem dicant’. E un concetto si- mile aveva prima espresso Seneca *. 1 Cf. GERM, cc. 39, 40, 43. ? SEN. epist. IV 12 (41), 3. — 106 —
:b) Ad indicare le regioni del sud soggette a Roma, tanto nella Germ. quanto nella n. A. è adoperata
l’espressione ‘orbis noster’: Germ. 2,6
‘ Oceanus rarisab orbe no- stro nauibus
aditur?. n. A. XII 12 (26), 45 ‘in no-
stro .orbe proxime laudatur Syriacum (sc. nardum), mox Gallicum ’, e. q. s. * Inoltre, l’accenno
sul balsamo nella Germ. 45, 25 ‘ Orientis
secretis, ubi tura bal- samaque sudantur
’, risponde alle notizie che, tra i
primi, ne diede Plinio in diversi luoghi della n. %. ? VIII.— Che l’espressione ‘ frugiferarum
arborum impa- tiens ’, usata nella Germ.
5, 4, non debbasi intendere senza
restrizione, non solo ci avvertono l’indicazione della maniera con cui si facevano certi sortilegi (
v. Germ. 10, 2 ‘ uirgam frugiferae
arbori decisam in surculos “amputant ’)
e l'avvertenza intorno ai mezzi di nutrizione
degli antichi Germani (v. Germ. 23,3 ‘cibi simplices, agrestia poma ’), ma anche una notizia che
osservasi nella n. &. XV 25 (30),
103, sulla presenza del ciliegio sulle
rive del Reno, in tempi remoti. IX. —
a) La particolarità geografica della terra ger-
manica, che è, in generale, ‘aut siluis horrida aut pa- ludibus foeda ’ (Germ. 5, 2), ha una
conferma, in par- 1 Osservasi prima in
VeLL. PATERC. h. R.I 2,3. Cf.
Tac, Agr. 12, 9. 2 V. n. h. XII 25 (54), 111 sgg. XVI 32 (59), 135: cf. XIII 1 (2),
11. 13. 15. Vedi anche il nostro libro sui neologismi botanici nei carmi bucolici e georgici di Virgilio,
Palermo 1901; LV, Pp. 103 sg. RES, () pg
ticolare, nella descrizione che presenta Plinio (7. h. XVI 2 (2), 6) della selva ‘ Hercynia ?. ! b) Nella Germ. 17, 7 si osserva che i
Germani ‘ de- tracta uelamina (sc.
ferarum) spargunt maculis pelli- busque
beluarum, quasi exterior Oceanus atque ignotum
mare gignit’; ma non è detto in che modo facessero i Germani per impadronirsi di tali belve
marine. Pos- siamo argomentarlo da quel
che si dice nella n. %. XVI 40 (76, 2),
203, in proposito dei predoni di mare:
‘singulis arboribus cauatis nauigant, quarum quae- dam et XXX homines ferunt ’. c) L’uso druidico delle adunanze ‘ sexta
luna, quae principia mensum annorumque
his facit et saeculi post tricesimum
annum” (n. A. XVI 44 (95), 250), osservasi
esteso ad una consuetudine germanica, quella, cioè, di farsi le riunioni popolari ‘ cum aut
inchoatur luna aut impletur ? (Germ. 11,
5). X. — A integrare l’ osservazione
che la terra ger- manica è ‘pecorum
fecunda”’ (Germ. 5, 5), vale quello che
nota Plinio sugli ottimi pascoli della Germania: ‘ nam quid laudatius Germaniae pabulis?’ (n.
A. XVII 4 (3), 26). XI. — a) Non appare una consuetudine
particolare dei popoli germanici, che ‘
leuioribus delictis pro modo poena:
equorum pecorumque numero conuicti multan-
tur ? (Germ. 12, 7). La stessa consuetudine vigeva an- che, secondo attesta Plinio, presso gli
antichi Romani; 1 Cf. Pompon. Met. chor. III 3, 29 ‘ magna ex parte:siluis
ac paludibus inuia ”. — 108 —
perciocchè ‘ multatio quoque non nisi ouium boumque inpendio dicebatur’, e ‘cautum est, ne bouem
prius quam ouem nominaret, qui indiceret
multam’ (n. &. XVII 3 (3), 11). b) Quantunque l’
avena si fosse potuta usare per la
preparazione della birra, non è da dirsi incompleta la notizia, che presso i Germani era in uso ‘
potui umor ex hordeo aut frumento, in
quandam similitudinem uini corruptus’
(Germ. 23, 1); poichè, secondo la men-
zione che se ne legge nella n. 4., se ne avvalsero al- lora più per cibo che per la fermentazione
della be- vanda gradita: ‘ quippe cum Germaniae
populi serant eam (sc. auenam) neque
alia pulte uivant’ (n. %. XVIII 17 (44,
1), 149).! XII. — a) Il vestiario
delle donne germaniche non si
distingueva da quello degli uomini, se non che le donne ‘ saepius lineis amictibus uelantur’
(Germ. 17, 10). La stessa notizia appare
nella n. A. XIX 1 (2, 1), 8 ‘ uela
texunt (sc. e lino) iam quidem et transrhena-
ni hostes, nec pulchriorem aliam uestem eorum femi- nae nouere ’. b) La notizia data dalla n. A. XIX 1 (2, 1),
9, che in Germania facevasi il lavoro di
tessitura in sotter- ranei : ‘in
Germania autem defossae atque sub terra
id opus (sc. lina texendi) agunt’, completa l’ indica- zione dell’uso di quelle abitazioni
sotterranee, che nella Germ. 16, 12 si
dicono fatte per ‘suffuginm hiemi et
receptaculum frugibus ?.* 1
Vedi, quanto ai diversi nomi con cui s' indicava la birra, n. h. XXII 25 (82), 164. 2 Pompon, MEL, chor. II 1, 10 dice lo stesso
dei ‘Satarchae ’, — 109 — XII. — In ciò che nella Germ. 46, 14 dicesi
intor- no al modo di vivere dei ‘Fenni’,
ai quali era ‘ uic- tui herba, uestitui
pelles, cubile humus”, pare di scor-
gere un caso particolare di quanto si considera, in ge- nerale, nella n. %. XXI 15 (50), 86, che vi
sono delle ‘ herbae sponte nascentes,
quibus pleraeque gentium utuntur in
cibis”, ’ XIV. — Dei ‘ Mattiaci’ la
Germ. 29, 9 considera il popolo,
sottomesso all'impero romano; la n. &. XXXI 2 (17), 20 ne menziona le fonti termali (oggi
Wiesbaden). XV. — La notizia data
dalla Germ. 5, 18 sulla mo- neta antica
(‘ serratos bigatosque ’), che era preferita
dai Germani vicini alle province romane del Reno e del Danubio, negli scambi commerciali, è
confermata, per quanto concerne i ‘
denarii bigati’, dalla n. %. XXXII 3
(13), 46: ‘ notae argenti fuere bigae atque quadrigae, inde bigati quadrigatique dicti °. XVI. — L’ambra fu in origine un succo di vegetali: nella Germ. 45,22 se ne adduce la sg.
ragione: ‘ quia terrena quaedam atque
etiam uolucria animalia ple- rumque
interlucent , quae implicata umore mox dure-
scente materia cluduntur ’. Alla stessa conclusione si popolo del Chersoneso Taurico: ‘ob saeua
hiemis admodum adsiduae, demersis in
humum sedibus, specus aut suffossa ha-
bitant’ (Frick). 1 Sact. /ug.
18, 1 aveva prima avvertito che per i Getuli e i Libii ‘ cibus erat caro ferina atque humi
pabulum uti pecoribus”, — 110 — perviene, per altra via, nella ». %., in
cui sono addutte per prove l’opinione
degli antichi e l’etimologia della
parola ‘ sucinum ’ : XXXVII 3 (11), 43 ‘ arboris sucum esse etiam prisci nostri credidere, ob id
sucinum ap- pellantes ?. Nè vi è
contraddizione se nella Germ. 45, 15 si
afferma che gli ‘ Aestii ’, sulla spiaggia orientale del mare suebico, ‘ soli omnium sucinum....
inter uada atque in ipso litore legunt’,
e che essi ‘ pretium (sc. sucini)
mirantes accipiunt ’; mentre nella n. %. XXXVII
2 (11), 35 si ripete la notizia annunziata da Pytheas : ‘ Gutonibus Germaniae gente adcoli aestuarium
Meto- nomon nomine......, ab hoc diei
nauigatione abesse in- sulam Abalum ,
illo per uer fluctibus aduehi et esse
concreti maris purgamentum, incolas pro ligno ad ignem uti eo (sc. sucino) proxumisque Teutonis
uendere ?’. Gli ‘ Aestii’ avevano le
loro sedi accanto a quelle dei ‘ Gu-
tones ° o ‘ Gotones ’, sulle spiagge orientali del mare suebico (Baltico); era naturale, per ciò,
che l’industria | dell’ambra , così
bene avviata presso gli ‘ Aestii ’, si
fosse estesa, come tra popoli vicini, e forse in dipen- denza l’uno dall’altro, anche presso i ‘
Gotones ’; e da ciò la notizia
registrata nella n. /%., la quale toglie
quella rigidezza di apprezzamento , che traspare dalla frase ‘ soli omnium ’ della Germ., riferita
agli‘ Aestii ?. È, inoltre, da
considerare che, se i ‘ Gutones ” face-
vano il commercio dell’ ambra coi vicini ‘Teutoni ”, lo vendevano a loro ‘ pro ligno ad ignem ’’;
e perciò nes- suna contraddizione si può
notare con quanto è detto nella n. 4.,
se gli ‘ Aestii” facevano delle meraviglie
nel vedersi pagare un prezzo per il sucino, di cui si erano cominciate a fare delle ricerche presso
di loro , — 11 da che il lusso romano aveva dato a tale
merce un va- lore notevole !. 1 Un’altra relazione tra la Germ. ei lavori
di Plinio avver- te U. Zernial, nel suo
comm. alla Germ. 3, 15 pp. 22-23, cioè,
che la frase ‘adhuc extare’, usata in proposito dei monu- menti e tumoli con iscrizioni greche, che
allora restavano nel confine della
Germania e della Rezia, si deve riferire a notizie date da Plinio nei venti libri ‘ bellorum
Germaniae ’. — i CAPITOLO QUINTO La Germania comparata con le opere di
Tacito.* A rendere completo il nostro
studio sulla Germ., ci pare opportuno
mettere anche in confronto il conte- nuto
di essa con le opere genuine di Tacito. Il
con- fronto sarà ordinato come
nel cap. precedente, restrin- gendo il
nostro esame ai soli concetti che presentino
un qualche indizio di dipendenza o di corrispondenza tra loro.
Ci atterremo, quanto alla disposizione della materia, all’ ordine delle opere di Tacito. I. — a) Che le chiome bionde o rossicce e
la cor- poratura grande formassero uno
dei caratteri fisici della nazionalità
germanica è fatto cenno nell’Agr. 11, 3
‘ rutilae Caledoniam habitantium comae, magni artus Germanicam originem adseuerant ’: risponde
alla de- scrizione che ne presenta la
Germ. 4, 6 ‘rutilae co- mae, magna
corpora et tantum ad impetum ualida ”.
Seneca aveva anteriormente fatto menzione del ‘ rufus crinis et coactus in nodum apud, Germanos”.!
Quanto alla frase dell’Agr.1. c.* magni
artus Germanicam ori- ginem adseuerant
’, alla quale si riattacca l’osservazione
intorno ai ‘ Bataui * (‘et forma conspicui , et est ple- risque procera pueritia’ Mist. IV 14, 6: cf.
V 18, 2) ed ai ‘ Cherusci ’ (‘ procera
membra” ann. I 64, 7), risponde la
considerazione generale intorno ai Germa-
* Per i limiti del confronto, vedi l’ avvertenza * a pag. 94. 1 Sen. dial. V 26, 3. — 113 — ni, che si legge nella Gem. 20, 1 ‘in hos
artus, in hacc corpora, quae miramur,
excrescunt ?. Cesare aveva prima
avvertito che il suo esercito era stato invaso
dal timore al sentire dai Galli e dai mercatanti la no- tizia ‘ ingenti magnitudine corporum
Germanos, incre- dibili uirtute atque
exercitatione in armis esse’ !; e Mela
aveva anche osservato che i Germani erano ‘ immanes animis atque corporibus ?, perchè attendevano
agli eser- cizi guerreschi ed erano
afforzati dalla ‘adsuetudine laborum
maxime frigoris ”. * b) Istituendo un
confronto tra la fioridezza dei Galli
nei tempi anteriori e la decadenza che essi mostrarono dopo, Tacito nell’ Agr. 11, 15 avverte: ‘
Gallos quoque in bellis floruisse
accepimus; mox segnitia cum otio
intrauit, amissa uirtute pariter ac libertate ’. Lo stesso concetto appare nella Germ. 28, 15, allorchè,
per dare evidenza al carattere nazionale
dei ‘ Treueri’ e dei ‘ Neruii ’, si dice
che essi ‘ circa adfectationem Germa-
nicae originis ultro ambitiosi sunt, tamquam per hanc gloriam sanguinis a similitudine et inertia
Gal- lorum separentur ’. La superiorità
dei Galli di un tempo è attestata nello
stesso 1. della Germ. 28, 1 sul-
l’autorità di Giulio Cesare, che aveva ciò indicato nel b. G. VI 24, 1. c) La discordia tra i nemici di Roma cooperò
sempre a costituire la superiorità dei
Romani ; onde la consi- derazione che
leggesi nell’ Agr. 12, 4 ‘ nec aliud aduersus
ualidissimas gentis pro nobis utilius quam quod in com- 1 Cars. db. G. I 39, 1. ? Pompon. Met. chor. III 3, 26. CONSOLI : L’ autore della Germania. 8 — lla —
mune non consulunt ’. Un pensiero analogosi manifesta nell’ augurio che 1° autore della Germ. fa a’
suoi con- cittadini, ‘quando urgentibus
imperii fatis nihil iam praestare fortuna maius potest quam hostium
discor- diam’ (Germ. 33, 9). Da ciò la
politica, sì lodata, di Druso nelle
relazioni coi Germani: egli ‘ haud lene de-
cus quaesiuit inliciens Germanos ad discordias’ (ann. Il 62, 2).!
d) Un apprezzamento punto benevolo per la spedizione di Caligola contro i Germani si legge tanto
nell’ Agr. 13, 9 ‘ agitasse Gaium
Caesarem de intranda Britannia satis
constat, ni uelox ingenio mobili paenitentiae, et ingentes aduersus Germaniam conatus frustra
fuissent ’; quanto nelle Rist. IV 15, 8,
in cui si narra di un Canni- nefate, che
‘ multa hostilia ausus Gaianarum expeditio-
num ludibrium inpune spreuerat ’. Lo stesso apprezza- mento era stato manifestato prima nella Germ.
37, 23 ‘*ingentes Gai Caesaris minae iu
ludibrium uersae ?. e) La politica dei
Romani solevasi avvalere di un mezzo più
efficace delle armi, per vincere e tenere as-
soggettati i barbari, l’allettamento dei vizi. Nell’ Agr. 21, 10 sgg. sì deridono gli ignoranti che
fanno consi- stere la civiltà nei
‘delenimenta uitiorum’, che sono 1
Claudio Mamertino ripeté lo stesso concetto, che le discor- die intestine dei barbari erano la fortuna
dell'impero: ‘ tantam esse imperii
uestri felicitatem ut undique se barbarae nationes uicissim lacerent et excidant, alternis
dimicationibus et insidiis clades suas
duplicent et instaurent’ (Pan. genethl. Maxzimiano Aug. d., 16; in BAFHRENS, AZ/ pan. Lat. III,
p. 113 sg.). 2 Severe sono anche le
parole con cui Suetonio giudica l’im-
presa di Caligola contro i Germani (Calig. 43 e 45-47). Persio la deride (sat. 6, 43 sgg.). CÉ. Cass. Dion.
r. Rom. LIX 25. — 115 — invece strumenti di schiavitù. Similmente
uno dei le- gati dei ‘Tencteri’ presso
il ‘concilium Agrippinen- sium’
raccomandava, secondo racconta Tacito nelle hist. IV 64, 19: ‘instituta cultumque patrium resumite, ab- ruptis uoluptatibus, quibus Romani plus
aduersus sub- iectos quam armis ualent’.
Lo stesso concetto è de- notato nella Germ. 23, 6 ‘si indulseris
ebrietati sug- gerendo quantum
concupiscunt, hawd minus facile uitiis
quam armis uincentur ”. f)
L'esperienza della vita dimostra vera la sentenza che Tacito fa dire a Calgaco nell’ Agr. 30,
5: ‘ proe- lium atque arma, quae
fortibus honesta, eadem etiam ignauis
tutissima sunt’. Nella Germ. 36, 2 la si vede
applicata per ispiegare la decadenza dei ‘ Cherusci ’, i quali ‘ mimiam ac marcentem diu pacem
inlacessiti nu- trierunt”; e l’autore,
considerando che ‘id iucundius quam
tutius fuit”, assurge ad un avvertimento d’ordine generale, che in nessun tempo è da
trascurarsi dagli uomini di Stato:
‘inter inpotentes et ualidos falso
quiescas ?. g) Nell’apostrofe di
Tacito al suocero estinto, si leg- ge: ‘
nosque domum tuam ab infirmo desiderio et mu-
liebribus lamentis ad contemplationem uirtutum tua- rum uoces, quas neque lugeri neque plangi fas
est ’ (Agr. 46,3). La frase ‘
muliebribus lamentis’ richiama alla
mente la sentenza della Germ. 27, 7 ‘ feminis lu- gere honestum est, uiris meminisse’. E
probabilmente tutte e due le espressioni
risalgono all’ ammonimento di Seneca: ‘
obliuisci quidem suorum ac memoriam cum
corporibus efferre et effusissime flere, meminisse parcissime, inhumani animi est.— hoc
prudentem uirum — 116 — non decet: meminisse perseueret, lugere
desinat’.! Se- neca, presso a morire,
ripetè in parte lo stesso concetto, per
confortare la consorte. * II. — a) La
nazionalità degli ‘ Heluetii” era, secon-
do Cesare, gallica, poichè egli scrive di loro : ‘ Heluetii quogue reliquos Gallos uirtute praecedunt,
quod. fere cotidianis Droga cum:
Germanis contendunt’. 3 Dello stesso
parere è Tacito che, considerando gli ‘ Hel-
uetii’ quali erano divenuti a’ suoi tempi, avverte : ‘ Hel- uetii, Gallica gens olim armis uirisque, mox
memoria nominis clara’ (Rist. I 67, 2).
La medesima osserva- zione è confermata
nella Germ. 28, 8, che considera tanto
gli ‘ Falaotit ? quanto i ‘ Boii” come ‘ Gallica u- traque gens ’ b) Era a nazionale dei Germani andare
ala pugna coi corpi nudi a diciamo «
ignudi »): lo in- dica Tacito nelle isf.
II 22, 6 ‘cohortes Germanorum, cantu
truci et more patrio nudis corporibus super umeros scuta quatientium ’. Prima di lui, ne aveva
dato noti- zia Cesare, sebbene la sua
osservazione non si restrin- gesse ai
soli usi guerreschi : ‘pellibus aut paruis re-
nonum tegimentis utuntur, magna. corporis parte nuda ?.! E l’osservaziore di Cesare fu ripetuta nella
Germ. ri- spetto ai combattimenti (‘
pedites et missilia spargunt.... atque
in immensum uibrant, nudi aut sagulo leues
Germ. 6,7), agli esercizi militari dei giovani (‘ nudi 1 SEN. epist. XVI 4 (99), 24. 2 Tac. ann. XV 63. 3 Cars. db. G. 1 1, 4. 4 CAESs. db. G. VI 21,5. Dice lo stesso dei ‘Suebi’ nel IV 1,10.
— li7 — iunenes .... inter
gladios se atque infestas frameas saltu
iaciunt” Germ. 24, 2), e alla vita domestica (‘in omni domo nudi ac sordidi’ e. q. s. Germ. 20, 1:
cf. 17, 2). c) Intorno alla provenienza
dei ‘Bataui’ ed ai luo- ghi da loro
occupati, ci informa Tacito nelle Rist. IV
12, 6 ‘Bataui, donec trans Rhenum agebant, pars Chattorum, :seditione domestica pulsi extrema
Gallicae orae uacua cultoribus simulque
insulam iuxta' sitam occupauere, quam mare
Oceanus a fronte, Rhenus am- nis tergum
ac latera circumluit’. Della ‘insula Bata-
uorum’ avevano già fatto menzione Cesare e Plinio Secondo. * Nella Germ. 29, 1 si legge: ‘
omnium harum gentium uirtute praecipui
Bataui non multum ex ripa, sed insulam
Rheni amnis colunt ’; e, quanto alla loro
origine, immediatamente dopo si soggiugne : ‘ Chatto- rum quondam populus et seditione domestica in
eas sedes transgressus, in quibus pars
Romani imperii fie- rent ’. d) Narra Tacito (Rist. IV 14, 10) che
Civile, in oc- casione di un banchetto
tenuto in un bosco sacro, espose ai
convitati la necessità d’insorgere in difesa dei loro diritti conculcati, contro il dominio romano.
L’ usanza germanica di trattare affari,
sì privati che pubblici , durante i
conviti è menzionata, in generale, nella Germ.
22, 9 ‘ de reconciliandis inuicem inimicis et iungendis adfinitatibus et adsciscendis principibus, de
pace de- nique ac bello plerumque in
conuiuiis consultant : e la ragione ne è
spiegata ‘tamquam nullo magis tempore
1 Secondo la congettura del Walch: nel cod. si legge ‘ iuua- ta sit an”.
? Cars. db. G. IV 10, 1. Prin. n. A. IV 15 (29), J01. — ll8 |— aut ad simplices cogitationes pateat animus
aut ad magnas incalescat ”. e) La disposizione dei Germani per cunei,
nelle bat- taglie, è menzionata nella
Germ. 6, 20 ‘acies per cu- neos
componitur ?’. La conferma appare dal modo secondo cui furono disposti i ‘ Canninefates’,i ‘
Frisii”, i ‘ Ba- taui ’, etc. nei
combattimenti, durante l’insurrezione di
Civile (rist. IV 16. V 16), e dall’ordine del ‘ Bructero- rum cuneus ” (Rist. V 18, 5).! Ma l’
ordinamento dei combattenti per cunei
era stato prima accennato da Cesare *.
Tacito ne fa pure menzione, descrivendo la
battaglia di Bedriaco 3. f)
Nello stesso lib. IV delle hisé. di Tacito, si nota che i ‘ Bataui ’ furono esenti dall'obbligo
di pagare ai Romani i tributi: ‘ Batauos
tributorum expertes (list. IV 17, 11);
ed è confermato in un altro luogo : * sibi
(sc. Batauis) non tributa sed uirtutem et uiros indici ’ (hist. V 25, 9: cf. IV 12, 10). Tale
esenzione è notata anche nella Germ. 29,
6 ‘ (Bataui) nec tributis contem- nuntur
nec publicanus atterit ’, per la ragione che essi ‘ tantum in usum proeliorum sepositi, uelut
tela atque arma, bellis reseruantur ?. g) Civile, nel determinare l’ ordine della
battaglia, ‘matrem suam sororesque,
simul omnium coniuges par- 1 Cf. Tac.
hist. IV 20, 11. La disposizione dei combattenti per cunei si continuò anche dopo presso i
barbari: v. Amm. Marc. r. g. XXVII 2,
4. 2 Cars. d. G. VI 40, 2: altrove lo
indicò con la voce ‘pha- lanx *; db. G.
I 52, 4. 3 Tac. hist. II 42, ]1
‘comminus eminus, cateruis et cuneis
concurrebant': v. la nota al l. c. nel comm, del VALMAGGI, p. 78, Torino 1897. — 119 —
uosque liberos consistere a tergo iubet, hortamenta uictoriae uel pulsis pudorem ” (Rist. IV 18,
14): si sog- giugne poco dopo ‘ uirorum
cantu, feminarum ululatu sonuit acies’.
Consimile ordine nei combattimenti a cui
preparavansi i Germani, è indicato nella Germ. 7, 11 ‘in proximo pignora, unde feminarum ululatus
audiri, unde uagitus infantium ’. Ma in
tutti e due i Il. citati la notizia pare
che sia provenuta da quanto avevano
scritto prima Cesare sulle donne dei Germani nelle pu- gne combattute da Ariovisto !, e Strabone
intorno alle donne dei Cimbri. ° h) L’ usanza dei Germani di portare nei
combatti- menti effigie di animali o
altri simboli rappresentanti le loro
divinità protettrici o qualche attributo delle
stesse, è indicata da Tacito, Rist. IV 22, 12: ‘ depromptae siluis lucisque ferarum imagines, ut cuique
genti inire proelium mos est ’. Nella Ger. 7, 8 si osserva la stessa
consuetudine: ‘ effigiesque et signa quaedam detracta lucis in proelium ferunt ’*. Così, ad es.,
gli ‘ Aestii ’ por- tavano per simboli
divini immagini di cinghiali (‘ in-
signe superstitionis formas aprorum gestant’ Germ. 1 Cars. db. G. I 51, 3. ? STRAB. geogr. VII 2, 3 (C 294), p. 404,
ed. M. Vedi anche PLvT. C. Mar. 19, 8,
p. 497, ed. Th, Doehner. FLor. epit. I 38,
16-17 (III 3), ed. Halm. 3 Tra
le‘ effigies” erano notevoli il lupo e il serpente (Wadan), l’orso e il capro (Thunar), etc. ; tra i
simboli o ‘ signa ’, la lan- cia
(Wodan), il martello (Thunar), la spada (Tiu), etc. : v. F. G. BERGMANN, poémes islandais tirés de l'
Edda de Scemund, Paris 1838, pp. 1-185,
243-259, 303-319; e le « notes explica-
tives » pp. 221 - 239, 292 — 300, 358 - 368; v. anche dello stesso Bergmann la fascination de Gulfi (Gylfa
ginning), traité de mythologie
scandinave, Strasbourg & Paris 1871,
— 120 — 45, 10); i Cimbri
preferivano il toro di bronzo !. I
Germani non rappresentavano in forma umana le loro divinità: ‘nec cohibere parietibus deos neque
in ullam humani oris speciem adsimulare
ex magnitudine cae- lestium arbitrantur?
(Germ. 9, 7). i) Scoppiata l’
insurrezione di Civile, il danno mag-
giore fu recato dalle ostilità degli insorti contro gli ‘ Vbii’, ‘quod gens Germanicae originis
eiurata patria Romanorum nomine ?
Agrippinenses uocarentur (Rist. IV 28,
6). Dalla Germ. 28, 19 si apprende che ‘ ne Vbii quidem, quamquam Romana colonia esse meruerint
ac libentius Agrippinenses conditoris
sui nomine uocentur, origine
erubescunt’; e da un luogo degli ann.'XII 27,
1-4 si ha la notizia più precisa, che ad istanza di A- grippina, moglie dell’imp. Claudio e madre di
Nerone, si condusse una colonia romana
nell’ ‘ oppidum Vbio- rum’, onde il nome
di ‘ Colonia Agrippina’ o sola- mente ‘
Agrippina’, ovvero ‘ Colonia’ che si ebbe dopo.* j) Quel che dice Tacito, isf. IV 61, 1,
intorno allo adempimento di un voto di
Civile, il quale ‘ post coepta aduersus
Romanos arma propexum rutilatumque crinem
1 PLvr. C. Mar. 23, 6, p. 499, ed. c.
? ‘ Romanorum nomine’ è dovuto a congettura del Weissen- born. Nel cod. è ‘nom’. La lez. ‘ Romanorum
nomen’, che il Gruter notò, è chiusa dal
Halm, dal Ritter, dal Ramorino, etc. tra
parentesi quadre. Altri preferiscono ‘ Romano nomine’, se- condo la congettura del Lipsius. 3 Amm. Marc. r. g. XV 8, 19; 11, 7. XVI 3,
1. Ma Io, Har- duinus, nel comm. alla n.
A. di Plinio, vol. I, p. 225, nota 2?,
crede che sia Agrippina la moglie di Germanico, perchè, come egli dice, ‘ ueluti mater castrorum
procurabat ex eo tractu an- nonam
militibus, qui merebant in exercitu mariti sui : quamob- rem et laureato capite pingitur in achate
Tiberiano ’, è — 121 — patrata demum caede legionum deposuit’,
appare nella Germ. 31, 3, riferito in
ispecial modo ai ‘Chatti’: ‘ ut primum
adoleuerint, crinem barbamque submittere, nec
nisi hoste caeso exuere uotiuum obligatumque uirtuti oris habitum”.' Anche a Roma non fu, come
pare, sconosciuta tale usanza, poichè
Cesare, per dimostrare il suo affetto ai
soldati, ‘ audita clade Tituriana barbam
capillumque summiserit nec ante dempserit quam uin- dicasset ’. ? kh) Da uno dei legati dei ‘ Tencteri ’ si
diceva: ‘quod contumeliosius est uiris
ad arma natis, inermes ac prope nudi sub
custode et pretio coiremus’ (Qist. IV
64, 8). Il portare le armi, e in qualunque occasione, stimavasi dai Germani un segno di valentia e
di li- bertà. Ciò confermasi nella Germ.
13, 1 ‘ nihil autem neque publicae neque
priuatae rei nisi armati agunt’; e si
indica il modo con cui facevasi la dichiarazione d’idoneità a portare le armi. L’ osservazione
si ripete nella Germ. 22, 5 ‘ad negotia
nec minus saepe ad con- uiuia procedunt
armati’. Anche morto, il Germano aveva
seco le sue armi (Germ. 27, 4). Tale usanza, del resto, non restringevasi ai soli Germani;
Cesare la indica prevalente presso i
Galli. 5 1 La stessa usanza presso i
Sassoni, in tempi posteriori, è riferita
da PAvL. pIAC. de gest. Langobard. III 7, p. 438, c. 2?. E nella storia di Norvegia è narrato il
giuramento del re Ha- rald Haarfager, di
non tagliarsi i capelli nè di pettinarli prima
d'avere spenti tutti i piccoli sovrani che tenevano divisa la patria sua: e dopo lotte accanite che
durarono più di dieci anni, adempi quanto
aveva giurato: v. R. KeysER, Norges hi-
storie, ed. c., vol. I, pp. 204-209.
2 SveTton. diu. Iul. 67. 3 Cas,
d, G. V 56, 2: cf. VII 21, 1. — 122
— 1) Un altro segno della piena libertà
di cui godeva- no i Germani, e che, come
del resto è nell’ordine na- turale delle
cose, trascendeva talora in dannosi ecces-
si, era quel che nota Tacito nelle Rist. IV 76,9: ‘ Ger- manos.... non iuberi, non regi, sed cuncta ex
libidine agere’. E da ciò quella
lentezza nelle deliberazioni delle
assemblee, che era veramente un ‘ex libertate ui- tium’; poichè i Germani ‘ non simul nec ut
iussi con- ueniunt, sed et alter et tertius
dies cunctatione coè- untium absumitur’
(Germ. 11, 9). Presso i Galli, nota Cesare,
l’abuso era punito; e al principio della guerra, quando tutti i giovani armati dovevano
adunarsi in un dato luogo, chi di loro
‘nouissimus conuenit, in conspectu
multitudinis omnibus cruciatibus affectus ne-
catur ?.! m) Nel luogo testè
cit. delle Rist. IV 76, 10 si sog-
giugne: ‘pecuniamque ac dona, quis solis corrumpantur (sc. Germani), maiora apud Romanos. Negli
ann. XI ‘ 16, 7 è detto che l’imp. Claudio
si avvaleva del dana- ro per tenere
sotto la sua dipendenza il re dei ‘Che-
rusci’, Italico. Or, tanto nel primo quanto nel secon- do dei ll. cc., scorgesi l'applicazione del
mezzo che non di rado usavano i Romani,
per meglio asservire il po- polo
germanico: onde la considerazione che leggesi
nella Germ. 15, 12 ‘iam et pecuniam -accipere docui- mus’ ;? e, in particolar modo, intorno ai re
dei ‘ Mar- comani’ e dei ‘Quadi’ si
dice: raro armis nostris, 1 CaEs. db.
G. V 56, 2. 2 È noto che, per danaro,
la milizie germaniche marciarono contro
gli stessi Germani: v. CAPITOLIN. M. Ant. philos. 21,7; in scriptt.
hist. Aug., IV p. 66, ed. P., Mi |
A ‘ — 123 —
saepius pecunia iuuantur, nec minus ualent’ (Germ. 42, 9). !
n) I Germani ammettevano che le donne di condi- zione elevata fossero le più sicure garentie
e i miglio- ri ostaggi, per ottenere l’
adempimento dei patti con- venuti tra
popolo e popolo o tra i partiti di una stessa
gente. Un caso è rammentato da Tacito, Rist. IV 79, 1:‘orabant auxilium Agrippinenses
offerebantque u- xorem ac sororem
Ciuilis et filiam Classici, relicta sibi
pignora societatis’; la quale ‘ societas’ sappiamo che era stata già ‘ nobilissimis obsidum firmata’
(Rist. 1V 28, 2). La consuetudine era
stata prima indicata nella Germ. 8, 5: ‘
efficacius obligentur animi ciuitatum, qui-
bus inter obsides puellae quoque nobiles imperantur ”. Augusto aveva tentato di trarne vantaggio,
chiedendo ad alcuni capi.di nazioni
vinte, per tenerli in fede e soggezione,
delle donne per ostaggio. * o) Per
significare 1° approvazione delle proposte dis-
cusse nelle assemblee, i Galli solevano battere le ar- mi: ‘conclamat omnis multitudo et suo more
armis concrepat, quod facere in eo
consuerunt, cuius ora- tionem approbant
?. La stessa usanza notavasi presso i
Germani : ‘ sin placuit, frameas concutiunt : honora- tissimum adsensus genus est armis laudare’
(Germ. 11, 17). Tacito l’accenna nelle
Rist. V_ 17, 13 ‘ sono ar- morum
tripudiisque, ita illis (sc. Germanis) mos, ad-
probata sunt dicta ’. III. — a)
La considerazione sulla maniera di com-
1 V. pag. 12 sg. 2 SvETON. Aug.
21. 3 Cars, db. G. VII 21, 1, Cf. Liv.
XXI 28, 1, — 124 — battere dei ‘Chatti’, che osserviamo negli
ann. I 56, 16 ‘non auso hoste terga
abeuntium lacessere, quod illi moris,
quotiens astu magis quam per formidinem
cessit ’, — appare come un’applicazione al caso parti- colare dell’ osservazione fatta, in generale,
sul carat- tere, dei Germani: ‘ cedere
loco, dummodo rursus instes, consilii
quam formidinis arbitrantur’ Germ. 6, 20. Si-
mile usanza presso i‘ Cherusci’ è notata negli ann. II TIA
b) Tacito narra che, dopo la disfatta di Varo, i Ger- mani sacrificarono presso le are i vinti
‘tribunos ac primorum ordinum
centuriones’ (ann. I 61, 13); e la
stessa notizia sui sacrifici umani egli ripete, in propo- sito della vittoria degli ‘ Hermunduri”’ sui
‘Chatti”: ‘ uictores diuersam aciem
Marti ac Mercurio sacrauere, quo uoto
equi uiri, cuncta uiua occidioni dantur’ (ann.
XIII 57, 10). Analoga osservazione era stata fatta nel- la Germ. 9, 1 ‘deorum maxime Mercurium
colunt, cui certis diebus humanis quoque
hostiis litare fas habent ’; ma
placavano Marte ‘concessis animalibus’. I‘ Sem-
nones’ anch’essi ‘ caeso publice homine celebrant bar- bari ritus horrenda primordia’ (Germ. 39, 5);
e con vittime umane si celebrava il
culto della dea ‘Nerthus” o ‘Terra
mater’ (Germ. 40, 19). Strabone aveva pri-
ma fatto menzione dell’orrendo rito dei sacrifici uma- ni presso i Cimbri '; istituto religioso, del
resto, co- mune a tanti altri popoli
primitivi. Iordanis afferma che anche i
Goti offrivano a Marte vittime umane; e
1 StRAB. geogr. VII 2, 3 (C 294), p, 404,
ed. M. 2 IoRDAN. de or. act. Get. 5, p.
9, 23, ed. Holder: ‘ opinantes (se. Gothi) bellorum praesulem apte humani
sanguinis effusione placandum '. — 125 — Procopio dice che l’orrendo rito si era
continuato, per le divinazioni, presso i
Franchi già convertiti al Cri-
stianesimo. * c) All’
indicazione : ‘ certum iam alueo Rhenum ...
Vsipi ac Tencteri accolunt’ (Germ. 32, 1), risponde la frase che si nota negli ann. II 6, 13 ‘
Rhenus uno alueo continuus’. Mela dà più
chiara spiegazione, ed usa qualche
parola che poi ripetè, sull'argomento stesso, lo autore della Germ.: ‘(Rbenus) mox diu solidus
et - certo alueo lapsus haud procul a
mari huc et illuc dispergitur ?. ? d) Negli ann. II 12, 3 si fa menzione di una
selva consacrata ad Ercole, luogo di
convegno dei Germani. Anche di Ercole e
dei canti guerreschi, con cui si ce-
lebrava quel ‘primus omnium uwirorum fortium’, si trova menzione nella Germ. 3, 1 sg.: cf. 9,
2. Evi- dentemente si allude al culto di
Thor (Donar) che, per interpretazione
romana, si era rassomigliato ad Ercole.
Quanto, poi, all’espressione ‘siluam Herculi sacram?”, che si legge nel 1. c. degli ann., e al ‘
sacrum nemus ”, dove Civile riuniva i
suoi (/Rist. IV 14, 10), si possono
considerare come esempi della consuetudine indicata, in generale, nella Germ. 9, 9: ‘lucos ac
nemora con- secrant’. Dello stesso modo
son da considerarsi come casi
particolari della consuetudine, di cui è discorso nel presente paragrafo, la ‘silua auguriis
patrum et prisca formidine sacra’, dove,
nel tempo stabilito, si adunavano i
‘Semnones’ (Germ. 39, 3); il ‘castum
nemus’ consacrato, in un’isola dell’ oceano, alla dea \ 1
ProcoP. de b. Goth. II 25. ? Pompon.
Met. chor. Ill 2, 24. — 126 — ‘ Nertbus’ (Germ. 40, 9); e quello ‘antiquae
religionis lucus ’, presso i ‘
Nahanaruali” (Germ. 43, 14). ! e) Nel
discorso pronunziato da Germanico ai suoi
soldati si afferma: ‘non loricam Germano, non galeam, ne scuta quidem ferro neruoue firmata’ (ann.
II 14, 10) : perciò scarsezza, se non
totale mancanza, del fer- ro presso i
Germani. Il medesimo concetto è annun-
ziato nella Germ. 6, 1 ‘ne ferrum quidem superest, sicut ex genere telorum colligitur’; ma
l’asserzione di Germanico, il quale
nella foga oratoria negava a tutti i
Germani la lorica e l’elmo, appare mitigata dall’ os- servazione che si legge nella Germ. 6, 10
‘paucis lo- ricae, uix uni alteriue
cassis aut galea’. Egli è vero che i ‘
Cotini” conoscevano la metallurgia del ferro
(Germ. 43, 6), ma i ‘Cotini’” non erano stimati Ger- mani: ‘Cotinos Gallica ... lingua coarguit
non esse Germanos, et quod tributa
patiuntur’ (Germ. 43, 3). Presso gli ‘
Aestii” era ‘rarus ferri, frequens fustium
usus’ (Germ. 45, 12). Nella
stessa orazione di Germanico si nota che i
Germani usavano per scudi ‘uiminum textus uel te- nuis et fucatas colore tabulas’ (ann. II 14,
12): lo stesso avvertesi in generale,
intorno agli scudi dipinti, nella Germ.
6, 9 ‘scuta tantum lectissimis coloribus
distinguunt ’. Soltanto gli ‘ Harii” avevano il costume di portare gli scudi tinti in nero, per
atterrire i ne- mici durante i
combattimenti notturni, presentando un
certo ‘nouum ac uelut infernum adspectum’ (Germ. 43, 24), ?
ì V. rag 105, per la rispondenza con la n. A. di Plinio. 2 Sull'uso degli scudi dipinti v. EvrIr.
Phoen. 142, vol. II, p. 402, ed. Nauck.
Cic. de or. II 66, 266. — 127
— f) Del clima della Germania si dice
negli ann. II 24, 1 ‘truculeutia caeli
praestat Germania’. E l’autore della
Germ. si domanda: ‘(quis) Germaniam peteret,
informem terris, asperam caelo, tristem cultu aspec- tuque, nisi si patria sit ?° (Germ. 2, 8).
Seneca fa una osservazione consimile: ‘
perpetua illos (sc. Germanos) hiems,
triste caelum premit, maligne solum sterile su-
stentat” e. q. s.! g) I soldati
di Germanico, che sopraffatti dalla tem-
pesta, sì erano dispersi, tornati poi nei quartieri, dopo lunga peregrinazione, narravano cose
meravigliose, ‘uim turbinum et inauditas
uolucres, monstra maris, ambiguas
hominum et beluarum formas, uisa siue ex
metu credita’ (ann. II 24, 18). Simili notizie favolose sono riferite nella Germ. 46, 25 intorno agli
‘ Hellusii ’ ed agli ‘“Etiones’: “ora
hominum uultusque, corpora atque artus
ferarum gerere’. Ma, mentre un che di
ironico traspare dalla frase ‘siue ex metu credita’, nella Ger. si. osserva che tali racconti si
tralasciano, perchè sfuggono ad un esame
giudizioso : ‘ quod ego ut incompertum
in medio relinquam’ (Germ. 46, 26). Ad
una conclusione non dissimile era venuto prima Pom- ponio Mela, trattando degli ‘Oeonae’, degli
‘Hippo- podes’ e dei ‘ Panuatii ”.
* h) Alludendo ad un’età aurea degli
ordinamenti so- ciali, in tempi
antichissimi, Tacito osserva : ‘ uetustis-
simi mortalium, nulla adhuc mala libidine, sine probro, scelere eoque sine poena aut coercitionibus
agebant’ 1 Sen. dial. | 4, 14.
? Pomp. Met. chor. Ill 6, 56. Cf. Plin. n. h. IT 108 (112), 246. IV 13 (27), 95 Sotin. coll. r. m. 19, 6-8, p.
105, ed. Mominsen.
Avevstin. de civ. Dei XVI 8, vol. II, p. 135 sg., ed, Dombart. — 128 —
(ann. III 26, 1). Simile concetto, ma col proposito di dare evidenza, mediante l’antitesi, alla
decadenza mo- rale dei Romani nell’età
imperiale, è annunziato nella Germ. 19,
17 ‘plusque ibi boni mores uwalent quam
alibi bonae leges ’. Al medesimo concetto avevano al- luso Sallustio! e Orazio. * î) La pretensione vessatrice di Olennio, che
impo- neva ai ‘ Frisii’ di soddisfare il
tributo di pelli di buoi con pelli di
uri, offre a Tacito l’ occasione di osserva-
re che ‘id aliis quoque nationibus arduum apud Ger- manos difficilius tolerabatur, quis ingentium
beluarum feraces saltus, modica domi
armenta sunt’ (ann. IV 72, 7). Analoga
osservazione sui buoi della Germania,
che erano più piccoli e meno belli de’ buoi degli altri paesi, si nota nella Germ. 5, 5 ‘ pecorum
fecunda, sed plerumque improcera. ne
armentis quidem suus honor aut gloria
frontis’. Cesare l’ aveva anche osservato:
‘ sed, quae (sc. iumenta) sunt apud eos nata, parua at- que deformia”.? j) Tacito narra che Nerone mandò in
Britannia uno de’ suoi liberti, di nome
‘ Polyclitus ?, con l’incarico di
rimettere la concordia tra il legato e il procuratore, e di rappacificare i barbari ribelli; ma il
liberto ‘ ho- stibus inrisui fuit, apud
quos flagrante etiam tum li- bertate
nondum cognita libertinorum potentia erat;
mirabanturque quod dux et exercitus tanti belli con- fector seruitiis oboedirent’ (ann. XIV 39,
7). La storia ci rammenta altri liberti
potentissimi presso 1 SALL. Cat. 9, 1
“ius bonumque apud eos non legibus magis
quam natura ualebat’. ? Hor.
carm. III 24, 35 sg. 8 CAES. db. G. IV
2, 2. — 129 — alcuni imperatori romani. E però, in
antitesi a quella superiorità che si
riconosceva, dai Germani non sotto-
posti a monarchi, ai soli uomini liberi, 1’ autore della Germ. osserva: ‘ liberti non multum supra
seruos sunt, raro aliquod momentum in
domo, numquam in ciuitate, exceptis
dumtaxat iis gentibus, quae regnantur ? (Germ.
25, 8: cf. 44, in principio). k)
Argomento trito era quello dei vantaggi di cui
godeva l’ ‘ orbitas ’ di vecchi ricchi. ‘ Hereditatis spes ’, scriveva Cicerone, ‘ quid iniquitatis in
seruiendo non suscipit? quem nutum
locupletis orbi senis non obser- uat
?’!. Orazio ne fa il tema della sat. quinta del lib. II (cf. anche episf. I 1, 79); e Seneca
avverte: ‘in ci- uitate nostra plus
gratiae orbitas confert quam eripit ?. ?
Allo stesso argomento si riferisce Tacito , scrivendo: ‘ satis pretii esse orbis quod multa
securitate, nullis 0- neribus gratiam
honores cuneta prompta et obuia ha-
berent ? (ann. XV 19, 7); e in altri luoghi adduce per esempi Calvia Crispinilla, ‘ magistra
libidinum Nero- nis?, la quale fu ‘
potens pecunia et orbitate, quae bo- nis
malisque temporibus iuxta ualent” (Risé. I 73, 8); e un tale Pompeo Silvano, che ‘ ualuit
pecuniosa orbitate et senecta ’ (ann.
XIII 52, 7). * L’antitesi sì osserva nel-
1 Cic. parad. V 2, 39. 2 Sen.
dial. VI 19, 2; e degli scrittori che, dopo Plinio Se- condo, s'intrattennero di tale argomento, v.
PLIN. epist. IV 15, 3. IvvenaL. sat. IV
12,99 sgg. PETRON. sat. 1)6, p. 539. MAR-
TIAL. epigr. IV 56, 1-6. Amm. Marc. r. g. XIV 6, 22. 3 Ma Domizio Balbo era stato ‘simul longa
senecta, simul orbitate et pecunia insidiis
obnoxius’ (ann. XIV 40, 3). CONSOLI :
L’ autore della Germania. 9 — 130
— le istituzioni tradizionali dei
Germani, presso i quali ‘nec ulla
orbitatis pretia’ (Germ. 20, 18). IV.
— In tutti i luoghi che nel presente capitolo ab- biamo comparativamente esaminati, è agevole
osservare che la somiglianza o identità
di concetto proviene per lo più dai
fonti comuni, donde i pensieri sono stati
dedotti ; e, ove tali fonti comuni manchino ovvero non si riesca a determinarli, nulla vieta di
ammettere che, essendo il tempo della
composizione della Gem. ante- riore a
quello in cui furono scritte le opere di Tacito, questi, trattando ne’ suoi lavori storici di
argomenti analoghi ad alcuni già svolti
o menzionati nella Germ., si sia avvalso
di considerazioni , uotizie, insomma di
pensieri che erano stati espressi in questo ultimo libro. Nondimeno Tacito non si attenne sempre a tali
concetti, chè talvolta di proposito se
ne allontanò , o li modi- ficò, o
chiaramente li contraddisse. Valgano di confer-
ma i sgg. esempi. a) Della
notizia, data da Cesare, ! sull’ antica poten-
za dei Galli fa menzione la Germ. 28, 1, indicandone con lode somma il fonte: ‘ualidiores olim
Gallorum res fuisse summus auctoram diuus
Iulius tradit’. La medesima notizia
appare nell’ Agr. 11, 15, ma senza
indicazione del fonte autorevole: ‘Gallos quoque in bellis floruisse accepimus’. Anche in un
altro luogo dell’ Agr., c. 10, si
ripete, senza che se ne indichi il
fonte, una notizia data da Cesare.* Soltanto, quando si riferiscono le imprese militari contro la
Britannia, si fa 1 Cars, db. G. VI 24,
1. ? Cars. b. G. V 13, 1 sgg. Mo]
— 1Bl cenno di Cesare: ‘primus
omnium Romanorum diuus Iulius cum
exercitu Britanniam ingressus ’ (Agr. 13, 3).
b) La lingua dei Britanni non era molto differente da quella gallica, perchè entrambe derivavano
dallo stesso ceppo celtico: e su ciò è
chiara l’ affermazione dell’ Agr. 11,
12. Ma con tale affermazione non si può
conciliare quanto è detto nella Germ. 45, 9, cioè che gli ‘Aestii’, i quali abitavano sulle
spiagge ad oriente del mare suebico, ed
avevano costumanze e riti simili a
quelli dei Suebi, adoperassero una ‘lin-
gua Britannicae propior ”. c) La
voce ‘Germania’ usata al plur. notasi nello
Agr. 15, 13. 28, 1: cf. ann. I 46, 9; è evitata nella Germ., sebbene in questa si presenti non rara
l’ oc- casione della sineddoche mediante
l’uso del plur. invece del sing. ‘d) Del Norico, che è più volte nominato
negli scritti di Tacito (ist. I 11, 9;
70, 16. ann. II 63, 3), non si fa
menzione nel c. 1° della Germ., nel quale si descri- vono i confini della Germania: appena, per
incidenza, sì nota in un altro ]. che la
terra germanica è ‘ uentosior qua
Noricum ac Pannoniam aspicit’ (Germ. 5, 3); il
che rende più evidente l’omissione fatta nel c. 1°. e) Col solo nome ‘Caesar’, Tacito indicò il
dittatore Giulio Cesare (Rist. III 66,
16): più volte premise o aggiunse il
titolo ‘ dictator” (/ist. III 68, 5. ann. I 8,
27. II 41, 3. IV 34,21. VI 16, 2. XI 25,9. XIII 3, 11. XIV 9, 6); una sola volta lo fece precedere
dal pre- nome C. (ann. IV 43, 5). Nella
frase della Germ. 37, 20 ‘ Varum trisque
cum eo legiones etiam Caesari
abstulerunt’, si indica col solo nome ‘Caesar’ l’impe- — 132 —
ratore Augusto. ! f) Facendo
menzione della vergine fatidica Veleda,
la cui autorità era divenuta grande dopochè ella aveva predetto la vittoria dei Germani e la
distruzione delle legioni romane, Tacito
accenna ad un antico costume presso i
Germani, ‘quo plerasque feminarum fatidicas
et augescente superstitione arbitrantur deas’ (list. IV 61, 10). Nella Germ. si spiega il fondamento
di tale cre- denza: ‘inesse quin etiam
sanctum aliquid et proui- dum putant,
nec aut consilia earum aspernantur aut
responsa neglegunt’ (Germ. 8, 6); ma si avverte che le donne fatidiche erano tenute ‘numinis
loco’ e ve- nerate ‘non adulatione nec
tamquam facerent deas’. 9g) Per il
ritorno degli ‘ Agrippinenses ’ in seno alla
grande famiglia germanica, si rendono grazie ‘ commu- nibus deis et praecipuo deorum Marti’ (Qisf.
IV 64, 4). Nella Germ. 9, 1 si assevera,
invece, che per i Ger- mani il precipuo
degli dei era Mercurio : ‘ deorum ma-
xime Mercurium colunt ’. h)
Nelle Rist. IV 73, 12 si fa menzione dei Teutoni accanto ai Cimbri; nella Germ. 37, benchè vi
si tratti delle guerre cimbriche, si
omette qualsiasi cenno in- torno ai
Teutoni. * i) Per l’autore degli ann.
sono ‘clientes’ i compa- 1 Negli ann.
Augusto é detto una volta ‘Caesar Octauianus
(XII 6, 14) ed un’altra ‘Caesar’ (I 2, 3), riferendosi però a tempi anteriori a quello in cui egli prese il
nome di Augusto (a. 727 /27: cf.
WEISSENBORN, de Titi Liuii uita et scriptis, p.
XII). La disfatta di Quintilio Varo avvenne nel settembre del- l'a. 9 d. Cr., cioè 36 anni dopo che
Ottaviano era stato insi- gnito col
titolo di Augusto, ? Vedi pag. 29, nota
1°. — 133 — gni dei capi barbari, p. es. i ‘clientes’ di
Segeste (amm. I 57, 13), di Inguiomero
(ann. II 45, 4), di Vannio (ann. XII 30,
7); e che significhi ‘ clientela’ per Tacito si
deduce dal l. degli ann. II 55,8. Nella Germ., invece, i compagni dei capi son detti, con voce più
nobile e decorosa, ‘comites’ (Germ.
13,10, 12, 14, 14,7); ela loro riunione
‘ comitatus” (Ger. 13, 11. 14, 2 e 11),
non ‘ clientela”. j) Secondo la
Germ. 4, 6, i Germani hanno ‘magna
corpora et tantum ad impetum ualida’. Negli ann. II 14, 14 si restringe l’obietto di tale
considerazione, poi- chè si nota che il
corpo dei Germani è ‘uisu toruum et ad
breuem impetum ualidum ’. i k) L’
autore della Germ. non saprebbe affermare
‘nullam Germaniae uenam argentum aurumue gignere: quis enim scrutatus est ?” (Germ. 5, 9). E
nondimeno negli ann. XI 20, 11 è detto
espressamente che nell’a. 47 d. Cr.
Curzio Rufo ‘in agro Mattiaco recluserat spe-
cus quaerendis uenis argenti ’, tuttochè con poco pro- fitto e per breve tempo. 1) Se è assodato, da quanto narra Tacito
negli ann. XIII 57, 2 sgg., che i
Germani facevano uso del sale, non può
evitarsi il contrasto con l’osservazione che leg- gesi nella Germ. 23, 4, cioè che i Germani si
prepara- vano i cibi ‘ sine apparatu,
sine blandimentis ?. Ed altri esempi
omettiamo, per amore di brevità.
FINE INDICE Avvertenza. Capitolo I—Esame critico delle notizie
con- cernenti il tempo, in cui fu
scritta e pub- blicata la Germ. Capitolo II—La Germ. nella tradizione
agli scrittori, sino ai tempi del
Rinascimento Capitolo III.—La Germ.
nella tradizione ma- noscritta . Capitolo IV. — La dala imparata con le nat. hist. di Plinio. Capitolo V.— La Germ. BRA con 6 opere di Tacito . pag.
VII 41
56 94 p. Al
» 58 » 65 » 75
Mende tipografiche . 28
mendacium 13 comunica 18 Seguo
ll alle leggi mendaciorum »
» comunicava Seguiamo
alle I At/n^^'^ l^arbarli College Eibrarg FROM THE
CONSTANTIUS FUND Established
by Professor E. A. Sophoclbs of Harvard
University for " the purchase of Greek and Latin books, (the andent classics) or of
Arabie books, or of books illustrating
or ex- plaining sudi Greek, Latin,
or Arabie books.»» (Will, dated 1880.} La " GERMANIA " comparata CON LA ''^NATÌ^RAUGHfGTOmA ' DI RDIMIO e con le opere di Tacito Altre opere del Prof. Dott. Santi Consoli
: Italiensk Crammatik til brug for
Norske og Dan- ske. — Catania , 1884. L.
3. (in deposito presso E. Hauffs
boghandel, Kristiania in Norvegia).
Istituzioni di lingua latina esposte, secondo il me- todo scientifico, agli alunni delle scuole
seconda- rie classiche. — Catania, F.
Tropea, 1887. L. 3, 50 (esaurito). Introduzione allo studio del D. N. — Torino,
F.lli Bocca, 1888. L. 6 (esaurito). Fonologia latina. — 2* ediz. riveduta e
migliorata. —Milano, U. Hoepli, 1892. L.
1, 50. Letteratura norvegiana, —
Milano, U. Hoepli, 1894. L. 1, 50. De C. Piinii Caecllii Secundi rhetoricis
studiis. — Catinae, C. Galatola, 1897.
L. 3 (esaurito). Il neologismo negli
scritti di Plinio il giovane.
Contributo agli studi sulla latinità argentea. — Pa- lermo, A. Reber, 1900. L. 3. Neologismi botanici nei carmi bucolici e
geor- glci di Virgilio. Contributo agli
studi sulla latini- tà dell'evo
augusteo.— Palermo, A. Reber, 1901. L. 3.
L' autore del libro " De origine et situ Cerma- norum " : ricerche critiche. — Roma, E.
Loescher & C.^ , 1902. L. 3. $»*«$
LA « GERM/IHM " COMPARATA
CON LA " NATVRALIS RISTORI A
" di Plinio e cosa le opere d.i
rPaclto RICERCHE LESSIGRAFIGHE E
SINTATTICHE DEL DOTTOR SANTI CONSOLI lib. doc. di letteratura e lingua latina
nella R. Università di Catania
'^'^>^^^ Ermanno Loescher
& C {Bretaehneider e
Regenberg) Librai di S. M. la Regina d'
Italia 1903 L-t l-l'iZ.i l
\ \ /
- / (.Ji'ù i U ta.t ^ tCu>u
Y^^^^^^ Proprietà letteraria
delVautore. (Catai^a^ via MaddemfD.
160) Ttpoffrafia editrice BARBACALLO
& 8CUDERI, in Catania. Alla
memòria benedett^a di mia madre E DI
MIA MOGLIE (1887 . 1897) Osservazione preliminare Il libro che sommettiamo alla benevola
attenzione dei lettori ha il solo
obietto di dare evidenza ad alcune
osservazioni lessigrafiche e sintattiche , più degne di nota, che risultano dal confronto della
Germania con la naturalis historia di
Plinio e con le opere di Ta- cito. Si om
mettono , per tanto, tutte le particolarità,
concernenti la lessigrafla e la sintassi, che presentano gli scritti comparati , in quanto che tali
particolarità o casi isolati sfuggono ad
un'indagine comparativa. Nelle ricerche
sulla genesi e lo svolgimento delle voci
e locuzioni considerate, terremo presente l'uso che ne fecero i più autorevoli scrittori latini
anteriori a Plinio Secondo ed a Cornelio
Tacito , e quelli ad essi contemporanei
: eviteremo , per ciò , salvo in qualche
caso raro, di seguire le vicende di una data espressione o di un dato costrutto sintattico nell'uso
letterario dei tempi seriori. Sarà ommessa
altresì l' indagine di quei significati
delle voci esaminate , i quali , non essendo
stati accolti nelle opere che sono obietto delle nostre ricerche, non sembrano di alcun vantaggio per
la com- parazione istituita. Al nostro
compito è sufficiente inda- gare per
quale tramite la voce, la frase, il costrutto che si esaminano , sì siano introdotti nelle
opere messe in comparazione. Qualche
osservazione critica appare, tal- volta,
nelle note; che, trattandosi di indagini compa-
rative, è necessario, anzi tutto, essere certi dei termini del confronto ed aver notizia delle vie
percorse dalla critica per
fissarli. Quanto al testo di Tacito, ci
siamo attenuti all' edi- zione curata
dal Halm ; e, per il testo della naturalis
historia di Plinio, abbiamo seguito l'ediz. Jan-Mayhoff*. Ci è parso opportuno seguire, quanto al testo
della Germania, la recente ediz. curata
da Io. Mueller ( ' e- ditio maior, II
emendata, Vindobonae, Pragae, Lipsiae,
MDCCCC '). Nel citare i passi di un autore, abbiamo eoa- — vili —
servato invariata l'ortografia del testo, quale è presen- tata neir ed. di cui ci siamo serviti : e
perciò occorre, qualche volta, leggere
nello stesso paragrafo o nello stes- so
rigo l'identica parola scritta in più modi; p. es. ' ad- gnoscere ' e ' agnoscere ' , ' adgnatus ' e '
agnatus ' , ' caespes ' e ' cespes ', '
conlatio ' e ' coUatio ', ' inlaces-
situs ' e ' illacessitus ', ' inpatiens ' e ' impatiens ', ' in- putare ' e ' imputare ', ' inrumpere ' e '
irrumpere ', etc. —I passi di Tacito
sono designati con la indicazione del
rigo , dopo il numero che rappresenta il cap. ; e per maggiore chiarezza, a fin di agevolare le
ricerche ed i confronti, si è indicato ,
ogni volta che sia apparso necessario,
anche il num. del rigo nelle citazioni dei
passi di altri scrittori. Ad evitare, però, troppo curaolo di numeri, si è ommessa, nel citare i luoghi
di Plinio, r indicazione dei numeri che
rappresentano i capitoli e le sezioni:
il luogo che si cita è indit^ato soltanto col
numero d'ordine del libro e col numero del paragrafo. Arrogi che , quante volte si è trascritto il
testo di un luogo della naturalis historia,
il numero rappresentan- te il libro è
stato sempre espresso con segni romani ;
allorché, invece, si è citato un luogo della detta ope- ra per semplice confronto o richiamo, senza
la trascri- zione del testo, si è
indicato (da pag. 33 in poi) anche il
numero d' ordine del libro con sole cifre arabiche. Non pare superfluo, in fine, avvertire
(tuttoché, del resto , si sia
chiaramente detto e ripetuto nelle prefa-
zioni dei nostri libri sui neologismi pliniani e sui neo- logismi botanici nei carmi bucolici e
georgici di Vir- gilio) che la nostra
affermazione sulla novità di un vocabolo
o di un costrutto sintattico nelle opere messe
in confronto, o sul significato nuovo di voci anterior- mente note, il quale si osserva nelle dette
opere, va sem- pre accolta in senso
ristretto , cioè in relazione al ma-
teriale letterario latino pervenuto sino a noi. Certamente né Plinio né Tacito si sarebbero serviti di
voci non note ai loro contemporanei , né
a voci usate prima a- vrebbero assegnato
tali significati nuovi da non essere
compresi dai Tettori delle loro opere, CAPITOLO PRIMO Relazioni lessicail tra la Germania e
la naturalìa hlstoria di Plinio. — A —
A fin di determinare con la maggiore chiarezza che ci sia possibile le relazioni lessicali tra i
due libri considerati, pare opportuno
trattare prima delle voci e frasi più
notevoli, che appariscono usate dagli scrittori
anteriori alTetà di Plinio Secondo, con lo stesso valore lessicale che si nota nella Oerm. e nella
nat. hist I. — Sostantivi : 1/ * aduentus ' : Ge^^m. 2, 2 ^ aliarum gentium
aduen- tibus '. n. h. XVII 242 ' Xerxis
aduentu ' : cf. XV 52, XXIX 13. Plinio
riferì ' aduentus ', oltreché a persone,
anche ad animali: n. h. X 30 ' ad hirundinum aduen- tum '. XXV 90 * florent aduentu hirundinum '
; — e a cose diverse : v. n. h. II 142.
XVIII 218. XXXII 59. C0N30U, La
aermania comparata. 1 — 2 ~ etc. : egli perciò si attenne all'uso della
voce ' aduenfcus ' accolto nella
latinità arcaica e nella classica. ^
2.° ' alea ' vale « giuoco di fortuna , di rischio 5> : Germ. 24, 6 ' aleam.. sobrii inter seria
exercent '. n. h. XIV 140 ' quantum alea
quaesierit tantum bibit '. Per indicare,
in senso traslato, 4; dubbio, incertezza » , la
V. 'alea' è accolta nella 7^. ft^ praef. 7 ' M. Tullius extra omnem ingeni aleam positus '. Tanto
nell' uno quanto nell'altro significato,
la v. considerata ha degli esempi in
tutti gli stadi della latinità. ^ 3.° '
amplitudo ' : Germ. 26, 6 ' nec enim cum uber-
tate et amplitudine soli labore contendunt '. n. h. VI 119 ' stadiorum LXX amplitudine ': cf. X 52 '
in ma- gnam amplitudinem crescit '. XIV
28 ' foliorum ampli- tudo atque duritia
' : v. inoltre XII 7. XVI 248. XVIII
128. XX 222. XXI 28. XXVIII 112. XXXVII 110; 139; 172. etc. Nello stesso significato proprio di
« ampiezza, grandezza, estensione grande
» era stata già la voce ' amplitudo '
accolta nell' uso della latinità aurea. ^ 4.*^ ' annales ' : Germ. 2, Il
' celebrant carminibus antiquis, quod
unum apud illos memoriae et annali um
genus est ' e. q. s. n. h. II 43 ' miraque humani ingeni peste sanguinem et caedes condere annalibus
iuuat '. XXXIII 145 ' erubescant annales qui bellum ciuile illud 1 Vedi p. es. Pacvv. in Non. II p. 178 , 9
ed. Mere. ; p. 121 , a ed. Gerl.-Roth.
Cic. de imp. Cn, Pomp, 5. 13. in Pis, 22, 51. p. Mil 19, 49.
ad Ait XII 50. Tuse. Ili 14, 29. de nat d. \ 38, 105. NtìP. XI (Iph.) 2, 5. Sall. lug. 97, 4.
etc. 2 Vedi Forcellini-De Vit, lex t.
I, p. 189. Georges, ausfùhrl Handwb. I,
e. 276. 3 Varr. r. r. II 4, 3. Cic in
Verr. IV 49, 109. L'uso fu conti- nuato anche da Tac. hisi. IV 22, 15. IdiaL de
oraioribua 37,23}. — 3 — talibus uitiìs inputauere ' K Tale accezione
di * anna- les ', per significare una
narrazione storica in generale, rese
possibile la confusione che Puso seriore fece di * historia ' e * annales ', malgrado le
distinzioni d' or- dine diverso fatte da
Gelilo e Servio. ^ ò."" ' appellatio': Germ. 2, 17 *
pluresque gentis ap- pellationes '. ^ n.
h. VII 59 ' se patris appellatione sa-
lutarent': v. anche II 116. XV 138. XXI 50.
etc. Con lo stesso significato
metonimico di « nome, denomina- zione,
appellativo », oltreché con altri significati, la v. * appellatio ' appare prima in Cicerone.
* 6." * argumentum ' : Germ. 25,
12 ' apud ceteros im- pares libertini
libertatis argumentum sunt. ' n, h. Il
111 ' haut dubio coniectatur argumento ': v. inoltre II 7; 8. III 86; 122. X 106; 107. XI 94 . XII
68. XV 12; 134. XXII 39. etc. Lo stesso
significato di « argomento, segno ,
prova di fatto > , e talvolta « indizio » ha la V. ' argumentum ', oltre ad altri
significati, presso gli scrittori
anteriori. '^ 1 Cf. Tac. ann. II 88, 16. « Gfll. n, A. V 18 , 1-9. Sbrv. comm, in
Verg. Aen. I 373, voi.
I, fase. 1^, p. 125 sg. Th. Cf. Isid. orig. I 43, col. 856. 3 Non pare che sia degna di essere accolta
la lezione con- getturata da loh.
Mueller : ^ plurisque gentes et appellationes '. Abbiamo preferito attenerci alla lezione data
dai codd., rifiutando anche il *
plurisque ' dato dal Ritter , Kritz , Haltn * , Zernial, Ramorino, etc : i codd. presentano *
pluresque '. ^ Cic. de dom. s. 50, 129.
ad AH, V 20, 4. Un altro es. leggesi in
un I. di Tito Ampio, riferito da Sveton. diu. lui. 77, 2. Vedi anche Tag. ann. Ili 56, 5. 5 V. i numerosi ess. di Plauto, Lucrezio,
Cicerone, Livio, etc nel lex.
Forcbllini-De Vit, 1. 1, p. 383 e néiVausfiXhrl Handeob, del G^ORGKS, I, e. 528 sg. ~ 4 ~
7.** ^ armentum ' : nella Germ. vale a significare in generale « branco di animali grossi domestici
» : 21, 3 ^ luitur enim etiam homicidium
certo armentorum ac pecorum numero '.
Plinio l'adopera nella n. h. per de-
notare branco di cavalli (Vili 165) o di cinocefali (VII 31) di certi buoi della Frigia (XI 125) o di
animali in generale (Vili 44. XI 263).
Per i vari significati della V. *
armentum ' si erano dati anteriormente degli ess. da Varrone, Cicerone, Virgilio, Orazio,
Ovidio, etc. ^ 8.** ' ars ' : Gemi. 24,
3 ' exercitatio artem parauit , ars
decorem '. n. h. XVIII 197 ' artis quoque cuiusdam est aequaliter spargere (semen) ' : v. XI 81.
XVIII 32. In Terenzio la v. * ars '
aveva di già assunto il signi- ficato
particolare di « abilità, destrezza ». ^
9.* ^ bigati ', antiche monete romane con l' impronta della biga : Germ, 5, 17 ' pecuniam probant
ueterem et diu notam , serratos
bigatosque '. n. h. XXXIII 46 ' notae
argenti fuere bigae atque quadrigae , inde bi-
gati quadrigatique dicti '. Livio l'usò anche con lo stesso significato. ^ 10. ** ^ cassis ', t. ' cassid- ' : Germ. 6,
10 ^ uix uni al- 1 Varr. r. r. II 5,
7. Cic. Phil. Ili 12, 31. ad Att
VII 7, 7. de r. p, II 35, 60. Verg. bue. 2, 23. 4, 22. 6, 45 e 59. georg. I 355; 483. II 144; 195; 201; 329. III 71; 129; 150;
155; 162; 352. IV 223; 3P5. Aen, I 185.
Ili 220; 540. VII 486; 539. Vili 214; 360. XI
494. XII 688; 719. Hor. carm. I 31, 6. Ili 3, 41. ep. 1 8, 6. Ovid. mei. XV 84. fasi. II 277. « Tbr. Andr. 31 (I 1, 4). adeìph^ 742 (IV 7,
24). Cf. Tag. Agr. 36, 2. « Liv. XXIII 15, 15: ò adoperata col valore
primitivo di ag- gettivo in XXXllI 23,
7. — 5 — terìue cassis aut galea '. ^ Con lo stesso
significato (« elmo di metallo ») la v.
' cassis ' fu adoperata da- gli
scrittori anteriori. Nella n. h. si presenta col signi- ficato metonimico di guerra : XIII 23 ^ ista
patrocinia quaerimus uitiis , ut per hoc
ius sub casside unguenta sumantur
'. 11.° ^ ciuitas ': l'espressione *
Hermundurorum ciuitas \ che leggasi
nella Qerm. 41, 3, si riannoda direttamente
ad un* espressione consimile di Cesare. ^ A tale acce- zione della V. * ciuitas ' si ravvicina il
passo della n. h, XXXI 12 ^ Tungri
ciuitas Galliae ': cf. VII 200 ' regiam
ciuitatera Aegyptii, popularem Attici post Theseum (se. inuenerunt) \ 12.** * colla tio ' ; Germ. 29, 6 ' exempti
oneribus et collationibus '. n. h.
XXXVII 10 ' Maecenatis rana per
conlationes pecuniarum in magno terrore erat '. La v. ^ collatio ' vale per ciò « contributo,
sussidio »; e con significato analogo
era stata precedentemente usata da
Livio. ^ Ma in un altro 1. della n. h. la v. considerata conserva il significato di « confronto,
paragone », con cui era stata accolta da
Cicerone e da altri: * XXXVII 126 *
optimae sunt quae in conlatione aurum albicare
quadam argenti facie cogunt '.
13.** ' color ' : appare nel significato proprio tanto nella Germ. 6, 9 * senta tantum lectissimis
coloribus 1 La differenza tra *
cassis ' e * galea ' è notata da Isid. orig.
XVIII 14, e. 1272. « Gaes. 6. e. IV 3, 3 * Vbii, quorum fuit
ciuitas ampia atque florens *. Cf. Tac. hist. I 54, 1 * ciuitas Liiigonum *.
Agr. 17, 3 ' Brigantium e. ' 3 Liv. IV 60, 6. V 25, 5. etc. 4 CiG. Tuse \y 38, 83. de natd. ni 28,70. de
diu. Il 17,38. etc. — 6 — distingiiiint ' ; quanto in più luoghi della
n. h. : Viti 193. XI 148; 151; 225. XXXV 81; 82. etc. La v. ' color' era stata prima accolta nello stesso senso da
Cicerone, Cesare e dai poeti dell' età
augustea. ^ 14.*^ ' conciliura ': Germ.
12, 1 ' licet apud concilium accusare '.
n. h. XXXV 59 ' Amphictyones , quod est
publicum Graeciae concilium '. Con lo stesso significato dì « adunanza , concilio » , appare presso
gli scrittori anteriori : ' riappare
negli scritti di Tacito. * 15.° '
condicio ': il significato tradizionale della voce ' condicio ' è conservato tanto nella Germ.
24, 12 ^ ser- uos condicionis huius per
commercia tradunt ' ; quanto nella n. h.
Ili 91 ' Latinae condicionis '. IV 57 ' Aegina
liberae condicionis' etc; ^ salvo che nella n. h. si es- tende anche a cose estranee alle condizioni
civili de- gli uomini : v. XVIII 187.
XXIV 158. 16.'' ' conditor ': Germ. 2,
12 ' Tuistonem deum terra editum et
filium Mannum originem gentis conditores-
que '. n. h. XVI 237 ' Tiburno conditore eorum ( se. 1 V. gli ess. addotti nel lex. Forcellini-Db
Vit, t. II, p. 283; e UQÌV ausfùhrl.
Handwb. dei Georges, I, e. 1199. « Il
lex. Forgellini-Dk Vit, t II, p. 347, e V ausfùhrl Handwb. del Georges , I, e. 1301 sg. notano, per
inesattezza , che Plinio abbia indicato
con la v. ' concilium ' il fiore bianco della pianta * iasine '. Nel passo della n. h. XXII 82 il
fiore della ' iasine ' è rappresentato
(secondo i codd. Leid. Voss., Paris. Lat. 6796 e Riccard. di Firenze) dalla v. * concylium ',
che V Urlichs ( Vindie. Plinian. ,
Erlangae 1866, v. II 484 ) emendò rettamente • con- chylium ', quale è stata accolta nella
recente ediz. Mayhoff : * concilium *
fu presentato dalla * uulg. * sino all*ed. del Detlefóen, Beri. 1868, voi. III. 8
Tac. hi8t. IV 64, 2. 4 Cf. Tag. ann. I
16, 13. hist. II 72, 10. tiburtum) ' : v. Vili 61. XXII 5. etc. Nella n. h. si es- tende ancor più il significato di ^ conditor
' , riferen- dosi , secondo esempi
offerti da scrittori precedenti , a
città : V 86, VI 92 ; 113 ; 177. XVI 216. età ; ^ alle arti : praef. 26. XXXIV 89. XXXV 199. etc. ;
^ alla storia : V 9. VII 111. XXXVI 106.
etc. ; '^ alle leggi t XVI 13; a scuole
filosofiche: XXVI 11. etc. * concurrunt
multae opiniones ' : cosi secondo i
codd. ; neir ed. Fleckeisen si accoglie la congettura ' concurrunt multa eam opinionem *. Cic. p. Rose. Am. 15, 45. etc.
5 Plavt. Men. 756 ( V 2, 4 ). Cic. Tasc. V 15, 45. Caes. b. e. hi 84, 3.
Liv. IX 16, 13. Se ne valse anche Tao. hist I 79, ^ — 15 •^
SS."" ^ propìnquìtas ' : Germ. 7, 10 ^ non casus nec for- tuita conglobalo turmam aut cuneum facit, sed
famì- liae et propinquitates ' : in
traslato, per indicare « pa- rentela »,
la V. * propinquitas ' era stata prima usata
da Cicerone, Cesare, Livio, etc. » Nella n. h. conserva il significato proprio : II 64 ' idemque
motus alias maior alias minor centri
propinquitate sentitur ' : v. II 74. Il
significato proprio di * propinquitas ' osservasi prima in Cicerone e Cesare. ^ 34.*^ * quies ' : n. h. XVI 70 ' lenis quies
materiae \ ^ XVIII 231 ^ uentorum quiete
' : nello stesso significato di « calma,
tranquillità » Cicerone e Virgilio avevano
accolto la v. ' quies '. * Ma nella Germ. 14, 10 ' ingrata genti quies ', la v. considerata vale a
indicare con 1 Cic. de fin. V 24, 69. Caes 6. G. II 4, 4. Liv. IV 4, 6.
Cf. Tao. ann. XI 1, 11. È usata al sing e con lo stesso eignificato nei sgg. 11.: Cic. p. Quinci. 6, 26. p. Piane. 11, 27. Nep. X (Dion) 1, ?. XVn (Ages.) 1, 3. « Cic. de inu. rhei. I 26, 38. Phil III 6, 15. de off. Ili 11, 46. Caes. 6. G. li 20, 4. VI 30, 3. b. e. Il 16,
3. etc. 3 Cosi leggiamo secondo i
codd., tranne il Paris. 6795 (E del
Mayh.) e TÀrundel. del museo britannico di Londra, e secon- do la ' lectio uulg. ' Neired. del Sillig.
voi. Ili, Hamb. e Gotba 1853 , si
afj^giunge ' est ' a ' quies '. Il Mayhoff , ed. Lps. 1892 , innova radicalmente la frase , e legge '
leuisque est ', che si avvicina , nel
suono della pronunzia , alla lez. * lenis qui est ', presentata dai detti codd. E e Arundel. L*
Urlichs ( Vindie. Plin.y 264; Erlang.
1866) si allontana di più dai codd.,, ammet-
tendo la congettura * leui cuiu3 '.
4 Cic. de leg. agr. 11 2 , 5 in Caiil. IV 1,2; 4, 7. p, Cael. 17. 31>. p. r. Deiot 13, 38. ex libris aeadem.
ineeriis tv. 4. de fin. I 14, 46. V 20,
55. Tuse. I 41, 97. de r. p. I 4, 8. IV 1, 5. etc. Vbrg. geory. II 344. — 16 —
particolarità la « quiete dopo la guerra », come osser- vasi in Sallustio. ^ 35.° ' receptaculum ': appare, nel senso di
« ricovero, rifugio, ricetto », tanto
nella Germ. 46, 20 ^ hoc senum
receptaculum (se. ramorum nexus) ' ; quanto nella n. h. X 100 ^ perdices spina et frutice sic muniunt
recepta- culum ut centra feram abunde
uallentur \^ E ciò è conforme air uso
fattone prima da Cicerone , Cesare ,
Livio '. 3 Ma nella Germ. assume anche il significato di « deposito, magazzino » per viveri: 16, 11
^ subter- raneos specus sufTugium hiemi
et receptaculum frugibus ': tale
significato osservasi prima in Cicerone. ^
36.** ' reuerentia ' : Germ. 29, 9 ' protulit enim ma- gnitudo populi Romani ultra Rhenum ultraque
ueteres terminos imperii reuerentiam '.
n. h. XXXVI 66 ^ hac admiratione operis
effectum est ut , cum oppidum id
expugnaret Cambyses rex uentumque esset incendiis ad 1 Sall. Cai. 31, 1: cf. Cic. de imp, Cn.
Pomp. 14, 40. Tacito si valse della v.
'quies* tanto ìq senso metonimico, per indicare
« sogno, visione » (ann. I 65, 6: cf. Cic. acad. pr. II 16, 51. de diu. I 21, 43; 24, 48; 25, 53; 28, 58; 29,
61; 43, 96; 55, 126. II 60, 124; 61,
126; 66, 135; 70, 145; etc). quanto nel senso proprio di , è adope-
' rata nella Gemi. 36, 7 * tracti ruina Cheruscorum et L Fosi, contermina gens '; e nella n. h.
XVII 245 ' Ne- |, ronis principis ruina
'. Si noti, però, la differenza : nella
I Germ. , come in 11. consimili di Cicerone, Sallustio, Li- S vio, Ovidio, etc. ^, la v. ' ruina' si
riferisce alle con- p dizioni di un
popolo o di uno Stato; mentre nella n. h.
- concerne le condizioni di singole persone : di che si i hanno ess. in Cicerone, Orazio, Ovidio,
etc. ^ Plinio si valse anche della v. '
ruina ' in senso metonimico : n. h. ^
XXXIII 74 ' flumina ad lauandam hanc ruinam iugis montium obiter duxere ' : ^ cf. XXXIII 66 ^
in ruina ;; montium '. 40.* * saeculum ' : Germ, 19, 9 ' nec
corrumpere et corrumpi saeculum uocatur
\ Di tal valore metonimico di * saeculum
', per indicare i costumi dominanti in un
1 Cic p. SesL 2, 5. 51,
109. 57, 121. in Vatin. 8, 21. de proo,
eons. 18, 43. p. Balb. 26, 58. ep. (adfam.) V 17, 1. Sall. Cai. 31, 9. Liv. XLV 26, 6. Ovid. mei. VII! 498.
Vbll. Paterg. h. R II 91, 4. etc. li
Gborges, ausfiXhrl Handiob.^ II, e. 2165 ,
attri- buisce per inesattezza a Cicerone
la frase sallustiana ' iocendium meum
ruina («e. rei publicae) restinguam * (^Cat 31 , 9). La frase di Cicerone (p. Mur. 25, 51) é: *
respondisset, si quod es- set in suas
fortunas Incendium excitatum, id se non aqua, sed ruina restincturum '. « Cic. in Catti I 6, 14. eum Sen. grat. egii
8, 18. de fin. I 6, 18: cf. de prou. eons, 0, 13. de dom. s.
36,96. Hor. earm. II 17, 9.
Ovid. ex Pont I 4, 5. '^ In simil modo
, riferendola a città distrutte , usarono la v.
* ruina' Liv. IX 18, 7. XXI 14, 2. Vbll.Patbrc. h. R. II 19, 4; ed altri.
— 19 — dato tempo ( i Tedeschi
ciò desigaano con la voce « Zeitgeist »)
si hanno ess. precedenti in Terenzio, Vir-
gilio, Orazio, etc. ^; ma il tramite per cui dovette pas- sare, per aversi il significato metonimico su
cennato, notasi , senza dubbio »
conservato neir uso fattone da Plinio
nel sg. 1. della n. h. XXXVII 29 ' haec fuit su- prema ultio saeculum suum punientis ( se.
Neronis ) ' : V. XXXVII 19. 41.** ^ sagum ': è voce di origine celtica,
usata nella Germ. ad indicare il saio o
vestito dei Germani : 17 , 1 ^ tegumen
omnibus sagum fibula aut, si desit, spina
consertum '.^ Nella n. h. fu riferita al saio dei pasto- ri : VIII 54 * pastoris Gaetulìae sago ' ; e
ad un indu- mento dei Druidi: XVI 251.
XXIX 52 : e ciò per ana- logia dell'uso
fattone da Columella, che con la v. ^ sa-
gum ' aveva indicato la veste dei contadini.^ Neil' uso classico * sagum ' si restrinse a dinotare il
mantello dei soldati. ^ 42*'' ^ sata ' : in diretta provenienza
dall' uso fattone da Virgilio, ^ in
sostituzione della voce ' segetes ', os-
1 Tbr. eun. 246 (Il 2, 15). Verg. georg. I 468. Aen. I 291. Hor. carm. III 6, 17. , che osser-
vasi in Cicerone, ^ per il tramite dell' uso particolare fattone da Bruto. ^ 51.** * superstitio *: Germ. 39, 10 ^ eoque
omnis su- perstitio respicit '. n. h.
XXXI 95 ' superstitioni etiam sacrìsque
ludaeis dicatum ' : v. inoltre VII 5. XXI 182.
XXII 118. XXX 7. XXXVII 160. Si valsero prima della v. '^ superstitio ' Cicerone, Virgilio ,
Livio, Seneca , Co- lumella, etc. ^ 52.** * temperantia ': Gerrn. 23, 5 '
aduersus sitira non eadem temperantia '.
n. h. XXVIII 56 * multo utilissi- ma est
temperantia in cibis \ Col medesimo significato 1 CiG. de /Ia. I U, 37 *doIoris amo tic
successlonem efficit udluptatis '. Ma in
un fr. dell' esordio del libro Hortensius^ ri*
ferito da Avqvstin. de uit ò. 26, io opp, t. I p. 308, Bened. , la V. 3.
Tuse. Ili 29, 72. de nat. d. I 17, 45; 20, 55; 27, 77; 42, 117. II 24, 63; 28, 70 e 71. Ili 20, 52. de diu. I 4,
7. II 7, 19; 39, 83; 41, 85; 60, 126;
63, 129; 67, 136; 72, 148 e 149. de legihm I 11,32. II 16, 40; 18, 45. [Il fr. del 1. de legibus
cit. da Serv. eomm. in Verg, Aen. VI
611, voi. II, p;ig. 85, in cui notasi la frase * au- get superstitionem ', ò riferito dal Thilo al
1. cit. II 16, 40. Il Nobbe, pag. 1222,
lo ascrive, invece, terzo tra i frammenti ' in-
certorum lib-orum de legibus']. Vedi inoltre Vero Aen. XII 817. Liv. XXVI 19, 4. SBN. ep. XX 5 (122), 16
(al quale I. si pa- ragoni XV 3 (95J,
35). Colvm. de r. r. I 8 , p 326,
22. Cf. Tac. Agt. li. 11. hist. 11 4,
13. V 13, 2. ann. W 85, 13. XII 59, 6.
XV 44, 14. — 24 -^
dì «teiiiperahza, continenza, moderazione» la v. Uern- perantia ' era stata accolta nell' uso degli
scrittori an- teriori. ^ |.. 53.** ' transfuga ': nel significato
proprio , secondo f: l'uso accolto
prima da Cicerone, Sallustio, Livio, etc. ^',
si osserva nella Germ. 12, 3 ' proditores et transfu- gas arboribus suspendunt \ Attenendosi,
invece, alla tradizione avente in
prevalenza carattere poetico ^, Plinio
si valse della v. * transfuga ' nel senso traslato: n. h. XXIX 17 ' solam hanc artium Graecarum
(se. medicinam ).... Quiritium
paucissimi attigere et ipsi statim ad
Graecos transfugae '. 54.** ^ tributum
': nel significato proprio appare e-
gualmente nella Germ. 43, 4 * Osos Pannonica lingua coarguit non esse Germanos, et quod tributa
patiua- tur '; e nella n. h. XXI 77 '
ceram ir\ tributa Romanis praestet': v.
altresì VI 119. XII 112. etc. Del resto, la v.
* tributum ', indicando cosa che ha tormentato i popo- li in tutti i tempi, fu assai nota agli
scrittori ante- riori. ^ 55.° ' uilitas ■: Plinio se ne avvalse tanto
nel senso r£ proprio di «poco prezzo,
buon mercato», secondo gli r. 1 CiG. de or. II 60, 247. pari. or. 22, 76. ep. (ad fam.) I 9, 22. Tuae. Ili 8, 16.
V 20, 57. de off. Ili 25,96; 33. 116. etc. Cf. Tac. ann. I 14, 4. 8 CiG. de dia. I 44, 100. Sall. lug. 54, 2. Liv. XXIV 30, 6. XXVII 17, 11. etc: cf. epit Z. LI. f 3 HoR. earm. III 16, 23. Lvgan. de b. e. Vili 335. l: •* Cic. m Verr. Il 53, 131; 55, 138. Ili 42, 100. p, Flaee. 9,
20. 19, 44. 32, 80. ep. (ad fam.) HI 7,
3. XV 4, 2. de off. W 21,
74; 22, 76. etc. Cabs. b. G. VI 13, 2.
6. e. HI 32, 2. Liv. IV 60, 4. XXIU 31, 1. etc. èss.
presentati prima da Cicerone •: n. h. XVIII IS
' annonae uilitas incredibilis erat ': v. anche Vili 7. XIV 35; 50. XVIII 273. XXXIII 50. XXXV 47;—
quan- to nel senso traslato di « poco
valore, poca importan- za »: fi. h. XX i
' nominum uilitate deceptus \ XXXVI 119
* quae uilitas animarum ista ': dello stesso modo II 26. XI 39. XIX 59. XXVI 43. XXXIV 2. A
questo secondo significato, che si osserva
in Plauto e in al- tri scrittori, ^ si
avvicina 1' uso fattone nella Germ. 5,
11 * est uidere apud illos argentea uasa.... non in alia uilitate " quam quae humo flnguntur
'. 1 Cic. in Verr. Ili 92, 215; 93,
216; 98, 227. de imp, Cn, Ponip. 15, 44.
eum pop. graL egii 8, 18. de dom, s. 6, U e 15. 7, 16 de off. Ili 12, 52. « Plavt. eapt 230 (II 1, 37). Pbtron. sat.
118 Qvintil i. o.V 7, 23. etc. Cf, '
uilitatem uerbi * in Non. 12, p. 531, 2 ed. Mere; p. 363 a ed. Gerì, e Roth. 3 * Vllìtas ', nel 1. e. della Germ , non
significa « vilipendio, spregio » ( «
Geriogschaetzung », come commenta U. Zernial,
o. e., p. 24), ma «poco valore, poco pregio»; sicché l'intera frase ' non in alia uilitate ' vale, secondo
la giusta osserva- zione del Grbverus,
Bemerkungen zu Taeiius' Germania, 01-
denb'urg 1850, p. 21, lo stesso che * eodem uili pretio*. La var. * utilitate *, presentata dai codd. Vatic.
VRB. 655,- Rom. Àug. bìbl., Florent.
Laurent. 73, 20, Viodobon., e sostenuta si viva- mente dal Kritz, P. C. Tae. Germania, Beri.
1864, p. 42 sg, che accusa di *
sententìa prorsus absurda ' la lez. ' uilitate ', probabilmente si deve a quella stessa
inavvertenza dei copisti, per la quale
nel 1. della n. h. XX 1 si legge nei codd. ' utili- tate \ invece di 'uilitate ' che è lez. data
dal solo cod. Paris. 6795, accolta dalla
' uulgata ', e ripetuta nella recente ed. del
Mayhoff, voi. Ili, pag. 302, 14.
^ 26 - II. — Aggettivi : 1.^ * arcanus ': Germ. 40, 20 ^ arcanus bine
terror '; n. h. XXIX 21 ' arcana
praecepta ': cosi notasi usato da
Cicerone, Virgilio, Ovidio, etc. ^ Ma nella n. h. è riferito anche, secondo V accezione di
Plauto, ^ a per- sona : VII 178 ' petiit
uti Pompeius a4 se ueniret aut aliquem ex
arcanis mitteret ' ; per lo più è usato in
funzione di sostantivo : n. h. Il 65. VII 150. XXV 7. XXVIII 129. XXX 9. La frase * arcana sacra ' osservasi in
Orazio e Ovi- dio ^ prima che nella
Germ. 18, 7 ^ hoc maximum uin- culum,
haec arcana sacra, hos coniugales deos arbi-
trantur '. 2.^ ^ argenteus ' :
nel significato comune di « argenteo,
fatto d' argento » * notasi nella Gerrn. 5, 12 ^ est ui- dere apud illos argentea uasa ' ; e nella n.
h. XXXIIf 142 ' missa ab iis uasa
argentea ^ non accepis$e ' : v. in- 1
Cic. de fin. II 26, 85. Vl^rg Aen. IV 422.
VI 72. Ovid mei. IX 516. etc. Cf. Tac.
ann. II 54, 13. s
Plavt. irin, 556 (li 4, 155): si può aggiungere il v. 518 (II 4. 117) in cui, secondo il commeuto del
Cocchia, Torino 1886, p. 65, la V. *
arcano ' ò agg. di cas>o dat., che concorda con ' tibi': ma nei lessici Forgbllini-De Vit.,
t. l, p. 361,é6B0R- OES, I, e. 505, ò
considerato come avverbio. 3 HoR. epocL
5, 52. Ovid meL X 436. Cf. ' fatorum sacra ' in
Vero Aen. I 266. VII 123. * Tale
significato osservasi in Liv. Andr. Odi9.tv. 5, in PLM ed Baehrens, voi. VI, p. 38. Varr. de l L. IX
40, 66, p. 216 Sp. Cic. in Verr, II 19,
47; 47, 115. IV 43, 93. V 54, 142. in Catil.
I 9. 24. II 6, 13: cf. de nat d. III 12, 30; 34 84. etc. ^ Gli ' argentea uasa * sono prima
menzionati da Cic. in Verr, IV 1, 1.
Phil. II 29, 73. HoR. sai. II 7, 72 sg. etc. Plinio li dis- se anche ' uasa ex argento ' : n. h. XXXIII
139. oltre Vili 12. XXII 99. XXVIII
82; 126. XXIX 125. XXXIII 52; 53; 56;
151 ; 152. XXXIV 160. XXXV 4. XXXVII
105. etc. Nella n. h. valse apcbe a significare
€ ornato o ricoperto d'argento, inargentato » ' : XXXIII 53 ^ G. Àntonius ludos scaena argentea fecit
' : v. altresì XXXIII 144; 151. etc.— ^
« argentino, del colore d'ar- gento » :
MI 90 ^ flt et candidus cometes argenteo cri-
ne ' : V. inoltre IV 31. XVI 76. XXIV 172. XXXVI 137. XXXVII 146; 147. etc. Ma nel passo della
Oenn. 5, 20 ^ numerus argenteorum
facilior usui est ' , assunse valore di
sostantivo, come prima in Livio e poi in Vo-
pisco, 3 per indicare certe monete d' argento , per le quali Plinio adopera le espressioni '
argenteus dena- rius ' (n. h. XIX 38. XXI 185) o ^ nummus argenteus ' (n. h. XXXIII 47). 3.* * ater ' : Germ. 43, 22 * atras ad
proelia nootes legunt '. ^ n. h. II 79 * atram in obscuritatem ' . Nella n. h. osservasi inoltre r agg. ^ ater '
attribuito al co- lore: VI 190. XI 171
(cf. XVIII 4). XIII 98. XXX 16. XXXV
127; al sangue: Vili 49; alle nubi: XVIII 355;
alle erbe: XVII 33 S; alla bile: XXI 176; alle ulcere: 1 Significato analogo si osserva io Cic.
p. Mar. 19, 40. Liv. X 39, 13. etc. 2 Cosi in Cic. in Verr. IV 20, 42. Vbrg.
Aen. Vili 655. Ovid. mei. Ili 407. eie. 3 Liv. XXX Vili 11, 8. Vopisc. Prob. 4, 5. Bonosus 15, 8 : v. seripit hist Aug. XXVIII e XXIX, voi. II, ed.
Peter. 4 Cf. HoR. epod. 10, 9 ' atra
nocte '. 5 Neired. Mayhoff deUa n. A., voi. Ili, p. 283, 6, leggesi per il passo XIX )26, secondo la congettura del
Salmasio (PUnianae exereiiaiiones in
Solini polghisiora^ Traiecti ad Rheo. 1689;,
' albae (ac. lactucaQ) ' , meotre ì codd. , eccetto il Paris. 10318 (Q del Mayh.), e la ' uulgata ' danno ' atrae
'. XXtl 154; ad una qualità dì marmo:
XXXVl 49. tn accezioni consimili notasi
la v. ^ ater ' in Cicerone, 0- razio,
Ovidio, Seneca, etc. * 4.*" ^ caeruleus
' : Tespressione ' caerulei oculi ' si legge
nella Germ. 4, 6 e nella n, h. Vili 74: in entrambe si scorge r imitazione della frase ciceroniana *
caeruleos esse Neptuni {se. oculos) '. ^
Nella n. h. V epiteto * cae- ruleus ' è
riferito , inoltre , a certi animali : Vili 141. IX 46. XXIX 86; a vegetali: XV 128. XXII 57.
XXVII 105; a minerali: XXXVI 128. XXXVII
134; alle acque del Boristene nella
stagione estiva: XXXI 56. I lessici
abbondano di ess. sull'uso dell' agg. 'caeruleus' nel- l'età anteriore a quella pliniana. 5.** * equester ' : riferito a cavalleria,
gente a cavallo, combattimento equestre
, notasi , secondo gli ess. di scrittori
precedenti, ^ nella Germ. 32 , 3 ' Tencteri....
equestris disciplinae arte praecellunt '; e nella n. ^. Vili 162' in libro de iaculatione equestri condito
': v. XXXIV 66. XXXV 129. XXXVII 111.
etc; e per ' statua eque- stris ' V.
XXXIV 19; 23; 28. etc. Notasi anche
nella n. h. riferito all' ordine civile dei
cavalieri, come in 11. simili di Cicerone, Nepote, Orazio, Livio, etc: * v. n. h. V 12. VI 181. VII 88; 177. IX 1 CiG. Phii II 16, 41. Tuse. V 39, 114.
Hor. earm. II 16, 2. OviD. am. I 14, 9.
met XV 41. Sen. ep. IV 2 (31), 5 Cf. Tac.
hisL V 6, 19..
« Cic. de fiat d. I 30, 83. 3
Vedi Cic. in Verr, li 61, 150. PhiL IX 6, 13. de fin. II 34, 112.
Caes. b, G. Ili 20, 3. Liv. Vili 7, 13. XXVII 1,
11 ; 42, 2. etc. 4 Cic. p. Piane. 35,
87. ad Q. />. I 2, 2, 6. de r. p. I 6, 10. Nep. XXV (Att.) 1, 1. HoR. sai. II 7, 53. Liv. V
7, 5. etc X — so-
lo. X 71; 141. XII 13. XVII 245. XIX 110. XXXIII 32; 34; 112. etc. dub, seì^m. XV p. 55, 2 ed.
Beck. 6.** * feralis ' : Germ. 43, 22 *
ipsaque formidine atque umbra feralis
exercitus terrorem inferunt '. ^ n. h. XX
113 ^ defunctorum epulis feralibus ' : v. XVI 40. L'agg. * feralis', in senso traslato, è adoperato,
come in Ovi- dio, Lucano, etc. 2, anche
nella n. h. XVIII 237 ' Caesar et idus
Mart. ferales sibi notauit scorpionis occasu ' : V. X 35.
7.^ ' ferax ' : Ge^'^m. 5,4' satìs ferax ( se. terra ). ' n. h. XV 100 ' minime feraces musti (se.
acini) ' : v. XVII 105 ; 124. L' uso di
' ferax ' nel significato pro- prio , or
con r ablativo or col genitivo , osservasi nei
poeti deir età augustea, ^ 8.^ '
infamis ' : Germ. 12, 4 ' corpore infames caeno
ac palude... mergunt ' : v. anche 14, 3. n. h. XXXIII 48 ' nec iam Quiritiu.m aliquis sed uniuerso
nomine Ro- mano infami rex Mithridates
Aquilio duci capto aurum in OS infudit '
: v. IX 79. In Cicerone si notano nume-
rosi esempi. ^ 9.^ ' infernus '
: usato nel significato generale di 1
Con significato simile osservasi V agg. * feralis * in Verg Aen, IV 462. VI 216. Ovid. irisL III 3, 81 ;
13, 21. etc. Cf. Tac. hisL I 37, 10. ann. II 31, 7. 2 Ovid. met IX 213. Lycan de b. e. II 260.
Cf. Tac. hisi V 25, 15. ann. IV 64, 2. 3 Con Fablat : Verg. georg. II 222. Col
genit. : Hor. epod. 5, 22. Ovid. met VII
470. Col genit. e con T ablat. : Ovid. am. U
16, 7. * Cic. p. Rose. Am. 35,
100. diu. in Caeeil 7, 24. in Verr. IV
9, 20. p. Font. Il, 34
/,. Cluent 47, 130. in Caiil. Il 4, 7. p.
Cael 22, 55. in Pis. 22, 53. />. Seaur. 2, 8. FhiL XI 3, 7. de
fin. U 4, 12. Cf. Tac, hist. II 56, 9. ann. I 73,7. VI 7, 6. XV 49, li. y
— 30 — « inferiore, di èotto,
basso » , osservasi nella n. h. II 128 *
ille infernus (s(7. auster) ex imo mari spirat ' ; ^ e prima in Cicerone, Livio, Seneca, Lucano.^
Nella Germ. 43, 23 ^ nullo hostium
sustinente nouum ac uelut in- fernum
adspectùm ', è adoperato nel significato parti-
colare di « infernale, d'averno », secondo gli ess. che ci è dato osservare precipuamente negli
scritti poetici del tempo d' Augusto.
^ 10.^ * lineus ' : Qerm. 17, 10 ^ feminae
saepius lineis amictibus uelantur \ n,
h. XII 25 ^ uestes lineas faciunt folife
\ XXIX 114 ' lineo panno ' : , 236. ara
am. I 205. ^ 7 Cic. p. SesL 20, 46. de
nat d. Il' 39, 100. Liv. I 4, 6. Cvrt. hist. A. M. IV 9 (38),
J9. — 35 — * multitudine pìscium fluitante ' : v. 15,
63. 16, 168. 37,
37. Nella Gemi, 17, 3 ' locupletìssimi ueste distinguua- tur non fluitante ', è adoperato in traslato,
secondo ess. consimili presentati da
Catullo, Ovidio, etc. ^ 2.** ^ labans '
: 6r^r/n. 8, 1 * quasdam acies inclinatas
iam et labantes a feminis restitutas '. n. h. XXXV 117 ' sunt in eius exemplaribus nobiles palustri
accessu uillae, succoUatis sponsione
mulieribus labantes, trepi- dis quae
feruntur '. Conformi sono gli ess. che prima
ne avevano dato Cicerone, Virgilio , Orazio , etc. ^ Pel significato proprio dell' agg. ' labans ', v.
n. h, XXIV 119 * labantes dentesflrmant
'. XXIX 37 ^ dentibus mire prosunt,
etiam labantibus '. * 3.** ^ marcens '
: Germ. 36 , 1 ^ Cherusci nimiam ac
marcentem diu pacem inlacessiti nutrierunt '. n. h. IX 147 ' alias marcenti similis et iactari se
passa fluctu algae uice ', e. q. s. Ess.
anteriori si notano in Orazio, Valerio
Massimo, Seneca. ^ 4.** * auspicatus ' : Germ. 11, 5 ' agendis
rebus hoc auspicatissimum initium
credunt '. n. h. XIII 118 ^ nec
auspicatior in Lesbo insula arbor '. XVI 75 ' comitantur et spina,
nuptiarum facibus auspicatissima '. Nello stesso significato di « prospero, di buono augurio,
iniziato sotto 1 Catvll. 64, 68. OviD. mei. XI 470. ars am. II 433 sg.
Cf. Tac. hist III 27, 12. V 18, 3.
« Cic. p. Mil 25, 68. Verg. Aen. IV 22. XII 223. Hor. carm. III 5, 45. etc. Cf. Tac. hist II 86, 8. ann.
XIV 12, 21. 8 Vero. Aen, lì 463. 4 Hor. sat II 4, 58. Val. Max. f. et d. m, II 6, 3. Sen. ep. XIV l (89), 18. Cf.
IvsTXN. epii. XXXIV 2, 7. — 36 — auspici favorevoli » , era stato prima
adoperato da Catullo , Velleio
Patercolo, etc. ' Per la forma
comparativa ' auspicatius ' con valore
avverbiale, v. n. h. 3, 105. 7, 47.
5.'' ' contactus ': Gemi. 10, 13 ^ (equi) publico alun- tur isdem nemoribus ac lucis, candidi et
nullo mor- tali opere contacti '. Tale
uso di ^ contactus ' in senso t'raslato
osservasi prima in Livio, Properzio, Ovidio,
Seneca. ^ In più luoghi della n, h. è accolto in senso proprio: v. 7, 17. 8, 78; 85. 9, 147; 183. 11, 193; 277. 18, 152. 28, 80. 29, 51. 34, 146. 36, 58.
etc. 6.° ' effusus ': Germ. 30, 2 ' non
ita effusis ac palu- stribus locis, ut
ceterae ciuitates '. Dello stesso modo, per indicare luoghi estesi, vasti, fu usato
da Orazio e Velleio Patercolo. ^ Nella
n. h., oltre al conservare il significato
proprio di « versato, sparso, etc. »: v. 4, 101. 6, 71. 8, 14; 161. 9, 102. 16, 2. 20, 90. 22,
145. 29, 50. etc, il quale significato
osservasi prima in Cicerone, Virgilio,
Livio ed altri ', passa in traslato ad indica-
re profusione, eccesso, esagerazione: III 42 ' Grai, ge- nus in gloriam suam effusissimum ': v. 7, 94;
eciòse- J Catvll. 45,- 26. Vell. Paterc.
h. R. II 79, 2. Cf. Qvintil. i. 0, X 1,
85. Col significato più generico di « inaugurato dopo presi gli auspici » apparo in Cic. p. Rab.
perd. 4, II. Hor. carm. Ili 6, 10. 2 Liv. II 5, 2. IV 15, 8. VI 28, 6. XXI 48,
3. etc. Prof. I J, 2. OviD. epist ( her, ) 4 , 50. Irist III 4, 78.
Sen. Phaedr. 714. Cf dial,
de oraioribus 12, 8. 3 Hor. €p, I 11,
26. Vell. Paterc. A. R. Il 43, 1. 4
Cic. de diu. I 32, 69. Vero, georg. IV 288; 312; 337. Aen, VI 339; 686. X 893. Liv. I 4, 4. XXX 12, 1.
etc. — 37 — condo gli ess. che ne avevano dato Cicerone,
Nepole, etc. « 7.** ^ excìsus ': Germ. 33, 3 ^ pulsis
Bructeris ac pe- nitus excisis uicinarum
consensu nationum '. Prima la V. *
excisus '.era stata riferita non solo a popoli ed c- serciti, ma anche a città, campi, regioni,
etc. : ^ nella n. h. si attiene più
strettamente al significato proprio e
assume, talora, un significato pregnante: XXXIII 48 * caput eius {se. C. Gracchi) excisum '. ^
XXXIII 139 * anaglypta asperìtatemque
exciso circa liniarum pic- turas
quaerimus '. XXXVI 125 ' uias per montes ex-
cisas '. Ess. di tale accezione si osservano in Cicerone, Virgilio, Ovidio, etc. ^ 8.° ' infectus ': Germ. 4, 1 ' Germaniae
populos nul- lis [aliis] aliarum
nationum conubiis infectos '. n. h. XXX
8 ' infecto, quacumque commeauerant, mundo '. Lo stesso significato in traslato osservasi in
Cicerone, Vir- gilio, Livio, Lucano,
etc. ^ Nella n. h. appare anche u- sato
nel significato proprio: VI 70 ' tinguntur sole po- 1 Cic. p. Rose. Am. 24, 68. p. Cael. 6,
13. de nat. d. I 16 . 42. Nep. I (Milt.)
6, 2. Cf. Tac. hisL li 45, 11. ann. I 54, 8.
« Cic. p. Sesi. 15, 35. in Pis. 40, 96. Cai m. 6, 18. Hor. carm. Ili 3, 67. Vell. Patbrc. h. R. Il 115, 2;
122, 2: aggiungiamo II 120, 3 Jelto
secondo l'ed. prìnc. del 1520, che nell' apogp. A- merb. si legge ' occìsi exercitus ', invece
di ' excisl exercitus '. Cf. Tac. hist
II 38, 4. ann. XII 39, 9 3 Cosi nei
codd. e nella * iiulgata', ma nel solo cod. Bamberg. e nelle edd Sillig., Jan e Mayhoff si legge *
abscisum *. 4 Cic in Verr. Ili 50. 119
V 27, 68. Vero. Aen II 481. VI 42. OviD
ex Pont. Ili 1, 96. V. inoltre Plin. n. h. 35, 94; 154. 5 Cic. ad A ti. I 13, 3. Vero. Aen. VI 742.
Liv. XL 11,3. Lvcan. de b. e IV 736. Cf
Tac. hi8t I 74, 1. ann. II 2, 7 ; 85, 13.
— 38 — puli, ìam quidem infecti
': i v. inoltre 8, 197. 9, 18. 11, 31;
32; 154. 15, 87. 20, 25. 21, 26. 28, 83; 110. 32, 77. 35, 41. 37, 118. etc. Ess. precedenti di
tale uso si notano in Virgilio,
Properzio, Mela, etc. ^ 9.'' ^ ligatus ': Germ. 39, 7 ^ nemo nisi u
inculo liga- tus ingreditur '. n. h. IX
103 * breui nodo ligatis ': v. altresì 11, 255. 17, 115. 18, 261. Nello stesso significa- to proprio osservasi ' ligatus ' in Catullo,
Ovidio, Se- neca, Columella, Lucano. ^ 10.^ *
monstratus ': Germ. 31, 11 ' iamque canent in-
signes et hostibus simul suisque monstrati '. n. h. XXII 44 ' hacherba dicitur sanatus, monstrata
Perieli somnio a Minerua ' : v. 8, 182. Lo stesso uso di ^ monstratus '
notasi prima in Virgilio, Ovidio, Lucano ed altri. ^ 11.^ *
nauigatus ': Germ. 34, 5 ^ ambìuntque immen-
sos insuper lacus et Romanis classibus nauigatos '. n. h. XXXVI 104 '
urbe pensili subterque nauigata ': v. 6,
72. Un es. consimile si osserva in Mela: ' non naui- gata maria transgressus est '; ^ es. fondato
sull'uso del verbo ^ nauigare ' nelle
forme passive, ^ in conseguen- i Un
concetto consimile, espresso anche col verbo * inflcere ', si nota in Sen. Oed. 122 sg. e Here. [OeQ
337. « Vero. Aen. V 413. VII 341. Prop.
TU 11 ( 18 b ), i (23) Muell. PoMP. Mel.
chor. III 6, 51 (cf. Cabs. b. G. V 14, 2). Vedi Tac. hi8t III 11, 1. 3 Catvll. 2, 13.
OviD. mei. Ili 575 (cf. Liv. V 27, 9). Sen. Med. 742. CoLVM. de r. r. XI 2, p. 591, 23. Lvcan. de b, e. Vili 61. 4 Vbrg. georg. IV 549. Aen. IV 636 : cf.
Aen, IV 483. Ovid. trést III 11, 53. Lvcan. de b. e. Vili 822.
Cf. Tac. Agr. 13, 15. hi8i. I 88, 3. Ili 73, 14. 5
Pompon. Mei*, ehor. II 2, 26. 6 Vedi
SBN. n. q. l\ 2, 22. Pun. n. h. 2, 167. 6, 175. -.89 «.
5Mi deiruso transitivo fattone prima da Cicerone, Vir- gilio, Ovidio, etc. » 12.** * publicatus ': Germ. 19, 7 *
publicatae enim pu- diciUae nulla uenia
': tale accezione in senso cattivo del
part. * publicatus ' dipende dal significato con cui fu adoperato da Plauto il verbo * publicare
'; - ma nel- la n. h. * publicatus '
assume il significato proprio di
«pubblicato, reso pubblico »: XXXIII 17 ^ publicatis diebus fastis ' : » v. anche 29, 26. 35,
24. 13/ Si noti, in ultimo, ^ impatiens
', che è forma par- ticipiale con la
negativa * in- ' premessa. È riferito, in
traslato, a cose prive di vita tanto nella Germ. 5, 4 ' satis ferax (se. terra), frugiferarum
arborum impa- tiens '- quanto nella n.
h. XXXVI 199 ' est autem ca- loris
inpatiens (se. uitrum) ' : v. 33, 162. 37, 26. Nella n. h. è riferito pure ad animali: v. 8, 28;
167. 10, 170. 23, 67. etc.; ed a piante:
v. 14, 28. 16, 219. 18, 123. 19, 166.
21, 97. etc. Dell' estensione in
traslato del significato di ^ impa-
tiens ' si asservatto ess. anteriori in Ovidio, Curzio, etc.^ Quanto al reggimento di ' impatiens ', v. il
cap. Ili, C, II, 3% *. IV. — VerU : 1.° ^ absumere ' : Germ. il, 10 ^ sed et
alter et ter- tius dies cunctatione
coéuntium absumitur '. n. h. VI 103 *
quia maior pars itineris conficitur noctibus propter » Ctó. de M' '1 34, use. Vbro. Aen. I 67. Ovid. mei, XV 50. « Plavt. Baeeh. S%3 (IV 8, 22). » Cf Vkl. Patbrc. h. R. Il 114, 2. * Ovid. ara am. II 60. C^rt. hiéi. A. M. ì\ 4 kìò), U. — 40 —
aestuus et statiuis dies absumuntur ' : cf. 5 , 58. 22 , 98. Nello stesso significato
, riferito al concetto di tempo, era
apparso prima in Cicerone, Livio, Ovidio,
etc. ^ Nella n. h. , secondo gli ess. presentati dagli scrit- tori anteriori,^ appare anche ristretto al
significato pro- prio : II 45 ^ quem
(se. umorem) solis radii absumant ': V.
inoltre 9, 119 ; 121. 28, 267. etc. ; e quanto alla for- ma passiva 'absumi ', v. 2, 184. 6, 91. 9,
153. 11, 128. 14, 33. 25, 57. 36, 131.
etc. cf. 5, 56. 2.° ^ adfectare ' ;
Germ. 37, 24 ' occasione discordiae
nostrae et ciuilium armorum expugnatis legionum hi- bernis etiam Gallias adfectauere '. n. h.
XXXIV 30 * Sp. Cassius, qui regnum adfectauerat
' : cf. 34, 15. Con lo stesso
significato concernente l' ordine politico, appare in Sallustio, Velleio Patercolo, etc. ^ Nella
n. h. si at- tiene anche, come osservasi
negli scrittori precedenti, * ad un
significato più generale : XVII 9 ^ diligentiam
superuacuis adfectare ': v. 7, 8. 17, 84. 22, 69. 25, 73. etc. 1 Cic. p. Quinci. 10, 34. Liv. XXII 49, 9.
Ovid. irist IV 10, 114. Cf. Tac. Agr.
21, 1. ann, II 8, 9. « Plavt. Cure. 600 (V 2, 2). most 235 (I 3,
78). Ter. haut 458 (III 1, 49. Phorm.
834 (V 5, 6). Varr. r. r. IH 17, 6. Ca-
TVLL. 64, 242. Vero. Aen. Ili 257. Hor. earm. II 14, 25. ep. I 15, 27. Liv. XXIV
47, 16. XXX! V 7, 4. Sen. de ben. VII 31, 5.
3 Sall. lug. 66y 1. />. hiat. I in Avgvstin. ciu. Dei III 17, p. 122, 19 ed. Dombart, v. I. Vell. Patbrg. h. R 1139,1. Cf. Tac. Agr. 7, 6. hiat I 23, 2. IV 17, 5 ; 66,
2. 4 Plavt. Baech. 377 (III 1, 10).
Cic. p. Rose. Am. 48. 140. Seript. rhet.
ad Her, IV 22, 30. Nep. XXV ( Att. ) 13, 5. Vero. georg. IV 562. Liv. I 46, 2. XXIV 22, 11.
Ovid. am. Ili 8/51 (1. sospetto per R.
Ehwald, praef., p. XII) ars am. Il 39. ex Pont IV 8, 59. Val.
Max./, et d. m. Vili 7, ext. 1. Cvrt.
hisL A.M. IV 7 (32), 31. Cf. QviNTiL. i.
o. Ili 8, 61. -. 41 — 3.^ * adiigare * : Oerm, 24, 10 ^ quamuis
ìiiuenìor, quam- uis robustior adligari
se ac uenire patitur \ n. h. XVI 239 * Argis elea etiaranum durare dicitur, ad quam Io in tauram mutatam Argus alligauerit' : v.
altresì 12, 45. 16, 176. 17,211. 18,
241; 262; 267. 21, 166. 27, 101. 28, 93;
98. 31, 98. 32, 7; 113. etc. In tale signifi-
cato era stato accolto da Catone, Cicerone, Virgilio, Seneca, etc. ^ Nella n. h. vale eziandio ad
indicare, co- me osservasi in generale
negli scritti di Seneca e Lu- cano, ^ un
effetto di azione chimica concernente i co-
lori : IX 134 ^ (bucinura) pelagio admodum alligatur ' . XXXII 66 ^ ita colorem alligans, ut elui
postea non possit '. i."" ^ adsignare' : Germ. 13, 7 *
insignis nobilitas aut magna patrum
merita principis dignationem etiam adu-
lescentulis adsignant '. n. /i. X 141 ^ quibus {se. aui- bus) rerum natura caelum adsignauerat '. Con
lo stes- so significato proprio di «
assegnare » era stato usato da Cicerone
, Orazio , Livio , Celso , Columella , etc, ^'
Anche nel senso traslato di « attribuire , ascrivere » notasi nella Oerm. 14, 5 ^ sua quoque fortia
facta glo- riae eius adsignare
praecipuum sacramentum est ' ; e nella
n. h. VII 197 ' cui (se. Soli Oceani filio) Gellius medicinae quoque inuentionem ex metallis
assignat '. i Cat. de a. e. 39, 1.
Cic. in Verr. IV 42, 90. V28, 71. Tuse.
Il 17, 39. Verg. Aen. I 169; cf. georg. IV 480; Aen. VI 439. Sen.
dial. K 13, 6. Cf. dial. de oratoribus 13, 15. « Sen. ep. VI 3 (55), 2. Lvcan. de b. e. IX
527. 3 Cic. Phil II 17, 43. ad AH. III 19,
3. de r,p. II 20, 36. Hor ep. II 1, 8.
Liv. V 7, 12; 22, 4. XXI 25, 3. XXXIX 19, 4. XLII 33, 6. Cbls. de med. Ili 18, p. 92. 3. Colvm.
de r. r. XII 2, p. 622, 26. Cf. Tag. hist l 30, 19.
XXV 26 ' iauentionem eius ( se. berbae ) Mercurio adsignat ' : di tale uso si hanno ess.
anteriori. * 5.** ' adsimulare ' :
Germ. 9, 7 ^ neque in uUam hu- mani oris
speciem adsimulare (se. deos) ex magnitudine
caelestium arbitrantur \ Si notano in Cicerone, Lucre- zio , Virgilio , etc. ^ ess. consimili , nei
quali il verbo ' adsimulare ' è
adoperato nel significato proprio di «
assomigliare, fare qualcosa simile ad un'altra ». Nella n. h. appare particolarmente usato, come in
molti ess. di scrittori anteriori, ^ nel
senso di « simulare, fingere, prender
sembianza » : Vili 106 ^ sermonera bumanum
Inter pastorum stabula adsimulari {se. ab hyaenis) ' : V. inoltre 3, 43. 9, 10; 34; 113. 37, 179.
etc. 6.° ^ ambiri ' : Germ. 17 , 17 '
qui non libidine , sed ob nobilitatem
pluribus nuptiis ambiuntur '. n. h. XVII
266 ^ eontra urucas ambiri arbores singulas a muliere incitati mensis ' e. q. s.: v., oltre 1' es.
cit. , 2, 80. 14, 11. 19, 60. 37, 203.
L' espressione che notasi nel 1. e. «
CiG. Bruì. 19, 74. in Verr. V 50 , 131. p. Rab. P09L 10 , 21. ad Q. fr. 14, 1. de fin. V 16, 44. de r. p.
VI 15, 15: cf. ep. (adfam.) X 18, 2.
Vbll. Patbrc. A. R. II 38, 6. Vedi pjr altri
ess. sull'uso del v. * adsignare ' : n. h. 2, 23; 104. 15,65. 18,
64. 19, 50. 25, 60. 28, 33. 29, 2. etc.
quanto alle forme dell'attivo; e per le
forme del passivo: 18, 18. 22, 44. 24, 2. 25, 34 ; 87. etc.
« Cxc. de inu. rhet I 28, 42. in Verr. II 77, 189. Lvgr. de r. n. II 914. Vbrg. Aen. XII 224. Cf. Tac. Agr. 10, 11. 3 Plavt. eiBt 96 ( I 1, 98 ). Epid. 195
(\\2, 11 ). mil. gì 792 (HI 1, 197).
Poen. 599-600 (IH 2, 22 sg.). Stick. 84 (I 2, 27 J. Ter. Andr. 168 ( I 1,
141). haut. 888 (V 1, 15). eim. 461 (III 2, 8 ). Phorm. 128 (I 2, 78) ; 210 (I 4, 32^. Trag.
ine. fr. 0. 3, io Cic. de off. Ili 26, 98. Cig. p. Cluent. 13, 36. p.
CaeL 6, 14. de r. p. I 21, 34. Vbrg. Aen. X 639. Ovid. mei. XIV 656. etc. ^ 48 «
della Germ. pigliò, probabilmente, le mosse dalla frase virgiliana ^ conubiis ambire Latinum \ ' 7.° * animaduertere ' : Germ. 7, 4 * neque
animaduer* tere neque uincire, ne
uerberare quidem nisì sacerdo* ti bus
permìssum '. n. h. Vili 145 ^ cum animaduerteretur ex causa Neronis Germanici fili in Titium
Sabinum et seruitia eius '. Lo stesso
significato di « dannare a morte »
presenta per eufemismo il verbo ^ animaduer-
tere ' in Cicerone e Livio. ^
8.** ' animare ' : Germ. 29, 13 ^ ipso adbuc terrae suae solo et caelo acrius animantur '. Uguale
significato del verbo * animare ' (=«
dotare d'un temperamento, pre- parare
l'animo»), derivato dal tema della v. ^animus',
appare prima in Plauto e Cicerone. ^ Nella n. h, * ani- mare ' presenta il significato che si fonda
sul tema della V. * anima ', cioè € dar
la vita , vivificare , far vivo » : ^
VII 66 * tempore ipso animatur {se. semen) ':
V. anche 10, 184 ; e per le forme del participio : 2, 155. 5, 44. 7, 1. 11, 77. 18, 4. 23, 83. etc.
9.^ * ascendere ' : Germ. 25 , 11 Mbi enim et super ingenuos et super nobiles ascendunt '. Con lo stesso si- gnificato e del
medesimo modo costruito con ' super ' e
Tace, il v. ^ ascendere ' era stato adoperato prima da 1 Verg. Aen. VII 333: v. Drabger, ueber Synt a. S*. d. Tae.
«, p. 128. Cf. Tac. hi8t. IV 51, 6. 2 CiG. p. Cluent, 46, 128 : cf. p. Rose. Am.
47, 137. in Verr. I 33, 83. m Caiil. I
12, 30. p. Mil 26, 71. V. inoUre Liv. XXIV
14, 7; e et Tac. hisL I 46, 26; 68, 16; 85 , 3. IV 49, 26. Svbtqn. Aug. 15, 1.
3 Plavt. Men. 203 (I 3, 20). Cic. de diu. II
42, 89. ^ Tale significato si osserva
ifi più 11. degli scrittori anteriori:
Enn. ann. I fr. 59, ia PLM. voi. VI, p. 69, ed. Baehrens. Pagvv. irag. 91 (citato da Cic. de diu, I 57, 131).
Cic. top. 18, 69. de -- 44 — Velleìo Patercolo. ^ La forma del passivo,
secondo gli ess. precedenti di Cesare ,
Vitruvio, Properzio, Velleio Patercolo,-
è pneferita nella n. h, XXXVI 88 ' portìcusque
ascenduntur nonagenis gradibus ' ; ^ ma non è esclusa la forma attiva: IX 10 ^ ascendere eum nauigia
nocturnis temporibus ' ; cf. 35,
59. 10.° ^ augurari ': Germ. 3, 4 '
futuraeque pugnae fortunam ipso cantu
augurantur '. n, h. XVIII 225 ' ex
occasu eius ( se. sideris ) de hieme augurantur quibus est cura insidiandi, negotiatores auari • :
v. inoltre 6, 192. 10, 154. Accolto
similmente in traslato e col si-
gnificato generico di « profetizzare, predire », osservasi in Cicerone, Ovidio ed altri. * 11.° ' canore ' (con la penult. lunga) :
Germ. 31, 11 ^ iamque canent insignes et
hostibus simul suisque mon- strati \^
Con un significato più ampio, a dinotare « es- nat d, I 39, 110. de r. p. VI 15, 15.
Lvcr. de r. n. V 145. Ovid. mei. IV 619.
XIV 566. Colvm. de r. r. VI 36, p. 492, 17. Vili 5, p. 527, 20 e p. 528, JO. Scribon. Larg. conpos. 70, p. 29, 32; 95, p. 40, 26 ed. Helmreich. J Vell. Patbrc. a. R. II 53, 3. Nei deal, de oraioribus 7, 9 é
preferito ' supra ' con 1* acc. Cicerone lascia V acc. semplice : p. Font. 1, 4. p, Cluent. 55, 150. p, Mur.
27, 55. de diu. I 28, 58. de off, li 18
, 62 ; ovvero T accompagna con la prep. * in ' : p. Cluent 40, HO. p. Sulla 2, 5. de dom. 8. 28 ,
75. p. Mèi 35, 97. PhiL III 8, 20. de fin. Il 22, 74. Tusc. I 46,
IH. Cai. m. 10, 34. Lael 23, 88. « Caes. b. e. I 79,
2. ViTRvv. de areh. Ili 4 (3) Pkop. V 3,
63. Vell. Paterc. h. R. il 53, 3.
8 Neil' ed. Jan 1. e, voi. V, p. 121, 15, e nell'ed. Maylnff, voi. V, p. 339, 6 si legge * descenduntur ',
invece di * ascenduntur *. Si noti la
frase * gradibus ascen Jere ' in Cic de fin. V 14, 40. 4 Cic. Tuse. I 40, 96. Ovid. mei. III 519.
Cf. Tao. hisL I 50, 20. 5 Un che di
simile notasi in Vero. Aen. V 416. —
45 — sere di color chiaro,
biancheggiare », notasi nella n. h.
XVIII 65 ' fortunalara Italiam frumento canere candi- do ' : ' ess. poetici di tale uso erano stati
presentati da Virgilio, Ovidio, Silio
Italico. ^ 12.*' ' cedere ' : Germ. 36,
7 ' Chattis uictoribus for- tuna in
sapientiam cessit'. n. h. XXIII 41 ' in prouerbium cessit sapientiam uino obumbrari '. XVIII 110
* in bo- nura cedit '. XXXV 91 ' cessit
in gloriam artiflcis '. A- naloghi ess.
si notano in Virgilio , Livio , Curzio ,
etc. '^ Per altri usi del v. * cedere ', notati nella Germ. e nella n. h.y si osservano ess. negli
scrittori prece- denti. * IS.'' ^ eludere ' : Germ. 45, 22 ' terrena
quaedam at- que etiam uolucria animalia
plerumque interlucent , quae implicata
umóre mox durescente materia cludun- tur
'. w. h. XXXIII 76 ' latera cluduntur tabulis ' : v. inoltre 18, 330. 33, 25. Il verbo ^ eludere '
per ' clau- 1 Cosi leggiamo secoDdo
1* ed. di Gelenio e il cod. Paris. 6795.
II Detlefsen ed il Mayhoff sostitui?cono a * canere ' il v. * se- rere *, poggiandosi sur un* emendazioQe di seconda
mano fatta nel cod. Vatic. 3861 ; ma in
d^ cod. , come nei due codd. Pa- riss.
67U6, 6797 e nel Leid. si legge * carere *. Si potrebbe an- che addurre per es. il 1. 17, 34, letto
secondo Ted. Jan. 2 Vero, georg. II 13;
120. llf 325. etc. Ovid. met I \\0: fast,
III 880. SiL. 1t. Pan. I 205. XIV 362. Cic. preferi la formi in- coativa 'canescere*: Brut 2, 8 (òf. Qvintil.
L o XI 1, 31). de legibus I 1, 1; la
quale forma incoativa fu anche gradita a
Plin. n. h. 7, 23. 17, 34 (letto secondo la * uulg.' e V ed. May- hoff). 20, 262. 30, 134. 31, 106. 35,
186. 3 Vero. Aen. VII 636, Liv. VI 34,
2. Cvrt. hisi. A. M. Ili 6 (16), 18. Cf.
Germ, 14, 15. 4 Cosi per Germ. 6, 20 *
cedere loco *: cf. Nep. XI I (Chabr.) 1.
2. Liv. II 47, 3. Ili 63, 1; per n. h. 33, 59 e 35, 80; cf. Cic. de nai. d. II 61, 153. Cabs. 6. e. Il 6, 3. Ovip. met
VI 207. — 46 — dere ' * è proprio della lingua popolare ;
osservasi an- che in alcuni scrittori
anteriori all' età di Plinio. ^ 14.° '
cohibere ' : 6r^rm. 9, 7 ' nec cohibere parietibus deos ex magnitudine caelestium arbitrantur
'. Lo stesso significato proprio
presenta il v. ' cohibere ' nella ». h.
24, 6. 27, 93. 28, 61; 62. 29, 39; 49. 36, 29. etc; quale prima era stato usato da Plauto,
Cicerone, Ora- zio, Ovidio, Celso,
Curzio, etc. ^ 15.° ' commìgrare ' :
Germ. 27, 11 ^ quae nationes e Germania
in Gallias commigrauerint '. n. h. XXXV
135 ' captoque Perseo rege Athenas commigrauit ( se. Heraclides Macedo pictor) '. Lo stesso
significato del v. ^ commigrare ' si
osserva in Plauto, Cicerone, Livio, etc. ^
1 Nei framm. cho ci restano degli otto libri c^uò. serm, di Pli- nio , si conserva costante la forma *
claudere * : II e, p. 15, 7. II A, p.
19, 15, XV p. 55, 22 ed. Beck. 8 Varr.
r. r. HI 3, 5. Scribon. Laro, eonpoa. 42 , secondo la ' ed. princ. Ruellii * (neired. Helmreìch p.
21, 8, Lps. 1887, sì leg- ge ' ducenda
', invece di * cludeada ', conforme al cod; Laudan. eoncordato col testo di Marcello, edito dal
Cornario). Lvcan. de h, e. Vili 59 (ma
si legge * clausit * nei codd. Vossian.
XIX e Bruxell. 5330). Sil. It. Pun. XV
652. Cf. Tac. hist. I 33, 7. [dial. de omioribus 30, 28]. In uni. di Cic.
de nat d. II 39, 100 il Baiter legge '
cludit ' la v. * eludit ' data dai codd., che altri, p. es. Heind., Schoem., C. F. W. Mueller,
leggono * alludit '. 8 Plavt. mil gì
596 (III 1, 1). Cic. p. Casi 5, 11. de nat, d.
II 13, 35. de fai 9, 19. Qat
m. 15, 51. Script h. Afr^ 98, 2. Hor.
earm. I 28, 2. Ili 4, 80; 14, 22. IV 6, 34. 8at II 4, 14. ep. II 1, 255.
OviD. mei. XIV 224. Cels. de med. VIII 4, p. 314,7. Cvrt. hist. A. M. VI 2
(5), 11. X 3 (12), 6. 4 Plavt. eisi 177
(I 3, 29;, irin. 1084 (IV 3, 77>. Cic. ad Q.
fr. II 3, 7. Liv. I 34, 1. XLI 8, 7. Ommettiamodi citare Ter. a- delph. 649 ( IV 5, 15 ;, perché nel cod.
Bemb. ( Vatic. 3226 ) si legge *
migrarant' : negli altri codd, ' co mmlgrarunt '* ^ 47 —
16."* ' continuare ' ; con significato indicante spazio e in forma passiva mediale, si nota nella Germ.
44, 20 ' Suiontbus Sìtonum gentes
continuantur ' : così in Ci- cerone. *
Nella n. h. presentasi anche nella forma passiva e riferito al tempo: VI 220 * dies conti
uuaren tur... noctesque per uices '.
XVII 13 ' si plures ita conti- nuentiir
anni ' : cf. 10, 94. 11, 103; ma talora presen-
tasi nelle forme delPattivo: XIV 145 * biduo duabusque noeti bus perpotationem continuasset '. XVII
233 ^ si post brumam continuauere XL
diebus ' : ^ ef. 3, 101. 16, 100. 18,
362. 20, 35. 30, 60. 17.* ' emergere '
: Germ. 45 , 4 ' sonum insuper e-
mergentis (se. solis ) audiri.... persuasio adicit '. n. h. II 58 ' amplior errantium stellarum quam
lunae ma- gnitudo colligitur, quando
illae et a septenis interdum partibus
emergant ' : v. 2, 100; 179. Del v. ' emergere * riferito al levar degli astri si notano altri
ess. in Ci- cerone e Livio. ^ Nella n.
h. appare, inoltre, nel signi- ficato
proprio di « venir su, venire a galla >: XIII 109 ^- ad exorlus solis emergere extra aquam ac
florem V Cic. de nut. d. I 20, 54 II
45, 117. * CdQsitnile accezione notasi
ia Gic. Ta9e. II 17, 39. Hoa 9at. II 6,
108. OviD ex Pont I 2, 26. Cf. Tag. a/i/i. XVI 5, 10. 3 É mesatta V effefoiazione del Gboroes,
ausfuhrL Hnndwb,^ If, e. 2240, rrpeiuta
nel Z>«fio/i. Gborgbs-Calonghf, Torino 1896,
e. 924, che a Plinio e Tacito si debba Festensione del significato del V. ' emergere * • vom Aufgang der Sonne
und der Gestir- ne » ; poiché tale
estensione si osserva prima in Cic de nat di.
Il 44, 113 "^ut sese ostendens emorgit Scorpios alte* (ò trad. d* UQ' passo del carme di A^ato) ; e in Liv. XLIV 37 9 , 6 ; 3 (12), 12. 3 CiG. in Verr. IV 41, 88. Ovid. mei. IH
448. 4 CiG. de leg. agr. II 32, 87. de
fln, IV 15, 40. Liv. XLII 55, 10,
secondo Ted. Weissenborn, Lps. 1887: nell'ed. Weissenborn, Beri. "Weidmann
1876, si legge * speratus *, iavece di ' separa- lus erat*.
5 V. per gli ess. di autori anteriori i 11. citati nel Lex. For- cbllini-Db ViT, t. V, p. 453, e neWausfùhrl
i/anrfeo6. del Geor- ges, II, e. 2338.
Cf. Tac. Agr. 31, 21. In Tacito inoltre il v. * se- pcDere* appare usato nel senso di «
aljontaoare, relegare, — 6g — 48.** * spargere ' : Oerm. 17, 7 * eligunt
feras et de- tracia uelamina spargunt
maculis pellibusque belua- rum ' : in
senso traslato consimile era stato adoperato
da Virgilio ; ^ e, riferito ad irradiazioni luminose, si nota, oltreché in Virgilio e Ovidio, ^ e nei
contempo- ranei di Plinio,'^ anche nella
n. h. XXXVII 181 * so- lis gemma candida
est , ad speciem sideris in orbem
fulgentis spargens radios '. Appare eziandio nella n. h. in senso traslato, per significare «
aspergere , inumi- dire », secondo gli
ess. anteriori di Virgilio e Orazio : *
XIII 132 ' si semine, madidum aut , si desint imbres, satum spargitur ' ; ma nello stesso tempo vi
è accolto col significato proprio : ^ IV
101 ' ( Rhenus ) ab occi- dente in amnem
Mosam se spargit.' : v. 11, 123. 12, 42.
16, 141. 24, 178. etc. ; ovvero in senso pregn.: XXI 45 ' genera enim tractamus in species multas
sese spar- gentia '. 49.° ' superesse ' : Germ, 6, 1 ^ ne ferrum
quidem superest '. 26, 5 ' arua per
annos mutant, et superest ager '. n. h.
XVI 224 ' pinus, piceae, alni ad aquarum
ductus in tubos cauantur ;, mirum in modum for- tiores, si umor extra quoque supersit ' :
cf. 25, 14. 34, 36. Terenzio e Cicerone
avevano prima usato il v. * su-
liandire »: hisL I 10, 5 (secondo i'emend. dell' Acidalio) ; 13,
17; 46, U] 88, 1. II 33, 9. ann. Ili 12,
8. 1 Vbrg. bue. 2, 41. Aen. VII
191. « Verg. Aen. IV 584. XII 113. Ovid. met. XI 309. 8 SBN. Med. 74. Petron. sai. 22, p. 74, l.
Sil. It. Pan. V 56. *
Vero, georg. IV 229. Hor. earm. II 6, 23.
5 Dello stesso modo in Vjprg. Aen. II 98. Hor. mì II 5, 103.
LvcAj?. de b. e. Ili 64. etc. Cf. Tao.
hisL II 58, 13. — 63 — peresse ' nello stesso significato di «
abbondare, ridon- dare ». ^ 50.** * triumpbare ' : Germ. 37, 26 * rursus
inde pulsi proximis temporibus
triumpbati magis quam uicti sunt'. ».
/i. V 36 * omnia armis Romanis superata et a Cor- nelio Balbo triumphata \ V uso del v. '
triumpbare ' nelle forme personali del
passivo appare per la prima volta nella
poesia dell' età augustea : ^ Cicerone aveva
soltanto adoperato come v. impersonale il passivo dell' intrans. * triumpbare '. ^ V. — Avverbi : 1.° * aliquanto ', forma ablativale in
funzione di av- verbio: Germ. 5, 1 *
terra etsi aliquanto * specie differt '.
1 Ter. Phorm. 69 (I 2, 19> 162 (I 3, 10;: nel l* ed. Fleckeìsen ò accolta la grafia ' super erat, super est
*. Cic de or, II 25, 108. in Verr. a. pr. 4, 13. ep. (ad fam.)
XIII 63, 2 de dia. I 52, 118. II 15, 35.
Cf. Tag. Agr, 44, 5. 45, 23. hist I 51, 9; 83, 10. an/i. I 67, 7. XIV 54, 12. « Vbrg. georg. III 33. Aen. VI 836. Hor.
earm. Ili 3, 43. Ovid. am. I 15, 26.
fast. Ili 732. Cf. Tac. ann. XII 19, 10.
5 Cic. de off. II 8, 28. Dopo Cicerone, se ne valse
Liv. III 63, ll.XLV 38,2. •* Ad * aliquanto ', dato nel 1. e della
Germ. dai codd. ', tran- ne il Bamberg.
(B del Massmann) che presenta ' aliquando ',
TErnesti sostituisce 'aliquantum '; e il Halm, che nella 2.* ed. delle opp. di Tac. (Lps. 1871, voi. II,
p. 194) aveva accolto senza alcuna
esitazione * aliquanto ', nella 4.» (Lps. 1883, voi. II, p. 222) dubitò che si dovesse sostituire
con 'aliquantutn \ e confortò il dubbio
con la frase dell' Agr. 24, 9 ' haud m u 1-
turo a Britannia differunt*. Il Ramorino (Cora. Taciti opera quae supersunt, Milano 1893, voi. Il, p. 210)
contrappone, in sostegno di 'aliquanto*,
il 1. di Plin. n. h. XXXV 80 'quanto
quid a quoque distare deberef: e Tosservazione di lui ò ripe- tuta da Io. Mueller, ed, e. , p. 6. — 64 —
n. h. XXXV 56 ^ eosque, qui monochromatis pinxerint.... aliquanto ante
fuisse '.^ Nella n. h, la v. ' alìquaato ' si
accompagna anche coi comparativi : V 3 * e uicino tractii aliquanto excelsiore '. XXI 27 *
folio aliquanto altiore ' : se ne notano
ess. precedenti in Plauto, Cice- rone,
Nepote, Sallustio e Livio. * 2.° *
ceterum ' : è assunto in più funzioni :
a) per riprendere il discorso interrotto da una di- gressione : Germ. 3, 9 ' ceterum et Vlixen
quidam o- pinantur ' e. q. s. n. h. V 149
' ceterum intus in Bithynia colonia
Apamena ' e. q. s. : cf. 2, 30. ^ h)
per significare quasi la stessa opposizione indicata da ' sed ', in principio di una frase: Germ.
2, 19 * ce- 1 Un altro es. da addarsi
sarebbe presentato dal 1. della n. h,
XXXV 134 * et aliquanto praefertur Athenion ' ; cosi letto se- condo i codd. Riccard., Paris. 6797 e Paris.
6801: il Jan, voi. V, p. 91, 26 ed il
Mayhoff, voi. V, p. 278, 6, vi sostituiscono * ali- quando '. — Analoga costruzione della v. ^
aliquanto ' coi verbi osservasi in Cic.
de inu. rhet II 51, 154. p. Quinci, 12 , 40. p.
Rose. Ara. 45, 130. in Verr. Ili 17, 44. IV 39, 85; 63, 141. p.
Caeein. 4, 11. in Cam. Ili 5, 11. p.
Sull. 20 , 56. de dom. s. 23 , 59. 38,
102. p. Sest. 35, 75. in Vatin. 10, 25. ep. (ad fam.) IX 26, 4 de r. p. VI 9 (1), 9. de legibus II 26, 64. de
off. I 23, 81. etc. « Plavt. aul 539 (III 6, 3). Epid. 380 (III
2, 44). Cic. p. Rose. Am. 2, 7. 9, 26. diu. in Caecil. 5, 18. 15, 48. in Verr. I 1, 2; 27, 70; 54, 140. II 1, 1. Ili 38, 87; 43, 102;
47, 113; 63, 148; 64, 150; 57, 131 ; 92,
214. IV 34, 76. de leg. agr. II 2, 3. p. Rabir. perd. 3, 8. de har. resp. 22, 47. p. Cael. 3, 7.
aead. pr. II 29, 93. de fin. IV 3, 7 V
2, 4. Tuse. II 27, 6, e poi qualsiasi
segno divinatorio o presagio in gene-
rale, passò a significare la ^ consecratio \ come nel 1. e. della Germ. S."" ^ intumescere ' : notasi in
più 11. delle poesie di Ovidio, accolto
in senso proprio ed in traslato; ^ di
preferenza fu usato neir età postaugustea : Oerm. 3, 8 ' obiectis ad os scutis , quo plenior et
grauior uox reperoussu intumescat'. n.
Ti. II 196 'sine flatu intu- mescente fluetu subito': v. inoltre 2, 198;
217; 232. 6, 128. 18, 359. etc. ^ Quanto all' uso del v. ' intume-
scere' in senso proprio, v. n. h. 2,233. 8,85. 11, 179. 13, 124 14, 82. 17, 145. 20, 51. 21, 151. 22,
136. 23, 163. 28, 218; 242. 30, 38.
etc. 1 Cia in Fallii. 10, 24 '
indicem in rostris , in ilio, io^uam
augurato tempio ac loco conlocaris ' ed. C. F. W. Mu^ller. « Ovio. fast l 215. II 607. VI 700. ex Pont
IV 14, 34. etc. 9 Id senso trasl.
l'usarono pure Colvm. de r. r. 14, p. 318,
29. Tac. ann. I 38,5: cf. hist IV 19, 3. — 72 —
— C — Considerianoo ora quelle
espressioni che , sebbene usate dagli
scrittori anteriori, presentano nella Germ.
e nella n. h.y come in altri scritti del primo secolo d. Cr., un significato nuovo. I. — Sostantivi: 1.** ' blandimentum ' : fu adoperato al
plur., secondo r accezione classica ,
nelle sgg. frasi pliniane : n. h. VII 71 ^ fortunae blandimenta poUicentur '. XXVI
14 * alia quoque blandimenta excogitabat
'. Significò « cura
assidua » in un 1. della n. h. XVII 98 * hoc blandi- mento inpetratis radicibus Inter poma ipsa et
cacumi- na ' ; d' altro canto, valse,
per estensione, ad indicare « leccornie,
ghiottornie », facendosi sinonimo di ' con-
dimentum ' : v. Germ. 23, 4 ' sine blandimentis expel- lunt famem '. Questo ultimo significato
notasi in un 1. del sat. di Petronio. * 2.**
' meatus ' : Germ. 1, 10 ' donec in Ponticum mare sex meati bus erumpat '. n. h. IV 75 *
angusto meatu inrumpit in terras ' : v. 5,
3. 16, 184. etc. ; e cf. 19 , 85. 22, 117. 28, 197. Nello stesso
significato metoni- mico di « via, corso
», la v. ' meatus ' fu accolta dagli
scrittori del tempo di Plinio. ^ Ma, per significare moto, la V. ' meatus ' fu usata da scrittori
anteriori ^ e da 1 Petron. bcU. 141,
p. 665, 12 ' aliqua inueniemus blandimen-
ta, quibus saporem mutemiis '. « Val. Flacg. Ar^on. Ili 403. Cf. Tag. ann.
XIV 51, 4. 8 LvcR. de r. n. I 128. Verg. Aen. VI 849. Sil. It. Pan. XII
102. etc. — 73 — Plinio stesso: n. ft. X 1 1 1 * aues solae
uario meatu fe- runtur et in terra et in
aere ' ; v. inoltre: 6, 83. 9, 95. 11,
264. etc. II. — Verbi : 1." ' firmare ' : Germ. 39, 2 ' fides
antiquitatis reli- gione flrmatur '. Con
lo stesso significato in traslato ,
riferito a cose religiose, appare prima in un carme cit. da Cicerone e nei carmi di Virgilio. *
Nella n. h.y oltre al presentare in più
11. il significato di « fer- mare,
rassodare, rinforzare » : v. 10, 94. 17, 206; 212. 18, 47. 20, 212. 35, 182. etc, (il quale
significato osser- vasi prima in
Cicerone, Virgilio, Livio , Curzio , Colu-
mella ^) , si attiene , come si ha es. da Celso in poi , =^ ad argomenti di medicina: v. n. h. 14, 117.
21, 180. 24, 119. etc. 2." ^ imputare ' : apparve nella
latinità dell' evo au- gusteo, col
significato in traslato di « attribuire come
colpa, imputare »: * uso continuato poi da Valerio Mas- simo , Seneca , Plinio Secondo , e indi da Quintiliano, 1 CiG. de dia, 1 47, 106 'sic aquilae
clarum fìrmault luppiter omen '. Verg. Aen, II 691. XII 188: cf. XI 330. « Cic. Tuse. II 15, 36. Verg. geonj. Ili 209. Aen. HI 659. Liv. XXVII
13, 13. CVRT. hisL A. M. IV 9 (38), 18. IX 10 (41), 18 CoLVM. de r. r. VI 27, p. 486, 38. Cf. Tag.
ann, IV 73, 7. 3 Cels. de med. Vili 7,
p. 320, 5.. La frase * f. aluum solutam *,
che il Georges, ausfiXhrL Handwb,^ I, e. 2572 , attribuisce a Celso, appartiene invece a Plinio: v. n h,
XIV 117 * est centra Lycia (8C. uua)
quae solutam ( se. aluum ) firmat *. La fra^^e
genuina di Cels. de med. I 3, p. 20, 3 è la sg. : * aluum fir- mare is, cui fusa. * * OviD. episL {her.) 6, 102. mei. II 400. XV
470. Vedi Krebs -Sghmalz, aniib. I, p.
640. — T4- Tacito e altri. MI v. ' imputare ' fu aftche
adoperato oell' età postclassica in
senso traslato , per significare «
ascrivere a merito, attribuire come merito »: Germ. 21, 15'gaudent muneribus, sed nec data
imputant nec acceptis obiigantur '. n.
h. Vili 60 ' ut facile appareret gratiam
referre et nihil inuicem iuputare '. Lo stesso
significato notasi in Seneca padre, Fedro, Seneca figlio, etc. ^ Assume anche nella n. h. il
significato semplice di « assegnare,
indicare »: XXIV 5 ' ulcerique paruo
medicina a Rubro mari inputatur '.
3."* * prouocare ' : Oerm. 35, 9 * quieti secretique nulla prouocant bella '. n. h. XXXIII 4 ' didicit
homo natu- ram prouocare': v. 6, 208.
19, 5. Con significato con- simile si
nota in Cicerone , Livio , Velleio Patercolo ,
Lucano, etc. ^ Plinio usò pure in traslato il v. ' prouo- care ' : n. h. XVI 32 ^ omnes tamen has
eiusf'sc. roboris) dotes ilex solo
prouocat cocco ' : v. 9, 66. 35, 94; e cf.
21, 4: tale uso fu continuato da Quintiliano, Tacito, Plinio il giovane, Suetonio, etc. ^ 4.'' ' submittere ': nel significato di :
VII 112 ' fasces litterarum ianuae submisit is
cui se oriens occidensque submiserat ': v. 8, 3. 10, 132. 11, 260. etc. ; ^ quanto nel senso traslato :
XXIX 21 ' neque enim pudor , sed aemuli
pretia summittunt '. ^ III. —
Avverbi. 1.** ^ adhuc ': Germ. 19, 10 '
melius quidem adhuc eae ciuitates, in
quibus tantum uirgines nubunt. ' n. h.
XVIII 24 * quandoquidem qui adhuc diligentius ea tractauere ' e. q. s. L' avv. ' adhuc ',
usato per parti- cella rinforzativa col
comparativo, invece della v. 'etiam'
preferita nel periodo aureo della lingua latina, appare nella latinità argentea. ^ È anche
postclassico l' uso di i SBN. dial XI
17, 5. ep, XIX 5 (114), 21. Plin. episL VII 27,
14. SVBTON. din, lui. 67, 12. 2
Cosi in Liv. II 7, 7. XLV 7, 5. Ovid. fast. Ili 372. 5 Lteato in trasl., appare prima in Cic.
diu. in Caeeil 15, 48. p. Piane. 10, 24.
Vbrg. Aen. IV 414. XII 832. Liv. VI 6, 7. Ovid.
epist (her) 4, 151. Sbn. de ben. V 3, 2. ep. VII 4 {66) y 6. XIV 4 (92), 2.
* SBN. ep. V 9 (49;, 3. Qvintil. e. o. I 5, 22. II 15, 28 e 29. X 1, 99. SvBTON. Tib. 17, 1. Vedi Goblzer,
grammatieae in Sul-- pieium Seuerum
obaeruaiionea. Par. 1883, pp. 92-93. L'es. ap-
parentemente simile, ma in realtà diverso* di uà 1. di Celio in CiG. ep. (adfam.) Vili 7, 1 ' eo magia, quo
adhuc feliciua rem gessìsti *, è ben
chiarito neir antib. Krbbs-Schmalz , I, p. 87.
et Hand, Turs. I» pp. 156-167.
— 76 — ' adhuc ', invece di '
praeterea ', nei segg. 11. Germ. 10, 9 ^
sin permissum, auspiciorum adhuc fldes exigitur. ' n. h. XXXIII 37 ' sunt adhuc aliquae non
omittendae in auro diflferentiae '. ^
Notasi inoltre ' adhuc ' nella n. h. col
valore di ' hactenus ' : XXXVII 27 ' magni-
tudo amplissima adhuc uisa nobis erat ' e. q. s. ; ^ e nella Germ. in sostituzione delle espressioni
classiche ' tum ', ' etiam tum ', ' tum
etiam ', etc. : ^ 28 , 5 ^ oc- cuparet
permutaretque sedes promiscuas adhuc et nulla
regnorum potentia diuisas '. *
2.*" ' clementer ' : Germ. 1^ 8 * Danuuius molli et cle- menter edito mentis Abnobae iugo effusus '.
Prevalse neir età argentea della lingua
latina 1' uso di riferire ' clementer '
a luoghi : ^ Plinio lo riferi ad animali,
e, trattando dell' addomesticamento degli elefanti , os- servò: n. h. Vili 25 ' argumentum erat ramus
homine porrigente clementer acceptus
(se. ab elephante) '. ^ 3.° ' hodieque
' : Germ. 3, 12 ' quod (se. Asciburgium)
in ripa Rheni situm hodieque incolitur '. n. h. Ili 124 ' Nouaria ex Vertamacoris, Vocontiorum
hodieque pa- 1 V. ess. consimili in
Sbn. n. q. IV 8. Qvintil. i. o. 11 21, 6.
2 Per la differenza tra ' adhuc ' e * hactenus ' v. Ha.nd, Turs. IH pp. 4-14. Krebs-Schmalz, antib. I, p. 587
sg. Cocghca, sint lai. § 85, XII, p. 199. 3 Gandino, sint lai. I, es. 71, n. 3, p 120.
II, es. 150, n. 4, p. 97. 4 Cf. Tao. Agr, 16, 24. 37, 1. hist I 10, 1 ; 47, 8. ann, I, 5 13; 48, 2; 59, 11. II 46, 8. IV 56, 8. XI 23, 9.
etc: nei quali 11. la v. ' adhuc ' ò
riferita ad un* azione passata. 5
CoLVM. de r. r. II 2, p. 332, 19. Sen. Oed, 281. SiL. It. Pun. I
274, Cf. Tac. hist III 52, 2. ann. XII 33, 8. XIII
38, 13. fi Cf. Gell. n. A. V 14, 12: vi
si menziona il racconto di A- pion
Plistonlces intorno al leone di Androclo.
— 77 — go, (se. orla est) ' : v.
inoltre 2, 150. 8, 176. 16, 10 ; 15. 18,
65. 30, 2; 13. 36, 189. etc. L'uso di ' hodieque ' nel significato delle espressioni classiche '
hodie quoque', ' etiam hodie ', o
semplicemente ' hodie ', ^ si comincia
ad osservare negli scritti della età postaugustea, alcu- ni dei quali anteriori alla Germ. od alla n.
h. ^ — D — L' uso delle voci, delle quali si tratta
nella presente sezione, apparisce tanto
nella Gerani, e nella n. h,^ quanto
negli scritti, a noi pervenuti, del V sec. d. Cr. : negli scritti anteriori non si osserva traccia
alcuna di tali voci, I. — Sostantivi
: 1.^ ' adfectatio ' : Germ. 28, 15 '
Treueri et Neruii circa adfectationem
Germanicae originis ultro ambitiosi sunt
'. 3 n. h. XI 154 ' tanta est decoris adfectatio ut tin- 1 Vedi Krebs-Schmalz, aniìb. I, p. 597.
Gandino, sint lai. II, es. 150, D. 4, p.
97. Cocchia, sint lai. § 137, rZ, p. 305.
« Vell. Paterc. h. R. I 4, e e 3. II 8, 3; 25, 4; 27, 5. Val. Max. f. ei d. m. Vili 15, 1. Sen. consultum
Claudianum de iure ho- norum Gallis
dando ( tav. di Lyon ) , col. Il, 12 : vedi Dessau, insertpi. Lai., voi I, Beri. 1892, p. 53.
Sen. de clem. 1 10, 2 (ma nel cod Leid.
suppl. 459 [Lips. 49] si accoglie la lez. * hodie '). n. q. I proL, 3. ep. XIV 2 c90), 16 ; 25 ;
33. Cf. Qvintil. i. o. X 1, 94. dial. de
oraioribus 34, 37, secondo i codd. Vatic. 1518 e Farnes. : il Halm vi accolse la lez. * hodie
quoque '. 3 II FiNCK ( Tao. Germ.
erìàuleri, Gòttingeii 1857 , p. 227 ), il
Kritz (op. e, p. 43) ed altri, valendosi della lez. presentata dai codd. Vatic. 1862 , Vatic. 2964, Leid. ,
Venet. , leggono * nulla affectatione
animi' nel I. della Germ. 5, 19, dove gli altri codd. danno * offcciir De '. Quanto al I. sopra
cih "della Germ 28, — 78 — giiantur oculi quoque '. XXXIV 6 * circa id
multorum adfectatio furit '. Appare con
lo stesso significato in Seneca, Tacito,
Suetonio: ^ l'assumono in senso retorico
Quintiliano e Io stesso Suetonio. ^
2.** ^ boraicidium ' : Germ. 21, 3 ' luitur enira etiam homicidium certo armentorura ac pecorura
nunaero '. n. h. XVIII 12 ' suspensumque
Cereri necari iubebant grauius quam in
homicidio conuictum '. Della v. * ho-
micidium ', invece della v. classica ' caedes ', si valsero anche Seneca padre, Petronio, Quintiliano. ^ 3.° '
intellectus ' : Germ. 26, 10 ' hiems et uer et ae- stas intellectum ac uocabula habent '. Con lo stesso valore passivo, ad
indicare « significato, senso, concetto »
di qualche cosà, appare la v. ^ intellectus ' in Quinti- liano. ^ Nella n. h, presenta il significato,
in generale, di « sentimento,
percezione, senso »: XI 174 ' intellectus
saporum ceteris in prima lingua, homini et in palato '. 15, i codd. Monac, Rom. ( Aug. bib.l. ),
Hummelian., Stotgard. presentano la lez.
' affectionem * : migliore ò la lez. ' adfectatio- nem ', data dal cod. Leid. e da altri,
poichò, come nota il Dilthey {Tae, Germ.
libellus vollstaendiy erlàuiert, Braunschweig 1823, p. 176) « ' affectio ' ist jede die Seele
aufregende Leidenscbaft, * affectatio *
hiogegen das oft ins Laecherliche getriebene Stre- ben nach einer Sacho Letzteres steht also
hier (Germ, 28, 15) an seiner Stelle. » 1 Ben. ep. XIV 1 (89), 4. Tao hi8t I 80, 7.
Svkton. TU. 9, 5. 2 QVINTIL. i. O. I 6,
40. SVBTON. Tiò. 70, 3. etc. 8 Sen. rhet. conirou. IV 7, p. 270 , l.
Petron. sai. 137, p. 653, 16. QviNTiL. L o. III 10, 1.
4 QviNTiL. i. 0. I 1, 28. VII 9, 2. Vin 3, 44. eie. Il 1« es. e. dì Quintiliano é a torto attribuito a Seneca
nell'aus/ì^/ir^. Handwb,^ II, e. 291,
del Georges, e nel dizion. lat-it. GsoRaEs-CALONOiii, ed. oit, e.
1394* — 79 — XI 280 * neque enim est intellectus ullus in
odore uel sapore ' : v. 2, 149. 13, 35. 19, 171. 31, 87; 88. etc. : è
riferito talvolta ad animali : X 108 ' columbis inest quidam et gloriae intellectus ' ; per altri
ess. v. 8 , 1 ; 3; 48; 156; 159. 9, 148.
10, 33; 43; 51; 137. 28, 19. 29, 106.
etc. 4.** * repercussus ' : Germ, 3, 8
^ quo plenior et grauìor uox repercussu
intumescat '. n. h. XXXVI 99 ' turres
septem acceptas uoces numeroso repercussu multipli- cant. ' In altri 11. della n. h. la v. ^
repercussus ' pre- senta significati che
si diramano dal concetto comune del
fenomeno di riflessione fisica : II 45 ^ in repercussu aquae '. V 35 * solis repercussu '. V 55 ^
etesiarum eo tempore ex aduerso flantium
repercussum '. XII 86 * meridiani solis
repercussus '. XVI 6 ^ occursantium
inter se radicum repercussu '. XXXVII 22 * colorum repercussus ' : v. inoltre 10, 43. 11 , 148 ;
225. 31 , 45. 33, 128. 35, 97; 175. 37,
76; 104; 137; 165. etc. Altri scrittori
del periodo postclassico si valsero della v.
^ repercussus '. ^ II.
Verbi. 1.^ * excrescere ' : Germ. 20, 1
' in omni domo nudi ac sordidi in hos
artus, in haec corpora, quae mira- mur,
excrescunt '. Lo stesso uso di ' excrescere ' si nota in Seneca. ^ Niella n. h. è, come nel de r.
r\ di Colu- 1 Vedi Plin. epist II 17,
17. Non è cit. eoa esattezza nel Lex,
Forcellini-De ViT, t. V, p. 176 , e neWaunfuhrl. Handiob. del Georges, II, e. 2074, il passo di Flor. epit
I 38 [III 3], 15, in cui legges': * ex
splendore galearum aere repercusso quasi ar-
dere caelom uideretur* (Halm).
L* imitò Macrob. sat. I 7, 25. Vedi per rargomento le phi- lologisehe Ahhandlungen di M. Hertz, Beri.
1888, p. 41. 2 CiG. p. Ro^e. Am, 22, 63. de fin. Ili 19, 62. V
14, 39. 8 Cabs. b. e. II! 92, 2. 4 Cf. Tac. Agr. 20, 7. 5 Liv. XXII 12, 7. XXXII 4, 4. Cf. Cic. de
nat d. II 57, 144. 6 Pompon. Mbl. ehor, II 3, 34. Ili 1, 8 e 9 e 10 ; 8, 81. Plin. n. h IV 76. — 84 —
etc. ,* anche nella Germ. 27, 6 ' lamenta ac lacrimas cito, dolorem et tristitiam tarde poniint '.
Plinio ado- però la V. ' lamentum ' in
traslato: n. h. X 155 ' la- menta circa
piscinae stagna mergentibus se puUis na-
tura duce '. S.** ' lasciuia ' :
Germ. 24, 5 ' quamuis audacis lasci-
uiae pretium est uoluptas spectantium '. Con significati vicini a quello che si nota nel 1. e. della
Germ. la v. ' lasciuia ' era stata
accolta da Pacuvio, Cicerone, Lu-
crezio, Seneca. ^ Plinio , oltre all' adoperarla secondo l'uso comune (v. n. h. 5, 7. 9, 34. 18,364.
etc), la ri- volse, in traslato , a
denotare quelli che a noi paiono
capricci della natura : n. h. XI 123 ^ nec alibi maior naturae lasciuia '. XIV 15 ' est et illa naturae lasciuia ' : V. 8, 52. 26, 2. 36, 12. 9.° ^ nodus ' : Germ. 38, 5 ^ insigne gentis
obliquare crinem nodoque substringere '.
Ovidio aveva riferito ' nodus ' all'acconciatura dei capelli. ^
Similmente nella n. h. si adopera la v.
' nodus ' in senso proprio: XXVIII 63 '
uulnera nodo Herculis praeligare '; * ma vi è an- che accolta in traslato, ora riferita ad
argomenti zoo- 1 Cic. in Pi8, 36, 89.
p. Mil. 32, 86. Tuse. II 21,48. de legihus
II 25, 64. Cai. m. 20, 73. Vero. Aen. IV G67.,Pergli ess. di Lu- crezio e di Livio , V. i' ausfuhrl. Handwb . del Georges, II, e. 483. Cf. inoltre Tac. Agr, 29, 3. hist IV 45,
5. 8 Pacvv. in CiG. de diu. I 14, 24. Cic. de fin.
II 20, 65. Lvcr. de r. n. V 1398. Sen. dial. XII 18, 5. Cf. Tac. hist. Ili 33 ,
13. ann. XI 31, 14; 36, 12. 3 OviD. ars am. Ili 139. Lo ripetè, più tardi, Martial. epigr. V 37, 8.
* Del * nodus Herculis ' o * Herculaneus * è fatta menzione da Sen. ep. XIII 2 (87), 38. Cf. Pavli exc. ex
Uh, Pomp. Fesii^ voce • cingillo ', p.
44, 24 ed. Thewr. d. P. — 85 — logici: V. 11, 177; 217. 28, 99; » o botanici
: v. 13, 52. 16, 158; 198, secondo ess.
precedenti ; ^ ora ( e , come pare, per
la prima volta) a minerali: v. 34, 136. 37, 55;
150; ovvero ad indicare tumori o indurimenti del corpo umano: v. 24, 21 ; 24. 30, 110: cf. 11, 216. 10.° ' potus ' : Gerani. 23, 1 * potui umor
ex hordeo aut frumento '. n. h. XXII 164
^ ex iisdem (se. frugibus) • fiunt et
potus '. Altri ess. della v. ^ potus ' presenta la n. /^., tanto nel significato di bevanda,
quanto in quello di « bere, tracannare
», secondo l'accezione precedente di
Cicerone, Celso, Curzio, etc. : ^ v. n. h, 8, 122 ; 162; 209. 9, 46. 10, 201. 11, 176; 283. 13, 25;
51. 14, 137; 149; 150. 16, 4. 21, 12.
23, 37. 26, 17. 28, 53; 55; 84; 197. 29,
26. 31, 33. 32, 34 ; 54 ; 57. 34 , 151. 36, 156. etc; * ma per la prima volta notasi nella n.
h, nel si- gnificato di « escremento
umano » : v. 9, 138. 17, 51. 11.° '
pubertas ': n. h. VII 76 ' uidimus eadem ferme
omnia praeter pubertatem in Alio Corneli Taciti ' e. q. s. cf. 21, 170. Con lo stesso significato
metonimico , per indicare il segno della
pubertà, se ne valse Cicerone. ^ Ma la
V. considerata assume il nuovo significato meto- nimico di 4c forza virile, virilità, facoltà
di generare » nella Germ. 20, 6 * sera
iuuenum uenus , coque inex- ^ Cosi
anche in Cabs. b. G. VI 27, 1. Vbrg. Aen. V 279. Lv- CAN. de h. e. VI 672. etc. * Ess. precedenti se ne osservano in Verg.
bue, V 90. georg, II 76. Aen. VII 507.
Vili 220. IX 743. XI 553. Liv. I 18, 7. Sen.
de ben. VII 9, 2. Colvm. de arb. 3, p.
670, 5. « Cic. de diu. I 29, 60. Cels.
de med. II 13, p. 56, 28. Cvrt. hi8i. A. M. VII 5 (21), 16. Cf. Tao. ann.
XIII 16, 4. 4 Vedi Krbbs-Schmalz,
antib., v. * polio und polus ', II, p. 308.
5 Cic. de naL d. II 33, 86. hausta pubertas': appare nella n. h.^ riferita, in tras- lato, alle piante : v. 23, 7. * Quanto a ^
pubertas ' in senso proprio, v. 25,
154. 12.° * raptus': valse da prima a
significare « ratto, rapimento per amore
» ; - nella n. h. fu usata anche per
indicare « strappo mediante uno strumento , pial- lata »: XVI 225 ' pampinato semper orbe se
uoluens ad incitatos runcinae raptus '.
Nella Germ. si assunse nel significato
della v. ^ rapina ', accolta dalla latinità clas- sica, cioè « ladroneccio, rapina »: 35, 10 ^
nullis rapti- bus aut latrociniis
populantur '. ^ 13.° ' sagitta ' : nel
significato proprio di « freccia ,
dardo, strale, saetta », ^ osservasi nella Germ. 46, 15 ' solae in sagittis spes '; e nella n. h. VII
201 ^arcum et sagittam Scythen louis
filium , alii sagittas Persen Persei
filium inuenisse dicunt ': v. 11, 279. 16, 161. etc. Ma nella n. h. vale eziandio non solamente a
indicare, se- condo gli ess. di
scrittori precedenti, una specie di sorcolo
o magliuolo:^ v. 17, 156; e una costellazione : '^ v. 17, 131, 18, 309; 310; ma anche a designare (a
quanto pare. 1 In un altro 1. della
n. h. ò sostituita a ' pubertas ' la voce
propria : 12, 131 'in prima lanugine '.
2 CiG. in Verr. IV 48, 107.
Tuse. IV 33, 71. Ovid. fasi. IV 417.
Sen. dial IV 9, 3. Plin. n. h. 34,
69. Cf. Tac. ann. VI 1, 15. 3 Lo stesso
congiungimento di ' raptus * al plur. con * latro- cinium ' o ' praeda ' si osserva in Tac. hi9t
I 46, 13. ann, II 52, 4. 4 Vedi Cic. in
Verr. IV 34, 74. Phil II 44, 112. aead. pr. II
28, 89. de fin, III 6, 22. Tuse. I 42, 101. II 7, 19. de nat d. I
36, 101. II 50, 126. etc.
5 CoLVM. de r. r. Ili 10, p. 384, 1-8 ; 17, p. 393, 9-10. 6 Cic. Arai phaen. cum Groti suppl. vers. 84
(325), pag. 369. Gbrman. Arai, phaen. v.
315, in PLM. voi. I, p. 166, ed. Baehrens. AviBN. Arat vv. 669, 689, 985, 1117, 1258 ed.
Breysig. per ia prima volta) la
pianta detta comunemente € lin- gua di
serpente »: XXI 111 * idem (se. Mago) oiston
adici t a Graecis uocari, quàm inter uluas sagittam ap- pellamus '. ^ 14.** ' satisfactio ' : voce usata prima da
Cicerone, Ce- sare, Sallustio per
significare « discolpa, scusa ». ^ Nella
Germ, conserva lo stesso significato, aggiuntovi il con- cetto della pena: 21, 3 ^ luitur enim etiam
homicidium certo armentorum ac pecorum
numero recipitque satis- factionem
uniuersa domus '. Plinio la riferì agli ani-
mali e, trattando delle colombe , scrisse : n. h. X 104 * tunc plenum querela guttur saeuique rostro
ictus,- mox in satisfactione exosculatio
'. 15. "* ' sedes ' : in senso
traslato, per indicare « sog- giorno,
stanza, dimora, paese, patria », secondo l'acce- zione classica, ^ appare nella Germ. 2, 3 '
classibus aduehebantur qui mutare sedes
quaerebant ': v. 25 , 2. 30, 1. Plinio
ne fece uso tanto in senso traslato, ana-
logo al precedente: v. n. h. 2, 102. 11 , 138 ; 157. 22, 14. 33, 74. 36, 102 ; ^ quanto in senso
metonimico : v. 22, 61; 143. 23, 75; 83.
26, 90 32, 104 : in questa se- 1 *
Oiston • legge nel 1. e. della n. h. Ose. Weise ; v. Jahrbb. del Fleckeisen, 1881, p. 512. 1 codd. Paris.
6795, Riccard., Leid. Voss. e Ted.
Detlefsen (voL III, Beri. 1868) danno * pistana \ « CiG. ep. (ad fam.) VII 13, 1. Caes. 6. G.
VI 9, 8. Salì.. Cat 35, 2. etc. 3 Cic. p. Cluent 61, 171. 66, 188. p. Mar,
39, 85. p. Sulla 6, 18. p. Areh, 4, 9.
de proo, eons. 14, 34. p. Marcel. 9, 29.
Caes. b. G. IV 4, 4. Sall. Cat 6, 1.
Verg. Aen, XI 112. Ovid. mei. Ili 539. XV 22. etc. 4 Cf. Caes. 6. G. I 31, 14 ^ aliud
domicilium , alias sedes... petant
'. — 88 — conda accezione non pare che altri V abbia
preceduto, le."* ' tristitia ' :
nella Oerm. e nella n. h. è accolta nel
significato proprio di « mestizia, tristezza », secon- do l'uso che se ne era fatto dagli scrittori
precedenti; ' Germ. 27, 7 ^ dolorem et
tristitiam tarde ponunt '. ^ n. h, XXIV
24 ' inuenio potu modico tristitiam animi
resolui': v. pure 21, 159. 23, 38. 25, 12. 35, 73. Plinio usò, inoltre, la v. ' tristitia ' in senso
traslato, riferen- dola a cose inanimate
: n. h, II 13 ' hic (se. sol) caeli
tristitiam discutit '. XVIII 184 ' sarculatio induratam hiberno rigore soli tristitiam laxat
temporibus uernis ': e in ciò egli seguì
gli ess. analoghi presentati da Ci-
cerone; 3 ma, probabilmente per il primo, appropriò la V. considerata ad animali : n. h. IX 34 ^
delphinorum similitudinem habent qui uocantur
thursiones. distant et tristitia quadam
adspectus ' : v. 11, 63 (per le api).
32, 60 (per le ostriche). IL —
Aggettivi: 1.° ' asper ': appare, usato
in traslato, in un 1, della Germ, 2, 8 *
Germaniam peteret , informem terris , a-
speram caelo ' : * nella n. h. è assunto , come in 11. di 1 CiG. de or. II 17, 72. eum sen. grai, egii 6, 13.
Lvcgbivs, in Cic. ep. {ad fam.) V 14, 2.
Sall. Cat 31, 1. Hor. carm. I 7, 18.
OviD. mei. IX 397. Val. Max. / et d. m, 1 6, 12. II 6, 14. Sen. dial IX 15, 1. « Consimile frase * tristitiam poni ' si
legge iti Ovid. ex Pont II 1, 10. 3 Cic. ad Ait. XII 40, 3. de nat d II 40, 102. de off, I 12, 37. * Vi ha analogia
con Taso fattone da Ovid. me^. XI490. Vell.
Patbrc. h. R. II 113, 3. — 89
— autori precedenti, » nel significato
proprio: v. 3, 53. 6, 167. 17, 43 ; ed è
anche riferito al senso del gusto : *^
V. 2, 222. 12, 27. 19, 111. 20, 97. 25, 159; e, probabil- mente per la prima volta, al senso
dell'odorato: XXVII 64 ^ radice longa,
aequaliter crassa, odoris asperi '. ^
2.** ' uoluntarius ' : adoperato in senso obiettivo, per indicare ciò che si compie per libera
volontà, appare, come in Cicerone,
Livio, Valerio Massimo, etc, ^ anche
nella Qerm. 24, 9 ' uictus uoluntariam seruitutem adit '; e nella n. h. VI 66 ' uoluntaria semper morte
uitam accenso prius rogo flnit ': v. 37,
3; e cf. 28, 113. Ma nella n. h. si
estende alla designazione di fatti naturali:
1 Varr. r. r. II 5, 8. Cic. pari, or, 10, 36. Lvcr. de r. n. VI 1148. Vbrg. bue. X 49. georg. II 413. Liv. XXV 36, 5: cf
XXXVH 16, 5. OviD. mei VI 76. 2 Cosi in Plavt.
capi. 188 (I 2, 85); 496 (III 1, 37). Ter. hauL
458 (III 1, 49). Verg. georg IV 277. etc. 3 II Georges nel suo ausfùhrl. Handwb, I, e.
581, in confer- ma del riferimento
deli'agg. * asper * ai sensi del gusto e del-
l' odorato, cita il 1. di Cic. de fin, II 12, 36 * quid iudicant
sen- sus ? dulce amarum, lene asperum ',
e. q. s. ; e la citazione si ripete nel
dizion, laL-iL Georges-Calonghi, c. 250. Senza dub- bio, r affermazione è esatta quanto al '
dulce amarum ' rife* rito al gusto; ma
ci pare inesatto riferire il * lene asperum '
air odorato, perchè nei citati vocabolari, in conferma del rife- rimento di * asper * al senso dell' udito, si
ripete , poco dopo , lo stesso 1. di
Cic. ' lene asperum *, con V avvertenz% che ad
* asper ' si contrappone * lenis ' : osservazione giusta questa ultima, in quanto che nel 1. e. di Cic. le
antitesi sgg. * prope longe, stare
mouere, quadratum rotundum ' non escludono che
r antitesi * lene asperum * si possa riferire al senso dell' udito. 4 CiG. ep. iadfam.) VII 3, 3. Liv. XXVI -36, 8. XXVIII 7, 9. Val. Max. /. et d. m. I 8, 3. Cf. Tac. hisL
II 45 , 3. [ deal, de oraiorihuB 41, 17]. — 90 —
XX 245 ' pinguius (se. serpyllum) uoluntarium et cail- didioribus foliis ramisque '. III. — Verbi: 1.° * adgnoscere ' : Germ. 5, 15 ' formasque
quasdam nostrae pecuniae adgnoscunt
atque eligunt '. n. h. XXIX 19 ^ alienis
oculis agnoscimus ' : v. 35, 89. Con tale
signi- ficato il V. ' adgnoscere ' era
stato usato prima * ; ma nella n. h. è
riferito anche ad animali: IX 23* nomen
Simonis omnes (se. delphini) miro modo agnoscunt '. 2.° ' colligere : Germ. 37, 8 ' ex quo si ad
alterum imperatoris Traiani consulatum
computemus , ducenti ferme et decem anni
colliguntur '. n. h. XIII 85 * ad quos
(se. consules) a regno Numae colliguntur anni
DXXXV ': 2 cf. 6, 59; e, per la forma attiva, 2j 186. ^ Nella n. h. è riferito pure, tanto nella
forma passiva quanto nella attiva, a
misure di lunghezza: IV 87 ' ad OS
Bospori CCLX M pass, longitudo coUigitur ' :
1 Cic. de fin. V 18, 49. Lael 27, 100. Caes. 6. e. H 6, 4. Vbrg. Aen. I 406. HI 82; 351. IV 23. Vili 155. X
843. XII 260. Ovu). fasi. V 590. Lycan,
de h. e. II 193. Cf. Tag Agr. 32, 18. 8
II n.o DXXXV nel 1. e. della n. h, leggesi neir ed. Mayhoff, voi. II, p. 332, 18 ; e, in proposito del d.^
aura., non è nolata al- cuna variante
presentata dai cod J. Tuttavia il Georges, auifàhrl. Handùcb., J, e. 1185, e il Valmaggi, dmi.
degli oratori eommenL Torino 1890, p.
66, T hanno mutato in DXXXXV: non sappia-
mo spiegarcene la ragione. 3 Cf.
deal de oraioribus 17, 16 * centuna et uiginti anni ab interitu Ciceronis in hunc diem colliguntur*.
È usato nella forma attiva in 24, 14 *
cum praesertim centum et uiginti an- nos
ab interitu Ciceronis in hunc diem [effici] ratio temporum collegerit ' : espunto 1' ' effici ' secondo
la proposta del RoenBch, in Rev, de
Vinsir. pubi, en Belg. 1865, p. 301. — 91 — V. 2, 245. 36 , 178. etc.
— XII 23 ' sexaginta passns pleraeque
orbe colligant ' : v. 3, 132, 5, 136. 36, 77.
etc. 3.° ^ eualescere ' : verbo usato
da Virgilio , Orazio , Seneca, Lucano,
etc. ^ fu da Plinio per la prima volta
riferito a vegetali: n. h. XV 121 * quae (se. myrtus plebeia) postquam eualuit flauescente
patricia ' : v. 16, 125. 17, 116. Nella
Oerm. è usato tanto in senso pro- prio:
28, 4 * ut quaeque gens eualuerat'; quanto in
traslato, per indicare la prevalenza di determinate voci neir uso comune : 2, 22 ^ ita nationis nomen,
non gen- tis eualuisse paulatim '.
^ 4.'' * lucrari ' : Germ. 24, 6 ^
aleam, quod mirere, so- bri! inter seria
exercent , tanta lucrandi perdendiue
temeritate, ut ' e. q. s. Con lo stesso significato proprio il v. ^ lucrari ' fu adoperato da Cicerone e
Orazio. ^ Nella n. h. acquista il
significato particolare di « gua-
dagnare mediante il risparmio » e perciò « rispar- miare » : XVIII 68 ' quod {se. marina aqua
subigi pa- nem) plerique in maritimis
locis faciunt occasione lu- crandi salis
'. Nello stesso senso pare che si debba in-
tendere il V. ^ lucrari ' nel 1. della n. h. XXXIII 45 ^ ita res p. dìmidium lucrata est ', cioè lo
Stato ri- sparmiò la metà della spesa,
accrescendo il valore di alcune monete,
al tempo della seconda guerra punica.
5.** * obtendere ' : con la forma mediale assume, per la prima volta, nella Germ. e nella n. h. un
signifl- 1 Vero. Aen. VII 757. Hor ep. II 1, 201. Sen. ep. XV 2 (94)
, 31. LvcAN. de b. e, I 505. IV 84. Cf.
Qvintil. L o. II 8,5. X 2, 10. « Cf.
Qvintil. l o. IX 3, 13. Tac. hist I 80, 8. ann XIV 58, 17. 3 Cic. in Verr, V 24, 61 ; 25, 62. p. Flaee.
14, 33. de off. II 24, 84. parad. 3, 1 (21). Hor. ep. II 3, 238. Quanto al senso trasl. del v. ' lucrari ', vedi Cic. in Verr. I 12,
33. Hor. earm. IV 8, 19. — 92 — cato locale d' uso geografico, ed ìndica «
estendersi di- nanzi » : Germ. 35, 3 ^
Chaucorura gens omnium quas exposui
gentium lateribus obtenditur , donec in
Chattos usque sinuetur '. n. h. Y 77 ^ buie (se. Libano)
par interueniente ualle mons aduersus Antilibaaus ob- tenditur '. * Nella n. h. presenta inoltre il significato , che notasi in Virgilio, ^ di « stendere
dinanzi , porre dinanzi » : XI 153 '
omnibus membrana nitri modo tralucida
obtenditur ' : v. 37, 100. e.*"
^occurrere': presentasi la prima volta con si-
gnificato geografico nella Gerrn. e nella n. h.-/^ Germ, 33, 1 ' iuxta Tencteros Bructeri olim
occurrebant ' n, h. Ili 95 ' quem locum
occurrens Terinaeus stnus pan- insulam
efiìcit '. V 84 ' apud Elegeam occurrit ei {sc-
Euphrati) Taurus mons': v. inoltre 6, 114; 128. etc. Presenta anche nella n. h, tanto il
significato, in tras- lato, di «
rimediare, essere d'aiuto », secondo gli ess.
dati prima da Cicerone, Nepote, Valerio Massimo^ Per- sio: "* XVIII 189 ' constatque
fertilitati non occurrere homines ' : v.
18, 332. 20, 225. 30, 107. 31, 118. 32, 1;
99. etc. ; quanto il significato di « presentarsi alla mente o alla vista, sovvenirsi y> : XXIX 2
* quaesdonem occurrere uerisimile est
omnium , qui haec noscant , cogitationi
' : cf. 24, 156. Questo ultimo significato os- 1 Cf. Tao. Agr. 10, 7. « Vero, georg. 1 248 : cf. Aen. X 82. 3 A tale sigoiflcato dovette certamente
pervenire per il tra- mite deir uso
fattone da Liv. XXXVI 25 , 4 * in asperis locis
silex paene inpenetrabilis ferro occurrebat*. Cf. Pompon. Mel. ehor. Ili 9, 89. Tag. Agr, 2, 9. 4 CiG. in Verr, IV 47, 105. p. CluenL 23,
63. Nep. XVI (Pel) 1, 1. Val. Max. f. et d. m. VIII 5, I. Pers. sai. 1,
62, 3, 64. — 93 — I servasi prima in
Cicerone, Cesare, Orazio, Seneca, Cur-
' zio, Columella, etc. * 7.° ^
periclitari ' : con valore intrans, pregn. di « ar- rischiare, essere intraprendente », appare la
prima volta nella Gemi. 40, 1 ^ plurimis
ac ualentissimis na- tionibus cincti
(se. Langobardi) non per obsequium, sed
proeliis ac periclitando tuti sunt ' ; cf. n. h. 18 , 302. In Cicerone e Cesare ^ ha il significato
generico di ¥. fare esperimento, far
prova ». In alcuni li. della n. h. con-
serva la qualità di v. intrans., ed è riferito , come in Celso, ^ ai pericoli causati da certi morbi :
XXX 114 ' utilissima sunt in iis
ulceribus, quae uermibus peri- clitentur
'. XXXII 54 ^ cinis eorum ( se. cancrorum
fluuiatilium) seruatus prodest pauore potus periclitanti- bus ex canis rabiosi morsu ': v. altresì 17,
217. 20, 165. 26, 112. etc. 8.** ^ praetexere ' : G^rm. 34, 4 ' utraeque
nationes usque ad Oceanum Rheno
praetexuntur '. n. h. VI 112 ' semper
fuit Parthyaea in radicibus montium saepius
dictorum qui omnes has gentes praetexunt '. Con signi- ficato consimile era stato prima adoperato da
Virgilio. ^ Nella n. h. assume altresì ,
in traslato , il significato generico di
« preporre, porre avanti »: XVIII 212 ' quos
J Cic. de or. Il 24. 104. Ili 49, 191. p. Mil. 9, 25. Tuse. I 22, 51. Caes. b. G. VII 85, 2. Hor. sat. I 4, 136. Sen. deal. I 6, 4. CvRT. hisL A. M. Ili 8 t21), 21. Colvm. de r. r. Il 2, pag. 334, 34. Cf. Tac. ann. XIV 53, 22. « Cic. de off. III 18, 73. Caes. b. G. II 8,
1. 3 Cels. de med. Il 1, p. 30, 14. V 26, 24, p. 178, 37. eie. 4 Verg. bue. 7. 12. Aen. VI 5. Cf. Colvm. de
r r. X 296, p- 579, 37. — 94
— (se. auctores) praetexuimus uolumini
huic ': v. praef. 21. 16, 4. » 9.** ' rarescere ' : eoa l'accezione in
traslato, per si- guijfìcare « diminuire
, divenire raro » , notasi la pri- ma
volta nella Germ. 30, 3 ' durant siquidem col les, pau- latim rarescunt'.2 Nel significato proprio fu
adoperato, dopo Lucrezio, Virgilio,
Properzio, Columella,^^ da Plinio: n. h,
XI 231 ' quadripedibus senectute (pili) crassescunt lanaeque rarescunt '. 10.° ' tolerare ' : Germ. 4, 8 ^ minimeque
sitim ae- stumque tolerare '. n. h. XXVI
3 ' foediore multorum , qui perpeti
medicinam tolerauerant , cicatrice quam
morbo '. Lo stesso significato notasi in Terenzio, Cice- rone, Sallustio, etc. ^ In un altro 1. la n.
h. presenta il V. ' tolerare ' per il
concetto di « mantenere , sosten- tare
», secondo l'uso fattone da Cicerone, Cesare, Vir- gilio, Columella , etc. : ^ VII 135 ' plurimi
iuuentam inopem in caliga militari
tolerasse '. XXXIII 136 ^ (Ptolemaeum)
octona milia equitum sua pecunia tole-
1 Fu continuato tale uso da Plin. pan. 52, 1. s Si ripete , poi , nella stossa accezione da
Amm. Marc. r. g. XXII 15, 25. XXVI 3,
1. 3 LvcR. de r. n. VI 513. Vero. Aen.
IH 411. Prof. IV 14 (15), 33. CoLVM. de r. r. Ili 16, p. 392, 38. Cf.
Sil. It. Pun. XVII 422. 4
Ter. hee. 478 (IH 5, 28). Cic. in Verr. Ili 87, 201. in Caiil. II 5, IC; 10, 23. ep. (ad fam.) VII 18, 1. ad
Q. fr. I 1, 8, 25. de fin. IV 19, 52.
Tuse. II 7, 18; 13, 30. V 26, 74; 37, 107. de din. II 1, 2. Caes. b. G. V 47, 2. Sall. Cai.
10,2. 20, 11. lug, 31, 11. Cf. Tac. hist
n 56, 12. ann. Ili 3, 9. 5 Cic. p.
Foni. 2, 13. Caes. b. G. VII 71, 4 Ccitato per inesattezza dal Georges, ausfiXhrl. Handwb. II, e. 2821,
con le indicazioni 7, 41, 7). h. e. Ili
49, 2; 58, 4. Verg. Aen. Vili 409. Colvm. de r. r. Vili 17,
p. 547, 19. Cf. Tac ann. II 24, 7. IV 40,
8. XV 45, 18- — 95 — rauisse '. Ma vi si accoglie, per la prima
volta , tanto nel significato di : Germ. 27, 9 ' haec in commune de omnium Germanorum origine ac moribus
accepimus '. 38, 4 ' quamquam in commune
Suebi uocentur ' : cf. 40, 6; altrove
(5, 1. 6, 14) si preferisce l'espressione
avverbiale equipollente ' in uniuersum '. n. h, XVII 9 ' quae ad cuncta arborum genera pertinent in
commune de caelo terraque dicemus '.
XXIII 36 ' reliqua in com- mune dicentur
'. ^ — F — Di una sola voce osserviamo essersi fatto
uso, perla prima volta, tanto nella
Germ. quanto nella n.h.: è la v. '
glaesum ', d'origine germanica, adoperata particolar- mente dai soldati per significare l'ambra:
" Germ, 45, 15 * soli omnium
sucinum, quod ipsi glaesum uocant, inter
uada atque in ipso litore legunt '. n. h. XXXVII 42 ' certum estgigni in insulisseptentrionalis
oceani et ab Germanis appellari glaesum,
itaque et ab nostris ob id unam
insularum Glaesariam appellatam '. Ma, come si
osserva nel 1. e, la Genn. accoglie anche la v. ' suci- num ', che trovasi nella n. h. identificata
con I' ' e- lectron ' dei Greci : III
152 ' iuxta eas Electridas uo- cauere in
quibus proueniret sucinum quod illi electrum
appellant': v. 4,103.8,137. 37, 31; 33; 43-45; 204. e te. ^ J Tale uso deirespressione avv. * in
commune * fu conlinuato da QviNTiL. L o.
VII 1, 49. Tag. ann, XV 12, 17. « Plin.
n. h. IV 97 * Glaesaria (se. insula) a sucino militiaa appellata, a barbaris Austerauia *. 3 Vedi il nostro libro sui Neologismi
botanici nei earmi bu" coliei e
georgiei di Virgilio, Palermo, 1901; n." 34, p, 67. CAPITOLO SECONDO Relazioni lessicali tra la Germania e le opere di Tacito. — A —
Ad un buon numero delle relazioni lessicali che do- vrebbero essere obietto del presente
capitolo, si è data, di mano in mano,
evidenza, mediante opportuni confron- ti
e richiami indicati in fine delia maggior parte delle note che corredano le relazioni lessicali tra
la Gemi. e la n. h. di Plinio , trattate
nel capitolo precedente. Restringiamo,
ora, il nostro compito a dare evidenza
ad alcune relazioni lessicali tra la Germ. e gli scritti di Tacito, nelle quali non si scorge, salvo
di rado e in modo indiretto, l'
intermedio della n. h, I. —
Sostantivi: l.** * annus': Ge7^m. 14,
16 ' nec arare terram aut exspectare
annum tam facile persuaseris \ Agr. 31, 5
' ager atque annus in frumentum — conteruntur '. Della V. ' annus ', adoperata per significare « il
raccolto o provento, la produzione dell'
annata », un primo accen- no appare in
Cicerone * : fu accolta da Properzio, e poi
dai poeti e prosatori dell' età postaugustea. ^ Nella n. 1 Cic. in Verr, a. pr. 14, 40. « Prof. V 8, 14. Lvcan. de b. e. Ili 452.
Stat. sii III 2, 22. Plin. pan. 29, 3. Consoli, La Germania comparala. T — 98 —
h. la V. * annus ' conserva il significato temporale: v. 2, 13. 9, 162. 18, 211. 28,22. etc. ; e solo
si può scor- gere come un tramite per
giungere al significato so- pra notato
nei sgg. 11. : XV 98 ^ fructus anno matu-
rescit \ XVI 95 ' sunt tristes quaedam ( se. arbores ) quaeque non sentiant gaudia annorum \ 2.** * audentia': Germ. 31, 1 ' et aliis
Germanorum populis usurpatum raro et
priuata cuiusque audentia apud Chattos
in consensum uertit ' e. q. s. 34, 10 ' nec
defuit audentia Druso Germanico', ann. XV 53, 9 * ut quisque audentiae habuisset '. ' Audentia ' è
voce della l^tiqità argentea : altri ess.
se ne osservano in Quinti- liano e
Plinio il giovane. ^ Nella n. h. si notano sol-
tanto le forme della flessione del participio ' audens '; V. 17, 222. 32, 53. 35, 61. etc. 3.** ^ copiae ' : consideriamo soltanto la
forma del plur. : 6r^rm. 30, 13 ^ omne
robur in pedi te, quem su- per arma
ferramentis quoque et copiis onerant '. his£.
Ili 15, 13 ' ut specie parandarum copiarum ciuili praeda milites inbuerentur. IV 22, 5 ' parum
prouisum ut co- piae in castra
conueberentur ': V. Agr. 22, 9. Prima
che nei 11. ce. la voce di forma plur. ^ copiae ', col si- gnificato di € provvisioni, provvigioni,
viveri, alimen- ti », era apparsa in
Cesare, Livio, Velleio Patercolo. ^
4.** ' fortuna ' : Germ. 21, 9 ' prò fortuna quisque ap- paratis epulis excipit '. ann. II 33, 13 '
quaeque ad u- sum parentur nimium
aliquid aut modicum nisi ex for- tuna
possidentis ': v. IV 23, 11. XIV 54, 9. La forma 1 QviNTiL. I. o. XII prooera. , 4. Plin.
episL Vili 4, 4. « Vedi gli ess. citati
dal Gboroes , ausfuhrl Handicb , I, e
1573: V. inoltre Plin. pan. 29, 5.
— 99 — sing. ' fortuna ', usata
invece della forma plur. per in- dicare
« ricchezze, beni di fortuna, averi, sostanze », osservasi accolta da Nepote, Orazio, Ovidio,
poi da Quin- tiliano, ^ probabilmente
per il tramite della frase cice- roniana
: ^ cuius denique fortunae studia tum laudi et
gratulationi tuae se non obtulerunt ? ' " Valgano per il confronto i sgg. 11. della n. h.i 11 118 ^
non erant malora praemia in multos
dispersa fortunae magnitu- dine '. VII
130 * si uerum facere iudicium uolumus ac
repudiata omni fortunae ambitione decernere , nerao mortalium est felix ' : ma è accolta la forma
regolare del plur. in XXXVII 81 ' ille
proscriptus fugiens hunc e fortunis
omnibus anulum abstulit secum ',
S."* ' pignora ' : consideriamo la sola forma del plur.:: Germ. 7, 11 * et in proximo pignora, unde
feminarum ulula tus audiri, unde uagitus
infantium ' : ann. XII 2, 3 '
baudquaquam nouercalibus odiis uisura Britannicum e^Octauiam, proxima suis pignora ': v. XV 36,
14; 57, 14. Agr. 38, 6. La forma plur. ^
pignora ' era stata accolta nella poesia
dell'età augustea, '^ per significare
figli, madri, mogli, insomma persone legate con intimi vincoli di parentela; donde la formola di '
obsecratio ' giudiziaria: ' per
carissima pignora'; della quale fa
menzione Quintiliano.* 6..'' ' suffugium ': Germ. 16, 11 ' solent et
subterra- 1 Nbp. XXV (Att.) 21, 1. HoR. ep, I 5, 12. Ovid. trist V 2, 57. QVINTIL. /. 0. VI 1, 50. « Cic. Phil. I le, 30. 3 Prof. V 11, 73. Ovid. meL III 134. XI 543.
episL (her.) 6, 122. 12, 192.
L'espressione * amoris pignora' di Liv. XXXIX 10, 1 ha un altro significato. * QviNTiL. I. 0. VI 1, 33. — 100 —
neos specus aperire suffugiura hiemi et receptacu- lum frugibus \ 46, 17 * nec aliud infantibus
ferarum imbriumque suffugium '. ann. IV
47, 7 ' sanguine bar- barorum modico ob
propinqua suffugia ' : v. Ili 74, 5. La
V. ' suffugium ', propria della latinità argentea, * si osserva prima in Seneca e Curzio. ' Tacito se
ne valse anche in genso traslato, ^
accostandosi all' es. che ne aveva
presentato Quintiliano.* Aggiungiamo
altri due aggettivi di forma neutra
plur., assunti col valore di sostantivi : ^ I 7,** ^ ancipitia ' : Gemi. 14, 10 ' facilius
inter ancipitia | clarescunt '. hisL
III 40, 10 ' mox utrumque consilium
aspernatus, quod inter ancipitia deterrimum est '. ^ ann. XI 26, 12 ' scelusque inter ancipitia
probatum ueris mox pretiis aestimaret '.
Tacito adoperò anche al sing. l'agg. '
anceps ' sostantivato: ann. I 36, 9 ' in ancipiti res publica '. IV 73, 16 ' ille dubia suorum
re in an- ceps tractus '. Nella n. h. la
v. ' anceps ' conserva la ftinzione di
aggettivo: IV 10 ' ancìpiti nauium ambitu '.
VII 149 ' ancipites morbi '. IX 152 ' periculum anceps \ XVII 191 ' anceps culpa '. XVIII 210 ' res
anceps '. J Si ha però un es. nel
carme pseudo-ovidiano * nux ', v. 1 19 *
quid, nisi suffugium nimbos uitantibus essem *.
8 SBN. dial IH 11, 3. CvRT. hUt A. M. VII! 4 (14}, 7. 3 Tac ann, IV »56, 11. XIV 58, 12. 4 QviNTiL. I. o. IX 2, 78. 5 V. la monografia di Th. Panhoff, de neuiriui generis ad- ieeiiuor. subsianiiuo usu ap. Tao. 1883. « F. RiTTBR, P.
Corn. Tae. opp., Lps. 1864, p. 525, 20 espunge
dal testo tacitiano le parole ' quod - est \ chiudendole tra pa- rentesi quadre. — 101 —
XXIII 31 ' ancipiti euentu \ XXV 16 * ratio inuentio- nis anceps ' : v. inoltre 10, 17. 22, 97. 23, 17 ; 20. 24, 75. 28, 21. 29, 1. etc. 8.** * missilia ' : Oerm. 6, 7 * pedites et
missilia spar- gunt, pluraque singuli '.
hist. IV 71, 24 *paulum morae in
adscensu , dum missilia hostium praeuehuntur \ V 17, 14 ' saxis glandibusque et ceteris
missilibus proe- lium incipitur '. L' uso di dare il valore di sostantivo
all'agg. ' missilia ', per indicare, in generale, proiettili di guerra , come saette , pietre , etc. ,
appare prima in Virgilio e Livio ; ^ poi
si usò con lo stesso significato anche
nella forma del sing. ' missile ': - ne abbiamo un es. nel sg. 1. della n. h. XXVIII 33 ' ferunt
difflciles partus statim solui, cum quis
tectum, in quo sit grauida,^
transmiserit lapide uel missili ex iis, qui tria animalia singulis ictibus interfecerint '. Del resto ,
nella n. h. è preferito V uso di '
missilis ' come aggettivo : v. 8, 85;
125. 34, 138. etc. II. —
Aggettivi. Annoveriamo, per la loro funzione,
tra gli aggettivi le sgg. forme participiali : 1.** ^ inlacessitus ' : Germ. 36, 1 *
Cherusci nimiam ac marcentem diu pacem
ini acessiti nutrierunt'. Agr. 20, 1
Vero. Aen. X 716. Liv. II 65, 4. VI 12, 9. IX 35, 5. XXVI 51, 4 XXXTV 39, 2. L'espressione * missilia
fortunae ', che osser- vasi iu SBN. ep,
IX 3 (74), 6, pare che abbia schiuso l'adito ad
un nuovo significato della v. ' missilia ' (= « doni largiti al popolo »), che appare in Sveton. Aug. 98, 19.
Ner. 11, 11. « Vedi LvcAN. de b. e. VII
485. Vbget. epit r. m. (ed. C. Lang) I
4, p. 9, 8; 14, p. 18, 6: in III 24, p. 117, 14 leggesi ' missibilia ', ma nel cod. Perizon. F 17 si nota ' missilia
' ; e ' missilia ' os- servasi anche nel
cod. Palai. 909, corretto da ' missibilia '.
— 108 — 1-1 ' nulla ante
Britanniae noua pars pari/&r illacessita
transìerit '. Il part. sempl. ^ lacessitus ' notasi nella n. h. Vili 23 ' nec nisi lacessiti nocent
'. 2.** ' intectus ', con la particella
premessa Mn - ' di valore negativo:
Germ. 17, 2 ^ cetera intecti totos dies
iuxta focum atque ignem agunt '. hist Y 22, 12 ^ dux semisomnus ac prope intectus errore hostiura
seruatur \ ann. II 59, 5 ^ pedibus
intectis ': e nel senso traslato, per
significare « aperto , schietto , fidente >, ann. IV 1, 12 * sibi uni incautum intectumque
efflceret \ ' » 3.** ' promptus ' :
Germ. 7, 2 ' duces exemplo potius quam
imperio, si prompti , si conspicui , si ante aciem agant, admìratione praesunt '. ann, IV 17, 16
* neque aliud gliscentis discordiae
remedium quam si unus al- terne maxime
prompti subuerterentur ': v. II 81, 7. IV
51, 16, XIV 40, 8. Con lo stesso significato di « corag- gioso, audace, valoroso », appare la v. '
promptus ', nel grado superlativo, in
hist. I 51, 24. II 25, 13. Ili 69, 13.
IV 14, 9. Agr. 3, 12. Quanto all'agg. 'promptus' rife- rito a cose, V. n. h. 8, 129. 9, 112. 11,
24. 4.** ' reuerens ' : Germ. 34, 12 '
sanctiusque ac reue- rentius uisum de
actis deorum credere quam scir^ \ hist.
I 17, 3. 'sermo erga patrem imperatoramque
reuerens '. Lo stesso significato presenta la v. * reuerens ' in Properzio. ^ Cicerone conservò T usq
psi^rticipiale di ' reuerens ' : * multa
aduersa reuerens '. ^ Plinio vi a, an-
che nei sgg. 11. di Tacito: Agr. 34, 13 * transigite cum expeditionibus '. hist III 46, 14 * quod
Cremonae inte- rim transegimus '. Il
tramite, per giungere al signifi- cato
sopra notato, dovette essere il valore giuridico che si attribuì in principio al v. * transigere \
cioè « venire a patti , definire la
pendenza con un amichevole ac- cordo
> , insomma concludere qualcosa di definitivo per dirimere le questioni. * 5.** * uocare ' : Germ. 14, 16 * nec arare
terram aut exspectare annum tam facile
persuaseris quam uocare hostem et
uulnera mereri \ hist IV 80, 10 ' ncque
ipse deerat adrogantia uocare offensas. ' ann. VI 34, 1 ' Oroden sociorum inopem auctus auxilio
Pharasmanes uocare ad pugnam \ U
equipollenza di ' uocare ' e * prouocare
' muove dalla frase virgiliana * uocare ho-
stem. ' 2 IV. — Avverbi : 1.*" * adductius ' : Germ. 44, 1 '
Gotones regnantur , 1 Cf., per r uso
deUe forme passive di * transigere ', Cic. p.
Quinci 5, 20. in Verr. a. pr. 10, 32. Tuse. IV 25, 55; e, quanto alle forme attive: p. Rose. Am. 39, 114. p.
Cluent. 13^ 39. Phil. II 9, 21. etc. « Vbrg. georg. IV 76 * magnisquo uocant
clamoribus hostem '. Sbrv. eomm. in
Verg. georg. 1. L, voi. Ili, fase. 1*^, p. 326 Th., commenta: ' uocant hostem, prouocant '. Vedi
11 comm.del He- raeus a Tao. hist. IV
80, 10. — 105 — paulo iam adductius quam ceterae Germanorum
gen- tes \ hist III 7, 4 ' Minucius
lustus.... quia adductius quam ciuili
bello imperitabat, subtractus militum irae
ad Vespasianum missus est '. Nei due 11. citati il va- lore lessicale della v. ' adductius ' = « con
maggior rigore, più severamente , con
freno più stretto », si deve fare
risalire alla frase di Cicerone ^ adducere ha-
benas ', che è in contrapposto con V altra ' remittere habenas. ' ^
2.*" L' espressione ^ haud perinde ', priva di valore comparativo, adempie una funzione
brachilogica: Germ, 5, 10 ' possessione
et usu haud perinde adficiuntur '. 34,2 ' aliaeque gentes haud perinde memoratae. '
ann, II 88, 16 ' Romanis haud perinde
Celebris. ' IV 61 , 4 '
monimenta ingeni eius haud perinde retinentur. ' Alla negativa * haud ' talvolta sono sostituite
altre voci ne- gative : ' non, ^
ne-quidem, ^ nec '. ^ Per r espressione
comparativa ' haud perinde — quam ',
invece della classica * h. p. — atque ', v. hist. II 27, 1. Ili 58, 14. IV 49, 26. ann. II 1,
8; 5, 9. XIV 48, 7. XV 44, 18. Osservasi
anche ^ nec perinde — quam ' o ' neque
p. — q. ' in hist. II 39, 12. IV 72, 16. ann.
XIII 21, 7. 3.** * longe ' può
adempiere V ufficio di rinforzare il
1 Cic. Lael. 13, 45. 2 Tac. ann.
II 63, 10. Cf. Plin. epéaé. I 8, 12. Sveton. Aug. 80, 6. Galb. 13, 1. deperdit librorum relL p.
294, 2, ed. Roth. 3 Tac. Agr. 10, 19
(secondo la congettura del Grozio: nei codd.
* proinde '). Cf Sveton. Tib. 52, 3 sg.
4 Liv. IV 37, 6. - 106 - comparativo, col significato di « molto » : *
Germ. S, 3 ' quam (se. captiuitatem) longe
impatientius femina- rum suarum nomine
timent'. ann, IV 40, 10 Monge acri US
arsuras '. XII 2, 6 ' longeque rectius Lolliam induci '. Altri ess. ne erano apparsi in
Virgilio, Fedro, Velleio Patercolo.
^ — B — È notevole che Tacito si valse in più luoghi
de' suoi scritti di alcune espressioni o
frasi che si osservano nella Germ. :
daremo evidenza alle più importanti di
esse, disponendone i confronti secondo l'ordine crono- logico delle opere di Tacito. ^ I. — Per il libro de uila et morihus lulii
AgHcolae: 1.** Germ. 36, 4 ^ ubi m a n u
a g i t u r '. Agr. 9, 6 * plura manu
agens'. 1 L'uso classico deU'avv.
Moage' si restringe a rinforzare il
superlativo o ad accompagnare » per renderne più efficace la significazione, alcune voci particolari,
quali * alius> aliter, diuer* sus,
dissimiiis ', etc. ; e i verbi: ^abesse*, v. Cic. ep. (ad fatn) II 7, 1. ad AiL VI 3, 1 ;"* antecellere
*, v. id. in Yert, IV 53, 118. p. Mxir,
13, 29; * anteponere *, v. id. de or. I 21, 98; * dis- sentire ', v. id. Lael. 9, 32; • praestare ',
v. id* Brut. 64, 230 ; e simili. Quanto
all'uso dell'avv. * longe ' col superlativo, v. inoltre Plin. n. A. 3, 5. 4, 66. 5, 70. 9, 131. 19,
146. 23, 92. 24, 125. etc. 2 Vero. Aen,
IX 556 * longe raelior \ Vell. Paterg. h. R» II
74, 1 * 1. tumultuosiorem *. Phaedr. /a6. Ili 7, 6 *L fortior'. Cf. Pbtron, sat 9, p. 39, 1 ' 1. malore nisu '.
98, p. 465, 5 * 1. blaiidior '. 3 Nel
confronto sarà incluso VAgr.^ tuttoché comunemente si ammetta che questo sia stato scritto prima
della Germi le ra^ gioni sono state
esposte a lungo nel nostro libro sopra citato, V autore del l * de origine et situ Germanorum
', Roma, 1902. — 107 — 2.** Germ. 4, 4 ' unde habitus quoque
corporum.... idem omnibus. Agr. \\^ 2 '
habitus corporum uarìi \ ' 3/ Gemi. 6,
14Mn uniuersum aestimanti plus penes
peditem roboris '. Agr. 11,9 Mn uniuer-
sum tamen a e stimanti Gallos uicinam insulam occupasse credibile est'. ^ 4.** Germ. 30, 13 ' orane r o b u r in p e d
i t-e ': cf. 6, 14 ' plus penes peditem
roboris '. Agr, 12, 1 M n pedite robur'.
Livio preferi la frase ' lecta robora
uirorum '. ^ 5.** Germ. 17, 6 '
ut quibus nuUus per commercia cultus '.
24, 12 ' seruos condicionis huius per com-
mercia tradunt '. Agr. 28, 14^ per commercia uenumdatos '. 39, 4 * emptis per
commercia'. 6.** Geì^m. 21, 12 * notum
ignotumque quantum ad ius hospitis nemo
disceruit '. Agr. 4:4^ 7 *quan- t u m a
d gloriara, longissimum aeuum peregit '. Vedi
inoltre hist V 10, 8. Della espressione * quantum ad ', sostituita alla comune ^ quod attinet ad ',
si osserva prin^ft un es., non incensurabile,
in Ovidio: lo agcolse, poi, Seneca. ^ Ma
un termine dì passaggio tra le due 1
L' espressione ' habitus corporis ' fu , poi, ripetuta da Pliii. efii8t VI 16, 20 e da Svbton. deperdiL
Ubrorum reli pagt ^9^ 12, e4 Ralh. Plin.
n. h, U, 224 menziona i ^siqgulos anitpi ha-
bitus '. « Vedi il cap. Ili, C,
III, 2^ 3 Liv. VII 7, 4: cf. Vili 10,
6. XXX 2. 1. 4 OviD ars am. I 744 '
quantum ad Pirithoum \ Skn. ^^ XII 3
(«5?, 14 ' quantum ad habitum mentis *. Un altro ea^ di Se- neca è cit neWausfùhrl. Handwh. del GaoaeES,
II, o. 19091. Vedi G. Leopardi , penneri
di Daria filoso^ e di belln leUenklura »
Firenze, suec. Le Mounier, 1898 ; voi. I, p. 256. — 108 —
locuzioni notasi nelle frasi dì Seneca il retore: ^ quantum ad meum stuporem attinet; quantum ad ius
attinet '. ' II. — Per le historiae
: 1.° Germ. 25, 6 * occidere solent,
non disciplina et seueritate, sed impetu
et ira '. hist I 51 , 5 ' asper^fto
militiam tolerauerant ingenio loci caelique
et seueritate disciplinae'. La stessa frase , espressa in forma di endiadi come nella
Germ,, appare prima in Cicerone e nel
beli. Alex. ^ 2.** Germ. 3, 18 'ex
ingenio suo quisque demat uel addat
fldem '. hist. I 82 , 13 ' manipulatim
adlocutl sunt ex suo quisque ingenio mi- tius aut horridius '. Vi sì accosta la frase
plìniana ; * uaria circa hoc opinio ex
ingenio cuiusque'. "^ 3.° Germ.
13, 20 ' ipsa plerumque fama bella pro- fi
igant '. hist. II 4, 11 ' pr fi igauer at beli u m ludaeicum Vespasianus '. IV 73, 6 ' profligato
bello '. La frase * proflìgare bellum '
risale a Cicerone e Li- vio: •* si rese
d'estensione maggiore, sostituendosi a
i Sen. rhet. eonirou. VII 1 (16-, 1, p. 298, 18. X 5 (34), 16, p. 509, 8, ed. e. Nella n. h. 25, 12 sì nota *
in quantum *. s Cic. p. Cluent 46, 129 * magister ueleris
disciplinae ac soueri tatis ' : cf. m
Catil. I 5, 12. Script b, Alex. 48, 3 *
mìlitarem disciplinam seueritatemque minuebant '. 65, 1 ' quae dissoluendae disciplinae seuor i
t a t i s q u e essent ' (Kuebler). Cf. Liv. XXXIX 6, 5. 3 Plin. n.
h. 8, 48: cf. 34, 57; e Liv. Ili 36, 1.
4 CiG. ep. dadfam.) Xll 30, 2. Liv. IX 29, 1 ; 37, 1. XXI 40, 11. XXXV 6, 3. XXXIX 38, 5. V. i commenti
Orelli-Meiser, Heraeus, Valmaggi a Tag.
hist. II 4. - 109 - ' bellum ' gli aec. * aciem, classem,
copias, hostem, iai- micos, proelium ',
etc. ^ 4.° Germ. 3, 18 'ex ingenio suo
quisque demat uel addat fidem'. hist II
50, 7 ' ita uolgatis traditisque demere
fidem non ausim \ III 39, 3 ' a d d i d
i t facinori fidem': v. ann. IV 9, 5. Si
notano ess. delle locuzioni ' demere fidem ' e ' addere fidem ' in Livio e Ovidio : ^ in un 1. di
Cicerone i due verbi ' addere ' e '
demere ' sono disposti in antitesi ,
come nel 1. e. della Oerm. ^
5.*" Germ. 42, 8 ' sed u i s et p o t e n t i a regibus ex auctoritate Romana'. hisL III 11, 15 ' uni
Antonio uisac potestas in utrumque
exercitum fuit '. ** L' espressione *
uis ac potestas ' del 1. e. delle hist si
connette con la frase di Cicerone: ' u i m omnem deorum ac potestatem'. ^ 6.'' Germ. 36, 7 ' tracti ruina Cheruscorum
et Fosi '. hist. III 29, 5 ' quae (se,
ballista) ut ad praesens dis- iecit
obruitque quos inciderat , ita pinnas ac summa i Plavt. mil. gL 230 (II 2, 75 . Cic. p.
Rab. FosL 15, 42. Phil XIV 14, 37. Cabs.
b. e. II 32, 11. Nep. XIV vDat.) 6, 8. Liv. Vili 8, 9. X 20, 14. XXVIII 2, li. SiL. It. Pun.
XI 398. Tac. ann. XIV 36, 7.
« Liv. II 24, 6. OviD. rem. am. 290.
8 Cic. aead- pr. II 16, 49. Vedi per altri
e?s. di posizione in antitesi dei vv. *
demere ' e ' addere * 1' ausfùhrl Handwb. del
Georges, I, e. 1903. 4 u!
Zbrnial, op. e, p. 81, aggiunge al confronto un 1. del dial. de oratoribus 19, 24 ' qui u i e t p o
t e s t a t e , non iure aut legibus
cognoscunt '. 5 Cic de nat d. III 36, 88. Cf. seripL rhet ad
Her. I 5, 8 —
no — ualli r u i n a sua t r a x: i t '
: ma nel 1. e. della Germ. ' mina ' ha
significato metaforico. * 7.° Germ. 44,
1 1 ^ m u t a b i 1 e... hincuel illinc
r e m i g i u m '. hist III 47, 18 ' pari utriraque prora et mutabili remigio, quando bine u e 1
il- linc appellere indiscretum et
innoxium est ' : v. an- che ann. II 6,
7. - 8.° Germ 24, 13 ' ut se quoque
pudore uictoriae exsoluant '. hist III
61, 15 * p u d o r e proditio- nis
cunctos exsoluerent'; arrogi ann, VI 44 ,
20 ^pudore proditionis oranes e x s o 1 u i t '. ^ In simile accezione metaforica appare il v. '
exsoluere ' in Terenzio, Cicerone,
Virgilio, Livio, etc.'* 1 Cf. la
frase * tra bere ruinam' in Verg. Aen, II 465 ?g. ; 631. Vili 192. IX 712 sg. ^a
costruito ^ proditur ' nella Germ. 8, 1 ' meraoriae prò- dilur quasdam acies inclinatas iam et
labantes a Sfo- rni nis restitutas '.
^ Consideriamo le leggi sintattiche
aventi per obtóÉto r uso dei casi. I. — Accusativo : l.*' L' acc. di relazione, in dipendenza da
un aig^- tivo da un participio,
osservasi nella Gemi. 17, 12 ' nudae
brachia ac lacertos '; e nella n. h, XIII 29 ' ui- tilem sibi arborique indutis circulum '. Ess.
consiirfli 1 Quanto alla costpuzione
del v. * narratur ' con Tace, e Titifin.,
invece di * narra ntur * col nominativo e l'infin, per significare, come scrive G. Helmrbigh, c b e s t i m ra t
e Angaba und M'it- teilung, auch durch
Schriftsteller, im Gegensatz zu vagem Go-
rùcht »: V. la recensione del l'bro del Wormstall, uebèr aie Chamaoer, Brukterer und Angrioarier ole, nel
Jahreàbèrìcht ueber die Fortschritie der
class. Alteri humswissensehaftyXVll (1889;,
2. Abtheilung, p. 255 (Jahresb. ueb. Tao.),
« In altri 11. della n. A. ò preferita la f rma attiva * narrkht *: V. 2, 126 ; 236. 8, 35. 32, 75 etc. 3 OviD. mei. XV 311 sg. ' admotis Aihamanas
aquis actiiàh- dere Jignum | narratur
*. 4 Un costrutto analogo osservasi in
Liv. XXV 31,9 Val. Mix. /. ei d. m. II 6, 10. Cf. Caes. b. G. V 12 1.
Tac. ann. Ili 65 , 9.
[dial. de orato ribus 32, 27]. — 136
— si notano in Virgilio ^ ed altri poeti
delPetli augustea: ne presenta anche la
latinità argentea , i cui scrittori
predilessero i costrutti poetici e di fonte greca. ^ 2.^ L'acc. ' cetera ' è assunto , talvolta ,
in funzione avverbiale: Germ. 17, 2 '
cetera intecti totos dies iuxta focum
atque ignem agunt '. 29 , 12 ^ cetera similes
Batauis '. 44, 20 ' cetera similes uno differunt '. n. h. Vili 40 ' tradunt in Paeonia feram quae
bonasus uo- cetur equina iuba , cetera
tauro similem '. XXII 133 ' est etiamnum
aliud sesamoides , Anticyrae nasqens ,
quod ideo antiqui Anticyricon uocant, cetera simile eri- gerenti herbae '. La prosa latina aveva già
accolto lo acc. ' cetera ' in funzione
avverbiale, ^ ed anche prima r aveva
accolto la poesia, che ne continuò V accezione
neir età augustea. * 1 Verg.
Aen, IV 558 sg. Non ó es. sicuro quello dell' Aen, I 320 ' nuda genu ', in cui ^ genu ' può essere
accettato per abla- tivo. Per la stessa
ragione il Draegkr, ueber Synt u. Si, d,
Tac^y § 39, p. 19, riconosce es. noi sicuro di acc. di relazione il 1. degli ann. XVI 4, 11 * flexus genu '. 2 Vedi gli ess. in Màdvig, lai. Sprogl.'y §
203, a, Anm., p. 154. Cocchia, sint.
lai., § 55, p. 1 17 sg. Valmaggi, comm. hist Tae. lib. 1, p. 134; lib. 11, p. 34. Cf. inoltre*
Tag. hist IV 81, 9. ann. VI 9, 13. XV
64, 15. e te. 3 Cic. orai, 25, 83
(letto secondo il cod. Viteberg., / del Frie-
drich). Sall. lug, 19, 7; cf. hisL
IV 9 (Kritz). Liv. I 35,6. Vell. Paterc.
h. R,l\ 119, 4. Cf. Tac. Agr, 16, 10. ann, VI 15, 5; 42, 12. * Enn. ann, 1 fr. 32, in PLM. , voi. VI, p.
64, ed. Baehrens. Verg. Aen. Ili 594: IX
656: cf. Serv. eomm. in Aen. IX 653, p.
368, voi. 11, fase. 2.o Th. Hor. earm, IV 2, 60. ep, I 10, 2 e 50. Vedi Madvig, lat Sprogly § 203, a, p. 154.
Cocchia, sint lai, , § 60, b, p.
131. — 137 — IL — Genitivo : ^ 1.^ Il genitivo parti ti vo trovasi in
dipendenza dal re- lativo neutro * quod
', posposto, che funziona da sog- getto
della proposizione sg. : Germ. 15, 8 * conferre
principibus uel a r m e n t o r u m uel f r u g u m quod prò honore acceptum etiam necessitatibus
subuenit '. n. Ti. XXX 127 * feni Graeci
quod III digitis ca- piatur '. Ess.
anteriori si notano in Cesare e Livio. ^
Vi ha, però, chi nel 1. e. della Gemi.y facendo prece- dere al ' quod ' una virgola, trovi un
costrutto ellitti- co, che nella sua
interezza somigli ad un altro 1. della
Germ. 18, 6 ' ipsa armo rum aliquid uiro ad- fert ', 3 simile al 1. della n. h. XXVII 130
/ additur pi- peris aliquid et murrae '.
Ma, se cosi fosse, avremmo una
costruzione ellittica isolata , priva di base , se ne togli un ravvicinamento, del resto non
improbabile, col passo degli ann. di
Tacito XV 53, 8 ' iacentem et im-
peditum tribuni et centuriones et ceterorum , ut quis- que audentiae habuisset, adcurrerent
trucidarent- que '. ^ 2.** Per l'uso del genitivo in dipendenza da
un com- parativo neutro plur.,
considerato come sostantivo, vi è
rispondenza tra la Germ. 41, 1 'in secretiora Ger- 1
Vedi U. Zernial, sei quaedam eap. ex genet usu Toc., Gòtt. 1864.
« Caes. 6. G. Ili 16, 2.
Liv. XXVIII 8, 9. Cf. Tac. hisL II 44, 20
3 U. Zernial, Germ. erkl p. 41. Cf. il
comm. del Heraeus alle hisL di Tac. II
44. 4 Vedi CoNSTANs, étude s. L langue
d. Tac, n.^ 81, p. 45. fi- gli crede
probabile che sì tratti di un costrutto ammesso dalla lingua popolare: non ne adduce però le
ragioni. — 138 — maniae porrìgìtur ', ^ elsin.h. XVI 187 ' et
sabuci in- teriora mire firma traduntur
' : cf. 6, 33. Se ne osser- va qualche
es. in Cicerone ^, a** Tra gli
aggettivi che, tanto nella Germ. quanto
nella n. h., hanno, talvolta, il loro complemento in una forma nominale di caso genitivo, si debbono
annove- rare i sgg. : a) ' fecundus ' : Germ. 5, 5 ' pecorum
fecunda '. n. h. XXXIII 78 ^ nulla
fecundior metallorum quoque erat tellus
'. '^ Ma nella n. h, è ammessa anche la costruzio- ne con r ablativo : XI 233 * numeroso fecunda
parta '.* b) * impatiens ' : Germ. 5, 4
' frugiferarum arborum impatiens '. ^ n.
h.XXl 97 ' unum autem caulem rectum
habet uetustatis inpatieutem '. ^ Questa costruzione appare la prima volta nella lingua poetica
dell' età au- gustea; poi si estese alla
lingua della prosa. ^ J Vedi
Valmaggi, il geniiioo ipoiaitieo in Tae.\ in Boll, di ^- lol class., a. IV, n.» 6, pp. 130-135. 2 Cic. ad AH. IV 3, 3. Cf. Tac. hist. II 22,
3. V 16, 5: nel se- condo de' due 11.
ce. il cod. dà la lez. * propiora fluminis Trans- rhenani tenuere ' ; il Nipperdey, il Halm, il
Ritter e altri vi sostituiscono *
flumìni '. 3 La costruzione col genit.
notasi prima in Hor. carm. IH 6, 17. CoLVM. de r. r, IX 4, p. 552, 5 Cf. Tac. hist.
I 11, 3. ann. VI 27, 16. XIV 13, 4 * V. ess.
anteriori in Ovid. mei. Ili 31. X 220. Cf. Tac. hist. I 51, 26. Il 92, 6. IV 50, 22. ann. XIII 57,
2. 5 L'espressione * patiens frugum ',
in antitesi a quella u^ata nella Germ.
1. e , osservasi in Tac. Agr. 12, 16. 6
V. altri ess. sopra, cap. I, A, 111, n.« 13, p. 39. 7 Vero. Aen. XI 639. Ovid. ars am. II 60. mei. VI 322. XIII 3. trist. V 2, 4. Vell. Paterc. /i. i? II 23,
1. Cvrt. hist. A. Ai. Ili 2 (5j, 17. IX
4 (15). 11. Cf. SiL. IT. Pan. Vili 4. Tao.
hist. II 40, 11; 99, 7. ann. Il 64, 13.
IV 3, 5; 72, 2. VI fó,8. XII 30, l. —
139 — e) * superstes ' : Germ. 6 , 24 *
muHique «operdtites bellorum infamiam
laqueo flnierunt '. n. h, VII 156 ' M.
Perpennaet nuper L. Volusius Saturninus omnium... superstites fuere ' : v. 7, 134. Cicerone ne
aveva dato r es.* Nella Qerm. si
accoglie anche la costruzione di '
superstes ' col dativo, secondo gli ess. di scrittori pre- cedenti : 2 14^ 3 * infame in omnem uitam ac
probro- sum superstitem principi suo ex
acie recessisse '. 4.** Quanto al
genitivo * moris ' col verbo * esse ' val-
gano i sgg. confronti: Germ. 13, 2 * arma sumere non ante cuiquam moris, quam ' e. q. s. 21,
13 ' ab- eunti, si quid poposcerit,
concedere moris \ n. h. XIX 51 ' usque
ad eum (se. Epicurum) moris non fuerat in
oppidis habitari rura ' : v. 17, 66 ; 214. La locuzione * moris esse ' col soggiuntivo retto da * ut
' o con Tin- flnito, era stata adoperata
da Cicerone, Livio, Velleio Patercolo,
Valerio Massimo, Seneca, etc. ; ^ poi, per il
tramite di Tacito e di Plinio il giovane, * passò nell'uso 1 Cic. ad Q. fr. l 3, 1. Cf. Tac. Agr. 3,
13. ann. I 61, 14. Il 71, 11. Ili 4,
11. 8 Plavt. asin. 21 (I 1, 6). Ter.
haut. 1030 (V 4, 7). Ovid. ara am. Ili
128. mei. XI 552. etc. Cf. Tac ann. V 8, 12. Nei sgg. 11. : Plavt. irin. 57 (I 2, 19); Cic. ep. {ad
fam.) VI 2, 3; HoR. e. saee. 42, resta
io dubbio se la v. ' superstes ' sia costruita
col genit. o col dat., essendo forme dell' uno e dell' altro caso ì rispettivi complementi : ' uitae tuae, rei
publicae, patriae '. 3 Cic. in Verr. I
26, 66. Liv. XXXVI 28, 4. Vell. Patbro. A.
K lì 37, 5 ; 40, 3 Val. Max. /. et d. m. II 8 , 6. Sbn. disi. X 13, 8.
4 Tac. Agr. 33, 1. 39, 2 (Ietto secondo il cod. Vatic. 342(), A del Halm). 42, 19. hist I 15, 3. ann. I 56,
17 ; 80, 2. IV 39, 3. Plin. epi%t II 19,
8. Ili 21, 3. — 140 — degli scrittori seriori, ^ invece della est ', preferita dalla latinità classica.
^ III. — Dativo : ^ 1.° Il dat. di attribuzione trovasi,
talvolta, sostituito al genitivo, in
dipendenza da alcuni sostantivi: Germ,
16, 11 ' solent et subterraneos specus aperire , suf- fugium hiemi ^ et receptaculum frugibus '.
44, 11 ' est apud illos et opibus honos
'. n. h. XXXVI 198 ' maxi- mus tamen
honos in candido tralucentibus {se. uitris).-^
Il dativo di attribuzione osservasi , sebbene di rado, negli scritti anteriori al 1.'' secolo
dell'impero : ^ dopo. 1 Cf. IvLiAN. ìq dig. HI 2, 1. Vlpian. in dig.
XLVIII 19, 9. 2 Vedi Georges, ausfuhrl.
Handwb. , II, e. 904. Nella n. h, si accoglie anche la locuzione classica ' mos
est*: v. 4 , 33. 11 , 184. 19, 73. 25,
77. 28, 36. 29, 4. 33 , 11; 21. 34 , 16. Si nota * in more est * in 16, 13. 3 Vedi, quanto ali* uso del dat. la
monografia di W. Knoess, de dat. fin.
qui die. usa Tac. eornm., Vpsaliae 1878; e quella di A. CzYGZKiEWiGz, de dat. usu Taeit.y BroJy
1896. 4 * Hiemi ' ò la lez. data dai
codJ. Il Reifferscheid ed il Halm
congetturano * hiemis *; il Halra però dubita: * aa hieme? * Cer- to è che la costruzione di * suffugium * col
genitivo osservasi in un altro 1. della
Germ. 46, 18 * ferarum imbriumque suffu-
gium * ; ed ò preferita da Qvintil. L o. IX 2, 78 * suffugia in- firmitatis*; e da Tac aan. IV 66 , 11 *
urguentium malopum suffugium •. 5 In Tac. Agr. 21, 9. hist. I 21, 6 * honor
' si accompagna col genitivo. Anche col
genitivo sono costruiti ' rector* e * subsidia * nella n. h. 2, 12. 35, 102.
6 Caec. Stat. eom, rei. ll9(Ribbeck) * meae morti remedium *. Cic. de or. I 60, 255 * subsidiura... senectuti * ( ma nello stesso 1. * subsid. senectulis '). in Catll. II 5,
11 * huic..bello..ducem *. Catvll. 63,
15 * mihi comites *. Vero. Aen. V 111 * pretium
uictoribus '. — 141 — r uso si estese di più. * 2.° Nella Germ. e nella n, h. si accoglie T
uso del ^ datiuus absolutus' : - Germ.
6, 14 * ìq uniuersurn a e- stimanti plus
penes paditein roboris \ n. h. XVI 178 '
proxirneque aestimanti hoc uideantur esse,
quod in interiore parte mundi papyrum ' : v. inoltre 15, 72. 16, 200; e cf. 36, 120. Costrutti
analoghi sì no- tano in Cesare,
Virgilio, Livio, Ovidio. '• 3.** Degli
aggettivi che, tanto nella Germ. quanto nella » Vedi Tac. hisL 1 22, 11 ; 67 , 4 ; 88 ,
5 ( ma ' minister ' col genit. in hisL
II 99, 13: cf. Verg. Aen. XI 658). II 1 , 2. Ili 6, I. IV 19, 6; 22, 17; 61, 15 ( ma • pignus *
col geoil. in hisL III 72, 4 ; 76, 4. V
8, 2. ann. I 3, 1 ; 22, 1 ; 24, 9; 56, 16. II 21, 13; 43, 27; 46, 23; 60, 18; 64, 18; 67, 12. Ili
14, 18; 40, 5 e 13. IV 60, 8; 67, 8. VI
20, 2 ; 36, 12 e 14; 37, 14. XI 8 , 4. XII 22, 10. XV 53, 5. etc. * Il Cocchia, sinL lai., § 73, IH, p. 159,
lo chiama 'd«t. iudi- cantis '. Vedi
Draeger, ueber Syni. u. Si, d. Tao. 3, § 50, p 24; e Valmaggi, comm hisi. Tac, lib. II, p.' 96
II Constans, étude 8. l lanyued Tac-y
n.^ 91, p 51, nega C come lo Sghmalz, lat.
Sf/ni. 426) che sia costruzione greca, e lo crede « un datif de rinterèt atlénué »: tuttavia, mentre egli
ammette che nell'A/yr. II, 10 « le datif n'est pas douteux », per il 1.
delUi Germ. 6, 14 dee « qu* il est trés
probable »: n ^* 250, 2", p 114. 3 Caes b. e. Ili 80, 1. Verg. Aen. Vili 212. Liv. XXXVII 58, 8: cf. X 30, 4. Ovid. meL VI 656. VII 320. Cf. Tau Agr. 11,
10. hist II 50, 12. Ili 8, 6. IV 17, 16. V 11, 18: aggiungiamo Agr,
10, 12, conservandovi lì lez. * transgressis ', data dal cod.
Vatic. 3429 (A del Halm). B Renano,
seguito dal Halm ( e, nella ed. to-
rinese deWAgr., 1886, p. 23, dal Decia) la mutò in * transgressa ': il Ritter, accogliendo la congettura del
Busch, Tespunse. L'os- servazione sul
dat. assoluto resta ferma, ancorché si voglia ac- cettare l'emendazione del Doederlein, che fa
rientrare ' trans-^ gressis ' nella
proposizione seg., dopo * sed *. —
142 — n. /i., reggono il dativo, ci
sembrano degni di nota : aji> *
diuersus ' : Germ, 46, 11 ' quae omnia diuersa
Sarmatis sunt, in plaustro equoque uiuentibus '. n. h. XII 97 * pretia nulli diuersiora '. ^
Cicerone non evitò il costrutto col
dat., " ma si avvalse anche di quello
COR' r ablativo. ^ h).'
auspicatissimus ' : Genn. 11, 5 ' agendis rebus
hoc auspicatissimum initium credunt '. * n. h. XVI 75 * spina nuptiarum faci bus auspicatissima '.
^ 4.° Quanto ai verbi composti che sono
usati col dat., ^ notiamo i sgg. : a) ' accedere ' : Gey^m. 4, 1 ' ipse eorum
opinioni bus ^ accedo '. n. h. IX 17 '
nec me protinas huic opinioni eorum accedere
haud dissimulo ' : v. inoltre 6, 213. 7,
146. 15, 14. 32, 143. 34, 8. 37, 101. etc. Ma ess., tutto- ché non frequenti, ne avevano dato Ennio,
Cicerone, Nepote, Orazio, Livio, Velleio
Patercolo, Columella, etc. ^ 1
'Dtiiemus* è costruito col genit. in Tao. hist. IV 84,2. ann. XIV 19, 5. « Cic. de leg, agr. II
32, 87. Cf. Vbll. Paterg. h. R. II 75, 2.
3 Clc. Brut 90, 307. •* Vedi
Draeger, ueber Syntu. SL d. Tao, 3 , § 206, B, b, p. 83. CoNSTANS, étude s l langue d, Tae. , n.** 95,
3, p. 54. 5 Vedi 60pra, cap. I, A, III, 4.", pag. 35. 6 Vedi Av Lehmann, de tteròf'8 compos. apud
Sali, Caes., Tae. cum dat siruet,
Breslau 1863. 7 II Meìser e il Halm
sostituiscono * opinioni * ad *opinionibus'
che ò lez. data dai codd.: ò una sostituzione che non fa venir meno 'a nostra osservazione: v. la nota 3,
pag. 14. 8 Enn. ann. XIV fr 260, in
PLM., voi. VI, p 95, ed. Baehrens (cf.
Magrob $at VI 5, 10) Cic. ad Q. fr. I I, 1. ad Ait V 20, 3. Nbp I (Milt.) 4, 5. HoR. sai II 5, 71 sg.
Liv. XXVI 50, 12. VEJ.L Patebc. h i?. I
8, 5 C0J.VM de r r III 21, p. 398, 8. Cf.
-- 143 - b) ' eximere ' : Oey*m.
29, 6 ' exerapti oneribus et col-
lationibus '. n, h. XXX 51 ' canìnus (se. lien) si uiuenti exinaatur et in cibo sumatiir ', e. q. s. La
costruzione col dat. era stata prima
accolta da Plauto, Virgilio, Li- vio,
Seneca, Curzio, etc. ' e) ' interuenire
': Germ. 40 , 7 ' interuenire rebus
hominum '. n. h. XXI 68 * in Italia uiolis succedi t rosa, buie interuenit liliura ' : v. 18, 342. 33,
127. È costru- zione classica,
confermata dagli ess. di Cicerone. ^
5.*" Il dat. appare usato per complemento di un verbo passivo air infinito o in un tempo finito
semplice : ^ Germ. 16, 1 ' nuUas
Germanorum populis urbes habita- ri
satis notum est'. 39, 13 * centum pagi iis habitan- tur '. ^ n. h. II 247 ' quem (se. Eratosthenen) cunctis QviNTiL. L 0. IX 4, 2. Tac. hist. I 34, 2 ; 57, 7 ; 59, 8 ;
70, 4. II 33, 1 ; 58, I. etc. 1 Plavt. mere, 127 (l 2, 17). Vero. Aen. IX 447. Liv. Vili 35,
5. Sen. de ben. VI 9, 1. Cvrt. hist A. M. VII l (l), 6. È dub- bio se si tratti di dativo o di ablativo nei
?gg. 11. : Hor. carm. II 2, 18. ep. I 5,
18. Liv. V 15, 3. VI 41, 2. XXVIII 39, 18. XLV
31. 12. CvRT. hist A. M. VI 3 (7», 3; 11 (43., 24. Quanto alla costiuzione col dat., cf. Qvintil. i. o. X 1,
74. Tao. ann. I 48 , 7; 64, 9. IV 35, 4.
XII 56, 17. XIV 48, 9; 64. 2 (ma con Tablai.
retto da * e ' in Agr. 3, 14}: vedi ilcomm. del Nipperdey ad ann. XiV 64. Per la condizione postclassica del v.
'eximere' col dat. nella prosa latina,
v. Krebs-Schmalz, antib. I, p. 497. 2
Cic. de or. II 3, 14. ad Q. fr. l 2, 1,2. de fin. I 19, 63. Cf. Liv. I 6, 4 ; 48, 1. XXIII 18, 6. Ovid. met XI
708. Tac. hist IV 85, li. 3 II dat.
usato col part. perf. e coi tempi composti di un ver- bo passivo è un costrutto più frequente,
anche nei tempi della latinità aurea.
Vedi Cocchia, sint lat , § 73, V, p 160.
^ Nei codd. si legge ' pagis habitantur*: noi ci atteniamo al- l' enoendazione del Brolier, * pagi iis
habitaniur ' , accolta dal Ma^sroenn,
dal Riiler,d8l Halm, dal Kritz, dal Finck, etc La. — 144 —
probari uideo * : v. 3, 9; 54. 16, 249. 36, 12. etc. Cice- rone se n' era avvalso, sebbene di rado,
massime con r intendimento di
significare un'azione vantaggiosa al- l'
autore di essa. ^ IV. — Ablativo: 1.** All'accusativo predicativo trovasi
sostituito l'ab- lativo ' loco ' col
genitivo : Ge?^m. 8, 9 * Velaedam diu
apud plerosque numinis loco habitam '. n. h. Vili 173 ' est in annalibus nostris peperisse saepe
(se. mulas), uerum prodigii loco habitum
'. La sostituzione è rife- rita anche al
nominativo : n. h. XXXIII 46 ' hic num-
mus {se. uictoriatus) ex lUyrico aduectus mercis loco habebatur': cf. 11, 191. Cicerone, Cesare e
Bruto a- vevano dato i primi ess. di
tale uso sintattico. ^' 2.° L'ablativo
di luogo appare privo della prep. ' in '
nei sgg. 11. della Germ.: 10, 13 Msdem nemoribus.ac lucis'. 37, 3 * utraque ripa'. 40, 18 ^
secreto làcu ab- luitur '. etc. Lo
stesso osservasi nella n. h. II 168 ' si-
ue ea {se. palus Maeotica) illius oceani sinus est...., siue congettura deir Ernest!, ^ pagis habitaot
' , fu seguita dal Dilthey, dallo
Zernial, da Io. Mueller, etc. Il Kiessiing riproduce la lez. dei codd ,* quamquam nibil', egli soggiunge,
op. e, p. 143, ' adhuc ex scriptoribus
Latinis afferri potuit, quod hunc huius
uerbì usum confirmaret*. 1 Cic.
pari. or. 5, 15 m Verr. V 45, 118. ad AH. 1 19, 4. Tuse. V 24, 68. de off. Ili 9, 38. Cai. m. 11, 38.
Cf. Tag. Agr. 10, 7. hi9i. I 11, 9; 27,
9; 35, 8. II 80, 21 ann I 11, 11; 17, 23. II 57, 18. XII 1, 9; 9, 8 etc. « Cic. de inu. rhei. II 49, 144. de dom. s 14, 36. ep. (ad fam.) VII 3, 6. Caes. ò. G. vi 13, 1. Brvt. in Cic.
ep. ad Brut I 17, 5. Cf Tac. hisi. II 91, 2. IV 26, 7. ann. XIII 58, 4. Vedi Coc- chia, ami. laL, § 12, V, e, p. 18. — 145 —
angusto discreti situ restagnatio \ Vili 99 ' hiberno si- tu membrana corporis obducta ' : y. 6, 74.
10, 62. 19, 48. 25 , 63. etc. * Nella
Germ. si accoglie anche 1' uso della
prep. ' in ', quando con 1' ablat. di luogo si ac- compagni il pron. * idem ', p. e. 12, 10 * in
isdem con- ciliis ', che sintatticamente
risponde al 1. e. sopra, 10, 13 ' isdem
nemoribus '. Similmente nella n. h, 2, 205;
219 osservasi 1' espressione ' in eodena loco '. ^ Così nella Germ. 36, 1 si legge ' in latere
Chaucorum ' : costrutto accolto nella n.
h. 3, 22. 9, 50. 35, 22. etc. , ma
rifiutato in 2, 73; 168. 4, 40; 110. 5, 72; 74. 6, 191. 24, 160. etc. ^ 3.** Gli aggettivi ' ferax ' e ' ingens '
sono usati nella Germ. con un
complemento di relazione in ablativo :
a) Germ. 5, 4 ' satis ferax ' : al contrario n. h. XV 100 ' qui {se. acini) minime feraces musti '.
Il costrutto 1 Potremmo aggiungere n.
h. XXXVII 19 * exposìta occupa- rent
iheatrum peculiare trans Tiberim h o r t ì s ' secoado la lez. data dai codd. e dalla * uulgata ', accolla
neir ed. Harduin, II, p. 767, 9, ma
rifiutata dal cod. Banberg. e dalle edd. Jan (vo^ V, p. 145, 38) e Mayhoff (voi. V, p. 388,
10}, che ammettono ' in hortis •. Cf.
Tao. hisL I 64, 17. II 1, 13; 43, I ; 50, 9 ; 62, 2; 66, 4. III 22, 15; 38, 3; 61, 5. V 5, 21. ann. I
61, 12; 65, 20. Ili 38, 10. IV 43, 9.
XlV 61, 3. etc. 2 Negli scritti di Tac.
si preferisce, in tal caso, respingere la
prep. * in •; valgano d'es. hisL I 55, 10. II 45, 12. Ili 13, 16;
72, 17. IV 53, 4. ann. I 31, 12. II 24,
11. XIV 44, 12. etc. Vedi la monografia
di F. Schneider, quaesL de obi. usu Tao., I, Lìgni- ciae 1882.
3 Tac. accolse tale costrutto in ann. III 74, 10; lo rifiutò in ann. XV 38, 17. Per V uso classico dell*
ablat. di luogo senza la prep. * in ',
v. Cocchia, sinL lai., § 78, I, p. 178 sgg.
Consoli, La Germania comparata. 10
— 146 — col complemento in
ablat. è dato da Virgilio; ^ m&. il
costrutto col genitivo è presentato da Orazio , Livio , Ovidio , e seguito da Valerio Fiacco , Tacito
, etc. ^ : d' onde quella incertezza d'
uso, che si osserva in Pli- nio il
giovane, ^ salvo che si voglia attribuire quella che può parere incertezza, a difTerenza di
significazio- ne, secondo che propria o
in traslato, della v. ' ferax '. b) Genn. 37, 2 * parua nunc ciuitas, sed gloria
in- geas ' : cf. n. h. 23, 75. Il costrutto di ' ingens ' con r
ablat. era stato adoperato da Virgilio : * Sallustio preferì, invece, il costrutto col genitivo.
^ — D — Le osservazioni che seguono si restringono a
deter- minare le relazioni sintattiche
concernenti 1' uso dei modi: quello che
e' è da dire in rapporto all' uso dei
tempi, sarà trattato in dipendenza dall' uso dei modi del verbo.
1 Vero, georg. II 222 * illa ferax oleosi ' (Ribb.) , o maglio ' oleo est \ secondo la lez. preseatata dai
codd. Palat. e Rom., confermata da Nonio
Marcello (p. 500, 23 ed. Mere; p. 341, 6
ed. Gerlach-Roth) e da Arusiano (VII 473 K). « HoR. e. aaee. 19. epod. 5, 22. Liv. IX 16, 19. Ovid. mei.
VII 470: cf. am. II 16, 7. Val. Flagg.
Argon. VI 102. Tac. ann. IV 72, 9.
etc. 3 Plin. episi. IV 15, 8 * ferax...
bonis artibus *. II 17, 15 * ar- borum
.. ferax *. Vedi Draegbr, hist Synt, § 206, 3, p. 441 sg. ueber Synt u.
Si. d. Tac. 3, § 71, a, p. 33. 4 Vero.
Aen. XI 124; 041. Cf. Stat. sii. I 4, 71 sg. Tac. hisL I 53, 2; 61, 1. II 81, 3. ann. XI 10, 12. XV
53, 7. 5 Sall. hisi. III 10, ed. Kritz.
Cf. Tac. hist IV 66, 17. ann. I 6%
4. — 147 — I. — Indicatwo: 1.** L' indicativo retto da * dum '
conservasi anche nelle proposizioni
subordinate che si trovino in dipen-
dènza da altre subordinate: Oerm. 12, 5 ' diuersitas supplicii illuc respicit, tamquam scolerà
estendi opor- teat , dum puniuntur,
flagitia abscondi '. Lo stesso si
osserva nella n. h. XXVII 42 * uolneribus sa-
nandis tanta praestantia est, ut carnes quoque, dum cocuntur, conglutinet addita '. ^ Cicerone ne
a- veva dato qualche raro es., seguito
poi da Livio e da altri scrittori.
^ 2."* Risponde all' uso
sintattico più corretto * prout ' con r
indicativo : Germ. 3, 6 ^ prout sonuit [acies '. n. h. XII 121 ' prout quaeque res fuìt \ XXXI 58 * prout res exiget ': v. 10, 180. ^ Ma in Plinio si amplia l'uso di
' prout ', talché questo occorre anche col soggiun- tivo: V. n. h. 2, 152. 5, 51. 28, 17. 29, 30.
33, 164. ^ 1 Si accompagna anche col
soggiuntivo nella n. h. XXVIII 1 70 *
carnesque uesci eas et, dum coquantur, oculos
uaporari iis praecipiunt '. « Cic. p. Cluent 32, 89. de fin. V 19 , 50. Liv.
XXIV 19, 3. CvRT. hi8i. A, M. VII 1 (3), 18; 8 (34), 14. etc. Cf. Tao. héat. I 33, 6. Ili 38, 22; 70, 12. V 17, 6. ann. II
81 , 9. XIII 15 , 24. XIV 58, 15. XV 45,
16; 59, 13. Idial de oraioribus 32, 34J. Ve-
di Draeger, ueher Synt a. SL d. Tao. », § 168, p. 68. Cocchia, 8int lai, § 173, IH, a, p. 417. Frigell,
epileg. ad T, Liuii lib, XXI, p.
29. 8 Cosi Cic. in Verr. II 34, 83. ad
AH. XI 6, 7. Caes. 6. e. Ili 61, 3. Liv.
XXXVIII 40, 14; 50, 5. Cf. Qvintil. i. o. I 7, 2. VII 2, 57. Tac. hisL I 51, 17. Il 10, 9. ann. XII
58, 9. idial de ora- iorihm 31,
20]. 4 Vedi SBN. ep. XII 3 (85), 11.
Tac. hist I 48, 20; 59, 5 ; 62, 15. ann.
XII 6, 15. XIII 8, 12. Vedi inoltre Valmaggi , eomm. hist Tae. I, p. 22. — 148 —
3.** La cong. causale ^ quaQdo ' è ordinata con l'indi- cativo: Germ. 33, 8 ' duretque gentibus, si
non amor nostri, at certe odium sui ,
quando... nihii iam prae- stare fortuna
maius potest quam hostium discordiam '.
n. h. XVIII 126 ^quando alius usus praestantior ab iis non est': v. 17, 13; 16. 21, 1. 34, 57. etc.
Numerosi sono gli ess, di tale costrutto
presso gli scrittori an- teriori. ^
Nella n. h, trovasi anche la cong. ' quando '
ordinata col soggiuntivo : XVII 27 ' neque fluminìbus adgesta semper laudabilis, quando senescant ^
sata quaedam aqua ' : v. 10, 58. dub.
semi. XIII, p. 44, 14 sg., ed. Beck. Lo
stesso costrutto col soggiuntivo si os-
serva in Livio e, poi, in Tacito. ^
4.** L'espressione ' ut qui ' con l' indicativo si nota nella Qerm. 22, 2 * lauantur saepius calida,
ut apud quos plurimum hiems occupat':
cf. n. h, 30, 10. Nella n. h. si
accoglie ' ut qui ' col soggiuntivo : XXXI 83
^ quercus optima, ut quae per se ci nere sincero uim sa- lis reddat ' : v. 18, 134. 36, 120. ^ Certo è
che nel mi- 1 Plavt. cist 116 (I 1,
118). Ter. adelph. 287 (II 4, 23;. Cic top. 5, 26. de fin. V 23, 67. Tuse, IV 15,
34. Sall. lug. 102, 9. Vero. Aen. X 366.
Hor. sai. II 5, 9; 7, 5. Liv. XXXIX 51, 9.
Cf. SiL. IT. Pun. XIII 768. Tag.
hi$i. I 87, 1 ; 90, 10. ann. I 44, 12.
Vedi Cocchia, Bini, lai., § 169, VI, avv. 2, 6, p. 407. * La lez. * senescant ' nel 1. e. della n.
/i. ò presentata dai codd. e confermata
dal Mayhoff, voi. Ili, p. 72 , 14 : nella ed.
Sillig. (v. Ili, Hamb. e Gotha, 1853) si legge 'senescunt'. 3 Liv. Ili 52, 10. Tac. hisi li 34, 4. IH 8,
13. ann. IV 64, 10. XII 6, 2. 4 Agli ess. dedotti dalla n. A. si può
aggiungere 31, 31, ove si voglia
accogliere la lez. * ut quae *, che ò presentata dai codd. Paris. 6795 e Riccard.», e accettata
dalla ' uulg. * e dalle edd. Harduin.
II, p. 551, 6; Mayhoff, voi. V, p. 12, 9: il Jan, voi IV, p. 266, 2 la rifiuta. — 149 -^
giior tempo della lingua latina si diede la preferenza al soggiuntivo; ^ e qualche es. contrario che
osserva- vasi in Cicerone, è stato
convenientemente emendato dagli editori
moderni. ^ Negli scritti di Tacito appare
costantemente la costruzione col soggiuntivo. ^ II. — Soggiuntivo : 1.** Osservasi, talvolta, il presente del
soggiuntivo retto da ' donec ', per
indicare una circostanza reale o
un'azione che si suole ripetere per abito: Germ. a) 1, 10 ' donec in Ponticum mare sex meatibus
erumpat '. 35, 5 * donec in Chattos
usque sinuetur '. h) 20, 5 ' donec aetas
separet ingenuos, uirtus adgnoscat '. 31, 10 * do- nec se caede hostis absoluat ': v. inoltre
31, 16. 40, 16. Ai 11. ce. della Germ.
si possono confrontare i sgg. >
Cic. Phil XI 12, 30. Caes. 6. G. IV 23, 5. Livio accoglie tan- to la costruzione con 1* indicativo : V 25, 9
; quanto quella col soggiuntivo: XXIII
49, 12. Vedi Riemann, op. e , § 115, n. 3, p.
291. Cocchia sint lai, § 160, III, ò, p. 372 sg. s Cosi, p. es, in Cic. ad. AH. IV 16, 6
leggevasi prima • ut qui iam
intellegebamus * (v. ed. Nobbe, p. 847) ; ora si legge * quod iam i. * (v. ed. Alb. Sad. Wesenberg,
par. Ili, voi. II, p. 148, 10, in cui il
1. e. ò trasportato in IV 17 (18), 3). Parimente ad Ali. Il 24, 4, nel passo ' utpote qui
nihil contemnere sole- inus, (V. ed.
Nobbe, p. 834), si ò sostituito 'soleamus' nella cit. ed. Wesenberg, voi. cit., p. 85, 20. 3 Tac. hist III 25, 4. ann. II 10, 12. IV
62, 6. etc. : perciò il Prammer
sostituisce nel testo della Germ. 22, 3 ad ^ occupat ' la forma del soggiuntivo ^ occupet *. Il Halm
, al contrario, es- tende r accezione
dell* indicativo dal 1. e. anche al 1. della
Germ, 17, 6, supplendo il v. «eat* nella frase ellittica * ut qui- bus nullus per commercia cultus ' : v. Germ
ed. Halm, Lps 1883, p. 231, nota. -150-
della n. h.: IX 133 * donec spei satis fiat, uritur liquor \ XVIII 103 ' postea operiuntur in uasis, doaec
acescant ': e similmente 30, 86. 34,
122. etc. Se ne erano dati de- gli ess.
prima da Orazio, Livio, Curzio ed altri. ^ Ma
nella Germ. 37, 24. 45, 19 la v. ' donec ' si accompa- gna, secondo l'uso sintattico comune, con V
indicativo. 2.** La deviazione
sintattica di ' quamquam ' col sog-
giuntivo appare prevalènte nella Germ.j poiché per otto volte che tale voce è adoperata, in due (5,
13. 17, 14) si nota al principio di una
proposizione principale, in funzione ,
come osserva il Draeger, ^ di avverbio ; ^ in
un 1. (4, 5) non è seguita da un verbo di modo finito; in quattro 11. (28, 20. 29, 15. 35, 3. 38, 4)
regge il pre- sente il perfetto del
soggiuntivo : in un 1. (46, 3) si
accompagna col presente indicativo. Dello stesso modo osservasi nella n. h. la v. ' quamquam ' col
verbo al- l' indicativo (16, 161 ; 204 ;
206. etc.) o al soggiuntivo (18, 125 :
cf. dub. serm. II i, p. 20, 13 , ed. Beck ) : si osserva anche ' quamquam ' coi participi: v.
15, 52. 18, 265. 19, 50. 25, 87. 26, 21.
30, 13. etc. ; e con gli ag- gettivi: V.
15, 52. 29, 1. 30, 13. etc; talvolta si riferi-
sce ad un verbo sottinteso : v. 3, 55. 8, 120. 16, 151. 34, 62: cf. dub. serm. II e^ p. 14, 27, ed.
Beck. Or, la deviazione sintattica di '
quamquam ' col sog- giuntivo, la quale è
notata di preferenza nell'età impe- 1
HoR. ep, I 18, 63 sg. II 3, 155. Liv. XXI 10, 3.
XL 8, 18. CvRT. hisL A M IV 7 (31), 22.
Cf Qvintil. L a XI 3,53. Tac. hist II 1, 8. Ili 47, 17. V 6, 21. anr^, II
6, 16. etc. Vedi RiBìfAKK,
op. e, p. 297, n. 1. 2 Drabgbr,
ueber Synt u. Si. d. Tacs, § 201, p. 81.
3 C£ Tac. ann. XII 65, 12. Idial de oratoribua 2B, 9^ 33^ Ili. riale , appunto perchè allora , per
etócàcia dèi ^rlafé del volgo, sì
cominciò a far confusione tra le funzióni
del modo indicativo e quelle del soggiuntivOj mostrasi anche nell' età aurea della prosa latina , ma
solo nel caso che il pensiero che s'
intende esprimere richieda,
indipendentemente dalla presenza di ' quamquam ', ra- so del soggiuntivo nella proposizione; come,
p. es., per indicare possibilità o
condizione : * talvolta, e ciò bófte
avverte il Rieraann, 2 pare che la deviazione si debba attribuire ad errore di copisti. 3.** Il soggiuntivo nelle proposizioni
relative , tanto consecutive quanto
finali, è d'uso ordinario nel latino:
Gef^m. 29, 4 ' in eas sedes transgressus, in quibus pars Romani imperii flerent '. 32, 2 * quique
terminus esse sufflciat '. 35, 8 ^
quique magnitudi nem suam malit iu-
stitia tueri \ n, h. XXXIII 84 ' remedium abluere idlatum et spargere eos, quibus mederi uelis ': v.
34, 122; 134. etc. ^ 4.** Per il tramite della frase pliniana, n.
h. XXXVI 113 ' cuius nescio an aedilitas
maxime prostrauerit mores \ modellata
sulla frase di Cicerone, de fin. V 3, 7 ^ quem... haud scio an
recte dixerim principénl ', dò- 1
Varr. in Gbll. n. A. XIV 8, 2. Cic. de or. II
1, 1. Ili 7, 27; 26, 101. p. Piane. 22,
53. de fin. Ili 21, 70 (v. comm. Madvig).
Tuse. I 45, 109. V 30,
85 (v. comm. Kuehner). de legibus IH 8,
18. Nep. XXV (Att) 13, 6. Sall lug. 3, 2.
83, 1. Cf. Verg. Aen. VI 394. Liv. XXXVI
34, 6. Tao. Agr. 3, 1. 13, 5. hist. I 9, U.
II 20, 5. Idial de oraioribus 34, 14].
« RlEMANN, op. e, § 126, p. 300 sg. V. iaoltre Cocchia, slni. lai, § 181, III, p. 444. Georges, ausfuhrl.
Handwb., II, e. 1906. 8 Per la conferma
con ess. di Cic. v. Cocchia, séni, lai, § 160,
I e II, p. 366 sgg. Cf. Tag. Agr. 34, 12. hf'ai. I 15, 18. IV 8Ì^
3. ann. I U, 9; XV 47, 6. etc. — 152 —
vette, probabilmeQte, penetrare nella elocuzione della Germ. e di altri scritti dell' età argentea ^
V uso del perfetto soggiuntivo
potenziale nelle proposizioni subor-
dinate: Germ. 2, 5 ' immensus ultra utque sic d i x e- r i m aduersus Oceanus raris ab orbe nostro
nani bus adi tur '. III. — Infinito : 1.° Dell' infinito descrittivo si hanno ess.
nella n. h. : V. 14, 6. 28, 146. etc. ^
Nella Germ. V infinito descrit- tivo
giunge a penetrare nelle proposizioni relative im- proprie. 7, 11 ' et in proximo pignora, unde
feminarum ululatus a u d i r i , unde
uagitus infantium '. ^ Sallu- stio aveva
ammesso l' infinito descrittivo nelle proposi-
zioni comincianti col pronome relativo; * e l' es. di lui fu in più luoghi continuato da Tacito. ^ 1 Vedi QviNTiL. i. o. V 13, 2. Tao. Agr.
3, 13. ann, XIV 53, 13. Idial. de
oraioribus 34, 8. 40, 19J. Plin. episL II 5, 6. pan 42, 3.
2 Si notino gli ess. analoghi di Vbrg. georg. I 200 (cf. Aen, II 169). Aen. IV 422. VII 15. 3 Cf. Tag hist. IV 80, 13. ann. VI 19, 12. Alcuni annotatori e editori della Germ. non hanno accolto la
forma ' audiri ' nel 1. e, perché, come
scrive il Kritz, op. e, p. 47, * infinitiuus hi- storicus ut iam per se h. 1. ferri nequit,
ita multo minus ex relatiua particula
aptus esse potest ' ; ed hanno mutato *
audiri * in * auditur ' ( Kritz ), ' audiunt ' (Madvig), * audias ' (Woelfflin), * audiant ' (Hirschfelder), *
est audire * (Schuetz e Maehly): il
Heraeus ha aggiunto * possit ' dopo * infantium *; il Ritter ha espunto * audiri '. 4 Sall. lug. 70, 5 * litteras mittit, in
quis mollitiam socor- diamque uiri
accusare, testari deos ' e. q. s. 5
Tac. hist I 52, 16; 81, 4. Ili 63, 13. IV 84, 3. Vedi P. — 153 —
2.** Tra i verbi che nella Germ. si accompagnano con r infinito, invece di reggere, secondo l'uso
più comune per alcuni di essi, il
soggiuntivo con * ut ' o * ne ', no-
tiamo i sgg. : ' coarguere, consentire, obsistere, persua- dere , quaerere, suflìcere '. Ommettiamo di
trattare dei vv. ' coarguere, '
obsistere, *• sufflcere ', ^ perchè non ci
è dato trovarne adatto riscontro né nella n. h. né negli scritti di Tacito : è probabile, però, V
analogia di co- strutto tra ' obsistere
' con l' infinito e ^prohibere ', che
Plinio usò pure con V infinito. *
Crbusny, de U8U inf. hiat ap. Tao. ; in Méaeel philol. liòellus, Bresiau 1863. * Il V. 'coarguere' costruito con TinfiiL
appare, oltre che nella Germ, 43, 4,
anche in Qvintil. L o. IV 2, 4 e in un 1.
del 6. Alex, 68, 1, che sia letto, però^ come è presentato dai codd., cioè col v. ' coarguisset * dopo T
infinito * recipere *, e non come
leggesi ora neir ed. B. Kuebler. Lps. 1896, p. 43, 26, col V. * coarguisset * mutato di posto. * Il V. * obsistere * con l' infìn. si nota
nella Germ. 34, 11 * ob- stitit Oceanus
in se simul atque in Herculem ìnquiri '. Presso
gli altri scrittori si accompagna col soggiuntivo retto da ' ne ' o * quo minus ' ; p. es. Plavt. miì. gì 333 (
II 3, 62 ). Cic. in Verr. V 2, 5. ad AH,
VII 2, 3. de nai, d, II 13, 35. Nbp. I (MilL)
3, 5. etc. •* * Suflìcere * con
V infin. è costrutto poetico , dato da Vero.
Aen. V 21 sg. , e ripetuto nella Germ, 32, 2 * quique terminus esse suflìciat *. Plinio Secondo preferi
accompagnarlo col ge- rundio dativo: v.
n. A. 13, 79. 18, 249. 36» 57; o col gerundio
accusativo retto da 'ad *: v. n. h, 24, 147. Plinio il giovane lo associò con * ut* o 'ne* e il soggiuntivo: v.
epist IX 21, 3; 33, 11. 4 Plin. n. h, XXII 90 * Cleemporus nigro
prohibet uesci ut morbos facìente '. Cf.
Tag. hist, I 62, 13. ann,\ 69, 3. Vedi Mad-
vio, lai, SprogU § 344 e § 350 Anm. 3, pp. 239, 244. Cocchia, 9ini, lai, , § 168, I, avv. 6, p. 391. -184-
a) La oastruzione del v. ^ consentire ' con V infinito sì nota nella Oerm. 34, 9 * in claritatem
eius referre consensimus \ Nella n. h.
si ha tanto la costruzione con r
infinito : XVII 80 ^ Graeci auctores consentiunt non altìores quìno semipede esse debere': v.
18, 312; quanto la costruzione con * ut
' e il soggiuntivo : XIV 64 * Tiberius
Caesar dicebat consensisse medicos ut no-
bilitatem Surrentino (se. nino) darent \ La costruzione con r infinito non fu estranea a Cicerone e
Quintilia- no ; ^ ma nemmeno fu
trascurata quella con * ut ' e il
soggiuntivo. 2 h) Il V. '
persuadere ' è usato con V infinito nella
Germ. 14, 16 * nec arare terram aut exspectare annum tam facile persuaseris '. La n. h. presenta *
persuade- re ' tanto con l' infinito :
XXIII 40 ^ at nos e diuerso fumi
amaritudine uetustatem indui persuasum habe-
mus ' ; quanto con * ut ' e il soggiuntivo : XXXVII 88 * persuasimus deinde Indis, ut ipsì quoque
iis gaude- rent '. ' e) La costruzione del v. * quaerere ' con l'
infinito, nel senso di « ad oprarsi ,
cercare , tendere », appare gradita ai
poeti: * osservasi nella Oerm. 2, 3 * classi- i Cia de leg. agr. I 5, 15. Phil. II 7,
17. IV 3, 7. Qvintil. L e. Ili 7, 28. IX
1, 17. etc. Cf. Tao. ann. VI 28, 7. «
Vedi Liv. XXX 24, II. ' Per la
dìffereuza neiriuK) classico tra ' persuadere ' eoi ^g- gìuotivo cetto da * ut ' o senza, vedi
Cocchia, sint tei, g 163, X, avv. 1, a
ed e, p. 380. * LvcR. de r. n. I 103, Vbrg. Aen, IV 6Sl. Hor.
eai^m. ì 16, 26. OviD. am. I 8, 51. episi, (her.) 12, 176.
irèst V 4, 7. Phabdr. fab^. m proL 25.
IV 9, 2. ete. ^ 166 - bus aduebebantur qui mutare secles qui^rebant
* ^ * e nella n. h. Y 54 ^ Inter
occursantis scopulos noB floere inmenso
fragore quaerit sed ruere '. Vili 214 *
potia» simum e monte aliquo in alium
transilire quaerens*. Non è certo cbe un
costrutto consimile sia stato fpi^ ma
adoperato da Cicerone. ^ IV. — ^
Participio: 1." ^ Velut ' è usato
con un participio, iaveoedi ìmm
proposizione retta da * uelut si ' : Oerm, 7, 7 * uelut deo imperante', n. h. X 47 ' uelut ideo tela
iigiiAta cruribus suis intellegentes '.
In Livio tal^ uso notasi più di frequente.
^ Z."" Participio perfetto
aoristico : Germ. 40, 11 * is adesse
penetrali deam intellegit uectamque bubus
feminis multa cum ueneratione prosequitur '. n. h. XXXVII 54 * nunc gemmarurn confessa gea^ra
dice- mus ab laudatissimis orsi': v.
inoltre Zy 44, 5, 54. 1 U. Zernial,
commentando il 1. e. della Germ. p. 19, %vv^.r-
te: « quaerebant e. inf. bei Tao. nur hier >. t In un 1. di Cic. de inu. rhet II 26, 77 s?
legge : ^ quaerat tamen aliquam
defensionem, et facti inutilitatem aut turpitu-
dinem cum indignatione ppoferre '. Ma i codd. Herbipolit. {H) il Paris. 7774 A (P) e il Sangall. (5) ommettoùo T infln. * profer- re', che il Friedrich (Lps. 1893, par. I, voi. J,p. 201, 16-17) chiu- de
tra parentesi quadre. Ammessa, per tanto, V Interpolazione del V. ' proferre*, si avverte nell'an^eò.
Krbbs-Sghmalz, II, p. 395, che il
costrutto di cui ò discorso « ist nicht nachzuah- men » ; e il Georges, ausjuhrl Handtob. , lì,
e. 1896 , citando in proposito la hisi
Synt III 301 der Draeger, nota che in que-
sta è da cancellarsi Tes. di Cic. de ina. rhet , 1. e. 3 Liv. I 14, 8; 29, 4; 31, 3; 53, 5. Il 12, 13. XXV 39, 4. etc. Cf. Tao. hi8t. IV 70, 5; 71, 7. — 156 —
11, 22; 187; 217. 16, 163. 30, 1. 34, 63. 36, 54. etc. L'uso del
participio perfetto aoristico si nota prima in
Cicerone, Cesare ed altri. ^
3.** Participio futuro attivo nelle funzioni di una pro- posizione subordinata : Germ. 3,1* Herculem
memo- rant, primumque omnium uirorum
fortium i t u r i in proelia canunt '.
n. h. XXXV 92 ' Apelles inchoauerat et
aliam Venerem Coi, superaturus etiara illam
suam priorem ' : v. inoltre 7, 143. 16, 10. 17, 9; 173. 25, 22. 26, 117. 29, 19; 29. 34, 36. 36, 119.
37, 20. etc. L' uso sintattico di cui si
è fatta menzione, fu evitato nella
latinità aurea, ^ e, come è noto, cominciò a pre- valere da Livio in poi. ^ 1 CiG. p. Mur. 30, 63. Gaes. ò. G. II 7,
1. V 7, 3. VII 32, 1. etc. Quanto ai
confronti con 11. di Tac, v. Draeger , ueber,
Synt u. St d. Tac. 3 , § 209 , p. 84. Vedi anche Madvig , lai. Sprogl, § 382, 6, p. 263. Cocchia, aint lai.
, § 128, 6, IV, avv. 1.% p. 282.
Ramorino, i eomm, de b. G. ili. pp. 68, 156.
2 Vedi Madvig, lai. Sprogl, § 377, Anm. 5, p. 260 sg. Gandi- NO, 8ini. laty I, es. 4, n. 3, p. 6 sg. 3 Cf. Tac Agr. 31, 2. hist. I 27, 17. II 53,
7. ann. 128, 1; 31, 4; 36, 5; 45, 8; 46,
7. II 17, 4. etc. Quanto ai numerosi ess. che
presenta Tito Livio, v. Guethling, de T. Liuii orai, diì^puiatio^ LiegQitz 1872, cap. II, p.5 sgg. Kuehnast,
die Hauptpunkte d. lioianischen Synt,
Beri. 1872, p. 267 sgg. Vedi anche la mo-
nografìa di F. Helm, quaesL synt. de pariie. usa Tac. Veli. Sali , Lps. 1879 ; e la monografia di S,
Lichotinsky , suir uso del participio in
Tac, Kiew 1891. CAPITOLO QUARTO Relazioni sintattiche tra la Qermania e le opere di Tacito. Le più notevoli relazioni sintattiche tra la
Germ, e gli scritti di Tacito sono state
rese evidenti, mediante appositi
confronti segnati nelle note, nel cap. prece-
dente, in cui si sono trattate le relazioni sintattiche tra la Germ. e la n. h, di Plinio : nel
presente capi- tolo ci restringiamo, per
evitare inutili ripetizioni , a notare
quelle poche relazioni sintattiche tra la Germ.
e le opere di Tacito, per le quali non siamo riusciti a trovare nella n. h. dei termini sicuri di
confronto. L — Quanto agli usi
particolari di alcune parti del
discorso, notiamo : 1.** iPpron.
Mpse ', in funzione appositiva al sog-
getto, trovasi unito con un part. perf. passivo costrutto assolutamente, par supplire alla mancanza del
part. perf. attivo : Germ, 37 , 15 '
quid enira aliud nobis quam caedem
Crassi , amisso et ipse Pacoro, infra
Ventidium deiectus Oriens obiecerit? '. Agr. 25, 21*diuiso et ipse in tris partes e x e r e i
t u incessit': cf ann. XIV 26, 2.
Analoghi costrutti pre- senta Livio
nelle frasi : ' causa ipse prò se dieta,
quindecim milibus aeris damnatur '. ' dimissis et ipse * adticis nauibus .... nauigare Aegyptum
pergit '. ' È 1 Liv.
IV 44, 10. XLV JO, 2: cf. XXX VIU 47, 7. Vedi Naegels- 3ACH, lai. Siy § 97, 2, 6, p. 262 sg. — 158 —
possibile che tale uso del pron. * ipse ' sia stato intro- dotto dopo l'uso analogo fatto da Sallustio
del prono- me * quisque \ * 2.** La particella comparativa ' quam ' è
adoperata, talvolta, con V ellissi
dell'avverbio corrispondente * po- tius
' ; Germ. 6, 20 * cedere loco, dummodo rursus in- stes, consilii quam formidinis arbitrantur'.
hist. Ili 70, '6 * ctir enim e rostris fratris domura quam
Auen- Untim et penates uxoris petisset
? ' : v. inoltre hist IV 5B, 6; 83, 20. ann. I 58, 6. IH 17, 16; 32,
9. V 6, 10. Xin &y 16. XIV 61, 22.
etc. L'ellissi di ' potius ' no- t»sA
pure in Plauto, Nepote, etc. ^ 3.*^ Quo
modo ' è usato ad esprimere paragone, co-
alpe *ut*: Germ. 41,2 *quo modo paulo ante Rhenura, aie ttunc Danuuium sequar '. Agr. 34 , 6 '
quo modo eiiutts saltusque penetrantibus
fortissimum quodque a- nimal centra
mere, pauida et inertia ipso agrainis sono
p^Ilebantur, sic acerrimi Britannorum ìam pridem ce- ciderunt '. ann. IV 70, 14 ' quo modo
delubra^et alta- fìa, sic carcerem
recludant ' : v. ann. IV 35, 7. XVI 31,
8; 32, 14. [dial. de oratoripus 36, 35]. Quanto
alla rispondenza * quo modo - ita ', \*. hist. IV 8, 19; 1 SAll. lug, 18, 3 ' multis sibi quisque
itnperium petentibus \ Pel Bignificato
di ' et ipse ' in casi aualoghi, v. la monografia di J. Prammer , ' et ipse ' bei Tae. ; iù
Zisehrf. f. d, oesierr. Gymn, 1881, 500;
e il comm. del Valmaggi a Tae. hist I 42,
J, p. 69 ; Il 33, 17, p. 62. *
Plavt. rud. 1114 (IV 4, 70). Afe/i. 726 (V 1, 26). Nep. XIV (|)at.) 8, 1 ' statuii congredi quam ' cet. ,
secondo 1* ed. Halm ; ina accolta la
congettura del Fleckeisen ' statim maluit con»-
gnodi^V si rendei non adatta la nostra citaxióne^ Cf. Val. Flagg. Argon. VII 428. — 169 —
64, 18; 74, 9. ann. XIV 54, 5. XV 21,5. XVI 16, 11.» Anche in Cicerone, oltre al significare
domanda o am- mirazione, osservasi V
espressione ' quo modo ' adope- rata in
correlazione con ' sic ', di rado * ita '. '^
4.'' La prep. ' ex ' talvolta è usata con significato modale : Germ. 7, 1 * reges ex nobilitate,
duces ex uir- tute sumunt ' : v. 3, 18.
Agr. 40, 10 ' siue uerum istud, giue ex
ingenio principis fictum ac compositum est '.
hist. I 27, 16 * animum ex eaentu sumpturi ' : v. inol- tre hist. 1 82, 14. II 85, 18. ann. 1 58, 4.
Ili 69, 7. IV 64, 5. VI 11, 16. XllI 9,
4; 46, 19. XV 72, 3. etc. Di tale uso
della prep. ^ ex ' si notano numerosi ess« pres- so gli scrittori precedenti. ^ 5.** La prep. * per ' ha valore modale neir
espressio- ne ' per otiura ': Germ. 15,
1 ' non multum uenatibus, plus per otium
transigunt \ ann. I 31, 12 ' isdem ae^
stiuis in finibus Vbiorum habebantur per otium aufc leuia munia*: v. XV 6, 5. ■* Notevoli ess. ne
avevano 1 V. il comm. del Heraeus a
Tao. hist III 77. * Cic. de leg. agr. II 1, 3. aead. pr. II 12, 38
; 47, 146. de fin. Ili 20, 67. Tùse. I 38, 91. Ili 17, 37. IV 13, 28. V 7, 18. de legi- bua I 12,33. de off. I 38, 136. É inesatta,
per ciò, raffermazioue delio Zernial ,
op. e. , p. 80 , che è « * quo modo ' =: ' ut ' im VergleìchuDgssatze wie Agr. 34, 6; bei Cic.
nur in dar Frage ». 3 Tbr. haut 203 a 2, 29;. Varr. de l. L. VI 7, 64, p. 96, 12 Sp. CiG. de ina. rhei. II 45, 132. p. Quinci. S, 30 e 31. dia. in, Caeeil. r», 19. ep. (ad fam.) II 7, 3 ; 13, 4. XII 4, 2. XIII 56,
3. de fin. II 11, 34. etc. Liv. I 23, 7;
40, 6. V 14,2. XLII 23, 6; 25» 11; 30,
6, Vedi Drabgèr , hist Sini, § 287 , 2 e 6, p. 592 sgg. ; u^er Synt u. St d. Tae. 3, § 96, p. 41. ^ et A. G^RBBR, nonn» de usu praepQ8.ap.
ITac, Glueckstadt 1871. — 160
— dato prima Cicerone e Livio. * 6.^ La rispondenza' siue -seii ', che si
osserva nella Germ. 34, 8 ' siue adiit
Hercules, seu quidquid ubique magnificum
est, in claritatem eius referre consensi-
mus ' ; e negli ann. XIV 59 , 1 ' siue nullam opem prouidebat inermis atque exul , seu taedio
ambiguae spei ' : V. XII 8, 1 ; 26, 8 ;
fu prima applicata da Vir- gilio: ^ e
dal modo di applicazione il Woelfflin ne de-
dusse che € dieso Variation flndet sich nur bei un- gleich gebauten Saetzen oder Satzteilen, »
^ II. — Due osservazioni si debbono
aggiungere quanto all'uso dei casi.
* l.'' Il V. * inuidere ' costruito con
l'ablativo di cosa: Germ. 33, 5 * ne
spectaculo quidera proelii inuidere (se.
nobis) '. ^ ann. I 22, 9 * ne hostes
quidem sepultura 1 Cic. de inu. rhet
I 3, 4. Liv. Il 39, 11. IV 58, 12. VI 27 , 7. XXI 28, 4; 33, 10; 55, 1. XXVII 2. 9; 46, 10.
XLIV 38, 10. etc V. la monografia di F.
G. Hensell, de praepos. * per ' usu Tao,
Maìb. 1876. « Vbrg. Aen, IX 680.
Vedi Manil. asiron. I 132-135. Caes b.
G, I 23, 3 ed aJtH presentano la relazione invertita * seu— siue ', che osservasi anche in Tac. ann. I 11, 9 *
seu natura siue ad- suetudine '. Nella
n. h. di Piiaio notasi la rispondenza ' siue
— uel ': XVII 223 ' siue fungum placet dici uel patellam '. 8 Woelfflin, 1. cit. dallo Zbrnial, op. e,
p. 67. 4 Vedi la monografia di R.
Seelisgh, de easuum obi ap. Val. Max. usu Liu. et Taeiiei gen.
rat. hab., Monasterii 1872. 5 Alcuni commentatori della Germ. dichiarano che * specta- culo ' nel 1. e. è dativo, come in Tac. ann.
XIII 53, 12 ; e XV 63, 10 : V. Zbrnial,
op. e, p. 66. Pais, op, e, p. 53. Ma anche
nel 1. degli ann. XV 63, 10 la frase * non inuidebo exemplo * presenta, secondo afferma il Draeqer, ueber
Synt. u. St. d, Tae.^, § 64, p. 29,
l'ablativo * exemplo \ • — 161 — inuìdent '. Quintiliano avverte in proposito
: ^ si anti- quum sermonem nostro comparemus,
paene iarn quidquid loquimur figura est
: ut « hac re inuidere » non , ut
ueteres et Cicero praecipue, « hanc rem »'. ^ Il costrutto considerato ha la conferma in alcuni 11. di
Livio e di Lucano. ^ 2.° L'agg. * ferox ' con un complemento dì
relazione in ablativo: Germ. 32, 9 '
prout ferox bello et melior *. Agr. 27,
1 ^ cuius conscienlia ac fama ferox exercìtus '. hisL I 51, 2 ' ferox praeda gloriaque
exercitus': vedi inoltre hisL III 77,
21. IV 28, 12. V 15, 13. ann. 1 3, 20.
Conformi sono gli ess. presentati da Cicerone, Sal- lustio, Orazio, etc. ^ Ma in altri 11. di
Tacito V agg. ' ferox ' si accompagna
col genitivo, * come in Ovidio; ^ oppure
con la prep. ' aduersus ' e l'accusativo. ^
III. — Per quanto concerne V uso dei modi e dei tempi del verbo, si deve osservare : I.v la costruzione del v. ' merere ' con V
infinito : Germ. 28, 20 * (Vbii)
quamquam Romana colonia esse »
QviNTiL. i. o. IX 3, 1. Vedi Cic rase. Ili 9, 20. Hor. sai. 1 6, 49 sg,
« Liv. Il 40, 11. LvcAN. de b. e, VII 798. Ct Plin. n, h. 35, 92. Cicerone accompagna ' inuìdeo * con V
ablativo di cosa retto dalla prep. 'in *
; v. de or. II 56, 228. p. Flacc. 29, 70. Vedi
Madvig, lai. Sprogl, § 223, 6, p. 168 ; e il coram. del Cocchia a Liv. II 40, 11; Torino 1888, p. 130
sg. 3 Cia in Vatin. 2, 4. Sall Cai, 43,
4. Hor. earm. I 32, 6. 4 Tao. hist I 35. 6. ann, I 32, 11. IV 12,
7. 5 OviD. mei, VIII 613. 6 Tac. hisL III
69, 26. Notisi il costrutto col dativo in Liv.
VII 40, 8. Consoli, La Germania
comparata. U . — 162 — mèruerint '. ann. XV 67, 7 * diim amari
meruiisti ': v. *XIV 48, 14: tale
costrutto fu accolto da Ovidio, Fedro,
ètc; ^ mentre Cicerone ed altri, attenendosi all'uso plau- tiriOj'diedero la preferenza al costrutto con
' ut ' o ^ ne ' e il soggiuntivo. ^ 2.** il participio perfetto neutro usato al
singolare come sostantivo, in funzione
di soggetto della proposi- zione : Germ.
31, 1 ^ et aliis Gèrmanorum populis
usurpatum raro et priuata cuiusque audenlia àpiid Chattos in consensum uertit , ut primura
adoléuerint , ìc'rihem barbamque
submittere'. hist I 51,23 'accessit
catlide u o 1 g a t u ni , temere e r e d i t u m , decumari iegiones et promptissimum quemque centurionum
di- mitti '. ann. Ili 22, 3 '
adiciebantur adulteria, ùerieiia q u a e
s i t u m q u e per Chaldaeós in doirium Caeàa-
ris ' : à V. ann. Ili 9, 12. XV 58, 7. ** Tale sostantiva- 1 OviD. in'sL V 11, 10. ex Pont IH 2, 20.
Phaedr /dò. ìli 11, 7. Val. Flacc.
Argon. I 519. V 223. Cf. Qvintil. /. o. X 1, 72 2 Plavt. Baceh. 1184 (V 2, 65). capt. 422
(II 3. 62; secondo V ed. comm. dal
Cocchia, II 2, 172). Epfd. 712 (V 2, 47). Men.
217 (I 3, 34). Sdcfì. 24-26 il 1, 21-26;. Teii. Andr. 281 (I 5,
46). hee. 760 (V l, 34). Cic de or, I
54. 232. ep.' (ad farà.) XÌV 6. de fin.
li 22, 74. de net. d. I 24, 67. (cf. in Ver\ IV 60, 135). Ckiss.'b. G. VII 17, 5. Liv. VII 21, 6. Plin.
/i. /i. 35, 8. Vedi KuEBS-ScHMALz,
antìb., II, p. 70. 3 II CoNSTANS
ammétte da prima che nel 1. e. degli ann IH
22, 3 ci" sia Tuso del participio perf. passivo neutro comò sog- getto della proposizione {éiude s l. languì
d. Tac. , n.° 246, p. 112); poi
riconosce nello stesso pariìcipio perfetto una propo- sizione infinitiva e non più una
sostantivaz-one do! participio (op. e,
n.o 282, 12.^ p. 136): è una inesattézza dovuta a distra- zione.
4 Nel citare l'es. ann. XV 58, 7 ci siamo attenuti alla * 1. ù'ulg.
': 'Taelatum erga coniuratos *. Nel cod.
Med. &i legge •latatum'» — 163
— isione del participio perf. neutro,
che manca di ess. in Cesare e Sallustio,
presentasi come un costrutto spora- dico
in Cicerone; frequente, invece, in Livio. '
Avvertenza, Nella Germ. non osservasi alcuno esem- pio del perfetto soggiuntivo di conseguenza,
dipendente ^a un tempo storico: tale
costrutto notasi, al contrario, più
volte negli scritti di Tacito. - -che
per il Haase diviene * non celatus tantum *, per il Halm * clam actum *, e per il Ritter ' laeta tum
nerba '. Il Ramorino sospetta * iactatum
erga coniuratos osculum *. 1 Cic. parL
or. 33, 114. Liv. I 53, 1. IV 16, 4; 59, 7. VII 8, 5 ; 13, 4; 22, 1. XXVII 37, 5. XXVIII 26, 7. (cf.
XXVII 45, 4). etc. Vedi DRA.EGER, ueber
Synl. u. Si. d. Tae, 3, § 211, p. 86. Rie-
MANN, op. e, § 22, p. 104 sgg. «
Vedi Madvig, lat Sprogl, § 337, Anm. 2, p. 235. DRAEGEa, hi8t. Synt,, § 133, p. 241 sgg.; ueber Synt
u. SL d, Tae, 3, § 182, p. 74. CoNSTANs,
étude s. l langue de Tac, n.^ 226, p. 104.
Fine INDICE DEI CAPITOLI Osseì*vazione preliminare pag. VII Capitolo I. — Relazioni lessicali tra la
Germania e la natUralis historia di
Plinio . . » 1 Capitolo IL — Relazioni
lessicali tra la Germa- nia e le opere
di Tacito . . . . » 97 Capitolo IH. —
Relazioni sintattiche tra la Ger- mania
e la naturalvi historia di Plinio . » 114
Capitolo IV. — Relazioni sintattiche tra la Ger- mania e le opere di Tacito ...» 157 INDICE DELLE MATERIE N. B. ì\ num. indica la ^agiDa. A) ablativo di luogo 144, absiimére ^9. ac
comparativa 125. accedere 142. accipere'
121. accusativo di y^élàzio- ne Ì35.
acer 113. acies 111. addere fldem 'l'Ò9. ''kd-
ductius 104. adfectafe 40. adfectatìo 77. àdfedUo-'Sl. adgnatusSl; ili. adgnòscere 90.
àdg'régàrilOS/'à.dhuc 75. adligare 41.
adsignare 41. adsimulàte'42.]adu'ehtus
1. aeqiio (ex) 68. aestimare In ùhiuersiim *lÒ7."agere mànu V. maiiu. aggettivo in fiXnz,
predièatìva* Usato per avverbio 115.
aggettivo in funz. di un^soòfdktivo di
caso dat. 115. agitare 112. alea '2. kliqitànto 63. aliquis Ì17.àmbiri 42. araplitudò2.
andpitia"*fMdbl- maduertere 43.
animare 43: annates 2.' krihùs 97. itp-
petlatio 3. àpud 118: àrcanus 26.'àrgènfèus"26.'àfgu- "méritum 3. armenlum 4. ars 4.
accendere 43. àsp'ér 88. asperitas 70.
ater 27; 111. a^^ms-ioné 133.' kilden-
lia 98. augurar! 44. auguriiim 70. 'atis^icàfissimus 142. auspica tus 35. dixxt enumerativa
125. B) bigati 4. blandimentum 72. C) caeruleus 28. caespes 112. cariere 44. ca^sis'
4.' ce- dere 45; 121. cetiera 136.
còierute 64. circa Ì19.'cilra 119.
ciuilas'5. clarescere Ì03. cle'm'èhter 76. eludere 45. cohi'bere 46. collatio5. colUg'ere 90.
cbròr '&.''cttm- ' merci'ilm 107.
conitóigràre' 46.* cótcètìtus 82. ' 'èti'iici-
lium 6. concordanza del predidatd ?;^r&.^ 134. 'co'Àdi- ' ciò 6. contìitbr 6. consentire' 154.
'coritactus -36. 6òn- — 168 — temptor 7. continuare 47. copiae 98. corpus
7. cune- tatio 8. cuneus 8. D) dativo assoluto 141. dativo attributivo
140. dativo coi verbi passivi 143.
demere fldem 109. disciplina 108.
discrimen 9. diuersus 142. domus 113. donec
149. dum 147. E) e, ex 120; 159.
educatio 82. effusus 36. emergere 47.
eoque 117. equester 28. erigere 48; 112. esse 48. esse moris V. moris. — et (-que) in posiz.
asindetica 125. et (-que) per sed 127.
et (-que) esplicativa 126. eua- lescere
91.euoluere 48. ex aequo 68. exceptio 9. ex-
cipere 49. excisus 37. excrescere 79. excursus 83. ex- ercere 49. exìgere 50. eximere 143. expedire
51. ex- primere 51. exsol nere 110.
extrahere 52. exundare 80. F) faenus
112. fecundus 138. feralis 29. ferax 29; 145.
ferox 161. flgere 113. Armare 73. flexus 83. fluitans 34. foedare 53. fortuna 98. G) genitivo 137. gens 10. glaesum 96. gyrus
11. H) habitus 11; 107. hactenus 65.
haud perinde 105. haurire 53. hodieque
76. homicidium 78. hostia 12. I)
impatiens 39; 138. imperare 54. impotentia 12. im- putare 73. in 120. in commune 95. infamis 29.
ia- fectus 37. infernus 29. infinito
descrittivo 152. inge- nium 108. ingens
113; 146. inlacessitus 101. insci tia
12. insuper 69. intectus 102. intellectus 78. interue- Hire 143. intra 122. intumescere 71. inuicem
69. in- uidere 160. ipse 157. iuxta 113;
123. L) labans 35. laborare 54.
lamentum 83. lasciuia 84. lenocinari 55.
lentescere 55. libertas 113. liburna 13.
ligatus 38. lineus 30. locare 55. loco col gen. 144. longe 105. lucrari 91. M) panica 13. manu agere 106. marcens 35,
meatus — 169 — 72. merere 161. imsceri 112. missilia lOi. monstra- tus 38. moris eese 139. N) nam 127. narratur con V infin. 134.
luauigatus 38. ne-quidem 127. nee
(nequ€) 128. aecare lll.nisi quod 128.
nisi si 129. nodus 84. nomi di popoli IH. no-
mi in -tor 115. noscere 56. oox 111. nullus 116. 0) obliquare 56. obtendereOl. occurrere 92.
opiaio 14. origo : V. le giunte ed
emendazioni. P) pagus 111. part. fut.
attivo 156. part.pf. aoristico 155.
paì^t.pf. neutro 162. passim 66.pates€ere 56. per 124; 159. periclitari 93. pernicitas 14.
persuadere .154. piger 30. pignora 99.
plur. per il sing. 114. popula- ri 111.
potentia 109. potus 85. praetexere 93. pro-
bare 57. profligare 108. promiscuus 31. promptus 102. propinquitas 15. propior 31 ; 113. prosequi
57. pro- tinus 66. prouocare 74. prout
147. pubertas 85. pu- blicatus 39. pudor
110. Q) quaerere 154. quam 158.
quamquam 150. quando 148. quantulus 32.
quantum ad 107. -que (et) espli- cativa
126. -que — non 126. quies 15. quo modo 158.
quoque non 130. R) raptiis 86.
rarescere 94. receptaculura 16. reconci-
liare 58. redire 58. referre 59. regnare 59. relinque- re 122. remigium 110. repercussus 79. retro
67. re- uerens 102. reuerentia 16.
ridere 60. rigare 60. rixa 17. robur
107. rubor 17. ruina 18; 109. S)
saeculum 18. sagitta 86. sagum 19. sata 19. satis- factio 87. scrutari 60. scutum 20. secretum
20. sed et 130. sed quoque 131. sedes
87. separare 61. sepo- nere 61.
seueritas 108. similis 117. similitudo 20.
simplex 32. sincerus 32. sinus 21. siue seu 160. sog- giuntivo nelle proposizioni relative 151.
soggiuntivo — 170 — potenziale 151. sonare IH. spargere 62.
spatìum 21; 112. squalor 22. strues 22.
submittere 74. successio 22. suflfugium
99. sumere 103. super 124. superesse
62. superstes 112; 139. superstitio 23.
T) tamquam 131. temperantia 23. tolerare 94. trahere 109. transfuga 24. transigere 104. tributum
24. tri- stitia 88. triumphare 63. U) ualidus 33. uallare 95. uelut col part
155. uicus 111. uilitas 24. uis 109.
ulterior 34. nitro 68. noca- re 104. uoluntarius
89. uotiuus 34. ut 132. ut qui 148.
«terque 133. Giunte ed
emendazioni Pag. 2, 24 aDnales qui
Jan = a., q. Mayhoff-^ p. 4, 18 qua-
drigae, inde /. = q. ; i. M.— p. 5, IG conlationes, 22 conlatione J. = collat M, — p. 8, 9 preti J. = pretli
A/. — p. 11 , 1 na- tiones quae s. e.
Pompeium f. J, = 11., q. s. e. P., f. M, — p.
12, 27 Aggiungi alla n. 3 : La sostituzione è stata confermata dal Mayhoff, voi V, p 166, 15 con V autorità
dei codd : * im- potentia ' leggesi
nelFed. Gelen., Basii. 1554 — p.^ 13, 32 Sil. It. leggi Cf. Sil. It. — p 14, 14 Aggiungi: n.^
31.® bis. * origo ' : . Germ. 2, 12 *
Tuistonem deum terra editum et fìlium Mannum
originem gentis conditoresque \ n. h. VI 158 ' et horum («e. Rhadamaeorum)origoRhadamanthus putatur *: v.
6, 157. 7,43. 15, 49. L'uso metonimico
del sost. astratto ' origo *, per indicare
in concreto « progenitori, antenati », si osserva anche in Vir- gilio (Aen. XII 166) e Ovidio {met I 79. XI
755); cf Cic. de r. p. II 1, 3. Tao. hist IV 55, 5. ann. IV 9, 8. - p.
16. 16 est ut J. = e., ut M. — p. 17, 1
exstingui J. =z extingui M. — p. 19, 5
fuit suprema uliio J. =z fuit ultio M. — p, 22, 4 uitis J, = uites A/. - p. 24, 11 Q. p. attigere et J. = p Q.
a., et M. — p. 27, 2 Òmmeiii il n 151 —
p. 29, 2 n.^ 1 12 leggi 152 — p. 29, 17
aliquis sed J. = a., s. M. — p. 30, 16 P'ger qui /. = p , q. M. — p. 31, 3 stegnantis /. =; stagnantes M. —
p. 32, 3 Agrippa uir J. = A., u. M. — p.
46, 34 co mmìgrarunt leggi commi- grarunt
— p. 72, 27 Sil. It. leggi Cf. Sil. It. — p. 75, 11 Ao- verbi, em. Avverbi: — p. 79, 21 Verbi, em.
Verbi: — p. 79, 29 legges em, leggesi —
p. 156, 15 ueber. em. ueber — p. 158, 25
Zisehfr. em. Zisehrf, — p. 159, 30 Sint
em. Synt I ■*f.
i\ w vV
%l- .A* Lpfrjc?^7 56arbarli College librarg PERSIUS COLLECTION GIFT OF
MORRIS HICKY MORGAN [Class of
x88x) HROFfeSSOn OF CLASSICAL
PHILOLOGY JANUARY, 1910 by i^oogle Digitized by CiiOOQIC Digitized by CiiOOQIC .^
SAIsTTI COITSOLI
ANNOTAZIONI CRITICHE
AIiIiE satire II MI e IV di
Persio ^>4>^sK-V— ROMA
ERMANNO LOESCHER & C.'>
(Bretschneider e Regenherg)
Librai di 8. M. la Regina d'Italia
1905 Prezzo L. l. Digitized by CjOOQIC m
i Digitized byLjOOQlC 'à^.
SAiT'rx coM'sorii HS^a, Btevi Annotazioni Critiche alle satire II III e IV di Persio Roma
Er- manno Loescher & C''.
(Bretschneidei e Regenberg) Librai di S.
M.la Regina d' Italia 1905, S\ pp, z8.
Af. B f^ E V I
ANNOTAZIONI CRITICHE
HLiLi^ satire II MI e IV di
Persio ROMA ERMANNO LOESCHER & C:^ (Bretschneider e R^gimherg) Librai di S. M, In Reggina d* Italift 1905.
Digitized by Google IpW. \d3.T H»*v«?ti CdUgi Utwy Gìh ef
Mmri* H. Morgan Jan. l Idia Proprietà letteraria dell' autore (Catania^ via Maddem, lu 160) Tipogr&iia editrice Homa dei Fratelli
Per rotta, in Catania, Digitized by
CjOOQIC 'imn^^'' cuy » -cg jAQO/N g» . -co^oor g» Nel
cod. Moatepessulano 125 (P) il Buecheler lesse indeciso ' patru,. ' ; più chiaramente V Owen vi lesse
* patruuin ' , che, por correzione sovra
pposta, osservasi, come sopra si è detto, nel
Monacense M 67. A ine pare che si debba restituire nel testo di Persio la lezione ' patmuni ' presentata
dal P. In fatto, tra i voti immorali che
si fanno alla divinità il poeta include quello
per primo, che si erediti preato dallo zio ; ma la crudezza di tale voto, che muoia presto il parente per
ereditare i beni di lui, si vuole
occultare con la finzione del decoro della famiglia, in modo che non si chieda ^ o si ebuUiat
patruus ', ^ espres- sione troppo dura e
volgare^ ancorché si accompagni tosto con.
l' espressione vanagloriosa ' praeclarum funus ! ' ; nemmeno si chieda ' o si ebulliat patrui praeclarum funus
', frase meno cru- da ^ senza dubbio ,
della precedente , ma che spiace perchè è
sempre il funerale dello zio, che ardentemente si desidera : si chieda, invece, alladivinitàcheun '
praeclarum funus ', quando che siaj *
ebulliat ' cioè dia evidenza ai meriti civili, alle qua- lità morali , alla distinzione della nobiltà
e delle ricchezze , magnifichì insomma
il nome autorevole del parente. Cosi non
si avrà V impudenza di cliiedere a Giove la morte dello zio , ma con un certo eufemiemo si manifesterà il
desiderio che un funerale splendido
illustri, quando che sia, il nome e il casato
dello zìo^ e in tal modo il desiderio della morte del congiunto appare subordinato o, dico meglio, con ipocrisia
mascherato dal voto, certamente
lodevole, che sia splendidamente illustrato il
nome della famiglia, sebbene in circostanza luttuosa. Del resto, il V, ^ obullirc 'j usato transitivamente,
ebbe sempre, anche nella ^ In tal
caso accanto ad ^ ebulliat * si dovrebbe sottintendere la vo- ce ^ animam \ la quale, invece^ appare
espressa nelle frasi : * animam ebulliit
' di Seneca, lud, de mori, Claudii 4, 2 e di Petronio, sat cap. 42 p, 189, 2; * animam ebulUui* dello e tesso
Petronio, sat cap. 62 p. 313, 1 : per Ja
prima volta Persio sarebbesi privato, senza ragione, di appor- re V uùQ, * animam ' al v. ^ tsbuHire '
? Digitized by GooQle
— 7 — latinità classi cdj il
sìgniricato di ^ ìactare^ ostentare^ praedicare '; od lina conferma ci è dato osservarlfty come
ebbi a scrivere nelle annotazioni
critiche al testo di Persio p. tì3^ nota 1, in un luo- go delle Tuìsc. di Cic* III 18^ 42 ' tj^ui si
uirfcntes ebollire 'uo- lent et
sapientiaa cet, ' Restituendo^ adunque,
nel testo dì Persio la voce * patrnuni ^
non solo ai farà atto dì debito omaggio all' autorità del cod, Jpf uìa, tra il contrasto dei codd. e delle
edd.j si verrà a deter- minare la lez,
in modo meglio rispondente al pensiero che il
poeta volle significare nei versi 10 e segg. SaL li 52, Tutti i codd. di Perno, che finora sono
stati collazionati o soltanto consultati
, danno costantemente per il v. 52 la voce
^ incussaqne ^; lo stesso osservasi ncù codd, degli e^rcerpta^ noi quali è contenuto il y. citato* Un solo cod.
di Persio fa ecce- zione ed è il P che
presenta ' incusasque ' ; la coiTcttura ' in-
cusaaquo * che notasi nello stesao, è di seconda mano, T^a Ica. ^ ineussaquo ^ fu dal Jahn (ed Ma la
spiegazione data dallo sco- liaste fu
disapprovata anche dall' Achaintre (ed. Par. 1812 p. 57).
A me pare che si debba preferire la lez. ^ laeto ' non solo perchè ha per fondamento V autorità del cod.
P. , ^ ma ezian- dio perchè è nell'
ordine naturale delle cose che , al riceversi
un ricco dono,- il cuore per la grande gioia o , come dice una ^ La vecchia interpretazione dello
scoliaste fu confermata dal Beni- ley, m
Hor, carm. II 19 , 6 con le parole * pect. laeu . s. sinistra parte pectoris, ubi cor salit et sudor erumpere
solet ' ; e dal Koenig * cor in
laetitiam pronum in sinistra pectoris parte lacrumas tibi excutiat ipso gaudio ' : e a' nostri giorni è stata
ripetuta dal prof. Geyza Nómethy nel
comm. alle satire di Pers. edito a Budapest nel 1903 p. 143. Alla medesima attenendosi tradussero il Monti « il
cor nel lato manco >; il Wagner * aus
der linken Brust » ; il Kayser * unter der linken Brust » ; il Weber « zur linken Brust » ; il
Binder « links aus der Brust » ; il
Duentzer « die Brust dir zur Linken » ; il Hemphill « drops beneath your left breast». Sfuggi la
questione il Fuelleborn (ed. Wien 1794
p. 61) , che tradusse « wie schlaegt vor uebergrosser Freude dir | das Herz empor ! Schweiss rollt von deiner
Wange, | und Freudenthrae- nen stroemen
dir herab » : e la sfuggirono anche i due traduttori fran- cesi di Persio, F. Duboys - Lamolignière (ed.
Par. 1801 p. 11: « je vois le trouble de vos sens, | et votre coeur s'
épuise en longs remercfmens » ) e Vict.
Develay (ed. Par. 1897 p. 1G2: « tu te pàmerais de joie et ton coeur bondirait d' allégresse ». 2 La postilla
marginale * uel leuo * (sic) del cod. P. è dovuta ad un correttore antichissimo il quale, negli
emendamenti apportati alle le- zioni
genuine del cod. P, dovette aver presente qualche esemplare della recensione Sabiniana. Digitized by LjOOQ IC — il —
^loBsa del cod, Ottoburano , ^ ^ prac g:amlio esliìlaratuiu ' sì sprema in gocce dentro il petto , che non può
non sentir la letìzia di cni eanlta il
cuore. Né C' 6 ripetizione di concetto
dieendoBi ^ pectore laeto ' accanto a * laetari praetrcpidum ' ^
poi- ché in questa ultima ea press ione
è indicata soltanto una con- dizione o
tendenza dell' animo commosso per il dono ricevuto, mentre con ^ pectore laeto ' si esprime quel
che ne consegue in realtà per effetto
dell' offerta dei doni. All' accoglimento
della lez- * laeto ' nemmeno osta la vicinanza delle due voci * laeto ' * laetari \ in quanto che è noto
che ai Romani non riuBci sgradita la
prossimità di parole provenienti da una stessa
radice, ^ Leggo^ per ciò^ col Pithou :
I . 38i^ siano chiari e * V.^
Alattliias ^illober, eim^ neiw Handschrift der nf'chs Satìrm dfx A. Pers. FI , Augsburg 18tì^2 p, 24, col.
l^ 2 VJ per es. * omnibus ]aetitiis
laetam. ' Cic. df fin. Il 4^ IB ; * Ime
purgati one purgatus erifc ' Cat. de a. e. 157, Vò ' gauisurum gfiudia '
Ter. Andr. 9Gi (V 5, B) ; * qvianfca
gaudia. ... gattdeat * CatuU. 61, llìi-116;
* gaudi um gauderemuis * Cnel. ap- Cìc. fuìn. Vili 2, 1: cf. BiòL Toh,
11, 21 *cum gaudio magno gauiai sunt ' ;
lùan. 3, 29 * gaudio gaudet ' ; eoe.
Digitized by CjOOQ IC — 12
— veridici e d'efficacia maggiore
quanto alla previsione del futuro, più
esplicitamente egli soggiunge : « per somnia enim siue in- somnia intellegit praemonstratas curationes
ac ^^py-nalo^c; ». Ma il Plum bene
avverte che all' interpretazione del Casaubon osta « ipsa series orationis , cura in praecedente
commate non de corpore curando agitur ,
sed de re struenda , quae potius ad
Mercurium quam ad Aesculapiura pertinet ». Ne ci si parli di sogni incatarrati o non incatarrati, da
inferirne, come pensò il Turnèbe, che «
pituita purgatissima » valga « maxime carentia
pituita », o, come scrisse Eilhard Lubin, « omni pituita uacua et carentia, id est nera, certa, non nana et
temeraria »; peroc- ché possono bensì
gli uomini essere oppressi dalla ^ pituita ' o
malore catarrale, ma non i loro sogni.
Lo scoliaste di Pers. 2, 57 indica chiaramente in che consista la ' pituita * ( ^ purgatio cerebri uel
morbus gallinarum ' ), ma ne conclude
che gli uomini gravati da essa ^ non bona somnia uideant '; sicché egli associa ' pituita '
con ' homines ', non con ^ somnia ' : e
sulP avviamento dello scoliaste i commenta-
tori moderni di Persio parlano degli uomini che ^ pituita sto- machi grauantur ' (ved. Némethy op. e. p. 147
; e cfr. Hor. sat. II 2, 75 sg.), ma
evitano di congiungere in istretto lega-
me ^ somnia ' con ' pituita '. Questo però non dovette essere il pensiero di Persio che mise in istretta
relazione ' somnia ' con ' pituita ' ; e
per tanto V epiteto ' purgatissima \ al quale
si attengono tutte le edd. delle satire di Persio, perchè confer- mato da quasi tutti i codd. , non può
rappresentarci la tradi- zione sincera
di ciò che scrisse il poeta e si lesse dagli antichi sino al tempo della recensione di Tryfoniano
Sabino e forse anche dopo. Per buona
fortuna il cod. P, col quale concorda in
questo luogo il cod. Trevirens. del sec. IX/X, rappresenta la lezione più sicura e genuina '
purgantissima ', la quale ve- desi
penetrare anche nelle letture del medio evo , come ce ne fa fede il vestigio ' purgantis ' presentato
dal cod. B àe\V opus pì'osodiacum di
Micene , verso 300 , in cui si cita appunto il Digitized by LjOOQ IC r-
— 13 — veraci di Peri, 2, 57.
* Or ^ con V epiteto * purgantissima *
tutta^ a mio parare, si rende chiaro, tanto lo stretto legame eli ' somuìa ' con ^ pituita \ ostuIantea oracula
per som- nani '; ed è noto^ come
osservava Ci e* nelle Tnsv. IV lOj 23
che ^ cum aanguis corruptus est a ut pituita redmidat aut bilis^ in corpo re morbi aegrotatlnneaque nascuntur
'. Sat. II 71:5. Codici j editori e imitatori di Persio non
sono di accordo sulla forma definitiva
con cui debba essere fissata la voce * animxis ^ nel V. 73. La tradizione man user itta che
muove dalla recen- sione Sabiniana
afterma la lez, ^ animo \ che si osserva nei codd* A Eh sopra citati j - nei tre codd. del sec.
XI Laurentian- pi. LXVIII 2% Paris, no.
S049j Paria, no. ^^:?72; nel Monacens,
e. B del sec. XII e nel fìerolineus. no. 2 del see, XII o XIII; nel Bernens* no. 648 del scc. XIII; nei due
codd. del sec. XIV Paris, no. 8050 e
Rehdigeran. I; nei cinque codd. del sec. XV
Berolinenss. no. *-)H e no. .-^9 , Monacenss. no. 260 e no. \y2ij^ Kehdigeran, II; ^ nel cod, Berolinens, no, 9
del aec. XVI e nel- * V'^edi i
Carmina Ct^nluìeiìsm p, ù^O^ moinun. Germ^ hùtt^ poeL Lat ii^ui Caroìini tom. IH ex recens, Lud.
Traobe, BeroU 1B96. ^ Si scoree anche '
animo ' nella lez. ^ animimo ^ presentata dnl cod. B di fonte oabmìana- ^ I due codd, della biblioteca Jiehdigerana
, Turio in pergamena del sec. XIV e
l'altro cartaceo del sec. XV, furono collazionati dallo TzRchirner in servizio dell' ed, del KauthaJ
: della collazione usufruì il Jahn per
la ' ed. maior ' del 1843. Digitized
by GooQle -9
— 14 - 1' Erlangens. anch' esso
di data recente. La tradizione degli imi-
tatori di Persio, che si prolungò per tutto il medio evo, si at- tenne alla lez. ' animi ' , la quale, in
fatti, si legge nelle cita- zioni di
Lattanzio (diu.instit. II 4 p. 126 1. 1 Lut. Paris. 1748), dello scoliaste di Stazio (Theb. II 247 p. 81
Par. 1618), di Gio- vanni di Salisbury
(poi. V 16 p. 319 Lugd. Bat. 1639) e
del Petrarca (epist. de rebus fam. VI 1 p. 309 voi. I ed. Fracassetti,
Firenze 1859); e si legge nei codd. degli excerpta Paris. 7647, Paris. 17903 e Vatic. Reg. 1428
(deflorationes Persii), e nei ri-
manenti codd. di Persio, finora noti, eccetto il cod. P ed il Monacens. no. 83 del sec. XII, i quali danno
' animos '. Nemmeno gli editori di
Persio, antichi e moderni, sono con-
cordi sulla scelta : alcuni preferiscono la lez. ' animo ' , ^
altri la lez. ' animi ' ; ^ nessuno ha
scelto la lez. ' animos ' , la quale
credo che debba essere restituita nel testo, perchè è ge- nuina e meglio adatta al contesto della frase
in cui è collocata. Che sia genuina, non
alterata dalla recensione Sabiniana, ce
ne affida V autorità del cod. P che la presenta ; che si adatti meglio alla frase risulta dalle segg.
considerazioni. Il pensiero dell'
autore intorno agli elementi costitutivi della
santità dei costumi e della perfezione morale è evidente: col ^ compositum ius fasque ' ha voluto
significare, anzi tutto, V e- lemento
estemo e formale, ossia l'elemento giuridico-religioso, il più importante per le funzioni dell'
organismo sociale róma- i Vi le edd. Casaub. 1647 p. 8; Schrevel. 1648 p. 573 e
1664 p. 542 Wetsten. (1684) p. 50 ;
Prateus 1699 p. 335 ; Walth. 1765 p. 28 ;
Bipon- tina del 1785 p. 11 ; Passow 1808
p. 13 e 1809 I p. 24 ; Weber 1826 p. 11;
Hauthal 1837 p. 22; Jahn 1843 p. 28, 1851 p. 15, 1868 p. 21 ; Jahn -Buecheler 1893 p. 22; Owen (Oxford, senza
data e senza pag. nam.); Némethy 19C6 p.
27 ; ecc. « VM e edd. Monti p. 638;
Achaintre 1812 p. 61; Casaub. 1889 (Dueb-
ner) p. XXV ; Duentzer 1844 p. 32 ; Hermann 1879 p. 7 ; Bucoiarelli 1888 p. 51; Kamorino 1905 p. 37; ecc. 11
Hermann aggiunge (praef, ed. Lps. 1879
p. XIV) che * genetiuum tuebuntur etiam * uerba animi > luuen. I 4, 91 ': cf. dello stesso Hermann
lect. Pera., Marb. 1 842 III p. 12»
Digitized by VjOOQ IC p«^lt* - 15 -
ilo, con ^ anim. sanctosque recessus mentis ' V eleùietito psichico o intimo ; e con 1' ' incoctura generoso
pectus honesto ' V ele- mento etico
dipendente dalla legge morale universale. Or, ciò che è enunciato nel v. 73 si presenta
costituito di due parti, di cui la prima
è ' compositum ius fasque ', la seconda ^ anim.
sanctosque recessus mentis \ Nessun dubbio che la prima parte sia bimembre, cioè: a) ^ compositum ius '; b)
^ et fas ': perchè si conservi la
disposizione simmetrica della frase, è necessario che anche la seconda parte sia pure formata di
due elementi coor- dinati; e se uno di
questi elementi è ' sanctosque recessus men-
tis ', V altro non può non essere costituito dall' idea espressa mediante la voce ^ animus '.' La quale ,
coordinandosi , quanto alla
declinazione, nello stesso caso in cui sono espressi i ' sanctos recessus mentis ', come prima il ^ compositum
ius fasque % deve essere nella forma
dell' acc. 'animos', non del genit. 'animi' né
dell' abl. ' animo ', che se, rispetto alla sintassi, possono
tollerarsi, per quel che spetta alla
disposizione simmetrica della frase ed
all'espressione del concetto, non sono, a mio parere, sostenibi- li. ^ Del resto , 1' avvicinamento di '
animus' con ' mens ', che potrebbe
parere una espressione sovrabbondante, per la prossi- mità di significato delle due voci considerate
, non era per i Romani cosa insolita.
Plauto scrisse (trin. 454 [II 4, 53]): ' satin
tu's sanus mentis aut animi tui '; ^ e Cicerone (Cat. m. 11, 36): ' nec nero corpori solum subueniendum est,
sed menti atque animo multo magis'; e
Virgilio (Aen. VI 11 sg.): ' magnam cui men-
tem animumque | Delius inspirat uates ' ; e Orazio (epist. I 14, 8 sg.) : ' istuc mens animusque | fert '; e
Stazio (silu. II 1, 102 ^ Per tal
motivo gli edd. sono stati costretti a metterà il gen. ' a- nimi ' o V abl. ' animo ' in dipendenza da ^
fasque ', disquilibrando cosi tutta la
frase e confondendo quanto si attiene ai sentimenti deir animo con le esteriorità del formalismo religioso:
cf. Servio, camm. in Verg. georg, I 269, p. 193 , voi. Ili Th. * ad
religionem fas, ad homlnes iura
pertinent. ' 2 Neil' ed.
Ck>ccbia , Torino 1886 p. 69, 4 è scritto: * satin tu sanu's m. a. a. t. ' Digitized by CiiOOQIC _ 16 —
9g,) : ' et te iara fecerat ilH [ men^ aniinusque patroni * : altri ess, per brevità cimmetto. Leggo, per
tanto, i w. 73-74 della sat. II di Persio ;
* composi tuta ìus fasqae, anitnos sanctosqua recessus mentiS} et in eoe tutu generoso pdctua
honesto \ Bai, II T:). Dalla recensione 8abiniana dovette prendere
le mosse la lez, * adiiioueani ' che ^W
editori di Persio, quasi tuttij ^ fissarono
nel V* 75 della sat. II : e se noi cod. B^ di tonte, conte si è dettOj Habiniana , appare ^ adinoucani \ la
quale lez, riappare circa cinque secoli
dopo^ nel cod, Rebdigeran, I, ciò si deve ,
giusta la nota avvertenza del Criisiusj - al fatto che nei codd- antichi non si distinzione chiaramente le
forme del verbo ^admoucù^ da quelle del
verbo ^admoneo \ La lez. *adnìoneani'
trovasi semplificata in Mnoueani' nei codd. del sec. XI Pariss, nobenhavn)
no* 2028, Monacens. no. Ìì80; nel cod. Ebneriano del sec* XI/XII, collazionato dal Hermann; nel Bernens. no.
048 del sec. XIIT, nel Paris, no.
80p")0 dfd sec. XIV: e sono variazioni dovixtc a deviazioni di copista negligfontc u troppo
dotto le forme ' uoueam ' del cod. Bernens. no. f-ì98 del sec* X, * moneas '
del cod. Paris» no. 8055 del sec. XI e *admoueas' del cod. Einsied- lens. no. i\2% del sec* XV. Anteriore alla recensione Sabiniana dovette
essere la lez. ' admoueant ', di cui ci
dà una preziosa testimonianza il cod.
' Dico n quaìi tutti > ^ perchè ho letto * advnouoant ' soltant3
nelle due edd. 1048 e 1GG4 delio Sdire
veli us e uell* e^l. preparata dal Wetste-
nius. * Crusius , in Sueton. dia. Clmtd. 39^ (ir cf,
K F. C. Wunderlich j in TiòulL IV Ij 189
Cpaneg. Mesmllat^)-
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— F^ * confermata , molto tempo dopo ^
dal cod. BeroliOp no, 49 del sec, XVI j
e, nella forma semplificata ' moucant \ dal cod, Monacens, M 67 del sec* XV* La lez, del P si
adatta meglio alla frase esaminata,
poiché, disponendone in modo diretto le
parole , bì ha ^ cedo ut admoiieant (se. homines) templi^ haec i. e. composìtum ìua fasqne, anim.
sanct. ree. ment. ^ et incoct, gen* p
ect. hon.j et farro litabo \ Sicché il pensiero del- l' autore sarebbe: lascia che gli uomini ai
accostino al tempio, avendo nell'animo i
nobili sentimenti dì giustizia, di pietà, di
onestà ecc., ed allora anch' io farò un sacrificio semplice e gra- dito di farro. Le parole ' conipositum Ìu3
fasque cet* * sono usate nel 1. cit. con
la funzione sintattica di coniplcm* oggetto
di * admoueant ', e la sintesi delle stesse si compendia nel pron, * haec 'ì e però non si deve distìnguere con
forte interpunzione la fine del v, 74
dal principio del v. 75, dove il prou, ' liaec ' serve , come ho detto , di riepìlogo ai due
versi precedenti : * basta la vìrgola,
leggendosi così il testo: ' e. i. f., a. s. r. | m.^ et Ìp g, p, honesto, | haec cedo ut admoueant
tempi is, et farre litabo ', * II Buecheler riconosce che il /* dà '
admoueant * , ma, quasi petf confortare
con la tastimoniaaza del F la le^. ^ adnioueam \ che egli ha scelta^ soggiunge che le due lettere finali
nt rassomigliano alla m; ras^
somiglianza che non osservò , e perciò non ne prese nota , V Owen ,
il qnale^ dopo il Buecheler, riesaminò e
collazionò il cod. F. * Perciò
segnarono inopportunamente il punto fermo dopo * honesto * il Waltbard, il Monti, il Passo w, il
Casaubon (ed. Duebner, 1839), il Jahn
(edd. 1851 e 1368), il Hermann, il Bucoìarelli, ecc. ; il punto
interroga- tivo il Casaub. (od. 1647),
lo Scbrevel.^ il Wetsten*, 1^ ed, Biponfc. , V A^ chaintre^ il Kamorino, ecc.; il punto
interrogativo insieme con V ammi- rativo
il Hauthal; il segno dì due punti il Prateus , il Weber , il Bue^ cheler (III ed. del 1B93), l'Owen, il
NémethVj ecc. La virgola dopo la V. '
houesto ' fa segnata dal Jahn neir ed. del 1843 e dal Duentzer nell'ed. 1644. Gongoli, BreiJÌ aimot
crit alle satin II, Iti e IV di Fersw,
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Sat. Ili 23. La
tradizione manoscritta, sia quella che muove dalla recen- sione Sabiniana ed ha i suoi più autorevoli
rappresentanti nei codd. A B, sia quella
che proviene da una recensione anteriore
alla Sabiniana ed è rappresentata dal cod, P, dà concorde- mente per il V. 23 della sat. III la lez. ^
udura et molle lu- tum est': presentano
anche ^ est ' il cod. reg. Londinens. e
due codd. del sec. XV, cioè il Monacens. M 67 ed il Basileens. F. III. 6. Quante edd. di Persio ho avuto
sott' occhio, sino alle tre più recenti,
cioè Ted. inglese delPOwen, Ted. ungherese del
Némethy e Ped. italiana del Ramorino, presentano costantemente, invece di *'est', la lez. ^es', la quale si
osserva in alcune imita- zioni della
frase di Persio fatte nel medio evo, come p, es. in quello che scrissero Hildeberto, vescovo
Cenomanense, nella mordi, philos.
quaest. I n. 40 col. 1037 B t. CLXXI ed. Migne, e Gio- vanni di Salisbury nel polìcrat, lib. VII
cap. 19 p, 484 ed, Lugd. Bat. 1639. Ma
Pietro di Blois, che cita lo stesso luogo di Per- sio jxqW epist, LXXIV ad G. archidiaconum p.
Ili col. 1* ed. Sim. Piget, Par. 1667, ommette il verbo,
scrivendo ^ udum et molle lutum nunc
nunc properandus, cet. '; e da tale ommissione è facile argomentare che egli abbia letto '
est ' nel testo di Persio , forma
verbale più agevole a sottintendersi che non
' es '. La stessa ommissione notasi nel cod. Berolinens. no. 2 del sec. XII o XIII, che presenta ' lutum
nunc es properandus ' ; sicché con '
lutum ' si chiude la prima proposizione e, comin- ciando con ^ nunc ' la seconda , non si può
prescindere dallo accompagnare ^ es '
con ^ properandus ' anziché con ^ lutum '.
Credo, per tanto, che si debba restituire nel testo di Persio la lez. presentata dai codd. PAB e da altri
codd. di minore autorità, leggendosi nel
1. e. ' udum et molle lutum est ' come
una considerazione in generale , che fa il censore , introdotto nel discorso dall' autore, sul tempo più
opportuno per ottenere il maggior
profitto dall' educazione e dall' istruzione. Poi lo stesso interlocutore, volgendosi al giovane
neghittoso, lo ammo- nisce , come
passando dalla considerazione generale al caso Digitized by LjOOQ IC — 19 —
particolare di lui : ' nunc nunc properandus es ' ; ed insistendo neir immagine tratta dalP arte del vasellaio
, soggiunge : ^ et acri fingendus es
sine fine rota \ Cosi si viene a dare alle
voci ' udum et molle ' una funzione predicativa di ' lutum ' {' lutum est udum et molle '), come se
dicesse: la creta è umida e morbida e
adatta ad essere maneggiata dal vasellaio. Quale necessità di rivolgersi all' adolescente per
fare una considera- zione generale e
impersonale, che la creta è pronta ? E oppor-
tuno, invece, il rivolgere la parola al giovane per esortarlo a educarsi ed istruirsi , essendone in tempo.
L' imbarazzo degli edd. dovette essere,
se mal non mi appongo, quell'incontro di
^ udum et molle lutum est ' con le due forme participiali di gen. maschile ^ properandus ' e ^ fingendus
'; e però s'indussero a fare di ^ udum
et molle ' un attributo di ' lutum ' , costi-
tuendo ' tu ' soggetto sottinteso anche della proposizione che deve conservare un carattere objettivo di concetto
generico e indipendente dalle condizioni
degli interlocutori. Ma la diffi- coltà
si elimina agevolmente fissando da prima una forte pun- teggiatura dopo ^ est ' , perchè resti
nettamente determinato il concetto
generale dell' età più adatta all' educazione intellettuale e morale; e poi, sulla traccia della lez. '
nunc es properandus ' presentata dal
cod. Berolinens. no. 2 sopra citato , scrivendo
properandu's e fingendu's.
Sai. Ili 60. La lez. ' dirigis
', accolta dal maggior numero dei codd. e
degli edd. di Persio, piglia le mosse dalla recensione Sabiniana e fondasi sui due codd. A B, Il correttore
antichissimo del cod. P, il quale, come
sopra ho dimostrato , dovette avere a
guida per le sue emendazioni un esemplare di fonte Sabiniana, accettò anch' egli la lez. ' dirigis '. Un'
emendazione di seconda mano fatta sul
cod. A mutò ' dirigis ' in ' derigis ' , lezione approvata e accolta dai recenti edd. di
Persio, Buecheler (III ed. Beri. 1893),
Owen, Némethy. Il cod. P presenta, invece,
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— In lez. dì modo soggiuntivo ^ dirìgas
', la quale, sebbene tras- curata da
tutti gli edd.j a me pare che debba essere restituita nel testo di Persio, in quanto clie vale a
denotare la possibilità che ci sia
qualche cosa verso cui si diriga V arco, dello stesso modo come più sotto è detto ^ securus quo pes
ferat '* Maj per- chè bene si adatti il
v. ' dirigas ' in dipendenza dalla frase
* est aliquid ', è necessario, per rispondenza simmetrica delle
parti nello stesso perìodo sintattico,
che il verbo precedente ' tendis \ posto
anch'esso in una relativa subordinata, si muti in ^tendas'; cosicché j ove si voglia fare lieta
accoglienza alla lez. presen- tata dal
cod, Pf è necessario che il verso citato sìa lotto : ^ est alìquìd quo tend&s et ìd quod
dirlgas arcani \ JSat, III 93. Nulla avrei da osservare sulla legittimità
della fonna chiusa di part. futuro ^
loturo ', che loggesi in quasi tutte le edd, di
Persio nel v, cit., ne della forma aperta * lauturo ^, la quale fu accolta dal Hauthat (ed. Lps. 1837 p, 32) : ^
questa ultima è presentata dai codd. del
sec. XI Paris, no. 8049; Paris, no.
8272, Monaeens. F//, Monaceus, no. 330; da altri due codd. Monacensi del sec. XII , cioè Ìl cod. e. 3 e
quello contenuto nel cod. segnato Kr/89.
a ; e dal cod. Guelferbyt. Aug, 29. 12
del sec. XIII. La forma chiusa ^ loturo ' risale ad un' emenda- zione di seconda mano fatta al cod. A. ,
poiché tanto questo i[uantQ il cod. B
hanno ^ locu}>o ' , in cui il Buecheler credette scorgere ' locnro '; ed osservasi anche nel
cod. XXXVII 19 della bibl. Laurenzianaj
del ecc. XI, esaminato di recente dal
Kamorino. Leggesi * laturo ' nel
cod. P e noi due codd. del sec, XI
Paris, no, 8048 e Bemcns, no. 327: nel cod. mutilo Bernens. no. 542 del sec. X si legge ^ laturo ' con la
lettera ù sopra- * Egli però non ne
addusse le ragioni nelle Anmerkufìgen ^sur drUten iSatirej p. 226 sg. Digitized by LjOOQ IC — 21 —
scritta all' a ; e perciò la lez. si ricongiungerebbe con V emen- dazione antica segnata da seconda mano nel
cod. A. Ma, se le forme ^ lauturo ' e '
loturo ' non sono da rifiutarsi , si può di-
chiarare senz' altro come inaccettabile la forma ' laturo ',
scritta prima, come pare probabile, ^
luturo ' nel cod. P ? Io credo che no ;
perciocché , se accanto al v. ^ lauere '
fu accolto nella lingua il v. ^ lauare ' , la forma del supino preclassica e classica ^ fu sempre ^ lauatum
' , come la forma classica del part.
perfetto fu sempre ^ lautus '. Non e' è dubbio
che dal tema del supino classico ' lauatum ' sia nato il part. futuro ' lauaturus ' , che si osserva in
Ovid. fast. Ili 12 ^ sacra lauaturas
mane petebat aquas ' : e da ' lauaturus ' , per il tra- mite normale *laaturus, ebbe origine per
contrazione la forma ' laturus ' , di
cui il cod. P ed altri codd. sopra notati ci dan- no conferma. Non sarebbe, dunque, contrario
alle leggi fone- tiche dell'idioma
latino l'accogliere nel testo di Persio la lez.
^ laturo ', che ha per fondamento l' autorità del cod. P : e della presente annotazione vorranno tener conto, mi
auguro, i lessi- grafi della lingua
latina. Sat. Ili 97. Il cod. P dà ^ sepellitur istas ' per il v.
97 della sat. Ili: nei codd. ^ JS si
legge ^ sepeliit urestas', che gli edd. tutti di Persio hanno interpretato ' sepeli: tu restas
' , aggiunto o non il punto
interrogativo in fine. Per ispiegare la frase ^ tu re- stas ' , alcuni commentatori di Persio
ricorrono al sottinteso ' mihi
sepeliendus ' ; ^ altri equiparano ^ tu restas ' a ' uiuis adhuc et uiuis , ut mihi grauia praecipias '
^ ovvero a ' tu A Vedi Terent. hautt.
655 (IV 1, 42) ; Hor. sat 1 3, 137. *
Il Némethy, ed. cit. p. 200, a conferma delle voci da sottintendersi ^ mihi sepeliendus ' adduce il confronto con
Hor. sat l 9, 28 : ' omnes conposui.
felices! nunc ego resto '. 3 Vi V ed.
del Prateus, Lond. 1699 p. 348 &.
Digitized by CiiOOQIC — 22
— iiiìlii adlmc tutor restaa ': * altri
ancora, come Tommaso Far- nal)io itA.
1012) , interpretano ' tu cout(?m[)tnr pliiloi^opliorum r4 p. 557 t, e dal Wetsteu. p. l>5
&. ^ V* i luoghi Gitati delle edd,
SchreveL e Wetsten. ■J Forse per tal
motivo, o non per nuovo e più diligente esame del cod. , il Jabn s^ indusse it scrivere nelle
note critiche delU sua ed. del 18G8 p.
24 ' sepsi i tur istas ' C, che iìqIP ei. IBJl p* 20 aveva scritto * seppelHtur istag ' C. ^ La ragione metrica rifiuta altresì Del
Inogo commentato la formu. * sepe.lil '
j morfologicamente corretta, che dmmo due codd. del sec. X, cioè il Bernens, no. 257 ed il Leìdoiis. no.
7H; due codd. del se&. XI, ossia il
Bernens. no, ^J2T ed il Paria. 8070; il Behdigerdu. II del sec. XVj e inoltre il cod. reg. Londinens , la cui
collazioaej fatta dal Bentley, fu
pubblicata nel Chtìisk. Jouni, XVIII p. 62 sgg- Il cod. Beroens, no,
643 del sec. XIII, che presenta '
sepeliui * , om mette di couseguenza il ' tu '
a fin d' evitare che un piede deir esametro dattilico sia di tre
sillabe lunghe. ■'■ Debbo notare che vi è incertezza intorno
alla parola in esame, ci- tata da Nonio
Marcello. L' ed. Aldina Vea, 1513 dà ' riisitatis *; T ed. Digitized by CjOOQIC — 23 —
dicativo di ^ risito ' la seconda pers. sing. dovrebbe essere
stata, secondo la flessione normale,
*risitas, da cui, per sincope della i
breve della penultima sillaba, gradita forse nel linguaggio fa- miliare, sarebbe nata ' ristas ' = « ridi
spesso, ridi di frequen- te ». E però
nel v. cit. di Persio ben si adatta ' tu ristas ?' per significare il pensiero del giovane avido
di piaceri anche presso a morire, il
quale al monitore risponde : " non essermi
come un tutore ; da più tempo V ho fatto seppellire „ : e, quasi accorgendosi d' un sorriso ironico sulle
labbra dell' interlocutore che lo vede
morente per intemperanza, gli chiede : « tu ne rid i spesso ? » Talché il monitore, annoiato di
tanta persistenza nel male, gli risponde
: ^ perge, tacebo '. Concludendo, io
son d' opinione che si debba rendere anche
per il V. 97 il dovuto omaggio al cod. P, leggendo : ' iam pridem hunc sepeli. tu ristas ? * '
perge, tacebo '. Sai. Ili 107. Gli edd. di Persio leggono, tutti
concordemente, il v. su in- dicato : ^
tange, miser, uenas et pone in pectore dextram ' . Non nego che si possa leggere bene cosi il v. di
Persio ; ma il cod. P invece di '
dextram ' presenta ^ dextra ' : non si può in alcun modo far posto a tale lez. ? I concetti
espressi nel verso sono due, ben
distinti V uno dall' altro : a) tocca i polsi ; b) metti la destra sul petto : il complem. oggetto del
primo verbo ^ tange ' è ' uenas ' ; del
secondo verbo ^ pone ' è ^ dextram ' . Nulla però vieta che si possa intendere che i polsi si
tocchino con la de- stra ; né e' è nulla
che vieti che la destra, dopo aver tastati i
luniana Antv. 1565 * risitant * (e cosi è citata nel Ipssìco
Forcellini-De Vit t. V p. 245 b)] la 2^.
ed. Merceriana Par. 1614 * risitantis '. Carrio
lesse * risitantes ', donde la congettura del Bothe ' missitantes %
gra- dita al Georges, ausfUhrl. Handtvb,
II col- 2141 : al Vossio piacque con-
getturare ' usitant '.
Digitized by CiiOOQIC — 24
— polsi, si poggi sul petto dell*
ammalato. Può^ quindi^ il primo concetto
mettersi in istretto legame col secondo mediante il aervizio comune della mano deatra j come se T
autore dicesse: ^ Ungej mìser, uenas
dextra ot pone («e, eam) in pectore \ E
ciò può ben risultare dal verso considerato, leggendolo : * tange, miser^ uenaa (et pooe in pectore)
dexfcra ^ , Cosi nulla vieta che si dia
posto alla lez. * dextra ' del cod. P\
sebbene da quello inciso ' et pone in pectore ' derivi , uè convengo anch' io^ un che di stenta to^ cUe^
del rcsto^ non sa- rebbe alieno dallo
stile di Persio e di altri poeti satirici latini. SaL IV 9.
Son d- opinione che nel cit. y, 9 si debba restituire il pron, ' il] ut % nella fonna appunto che è
presentata dal cod» P, e la restituzione
debba farai in tutti e due i luoghi^ nei quali ivi è adoperato; ^ cosicché il v, di Persio sia
da leggersi: *■ hoo puta non ìustum
est^ illat male, recti ub illut ^ . Né
osta all' accoglimento di ^ illnt ^ la singolarità della forma con la desinenza in -tj che non è rara , come
a prima vista potrebbe parere* In fatto^
come è notOj altri ess, di ^ illut ' ci
porgono i coddp Plautini ^ uetus ' o Vatìcan. no, 1615 del sec, X (B) e ^ decurtatus ^ del se e» XI (C) al
presente di nuovo in Heidelberg ; il
cod. Tereuziano Bembin. o Vatican, 32 26 del
sec. IV/A-^ (A) ; il palinsesto torinese del sec. IV/V (orazione dì Cic. prò Tuli.) ; il palinsesto Vatican.
Reg. 2077 del sec. ^ Avverto^ in
nota, che nel 2^* dei due IL indicati sostituiscono * istud ' al pron. dimostrativo che ivi è adoperato
quattro codd. del sec, XI^ cioè i
Monacenss, Ffl e no. 330 ed i Pari ss. no- 8048 e no* 8070 ; tre codd. del sec. XII, che sono il Monacens. no. 83,
il Paris. 8246, il Berolinena, no. 2; ed
altri codd, più recenti. Digitized by
CjOOQ IC f — 25 —
IV (?) contenente le Verrin. di Cic. ; il cod. Vatican. - Basilio . H 25 del sec. IX, in cui si contengono le
Philipp, di Cic. ; ^ il cod. Paris. 5764
del s. XI/XII, che contiene i comm. de 6.
ciu. di Cesare; il palinsesto veronese del sec. V delle institutiones di Gaio ; ecc. ^ Altri ess. presenta il
Corpus inscr. Lat. : V 532. VI 266.
ecc. Sat IV 13. Tanto il cod. P quanto i codd. A B danno
concordemente ' potis est ' per il v. 13
: la stessa lez. si ripete nel florilegio
contenuto nel cod. Monacens. no. 4423 del sec. XV. Una cor- rezione di seconda mano fatta sul cod. A
sostituisce ' potis es ' ; e questa lez.
osservasi nel cod. Laurenziano XXXVII 19 del
sec. XI e, sotto cancellatura, nel cod. Paris, no. 8272 del me- desimo sec. ^ Gli edd. di Persio hanno tutti
accettato V emen- dazione del correttore
del cod. A, scrivendo il v. di Persio :
* et potis es nigrum uitio praefigere theta '. Io credo che si debba ritornare alla lez.
dei codd. P A B, restituendo nel testo
di Persio V espressione ' potis est ' : e mi
conferma in questa opinione, anzi tutto, il fatto che i dotti del medio evo lessero ^ potis est ' nel verso
citato , come ne fanno fede Isidoro
(sec. VI -VII) * e Giovanni di Salisbury (sec.
XII) ; ^ e in secondo luogo una ragione ermeneutica. Al gio- A Vi Mai, class, auct t. II pp. 7 e
810. * Il Neue (Formenlehre der lateinischen Sprache,
III Auflage von C. Wagener, Beri. Calvary 1892, Bd. II p. 425) nelP elenco degli ess.
sopra menzionati trascura la lez. del
cod. P di Persio. ^ Non si può tener
conto della lez. , evidentemente errata , * potis e nigrum ' , che presenta il cod. Paris, no.
8048 del sec. XI. 4 Isidorus, on'g. I
23, 1 col. 837, 18 : * et potis est nigrum uitio prae- figere tbeta '. 5 Ioannes Saresberiensis , policrat VI 18 p.
371, 36, ed. Io. Maire ^ Lugd. Bat. 1639 : * et potis est nigrum
uitiis praefigere theta '. Digitized by CiiOOQIC ~ 2ù
— vnìm aiiibizinso, ^il qua lo * inveii
ìum e è rerum prudentia Meìùi I ante
pìlos neiut ' , il saggio pn^cettore dico : ^ scia etenim iu-^ ttum geuiina suspendere [unee | ancipiti^
librac '5 e tosto 90"^*i giunge : ^
rectuui diseeniis ' ; e di taile discernimento fa, quanta air obietto, tre ipotesi: a) * ubi inter
curmi aubit ' (^c. roc*' tuiuj , cioè,
couie spiega il prof. Geyza Németh^j * ^ etiam
tuTii, cum difficìlo est rectum a non recto discern^ra * ; ò) ^ nel cuui fa Hit pedo regula uaro ' , perehn il ^
aumnium iua ' è non di rad^ì ^ aumina
iniurjfi \ donde la necossità di mitigare U ri-
gore delle leggi eoi principi dell'equità; e) ^ et potis est Jii- gi'Uin uitio praefigere tlieta % ossia la
possibilità, in generale^ di punire ì
colpevoli. Questa terza ipotesi v in istretto legame, logieo e sintattico, con la precedente; e su
il poeta ha preferito avvalersi
generalmente de IT espressione ^ uel cum fnllit \ non potevasi, tanto per V unità di concetto quanto
per la diretta di- pendenza di ^ potis
,.. ' dalla stessa espressione ' nel cum ' eli e regge il ' fallìt * precedente, non
poteviisi^ dicevo^ venire al verbo di
feconda pers. * es ' , ma era da con servarsi, per V ob- biettività (mi si conceda V uso, qui
necessario, della voce nuo- va) della
considerazione generale, la stessa terza pers. che si V notata tanto in 'fallii ' quanto in * subit
\ 1 jCggo , d un q ne, coi miglio r i
co dfl . di Pc r sio e sccond o la tra -
dizione conservata dai dntti nell'etìi di mezzo; * et potis est nigrum uitio praefigere
thefca *, Jn tutte le edd. di Persio
si leggr; ' ingetntfc ^ hoc bene sìt '
tunicatum ciirn stile mordens cae|)e ^
, ^ Kémethy, op, eìt. p* 21% Digitized by Google
;.^' — 27 — Ma il cod. P dà ' mordes ' invece di ^
mordens ' ; e , tutto- ché il correttore
antichissimo vi abbia apposto V emciidazioiui
' mordens ' , fondata sulla recensione Sabiniana , io non credo che la lez. genuina del P si possa senz'
altro rifiutare. Tutti i commentatori
spiegano il passo cit. che V autore ci voglia pre- sentare un tristo avaro , il quale , mordendo
una cipolla con sale, mormori
soddisfatto ' hoc bene sit '. Secondo la lez, del cod. P appare, invece, che l'avaro non si
congratuli soltanto con sé stesso del
vilissimo cibo che mangia, ma ne faccia quasi
un'esortazione a chi conversi con lui, sulla bontà dei cibi fru- gali, di poca o nessuna spesa; onde il verso
dovrebbe leggersi: * ingemit « hoc
bene, si tunicatum cum sale mordes caepe
» ' . E in tal modo si rende necessario
mutare ^ sit ' ì\\ ^ si ' ; ma con ciò
io non credo che si venga a forzare la parchi per coordinarla con la lez. del P ^ mordes ' ,
poiché a me pare di essere nel vero
ammettendo che la t finale di ^ sit ' sia dovuta air efficacia della pronunzia dejla lettera
iniziale della voce seg. ^ tunicatum ' :
e non é improbabile che chi scrisse il P
abbia trovato, nelP esemplare da cui traeva V apografo, il nesso ^ situnicatum ' e V abbia diviso, senza ben
riflettere al * mordes ' seg. , in ^ sit
tunicatum '. Laonde non credo di essere in fallo riconoscendo per vero che Tryfoniano Sabino,
quando i^i accinse ad emendare il testo
di Persio, siasi trovato , recensendo il v.
*-50, dinanzi alla difficoltà del ' sit ' coordinato con * mordes ' e che abbia opinato di superarla lasciando '
sit ' e correggendo ^ mordes ' in ^
mordens ' , che poi si ripetè nei codd. che ebbero a fondamento la recensione di lui. D'altro canto, non sarebbe sintatticamente
inesatto se ai la- sciasse coesistere il
^ sit ' col ^ mordes ' , leggendo : *
ingemit « hon (bene sit !) tunicatum cum sale mordes caepe t;
ma spiace quell' indicazione di un fatto come realmente avve- Digitized by CiiOOQIC — 28 —
mitoj mediante il ^ inordos ' di modo indicativo, laddove s' in- tenda t* eprime re un invito o consiglio o
sollecitazione a man- g"iare
cipolle con sale. La restituzione della
lez. presentata dal P, con la sostila-
aion© della voce ^ si ' al v. * sit \ ha questo di vantaggio sulla lez. coin un eniente segui taj che, oltre al
dare maggiore evidenza alla tìgura delP
avaro che predica agli altri la bontà dei cibi
tiomplici y naturali e di poco o nessun costo ^ ha il merito di evitare il cumolo dei due participi ' metuena
' e ^ niordens ' (o * incidens ' come è
scritto nel cod, Paris, no. 8050 dell' a. 1321}
e di conservare meglio la simmetria della frase. Sat- IV 51. La lez. * est ' invece di ' es ' nel v. 51 è
data tanto dal cod- P quanto dai codd,
di fonte tSabiniana A B; e si osserva
ripetuta nel cod* Paris, no, 80oO scr. nel sec. XTV e nel cod. Basileens. f\ III. 6 dtjl sec, XV, Olì edd,
tutti l'hanno rifiu- tata, ma a torto ^
ed hanno ammesso la lez. * es ' che appare
la prima volta in nn^ emendazione di seconda mano notata nel cod, A e si ripete nel cod. Laurenziano
XXXVII 19 del sec. XL Dico eh a gli edd.
l'hanno rifiutata a torto ^ perche il
pensiero dell' autore non è di consigliare il rifiuto dì ciò che una perso uà non èj ma il disdegno per tutto
quello che in real- tà non t% cioè il
disdegno per lo vane apjiarenze e per le cose
che non hanno valore alcuno: insomuia, il contenuto del consi- glio che da 1' autore ha un* estensione
objettiva maggiore chn non resti
espressa col verbo in seconda persoua * es \ Io cre- do, per tanto ^ che si debba ritornare alla
lez, presentata dai codd, pili
autorevoli, leggendo il verso su indicato di Pera io: * respue quod non estj tolUt sua muoera
cerdo ** Digitized by Google
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K\in opere del Prof. Dott. Santi CirasDli : IIuIIòitkIc sninimntlk Ul brng for
Koriitke og Danske, — Catania , 1BB4. L.
3. (in Oì?itu presso E. Ilaul'fs boghantlel, Krif>tiauìaj in Norvegia). MHit/Aoiil di Ihii^nm kitmti espoF^te,
fieeondo il mefcoLlo scientìfico , agli
al u imi dille scuole secondarie olaasicho. — Ci^taaia^ F, Tropea,
18BT« L. :i, 50 (esaurito), Iiitrodii/ioue il Ilo studio del l>. K. —
Torino^ Fratelli Bocca, ItiSH. L. Ci
(esaurito). Fotioloiriu lutimu —
2'' ediz. riveduta e migliorata. — Milano, U. Hoepli. im-2. L. 1, 50. Lettera! lira no r ventati» > — Milano^
U. Hoepli, 1891, L. 1^ 50. De Cp
Ffìiiiì CiiceilH 8ceiiiidl rlietorick s^tudll^, — Catiuae , C. Galatola , 18^7, L 3 (esaurito). Il neoloferismo iioflì Berltti di Plinio lì
giovane. Contributo agli studi sulla
Uitiiiit^'i ar^outeti. ^ Palermo, A. Reber^ 1900. L. 3. Neidosrìsnii 1)otiimei nei earinì biieoUei e
g^jorgricl di Yì Icilio, Contributo agli
ytudl sulla latlcitfi dell' evo augusteo» — Palermo , A* ftebor , 190L L, 3.
Té* tt Ilio re ilei libro *^ De origine et sitn (Teruiauorum ,| ;
ricercke critiche, Jtioma, E. Loeseher
& a-, 1902. L. 8. li^ ^^ Oermauia
,^ comparata con la '^ Natni'alis lilstoria ^, di Plinio e eoli lo opero di Tnelto : ricerche lessigrafiche
e sìutiitticbe. — E orna, E. Loe^cher
& C", 19(Xl L a ^^otc
eritieiic e liìbilogi^Uciie di lettemtura latina^ puutata. I. — Catania^ Barba gai lo Lt Scuderi, 1903. L. 1. A« Pernii FI aeei saturartim libtr ;
recensuit, adnotatione critica instruxit,
te stimolila usque ad saeculum XV addidlt Santi Consoli. Editio maior. llomae, apud Hermannurn Loescher et
socium, 1904, L. 5. Note eritlelio e
bibUoj^i'atìclie di lettemtuni latina, puntata II. — Catania, Fratelli Perrotta, MM, L 1, A. Pei-sil Flacei satnrariini Hbcr ;
recensuit Santi Consoli. Editio miaor.
EomaOi apud Hermann uni Loescher et socium, 19CM. L. 1, Di prossima pubblicasiione : Le fonti delie satire di Persio. '^>- Digitized by Google
Digitized by VjOOQIC Digitized
by CjOOQIC i ■ uigitizedby VjOOQIC Up 15.103.7 Bf«v! afinm^lonE (critiche alle Set ìWidunef Library 004465096 3 2044 085 217 214 . Santi Consoli. S. Consoli. Consoli. Keywords: deutero-esperanto. Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Consoli.” Consoli.
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