Grice
ed Albani. Paolo Albani LINGUE IMMAGINARIE E FOLLI
LETTERARI: ALCUNI CASI ITALIANI Nelle ricerche sui «folli letterari»,
Raymond Queneau e André Blavier limitarono il loro campo di osservazione ai
testi francesi e belgi. Un’indagine analoga non è mai stata condotta sui «folli
letterari» italiani, sebbene esista in Italia una quantità considerevole di
materiale interessante sull’argomento, ancora in parte sconosciuto.
A cominciare da quello archiviato dal medico alienista e antropologo
italiano Giuseppe Amadei (1854-1919), in un certo senso un precursore di Queneau.
Infatti verso la fine del secolo XIX (quindi molto tempo prima della ricerca
sui «folli letterari» di Queneau iniziata a partire dal 1930) Amadei studia da
psichiatra la “letteratura dei pazzi” e raccoglie, con un lavoro durato
parecchi anni, grazie all’aiuto di egregi amici e specialmente per il “generoso
e copioso contributo” di Cesare Lombroso, una collezione preziosa e unica di
opere stampate di mattoidi e paranoici che affrontano argomenti scientifici,
che Amadei chiama «mattoidi scientifici». Queste opere trattano «di filosofia e
cosmologia, di teologia e questioni religiose, di scienze politiche e sociali,
di scienze giuridiche, di scienze mediche, di psicologia, psichiatria,
educazione, di filologia, di storia naturale, di fisica, di astronomia, di
meteorologia, fisica terrestre, agricoltura, di matematica, di
meccanica». «Io mi occupo di tutto questo materiale,» scrive Amadei,
«cercandovi un contributo allo studio del Delirio. L’argomento del Delirio
considerato in sé stesso è molto trascurato e, secondo me, a torto, poiché
merita invece, nel momento attuale dell’evoluzione della psichiatria la
maggiore attenzione. Mi è parso poi, che importanza anche maggiore tale ricerca
dovrebbe assumere, se rivolta a quella forma del Delirio paranoico, che è il
Delirio scientifico, quasi punto studiato, e di cui pure tanto ricche, e
significanti, e caratteristiche sono le manifestazioni» (Giuseppe Amadei, “I
Mattoidi Scienziati. Studi bibliografici”, Bullettino Medico Cremonese. Organo
del Comitato locale dell’Associazione Medica Italiana, Fasc. 6, anno IX, dic.
1889, pp. 305-314 e Fasc. 1, anno X, genn.-febbr. 1890, pp. 37-50). La
“collezione Amadei” è oggi consultabile presso la Biblioteca Classense di
Ravenna. Limitando il nostro sguardo ai «folli letterari» italiani
che, nel secolo XX, si sono occupati di lingue artificiali, ovvero agli
inventori di «lingue immaginarie», iniziamo con il caso forse più significativo
e cioè l’Antibabele, un progetto di lingua internazionale «basata su
quell’elemento universale ed eterno ch’è il numero», elaborato dall’avvocato
bolognese Gaj Magli (1919-?), autore dell’Antibabele - Lingua nuova: mondo
nuovo (Zuffi, Bologna 1950), Antibabele, la vera lingua universale (Tipografia
A.G.I., Roma 1952) eL'Antibabele. Dizionario simultaneo di 11 lingue
(Gabrielli, Roma 1989). Magli ha scritto inoltre romanzi, sceneggiature e opere
teatrali, «segnalate in concorsi nazionali e rappresentate con successo». Un
articolo di Magli intitolato «Per una lingua internazionale» appare il 16
novembre 1952 su Il Popolo, organo della Democrazia Cristiana, partito che, a
giudizio dello stesso Magli, comprese subito «la grande importanza che
l’Antibabele poteva avere per il mondo intero». I
vocaboli dell'Antibabele, presi da 85 lingue di tutto il mondo (compreso
l’atzeco, l’ometo, l’uallamo e lo zingaro), sono trascritti in cifre arabe (1,
2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 0 cui corrispondono le lettere A, B, C, D, E, F, G, H,
I, J). Alcuni numeri hanno un punto sopra (1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 0 e
indicano le lettere K, L, M, N, O, P, Q, R, S, T), mentre altri numeri hanno un
punto sotto (1, 2, 3, 4, 5, 6 e indicano le lettere U, V, W, X, Y, Z).
Ai dieci numeri, per fare in modo che la lingua numerica sia
pronunciabile, corrispondono i seguenti suoni vocalici e consonantici:
1 2 3
4 5 6 7
8 9 0 p
b c (h) d t
f g (h) m v
z a al o
ò e è
u ul i
j Nel formare le parole questi suoni devono regolarmente
alternarsi, tenendo conto che le parole iniziano per consonante e i numeri per
vocale. Così, il concetto di «Dio», espresso con la parola latina «Deus», si
scriverà: 451(con punto sotto)9(con punto sopra), cui corrisponde la parola:
«Depi» (la parola inizia con consonante). Il semplice numero 4519 si pronuncerà
invece: «òtav» (il numero inizia con vocale). L’accentazione è
sempre sull’ultima sillaba, alla francese. La grammatica è semplice e
regolare: vi sono 31 suffissi indicati da certi numeri. Ad esempio: 2 indica il
nome comune, 5 il sesso femminile, 6 il plurale, 18 il tempo presente, 49
l'infinito, 69 il dispregiativo, ecc. Per applicare tale grammatica c’è
un’unica facilissima regola: «Se la parola deve avere più d’un suffisso, le si
aggiunge prima quello che corrisponde al numero minore, poi gli altri in ordine
progressivo». Così ad esempio la desinenza di un "nome comune femminile
plurale" sarà: 256. Per quanto riguarda gli sviluppi
dell'Antibabele, Magli sostiene che essa «può divenire sintesi di tutti i mezzi
espressivi, mediante apposita corrispondenza fra i numeri, le linee
fondamentali delle arti figurative, i colori, le note musicali, nonché le
sensazioni acustiche, rinotiche, gustative, tattili, ecc. […] Un segno può
assumere il valore d'un altro, se si è nel colore, ad esempio, di quest'altro.
Un numero può derivare, anche per semplice addizione o sottrazione, da infiniti
altri e indicare quindi col risultato che esprime, il nome, ad esempio, del
personaggio raffigurato in un ritratto, o di un monumento, le cui linee
compositive, del resto, potranno esprimere tante cose, anche con altri mezzi
espressivi, come appunto la musica, ecc. Questo significa, in sostanza, che,
con l'Antibabele si può dunque tendere a nuove forme di linguaggio e d'arte, di
così profonda ed ampia portata che oggi si possono appena concepire. È evidente
pure che una lingua a base di numeri sarebbe assai più facile anche per i
ciechi, essendo nota, fra l'altro, la complessità degli attuali caratteri
Braille, nonché per i sordi ed i muti, per i quali risulterebbe semplificato
l'alfabeto a segni, come la comprensibilità dei movimenti della bocca e
l'apprendimento stesso a parlare, nella forma ad essi consentita. Il fatto poi
che l'alfabeto si riduce a dieci numeri primi consente una forma nuova di
stenografia». L'Antibabele è considerata dal suo autore utile per
la comunicazione con eventuali abitanti di altri mondi dato che «solo il numero
è universale e, tra l'altro, solo la sua ferrea consequenzialità consente di
decifrare i più diversi sistemi, per cui, se anche, ad esempio, i Marziani si
servissero della base "5" o "due", anziché di base
decimale, potremmo sempre tradurla nella nostra e viceversa». Magli
è autore inoltre di un progetto denominato Inglese integrato, basato su
vocaboli inglesi per i concetti astratti e generici del parlare comune e su
vocaboli di altre lingue preminenti (l'italiano nell'arte ecc.) per le varie
categorie dello scibile. Nel gennaio del 1950 esce a Villafranca
di Verona presso l’Editrice «L’Estremo Oriente» un opuscolo intitolato Lingua
universale di Angelo Faccioli (1888-?), dove viene esposto un progetto di
lingua universale basato sul dialetto veneto chiamato Italiano moderno.
Secondo la «teoria scientifica della parola» del Faccioli la parola vera è
quella che meglio ritrae l’armonia imitativa e il senso interno delle cose ed è
più in accordo con le leggi dell’arte e del pensiero. La lingua universale
dev’essere la lingua più logicamente autentica, la più adatta all’arte oratoria
e letteraria; dev’essere semplice e viva. Il dialetto veneto - ben parlato,
pulito, ingentilito, senza doppie, con troncamento delle parole che rende
poetico, vivace e robusto un idioma, oltre che telegrafico per la soppressione
quasi completa dell’articolo - si presta perfettamente al compito di lingua
universale. Il dialetto veneto, osserva Faccioli, non ha «alcun
suono aspirato come in Toscana e altrove», ma solo suoni «chiari, precisi, ben
definiti, inconfondibili». È breve e armonioso come si deduce da questo piccolo
esempio: la frase «Sono andato al mercato e ho comperato un paio di buoi»
(lettere 43) assume la forma abbreviata: Son andà al mercà e ò conprà un par de
bo (lettere 31). Faccioli scrive poesie, lettere e traduzioni di passi
biblici in Italiano moderno. Il dialetto veneto, conclude Faccioli, una volta
affermatosi come lingua ufficiale delle nazioni, cioè fra 400-500 anni,
diffonderà nel mondo dei dotti una nuova filosofia, l’Universalismo, dalla
quale discenderà il governo universale dell’avvenire.
Sempre negli anni cinquanta il senese Ilio Calabresi (1931), dipendente
del C.N.R., inventa una lingua ausiliaria internazionale che chiama Omnlingua,
caratterizzata sul piano morfologico dal recupero della declinazione, con sette
casi nella declinazione primaria (nominativo, genitivo, dativo, relativo
statico, relativo dinamico o accusativo, vocativo, locativo statico) e sei in
quella secondaria (derivativo, fautivo, strumentale, locativo dinamico,
invocativo, locativo stabile), dall’adozione di cinque generi grammaticali, di
dieci coniugazioni, di tre tipi di preposizioni semplici e di prefissi ottenuti
con tre diverse vocali finali, ecc., e dall’uso di alcuni segni particolari,
come il segno «"» che indica aspirazione; «¯» rafforzamento o
raddoppiamento non enfatico sulle consonanti e allungamento sulle vocali; «^»
addolcimento di certe consonanti, ecc. La molla che spinge
Calabresi a creare l’Omnilingua è, da un lato, la constatazione del fallimento
del Volapük e dell’Esperanto, dall’altro il desiderio di «affratellare i popoli
di tutto il mondo», dopo le orrende devastazioni della seconda guerra mondiale,
in cui per altro Calabresi ha perso il padre. Negli anni novanta
l’ingegnere milanese Francesco Pietro Cazzulani crea e brevetta una lingua
universale «semplice, logica, accessibile per tutte le genti», senza che abbia
nulla in comune o di affine con nessuna delle lingue esistenti, adottando
questa impostazione: «ad ogni singola parola avente in ogni singola lingua il
medesimo significato corrisponde un unico ed identico numero formato da una o
più cifre, quindi tante parole di tante lingue aventi un unico significato
nella LINGUA UNIVERSALE un unico numero». La trasformazione da
lingua numerica in lingua alfabetica avviene sulle seguenti basi:
(1) (2) (3) (4)
(5) (6) (7) (8) (9)
(0) ba ca da
fe le mo no
po ru tu Così la
parola «madre», «mother», «mère», «Mutter», «mamà», ecc. come pure ogni
ideogramma o altra scrittura che significano «madre», è per la lingua
universale di Cazzulani equivalente al numero 81, che si pronuncia: «poba». Il
termine «lingua universale», corrispondente ai numeri 214 736, si pronunciano:
cabafe nodamo. Oltre ai dieci accoppiamenti sopraindicati e al
vocabolario base (composto da circa 1.500 parole), nella lingua universale di
Cazzulani esistono 12 prefissi come «ve», prefisso di infinito verbale che
indica il sostantivo di riferimento del verbo; ad esempio: amare = badatu e
amore = vebadatu, oppure come «gi», prefisso che trasforma il singolare
maschile in singolare femmine: questo cavallo = cale lefemo, mentre questa
cavalla = gicale lefemo. «Questa lingua universale che è senza
grammatica e senza coniugazioni verbali», precisa Cazzulani, «non serve certo a
tradurre la Divina Commedia od a fare poesie in quanto la cosa non avrebbe
senso, è una lingua essenziale di concetti che al di fuori dalle elaborazioni
lessicali, non indispensabili, vuole fare in modo che finalmente l’umanità tutta
possa comprendersi», e poiché non richiede l’intervento di terzi per
l’apprendimento consente a tutti di essere autodidatti. Ancora
negli anni novanta nascono altri progetti di lingua universale di autori
italiani, fra questi il Raubser (da raub = universo e ser = lingua), elaborato
nell’arco di quasi vent’anni dal varesino Luigi Orabona (1943), insegnante
elementare. Fra le altre cose, i vocaboli del Raubser esprimenti concetti
opposti o che hanno una certa analogia vengono rappresentati con inversi
grafici; così abbiamo: met = amore e tem = odio; doraf = arteria e farod =
vena; favet = bianco e tevaf = nero; kabon = testa e nobak = coda.
Il Devessiano è una lingua inventata da Mario Pollini di Grosseto intorno
al 1971, ma completata solo negli anni novanta. Il nome deriva da Devessia, una
repubblica immaginaria situata nell’estremo occidente d’Europa, fra la Spagna e
l’Irlandia, e significa letteralmente «il paese delle cose come devono essere».
In sintesi, il Devessiano è una lingua ispano-amiatina, in quanto la sua base
lessicale, da un lato, riprende molto della parlata della terra d’origine
dell’autore, e cioè il monte Amiata, situato in Toscana, e dall’altro guarda al
mondo iberico: le preposizioni articolate ad esempio sono prese dal portoghese
(do, da, dos, das), il dittongo spagnolo «ue» trasformato in «ui» (puirto,
suirte, puinte) e anche il suffisso «-con» che corrisponde a un’errata
pronuncia infantile dello spagnolo, e l’altro suffisso «-èira» preso dal
portoghese. Il lessico amiatino si ritrova particolarmente nelle parole che
indicano la frutta, come bahoha (albicocca), sarac[c con pipetta]a (ciliegia),
pornela(susina). Oltre che alla parlata amiatina e allo spagnolo e
al portoghese, il lessico del Devessiano attinge parole dal francese (pandon =
«mentre», da «pendant»), dal genovese (umàa = «onda» deriva dal genovese «u
mâ», cioè «il mare»), da linguaggi infantili, da espressioni scherzose, da
interpretazioni arbitrarie (manc[c con pipetta]urà = «masticare» deriva da come
l’autore sente il suono della parola Manciuria) e anche da parole tratte dai
sogni dell’autore (ad esempio baltac[c con pipetta]à = «colpire forte,
rovesciare»). «Se, come sosteneva un interprete che lavorava nel
mio ufficio, “le lingue sono l’anima dei popoli”», scrive Pollini in un
dattiloscritto dove sono esposti I lineamenti di grammatica della lingua
devessiana(1995), «questa lingua è l’anima di un popolo immaginario che sono io
fatto nazione e quindi dovrebbe esprimere intimamente il mio modo di
pensare» ______________________________ Les Cahiers de l'Institut,
rivista dell'Institut International de Recherches et d'Exploration sur les Fous
Littéraires, numero 4, 2009, pp. 95-104, traduzione in francese di Tanka G.
Tremblay. Per leggere la traduzione di Tremblay cliccate qui. Per andare al
menu delle mie collaborazioni a Les Cahiers de l'Institut cliccate qui.
Grice
ed Albergamo: all’isola -- Crotone– filosofia italiana – la scuola di Girgenti
-- filosofia siciliana -- Luigi Speranza (Favara, Girgenti,
Sicilia). Filosofo siciliano. Filosofo italiano. Girenti,
Sicilia. Grice: “Albergamo is a fascinating author – a very Italian philosopher
who can teach Lucrezio and the classics at the ‘gym,’ as they call it, and yet
survey the ‘storia delle scienze essate’ and the ‘storia delle scienze
empiriche.’ Alla Bridgman, he is into ‘the logic of the science.’ But he can
also define the ‘spirit’ in terms of ‘freedom.’ He has also analysed,
vis-à-vis- his interest in Galieleo and science, the very Italian idea (already
in Cicerone) of ‘super-stitio’ and magic – his approach to these matters is
phenomenological, which coming from Favara as he does, is understandable!”
-- Filosofo. e un pioniere della
filosofia della scienza in Italia. Nato a Favara, in provincia di
Agrigento, da Giacomo e Giuseppina Butticé. Suo nonno era un ricco proprietario
di una rinomata pasticceria di Favara. Il padre, ferroviere, fu trasferito
prima a Messina e poi a Palermo, portando con sé la famiglia. A causa di questi
trasferimenti, svolge gli studi liceali da autodidatta, conseguendo poi la
laurea in filosofia presso l'Palermo. Nel 1931, vinto il concorso a
cattedra di storia e filosofia, si trasferisce a Trapani, dove insegna al liceo
classico Ximenes, e dove sposa Maria Carmela Rizzo, da cui avrà quattro figli.
Insegna poi a Benevento ed infine a Napoli presso il Liceo classico statale
Vittorio Emanuele II. Pressoché tutta l'attività filosofica e didattica di
Francesco Albergamo si svolge a Napoli, ed è caratterizzata dal clima culturale
molto vivo nella città di Benedetto Croce. Come filosofo, si dedica a due
principali linee di attività. La prima è dedicata all'insegnamento ed alla
didattica della filosofia, l'altra allo studio del rapporto tra filosofia e
scienza. In entrambe le linee, il suo lavoro ha avuto una grande caratura
culturale, e la sua personalità fu considerata, nella città di Napoli, di
grande spessore etico, per la generosità e l'impegno che hanno contraddistinto
la sua vita. Circa la prima linea, il ricordo della sua attività
didattica è rimasto a lungo nei tantissimi giovani che hanno ricevuto una
solida formazione filosofica di cultura laica, razionale, liberale. Vero è che
a Benevento, dove aveva insegnato per soli due anni, gli è stata dedicata una
strada che, significativamente, parte da Piazzale Benedetto Croce per poi
ricollegarsi a Via Francesco de Sanctis. Al Liceo Classico Vittorio
Emanuele tra i diversi allievi che si sono distinti nel campo della filosofia e
della cultura ricordiamo in particolare due delle figlie di Benedetto Croce. Il
suo nome è ricordato in una lapide dedicata alle più illustri personalità che
vi hanno insegnato, tra cui Giovanni Gentile. Oltre all'insegnamento nei licei,
è stato libero docente di filosofia teoretica presso l'Napoli, dove ha svolto
una intensa attività di corsi e conferenze. Con i suoi manuali di storia
della filosofia, e con numerose pubblicazioni dedicate ai licei, FA costituisce
un importante punto di riferimento nella didattica della filosofia a livello
nazionale, prima per il classico e poi anche per lo scientifico. Una notevole
attività è anche dedicata alla formazione dei docenti di filosofia, con
numerosi articoli, pubblicazioni, corsi e conferenze. L'altra linea di
attività, quella dedicata allo studio del rapporto tra filosofia e scienza, si
snoda lungo un arco di tempo molto vasto, che va dall'inizio degli anni '30 fino
alla sua scomparsa. I risultati sono confluiti nella pubblicazione di importanti
saggi filosofici. Di formazione idealistica e kantiana, appena trasferitosi a
Napoli, nel 1936, instaura un rapporto stretto con Croce, con frequenti visite
e colloqui nella sua abitazione a Palazzo Filomarino, guardata a vista dalla
polizia. Dalle sue lettere a Croce si evince un chiaro riconoscimento di Croce
come suo Maestro, oltre a forti sentimenti di devozione e di sincera
amicizia. In particolare, alla caduta del fascismo, esprime al Maestro la
sua "profonda gioia" perché "finalmente l'Italia comincia a
incamminarsi per la via maestra che le avevate additato", e prosegue poi:
"Gioiamo della gioia vostra e dei vostri cari: della gioia che ora, dopo
tutto quello che voi, giusto, avete sofferto, aleggia sulla vostra casa. Questo
rapporto si affievolisce a partire di quando più che la filosofia fu la politica
a provocare un allontanamento d’A. dall'ambito crociano, per aderire
progressivamente agli orientamenti ed alle ideologie della sinistra e del
marxismo. Aderisce al movimento dei "Partigiani della Pace",
nato a Parigi sotto il simbolo della colomba della pace, appositamente dipinta
da Picasso,stringendo una forte amicizia con Radice, Valenzi, Caccioppoli,
Donini e altri. Partecipa ad una delegazione in visita alla
repubblica democratica tedesca, assieme a Pajetta, Guttuso, Flora. La visita
era, naturalmente, finalizzata a diffondere ed esaltare le "conquiste del
socialismo". Di ritorno dal viaggio, il Ministero dell'Interno dispose il
ritiro del passaporto, e quello della Pubblica Istruzione gli comminò una
ammonizione, come se avesse abbandonato il servizio senza autorizzazione,
mentre il viaggio era stato fatto nel periodo di chiusura estiva delle scuole.
Fu forse questo episodio, che Francesco Albergamo considerò una manifesta
soperchieria di stampo scelbiano, che lo indusse l'anno successivo ad iscriversi
al PCI, salutato da Togliatti con un cordiale telegramma di benvenuto. Partecipa
attivamente alla vita culturale e politica della città di Napoli, che in quel
periodo era in grande effervescenza. Il movimento culturale della sinistra
napoletana non si riconosceva pienamente in una ideologia, come afferma Gerardo
Marotta, "ma si fondava su un dibattito filosofico che traeva i suoi
succhi da un corale sforzo di comprensione del proprio tempo. Il dibattito
raccoglieva e valorizzava l'eredità culturale degli illuministi e degli
hegeliani napoletani del secolo precedente, attingendo alla lezione storicistica
meridionale che va da Vico a Croce, passando per F. De Sanctis e G. Salvemini,
e collegandosi poi al pensiero di Antonio Gramsci. A. partecipa con
conferenze che venivano organizzate dalle associazioni culturali napoletane tra
cui "Cultura Nuova" ed il "Gruppo Gramsci", ed accetta, sia
pure a malincuore, una candidatura del PCI alle elezioni comunali di Napoli.
Il problema del rapporto tra filosofia e scienza viene visto in termini di
nuovi modi e nuovi contenuti per la didattica delle scienze e della filosofia.
Tra i primi in Italia, ed in aperta polemica con la scuola crociana ed il clima
dominante, Francesco Albergamo avverte i rischi, per lo sviluppo della società
italiana, di una cultura prevalentemente classica: Con la seconda rivoluzione
industriale che è in atto in tutto il mondo, noi italiani non ci possiamo
permettere il lusso di rimanercene ancorati ad una cultura prevalentemente
classica ed umanistica." A. lavorò con la passione di una intera
vita, fino a pochi giorni dalla sua morte. L'ultimo suo scritto uscì postumo su
"Critica" marxista. In seguito alla sua scomparsa il quotidiano
comunista L'Unità dette notizia della sua scomparsa con un lungo saggio. Possiamo,
per semplicità di esposizione, dividere l'opera dell'A in tre periodi. Nel
primo periodo, il pensiero dell'Albergamo si muove nel quadro di una concezione
filosofica di tipo idealistica, dominata in Italia da Croce e Gentile. Tuttavia,
più che alle tematiche tipiche dell'idealismo, è interessato ai problemi nuovi
che si pongono al pensiero filosofico a causa dello sviluppo impetuoso della
scienza nel novecento, in particolare nei settori della fisica relativistica e
quantistica, della matematica, e della biologia. Albergamo precorre, in una
prospettiva idealistica, la necessità di un dialogo costruttivo, osmotico,
della filosofia con le particolari discipline scientifiche ed empiriche.
Nel primo lavoro scientifico, richiamandosi all'insegnamento di Kant, sostiene
che la scienza, come esperienza dell'attività dello spirito, è resa possibile
dalle forme trascendentali. Tuttavia, sostiene A., gli sviluppi più recenti
della matematica (geometrie non euclidee, matematiche non archimedee, gli iperspazi,
ecc.) e della fisica (teoria della relatività di Einstein, meccanica
quantistica, principio di indeterminazione di Heisenberg) provano la
contingenza di tali forme trascendentali,. Affronta anche il problema,
fortemente dibattuto, dell'alternativa tra determinismo ed indeterminismo, e
perviene alla conclusione che anche l'alternativa indeterministica sia
egualmente legittima: la conoscenza scientifica può essere costruita anche se
si ignora il principio di casualità e si finge che i fenomeni si succedano a
caso, secondo le leggi matematiche della probabilità. Queste tesi originali
furono apprezzate e commentate, all'epoca, da diversi filosofi italiani, tra
cui Ottaviano, Aliotta, ed altri, fino a pervenire ad una ampia esposizione della
problematica filosofica connessa alla scienza del novecento. Il saggio La
critica della scienza nel novecento" è giudicato "assai
pregevole" da CROCE. Di questa opera, RUGGERO (si veda) scrive che essa
"offre una delle più efficaci sistemazioni speculative che io conosca
delle vedute pragmatistiche della scienza, compresa quella del Croce alla quale
più strettamente si connette. L'ambizione d’A, che traspare chiaramente nei
diversi spunti critici nei confronti dei limiti dell'idealismo nell'affrontare
il problema della logica della scienza, è quella di "costituire una
confutazione dell'idealismo per via dell'idealismo stesso. In altre parole,
vuole in qualche modo superare la concezione che relegava la scienza nel limbo
degli "pseudoconcetti", per dare piena legittimità ai processi
conoscitivi, sia delle scienze esatte che delle scienze empiriche, restando
comunque ancorato all'idealismo. Croce in qualche modo accetta e
favorisce la ricerca di A, giudica "assai ben pensato e ragionato" il
suo lavoro, ma rimane rigido nell'accogliere la storia della scienza come parte
integrante della storia della filosofia. Finito il periodo bellico, l'attività
dell'A si sviluppa poi in una serie di opere in cui sistematicamente, ed in un
quadro storico, vengono trattati i problemi della logica delle scienze esatte e
della scienze empiriche. In questo periodo A, dirigendo per l'editore Laterza
una collana di scrittori di teoria delle scienze, propone alla cultura
italiana la conoscenza di importanti pensatori d'oltralpe, come Poincarè,
Bergson, Bachelard, ed altri. Il secondo periodo dell'attività d’A. è
caratterizzato da un progressivo allontanamento da CROCE (si veda) e dalla sua
scuola, dovute alle difficoltà d’A. a trovare un pieno accoglimento delle sue
tesi sulla scienza, ed anche, in qualche misura, a diverse valutazioni
politiche. L'esigenza di Francesco Albergamo era quella di dare piena
legittimità filosofica alla logica del pensiero scientifico. Per raggiungere
questo obiettivo, era necessario operare un "capovolgimento"
dialettico nel rapporto Natura-Spirito della filosofia crociana, allo stesso
modo in cui Marx aveva operato nei confronti di Hegel. Per A. infatti
"spiritualismo e materialismo costituiscono in realtà una opposizione
dialettica, nella quale di continuo ognuno dei due deve vincere la resistenza
opposta dall'altro... come già nella dottrina hegeliana, così anche quella del
Croce esige… un "capovolgimento", in maniera che il suo oggetto…trovi
proprio nel suo opposto la condizione per vivere e svolgersi. Nel terzo periodo
di attività, quello della massima maturità ed originalità, affronta una analisi
sistematica delle forme di "pensiero prelogico", inteso come
"pensiero che, spontaneamente, senza alcuna riflessione logica, veniamo
indotti a formulare per una suggestione tanto irresistibile quanto inconscia
che inibisce la nostra intelligenza. Analizza con grande attenzione tali forme
di pensiero, sulla base dei risultati e delle osservazioni di etnologi ed
antropologi (da Frazer a Levy-Bruhl, Levy-Strauss, Kelsen, ed altri), oltre che
dei risultati della scuola psico-analitica, da Freud a Cesare Musatti.
Analizzando questa poderosa base di osservazioni sperimentali, perviene ad
individuare i principali meccanismi della prelogica: automatismo associativo,
intuizione animistica, inibizione dell'intelligenza ad opera del
sentimento. Vengono così portati alla luce della consapevolezza quei
processi inconsci ove si generano mito e magia. Le molteplici e diverse
credenze mitiche e magiche, con la loro uniformità di struttura e le loro
coincidenze spesso sorprendenti, sono interpretate come il risultato di un
automatismo psichico inconscio, che persiste pur attraverso le situazioni
storiche più diverse. La tesi dell'Albergamo è che tali forme prelogiche,
che sono alla base dei miti, dei riti, e delle pratiche magiche dei popoli
primitivi, lungi dall'essersi esaurite con il progredire del pensiero
scientifico e filosofico, sono presenti in maniera diversa, non solo in età
infantile ed in alcuni soggetti psicopatici, ma anche nelle stesse persone
colte, nonché in alcuni ambiti dello stesso pensiero scientifico e filosofico. Accanto
a questo nuovo ed affascinante filone di ricerca, si intensifica l'opera di
educatore, con decine di opere destinate alla scuola, manuali, antologie,
trattati, nonché da studi e pubblicazioni sulla didattica delle scienze e della
filosofia degli scritti di A. Saggi: “Saggio
di una concezione filosofica della scienza” (Napoli, Loffredo); “Disegno
storico della filosofia ad uso dei licei classici e degli istituti magistrali” (Milano,
Sig.); “La tesi finitista contro l'infinito attuale e potenziale” in Atti della
Società Italiana per il Progresso delle Scienze; “La filosofia di Spir”, in
Annuario Liceo Vittorio Emanuele di Napoli); “Critica del concetto di
infinito”, in Annuario Liceo Vittorio Emanuele di Napoli, “L'Italia di Augusto
e l'Italia oggi” in Augusto. Celebrazione nel bimillenario augusteo, a cura del
R. Provveditorato agli studi di Trapani, Trapani); Cura di I. Kant, Prolegomeni
ad ogni metafisica futura che vorrà presentarsi come scienza” (Bari, Laterza);
“Il criticismo kantiano e la scienza moderna” (in Atti della Società Italiana
per il Progresso delle Scienze); “Kant e la scienza moderna, in Archivio della
Cultura Italiana, “Le basi teoretiche della fisica nuova” (Padova, Milani); “Filosofia
e biologia, in Sophìa; Recensione di A.V. Geremicca, Spiritualità della natura,
Bari, Laterza, «Sophia», “La critica
della scienza del Novecento” (Firenze, La Nuova Italia editrice); “Lo spirito
come attività creatrice” (Firenze, La Nuova Italia editrice); “Il concetto di
realtà e le scienze empiriche”, in Ricerche filosofiche. Rivista di filosofia,
storia e letteratura, n. unico; “Vitalismo e meccanicismo nel secolo XX”; in
Rivista di Fisica, Matematica e Scienze naturali; Versione, studio introduttivo
e note di G. Berkeley, Trattato sui principi della conoscenza umana” (Verona,
La Scaligera); “La matematica nella critica della scienza contemporanea, in
Sophia, L'ordine nel mondo degli oggetti, in Logos, Recensione di A. Marzorati,
Spiritualismo, Milano, Bocca, Sophia», La natura: Saggi filosofici, Verona, La
Scaligera); “Croce critico della matematica, in Rassegna d'Italia; “Storia della
logica delle scienze estate” (Bari. Laterza); “Traduzione, studio introduttivo
e note di H. Poincaré, Il valore della scienza” (Firenze, La Nuova Italia); “La
scienza nell'antichità classica, in A. Padovani (a c. di), Antologia filosofica,
Milano, Marzorati); “Traduzione, introduzione e note di H. Poincaré, La scienza
e l'ipotesi, Firenze, La Nuova Italia, Cura di La scienza nell'antichità
classica. Antologia filosofica, Como, Marzorati); “La scienza nel Rinascimento,
in Grande antologia filosofica, XI Scienza, natura e storia in Gramsci, in Società;
Introduzione a S. Laplace, Saggio filosofico sulla probabilità, Bari); “Cura e
introduzione di G. Bachelard, Il nuovo spirito scientifico, Bari, Laterza (Nuova
ed. riv, L. Geimonat eRedondi, Bari, Laterza). Storia della logica delle
scienze empiriche, Bari, Laterza); Le scienze naturali nella filosofia di
Croce, Bari, Laterza Il pensiero scientifico contemporaneo. Antologia storica; Le
scienze esatte e le scienze fisiche; Le scienze naturali, Firenze, La Nuova
Italia); Il pensiero scientifico nell' 800 e nel Questioni di storia contemporanea);
“Il millesimo anniversario della morte di Avicenna, in Rinascita, Il valore
teoretico della matematica, in Atti del Congresso di studi metodologici, Torino,
Torino, Introduzione a J. W. Goethe, Scienza e natura. Scritti vari, Bari,
Laterza); “presentazione di A.V. Geremicca. Prefazione a Frankel, Le scienze
naturali nella filosofia di Benedetto Croce, Bari, Laterza); “Cura di Bergson,
L'evoluzione creatrice, s. i. t., Mazara (Trapani) Le scienze nella dottrina crociana delle
categorie, in E FLORA (a c. di), Croce, Milano, Malfasi Editore, La critica
della scienza oggi in Italia, Roma, Perrella); “Il dogmatismo religioso contro
la libertà e l'autonomia della scienza, in Il Calendario del popolo, La vita nella
dialettica della natura, in Società, Recensione
di S. Timpanaro, Scritti di storia e critica della scienza, con una avvertenza
di Sebastiano Timpanaro jr. (Firenze, Sansoni
«Belfagor»); Recensione di C. Luporini, La mente di Leonardo, «Belfagor»,
La geometria di Euclide non è la sola possibile, in Il Calendario del popolo, Scienza
e filosofia di Einstein, in Rinascita, Recensione di H. Reichenbach, I
fondamenti filosofici della meccanica quantistica, «Società», Introduzione alla
logica della scienza” (Firenze, La Nuova Italia); “I rapporti tra la filosofia
e le scienze nel liceo scientifico, in Convegno nazionale di studio sulla
didattica della filosofia I Licei e i loro problemi, Intuizione e ragionamento
nella matematica, in Atti del Convegno Nazionale "La didattica della
matematica nella scuola primaria", Roma, Matematica e realtà, in Società, “La teoria dei quanti nelle interpretazioni fenomenistica:
del Reichenbach”; in VIII Congrès International d'histoire des sciences, Florence
Milan, I, Paris, Direzione della sezione ‘Scienze’ del Dizionario Bompiani
degli autori di tutti i tempi e di tutte le letterature e redazione delle voci:
Einstein, Galvani, Lorentz, Mariotte, Matteucci, Meyerson, Nernst, Mayer Storia
della filosofia per i licei scientifici, Padova, Milani, Sopravvivenza della
prelogica nel pensiero scientifico e filosofico, Stabilimento Tipografico G.
Genovese, Napoli, estr. da «Atti dell'Accademia di Scienze morali e politiche
della Società Nazionale di Scienze, Lettere ed Arti in Napoli», Cura di Einstein, Filosofia e relatività,
Palermo, Palumbo, Pensiero e attività educativa nel loro corso storico, va.
Palermo. Palumbo; La natura: Saggi filosofici, Bologna, Patron); Fenomenologia
della superstizione, Roma, Editori Riuniti); Mito e magia, Napoli, Guida); L'educazione
scientifica, Milano, Vallardi, estr. da La pedagogia. Storia e problemi,
maestri e metodi, sociologia e psicologia dell'educazione e dell'insegnamento,
diretta dal Prof. Luigi Volpicelli, La ricerca umana. Storia della filosofia,
Palermo, Palumbo Problemi del pensiero.
Guida interdisciplinare per lo studio della storia della filosofia, Palermo,
Palumbo, La teoria dello sviluppo in Marx ed Engels, Napoli, Guida, Lo
strutturalismo di Claude Lévi-Strauss, in Critica marxista; Lo sviluppo
dell'Antropologia culturale, in Genus, La "Storia del pensiero filosofico
e scientifico" di Geymonat, in Critica marxista, Il pensiero filosofico e
scientifico nell'antichità e nel medioevo, Napoli, La Città del Sole (rist. del
testo, con aggiunte di A. Gargano). Il pensiero filosofico e scientifico in età
moderna, Napoli, La Città del Sole (rist. A. Gargano). Il pensiero filosofico e
scientifico nell'età contemporanea, Napoli, La Città del Sole (rist. A. Gargano).
Fonti Fondazione Croce, Napoli Lettere tra Croce e Francesco Albergamo e di
Albergamo a Codignola, Gentile, Ottaviano e Sciacca, In Giornale critico della
filosofia Italiana, gen. Apr. Due
lettere inedite di Croce a Francesco Albergamo,in Rassegna Storica
Salentina, La Veglia ed. Carmelo Ottaviano, Recensione al Saggio di una
concezione filosofica della scienza, in Sophia, Aliotta, Recensione al Saggio
di una concezione filosofica della scienza, in Logos, R. Mck, Recensione al
Saggio di una concezione filosofica della scienza, in Journal of
Philosophy, 3Profondo cordoglio per la
scomparsa del compagno Albergamo, L'Unità, G. Marotta, Renato Caccioppoli, la
Napoli del suo tempo e la matematica del XX secolo, Napoli, la città del sole, Lettera
d’A. a Sciacca, 2 Centro Internazionale i Studi Rosminiani, Stresa, citat. Francesco
Albergamo. Albergamo. Keywords: Crotone, il finito e l’infinito, idea de la
scienza, scientia, la scienza italica, la scuola di Velia, la scuola di Crotone
– la scuola di Girgentu – scienza naturale – scienza fisica – fisica – fisica
filosofica – scienza umana – scienza esatta – scienza empirica – anti-finalismo
– meccanicismo, galelei, il liceo classico, parmenide, zenone – la scuola di
crotone – girgentu – empedocle e i fenomeni – l’entita matematica alla scuola
di Crotone, disegno della storia della filosofia ad uso dei licei classici –
liceo classico – liceo scientifico – Benedetto Croce – carteggio
Croce/Albergamo – la logica della scienza – la non-sicenza, mito –
superstizione – animismo – l’italia nei tempi di Augusto ed oggi – la critica
della scienza in Italia oggi – lo spirito – lo spirito come liberta creatrice –
meccanicismo e vitalismo – il kantismo – la filosofia della scienza – la
metafisica – la filosofia nell’eta fascista – saggio filosofico sulla scienza –
la natura – saggi filosofici -- saggio
su una concezione filosofica della scienza – scienza della natura – pitagora e
la scienza della natura – fisicismo – naturalismo -- Refs.: Luigi Speranza,
“Grice ed Albergamo” – The Swimming-Pool Library. Albergamo.
Grice ed Alberti: la
ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale – la scuola di Bologna
– filosofia bolognese – filosofia emiliana -- filosofia italiana – Luigi
Speranza, pel Gruppo di Gioco di H. P. Grice, The Swimming-Pool Library (Bologna).
Filosofo
bolognese. Filosofo emiliano. Filosofo italiano. Bologna, Emilia-Romagna. Grice:
“I like [Leandro] Alberti; his “Tutta Italia” is a must; his claim to fame is
to translate from Roman to Tuscan (no big deal there) what is deemed the first
‘daemonological’ tract – Mirandola used ‘ludificatio,’ which was vastly
translated as ‘inganno’ or by Leandro as ‘illusioni’ – which has echoes with
Descartes’s malignant demon hypothesis and my “Some remarks about the senses”!”
– ‘Filosofo. Nato da Francesco Alberti, di origine
fiorentina, è condotto agli studi umanistici dal noto umanista Garzoni. Studia
filosofia con Prierio continuando tuttavia a coltivare con Garzoni i propri
interessi umanistici e storici. “De viris illustribus”, Bologna. Il
primo risultato dei suoi studi fu il contributo che egli diede, in soli 18
giorni, alla stesura dei De viris illustribus Ordinis Praedicatorum libri sex
in unum congesti, opera collettiva con Garzoni, il Castiglioni, il Flaminio e
altridi biografie di domenicani, stampata a Bologna. Traduce dal latino in
volgare la Vita della Beata Colomba da Rieto Tenuto al dovere della
predicazione, è provinciale di Terra Santa cioè compagno nelle predicazioni
itinerantidel maestro generale dell'Ordine, Vio e del successivo maestro Silvestri: con quest'ultimo percorse tutta
l'Italia era a Palermo e la Francia dove, a Rennes, morì il Silvestri. È poi
attestato, a Roma, prendere parte al capitolo generale. Negli immediati
anni successivi rimase nel convento di Bologna, dove commissiona a Zambelli le
decorazioni da eseguirsi nella cappella dell'Arca di san Domenico e i
bassorilievi eseguiti da Lombardi, questi ultimi pagati dalla città dopo la
richiesta in tal senso avanzata d’A.. In quest'occasione scrive un opuscolo
sulla morte e la sepoltura del Santo, il De divi Dominici Calaguritani obitu et
sepultura, pubblicata. Un'altra sua operetta, la Chronichetta della gloriosa
Madonna di San Luca, fu pubblicata ed ebbe altre edizioni accresciute dal
contributo di altri autori anonimi. Nominato vicario del convento romano
di Santa Sabina, un incarico che non dovette prorogarsi per più di due anni,
giacché è sempre documentato a Bologna. È anche inquisitore di Bologna.
L'opera più importante d’A., dedicata ai sovrani francesi Enrico II e Caterina
de' Medici, è senz'altro la Descrittione di tutta Italia, pubblicata a Bologna.
Ad essa seguirono in ottanta anni altre X edizioni a Venezia e due traduzioni
latine a Colonia: nell'edizione veneziana si aggiungono per la prima volta le
Isole pertinenti ad essa, mentre quella è arricchita dalle incisioni di sette
carte geografiche. Opera di geografia e di storia, ricalca in gran parte la
Italia illustrata dBiondo, ampliandola e migliorandola nell'esposizione e nella
citazione delle fonti, ma mostrando scarso spirito critico, attenendosi egli ai
dati dei geografi antichi o, per la parte storico-antiquaria, ad autori moderni
di dubbia attendibilità come Volterrano o Annio: e solo quando vengono a
mancare testi precedenti ricorre a elementi di più diretta esperienza parimenti
nella critica storica preferisce riferire insieme le differenti versioni, anche
di tempi e di valore molto diversi, senza prendere posizione». Altre
saggi: “De viris illustribus ordinis praedicatorum
libri sex in unum congesti” (Bologna); “De divi dominici calaguritani obitu et
sepulture” (Bologna); “Historie di Bologna”; “Libro detto Strega o delle
illusioni del demonio”; “Descrittione di tutta Italia, nella quale si contiene
il sito di essa, l'origine et le Signorie delle Città et delle Castella” (Bologna);
“De incrementis dominii veneti et ducibus eiusdem” (Lugano); “De claris viris reipublicae
venetae” (Lugano). Universal Short Title Catalogue, Scheda delle opere d’A.. Così
scrive egli stesso: De viris, c. Redigonda, “Liber consiliorum conventus Bononiensis,
Archivio del convento di San Domenico, Bologna. Battistella, Il Santo Officio e
la Riforma religiosa in Bologna, Bologna, G. Roletto, Le cognizioni geografiche
di A., in Bollettino della Reale Società geografica italiana, Abele L.
Redigonda,Dizionario biografico degli italiani,
1, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Descrittione di tutta
Italia in Il Genio Vagante, Bergamo, Leading Edizioni, Donattini, Il territorio emiliano e romagnolo
nella descrittione d’A., Bergamo, Leading Edizioni, Orlando, La Puglia
nell'odeporica domenicana d’A., in Rivista di Studi italiani, ora al sito
rivistadistudiitaliani La Puglia, introduzione e note al testo dalla
Descrittione di tutta Italia, Orlando, UNI Service, Trento, Liber Liber. Opere d’A., su open MLOL,
Horizons Unlimited srl. Opere di A., A., in Catholic Encyclopedia, Appleton. Descrittione di tutta l'Italia su culturitalia.uibk. ac.at.
DELL’ILLVSIONI DEL DEMONIO: dialogo composto dall’illustre e molto dotco Prencipe
Segnore Pico (si veda) della Miradola, conte della Concordia. LE PERSONE
PARLANO. APISTIO. FRONIMO. DICASTO. Dimmi do juevacola cosi infreta caminando per
la piazza ove vendon sil herbe tanta moltitudine di popolo. FRONIMO. No loro, ma
andiamo anche noi un puoco, accio intedia mola cagione di tanto concorso, conciolia
che puoco di no potra esserela perduta di puochi passi. APISTIO. Noi
in ver un luogo. FRONIMO. Di quale augello ragioni tu en. APISTIO. Della
strega. FRONIMO. Tu giuoghi he Apistio. APISTIO. Pensa purche quello ho detto i
ho detto no pergivo con e periscrizzo, ma da dovero Conciosia che debbia esser molto aggrado a
ciascun huomo, ma maggiormete alli gentili e curiosi spiriti, di conoscere quello,
loquale no hamaicon osciutola antiquita. FRONIMO. Dunque tu te affastichi
diuuoler intendere quello che non ha inteseuerunos APISTIO. Dunque il timita che
io vogliammi persuadere di conoscere quello che non mai hanno volute
conseffarede havere intero li huom n i gradi e molto litterati, e pur se l’ha a
veranno inteso non appare in verun luogo. FRONIM. Chi co far. APISTIO. L’oaugello
Strega. Béche gia habbia letto t Collali infame la notturna Strega. E cofi confessa
di no sapere, di quale gerneratione de uccegli sta la stregha. FRONIMO. Affaimi
meraveglio che sendo tu molto dotto nelli poeti, sicomea me pare cu non hai letto
come era consuetudine nelli tempi antichi di essers cacciato fuori delle porte et
usci le streghe cosa che sera a noi aggradevole, perche se puo tra
computtare in vece di uiuandenel pranso, quando ritornaremo. E forsi anchora ser
amolto piu utile cosa chenon sapiamo, intendendo qualche nuouo secreto.
Conciolia che am e pate, et ragione uolmére istimo, fiapresa una strega etiui esser
doue corre per vuederla tanta moltitudine di popolo mesco tato con li fanciulli.
APISTIO. Habitano in questi luoghi le streghe? O cercamente non mi serebbe grave
di caminare diece miglia per vederle. FRONIMO. Hor su, sea dunque non mai
uedefti ueruna, forsi hora fara satisfacco alla tua curiosa voglia. APISTO. Sepur
accadesse che io potessi ci trovare cotesto augello dame con tanto desiderio
cerco, eno giamai ci trovato Mestitia augurio infausto e danno espresso peggio
chel bubo annontia porge, et lega. Anchor pur houeduto nell’antiche maledittioni
fusknomi nala la Strega. Ma che cosa sia quella e di qual natura non si couiene.
Et iftima PLINIO (si veda) che sia una fauola, quello che ers scritto delte litre
ghecioe che asciuccaueno colle labbra le pope delli fanciulli Da
uiciati corpi a forza e greffo. Er egli ecotestoluto osservato pinsino dall’eroici
tempi. Quelle cose mi moveno che sono venuti nelli thalami e camere delli proci,
o siano delli lascivi e molto libidino si buomeni cosi dicendo OVIDIO (si veda).
Procà il dimostra quale sia quefto angue che re-lacerato da questo animale,
Aforbe il sangue la strega in felice, delle Streghe gia preda forte langue,
puoco il uagito fanciulle scovale, et chi ed erspello agiuto alla nodrice. bb
ii con una uerga dispino bianco, e come hanno queda natura che sonobraminosi uccegli
con il capo grande li occhi fermi, il becco torvo, e parte delle penne canute colunghie
rampinate, e percio colisuoleno essere chiamate per che hano consuetudine di atridere
nella spauentevole norte. Hor tu vedi il nome la cagione di ello, la natura di quella
et anchota la figura come egli estara iscritta dalli antichi. APISTIO. Ben
intendo quello tu raccoli ma forsi sono di diverse maniere e generationi coteste
streghe, e di differente natura, con cioliache se dice, come non fucciano colle
labra le pope di fanciullini, ma ch beueno il sangue. Ilp che cosi dice OVIDIO
(si veda). Di notte ai fanciullini vola spesso empiendo il petto delli onoffio sangue
Si presto con la lingua insatiabile, chel soccorso opportuno esser non lice. No
paiono ate cotesti officii fra se del lestreghe, tanto diverse non ti dimo ftra
novaria et anchor contraria naturae conditione r Erano ragione uolmente da
effer istimati quelli aus gel li misericordiosi, li quali faceuano Ifficio della
nudrice, ma questi sono da esser reputati grandemente nocevoliema kegni dalli
quali sono occisi li fanciullini havendoli bevuto il sangue. FRONIMO. Io te diro'il
vero aniipaionopiu pre fto ciascuna di queste cose fauolė,che altro. Ma pur seuisiri
trova qualchecosa diuero nella fauola io penso che no sias nonati quelli augelline
anchor che se ritrovano nell’inerf. Chal quinto giorno de puo suo natale perche
quelli fallititolie uersi figura no la uecchia nelli uccelli. Ma ben penso fuflifatto
questo con lo agiuto delli de. moniiiniquie malederti cio e cheliancidenti augelli
hora appareuono in una forma della nodrice et hora della inlidia trice E.
questo maggiormente am e lofa credere perche IL DEMONIO insegno il gioue uoleri
medio contro delle incantastioni e maleficii, per li quali erano ligatelementi
delli huo. mincio n inganni, e con bugie, dicendofe effer Giano, uuole uache tre
uolte toccassi lio con larbura fro da le porte et uscii cioe con la fronda de uno
albero simile al citrono et tre uolte segnando con detta fronda le pietre che sono
sotto la intrata dell’uscio, bagoando la intrata con l’acqua, e com i m a d a
ga anchor sefaceslino dell’altre cose che non erano sagre, ma anzi a b omine
uoli sacrileg i i e portéri, Bé che anchor de quelle confe dica. Se poil infanti
per la nocte oscura Vesla ecilsangue elucca con l’esperti Labrila Strega,
et in tal modo le indura. Cosine tempi noftri hanno consuetudine di fare le streghe,
quando se narra che sono portare al giuoco di Diana. Guastas no nelle cune li fanciullini
nuouamente natiche piangono, di poi incontinenti le dano li gioueuo li rimedi. Liquali,
come ainepare, sono in loro arbitrio e possianza di doucrlida re. Imperho meritamente
egli e deriuato questo nome. Ca cio sia che queste crudeli e bestiali femine le
quali cometter no tanta scelerita, anchor da noi cosi come dalli antichi convenientemente
sono chiamate streghe. APISTIO. Hammi parccute inganni Fronimo pariméte in lieme
con molti altri, cte dendo effer uero, quello che scioccamente dice il volgo, cio
e che sono no lo che feminuzze, le quali uolano nella mezza notte alli conuiti,
et alli delette uoli piaceri carnali delle L e murio siano delli spiriti della oscura
nottee che coteft efer minuzze guastino con incantili fanciulli. FRONIMO. Meglio
potreste parlare Apiftio. Conciosia che non mai fe debbe di re che coloro errano,
li quali apertamente racontano quello che hanno con locchio della ragione chiaro
e manifesto no puo chi huomeni ben docci, et amaeftrati cóla continua pratica et
sa et anchor fono omatidebuoni coftumi euertuti. APISTIO. Io ti prometto
cheno'e mai stato possibile di effermi persuaso questo che tu di per coral modo
che l habbia creduto. FRONTIMO. Per qle ragione, no teha poffuropsuadei uecuno
APISTIO. Per questca, i ne che pare una cosa da ridere, come fia poffibicl eh e
fattoun cerchio et unto il corpo conno fo che unguento, in un'certo modo er dette
poicecce parole coun no foche mormorio fe cógiúgano dette femenuzze incontinente
colli demonii infernali e che cavalcano di notte soura di uno legno detto Gramita
con il quale si fuolecal fecrareillino, ela canoua oyero saliscanosoura di una caura
o diuno beccoo diuno moncone, esiano portateper aria, eche trapallino li Spatji
delli'uenti e ricrouanfe alli cantie balli di Diana ed i Herodiade, e cheiui
giocano, mangio no beueno, epiglianolasciui piaceri Puruoglio anchorago
giungere un altra cosa cioe che non seaccozzano nel parlare, fi comeho inteso
conciofia che alcune dicono effer pors tate molto in alcoperaria, er altre dicono
appo diterra alcune confeffano di andarui solamente con la imaginatione e non con
il corpo, epoi fermarsi soura dellago di Benacoo Hadi Garda, nelli altiffimi monti,
vero e chemolto m i meraueglio che non dicano di effere fermate foura della cima
del monte Micalainsieme con Thalete overo sula cima del Mimante siano poste a caminare
con Anassagora, Il quale c un non t e non guari discosto da Colophon e da
continue neui affediato, dacuife conosce la tempefta debbe venire. Altre cacontano
de esser portate allo albero di Benevento det tolanuce, rebême arricordo. Ma
quale e la cagione no si fermano piu presto nel territorio di Arpino piu vicino
sicome io penso alla nostra regione co uero portate alla Quer zadi Mario, et anchor
seno le pare fatica di andare piu diß costo perche non sono portate per infino nella
Cheronea alla Querza di Alessandro Dicesi anchora che hanno amorosi piacere colli
demonii che non sono congiunti colli corpi rei on oerro. Ma dimmi un puoco
Apistio, che toccame ci possono esser cotefti? Che piaceri souerinche modo posso
no hauece amorosi solazzi conquesta uana, efinta imagine, efemine dicarne.
Ho letto come le larve oʻsianolenuo's ceuo li ombre dellanorię e dell’inferno pigliano
piaceri colli' morti et che combatteno con essi, e no con li vivi. FRONIMO.
Dimmi Apistio, seiosci orco tutte le tue ragioni, sicome spero consentirai. APISTIO.
Io ti prometto di cosentire. FRONIMO. Egli e certamente cosa da huomo ragioneuole,
e di sano intelletto, dilassarsi muovere e guidare dalle ragioni effcnipij, et dalleauthoritati
delli antichi, le quali gia sono con cómun sentimento confermate, e di poi
quiui fermarsi ma molto maggiornente er opera di colui che edi grade inna
gegno, e che ha longo tempori uolto li libri delli docti huome ni. Donque seiocolletueragioniti
conduceroa cosentirea quello de cui hora tenemenibeffe, chefaraipoi? APISTIO.
Che faro: Vimetterolemani. FRONTIMO. Pensocheancho, sauiinetteraiipiedi. APISTIO.
Ma nongianelliceppi. FRONIMO. Deh non hogiamaicercaměte pensato co testo. Vero-e.
chebengrandemece desiderocuintédique. fto,accione uenghinella mia oppenione, collipiedi,
e cole mani, ficomedire sisuole. APISTIO.lononfifiutoquello chesperi, e desideri,
sefaraiquelloche tudietprometti. FRONTIMO A me pare perilragionarehauemofattocaminan
do, che tu sei molto dotto nelli poeti delli Gentili,etanchora affai siaornato
de Philofophia. APISTIO. Il mio Fronimo diquestohoranomiuogliodareiluanto
cioeche beninte dali Poeti et fia dotto nelli parlari. Con c i o fia che egli e
molto maggiore lacognitioneadouereintéderequelliper co ialmodo chesouerchia le forze
decoluiloqualearrogáte? mente alcunauoltaselauoglia attribuire, hauendopuoco
ftudiatoinesli, ethauédolipuocapratica. Ilpercheegliegra demente necessarioa
coluiauoleintendereefli poeti e philosophi, diconoscereetintenderenon
triuialmenree grossa, mente la lingua greca e latina. Et anchore gli e bisogno
d i hauere ben intese lifecreti,esentimenti extratti fuori delle crerario della
philosophia. Delliqualisonoornatiebenue ftitili poeti emaggiormente Homero. De
cui,ho udito che fui llustratoetaddobbato con grandi Cómétariida ARISTOTELE et anchora
dalli altri PHILOSOPHI della dotta schuola. Anchor c horho inteso
che se sforzo il Plutarcho con uno molto grande libro di attribuire ogni scientia,
ogni arte, e finalmente ognicosadiuinaethumana, aquellocieco OMERO. Ilperá
cheionego effereinme quellacognitione perfetta, sicome tudi,m a no nego
pechoesfermiessercitatoalcuna'uolta per piacere dellanimo mio inleggere
quelli,licomeiocercaffi lacognitionedellelingue e conquasilegger mentebeuendo
qualchi amaeftra métigioue uoliallicostumi,etanchora accionon fufli riputato
ignorante, fra li amici e compagni, occurendola occafione.Cosi senóho
beutalargaméte la philosophia, de cui se dice che -e nascosta in detti author i
a l mac o li come di r e si suole. I h o toccata e gustat a con la lomita delle
labra. FRONIMO. Io credo che tu sia condutto non dalla arrogantia ne anchor
dalla fimulatione,m a solamen tedallauerita.Laqualeuertu e collocata d’ARISTOTELE
nel mezzo fra ğiti uitii. Imphoche dimostri di n ó effer ignorare ne anchor tuti
uátidisa pereognicosa. Ecosiquellecosehaj dettodella notitia
ecognitióedellipoeti nó fon discoftodal lauerita. Cóciosiache PLATONE e ARISTOTELE
sono pieniditer ftimoniidi Homero, d’ESIODO di Simonide, Pindaro,E u ripide, ed
elli altri Poeti .Il perche io dubbiro affaichetu lia molto dottonella
philosophia decui pare non molto inte diedimoftridinon sapere. E cosiho
istimationeche dis mostrarai molte cose chesonodategiamolto tempo con gregate infiemenel
fine de noftri ragionamenti, le qualidi. mostrihoradino sapere. APISTIO. Io te diro,
come sono alcune cose che qualche uolraci sonofuto donare dalla natura leaza uer
uno studio o fiano uertuti, ouero altre cose,fi come prencipiidelleuertude.
FRONIMO. Non per que, Atosonomacatodallamia oppenionem a anzi hai tu posto inme
maggiore dubitatione con corefta tua risposta.APII STIO. Chehaicudetcos FRONIMO.
Io ho detto,e dir Co cbe ragionocon uno FILOSOFO.Vero eiche meglio
allhoramicauaro questafantafia,pigliando prencipio imi perho da quiui, cioe se
uuoi promettere di responde -- re a quellecose,dellęqualiho desideriode
interrogarti, per lequalihauemo comenciatodiparlare. ĄPISTIO.Io DELLE
STREGHE to matrimonio prometto de responderti liberamente. Horlu addimanda.
FRONIMO. Dimm i il mio Apistio, hai tu giamai letto in Omero che anda li e Vlyffe
alli Cimeriis. APISTIO. Si. Et anchora ho letto in chemodo andodaquella gére
chefa ua nella ariacaliginofa.cioe che erasenzauiada poceruien trarei raggi del
sole. FRON.Dimmeseltepiace,checol lafeces. APISTIO. Hoaffaicole.FRONIMO. Nó
leggiamo quel le parolediessoingreco, le quali horaledicoinnoftrouolga' re
cosi.lo fu quello che cauai fuora allhora allhora il coltello dellacosciase cominciai
dicauare con il scarpello unafofla, allamisuradiun
gomito,indiequindiincerchioetancho rainfundeililibamini, cioelifacrificii,colleumbres
APIS. Tu hai molto egreggianiéte dechiarato il sentimento,eno manco ageuolmente
isposteleparole. FRONIMO. Credo habe bilettono una uoltam a louéte ligiuochidi Diana,eliballi
collecompagne Nymphe. APISTIO. Egli euero,
etu non re inganniapunto. FRONIMO. Anchor io pensochetuhabbiri, uoltoquelli
libri douesonoscrittiliamorosi ragionamenti, erlafciuisembiatide Anchi seconlaimpudica
Venere eco 1 ·me fufferogenerati molti Baroninelli tempi antichidicote
Atifallacietingánatori Dei. APISTIO. Et anchora questosper seuolueholetto.
FRONIMO. Tu debbisapercome queftimal uagi Dimonii ingannaueno con merauigliosi
huominicheerano deditialle operer ufticalie pastoralisico me eracommunamente
lauitadi quelliliqualifurono rie trouati nelli tempi Heroici. Cosianchorainganno
il Demonio Peleo pastore padre de Anchise, conciolia che effo fico me diffe coluilaffo
la gregge delli porcielarmentonógus cidiscosto dallemura inuna ombrosa ualle
forto laimagin ne della Thetide dea marina.cosiiftimatadalle genti. Et ac
ciomancoseaccorgessedelfrodo glifuin SEGNATO dauno altro frodulento demonio uno
delli Capitanii Grecichiama to Proteo con il qualepigliarebbe There madre de
Achille la quale dimostrauafiincentofigure.Ma benuedieconfi dera uno
altrofrodo,con loquale grandemente inganno, cioeche non dimostra di uuolere
commettere iltupro, n e anche lo adutlero, ma fi n sed i ugolere contra her e
ille ci. di quelli to matrimonio, Loquale
con suoiuersiegreggiamere carito Hesiodo, ficomeseuede nelle scritture de Greci.
Ilpchepra babilméte dicemo effer da quiui deducto,cioedallo effem. pio
diHefiodo, loEpithalamiodi Catullo. Ilche anchorr dimoftra il tenore del verso,
chiaramente demostrado quella ancica facilitate questodechiarailcontinuo e
sollecito ftu diodi CATULLO I seguitare li Greci, pcotalmodo che ispreffe
leintegre Elegiedi Callimacho, alcuna uolta rendedoilsen timentoetaltreuolteisprimendoleparole.
Anchora inganno per co tal via il demonio facilmente Paride, focto figura di quelle
ore Dec. Il quale fi come scriffe Colutho Thebano nellibrodellapresa di Helena,
nosolamentepafceualeper corelle del suo padre, ma anchorli Tori, eptal modo feue
ftiua delleueftimente che pareuàun rozzopaftore etigno fantebifolco. Le quali cose,
ampiamente con sue scritture quellolerecita. In questo modo fece inuisibile il Demonio
quello Lidio paftore regale,con lainuersapaladelloanel lo cioecon quella partegiacesottola
gemma,epretiofapic tra,ma ciuolta,conlaquale Atupro ecomesseilpeccato con la
Řeina. Il perche pigliauono li Demonii uariee diuerfe fi gure alcunauoltadelle
Dee,che erano uolgate, altreuokic leformaucnoin effigia delle terrestre Nymphe
efouerere presentauenolefiguredelle Dee marine. Epercheeracredu co che se
nascondessino, con il suo ingegno sotto le unde del e tacqua accio puotessino
effer ucdure etpiu fortemente abr bruggiare licuoridellimiserie ciechj huomeni,
ftauanoa p po delli profondi luoghi dellacqua doue dicontinuoper dri uoltare di
quella cui si ritroua la candida fpuma et iuipa teuafussero appodellenodrici, doue
eranonudrigateda güellet Anchora appareuanocolleimaginifintedi nuvoli, fi c ome
fauole fcaméte raccontano appareffe Giunone ad Tinone, De
cuifingononascelliilsuppositi Coéraur. Cofifin gono dico st cu i i occħIffio
neppieta di Giove fu f f i trasferito ne cieli, e fussi fatto secretariodiqllo,etpõstoufficio
hauefli ardireditécare Giunone delftupro la qualela mentadosicon Giove uimando ad
Ilione una nuuolaafimilitudinedi Giu donc. cn la quale giacedoIrionc, ecredendosi
dipigliare co amorosi piaceri con Giunione, ne ebbe li centauri. Aleri demonii
apparecchiaueno prestigiicioefalsedemoftrationi, illusionie
incantarioni,collequaliiogannauenolegenci, popoli, etinescaueriocon doppia frodeil
Cozzo uolgo, ecan choralidorci huomeni. Ecosinonlaflauauerunocoloreet imagine
della diuinita (la quale con diuerse menzogne e bugie sifforciava di usurparlaetafeattribuirla)
conlaquas le'noncostringeffe ilcozzoet ignorante secolo, afarsiadora re, et anchora
leciïauaconlalasciuia. Cóciosiacheeglie. cee to che anchora eglivergognasse Diana,
laquale fugeuadi amare lauerginita accio forfitirassiaseslli haue anoiodio la
fozza libidine. I dl e cui gioco, havemo scoperto in di forccio del demonio. Ecosi
sotto il nome della Luna laquale senza uetun dubbio chiamauefli Diana
raccótaueno fuffi fuergognata da Endimione, eda Hippolyto licome dimot Atra Firmiano,
fotto il nome di Diana il quale pensava per srene sea quel luogo. E il nome di
Virb io cio e di tre volte huomo elaleggemolto diligétemente cercata,doue fedo
ueffe ponere,elemani medicheuolidi Esculapiocheporr Sino agiuto alle piaghe
debbost credere fuffero tutte queke lecose fauole etillusioni delli Demonii, epurfeuifuffe
qual che cosache pareffeinuero fuffiftara iltuttofedebbe pene
Sareesserefattoperarte magica del Demonio.Vero-e-che Efculapio al fine fupo ipremiato
con la mercede e premia delliincantadoriche ela miserabile morte. Concioliache
eglienarrato da tuttiliantichiauthori,qualmente fuoce ciso dal fulguro, benche fia
no uarie oppenioni perqualecat. gione,e per quale sacrilegio, fufficosi
crudelmente Occio. I APISTIO. Dice Vergilio che cosifufliocciso, percherefufciso
Hippolyco dalla morte.Nonfajcu cheduolendo Hippolyco fugire dauanti da Theseo
suopadre infuriaro loquale cerca uadeucciderlosendelifalsameceaccusatodalla madregna
Phedra etsendofalitosouradellacarretta e(pauêtatilicat ualliperlimoftrimarini,f
icomenarra Seneca, cadėdofuoci delcarroploimpito, etracciatoemorto, sendoitoneline
ferno fu resuscitato, efanato da Esculapio Veroie-chedice Plinioche
cosifuflipercoffo dalfulgure Efculapioe r cagio nedi CastoreedipolucefigliuolidiTjidare
Re di Oebalia quello che scrive
Tertulliano, cioechefur et arfo dal cielo Esculapio, perche biasimeuolmente
hauea effercitatolamedicina.E cosiritrouiamomolto maggior us dietanellanarrationedi
cotefta cosa chenellamorte di Romolo. Maegliebenvero
checiascunodiloro,e-ftatoreferi, 20c computato fra gli Dei, benche coftui fuffe
uno ladrone, e quellaltroun mago erincantatore.Vero -e-chemoltopiu mimaraueglio
digildo, e cuihora uoglio raccotare, cioe che nó ben péfaflılifattisuoi quelgradehuomo,
ilğleerasoftēta toetenato córâre ifpere daun certo grăprencipene giorni d e
noftri agoli che le ubrigaua di far. FRONIMO. I n altro modo scriffero
Panaiaso, Poliantho, Phylaccho, e Thelefarcho Anchora ltci dicono p altrecagio
nifuffeoccifodal celeftiale fulgure Esculapio. APISTIO. Deh no ti siagra ue di ramentare
il cutto, i m per ho felti piace e tu ti ricordi. FRONIMO. Io son côtéro.Furono
alcuni, liqualilcriffe tochecofifpauêteuolmétefuffeucciso percheresuscito Tyndaro
eno lifigliuoli,Vero:e-cheStaphylodiceno fuflire fufcitaroueruno da Esculapiom
a ben -e-uerochefusanato Hippolypo chefugiuada Troezeneecofip qua caufa, fufli
percoffo emorto dalfulgure. Ma Polyantho scriue che cosi fuffiuccisopche libero
lifigliolidi Preto dalla sciochezza. E puo le Philarcho esser li cio iter venuto
p che agiuro li figlio bdi Phineo. Ma fraquelli cħ háno voluto
refufcitaffeimorci alcuni di loro dicono cheresuscitomoltidi quelliche furo
noucefinella battaglia e guerra di Troia. Et altri scriveno che resuscitaffede
qlli chemancarono nella guerra de Tebani. Egliebenuerochenó cimanca Telefarcho,
che dice come fusse in tal modo percoflo, perche se fforzaua di riuo
careallauita Orione nolorefuscito imperho.Anchoreglie moltomanifefto uedere la
guerra etan chor la battagliade Ilio, e di Troia, e tuttilimodi delcome batrer
ioisefece.E cosi designado ilcerchio,accio demostra Bidouiandarono, ecobarteronoThelamone
e Peleo figlioli di Eaco.c doue Olyffe,collialtri Troiani,fu portato dal De:
monio, egiapiunó cóparfe inuerun luogo. APISTIO.Turac contimarauigliose cose. FRONIMO.
Sono certaméte marauia gliose etanchor vere. Dipoiquelloprenicemádo indiuerfi:
CC cuaniluoghie paeli, etanchora'per infino nellaGermania
etanchoradiroequefto etdouenonmando épercercare guelhuomo: Horlendopericolatocostui,uêneincoteftono
Aroeccellete Caftello uno dellsiuoi discepoli, chelaffoliues ftigiidelle sue malgradeuoli
e diabolice opere perinfinoallo noftrigiorni. Concioli ache designaua laimaginediquella
chehaueafattoilfurto,etdimostrauelaa colui,a cuierano Aatorobbare lesuerobbe, nellaincheftaradiacqua,osianel
kaamola, cocertifacrilegii. e fuperftitioni, etiujlefaceuauc dere la figura
iueftimenti con tuttiim o di erano fucoserua. Tiinrobbare quella cosa. Joconobbiunodalui
manifeftato, ilquale haue arobbatoleámolette ciocalcuniremediicon
troliueneficii, e contro dealorimali etoccultamere Shauca portatoa casa,efecretamenteferratinelcophinonon
lofa pendouerana persona. Emi ricordodel tempo pelquale la fciodetteso perftitionierinego
larte magicaS. e caminaffis mo insieme diecegiorni, pareamenonsarebbonobafteuo
bidaisprimeree ramentare quellecose,lequaliho osferuar to enotato delle manifefteinfidic
del Demonioneanchor ferebbono sufficienti dipuorerenarrarelimodi, cheofferus
ello per ingannare lhuomo. Il perche mericamenteie chiar mato
Saranaffo.Conciofia che sempre fu,e,et fara nemica dellhumana generatione, cosiincuttelealtre
cose,come in quefta, decuihoggi hauemo determinate di ragionare Quanto al modo
che dimostra dipigliare carnali piaceriio le dico che quello lo vuole negare
(si com e contrario atanu vidottiefauiihuomeni Jiquai diconobauerloconosciutoda
quellichelhanno isprimentato,etanimosamente teftifica no dihauerloudito) e-riputato
ftoltoe pazzodafanto. Agostino il quale scrise con ieftimoniidi coinufa a m a
nel quintodecimo libro della Citta di Dio, qualméresonostatoritro.
HatifouentedelliSelaaniepergersiFauni faftidiofialledon De, chiamati daluolgo Incucbbiioe
chesefforcianodico metterelafozzalibidineinfiemecolledonne etchesonori trouati di
quelli che hannohauutoilsuodesiderio,pigliado. ne amorosi piaceri con effe. Et
anchor diceche sono alcuni alori demonii chiamati da Galli Dusiili quali di
continuoco grande importunita tentano le donne per avere l a f c i u i p i
š ceri, efouêtenedcuenenoalcocento dellilorobrimatid e fiderij, ecotetidanoifonoderij
Folleti. APISTIO. Ti priegoo, feguitapur olera, FRONIMO. Horquantopettenne
aluiaggiofannoper aria credocheanchor habbia udito cc c e t o se tu non l’hauer
a j letro come ne vemn e Abb a re nell’Italia foura diunavolátefaecada
Pythagora, perinlinodal lo HyperboreoTempiodiPhebo. APISTIO. Ne ancheque fto-e
dame narcofto cóciosiachel horitrovato scrittodaun certo Philosopho Platonico.
FRONIMO Se bentutiramenta taiqueftecole, facilmerecrederaile altri.Ilperchetu
debbi Sapere qualmente comenciaffe cutiaquella Necyomátia di Olyffe, dalcerchio,
cioequellaartedi diuina remediã telicor pi morti. E cosifacilmentepuo
conoscerenon efferecosa nuoua queftifigmenticfittionidifareli cerchi,m a
anzifos no antichipreftigii,cfalse delusionilequalianchora hanno cercato di seguitare
li POETI LATINI. Có ciosiachese finga Scipion c c avare con il ferro la cavata
terra altre,etutte qucile cose che seguitano, ad effempio di Olyffe. Quanto
alliragio namenticolle ombreo sianocollispiritiiotedico chesono molto
piuantichi che fufferoritrouatida Homero. Ilchef a cilmente quelli il poffon
sapere, liqualiconoscono fufferorj trouatili uersi di Orpheop queftacagione,econosconoco
m e Omero ha seguita qt ouello non solamente in nominare Tyresia ma anchora ha imparato
essi nomi congranfole lecitudine econnon menore offeruatione.Ilpercheferiue
Giustino Martyre, come furon composti escrigriliprimiuer fidella Iliade ad
esempio delli primi uersi di Orpheo, liqua Jiera noi ntitulaci di Cerere. E
coliconuarü riti, costumiciof feruationiogniuno desiderayaecercauadihauer compagnia
familiarita e ragionamenticollimorti, per cotalmodo, che dipojera detto come
quelli scende vanto giu nellinferno. che narrafi interaenefia Pythagora, poilògotempo
dopo Orpheo etHomero, edicesicome uedessejuinelloinferno JanimadiHefiodo, edi Homero,
che eran tormentateper quellecose haueano scritto delli Dei.E pquefto fediceche
fu grădemete honoratoe reueritodalli Croroniati, etancho sa molto piuperche
racconto dihauere ueduto efferui grandemente cruciati, e martoriati quelli,che
refiutaueno di pigliare amorosi piacericolle sue dolcimogliere. Ma quanto
atrapassare per ilfpatio dellaria,ionon fo in che cosa dubiti, ouero pecche tu
li maravegli. Concio lia chea m e parc non importa, febene misuri lepenne
delliuenti con una laeta o con uno scanno,ouero con una caura. Non fe dice in
qual modo fuffi portato Pythagora, o Empedocle, neinluuno carro daduerote, oda
quatro,o dauno alatoPegaflo oda Dragoni,oda Olori, accio seguicaffeVes
nere,Medea ouerofulfi condottoconduiserpentisottoil giouo come còduceuano
Circe,ocollilioniamodo diCya bele, o.colli Lynciad essempio diBaccho,ouerofuflitcapor
tato in altosoura Europeelaterra Asidafecondo lacoluetų dinedi Triptolemeo, acciochequellofusliportato
lauorato redelle fructa, e questo coltore della philofophia, m a inueco furono
amenduoiingannati da Pallade cioe dalla astutia e melitia del demonio. APISTIO E
cio mi ricordo d’avere udito narrare feno me inganno, di Simonemago, ilqualeebbe
are diméto diuuolereandareperaria imperho in sua malhora. Conciofiache desidetandodi
vuolersaliresouralaria.c fina gēdo diuuolere ascedere nellaltocielo, ecosisendo
giapore catomolto inalto dalli Demonii, percomandamétodiSan toPietroapoftolfou
laffato uenireconrátaftetagiu interra d a dettimalegni fpiriti, chrópedofi
tutte loffa,fu Ioétedella, uita. FRONIMO. Ě forlianchehai udito dinon so che Ethiopili
quali haueano inusanzadiimporeilfrenoe labrigliaalla Dragoni, edipoiseggédosouradellaloro
fchinaueneuano in Europa. Cosise dice effernarratoda Ruggeri Bacchone. Ma
purcrcdaquellouipareilprudente edotrolettoredi questa cosa accio tu no pens
voglia ramétare liuoli di Dedalo, liquali se n o sono semplice menzogne, sono
al m a c ocre duticomefrodiet inganni del demonio eta nchorajotaci in che modo
sparue Apollonio Tyaneo, dalla presentia di Domitiano Cesare. Oltro dicio fetu
confeffi fuffero appo, delli antichi lispiritiincubi e succubi,cioe che si
dimoftra peno informa e FIGURA DI MASCHI e di femine donand o amor
tofielafciuipiaceriimodo diciascuno feflo allimiseri mor Y tali c o n certiunguéti, accio
appareffe a led vero alli altri che fuffero traffigurate e c o n
uerfeinunaaltra figura diffimile dalla prima. Ebenche, co teftohuomo
dotto,fingeffediessere trafinutato, non perho dicefufficóuersoinuno uccello
benchehau effeufato quel lamędeme medicina. Ma bugiardamente narrafufftramu
tatoi uno asino. Anchor dicecheebbe gran cordoglioquel Ja femina, dubitando per
lo errore hauea fattoinpiglia: relabuffolettache fufficangiato Luciano inuno Alino.Il
perche dimoftroe non effereuaria la effentiadella cosa,m a lilaimagine. Etello con
questo chiaramente il confermo, econfettoche fendodiuenuto Asino, hauearetenutolame
te,elintellettodi Lucio. Et ancho tanó edaistimarechegli ueneffeinfantasiatales
opinio cioeditrasmurare la forma f e l non fuffi f u r achiara fama come coteste
cose erano molto inufanzaappodiquelledonnedi Theffalia,ecome elle molio fe
delectaueno letefsercitauenoineffe. Non lo con fermoanchora quefto, quello
Platonico Apulegio, chepoi boseguito:fingendo diessereprimaitoin
Theffaliaauanti tali perquale cagione non uoi credere chesiano anchora
fimilif piricipe noftri tempi scóciosiachecotestose côferma có tálietátitefti moniicli
qualiioglicamétaro, feltipiaceras Quanto allunguento, iocredolosappi,perchediffusamen
tenehascrittoil Syro Luciano el africano Apulegio, uno in greco e l’altro in
latino, Eco si se ha queste cose i scritte da l u i. Dunque
cheuuoledirecofiquello cophinetto,e quelletan te buffelette
equellooliodiquelladoma puoca istima nella sua CONVERSAZIONE. Di poi esfo me
deme authoreledichiara dicendo. Incontanentefuunta delluny
guento,fufattaageuole dauolare. Edipoifoggionge. Dop po puoco spario di tempo
non douento altro cheuno cor, u o da norte.E cosi pareua aquelli,liquali
guardaueno, 00€ tofingeuano diguardare fuflidiuenutouncoruodinotte. Io non mai
crederei, che ver uno se potesse trafforma cedi una specie dicreatura in una
altra osiaper uirtu de alcuno unguento overo per incanto magico. No dimenoy voleuano
quelle sreghe effecuedute ungersi decuine fatto fingeffe diefferueftito diuna
nuoua forma sendo priuo del laprimar Sedricamenteio referisco le parole diquello
cosi diče. Piglia anchora un puo co piu dellunguentoe fatte et c. Et assai alcrecosescrissenelle
quali parecotuttiimodiquafi habbia uoluto seguitare il Samosateno. Cóciosia
cheha fato tomentionedello Thebalicomormorio dellolio trasforma uadiuna formanellalera
edelli remedii dellecosecontrodi quegli incatil i quali faceuanoritornare
lhuomo alla prima figura. APIST. Per qual cagione creditusiafattomentione
diquellemedicinedi cose lequalieranoinagiucorio,econ. traquelliincanti, efrodimagiced
FRONIMO. Segliepurcosa uera egioueuolein queste medicine, penso siapreso d’Arisotele.
Nelle opere de cuiholettcohe e ripostofralemera uigliose cose comee cosuetudine
che muoiono facilmeteli Aliniperlo odore delle rose. Il che sapendo Luciano e Lucio
finseno di mancare dalla forma dellalino, de cuiprimaha? ueano fintiesserne figurati.
Oueroforse egliequiui nascosta unalcracofa magica. Eglieda saperecome gia
grandemente eran o infamate le donne di Thessalia e di Thressa, che fa ceflino delliueneficii
e dell’incanti, et anchora era detto che fussi condutta la luna e m e nata
secondo le piace u a colli u e r sida quelle, e chiamate lefiffeftelledel cieloilche
anchora cracoftume delli Sabini ficomescriuc Oratio, etokro di cio
diceuasifuffero inspirate da Baccho eteranochiamateMis mallonecioe seguacidi Baccho
porradolecornasicomefa ceua ello, et anchoraeranodecre Adoni dee furiauanocollo
complicate ferpefrali Thyrliconillusioni magice, etincáti, prestigii Et erano tenute
in tanto honore e veneratione che uuolsiintrare nella compagnia di quelle la Reina
Olympia madre delgrade Alessandro loistimo forseche quelle cose paionobugie
Quotrebbeno hauer preso prencipio daquale che fimilitudinee colore deluero.Pare
anchor cosa piu pro babileche haueffono qualche accrescimento dadertiprodi
güemerauiglioseopere de demonii non senza qualcheue rofondaméto dellauera historiacoloratoer
adombratoco molteuanitatie fitrionichedallifonniilicomee scrittoda. Synelio il qualeuugleua
haueffono hauuto lefauoleantedit 1 tecCOG m i ricordo il
qualesefforzodidimostrarecon grade ingegno inchemo do haueffonola maggiore
partedellefauolefermo fonda mentodallahistoria et anchora fforzofididimoftrare come
dipoi fufferofuco fouente ampiate in maggiore cose effe fauolefondarefouta
diefla verita dalla falra fama del cozzo vuolgo. E coscredo iofcriuefleVergilioquelperso.
La dotca carta teftese di Palephato. 1 il Sole confinte paroleeconaflạipersuafioni,dauaad
inte.. derealledonne di Thessalia, l equalinointē deuano simileco. Sfimilifinte
opere,ouero dagrande aftutiae faggacita. Ilper che fu uno greco chiamato
Palepharo fe beu teecofilialtii, daeflisonnü. Ecertamentenon sarebbe itaa to
alcunäcánto brammoso di uolgare e manifeftare quello cose, chefufsero hauute e
uedutenefonnii,licome ueduce fuoridel somnio collequali fuffero tanto tirauefforzatilhuo
minidimerauigliarsi. O quátofonoliueneficii,maleficiiec incantationiramércate, iscritte,
enátrate coli DALLI LATINI. Percia da VIRGILIO e detto di quella antifti tee sacerdotessa
della stirpe de Mafsilli, la quale prometteua disciore le mentidellihuomenicolliuerfi,cioedifarlifarefi
come lepiaceua, etdifarefermare lacquane fiumi, difareci tornarea dietro li pianeti
e dichiamare, etfareuenireafelc notturnemani cioelispiritidella notte. Anchora perquesto
senarranolemedicineer in canti di Circe, diMedea diCar nidia,equellealtregenerationidiueleni,lequaliconduco.
no lhuomenialpazzescoamore chiamate da Theocrito Si ciliano Philtre di Simetha
ecofida luiscritte,loquale regui, to Marone ne fuoiuersi. Puo efferche douiamo
pensare che fianotuttequestecose finte senza uerun fondamentos Ver
toechemiramento dhauerlettonel Plutarcho, quella fauola con gradeingenoe
segacicaritrouaradiAganice di Thef falia, laqualenarracome conduceuaasuauoglia
la Luna. Ma cosi era la verita, chequella conoscendo la cagione che la Luna horaeraritondahoracornuta,
ethora piu no seue deua, perlainterpositionedellaonibradellaterrafraeflaet fa come
le coduceuain quel tempo la Luna interra ficome: lepiaceua. Eco sidiconohaueffero
principio lalorifauoleda Veramente eglie molto chiaro qual menteo chelhuomeni
eranotramutatico lliincaptieueneficiiindiuerse figure sig come bugiardamente et
anchora scioccamente parlaueno alcuniouerocheappareuonocosi. Ilpercheparenonsepose
finegare senzaqualche Atoltiti ache almancoquellinonpa
refsonoaleoadaltriefferefimilecofa. Non tiraccordidi quello che tanto chiaramente
se dice delle figliuole di Prei t o cioe che impieno con falli mugiti e voci di
animali li c a m pifet hauer havuto paura dello aratro, eta nchora hauer, cer
cole cornanellaleggierefronterCofice-narratacorestafas uola; Come furonotre figliuole
di Preto, le quali sendogia. Nel fiore della giouentu e conoscendo seefter bellissimeintras.o
nel Tempio di Giunone, spreggiarno la Dea Giunone, cipucandosieffer piu belle
diquella perilcheadiratala Dea ai miffe tale folia inesse che le pareua fulsero
diuenute in formadiuaccheilperche hauendopauradiportaree con ducereloaratro
fuggirononelleselue.CosinarraVergilio, con il testimonio di Homero, ma Ovidio
dice in altro modo cioechecosi diuennene nel furore e pazzia,che glipareus
dieffer douentate uacche nella Isola di Chea, perche haues no consentitoaquelli
haueanofurato alcuni animali dellar) mento d’Ercole. Le qualidi poifuronoreduttease,
etui suilluminatalafantasiada Melampo, ficomefu Lucio con la rosa,m a dicono
alcuni altri che furono fanatee ritornare allaprimafiguradaEsculapio, siacomesi
uoglia, cosiegtie narrato uariamente.Vero e-oche intraffinoin fimilifurie
pazzie, o fufli per ira opera del demonio, overo pe t qualche corporale
infirmita ritrouolantichita a quelle gios ucuolie diuerfici medii. Ma tu debbe
faperecome bebbero li Demonii uariie'diuersi modi, eranchoracótinuideingan
nareli uomini, in quelli tempi, nelli quali teneuano loim perio quali ditutto
il mondo, e non solamente per lifacerdo diet Antiftiti delli Tempii, cperlioracolierefpoftededi
Ido lictimagini,m a anchora ingannauenoper mezzodeals çunedonniciuole
inspiratedalfalsoPichia,et fraudolente Apollinc.E
cosipercotcftimcoodinduceuanoglihuomen afare
ftupefattiemaraueglioldellelorooperationi et ins. uiluppauono
YA ma non gia con quello il quale seguito VARRONE nelle Satire. Conciosiache
quello Litio e-moltopiu antico dicoteftoálcro Menippo. Ben che so che tu
intendi quello SIGNIFICA (SEGNA) Larva
pur anche io i uoglio ramentare, per parere disaperlo, etanchora per raj
zentarlo lecosihora horanon te occorrefi:Sono Larue mooceuoliombre dello
inferno,ouero ispauenteuole scon bodellanoue ele Lamieeranochiamarealcuneimagini
efpiripi moltibrammosidelafciuiamorie fozzipiaceri,es mche grandemente
desideraueno dimangiarelhumana arneV.edimo chefauoleeranocotefte.PurdimmiApi
non paionoateco testecoseche hauemo narrato s o p r a molto similia quelle
delliquali longamente dicesi dellemaluagie Streghe dellanoftra etades APISTIO J
n neticaame paionoquasisimili.Iiperchehoraoccorrono a me quelle parole dell’antica
fauvola cioe Larva Lamia etIn cubicongutellodiersodi Ausonio. alappadono
quelli nelle precipitanti rouine delle scclerita, defotto colore della sagrata religione.
E perciopigliauono Qaric formeediuersefigure.Colisepuouedere e consider rue
Protheo figliuolo dell’Oceano appo de quasituttiipoet p.loquale ledemoftro in
formadiuariifimulacri efigure, ficomedice VIRGILIO conloteftinioniodiHomero,cioeche
fubitosufatrohorrendoporco efuriosa Tigre, squammolo dragone, et una Lioneffa
con lafuluante egialda ceruice molte altre coseramentanodilui,che
lafloperbrcuita'. mente appareueno quellieccellentiBaroniche furono oce siliad
Ilio alVinicore.Coli anche liramenia in che modo agparessead Apollonio Tlaneouna
fantasmaouetoappal tente figuradellaEmpusa,cioediunacerta generationedi Larue o
fiaspauenteuoleimagine auuotara a Diana,cheua no, licomesefinge,conunopiedee
conuertonseinuariefi gure et alcuna uolca incontinéte che si sono rappreferiate
fpareno,epiunon feuedeno. Anchora dicesicome hauesse conuerfácioneuna
Larua,ofiaLamia, forrocoloredị hono. Kuolematrimonio,conMenippo Cinico dd
Dimofte bomio, Nora e-la stregain cunede fanciulli, con
quelladonnescasceleragine. FRONIMO. Hor piuolcre, ramentiamo pur del altre cose,
accio fe possa donare egual giudicio e gi uito senz pa u n t o di menzogna. Credo
chetu fappi,qualmente sonoscrittiiu finitiuersi delliueneficii,et
incanci,dellilicquorie beuande delli Pharmachie medicine,etanchorsonocantate
fauole fchedociele Nenie Marsice cioelefauolede Marfi. Matu debbe sapere come
sono iscritte e cantar ce o n una certame Laphora e similitudine quelle cose
che cosi leleggono,cioè che lhuomeni, liquali remigaueno gcupisceno colliporci,
perledonneche lusinghe e chebruggiasseHercole lendo unto con il sangue di Nesa
eche fuffero instillasili amori col li veleni di Colcho, cócio fiachechiaramentese
conosceful; seco significate e manifeftate lescelerate compagnie epros
phanimodidellasozza enefanda libidine, collanridetteor
seruationiecanti.Vero-e-cheuoglio tuintenda, come non erano imperhodetci
incantine anchora detre representatio nifofficientidispauentare ueruno,m a
folamente pigliauei no, epauentaueno quelliche uuoleuano il perche narra Homero
qualmente OliffeasfaltoCirce incantatrice non con ildolcebaso,m a
siconlagutocoltello.Jlqualecosi comená fu presodal ciecoamore,cosianchor nó fu
inuiluppato dalli incantamenti: Li quali non nuocenosenza malegna sottilita delli
demonii. Legano quelli cheugoleno et acciocheuuoi leno ufano uariearti, e diuersimodi.Pigliano
il rozzo volgo con lafozza libidine,ecolli deletreuoli,etlafciuipiacerie
giranoase quellichesonodeditialla uita ciuilecollericchez ze, econladouicia
epuranchoraltrinecoduconoasuoiuo“ tibenche puochi con lepromiffioni,econ laesca
dellaglo ria; ed ellhonori,cioe quelli chese sono dati allistudi della
philofophia. Ma quátopertenealliconuitiattédiben. Sedito, come quelli in parte fono
yeri et in parte imaginationi et ilusioni, non
perhofarodiscoftonedisconueneuole dalli antichi scrittori. ConcioGache
ritrouiamoiscrittoda Herodor." todellamenfa del Sole eda Solino
essere-istimata quella unacosadiuina. Cosiritrouiamonellauita di Apollonio Tia
teo neo, il convito della spora di quello, la quale era riputata una dell’antidette
Lamie o delle Larve, o delle Lemire, eLeg. giamoiui, coine' sparbinoliy asipareuanodi
oro, ediariento cheeranofulamenfa. Etincoralmodo appareuanoiDes monii all’huomeni
sottouarieimagini e figure chiamate da Philoftraro Empuse e Lamie
eMormolichie,ofianoLate ue.Gia puocoavantihauemodechiarato checosasianocos
teftifpiriti,etombre.Ma quanto alleLamieritroviamoin Esaia dicono.co m e
raprefentanouna certa beftialefigura: AlcuniHebreial trimentescriueno, dicendo
come seintendeper leLamie alcune ombre e fpiriti furiosi,benche siafattamêtione
nelli Treni di Geremia propheca dellem a m m e ouero p o p e della Lamia. Ma altriistimano
fia derivato cotefto nome dal lapiaree spaccare etalquantidallaLama
cheuuoldirenok sagine,oispauenteuole pronfondita.E dequindicredono sia derivato
quel detto di Horatio. Ne traggiil fanciuluiuodepasciuta, Lamia deluentre.
Anchor narra fifusserogiaconduttinelspettacolodaProbo Cesare molte Lamie.lu
qual modo e figurafufli quella che inganno Menippo,non
lipuofacilmentecofidaaltroluogo conoscere quanto da Philostrato. Ilqualenarracomefu
ingamnatoeffo Cinicoda quellaLamia,quandoellafinger ua dipigliarloper marito, edipigliare
amorosi piaceri con quello. Parimente i oistim o fulfi uccellato e s che r n i
ro Apollonio, quando era pregaro da quella
non se incrodeliffenelli tormenti. Cofiera ingannato, perche iftimaua efferele
Lal miemoltofacileadouereamare Hhuomeni, edipoipensaus che grandemente
brammasino dehauere amorofi piaceri coneffi, enonmanicodi poi credeuache mangiassimolecat
ni humane. Ma il mio Apistioio techiariscoqualmentenon fonotiratii demonii dalle
brammofe voglie d eamorosi pia propheta il luogo delle Lamie, doue
famentione del fcontrodelli Demonii incubicioede quellichefedimostra no
allhuomeni in figura difemine, ecolidanolafciuipiace riallimaschi eriftimano
coftoroche siano leLamie dihur mana effigia dal mezzoin fue dal mezzoin giuc
eri ne condutti da desiderii libidinosi, ma sono codutti dalla malgradeuole invidia
adimostrarecoreste cose accio ro uiniiso emandano nelprecipitiodelli
peccatilhumanagę ne ratione et al fine la conducano nella infernale dannatio ne
doue efli sonoconfinatiinperpetuo. Etacciobenintens di infiamniano
cotestisceleraci spiriti,limiferi mortali, cioc quelliimperhochefilaflinoingannare
conunacerrafiam m a occoltam a non sono efiinfiammarida quelli ilche ini
teseilpoeta Vergiloquandodiffe.Inspirainelliunooccolto fuogo. Conciosiachemi
arricordochefunariatodallaStrega che quando se appresentata il demonio allisentimenti
suoi in diuerse e uarie forme haueainu sanza diconoscerlo e
didiscernerlodalliueri animali delliqualiello hauea pigli ato la forma in questomodo.Lepareua
che uiintraffenel pettouncertocalore,etuna certafiamma,per laquale era
certificatacome quelloerailDemonio.Anchoranarraua qualmenteera apparechiata alla
fpreuedura una fiamma đı fuoco, ficomele pareua nelgiuoco, douc conueniuano
tuttiauantila Donina, olaaukti del Demonio che seprefen cain formadiornatiffimaReina
con la quale fiammadice uache incontinentesecocceuanolecarni femagnono ren
dolemoftrateadeflafiamma. NonbrammanoliDemoni ilsanguehumano,neanchordesideranolecarniper
managiare, ma il tutto opera do e p rocacciano, accio conduchin o lanimee corpi
delli miseri mortali nelli sempiterni tormenti. La qual cosa iofocheegreggiamente
inrenderai,quando udiraiparlareDicafto.Ilqualefebenuedoenonme ingan
palocchioperillongospatio,ame pare gia fiaallemani,a combattere con la strega. APISTIO.
Benben Fronimo. Tume haigiunto. Bêcheame paressedidisputarecoliuno degnoe
nobile caualiere,percheioteuedo vestito coriquel le ciuiliet
egreggieueftimente, ecintodiuna moltoornata {pata manon
credeuogiadidifputareconuno cheintens deffe tanto eccellentemente linascoffi
sentimenti delli P o c tihiftorici,Philofophi etanchora delli Chriftiani Theologi.
Ilpercheconoscendoiolatuasufficientia,tipriegouoglitu per talm o d o adaptare
in cotefta parte che ciretta deluia, gio, gio,chepuoffi
seguitareitgia comenciato ragionamento, et anchor puoffi dimostrare dellaltre
cose,con ilsecondo dit to,sicomegia hai fattoquelle prime con il prino,ficomese
fuoledire.cioe coli tanra facondia fortilica,e dechiaratione
chepossonointrareinme bendigefteedechiarateficome f avesse io ben poi mastigare
Horno perdiamo tempo, ma te priego seguita lagia comeciara disputatione. FRONIMO.
Se rebbe bisogno dimolto piu dotro dim e,et anchor sarebbe necessariodino
puoco,ebreue viaggio,m ad i longo tiposo in douere fatiffarealletue humaniffime
petitioni No dimen o pur mifforzaro disatisfare a tequáto porro .Cerraméte
farebbeuilan, eprivodiogniciuilita, feionon efsaudillele gratioseetanchor
honefte addimandedicoluide cuihogia conosciutoperlesueresposte che grandemete desideraebrå
ma deintéderelauerita. Dunque seguiro lagiacomenciata difputatione, eramétaro
quelle cose paionosianoaccómo date aquelloauãtidiceuamo,quáto
imperhociconcedera ilbreue spatiodel uiaggio. Giahauemo detto molte coseet hora
uoglio rispóderea quello tu dicesti cioe che pare nale accozzanole Stregheisiemenelnarrarelecosefatteadeffe
dal Demonio, eparenó fecóuieneno inreferire quelle cose delloro
sceleratogiuoco,ma cheunadiceinunmodo elal t ra in altro modo.I o ti rispondo
che cotesto puo intervenire o dalla
paura o da mancamento di memoria, perche comuna mente fonogroffe de
ingegno,ecôradinedella uilla.Anchor Sepuo cagionare et in col parlea malitia
del demonio il qual inganamano tuttoiunmedemomodo. E questofacilme. te lepuo
conoscere nellantichi prestigii, et illusioni. Concio Siacheeglie altrageneratione
dejucătationinello Euflino altra nella regione Taurica etaltra maniera nella
Italia E fében consideraraj conoscerainon esser fimile totalmen re quella
Pharmaceutria di Theocrito aquelladecuipar la VIRGILIO cioenoii.e-fimilelartede
ueneficii et incanta, menti unacon altra. Anchor pareinteruenisseilfimilenel li
oracoli e responsioni. Perche altre erano le resposte date per le femine inspirate
dalli malegni demonij,etaltre erat n o quelle hauute per le aperture e coragini
della terra, et altreanchoraquellecheeranopigliate dallhuomeniper
lifonnii nelli Tempii. HperchealcunidormiuanonelTem piadi Paliphea, elmiedici
Calabresi anchora essihaucano confuetudine, con& Dauni,diriposarsiappodelsepolcrodi
Podalicio, ilquale Podalicio fufigliuolodi Esculapio efueca
cellentejnedico.Anchora emanifefto comesoleuanogia Gece affaipersoneneltempio
diEsculapio. Ilchenon solas mene fuofferuatonellitenipi Heroicim a anchora perinsie
no allaeta di Antonino. De cuiraccontaHerodiano chean doa Pergamo perlanti decta
cagione.Anchoraleggiamo q u a l mente haueuano consuetudine li oracoli di dare
responsioni per il mezzo di intier estar ue, et anchora per meze
zestatue,emediante anchoralecolombe,ofufferoquelle neriaugellio fussero femine
disimile nome non loro, m a benfoperdetci modireuelaueno lecoseocculte etannon
tiaueno quelle doueano uenire. Anchora assai auttori narrano come erano farte
simili cose nella India per il mezzo del Jalberi, et in Dodone,ficomeracconto
Aleffandro Magno, Erano anchoraaliriliqualisubicamenteintcandolisopraun certo
furore narrauano marauigliore cose. Ecosi ritrouauoni
ficoteitietaltrimillimodi, ediuerfiJunodallaltroda reuela re lisecret, etannonciare
le coseda uenire.E come erano di uersespecie
egeneracionidellaugurii,ediuersilimodi del fceleratorico, da manifestare le coseoccoltee
da aluontias rele cosedouéano uenire,cosieranodiuerfi i sacrificiicollir quali
sagrificaueno,eanchora diuerfi'imodi dieffofcelefto prophano,eteffecrando
sagrificio. Anchora erano diuersili incantamenti delli antichi enon manco
sonouarii nella10 ftra eta enon manco sonofatticon altri scelerati coftumie
modi chesoleuanofarequelliantichi Romani. Sononarra tealcunecose dallantico Cacone
nellilibridella agricoltu raditátasciocchezzache retrouansipuochile poffonoleg
gere senza gran riso etischerno.Nondimeno furono imper r hoi scritte DA UNO
UOMO ROMANO, il quale fu censore e triomphatore.
Ma quanto al moto.cioeinchemodo fiano portatedalDemonio,equanto alluogodoue
fono ferma te tunon tidebbi merauegliare. Conciolia che quella cosa che
e conåfuoingegno. bugiardafallace, et inganna terig celi e quella fouentdee
piumodi, ediuatianaturainaquellache c-ueracefeaccostaalla semplicita. E corefto
efaciledauc derein quelle coseche hauemo ramentare,enon manco anchora se puo
conoscerepellifigmenti,e fauole de poeti, comefonola fedariietanchorcótrarii. Etanchefpeffeuol
tequelloferitrovanellenarrate historie. Ilperche fouente seritrovauna
cosascriccainduoietremodi, eta nchorqual che uoltaipiuan o cótrarioallalto, esepurno
seranocorra tii alm a n c o seranno diuerse uarii.lisimile intecujene anche
nelleoppenionide philofophi, enellerefponfionidelli(auii (ureconfolti, e doctoridelleleggicosipontificalicome
imps riali conciolia che se citrouano varieoppenioni circauna medema cosa, Manon
maiimperhoseritrouaquea cofa, nelle (criteurede Theologgi, eccettoche inquelle
cosel e quali sono communi coli alliPocci comealli Philofophi. M a inquelle
cose, le quali propriamente pertengono adeffs
TheologgiciocnellicomandamentideIddio ecosinella! He cose, che pertengono alla fedecatholica,
etaliicoftumi, chefononeceffariiallafalurenoftranon uifaricrouaucig. na
diffenfionem a fono da tutti:narráciedęchiaraticongran deconcordiae consonantia
etinunomedesimomodo.Ve to-e- chel Demonio malegno amicodelladiffenfione, con
come e bugiardo et ingamatore cufi-e.uario,e uerfipelle. accio dicameglio. Ilquale
uocabolo segondoliftudiolid e l la lingua latina e-cauaro kuorida quelle favole
delle quali gia auantipädladimo,per ilcuiinganno diceuanli effertraf murai
Thuomeni nellilupitcoicomeingamaha Pithagora, Empedocle di GIRGENTI, Apollonio
ellaleriantichiPhilofophi disi mile generatione con ilcolore della dottrina, (üpercheula
"Ha coteftilaciuoli,ecotefti modi,colliqualifacilmenteuili quoreua
tenereligari) ecosicomeanchoragia tirauaafe de donneci uole con il mangiar e beuere,
imbriagaree con lila sciui e carnalii piaceri.cosi anche hora tira similmente a
fe, Thuomiciuoli e donniciuole con simili piaceri,liquai c o m e chiaramente
sevede furono sprezzati da moltiPhilofophi. M a quelli Philosophi conduceua conmoldi
modi afarliado es tare cioeoconilcolore della capientia oucto
con lasuperti cionedellafallareligione.Concioliache perhauere e gra. di della
cognitione,e per ottenere la doutrina faceuano esto OrationielaudeuoliHinnialli
Oracoliq uero all Tempo dellifall Dei Per lequali cose gli pareuade impetrare la
cognitione dellecose che doucano uenire,etanchor pareuali
diotteniredicflereportatiperariaindiuersi luoghi.E coj fendofatięquestecose con
loagiuto del Demonio,quellilo attribuuano ad una certa cosa diuua,che pareua
fufli 11€ dettihuomeni.Inchemodo altramente hauerebbonopor furouedeteli discepolidiPichagoraestofuo
precettoredif. putarehoranelTaucominiodi Sicilia erhoranel Metaponto in cosi
puoco spacio di tempo. Per quale via ferebbe camminato per aria Empedocle di
GIRGENTI et anchora in che modo cofi
prestosouradellafactaferebbecorsoAbarc,perilchefuchia maco Acrobares Coluigrandementese
inganna, chicrede, che Apollonio conosce ffeaffai delle cose doueano uenireet icheluicomidaflealliDemonijetquellilubbedisceno,per
paurahauciserodilui Fengeuai Demonio aftutoemalus gio diessere martoriato da
luietanchoradiesseresforzata accioche sendo quello inescato fottocolore della
finta diyi nita, dipoipiu forcemente seaccoftafse alalere cose etotal mente
rouinalenelli peccati. Ilche facilmente, fel apiace. i puotrai conoscere dal
fine che seguicaua.Sforzosi difare uccidereprimicraméte Pithagora nella seditione,e
dipoidi farlotagliareipezzi.Amazzo Empedocle neluergognolo Iceco lo quale hanea
codutto atantasciocchezza checrede ua dihauereortenuto ladiuinita.Ilperchecidiceuaallícom
pagni qualmente fcdoucuanoalegrare,concioliachenon farebbe piu uomo mortale m a
douentar ebbe Dio immortale. Im per hoc ofifcci ffe quello in greco, maiolo
voglio e mentareinuolgare.Remanetiuiinpace,conciolia che io fono auo i Dio
immortale, e non piu mortale. O che morir con questa morte, quero di quella
decuiscriffe Democrito Troegenio, quando diceva, qualmenteello pendeouaucto
Seeta attaccato ad uno cornale con uno lacciuolo al collo églieda pensare che lipaffali
dicoteftauicaperin&igatio ne super persuasionedel Demonio. Anchora non l
contenu focdiquello inganno, et illusionem, a anche diceua come gia
erapassatalanima fuaperdiuer ficorpicon questepar role grecelequale uolgarmente
lediro cofi.Gia tofuuna Lanciula etun fanciullo. Ecolia lfinefuconduco allamor
le colleuocidelli Demonii,econilfpiandore dellefiaccole ficomeracconta Heraclide.
Forsianchorane conduffiApof lonionelTempiternosupplicio con tanima
insiemecoilcom p o. La quale morte no parech e ha indegni a alli n j aghiet
incantatori. Con cio la che variamente egli e narrata la morte di esso, perche sono
alcuni che dicono come mori in Efeso ultriscriuenochemoriin Creta, et alquanti
alttiuuolero mancale inR hodo.Vero-e-chenon erainpiediilgodose
polcrodiquellonerempidi Philoftraco.Benchefuffyadors toereueritaper Dio daalcuni
stolti e pazzi.ilquale scelera to costume ficomelaltri frodidelDemonio manico
etheb befinefrapuoco spatio di tempo. Cofianchoraporloayenimento di messer
Giesu Christo pero Imperadore di tutto il modo mancarono tutti li oracoli
respofte, edomesticiragio namétideliidolierdelifalfi Dei. Nelliqualierainus luppa.
toe strettamente legato quasi tutto ilmodo.E cofiquello, dquale apercaméte, e publicamente
dauaresposte perliora coli per liIdoli, e per lialtrim o d i hora fcioccamente
parla per le oscure cauerne desiderando lilasciyiecarnalipiaceri, fi quali hora
sono uergognofi cheallhoraallegentierano gloriosi.ltperche fa scritto
quelparlares Dignate Anchisa del Paphio coniugio. Ino solamétefuronoquellilasciin
piaceri gloriofredigrar de reputatione ne tempi eroici, ma anchor nella era di
Alessandro e di Scipione. Alliquali fu attribuito cotefta gloria, che
eranoistimatida molti figlioli di Gioue.E questomolto
maggiormenteemanifeftoperlehistorieche iopossacon Ognidiligentia raccontare
cioe cheera credutoche il Demonjo che sefaceuachiamareGiouein figuradiferpente
hauessehaguto amorosi piaceri con la madre di SCIPIONE, e con Olympiamogliere
delRe Philippo. Et eranoin tantaoscuricadiméte che credeuono fulliGioueDio.Eco
Gin coteftie fimilimoditicauane peccatiquelli che erano la f c i u i libidinosi
e carnali, meschiando li impe r h o anchora ce ii qualche colore di
supexftnione. Anchor cofiineleng aquelli, liqualidefiderauenoebrammauenola
gloria, et eccellencia dellihonori mondani, li qualitendo fralimortali jeshauédo
proirontiatilecosedauenireper la conuerfaçione, familia cicacontinuahaueano
hauuto colli Demoni anchora fimile méte dopo lamorce
pronosticaueno.Ilperchefauolefcame tenarraflidiOrpheo comesendouiuofu riputaco
profeta. et dipoisendo morto fedice comedaua anchor resposte. È dicefle anchor qual
mentesendolitagliatoilcapo,dalledon ne Theeffe,ando effocapone lLelbono;etiuihabito
in una spauente uole ruppe uaticinando edandarefpoufioni
perliIpiracolietaperturedella terra .Portauanoanchora in yoltali oracoli di Amphiarale
diAmphilochouanie diuina torifendo anchee gliuiuietil simile fecero doppo la morte,
Ilche forsi grandemente defidero Empedocle quidouuol. Fiefferciputato Dio
immortale.Fauolosamente anchorrac contano
comeeffercitayanolamiliciaelaguerraliReggi doppolamorte efaceuano battaglia, ecombatteuanoa
cheandauanoacacciarelianimali,e luccellietcayalcauay
poficomenarrauanodiRhefoRedi Traciachecaualca, uain Rhodope. Oltradiciodiceuano
comenosolamente fc eccicauano,etferappresentauenoleanimede quelli con lopra delli
cerchii,edellisagrificiiramétatida Homero,m a anchora
spontaneamente,econalcunipattiinquelmodo, ficomeseriue Philoftrato,leappresentarsiAchillealTianeo,
etal Vinicore Protesilao,collaltri Capicanii fecero baccaglia co Priamo.Vero eche
lafaccia juoltiicoftumi,eliatti,ege Aidequelli, perchefonodialtra maniera
emolto diuerfi,e Yariida quelli chesonoiscrittida Homero eperchesonoan chor
diffimilidaquellichenarrano lhistoriedi Darete Phri gio edi Ditto Cretese teinsegnanoquantosianolijnganoi
delli Demoni elebugie che hanno poftonella cognitione etanchorti dimostrano li noceuoli
deliramenitie pazziem e fchiatecollibuonicoftumi. Perilcheseil Demonio hauccel
laioebeffato, etingannato perquestimodi quegliliqualise iftimauerosauiiedotti
credendo lecose contrarie e totalmente da l ragione discoste quale ci la cagion
ce h e t anto grandemente tuti marauegli diudi teze diuedere molte co feuarie, diuerfe
collipiedilaconfegratahoftia.E cosiinquestomodo comanda quello fceleratonemico
deIddioachiunqueuuo leentrarenellasua profana, maledetta, eperfidecópagnia, che
abbandonino, preggino,etischetniscanolanoftra fan:
ciffimareligioneChriftiana.Imperhononsipuoaccozzare ne conuenire insiemelabugiaefalsitacon
laueritanellete n e bre et oscurisa con la luce ne anchor la fuperftitione con
la religione. Io credo ilmio Apistio, che hormaitutifiaaffaj certificato e
chiarico cosipian pian caminando di quello decuihauemocóferitoe disputato et anchordi
quellodel qualemi addmandasti. Deh pertuafedeuediuedicola la Strega, che e agrandi
ragionaméti con il dotto Dicafto, nel portico avanti del sagrato tempio.
APISTIO. Diovi fa lui. DICASTO. Siatie benuenuti checosa ci e dinuouoil
no sciocchee pazze econtrarielunadellakira nelle Streghe denoftritempirM
a anzi maggiormente cu tidebbi merauigliarediquella eccellentesapientiaepoffan
za di Chrifto, laqualetalmérehaoperato che quello hauca persuaduto il Demonio
malegno eperuerfo inanti lo auek nimento di esso a tantiReggi,Oratorie
Philofophi delle genti,ficomecosaeccellente emolto meracigliosa edegna dogni
sapientia hora a pena ilpoffa perfuadere ad alcuni huomiciuoli e
donniciuolecioeche lo adorano loreuerisco Do Ihonorano, efacjono quellecosecheglicomandae
cos fiperqueftomodotu odebbe macauegliare che quello che giaerafatropublicamenteintuttoilmondo,etfratutte
le generationi sicomecosa honoreuole e gloriosa che hora H a fatta nelli
picciolie Atretti canto n i da puochi secretamente, e con ignominia e vergogna.
Ma voglio che tu ben consideri una cosa de divina gloria frale altricioeche
glie, tanto fodo, fermo, eftabil e il fondaniento della triomphante fede de
Chrifto chenon uvole ilDemonio peruerfo emalegno niuadino alle sue fcelerate
congregarioni, eradunamenti, neanchorauuole che conuersino con luile
Streghe,fepris manop renegano la santiffima fede diChrifto,e Spreggiar
nolisagramemidellasagrosantaRomana Chiesa,econcul cano Kro Apiftio
APISTIO. Loaddimandamo ate. Conciolig che Fronimo noftro erio ftamo venuti quiaccio
udiama imperhosettipiace. Heime doue fon giuntai DICASTO.Non hauer paura M a
ftapurdibaona uoglia e parla senz auerunpauéto. E nodubitaredi meconiciofia che
iotiseruaroquátotihopromeffo ciocche'nóseraimar toriata feliberamente
manifeftarai iurre letue maluagic opere lequalinonpoffonopioefferpalcofte, perchegia
ho liteftimonij cometuseiindettoerroreepeccato etanchot fulhai cófeffato fi comeiográdemenre
desiderauo.. Deh heime. Gia lho detto. Per qualecagionedonque m
itormentatidiuolerloanchoraunaltrauolrahora inten; dere? DICASTO,Perche e
bisogno diritornarlo a confef faren o n solamente inantidi duoiu e r ditre
teftimoniim s anchoraauantidipiu etalfineanchedavantidituttoilpo polo
fedesideridiIchifare la pena tassata dalle leggi e a voi che setidi
questa'maledetta compagnia,per tantifacrilegii, et ā refc e le ra te opere che
uoi facte. Vero e che gia hiame promessodi faretutto quellocheticomandaro,et10teho
promesso seruando tu le promiffio niantidectedinon confo gnartinellemani
delGiudice il quale in contanentetifareb b e brugiare cosi sendoli c o m a
ndato dalle leggie. Hor a noir tic o m a n d o altro eccetro che tu ramêti
unálıca uolta quelle cose che tu hai fat rco o l i demonii nel giuoco o s t a
nel corso come fedice uolgarmente.O maladerco giuo co, O giuocoin felicepme,
mala fortemia. DICASTO. Nonbisognanohoralagrime,non piantine anche gridi. Deh
perquellahumanitaetgentilezzachein uoi leritroua,priegouinon mi uogliateperhora
piu darmi faftidio.M a fiaticontentidi concedermiun puoco fpatio di tempo,etun
puoco diriposo narta tanto chemiramentiiltutto
ecolidipoiuinarraroognicosa chehofatto: DICASTO. Piacédouigli
cöcedero,quellochele piace,etaddimanda. Conciosia chepoiraccotarajl
tuttoconmegliore animo, conpiuageuoleuoce, seespettaremoadintrarenelliragia
namenti perinfinoadomanc.Doue haueromolto ápiace re,felno uifera graue
uiritrouiaci presenti. APISTIO.NO parui Pauigraueaquellihuomeni
desiderosididottrinadiparz cicledesuoipaesia andarperinfinoaGnosocittadiCreta
allaspeluncae tempio di Gioue perudire le leggi ualiee di Puiocomomento di
Minoffe,ediLicurgo,etferaame dun que faftiddioi
caminareunmiglio,accioimparqiuellecose lequalinfeo sonovere, almancopaionouerifimilipladispu
tatione di Fronimor FRONIMO. Hora mi callegromolto
perchetiucdotantoiftimareiionm e nialauerita, puran choraseben nolhai certa cu
faialmaco contodellafupility dinediefi. IIperchenoseraanchorame
grauedicitornare quidalnostroCaftelloperessercitiodelcorpo. DICASTO
Cofi.dunqucretornareridanoi,etioue aspettaro con gran difio, Andatidunqueinpace,E
tu guardianodellacarcere ritorna colala Strega,etu Strega pensa benil turco,
accio il polli ordinatamente, efenzauerusiabugianarrare. &c DICASTO. O
fiatreeben uenuti.Atempo fecigiúti,con Icioliachehorahoraseracondutto
fuoridella pregione laStrega esecamenataauktidinoi. APISTIO. martoriare quel
lachegiahacófeffatorAPIST.Deh buonadónano-e-ita to portato quiuerunacosa da
sormérarti Vero e cheFroni moetio Gamouenutiquiso lamétcp uedertietudirtietan
chor p aiutarti quáto potremo. FRON.In Heritacosi-e c o m e ha detto Apifio.STR,Deh
quäto grauemetemi mars torianocotestemanettediferro, ecotefinodiegroppidelle
legatureDeh cheioho pauran o mi siendatimaggiori tor menti. FRON. TipriegoDicafto,comanda
chelasciolta. DICAST O. I o son cöteto.O caualiere supresto sciogliela. Hormai
cominciaro'un Ecco coco che e-menata legata. Eime,cime.Inquestomodo ferua
sile promissioni Pe r qual cagione u uoleti poco diripigliar lispiriti
DICASTO. Sta purdibuonauogliaperchetipromettodi non mancare in ueruna
cosa di quello ti ho promesso o u t chetuserualepromiffionididireiluero
senzabugia edi narrareognicosaa punto diquelloferaiinterrogara.Siche racconta
iltuttointeramente. Vi prometta di feruarequello cheajho promesso liberamétefenzaalcuna
menzogna.DICASTO.Dunque comeciadinarrarequel lecoselequalilaltro giorno,etalichorahierifuiltardoam
e folo cöfeffaftiscriuendoleilNotaio.Seuoilerar mencarete,elereducerete
amemoria, colleuoftré intercon gationirefponderocon quelordine, cheuoreti.DICASTO
AddimadatiuoiApiftioe Fronimo, concótentolepofsetiin terrogare cóciolia che hoggi
farauoltroquestospettacolo, cotesta impresa.Ma eglie be uero che
uoglio'effecuipresente acciola ammonisca leusciffefuoridellacarreggiataçlıcome
fifuole dire cheritorniallauiadrita. APISTIO.Hor luStrega dimmi anda ftima i al
giuoco di Diana o u crodi Herodiade r Si
sono bene andata al giuoco m a chel fia o diDianao diHerodiadenon
il-fo.Conciosia chepia non houditoramentare quelligiuochi. FRONIMO.Gia tedif
Sibieri Apistio come il Demonio ingannava i uomini in diversi modi. Il perche
in queltempo, nelquale era adorata Diana dalle genti, et era molto honorato e
glorioso iln o medi quella pe r ilmondo, pare ua una eccellente cosa di poter
uiessere annouerato fra le compagne di effa Diana. Benche
inpechofufferodetteuergininondimento eranochiamare Nimphe cioespore, eco filepiaceuadieffere
addimandate fpose, ma maggiormemte le aggradi valo effetto et opra, ben che non
fuffecercatacon legitimorito,ecostume.Concia. siache erano iui continuiftupriet
adulterii. Perilche serie ue Homero nellisuoiuerfifouentequella colgata sentens
tia, Nella mefchiaraamicitia. Imperho fauolescamentedi cano comely Dei
falsioueroquelli antichi Baconi ebbero
amorosipiacericonlacompagniadiDiana,ouero diunal traNimpha, odiNapea
odiOreade,odiDriadeFengrua noefferleNapeeleDee dellefelue, dellicolliemonticelli,
dellifiori, ficomediceuano esserele Orcade Nimphe delli monici I
monni,ele Driade Nimphedelli alberi, Anchora credeuang li
Gentili,etilgozzouolgo,chefufferoinamoracęleN i m phe Marineedellifiumi E.
Colifouenceleggerai di Cirene Leucotheafintadallantichieffecla Dea
Matutacioelauro ta chiamata Dea marina p che era so u r astā r cakc e m po
maismino Et anchor ritrouacaiscrittodiCimgdecene cioediquel laDea,laquale faceua
acque care le onde marinesche, secondo le loro fauole, nomanco uederai iscritto
molte cose del laltrefinte Dee odelmare,odellifiumi.E percheglipareua
efleremolto piu sicuro diconuersareperlim o n i,che som mergersi nellonde
delacque etanchorpareuaeffercosa pia aggradeuole.dimitromettersinelle
cacciagionidiDiana,che inuilupparfinelliprocellosiflutidi Tritono enelleondema
rinesche, in per ho maggiormente se deleitarono nel giuoco di Diana, ene
balliesalci di quella ficome cosepiuaggrade uoli, gioconde,e piaceuoli.Anchora
tico dapoi molti altri conlusin ghe uoli modi sottolafiguradi HerodiadeIdumea
la quale grandementesedeletrauanelli Colazzeuoliecraftu. Fattamentionedicotefto
giuoco di Diana, ouerdiHerodia de belle leggi e decreti de Ponteficidouifiramécanoleleg.
gifuronocófermateper ilConcilio.Nelqualfu fatto quello ftatuto, che si dove f
feros cacciare le maghe et incantatrici. FRONIMO.Deh
ptoafededimmiDicafto,iltimitueffere cotefto quel medemo giuocode
cuinefattomemoria juic DICASTO. lote dito ilmio Fronimo.Sono uarieoppenio
nidiquestacosa, conciosiachesonoalcuni,chedicodnoe 6, etsonoaltriche uuoleno
siauna noua heresia. FRONIMO Dirolamiafancasia. Iocredo che quelloinparcefiaantico
etinpartenuouo, cioenuouo quantoalle nuouefuperftitio niceerimonie
iuihorsaesatino, ficometudicefti,parlando da Philosopho, chelfüfliantico quáto
allaesseruia,etsiuouq quanto alliaccidenti. DICASTO.Ben ben Fronimo, cerca
mente tuhaiiniaginatouna eccelletedistintione;conlaqua keaffaicofefescioråno che
hanno dependentiada quelluo 8o, dacuihannopigliaioalcunigrande occasione
dierrore Iftimadochecotestedonnuzzesianosempreportatealgiuo . RAZO.
BIBLIOTECA EMANUELE LOORIO ) ff co solamente con la fantasia enoni
con ilcorpo. APISTIO. I Dunque ruistimiche le Streghe F a n o sempre
strafferrite e portatealgiuococon ilcorpo DICASTO. Nonfongiadi quefta oppenione
che sempre fano portate cola al giuoco con il corpo, perche alcuna volta fono
fus eri trouate pc oca le modo accostato foura di un travo cn tanto profondo
sono chenofemiuanocosaalcuna benchefufferofortemērebuf sate, etelle di poi crede
uono di effer state portatealgiuoco, é nondimenoeranojui. Anchora
altreuoltesonostateuedo tefralegambe de aleurie,efra lecoscie,esserui delle
feope feratecon tanta fermezza chen o sepuoreuano cauare fuori rida che fouente
sono portare al giuoco e con ilcorpo e con lanima,et altre uolte pur credendo
di efferportateinquelmodo,folamentesono iuipresentecon
lafaritafiaetimaginatione: DICASTO. Eglie alcunauolr ta preftigiodelDemonio
ouerofalsademostrationeetuna aftura delusione etaltreuolte efecondo che
uoglionolestre ghe.Imiricordodihauerelettonellilibridifrate Artigo,e difrate Giacobo
ThodeschiMaeftriinTheologia dellordia ne de frati Predicatori,qualmenteeglienarraro
diunaftee, ga laquale pensitu occorca questo quellechedormiuano,collequalecofe
credeuanoeffe dieffereportate al giuoco. APISTIO.Per qualcagione pafsaua
quellispatiiintuttiduoi e modi fecon. do che le piaceua,cioe con ilcorpo
uigilando etanchor (per fe uolte folamēre con lafantasiacioe quâdo le
rincresceua i uiaggio. Il perche allhora fedendonelletto ethauedodetto alcune
diaboliche parole, regli rappresentavano tutte le com e! del giuocoi una
uerdanuvola etoscuracome lacqua det mare ficomeuifufferorealmentestatepresente.
FRONTIMO. Che cosa responderefti alliaduerfarii. DICASTO. Primieramente
cosiglirispondereicheiomi maraueglio come uoglia nomisurare tuttilimodidellisacrileggidelle
fuperftitioni edelle magiche uanitadi,con uno folom o d o delviaggio
alcunauoltaferuatoinunaregioneepaesedel mondo dauna certafcelefte compagnia didonne
profane e rubelle dinostrafede ecosivoglianoiftéderequestacosa. atuttelepartidelmodo.Et
anchordireiche pěsanoforfidi Capere scrittore di maggio te autorita
dicoluilo racconta.Conciosa che fano aflaicore da Gratiano altrimente iscritteeri
volte, enarraremolto di nerfeda quelle chefuronopublicate nellicöcilii,edallion
teficiIperche credoche coteftafussiuna cagione fralaltre
perlaqualeironfußlipercoralmodo approuatalacompilaa tione del Decreto daluifatta,
dalliVenerabiliPadri della cose cheseucdeano in quella regione,lequale sonod a
n nate peril Concilio. Non dimeno se fanno imperho affat core
dellequalinonseleggefufferofattejui I fapere táto che glipäre di potere
coftrēģere tampiao fánza del Demono, laqualehebbedalprincipiodellasuacrea
tioneinunomoriario. Dipoianchoradireichecostoronon polionopatire che siaispofto
quelcestodellalegge co ilgiu diciode altrui, liqualicertameresonodi maggiore
dottrina acciachecauano fuoriquelle egiudicio,dieffi, coselequali pertegono
allanatura,da quellechesonopertinentiallafe de catholica.Anchorfefforzatiodi
dimoftrarelaperiamente cfenza uergogna chenon siaquellacosa,laqualenó poffor n
o negare chenon sipossa fare etanchorache non siafatta qualcheuolta,eccetto
senonlauuolenonegarecon suagiá de profomprione,etignominiacioe negando le
migliara deteftimonii. Mafotlianchoruno dimaggioranimodime direbbediuuoler
uedereun piufedele effempio delle leggi del Concilioche fuffiramentato da un
Chiefa, che fullofferuatainuece di leggi e dalla quale non fuffilicitoauerunodi
appellare.Horlupuranchoragliuud côcederequelloche diconom a consideraben
cheglisiaan choraferratolaboccaad effraduerfarii con la tua ottima di Aintione,
ficomeam e pare erinueroegliecos. Perlaquale facilmentefepuo
conoscere,qualmente ilcorso ofiailgiuo co dicotefte donniciuole
ethuomiciuolineconuienein parte con quello giuoco,etinparte euarioe diuerfo da
quello.Conciosiache nonse dice quichese creda Diana effere Deadelli Pagni,neanchoraseuedonoquiui
quelle che sono pur impercio communi colle altri fuperftitionidelliGentili
Pagani, etanchorafansiaffai schernieuituperiode Dio,c 2 et ola i
bialimeuoliofferuationqi, uariiritiemaladettichefonofino
insegnatidallimalignifpiritie Demonii a questimiferih u o miciuolie donniciuole
licomenellidannariunguéti da un gerfi,nella deletratione difpargere ilsangue
innocente del lifanciullininella offeruationedelcerchio, nellimagichijn
cantamenti nellaltri molti diabolici maleficii, eneluiaggio) e discorso grande
per lari a con il corpo. Colui che e
galse, che il Demonio non puotesse maggiormente mouere licor, pi, chenópoffonoruicilhuomeniinsieme,
parládoimperho, naturalmente, equanto alli prencipii naturalidiciascunodia
effiiopenso,cheferebbedaefferreprouatoedánatocome Heretico, perchediceilfan&iffimolobbo
chenonepoffan, zafouradellaterrada egualare a quella del Demonio. Ants
choraritrouianoneluangelioqualmente fu portato Miffera Giesu Christo noftrosignordalDomoniosouradelMonte
eranche foura delpinnacolodel Tempio.E tenuto indubin tabilmėteuero dalli
Theologgi c o m efonoubbedienti cugi licorpi allefortarize separate o fiano
alli spiriti ispogliati del corpo, quáto perteneimperhoalmouereda luogoaluogo,
ecoli effifpiritinaturalmentelepuonomouere afuopiacess te purnon sianoimpediti
daIddio prima causa di tuttele creature ecosi quefta euna
disputationedellalegge natu rale cioefe poffonolispiritiignudie
priuidimatermiao u e te licorpilo no,m a chesianoportatida luogoa luogo
questihuomenicdonne inucritae senza menzogta,eglie, dispurationedel fatto cioe
fecost-e-ueramenteIlperchetu debbisapere chgeuadore-certochelepossafareunacolae
chetuuuoiintéderedapoieconoscerelee -fattaofefaci, i nólefacialtrimëreno
lopuotraiintendereeccettocheper
boccadelliteftimonii,ochelhauerannoeffifatto,oueroIba ueranno veduto coli
essere; overo l h a y e r a n o udito d aquelli che l’averano fatto che
feranostatoueriet certie fidelihuo meni.E cosihora quanto apertene a noi
cioeche siano por: tatialmaledetto giuoco, queftirebelliidnoftra fantiflima
fede, Ma ve m o fermoechiaro eper cofa indubitabile peril mezzo de gran numero
di testimonii, liqualilhannomolto largamente narrato. FRONIMO. Non
/ermaraueglia se quelli ghellisciocchezzanoinan tefto, cociofiachecoficompren
dono laueritacollialtri. I]perche ficomeilgloriosoIddione wahe ilben dalmale
cofilhuomenidimalo animo,edima laopeniojie, sefforzanodicauareilmale
dalbene.Écolipa rimente perla malignita dellicatriui huomeni sonoftateca uate
tuttele Hereniedallesagre litterenonperdifettoecol pa dieflifa gratissimilibri,
efantissime littere,m a per la per uerfamalitiadellhuomeni.APISTIO.Deh peramore
de Iddio aipriegononuogliateinterromperelemie interrogazioni. Benche gia abbia
deliberato de interrogar u i poi de dettecore purnon parehorailtempo,fiche ui
priegonon m i datiadeffo noglia m a laffatimi seguitare. DICASTO. Tu hai
ragioneilnostroApiftio,Seguitapur oltreer addis manda aleiquellochetipiace.
APISTIO.Su Stregadimy m i, Andavi tua l giuoco con l anima insieme con il corpo,
o s pur con uno senza laleros Viandaga e con lanimae con ilcorpoinsieme.
APISTIO. Come e chiamato quefto. uoftrogiuocor'Eglie chiamato dallinoftriCom,
pagni il giuoco della Donna. APISTI. Inchemodoane d a ui tu col a r Deh c
h e nogli andava, ma ben gli era portata. APISTIO. Conchecofa: Con una
Gramicadacascetareil Lino. APISTIO. Comefiapoffibi lequesto
chesiaportataquella, non la portandoueruno Má beneraportatadalmio amoroso.
APISTIO. Chi-e-coftui Ludovigo. APISTIO. Eglieforsiunoqualchehuomocosichiamato
Nonhuomono,ma il Demonio, che se presencaua in for ma dihuomo,loqualecredeuofuffiDia
ĀPISTIO. Mima raueglio assai certamenteche il demonio ingannatore del
Ihuominihabbipigliato questo nome de Chriftiani. FRONIMO.T u si marauegli che
colui habbia pigliato quelto nome
deriuatodalliGentiliePagani,ilqualefefuoletraffi, gurare nello Angiolo della
luce. APISTIO. Tudici molto gagliardamente cheegliederiuatodalliGentili.
FRONIMO. Anchoraildicoche ederiuatodalliGentili.Concio
wachenonmairetrouaraiinueruno luogone inGrecone ipLatino osiacon efsempio, ocon
origine (senonme ingå noimperho)dondefiaderiuato.Vero e che mi ricordo di
avere letto solamente ne Commentarii di GIULIO CESARE r Litavico, da cuidipoiun
puoco-e.ftatopiegatoerecorto nella lengua franciefaer-e-detto Luilo
eriuoltatoanchor poi nella lingua del Lazio, e scritto Lodovico dovi quello se
referrisée. APISTIO. Nonuogliopiuoltrediqueftacofadisputare,
maggiormeieperhora,percheho deliberatoinqucho tempo divuolerragionare con
questanoftra Strega. FRONIMO.IlmioApiftio, hodettoquelloame pare, sempreim) per
hoapparecchiatodiudireleoppenionidepiudottiepia prudentidime. APISTIO.Non
piu.HorfSutrega.dehnó cisia molesdto i scoprire ameinteramentelicuoilasciui pia
ceti. STREGA. Dimmi de checosahaitudelideriode ing. Tédereç. APISTIO.
Pareuaateunohuomo queftoruoamor roso: STREGA.Sipareuahuomoi tuttelemembrá cecet
tochenepiedi.Liqualisemprepareuano piedidiOcchari uoltati a dietro e riuerfatip
e r cotal modo ch e era riuolto'm dietro quellosuoleesseredauanti. APISTIO.Per
quale ca gionecredituDicafto chefinga,ilDemonio tuttelaltrem e bra dahuomo
elipiedidaOcchasDICASTO. Setulegt geraituttiliproceflidicotefte Streghefatti
dalliInquisito titu ritrouaraiinefliqualmente il Diavolo osia il Demo nio,o
periluoglichiamare Saranaqffuo,a n d o secangiain cffigiadi huomo, sempre
apparecontuttele membrada huomo,eccetto checollipiedi. Dilche inueritatidico
cheso uentemenesonomoltomarauigliato ecoliframe hopen fato che forfi q u e f t
a e la ragione. C i o e che Iddio nó per mes techeelloisprima, e
fingatuttalauerafimilitudinedellbuo mo, acciononingannieslohuomo conlaeffigia humana.
E la ragione per che nó hafimiliipiediallaltriniembradel ta finta EFFIGIA de
llhuomo credo possaessereperche-e-con fueto
diefferelignificatoperipiedinellimisticiparlaridella fcrittura leaffertionie
desiderose uoglieet imperho gli pore tariuoltiadietro.cioe cheha
lisuoidefideriisemprecontra de Iddio eriuoluicontro delbenfare. Ma
perchecagione piu prefto ha u voluto fingere li piedi de Occa che daltro animale io confesso
chiaramente di non sapere,ccettofelnoix 1 ui
fuffi ulfuflequalchenascostaproprietanelloccha,la qualsee poi feffe
ageuolmente adaptareallamalitia.Ve r o -e-che hora nonm i
arricordodihauereuedutoin Ariftotele che siaftai M offeruatafimile cofa da
quello,m a anzipiu presto dice; che-e-quella generatione di uccelli molto
uergognosa,fe ben miramento. FRONIMO. Diro dua parole Dicafto. Puorrebbeessere anchorachelnoftronimico
hauelliuolu to anchoraspargerealcune occolte reliquie della antiqua
Superftitione delli Genrili.A cuieranogiafagcificateleocche fotroilfallofimulacroe
fintaimaginede Inacho ede Ina chide. Jlperchecosileggiamoin Ovidio. se Ne giova
il Capiroglio per 'w a Occa - exftat o, $11.Turo,chelfeganon dia Inacho in
lance Ma sicomeuuoleno altricofifedebbe dire Inachide ioilfeganon traggiin
piattor Dice PLINIO come eraconsuetudinedipresentareilfigato
dellocchaadInachoDiodelloArgiuo fiume. Ilqualeuccel bo dilettaflimolto di
praticare perleacque. Ma che fuflifa. grisicatoad Inachide
parqueltofacilmenteseproua, cong cioliachefeuedeperlebiftorie di Herodoto
comehauea. nouranzaliSacerdotidelliEgipriidimangiarelecarnidel le ocche, et era
i ui rece r i c a et adorata con grande superstiztione Isia cioe
Diana.Anchora-emoltopiufaggiala Occa. chenon-e il Caneri comediceello et chefacilmentecomo
pe c o n meravigliosi modi il silentio della n o t t e e conturba il teporo. AllaqualenottecredeuantoefferefourastanteDia
na.IlpercheforsipigliailDemonio la figura delli piedidi
coreftouccello,peruuoler dareadintenderallisuoiprofani escelerati seruitori di questa
riaemaluagiacompagniache debbiano seguitarequellouccelloin ftareuigilanti,enon
dormirecome quellofa ilquale eruigilanteedipuocofone no, e quando,etpigliare
piaceri,equel tempo cósumarlo nellisceleratiediabolicigiuochi.Anchor racconta sappodalcuniscrittoricome
egliequalcheparte di detto aagello bisogna farelaguardaemoltopreuifta
enon dorme etcofidebbono efferquelliche uanoalgiuococioe essereuigilanti et
ftarefuegliati che prouocaeteccitalefeminea libidines Puo essere
anchesegnodequalche occolto,epazzescoamo te,conciosia che fernroga iscritto
qualnienceb rammaro n g leOcche dipigliarelasciui piaceri con
altragenerationede animali.IlpercheritrouiamoscrittodaPlinio,comeseina?
morarono le ocche di Oleno fanciullo di Argo, e di Glauco sonatore di Cetra del
Re Ptolomeo.Ma egliebenueroche credo chemalefeacicor daffePlinioinquestoluogo,Cócio
fia c h e quello fanciullon ó b ebb e nome Olen o, m a A m p h i
locodellapatria Oleno ficomeramienta Theophraftonelli broamatorio.E non
fuquellacosacoralmentefuoridiragio ne, perchegiafurono annoueratele
palmedellipiedi delle Ocche fraledeletteuolietaggradeuoliuiuandedellameo fa.E
penso per quefte de efferesignificatole pretiofiflime ui uáde
elaggradeuolicibidella Delia mensa,cioedellamen sadel Sole,cheeranoperlaloroeccellentiadamettere
auã tiruttiquellicibicheerano dellamensa del Sole di Ethio pia.Nellaquale non
se legge;ui fuffero posti soura de effa. Auanti li conuitati, lipiedidelleOcche,conciosiacheanchor
nonhauea penfatoMeffalino Cocta,didoverliarrostire.Par ionoa m e
cotestecosemolto piua proposto che quello dicono alcum i, cio e che le ocche
abbiano prudenza perche se narra che domesticamente conversaveno nelli bagnic
on Lascido Philosopho, Il perche io istimo chequestomodo dicon uerfationcedibeneuolentia,
piupreftofuffifimilea quello, con il quale conuersaua Aiace L o cres e con il
dragone. E cosi anchora penso non fuffi molto discosto daquesta cosa, quel la familiare
uoce, la quale udiua Socrate,etanchora iftimo fuflimolto similequellaltrauoceper
laquale diuinaua leca seoccolteetannotiaua quelledauenire Atridea Laomea
dontiade,sicomenarranoquelli Versi, fccitcida Orpheo con iltitolo
dellepietre,ficome sedice. Non -e-anche total 'mente
discostodaogniragioneloproprietadellanaturadi questo uccello,quäto alla
uelocita del caminare che fanno nel uiaggio,laquale uelocita e'molto fimile a
quella del giuocodelleStreghe.Ilperchenonretrouiamochefulsigia maiuerunoaugello
ilquale faceffeapieditantolongouiag gio, quantoleOccheLequali uenerodalli Morini
lipopoli ( cioedal etancho fa da CICERONE il quale non era ueduto daalcroeccettoche
dalai. DICASTO.Nonsolamente qucftointeruieneinuc de relispetta colietfinte imagini
del Demonio m a anchors nelliprodigiietapparitionidiuine,cioeche quellecosesono
alcunauoltadapupchịuedute.Et dimoftrate siano acciolas Gli altri solamente
ioramentato di quell u m e che era soura delcapodifantoMartinozilquale fuueduto
dapuochifico me narraSeueroSulpitio et anchorpurdirbediquelaltro
lumecheilluminaua Ambrogio chi padaua, loqualso Jamérévedeua Paulino. Ma che queltaimaginedel
Demonio, solamente liqueduta dalla strega, i o diro la mia oppe li popoli
Belgiciche sonoliultimidellhuomeni,licomedice Plinio,etcaminarono colliproprijpiediperinfinoaR
o m a APISTIO.Dimini Strega, Dimoftrauelo mai altrafornia delli piedi,quando
ueniua da te,eccetto chedi Occa. NO maidiniostroe alıcamente. APISTIQ. In
chemodo ueniualodates Alcunauoltaaddima datodame
etanchefouentedaseisteffo.APISTIO.Neue ni y amo sempre in FORMA DI UOMO. Si
sempre fedimostrayain effigiadi uomo quando pigliauaamorosi piacecimeco,
APISTIO. Q quegliconuna rugosa egia grinzafemina Eie me Eime,OimeOime.DICASTO.Dichehaitupaura
Chi e quello che cifpaventa Vedetile, uedetile DIGAS. Doui,douir. Colti,cofti,almuro
alm u to.DICASTO. Informadecui?Di Passece. DICASTO. Dehbémicati
comehorahapigliatolaeffigia diun molto libidinoso aụgello non contrasio
alcagioname codellamiala femina,laquale fouerchja conlasua infaçiabir
lecifrenatauogliaturcisimoftridellafozza libidite. APIE
STIO.Hoquantomimaraueglio chenonsiaverundinoi, cheuediquestafintaPafferă
eccecto,chiella.DICASTO. Ben iopoffomirare,m a gianonlapoffo yedete,e cosipara
menon siauérundiuoichelaueda.APISTIO.O certame marauigliolacosa. FRONIMO.Deh
uedetiinchemodo semarauegliailnostro Apistio.Matunonsimaraueglidello anellodi GigeLidiopaftore,ramétato
daPlatone, che piaceri yuoreuano eßerç gg 0 el 70CO21 el al di no del Tagnione,
lo penso posla interuenire questofacilmereperlami citia,egrande
familiaritahacon quello. E cosioccorre per janridettafamiliaritache-e portata efanellamantocioein
quellocherätoamanonsolamente conliocchima anchor confla poffanıza imaginaria. E
t anchora ilconosce e distize guedallialtci uccellietanimali,quandoseglirappresenta,
ineffigiadiquegli,sicomehoudicoda effa,percheleparë una fiammaardente
glijmpinganelpetro,ilcheno leinter nienenelscontrodellialtrianimali. Giafolio
tregiorniche raccontotuttaspauentata dihauere uedutolantidettofuo amoroso
informadiunatortuofaserpecjuolainmododi un cerchio. FRONIMO.Cosi haitu letto
Apiftio,qualmen te apparelli il Demoni o alliGentilii n effigia diserpe,et ant
chorainfimilitudinediaugelli.Nontiricordidihauerueda tonellilibricome
guidarcizoli Corui Alessandroallo Orae culo e Tempio di Hamone, doui,egliandauas
APISTIO. Siholetto etanchorahorixouato,(febenmiricordo)com me
fecerolimileufficiopur ancheli Dragoni.FRONIMO, Chenedicudiquestecosemarauigliore?
Non istimie f u c h e f uffero quel l i li demonii im a l u a g i i,i n f o r
madi Corui t Etanchor non creditu fuffero fimilmente liDemonii quel l i d uoi
Coruianno vera t i fra le grandi marayeglie da Ariftotele, chestavanoin
CariacircailTempio di Gioues D u n g perchetantonimarauegli conciolia
cheritrouiamoinPli nio come fufle usanza diuscire fuoridella bocca diAci ftea Proconesiolauaga
anima di Hermolimo Glazomeno in fimileeffigiade Corui. De cuisediceua
fauolofamence chiquellafullanimadieffo,non datuttiuedutam a Sola: mente
daalcunihuomeni. Mamancotutimarauegliaretti se tu fapefliquello
che-e-raccontato da Ariftotele et anchor dapiualtriscrittori,diquellohuomo
Thalio.APIST.Deb pertu a cortesi a ra conta quello g l i i nterueniffe. FROGN
l. i interueneuache gliandauainantie dietro laboccaunalimi le figura, laqualenon
era ueduta dalla leci huomeni. APIST. Dunqu e senza leggerezzadianimofepuo
crederéaleuna uolta che quelli muoiono, fi comedi conoalcupniorkojjoue derelibuoniereifpiritinelliassumpticorpiliqualinon
fon ueduci geduti
dallaltri& FRONIMO. Ofi fi,questa-e-cosacerta. Conciofia che e creduto
questo a tanti prodi,et eccellenti huomeni,liqualinarranocotefto
etanchoraeglieda molti dotti authori suco scritto.APISTIO. D i m m i buona
donna, feļanchora parritala paura,che haueuis . Si ben
feparte.coliperiluoftroragionare,come anchoraperlauo ftraprefentia. APISTIO. pEoflibile
chetuhaggicançapau ra del tuo amorosos Qime. Gia non lo temeus, M a dipoiche
sono condutta nella prigione,et haggio con: tra suauogliaconfeffato
linoftrilasciuipiaceri,grandemen te, etoltrodiquellofiapoffibilediraccontaremi
spauéta. E qualche uolca se fermaaquellousciuolodellaprigione,eta quella
feneftrella, reprehendomiedimoftrandosi molto for teturbatocomeco. Edipoimiprometteogniagiutorioper
cauarmifuoridi quiui,purche ioftiaquerae tacciperloaue
nire,epianoconfeffiuerunacosama anzinieghiquelloche gia ho confeffato.APISTIO.
T e spauentauelom a i quando tuandauialgiuocor
No certamente.APIŞTIO Andauicu quiui ogni giorno,o pur inqualche tempo
deteira minato:.Viandauanella secondanotre dopod giorno dal Sabbato, edipoida
quindi nellaquarta notte, cioe'nellanottedel Lune e della Zobia. APISTIO.Glian
daftimaidigiorno: Nomai.FRONIMO. De quindi sipuo anchorconoscere lereliquie
dellamica super Aicione,fetutiramentarailj ululatiuoci.egrida,fattiad He
cate,altrimentechiamata Diana, e Luna,nellinotturni Teja uiper le Citta de.
Acui f o l e uano fare oratione le donne ficome scriue Pindaro, quando li maschi
separati, secondo la lo to usanza soleua no anche egli fare oratione al Sole, per
con ikeguire liloroamorosi piaceri. Ijpercheeradedicatolanoki " re acor e
fti ragionamenti et appacendo il giorno, in conta. nientierano terminati
esiparlamenti.E percio leggiamo quel uerfo. M i h a fiato laspro oriente
collieqai anheli. APIS. Forhgiacesottodiquesuton a cosamoltopiuascoffa
FRON.Chicosa APIST. QuellochediceilgrecoPoeta Menandro.M a iolodicoinuolgare
quelloieringreco cofi. Com O
nortererbisogno a tedi affaicaénalipiaceri. DICASTO. Cerraméte ciascun di
uoidotcaméte,m a humanaméte par l a. Ma io uoglio raccontare una diuina
fetentia e non cosa di paocomomento neanchoraproceduradalloinganneuole oracolo
di Apolline,ma da quella soprani a uerita d e Iddio. APISTIO.N o n bisognatanto
proemio,fu di presto,selti piace. DICASTO. Ioildiro,nonhauerepauca. Cofidice
Chrifto ne luängelio. Colui chi male opera hain o dio la luce. FRONIMO.
Certamente tuhairamentato quello chi e veriffimo. APISTIO.Horlu dimmio bona
Strega chivuol direche non andauati a questi balli e giuochidi Diana,odi
Herodiade ouero ficome le chiamatia quellidella D o n n a, nellaltrinortif
Maaccio iodica piu chiaraméte, perche non erauativoipresentelealtrinottiallimal
gradevoli prestigii, e b j a r mego l i i l l afioni del Demonio roue r perche
nó pareua a teuifuffipresentes STREGA. I nollo fo. APIST.Te appa recchiauicu,ouero
loafpetrauicheteportaffe : Cosi faceua f atto il cerchio miungeua, e faliua a
cauallo d i un fcanno, etincontanenteeraportataperariaper insinoak giuoco. Anchota
alcuna uolaconculcauacolli piedilah o Atia fagratanelcircolo,conmoki
ischerni,etallhoraallhora sepresentavailmioLudouico,con ilqualepigliauaamorosi
piacerifecondochemipiaceua. APISTIO. Dichecofare. composto quefto uoftro
maladetto unguento: Fra laltticose, epermaggiorparte fattodifanguedefanciul
kini.APISTIO Incheparteteungeuitis. Eime Mivergognodiraccontarlo. APISTIO. Dsefacciataetim
pudica meretrice,tutiuergognidinarrare quellocheto nonseivergognatodifare? E
coreftamocofi gran merauigliar APISTIO.Sutielenara ferpe gera fuori I u e leno.
Via uia di fu in chi luogo un geuitur Gia chefiabisognolodicahor
fuildiro.Vngenammiquel lifuoghicolliqualimi pongo asedere. APISTIO. Dehuer
deticonquantahoneftaibadetto.M ahograndesideriode intendere
inquantofpatioditempoeri túportatada cafa tuaperinfinoalgiuoco. .In
puocospatio.API STIO.Quátomo puocor .Inmanco dimezza: 1 hora.
APISTIO. Quanto eritu discostoda terraquando te
eriportata?Tátoquanco-e-laltezzadiuna gius ftaforre.APIST.Ho pur gran
defideriode intendere quello che sifain questo uostro sceleratogiuoco.Iperche o
buona Strega se desideriche fa quiuenuro per douertiagiutare, de no
tirecrescadi narrare currequelle cose che iuisefanno per cotal modo
ficomelerappresentaffitotalmentea noi.Il faro sendo dunque giuntaal fiume
Giordano. APISTIO.Aspettaun puocoluSiregama dimme Fronimo;Che cola odiť
llfiumeGiordanos FRONIMO, Credo que ftaefferuna bugia del demonio
cioechesefacci tanto uiaggioperiosmoalfiume Giordaso in cofipuocofra
tjoditempos Perilchepensocheellodica queftinocabuli eccellentiluoghiaquestedonnuzze
acciomaggiormente leucceglie leinganniemoltopiu'letegalegalecollilega m i delin
o m i d eprimi e magnifici luoghi.. nore da creder t e c h e sia portato uno
huomo in mezza hora della Italiane l la Alia. Ma forfihapigliato Sathanafloda
quindiilcolore della fauolapchehabitauacola Herodiade.Veroc chemol tomimara ueglio
non finga chesianporcate nellaScithia alTempiodiDiana. Ilcheforsfiengerebbe
quello fraudu tente nemico dellhuomo,fefufficoli domestico e familiare il n o m
e della Scithia, quanto quello del Giordano: Logua leconosce ciascunchi ha
udito recitareiluangelio nellia grati Tempii. Dipoinon -e-molto conueneuole
quefto fute m e a quello fcelerato giuoco,m a fiben ferebbe a propofto quello
Taurico,non sagro m a facrilego perle crudeliffime accifion i e f pargime te d
isangue. Ma forse le conduce a d u n altro fiuineiui uicino,efa parere alloro,
che siano altroui. Benchesianodella trilequaliconfeffanodinon esserepor tate
allacqua ouero alfiumem a fiben foura delle fomitati dellimonti,etiuifermate. DICASTO.
Non pareameim possibileche possonoefferportate alGiordanealmanco per fpatiodi
due hore,ficome quasituttele streghe fra fecouie neno, edicono.FRONIMO.Iftimitu
chequellepoffong misuraretantospatio,quanto/e-fraquestanostra patria ela
Siria,elaPheniciaincofipuocotempor DICASTO. Dimmi Fronimo. Non puo il Demonio
mouere li corpi afuopia cece FRONIMO. Si. Manon seguita pecho cheglimuor
uaincofipuocotempo cioecheleconducaosiasouradella terra,uerloloIlluciohora
chiamata SchiauoniaOuero alla finestrauersola Ibracia,quero alladestraper
lAfrica odero passandoilmare lonio eloEgeof,ouradiCorcitadelPelo ponesfloo,u r
a leCiclade,guardando Rhodo e Cipro, ecosi leggendofiano porte foura della
rippa del Giordano. D E CASTO. Chi prohibiffecoteita cufarFRONIMO.Lituoj
dottori. DICASTO. I n che m o d o ilprohibisconos FRONIMO In quelmodo cheuiera Santo
Thomafo. De Acquino come nonpuo effermoffatuttala grandezzadel laterradal
Demonio da luogo a luogo, facendoliresistentialagranma e Atranatura. Laqualeuierachefiarouinatoetotalmentegua
ftoloimegroordine delle creature e delli elementi.Eglic contro la natura del corpo
humano d i e f f e r portato c o n canta celerisa con laquale insiensefe
conferui et fi guasti.Ilper che uiueno quellecose cheferebbe neceffario
perloimpi todellaria chemancallino, perchenon effendo in ueruna cosamutata
lanaturadiquello gliferebbe grandeoftacolo e grande contrariera.M a
lepurfimuralie diuentaffipiura do facilmenteseabbruggiar ebbeedouentarebbe
fuogo,er anchora sedouentaffepiuspeffoefodo,maggiormentei m pedirebbe la
uelocita,etageuolozza delcorso.Anchoraiosi uogliodire piu che lecumoueflituttalariacon
latuafantam Sia ficomefermoilcielo Ariftotele conla sua etappodelki Greci
feceancheilsimulePhilopono,efimilmenteScotoap podelli fuoiseguaci anchora
serebbe cotto dite,sendouiin oppositol a intrinsecanatura fiado, e delli učci,
o dell aria le cósumarebbe piu tempo assai diquellochediconointerporui. APISTIO
Vipriego, lagi cötenti,dilasare a dechiararequefte sottilitadead uno altro
giorno.HorsuStregaseguitaparoleo. S T R E G A. Sendo dunque cola giuntivediamo
federelaDonnadel giuoco 1 della quätita.Perlaquale bife
gnachesiaportatounapartedopo laleradieffo corpoper quelgrandeuacuo
dinullaariariempiuto.Iperchedaqui uiin Afiatoleo uiaogni impedimento della
resistencia del insieme 12 20.Eglie staro Berno molto conos al la
10 OL ud NI 10 Hal insiemeconilsuoamoroso:APISTIO Chie/coluie . N o n lo so. M
a soben questo che è uno belliffie m o huono di una ricca uefte di oro molto
ben a d d o b a t o. APISTIO. Seguita pur. STREGA. Quiuiporrauamoal. sembianti
receuendole, lecomanda chesiano pofte
rouradiunoscanno,edipoicicomandalidiamoindi sprégiodeIddio
dellipiedifoura,edipoianchoracúole che gliurinamo foura eche lifacia
motuttiliuituperii poffemo. APISTIO. O Diobuono,oimeche odidire?Chifu quele
Jotantomaluaggio huomo chetidequestesagradehoftie daportarea coteftomaledetto, etiscommunicatogiuocot
sciutoinquesto Caftello DICASTO.O scelerato.O inico operuerfohuomo:fouidicoche
credosiastatouno delj p i u scele rati huome ni che ma i fi r i e o u affin o al mondo. Il petche hauendolo
ritrouatoimbratato in mille sceleritadelo giudicai fulli primieramente
degradato,cioe priuato della compagnia delli miniftri di Chrifto e dipoi
ilconsegnai al Podefta,etello incontenente,segondola ordinatione delle
leggi,lofecebrugiare.APISTIO.Deh Streganon laffareil comenciato ragionamente.
Poimangiamo, be temo,ecidiamo amorofipiaceri. Hormaicheuvoletipia
intendere?APISTIO.Voglioche raccontiaparteper par teiltutto.Ma
primadimmichecosamangiatic Dellacarne edellialtricibi,chefifuolenousarenellicon
uiti. APISTIO.Dondebaueticotefteuiuande:Vecidemo dellibuoim a eglieben uero,che
dipoi resusciz Tano. APISTIO. De chisono& Sono dellinor ftrinemici
etanchora cauamo deluino fuoridelle uegge e delliuaffelliacciopossiamobere.Et
dipoichehauemomant giatoe benbeuutcoiascun addimanda ilsuoamoroso,cioe Demonio
informadihuomo'perfatiffareallasualibidino fa uogliae con huomenichiedeno lesuc
amorose, anche el 3 Dimoni i i n effigia di bellissime polcelle, e giovane e in
tal modo ciascunpiglia amorosi piaceri efatiffaallefireffrena, an del Tai pi na
5ell ap Tin adi 60 la Donna delle hostieconsagrate.E quellaconallegrafaca oli
cia e gratiofi 36 teuoglie.DICAS.Paiono am e illusioni efauole quelle che
diconio dellibuoi.FRO. Sonosimiliaquellecosedellequali
narrafauolescamente colui. APISTIO.Chicola: FRONIMO .Conosco
chetuvuoilodicainuolgare,quello che e scriccoin greco,Hor fucosidice. Vápoje
caminano e cuoi,ç muggislenolecainidellibuoi. APISTIO. Vetaméte fono simili. Chedifferentiaechicaminafouradellaterrailcuoio
del buc,e che moto libra mugg iffe no e ftridano le carni mezze cotte, da
quefto prestigio efincaimaginatione,cioechepiegatala p e l i e del bue g i a
mangia ca, f a l i l cafou ra li piedi: FRONIKMO. Gócederonoli
antichichemandaffelauocelanauedi taggio di Argo,etanchor diflenoche diuinosu
cauallo di Achille. MacoluichinonnjegaparlafsıXanho cioeilca. Hallodi Hettore, iltimamochenegara
ilPegaffo, cioeilca uallocollealidePerfeo oilDedalo,ouero coluiloquale ci porto
marauigliose fpogliedelmoftrodi Libia,ilqualeAtrac ciaualatenerellaariacolle
ftridentialit APISTIO. Masetu credi che uoli effa Strega, Per che forrid j e tu
n e s a i b effe qua do c uleggi, qualmente le Parcha li e peine portarono
Perseo: FRONIM O. N o mirido fe tu ftimichesiano facceque Itecoseconacte del Demonio,mafibenmi
rido,etmene fobe ffefecucte di che siano facte per opera etingegno del thuomo
lopensochenone /similemoftro,cioe difingere che l’huomo o ilcauallohabbia lepenne
peruolare, odifins gerecheilcauallo habbiaintalmodo lalenguachelapossa
tiuolarlae piegarlaperproferireleparole.cócioliachemol siaugelletri senza alcunomira
coloperopera egradeactifs, ciodellhuominiapuocoapocoimparanodiprofericemol
teparole e cofi fendouiulaiile proferiscono. Se dunquese inlegna dirivolgerela
lengua acoteftiaugеlletiper cotale m r t che proferisconol humane parole,quanto
maggiore menteseporradire chelopossanofarelefoftantieseparate osjano buoni
oreifpiritiecioe di poter riuolgere la lengua per labocca
dellianimalipercotalmodo che proferiscano dritamenteleparoles APISTIO.Tu
dichequestofępuo fare. FRONIMO. Anche ilconfermo conciolia che solo
ciascundeeffifpiritidinaturaeguale.APISTIO Ilpuoise ftiprouarecon
qualcheeffempio: FRONIMO. Molto ben i pollo prouare, M a h o t a ne baftiano
raccontato nel fagta libro dei Numer i,cioeche la Afina di Balaam
parloe.E dit conoe Theologgicheparloeperoperadellangiolo concio fiache effanon
fapeua c o s i lendoli quelloche dicesse, rivol tae conduta lalenguaadire
quello cheera commodo er ageuole per loeffercito delli Hebrei.D e cuine hauea
gouee noe curailbuon Angiolo; sicomeraccontalascritturaecosi b o narrato quefto
effempio solamente accio io tacci quelle historiegia'narratede quellibuoi delli
Gentili,che parlaro 00, APISTIO.DedimmiStrega.Noisapiamocomenon hranno
liDemonii carne neoffadunque come mangiano, b e u e n o, eluffuria nor S a respond
i prefto. i c o n. me ame pare,
fonosimiliq,uantoallepartiuergognosealla carne,APISTIO. Patreftidarciuneffempio
diqualcheco fa c h e sia fimile a quelli suoi corpi. N o lo so ben Ma purpaionoaffaisimilialla
ftoppaouecoalbambagio, quando e-coffrettoinsiemee condeniaio.Cosipaionoquel
lineltoccare,miasempre sonoimperho freddi. APISTIO. H o r seguica piu auanti. Poi era ua mosatiatidelli carnali piaceri
erauamo portatiallenoftrecase.APISTIO. Non tiueneuam a i quiuiaúisitare: E
fpeffeuola te. Anchor qualche uoltaquando andaua almercato,eritor naua
accompagniauammi.E ricordammicome ritornando acasaungiornofuiltardodal Caftello
effendoegliinmia compagnia,tre uolte pigliaffimoinsieme amorosi piaceri
auantigiongeflia casa. APIS TIO. Quanto -e-discottola tua casadallemura del Castellor
STREGA. Circadiun mi gliaro. APISTIO. Danque non emarauegliafelfimoftro
effomaluagio Demonio informa dellamolto libidinofa paf feratM a pur
Fronimo,iotedicoiluero,anchora non posso capirceon ilmio ingengno
cheuoglionosignificarecoretti tantosozzipiacericarnali. FRONIMO. Tidirolamiaopi
pênione Iopenso chefaccico testoeslo ingánatoredellhuor
menipersatisfacealleffrenateuoglie diqueste facciate et
impudichemeretricilequalinonhannoiltimore'de Iddio, Chi e quello fienochefa caminare
lhuomosecondoilraa gioneuole appetito egiustodifio.Ilperché remofio tantideta t
o f r e no della ragion re i m a nel huom o come uno anima l e hh LIO 10 Eté 11
1 TO xrationale, efi comeunabeftia, ecosidipoidesidebraram. ma et
anchora cerca le cose da bestia,etineffefedeletra. APISTIO. Ne
anchepercioeglieposibilechepoffacapite con lanimo donde poffono hauere tanti
lasciui piaceri DICASTO:Chehabbianograndipiacericredochelpoffa
interuenireperpiu cagioni,dellequalialcuneneraccontato
Jarrelaffaropermaggiorehonefta. Conciosiachehauemo a parlare sempre in cotalm o
d o,eprencipalmente incolga k cheanchorlapudica orecchiauipoffaftare.Puodunque
guestointeruenire, almiogiudiciopercheseglidimostrail Demonio
maladettoinunamolto aggradeuole figura,cioc belladifaccia colliladrjocchiecon
ilgiocondo uolto con ciofiachepuocoimportaalDemonio difingeree difigura. Re una
formadiariaofozzao veramente bella, ecosifigura te formeficomeparepoffonpiacereaquellicheuuoleinga
nare Ilperchecofilosinghaetiraquellemeschinelledonni ciuolea fecon effa
fintabellezzaecolliocchicosifigurati, et conlafciuifembianti. Et anchora acciochemaggiorment
tele ingannano fingonodieffereinamotati di loro.11fimile fannouerfodiquelli
sciagurati huomeni,diinoftrandosi in forma di belle damiselle,ecosi uifanno
apparerecuttele proporcionidellemembra,etuttelebellezze,etuttililasci.
uisembianti che desidarano accio che meglio glipoffono ingannare. Dipoianchorgli
fannoparerequellipiaceriche hanno conqueftefinteimaginisiano molto maggiori che
poffonohanerecolli'uerihuomeni,econ leueredonne: Hor pensacome sono
inganriati,etuccellati dal Demonio.Ecoh narcaua quello scelerato, e (maledetto
incantatore di Don Benedetto auantinominato.IIqualeraccontauaqualmeno
tegliparcuadihauerehauuto maggiore delectatione con il Demonjo iqueftafintaimagine
chiamatadase Armelina checon tutte lalai femine, collequalihaueamaihauutolara
uipiaceri.Etaccionon pensaftiche con puochefefuffii m pazzatio o
tiuogliodireche questafozza bestia,piu presto cofilo chiamaro che huomo anchora
hauea hauuto uno fie gliuolodella propria sorella.Ionon dicocosache sia secreta
cóciosiachetuttequeftecosecheraccoratosonoiscrittenel ljgrocelli Uprote f l i fatti di lui. Era tan t o i m
paz zito de t mtoisero h uomo in queftodiabolico amore,epercotalmodo beftialme
t e brugiaua di cotefta fua Armelina. cioe del Demonio in do
ficomefannoduoicompagni insieme benchenonfuffo ucduta dalcunoaltro. Ilperchefendouditocosi
ragionare, n o n sendo ueduta quella pensaua chiunque ludiua chefufti doucntatopazzo.
Debuditelescelerateopete checostuifa ceuaperamoredicotestasua Armelina
nonbattiggjaua fanciulliniquando glierano portati fecondo la conluetudi
medeChristianiperdouerebattiggiare, ma hauendo fino de
battiggiarliconliremidadaacasasenza battesmno, o n consacrauale hoftic quádo
diceualam e s a benche fengeffe diconsegrarleecolligefti,econ un
certomormorio,perna fcondere lisuoifrodi, ecosifaceualeadorare alpopolo,non
fondoconsegrate.Veco-e-chesepur qualcheuolcadritame t e haueffe consegrate,
alzando la sagrada hostia in alto per dimostrarla al popolo ci o e
ilcrocifissooaltrafu gura collipiedi riuoltiinsuinuituperioetiscerno de Iddio
edallasuafantiffimafede.Dipoileconseruauaperdarlealle
fccleratefemine,etallimaluaggihuomeni,accioleportaffe toalmaledettoetiscómunicato
giuoco.E coliquellodiabo tico ebeftialeamore era causa dicantipeccati. Anchora
-e nellam e d e m epazzia unaltroftoltoe pazzo,chiamato ilPi heao
ilqualetantopazzescamente amaunodiauolodetta dalui Fiorinache seglidimoftraiu
forma de femina,che fouente hămidettoiftaminandolo piupreftodiuuolerepa.
siteognimartorio,che abbandonaretantabelligimafer mina
conlaqualehahauutotantiamorosipiaceriquarant taanni. Eper
cotalmodo-erdivenutoatantapazzia chenå eredeefferaltroIddicohe
quella.Vedetiquantosonoinui, luppati costi meschinelli h u o m e n i nelle reti
del dem o n i o. Etanchor non pensati chesolamente commettano cotefti
fceleratispreciatori dellafantiffima c triomphacifima fede 1 formdai
femina,chesouentelhaueainsuacompagniaspas leggiandoper lapiazza,ecosiandauanoinsiemeragionan
ficom e sisuolela alząua con lafigura luie-figurataridottaalcontrario 111hh ii
f el di Christo,dellipeccaticircalasagrahoftiaereffagloriofiff ma
fede fendlo e gati da questo pazze scoa more, ma ancho comm et ceno dellaltri
male opere senza numero. Concio Siache cobbano lecose dealiruiimbrattano
ogniluogo col lisuoimaleficii esouradelcurto sonosommerli coralmente nelli
adulterii, ne stu priincestie fornicationi. Non hanno co spettodicommettere
lipeccati con pacenti,sorelle,fratelli et altrepersone.Vccidenoli
fanciulliasciugano ilsangue di quellifannouenireedescendece
dalcieloacerbiflimetemi p este guastino li c a m p i e l e frutta con l a
grádine, e gragnuos la con tanta ruina, che pare se ferebbono portati piu model
Atamente quelliche anticamente incantauano le feutta
controdelliqualidipoifufattalalegge escrittanelledodeci tauole. APISTIO.
Dunquenon folamente sefforzano di daredannoallefrutta,etallealtrecose
cheproducelaterra ma ancheracercanoperogniuiadinuocereanoicon ilcic loe con
laria checi copri: Caccio so. DICASTO. Addimandalotua dei, APISTIO.
Haigiamaicu Stregacommoffolituonice, Catto balenare laria? Sifpeffeuolte.
APISTIQ. Hai tu guaftele biade con la grandineouerotempeftas Nouna
voltamalouentefi. APISTIO. Inchi modorSTREGA, Fatto chehauea
ilcerchioeccocheinco t i n e un u ei n iua i l mio Ludovigo, ma non informa di
buomo mainfigura di fuoco. Allhora començiquenodiscedere del
lariafulgore,efenteuasituoni,ebalenaua il cielo edipoicas Scauala
grandineetempeftasouradellicampie prencipal mentesourade
quellicheeranonoftrinemici, delliqualide fiderauafufferotouinatie.guafti. APISTIO.
Deh dimmi, peramore:decuifaciuicucantarouina: llface uaperodio, enon peramore. FRONIMO.
Miricordodi hauerlettoneuersi comee Demoniifaceuanoli ftrepiti,co
fidicendoloingegnosopoetaOuidioinquestomodo nos minádolisottoilnome delli Dei, oueroquellimaleficiiicuc..
cedella persona dieffo. Perqualagiutoquandouolfaftrenfor:
Ifiumiinfoncisuoitornare e mosh Inftabelcofe, ftabelfompreuenfi,
Regietto,euenci echiamo quandopiacemmi. Ma
questanoftraSirega,piupotentech Meedeaeccitoan thoralatempeftae grandine
elaconduffefouradellebia de. Anchora tirano gli animi dellbuomeni'ne peccati
colli fuoilafciuipiaceri,perchelosinghanolisentimenticon effi.
Ilperchehomai-e-qualirinouatoquel detto diLucano in queftonoftro Castello
cosidicendo, Ārfenoiuecchi dillicitafiamma Netantola bevanda nofsia uale 1.
Quanto la modella caua l l a eretto Ri fa t o in fucco, l a mente fe infiamma:
E perisce incantata,né piu fale Deluelen haufto pura del defetto.
Eraquelmaluaggio Don Benedetto,decuihauemo ragio nato de annisettanta
duoi,quando gliscacciaflimolafiami niadelfceleratoamore con laqualetanto ama
quella sua Armelina,o quellofuoDiavolo,informadifemincaon una altra
grandiffimafiamma uscitadiuna granftipadi legoed E cosiromaseturcoincenere.E
questo-e-ilmodo dascaccia re u n fuogo con laltro.Vine-unalcroin quefto fcelera
s a m o te rommerfochibaoltro disettanciqueanni,etanchoruno altrocheha
vedutooccanta folfitü,Liqual andauano aldet toprofanoetifcommunicatogiuoco
delDiauoloottouolre mese l e cost -e f tat o conosciuto per te ftimonio e
confeffion fiede molti dieffriniquiemaluaggihuomeni,chenon sono folamenteunao
due puero treStreghe,m a sonoingrande moltitudine, ecofiche non sono solamente
ute o quatro stre gonierscelecacimaschi,liqualiuannoa questo indiauolato
giuoco,ethannoquestiprofanipiaceri colli Demoniiinefli gia difemine,m a
egliesutotitrouatopercerto comeuiuar noingrannumero ecin
granmoltitudinpeercotalmodo che credono secondo la loro iftimatione che ui si
ritroua a quefta maledetta congregatione oltro di due migliaradi persone
APISTIO. Oh chefenteio diceslaantiquitasola, mentebalaffatoinscrittoditreouetquarto
Maghe digrå Caccio conlamiavoceilmalfe fpiacemmi Carco
dinebbie,enebbiealseren genero m a ame parechenenoftri fama,
giorniseritrouanomolte Medee,no puoche Candie, nó una sola Ericho. FRONIMO. Tu
cinaraucgliiche se ritrouano-secento Medee con cijoria chetusaibecn he son
inuna Citra della lialiadodece
migliaradiCircecioedimeretrici,lequalisonotenuefora lenondimenotunon
timeraueglidieffe. APISTIO. Ben bente intendo.I percheperbuon rispetto,no
bisognaalati mente cercareouero inueftigareil sentiment dellpaarabo la
perlinascostiluogbj. FRONIMO. Diroe anche due pa role.loistimo chehabbiaIddio
con sua gran prudemtia uos lutofermareestabilirelasuafanciffimafedenelliapimi
del lifideliindiuersimodiperfarecrescerepiu ampiamentein ogni canto la christia
n a religione in questo infelice tempo, Helquale pareuadiognicoladimale in
peggio. APISTIO, Inchemodo FRONIMO.
Prencipalmėteincemodi.E primaperilfucceffo dellecose giapredetteetannunciate,
de poiper limviracolifattidiuinamente epoianchoraperillco prireche ha
fattoladiuinaprouidentiadellescelerirade de de corefti indiauolari riti,e
maledetteopere dellantidecco molto bialme uole giuoco.
Giahauemouedutouenireapun tole sanguinolenti guerre la crudele fame e carifteia
lahore tenda peftilentia licomegia auantjerano state annontiate diuinamente
permoltjarniHauerebbono forsipoffutocre derealcunifacilimenteper cotalmodo
oppreflidallagrans dezza di queste tribulationi che fusseroproceduteo casual
menico fatalmentedate calamita di etribulationifelnon fuffisutonuouamente
fuegliaraeteccitatalafedeinquesto noftro Castellocontantimiracolifattidallagloriosa
Vecgie ne Mariamadre deIddio.Lequalicofeficomedaseconfer m a n o,efortificanolafede
Chriftiana,cosianchora per acq denslaconfeffionedicotesteAtregheglida uigoria
eforza Per la quale confeffionee per il gran numero delli'teftimos nud i amen
duo i li f efficio e cosi delli maschi com e delle fe y
mine,cognoscemoapettamentequalmente liDemonijco donemicietaduerfariidellafedeChriftiana
Laquale e di tanta forza chequanto maggiormente e con ognisuafor
za,aftutia p e r fare di poi dello unguentod a ungere di
luoghiuergognofiquando uogliameoffereporcati algiuos co. DICASTO.
Acciononiftimatieffercotefte favole eche fano sonniio
imaginationiechefianosolamenteillusioni, e non
siainverita,erealmentecioèdiandareper lecase di quefto e di quello aducci de re
li bambini, uidico qual men t tefono ftatoritrovatidellifanciullini,ben
certamenteinfen ci,cheanchorpigliauanolapopa, etillatte,liqualihaueano ledita
forate, elepiagheebucchi sottoleunghini. APISTIO.
RefpondiStrega.Aflaimimaraueglio chenon greffino,eche cridaslinodetti
fanciullini,quando uoili trag tauatitantomale,echelipungeuati Sonoal Ihora per
coralm o d o indormentatic h e non feiitino. Ma dipoiquando sono
fuegliaticridanoad alta uoce e piango no e Aridono, efeinfermano,etanchoraalcunauoltamon
teno. APISTIO. Perche non muoiono tutti. Perchelifanamo. Conciosiacheglidia modelli
gioueuo lireniedi,ecofilikberemo.Hiperchenetiramograndiguza dagni. APESTIO. Chi
uiha infignato questi cemedii E demonii. APISTIO. Questo a meno n p a s
teverifimile. FRONIMO. Eperche.Non faitucomeit Demonio
conosceleuirtudedelleherbe,lequalianchora za aftucia,etingannilacercato
di rouijare e di ofcurare, tantomaggiormente se alza erefpiandeperognilato.
APISTIO. O quáto ben lhai codutto questo tuoragionaméto. M a horfu
dimmiobuonaStrega.Vccideftigiamaiuerun fanciullorNon un folo,m a simolti. APISTIO.
Conilcoltello oueroconlamazza. Con laagus gliaecollelabra.APISTIO fucbimodor Ine trauamodinottenellecase
denoittinemici,perle porteet usci cheeranoapertia noi,dormeudo e loro
padriemadei cpigliauamoi fanciullini,econducendoli appo delfuogo,
forauamoconlaaguglialortoleunghi,dipoiponendowic fabraasciugauamo tanto
sangue,quantone puo tevamote n i r e nella bocca. E parte d i quello ne
deglutiuo, cio e ilm a n dayagiùnel Romaco epartene riseruauoinunabuffua o
inuno uafetto piaa comeptatitis hanno conosciuto
lhuomenisanchortudebbifaperecome giafuconoscrittemolteregoledamedicare nel
Tempioda Esculapio, lequalidipoilecolse Hippocrate,ele Scriffenelli suoi
libcisicome citrouiamo.Anchor sono fccicci molti g i o ueuolireinediciosialle
piaghe,efedice,come contro delli geleni,nellehistorie che furonoritrouatiperlifonnii.
E puf anche leggiamo qualmente soleuano dormire nel tempia diPasipheaenelláltri
Tempii delliifimati Deidalli Gentils ficomegiapiu auanti diceflimo,quellichi
cercauauo li res mediicontro delliinfirmitade,sapendo chegliserebbono
reuelatiperilsonnio.Ilperehetunon tidebbimarauegliaro
seanchoranerempipresentiglireuela ilDemonjoliremes diiaquestariaemaluaggia
generationedihuomeni,edifc mine lequalifrequêteméreconuerfano con lui,APIS TIO
Diche cosauidannospecáza,douiatihauerdaloro:Longa uita,Grandedoujtiaericchezze,econtinui
pia cericarnalilequalihauemo,ene pigliamo delettatione. APISTIO. Deh
dimmiperquella fede chenonhai.Ti dok nologia maidelli danaris Gia menc donoe
ale quanti ucro'e che disparfono.Pur seruai alquanti puochi quatrini. APASTIO. Veramente
sonograndiricchezzeco tefte.Dehpensachecosapoi serebbe felteprometteffeli T h e
sori di Creso quero ci promett e s s e maggiore douiria di quella di Alessandro
Magno,cóciosia che era portato lo ora. diquellodaquarantamigliara
denuli,five-uero quello che scriueCurtio,quero ficomediceilPlutarchoin
Greco,ilqua lecosidicoinuolgarepersatisfarea ciascuno eraportatolo
orodieffodadiecemigliaradigiogatiOrichiisulecarrette erdacinquemigliarade
Cameli. FRONIMO.Paredicon tentarsicoteftauilee fozza fecedihuomenie di donnesele
donata nti piaceri quanto nó haue a Sardan ap allo,ne Smin dre,ne Stratone.E
cosipiuolicanon cercanopurhabbiano, queftipiaceridiabolici. APISTIO. Almáncoquelleerano
humane e uere, benche uergognose ebias me uoli, m a q u e ftedelle Streghesono
coseda ridere,eda fars-beffe,esono: menzogne finteeuane. FRONIMO. Tunondirai
che quellesianowane,setu ben considerarai questo uocabulo pi 10 nie lo comentátitieecimaginarie cioe
parte finte,epartenuoue. DICASTO.Iftimo chequelle siano inparteuere cioe fon
dareinquellacosache-e-erinparcesianofallaciefinte,enó firmate
inuerunuerofondamento,emaggiormente circa diquelle
coke,dellequalenarranoalcunicomesecangiano in forma diGatteetinaltre figure di
animali,Ihuomenic d o n n e di questo maledetto giuoco,etche resuscitano libuci
che hånomágiato,sendolipoidatodellauerga dalladonna o dal Signore del giuoco,
fouradellapelledouiuisonoposto drento Toffa di detto buomangiato. I perche f i
a t i c e r t i c o m e tutte quefte cose sono imaginacioni illufioni,etcose
che cosifaapparere ilDemonio Icelerato,et aftuto chesiano,
mainueritanonsononeanchoraessolepuofare.Ma che fiano alcuna uokaporcatiper ariaetchefouentemangiano
beueno,etdianslibidinofipiacericolliDemoniicofiin for madimarchicomeinformadifeminenon
e-danegare, neanchordariputarecosa falsanecontrariaallauerita.Puo trebbi
narrare afraicose confermate da digniffimi testimo nii fevon hauefli paura che
poi ui lamencafti di m e, dicendo
cheuihauefliingannatorobbandouiiltempoconcefloa uoi da douer udire la
Strega.APISTIO. Ti priego,fiacona tento di riferuare cotefta curiora
disputacione per infino a domane. DICASTO. G i a -e-diputato quello ad
altriragio.namenti,purmolticuriosi.Vero.e-fetu purtanto brammi deintendere
questo, fiaticontétodidisinarehoggiconmieco, benche fiamonella uilla non
mancarano imperhotandi cibiquantoseránoneceffariida iftinguerelafame. FRONIMO.Non
-e-darifutareilconuitodelloamico,douisiritroj u a n o affa i dotti ragionamenti
benche puo chi cibi. Con cio
fiachere-moltopiuaggradeuoleallifpiritigentili,etaquel l i che se delettano
della dottrina il conuito ornato di curioli parlamenti chede uariera edi
moltitudine di uigande. APISTIO. Piacémmi assaiciascunadicorefte cose.Perche
con una si pasce il corpo e con laltra Janimo. DICASTO, Horchiederipuruoi dalla
Stregaquelloche vipiace, laffal. to
coftuiquiVicarioetinmioluogo,perinsinoritornaroda noi.Perche uoglio impore
alsopraftäte della mensa, quello che debbi afare. APISTIO. Su
Strega di. Ha ue ail tuo amor roso'uerunsegno,con il quale addimandatodateuenesse
n e l c e rchio: S i hauea in questo modo. che ogni uolta chemi
fuffidiscostatadalli altri,ecosi sola due uole Ihauesichiamato
incontanenteuiueniua. APISTIO. M a per quale cagione non treouero quatro uolte.
Non loso.Coferaammaestratadalui. Maanzimolto for teme ammoniua
nólochiamassetreuolte. APISTIO.Chi ne pensitu di questa cosa Fronimos FRONIMO.
Questi pattidel demonio daluipendeno,esonoin fua dispositio ne,enon
solamentequestipattimanifefti,m a anchor li occulti. Del li quali il n ostro
fanto Dottore Agostino insieme cóal cuni altri Dottori ne hanno scritto. Non
dimeno pur io c t e do chenon sianaturalecaufainquesto numerodi duoine anche
penso che uoglia dimostra recotesto il misterio della
Diadeosadelladualita,dimostrato da Zarera Caldeo,per Pithagora alli Platonici. O liacoftuida
chiamare Zareia, frcome dice Origene nellibrodelliPhilofophimenoni, o fa da
scriuereZarata ilcheula PlutarchoCheroneodesignano doil Maestro di Pithagora, dechiarando
una parricoladel Dialogodi Timeo oueroanzisiada dire Zaradaconciosia
chenellibrodelleleggi,lanominatodaTheodorito Theo logo Zaradon M.ache
cosaimportaal Demoniodidisputa rediquestacosaediquestonome loistimochequiuigia
ce nascosto qualche inganno,equalche aftuta frode delD e m onio maluagio. Oue r
anchor i ope n s o che il faccia c c i o nó se accordi con lavoce della
santiffima Trinita,e cosi uuole pareredinonapprouarequella.LaqualeeDio
uiuentein sempiterno.O forsi anchora il faacciotiraetauertiscamag. Giormente Thuomodallaconsuetudine
delle cerimonie del la nostra religion e Christiana, Anchora il puo fare per
quale che altro ingannoetfro de il quale noi non sapiamo ritrovato dalli
antichi Gentilie Pagani sottoilnumero pare.Loqua
leuuoleuanofufficonsegratoalliinfericioeallispiritierano giu nel profondo elo
dispare allisuperi,cioe allispiritihabir tauano Touradellicieli.APISTIO.Aftaisonfatiffatto.M
e dimmi Strega.Conosceuitudiesser ingánatada questotuo amoroso Non mai. APISTIO.
Come-e-posli! b i le cotesto:
Quando tu vede u i d e s pariceli danari, che cosa ittimauitur In chemodo de
parefsinonon con, Sideraua,Vero-e-cheeglidame ritornaua,etmicompara
uaconmolciamorofi piaceri, epercotalmodomi legaua, chenon pensauaaltcochedela. APISTIO.
Che cosaaddi mandaua che uuoleflida tequando tiprometteua ianitecol
se,quandocidayatantipiacericarnali,echefingeuadiesser tanto grande mente
inamorato di tes Non adi. mandauaaltrodameeccettocherenegasselafedediChri/
Stoenon uuoleffehauersperanzapiuinello,ma cheme ilu genocchjassealuieloadorasse
eloteneffeper Div. FRONIMO. O iniquiilimo,o fpurcissimo,o fceleratiffimofpiri to
detto ueramente dalliHebrei Sathanaflo ouero aduerfä rio,edalligreci
Diauolo,edalliLatiniCalunniatore.Se puo pensare maggiore calunnia,emaggiore
ingiuriacontrade iddio quáto eche faccicanta forza questo fcelefto colle fue
maluagie parole diuuolerlirobbareladiuinita,echelauor
gliaattribuireasecontantaatroganza,econ tante bugies Il perche forsihaamatoquestonomediDemonio
osiaper dimostrarechehabbiala scientia ouerper daretimorealle creature.Eglie
uero cheecosasupremante aluipropria efa miliare ditessere ordinaree comporre le
isisidie et ingani, Coliparimente inganno il primo huomo, sottoilnomedelli Dei
donde-e-uscitoiluocabulo del Calumniatore, ficomedi ce Giuftinophilosophoemartire.
APISTIO. Sa Stregadi, Inchemodo erasu discernurae conosciutafralialuribuoni
Christiani. Non uierauerunadifferentiaframe elialtri. Andauaalla Chiesa, mi confessaua
nel tempo della QuaresimaauantidelSacerdote decurtiemia peccatieco cerco che
diquefto Dipoi andauá collalori a comunicarmi alloálcare.E cosinon eradifferenciaalcunaframe
elaltre donne.Non uierauaane coteftecoreilmio amoroso.Sola. mente eglimi
comádaua che douessedirealcune cosepian pian, enafcoftamentefacessealcuni
arcilequalicosedetree faite altro da nienon uuoleua. APISTIO: Racconta iltur to
aparteperparte. Sendo nella Chiesane giorni delle feste,comandauaame
cheleggendoilSacerdote lamessa adaltauoce(sicome;Tesuole)diceffeiopianpian ii
ii Hon euero,tunenientpierlagolaequandoleuauaquel lola hostia
consagrara soura del suo Capo per dimostrarla atuttoilpopolo
acciochesiaadoracae reuericamoleus cheioriuoltafi liocchialtrowe,enon
laguadasse, etanchor micomandauarivoltafsilemani dopo lespallee piegaffele deta
sottoleueftimente incotestomodo,sicome uoi uedeti io facio.cioecheglifaceffele
ficca.Dipoianchoramidiceua. non douesliscoprire uer una cosadellinoftriamorofipiaceri,
al Confeffore n e anchora di quelle cose che pertengono al giuoco.Egli iftimaua
poiche non importafle cosa alcuna se ben
uuoleffedirealConfefforelealtrecoseoueronon ledi ceffe.Voleuaanchora,chesendoandataa
communicarmi, fecondolausanza incontinentisendonimipoftal hoftia consagrata
nella bocca, la giraffi fuora fingendo di asciuca r mi la bocca e la conferuaffenel
facciuoloper portarla al giuoco, accioilbeffalimo, etischernissimoconquelli
fceleratim o di,sicome disopra disse,etanchora perche il conculcassimo
collipiedicon quelliuituperiigiaauantiraccontati.Dipoi portauadicontinuo due
hoftieconsagratenella miaueste culite,percheellome diceuache
uieratālauectuineffefen dole portate in quel m o d o senza riuerentia,m a
anzicon uie tuperio,chemainonpuotrebbe confeffarelinoftripiaceri,
neanchoraaltracosa delgiaoco,benchefußiancheinterro gata dallo Inquisitore n e
con tormenti,ne con altrimodi. No di meno aftreggendommi imperholo Inquisitore em
e pacciando mmidiu uolermgirauemente martociarefenon
confefauaquestenostrescclerate operemi commando quel demonio maluaggio,
legetraßein queluafo,loqualehai uea portato ame il Guardiano della pregione per
farele mie necesitati.APISTIO. Facefti questoiscómunicato.com mandamentos . O
me mischinella, et infelice's bubbidi.Ma non ui rencresca diudire una cosamolto
hori rendae pauentosa cheoccorse.Rompendoioinfeliceescia gurata
quellesagratissimehoftienelfterco,con unuaerga, vide uscire da quelle il vivo
sangu e. FRONIMO. Che odi dire hoggi: Puoesserequesto Credocercamentechemai
piuno udiranolemie orecchie finilioperefcelerate etis communicate. DICASTO.
Andiamo un puoco nel giardino ecosiforsicaminandoefpasseggiandouiritornara lo a
ppetito. Horfur a men a la strega nella pregione. APISTIO.
Inueritauidicochenómaihauerebbecreduto che fe poteffino,non dico fare,m a pur
penfare tante fceleritade, tantemaluagioperee tante ifcomunicate cose,quante ho
udito hoggidalla Strega.Ilperche avanti facilmenre haverebbe perdonato
acoteftagenerationedihuominie didon ne credendo chefufferocondurrida qualche
leggierezza o ueroda qualchemancamento diceruello adintrareinque fto errore
etanchora iftimaua che fusserocotefteStreghe e Stregoniingannati dalle
apparentiuisioni e illusion e fittio nidelDemonio
etanchora(iodirolamiaoppenione)non giurarebbichenon sianoingannati, ma
hora11comebuono e fedele Chriftiano come sono itato eth o creduto quello, che
debbe credereciascunuero Chriftiano, non mai con fentirebbifedouessedare
uenia,neperdonareacoresti ini. quifcelerati
emaluagginiolatori,efpreciatoridella nostra fantiflimafede. DICASTO. Se
tidimostraroche cotestoap pertenne alla Religione Christiana di douer credere
che sia noinuerirafattedaqueftifcelerari huominialcunemaluag gie opere etseiɔti
conducero tantiteftimonii, ilperchne o n puottaifaredinon credere efferemolte
cosenellantidetro giuoco chesonouere,enonfintene ancho imaginate,m a Li come
siamo consue t i d i parlare che siano reali io penso che dipoinon
farajostinaraméter efiftentia. APISTIÓ. Ancho ranon sepiegailmio
animopiuinunaparte che nellaltra. DICASTO. Dimmifettepiace, Vedeftimai refuscitare
municate.APISTIO.Anchora iosondicoteftaoppenione dinonu dire maipiufimili sacrilegginesimilihorrendeope
te. FRONIMO. Dehperamore deIddiopartiamocidi quietandiamoincontrodi Dicafto,
feltipiace,cheritorna danoi. APISTIO. Moltomipiace Andianio. DICASTO Hoben
comeuafecifatiffattir Vi-e-anchorarimastaalcuna cosa da dovere intendere.
FRONIMO. D e h il noftro D i cafto,iotedico chepercotalmodo siamostomacati
cheno hauemopiubisognodipranso. Iotesoben direchesiamo per una uolta
sariati uerunmorto. APISTIO. Non maihoueduto tantomira, colo.
DICASTO. Creditu che possono resuscitare e mortis FRONIMO. Non lonegara no.
Conciosache-e-quefta cofamoltocancataefouente ramentaca dalli Poetietand
chora-e-scrittadalli Philosophi, e maggiormente da Platone. Liqualinarrano come
resuscitarono limorti, etusciros no dell’inferno. APISTIO. Ne ancho per queste
cose m i acqueto,incoteftaoperachi-e-ditantomomento. Ecolino credoalli Poetinealli
Philofophidicioma libenaluange lio. DICASTO. Io
tiuoglioproporreanchordelliefsempii dialtracosade cuinonlefamentionenella
fagrascrittura, Dimmi credi tu siano uscite le naui dalle Gad i cioe da quelle
due Isolecheso non elfinedella Bethicanellaetremita della terra
noftrauersolooccideniedouife diuide la Euro padalla A
fricaretanchorchesianouscirefuoridelportode Vlissiponadi Lusitania osia Portugall
jareche quelleriuolte versiol Zephiro siano stato portate da circauentimigliara
di ftaggi,o piuomanco fiacome silioglia,perinsinoa quel larantoampia terra(lagrandezzadecuianchornon
fecor nof c e) e cosi portando le hora il
Zephiro per il mare atlantico siano giunte allo Indico feno. APISTIO. Si
lo credo. DIGASTO.Tu locredi. Madimmiacuilocredit APIST. A tantimercatapti
liqualiraccontanoin che modo hanno fattotaluiaggio souradellelarghespaledelmare
colle 11o dantinaui. DICASTO. Haicu maiparlatocon quellis. APISTIO. Non ho gia
ragionato con quelli ma pur alcunayol ia ragionando di cotesta cosa curiosacon
quelli liquali h a uerano udito daquelliche hannonauigato per detti luoghi lo
diceuano,etconfermauano che coli era. DICASTO. Il mio Apistio dimmi non ti
hauerebbono poffuto ingannare quegli. APISTIO. Deh, no chi serebbecoluichi dubi
tal, che l’huo m e n i gravi e gia maturi di conseglio si de le trassino di
favole e di menzogn e s DICASTO. e dunque io producero quiuinelmezzo non menore
numero ditestimonii dinon manco grauica:edinon manco.oppenioneet istina
tione,de quellituoi liqualihanno cófermato con giuramer to come. Sono portate
algiuo cole streghe e li stregoni, come li demonii danno
amorosipiaceriállhuomini in effi g i a d i donne et alle donne in figura di
huomini, e cotesto Thanno havuto dalla bocca dies li stregoni e streghe
conil 20 line old od sagramento costretti chene dirai esera tu poi
fatiffatto. FRONIMO. Se potrebbedire ueramenteche coluinon fussiin talmodo
satisfatto,fuffioscioccoo pazzoouero oftinato. APISTIO. Deh pertuafede di'per
quale cagione. FRONIMO. Percio chequando sono moltidiunamedeme voce, 11on pare
conueniente che sia uerun la debbia negare eccettosilnofussida
qualchebuonaragioneper cotalm o po costretto laqualehabbiatåraforza cheportagettareal
baffo quellaoppenionecosiconfermata ditantihuomeni. Jlchecredotunon habbi. APISTIO.
Questatuaragionc h a puoca forza in quelle cose che paiono louerchiare lefors
ze dellanatura,m a ben affaine ha in quelle cose ne ueneno
nellulodellhyomo.Ilperche non ho fattodifficultadi crede requel viaggiodellenauidi
Spagna nella Indiaetaquella terranuouaecofiaquellialtriluoghima benfogran
diffisculta in credere il giuoco di Diana. FRONIMO. Puo' esserre uno molto
maggiormente contrario a quelli che raccontano il viaggio della India che
aquelli che narrano I givo; codellanotturneHecare cioedi Diana.Concioliache
dets. touiaggiononfugiamaipiùperuerun modo conosciuto dalla antichita,m a
solamente furono ritrovatialcunipuochi segnali con liqualidicono gia giongeffe
non soche naui dal JaIndiaal litto di Spagna. M a hora senauigadella Europa per
il mare di Ethiopia nella India. Eco si hora gia forosro gnatiiporti, etilittinellecauoledepinte.Anchoraalpresen
Refono ftato ritrouatealcune Isoledi marauigliosa grandez za chemai non furono
conosciute dalli antichi.Et anche nonfumai ramentata
nescrittaquellaampiaterra,emol to marauigliosa per lasua grandezza
retrouaraquesti anie ni paffatiLaquale, fefusiAtataconosciutadalliPhilofophi,
li quali se imaginauano essere piu Mondi nellordinedella natura,forsicon
maggiore ragione hauerebbono dimo, Atratolaloro pazzia.Delle
qualicofeinouamétecontantefa ticheritrouare'non hanno fattopur uno puoco
dimentione o Strabone,o Ptolomeo,quero anchora quellialtri;che for
no suco reputatipiufauolatoridiefli.M a delle Streghe ne fattochiaramentione
nellilibridelliantichietanchor delli moderni. APISTIO. Io lento, m a nó
foimpechoin chem o do,apuocoapuocomouersilanimomio accioconsentialla
quaoppenione.Vero-e-cheuolétieriudireieteftimoniipro mellida Dicasto
diconducerliauantidinoinelmezzo, e c a nchora disidero de intendere delle
ragioni se ne ha della l e tri, olcro di quelle che ha detto. FRONIMO. Deh il
mio Apiftio tu debbefaperecome-e-fegnodipuoca Atabilicadi
animodiuacillare,erdipiegarsimoquiidimo riuolgerli indimo
fermarsiedipoimouersidalluogodouieraferma, to. Conciosia che quelle
cose,dellequaliauanti diceuamo. Senonpareuanoateuerepurpareuano imperhomolte fi
milialuero dapoianchoracontradiceuie dicenichemeri tamente era da
esserecontradetroda tea similicose, ma ho tacon una certa inclinatione di anim
o confeffi dieffere tirar toesforzatodidouercósentireallanostrafentétiaetoppeni
one. llpercheame pare(perdonamiperho)chemeritame tepuotreffi effernuotato
diinstabilita eccetto,setunon ha) ueffiusato iconia,ouero simulatione,e
ficcione. E cotefto no serebbe meraueglia, perchetuseiusatonellifintigiuochide
gli Poeti et anchora seitu molto effercitatonelli Dialoggi di Socrate. Perilche
interujene che lepersone sono usate in der tilibri, onon maio uero con gran
difficulta sepossono rimo ueredallidettimodi.APISTTO. Fronimo mio io non fingo
in cosa alcunane anche giudico che fiabi sognofra teem e de Ironia ouero
simulatione, ma io te dico il vero, che non quorejcofi prorontuosamente credere
una cosaditantomomento. Il perche paream echeda meglio di dubitare pur che
modestamente sefaccietanchoradiscoprireetidi e
quindiledubbitationidellanimomio,cioemoa temoa Di cafto, ficomescopreloinfermolesue
infiaggionie piaghe. Al Chirurgico, che crederefacilmente senzaragione.Cone
ciofacheiersententiadiungrandehuomo(fiben miricor do )come sedebbe andarepian
pian,edipaffoin passo in quellecoselequalipaionoche Couerchiano lepoftre forze
accioche se inconcanéti fufferosprezzate n o s a m o da nasco
ftoinuiluppatinelli frodi, epelcontrario,seincontanétefuf ferocredutedanoi
1100siamopresinelleceticollesuspicior ni delle fcioccheuecchiarelle.In
uero'fisonftato dubbioso nell’animo mio, cos imi pareua di doue r dubitare Nóh
oi m perhomai contraftato conlaninoostinaco.FRONIMO. Secolie-echetusiadiquestobuonanimo
cioeche uogli in coresta cosa usarelintellettoenonla uolonta,certaniente
possemo havere buona speranza dite. Ma ti uoglio dare un buon ricordocosiinquesta
cosa decuihoradisputiamo.co m e nellaltriche portano pericolo, e sono de
importanza (si ome si suole dire)
cioeche per cotalmodo facci che non ua diauantilauolontaallointelletto
cosiuogliodire chenon uogliuna cosa seprimanon hauetaibenintesa econosciu ta. Ma
sono alcunichecaminano pel contrario nellordine
delliftudiidelladottrinacioeprima diffiniendo,e concludendo con la sua uolonta, ouero secondo il suo u
uolere che cosasiailuero auanriben consideranoconlointelletroeffo vero. APISTIO.
Hogran seredintendere che cosa ha da direinqueftonoftro caso Dicasto, Joqualeuedo
ritornare d a noi. Certamente non puotrano essere(almio giudicio )
eccettechedegneeteccellenticose,purcheluuoglia ferua tele promisfioni. FRONIMO.
Bisogna primeraméte iftin guere lanostra fame edipoisifatiffaraallacuasete.
DICASTO. Andiamo perche-e-apparecchiatoilpranso.Dehpec noftrafedenon tardiamo
piu conciosia che affailongamen tehqucmohoggidisputatofichenonbisognapiu dimota
re.Equando poihaueremoinkaurato ilfarigatocorpo di quelloeglieneceffarioperla
continuarouinadelnaturale caloreintraremo poi nel giardino della disputationec
h e cirimane.fando fram e fe-e-uero imperho quel lo che ha narrato la strega.
DICASTO. Piacimmi, addomanda lantis dettiuitiiesceleritade,cioeche
spesieuoltefacionola penin tentiapelliufernodopo lamorte
etiuisianomartoriatigrai uemente.Non ferebbemegliocheleprohibiffeIddio non si
faceffino,che dipoi lhauerano fatte didarli la penitentias DIÇASTO.Meglio
certainére ferebbe felsereferisceque, Hoa
coluichihafattolemaluagieoperepercheselnonhain uefleoperatomale hauerebbe
fattoben per fo. APISTIO. DunqueperchenonleprohibiffeIddio.Non ferebbemag giore
cosa epiudiuina, lefusserodiuinamente 'uietare& DICASTO. Sono ben uietate
con la legge ma non con lo petera CioeIddioļeprohibiscemediantelalegge,m a
nowole per forzateniceIhuomo non operia suo piacere.APLSTIO Perche épermeņa da
Iddiolamalgradeuole operatione, et il peccato cioeperchepermettechelhuomo
facciopecca to DICASTO.Perchere liberolhuomo,er-e-infuoarbi. trioe volunta
elibertadioperare ficome alai piace,oilben oilmale.APISTIO.Nóferebbestatomeglio
chenófufli mainatocoluilo qualeconosceuaIddio, chedouea fouina rcin. APISTIO.
JIP OICHE HAVEMO SCACCI a to la fame colli cibi e uiuande ti priet.go Dicafto
Inquisitore delliHeretici uoglieffer concento,chepossachiede
reinantidituttelaltrecele,una certa m i a dubitatione Laquale ha granden mente
feditolanimomio,no con uno scrupulo niacon una agura láza,pen pur quelloche tu
uuoi.APISTIO.Non guarimi sa tiffanoquellecosechediconoalcuni della
pena,chi-edata da Iddioacoteftibiafimeuolihuoineni e donne, 3 e,per teinquefe
grandisceleritadeetiniquitade&DICASTO. Si Terebbestato certamentemeglio
chenon fuffimai apo paruto almondo coluichiperfeuerane peccatiper infinoal f i
ne disu auita, ma che fuffim orto nel uentre d i sua madre. APISTIO.
Maremainonfuffeftatoperuerunmodo peii fituchelfuffemeglioperquello
DICASTO.Perchi: APISTIO.Per luj.DICASTO. Perdonamiilmio Apistio Tu parli
moltoscioccamente. E poffibiletunoucoulideri che
questaje,unapazzescaquestionesConciofiachetanto ifrasesonocorrarij,elloreniente
cheuno-e-rouinatodallalttro: Non fai tü che non puo interuenire ueruna cosa o
sia pro fperaouerfineftraa niente chediinaginamorAPISTFO.
PerqualcagionedunquehacreatoDio coluiloqualecono fceua douefte andare
allieterni fupplitii DICASTO. Per sua fommaetinfinitabönta.APISTIO.Come
fiapoffibi. de coteftor DICASTO. Cofve-poffibile.Perche non sia for uerchiata
lainfinitabonra di Iddio dellaperuersa malitia dellhuomeni.E cosisenarra
cherespondeflesamo Pietro Apoftolo a Simon Mago, rendointerrogato da quello
quali di fimile cofa feben referisceClemente ladisputationefatta fra efi. Dimmi
un puoco Apistio ti par erebbe fuffi benche ceffafliIddiodacantogranbeneficio
cioedicreareleante m e pedrespettodellhuomo chel doueffe dapoimale ufarec
conciosia chereioperadifomina bontae de infinita poteny tia Anchorasebenc onsideraraiconlameitėtuatuttele
uercudeetopere dilddiodimostratealmondo tu uederái che secauafuorila Giustitia
dasemedeme,folamenteftren gédo quelli li quali piu presto hanno puolutofuggire
fabori t e la benignita di quello che receuerla.N e anchora per
questoseiftingue ouero se diminuisce lamisericordia cory cioliachemanco punisce
quellicherechiederebbeilrigo redellagiustitia.Efouenteuseissequalche cosa
daeflafcelel tagine perpetratapfreie carciuiliuomeni edonne cauata da Iddio per
qualc he megliore fine. De cui dice farito Agosttino, che etantobuono,chenon
permetterebbeueniffe ueruntmale fenonvuoletteda quello trarne maggior ben.
Ilche spefeuolte,li1100fempre,elftátoüeduto uscirnede kk ii la
cariftiadellauixuaglia.Etanchot conoscono
qualmėteseguicaronoperdettaingiustauendu ta
moltiegrandimisterilliqualiramentano con gran ciuerentia. Anchor per i tormenti
et occisioni, e crudelta de che feceroi Tiranni contro delli secui de Iddio,
cispiandelauercia egloriadicflimartiri.MachepiudirorPerlacrudelemotste e
durissimapaflione etuituperofamorte dimiffer Giefu
ChristoueroDioethuomo,apparuilainfissigabuontadeId dio riscuotando, eredimendo
tutta lhumana generatione dalla eternal morte, etaprendo
laportadellamilericordia ec anchordellaGiufticia.APISTIO.Dob quantoben hanno
fatiffactoa me core fte tue ragioni. Cosi anche parea mechi
fiailueroquellochituhadetto. Ma horasendoiofatiffatre da re quanto
aquestedubbitationi pregoriuoglifeguicart il giacomenciato ragionamento auanti
delpranso,ciodi narrarecomeegliecoreftogiuoco cosavera enon finta ti
Titrouatnaelle fauole, sicomeprometteftįdidouer dimotta
re.FRONIMO.Vuotucredereatuttelhistorie APG
STIO.No.percheseritrouanodellefauolenarrate con co lorede historia,licome
equellafauola Samofatenacioe di Luciano. Anchorasonomoltealtrehistoriepercoralmodo
incertee scritreinduoimodi,efouenteancheinpiu,tanto
uarieediscopueneuolifrafediuna medeme cosache paio n o ellernon guari discosto
dallesemplicifauole. FRONIM O. Certamenteturespondibenenonmancobeninten
di.Ilperche ficome alcuna uolta rispiande fralletenebreet maliilben,
dallidottihuomeni, feben forsinofiafutócon fiderato dalrozzo uolgo. E per
dimostrare che colisia ftato uoglio narrare alcunipuochi effempii,benche
sepuotrebi boiioramentareintiniti.Leggiamo qualnientefuflivendu -to ilgiusto
Giosepho da frategli,con graue loro peccato.Il rozzo uolgo non pensa piuolaa,m
a solamente eglieag, gradevoleihistoriam a lhuomenidottiedigranfpicito,pici
tofamenteconsiderandoauertisconoqualmenteperdetta iniqua
emaluagiamercantia,interuienechedipoifufatto Iosephoquasisignore,eRe
dituttoloEgittoecheliberoil padre efiategli etuccalafameglia dallamorte,che
glifey rebibneteruenura per ofcurita dellefauoleun puoco
ditumedellauerita colifral denarrationidellehistorieche sonofra le
contrarie,forfaucie ritroueraiunauera, ecosisendo Jaltce false,eneceffario dian
nouerarlefrallefauole.Conciofia chenon fie poflibile,che
combarrijlaueritaconlauerita. Mao Dicafto,amepare dintendere quello chiuorebbe
Apiitio. DICASTO. Chi cosa s. FRONIMO. Vna historia da molti teftimoniirappro
uataa cuinoferi trouaffe altranarrationecontrariadimag
gioreouerodiegualeauttorira. APISTIO. Jaueritatuhai dettoquello chedesiderauo. DICASTO.Iuiprometiodi
dimostrareche ficomepertenealli Chriftiani didouercrede reche
fifacciquestomaladetto e iscómunicatogiuoco.com fianchegliapertene didouerlo
iftirpare esuelgere, erouina re. Eco fruipramettodiparcareaffaihiftorienon
contrarie frafe, mafjben moltoconcordeuolie fimili.Anchor uoglio farecodacui
qui auanti la Strega, elacostregnerocon ilgiu ramentoaccioconfeffiiluero. Suoguardiano
della carces tepreftoconducequivi la Strega.Efapiatiqualmére testi monii,che
uiproducersoo n o molti, esonopigliatidaquel di che fono ha uuwi dall’huomeni
costretti colli giuramenti et anchora sono iscritti per memoria de quelli seguicaranodie
tro anoiet anche per approuarelauerita:APISTIO.Core ifto ho a piacere
deintendere. Horfu dunque comenza. DICASTO. Benche uipotrebbimádare a leggere
li-libriferic tidiqueste cose congransollecitudineefochecotestonon fpiacerebbe
a Fronimo, ilqualemoftra dihatere ftudiatoin tuttelegeneracionide
scrittoriperquelladegnadifpurcacio ne che hafacto,purno mi parephoradi farlo
perche cono fcoche Apiftio non remanerebbe contento,ilquale dechias facon il
suo parlare tanto elegante di hauer gran pracicanel lilibriscritticon
ilpolitoetersoftilo,etanchorpacedilettat fi grandemente
dequelliscrittoripolitietben accommoda tinelparlare etornatidiun
certofaufto,epompadieloqué tia,ecosiparechenonli piacere bbono quellialtri libripriui
dedetta policita,edidettaelegátiadidire.APISTIO.Puo effer Dicasto che tu
condanni quesse figure di rhetorica hi uit Ea nico Zio U ouero cheforecilornato
parlare cofidellidersi come della prosa o fia sciolta oratione
DICASTO. No. Non maillofatto ne anchorfonperfarlo. APISTIO.E pur imperho usanza
de alcuni li quali quandoharannointeleladoctrina dePaci
secioequellachire-scrittaperquestjúcellediuuolerilehet nire,ebeffate
lacontinuata oratione,ben ordinata ediftit tamentecomposta
collicoloriefigurerechorice, benichean
chotapurhoueggiutodellilibriiscrittiaPacifedaeflıBarn bacielegantemente
etornatamere compofi. DIGASTO. Vuoreftimai cuchefufliunodiquelliche sono
amouerati frallirozzietinelegatirconciosiachefocome colielegante
mentefecissecoSanGiovanniGrisostomo,ilmagno Baglio, Tee Gregorii in Greco, et
in Latino san Geronimo, Agoftino Ambrogio, Cipriano conmoltialcis APISTIO
cioefodaefenzaerroree senza fauple, laela quentia non solamente debbe
efferecondemnata eciproua. ta,ma anzidebbeefferdacuctilodataficomeeccelétebud
non fralliinortali,chi-e-approvatoconlaragione etauttori
tadelliantichiefapientidoctori. APISTIO. Chelibrifono coteftisetinche tempo furonofcrircis.
DIGASTO.Sono molti.Veto echealcunidieffifuronoscrittigiafesantaany
nifactunoui-e-chifucópoftonellanoftraeta. APISTIO. Chi furonoliauttoride
dictilibri. DICASTO.Credo chi f u f f ero Belgici o e Galli, over Germani e
Thodeschi. Ma di que h o ultimo de cui h o det o Furono li scrittori duo i
Thodeschi. Liqualilif forzaron odispaccaree rompere limaghi incantatori, e le
Siregheconunmaltello, emolto piu'forter menteeconmaggiore giustitia,chenonfece Nicocreonc
ciránodi Cipro ad occidere collimaltelli Anaffarco Abdeci de
philofopho.APISTIO. De chiftillosono. DICASTO. Di quello
chiuolgarmétesechiamaPacifinocioeperque ftiuncelle Dimmi Scrifferoanche
egliikerli: DICASTO. Sialquátidiloco,ac ciolaffanoalcunididire
comeeraconuenièrenellantidetti sempi discriuere in quel modo, conciosi ache
anchoracom batteuanocollinemicidellafededi Cbrifto colliuerft.Non mancano
anchoranenoftritempidi quelli liqualifacilme tesonoriratiallefagre cose della santiffima
fede di Chrifto, conloelegåteftilo econ loaccomodato parlare.Purchesia calta,e
fobria EN 00112 lo Y li libri. Et anchor la strega la quale gire
appropinqua anici condutra dal Guardiano della prigione forsiramentaradel
laltrecofe altro diquellecha racco:ato che nófono anche elleiscritrein uer un
libro.DICASTO. Son contéto difare horacome uuojparimpechochiedédoniperdouăzs, ledi
toequalche cosa chenon fiaticonfueri diudire. Cosiciofia fiqhcelle,m a fono
(crittecon molta sottilira,quanto fiapof fibileascriverediessamateria,decui
parlano, ficomeimpe sho h a m m ipareet anchorsonofermati con la verita delle
teftimoniide fantihuomeni.E non folamentepareame co teftoma
anchoraamolijeccellentiTheologgi.Ilprencipio diquefto ultimo uolume comencia
dal Pontefice Maximo, ecil fin-erapprouato con la auttorica di Cesare.Gia ho
chiai ramenteefermamenteintefecome landdettolibrofu publicamente approvato
dalli dottori di sagra Theologia del Juniuerfita di Colonia Agrippina.
APIST10.Vuorej Dicaa ftochetuminarraffiquellecose lequalituhaipromeffodi
narrare al propofito noftro ofiano di quelle da quei luoghi cavate, overo de
altri luoghi accio le possam o meglio intendere con il cuo parlare concio sia
ch e meglio le dechiarara i narrandole tu.Tlperchefendo
anchorquiuipresentealladi fputationeilnoftroFronimo credocheanchealuinófera
grauediramentare dellalırecosecheforfinonfiritrouano Icricce,ficome p suagétilezza
hieriethoggi non liparuigra medinatraremoltecose degue,chenon fonoscritteinquel
che de ben h o apparato le littere Grece e Latine, non di meno imperhonionm i
fono con menore Audio effercitato fralli Theologgi. Li quali łassano lapolitiaerornamento
dellino caboli etanchora tantatersitudinedi parlare folamente se fforzano diconoscerelecosecome
inueritafono. FRONIMO. Eglie menoredanno quello delleparole che quello delia
cognitizione delle cose. Mare-ben neto cheioiftimo,
chccoluidebbeellereffaltatoelodato fouradellaltriilqua
Jehalornarodelparlarecongiuntocon la cognitionedelle cofe cioefoura di quelli
chi hanno solaméte o lungoialtro. Vero echesepurnonliposloviohauereamenduoi, iftima
shec'megliodịhauere lacognitionedellecose chelparla re polito,et ornato,dieloquentia.Benche
ficome ho poflur coconoleereperiltuoragionare,pofseuilafare ftacediad.
domandare questa uenia eperdono. DICASTO. Io diro latinamente al meglio puoco.
Hor sucomenciaro. Auanti diognicosauoi doueresaperecome egliechiaroemanife.
fto,chicolui,chinegaffeesserelaDemonii,meritarebbedi eserschacciato fuoridellacatholicaChiefia,licome
grádea. meiitecontrarioallasagra scrittura,e maggiormetre aluanı:
gelio.APISTIO.Concedo cotefto effer uerissimo sanza ver un dubbio. FRONIMO.
Anche meritarebbe di essere Scacciato coftuidisinileoppenione cioeche diceffenó
effer iDemonii,fuoridella Accademia edalLiceo.cioe fuoridel Jaschuoladi Ariftotele.Concioliacheappo
diPlatone e di tutiie Platonicie fationon puoca memoria delli Demonii,
acuinone-contrarioAristotele,m a anzifouentenefamen tione non solamente nella
Ethica, Politica e Rethorica ma anchor nell’altri luoghili qualihoranóscrivo.
DICASTO. E ben vero che ne faniioricordo, ma sonoimperhoinques Sto
differentiate dalli nostri dottori cioechequelliistimano aisianodelliDemonü
buoniedellimaluagieperuersi.Ma noi diceno che cutri i demonii sono perversi,
iniqui, e malegni. Liquali benche li nominamo sotto dicotetto nome Sat canasio
e di diavoli pur piu chiaramente anchora sono SIGNIFICATI per questo nome
“demonio”. Il perche dice il Propheta David, tutti li dei delle genti sono
demonii e lo Apostolo Paulo anche egli scrive. Non uuoreidouentafticompagni del
i demonii e in uno altro luogo dice, Credono e demonii, e tremanodi paura. Non
fugia maiuerun huonofa uioche dubitaffe,chequandolimalificiincantadori,eStre
ghee Stregonirouinanolefruttacollisuoimaluagiincana elegano edipoisciolgono a
suopiacerelibeni del cagioni ? matrima nio,cioeche fannopermodo che
licôgiugatinel matrimo nionon poffoliohauerehonefti piaceriinsieme, edipoiqui
dolepiaceglidanno facultadipuoterli hauere,etche an. chora tormentano
lecreature fuoridelconsuetomodo del lanatura chenonsiano fattedettecoseconpattieconuen
tionidell Demonii. Boperqueftoetanche permoltealtre cagionisonofateordinatemolte
altrecosecontradicotefti teretiniquihuomenje donine dalli Theologgi cosi
antichi c o m e moderni etanchora dalla facra scrittura, edalleleggi Canonice
della santa Romana Chiesa etanchordalleleg giImperialt.Imperbo
cheritroviamoilcomandamentode Iddio nel Deuteronomiocome fedebbono ucciderelima.
Leficietincantatori ilfimilecomanda nellLeutico,cioeche Sranolapidatili Ariolie,
quellichihanno ilfpitico Phitonico, dioe lidiuinatori. E Gratiano
radunaaffaicosenella vigesima festa causa de decreti contro dicoteftifcelerati
malefici. Anchora sepoffonouederequelle cose chescriue SantoAgostione
libridella CittadiDio;edelladottrina Chriftiana diqueftamaladetragenerationed
/perchefepor fon piu puoche cose raccontare oltra di quello, che h a esso
fantiffimoe doctissimo huomo scrittoinquejluoghi. Iocacı giolimoderni Theologgi
liqualinon puoco hanno scritto contra dellimaleficietincantatori,eparimente
anche con trodellimaleficiter incantamenti sono anchora constituce leggi contradieffumaleficiemathematicinelle
Ciuilileg.: gicioenel Codigo di Giustiniano Imperadore: FRONIMO. Anchor se
vedono affaicolene libride moderni philosophi.colide Platonici come de
Peripatetici, cioedilambli co di Proclo, e di Porphinio, lequali
poffoneffer'moltoapro pofito. APISTIO. Sicomeiononnegoche siano e demonii e
chepoffonfareaffaicofeconlafuaperfidamalicia cosián theio defidecochemifano
dechiarate quellecose, chipro, priamentepentengonoa quefte Streghe,
cioesedannoal giuoco ouero uisiano portate con ilcorpo enonfolamente con la
uolontao con una imaginatione, e finta reprefenta tione. DICASTO.Suole dare
gran faftidioquefta queftio. ne ecagionaregrandubioinmoltepersonetragendoneof
calionedalleparole del Concilio dell equaline faicoquanti mētione. Lequaliparoleleggonfinellaquintaquestiondel
Laurigesimafefa Causa.Ilperchecredonoalcuni noefferui presentialli
dettigiuochiqueftedonnuzze ehyomuzzicon il corpo,una solamente con
lainagniatione. M a alcuni altri diconoeffercocefto giuocounanuoua fpeciediHereliadi
versa da quella antica superftitione. Anchorà altrinuoletto chelafiatotalmente
quellamedememacheiuifiafatiofo lamételaquerellaetimpoftalaperda
quellicheistimano essere Diana Dea overo Herodia, ferebbediuerfanaturadelcapro
dadiuerfopeco cipiouscita.Vero echesonoportatialliballieconuiti,etal lila fciu i
piaceri della norte uuolendo euigilando. Il perchie Fronimo e dame approuata la
tua diftin&ione della disputa rionedihieticon laqualeconchiudefticontecoteftogiud
codelle streghee malefiche e antico quanto alla essential e oftantiamare nuouo
quanto alliaccidenticide quanto - lecerimonie. FRONIMO.Sehoritrouatonellantichefu,
pecftilionidej Demonio ilcerchio,lounguento !, lincanto, il caminare de lcl
iorpi humani per il spacio dell a r t a, li conviti apparecchiati di piaceri
carnali donati all’huomeni e donne dalli demonii in figura de maschi e di
femine chi cosa ci manca piu accionoiftimamoessereantico ilcommertiot
familiarita dellis piritimaluagie scelerati colliperuerfiet in quihuomini?M a
percheseritrovano alcunecofe in questo vituperoso etis communicato spettacolo
di demonii hora da moltinarrate; lequalinon fileggono fussero anticamente
dimostrate ho detto lacagione, cioecheiltuttoseattribuiffe allagrandiffima
afturia emalignita, delsceleratoeperuerfo nemico dellhuomo.ilquale in
diuersitempi a diuerfiordim e gradidi huomini haue apparecchia tomoke aru, e
modi dingannardi accio che cosicondettiuarii coftumiecondi uecli ingannie
piaceritrageffe efli huomeni delle precipito ferovine delli peccati. DICASTO.
Per cotefta ragione assai ouerochicredonochi.fi cangianoe trasformanoe
corpi humaninęlicotpidi Gatge ode alorianimali, per opera del demonio e
anchoraquel liche affermaucnodiefferforfipentalmodo difcetuto il rapto della
mente quando sefachefeipuo bên conoscereic reconoscerepereffofel fia portato il
corpoinquelluogodo Disalisselamente consciosiachedicaSanpauloapoftolodi non
sapere cotesto:M a quefte Streghe q u a n d o sono portál te con ilcorponon
sonorapitecom låninocioe ficome G fuoledirenon sono in fpirito, ma purse.
Fussero rapite in questo modo ami al 01 tel do od th que Ich til che ON
efto ad LO me ol fal ad cit ced era din hadi ad 20 il a m i e piaciuto quello
chehaidetto APISTIO. D u g uoi cerdetechesianoportaticolaconilcorpo DICAS Sicre
dochesiano portatialcunauolraconilcorpo etalcuirauol ta che cosi facilmenre
posson esser ingannati cioe che rendo naadamente illurae schernitala imaginaria
potemiase pene fano, e gli parediessere portati corporalmente oltro di Carr
gatacheier nodelli colli del Morite idea, et anchorglipa
reditraparfareloAscaniolagodi Frigia,etanchodiandare oltro dello
ululatodelloaltiffimoMonte Caucaso dellai n diacollarmi delle Amazoni. E
péfano,diuolare colle penne di Dedalo sicome lepare nel sonno. Ma per queste
coseno fono perseguitatineprelidalli Inquisitori neanchorefsami nati, ne
tormentacinecondentatiouero giudicati.MAPer Questonoicerchiamoconogni
diligentiacocesti STREGONI E e Malefic iperche hanno renegato lafede di Chrifto
chipigliatononiel fantiffimo battesimo,e promiTonodiferuaria.eranchorperchehanno
ischernicoc beffaro Wlagraniéti della santa Chiesa, et hanno sprezzato
Christouero dioeuerohuomoredétoredelmodo ethino adorato il nefandissimo e spur
i f li mo demonio invece de Iddio,et anchora permoliialtrimaleficii che
hannofarro liquali serebbono troppo longhida douerliraccărare. PER Quelle cose
Et Altre fimilifatte contro de Iddioe dellasua trionphantillima fede noili
perseguitamo,elieffaminamo e facciamo liprocessi e cosidipoiretrouati e
conuinri nelle lorofceleritadepertal modo che non lopofson negare, dia moli
nelle mani delli Reggi, Signori, PrencipieBaronio gerodelliloro
ufficialiaccioli puniscano egli diano la penitentia secondo che comandano non
solamente le leggi an. sichedella Chiesa ma anchoralenuoue etanchorane no.
ftrigiornirinunuate,primeramenteda Papa Innocencio Otrauo, ed a Papa Giulio
secondo.Vero-echetiammonia sco che ben auerufle da iftimare,che non
sianoporrato al giuoco corporalmente la maggiore parte di coreftirei huomini.
FRONIMO. Il nostro Dicasto hieriammoni Apistio egli feci intédere.comne n o
doueffe fprezzare e farfi beffe di I. quellochịe creduto da tutti o
uedr’alla maggior parte probabile cioechelepoffa fareintaleeralmodo.
Concioliachg ersententiadi Aristotele, come non erin tutto falsoquello chi-e
decto da tutti. Il che intendendo quel Glorioso Thomaso Acquistato annouerato
frallisanciper lasua bonta e piet ta,&anchor p lasuaegreggia
dottrinarepucato frallieccel lenriffimidottoriiftimoefferedelli Demonii,liqualidaua
nocarnalipiaceriallhuomeni& alledonne ineffigiadima.
fchiedifemine:dertiIncubi esucubi equestomaggiormés teconfermonelsecondo libro
delle sententie, percheuiera. No molti saggi, prodi, et anchordorti
huomenidicotefta oppenione. I perche o Apiftio,non vuole contradirea quello
chive-statorenuroueroconiantapublica fama, et anchorap prouato con
ilcosentimientodicanti eccellenidottori. DICASTO.Ben etottimamentelhaiammonito.M
a anchor accio se posta haver maggior certezzadicotefta cosa,uien qui dame
stregae giura allisantiu angelii de Dio, liq uali ho posto fo r coler ua mani
come tu vedi, di racontare, e di respondere il vero di quello ferai
interrogata. Esappiqualme tefeiubbrigara atalegiuramento chesetune mentiraiedi
raipur unam e n o m a bugia,no ritrouaraiperdono,ne remis fione; appo
dinoi,& anchorpurpensa dinonritrouarlanel Jaltromodo appo de Iddio. Ho
giarato, E cosisia ricerticheno uiingānaco;neanchorm i. DICASTO Dunn que
dimmieratuportara'algiuococonilcorpo, ouerofajn lamente con lanima o sia con la
imagination. Con ilcorpoinsiemecon lanima.DIGASTO.Come puotu
saperedieffereftata portata perariacola con il corpo congiunto con l’anima
Perchejo toccava con que mani il demonio detto Ludovico. DICASTO. Deh, chi cosa
toccauitur Il corpo di quello. DICASTO.
E m o quel tale, quale e ciascun delli nostri. E porpiumolle. DICASTO.Vieranoquiuidellialtri
colli corpi r O l i fi in gra n moltitudine. DICASTO. E cosi
diconotuttilaloricheho giamai essaminato, anchor sanza darlinerunmartorio et il
simile anche diconodi Inquisioridelaleriluoghi,cioechieframinando quellidi questamaladetra
compagnia comesimilmente hanno di [posti,vo discostandosi da quello cheh a
mconfessatoquel liinquesto medememodo. BENCHE SAPÍAMO checo teftanone la
cagioneperlaqualedebbianoeffermartoriati e puniti, ma anci per havervi ola ta e
total a fede promessa nel facto battesimo non dimeno imperho tuttie maschi e le
femine di quefta fceleratiffimar adunanzae compagnia.co
fidiquestoCaftellocomedellaltriluoghidelmondo,coli dellicaliacome fuori di essa
dicono inqueftomodo etcone fermano esser il vero di esservi portati
corporalmente con quell’altre cose, delle quale ne ha detto la strega. Et accio
maggiormente lo poffeti crederevi voglio narrare unahifto siachenó fu favola ne
anchorae cosaancicamangoua,Gia puochi mesi paffari eta porcato nelle brazza
della madre un faciulito maschio, fi comesifuole aquella fortiffimaroc ca
diquesto nostro castello chi'c circodata di larghiffime fosseet incorniata di
fortiffimeetanchoraaltiffimemura, hora vedendo detto fanciullinoquello
fceleratiflimo Bernio, ilqualefudipoibrugiaroperle suemale
magieopereficomeauanti diceflimo) che parlava all’hora copil Castellano della
coccafuo parente, gliuieneincontinente una brammosa e bestiale voglia di
asciucarli il sangue. Al perche moltogliparuipiulongoquelgiorno che non pa
reaquelliJigualidebbono receuere lamercededellesue
Atentarefatichepertantobeftialeappetitoe desiderioham uça diguftare
dellinnocente sangue del destofanciullino. Hor sendo pur alfinegiunto laoscura
notte dellescelerira. de madref, efeceportarperaria al demonio efermarfinel Ja
casa doue giaceua ilmischinello fanciullo nella cuna.Et asciugotantsoangue
daquello infelice bambino,cheroma Sefi comeunatrasparente ombra,che preko
preftopalla, non hauendoeffigiahumana.Ma nomaiimpo faconosciu itala cagione
dellinfirmitadieffone della pallidezza perin finochenon
fugiudicatoecondannatoeffomaluagiohuo. m o al fuogo. Perche
allhoraelloaddimaudo perdonanza al padre del fanciullino, per il male havea
farco. Ecosiandoe ri cornoperariapassandofouradiquellealtemura dellanuje detta rocca laqualeuedericola. Vadimo
auantarfilantiqui cadelli antropophaggicive de quelli popoli di Scithia chi
magnaveno le carni dell’huomini, et anchora purmaraue gliatlilanottraetadi quellihuomin
įhoraritrouatinelle110 de detmare Eoicide orientale che ancheessisecibano colle
carnihumaineconcioliache nel mezzo dellaItalia in una regiunemolto habitataefrequeritatadalli
mortali, discolo da ogniferitae bestialica, fi-e ritrovata una gradiliima c o m
pagtira d’huomim cosi maschi come femine laquale/e-par sciucapinftigatione del
demonio disanguehuinano. M a ritorijateStrega.Che
piacerihaueuitunclloprelafciuccó un corpodiaria STREGA. Non soc on chi corpo.
Malo ben questo che havea molto maggiori piaceri con lui che con il mio marito:
DIGASTO Non faueuiumai paura,et horrore efpauonto conoscendochi quello era il
demonio, icon ilquale cu haueui questi iscommunicati e sceleracipira ceri: No.
Cocio sia che no uede altroche una figura di huono.
cccettochenepiedi,liqualinon pareuano am eficonelafacciailperco, el altre
membra. APISTIO. O chi figura o chi aspetto o chi effiggia di finuto animale,
er di finta bestia. FRONIMO. Eglie imperho taleche nascon de
lacrudeleaetasprezza edimostraunagentileforma,et fuauemolilia con
altribeltadedallequalif.noquellidol cemente tiratielusengati.Fingono
lantichiche essercitarse Venere lufficio dicacciatrice cercando per le Selve li
lasci uti piaceri di Adono, accione tragge ffe à fe il cacciatore. H perche
dicelo ingenioso poeta. Noda il gignocchio al modo di Diana
Cintralauefte,ecaniellanimali. Della predafecuraadhorta, e inganna. Et anchora
non alorimére inganno ilpaftore Anchise,eccet t o che in quel modo, che
e’aggradevole ad un huomo che habitasse nella villa. Cohanchorcalitafsiinun
cerco Hii Hio da Homero inchemodoferapresentopuressaVenereaus tididetto
Anchiseineffiggia egrandezzadi Admeta uergi nie.llpcheiuisiritrouano
quelleparole greche lequali hora Jetaccio. DICAS.
Dehpertuafedeegentilezza,fiacontéto di Simile a Adameta
fanciulla pura. DICASTO. Chicora pensi tu uuolefli SIGNIFICARE quellasimi
Jitudine del Poeta: FRON.Non puo coildimoftranoquel le coseavanti
precedono,& anche quelle che seguitano. Conciofiache addomando coluichi
caminaua solo disco Ato dallisuoi buoi eloeccito efuegliocon ilsplendore e con
Na gratiae lotiro a douerfi inarauigliare, fingendoff mors
ditrafferricleinbolgaré. APISTIO. Horfudilleinquel modo che face f t i h ieri,
quando tu dice f t i quell’altri p ut greche nel nostro volgare. FRONIMO. Non
semprese accorda talacerra,ficomefisuoledireperdouerefuonarene anche
Temipresuccedennapiacevolmenteesecondoildifioleco Yefatte allaf provedurae
prefontyofainéte, Cojneltrasferim të i patlare greco in latino et in volgare
non sid ebbe face enza buon penserb esageublezzadi tempo. DICASTO. Priegoti
cheluoglihoratrafferiregiustamente fepuoi,feair choranonpuoifarecome uuoi, faalmegliotifia
poffibile. FRONIMO.Io son contento,pernonparere diefferofti. nato.
Cofiuuoledire. Dar Sre Venere nata delconante Gioue. Avanti di Anchifein forma
e figura, taleecosidipoihauendolira ccontarola generatione, esuc ceffionedelli
fuoi antichi con longhe fauole, lo conduffe alfineallilasciuipiaceri. APISTIO.
Holettocome feciA n chise la meriteuole penitentia per dette cose,conciosia che
fuper cof f o d al fulgure e cosi ritro o che gli fu a nnonciato qualmente
cofiglidouea interuenite.Ilperche ritrouiamo queluerso scritto in greco,
loquale hora hora cofi lo dico it? nolgare perchefo uiferamoltoaggrado. Loadicato
Gioue fediffecon lardente fulgure.E benche dimostra chiello d o
ideaefferpercoffo con talepena epunitione perrefpettodel peccato chi era
manifeatato, non dimenoanchora inanji fignifica come colui ferebbe punito dalli
dei, il quale d e fideratebbe diuuolerehauere amorofi piaceri elibidinofe
deleteationicoeffiDei:Penichecôigegnofee maravigliose fauole
fingonolantichiqualmėte per simili cofe fuffjuccisa Semele figliuoladi Cadmodallo
fulgure.N e anchorasong cótrarioa Callimacho,inquella cosa che se narra di
Tiresia at. ce che 710 qui Erg hon havuto figliuoli, conciofiache foué
tefe leggi delli figliuoli delli Dei. Anchemi ricordoqual méte giadoidifa dicellicomeerapurqualche
fondamento delle favole. Pe č i l che se gli c qualche fondamento dechi
Cortijslono. Thebano cioechisupriuatodesuederedalla Dea Giunone
perchehaueahauutoamorofipiacericon Pallade,oalman cohauea
cercatodihauerlibenchealtramenteloracconi taCuidio.Vero-e-chi Callimacho,finge
questa cosacon 'piuhoneftoparlaredicêdochecofigli interueneffe, perche uide
Pallade ignuda. FRONIMO. Chicosa ne hauemp per queata facola? APIS IO. Io te lo
dico. Havemo questo al mio parere chejopensoo al manco dubitochehanocge te
quefte cose efimulateefinite. FRONIMO. Ifimatuche apparefseno li Demonii in
quelliantichitempidiquelliB a Toni di Troia e di Grecia Li quali demoniic
redoche tufen do Chriftiano sianofermamenteda tetenuti effere una ria
emaluagiaschiattae generatione de spiritie APISTIO. O si. fi fermamente lo
credo. FRONIMO. De b non ti r i n f cresca di rispondere. Da chi procede che
pare tu non uogliccedere, chequellimaluagiTpiritidefideraffino,etanchecers
cassino di dare la fciuipiacerialle donne informa dihuomi ni et allhuominiineffigia
didonnecAPISTI0.Doh cbi e'beni gran cosa questa da doverti rispondere. Io te lo
dico. Per ciono locredo, perche non sapiamo qual menrenolonjo i demonii di
carnenedioffa, comenoi.Ilperchenon sipossono delentareincoresticarnalipiaceri.
FRONIMO. Egliepur una gran cosa Api f t i o che tu non tiuuo ira mentare di
quello che fouente hauemo de ciall perche se tute lo ricordafi, noti maraueglia
restine anchor direfti, quello che horadi. Gia fpeffeuokre-e-ftatodetto,
comedannoeflimaladeeti nemici de Iddio erdellihuomini
coteftifceleratipiacericar naliallihuomeni,er alle donne non per delectatione, chi
habbiano eflirei spiriti ma solamenteperingannaregli huomeni e
conducerlinepeccati eralfinehell inferno dove efli sono confinatii n perpetuo.
APISTIO. Il mio Frenimo ti pregono ti turbare, Pur anche io ho un dubio, Se l n
o fussiperaltroeccettochep qirarelhuomeninellipeccatino se ditebbe che
haueffero. l fono dong figliuoli quelli detti figliuoli delli Dei,
pche lispi ricisenza carne &oftanópoffono generare: FRON. Core Atanó epuoca
dubitatione, cociolia che facendo Moises, mer moria nel Genesisdelli figlioli
didioedellifigliolidell’homi ni furono alcuni che istimarono fuffero
SIGNIFICATI peili alli piaceri carnali hauutifralli demoniie le donne, et altci,uno
Jenofianosignificatililibidinosipiacerichehaueano lhomj.
Nidellagiustagenerationeeftirpedi Sech:collefeminedel
laingiuitagenerationedellaschiatadiÇainIlperche seale cunauoltafeleggedi qualchuno,chefulle
decto figliuoloo di Gioue o di Apolline non perhosedebbecrederechecoftui
ueraméte fianato delsangue delliDemonii,cóciohache nó hanno sangue,m a sedebbe
iftimare chelsia nato del semç di qualche huomo, dacuilhaueranpigliaro.
Serebbonoass Saicosedar accontare delmodo de cuipaiono esse regenerati gli
figliuoli dalli demonii che hanno libidinosi piaceri colle donne:m ape c non
aggravare le orecchi e del pudico lettore paream etitacerlene parlar volgare.
Anchorpuo effe rche qualcheuoltaquellichesono ftaroreputatifigliolidellidei
odelle Dee:ssanoftatocubbati fendofanciullioidalle loro madre,peri
Demonii,sendoanchoressenelparto, etoccul, taméte postisottodiquelledóne.che
ingánauano etledaua n o libidinosi piaceri facédole parere cħefli lhaueffono
gene ratidiquellee cosico doppia le st mm De 70 li al frode leingånauano,cioe
pri mieramenre facendole parere che glicócepiffeno e parcuri
scenoedipoifacendolinudrigareinuecede suoifendo de altrui. Ma se pr fuffi
qualchuno che vuolesse dice che in verita fuffero faci generaci quelli chiamati
dalla antichita fi gliuolie figliuoledelli Dei,edelle Dee,enon efferstarafro
deinportarli,ma checosifufferogeneratidalli Dei e dee (ben che credo che sia il
falso conciosia che conosco come sono alfaicose fauole)direicome
furonogeneratidelseme del Jiuerihuomini portatodalli Demonii nel tempo della
concettione, quando dauano lasciui piaceri aquelle,E cosi in questomodo
sedefenderebbedaefliil nascimentodiEnea nellAsia e quello diAchillenella
Grecia, li quali furono digniffimi huominine tempi heroici, o siadiquelli
eccellenti Baroni,cosidiTroiacome dellaGrecia: Alichorfepúotreb:
bedirequalmentein questo modoconcepilaReina Olimpia moglie d i Philippo,
Alessandro Magno, nella Macedonia e nella Italia lainadre del grande Scipione
Africano. DICASTO. Il nostro Fronimo cercamente paiono corefte cose che tu hai
raccorato molte semiglianti a quelle che narra santo Agostino. FRONIMO. Dirotti
anchor molto piu quanti come non solamente tirauano a fe li Demoni tin i qui e
fceleraci le femine collilasciuie carnali piacerim a anchor tentaueno l’huomini
del'maladetto uitio della sodomia, colli maschi. Il perche facilmente era
persuaso alli mortali cotesto sozzo e uergognoso amore de fanciulli
coll’essempio dequel lili quali erano tentati dalli demonii dicendo che
pigliaua. no il fioredies li fanciulli. Hebbe questo vergognoso e seele rato
uicio di contra natura primieramente origine dell’Asia, e' deindi nella Grecia
e nella Italia, e poi i puoco spatio dite po introperinfino nelli Celti popoli
della Gallia. Per il che non e dubbio che la captura e presa di Ganimede in
Troia non sia antica e non solamente e manifesto lo molto antico incendio e
ruina con il fuogo di Sodoma, di Gomorra,edi quelle altreCitade della āfia,
appo delli Christiani e delli Giudei,m a anchoreramentatodalliGentili.Fu primo
au thore appreffodelliThracicosidi questopuzzulentouitio, come delculto&
honoredelliDei, Orpheo sendo andato di Asia nellaThracia,Veroe che sonoalcuni
altrichiuuole no fuffiilprimo inuentoredieffofcelerarissimopeccato,np Orpheo,ma
Thamira. Fugiapercotalmodouolgatoemãe nifeftatoqueftotantofceleratiffimo
uiio,che eracredutb dallireiemaluaggihuominichelfuffilicito. E cosi'pareja
appreffo delliCeltichelfuffefatizauerun punto dipeccato, ficome dice
Ariftotele.Veroeficomecrediamochesiaistin to
eruinatoinquellipaesiperilbeneficiodellafantissimafe de diChristo,
cosimaggiormente uie-ftacoinconsuetudine appodelliPerfi, perlagiaanticasceleritae
perchenon uie ftarafermalaleggedimefferGiesu Christo perlaquale fan
tiffimalegge conoscemo quellochie bono,eche sedebbese guitareeparimêreintédemo
quello chiemaloepeccato e chi fedebbe fugire.E costilDemoniorio
eperuersonon sol laniente ritrouo quelli maladetti giuochi e quelli scelerati
piacericarnalipertirarealecosimilipiaceri quellefemine erano inclinate alla
libidine et anchoriquicandole alla ge. neratione dellifigliuolilanatura,m a
anchora ritrouo questa abomizatione dellasozza esporçalibidine contra natura. E
non contento anchor di hauerla solamente ritrouatam a facciomaggiormente ne
tiraffiIhuomeni,anchorprometre? jua diuersipremii, aquellichesefussero grádemetedelletrati
et efferciratiinefa. llperchepromesse adalcunila perpetua vita, cioelaimmortalita,
sıcomefecea GANIMEDE De quira scontano liibri qualmente crederonolantichi, uonmácoim
piamente che scioccamétechelfullportatoju cielo.Ad al
trianchorpromesseloindiuinare,ficomeaBranco pastore, D e cuidiconocolle fue
faliole che glifuinspiratoilu perche loistimocheben sipuo
suonarelarecolta,(licomecomuna mentefedice quandosehaueratrascorsodallitempi
Heroi cicioeda quelli temp iquando furono quelli Baroni e huoi miniriputaci
Dei, ecapitaniiforciflimipecinsinoa SCIPIONE, perchecredonon hritrouanochesianopiuftatesimile
cofe. DIGASTO. Chi cosaditurTudebbe sapere comesonoin
teruenuteinognitempo,& inognieta qualchenotabilico ke.APISTIO. Ma perchenon
losano DICASTO, Affaibe fonomanifeftemanoimpho tutte.APISTIO.Da chipce de
chenosianomanifeftate DICASTO. Perhora occorce noa me duaragioni.Vnaeche sendo
fcagiato ilDemonio malegno nemico dell’huomo dalla segnoria del mondo p forza
del sanguee dell atrjófantemortedimeßer Giesu Christo non cofi importunaméte
epublicamétecollesueillusioni ingánalhuomo, Perche ficome fcacciatoe badito babitanel
Jiluoghinascostie deserti, m a anticamente era adorato sot tospeciedidiuinita. Laltraragioneeperche
giaistendeuale retidello amore lafciuoatuttele generationi
dellbuomini, Ito 1 di Appolline
APISTIO. Io ti priego non parcarepiudicote fecofelequalesicomefonomanifesteam e
colifonomnara uigliofe, Ma uoreiintéderedi quellechesonooccorse peral tritëp
Ci, óciofiachecredosianopocheroseoccorse Haticinio. 1 te $ mmi ma
horaforzasigrandementedipore lilaciuoli folamente perpigliaredue
generationidhuoniinicioeliottimieliper limi. lo ad domando ottimi que gli che
se sono dedicati e cosegrati ad Iddio con tutte le sue forze havendo conculcato
esprezaroturtele delectationiepiacerianchor boneftidi questo mondo. Efa
continuamente a questi aspera e crudele guerra. Ma sendofactaquesta guerra
danascostoetoccul tamente nosimanifestauerunacosadiquelle, eccettoche alcuna
volta per essempio e per salute delli altri. Poi io chiamo quell’altra
generatione pellima, cio e quella delle becer ghe edelli Seregonidelliquali
hora parlamo,Ta sai ben quanteminacie, equantitormétifienobisognoper cauatı
lifuoridella bocca quellifuoiindiauolatiamori efceleratiffi mi
piaceri.Ilperchenon parlanoliberalmentedi quelli non liraccoranocome fonio, eccettochecollisuoinefandiffi
micompagnidelgiuoco. APISTIO. Dung anchor iftéde Jarete dellascivo amore il
demonio alli fant i huomini e t a figura della ingainatrice Venereshauendosi
pinto le guancie e le labra con la ceru facio e con un bello colore, e con
il quellichitotalmentesefonoaugotatiaDior DICASTO. fetu hauefli
cognitione delle uitee dellopere di quelliiscrit tenellilibrinon
hauereftipuntodi dubitatione.M a accio tu ne conosciqualchepartesepiunó
lhauerai conosciuto,a uogliopurraccontarealcune puoche cofe diquesti ottimi
huominie fanti, cioeinchemodo sefforzasse il demonio di doverli pigliare con
lareteelaciuolodellalibidineelasciuo amore. Narra Sufpitio Seuero, come fece
ogni forza esso nemico dellhuomo per ingánare quello gloriofifsimouescouo santo
Martino in figura diGiouedi Mercurio, diPallade,e di Venere,Dimmiilmio Apistio
non iftimituchequando fefingeuade esser Giove no gli promettesse delli Reamie
dellelignoriere che quando sedimoftrauaineffigiadi Mercurio
chegliprometesselaeloquentia eladottrinaecogni tiondei tuttelescientiehumane
equandoseappresentaua in sunilitudine di Pallade che non glioffereffela
fapientia,e laprestancianellartemilitarelaqualegiahaueuasprezzato e renunciaror
Chi cosa puo tu pensare gli promettestesottola purpuriffo con lo quale tingono
le femine le maffelle con il bomagio, eccetto che diletteuoli elasciui piaceri
Non penso tuchelfingefsediesserueftirodericcherobbe eueftimétidi
diuerficolori,ethauesse anche fintoin questa imagine liua
ghielusingheuoliocchipertirarlonellasciuo amoreset an chorchel ragionale
delasciui et libidinosi piacerisTi dira Athanafiosanto,conquantiuariinodi
tentoilmalegno spi ritoquellogloriofoabbate. ANTONIO nel deserto,ilquale
Athanafio fcriffelauicae costumidiquello.Anchore buon teftimoniolafreddaneue
diquátofuogodilibidinetentaffe ilserafico Franciefco nella quale accio
iltingueffelo incendio dieffo, segligeto dentro ignudo.Te inligaara anchor il
cespugliodellepungenti spinne quanta delicatezzadiamoro fipiaceri presentaffe
auantidellocchidellamente del pudi coe cafto santo Benedetto,collequaleritrouo
ilgioueuoleri medio controditanta Cozza cosa cruciando la propria pelle
delsuodelicatocorpo. Non crediariimperhochelmanca di punco
anchehoradicicarealcunidellaturba emoltirudire nello pazze s c o amore é
volgari piaceri carnali, pur che veda di possere, ma anzi di continuo
grandemente cerca con milli modi e con mille arti percoducerlinellasuamaluagia
eriauoglia. FRONIMO.Vi voglio narrare una cosa intervenuta ne nostri giorni a
comfermatione di quelloche ha detto il nostro Dicasto. Ho conosciuto uno huomo
molto essere citato nella militia, a piedi il qualehammi dico fovente di haver
havuto piaceri libidinosi o n il demonio, *credendo che* lfuffs una vera
femina. E fu in cotesto modo sicome egli narrava, chi era huomo semplice e
senza malitia. Sendo ello nella Toscana e caminando peralcune sue occurrentie
verso Pisa e venendo da un castello pur del Pisano, dovi havea perduto nel
giuoco de dadili danari, eco si molto di mala voglia lamentandosi dellifanti&
anchor ed Iddio per la per dutadielli, ecco rivede seguitare dopo lui dui a
cavallo che parevano mercatanti, e parevano che cavalcaflino molto infretta,
doue adietro diunodjeflisedeuaingroppadelcas uallo una femina la quale
dimostrando dinon poterepiyol troftarea canalloperlagran fretra che facevano
paruiche 3 scendeffe interra. Hor costuiuedendola bella et anche sola
pigliandola per la mane caminauano insieme e la inuito allo allogiamente seco
quando serebollo a Pisa, e cofi parupi che quella gratiofamemreaccecai se
l’invito. Eco si pur oltca caminando insieme e anchor piacevolmente ragionando,
canto colui se in siammo di amore di lei, che senza ver un freno della giusta
ragione, ec iecamente chiedendola de piaceri dishonnestie quella consentendo
linediuiénea quello che tanto pazzescamence bramata. Ma' uditi cosa
meravegliosa, come hebbe havuto li suoi scelerati di sure is costi da ogni ragione di huomo, ecco che
incotenenti quasi tramortie diurene tanto manco di animockegiacque nel campo
dovi la vea comesso il fozzo peccato dalejhore come mezzo morso.Vero eche foura
giungendo e suoi compagni chi ne venevano dopo lui d a longhi e ritrovandolo in
coral modo giacere fanza forze corporali, il portarono alla citta e fusei meti
infermo, e gli cascarono tutti gli pelli dalla persona e narrava come per tal
modo vi fussero brugiate le calze nella soperficie disoura comme
selfulfiftatoil fuogo vero l’havesse brugiare. Dipoi diceva comesericor dava
che quella femina, ma piu presto quel diavolo in forma di femina l’havea molto
pregato cheldevesse getare a terra una haftateneuaiimane douiuieranel Ja cima
un ferro in forma di croce, cioe un pedo, li corne noi diciano promettendoli di
darli una molto piu bella lanza segliubidiua. APISTIO. Molto mi ritrouo
fatisfactoquae toallipiacericarnaliprocuratidalli Demonii dalprincipio
dellaniquita. FRONIMO. Hor voglio chetuintèdicome ha il Demonio questa usanza per
douerpigliare Thuomini, di ufare ogni frodo nel conuerfare collhuomirificome
iften desseuna reteperinuilupparli.Ilperchenon solamente usa queftonelli
piaceri carnalim a anchor intutte le altre fami: liaritade. Etacciotupoffi
conoscerechelfia vervooghioh o racomenzare dalle bataglie di Troia. Che penfitu
uuolefle SIGNIFICARE quell Dragone di altezza di fette gomiti canto dia mestico
chibeueuacóAiaceLocrese& andaualiauantinel liuiaggi
demoftrådoltlauiarecoliftaua tantodimefticame teconlui,
ficomefuffiftatouncagnuolo. Che cosauogliono dimostrare le penne
diDedalo:e lealidelPegafloretuttel. laltcicose,annouerate frallimoftri delle
fauole Et anche quelli tapti prodigii emiracoli delli Philosophi Che crediçu
uuoleffe dire quello tanto acelerato uiaggio che fa Pythagora andando e
ritornando per un avia molto longa da sta. Jiaperinsino nella Isola de Sicilia
in cosi puoco tempo.Cor m e pensi tu puotesse caminare tanto spario di paese
cosiuelo cementeri come uno uccello Empedocle inchemodoisti mitucheandaffecon
tanta uelocitalicomelaborea Abaro fouradiunafaetadi Appolline a vificare
Pythagora. Di che luogo creditu uscisse quella voce, che refiro Socrate, ma non
losforzor Ghi vuol dire quel genio e familiare spirito di Plotitro: Che
significaquella Occa che habitava tanto dimesticamente con Jacy de philosophore
fic ome fono puochie philosophi in comparatione dellaltci huomeni,cosianchor
questoperuerfonemico dell’huomo tirauamolto piu delli mortali nella uoragine
precipitosa della sporcha libidine che litentaffidi vanagloria.
Enonfolamentelitencauaisteriormente e visibilmente, ma anchor fouente
interiormente e invisibilmente. E se tu pensarai che puoco importa siano
tentati l’huomin idal demonio dilasciuiaedi. Carnali piaceri o interriormenteo
veco isteriormente, te lasaperadire que itadifferentia Santo Geronimo Il quale
chiaramente scrisse ledicedi quelli fantiheremite,doujraccontale grandi ten
tationipatirononeldesertodalliDemonii,ecoteftofeceper ammonitione di quelli
doueano uenire,Atchor 11on m an
coeglifcriffequellegranditentationichelfuftene,dicendo qualmente inuna carne
quasi morta solamente bugliua. noliincendii& asperifuoghi della fozza
libidine. APISTIO. Dung feaffatico anchor Venere, cio e il demonio di u uoler
combatare con GERONIMO colli dardi del a puzzolente libidine? FRONIMO.E
bensefforzo difaretutto quello puote et anche non fece manco cru delleguerra
con ilglorioso Pontifice.SantoMartino,sotto questo n o m e di Venere ficome
racconta Severo doveder scriue li laciuoli e itele retida quello nemico in
effigia di Venere. Ma chelfe dimoftrafiea santo Geronimo vi
fibilmenteoueroiltentaffe interiormente, non Ihaveto chiaro.Vero
echecredotuhabbilettonelliantiquissimiau thoridelliGentili,come hauea
consuetudine Venere dimo were lhuomini interiormente et ancoisteriorméte.Ma
eglie ben ueroche quando serapresentaalliocchicorporali, efaci lecoladadouer
conoscerem a quandosolamentesedimo A tra nella imaginatione, et eccitc a e
muoue li sentimenti i n t e riorinonsonocosi
facilmenteconosciutidaogniunolisecre *titradimentietaftureinsidiediquella. Il percheeglie
detto pellihinnidiOrpheo Venereuifibileet inuisibile. Et anchora e detto che li
amori usciffeno di quella fecis cono l’anime colle intellettualisaete.
Imperhodice Orpheo in quell altro himo greco coli in volgate noftrohorada me
trasferito, aparente e non aparenteo vero paiono e non paiono. E pur ancheinun
altrohinnocosiscriueingreco quello che hora diro volgarmente uuolendo
dimostrare che sianopercorso lanime colliintellecualidardi,queste
fedissenolanime colle intellettualisaete. Anchor feuedonoquelliuersi di Procolo
Platoniconellhinnofatto alla licia Venere in Greco uiauia da me co f i i n
volgare tra dotti acci o si manifestano le intellettuali nozze. Hauendo INDICIO
delle intellettuali nozze edel liincelletcualihymenei, cio e delli
intellettuali Dei delle nozze. APISTIO. Dice Apulegio che qlo spirito ilquale
couet sauatato dimestica mente con SOCRATE era dio e no il demonio. FRONIMO. Ma
pel contrario scrive il Plutarco et a n Co Massimo Tirio chiamadolo il demonio.
Decujunodieffi ne hascrittoun libro,elalcrodui. Perqualcagionefedicech unaltro
demonio pigliafféilpatrocinioegouernodiplatone o di Zenone ouer di Diogene
Perche fu un altro demonio inolto domestico di Plotino s9i veriraui dico che
questo fa ceuanope ringanarli. Sono tutte menzogne quellechedie cono alcuni
comesonouarielenature del Demonio, cioe che alcuni dieslisedeletranodigouernare
le Cittade, ele co sedomeftice, e familiarier altri uolenti erife occupanonelle
coferufticaneedella uilla,etalquantiallegramente se in tromettono nellopre
della terra,et anchora fono reputati molti che habbino cur adelle cose
marinesche. Sono tutte coteste cose et aliri ale loeffercitarsi nellarmi della
battaglia. Ilperche fauolescame tenarrauano, cheinspirasseperlifomnijlamedicina
Esculapio e Podalicio, e che fussero Tourafta ne i alle processo se ond e etépeste
delmare li Dioscuri, cioe Castore e Poluce figliuoli di Gioue, et anchor
dicevano che essercitasseno le opere della guerra dopo la morte Rheslo et Achille,
et in antichi tempi di Troia, Theseo. ueroecheraccotauanochequelliprimi
nascostamenteeffcrcitauanolarme,m a questoultimoaper tamente enellampio campo.
Racconialianchor perfama checombatreffenellicampiepianuradi Marathono laeffi
giadi Theseoper li Atheniefi contradelli Medi, equeftoan che scriffe il
Plurarcho. Deh vedi una gran pazzia. Credeuano foftoro che li demonii fuffero
lanime separatedallicorpill., gerche diceuano che Asculapio medicaua, Minone e
Rhal damáto giudicaua,Scacciaua le gragnuole etépefteli Dioscurio sia Castore e
Polluce, Diuinaua Amphilocho, Mopro, Orpheo, eT rophonio,elebattaglie eguerre
trattaua Rhei fo, Achille,e Theseo.Ditutte coteste cose era authore il Demonio,
E cacciolifuffero preftatelorecchie edato fede,ecoli maggiormentefusserotiratil
huominieglifaceffinolifagri ficiilicomeallanime delli Baroni signori et eccellenti
huomini con una cerca vana speranza f, ing e vano tutte queste cose. Dalle
quali superstiitioni e inganni, non furono contrarii Platone et Aristotele, e
maggiormente scrivendo li libri delie publice leggie disputando delle
institutioni et artici uiliecittadinesche. Anchor e cosa publica,comene noftri
giorni son ftato tenuti e portati delli demonii nelle guasta, deo
sianoualidiuctro enelle annelli,& inaltrecose, et anie
chorcomequellineinici dell’huomini hanno dato resposte
perilgérre,perlacosta,&altrimembri dellimortali ficomie dalspiritodi
PythiaodiApolline, acciopoffemofacilmente coteste cose elalorisimilisonnii
dellisci occhie pazzi Gecilie pagani,propriamente semilia quelli narrati
daalchunifa uolescaméte,qualmente alquanti diquellifeeffeccicauano nella
medicina,& alirihaueano cura e gouerno delli naui. Gheuolilegnie delli
gouernator idieffi, et chealquantierat no sourastantialdiuinare,enon
puochialleleggi, conoscere come il sceler a conemco de Dio e
dell'humana generatione ha pensato in diuersi tempi diverse vie e modi de
ingannare Ibuomofouo specie di familiarita. APISTIO. In uerita
cosiancheioistimo, DICASTO. Nó dubitarem a siapurdibuona uoglia, cóciosiacheapuocoa
puoco ne ue. rainella nostra ferma oppenione e vera sententia. APISTIO. Ma
nongiain questomodo. Maegliebenuero che milasto coducere dalleragionie
dalliteftimonii. DICASTO.Vieni qui Strega, esappiacome fei coffretracon
quelmedeno giurainento cheeriauanniesappia qualmente in brieuisem raipunica conilnostro
fuogo, edipoiincontinenciconquell altro che mani o n mancara: fe tu mentirai in
pun to di que k locheteinterrogarodeluoftromaladecco giuoco, I doso,enon
houerun dubbioin questa cola. DICASTO. Dimmi. Magirali e beueti cola al giuoco
uostro scele ratorVero echequantoallipiacericarnaliaffaisiamofacil fatto.E
cosipiu non bisogna diaddimandartine. Simangiauadainquelmedemomodo ebeueua
comeera cófueto dimīgiareincasaconil mio marito, econlimieifir gluoli. FRONIMO.
HieritipropofiApistio iefsempio quel lamensadelsole cotanto noininarae
iamentara da Heroi doro,edaSolino,& anchordaPomponioMela.Ilperchetu debbe
(appere qualmenteil Demonioastuto ne cira affai dellipoueri e delcozza uolgo
collipiaceri della gola olico dellasperanza lo chiariffeneanchor
dicecheufcisfenoledittecarnifuo kidellaterrane che saliscenosouradicffamesa
béchelodi caHerodoco.Veroeche Pomponio Melae, Gaio Sotivo dicono che erano diuinaméte
portate dittecarni. Machies coluidi cosicozzoingegno chinon adaerciscacome
fussero quelleuiuandeecibilusingheuoliingamida ingannareil gufto
dellaignoranteturba,Et anche chi'e-coluidicofipuo R e
promissionidelledelettationicarnali.Che cosa pođemo istimare
uyolessunosignificare quelle carni poste souradellapridettamensadel Solerde
cuilefameir tione fanto Geronimo fcriuendo a Paulino,ficomedi una cosamolto
uolgata,emolto marauegliofarMachicofa fuffe nó co discorso co
discorso, il quale veda Solino contrario ad Herodoto, et il Mela contrario di
Solino chenon coilofcacomeuariament tee dimostrata quefta fuperftitioner
cóciofiache quello fcri ua qualmente eranoiuiportelecarni nelpratoappo della
citadalmagiftratonellaoscura notte,chesemangiauano nelgiorno, echedipoiera detto
daquellidel paesfeu,ffero uscitefuoridellaterras EgliebenuerochediceSolinocome
e quellaméfainunluogodellombre,etiersempreapparec chiata abondantemente di
lauri,dolei, etaggradeuoli cibi, et uiuande,dellequaline
puomágiareciascunchevuole et atuetasuauoglia,ebenchenefianomágiatein grancopia
da quellicheneuuoleno, non dimeno imperho non mai mancano, ma sempre iuicresconodiuinamente.
Ma Pomponio non dicepurunamejionaparoladoue fifa questa mensa,o
apreffodellaCittaouernoellaoscuracarcereeca cetto che dice com e divinamente
iui nascono li cibi. E ben o che cotetti
Scrittorinon convienono insiemein ogni cosa, purimperho eglie
fermamentedacuttiquellicenuto feno za
contrarierac,omeèunamarauegliosacofa,&anzidiuis nalantidetto conuito del
sole. Il chere-molto conueneuol le conquesto di Diana, sorella di Phebo o del
Sole sicome egli dicevano. Anchora istimono essere puoco a noftro proposito
quello che racconta Pomponio Melanelladescricio, niedel Mondo cioeche
seritrovaunluogodoni continua mente tilpiandono grandi
fuoghinellaoscuranotteetpaio noefferiuiquafieffercitidi soldati chi occupano
ampiopa ose eriuifiano fermati suonandocimbalitamburini,fiauti, e trombeche
paionomoltomaggioredequelli cheusano Thuomini. Dimoftrauano anchora una
fimilitudine diC o n uito lincantamentiemagicheopere deOliffe,sendofpar
foilsangueintornointorno. Nelqualeluogo ui ueneuono li demonii, e t f i demostravano
in diverse et varie figure. In qual modo diceva il Vinitore, che conuerfaffi
l’anima di Olisse cauata da Homero collombre &imaginidi Pro
tefilaoedellialcri BaronificomedicePhiloftrato.Ma hora
lescelerateemaladetteStreghee Stregonidenoftritempi, TI ro fir Tiel TOY
MU feron ii be KTOV DIO I cavano il
sangue dalli fanciullini, epermaggiorpartelocon servano nelliuafiperfarequelmaladettounguento,
E bep che paiono coteftecoseaffaisofficienci, per hauernarrato il detto
convito, non dimeno imperhouoglioanchorloggiun gere la mensa di Achille.
APISTIO. Che cosa se camogue. fta fiammo pucadudire. FRONIMO. Non ti
marabigliare E t anchorari pricgonon uoglisprezzare quello,che uoglio nafcare
conciosiachenon fingouerunacosa Ipera che senonmivuoicredereaddimadalotua
Maflimo Tirio, Il che fe fufa rai, te lo raccontara, ma anzi te lo dimostrara
colle suecatre scritctei o e iinarrara dimia certecosaiferittapermo lu i
secoli, ci o e avant i d i mill es anni come ac fuoi tempi fiz manifefta la
Mensa di Achille che eramolto simile a quella delle ftreghedouidicono
chehocauiseggiono mangiano'e beueno APISTIO. Il mio Fronimo io creda alle tue
parole. FRONIMO. Puc quando anchornonmiuuolesti credere, ioti moftrarebbi il
libro dell’antidetro authoree Greco e anche latino cbieapreffodim e. Nelquale
anchorvie foritto di unacerta isoladelmare Euffindouie il Tempio di Achille
Nella quale Covente ef tato u c duto da lui, esso Achil e ch e ha fatto conuiro
a quellihuomini iuiandauano et che ha cono sciutoP atroclo figluolo di Thete e
altri demoni (& fico meeglidice) lichoridelliDemonii.cio elemoltitudinidief
ft& anchobaneucduto di Dioscurichedannoagiatorioal., lenani
chepericolquotio,accioiolascidiramentarequello cheeffofcriffc.comeera
confuetudine diefferueduto nello Ili o le forze di Hertore. Ma co refte cose
non pertengono al conuito delleLemuri.APIST.Nó pareno queftecolemol. todiscosto
dalconuito diNereo edelloceano, delliqualine fannomemoria
diuerst-poeti.FRONIMO.Réfo I lmaligno Saftuto
nemicodellhuomocoreftivelenatiConuiti,accio
priuaffeIbuomodelloeccellentifmocouitodiChristo che: ha apparecchiato f o u r a
dell a mensa suna el suo Ream o. Ma hora, ur voglio raccontare, non un convito
finto e scrito dalli poeti ma w a maraveglosa cosa gia puochi anni passati ha
mi narrata da un grande huomo ornato cosi di eccellentedi gnitacome didouitiae
di ricchezze. Fuunbuonfacerdote nelle nelle Alpi Rhetie cioe di
Germania gia dodicianni fa ilqua le dovendo portareilfagrosantouiarico del
corpo di Messer Giesu Christo adunogravementeinfernio: &efTendolimola to
discosto, eaedendo dinon poterlo cosiprefto portare ca minando
apiedi,sicomeerailbisogno,falisuilcauallo e le goflralcolloinona
affaihonoreuolecaffetta dilegnos fan, tiffimosagramento, e comenzoaffaiinfreta
di caminareper facis fare al debito fuo. Horsendo al quanto caminato f egli fer
ceincontrauno che loinuitoascienderegiu del cauallo, et andare cô luiper uedere
uno marauegliofo fpetracolo.Ilche imprudentemente eglifacendo per uedere
cotefta curiosa cofacome fufcielo, ecco incontenentisentidiesserportato
perariainfiemeconcoliche Thauea inuitato, et in puoco spacio d itempo feue
diporre foura la cima diun akiflimo monte dovie rauna molto ampia et ameneuole
pianura, in/ corni arada altissimi alberi e con pavente voli ruppi se trata.
Nel mezzo de coi ui fiue devano diversi e varii balli, et an c h o tute le
maniere de giuochi colle nie n se apparecchiate dilautirdiuecficibi, et ancheseudiwanotutre
le generationi de fuoni e di deletteuoli canticono gni dolcezzaetrastullo
cbrieuemenite semteuasi et udeuafitutte quelle cose, le quali suoleno rallegrare
li anime dell huomiui. Dilchenjoliomara uegliandosiilbuonefemplicefacerdotee
purnonhauendo ardimento diparlareperlagrannjaraueghia,& sendomez zo fuoridi
feifteffo glifuchiedutodal copagno, che lhauea condotto quiuifeu voleuaadorareefarerinerentiaallaM
a donna cheera jui, et ufferitliqualcheduono,fecondo che fa
ceuanolaltriEraasederenelmezzo unabellissima Reinaricamente ueftita f, oura di
una reale fegge, a cui le prefenta ciascunaduoiaduoioaquattroaquattro
conuarioordine areuerirla et ad adorarla presentandolidiuerfi duoni. Horudendo
costuitainentare la Madonna e uedendola ornata
ditantofpiandoriedatantisergentiferuita istimochelafus filagloriofamadrediDio
eReinadelcieloedellaterra,cô ciofiachenon sapeva
checotestecosefufferoinaencioniere trouidelli Demroni
ilpercheselohaveffeiftimato,novaise rebbeandato.Horafrafeben
pensandochecofaglidouelle presentareperifdoi non
puoterleoffericepiuaggradeuole presenteallamadre che ilcorpo fagratiffimodelluounige
n i c o figliuolo, e coli ando doue fede u aquella et adoro l lia n
ginocchiadoli alli piedi; edipoileuádolidalcollolacafferra
doueerail-fagrauiffimo corpodi Misser Giesu Christo, divotamente uil paofe nel
gremio. O di cosa meravigliora, ecco che incontinenti, come la hebbe poftasoura
del gremio di quellaReina, coliprestofparuilafeggedi oro elaReina erauifu con
tuttaquella moletudine,etcon ognicosa che pareuaiui,epiunonfuuedutopurun puoco
diueftigiodi quellinedelļicóukinedeli giuochi, neapparui quelloche fuffe
fatrodelcompagnio. Hor conoscendo ilfemplizzotro prete come full e stata quest
caos a opera del demonio tutto smarrito e mezz o fuoridife fteffo comentio di
pregare Ido dio che non lo abbandonasse in quellifilueftri luoghipriui dio gnihabitationedemortali.
Eco si girádohorindiequin dilocchi,eandadomo qui, noliperquelliaspriluoghiper
uedere sepuoteuaritrouare qualcheueftigiodihuomini ac cioplotesse intenderedove
fuffe, eritrouandofi sempre in maggioriruineeboschie feluealfinpurranto
caminoper quelle precipitose ruppi, che dopo molto longa fatica, edoi po longospatioditempo
con grauiaffanniritrouo unpaz Atoredacuiintese,comeeradiscostoda quelluogodoue
andaua a portare ilcorpo di Christo da circa cento miglia, Poi che fu
ritornia:o con gran strachezza alla fuahabitatio ne ando dal Magistrato di Massimiliano
Imperarore,erae coiolíiltuttoper ordineficome horaio honartaro. Ma che coteste
cose poffoireffer fatte dal Demonio telo dirano Hi Theologgiliqualimostrano
comelanatura dellicorpieub bediente alla uolonta delle foftantie separate dalla
materia quanroimpechó pertene almouere daluogo aluogo.A n chora
puotraiintêdereallaiessempiidelli corpi hamanipot tatiperaria da
luogoaluogo,seryutoraidallilibridiFras te Arrigo,etdi Frate Giacopo Thodeschi
eccellenti Theo Soggi dellordine'de Frati Predicatori chiamati il maltello,
loquale fecero,confirmandolocon affaiteftimoniodimoke cole che effi uideno
colliproprii occhi.Loquale maltello puotrai
hauere,fetulouuoraiusarecontrodiquellicheso noduri,enon uogliono credereiluero
acciochetu lipieghi à douer crederequellochesono abbrigaci ouero lilpacchi in
cento migliara de pezzi. APISTIO. Cenamentehoudij tounamarauigliosa cosa,
laqualenon puooffuscare la sera nottene anchose puo direche fusseun fomnio
nechesalu ta cófeffataper paura,ouero permatrocio,operqualche al
trafintacagione.Ma uorebbiintenderedachepuotepros cedere che sparislinotutte
quelle cosenel toccare diquella hoftia fagraca, concioliache li demonii, non
solamentete mano il toccare di quella ma ancho cercano. e comandano che siano
portate assai di quelle al giuocoe di poi le fa m o gettare in terracon grādi
scherni e lifanno dare foucadelli piedi elifan faretuttequelle uergogne
siposson fare,fico m e disouraha parrato la Strega. DICASTO. Tunáti deb biper
questomarauigliare conciofiachefapiamo come se (pauentanoeDemonii
perilsegnodella santissima Croce,e nondimeno anchora qualche uolta
apparisconoinfiguradi Chrifto crocifisso accio piu facilmére posson ingånare
lhuol. mini. In uerita ti dicochetunon timacauegliarestisetu ha. Yefli
Jettoleopereelauicadi santo Martino e di. S. Francesco di molti altri santi
eseancho. tuhauefliben effaininato come Messer Giesu Christo sendo anchor in
questa mortale Carne il quale scariauali Demonii silasciotétatead esso De monio
egli pmeffechelo portafferouradel pinnacolo del Tempio,edeindipoi'sourdael monte,
et anchepermesle maggiorcosa,cioeche fuffemalerattato da quelliperfidi
Giudeiferui del demonio e tormentato, et ultima menrecrocifico. Olcrodecio
tupresupponichela Streghe narrano che li Demoniiconculcano,ediano
dellipiedisoucadelle hostie consegrare, ma non e coli, con ci olia che non
fanno corefto li Demonii m a/elbenverochelofa questo lamay legnita dell’huomini
asuggestione dieffiDemonii.Anchos racredochecosicomefalafedeinsiemecon lariuerentia
che fanno l’huomi in essa santissima Croce,enella fagrolan (a hostia consagrata
che il maladecto demonio se ne fugge: cos ianchor uifaccifaretantiuituperii effoperla
granmalistia de essi, eper ilricuperio lifanno. Ma quanto al semplice u
coprere. Credo chefuflila semplicita diquello cagioneche sparefsinotutti quelli
apparecchiamenti, etuttequellalerico fé,emaggiormiére la forza della fede fece che
non solamente non f u ingannato in suo danno, ma anchor fece c h e fu per eserunoaccio
puotes le narrare allialorie dechiarare come quella cofa dequihocą
parlamehepareua effermoltodu biofa, cioelele streghe e STREGONI vano al giuoco
con il cor poouero solamente con la fantasia et imaginatione ouero se vi
possono andare punefleruera, et e verae non una imaginatione. Auchar permette
alcuna uolta la possanza de id dio,chesiaschernitoilsagramento
elaCroce,ellaltricose diuine, &alcunavoltano:segondochealuipare.E perchela
fa,sepuosempredarequalcheragioneingenerale,mianon re puo imperhosempre
isplicarein particolare, conciolia chi e tanto rozzo e grosso l’occhiodell
intelletto poftro, a dovere INVESTIGARE li secreti della divina magiesta.
APISTIO. Hormai son satisfattocon queste ragioni, ecitrouomi conten to
rendouscitodellenere& ofcurecauernedelledubitatio pi.FRONIMO.Ben
uedisetuhaialtro dubbio,efupresto chiedelachiarezzaa Dicasto, perchegia
glimolto poffenti euelocicaualliquasi hanno tiratoilcarrodelsoleappo del suo
SEGNO, quabto al nostro hemispherio, accio non bisognali poi remanere quicotefta
notte, sendo ferate le porte del castello. Il percheftareffimomolto
maleagevoli,questanotte delfinuerno,in cotesto Monastero a pena comenzato doui
non stritrouaanchor uerun letto. APISTIO. Hamnipare. che non cifiaaltroda
chiedere eccetto che delliueneficii o fano incanti. DICASTO. Di che cosa
dubith. APISTIO. Se fouofatti veramenteo purchepaionoesserfacti solamente con
la imaginatione. Conciona che affai ha manifeftato la forza
delladiuinaGiusticiasempregiustaenon sempre co: nosciuta perche Iddio alcuna
volta permetta, fepursefallo, et alcuna volta il prohibisca. FRONIMO. Non te
ricordi di: Samofateno, e di Madautefo. APISTIO. Si ben. Et ancho mi ricordo di
hauere alcunauoltaletto dette 5 cose, et anchegiaduoigiornifaleho
uditoramentarea te. Ma egli e ben vero che dubito affainon fianofauolee che in
ueritanó fufferofattecofiquellecoseche se narrano in quel asino greco et anche
latino. FRONIMO. Coli come iono dubito che siano assai cose finte emoltopiudiquellochelo
Et anchor sepurcoliuuoi che sianotutte quellecose che for non e detti libri
fauole et imaginationi, cosi anche credo che dett e favole ef i t c i of niiano
canate da qual che vero fondamento.Conciosia che il nostro Divo Aurelio
Agostino iftir mo chequelle trasformacioni e tramutationiiscritteda Varrone cio
edelliaugelli di Diomede, delle bestie di Circee delli lupi di Archadia
pigliaffono origine e principio da qual, che cofa uera. Et anchor raccontanel
decimo otcauo libro della citta di dio, comeerausanzanetepi' suoi difaremol te
coseaffaifimilia quellechenarraouerofingea pulegio. Veroe che dice, come gli
demonii non possono fare ver una cora con la forza della sua natura se non la
permette Iddio. Lioccolti giudici di cui, fono infinitie non uisiritrouaimpe
tho verun dieffiingiufto. IIperchesepare che li demoni fa ciono qualche cosa
similea quelleche ha creatolomnipo. tente euero Iddio, eche pare chemutano una
speciedi uno animaleinunaltra:ouerotramutanouna creatura in unal tan,on
euerochecofi, fia,maebenuerochecosifaappare teouero imprimendo
dettefpecieefigurefintenellimagi, natione e fantasia, overo mettendo avanti li
occh i corporali un altraf inta specie e figura. E cosi io ile di 5 lui
che ha conturbata la fantasia, diesser una cosa in luogo di analera et il
simile parera allaltci. non dimeno fera imperho quel medemo, overo gli prepora
una similitudine auktiloco chi la quale di continuoglifaraparereefferecofi,
ecosicre. deca dieffer veduto anchedall altri .E coteftanon egramel
raueglia,percheseun corpo puo ingannarelifeptimeci corporali e farli parere una
cosa altrimento di quello che e-fico m e vediamo che failuietro, il quale
imprime quell suocolore nellocchio percotalmodoche fa parere
tuttelaltrecosefimi leaTenelcolore, benche fianoaltrimentoinsecolorate,quá t o
maggior mete i spiriti ignudi da ogni corpo, cio e li demo qualche uolta
pareraacoi nit Quotrano conturbare la
fantasia er ingannare l’occhi elal trisentimenti delle creature inferioris E
coliin cotéfto modo iftimaraifuffero quelle operediquei Almi, e di quella
specie di quello prestance cauallo, chiporcaua li gradi pesi ladispu tatione
del FILOSOFO, chdiifpucaua senza corpo le cose di Platone le astute opere delli
lupi di Arcadia, e liuerfi di Circe che trafformaronoli compagni di Oliffe.
Ecosituttecol tefte cosefedebbono attribuire al spirito imaginario, ouero alla
fantasia. che cosi era ingannata a cui pareua essere quel la cosa che non era.
Il simile anchor diremo della cerva in uecede Iphigenia, e li augelli i uece
delli compagni di Olisse, cioe chefufferoposte simili imaginie figure dalli
demonii auktilocchidellhuomini,opur ancheforliuifuffipoftauna uera cerua, etancheueriaugellinóui
apparëdo Iphigenia nelicompagnidiOliffe,o sendoiuipresente,oueroportati in
aloriluoghi. DICASTO. O quanto ben, e quanto brieueme
tehaicuraccontatoquellecosdei santoAgoftino,enóman co uere ficomeio
iftimo.Eglie ferma cóclufione tenuta dal li theologgiqualmente sono soggietti
naturalmente i sentimenti dell’huomini e la imaginatione e fantasia alla
poffanza delli demonii, perche sono essi sentimenti e imaginatione inferiorie
manconobili di dettefoftārie separate eprine di ogni corpo eco si sendo
piunobili,glisonosoggietrequei Accosemen nobili, Iipercheanchor uoglionarrare
alcune verissime coseacoteft opposito per confermare quello che havemo detto egli
etaccotatonelleuitedesati Padri come fuacconciataunagiouenenper incanti
incoralinodo ch epareg a una sfrenar a cavalla. I perche sendo presentata
avanti di santo Machario, perle orationi dieffu fuleuato d avanti l’occhi
diciascun quel prestigio, e quella illusione del demonio, eco si pareva in quel
modo sicome era in verita. Puote il demonio commovere li interiori sentimenti a
molti, alliqua lipareuafufli altrimente quellameschinagiouine di quello che
eram a non puote mouere imperhoeffisentimentiinte tioridisanto Machario
fortificati principalmene con loadiu torio di Iddio aface parere quello che non
era Anchor non aftregnega la finta figura di quel huomo, che paceua uno asino
nella Citta di Salamina della Isola di Cipro, liocchi dicia scuncheloucdeuadaiftimarecbelfuffeun
Alino.eca cetto di quella donna m a g a el incadratrice laquale glih a. uea per
talmodo conturbato la fantasia colli suoi maleficii, che anchealuipareyadi
esser douentato uno asino, ecosi portaua le legna in vece di giumento.Vero
erchefaugiutato per prudentia dialcuni niercatanti Genoueh, liquali ue: la
Chiesa perfareriuerétiaetadorare Iddio iftimaronoche quello non fufleuna vera
bestia, eco si cercarono di agiutar. e difareportarelamerite uole pena alla
incantatrice. In verita ui dico che possono fare li m alegni demonii appare
temoltecose altrimente di quello che fono,epossonom o uere molte cose e rappresentarle
nella fantasia, efareparece u n a cosa in altro m o d o di quello chi-e-et
anchora fare i li mile nelli corporali senrimenti in un medelimo huomo. Oltro
dicio occorre che fono ingannati liocchi di quelli che vedono, et ancho e
conturbato l’occhio della mente, fendomoffa la imaginatione.
Anchorsıcome,giaauantidi ceffimo,puo esserportatoilcorpo per
diuerfiluoghi.Ilger cheinteruiene che quelliliqualinon ben e sollicitamente
ellaminano queste cosea parteaperparte facilmente sono ingannati ecosi non ben
chiaramentec onsiderando lilibri delli doreie litterati huomininon possondcitta
mente giudicare quanta differentia e fralle cose create, e quelle che uscis
seno da qualche natura delle creature efra quello chi e intiero, e quello
chiler parte, e fra il uero, e quello che er fimile al uero, e quello che dimostra
la sua imagine, e quello che dimoftra quelladaltrui.Enon ben pesanocon la
giustabio y lanza la forza di tutta la natura nelaportanza delli demonii Er
alfineanchonon confiderano ligiudiciide Iddio,liquali speffe uolte sono
occultissimi anoi,ma impho sempresono fatlicolomma giustitia. FRONIMO Hormaise
appropinquala fera egia comencia di apparere la oscura noite il oche l’hora
tarda ciinuita di ritornare a casa. Siche Apistio se non seifatis Gattopģīta
nostra longa disputatione n ó poflo piu ueder che. Chi inginocchiare e
prostrare in terra aukti la porta del coradobbian fare acciopollieffercôtéto. Cöciolia
che tu hal poffuto conoscere come queftomaladetto eriscommunica to giuoconon
efictionene fauola. coliperli libri dell’antichi, con e per l’opere fatte ne
tempi nostri, e come egli e in sostantia antichissimo e nuouo per molte
conditionier che e Atato mutaro secondo la maligna e perversa volonta delli
demonii, eforsianchorlo mutara, perche etantalaasturiaelucili tadieffoiniquo
inganrratoredell’huomini che continuamen e cerca nuovi modi daposferi ngannarenoi.
Ho dimoftrato a te li Cerchi li unguenti, le parole magiche et incanti liu i
agogi per li grandi fpati dell’aria li lascivie libidinosi piaceri delli
demonii che si sono ritrouari cosi ne tempi nostri, come ne tempi delli baroni
antichi. E tho dimostrato qualmente pen Sarono li pecaerfi demoni di douer
calonniaree uituperare l’humana generationedallaprimaantiquitacioedal primo
huomo perinfino adhora.E come haingannato I huomo
collesueresposte,colliragionamenti con lafamiliarita edi mestichezza, ecome ha
cercatoperogniuiaemodo di ingå nare ognifeffo,etognieracollifimulacri euarie
imagini,et che seesforzato diufurpareladiuinita, e farsi adorare come Dio,etche
ha fatto nuoceuoliconuitiallimortali, etcheliba portato a similitudine diun
giumento che habbia leali, eco me hadesideratodihauer lisceleratiffimi piaceri carnali
colo li huomini. Ma perche io ti ueggio hora molto Atracco per
tantouiaggiochehaifacto con lanimotuoin diuerseregio nie paesi della [calia
della Sicilia, et iolcrodel Ionio mare e dello Eulino e tan cho r perche te ho
codoico colli mei ragionamenti nell’Africa nell'Asia, e perinsino alli
Hiperborei Mode dovi non ci ho condotto. Il perch es e ra homa i tempo ne
debbicitornar emeco acasa. APISTIO. Tudiiluero, liben hormaiehora.E cositecone
uengo, e molto satisfaco. DICASTO. Se i tudung content di quello
chehauemodetto: Ec in uericaneuieninellanoftra oppenione. APISTIO. Si
certamente son contento, et inueritauidico, che credo quello che e statodetto.
DICASTO. Dicupurdado vero o pergivoco. APISTIO. Puo effer questo Dicasto, che
tu iltimiche io dica quello per iscrizo e giuoco che ha creduto tutta
l’antiquita e tutta anchor la pofterit ad Io dico quello che ancho confermano
colli isperimenti et essempii, li Poesi, Oratori, Histocici leggitti, FILOSOFI,
teologi, Ihuomini prudenti li soldati lirufticie contadini, beniche le
ritrouano alcuni Sauioli, liqualiripucandosi piu dotiefauiiditurcil altri,che
queftoniegano, DICASTO. Dung ficome io uedo tu hai mutato oppenione. APISTIO.
Che bisogna piu affirmarlo, Gia te l’ho detto, Eco si perche io ho uefito l’animo
mio di un altro habito cuesta, e pareame dihauerritrouatola verita di quello
cheprima non credeuo in questa cosa giacendo nella nera et oscura tenebradella
igriorantia e della fallita, desidero grande mete di mutare il nome e di pigliarneuna
tro conuene uolea quefto nuovo habito, de cui hora son vefito. DICASTO. Molto
mi piace, Eco li per satiffare alla tu
honesta voglia ci daro un nome conueniente si come addj mandi. Dug per lo
avenire serai chiamato. PISTICO. APISTIO. O. quanto hammi piace questo nome. Hora
coliper ogni modo voglio esser chiamato. FRONIMO. Se piu non ciresta cosa
alcuna de cui tu habbi desiderio de intendere. egli e hora che ci partiamo con
buon al i centia del reverendo padre inquisitore e che presto retorniamo al
castello, Il perche vale reverende padre. DICASTO. Ite tan in pace.
Leandro Alberti. Alberti. Keywords: diavolo, satana, mefistofele, angelo
caduto, demonio, eudemonico. Refs. Luigi Speranza, “Grice ed Alberti” – The
Swimming-Pool Library, Villa Speranza, Liguria.
Grice ed Alberti: la ragione conversazionale e l’implicatura
conversazionale della thoscana senz’autore – la scuola di Genova – filosofia
genovese -- filosofia ligure – filosofia italiana – Luigi Speranza, pel Gruppo
di Gioco di H. P. Grice, The Swimming-Pool Library (Genova). Filosofo Genovese. Filosofo ligure. Filosofo Italiano. Genova, Liguria. Grice:
“I like [Leon Battista] Alberti; of course he is from Genova – Liguaria being
the heart of my Italy, or the Italy of my heart!” – Grice: “I like Alberti’s
ramblings on love to his lawyer friend – a full page without a p.s. – and it’s
none of the Kantian conversational maxims or Ovidian tactics, but just a
prohibition to mingle with the ladies!” -- Italian philosopher, on ‘aesthetics.’ Cf.
Grice on sensation. Grice: “No one can fail to be enchanted by Lusini’s great
likeness of Alberti at the loggiato of the uffizi! Ah, if we had the same at
Oxford!” -- Genova-born essential Italian philosopherGrice, “I love his “De
statua”it’s more philosophical anthropology than aesthetics!” «Ci è un
uomo che per la sua universalità parrebbe volesse abbracciarlo tutto, dico Leon
Battista Alberti, pittore, architetto, poeta, erudito, filosofo e
letterato» (Francesco de Sanctis, Storia della letteratura italiana).
Filosofo. Una delle figure artistiche più poliedriche del Rinascimento. Il suo
primo nome si trova spesso, soprattutto in testi stranieri, come Leone. A.
fa parte della seconda generazione di umanisti (quella successiva a Vergerio,
Bruni, Bracciolini, Francesco Barbaro), di cui fu una figura emblematica per il
suo interesse nelle più varie discipline. Un suo costante interesse era
la ricerca delle regole, teoriche o pratiche, in grado di guidare il lavoro
degli artisti. Nelle sue opere menzionò alcuni canoni, ad esempio: nel "De
statua" espose le proporzioni del corpo umano, nel "De pictura"
fornì la prima definizione della prospettiva scientifica e infine nel "De
re aedificatoria" (opera cui lavorò fino alla morte), descrisse tutta la
casistica relativa all'architettura moderna, sottolineando l'importanza del
progetto e le diverse tipologie di edifici a seconda della loro funzione. Tale
opera lo renderà immortale nei secoli e motivo di studio a livello
internazionale da artisti come Eugène Viollet-le-Duc e Ruskin. Come architetto,
A. viene considerato, accanto a Brunelleschi, il fondatore dell'architettura
rinascimentale. L'aspetto innovativo delle sue proposte, soprattutto sia
in ambito architettonico che umanistico, consisteva nella rielaborazione
moderna dell'antico, cercato come modello da emulare e non semplicemente da
replicare. La classe sociale a cui A. faceva riferimento è comunque
un'aristocrazia e alta "borghesia" illuminata. Egli lavorò per
committenti quali i Gonzaga a Mantova e (per la tribuna della SS. Annunziata) a
Firenze, i Malatesta a Rimini, i Rucellai a Firenze. Presunto autoritratto
su placchetta, (Parigi, Cabinet des Medailles). Leon Battista nacque a Genova,
figlio di Lorenzo A., di una ricca famiglia di mercanti e banchieri fiorentini
banditi dalla città toscana a per motivi politici, e da Bianca Fieschi,
appartenente ad una delle più nobili casate genovesi. I primi studi
furono di tipo letterario, dapprima a Venezia e poi a Padova, alla scuola
dell'umanista Barzizza, dove apprese il latino e forse anche il greco. Si
trasferì poi a Bologna dove studiò diritto, coltivando parallelamente il suo
amore per molte altre discipline artistiche quali la musica, la pittura, la
scultura, la matematica, la grammatica e la letteratura in generale. Si dedicò
all'attività letteraria sin da giovane: a Bologna, infatti, già intorno ai
vent'anni scrisse una commedia autobiografica in latino, la Philodoxeos fabula.
Compose in latino il Momus, un originalissimo e avvincente romanzo mitologico,
e le Intercoenales; in volgare, compose un'importante serie di dialoghi (De
familia, Theogenius, Profugiorum ab ærumna libri, Cena familiaris, De
iciarchia, dai titoli rigorosamente in latino) e alcuni scritti amatori, tra
cui la Deiphira, ove raccoglie i precetti utili a fuggire da un amore mal
iniziato. Dopo la morte del padre, A. trascorse alcuni anni di
difficoltà, entrando in forte contrasto con i parenti che non volevano
riconoscere i suoi diritti ereditari né favorire i suoi studi. In questi anni
coltivò soprattutto gli studi scientifici, astronomici e matematici. Sembra si sia
tuttavia concretamente laureato in diritto a Bologna, o forse a Ferrara,
nonostante le difficoltà economiche e di salute. Tra Padova e Bologna intrecciò
amicizie con molti importanti intellettuali, come Paolo Dal Pozzo Toscanelli,
Parentuccelli, futuro papa Nicolò V e probabilmente Cusano. Poco si sa,
benché debba escludersi che si sia recato a Firenze dopo il ritiro del bandi
contro gli A. e sia del pari assai poco probabile che al seguito del cardinal
Albergati abbia viaggiato in Francia e nel Nord Europa. Diventò segretario
del patriarca di Grado e, trasferitosi a Roma con questi, è nominato
abbreviatore apostolico (il cui ruolo consisteva per l'appunto nel redigere i
brevi apostolici). Così entrò nel prestigioso ambiente umanistico della curia
di papa Eugenio IV, che lo nominò
titolare della pieve di San Martino a Gangalandi a Lastra a Signa, nei
pressi di Firenze, beneficio di cui godette fino alla morte. Vivendo
prevalentemente a Roma ma spostandosi per periodi anche lunghi e per varie
incombenze a Ferrara, Bologna, Venezia, Firenze, Mantova, Rimini e Napoli.
Scrive in pochi mesi i primi tre libri de Familia, un dialogo in volgare
completato con un quarto libro. Il dialogo è ambientato a Padova,; vi
partecipano vari componenti della famiglia Alberti, personaggi realmente
esistiti, scontrandosi su due visioni diverse: da un lato c'è la mentalità
moderna e borghese e dall'altro la tradizione, aristocratica e legata al
passato. L'analisi che il libro offre è una visione dei principali aspetti e
istituzioni della vita sociale dell'epoca, quali il matrimonio, la famiglia,
l'educazione, la gestione economica, l'amicizia e in genere i rapporti sociali:
l'Alberti esprime qui un punto di vista "filosofico" pienamente
umanistico, che ricorre in tutte le sue opere di carattere morale e che
consiste nella convinzione che gli uomini siano responsabili della propria
sorte e che la virtù sia insita nell'uomo e debba essere realizzata attraverso
l'operosità, la volontà e la ragione. A Firenze Statua di Leon
Battista Alberti, piazza degli Uffizi a Firenze. A. visse prevalentemente a
Firenze e Ferrara, al seguito della curia papale che fra l'altro partecipò al
Concilio, ossia alle sedute ferrarese e fiorentina del concilio ecumenico che
dovevano riappacificare la chiesa latina e le chiese cristiano-orientali, in
particolare quella greca. In questo periodo l'A. assimila parte della
cultura fiorentina, cercando (invero con moderato successo) d'inserirsi
nell'ambiente intellettuale e artistico della città; sono verosimilmente gli
anni in cui nascono i suoi interessi artistici, che si traducono da subito
nella duplice redazione (latina e volgare) del De pictura. Nel prologo della
versione in volgare, dedica l'opera a Brunelleschi e menziona anche i grandi
innovatori delle arti del tempo: Donatello, Masaccio (morto già) e i Della
Robbia. Al seguito del pontefice Eugenio IV lasciò Firenze, ma con la
città continuò ad avere intensi rapporti legati anche ai cantieri dei suoi
progetti. De pictura Magnifying glass icon mgx2.svg Il De pictura e scritto verosimilmente
dapprima in latino e tradotto poi in volgare; se la redazione latina, senza
ombra di dubbio la più importante e ricca, sarà dedicata al Gonzaga marchese di
Mantova, per quella volgare l'A. redasse una dedica al Brunelleschi che,
trasmessa da un solo codice strettamente legato al laboratorio personale
dell'Alberti, forse non fu mai inviata. Il De pictura rappresenta la prima
trattazione di una disciplina artistica non intesa solo come tecnica manuale,
ma anche come ricerca intellettuale e culturale, e sarebbe difficile
immaginarla fuori dallo straordinario contesto fiorentino e scritta da un
autore diverso d’A., grande intellettuale umanista e artista egli stesso, anche
se la sua attività nel campo delle arti figurative—attestata (benché in modi
non lusinghieri) già dal Vasari—dovette essere ridotta. Il trattato è
organizzato in tre "libri". Il primo contiene la più antica
trattazione della prospettiva. Nel secondo libro l'Alberti tratta di
“circoscrizione, composizione, e ricezione dei lumi”, cioè dei tre principi che
regolano l'arte pittorica: la circumscriptio consiste nel tracciare il
contorno dei corpi; la compositio è il disegno delle linee che uniscono i
contorni dei corpi e perciò la disposizione narrativa della scena pittorica, la
cui importanza è qui espressa per la prima volta con piena lucidità
intellettuale; la receptio luminum tratta dei colori e della luce. Il terzo
libro è relativo alla figura del pittore di cui si rivendica il ruolo di vero
artista e non, semplicemente, di artigiano. Con questo trattato Alberti influenzerà
non solo il Rinascimento ma tutto quanto si sarebbe detto sulla pittura sino ai
nostri giorni. La questione del volgare Pur scrivendo numerosi testi in
latino, lingua alla quale riconosceva il valore culturale e le specifiche
qualità espressive, l'Alberti fu un fervente sostenitore del volgare. La
duplice redazione in latino e in volgare del De pictura manifesta il suo
interesse per il dibattito allora in corso tra gli umanisti sulla possibilità
di usare il volgare nella trattazione di ogni materia. In un dibattito avvenuto
a Firenze tra gli umanisti della curia, Flavio Biondo aveva affermato la
diretta discendenza del volgare dal latino e A., ne dimostra genialmente la
tesi componendo la prima grammatica del volgare, e ne riprende gli argomenti
difendendo l'uso del volgare nella dedicatoria del libro III de Familia a
Francesco d'Altobianco A. Da qui deriva la significativa esperienza del Certame
coronario, una gara di poesia sul tema dell'amicizia, organizzata a Firenze
dall'A. con il più o meno tacito concorso di Piero de' Medici, una gara che
doveva servire all'affermazione del volgare, soprattutto in poesia, e alla
quale va associata la composizione dei sedici Esametri sull'amicizia da parte
dell'AlbertiEsametri ora pubblicati fra le sue Rime, innovative tanto nello
stile quanto nella metrica, che costituiscono uno dei primissimi tentativi di
adattare i metri greco-latini alla poesia volgare (metrica «barbara»).
Nonostante ciò, l'A.continuò a scrivere naturalmente in latino, come fece per
gli Apologi centum, una sorta di breviario della sua filosofia di vita. Chiusosi
il concilio a Firenze, ritornò con la curia papale a Roma. continuando a
ricoprire il ruolo di abbreviatore apostolico per ben 34 anni, fino al 1464,
quando il collegio degli abbreviatori fu soppresso. Durante la permanenza a
Roma ebbe modo di coltivare i propri interessi propriamente architettonici, che
lo indussero a proseguire lo studio delle rovine della Roma classica, come
dimostra la stessa Descriptio urbis Romae, risalente al 1450 circa, in cui
l'Alberti tentò con successo, per la prima volta nella storia, una
ricostruzione della topografia di Roma antica, mediante un sistema di
coordinate polari e radiali che permettono di ricostruire il disegno da lui
tracciato. I suoi interessi archeologici lo portarono anche a tentare il
recupero delle navi romane affondate nel lago di Nemi. Questi interessi
per l'architettura che diventeranno prevalenti negli ultimi due decenni della
sua vita, non impedirono una ricchissima produzione letteraria. Compone una
delle sue opere più interessanti, il Momus, un romanzo satirico in lingua
latina, che tratta in maniera abbastanza amara e disincantata della società
umana e degli stessi esseri umani. Dopo l'elezione di Niccolò V, l'A.,
come antico conoscente, entrò nella cerchia ristretta del papa, dal quale
ricevette anche la carica di priore di Borgo San Lorenzo. Tuttavia i rapporti
con il papa sono considerati piuttosto controversi dagli storici, sia per quel
che riguarda gli aspetti politici che per l'adesione o la collaborazione dell'A.al
vasto programma di rinnovamento urbano voluto da Niccolò V. Forse venne
impiegato durante il restauro del palazzo papale e dell'acquedotto romano e
della fontana dell'Acqua Vergine, disegnata in maniera semplice e lineare,
creando la base sulla quale, in età Barocca, sarebbe stata costruita la Fontana
di Trevi. A. cominciò ad occuparsi più attivamente di architettura con
numerosi progetti da eseguire fuori Roma, a Firenze, Rimini e Mantova, città in
cui si recò varie volte durante gli ultimi decenni della sua vita. In tal
modo dopo la metà del secolo l'Alberti fu la figura-guida dell'architettura.
Questo riconosciuto primato rende anche difficile distinguere, nella sua opera,
l'attività di progettazione dalle tante consulenze e dall'influenza più o meno
diretta che dovette avere, per esempio, sulle opere promosse a Roma, sotto
Niccolò V, come il restauro di Santa Maria Maggiore e Santo Stefano Rotondo o
come la costruzione di Palazzo Venezia, il rinnovamento della basilica di San
Pietro, del Borgo e del Campidoglio. Potrebbe forse essere stato il consulente
che indica alcune linee-guida o, ma ben più difficilmente, aver avuto un ruolo
anche meno indiretto. Sicuramente il prestigio della sua opera e del suo
pensiero teorico condizionarono direttamente l'opera di progettisti come
Francesco del Borgo e Rossellino, influenzando anche Giuliano da
Sangallo. Morì a Roma. Il De re aedificatoria
Frontespizio Matteo de' Pasti, Medaglia di A.. Magnifying glass icon
mgx2.svg De re aedificatoria. Le sue
riflessioni teoriche trovarono espressione nel De re aedificatoria, un trattato
di architettura in latino, scritto prevalentemente a Roma, cui A. lavorò fino
alla morte e che è rivolto anche al pubblico colto di educazione umanistica. Il
trattato fu concepito sul modello del De architectura di Vitruvio. L'opera,
considerata il trattato architettonico più significativo della cultura
umanistica, è divisa anch'essa in dieci libri: nei primi tre si parla della
scelta del terreno, dei materiali da utilizzare e delle fondazioni (potrebbero
corrispondere alla categoria vitruviana della firmitas); i libri IV e V si
soffermano sui vari tipi di edifici in relazione alla loro funzione (utilitas);
il libro VI tratta la bellezza architettonica (venustas), intesa come
un'armonia esprimibile matematicamente grazie alla scienza delle proporzioni,
con l'aggiunta di una trattazione sulle macchine per costruire; i libri VII,
VIII e IX parlano della costruzione dei fabbricati, suddividendoli in chiese, edifici
pubblici ed edifici privati; il libro X tratta dell'idraulica. Nel
trattato si trova anche uno studio basato sulle misurazioni dei monumenti
antichi per proporre nuovi tipi di edifici moderni ispirati all'antico, fra i
quali le prigioni, che cercò di rendere più umane, gli ospedali e altri luoghi
di pubblica utilità. Il trattato fu stampato a Firenze, con una
prefazione del Poliziano a Lorenzo il Magnifico, e poi a Parigi e a Strasburgo.
Venne in seguito tradotto in varie lingue e diventò ben presto imprescindibile
nella cultura architettonica moderna e contemporanea. Nel De re
aedificatoria, l'A.affronta anche il tema delle architetture difensive e
intuisce come le armi da fuoco rivoluzioneranno l'aspetto delle fortificazioni.
Per aumentare l'efficacia difensiva indica che le difese dovrebbero essere
"costruite lungo linee irregolari, come i denti di una sega"
anticipando così i principi della fortificazione alla moderna. L'attività
come architetto a Firenze A Firenze lavorò come architetto soprattutto per
Giovanni Rucellai, ricchissimo mercante e mecenate, intimo amico suo e della
sua famiglia. Le opere fiorentine saranno le sole dell'A. a essere compiute
prima della sua morte. Palazzo Rucellai Facciata di palazzo
Rucellai. Gli venne commissionata la costruzione del palazzo della famiglia
Rucellai, da ricavarsi da una serie di case-torri acquistate da Rucellai in via
della Vigna Nuova. Il suo intervento si concentrò sulla facciata, posta su un
basamento che imita l'opus reticulatum romano. È formata da tre piani
sovrapposti, separati orizzontalmente da cornici marcapiano e ritmati
verticalmente da lesene di ordine diverso; la sovrapposizione degli ordini è di
origine classica come nel Colosseo o nel Teatro di Marcello, ed è quella teorizzata
da Vitruvio: al piano terreno lesene doriche, ioniche al piano nobile e
corinzie al secondo. Esse inquadrano porzioni di muro bugnato a conci levigati,
in cui si aprono finestre in forma di bifora nel piano nobile e nel secondo
piano. Le lesene decrescono progressivamente verso i piani superiori, in modo
da creare nell'osservatore l'illusione che il palazzo sia più alto di quanto
non sia in realtà. Al di sopra di un forte cornicione aggettante si trova un
attico, caratteristicamente arretrato rispetto al piano della facciata. Il
palazzo creò un modello per tutte le successive dimore signorili del
Rinascimento, venendo addirittura citato pedissequamente da Bernardo
Rossellino, suo collaboratore, per il suo palazzo Piccolomini a Pienza.
Attribuita all'A. è anche l'antistante Loggia Rucellai, o per lo meno il suo
disegno. Loggia e palazzo andavano così costituendo una sorta di piazzetta
celebrante la casata, che viene riconosciuta come uno dei primi interventi
urbanistici rinascimentali. Facciata di Santa Maria Novella
Facciata di Santa Maria Novella, Firenze. Su commissione del Rucellai, progettò
anche il completamento della facciata della basilica di Santa Maria Novella,
rimasta incompiuta al primo ordine di arcatelle, caratterizzate dall'alternarsi
di fasce di marmo bianco e di marmo verde, secondo la secolare tradizione
fiorentina. Si presentava il problema di integrare, in un disegno generale e
classicheggiante, i nuovi interventi con gli elementi esistenti di epoca
precedente: in basso vi erano gli avelli inquadrati da archi a sesto acuto e i
portali laterali, sempre a sesto acuto, mentre nella parte superiore era già
aperto il rosone, seppur spoglio di ogni decorazione. A. inserì al centro della
facciata inferiore un di proporzioni
classiche, inquadrato da semicolonne, in cui inserì incrostazioni in marmo
rosso per rompere la bicromia. Per terminare la fascia inferiore pose una serie
di archetti a tutto sesto a conclusione delle lesene. Poiché la parte superiore
della facciata risultava arretrata rispetto al basamento (un tema molto comune
nell'architettura albertiana, derivata dai monumenti della romanità) inserì una
fascia di separazione a tarsie marmoree che recano una teoria di vele gonfie al
vento, l'insegna personale di Giovanni Rucellai; il livello superiore, scandito
da un secondo ordine di lesene che non hanno corrispondenza in quella
inferiore, sorregge un timpano triangolare. Ai lati, due doppie volute
raccordano l'ordine inferiore, più largo, all'ordine superiore più alto e
stretto, conferendo alla facciata un moto ascendente conforme alle proporzioni;
non mascherano come spesso si è detto erroneamente gli spioventi laterali che
risultano più bassi, come si evince osservando la facciata dal lato posteriore.
La composizione con incrostazioni a tarsia marmorea ispirate al romanico
fiorentino, necessaria in questo caso per armonizzare le nuove parti al già
costruito, rimase una costante nelle opere fiorentine dell'Alberti.
Secondo Rudolf Wittkower: "L'intero edificio sta rispetto alle sue parti
principali nel rapporto di uno a due, vale a dire nella relazione musicale
dell'ottava, e questa proporzione si ripete nel rapporto tra la larghezza del
piano superiore e quella dell'inferiore". La facciata si inscrive infatti
in un quadrato avente per lato la base della facciata stessa. Dividendo in
quattro tale quadrato, si ottengono quattro quadrati minori; la zona inferiore
ha una superficie equivalente a due quadrati, quella superiore a un quadrato.
Altri rapporti si possono trovare nella facciata tanto da realizzare una
perfetta proporzione. Secondo Franco Borsi: "L'esigenza teorica
dell'Alberti di mantenere in tutto l'edificio la medesima proporzione è qui
stata osservata ed è appunto la stretta applicazione di una serie continua di
rapporti che denuncia il carattere non medievale di questa facciata
pseudo-protorinascimentale e ne fa il primo grande esempio di eurythmia
classica del Rinascimento". Altre opere Il tempietto del Santo
Sepolcro. Attribuito all'Alberti è il progetto dell'abside della pieve di San
Martino a Gangalandi presso Lastra a Signa. L'A.fu rettore di San Martino fino
alla sua morte. La chiesa, di origine medievale, ha il suo punto focale
nell'abside, chiusa in alto da un arco a tutto sesto con decorazione a motivi
di candelabro e con lesene in pietra serena sorreggenti un architrave che reca
un'iscrizione a lettere capitali dorate, ornata alle due estremità dalle arme
degli A.. L'abside è ricordata incepta et quasi perfecta nel testamento di A.,
e fu infatti terminata dopo la sua morte. È un'altra opera per i
Rucellai, il tempietto del Santo Sepolcro nella chiesa di San Pancrazio a
Firenze, costruito secondo un parallelepipedo spartito da paraste corinzie. La
decorazione è a tarsie marmoree, con figure geometriche in rapporto aureo; le decorazioni
geometriche, come per la facciata di Santa Maria Novella, secondo l'Alberti
inducono a meditare sui misteri della fede. Ferrara Il campanile
del duomo di Ferrara. L'A, fu a Ferrara a varie riprese, e stringendo amicizie
alla corte estense. Vi ritorna, e chiamato a giudicare la gara per un monumento
equestre a Niccolò III d'Este. In tale occasione forse dette indicazioni per il
rinnovo della facciata del Palazzo Municipale, allora residenza degli
Estensi. A lui è stato attribuito da insigni storici dell'arte, ma
esclusivamente su basi stilistiche, anche l'incompleto campanile del duomo, dai
volumi nitidi e dalla bicromia di marmi rosa e bianchi. Rimini
Tempio Malatestiano, Rimini. A. venne chiamato a Rimini da Sigismondo Pandolfo
Malatesta per trasformare la chiesa di San Francesco in un tempio in onore e
gloria sua e della sua famiglia. Alla morte del signore il tempio fu lasciato
incompiuto mancando della parte superiore della facciata, della fiancata
sinistra e della tribuna. Conosciamo il progetto albertiano attraverso una
medaglia incisa da Matteo de' Pasti, l'architetto a cui erano stati affidati
gli ampliamenti interni della chiesa e in generale tutto il cantiere.
Tempio malatestiano sulla medaglia di Matteo de' Pasti. L'A. ideò un
involucro marmoreo che lasciasse intatto l'edificio preesistente. L'opera
prevedeva in facciata una tripartizione con archi scanditi da semicolonne
corinzie, mentre nella parte superiore era previsto una specie di frontone con
arco al centro affiancato da paraste e forse due volute curve. Punto focale era
il centrale, con timpano triangolare e
riccamente ornato da lastre marmoree policrome nello stile della Roma
imperiale. Ai lati due archi minori avrebbero dovuto inquadrare i sepolcri di
Sigismondo e della moglie Isotta, ma furono poi tamponati. Le fiancate
invece sono composte da una sequenza di archi su pilastri, ispirati alla
serialità degli acquedotti romani, destid accogliere i sarcofagi dei più alti
dignitari di corte. Fianchi e facciata sono unificati da un alto zoccolo che
isola la costruzione dallo spazio circostante. Ricorre la ghirlanda circolare,
emblema dei Malatesta, qui usata come oculo. Interessante è notare come A.
traesse spunto dall'architettura classica, ma affidandosi a spunti locali, come
l'arco di Augusto, il cui modulo è triplicato in facciata. Una particolarità di
questo intervento è che il rivestimento non tiene conto delle
precedenti aperture gotiche: infatti, il passo delle arcate laterali non è
lo stesso delle finestre ogivali, che risultano posizionate in maniera sempre
diversa. Del resto Alberti scrive a Matteo de' Pasti che «queste larghezze et
altezze delle Chappelle mi perturbano». Per l'abside era prevista una
grande rotonda coperta da cupola emisferica simile a quella del Pantheon. Se
completata, la navata avrebbe allora assunto un ruolo di semplice accesso al
maestoso edificio circolare e sarebbe stata molto più evidente la funzione
celebrativa dell'edificio, anche in rapporto allo skyline cittadino.
Mantova Chiesa di San Sebastiano, Mantova. Basilica di Sant'Andrea,
Mantova. A. fu chiamato a Mantova da Ludovico III Gonzaga, nell'ambito dei
progetti di abbellimento cittadino per il Concilio di Mantova. San
Sebastiano Il primo intervento mantovano riguardò la chiesa di San Sebastiano,
cappella privata dei Gonzaga, iniziata nel 1460. L'edificio fece da fondamento
per le riflessioni rinascimentali sugli edifici a croce greca: è infatti diviso
in due piani, uno dei quali interrato, con tre bracci absidati attorno ad un corpo
cubico con volta a crociera; il braccio anteriore è preceduto da un portico,
oggi con cinque aperture. La parte superiore della facciata, spartita da
lesene di ordine gigante, è originale del progetto albertiano e ricorda
un'elaborazione del tempio classico, con architrave spezzata, timpano e un arco
siriaco, a testimonianza dell'estrema libertà con cui l'architetto disponeva
gli elementi. Forse l'ispirazione fu un'opera tardo-antica, come l'arco di
Orange. I due scaloni di collegamento che permettono l'accesso al portico non
fanno parte del progetto originario, ma furono aggiunte posteriori.
Sant'Andrea Il secondo intervento, sempre su commissione dei Gonzaga, fu la
basilica di Sant'Andrea, eretta in sostituzione di un precedente sacrario in cui
si venerava una reliquia del sangue di Cristo. L'A. creò il suo progetto «...
più capace più eterno più degno più lieto...» ispirandosi al modello del tempio
etrusco ripreso da Vitruvio e contrapponendosi al precedente progetto di
Antonio Manetti. Innanzitutto mutò l'orientamento della chiesa allineandola
all'asse viario che collegava Palazzo Ducale al Tè. La chiesa a croce
latina è a navata unica coperta a botte con lacunari, con cappelle laterali a
base rettangolare con la funzione di reggere e scaricare le spinte della volta,
inquadrate negli ingressi da un arco a tutto sesto, inquadrato da un lesene
architravate. Il tema è ripreso dall'arco trionfale classico ad un solo fornice
come l'arco di Traiano ad Ancona. La grande volta della navata e quelle del transetto
e degli atri d'ingresso si ispiravano a modelli romani, come la Basilica di
Massenzio. Per caratterizzare l'importante posizione urbana, venne data
particolare importanza alla facciata, dove ritorna il tema dell'arco: l'alta
apertura centrale è affiancata da setti murari, con archetti sovrapposti tra
lesene corinzie sopra i due portali laterali. Il tutto, coronato da un timpano
triangolare a cui si sovrappone, per non lasciare scoperta l'altezza della
volta, un nuovo arco. Questa soluzione, che enfatizza la solennità dell'arco di
trionfo e il suo moto ascensionale, permetteva anche l'illuminazione della
navata. Sotto l'arco venne a formarsi uno spesso atrio, diventato il punto di
filtraggio tra interno ed esterno. La facciata è inscrivibile in un quadrato
e tutte le misure della navata, sia in pianta che in alzato, si conformano ad
un preciso modulo metrico. La tribuna e la cupola (comunque prevista da A.)
vennero completate nei secoli successivi, secondo un disegno estraneo
all'A.. I caratteri dell'architettura albertiana Le opere più mature di
Alberti evidenziano una forte evoluzione verso un classicismo consapevole e
maturo in cui, dallo studio dei monumenti antichi romani, l'A. ricavò un senso
delle masse murarie ben diverso dalla semplicità dello stile brunelleschiano. I
modi originali albertiani precorsero l'arte del Bramante. I caratteri
innovativi di A. furono: La colonna deve sostenere la trabeazione e deve essere
usata come ornamento per le fabbriche; l'arco deve essere costruito sopra i
pilastri. Il De statua Il trattato, scritto in latino, è relativo alla
teoria della scultura e risale. Nel De statua, l'A. rielaborò profondamente le
concezioni e le teorie relative alla scultura tenendo conto delle innovazioni
artistiche del Rinascimento, attingendo anche ad una rilettura critica delle
fonti classiche e riconoscendo, tra i primi dignità intellettuale alla
scultura, prima di allora sempre condizionata dal pregiudizio verso un'attività
tanto manuale. Nel trattato che si compone di 19 capitoli, l'A. parte,
sulla scorta di Plinio, dalla definizione dell'arte plastica tridimensionale
distinguendo la scultura o per via di porre o per via di levare, dividendola
secondo la tecnica utilizzata: togliere e aggiungere: sculture con
materie molli, terra e cera eseguita dai "modellatori" levare:
scultura in pietra, eseguita dagli "scultori" Tale distinzione fu
determinante nella concezione artistica di molti scultori come Michelangelo e
non era mai stata espressa con tanta chiarezza. Il definitor, lo
strumento inventato da A. Relativamente al metodo da utilizzare per raggiungere
il fine ultimo della scultura che è l'imitazione della natura, l'A.
distingue: la dimensio (misura) che definisce le proporzioni generali
dell'oggetto rappresentato mediante l’exempeda, una riga diritta modulare atta
a rilevare le lunghezze e squadre mobili a forma di compassi (normae), con cui
misurare spessori, distanze e diametri. la finitio, definizione individuale dei
particolari e dei movimenti dell'oggetto rappresentato, per la quale A.
suggerisce uno strumento da lui ideato: il definitor o finitorium, un disco
circolare cui è fissata un'asta graduata rotante, da cui pende un filo a
piombo. Con esso si può determinare qualsiasi punto sul modello mediante una
combinazione di coordinate polari e assiali, rendendo possibile un
trasferimento meccanico dal modello alla scultura. A. sembra anticipare i temi
relativi alla raffigurazione 'scientifica' della figura umana che è uno dei
temi che percorre la cultura figurativa rinascimentale. e addirittura aspetti
dell'industrializzazione e addirittura della digitalizzazione, visto che il
definitor trasformava i punti rilevati sul modello in dati alfanumerici.
L'opera fu tradotta in volgare nel 1568 da Cosimo Bartoli. Il testo latino
originale fu stampato solo alla fine del XIX secolo, mentre solo recentemente
sono state pubblicate traduzioni moderne. I sistemi di definizione meccanica
dei volumi proposti dall'Alberti, appassionarono Leonardo che approntò, come si
può rilevare dai suoi disegni, dei sistemi alternativi, sviluppati a partire
dal trattato albertiano e utilizzò le "Tabulae dimensionum hominis"
del "De statua" per realizzare il celeberrimo "Uomo
vitruviano". Il Crittografo Alberti fu inoltre un geniale
crittografo e inventò un metodo per generare messaggi criptati con l'aiuto di
un apparecchio, il disco cifrante. Sua fu infatti l'idea di passare da una
crittografia con tecnica "monoalfabetica" (Cifrario di Cesare) ad una
con tecnica "polialfabetica", codificata teoricamente parecchi anni
dopo da Blaise de Vigenère. In The Codebreakers. The Story of Secret Writing,
lo storico della crittologia Kahn attribuisce all'A. il titolo di Father of
Western Cryptology (Padre della crittologia occidentale). Kahn ribadisce questa
definizione, sottolineando le ragioni che la giustificano, nella prefazione
all'edizione italiana del testo albertiano: «Questo volume elegante e sottile
riproduce il testo più importante di tutta la storia della crittologia; un
primato che il De cifris di A. ben si merita per i tre temi cruciali che
tratta: l'invenzione della sostituzione polialfabetica, l'uso della
crittanalisi, la descrizione di un codice sopracifrato.» Tra le altre
attività di A. ci fu anche la musica, per la quale fu considerato uno dei primi
organisti della sua epoca. Disegnò anche delle mappe e collaborò con il grande
cartografo Toscanelli. De iciarchia Iciarco e Iciarchia sono due termini
usati dall'Alberti nel dialogo De iciarchia composto pochi anni prima della sua
morte e ambientato nella Firenze medicea di quegli anni. Le due parole sono di
origine greca ("Pogniàngli nome tolto da' Greci, iciarco: vuol dire
supremo omo e primario principe della famiglia sua", libro III), e sono
formate da oîkos o oikía "casa, famiglia" e arkhós "capo supremo,
principe, principio". Il nome stesso di iciarco vuole esprimere
quello che secondo il parere dell'autore è il governante ideale: colui che sia
come un padre di famiglia nei confronti dello Stato. Secondo le parole
dell'Alberti, "il suo compito sarà provedere alla salute, quiete, e
onestamento di tutta la famiglia, fare sì che amando e benificando è suoi,
tutti amino lui, e tutti lo reputino e osservino come padre". Questo
ruolo di "padre di famiglia" del governante ideale era finalizzato,
nella sua visione politica, ad una stabilità, in definitiva
"conservatrice", che permetterebbe di governare senza discordie che,
dilaniando lo Stato, nuocerebbero a tutto il corpo sociale ("Inoltre la
prima cura sua sarà che la famiglia sia senza niuna discordia unitissima. Non
esser unita la famiglia circa le cose che giovano, nuoce sopra modo molto.,
ivi). Il termine iciarco, nato coll'Alberti e strettamente legato alla
sua visione "paternalistica" del governo dello Stato, non ebbe
comunque alcun seguito e non risulta che sia mai più stato impiegato nel
lessico politico. Opere: “Apologi centum”; “Cena familiaris”; “De amore”; “De equo
animante (Il cavallo vivo); “De Iciarchia”; “De componendis cifris”; “Deiphira”;
“De picture”; “Porcaria coniuratio”; “De re aedificatoria”; “De statua”;
“Descriptio urbis Romae”; “Ecatomphile”; “Elementa picturae”; “Epistola
consolatoria”; “Grammatica della lingua toscana” (meglio nota come
Grammatichetta vaticana); “Intercoenales”; “De familia libri IV”; “Ex ludis
rerum mathematicorum”; “Momus”; “Philodoxeos fabula”; “Profugiorum ab ærumna
libri III”; “Sentenze pitagoriche”; “Sophrona”; “Theogenius Villa” -- Opere
architettoniche Palazzo Rucellai, Firenze, Via della Vigna Nuova Loggia
Rucellai, Firenze, Via della Vigna Nuova Facciata di Santa Maria Novella, Firenze,
Santa Maria Novella Abside di San Martino, Lastra a Signa, Pieve di San Martino
a Gangalandi Tempietto del Santo Sepolcro, Firenze, Chiesa di San Pancrazio
Tempio Malatestiano (incompiuto), Rimini, Tempio Malatestiano Chiesa di San
Sebastiano, Mantova, Chiesa di San Sebastiano Basilica di Sant'Andrea,Mantova,
Basilica di Sant'Andrea (Mantova) Palazzo Romei, Vibo Valentia Manoscritti
Liber de iure, scriptus Bononiae, XV secolo, Milano, Biblioteca Ambrosiana,
Fondo manoscritti, Trivia senatoria, Milano, Biblioteca Ambrosiana, Fondo
manoscritti. Cecil Grayson, Studi su Leon Battista Alberti, Firenze, Olschki, A., De pictura, C. Grayson, Laterza: versione
on line Copia archiviata, su liberliber. Christoph L. Frommel, Architettura e
committenza da Alberti a Bramante, Olschki, Rucellai, De bello italico,
Coppini, Firenze University Press, De re Aedificatoria In tale occasione manifestò il suo interesse
per la morfologia e l'allevamento dei cavalli con il breve trattato De equo
animante dedicato a Leonello d'Este. De Vecchi-Cerchiari, De
Vecchi-Cerchiari, Wittkower, op. cit. Leon Battista Alberti, De statua,
M. Collareta, 1998 Mario Carpo,
L'architettura dell'età della stampa: oralità, scrittura, libro stampato e
riproduzione meccanica dell'immagine nella storia delle teorie architettoniche,
Simon Singh, Codici e Segreti45 Kahn, The Codebreakers, Scribner. Il nome
deriva dal fatto che il libello, di appena 16 carte, è conservato in una copia
del 1508 in un codice in ottavo della Biblioteca vaticana. Lo scritto non ha
epigrafe, pertanto il titolo è stato assegnato in seguito: fu riscoperto
infatti nel 1850 e dato alle stampe. Viviamola calabria. blogspot.com,
viviamolacalabria. blogspot.com //09/ esempio- tangibile-di-palazzo- nobiliare.html?m=1.
A., De re aedificatoria, Argentorati, excudebat M. Iacobus Cammerlander
Moguntinus, A., De re aedificatoria, Florentiae, accuratissime impressum opera
magistri Nicolai Laurentii Alamani. A., Opere volgari. 1, Firenze, Tipografia
Galileiana, A., Opere volgari, Firenze, Tipografia Galileiana, A., Opere
volgari. 4, Firenze, Galileiana, Alberti, Opere volgari. 5, Firenze, Tipografia
Galileiana, A., Opere, Florentiae, J. C. Sansoni, A., Trattati d'arte, Bari,
Laterza, Leon Battista Alberti, Ippolito
e Leonora, Firenze, Bartolomeo de' Libri, prima. A., Ecatonfilea, Stampata in
Venesia, per Bernardino da Cremona, Leon Battista Alberti, Deifira, Padova,
Lorenzo Canozio, Leon Battista Alberti, Teogenio, Milano, Leonard Pachel, Leon
Battista Alberti, Libri della famiglia, Bari, G. Laterza. A., Rime e trattati
morali, Bari, Laterza, Albertiana, Rivista della Société Intérnationale Alberti,
Firenze, Olschki, Franco Borsi, A.: Opera completa, Electa, Milano, Ponte, A.:
Umanista e scrittore, TILGHER (si veda), Genova,; Paolo Marolda, Crisi e
conflitto in Alberti, Bonacci, Roma, Roberto Cardini, Mosaici: Il nemico
dell'Alberti, Bulzoni, Roma; Rosario Contarino, A. moralista, presentazione di
Francesco Tateo, S. Sciascia, Caltanissetta; Pierluigi Panza, Alberti:
Filosofia e teoria dell'arte, introduzione di Dino Formaggio, Guerini, Milano;
Pierluigi Panza, introduzione a "De Amore" di A., in Estetica. Le
scritture dell’eros, annuario S. Zecchi, Il Mulino, Bologna. Pierluigi Panza, "Lui geometra, lui
musico, lui astronomo”. Alberti e le discipline liberali", in Le arti e le
scienze. Annuario di Estetica, S. Zecchi, Bologna, Cecil Grayson, Studi
su Leon Battista Alberti, Paola Claut, Olschki, Firenze; Borsi, Momus, o Del
principe: Alberti, i papi, il giubileo, Polistampa, Firenze, Luca Boschetto, A.e
Firenze: Biografia, storia, letteratura, Olschki, Firenze; Cassani, La fatica
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A., N. Aragno-J. Vrin, Torino-Parigi, Grafton, A.: Un genio universale,
Laterza, Roma-Bari; Mazzini, Martini. Villa Medici a Fiesole. A. e il prototipo
di villa rinascimentale, Centro Di, Firenze, Michel Paoli, A., Parigi, Editions
de l'Imprimeur, ora tradotto in italiano: Michel Paoli, A., Bollati
Boringhieri, Torino, Siekiera,
linguistica albertiana, Firenze, Edizioni Polistampa (Edizione Nazionale
delle Opere di A., Serie «Strumenti»); Francesco Fiore: La Roma di A. Umanisti,
architetti e artisti alla scoperta dell'antico nella città del Quattrocento,
Skira, Milano, A. architetto, Grassi e Patetta, testi di Grassi et alii, Banca
CR, Firenze; Restaurare A.: il caso di Palazzo Rucellai, Simonetta Bracciali,
presentazione di Antonio Paolucci, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze, Stefano
Borsi, A. e Napoli, Polistampa, Firenze, Gabriele Morolli, Alberti. Firenze e
la Toscana, Maschietto, Firenze, Canali, "A. "Camaleonta" e
l'idea del Tempio Malatestiano dalla Storiografia al Restauro, in Il Tempio
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Tempio Malatestiano, in Il Tempio della Meraviglia, F. Canali, C. Muscolino,
Firenze, V. C. Galati, "Ossa" e "illigamenta" nel De Re
aedificatoria. Caratteri costruttivi e ipotesi strutturali nella lettura della
tecnologia antiquaria del cantiere del Tempio Malatestiano, in Il Tempio della
Meraviglia, F. Canali, C. Muscolino, Firenze, “Il mito dell’Egitto in A.”, in A.
teorico delle arti e gli impegni civili del “De re aedificatoria”, Atti dei
Convegni internazionali di studi del Comitato Nazionale per le celebrazioni
albertiane, Mantova, Calzona, Fiore, Tenenti, Vasoli, Firenze, Olschki, A. e la
cultura del Quattrocento, Atti del Convegno internazionale di Studi, (Firenze,
Palazzo Vecchio, Salone dei Dugento), R. Cardini e M. Regoliosi, Firenze, Edizioni
Polistampa, Brunelleschi, Alberti e oltre, F. Canali, «Bollettino della Società
di Studi Fiorentini», F. Canali, R
Tracce albertiane nella Romagna umanistica tra Rimini e Faenza, in
Brunelleschi, A. e oltre, F. Canali, «Bollettino della Società di Studi
Fiorentini», Galati, Riflessioni sulla Reggia di Castelnuovo a Napoli:
morfologie architettoniche e tecniche costruttive. Un univoco cantiere
antiquario tra Donatello e A.?, in Brunelleschi, Alberti e oltre, F. Canali,
«Bollettino della Società di Studi Fiorentini», 1F. Canali, V. C. Galati,
Alberti, gli 'Albertiani' e la Puglia umanistica, in Brunelleschi, A. e oltre,
F. Canali, «Bollettino della Società di Studi Fiorentini», G. Morolli, Alberti:
la triiplice luce della pulcritudo, in Brunelleschi, A. e oltre, Canali,
«Bollettino della Società di Studi Fiorentini», G. Morolli, Pienza e Alberti,
in Brunelleschi, Alberti e oltre, F. Canali, «Bollettino della Società di Studi
Fiorentini», Christoph Luitpold Frommel, A. e la porta trionfale di Castel
Nuovo a Napoli, in «Annali di architettura Vicenza leggere l'articolo; Massimo
Bulgarelli, A., Architettura e storia, Electa, Milano; Caterina Marrone, I
segni dell'inganno. Semiotica della crittografia, Stampa Alternativa &a mp;Graffiti,
Viterbo; Pierluigi Panza, “Animalia: La zoologia nel De Re Aedificatoria",
Convegno Facoltà di Architettura Civile, Milano, in Albertiana, S. Borsi, Leon
Battista Alberti e Napoli, Firenze,. V. Galati, Il Torrione quattrocentesco di
Bitonto dalla committenza di Giovanni Ventimiglia e Marino Curiale; dagli
adeguamenti ai dettami del De Re aedificatoria di A. alle proposte di Francesco
di Martini in Defensive Architecture of the Mediterranean XV to XVIII
centuries, G. Verdiani,, Firenze,, III. V. Galati, Tipologie di Saloni per le
udienze nel Quattrocento tra Ferrara e Mantova. Oeci, Basiliche, Curie e
"Logge all'antica" tra Vitruvio e A. nel "Salone dei Mesi di
Schifanoia a Ferrara e nella "Camera Picta" di Palazzo Ducale a
Mantova, in Per amor di Classicismo, F. Canali «Bollettino della Società di
Studi Fiorentini», S. Borsi, Leon Battista, Firenze,. Rossellini gli ha
dedicato un film- documentario per la TV nintitolato "L'età di Cosimo dei
Medici" Architettura rinascimentale Rinascimento fiorentino Rinascimento
riminese Rinascimento mantovano Medaglia di Alberti.TreccaniEnciclopedie on
line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. A., in Enciclopedia Italiana,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana. A., su Enciclopedia Britannica,
Encyclopædia Britannica, Inc. A., in
Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. A.,
su MacTutor, University of St Andrews, Scotland. Opere d’A., su Liber Liber. Opere di A., su openMLOL, Horizons Unlimited
srl. Opere di A.,. su Leon Battista Alberti, su Les Archives de littérature du
Moyen Âge. A., in Catholic Encyclopedia, Appleton Company. La
aggiornata degli studi albertiani
in poi, e le informazioni più recenti sulla ricerca albertiana, su alberti.wordpress.com.
Il sito della Société Internationale Leon Battista Alberti, su silba- online.eu.
Biografia breve, su imss. fi. Fondazione
Centro Studi A. Mantova, su fondazione leonbattista alberti. Momus, (testo in
latino, Roma), facsimile, progetto Europeana agent /base/ Identitieslccn. Que’ che affermano LA
LINGUA LATINA non essere stata comune a tutti e’ populi latini ma solo propria
di certi dotti scolastici come oggi la vediamo in pochi credo deporranno quell’errore
vedendo questo nostro opuscolo, in quale io raccolsi l'uso di LA LINGUA NOSTRA in brevissime annotazioni. È la mia grammatica
filosofica. Qual cosa simile fanno gl’ingegni grandi e studiosi come VARRONE presso
de e’ Latini, e chiamorno queste simili ammonizioni, atte a favellare senza
corruttela, suo nome, “grammatica”. Questa arte, quale ella sia in la lingua
nostra, leggetemi e intenderetela. L’ordine delle lettere è: a b c d e f g h
i j k l m n o p q r s t u v w x y z. Ogni parola e dizione in lingua italiana
dove finire IN VOCALE. Solo alcun’articoli de’ nomiini e alcune preposizioni
finiscono in “d,” “n,” o “r.” Le cose in molta parte hanno in lingua italiana
que’ MEDESIMI NOMI CHE IN LATINO. Non hanno e’ italiani fra e' nomi altro
che MASCULINO e femminino. E’ NEUTRI LATINI SI FANNO MASCULINI. Pigliasi
in ogni nome latino lo ablativo singulare, e questo s'usa in ogni caso singulare,
così al masculino come al femminino. A e' nomi masculini l'ultima vocale
si converte in “i”, e questo s’usa in tutti e' casi plurali. A e' nomi
femminini l'ultima vocale si converte in “e”, e questo s’usa in ogni caso
plurale per e' femminini. Alcuni nomi femminini in plurale non fanno in e.
LA mano fa “le manI”. E ogni nome femminino, quale in singulare finisca
in “e”, fa in plurale in “i”. Come la orazione, le orazioni; stagione,
stagioni; confusione, confusioni -- e simili. E' casi de' nomi si notano
co' suoi articoli, dei quali sono vari e' masculini da e' femminini. Item
e' masculini, che cominciano da consonante, hanno certi articoli non fatti come
quando e' cominciano da vocale. Item e’ nomi propri sono vari dagli
appellativi. Masculini che cominciano da consonante hanno articoli simili
a questo. EL cielo, DEL cielo, AL cielo, EL cielo, O cielo, DAL cielo. E'
cieli; DE' cieli; A' cieli; E' cieli; O cieli; DA' cieli. Masculini che
cominciano da vocale fanno in singulare simile a questo. LO orizzonte; DELLO
orizonte; ALLO orizonte; LO orizonte; O orizonte; DALLO orizonte; GLI orizonti;
DEGLI orizonti; AGLI orizonti; GLI orizonti; O orizonti; DAGLI orizonti.
E' nomi masculini che cominciano da “s” pre-posta a una consonante hanno
articoli simili a quei che cominciano da vocale. LO spedo; LO stocco; GLI spedi
-- e simile. Questi vedesti che sono vari da quei di sopra nel singulare,
el primo articolo e anche el quarto. El plurale variorono tutti gli
articoli. Nomi propri masculini non hanno el primo articolo, né anche el
quarto, e fanno simili a questi: Propri masculini, che cominciano da
consonante, in singulare. “Cesare”; “DI Cesare”; “A Cesare” “Cesare”; “O Cesare”;
“DA Cesare”. Nomi propri, che cominciano da vocale, nulla variano da'
consonanti, eccetto che al terzo vi si aggiugne “d”. “Agrippa”; “DI Agrippa”; “AD
Agrippa”, ecc. In plurale non s'adoperano e' nomi propri, e se pur
s'adoperassero, tutti fanno come appellativi. E' nomi femminini, o propri
o appellativi, o in vocale o in consonante che e' cominciano, tutti fanno
simile a questo. “LA stella”; “DELLA stella”; “ALLA stella”; “LA stella”; “O
stella”; “DALLA stella.” “LA aura”; “DELLA aura” ALLA aura LA aura O aura DALLA
aura. PLURALE. LE stelle DELLE stelle ALLE stelle LE stelle O
stelle DALLE stelle. LE aure DELLE aure ALLE aure LE aure O aure DALLE
aure. E' nomi delle terre s'usano come propri. “Roma supera Cartagine”.
E simili a’ nomi propri s'usano e' nomi de' numeri: uno, due, tre, e cento e
mille, e simili. “tre persone”, “uno Dio”, “nove cieli”, e simili. E quei
nomi che si referiscono a’ numeri non determinati come “ogni” – ogni uomo è
mortale -- “ciascuno”, “qualunque”, “niuno”, e simili, e come tutti, parecchi,
pochi, molti, e simili, tutti si pronunziano simili a e’ nomi propri senza
primo e quarto articolo. E' nomi che importano seco interrogazione come “chi”
e “che” e “quale” e “quanto” -- e simili, quei nomi che si riferiscono a questi
interrogatori, come “tale” e “tanto” e “co-tale” e “co-tanto”, si pronunciano
simili a e' propri nomi, pur senza primo e quarto articolo. “Io sono TALE QUALE
voresti essere tu; e amai TALE che odiava me. “Chi” s'usa circa
alle persone. “Chi scrisse?” “Che” significa quanto presso a e' Latini “QVI”
e “QVID” -- Significando “QVID” s'usa circa alle cose. “Che leggi?”. Significando
“QVI” s'usa circa alle persone. “Io sono colui che scrissi”. “Chi” di sua
natura serve al MASCULINO. Ma aggiunto a questo verbo sono, sei, è, serve al
masculino E AL FEMMININO. “Chi sarà tua sposa?” Chi fu el maestro? “Chi” sempre
si pre-pone al verbo. “Che” si pre-pone e pos-pone. “Che”, preposto al
verbo, significa quanto presso a e' Latini “QVID” e “QVANTVM” e “QVALE”. “Che
dice?” Che leggi? “Che uomo ti paio?” Che ti costa? “Che,” *pos*-posto al
verbo, significa quanto apresso e' Latini “VT” e “QVOD. “I' voglio CHE tu mi
legga.” Scio che tu me amerai. E’ nomi, quando e' dimostrano cosa non
certa e diterminata, si pronunziano senza primo e quarto articolo. “Io sono
studioso.” “Invidia lo move.” “Tu mi porti amore.” Ma quando egli importano
dimostrazione certa e diterminata – O DEFINITA [l’articolo definito], allora si
pronunziano coll'articolo. “Io sono LO studioso.” “Tu el dotto.” E’ nomi simili
a questo: primo, secondo, vigesimo, posti dietro a questo verbo sono, sei, è,
non raro si pronunziano *senza* el primo articolo. “Tu fusti terzo.” “Io
secondo.” “Costui fu EL quarto”, “el primo”, “el secondo”, ecc. – “i dodici
apostoli” -- Uno, due, tre, e simili, quando e' significano *ordine*, vi si
pone l'articolo. “Tu fusti el tre.” Io l'uno. “Il dua è numero paro.”,
ecc. Fra tutti gl’altri nomi appellativi, questo nome, “Dio” s'usa come *proprio*.
“Lodato Dio”. “Io adoro Dio”. Gl’articoli hanno molta convenienza co’ pronomi,
e ancora e' pronomi hanno grande similitudine con questi nomi relativi qui
recitati. Adonque suggiungere mogli. De' pronomi, e' primitivi sono
questi: “io”; “tu”; esso questo quello costui lui colui. Mutasi l'ultima vocale
in “a” e fassi il femminino: questa, quella, essa. Solo “io” e “tu”, in una
voce, serve al masculino e al femminino. E’ plurali di questi primitivi
pronomi sono vari, e anche e' singulari. Declinansi così: Io e i': “di me”;
“a me”; e “mi”; “me” e “mi”, “da me”. Noi: di noi: a noi e ci: noi e ci:
da noi. Tu: di te: a te e ti: te e ti: o tu: da te. Voi: di voi: a
voi e vi: voi e vi: o voi: da voi. Esso ed e': di se e si: se e si: da
se; ed Egli. Non troverrai in tutta la lingua italiana casi mutati in
voce altrove che in questi tre pronomi: io, tu, esso. Gl’altri primitivi
se declinano. Questo: di questo: a questo: questo: da questo. Quello: di
quello: a quello: quello: da quello. Muta “o” in “i” e arai el plurale. Questi:
di questi: a questi: questi: da questi. E il somigliante fa quelli.
E così sarà costui e lui e colui, simili a quegli in singulare. Ma in plurale costui
fa “costoro”, lui fa “loro”, colui fa “co-loro”, di coloro, a coloro, coloro,
da coloro. Questo e quello mutano o in a e fassi el femminino singulare: questa
e quella; e fassi il suo plurale: queste, di quelle, a quelle. Lui,
costui, colui, mutano u in e e fassi el singulare femminino, e dicesi: costei,
lei, colei, di colei, ecc. In plurale hanno quella voce che e' masculini, cioè:
loro, coloro, costoro, di costoro, a costoro, ecc. Vedesti come, simile
a' nomi propri, questi pronomi primitivi non hanno el primo articolo né anche
el quarto. A questa similitudine fanno e' pronomi derivativi, quando e' sono
subiunti a e' propri nomi. Ma quando si giungono agl’appellativi, si
pronunziano co' suoi articoli. Derivativi pronomi sono questi. “El mio”, “del
mio”, ecc., e plurale: e' miei, de' miei, ecc. El nostro, del nostro,
ecc. E plurale: e' nostri, de' nostri, ecc. El tuo. Plurale: e' tuoi. El
vostro. Plurale: e' vostri. El suo. E pluraliter: e' suoi,
ecc. Mutasi, come a e' nomi, l'ultima in a, e fassi el singulare
femminino: qual a, converso in e, fassi el plurale, e dicesi: mia e mie;
vostra, vostre; sua e sue. In uso s'adropano questi pronomi non tutti a
un modo. E' derivativi, giunti a questi nomi, padre, madre, fratello,
zio, e simili, si pronunziano *senza* articolo, e dicesi: “mio padre”, nostra
madre, e tuo zio, ecc. Mi e me, ti e te, ci e noi, vi e voi, si e sé sono
dativi insieme e accusativi, come di sopra gli vedesti notati. Ma hanno questo
uso che, preposti al verbo, si dice mi, ti, ci, ecc. “E’ mi chiama” -- e' ti
vuole; que' vi chieggono; io mi sto; e' si crede. Pos-posti al verbo, se
a quel verbo sarà inanzi altro pronome o nome, si dirà. “Io amo te”, e voglio
voi. Si al verbo non sarà aggiunto inanzi altro nome o pronome si dirà:
-i, come qui. “Aspettaci.” restaci, scrivetemi. Lui e colui dimostrano
persone. “Lui andò.” colei venne. Questo e quello serve a ogni
dimostrazione, e dicesi: “Questo essercito predò quella provincia.” “QUESTO
SCIPIONE – l’affricano minore -- supera quello Annibale.” E' ed el, lo e la, le
e gli, quali, giunti a' nomi, sono articoli, quando si giungono a e' verbi,
diventano pronomi e significano quello, quella, quelle, ecc. “Io la amai.” Tu
le biasimi: Chi gli vuole? Ma di questi, egli ed e' hanno significato singulare
e plurale; e, pre-posti alla consonante, diremo e', come qui: e' fa bene; e'
sono. E, pre-posti alla vocale, si giugne e' e gli. “Egli andò”. egli
udivano. E quando segue loro s preposta a una consonante, ancora diremo:
egli spiega; egli stavano. Potrei in questi pronomi essere prolisso,
investigando più cose quali s'osservano, simili a queste: Vi preposto a'
presenti singulari indicativi, d’una sillaba, si scrive in la prima e terza
persona per due v, e simile in la seconda persona presenteimperativa. “stavvi” e
“vavvi”; e ne' verbi, d'una e di più sillabe, la prima singulare indicativa del
futuro. “Amerovvi”. leggerovvi, darotti, adoperrocci, e simile. Seguitano e’
verbi. Non ha la lingua toscana verbi passivi, in voce. Per
esprimere el passivo, compone con questo verbo “sono”, “sei”, “è”, el
participio preterito passivo tolto da e' Latini, in questo modo. “Io sono amato.”
; Tu sei pregiato; Colei è odiata. E simile, si giugne a tutti e' numeri e
tempi e modi di questo verbo. Adonque lo porremo qui distinto.
INDICATIVO. Sono, sei, è. Plurale: siamo, sete, sono. IMPERFETTO:
Ero, eri, era. Pl.: eravamo e savamo, eravate e savate, erano. PERFETTO: Fui,
fusti, fu. Pl.: fumo, fusti, furono. Ero, eri, era stato. Plurale:
eravamo e savamo, eravate e savate, erano stati. FUTURO: Sarò, sarai,
sarà. Pl.: saremo, sarete, saranno. Hanno e' italiani, in voce, uno
preterito quasi testé, quale, in questo verbo, si dice così: Sono, sei, è
stato. Plurale: siamo, sete, sono stati. “Ieri FUI ad Ostia.”; oggi sono
stato a Tibuli. ndere i link alle concordanze IMPERATIVO. Sie tu,
sia lui. Pl.: siamo, siate, siano. Sarai tu, sarà lui. Plurale: saremo,
ecc. OTTATIVO. Dio ch ‘io fussi, tu fussi, lui FUSSE. Pl.: fussimo,
fussi, fussero. Dio ch'io sia, sii, sia stato. Pl.: siamo, siate, siano
stati. Dio ch'io fussi, fussi, fusse stato. Plurale: fussimo, fussi,
fussero stati. Dio ch'io sia, sii, sia. Pl.: siamo, siate,
siano. SUBIENTIVO. Bench'io, tu, lui sia. Pl.: siamo, siate,
siano. Bench'io fussi, tu fussi, lui fusse. Pl.: fussimo, fussi,
fussero. Bench'io sia, sii, sia stato. Plurale: siamo, siate, siano
stati. Bench'io fussi, fussi, fusse stato. Plurale: fussimo, fussi,
fussero stati. Bench'io sarò, sarai, sarà stato. Pl.: saremo, sarete,
saranno stati. E usasi tutto l'indicativo di questo e d'ogni altro verbo,
quasi come subientivo, prepostovi qualche una di queste dizioni: “se” – Grice,
“Indicative conditional,” “Subjunctive conditionaal” --; “quando”, “benché” -- e
simili. E dicesi: bench'io fui. “Se e' sono”; quando e'
saranno. INFINITO. Essere, essere stato. GERUNDIO. Essendo PARTICIPIO. “Essente”
Dirassi adonque, per dimostrare el passivo: Io sono stato amato; fui
pregiato; e sarò lodato; tu sei reverito. Hanno e' italiani certo modo
subientivo, in voce, NON NOTATO DA E’ LATINI. E parmi da nominarlo “asseverativo”,
come questo: Sarei, saresti, sarebbe. Pl.: saremo, saresti, sarebbero. “Tu
fussi dotto, SARESTI pregiato” – “SE FUSSERO amatori dellapatria, e' SAREBBERO
più felici. Seguitano e’ verbi attivi. Le coniugazioni de'
verbi attivi in lingua italiana si formano dal GERUNDIO LATINO, levatone le
ultime tre lettere “-ndo”, e quel che resta si fa terza persona singulare
indicativa e presente. “Ama-ndo”. “levane-ndo”, resta ama; scrivendo resta
scrive. Sono adonque II coniugazioni. Una che finisce in -a. L’altra
finisce in -e. Alla coniugazione in -a, quello a si muta in o, e fassi la
prima persona singulare indicativa e presente; e mutasi in i, e fassi la
seconda. E così si forma tutto il verbo, come vedrai la similitudine qui, in
questo esposto: INDICATIVO. Amo, ami, ama. Pl.: amiamo, amate,
amano. IMPERFETTO: Amavo, amavi, amava. Pl.: amavamo, amavate,
amavano. PERFETTO: Amai, amasti, amò. Pl.: amamo, amasti, amarono. {Ho,
hai, ha} + amato. Pl.: abbiamo, avete, hanno amato. FUTURO: Amerò,
amerai, amerà. Pl.: ameremo, amerete, ameranno. In questa lingua, ogni
verbo finisce in -o la prima indicativa presente, e in questa coniugazione
prima, finisce ancora in o la terza singulare indicativa del preterito.
Ma ècci differenza, ché quella del preterito fa el suo o LONGO, e quella del
presente lo fa o BREVE. IMPERATIVO. Ama tu, ami lui. Pl.:
amiamo, amate, amino. Amerai tu, amerà colui. Pl.: ameremo,
ecc. OTTATIVO. Dio ch'io amassi, tu amassi, lui amasse. Pl.:
Dio che noi amassimo, voi amassi, loro amassero. Dio ch'io abbia, tu
abbi, lui abbia amato. Pl.: Dio che noi abbiamo, abbiate, abbino amato.
Dio ch'io avessi, tu avessi, lui avesse amato. Pl.: Dio che noi avessimo,
avessi, avessero amato. Dio ch'io, tu, lui ami. Pl.: amiamo, amiate,
amino. SUBIENTIVO. Bench'io, tu, lui ami. Pl.: amiamo, amiate,
amino. Bench'io, tu amassi, lui amasse. Pl.: amassimo, amassi,
amassero. Bench'io abbia, abbi, abbia amato. Pl.: abbiamo, abbiate, abbino
amato. Bench'io avessi, tu avessi, lui avesse amato. Pl.: avessimo,
avessi, avessero amato. Bench'io arò, arai, arà amato. Pl.: aremo, arete,
aranno amato. “ASSERTIVO”. Amerei, ameresti, amerebbe. Pl.:
ameremo, ameresti, amerebbero. INFINITO. Amare, avere amato.
GERUNDIO. Amando. PARTICIPIO. Amante. Vedi come a
e' tempi testé perfetti e al futuro del subientivo mancano sue proprie voci, e
per questo si composero simile a' verbi passivi: el suo participio co' tempi e
voci di questo verbo ho, hai, ha. Qual verbo, benché e’ sia della coniugazione
in a, pur non sequita la regola esimilitudine degl’altri, però che egli è verbo
d'una sillaba, e così tutti e’ monosillabi sono anormali. Né troverrai in
tutta la lingua italiana verbi mono-sillabi altri che questi VI: “do”; “fo”, “ho”;
“vo”; “sto”; e “tro”. Porremogli adonque qui sotto distinti. Ma, per
esser breve, notiamo che e' sono insieme dissimili ne e' preteriti-perfetti
indicativi, e ne' singulari degl’imperativi, e nel singulare del futuro-ottativo,
ne' quali e' fanno così: DO: diedi, desti, dette. Pl.: demo, desti,
dettero. FO: feci, facesti, fece. Pl.: facemo, facesti, fecero. HO:
ebbi, avesti, ebbe. Pl.: avemo, avesti, ebbero. VO: andai, andasti, andò.
Pl.: andamo, andasti, andarono. STO: stetti, stesti, stette. Pl.: stemo,
stesti, stettero. TRO: tretti, traesti, trette. Pl.: traemo, traesti,
trettero. In tutti e' verbi, come fa la seconda persona singulare del
preterito, così fa la seconda sua plurale: amasti, desti, leggesti. DO:
da tu, dia lui. FO: fa tu, faccia lui. HO: abbi tu, abbia
lui. VO: va tu, vada lui. STO: sta tu, stia lui. TRO: tra tu,
tria lui. DO: Dio ch'io dia, tu dia, lui dia. FO: faccia, facci,
faccia. HO: abbia, abbi, abbia. VO: vada, vadi, vada. STO:
stia, stii, stia. TRO: tragga, tragghi, tragga. Seguita la
coniugazione in e. Questa si forma simile alla coniugazione in a. Mutasi
quello e in o, e fassi la prima presente indicativa. Mutasi in i, e fassi la
seconda. “Leggente” e scrivente, levatonente, resta legge, scrive; onde si fa
leggo, leggi, leggeva, leggerò, ecc. Solo varia dalla coniugazione in a in que'
luoghi dove variano e' monosillabi. Ma questa coniugazione in e varia in più
modi, benché comune faccia e' preteriti perfetti indicativiin -ssi, per due s,
come: leggo, lessi; scrivo, scrissi. Ma que' verbi che finiscono in “-sco”
fanno e' preteriti in -ii per due i, come esco, uscii; ardisco, ardii;
anighittisco, anighittii. Ma, per più suavità, nella lingua italiana non si
pronunziano due iunte vocali. Da questi verbi si eccettuano cresco ed e' suoi
compositi, rincresco, accresco, e simili, quali finiscono, a' preteriti
perfetti, in -bbi, come crebbi, rincrebbi. Item, nasco fa nacqui, e
conosco fa conobbi. E que' verbi che finiscono in mo fanno e' preteriti in
-etti, come premo, premetti; e quei che finiscono in do fanno e' preteriti in
-si, per uno s, come ardo, arsi; spargo, sparsi; ECCETTO “vedo” fa “vidi”; odo,
udi'; cado, caddi; godo, godei e godetti. E quegli che finiscono in ndo fanno
preteriti -si, per uno s: prendo, presi; rispondo, risposi; eccetto vendo fa
vendei e vendetti. Sonci di queste regole forse altr’eccezioni. Ma per
ora basti questo principio di tanta cosa. Chi che sia, a cui diletterà ornare
la patria nostra, aggiugnerà qui quello che ci manchi. Dicemo de’
preteriti, resta a dire degl’altri. IMPERATIVO. Leggi tu, legga
colui. OTTATIVO. Futuro singulare: Dio ch'io scriva, tu scriva, lui
scriva. E così fanno tutti. Verbi impersonali si formano della terza
persona del verbo attivo in tutti e' modi e tempi, giuntovi “si”, come: amasi,
leggevasi, scrivasi. Ma questo si suole trasporlo *innanzi* al verbo, giuntovi
e': “Si legge.” e' si corre; e massime nell'ottativo e subientivo *sempre* si
pre-pone, e dicesi. “Dio che e' s'ami.” Quando e' si leggera', e simile.
Seguitano le preposizioni (Grice on “to”). Di queste alcune non caggiono
in composizione, e sono queste. oltre, sino, dietro, doppo, presso, verso, ‘nanzi,
fuori, circa. Preposizioni che caggiono in composizione e ancora
s'adoperano seiunte, sono di una sillaba o di più. D'una sillaba sono
queste: DE. de' nostri; detrattori. AD: ad altri;
admiratori. CON: con certi; conservatori. PER. per tutti;
pertinace. DI: di tanti; diminuti. IN: in casa; importati. “Di”,
pre-posto allo infinito, ha significato quasi come a' Latini “VT”. “Io mi
sforzo d'essere amato.” Quelle de più sillabe sono queste: SOTTO sotto-posto
SOPRA sopra-posto e dicesi ENTRO entro-messo CONTRO contra-posto
Preposizioni quali s'adoperano SOLO in composizione. re, sub, ob, se, am, tras,
ab, dis, ex, pre, circum; onde si dice: trasposi e circumspetto. Seguitano
gli avverbi. Per e' TEMPO, si dice: oggi, testé, ora, ieri, crai, tardi,
omai, già, allora, prima, poi, mai, sempre, presto, subito. Per e' LUOGO,
si dice: costì, colà, altrove, indi, entro, fuori, circa, quinci, costinci, e
qui e ci, e ivi e vi. “Io voglio starci.” io ci starò, pro qui; e verrovvi e io
vi starò, pro ivi. Pelle cose, si dice: assai, molto, poco, più,
meno. NEGANDO, si dice: nulla, “no” – Latino: “non” --, niente, né.
Affirmando, si dice: sì, anzi, certo, alla fe'. Domandando, si dice:
perché, onde, quando, come, quanto. Dubitando: forse. Narrando, si
dice: insieme, pari, come, quasi, così, bene, male, peggio, meglio, ottime,
pessime, tale, tanto. Usa la lingua italiana questi avverbi, in luogo di
nomi, giuntovi l'articolo, e dice: el bene, del bene, ecc.; qual cosa ella
ancora fa degl’infiniti, e dicono: el leggere, del leggere. Ma a più
nomi, pronomi e infiniti giunti insieme, solo in principio della loro
coniunzione usa preporre non più che uno articolo, e dicesi: el tuo buono amare
mi piace. Item, a similitudine della lingua gallica, piglia l’italiano e'
nomisingulari femminini adiettivi e aggiungevi -mente, e usagli per avverbi,
come saviamente, bellamente, magramente. Interiezioni. Sono
queste: hen, hei, ha, o, hau, ma, do. Coniunzioni. Sono queste:
mentre, perché, senza, “se” – condizionale --, però, benché, certo, adonque,
ancora, “ma” – cf. Frege --, come, e, né, o, segi (sic). “e” congiunge; né
disiunge. “o” divide; senza si lega solo a' nomi e agli’infiniti. E dicesi:
senza più scrivere; tu e io studieremo; che né lui né lei siano indotti. “O
piaccia O dispiaccia questa mia invenzione.” E questo ne ha vario significato e
vario uso. Se si pre-pone simplice a' nomi, a' verbi, a' pronomi, significa
negazione. “Né tu né io meritiamo invidia.” E significa in; ma, aggiuntovi l,
serve a' singulari masculini e femminini; e senza l, serve a' plurali quali
comincino da consonante. A tutti gl’altri plurali, masculini e femminini si
dice nel-; e quando s sarà preposta alla consonante, pur si dice: nello spazzo,
nelle camere, ne' letti, nello essercito di Dario, negli orti. E questo
ne, se sarà subiunto a nome o al pronome, significa di qui, di questo, di
quello, secondo che l'altre dizioni vi si adatteranno. “Cesare ne va.” Pompeio
ne viene. E questo ne, pos-posto al verbo, sarà o doppo a monosillabi o
doppo a quei di più sillabe; e più, o significa interrogazione o affirmazione o
precetto. Adonque, doppo l'indicativo mono-sillabo, la interrogazione si
scrive, in la prima e terza persona, per due n, la seconda per uno n, come,
interrogando, si dice: vonne io? va' ne tu? vanne colui? Nello imperativo si
scrive la seconda per due n, e dicesi: vanne, danne. La terza si scrive per
uno, e dicesi: diane lui, traggane. E questi monosillabi, la prima indicativa
presente, affirmando, si scrive per due n, e dicono: fonne, vonne, honne.
Se sarà el verbo di più sillabe, la interrogazione e affirmazione si scrive per
uno n in tutti e' tempi, eccetto la affirmazione in lo futuro, quale si scrive
per due n. portera' ne tu? porteronne. E questo sino qui detto s'intenda per e'
singulari, però che a' plurali si scrive quello ne sempre per uno n, come
andiamone. Non mi stendo negl’altri simili usi a questi. Basti quinci
intendere e' principi d'investigare lo avanzo. E' vizi del favellare in
ogni lingua sono o quando s'introducono alle cose nuovi nomi, o quando gl’usitati
si adoperano male. Adoperano si male, discordando persone e tempi, come chi
dicesse. “Tu ieri andaremo alla mercati.” E adoperanosi male usandogli in ALTRO
significato alieno, come chi dice: “processione” pro possessione. Introduconsi
nuovi nomi o in tutto alieni e incogniti o in qualunque parte mutati.
Alieni sono in ITALIA più nomi barberi, lasciativi da gente germana, quale più
tempo militò in Italia, come elm, vulasc, sacoman, bandier -- e simili. In
qualche parte mutati saranno quando alle dizionis' aggiungerà o minuirà qualche
lettera, come chi dicesse: paire pro patre, e maire pro matre. E mutati saranno
come chi dicesse: replubica pro republica, e occusfato pro offuscato; e quando
si ponesse una lettera per un'altra, come chi dicesse: aldisco pro ardisco,
inimisi pro inimici. Molto studia la lingua italiana d'essere breve ed
espedita, e per questo scorre non raro in qualche nuova figura, qual sente di
vizio. Ma questi vizi in alcune dizioni e prolazioni rendono la lingua più
atta, come chi, diminuendo, dice “spirto” pro spirito; e massime l'ultima
vocale, e dice papi, e Zanobi pro Zanobio; credon far quel bene. Onde s'usa che
a tutti gl'infiniti, quando loro segue alcuno pronome in i, allora si
gettal'ultima vocale e dicesi: farti, amarvi, starci, ecc. E, mutando
lettere, dicono mie pro mio e mia, chieggo pro chiedo, paio pro paro, inchiuso
pro incluso, chiave pro clave. E, aggiugnendo, dice vuole pro vole, scuola pro
scola, cielo pro celo. E, in tutto troncando le dizioni, dice vi pro quivi, e
similiter, stievi pro stia ivi. Si questo nostro opuscolo sarà tanto
grato a chi mi leggerà, quanto fu laborioso a me el congettarlo, certo mi
diletterà averlo promulgato, tanto quanto mi dilettava investigare e raccorre
queste cose, a mio iudizio, degne e da pregiarle. Laudo Dio che in la
nostra lingua abbiamo omai e' primi principi: di quello ch'io al tutto mi
disfidava potere assequire. Cittadini miei, pregovi, se presso di voi
hanno luogo le mie fatighe, abbiate a grado questo animo mio, cupido di onorare
la patria nostra. E insieme, piacciavi emendarmi più che biasimarmi, se in
parte alcuna ci vedete errore. Della Thoscana senza auttore. Firenze
Biblioteca Riccardiana. Cod. Moreni 2. Cod. cart. sec. XV, contenente tre opere
dell’A. precedute da un foglio di guardia in pergamena, ora num. I, al cui
verso:figura l’abbozzo autografo dell’Ordine delle Lettere, corrispondente con
alcune varianti all’inizio della grammatica nel cod. Vaticano. Colombo, A. e la
prima grammatica italiana, “Studi Linguistici Italiani”. C. Trabalza, Storia
della grammatica italiana, Firenze; La prima grammatica della lingua volgare,
cur. Grayson, Bologna, Commissione per i Testi di Lingua. Il testo della
presente edizione è in sostanza quello medesimo da noi pubblicato nel 1964. Ci
siamo limitati a correggere alcune sviste ed errori tipografici e ad introdurre
qualche lieve emendamento in seguito alle osservazioni fatte in recensioni a
quella edizione, tra cui l’attento esame particolareggiato di Ghinassi in «Lingua
Nostra». Quanto scrivemmo allora intorno alla data del cod. Vaticano andrebbe
ora qualificato seguendo il giudizio del compianto Weiss, cioè che si tratta di
copia fatta più tardi di un manoscritto, ora perduto, copiato. Tale
precisazione però non incide sulla costituzione del testo né cambia i criteri
adottati nella presentazione della grammatica quale figura nel cod. Vaticano. A
parte qualche correzione e integrazione, di cui diamo ragione nell’apparato,
abbiamo seguito fedelmente il manoscritto, ritoccando soltanto la grafia
nei casi seguenti. Distinguendo “u” da “v”, togliendo e aggiungendo h secondo i
casi, livellando in doppia qualche scempia inerte smentita da doppia corretta e
viceversa. Abbiamo pure rammodernato la punteggiatura irregolare del codice, e
modificato gli accenti salvo nello specchio delle vocali, dove è indispensabile
rispettare l’originale. Riguardo a questo specchio, perché il lettore possa
apprezzare pienamente le varianti col frammento del cod. Mor. 2, riproduciamo
il facsimile dell’Ordine delle lettere pella lingua toschana, che dovette
rappresentare una prima stesura dell’inizio della grammatica quale appare nel
cod. Vaticano. La scoperta di questo frammento autografo, aggiunta alle
prove interne, soprattutto di carattere linguistico, da noi esposte minutamente
nella edizione citata, hanno reso oramai certa l’attribuzione di questa
grammatica ad A.. Non occorre qui insistere su un problema già risolto
definitivamente. Basti rimandare per ogni ulteriore informazione alla
introduzione a quella edizione. Né avremmo altri elementi da aggiungere alla
ipotesi ivi formulata che A. abbia steso questa grammatica quand scrivendo a
Pasti adopera lo spirito aspro greco per distinguere “è” verbo da “e” articolo.
L’opera è priva di titolo nei codici. Le diamo qui quello di Grammatica della
lingua toscana, fondandoci suglì accenni interni, nel 1° paragrafo per la
grammatica e passim per la lingua toscana. Alla forma particolare del “g” per
significare il suono gutturale sostituiamo, sull’analogia di ch, gh (cfr.
facsimile Cod. Mor.) rg. Cod. giro giro alcio (ma cfr. Cod. Mor.). Il copista
salta per sbaglio il vocativo. Cod. sono e sei e serve. firenze, Bibl.
Riccardiana, Cod. Moreni 2. Foglio grammaticale autografo di A. Cod.
similitudini com. L'analogia delle altre serie consiglia le integrazioni. p.
183. 2. Cod. aspettoci, che potrebbe anche correggersi in aspettati (come
propone il Ghinassi) Accogliamo l'integrazione già proposta dal Trabalza. Cod.
quasi s'osservano. Cod. si giugni. Cod. fussimo fussir fussero stati. p. 183. 3.
Cod. saremo, sarete, sareste stati 6. Cod. questi. p. 186. 9. Cod. amàvamo, con
l'accento sulla terzultima, dopo aver cancel- lato l'accento sulla penultima
(sono d'accordo ora col Ghinassi che sarebbe difficile sostenere che l'accento
sulla terzultima risalga senza dubbio all'originaleIntroduco le forme del preterito,
sal- tato dal copista (ma se ne parla subito) Cod. Dio ch'io ami tu lui ami
Cod. amerai. Nel marg. del cod. il copista ha scritto So, per indicare l'omissione
di questo verbo nella serie di verbi monosillabi. Cod. notamo, che non può
valere come perfetto qui, e perciò va corretto in notiamo Cod. tragga traggi
tragga. Cod. anigittisco anigittii Cod. forsi. p. 190. s. Cod. sine 23. Cod. Quale
Cod. verrovi (ma sarebbe contro la regola già stabilita a p. 183) 6. Cod.
affirimando 24. Cod. ne osegi, da cui si deve staccar l’o per quel che si dice
subito appresso, lasciando un segi problematico (forse errore di trascrizione
per e.g. o per etc.? Cod. camemere 10. Cod. preposto, ma, come osserva il
Ghinassi, deve essere un errore. Cod. lezione incerta tra siane, diane 36. Cod.
Vulase saceman; correggiamo il primo in “vulasc” per conformità con la serie di
'nomi barberi' tutti terminanti in consonante, senza però poterne spiegare il
significato. Il secondo in sacoman anziché supporre una forma sacheman altrimenti
non attestata. La lezione papi è chiara nel cod. ma difficile a spiegare (si è
pensato a pabbio, papeo, papiro). «Italian Studies». Per la discussione e illustrazione
del foglio autografo del cod. Mor. vedi l’art. cit. sopra di C. Colombo.
In Firenze, tragli uomini di studio, educati cio è agli studi
umani, si distinseroa questo proposito gl'ingegni liberida ogni abito di
pedantería, che non s'erano allontantanati con superbo fastidio dalla fonte di
quelle vene, soprattutto gli artisti e gliuomini d'azione.E tra questi, chi
meglio conobbe il valore di questo luminoso mezzo che il suo popolo gli
offriva, e insieme intravide il lavoro che la mente e la volontà fanno nella
formazione e nell'uso della parola, fu l'antico grande cittadino nato in
esilio, l'umanista architetto, l'abbreviatore moralista della famiglia, il
raccoglitore e innovatore della ·TORBACA, Rimatori napoletani del secolo X V,in
Discussioni e ricerche letterarie, Livorno, Vigo, tradizione formatasi a
Santa Maria Novella?,cioè A.. Egli primo, o più preparato e franco di tutti, si
mosse a difesa del « volgare idioma », che sente « degno d'onore » con « vere
ragioni », « in diverse maniere » pro vando 2: e una di queste maniere fu
probabilmente quella di far riconoscere nella lingua che per lui era paterna,
l'ordine grammaticale; che cioè l'uso di quella lingua è ordinato e legittimo
non meno del latino, e che si può raccogliere in « ammonizioni atte a scrivere
e favellare senza corruttela »; che insomma in quest'uso comune e stabile sono
applicate leggi di ragione. Intendo che probabilmente a lui si devono quei
Primi principij della grammatica o della lingua toscana, cioè quel geniale
saggio ... d'una grammatica dell'uso vivo di Firenze che i Medici conservarono
a noi, e che ora le prime linee del suo trattato della famiglia l'A le tolse
dall'opuscolo di Dominici a Bartolomea
Obizzi negli Alberti, noto col titolo Regola del governo di cura famigliare. V.
lo nell'ediz. SALVI, Firenze, Garinei, Queste parole sono di Michele del
Giogante.V. FR. FLAMINI, La lirica toscana del Rinasciniento anteriore ai tempi
del Magni. fico, Pisa, Nistri, Cfr. O. Bacci, MORANDI. Lorenzo il Magnifico, Leonardo da
Vinci e la prima grammatica italiana; Leonardo e i primi vocabolari: ricerche:
Città di Castello, Lapi. Ma cfr. F. SENSI, Ancora di A. grammatico, in
Rendiconti del R. Ist. lombardo, L'opuscolo è pubblicato in appendice alla
Storia della grammatica italiana di TRABALZA, Milano, Hoepli. Propongo qui
l'opinione che mi par più probabile, anche dopo che Morandi ha difeso la sua
nell'articolo Per Leonardo da Vinci e per la «Gramatica di Lorenzo de' Medici
», nella Nuova Antologia. Il titolo, che la copia vaticana dell'opuscolo ha, non
esemplato dall'originale, e nel foglio di guardia da altra mano che quella
dell’amanuense segnato, DELLA THOSCANA SENZA AUTTORE, mi pare si possa desumere
qual era nella mente di questo autore dal ringraziamento finale (c.16a): «Laudo
Dio che in la nostra lingua habbiamo homai e' primi principij; di 218
1 dimostra in chi l'ha dato l'antico cittadino italiano e il
filologo moderno. Così A. dette primo alla patria sua, fuori della quale era
nato, la corona della lingua. E da lui n'ereditò la difesa il giovanetto figlio
di Piero dei Medici (cioè del fautore di lui in quest'opera) e di Tornabuoni:
il quale, seguendo il suo genio nativo, che lo conduceva all'acquisto della
grandezza, cercò esser popolare 1 »; e de'suoi grandi intendimenti, e delle
cure che gl'imponeva ilprincipato nella sua città, voluto e mantenuto ad ogni
costo, non credeva nu trito », « aggiungendosi... prospero successo ed
augumento al fiorentino imperio 2 » si estendesse e diventasse comune ad altre
città e province, come Roma avea fatto della quello ch'io al tutto mi disfidaua
potere assequire ». Ch'egli poi le ammonitioni » di quest' a arte » anche « in
la lingua nostra chiamasse «suo nome, Grammatica » lo dice espressamente nel
proemio; e quest'esempio ci dà facoltà d'argomentare per analogia, che anche A.
indicando un suo lavoro con le parole De litteris atque coeteris principiis
grammaticae abbia potuto intendere aquesta arte... in la lingua nostra ». Del
resto, una annotazione assai simile ad altra della Grammatichetta, traquelle
del Colocci, nel vatic. (sotto il titolo aLingue de varii barbari), mi fa
supporre ch'egli conoscesse quell'opuscolo, per lui prezioso, che era nella Libreria
de Medici «senza auttore»; egli che, in Roma, quella libreria frequentava, come
prova, se non altro,l'indicazione che sitrova nell'altro suo ms., il vat.: a
Bapta Alberto in libreria de medici de Rythmis ». A proposito della quale
opera, altrove, dice che stima facesse dell'autore: «Leon Alberto huomo alli
tempi nostri di dottrina et d'ingegno a nullo inferiore ». Questo sia detto col
rispetto dovuto all'autorità di Morandi, nel comune amore del vero. 1 GINO
CAPPONI, Storia della repubblica fiorentina, Firenze, Barbèra, Cfr. 0. BACCI, Op.cit.,pag.69. 2 Commento del
Mco L. DE M. sopra alcuni de'suoi sonetti, nelle sue Opere, Firenze, Molini] ultima
questa, che la lingua « nella quale era nato e latina. Allo stesso modo
poi il figliuolo suo Giovanni, che venne veramente, come allora si diceva, a
capo delle cose del mondo col nome di Leon X, voleva tenuta in onore diffusa la
lingua latina serbata nella ecclesiastica e allora restaurata secondo
l'esemplare augustèo 1: inter caeteras curas, quas in hac humanarum rerum
curatione divinitus nobis concessa, subimus, non in postremis hanc quoque
habendam ducimus, ut latina lingua nostro Pontificatu dicatur facta auctior.
Così dunque Lorenzo raccolse l'eredità dell'antica lingua fiorentina da Leon
Battista e dagli altri generosi custodi e difensori di essa della generazione
anteriore, e ne fece la lingua dotta della sua corte popolana, uno strumento di
regno. Quanto il suo esempio fosse efficace sui prìncipi con temporanei, lo
dice un cortigiano della generazione a lui seguente, Colli oda
ColledettoilCalmeta,chedisegnò e difese l'ideale della lingua cortigiana: « La
vulgar poesia et arte oratoria, dal Petrarca e Boccaccio in qua quasi adulte.
rata, prima da Laurentio Medice e suoi coetanei, poi m e diante la emulatione
di questa et altre singularissime donne di nostra etade, su la pristina
dignitade essere ritornata se comprehende. E questa donna era Beatriced’Este, la
posa di Ludovico il Moro, e le principali tra le altre erano la sorella
maggiore di lei sposa del marchese Francesco Gonzaga, Isabella, ed Elisabetta
Gonzaga sposa di Guidubaldo da Montefeltro duca d'Urbino. Breve a Franc. De
Rosis scritto dal Sadoleto, citato dal PASTOR, Storia dei Papi dalla fine del
M. evo,vol. IV,p. Nella Vita di Serafino Aquilano in fronte alle Rime di lui,
ediz. cit., (Leon X), trad. Mercati, Roma, Lefebvre. Alberti. DELLA
THOSCANA SENZA AUTORE
Guardia (Dal Cod.
Vat. Reg. 1370
ce. 1-161 [QjVe
che affermano la
lingua latina non
essere stata comune
a e. 1
A tutti é
populi latini, ma
solo propria di
certi docti scolastici,
come hoggi la
vediamo in pochi;
credo deporanno quello
errore: vedendo questo
nostro opuscholo in
quale io racolsi
l'uso della lingua
nostra in brevissime
annotationi: qual cosa
simile fecero gl'ingegni
grandi e studiosi
presso a Grseci
prima, e pò
presso de é
latinj : et
chiamorno queste simili
ammonitioni apte a
scrivere e favellare,
senza corruptela, suo
nome Grammatica. Questa
arte quale élla
sia in la
lingua nostra leggietemi
e intenderetela. Ordine
delle lettere i
r t d b v
e e o
1 s f
è e e
Coniunctio el giro
girò aldo el
zembo et volse
pòrci à porci
quello che è
pélla pelle. p q
a x Z
e eh g
I) ó u
e e Verbum
Articulus YOCHALI e.
I B io.
Cod. d'tlle. V.
facsimile (Tav. I).
11. L'z nel
cod. è senza
puntino. 14. Quest'ultima
lettera sarebbe una
g gutturale da
distinguere dalla g
della linea 12
che ne rappresenterebbe il
suono palatale? Nel
testo, in ogni
modo, il g non ricorre
in nessuna di
queste due forme,
ma nell'altra che
si può com'esse
vedere nel facsimile
(Tav. I). 16.
LV e Vó chiusi nel
cod. sono distinti
da^eo aperti, il
primo con un
apostrofo so- prastante e
il secondo con
un circonflesso. 17-18.
L'è congiunzione è
distinto con due
puntini ; I*
verbo con tre
puntini a triangolo
preceduti da un'asta
perpendicolare su cui
ne cade perpendicolarmente un'altra;
Ve articolo e
pronome \ei, i)
con tre puntini
l'uno sull'altro obliquamente
posti, preceduti dal
segno dell'angolo o
di un sette.
Ma vedi meglio
nel facsimile Tav.
II). Regole della
lingua fiorentina [OJgni
parola e dictione
Toscana finisce in
vocale: solo alenimi
articholi de nomi
in .1. et
alchune prepositioni finiscono
in .d. .n.
.r. Le chose
in molta parte
hanno in lingua
toscana que medesimi
nomi, che in
latino. Non hanno
é toscani fra
é nomi altro
che masculino, e,
feminino. 5 é
neutri latini si
fanno masculini. Pigliasi
in ogni nome
latino lo ablativo
singulare, e questo
s'usa e. 2
A in ogni
caso singulare; cosi
al majsculino come
al femminino. A
é nomi masculini
l'ultima vocale si
converte in .1.
e questo s'usa
in tutti é
casi plurali. io A é
nomi femminini l'ultima
vocale si converte
in .E. e
questo s'usa in
ogni caso plurale
per é femminini.
Alchuni nomi femminini
in plurale non
fanno in .E.
come la mano,
fa le mani.
Et ogni nome
feminino quale in
singulare finisca in
.e. fa in
più- 15 rale
in .1. come
la oratione, le
orationi, stagione, stagioni,
confusioni e simili.
É casi de
nomi si notano
co suoi articoli:
de i quali
sono varii é
masculini da é
feminini. Item é
masculini, che cominciano
da consonante hanno
certi ar- 20
ticoli non fatti
come quando é
cominciano da vocale.
Item é nomi
proprij sono varij
da gli appellativi.
Masculini che cominciano
da consonante hanno
articoli simili a
questo. SlNGI'LARE 25
c- 2 B
EL cielo DEL
cielo AL cielo
EL cielo Ó
cielo DAL cielo
Plurale É cieli
DE cieli A
cieli É cieli
Ó cieli DA
cieli Masculini che
cominciano da vocale:
fanno in singulare
simile a questo.
30 LO òrizonte
DELLO òrizonte ALLO
órizonte LO órizonte
.O. òrizonte Dallo
òrizonte. Plurale Gli
orizonti Degli orizonti
Agli orizonti Gli
orizonti Dagli orizonti.
É nomi masculini
che cominciano da
.s. prceposta a
una conso- ^
nante hanno articoli
simili a quei
che cominciano da
vocale, e dicesi
Lo spedo, Lo
stocco, Gli spedi,
e simile. Regole
della lingua fiorentina
537 Questi vedesti
die sono vani
da quei di
sopra nel singulare
él primo articolo
et anque él
quarto; ma nel
plurale variorono tutti
gii articoli. Nomi
proprii masculini non
hanno él primo
articolo, ne anque
él 5 quarto;
e fanno simili
a questi. Proprii
masculini che cominciano da
consonante in singulare
e. 3 A
fanno cosi. Cesare
DI Cesare A
Cesare Cesare .O
Cesare Da Cesare.
Nomi proprii che
cominciano da vocale
nulla variano da
conso- lo nanti,
excetto che al
terzo vi si
aggiugne .D. e
dìcesi. Agrippa DI
Agrippa AD Agrippa
etc. In plurale
non s'adoperano é
nomi proprii, e
se pur s'adoperas-
sero; tutti fanno come
appellativi. E nomi
feminini ó proprij
o appellativi o
in vocale, o
in conso- •5
nante che é
cominciano; tutti fanno
simile à questo.
Singulare La stella
Della stella Alla
stella La stella
Ó stella Dalla
stella. La aura
Della aura Alla
aura La aura
O aura Dalla
aura. Plurale 20
Le stelle Delle
stelle Alle stelle
Le stelle O
stelle Dalle stelle,
e. 3 B
Le aure Delle
aure Alle aure
Le aure Ó
aure Dalle aure.
E nomi delle
Terre s'usano come
proprij e dicesi.
Roma superò Cartilagine.
Et similj a
nomi proprii s'usano
é nomi de
numeri uno, due,
25 tre e
cento e mille
e simili e
dicesi Tre persone,
Vno dio, Nove
cieli e simili.
Et quei nomi
che si riferiscono
a numeri non
determinati come, OGNI,
CIASCVNO, QUALVNQUE, N1VNO
e simili; e
COme TVTTI, PARECCHI,
pochi, molti, e
similj tutti si
pronuntiano simili à
é nomi proprij
senza 30 primo
e quarto articolo.
E nomi che
importano seco interrogatione, come
chi, e che e ovale
e qvanto e
simili, quej nomi
che si rifferiscono
a questi in-
terrogatorij come tale
e tanto e
cotale e cotanto,
si pronuntiano -.
La C di
Cesare nei casi
obliqui è incerto
se sia maiuscola
o minuscola. 11.
Cod. DA con
un'/ sopra VA, preceduta
da crocetta. ' 26. Dopo
similj il cod.
teca un att
coti un'abbreviatura, e cosi a
541,22, dopo /ussero.
538 Regole della
lìngua fiorentina e.
4 A simili
à é propri;
nomi, pur senzajprimo
e quarto articolo,
e dicesi: Io
sono tale, quale
voresti esser tu:
et, amai tale,
che odiava me.
chi s'usa circa
alle persone e
dicesi, chi scrisse
? che, significa
quanto presso a é latini
qui et quid;
significando quid, s'usa
circa a le
cose e dicesi,
che leggi? significando qui
5 s'usa circa
alle persone e
dicesi: Io sono
cholui, che scrissi.
chi. di sua
natura serve al
masculino ma aggiunto
à questo verbo
sono e sei,
é serve al
masculino e al
feminino e dicesi
chi sarà tua
sposa: chi fu el maestro?
Chi sempre si
prepone al verbo:
che. si prepone,
e postpone. 10
Che, preposto al
verbo significa quanto
presso a é
latini quid et
quantum, e quale,
come che dice?
che leggi? che
huomo ti paio?
che ti costa
? e. 4
B Che postposto
al verbo significa
quanto àpresso é
la|tini VT. et
Quod. come dicendo
i voglio che tu mi
legga: scio che
tu me amerai.
15 É nomi
quando é dimostrano
cosa non certa
e determinata si
pro- nuntiano senza
primo e quarto
articolo, come dicendo,
Io sono stu-
dioso. Invidia lo move.
Tu mi porti
amore. Ma quando egli
impor- tano dimostratione certa
e determinata allhora
si pronuntiano coll'ar-
ticolo, come qui.
Io sono lo
studioso e tu
el docto. 20
É nomi simili
a questo Primo,
secondo, vigesimo. posti
dietro à questo
verbo sono, sei,
è non raro
si pronuntiano senza
el primo arti-
colo, e dicesi. Tu
fusti terzo et
io secondo, e
anchora si dice
chostui fu el
quarto el primo
el secondo etc.
Vno, due, tre,
e simili quando
é significano ordine;
vi si pone
l'ar- 25 ticolo:
e dicesi tu
fusti el tre,
et io l'uno.
Il due è
numero paro etc.
e. 5 A
Fra tutti gli altri nomi
appellativi, questo nome|Dio
s'usa come proprio:
e dicesi lodato
dio. Io adoro
Dio. Gli articoli
hanno molta convenientia
co pronomi :
e anchora é
pronomi hanno grande
similitudin, coni questi
nomi relativi qui
re- 30 citati
: Adunque suggiungeremogli De
pronomi: é primitivi
sono questi. Io
Tu Esso, questo,
quello, chostui lui
cholui. Mutasi l'ultima
vocale in .A.
e fassi il
femminino e dicesi
questa, quella, essa:
solo io et
tu in una
voce serve al
masculino e al
feminino. 35 B.
Il cod. avanti
il serve legge
e, che evidentemente
qui è pronome. 10-20.
Cod. coli articolo.
24. El secondo
è abbreviato con
un do soprastante
a una lettera
che forse è
un 2. 30.
Il cod. legge
similitudin, come altrove
esser, favellar con
un apostrofo o
accento sopra l'ultima
consonante. Regole della
lìngua fiorentina 539
É plurali di
questi primitivi pronomi
sono vani, e,
anque, é sin-
gulari, Declinansi cosi.
Io et i.
di me A
me e mi:
Me e mi.
Da me. Noi,
di noi. Anoi
et ci. noi
et ci da
noi. 5 Tu
di te e
ti. Te e
Ti. O tu.
da Te. Voi
di voi, a
voi e vi,
ó voi, da
voi. Esso et
é, di se
e si, se
e si, da se, et
egli. Non troverrai
in tutta la
lingua toscana casi
mutati in voce,
al- c- 5
B trove che
in questi tre
pronomi. Io. Tu.
esso. 10 Gli
altri primitivi se
declinano cosi. Questo,
di questo, a
questo, questo, da
questo. Quello, di
quello, à quello,
quello, da quello.
Muta .0. in
.i. e barai
el plurale: e
dirai. Questi, di
questi, a questi,
questi da questi,
e il somigliante
fa quelli. 15
Et cosi sarà
costui, e lui,
e cholui simili
a quegli in
singulare: ma in
plurale chostui fa
costoro, lui fa
loro, colui fa
coloro, di coloro,
a choloro. coloro,
da choloro. Questo
e quello mutano
.0. in .a.
e fassi él
femminino singulare e
dicesi questa e
quella, et fassi
il suo plurale
queste, di quelle,
a quelle. 20
Lui chostui. cholui.
mutano .v. in
.e. e fassi
él singulare femmi-
nino, e dicesi Costei.
Lei. cholei. di
colei etc. In
plurale hanno quella
voce che é
masculini. cioè. Loro,
coloro, costoro, di
costoro, a costoro
etc.| Vedesti come
simile à nomi
propri questi pronomi
primitivi non e. 6 A
25 hanno el
primo articolo, né
anque él quarto.
A questa similitudine fanno
é pronomi derivativi
; quando é
sono subiuncti a
é proprij nomi ; Ma
quando si giungono
a gli appellativi
si pronuntiano co
suoi articoli. Derivativi
pronomi sono questi
e declinansi cosi.
El mio. del
mio etc. et plr. é
miei, de miei
etc. 30 El
nostro del nostro
etc. et plr.
é nostri de
nostri etc. El
tuo . plr.
é tuoi. El
vostro plr. é vostri.
El suo .
et pluraliter é
suoi etc. Mutasi
come à é
nomi l'ultima in
.A. e fassi
el singulare fem-
minino: qual .a. converso
in .e. fassi
el plurale e
dicesi mia e
mie: 35 vostra
vostre, sua e
sue. In uso s'adoprano questi
pronomi non tutti
a un modo.
8. Cod. troverai. 33.
Cod. / ultima.
Di qualche altro
apostrofo tralasciato non
s'è tenuto qui
conto. 540 Regole
della lingua fiorentina
É derivativi giunti
à questi nomi,
padre madre fratello,
zio, e simili
se pronuntiano senza
articolo: e dicesi
mio padre: vostra
madre, e tuo
zio etc.j e.
6 B Mi
e me, ti
e te, ci
e noi, Vi
e voi, si
e se, sono
dativi insieme et
accusativi come di
sopra gli vedesti
notati: ma hanno
questo uso, 5
che preposti al
verbo si dice
mi. ti, ci,
etc. come qui é mi
chiama, é ti
vuole ; que
vi chiegono: io mi sto:
é si crede.
Postposti al verbo,
se a quel
verbo saia inanzi
altro pronome, o
nome si dira,
come qui, Io
amo te, e
voglio voi. Se
al verbo non
sarà aggiunto inanzi
altro nome, o
pronome io si
dirà .1. come
qui aspettoci, restaci,
scrivetemi. Lui e
cholui dimostrano persone
come dicendo lui
andò: cholei venne.
Questo e quello
serve a ogni
dimostratione, e dicesi,
questo exer- cito
predò quella provincia:
e questo Scipione
suppero quello Hannibale.
15 É et
él, lo e
la, le e
gli, quali giunti
a nomi, sono
articoli: quando e.
7 A si
giungono à verbi
diventano | pronomi
e significano quello,
quella, quelle etc.
et dicesi .
Io la amai
. tu le
biasimi . chi
gli vuole? Ma
di questi egli
et é hanno
significato singulare e
plurale, e pre-
posti à la consonante
diremo é, come
qui : e'
fa bene, e'
corsono: 20 e
preposti alla vocale
si giugne e
et gli e
dicesi, egli andò:
egli udivano. Et
quando [segue] loro
.s. preposta ;i
una consonante, ancora
diremo, egli spiega:
egli stavano. Potrei
in questi pronomi
esser prolixo investigando più
chose 25 quali
s'osservano simili à
queste. Vi preposto
à presenti singulari
indicativi d'una syllaba,
si scrive in
la prima e
terza persona per
due v-v. e
simile in la
seconda per- sona presente
imperativa, come stavvi
e vavvi. e
ne verbi d'una
e di più
syllabe, la prima
singulare indicativa al
futuro come- amerovvi,
30 leggerovvi, darotti,
adoperrocci e simile.
Ma forse di
queste cose più
particulari diremo altrove. |
c _ B
Sequitano k verbi.
Non ha la
lingua Toscana verbi
passivi in voce,
ma per expri-
mere él passivo
compone co questo
verbo, sono sei,
è . él
participio 35 preterito
passivo tolto da
é latini in questo modo.
Io sono amato.
Tu sei pregiato,
cholei è odiata,
e simile .
si giugni a
tutti é numeri
et tempi é
modi di questo
verbo: adonqut- lo
poremo qui distinto.
26. Cod. quasi.
Regole della lingua
fiorentina 541 Indicativo
Sono, sei. è.
plurale, siamo, sete,
sono Ero, eri,
era, plr. eravamo
e savamo. eravate
e sa va
te, erano Fui,
fusti . fu
. plr. fumo,
fusti, furono Ero
. eri . era stato
. plr. eravamo
e savamo, eravate
et savate, erano
stati Sarò .
sarai . sarà
. plr. saremo
. sarete .
saranno. Hanno é
Toscani in voce
uno preterito quasi
testé, quale in
questo verbo si
dice rosi Sono
sei è stato
plr. siamo, sete,
sono stati e
dicesi hieri fui
ad Hostia .
hoggi .sono stato
a Tibuli. Imperativo
Sie tu .
sia lui .
plurale siamo, siate,
siano. Sarai tu . sarà
lui . plr.
saremo etc. Optativo
Dio chio fussi
. tu fussi
. lui fusse
. plr. fussimo
. fussi .
fussero Dio chio
sia. . sij
. sia stato
. plr. siamo,
siate, siano stati
Dio chio fussi
. fussi .
fusse stato .
plr. fussimo, fussi
fussero stati Dio
chio sia .
sij . sia
. plr siamo
. siate .
siano. SVBIENCTIVO Benchio
. tu .
lui sia .
plr. siamo .
siate . siano
Benchio fussi .
tu fussi .
lui fusse .
plr. fussimo, fussi
. fussero Benchio
sia . sij
. sia stato . plr.
siamo, siate, siano
stati Benchio fussi
. fussi .
fusse stato .
plr. fussimo .
fussi . fussero
stati. Benchio sarò
. sarai .
sarà stato .
plr. saremo, sarete,
sareste stati. Et
usasi tutto l'indicativo
di questo e
d'ogni altro verbo,
quasi come subienctivo
prepostovi qualche una
di queste dictioni
. se .
quando . benché
e simili .
e dicesi .
benchio fui .
se é sono
. quando é
saranno. Infinito Essere
. essere stato Gervndio
. Essendo .
Participio . Essente
Dirassi adonque per
dimostrare él passivo.
Io sono stato
amato . fui
pregiato . e
sarò lodato . tu sei
reverito. Hanno é
Toscani certo modo
subienctivo in voce,
non notato da
é Latini .
e panni da
nominarlo . asseverativo
come questo. 542
Regole della lingua
fiorentina Sarei .
saresti . sarebbe
. plr. saremo
. saresti .
sarebbero . e
di- rassi cosi
. stu fussi
docto, saresti pregiato:
se fussero amatori
de la patria;
e' sarebbero più
felici. Seqvitano é
verbi activi Le
congiugationi de' verbi
activi in lingua
della Toscana si formano
*c. 9 A
dal Gerundio latino,
levatone le tre
ultime | lettere n.d.o.e quel
che 5 resta
si fa terza
persona singulare indicativa
e presente: ecco
l'exemplo . amando
. levare n.d.o.
resta ama .
scrivendo resta scrive.
Sono adonque due
congiugationi, una che
finisce in .A. (Grice:
MENTARE) l'altra finisce in
. E . (Grice: MENTIRE) Alla congiugatione
in . a . quello
. a .
si muta in
. o .
et fassi la
io prima persona
singulare indicativa e
presente, et mutasi
in . I
. e fassi
la seconda: e
cosi, si forma
tutto il verbo,
come vedrai la
similitu- dine qui in
questo exposto. Indicativo
Amo . ami
. ama .
plr. amiamo .
amate . amanu
15 Amavo .
amavi . amava
plr. amavamo .
amavate . amavano
Ho . hai
. ha amato
. plr. habbiamo,
havete, hanno amato.
Amerò . amerai
. amerà :
plr. ameremo amerete
ameranno. In questa
lingua ogni verbo
finisce in .0.
la prima indicativa
pre- c. 9 B sente:
et in questa
coniugatione prima, fijnisce
anchora in .0.
la 20 terza
singulare indicativa del
preterito. Ma ecci
differentia, che quella
del preterito fa
él suo .0.
longo : e
quella del presente
lo fa .<".
brieve. Imperativo Ama
tu . ami
luj . plr. amiamo, amate,
amino ss Amerai
tu . amerà
cholui . plr.
ameremo etc. Optativo
Dio ch'io amassi
. tu amassi
. lui amasse
. plr. dio
che noi amas-
simo . voi amassi
. loro amassero.
Dio ch'io habbia
. tu babbi
. lui habbia
amato . plr.
dio che noi
30 habbiamo .
habbiate . habbino
amato. Dio ch'io
havessi . tu
havessi lui havesse
amato . plr.
dio che noi havessimo, havessi
. riavessero amato.
Dio ch'io ami,
tu, lui ami
. plr. amiamo,
amiate, amino. 2.
Cod. brieve col
puntino sotto 1'/.
Regole della lingua di FIRENZE fiorentina
543 SVBIENCTIVO Bench'io,
tu, lui ami
. plr. amiamo
amiate amino Bench'io,
tu amassi, lui
amasse; plr. amassimo,
amassi, -ro. Bench'io
habbia, habbi, habbia
amato . plr.
habbiamo habbiate e.
io A 5
habbino amato . Bench'io
havessi, tu havessi,
lui havesse amato
. plr. havessimo,
havessi, havessero amato.
Bench'io harò, harai,
harà amato .
plr. haremo, harete
haranno amato, io
Assertivo Amerei, ameresti,
amerebbe . plr.
ameremo, ameresti, amerebbero Infinito Amare,
havere amato. Gekvndio.
Amando. Participio Amante. Vedi
come à é
tempi testé perfetti
et al futuro
del subienctivo, J5
manchano sue proprie
voci : e
per questo si
composero simile à
verbi passivi: él
suo participio cho
tempi e voci
di questo verbo
ho, hai, ha.
Qual verbo benché
é sia della
coniugatone in .A.
pur non sequita
la regola e
similitudine de gli
altri: pero che
egli è verbo
d'una sillaba e
cosi tutti gli
altri monosyllabi sono
anormali. 20 Ne
troverrai in tutta
la lingua Toscana
verbi monosyllabi, altri
c. ioB che
questi sei .
Do . Fo
. Ho .
Vo . Sto
. Tro. Porremogli
adonque qui sotto
distincti. .Ma per
esser breve, notamo
che é sono
insieme dissimili né
é pre- teriti perfecti indicativi,
et né singulari
degli imperativi: e
nel singular 25
del futuro optativo
. Né quali
é fanno cosi
. Do .
diedi . desti
. dette .
plr. Demo .
desti . dettero.
Fo . feci
. facesti .
fecie . plr.
facemo . facesti
. fecero. Ho
. hebbi .
havesti . hebbe
. plr. havemo
. havesti .
hebbero. Yo .
andai . andasti
. andò .
plr. andamo .
andasti . andarono.
3° Sto .
stetti . stesti
. stette .
plr. stemo .
stesti . stettero.
Tro . tretti
. traesti .
trette . plr.
traémo . traesti
. trettero. In
tutti é verbi
come fa la seconda persona
singulare del prete-
rito, cosi fa la
seconda sua plurale
come amasti .
desti . legesti.
Do, da tu,
dia luj. 35
Fo. fa tu.
faccia luj io.
Cod. Amerai. 27.
Cod. fecie col
puntino sotto l'i.
544 Regole della
lingua fiorentina e.
12 A Ho
. habbi tu
. habbia luj.
\"o . va
tu . vada
lui. Sto .
sta tu . stia lui.
Tro . tra
tu . tria
lui. Do, dio
eh' io dia,
tu dia, lui
dia. 5 Fo
. faccia .
facci . faccia.
Ho . habbia
. habbi .
habbia. Vo .
vada . vadi
. vada. Sto . stia
. stij .
stia. Tro .
tragga . traggi
. tragga. io
Sequita la coniugatione
in .E. Questa
si forma simile
alla coniugatione in
.A. mutasi quello
.e. in .o.
e fassi la
prima presente indicativa:
mutasi in .1.
e fassi la seconda come
qui legente et
scrivente . levatone
n.t.e. resta legge,
scrive: onde si fa leggo,
leggi, leggeva, legerò
. etc. Solo
varia dalla 15
coniugatione in .A.
in que luogi
dove variano i
monosyllabi. Ma questa
e 12 B
coniugatione in .e.i
varia in più
modi, benché comune
faccia é preteriti
perfetti indicativi in
.ssi. per due
.ss. come leggo
lessi . scrivo
scrissi . ma que verbi
che finischono in
sco, fanno é
preteriti in .ij.
per due .ii.
come esco usci)
: ardisco ardij
. anigittisco anigittij.
Ma per più 20 suavità
nella lingua toscana
non si pronuntiano
due iuncte vocali.
Da questi verbi
si exceptuano cresco
e é suoi
compositi Rincresco, accresco,
e simili, quali
finiscono a preteriti
perfetti in .bbi.
come crebbi, rincrebbi.
Item nasco fa
nacqui, e conosco
fa conobbi. Et
que verbi che
fini- 25 scono
in mo, fanno
é preteriti in
.etti, come premo
. premetti .
e quei che
finiscono in .do.
fanno é preteriti
in .si. per
uno .s. come
ardo . arsi
. spargo .
sparsi . excetto
vedo fa vidi,
odo, udì, cado,
caddi, godo godei
e godetti. Et
quegli che finiscono
in N.D.O. fanno
prete- riti .si. per
uno .s. prendo
presi, rispondo risposi,
excetto vendo fa
30 e 13
A vendei e
vendetti. Sonci di
queste regole forsi
altre excettioni .
ma per bora
basti questo principio
di tanta cosa
chi che sia
. a cui
di- letterà ornare la
patria nostra aggiugnera
qui quello che
ci manchi. Dicemo
de' preteriti, resta
a dire de
gli altri. Imperativo
Leggi tu .
legga ebollii Optativo
35 Futuro singulare
Dio chio scriva
. tu scriva
. lui scriva
. e chosi
fanno tutti. 1.
Per la trasposizione
di e. 11
A e e. 1
1 B,
v. prefazione. 17.
Dopo seconda forse
si ha una
lacuna: dovevasi indicare
come dal part.
pres. si fornii
la 3a ps.
dell'ind. Regoli della
lingua fiorentina 545 Verbi
impersonali si formano
della terza persona
del verbo activo
in tutti é
modi e tempi
giuntovi .si. come
amasi . leggevasi
. scrivasi. Ma
questo si suole
transporlo in anzi
al verbo, giuntovi
.e. e dicesi.
5 é si
legge, é si
corre: et maxime
ne l'optativo e
subienctivo sempre si
prepone, e dicesi.
Dio che é
s'ami . quando
é si leggerà,
e simile. Seguitano
le Prepositioni Di
queste alchune non
caggiono in compositione
e sono queste:
oltre, sine .
dietro . doppo
. presso .
verso . nanzi,
fuori, circa. e.
13 B Prepositioni che
caggiono in compositione et
anchora s'adope- rano seiuncte
sono di una
syllaba o di
più. D'una syllaba
sono queste. De
. De nostri
. Detractori. Ad . ad
altri . Admiratori.
15 Con .
con certi . Conservatori Per
. per tutti
. Pertinace. Di
. di tanti
. Diminuti. In
. in casa
. Importanti. Di
preposto allo infinito
ha significato quasi
come a Latini
.Vt. e 20
dicono Io mi
sforzo d'esser amato.
Quelle de più
syllabe sono queste.
Sotto . Sottoposto.
Sopra e dicesi
Sopraposto. Entro .
Entromesso. 25 Contro
. Contraposto. Prepositioni
quale s'adoperano solo
in compositione. | Re,
sub, ob, se,
am, tras, ab,
dis, ex,pre, circum,
onde si dice
e. 14 A
trasposi e circumspetto. Sequitano
gli Adverbii 30
Per é tempi si
dice hoggi, testé,
hora, hieri, crai,
tardi, nomai, già,
alhora, prima, poi,
mai, sempre, presto,
subito. Per é
luoghi si dice
costi, cola, altrove,
indi, entro, fuori,
circa, quinci, costinci,
e qui e
ci e ivi
e vi .
onde si dice
io voglio starci,
io ci starò,
prò qui et
verrovi e io
vi starò prò
ivi. 35 Pelle
chose si dice
assai, molto, poco,
più, meno. Negando
si dice, nulla,
no, niente, ne.
5. Cod. ne
loptativo. 6. Cod.
è s.imi. C.
Trabalza. 546 Regole
della lingua fiorentina
Affirmando, si dice,
si, anzi, certo,
alla fé. Domandando
si dice, perche,
onde, quando, come,
quanto. Dubitando .
forse. Narrando si
dice, insieme, pari,
come, quasi, cosi,
bene, male, peggio,
meglio, optime, pexime,
tale, tanto). 5
e. 14 B
Usa la lingua
Toscana questi adverbij
in luogo di
nomi giuntovi l'articolo,
e dice él
bene . del
bene etc. qual
cosa ella anchora
fa degli imfiniti
e dicono él
legere del legere.
. Ma a
più nomi, pronomi
e infiniti giunti
insieme solo in
principio della loro
coniunctione usa preporre
non più che
uno articolo, e
dicesi io él
tuo buono amare,
mi piace. Item
a similitudine della
lingua Gallica piglia
el Toscano é
nomi singulari feminini
adiectivi et agiungevi
. mente .
e usagli per
ad- verbij . come
saviamente bellamente magramente.
Interiectioni I5 Sono
. queste .
heu . hei
. ha .
o . bau
. ma .
do. CONIVNCTIONI Sono
queste . Mentre,
perche, senza, sé,
però, benché, certo,
adonque, anchora, ma,
come, et, ne,
osegi [sic]. e
15A Et congiunge: Ne
disiunge . O
divide . senza
si lega| solo
à 20 nomi
et a gli
imfiniti, e dicesi
senza più scrivere
. tu et
io studieremo :
che ne lui
ne lei siano
indocti: ó piaccia
ó dispiaccia questa
mia inventione. Et
questo Ne ha
vario significato e
vario uso .
se si prepone
sim- plice à
nomi a verbi
a pronomi significa
negatione, come qui,
ne tu «5
ne io meritiamo
invidia. Et significa
. in .
ma agiuntovi .
1 . serve
à singulari masculini
e femminini, e
senza . 1
. serve a
plurali, quali comincino
da consonante, à
tutti gli altri
pluralj masculini e
femminini si dice
. nel .
et quando .
s . sarà
preposta alla consonante
pur si dice
. nello spazio
. nelle camere,
ne letti .
nel lo exercito
di Dario .
negli 30 horti.
Et questo Ne
se sarà subiuncto
a nome o
al pronome significa
. di qui
. di questo
. di quello
. secondo che
l'altre dictioni vi si adat-
teranno come chi dice
Cesare ne va
. Pompeio ne
viene. e. iSB
Et questo Ne
preposto al verbo
sarà o doppo
à mono|syl1abi o 35 30.
Cod. camemere. 33.
Cod. làltre. Regole
della lingua fiorentina
547 doppo a
quei di più
syllabe, et più
i> dellV e dell'
in (tinaie ut
racwi [ufi id
[a unntA rwjVto
tn unnwmc- (lunata-turni ; omì
cof* #mU' -futre
otiti* 1W (rU
S{& rn ia
.tnoiiA y^Avi Ufticr
ttm e' intende
mv.fr ' Ovài
ne ae'.ie it*Hrc' .
i r t d
b n
H m e
r* 0 et /
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M Tav. I.
\roc^M * e'
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0 h e'
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CónmniTte vermi*
Arftculns c't (," '
w KoCfi*c .-
scis fiixyhM ArHchoa
acromi L C
c\)c(c ' iti
molH pnrtt' \)WHq
in mmis. tifimi,
4%c' mzwhni nomi,
v/m Utmo -
tfen^tuj e-tvjmujrci e
rum attrfi cf
majiuliiict c'i&mwitut; t
nSHtri Ufim fi
-fmo wdcww. f
iflfa/l 'in orni nmf '
(rtino l* Mnm*
shmltret ffitfto /tifi
iti cgr> cdf
S^^ SIGNIFICA
interrogatione, o affirmatione,
o precepto. Adonque doppo
l’indicativo monosyllabo, la
interrogatione si scrive nella
prima persona e nella terza persona
per due n.n
. la seconda persona per uno
.11. come interrogando
si dice .
Vonne io .
vane tu? 5
Vanne colui? Nello
Imperativo si scrive
la seconda per
due .n.n. e
dicesi . Vanne
. danne. La
terza si scrive
per uno, e
dicesi . siane
lui, traggane. Et
questi monosyllabi la
prima indicativa presente
affirmando si scrive
per due .n.n.
e dicono .
fonne . vonne
. nonne. Se
sarà el verbo
di più syllabe,
la interrogatione- et
affirmatione io si
scrive per uno
.11. in tutti
e tempi, excetto
la affirmatione in
lo futuro, quale
si scrive per
due .n.n. come
dicendo . porterane
tu? porteronne .
e questo sino
qui detto s'intenda
per é singulari
però che plurali
si scrive quello
. ne .
sempre per uno
. n .
come andiamone. Non mi stendo negl’altri simili usi a
questi. Basta quinci intendere
é principij d'investigar lo avanzo.
E vitij del favellar in ogni lingua sono o quando s’introducono alle cose
nuovi nomi: o, quando gl’usitati
si adoperano male. Adoperanosi male DISCORDANDO
persone e tempi,
come chi dice, “Tu
hieri andaremo alla
mercati”. E si adoperano
male usando i nomi in
altro SIGNIFICATO alieno, come chi
dice ‘processione’ pro ‘possessione’. Introduconsi
nuovi nomi, o in
tutto alieni et
incogniti, o in qualunque
parte mutati. Alieni
sono in Toscana
più nomi barberi,
lasciativi da gente germana, quale più tempo milito in Italia,
come helm, vulase, faceman,
bandier, e simili. In
qualche parte mutati,
sono quando alle
dictioni s’agiugnera o
minuira qualche lettera,
come chi dice,
“paire” pro “patre”, e “maire” prò
“matre”. Et mutati
sono come chi
dice “Rej plubica” prò
“Republica”, e occusfato
prò offuscato .
e quando si
pò- e. 12
b nesse una
lettera per un'altra
. come chi
dicesse, aldisco prò
ardisco, inimisi prò
inimici. 30 Molto
studia la lingua
Toscana d'essere breve
et expedita ;
e per questo
scorre non raro
in qualche nuova
figura, qual sente
di vitio, ma
questi vitij in
alcune ditioni e
prolationi rendono la
lingua più apta, come
chi diminuendo dice,
“spirto” prò spinto, e
maxime l'ultima vocale,
e dice papi e
“Zanobi” pro “Zanobio.” Credon far
quel breve onde s'usa
che a tutti
gl'infiniti quando loro segue alchuno
pronome in .i.
allhora si getta
l'ultima vocale, e si
dice “farti”, “amarvi”, “starci,” etc. E, mutando
lettere, dicono “mie” prò “mio” e
“mia;” “chieggo” prò
“chiedo”, Breve: cod.
bv, opp. bu. Regole
della lingua fiorentina, “paio” prò paro; “inchiuso” pro “incluso,” “chiave”
prò “clave” e aggiugnendo
dice “Vuole” prò “vole,” “schuola” prò “scola,” “cielo” prò “celo,” e,
in tutto troncando
le dictioni dice “vi” prò
“quivi” e similiter
“stievi” prò “stia
ivi.” Se questo nostro
opuscolo è tanto grato
a chi mi
legge, quanto è laborioso
a me el
congettarlo, certo mi
dilecta averlo pròmulgato,
tanto quanto mi
diletta investigare e
raccorre queste cose
a mio iuditio
degne e da
pregiarle. Laudo Dio che in
la nostra lingua habbiamo nomai é primi principij; di
quello ch'io al
tutto mi disfidava
potere assequire. Cittadini miei, pregovi, se
presso di voj
hanno luogo le
mie fatighe, habbiate
a grado questo animo
mio, cupido di
honorare la patria nostra:
Et insieme piacciavi
emendarmi più che
biasimarmi se in
parte alchuna ci
vedete errore. Finis Sumptum
ex Bibliotheca .L.
medices . Romée
anno humanatj Dei . ultima
exactum. Keywords:
della thoscana senza autore id ny LEONARDO Alberti, no LEONE Alberti. Refs.: Luigi
Speranza, "Grice ed Alberti," per Il Club Anglo-Italiano, The
Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia. Alberti.
Grice ed Albertini: la ragione conversazionale e l’implicatura
conversazionale della confederazione di Romolo – scuola di Pavia – filosofia
lombarda -- filosofia italiana – Luigi Speranza, pel Gruppo di Gioco di H. P.
Grice, The Swimming-Pool Library (Pavia).
Filosofo pavese.
Filosofo lombardo. Filosofo italiano. Pavia, Lombardia. Grice: “H. L. A. Hart
calls Albertini a Proudhonian!” -- Grice: “I like Albertini; like me, he has
dedicated his life to ‘fides,’ or ‘una federazione di due,’ “a garden of Eden
just meant for two” – fiducia, fedes – what Remo asked from Romolo, but
failed!” Insegna
a Pavia. Sostene un progetto di unione
federalista per l'Europa alla guida del movimento federalista europeo e della uunione
dei federalisti europei. Adiere al movimento federalista europeo. Di idee
liberali, lascia tuttavia il partito liberale dopo la decisione di quest'ultimo
di appoggiare la monarchia nel referendum. Dopo la laurea in filosofia divenne
docente di filosofia a Pavia. In seguito alla sconfitta sul progetto di esercito
europeo, la CED, e alle dimissioni di Spinelli, lo sostitue alla guida del movimento
federalista europeo. A Milano con un gruppo di militanti del movimento
federalista europeo fonda “Il federalista” che si occupa del dibattito sui temi
di fondo del federalismo. Diresse il Mfe
italiano. Presidente dell'unione dei federalisti europei. È poi rimasto come
figura di riferimento e d'indirizzo all'interno del Mfe. A livello teorico, fin
dalle pagine taglienti e polemiche su lo stato romano, sostene, sulla scia di
Einaudi, che a furia di voler custodire una sterile sovranità, lo stato romano è
ridotto a polvere senza sostanza. Da lì l'esigenza di guardare all'unificazione
europea come alla medicina d'urto indispensabile. Maestro di federalismo,
articolo di Colombo, Corriere della Sera, Archivio storico. Lo Stato romano, La politica, Giuffré, Il
federalismo e lo stato federale, Giuffré, Che cos'è il federalismo,
L'integrazione europea, Proudhon, Vallecchi, Tutti gli scritti, Mosconi, Il
Mulino, Movimento Federalista Europeo Unione dei Federalisti Europei Centro studi sul federalismo: perspectives on
federalism, su on-federalism.eu. Il Federalista: "A. teorico e
militante" di Mosconi su thefederalist.eu. Centro studi sul federalismo:
Opere di A., su csfederalismo. youtube: A. commenta la manifestazione
federalista di Piazza Duomo, su youtube V D M Logo MFE Federalismo europeo Flag of Europe. E’ per me un grande onore essere stato invitato a
fare una relazione a questo convegno per ricordare A., un FILOSOF che ha fatto
tanto per noi federalisti, per l’Europa e per l’umanità intera. Questo onore è
particolarmente significativo per me perché egli, come Spinelli, ha fatto del
pensiero della scuola inglese, insieme a quello dei Padri fondatori americani,
la base del suo pensiero federalista. A. spiega che mentre LA FILOSOFIA fondata
sulla fonte inglese da una risposta alla domanda “perché creare la Federazione
europea?”, quello fondato sulla fonte del nuovo mondo da una risposta alla
domanda “come crearla?”. Quanto alla domanda “quale forma di federazione?”, la
risposta, per A. come per gli inglesi, è contenuta nella Costituzione degli
Stati Uniti d’America. Il problema che oggi voglio affrontare riguarda il
modo in cui LA FILOSOFIA di A. sviluppa queste due tradizioni federaliste. In
generale si può dire che egli è il massimo esponente del pensiero hamiltoniano,
oltre che il creatore della scuola federalista italiana. Egli è non solo un
esponente, ma anche un innovatore, spesso illuminando la filosofia di altre
scuole, in altri casi differenziandosi con contributi originali. Per A.,
come per Spinelli e per la scuola inglese, la questione centrale era la
trasformazione del stato romano a sovranità assoluta in uno stato FEDERATO in
uno stato FEDERALE. Per loro il federalismo di Althusius o di Proudhon –
considerato da A. come una tecnica per il decentramento del potere politico –
non è di grande rilievo. A. sostene che Proudhon rimane, quanto alla concezione
dello stato romano, un anarchico, benché egli lo define anche un grande
presbite che prevede quale è il limite tragico di una democrazia nazionale
qualora non avesse trovato i suoi correttivi nella democrazia locale e nella
democrazia europea. A. afferma inoltre che il federalismo richiede la creazione
di orbite di governo democratico locale ad ogni livello di manifestazione
concreta delle relazioni umane. Ma egli concentra la sua filosofia sulla
creazione di una FEDERAZIONE di al meno due stati. Mentre i filosofi della
scuola inglese si sono attenuti ad un’esposizione classica della forma di una
tale federazione, A. ne fece la migliore ri-elaborazione. Sia la scuola
inglese, sia A., condividevano la preferenza per il sistema europeo basato su UN
ESECUTIVO PARLAMENTARE piuttosto che quello presidenziale americano, pur
accettando per il resto gl’elementi principali della Costituzione americana. A.
ritenne cioè più valido un governo responsabile di fronte a un parlamento come
istanza di controllo democratico dell’attività dell’ unione o FEDERAZIONE. Egli
arricchì la filosofia federalista anche con la sua analisi della relazione tra il
concetto di “nazione” e quello di lo “sato.” Secondo A., un “stato nazionale’,
con il suo dispotismo, danneggia la vita dei cittadini, ponendo restrizioni
allo sviluppo economico I suoi limiti si manifestano anche in una contraddizione
tra l’affermazione della democrazia nel quadro nazionale e la sua negazione nel
quadro trasnazionale, che pregiudica anche l’affermazione del liberalismo e del
socialismo a livello nazionale. Uno stato nazionale dove essere sostituito con
uno stato federale “pluri-nazionale.” La Federazione o Unione Europea è un
popolo di nazioni, un popolo federale, e non un popolo nazionale. Il
federalismo prevede una struttura di stati democratici pluri-nazionali fino al
livello mondiale. Il pensiero della scuola inglese su questo tema non è
diverso, ma l’analisi di A. è più approfondita. La scuola inglese indica
nel federalismo la soluzione alproblema della guerra. Dal punto di vista
logico, l'obiettivo finale non può che essere una federazione mondiale, ma essa
è realizzabile solo nel lungo periodo. Parecchi, quindi, sostenevano la
proposta di Streit per una federazione di XV democrazie, Stati Uniti inclusi,
per impedire la guerra provocata dall’Asse di Germania e ITALIA. Ma l’America
isolazionista non è disponibile e i leader della scuola inglese si
indirizzarono verso l’ipotesi di una federazione delle democrazie europee, in
attesa dell’adesione degli stati allora FASCISTI dopo il loro ritorno alla
democrazia. Questo è naturalmente il punto di partenza per A. che, dopo
il rifiuto del Regno Unito di partecipare alla Comunità europea, prefigura, per
cominciare, una federazione europea comprendente almeno i sei paesi che hanno
preso la testa del processo di unificazione, e poi la sua “estensione graduale
a tutta l’Europa. Quando il Regno Unito entra nella Comunità, egli aggiunse che
bisogna attendere che l’adesione alla Comunità dia i suoi frutti. Attendiamo
ancora questi frutti – e speriamo bene! Wheare indica la somiglianza di
istituzioni politiche fra gli stati membri come una condizione della formazione
di una federazione. A. è più preciso, affermando che è necessaria, sia nella
federazione che negli stati membri, l’attribuzione della sovranità al popolo
nel quadro del regime rappresentativo, con la possibilità di sdoppiare la
rappresentanza mediante la doppia cittadinanza di ogni elettore. Questa
condizione è divenuta particolarmente rilevante per quanto riguarda le nuove
democrazie candidate all’adesione all’unione, e rimane un problema cruciale per
la creazione di una federazione mondiale. Robbins pubblica “Economic
Planning and International Order”, analizzando le ragioni per le quali il
quadro di una federazione internazionale era essenziale per il buon governo di
un’economia internazionale. In “The Economic Causes of War”, Robbins spiega
perché la causa della guerra non è il capitalismo, bensì la sovranità
nazionale, e conclude con un appello appassionato per una federazione europea.
A. ricorda che questi due saggi sono le più importanti fonti federalistiche per
Spinelli, quando è al confino sull’isola di Ventotene. Per la scuola
inglese del dopoguerra, come per Robbins, la pace è lo scopo del federalismo.
La pace – PAX ROMANA -- è il valore centrale e l’obiettivo supremo del
federalismo anche per A., la complessità del cui pensiero è talvolta nascosta
dalla semplicità delle sue formulazioni. Egli ha ricalcato il pensiero di Lothian
definendo la pace non come il semplice fatto che la guerra non è in atto, ma
come l’organizzazione di potere che trasforma i rapporti di forza fra gli Stati
in rapporti giuridici veri e propri. A. riconosce che con la lotta per
l’unificazione europea si sono ottenute le prime forme di politica europea e la
fine della rivalità militare fra i vecchi Stati nazionali dell’Europa. Cioè,
per quanto riguarda i rapporti reciproci fra questi ultimi, l’obiettivo della
pace era già stato raggiunto, mentre per alcuni Stati dell’Europa orientale, e
soprattutto per il mondo intero, esso rimaneva l’obiettivo supremo. Per i
cittadini dell’attuale Unione, dunque, altri obiettivi sono diventati più
importanti. A. ha citato dal Manifesto di Ventotene l’affermazione che la
questione di chi controlla la pianificazione economica è la questione centrale
(lo stesso quesito che Robbins aveva proposto), ma ha anche individuato altri
valori essenziali del federalismo contemporaneo: la sicurezza ecologica, il
rifiuto dell’egemonia (vedi le preoccupazioni di CATTANEO (si veda) e dei Padri
fondatori americani) e la democrazia negli Stati nazionali, che la loro
interdipendenza sta indebolendo sempre più. Mi pare che questi costituiscano
gli elementi per spiegare i valori federalisti ai cittadini dell’Unione europea
di oggi. Per quanto riguarda alcuni Stati dell’Europa centrale e orientale,
invece, e soprattutto per il federalismo mondiale, la pace rimane l’obiettivo
di maggiore rilievo. In The Price of Peace, Beveridge spiegò che la
sovranità nazionale è la causa della guerra, e la rinuncia ad essa in una
federazione mondiale il metodo per abolirla. Benché egli riconoscesse che
questo obiettivo era lontano e che nel frattempo solo una confederazione
sarebbe stata realizzabile, questo libro mi fece avvicinare al federalismo come
risposta alla terribile esperienza della guerra. Dopo Hiroshima e Nagasaki, la
federazione mondiale sembrava una necessità urgente a milioni di persone, di
cui circa mezzo milione comprò Anatomy of Peace di Reves. Nacquero
movimenti per la federazione mondiale, soprattutto nei paesi anglosassoni e in
Giappone, leader politici come l’ex-primo ministro Attlee ne diventarono
sostenitori, e si sviluppò una letteratura mondialista. Ma il clima della
Guerra fredda scoraggiò la maggior parte di coloro che caldeggiavano
quell’obiettivo e il pensiero federalistico quasi lo abbandonò. A. fu
un’eccezione. Egli era più coerente, più tenace, più risoluto di altri nel
confrontarsi con i fatti del potere e con le sue conseguenze. Per lui, “il
rischio della distruzione del genere umano” legato alla bomba atomica era
“assolutamente inaccettabile”. Ma egli riconobbe, come Beveridge, che le
condizioni per creare la Federazione mondiale non erano presenti e che la lotta
per un’Assemblea costituente, fondamentale per la sua dottrina per quanto
riguarda la Federazione europea, non era ancora praticabile. La sua strategia
per il federalismo mondiale era dunque simile a quella dei federalisti
anglosassoni: “il rafforzamento dell’ONU”, insieme ad altri “obiettivi
intermedi” nel “processo di superamento degli Stati nazionali esclusivi”,
processo che aveva “già raggiunto uno stadio molto avanzato” nella Comunità
europea. Tipica del suo pensiero federalistico era l’enfasi sui militanti
federalisti, sulla necessità “di costruire… un’avanguardia politica mondiale”
per la creazione di una Federazione mondiale. Come creare la Federazione.
Albertini e la scuola inglese erano generalmente d’accordo sulla forma e sul
perché della Federazione. Ma le loro idee erano diverse sul come crearla.
Gli inglesi cercavano di influenzare il loro governo, negli anni Trenta e
Quaranta, perché adottasse una politica federalista per dare l’avvio ad una
federazione, e in seguito per costruire elementi pre-federali nelle istituzioni
e nelle competenze della Comunità. I principi fondamentali di Albertini erano
invece l’Assemblea costituente e il fatto che i federalisti dovevano rimanere
estranei alla lotta per il potere nazionale. Spinelli ha scritto che egli
aveva “lavorato sull’ipotesi che i principali ministri moderati si sarebbero
accinti alla costruzione federale”: un metodo assai simile a quello dei
federalisti inglesi. Poi, dopo il fallimento del progetto per una Comunità
politica europea, egli avviò il Congresso del popolo europeo e lanciò la
campagna per dar vita a un’Assemblea costituente attraverso “una protesta
popolare crescente… diretta contro la legittimità stessa degli Stati
nazionali”. Quando diventò evidente a Spinelli che la campagna non aveva il
successo da lui sperato, concepì la proposta che i federalisti acquisissero il
potere in un numero crescente di municipi importanti, come base per una
successiva campagna. Albertini non poteva accettare questa idea, che
contraddiceva tutti i fondamentali principi federalisti, e il Movimento
federalista europeo fu d’accordo con lui. Spinelli, infastidito, scrisse nel
suo diario che per A., “tentare di preparare l’evento (della lotta finale) era
sporco opportunismo, occorreva preparare sé stessi all’evento”. Spinelli era un
politico geniale, capace di concepire e condurre campagne d’azione culminate
nello straordinario successo della sua ultima battaglia, quella per il Progetto
di Trattato per l’Unione europea al Parlamento europeo. Ma egli non restava
all’interno di regole stabilite, e la sua tendenza ad iniziare successivi
“nuovi corsi” e a impostare nuove strategie presentava troppe difficoltà per un
Movimento come il MFE. Albertini era assolutamente convinto che bisogna
rispettare certi principi fondamentali, che egli seguiva con una coerenza e una
tenacia eccezionali. Queste caratteristiche furono cruciali per la sua posizione
nella storia del pensiero federalistico, mettendolo in grado non solo di
sviluppare la propria opera intellettuale, ma anche di fondare la scuola
italiana del federalismo hamiltoniano. Una differenza fra A. e gli
inglesi era legata alla sua concezione del pensiero storico, basata sul metodo
weberiano secondo il quale, nelle sue parole, “non ci sono conoscenze storiche
senza quadri teorici di riferimento specifico per ordinare i fatti e
completarne il significato (‘tipi ideali’)”, anche se “l’elaborazione teorica
deve esser condotta solo sino al punto nel quale essa rende possibile la
conoscenza storica e non oltre, perché al di là di questo punto essa si
convertirebbe nella pretesa di sostituire la conoscenza storica… con la
conoscenza teorica”. Alla tradizione empirica inglese non manca la capacità di
sviluppare teorie. L’evoluzione darwiniana e il liberalismo sono testimonianze
di questo. Ma mi pare che nella tradizione weberiana lo sviluppo della teoria
precede il suo adattamento ai fatti, e forse questo approccio fu una causa
delle differenze fra A. e gli inglesi. Benché gli inglesi abbiano
sviluppato la loro democrazia attraverso un processo riformista, senza
un’Assemblea costituente, l’idea di una tale Assemblea era ritenuta accettabile
da molti. Mackay, un importante federalista membro del Parlamento inglese,
ottenne il sostegno di un terzo dei membri del Parlamento per una risoluzione
che chiedeva un’Assemblea costituente europea. Ma mentre per gli inglesi un
processo riformista, a iniziare dalla CECA, sarebbe stato utile, il punto di
partenza per A. era soltanto “il conferimento del potere costituente al popolo
europeo… o tutto o niente”; bisognava rifiutare “pseudostazioni intermedie…
sino a che non si riusciva ad ottenere tutto il potere (ossia quello
costituente)”; la soluzione della Comunità “ispirata dal cosiddetto
‘funzionalismo’ (la geniale idea di fare l’Europa a pezzettini…) era sbagliata”
e le Comunità economiche erano “parole vuote”. Ma da buon weberiano egli era
disposto ad adattare la teoria ai fatti, e scrisse che la CECA aveva stabilito
una unità di fatto… così solida da poter sorreggere l’inizio di un processo
vero e proprio di integrazione economica”, la quale “fu un fatto capitale per
la vita dell’Europa”. E un anno dopo scrisse che “l’integrazione europea è il
processo di superamento della contraddizione tra la dimensione dei problemi e
quella degli Stati nazionali”, cioè “i fatti dell’integrazione europea” minano
i poteri nazionali esclusivi, “creando nel contempo, con l’unità di fatto, un
potere europeo di fatto”, che i federalisti possono sfruttare politicamente.
Nello stesso saggio egli individuò il trasferimento del controllo
dell’esercito, della moneta e di parte delle entrate dai governi nazionali a un
governo europeo come elementi cruciali del trasferimento della sovranità; e
considerando la prospettiva delle elezioni dirette del Parlamento europeo, egli
scrisse che una tale situazione “può essere considerata pre-costituzionale
perché dove si manifesta l’intervento diretto dei partiti e dei cittadini si
manifesta anche la tendenza alla formazione di un assetto costituzionale”. E’
interessante, perfino commovente, osservare come, mentre gli inglesi, nella
loro situazione diversa, trascuravano l’idea della Costituente, A. stava modificando
la sua teoria alla luce dei fatti, cioè del successo crescente della Comunità
europea. Questo lo ha condotto verso un contributo molto importante al pensiero
federalistico: una sintesi dell’approccio di Spinelli e di quello di
Monnet. Verso una sintesi di spinellismo e monnetismo. Le sue idee
sulla moneta forniscono un altro esempio dello sviluppo del suo pensiero. Egli
scrisse che “non c’è mercato comune senza moneta comune, e moneta comune senza
governo comune, dunque il punto di partenza è il governo comune. Ma quattro
anni più tardi egli affermò che l’Unione monetaria avrebbe potuto “spingere le
forze politiche su un piano inclinato” perché, impegnando qualcuno per qualcosa
che implica il potere politico, può accadere che finisca “per trovarsi, suo
malgrado, nella necessità di crearlo”. Sul terreno monetario, sarebbero stati
possibili “dei passi avanti di natura istituzionale, tangibile, europea, ad
esempio nella direzione indicata da Triffin”, cioè un sistema europeo di
riserve, che sarebbe stato scambiato dalla classe politica “per una tappa sulla
via della creazione di una moneta europea”; e si poteva prevedere, dunque, “un
punto scivoloso verso una situazione che si potrebbe chiamare di ‘Costituente
strisciante’. A. stava “preparando l’evento”, anche se non nel modo approvato
da Spinelli, il cui progetto era allora diverso e che scrisse nel suo diario
che A. aveva ridotto il MFE in “sciocchi seguaci di Werner”, nel cui Rapporto
erano indicate le tappe verso l’Unione economico-monetaria. Ma la riconciliazione
fra i due non era lontana, grazie alle imminenti elezioni dirette del
Parlamento europeo e al grande Progetto di Trattato per l’Unione europea
elaborato da Spinelli. A., nella sua analisi dell’Unione monetaria, aveva
individuato le elezioni dirette come punto decisivo “perché riguarda la fonte
stessa della formazione della volontà pubblica democratica”. Le elezioni del
Parlamento europeo sarebbero state una delle chiavi, dunque, insieme alla
moneta e all’esercito, per il trasferimento della sovranità. Il Consiglio
europeo decise le elezioni e Spinelli si imbarcò nel suo quinto e ultimo nuovo
corso. A. osservò che era “iniziata la fase politica – per definizione
costituente – del processo di integrazione europea”, e concluse che la Comunità
sarebbe stata la base della Federazione europea, attraverso “singoli atti
costituenti che rafforzano il grado costituente del processo rendendo possibili
ulteriori atti costituenti e così via”, e che “solo con una prima forma di
Stato europeo (da istituire con un atto costituente ad hoc) si può avviare il
processo di formazione dello Stato europeo per così dire definitivo”: cioè
bisogna accettare “il paradosso di ‘fare uno Stato per fare lo Stato’”. Egli
rese esplicito il ruolo della Comunità in questo processo, nella “costruzione
graduale, e via via pari al grado di unione raggiunto, di un apparato politico
e amministrativo europeo”: un processo che “si può in teoria considerare finito
solo quando lo Stato iniziale europeo (con sovranità monetaria, ma non in materia
di difesa), si sia trasformato nello Stato europeo definitivo, con tutte le
competenze necessarie per l’azione di un governo federale normale. Il cammino
weberiano di A. conduceva, dunque, verso una sintesi feconda fra lo spinellismo
e il monnetismo attraverso “l’idea di sfruttare le possibilità del
funzionalismo per giungere al costituzionalismo”, perché “l’unificazione
europea è un processo di integrazione… strettamente collegato con un processo
di costruzione degli elementi istituzionali a volta a volta indispensabili…” Egli
era pronto per spiegare in termini teorici l’ultima opera di Spinelli, cioè il
Progetto di Trattato per l’Unione europea del Parlamento europeo. Dal
progetto di Trattato alla Convenzione di Laeken. A. riteneva che il
progetto fosse realistico, perché proponeva “il minimo istituzionale
indispensabile per fondare le decisioni europee sul consenso dei cittadini”. Il
“pregio maggiore del progetto” stava nel fatto che “affidava al Parlamento a)
il potere legislativo”, detto oggi codecisione, in modo che “l’attuale
Consiglio dei Ministri… per questo rispetto, funzionerebbe come un Senato
federale”, e “b) il potere che risulta dal controllo parlamentare della
Commissione, che comincerebbe ad assumere la forma di un governo europeo”. Il
progetto era “ragionevole”, perché “solo quando l’Unione avrà dimostrato di
saper funzionare bene, sarà possibile disporre della grande maggioranza
necessaria per attribuire all’Unione la sovranità anche in materia di politica
estera e di difesa. Esso conteneva, dunque, l’idea accennata prima di “fare uno
Stato per fare lo Stato”. Il genio politico di Spinelli, manifestato nel
progetto di Trattato, non solo ha favorito la riconciliazione fra lui e A., ma
ha anche portato a un esito concreto un elemento molto importante del pensiero
federalistico di Albertini, cioè la relazione fra l’azione politica e la
filosofia di Monnet e di Spinelli. E’ tragico che Spinelli sia morto credendo
che il progetto fosse fallito perché l’Atto unico era un “topolino morto”. A. è
invece sopravvissuto finché si sono manifestate conseguenze veramente
significative. In un documento pubblicato sull’Unità europea, egli ha potuto
affermare che, “salvo catastrofi”, il potere di fare la politica monetaria
sarebbe stato trasferito al livello europeo, e che dunque bisognava adeguare il
meccanismo decisionale, “facendo funzionare la Comunità come una federazione
nella sfera dove un potere europeo, in prospettiva, c’è già (quello
economico-monetario con le sue implicazioni internazionali); e come una
confederazione nella sfera nella quale un potere di questo genere non c’è e non
ci sarà per un tempo indefinito (difesa)”. Il “Trattato-costituzione” del
Parlamento – prosegue il documento – porterà ad una “evoluzione naturale delle
istituzioni (il Consiglio europeo come presidente collegiale della Comunità o
Unione, il Consiglio dei Ministri come Camera degli Stati, la Commissione come
governo responsabile di fronte al Parlamento europeo, il Parlamento europeo
come istanza di controllo democratico dell’attività dell’Unione e come
detentore, insieme al Consiglio, del potere legislativo)”. Si può registrare un
progresso significativo di questa “evoluzione naturale” negli anni Novanta. Il
voto a maggioranza qualificata è già applicabile nel Consiglio all’80% degli
atti legislativi; il Parlamento ha un diritto di codecisione per più della metà
degli atti legislativi e per il bilancio; la responsabilità della Commissione
di fronte al Parlamento è stata clamorosamente dimostrata. La Comunità non
funziona ancora “come una federazione nella sfera dove un potere europeo c’è
già”, cioè in quella economica e monetaria; ma la Convenzione di Laeken apre la
porta al compimento del processo. La questione non è più se ci sarà un
documento chiamato costituzione. Questo ora appare accettabile, oltre che per
gli altri governi, anche per quello britannico. La questione cruciale è se le
istituzioni saranno veramente federali, completando l’evoluzione prevista da A.,
compresa la codecisione e il voto a maggioranza per tutte le decisioni
legislative, insieme alla piena responsabilità della Commissione come governo
di fronte al Parlamento. La lotta federalista non è divenuta meno ardua,
perché i sostenitori della dottrina intergovernativa includono, a quanto pare, non
solo i governi britannico, danese e svedese, ma anche quello francese, e
persino quello italiano. Bisogna persuadere i cittadini, le classi politiche, e
infine i governi, che una costituzione basata sul principio della cooperazione
intergovernativa sarebbe sia inefficace che antidemocratica. Grazie all’opera
di Spinelli e di A., e ai contributi di tanti altri, il MFE è senz’altro pronto
a far fronte a questa sfida, in particolare per quanto riguarda i cittadini, la
classe politica e soprattutto il governo italiano. Spero di avere dato
qualche indicazione del ricco, ampio, profondo e colto contributo di A. al
pensiero federalista della sua epoca. Forse è stata la scelta soggettiva
di un federalista britannico l’aver sottolineato l’importanza particolare, per
la storia di questo pensiero, della sintesi fatta da A. degli approcci dei due
geniali federalisti della seconda metà del Novecento: Monnet e Spinelli.
Oltre che con le sue opere, egli ha dato un contributo al pensiero federalista
come fondatore della scuola moderna italiana. Al tempo stesso, dopo che Spinelli
ha fondato, ispirato e guidato il MFE con un carisma eccezionale, A. ha creato
e sostenuto il Movimento che è stato capace di organizzare la grande
manifestazione di Milano, con la partecipazione di circa mezzo milione di
persone, nel giugno del 1984, per chiedere al Consiglio europeo di sostenere il
Progetto di Trattato di Spinelli; e, cinque anni dopo, di ottenere il consenso
dell’88% dei votanti nel referendum italiano su un mandato costituente per il
Parlamento europeo. Come e perché un solo uomo ha fatto tutte queste cose
diverse? Forse l’impressione di un osservatore esterno potrebbe
interessarvi. A. nei suoi scritti ha messo in evidenza sia la ragione,
sia la volontà. Egli era orientato da entrambe e operava sulla base di
entrambe, con enfasi sulla ragione per la sua opera intellettuale, e sulla
volontà come Presidente del Movimento; e metteva entrambe al servizio della sua
fede profonda nel federalismo come priorità essenziale per il benessere e per
la sopravvivenza stessa del genere umano. Egli espresse questo atteggiamento in
un modo non molto conosciuto fuori del MFE, sottolineando che servono “delle
persone che fanno della contraddizione tra i fatti e i valori una questione
personale”, in un contesto nel quale “il distacco tra ciò che è, e ciò che deve
essere, è enorme” A. dedicò la sua filosofia all’impegno per risolvere
questa contraddizione e aveva la capacità di persuadere altri a fare lo stesso.
Egli era un oratore ispirato e, benché i suoi scritti fossero talvolta
complicati, era anche capace di formulare concetti in modo semplice e appassionato,
come quando ha scritto che “la federazione… ha realizzato istituzioni molto
sagge, capaci di trasmettere a molte generazioni una forte esperienza di
diversità nell’unità, di libertà, di pace”; che “soltanto la politica e solo
nel massimo della sua espressione, può risolvere i problemi delle relazioni
internazionali”; e inoltre che serve l’avanguardia mondiale “per il grande
compito mondiale della costruzione della pace”. La sua capacità di
ispirare gli altri era basata sulla sua fede nel valore di ciascuno, nella
fiducia che ogni persona avesse sia la capacità che la responsabilità di dare
il proprio contributo. Le sue idee sugli apporti di diverse persone e
organizzazioni sono state una parte del suo contributo al pensiero federalista.
C’era posto per quelli che accettavano passivamente il federalismo e per i
leader occasionali. Ma la sua predilezione era per il nucleo duro dei
militanti, la cui opera in particolare era basata sulla percezione della
contraddizione tra fatti e valori. Egli trasmise un messaggio speciale agli
intellettuali, ai quali ricordò la necessità dell’ “uscita nel campo aperto
degli uomini di cultura per completare la politica come arte del possibile – la
politica in senso stretto – con la politica in senso largo, cioè l’arte di far
diventare possibile ciò che non lo è ancora. Per questi – per voi – l’enfasi
era sulla volontà come sulla ragione. Spinelli scrive nel suo diario: “Ho
lanciato ad A. l’idea di costituire un ‘ordine federalista europeo’. Che sia
questa una buona idea?. Spinelli era un grande innovatore, con notevole
capacità di intuizione. Albertini aveva le caratteristiche per realizzare
quell’idea: sincerità, integrità, coraggio, coerenza, devozione. Mi pare che
egli abbia davvero creato una specie di ordine federalista. La sua opera
era un processo continuo di costruzione; e ora voi, i suoi colleghi e amici,
avete la responsabilità di proseguirla senza di lui, considerandolo non come un
monumento di erudizione e di impegno eccezionale ma come una tradizione vivente
che voi dovete continuare a sviluppare. Quanto a me, benché non sia
d’accordo con tutte le sue idee, ho un tale apprezzamento per la sua opera e
una tale convinzione della sua importanza che sto lavorando, con l’aiuto
dell’Istituto Spinelli, su un’antologia in lingua inglese dei suoi saggi,
perché queste idee siano meglio conosciute dal pubblico dei lettori che
leggono, non l’italiano, ma la lingua che Albertini designò, nel primo numero
del Federalistapubblicato anche in inglese, come la lingua universale
necessaria nella sfera politica. Spero che questa antologia non solo sarà utile
per i federalisti non italiani, ma favorirà anche un giusto riconoscimento del
contributo di Albertini nella storia del pensiero federalista. E’ con grande
piacere, in conclusione, che esprimo la mia ammirazione e gratitudine per la
vita di A., e per la sua devozione esemplare alla nostra causa suprema del
federalismo. Nelle parole
incomparabili di Shakespeare: “He was a man, take him for all in all, we shall
not look upon his like again. Si
tratta dell’intervento al convegno di studi organizzato dalle Università di
Milano e di Pavia e dal Movimento federalista europeo sulla figura di studioso
e di militante di A.. A., L’unificazione europea e il potere costituente,
in Nazionalismo e Federalismo, Bologna, Il Mulino (Molti degli scritti di
Albertini sono stati ripubblicati, con l’indicazione delle rispettive fonti, in
due antologie: Nazionalismo e Federalismo e Una rivoluzione pacifica. Dalle
nazioni all’Europa, da cui sono state tratte le citazioni. Si è posta tra
parentesi, dopo il titolo, la data del saggio originale per aiutare i lettori a
valutare il contesto e tracciare cronologicamente lo sviluppo del suo
pensiero). A., Il Risorgimento e l’unità europea, in Lo Stato nazionale,
Bologna, Il Mulino, A., La Federazione e Le radici storiche e culturali del
federalismo europeo, in Nazionalismo e Federalismo; A., La Federazione; A.,
Moneta europea e unione politica; Una rivoluzione pacifica. Dalle Nazioni
all’Europa, Bologna, Il Mulino, Mario A., Lo Stato nazionale, Bologna, Il
Mulino. [A., La nazione, il feticcio ideologico del nostro tempo in Id.,
Nazionalismo e Federalismo, cAlbertini, Le radici storiche, L’integrazione
europea, elementi per un inquadramento storico, in Id., Nazionalismo e
Federalismo; Qu’est-ce que le fédéralisme? Recueil des textes choisis et
annotés, Parigi, Société Européenne d’Etudes et d’Informations; A., Per un uso
controllato della terminologia nazionale e supernazionale, in Id., Nazionalismo
e Federalismo, Mario A., La strategia della lotta per l’Europa, in Id., Una
rivoluzione pacifica; A., Il problema monetario e il problema politico europeo,
in Id., Una rivoluzione pacifica; Wheare, Federal Government, Londra, Oxford,
in italiano inWheare, Del governo federale, Bologna, Il Mulino, A.,
L’unificazione europea e il potere costituente, in Id., Nazionalismo e
Federalismo, Lionel Robbins, Economic
Planning and International Order, Londra, Macmillan, The Economic Causes of
War, Londra, Cape; alcuni capitoli di ambedue in italiano in Lionel Robbins, Il
federalismo e l’ordine economico internazionale, Bologna, Il Mulino; Cfr. A.,
L’unificazione europea. Cfr. anche John
Pinder, Spinelli and the British Federalists: Writings by Beveridge, Robbins
and Spinelli, Londra, Federal Trust, Mario Albertini, Qu’est-ce que le
fédéralisme? Cultura della pace e cultura della
guerra, in Id., Nazionalismo e Federalismo, A., Le radici storiche; Lord
Lothian, Pacifism is not Enough, in Pinder e Bosco, Pacifism is not Enough:
Collected Lectures and Speeches of Lothian (Kerr), Londra, Lothian Foundation
Press, In italiano: Lord Lothian, Il pacifismo non basta, Bologna, Mulino; A.,
La pace come obiettivo supremo della lotta politica, in Id. Nazionalismo e
Federalismo; A., L’unificazione europea, Albertini, Cultura della pace e
cultura della guerra, Albertini, Le radici storiche, A., La strategia, William
Beveridge, The Price of Peace, Londra, Pilot. Emery Reves, The Anatomy of Peace, New York, Harper,
Anatomia della pace, Bologna, Il Mulino. A.,
La pace come obiettivo supremo. Mario Albertini, Verso un governo mondiale, in
Id., Nazionalismo e Federalismo, Mario Albertini, Verso un governo mondiale,
Spinelli, Come ho tentato di diventare saggio. La goccia e la roccia, a cura di
Edmondo Paolini, Bologna, Il Mulino, Spinelli, Diario europeo, Paolini,
Bologna, Il Mulino, Mario Albertini, L’unificazione europea e il potere
costituente, Cfr. Pinder, “Manifesta la verità ai potenti”: i federalisti
britannici e l’establishment, in AA.VV., I movimenti per l’unità europea
1945-1954, a cura di Sergio Pistone, Milano, Jaca, Mario Albertini, Quattro
banalità e una conclusione sul Vertice europeo in Id., Nazionalismo e
federalismo, Mario Albertini, L’integrazione europea, Mario Albertini, La
strategia Mario Albertini, Il Parlamento europeo. Profilo storico, giuridico e
politico (1971), in Id., Una rivoluzione pacifica, A., L’aspetto di potere
della programmazione europea, Id., in Nazionalismo e Federalismo, A., Il
problema monetario, Spinelli, Diario europeo, Mario Albertini, Il problema
monetario; Spinelli, La goccia e la roccia, op. cit., p. 18. [43] Mario
Albertini, Elezione europea, governo europeo e Stato europeo (1976), in Id.,
Una rivoluzione pacifica, Mario Albertini, L’Europa sulla soglia dell’unione,
in Id., Nazionalismo e Federalismo, Moneta europea e unione politica. Un
documento del Presidente Albertini in vista del Consiglio europeo di dicembre,
in L’Unità europea, Per esempio in Mario Albertini, Verso un governo mondiale, Albertini,
La strategia. Le radici storiche Mario Albertini, La federazione, L’integrazione
europea, Verso un governo mondiale, Mario Albertini, La strategia, Albertini,
Il Parlamento europeo, Spinelli, Diario europeo, Mario Albertini, un governo
mondiale. Non ho menzionato finora nessuno fra i federalisti italiani viventi,
perché non sarebbe giusto individuare alcuni fra i tanti che hanno fatto cose
importanti per il federalismo contemporaneo. Ma in questo contesto sarebbe del
tutto ingiusto non menzionare il mio debito nei confronti di un federalista
della nuova generazione che ha avanzato la proposta dell’antologia, per cui ha
fatto una selezione di saggi (materiale eccellente anche per la preparazione di
questo mio articolo), cioè Roberto Castaldi, che ha preso questa iniziativa
quando studiava per la sua tesi di master sull’opera di Albertini
all’Università di Reading. Grice: “At Oxford, we never analysed the concept of the ‘state’ – but
Romolo did: he thought that HE was the state, and his brother was not!: -- Mario
Albertini. Albertini.
Keywords: la confederazione di Romolo, federale, italia federale, politica
federalista, filosofia federalista, stato italiano, gli stati uniti d’America
sono una repubblica federale. Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Albertini” – The
Swimming-Pool Library.
Grice ed Albino: l’implicatura conversazionale della “Dialettica”
– citata da Boezio. Luigi
Speranza (console). Filosofo italiano. Console
del regno degl’ostro-goti. Contitolare: Flavio Eusebio/ Capo di Stato: Teodorico
il Grande; Prefetto del pretorio d'Italia del Regno Ostrogoto. Capo di Stato Teodorico
il Grande. Professione: FILOSOFO. Fausto A. iunior è un filosofo romano. Il
nome “Fausto” è ma non certo. L’appellativo «iunior» è attestato in
un'iscrizione. Appartene alla gens “Caecina” ed è fratello di Flavio AVIENO
iunior, console, di Teodoro, console e di Flavio Importuno, console. Loro padre
è Cecina Decio Massimo Basilio, console, ed è imparentato con Anicio Probo
Fausto, console. Console in Occidente assieme a Flavio Eusebio in Oriente. Prefetto
del pretorio d'Italiaa, costruì una basilica intitolata a Pietro al 27º miglio
da Roma della via Tiburtina, dove ha delle proprietà, e ottenne che Simmaco la
dedica. Onorato del titolo di “patricius”. Si trova a corte a Ravenna;
quando il padre muore, assieme al fratello si incarica del patronato dei Verdi,
una delle fazioni dell'ippodromo di Roma e scelge un danzatore come pantomimo
dei Verdi. Entra anche nella disputa per la ricomposizione dello scisma tra
Roma e Costantinopoli. Vicino alle posizioni d’Ormisda, cerca di far emergere
una distinzione tra coloro che avevano condannato la dottrina calcedonica
tramite scritti e quelli che l'avevano fatto solo oralmente. Gli venne
mossa l'accusa di aver intrattenuto rapporti configuranti il tradimento nei
confronti di Teodorico con la corte dell'impero romano d'Oriente, avendo
inviato delle lettere all'imperatore Giustino. In difesa d’A. intervenne BOEZIO,
il quale, però, venne a sua volta accusato di tradimento e poi messo a morte. Il
destino di A. non è noto. Ha degli scambi epistolari con Ennodio. Se uno
dei sedili del colosseo riservati ai senatori di cui è rimasta l'incisione è il
suo, si chiama A. CIL; Cassiodoro, Variae; Cassiodoro, Variae; PLRE II,
Cambridge. Lamma, A., in Dizionario biografico degl’italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, Predecessore Console romano Successore Imperatore
Cesare Flavio Anastasio Augusto, Flavio Rufo; Flavio Turcio Rufio Aproniano
Asterio Iunior, Flavio Presidio con Flavio Eusebio Antica Roma; Biografie
Categorie: Politici romani; Consoli romani Decii Patricii. Grice: “If you ever wondered
if Albino ever read Boezio’s commentary on the commentary of the commentary of
De Interpretatione, so did I!” Keywords:
dialettica. Cecina Decio Acinazio Albino. Albino. Refs.: Luigi Speranza, “Grice
ed Albino.” Albino.
Grice ed Albino –
Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. According to an inscription found
in Rome, A. holds high public office, and is also a philosopher – “which should
surprse some” (Grice). Strawson: “More than my obituary of Grice for the Times
as ‘professional philosopher and amateur cricketer” surprised its readershiip!”
-- Cionio Rufo Albino. Albino.
Grice ed Albucio
– Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. An orator and a pupil of Papirio
Fabiano (si veda). He appears to include regularly philosophical arguments and
allusions in the speeches he makes on behalf of clients. Albucio Silo. Albucio.
Grice ed Albucio: l’orto a Roma – filosofia italiana
– Luigi Speranza (Roma). FIlosofo italiano. Termina i suoi studi ‘classici’
ad Atene. Dell’orto. Familiarizza bene con la letteratura, anzi, secondo
CICERONE, con sarcasmo, è ormai un “greco.” A causa della sua passione per la
lingua e la filosofia greche, venne preso in giro dal poeta satirico Gaio Lucilio
(si veda), i cui versi su di lui sono giunti a noi grazie a CICERONE. Cicerone
stesso lo descrive come un uomo frivolo. A. accusa, senza successo, Quinto
Mucio SCEVOLA (si veda) l'Augure di malamministrazione – “repetundae” -- della
sua provincia. E propretore nella Sardegna, e grazie ad alcuni insignificanti
successi che ottene contro i predoni, celebra un trionfo nella provincia.
Quando ritorna a Roma, chiede al senato romano di ottenere l'onore di una
supplicatio, ma la sua richiesta venne respinta, e venne accusato di
concussione da Gaio Giulio Cesare Strabone, zio di Giulio CESARE (si veda), e
condannato all'esilio ad Atene. Gneo Pompeo Strabone si è offerto come
accusatore, ma la sua richiesta venne respinta, perché era stato questore di A.. In seguito alla sua condanna, si dedica agli
studi filosofici. Scrive alcune orazioni, che vennero lette da Cicerone. Cicerone,
Brutus; Cicerone, de finibus bonorum et malorum; Orator; Cicerone, de
provinciis consularibus; in Pisonem; Divinatio in Q. Caecilium; de officiis; Cicerone,
Tusculanae disputationes. Smith, Dictionary of Roman Biography and Mythology. A.
Treccani; Istituto dell'Enciclopedia Italiana; V · D · M Epicureismo, Antica
Roma; Biografie; Filosofia; Politici romani; Filosofi romani Retori romani Filosofi;
Pretori romani Epicurei. Grice
ed Albucio – Roma – filosofia italiana—Luigi Speranza (Roma). Tito Albucio was
a philosopher of what the Italians call ‘L’Orto,’ The Garden. He pursued a political
career, but was sent into exile after being found guilty of extortion. Cicerone
suggests that Albucio was not a particular good follower of the Garden, and
‘something of a poser.’ Tito Albucio.
Albucio.
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