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Wednesday, January 8, 2025

GRICE E CONSOLI

 

Grice e Consoli – l’italiano come lingua universale – filosofia italiana – Luigi Speranza (Catania). Filosofo catanese. Filosofo siciliano. Filosofo italiano. Lingua nazionale della terra. Linguaggio mondiale. Ling du mond. Ling nazionel de le ter. Vox mondiel. Il latino lingua universala, Storia della letteratura latina. Catania. Santi Consoli Sindaco di Catania Durata mandato Predecessore Salvatore Di Stefano Giuffrida Successore Salvatore Di Stefano Giuffrida C. è stato un filosofo, storico, letterato e politico italiano. Filosofo, storico e letterato, C è insegnante di letteratura latina e filosofia romana a Catania.  Divenne sindaco di Catania. Organizza l'«Esposizione agricola  siciliana», che venne inaugurata da Vittorio Emanuele. Termina il suo mandato e torna ad occuparsi dell'insegnamento.  Scrive anche alcuni saggi sulla storia della Sicilia.  Pubblica numerose opere tra cui Italiensk grammatik til brug for norske og danske, Catania, Letteratura Norvegiana, Milano, De C. Plinii Caecilii Secundi rhetoricis studiis, Catania), L’autore del De origine et situ Germanorum, Roma; Brevi annotazioni critiche alle Satire di Persio, Roma, Il neo-logismo (deutero-esperanto) in Plinio il Giovane, Palermo, Sicilia gloriosa, Catania). Santi Correnti, La città semprerifiorente, Catania.  Santo Daniele Spina, Andrea D’Amico Franz, commediografo e politico in Catania, Agorà.  Opere su MLOL, Horizons Unlimited.Predecessore Sindaco di Catania Successore Salvatore Di Stefano Giuffrida Salvatore Di Stefano Giuffrida. Portale Biografie: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di biografie Categorie: Storici italiani del XX secoloLetterati italianiPolitici italiani del XX secoloNati nel 1853Morti nel 1927Sindaci di Catania[altre]. Ricerca Libri aiuta  i lettori a scoprirci libri di tulio il mondo e conseiil c ad aulun ed edili in di ragg i ungere un pubblico più ampio, l'imi cffclluarc una ricerca sul Web  nell'intero testo di questo libro da |.-. ■..■...-: / .■.:;-:.-:.::;/ . .-;-;. -;..-[! e. comi     Jkj^àj,     à?JL      garbarti College li&rarg     CONSTANTIUS FUND   EstiblJshed by Professor E. A. Sofhoclbs of Harvard   University for " the parchase of Greek ud ritiri  books, (the utdenl elusici) or of Arabie  hook», or of hooks illustratine or ex.  soch Greek, Latin, or     Arabie t     ' Will,     dated 1880.)     Jii*^. .1.^.0.1,.-         !>     I     I     V     IL NEOLOGISMO   MEGLI 8CRITTI DI PLINIO IL GIOVANE     Altre opere del Prof. Doti. Santi Consoli     ITALIENSK GRAMMATIK     til "for-u.gr     for IbTcrslce cgr  Catania, 1884. L. 3.       L      esposte , secondo il metodo scientifico , agli alunni   delle scuole secondarie classiche.   Catania, 1887. L. 3, 60.      (E ALLO Siili) IL 1. N.     Torino, 1888. L. 6.     ■TJI      [\      2' ediz. riveduta e migliorata.  Milano , 1892. L. I 9 60.     liettet*atat*a Ho^eQtena   Milano, 1894. L. I, 60.     De C. Plinii Gaecilii Secanti     RHRTORICIS STUDIIS.   Catinae, 1897. L. 3 (esaurito).     e-     IL NEOLOGISMO   NEGLI SCRITTI DI PLINIO IL GIOVANE     CONTRIBUTO     AGLI     STUDI SULLA LATINITÀ ARGENTEA     DEL DOTTOR     SANTI CONSOLI   Libero docente di letteratura e lingua latina nella R. Università di Catania      PALERMO   LIBRERIA INTERNAZ. ALB. REBER   1900     - - >• r ■ :•      &/. X? &     >'     ^>RD CÓQ;     Ql     AUG 1 1902     ^5-VL-^./UOl-/W     rfcLu-ó xu^x-oL .     Proprietà letteraria dell 9 autore.   (Catania, Via Maddem, n. 160)     Tipografia editrice BARBACALLO & 8CUDERÌ , in Catania.     MARGRETHE CONSOLI  nata GLÒERSEN   MIA DILETTA E VENERATA MOGLIE  NEL III ANNIVERSARIO DELLA SUA MORTE     INTROD UZIONE     Il ne faut point dédaigner les études  qui ont pour objet d*écl«ircir méme tei  ou tei petit point particulier de la langue  d' un auteur.   0. RlEMANN.     È noto che* neiprimi tempi dell'impero romano, tanto  per i inutamenti politici avvenuti quanto per il progresso  lento, ma costante, del ' sermo plebeius' che tendeva  a prevalere sul ' sermo urbanus ', la lingua letteraria  era divenuta, a poco a poco, una lingua artificiale che  ogni scrittore, non più vincolato dall'uso del linguag-  gio delle conversazioni colte, soleva per lo più plasmare  da sé, secondo i suoi gusti e secondo i fini letterari che  si era proposto di raggiungere. 1 Tale tendenza, che co-  stituisce appunto uno dei caratteri precipui della lati-  nità argentea, abbiamo potuto osservare in particol&r  modo negli scritti che ancora ci rimangono di Plinio  il giovane ; e, poiché dell' arte retorica di lui ci siamo  occupati di proposito in» un nostro lavoro stampato di  recente, 2 ora ci proponiamo dimettere in rilievo i neo-     1 Cfr. O. Riemann, Études sur la langue et la grammaire de  Tite-Live, Paris, Thorin, 1885 (2* ediz.); pagg. 12-13.  * DeC Plinii Caecilii Secundi rhetoricis studiis, Cat'msLOy 1897.      cod. Vatic. 3864 ;   F = cod. Florentin. già della bibl.- S. Marco 284 ;  D = cod. Dresd. D 166 ;  [R = cod. Riccard. 488];  p = -o :: o- I -- : ^     CAPITOLO PRIMO     Neologismi della l. a serie     Sez. I. — Nomi sostantivi.   A. — a) Da quanto ci è dato argomentare , conside-  rando i resti della letteratura romana pervenuti sino a  noi, pare che Plinio il giovane sia ricorso per il primo  ai temi degli aggettivi ' sinister ' e ' socialis * per for-  mare le due voci nuove ' siriisteritas ' e ' socialitas \  . l.° Il significato di ' sinisteritas ' non si può disgiun-  gere da quello delle voci ' stultitia ' e ' rusticitas * ; e  indica perciò « goffaggine , inettitudine » , l' antitesi ,  in somma, di ' dexteritas '. Se ne ha la conferma nei  seguenti passi di Plinio : ■' Quae tanta grauitas ? quae  tanta sapientia ? quae immopigritia, adrogantia, sini-  steritas ac potius amentia, in hoc totum diem in-  pendere, ut offendas, ut inimicum relinquas ad quem     — 10 —   tamquam amicissimura ueneris ? ' Epist. VI 17, 3. — ' Ple-  rique autem, dum uerentur ne gratiae potentium nimium  inpertire uideantur, sinisteritatis atque etiam raa-  lignitatis famam consequuntur. ' Epist. IX 5, 2.   2.° L' altro sostantivo ' socialitas ' vale lo stesso di  ' comitas ' = « affabilità , cortesia , socievolezza » : ce  lo affermano i seguenti due luoghi di Plinio: ' Non re-  missionibus tuis eadem frequentia eademque illa soci a-  1 i t a s interest ? ' Pan. 49, 4. — ' Primum est autem suo  esse contentimi , deinde quos praecipue scias indigere  sustentantem fouentemque orbe quodam socialitatis  ambire. ' Epist. IX 30, 3. È nondimeno da notarsi che  nelP ed. a leggesi ' societatis ' invece di ' socialitatis \   6) Plinio, memore forse d'un ben noto precetto ora-  ziano sulla ' callida iunctura ' di parole note, 1 formò  per il primo , a quanto pare , mediante composizione,  quattro nuovi sostantivi : ' cauaedium, sesquihora, duum-  uiratus, laudiceni '.   l.° ' Cauaedium ' risulta dalla fusione intimadelle due  voci * cauum aedium ' , che> troviamo appunto usate in  stretta dipendenza tra loro, ma separate (cioè: ' cauum  aedium ' ), da Varrone, 2 Vitruvio 3 e Plinio il vecchio 4 ;  e vale « cortile, corte » , quello spazio nel mezzo delle  case romane, dove cadeva la. pioggia dal tettò. Si può.  assomigliare il ' cauaedium ' all' ' inpluuium ' , voce u-  sata da Cicerone e. da Livio 5 ; ma se ne differenzia in     i Horat. Epist II 3, 47-48. Cfr. Cic. De oraL III 38, 154.   * Varr. De Un. Lat V 33, 161 e 162 (Spengel).   3 Vitrvv. De arch. VI 3, 1.   4 Plin. sen. Nat hist XIX 1 (6), 24; XVII 21 (35), 166.   5 Cic. In Verr. act see. I 23, 61; 56, 147.— Liv. XLIII 13, 6.     — 11 —   ciò che T i inpluuium ' solevasi costruire nelle case pic-  cole, mentre il ' cauaedium ' era di maggiori dimensioni,  adatto alle case più grandi. 1 Plinio il giovane scrisse :  * Est contra medias (se. porticus) cauaedi u m hilare '.  Epist II 17, 5. E nello stesso passo si ripete la voce  ' cauaedium ' : ' A tergo cauaedium'.   2.° La voce i sesqui ', irrigidita, servi , prima ancora  dell' età augustea, a foggiare alcune voci composte. 2 An-  che gli scrittori del primo secolo dell'impero usarono  nuove voci composte col numerale ' sesqui \ 3 Dovette,  per ciò, Plinio il giovane sentirsi quasi abilitato dai nu-  merosi esempi, accolti nelP uso comune, a formare la  voce ' sesquihora', che vale «un' ora e mezzo »: ' Ege-  ram horis tribus et dimidia, supererat sesquihora'.  Epist IV 9,9.   3.° Dal numero delle persone elette a cooperare per  uno stesso ufficio, ne venne la denominazione di alcune  magistrature romane, come p. es. ' triumuiratus, quin-     * Vedi E. Guhl und W. Koner, Dos Leben der Grieehen und  Rómer nach antiken Bildwerken dargestellt, 419.— J. Overbeck,  Pompe ji in seinen Gebàuden, Alterthùm. und Kunstwerken,  I, 241.   2 Ne «iano d* esempio le seguenti : ' sesquialter, sesquilibra,  sesquimensis, sesquimodius, sesquioctauus, sesquiopus, sesqui-  pedalis, sesqui pes, sesqui plex (sescuplex), sesquitertius ', etc. :  per le quali voci vedasi il Georges, Ausfuhrliehes lateinisch-  deuisches Handwòrterbuth, 7 a ediz., Leipzig, 1880, 2° voi., coli.  2363-2364.   * Per le seguenti voci composte con * sesqui ' si hanno soltan-  to esempi negli scritti del primo secolo dell'impero : 'sescuncia,  sescuplus, sesquicullearis, sesquicyathus, sesquidigitalis, sesqui-  digitus, 8esquiiugerum, sesquiobolus, sesquiopera, sesquipeda-  neus, sesquiplaga ', etc.     — 12 —   queuiratus ', etc. 1 Dello stesso modo troviamo in Plinio  per la prima volta la voce ' duumuiratus ' :' ' Hunc Tre-  bonius Ruflnus... in duumuiratu tollendum abolen-  dumque curauit. ' Epist IV 22, 1. Ma certamente il so-  stantivo ' duumuiratus ' dovette essere accolto prima  nell'uso comune dei contemporanei di Plinio e, fors'an-  che, nell'uso dell' età anteriore. 2   È noto, in fatti, che Cicerone accenna, in una sua  orazione, all' ufficio dei ' duumuiri perduellionis ', 3 e  Cesare a quello dei ' duumuiri municipiorum \ 4 Livio,  inoltre, in più luoghi fa cenno dei ' duumuiri ', distinguen-  doli in a) ' duumuiri nauales ' (XL 26, 8) o ' duumuiri  nauales classis ornandae reflciendaeque causa ' (IX 30,  4; cfr. XL 18, 7 e 8); b) ' duumuiri sacrorum ' (III 10,  7) ovvero ' duumuiri sacris faciundis ' (V 13, 6; VI 37,  12) o ' sacris faciendis' (VI 5, 8); e) 'duumuiri ad ae-  dem faciendam ' (VII 28, 5 ; cfr. XXII 33, 8) o       i La voce ' seruatio * riappare, più tardi, nella * Vulgata *,  E8dr. IV 8, 21-22; e in Cael. Avrbl. Celer. uel acut pass. Ili  4,45.   « Cic. In Pis. 34, 84. — Vare. Rer. rust II 1, 16. — Cfr. Vlpian.  in Big. XLVII 14, 1, §§ 2 e 4. Calustrat. in Big. XLVII 14 ,  3, §2. : ... :     — 21 —   Non teniamo conto della congettura del Gièrig che  legge : ' abacta hospitum iumenta cerneres ', così lon-*  tana dal testo quale è stato conservato dai codici, tran-  ne il e, e dalle più antiche edizioni del Paneg. E, dall'ai-?  tro canto, la congettura dell' Ernesti : ' abactus hospitum  exercèretur ' o ' exercerentur ', attenendosi all'uso pas-  sivo del verbo i exercere ', lascia intatto il neologismo  1 abactus ', a cui si riferisce la nostra osservazione.   3.° Il nome ' praelusio ' si nota nel seguente passo  di Plinio: 'Tu tamen aestima, quantum nos in ipsa pu-  gna certaminis maneat, cuius quasi praelusio atque  praecursio has contentiones excitauit '. Epist. VI 13, 6.  Perciò * praelusio ' si equipara alla voce ' prolusio ', l  che significa « preludio, prolusione, saggio ». 2   Alcuni vorrebbero sostituire nel passo citato dell'episto-  la pliniana a ' praelusio ' la voce i prolusio ', prima usata  da Cicerone, per evitare, forse, d'attribuirsi a Plinio la  novità del vocabolo ; ma si farebbe cosa inesatta, per-  chè alla sostituzione osta V unanime conferma della  voce ' praelusio ', che vien data dai codici più autore-  voli dell' epistolario di Plinio. 8     i Cic. De orai. II 80, 325; Diuinat in Caec. 14, 47. .   2 Nella tarda latinilà riappare la voce l praelusio ' : per es.:  Evmen. Pro restaurandis scholis (Augustoduni) oratio, 2 : * Ibi  armantur ingenia, hic proeliantur ; ibi p r a e 1 u s i o, hic pugna  committitur ' (edit De la Baune, il quale nella nota a pag. 142,  col. 2 a , sospetta: * praelusio forte prolusio'). — Ambros. De  exeidio urbis Hierosolymitanae III 8: 'Praelusio quaedam  belli * ( Migne, Patrolog. curs., ser. I, toni. 15 , col. 2077 ) ; etc.  Per altri esempi vedii lessici Forcellini - De Vit (tom. 4° [1868],  pag. 801, col. 2 a ), e Georges (voi. 2° [J880J, col. 1658). >   3 Non è, forse, infondata la congettura che presume sosti-  tuire ' praeludit ' a * proludit ' nel passo vergiliano : ' Arbori^     — 22 —   4.° Più per un ricordo omerico che per la simmetria  della frase, pare che Plinio siasi indotto a formare, in  antitesi a ' nutus ', il nome composto ' renutus ': ' Vide  in quo me fastigio collocaris, cum mihi idem potestatis  idemque regni dederis, quod Homerus Ioui optimo maxi-   mo nam ego quoque simili nutu ac renutu re-   spondere uoto tuo possum \ Epist I 7, 1-2. Talché ' re-  nutus ', in opposizione a ' nutus ', vale lo stesso che  ' recusatio ', cioè « far cenno di no, accennare di no ,  rifiutare ». l   e) Plinio si avvalse anche di temi verbali per for-  mare i due nuovi sostantivi : i unctorium ' e ' auoca-  mentum '. *   1.° Nei bagni degli antichi Romani e' era , di solito ,  un luogo apposito dove i bagnanti si ungevano il corpo,  dopo essersi lavati nelle vasche de' bagni. In tutte le  opere degli scrittori latini , anteriori a Plinio, che sono  giunte integre o a frammenti sino a noi, non c'è parola  che serva ad indicare tale luogo di unzione. Primo ad  indicarlo, valendosi della voce ' unctorium ', apparisce  Plinio (Épist II 17, 11 ): e tuttavia pertanto tempo pri-  ma di lui si era fatto uso del luogo di unzione, sì ne-  cessario a complemento del bagno. Non sarebbe quindi  improbabile che il nome ' unctorium ' fosse stato accolto  nelP uso letterario in tempi anteriori a quelli di Plinio;  tanto più che e Plauto e Cicerone avevano usato le voci     obnixus trunco, uèntosque tacessi t | Ictibus, et sparsa ad pu-  gnato i) r o 1 u d i t* barena ' (Ribbeck); il quale passo si nota  identico in Georg. Ili 233-234 ed Aen. XII 105-100.   i Cfr, Hoic IL XVI 250.     — 23 —   * unctor, unctio, unctura ' l , derivate, come ' unctorium ',  dal tema del verbo ' ungere ' o ' unguere \   2.° Col suffisso -men-to- aggiunto al tema del verbo  composto , 30. — Qvintu,. //mi/, orat VI 3, 61. —  Martial.. Epigr. XIV 20 (Schneidewin. 19), 1; XI 58, 9.— Cfr.  Vlpian. in Dfg. XXXII 52, § 8 ; etc. — In uo luogo di Varr.  Rer. rust. I 48, 1 leggevasi un tempo la voce * theca' : 'ut  grani t li e e a sit gluma et apex arista ': nella recente edi?. del  Keil (Lips., Teubner, 1889, pag. 59) si legge: 'ut grani apex  sit gluma et arista'.     — 31 —   ellenismi, alcuni de' quali sono rappresentati da voci  semplici, altri da voci composte.   a) Alcuni de' grecismi dedotti da voci sempiici fu-  rono da Plinio latinizzati nella desinenza; altri conser-  varono la desinenza greca originaria.   ad) Si presentano con la desinenza latinizzata :   1.° ' Baptisterium ', « bacino per bagnarsi e nuotare,  bagno ». Se ne ha la conferma nei seguenti due luo-  ghi di Plinio : * Inde apodyterium balinei laxum et ta-  lare excipit cella frigidaria, in qua baptisterium  amplum atque opacum \ Epist V 6 , 25. — ' Inde ba-  linei cella frigidaria spatiosa et effusa, cuius in contra-  riis parietibus duo baptisteria uelut eiecta sinuan-  tur\ Epist II 17, 11. »   Nel passo che abbiamo citato per il secondo , la le-  zione del cod. D i duobus aptisteria ' differisce da quella  comunemente accettata; ma si scorge evidente che l'a-  manuense fu tratto in errore da ciò che, essendo scritte  neir esemplare tutte di seguito le due voci ' duo bapti-  steria ' in modo da formare ' duobaptisteria ', egli cre-  dette dividere il nesso in ' duob. aptisteria ', ritenendo  la prima parte un' abbreviazione di * duobus \ Quanto  al passo citato sopra per il primoj se si accoglie la le-  zione ' sphaeristerium ', che presentano lo stesso cod. D     i Per gli scrittori ecclesiastici la voce ' baptisterium ' passò  a significare il luogo in cui si amministra il sacramento del  battesimo; ma in un luogo dell'epistola 2* del Iib. ir Apollina-  re Sidonio continuò a conservarne il significato pliniano: 4 Huic  basiiicae appendix piscina forinsecus seu, si graecari mauis,  baptisterium ab oriente connectitur ' (Migne , Pairolog.  tur*., ser. I, tona. 58, col. 475).     — 32 —   è l'ed. p, non resta menomata per nulla la nostra os-  servazione sulP ellenismo ' baptisterium ', che è conferà  mato per neologismo pliniano dal luogo della Epist.  II 17, 11.   2;° Nei seguenti passi del libro delle epistole di Pli-  nio all'imperatore Traiano si legge per la prima volta il  grecismo i buleuta % avente il significato di « senatore   greco, consigliere »: ' Claudiopolitani ingens balineum   defodiunt magis quam aediflcant, et quidem ex ea pe-  cunia quam b u 1 e u t a e additi beneficio tuo aut iam  obtuleruntob introitimi autnobis exigentibus conferunt\  Epist X 39 (48), 5. — ' Superest ergo ut ipse dispicias,  an in omnibus ciuitatibus certum aliquid omnes qui  deinde b u 1 e u t a e legentur debeant prò introitu da-  re '. Epist. X 112 (113), 3. — * Adfirmabatur mihi in  omni ciuitate plurimos .esse buleutas ex aliis ciui-  tatibus '. Epist X 114 (115), 3. 1   3.° ' Eranus ' significò propriamente « gradevole com-  pagnia »; poi si disse ' eranus ' un' associazione priva-  ta in Grecia, avente lo scopo di assicurare ai suoi mem-  bri un appoggio nel caso che cadessero nella indi-  genza, ma a patto che il beneficato dovesse restituire  all' associazione il soccorso in danaro ricevuto, ove la  sua condizione economica si fosse migliorata. In con-  seguenza, valse poi a significare anche qualunque tas-  sa o contribuzione o colletta imposta per venire in soc-  corso ai bisognosi. *     1 L'uso della voce 'buleuta* si trova ripetuto presso Ael.  Spartian. Seuer. 17, 2: * Alexandriuis ius buleutarum de-  dit * (Peter). Vedi i lessici Freund-Theil (tom. I [1855], pagi-  na 368;. e Georges (voi. l.° [1879], col. 819).   * Dell' ' eranus ' de' Cristiani trattò Flor. Tbrtvll. Apologet.     — 33 —   Cicerone fece uso del vocabolo in esame, ma conser-  vandolo tale e quale, con le stesse lettere greche * . Pli-  nio lo latinizzò : ' Datum mihi libellum ad e r a n o s  pertinentem his litteris subieci'. Epist X 92 (93). Il  vocabolo si trova anche latinizzato nella lettera di ri-      sposta dell'imperatore Traiano a Plinio, Epist. X 93 (94).   Il Beroaldus fece bene a restituire nel passo di Pli-  nio, sopra citato, la grafia legittima ' eranos ', invece  della grafia ' heranos ' portata dall' ed. A.   4.° i Idyllium ' indica un genere ben noto di poesia  pastorale: * Siue epigrammata siue i d y 1 1 i a siue eglo-  gas siue , ut multi , poematia seu quod aliud uocare  malueris licebit uoces '. Epist IV 14, 9.   È da notarsi che la grafia della voce ' idyllium ' non  è conservata costante nei codici e nelle più antiche e-  dizioni di Plinio. Alla grafia ' idyllia ', che è presenta-  ta dai codd. M, V, e accettata dal Beroaldus, si avvici-  na la grafia ' edyllia ' dell' ed. p; perciocché è ben no-  to che nelle parole greche latinizzate il dittongo et da-  vanti ad una vocale si rappresentò in latino tanto con  e quanto con i : ma 1' uso prevalente dell' e è più an-  tico, mentre nel primo secolo dell' impero il suono vo-  calico i rappresentò più spesso il dittongo greco che  stiamo considerando.   Da ' edyllia ' a ' edullia ', grafia accolta dall' ed. a,  il passaggio era facile, stante che il suono vocalico gre-  co o ebbe per primo suo rappresentante in latino Yu:     aduers. gent. prò Christ, cap. 39 (Migne, Patrolog. cura., ser.  I, tom. 1°, col. 468 e col. 470).  i Cic. Epiai, ad Att. XII 5, 1.  Cpiwqli — II Neologismo puntano, ?     — 34 —   cfr. ' cumba * e c cymba \ Solo per disaccortezza del  copista si trova scritta nel cod. F la forma ' dullia '  invece di ' edullia ' : non vi si vorrà certo scorgere li-  na poco spiegabile aferesi.   La grafia ' hedylia ' del cod. si deve attribuire al-  l' uso inesatto del segno dell' aspirazione h ed alla ri-  duzione abusiva del doppio suono liquido l, per la con-  siderazione, forse, che in alcune parole era rimasta  oscillante la scrittura latina tra F uso d' una sola o di  due l, l   Non si scorge chiaro per quale via siasi pervenuto  a rappresentare ' idyllia ' con ' dugtia ' nel cod. /?.   5.° ' Poematium ' vale « breve componimento poetico,  poemetto ». Veramente noi e' immaginiamo la forma  del singolare ' poematium ', ma la parola ci viene pre-  sentata nella forma del plurale ' poematia ' tanto nel  passo precedentemente citato della Epist IV 14, 9, in  proposito del grecismo ' idyllium ', quanto nel passo  seguente : ' Audiui recitantem Sentium Augurinum cum  summa mea uoluptate, immo etiam admiratione. poe-  matia appellai'. Epist IV 27, 1. 2     i Vedi la nostra Fonologia latina^ ediz. cit., n. 27, pp. 31-32.   2 La voce ' poematium ' si osserva, sempre nelle forme del  plurale, in due luoghi degli Opuseula di Deg. Magn. Avson. :  XVII, Cento nuptialis (verso la fine) : * Probissimo uiro Plinio  in poematiis lasciuiam, in moribus constitisse censuram '  (Peiper, pag. 218);— IX, De bissula: 'Poematia, quae in n-  lumnam moara luseram rudia et incohata ad do mestica e soia-  cium cantilenae ' (Peiper, pag. 114). Ma si deve avvertine che  nel luogo citato per il primo, il cod. Laurent. 51 , 13 pre-  senta la forma € poematis '; e in quello citato il secondo, nel  cod. Tilianus o Leidensis Voss. lat. Q. 107 (prima Voss. lat 191)  si preferisce la forma ' poema.ta \ Cosicché, ove si accolgano     — 35 —   Neil' ammettere ohe Plinio abbia introdotto il gre-  cismo ' poematium ', ci siamo attenuti, tanto per il pri-  mo passo citato dell' Epist IV 14, 9 quanto per il se-  condo passo, ai codd. M, V. Ma la lezione ' poemata ' è  ammessa , per tutti e due i passi pliniani sopra citati,  dal cod. F e dall' ed, a. Anche la ed. p presenta per  il passo dell' Epist IV 14, 9 la lezione ' poemata ' ; e  dello stesso modo il cod. R presenta ' poemata ' per il  passo cit. dell' Epist IV 27, 1. '   La lezione ' poematica ', presentata con notevole per-  sistenza, in tutti e due i passi che abbiamo riportati  sopra, dal cod, />, verrebbe a dare forma adiettiva al  sostantivo 'poematia': e ci sarebbe sempre un neolo-  gismo di fonte greca, non usato da alcuno scrittore la-  tino i cui scritti ci siano rimasti. Ma il lessico la ri-  pudia, tuttoché la lezione ' poematica ' sia ammessa an-  che dalla ed. p nel passo dell' Epist. IV 27, 1.   Avvertenza. — Del diminutivo di fonte greca ' sipun-  culus ' ci siamo occupati sopra, a pag. 27.   * Vb) Plinio conservò la desinenza greca nei seguenti  tre grecismi, che egli per il primo introdusse nelP uso  letterario latino :   1.° ' Buie ' significa « consiglio, senato » o collegio  dei decurioni nelle città elleniche e in quelle città che     le varianti presentate dai detti codici, non si può ammettere  con oerte2za che Ausonio abbia continuato Fuso della voce  » poematium \   1 II Vallauri , che registra nel suo Lex. Latini Italique  sermoni* tutti i neologismi pliniani, ommeite soltanto ' poema-  tium \     — 36 —   erano rette secondo le norme amministrative greche.  Ne troviamo esempi nel libro delle epistole di Plinio  a Traiano, nelle forme dell'accusativo e dell'ablativo  del singolare: ' Qui uirilem togam sumunt uel nuptias  faciunt uel ineunt magistratum uel opus publicum de-  dicane solent totam b u 1 e n atque etiam e plebe non  exiguum numerum uocare '. Epist X 116 (117), 1. Ve-  di per altri esempi Epist. X 81 (85), 1; 110 (111), 1;  112 (113), 1.   2.° ' Lyristes ' significa « sonatore di lira », e osser-  vasi per la prima volta nei segg. luoghi pliniani: Epist  I 15, 2; IX 17, 3; 36, 4; 40, 2. l — Quanto alla gra-  fia sono concordi i codd., l'ed. p e le più antiche edi-  zioni dell' epistolario pliniano : si eccettui il cod. M che,  nel passo citato dell' Epist. IX 17, 3 presenta al nomi-  nativo ' lyristis ', come se ai tempi di Plinio il suono  vocalico greco -q avesse avuto il valore dell' i. *   3.° i Phantasma ' significa « fantasma , spettro , vi-  sione , larva » : i Igitur perquam uelim scire , esse  phantasmata et habere propriam figuram numen-  que aliquod putes, an inania et ùana ex metu nostro  imaginem accipere '. Epist VII 27 , 1. Il Casaubonus  credette sostituire a ' phantasmata ' la voce ' phasma-  ta ', per evitare, forse, che si attribuisse a Plinio Pin-     ì Della voce ' lyristes ' si valse, di poi, Apollin. Sidon. Epist.  Vili 11 (Migne, Patrolog. curs., ser. I, tona. 58, col. 605).   2 In proposito della pronunzia dell' ij, che Y Inama osserva  essere stata oscillante fin dai tempi di Platone ( 427 ? - 347 a.  Cr.), leggasi la memoria d9l D* Ovidio, ' Di un luogo di Plato*  ne addotto a prova dell' antichità dell' itacismo ', pubblicata  negli « Atti della R. Accademia di scienze morali e politiche  di Napoli o, voi. 24°, a. 1891, pagg. 217-237.     — 37 —   troduzione del neologismo ' phantasma ' nell'idioma la-  tino, poiché la voce greca ' phasma ' era già nota come  titolo di una commedia di Menandro, * e per F indica-  zione di un mimo. 2 Ma contro la sostituzione propo-  sta dal Casaubonus sta F affermazione concorde dei co-  dici e delle più antiche edizioni delle epistole di Plinio.  E da notarsi che Plinio, benché avesse introdotto Fuso  della voce ' phantasma ', pure nella stessa epist. 27 ,  lib. VII, invece di ripetere il nuovo grecismo , si av-  valse delle voci latine rispondenti a * phantasma ' : ' ef-  flgies ' {Epist VII 27, 8 ; III 5, 4) ,  che nella for-  ma mediale ha il significato di «e distribuire ». Si op-  pone nondimeno al legame di discendenza tra il cit  verbo greco e la voqe ' diamoerie ' il tramite attico e  quello della koiné, per cui le voci elleniche si trasfu-  sero nella lingua latina negli ultimi tempi della repub-  blica romana e nei primi secoli dell'impero; poiché si  sarebbe dovuto ottenere nella trascrizione latina della  voce greca, al caso genitivo del singolare, la forma  * diamoerias o * diamoeras e non ' diamoeries ' o , se-  condo la ed. A, ' diamories \   La grafia ' diamones ', data dall' ed. a , non si sa-  prebbe a quale voce greca riferirla; e perciò la si deve  credere il risultamento di un' inavvertita spostatura di  lettere della voce ' dianomes \ *     1 Cosi T interpreta il Lagergren op. cit, pag. 83.   * Vedi il lessico Porcellini - De Vit, tom. 2, pag. 696, col. l.«  L' osservazione fu accolta dal Vallauri a pag. 207, col. 1.% del  Lexicon Latini Iialique ter/noni*.   s II Dizionario Georges-Calonghi, che registra tutti gli elle-  nismi introdotti da Plinio, non nota ' dianome ' nò ' diamone '  mentre nelT Ausfuhrl. Handioòrterb. del Georges ò registrata  la voce 'dianome', coL 1992, voi. 1° (1879;.     9.° ' Procoeton * vale « anticamera » : * Deinde uel  cubiculum grande uel modica cenatio, quae plurimo sole,  plurimo mari lucet ; post hanc cubiculum cum pro-  c o e t o n e , altitudine aestiuum, munimentis hibernum \  Epist. II 17, 10. — Per altri esempi vedi Epist. II 17,  10 e 23.   Se è vero che Terenzio Varrone nel proemio del libro  secondo Rerum t+usticarum usò la voce  ^ i     1 Ma in non poche edizioni dei tre libri Rerum rustìcaram  di Varrone la voce ' procoetona ' del proemio del libro 2 3 resta  conservata con le lettere greche , come per es. nelt* edizione  * cum notife Iosephi Scaligeri, Adriani Turnebr, Petri Vicfcorii et  Antonii Augustinl ; Amstelodami, 1623', pag. 56; nell'adizione  ohe sotto la denominazione Les agronome» latin» è compresa  nella Collection Nisard, pag» 100, col. l a ; nell'edizione di ' Ioan-  nes Gymnicus, Coloniae, 1536 \ pag. 96 ; eto. — NelF edizione  del Keil (Lipsia, Teubnér, 1889, pag. 70) si trova accolta la  forma in lettere latine ' procoetona \ ma in nota si avverte che  nei codici consultali dall' editore si legge invece ' procoeoona \     — 47 —   considerando in primo luogo gli aggettivi di fonte no-  minale, poi quelli di fonte verbale , indi gli aggettivi  composti, e, in fine, gli aggettivi dedotti dal greco.   A. — Riconosciamo come d' immediata derivazione  da nomi sostanti vi i seguenti cinque aggettivi: * orarius,  bellatorius, castigatorius, praecursorius , sacerdotali^ ',  quantunque, eccetto il primo, gli altri quattro si rife-  riscano a sostantivi aventi il loro fondamento in temi   verbali.   1.° ' Orarius * deriva da ' ora *, « costa, spiaggia del  mare », e perciò vale ad indicare la qualità di cosa  appartenente alla costa, avente, per così dire, relazione  con la spiaggia o lido; quindi ' oraria nauis ' o ' oraria  nauicula ' significa « piccolo naviglio da costeggiare ».  Plinio si valse dell'aggettivo ' orarius * nei seguenti due  luoghi: l Nunc destino partim o r a r i i s nauibus partim  uehiculis prouinciam petere \ Epist X 15 (26). — * Rur-   sus, cum transissem in o r a r i a s nauiculas, Bithy-   niam intraui '. Epist. X 17A (28), 2.   Il Keil, pur conservando nel testo pliniano la lezione  comune ' orariis nauibus ' e ' orarias nauiculas * , av-  verte in nota , rispettivamente , ' fortasse onerariis '  e ' fortasse onerarias ' ; ma la congettura di lui non  pare accettabile : nei due luoghi citati il testo pli-  niano non presenta nei codici variante alcuna. E, del  resto , la sostituzione dell' aggettivo i oneraritts *, se  vale a rimuovere da Plinio la menda d'avere introdotto  un neologismo non necessario, non rende il testo mi-  gliore di quel che è in fatto, conservandosi il neolo-  gismo ' orarius \   2.° Da ' bellator ', « battagliero, guerriero » , Plinio     — 48 —   foggiò P aggettivo i bellatorius \ che applicò in traslato  a ' stilus ' per indicare lo « stile polemico » , proprio  delle dispute; ma, riconoscendo egli stesso l'arditezza  del traslato, lo mitigò con l'aggiunzione della mino-  rante ' quasi ' : ' Scio nunc tibi esse praecipuum stu-  dium orandi ; sed non ideo semper pugnacem hunc et  quasi bellatorium stilum suaserim'. Epist. VII 9,  7. Se non che è da avvertire che nel luogo citato il  cod. D e V ed. p presentano la lezione .' quasi bello-  rum stilum \ l   3.° Plinio dedusse 1' aggettivo * castigatorius ' dal no-  me i castigator ', per indicare qualità propria di chi  castiga o corregge; e nell'esempio seguente unì ap-  punto la qualità indicata da ' castigatorius ' col nome  ' solacium ', a fin di significare quel conforto con cui  ci si studia di consolare una persona afflitta, trovando  da biasimare il dolore eccessivo che la opprime. Certo è  ardito associare 1' epiteto i castigatorius ' con l' idea di  conforto rappresentata da ' solacium '; e però l'autore,  ad attenuare lo stridente contrasto , premise , come al  solito, la parola ' quasi'. Il passo è il seguente : ' Proin-  de siquas ad eum de dolore tam iusto litteras mittes ,     i Ambi. Marceli*, usò anche , ma in senso proprio , l' agget-  tivo ' bellatorius ' : * Ideoque hoc ni mia cauendum , quod mili-  tem colsi nominis cum bellatoriis iumentis extinxit '.  (Rer. gest. XXIII 5, 13. Gardthausen). Cfr. XXXI 2, 22. Si deve  riconoscere pure il significato proprio di ( bellatorius ' nel se-  guente luogo dell'antica traduzione latina di Irbn. Deteet et  euer*. falso cognomin. agnition. seu contro, haereses IV 34, 4:  'la tantum transmutationem fecit, ut gladios et lanceas b el-  la torias in aratra fabricauerit ipse ' (Migne, Patrolog. curi  ser. Graeca et Orientai., toni. 5, col. 985).     — 49 —   memento adhibere solacium, non quasi castigato-  ri u m et nimis forte, sed molle et humanum '. Epist  V 16, 10. «   Notisi che nel luogo cit. il solo cod. M presenta la  voce ' castigatorium ' : V ed. a dà la lez. ' castigato-  rum ', che si potrebbe intendere nel modo stesso che  si è detto sopra intorno a ' bellorum ' sostituito a  4 bellatorium \ Tuttavia , come bene avverte il Gierig, 2  il genitivo plurale ' castigatorum ' non si adatterebbe  con gli aggettivi che seguono ' forte, molle, humanum \  e nocerebbe all' efficacia della frase.   4.° Un altro aggettivo , formato , come i due prece-  denti, da temi di ' nomina agentis ', è ' praecursorius ',  da ' praecursor ', e significa « preventivo, che precorre,  che precede » : ma V arditezza dell' immagine è atte-  nuata , come nei due neologismi precedenti , dalla pa^  rola premessa ' quasi ': ' Interim ne quid festinationi  meae pereat, quod sum praesens petiturus hac quasi  praecursoria epistula rogo \ Epist. IV 13, 2. Così  il passo di Plinio si legge nei codd. Jf, V e nelP ed. p.  La lezione ' praeciirsori ' data dal D deve essere consi-  derata come grafìa monca , poiché il dativo singolare  del nome ' praecursor ' non può coordinarsi con le al-  tre parole del testo.     1 Apollinare Sidonio fece uso più acconcio dell'aggettivo  ' castigatorius ', associandolo alia voce 'seueritas': Epist. IV  1 :,' Aetatulam nostrum, mobilem , teneram , crudam , modo  castigatoria seueritate decoqueret , modo mandato*  rum salubritate condirei ' (Migne, Patrolog. curs., ser. I, tom.  58, col. 508).   * Gierig op. cit., tom. 1°, pag. 446, col. 2. a  Consoli — il Neologismi) puntano, 4     — 50 —   Altra volta Plinio, invece di valersi del nuovo ag-  gettivo ' praecursorius \ foggiato per esprimere la pre-  cedenza * ,■ usò la voce greca ' pròdromos \ che ha il  valore di «" precorrente, che corre innanzi» 8 : v. Epist  IV 9, 23. Nel luogo cit. dell' Epist. IV 13, 2, alla voce  ' praecursoria ' trovasi sostituita ' praeceptoria ' nel  cod. F e nelFed. a. E il Gierig 3 avverte che neicodd.  Vosslail., Oxon., Arhzen. , Hamburg. ( Lindenbrogìana  excerpta) , Bongars. si legge pure * praeceptoria \ Per  ispìegare quest' altro neologismo ( che ' praeceptorius \  supposta l'ammissione di esso in sostituzione di 'prae-  cursorius', sarebbe sempre un aggettivo di formazione  plinlanà , sul tipo dei precedenti aggettivi derivati da  ' nomina agentis * in -tor) si ricorre do alcuni com-  mentatori di Plinio al contenuto dell'epistola di cui  Si tratta ; e poiché vi si parla di ' praeceptores ', se  ne trae la conclusione che i praeceptoria epistula '  dovrebbe avere il significato di epistola concernente  i precettori : interpretazione inesatta, perchè nel passo  cit. della Epist IV 13,2 non si accenna atìcora al  concetto di i praeceptores \ che viene in seguito , do-     * V agg. • praecursorius ' fii adoperato nello stesso signifi-  cato da Amm. Marcell. Rer. gest. XXXI 3, 6; XV 1, £; **»  e da Avrel. Cassiod. In psalt expos, p$a\m. XXXIX 8; Variar.  Ili epist. 51 (Migne, Patrolog. cura., ser. I, tona. 70, col. 290 ; e  totù. 09, col. 606). Vedi A. Corradi , In C. Plin. Caec. Seeun-  dum obÈeruationes ad orationem uerborumque construetìonem  et usimi pertinente*; Bergamo, frat. Cattaneo, 1889; pag. té.  Vedi anche il lessico Forcellini-De Vit, tom. 4 (\%m), pag.78ì,  col. l a e 2*. .   « V. Aeschyl. SepL adii. Thtb. w. 80, 195,— SophòA. Antig.  v. 108.   * Gierig op. cit., tom. 1°, pag. 339, col. 1.*     — 51 —   pò che se ne rende avvertito il lettore con le parole :  ' prius accipe causas rogandi \ Vi si accenna, invece,  alla fretta dell'autore ed a ciò che l'autore stesso avreb-  be chiesto all' amico suo Tacito, se fosse stato in pre-  senza di lui.   Ma se si vuole accettare per genuina la lezione ' prae-  ceptoria \ bisogna darle il valore lessicale di ' prae-  cursoria ', ricorrendo al verbo ' praecipere ' ( donde  ' praeceptor ' e ' praeceptorius '), il quale per Cesare,  Livio, Lucrezio, Virgilio ed altri ebbe pure il signi-  ficato di « prendere prima, anticipare, prevenire ».'   5.° Dalla voce composta ' sacerdos % il cui secondo  elemento si riattacca al tema del verbo ' dare ', Plinio  dedusse il nuovo aggettivo ' sacerdotalis ', che , in ri-  spondenza alla sua origine, significa « spettante ai sa-  cerdoti, sacerdotale » : * Proximis sacerdotalibus  ludis productis in commissione pantomimis \ EpisL VII  24, 6. E per ' ludi sacerdotales ' si debbono intendere  quelli che davano i sacerdoti al loro entrare in carica. 2   Qui è necessario avvertire che abbiamo conservato  tra i neologismi pliniani la voce ' sacerdotalis ', non  ostante che l'uso di tale aggettivo si sia notato 3 nella  frase di Velleio Patercolo II 124, 4: 'Proxime a nobi-     i Caes. De b. e. Ili 31, 2.-Liv. IH 46, 7; XXX 8, 9; XXXVl  19, 9. — Lvcret. De rer. nat VI 803 e 1048. — Vero. Bel. Ili  98. — Val. Flac. Argon. IV 341 (ma neir ed. aldina si legge  4 praeripiunt '). — Stat. Theb. Vili 328; etc.   * Sveton. io Ùiu.AuQUSt. 44 parla di Mudi pontificale*;*.   * la fotti, nel Dizionario Georges-Calonghi, [Torino, 1896],  col. 2396, si trova notato il vocabolo ( sacerdotalis ' con l'auto-  rità di Plinio e di Velleio Patercolo. B lo stesso osservasi nel-  YAmf&hrL Handtoorterb. del Georges, voi, 2.° [J880], col. 2183.     _ so   lissimis ac sacerd-otalibus uiris desti nari praeto-  ribus contigit ' (Halm) ;— perciocché tanto nell'apo-  grafo di Bonifacio Amerbach , (il solo che ci resti della  storia romana di Velleio ; che, cohie è noto , il codice  Murbacensis , scoperto da Beato Renano verso il 1515,  si è perduto) , quanto nella ' editto princeps ' di Basi-  lea, 1520, la lezione accertata, è ' sacerdoti bus uiris ' :  poi, per una congettura dello Scheffer si sostituì a ' sa-  cerdotibus' Y aggettivo ' sacerdotatibus \   Dopo Plinio, si dilagò l'uso della voce ' sacerdotalis*,  massimamente negli scritti ecclesiastici : ne abbiamo  eziandio una conferma in diverse iscrizioni, in luoghi  di Ammiano Marcellino e di Macrobio, ! in alcune co-  stituzioni imperiali raccolte nel Codice Teodosiano, 2 etc.   B. — Plinio ricorse ai temi dèi verbi ' haesito ' e  ' monstro ' per formare i due nuovi aggettivi i haesi-  tabundus ' e ' monstrabilis '.   l.° ' Haesitabundus ' ha il significato del participio  presente ' haesitans ', che vale « esitante, dubbioso, con-  fuso » : ' Expalluit notabiliter, quamuis palleat semper,  et haesitabundus « interrogai^, non ut tibi no-  cerem, sed ut Modesto » '. EpisL I 5, 13.   2.° L'altro aggettivo verbale fc iiionstrabilis' è sinoni-  mo di ' insignis, illustris % e significa « notevole, co-  spicuo, illustre, insigne, chiaro » : 'Est enim probitate     i Amm. Marcell. Rer. gest. XXVlII 6, 10.— Màcrob. Saturn.  Ili 5,6.— Vedi inoltre i lessici Forcellitii-De Vit (toni. 5 [1871],  pag. 288, col. 2 a ), Freund-Theil (toro. 3 [ 1865 ], pp. 143-144),  Georges (voi. 2° [1880], col. 2183).   * Cod. Tkeodos. XII 1, 145; XII 5, 2; XVI 10, 20 (Haenei).     — 53 —   morum, ingenii elegantia, operum uarietate monstra-  bilis'. Epist. VI 21, 3. '   C. — I nuovi aggettivi composti, che appariscono per  la prima volta negli scritti di Plinio, hanno la mag-  gior parte per primo elemento componente la particel-  la negativa ' in- : due soli sono formati con la parti-  cella 4 per- premessa, ed uno con la particella ' prò- \   a) È stato giustamente osservato che nella latinità  argentea, per amor di vivezza nei contrasti, si preferi-  va formare l'antitesi di un aggettivo col premettere  allo stesso la particella negativa 'in-', invece di ac-  compagnare all' aggettivo V avverbio ' non ' o di ricor-  rere a eleganti circorìlocuzioni, come l'uso prescriveva  neir età aurea della prosa latina. Plinio non si allon-  tanò dal gusto prevalente ai tempi suoi, e, oltre all'ac-  cettare P uso di aggettivi in tal modo formati da scrit-  tori suoi contemporanei, egli stesso ne formò altri set-  te, premettendo la particella negativa, 'in-' a due ag-  gettivi semplici ed a cinque aggettivi composti.   aa) 1.° L'aggetti vq  , p. 299), * ob die  sogenannten senteutiae Varronis Varronisches enthalten ist  ganz unsìcher*.   * Cic. Tusc. diap. Ili 34, 81 ; De legib.h 11, 32.— Vero. Georg.  IV 94; Aen. IX 548.- Stat. Theb. IX, 109.-Tac. Agr.9; Ann.  XII 14; Hiat. III 59; ete.     ■ — 55 —   1.» ' Incongruens ' significa « inconseguente, incongru-  ente, disconvenevole *. Plinio se ne valse nel seg. pas-  so: ' Quibus sententi^ Caepionis placuit, sententiam  Macri ut rigidam durjimque reprehendunt: quibus Ma-  cri, illam alterarli dis^olutam atque etiam in congru-  ente ni uocant \ Epkt. IV 9, 19. l   2.° D3II0 stesso modo, per indicare ' qui non reuere-  tur \ « chi ha poca stima, i' irriverente » , il nostro  autore premise la par(,ic3lla negativa ' in- ' al partieir  pio presente del verho ' re-uereor ', e die origine al  neologismo * inreuerens', che si legge nel luogo se^  guente: ' Sum enim deprecatus ne quis ut inreue^  r e n t e m operis arguepet, quod recitaturus \ Epist. VIH  21, 3. 2   Non nuoce alla nostra osservazione sul neologismo  pliniano ' inreuerens ' il considerare che nel cod, M si  trova la lezione ' ut inreuerenti ', perchè la differenza  del caso, importante senza dubbio per V ordine sintat-  tico della frase, non contrasta al valore lessicale della  parola.     1 A. Gell. Noci. AH. XII 5, 5 continuò V uso dell' aggettivo  * iucou^ruens ' ; e Avhkl. Avgvst. De don, perseu. 22, 01 (M-~  gne, Patrolog. eurs., §gr, }, tom. 45, col. 1030; 1' accolse n$Ua  forma del grado superlativo. Vedi per altri esempi presentati  da Lattanzio il Georges, Ausfùhrl. Handwòrterb., voi. 2° (1880)  coi. 133.   * Aleute tracce della continuazione dell* uso dell'agg. ' tnre-*  uerens ' troviamo in Ael. Spartian. Carae. 2, 5 (secondo il Peter);  e particolarmente in Flou. Tertvll. De orai. 16; Ad nat. I 10;  Aduers. Mare. II 14 (Migqe, Patrolog. cura., ser. I, tom. 1 , col.  1173,575; tom. 2, col. 302). Vedi altri esempi nei lassici Forcel-  Uni-Da Vit (tom. 3 [1865], pag. 623, col. 2 J ), e George* (voi. 2'  [1880], col. 381).        — 56 —   3.° Dàlia forma participiale ' ascensus \ premessa la  particella negativa ' in- ', si è formato ' inascensus ',  che vale « non prima salito, dove nessuno è salito »,  e perciò « inaccessibile ». Plinio se ne servì per il pri-  mo nel Pan. 65, 3: 'Inascensum illum superbiae  principum locum terere\ Nel riferire il passo di Plinio  abbiamo seguito la lezione presentata dai codd. d, e; poi-  ché la lezione ' inaccensum ' del cod. d non pare che pos-  sa adattarsi, per contrasto di significato, alle seguenti.  parole della frase citata : ' illum superbiae principum lo-  cum \ Non contrasterebbe al concetto di tutta la frase la  congettura del Lipsius, per la quale si viene a sostitui-  re al neologismo ' inascensum ' la voce ' inaccessum ',  usata da Virgilio e da altri x ; ma sarebbe grave erro-  re posporre la lezione genuina data da codici autore-  voli, la quale non contrasta col senso dell' intera frase,  ad una congettura, per quanto questa possa apparire  più gradita all' interprete e sia proposta da un filologo  insigne.   4.° Nel seguente periodo del Pan. 4,7:' Iam firmi-  tas, iam proceritas corporis , iam honor capitis et di-  gnitas oris, ad hoc aetatis i n d e f 1 e x a matur itas nec  sine quodam munere dèum festinatis senectutis insigni-  bus ad augendam maiestatem ornata caesaries, nonne  longe lateque principem ostentant ? ' — presentasi l'ag-  gettivo nuovo ' indeflexus ', che risulta dall'unione della  particella negativa ' in- ' con una forma participiale del     1 Vero. Aen. VII 11 : Vili 195.— Senec. Herc. '[furens] 606.-  Sil. Ital. Pun. Ili 516. -Plin. sen. Nat. hist VI 28 (32), 144;  XII 14(30), 52.— Tac. Hist IV 50; e altrove. — Poi Macrob.  Saturn. V 17, 7 ; etc.     — Sì —   verbo ' de-flecto \ E però ' indeflexus ' significa « non  piegato » ; e, riferendosi ad ' aetatis maturi tas ', assu-  me il significato di « non indebolito » , non mai di  « invariabile », come inesattamente qualcuno interpreta.?   Il Beroaldus, forse per evitare il neologismo, ha so-  stituito nel testo di Plinio a ' indeflexa '. la voce ' in-  flexa ', senza avvertire che V uso ha determinato un va-  lore non negativo alla particella ' in- '• preposta al verbo  ' flectere '. E, di fatto ,  Ivvbkal. Sii i 1, &   t Vlfiak in Din XXkVll 11, 4— Cfr. Porphyr. Hor.epist  1 20, IO, citato dui Georges ne\Y Amfùhrl Handworterb., voi. 2°  (18S0), col. 1212.   * Vedi Cic. De orai II 80, 325; Pro Cluent 21, 58; De legi-  btt* Il 7, 16; Epint ad Ali. IV 16a, 2; XVI 6, 4; etc.     '     — 63 —   che consideriamo, si spiega con la forma mediale del  verbo greco corrispondente. l   2.° Dal tema della voce ' uber ', passato par il tra-  mite di * ubertas ' o di * ubertus \ * Plinio formò il ver-  bo l ubertare ', avente il significato di « fecondare, fer*  tìlizzare, rendere fecondo o abbondante » : * * Et caelo  quidem ftumquam benigni tas tanta, ut omnes si nini ter-*  ras u b e r t e t foaeatque \ Pan. 32 , 2. Tale è la le-  zione del cod. A ; ì codd. d, o, d presentano la lezio-  ne i uberet % che sì adatta anche bene al concetto che  Fautore volle esprimere nel luogo citato del Panegi^  fico. Ma il verbo * uberare ' non può èssere conside-  rato come un neologismo introdotto da Plinio , poi-  ché Puso del Verbo 'uberar^' è stato accertato in Co-  lumella 4 ; ed è noto cbe Columbia fu contemporaneo     1 L* uso del verbo ' prooemiari ' fu accolto poi da Ivl. Victv  Are rhet 15, (nella ed. Orelli delle opere di Cicerone [1833],  voi. 5, parte 1", pag. 244); da Apollin. Sidon. Epìst. ad Ma*  meri Claudian. (Migne, Patrolog. curs. t aer. I, tom. 53, còl 781).  Vedi A. Corradi op. cit., pag. 35, nota.   « L'aggettilo 'ubertus' ha per sé l'autorità di &.Oell. Noci.  Att VI (VII) 14, 7. Non teniamo contò d*un passò di Solfilo fcl,  & ' solo pla&ò u b e r t o q u e ', presentato dal òod* Aogetomom  I, 4, 15, e dal feod. Sangallòns. 187, ma rifiutato dal Motnttisert  òhe sì avvale deli* autorità di altri codici : il óod. Parisin» 68 te  presenta invece : ' Pannonia solo planò uberiqufe '.   • Riappare molto tardi il verbo * ubertare ' in Evmén. Ornilo*.  aetio Cbnstànlino Aug. Mauienèium nomine, 9: ' Agros diuturno  ardore sitiòntes expetitus uotis imber u b e r t a t ' • ( Mìgae» Pd-  trótog. extra. , sar. I, toni. 8, col. 649).   * Colvm. De re rtist. V 9, 11. Vedi atìcbe Pallad. De re  rud. X! fòatòber) 8, 3.     — 64 -~   di Seneca il filosofo, è scrisse i suoi libri prima di Pli-  nio il vecchio. *   B. — Di verbi nuovi, composti con preposizioni, Pli-  nio ne presenta soltanto quattro : ' indecere, defreraere,  interscribere, pertribuere '. Li considereremo successi-  vamente come sono stati enunciati, secondo P ordine  della lettera iniziale del verbo semplice. ,   -1.° Il verbo ' indecere _' significa « sconvenire* essere  disdicevole, star male ». Non pare che Plinio sia stato  il primo ad usarlo, tuttoché negli scritti di lui si os-  servi per la prima volta la forma verbale ' indecent \  In fatti, tanto la forma participiale ' indecens ', adope-  rata in senso di aggettivo, quanto la forma avverbiale  6 indecenter ' si trovano negli scritti dei contemporanei  di Plinio. - Il passo pliniano che presenta il verbo  ' indecere ' è il seg. ': ' Nam iuuenes confusa adhuc  quaedam et quasi turbata non indecent'. Epist. Ili  1, 2. *   I cQdd. M e V danno nel passo citato la lezione Mn-  dicent', la quale non si adatta al concetto che informa     1 Thuffsl-Schwàbe, G. d. r. L. », a. 293, pag. 713,   • Per la voce ' indecens ' v. Vitrvv. De arch. VII 5; Patron.  Sai. 128, 3; Qvintil.- Imi orai. XI 3, 158; Martial. Epigr. II  11, 4; V 14, 7; XI 61, 13; Svlton. Diu. Claud. 30.— Per Taw,  4 Indecenter' v. Qvintil. ìn$L orati 5, 64 ; Martial. Epigr. XII  22, 1 ; etc. ; e per la forma superi. * indecentiesime ': Qvintil.  Imst. orai. Vili 3, 45. Cfr V Antibarb. del Krebs , y. 'indaoere'.   * Osservasi il v rl>^ ' indecere * nel seguente luogo di A, G 4 bll.  Noci. AtL VI (VII) 12, 2. ( Feininisque solis uestem longe late-.  que diffu?am in dece re existimauervint ad ulnas cruraque  aduersus oculos protegenda ' (ed. Hertz: ma sbcondo la ' lectio  Gronouiana ' é da leggerti 4 decorarti * i a vece di ' indec^re ').     — 65 —   il periodo, e nemmeno corrisponde al verbo della propo-  sizione seguente ' conueniunt '. È necessità, dunque, ac-  cogliere il neologismo ' indecent ' per non cadere in una  dissonanza sintattica e in una stortura del senso del pe-  riodo.   2.° Il seguente luogo di Plinio, letto secondo il cod. M:  ' Ego et modestius et constantius arbitratus immanis-  simum reum non communi temporum inuidia, sed pro-  prio crimine urgere , cum iam satis primus ille impe-  tus defremuisset et languidior in dies ira ad iu-  stitiam redisset, .... mitto ad Anteiam ' etc. Epist IX 13,  4; — ci ha dato argomento di notare tra i neologismi  pliniani il verbo composto ' de-fremere % che vale « ces-  sar di fremere »*. Ma la lezione ' deferuissèt \ presen-  tata dal cod. D e dalle edd. p f a, e P equivalente le-  zione ' deferbuisset ', data dalle edd. prealdine del Lae-  tus, del Beroaldus e del Catanaeus, non sono da tras-  curarsi , poiché il verbo ' deferuescere ' ( ' déferuere '),  che significa « cessar di bollire, finir di fermentare »,  e, in senso traslato, « sbollire, quietarsi, calmarsi », si  adatta meglio ad esprimere quello sbollimento d' ira,  quella calma succeduta allo sdegno, che Plinio accen-  na in modo non dubbio con le frasi : ' primus ille im-  petus', ' languidior in dies ira', ' ad iustitiam redire', 2     i Ne vediamo continuato l'uso da Apollin. Sidon. Epp.l 5; IV  12; IX 9 (Migne, Patrolog. eurs., ser. I, tom. 58, coli. 455,518,  623 ). V. i lessici Freund-Theil (tom. 1° [1855], pag. 753) e  Georges (voi. 1° [1879J, col 1860).   2 Nel Dizionario Georges-Calonghi non è notato il verbo  20. >•**  Cfr. V 6, 21 e 6, 27.   2.° ' Cohors ', come termine tecnico militare:, valse a  significare la decima parte di una legione , oonteaente  tre ' manipuli ' o sei ' centuriae ' ;, si: ebbe anche il si-  gnificato di « schiere ausiliarie » : ma in tutti e dite  significati si riferì sempre ai soldati di fanteria- o pe*  doni (' pedites '). Plinio riferì anche ' cohors ' alla ca-  valleria (' equites '), scrivendo: ' P. Accio Aquila, cen-  turione e o h o r t i s sextae equestris'. Epist. X 106  (107). Ma nell& risposta dell' imperatore TrAittno st? li-     l Colvm. De re rust. X 362 ; XI 2, 30.     — re-  nio (Epist X 107 (108): ' Libellum P. Aedi Aquilae, centu-  rionis sextae equestris) , la voce ' cohortis ' è evitata ,  come ben si osserva nella ed. A: per una congettura del  Beroaldus si legge la voce ' cohortis ' premessa alle pa-  role ' sextae equestris ' nel testo della cit. epistola di  Traiano.   Donde s' indusse Plinio ad associare il concetto di  ' cohors ' con quello di ' equites ' ? Probabilmente non  dall'essere in quella sesta coorte commisti insieme ca-  valieri e pedoni , come suppone il Lagergren , riepilo-  gando l'opinione del Forcellini l , (che militarmente ciò  avrebbe prodotto una dannosa confusione), ma dalla ne-  cessità di dare un termine adatto ad una parte del-  l' i equitatus ' , ricorrendo , per somiglianza di ordina-  mento militare, ai nomi delle divisioni della fanteria.  Cicerone aveva, però, ben chiaramente distinto 1' i equi-  tatus' dalle 'cohortes'. 2   3.° ' Species ' nell' uso della latinità aurea ebbe o il  significato attivo di « vedere, guardare », o quello pas-  sivo, di « aspetto, apparenza, figura, imagine ». Plinio  se ne valse per significare « ipotesi, caso particolare »,  facendone un sinonimo di ' casus ' ; e con tale signifi-  cato, trasmesso per tradizione, la voce ' species ' si con-  servò nel linguaggio dei giuristi. 3 Nei seguenti passi di  Plinio abbiamo la conferma del nuovo significato del  sostantivo ' species ' : ' Nam haec quoque species in-     1 Lagergren, op. cit, pag. 74. — Vedi il lessico Forcellini-  De Vit, tona. 2° (1861), pag. 264, col. l. a  * Cic. Pro M. Marcello 2, 7 ; EpisL ad fam. XV 2, 7.  3 Vlfiàn. in Dig. IX 2, 5, § 3.     — 77 —   cidit in cognitionem meam\ Epist. X 56 (64), 4. —  ' Mox ipso tractatu, ut fieri solet, diffundente se crimine  plures s p e e i e s inciderunt \ Epist. X 96 (97), 4.   Per quale tramite sia venuta la significazione di ' spe-  cies ' adottata da Plinio, non può dirsi con certezza.  Tuttavia F essersi indicato da Cicerone e da Varrone 1  con la voce ' species ' anche le « specie di un genere »  ci dà una probabile spiegazione; poiché, essendo le spe-  cie come i casi particolari di un genere , si rendeva  non difficile il passaggio dalla significazione di « spe-  cie » a quella di « caso ».   4.° La locuzione particolare ' uenia sit dicto *, usata  tra parentesi, la quale corrisponde alF espressione ita-  liana « sia permesso di dire, sia detto con permesso,  mi si permetta di dirlo », è dovuta a Plinio : ' Vsque  adhuc certe neminem ex iis quos eduxeram mecum  (uenia sit dicto) ibi amisi. Epist V 6, 46. Dal  passo citato si presume che Plinio abbia fatto uso  della locuzione * uenia sit dicto ', per allontanare da sé  r ira degli dei, che, secondo la credenza popolare ro-  mana, F avrebbe colpito , se egli immodestamente si  fosse vantato. In un altro luogo per esprimere lo stes-  so concetto, in proposito di una convalescente da grave  malattia, Plinio scrisse la frase ' inpune dixisse liceat'  (Epist Vili 11, 2. 2   B. — I nomi sostantivi di fonte verbale, che si ebbe-  ro da Plinio un significato nuovo, sono un ' nomen     i Cic. Top. 7, 30 ; De ìnuent. I 27, 40.— Varr. Rer. rust. Ili 3,3.  s Lagergren, op. cit., pag. 75,     — 78 —  agenti» ' in rsor e quattro ' nomina actioois' in -Ho o   l.° Il nome ' mensor ', dal verbo i metiri *, si ebbe  da prima da Orazio il significato di « misuratore », in  generale. 1 Poi Ovidio e Columella ne fecero un sinoni-  BM eli . ' deeempedator \ cioè « misuratore dei eampi,  agrimensore ».* Plinio attribuì alla voce  ', ehe Quintiliano adoperò al singolare* col significato  di « annotazione^ nota » ; 4 ma Plinio, usandolo al plu-  rale, attribuì ai vocabolo il significato di « osservar  ùonì scritte al margine di un libro > : ' Nuno a te Mk  brum urmmn cum adnotatioaibiis tuis expecto.'   ìiptet; VK 30, &   3.° Il sostantivo ' excursio ', considerato come temniiie     1 HoaAT. Carnkn l. 28, % — Cfr Mauxuiì, Epigr. X 17> &   t Ovid. Metam. I 106.— Col vm. V l. Cfr. per 'deeempedator*  Cic. Philip. XIII 18,37.   3 V. in proposilo l'osservazione del Gbsner, cit, da A. Cor-  radi, pagi 3&   * Qvintil. Imi. orai X 7, 31.     tecnico Al cose militari, valse ad indicare, fla dall' età  aure^ cjell'idiopia Latino, la sortita da una città ( f erup-  tio ') *, la scorreria (• discursio milHaris ') 2 e la soara-  wucci$ (' prima incursio militaris 'X 3 Plinio per il pri-  pjo attribuì al vocabolo il significato di qualsivoglia  4 qp#r$a, gita, scappata in paese »: ' An, ut solebas, Ut-  taglione rei farai liaris otoeundaei crebris excursiouibus  a^acaris ? \ Epist. I 3, 2. Del resto , noa è estraneo fi  tale accezione della voce ' excprsio ' V uso cjke in pi»  Jpogttf Plinio stessa fece del verbo * excurrere \ dwde  * excur^Q. \ per indicare de' viaggi intrapresi : ' Gnpa  juiblicufp opus m,ea pecunia inchoaturus in Tuseos  e,]fcuciirrUsera.' Epist III 4,2. — 'Destino eròe»,  si tamen offlcii ratio permiserit, excurrere isto \  ffeist. JII 6, 6. — ' Nunc uideor commodissime . po&K» in  rem praesentem excurrere.' Epist X 8 (24), 3* 4   4.° Nel periodo della latinità aurea il nome ' ppaeeep-  tip ' significò « precetto , insegnamento * , e aocihe  « preconcetto, pregiudizio ». 5 Plinio attribuì a ' praecep-  tio ' il significato di « prelevamento o prelevazione » di  parte di un'eredità prima degli altri coeredi: 'Satur-  ninas autem, qui nos reltquit taeredes, quadrantem rei  publicae nostrae, deinde prò quadrante praeceptio-  nem quadringentorum milium dedit'. Epist V 7,1.     t Cabsl P* k a II 30, 1.   « Cic. De prou. cons. 2,4; Pro * Deiói 8, 2&— Liv. XXX VII  143.   3 Usl XXX 8, 4 ; 1 1, a XXX VII 18, 4.   4 II, giureconsulto Scovala conservò il significato pliniano di  'e;xpursp/ u^Dig. XXXIII 1, L3, in fine.   5 Cip. Pari orai. 36, 123.     — 80 —   Con ciò Plinio si attenne più da vicino alla fonte della  parola, che è il verbo ' praecipere '=« prendere innan-  zi, prendere prima »; talché, invece di dare un signi-  ficato nuovo al nome ' praeceptio ', restituì allo stesso  il valore lessicale originario che, a poco a poco, si era  modificato nell'uso: tanto più che Plinio stesso usò il  verbo ' praecipere ' nel significato di « ottenere prima,  percepire innanzi , prelevare da un' eredità » , come  osservasi in Epist, V 7, 1 ; X 75 (79), 2.   Nella lingua dei giureconsulti romani la parola in  esame conservò sempre il significato anzidetto; e. si  diede appunto la qualità indicata dall' aggettivo ' prae-  cipuus' a quella parte di eredità, prelevata, che non  entrava nella divisione dell' asse ereditario; 1 mentre  * praecipuum ' sostantivato aveva avuto presso Cicerone  il significato di « preminenza, eccellenza, vantaggio ».*   5.° ' Praesumptio ' non fu voce accolta nella latinità  aurea. 3 Plinio l' usò nel senso di « godimento prema-     1 Vlpian.ìii Dig. XXXIII 4,2. Papinian. in Dig. XL 5,23, § 2;  XXXI 75 e 76. Cfr. Apollin. Sidon. Epist. VI 12 (Migne, Patro-  log. cur8. % ser. I, tona. 58, col. 560-561). Del resto, tale uso può  considerarsi come una conseguenza del significato attribuito  fin dai tempi antichi all' espressione ' pars praecipua ' o ' res  praecipua'. Vedi Plavt. Rudens 188-189; Terent. Adelph. 258.   * Cic. De finibus II 33, 110: 'Homini.... praecipui a na-  tura nihil datum e3se diceraus ? '   8 Leggevasi in un luogo di Cicerone, De diuinat. II 53, 108 :  'Praesumptio tamen.... non dabitur*. Ma in realtà i codd.   Leidens. Voss. 84, Leidens. Voss. 86, Leidens. Heins. 118, Vin-   189  dobon. 2Qjr danno concordemente ' praesensio ', invece di * prae-  sumptio \ Il Pearcius vi sostituì, per mera congettura, la voce     — 81 —   turo, uso prematuro », facendone quasi un sinonimo  della voce ' praeceptio \ Ma, nell' assegnare al nome  ' praesumptio ' tale significato, Plinio si allontanò dal-  l' uso che ne fecero i suoi contemporanei. Quintiliano ,  in fatti, P adoperò come termine di retorica, per indi-  care la figura ' prolepsis \ 1 D' altro canto , Seneca 2 e  poi Giustino ed altri 3 attribuirono alla voce ' praesump-  tio ' il significato di « speranza, fiducia , aspettazione ,  opinione ». Plinio, invece, conservò alla voce il signi-  ficato più vicino all' etimologia della stessa (' prae ' e  4 sumere '), cioè « uso o godimento anticipato » , equi-  valente perciò , come dicevamo sopra , a quello del  nome ' praeceptio ', ma non facilmente assimilabile ,  come suppone il Lagergren 4 , al significato della voce  ' anticipatio ', che per Cicerone vale « prenozione, pre-  notizia, idea anticipata ». 5   La conferma del significato pliniano del sostantivo  ' praesumptio ' è data dai seguenti luoghi : ' Rerum     ' adsumptio' : lo seguirono il Christ (nella 2. a ed. Orelliana, Tu-  rici, 1861; voi. 4, pag. 554), il Nobbo (Lips., 1850, pag. 1162, col. 2. a )  ed altri.   i Qvintil. Inai. orai. IX 2, 16 ; 2, 18.   2 Senec. Episi. mor. XIX 8 (117), 6. Cfr. A. F. Rosengren ,  De elocut. L. Annaei Seneeae commentano; Upsaliae, Wahl-  stròm (senza data della pubblicazione, ma è, probabilmente,  del 1849-1850), pag. 38.   s Ivstin. Epit hist Phil III 4, 3. — Spartian. Hadr. 2, 9.—  Si valsero anche della voce * praesumptio ', in significato si-  mile, i giureconsulti Papin. in Dig. XLI 3, 44, § 4, e Vlpian.  in Dig. XXIX 2, 30, § 4; XL 5, 24, § 8; XLIII 4, 3, § 3; etc.   * Lagergren, op. cit., pag. 57. '   s Cic. De nat deor. I 16, 43; 17, 44.   Consoli — II Neologismo Pliniano, 6     — 82 —   quas adsequi cupias praesumptio ìpsa iucunda est'.  Epist. IV 15, 11. — ' Ego beatissimum esistitilo qui bo-  nae mansuraeque famae praesumptioDe perfrui-  tur certusque posteritatis curii futura gloria uiuit '. Epist.  IX 3, 1.   Il significato attribuito da Plinio al nome ' praesump-  tio ' si deve non al dotto arbitrio dì autorevole scrit-  tore, ma all' efficacia che Bull* accezione di ; praesump-  tio ' esercitò, con molta probabilità, V uso che lo stesso  Plinio fece del verbo ' praesumere ', accostando al si-  gnificato primitivo di « prendere prima » anche i si-  gnificati di « adempiere prima, porre prima, pregustare »,  che risultano dai segg. esempi: Epist. II 10, 6; III 1, 11;  VI 10, 5; Vili, 11, 1; Pan. 79, 4.   C. — Quanto al significato dei grecismi ' cataracta ,  paedagogìum, sipo ', Plinio presenta delle novità che  ' ne presso gli scrittori dell' età aurea, né presso i con-  temporanei di lui ci è dato osservare.   I.° ' Cataracta ' o ' cataractes ' servì ad indicare, per  antonomasia, le cascate o cateratte del Nilo. ■ Livio se  ne valse per denotare le « saracinesche » alle porte  delle fortezze. ! Plinio, invece, indica con ' cataracta ' o  • cataractes ' la « chiavica o cateratta » che è nei fiumi  por reggere il corso dell'acqua: 'Si nihil nobis loci     i Vitrw. De arch. Vili ■>. — Sknkc. Nat. quaest. IV 2, A.—  I'lin. sBN.'jVflt hit!. V 9 (IO), 54 e 59.   * Liv. XXVII 28, 10 e 11. — Cfc Vboet. Epit rei mil. IV 4.  Lo slesso significato notasi in Plvtar. Anton. 76, 2 : cfr. an-  che dello stesso Plutarco Aratus 26, 1.     — 83 —   natura praestaret, expeditum tamen erat cataractis  aquae cursum temperare. ' Epist X 61 (69), 4. l   2.° La latinità classica non si avvalse del grecismo  4 paedagogium ' 2 : cominciò a servirsene la latinità ar-  gentea. Svetonio con la frase ' ingenuorum paedagogia '  alluse alla sfrontata prostituzione e seduzione dei tempi  di Nerone, se pure nel testo svetoniano non si voglia  preferire alla lezione ' paedagogia ' l'altra lezione 6 proa-  gogia. 3 Seneca e Plinio il vecchio indicarono con ' pae-  dagogium ' , per metonimia , i fanciulli educati in un  istituto, ossia la scolaresca. 4 Ma Plinio il giovane re-  stituì a ' paedagogium ' il significato di luogo o isti-  tuto dove erano educati i fanciulli destinati ad impie-  ghi o uffici superiori : ' Puer in paedagogio mixtus  pluribus dormiebat. ' Epist VII 27, 13.   L' etimologia mista greco-latina della pretesa voce  ' paedagium ', la quale fu accolta dalla ed. p nel luogo  cit. dell' epist. pliniana, potrebbe solo tentarsi per ispie-,  gare una parola nuova che dai codici concordemente  si attesti essere stata usata dal nostro autore, come, per  es., la voce ' cryptoporticus ' ; ma si deve sempre rifiu-  tare, quando con essa si voglia tentare V accettazione     1 Cfr. Rvtil. Nàmàt. Dered. suo I 481: ' Tum cataracta-  rum claustris excluditur aequor * (Baehrens, Poetae Latin, min.  voi. 5°, pag. 21 : ma nel cod. Vindobon. 277 (387; si accoglie la  grafia ' catharactarum ').   * Vedi per il significato della voce greca considerata: Demosth.  Orai, de corona 258 (313, 10-12) ; Plvtar. Pomp. 6, 2.   3 Sveton. Nero 28.   * Senec. Dial VII {De uita beata) 17, 2 ; Dial. IX (De tran-  quii animi) 1, 8; Epist mor. XX 6 (123), 7. — Plin. sen. Nat  hist XXXIII 12 (54), 152,     — 84 —  di una parola che non è accolta dai codici né registrata   nei lessici, ma soltanto proposta come congettura d'in-  terprete. Molto meno si può fare buon viso alla conget-  tura del Lipsins ', che, movendo dal presupposto che  ' paedagogium ' dovesse riferirsi soltanto alla riunione  degli alunni, non mai al luogo della riunione, voleva  sostituire la espressione ' puer e paedagogio ' alla le-  zione data dai codici ' puer in paedagogio '.   3." Il grecismo ' sipo ', che vale « corpo vuoto o  cavo, sifone », penetrò nella lingua latina dopo 1' età  di Cicerone -; e se ne valsero gli scrittori dell'età ar-  gentea per indicare « sifone , canale, pompa per alzar  1' acqua », oper termine di confronto a cosa somigliante     1 Ivsti Lipsi Ad Annales C. Taciti liber tommentarius, Pa-  risiis, N. Buon, 1606; pag. 236, Ad librum XV Ann.: ' Vides  ergo ubique paedagogia prò coetu et quasi collegio pue-  rorum. prò loco non accipiò, ne epud Plinium quidem lib. VI]  epist. « Puer io paedagogio mistus pluribus dormiebat ». re-  scriboque : « Puer e paedagogio >. intellegit enim puerum pae-  dagogianum'.   » Si è preteso riconoscere la parola 'siphone' iu un luigodi  Lucilio, cit. da Cic, De flnibusll 8, 23; ma lalezkmu é incerisi  Il cod. Palat., ora Vatic. 1513, presenta 'hirsizon'; l'altro cod  Palat., ora Vatic. 1525, presenta 'hrysizou': gli altri codd. ,  come il More)., 1" Erlang. 38, il Vratisl. IV F 180 danno ' hirsi-  phon". Nella 1" ed. dell' Orelli, del 18;8, si legge ' hir sìpliovo ';  e quasi consimile lez. ' fir siphoue' si osserva in quella  del Medvig. L' Ernest! la trasformò a dirittura in ' si pitone ' ;  ma 11 Bailer (2* ed. Orellian», Turici, 1861, voi. 4', pag. 103} la,  restimi alta Torma 'hirsizon', data dal 1° cod. sopra cit. del se-  colo XI. A noi parrebbe meglio conservarsi la lez. del cod. Va-  tic. 1525, ' hrysizou ' p. ' hrysiazon ', part. pres. del verb') greco  rhysiàio, Torse 'rhysizo. Ma, in tanta incertezza, nulla si può af-  fermare che rispanda sicuramenle al vero.     r     — 85 —   al sifone K Plinio se ne servì , attribuendo alla parola  il significato di « tromba da incendio », e venne così  a determinare in un caso particolare il significato  generico di « tromba per acqua » : i Alioqui nullus  usquam in publico sipo, nulla hama, nullum denique  instrumentum ad incendia compescenda \ Epist. X 33  (42), 2. 2 Ma è probabile (e, nell'incertezza della conclu-  sione, ci siamo indotti a notare la voce i sipo ' tra i neo-  logismi di fonte pliniana) , che Plinio non sia stato il  primo a designare con ' sipo ' la tromba da incendio ;  perocché il retore Musa, citato da Seneca il retore 3 , con  la frase 'caelo repluunt ', detta in proposito dei sifoni,  accenna al significato in generale di tromba che schizzi  l'acqua in modo che questa, ricadendo in forma di piog-  gia, sembri che ripiova dal cielo. 4   Sez. II. — Altre parti del discorso.   A. — In due soli aggettivi ci è stato dato di osser-     1 Senec. Nat. quaest. II 16. — Colvm. De re rust. Ili 10; IX  14.-Plin. sen. Nat hist II 65 (66), 166; XXXII 10 (42;, 124. —  Ivvenal. Sai II 6, 310.   * Anche Ulpiano accenna a ' siphones ' per gli incendi in  Big. XXXIII 7, 12, § 18.   3 Senec. rhet. Controuers. X praef., 9.   4 Nel Dizionario Georges-Calonghi, v. * repluo ', col. 2341, e  v. ' sipho ', col. 2500, si afferma ripetutamente, ma non sappia-  mo renderci convinti del motivo, che da Seneca il retore si at-  tribuì alla voce ' sipho ' il significato di  (1880), col. 2412, e riferita con-  temporaneamente tanto al significato eine Spritze, quanto al  significato Feuerspritze.     — 86 —   vare che il significato attribuito ai medesimi da Plinio  si allontana dal significato che si ebbero nell'uso del-  l' età anteriore e in quello dei contemporanei di Plinio  stesso. Tali aggettivi sono : ' octogenarius ' e ' otiosus \   1.° L' aggettivo ' octogenarius ' fu da Vitruvio e da  Frontino adoperato a significare una misura. ' Plinio se  ne valse per indicare « vecchio di ottanta anni, ottua-  genario, ottogenario »: ' Femina splendide nata , nupta  praetorio uiro, exheredata ab octogenario patre \  Epist VI 33, 2.   2.° L' aggettivo ' otiosus ', che significa propriamente  « ozioso, inoperoso, disoccupato », ed equivale a ' ua-  cuus muneribus ', soleva essere riferito anche a cose  inanimate, p. es. a tempo, età 2 , discorso, 3 etc. A que-  sto uso si accostò Plinio, scrivendo: 'Per hos dies li-  bentissime otium meum in litteris conloco, quos alii  otiosissimis occupationibus perdunt. ' Epist IX  6, 4. Ma nessuno prima di Plinio aveva riferito V epi-  teto di ' otiosae ' alle somme di danaro non date ad in-  teresse, ' non occupatae ' : ' Pecuniae publicae, domine,  prouidentia tua et ministerio nostro et iam exactae  sunt et exiguntur; quae uereor ne otiosae iaceant. '  Epist. X 54 (62), 1.   Anche il giureconsulto Scevola applicò alla ' pecu-  nia ' non data ad usura la qualità di ' otiosa \ 4     i Vitrw. De areh. Vili 7 ('fistulae octogenariae';.—  Frontin. De aqu. urb. Rom. 58 : ' Fistola octogenaria dia-  metri digitos X\   * Cic. Epist ad Q. fratr. Ili 8, 3 ; De seneci 14, 49.  3 Qvintil. Inst. orai Vili 2, 19; I ), 35.   * Scabvol. in Dig. XXII 1, 13, § 1: « Pro pecunia otiosa  usuras praestare debeat ' (Mommsen : ma nel cod, Florent. dei  Digesta è scritto ' pecunia uitiosa ').     — 87 —   B. — Come si è già avvertito, Plinio fu parco d' in-  novazioni quanto ai verbi. Egli, in fatti, attribuì signi-  ficato non noto agli scrittori dell' età anteriore , né , a  quanto appare, accolto dai contemporanei, ai tre verbi  * exseri bere, per colere, prosecare ', conservandoli sempre  in senso proprio.   l.° La latinità aurea presenta V uso di 'ex-scribere '  nel significato di « trascrivere, copiare », ed anche nei  significato di « notare, registrare, mettere per iscritto ». 1  Plinio, invece, assegnò al verbo ' exseribere ' due signi-  Acati nuovi, 1' uno proprio e 1' altro figurato , che non  troviamo negli scritti dei contemporanei di lui. Il si-  gnificato proprio , di cui ora interessa intrattenerci ,  (che, al suo tempo, tratteremo del verbo ' exseribere ' in  senso traslato) è: « dipingere, disegnare , rappresenta-  re » : ' Herennius Seuerus, uir doctissimus, magni aesti-  mat in bibliotheca sua ponere imagines municipum tuo-   rum petitque exseribendas pingendasque de-   legem '. Epist IV 28, -1. Donde tale significato ?   È noto che ' scribere ' ebbe anche il significato di  «e disegnare, dipingere ». 2 Plinio il vecchio, a determi^  nare meglio il lavoro di copiatura di una pittura, si valse  del verbo ' transcribere \ 3 Appare probabile quindi che  Plinio il giovane, attenendosi allo stesso ordine di con-  cetti, meglio che della preposizione ' trans ' si sia ser-  vito della preposizione ' ex ', che esprime con maggiore  esattezza l'idea di « trarre fuori, dedurre », e, pre-     l Cic. in Verr. aet. see. II 77, 189.— Varr. Rer. rust. II 5, 18.   * Cic. Tu8c. dìsp. V 39, 113. — Catvll. Carm. 37, 10.   3 Plin. sen. Nat. hist XXV 2 (4), 8: * Veruna ot indura fal-  la* est colori bus... multumqu 3 riamente significa « usatto,  piccolo socco, calzare leggiero », che si soleva portare  dalle donne e dai damerini effeminati. Ma poiché il soc-  co era usato dagli attori comici per la rappresentazio-  ne della commedia, e quindi, per figura metonimia, ven-  ne a significare la commedia, così Plinio che, adope-  rando il linguaggio scenico , aveva chiamato una sua  villa, presso al lago Lario, col nome ' comoedia ', ne in-  dicò il sito basso, rasente il lido del lago, col diminu-  tivo ' socculus \ Ecco il passo pliniano : ' Huius (lacus)  in litore plures uillae meae, sed duae maxime ut de-  lectant ita exercent. altera inposita saxis more Baiano  lacum prospicit, altera aeque more Baiano lacum tan-  git, itaque illam tragoediam, hanc appellare comoediam  soleo ; illam, quod quasi cothurnis , hanc , quod quasi  s o e e u 1 i s sustinetur \ Epist IX 7, 2-3.   La lezione ' oculis ' che, invece di ' socculis ', è data  dal cod. D e dalle edd. p, a, non ci pare in alcun modo  attendibile, prima di tutto perchè vien meno il paral-  lelismo che l'autore vuol mettere in evidenza tra la villa  chiamata ' tragoedia ' e quella che porta il nome di  6 comoedia ' ; in secondo luogo, perchè bisogna forzare  il senso della frase per supporre omogeneità tra ' sus-  tinetur cothurnis ' e ' sustinetur oculis \ Preferiamo, dun-  que, la lezione ' socculis ', che è presentata dal cod. IH  e dalle edizioni prealdine.     — 97 —   10.? Dicevasi propriamente ' sportula ', diminutivo di  i sporta ', quel canestrino di cibi, che si soleva dare dai  patroni ai clienti, allorquando questi si recavano da loro  per salutarli. In senso traslato, Plinio se ne valse per  indicare quelle largizioni che per lo più da autori, di  poco merito si solevano dare ai ' laudicene, per essere  applauditi di continuo da questi durante la recitazione  dei loro lavori letterari : ' Sequuntur auditores actori-  bus similes, conducti et redempti: manceps conuenitur:  in media basilica tam palam sportulae . quam in  triclinio dantur. ' Epist II 14, 4. .   Pare che Quintiliano si sia accostato al concetto di  Plinio con l'avvertire che è sconveniente per gli oratori  ' inter moras laudationum ' il * respicere ad librarios  suos,. ut sportulam dictare uideantur. ' l E da av-  vertirsi inoltre che il nome ' sportula ' fu anche usato,  in senso traslato, dall' imperatore Claudio per indicare  i « brevi giochi dati al popolo ». 2   B. — I sostantivi di fonte verbale, innovati nel loro  senso traslato dal nostro autore , si possono ordinare  così : a) ' nomina agentis ' formati col suffisso -tor ;  b) ' nomina actionis ' col suffisso -tion ; e) sostantivi  formati da temi di verbi per il tramite del tema del  participio presente; d) sostantivi verbali aventi diverso  suffisso.   a) Non molto è da dirsi dei quattro ' nomina agentis ':     i Qvintil. InsL orai. XI 3, 131.  « Sveton. Diu. Claud. 21.   Consoli — li Neologismo puntano*     — 98 —   *   * debitor, frenator, gestator, reductor, ' — che nei loro  significati in traslato presentano tracce d' innovazione.   1.° Il nome ' debitor' significò propriamente « chi  deve una somma di danaro ad un suo creditore ». l  Accolto in traslato, indicò « chi è obbligato , chi è te-  nuto a qualche cosa », la quale veniva espressamente  enunciata, per es. * uitae , animae , uoti, etc. ' 2 Plinio  accolse tale significato del nome ' debitor *, considerato  in traslato, ma vi apportò la novità di adoperarlo as-  solutamente , cioè senza indicazione della cosa* per cui  si restava obbligato : ' Cuius generis quae prima occasio  tibi, conferas in eum rogo; habebis me, habebis ipsum  gratissimum debitorem. ' Epist. Ili 2, 6.   2.° La voce ' frenator ' appare per la prima volta  nella latinità argentea, e riferita sempre a cose mate-  riali, per es. il giavellotto, 3 il cavallo. 4 Plinio lo riferì,,  per traslato, ad argomenti morali : ' Contemptor ambi-  tiónis et infìnitae potestatis domitor et frenator ani-  mus ipsa uetustate florescit. ' Pan. 55, 9.   3.° Quanto al nome ' gestator ', che significa « por-  tatore per guadagno, facchino », ed è perciò sinoni-  mo di ' baiulus ' p ' baiolus ', voce usata da Cicerone 5 ,  Plinio lo riferì a un delfino che portava sul dorso i  figli : * Incredibile, tam uerum tamen quam priora, del-  phinum gestatorem collusoremque puerorum in     i Cic. De off. II 22, 78. — Senec. De bene/. VI 19, 5. — Mo-  destia in Dig. L 16, 108.   2 Ovid. Ex Pon. IV 1, 2; Triti. I 5, 10. — Martin Epigr.  IX 42, 8.   3 Val. Flac. Argon. VI 162.   4 Stat. Theb. I 27..   5 Cic. De orai. II 10, 40 ; Parad. IL-, 2, 23.     — 99   terram quoque extrahi solitum harenisque siccatum,  ubi incaluisset, in mare reuolui. ' Epist. IX 33, 8.   4.° Il nome ' reductor ', considerato in senso proprio,  significa « riconduttore, chi riconduce » : e in tale sk-  gniflcato T usò Livio. 1 Ma Plinio adoperò ' reductor '•  nel senso traslato di « restauratore » : ' (Titinius Capito)  colit studia, studiosos amat fouet prouehit, multorum  qui aliqua conponunt portus sirius gremium , omnium  exemplum, ipsarum denique litterarum iam senesceii-  tium reductor ac reformator. ' Epist. Vili 12, 1.   6) I. quattro ' nomina actionis ' : ' descensio , dispen-  salo , egestio , nutatio ', formati da temi verbali , pre-  sentano le seguenti innovazioni nel loro uso traslato.   l.° ' Descensio ' indica propriamente « discesa, l'azione  del discendere ». 2 Plinio ne preferì V uso metonimico  per indicare i luoghi stessi nei quali si discende per  mezzo di gradinir 'Frigidariae cellae conectitur media,  cui sol benignissime praesto est; caldariae magis : prò-  minet enim. in hac tres descensio nes, duae in  sole, tertia a sole longius, à luce non longius. * Epist  V 6, 26. Talché, come bene avverte il Gierig , le ' de-  seensiones ' erano non le scale, ma ' lacus, in quos per  gradua descendebatur. ' 3     i Liv. II 33, il.   « Cic. De flnibus V 24, 70: ' Quem Tiberina descensio,  festo ilio die, tanto gaudio ad feci t, quanto L. Paullum, cum re-  gem Perseo captum adduceret, eodem flumine inuectio?' (Ci-  tiamo il passo di Cic. secondo il ood. Palat. (Vatic) 1525 e la  ed. Cratandrina del 1528; che, invece di 'descensio', si legge  ' dissensio ' nel cod. Morelian., e ' decursio ' nella prima ediz.  dell' Orelli, 1828).   8 Giehig, op. cit., tom. 1°, pag. 409, col. l. a     .— 100 — -   Che Plinio sia stato veramente il primo ad introdur-  re nella lingua letteraria tale uso metonimico della vo-  ce ' descensio ', c'induce a dubitare l'avvertenza del Nà-  gelsbach 1 , che soventi volte ad alcuni casi mancanti  nella flessione dei nomi verbali in -us si suppliva coi  corrispondenti casi dei nomi verbali in -io. Or , tanto  in Irzio 2 quanto in Virgilio 3 , trovasi usato 'descensus'  in senso metonimico di « via che discende » : e se, co-  me nota opportunamente il Lagergren 4 , ai casi non  usati della flessione di * descensus ' si dovette supplire  coi corrispondenti casi della flessione di ' descensio ' ,  questo nome non poteva non avere il valore metonimi-  co di ' descensus ' ; e quindi è assai probabile, sebbene  non si abbia alcuna prova diretta in conferma, che il  significato metonimico attribuito a 'descensio' sia an-  teriore all' età di Plinio.   2.° In dipendenza dal significato fondamentale proprio  del verbo ' dispensare ', che vale « pesare esattamente,  dividere o distribuire proporzionatamente », il sostan-  tivo verbale * dispensatio ' si riferì a cose materiali, in-  dicandone la distribuzione economica o l'amministra--  zione o il maneggio, per es; ' dispensatio aerarii 5 , an-  nonae '* etc. Plinio riferì la voce ' dispensatio % in sen-  so traslato, anche a cose morali, scrivendo all'impera-  tore Traiano : * Iulius... Largus ex Ponto nondunr mihi  uisus ac ne audi.tus quidem.... dispensationem     i Naegelsbach, Lateinische Stilistik 3 , pag. 151 eg.  « Hirt. De b. Gal. Vili 40, 4.   3 Vbrg. Aen. VI 126.   4 Lagergren, op. cit., pag. 56.   5 Cic. In Vatin. 15, 36.   « Liv. X 11,9. Cfr. IV 12, 10.     — 10Ì —   quandam ' mihi erga te pietatis suae ministeriuniqùó  mandauH. ' Epist. X 75 (79), 1.   È probabile .che la via per giungere al significato  pliniano della voce 4 dispensatio ' sia stata aperta dal-  l' uso, accolto da Cicerone e poi da Livio , Seneca ed  altri, del verbo 4 dispensare n riferito ad argomenti im-  materiali. l   3.° 4 Egestio ', sostantivo nato dal verbo 4 egerere '=»  « portare fuori, condurre via », è voce che apparisce  per la prima volta nella latinità argentea, col signifi-  cato proprio di « trasporto », ed anche, particolarmen-  te, di « egestione, evacuazione ».* Plinio, riferendolo per  traslato ad 4 opes publicae', ne fece un sinonimo di  4 effusfo ' di danaro, voce già usata da Cicerone. 3 Il pas-  so di Plinio è il seguente : ' Hoc tunc uotum senatus ,  hoc praecipuum gaudium populi, haec liberalitatis ma-  teria gratissima, si Pallantis facultates adiuuare publi-  carum opum egestione contingeret. ' Epist. Vili 6, 7.   4.° Il verbo 'nutare' fu gradito ai poeti dell'età au-  gustea : a Cicerone nemmeno dispiacque farne uso nel  senso traslato di « vacillare nel giudizio, essere incer-  to » 4 . Ciò non ostante, il sostantivo verbale 4 nutatio '  non pare che sia stato accolto dalla latinità . aurea. I  contemporanei di Plinio V usarono in senso proprio di  « barcollamento, vacillamento ». 5 Plinio, invece, Tado-     i Cic. De orai. I 3i, 142.-Liv. XXVII 50, 10; XXXVIII 47, 3.  — Sbnec. Dial. VI (Ad Mare, de eonsol) 11, 1  * Sveton. Diu. Claud.O.  s Cic. Pro Rose. Am. 46, 134.   4 Cic. De nat. deor. I 43, 120,-Cfr. Tac. Hist. II 98; III 40;  IV 52.   5 Srnkg Nat quaest. VI2, 6,— Qvintil. ln*t. orai. XI 3, 129.     - 10$ —   però in senso figurato, riferendolo a ' res publica ', per  indicare «decadenza, rovina dello Stato»: 'Cogi porro  non poteras nisi periculo patriae et n u t a t i o n e rei  pùblicae. ' Pan. 5, 6.   La nostra osservazione si poggia sulla premessa che,  nel passo citato, la lezione ' nutatione ',' presentata dal  Cuspinian. e dal cod. Liuineii, sia da preferirsi alla le-  zione * mutatione ', che è data concordemente dai codd.  A } 6, o 9 d.      e) I due sostantivi verbali formati per il tramite del  tema del participio presente sono 'audentia' e 'instantia'.   1.° Il nome ' audentia ' non fu accolto dalla latinità  aurea. Nella latinità d' argento se ne fece uso per si-  ' gnificare « arditezza, coraggio », in dipendenza dal si-  gnificato del verbo ' audere ', da cui proveniva. ' Ma  Plinio trasferì: il significato di 'audentia' all'uso delle  parole, per indicare « ardimento -, audàcia nel dire »" :  'Si datur Homero et mollia uoeabulà et Graeca ad le-  uitatem uersus contrahere, extendere, inflectere, cur ti-  bi similis audentia, praesertim non delicata sed ne-  cessaria, non detur ? ' Epist. Vili 4, 4. :   2.° Il sostantivo ' iftstantia ', conformemente al verbo  ' instare ', da cui prende origine, significò « imminenza  immediata ». 2 Plinio attribuì ài vocabolo, che adoperò  in traslato, due significati : a) « veemenza del discorso »•*  ' Habet quidem oratio et historia multa communia ,  sed plura diuersa in his ipsis quae communia uiden-     1 Tac. Ann. XV 53; Germ. 31 e 34. Cfr. 'audentior' nei Deal  de oratoribus, 14 (Halm ; ' ardentior * per il Bàhrens) e in Qvin-  til. Inst. orai. XII 10, 23.   * Cig. De fato 12, 27.     — 103 —   #   tur haec uel maxime ui amaritudine instanti e,   illa tractu et suauitate atque etiam dùlcedine placet/  Epist V 8, 9-10. — b) «diligenza, studio assiduo»: ' Quid  est enim quod non aut illae occupationes inpedire aut  haec instantia non possit efflcere ? ' Epist. IH 5, 18.  Per il primo dei due significati predetti Quintiliano si  era. già avvalso dell'avverbio ' instanter V   d) Resta a parlare dei tre sostantivi verbali: ' iadtw-  catus, motus, retinaculum \   l.° La voce i aduocatus ' nei tempi della Repubblica  romana designò V uomo perito nella conoscènza del di-  ritto, che veniva chiamato a dare i suoi coitigli in tòta-  no ad una questione giuridica da trattarsi dinanzi ai  magistrati, e sosteneva poi co' suoi suggerimenti e fcftft  la presenza una delle parti litiganti dinanzi ai wi&gl 1  strati stessi. 2 Neil' età imperiale * adiiocatufc ' tìivéhitè  sinonimo di ' patronus causae ', cioè « difensore o pà*  trocinatore; causidico, che assiste e conduce il pi*oc&&ò *.  E di questo secondo significato di ' aduocatus ' Plinio^  al pari de' suoi contemporanei 3 , ci presenta àlquahtl  esempi. 4 Ma Plinio stesso attribuì anche alla voce ' ad-  uocatus ' un significato in traslato , riferendola non &     1 QtfitffriL. tnsì. orai. IX 4, 126: ' Vbicunque acriter erit, i n-  stànter, pugnaciter dicendunT (Bonnell;.   « Cig. Pro Sul. 29, 81 ; Pro CluenL 40, 110; De orai il 74,  301 ; De off. I 10, 32; Epist. ad fam. VII 14, 1 ; etc. — 'Aduo-  catus ' per « aiuto » in genere, v. Pro Caectaa 9, 20.   3 Qvintil. Inst. orai. XII 1, 13. — Sveton. Dia. Claud. 15 e  33. — Diàl. de oratoribus, 1.   * Epist. I 23, 4; III 4, 2; 9, 21 ; IV 9, 7 ; 11, 12; 12, 4; V 4, 2;  20, 1; VI 31, 11; VII 33, 4; X 81 (85), 6.     — 104 —   cause ò liti o questioni giuridiche, ma alla ' abstinen-  tia ' : ' Id uero deerat, ut cum Pallante auctoritate pu-  blica ageretur , Pallas rogaretur ut senatui cederet, ut  illi superbissimae abstinentiae Caesar ipse ad-  uocatus esset. ' Epist. Vili 6, 9.   Quanto abbiamo osservato sul significato pliniano del-  la voce ' aduocatus ', considerata in traslato , non sa-  rebbe accettabile, se nel luogo citato, invece di ' Caesar  ipse aduocatus esset', si leggesse, come si suòle  comunemente: ' Caesar ipse patronus aduocaretur'.  Così appunto è presentata la lezione dall' ed. a, con la  ripetizione del pronome ' ipse ' dopo ' patronus ': ' Cae-  sar ipse patronus ipse aduocaretur '.   2.° Dalla radice del verbo ' mouere ' col. suffisso -tu- si  formò il nome ben noto ' motus ', che in traslato, óltre  ali! indicare « il moto dèi sensi e 1' attività o energia  dello spirito, la commozione dell'animo, la passione »,  servì a significare « i motivi, le cause, i moventi » di  un dato divisamente. Plinio fu il primo ad adoperare  la voce ' motus ' in tale significato: 'Audisti consilii mei  motus'. Epist. Ili 4, 9.   3.° Il sostantivo i retinaculum ', non discostandosi dal  significato proprio del verbo ' reti nere ', da cui deriva,  servì ad indicare qualunque oggetto potesse servire a  trattenere o a tener fermo; perciò, secondo i casi par-  ticolari , significò « cavezza \ gomena o fune 2 , briglia  o redina 3 , vimini pieghevoli per legare le viti 4 », etc.  Plinio per il primo attribuì un significato figurato alla     i Horat, Sai I 5, 18.   2 Ovid. Metam. XIV 547; XV 696.   8 Vbrg. Georg. I 513.   i Vbrg. Georg. I 265.     — 105 —   voce ' retinaculum ', per indicare « i legami o vincoli  morali della vita » : ' Adfuit tamen deus uoto, cuius ille  compos , ut iam securus liberque moriturus, multa illa  uitae, sed minora r e t i n a e u 1 a abrupit.' Epist I 12, 8.  Nella stessa epistola , § 4 /egli chiamò questi ' uitae  retinacula', in modo più diretto , * preda uiuendi,' co-  me li aveva detto, prima di lui, Plinio il vecchio ! ; ed  al § 3, li disse * uiuendi causae '.   C. — I grecismi nei quali, considerati in senso tras-  lato, si nota l'innovazione pliniana sono due: ' cratér *  e ' xenium '.   1.° ' Crater ', « grande coppa, cratere, vaso da me-  scere », è un grecismo accolto nella lingua latina e la-  tinizzato nella forma ' cratera*'. Passò al senso traslato  per P uso particolare che ne fecero i poeti, per signifi-  care « voragine vulcanica V vaso per Polio » 3 , e anche  una costellazione 4 , ete. Ma Plinio fu il primo, e forse  il solo, ad usare il grecismo ' crater ' nel senso traslato  di « conca o bacino d' acqua » : ' Fonticulus in hoc, in  fonte crater'. Epist V 6, 23.   2.° ' Xenium ' rappresentava, secondo l'etimo greco 5 ,  il dono ospitale, fatto, cioè, agli ospiti o ai commen-     1 Plin. sen. Nat hist. XXII 6 (7), 14: 'Addidere uiuendi  pretia deliciae Juxusque * (Mayhofl). Tacito indica i ' uitae  retinacula ' come 'pretia nasceadi' (Germ. 31; ma in più co-  dici si legge * noscendi ').   * Lvcrbt. De ter, nau VI 701.— Ovid. Metam. V 424. — Cfr.  Plin. sen. Nat hist. II 106 (110), 237; III 8 (14), 88.   » Verg. Aen. VI 225. — Cfr. Martial. Epigr. XII 32, 12.   4 Ovid. Fast li 244.— Cfr. Cic. De nat deor. II 44, 114 {Arati  phaenom. 219).   5 Vedi Svidàs Lexic. Graee. et Lai, vol2°, col. 1032 (Bernhardy).     — Ì06 —   sali. E in tale significato, oltre gli esempi di Vitruvio,  Marziale ed altri ', abbiamo l'esempio di Plinio stesso:  ' Summo die abeuntibus nobis, tam diligens in Caesare  humanitas, xenia sunt missa'. Epist. VI 31, 14. Ma  Plinio assegnò inoltre al grecismo * xenia ' il signifi-  cato triaslato di « dóni fatti a certe persone per otte-  nere da loro qualche favore », ed in particolare i doni  che si facevano agli avvocati o causidici per patroci-  nare con maggiore impegno le cause: ' Quam me iuuat  quod in causis agendis non modo pactione dono munere  ùerum etiam x e n i i s semper abstinui ! ' Epist V 13  (14), 8. E, dopo P esempio di Plinio, si ampliò àncora  di più il significato della voce ' xenium ', indicandosi  con essa i doni che si offrivano dai provinciali ai pro-  consoli o ad altre autorità 2 .   Sbz. ii. -^ Aggettati.   Li distingueremo in aggettivi derivati da fonte no-  minale ed aggettivi formati con temi verbali.   A. «-* 1.° L' aggettivo ' enodis ', formato dalla prepo-  sizione.' e' e dal tema del sostantivo 'nodus'» nel si-  gnificato proprio vale « liscio , senza nodi ». In tale  accezione 1' usò appunto Virgilio , che lo riferì quale  attributo alla voce ' truncus \ 8 Plinio l'adoperò in senso  traslato, riferendolo ad alcune poesie per indicarne la  scorrevolezza e la facilità : ' Recitabat.. f erudit&m sane     1 Vitrvv. De afòh. VI 9.— Martial. Epigr. XIII 3, ì-2 e 5-6.  * Vlpiàì*. iti Dig. I 16, 6, § 3.   i 'V'fcRG. Georg. Il 78 : ' Rursum e n o d e s trunci resecantur '  (Ribbeck). — Cfr. Plin. sen, Nat hM, V 1, 14.     — ìot —   I   luculentamque materiam. scripta elegia* erat fluentibus  et teneris et e n o d i b u s , sublimibus etiam, ut popo-  scit locus. ' Epist V 17, 2.   2.° '■ Hamatus ' derivato da ' hamus ', in senso proprio  significò «fornito d'amo»; e Cicerone l'usò in tale si-  gnificato. l L' accezione in traslato dell' aggettivo * ha-  matus', per indicare cose che , insidiose come l'amo ,  si mettono in opera per ottenere vantaggi maggiori, si  deve a Plinio, che lo riferì a ' munera ' con -P intendi-  mento d' indicare quei doni che si fanno col fine sot-  tinteso di ricavarne maggiori remunerazioni : i Hos ego  uiscatis hamatisque muneribus non sua promere  puto, sed aliena corripere '. Epist. IX 30, 2. Plinio do-  vette certamente venire all' uso traslatò di ' hamatus ',  indottovi dal significato attribuito in traslato al nome  4 hamus ' da scrittori a lui anteriori e da scrittori con-  temporanei. 2   3.° ' Inamoenus ' appartiene a quella serie di agget-  tivi sì graditi alla latinità argentea, formati col pre-  mettere all' aggettivo la particella negativa i in- ' : si-  gnifica P opposto di ' amoenus ', e perciò « spiacevole,  sgraziato, disameno ». Ovidio se ne valse per indicare  PAverno. 3 Plinio ne fece, per traslata, un attributo di  certi lavori letterari « senza attrattiva, spiacevoli, ina-  meni »: ' Oratiunculam unam alteram retractaui. quàhi-  quam id genus operis inamabile, inamoenum ma-  gisque laboribus ruris quam uoluptatibus simile '. Epist  IX 10, 3. - .     l Cic. Acad. priòr. II 38 121.   * Huràt. Sai. II 5, 25. — Martial. Epigr. V 18, 7; VI 63, 5.  — Vedi anche Plin. Pan. 43, 5.  3 Ovid. Metam. X 15. — Cfr. Stat. Sii II 2, 3*3,     — Ì08 —   4.° L' aggettivo ' peracerbus ' vale lo. stesso di * acer-  bus ' con un rafforzamento indicato dalla particella pre-  posta ' per'; significa perciò, in senso proprio, « molto  aspro , molto acerbo » , come disse appunto Cicerone  dell' uva immatura. ] Plinio adoperò in traslato V ag-  . gettivo ' peracerbus ' per significare un che di « dolo-  roso , assai spiacevole » : '• Mihi quidem illud etiam  peracerbum fuit, quod sunt alter alteri quid para-  rent indicati. ' Epist VI 5, 6.   5.° L'aggettivo ' saxeus ' propriamente significa « sas-  seo, di pietra ». Plinio attribuì a ' saxeus ' il signifi-  cato di « insensibile », duro come di pietra, che non  sente impressione di alcuna cosa bella : ' Ego Isaeum  non disertissimum tantum uerum etiarn beatissimum  iudico. quem tu nisi cognoscere concupiscis, saxeus  ferreusque es .' Epist II 3, 7. Ma in ciò egli si avvi-  cinò all' espressione di Ovidio : ' Mater ad auditas stu-  puit ceu s a x e a voces ' 2 ; nella quale l'epiteto ' saxea '  vale attonita per la meraviglia dolorosa, come se fosse  divenuta di sasso. Forse, nel l'attribuire alla voce 'saxeus',  in senso figurato, il significato anzidetto, Plinio ebbe  presente la frase che si legge nel v. 258 del Prometti,  uinctus di Eschilo.   B. — 1° e 2.° Tra gli aggettivi di fonte verbale, che  si ebbero da Plinio un nuovo significato in traslàto, si  annoverano 'adductus' e ' circumscriptus ': entrambi  dotati della forma del comparativo.   ' Adductus \ che propriamente significa « angusto ,     1 Cic. De senect. 15, 53.   * Ovid. Metom, V 509.     — 109 —   stretto », si ebbe in traslato vari significati , uno dei  quali riferito in forma comparativa da Plinio air ora-  tore, vale « più serrato, più breve nelF espressione »•  Similmente ' circumscriptus ', che in senso proprio si-  gnifica « circoscritto » , in senso traslato fu da Cice-  rone riferito alla frase, ali" ambitus uerborum M , men-  tre da Plinio fu riferito, anche in forma comparativa,  all' oratore stesso per indicare la qualità della conci-  sione, che fregia il discorso di lui. Eccone la conferma:  ' In contionibus idem qui in orationibus est, pressior  tamen et.circumscriptior et adductior'.  Epist I 16, 4.   3.° Il significato proprio di ' incustoditus ' è « non  custodito, senza guardie ». La latinità argentea attribuì  a ' incustoditus ' due significati in traslato, uno consi-  derato in passivo, ed è dovuto a Tacito ; P altro consi-  derato in attivo,' ed è stato per la prima volta deter-  minato da Plinio. Nel primo significato vale « inosser-  vato », 2 o pure « non contegnoso, non celato » 3 . Nel  traslato attivo, secondo l'accezione pliniana, * incustodi-  tus ' significa « improvvido, incauto, imprevidente, sen-  za precauzione » : ' Tuitus sum Iulium Bassum ut i n-  custoditum nimis et incautum ita minime malum \ 4  Epist. VI 29, 10.   4.° Dal significato proprio che all'aggettivo ' inductus '  proveniva dalla sua qualità originaria di participio per-     1 Cic. OraL 12, 38; cfr. 61, 204.   * Tao. Ann. II 12; XV 55.  3 Tac. Ann. XII 4.   * In proposito il Gierig, op. cit., tom. 2, pag. 91, col. 2% ag-  giunge il* commento: ' Puer enim, qui non custoditur, nog-  legens, remissus nimis esse solet '     .— no —   fetta del verbo ' inducere ', Plinio, lo volse in trasla-  to, e lo attribuì a ' sermo ' per indicare un linguaggio  straniero : ' Inuidéo Graecis, quod illorum lingua seri-  bere maluisti. neque enim coniectura eget, quid sermo-  ne patrio exprimere possis, cum hoc insiticio et i n d u c-  t o tam praeclara opera perfeceris \ Epist IV 3, 5, —  6 Totam uillam oculis tuis subicere conamur , si nihil  inductum et quasi deuium loquimur.' Epist V 6, 44.  Cfr. Epist. Ili 18, 10.   Nulla osta ad ammettere che Plinio si sia permesso di  attribuire a ' inductus ', in senso traslato, il significato  anzidetto, per aver tenuto presente che già Cicerone  si era servito ad un fine consimile del verbo * inducereV   5.° Nel luogo testé citato della Epist. IV 3, 5, si osser-  va eziandio che Plinio per il primo adoperò in senso  traslato l'aggettivo ' insiticius ' , derivato dal verbo  i inserere ', a fin di significare il linguaggio importato  dal di fuori, in antitesi alla lingua materna. La voce  ' insiticius ' nel significato proprio di ,« innestato » era  già stata accolta nella lingua letteraria, molto tempo  prima di Plinio. 2   Sez. III. — Verbi.   I verbi ai quali, considerati in traslato, Plinio attri-  buì un significato nuovo, sono , eccetto uno, tutti com-  posti ; e la ragione ne è manifesta, perchè nell'amplia-  re le funzioni del traslato ha molta efficacia la parti-  cella che forma il primo elemento della composizione.     i Cic. Philip. XIII 19, 43.   * Ne sia d'es. Varr. Rer. rasi. II 8, 1. Vedi in prcfposito la  osservazione del.GESNER, riportala da A. Corradi, pag. 33.     r     — Ili —   A. — Esamineremo da prima i verbi composti che  provengono da un tema semplice originariamente ver-  bale , e poi i verbi composti nel cui tema si contiene  un tema nominale.   a) I vèrbi composti della prima serie saranno trat-  tati secondo l'ordine alfabetico della lettera iniziale del  tema verbale semplice.   l. Q 11 verbo ' in-arescere ', come P incoativo 'aresce-  re ', originariamente ' arere ', ebbe il significato proprio  di « disseccarsi, inaridire » : e, oltre non pochi scrit-  tori fioriti al tempo della latinità argentea, ne dà la  conferma lo stesso Plinio : ' Buxus, qua parte defendl-  tur tectis, abunde uiret; aperto caelo apertoque uento  et quamquam longinqua aspergine maris inarescit'.  Epist. II 17, 14. Ma Plinio attribuì anche al verbo ' in-  arescere ' il significato di « finire », riferito a oose im-  materiali : 'Sed quod cessat ex reditu frugalitate sup-  pletur/ex qua uelut fonte liberalitas nostra decurrit :  quae tamen ita temperanda est, ne nimia profusione  inarescat. ' Epist. II 4, 3-4.   La sola ed. p presenta, invece di ' inarescat', la pa^-  rola * marcescat ', che pare un' emendazione fatta dal-  l' editore per fare rieritrareF espressione di Plinio nel-  P uso traslato del verbo ' marcescere ', che Livio e 0-  vidio riferirono alle voci ' desidia, otium V   2.° Il significato proprio del. verbo ' per-domare ', che  vale « soggiogare, domare », si riferì costantemente ad  esseri animati, come per es. ' uiri, 2 gentes,* canes, 4     l Liv. XXVIII 35, 2.— Ovid. Ex Pon. II 9, 61.   * Tibvl. II 1, 72.   8 Vell.' Paterc. Hist Rom. II 95, 2.— Cfr. Liv. XL 41, 2.   4 Tibvl. I 2, 52.     — m —   «   serpentes, tauri, l età; ovvero a regioni designate invece  dei popoli che le abitano, per es. il ' Latium ', 2 la ' Bri-  tannia ', 3 una regione in generale. * Plinio applicò in  traslato il verbo ' perdoniate ' al suolo che si coltiva :  ' Tantis glaebis tenacissimum solum, cura primum prò-  secatur, adsurgit , ut nono deraum sulco perdome-  t u r. ' Epist V 6, 10.   Gli scrittori contemporanei avevano agevolato a Pli-  nio la via per venire all'uso traslato del verbo ' perdo-  nare', poiché lo avevano riferito, in generale, a cose  inanimate. Così in Seneca si osserva la frase ' perdo-  mare farinam ', che significa « dimenare la farina con  l'acqua e farne una pasta » 5 ; e in Stazio, la frase 'per-  domita Ceres ' 6 . Ma a Virgilio fu più gradita l'espres-  sione figurata ' imperare aruis ' 7 per riferirla a chi  ' exercet frequens tellurem '.   3.° Il significato proprio del verbo ' con-fodere ' fu  « trapassare , trafiggere , ferire ». Plinio 1' adoperò in  traslato per indicare quel segno fatto con una linea tras-  versale sulle parole d'uno scritto, che dovevano essere  cancellate o emendate 8 : ' Expecto ut quaedarn ex hac  epistula, ut illud « gubernacula gemunt » et « dis ma-     i Ovid. Heroid. 12, 163-164.  « Liv. Vili 13, 8.   3 Tac. Hist. I 2.   4 Liv. XXVIII 12, 12. — Martial. Epigr. IX 43, 8.   5 Senec. Episi. mor. XIV 2 (90;, 23.  Stat. Theb. I 524   7 Vbrg. Georg. I 99.   8 Vedi in proposito di tale segno le *Notae XXIquae uersi-  bus apponi consuerunt * (cod. Paris., 7530), ripubblicate dal Keil  nella collezione dei Grammatici Latini, voi. VII, pagg. 533-536.     — 113 —   ris proximus », isdem notis quibus ea de quibus scribo  confodias. ' Epist IX 26, 13. La differenza tra V ac-  cezione pliniana del verbo ' confodere ', considerato in  senso traslato, e il significato che allo stesso verbo at-  tribuì, anche in traslato, Tito Livio, sta in ciò che que-  sti lo riferi ad argomento morale o giuridico, 1 mentre  Plinio lo applicò ad indicare l'azione materiale del se-  gnare i luoghi da emendare d'uno scritto. 2   4.° Da una composizione multipla risultò il verbo ' re-  com-ponere ', il cui significato proprio è « racconciare,  mettere in ordine ». 3 Plinio indicò con ' recomponere *  il concetto di « placare, calmare, acchetare , rappattu-  mare » : ' Quo magis quosdam e numero nostro inpro-  baui, qui modo ad Celsum modo ad Nepotem, prout hic  uel ille diceret, cupiditate audiendi cursitabant, et nunc  quasi stimularent et accenderent, nunc quasi reconcilia-  rent ac recomponerent, frequentius singulis ,  ambobus interdum propitium Caesarem.... precabantur. '  Epist VI 5, 5.   È uopo avvertire che la lezione ' recomponerent % nel  passo citato, è data' in modo approssimativo dal cod. flf,   e   che presenta la parola scritta in guisa incerta: ' re om-  ponerent\ Invece il cod. D e le edizioni p, a danno la  lezione ' reconciliarent componerentque ' : la quale , se  venisse accettata, renderebbe inutile la nostra osserva-  zione, poiché il verbo ' componere ' nel senso traslato  di « acchetare, pacificare, riconciliare » era stato già  usato, prima di Plinio , nelle frasi : ' componere bel-   * Liv. V il, 12.   « Cfr. Cic. Epist adfam. IX 10, 1.— Horat. Epist. II ,3, 446-447.  3 Ovid. Amor. I 7, 68.  Consoli — Il Neologismo puntano 8     - 114 —   lum, 1 componere controuersias,* componere lites, 1 com-  ponere seditiones ', 4 etc.   5.° Il verbo ' ad-radere ', nel suo significato proprio  di « radere , accorciare , mozzare » , si rapporta alla  barba, ai capelli e anche ai rami degli alberi. Plinio  lo accolse in traslato per significare il concetto di     103    »    44    »    16    »    75    »    120    >    102    »    23    Pag.    31    »    47    »    35     una ijuaiu si nana, uei u   abactus^ Pan. 20, 4.  acor 3 : VII 3, 5.  actiuncula t : IX 15, 2.  adductus 3 : I 16, 4.  adnotatio 2 : VII 20, 2.  adnotator x : Pan. 49, 6.  adradere 3 : II 12, 1.  adsistere 3 : VII 6, 3; X   81 (85), 1.  aduocatus 3 : Vili 6, 9.  aposphragisma ,: X 74   Q6Ì. 3.      baptisterium t : II 17,   11; V 6, 25.  bellatorius 1 : VII 9, 7.  buie! : X 81 (85), 1; 110   (IH), 1; 112(113), 1;   116 (117), 1.     Pag.    32    Pag.    68    »    48    »    82    »    10    »    25    »    108    »    75    »    28    »    17    »    112    »    105    »    43    »    28    »    73     — 130 —     Pag. 65 defremere ,: IX 13, 4.  » 99 descensio 3 : V 6, 26.  » 116 destringere 3 : Pan. 37,   2 (cfr. Ili 5, 14).  > 45 dianome,:X 1 16(1 17),2.  » 100 dispensatio 3 : X 75  (79), I.  73 districte , : IX 21, 4.  11 duurauiratus,: IV 22, 1.   ecclesiali 10 (111),1.  egestio 3 : Vili 6, 7.  eiecta { : II 17, 11.  electa t : III 5, 17.  enodis 3 : V 17,2.  eranus t : X 92 (93).  excursio 2 : I 3, 2.  exscribere 2 : IV 28, 1.  exsoribere 3 : V 16, 9.  exsecare 3 : II 12, 3.  exultantius t : III 18, 10.   Pag. 98 frenator 3 : Pan. 55, 9.   Pag. 98 gestator 3 : IX 33, 8. .     »        »    11    Pag.    39    »    101    »    24    »    25    »    106    »    32    »    78    >    87    »    115    »    115    »    70     Pag.     *ag    f. 33    »    107    »    111    »    56    »    55    »    109    »    64     52 haesitabundus t :1 5, 13.  15 haesitator^V 10(11), %.  J07 hamatus ? : IX 30, 2.  40 heliocammus^II 17,20.  38 hetaeria , : X 34 (43),   1; 96 (97), 7.  68 historice t : II 5, 5.     idyllium , : IV 14, 9.  inamoenus 3 : IX 10, 3.  inarescere^; li 4, 4.  inascensus ,: Pan. 65,3.  incongruensj: IV 9, 19.  incustoditus 3 :VI 29 f 10.  indecere t : II J 1, 2.     Pag. 56  » 25   » 109        Pag.  »     »     Pag.     »  »     53  58  55  71   110  102   66   54   119   40   61   91     indeflexus ,: Pan. 4, 7.  indignatiuncula x : VI   17, 1.  inductus 3 : III* 18, 10;   IV 3, 5; V 6, 44.  ingloriosi^: 1X26, 4.  inperspicuus,: 1 20, 17.  inreuerens,: Vili 21,3*  inreuerenter^ il 14,2;   VI 13, 2.   insitici us 3 : IV 3, 5.  instantia , : III 5, 18 ;   V 8, 10."   interscribere,:VII 9, 5.  inturbàtus { : Pan. 64, 2.  inumbrare 3 : Pan. 19,1,  iselasticum , : X 118   (119), 1; 119 (120).  iselasticus,:X 118(119)   1-2; 119 (120),  iuba 3 : V 8, 10.     89 Latine , : VII 4, 9.  92 latitudo 3 : I Ì0, 5.  13 laudiceni t : II 14, 5.  120 lectkare 3 :VII 17, 4.  38 lyrica , : III 1, 7 ; VII   17, 3; IX 22, 2.  36 Jvristes , : I 15, 2; IX   17, 3; 36, 4; 40, 2.   78 mensor 2 : X I7B , 5;   18 (29), 3.  41 mesochorus t : II 14, 6.  28 mettila , : V 6, 35.  41 muniambij: VI 21,4-  52 monstrabihs,: VI 21, 3.  68 mortifere t : III 16, 3.  104 motus . : III 4, 9.  9? muscufus % : V 8, 10.     — 181 —     Pag. 93 numeri 3 : III- 4, 5.  » 101 nutatiog : Pan. 5, 6.     Pag.  »   >   Pag.  »   >        86 octogenarius 9 :Vl 33,2.  27 offendiculuir^:IXll,l.   61 opisthographus L : III   5 17.  47 orarius , : X 15 (26) ;   17A (28), 2.  86 otiosus g: X 54 (62), 1.   83 paedagogium-, :VII 2.7,   13.  108 peracerbus 3 : VI 5, 6.  88 percolere 2 : V 6, 41.   58 pereopiosus ,: IX 31, 1.   59 perdecorus^ III 9, 28.  Ili perdomare 3 : V 6, 10.  119 perseuerare 3 :VI20,19.   94 pertica , : Vili 2, 8.  66 pertribuere t : X 86B   (18), 2.  36 phantasma »:VII 27, 1.  34 poematium , : IV 14 ,   9; 27, 1.   79 praeceptio 2 : V 7, 1.  49 praecursorius.:IV 13,2.  21 praelusio f : VI 13, 6.   116 praesternere 3 : V8, 14;  Pan. 31, 1.   80 praesumptio 2 1 IV 15,   11; IX 3, 1.  46 procoeton 4 : II 17, 10;   17, 23.  59 prominulus 4 : V 6, 15.   62 prooemiari t : II 3, 3.  88 prosecare 2 : V 6 , 10.  42 protopraxia l : X 108   (109), 1.  121 proxirae.,: I 10, 11; IV   29 1' V 7 4.  69 puellariter,: Vili 10,1.     Pag. 113 recomponere 3 : VI 5, 5.  » 99 reductor s : Vili 12, 1.  71 redundanter ,: 120, 21.  118 reformare a : Pan. 53, 1.  18 reformator 1 :VHI 12, 1.  22 renutus t : I 7, 2.  117 resultare.* : VIII 4, 3;   Pan. 73, 1.  104 retinaculum^: I 12, 8.        »     Pag. 51  » 122        Pag.     108  69  19  11  94  9   84   27   96  10   76   95   97   119   14     sacerdotalis ,:VII 24,6.  salubriter 3 : I 24, 4;  VI 30, 3.  saxeus 3 : II 3, 7.  scurriliter ,: IV 25, 3.  seruatio.rX 120(121),1.  sesquihora t : IV 9, 9.  singultus 3 : IV 30, 6.  sinisteritas x : VI 17, 3;   IX 5, 2.   sipo 2 : X 33 (42), 2.  sipunculus t : V 6, 23;   6, 36.  socculus 3 : IX 7, 3.  social itas t : IX 30, 3;   Pan. 49, 4.  species o : X 56 (64), 4;   96 (97), 4.   spoliarìum 3 : Pan. 36, 1.  sportula 3 : II 14, 4.  subsignare 3 : III 1, 12;   X 4 (3), 4.  subterraneum 4 :IV 11,9.     63 ubertare , : Pan. 32, 2.  77 ueria , : V 6, 46; Vili   11, 2.  22 unctorium ,: II 17, 11.     Pag. 105 xenium 3 : V 13 (14), 8.   Pag. 42 zotheca t : II 17, 21.  » 29 zothecula , : V 6, 38.     — 132 —     IL  INDICE dei luoghi di Plinio, nei quali si contengono   I neologismi notati.     Epist.    lib. I           17, 20    pag.    40    30, 2    Pag.    25          17, 20    »    44    30, 6    »    95    3, 2    pag.    79    17, 21    »    43          5, 4    »    68    17, 23    »    46    Epist.    lib. V       • 1    5, 13    »    52              1  1    7,' 2    »    22    Epist.    lib. Ili           6, 10    pag.    89    10, 5    »    92          6, 10    »    112    10, 11    »    121    1, 2    pag.    64    6, 15    »    60    12, 8    »    105    1, 7    »    38    6, 20    »    75    15, 2    »    36    1, 12    »    119    6, 21    »    75    16, 4    »    109    2, 6    »    98    6, 23    »    27    20, 17    »    58    4, 5    »    93    6, 23    »    105    20, 21    »    72    4, 9    »    104    6, 25    »    31    24, 4    »    122    5, 17    »    25    6, 26    »    99          5, 17    »    61    6, 27    »    44    Epist.    lib. II          5, 18    »    103    6, 27    »    75          9, 28    »    59    6, 28    »    44    3, 3    Pag-    62    16, 3    »    68    6, 29    »    44    3, 7    »    108    18, 10    »    70    6, 29    »    44    4, 4    »    111    18, 10    »    110    6, 30    »    44    5, 5    »    68          6, 31    »    44    12, 1    »    114    Epist.    lib. IV      6, 35    »    28    12, 3    »    115      .      6, 36    »    27    13, 5    »    121    3, 5    pag.    no    6, 38    •»    29    14, 2    »    71    3, 5    »    110    6, 41    »    88    14, 4    »    97    9, 9    »    11    6, 44    »    110    14, 5    »    13    9, 19    »    55    6, 45    »    16    14, 6    »    41    11, 9    »    14    6, 46    »    77    17, 5    »    11    13, 2    »    49    7, 1    »    79    17, 10    »    46    14, 9    »    33    7, 4    »    121    17, 11    »    22    14, 9    »    34    8, 10    »    91    17, 11    »    24    15, 11    »    81    8, 10    »    92    17, 11    »    31    22, 1    »    12    8, 10    »    102    17, 16    »    44    25, 3    »    69    8, 14    »    116    17, 17    »    44    27, 1    »    34    10 (11),    2 »    15    17, 17    »    44    28, 1    »    87    13 (14),    8 »    106    17, 19    »    44    29, 1    »    121    16, 3    »    73     — 133 —     5        j! 1        16, 9   16, IO   17, 2     pag. 115  » 48  » 106     ^»s& lib. VI:     5  5  8  13  13  17  17  20  21  21  23  29  30  33     5  6  1  2  6  1  3   19  3  4  5   10  3  2     pag. 113   » 108   » 121   » 71   V 21   » 26   » 9   » 119   » 52   » 42   » 17   » 109   » 122   » 86     Epist. lib. VII:     3   4   6   9   9   17   17   20   21   24   27   27     5   9  3  5  7  3  4  2  2  6  1  13     pag.   »  »     90  89  116  66  48  38  » 120  78  44  51  36  83     »  »     Epist. lib. Vili:     2, 8  4,3  4,4  5, 3     pag. 94  » 117  » 102  » 23     6,7   6, 9   10, 1   12, 1   12, 1   20, 7   21, 3  23, 1     pag. 101   » 104   » 69   » 18   » 99   » 28   » ùo   » 23     J^rtst lib. IX:     3, 1  5, 2     7,  10,     3  3     4  2     11, 1   13,   15,   17, 3   21, 4  2  3  4     22,  25,  26,  26, 12  26, 13  30, 2   30, 3   31, 1  33, 8  36, 3   4  2     36,  40,     pag. 82  » 10  » 96  » 107  » 27  » 65  » 25  » 36  » 74  » 38  » 28  » 53  » 73  » 112  » 107  10  58  98  44  36  36     »  »  »  »  »     Epist. lib. X :   4 (3), 4 pag. 119   15 (26) »   17 A (28), 2 »   17 B, 5 »   33 (42), 2 »   39 (48), 5 »   54 (62), 1 »     47  47  78  85  32  86     56 (64), 4  61 (69), 4   74 (16), 3   75 (79), 1  81 (85), 1  81 (85), 1  86 B (18),  92 (93)  96 (97), 4  96 (97), 7  106 (107)  108 (109)  110 (111)  110 (111)  112 (113)  112 (113)  114 (115)  116 (117)  116 (117)  118. (119)  118 (119)  118 (119)  120 (121)     Pag.  »   »   »   »   •2 »   »   »   »  I »  1 »  1 »  1 »  3 »  3 »   1 »   2 »  1 »   1 »   2 »  1 »     76  82  44   100  36   116  66  33  77  38  75  42  36  39  36  32  32  36  45  40  61  61  •19     Panegyr.     4,7  5, 6   19, 1   20, 4   31, 1   32, 2   36, 1   37, 2  49, 4  49, 6  53, 1  55, 9   64, 2   65, 3  82, 8  92, 3     pag. 56  » 102     »    120    »    20    »    116    »    63    »    96    »    117    »    10    »    16    »    118    »    98    »    54    »    56    »    23    »    17  L'AUTORE DEL LIBRO    DE ONRAR BISI (ERMANOKYA       RICERCHE CRITICHE  DEL DOTTOR    SANTI CONSOLI    Libero docente di letteratura e lingua latina nella R. Università di Catania    DERE    ROMA.  Ermanno LoescHER & Co  (Bretsehneider e Regenberg)  Librai di S. M. la Regina d’Italia    1902    Proprietà letteraria dell’ autore.  (Catania, via Maddem, n. 160)    MII    Tipografia editrice BARBACALLO & SCUDERI, in Catania.    1006914  NOY £ 1906  Pad  «TI  AG    -YC16    A RoBERTO DI CARCACI    MIO ALUNNO NEGLI ANNI 1889 = 1894    AVVERTENZA    Nel presente libro si compendiano i risultamenti di  un lavoro paziente di ricerche, durato per più anni. Le  conclusioni, alle quali siamo pervenuti, sembreranno a  taluni molto ardite ; e, forse, non tutti coloro che de-  gneranno il libro di una lettura attenta, stimeranno che  si debbano fare a tali conclusioni « accoglienze oneste  e liete ». Ma chiunque esamini il nostro libro con a-  nimo alieno da preconcetti, non potrà, pur dissentendo  dalle conclusioni, disconoscere che le nostre indagini  critiche sono state sempre obiettive e senza il disegno  di far prevalere, ad ogni costo e in qualunque, modo,  una tesi prestabilita. Delle osservazioni che ci saranno  fatte, terremo il debito conto, ringraziando fin d’ ora  i lettori benevoli.   È opportuno, inoltre, avvertire che, quanto al testo  di Tacito, abbiamo seguito l’ ediz. curata dal Halm ; e  per la nat. Rist. di Plinio, l’ ediz. Jan-Mayhoff. Quanto  al testo della Germ., abbiamo preferito attenerci alla  recente ediz. di Ioannes Mueller (Wien u. Prag , F.  Tempsky ; Leipzig, G. Freytag: 1900, ed. II maior).   Citando di Tacito un intero capitolo o più parti d  uno stesso capitolo, si è omesso di indicare il num. del  rigo accanto al num. d’ ordine del capitolo. Degli au-  tori che sono citati nel corso del libro , abbiamo con-  servato i testi tali quali si presentano nelle edd. con-  sultate, senza variarne menomamente la grafia, ancorchè  questa apparisca, talvolta, inesatta.                      TTI DT NR gi TÀ  + + GND è + CHIND è + GHIND è + HD + è qu» 00:  LL tt rit ‘rl    eee e asi  _— > —_ «= ++ «mm è  Malatano li sen a cut NA limiter sociali leva st E rc       CAPITOLO PRIMO    Esame critico delle notizie concernenti il tempo  in cui fu scritta e pubblicata la Germania.    Dell’aureo libretto de origine et situ Germanorum 1,  che indicheremo, come altri han fatto prima, con l’ab-  breviatura Germ., non trovasi fatta menzione nell’ an-  tichità, sia perchè non se n’ebbe notizia dagli scrittori    1 Il tit. de origine et situ Germanorum è indicato per la pri-  ma volta dal Panormita, in una lettera dell’ aprile 1426 diretta  al Guarini di Verona (vedi cod. Marciano XIV 221 f 95; cod.  Classense 419, 8 f. 3: cit. dal SABBADINI, notizie storico-critiche  di alcuni codici latini, in Studi italiani di filol. class. VII pp.  122-125), ed è confermato dai codd. Vatic. 1862 e Vatic. 1518.  In una nota di Pier Candido Decembrio (cod. Ambros. R 88  sup. £. 112: vedi SABBADINI, il ms. hersfeldese delle opere mi-  nori di Tac., in Rio. di filol. e d' istruz. class. XXIX 262) leg-  gesi il tit. de orig. et situ Germaniae, ripetuto dal cod. Neapol.  Il cod. Leidens. dà: de origine situ moribus ac populis Ger-  manorum : cf. WoELFFLIN, sum Titel der Germania des Tac.,  in Rhein. Mus. N. F. XLVIII 2, 312.    CoNsoLI : L’ autore della Germania, 1    sad    le cui opere sono pervenute sino a noi; sia perchè, seb-  bene ne avessero avuto notizia, essi credettero di met-  tere il libretto in non cale; sia anche perchè quanto  potè essere scritto intorno allo stesso, non si conservò  intatto dall’ azione del tempo. Quale di queste tre ipo-  tesi risponda al vero o a questo più si avvicini, nello  stato presente delle nostre cognizioni sull’ antichità  classica, non può con certezza affermarsi. Nemmeno un  cenno sull’autore della Germ. è pervenuto sino a noi;  e tutto quello che ci è dato sapere in proposito si può  soltanto dedurre dal contenuto della Germ. stessa 1.  Nessun dubbio, però, si può avere sulla romanità del-  1’ autore, il quale, in tutto quanto scrive sui Germani,  mostra che ha costantemente l’attenzione volta alle con-  dizioni morali, politiche e militari di Roma, che talora  gli son causa di vive inquietudini. Ma degli scrittori  romani che trattarono delle relazioni, in pace e in guerra,  dei Romani coi Germani, dopo quello che ne aveva  scritto il ‘ summus auctorum diuus Iulius ?, ® ce ne sono  parecchi, nel primo secolo dell’ impero. * Tito Livio a-    4 Qualcuno, spingendo all’ estremo le conseguenze del silen-  zio degli antichi sul nome dell’a. della Germ., è giunto a ne-  gare l'autenticità del libro: vedi quel che scrive in proposito  A. GeFFRoy, Rome et les barbares, étude sur la Germanie de  Tacite, Paris 1874, pp. 55-56.   2? Germ. 28, ì.   3 Vedi W. ScHLEUSNER, quae ratio inter Taciti Germaniam  ac ceteros primi saeculi libros Latinos,in quibus Germani tan-  gantur, intercedere uideatur. Acc. loci quidam Amm. Marcel-  lini. 1886. A. LUECKENBACH, de Germaniae quae uocatur Taci-  teae fontibus. Marb. 1891. A. GUDEMAN, the sources of the Ger-  mania of Tacitus, in Transactions and proceedings of the  American philological association, 1909, vol. XXXI, pp. 93-111.    aa    veva già trattato dei Germani nel corso delle sue sto-  rie, scrivendo delle imprese di Giulio Cesare! e delle  spedizioni di Druso. ? Dello stesso argomento si era cer-  tamente dovuto intrattenere l’imperatore Ottaviano Au-  gusto, tanto nelle sue memorie, * quanto nell’elogio che  egli scrisse per il figliastro Druso 4; e, dopo Ottaviano,  anche Vipsanio Agrippa nella sua autobiografia *;  Giulio Marato, liberto e biografo di Augusto $; e forse  Cremuzio Cordo ne’ suoi libri de rebus Augusti ?: chè  notevoli furono, durante l’ impero augusteo, i conflitti  tra Romani e Germani. Di poi Velleio Patercolo, men-  zionata la disfatta di Varo, promise intrattenersi dei  Germani. * Non potevasi escludere un cenno della poli-    l Vedi il principio dell’epit. del 1. CIV : ‘ prima pars libri si-  tum Germaniae moresque continet ’.   ? Epitomae dei Il. CKXXVII, CXXXVIII, CXXXIX e CXL.   8 Sveron. Aug. 85; Claud. 1. Cf. G. BERNHARDY, Grundriss d.  r L.5 $ 46, p. 261. TEUFFEL-SCHWABE, G. d. r. L. 5 $ 220, 3, p. 468.   4 Vedi l’ epit. ll CXL di Livio. Sveron. Claud. 1. Cass. Dion.  r. Rom. LV 2, 2.   5 Intorno all'autobiografia di Agrippa vedi la menzione che ne  fa Serv. comm. in Verg. georg. II 162, p. 235, vol. 3°, fasc. 1°,  rec. Th.   6 SveToN. Aug. 79.   7 Vedi SEN. dial. VI 1, 3; 22,4; 26,1 e 5. Tac. ann. IV 34 e  35. Cass. Dion. r. Rom. LVII 24, 1-4. Sveron. Tib. 61; Calig.  16. Neli’ ed. Bonnell di QvinTIL. X 1,04, vol. 2°, p. 163 non si  fa menzione di Cremuzio Cordo; e dove alcuni pretendono leg-  gere ‘ nec immerito Cremutii libertas '’, lo Zumpt coi migliori  codd. legge: ‘nec immerito remitti ( cod. Bamb ‘ rem uti ’ )  lib., dix. uel noc. *   8 VeLL. PaTERC. A. R. II 119 ‘“ordinem atrocissimae calamita-  tis , qua nulla post Crassi in Parthis damnum in externis gen-  tibus grauior Romanis fuit, iustis uoluminibus ut alii, ita n 0 s  conabimur exponere: nune summa deflenda est’ (Halm).    — di    tica romana, quanto alle relazioni coi Germani, nelle  autobiografie degli imperatori Tiberio ! e Claudio * ; e  di proposito si dovette trattare delle lotte, sì varie e  persistenti , contro i Germani negli scritti di Cornelio  Lentulo Getulico, che fu a capo delle legioni della Ger-  mania superiore 3, e nei commentarii di Cn. Domizio  Corbulone , che fu anche’ a capo degli eserciti romani  in Germania e mosse guerra contro i ‘Chauci?. ' Nè  può presumersi che le importanti vicende delle armi  romane nella Germania siano state lasciate senza alcuna  menzione nelle Ristoriae di Cornelio Bocco, Servilio No-  niano, Cluvio Rufo *, Fabio Rustico e di altri istorio-  grafi, ai quali pare che si debbano riferire le afferma-  zioni generiche ‘ memorant , ‘ quidam opinantur ’, ‘ ad-  huc extare ’, che si notano nel cap. 3° della Germ.  Storicamente è accertato che trattarono dei Germani  e delle guerre germaniche Aufidio Basso e ©. Plinio  Secondo. Il lavoro di Aufidio Basso aveva per titolo  belli germanici libri", e probabilmente formava parte    1 Sveron. Tib. 61; Dom. 20.   2 Sen. lud. de m. Claud. 5, 4. PLIN. n. Ah. XII 17 (39), 78  Sveron. Claud. Al.   8 Cass. Dion. r. Rom. LIX 22, 5: cf. SveToNn. Galb. 6. Ma il  Jahn (Pers. p. CXLII) ammette che Lentulo Getulico non abbia  scritto propriamente una storia, sibbene un carme sulle spedi-  zioni contro i Germani ed i Britanni.   4 Tac. ann. XI 18 e 20.   5 Il GIORDANI, studi sopra Tac., crede che si accenni a Cluvio  Rufo nel celebre elogio di QvintIL. i. 0. X 1, 104 ‘superest ad-  hue et exornat aetatis nostrae gloriam uir saeculorum me-  moria dignus’, cet. Vedi opere di P.G., pubblic. da A. Gussalli,  vol. 12°, pag. 215; Milano, Sanvito, 1857,   6 QUvINTIL. i. 0. X ], 103.    Vea  d’un altro lavoro storico più ampio, scritto da lui  stesso !. Plinio Secondo narrò in libri trentuno @ fine  Aufidii Bassi la storia de’ suoi tempi, in continua-  zione di quella scritta da A. Basso ?, e perciò vi do-  vette includere la trattazione delle relazioni dell’ im-  pero coi Germani: dovette in particolar modo trat-  tare di tali relazioni nei due libri de vita Pomponii  Secundi, il quale fu legato in Germania sotto Claudio,  e, per la vittoria sui ‘Chatti’ devastatori; si ebbe lo  onore del trionfo. Plinio scrisse inoltre venti libri  bellorum Germaniàe! o Germanicorum bellorum î, nei  quali trattò (ripetiamo le parole del nipote di lui, Pli-  nio il giovane) ‘omnia quae cum Germanis gessi-  mus bella”.6 La storia pliniana delle guerre ger-  maniche si conservò in Germania sino al sec. XVII;  poi sparve e non se n° ebbe più notizia: ma non si è    perduta la speranza che il prezioso ms. si possa ritro-  vare, ?       1 TEUFFEL - ScHWABE, G. d. r. L.5 S 277, 2, p. 664. CL R.  NicoLa1, G. d. r. L. Magdeb. .1881, n. 107, p. 616,   ? PLIN.n. h,, praef. 20. PLIN. epist. III 5, 6: vedi anche V_ 8,5,   3 PLIN. epist. II 5, 3. Tac. ann. XII 27 e 28,   4 PLIN. epist. III 5,4.   5 Tac. ann. I 69,6. SyYMMACH. epist. IV 18 ad Protadium, p.  152: ‘ enitar, si fors uotum iuuet, etiam Plinii Secundi Germa-  nica bella conquirere”.   6 PLIN. epist. III 5, 4. La frase di Plinio il giovane è ripetu-  ta da Suetònio :' ‘bella’ omnia, quae unquam cum Ger-  manis gesta sunt, XX uoluminibus comprehendit’: v. C. Sve-  Ton. TRANO. deperditorum librorum reliquiae, ed. Roth, 1882,  P. 300. i   © H. F. Massmann; Germ. des C. Corn. Tac., Quedlinburg u.  Leipzig 1847, p. 179, noja 6, riferisce un passo dei monumenta    ME    Sicchè non sarebbe fuor di luogo il supporre che  quanto si contiene nel libretto de origine et situ Ger-  manorum avesse potuto, per intiero o in parte, in una  forma identica a quella con cui è pervenuto sino a noi  o alla stessa somigliante, costituire, come un’introdu-  zione geo-etnografica o in altro modo, parte integran-  te dei lavori storici sulla Germania di Aufidio Basso o  di Plinio Secondo; e particolarmente di quest’ ultimo  che, oltre al continuare l’opera di Basso, trattò più  ampiamente e, con migliore e più esatta conoscenza dei  fonti e dei fatti il tema delle guerre germaniche. Se  non che ad ammettere ciò pare che contrastino alcuni  luoghi notevoli del testo della Germ., poichè in essi,  secondo quel che comunemente affermasi, si menziona-  no fatti posteriori alla morte di Plinio Secondo (a. 79  d. Cr.). Infatti, nelle parole ‘ac rursus inde pulsi ( sc.  Germani) proximis temporibus triumphati magis quam  uicti sunt” (Germ. 37, 26) si vuol vedere un’allusione  al trionfo di Domiziano sui ‘Chatti?, a. 83 d. Cr.! Si  pretende riconoscere nelle parole del cap. 42, 9 della  Germ. ‘raro armis nostris, saepius pecunia iuuantur ’  (sc. Marcomani et Quadi), l’usanza invalsa sotto Domi-    Paderbornensia del FuEeRsTENBERG: ‘Plinii XX uwolumina de  bellis Germanis... quae Conr. Gesnerus Augustae Vindelicorum,  alii Tremoniae in Westphalia apud Casparum Swarzium pa-  tricium Tremoniensem exstitisse tradiderunt’. La nota del  Massmann è ripetuta dal Geffroy, op. cit., p. 85, n. 3.   1 Sveron. Dom. 6 ‘de Catthis Dacisque post uaria proelia  duplicem triumphum egit’. Cf. Dom. 13, in fine. Le monete in  cui si dà a Domiziano il tit. di ‘Germanicus’ sono del princi-  pio dell'a. 84. Vedi EcKkHEL VI 378; 397: e MommsEN-DE RuG-  GIERO, le prov. rom. da Ces. a Dioclez., Roma, 1887; cap. IV,  P. 139, e nota 1* nella stessa pag.    — 7  ziano di dar danaro ai capi dei barbari per tenerseli:  ubbidienti e dar loro i mezzi di accrescere il numero  dei partigiani dei Romani. ! Si scorge nel cap. 45 della  Germ. un accenno intorno alle notizie sulle. regioni  nordiche, pervenute a Roma dopo la spedizione di Giulio  Agricola ?. Osservasi inoltre che l’annessione dei campi  decumati, indicata nel cap. 29, 19 Germ. con le parole  ‘mox limite acto promotisque praesidiis sinus im-  perii et pars prouinciae habentur (sc. agri decumates)’,  si compì al tempo di Domiziano o di Traiano, 3 Si fa men-  zione nel cap. 33 Germ. dello sterminio dei ‘ Bructeri/,  che vuolsi avvenuto verso l’ a. 100 d. Cr. Infine si. ad-  duce come prova evidentissima che la Germ.. fu scritta  e pubblicata verso la fine del secolo I d. Cr., il com-  puto degli anni presentato nel cap. 37, 6 per, indicare  la durata della lotta coi Germani: ‘sescentesimum et  quadragesimum annum urbs nostra agebat, cum pri-  mum Cimbrorum audita sunt arma...... ex quo si ad  alterum imperatoris Traiani consulatum computemus,  ducenti ferme et decem anni colliguntur *.  Consideriamo l’ uno dopo l’altro i ll. citati..    I. — Germ. 37, 23 ‘ mox ingentes Gai Caesaris minae  in ludibrium uersae. inde otium, donec occasione dis-  cordiae nostrae et ciuilium armorum expugnatis legio-    1 Cass. Dion. r. Rom. LXVII 7, 3-4 (Xiphil.).   2 Tac. Agr. cc. 10, 12 e 33 in fine.   3 Così affermasi nei comm. alla Germ: di I. F. K. Dilthey  (Braunschweig 1823, p. 187 sg.), di Th, Kiessling (Lps. 1832,  p. 119 sg.). di U. Zernial (Berl. 1890, p. 60), di A. Pais (Torino  1890, p. 49), di G. Marina (Romania e Germania ovvero il  mondo germanico secondo le relazioni di Tac., Trieste 1892,  P. 97), etc.    RR era  num hibernis etiam Gallias adfectauere; ac rursus inde  pulsi proximis temporibus triumphati magis quam uicti  sunt’. Nella lotta, dunque, contro i Germani, il passo  cit. ci rappresenta successivamente i sgg. fatti : a) la  spedizione poco seria di Caligola; d) la sospensione di  qualsiasi spedizione militare sotto Claudio e Nerone;  c) l'insurrezione dei ‘ Bataui ” guidati da Giulio Civile,  la quale si estese anche alle Gallie ; d) un trionfo di  nessuna importanza, sui barbari. Tale trionfo non può  essere altro che soltanto quello di cui menò vanto Do-  miziano sui ‘ Chatti ’ ? A noi pare, invece, che l’ auto-  re abbia voluto riferirsi ai vantaggi, di poca efficacia  e poco duraturi, riportati dalle armi di Vespasiano sui  ‘‘Bataui’ e sugli alleati di questi. Se, in vero, l’autore  avesse voluto riferirsi al trionfo di Domiziano, non a-  vrebbe certamente tralasciato di menomarne, in un modo  qualsiasi, 1’ importanza, come appunto si legge nel de  uita et moribus Iulii Agricolae * e in altri scritti che  menzionano o fanno allusione alla vantata vittoria di  Domiziano. * Si aggiunga che l’ autore, avendo mal a-  nimo contro Domiziano ; se per Caligola disse poco  prima, notando il ridicolo delle imprese di lui contro       1 Tac. Agr. 39, 3 scrive di Domiziano: ‘inerat conscientia  derisui fuisse nuper falsum e Germania triumphum, emptis per  commercia, quorum habituset crines in captiuorum speciem  formarentur. ’   ? PLIN. pan. 16, 3 ‘accipiet ergo aliquando Capitolium non  mimicos currus nec falsae simulacra uictoriae, sed imperato-  rem ueram ac solidam gloriam reportantem ’ e. q. s. Cass. Dion.  r. Rom. LXVII 4, 1. Oros. hist. adu. pag. VII 10, 3 e 4. Loda,  invece, MARTIAL, ep.IX 6; e FRONTIN. sfrat. I 1, 8; 3, 10. II 3,  23; 11, 7. IV 3, 14 (ed. Gundermann) mostra di non dubitare  menomamente dell’ importanza della spedizione di Domiziano,    i. Gas    i Germani : ‘ ingenies Gai Caesaris minae in ludibrium  uersae ’, ! avrebbe scritto parole più gravi contro Do-  miziano , ove avesse voluto DIADIESI alla iattanza di  EI imperatore.   D’ altro canto, la frase ‘ proximis temporibus trium-  phati magis quam wicti sunt" non può riferirsi all’ o-  nore trionfale concesso, nell’a. 50 «dd. Cr., a Pomponio Se-  condo che aveva sottomesso i ‘ Chatti ’ e liberato, dopo  lunghi anni di cattività, alcuni dei soldati -di Varo,  caduti prigionieri nella battaglia di Teutoburg ?; poi-  chè l’ insurrezione dei ‘ Bataui ’, dilatata nelle Gallie,  alla quale si accenna con le parole ‘ expugnatis legio-  num hibernis etiam Gallias adfectauere ’, * è posteriore  di circa venti anni alla vittoria di Pomponio Secondo.   E però le parole citate del testo della Germ. ‘ pro-  ximis temporibus triumphati magis quam uicti sunt’,  non possono che riferirsi al tempo in cui Vespasiano  riusciva a sedare l’ insurrezione batavica; e, sebbene  intorno a ciò non sia dato d’ avere dirette notizie da  Tacito, perchè le historiae di lui restano interrotte nel  lib. V 26, appunto quando lo storico insigne si accingeva  a trattare della fine dell’insurrezione di Civile,e della vit-  toria riportata dalla politica di Vespasiano sulle sedi-  zioni germaniche, pure il trionfo di Vespasiano sui ‘ Ba-  taui? e i loro alleati germanici è indicato chiaramente  dalle parole ‘ uidimus sub diuo Vespasiano Velaedam  diu apud plerosque numinis loco habitam ? (Germ. 8, 8).    1 Lo stesso apprezzamento notasi in Tac. Agr. 13,11. rist. IV  15, 9. Cf. A. RIESE,der Feldzug des Caligula an der Rhein, in  Neue Heidelberger Jahrbicher, vol. VI, fasc. 2. i   2 Tac. ann. XII 28.   3 Vedi anche Tac. hist. IV 17 e V 26.    40 —   Veleda, vergine fatidica di nazione bructera, ebbe, co-  me è noto, una parte principalissima, insieme col suo  popolo e con altri popoli germanici, nel movimento in-  surrezionale sollevato da Civile. ! Essa fu, dunque, ve-  duta a Roma, non pregiata nè tenuta in onore da  Vespasiano, come fu poi onorata da Domiziano la ver-  gine Ganna, che a lei succedette nell’ arte del vatici-  nio ?, ma prigioniera *, probabilmente incatenata pres-  so al carro trionfale del vincitore. 4   Un’altra ragione c’induce ad ammettere che nel passo  considerato della Germ, si tratti del trionfo di Vespa-  siano, verso l’a. 70 d. Cr, e non di quello arrogatosi,  insieme col titolo di Germanico >, da Domiziano.   I popoli che presero parte all’ insurrezione di Civile  furono, anzi tutto , i ‘ Bataui”, ai quali si unirono i  ‘ Canninefates’, i ‘ Frisii”, i ‘ Bructeri”, i ‘ Tencteri”, etc.0  Essi prevalsero da prima, mentre Roma era dilaniata  dalle guerre civili tra i pretendenti all’ impero, tanto  che ‘expugnatis legionum. hibernis etiam Gallias adfec-  tauere ?. Perciò gl’insorti, di cui immediatamente dopo    1 Tac. hist. IV 61; 65. V 22; 24.   2 Cass. Dion. r. Rom. LXVII 5, 3 (Xiphil.).   3 STAT. silu. I 4, 89 sgg. ‘non uacat Arctoas acies, Rhenum-  que rebellem, | captiuaeque preces Veledae, et (quae  maxima nuper | gloria) depositam Dacis pereuntibus arcem |  pandere’. Vedi MommsEN-DE RucGIERO, op. cit., cap. IV, pp.  132 e 135.   4 U. Zernial, commentando la voce ‘ uidimus’ del |. c., p. 30,  dice esplicitamente: « Wir haben gesehen, n. zu Rom, auch  Tacitus selber, der sich des etwa im 15. Lebensjahre gesehenen  Triumphes ueber die Bataver sehr wohl erinnern konnte ».   5 Sveron. Dom. 13.   6 Tac. hist. IV 15; 16; 21.    Leida   sì dice ‘ rursus inde pulsi’ e. q. s., altri non sono che  gli stessi ‘ Bataui ed i loro alleati, che erano stati ca-  pitanati da Civile, e dei quali poi, stante il sopravvento  delle armi di Ceriale, menò trionfo Vespasiano, L° im-  peratore Domiziano , invece, si vantò del trionfo sui  ‘ Chatti’, non sui ‘ Bataui ’. È vero che, in origine , i  ‘ Batani” furono ‘ Chattorum quondam populus et se-  ditione domestica in eas sedes transgressus, in quibus  pars Romani imperii fierent’ ( Germ. 29, 3); ! ma, al  tempo dell’insurrezione di Civile, erano del tutto sepa-  rati dai ‘ Chatti” : e questi non si trovavano uniti coi  ‘Bataui’, già abbattuti da Vespasiano, quando Domiziano  fece irruzione, al dire di Suetonio, ‘ sponte in Catthos ” ?.   Non puossi, inoltre, non mettere in evidenza che, se  l’autore della Germ. avesse voluto riferire le sue con-  siderazioni d’ordine politico e militare a Domiziano, non  si sarebbe valuto di un’allusione generica, spiegabile  solo per chi scrive in tempi di oppressione e di tiran-  nide. Si conviene comunemente che la Germ, sia stata:  scritta e pubblicata verso il 98 d. Cr., allorchè ‘rara  temporum felicitate’, come scrisse Tacito stesso, ‘ ubi  sentire quae uelis et quae sentias dicere licet’ } 1° im-  peratore Nerva aveva riunito ‘res olim dissociabiles,  principatum ac libertatem’, e l’ imperatore Traiano  aveva accresciuto ‘ quotidie felicitatem temporum’;  sicchè ‘ nec spem modo ac uotum securitas publica, sed    1 Vedi inoltre Tac. hist. IV 12, 6 ‘ Bataui, donec trans Rhe-  num agebant, pars Chattorum, seditione domestica pulsî extrema  Gallicae orae uacua cultoribus..... occupauere ’,   2 Sveron. Dom. 6.   3 Tac. hist. 1 1, 19.    n ia   ipsius uoti fiduciam ac robur adsumpserit’!: e per  tanto, sein un lavoro che si suppone scritto prima della  Germ., cioè nel de vita et moribus Iulii Agricolae, lo  autore, non più preoccupato delle ‘conseguenze della  sua franchezza di linguaggio, chè i tempi di Domiziano  erano finiti per sempre, dichiara, con frase forse ec-  cessiva, falso il trionfo di questo imperatore sui (Ger-  mani *, qual motivo poteva avere l’autore della Germ.  per indicare la stessa cosa con una timida e lontana  allusione, mentre si godeva da tutti piena libertà ?   In generale, poi, è da avvertirsi -che la frase più  volte citata ‘triumphati magis quam uicti sunt ’, se in-  dubitabilmente è detta per i ‘ Bataui” ed i loro alleati,  nel pensiero dell’ autore si doveva eziandio estendere  dalla bravura dei ‘Bataui’ all’indomabile fierezza dei  Germani. Dello stesso modo Floro, riferendosi al breve  gaudio delle vittorie di Druso in Germania, ne conclu-  deva in generale : ‘ quippe Germani uicti magis quam |  domiti erant ’?.    II. — Quanto ai ‘ Marcomani’ ed ai ‘ Quadi’ si av-  verte, nel. cap. 42 della Germ., che avevano avuto pri-  ma i loro re della nobile stirpe di Maroboduo e di Tu-  dro, ma che poi avevano accolto re stranieri, il cui po-  tere fondavasi sull’autorità di Roma : questi re, si con-  clude nel cap. cit., ‘ raro armis nostris, saepius pecu-  nia iuuantur, nec minus ualent’. Chi siano stati i  ‘ reges externi’ imposti da Roma ai ‘ Marcomani ’ ed ai  ‘Quadi ’, non ci è dato saperlo, perchè i fonti fin qui noti    1 Tac. Agr. 3, 2-6; cf. 44, 15,  ? Tac. Agr. 39, 4: cf. la nota precedente.  3 FLOoR, epit. II 30 (IV 12, 30), pag. 101, ed. Halm,    i — 3—  non soccorrono per determinare ne’ suoi particolari il  pensiero enunciato dall’autore !; e di conseguenza non ci  è noto in che modo e in qual tempo gli imperatori ro-  mani li abbiano giovati con armi o con danaro. Ma è  inesatto affermare che l’usanza di dare ai principi dei  Germani armi o danaro, per acquistare dei partigiani  e sostenere l’autorità dell’ impero sopra i barbari, sia  cominciata sotto Domiziano *; poichè fin dal 47 d. Cr.  l’imperatore Claudio aveva mandato Italico, nipote  di Arminio, a regnare sui ‘ Cherusci”, ‘auctum pecunia,  additis stipatoribus’*; e al tempo dell’ insurrezione di  Civile, a. 70, si osservava: ‘Germanos.... non iuberi,  non regi, sed cuncta ex libidine agere; pecuniam-  que ac dona, quis solis corrumpantur (sc. Ger-  mani), maiora apud Romanos”.* Di modo che il passo  di Cassio Dione, nel quale si dà la notizia che Domi-  ziano mandò a Decebalo danari e operai abili nei di-    ! Per i tempi posteriori a quelli in cui fu scritta la Germ. si  noverano soltanto i re dei ‘Quadi’ Viduarius, a. 358 (Amm. Marc.  r. g. XVII 12, 21) e Gabirius, a. 873 (id. XXIX 6,5. XXX, 5,3);  edi principi dei ‘Quadi’ Araharius (id. XVII 12, 12-16), Vitro-  dorus e Agilimundus (id. XVII 12 21). A qualche commenta-  tore della Germ. (cf. i comm alla Germ. del Dilthey, p. 265;  del Kiessling, p. 151; del Pais, p: 64; etc.) è parso di scorgere  nella frase ‘iam et externos patiuntur' una probabile allusione  a Vamnio, di gente queda, imposto da Druso (a. 19) come re  ai ‘Suebi’ (Tac. ann. II 63. XII 29): e ciò può ben darsi, ma  l'accenno sarebbe sempre riferito ad un fatto anteriore al tempo  in cui imperò Domiziano.   2 V. i comm. alla Germ. del Dilthey, p. 265; del Kiessling,  p. 151 sg.; del Pais, p. 64; del Marina, p. 132.   3 Tac. ann. XI 16, 6.   4 Tac hist. IV 76, 9. Lo stesso concetto notasi in HERODIAN.  de Rom. imperatorum uita et rebus, VI 7.    FI Pn    versi mestieri sì in pace che in guerra, devesi co-  ordinare ermeneuticamente coi ll. citati sopra, e con-  cluderne che anche prima del 79 d. Cr. si era messa  in atto dagli imperatori romani la politica dei sus-  sidi di armi e danaro, verso i barbari.    III. — Nel cap. 45 della Germ. si leggono le sgg.  notizie: ‘ trans Sitonas aliud mare, pigrum ac prope  immotum, quo cingi cludique terrarum orbem hinc fi-  des, quod extremus cadentis iam solis fulgor in ortum  edurat, adeo clarus, ut sidera hebetet; sonum insuper  emergentis audiri formasque equorum et radios capitis  adspici persuasio adicit. illuc usque, si fama uera,tan-  tum natura’.* Vuolsi che tali notizie siano pervenute  dal libro de vita et moribus Iulii Agricolae, al cui  autore furono riferite da Agricola stesso, reduce dalle  guerre di Britannia, non prima dell’a. 85 d. Cr., cioè  sei anni circa dopo la morte di Plinio Secondo. Infatti,  quanto al ‘ mare pigrum ac prope immotum ’, leggesi  nell’ Agr. 10, 18: ‘sed mare pigrum et graue remi-  gantibus perhibent ne uentis quidem perinde attolli ?.  Che ivi fosse il limite del mondo ‘ cludique terrarum  orbem ’, riscontrasi in una frase del discorso di Agri-  cola ai soldati: ‘nec inglorium fuerit in ipso terra-  rum ac naturae fine cecidisse’ (Agr. 33, 26). E il fe-  nomeno che osservasi nelle regioni nordiche *, cioè :    1 Cass. Dion. r. Rom. LXVII 7, 3-4 (Xiphil.).   2 Secondo la recens. Halm e la recens. Io. Mueller.   3 Alcuni commentatori della Germ. (v.il comm. di U. Zernial,  p. 87; e l’op. cit. del Marina, p. 138 in fine e p.. 140 in princi-  pio, censurano l'autore di essa per aver confuso il nord della  Britannia con la Scandinavia; ma la censura non è giusta,    Masini    Ae  ‘ extremus cadentis iam solis fulgor in ortum edurat,  adeo clarus, ut sidera hebetet’, è accennato nel cap.  12, 9 dell'Agr.: ‘ nox clara et extrema Britanniae par-  te breuis, ut finem atque initium lucis exiguo discrimine  internoscas ?.   La rispondenza che abbiamo riportata intera tra le  notizie riferite nella Germ. e le notizie consimili che  presenta il libro de v. et m. I Agricolae, non porta  di conseguenza che l’autore dell’una abbia attinto alle  notizie esposte nell’altro libro, ma dà argomento ad  ammettere che tanto chi scrisse la Germ. quanto l’au-  tore dell’Agr. attinsero le loro notizie agli stessi fonti,  che per questo ultimo furono confermati dalla narra-  zione fatta da ‘Agricola, al ritorno dalla Britannia. E  di tali fonti comuni alcuni sono pervenuti sino a noi,  e rendono agevole il riconoscere che le notizie recate in  principio del cap. 45 della Germ. erano già acquisite  alla coltura generale, prima ancora della spedizione di  Agricola in Britannia.   Il celebre viaggiatore Pytheas (a. 330 circa a. Cr.)  indica il mare che nella Germ. è detto ‘pigrum ac  prope immotum ’, con la designazione ‘ pepegyia thà-  lassa ’.! Anch’egli dovette far menzione delle chiare  notti estive delle regioni settentrionali, poichè osservò  che nell’ estrema Thyle si alternavano nel corso del-  l’anno sei mesi senza notte e sei mesi senza giorno *.    perchè il fenomeno della breve durata e della chiarezza delle  notti estive osservasi ugualmente tanto nell’un paese quanto  nell’ altro. Cf. Ven. Bepa, hist gentis Anglorum I 1, col. 1jin  operum tomus tertius, Colon. Agrip. 1612.   1 STRAB, geogr. I 4, 2 (C. 63), ed. Meineke, v. 1°, p. 82.   ? Prin. n. A. II 75 (77), 187.    AE  Plinio, movendo dalla osservazione sulle chiare notti  estive in Britannia, cerca dare una spiegazione del fe-  nomeno notato da Pytheas : egli scrive ‘ aestate luci-  dae noctes haut dubitare permittunt, id quod cogit ratio  credi, solstiti diebus accedente sole propius uerticem  mundi angusto lucis ambitu subiecta terrae continuos  dies habere senis mensibus, noctesque e ‘diuerso ad  brumam r emoto ’.' A Plinio si deve anche la divulga-  zione della rotizia, che poi venne, probabilmente, con-  fermata dalla relazione orale o scritta di Agricola, sul  ‘mare pigrum ac p. i.’: egli lo dice ‘mare concre-  tum ?, ed avverte che da alcuni era chiamato ‘ Cro-  nium ’? e che, secondo Philemon, quella parte del  mare che precedeva il ‘ Cronium ’, sino al promontorio  ‘ Rusbeae ’,3 era detto dai Cimbri ‘Morimarusa ’, cioè  .‘mortuum mare ?’.* Ma prima di Plinio si era già os-  servato da Seneca padre che ai confini del mondo era  l’oceano, e dopo questo il nulla”: concetto che trovasi  ripetuto in parte nella frase della Germ.:* illuc usque,  si fama uera, tantum natura ’; alla quale risponde la  frase dell’Agr.: ‘in ipso terrarum ac naturae fine ”.  Resta la difficoltà dell’inciso ‘si fama uera”’, in cui  parrebbe contenersi un accenno alle notizie sull’ alto    1 Prin. n. h. II 75 (77), 186. L’ osservazione è ripetuta in IV  16 (30), 104.   ? PLIn. n. A. IV 16 (30), 104: cf. XXXVII 2 (11), 35.   3 ‘ Vsque ad promunturium Rusbeas': così nei codd. Leidens.  (A), Riccard. (R), Paris. 6797 (d) e nelle edd. Detlefsen (Berol.  1866), L. Jan (Lips. 1870). ‘ Roudoas’ è dovuto a correzione di  seconda mano nel cod. Leidens. Lips. 7 (F). Solino (coll. r. m.  19, 2, rec. Mommsen) lo trascrive ‘ad promunturium Rubeas”’   4 PLIN. n. Ah. IV 13 (27), 95.   5 SEN. RHET. suas. I 1, p. 2, ed. Kiessling.    = If.  nord, conosciute meglio a Roma ovvero positivamente  confermate da Agricola dopo il suo ritorno dalla Bri-  tannia. Nei codd. leggesi veramente ‘et fama uera’,  che non pochi dei moderni edd. della Germ. hanno ri-  presentato. La sostituzione della cong. ‘si’ all’ ‘et’  è dovuta ad una congettura del Grozio ; cosicchè se,  per tale congettura, si può presumere che l’autore vo-  glia presentare un suo dubbio, che valga a mettersi in  contrasto con le voci ‘ persuasio ’ e ‘ fides ’, con le quali  si annunziano certi fenomeni naturali, quali il rumore del  sorgere del sole, le forme dei cavalli e dei raggi del ca-  po del sole stesso, e lo splendore dei raggi solari per-  sistente fin dopo il tramonto e tanto da oscurare le  stelle; ogni dubbio si elimina con la lezione ‘et fama  uera’, che dà per indubitato il limite del mondo in  quel ‘mare pigrum’, con cui si cinge e si chiude lo  orbe terrestre. Nè da tale conclusione è possibile al-  lontanarsi, ammettendo col Dòderlein lo spostamento  delle parole ‘et fama uera’ dopo ‘natura’, di modo  che l’ intera frase suoni: ‘illuc usque tantum natura,  et fama uera’. Il Ritter, invece di tentare di risolve-  re la questione, la tronca, chiudendo tra parentesi qua-  dre tutta la frase ‘illuc usque, et fama uera, tantum  natura ’.! A noi pare che si debba, anzi tutto, tener  presente l’ avvertenza del Massmann: “libri impressi  iungunt vera tantum natura’.* E, d’ altro canto, 0s-  servando che nel cod. Rom. della bibl. Angelica (Au-  gustinorum) Q 5,12 manca la voce ‘usque’ e stanno       1 P. Cornelii Taciti opera recensuit FRANCISCvs RITTER, Lps.  1864, p. 651.   ? MASSMANN, Op. cit., p. 129, nota 23  ConsoLi : ZL’ autore della Germania. :    cy LA  accanto ‘illuc ‘ut’, e osservando inoltre che la particella  ‘‘ut’ è data ‘anche, invece di ‘ et’, dal cod. Florent. della  Laur. 73,20 e dal Vatic. 655, se ne deduce evidentemente  che la frase della Germ. dovette sonare: ‘ illuc, ut fama,  uera tantum natura’. ! E con lo scrivere ciò l’ autore  non si propose affermare alcuna cosa sulla verità o me-  ‘‘no delle notizie attinte per fama intorno all’ argomento  studiato, ma soltanto mirò ad indicare con l’espressio-  ne ‘ut fama” un concetto di limitazione a quanto si  soleva affermare rispetto ai termini del mondo (‘na-  ‘tura ’ ); concetto consimile a quello significato prima,  in rapporto allo splendore ed alle parvenze del sole,  con le voci ‘fides? e ‘persuasio’.   Del resto, ove non si vogliano accettare le varianti  ‘ dei codd. sopra citati, si può sempre pervenire alla  medesima conclusione, conservando la lez. ‘illuc usque,  et fama, uera tantum natura’; che vale « la natura  vera, ossia il mondo reale, ? si estende fin là soltanto:  tale ne è anche la ‘fama ». Talchè l’inciso ‘et fama ’=  ‘et fama haec est’ vale a mostrare che era general-  ‘ mente noto che si estendevano sino a quel punto, non  oltre, i limiti della ‘natura reale.    IV. — Per garentire i confini dell’impero dalle in-  .cursioni dei barbari, si cominciò a costruire, anche dalla    1 Il Nipperdey, leggendo ‘usque et fama, ultra tant. nat. ’,  conviene, in parte, nello stesso concetto, togliere, cioè, a ‘ fa-  ‘ma’ l’epiteto ‘‘uera’.   2 ‘“Verus’ non indica soltanto la qualità di ciò che si fonda  sulla ‘verità, ma rappresenta anche la qualità di tutto ciò che  ha per base la realtà o, per ripetere le parole del-GEoRGES,  ausfihrl. Handiob, II 3093, « in der Wirklichkeit begrindet,  *wirklich »,       PERS (3 pe  parte del Reno, un ‘limes’ o via fortificata, per lo più  munita di argini (‘aggeres ’) e di stazioni di guardia  (‘praesidia’)', sotto l’impero di Tiberio ®: fu conti-  nuato e probabilmente portato a compimento sotto A-  driano (117-138). L’autore della Germ. dà per il pri-  mo, anzi il solo, la notizia che gli ‘agri decumates ’,  siti al sud-ovest della Germania, tra l’ alto Reno e le  sorgenti «lel Danubio, e sui quali il fisco riscoteva, for-  se, un diritto di decima dai possessori, ‘ vennero incor-  porati all’ impero; onde, per la difesa del territorio  annesso, il ‘limes’ insieme coi ‘ praesidia’ si portò  innanzì, oltre il Reno; e però i campi decumati ‘ sinus  imperii et pars prouinciae habentur ? (Germ. 29, 19).  Quande si fece tale spostamento ? Alcuni dei commen-    1 TH. MommsEn, der Begriff des Limes, in Westdeutsche Zeit-  schrift fiur Geschichte u. Kunst, a. XIII, fasc. 2°. Vedi inoltre  MommsEN-DE RucGiIERO, op. cit., cap. IV, p. 115, nota l.   2 Tac. ann. I 50, 3 ‘limitemque a Tiberio coeptum”’. II 7, 11  “et cuncta inter castellum Alisonem ac Rhenum nouis limiti-  bus aggeribusque permunita’ (a. 16 d. Cr.).   8 Cf. SPARTIAN. Hadr. 12, 6; in scriptt. hist. Aug. I p. 14, ed.  H. Peter. Nell'op. cit. MomMseNn-DE RuGGIERO, cap. IV, p. 142,  si fa menzione di nuove costruzioni aggiunte ai ‘ limites’ sot-  to i regni di Adriano, Antonino Pio e Marco Aurelio. Notasi  inoltre, in un discorso del console Velio (Vettio ?) Cornificio  Gordiano (a. 275), che alla morte di Aureliano i Germani rup-  pero il ‘ limes’ transrenano ed invasero alcune forti e ricche  città dell'impero: v. Vopisc. Tac. 3, 4, in scriptt. hist. Aug.  XXVII p. 187, ed. P.   4 GEFFROY, Op. cit., p. 318 sg. Ma il Mommsen giustamente  avverte che « nè è linguisticamente provato che ‘decumas’  possa significare obbligato alla decima, nè simili istituzioni son  note nell'impero ». Vedi MommsEN-DE RucGIERO, op. cit., cap.  IV, p. 141, nota 11,    ELI  tatori della Germ. si affrettano ad indicare il tempo  di Domiziano o, in generale, verso la fine del I sec.  ed il principio del II. ! Tale indicazione porterebbe di  conseguenza che l’autore della Germ. avesse atteso a  scrivere il suo lavoro sotto Domiziano o nei primi tem-  pi dell’ impero di Traiano, in ogni caso dopo l’a. 79.  Ciò pare a noi inesatto.   Infatti, Domiziano se, per ingannare l’ opinione pub-  blica, aveva celebrato pseudo-trionfi sui Germani, non  ignorava, d’altro canto, che per un mero caso (cioè, la  piena del Reno) aveva superato la sedizione di L. An-  tonio, preside della Germania superiore, ? e che ai con-  fini i suoi eserciti erano stati sopraffatti dai barbari; *  talchè, piuttosto che estendere i confini dell'impero di là  dal Reno, per annettere al suo dominio gli ‘ agri decu-  mates’, avrebbe stimato gran ventura conservare i confi-  ni di prima, senza spingere in avanti il ‘limes’ ed i  ‘ praesidia ’. È supponibile che si estendano i confini del  dominio, allorquando ci sia la possibilità che i nemici  vinti lascino agio di spostare le antiche linee di dife-  gno SM nuove opere militari a garentia  del territorio acquistatà sl ma quando i nemici sono  vincitori e minacciosi, com@nsi può mai deliberare e  attuare l'accrescimento del terytorio dello Stato ?   Non vi ha nemmeno notizia cha setto Traiano siano  stati inclusi dentro i confini dell'im € gli “agri decu-    1 Vedi i comm. del Dilthey, p. 188; dello ernia, p. 60; del  Pais, p. 49; del Marina, p. 97; etc. x   2 SvETON. Dom. 6   3 Oros. hist. adu. pag. VII 10, 3 e 4. Orosio &ità in proposito  la storia, che or più non abbiamo, scritta da Cornelio Tacito  sulle imprese di Domiziano. Cf. Tac. ann. XI 1 4          REI (RT  mates’. Se Tacito avesse scritto qualcosa in proposito,  narrando la storia degli imperi di Nerva e di Traiano,  come egli aveva promesso di fare, riserbando il lavoro  per gli anni senili,* certo gli storici posteriori che si  valsero delle storie tacitiane, lo avrebbero in un modo  qualsiasi ripetuto o, almeno, accennato. Si ha, invece,  un’affermazione in contrario nel seg. luogo di Orosio:  ‘mox Germaniam trans Rhenum in pristinum statum  reduxit’? Avendo, per tanto, Traiano restituito le cose  oltre il Reno allo stato pristino, l’illazione non è dub-  bia, che anche gli ‘ agri decumates’, siti di là dal Reno,  dovettero ridursi, in conseguenza dei prosperi eventi  delle armi imperiali, alla condizione anteriore, di es-  sere, cioè, ‘sinus imperii et pars prouinciae’. Perciò  non si può non inferirne che l’ annessione dei ‘ decu-  mates ’ all'impero dovette compiersi prima del regno di  Traiano, giacchè questi si restrinse a ridurre la ‘ Germa-  niam trans Rhenum in pristinum statum”. E poi, se è ve-  ro che Traiano, per un sentimento di vanità indegno di  un prode e glorioso imperatore, avesse fatto scolpire  il suo nome sui monumenti eretti per conservare la  memoria di imprese da altri anteriormente compite,  ‘non ut ueterum instaurator sed conditor’, tanto che  ne avesse avuto il nomignolo ‘ herba parietina ’,* cer-  to si dovrebbe restare perplessi, ove mai nei campi  decumati o altrove si trovasse qualche memoria lapidea  concernente l’annessione dei campi sopra menzionati,    1 Tac. hist. I 1, in fine.   ? Oros. hist. adu. pag. VII 12, 2.   3 Amm. Marc. r. g. XXVII 3, 7. Cf. ex Sexto Aur. Victore de  uita et moribus Rom. imperatorum epitome, Ven. 1586, f, 185,    SSR  sì dovrebbe; dicevamo, restar perplessi nell’ attribuire  a Traiano:ciò che prima di lui si era fatto.   Se, dunque, non si può non ammettere l’annessione  dei campi decumati all’ impero, anteriore ai regni di  Domiziano .e di Traiano, non è fuor di luogo il sup-  porre che l’ abbiano attuata i due primi imperatori Fla-  vi, e probabilmente (poichè è noto che sotto Tito l’im-  pero godè di una perfetta tranquillità.) il solo Vespa-  siano, il quale, come avverte Tacito in un luogo citato  da Orosio; riaperse le porte del tempio di Giano un  anno dopo: che egli stesso le aveva chiuse ?, avendo  portato a. compimento l’impresa contro i Giudei 8.    V. — Nel cap. 33 della Germ. narrasi che il terri-  torio, posseduto un tempo dai ‘Bructeri ’, era stato oc-  cupato dai. ‘ Chamaui’ e dagli ‘ Angriuarii’, posciachè  i ‘ Bructeri?” erano stati ‘ penitus excisi uicinarum con-  sensu nationum, seu superbiae odio seu praedae dul-  cedine seu fauore quodam erga nos deorum’; e si ag-       1 Oros. hist. adu. pag. VII 9, 13.   2 Oros. hist. adu. pag. VII 19, 4: ‘quas (se. Iani portas)  utrum post Vespasianum et Titum aliquis clauserit, neminem  scripsisse memini, cum tamen eas ab ipso Vespasiano post  annum apertas Cornelius Tacitus prodat’ (ed. Zangemeister).   3 Oros. hist. adu. pag. VII 3, 8; 9, 9. Il Mommsen ammette  che la fondazione della linea di confine, per la quale si com-  prese nell'impero la vallata del Neckar, sia stata opera dei Flavi;  ma la giunta dubitativa « principalmente forse di Domiziano »,  messa li soltanto perchè, non essendosi nominato nella Germ.  l'autore della linea di confine « è una prova che questi (l'au-  tore) dovè. essere Domiziano », ci pare così priva di fondamento  da non potersi accogliere come notizia conforme al vero. Vedi  MomwmsEN-DE RucciERO, op. cit., cap. IV, p. 142 e nota 2 in d.*  P. 142.    — 93   giunge che di essi ‘super sexaginta milia non armis:  telisque' Romanis, sed quod magnificentius est, oblec-  tationi oculisque ceciderunt’. Onde l’autore manda,  come dice il Vannucci *, un « fiero e spaventoso grido»  di gioia », esprimendo un « voto inumano »:: ‘ maneat,  quaeso, duretque gentibus, si non amor nostri,.at certe  odium sui, quando urgentibus imperii fatis nihil iam  praestare fortuna maius potest quam. hostium. discor=  diam’. L’esterminio dei ‘ Bructeri’ si compì appunto,  secondo l’ osservazione di qualche commentatore: della:  Germ., verso l’ a. 100.* In tal modo, annunciandosi!  nella Germ. fatti avvenuti verso il 100 d. Cr., il libro  non potè essere scritto prima dell’ a. 79. Risponde al  vero tale conclusione ?   Noi sappiamo che i ‘ Bructeri’, come in’ generale  tutte le altre genti di stirpe germanica, si mostraro-  no costantemente avversi ai Romani :? battuti prima  dalle armi romane, ‘ cooperarono alla. distruzione:delle  legioni di Varo;* molestarono, insieme: coi ‘Tuban-  tes’ e gli ‘ Vsipetes ’, la ritirata di Germanico che a-  veva tratto orrenda vendetta dei ‘Marsi’ (a. 14 d.    i C. Corn. Tacito, tutte le opere con note italiane compilate  da A. VANNUCCI, Prato 1848, vol. IV, p. 274, in nota.   2 Vedi i comm. del Kiessling, p. 127; del. Marina, p. 105; etc.   8 Narra Suetonio (Tib. 19) che un Bructero commise un: at-  tentato contro la vita di Tiberio: l'odio di nazione mutavasi in:  odio contro le persone.   4 VeLL. PaTERC. A. R. II 105, 1. Cf. l'epit. L CXXXVIII di. T.  Livio.   5 Vedi GEFFROY, Op. cit., p. 230. MommsEN-De RuGGIERO, Op. cit.,  cap. I, p. 44: cf. p. 52. Cf. anche A. Wixms, das Sehlachtfeld  im Teutoburger Walde, in Neue Jahrbùcher fùr Philologie u.  Paedag. CLIII p. I, fasc. 7; CLV p. I, fascec. 1, 26.3,    ei)    SR + gp  Cr.)!; ma furono, poco dopo (a. 15), sconfitti da L.  Stertinio, che tolse loro l’aquila della 19.* legione di-  strutta nella foresta di Teutoburg. ® E ancorchè, edotti  dalla sventura e atterriti dalle armi imperiali, aves-  sero opposto un rifiuto alle insistenti sollecitazioni de-  gli ‘ Ampsiuarii ’, che li incitavano a partecipare alla  guerra contro i Romani (a 58 d. Cr.) 3, pure non tra-  lasciarono di unirsi con Giulio Civile, che aveva su-  scitato le fiamme dell’ insurrezione nella Germania e  nella Gallia‘, e presero parte in diversi scontri contro  i Romani. La vergine Veleda, che nell’ insurrezione  di Civile seppe coi suoi vaticini accrescere l’ardore pa-  trio degli insorti, mediante il fanatismo POMEIONA, era  appunto di nazione bructera. ‘   L’insurrezione dei ‘ Bataui’ e degli altri popoli che  con loro si erano levati in armi contro Roma, a poro  a poco fu repressa, tra il 70 ed il 71 o 72 d. C. Nulla  sappiamo della fine di Civile : forse ottenne di vivere  in pace, sotto il dominio romano. Ma i compagni di  lui, Classico e Tutor duci dei ‘Treueri’, e i fratelli  Alpinio Montano e D. Alpinio personaggi autorevoli fra  gli stessi ‘Treueri’, forse si salvarono con la fuga,       i Tac. ann. I 51, 7.   2 Tac. ann. I 60, 10. Non sappiamo spiegarci perché nei loro  comm. alla Germ. lo Zernial (p. 65), il Marina (p. 104), etc. voglia-  no indicare l'aquila della 212 legione, e il Dilthey (p. 198) l'aquila  della 18°, quando le parole precise di Tac. sono: ‘interque  caedem et praedam repperit (sc. L. Stertinius) undeuicen-  simae. legionis aquilam cum Varo amissam'.   3 Tac. ann. XIII, 56.   4 Tac. hist. IV 21, 11.   5 Tac. hist. IV 77, 2. V 18, 4.   6 Tac. hist. IV 61 e 65.    —_ di  forse si uccisero ciascuno di propria mano '; Giulio Sa-  bino, capo dei ‘Lingones ?’, fu mandato al supplizio ; ?  e Veleda fu vista a Roma .dall’autore della Germ. *, e,  come sopra si è detto ', prigioniera.   Dopo il 71 o 72, i ‘ Bructeri’, vinti, dovettero sot-  tomettersi alle condizioni imposte dai Romani vittorio-  sì : non avevano più per ispiratrice e guida la fatidi-  ca Veleda ‘numinis loco habita’; e della loro pro-  strazione morale e civile, non ancora rimarginate le  ferite avute nell’ultima insurrezione batavica, non po-  tevano non profittare i popoli vicini, emuli per armi,  avidi di preda, bramosi di possedere le loro terre, e  forse anche rivali per comune parentela. Fecero, di-  fatti, lega a danno dei ‘Bructeri’, li assalirono, li so-  praffecero, perchè li trovarono più deboli o imprepa-  rati; e più di sessanta mila ne trucidarono. I ‘Cha-  maui’ e gli ‘ Angriuarii ’, che probabilmente si ebbero    1 Tacito fa menzione di Giulio Classico in Aist. II 14. IV 55;  57; 59; 70; 79. V 19 sgg.;—di Giulio Tutor in Aist. IV 55 ; 57;  59; 70; 72. V 19; 21;—dei fratelli Alpinii in hist. III 35. IV 31  e 32. V 19.   ? Cass. Dion. r. Rom. LXVI 16, 2 (Xiphil.).   3 Germ. 8,9.   4 Vedi la nota 3 a pag. 10.   5 Ammesso che, secondo Strabone (geogr. VII 1, 3 (C 291), p.  400 M.), vi fossero stati dei ‘ Bructeri minores”, e perciò la distin-  zione tra ‘B. maiores’ e ‘B. minores”, il Miillenhoff! conget=  tura che i ‘Bructeri maiores’ e i ‘ Chamaui' siano stati lo  stesso popolo. In tale ipotesi, i ‘ Bructeri' che si levarono in  armi con Civile contro Roma, sarebbero stati i ‘B. minores '.  Ammiano Marcellino (r. g. XVII 8, 5) narra che, molti anni  dopo, nel 358, i ‘Chamaui’ furono, alla loro volta, sterminati  dall'imperatore Giuliano,    — DE  la parte precipua in tale guerra di sterminio, vennero  ad occupare le terre dei vinti.! I ‘ Bructeri” superstiti  all’immane strage, costretti a mutar sedi, restarono  sempre un popolo per sè, senza confondersi con altre  genti, ma si piegarono a sommissione verso l’autorità  romana, tanto da sottomettersi, alcuni anni dopo, al  re imposto loro da Vestricio Spurinna, legato della  Germania inferiore .* Tale sommessione dovette avve-  nire verso l’a. 97, durante l’impero di Nerva'.3 Or, tra    1 Germ. 33, 2. Non risponde al vero l’asserzione di alcuni  commentatori (v. per es. i comm. Pais p. 53, Marina p. 104,  etc.) che l'autore della Germ. abbia esagerato nelle notizie  date sullo sterminio dei ‘Bructeri’, poichè egli non dice sol-  tanto ‘ Bructeris penitus excisis uicinarum consensu nationum ”,  ma premette ‘ pulsis Bructeris’: talchè il popolo dei ‘ Bructe-  ri’ non fu completamente annientato. Potrà, forse, dirsi esage-  rato il numero dei morti, ‘super sexaginta milia’; ma una  statistica ufficiale dei caduti in battaglia, massime trattandosi  di pugne tra popoli barbari, non era allora possibile.   2 PLIN. epist. Il 7, 2.   8 Così opina il Mommsen, nell' Index nominum cum rerum  enarratione pubblicato in fine degli scritti di Plinio il giovane,  recens. Keil, Lps. 1870, p. 429, 2* c. Arrogi la considerazione  che, ammesso l'ordine cronologico nella disposizione delle e-  pistole pliniane (cf Mommsen, aur Lebensgeschichte des jiingern  Plinius, in Hermes III (1869) pp. 31-53), tuttochè contraddetto da  Plinio stesso (episf. I 1, 1), le epistole del 2° lib., tra le quali  si annovera quella cit. concernente Spurinna, furono scritte  tra l'a. 97 e l'a. 100. Quando, però, il Mommsen afferma (ve-  di MommsEn - DE RucgiERO, op. cit., cap. IV, p. 135) : « questa  catastrofe (la sottomissione dei ‘ Bataui’ e degli altri popoli  insorti con Civile) e le ostilità coi vicini popoli fiaccarono la  loro potenza (cioè, la potenza dei ‘ Bructeri’); sotto Ne-  rone essi dovettero per forza accettare dai vicini stessi, ap-  poggiati indirettamente dal legato romano, un re che non vo:    SS, e   il 71 o 72, anno in cui i ‘ Bructeri” insieme coi ‘Ba-  taui’ soccombettero sotto le armi romane, ed il 97 pas-  sa circa un venticinquennio, nei primi anni del quale  si compì la strage e l’espulsione dei ‘ Bructeri ’, colpiti  dalla lega dei popoli vicini. Indichiamo i primi anni  del venticinquenuio, perchè appare più rispondente al  vero, in mancanza di qualsiasi documento in proposi-  to, che lo sterminio dei ‘Bructeri’ si fosse compito  appunto in un tempo più vicino al 71 o 72, quando  questi erano prostrati dalla vittoria romana sui ‘Ba-  taui’ edi loro alleati, anzichè più tardi, quando, rico-  stituitisi nelle nuove sedi, riannodarono relazioni di  dipendenza con Roma, e si assoggettarono al re impo-  sto dal legato romano. Non vi ha, del resto, alcun do-  cumento o alcuno accenno nelle storie antiche, che as-  segni l’a. 100 o altro anno anteriore o posteriore al-  l’anno 100, all’avvenimento della distruzione dei ‘Bruc-  teri’ ed all'immigrazione dei ‘ Chamaui ’ e degli ‘ An-  griuarii’ nel territorio bructero ‘iuxta Tencteros?.   Poche altre notizie restano intorno ai ‘Bructeri ?.  Dopo i guai gravissimi inflitti loro dai popoli vicini,  essi, come si è detto sopra, non si dispersero nè per-  dettero la loro nazionalità nè il nome nella storia.!  Nella prima metà del sec. IV sono menzionati in due  panegirici a Costantino ; ®? poi, nello stesso sec. IV e    levano »; egli, se non c'inganniamo, non ha tenuto presente  che la sommessione dei ‘Bructeri’ ad un re imposto dal le-  gato Vestricio Spurinna avvenne sotto Nerva, non sotto Nerone.   41 Vedi LEDEBUR, das Land und Volk der Bructerer, Berl.  1827.   2 Incerti pan. Constantino Aug. dictus, 12. NAZARI pan. Con-  stantino Aug. dictus, 18: in BAEHRENS, XI panegyrici Latini,  VII e X, pp. 169, 227.    cin B$   ‘nel V si trovano stretti in lega con quelli che erano  stati nel I sec. i loro feroci persecutori, i ‘Chamaui ’  e gli ‘ Angriuarii’, e inoltre coi ‘Chatti’, gli ‘Amp-  siuarii ’, i ‘ Sugambri ’, i ‘ Chasuarii ?!: formavano la  potente confederazione dei Franchi.® Anche il ven.  Beda fa menzione dei ‘Bructeri’, dicendoli ‘ Boruch-  tuarii ?.?    VI. — Il cap. 37 della Germ. presenta un importante  computo di anni. Se dall’anno 640 di R., in cui per la  prima volta si udì parlare delle invasioni cimbriche,  sì giunge al secondo consolato di Traiano, ‘ ducenti    1 Vedi Jos. WoRMSTALL, ueber die Chamaver, Brukterer und  Angrivarier, mit Rùcksicht auf den Ursprung der Franken  und Sachsen. Neue Studien 2: Germania des Tacitus, Gymn.-  Progr. Miinster, 1888. Il Millenho£, cit. da U. Zernial, p. 65, opi-  na che gli ‘Angriuarii’ (v. Tac. ann. II 8, 13; 19,7; 22, 6; 24, 15;  41,.8) e gli ‘ Ampsiuarii’ (v. Tac. ann. XHI 55, 1; 56, 4) for-  massero uno stesso popolo, poichè « Angrivarii ist der rein  geographische Name der Anwohner der Weser oberhalb der  Chauken oder spàteren Friesen, und Ampsivarii nur eine spe-  ziellere, wie es scheint, gleichfalls geographische Benennung  fiir eine Abteilung des Volkes ».   ? Il nome ‘Franci’, adoperato per significare in complesso  più popoli, appare per la prima volta in una frase del panegi-  rico d’ incerto autore a Costantino : ‘ terram Batauiam ..... a  diuersis Francorum gentibus occupatam’ (ed. cit. Baeh-  rens VII 5, p. 163). Ma nella Castori Romanorum cosmogra-  phi tabula quae dicitur Peutingeriana, segm. II, n. 2, in alto, si  legge ‘ Chamavi. qui et Pranci” (1. Franci: la lett. c è corrosa  nella parte superiore): v. Die Weltkarte des Castorius, genannt  die Peutingersche Tafel: einleitender Text von Konrad Miller;  Ravensburg, 1887.   3 Ven. BEDA, hist. gentis Anglorum V 10, col. 124, in operum  tom. tertius, ed. cit.    bh   ferme et decem anni colliguntur’. È noto che Traiano  fu la prima volta console nell’ a. 91; fu nominato ad  un secondo consolato per il 98, nel quale anno, per la  morte di Nerva, venne assunto all’ impero: perciò se  ne conclude che la Germ. fu scritta in un tempo non  anteriore al 98, se appunto di questo anno è fatta es-  pressa menzione nel testo del libro. E tale conclusione  si dovrebbe accettare, se non ostassero alcune conside-  razioni che non sono da omettersi.   L’autore comincia il cap. 37 col menzionare che i  Cimbri, un tempo sì potenti e di gran fama, si erano  ridotti ad una ‘ parua ciuitas ’. Il nome dei Cimbri ! gli  richiama alla mente le memorabili lotte che si erano  combattute dai Romani contro i popoli germanici, a  cominciar dal consolato di Cecilio Metello e Papirio  Carbone, a. 641/113. E di qui un breve ‘ excursus ’ sulle  vicende di tali lotte, che si ferma, come sopra abbiamo  dimostrato, al trionfo sui ‘ Bataui ’ e sugli altri popoli  insorti con essi, e che altri vorrebbe estendere sino al  trionfo di Domiziano sui ‘ Chatti’ nell’ a. 83. Nessuno    ? È notevole che nella Germ. non si fa alcun cenno dei Teu-  toni, che furono valorosi compagni dei Cimbri. Plinio tratta di  loro nella n. A. IV 14 (28), 99. XXXV 4 (8), 25. XXXVII 2 (11),  35. Tacito li menziona insieme coi Cimbri in hist. IV 73, 12: v.  anche VeLL. PATERC. A. R. II 8, 3; 12, 2 e 4. Pompon. MEL.  chor. III 3, 32; 6, 54. Amm. Marc. r. g. XVII 1, 14. XXXI 5, 12.  Oros. hist. adu. pag. V 16, 1. 9. 14. Ma forse l’autore della  Germ. si restrinse a menzionare i soli Cimbri, perché la guerra  contro i Cimbri ed i Teutoni si indicò pure con la sola espres-  sione ‘ bellum Cimbricum * (v. l’ epit. Ul. LXVII, LXVIII di T.  Livio; ma in Floro epit. I 38 [III 3] ‘ bellum Cimbricum , Teu-  tonicum ’); o forse anche- perché i Teutoni si reputavano un  popolo celtico : cf. APPIAN. IV 1, 2,       csf    accenno vi è intorno agli avvenimenti che si succe-  dettero sino all’ a. 98, che è il termine del computo  dei 210 anni, fatto, per incidente, poco prima. E ciò  diviene inspiegabile, se si considera che l’autore, avendo  fissato per termine del computo degli anni di lotta coi  Germani l’ a. 98, importante perchè appunto allora  Traiano succedette al padre adottivo Nerva, non poteva  passare sotto silenzio, tra le altre cose, il fatto che la  autorità delle armi romane era a quel tempo in sì alto  pregio da fare ottenere a Vestricio Spurinna, legato di  Nerva, una vittoria incruenta sui ‘ Bructeri, ferocissima  gens’ germanica, soltanto con la minaccia della guerra  e col terrore !. Nè poteva tenere in non cale i buoni  risultamenti dell’ abile direzione politica e militare di  Traiano che, per assodare il dominio romano sul ter-  ritorio dei ‘ Mattiaci ’ e per dar fine alle agitazioni delle  tribù germaniche della regione centrale del Reno, cau-  sate dall’ imprudente scorreria di Domiziano, stette an-  cora per qualche tempo al comando degli eserciti sul  Reno, prima di recarsi a Roma per assumervi il potere  supremo. Pare, inoltre, che dissoni dalle lodi concor-  demente date dai contemporanei ai due imperatori  Nerva e Traiano, e per il loro savio governo e per la  rinnovata autorità delle armi romane, il fatto che l’au-  tore della Germ., il quale doveva, giusta la premessa,  estendere le sue considerazioni ed il suo rapido ‘ ex-  cursus’ sino al secondo consolato di Traiano, si è fer-  mato, invece, alla desolante osservazione ‘ triumphati  magis quam uicti sunt’; egli avrebbe dovuto avere  sott'occhio gli avvenimenti che si compivano, sotto la    1 PLIN. epist. II 7, 2.    BRL) pesi    è stata nostra, e la Germania è vinta: ‘regno Arsacis  acrior est Germanorum libertas ’.   Oltre a ciò il tono retorico di tutta la frase fa dubita-  re di esservi stata un’ interpolazione. Precede e seguc  al periodo notato una considerazione storica che in nulla  è avvantaggiata dal periodo stesso, anzi resta da questo  interrotta per dar luogo all’ espressione enfatica ‘ tam  diu G. uincitur ’. Se si espungesse il periodo conside-  rato, il pensiero dell’autore si mostrerebbe in gradato  svolgimento, moverebbesi eguale a sè stesso e non in-  terrotto sino alla conclusione ultima che, per quel certo  pessimismo da cui è informata, nulla ha da fare con l’en-  fasi delle parole espunte. Nè vi è necessità di sostituire  alla particella ‘tam ’, che nella proposizione seg. ‘ me-  dio tam longi aeui spatio multa in uicem damna’  pare collocata in riscontro col ‘ tam’ della frase ‘ tam  diu G. uincitur ’, la voce ‘ tamen’ che è data dal cod.  Leid. (0) nella forma tam®! e, più chiaramente, nella  forma completa tamen dal cod. Neapol. (c) ; perocchè,  fatta 1’ espunzione, si regge sempre bene tutta la frase,  che in origine dovette, secondo ogni probabilità, così  esser letta : ‘ sescentesimum et quadragesimum annum  urbs nostra agebat, cum primum Cimbrorum audita  sunt arma, Caecilio Metello ac Papirio Carbone consu-  libus. medio tam longi aeui spatio multa in vicem dam-  na’ e. q. s.   A chi attribuirsi l’interpolazione, se interpolazione ci  fu? Può ben darsi che la si debba attribuire a qualche  antico grammatico , la cui glossa erudita sulla durata    1 Ma avverte il Massmann, op. cit., p. 110, nota 25, ‘ deleta ab-  breuiatura ‘,    RARE; A  delle guerre germaniche sia penetrata nel testo; può  darsi anche che sia una giunta correttiva fatta da chi  più tardi scrisse l’ apografo, sur un originale creduto  mendoso !. Ma a noi pare di scorgere, nel testo stesso  della frase che crediamo interpolata, l’ autore della  possibile interpolazione. A nessuno sfugge l’enfasi della  conclusione ‘ tam diu G. uincitur’; e la vittoria sulla  Germania è intimamente connessa col secondo termine  del computo fatto, cioè l’ ‘ alter imperatoris Traiani con-  sulatus ’: dunque lo scopo della frase altro non poteva  essere che quello di lodare l’imperatore Traiano, il cui  secondo consolato aveva il merito altissimo di aver  dato termine, secondo che credevasi verso la fine del  sec. I, alla lotta contro i Germani , durata per più di  due secoli. Chi tra gli scrittori romani vissuti in sul  declinare del sec. I e nel principio del II largì più en-  comi agli imperatori Nerva e Traiano fu Plinio il gio-  vane; tanto che uno dei moderni critici, che con am-  mirabile dottrina ha trattato della vita e dell’elocuzione  di lui, non ha esitato a scrivere: ‘nemo quidem pos-  sit negare, Plinium in Panegyrico modum in nuirtutibus  Traiani praedicandis transiisse (cf. pan. 30-82; 40; 57;  59-80), et tum in illa oratione tum in epistolis nonnullis  (cf. epist. ud. Tr. imp. 10 (5), 2 [a. 98]; 8 (24), 1 [a.  101]; 31 (40), 1) ex Bithynia ad Traianum missis sen-  tentias inesse plenas immodicae adulationis ac paene    1 È nota la dichiarazione che leggesi nel cod. Leid. Perizon.  della Germ., la quale è annoverata tra i ‘ libellos nuper adin-  uentos et in lucem relatos ab Enoc Asculano quamquam  satis mendosos”    ConsoLI: L’ autore della Germania. 3       IRE  seruilis erga Traianum et Neruam reuerentiae !. Plinio,  inoltre, diede in particolar modo evidenza al titolo di  Germanico attribuito a Traiano *; fece menzione delle  vittorie di lui nei paesi renani 3; e specialmente s’ in-  trattenne, con ampie lodi, del secondo consolato di Tra-  iano ‘. L’a. 98 è per più ragioni anno notevole per Plinio:  gli è conferita da Nerva e da Traiano l’importante ca-  rica di ‘ praefectus aerarii Saturni ’ 5; il suo amico e  protettore Traiano è assunto all’impero, ed egli si af-  fretta a scrivergli una breve epistola gratulatoria, espri-  mendo il voto: ‘ precor ergo ut tibi et per te generi  bumano prospera omnia, id est digna saeculo tuo, con-  tingant ’ $. Nell’a. 98, in fine, si reputarono dai Romani  come finite, per l’ opera prudente di Traiano, le lotte  bisecolari contro i Germani, con la sottomissione di  questi.   Non sarebbe perciò una congettura priva di fonda-  mento l’ammettere che Plinio il giovane, rendendosi in-  terprete de’ sentimenti suoi e de’ suoi contemporanei ,  sentimenti di soddisfazione e di gioia per i vantaggi  apportati dagli avvenimenti dell’ a. 98 all’ impero ro-  mano, avesse inserito in una parte dell’opera dello zio,    4 J. P. LAGERGREN, de vita et elocutione C. Plinii Caecilii Se-  cundi, Vpsaliae 1872, pp. 12-13; in Uysala universitets aars-  skrift, 1871, V.   ? PLIN. pan. 9, 2. 14, ).   3 PLIN. pan. 14, 1-5. 82, 4-5.   PLIN. pan. 56, 3-7.   Vedi Mommsen, sur Lebensgeschichte d. j. Plin. sopra cit.;   e l'art. dello StoBBE nel Philologus XXVII, p. 641: donde la   notizia riferita dal LAGERGREN, 0. c., p.4; e dal NicoLaI, G. d. r. L.,n.   115, p. 640. Cf. TEUFFEL-SCHWABE, G. d. r. L, © n. 340, 1, p.849; ete.  6 PLIN. epist. ad Tr. imp. 1, 2.    (SISI    ini BB  intitolata bellorum Germaniae uiginti ll. (la quale parte  sarebbe probabilmente quella stessa pervenuta a noi col  titolo de orig. et situ Germanorum) la frase sopra no-  tata del cap. 37, a fin di computare la durata delle  guerre germaniche sino all’a. 98, in cui, dopo sì lungo  tempo, la Germania era stata completamente vinta.   Nè certamente sarebbe stato intendimento di Plinio  violare con una postilla, che ora appare interpolazione,  il libro del dotto scrittore, il quale era a lui zio e padre  adottivo affettuoso, ma rendere il libro delle guerre  germaniche meglio rispondente ai tempi in cui comin-  ciò a farsene la pubblicazione , cioè verso la fine del  sec. I. Quante volte non occorre a noi, oggidi, nel pub-  blicare un libro di autore antico, di aggiungere delle  note nelle quali si accenni, per completare o chiarire  i concetti espressi nel testo, ad avvenimenti posteriori  alla vita dello scrittore ? Ma al tempo dei Romani non  avevasi il mezzo odierno di distinguere le postille e le  note dal testo; talchè sovente queste penetrarono nel  testo stesso , dal quale indistinte si riprodussero negli  apografi scritti in tempi seriori; e da ciò il lavoro, non  facile nè sempre sicuro ne’ suoi risultamenti, della cri-  tica moderna, di espungere dai testi classici tutto ciò  che si considera come interpolato.   Un altro argomento ci conferma nella nostra conget-  tura. Plinio il giovane nell’epistola a Bebio Macro, nella  quale espone in ordine cronologico i libri dello zio, nota  tra questi : ‘ bellorum Germaniae uiginti, quibus omnia  quae cum Germanis gessimus bella collegit ’. ! Eviden-  temente, poichè l’epistola fu scritta l’a. 101, come tutte    1 PLIN. epist. III 5, 4.    — 36 —    le altre contenute nel lib. 3°, con la frase ‘ omnia q.  c. G. gessimus bella’, si allude a tutte le guerre com-  battute contro i Germani sino a quel tempo in cui  credevasi comunemente che fossero finite per l’opera sa-  gace di Traiano, cioè sino all’a. 98; e nella voce ‘ ges-  simus ’ si travede il pensiero che la narrazione storica  di Plinio Secondo era stata prolungata dal nipote sino  a comprendere tutte le guerre germaniche ; chè, se si  fosse ristretta alle sole guerre combattute mentre era  ancora in vita Plinio Secondo, ed avesse conservato lo  scopo precipuo per cui era stata scritta, cioè salvare ‘ ab  iniuria obliuionis’ la memoria di Druso Nerone, sareb-  besi detto obiettivamente ‘ gesta sunt’: nella voce ‘ ges-  simus’ si scorge non difficilmente la persona di chi ha  scritto l’epistola a Bebio Macro. In tale argomento soc-  corre l’autorità di Suetonio, il quale, scrivendo di Plinio  Secondo : ‘ itaque bella omnia, quae unquam cum  Germanis gesta sunt, XX uwoluminibus compreben-  dit ’,' da un canto ripete l’espressione di Plinio il giovane  ‘omnia bella ?, e dall’ altro canto con 1° uso del verbo  ‘ gesta sunt” dà evidenza al tempo sino a cui erano state  narrate le guerre germaniche.   Si aggiunga un’altra considerazione. Plinio Secondo  nella pref. alla sua nat. Rist. serive : ‘ uos quidem omnes,  patrem te fratremque (sc. Vespasianum, Titum, Domi-  tianum), diximus opere iusto, temporum nostrorum  historiam orsi a fine Aufidi Bassi. ubi sit ea quaeres ?  iam pridem peracta sancitur, et alioquin statutum erat  heredi (cioè al figlio adottivo, Plinio il giovane) man-  dare, ne quid ambitioni dedisse uita iu-    1 V. pag. 5, nota é.    GI    dicaretur”’'. Era quindi proposito di lui, a fin di  evitare la facile accusa di avere alterato il vero per  mire ambiziose , affidare al figlio adottivo, che, gio-  vinetto, molto aveva appreso dalla molteplice e copiosa  dottrina del suo secondo padre, l’incarico di pubblicare,  dopo la sua morte, i lavori storici che gli affidava, e  forse anche di limare o farvi delle opportune giunte,  per rendere la pubblicazione meglio adatta ai tempi in  cui essa aveva luogo. Che vale, infatti, la frase ‘ per-  acta sancitur’ se non, come spiega Io. Harduinus, ‘ ac-  curatius elimatur, castigatur ° ?*? Non poteva forse il figlio  adottivo , valente letterato anch’ egli, prender parte a  tale ‘ limae labor ’, dopo la morte dell’ autore, avendo  l’obbligo di pubblicare i libri di lui? E, dal canto suo,  Plinio il giovane aveva, quanto alla storia, una certa  competenza, perchè aveva atteso agli studi storîci se-  condo l’ es. paterno, come egli stesso dichiarava : ‘ me  uero a«l hoc studium (sc. historiae) impellit domesticum  quoque exemplum 5.   Gli antichi non può dirsi che siano stati molto seru-  polosi nel metter mano sui lavori altrui, per emendarli,    1 PLIN. n. A. praef. 20. Ma il Detlefsen (ed. Berl. 1866) acco-  glie la lez. ‘ per acta sancitum et alioqui ’.   2 Vedi C. Plin. Sec. hist. nat. Ul XXX VII quos interpretatione  et notis illustrauit IoanNES HARDVINVS, Paris. 1741, t. I, p. 4,  not. 7. Ma nelle ‘ notae et emend. ad 1. I', n. VI, p. 7, spie-  gandosi il perchè sia stata preferita nel testo la jez. ‘ peracta  sarcitur’ invece di ‘ sancitur ’, si aggiunge: ‘ hoc est, reuocatur,  retractatur, accuratius elimatur, ad polituram sarcitur; uti de  araneae tela Plinius ipse loquitur’ (n. A. XI 24 (28), 84 ‘ ad  polituram sarciens ’.)   8 PLIN. epist. V 8, 1 e 4.    — 38 —   massime quando questi non erano stati ancora pnbbli-  cati. Che non si disse per le commedie di Terenzio, e-  mendate e forse preparate da Scipione l’Africano e da  C. Lelio ?! Anneo Cornuto lasciò forse intatte le satire  dell'amico e discepolo suo Persio Flacco ? ?. È superfluo  addurre altri esempi: ci basti rammentare che, se le  mani di L. Vario e di Plozio Tucca si astennero dal pro-  fanare il poema lasciato incompleto da Virgilio, ciò av-  venne per espresso ordine di Augusto, cui non era le-  cito disubbidire ?.    VII. — A niuno, poi, sfugge l’ osservazione che nella  Germ. non si fa cenno dei rapporti di tregua e di guerra  tra i Romani ed i Germani, dopo il regno di Vespa-  siano. Nulla si dice della venuta in Roma, verso l’ a.  85, di* Masyos, re dei ‘ Semnones ’, e di Ganna, vergine  fatidica, che succedette a Veleda: entrambi furono ac-  colti onorevolmente da Domiziano. Trascurasi di men-  zionare 1’ impresa di Domiziano contro i ‘ Chatti”; chè,  come si è dimostrato sopra, non può indursi un’ allu-  sione a tale impresa dalle ultime parole del cap. 37  ‘ proximis temporibus triumphati magis quam uicti sunt’.  Omettesi di far menzione della spedizione di Vestricio  Spurinna contro i ‘ Bructeri’, dopo la morte di Domi-    4 Vedi Cic. ad Att. VII 3, 10. QvinTIL. è. 0. X 1, 99; ed un  framm. del libro de poetis di Suetonio, ed. Roth 1882, p. 293, 5-6.   2 V. la vita A. Persii Flacci de commentario Probi Valeri  sublata: il Roth la omise nella sua ed. dei framm. di Suetonio.   8 SERV. comm. in Verg. Aen. I: ‘ Augustus uero, ne tantum  opus (sc. Aeneis) periret, Tuccam et Varium hac lege iussit  emendare, ut superflua demerent, nihil adderent tamen’: vol.  I, fasc. 1°, p. 2, ed, Th.    dia   ziano: ed altre omissioni potremmo aggiungere. Invece  tutto ad un tratto si passa dalle notizie sopra avveni-  menti occorsi durante il regno di Vespasiano al secondo  consolato di Traiano ; e sì importante lacuna dà .nuovo  argomento a sospettare interpolato il passo del cap. 37,  del quale si è sopra a lungo discusso.   Cosicchè, e per i molteplici argomenti che ci offre il  testo della Germ., convenientemente interpretato, e per  gli argomenti esterni sopra esposti, non puossi non ri-  conoscere che nella Germ. non sono menzionati avve-  nimenti posteriori all’a. 79 d. Cr.; e però sorge spon-  taneo il dubbio che non Tacito, istoriografo fiorito al-  quanti anni dopo, ' ma Plinio Secondo (se è da non te-  nersi conto di Aufidio Basso, scrittore anch’egli di guerre  germaniche) possa essere stato l’ autore della Germ. ;  o meglio, che questa in principio abbia formato parte,  come una digressione necessaria, dei venti libri bello-  rum Germaniae. Nè quarantasei capitoli (si direbbero  meglio paragrafi) di un’introduzione o di una digressio-  ne, quanti se ne contano appunto nella Germ., si pos-  sono ritenere troppi per un lavoro storico che ha il  ‘ suo svolgimento in venti libri; poichè è noto che la  digressione sull’Africa è di non breve estensione nel d.  Iug. di Sallustio; e similmente la digressione di Ta-  cito sulla Britannia, nel libro de vita ef moribus Iulii    1 Il libro de wita et moribus Iulit Agricolae, primo, in ordine  cronologico, dei lavori di Tacito, è dell'a. 98: diciamo primo,  perchè pare ormai dimostrato che il dial. de oratoribus non  sia lavoro di Tacito. Vedi L. VALMAGGI, nuovi appunti sulla  critica recentissima del dialogo degli oratori, in Rio. di filol,  e d'i. cl, a. XXX, fasc. 1°, p. 23.    PRE (pn  Agricolae, occupa non meno di sette capitoli; e l’altra  digressione di Tacito stesso sulla Giudea si svolge in  ben dodici capitoli sui ventisei cc. del lib. V delle Rist.,  il quale non ci è pervenuto completo.    diri    CAPITOLO SECONDO    La Germania nella tradizione degli scrittori sino  ai tempi del Rinascimento.    Costantemente si è indicato Tacito quale autore della  Germ., sin dal tempo in cui l’aureo libretto fu scoperto  e rimesso in onore insieme con tanti altri tesori let-  terari dell’ antichità. Su quale fondamento si poggia  tale indicazione ? L’ indagheremo nel presente capitolo.   I. — Tacito fu sempre considerato dagli scrittori  posteriori, sia dell’ età antica sia del medio evo ', co-  me ‘scriptor historiae Augustae ’ ?, o ‘ qui post Augu-  stum usque ad mortem Domitiani uitas Caesarum  tri-  ginta uoluminibus exarauit ’ 8, o semplicemente ‘ an-  nalium scriptor ’‘, o con altra indicazione analoga *;    1 Vedi EMMERICH CoRrNELIvs, quomodo Tacitus historiarum  scriptor in hominum memoria uersatus sit usque ad rena-  scentes literas saeculis XIV et XV; inaug. diss. Marpurgi Chatt.  1888. M. MANITIUS, Beitrtige sur Geschichte d. ròmischer Pro-  saiker in Mittelalter, II, in Philologus, N. F. I (1889), pp. 565-566.   2 Vopisc. Tac. 10,3; in scriptt. hist. Aug. XXVII p. 192, ed. P.   3 HreRoNYM. comm. in Zach. IIl 14, t. VI, coll. 913-914, ed.  Vallars., Veron. 1736.   4 IoRDAN. de or. act. Get. 2, 29, p. 3, ed. A. Holder. È però pro-  babile che Iordanis, citando con inesattezza ‘ Cornelius anna-  lium seriptor ’, mentre ripete le notizie contenute nel libro de  u. et m. Iul. Agric., cc. 10, 11, 12, riferisca osservazioni e notizie  non attinte direttamente ai libri di Tacito.   5 Omettiamo l’ epiteto ‘sane ille mendacium loquacissimus ’,  dato a Tacito da TERTVLL. apologet., cap. 16, pp. 47-48, Canta-  brigiae 1686: le necessità della lotta rendevano talvolta ingiu-  sti i primi apologisti del Cristianesimo.    ii dI  e in generale, anche quando non fu indicato, in forma  di epiteto aggiunto al nome proprio, il genere lette-  rario da Tacito coltivato, si citarono i luoghi degli  annali o delle istorie, talvolta nominandosi Tacito au-  tore, talvolta omettendosi il nome di lui.   Il nome dell’autore non sempre è indicato nello stesso  modo. Tertulliano ', Vopisco ?, San Girolamo *, Orosio 4,  Apollinare Sidonio *, etc. lo nominano ‘ Cornelius Taci-  tus ’. Lo stesso nome ‘ Cornelius Tacitus” osservasi in  uno scolio di Giovenale © e in un luogo degli annales  Fuldenses di Rudolf, monaco di Fulda, il quale si valse  della prima parte degli ann. di Tacito per la sua com-  pilazione storica che va dall’ 838 all’ 863 ?; si nota an-    1 TERTVLL. apologet. |. l1.: egli cita Tac Rist. V 3; 4; 9.   ? Vopisc. Auretian. 2, 1. Tae. 10,3; in seriptt. hist. Aug.  XXVI, XXVII, pp. 149,192, ed. P. Sul 1° luogo di Vopisco, che  nota di menzogna Livio, Sallustio, Tacito e Trogo Pompeo, il  Petrarca osserva: ‘notat ystoricos, immeriter puto, precipue  (sic) primos duos’. Vedi P. pe NoLHac, Petrarque et l’humani-  sme d'aprés un essai de restitution de sa bibliothèque, Paris  1892, p. 258.   3 HiERoNYm. l. l. sopra, in nota 3, pag. 4l.   4 Oros. hist. adu. pag. I 5,1 (cf. Tac. hist. V 7). VII 3,7 (cita  un luogo delle Aist. di Tac., forse del lib. VI o VII, non per-  venuto a noi). VII 10, 4 (cita un luogo di Tac., che si è per-  duto: cf. Tac. hist. III 46. Cass. Dion. r. Rom. LXVII 6, 1; 7,  2; etc.). VII 19, 4 (la notizia che dà nel ]. c. non è in quel che  ci resta dei libri di Tac.). VII 27, l (cf. Tac. Rist. V 3, sgg.).   5 APOLLIN. SIpon. carm. 23, 153 sg. ‘et qui pro ingenio fluente  nulli, | Corneli Tacite, es tacendus ori’: ed. Luetjohann, in  monum. Germ. hist., Berl. 1887, t. VIII, p. 253.   6 Schol. Iuuenal. V 14,101 ‘cuius (sc. Moysis) Cornelius etiam  Tacitus meminit’: cf. Tac. hist. V 3.   7 Ann. Fuld. a. 852 ‘super amnem quem Cornelius Tacitus,       49-=  che in un’ epistola di Pietro di Bluis! e (tralasciando  di menzionare Frekulf, monaco di Fulda e poi vescovo  di Lisieux, Giovanni di Salisbury, Vincenzo di Beauvais,  i quali, come ormai è accertato, conobbero Tacito solo  di nome ?) in un’ epistola e altri Il. degli scritti del  Boccaccio 3, nel comentum super Dantis Aldigherij co-    scriptor rerum a Romanis in ea gente gestarum, Visurgim,  moderni uero Wisaraha uocant’: in PERTZ, monum. Germ. hist.  vol. I, p. 368. Vedi per le citazioni tacitiane negli annali di  Fulda e nelle res gestae Saronicae di Widukind, monaco di  Corwey, la diss. cit. del Cornelius, p. 38.   4 PETRI BLESENSIS Bathoniensis in Anglia archidiaconi opera  omnia, Paris. 1667, epist. 101 ad R. archid. Nannet, p. 158, col.  2° ‘ profuit mihi frequenter inspicere...... Corn. Tacitum, Titum  Liuium' e. q. s. Ma A. HorTis, studj sulle opere latine del Boccac-  cio con particolare riguardo alla storia della erudizione nel m.  evo e alle letterature straniere, Trieste 1879, p. 425, dubita che  « Pietro di Blois conoscesse più in là del nome di Tac. ». Con-  sente in ciò F. RamorINO, Corn. Tac. nella st;ria della coltura,  2* ed., Milano 1898, p. 91, nota 38. Vedi la diss. c. del Corne-  lius, p. 41.   ? Vedi HoRTIS, op. cit., p. 425, nota 3, e le monografie, ivi  menzionate, di E. Grunauer sui fonti della storia di Frekulf,  dello Schaarschmidt su Giov. di Salisbury, dello Schlosser su  Vinc. Bellovacense. Il Petrarca non scrisse mai il nome di  Tac., che tuttavia egli non poteva ignorare, poichè l’amico suo  Guglielmo da Pastrengo ne aveva fatto cenno nel libro de orig.  rer., f. 18: v. P. pE NoLHAC, op. cit., chap. VI, p. 266.   3 Boccaccio, epist. ad Nic. de Montefalcone : ‘ quaternum quem  asportasti Corn.i Tac.i quaeso saltem mittas ': v. FR. CORAZZINI,  le lettere edite e inedite di messer G. B. trad. e comm. con  nuovi documenti, Firenze 1877. La lettera porta la data ‘ Nea-  poli XIII kal. februarii’, ed è del 1371: v. Gustav KoERTING,  G. d. Litterat. Italiens im Zeitalter der Renaissance ; II (Boc-  caccio *s Leben u. Werke), Leipz. 1880, cap. I, pag. 47. Il Boc-    i d4 —  moediam di Benvenuto de Rambaldis da Imola !, nel  liber Augustalis?, nello scritto de wiris claris di Do-  menico Bandini aretino ®, in una lettera del 1395 di  Coluccio Salutati , 4 etc. .5- Anche del solo nome ‘ Ta-    caccio ripete il nome Cornelio Tacito altre due volte nel cap.  IV, p. 201 e p. 253, del comento sopra la Commedia di D. A.  iv. opere di m. G. B. cittadino fiorentino, con le annotazioni  di A. M. Salvini, vol. V, Firenze 1724); ed una sola volta nel  libro gen. deorum, INI 23, f. 28, ed. Parigi 1517. I detti luoghi  del Bocce. si riferiscono ai luoghi di T'ac. ann. XV 57 e 60-65.  hist. Il 2-3.    1 Comentum Inferni, c. IV, t. I, p. 152 ‘sicut patet apud Cor-°    nelium Tacitum': ed. Jac. Phil. Lacaita, Florentiae 1887. Vedi  per la citaz. tacitiana concernente Cleopatra (c. VI) le consi-  derazioni del Ramorino, disc. c, p. 93, nota 43.   ? Liber Aug.c.5 ‘de... Messalina scribit Cornelius Tacitus ’;  in FREHER-STRUVE, rerum Germanicarum scriptores, t. II, p. 6.  Ha dato evidenza alla citaz. il MANITIUS, Beitrige zur G. d. r.  Pr. im Mittelalter sopra cit., p. 566.   3 Il Bandini scrive di Tacito: ‘ Cornelius Tacitus orator et  hystoricus eloquentissimus’. Vedi l’ epistolario di CoLuccio Sa-  LUTATI, edito da Fr. Novati, III p. 297, nota.   4 C. SALUTATI, epist. IX 9, vol. III, p. 76, ed. cit.   5 Ci fermiamo con le nostre citazioni alla fine del sec. XIV: non  è necessario perciò ripetere le citazioni tacitiane che si notano  negli scritti dei più autorevoli umanisti del sec. XV, quali Sicco  Polenton, Poggio Bracciolini, Francesco Barbaro, Giov. Tortelli,  Flavio Biondo, Lor. Valla, L. B. Alberti, card. Bessarione, etc.  Vedi VoIGT-VALBUSA, il risorg. dell'antichità elass., Firenze 1888,  v. I, pp. 250-257. R. SABBADINI, storia e critica di alcuni testi  latini, in Museo it. di ant. class. ( Comparetti ), Firenza 1890,  v. III, p. 339 sgg. In. notizie storico-critiche di alcuni codd.  latini, in Studi ital. di filol. class., Firenze 1899, v. VII, pp. 119-  132. In. Za scuola e gli studi di Guarino Guarini veronese,  Catania 1896, p. 101, e il doc. 16 a pp. 193-194.    — 45 —  citus’ si valsero Vopisco ! e Apollinare Sidonio ?: que-  st’ ultimo 1’ unì con ‘ Gaius ?.* Ma da altri si preferì  l’ uso del solo nome “ Cornelius ’ ‘ : talora vi si aggiun-  se ‘ Gaius ?. 5   Non pochi citarono dei luoghi tacitiani senza però no-  minare l’ autore; così troviamo ripetuti, e talvolta quasi  alla lettera, alcuni passi delle rist. e degli ann. di Ta-    1 Vopisc. Prob. 2, 7;in scriptt hist Aug. XXVIII p. 202, ed. P.  ‘non Sallustios, Liuios, Tacitos, Trogos atque omnes di-  sertissimos imitarer”’.   2 APOLLIN. Sipon. epist. IV 22, 2. carm. II 192: ed. Luetjohaan,  p. 73 e p. 178.   3 APOLLIN. Sipon. epist. IV 14, 1 ‘ Gaius Tacitus unus e maio-  ribus tuis’, p. 65; ma nel cod. Paris. 9551 (F.del Luetj.) c' è  ‘tacius corneli”. C£. col |. c. di Sidonio Tac. hist. V 26.   4 Oros. hist. adu. pag. I 10, 1 (cf. VII 34, 5); 10, 3 (cf. Tac.  hist. V 3); 10, 5. VII 9, 7 (cf. Tac. hist. V 13. SveToN. deperdi-  torum librorum reliquiae, ed. Roth, IX, p. 287). APOLLIN. SIpon.  epist. IV 22, 2, ed. cit., pp. 72-73. Sehol. Iuuenal. I 2,99 (ef. Tac.  hist. libb. 1, II). IORDAN., Op. c., 2, 29. Boccaccio, com. sopra la  Comm. di D. A. pp. 202, 254, vol. e ed. cit. L. BRUNI, laudatio  urbis Florentinae (cf. Tac. hist. I 1. KrrNER, laud, urb. FI. L. B.,  Livorno 1889, pp. 19, 30). Omettiamo di citare il chron. Cas. di  Petrus, che nel catal. dei libri della badia di Montecassino an-  novera ‘ historiam Cornelii cum Omero (sîc)', perchè, come  bene avverte A. Hortis, op. c., p. 425, n. 2, la riunione del no-  me Cornelio con quello di Omero farebbe pensare « piuttosto  allo Pseudo-Cornelio Nipote ... ben noto per le sue attinenze  con le istorie troiane di Ditti e Darete ».   5 APOLLIN. Sipon. epist. IV 22, 2 ‘ cum Gaius Cornelius Gaio  Secundo (se. C. Plin. Caecil. Sec.) paria suasisset’; ed. c., p.  72: cf. PLIN. epist. V 8,    TRE    BENE gene    cito, in Sulpicio Severo , ! Orosio, ? e nello scoli aste di  Giovenale. ® Vi ha una frase di Cassiodorio, che pare  desunta dalle storie di Tacito.‘ Anche il Boccaccio si  valse, come abbiamo veduto, di Tacito , © talvolta senza    1 SvLP. SEv. chronica quae uulgo inscribuntur hist. sacra (in  S. S. opera studio et lab. Hier. De Prato, t. II, Veron. 1754) II  28, p. ì59 (cf. Tac. ann. XV 37 in fine); II 29, pp. 160-161 (cf.  Tac. ann. XV 40 e 44 in fine). È probabile che quanto scrive  Sulp. Sev. ‘ de Hierosolymorum supremo die’ II 30, pp. 163-  166, sia stato preso da un luogo ora perduto del lib. V Aist. di  Tac.: v. la nota 6* a p. 164, col. 1°, ed. c. ; e inoltre BERNAYS,  de chronicis Sulpicii Seueri, p. 55 sgg. Per uno strano inverti-  mento dell’ ordine logico, P. Hochart nel suo libro de l’ authen-  ticité des ann. et des hist. de Tac., Paris 1890, pp. 200-201,  scambia l’effetto con la causa, e ammette che il presunto fal-  sificatore di Tac. abbia copiato da Sulpicio Severo quello che  in realtà costui copiò da Tac.   ? Oros. hist. adu. pag. VII 4, 11 (cf. Tac. ann. IV 62 e 63);  4, 17 (cf. Tac. ann. II 85 in fine).   3 Schol. Iuuenat. 1 5, 108 : cf. Tac. ann. XV 62.   4 Casson. war. XI 3i, p. 157, 2* col., in M. A. CassioporI 0-  pera omnia, ed. J. Garet.,, Ven. 1729, t.I: ‘more maiorum  scuto supposito "; cf. Tac. /A'st. IV 15, 10 ‘inpositusque scuto  more gentis ’.   5 Il Boccaccio ebbe conoscenza di Tac. ann. Il. XII-XVI e  hist. ]l. IIT-]II, perchè se ne avvalse, senza menzionare i fonti,  negli ultimi capitoli del libro de claris mulieribus, per narrare  la vita di Epicharis la cortigiana (c. 91: cf. Tac. ann. XV 51-  57), di Pompeia Paolina, moglie di Seneca (c. 92: cf. Tac. ann.  XV 60; 63; 64), di Poppea Sabina, amante e poi sposa di Ne-  rone (c. 93: ct Tac arn. XIII 45 e 46. XIV 60-63. XV 23. XVI  6), di Triaria, moglie di L. Vitelliv fratello dell’ imperatore (c.  94: cf. Tac. Aist. II 63. III 77); e aggiungiamo anchela vita di  Agrippina, madre di Nerone (c. 90: cf. Tac. ann. Il. XII-XIV),  sebbene le notizie possano essere state prese da SvETon. Claud.  26. 29. 39. 43. 44. Ner.6. 9. 28. 34. 35. Vedi ScHUECK, Boccaccio's    RESO ge  nominarlo. ?    II. — Quanto alla Germ. non vi è, sino al sec. IX,  scrittore alcuno che ne abbia fatto menzione.o ne ab-  bia tratto vantaggio, ripetendo o imitando qualche luo-  go di essa. Si è preteso scorgere un accenno alla Germ.  c. 45 ed al nome dell’ autore della stessa (Cornelio) in  un’ epistola di Cassiodorio *, con la quale il re Teodo-  rico ringrazia il popolo degli ‘ Haesti ? 3 per un dono  di ambra. Nell’ ep. di Cassiodorio si legge : ‘ succina  quae a uobis ... directa sunt, grato animo fuisse suscepta:  quae ad uos oceani unda descendens, hanc leuissimam  substantiam, sicut et uestrorum relatio continebat, ex-    lateinische Schriften, in Jahrbb. fiur Philol. u. Pidag. CX (1874),  p. 170 sgg. A. HoRTIS, op.c., pp. 425-426. G. KOERTING, Op. c.,  VII, p. 393. P_ pE NoLHAC, op. c., chap. VI, pp. 266-267: e Boc-  cace et Tacite, in Mélanges de l Ecole de Rome, t. XII, 1892.  RAMORINO, disc. c., p. 92, nota 4l.   1 Dal novero degli scrittori che nell'età di mezzo si valsero  di Tac., senza menzionarlo, dobbiamo escludere l’autore ignoto  della vita Heinrici IV, vissuto nel sec XII, non ostante che il  Cornelius vi trovi delle frasi, in cui sembrano riflettersi certe  espressioni che si notano negli ann. di Tac.: v. MANITIUS, Beitr.  cit. p. 566; RAMORINO, disc. c., p. 91, nota 40. E si deve altresi  escludere dal novero Guglielmo di Malmesbury che, in un luogo  dei gesta reg. Angl. c. 68, ed. Hardy, I 95, con la frase * incre-  dibile quantum breui adoleverit’ pare che abbia voluto ripro-  durre la frase tacitiana, Gist. II 73, 1 ‘ uix credibile memoratu  est quantum ... adoleuerit’; poichè la stessa frase leggesi in  SaLL. Cat. 6, 2 ‘incredibile memoratu est quam facile coalue-  rint'; e ciò avvertiva sin dal 17-III-1390 il GaABOTTO, in un art.  pubbl. nella Rio. di filol. e d’i. el. XIX (1891), pp. 397-308.   2 Cassion. uar. V 2, ed. c., t. I, p. 73.   3 ‘ Aestii ’, secondo il testo della Germ. 45, 8.    — 48 —    portat; sed unde ueniat, incognitum wos habere dixe-  runt, quam ante omnes homines patria uestra offerente  suscipitis. haec quodam Cornelio scribente  legitur in interioribus insulis oceani ex arboris succo  defluens, unde et succinum dicitur, paulatim solis ar-  dore coalescere. — cum in maris fuerat delapsa confi-  nio, aestu alternante purgata, uestris littoribus trada-  tur exposita.’ Or, il ‘ quidam Cornelius scribens’ non  è, come affermano alcuni ,' Corn. Tacito, autore delle  hist. e degli ann., ma ‘ Cornelius Bocchus ?. Il Peter  nota, infatti, il l. cit. di Cassiodorio tra i frammenti  delle storie di ‘ Cornelius Bocchus ’ ; * ed è noto che Pli-  nio Secondosegna questo scrittore il quarto tra gli au-  tori i cui scritti gli servirono di fonti per compilare  il libro XXXVII della sua naturalis historia :3 e ap-  punto nel libro XXXVII trattasi del sucino o ambra ,'    1 Vedi MASSsMAnN, op. c., pp. 158-159. TH Finck, Germ. her-  ausgegeben u. erlàutert, Gòttingen 1857, p. 14, nota 2. GEFFROY,  Op. c., p. 97. A: Pars, comm. cit, p. XIX. MARINA, Op. c., p. 4;  2. RAMORINO, disc. c., p. 31. etc.   ? Historic. Rom. fragmenta, ed. Peter, Lps. 1833, p. 298, n.° 8,*  Vedi Mommsen, introd. ai coll. r. m. di Solino, p. XVII.   3 PLIN. n. h. I ex auctoribus l. XXXVII. Si valse anche del-  le opere di Bocco per compilare i Il. XVI, XXXII e XXXIV;  ma in questi u'timi due si cita solo ‘ B»echus', senza il nome  * Cornelius.   4 PLIN. n. A. XXXVII 3 (11), 42 e 43. Le notizie sull'’ambra,  date da Bocco e raccolie da Plinio, furono poi ripetute da So-  LIN. coll. r. m. 20, 9 sgg. Vedi il comm. c. del DiLTHEY, pp. 290-  296; e WoLFGANG HELBIG, osseroazioni sopra il commercio  dell’ ambra, in Atti d. Accad. d. Lincei, 1877 : inoltre v. le pp.  184-189 della dissertazione di ETTORE PAIS, intorno alle più an-  tiche relazioni tra la Grecia e l'Italia, in Riv. di filol. e di.  cl. XX (1892).    Rea GEA   e vi si esprime lo stesso concetto annunciato da Cas-  siodorio, con parole quasi consimili. Nè vale il dire che  nelle voci ‘ legitur, insulis, ex arboris succo, solis ar-  dore’ del 1. ce. di Cassiodorio si ripetono le voci del  testo della Germ. c. 45 ‘legunt, legitur, sucum arbo-  rum, insulis, solis radiis’; poichè, oltre la ripetizione  del concetto, vi ha maggiore analogia di forme tra il  passo cit. di Cassiodorio ed il corrispondente luogo di  Plinio Secondo, nel quale luogo si ripresentano, come  sì è avvertito sopra, le notizie date da Cornelio Bocco. !  Nemmeno può ammettersi che Iordanis abbia avuto  notizia della Germ.?® sol perchè nel c. 2 del de or.  act. Get. sì trovano le due voci ‘inaccessam, ape-  ruit?, che si osservano usate anche nel c. 1° della  Germ., ma con tutt'altro intendimento e in due periodi  interamente separati e indipendenti l’ uno dall’ altro *.    1 Cassiod. ‘in interioribus insulis oceani’; cf. Plin. n. A.  XXXVII 3 (11), 42 ‘in insulis septentrionalis oceani’. Cassiod.  ‘ex arboris succo defluens’; cf. Plin. ibid. ‘ defluente medulla  pinei generis arboribus ’; e 43 ‘ arboris sucum esse’. Cassiod.  ‘unde etsuccinum dicitur ’; cf Plin.ibid. 43 ‘ ob id sucinum ap-  pellantes’ (e Solin. 20, 9 ‘sucum esse arboris de nominis ca-  pessas qualitate ’). Cassiod. ‘ aestu alternante purgata, littoribus  tradatur exposita ’; cf. Plin. ibid. 42 ‘ipse intumescens aestus  rapuit ex insulis, certe in litora expellitur”; XXXVII 2 (11), 35  ‘ esse concreti maris purgamentum ”.   2 Che Iordanis abbia avuto notizia della Germ. l' ammette il  Massmann, op. c., p. 157.   3 IorpAN. de or. act. Get. 2, 5 p. 3, H. ‘quam diu siquidem  armis inaccessa m (sc. Britanniam) Romanis Iulius Cae-  sar proeliis, ad gloriam tantum quaesitis, aperuit’. Si con-  fronti con Germ. 1, 3 ‘cetera Oceanus ambit...... nuper co-    CONSOLI : L’ autore della Germania. 4    i — 50 —  E non solamente nella Germ. occorre il v. ‘ aperire ’ nel  significato di « far conoscere, dar notizia », e perciò  « rendere accessibile », perocchè con lo stesso signifi-  cato appare in Livio !, Mela ?, Tacito 3, etc. Similmente  non è attendibile il confronto del c. 3 del lib. di Ior-  danis col c. 40 della Germ., ‘nei quali cc. sono comuni  le parole ‘est in Oceani insula’, non ordinate però in  modo identico in entrambi. Poi è da notarsi che  Iordanis cita, come fonte della sua designazione geo-  grafica, il secondo libro dell’opera di Tolomeo; nè, d’al-  tro canto, è noto quale sia precisamente 1’ isola indi-  cata nella Germ., nella quale era il luogo sacre alla  dea ‘ Nerthus” o ‘Terra mater ’ £.   Neppure il luogo del ven. Beda, che noi, trattando dei  ‘ Bructeri ’, abbiamo riferito sopra (p. 28, nota 3), dà la  certezza che questo scrittore, vissuto dal 674 al 735, ab-       gnitis quibusdam gentibus ac regibus, quos bellum aperuit.  Rhenus, Raeticarum Alpium inaccesso ac praecipiti  uertice ortus’ e. q. s. i   1 Liv. X 24, 5. XXXVI 17, 14. XLII 52, 14.   2 Pompon. Met. chor. III 6, 49.   8 Tac. Agr. 22, 1. hist. IV 64, 19. ann. II 70, 10. Vedi inoltre  Lvcan. de b. c. IV 352. Var. FLAC. Arg. I 169.   4 ]l confronto è sostenuto anche dal Massmann, l. c.   5 IORDAN. 3, 4 p. 4, H. “est in Oceani arctoi salo posita in-  sula magna, nomine Scandza ”. Germ. 40, 8 ‘ est in insula O-  ceani castum nemus ”.   6 Si discute ancora se sia Riigen, Fehmarn, Helgoland, Laa-  land, Bornholni, Seeland, la Scandinavia stessa , che gli anti-  chi consideravano come isola. Il MicHELSEN, vorchristliche  Kultusstatten (citato da U. Zernial, comm. p. 78, da A. Pais,  comm. p. 61, e da G. Marina, op. c., p. 127) indica come più  probabile Alsen.« mit dem heiligen Walde Hellewith und dem  heiligen See Hellesò ».       pe    =.  bia avuto notizia diretta della Germ. Si asserisce, è vero,  che i nomi di popoli ‘ Fresones, Rugini, Boruchtuarii,  Anglii’ egli non poteva ad altro fonte attingerli che  alla Germ., perchè appunto nei cc. 34, 44 (43), 33, 40  della Germ. si tratta di essi !, Ma ciò è inesatto, per-  chè troviamo fatta menzione dei ‘ Frisii ’, che il Beda  chiama ‘ Fresones *, in Plinio Secondo, Cassio Dione, nel  panegyr. Constantio Caesari, oltrechè in Tacito. * Dei  ‘ Rugii ’, detti dal Beda ‘ Rugini ?, si fa menzione nel-  l’appendice excerpta Valesiana alle storie di Ammiano  Marcellino ; inoltre in Iordanis, Procopio, Paolo diaco-  no. ? Quanto ai ‘ Bructeri ’, che con lieve mutazione .il  Beda chiama ‘ Boruchtuarii ’, è opportuno aggiungere  che di loro si fa cenno non solamente da Velleio Pa-  tercolo, Plinio il giovane, Nazario e dall’autore del pa-  negirico a Costantino Augusto, dei quali sopra si è te-  nuto discorso, ma anche da Strabone, Claudiano, Gre-  gorio di Tours, etc. * Degli ‘Anglii’, che nel sec. V  passarono nella Britannia, leggesi un cenno in Tolo-  meo 5; e lo stesso Beda spiega l’ etimologia del loro    1 Vedi MassMann, op. c., p. 159.   2 Pcin. n. A. IV 15 (29), 101: qualcuno legge anche la voce  ‘ Frisii’ premessa a ‘gens tum fida’ in XXV 3 (6), 21. Cass.  Dion. r. Rom. LIV 32. Incerti pan. Const. Caes. 9; in BAEHRENS,  XII pan. Lat., V, p. 138. Tac. Agr. 28, 14. hist. IV 15, 12; 18,  26; 56, 15; 79,8. ann. I 60, 6.IV 72, 1; 74, 1. XI 19,3. XIII 54, 2.   3 Excerpta Vales. 10, 48 p. 292, 2° vol., ed. Gardthausen. Ior-  DAN. de or. act. Get. 54,7 p. 64, H. PrRocoP. de db. Goth. II 14.  PavL. pIac. de gest. Langobard. I 19, in rer. Ital. scriptt. del  MURATORI, t. I, -pp. 415-416. Cf PTOLEM. geogr. II 11.   4 STRAB. geogr. VII 1, 3-4 (C. 290-292), pp. 398-401, ed. M.  CLAVDIAN. de IV cons. Hon. 451. GRrEGOR. TvRENS. II 9.   5 ProLem. geoyr. II 11. Un antico trad, di Tolomeo li disse    vi BO  nome: ‘porro de Anglis, hoc est de illa patria quae  Angulus (per altri, Anglia) dicitur.’ ! L'angolo sarebbe  il territorio che si estende da Flensburg sino all’ Eider,  a sud-ovest dello Schleswig. *    III. — Le prime e sicure tracce della Germ. appari-  scono nel sec. IX, in un libro intitolato franslatio S.  Alexandri?, che fu cominciato da Rudolf, monaco del  monastero di Fulda, nell’a. 863, e, per la morte di co-  stui avvenuta nell’ 865, continuato e portato a fine da  un altro monaco dello stesso monastero, Meginhard.  Rudolf, trattando, nelle prime pagine del suo lavoro,  dei costumi dei Sassoni, riproduce alla lettera diversi  luoghi dei cc. 4, 9, 10, 11 della Germ., rendendone al-  cune espressioni più adatte al gusto letterario de’ suoi  tempi; ma non nomina mai l’autore del libro. Valga-  no i sgg. confronti, nei quali sono trascritte in corsivo    ‘ Sueui Angili, qui magis orientales sunt quam Longobardi '; Col.  Agrip. 1584, p. 27, col. 1°.   1 Ven. BEDA, hist. gent. Angl. I 15, col. 11, t. III, ed. c.   2 Si noti eziandio che il ven. Beda dovette attingere le noti-  zie sui ‘Saxones’, dei quali fa cenno nel l. c., non soltanto  alla geogr. di Tolomeo, ma anche ad altri fonti, p. es. AMM.  Marc. r. g. XXVI 4,5. XXVII 8, 5. XXVIII 2, 12; 5, 1e4.  XXX 7, 8. PacaT. DREPAN. pan. Theodos. Aug. 5; in BAEH-  RENS, X// pan. Lat. XII, p. 275. Oros. hist. adu. pag. VII 25, 3;  32, 10. IORDAN. de or. act. Get. 36, p. 43, ed. H.   3 Pubbl. nei monum. Germ. historica, t. II, p. 675 sgg., ed.  Pertz.   4 Il RITTER, Op. c., praef. p. XVI, n., dimostra evidente l’erro-  re in cui incorsero il Massmano, op. c., p. 224 sgg. e il Haupt  (comm. Germ.) di attribuire a Meginhard quella parte della  transl. S. Alex, che era stata scritta da Rudolf,    le parole e parti di parole della Germ. identicamente  ripetute nella dransl. S. Alexandri:    Rudolf: ‘nec facile ullis aliarum gentium... conubiis  infecti, propriam et sinceram et tantum sui similem gentem  facere conati sunt. unde habitus quoque... corporum...in tan-  to hominum numero, idem pene omnibus’: cf. Germ. 4,    Rudolf: ‘marime Mercurium venerabantur, cui certis  diebus humanis quoque hostiis litare consueuerant. Deos suos  neque templis includere neque ullae humani oris speciei adsi-  milare ex magnitudine... caelestium arbitrati sunt: lucos ae  nemora consecrantes deorumque nominibus appellantes secre-  tum illud sola reuerentia contemplabantur’: cf. Germ. 9.    Rudolf: ‘auspicia et sortes quam maxime obseruabani :  sortium consuetudo simplex erat. uirgam frugiferae arbori de-  cisam in surculos amputabant eosque notis quibusdam discre-  tos super candidam uestem temere ac fortuito spargebant. mox,  sî publica consultatio fuit, sacerdos populi, sì priuata, ipse pa-  ter familias precatus deos coelumque suspiciens ter singulos tu-  lit, sublatosque secundum inpressam ante notam interpretatus  est. sî prohibuerunt, nulla de eadem re ipsa die consultatio :  si permissum est, euentuum adhue fides exigebatur. auium uo-  ces uolatusque interrogare proprium gentis illius erat; equo-  rum quoque praesagia ac monitus experiri, hinnitusque ac fre-  mitus obseruare; nec ulli auspicio maior fides, non solum a-  pud plebem, sed etiam apud proceres habebatur. erat el alia  obseruatio auspiciorum, qua grauium bellorum euentus explo-  rare solebant: eius quippe gentis, cum qua bellandum fuit, cap-  tiuum quoquo modo interceptum cum electo popularium suo-  rum, patriis quemque armis, committere et uictoriam huius  uel illius pro iudicio habere ’: cf. Germ. 10.    Rudolf: ‘quomodo autem certis diebus, cum aut inchoa-  tur luna aut impletur, agendis rebus auspicatissimum initium  crediderint...... praetereo ’: cf. Germ. 1l.    Si osservano anche tracce della Germ.in più luoghi  di Adamo di Brema, scrittore del sec. XI: in essi si       PES gra   fa menzione della ‘Sueonia” e dei ‘ Sueones ’;! ed è  noto che in nessuno scritto, greco o latino, lasciatoci  dall’antichità classica, e anteriore alla Germ. (c. 44),  si fa parola dei ‘ Suiones ’, abitatori della penisola  scandinava o della parte orientale di essa. ? Iordanis  menziona la ‘ gens Suethans” e i ‘ Suethidi, cogniti in  hac gente reliquis corpore eminentiores 7.3 Ma Adamo  di Brema dovette ricavare dalla trans. S. Alex., non  dalla Germ. direttamente, quelle poche frasi del suo  lib. V, le quali sono consimili ad alcune frasi che si  leggono nei ce. 4, 9, 10, 11 della Germ. Lo stesso può  dirsi del chronicon Vraugiense del sec. XII, per quelle  espressioni che paiono imitate dalla Germ. e, invece,  furono desunte dalla stessa Zransl. S. Alex. 4   Il Cornelius, nel suo pregevole studio sulle vicende  delle opere tacitiane nel medio evo, ha creduto affer-  mare che in un luogo della vita Mathildis di Donizone  (nel qual luogo si nota la facilità biasimevole, con cui  i Germani ingaggiavano delle risse cruente, massi-  me se eccitati da troppe bevande spiritose) si ripete  l’ osservazione del c. 22 della Germ.: ‘crebrae, ut in-  ter uinolentos, rixae raro conuiciis, saepius caede et  uulneribus transiguntur ’. Ma il confronto appare inve-  risimile, perchè Donizone, piuttosto che riferirsi ad una  cattiva usanza osservata dall’ autore della Germ., in-    1 Descriptio insularum Aquilonis 21 (c. 230), in Micene, Patro-  log. curs., t. CXLVI, col. 637; 27 (c. 235), col. 644; 26 (c. 234),  col. 642.   ? R. KEySER, Norges historie, Kristiania 1865, vol. I, p. 34 sg.   3 IORDAN. de or. act. Get. 3, 40; 3, 55, p.5 H.   4 V. il confronto dimostrativo fatto dal Massmann, op. c., An-  hang, pp. 220-234.       — 55  tende dar notizia della facilità con cui a’ suoi tempi  si veniva a risse sanguinose per causa dell’ubbriachez-  za. * Del resto, trattasi di un’ usanza, che osserviamo  tutto dì nelle classi sociali che più difettano di coltura  e si abbandonano al vizio dell’ ubbriachezza : molto più    doveva ciò avvenire tra genti barbare, e nei tempi de-  scritti da Donizone. *    Dalle osservazioni premesse ci è dato concludere che,  sino all’età del Rinascimento, sparutissime sono le tracce  della Germ. nella tradizione degli scrittori: non mai  Tacito venne indicato quale autore della Germ.    1 MANITIUS, Beitrige c., p. 566. RAMORINO, disc. c, pp. 91-92,  nota 40.   ? Tacito avvertiva: ‘nec facilem inter temulehtos consen-  sum’ (Aist. I 26, 6) — ‘ uinolentiam ac libidines, grata barba-  ris’ (ann. XI 16, 12).       — 56 —    CAPITOLO TERZO  La Germania nella tradizione manoscritta.    I. — Il primo degli umanisti, che abbia fatto men-  zione della scoperta di un libro intitolato de origine  et situ Germanorum, fu Antonio Beccadelli, detto il  Panormita, il quale, in una lettera diretta al Guarini  veronese, scriveva: ‘ compertus est Cor. Tacitus de ori-  gine et situ Germanorum. Item eiusdem liber de uita  lulii Agricolae isque incipit: clarorum wirorum facta  ceteraue. Quinetiam Sex. Iulii Frontonis liber de aquae-  ductibus qui in urbem Romam inducuntur; et est litteris  aureis transcriptus. Item eiusdem Frontonis liber alter,  qui in hunc modum iniciatur : cum omnis res ab im-  peratore delegata mentionem exrigat et cetera. Et in-  uentus est quidam dialogus de oratore et est, ut con-  iectamus, Cor. Taciti, atque is ita incipit: saepe ex  me requirunt et cetera. Inter quos et liber Suetonii  Tranquilli repertus de grammaticis et rbetoribus : huic  initium est: grammatica Romae. Hi et innumerabiles  alii qui in manibus uersantur, et praeterea alii fortas-  se qui in usu non sunt, uno in loco simul sunt; ii uero  omnes, qui ob hominum ignauiam in desuetudinem ab-  ierant ibique sunt, cuidam mihi coniunctissimo ii di-  mittentur propediem , ab illo autem ad me proxime  et de repente; tu secundo proximus eris, qui renatos  sane illustrissimos habiturus sis ’.! Alla lettera si as-  segna la data dell’ aprile 1426. Con la stessa lettera si  può ben mettere in confronto una epistola scritta dal    1 Studi ital. di filol. class. VII, p. 125.    E   Poggio al Niccoli, in data del 3 novembre dell’anno pre-  cedente. ! Il Poggio gli annunziava : ‘ quidam monachus  amicus meus ex quodam monasterio Germaniae, qui 0-  lim a nobis recessit, ad me misit litteras, quas nudius  quartus accepi; per quas scribit se reperisse aliqua uo-  lumina de nostris, quae permutare uellet cum Nowuella  Ioannis Andreae, uel tum Speculo, tum Additionibus,  et nomina librorum mittit interclusa .. Inter ea uo-  lumina est Iulius Frontinus et aliqua opera Corn. Tac.  nobis ignota. Videbis inuentarium, et quaeres illa uo-  lumina legalia, si reperiri poterunt commodo’ pretio.  Libri ponentur in Nurimberga, quo et deferri debent  Speculum et Additiones, et exinde magna est facultas  libros aduehendi. Vt uidebis per inuentarium, haec est  particula quaedam, nam multi alii restant ; scribit enim  in hunce modum: « sicuti mihi supplicastis de notando  poetas, ut ex his eligeretis qui uobis placerent, inueni  multos e quibus collegi aliquos, quos in cedula hac in-  clusa reperietis » ”.......   La lettera del Panormita e quella del Poggio con-  vergono nella notizia della stessa scoperta, che il pri-  mo accenna con particolari minuti, mentre il secondo,  tranne per le determinazioni concernenti Frontino e Ta-  cito, si rimette all’ inventario; e convergono anche nella  notizia, che nel luogo della scoperta degli autori men-  tovati abbondavano libri antichi, parte già in uso e parte  ancora ignoti. ® La notizia al Poggio provenne dal mo-    1 La data del 1425 è segnata nell’ ed. Tonelli dell’ epistol. del  Poggio, Firenze 1832.   ? Panorm.: “hi et innumerabiles alii quiin manibus uersan-  tur, et praeterea alii fortasse qui in usu non sunt, uno in loco  simul sunt’. Pogg. :‘ haec est particula quaedam, nam multi       — 58 —    haco che, appresso, è detto ‘ Hersfeldensis ° !; ma donde  provenne la notizia al Panormita? quale inventario o no-  ta di libri gli fudato di osservare, per indicare poi con  tanta precisione il principio dell’ Agr., dei libri di Fron-  tino, del dialogo de oratoribus e del libro di Suetonio  de gramm. et rhetoribus? Egli fa cenno di un suo  ‘ coniunctissimus ’, al quale sarebbero stati mandati i  libri ‘ propediem ’, e da questo a lui ‘proxime et de  repente ’. Perciò o il monaco hersfeldese, oltre all’ave-  re iniziato delle trattative col Poggio, trattò anche dello  scambio dei codd. del suo monastero coi libri che desi-  derava, con qualche umanista amico del Panormita; ov-  vero il Panormita attinse la notizia, che egli comunica  al Guarini, direttamente dal Poggio, tanto più che al-  lora egli era in sì buoni rapporti di amicizia col Poggio  da mandargli, per mezzo del suo discepolo ed amico  Giovanni Lamola, l’Ermafrodito, e ricevere da lui del-  le magnifiche lodi ® insieme con l’ avvertimento (non  bene accolto) di scegliere argomenti più serii per i suoi  carmi.    alii restant ’; cf. epist. 1. lib. III, del 14 settembre 1426 :‘ quin  etiam dedi operam, ut habeam inuentarium cuiusdam uetustis-  simi monasterii in Germania, ubi est ingens librorum copia’.  Queste affermazioni dovettero provenire dalla frase ‘inueni  multos’ e. q. s., che si legge in quella parte della lettera del  monaco hersfeldese, che è ripetuta dal Poggio.   1 Poem epist. III 12 T. ‘ monachum illum ,Hersfeldensem ’.   2 Poggi epist. ll 40 T.: ‘ laudo igitur doctrinam tuam, iucun-  ditatem carminis, iocos et sales; tibique gratias ago pro por-  tiuncula mea, qui Latinas Musas, quae iamdiu nimium dor-  mierunt, a somno excitas.’ L’ epistola presenta la data 3 apri-  le 1426, perciò è contemporanea, o forse di pochi giorni ante-  riore, a quella scritta dal Panormita al Guarini,    — 59 —   Così non si può discompagnare la scoperta della  Germ., indicata dal Panormita, dalle pratiche iniziate  dal Poggio col monaco hersfeldese per aversi, insieme  con altri codd., ‘ uolumen illud Corn. Taciti et aliorum,  quibus caremus ’.! Son note, dall’ epistolario del Pog-  gio, le vicende di tali pratiche; ® ma si ignora quali  possano essere stati i risultamenti finali di esse. Si sa  tuttavia con quale pertinacia insistessero i cercatori di  opere classiche nell’ età del Rinascimento, e in ispecial  modo il Poggio e il Niccoli; talchè non è improbabile  che alla fine il monaco hersfeldese, dopo il vivo rim-  provero che gli inflisse il Poggio e la minaccia di non  ottenere nulla, venuto meno il favore del Poggio me-  desimo, quanto alla lite che a nome del suo monastero  da più anni sosteneva dinanzi alla Curia, 3 si fosse in-  dotto a portargli il cod. promesso. * Nè fa meraviglia  che il Poggio, avuto il cod., ne abbia conservato asso-  luto silenzio nell’ interesse suo, sia a vantaggio dei    4 Poca epist. III 12 T. Il Voret (trad. VALBUSA, II 4, vol. I,  P. 254) vorrebbe farla risalire alla scoperta fatta, nel 1422 in  Germania, da Bartolomeo Capra, arcivescovo di Milano; e del  parere del Voigt è il SABBADINI (v. Studi ital. di filolog. class.  VII, p. 128 sg.). Ma danno motivo a dubitare di ciò) le osserva-  zioni fatte dal Poggio, in riguardo a tale scoperta, nella lettera  al Niccoli, del 10 giugno 1422 (epist. I 21).   ? Pocair epist. III 12; 13; 14; 19; 29.   3 Pogcir epist. III 29 T. (26 febbr. 1429): ‘ monachus Hersfel-  densis uenit absque libro; multumque est a me increpatus ob  eam causam: asseuerauit se cito rediturum, nam litigat no-  mine monasterii, et portaturum librum. Rogauit me multa: di-  xi me nil facturum, risi librum haberemus; ideo spero ot il-  lum nos habituros, quia eget fauore nostro”.   4 VOIGT-VALBUSA, op. c., II 4, vol. I, pp. 255-256.    REN no  suoi negozi librari, sia a causa delle vie tortuose e non  sempre legittime allora seguite per venire in possesso  di codd. preziosi. Egli stesso dichiara al Niccoli, in oc-  casione che questi gli aveva prestato l’ esemplare allo-  ra noto di Tacito (oggi cod. Medic. II): ‘ Cornelium Ta-  citum, cum uenerit, obseruabo penes me occulte. Scie  enim ommem illam cantilenam, et unde exierit, et per  quem, et quis eum sibi uindicet, sed nil dubites, non  exibit a me ne uerbo quidem.’ ! Nè osta il giudizio es-  presso dal Poggio, nella lettera del 17 maggio 1427,  sull’ inventario portato dal monaco di Hersfeld,® cioè  che questo inventario era ‘ plenum uerbis, re uacuum ’,  e che nella parte del medesimo inventario, mandata al  Niccoli, concernente Tacito ed altri scrittori, vi fossero  ‘ res quaedam paruulae, non satis magno... aestimandae ’ ;  onde egli era caduto ‘ ex maxima spe, quam concepe-  rat ex uerbis suis.’ Perciocchè, se in realtà fosse stato  di sì poca importanza e di sì minimo pregio il cod.  promesso, per qual motivo avrebbe il Poggio tanto in-  sistito per averne il possesso, come egli attesta nelle  due lettere che scrisse poi al Niccoli, l’ una del 31  maggio 1427 e l’altra del 26 febbraio 1429? ® Anzi,  nella prima delle due lettere citate, dichiara espressa-    mente di aver meglio che per altri. codd. provveduto ‘    al modo di aversi il ‘ uolumen ’ di Cornelio Tacito, ‘ quo  maxime indigemus, id quidem imprimis est, quod uolo:    1 Poee epist. III 14 T. (27 settem. 1427). In conferma del si-  lenzio che tenevasi sui risultamenti delle investigazioni e delle  pratiche iniziate con mercatanti di codd. e con monasteri, v. l’e-  pist. II 1.   2 Poca epist. III 12 T.   8 Pogeli epist. III 13; 29, in fine, T.       POR; E  quin mandaui isti monacho, ut uel ipse secum defer-  ret, nam credit se rediturum brevi, uel per alium mo-  nachum curaret deferendum : alios (sc. libros) iussi por-  tari Nurimbergam, hunc uero Romam proficisci recta  uia, et ita se facturum recepit ’.   Il Poggio aveva osservato, nell’ inventario presen-  tatogli dal monaco hersfeldese, dei libri classici che  erano ormai acquisiti alla repubblica letteraria ; e ne  traeva argomento per mostrare l’ ignoranza del frate  che, credendo nuovo per tutti quello che esso frate non  sapeva, aveva infarcito l’ inventario di libri già noti,  ‘qui sunt iidem (soggiunge il Poggio al Niccoli ') de  quibus alias cognouisti’. Probabilmente il Poggio dovette  vedere anche indicato nell’inventario del monaco hersfel-  dese quel tanto che già conoscevasi delle Rist. e degli ann.  di Tacito, e che egli stesso aveva avuto occasione di  leggere nell’esemplare, scritto ‘ litteris antiquis ’, che si  apparteneva a Coluccio Salutati o ad altri, e poi si  ebbe 1’ agio di osservare in un altro esemplare ( oggi  cod. Medic. II ) , scritto ‘ litteris Longobardis ’, presta-  togli dal Niccoli ? ed a questo restituito per mezzo di  Bartolomeo de’ Bardi. * Perciò egli nutrì la speranza di  venire presto in possesso anche di qualcuno dei primi  libri degli annali, che forse nell’inventario erano adom-  brati con qualche indicazione diversa da quella data  comunemente per il codice già noto; ovvero nella pre-  sunzione che il frate, ignorante di studi umanistici, non  avesse saputo determinare con chiarezza il cod.posseduto,    1 Poco epist. III 12 T. (17 maggio 1427).   ? Pogau epist. III 15 T. (21 ottobre 1427).   3 V. il poscritto della lettera del Poggio al Niccoli, in data  del 5 giugno 1428 (III 17 T.)    I    e da ciòla possibilità che questo cod. per avventura con-  tenesse altre parti non note dell’opera tacitiana; ovvero  per qualsivoglia altra ragione che a noi non è dato inve-  stigare. In tal modo può avere una spiegazione plausibile  l’insistenza del Poggio nel pretendere dal frate la con-  segna del ‘ uolumen Taciti ’, non ostante che prima, dato  uno sguardo superficiale all’ inventario , fosse rimasto  disingannato di quanto aveva sperato, e perciò avesse sì  poco pregiato i libri indicati e avesse notato di trat-  tarsi di ‘ res quaedam paruulae , non satis magno ae-  stimandae’; chè, ‘si quid egregium fuisset ’, serive e-  gli al Niccoli, ‘ aut dignum Minerua nostra, non solum  scripsissem, sed ipse aduolassem, ut significarem ’.! Ed  a rinnovellare le speranze venute meno nell’animo del  Poggio avrà certamente contribuito il discorso fattogli  da Niccolò da Treviri, uomo dotto ‘ et, ut uwidetur, mi-  nime uerbosus aut fallax ’, intorno ad un libro di Pli-  nio sulle guerre germaniche. * In questo libro pliniano  il Poggio dovette subodorare i primi libri degli anna-  les, perchè, come bene avverte il Voigt, questi « non  portavano più verun nome d’ autore »;? e però, men-  tre da un canto iniziava, sebbene con una certa dub-  biezza, delle pratiche col Trevirese per aversi il cod.    1 Poggi epist. III 12 T.   2 Poca epist. III 12 T. (17 maggio 1427): ‘ de historia Plinii  cum multa interrogarem Nicolaum hune Treuerensem, addidit  ad ea quae mihi d.xerat, se habere uolumen historiarum Plinii  satis magnum; tunc cum dicerem, uideretne esse /istoria na-  turalis, respondit se hunc quoque librum uidisse legisseque, sed  non esse illum, de quo loqueretur; in hoc enim bella Germa-  nica contineri '.   3 VoIGT-VALBUSA, Op. c., II 4, vol, I, p. 252.    rm BI   pliniano, ! dall’altro canto, per meglio riuscire nel suo  intento, onorifico e al tempo stesso lucroso, è possibile  che abbia sollecitato anche il monaco hersfeldese per  lo stesso cod. pliniano, in cui, come si è detto, credeva  di potere rinvenire i libri perduti degli ann.; ma di que-  sta seconda pratica nulla scriveva in particolare al  Niccoli, a cui soltanto prometteva, protestando la sua  sincerità , di dire a suo tempo quanto potesse inte-  ressarlo ?.    Le pratiche col Trevirese nel primo periodo non do-  vettero approdare a nulla, poichè costui, trattato ma-  lamente dalla Curia, se ne era allontanato sì malcon-  tento da non volerne sentire più di libri o di altro; 3  onde il Poggio si propose di mandare qualcuno in  Germania, che curasse di portargli i libri desiderati, 4    1 PocaIr epist. III 12 T.‘adhuc neque despero, neque confido  uerbis suis (sc. Nicolai Treuerensis) — litterae sunt a quodam  socio suo, cui librorum mittendorum curam delegauit, se mi-  sisse libros Francofordiam, ut exinde Venetias deferrentur ’.  Notisi quanto mistero in quei negoziati, forse per non susci-  tare i sospetti degli amministratori dei monasteri, dai quali  venivano esportati, probabilmente per vie illecite, quei codd.  preziosi. Era forse ad Augsburg o a Dortmund il luogo in cui  conservavasi il cod, pliniano dei bella Germaniae (cf. MaAss-  MANN, Op. c., p. 179), ovvero nella stessa Frankfurt a/M? Hers-  feld non è molto distante da questa città.   2 Pogcit epist. III 12 T. ‘ hie monachus eget pecunia: ingres-  sus sum sermonem subueniendi sibi, dummodo ...... et nonnulla  alia opera quae, quamuis ea. habeamus, tamen non sunt ne-  gligenda, dentur mihi pro his pecuniis — haec tracto; nescio  quid concludam: omnia tamen a me scies postea.   3 PogaIr epist. III 13 T. (31 maggio 1427): cf. epist. III 14 (27  settembre 1427).   4 Pool epist. III 13 T. ‘ ego solus uolui aliquem mittere in    ns BA: n  Ma dopo non guari Niccolò da Treviri riapparve nel mo-  vimento del commercio librario :! nessun vantaggio  ebbe a ricavare il Poggio dal ritorno del Trevirese, in  quanto al codice pliniano delle guerre germaniche e,  fors° anche, in quanto ai libri di Tacito non ancora  noti? Certo non viè documento, apparso fin oggi, che  ci dia in proposito notizie precise. Ma il Voigt bene  avverte non essere probabile che il Poggio ed il Niccoli  vi avessero rinunziato, e « quel silenzio non sì spieghe-  rebbe meno, se il codice fosse venuto in Italia per vie  segrete ». ?   Intorno ai risultamenti definitivi delle pratiche a lun-  go continuate tra il Poggio e il monaco hersfeldese,  non è improbabile la congettura del Voigt, che e per  le vive insistenze del Poggio stesso e per l’ efficacia  indubitata del danaro mediceo, alla fine il codice (* uo-  lumen illud Corn. Taciti et aliorum, quibus caremus’ )  sia stato portato a Roma o a Firenze; « diversamente,  soggiunge il Voigt, quegli amici umanisti non si sa-  rebbero dati più pace. Ma le vie difficili e tortuose,  con cui si giunse ad averlo, spiegano abbastanza, per-  chè il libro sia stato tenuto nascosto per una intera  generazione, dissimulandone il possesso, come quello  delle due parti degli annali ».* Or, si conserva un cod.  su cui si modellò la ‘ ed. princ. ’? stampata a Venezia,  probabilmente da Vindelin da Spira, verso il 1469 o il    Germaniam, qui curaret libros huc afferri: sed nolunt qui nolle  possunt, et deberent uelle”.   1 PoccI epist. III 29 (26 febbraio di e IV 4 T. (27 dicem-  bre 1428).   2 VoIGT-VALBUSA, Op. c., Il 4, vol. I, p. 252.   3 VoIGT-VALBUSA, Op. c., II 4, vol. I, p. 256.    i È  1470: esso contiene gli. ultimi libri degli ann. uniti,  mediante numerazione successiva, coi libri che restano  delle Rist. ?, poi la Germ. e il dial. ; è il cod. Vindobo-  nensis del sec. XV, di scrittura bella ma non accurata,  che a Mattia Corvino, re di Ungheria, provenne, senza  dubbio, da Firenze.? Il cod. Vindobon. porta la data del  1466, perciò è posteriore alla morte del Poggio‘: non  putrebbe, per tanto, essere stato una copia, fatta con poca  diligenza da qualcuno degli scribi del Poggio, sul cod.  primitivo o sur un apografo, venuto a Roma o a Firenze,  di provenienza hersfeldese? « Non è punto provato,  avverte il Ramorino, che tutti i Taciti diffusisi nel 400  provenissero dal secondo Mediceo ».° Sicchè, se la no-  stra congettura, avvalorata dalle ricerche precedenti e  non contrastata da alcun documento, è attendibile, non  è forse da ammettersi che il frate hersfeldese, ottempe-  rando alle pressanti richieste del Poggio, abbia aggiunto,       1 Seguo l'opinione del Massmann, op. c., p. 23, accolta dg  Carlo Castellani, il quale, in una nota segnata sulla copertina  dell'esemplare che conservasi nella bibl. V. E. di Roma, attri-  buisce la ‘ princeps’ a Vindelin da Spira. Vedi’ introd. all’ ed.  delle opp. di Tac. fatta dal Jacob, 1885, vol. I, p. XXXV..   ? Ma delle hist. mancano gli ultimi tre capp. del lib. V, cioè  24, 25, 26 e circa metà del c. 23: si giunge sino alle parole  ‘nauium magnitudine potiorem * (V 23), come nel cod. Vatic. 1863.   3 Il Massmann, il Michaelis ed altri edd. di Tac. fanno men-  zione del cod. Vindobon.: di proposito ne tratta il HimER, in  Zeitschrift fur die bsterr. Gymn. 1878, p. 801.   4 Il Poggio mori il 30-X del 1459: v. i fonti di questa data  nell’ opusc. di G. A. CESAREO, un bibliofilo del quattrocento, p. 5,  2.à eol., nota 2 (estratto dalla riv. Natura ed arte, a. I, 1891-92).   5 RAMORINO, disc. c., p. 96, nota 49.   CONSOLI: L’ autore della Germania. 5    ASTRA    ca Bi   probabilmente in copia, al ‘ uolumen Corn. Taciti * una  parte, l’introduzione forse, insomma quel che aveva po-  tuto avere, del cod. pliniano delle guerre germaniche, nel  quale il Poggio si aspettava di rintracciare i primi libri  degli ann. tacitiani? Ne sarebbe così derivata, o per  preconcetto del Poggio o per interessata annuenza del  frate tedesco o di altri (non escluso Niccolò da Treviri)  alle esigenti aspettative del Poggio, la intitolazione a  Tacito di una parte dei Germanica bella di Plinio Se-  condo.   Se, dunque, si ammette che fonte del cod. Vindobon.  sia stato il cod. o l’apografo venuto dalla Germania per  i lunghi e pertinaci maneggi del Poggio, e tenuto per  qualche tempo accuratamente nascosto in Firenze, si  spiega agevolmente il perchè fossero noti in Italia la  Germ. e il dial. prima ancora che si avesse notizia dei  codd. portati, sul declinare del 1455, da Enoch d’Ascoli.!    1 Nella bibl. di Cesena si conserva un ms. della Germ., che,  secondo il cat. del Muccioli, appartiene forse al sec. XIV. Tale  indicazione apparve inesatta al LEHNERDT (Enoche v. Ascoli  und die Germania des T.s, in Hermes, vol. XXXIII, fasc. 3°,  p. 504), perchè nel ms. è disegnato lo scudo e il nome di Ma-  lat[esta] N[ouellus], vicario apostolico di Cesena e fondatore di  quella bibl., morto nel 1465. Veramente la data del sec. XIV è  da reputarsi molto anteriore alla vera: ma non poteva il ms.  essere stato copiato sur un cod. o un apografo anteriore al-  la divulgazione dei libri portati da Enoch in Italia? non era  forse Malat. Novello in vita ed in grande autorità prima del  1455? Un altro ms, della Germ., più corretto del precedente,  è incluso nel cod. segnato D IV 112, che si conserva nella bibl.  Gambalunga di Rimini; porta la data del 1426, secondo il cat.  del prof. Attilio Tambellini (v. G. MAZZATINTI, inventari dei mss.  delle biblioteche d' Italia, Forlì 1892, vol. IL, p. 165, n.° 23), la    — 607 —    II. — Per altra via, qualche tempo dopo, gli umani-  sti del ‘400 ebbero di nuovo notizia della Germ. : se  ne ascrive il merito ad Enoch di Ascoli. ! Era questi  un mediocre erudito, ? che aveva passato alcuni anni  in Firenze, prima quale maestro dei figli di Cosimo  de’ Medici, e poi con l’ ufficio di ripetitore nella  fa-  miglia de’ Bardi; indi insegnò belle lettere in Ascoli  e in Perugia. Sia per rapporti personali che egli ave-  va col papa, sia per autorevoli lettere commendatizie  concesse da Cosimo de’ Medici, a cui era stato prima  raccomandato dal dotto Ambrogio Traversari, generale  dell’ ordine dei Camaldolesi$ fu prescelto da Niccolò V  per fare delle ricerche di codd., specialmente delle de-  che perdute di T. Livio, nelle biblioteche delle chiese    quale data il LEHNERDT (I. c., p. 505) e R. RETZENSTEIN (zur Texrt-  geschichte der Germania, in Philologus vol. LVII (n. s. XI),  fasc. 2°, p. 367 sg.) ritardano giustamente sino al 1476; tanto  più che chi scrisse l’apografo, certo Rainerius Maschius da  Rimini, dichiara di averlo scritto allorchè ‘ dicebatur oratores  imperatoris et regis Gallorum et aliorum ultramontanorum ue-  nire ad oranlum Sixtum IIII pontificem'; perciò dopo il 1471,  anno in cui fu assunto alla tiara Sisto IV della Rovere.   4 Per i funti delle notizie intorno ad Enoch d'Ascoli, v. ALFRE-  Do REUMONT, aneddoti storico-letterari, in Archivio storico ita-  liano, serie III, t. XX (1874), pp. 188-189. VOIGT-VALBUSA, OP. C.,  vol. II, pp. 192-194.   2 Si deve riconoscere un encomiv esagerato in quel che scrisse  di lui Gius. LENTO, clarorum Asculanorum praeclara facinora,  Romae 1622, p 37: ‘ Enochus, sapienti et altiore mente prae-  ditus, omnem mouere lapidem, donec res (cioè, la scoperta di  codd. antichi) prospere scilicet cesserit. quam ob rem non so-  lum nutantes litteras Latinas confirmauit, uerum Graecam fa-  cundiam tuendo melius propagauit latius.'   3 A. TRAVERSARII epist., p. 335, ed. Mehus.    — 6R—  e dei chiostri dell’ Europa settentrionale. Enoch partì  per il suo viaggio di esplorazioni letterarie nella pri-  mavera del 1451 : visitò l’ isola di Seeland, e di là scris-  se una comunicazione a Leon Battista Alberti.! Poi non  diede più notizie di sè,” salvo quelle accennate dal Pog-  gio in una lettera, con la frase sarcastica: ‘ Enoch E-  sculanus, qui adeo diligens fuit, ut nihil iam biennio  inuenerit dignum etiam indocti hominis lectione ’.8 Pro-  babilmente, se si accoglie la testimonianza del Filelfo,*  Enoch penetrò nella penisola scandinava. Non si ha  alcuna notizia intorno alla via del ritorno: è possibile  che abbia percorso, per fare ritorno in patria, la Ger-  mania e vi abbia fatto delle indagini per iscoprire dei  codici. Si conserva ancora nell'archivio di Kònigsberg  il breve, con cui Niccolò V raccomandava al gran mae-  stro dell’ Ordine teutonico, Ludwig von Erlichshausen,  il ‘ dilectum filium Enoch Esculanum......... qui diuersa  loca et monasteria inquirat, si quis ex ipsis deperditis  apud uos libris reperiretur ’.5 Ma non è provato da alcun       1 GrroL. MANCINI, vila di L. B. Alberti, Firenze i882, p. 328 sg.   2 Onde il Poggio ironicamente scriveva: ‘ ille enim Enoch a-  deo solers et diligens fuit, ut ne uerbum quidem ad me adhuc  scripserit’; epist. X 17 T. (22 gennaio 1452 [1453]).   3 Poca epist. IX 12: la lettera non porta data; è probabile  che sia stata scritta nel 1453.   4 Nella lettera del Filelfo a Callisto III, del 19 febbr. 1456,  (epist. Ven. 1502) si legge: ‘is enim Enochus in Daciam (/. Da-  niam) usque profectus est, et, ut referunt aliqui, in Candauiam  (. Scandinauiam) usque, quae quam longissime ultra reliquas  omnes insulas, de quibus exstet memoria apud priscos rerum  scriptores, posita est in mari oceano e regione Germaniae ad  septentrionem ’.   5 VOIGT-VALBUSA, Op. c., V ©, vol, II, p. 193,       lm    documento, che Enoch sia stato in Hersfeld ed abbia fatto  delle ricerche in qualche monastero di quella città. E,  del resto, a qual fine visitare i monasteri di Hersfeld, per  i quali egli avrebbe « senza dubbio ricevuto istruzioni  esatte da Poggio »,' se il monaco tedesco, con cui ebbe  a trattare il Poggio per il‘ uolumen illud Corn. Taciti  et aliorum ’, era, è vero, « nativo di Hersfeld », ma  « stava nel convento di Niirnberg, e andava e tor-  nava spesso da Roma per interessi del monastero »,°  cioè del monastero norimberghese ? In ogni caso, non  sarebbe una congettura priva di fondamento, che Enoch,  nel suo viaggio di ritorno, avesse visitato qualcuno  dei monasteri di Nirnberg, secondo le possibili istru-  zioni dategli dal Poggio.   Enoch ritornò a Roma sul declinare del 1455, 5 por-  tando seco alcuni codici ; ma non vi trovò liete acco-  glienze, come egli sperava, perchè Niccolò V, suo pro-  tettore, era morto, e il nuovo papa Callisto III non  mostravasi benevolo verso gli umanisti e le loro ricerche  letterarie. Aggiungasi che gli eruditi, tanto a Roma  quanto a Firenze, non mostravano benevolenza per lo  Ascolano, poichè questi si era deciso a non concedere  copia alcuna de’ suoi codd., prima che fosse stato. de-  gnamente rimunerato delle sue fatiche. Scriveva, infatti,    1 Studi ital. di filol. class. vol. VII, p. 130.   ? Studi ital. di filol. class. vol. VII, p. 128.   8 « Forse nel novembre », aggiunse VITTORIO Rossi nella no-  ta: l'indole e gli studi di Giovanni di Cosimo de’ Medici, no-  tizie e documenti; pubblicata nei Rendiconti della R. Accad.  dei Lincei, classe di scienze morali, storiche e filologiche : es=  tratto dal vol. II, fasc. 19, Roma 1893. A p. 34 sg., n. 4, lo di-  mostra ampiamente,    A] Je    Carlo de’ Medici, protonotario apostolico , al fratello  Giovanni: « sì che vedete se volete gettare via tanti  danari per cose, che la lingua latina può molto bene  fare senza esse, che a dirvi l’oppenione di molti dotti  uomini, che gli anno visti, da questi quattro infuori che  sono segnati con questo segno x, tutto il resto non vale  una frulla ».'! Ciò non ostante Carlo de’ Medici mandò  al fratello, insieme con la lettera cit., l’inventario dei  codd. portati da Enocb. Su questo inventario si deter-.  minò meglio l’opinione punto benevola che i dotti fio-  rentini si erano formata per lo scopritore : di essa si  rese interprete Vespasiano da Bisticci che, per ispiegare  quel che tenevasi cattivo risultamento del viaggio fatto  da Enoch per investigazioni letterarie , scriveva nella  sua biografia del « maraviglioso grammatico » : « istimo  che procedesse per non avere universale notizia di tutti  gli scrittori, e quegli che erano e quegli che non si tro-  vavano ». # Or, come mai si può conciliare tanta non-  curanza , non diciamo dispregio , per i codd. scoperti  dall’ Ascolano, se tra questi era compreso quel codice  hersfeldese, o meglio norimberghese, per il cui possesso  si era sì lungo tempo e con tanta persistenza affati-  cato il Poggio, d’ accordo col Niccoli ? Non è lecito  forse da questa contraddizione argomentare che il cod.,  che si vuol dire hersfeldese, fosse probabilmente venuto  prima in possesso del Poggio? 3 Sarebbesi questi mo-    1 GAxE, carteggio I, p. 163 sg. Vitt. Rossi, opusc. c., II, p. 27.  La lettera del Medici porta la data del 13 marzo 1456, st. com.;  1455, st. fior.   ? VESPASIANO, vile d'uomini illustri del sec. XV, ed. Bartoli,  p. 511.   8 Volet-VALBUSA, Op. c., V 5, vol, II, p. 194, nota 2: suppone    si  strato così indifferente per le scoperte di Enoch, e avrebbe  con la sua indifferenza provocato quel giudizio sì freddo  e altezzoso della scuola umanistica fiorentina, sulla quale’  valeva molto la sua grande autorità, se non avesse  posseduto prima del ritorno di Enoch, avendolo in un  modo qualsiasi ottenuto, un esemplare del cod. che per  lunghi anni aveva così vivamente ambito ?    III. — Enoch, disingannato per la fredda accoglienza  avuta e dai dotti umanisti e dai principi mecenati , si  ritirò ad Ascoli, dove poco dopo mori. Quand’ egli si  ricoverò nella sua città nativa, dovette portare seco i  codici che, per la forte remunerazione che si aspettava  di duecento o trecento fiorini, non aveva potuto trovare  occasione di cedere ad alcuno; e che egli avesse. con  sè i detti codici prima di morire, c’ induce ad ammet-  terlo una lettera del protonotario apostolico Carlo de’  Medici, del 10 dicembre 1457, nella quale questi serive  al fratello Giovanni che, avuta notizia della morte di  Enoch , sì era affrettato a scrivere a Stefano de’ Nar-  dini, da Forlì, allora « governatore di tutta la Marca »,  per pregarlo di mandargli, se non gli originali, almeno  le copie dei codici dell’ Ascolano. !   Non si ha alcuna notizia certa intorno alle persone  che vennero in possesso dei codici portati da Enoch.  Quando questi giunse a Roma, dopo la sua lunga pere-  grinazione per i paesi nordici, dovette certamente, oltre  al presentare degli elenchi dei libri scoperti, permettere  anche di osservare i libri stessi; ma non permise a nes-    che nell’ elenco di Enoch non fossero stati inclusi gli scritti di  Tacito e di Suetonio.  1 Vitt. Rossi, opusc. c., VIII, p. 30.    naz  suno di trarne copia, prima che gli si fosse data una de-  gna remunerazione per la scoperta fatta.! Perciò, finchè  egli fu in vita, i codici che aveva scoperti rimasero in suo  potere. Aveva tentato, è vero, confortato forse dalle e-  sortazioni dell’ Aurispa *, di offrirli a re Alfonso; ma  il risultamento delle nuove pratiche non dovette essere  conforme ai desideri di Enoch. Non è però improbabile  che, dopo la morte di Enoch, i codici di lui siano pas-  sati, mediante gli abili maneggi di Carlo de’ Medici e  la cooperazione di Stefano de’ Nardini, nella biblioteca  di Giovanni di Cosimo de’ Medici , e perciò a servizio  degli umanisti fiorentini. Un’ allusione a ciò pare di    1 Carlo de’ Medici scriveva al fratello Giovanni, in data del  13 marzo 1456 (1455, st. fior.): « Lui (Enoch) per insino a qui  non ha voluto farne copia a persona, imperò dice non vuole  avere durate fatiche per altri, e non delibera darne copia al-  cuna, se prima da qualche grande maestro non è remunerato  degnamente, ed ha oppenione d’averne almanco 200 o 300 fio-  rini ». GAYE, Op. c., I, p. 163. Vitt. Rossi, opuse. c., p. 27. —  Sino al dicembre 1457, quando già era ‘avvenuta la morte di  Enoch, nè Carlo de’ Medici né il card. di Siena avevano po-  tuto avere gli originali o le copie dei libri nuovi lasciati dal-  1 Ascolano : v. lett. VIII del 10 dicembre 1457, in Virt. Rossi,  opusc. c., pp. 30-31.   2 V. la lettera dell’Aurispa al Panormita, del 28 agosto 1455,  in SABBADINI, biogr. documentata di Giovanni Aurispa, Noto  1890, p. 128; e v. la chiusa di un’altra lettera dello stesso Au-  rispa al Panormita, del 13 dicembre 1455, pubblicata nel cit.  libro del Sabbadini, p. 133. Ma la data della prima lettera de-  ve essere portata un po’ più tardi, probabilmente al 1457, come  han dimostrato con validi argomenti il CESAREO, opuse. c., I,  p. 4, col. 12, e il Rossi, opusc. c., pp. 34-35, nota 4.    A RES  scorgere in una lettera scritta da Carlo de’ Medici, il  13 gennaio 1458. !   In qual modo pervenne ad averne notizia, e come si  ebbe l’agio di farne l’apografo Gioviano Pontano, il  quale viveva lontano dai circoli letterari di Roma e  di Firenze? Nessun documento ci aiuta, per ora, a de-  terminare una risposta precisa e certa al quesito pro-  posto; e nulla c’ è da spigolare nè da congetturare  dalle due note attribuite al Pontano, che si leggono  nel cod. Leidens. Perizon. Ma è possibile che nuove ri-  cerche sulle vicende di alcuni codici di fonte (come  credesi) pontaniana , i quali si conservano nella bi-  blioteca di Minchen, p. es. il cod. degli Argon. di  Val. Flacco , ? e il cod. che contiene il libro An-  dreae Floci Florentini de Romanorum magistrati-  bus ac sacerdotiis;* e nuove indagini negli archivi di  Firenze e di Napoli chiariscano le relazioni che ebbe  il Pontano con gli umanisti fiorentini, dai quali pro-  babilmente si ebbe facoltà di prender copia dei codici  d’ Enoch, che egli trovava ‘ mendosos et imperfectos.’  Ma le congetture concernenti le relazioni del Pontano  con la scuola umanistica fiorentina non tolgono la pos-    4 Nella cit. lettera del Medici (v. Rossi, opusc. c., IX, p. 31)  si legge: « Per una vostra sono avisato come aveste la lettera  mi scrisse m. Stephano de Nardinis supra quelli libri di Enoc;  non ho poi altro, ma non dubitate che per essere il pri-  mo che gl’abbia,non v’àanno acostare uno de-  naro di più ». Il Rossi tuttavia resta in dubbio « se quei  maneggi sortissero l’effetto desiderato » (pag. 39).   2 Nel cod. Lat. 802 (cod. Victorin. 123) leggesi appunto l' an-  notazione ‘emit Florentiae Iouianus ’.   3 Nel cod. Lat. 822 (cod. Victorin. 162) c'è la nota ‘ est Io-  uiani Pontani. Florentiae, MCCCCLXV III ',       i    sibilità, che egli sia venuto a conoscenza dei codici e-  nochiani, per acquisto che abbia fatto degli stessi la  corte di Napoli; sebbene, in tal caso, non ci sarebbe  stato altro scopo per trarne copia, che quello di cor-  reggerne le mende numerose. Ma nessun documento nè  indizio ci aiuta per affermare o congetturare ciò.   Fatto certo è che il così detto cod. hersfeldese, quale  fu portato da Enoch a Roma, non si conservò in nes-  suna biblioteca: era scritto su pagine divise in colon-  ne, e per la Germ. presentava (se quanto afferma il De-  cembrio, è da riferirsi al cod. anzidetto !) la particola-  rità dell'uso della v. ‘inscientia ? nel cap. 16, 6, invece  di ‘inscitia’; mentre, come è noto, nel sec. XV era  invalsa generalmente l’ usanza di scrivere le pagine  dei libri per intero, senza dividerle in colonne; e in>  oltre, in nessun cod. della Germ., finora conservato,  osservasi la v. ‘ inscientia ’ nel 1. c. ?    IV. — Quanto all’ elenco dei libri portati iu Italia da  Enoch d’ Ascoli, non abbiamo testimonianze del tutto  concordi nè complete. Bartolomeo Platina ne nota due:  il de re coquinaria di Celio Apicio e il comm. ad Ora-  zio di Porfirione.* Degli stessi due libri fa menzione  Vespasiano da Bisticci. 4    1 Vedi SABBADINI, il ms. hersfeldese etc., in Rio. di filol. e d’i.  cl., a. XXIX (1901), p. 262.   ? Soltanto il cod. della bibl. Angelica (‘ Augustinorum’ ) Q 5,  12 del 1466, e il cod. Kappianus (K del Massmann) presentano  “iusticia’ invece di ‘ inscitia ”.   3 PLATYNAE de uitis max. pont. hist. periocunda, Venet. (Ph.  Pincio Mantuano) 1511, fol. 150,   4 VESPASIANO, l. c.    Par | pes   Il Panormita apprese da Teodoro Gaza che tra le  scoperte enochiane erano Apicio e un Caesaris iter;! e  l’Aurispa, in una lettera del 13 dicembre 1455, diretta al  Panormita, enumera: a) l’Apicio, cui chiama ‘ pauperem  coquinarium ’, inferiore nell’arte culinaria alla sua cuo-  ca; b) il Caesaris iter, che ‘ prosa oratione est, non  uersu’; c) il commento di Porfirione, che a lui sem-  bra ‘ magis aestimandus quam quicquam aliud ab ipso  allatum ?.* Il ‘ quicquam aliud ’ della frase dell’Aurispa  può tanto riferirsi ai due libri menzionati prima, Api-  cio e il Caesaris iter, quanto alle altre novità librarie  recate da Enoch, le quali l’Aurispa non credeva degne  di essere rammentate; chè non può supporsi che egli  le ignorasse, se scriveva al Panormita: ‘eum qui co-  dices hos inuenit et Romam perduxit ad uos mittam  cum omnibus musis suis”.   Carlo de’ Medici chiedeva a Stefano de’ Nardini che  dei codici nuovi lasciati da Enoch, morto ad Ascoli,  gli mandasse: « Appicius de re quoquinaria, Porfirione  sopra Oratio, Suetonio de uiris illustribus, Itinerarium  Augusti ».* Dovevano essere gli stessi quattro libri  che avea contrassegnati nella lettera del 13 marzo 1456  a Giovanni de’ Medici; poichè il resto dei libri portati  dall’Ascolano non valeva, secondo lui, « una frulla » ‘.    1 Nella lettera del Panormita all'Aurispa (v. SABBADINI, dbiogr.  doc. di G. Aurispa, p. 133, n. 1) si legge: ‘ fac tecum deferas A-  picium coquinarium et Caesaris « iter », nuperrime, ut refert  Theodorus tuus nunciam meus, inuentos Romamque perductos ’.   2 La lettera dell'Aurispa è cit. a p. 72, nota 2.*   8 Di questo incarico dato al Nardini egli scrive al fratello Gio-  vanni, nella lett. del 10 dicembre 1457: v. VITT. Rossi, opusc. c.,  VIII, pp. 30-31.   4 Vitt, Rossi, opusc, cit., II, p. 27.    TR (; pere   Talchè ai tre libri che già conosciamo per le testimo-  nianze sopra indicate, bisogna aggiungere, secondo quel  che scriveva Carlo de’ Medici, il libro di Suetonio de  uiris illustribus (non de grammaticis et rhetoribus).  Oltre questi quattro libri, null’ altro sappiamo degli al-  tri libri portati da Enoch.' Nè a riempiere la lacuna può  valere la testimonianza, testè data alla luce, di P. C.  Decembrio; poichè questi non dice, nè lascia in alcun  modo intendere, che i quattro libri segnati nella nota  (Germ., Agr., dial. de oratoribus e Suetonio) si deb-  bano comprendere tra le recenti scoperte di Enoch. L’a.  1455 a cui, nella nota del Decembrio, si accompagnano  le parole ‘ Cornelii taciti liber reperitur Rome uisus ”,  vale a indicare in qual tempo l’autore dello zibaldone  ebbe notizia o vide i libri che nota nell’ elenco, non  la data della scoperta di Enoch; chè, se intendimento  di lui fosse stato accennare in un modo qualsiasi tale  data, avrebbe certamente aggiunto qualche parolaana-  loga a quelle che si osservano nella nota del cod. Leid.  Perizon. ‘ nuper adinuentos et in lucem relatos ab E-  noc Asculano ?. :   Nulla, per tanto, osta ad ammettere che il Decembrio  abbia potuto attingere le notizie che trascrive nel suo  zibaldone a tutt’ altra fonte, che non a quella dei co-    1 Appare inesatta l’asserzione, che nella lista di Carlo de'  Medici sia notata la sola opera di Suetonio « certamente per-  chè essa nel cod. occupava il primo posto » (v. Studi ital. di  filol. class. vol. VII, p. 130, nota 4); perocchè , argomentando  da una nota di Pier Candido Decembrio (Riv. di filol. e d'’ i.  cl., a. XXIX (1901), fasc. 2°, p. 268) l’opera di Suetonio occu-  pava, invece, nel cod. l'ultimo posto.       — 77 —    dici portati da Enoch! : probabilmente le avrà attinto al  codice del monaco hersfeldese, in quanto che verso la  metà del sec. XV questo cod. doveva essere già per-  venuto tra le mani del Poggio. Il Decembrio, come è  noto, sin dal 1450 era al servizio della Curia romana.  Se, al contrario, si volesse ammettere che il Decembrio  fosse stato uno dei primi, anzi risolutamente il primo ?,  a vedere il così detto cod. hersfeldese delle opere mi-  nori di Tacito, portato in Italia da Enoch, si andrebbe  incontro ad un’affermazione indubitata di Carlo de’ Me-  dici, il quale scriveva al fratello: « a dirvi l’oppenione  di molti dotti uomini, che gli Anno visti (cioè, i libri  portati dall’Ascolano), da questi quattro infuori che so-  no segnati...., tutto il resto non vale una frulla » :3 e  i quattro libri, l'abbiamo osservato sopra, erano Apicio,  Porfirione, Suetonio e l’Itinerarium. Sarebbe stato mai  possibile che i quattro libri segnati nella nota del  Decembrio fossero stati giudicati per « una frulla » da  quei dotti uomini, che costituivano, diremo così, il fiore  della scuola umanistica romana nel sec. XV ?   È da notarsi, inoltre, che il libro di Suetonio, accen-  nato da P. C. Decembrio, ha per titolo de grammati-    4 Si noti la differenza tra il tit. della Germ. segnato dal De-  cembrio (de origine et situ Germaniae) e quello scritto nel cod.  Leid. Perizon. (de origine situ moribus ac populis Germano-  rum), attribuito al Pontano. Se il Decembrio e lo scrittore del  cod. cit. avessero attinto la denominazione della Germ. alla stes-  sa fonte, non avrebbero certamente mostrato alcuna discre-  panza quanto al tit. del libro.   ? Così opina il Sabbadini : v. Rio. di filol. e d’i. cl., a. XXIX  (1901), p. 263.   3 Lett, cit. del 13-III 1456: v, Vitt. RossI, opusc, c., II, P. 27.    nun E   cis et rhetoribus, il quale non corrisponde al tit. de  viris illustribus, che si legge nella lettera di Carlo de’  Medici. Egli è vero che il secondo tit. include in sè l’altro,  come il genere contiene la specie; ma un titolo pre-  ciso, tutto proprio, doveva averselo il libro di Suetonio,  portato dall’Ascolano. Nel cod. Leid. Perizon. è scritto:  ‘ Caii Suetonii Tranquilli de wiris illustribus liber in-  cipit. » de grammaticis ’; e in fine la nota: ‘ amplius  repertum non est adhuc. desunt rhetores XI”. Certo,  l’ indicazione del Decembrio risponde meglio al conte-  nuto di quanto rimane del libro di Suetonio ; mentre  l’ indicazione di Carlo de’ Medici si riferisce alle notizie  che si avevano intorno ad un libro di Suetonio de wi-  ris illustribus, del quale si era giovato S. Girolamo  per scrivere le vite degli uomini illustri, dall'età degli  apostoli sino a” suoi tempi.' E non pare perciò impro-  babile la congettura, che Enoch, per indicare nell’ in-  ventario il libro di Suetonio, avesse usato il titolo  de uiris illustribus, a fin di attirar meglio sui suoi co-  dici 1’ attenzione dei dot ti; stante che allera era divul-  gata la leggenda, che Sicco Polenton (de’ Ricci), dopo  essersi servito dell’ opera di Suetonio, per compilare il  suo libro de scriptoribus linguae Latinae, 1’ avesse di-  strutto col proposito di togliere qualsiasi prova a chi si  fosse avvisato di accusarlo di plagio.? In appoggio di tale  congettura, vale molto la nota, attribuita al Pontano,  che leggesi nel cod. Leid. Perizon: in essa, oltre l’ in-  vettiva contro Sicco Polenton per la pretesa distruzio-    i HieroNnyM. epist. XLVII ad Desiderium, t. I, col. 209, Veron.  1734; prol. ad Dextrum praet. praef. in libr. de uiris illustri-  bus, t. II (1735), col. 807.   ? Vitm. Rossi, opusc. c., p. 37 sg.    — 79 —    ne di quella parte del libro di Suetonio, ‘ quae est de  oratoribus ac poetis’, si trae occasione di lamentare  che Bartolomeo Fazio non avesse potuto, per l’ imma-  tura morte (novembre 1457),' leggere lo scritto di Sue-  tonio, mentre componeva il libro de uiris illustribus  temporis sui. Di modo che, con l’ intitolare de wiris  illustribus il libro di Suetonio, si volle indicare il con-  tenuto del libro molto maggiore del vero, non tanto,  forse, per trarre in inganno chi si fosse deciso a compra-  re il codice, quanto per avvicinare la scoperta di Enoch  al libro compilato dal Polenton ed alle vite degli uomini  illustri del Fazio.   Non si può disconoscere che, se Enoch aveSse portato  seco degli scritti di Tacito, così pregiati dai dotti uma-  nisti del sec. XV, non avrebbe di certo tralasciato di  dar loro evidenza, compilando 1’ elenco dei libri sco-  perti durante il suo viaggio nell’Europa settentrionale.  Nè è ammissibile che alla diligenza d’ un cercatore  di codici, scelto appunto per tali indagini da un pon-  tefice di mente superiore e d’ illuminata liberalità, qua-  le fu Niccolò V, fosse sfuggito il nome di Tacito, ove  questo nome si fosse trovato scritto sul frontespizio di  qualcuno dei codici o dei libri contenuti in uno stesso  codice; nè l’intendimento di trarre vantaggio dal met-  tere in prima linea il nome di Suetonio poteva essere  d’ ostacolo , che si scrivesse il nome di Tacito accanto  o anche dopo quello di Suetonio, se in realtà il nome  di Tacito si trovava in fronte a qualcuno dei libri  portati da Enoch in Italia. L’ importanza di Tacito nei    1 ZENO, diss. Voss., Ven. 1752, p. 70 sg.       — 80 —    giudizi degli umanisti del sec. XV non era inferiore a  quella attribuita a Suetonio. !   Molto meno attendibile ci sembra l’ avvertenza, che  fu omessa la menzione del nome di Tacito nella lettera  del Medici, 10 dicembre 1457, perchè questi vide solo  al principio del codice il libro di Suetonio. ®? Appare,  infatti, da un’ altra lettera di Carlo de’ Medici, con la  data « Roma, 13 marzo » (1456 st. com., 1455 st. fior.),3  che egli ebbe sott’ occhio l’ inventario compilato da E-  noch, non il codice, sul quale inventario contrassegnò  quattro libri, i migliori secondo « l’oppenione di molti  dotti uomini, che gli Anno visti ». E di più nella cit.  lettera del*°10-XII 1457 non si fa elenco di codici, ma  solamente di libri, e tra questi il de wiris illustribus  di Suetonio occupa il terzo posto. Or, se Carlo de’ Me-  dici vide 1’ inventario presentato da Enoch e non i co-  dici, molto meno probabile appare la congettura, che  egli abbia veduto « una semplice copia, affine al cod.  Vaticano 4498, che reca tutte quattro le opere in que-       1 Arrogi una considerazione: come si potrebbe conciliare la  niuna menzione della Germ. nell'inventario delle scoperte del-  l’Ascolano, col fatto che per avidità di guadagno i cercatori e  mercatanti di codici dicevano talvolta cose non vere o esage-  ravano:quel che realmente si era scoperto? Valga d' es. il ca-  so di Niccolò da Treviri: questi nell'inventario dei libri nuovi  mandato al Poggio scrisse di avere presso di sè un ‘ uolumen in  quo sunt XX comoediae Plauti' (v. Poca epist. III 29 T.); e  poi, invece, ne portò sedici (v. PocaIt epist. IV 4 T.).   ? Cosi appunto si legge in Studi ital. di filol. class. vol, VII,  p. 130, nota 4; e Rio. di filol. e d'i. cl. a. XXIX (1901), fasc. 2,  p. 264. E dello stesso avviso è anche il LEHNERDT, in Hermes,  vol. XXXIII (1898), p. 501.   3 GAYE, Op. c., I, p. 163 sg. Vitt. Rossi, opuse. c., II, p. 27.    ASI RS    st’ ordine» Suetonio de grammaticis, Tacito Agricola,  dialogus, Germania ».! Aggiungasi che nella nota dello  zibaldone del Decembrio il libro di Suetonio occupa  l’ultimo posto, e la Germ. ha il primo parsa: anterio-  re, perciò, all’Agr. e al dialogus.*   Altre considerazioni c’ inducono ad ammettere come  probabile che, tra i libri portati da Enoch in Italia,  quelli attribuiti a Tacito mancassero dell’ indicazione  del nome dell’ autore. Dalla lettera del Panormita al    1 Rio. di filol. e d’i. el. 1. c. Ma in realtà il cod. Vatic. 4498  contiene Suetonius de grammaticis et rhetoribus nel terzo po-  sto: lo precedono Frontinus de aquaeduct. e Rufus de pro-  uinciis.   2 Perciò appare, ora, infondato, alla luce dei documenti testé  scoperti, il ragionamento del LEHNERDT |. c., p. 501: « dass in  Carlos Briefe nur Suetonius, nicht aber die beiden Taci-  teischen Schriften genannt werden, findet leicht eine Erklàrung.  Wir erfuhren schon aus einem frilheren Briefe, dass Enoche  mit seinen Schàtzen sehr zuritckhaltend war; so lag auch  den beiden Medici nicht der Codex selbst, sundern nur das In-  ventar Enoches vor, in dem, wie so hàufig, nur das erste  Werk der Sammelbandschrift aufgefihrt war ».  La spiegazione, invece, sarebbe tutta al contrario, perchè, se-  condo la nota dello zibaldone di Pier Candido Decembrio, la  Germ. è il primo senitto del cod.; l’ultimo è il de gramm. et  rhetoribus di Suetonio. y   3 Vitt. Rossi nell'opusc. c., p. 38, nota 1, scrive: « se poi E-  noch non trascrisse il cod. da lui scoperto, ma portò questo   stesso in Italia, può ben darsi gli sia sfuggito il nome di Ta-  cito, che, come nel cod. Perizoniano, dovea leggersi in fronte  al secondo opuscolo contenutovi, alla Germania, e non al pri-  mo, il dialogo de oratoribus ». Ma il MASsMann, op. c., p. 7,  descrivendo îl cod. Leid. Perizon. XVIII C 21, osserva che il  1° opusc. porta nel fol. I il soprascritto di colore rosso ‘ CoR-  CONSOLI n L’ autore detta Germania, 6    cn a    Guarini veronese, citata in principio del presente ca-  pitolo, apprendiamo che solo per congettura erasi at-  tribuito a Tacito il dialogus. Nè alla notizia precisa  data dal Panormita contrasta la nota del Decembrio,  per la quale si vuole riconoscere per vero « indi -  scutibilmente che il dialogo portava il nome di  Tacito »;! perocchè l’ affermazione del Decembrio de-  vesi riferire allo stato del codice o di un apografo del  codice, ventinove anni dopo che ne avea dato l’ annun-  zio il Panormita. Dopo tanti anni era possibile che il  Decembrio avesse veduto e descritto qualche esemplare,  proveniente forse dal cod. annunziato dal frate hers-  feldese, nel quale esemplare la congettura del Panor-  mita fosse stata accolta come notizia indubitata, e si  fosse ascritta a Tacito la paternità del dial.   Quanto all’ Agr. manca qualsiasi testimonianza, che  il libretto formasse parte del cod. portato da Enoch.  Il Decembrio lo nota soltanto nell’ elenco, senza indi-  care espressamente che l’Agr. era incluso nello stesso  cod., insieme con la Germ., il dial. e il Suetonio, e ne  teneva il secondo posto. Nè havvi alcun codice, in cui si  presentino riunite insieme le tre così dette opere minori  di Tacito e il de gramm. et rhetoribus di Suetonio, nel-  l’ordine stesso della descrizione che ne fece il Decembrio.   Alla mancanza di testimonio per l’Agr. non può sup-  plire, come pare a noi, il cod. Vatic. 4498; * perchè, co-    NELII TACITI DIALO-/gus de oratoribus incipit’: e la stessa os-  servazione ci è stata confermata, in una cortese lettera del 4-X  1901, dal prefetto della biblioteca universitaria di Leida sig. S. G.  de Vries, alla cui gentilezza ci siamo rivolti per avere delle  notiziecerte sull'argomento.   1 Rio. di filol. e d’ i. cl., 1. c., p. 264.   ? V. gli Studi ital. di filol. class. vol. VII, p. 130: si ammette       — 88 —-    me sopra si è in parte avvertito, ! in questo cod. non  si contengono raccolte le sole quattro opere che si di-  cono costituire il cod. hersfeldese, portato da Enoch in  Italia, e nemmeno nell’ ordine indicato dal Decembrio  (G. A. d. S.), ma vi si contengono anche: 1° Fronti-  nus de aquaeduct.; 2° Rufus de prouinctis ;.... 4° [ Pseu-  do-] Plinius de viris illustribus ;..... 8° M. Iunii Nypsi  de mensuris ; 9° incerti de ponderibus ; 10° Senecae  apokolokyntosîs ; 11° Censorinus de die natali. Di que=  sti scritti alcuni, come p. es. il de aquaeduct. di Fron-  tino,? erano già noti prima che il cod. dell’ Ascolano  fosse stato portato in Italia.    V.— Resta la testimonianza che dicesi del Pontano,  scritta sul cod. Leid. Perizon., la quale avrebbe un no-  tevole valore, se prima si chiarissero, mediante la sco-  perta di nuovi documenti, le difficoltà presentate dal  Voigt * e accolte dal Teuffel,' ma da altri respinte. *  Egli è vero che Vittorio Rossi è pervenuto a dimo-  strare, con documenti che si conservano nell’ archivio  fiorentino (Med. avanti il Princip.), essere conforme  al vero l’attestazione pontaniana: ‘qui (sc. Bartholo-  maeus Facius) ne hos Suetonii illustres uiros uidere pos-    appunto che al difetto di testimonianza per l' Agricola debba  supplire il cod. Vatic. 4498,   1 V. p. 81, nota 1l?.   ? Poe epist. III 37. IV2e4T,   3 VoIGT-VALBUSA, Op. c., II 4, vol. I, p. 255 sg., nota 3.   4 TEUFFEL-SCHWABE, G. d. r. L. 5, $ 334, 4, p. 835.   5 Vedi WuENSCH, de Tac. Germaniae codicibus Germanicis,  Marburg 1893; e 4ur Texigeschichte der Germ., in Hermes  vol. XXXII (1897), fasc, 1°, p. 57.    dn   set, mors immatura effecit. Paulo enim post eius mor-  tem in lucem redierunt.’ Infatti, il Fazio morì nel 1457;  e dalla lettera di Carlo de’ Medici, 13 genn. 1458, ri-  sulta che sino a quella data non si era potuta ottenere  copia dei libri portati da Enoch. Rimangono però senza  soddisfacente risposta altre obiezioni mosse dal Voigt.  Resta sempre nell’ attestazione attribuita al Pontano  una certa vacuità o mancanza d’ interesse, quanto alle  notizie che vi si annunziano. Egli si duole che il Fazio  sia stato sorpreso da morte immatura, sicchè non si  sia trovato presente quando veniva alla luce l’opuscolo  di Suetonio de wviris illustribus : la ragione di tale do-  glianza è evidentemente quella accennata sopra, che il  Fazio se ne sarebbe potuto servire nel comporre il suo  libro de viris illustribus temporis sui. Ma il Fazio in  una lettera al card. Enea Silvio Piccolomini, scritta nei  primi mesi del 1457,! gli dà la notizia: ‘ librum quem    1 La lettera, scritta da Napoli e senza data, fu pubblicata nella  raccolta assai confusa delle epistole di Enea Silvio Piccolomi-  ni, contenuta in opera quae exrtant omnia di lui, Basil. 1571,  p. 778, n. 233. Nella lett. si fa menzione, fra le altre cose, di  alcune lettere di congratulazione, scritte precedentemente dallo  stesso Fazio, per la promozione del Piccolomini al cardinalato ;  e vi si fa cenno anche del terremoto di Napoli. Or, secondo il bre-  ve di Callisto III (‘ dat. Romae apud S. Petrum anno MCCCCLVI  XV Kal. Ianuarii, pontificatus nostri anno II ’), riferito testual-  mente da Oporico RAYNALDO, in ann. ecel. el. D. Mansi, Lucae  1753, t. X, p. 99, la promozione del Piccolomini al cardinalato  ebbe luogo il 18 dicem. 1456, Il terremoto che rovinò Napoli ed  altre città del Regno avvenne « la domenica mattina a di 5 di  dicembre (1456), a ore dieci e mezza », e si ripeté nei giorni se-  guenti (v. cron. di Bologna, in MURATORI, rer. It. scriptt. t. XVIII,  cc. 722, 723; giornali napolitani dal 1266 al 1478, ibid. t. XXI,  c. 1132: l’INFESSURA, nel diurio della città di Roma, ibid, t. III,    SE  de uiris illustribus scripsi, Regi dedicaui ac tradidi*;  ed aggiunge: ‘ in quo opere, ut aliquando uidebis, si  non quantum uirtutum tuarum magnitudo postularet,  at quantum ingenii mei paruitas potuit, quantumcum-  que res ipsa passa est, tibi a me tributum cognosces.’  Cosicchè, se verso la fine del 1456 il Fazio portò a  compimento e pubblicò il suo libro sulla vita degli uo-  mini illustri, e ne fece un presente ad Alfonso d’ Ara-  gona, re di Napoli, è evidente che a nulla gli sarebbe  giovata, ancorchè egli fosse vissuto sino al principio  del 1458, la divulgazione del libro suetoniano, avve-  nuta in quel tempo.   Nella stessa annotazione del cod. Leid. Perizon. si  accoglie con leggerezza, come notizia indubitata, il sup-  posto plagio di Sicco Polenton e la distruzione di quella  parte del libro di Suetonio, che trattava de oratoribus  ac poetis. !   Resta un’ altra difficoltà. Secondo l’ annotazione del  cod. Leid. Perizon., il libro de grammaticis et rheto-  ribus di Suetonio si divulgò poco dopo la morte del  Fazio, anzi, per i dati contenuti nella lettera di Carlo  de’ Medici, non prima del gennaio 1458. Un certo tem-    p. II, c. 1137, menziona il terremoto del 24 dicembre 1456). La  lettera del Fazio è, per conseguenza, posteriore al dicembre  1456. Nella raccolta cit., p. 784, n. 251, è compresa una lett. del  card, Piccolomini di risposta a quella del Fazio, con la data  ‘ex urbe Roma die XXV Martii 1457,’ Si può, dunque, affer-  mare che la lettera del Fazio dovette essere scritta tra la fine  del dicem. 1456 e la metà del marzo 1457.   1 RIiTscHL, Parerga zu Plautus und Terena, Leipz. 1845, I p.  632. RoTH, C. Sueton. Tranq. quae supersunt omnia, Lps. 1882 ;  praef., p. LI sg.    ana    po era, senza dubbio , necessario perchè i libri o le  copie di essi, che Stefano de’ Nardini avea promesso ,  giungessero a Carlo de’ Medici, e da questo si mandas-  sero al fratello Giovanni, in Firenze, il quale doveva es-  sere il primo ad averli. ' Perciò la divulgazione dei libri  portati da Enoch non poteva aver luogo prima che alcuni  mesi fossero scorsi dopo il gennaio 1458. Intanto Enea  Silvio Piccolomini è il primo a far menzione, sebbene in  un modo poco esatto, del contenuto della Germ. nella  grande epistola di risposta a Martino Meyer, cancel-  liere dell’ arcivescovo di Magonza ?. Il Meyer, con  lettera in data del 31 agosto 1457, * si era congratulato  col Piccolomini della promozione al cardinalato e nello  stesso tempo , colta la propizia occasione, avevagli  descritto le tristi condizioni fatte dalla Curia romana  alla Germania, e l’aveva avvertito che ‘ nunc uero, quasi  ex somno excitati, optimates nostri quibus remediis huic  calamitati obuiam pergant cogitare coeperunt iugumque  prorsus excutere et se in pristinam uindicare liberta-  tem decreuerunt ’: sono i preludi della riforma religiosa.  Il card. Piccolomini, che aveva già scritto su tale ar-    1 Le precise parole scritte da Carlo de' Medici nella lett. cit. del  13 genn. 1458 (F IX, doc. 576) sono queste : « non dubitate che  per essere il primo che gl'’abbia (i libri di Enoch),  non v'énno a costare uno denaro di più ».   ? L’epistola del card. Piccolomini è pubblicata col titolo de  ritu, situ, moribus et conditione Germaniae descriptio, in opera  quae extant omnia, ed. cit., pp. 1034-1086.   8 L' epistola del Meyer è pubblicata a p. 1035 delle opere di  E. S. Piccolomini, ed. c.; ma, per evidente menda di stampa,  porta la data erronea: ‘ex Hasthaffenburga pridie Calend,  Septembris MCCCCVII ”, invece del MCCCCLVII,    RT    gomento al Meyer la lettera del dì 8 agosto 1457, !  tornò a scrivergli in proposito, per confutare le affer-  mazioni di lui, altre tre lettere * ; e di ciò non contento,  per dare, probabilmente, una maggiore pubblicità alle  ragioni addutte in confutazione delle osservazioni del  Meyer, si accinse a scrivergli una lunga epistola, che  prima mandò, per averne l’ autorevole parere, ad An-  tonio card, di S. Crisogono, con lettera in data del 1°  febbraio 1458. 3 Al Piccolomini premeva di ribattere le  accuse che provenivano dalla Germania, per prepararsi  i voti favorevoli nel prossimo conclave, che, difatti, lo  elevò, dopo la morte di Callisto III, all’ onore della  tiara; ed era importante per lui che tutti sapessero quel  che egli ne pensasse intorno alle agitazioni tedesche  contro la Curia di Roma. E però, per confutare gli ar-  © gomenti addotti dal Meyer (cui avverte ‘ nec dubitamus  te perditum iri, nisi e schola erroris et officina ueneni  retrahas pedem), arreca, tra le molte ragioni, i bene-  fici fatti dalla Chiesa di Roma alla Germania, e fa un  confronto tra i costumi degli antichi Germani , quali  furono descritti da Cesare e Strabone, e la civiltà te-  desca de’ suoi tempi; indi soggiugne (p. 1051): ‘ is igi-    1 Epist. n°. 369, pp. 836-839, op. c.   ? Una delle tre lettere, che è segnata nella raccolta cit. col  n° 338, p. 822, porta la data ‘Romae XII Calend. Octobris a.  MCCCCLVII ’. Un' altra, di n° 345, p. 827, ha la data ‘ex urbe,  die uigesima Octobris’, senza indicazione dell’anno, che deve  essere lo stesso 1457. La rimanente, segnata col n° 288, p. 801,  non porta data, ma dal posto che occupa tra una epist. del-  l'11-IX 1457, e una del 3-X dello stesso anno, è probabile che  sia stata scritta nella seconda metà del settembre 1457.   3 La lett. al card. di S. Crisogono è pubblicata a p. 1034, e  precede immediatamente quella diretta al Meyer.    =,   tur fuit Germanorum status Strabonis tempore, quem  usque ad Tiberium Caesarem uixisse constat. his fero-  ciora de Germanis scribit Cornelius Tacitus, quem in  Adriani tempore incurrisse perhibent. parum quidem  ea tempestate a feritate brutorum maiorum tuorum uita  distabat. erant enim plerumque pastores, syluarum in-  colae ac nemorum......... nec munitae his urbes erant,  neque oppida muro cincta, non arces altis innixae mon-  tibus, non templa sectis structa lapidibus uisebantur.  aberant hortorum ac uillarum delitiae, nulla uiridaria,  “nulla tempe, nulla uineta colebantur: praebebant largos  flumina potus; lacus et stagna inseruiebant lauacris et,  si quas natura calentes produxerat, aquae. parum apud  eos argentum, rarius aurum, margaritarum incognitus  usus. nulla gemmarum pompa, nulla ex ostro uel se-  rico uestimenta. nondum metallorum inuestigatae mi-  nerae; nondum. miseros in uiscera terrae mortales -tru-  serat auri sitis: laudanda haec et nostris anteferenda  moribus. at in hoc uiuendi ritu nulla fuit literarum  cognitio, nulla legum disciplina, nulla bonarum artium  studia. ipsa quoque religio barbara, inepta et, ut pro-  priis utamur uocabulis , ferina ac brutalis. talis tua  Germania fuit usque ad Adrianum Caesarem, quamuis  iam ceterae orbis prouinciae excultae artibus ac mo-  ‘ribus essent ’.   Dovette, dunque, il Piccolomini aver notizia, sebbene  alquanto imperfetta , della Germ. anteriormente al 1°  febbraio 1458, che è la data segnata nella missiva al  card. di S. Crisogono. E, se consideriamo attentamente  il contenuto della lettera del Piccolomini al Meyer, in  data 8 agosto 1457, appare non dubbio che egli ebbe  notizia della Germ. prima di questa ultima data; poi-       ica   chè nella lettera si contengono , riassunte senza indi-  cazione di autori, osservazioni consimili a quelle che  sui costumi dei Germani antichi sono ampiamente svol-  te nella grande epistola sopra cit. Leggesi, infatti, nella  lettera: dell’ 8 agosto 1457 : ‘ namque si legamus uetu-  sta tempora, inueniemus Germanos olim ritu uixisse  barbaro, uestibus usos laceris; uenationi tantum et agro-  rum culturae dedisse operam, feroces quidem homines  et belli appetentes , sed argenti prorsus inopes, quibus  quippe nec uini usus erat. ipsaque Germania intra mare  et Danubium rursusque intra Rhenum et Albim conti-  nebatur; nunc uero quantum transgressa sit suos li-  mites, non ignoramus ?. e. q. s.! Perciò il Piccolomini  dovette conoscere il contenuto della Germ. prima del-  1’ 8 agosto 1457, cioè circa sei mesi prima del tem-  po in cui, secondo la lettera di Carlo de’ Medici , del  13 gennaio 1458, si erano cominciati a divulgare i libri  portati da Enoch; e, per tanto, appare non vera l’ an-  notazione del cod. Leid. Perizon., d’essere, cioè, la Germ.  e gli altri opuscoli ‘ nuper adinuentos et in lucem re-  .latos ab Enoc Asculano ’, giacchè del contenuto della  Germ. sì era avuta notizia prima che i libri portati  da Enoch, in originale o in copia, fossero stati acqui-  stati da Giovanni di Cosimo de’ Medici o da altri, e pri-  ma che se ne fosse cominciata la divulgazione.   Ma per quale via sia pervenuto il Piccolomini ad a-  vere in sue mani la Germ. non ci è dato, secondo i  documenti del tempo scoperti sino ad oggi, determi-  narlo con certezza. Non è improbabile che il Piccolo-  mini sia stato aiutato in tali indagini dal Poggio ? e   1 Epist. n.° 369, p. 838, ed cit.   2 Nella lettera del 4 gennaio 1457 il Poggio, congratula ndosi    — 90 —  dal Panormita,! coi quali egli aveva relazioni di buona  amicizia: ed è noto quanto ebbe a stentare il primo, nei  lunghi e tediosi maneggi, per aversi il ms. del frate  hersfeldese ; del secondo si sa che sin dal 1426 aveva  dato notizie della Germ. nella lettera, citata sopra, al  Guarini veronese.   Il Lehnerdt però, per la soluzione del quesito, muove  da una notizia che si legge nella lettera del 10 dicem-  bre 1457 di Carlo de’ Medici al fratello Giovanni: « heri  mandò per me il cardinale di Siena e domandomi se  Enoch avesse lasanti (1. lasciati) libri alcuni nel banco  nostro; dissigli che no. Lui mi domandava che via lui  potessi tenere ad avere certi libri che lui aveva: io fe”    col Piccolomini, per la promozione di lui al cardinalato, gli scri-  veva: ‘accedit ad consolationem meam et summam iocundi-  tatem quod uir eloquentissimus (cioè il Piccolomini) optimis-  que artibus eruditus, fructum eloquentiae et doctrinae sit, quod  perraro accidit, consecutus: in quo gloriari quodam modo mihi  merito uideor posse nostri quondam ordinis uirum, hoc est e-  loquentiae studiis et dicendi exercitio praestantem, eo in statu  esse collocatum, ut suae doctrinae aemulos extollere et eis  praesidio atque ornamento esse possit'. Ed in un'altra lettera  del 3 novembre (manca l'indicazione dell’anno, ma è, senza  dubbio, del 1457) lo stesso Poggio profferiva i suoi servigi al  card. Piccolomini, scrivendogli: ‘me penitus tuum esse ubique  satisfaciendi cupidum, si qua in re mea tibi cura, studio, opere,  diligentia opus esset.’ Le due lettere del Poggio sono comprese  nell’ epistolario del Piccolomini, segnate l’una col n. 216, p. 771,  l’altra col n. 295, p. 806: tra le due lettere è compresa la re-  sponsiva di ringraziamento del Piccolomini al Poggio, n. 293,  p. 805.   1 Vedi la lettera del Piccolomini, allora ‘ episcopus Senensis ',  ad Antonio Panormita, n. 407, p. 951 sg.; e la menzione del  Panormita nell'epist. al Fazio, notata al n. 251, p. 784.    PEN co (ROSS   al giuoco del baloco. Di poi ho sentito che lui ha scrit-  to ad Ascoli a certi sua amici; e pertanto vorria che  voi medesimo scrivessi a m. Stefano che in singulari  vostro servizio lui mi fessi avere o i libri di che io gli  ò scritto overo la copia ».! Il Lehnerdt ne argomenta  che il Piccolomini (denn niemand anders ist der be-  triebsame Cardinal von Siena) dovette attingere le no-  tizie sulla Germania, annunziate nella lettera, a Martino  Meyer, al ms. enochiano, di cui venne in possesso pri-  ma del Medici. ? Ma alla congettura del Lehnerdt si  oppone il testo di un’altra lettera di Carlo de’ Medici,  in data del 13 gennaio 1458, che sopra abbiamo rife-  rito. Stefano de’ Nardini, sollecitato, oltre che da Carlo,  anche da Giovanni de’ Medici, rispose dando promessa  certa, che questi avrebbe avuto i libri di Enoch o le  copie; e dovette aggiungere che lo stesso Giovanni de’  Medici li avrebbe avuti per il primo, poichè il fratello  Carlo nella lettera su cennata soggiugne le sgg. paro-  le, più volte da noi citate: « non ho poi altro, ma non  dubitate che per essere il primo che gl’ab-  bia non vanno a costare uno denaro di più. » 8 Or,  se Giovanni de’ Medici doveva essere il primo ad  aver i libri di Enoch, giusta l’ affermazione «di Carlo  confortata dalla lettera di Stefano de’ Nardini, non è  possibile che prima di lui il card. Piccolomini ne fosse  venuto in possesso.   E naturale poi che un certo tempo dovette trascorrere  tra la lettera del 13 gennaio 1458 e la trasmissione  dei libri di Enoch o di copie dei medesimi, che Gio-       1 Vitt. Rossi, opusc. c., VIII, p. 31.  2 LEHNERDT, l. c., pp. 502, 504.  3 VITT. Rossi, opusc. c., IX, p. 31.    vanni de’ Medici desiderava avere: così si giunge al-  la fine di gennaio od al principio di febbraio. Il Pic-  colomini, che non risulta essere stato il primo ad a-  verli e leggerli, poteva averne avuto notizia, stante la  difficoltà delle comunicazioni in quei tempi, verso la  ‘metà o la fine di febbraio: dunque non era possibile  che egli ne avesse avuto conoscenza prima «li scrivere  la lunga lettera al Meyer; la quale lettera fu, senza dub-  bio, preparata e scritta nel gennaio 1458, poichè in data  del 1° febbraio fu spedita per esame al card. di S. Crisogo-  no. ! L’improbabilità che il Piccolomini avesse tratto van-  taggio dai libri enochiani si rende ancor più evidente, se  si bada alla conclusione cui siamo pervenuti poco prima,  cioè, che per altra via il Piccolomini dovette aver noti-  zia del contenuto della Germ., prima dell’8 agosto 1457.    VI. — Anche nella supposizione che la Germ. si fosse  trovata unita coi libri portati da Enoch, essa non dove-  va presentare, come sopra sì è avvertito, il nome dell’au-  tore, poichè non se ne fa cenno nell’inventario dei li-  bri di recente scoperti. Il nome dell’autore dovette es-  sere aggiunto dopo, quando si cominciò la divulgazione  del libro, e si riconobbe che era identico a quello già    1 Nella lett. del Piccolomini al card. di S. Crisogono, p. 1034  ed. c., si legge: ‘ epistolam scribere institui et liber exiuit; quid  dixi liber? libri exiuere. — mittimus igitur ad tuum examen,  ut uideas corrigasque, uel, si melius putes, igne consumas. tu  solus es, cuius existimationem audiendam arbitror. — ad te  ergo ueluti ad fontem doctrinae uenio et ad ipsum iubar  scientiarum, si condendum aut comburendum opus iudicaueris,  obediam imperio tuo. si duxeris edendum, exibit liber intrepi-  dus et nullius calumnias uerebitur, quando abs te probatus  fuerit, quem omnes probant.' e. q. s.    Pei 7, ME    indicato dal Panormita nella lettera dell’ aprile 1426,  diretta al Guarini. E per tal modo la Germ. fu anno-  tata, ventinove anni dopo (1455), col nome di Tacito  nello zibaldone di Pier Candido Decembrio. Cosicchè  l’ indicazione di Tacito come autore della Germ. si ri-  connette, anche per il libro portato da Enoch, allo stes-  so fonte che abbiamo considerato sopra, trattando del  codice del frate hersfeldese: la conclusione ne sarebbe la  stessa. Per tale conclusione troverebbesi forse modo  di coordinare l’ attestazione notata nel cod. Leid. Pe-  rizon. con le ricerche fatte anteriormente dal Poggio, e  col fatto che il contenuto della Germ. era noto prima  che si fossero divulgati in Italia i libri portati da E-  noch; in quanto che il Pontano, che è detto autore del-  l’ attestazione, non deve aver letto il nome di Tacito  in fronte alla Germ. che egli trascrisse, correggendone  le mende, ma ve l’appose per le notizie avutene a  Roma e a Firenze in quei circoli letterari, ai quali il  libro era prima noto.   Il vedersi, dunque, attribuita a Tacito la paternità  della Germ. nei codici del sec. XV, che soli ci riman-  gono dell’ aureo libretto , resta sempre dovuto, come  pare a noi, ad un presupposto del Poggio ed all’ an-  nuenza non disinteressata del frate hersfeldese; se non  sì vuole direttamente ammettere che tale attribuzione  sì fondi sulla fede d’ un amanuense del sec. XV, fede,  come bene avverte il Valmaggi in proposito del dia-  logo de oratoribus, che si ha da reputare dubbia « per  lo meno, sino a tanto che altri documenti e prove sie-  no contro di lei ».!    1 L. VaLMaG6I, dial. degli oratori, Torino 1890; introduz., pa-  gina XXXIX.    Di    CAPITOLO QUARTO    La Germania comparata con la naturalis historia  di Plinio. *    Uno studio che avesse 1’ obietto di comparare la  Germ. con gli scritti di Plinio Secondo, riuscirebbe cer-  tamente non poco utile a dare evidenza e conferma ai  risultamenti delle indagini fatte nei precedenti capitoli.  Ma un tale studio sarebbe, di necessità, incompleto,  perchè gli scritti di Plinio, i quali si avvicinano, per  analogia di argomento, alla Germ., cioè i venti libri  Germanicorum bellorum, la vita di Pomponio Secondo  e i libri di storia a fine Aufidii Bassi, non sono per-  venuti sino a noi. Solo si può istituire il confronto tra  la' Germ. e la nat. hist., determinando anzi tutto quali  notizie, quali considerazioni, insomma quali concetti  presentino in entrambe le opere considerate il carat-  tere di comune origine; sì che se ne possa indurre che  tanto l’una quanto l’altra debbano essere state manife-  stazioni, sebbene per obietti diversi, dei pensieri di una  stessa mente.   Seguiremo nelle nostre indagini l’ordine dei libri  della nat. hist.    * Restringiamo il confronto soltanto ai concetti o pensieri a-  naloghi espressi nei due libri. Quanto al confronto lessicale,  sintattico e stilistico tra la Germ. e la n. A. di Plinio, abbiamo  prepa:ato un libro, che sarà pubblicato immediatamente dopo  il presente lavoro, di cui può considerarsi opportuno comple-  mento. Valga la stessa avvertenza per il capitolo sg., in cui la  Germ. sarà comparata con gli scritti genuini di Tacito,          = DE    I.— a) Una spedizione navale, capitanata da Druso,  si mosse nel 742/12 dalle foci del Reno verso le re-  gioni orientali, per fare delle scoperte ed estendere il  dominio romano. Un’altra spedizione fu tentata ven-  totto anni dopo, nel 16 d. Cr., dal prode Germanico.  Alla prima impresa si allude nella . A. II 67 (67), 167  ‘ septentrionalis uero oceanus maiore ex parte nauiga-  tus est auspiciis diui Augusti Germaniam classe circum-  uecta ad Cimbrorum promunturium 7. Ad entrambe le  imprese si riferisce la notizia, di cui nella Germ. 34, 6  ‘ipsum quin etiam Oceanum illa temptauimus ”.!   b) Non è da omettersi che della strage di Crasso,  menzionata nella Germ. 37, 15, si fa cenno nella n. A.  II 56 (57), 147; e la notizia. si ripete in vari modi in  V 24 (21), 86. VI 16 (18), 47: cf. XV 19 (21), 83.   c) Nemmeno si deve tralasciare l’ osservazione, che il  cenno sulla guerra cimbrica, fatto nella Germ. 37, 7,  notasi anche nella n. A, II 57 (58), 148. *    II. — Nel lib. II della n. A. si osservano tre Il. di  confronto.   a) Dei ‘ Boi ’ Plinio dà notizia, indicando i luoghi, in  Italia, in cui le loro centododici tribù furono distrutte,    1 Della prima spedizione si fece, più tardi, menzione da Sve-  Ton. Claud. 1; e da Cass. Dion. r. Rom. LIV 32,2. La seconda  spedizione del 16 d. Cr. è lodata in versi da ALBINOv. PED. (v.  PLM. ed. Baehrens, vol. VI, pp. 351-352: cf. SEN. suas. I 15, p. 10,  ed. Kiessling); la narra Tac. ann. II 8; 23; 24.   ? La notizia è poi, in diverse occasioni, ripetuta nella n. A.  VII 22 (22), 86. VIII 40 (61), 143. XVI 32 (57), 132. XVII 1 (1),  2. XXII 6 (6), 11. XXVI 4 (9), 19, XXXIII 11 (53), 150. XXXVI  1 (1), 2; 25 (61), 185.    ci GG i   (n. h. Ill 15 (20), 116), e denotando, quali conseguenze  delle loro scorrerie: in Italia, la fondazione di ‘ Laus  Pompeia’ (III 17 (21), 124) e la distruzione di ‘ Mel-  pum ? (III 17 (21), 125); indica anche i luoghi da loro  abitati in Gallia (IV 18 (32), 107). Nella Germ. (28, 7.  42, 3) si denotano i luoghi occupati e poi abbandonati  dai ‘ Boi” o ‘ Boii”, in Germania.   b) Quanto agli ‘ Arauisci ’, che avevano le loro sedi  nella Pannonia, sulla riva destra del Danubio, tra la  Drava e la Sava, trovasi menzione nella Germ. 28, 10  e nella n. A. III 25 (28), 148: li nominò anche Tolo-  meo, indicando le loro sedi più a settentrione di quelle  degli Scotdisci.* Vi è però una differenza nella grafia,  chè nella n. A. è scritto ‘ Erauisci’, e nella Germ.  ‘ Arauisci ’. Ma del nome usato da Tolomeo la lettera  iniziale è A. Una simile differenza notasi nel nome  ‘ Bastarnae ’, usato nella Germ. 46, 4, e ‘ Basternae ”,  adoperato nella n. A. IV 14 (28), 100. ?    1 ProLEM. geogr. ll 16, 3.   ? Ma si deve avvertire che la grafia ‘ Basternae' non è co-  stante nella n. 4., come asserisce il GEORGES, ausfithrl. Handwb.  I, c. 743; poichè in IV 12 (25),81 mutasi in ‘ Basternaei” e poi  in VII 26 (27), 98 diviene all’abl. ‘ Bastrenis’, che nel cod.  Riccard. (R. del Mayhoff) è ‘ bastenis ’, e nel cod. Leid. (F. del  Mayh.) ‘ bostrenis’, Né i codd. della Germ. consentono tutti col  Leid. Perizon. nel presentare nel |. c. ‘ Bastarnas ’: il cod. Va-  tic. VRB. 655 presenta ‘basternes ’, e con strana metatesi il  Vindobon. ‘ bastranas’. Nemmeno la grafia accolta dal Leid.  Perizon. può mettersi in relazione con quella che osservasi in  Tac. ann. ll 65, 14, perché in questo la forma ‘ Bastarnas® è  dovuta ad una congettura di Beato Renano: nel cod. è ‘ baster-  nas’. Cf. cod. inscr. Lat. Il 2, p. 862. Ma in Strabone sempre  ‘ Bastàrnai *: Il 1, 41 (93); 5, 12 (118); 5,30 (128). VII 1, 1  (289) ; 2, 4 (294); 3, 2 (296); 3, 15 e 17 (305, 306).    Ri odi  c) Soltanto nella Germ. 29, 17 (v. sopra, pp. 19-22)    sì nominano i‘ decumates agri’. La n. A. II 4 (5), 32  fa solamente menzione di una ‘ decumanorum colonia ”.    III. — Il lib. IV della n. /. offre un buon numero  di confronti con la Germ.   a) All’ indicazione generica della Germ. 44, 20 ‘ Su-  ionibus Sitonum gentes continuantur ’,! risponde  quella più particolareggiata della 7. %. IV 11 (18), 41  ‘ circa Ponti litora Moriseni Sitonique Orphei  uatis genitores optinent ’. Resta però la differenza del-  l’ordine flessivo tra ‘Sitones” e ‘ Sitoni ?.   b) I gioghi dell’Abnoba, nella Selva nera, sono indi-  cati, tanto nella n. %. IV 12 (24), 79 quanto nella Germ.  1, 9, come punto d’ origine del Danubio; anzi la retta  grafia ‘ Abnoba ’, indicata dai codici della n. A. e quale  venne accolta da Tolomeo,® fu di guida a Beato Renano  per determinare, nel testo della Germ. 1. c., la forma  esatta ‘ Abnobae ’ tra le varianti ‘ Arnobae ’ (cod. Va-  tic. 1862 e cod. Neapol.), ‘ Arbonae ’ (cod. Leid. e cod. Va-  tic. 1518), ‘ Arnibae ’ (cod. Arundel.). Due iscrizioni sco-  perte nello Schwarzwald hanno confermato la forma  ‘ Abnoba. ?.   c) È data dalla n. R. IV 12 (24), 79 la notizia, che       1 Omettiamo di citare per i ‘ Sitones ’ il 1. della Germ. 45, 1,  perché nei codd. si Iegge ‘trans Suionas”’ (nel Leid. ‘Suiones’).  Il MEISER ha sostituito ‘Sitonas ’; e la congettura di lui è sta-  ta accolta da U. Zernial, Io. Miiller, etc. Hanno conservato la  lezione dei codd. il Dilthey, il Kiessling, il Finek, il Kritz, il  Halm, il Ramorino, etc.   ? ProLEM. yeogr. Il 11.    ConsoLI: L’ autore della Germania. 7    osi OB ci  il Danubio ‘ in Pontum uastis sex fluminibus euolui-  tur ’; ma'non è del tutto esatta, nè conforme al cen-  no che prima ne avevano fatto Ovidio, Strabone e Me-  la,! e dopo ripeterono Solino, Ammiano Marcellino, Isi-  doro. ? Nella Germ. si conferma la notizia data dalla  n. h., salvochè, come spiegazione dell’esclusione di una  settima foce del gran fiume, si soggiugne immediata-  mente ‘ septimum os paludibus hauritur?. Se nessun  rapporto ci fosse stato nella composizione e nell’ inten-  dimento della n. A. e della Germ., in questa sarebbesi  detto esplicitamente in modo consimile a quanto scris-  se Ammiano Marcellino, l. c.: ‘ amnis Danuuius — s e p -  tem ostiis.... erumpit in mare — septimum se-  gnius et palustri specie nigrum ?.   d) Nella Germ. 1, 2 i ‘Sarmatae ’ e i ‘ Daci ’*sono  indicati come confinanti coi Germani. La n. A., oltre  all’indicare il secondo nome dato dai Romani ai ‘ Daci *.  (‘ Getae ’), e dai Greci ai ‘Sarmatae’ (‘Sauromatae ’),  determina i luoghi da loro occupati (IV 12 (25), 80:  cf. VI 34 (39), 219), e mostra che presso di loro era in  uso il fafuaggio (XXII 1 (2), 2): aggiunge che la Ger-  mania è confinante (‘contermina ’) con la Scizia (VIII  15 (15), 38).   e) Uno dei confini dei luoghi abitati dai ‘Chatti’ e    1 OvI. trist. II 189. STRAB. geogr. VII 3, 15 (C. 305), vol. II,  p. 419 ed. M. Pompon. Met. chor. II 1, 8. Confrontando il Da-  nubio al Nilo, Mela dice che quello sbocca nel mare pontico  ‘ totidem quot ille (sc. Nilus) ostiis’; e il Nilo, secondo afferma  lo stesso Mela, chor. I 9, 51, ‘ septem in ora se scindens  singulis tamen grandis euoluitur ’.   ? SoLin. coll. r. m. 13, 1} p. 90, 12 ed. M. Amm, Marc. r. g.  XXII 8, 44 e 45. Is. orig. XII 21, p. 1158.       3 DO  dagli ‘Heluetii” è, secondo la Germ. 30, 5. 28, 6, il  ‘ sallus Hercynius” o ‘ Hercynia silua’: la stessa selva  è segnata nella n. %. IV 12 (25), 80 come confine della  gente pannonica dei “Carnunti’. Plinio denota anche  l’importanza della selva (IV 14 (28), 100), e avverte  che in essa sono ‘ inuisitata genera-alitum’ (X 47 (67),  132) e una ‘roborum uastitas intacta aeuis et conge-  nita mundo ’ (XVI 2 (2), 6).   f) Nella Germ. 46, 4 si considera la voce ‘ Bastarnae ’  come un’altra denominazione del popolo dei ‘ Peucini ”.  La n. h. determina prima i luoghi occupati dai ‘ Ba-  sternaei’! (IV 12 (25), 81); poi annovera i ‘Baster-  nae’ accanto ai ‘Peucini’ (IV 14 (28), 100). *   9g) Dei mari nordici, coi quali confina a settentrione  la terra dei Germani, è data nella Germ. 1,3 una no-  tizia indeterminata: ‘cetera Oceanus ambit, latos si-  nus et insularum immensa spatia complectens’. Nella  n. h. la stessa notizia è presentata con maggiore deter-  minazione: IV 13 (27), 96 ‘ mons Seuo ibi inmensus nec  Ripaeis iugis minor inmanem ad Cimbrorum usque  promunturium efficit sinum, qui Codanus uocatur re-    1 Per la differenza grafica del nome del popolo considerato,  v. sopra, p. 96, nota 2°.   2 Nel |. c. della n. A. si legge: ‘quinta pars Peucini, Baster-  nae supra dictis contermini Dacis’. Potrebbesi, tralasciato il  segna d’interpunzione messovi dall’edit. Jan, considerare ‘ Ba-  sternae’ come apposizione di ‘Peucini’: così ne sarebbe con-  fermata l'osservazione della Germ., che fa tutto un popolo dei  ‘Bastarnae’ e dei ‘Peucini’. Del resto, in nessun altro l. della  n. h. si tratta dei ‘Peucini’, come di un popolo a sè, diffe-  rente dai ‘ Basternae”. Cf. StRAB. geogr. VII 3, 15 (C 305); 3,  17 (C 306), p. 419 sg., ed. M.    ni 100  fertus insulis quarum clarissima est Scatinauia incon-  pertae magnitudinis ’.   h) All’ osservazione che leggesi nella n. A. IV 14  (28), 98 ‘Germania .... nec tota percognita est’, ri-  spondono le considerazioni con cui l’autore della Germ.  dà termine al suo lavoro, tralasciando ‘ cetera iam fa-  bulosa” e quel che egli trova ‘ut incompertum ?.   i) Intorno alle schiatte germaniche degli ‘ Ingaeuo-  nes’ (Germ.) o ‘ Ingyaeones ” (n. h.), degli ‘ Hermino-  nes?’ (Germ.) o ‘ Hermiones” (n. Ah.) e degli ‘ Istacuo-  nes’ (Germ.) o ‘Istyaeones ’ (n. 4.) non è fatta men-  zione alcuna in iscritti anteriori o posteriori alla Germ.  e alla n. X.! Sembra però che nella Germ. 2, 15 sg.  la distinzione delle tre schiatte sopra mentovate sia  stata fatta in dipendenza dai progenitori mitologici,  figli di Manno. Segue, infatti, nello stesso cap. della  Germ., una distinzione di popoli germanici fatta con  criterio alieno dalla leggenda (‘eaque uera et antiqua  nomina’), ma, come pare, per esemplificazione, cioè :  ‘ Marsi °, Gambriuii, Suebi, Vandilii ”.   La distinzione appare più precisa e completa nella  n. h. IV 14 (28), 99 e 100: I ‘ Vandili” 3, II ‘Ingyae-    A Il Georges, ausfithri. Handwb. II, c. 216, registra Ingae-  vones, secondo la grafia accolta nel testo della Germ. (ma  ‘Ingaenones’ nei codd. Vatic. VRB. 655, Laurent. LXXIII 20,  Stotgard. IV 152, Venet. misc. XIV 1); registra Hermiones (I,  c. 2813), secondo la grafia della n. A.; ma nonsi cura di no-  tare gli ‘Istaeuones'.   2 Nella Germ. nulla si dice dei ‘Marsi’ oltre del cenno del  c. 2, 17. Tacito ne fa menzione negli ann. I 50, 13; 56, 20. II  25, 4.   3 ‘Vandali’, nel cod, Paris. 6797.       — ol —  ones’, III ‘Istyaeones °°, IV ‘ Peucini °.8 Tra i ‘ Van-  dili” si comprendono : a) i ‘ Burgodiones” ‘4; b) i ‘ Va-  rinnae’ 5; c) i ‘Charini’; d) i ‘Gutones’: dei quali  popoli due soltanto, cioè i ‘ Varinnae ’ e i ‘Gutones”,  sono annoverati nella Germ. 40, 4. 44, l, forse con  inesattezza, tra i ‘Suebi’; i due rimanenti, ‘Burgo-  diones’ e “‘Charini’, sono taciuti. Gli ‘Ingyaeones’  comprendono: a) i ‘ Cimbri’ ‘; b) i ‘Teutoni’% c)i  ‘ Chauci’:3 la Germ. tace dei ‘ Teutoni ’. Sotto il no-  me degli ‘Istyaeones ’ sono notati i ‘Sicambri’ (‘ Su-  gambri’, per Strabone), dei quali non si fa alcuna  menzione nella Germ. Si ascrivono agli ‘ Hermiones”:  a) i ‘Suebi’; * 6) gli ‘ Hermunduri ’ !; c) i ‘Chatti ’ !!;  d) i ‘ Cherusci ”. !2 I ‘ Peucini” (Basternae) sono espli-       1 ‘Inguaeones’, ed. Detlef.; ‘Ingaeuones’, secondo la ‘1.  uulg.’ e nell’ed. Sillig.   ? ‘Istiaeones’, ed. Detlef, ; ‘Istaeuones’, secondo la ‘1. uulg.’  e nell’ed. Sillig.   3 Quanto ai ‘ Peucini’ cf. Germ. 46.   4 ‘Burgundiones’ nel cod. Paris. 6797 e nell'ed. Sillig.   5 ‘ Varine’ nel cod. Riccard.; ‘ Varini” secondo la ‘1. uulg.'  e nell’ed. Sillig. : ‘ Varini’ anche nella Germ. 40, 4.   6 I ‘Cimbri’ non si devono confondere coi ‘Gambriuii’. Stra-  bone, infatti, pone in elenco separatamente i ‘Gambriuii’ e i  ‘Cimbri’: geogr. VII 1, 3 (C 291), p. 399, ed. M.   7 Cf. n. h. XXXV 4 (8), 25. XXXVII 2 (11), 35.   8 Intorno ai ‘ Chauci’ v. Germ. 35, 2. 36, 1. Cf. n. A. XVI 1  (1), 2; 1 (2), 5.   9 V. Germ. cc. 33-43; e inoltre 9, 4. Cf. n. h. IL 67 (67), 170.  IV 12 (25), 81; 14 (28), 100.   10 V. Germ. Al, 4. 42, 1.   ll Dei ‘Chatti’ si ha notizia in più Il. della Germ.: 29, 3. 30,  1, 4, 15. 31, 2 e I1. 32, l e 4, 35, 5. 36, 10 7. 38, 2.   12 V. Germ. 36, 1, 6, 8.       — 102 —    citamente annoverati tra le nazioni germaniche, elimi-  nandosi così il dubbio annunziato uella Germ. 46, 2:  ‘Germanis an Sarmatis adscribam dubito’. Or,. se i  ‘Marsi’ edi ‘Gambriuii’, dei quali è fatta menzione nel-  la Germ., sono da considerarsi in dipendenza dagli  ‘Ingaeuones’!; e se tra gli ‘ Herminones” son da com-  prendersi .i ‘Suebi’ e, in subordinazione a questi, i  ‘Vandilii?,*? (poichè i.’ Varini” ed i ‘ Gotones’, che  nella n. A. si annoverano tra i ‘ Vandilii”, sono com-  presi dall’autore della Germ. tra i ‘Suebi ’), restano  a rappresentare gli ‘Istaeuones’ le due nazioni dei  ‘Sugambri’’ e dei ‘ Peucini’: il che, considerati prin-  cipalmente i luoghi occupati da loro, non pare possibi-  le. Vi sono, dunque, delle incertezze e delle notizie in-  complete nella Germ., che la n. &. ha interamente  chiarito o completato ; talchè, se si ammette che au-  tore della Germ. sia quello stesso che scrisse la n. A.,  è evidente che questo lavoro dovette essere scritto do-  po la Germ.: e in ciò sì avrebbe una indiretta con-  ferma della notizia data da Plinio il giovane, che la  opera bella Germaniae (della quale la Germ. potreb-  besi, secondo quanto si è osservato sopra, considerare  come la parte introduttiva) fu scritta prima della x. ’.   j) Il fiume ‘ Albis’ è solamente indicato nella n. /.    1 Vedi Marina, op. c., p. 33.   ? Vedi Dilthey, op. c., p. 249: « es wird dadurch sehr wahr-  scheinlich, dass die Vandalen selbst nur Ostliche Sueven waren ».   8 Plinio il giovane, presentando nell’epist. quinta del lib. III,  $ 2, l'elenco dei libri scritti dallo zio, avverte : ‘ fungar indicis  partibus atque etiam quo sint ordine scripti notum  tibi faciam’. L' opera della Ge rmaniae è indicata nell’ elenco  prima della n. },    — 103 —  IV 14 (28), 100 come uno degli ‘ amnes clari’ che ‘in  oceanum defluunt’. La Germ. 41, 9 presenta l’indica-  zione dell’ ‘ Albis’ con una certa enfasi : ‘ flumen in-  clutum et notum olim; nunc tantum auditur ’; ne de-  nota prima l’ origine nel paese degli ‘ Hermunduri ’.   k) La menzione dei ‘Frisii’ fatta, prima d’,\ogni al-  tro scrittore, da Plinio nella n. A. IV 15 (29), 101,  si osserva nella Germ. 34, 3. 35, 3, aggiunta la di-  stinzione dei ‘Frisii’ in ‘maiores’ e ‘minores’; e  all’espressione ‘ gens tum fida’, di cui si fa cenno nel-  la n. h. XXV 3 (6), 21, alludendosi ai ‘Frisii’?, ri-  sponde l’osservazione di Tacito: ‘ natio Frisiorum .in-  fensa aut male fida”. *   l) Le notizie intorno ai popoli della prov. Belgica,  ‘Neruii’, ‘Tungri ’, ‘ Treueri ’, ‘ Heluetii”, sono comuni  alla n. h. ed alla Germ.; ma il semplice cenno fatto  dalla prima‘, è più particolareggiato nella seconda, per  i ‘Neruii’ e i “Treueri’ (28, 15), per i ‘Tungri’ (2,  20) e per gli ‘Heluetii” (28, 6).    1 Sarà certamente una menda di stampa il $ 110, invece del  101, segnato nella p. 119,.n. 1, delle prov. rom. del :MommsEn,  trad. De RuagieRo, Roma 1887.   ? Vedi Lup. JAN, scripturae discrepantia nel vol. IV dell’ ed.  della n. h., p. XVII.   3 Tac. ann. XI 19,3. De’ ‘Frisii’ tratta anche Tacito in Agr.  28, 14. hist. IV 15, 12; 18, 26; 56, 15; 79, 8. ann. I 60, 6. IV 72,  le; 73, 4; 74, 1. XI 19,3. XIII 54, 2, 9, 23. Per altre notizie  sui ‘ Frisii” v. Cass. Dion. r. Rom. LIV 32, 2-3; PTOLEM. geogr.  II 11; e il pan. d’incerto autore a Costanzo,.$ 9; in BAEHRENS,  ZII pan. Lat., V, p. 138.   4 V. n. h. IV 17 (31), 106: cf. inoltre XII 1 ;(2), :5 per gli  ‘ Heluetii’ ; e XXXI 2 (8), 12 per. la fonte di acqua ferrugino-  sa presso i ‘ Tungri”,    — 104 —    Similmente le brevi notizie che dà la n. A. IV: 17  (31), 106, concernenti i ‘ Nemetes”, i ‘ Triboci ?, i ‘ Van-  giones’, gli “ Vbii” (‘ colonia Agrippinensis ’), i Bata-  ui’, (con qualche particolare, per i ‘ Bataui?, in IV 15  (29), 101; e per gli ‘ Vbii”, in XVII 8 (4), 47), sì osser-  vano nella Germ. 28, 19 sgg. e 29, 1 sgg.    IV. — Il ‘ Pontus Euxinus” è indicato nella Germ. 1,  10 con l’espressione ‘ Ponticum mare ’. Dello stesso mo-  ‘ do è indicato nella n. R. V 27 (27), 97 ‘ hine Ponti -  cum, illinc Caspium et Hyrcanium ?. Osservasi prima  la stessa espressione in Livio e Mela !.    V. — Nella descrizione generale dei popoli germa-  nici, la Germ. 4,6 dà evidenza ai sgg. caratteri: ‘ tru-  ces et caerulei oculi , rutilae comae, magna corpora ’  e. q. s. Nella n. A. VI 22 (24), 88 si annunziano quasi  con le stesse parole i caratteri di alcuni popoli dell’A-  sia: ‘ipsos uero excedere hominum magnitudinem, ru-  | tilis comis, caeruleis oculis , oris sono truci ’. Trovasi,  inoltre, nella n. A. XXVIII 12 (51), 191 l’avvertenza, in  proposito delle ‘ rutilae comae ’,sche ad arte si otteneva  o si rendeva, se naturale, più evidente tale colore «lei  capelli mediante l’ uso d’ un certo sapone gallico, ado-  perato in Germania più dagli uomini che dalle donne.    VI. — a) Cesare scriveva che la maggior parte de-  gli antichi Germani si nutrivano di latte, cacio e car-  ne. ? Nella Germ. 23, 3 si dà una notizia analoga a quella    1 Liv. XL 21, 2. Pompon. Met, chor. II 1, 5. Cf. Tac. ann. XIII  39, 2; e, per analogia, ‘os Ponticum”’ (ann. II 54, 4).  2 Cars. d. G. VI 22, 1: cf IV 1,8.       — 105 —   data da Cesare quanto alla carne (‘recens fera ’), ma  si restringe la notizia concernente i latticini, poichè si  esclude il cacio dall’ ordinario vitto dei Germani, e si  indica il solo ‘lac concretum ?, cioè latte rappreso o  cagliato. La restrizione che notasi nella Germ. appare  confermata e più chiaramente indicata nella n. R. XI  41 (96), 259: ‘ mirum barbaras gentes quae lacte uiuant  ignorare aut spernere tot saeculis casei dotem, densantes  id alioqui in acorem iucundum et pingue butyrum.  spuma id est lacte concretior lentiorque quam quod  serum uocatur’: cf. XXVIII 9 (35), 133.   b) Il pensiero laudativo per i Germani, indicato dalla  frase della Germ. 23, 3 ‘ cibi simplices, agrestia poma,  recens fera aut lac concretum: sine apparatu, sine blan-  dimentis expellunt famem”’ ha complemento nell'osser-  vazione igienica notata, in generale, da Plinio: ‘ homi-  ni cibus utilissimus simplex, aceruatio saporum pesti-  fera et condimento perniciosior’ (n. A. XI 53 (117),  282).    VII. — a) Quando si legge nella Germ. 9, 9 la par-  te notevole che avevano per il culto delle genti primi-  tive le selve sacre: ‘lucos ac nemora consecrant deo-  rumque nominibus appellant secretum illud, quod sola  rewerentia uident’;! ricorre alla mente quel che os-  serva Plinio nella n. A. XII 1 (2), 3 ‘ haec fuere nu-  minum templa, priscoque ritu simplicia rura etiam nunc  deo praecellentem arborem dicant’. E un concetto si-  mile aveva prima espresso Seneca *.    1 Cf. GERM, cc. 39, 40, 43.  ? SEN. epist. IV 12 (41), 3.    — 106 —   :b) Ad indicare le regioni del sud soggette a Roma, tanto  nella Germ. quanto nella n. A. è adoperata l’espressione  ‘orbis noster’: Germ. 2,6 ‘ Oceanus rarisab orbe no-  stro nauibus aditur?. n. A. XII 12 (26), 45 ‘in no-  stro .orbe proxime laudatur Syriacum (sc. nardum),  mox Gallicum ’, e. q. s. * Inoltre, l’accenno sul balsamo  nella Germ. 45, 25 ‘ Orientis secretis, ubi tura bal-  samaque sudantur ’, risponde alle notizie che, tra  i primi, ne diede Plinio in diversi luoghi della n. %. ?    VIII.— Che l’espressione ‘ frugiferarum arborum impa-  tiens ’, usata nella Germ. 5, 4, non debbasi intendere  senza restrizione, non solo ci avvertono l’indicazione della  maniera con cui si facevano certi sortilegi ( v. Germ.  10, 2 ‘ uirgam frugiferae arbori decisam in surculos  “amputant ’) e l'avvertenza intorno ai mezzi di nutrizione  degli antichi Germani (v. Germ. 23,3 ‘cibi simplices,  agrestia poma ’), ma anche una notizia che osservasi  nella n. &. XV 25 (30), 103, sulla presenza del ciliegio  sulle rive del Reno, in tempi remoti.    IX. — a) La particolarità geografica della terra ger-  manica, che è, in generale, ‘aut siluis horrida aut pa-  ludibus foeda ’ (Germ. 5, 2), ha una conferma, in par-    1 Osservasi prima in VeLL. PATERC. h. R.I 2,3. Cf. Tac,  Agr. 12, 9.   2 V. n. h. XII 25 (54), 111 sgg. XVI 32 (59), 135: cf. XIII 1  (2), 11. 13. 15. Vedi anche il nostro libro sui neologismi botanici  nei carmi bucolici e georgici di Virgilio, Palermo 1901; LV,  Pp. 103 sg.    RES, () pg  ticolare, nella descrizione che presenta Plinio (7. h. XVI  2 (2), 6) della selva ‘ Hercynia ?. !   b) Nella Germ. 17, 7 si osserva che i Germani ‘ de-  tracta uelamina (sc. ferarum) spargunt maculis pelli-  busque beluarum, quasi exterior Oceanus atque ignotum  mare gignit’; ma non è detto in che modo facessero  i Germani per impadronirsi di tali belve marine. Pos-  siamo argomentarlo da quel che si dice nella n. %.  XVI 40 (76, 2), 203, in proposito dei predoni di mare:  ‘singulis arboribus cauatis nauigant, quarum quae-  dam et XXX homines ferunt ’.   c) L’uso druidico delle adunanze ‘ sexta luna, quae  principia mensum annorumque his facit et saeculi post  tricesimum annum” (n. A. XVI 44 (95), 250), osservasi  esteso ad una consuetudine germanica, quella, cioè, di  farsi le riunioni popolari ‘ cum aut inchoatur luna aut  impletur ? (Germ. 11, 5).    X. — A integrare l’ osservazione che la terra ger-  manica è ‘pecorum fecunda”’ (Germ. 5, 5), vale quello  che nota Plinio sugli ottimi pascoli della Germania:  ‘ nam quid laudatius Germaniae pabulis?’ (n. A. XVII  4 (3), 26).    XI. — a) Non appare una consuetudine particolare  dei popoli germanici, che ‘ leuioribus delictis pro modo  poena: equorum pecorumque numero conuicti multan-  tur ? (Germ. 12, 7). La stessa consuetudine vigeva an-  che, secondo attesta Plinio, presso gli antichi Romani;    1 Cf. Pompon. Met. chor. III 3, 29 ‘ magna ex parte:siluis ac  paludibus inuia ”.    — 108 —  perciocchè ‘ multatio quoque non nisi ouium boumque  inpendio dicebatur’, e ‘cautum est, ne bouem prius  quam ouem nominaret, qui indiceret multam’ (n. &.  XVII 3 (3), 11).   b) Quantunque l’ avena si fosse potuta usare per la  preparazione della birra, non è da dirsi incompleta la  notizia, che presso i Germani era in uso ‘ potui umor  ex hordeo aut frumento, in quandam similitudinem  uini corruptus’ (Germ. 23, 1); poichè, secondo la men-  zione che se ne legge nella n. 4., se ne avvalsero al-  lora più per cibo che per la fermentazione della be-  vanda gradita: ‘ quippe cum Germaniae populi serant  eam (sc. auenam) neque alia pulte uivant’ (n. %. XVIII  17 (44, 1), 149).!    XII. — a) Il vestiario delle donne germaniche non  si distingueva da quello degli uomini, se non che le  donne ‘ saepius lineis amictibus uelantur’ (Germ. 17,  10). La stessa notizia appare nella n. A. XIX 1 (2, 1),  8 ‘ uela texunt (sc. e lino) iam quidem et transrhena-  ni hostes, nec pulchriorem aliam uestem eorum femi-  nae nouere ’.   b) La notizia data dalla n. A. XIX 1 (2, 1), 9, che  in Germania facevasi il lavoro di tessitura in sotter-  ranei : ‘in Germania autem defossae atque sub terra  id opus (sc. lina texendi) agunt’, completa l’ indica-  zione dell’uso di quelle abitazioni sotterranee, che nella  Germ. 16, 12 si dicono fatte per ‘suffuginm hiemi et  receptaculum frugibus ?.*       1 Vedi, quanto ai diversi nomi con cui s' indicava la birra,  n. h. XXII 25 (82), 164.  2 Pompon, MEL, chor. II 1, 10 dice lo stesso dei ‘Satarchae ’,       — 109 —    XII. — In ciò che nella Germ. 46, 14 dicesi intor-  no al modo di vivere dei ‘Fenni’, ai quali era ‘ uic-  tui herba, uestitui pelles, cubile humus”, pare di scor-  gere un caso particolare di quanto si considera, in ge-  nerale, nella n. %. XXI 15 (50), 86, che vi sono delle  ‘ herbae sponte nascentes, quibus pleraeque gentium  utuntur in cibis”, ’    XIV. — Dei ‘ Mattiaci’ la Germ. 29, 9 considera il  popolo, sottomesso all'impero romano; la n. &. XXXI 2  (17), 20 ne menziona le fonti termali (oggi Wiesbaden).    XV. — La notizia data dalla Germ. 5, 18 sulla mo-  neta antica (‘ serratos bigatosque ’), che era preferita  dai Germani vicini alle province romane del Reno e del  Danubio, negli scambi commerciali, è confermata, per  quanto concerne i ‘ denarii bigati’, dalla n. %. XXXII  3 (13), 46: ‘ notae argenti fuere bigae atque quadrigae,  inde bigati quadrigatique dicti °.    XVI. — L’ambra fu in origine un succo di vegetali:  nella Germ. 45,22 se ne adduce la sg. ragione: ‘ quia  terrena quaedam atque etiam uolucria animalia ple-  rumque interlucent , quae implicata umore mox dure-  scente materia cluduntur ’. Alla stessa conclusione si    popolo del Chersoneso Taurico: ‘ob saeua hiemis admodum  adsiduae, demersis in humum sedibus, specus aut suffossa ha-  bitant’ (Frick).   1 Sact. /ug. 18, 1 aveva prima avvertito che per i Getuli e i  Libii ‘ cibus erat caro ferina atque humi pabulum uti pecoribus”,    — 110 —    perviene, per altra via, nella ». %., in cui sono addutte  per prove l’opinione degli antichi e l’etimologia della  parola ‘ sucinum ’ : XXXVII 3 (11), 43 ‘ arboris sucum  esse etiam prisci nostri credidere, ob id sucinum ap-  pellantes ?. Nè vi è contraddizione se nella Germ. 45,  15 si afferma che gli ‘ Aestii ’, sulla spiaggia orientale  del mare suebico, ‘ soli omnium sucinum.... inter uada  atque in ipso litore legunt’, e che essi ‘ pretium (sc.  sucini) mirantes accipiunt ’; mentre nella n. %. XXXVII  2 (11), 35 si ripete la notizia annunziata da Pytheas :  ‘ Gutonibus Germaniae gente adcoli aestuarium Meto-  nomon nomine......, ab hoc diei nauigatione abesse in-  sulam Abalum , illo per uer fluctibus aduehi et esse    concreti maris purgamentum, incolas pro ligno ad ignem    uti eo (sc. sucino) proxumisque Teutonis uendere ?’. Gli  ‘ Aestii’ avevano le loro sedi accanto a quelle dei ‘ Gu-  tones ° o ‘ Gotones ’, sulle spiagge orientali del mare    suebico (Baltico); era naturale, per ciò, che l’industria |    dell’ambra , così bene avviata presso gli ‘ Aestii ’, si  fosse estesa, come tra popoli vicini, e forse in dipen-  denza l’uno dall’altro, anche presso i ‘ Gotones ’; e da  ciò la notizia registrata nella n. /%., la quale toglie  quella rigidezza di apprezzamento , che traspare dalla  frase ‘ soli omnium ’ della Germ., riferita agli‘ Aestii ?.   È, inoltre, da considerare che, se i ‘ Gutones ” face-  vano il commercio dell’ ambra coi vicini ‘Teutoni ”,  lo vendevano a loro ‘ pro ligno ad ignem ’’; e perciò nes-  suna contraddizione si può notare con quanto è detto  nella n. 4., se gli ‘ Aestii” facevano delle meraviglie  nel vedersi pagare un prezzo per il sucino, di cui si  erano cominciate a fare delle ricerche presso di loro ,       — 11  da che il lusso romano aveva dato a tale merce un va-  lore notevole !.    1 Un’altra relazione tra la Germ. ei lavori di Plinio avver-  te U. Zernial, nel suo comm. alla Germ. 3, 15 pp. 22-23, cioè,  che la frase ‘adhuc extare’, usata in proposito dei monu-  menti e tumoli con iscrizioni greche, che allora restavano nel  confine della Germania e della Rezia, si deve riferire a notizie  date da Plinio nei venti libri ‘ bellorum Germaniae ’.    — i    CAPITOLO QUINTO  La Germania comparata con le opere di Tacito.*    A rendere completo il nostro studio sulla Germ., ci  pare opportuno mettere anche in confronto il conte-  nuto di essa con le opere genuine di Tacito. Il  con-  fronto sarà ordinato come nel cap. precedente, restrin-  gendo il nostro esame ai soli concetti che presentino  un qualche indizio di dipendenza o di corrispondenza  tra loro.   Ci atterremo, quanto alla disposizione della materia,  all’ ordine delle opere di Tacito.    I. — a) Che le chiome bionde o rossicce e la cor-  poratura grande formassero uno dei caratteri fisici  della nazionalità germanica è fatto cenno nell’Agr. 11,  3 ‘ rutilae Caledoniam habitantium comae, magni artus  Germanicam originem adseuerant ’: risponde alla de-  scrizione che ne presenta la Germ. 4, 6 ‘rutilae co-  mae, magna corpora et tantum ad impetum ualida ”.  Seneca aveva anteriormente fatto menzione del ‘ rufus  crinis et coactus in nodum apud, Germanos”.! Quanto  alla frase dell’Agr.1. c.* magni artus Germanicam ori-  ginem adseuerant ’, alla quale si riattacca l’osservazione  intorno ai ‘ Bataui * (‘et forma conspicui , et est ple-  risque procera pueritia’ Mist. IV 14, 6: cf. V 18, 2)  ed ai ‘ Cherusci ’ (‘ procera membra” ann. I 64, 7),  risponde la considerazione generale intorno ai Germa-    * Per i limiti del confronto, vedi l’ avvertenza * a pag. 94.  1 Sen. dial. V 26, 3.       — 113 —    ni, che si legge nella Gem. 20, 1 ‘in hos artus, in  hacc corpora, quae miramur, excrescunt ?. Cesare aveva  prima avvertito che il suo esercito era stato invaso  dal timore al sentire dai Galli e dai mercatanti la no-  tizia ‘ ingenti magnitudine corporum Germanos, incre-  dibili uirtute atque exercitatione in armis esse’ !; e Mela  aveva anche osservato che i Germani erano ‘ immanes  animis atque corporibus ?, perchè attendevano agli eser-  cizi guerreschi ed erano afforzati dalla ‘adsuetudine  laborum maxime frigoris ”. *   b) Istituendo un confronto tra la fioridezza dei Galli  nei tempi anteriori e la decadenza che essi mostrarono  dopo, Tacito nell’ Agr. 11, 15 avverte: ‘ Gallos quoque  in bellis floruisse accepimus; mox segnitia cum otio  intrauit, amissa uirtute pariter ac libertate ’. Lo stesso  concetto appare nella Germ. 28, 15, allorchè, per dare  evidenza al carattere nazionale dei ‘ Treueri’ e dei  ‘ Neruii ’, si dice che essi ‘ circa adfectationem Germa-  nicae originis ultro ambitiosi sunt, tamquam per hanc  gloriam sanguinis a similitudine et inertia Gal-  lorum separentur ’. La superiorità dei Galli di un  tempo è attestata nello stesso 1. della Germ. 28, 1 sul-  l’autorità di Giulio Cesare, che aveva ciò indicato nel  b. G. VI 24, 1.   c) La discordia tra i nemici di Roma cooperò sempre  a costituire la superiorità dei Romani ; onde la consi-  derazione che leggesi nell’ Agr. 12, 4 ‘ nec aliud aduersus  ualidissimas gentis pro nobis utilius quam quod in com-    1 Cars. db. G. I 39, 1.  ? Pompon. Met. chor. III 3, 26.    CONSOLI : L’ autore della Germania. 8    — lla —    mune non consulunt ’. Un pensiero analogosi manifesta  nell’ augurio che 1° autore della Germ. fa a’ suoi con-  cittadini, ‘quando urgentibus imperii  fatis nihil iam  praestare fortuna maius potest quam hostium discor-  diam’ (Germ. 33, 9). Da ciò la politica, sì lodata, di  Druso nelle relazioni coi Germani: egli ‘ haud lene de-  cus quaesiuit inliciens Germanos ad discordias’ (ann.  Il 62, 2).!   d) Un apprezzamento punto benevolo per la spedizione  di Caligola contro i Germani si legge tanto nell’ Agr.  13, 9 ‘ agitasse Gaium Caesarem de intranda Britannia  satis constat, ni uelox ingenio mobili paenitentiae, et  ingentes aduersus Germaniam conatus frustra fuissent ’;  quanto nelle Rist. IV 15, 8, in cui si narra di un Canni-  nefate, che ‘ multa hostilia ausus Gaianarum expeditio-  num ludibrium inpune spreuerat ’. Lo stesso apprezza-  mento era stato manifestato prima nella Germ. 37, 23   ‘*ingentes Gai Caesaris minae iu ludibrium uersae ?.   e) La politica dei Romani solevasi avvalere di un  mezzo più efficace delle armi, per vincere e tenere as-  soggettati i barbari, l’allettamento dei vizi. Nell’ Agr.  21, 10 sgg. sì deridono gli ignoranti che fanno consi-  stere la civiltà nei ‘delenimenta uitiorum’, che sono    1 Claudio Mamertino ripeté lo stesso concetto, che le discor-  die intestine dei barbari erano la fortuna dell'impero: ‘ tantam  esse imperii uestri felicitatem ut undique se barbarae nationes  uicissim lacerent et excidant, alternis dimicationibus et insidiis  clades suas duplicent et instaurent’ (Pan. genethl. Maxzimiano  Aug. d., 16; in BAFHRENS, AZ/ pan. Lat. III, p. 113 sg.).   2 Severe sono anche le parole con cui Suetonio giudica l’im-  presa di Caligola contro i Germani (Calig. 43 e 45-47). Persio  la deride (sat. 6, 43 sgg.). CÉ. Cass. Dion. r. Rom. LIX 25.       — 115 —   invece strumenti di schiavitù. Similmente uno dei le-  gati dei ‘Tencteri’ presso il ‘concilium Agrippinen-  sium’ raccomandava, secondo racconta Tacito nelle hist.  IV 64, 19: ‘instituta cultumque patrium resumite, ab-  ruptis uoluptatibus, quibus Romani plus aduersus sub-  iectos quam armis ualent’. Lo stesso concetto è de-  notato nella Germ. 23, 6 ‘si indulseris ebrietati sug-  gerendo quantum concupiscunt, hawd minus facile uitiis  quam armis uincentur ”.   f) L'esperienza della vita dimostra vera la sentenza  che Tacito fa dire a Calgaco nell’ Agr. 30, 5: ‘ proe-  lium atque arma, quae fortibus honesta, eadem etiam  ignauis tutissima sunt’. Nella Germ. 36, 2 la si vede  applicata per ispiegare la decadenza dei ‘ Cherusci ’, i  quali ‘ mimiam ac marcentem diu pacem inlacessiti nu-  trierunt”; e l’autore, considerando che ‘id iucundius  quam tutius fuit”, assurge ad un avvertimento d’ordine  generale, che in nessun tempo è da trascurarsi dagli  uomini di Stato: ‘inter inpotentes et ualidos falso  quiescas ?.   g) Nell’apostrofe di Tacito al suocero estinto, si leg-  ge: ‘ nosque domum tuam ab infirmo desiderio et mu-  liebribus lamentis ad contemplationem uirtutum tua-  rum uoces, quas neque lugeri neque plangi fas est ’  (Agr. 46,3). La frase ‘ muliebribus lamentis’ richiama  alla mente la sentenza della Germ. 27, 7 ‘ feminis lu-  gere honestum est, uiris meminisse’. E probabilmente  tutte e due le espressioni risalgono all’ ammonimento  di Seneca: ‘ obliuisci quidem suorum ac memoriam  cum corporibus efferre et effusissime flere, meminisse  parcissime, inhumani animi est.— hoc prudentem uirum       — 116 —    non decet: meminisse perseueret, lugere desinat’.! Se-  neca, presso a morire, ripetè in parte lo stesso concetto,  per confortare la consorte. *    II. — a) La nazionalità degli ‘ Heluetii” era, secon-  do Cesare, gallica, poichè egli scrive di loro : ‘ Heluetii  quogue reliquos Gallos uirtute praecedunt, quod.  fere cotidianis Droga cum: Germanis contendunt’. 3  Dello stesso parere è Tacito che, considerando gli ‘ Hel-  uetii’ quali erano divenuti a’ suoi tempi, avverte : ‘ Hel-  uetii, Gallica gens olim armis uirisque, mox memoria  nominis clara’ (Rist. I 67, 2). La medesima osserva-  zione è confermata nella Germ. 28, 8, che considera  tanto gli ‘ Falaotit ? quanto i ‘ Boii” come ‘ Gallica u-  traque gens ’   b) Era a nazionale dei Germani andare ala  pugna coi corpi nudi a diciamo « ignudi »): lo in-  dica Tacito nelle isf. II 22, 6 ‘cohortes Germanorum,  cantu truci et more patrio nudis corporibus super umeros  scuta quatientium ’. Prima di lui, ne aveva dato noti-  zia Cesare, sebbene la sua osservazione non si restrin-  gesse ai soli usi guerreschi : ‘pellibus aut paruis re-  nonum tegimentis utuntur, magna. corporis parte nuda ?.!  E l’osservaziore di Cesare fu ripetuta nella Germ. ri-  spetto ai combattimenti (‘ pedites et missilia spargunt....  atque in immensum uibrant, nudi aut sagulo leues  Germ. 6,7), agli esercizi militari dei giovani (‘ nudi    1 SEN. epist. XVI 4 (99), 24.   2 Tac. ann. XV 63.   3 Cars. db. G. 1 1, 4.   4 CAESs. db. G. VI 21,5. Dice lo stesso dei ‘Suebi’ nel IV 1,10.    — li7 —  iunenes .... inter gladios se atque infestas frameas saltu  iaciunt” Germ. 24, 2), e alla vita domestica (‘in omni  domo nudi ac sordidi’ e. q. s. Germ. 20, 1: cf. 17, 2).   c) Intorno alla provenienza dei ‘Bataui’ ed ai luo-  ghi da loro occupati, ci informa Tacito nelle Rist. IV  12, 6 ‘Bataui, donec trans Rhenum agebant, pars  Chattorum, :seditione domestica pulsi extrema Gallicae  orae uacua cultoribus simulque insulam iuxta' sitam  occupauere, quam mare Oceanus a fronte, Rhenus am-  nis tergum ac latera circumluit’. Della ‘insula Bata-  uorum’ avevano già fatto menzione Cesare e Plinio  Secondo. * Nella Germ. 29, 1 si legge: ‘ omnium harum  gentium uirtute praecipui Bataui non multum ex ripa,  sed insulam Rheni amnis colunt ’; e, quanto alla loro  origine, immediatamente dopo si soggiugne : ‘ Chatto-  rum quondam populus et seditione domestica in eas  sedes transgressus, in quibus pars Romani imperii fie-  rent ’.   d) Narra Tacito (Rist. IV 14, 10) che Civile, in oc-  casione di un banchetto tenuto in un bosco sacro, espose  ai convitati la necessità d’insorgere in difesa dei loro  diritti conculcati, contro il dominio romano. L’ usanza  germanica di trattare affari, sì privati che pubblici ,  durante i conviti è menzionata, in generale, nella Germ.  22, 9 ‘ de reconciliandis inuicem inimicis et iungendis  adfinitatibus et adsciscendis principibus, de pace de-  nique ac bello plerumque in conuiuiis consultant : e la  ragione ne è spiegata ‘tamquam nullo magis tempore    1 Secondo la congettura del Walch: nel cod. si legge ‘ iuua-  ta sit an”.  ? Cars. db. G. IV 10, 1. Prin. n. A. IV 15 (29), J01.       — ll8 |—    aut ad simplices cogitationes pateat animus aut ad  magnas incalescat ”.   e) La disposizione dei Germani per cunei, nelle bat-  taglie, è menzionata nella Germ. 6, 20 ‘acies per cu-  neos componitur ?’. La conferma appare dal modo secondo  cui furono disposti i ‘ Canninefates’,i ‘ Frisii”, i ‘ Ba-  taui ’, etc. nei combattimenti, durante l’insurrezione di  Civile (rist. IV 16. V 16), e dall’ordine del ‘ Bructero-  rum cuneus ” (Rist. V 18, 5).! Ma l’ ordinamento dei  combattenti per cunei era stato prima accennato da  Cesare *. Tacito ne fa pure menzione, descrivendo la  battaglia di Bedriaco 3.   f) Nello stesso lib. IV delle hisé. di Tacito, si nota  che i ‘ Bataui ’ furono esenti dall'obbligo di pagare ai  Romani i tributi: ‘ Batauos tributorum expertes (list.  IV 17, 11); ed è confermato in un altro luogo : * sibi  (sc. Batauis) non tributa sed uirtutem et uiros indici ’  (hist. V 25, 9: cf. IV 12, 10). Tale esenzione è notata  anche nella Germ. 29, 6 ‘ (Bataui) nec tributis contem-  nuntur nec publicanus atterit ’, per la ragione che essi  ‘ tantum in usum proeliorum sepositi, uelut tela atque  arma, bellis reseruantur ?.   g) Civile, nel determinare l’ ordine della battaglia,  ‘matrem suam sororesque, simul omnium coniuges par-    1 Cf. Tac. hist. IV 20, 11. La disposizione dei combattenti per  cunei si continuò anche dopo presso i barbari: v. Amm. Marc.  r. g. XXVII 2, 4.   2 Cars. d. G. VI 40, 2: altrove lo indicò con la voce ‘pha-  lanx *; db. G. I 52, 4.   3 Tac. hist. II 42, ]1 ‘comminus eminus, cateruis et cuneis  concurrebant': v. la nota al l. c. nel comm, del VALMAGGI, p.  78, Torino 1897.    — 119 —    uosque liberos consistere a tergo iubet, hortamenta  uictoriae uel pulsis pudorem ” (Rist. IV 18, 14): si sog-  giugne poco dopo ‘ uirorum cantu, feminarum ululatu  sonuit acies’. Consimile ordine nei combattimenti a cui  preparavansi i Germani, è indicato nella Germ. 7, 11  ‘in proximo pignora, unde feminarum ululatus audiri,  unde uagitus infantium ’. Ma in tutti e due i Il. citati  la notizia pare che sia provenuta da quanto avevano  scritto prima Cesare sulle donne dei Germani nelle pu-  gne combattute da Ariovisto !, e Strabone intorno alle  donne dei Cimbri. °   h) L’ usanza dei Germani di portare nei combatti-  menti effigie di animali o altri simboli rappresentanti  le loro divinità protettrici o qualche attributo delle  stesse, è indicata da Tacito, Rist. IV 22, 12: ‘ depromptae  siluis lucisque ferarum imagines, ut cuique genti inire  proelium mos est ’. Nella Ger. 7, 8 si osserva la stessa  consuetudine: ‘ effigiesque et signa quaedam detracta  lucis in proelium ferunt ’*. Così, ad es., gli ‘ Aestii ’ por-  tavano per simboli divini immagini di cinghiali (‘ in-  signe superstitionis formas aprorum gestant’ Germ.    1 Cars. db. G. I 51, 3.   ? STRAB. geogr. VII 2, 3 (C 294), p. 404, ed. M. Vedi anche  PLvT. C. Mar. 19, 8, p. 497, ed. Th, Doehner. FLor. epit. I 38,  16-17 (III 3), ed. Halm.   3 Tra le‘ effigies” erano notevoli il lupo e il serpente (Wadan),  l’orso e il capro (Thunar), etc. ; tra i simboli o ‘ signa ’, la lan-  cia (Wodan), il martello (Thunar), la spada (Tiu), etc. : v. F.  G. BERGMANN, poémes islandais tirés de l' Edda de Scemund,  Paris 1838, pp. 1-185, 243-259, 303-319; e le « notes explica-  tives » pp. 221 - 239, 292 — 300, 358 - 368; v. anche dello stesso  Bergmann la fascination de Gulfi (Gylfa ginning), traité de  mythologie scandinave, Strasbourg & Paris 1871,    — 120 —    45, 10); i Cimbri preferivano il toro di bronzo !. I  Germani non rappresentavano in forma umana le loro  divinità: ‘nec cohibere parietibus deos neque in ullam  humani oris speciem adsimulare ex magnitudine cae-  lestium arbitrantur? (Germ. 9, 7).   i) Scoppiata l’ insurrezione di Civile, il danno mag-  giore fu recato dalle ostilità degli insorti contro gli  ‘ Vbii’, ‘quod gens Germanicae originis eiurata patria  Romanorum nomine ? Agrippinenses uocarentur (Rist.  IV 28, 6). Dalla Germ. 28, 19 si apprende che ‘ ne Vbii  quidem, quamquam Romana colonia esse meruerint ac  libentius Agrippinenses conditoris sui nomine uocentur,  origine erubescunt’; e da un luogo degli ann.'XII 27,  1-4 si ha la notizia più precisa, che ad istanza di A-  grippina, moglie dell’imp. Claudio e madre di Nerone,  si condusse una colonia romana nell’ ‘ oppidum Vbio-  rum’, onde il nome di ‘ Colonia Agrippina’ o sola-  mente ‘ Agrippina’, ovvero ‘ Colonia’ che si ebbe dopo.*   j) Quel che dice Tacito, isf. IV 61, 1, intorno allo  adempimento di un voto di Civile, il quale ‘ post coepta  aduersus Romanos arma propexum rutilatumque crinem    1 PLvr. C. Mar. 23, 6, p. 499, ed. c.   ? ‘ Romanorum nomine’ è dovuto a congettura del Weissen-  born. Nel cod. è ‘nom’. La lez. ‘ Romanorum nomen’, che il  Gruter notò, è chiusa dal Halm, dal Ritter, dal Ramorino, etc.  tra parentesi quadre. Altri preferiscono ‘ Romano nomine’, se-  condo la congettura del Lipsius.   3 Amm. Marc. r. g. XV 8, 19; 11, 7. XVI 3, 1. Ma Io, Har-  duinus, nel comm. alla n. A. di Plinio, vol. I, p. 225, nota 2?,  crede che sia Agrippina la moglie di Germanico, perchè, come  egli dice, ‘ ueluti mater castrorum procurabat ex eo tractu an-  nonam militibus, qui merebant in exercitu mariti sui : quamob-  rem et laureato capite pingitur in achate Tiberiano ’,    è — 121 —   patrata demum caede legionum deposuit’, appare nella  Germ. 31, 3, riferito in ispecial modo ai ‘Chatti’: ‘ ut  primum adoleuerint, crinem barbamque submittere, nec  nisi hoste caeso exuere uotiuum obligatumque uirtuti  oris habitum”.' Anche a Roma non fu, come pare,  sconosciuta tale usanza, poichè Cesare, per dimostrare  il suo affetto ai soldati, ‘ audita clade Tituriana barbam  capillumque summiserit nec ante dempserit quam uin-  dicasset ’. ?   kh) Da uno dei legati dei ‘ Tencteri ’ si diceva: ‘quod  contumeliosius est uiris ad arma natis, inermes ac  prope nudi sub custode et pretio coiremus’ (Qist. IV  64, 8). Il portare le armi, e in qualunque occasione,  stimavasi dai Germani un segno di valentia e di li-  bertà. Ciò confermasi nella Germ. 13, 1 ‘ nihil autem  neque publicae neque priuatae rei nisi armati agunt’;  e si indica il modo con cui facevasi la dichiarazione  d’idoneità a portare le armi. L’ osservazione si ripete  nella Germ. 22, 5 ‘ad negotia nec minus saepe ad con-  uiuia procedunt armati’. Anche morto, il Germano  aveva seco le sue armi (Germ. 27, 4). Tale usanza, del  resto, non restringevasi ai soli Germani; Cesare la  indica prevalente presso i Galli. 5    1 La stessa usanza presso i Sassoni, in tempi posteriori, è  riferita da PAvL. pIAC. de gest. Langobard. III 7, p. 438, c. 2?.  E nella storia di Norvegia è narrato il giuramento del re Ha-  rald Haarfager, di non tagliarsi i capelli nè di pettinarli prima  d'avere spenti tutti i piccoli sovrani che tenevano divisa la  patria sua: e dopo lotte accanite che durarono più di dieci  anni, adempi quanto aveva giurato: v. R. KeysER, Norges hi-  storie, ed. c., vol. I, pp. 204-209.   2 SveTton. diu. Iul. 67.   3 Cas, d, G. V 56, 2: cf. VII 21, 1.    — 122 —   1) Un altro segno della piena libertà di cui godeva-  no i Germani, e che, come del resto è nell’ordine na-  turale delle cose, trascendeva talora in dannosi ecces-  si, era quel che nota Tacito nelle Rist. IV 76,9: ‘ Ger-  manos.... non iuberi, non regi, sed cuncta ex libidine  agere’. E da ciò quella lentezza nelle deliberazioni  delle assemblee, che era veramente un ‘ex libertate ui-  tium’; poichè i Germani ‘ non simul nec ut iussi con-  ueniunt, sed et alter et tertius dies cunctatione coè-  untium absumitur’ (Germ. 11, 9). Presso i Galli, nota  Cesare, l’abuso era punito; e al principio della guerra,  quando tutti i giovani armati dovevano adunarsi in  un dato luogo, chi di loro ‘nouissimus conuenit, in  conspectu multitudinis omnibus cruciatibus affectus ne-  catur ?.!   m) Nel luogo testè cit. delle Rist. IV 76, 10 si sog-  giugne: ‘pecuniamque ac dona, quis solis corrumpantur  (sc. Germani), maiora apud Romanos. Negli ann. XI   ‘ 16, 7 è detto che l’imp. Claudio si avvaleva del dana-  ro per tenere sotto la sua dipendenza il re dei ‘Che-  rusci’, Italico. Or, tanto nel primo quanto nel secon-  do dei ll. cc., scorgesi l'applicazione del mezzo che non  di rado usavano i Romani, per meglio asservire il po-  polo germanico: onde la considerazione che leggesi  nella Germ. 15, 12 ‘iam et pecuniam -accipere docui-  mus’ ;? e, in particolar modo, intorno ai re dei ‘ Mar-  comani’ e dei ‘Quadi’ si dice: raro armis nostris,    1 CaEs. db. G. V 56, 2.   2 È noto che, per danaro, la milizie germaniche marciarono  contro gli stessi Germani: v. CAPITOLIN. M. Ant. philos. 21,7;  in scriptt. hist. Aug., IV p. 66, ed. P.,    Mi |    A        — 123 —  saepius pecunia iuuantur, nec minus ualent’ (Germ.  42, 9). !   n) I Germani ammettevano che le donne di condi-  zione elevata fossero le più sicure garentie e i miglio-  ri ostaggi, per ottenere l’ adempimento dei patti con-  venuti tra popolo e popolo o tra i partiti di una stessa  gente. Un caso è rammentato da Tacito, Rist. IV 79,  1:‘orabant auxilium Agrippinenses offerebantque u-  xorem ac sororem Ciuilis et filiam Classici, relicta sibi  pignora societatis’; la quale ‘ societas’ sappiamo che  era stata già ‘ nobilissimis obsidum firmata’ (Rist. 1V  28, 2). La consuetudine era stata prima indicata nella  Germ. 8, 5: ‘ efficacius obligentur animi ciuitatum, qui-  bus inter obsides puellae quoque nobiles imperantur ”.  Augusto aveva tentato di trarne vantaggio, chiedendo  ad alcuni capi.di nazioni vinte, per tenerli in fede e  soggezione, delle donne per ostaggio. *   o) Per significare 1° approvazione delle proposte dis-  cusse nelle assemblee, i Galli solevano battere le ar-  mi: ‘conclamat omnis multitudo et suo more armis  concrepat, quod facere in eo consuerunt, cuius ora-  tionem approbant ?. La stessa usanza notavasi presso  i Germani : ‘ sin placuit, frameas concutiunt : honora-  tissimum adsensus genus est armis laudare’ (Germ.  11, 17). Tacito l’accenna nelle Rist. V_ 17, 13 ‘ sono ar-  morum tripudiisque, ita illis (sc. Germanis) mos, ad-  probata sunt dicta ’.    III. — a) La considerazione sulla maniera di com-  1 V. pag. 12 sg.    2 SvETON. Aug. 21.  3 Cars, db. G. VII 21, 1, Cf. Liv. XXI 28, 1,    — 124 —   battere dei ‘Chatti’, che osserviamo negli ann. I 56,  16 ‘non auso hoste terga abeuntium lacessere, quod  illi moris, quotiens astu magis quam per formidinem  cessit ’, — appare come un’applicazione al caso parti-  colare dell’ osservazione fatta, in generale, sul carat-  tere, dei Germani: ‘ cedere loco, dummodo rursus instes,  consilii quam formidinis arbitrantur’ Germ. 6, 20. Si-  mile usanza presso i‘ Cherusci’ è notata negli ann. II  TIA   b) Tacito narra che, dopo la disfatta di Varo, i Ger-  mani sacrificarono presso le are i vinti ‘tribunos ac  primorum ordinum centuriones’ (ann. I 61, 13); e la  stessa notizia sui sacrifici umani egli ripete, in propo-  sito della vittoria degli ‘ Hermunduri”’ sui ‘Chatti”:  ‘ uictores diuersam aciem Marti ac Mercurio sacrauere,  quo uoto equi uiri, cuncta uiua occidioni dantur’ (ann.  XIII 57, 10). Analoga osservazione era stata fatta nel-  la Germ. 9, 1 ‘deorum maxime Mercurium colunt, cui  certis diebus humanis quoque hostiis litare fas habent ’;  ma placavano Marte ‘concessis animalibus’. I‘ Sem-  nones’ anch’essi ‘ caeso publice homine celebrant bar-  bari ritus horrenda primordia’ (Germ. 39, 5); e con  vittime umane si celebrava il culto della dea ‘Nerthus”  o ‘Terra mater’ (Germ. 40, 19). Strabone aveva pri-  ma fatto menzione dell’orrendo rito dei sacrifici uma-  ni presso i Cimbri '; istituto religioso, del resto, co-  mune a tanti altri popoli primitivi. Iordanis afferma  che anche i Goti offrivano a Marte vittime umane; e    1 StRAB. geogr. VII 2, 3 (C 294), p, 404, ed. M.   2 IoRDAN. de or. act. Get. 5, p. 9, 23, ed. Holder: ‘ opinantes (se.  Gothi) bellorum praesulem apte humani sanguinis effusione  placandum '.    — 125 —    Procopio dice che l’orrendo rito si era continuato, per  le divinazioni, presso i Franchi già convertiti al Cri-  stianesimo. *   c) All’ indicazione : ‘ certum iam alueo Rhenum ...  Vsipi ac Tencteri accolunt’ (Germ. 32, 1), risponde la  frase che si nota negli ann. II 6, 13 ‘ Rhenus uno alueo  continuus’. Mela dà più chiara spiegazione, ed usa  qualche parola che poi ripetè, sull'argomento stesso, lo  autore della Germ.: ‘(Rbenus) mox diu solidus et -  certo alueo lapsus haud procul a mari huc et illuc  dispergitur ?. ?   d) Negli ann. II 12, 3 si fa menzione di una selva  consacrata ad Ercole, luogo di convegno dei Germani.  Anche di Ercole e dei canti guerreschi, con cui si ce-  lebrava quel ‘primus omnium uwirorum fortium’, si  trova menzione nella Germ. 3, 1 sg.: cf. 9, 2. Evi-  dentemente si allude al culto di Thor (Donar) che, per  interpretazione romana, si era rassomigliato ad Ercole.  Quanto, poi, all’espressione ‘siluam Herculi sacram?”,  che si legge nel 1. c. degli ann., e al ‘ sacrum nemus ”,  dove Civile riuniva i suoi (/Rist. IV 14, 10), si possono  considerare come esempi della consuetudine indicata,  in generale, nella Germ. 9, 9: ‘lucos ac nemora con-  secrant’. Dello stesso modo son da considerarsi come  casi particolari della consuetudine, di cui è discorso  nel presente paragrafo, la ‘silua auguriis patrum et  prisca formidine sacra’, dove, nel tempo stabilito, si  adunavano i ‘Semnones’ (Germ. 39, 3); il ‘castum  nemus’ consacrato, in un’isola dell’ oceano, alla dea   \    1 ProcoP. de b. Goth. II 25.  ? Pompon. Met. chor. Ill 2, 24.    — 126 —  ‘ Nertbus’ (Germ. 40, 9); e quello ‘antiquae religionis  lucus ’, presso i ‘ Nahanaruali” (Germ. 43, 14). !   e) Nel discorso pronunziato da Germanico ai suoi  soldati si afferma: ‘non loricam Germano, non galeam,  ne scuta quidem ferro neruoue firmata’ (ann. II 14,  10) : perciò scarsezza, se non totale mancanza, del fer-  ro presso i Germani. Il medesimo concetto è annun-  ziato nella Germ. 6, 1 ‘ne ferrum quidem superest,  sicut ex genere telorum colligitur’; ma l’asserzione di  Germanico, il quale nella foga oratoria negava a tutti i  Germani la lorica e l’elmo, appare mitigata dall’ os-  servazione che si legge nella Germ. 6, 10 ‘paucis lo-  ricae, uix uni alteriue cassis aut galea’. Egli è vero  che i ‘ Cotini” conoscevano la metallurgia del ferro  (Germ. 43, 6), ma i ‘Cotini’” non erano stimati Ger-  mani: ‘Cotinos Gallica ... lingua coarguit non esse  Germanos, et quod tributa patiuntur’ (Germ. 43, 3).  Presso gli ‘ Aestii” era ‘rarus ferri, frequens fustium  usus’ (Germ. 45, 12).   Nella stessa orazione di Germanico si nota che i  Germani usavano per scudi ‘uiminum textus uel te-  nuis et fucatas colore tabulas’ (ann. II 14, 12): lo  stesso avvertesi in generale, intorno agli scudi dipinti,  nella Germ. 6, 9 ‘scuta tantum lectissimis coloribus  distinguunt ’. Soltanto gli ‘ Harii” avevano il costume  di portare gli scudi tinti in nero, per atterrire i ne-  mici durante i combattimenti notturni, presentando un  certo ‘nouum ac uelut infernum adspectum’ (Germ.  43, 24), ?   ì V. rag 105, per la rispondenza con la n. A. di Plinio.    2 Sull'uso degli scudi dipinti v. EvrIr. Phoen. 142, vol. II, p.  402, ed. Nauck. Cic. de or. II 66, 266.       — 127 —    f) Del clima della Germania si dice negli ann. II  24, 1 ‘truculeutia caeli praestat Germania’. E l’autore  della Germ. si domanda: ‘(quis) Germaniam peteret,  informem terris, asperam caelo, tristem cultu aspec-  tuque, nisi si patria sit ?° (Germ. 2, 8). Seneca fa una  osservazione consimile: ‘ perpetua illos (sc. Germanos)  hiems, triste caelum premit, maligne solum sterile su-  stentat” e. q. s.!   g) I soldati di Germanico, che sopraffatti dalla tem-  pesta, sì erano dispersi, tornati poi nei quartieri, dopo  lunga peregrinazione, narravano cose meravigliose,  ‘uim turbinum et inauditas uolucres, monstra maris,  ambiguas hominum et beluarum formas, uisa siue ex  metu credita’ (ann. II 24, 18). Simili notizie favolose  sono riferite nella Germ. 46, 25 intorno agli ‘ Hellusii ’  ed agli ‘“Etiones’: “ora hominum uultusque, corpora  atque artus ferarum gerere’. Ma, mentre un che di  ironico traspare dalla frase ‘siue ex metu credita’,  nella Ger. si. osserva che tali racconti si tralasciano,  perchè sfuggono ad un esame giudizioso : ‘ quod ego ut  incompertum in medio relinquam’ (Germ. 46, 26). Ad  una conclusione non dissimile era venuto prima Pom-  ponio Mela, trattando degli ‘Oeonae’, degli ‘Hippo-  podes’ e dei ‘ Panuatii ”. *   h) Alludendo ad un’età aurea degli ordinamenti so-  ciali, in tempi antichissimi, Tacito osserva : ‘ uetustis-  simi mortalium, nulla adhuc mala libidine, sine probro,  scelere eoque sine poena aut coercitionibus agebant’    1 Sen. dial. | 4, 14.   ? Pomp. Met. chor. Ill 6, 56. Cf. Plin. n. h. IT 108 (112), 246.  IV 13 (27), 95 Sotin. coll. r. m. 19, 6-8, p. 105, ed. Mominsen.  Avevstin. de civ. Dei XVI 8, vol. II, p. 135 sg., ed, Dombart.    — 128 —  (ann. III 26, 1). Simile concetto, ma col proposito di  dare evidenza, mediante l’antitesi, alla decadenza mo-  rale dei Romani nell’età imperiale, è annunziato nella  Germ. 19, 17 ‘plusque ibi boni mores uwalent quam  alibi bonae leges ’. Al medesimo concetto avevano al-  luso Sallustio! e Orazio. *   î) La pretensione vessatrice di Olennio, che impo-  neva ai ‘ Frisii’ di soddisfare il tributo di pelli di buoi  con pelli di uri, offre a Tacito l’ occasione di osserva-  re che ‘id aliis quoque nationibus arduum apud Ger-  manos difficilius tolerabatur, quis ingentium beluarum  feraces saltus, modica domi armenta sunt’ (ann. IV  72, 7). Analoga osservazione sui buoi della Germania,  che erano più piccoli e meno belli de’ buoi degli altri  paesi, si nota nella Germ. 5, 5 ‘ pecorum fecunda, sed  plerumque improcera. ne armentis quidem suus honor  aut gloria frontis’. Cesare l’ aveva anche osservato:  ‘ sed, quae (sc. iumenta) sunt apud eos nata, parua at-  que deformia”.?   j) Tacito narra che Nerone mandò in Britannia uno  de’ suoi liberti, di nome ‘ Polyclitus ?, con l’incarico di  rimettere la concordia tra il legato e il procuratore,  e di rappacificare i barbari ribelli; ma il liberto ‘ ho-  stibus inrisui fuit, apud quos flagrante etiam tum li-  bertate nondum cognita libertinorum potentia erat;  mirabanturque quod dux et exercitus tanti belli con-  fector seruitiis oboedirent’ (ann. XIV 39, 7). La  storia ci rammenta altri liberti potentissimi presso    1 SALL. Cat. 9, 1 “ius bonumque apud eos non legibus magis  quam natura ualebat’.   ? Hor. carm. III 24, 35 sg.   8 CAES. db. G. IV 2, 2.    — 129 —   alcuni imperatori romani. E però, in antitesi a quella  superiorità che si riconosceva, dai Germani non sotto-  posti a monarchi, ai soli uomini liberi, 1’ autore della  Germ. osserva: ‘ liberti non multum supra seruos sunt,  raro aliquod momentum in domo, numquam in ciuitate,  exceptis dumtaxat iis gentibus, quae regnantur ? (Germ.  25, 8: cf. 44, in principio).   k) Argomento trito era quello dei vantaggi di cui  godeva l’ ‘ orbitas ’ di vecchi ricchi. ‘ Hereditatis spes ’,  scriveva Cicerone, ‘ quid iniquitatis in seruiendo non  suscipit? quem nutum locupletis orbi senis non obser-  uat ?’!. Orazio ne fa il tema della sat. quinta del lib.  II (cf. anche episf. I 1, 79); e Seneca avverte: ‘in ci-  uitate nostra plus gratiae orbitas confert quam eripit ?. ?  Allo stesso argomento si riferisce Tacito , scrivendo:  ‘ satis pretii esse orbis quod multa securitate, nullis 0-  neribus gratiam honores cuneta prompta et obuia ha-  berent ? (ann. XV 19, 7); e in altri luoghi adduce per  esempi Calvia Crispinilla, ‘ magistra libidinum Nero-  nis?, la quale fu ‘ potens pecunia et orbitate, quae bo-  nis malisque temporibus iuxta ualent” (Risé. I 73, 8); e  un tale Pompeo Silvano, che ‘ ualuit pecuniosa orbitate  et senecta ’ (ann. XIII 52, 7). * L’antitesi sì osserva nel-    1 Cic. parad. V 2, 39.   2 Sen. dial. VI 19, 2; e degli scrittori che, dopo Plinio Se-  condo, s'intrattennero di tale argomento, v. PLIN. epist. IV 15,  3. IvvenaL. sat. IV 12,99 sgg. PETRON. sat. 1)6, p. 539. MAR-  TIAL. epigr. IV 56, 1-6. Amm. Marc. r. g. XIV 6, 22.   3 Ma Domizio Balbo era stato ‘simul longa senecta, simul  orbitate et pecunia insidiis obnoxius’ (ann. XIV 40, 3).    CONSOLI : L’ autore della Germania. 9    — 130 —    le istituzioni tradizionali dei Germani, presso i quali  ‘nec ulla orbitatis pretia’ (Germ. 20, 18).    IV. — In tutti i luoghi che nel presente capitolo ab-  biamo comparativamente esaminati, è agevole osservare  che la somiglianza o identità di concetto proviene per  lo più dai fonti comuni, donde i pensieri sono stati  dedotti ; e, ove tali fonti comuni manchino ovvero non  si riesca a determinarli, nulla vieta di ammettere che,  essendo il tempo della composizione della Gem. ante-  riore a quello in cui furono scritte le opere di Tacito,  questi, trattando ne’ suoi lavori storici di argomenti  analoghi ad alcuni già svolti o menzionati nella Germ.,  si sia avvalso di considerazioni , uotizie, insomma di  pensieri che erano stati espressi in questo ultimo libro.  Nondimeno Tacito non si attenne sempre a tali concetti,  chè talvolta di proposito se ne allontanò , o li modi-  ficò, o chiaramente li contraddisse. Valgano di confer-  ma i sgg. esempi.   a) Della notizia, data da Cesare, ! sull’ antica poten-  za dei Galli fa menzione la Germ. 28, 1, indicandone  con lode somma il fonte: ‘ualidiores olim Gallorum  res fuisse summus auctoram diuus Iulius tradit’. La  medesima notizia appare nell’ Agr. 11, 15, ma senza  indicazione del fonte autorevole: ‘Gallos quoque in  bellis floruisse accepimus’. Anche in un altro luogo    dell’ Agr., c. 10, si ripete, senza che se ne indichi il    fonte, una notizia data da Cesare.* Soltanto, quando si  riferiscono le imprese militari contro la Britannia, si fa    1 Cars, db. G. VI 24, 1.  ? Cars. b. G. V 13, 1 sgg.    Mo]    — 1Bl    cenno di Cesare: ‘primus omnium Romanorum diuus  Iulius cum exercitu Britanniam ingressus ’ (Agr. 13, 3).   b) La lingua dei Britanni non era molto differente  da quella gallica, perchè entrambe derivavano dallo  stesso ceppo celtico: e su ciò è chiara l’ affermazione  dell’ Agr. 11, 12. Ma con tale affermazione non si  può conciliare quanto è detto nella Germ. 45, 9, cioè  che gli ‘Aestii’, i quali abitavano sulle spiagge ad  oriente del mare suebico, ed avevano costumanze e  riti simili a quelli dei Suebi, adoperassero una ‘lin-  gua Britannicae propior ”.   c) La voce ‘Germania’ usata al plur. notasi nello  Agr. 15, 13. 28, 1: cf. ann. I 46, 9; è evitata nella  Germ., sebbene in questa si presenti non rara l’ oc-  casione della sineddoche mediante l’uso del plur. invece  del sing.   ‘d) Del Norico, che è più volte nominato negli scritti  di Tacito (ist. I 11, 9; 70, 16. ann. II 63, 3), non si  fa menzione nel c. 1° della Germ., nel quale si descri-  vono i confini della Germania: appena, per incidenza,  sì nota in un altro ]. che la terra germanica è ‘ uentosior  qua Noricum ac Pannoniam aspicit’ (Germ. 5, 3); il  che rende più evidente l’omissione fatta nel c. 1°.   e) Col solo nome ‘Caesar’, Tacito indicò il dittatore  Giulio Cesare (Rist. III 66, 16): più volte premise o  aggiunse il titolo ‘ dictator” (/ist. III 68, 5. ann. I 8,  27. II 41, 3. IV 34,21. VI 16, 2. XI 25,9. XIII 3, 11.  XIV 9, 6); una sola volta lo fece precedere dal pre-  nome C. (ann. IV 43, 5). Nella frase della Germ. 37,  20 ‘ Varum trisque cum eo legiones etiam Caesari  abstulerunt’, si indica col solo nome ‘Caesar’ l’impe-    — 132 —  ratore Augusto. !   f) Facendo menzione della vergine fatidica Veleda,  la cui autorità era divenuta grande dopochè ella aveva  predetto la vittoria dei Germani e la distruzione delle  legioni romane, Tacito accenna ad un antico costume  presso i Germani, ‘quo plerasque feminarum fatidicas  et augescente superstitione arbitrantur deas’ (list. IV  61, 10). Nella Germ. si spiega il fondamento di tale cre-  denza: ‘inesse quin etiam sanctum aliquid et proui-  dum putant, nec aut consilia earum aspernantur aut  responsa neglegunt’ (Germ. 8, 6); ma si avverte che  le donne fatidiche erano tenute ‘numinis loco’ e ve-  nerate ‘non adulatione nec tamquam facerent deas’.   9g) Per il ritorno degli ‘ Agrippinenses ’ in seno alla  grande famiglia germanica, si rendono grazie ‘ commu-  nibus deis et praecipuo deorum Marti’ (Qisf. IV 64, 4).  Nella Germ. 9, 1 si assevera, invece, che per i Ger-  mani il precipuo degli dei era Mercurio : ‘ deorum ma-  xime Mercurium colunt ’.   h) Nelle Rist. IV 73, 12 si fa menzione dei Teutoni  accanto ai Cimbri; nella Germ. 37, benchè vi si tratti  delle guerre cimbriche, si omette qualsiasi cenno in-  torno ai Teutoni. *   i) Per l’autore degli ann. sono ‘clientes’ i compa-    1 Negli ann. Augusto é detto una volta ‘Caesar Octauianus  (XII 6, 14) ed un’altra ‘Caesar’ (I 2, 3), riferendosi però a  tempi anteriori a quello in cui egli prese il nome di Augusto  (a. 727 /27: cf. WEISSENBORN, de Titi Liuii uita et scriptis, p.  XII). La disfatta di Quintilio Varo avvenne nel settembre del-  l'a. 9 d. Cr., cioè 36 anni dopo che Ottaviano era stato insi-  gnito col titolo di Augusto,   ? Vedi pag. 29, nota 1°.       — 133 —   gni dei capi barbari, p. es. i ‘clientes’ di Segeste (amm.  I 57, 13), di Inguiomero (ann. II 45, 4), di Vannio  (ann. XII 30, 7); e che significhi ‘ clientela’ per Tacito si  deduce dal l. degli ann. II 55,8. Nella Germ., invece,  i compagni dei capi son detti, con voce più nobile e  decorosa, ‘comites’ (Germ. 13,10, 12, 14, 14,7); ela  loro riunione ‘ comitatus” (Ger. 13, 11. 14, 2 e 11),  non ‘ clientela”.   j) Secondo la Germ. 4, 6, i Germani hanno ‘magna  corpora et tantum ad impetum ualida’. Negli ann. II  14, 14 si restringe l’obietto di tale considerazione, poi-  chè si nota che il corpo dei Germani è ‘uisu toruum  et ad breuem impetum ualidum ’. i   k) L’ autore della Germ. non saprebbe affermare  ‘nullam Germaniae uenam argentum aurumue gignere:  quis enim scrutatus est ?” (Germ. 5, 9). E nondimeno  negli ann. XI 20, 11 è detto espressamente che nell’a.  47 d. Cr. Curzio Rufo ‘in agro Mattiaco recluserat spe-  cus quaerendis uenis argenti ’, tuttochè con poco pro-  fitto e per breve tempo.   1) Se è assodato, da quanto narra Tacito negli ann.  XIII 57, 2 sgg., che i Germani facevano uso del sale,  non può evitarsi il contrasto con l’osservazione che leg-  gesi nella Germ. 23, 4, cioè che i Germani si prepara-  vano i cibi ‘ sine apparatu, sine blandimentis ?.   Ed altri esempi omettiamo, per amore di brevità.    FINE    INDICE    Avvertenza.    Capitolo I—Esame critico delle notizie con-  cernenti il tempo, in cui fu scritta e pub-  blicata la Germ.   Capitolo II—La Germ. nella tradizione agli  scrittori, sino ai tempi del Rinascimento   Capitolo III.—La Germ. nella tradizione ma-  noscritta .   Capitolo IV. — La dala imparata con le  nat. hist. di Plinio.   Capitolo V.— La Germ. BRA con 6  opere di Tacito    . pag.    VII    41    56    94    p. Al  » 58  » 65    » 75    Mende tipografiche    . 28 mendacium  13 comunica  18 Seguo  ll alle    leggi mendaciorum    »    »    comunicava  Seguiamo  alle    I     At/n^^'^      l^arbarli College Eibrarg   FROM THE   CONSTANTIUS FUND     Established by Professor E. A. Sophoclbs of Harvard   University for " the purchase of Greek and Latin   books, (the andent classics) or of Arabie   books, or of books illustrating or ex-   plaining sudi Greek, Latin, or   Arabie books.»» (Will,   dated 1880.}      La " GERMANIA " comparata   CON LA ''^NATÌ^RAUGHfGTOmA ' DI RDIMIO   e con le opere di Tacito     Altre opere del Prof. Dott. Santi Consoli :   Italiensk Crammatik til brug for Norske og Dan-  ske. — Catania , 1884. L. 3. (in deposito presso E.  Hauffs boghandel, Kristiania in Norvegia).   Istituzioni di lingua latina esposte, secondo il me-  todo scientifico, agli alunni delle scuole seconda-  rie classiche. — Catania, F. Tropea, 1887. L. 3, 50  (esaurito).   Introduzione allo studio del D. N. — Torino, F.lli  Bocca, 1888. L. 6 (esaurito).   Fonologia latina. — 2* ediz. riveduta e migliorata.  —Milano, U. Hoepli, 1892. L. 1, 50.   Letteratura norvegiana, — Milano, U. Hoepli, 1894.  L. 1, 50.   De C. Piinii Caecllii Secundi rhetoricis studiis.   — Catinae, C. Galatola, 1897. L. 3 (esaurito).   Il neologismo negli scritti di Plinio il giovane.   Contributo agli studi sulla latinità argentea. — Pa-  lermo, A. Reber, 1900. L. 3.   Neologismi botanici nei carmi bucolici e geor-  glci di Virgilio. Contributo agli studi sulla latini-  tà dell'evo augusteo.— Palermo, A. Reber, 1901. L. 3.   L' autore del libro " De origine et situ Cerma-  norum " : ricerche critiche. — Roma, E. Loescher  & C.^ , 1902. L. 3.   $»*«$     LA « GERM/IHM "     COMPARATA CON LA     " NATVRALIS RISTORI A " di Plinio  e cosa le opere d.i rPaclto     RICERCHE LESSIGRAFIGHE E SINTATTICHE   DEL DOTTOR   SANTI CONSOLI   lib. doc. di letteratura e lingua latina nella R. Università di Catania     '^'^>^^^     Ermanno Loescher & C   {Bretaehneider e Regenberg)   Librai di S. M. la Regina d' Italia   1903     L-t l-l'iZ.i     l   \        \     /     - /     (.Ji'ù i U ta.t ^ tCu>u Y^^^^^^     Proprietà letteraria delVautore.   (Catai^a^ via MaddemfD. 160)     Ttpoffrafia editrice BARBACALLO & 8CUDERI, in Catania.     Alla memòria benedett^a  di mia madre   E  DI MIA MOGLIE   (1887 . 1897)     Osservazione preliminare     Il libro che sommettiamo alla benevola attenzione  dei lettori ha il solo obietto di dare evidenza ad alcune  osservazioni lessigrafiche e sintattiche , più degne di  nota, che risultano dal confronto della Germania con  la naturalis historia di Plinio e con le opere di Ta-  cito. Si om mettono , per tanto, tutte le particolarità,  concernenti la lessigrafla e la sintassi, che presentano  gli scritti comparati , in quanto che tali particolarità  o casi isolati sfuggono ad un'indagine comparativa.   Nelle ricerche sulla genesi e lo svolgimento delle  voci e locuzioni considerate, terremo presente l'uso che  ne fecero i più autorevoli scrittori latini anteriori a  Plinio Secondo ed a Cornelio Tacito , e quelli ad essi  contemporanei : eviteremo , per ciò , salvo in qualche  caso raro, di seguire le vicende di una data espressione  o di un dato costrutto sintattico nell'uso letterario dei  tempi seriori. Sarà ommessa altresì l' indagine di quei  significati delle voci esaminate , i quali , non essendo  stati accolti nelle opere che sono obietto delle nostre  ricerche, non sembrano di alcun vantaggio per la com-  parazione istituita. Al nostro compito è sufficiente inda-  gare per quale tramite la voce, la frase, il costrutto che  si esaminano , sì siano introdotti nelle opere messe in  comparazione. Qualche osservazione critica appare, tal-  volta, nelle note; che, trattandosi di indagini compa-  rative, è necessario, anzi tutto, essere certi dei termini  del confronto ed aver notizia delle vie percorse dalla  critica per fissarli.   Quanto al testo di Tacito, ci siamo attenuti all' edi-  zione curata dal Halm ; e, per il testo della naturalis  historia di Plinio, abbiamo seguito l'ediz. Jan-Mayhoff*.  Ci è parso opportuno seguire, quanto al testo della  Germania, la recente ediz. curata da Io. Mueller ( ' e-  ditio maior, II emendata, Vindobonae, Pragae, Lipsiae,  MDCCCC '). Nel citare i passi di un autore, abbiamo eoa-     — vili —   servato invariata l'ortografia del testo, quale è presen-  tata neir ed. di cui ci siamo serviti : e perciò occorre,  qualche volta, leggere nello stesso paragrafo o nello stes-  so rigo l'identica parola scritta in più modi; p. es. ' ad-  gnoscere ' e ' agnoscere ' , ' adgnatus ' e ' agnatus ' ,  ' caespes ' e ' cespes ', ' conlatio ' e ' coUatio ', ' inlaces-  situs ' e ' illacessitus ', ' inpatiens ' e ' impatiens ', ' in-  putare ' e ' imputare ', ' inrumpere ' e ' irrumpere ', etc.  —I passi di Tacito sono designati con la indicazione del  rigo , dopo il numero che rappresenta il cap. ; e per  maggiore chiarezza, a fin di agevolare le ricerche ed  i confronti, si è indicato , ogni volta che sia apparso  necessario, anche il num. del rigo nelle citazioni dei  passi di altri scrittori. Ad evitare, però, troppo curaolo  di numeri, si è ommessa, nel citare i luoghi di Plinio,  r indicazione dei numeri che rappresentano i capitoli  e le sezioni: il luogo che si cita è indit^ato soltanto col  numero d'ordine del libro e col numero del paragrafo.  Arrogi che , quante volte si è trascritto il testo di un  luogo della naturalis historia, il numero rappresentan-  te il libro è stato sempre espresso con segni romani ;  allorché, invece, si è citato un luogo della detta ope-  ra per semplice confronto o richiamo, senza la trascri-  zione del testo, si è indicato (da pag. 33 in poi) anche  il numero d' ordine del libro con sole cifre arabiche.  Non pare superfluo, in fine, avvertire (tuttoché, del  resto , si sia chiaramente detto e ripetuto nelle prefa-  zioni dei nostri libri sui neologismi pliniani e sui neo-  logismi botanici nei carmi bucolici e georgici di Vir-  gilio) che la nostra affermazione sulla novità di un  vocabolo o di un costrutto sintattico nelle opere messe  in confronto, o sul significato nuovo di voci anterior-  mente note, il quale si osserva nelle dette opere, va sem-  pre accolta in senso ristretto , cioè in relazione al ma-  teriale letterario latino pervenuto sino a noi. Certamente  né Plinio né Tacito si sarebbero serviti di voci non  note ai loro contemporanei , né a voci usate prima a-  vrebbero assegnato tali significati nuovi da non essere  compresi dai Tettori delle loro opere,     CAPITOLO PRIMO   Relazioni lessicail tra la Germania e la  naturalìa hlstoria di Plinio.   — A —   A fin di determinare con la maggiore chiarezza che  ci sia possibile le relazioni lessicali tra i due libri  considerati, pare opportuno trattare prima delle voci e  frasi più notevoli, che appariscono usate dagli scrittori  anteriori alTetà di Plinio Secondo, con lo stesso valore  lessicale che si nota nella Oerm. e nella nat. hist     I. — Sostantivi :   1/ * aduentus ' : Ge^^m. 2, 2 ^ aliarum gentium aduen-  tibus '. n. h. XVII 242 ' Xerxis aduentu ' : cf. XV 52,  XXIX 13. Plinio riferì ' aduentus ', oltreché a persone,  anche ad animali: n. h. X 30 ' ad hirundinum aduen-  tum '. XXV 90 * florent aduentu hirundinum ' ; — e a  cose diverse : v. n. h. II 142. XVIII 218. XXXII 59.   C0N30U, La aermania comparata. 1     — 2 ~   etc. : egli perciò si attenne all'uso della voce ' aduenfcus '  accolto nella latinità arcaica e nella classica. ^   2.° ' alea ' vale « giuoco di fortuna , di rischio 5> :  Germ. 24, 6 ' aleam.. sobrii inter seria exercent '. n. h.  XIV 140 ' quantum alea quaesierit tantum bibit '. Per  indicare, in senso traslato, 4; dubbio, incertezza » , la  V. 'alea' è accolta nella 7^. ft^ praef. 7 ' M. Tullius  extra omnem ingeni aleam positus '. Tanto nell' uno  quanto nell'altro significato, la v. considerata ha degli  esempi in tutti gli stadi della latinità. ^   3.° ' amplitudo ' : Germ. 26, 6 ' nec enim cum uber-  tate et amplitudine soli labore contendunt '. n. h. VI  119 ' stadiorum LXX amplitudine ': cf. X 52 ' in ma-  gnam amplitudinem crescit '. XIV 28 ' foliorum ampli-  tudo atque duritia ' : v. inoltre XII 7. XVI 248. XVIII  128. XX 222. XXI 28. XXVIII 112. XXXVII 110; 139;  172. etc. Nello stesso significato proprio di « ampiezza,  grandezza, estensione grande » era stata già la voce  ' amplitudo ' accolta nell' uso della latinità aurea. ^   4.*^ ' annales ' : Germ. 2, Il ' celebrant carminibus  antiquis, quod unum apud illos memoriae et annali um  genus est ' e. q. s. n. h. II 43 ' miraque humani ingeni  peste sanguinem et caedes condere annalibus iuuat '.  XXXIII 145 ' erubescant annales qui bellum ciuile illud     1 Vedi p. es. Pacvv. in Non. II p. 178 , 9 ed. Mere. ; p. 121 ,  a ed. Gerl.-Roth. Cic. de imp. Cn, Pomp, 5. 13. in Pis, 22, 51.  p. Mil 19, 49. ad Ait XII 50. Tuse. Ili 14, 29. de nat d. \ 38,  105. NtìP. XI (Iph.) 2, 5. Sall. lug. 97, 4. etc.   2 Vedi Forcellini-De Vit, lex t. I, p. 189. Georges, ausfùhrl  Handwb. I, e. 276.   3 Varr. r. r. II 4, 3. Cic in Verr. IV 49, 109. L'uso fu conti-  nuato anche da Tac. hisi. IV 22, 15. IdiaL de oraioribua 37,23}.     — 3 —   talibus uitiìs inputauere ' K Tale accezione di * anna-  les ', per significare una narrazione storica in generale,  rese possibile la confusione che Puso seriore fece di   * historia ' e * annales ', malgrado le distinzioni d' or-  dine diverso fatte da Gelilo e Servio. ^   ò."" ' appellatio': Germ. 2, 17 * pluresque gentis ap-  pellationes '. ^ n. h. VII 59 ' se patris appellatione sa-  lutarent': v. anche II 116. XV 138. XXI 50. etc. Con  lo stesso significato metonimico di « nome, denomina-  zione, appellativo », oltreché con altri significati, la v.   * appellatio ' appare prima in Cicerone. *   6." * argumentum ' : Germ. 25, 12 ' apud ceteros im-  pares libertini libertatis argumentum sunt. ' n, h. Il  111 ' haut dubio coniectatur argumento ': v. inoltre II  7; 8. III 86; 122. X 106; 107. XI 94 . XII 68. XV 12;  134. XXII 39. etc. Lo stesso significato di « argomento,  segno , prova di fatto > , e talvolta « indizio » ha la  V. ' argumentum ', oltre ad altri significati, presso gli  scrittori anteriori. '^     1 Cf. Tac. ann. II 88, 16.   « Gfll. n, A. V 18 , 1-9. Sbrv. comm, in Verg. Aen. I 373,  voi. I, fase. 1^, p. 125 sg. Th. Cf. Isid. orig. I 43, col. 856.   3 Non pare che sia degna di essere accolta la lezione con-  getturata da loh. Mueller : ^ plurisque gentes et appellationes '.  Abbiamo preferito attenerci alla lezione data dai codd., rifiutando  anche il * plurisque ' dato dal Ritter , Kritz , Haltn * , Zernial,  Ramorino, etc : i codd. presentano * pluresque '.   ^ Cic. de dom. s. 50, 129. ad AH, V 20, 4. Un altro es. leggesi  in un I. di Tito Ampio, riferito da Sveton. diu. lui. 77, 2. Vedi  anche Tag. ann. Ili 56, 5.   5 V. i numerosi ess. di Plauto, Lucrezio, Cicerone, Livio, etc  nel lex. Forcbllini-De Vit, 1. 1, p. 383 e néiVausfiXhrl Handeob,  del G^ORGKS, I, e. 528 sg.     ~ 4 ~   7.** ^ armentum ' : nella Germ. vale a significare in  generale « branco di animali grossi domestici » : 21, 3  ^ luitur enim etiam homicidium certo armentorum ac  pecorum numero '. Plinio l'adopera nella n. h. per de-  notare branco di cavalli (Vili 165) o di cinocefali (VII 31)  di certi buoi della Frigia (XI 125) o di animali in  generale (Vili 44. XI 263). Per i vari significati della  V. * armentum ' si erano dati anteriormente degli ess.  da Varrone, Cicerone, Virgilio, Orazio, Ovidio, etc. ^   8.** ' ars ' : Gemi. 24, 3 ' exercitatio artem parauit ,  ars decorem '. n. h. XVIII 197 ' artis quoque cuiusdam  est aequaliter spargere (semen) ' : v. XI 81. XVIII 32.  In Terenzio la v. * ars ' aveva di già assunto il signi-  ficato particolare di « abilità, destrezza ». ^   9.* ^ bigati ', antiche monete romane con l' impronta  della biga : Germ, 5, 17 ' pecuniam probant ueterem  et diu notam , serratos bigatosque '. n. h. XXXIII 46  ' notae argenti fuere bigae atque quadrigae , inde bi-  gati quadrigatique dicti '. Livio l'usò anche con lo stesso  significato. ^   10. ** ^ cassis ', t. ' cassid- ' : Germ. 6, 10 ^ uix uni al-     1 Varr. r. r. II 5, 7. Cic. Phil. Ili 12, 31. ad Att VII 7, 7. de  r. p, II 35, 60. Verg. bue. 2, 23. 4, 22. 6, 45 e 59. georg. I 355;  483. II 144; 195; 201; 329. III 71; 129; 150; 155; 162; 352. IV 223;  3P5. Aen, I 185. Ili 220; 540. VII 486; 539. Vili 214; 360. XI  494. XII 688; 719. Hor. carm. I 31, 6. Ili 3, 41. ep. 1 8, 6. Ovid.  mei. XV 84. fasi. II 277.   « Tbr. Andr. 31 (I 1, 4). adeìph^ 742 (IV 7, 24). Cf. Tag. Agr.  36, 2.   « Liv. XXIII 15, 15: ò adoperata col valore primitivo di ag-  gettivo in XXXllI 23, 7.     — 5 —   terìue cassis aut galea '. ^ Con lo stesso significato  (« elmo di metallo ») la v. ' cassis ' fu adoperata da-  gli scrittori anteriori. Nella n. h. si presenta col signi-  ficato metonimico di guerra : XIII 23 ^ ista patrocinia  quaerimus uitiis , ut per hoc ius sub casside unguenta  sumantur '.   11.° ^ ciuitas ': l'espressione * Hermundurorum ciuitas \  che leggasi nella Qerm. 41, 3, si riannoda direttamente  ad un* espressione consimile di Cesare. ^ A tale acce-  zione della V. * ciuitas ' si ravvicina il passo della n. h,  XXXI 12 ^ Tungri ciuitas Galliae ': cf. VII 200 ' regiam  ciuitatera Aegyptii, popularem Attici post Theseum (se.  inuenerunt) \   12.** * colla tio ' ; Germ. 29, 6 ' exempti oneribus et  collationibus '. n. h. XXXVII 10 ' Maecenatis rana per  conlationes pecuniarum in magno terrore erat '. La v.  ^ collatio ' vale per ciò « contributo, sussidio »; e con  significato analogo era stata precedentemente usata da  Livio. ^ Ma in un altro 1. della n. h. la v. considerata  conserva il significato di « confronto, paragone », con  cui era stata accolta da Cicerone e da altri: * XXXVII  126 * optimae sunt quae in conlatione aurum albicare  quadam argenti facie cogunt '.   13.** ' color ' : appare nel significato proprio tanto  nella Germ. 6, 9 * senta tantum lectissimis coloribus     1 La differenza tra * cassis ' e * galea ' è notata da Isid. orig.  XVIII 14, e. 1272.   « Gaes. 6. e. IV 3, 3 * Vbii, quorum fuit ciuitas ampia atque  florens *. Cf. Tac. hist. I 54, 1 * ciuitas Liiigonum *. Agr. 17, 3  ' Brigantium e. '   3 Liv. IV 60, 6. V 25, 5. etc.   4 CiG. Tuse \y 38, 83. de natd. ni 28,70. de diu. Il 17,38. etc.     — 6 —  distingiiiint ' ; quanto in più luoghi della n. h. : Viti  193. XI 148; 151; 225. XXXV 81; 82. etc. La v. ' color'  era stata prima accolta nello stesso senso da Cicerone,  Cesare e dai poeti dell' età augustea. ^   14.*^ ' conciliura ': Germ. 12, 1 ' licet apud concilium  accusare '. n. h. XXXV 59 ' Amphictyones , quod est  publicum Graeciae concilium '. Con lo stesso significato  dì « adunanza , concilio » , appare presso gli scrittori  anteriori : ' riappare negli scritti di Tacito. *   15.° ' condicio ': il significato tradizionale della voce  ' condicio ' è conservato tanto nella Germ. 24, 12 ^ ser-  uos condicionis huius per commercia tradunt ' ; quanto  nella n. h. Ili 91 ' Latinae condicionis '. IV 57 ' Aegina  liberae condicionis' etc; ^ salvo che nella n. h. si es-  tende anche a cose estranee alle condizioni civili de-  gli uomini : v. XVIII 187. XXIV 158.   16.'' ' conditor ': Germ. 2, 12 ' Tuistonem deum terra  editum et filium Mannum originem gentis conditores-  que '. n. h. XVI 237 ' Tiburno conditore eorum ( se.     1 V. gli ess. addotti nel lex. Forcellini-Db Vit, t. II, p. 283;  e UQÌV ausfùhrl. Handwb. dei Georges, I, e. 1199.   « Il lex. Forgellini-Dk Vit, t II, p. 347, e V ausfùhrl Handwb.  del Georges , I, e. 1301 sg. notano, per inesattezza , che Plinio  abbia indicato con la v. ' concilium ' il fiore bianco della pianta   * iasine '. Nel passo della n. h. XXII 82 il fiore della ' iasine '  è rappresentato (secondo i codd. Leid. Voss., Paris. Lat. 6796 e  Riccard. di Firenze) dalla v. * concylium ', che V Urlichs ( Vindie.  Plinian. , Erlangae 1866, v. II 484 ) emendò rettamente • con-  chylium ', quale è stata accolta nella recente ediz. Mayhoff :   * concilium * fu presentato dalla * uulg. * sino all*ed. del Detlefóen,  Beri. 1868, voi. III.   8 Tac. hi8t. IV 64, 2.   4 Cf. Tag. ann. I 16, 13. hist. II 72, 10.     tiburtum) ' : v. Vili 61. XXII 5. etc. Nella n. h. si es-  tende ancor più il significato di ^ conditor ' , riferen-  dosi , secondo esempi offerti da scrittori precedenti , a  città : V 86, VI 92 ; 113 ; 177. XVI 216. età ; ^ alle  arti : praef. 26. XXXIV 89. XXXV 199. etc. ; ^ alla  storia : V 9. VII 111. XXXVI 106. etc. ; '^ alle leggi t  XVI 13; a scuole filosofiche: XXVI 11. etc.  * concurrunt multae opiniones ' : cosi  secondo i codd. ; neir ed. Fleckeisen si accoglie la congettura  ' concurrunt multa eam opinionem *. Cic. p. Rose. Am. 15, 45.  etc.   5 Plavt. Men. 756 ( V 2, 4 ). Cic. Tasc. V 15, 45. Caes. b. e.  hi 84, 3. Liv. IX 16, 13. Se ne valse anche Tao. hist I 79, ^     — 15 •^   SS."" ^ propìnquìtas ' : Germ. 7, 10 ^ non casus nec for-  tuita conglobalo turmam aut cuneum facit, sed famì-  liae et propinquitates ' : in traslato, per indicare « pa-  rentela », la V. * propinquitas ' era stata prima usata  da Cicerone, Cesare, Livio, etc. » Nella n. h. conserva  il significato proprio : II 64 ' idemque motus alias  maior alias minor centri propinquitate sentitur ' : v.  II 74. Il significato proprio di * propinquitas ' osservasi  prima in Cicerone e Cesare. ^   34.*^ * quies ' : n. h. XVI 70 ' lenis quies materiae \ ^  XVIII 231 ^ uentorum quiete ' : nello stesso significato  di « calma, tranquillità » Cicerone e Virgilio avevano  accolto la v. ' quies '. * Ma nella Germ. 14, 10 ' ingrata  genti quies ', la v. considerata vale a indicare con     1 Cic. de fin. V 24, 69. Caes 6. G. II 4, 4. Liv. IV 4, 6. Cf.  Tao. ann. XI 1, 11. È usata al sing e con lo stesso eignificato  nei sgg. 11.: Cic. p. Quinci. 6, 26. p. Piane. 11, 27. Nep. X  (Dion) 1, ?. XVn (Ages.) 1, 3.   « Cic. de inu. rhei. I 26, 38. Phil III 6, 15. de off. Ili 11, 46.  Caes. 6. G. li 20, 4. VI 30, 3. b. e. Il 16, 3. etc.   3 Cosi leggiamo secondo i codd., tranne il Paris. 6795 (E del  Mayh.) e TÀrundel. del museo britannico di Londra, e secon-  do la ' lectio uulg. ' Neired. del Sillig. voi. Ili, Hamb. e Gotba  1853 , si afj^giunge ' est ' a ' quies '. Il Mayhoff , ed. Lps. 1892 ,  innova radicalmente la frase , e legge ' leuisque est ', che si  avvicina , nel suono della pronunzia , alla lez. * lenis qui est ',  presentata dai detti codd. E e Arundel. L* Urlichs ( Vindie.  Plin.y 264; Erlang. 1866) si allontana di più dai codd.,, ammet-  tendo la congettura * leui cuiu3 '.   4 Cic. de leg. agr. 11 2 , 5 in Caiil. IV 1,2; 4, 7. p, Cael. 17.  31>. p. r. Deiot 13, 38. ex libris aeadem. ineeriis tv. 4. de fin.  I 14, 46. V 20, 55. Tuse. I 41, 97. de r. p. I 4, 8. IV 1, 5. etc.  Vbrg. geory. II 344.     — 16 —  particolarità la « quiete dopo la guerra », come osser-  vasi in Sallustio. ^   35.° ' receptaculum ': appare, nel senso di « ricovero,  rifugio, ricetto », tanto nella Germ. 46, 20 ^ hoc senum  receptaculum (se. ramorum nexus) ' ; quanto nella n. h.  X 100 ^ perdices spina et frutice sic muniunt recepta-  culum ut centra feram abunde uallentur \^ E ciò è  conforme air uso fattone prima da Cicerone , Cesare ,  Livio '. 3 Ma nella Germ. assume anche il significato  di « deposito, magazzino » per viveri: 16, 11 ^ subter-   raneos specus sufTugium hiemi et receptaculum   frugibus ': tale significato osservasi prima in Cicerone. ^   36.** ' reuerentia ' : Germ. 29, 9 ' protulit enim ma-  gnitudo populi Romani ultra Rhenum ultraque ueteres  terminos imperii reuerentiam '. n. h. XXXVI 66 ^ hac  admiratione operis effectum est ut , cum oppidum id  expugnaret Cambyses rex uentumque esset incendiis ad     1 Sall. Cai. 31, 1: cf. Cic. de imp, Cn. Pomp. 14, 40. Tacito si  valse della v. 'quies* tanto ìq senso metonimico, per indicare  « sogno, visione » (ann. I 65, 6: cf. Cic. acad. pr. II 16, 51. de  diu. I 21, 43; 24, 48; 25, 53; 28, 58; 29, 61; 43, 96; 55, 126. II 60,  124; 61, 126; 66, 135; 70, 145; etc). quanto nel senso proprio di   , è adope-  ' rata nella Gemi. 36, 7 * tracti ruina Cheruscorum et   L Fosi, contermina gens '; e nella n. h. XVII 245 ' Ne-   |, ronis principis ruina '. Si noti, però, la differenza : nella   I Germ. , come in 11. consimili di Cicerone, Sallustio, Li-   S vio, Ovidio, etc. ^, la v. ' ruina' si riferisce alle con-   p dizioni di un popolo o di uno Stato; mentre nella n. h.   - concerne le condizioni di singole persone : di che si   i hanno ess. in Cicerone, Orazio, Ovidio, etc. ^ Plinio si   valse anche della v. ' ruina ' in senso metonimico : n. h.  ^ XXXIII 74 ' flumina ad lauandam hanc ruinam iugis   montium obiter duxere ' : ^ cf. XXXIII 66 ^ in ruina  ;; montium '.   40.* * saeculum ' : Germ, 19, 9 ' nec corrumpere et  corrumpi saeculum uocatur \ Di tal valore metonimico  di * saeculum ', per indicare i costumi dominanti in un   1 Cic p. SesL 2, 5. 51, 109. 57, 121. in Vatin. 8, 21. de proo,  eons. 18, 43. p. Balb. 26, 58. ep. (adfam.) V 17, 1. Sall. Cai.  31, 9. Liv. XLV 26, 6. Ovid. mei. VII! 498. Vbll. Paterg. h. R  II 91, 4. etc. li Gborges, ausfiXhrl Handiob.^ II, e. 2165 , attri-  buisce per inesattezza a Cicerone la frase sallustiana ' iocendium  meum ruina («e. rei publicae) restinguam * (^Cat 31 , 9). La  frase di Cicerone (p. Mur. 25, 51) é: * respondisset, si quod es-  set in suas fortunas Incendium excitatum, id se non aqua, sed  ruina restincturum '.   « Cic. in Catti I 6, 14. eum Sen. grat. egii 8, 18. de fin. I 6,  18: cf. de prou. eons, 0, 13. de dom. s. 36,96. Hor. earm. II 17,  9. Ovid. ex Pont I 4, 5.   '^ In simil modo , riferendola a città distrutte , usarono la v.  * ruina' Liv. IX 18, 7. XXI 14, 2. Vbll.Patbrc. h. R. II 19, 4;  ed altri.     — 19 —   dato tempo ( i Tedeschi ciò desigaano con la voce  « Zeitgeist ») si hanno ess. precedenti in Terenzio, Vir-  gilio, Orazio, etc. ^; ma il tramite per cui dovette pas-  sare, per aversi il significato metonimico su cennato,  notasi , senza dubbio » conservato neir uso fattone da  Plinio nel sg. 1. della n. h. XXXVII 29 ' haec fuit su-  prema ultio saeculum suum punientis ( se. Neronis ) ' :  V. XXXVII 19.   41.** ^ sagum ': è voce di origine celtica, usata nella  Germ. ad indicare il saio o vestito dei Germani : 17 ,  1 ^ tegumen omnibus sagum fibula aut, si desit, spina  consertum '.^ Nella n. h. fu riferita al saio dei pasto-  ri : VIII 54 * pastoris Gaetulìae sago ' ; e ad un indu-  mento dei Druidi: XVI 251. XXIX 52 : e ciò per ana-  logia dell'uso fattone da Columella, che con la v. ^ sa-  gum ' aveva indicato la veste dei contadini.^ Neil' uso  classico * sagum ' si restrinse a dinotare il mantello dei  soldati. ^   42*'' ^ sata ' : in diretta provenienza dall' uso fattone  da Virgilio, ^ in sostituzione della voce ' segetes ', os-   1 Tbr. eun. 246 (Il 2, 15). Verg. georg. I 468. Aen. I 291. Hor.  carm. III 6, 17.   , che osser-  vasi in Cicerone, ^ per il tramite dell' uso particolare  fattone da Bruto. ^   51.** * superstitio *: Germ. 39, 10 ^ eoque omnis su-  perstitio respicit '. n. h. XXXI 95 ' superstitioni etiam  sacrìsque ludaeis dicatum ' : v. inoltre VII 5. XXI 182.  XXII 118. XXX 7. XXXVII 160. Si valsero prima della  v. '^ superstitio ' Cicerone, Virgilio , Livio, Seneca , Co-  lumella, etc. ^   52.** * temperantia ': Gerrn. 23, 5 ' aduersus sitira non  eadem temperantia '. n. h. XXVIII 56 * multo utilissi-  ma est temperantia in cibis \ Col medesimo significato     1 CiG. de /Ia. I U, 37 *doIoris amo tic successlonem efficit  udluptatis '. Ma in un fr. dell' esordio del libro Hortensius^ ri*  ferito da Avqvstin. de uit ò. 26, io opp, t. I p. 308, Bened. , la  V. 3.  Tuse. Ili 29, 72. de nat. d. I 17, 45; 20, 55; 27, 77; 42, 117. II  24, 63; 28, 70 e 71. Ili 20, 52. de diu. I 4, 7. II 7, 19; 39, 83; 41,  85; 60, 126; 63, 129; 67, 136; 72, 148 e 149. de legihm I 11,32.  II 16, 40; 18, 45. [Il fr. del 1. de legibus cit. da Serv. eomm. in  Verg, Aen. VI 611, voi. II, p;ig. 85, in cui notasi la frase * au-  get superstitionem ', ò riferito dal Thilo al 1. cit. II 16, 40. Il  Nobbe, pag. 1222, lo ascrive, invece, terzo tra i frammenti ' in-  certorum lib-orum de legibus']. Vedi inoltre Vero Aen. XII  817. Liv. XXVI 19, 4. SBN. ep. XX 5 (122), 16 (al quale I. si pa-  ragoni XV 3 (95J, 35). Colvm. de r. r. I 8 , p 326, 22. Cf. Tac.  Agt. li. 11. hist. 11 4, 13. V 13, 2. ann. W 85, 13. XII 59, 6. XV  44, 14.      — 24 -^   dì «teiiiperahza, continenza, moderazione» la v. Uern-  perantia ' era stata accolta nell' uso degli scrittori an-  teriori. ^   |.. 53.** ' transfuga ': nel significato proprio , secondo   f: l'uso accolto prima da Cicerone, Sallustio, Livio, etc. ^',   si osserva nella Germ. 12, 3 ' proditores et transfu-  gas arboribus suspendunt \ Attenendosi, invece, alla  tradizione avente in prevalenza carattere poetico ^,  Plinio si valse della v. * transfuga ' nel senso traslato:  n. h. XXIX 17 ' solam hanc artium Graecarum (se.  medicinam ).... Quiritium paucissimi attigere et ipsi  statim ad Graecos transfugae '.   54.** ^ tributum ': nel significato proprio appare e-  gualmente nella Germ. 43, 4 * Osos Pannonica lingua  coarguit non esse Germanos, et quod tributa patiua-  tur '; e nella n. h. XXI 77 ' ceram ir\ tributa Romanis  praestet': v. altresì VI 119. XII 112. etc. Del resto, la v.  * tributum ', indicando cosa che ha tormentato i popo-  li in tutti i tempi, fu assai nota agli scrittori ante-  riori. ^  55.° ' uilitas ■: Plinio se ne avvalse tanto nel senso  r£ proprio di «poco prezzo, buon mercato», secondo gli     r.     1 CiG. de or. II 60, 247. pari. or. 22, 76. ep. (ad fam.) I 9, 22.   Tuae. Ili 8, 16. V 20, 57. de off. Ili 25,96; 33. 116. etc. Cf. Tac.   ann. I 14, 4.  8 CiG. de dia. I 44, 100. Sall. lug. 54, 2. Liv. XXIV 30, 6.   XXVII 17, 11. etc: cf. epit Z. LI.  f 3 HoR. earm. III 16, 23. Lvgan. de b. e. Vili 335.   l: •* Cic. m Verr. Il 53, 131; 55, 138. Ili 42, 100. p, Flaee. 9, 20.   19, 44. 32, 80. ep. (ad fam.) HI 7, 3. XV 4, 2. de off. W 21, 74;   22, 76. etc. Cabs. b. G. VI 13, 2. 6. e. HI 32, 2. Liv. IV 60, 4.   XXIU 31, 1. etc.     èss. presentati prima da Cicerone •: n. h. XVIII IS  ' annonae uilitas incredibilis erat ': v. anche Vili 7.  XIV 35; 50. XVIII 273. XXXIII 50. XXXV 47;— quan-  to nel senso traslato di « poco valore, poca importan-  za »: fi. h. XX i ' nominum uilitate deceptus \ XXXVI  119 * quae uilitas animarum ista ': dello stesso modo  II 26. XI 39. XIX 59. XXVI 43. XXXIV 2. A questo  secondo significato, che si osserva in Plauto e in al-  tri scrittori, ^ si avvicina 1' uso fattone nella Germ. 5,  11 * est uidere apud illos argentea uasa.... non in alia  uilitate " quam quae humo flnguntur '.     1 Cic. in Verr. Ili 92, 215; 93, 216; 98, 227. de imp, Cn, Ponip.  15, 44. eum pop. graL egii 8, 18. de dom, s. 6, U e 15. 7, 16  de off. Ili 12, 52.   « Plavt. eapt 230 (II 1, 37). Pbtron. sat. 118 Qvintil i. o.V  7, 23. etc. Cf, ' uilitatem uerbi * in Non. 12, p. 531, 2 ed. Mere;  p. 363 a ed. Gerì, e Roth.   3 * Vllìtas ', nel 1. e. della Germ , non significa « vilipendio,  spregio » ( « Geriogschaetzung », come commenta U. Zernial,  o. e., p. 24), ma «poco valore, poco pregio»; sicché l'intera  frase ' non in alia uilitate ' vale, secondo la giusta osserva-  zione del Grbverus, Bemerkungen zu Taeiius' Germania, 01-  denb'urg 1850, p. 21, lo stesso che * eodem uili pretio*. La var.  * utilitate *, presentata dai codd. Vatic. VRB. 655,- Rom. Àug.  bìbl., Florent. Laurent. 73, 20, Viodobon., e sostenuta si viva-  mente dal Kritz, P. C. Tae. Germania, Beri. 1864, p. 42 sg,  che accusa di * sententìa prorsus absurda ' la lez. ' uilitate ',  probabilmente si deve a quella stessa inavvertenza dei copisti,  per la quale nel 1. della n. h. XX 1 si legge nei codd. ' utili-  tate \ invece di 'uilitate ' che è lez. data dal solo cod. Paris.  6795, accolta dalla ' uulgata ', e ripetuta nella recente ed. del  Mayhoff, voi. Ili, pag. 302, 14.     ^ 26 -   II. — Aggettivi :   1.^ * arcanus ': Germ. 40, 20 ^ arcanus bine terror ';  n. h. XXIX 21 ' arcana praecepta ': cosi notasi usato  da Cicerone, Virgilio, Ovidio, etc. ^ Ma nella n. h. è  riferito anche, secondo V accezione di Plauto, ^ a per-  sona : VII 178 ' petiit uti Pompeius a4 se ueniret aut  aliquem ex arcanis mitteret ' ; per lo più è usato in  funzione di sostantivo : n. h. Il 65. VII 150. XXV 7.  XXVIII 129. XXX 9.   La frase * arcana sacra ' osservasi in Orazio e Ovi-  dio ^ prima che nella Germ. 18, 7 ^ hoc maximum uin-  culum, haec arcana sacra, hos coniugales deos arbi-  trantur '.   2.^ ^ argenteus ' : nel significato comune di « argenteo,  fatto d' argento » * notasi nella Gerrn. 5, 12 ^ est ui-  dere apud illos argentea uasa ' ; e nella n. h. XXXIIf  142 ' missa ab iis uasa argentea ^ non accepis$e ' : v. in-     1 Cic. de fin. II 26, 85. Vl^rg Aen. IV 422. VI 72. Ovid mei.  IX 516. etc. Cf. Tac. ann. II 54, 13.   s Plavt. irin, 556 (li 4, 155): si può aggiungere il v. 518 (II  4. 117) in cui, secondo il commeuto del Cocchia, Torino 1886,  p. 65, la V. * arcano ' ò agg. di cas>o dat., che concorda con  ' tibi': ma nei lessici Forgbllini-De Vit., t. l, p. 361,é6B0R-  OES, I, e. 505, ò considerato come avverbio.   3 HoR. epocL 5, 52. Ovid meL X 436. Cf. ' fatorum sacra ' in  Vero Aen. I 266. VII 123.   * Tale significato osservasi in Liv. Andr. Odi9.tv. 5, in PLM  ed Baehrens, voi. VI, p. 38. Varr. de l L. IX 40, 66, p. 216 Sp.  Cic. in Verr, II 19, 47; 47, 115. IV 43, 93. V 54, 142. in Catil.  I 9. 24. II 6, 13: cf. de nat d. III 12, 30; 34 84. etc.   ^ Gli ' argentea uasa * sono prima menzionati da Cic. in Verr,  IV 1, 1. Phil. II 29, 73. HoR. sai. II 7, 72 sg. etc. Plinio li dis-  se anche ' uasa ex argento ' : n. h. XXXIII 139.     oltre Vili 12. XXII 99. XXVIII 82; 126. XXIX 125.  XXXIII 52; 53; 56; 151 ; 152. XXXIV 160. XXXV 4.  XXXVII 105. etc. Nella n. h. valse apcbe a significare  € ornato o ricoperto d'argento, inargentato » ' : XXXIII  53 ^ G. Àntonius ludos scaena argentea fecit ' : v. altresì  XXXIII 144; 151. etc.— ^ « argentino, del colore d'ar-  gento » : MI 90 ^ flt et candidus cometes argenteo cri-  ne ' : V. inoltre IV 31. XVI 76. XXIV 172. XXXVI 137.  XXXVII 146; 147. etc. Ma nel passo della Oenn. 5,  20 ^ numerus argenteorum facilior usui est ' , assunse  valore di sostantivo, come prima in Livio e poi in Vo-  pisco, 3 per indicare certe monete d' argento , per le  quali Plinio adopera le espressioni ' argenteus dena-  rius ' (n. h. XIX 38. XXI 185) o ^ nummus argenteus '  (n. h. XXXIII 47).   3.* * ater ' : Germ. 43, 22 * atras ad proelia nootes  legunt '. ^ n. h. II 79 * atram in obscuritatem ' . Nella  n. h. osservasi inoltre r agg. ^ ater ' attribuito al co-  lore: VI 190. XI 171 (cf. XVIII 4). XIII 98. XXX 16.  XXXV 127; al sangue: Vili 49; alle nubi: XVIII 355;  alle erbe: XVII 33 S; alla bile: XXI 176; alle ulcere:     1 Significato analogo si osserva io Cic. p. Mar. 19, 40. Liv.  X 39, 13. etc.   2 Cosi in Cic. in Verr. IV 20, 42. Vbrg. Aen. Vili 655. Ovid.  mei. Ili 407. eie.   3 Liv. XXX Vili 11, 8. Vopisc. Prob. 4, 5. Bonosus 15, 8 : v.  seripit hist Aug. XXVIII e XXIX, voi. II, ed. Peter.   4 Cf. HoR. epod. 10, 9 ' atra nocte '.   5 Neired. Mayhoff deUa n. A., voi. Ili, p. 283, 6, leggesi per il  passo XIX )26, secondo la congettura del Salmasio (PUnianae  exereiiaiiones in Solini polghisiora^ Traiecti ad Rheo. 1689;,  ' albae (ac. lactucaQ) ' , meotre ì codd. , eccetto il Paris. 10318  (Q del Mayh.), e la ' uulgata ' danno ' atrae '.     XXtl 154; ad una qualità dì marmo: XXXVl 49. tn  accezioni consimili notasi la v. ^ ater ' in Cicerone, 0-  razio, Ovidio, Seneca, etc. *   4.*" ^ caeruleus ' : Tespressione ' caerulei oculi ' si legge  nella Germ. 4, 6 e nella n, h. Vili 74: in entrambe si  scorge r imitazione della frase ciceroniana * caeruleos  esse Neptuni {se. oculos) '. ^ Nella n. h. V epiteto * cae-  ruleus ' è riferito , inoltre , a certi animali : Vili 141.  IX 46. XXIX 86; a vegetali: XV 128. XXII 57. XXVII  105; a minerali: XXXVI 128. XXXVII 134; alle acque  del Boristene nella stagione estiva: XXXI 56. I lessici  abbondano di ess. sull'uso dell' agg. 'caeruleus' nel-  l'età anteriore a quella pliniana.   5.** * equester ' : riferito a cavalleria, gente a cavallo,  combattimento equestre , notasi , secondo gli ess. di  scrittori precedenti, ^ nella Germ. 32 , 3 ' Tencteri....  equestris disciplinae arte praecellunt '; e nella n. ^. Vili  162' in libro de iaculatione equestri condito ': v. XXXIV  66. XXXV 129. XXXVII 111. etc; e per ' statua eque-  stris ' V. XXXIV 19; 23; 28. etc.   Notasi anche nella n. h. riferito all' ordine civile dei  cavalieri, come in 11. simili di Cicerone, Nepote, Orazio,  Livio, etc: * v. n. h. V 12. VI 181. VII 88; 177. IX     1 CiG. Phii II 16, 41. Tuse. V 39, 114. Hor. earm. II 16, 2.  OviD. am. I 14, 9. met XV 41. Sen. ep. IV 2 (31), 5 Cf. Tac.  hisL V 6, 19..   « Cic. de fiat d. I 30, 83.   3 Vedi Cic. in Verr, li 61, 150. PhiL IX 6, 13. de fin. II 34,  112. Caes. b, G. Ili 20, 3. Liv. Vili 7, 13. XXVII 1, 11 ; 42, 2. etc.   4 Cic. p. Piane. 35, 87. ad Q. />. I 2, 2, 6. de r. p. I 6, 10. Nep.  XXV (Att.) 1, 1. HoR. sai. II 7, 53. Liv. V 7, 5. etc     X     — so-  lo. X 71; 141. XII 13. XVII 245. XIX 110. XXXIII 32;  34; 112. etc. dub, seì^m. XV p. 55, 2 ed. Beck.   6.** * feralis ' : Germ. 43, 22 * ipsaque formidine atque  umbra feralis exercitus terrorem inferunt '. ^ n. h. XX  113 ^ defunctorum epulis feralibus ' : v. XVI 40. L'agg.  * feralis', in senso traslato, è adoperato, come in Ovi-  dio, Lucano, etc. 2, anche nella n. h. XVIII 237 ' Caesar  et idus Mart. ferales sibi notauit scorpionis occasu ' :  V. X 35.   7.^ ' ferax ' : Ge^'^m. 5,4' satìs ferax ( se. terra ). '  n. h. XV 100 ' minime feraces musti (se. acini) ' : v.  XVII 105 ; 124. L' uso di ' ferax ' nel significato pro-  prio , or con r ablativo or col genitivo , osservasi nei  poeti deir età augustea, ^   8.^ ' infamis ' : Germ. 12, 4 ' corpore infames caeno  ac palude... mergunt ' : v. anche 14, 3. n. h. XXXIII  48 ' nec iam Quiritiu.m aliquis sed uniuerso nomine Ro-  mano infami rex Mithridates Aquilio duci capto aurum  in OS infudit ' : v. IX 79. In Cicerone si notano nume-  rosi esempi. ^   9.^ ' infernus ' : usato nel significato generale di     1 Con significato simile osservasi V agg. * feralis * in Verg  Aen, IV 462. VI 216. Ovid. irisL III 3, 81 ; 13, 21. etc. Cf. Tac.  hisL I 37, 10. ann. II 31, 7.   2 Ovid. met IX 213. Lycan de b. e. II 260. Cf. Tac. hisi V  25, 15. ann. IV 64, 2.   3 Con Fablat : Verg. georg. II 222. Col genit. : Hor. epod. 5,  22. Ovid. met VII 470. Col genit. e con T ablat. : Ovid. am. U  16, 7.   * Cic. p. Rose. Am. 35, 100. diu. in Caeeil 7, 24. in Verr. IV  9, 20. p. Font. Il, 34 /,. Cluent 47, 130. in Caiil. Il 4, 7. p.  Cael 22, 55. in Pis. 22, 53. />. Seaur. 2, 8. FhiL XI 3, 7. de fin.  U 4, 12. Cf. Tac, hist. II 56, 9. ann. I 73,7. VI 7, 6. XV 49, li.     y     — 30 —   « inferiore, di èotto, basso » , osservasi nella n. h. II  128 * ille infernus (s(7. auster) ex imo mari spirat ' ; ^  e prima in Cicerone, Livio, Seneca, Lucano.^ Nella Germ.  43, 23 ^ nullo hostium sustinente nouum ac uelut in-  fernum adspectùm ', è adoperato nel significato parti-  colare di « infernale, d'averno », secondo gli ess. che  ci è dato osservare precipuamente negli scritti poetici  del tempo d' Augusto. ^   10.^ * lineus ' : Qerm. 17, 10 ^ feminae saepius lineis  amictibus uelantur \ n, h. XII 25 ^ uestes lineas faciunt  folife \ XXIX 114 ' lineo panno ' : , 236.  ara am. I 205. ^   7 Cic. p. SesL 20, 46. de nat d. Il' 39, 100. Liv. I 4, 6. Cvrt.  hist. A. M. IV 9 (38), J9.     — 35 —   * multitudine pìscium fluitante ' : v. 15, 63. 16, 168. 37,  37. Nella Gemi, 17, 3 ' locupletìssimi ueste distinguua-  tur non fluitante ', è adoperato in traslato, secondo ess.  consimili presentati da Catullo, Ovidio, etc. ^   2.** ^ labans ' : 6r^r/n. 8, 1 * quasdam acies inclinatas  iam et labantes a feminis restitutas '. n. h. XXXV 117  ' sunt in eius exemplaribus nobiles palustri accessu  uillae, succoUatis sponsione mulieribus labantes, trepi-  dis quae feruntur '. Conformi sono gli ess. che prima  ne avevano dato Cicerone, Virgilio , Orazio , etc. ^ Pel  significato proprio dell' agg. ' labans ', v. n. h, XXIV  119 * labantes dentesflrmant '. XXIX 37 ^ dentibus mire  prosunt, etiam labantibus '. *   3.** ^ marcens ' : Germ. 36 , 1 ^ Cherusci nimiam ac  marcentem diu pacem inlacessiti nutrierunt '. n. h. IX  147 ' alias marcenti similis et iactari se passa fluctu  algae uice ', e. q. s. Ess. anteriori si notano in Orazio,  Valerio Massimo, Seneca. ^   4.** * auspicatus ' : Germ. 11, 5 ' agendis rebus hoc  auspicatissimum initium credunt '. n. h. XIII 118 ^ nec  auspicatior in Lesbo insula arbor '. XVI 75 ' comitantur  et spina, nuptiarum facibus auspicatissima '. Nello stesso  significato di « prospero, di buono augurio, iniziato sotto     1 Catvll. 64, 68. OviD. mei. XI 470. ars am. II 433 sg. Cf.  Tac. hist III 27, 12. V 18, 3.   « Cic. p. Mil 25, 68. Verg. Aen. IV 22. XII 223. Hor. carm.  III 5, 45. etc. Cf. Tac. hist II 86, 8. ann. XIV 12, 21.   8 Vero. Aen, lì 463.   4 Hor. sat II 4, 58. Val. Max. f. et d. m, II 6, 3. Sen. ep. XIV  l (89), 18. Cf. IvsTXN. epii. XXXIV 2, 7.     — 36 —   auspici favorevoli » , era stato prima adoperato da  Catullo , Velleio Patercolo, etc. '   Per la forma comparativa ' auspicatius ' con valore  avverbiale, v. n. h. 3, 105. 7, 47.   5.'' ' contactus ': Gemi. 10, 13 ^ (equi) publico alun-  tur isdem nemoribus ac lucis, candidi et nullo mor-  tali opere contacti '. Tale uso di ^ contactus ' in senso  t'raslato osservasi prima in Livio, Properzio, Ovidio,  Seneca. ^ In più luoghi della n, h. è accolto in senso  proprio: v. 7, 17. 8, 78; 85. 9, 147; 183. 11, 193; 277.  18, 152. 28, 80. 29, 51. 34, 146. 36, 58. etc.   6.° ' effusus ': Germ. 30, 2 ' non ita effusis ac palu-  stribus locis, ut ceterae ciuitates '. Dello stesso modo,  per indicare luoghi estesi, vasti, fu usato da Orazio e  Velleio Patercolo. ^ Nella n. h., oltre al conservare il  significato proprio di « versato, sparso, etc. »: v. 4, 101.  6, 71. 8, 14; 161. 9, 102. 16, 2. 20, 90. 22, 145. 29, 50.  etc, il quale significato osservasi prima in Cicerone,  Virgilio, Livio ed altri ', passa in traslato ad indica-  re profusione, eccesso, esagerazione: III 42 ' Grai, ge-  nus in gloriam suam effusissimum ': v. 7, 94; eciòse-     J Catvll. 45,- 26. Vell. Paterc. h. R. II 79, 2. Cf. Qvintil.  i. 0, X 1, 85. Col significato più generico di « inaugurato dopo  presi gli auspici » apparo in Cic. p. Rab. perd. 4, II. Hor.  carm. Ili 6, 10.   2 Liv. II 5, 2. IV 15, 8. VI 28, 6. XXI 48, 3. etc. Prof. I J, 2.  OviD. epist ( her, ) 4 , 50. Irist III 4, 78. Sen. Phaedr. 714. Cf  dial, de oraioribus 12, 8.   3 Hor. €p, I 11, 26. Vell. Paterc. A. R. Il 43, 1.   4 Cic. de diu. I 32, 69. Vero, georg. IV 288; 312; 337. Aen, VI  339; 686. X 893. Liv. I 4, 4. XXX 12, 1. etc.     — 37 —   condo gli ess. che ne avevano dato Cicerone, Nepole,  etc. «   7.** ^ excìsus ': Germ. 33, 3 ^ pulsis Bructeris ac pe-  nitus excisis uicinarum consensu nationum '. Prima la  V. * excisus '.era stata riferita non solo a popoli ed c-  serciti, ma anche a città, campi, regioni, etc. : ^ nella  n. h. si attiene più strettamente al significato proprio  e assume, talora, un significato pregnante: XXXIII 48   * caput eius {se. C. Gracchi) excisum '. ^ XXXIII 139   * anaglypta asperìtatemque exciso circa liniarum pic-  turas quaerimus '. XXXVI 125 ' uias per montes ex-  cisas '. Ess. di tale accezione si osservano in Cicerone,  Virgilio, Ovidio, etc. ^   8.° ' infectus ': Germ. 4, 1 ' Germaniae populos nul-  lis [aliis] aliarum nationum conubiis infectos '. n. h.  XXX 8 ' infecto, quacumque commeauerant, mundo '. Lo  stesso significato in traslato osservasi in Cicerone, Vir-  gilio, Livio, Lucano, etc. ^ Nella n. h. appare anche u-  sato nel significato proprio: VI 70 ' tinguntur sole po-     1 Cic. p. Rose. Am. 24, 68. p. Cael. 6, 13. de nat. d. I 16 . 42.  Nep. I (Milt.) 6, 2. Cf. Tac. hisL li 45, 11. ann. I 54, 8.   « Cic. p. Sesi. 15, 35. in Pis. 40, 96. Cai m. 6, 18. Hor. carm.  Ili 3, 67. Vell. Patbrc. h. R. Il 115, 2; 122, 2: aggiungiamo  II 120, 3 Jelto secondo l'ed. prìnc. del 1520, che nell' apogp. A-  merb. si legge ' occìsi exercitus ', invece di ' excisl exercitus '.  Cf. Tac. hist II 38, 4. ann. XII 39, 9   3 Cosi nei codd. e nella * iiulgata', ma nel solo cod. Bamberg.  e nelle edd Sillig., Jan e Mayhoff si legge * abscisum *.   4 Cic in Verr. Ili 50. 119 V 27, 68. Vero. Aen II 481. VI 42.  OviD ex Pont. Ili 1, 96. V. inoltre Plin. n. h. 35, 94; 154.   5 Cic. ad A ti. I 13, 3. Vero. Aen. VI 742. Liv. XL 11,3. Lvcan.  de b. e IV 736. Cf Tac. hi8t I 74, 1. ann. II 2, 7 ; 85, 13.     — 38 —   puli, ìam quidem infecti ': i v. inoltre 8, 197. 9, 18.  11, 31; 32; 154. 15, 87. 20, 25. 21, 26. 28, 83; 110. 32,  77. 35, 41. 37, 118. etc. Ess. precedenti di tale uso si  notano in Virgilio, Properzio, Mela, etc. ^   9.'' ^ ligatus ': Germ. 39, 7 ^ nemo nisi u inculo liga-  tus ingreditur '. n. h. IX 103 * breui nodo ligatis ': v.  altresì 11, 255. 17, 115. 18, 261. Nello stesso significa-  to proprio osservasi ' ligatus ' in Catullo, Ovidio, Se-  neca, Columella, Lucano. ^   10.^ * monstratus ': Germ. 31, 11 ' iamque canent in-  signes et hostibus simul suisque monstrati '. n. h. XXII  44 ' hacherba dicitur sanatus, monstrata Perieli somnio  a Minerua ' : v. 8, 182. Lo stesso uso di ^ monstratus '  notasi prima in Virgilio, Ovidio, Lucano ed altri. ^   11.^ * nauigatus ': Germ. 34, 5 ^ ambìuntque immen-  sos insuper lacus et Romanis classibus nauigatos '. n.  h. XXXVI 104 ' urbe pensili subterque nauigata ': v.  6, 72. Un es. consimile si osserva in Mela: ' non naui-  gata maria transgressus est '; ^ es. fondato sull'uso del  verbo ^ nauigare ' nelle forme passive, ^ in conseguen-     i Un concetto consimile, espresso anche col verbo * inflcere ',  si nota in Sen. Oed. 122 sg. e Here. [OeQ 337.   « Vero. Aen. V 413. VII 341. Prop. TU 11 ( 18 b ), i (23) Muell.  PoMP. Mel. chor. III 6, 51 (cf. Cabs. b. G. V 14, 2). Vedi Tac.  hi8t III 11, 1.   3 Catvll. 2, 13. OviD. mei. Ili 575 (cf. Liv. V 27, 9). Sen. Med.  742. CoLVM. de r. r. XI 2, p. 591, 23. Lvcan. de b, e. Vili 61.   4 Vbrg. georg. IV 549. Aen. IV 636 : cf. Aen, IV 483. Ovid.  trést III 11, 53. Lvcan. de b. e. Vili 822. Cf. Tac. Agr. 13, 15.  hi8i. I 88, 3. Ili 73, 14.   5 Pompon. Mei*, ehor. II 2, 26.   6 Vedi SBN. n. q. l\ 2, 22. Pun. n. h. 2, 167. 6, 175.     -.89 «.   5Mi deiruso transitivo fattone prima da Cicerone, Vir-  gilio, Ovidio, etc. »   12.** * publicatus ': Germ. 19, 7 * publicatae enim pu-  diciUae nulla uenia ': tale accezione in senso cattivo  del part. * publicatus ' dipende dal significato con cui  fu adoperato da Plauto il verbo * publicare '; - ma nel-  la n. h. * publicatus ' assume il significato proprio di  «pubblicato, reso pubblico »: XXXIII 17 ^ publicatis  diebus fastis ' : » v. anche 29, 26. 35, 24.   13/ Si noti, in ultimo, ^ impatiens ', che è forma par-  ticipiale con la negativa * in- ' premessa. È riferito, in  traslato, a cose prive di vita tanto nella Germ. 5, 4  ' satis ferax (se. terra), frugiferarum arborum impa-  tiens '- quanto nella n. h. XXXVI 199 ' est autem ca-  loris inpatiens (se. uitrum) ' : v. 33, 162. 37, 26. Nella  n. h. è riferito pure ad animali: v. 8, 28; 167. 10, 170.  23, 67. etc.; ed a piante: v. 14, 28. 16, 219. 18, 123.  19, 166. 21, 97. etc.   Dell' estensione in traslato del significato di ^ impa-  tiens ' si asservatto ess. anteriori in Ovidio, Curzio, etc.^  Quanto al reggimento di ' impatiens ', v. il cap. Ili, C,  II, 3% *.   IV. — VerU :   1.° ^ absumere ' : Germ. il, 10 ^ sed et alter et ter-  tius dies cunctatione coéuntium absumitur '. n. h. VI  103 * quia maior pars itineris conficitur noctibus propter     » Ctó. de M' '1 34, use. Vbro. Aen. I 67. Ovid. mei, XV 50.   « Plavt. Baeeh. S%3 (IV 8, 22).   » Cf Vkl. Patbrc. h. R. Il 114, 2.   * Ovid. ara am. II 60. C^rt. hiéi. A. M. ì\ 4 kìò), U.     — 40 —   aestuus et statiuis dies absumuntur ' : cf. 5 , 58. 22 ,  98. Nello stesso significato , riferito al concetto di  tempo, era apparso prima in Cicerone, Livio, Ovidio,  etc. ^ Nella n. h. , secondo gli ess. presentati dagli scrit-  tori anteriori,^ appare anche ristretto al significato pro-  prio : II 45 ^ quem (se. umorem) solis radii absumant ':  V. inoltre 9, 119 ; 121. 28, 267. etc. ; e quanto alla for-  ma passiva 'absumi ', v. 2, 184. 6, 91. 9, 153. 11, 128.  14, 33. 25, 57. 36, 131. etc. cf. 5, 56.   2.° ^ adfectare ' ; Germ. 37, 24 ' occasione discordiae  nostrae et ciuilium armorum expugnatis legionum hi-  bernis etiam Gallias adfectauere '. n. h. XXXIV 30 * Sp.  Cassius, qui regnum adfectauerat ' : cf. 34, 15. Con lo  stesso significato concernente l' ordine politico, appare  in Sallustio, Velleio Patercolo, etc. ^ Nella n. h. si at-  tiene anche, come osservasi negli scrittori precedenti, *  ad un significato più generale : XVII 9 ^ diligentiam  superuacuis adfectare ': v. 7, 8. 17, 84. 22, 69. 25, 73. etc.     1 Cic. p. Quinci. 10, 34. Liv. XXII 49, 9. Ovid. irist IV 10, 114.  Cf. Tac. Agr. 21, 1. ann, II 8, 9.   « Plavt. Cure. 600 (V 2, 2). most 235 (I 3, 78). Ter. haut  458 (III 1, 49. Phorm. 834 (V 5, 6). Varr. r. r. IH 17, 6. Ca-  TVLL. 64, 242. Vero. Aen. Ili 257. Hor. earm. II 14, 25. ep. I 15,  27. Liv. XXIV 47, 16. XXX! V 7, 4. Sen. de ben. VII 31, 5.   3 Sall. lug. 66y 1. />. hiat. I in Avgvstin. ciu. Dei III 17, p.  122, 19 ed. Dombart, v. I. Vell. Patbrg. h. R 1139,1. Cf. Tac.  Agr. 7, 6. hiat I 23, 2. IV 17, 5 ; 66, 2.   4 Plavt. Baech. 377 (III 1, 10). Cic. p. Rose. Am. 48. 140.  Seript. rhet. ad Her, IV 22, 30. Nep. XXV ( Att. ) 13, 5. Vero.  georg. IV 562. Liv. I 46, 2. XXIV 22, 11. Ovid. am. Ili 8/51 (1.  sospetto per R. Ehwald, praef., p. XII) ars am. Il 39. ex Pont  IV 8, 59. Val. Max./, et d. m. Vili 7, ext. 1. Cvrt. hisL A.M.  IV 7 (32), 31. Cf. QviNTiL. i. o. Ili 8, 61.     -. 41 —   3.^ * adiigare * : Oerm, 24, 10 ^ quamuis ìiiuenìor, quam-  uis robustior adligari se ac uenire patitur \ n. h.  XVI 239 * Argis elea etiaranum durare dicitur, ad quam  Io in tauram mutatam Argus alligauerit' : v. altresì  12, 45. 16, 176. 17,211. 18, 241; 262; 267. 21, 166. 27,  101. 28, 93; 98. 31, 98. 32, 7; 113. etc. In tale signifi-  cato era stato accolto da Catone, Cicerone, Virgilio,  Seneca, etc. ^ Nella n. h. vale eziandio ad indicare, co-  me osservasi in generale negli scritti di Seneca e Lu-  cano, ^ un effetto di azione chimica concernente i co-  lori : IX 134 ^ (bucinura) pelagio admodum alligatur ' .  XXXII 66 ^ ita colorem alligans, ut elui postea non  possit '.   i."" ^ adsignare' : Germ. 13, 7 * insignis nobilitas aut  magna patrum merita principis dignationem etiam adu-  lescentulis adsignant '. n. /i. X 141 ^ quibus {se. aui-  bus) rerum natura caelum adsignauerat '. Con lo stes-  so significato proprio di « assegnare » era stato usato  da Cicerone , Orazio , Livio , Celso , Columella , etc, ^'  Anche nel senso traslato di « attribuire , ascrivere »  notasi nella Oerm. 14, 5 ^ sua quoque fortia facta glo-  riae eius adsignare praecipuum sacramentum est ' ; e  nella n. h. VII 197 ' cui (se. Soli Oceani filio) Gellius  medicinae quoque inuentionem ex metallis assignat '.     i Cat. de a. e. 39, 1. Cic. in Verr. IV 42, 90. V28, 71. Tuse.  Il 17, 39. Verg. Aen. I 169; cf. georg. IV 480; Aen. VI 439. Sen.  dial. K 13, 6. Cf. dial. de oratoribus 13, 15.   « Sen. ep. VI 3 (55), 2. Lvcan. de b. e. IX 527.   3 Cic. Phil II 17, 43. ad AH. III 19, 3. de r,p. II 20, 36. Hor  ep. II 1, 8. Liv. V 7, 12; 22, 4. XXI 25, 3. XXXIX 19, 4. XLII  33, 6. Cbls. de med. Ili 18, p. 92. 3. Colvm. de r. r. XII 2, p.  622, 26. Cf. Tag. hist l 30, 19.     XXV 26 ' iauentionem eius ( se. berbae ) Mercurio  adsignat ' : di tale uso si hanno ess. anteriori. *   5.** ' adsimulare ' : Germ. 9, 7 ^ neque in uUam hu-  mani oris speciem adsimulare (se. deos) ex magnitudine  caelestium arbitrantur \ Si notano in Cicerone, Lucre-  zio , Virgilio , etc. ^ ess. consimili , nei quali il verbo  ' adsimulare ' è adoperato nel significato proprio di  « assomigliare, fare qualcosa simile ad un'altra ». Nella  n. h. appare particolarmente usato, come in molti ess.  di scrittori anteriori, ^ nel senso di « simulare, fingere,  prender sembianza » : Vili 106 ^ sermonera bumanum  Inter pastorum stabula adsimulari {se. ab hyaenis) ' :  V. inoltre 3, 43. 9, 10; 34; 113. 37, 179. etc.   6.° ^ ambiri ' : Germ. 17 , 17 ' qui non libidine , sed  ob nobilitatem pluribus nuptiis ambiuntur '. n. h. XVII  266 ^ eontra urucas ambiri arbores singulas a muliere  incitati mensis ' e. q. s.: v., oltre 1' es. cit. , 2, 80. 14,  11. 19, 60. 37, 203. L' espressione che notasi nel 1. e.     « CiG. Bruì. 19, 74. in Verr. V 50 , 131. p. Rab. P09L 10 , 21.  ad Q. fr. 14, 1. de fin. V 16, 44. de r. p. VI 15, 15: cf. ep.  (adfam.) X 18, 2. Vbll. Patbrc. A. R. II 38, 6. Vedi pjr altri  ess. sull'uso del v. * adsignare ' : n. h. 2, 23; 104. 15,65. 18, 64.  19, 50. 25, 60. 28, 33. 29, 2. etc. quanto alle forme dell'attivo; e  per le forme del passivo: 18, 18. 22, 44. 24, 2. 25, 34 ; 87. etc.   « Cxc. de inu. rhet I 28, 42. in Verr. II 77, 189. Lvgr. de r.  n. II 914. Vbrg. Aen. XII 224. Cf. Tac. Agr. 10, 11.   3 Plavt. eiBt 96 ( I 1, 98 ). Epid. 195 (\\2, 11 ). mil. gì 792  (HI 1, 197). Poen. 599-600 (IH 2, 22 sg.). Stick. 84 (I 2, 27 J. Ter.  Andr. 168 ( I 1, 141). haut. 888 (V 1, 15). eim. 461 (III 2, 8 ).  Phorm. 128 (I 2, 78) ; 210 (I 4, 32^. Trag. ine. fr. 0. 3, io Cic.  de off. Ili 26, 98. Cig. p. Cluent. 13, 36. p. CaeL 6, 14. de r.  p. I 21, 34. Vbrg. Aen. X 639. Ovid. mei. XIV 656. etc.     ^ 48 «   della Germ. pigliò, probabilmente, le mosse dalla frase  virgiliana ^ conubiis ambire Latinum \ '   7.° * animaduertere ' : Germ. 7, 4 * neque animaduer*  tere neque uincire, ne uerberare quidem nisì sacerdo*  ti bus permìssum '. n. h. Vili 145 ^ cum animaduerteretur  ex causa Neronis Germanici fili in Titium Sabinum et  seruitia eius '. Lo stesso significato di « dannare a  morte » presenta per eufemismo il verbo ^ animaduer-  tere ' in Cicerone e Livio. ^   8.** ' animare ' : Germ. 29, 13 ^ ipso adbuc terrae suae  solo et caelo acrius animantur '. Uguale significato del  verbo * animare ' (=« dotare d'un temperamento, pre-  parare l'animo»), derivato dal tema della v. ^animus',  appare prima in Plauto e Cicerone. ^ Nella n. h, * ani-  mare ' presenta il significato che si fonda sul tema  della V. * anima ', cioè € dar la vita , vivificare , far  vivo » : ^ VII 66 * tempore ipso animatur {se. semen) ':  V. anche 10, 184 ; e per le forme del participio : 2, 155.  5, 44. 7, 1. 11, 77. 18, 4. 23, 83. etc.   9.^ * ascendere ' : Germ. 25 , 11 Mbi enim et super  ingenuos et super nobiles ascendunt '. Con lo stesso si-  gnificato e del medesimo modo costruito con ' super '  e Tace, il v. ^ ascendere ' era stato adoperato prima da     1 Verg. Aen. VII 333: v. Drabger, ueber Synt a. S*. d. Tae. «,  p. 128. Cf. Tac. hi8t. IV 51, 6.   2 CiG. p. Cluent, 46, 128 : cf. p. Rose. Am. 47, 137. in Verr. I  33, 83. m Caiil. I 12, 30. p. Mil 26, 71. V. inoUre Liv. XXIV  14, 7; e et Tac. hisL I 46, 26; 68, 16; 85 , 3. IV 49, 26. Svbtqn.  Aug. 15, 1.   3 Plavt. Men. 203 (I 3, 20). Cic. de diu. II 42, 89.   ^ Tale significato si osserva ifi più 11. degli scrittori anteriori:  Enn. ann. I fr. 59, ia PLM. voi. VI, p. 69, ed. Baehrens. Pagvv.  irag. 91 (citato da Cic. de diu, I 57, 131). Cic. top. 18, 69. de     -- 44 —   Velleìo Patercolo. ^ La forma del passivo, secondo gli  ess. precedenti di Cesare , Vitruvio, Properzio, Velleio  Patercolo,- è pneferita nella n. h, XXXVI 88 ' portìcusque  ascenduntur nonagenis gradibus ' ; ^ ma non è esclusa  la forma attiva: IX 10 ^ ascendere eum nauigia nocturnis  temporibus ' ; cf. 35, 59.   10.° ^ augurari ': Germ. 3, 4 ' futuraeque pugnae  fortunam ipso cantu augurantur '. n, h. XVIII 225 ' ex  occasu eius ( se. sideris ) de hieme augurantur quibus  est cura insidiandi, negotiatores auari • : v. inoltre 6,  192. 10, 154. Accolto similmente in traslato e col si-  gnificato generico di « profetizzare, predire », osservasi  in Cicerone, Ovidio ed altri. *   11.° ' canore ' (con la penult. lunga) : Germ. 31, 11  ^ iamque canent insignes et hostibus simul suisque mon-  strati \^ Con un significato più ampio, a dinotare « es-     nat d, I 39, 110. de r. p. VI 15, 15. Lvcr. de r. n. V 145. Ovid.  mei. IV 619. XIV 566. Colvm. de r. r. VI 36, p. 492, 17. Vili 5,  p. 527, 20 e p. 528, JO. Scribon. Larg. conpos. 70, p. 29, 32; 95,  p. 40, 26 ed. Helmreich.   J Vell. Patbrc. a. R. II 53, 3. Nei deal, de oraioribus 7, 9 é  preferito ' supra ' con 1* acc. Cicerone lascia V acc. semplice :  p. Font. 1, 4. p, Cluent. 55, 150. p, Mur. 27, 55. de diu. I 28, 58.  de off, li 18 , 62 ; ovvero T accompagna con la prep. * in ' : p.  Cluent 40, HO. p. Sulla 2, 5. de dom. 8. 28 , 75. p. Mèi 35, 97.  PhiL III 8, 20. de fin. Il 22, 74. Tusc. I 46, IH. Cai. m. 10, 34.  Lael 23, 88.   « Caes. b. e. I 79, 2. ViTRvv. de areh. Ili 4 (3) Pkop. V 3,  63. Vell. Paterc. h. R. il 53, 3.   8 Neil' ed. Jan 1. e, voi. V, p. 121, 15, e nell'ed. Maylnff, voi.  V, p. 339, 6 si legge * descenduntur ', invece di * ascenduntur *.  Si noti la frase * gradibus ascen Jere ' in Cic de fin. V 14, 40.   4 Cic. Tuse. I 40, 96. Ovid. mei. III 519. Cf. Tao. hisL I 50, 20.   5 Un che di simile notasi in Vero. Aen. V 416.     — 45 —   sere di color chiaro, biancheggiare », notasi nella n. h.  XVIII 65 ' fortunalara Italiam frumento canere candi-  do ' : ' ess. poetici di tale uso erano stati presentati  da Virgilio, Ovidio, Silio Italico. ^   12.*' ' cedere ' : Germ. 36, 7 ' Chattis uictoribus for-  tuna in sapientiam cessit'. n. h. XXIII 41 ' in prouerbium  cessit sapientiam uino obumbrari '. XVIII 110 * in bo-  nura cedit '. XXXV 91 ' cessit in gloriam artiflcis '. A-  naloghi ess. si notano in Virgilio , Livio , Curzio ,  etc. '^ Per altri usi del v. * cedere ', notati nella Germ.  e nella n. h.y si osservano ess. negli scrittori prece-  denti. *   IS.'' ^ eludere ' : Germ. 45, 22 ' terrena quaedam at-  que etiam uolucria animalia plerumque interlucent ,  quae implicata umóre mox durescente materia cludun-  tur '. w. h. XXXIII 76 ' latera cluduntur tabulis ' : v.  inoltre 18, 330. 33, 25. Il verbo ^ eludere ' per ' clau-     1 Cosi leggiamo secoDdo 1* ed. di Gelenio e il cod. Paris. 6795.   II Detlefsen ed il Mayhoff sostitui?cono a * canere ' il v. * se-  rere *, poggiandosi sur un* emendazioQe di seconda mano fatta  nel cod. Vatic. 3861 ; ma in d^ cod. , come nei due codd. Pa-  riss. 67U6, 6797 e nel Leid. si legge * carere *. Si potrebbe an-  che addurre per es. il 1. 17, 34, letto secondo Ted. Jan.   2 Vero, georg. II 13; 120. llf 325. etc. Ovid. met I \\0: fast,   III 880. SiL. 1t. Pan. I 205. XIV 362. Cic. preferi la formi in-  coativa 'canescere*: Brut 2, 8 (òf. Qvintil. L o XI 1, 31).  de legibus I 1, 1; la quale forma incoativa fu anche gradita a  Plin. n. h. 7, 23. 17, 34 (letto secondo la * uulg.' e V ed. May-  hoff). 20, 262. 30, 134. 31, 106. 35, 186.   3 Vero. Aen. VII 636, Liv. VI 34, 2. Cvrt. hisi. A. M. Ili 6  (16), 18. Cf. Germ, 14, 15.   4 Cosi per Germ. 6, 20 * cedere loco *: cf. Nep. XI I (Chabr.) 1.  2. Liv. II 47, 3. Ili 63, 1; per n. h. 33, 59 e 35, 80; cf. Cic. de nai.  d. II 61, 153. Cabs. 6. e. Il 6, 3. Ovip. met VI 207.     — 46 —   dere ' * è proprio della lingua popolare ; osservasi an-  che in alcuni scrittori anteriori all' età di Plinio. ^   14.° ' cohibere ' : 6r^rm. 9, 7 ' nec cohibere parietibus   deos ex magnitudine caelestium arbitrantur '. Lo   stesso significato proprio presenta il v. ' cohibere ' nella  ». h. 24, 6. 27, 93. 28, 61; 62. 29, 39; 49. 36, 29. etc;  quale prima era stato usato da Plauto, Cicerone, Ora-  zio, Ovidio, Celso, Curzio, etc. ^   15.° ' commìgrare ' : Germ. 27, 11 ^ quae nationes e  Germania in Gallias commigrauerint '. n. h. XXXV  135 ' captoque Perseo rege Athenas commigrauit ( se.  Heraclides Macedo pictor) '. Lo stesso significato del v.  ^ commigrare ' si osserva in Plauto, Cicerone, Livio, etc. ^     1 Nei framm. cho ci restano degli otto libri c^uò. serm, di Pli-  nio , si conserva costante la forma * claudere * : II e, p. 15, 7.  II A, p. 19, 15, XV p. 55, 22 ed. Beck.   8 Varr. r. r. HI 3, 5. Scribon. Laro, eonpoa. 42 , secondo la  ' ed. princ. Ruellii * (neired. Helmreìch p. 21, 8, Lps. 1887, sì leg-  ge ' ducenda ', invece di * cludeada ', conforme al cod; Laudan.  eoncordato col testo di Marcello, edito dal Cornario). Lvcan.  de h, e. Vili 59 (ma si legge * clausit * nei codd. Vossian. XIX  e Bruxell. 5330). Sil. It. Pun. XV 652. Cf. Tac. hist. I 33, 7.  [dial. de omioribus 30, 28]. In uni. di Cic. de nat d. II 39, 100  il Baiter legge ' cludit ' la v. * eludit ' data dai codd., che altri,  p. es. Heind., Schoem., C. F. W. Mueller, leggono * alludit '.   8 Plavt. mil gì 596 (III 1, 1). Cic. p. Casi 5, 11. de nat, d.  II 13, 35. de fai 9, 19. Qat m. 15, 51. Script h. Afr^ 98, 2. Hor.  earm. I 28, 2. Ili 4, 80; 14, 22. IV 6, 34. 8at II 4, 14. ep. II 1,  255. OviD. mei. XIV 224. Cels. de med. VIII 4, p. 314,7. Cvrt.  hist. A. M. VI 2 (5), 11. X 3 (12), 6.   4 Plavt. eisi 177 (I 3, 29;, irin. 1084 (IV 3, 77>. Cic. ad Q.  fr. II 3, 7. Liv. I 34, 1. XLI 8, 7. Ommettiamodi citare Ter. a-  delph. 649 ( IV 5, 15 ;, perché nel cod. Bemb. ( Vatic. 3226 ) si  legge * migrarant' : negli altri codd, ' co mmlgrarunt '*     ^ 47 —   16."* ' continuare ' ; con significato indicante spazio e  in forma passiva mediale, si nota nella Germ. 44, 20  ' Suiontbus Sìtonum gentes continuantur ' : così in Ci-  cerone. * Nella n. h. presentasi anche nella forma passiva  e riferito al tempo: VI 220 * dies conti uuaren tur...  noctesque per uices '. XVII 13 ' si plures ita conti-  nuentiir anni ' : cf. 10, 94. 11, 103; ma talora presen-  tasi nelle forme delPattivo: XIV 145 * biduo duabusque  noeti bus perpotationem continuasset '. XVII 233 ^ si  post brumam continuauere XL diebus ' : ^ ef. 3, 101. 16,  100. 18, 362. 20, 35. 30, 60.   17.* ' emergere ' : Germ. 45 , 4 ' sonum insuper e-  mergentis (se. solis ) audiri.... persuasio adicit '. n. h.  II 58 ' amplior errantium stellarum quam lunae ma-  gnitudo colligitur, quando illae et a septenis interdum  partibus emergant ' : v. 2, 100; 179. Del v. ' emergere *  riferito al levar degli astri si notano altri ess. in Ci-  cerone e Livio. ^ Nella n. h. appare, inoltre, nel signi-  ficato proprio di « venir su, venire a galla >: XIII 109  ^- ad exorlus solis emergere extra aquam ac florem     V Cic. de nut. d. I 20, 54 II 45, 117.   * CdQsitnile accezione notasi ia Gic. Ta9e. II 17, 39. Hoa 9at.  II 6, 108. OviD ex Pont I 2, 26. Cf. Tag. a/i/i. XVI 5, 10.   3 É mesatta V effefoiazione del Gboroes, ausfuhrL Hnndwb,^  If, e. 2240, rrpeiuta nel Z>«fio/i. Gborgbs-Calonghf, Torino 1896,  e. 924, che a Plinio e Tacito si debba Festensione del significato  del V. ' emergere * • vom Aufgang der Sonne und der Gestir-  ne » ; poiché tale estensione si osserva prima in Cic de nat di.  Il 44, 113 "^ut sese ostendens emorgit Scorpios alte* (ò trad.  d* UQ' passo del carme di A^ato) ; e in Liv. XLIV 37 9 , 6 ; 3 (12), 12.   3 CiG. in Verr. IV 41, 88. Ovid. mei. IH 448.   4 CiG. de leg. agr. II 32, 87. de fln, IV 15, 40. Liv. XLII 55,  10, secondo Ted. Weissenborn, Lps. 1887: nell'ed. Weissenborn,  Beri. "Weidmann 1876, si legge * speratus *, iavece di ' separa-  lus erat*.   5 V. per gli ess. di autori anteriori i 11. citati nel Lex. For-  cbllini-Db ViT, t. V, p. 453, e neWausfùhrl i/anrfeo6. del Geor-  ges, II, e. 2338. Cf. Tac. Agr. 31, 21. In Tacito inoltre il v. * se-   pcDere* appare usato nel senso di « aljontaoare, relegare,     — 6g —   48.** * spargere ' : Oerm. 17, 7 * eligunt feras et de-  tracia uelamina spargunt maculis pellibusque belua-  rum ' : in senso traslato consimile era stato adoperato  da Virgilio ; ^ e, riferito ad irradiazioni luminose, si  nota, oltreché in Virgilio e Ovidio, ^ e nei contempo-  ranei di Plinio,'^ anche nella n. h. XXXVII 181 * so-  lis gemma candida est , ad speciem sideris in orbem  fulgentis spargens radios '. Appare eziandio nella n. h.  in senso traslato, per significare « aspergere , inumi-  dire », secondo gli ess. anteriori di Virgilio e Orazio : *  XIII 132 ' si semine, madidum aut , si desint imbres,  satum spargitur ' ; ma nello stesso tempo vi è accolto  col significato proprio : ^ IV 101 ' ( Rhenus ) ab occi-  dente in amnem Mosam se spargit.' : v. 11, 123. 12,  42. 16, 141. 24, 178. etc. ; ovvero in senso pregn.: XXI  45 ' genera enim tractamus in species multas sese spar-  gentia '.   49.° ' superesse ' : Germ, 6, 1 ^ ne ferrum quidem  superest '. 26, 5 ' arua per annos mutant, et superest  ager '. n. h. XVI 224 ' pinus, piceae, alni ad aquarum   ductus in tubos cauantur ;, mirum in modum for-   tiores, si umor extra quoque supersit ' : cf. 25, 14. 34,  36. Terenzio e Cicerone avevano prima usato il v. * su-     liandire »: hisL I 10, 5 (secondo i'emend. dell' Acidalio) ; 13, 17;  46, U] 88, 1. II 33, 9. ann. Ili 12, 8.   1 Vbrg. bue. 2, 41. Aen. VII 191.   « Verg. Aen. IV 584. XII 113. Ovid. met. XI 309.   8 SBN. Med. 74. Petron. sai. 22, p. 74, l. Sil. It. Pan. V 56.   * Vero, georg. IV 229. Hor. earm. II 6, 23.   5 Dello stesso modo in Vjprg. Aen. II 98. Hor. mì II 5, 103.  LvcAj?. de b. e. Ili 64. etc. Cf. Tao. hisL II 58, 13.     — 63 —   peresse ' nello stesso significato di « abbondare, ridon-  dare ». ^   50.** * triumpbare ' : Germ. 37, 26 * rursus inde pulsi  proximis temporibus triumpbati magis quam uicti sunt'.  ». /i. V 36 * omnia armis Romanis superata et a Cor-  nelio Balbo triumphata \ V uso del v. ' triumpbare '  nelle forme personali del passivo appare per la prima  volta nella poesia dell' età augustea : ^ Cicerone aveva  soltanto adoperato come v. impersonale il passivo  dell' intrans. * triumpbare '. ^   V. — Avverbi :   1.° * aliquanto ', forma ablativale in funzione di av-  verbio: Germ. 5, 1 * terra etsi aliquanto * specie differt '.   1 Ter. Phorm. 69 (I 2, 19> 162 (I 3, 10;: nel l* ed. Fleckeìsen  ò accolta la grafia ' super erat, super est *. Cic de or, II 25,  108. in Verr. a. pr. 4, 13. ep. (ad fam.) XIII 63, 2 de dia. I 52,  118. II 15, 35. Cf. Tag. Agr, 44, 5. 45, 23. hist I 51, 9; 83, 10.  an/i. I 67, 7. XIV 54, 12.   « Vbrg. georg. III 33. Aen. VI 836. Hor. earm. Ili 3, 43. Ovid.  am. I 15, 26. fast. Ili 732. Cf. Tac. ann. XII 19, 10.   5 Cic. de off. II 8, 28. Dopo Cicerone, se ne valse Liv. III 63,  ll.XLV 38,2.   •* Ad * aliquanto ', dato nel 1. e della Germ. dai codd. ', tran-  ne il Bamberg. (B del Massmann) che presenta ' aliquando ',  TErnesti sostituisce 'aliquantum '; e il Halm, che nella 2.*  ed. delle opp. di Tac. (Lps. 1871, voi. II, p. 194) aveva accolto  senza alcuna esitazione * aliquanto ', nella 4.» (Lps. 1883, voi.  II, p. 222) dubitò che si dovesse sostituire con 'aliquantutn \  e confortò il dubbio con la frase dell' Agr. 24, 9 ' haud m u 1-  turo a Britannia differunt*. Il Ramorino (Cora. Taciti opera  quae supersunt, Milano 1893, voi. Il, p. 210) contrappone, in  sostegno di 'aliquanto*, il 1. di Plin. n. h. XXXV 80 'quanto  quid a quoque distare deberef: e Tosservazione di lui ò ripe-  tuta da Io. Mueller, ed, e. , p. 6.     — 64 —   n. h. XXXV 56 ^ eosque, qui monochromatis pinxerint....  aliquanto ante fuisse '.^ Nella n. h, la v. ' alìquaato ' si  accompagna anche coi comparativi : V 3 * e uicino  tractii aliquanto excelsiore '. XXI 27 * folio aliquanto  altiore ' : se ne notano ess. precedenti in Plauto, Cice-  rone, Nepote, Sallustio e Livio. *  2.° * ceterum ' : è assunto in più funzioni :  a) per riprendere il discorso interrotto da una di-  gressione : Germ. 3, 9 ' ceterum et Vlixen quidam o-  pinantur ' e. q. s. n. h. V 149 ' ceterum intus in Bithynia  colonia Apamena ' e. q. s. : cf. 2, 30. ^   h) per significare quasi la stessa opposizione indicata  da ' sed ', in principio di una frase: Germ. 2, 19 * ce-     1 Un altro es. da addarsi sarebbe presentato dal 1. della n.  h, XXXV 134 * et aliquanto praefertur Athenion ' ; cosi letto se-  condo i codd. Riccard., Paris. 6797 e Paris. 6801: il Jan, voi. V,  p. 91, 26 ed il Mayhoff, voi. V, p. 278, 6, vi sostituiscono * ali-  quando '. — Analoga costruzione della v. ^ aliquanto ' coi verbi  osservasi in Cic. de inu. rhet II 51, 154. p. Quinci, 12 , 40. p.  Rose. Ara. 45, 130. in Verr. Ili 17, 44. IV 39, 85; 63, 141. p. Caeein.  4, 11. in Cam. Ili 5, 11. p. Sull. 20 , 56. de dom. s. 23 , 59. 38,  102. p. Sest. 35, 75. in Vatin. 10, 25. ep. (ad fam.) IX 26, 4 de  r. p. VI 9 (1), 9. de legibus II 26, 64. de off. I 23, 81. etc.   « Plavt. aul 539 (III 6, 3). Epid. 380 (III 2, 44). Cic. p. Rose.  Am. 2, 7. 9, 26. diu. in Caecil. 5, 18. 15, 48. in Verr. I 1, 2; 27,  70; 54, 140. II 1, 1. Ili 38, 87; 43, 102; 47, 113; 63, 148; 64, 150;  57, 131 ; 92, 214. IV 34, 76. de leg. agr. II 2, 3. p. Rabir. perd.  3, 8. de har. resp. 22, 47. p. Cael. 3, 7. aead. pr. II 29, 93. de  fin. IV 3, 7 V 2, 4. Tuse. II 27, 6,  e poi qualsiasi segno divinatorio o presagio in gene-  rale, passò a significare la ^ consecratio \ come nel 1.  e. della Germ.   S."" ^ intumescere ' : notasi in più 11. delle poesie di  Ovidio, accolto in senso proprio ed in traslato; ^ di  preferenza fu usato neir età postaugustea : Oerm. 3,  8 ' obiectis ad os scutis , quo plenior et grauior uox  reperoussu intumescat'. n. Ti. II 196 'sine flatu intu-  mescente fluetu subito': v. inoltre 2, 198; 217; 232.  6, 128. 18, 359. etc. ^ Quanto all' uso del v. ' intume-  scere' in senso proprio, v. n. h. 2,233. 8,85. 11, 179.  13, 124 14, 82. 17, 145. 20, 51. 21, 151. 22, 136. 23,  163. 28, 218; 242. 30, 38. etc.     1 Cia in Fallii. 10, 24 ' indicem in rostris , in ilio, io^uam  augurato tempio ac loco conlocaris ' ed. C. F. W. Mu^ller.   « Ovio. fast l 215. II 607. VI 700. ex Pont IV 14, 34. etc.   9 Id senso trasl. l'usarono pure Colvm. de r. r. 14, p. 318,  29. Tac. ann. I 38,5: cf. hist IV 19, 3.     — 72 —   — C —   Considerianoo ora quelle espressioni che , sebbene  usate dagli scrittori anteriori, presentano nella Germ.  e nella n. h.y come in altri scritti del primo secolo d.  Cr., un significato nuovo.   I. — Sostantivi:   1.** ' blandimentum ' : fu adoperato al plur., secondo  r accezione classica , nelle sgg. frasi pliniane : n. h.  VII 71 ^ fortunae blandimenta poUicentur '. XXVI 14  * alia quoque blandimenta excogitabat '. Significò « cura  assidua » in un 1. della n. h. XVII 98 * hoc blandi-  mento inpetratis radicibus Inter poma ipsa et cacumi-  na ' ; d' altro canto, valse, per estensione, ad indicare  « leccornie, ghiottornie », facendosi sinonimo di ' con-  dimentum ' : v. Germ. 23, 4 ' sine blandimentis expel-  lunt famem '. Questo ultimo significato notasi in un 1.  del sat. di Petronio. *   2.** ' meatus ' : Germ. 1, 10 ' donec in Ponticum mare  sex meati bus erumpat '. n. h. IV 75 * angusto meatu  inrumpit in terras ' : v. 5, 3. 16, 184. etc. ; e cf. 19 ,  85. 22, 117. 28, 197. Nello stesso significato metoni-  mico di « via, corso », la v. ' meatus ' fu accolta dagli  scrittori del tempo di Plinio. ^ Ma, per significare moto,  la V. ' meatus ' fu usata da scrittori anteriori ^ e da     1 Petron. bcU. 141, p. 665, 12 ' aliqua inueniemus blandimen-  ta, quibus saporem mutemiis '.   « Val. Flacg. Ar^on. Ili 403. Cf. Tag. ann. XIV 51, 4.   8 LvcR. de r. n. I 128. Verg. Aen. VI 849. Sil. It. Pan. XII  102. etc.     — 73 —   Plinio stesso: n. ft. X 1 1 1 * aues solae uario meatu fe-  runtur et in terra et in aere ' ; v. inoltre: 6, 83. 9, 95.  11, 264. etc.   II. — Verbi :   1." ' firmare ' : Germ. 39, 2 ' fides antiquitatis reli-  gione flrmatur '. Con lo stesso significato in traslato ,  riferito a cose religiose, appare prima in un carme  cit. da Cicerone e nei carmi di Virgilio. * Nella n. h.y  oltre al presentare in più 11. il significato di « fer-  mare, rassodare, rinforzare » : v. 10, 94. 17, 206; 212.  18, 47. 20, 212. 35, 182. etc, (il quale significato osser-  vasi prima in Cicerone, Virgilio, Livio , Curzio , Colu-  mella ^) , si attiene , come si ha es. da Celso in poi , =^  ad argomenti di medicina: v. n. h. 14, 117. 21, 180.  24, 119. etc.   2." ^ imputare ' : apparve nella latinità dell' evo au-  gusteo, col significato in traslato di « attribuire come  colpa, imputare »: * uso continuato poi da Valerio Mas-  simo , Seneca , Plinio Secondo , e indi da Quintiliano,     1 CiG. de dia, 1 47, 106 'sic aquilae clarum fìrmault luppiter  omen '. Verg. Aen, II 691. XII 188: cf. XI 330.   « Cic. Tuse. II 15, 36. Verg. geonj. Ili 209. Aen. HI 659. Liv.  XXVII 13, 13. CVRT. hisL A. M. IV 9 (38), 18. IX 10 (41), 18  CoLVM. de r. r. VI 27, p. 486, 38. Cf. Tag. ann, IV 73, 7.   3 Cels. de med. Vili 7, p. 320, 5.. La frase * f. aluum solutam *,  che il Georges, ausfiXhrL Handwb,^ I, e. 2572 , attribuisce a  Celso, appartiene invece a Plinio: v. n h, XIV 117 * est centra  Lycia (8C. uua) quae solutam ( se. aluum ) firmat *. La fra^^e  genuina di Cels. de med. I 3, p. 20, 3 è la sg. : * aluum fir-  mare is, cui fusa. *   * OviD. episL {her.) 6, 102. mei. II 400. XV 470. Vedi Krebs  -Sghmalz, aniib. I, p. 640.     — T4-  Tacito e altri. MI v. ' imputare ' fu aftche adoperato  oell' età postclassica in senso traslato , per significare  « ascrivere a merito, attribuire come merito »: Germ.  21, 15'gaudent muneribus, sed nec data imputant nec  acceptis obiigantur '. n. h. Vili 60 ' ut facile appareret  gratiam referre et nihil inuicem iuputare '. Lo stesso  significato notasi in Seneca padre, Fedro, Seneca figlio,  etc. ^ Assume anche nella n. h. il significato semplice  di « assegnare, indicare »: XXIV 5 ' ulcerique paruo  medicina a Rubro mari inputatur '.   3."* * prouocare ' : Oerm. 35, 9 * quieti secretique nulla  prouocant bella '. n. h. XXXIII 4 ' didicit homo natu-  ram prouocare': v. 6, 208. 19, 5. Con significato con-  simile si nota in Cicerone , Livio , Velleio Patercolo ,  Lucano, etc. ^ Plinio usò pure in traslato il v. ' prouo-  care ' : n. h. XVI 32 ^ omnes tamen has eiusf'sc. roboris)  dotes ilex solo prouocat cocco ' : v. 9, 66. 35, 94; e cf.  21, 4: tale uso fu continuato da Quintiliano, Tacito,  Plinio il giovane, Suetonio, etc. ^   4.'' ' submittere ': nel significato di : VII 112 ' fasces litterarum ianuae submisit is  cui se oriens occidensque submiserat ': v. 8, 3. 10, 132.  11, 260. etc. ; ^ quanto nel senso traslato : XXIX 21  ' neque enim pudor , sed aemuli pretia summittunt '. ^   III. — Avverbi.   1.** ^ adhuc ': Germ. 19, 10 ' melius quidem adhuc eae  ciuitates, in quibus tantum uirgines nubunt. ' n. h.  XVIII 24 * quandoquidem qui adhuc diligentius ea  tractauere ' e. q. s. L' avv. ' adhuc ', usato per parti-  cella rinforzativa col comparativo, invece della v. 'etiam'  preferita nel periodo aureo della lingua latina, appare  nella latinità argentea. ^ È anche postclassico l' uso di     i SBN. dial XI 17, 5. ep, XIX 5 (114), 21. Plin. episL VII 27,  14. SVBTON. din, lui. 67, 12.   2 Cosi in Liv. II 7, 7. XLV 7, 5. Ovid. fast. Ili 372.   5 Lteato in trasl., appare prima in Cic. diu. in Caeeil 15, 48.  p. Piane. 10, 24. Vbrg. Aen. IV 414. XII 832. Liv. VI 6, 7. Ovid.  epist (her) 4, 151. Sbn. de ben. V 3, 2. ep. VII 4 {66) y 6. XIV  4 (92), 2.   * SBN. ep. V 9 (49;, 3. Qvintil. e. o. I 5, 22. II 15, 28 e 29. X  1, 99. SvBTON. Tib. 17, 1. Vedi Goblzer, grammatieae in Sul--  pieium Seuerum obaeruaiionea. Par. 1883, pp. 92-93. L'es. ap-  parentemente simile, ma in realtà diverso* di uà 1. di Celio in  CiG. ep. (adfam.) Vili 7, 1 ' eo magia, quo adhuc feliciua rem  gessìsti *, è ben chiarito neir antib. Krbbs-Schmalz , I, p. 87.  et Hand, Turs. I» pp. 156-167.     — 76 —  ' adhuc ', invece di ' praeterea ', nei segg. 11. Germ. 10,  9 ^ sin permissum, auspiciorum adhuc fldes exigitur. '  n. h. XXXIII 37 ' sunt adhuc aliquae non omittendae  in auro diflferentiae '. ^ Notasi inoltre ' adhuc ' nella  n. h. col valore di ' hactenus ' : XXXVII 27 ' magni-  tudo amplissima adhuc uisa nobis erat ' e. q. s. ; ^ e  nella Germ. in sostituzione delle espressioni classiche  ' tum ', ' etiam tum ', ' tum etiam ', etc. : ^ 28 , 5 ^ oc-  cuparet permutaretque sedes promiscuas adhuc et nulla  regnorum potentia diuisas '. *   2.*" ' clementer ' : Germ. 1^ 8 * Danuuius molli et cle-  menter edito mentis Abnobae iugo effusus '. Prevalse  neir età argentea della lingua latina 1' uso di riferire  ' clementer ' a luoghi : ^ Plinio lo riferi ad animali,  e, trattando dell' addomesticamento degli elefanti , os-  servò: n. h. Vili 25 ' argumentum erat ramus homine  porrigente clementer acceptus (se. ab elephante) '. ^   3.° ' hodieque ' : Germ. 3, 12 ' quod (se. Asciburgium)  in ripa Rheni situm hodieque incolitur '. n. h. Ili 124  ' Nouaria ex Vertamacoris, Vocontiorum hodieque pa-     1 V. ess. consimili in Sbn. n. q. IV 8. Qvintil. i. o. 11 21, 6.   2 Per la differenza tra ' adhuc ' e * hactenus ' v. Ha.nd, Turs.  IH pp. 4-14. Krebs-Schmalz, antib. I, p. 587 sg. Cocghca, sint  lai. § 85, XII, p. 199.   3 Gandino, sint lai. I, es. 71, n. 3, p 120. II, es. 150, n. 4, p. 97.   4 Cf. Tao. Agr, 16, 24. 37, 1. hist I 10, 1 ; 47, 8. ann, I, 5 13;  48, 2; 59, 11. II 46, 8. IV 56, 8. XI 23, 9. etc: nei quali 11. la v.  ' adhuc ' ò riferita ad un* azione passata.   5 CoLVM. de r. r. II 2, p. 332, 19. Sen. Oed, 281. SiL. It. Pun.  I 274, Cf. Tac. hist III 52, 2. ann. XII 33, 8. XIII 38, 13.   fi Cf. Gell. n. A. V 14, 12: vi si menziona il racconto di A-  pion Plistonlces intorno al leone di Androclo.     — 77 —   go, (se. orla est) ' : v. inoltre 2, 150. 8, 176. 16, 10 ; 15.  18, 65. 30, 2; 13. 36, 189. etc. L'uso di ' hodieque '  nel significato delle espressioni classiche ' hodie quoque',  ' etiam hodie ', o semplicemente ' hodie ', ^ si comincia  ad osservare negli scritti della età postaugustea, alcu-  ni dei quali anteriori alla Germ. od alla n. h. ^   — D —   L' uso delle voci, delle quali si tratta nella presente  sezione, apparisce tanto nella Gerani, e nella n. h,^ quanto  negli scritti, a noi pervenuti, del V sec. d. Cr. : negli  scritti anteriori non si osserva traccia alcuna di tali voci,   I. — Sostantivi :   1.^ ' adfectatio ' : Germ. 28, 15 ' Treueri et Neruii  circa adfectationem Germanicae originis ultro ambitiosi  sunt '. 3 n. h. XI 154 ' tanta est decoris adfectatio ut tin-     1 Vedi Krebs-Schmalz, aniìb. I, p. 597. Gandino, sint lai. II,  es. 150, D. 4, p. 97. Cocchia, sint lai. § 137, rZ, p. 305.   « Vell. Paterc. h. R. I 4, e e 3. II 8, 3; 25, 4; 27, 5. Val. Max.  f. ei d. m. Vili 15, 1. Sen. consultum Claudianum de iure ho-  norum Gallis dando ( tav. di Lyon ) , col. Il, 12 : vedi Dessau,  insertpi. Lai., voi I, Beri. 1892, p. 53. Sen. de clem. 1 10, 2 (ma  nel cod Leid. suppl. 459 [Lips. 49] si accoglie la lez. * hodie ').  n. q. I proL, 3. ep. XIV 2 c90), 16 ; 25 ; 33. Cf. Qvintil. i. o. X  1, 94. dial. de oraioribus 34, 37, secondo i codd. Vatic. 1518 e  Farnes. : il Halm vi accolse la lez. * hodie quoque '.   3 II FiNCK ( Tao. Germ. erìàuleri, Gòttingeii 1857 , p. 227 ), il  Kritz (op. e, p. 43) ed altri, valendosi della lez. presentata dai  codd. Vatic. 1862 , Vatic. 2964, Leid. , Venet. , leggono * nulla  affectatione animi' nel I. della Germ. 5, 19, dove gli altri codd.   danno * offcciir De '. Quanto al I. sopra cih "della Germ 28,     — 78 —   giiantur oculi quoque '. XXXIV 6 * circa id multorum  adfectatio furit '. Appare con lo stesso significato in  Seneca, Tacito, Suetonio: ^ l'assumono in senso retorico  Quintiliano e Io stesso Suetonio. ^   2.** ^ boraicidium ' : Germ. 21, 3 ' luitur enira etiam  homicidium certo armentorura ac pecorura nunaero '.  n. h. XVIII 12 ' suspensumque Cereri necari iubebant  grauius quam in homicidio conuictum '. Della v. * ho-  micidium ', invece della v. classica ' caedes ', si valsero  anche Seneca padre, Petronio, Quintiliano. ^   3.° ' intellectus ' : Germ. 26, 10 ' hiems et uer et ae-  stas intellectum ac uocabula habent '. Con lo stesso  valore passivo, ad indicare « significato, senso, concetto »  di qualche cosà, appare la v. ^ intellectus ' in Quinti-  liano. ^ Nella n. h, presenta il significato, in generale,  di « sentimento, percezione, senso »: XI 174 ' intellectus  saporum ceteris in prima lingua, homini et in palato '.     15, i codd. Monac, Rom. ( Aug. bib.l. ), Hummelian., Stotgard.  presentano la lez. ' affectionem * : migliore ò la lez. ' adfectatio-  nem ', data dal cod. Leid. e da altri, poichò, come nota il Dilthey  {Tae, Germ. libellus vollstaendiy erlàuiert, Braunschweig 1823,  p. 176) « ' affectio ' ist jede die Seele aufregende Leidenscbaft,  * affectatio * hiogegen das oft ins Laecherliche getriebene Stre-  ben nach einer Sacho Letzteres steht also hier (Germ, 28, 15)  an seiner Stelle. »   1 Ben. ep. XIV 1 (89), 4. Tao hi8t I 80, 7. Svkton. TU. 9, 5.   2 QVINTIL. i. O. I 6, 40. SVBTON. Tiò. 70, 3. etc.   8 Sen. rhet. conirou. IV 7, p. 270 , l. Petron. sai. 137, p.  653, 16. QviNTiL. L o. III 10, 1.   4 QviNTiL. i. 0. I 1, 28. VII 9, 2. Vin 3, 44. eie. Il 1« es. e. dì  Quintiliano é a torto attribuito a Seneca nell'aus/ì^/ir^. Handwb,^  II, e. 291, del Georges, e nel dizion. lat-it. GsoRaEs-CALONOiii,  ed. oit, e. 1394*     — 79 —   XI 280 * neque enim est intellectus ullus in odore uel  sapore ' : v. 2, 149. 13, 35. 19, 171. 31, 87; 88. etc. : è  riferito talvolta ad animali : X 108 ' columbis inest  quidam et gloriae intellectus ' ; per altri ess. v. 8 , 1 ;  3; 48; 156; 159. 9, 148. 10, 33; 43; 51; 137. 28, 19. 29,  106. etc.   4.** * repercussus ' : Germ, 3, 8 ^ quo plenior et grauìor  uox repercussu intumescat '. n. h. XXXVI 99 ' turres  septem acceptas uoces numeroso repercussu multipli-  cant. ' In altri 11. della n. h. la v. ^ repercussus ' pre-  senta significati che si diramano dal concetto comune  del fenomeno di riflessione fisica : II 45 ^ in repercussu  aquae '. V 35 * solis repercussu '. V 55 ^ etesiarum eo  tempore ex aduerso flantium repercussum '. XII 86  * meridiani solis repercussus '. XVI 6 ^ occursantium  inter se radicum repercussu '. XXXVII 22 * colorum  repercussus ' : v. inoltre 10, 43. 11 , 148 ; 225. 31 , 45.  33, 128. 35, 97; 175. 37, 76; 104; 137; 165. etc. Altri  scrittori del periodo postclassico si valsero della v.  ^ repercussus '. ^   II. Verbi.   1.^ * excrescere ' : Germ. 20, 1 ' in omni domo nudi  ac sordidi in hos artus, in haec corpora, quae mira-  mur, excrescunt '. Lo stesso uso di ' excrescere ' si nota  in Seneca. ^ Niella n. h. è, come nel de r. r\ di Colu-     1 Vedi Plin. epist II 17, 17. Non è cit. eoa esattezza nel Lex,  Forcellini-De ViT, t. V, p. 176 , e neWaunfuhrl. Handiob. del  Georges, II, e. 2074, il passo di Flor. epit I 38 [III 3], 15, in  cui legges': * ex splendore galearum aere repercusso quasi ar-  dere caelom uideretur* (Halm).    L* imitò Macrob. sat. I 7, 25. Vedi per rargomento le phi-  lologisehe Ahhandlungen di M. Hertz, Beri. 1888, p. 41.  2 CiG. p. Ro^e. Am, 22, 63. de fin. Ili 19, 62. V 14, 39.  8 Cabs. b. e. II! 92, 2.   4 Cf. Tac. Agr. 20, 7.   5 Liv. XXII 12, 7. XXXII 4, 4. Cf. Cic. de nat d. II 57, 144.   6 Pompon. Mbl. ehor, II 3, 34. Ili 1, 8 e 9 e 10 ; 8, 81. Plin.  n. h IV 76.     — 84 —   etc. ,* anche nella Germ. 27, 6 ' lamenta ac lacrimas  cito, dolorem et tristitiam tarde poniint '. Plinio ado-  però la V. ' lamentum ' in traslato: n. h. X 155 ' la-  menta circa piscinae stagna mergentibus se puUis na-  tura duce '.   S.** ' lasciuia ' : Germ. 24, 5 ' quamuis audacis lasci-  uiae pretium est uoluptas spectantium '. Con significati  vicini a quello che si nota nel 1. e. della Germ. la v.  ' lasciuia ' era stata accolta da Pacuvio, Cicerone, Lu-  crezio, Seneca. ^ Plinio , oltre all' adoperarla secondo  l'uso comune (v. n. h. 5, 7. 9, 34. 18,364. etc), la ri-  volse, in traslato , a denotare quelli che a noi paiono  capricci della natura : n. h. XI 123 ^ nec alibi maior  naturae lasciuia '. XIV 15 ' est et illa naturae lasciuia ' :  V. 8, 52. 26, 2. 36, 12.   9.° ^ nodus ' : Germ. 38, 5 ^ insigne gentis obliquare  crinem nodoque substringere '. Ovidio aveva riferito  ' nodus ' all'acconciatura dei capelli. ^ Similmente nella  n. h. si adopera la v. ' nodus ' in senso proprio: XXVIII  63 ' uulnera nodo Herculis praeligare '; * ma vi è an-  che accolta in traslato, ora riferita ad argomenti zoo-     1 Cic. in Pi8, 36, 89. p. Mil. 32, 86. Tuse. II 21,48. de legihus  II 25, 64. Cai. m. 20, 73. Vero. Aen. IV G67.,Pergli ess. di Lu-  crezio e di Livio , V. i' ausfuhrl. Handwb . del Georges, II, e.  483. Cf. inoltre Tac. Agr, 29, 3. hist IV 45, 5.   8 Pacvv. in CiG. de diu. I 14, 24. Cic. de fin. II 20, 65. Lvcr.  de r. n. V 1398. Sen. dial. XII 18, 5. Cf. Tac. hist. Ili 33 , 13.  ann. XI 31, 14; 36, 12.   3 OviD. ars am. Ili 139. Lo ripetè, più tardi, Martial. epigr.  V 37, 8.   * Del * nodus Herculis ' o * Herculaneus * è fatta menzione da  Sen. ep. XIII 2 (87), 38. Cf. Pavli exc. ex Uh, Pomp. Fesii^ voce  • cingillo ', p. 44, 24 ed. Thewr. d. P.     — 85 —  logici: V. 11, 177; 217. 28, 99; » o botanici : v. 13, 52.  16, 158; 198, secondo ess. precedenti ; ^ ora ( e , come  pare, per la prima volta) a minerali: v. 34, 136. 37, 55;  150; ovvero ad indicare tumori o indurimenti del corpo  umano: v. 24, 21 ; 24. 30, 110: cf. 11, 216.   10.° ' potus ' : Gerani. 23, 1 * potui umor ex hordeo  aut frumento '. n. h. XXII 164 ^ ex iisdem (se. frugibus)  • fiunt et potus '. Altri ess. della v. ^ potus ' presenta la  n. /^., tanto nel significato di bevanda, quanto in quello  di « bere, tracannare », secondo l'accezione precedente  di Cicerone, Celso, Curzio, etc. : ^ v. n. h, 8, 122 ; 162;  209. 9, 46. 10, 201. 11, 176; 283. 13, 25; 51. 14, 137;  149; 150. 16, 4. 21, 12. 23, 37. 26, 17. 28, 53; 55; 84;  197. 29, 26. 31, 33. 32, 34 ; 54 ; 57. 34 , 151. 36, 156.  etc; * ma per la prima volta notasi nella n. h, nel si-  gnificato di « escremento umano » : v. 9, 138. 17, 51.   11.° ' pubertas ': n. h. VII 76 ' uidimus eadem ferme  omnia praeter pubertatem in Alio Corneli Taciti ' e. q. s.  cf. 21, 170. Con lo stesso significato metonimico , per  indicare il segno della pubertà, se ne valse Cicerone. ^  Ma la V. considerata assume il nuovo significato meto-  nimico di 4c forza virile, virilità, facoltà di generare »  nella Germ. 20, 6 * sera iuuenum uenus , coque inex-     ^ Cosi anche in Cabs. b. G. VI 27, 1. Vbrg. Aen. V 279. Lv-  CAN. de h. e. VI 672. etc.   * Ess. precedenti se ne osservano in Verg. bue, V 90. georg,  II 76. Aen. VII 507. Vili 220. IX 743. XI 553. Liv. I 18, 7. Sen.  de ben. VII 9, 2. Colvm. de arb. 3, p. 670, 5.   « Cic. de diu. I 29, 60. Cels. de med. II 13, p. 56, 28. Cvrt.  hi8i. A. M. VII 5 (21), 16. Cf. Tao. ann. XIII 16, 4.   4 Vedi Krbbs-Schmalz, antib., v. * polio und polus ', II, p. 308.   5 Cic. de naL d. II 33, 86.     hausta pubertas': appare nella n. h.^ riferita, in tras-  lato, alle piante : v. 23, 7. * Quanto a ^ pubertas ' in  senso proprio, v. 25, 154.   12.° * raptus': valse da prima a significare « ratto,  rapimento per amore » ; - nella n. h. fu usata anche  per indicare « strappo mediante uno strumento , pial-  lata »: XVI 225 ' pampinato semper orbe se uoluens ad  incitatos runcinae raptus '. Nella Germ. si assunse nel  significato della v. ^ rapina ', accolta dalla latinità clas-  sica, cioè « ladroneccio, rapina »: 35, 10 ^ nullis rapti-  bus aut latrociniis populantur '. ^   13.° ' sagitta ' : nel significato proprio di « freccia ,  dardo, strale, saetta », ^ osservasi nella Germ. 46, 15  ' solae in sagittis spes '; e nella n. h. VII 201 ^arcum  et sagittam Scythen louis filium , alii sagittas Persen  Persei filium inuenisse dicunt ': v. 11, 279. 16, 161. etc.  Ma nella n. h. vale eziandio non solamente a indicare, se-  condo gli ess. di scrittori precedenti, una specie di sorcolo  o magliuolo:^ v. 17, 156; e una costellazione : '^ v. 17,  131, 18, 309; 310; ma anche a designare (a quanto pare.     1 In un altro 1. della n. h. ò sostituita a ' pubertas ' la voce  propria : 12, 131 'in prima lanugine '.   2 CiG. in Verr. IV 48, 107. Tuse. IV 33, 71. Ovid. fasi. IV 417.  Sen. dial IV 9, 3. Plin. n. h. 34, 69. Cf. Tac. ann. VI 1, 15.   3 Lo stesso congiungimento di ' raptus * al plur. con * latro-  cinium ' o ' praeda ' si osserva in Tac. hi9t I 46, 13. ann, II 52, 4.   4 Vedi Cic. in Verr. IV 34, 74. Phil II 44, 112. aead. pr. II  28, 89. de fin, III 6, 22. Tuse. I 42, 101. II 7, 19. de nat d. I 36,  101. II 50, 126. etc.   5 CoLVM. de r. r. Ili 10, p. 384, 1-8 ; 17, p. 393, 9-10.   6 Cic. Arai phaen. cum Groti suppl. vers. 84 (325), pag. 369.  Gbrman. Arai, phaen. v. 315, in PLM. voi. I, p. 166, ed. Baehrens.  AviBN. Arat vv. 669, 689, 985, 1117, 1258 ed. Breysig.     per ia prima volta) la pianta detta comunemente € lin-  gua di serpente »: XXI 111 * idem (se. Mago) oiston  adici t a Graecis uocari, quàm inter uluas sagittam ap-  pellamus '. ^   14.** ' satisfactio ' : voce usata prima da Cicerone, Ce-  sare, Sallustio per significare « discolpa, scusa ». ^ Nella  Germ, conserva lo stesso significato, aggiuntovi il con-  cetto della pena: 21, 3 ^ luitur enim etiam homicidium  certo armentorum ac pecorum numero recipitque satis-  factionem uniuersa domus '. Plinio la riferì agli ani-  mali e, trattando delle colombe , scrisse : n. h. X 104  * tunc plenum querela guttur saeuique rostro ictus,- mox  in satisfactione exosculatio '.   15. "* ' sedes ' : in senso traslato, per indicare « sog-  giorno, stanza, dimora, paese, patria », secondo l'acce-  zione classica, ^ appare nella Germ. 2, 3 ' classibus  aduehebantur qui mutare sedes quaerebant ': v. 25 , 2.  30, 1. Plinio ne fece uso tanto in senso traslato, ana-  logo al precedente: v. n. h. 2, 102. 11 , 138 ; 157. 22,  14. 33, 74. 36, 102 ; ^ quanto in senso metonimico : v.  22, 61; 143. 23, 75; 83. 26, 90 32, 104 : in questa se-     1 * Oiston • legge nel 1. e. della n. h. Ose. Weise ; v. Jahrbb.  del Fleckeisen, 1881, p. 512. 1 codd. Paris. 6795, Riccard., Leid.  Voss. e Ted. Detlefsen (voL III, Beri. 1868) danno * pistana \   « CiG. ep. (ad fam.) VII 13, 1. Caes. 6. G. VI 9, 8. Salì.. Cat  35, 2. etc.   3 Cic. p. Cluent 61, 171. 66, 188. p. Mar, 39, 85. p. Sulla 6,  18. p. Areh, 4, 9. de proo, eons. 14, 34. p. Marcel. 9, 29. Caes.  b. G. IV 4, 4. Sall. Cat 6, 1. Verg. Aen, XI 112. Ovid. mei.  Ili 539. XV 22. etc.   4 Cf. Caes. 6. G. I 31, 14 ^ aliud domicilium , alias sedes...  petant '.     — 88 —   conda accezione non pare che altri V abbia preceduto,  le."* ' tristitia ' : nella Oerm. e nella n. h. è accolta  nel significato proprio di « mestizia, tristezza », secon-  do l'uso che se ne era fatto dagli scrittori precedenti; '  Germ. 27, 7 ^ dolorem et tristitiam tarde ponunt '. ^  n. h, XXIV 24 ' inuenio potu modico tristitiam animi  resolui': v. pure 21, 159. 23, 38. 25, 12. 35, 73. Plinio  usò, inoltre, la v. ' tristitia ' in senso traslato, riferen-  dola a cose inanimate : n. h, II 13 ' hic (se. sol) caeli  tristitiam discutit '. XVIII 184 ' sarculatio induratam  hiberno rigore soli tristitiam laxat temporibus uernis ':  e in ciò egli seguì gli ess. analoghi presentati da Ci-  cerone; 3 ma, probabilmente per il primo, appropriò la  V. considerata ad animali : n. h. IX 34 ^ delphinorum  similitudinem habent qui uocantur thursiones. distant  et tristitia quadam adspectus ' : v. 11, 63 (per le api).  32, 60 (per le ostriche).   IL — Aggettivi:   1.° ' asper ': appare, usato in traslato, in un 1, della  Germ, 2, 8 * Germaniam peteret , informem terris , a-  speram caelo ' : * nella n. h. è assunto , come in 11. di     1 CiG. de or. II 17, 72. eum sen. grai, egii 6, 13. Lvcgbivs, in  Cic. ep. {ad fam.) V 14, 2. Sall. Cat 31, 1. Hor. carm. I 7, 18.  OviD. mei. IX 397. Val. Max. / et d. m, 1 6, 12. II 6, 14. Sen.  dial IX 15, 1.   « Consimile frase * tristitiam poni ' si legge iti Ovid. ex Pont  II 1, 10.   3 Cic. ad Ait. XII 40, 3. de nat d II 40, 102. de off, I 12, 37.   * Vi ha analogia con Taso fattone da Ovid. me^. XI490. Vell.  Patbrc. h. R. II 113, 3.     — 89 —   autori precedenti, » nel significato proprio: v. 3, 53. 6,  167. 17, 43 ; ed è anche riferito al senso del gusto : *^  V. 2, 222. 12, 27. 19, 111. 20, 97. 25, 159; e, probabil-  mente per la prima volta, al senso dell'odorato: XXVII  64 ^ radice longa, aequaliter crassa, odoris asperi '. ^  2.** ' uoluntarius ' : adoperato in senso obiettivo, per  indicare ciò che si compie per libera volontà, appare,  come in Cicerone, Livio, Valerio Massimo, etc, ^ anche  nella Qerm. 24, 9 ' uictus uoluntariam seruitutem adit ';  e nella n. h. VI 66 ' uoluntaria semper morte uitam  accenso prius rogo flnit ': v. 37, 3; e cf. 28, 113. Ma  nella n. h. si estende alla designazione di fatti naturali:     1 Varr. r. r. II 5, 8. Cic. pari, or, 10, 36. Lvcr. de r. n. VI  1148. Vbrg. bue. X 49. georg. II 413. Liv. XXV 36, 5: cf XXXVH  16, 5. OviD. mei VI 76.   2 Cosi in Plavt. capi. 188 (I 2, 85); 496 (III 1, 37). Ter. hauL  458 (III 1, 49). Verg. georg IV 277. etc.   3 II Georges nel suo ausfùhrl. Handwb, I, e. 581, in confer-  ma del riferimento deli'agg. * asper * ai sensi del gusto e del-  l' odorato, cita il 1. di Cic. de fin, II 12, 36 * quid iudicant sen-  sus ? dulce amarum, lene asperum ', e. q. s. ; e la citazione si  ripete nel dizion, laL-iL Georges-Calonghi, c. 250. Senza dub-  bio, r affermazione è esatta quanto al ' dulce amarum ' rife*  rito al gusto; ma ci pare inesatto riferire il * lene asperum '  air odorato, perchè nei citati vocabolari, in conferma del rife-  rimento di * asper * al senso dell' udito, si ripete , poco dopo ,  lo stesso 1. di Cic. ' lene asperum *, con V avvertenz% che ad  * asper ' si contrappone * lenis ' : osservazione giusta questa  ultima, in quanto che nel 1. e. di Cic. le antitesi sgg. * prope  longe, stare mouere, quadratum rotundum ' non escludono che  r antitesi * lene asperum * si possa riferire al senso dell' udito.   4 CiG. ep. iadfam.) VII 3, 3. Liv. XXVI -36, 8. XXVIII 7, 9.  Val. Max. /. et d. m. I 8, 3. Cf. Tac. hisL II 45 , 3. [ deal, de  oraiorihuB 41, 17].     — 90 —  XX 245 ' pinguius (se. serpyllum) uoluntarium et cail-  didioribus foliis ramisque '.   III. — Verbi:   1.° * adgnoscere ' : Germ. 5, 15 ' formasque quasdam  nostrae pecuniae adgnoscunt atque eligunt '. n. h. XXIX  19 ^ alienis oculis agnoscimus ' : v. 35, 89. Con tale signi-  ficato il V. ' adgnoscere ' era stato usato prima * ; ma  nella n. h. è riferito anche ad animali: IX 23* nomen  Simonis omnes (se. delphini) miro modo agnoscunt '.   2.° ' colligere : Germ. 37, 8 ' ex quo si ad alterum  imperatoris Traiani consulatum computemus , ducenti  ferme et decem anni colliguntur '. n. h. XIII 85 * ad  quos (se. consules) a regno Numae colliguntur anni  DXXXV ': 2 cf. 6, 59; e, per la forma attiva, 2j 186. ^  Nella n. h. è riferito pure, tanto nella forma passiva  quanto nella attiva, a misure di lunghezza: IV 87  ' ad OS Bospori CCLX M pass, longitudo coUigitur ' :     1 Cic. de fin. V 18, 49. Lael 27, 100. Caes. 6. e. H 6, 4. Vbrg.  Aen. I 406. HI 82; 351. IV 23. Vili 155. X 843. XII 260. Ovu).  fasi. V 590. Lycan, de h. e. II 193. Cf. Tag Agr. 32, 18.   8 II n.o DXXXV nel 1. e. della n. h, leggesi neir ed. Mayhoff,  voi. II, p. 332, 18 ; e, in proposito del d.^ aura., non è nolata al-  cuna variante presentata dai cod J. Tuttavia il Georges, auifàhrl.  Handùcb., J, e. 1185, e il Valmaggi, dmi. degli oratori eommenL  Torino 1890, p. 66, T hanno mutato in DXXXXV: non sappia-  mo spiegarcene la ragione.   3 Cf. deal de oraioribus 17, 16 * centuna et uiginti anni ab  interitu Ciceronis in hunc diem colliguntur*. È usato nella  forma attiva in 24, 14 * cum praesertim centum et uiginti an-  nos ab interitu Ciceronis in hunc diem [effici] ratio temporum  collegerit ' : espunto 1' ' effici ' secondo la proposta del RoenBch,  in Rev, de Vinsir. pubi, en Belg. 1865, p. 301.     — 91 —   V. 2, 245. 36 , 178. etc. — XII 23 ' sexaginta passns  pleraeque orbe colligant ' : v. 3, 132, 5, 136. 36, 77. etc.   3.° ^ eualescere ' : verbo usato da Virgilio , Orazio ,  Seneca, Lucano, etc. ^ fu da Plinio per la prima volta  riferito a vegetali: n. h. XV 121 * quae (se. myrtus  plebeia) postquam eualuit flauescente patricia ' : v. 16,  125. 17, 116. Nella Oerm. è usato tanto in senso pro-  prio: 28, 4 * ut quaeque gens eualuerat'; quanto in  traslato, per indicare la prevalenza di determinate voci  neir uso comune : 2, 22 ^ ita nationis nomen, non gen-  tis eualuisse paulatim '. ^   4.'' * lucrari ' : Germ. 24, 6 ^ aleam, quod mirere, so-  bri! inter seria exercent , tanta lucrandi perdendiue  temeritate, ut ' e. q. s. Con lo stesso significato proprio  il v. ^ lucrari ' fu adoperato da Cicerone e Orazio. ^  Nella n. h. acquista il significato particolare di « gua-  dagnare mediante il risparmio » e perciò « rispar-  miare » : XVIII 68 ' quod {se. marina aqua subigi pa-  nem) plerique in maritimis locis faciunt occasione lu-  crandi salis '. Nello stesso senso pare che si debba in-  tendere il V. ^ lucrari ' nel 1. della n. h. XXXIII 45  ^ ita res p. dìmidium lucrata est ', cioè lo Stato ri-  sparmiò la metà della spesa, accrescendo il valore di  alcune monete, al tempo della seconda guerra punica.   5.** * obtendere ' : con la forma mediale assume, per  la prima volta, nella Germ. e nella n. h. un signifl-     1 Vero. Aen. VII 757. Hor ep. II 1, 201. Sen. ep. XV 2 (94) ,  31. LvcAN. de b. e, I 505. IV 84. Cf. Qvintil. L o. II 8,5. X 2, 10.   « Cf. Qvintil. l o. IX 3, 13. Tac. hist I 80, 8. ann XIV 58, 17.   3 Cic. in Verr, V 24, 61 ; 25, 62. p. Flaee. 14, 33. de off. II 24,  84. parad. 3, 1 (21). Hor. ep. II 3, 238. Quanto al senso trasl.  del v. ' lucrari ', vedi Cic. in Verr. I 12, 33. Hor. earm. IV 8, 19.     — 92 —   cato locale d' uso geografico, ed ìndica « estendersi di-  nanzi » : Germ. 35, 3 ^ Chaucorura gens omnium   quas exposui gentium lateribus obtenditur , donec in  Chattos usque sinuetur '. n. h. Y 77 ^ buie (se. Libano)  par interueniente ualle mons aduersus Antilibaaus ob-  tenditur '. * Nella n. h. presenta inoltre il significato ,  che notasi in Virgilio, ^ di « stendere dinanzi , porre  dinanzi » : XI 153 ' omnibus membrana nitri modo  tralucida obtenditur ' : v. 37, 100.   e.*" ^occurrere': presentasi la prima volta con si-  gnificato geografico nella Gerrn. e nella n. h.-/^ Germ,  33, 1 ' iuxta Tencteros Bructeri olim occurrebant ' n,  h. Ili 95 ' quem locum occurrens Terinaeus stnus pan-  insulam efiìcit '. V 84 ' apud Elegeam occurrit ei {sc-  Euphrati) Taurus mons': v. inoltre 6, 114; 128. etc.  Presenta anche nella n. h, tanto il significato, in tras-  lato, di « rimediare, essere d'aiuto », secondo gli ess.  dati prima da Cicerone, Nepote, Valerio Massimo^ Per-  sio: "* XVIII 189 ' constatque fertilitati non occurrere  homines ' : v. 18, 332. 20, 225. 30, 107. 31, 118. 32, 1;  99. etc. ; quanto il significato di « presentarsi alla  mente o alla vista, sovvenirsi y> : XXIX 2 * quaesdonem  occurrere uerisimile est omnium , qui haec noscant ,  cogitationi ' : cf. 24, 156. Questo ultimo significato os-     1 Cf. Tao. Agr. 10, 7.   « Vero, georg. 1 248 : cf. Aen. X 82.   3 A tale sigoiflcato dovette certamente pervenire per il tra-  mite deir uso fattone da Liv. XXXVI 25 , 4 * in asperis locis  silex paene inpenetrabilis ferro occurrebat*. Cf. Pompon. Mel.  ehor. Ili 9, 89. Tag. Agr, 2, 9.   4 CiG. in Verr, IV 47, 105. p. CluenL 23, 63. Nep. XVI (Pel)  1, 1. Val. Max. f. et d. m. VIII 5, I. Pers. sai. 1, 62, 3, 64.     — 93 —   I servasi prima in Cicerone, Cesare, Orazio, Seneca, Cur-   ' zio, Columella, etc. *   7.° ^ periclitari ' : con valore intrans, pregn. di « ar-  rischiare, essere intraprendente », appare la prima  volta nella Gemi. 40, 1 ^ plurimis ac ualentissimis na-  tionibus cincti (se. Langobardi) non per obsequium, sed  proeliis ac periclitando tuti sunt ' ; cf. n. h. 18 , 302.  In Cicerone e Cesare ^ ha il significato generico di ¥. fare  esperimento, far prova ». In alcuni li. della n. h. con-  serva la qualità di v. intrans., ed è riferito , come in  Celso, ^ ai pericoli causati da certi morbi : XXX 114  ' utilissima sunt in iis ulceribus, quae uermibus peri-  clitentur '. XXXII 54 ^ cinis eorum ( se. cancrorum  fluuiatilium) seruatus prodest pauore potus periclitanti-  bus ex canis rabiosi morsu ': v. altresì 17, 217. 20, 165.  26, 112. etc.   8.** ^ praetexere ' : G^rm. 34, 4 ' utraeque nationes  usque ad Oceanum Rheno praetexuntur '. n. h. VI 112  ' semper fuit Parthyaea in radicibus montium saepius  dictorum qui omnes has gentes praetexunt '. Con signi-  ficato consimile era stato prima adoperato da Virgilio. ^  Nella n. h. assume altresì , in traslato , il significato  generico di « preporre, porre avanti »: XVIII 212 ' quos     J Cic. de or. Il 24. 104. Ili 49, 191. p. Mil. 9, 25. Tuse. I 22,  51. Caes. b. G. VII 85, 2. Hor. sat. I 4, 136. Sen. deal. I 6, 4.  CvRT. hisL A. M. Ili 8 t21), 21. Colvm. de r. r. Il 2, pag. 334,  34. Cf. Tac. ann. XIV 53, 22.   « Cic. de off. III 18, 73. Caes. b. G. II 8, 1.   3 Cels. de med. Il 1, p. 30, 14. V 26, 24, p. 178, 37. eie.   4 Verg. bue. 7. 12. Aen. VI 5. Cf. Colvm. de r r. X 296, p-  579, 37.     — 94 —   (se. auctores) praetexuimus uolumini huic ': v. praef. 21.  16, 4. »   9.** ' rarescere ' : eoa l'accezione in traslato, per si-  guijfìcare « diminuire , divenire raro » , notasi la pri-  ma volta nella Germ. 30, 3 ' durant siquidem col les, pau-  latim rarescunt'.2 Nel significato proprio fu adoperato,  dopo Lucrezio, Virgilio, Properzio, Columella,^^ da Plinio:  n. h, XI 231 ' quadripedibus senectute (pili) crassescunt  lanaeque rarescunt '.   10.° ' tolerare ' : Germ. 4, 8 ^ minimeque sitim ae-  stumque tolerare '. n. h. XXVI 3 ' foediore multorum ,  qui perpeti medicinam tolerauerant , cicatrice quam  morbo '. Lo stesso significato notasi in Terenzio, Cice-  rone, Sallustio, etc. ^ In un altro 1. la n. h. presenta il  V. ' tolerare ' per il concetto di « mantenere , sosten-  tare », secondo l'uso fattone da Cicerone, Cesare, Vir-  gilio, Columella , etc. : ^ VII 135 ' plurimi iuuentam  inopem in caliga militari tolerasse '. XXXIII 136  ^ (Ptolemaeum) octona milia equitum sua pecunia tole-     1 Fu continuato tale uso da Plin. pan. 52, 1.  s Si ripete , poi , nella stossa accezione da Amm. Marc. r. g.  XXII 15, 25. XXVI 3, 1.   3 LvcR. de r. n. VI 513. Vero. Aen. IH 411. Prof. IV 14 (15),  33. CoLVM. de r. r. Ili 16, p. 392, 38. Cf. Sil. It. Pun. XVII 422.   4 Ter. hee. 478 (IH 5, 28). Cic. in Verr. Ili 87, 201. in Caiil.  II 5, IC; 10, 23. ep. (ad fam.) VII 18, 1. ad Q. fr. I 1, 8, 25. de  fin. IV 19, 52. Tuse. II 7, 18; 13, 30. V 26, 74; 37, 107. de din.  II 1, 2. Caes. b. G. V 47, 2. Sall. Cai. 10,2. 20, 11. lug, 31, 11.  Cf. Tac. hist n 56, 12. ann. Ili 3, 9.   5 Cic. p. Foni. 2, 13. Caes. b. G. VII 71, 4 Ccitato per inesattezza  dal Georges, ausfiXhrl. Handwb. II, e. 2821, con le indicazioni  7, 41, 7). h. e. Ili 49, 2; 58, 4. Verg. Aen. Vili 409. Colvm. de  r. r. Vili 17, p. 547, 19. Cf. Tac ann. II 24, 7. IV 40, 8. XV 45, 18-     — 95 —   rauisse '. Ma vi si accoglie, per la prima volta , tanto  nel significato di  : Germ. 27, 9 ' haec in commune de  omnium Germanorum origine ac moribus accepimus '.  38, 4 ' quamquam in commune Suebi uocentur ' : cf.  40, 6; altrove (5, 1. 6, 14) si preferisce l'espressione  avverbiale equipollente ' in uniuersum '. n. h, XVII 9  ' quae ad cuncta arborum genera pertinent in commune  de caelo terraque dicemus '. XXIII 36 ' reliqua in com-  mune dicentur '. ^   — F —   Di una sola voce osserviamo essersi fatto uso, perla  prima volta, tanto nella Germ. quanto nella n.h.: è la v.  ' glaesum ', d'origine germanica, adoperata particolar-  mente dai soldati per significare l'ambra: " Germ, 45, 15  * soli omnium sucinum, quod ipsi glaesum uocant, inter  uada atque in ipso litore legunt '. n. h. XXXVII 42  ' certum estgigni in insulisseptentrionalis oceani et ab  Germanis appellari glaesum, itaque et ab nostris ob id  unam insularum Glaesariam appellatam '. Ma, come si  osserva nel 1. e, la Genn. accoglie anche la v. ' suci-  num ', che trovasi nella n. h. identificata con I' ' e-  lectron ' dei Greci : III 152 ' iuxta eas Electridas uo-  cauere in quibus proueniret sucinum quod illi electrum  appellant': v. 4,103.8,137. 37, 31; 33; 43-45; 204. e te. ^     J Tale uso deirespressione avv. * in commune * fu conlinuato  da QviNTiL. L o. VII 1, 49. Tag. ann, XV 12, 17.   « Plin. n. h. IV 97 * Glaesaria (se. insula) a sucino militiaa  appellata, a barbaris Austerauia *.   3 Vedi il nostro libro sui Neologismi botanici nei earmi bu"  coliei e georgiei di Virgilio, Palermo, 1901; n." 34, p, 67.     CAPITOLO SECONDO     Relazioni lessicali tra la Germania  e le opere di Tacito.   — A —   Ad un buon numero delle relazioni lessicali che do-  vrebbero essere obietto del presente capitolo, si è data,  di mano in mano, evidenza, mediante opportuni confron-  ti e richiami indicati in fine delia maggior parte delle  note che corredano le relazioni lessicali tra la Gemi.  e la n. h. di Plinio , trattate nel capitolo precedente.  Restringiamo, ora, il nostro compito a dare evidenza  ad alcune relazioni lessicali tra la Germ. e gli scritti  di Tacito, nelle quali non si scorge, salvo di rado e  in modo indiretto, l' intermedio della n. h,   I. — Sostantivi:   l.** * annus': Ge7^m. 14, 16 ' nec arare terram aut  exspectare annum tam facile persuaseris \ Agr. 31, 5  ' ager atque annus in frumentum — conteruntur '. Della  V. ' annus ', adoperata per significare « il raccolto o  provento, la produzione dell' annata », un primo accen-  no appare in Cicerone * : fu accolta da Properzio, e poi  dai poeti e prosatori dell' età postaugustea. ^ Nella n.     1 Cic. in Verr, a. pr. 14, 40.   « Prof. V 8, 14. Lvcan. de b. e. Ili 452. Stat. sii III 2, 22.  Plin. pan. 29, 3.  Consoli, La Germania comparala. T     — 98 —   h. la V. * annus ' conserva il significato temporale: v.  2, 13. 9, 162. 18, 211. 28,22. etc. ; e solo si può scor-  gere come un tramite per giungere al significato so-  pra notato nei sgg. 11. : XV 98 ^ fructus anno matu-  rescit \ XVI 95 ' sunt tristes quaedam ( se. arbores )  quaeque non sentiant gaudia annorum \   2.** * audentia': Germ. 31, 1 ' et aliis Germanorum  populis usurpatum raro et priuata cuiusque audentia  apud Chattos in consensum uertit ' e. q. s. 34, 10 ' nec  defuit audentia Druso Germanico', ann. XV 53, 9 * ut  quisque audentiae habuisset '. ' Audentia ' è voce della  l^tiqità argentea : altri ess. se ne osservano in Quinti-  liano e Plinio il giovane. ^ Nella n. h. si notano sol-  tanto le forme della flessione del participio ' audens ';  V. 17, 222. 32, 53. 35, 61. etc.   3.** ^ copiae ' : consideriamo soltanto la forma del  plur. : 6r^rm. 30, 13 ^ omne robur in pedi te, quem su-  per arma ferramentis quoque et copiis onerant '. his£.  Ili 15, 13 ' ut specie parandarum copiarum ciuili praeda  milites inbuerentur. IV 22, 5 ' parum prouisum ut co-  piae in castra conueberentur ': V. Agr. 22, 9. Prima  che nei 11. ce. la voce di forma plur. ^ copiae ', col si-  gnificato di € provvisioni, provvigioni, viveri, alimen-  ti », era apparsa in Cesare, Livio, Velleio Patercolo. ^   4.** ' fortuna ' : Germ. 21, 9 ' prò fortuna quisque ap-  paratis epulis excipit '. ann. II 33, 13 ' quaeque ad u-  sum parentur nimium aliquid aut modicum nisi ex for-  tuna possidentis ': v. IV 23, 11. XIV 54, 9. La forma     1 QviNTiL. I. o. XII prooera. , 4. Plin. episL Vili 4, 4.   « Vedi gli ess. citati dal Gboroes , ausfuhrl Handicb , I, e   1573: V. inoltre Plin. pan. 29, 5.     — 99 —  sing. ' fortuna ', usata invece della forma plur. per in-  dicare « ricchezze, beni di fortuna, averi, sostanze »,  osservasi accolta da Nepote, Orazio, Ovidio, poi da Quin-  tiliano, ^ probabilmente per il tramite della frase cice-  roniana : ^ cuius denique fortunae studia tum laudi et  gratulationi tuae se non obtulerunt ? ' " Valgano per  il confronto i sgg. 11. della n. h.i 11 118 ^ non erant  malora praemia in multos dispersa fortunae magnitu-  dine '. VII 130 * si uerum facere iudicium uolumus ac  repudiata omni fortunae ambitione decernere , nerao  mortalium est felix ' : ma è accolta la forma regolare  del plur. in XXXVII 81 ' ille proscriptus fugiens hunc  e fortunis omnibus anulum abstulit secum ',   S."* ' pignora ' : consideriamo la sola forma del plur.::  Germ. 7, 11 * et in proximo pignora, unde feminarum  ulula tus audiri, unde uagitus infantium ' : ann. XII 2,  3 ' baudquaquam nouercalibus odiis uisura Britannicum  e^Octauiam, proxima suis pignora ': v. XV 36, 14; 57,  14. Agr. 38, 6. La forma plur. ^ pignora ' era stata  accolta nella poesia dell'età augustea, '^ per significare  figli, madri, mogli, insomma persone legate con intimi  vincoli di parentela; donde la formola di ' obsecratio '  giudiziaria: ' per carissima pignora'; della quale fa  menzione Quintiliano.*   6..'' ' suffugium ': Germ. 16, 11 ' solent et subterra-     1 Nbp. XXV (Att.) 21, 1. HoR. ep, I 5, 12. Ovid. trist V 2, 57.   QVINTIL. /. 0. VI 1, 50.   « Cic. Phil. I le, 30.   3 Prof. V 11, 73. Ovid. meL III 134. XI 543. episL (her.) 6, 122.  12, 192. L'espressione * amoris pignora' di Liv. XXXIX 10, 1  ha un altro significato.   * QviNTiL. I. 0. VI 1, 33.     — 100 —   neos specus aperire suffugiura hiemi et receptacu-   lum frugibus \ 46, 17 * nec aliud infantibus ferarum  imbriumque suffugium '. ann. IV 47, 7 ' sanguine bar-  barorum modico ob propinqua suffugia ' : v. Ili 74, 5.  La V. ' suffugium ', propria della latinità argentea, * si  osserva prima in Seneca e Curzio. ' Tacito se ne valse  anche in genso traslato, ^ accostandosi all' es. che ne  aveva presentato Quintiliano.*   Aggiungiamo altri due aggettivi di forma neutra  plur., assunti col valore di sostantivi : ^ I   7,** ^ ancipitia ' : Gemi. 14, 10 ' facilius inter ancipitia |   clarescunt '. hisL III 40, 10 ' mox utrumque consilium  aspernatus, quod inter ancipitia deterrimum est '. ^ ann.  XI 26, 12 ' scelusque inter ancipitia probatum ueris  mox pretiis aestimaret '. Tacito adoperò anche al sing.  l'agg. ' anceps ' sostantivato: ann. I 36, 9 ' in ancipiti  res publica '. IV 73, 16 ' ille dubia suorum re in an-  ceps tractus '. Nella n. h. la v. ' anceps ' conserva la  ftinzione di aggettivo: IV 10 ' ancìpiti nauium ambitu '.  VII 149 ' ancipites morbi '. IX 152 ' periculum anceps \  XVII 191 ' anceps culpa '. XVIII 210 ' res anceps '.     J Si ha però un es. nel carme pseudo-ovidiano * nux ', v. 1 19  * quid, nisi suffugium nimbos uitantibus essem *.  8 SBN. dial IH 11, 3. CvRT. hUt A. M. VII! 4 (14}, 7.   3 Tac ann, IV »56, 11. XIV 58, 12.   4 QviNTiL. I. o. IX 2, 78.   5 V. la monografia di Th. Panhoff, de neuiriui generis ad-  ieeiiuor. subsianiiuo usu ap. Tao. 1883.   « F. RiTTBR, P. Corn. Tae. opp., Lps. 1864, p. 525, 20 espunge  dal testo tacitiano le parole ' quod - est \ chiudendole tra pa-  rentesi quadre.     — 101 —  XXIII 31 ' ancipiti euentu \ XXV 16 * ratio inuentio-  nis anceps ' : v. inoltre 10, 17. 22, 97. 23, 17 ; 20. 24,  75. 28, 21. 29, 1. etc.   8.** * missilia ' : Oerm. 6, 7 * pedites et missilia spar-  gunt, pluraque singuli '. hist. IV 71, 24 *paulum morae  in adscensu , dum missilia hostium praeuehuntur \ V  17, 14 ' saxis glandibusque et ceteris missilibus proe-  lium incipitur '. L' uso di dare il valore di sostantivo  all'agg. ' missilia ', per indicare, in generale, proiettili  di guerra , come saette , pietre , etc. , appare prima in  Virgilio e Livio ; ^ poi si usò con lo stesso significato  anche nella forma del sing. ' missile ': - ne abbiamo un  es. nel sg. 1. della n. h. XXVIII 33 ' ferunt difflciles  partus statim solui, cum quis tectum, in quo sit grauida,^  transmiserit lapide uel missili ex iis, qui tria animalia  singulis ictibus interfecerint '. Del resto , nella n. h. è  preferito V uso di ' missilis ' come aggettivo : v. 8, 85;  125. 34, 138. etc.   II. — Aggettivi. Annoveriamo, per la loro funzione,  tra gli aggettivi le sgg. forme participiali :   1.** ^ inlacessitus ' : Germ. 36, 1 * Cherusci nimiam ac  marcentem diu pacem ini acessiti nutrierunt'. Agr. 20,     1 Vero. Aen. X 716. Liv. II 65, 4. VI 12, 9. IX 35, 5. XXVI 51,  4 XXXTV 39, 2. L'espressione * missilia fortunae ', che osser-  vasi iu SBN. ep, IX 3 (74), 6, pare che abbia schiuso l'adito ad  un nuovo significato della v. ' missilia ' (= « doni largiti al  popolo »), che appare in Sveton. Aug. 98, 19. Ner. 11, 11.   « Vedi LvcAN. de b. e. VII 485. Vbget. epit r. m. (ed. C. Lang)  I 4, p. 9, 8; 14, p. 18, 6: in III 24, p. 117, 14 leggesi ' missibilia ',  ma nel cod. Perizon. F 17 si nota ' missilia ' ; e ' missilia ' os-  servasi anche nel cod. Palai. 909, corretto da ' missibilia '.     — 108 —   1-1 ' nulla ante Britanniae noua pars pari/&r illacessita  transìerit '. Il part. sempl. ^ lacessitus ' notasi nella n.  h. Vili 23 ' nec nisi lacessiti nocent '.   2.** ' intectus ', con la particella premessa Mn - ' di  valore negativo: Germ. 17, 2 ^ cetera intecti totos dies  iuxta focum atque ignem agunt '. hist Y 22, 12 ^ dux  semisomnus ac prope intectus errore hostiura seruatur \  ann. II 59, 5 ^ pedibus intectis ': e nel senso traslato,  per significare « aperto , schietto , fidente >, ann. IV  1, 12 * sibi uni incautum intectumque efflceret \ '  » 3.** ' promptus ' : Germ. 7, 2 ' duces exemplo potius  quam imperio, si prompti , si conspicui , si ante aciem  agant, admìratione praesunt '. ann, IV 17, 16 * neque  aliud gliscentis discordiae remedium quam si unus al-  terne maxime prompti subuerterentur ': v. II 81, 7. IV  51, 16, XIV 40, 8. Con lo stesso significato di « corag-  gioso, audace, valoroso », appare la v. ' promptus ', nel  grado superlativo, in hist. I 51, 24. II 25, 13. Ili 69, 13.  IV 14, 9. Agr. 3, 12. Quanto all'agg. 'promptus' rife-  rito a cose, V. n. h. 8, 129. 9, 112. 11, 24.   4.** ' reuerens ' : Germ. 34, 12 ' sanctiusque ac reue-  rentius uisum de actis deorum credere quam scir^ \  hist. I 17, 3. 'sermo erga patrem imperatoramque  reuerens '. Lo stesso significato presenta la v. * reuerens '  in Properzio. ^ Cicerone conservò T usq psi^rticipiale di  ' reuerens ' : * multa aduersa reuerens '. ^ Plinio vi a, an-  che nei sgg. 11. di Tacito: Agr. 34, 13 * transigite cum  expeditionibus '. hist III 46, 14 * quod Cremonae inte-  rim transegimus '. Il tramite, per giungere al signifi-  cato sopra notato, dovette essere il valore giuridico che  si attribuì in principio al v. * transigere \ cioè « venire  a patti , definire la pendenza con un amichevole ac-  cordo > , insomma concludere qualcosa di definitivo  per dirimere le questioni. *   5.** * uocare ' : Germ. 14, 16 * nec arare terram aut  exspectare annum tam facile persuaseris quam uocare  hostem et uulnera mereri \ hist IV 80, 10 ' ncque  ipse deerat adrogantia uocare offensas. ' ann. VI 34, 1  ' Oroden sociorum inopem auctus auxilio Pharasmanes  uocare ad pugnam \ U equipollenza di ' uocare ' e  * prouocare ' muove dalla frase virgiliana * uocare ho-  stem. ' 2   IV. — Avverbi :   1.*" * adductius ' : Germ. 44, 1 ' Gotones regnantur ,     1 Cf., per r uso deUe forme passive di * transigere ', Cic. p.  Quinci 5, 20. in Verr. a. pr. 10, 32. Tuse. IV 25, 55; e, quanto  alle forme attive: p. Rose. Am. 39, 114. p. Cluent. 13^ 39. Phil.  II 9, 21. etc.   « Vbrg. georg. IV 76 * magnisquo uocant clamoribus hostem '.  Sbrv. eomm. in Verg. georg. 1. L, voi. Ili, fase. 1*^, p. 326 Th.,  commenta: ' uocant hostem, prouocant '. Vedi 11 comm.del He-  raeus a Tao. hist. IV 80, 10.     — 105 —  paulo iam adductius quam ceterae Germanorum gen-  tes \ hist III 7, 4 ' Minucius lustus.... quia adductius  quam ciuili bello imperitabat, subtractus militum irae  ad Vespasianum missus est '. Nei due 11. citati il va-  lore lessicale della v. ' adductius ' = « con maggior  rigore, più severamente , con freno più stretto », si  deve fare risalire alla frase di Cicerone ^ adducere ha-  benas ', che è in contrapposto con V altra ' remittere  habenas. ' ^   2.*" L' espressione ^ haud perinde ', priva di valore  comparativo, adempie una funzione brachilogica: Germ,  5, 10 ' possessione et usu haud perinde adficiuntur '.  34,2 ' aliaeque gentes haud perinde memoratae. ' ann,  II 88, 16 ' Romanis haud perinde Celebris. ' IV 61 , 4  ' monimenta ingeni eius haud perinde retinentur. ' Alla  negativa * haud ' talvolta sono sostituite altre voci ne-  gative : ' non, ^ ne-quidem, ^ nec '. ^   Per r espressione comparativa ' haud perinde —  quam ', invece della classica * h. p. — atque ', v. hist.  II 27, 1. Ili 58, 14. IV 49, 26. ann. II 1, 8; 5, 9. XIV  48, 7. XV 44, 18. Osservasi anche ^ nec perinde — quam '  o ' neque p. — q. ' in hist. II 39, 12. IV 72, 16. ann.  XIII 21, 7.   3.** * longe ' può adempiere V ufficio di rinforzare il     1 Cic. Lael. 13, 45.   2 Tac. ann. II 63, 10. Cf. Plin. epéaé. I 8, 12. Sveton. Aug. 80,  6. Galb. 13, 1. deperdit librorum relL p. 294, 2, ed. Roth.   3 Tac. Agr. 10, 19 (secondo la congettura del Grozio: nei codd.  * proinde '). Cf Sveton. Tib. 52, 3 sg.   4 Liv. IV 37, 6.     - 106 -  comparativo, col significato di « molto » : * Germ. S,  3 ' quam (se. captiuitatem) longe impatientius femina-  rum suarum nomine timent'. ann, IV 40, 10 Monge  acri US arsuras '. XII 2, 6 ' longeque rectius Lolliam  induci '. Altri ess. ne erano apparsi in Virgilio, Fedro,  Velleio Patercolo. ^   — B —   È notevole che Tacito si valse in più luoghi de' suoi  scritti di alcune espressioni o frasi che si osservano  nella Germ. : daremo evidenza alle più importanti di  esse, disponendone i confronti secondo l'ordine crono-  logico delle opere di Tacito. ^   I. — Per il libro de uila et morihus lulii AgHcolae:  1.** Germ. 36, 4 ^ ubi m a n u a g i t u r '. Agr. 9, 6  * plura manu agens'.     1 L'uso classico deU'avv. Moage' si restringe a rinforzare il  superlativo o ad accompagnare » per renderne più efficace la  significazione, alcune voci particolari, quali * alius> aliter, diuer*  sus, dissimiiis ', etc. ; e i verbi: ^abesse*, v. Cic. ep. (ad fatn)  II 7, 1. ad AiL VI 3, 1 ;"* antecellere *, v. id. in Yert, IV 53,  118. p. Mxir, 13, 29; * anteponere *, v. id. de or. I 21, 98; * dis-  sentire ', v. id. Lael. 9, 32; • praestare ', v. id* Brut. 64, 230 ; e  simili. Quanto all'uso dell'avv. * longe ' col superlativo, v. inoltre  Plin. n. A. 3, 5. 4, 66. 5, 70. 9, 131. 19, 146. 23, 92. 24, 125. etc.   2 Vero. Aen, IX 556 * longe raelior \ Vell. Paterg. h. R» II  74, 1 * 1. tumultuosiorem *. Phaedr. /a6. Ili 7, 6 *L fortior'. Cf.  Pbtron, sat 9, p. 39, 1 ' 1. malore nisu '. 98, p. 465, 5 * 1. blaiidior '.   3 Nel confronto sarà incluso VAgr.^ tuttoché comunemente si  ammetta che questo sia stato scritto prima della Germi le ra^  gioni sono state esposte a lungo nel nostro libro sopra citato,  V autore del l * de origine et situ Germanorum ', Roma, 1902.     — 107 —   2.** Germ. 4, 4 ' unde habitus quoque corporum....  idem omnibus. Agr. \\^ 2 ' habitus corporum uarìi \ '   3/ Gemi. 6, 14Mn uniuersum aestimanti  plus penes peditem roboris '. Agr. 11,9 Mn uniuer-  sum tamen a e stimanti Gallos uicinam insulam  occupasse credibile est'. ^   4.** Germ. 30, 13 ' orane r o b u r in p e d i t-e ': cf.  6, 14 ' plus penes peditem roboris '. Agr, 12, 1 M n  pedite robur'. Livio preferi la frase ' lecta robora  uirorum '. ^   5.** Germ. 17, 6 ' ut quibus nuUus per commercia  cultus '. 24, 12 ' seruos condicionis huius per com-  mercia tradunt '. Agr. 28, 14^ per commercia  uenumdatos '. 39, 4 * emptis per commercia'.   6.** Geì^m. 21, 12 * notum ignotumque quantum  ad ius hospitis nemo disceruit '. Agr. 4:4^ 7 *quan-  t u m a d gloriara, longissimum aeuum peregit '. Vedi  inoltre hist V 10, 8. Della espressione * quantum ad ',  sostituita alla comune ^ quod attinet ad ', si osserva  prin^ft un es., non incensurabile, in Ovidio: lo agcolse,  poi, Seneca. ^ Ma un termine dì passaggio tra le due     1 L' espressione ' habitus corporis ' fu , poi, ripetuta da Pliii.  efii8t VI 16, 20 e da Svbton. deperdiL Ubrorum reli pagt ^9^  12, e4 Ralh. Plin. n. h, U, 224 menziona i ^siqgulos anitpi ha-  bitus '.   « Vedi il cap. Ili, C, III, 2^   3 Liv. VII 7, 4: cf. Vili 10, 6. XXX 2. 1.   4 OviD ars am. I 744 ' quantum ad Pirithoum \ Skn. ^^ XII  3 («5?, 14 ' quantum ad habitum mentis *. Un altro ea^ di Se-  neca è cit neWausfùhrl. Handwh. del GaoaeES, II, o. 19091. Vedi  G. Leopardi , penneri di Daria filoso^ e di belln leUenklura »  Firenze, suec. Le Mounier, 1898 ; voi. I, p. 256.     — 108 —   locuzioni notasi nelle frasi dì Seneca il retore: ^ quantum  ad meum stuporem attinet; quantum ad ius attinet '. '   II. — Per le historiae :   1.° Germ. 25, 6 * occidere solent, non disciplina  et seueritate, sed impetu et ira '. hist I 51 , 5  ' asper^fto militiam tolerauerant ingenio loci caelique  et seueritate disciplinae'. La stessa frase ,  espressa in forma di endiadi come nella Germ,, appare  prima in Cicerone e nel beli. Alex. ^   2.** Germ. 3, 18 'ex ingenio suo quisque  demat uel addat fldem '. hist. I 82 , 13 ' manipulatim   adlocutl sunt ex suo quisque ingenio mi-   tius aut horridius '. Vi sì accosta la frase plìniana ;  * uaria circa hoc opinio ex ingenio cuiusque'. "^   3.° Germ. 13, 20 ' ipsa plerumque fama bella pro-  fi igant '. hist. II 4, 11 ' pr fi igauer at beli u m  ludaeicum Vespasianus '. IV 73, 6 ' profligato bello '.  La frase * proflìgare bellum ' risale a Cicerone e Li-  vio: •* si rese d'estensione maggiore, sostituendosi a     i Sen. rhet. eonirou. VII 1 (16-, 1, p. 298, 18. X 5 (34), 16, p.  509, 8, ed. e. Nella n. h. 25, 12 sì nota * in quantum *.   s Cic. p. Cluent 46, 129 * magister ueleris disciplinae ac  soueri tatis ' : cf. m Catil. I 5, 12. Script b, Alex. 48, 3  * mìlitarem disciplinam seueritatemque minuebant '.  65, 1 ' quae dissoluendae disciplinae seuor i t a t i s q u e  essent ' (Kuebler). Cf. Liv. XXXIX 6, 5.   3 Plin. n. h. 8, 48: cf. 34, 57; e Liv. Ili 36, 1.   4 CiG. ep. dadfam.) Xll 30, 2. Liv. IX 29, 1 ; 37, 1. XXI 40,  11. XXXV 6, 3. XXXIX 38, 5. V. i commenti Orelli-Meiser,  Heraeus, Valmaggi a Tag. hist. II 4.     - 109 -   ' bellum ' gli aec. * aciem, classem, copias, hostem, iai-  micos, proelium ', etc. ^   4.° Germ. 3, 18 'ex ingenio suo quisque demat  uel addat fidem'. hist II 50, 7 ' ita uolgatis  traditisque demere fidem non ausim \ III 39, 3  ' a d d i d i t facinori fidem': v. ann. IV 9, 5. Si  notano ess. delle locuzioni ' demere fidem ' e ' addere  fidem ' in Livio e Ovidio : ^ in un 1. di Cicerone i due  verbi ' addere ' e ' demere ' sono disposti in antitesi ,  come nel 1. e. della Oerm. ^   5.*" Germ. 42, 8 ' sed u i s et p o t e n t i a regibus  ex auctoritate Romana'. hisL III 11, 15 ' uni Antonio  uisac potestas in utrumque exercitum fuit '. **  L' espressione * uis ac potestas ' del 1. e. delle hist si  connette con la frase di Cicerone: ' u i m omnem deorum  ac potestatem'. ^   6.'' Germ. 36, 7 ' tracti ruina Cheruscorum et Fosi '.  hist. III 29, 5 ' quae (se, ballista) ut ad praesens dis-  iecit obruitque quos inciderat , ita pinnas ac summa     i Plavt. mil. gL 230 (II 2, 75 . Cic. p. Rab. FosL 15, 42. Phil  XIV 14, 37. Cabs. b. e. II 32, 11. Nep. XIV vDat.) 6, 8. Liv. Vili  8, 9. X 20, 14. XXVIII 2, li. SiL. It. Pun. XI 398. Tac. ann.  XIV 36, 7.   « Liv. II 24, 6. OviD. rem. am. 290.   8 Cic. aead- pr. II 16, 49. Vedi per altri e?s. di posizione in  antitesi dei vv. * demere ' e ' addere * 1' ausfùhrl Handwb. del  Georges, I, e. 1903.   4 u! Zbrnial, op. e, p. 81, aggiunge al confronto un 1. del  dial. de oratoribus 19, 24 ' qui u i e t p o t e s t a t e , non iure  aut legibus cognoscunt '.   5 Cic de nat d. III 36, 88. Cf. seripL rhet ad Her. I 5, 8     — no —   ualli r u i n a sua t r a x: i t ' : ma nel 1. e. della Germ.  ' mina ' ha significato metaforico. *   7.° Germ. 44, 1 1 ^ m u t a b i 1 e... hincuel illinc  r e m i g i u m '. hist III 47, 18 ' pari utriraque prora  et mutabili remigio, quando bine u e 1 il-  linc appellere indiscretum et innoxium est ' : v. an-  che ann. II 6, 7. -   8.° Germ 24, 13 ' ut se quoque pudore uictoriae  exsoluant '. hist III 61, 15 * p u d o r e proditio-  nis cunctos exsoluerent'; arrogi ann, VI 44 ,  20 ^pudore proditionis oranes e x s o 1 u i t '. ^ In  simile accezione metaforica appare il v. ' exsoluere '  in Terenzio, Cicerone, Virgilio, Livio, etc.'*     1 Cf. la frase * tra bere ruinam' in Verg. Aen, II 465 ?g. ; 631.  Vili 192. IX 712 sg.   ^a  costruito ^ proditur ' nella Germ. 8, 1 ' meraoriae prò-  dilur quasdam acies inclinatas iam et labantes a Sfo-  rni nis restitutas '. ^   Consideriamo le leggi sintattiche aventi per obtóÉto  r uso dei casi.   I. — Accusativo :   l.*' L' acc. di relazione, in dipendenza da un aig^-  tivo da un participio, osservasi nella Gemi. 17, 12  ' nudae brachia ac lacertos '; e nella n. h, XIII 29 ' ui-  tilem sibi arborique indutis circulum '. Ess. consiirfli     1 Quanto alla costpuzione del v. * narratur ' con Tace, e Titifin.,  invece di * narra ntur * col nominativo e l'infin, per significare,  come scrive G. Helmrbigh, c b e s t i m ra t e Angaba und M'it-  teilung, auch durch Schriftsteller, im Gegensatz zu vagem Go-  rùcht »: V. la recensione del l'bro del Wormstall, uebèr aie  Chamaoer, Brukterer und Angrioarier ole, nel Jahreàbèrìcht  ueber die Fortschritie der class. Alteri humswissensehaftyXVll  (1889;, 2. Abtheilung, p. 255 (Jahresb. ueb. Tao.),   « In altri 11. della n. A. ò preferita la f rma attiva * narrkht *:  V. 2, 126 ; 236. 8, 35. 32, 75 etc.   3 OviD. mei. XV 311 sg. ' admotis Aihamanas aquis actiiàh-  dere Jignum | narratur *.   4 Un costrutto analogo osservasi in Liv. XXV 31,9 Val. Mix.  /. ei d. m. II 6, 10. Cf. Caes. b. G. V 12 1. Tac. ann. Ili 65 ,  9. [dial. de orato ribus 32, 27].     — 136 —  si notano in Virgilio ^ ed altri poeti delPetli augustea:  ne presenta anche la latinità argentea , i cui scrittori  predilessero i costrutti poetici e di fonte greca. ^   2.^ L'acc. ' cetera ' è assunto , talvolta , in funzione  avverbiale: Germ. 17, 2 ' cetera intecti totos dies iuxta  focum atque ignem agunt '. 29 , 12 ^ cetera similes  Batauis '. 44, 20 ' cetera similes uno differunt '. n. h.  Vili 40 ' tradunt in Paeonia feram quae bonasus uo-  cetur equina iuba , cetera tauro similem '. XXII 133  ' est etiamnum aliud sesamoides , Anticyrae nasqens ,  quod ideo antiqui Anticyricon uocant, cetera simile eri-  gerenti herbae '. La prosa latina aveva già accolto lo  acc. ' cetera ' in funzione avverbiale, ^ ed anche prima  r aveva accolto la poesia, che ne continuò V accezione  neir età augustea. *     1 Verg. Aen, IV 558 sg. Non ó es. sicuro quello dell' Aen, I  320 ' nuda genu ', in cui ^ genu ' può essere accettato per abla-  tivo. Per la stessa ragione il Draegkr, ueber Synt u. Si, d,  Tac^y § 39, p. 19, riconosce es. noi sicuro di acc. di relazione  il 1. degli ann. XVI 4, 11 * flexus genu '.   2 Vedi gli ess. in Màdvig, lai. Sprogl.'y § 203, a, Anm., p. 154.  Cocchia, sint. lai., § 55, p. 1 17 sg. Valmaggi, comm. hist Tae.  lib. 1, p. 134; lib. 11, p. 34. Cf. inoltre* Tag. hist IV 81, 9. ann.  VI 9, 13. XV 64, 15. e te.   3 Cic. orai, 25, 83 (letto secondo il cod. Viteberg., / del Frie-  drich). Sall. lug, 19, 7; cf. hisL IV 9 (Kritz). Liv. I 35,6. Vell.  Paterc. h. R,l\ 119, 4. Cf. Tac. Agr, 16, 10. ann, VI 15, 5; 42, 12.   * Enn. ann, 1 fr. 32, in PLM. , voi. VI, p. 64, ed. Baehrens.  Verg. Aen. Ili 594: IX 656: cf. Serv. eomm. in Aen. IX 653, p.  368, voi. 11, fase. 2.o Th. Hor. earm, IV 2, 60. ep, I 10, 2 e 50.  Vedi Madvig, lat Sprogly § 203, a, p. 154. Cocchia, sint lai, ,  § 60, b, p. 131.     — 137 —   IL — Genitivo : ^   1.^ Il genitivo parti ti vo trovasi in dipendenza dal re-  lativo neutro * quod ', posposto, che funziona da sog-  getto della proposizione sg. : Germ. 15, 8 * conferre  principibus uel a r m e n t o r u m uel f r u g u m quod  prò honore acceptum etiam necessitatibus subuenit '. n.  Ti. XXX 127 * feni Graeci quod III digitis ca-  piatur '. Ess. anteriori si notano in Cesare e Livio. ^  Vi ha, però, chi nel 1. e. della Gemi.y facendo prece-  dere al ' quod ' una virgola, trovi un costrutto ellitti-  co, che nella sua interezza somigli ad un altro 1. della  Germ. 18, 6 ' ipsa armo rum aliquid uiro ad-  fert ', 3 simile al 1. della n. h. XXVII 130 / additur pi-  peris aliquid et murrae '. Ma, se cosi fosse, avremmo  una costruzione ellittica isolata , priva di base , se ne  togli un ravvicinamento, del resto non improbabile, col  passo degli ann. di Tacito XV 53, 8 ' iacentem et im-  peditum tribuni et centuriones et ceterorum , ut quis-  que audentiae habuisset, adcurrerent trucidarent-  que '. ^   2.** Per l'uso del genitivo in dipendenza da un com-  parativo neutro plur., considerato come sostantivo, vi  è rispondenza tra la Germ. 41, 1 'in secretiora Ger-     1 Vedi U. Zernial, sei quaedam eap. ex genet usu Toc.,  Gòtt. 1864.  « Caes. 6. G. Ili 16, 2. Liv. XXVIII 8, 9. Cf. Tac. hisL II 44, 20   3 U. Zernial, Germ. erkl p. 41. Cf. il comm. del Heraeus  alle hisL di Tac. II 44.   4 Vedi CoNSTANs, étude s. L langue d. Tac, n.^ 81, p. 45. fi-  gli crede probabile che sì tratti di un costrutto ammesso dalla  lingua popolare: non ne adduce però le ragioni.     — 138 —  maniae porrìgìtur ', ^ elsin.h. XVI 187 ' et sabuci in-  teriora mire firma traduntur ' : cf. 6, 33. Se ne osser-  va qualche es. in Cicerone ^,   a** Tra gli aggettivi che, tanto nella Germ. quanto  nella n. h., hanno, talvolta, il loro complemento in una  forma nominale di caso genitivo, si debbono annove-  rare i sgg. :   a) ' fecundus ' : Germ. 5, 5 ' pecorum fecunda '. n. h.  XXXIII 78 ^ nulla fecundior metallorum quoque erat  tellus '. '^ Ma nella n. h, è ammessa anche la costruzio-  ne con r ablativo : XI 233 * numeroso fecunda parta '.*   b) * impatiens ' : Germ. 5, 4 ' frugiferarum arborum  impatiens '. ^ n. h.XXl 97 ' unum autem caulem rectum   habet uetustatis inpatieutem '. ^ Questa costruzione   appare la prima volta nella lingua poetica dell' età au-  gustea; poi si estese alla lingua della prosa. ^     J Vedi Valmaggi, il geniiioo ipoiaitieo in Tae.\ in Boll, di ^-  lol class., a. IV, n.» 6, pp. 130-135.   2 Cic. ad AH. IV 3, 3. Cf. Tac. hist. II 22, 3. V 16, 5: nel se-  condo de' due 11. ce. il cod. dà la lez. * propiora fluminis Trans-  rhenani tenuere ' ; il Nipperdey, il Halm, il Ritter e altri vi  sostituiscono * flumìni '.   3 La costruzione col genit. notasi prima in Hor. carm. IH 6,  17. CoLVM. de r. r, IX 4, p. 552, 5 Cf. Tac. hist. I 11, 3. ann.  VI 27, 16. XIV 13, 4   * V. ess. anteriori in Ovid. mei. Ili 31. X 220. Cf. Tac. hist.   I 51, 26. Il 92, 6. IV 50, 22. ann. XIII 57, 2.   5 L'espressione * patiens frugum ', in antitesi a quella u^ata  nella Germ. 1. e , osservasi in Tac. Agr. 12, 16.   6 V. altri ess. sopra, cap. I, A, 111, n.« 13, p. 39.   7 Vero. Aen. XI 639. Ovid. ars am. II 60. mei. VI 322. XIII  3. trist. V 2, 4. Vell. Paterc. /i. i? II 23, 1. Cvrt. hist. A. Ai.  Ili 2 (5j, 17. IX 4 (15). 11. Cf. SiL. IT. Pan. Vili 4. Tao. hist.   II 40, 11; 99, 7. ann. Il 64, 13. IV 3, 5; 72, 2. VI fó,8. XII 30, l.     — 139 —   e) * superstes ' : Germ. 6 , 24 * muHique «operdtites  bellorum infamiam laqueo flnierunt '. n. h, VII 156  ' M. Perpennaet nuper L. Volusius Saturninus omnium...  superstites fuere ' : v. 7, 134. Cicerone ne aveva dato  r es.* Nella Qerm. si accoglie anche la costruzione di  ' superstes ' col dativo, secondo gli ess. di scrittori pre-  cedenti : 2 14^ 3 * infame in omnem uitam ac probro-  sum superstitem principi suo ex acie recessisse '.   4.** Quanto al genitivo * moris ' col verbo * esse ' val-  gano i sgg. confronti: Germ. 13, 2 * arma sumere  non ante cuiquam moris, quam ' e. q. s. 21, 13 ' ab-  eunti, si quid poposcerit, concedere moris \ n. h. XIX  51 ' usque ad eum (se. Epicurum) moris non fuerat in  oppidis habitari rura ' : v. 17, 66 ; 214. La locuzione  * moris esse ' col soggiuntivo retto da * ut ' o con Tin-  flnito, era stata adoperata da Cicerone, Livio, Velleio  Patercolo, Valerio Massimo, Seneca, etc. ; ^ poi, per il  tramite di Tacito e di Plinio il giovane, * passò nell'uso     1 Cic. ad Q. fr. l 3, 1. Cf. Tac. Agr. 3, 13. ann. I 61, 14. Il  71, 11. Ili 4, 11.   8 Plavt. asin. 21 (I 1, 6). Ter. haut. 1030 (V 4, 7). Ovid. ara  am. Ili 128. mei. XI 552. etc. Cf. Tac ann. V 8, 12. Nei sgg.  11. : Plavt. irin. 57 (I 2, 19); Cic. ep. {ad fam.) VI 2, 3; HoR.  e. saee. 42, resta io dubbio se la v. ' superstes ' sia costruita  col genit. o col dat., essendo forme dell' uno e dell' altro caso  ì rispettivi complementi : ' uitae tuae, rei publicae, patriae '.   3 Cic. in Verr. I 26, 66. Liv. XXXVI 28, 4. Vell. Patbro. A.  K lì 37, 5 ; 40, 3 Val. Max. /. et d. m. II 8 , 6. Sbn. disi. X  13, 8.   4 Tac. Agr. 33, 1. 39, 2 (Ietto secondo il cod. Vatic. 342(), A  del Halm). 42, 19. hist I 15, 3. ann. I 56, 17 ; 80, 2. IV 39, 3.  Plin. epi%t II 19, 8. Ili 21, 3.     — 140 —   degli scrittori seriori, ^ invece della  est ', preferita dalla latinità classica. ^   III. — Dativo : ^   1.° Il dat. di attribuzione trovasi, talvolta, sostituito  al genitivo, in dipendenza da alcuni sostantivi: Germ,   16, 11 ' solent et subterraneos specus aperire , suf-   fugium hiemi ^ et receptaculum frugibus '. 44, 11 ' est  apud illos et opibus honos '. n. h. XXXVI 198 ' maxi-  mus tamen honos in candido tralucentibus {se. uitris).-^  Il dativo di attribuzione osservasi , sebbene di rado,  negli scritti anteriori al 1.'' secolo dell'impero : ^ dopo.     1 Cf. IvLiAN. ìq dig. HI 2, 1. Vlpian. in dig. XLVIII 19, 9.   2 Vedi Georges, ausfuhrl. Handwb. , II, e. 904. Nella n. h, si  accoglie anche la locuzione classica ' mos est*: v. 4 , 33. 11 ,  184. 19, 73. 25, 77. 28, 36. 29, 4. 33 , 11; 21. 34 , 16. Si nota * in  more est * in 16, 13.   3 Vedi, quanto ali* uso del dat. la monografia di W. Knoess,  de dat. fin. qui die. usa Tac. eornm., Vpsaliae 1878; e quella  di A. CzYGZKiEWiGz, de dat. usu Taeit.y BroJy 1896.   4 * Hiemi ' ò la lez. data dai codJ. Il Reifferscheid ed il Halm  congetturano * hiemis *; il Halra però dubita: * aa hieme? * Cer-  to è che la costruzione di * suffugium * col genitivo osservasi  in un altro 1. della Germ. 46, 18 * ferarum imbriumque suffu-  gium * ; ed ò preferita da Qvintil. L o. IX 2, 78 * suffugia in-  firmitatis*; e da Tac aan. IV 66 , 11 * urguentium malopum  suffugium •.   5 In Tac. Agr. 21, 9. hist. I 21, 6 * honor ' si accompagna col  genitivo. Anche col genitivo sono costruiti ' rector* e * subsidia *  nella n. h. 2, 12. 35, 102.   6 Caec. Stat. eom, rei. ll9(Ribbeck) * meae morti remedium *.  Cic. de or. I 60, 255 * subsidiura... senectuti * ( ma nello stesso  1. * subsid. senectulis '). in Catll. II 5, 11 * huic..bello..ducem *.  Catvll. 63, 15 * mihi comites *. Vero. Aen. V 111 * pretium  uictoribus '.     — 141 —   r uso si estese di più. *   2.° Nella Germ. e nella n, h. si accoglie T uso del  ^ datiuus absolutus' : - Germ. 6, 14 * ìq uniuersurn a e-  stimanti plus penes paditein roboris \ n. h. XVI  178 ' proxirneque aestimanti hoc uideantur esse,  quod in interiore parte mundi papyrum ' : v. inoltre  15, 72. 16, 200; e cf. 36, 120. Costrutti analoghi sì no-  tano in Cesare, Virgilio, Livio, Ovidio. '•   3.** Degli aggettivi che, tanto nella Germ. quanto nella     » Vedi Tac. hisL 1 22, 11 ; 67 , 4 ; 88 , 5 ( ma ' minister ' col  genit. in hisL II 99, 13: cf. Verg. Aen. XI 658). II 1 , 2. Ili 6,   I. IV 19, 6; 22, 17; 61, 15 ( ma • pignus * col geoil. in hisL III  72, 4 ; 76, 4. V 8, 2. ann. I 3, 1 ; 22, 1 ; 24, 9; 56, 16. II 21, 13;  43, 27; 46, 23; 60, 18; 64, 18; 67, 12. Ili 14, 18; 40, 5 e 13. IV  60, 8; 67, 8. VI 20, 2 ; 36, 12 e 14; 37, 14. XI 8 , 4. XII 22, 10.  XV 53, 5. etc.   * Il Cocchia, sinL lai., § 73, IH, p. 159, lo chiama 'd«t. iudi-  cantis '. Vedi Draeger, ueber Syni. u. Si, d. Tao. 3, § 50, p 24;  e Valmaggi, comm hisi. Tac, lib. II, p.' 96 II Constans, étude  8. l lanyued Tac-y n.^ 91, p 51, nega C come lo Sghmalz, lat.  Sf/ni. 426) che sia costruzione greca, e lo crede « un datif de  rinterèt atlénué »: tuttavia, mentre egli ammette che nell'A/yr.   II, 10 « le datif n'est pas douteux », per il 1. delUi Germ. 6, 14  dee « qu* il est trés probable »: n ^* 250, 2", p 114.   3 Caes b. e. Ili 80, 1. Verg. Aen. Vili 212. Liv. XXXVII 58,  8: cf. X 30, 4. Ovid. meL VI 656. VII 320. Cf. Tau Agr. 11, 10.  hist II 50, 12. Ili 8, 6. IV 17, 16. V 11, 18: aggiungiamo Agr,  10, 12, conservandovi lì lez. * transgressis ', data dal cod. Vatic.  3429 (A del Halm). B Renano, seguito dal Halm ( e, nella ed. to-  rinese deWAgr., 1886, p. 23, dal Decia) la mutò in * transgressa ':  il Ritter, accogliendo la congettura del Busch, Tespunse. L'os-  servazione sul dat. assoluto resta ferma, ancorché si voglia ac-  cettare l'emendazione del Doederlein, che fa rientrare ' trans-^   gressis ' nella proposizione seg., dopo * sed *.     — 142 —   n. /i., reggono il dativo, ci sembrano degni di nota :   aji> * diuersus ' : Germ, 46, 11 ' quae omnia diuersa  Sarmatis sunt, in plaustro equoque uiuentibus '. n. h.  XII 97 * pretia nulli diuersiora '. ^ Cicerone non evitò  il costrutto col dat., " ma si avvalse anche di quello  COR' r ablativo. ^   h).' auspicatissimus ' : Genn. 11, 5 ' agendis rebus  hoc auspicatissimum initium credunt '. * n. h. XVI 75  * spina nuptiarum faci bus auspicatissima '. ^   4.° Quanto ai verbi composti che sono usati col dat., ^  notiamo i sgg. :   a) ' accedere ' : Gey^m. 4, 1 ' ipse eorum opinioni bus ^  accedo '. n. h. IX 17 ' nec me protinas huic opinioni  eorum accedere haud dissimulo ' : v. inoltre 6, 213. 7,  146. 15, 14. 32, 143. 34, 8. 37, 101. etc. Ma ess., tutto-  ché non frequenti, ne avevano dato Ennio, Cicerone,  Nepote, Orazio, Livio, Velleio Patercolo, Columella, etc. ^     1 'Dtiiemus* è costruito col genit. in Tao. hist. IV 84,2. ann.  XIV 19, 5.   « Cic. de leg, agr. II 32, 87. Cf. Vbll. Paterg. h. R. II 75, 2.   3 Clc. Brut 90, 307.   •* Vedi Draeger, ueber Syntu. SL d. Tao, 3 , § 206, B, b, p. 83.  CoNSTANS, étude s l langue d, Tae. , n.** 95, 3, p. 54.   5 Vedi 60pra, cap. I, A, III, 4.", pag. 35.   6 Vedi Av Lehmann, de tteròf'8 compos. apud Sali, Caes., Tae.  cum dat siruet, Breslau 1863.   7 II Meìser e il Halm sostituiscono * opinioni * ad *opinionibus'  che ò lez. data dai codd.: ò una sostituzione che non fa venir  meno 'a nostra osservazione: v. la nota 3, pag. 14.   8 Enn. ann. XIV fr 260, in PLM., voi. VI, p 95, ed. Baehrens  (cf. Magrob $at VI 5, 10) Cic. ad Q. fr. I I, 1. ad Ait V 20,  3. Nbp I (Milt.) 4, 5. HoR. sai II 5, 71 sg. Liv. XXVI 50, 12.   VEJ.L Patebc. h i?. I 8, 5 C0J.VM de r r III 21, p. 398, 8. Cf.     -- 143 -   b) ' eximere ' : Oey*m. 29, 6 ' exerapti oneribus et col-  lationibus '. n, h. XXX 51 ' canìnus (se. lien) si uiuenti  exinaatur et in cibo sumatiir ', e. q. s. La costruzione  col dat. era stata prima accolta da Plauto, Virgilio, Li-  vio, Seneca, Curzio, etc. '   e) ' interuenire ': Germ. 40 , 7 ' interuenire rebus  hominum '. n. h. XXI 68 * in Italia uiolis succedi t rosa,  buie interuenit liliura ' : v. 18, 342. 33, 127. È costru-  zione classica, confermata dagli ess. di Cicerone. ^   5.*" Il dat. appare usato per complemento di un verbo  passivo air infinito o in un tempo finito semplice : ^  Germ. 16, 1 ' nuUas Germanorum populis urbes habita-  ri satis notum est'. 39, 13 * centum pagi iis habitan-  tur '. ^ n. h. II 247 ' quem (se. Eratosthenen) cunctis     QviNTiL. L 0. IX 4, 2. Tac. hist. I 34, 2 ; 57, 7 ; 59, 8 ; 70, 4. II  33, 1 ; 58, I. etc.   1 Plavt. mere, 127 (l 2, 17). Vero. Aen. IX 447. Liv. Vili 35,  5. Sen. de ben. VI 9, 1. Cvrt. hist A. M. VII l (l), 6. È dub-  bio se si tratti di dativo o di ablativo nei ?gg. 11. : Hor. carm.  II 2, 18. ep. I 5, 18. Liv. V 15, 3. VI 41, 2. XXVIII 39, 18. XLV  31. 12. CvRT. hist A. M. VI 3 (7», 3; 11 (43., 24. Quanto alla  costiuzione col dat., cf. Qvintil. i. o. X 1, 74. Tao. ann. I 48 ,  7; 64, 9. IV 35, 4. XII 56, 17. XIV 48, 9; 64. 2 (ma con Tablai.  retto da * e ' in Agr. 3, 14}: vedi ilcomm. del Nipperdey ad ann.  XiV 64. Per la condizione postclassica del v. 'eximere' col dat.  nella prosa latina, v. Krebs-Schmalz, antib. I, p. 497.   2 Cic. de or. II 3, 14. ad Q. fr. l 2, 1,2. de fin. I 19, 63. Cf. Liv.  I 6, 4 ; 48, 1. XXIII 18, 6. Ovid. met XI 708. Tac. hist IV 85, li.   3 II dat. usato col part. perf. e coi tempi composti di un ver-  bo passivo è un costrutto più frequente, anche nei tempi della  latinità aurea. Vedi Cocchia, sint lat , § 73, V, p 160.   ^ Nei codd. si legge ' pagis habitantur*: noi ci atteniamo al-  l' enoendazione del Brolier, * pagi iis habitaniur ' , accolta dal  Ma^sroenn, dal Riiler,d8l Halm, dal Kritz, dal Finck, etc La.     — 144 —   probari uideo * : v. 3, 9; 54. 16, 249. 36, 12. etc. Cice-  rone se n' era avvalso, sebbene di rado, massime con  r intendimento di significare un'azione vantaggiosa al-  l' autore di essa. ^   IV. — Ablativo:   1.** All'accusativo predicativo trovasi sostituito l'ab-  lativo ' loco ' col genitivo : Ge?^m. 8, 9 * Velaedam diu  apud plerosque numinis loco habitam '. n. h. Vili 173  ' est in annalibus nostris peperisse saepe (se. mulas),  uerum prodigii loco habitum '. La sostituzione è rife-  rita anche al nominativo : n. h. XXXIII 46 ' hic num-  mus {se. uictoriatus) ex lUyrico aduectus mercis loco  habebatur': cf. 11, 191. Cicerone, Cesare e Bruto a-  vevano dato i primi ess. di tale uso sintattico. ^'   2.° L'ablativo di luogo appare privo della prep. ' in '  nei sgg. 11. della Germ.: 10, 13 Msdem nemoribus.ac  lucis'. 37, 3 * utraque ripa'. 40, 18 ^ secreto làcu ab-  luitur '. etc. Lo stesso osservasi nella n. h. II 168 ' si-  ue ea {se. palus Maeotica) illius oceani sinus est...., siue     congettura deir Ernest!, ^ pagis habitaot ' , fu seguita dal Dilthey,  dallo Zernial, da Io. Mueller, etc. Il Kiessiing riproduce la lez.  dei codd ,* quamquam nibil', egli soggiunge, op. e, p. 143,  ' adhuc ex scriptoribus Latinis afferri potuit, quod hunc huius  uerbì usum confirmaret*.   1 Cic. pari. or. 5, 15 m Verr. V 45, 118. ad AH. 1 19, 4. Tuse.  V 24, 68. de off. Ili 9, 38. Cai. m. 11, 38. Cf. Tag. Agr. 10, 7.  hi9i. I 11, 9; 27, 9; 35, 8. II 80, 21 ann I 11, 11; 17, 23. II 57,  18. XII 1, 9; 9, 8 etc.   « Cic. de inu. rhei. II 49, 144. de dom. s 14, 36. ep. (ad fam.)  VII 3, 6. Caes. ò. G. vi 13, 1. Brvt. in Cic. ep. ad Brut I 17,  5. Cf Tac. hisi. II 91, 2. IV 26, 7. ann. XIII 58, 4. Vedi Coc-  chia, ami. laL, § 12, V, e, p. 18.     — 145 —   angusto discreti situ restagnatio \ Vili 99 ' hiberno si-  tu membrana corporis obducta ' : y. 6, 74. 10, 62. 19,  48. 25 , 63. etc. * Nella Germ. si accoglie anche 1' uso  della prep. ' in ', quando con 1' ablat. di luogo si ac-  compagni il pron. * idem ', p. e. 12, 10 * in isdem con-  ciliis ', che sintatticamente risponde al 1. e. sopra, 10,  13 ' isdem nemoribus '. Similmente nella n. h, 2, 205;  219 osservasi 1' espressione ' in eodena loco '. ^ Così  nella Germ. 36, 1 si legge ' in latere Chaucorum ' :  costrutto accolto nella n. h. 3, 22. 9, 50. 35, 22. etc. ,  ma rifiutato in 2, 73; 168. 4, 40; 110. 5, 72; 74. 6,  191. 24, 160. etc. ^   3.** Gli aggettivi ' ferax ' e ' ingens ' sono usati nella  Germ. con un complemento di relazione in ablativo :   a) Germ. 5, 4 ' satis ferax ' : al contrario n. h. XV  100 ' qui {se. acini) minime feraces musti '. Il costrutto     1 Potremmo aggiungere n. h. XXXVII 19 * exposìta occupa-  rent iheatrum peculiare trans Tiberim h o r t ì s ' secoado la lez.  data dai codd. e dalla * uulgata ', accolla neir ed. Harduin, II,  p. 767, 9, ma rifiutata dal cod. Banberg. e dalle edd. Jan (vo^  V, p. 145, 38) e Mayhoff (voi. V, p. 388, 10}, che ammettono ' in  hortis •. Cf. Tao. hisL I 64, 17. II 1, 13; 43, I ; 50, 9 ; 62, 2; 66,  4. III 22, 15; 38, 3; 61, 5. V 5, 21. ann. I 61, 12; 65, 20. Ili 38,  10. IV 43, 9. XlV 61, 3. etc.   2 Negli scritti di Tac. si preferisce, in tal caso, respingere la  prep. * in •; valgano d'es. hisL I 55, 10. II 45, 12. Ili 13, 16; 72,  17. IV 53, 4. ann. I 31, 12. II 24, 11. XIV 44, 12. etc. Vedi la  monografia di F. Schneider, quaesL de obi. usu Tao., I, Lìgni-  ciae 1882.   3 Tac. accolse tale costrutto in ann. III 74, 10; lo rifiutò in  ann. XV 38, 17. Per V uso classico dell* ablat. di luogo senza  la prep. * in ', v. Cocchia, sinL lai., § 78, I, p. 178 sgg.   Consoli, La Germania comparata. 10     — 146 —   col complemento in ablat. è dato da Virgilio; ^ m&. il  costrutto col genitivo è presentato da Orazio , Livio ,  Ovidio , e seguito da Valerio Fiacco , Tacito , etc. ^ :  d' onde quella incertezza d' uso, che si osserva in Pli-  nio il giovane, ^ salvo che si voglia attribuire quella  che può parere incertezza, a difTerenza di significazio-  ne, secondo che propria o in traslato, della v. ' ferax '.  b) Genn. 37, 2 * parua nunc ciuitas, sed gloria in-  geas ' : cf. n. h. 23, 75. Il costrutto di ' ingens ' con  r ablat. era stato adoperato da Virgilio : * Sallustio  preferì, invece, il costrutto col genitivo. ^   — D —   Le osservazioni che seguono si restringono a deter-  minare le relazioni sintattiche concernenti 1' uso dei  modi: quello che e' è da dire in rapporto all' uso dei  tempi, sarà trattato in dipendenza dall' uso dei modi  del verbo.     1 Vero, georg. II 222 * illa ferax oleosi ' (Ribb.) , o maglio  ' oleo est \ secondo la lez. preseatata dai codd. Palat. e Rom.,  confermata da Nonio Marcello (p. 500, 23 ed. Mere; p. 341, 6  ed. Gerlach-Roth) e da Arusiano (VII 473 K).   « HoR. e. aaee. 19. epod. 5, 22. Liv. IX 16, 19. Ovid. mei. VII  470: cf. am. II 16, 7. Val. Flagg. Argon. VI 102. Tac. ann.  IV 72, 9. etc.   3 Plin. episi. IV 15, 8 * ferax... bonis artibus *. II 17, 15 * ar-  borum .. ferax *. Vedi Draegbr, hist Synt, § 206, 3, p. 441 sg.  ueber Synt u. Si. d. Tac. 3, § 71, a, p. 33.   4 Vero. Aen. XI 124; 041. Cf. Stat. sii. I 4, 71 sg. Tac. hisL  I 53, 2; 61, 1. II 81, 3. ann. XI 10, 12. XV 53, 7.   5 Sall. hisi. III 10, ed. Kritz. Cf. Tac. hist IV 66, 17. ann. I  6% 4.     — 147 —   I. — Indicatwo:   1.** L' indicativo retto da * dum ' conservasi anche  nelle proposizioni subordinate che si trovino in dipen-  dènza da altre subordinate: Oerm. 12, 5 ' diuersitas  supplicii illuc respicit, tamquam scolerà estendi opor-  teat , dum puniuntur, flagitia abscondi '. Lo  stesso si osserva nella n. h. XXVII 42 * uolneribus sa-  nandis tanta praestantia est, ut carnes quoque, dum  cocuntur, conglutinet addita '. ^ Cicerone ne a-  veva dato qualche raro es., seguito poi da Livio e da  altri scrittori. ^   2."* Risponde all' uso sintattico più corretto * prout '  con r indicativo : Germ. 3, 6 ^ prout sonuit [acies '. n.  h. XII 121 ' prout quaeque res fuìt \ XXXI 58 * prout  res exiget ': v. 10, 180. ^ Ma in Plinio si amplia l'uso  di ' prout ', talché questo occorre anche col soggiun-  tivo: V. n. h. 2, 152. 5, 51. 28, 17. 29, 30. 33, 164. ^   1 Si accompagna anche col soggiuntivo nella n. h. XXVIII  1 70 * carnesque uesci eas et, dum coquantur, oculos  uaporari iis praecipiunt '.   « Cic. p. Cluent 32, 89. de fin. V 19 , 50. Liv. XXIV 19, 3.  CvRT. hi8i. A, M. VII 1 (3), 18; 8 (34), 14. etc. Cf. Tao. héat.  I 33, 6. Ili 38, 22; 70, 12. V 17, 6. ann. II 81 , 9. XIII 15 , 24.  XIV 58, 15. XV 45, 16; 59, 13. Idial de oraioribus 32, 34J. Ve-  di Draeger, ueher Synt a. SL d. Tao. », § 168, p. 68. Cocchia,  8int lai, § 173, IH, a, p. 417. Frigell, epileg. ad T, Liuii lib,  XXI, p. 29.   8 Cosi Cic. in Verr. II 34, 83. ad AH. XI 6, 7. Caes. 6. e. Ili  61, 3. Liv. XXXVIII 40, 14; 50, 5. Cf. Qvintil. i. o. I 7, 2. VII  2, 57. Tac. hisL I 51, 17. Il 10, 9. ann. XII 58, 9. idial de ora-  iorihm 31, 20].   4 Vedi SBN. ep. XII 3 (85), 11. Tac. hist I 48, 20; 59, 5 ; 62,  15. ann. XII 6, 15. XIII 8, 12. Vedi inoltre Valmaggi , eomm.  hist Tae. I, p. 22.     — 148 —   3.** La cong. causale ^ quaQdo ' è ordinata con l'indi-  cativo: Germ. 33, 8 ' duretque gentibus, si non amor  nostri, at certe odium sui , quando... nihii iam prae-  stare fortuna maius potest quam hostium discordiam '.  n. h. XVIII 126 ^quando alius usus praestantior ab iis  non est': v. 17, 13; 16. 21, 1. 34, 57. etc. Numerosi  sono gli ess, di tale costrutto presso gli scrittori an-  teriori. ^ Nella n. h, trovasi anche la cong. ' quando '  ordinata col soggiuntivo : XVII 27 ' neque fluminìbus  adgesta semper laudabilis, quando senescant ^ sata  quaedam aqua ' : v. 10, 58. dub. semi. XIII, p. 44, 14  sg., ed. Beck. Lo stesso costrutto col soggiuntivo si os-  serva in Livio e, poi, in Tacito. ^   4.** L'espressione ' ut qui ' con l' indicativo si nota  nella Qerm. 22, 2 * lauantur saepius calida, ut apud  quos plurimum hiems occupat': cf. n. h, 30, 10. Nella  n. h. si accoglie ' ut qui ' col soggiuntivo : XXXI 83  ^ quercus optima, ut quae per se ci nere sincero uim sa-  lis reddat ' : v. 18, 134. 36, 120. ^ Certo è che nel mi-     1 Plavt. cist 116 (I 1, 118). Ter. adelph. 287 (II 4, 23;. Cic  top. 5, 26. de fin. V 23, 67. Tuse, IV 15, 34. Sall. lug. 102, 9.  Vero. Aen. X 366. Hor. sai. II 5, 9; 7, 5. Liv. XXXIX 51, 9.  Cf. SiL. IT. Pun. XIII 768. Tag. hi$i. I 87, 1 ; 90, 10. ann. I 44,  12. Vedi Cocchia, Bini, lai., § 169, VI, avv. 2, 6, p. 407.   * La lez. * senescant ' nel 1. e. della n. /i. ò presentata dai  codd. e confermata dal Mayhoff, voi. Ili, p. 72 , 14 : nella ed.  Sillig. (v. Ili, Hamb. e Gotha, 1853) si legge 'senescunt'.   3 Liv. Ili 52, 10. Tac. hisi li 34, 4. IH 8, 13. ann. IV 64, 10.  XII 6, 2.   4 Agli ess. dedotti dalla n. A. si può aggiungere 31, 31, ove  si voglia accogliere la lez. * ut quae *, che ò presentata dai  codd. Paris. 6795 e Riccard.», e accettata dalla ' uulg. * e dalle  edd. Harduin. II, p. 551, 6; Mayhoff, voi. V, p. 12, 9: il Jan,  voi IV, p. 266, 2 la rifiuta.     — 149 -^   giior tempo della lingua latina si diede la preferenza  al soggiuntivo; ^ e qualche es. contrario che osserva-  vasi in Cicerone, è stato convenientemente emendato  dagli editori moderni. ^ Negli scritti di Tacito appare  costantemente la costruzione col soggiuntivo. ^   II. — Soggiuntivo :   1.** Osservasi, talvolta, il presente del soggiuntivo  retto da ' donec ', per indicare una circostanza reale o  un'azione che si suole ripetere per abito: Germ. a) 1,  10 ' donec in Ponticum mare sex meatibus erumpat '.  35, 5 * donec in Chattos usque sinuetur '. h) 20, 5 ' donec  aetas separet ingenuos, uirtus adgnoscat '. 31, 10 * do-  nec se caede hostis absoluat ': v. inoltre 31, 16. 40, 16.  Ai 11. ce. della Germ. si possono confrontare i sgg.     > Cic. Phil XI 12, 30. Caes. 6. G. IV 23, 5. Livio accoglie tan-  to la costruzione con 1* indicativo : V 25, 9 ; quanto quella col  soggiuntivo: XXIII 49, 12. Vedi Riemann, op. e , § 115, n. 3, p.  291. Cocchia sint lai, § 160, III, ò, p. 372 sg.   s Cosi, p. es, in Cic. ad. AH. IV 16, 6 leggevasi prima • ut  qui iam intellegebamus * (v. ed. Nobbe, p. 847) ; ora si legge  * quod iam i. * (v. ed. Alb. Sad. Wesenberg, par. Ili, voi. II, p.  148, 10, in cui il 1. e. ò trasportato in IV 17 (18), 3). Parimente  ad Ali. Il 24, 4, nel passo ' utpote qui nihil contemnere sole-  inus, (V. ed. Nobbe, p. 834), si ò sostituito 'soleamus' nella cit.  ed. Wesenberg, voi. cit., p. 85, 20.   3 Tac. hist III 25, 4. ann. II 10, 12. IV 62, 6. etc. : perciò il  Prammer sostituisce nel testo della Germ. 22, 3 ad ^ occupat '  la forma del soggiuntivo ^ occupet *. Il Halm , al contrario, es-  tende r accezione dell* indicativo dal 1. e. anche al 1. della  Germ, 17, 6, supplendo il v. «eat* nella frase ellittica * ut qui-  bus nullus per commercia cultus ' : v. Germ ed. Halm, Lps  1883, p. 231, nota.     -150-   della n. h.: IX 133 * donec spei satis fiat, uritur liquor \  XVIII 103 ' postea operiuntur in uasis, doaec acescant ':  e similmente 30, 86. 34, 122. etc. Se ne erano dati de-  gli ess. prima da Orazio, Livio, Curzio ed altri. ^ Ma  nella Germ. 37, 24. 45, 19 la v. ' donec ' si accompa-  gna, secondo l'uso sintattico comune, con V indicativo.   2.** La deviazione sintattica di ' quamquam ' col sog-  giuntivo appare prevalènte nella Germ.j poiché per otto  volte che tale voce è adoperata, in due (5, 13. 17, 14)  si nota al principio di una proposizione principale, in  funzione , come osserva il Draeger, ^ di avverbio ; ^ in  un 1. (4, 5) non è seguita da un verbo di modo finito;  in quattro 11. (28, 20. 29, 15. 35, 3. 38, 4) regge il pre-  sente il perfetto del soggiuntivo : in un 1. (46, 3) si  accompagna col presente indicativo. Dello stesso modo  osservasi nella n. h. la v. ' quamquam ' col verbo al-  l' indicativo (16, 161 ; 204 ; 206. etc.) o al soggiuntivo  (18, 125 : cf. dub. serm. II i, p. 20, 13 , ed. Beck ) : si  osserva anche ' quamquam ' coi participi: v. 15, 52. 18,  265. 19, 50. 25, 87. 26, 21. 30, 13. etc. ; e con gli ag-  gettivi: V. 15, 52. 29, 1. 30, 13. etc; talvolta si riferi-  sce ad un verbo sottinteso : v. 3, 55. 8, 120. 16, 151.  34, 62: cf. dub. serm. II e^ p. 14, 27, ed. Beck.   Or, la deviazione sintattica di ' quamquam ' col sog-  giuntivo, la quale è notata di preferenza nell'età impe-     1 HoR. ep, I 18, 63 sg. II 3, 155. Liv. XXI 10, 3. XL 8, 18.  CvRT. hisL A M IV 7 (31), 22. Cf Qvintil. L a XI 3,53. Tac.  hist II 1, 8. Ili 47, 17. V 6, 21. anr^, II 6, 16. etc. Vedi RiBìfAKK,  op. e, p. 297, n. 1.   2 Drabgbr, ueber Synt u. Si. d. Tacs, § 201, p. 81.   3 C£ Tac. ann. XII 65, 12. Idial de oratoribua 2B, 9^ 33^ Ili.     riale , appunto perchè allora , per etócàcia dèi ^rlafé  del volgo, sì cominciò a far confusione tra le funzióni  del modo indicativo e quelle del soggiuntivOj mostrasi  anche nell' età aurea della prosa latina , ma solo nel  caso che il pensiero che s' intende esprimere richieda,  indipendentemente dalla presenza di ' quamquam ', ra-  so del soggiuntivo nella proposizione; come, p. es., per  indicare possibilità o condizione : * talvolta, e ciò bófte  avverte il Rieraann, 2 pare che la deviazione si debba  attribuire ad errore di copisti.   3.** Il soggiuntivo nelle proposizioni relative , tanto  consecutive quanto finali, è d'uso ordinario nel latino:  Gef^m. 29, 4 ' in eas sedes transgressus, in quibus pars  Romani imperii flerent '. 32, 2 * quique terminus esse  sufflciat '. 35, 8 ^ quique magnitudi nem suam malit iu-  stitia tueri \ n, h. XXXIII 84 ' remedium abluere idlatum  et spargere eos, quibus mederi uelis ': v. 34, 122; 134.  etc. ^   4.** Per il tramite della frase pliniana, n. h. XXXVI  113 ' cuius nescio an aedilitas maxime prostrauerit  mores \ modellata sulla frase di Cicerone, de fin. V 3,  7 ^ quem... haud scio an recte dixerim principénl ', dò-     1 Varr. in Gbll. n. A. XIV 8, 2. Cic. de or. II 1, 1. Ili 7, 27;  26, 101. p. Piane. 22, 53. de fin. Ili 21, 70 (v. comm. Madvig).  Tuse. I 45, 109. V 30, 85 (v. comm. Kuehner). de legibus IH 8,  18. Nep. XXV (Att) 13, 6. Sall lug. 3, 2. 83, 1. Cf. Verg. Aen.  VI 394. Liv. XXXVI 34, 6. Tao. Agr. 3, 1. 13, 5. hist. I 9, U.  II 20, 5. Idial de oraioribus 34, 14].   « RlEMANN, op. e, § 126, p. 300 sg. V. iaoltre Cocchia, slni. lai,  § 181, III, p. 444. Georges, ausfuhrl. Handwb., II, e. 1906.   8 Per la conferma con ess. di Cic. v. Cocchia, séni, lai, § 160,  I e II, p. 366 sgg. Cf. Tag. Agr. 34, 12. hf'ai. I 15, 18. IV 8Ì^ 3.  ann. I U, 9; XV 47, 6. etc.     — 152 —   vette, probabilmeQte, penetrare nella elocuzione della  Germ. e di altri scritti dell' età argentea ^ V uso del  perfetto soggiuntivo potenziale nelle proposizioni subor-  dinate: Germ. 2, 5 ' immensus ultra utque sic d i x e-  r i m aduersus Oceanus raris ab orbe nostro nani bus  adi tur '.   III. — Infinito :   1.° Dell' infinito descrittivo si hanno ess. nella n. h. :  V. 14, 6. 28, 146. etc. ^ Nella Germ. V infinito descrit-  tivo giunge a penetrare nelle proposizioni relative im-  proprie. 7, 11 ' et in proximo pignora, unde feminarum  ululatus a u d i r i , unde uagitus infantium '. ^ Sallu-  stio aveva ammesso l' infinito descrittivo nelle proposi-  zioni comincianti col pronome relativo; * e l' es. di lui  fu in più luoghi continuato da Tacito. ^     1 Vedi QviNTiL. i. o. V 13, 2. Tao. Agr. 3, 13. ann, XIV 53,  13. Idial. de oraioribus 34, 8. 40, 19J. Plin. episL II 5, 6. pan  42, 3.   2 Si notino gli ess. analoghi di Vbrg. georg. I 200 (cf. Aen,  II 169). Aen. IV 422. VII 15.   3 Cf. Tag hist. IV 80, 13. ann. VI 19, 12. Alcuni annotatori e  editori della Germ. non hanno accolto la forma ' audiri ' nel  1. e, perché, come scrive il Kritz, op. e, p. 47, * infinitiuus hi-  storicus ut iam per se h. 1. ferri nequit, ita multo minus  ex relatiua particula aptus esse potest ' ; ed hanno mutato  * audiri * in * auditur ' ( Kritz ), ' audiunt ' (Madvig), * audias '  (Woelfflin), * audiant ' (Hirschfelder), * est audire * (Schuetz e  Maehly): il Heraeus ha aggiunto * possit ' dopo * infantium *; il  Ritter ha espunto * audiri '.   4 Sall. lug. 70, 5 * litteras mittit, in quis mollitiam socor-   diamque uiri accusare, testari deos ' e. q. s.   5 Tac. hist I 52, 16; 81, 4. Ili 63, 13. IV 84, 3. Vedi P.     — 153 —   2.** Tra i verbi che nella Germ. si accompagnano con  r infinito, invece di reggere, secondo l'uso più comune  per alcuni di essi, il soggiuntivo con * ut ' o * ne ', no-  tiamo i sgg. : ' coarguere, consentire, obsistere, persua-  dere , quaerere, suflìcere '. Ommettiamo di trattare dei  vv. ' coarguere, ' obsistere, *• sufflcere ', ^ perchè non ci  è dato trovarne adatto riscontro né nella n. h. né negli  scritti di Tacito : è probabile, però, V analogia di co-  strutto tra ' obsistere ' con l' infinito e ^prohibere ', che  Plinio usò pure con V infinito. *     Crbusny, de U8U inf. hiat ap. Tao. ; in Méaeel philol. liòellus,  Bresiau 1863.   * Il V. 'coarguere' costruito con TinfiiL appare, oltre che  nella Germ, 43, 4, anche in Qvintil. L o. IV 2, 4 e in un 1.  del 6. Alex, 68, 1, che sia letto, però^ come è presentato dai  codd., cioè col v. ' coarguisset * dopo T infinito * recipere *, e non  come leggesi ora neir ed. B. Kuebler. Lps. 1896, p. 43, 26, col  V. * coarguisset * mutato di posto.   * Il V. * obsistere * con l' infìn. si nota nella Germ. 34, 11 * ob-  stitit Oceanus in se simul atque in Herculem ìnquiri '. Presso  gli altri scrittori si accompagna col soggiuntivo retto da ' ne '  o * quo minus ' ; p. es. Plavt. miì. gì 333 ( II 3, 62 ). Cic. in  Verr. V 2, 5. ad AH, VII 2, 3. de nai, d, II 13, 35. Nbp. I (MilL)   3, 5. etc.   •* * Suflìcere * con V infin. è costrutto poetico , dato da Vero.  Aen. V 21 sg. , e ripetuto nella Germ, 32, 2 * quique terminus  esse suflìciat *. Plinio Secondo preferi accompagnarlo col ge-  rundio dativo: v. n. A. 13, 79. 18, 249. 36» 57; o col gerundio  accusativo retto da 'ad *: v. n. h, 24, 147. Plinio il giovane lo  associò con * ut* o 'ne* e il soggiuntivo: v. epist IX 21, 3;  33, 11.   4 Plin. n. h, XXII 90 * Cleemporus nigro prohibet uesci ut  morbos facìente '. Cf. Tag. hist, I 62, 13. ann,\ 69, 3. Vedi Mad-  vio, lai, SprogU § 344 e § 350 Anm. 3, pp. 239, 244. Cocchia,  9ini, lai, , § 168, I, avv. 6, p. 391.     -184-   a) La oastruzione del v. ^ consentire ' con V infinito  sì nota nella Oerm. 34, 9 * in claritatem eius referre  consensimus \ Nella n. h. si ha tanto la costruzione  con r infinito : XVII 80 ^ Graeci auctores consentiunt  non altìores quìno semipede esse debere': v. 18, 312;  quanto la costruzione con * ut ' e il soggiuntivo : XIV  64 * Tiberius Caesar dicebat consensisse medicos ut no-  bilitatem Surrentino (se. nino) darent \ La costruzione  con r infinito non fu estranea a Cicerone e Quintilia-  no ; ^ ma nemmeno fu trascurata quella con * ut ' e il  soggiuntivo. 2   h) Il V. ' persuadere ' è usato con V infinito nella  Germ. 14, 16 * nec arare terram aut exspectare annum  tam facile persuaseris '. La n. h. presenta * persuade-  re ' tanto con l' infinito : XXIII 40 ^ at nos e diuerso  fumi amaritudine uetustatem indui persuasum habe-  mus ' ; quanto con * ut ' e il soggiuntivo : XXXVII 88  * persuasimus deinde Indis, ut ipsì quoque iis gaude-  rent '. '   e) La costruzione del v. * quaerere ' con l' infinito,  nel senso di « ad oprarsi , cercare , tendere », appare  gradita ai poeti: * osservasi nella Oerm. 2, 3 * classi-     i Cia de leg. agr. I 5, 15. Phil. II 7, 17. IV 3, 7. Qvintil. L e.  Ili 7, 28. IX 1, 17. etc. Cf. Tao. ann. VI 28, 7.   « Vedi Liv. XXX 24, II.   ' Per la dìffereuza neiriuK) classico tra ' persuadere ' eoi ^g-  gìuotivo cetto da * ut ' o senza, vedi Cocchia, sint tei, g 163,  X, avv. 1, a ed e, p. 380.   * LvcR. de r. n. I 103, Vbrg. Aen, IV 6Sl. Hor. eai^m. ì 16,  26. OviD. am. I 8, 51. episi, (her.) 12, 176. irèst V 4, 7. Phabdr.  fab^. m proL 25. IV 9, 2. ete.     ^ 166 -  bus aduebebantur qui mutare secles qui^rebant * ^ * e  nella n. h. Y 54 ^ Inter occursantis scopulos noB floere  inmenso fragore quaerit sed ruere '. Vili 214 * potia»  simum e monte aliquo in alium transilire quaerens*.  Non è certo cbe un costrutto consimile sia stato fpi^  ma adoperato da Cicerone. ^   IV. — ^ Participio:   1." ^ Velut ' è usato con un participio, iaveoedi ìmm  proposizione retta da * uelut si ' : Oerm, 7, 7 * uelut  deo imperante', n. h. X 47 ' uelut ideo tela iigiiAta  cruribus suis intellegentes '. In Livio tal^ uso notasi più  di frequente. ^   Z."" Participio perfetto aoristico : Germ. 40, 11 * is  adesse penetrali deam intellegit uectamque bubus  feminis multa cum ueneratione prosequitur '. n. h.  XXXVII 54 * nunc gemmarurn confessa gea^ra dice-  mus ab laudatissimis orsi': v. inoltre Zy 44, 5, 54.     1 U. Zernial, commentando il 1. e. della Germ. p. 19, %vv^.r-  te: « quaerebant e. inf. bei Tao. nur hier >.   t In un 1. di Cic. de inu. rhet II 26, 77 s? legge : ^ quaerat  tamen aliquam defensionem, et facti inutilitatem aut turpitu-  dinem cum indignatione ppoferre '. Ma i codd. Herbipolit. {H)  il Paris. 7774 A (P) e il Sangall. (5) ommettoùo T infln. * profer-  re', che il Friedrich (Lps. 1893, par. I, voi. J,p. 201, 16-17) chiu-  de tra parentesi quadre. Ammessa, per tanto, V Interpolazione  del V. ' proferre*, si avverte nell'an^eò. Krbbs-Sghmalz, II, p.  395, che il costrutto di cui ò discorso « ist nicht nachzuah-  men » ; e il Georges, ausjuhrl Handtob. , lì, e. 1896 , citando  in proposito la hisi Synt III 301 der Draeger, nota che in que-  sta è da cancellarsi Tes. di Cic. de ina. rhet , 1. e.   3 Liv. I 14, 8; 29, 4; 31, 3; 53, 5. Il 12, 13. XXV 39, 4. etc.  Cf. Tao. hi8t. IV 70, 5; 71, 7.     — 156 —   11, 22; 187; 217. 16, 163. 30, 1. 34, 63. 36, 54. etc.  L'uso del participio perfetto aoristico si nota prima in  Cicerone, Cesare ed altri. ^   3.** Participio futuro attivo nelle funzioni di una pro-  posizione subordinata : Germ. 3,1* Herculem memo-  rant, primumque omnium uirorum fortium i t u r i in  proelia canunt '. n. h. XXXV 92 ' Apelles inchoauerat  et aliam Venerem Coi, superaturus etiara illam  suam priorem ' : v. inoltre 7, 143. 16, 10. 17, 9; 173.  25, 22. 26, 117. 29, 19; 29. 34, 36. 36, 119. 37, 20. etc.  L' uso sintattico di cui si è fatta menzione, fu evitato  nella latinità aurea, ^ e, come è noto, cominciò a pre-  valere da Livio in poi. ^     1 CiG. p. Mur. 30, 63. Gaes. ò. G. II 7, 1. V 7, 3. VII 32, 1.  etc. Quanto ai confronti con 11. di Tac, v. Draeger , ueber,  Synt u. St d. Tac. 3 , § 209 , p. 84. Vedi anche Madvig , lai.  Sprogl, § 382, 6, p. 263. Cocchia, aint lai. , § 128, 6, IV, avv. 1.%  p. 282. Ramorino, i eomm, de b. G. ili. pp. 68, 156.   2 Vedi Madvig, lai. Sprogl, § 377, Anm. 5, p. 260 sg. Gandi-  NO, 8ini. laty I, es. 4, n. 3, p. 6 sg.   3 Cf. Tac Agr. 31, 2. hist. I 27, 17. II 53, 7. ann. 128, 1; 31,  4; 36, 5; 45, 8; 46, 7. II 17, 4. etc. Quanto ai numerosi ess. che  presenta Tito Livio, v. Guethling, de T. Liuii orai, diì^puiatio^  LiegQitz 1872, cap. II, p.5 sgg. Kuehnast, die Hauptpunkte d.  lioianischen Synt, Beri. 1872, p. 267 sgg. Vedi anche la mo-  nografìa di F. Helm, quaesL synt. de pariie. usa Tac. Veli.  Sali , Lps. 1879 ; e la monografia di S, Lichotinsky , suir uso  del participio in Tac, Kiew 1891.     CAPITOLO QUARTO     Relazioni sintattiche tra la Qermania  e le opere di Tacito.   Le più notevoli relazioni sintattiche tra la Germ, e  gli scritti di Tacito sono state rese evidenti, mediante  appositi confronti segnati nelle note, nel cap. prece-  dente, in cui si sono trattate le relazioni sintattiche  tra la Germ. e la n. h, di Plinio : nel presente capi-  tolo ci restringiamo, per evitare inutili ripetizioni , a  notare quelle poche relazioni sintattiche tra la Germ.  e le opere di Tacito, per le quali non siamo riusciti  a trovare nella n. h. dei termini sicuri di confronto.   L — Quanto agli usi particolari di alcune parti del  discorso, notiamo :   1.** iPpron. Mpse ', in funzione appositiva al sog-  getto, trovasi unito con un part. perf. passivo costrutto  assolutamente, par supplire alla mancanza del part.  perf. attivo : Germ, 37 , 15 ' quid enira aliud nobis  quam caedem Crassi , amisso et ipse Pacoro,  infra Ventidium deiectus Oriens obiecerit? '. Agr. 25,  21*diuiso et ipse in tris partes e x e r e i t u  incessit': cf ann. XIV 26, 2. Analoghi costrutti pre-  senta Livio nelle frasi : ' causa ipse prò se dieta,   quindecim milibus aeris damnatur '. ' dimissis et ipse  * adticis nauibus .... nauigare Aegyptum pergit '. ' È     1 Liv. IV 44, 10. XLV JO, 2: cf. XXX VIU 47, 7. Vedi Naegels-  3ACH, lai. Siy § 97, 2, 6, p. 262 sg.     — 158 —   possibile che tale uso del pron. * ipse ' sia stato intro-  dotto dopo l'uso analogo fatto da Sallustio del prono-  me * quisque \ *   2.** La particella comparativa ' quam ' è adoperata,  talvolta, con V ellissi dell'avverbio corrispondente * po-  tius ' ; Germ. 6, 20 * cedere loco, dummodo rursus in-  stes, consilii quam formidinis arbitrantur'. hist. Ili 70,   '6 * ctir enim e rostris fratris domura quam Auen-   Untim et penates uxoris petisset ? ' : v. inoltre hist IV  5B, 6; 83, 20. ann. I 58, 6. IH 17, 16; 32, 9. V 6, 10.  Xin &y 16. XIV 61, 22. etc. L'ellissi di ' potius ' no-  t»sA pure in Plauto, Nepote, etc. ^   3.*^ Quo modo ' è usato ad esprimere paragone, co-  alpe *ut*: Germ. 41,2 *quo modo paulo ante Rhenura,  aie ttunc Danuuium sequar '. Agr. 34 , 6 ' quo modo  eiiutts saltusque penetrantibus fortissimum quodque a-  nimal centra mere, pauida et inertia ipso agrainis sono  p^Ilebantur, sic acerrimi Britannorum ìam pridem ce-  ciderunt '. ann. IV 70, 14 ' quo modo delubra^et alta-  fìa, sic carcerem recludant ' : v. ann. IV 35, 7. XVI  31, 8; 32, 14. [dial. de oratoripus 36, 35]. Quanto  alla rispondenza * quo modo - ita ', \*. hist. IV 8, 19;     1 SAll. lug, 18, 3 ' multis sibi quisque itnperium petentibus \  Pel Bignificato di ' et ipse ' in casi aualoghi, v. la monografia  di J. Prammer , ' et ipse ' bei Tae. ; iù Zisehrf. f. d, oesierr.  Gymn, 1881, 500; e il comm. del Valmaggi a Tae. hist I 42,  J, p. 69 ; Il 33, 17, p. 62.   * Plavt. rud. 1114 (IV 4, 70). Afe/i. 726 (V 1, 26). Nep. XIV  (|)at.) 8, 1 ' statuii congredi quam ' cet. , secondo 1* ed. Halm ;  ina accolta la congettura del Fleckeisen ' statim maluit con»-  gnodi^V si rendei non adatta la nostra citaxióne^ Cf. Val. Flagg.  Argon. VII 428.     — 169 —   64, 18; 74, 9. ann. XIV 54, 5. XV 21,5. XVI 16, 11.»  Anche in Cicerone, oltre al significare domanda o am-  mirazione, osservasi V espressione ' quo modo ' adope-  rata in correlazione con ' sic ', di rado * ita '. '^   4.'' La prep. ' ex ' talvolta è usata con significato  modale : Germ. 7, 1 * reges ex nobilitate, duces ex uir-  tute sumunt ' : v. 3, 18. Agr. 40, 10 ' siue uerum istud,  giue ex ingenio principis fictum ac compositum est '.  hist. I 27, 16 * animum ex eaentu sumpturi ' : v. inol-  tre hist. 1 82, 14. II 85, 18. ann. 1 58, 4. Ili 69, 7. IV  64, 5. VI 11, 16. XllI 9, 4; 46, 19. XV 72, 3. etc. Di  tale uso della prep. ^ ex ' si notano numerosi ess« pres-  so gli scrittori precedenti. ^   5.** La prep. * per ' ha valore modale neir espressio-  ne ' per otiura ': Germ. 15, 1 ' non multum uenatibus,  plus per otium transigunt \ ann. I 31, 12 ' isdem ae^  stiuis in finibus Vbiorum habebantur per otium aufc  leuia munia*: v. XV 6, 5. ■* Notevoli ess. ne avevano     1 V. il comm. del Heraeus a Tao. hist III 77.   * Cic. de leg. agr. II 1, 3. aead. pr. II 12, 38 ; 47, 146. de fin.  Ili 20, 67. Tùse. I 38, 91. Ili 17, 37. IV 13, 28. V 7, 18. de legi-  bua I 12,33. de off. I 38, 136. É inesatta, per ciò, raffermazioue  delio Zernial , op. e. , p. 80 , che è « * quo modo ' =: ' ut ' im  VergleìchuDgssatze wie Agr. 34, 6; bei Cic. nur in dar  Frage ».   3 Tbr. haut 203 a 2, 29;. Varr. de l. L. VI 7, 64, p. 96, 12  Sp. CiG. de ina. rhei. II 45, 132. p. Quinci. S, 30 e 31. dia. in,  Caeeil. r», 19. ep. (ad fam.) II 7, 3 ; 13, 4. XII 4, 2. XIII 56, 3.  de fin. II 11, 34. etc. Liv. I 23, 7; 40, 6. V 14,2. XLII 23, 6; 25»  11; 30, 6, Vedi Drabgèr , hist Sini, § 287 , 2 e 6, p. 592 sgg. ;  u^er Synt u. St d. Tae. 3, § 96, p. 41.   ^ et A. G^RBBR, nonn» de usu praepQ8.ap. ITac, Glueckstadt  1871.        — 160 —   dato prima Cicerone e Livio. *   6.^ La rispondenza' siue -seii ', che si osserva nella  Germ. 34, 8 ' siue adiit Hercules, seu quidquid ubique  magnificum est, in claritatem eius referre consensi-  mus ' ; e negli ann. XIV 59 , 1 ' siue nullam opem  prouidebat inermis atque exul , seu taedio ambiguae  spei ' : V. XII 8, 1 ; 26, 8 ; fu prima applicata da Vir-  gilio: ^ e dal modo di applicazione il Woelfflin ne de-  dusse che € dieso Variation flndet sich nur bei un-  gleich gebauten Saetzen oder Satzteilen, » ^   II. — Due osservazioni si debbono aggiungere quanto  all'uso dei casi. *   l.'' Il V. * inuidere ' costruito con l'ablativo di cosa:  Germ. 33, 5 * ne spectaculo quidera proelii inuidere  (se. nobis) '. ^ ann. I 22, 9 * ne hostes quidem sepultura     1 Cic. de inu. rhet I 3, 4. Liv. Il 39, 11. IV 58, 12. VI 27 , 7.  XXI 28, 4; 33, 10; 55, 1. XXVII 2. 9; 46, 10. XLIV 38, 10. etc  V. la monografia di F. G. Hensell, de praepos. * per ' usu Tao,  Maìb. 1876.   « Vbrg. Aen, IX 680. Vedi Manil. asiron. I 132-135. Caes b.  G, I 23, 3 ed aJtH presentano la relazione invertita * seu— siue ',  che osservasi anche in Tac. ann. I 11, 9 * seu natura siue ad-  suetudine '. Nella n. h. di Piiaio notasi la rispondenza ' siue  — uel ': XVII 223 ' siue fungum placet dici uel patellam '.   8 Woelfflin, 1. cit. dallo Zbrnial, op. e, p. 67.   4 Vedi la monografia di R. Seelisgh, de easuum obi ap. Val.  Max. usu Liu. et Taeiiei gen. rat. hab., Monasterii 1872.   5 Alcuni commentatori della Germ. dichiarano che * specta-  culo ' nel 1. e. è dativo, come in Tac. ann. XIII 53, 12 ; e XV  63, 10 : V. Zbrnial, op. e, p. 66. Pais, op, e, p. 53. Ma anche  nel 1. degli ann. XV 63, 10 la frase * non inuidebo exemplo *  presenta, secondo afferma il Draeqer, ueber Synt. u. St. d,  Tae.^, § 64, p. 29, l'ablativo * exemplo \ •     — 161 —   inuìdent '. Quintiliano avverte in proposito : ^ si anti-  quum sermonem nostro comparemus, paene iarn quidquid  loquimur figura est : ut « hac re inuidere » non , ut  ueteres et Cicero praecipue, « hanc rem »'. ^ Il costrutto  considerato ha la conferma in alcuni 11. di Livio e  di Lucano. ^   2.° L'agg. * ferox ' con un complemento dì relazione  in ablativo: Germ. 32, 9 ' prout ferox bello et melior *.  Agr. 27, 1 ^ cuius conscienlia ac fama ferox exercìtus '.  hisL I 51, 2 ' ferox praeda gloriaque exercitus': vedi  inoltre hisL III 77, 21. IV 28, 12. V 15, 13. ann. 1 3,  20. Conformi sono gli ess. presentati da Cicerone, Sal-  lustio, Orazio, etc. ^ Ma in altri 11. di Tacito V agg.  ' ferox ' si accompagna col genitivo, * come in Ovidio; ^  oppure con la prep. ' aduersus ' e l'accusativo. ^   III. — Per quanto concerne V uso dei modi e dei  tempi del verbo, si deve osservare :   I.v la costruzione del v. ' merere ' con V infinito :  Germ. 28, 20 * (Vbii) quamquam Romana colonia esse     » QviNTiL. i. o. IX 3, 1. Vedi Cic rase. Ili 9, 20. Hor. sai. 1  6, 49 sg,   « Liv. Il 40, 11. LvcAN. de b. e, VII 798. Ct Plin. n, h. 35, 92.  Cicerone accompagna ' inuìdeo * con V ablativo di cosa retto  dalla prep. 'in * ; v. de or. II 56, 228. p. Flacc. 29, 70. Vedi  Madvig, lai. Sprogl, § 223, 6, p. 168 ; e il coram. del Cocchia  a Liv. II 40, 11; Torino 1888, p. 130 sg.   3 Cia in Vatin. 2, 4. Sall Cai, 43, 4. Hor. earm. I 32, 6.   4 Tao. hist I 35. 6. ann, I 32, 11. IV 12, 7.   5 OviD. mei, VIII 613.   6 Tac. hisL III 69, 26. Notisi il costrutto col dativo in Liv.  VII 40, 8.   Consoli, La Germania comparata. U .     — 162 —   mèruerint '. ann. XV 67, 7 * diim amari meruiisti ': v.  *XIV 48, 14: tale costrutto fu accolto da Ovidio, Fedro,  ètc; ^ mentre Cicerone ed altri, attenendosi all'uso plau-  tiriOj'diedero la preferenza al costrutto con ' ut ' o ^ ne '  e il soggiuntivo. ^   2.** il participio perfetto neutro usato al singolare  come sostantivo, in funzione di soggetto della proposi-  zione : Germ. 31, 1 ^ et aliis Gèrmanorum populis  usurpatum raro et priuata cuiusque audenlia àpiid  Chattos in consensum uertit , ut primura adoléuerint ,  ìc'rihem barbamque submittere'. hist I 51,23 'accessit  catlide u o 1 g a t u ni , temere e r e d i t u m , decumari  iegiones et promptissimum quemque centurionum di-  mitti '. ann. Ili 22, 3 ' adiciebantur adulteria, ùerieiia  q u a e s i t u m q u e per Chaldaeós in doirium Caeàa-  ris ' : à V. ann. Ili 9, 12. XV 58, 7. ** Tale sostantiva-     1 OviD. in'sL V 11, 10. ex Pont IH 2, 20. Phaedr /dò. ìli 11,  7. Val. Flacc. Argon. I 519. V 223. Cf. Qvintil. /. o. X 1, 72   2 Plavt. Baceh. 1184 (V 2, 65). capt. 422 (II 3. 62; secondo  V ed. comm. dal Cocchia, II 2, 172). Epfd. 712 (V 2, 47). Men.  217 (I 3, 34). Sdcfì. 24-26 il 1, 21-26;. Teii. Andr. 281 (I 5, 46).  hee. 760 (V l, 34). Cic de or, I 54. 232. ep.' (ad farà.) XÌV 6.  de fin. li 22, 74. de net. d. I 24, 67. (cf. in Ver\ IV 60, 135).  Ckiss.'b. G. VII 17, 5. Liv. VII 21, 6. Plin. /i. /i. 35, 8. Vedi  KuEBS-ScHMALz, antìb., II, p. 70.   3 II CoNSTANS ammétte da prima che nel 1. e. degli ann IH  22, 3 ci" sia Tuso del participio perf. passivo neutro comò sog-  getto della proposizione {éiude s l. languì d. Tac. , n.° 246, p.  112); poi riconosce nello stesso pariìcipio perfetto una propo-  sizione infinitiva e non più una sostantivaz-one do! participio  (op. e, n.o 282, 12.^ p. 136): è una inesattézza dovuta a distra-  zione.   4 Nel citare l'es. ann. XV 58, 7 ci siamo attenuti alla * 1. ù'ulg. ':  'Taelatum erga coniuratos *. Nel cod. Med. &i legge •latatum'»     — 163 —  isione del participio perf. neutro, che manca di ess. in  Cesare e Sallustio, presentasi come un costrutto spora-  dico in Cicerone; frequente, invece, in Livio. '   Avvertenza, Nella Germ. non osservasi alcuno esem-  pio del perfetto soggiuntivo di conseguenza, dipendente  ^a un tempo storico: tale costrutto notasi, al contrario,  più volte negli scritti di Tacito. -     -che per il Haase diviene * non celatus tantum *, per il Halm  * clam actum *, e per il Ritter ' laeta tum nerba '. Il Ramorino  sospetta * iactatum erga coniuratos osculum *.   1 Cic. parL or. 33, 114. Liv. I 53, 1. IV 16, 4; 59, 7. VII 8, 5 ;  13, 4; 22, 1. XXVII 37, 5. XXVIII 26, 7. (cf. XXVII 45, 4). etc.  Vedi DRA.EGER, ueber Synl. u. Si. d. Tae, 3, § 211, p. 86. Rie-  MANN, op. e, § 22, p. 104 sgg.   « Vedi Madvig, lat Sprogl, § 337, Anm. 2, p. 235. DRAEGEa,  hi8t. Synt,, § 133, p. 241 sgg.; ueber Synt u. SL d, Tae, 3, § 182,  p. 74. CoNSTANs, étude s. l langue de Tac, n.^ 226, p. 104.     Fine     INDICE DEI CAPITOLI     Osseì*vazione preliminare pag. VII   Capitolo I. — Relazioni lessicali tra la Germania   e la natUralis historia di Plinio . . » 1   Capitolo IL — Relazioni lessicali tra la Germa-  nia e le opere di Tacito . . . . » 97   Capitolo IH. — Relazioni sintattiche tra la Ger-   mania e la naturalvi historia di Plinio . » 114   Capitolo IV. — Relazioni sintattiche tra la Ger-   mania e le opere di Tacito ...» 157     INDICE DELLE MATERIE     N. B. ì\ num. indica la ^agiDa.   A) ablativo di luogo 144, absiimére ^9. ac comparativa  125. accedere 142. accipere' 121. accusativo di y^élàzio-  ne Ì35. acer 113. acies 111. addere fldem 'l'Ò9. ''kd-  ductius 104. adfectafe 40. adfectatìo 77. àdfedUo-'Sl.  adgnatusSl; ili. adgnòscere 90. àdg'régàrilOS/'à.dhuc  75. adligare 41. adsignare 41. adsimulàte'42.]adu'ehtus  1. aeqiio (ex) 68. aestimare In ùhiuersiim *lÒ7."agere  mànu V. maiiu. aggettivo in fiXnz, predièatìva* Usato  per avverbio 115. aggettivo in funz. di un^soòfdktivo  di caso dat. 115. agitare 112. alea '2. kliqitànto 63.  aliquis Ì17.àmbiri 42. araplitudò2. andpitia"*fMdbl-  maduertere 43. animare 43: annates 2.' krihùs 97. itp-  petlatio 3. àpud 118: àrcanus 26.'àrgènfèus"26.'àfgu-   "méritum 3. armenlum 4. ars 4. accendere 43. àsp'ér  88. asperitas 70. ater 27; 111. a^^ms-ioné 133.' kilden-  lia 98. augurar! 44. auguriiim 70. 'atis^icàfissimus  142. auspica tus 35. dixxt enumerativa 125.   B) bigati 4. blandimentum 72.   C) caeruleus 28. caespes 112. cariere 44. ca^sis' 4.' ce-  dere 45; 121. cetiera 136. còierute 64. circa Ì19.'cilra  119. ciuilas'5. clarescere Ì03. cle'm'èhter 76. eludere  45. cohi'bere 46. collatio5. colUg'ere 90. cbròr '&.''cttm-   ' merci'ilm 107. conitóigràre' 46.* cótcètìtus 82. ' 'èti'iici-  lium 6. concordanza del predidatd ?;^r&.^ 134. 'co'Àdi-  ' ciò 6. contìitbr 6. consentire' 154. 'coritactus -36. 6òn-     — 168 —   temptor 7. continuare 47. copiae 98. corpus 7. cune-  tatio 8. cuneus 8.   D) dativo assoluto 141. dativo attributivo 140. dativo  coi verbi passivi 143. demere fldem 109. disciplina  108. discrimen 9. diuersus 142. domus 113. donec  149. dum 147.   E) e, ex 120; 159. educatio 82. effusus 36. emergere 47.  eoque 117. equester 28. erigere 48; 112. esse 48. esse  moris V. moris. — et (-que) in posiz. asindetica 125.  et (-que) per sed 127. et (-que) esplicativa 126. eua-  lescere 91.euoluere 48. ex aequo 68. exceptio 9. ex-  cipere 49. excisus 37. excrescere 79. excursus 83. ex-  ercere 49. exìgere 50. eximere 143. expedire 51. ex-  primere 51. exsol nere 110. extrahere 52. exundare 80.   F) faenus 112. fecundus 138. feralis 29. ferax 29; 145.  ferox 161. flgere 113. Armare 73. flexus 83. fluitans  34. foedare 53. fortuna 98.   G) genitivo 137. gens 10. glaesum 96. gyrus 11.   H) habitus 11; 107. hactenus 65. haud perinde 105.  haurire 53. hodieque 76. homicidium 78. hostia 12.   I) impatiens 39; 138. imperare 54. impotentia 12. im-  putare 73. in 120. in commune 95. infamis 29. ia-  fectus 37. infernus 29. infinito descrittivo 152. inge-  nium 108. ingens 113; 146. inlacessitus 101. insci tia  12. insuper 69. intectus 102. intellectus 78. interue-  Hire 143. intra 122. intumescere 71. inuicem 69. in-  uidere 160. ipse 157. iuxta 113; 123.   L) labans 35. laborare 54. lamentum 83. lasciuia 84.  lenocinari 55. lentescere 55. libertas 113. liburna 13.  ligatus 38. lineus 30. locare 55. loco col gen. 144.  longe 105. lucrari 91.   M) panica 13. manu agere 106. marcens 35, meatus     — 169 —  72. merere 161. imsceri 112. missilia lOi. monstra-  tus 38. moris eese 139.   N) nam 127. narratur con V infin. 134. luauigatus 38.  ne-quidem 127. nee (nequ€) 128. aecare lll.nisi quod  128. nisi si 129. nodus 84. nomi di popoli IH. no-  mi in -tor 115. noscere 56. oox 111. nullus 116.   0) obliquare 56. obtendereOl. occurrere 92. opiaio 14.  origo : V. le giunte ed emendazioni.   P) pagus 111. part. fut. attivo 156. part.pf. aoristico  155. paì^t.pf. neutro 162. passim 66.pates€ere 56. per  124; 159. periclitari 93. pernicitas 14. persuadere .154.  piger 30. pignora 99. plur. per il sing. 114. popula-  ri 111. potentia 109. potus 85. praetexere 93. pro-  bare 57. profligare 108. promiscuus 31. promptus 102.  propinquitas 15. propior 31 ; 113. prosequi 57. pro-  tinus 66. prouocare 74. prout 147. pubertas 85. pu-  blicatus 39. pudor 110.   Q) quaerere 154. quam 158. quamquam 150. quando  148. quantulus 32. quantum ad 107. -que (et) espli-  cativa 126. -que — non 126. quies 15. quo modo 158.  quoque non 130.   R) raptiis 86. rarescere 94. receptaculura 16. reconci-  liare 58. redire 58. referre 59. regnare 59. relinque-  re 122. remigium 110. repercussus 79. retro 67. re-  uerens 102. reuerentia 16. ridere 60. rigare 60. rixa  17. robur 107. rubor 17. ruina 18; 109.   S) saeculum 18. sagitta 86. sagum 19. sata 19. satis-  factio 87. scrutari 60. scutum 20. secretum 20. sed  et 130. sed quoque 131. sedes 87. separare 61. sepo-  nere 61. seueritas 108. similis 117. similitudo 20.  simplex 32. sincerus 32. sinus 21. siue seu 160. sog-  giuntivo nelle proposizioni relative 151. soggiuntivo     — 170 —   potenziale 151. sonare IH. spargere 62. spatìum 21;   112. squalor 22. strues 22. submittere 74. successio   22. suflfugium 99. sumere 103. super 124. superesse   62. superstes 112; 139. superstitio 23.  T) tamquam 131. temperantia 23. tolerare 94. trahere   109. transfuga 24. transigere 104. tributum 24. tri-   stitia 88. triumphare 63.  U) ualidus 33. uallare 95. uelut col part 155. uicus   111. uilitas 24. uis 109. ulterior 34. nitro 68. noca-   re 104. uoluntarius 89. uotiuus 34. ut 132. ut qui 148.   «terque 133.     Giunte ed emendazioni     Pag. 2, 24 aDnales qui Jan = a., q. Mayhoff-^ p. 4, 18 qua-  drigae, inde /. = q. ; i. M.— p. 5, IG conlationes, 22 conlatione  J. = collat M, — p. 8, 9 preti J. = pretli A/. — p. 11 , 1 na-  tiones quae s. e. Pompeium f. J, = 11., q. s. e. P., f. M, — p.  12, 27 Aggiungi alla n. 3 : La sostituzione è stata confermata  dal Mayhoff, voi V, p 166, 15 con V autorità dei codd : * im-  potentia ' leggesi nelFed. Gelen., Basii. 1554 — p.^ 13, 32 Sil. It.  leggi Cf. Sil. It. — p 14, 14 Aggiungi: n.^ 31.® bis. * origo ' :  . Germ. 2, 12 * Tuistonem deum terra editum et fìlium Mannum  originem gentis conditoresque \ n. h. VI 158 ' et horum («e.  Rhadamaeorum)origoRhadamanthus putatur *: v. 6, 157. 7,43.  15, 49. L'uso metonimico del sost. astratto ' origo *, per indicare  in concreto « progenitori, antenati », si osserva anche in Vir-  gilio (Aen. XII 166) e Ovidio {met I 79. XI 755); cf Cic. de r. p.  II 1, 3. Tao. hist IV 55, 5. ann. IV 9, 8. - p. 16. 16 est ut J.  = e., ut M. — p. 17, 1 exstingui J. =z extingui M. — p. 19, 5  fuit suprema uliio J. =z fuit ultio M. — p, 22, 4 uitis J, = uites  A/. - p. 24, 11 Q. p. attigere et J. = p Q. a., et M. — p. 27,  2 Òmmeiii il n 151 — p. 29, 2 n.^ 1 12 leggi 152 — p. 29, 17  aliquis sed J. = a., s. M. — p. 30, 16 P'ger qui /. = p , q. M.  — p. 31, 3 stegnantis /. =; stagnantes M. — p. 32, 3 Agrippa  uir J. = A., u. M. — p. 46, 34 co mmìgrarunt leggi commi-  grarunt — p. 72, 27 Sil. It. leggi Cf. Sil. It. — p. 75, 11 Ao-  verbi, em. Avverbi: — p. 79, 21 Verbi, em. Verbi: — p. 79, 29  legges em, leggesi — p. 156, 15 ueber. em. ueber — p. 158, 25  Zisehfr. em. Zisehrf, — p. 159, 30 Sint em. Synt     I   ■*f.     i\     w         vV     %l- .A*     Lpfrjc?^7     56arbarli College librarg      PERSIUS COLLECTION   GIFT OF   MORRIS HICKY MORGAN   [Class of x88x)   HROFfeSSOn OF CLASSICAL PHILOLOGY   JANUARY, 1910      by i^oogle     Digitized by CiiOOQIC     Digitized by CiiOOQIC     .^     SAIsTTI COITSOLI     ANNOTAZIONI CRITICHE     AIiIiE     satire II MI e IV di Persio     ^>4>^sK-V—     ROMA   ERMANNO LOESCHER & C.'>   (Bretschneider e Regenherg)   Librai di 8. M. la Regina d'Italia   1905  Prezzo L. l.     Digitized by CjOOQIC  m      i     Digitized byLjOOQlC     'à^.     SAiT'rx coM'sorii     HS^a,     Btevi Annotazioni Critiche     alle satire II III e IV di Persio Roma Er-  manno Loescher & C''. (Bretschneidei e  Regenberg) Librai di S. M.la Regina d' Italia  1905, S\ pp, z8. Af.     B f^ E V I   ANNOTAZIONI CRITICHE     HLiLi^     satire II MI e IV di Persio        ROMA   ERMANNO LOESCHER & C:^   (Bretschneider e R^gimherg)   Librai di S. M, In Reggina d* Italift   1905.     Digitized by     Google     IpW. \d3.T     H»*v«?ti CdUgi Utwy   Gìh ef   Mmri* H. Morgan   Jan. l Idia     Proprietà letteraria dell' autore  (Catania^ via Maddem, lu 160)     Tipogr&iia editrice Homa dei Fratelli Per rotta, in Catania,     Digitized by CjOOQIC     'imn^^''     cuy » -cg jAQO/N g» . -co^oor g»     Nel cod. Moatepessulano 125 (P) il Buecheler lesse indeciso  ' patru,. ' ; più chiaramente V Owen vi lesse * patruuin ' , che,  por correzione sovra pposta, osservasi, come sopra si è detto, nel  Monacense M 67. A ine pare che si debba restituire nel testo  di Persio la lezione ' patmuni ' presentata dal P. In fatto, tra  i voti immorali che si fanno alla divinità il poeta include quello  per primo, che si erediti preato dallo zio ; ma la crudezza di  tale voto, che muoia presto il parente per ereditare i beni di  lui, si vuole occultare con la finzione del decoro della famiglia,  in modo che non si chieda ^ o si ebuUiat patruus ', ^ espres-  sione troppo dura e volgare^ ancorché si accompagni tosto con.  l' espressione vanagloriosa ' praeclarum funus ! ' ; nemmeno si  chieda ' o si ebulliat patrui praeclarum funus ', frase meno cru-  da ^ senza dubbio , della precedente , ma che spiace perchè è  sempre il funerale dello zio, che ardentemente si desidera : si  chieda, invece, alladivinitàcheun ' praeclarum funus ', quando  che siaj * ebulliat ' cioè dia evidenza ai meriti civili, alle qua-  lità morali , alla distinzione della nobiltà e delle ricchezze ,  magnifichì insomma il nome autorevole del parente. Cosi non  si avrà V impudenza di cliiedere a Giove la morte dello zio ,  ma con un certo eufemiemo si manifesterà il desiderio che un  funerale splendido illustri, quando che sia, il nome e il casato  dello zìo^ e in tal modo il desiderio della morte del congiunto  appare subordinato o, dico meglio, con ipocrisia mascherato dal  voto, certamente lodevole, che sia splendidamente illustrato il  nome della famiglia, sebbene in circostanza luttuosa. Del resto,  il V, ^ obullirc 'j usato transitivamente, ebbe sempre, anche nella     ^ In tal caso accanto ad ^ ebulliat * si dovrebbe sottintendere la vo-  ce ^ animam \ la quale, invece^ appare espressa nelle frasi : * animam  ebulliit ' di Seneca, lud, de mori, Claudii 4, 2 e di Petronio, sat cap. 42  p, 189, 2; * animam ebulUui* dello e tesso Petronio, sat cap. 62 p. 313,  1 : per Ja prima volta Persio sarebbesi privato, senza ragione, di appor-  re V uùQ, * animam ' al v. ^ tsbuHire ' ?     Digitized by     GooQle     — 7 —   latinità classi cdj il sìgniricato di ^ ìactare^ ostentare^ praedicare ';  od lina conferma ci è dato osservarlfty come ebbi a scrivere nelle  annotazioni critiche al testo di Persio p. tì3^ nota 1, in un luo-  go delle Tuìsc. di Cic* III 18^ 42 ' tj^ui si uirfcntes ebollire 'uo-  lent et sapientiaa cet, '   Restituendo^ adunque, nel testo dì Persio la voce * patrnuni ^  non solo ai farà atto dì debito omaggio all' autorità del cod,  Jpf uìa, tra il contrasto dei codd. e delle edd.j si verrà a deter-  minare la lez, in modo meglio rispondente al pensiero che il  poeta volle significare nei versi 10 e segg.     SaL li 52,   Tutti i codd. di Perno, che finora sono stati collazionati o  soltanto consultati , danno costantemente per il v. 52 la voce  ^ incussaqne ^; lo stesso osservasi ncù codd, degli e^rcerpta^ noi  quali è contenuto il y. citato* Un solo cod. di Persio fa ecce-  zione ed è il P che presenta ' incusasque ' ; la coiTcttura ' in-  cusaaquo * che notasi nello stesao, è di seconda mano, T^a Ica.  ^ ineussaquo ^ fu dal Jahn (ed Ma la spiegazione data dallo sco-  liaste fu disapprovata anche dall' Achaintre (ed. Par. 1812  p. 57).   A me pare che si debba preferire la lez. ^ laeto ' non solo  perchè ha per fondamento V autorità del cod. P. , ^ ma ezian-  dio perchè è nell' ordine naturale delle cose che , al riceversi  un ricco dono,- il cuore per la grande gioia o , come dice una     ^ La vecchia interpretazione dello scoliaste fu confermata dal Beni-  ley, m Hor, carm. II 19 , 6 con le parole * pect. laeu . s. sinistra parte  pectoris, ubi cor salit et sudor erumpere solet ' ; e dal Koenig * cor in  laetitiam pronum in sinistra pectoris parte lacrumas tibi excutiat ipso  gaudio ' : e a' nostri giorni è stata ripetuta dal prof. Geyza Nómethy  nel comm. alle satire di Pers. edito a Budapest nel 1903 p. 143. Alla  medesima attenendosi tradussero il Monti « il cor nel lato manco >;  il Wagner * aus der linken Brust » ; il Kayser * unter der linken  Brust » ; il Weber « zur linken Brust » ; il Binder « links aus der  Brust » ; il Duentzer « die Brust dir zur Linken » ; il Hemphill « drops  beneath your left breast». Sfuggi la questione il Fuelleborn (ed. Wien  1794 p. 61) , che tradusse « wie schlaegt vor uebergrosser Freude dir |  das Herz empor ! Schweiss rollt von deiner Wange, | und Freudenthrae-  nen stroemen dir herab » : e la sfuggirono anche i due traduttori fran-  cesi di Persio, F. Duboys - Lamolignière (ed. Par. 1801 p. 11: « je vois  le trouble de vos sens, | et votre coeur s' épuise en longs remercfmens » )  e Vict. Develay (ed. Par. 1897 p. 1G2: « tu te pàmerais de joie et ton  coeur bondirait d' allégresse ».   2 La postilla marginale * uel leuo * (sic) del cod. P. è dovuta ad un  correttore antichissimo il quale, negli emendamenti apportati alle le-  zioni genuine del cod. P, dovette aver presente qualche esemplare della  recensione Sabiniana.     Digitized by LjOOQ IC     — il —   ^loBsa del cod, Ottoburano , ^ ^ prac g:amlio esliìlaratuiu ' sì  sprema in gocce dentro il petto , che non può non sentir la  letìzia di cni eanlta il cuore. Né C' 6 ripetizione di concetto  dieendoBi ^ pectore laeto ' accanto a * laetari praetrcpidum ' ^ poi-  ché in questa ultima ea press ione è indicata soltanto una con-  dizione o tendenza dell' animo commosso per il dono ricevuto,  mentre con ^ pectore laeto ' si esprime quel che ne consegue  in realtà per effetto dell' offerta dei doni. All' accoglimento  della lez- * laeto ' nemmeno osta la vicinanza delle due voci  * laeto ' * laetari \ in quanto che è noto che ai Romani non  riuBci sgradita la prossimità di parole provenienti da una stessa  radice, ^ Leggo^ per ciò^ col Pithou :   I . 38i^ siano chiari e     * V.^ Alattliias ^illober, eim^ neiw Handschrift der nf'chs Satìrm dfx  A. Pers. FI , Augsburg 18tì^2 p, 24, col. l^   2 VJ per es. * omnibus ]aetitiis laetam. ' Cic. df fin. Il 4^ IB ; * Ime  purgati one purgatus erifc ' Cat. de a. e. 157, Vò ' gauisurum gfiudia ' Ter.  Andr. 9Gi (V 5, B) ; * qvianfca gaudia. ... gattdeat * CatuU. 61, llìi-116;  * gaudi um gauderemuis * Cnel. ap- Cìc. fuìn. Vili 2, 1: cf. BiòL Toh, 11,  21 *cum gaudio magno gauiai sunt ' ; lùan. 3, 29 * gaudio gaudet ' ; eoe.     Digitized by CjOOQ IC     — 12 —   veridici e d'efficacia maggiore quanto alla previsione del futuro,  più esplicitamente egli soggiunge : « per somnia enim siue in-  somnia intellegit praemonstratas curationes ac ^^py-nalo^c; ». Ma  il Plum bene avverte che all' interpretazione del Casaubon osta  « ipsa series orationis , cura in praecedente commate non de  corpore curando agitur , sed de re struenda , quae potius ad  Mercurium quam ad Aesculapiura pertinet ». Ne ci si parli di  sogni incatarrati o non incatarrati, da inferirne, come pensò il  Turnèbe, che « pituita purgatissima » valga « maxime carentia  pituita », o, come scrisse Eilhard Lubin, « omni pituita uacua  et carentia, id est nera, certa, non nana et temeraria »; peroc-  ché possono bensì gli uomini essere oppressi dalla ^ pituita ' o  malore catarrale, ma non i loro sogni.   Lo scoliaste di Pers. 2, 57 indica chiaramente in che consista  la ' pituita * ( ^ purgatio cerebri uel morbus gallinarum ' ), ma  ne conclude che gli uomini gravati da essa ^ non bona somnia  uideant '; sicché egli associa ' pituita ' con ' homines ', non  con ^ somnia ' : e sulP avviamento dello scoliaste i commenta-  tori moderni di Persio parlano degli uomini che ^ pituita sto-  machi grauantur ' (ved. Némethy op. e. p. 147 ; e cfr. Hor.  sat. II 2, 75 sg.), ma evitano di congiungere in istretto lega-  me ^ somnia ' con ' pituita '. Questo però non dovette essere  il pensiero di Persio che mise in istretta relazione ' somnia '  con ' pituita ' ; e per tanto V epiteto ' purgatissima \ al quale  si attengono tutte le edd. delle satire di Persio, perchè confer-  mato da quasi tutti i codd. , non può rappresentarci la tradi-  zione sincera di ciò che scrisse il poeta e si lesse dagli antichi  sino al tempo della recensione di Tryfoniano Sabino e forse  anche dopo. Per buona fortuna il cod. P, col quale concorda  in questo luogo il cod. Trevirens. del sec. IX/X, rappresenta  la lezione più sicura e genuina ' purgantissima ', la quale ve-  desi penetrare anche nelle letture del medio evo , come ce ne  fa fede il vestigio ' purgantis ' presentato dal cod. B àe\V opus  pì'osodiacum di Micene , verso 300 , in cui si cita appunto il     Digitized by LjOOQ IC     r-     — 13 —     veraci di Peri, 2, 57. * Or ^ con V epiteto * purgantissima *  tutta^ a mio parare, si rende chiaro, tanto lo stretto legame eli  ' somuìa ' con ^ pituita \ ostuIantea oracula per som-  nani '; ed è noto^ come osservava Ci e* nelle Tnsv. IV lOj 23  che ^ cum aanguis corruptus est a ut pituita redmidat aut bilis^  in corpo re morbi aegrotatlnneaque nascuntur '.     Sat. II 71:5.   Codici j editori e imitatori di Persio non sono di accordo sulla  forma definitiva con cui debba essere fissata la voce * animxis ^  nel V. 73. La tradizione man user itta che muove dalla recen-  sione Sabiniana afterma la lez, ^ animo \ che si osserva nei codd*  A Eh sopra citati j - nei tre codd. del sec. XI Laurentian-  pi. LXVIII 2% Paris, no. S049j Paria, no. ^^:?72; nel Monacens,  e. B del sec. XII e nel fìerolineus. no. 2 del see, XII o XIII;  nel Bernens* no. 648 del scc. XIII; nei due codd. del sec. XIV  Paris, no. 8050 e Rehdigeran. I; nei cinque codd. del sec. XV  Berolinenss. no. *-)H e no. .-^9 , Monacenss. no. 260 e no. \y2ij^  Kehdigeran, II; ^ nel cod, Berolinens, no, 9 del aec. XVI e nel-     * V'^edi i Carmina Ct^nluìeiìsm p, ù^O^ moinun. Germ^ hùtt^ poeL Lat  ii^ui Caroìini tom. IH ex recens, Lud. Traobe, BeroU 1B96.   ^ Si scoree anche ' animo ' nella lez. ^ animimo ^ presentata dnl cod.  B di fonte oabmìana-   ^ I due codd, della biblioteca Jiehdigerana , Turio in pergamena del  sec. XIV e l'altro cartaceo del sec. XV, furono collazionati dallo  TzRchirner in servizio dell' ed, del KauthaJ : della collazione usufruì il  Jahn per la ' ed. maior ' del 1843.     Digitized by      GooQle     -9     — 14 -   1' Erlangens. anch' esso di data recente. La tradizione degli imi-  tatori di Persio, che si prolungò per tutto il medio evo, si at-  tenne alla lez. ' animi ' , la quale, in fatti, si legge nelle cita-  zioni di Lattanzio (diu.instit. II 4 p. 126 1. 1 Lut. Paris. 1748),  dello scoliaste di Stazio (Theb. II 247 p. 81 Par. 1618), di Gio-  vanni di Salisbury (poi. V 16 p. 319 Lugd. Bat. 1639) e del  Petrarca (epist. de rebus fam. VI 1 p. 309 voi. I ed. Fracassetti,  Firenze 1859); e si legge nei codd. degli excerpta Paris. 7647,  Paris. 17903 e Vatic. Reg. 1428 (deflorationes Persii), e nei ri-  manenti codd. di Persio, finora noti, eccetto il cod. P ed il  Monacens. no. 83 del sec. XII, i quali danno ' animos '.   Nemmeno gli editori di Persio, antichi e moderni, sono con-  cordi sulla scelta : alcuni preferiscono la lez. ' animo ' , ^ altri  la lez. ' animi ' ; ^ nessuno ha scelto la lez. ' animos ' , la  quale credo che debba essere restituita nel testo, perchè è ge-  nuina e meglio adatta al contesto della frase in cui è collocata.  Che sia genuina, non alterata dalla recensione Sabiniana, ce  ne affida V autorità del cod. P che la presenta ; che si adatti  meglio alla frase risulta dalle segg. considerazioni.   Il pensiero dell' autore intorno agli elementi costitutivi della  santità dei costumi e della perfezione morale è evidente: col  ^ compositum ius fasque ' ha voluto significare, anzi tutto, V e-  lemento estemo e formale, ossia l'elemento giuridico-religioso,  il più importante per le funzioni dell' organismo sociale róma-     i Vi le edd. Casaub. 1647 p. 8; Schrevel. 1648 p. 573 e 1664 p. 542  Wetsten. (1684) p. 50 ; Prateus 1699 p. 335 ; Walth. 1765 p. 28 ; Bipon-  tina del 1785 p. 11 ; Passow 1808 p. 13 e 1809 I p. 24 ; Weber 1826 p.  11; Hauthal 1837 p. 22; Jahn 1843 p. 28, 1851 p. 15, 1868 p. 21 ; Jahn  -Buecheler 1893 p. 22; Owen (Oxford, senza data e senza pag. nam.);  Némethy 19C6 p. 27 ; ecc.   « VM e edd. Monti p. 638; Achaintre 1812 p. 61; Casaub. 1889 (Dueb-  ner) p. XXV ; Duentzer 1844 p. 32 ; Hermann 1879 p. 7 ; Bucoiarelli  1888 p. 51; Kamorino 1905 p. 37; ecc. 11 Hermann aggiunge (praef, ed.  Lps. 1879 p. XIV) che * genetiuum tuebuntur etiam * uerba animi >  luuen. I 4, 91 ': cf. dello stesso Hermann lect. Pera., Marb. 1 842 III p. 12»     Digitized by VjOOQ IC     p«^lt*     - 15 -   ilo, con ^ anim. sanctosque recessus mentis ' V eleùietito psichico  o intimo ; e con 1' ' incoctura generoso pectus honesto ' V ele-  mento etico dipendente dalla legge morale universale. Or, ciò  che è enunciato nel v. 73 si presenta costituito di due parti,  di cui la prima è ' compositum ius fasque ', la seconda ^ anim.  sanctosque recessus mentis \ Nessun dubbio che la prima parte  sia bimembre, cioè: a) ^ compositum ius '; b) ^ et fas ': perchè si  conservi la disposizione simmetrica della frase, è necessario che  anche la seconda parte sia pure formata di due elementi coor-  dinati; e se uno di questi elementi è ' sanctosque recessus men-  tis ', V altro non può non essere costituito dall' idea espressa  mediante la voce ^ animus '.' La quale , coordinandosi , quanto  alla declinazione, nello stesso caso in cui sono espressi i ' sanctos  recessus mentis ', come prima il ^ compositum ius fasque % deve  essere nella forma dell' acc. 'animos', non del genit. 'animi' né  dell' abl. ' animo ', che se, rispetto alla sintassi, possono tollerarsi,  per quel che spetta alla disposizione simmetrica della frase ed  all'espressione del concetto, non sono, a mio parere, sostenibi-  li. ^ Del resto , 1' avvicinamento di ' animus' con ' mens ', che  potrebbe parere una espressione sovrabbondante, per la prossi-  mità di significato delle due voci considerate , non era per i  Romani cosa insolita. Plauto scrisse (trin. 454 [II 4, 53]): ' satin  tu's sanus mentis aut animi tui '; ^ e Cicerone (Cat. m. 11, 36):  ' nec nero corpori solum subueniendum est, sed menti atque animo  multo magis'; e Virgilio (Aen. VI 11 sg.): ' magnam cui men-  tem animumque | Delius inspirat uates ' ; e Orazio (epist. I 14,  8 sg.) : ' istuc mens animusque | fert '; e Stazio (silu. II 1, 102     ^ Per tal motivo gli edd. sono stati costretti a metterà il gen. ' a-  nimi ' o V abl. ' animo ' in dipendenza da ^ fasque ', disquilibrando cosi  tutta la frase e confondendo quanto si attiene ai sentimenti deir animo  con le esteriorità del formalismo religioso: cf. Servio, camm. in Verg.  georg, I 269, p. 193 , voi. Ili Th. * ad religionem fas, ad homlnes iura  pertinent. '   2 Neil' ed. Ck>ccbia , Torino 1886 p. 69, 4 è scritto: * satin tu sanu's  m. a. a. t. '     Digitized by CiiOOQIC     _ 16 —   9g,) : ' et te iara fecerat ilH [ men^ aniinusque patroni * : altri  ess, per brevità cimmetto.   Leggo, per tanto, i w. 73-74 della sat. II di Persio ;   * composi tuta ìus fasqae, anitnos sanctosqua recessus  mentiS} et in eoe tutu generoso pdctua honesto \     Bai, II T:).   Dalla recensione 8abiniana dovette prendere le mosse la lez,  * adiiioueani ' che ^W editori di Persio, quasi tuttij ^ fissarono  nel V* 75 della sat. II : e se noi cod. B^ di tonte, conte si è  dettOj Habiniana , appare ^ adinoucani \ la quale lez, riappare  circa cinque secoli dopo^ nel cod, Rebdigeran, I, ciò si deve ,  giusta la nota avvertenza del Criisiusj - al fatto che nei codd-  antichi non si distinzione chiaramente le forme del verbo  ^admoucù^ da quelle del verbo ^admoneo \ La lez. *adnìoneani'  trovasi semplificata in Mnoueani' nei codd. del sec. XI Pariss,  nobenhavn)  no* 2028, Monacens. no. Ìì80; nel cod. Ebneriano del sec* XI/XII,  collazionato dal Hermann; nel Bernens. no. 048 del sec. XIIT,  nel Paris, no. 80p")0 dfd sec. XIV: e sono variazioni dovixtc a  deviazioni di copista negligfontc u troppo dotto le forme  ' uoueam ' del cod. Bernens. no. f-ì98 del sec* X, * moneas ' del  cod. Paris» no. 8055 del sec. XI e *admoueas' del cod. Einsied-  lens. no. i\2% del sec* XV.   Anteriore alla recensione Sabiniana dovette essere la lez.  ' admoueant ', di cui ci dà una preziosa testimonianza il cod.     ' Dico n quaìi tutti > ^ perchè ho letto * advnouoant ' soltant3 nelle  due edd. 1048 e 1GG4 delio Sdire veli us e uell* e^l. preparata dal Wetste-  nius.   * Crusius , in Sueton. dia. Clmtd. 39^ (ir cf, K F. C. Wunderlich j in  TiòulL IV Ij 189 Cpaneg. Mesmllat^)-     Digitized by LjOOQ IC     — 17 —   F^ * confermata , molto tempo dopo ^ dal cod. BeroliOp no, 49  del sec, XVI j e, nella forma semplificata ' moucant \ dal cod,  Monacens, M 67 del sec* XV* La lez, del P si adatta meglio  alla frase esaminata, poiché, disponendone in modo diretto  le parole , bì ha ^ cedo ut admoiieant (se. homines) templi^  haec i. e. composìtum ìua fasqne, anim. sanct. ree. ment. ^ et  incoct, gen* p ect. hon.j et farro litabo \ Sicché il pensiero del-  l' autore sarebbe: lascia che gli uomini ai accostino al tempio,  avendo nell'animo i nobili sentimenti dì giustizia, di pietà, di  onestà ecc., ed allora anch' io farò un sacrificio semplice e gra-  dito di farro. Le parole ' conipositum Ìu3 fasque cet* * sono  usate nel 1. cit. con la funzione sintattica di coniplcm* oggetto  di * admoueant ', e la sintesi delle stesse si compendia nel pron,  * haec 'ì e però non si deve distìnguere con forte interpunzione  la fine del v, 74 dal principio del v. 75, dove il prou, ' liaec '  serve , come ho detto , di riepìlogo ai due versi precedenti : *  basta la vìrgola, leggendosi così il testo: ' e. i. f., a. s. r. | m.^  et Ìp g, p, honesto, | haec cedo ut admoueant tempi is, et farre  litabo ',     * II Buecheler riconosce che il /* dà ' admoueant * , ma, quasi petf  confortare con la tastimoniaaza del F la le^. ^ adnioueam \ che egli ha  scelta^ soggiunge che le due lettere finali nt rassomigliano alla m; ras^  somiglianza che non osservò , e perciò non ne prese nota , V Owen , il  qnale^ dopo il Buecheler, riesaminò e collazionò il cod. F.   * Perciò segnarono inopportunamente il punto fermo dopo * honesto *  il Waltbard, il Monti, il Passo w, il Casaubon (ed. Duebner, 1839), il Jahn  (edd. 1851 e 1368), il Hermann, il Bucoìarelli, ecc. ; il punto interroga-  tivo il Casaub. (od. 1647), lo Scbrevel.^ il Wetsten*, 1^ ed, Biponfc. , V A^  chaintre^ il Kamorino, ecc.; il punto interrogativo insieme con V ammi-  rativo il Hauthal; il segno dì due punti il Prateus , il Weber , il Bue^  cheler (III ed. del 1B93), l'Owen, il NémethVj ecc. La virgola dopo la  V. ' houesto ' fa segnata dal Jahn neir ed. del 1843 e dal Duentzer  nell'ed. 1644.     Gongoli, BreiJÌ aimot crit alle satin II, Iti e IV di Fersw,     Digitized by C:rOOQ IC   À      — 18 —  Sat. Ili 23.   La tradizione manoscritta, sia quella che muove dalla recen-  sione Sabiniana ed ha i suoi più autorevoli rappresentanti nei  codd. A B, sia quella che proviene da una recensione anteriore  alla Sabiniana ed è rappresentata dal cod, P, dà concorde-  mente per il V. 23 della sat. III la lez. ^ udura et molle lu-  tum est': presentano anche ^ est ' il cod. reg. Londinens. e  due codd. del sec. XV, cioè il Monacens. M 67 ed il Basileens.  F. III. 6. Quante edd. di Persio ho avuto sott' occhio, sino alle  tre più recenti, cioè Ted. inglese delPOwen, Ted. ungherese del  Némethy e Ped. italiana del Ramorino, presentano costantemente,  invece di *'est', la lez. ^es', la quale si osserva in alcune imita-  zioni della frase di Persio fatte nel medio evo, come p, es. in  quello che scrissero Hildeberto, vescovo Cenomanense, nella mordi,  philos. quaest. I n. 40 col. 1037 B t. CLXXI ed. Migne, e Gio-  vanni di Salisbury nel polìcrat, lib. VII cap. 19 p, 484 ed, Lugd.  Bat. 1639. Ma Pietro di Blois, che cita lo stesso luogo di Per-  sio jxqW epist, LXXIV ad G. archidiaconum p. Ili col. 1* ed.  Sim. Piget, Par. 1667, ommette il verbo, scrivendo ^ udum et  molle lutum nunc nunc properandus, cet. '; e da tale ommissione  è facile argomentare che egli abbia letto ' est ' nel testo di  Persio , forma verbale più agevole a sottintendersi che non  ' es '. La stessa ommissione notasi nel cod. Berolinens. no. 2  del sec. XII o XIII, che presenta ' lutum nunc es properandus ' ;  sicché con ' lutum ' si chiude la prima proposizione e, comin-  ciando con ^ nunc ' la seconda , non si può prescindere dallo  accompagnare ^ es ' con ^ properandus ' anziché con ^ lutum '.  Credo, per tanto, che si debba restituire nel testo di Persio  la lez. presentata dai codd. PAB e da altri codd. di minore  autorità, leggendosi nel 1. e. ' udum et molle lutum est ' come  una considerazione in generale , che fa il censore , introdotto  nel discorso dall' autore, sul tempo più opportuno per ottenere  il maggior profitto dall' educazione e dall' istruzione. Poi lo  stesso interlocutore, volgendosi al giovane neghittoso, lo ammo-  nisce , come passando dalla considerazione generale al caso     Digitized by LjOOQ IC     — 19 —   particolare di lui : ' nunc nunc properandus es ' ; ed insistendo  neir immagine tratta dalP arte del vasellaio , soggiunge : ^ et  acri fingendus es sine fine rota \ Cosi si viene a dare alle  voci ' udum et molle ' una funzione predicativa di ' lutum '  {' lutum est udum et molle '), come se dicesse: la creta è umida  e morbida e adatta ad essere maneggiata dal vasellaio. Quale  necessità di rivolgersi all' adolescente per fare una considera-  zione generale e impersonale, che la creta è pronta ? E oppor-  tuno, invece, il rivolgere la parola al giovane per esortarlo a  educarsi ed istruirsi , essendone in tempo. L' imbarazzo degli  edd. dovette essere, se mal non mi appongo, quell'incontro di  ^ udum et molle lutum est ' con le due forme participiali di  gen. maschile ^ properandus ' e ^ fingendus '; e però s'indussero  a fare di ^ udum et molle ' un attributo di ' lutum ' , costi-  tuendo ' tu ' soggetto sottinteso anche della proposizione che  deve conservare un carattere objettivo di concetto generico e  indipendente dalle condizioni degli interlocutori. Ma la diffi-  coltà si elimina agevolmente fissando da prima una forte pun-  teggiatura dopo ^ est ' , perchè resti nettamente determinato il  concetto generale dell' età più adatta all' educazione intellettuale  e morale; e poi, sulla traccia della lez. ' nunc es properandus '  presentata dal cod. Berolinens. no. 2 sopra citato , scrivendo  properandu's e fingendu's.     Sai. Ili 60.   La lez. ' dirigis ', accolta dal maggior numero dei codd. e  degli edd. di Persio, piglia le mosse dalla recensione Sabiniana  e fondasi sui due codd. A B, Il correttore antichissimo del  cod. P, il quale, come sopra ho dimostrato , dovette avere a  guida per le sue emendazioni un esemplare di fonte Sabiniana,  accettò anch' egli la lez. ' dirigis '. Un' emendazione di seconda  mano fatta sul cod. A mutò ' dirigis ' in ' derigis ' , lezione  approvata e accolta dai recenti edd. di Persio, Buecheler (III  ed. Beri. 1893), Owen, Némethy. Il cod. P presenta, invece,     Digitized by LjOOQ IC     — 20 —   In lez. dì modo soggiuntivo ^ dirìgas ', la quale, sebbene tras-  curata da tutti gli edd.j a me pare che debba essere restituita  nel testo di Persio, in quanto clie vale a denotare la possibilità  che ci sia qualche cosa verso cui si diriga V arco, dello stesso  modo come più sotto è detto ^ securus quo pes ferat '* Maj per-  chè bene si adatti il v. ' dirigas ' in dipendenza dalla frase  * est aliquid ', è necessario, per rispondenza simmetrica delle parti  nello stesso perìodo sintattico, che il verbo precedente ' tendis \  posto anch'esso in una relativa subordinata, si muti in ^tendas';  cosicché j ove si voglia fare lieta accoglienza alla lez. presen-  tata dal cod, Pf è necessario che il verso citato sìa lotto :   ^ est alìquìd quo tend&s et ìd quod dirlgas arcani \     JSat, III 93.   Nulla avrei da osservare sulla legittimità della fonna chiusa  di part. futuro ^ loturo ', che loggesi in quasi tutte le edd, di  Persio nel v, cit., ne della forma aperta * lauturo ^, la quale fu  accolta dal Hauthat (ed. Lps. 1837 p, 32) : ^ questa ultima  è presentata dai codd. del sec. XI Paris, no. 8049; Paris, no.  8272, Monaeens. F//, Monaceus, no. 330; da altri due codd.  Monacensi del sec. XII , cioè Ìl cod. e. 3 e quello contenuto  nel cod. segnato Kr/89. a ; e dal cod. Guelferbyt. Aug, 29. 12  del sec. XIII. La forma chiusa ^ loturo ' risale ad un' emenda-  zione di seconda mano fatta al cod. A. , poiché tanto questo  i[uantQ il cod. B hanno ^ locu}>o ' , in cui il Buecheler credette  scorgere ' locnro '; ed osservasi anche nel cod. XXXVII 19  della bibl. Laurenzianaj del ecc. XI, esaminato di recente dal  Kamorino.   Leggesi * laturo ' nel cod. P e noi due codd. del sec, XI  Paris, no, 8048 e Bemcns, no. 327: nel cod. mutilo Bernens.  no. 542 del sec. X si legge ^ laturo ' con la lettera ù sopra-     * Egli però non ne addusse le ragioni nelle Anmerkufìgen ^sur drUten  iSatirej p. 226 sg.     Digitized by LjOOQ IC     — 21 —   scritta all' a ; e perciò la lez. si ricongiungerebbe con V emen-  dazione antica segnata da seconda mano nel cod. A. Ma, se le  forme ^ lauturo ' e ' loturo ' non sono da rifiutarsi , si può di-  chiarare senz' altro come inaccettabile la forma ' laturo ', scritta  prima, come pare probabile, ^ luturo ' nel cod. P ?   Io credo che no ; perciocché , se accanto al v. ^ lauere '  fu accolto nella lingua il v. ^ lauare ' , la forma del supino  preclassica e classica ^ fu sempre ^ lauatum ' , come la forma  classica del part. perfetto fu sempre ^ lautus '. Non e' è dubbio  che dal tema del supino classico ' lauatum ' sia nato il part.  futuro ' lauaturus ' , che si osserva in Ovid. fast. Ili 12 ^ sacra  lauaturas mane petebat aquas ' : e da ' lauaturus ' , per il tra-  mite normale *laaturus, ebbe origine per contrazione la forma  ' laturus ' , di cui il cod. P ed altri codd. sopra notati ci dan-  no conferma. Non sarebbe, dunque, contrario alle leggi fone-  tiche dell'idioma latino l'accogliere nel testo di Persio la lez.  ^ laturo ', che ha per fondamento l' autorità del cod. P : e della  presente annotazione vorranno tener conto, mi auguro, i lessi-  grafi della lingua latina.     Sat. Ili 97.   Il cod. P dà ^ sepellitur istas ' per il v. 97 della sat. Ili:  nei codd. ^ JS si legge ^ sepeliit urestas', che gli edd. tutti di  Persio hanno interpretato ' sepeli: tu restas ' , aggiunto o non  il punto interrogativo in fine. Per ispiegare la frase ^ tu re-  stas ' , alcuni commentatori di Persio ricorrono al sottinteso  ' mihi sepeliendus ' ; ^ altri equiparano ^ tu restas ' a ' uiuis  adhuc et uiuis , ut mihi grauia praecipias ' ^ ovvero a ' tu     A Vedi Terent. hautt. 655 (IV 1, 42) ; Hor. sat 1 3, 137.   * Il Némethy, ed. cit. p. 200, a conferma delle voci da sottintendersi  ^ mihi sepeliendus ' adduce il confronto con Hor. sat l 9, 28 : ' omnes  conposui. felices! nunc ego resto '.   3 Vi V ed. del Prateus, Lond. 1699 p. 348 &.     Digitized by CiiOOQIC      — 22 —   iiiìlii adlmc tutor restaa ': * altri ancora, come Tommaso Far-  nal)io itA. 1012) , interpretano ' tu cout(?m[)tnr pliiloi^opliorum  r4 p. 557 t, e dal Wetsteu. p. l>5 &.   ^ V* i luoghi Gitati delle edd, SchreveL e Wetsten.   ■J Forse per tal motivo, o non per nuovo e più diligente esame del  cod. , il Jabn s^ indusse it scrivere nelle note critiche delU sua ed. del  18G8 p. 24 ' sepsi i tur istas ' C, che iìqIP ei. IBJl p* 20 aveva scritto   * seppelHtur istag ' C.   ^ La ragione metrica rifiuta altresì Del Inogo commentato la formu.   * sepe.lil ' j morfologicamente corretta, che dmmo due codd. del sec. X,  cioè il Bernens, no. 257 ed il Leìdoiis. no. 7H; due codd. del se&. XI,  ossia il Bernens. no, ^J2T ed il Paria. 8070; il Behdigerdu. II del sec. XVj  e inoltre il cod. reg. Londinens , la cui collazioaej fatta dal Bentley, fu  pubblicata nel Chtìisk. Jouni, XVIII p. 62 sgg- Il cod. Beroens, no, 643  del sec. XIII, che presenta ' sepeliui * , om mette di couseguenza il ' tu '  a fin d' evitare che un piede deir esametro dattilico sia di tre sillabe  lunghe.   ■'■ Debbo notare che vi è incertezza intorno alla parola in esame, ci-  tata da Nonio Marcello. L' ed. Aldina Vea, 1513 dà ' riisitatis *; T ed.     Digitized by CjOOQIC     — 23 —   dicativo di ^ risito ' la seconda pers. sing. dovrebbe essere stata,  secondo la flessione normale, *risitas, da cui, per sincope della  i breve della penultima sillaba, gradita forse nel linguaggio fa-  miliare, sarebbe nata ' ristas ' = « ridi spesso, ridi di frequen-  te ». E però nel v. cit. di Persio ben si adatta ' tu ristas ?'  per significare il pensiero del giovane avido di piaceri anche  presso a morire, il quale al monitore risponde : " non essermi  come un tutore ; da più tempo V ho fatto seppellire „ : e, quasi  accorgendosi d' un sorriso ironico sulle labbra dell' interlocutore  che lo vede morente per intemperanza, gli chiede : « tu ne rid i  spesso ? » Talché il monitore, annoiato di tanta persistenza nel  male, gli risponde : ^ perge, tacebo '.   Concludendo, io son d' opinione che si debba rendere anche  per il V. 97 il dovuto omaggio al cod. P, leggendo :   ' iam pridem hunc sepeli. tu ristas ? * ' perge, tacebo '.     Sai. Ili 107.   Gli edd. di Persio leggono, tutti concordemente, il v. su in-  dicato : ^ tange, miser, uenas et pone in pectore dextram ' . Non  nego che si possa leggere bene cosi il v. di Persio ; ma il cod.  P invece di ' dextram ' presenta ^ dextra ' : non si può in alcun  modo far posto a tale lez. ? I concetti espressi nel verso sono  due, ben distinti V uno dall' altro : a) tocca i polsi ; b) metti  la destra sul petto : il complem. oggetto del primo verbo ^ tange '  è ' uenas ' ; del secondo verbo ^ pone ' è ^ dextram ' . Nulla però  vieta che si possa intendere che i polsi si tocchino con la de-  stra ; né e' è nulla che vieti che la destra, dopo aver tastati i     luniana Antv. 1565 * risitant * (e cosi è citata nel Ipssìco Forcellini-De  Vit t. V p. 245 b)] la 2^. ed. Merceriana Par. 1614 * risitantis '. Carrio  lesse * risitantes ', donde la congettura del Bothe ' missitantes % gra-  dita al Georges, ausfUhrl. Handtvb, II col- 2141 : al Vossio piacque con-  getturare ' usitant '.     Digitized by CiiOOQIC     — 24 —   polsi, si poggi sul petto dell* ammalato. Può^ quindi^ il primo  concetto mettersi in istretto legame col secondo mediante il  aervizio comune della mano deatra j come se T autore dicesse:  ^ Ungej mìser, uenas dextra ot pone («e, eam) in pectore \ E  ciò può ben risultare dal verso considerato, leggendolo :   * tange, miser^ uenaa (et pooe in pectore) dexfcra ^ ,   Cosi nulla vieta che si dia posto alla lez. * dextra ' del cod.  P\ sebbene da quello inciso ' et pone in pectore ' derivi , uè  convengo anch' io^ un che di stenta to^ cUe^ del rcsto^ non sa-  rebbe alieno dallo stile di Persio e di altri poeti satirici latini.     SaL IV 9.   Son d- opinione che nel cit. y, 9 si debba restituire il pron,  ' il] ut % nella fonna appunto che è presentata dal cod» P, e  la restituzione debba farai in tutti e due i luoghi^ nei quali ivi  è adoperato; ^ cosicché il v, di Persio sia da leggersi:   *■ hoo puta non ìustum est^ illat male, recti ub illut ^ .   Né osta all' accoglimento di ^ illnt ^ la singolarità della forma  con la desinenza in -tj che non è rara , come a prima vista  potrebbe parere* In fatto^ come è notOj altri ess, di ^ illut ' ci  porgono i coddp Plautini ^ uetus ' o Vatìcan. no, 1615 del sec,  X (B) e ^ decurtatus ^ del se e» XI (C) al presente di nuovo in  Heidelberg ; il cod. Tereuziano Bembin. o Vatican, 32 26 del  sec. IV/A-^ (A) ; il palinsesto torinese del sec. IV/V (orazione  dì Cic. prò Tuli.) ; il palinsesto Vatican. Reg. 2077 del sec.     ^ Avverto^ in nota, che nel 2^* dei due IL indicati sostituiscono * istud '  al pron. dimostrativo che ivi è adoperato quattro codd. del sec, XI^ cioè  i Monacenss, Ffl e no. 330 ed i Pari ss. no- 8048 e no* 8070 ; tre codd.  del sec. XII, che sono il Monacens. no. 83, il Paris. 8246, il Berolinena,  no. 2; ed altri codd, più recenti.     Digitized by CjOOQ IC     f     — 25 —   IV (?) contenente le Verrin. di Cic. ; il cod. Vatican. - Basilio .  H 25 del sec. IX, in cui si contengono le Philipp, di Cic. ; ^  il cod. Paris. 5764 del s. XI/XII, che contiene i comm. de 6.  ciu. di Cesare; il palinsesto veronese del sec. V delle institutiones  di Gaio ; ecc. ^ Altri ess. presenta il Corpus inscr. Lat. : V  532. VI 266. ecc.     Sat IV 13.   Tanto il cod. P quanto i codd. A B danno concordemente  ' potis est ' per il v. 13 : la stessa lez. si ripete nel florilegio  contenuto nel cod. Monacens. no. 4423 del sec. XV. Una cor-  rezione di seconda mano fatta sul cod. A sostituisce ' potis es ' ;  e questa lez. osservasi nel cod. Laurenziano XXXVII 19 del  sec. XI e, sotto cancellatura, nel cod. Paris, no. 8272 del me-  desimo sec. ^ Gli edd. di Persio hanno tutti accettato V emen-  dazione del correttore del cod. A, scrivendo il v. di Persio :   * et potis es nigrum uitio praefigere theta '.   Io credo che si debba ritornare alla lez. dei codd. P A B,  restituendo nel testo di Persio V espressione ' potis est ' : e mi  conferma in questa opinione, anzi tutto, il fatto che i dotti del  medio evo lessero ^ potis est ' nel verso citato , come ne fanno  fede Isidoro (sec. VI -VII) * e Giovanni di Salisbury (sec.  XII) ; ^ e in secondo luogo una ragione ermeneutica. Al gio-     A Vi Mai, class, auct t. II pp. 7 e 810.   * Il Neue (Formenlehre der lateinischen Sprache, III Auflage von C.  Wagener, Beri. Calvary 1892, Bd. II p. 425) nelP elenco degli ess. sopra  menzionati trascura la lez. del cod. P di Persio.   ^ Non si può tener conto della lez. , evidentemente errata , * potis e  nigrum ' , che presenta il cod. Paris, no. 8048 del sec. XI.   4 Isidorus, on'g. I 23, 1 col. 837, 18 : * et potis est nigrum uitio prae-  figere tbeta '.   5 Ioannes Saresberiensis , policrat VI 18 p. 371, 36, ed. Io. Maire ^  Lugd. Bat. 1639 : * et potis est nigrum uitiis praefigere theta '.     Digitized by CiiOOQIC     ~ 2ù —   vnìm aiiibizinso, ^il qua lo * inveii ìum e è rerum prudentia Meìùi  I ante pìlos neiut ' , il saggio pn^cettore dico : ^ scia etenim iu-^  ttum geuiina suspendere [unee | ancipiti^ librac '5 e tosto 90"^*i  giunge : ^ rectuui diseeniis ' ; e di taile discernimento fa, quanta  air obietto, tre ipotesi: a) * ubi inter curmi aubit ' (^c. roc*'  tuiuj , cioè, couie spiega il prof. Geyza Németh^j * ^ etiam  tuTii, cum difficìlo est rectum a non recto discern^ra * ; ò) ^ nel  cuui fa Hit pedo regula uaro ' , perehn il ^ aumnium iua ' è non  di rad^ì ^ aumina iniurjfi \ donde la necossità di mitigare U ri-  gore delle leggi eoi principi dell'equità; e) ^ et potis est Jii-  gi'Uin uitio praefigere tlieta % ossia la possibilità, in generale^  di punire ì colpevoli. Questa terza ipotesi v in istretto legame,  logieo e sintattico, con la precedente; e su il poeta ha preferito  avvalersi generalmente de IT espressione ^ uel cum fnllit \ non  potevasi, tanto per V unità di concetto quanto per la diretta di-  pendenza di ^ potis ,.. ' dalla stessa espressione ' nel cum ' eli e  regge il ' fallìt * precedente, non poteviisi^ dicevo^ venire al  verbo di feconda pers. * es ' , ma era da con servarsi, per V ob-  biettività (mi si conceda V uso, qui necessario, della voce nuo-  va) della considerazione generale, la stessa terza pers. che si  V notata tanto in 'fallii ' quanto in * subit \   1 jCggo , d un q ne, coi miglio r i co dfl . di Pc r sio e sccond o la tra -  dizione conservata dai dntti nell'etìi di mezzo;   * et potis est nigrum uitio praefigere thefca *,     Jn tutte le edd. di Persio si leggr;   ' ingetntfc ^ hoc bene sìt ' tunicatum ciirn stile mordens  cae|)e ^ ,     ^ Kémethy, op, eìt. p* 21%     Digitized by     Google     ;.^'     — 27 —   Ma il cod. P dà ' mordes ' invece di ^ mordens ' ; e , tutto-  ché il correttore antichissimo vi abbia apposto V emciidazioiui  ' mordens ' , fondata sulla recensione Sabiniana , io non credo  che la lez. genuina del P si possa senz' altro rifiutare. Tutti i  commentatori spiegano il passo cit. che V autore ci voglia pre-  sentare un tristo avaro , il quale , mordendo una cipolla con  sale, mormori soddisfatto ' hoc bene sit '. Secondo la lez, del  cod. P appare, invece, che l'avaro non si congratuli soltanto  con sé stesso del vilissimo cibo che mangia, ma ne faccia quasi  un'esortazione a chi conversi con lui, sulla bontà dei cibi fru-  gali, di poca o nessuna spesa; onde il verso dovrebbe leggersi:   * ingemit « hoc bene, si tunicatum cum sale mordes  caepe » ' .   E in tal modo si rende necessario mutare ^ sit ' ì\\ ^ si ' ;  ma con ciò io non credo che si venga a forzare la parchi per  coordinarla con la lez. del P ^ mordes ' , poiché a me pare di  essere nel vero ammettendo che la t finale di ^ sit ' sia dovuta  air efficacia della pronunzia dejla lettera iniziale della voce  seg. ^ tunicatum ' : e non é improbabile che chi scrisse il P  abbia trovato, nelP esemplare da cui traeva V apografo, il nesso  ^ situnicatum ' e V abbia diviso, senza ben riflettere al * mordes '  seg. , in ^ sit tunicatum '. Laonde non credo di essere in fallo  riconoscendo per vero che Tryfoniano Sabino, quando i^i accinse  ad emendare il testo di Persio, siasi trovato , recensendo il v.  *-50, dinanzi alla difficoltà del ' sit ' coordinato con * mordes '  e che abbia opinato di superarla lasciando ' sit ' e correggendo  ^ mordes ' in ^ mordens ' , che poi si ripetè nei codd. che ebbero  a fondamento la recensione di lui.   D'altro canto, non sarebbe sintatticamente inesatto se ai la-  sciasse coesistere il ^ sit ' col ^ mordes ' , leggendo :   * ingemit « hon (bene sit !) tunicatum cum sale mordes  caepe t;   ma spiace quell' indicazione di un fatto come realmente avve-     Digitized by CiiOOQIC     — 28 —   mitoj mediante il ^ inordos ' di modo indicativo, laddove s' in-  tenda t* eprime re un invito o consiglio o sollecitazione a man-  g"iare cipolle con sale.   La restituzione della lez. presentata dal P, con la sostila-  aion© della voce ^ si ' al v. * sit \ ha questo di vantaggio sulla  lez. coin un eniente segui taj che, oltre al dare maggiore evidenza  alla tìgura delP avaro che predica agli altri la bontà dei cibi  tiomplici y naturali e di poco o nessun costo ^ ha il merito di  evitare il cumolo dei due participi ' metuena ' e ^ niordens ' (o  * incidens ' come è scritto nel cod, Paris, no. 8050 dell' a. 1321}  e di conservare meglio la simmetria della frase.     Sat- IV 51.   La lez. * est ' invece di ' es ' nel v. 51 è data tanto dal  cod- P quanto dai codd, di fonte tSabiniana A B; e si osserva  ripetuta nel cod* Paris, no, 80oO scr. nel sec. XTV e nel cod.  Basileens. f\ III. 6 dtjl sec, XV, Olì edd, tutti l'hanno rifiu-  tata, ma a torto ^ ed hanno ammesso la lez. * es ' che appare  la prima volta in nn^ emendazione di seconda mano notata nel  cod, A e si ripete nel cod. Laurenziano XXXVII 19 del sec.  XL Dico eh a gli edd. l'hanno rifiutata a torto ^ perche il  pensiero dell' autore non è di consigliare il rifiuto dì ciò che  una perso uà non èj ma il disdegno per tutto quello che in real-  tà non t% cioè il disdegno per lo vane apjiarenze e per le cose  che non hanno valore alcuno: insomuia, il contenuto del consi-  glio che da 1' autore ha un* estensione objettiva maggiore chn  non resti espressa col verbo in seconda persoua * es \ Io cre-  do, per tanto ^ che si debba ritornare alla lez, presentata dai  codd, pili autorevoli, leggendo il verso su indicato di Pera io:   * respue quod non estj tolUt sua muoera cerdo **     Digitized by     Google     A      Digitized by LjOÒQIC   i     K\in opere del Prof. Dott. Santi CirasDli :     IIuIIòitkIc sninimntlk Ul brng for Koriitke og Danske, — Catania , 1BB4.  L. 3. (in Oì?itu presso E. Ilaul'fs boghantlel, Krif>tiauìaj in Norvegia).   MHit/Aoiil di Ihii^nm kitmti espoF^te, fieeondo il mefcoLlo scientìfico , agli  al u imi dille scuole secondarie olaasicho. — Ci^taaia^ F, Tropea, 18BT«  L. :i, 50 (esaurito),   Iiitrodii/ioue il Ilo studio del l>. K. — Torino^ Fratelli Bocca, ItiSH. L. Ci  (esaurito).   Fotioloiriu lutimu — 2'' ediz. riveduta e migliorata. — Milano, U. Hoepli.  im-2. L. 1, 50.   Lettera! lira no r ventati» > — Milano^ U. Hoepli, 1891, L. 1^ 50.   De Cp Ffìiiiì CiiceilH 8ceiiiidl rlietorick s^tudll^, — Catiuae , C. Galatola ,  18^7, L 3 (esaurito).   Il neoloferismo iioflì Berltti di Plinio lì giovane. Contributo agli studi sulla  Uitiiiit^'i ar^outeti. ^ Palermo, A. Reber^ 1900. L. 3.   Neidosrìsnii 1)otiimei nei earinì biieoUei e g^jorgricl di Yì Icilio, Contributo  agli ytudl sulla latlcitfi dell' evo augusteo» — Palermo , A* ftebor ,  190L L, 3.   Té* tt Ilio re ilei libro *^ De origine et sitn (Teruiauorum ,| ; ricercke critiche,  Jtioma, E. Loeseher & a-, 1902. L. 8.   li^ ^^ Oermauia ,^ comparata con la '^ Natni'alis lilstoria ^, di Plinio e eoli   lo opero di Tnelto : ricerche lessigrafiche e sìutiitticbe. — E orna, E.  Loe^cher & C", 19(Xl L a   ^^otc eritieiic e liìbilogi^Uciie di lettemtura latina^ puutata. I. — Catania^  Barba gai lo Lt Scuderi, 1903. L. 1.   A« Pernii FI aeei saturartim libtr ; recensuit, adnotatione critica instruxit,  te stimolila usque ad saeculum XV addidlt Santi Consoli. Editio  maior. llomae, apud Hermannurn Loescher et socium, 1904, L. 5.   Note eritlelio e bibUoj^i'atìclie di lettemtuni latina, puntata II. — Catania,  Fratelli Perrotta, MM, L 1,   A. Pei-sil Flacei satnrariini Hbcr ; recensuit Santi Consoli. Editio miaor.  EomaOi apud Hermann uni Loescher et socium, 19CM. L. 1,     Di prossima pubblicasiione :  Le fonti delie satire di Persio.     '^>-     Digitized by     Google     Digitized by VjOOQIC     Digitized by CjOOQIC     i      ■ uigitizedby VjOOQIC     Up 15.103.7   Bf«v! afinm^lonE (critiche alle Set   ìWidunef Library 004465096     3 2044 085 217 214  .  Santi Consoli. S. Consoli. Consoli. Keywords: deutero-esperanto. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Consoli.” Consoli.

 

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