QUADERNI DELL'ISTITUTO NAZIONALE FASCISTA DI CULTURA - SERIE QUARTA, V ARMANDO CARLINI FILOSOFIA E RELIGIONE NEL PENSIERO DI MUSSOLINI ISTITUTO NAZIONALE FASCISTA DI CULTURA - ROMA, 1934-XII scanned by FS 2019 ARMANDO CARLINI FILOSOFIA E RELIGIONE NEL PENSIERO DI MUSSOLINI ISTITUTO NAZIONALE FASCISTA DI CULTURA - ROMA 1934-XII proprietI letteraria Roma, — 1934-Xll - Tipografia del Senato del Dott. Giovarmi Bardi Ci proponiamo di mettere in rilievo, in rapidi cenni, un aspetto non ancora studiato della personalità del no¬ stro Duce: il suo pensiero filosofico e religioso, quale si può desumere da’ suoi scritti (1). In verità, i biografi di lui, indagando il periodo della formazione della sua per¬ sonalità, non hanno trascurato questo lato: discepolo del Nietzsche è stato definito anche recentemente; egli stesso ha riconosciuto nel Pareto un altro suo maestro; e tutti (1) Il presente studio vuol essere soltanto un saggio, anzi una semplice indicazione di un aspetto della personalità del Duce: aspetto implicante svariati e importanti problemi del pensiero fascista. Per uno studio più ampio gioverà moltissimo la nuova, accurata, edizione de’ suoi scritti a cui s’è accinto l’editore Hoepli. Nell’introduzione, premessa al primo volume. Mussolini ricorda il periodo della sua vita e della storia italiana da lui vissuta vertiginosamente dal 1914 in poi, e aggiunge: «Molti discorsi e scritti sono legati al movente che li provocò : sono di circostanza ». L’edi¬ tore, anch’egli, dice che l’edizione « conterrà tutto ciò ch’è destinato a las¬ sare alla storia, nella forma originaria più ampia: eliminati, quindi, i discorsi dei quali esiste solamente il riassunto ». Ci sia permesso di espri¬ mere l’augurio che accanto a questa edizione fatta per il gran pubblico si trovi modo di raccogliere anche gli scritti minori o frammentari, i quali sono talvolta, per lo studioso, più preziosi di quelli maggiori e più elabo¬ rati: oltre di che il desiderio della compiutezza non sarà mai soverchio per conoscere un uomo di così ricca e singolare personalità. I riferimenti vengon dati qui alle edizioni correnti degli Scritti e Di¬ scorsi, la maggior parte nell’edizione Alpes. La prima -parte di questo studio (qui riveduta e appena ampliata in alcune note) uscì su la « Nuova Antologìa » del 1° gennai» 1934. Nuova è l’A ppendice. 6 ARMANDO CARLINI sanno che nell’elenco bisognerebbe mettere Renan, Sorci, e molti altri, ai quali, anche se non vanno tra i filosofi nel più stretto significato della parola, non si può negare il merito di avere influito, più o meno efficacemente, anche std movimento del pensiero speculativo nell’ultimo Otto¬ cento o ai primi di questo secolo: nel periodo, appunto, della formazione mentale e spirituale di Mussolini. E come non aggiungere qui il nome di Marx, e di Prudhon, e di Stirner, e non ricordare la letteratura che fu comune, in quel tempo, a tutti coloro che guidavano il movimento socialista e s’ispiravano alle opere, allora divulgatissime, degli apostoli della rivoluzione? Tempo, quello, di rivo¬ luzioni sociali, alimentate anche da un pensiero filosofico e religioso che lavorava nel loro seno nascostamente. Posi¬ tivismo e anticlericalismo tingevano, allora, l’atmosfera, ab¬ buiando più che chiarendo ; ma nel buio, nel tramonto delle idee che avevano governato per tanti secoli la storia, bale¬ navano qua e là lampi di nuove idee e forze spirituali. Era una continuazione e imo sviluppo, in fine, della rivoluzione francese: continuazione e sviluppo, ch’è nel fondo ancora del pensiero e della vita contemporanea, non ostante le cri¬ tiche e revisioni a cui è stata sottoposta. Ma noi non di questo vogliamo occuparci: se ci met¬ tessimo in quest’ordine di ricerche storiche, potremmo, si, avere la soddisfazione di veder sorgere e ingrandire la personalità e mentalità di Mussolini lungo una linea di coincidenza con il movimento della storia, sì che il <( feno¬ meno )) di lui verrebbe illustrato e spiegato, dal lato al¬ meno delle idee, del tutto naturalmente. Si potrebbe, ad esempio, per la parte filosofica, rifarsi al bergsonismo, al pragmatismo, all’influsso esercitato su tutti i campi della cultura dal nuovo pensiero idealistico italiano, e inqua¬ drare li dentro anche il pensiero di Mussolini. E per la parte riguardante il problema religioso, similmente: citare tutti i documenti che alla fine del secolo scorso e nel primo decennio di questo accennavano già ad una considerazione FILOSOFIA E RELIGIONE NEL PENSIERO DI MUSSOLINI 7 più rispettosa, più intelligente, dei valori spirituali conte¬ nuti nella fede religiosa; e ricordare la rinascita improv¬ visa di sentimenti, che parevano sepolti e obliati, in quel grandioso esame di coscienza dei popoli che fu la guerra mondiale. E via via. Ma per questa via noi non vogliamo metterci, perché essa ci condurrebbe, sì, a spiegare il « fenomeno Musso¬ lini », ma il (( fenomeno », appunto, il (( fenomeno sto¬ rico » : non quello che c’è di proprio suo, nel suo pen¬ siero, in sé e per sé, indipendentemente dagli influssi subiti. Invece, noi proprio a questo vogliamo guardare. Noi ci poniamo, dunque, questa domanda : c’è, in Mus¬ solini, un germe di pensiero che da rm punto di vista filo¬ sofico, anche nel più rigoroso significato del termine, abbia qualche importanza per originalità e capacità di ulteriori sviluppi? E c’è in lui, nel suo atteggiamento verso la que¬ stione religiosa, qualcosa di nuovo, che accenni ad una possibilità di rinnovamento di idee e sentimenti, anche in questo campo di secolari, anzi millenarie, lotte e discus¬ sioni? ^ >{s >{s La nostra intenzione è di essere, per quanto è possibile, obiettivi, e di tenerci dentro all’argomento, non sconfi¬ nando in altri campi : di trattare la questione, come si dice, tecnicamente. Non eviteremo neppure la pedanteria delle citazioni, dove saranno necessarie. E cominciamo, secondo la vecchia buona norma sco¬ lastica, dal dubbio. Non può ben risolvere le questioni, disse Aristotele, se non chi, prima, ha dubitato, veduto il prò e il contro. Il dubbio a metodico », in questo senso, è, come si vede, ben più antico di Cartesio. Il (( contro » è buono ognuno ad addurlo : Mussohni è un politico, non è un teoretico, un elaboratore di concetti, un costruttore di un sistema di idee da inserire in quella 8 ARMANDO CARUNI storia peculiare dove si parla di Talete, di Platone e di Aristotele, (fi Cartesio, di Kant e di Hegel. Senza un tal carattere teoretico, che fa della filosofia una scienza, la quale, come ogni altra scienza, ha il suo vero significato in una storia sua propria, nella storia della filosofia stessa, senza un tal carattere e valore del pensiero, non si può parlare di filosofia. Il temperamento mussoliniano è, anzi, all’antitesi di ogni atteggiamento speculativo: tutto volto alla realtà concreta della vita, della storia, dei fatti, per dirigerli e dominarli. Di metafisica, di costruzioni astratte, di schemi e ideologie (a questo volgarmente vien ridotto il lavoro del filosofo), nessuna traccia nel suo pensiero, nessun appiglio nel suo temperamento. Egli ha detto una volta, sia pure per buon umore, ma tradendo, in fondo, una sua convinzione, che « i filosofi risolvono dieci pro¬ blemi sulla carta, ma sono incapaci di risolverne imo solo nella realtà della vita )). La filosofia gli sa di « scuola », di dottrine e dottrinari, con relative cattedre e ristrettezze mentali e d’animo. Onde ha sempre consigliato i giovani di (( rapidamente assimi¬ lare », ma (( di espellere non meno rapidamente » la cul¬ tura universitaria. L’intelligenza è buona cosa, ma deve essere adoperata (( per fare la critica del socialismo, del liberalismo, della democrazia » : per illuminare le menti, dal punto di vista fascista, su i problemi della vita contem¬ poranea. Se no, se l’intelligenza fosse impiegata a criti¬ care (( tutto ciò che di criticabile vi è in un movimento così complesso come il movimento fascista, allora io vi dichiaro schiettamente che preferisco al cattedratico im¬ potente lo squadrista che agisce » {Discorso alVAugusteo, 21 giugno 1925). In conchiusione: il suo interesse è puramente pratico; anche se stima e promuove la cultura, compresa in (juesta la filosofia, anzi a cominciare da essa, lo scopo è sempre per le conseguenze e ripercussioni politiche, non mai per il valore del pensiero in sé e per sé. FILOSOFIA E RELIGIONE NEL PENSIERO DI MUSSOLINI 9 Similmente si deve dire per il problema religioso. Mus¬ solini è un laico, un purissimo laico. Della religione com¬ prende e sente il lato umano e storico in generale: no» ha mai lasciato trapelare un interesse a questioni dogma¬ tiche, anzi s’e guardato accuratamente dall’entrarvi anche quando l’occasione gli veniva offerta naturalmente. È vero che con lui il nome di Dio risuonò, forse per la prima volta, solenne e ammonitore, nella fredda e grigia aula del Parlamento. È vero che si deve a lui la distruzione in Italia della Massoneria, e la Conciliazione col Vaticano. Ma queste imprese non furono da lui eseguite, e di fatto giustificate, con ragioni che non fossero essenzialmente po¬ litiche e sociali. E se pure si ha da concedere qualche va¬ lore religioso alla invocazione di Dio, essa non va più in là di una fede in un principio del tutto indeterminato, troppo più vicino al vago principio di una fede di stile mazziniano, che a quello ben definito, preciso e impegna¬ tivo, del Cristianesimo, anzi del Cattohcismo. Senza dire che, anche per la parte, diciamo così, pratica, nessun uomo sembra più alieno dall’atteggiamento ascetico e mistico pro¬ prio delle anime veramente e profondamente religiose, che 0 si ritirano dal mondo, 0 nel mondo vogliono vivere solo per onorare e amare Dio. Qui « il seguace di Nietz¬ sche )) si rivela senz’alcuna ombra di dubbio e di possibili cavilli: la morale del Fascismo da lui fondato è tutta un’esaltazione di principii fondamentalmente pagani, come già molti hanno messo in rilievo. * * Tutte queste cose sono state dette, oppure è facile dirle: queste, ed altre somiglianti. Se non che, proprio perché sono facili a dire, e sono state dette facilmente, sorge in ognuno spontaneo il sospetto della loro superficialità, e quindi, poiché la superficialità è sempre falsa, della loro non verità. 10 ARMANDO CARLINI Il discorso vale, in primo luogo, per quella concezione puramente teoretica della filosofia, come di una scienza avulsa dalla vita: oggi anche ogni mediocre studioso di filosofia sa che, se pur c’è mai stata una tale aridità (non, certo, nei veri filosofi, nei maestri), tutta la speculazione contemporanea è diretta contro di essa. Chi definisse la filosofia come lo sforzo supremo d’impadronirsi delle ra¬ gioni della vita, definirebbe quel ch’è il segreto del filo¬ sofo moderno, il tormento profondo del suo pensiero e della sua vita stessa. Segreto e tormento, del resto, che non è una prerogativa di colui che noi chiamiamo « filosofo )) ; ma è prerogativa e gloria dell’umanità pensante, di cui la storia della filosofia è soltanto la documentazione, ed i singoli grandi filosofi sono soltanto gli esemplari più cospicui, F, sono per questo, anche, i più grandi educatori del genere umano (1), È negli scolari e passivi ripetitori che la filosofia, svuo¬ tata della vita che l’animò, diventa sistema, dottrina, astra¬ zione, metafisicheria: e contro di essa, allora, ben vengano — che son salutari — i motteggi ed i sarcasmi. Alle altre scienze si può perdonare se si astraggono dalla vita (coine, se no, far della fisica e della matematica?): alla filosofia, no, E non astrarsi dalla vita, non basta: ché, questo, è il lato soltanto negativo. Bisogna viverci dentro, prima di filosofarci su {primum vivere), o, piuttosto (ché il prima e il dopo son modi di dire volgare), bisogna vivere e pen¬ sare insieme, con intensità di vita e insieme con profon¬ dità di pensiero. (I) Nel discorso su la Conciliazione, alla Camera, Mussolini, parlando della riforma Gentile, disse : « Io credo che, più che la filosofia, è interes¬ sante la storia della filosofia, e più ancora della storia della filosofia, la vita dei filosofi :^il conoscere come hanno lottato, come hanno sofferto, come si sono sacrificati per conquistare la loro verità. Questo è altamente educativo per i giovani che si affacciano alla vita dello spirito ». ’^ÌLÓSOFIA E RELIGIONE NEL PENSIERO DI MUSSOLINI H Ma la vita, si dirà, non è soltanto quella politica, né al pensiero si offrono soltanto i problemi del socialismo e del liberalismo. E noi risponderemo raccomandando di non perdere il buon senso, e quindi di neanche supporre che l’abbia perduto Mussolini. Il quale deve essere per¬ suaso più degli altri che fa la miglior politica colui che non ne fa affatto: che bada a far l’ingegnere, se inge¬ gnere; il professore, se professore; il poeta, se poeta; il manovale, se manovale: ciascuno, a far bene il suo dovere, nella famiglia e nella società, nella sua arte o vocazione o mestiere per cui è nato. E sarebbe grottesco fargli dire che tutti gli uomini di pensiero abbiano come unico argo¬ mento da svolgere la critica del socialismo e del libera¬ lismo, l’apoiogia del Fascismo. Immaginate se la già enorme (e, naturalmente, mediocre per la maggior parte) lette¬ ratura sul Fascismo dovesse accrescersi di quotidiane mo¬ notone trattazioni in piccoli o grossi tomi, per opera di tutti coloro che hanno qualche barlmne d’intelligenza e tengono una cattedra all’Università o nel movimento della pubblica cultura! Non è questo, certamente, il senso del discorso su accennato. È quest’altro, invece: che nessun uomo di pensiero, che si senta italiano, può disinteres¬ sarsi dei problemi che sta vivendo e agitando il Fascismo nel mondo; così come nessuno scienziato, e sia pure un cultore del calcolo infinitesimale, può disinteressarsi dei problemi che riguardano la vita e il valore dell’uomo. Tanto meno, poi, il filosofo. Dal quale, tuttavia, non sarebbe cor¬ retto di esigere che, per questa maggiore vicinanza ai pro¬ blemi della vita poUtica e morale, si trasformasse in scrit¬ tore, esclusivamente, di questioni economiche e sociali. In Italia c’è un gruppo di giovani dalle menti educate alla filosofia che fa questo, e lo fa bene. Ma, come nel¬ l’universo materiale in ogni punto s’incentra la realtà del tutto, tanto più questa considerazione vale per l’universo spirituale: i problemi della filosofia hanno tutti un’intima connessione con la vita ed una immancabile risonanza 12 ARMANDO CARLINI nell’azione, ma non tutti l’hamio in modo manifesto ed immediato. Anzi, spesso, quanto meno un tal rapporto è immediato ed evidente, tanto più è intimo e profondo. Il filosofo trova soltanto alla fine, dopo un lungo giro di pensieri che sembrano i più lontani dalle questioni della vita quotidiana, soltanto alla fine trova una via soddisfa¬ cente alla soluzione di queste. Ne è prova ed esempio anche la filosofia bergsoniana arrivata soltanto ora alla questione sociale, morale e religiosa, dopo di essersi lun¬ gamente indugiata in problemi che parevano del tutto alieni. I problemi della filosofia si illuminano e ravvivano l’un l’altro, e nessuno ha luce e vita per sé. Essi si deb¬ bono, come si dice con termine tecnico, mediare fra loro. Prenderne uno, esclusivamente, separato dagli altri, è pre¬ cludersi la via a intenderlo veramente. Questa, forse, è anche la ragione della insoddisfazione che ci resta delle molte teorie avanzate, pur da uomini d’ingegno e di dot¬ trina, su lo Stato fascista e su i problemi da esso susci¬ tati. La superiorità di Mussolini, invece, non soltanto come uomo politico, ma anche come pensatore, è la con¬ sapevolezza della risonanza che hanno nello Stato tutti i problemi della vita spirituale. + * * Noi, ripetiamo, vogliamo essere obiettivi, tecnici. Ri¬ mosse le volgari obbiezioni, concediamo senza fatica che nella specificazione delle varie forme dell’attività umana (non entriamo in discussione sul valore di queste distin¬ zioni), filosofo, propriamente, è colui che più degli altri persiste nell’atteggiamento critico-teoretico del pensiero e della riflessione sui problemi della vita e della storia umana. Noi, quindi, non abbiamo nessuna diflicoltà a pre¬ sentare la nostra tesi nei termini più modesti: l’interesse predominante dello spirito mussoliniano è, senza dubbio, FILOSOFIA E RELIGIONE NEL PENSIERO DI MUSSOLINI 13 pratico-politico; ma in lui è vivissima la consapevole esi¬ genza anche del valore del pensiero in sé e per sé, della considerazione della vita sub specie aeternitatis, propria della filosofia e della religione (1). Ma spingiamo la nostra tesi anche un po’ più in là: l’esperienza della vita e del mondo storico, da lui vissuta con potente e originale per¬ sonalità, dà anche al suo pensiero una nota di originalità potente, della quale è possibile uno sviluppo in sede pura¬ mente teoretica. Queste due parti della tesi sono, tutta¬ via, da dimostrare. Per la prima, si potrebbe addurre l’interesse confes¬ sato per la filosofia, per la storia della filosofia e delle questioni religiose, sin dalla prima giovinezza, quando leggeva La morale dei positivisti dell’Ardigò e la Storia della filosofia del Fiorentino, e più tardi, quando scrisse per suo conto una storia della filosofia, un libro su Gio¬ vanni Huss, un abbozzo su le origini del Cristianesimo. Ma, poiché i documenti ci mancano quasi del tutto, non giova insisterci. Le prove, invece, abbondano ne’ suoi scritti più ma¬ turi. Quante volte ha ripetuto che il Fascismo <( non è soltanto azione, è anche pensiero » ; e che, pur rinun¬ ciando a formule e schemi, il Fascismo « pena la morte 0 , peggio, il suicidio, deve darsi un corpo di dottrine », le quali (( non saranno, non devono essere delle camicie di Nesso che vincolino per l’eternità, ma devono costi¬ tuire una norma orientatrice » ! E nella lettera a M. Bian¬ chi, del 27 agosto 1921 (si noti, nel periodo più intenso (1) Vedi nel discorso commemorativo del Luzzatti (30 marzo 1927) l’accenno a «le verità eterne, senza di che la lotta dell’uomo contro l’uomo, di tutti contro tutti, finirebbe nel caos selvaggio e nel tramonto di ogni civiltà». Arnaldo scrisse: «Egli ha saputo ricondursi alle grandi verità divine che resìstono all’urto dei secoli». E Benito commenta: «Con queste parole, Arnaldo dimostrava di conoscere le intime e tormentate battaglie e vicende del mio spirito » {Vita di Arnaldo, pag. 57). 14 ARMANDO CARLINI deH’azione rivoluzionaria), augurava che sorgesse presto una (( filosofia del fascismo », e aggiimgeva; « Attrezzare il cervello di dottrine e di solidi convincimenti non significa disarmare, ma irrobustire, rendere sempre più cosciente l’azione. I soldati che si battono con cognizione di causa sono sempre i migliori. Il Fascismo può e deve pren¬ dere a divisa il binomio mazziniano : Pensiero e Azione ». L’anno seguente (« Gerarchia », n. 3) forse gli sembrò che una tale filosofia ci fosse già nel movimento idea¬ listico italiano: « Questo processo politico è affiancato da un processo filosofico: se è vero che la materia è rimasta per im secolo su gli altari, oggi è lo spirito che ne prende il posto. Tutte le creazioni dello spirito, a cominciare da quelle religiose, vengono al primo piano... Quando si dice che Dio ritorna, s’intende affermare che i valori dello spirito ritornano ». In pieno Parlamento, infatti, egli aveva fatto una specie di clamorosa professione di idea¬ lismo: ((Voi socialisti siete testimoni che io non sono mai stato positivista, mai, nemmeno quando era nel vostro partito. Non solo per noi non esiste un dualismo fra ma¬ teria e spirito, ma noi abbiamo annullato questa antitesi nella sintesi dello spirito. Lo spirito solo esiste, nient’altro esiste: né voi, né quest’aula, né le cose e gli oggetti che passano nella cinematografia fantastica dell’universo, il (juale esiste in (pianto io lo penso e solo nel mio pensiero, non indipendentemente dal mio pensiero. È l’anima, si¬ gnori, che è ritornata » {Discorsi dal banco di deputato, pag. 118: questo è del 1“ dicembre 1921). L’accenno al problema gnoseologico, alla centralità del pensiero conoscitivo nel problema della realtà del mondo, non è il punto che più interessa qui; l’adesione all’idealismo è data sopratutto, io credo, per lo spiritua¬ lismo implicito in esso. Questo è un punto che ancor oggi presenta le maggiori difficoltà. Ad alcuni sembra (secondo chi scrive, giustamente) che il carattere gnoseologico predominante nell’idealismo, men- FILOSOFIA E RELIGIONE NEL PENSIERO DI MUSSOLINI 15 tre non arriva a dar ragione di quella ch,’è la realtà og¬ getto dell’esperienza comune e delPindagine scientifica, nello stesso tempo impoverisca e disperda in schemi logici (la dialettica) rintimità della vita spirituale e il senso del mistero, del Trascendente, in essa implicato. Di queste difficoltà Mussolini non sembra inconsaper vole, come dimostra il discorso tenuto il 31 ottobre 1926 al Congresso degli scienziati. « Qualche volta mi sono posto dinanzi al fatto scienza, per vedere la mia posi¬ zione personale, la posizione del mio spirito di fronte a questo fatto: prima di tutto per definirlo. La mia defini¬ zione non dico che sia quella esatta, e potete anche respin¬ gerla, se la trovate inesatta, oppure insufficiente: credo che sia Pindagine e il controllo dei fenomeni che cadono sotto la nostra sensibilità e sotto quella degli strmnenti che noi possiamo adoperare... Dove può arrivare la scienza? Molto in là. Il secolo diciannovesimo ha fatto fare un balzo enorme alla scienza... Non c’è dubbio che la scienza tende al massimo fine; non c’è dubbio che la scienza, dopo avere studiato il mondo dei fenomeni, cerca affan¬ nosamente di spiegarne il perché. Il mio sommesso avviso è questo: non ritengo che la scienza possa arrivare a spiegare il perché, e quindi rimarrà sempre una zona di mistero, una parete chiusa. Lo spirito umano deve scri¬ vere su questa parete una sola parola: Dio. Quindi, a mio avviso, non può esistere un conflitto fra scienza e fede. Queste sono polemiche di venti o trent’anni fa. La filosofia ha il suo campo, quello dello spirito. Vi è una zona riservata alla meditazione dei supremi fini della vita. Quindi, la scienza parte dall’esperienza, ma sbocca fatal¬ mente nella filosofia e, a mio avviso, solo la filosofia può illuminare la scienza » (1). (1) Il testo, forse preso da nn resoconto stenografico, non deve essere stato riveduto; ci siamo permessi qualche ritocco. 16 ARMANDO CARLINI Il problema è troppo grave e complesso per discu¬ terne qui, tanto più che, come s’è detto, res sub judice adhuc est. Ma i termini di esso sono ben quelli posti da Mussolini: il mondo della conoscenza e della scienza è (juello dell’esperienza sensibile (così come il mondo della vita sociale e politica è quello del sentimento e della vo¬ lontà); il problema dello spirito (nel quale, del resto, sboccano alla fine tutti gli altri problemi) è il problema proprio della filosofia: problema filosofico cb’è insieme un problema religioso. Si comprende, quindi, il tono diverso del discorso tenuto il 26 maggio 1929 al Congresso dei filosofi: rivendicato il merito del Fascismo per i valori dello spirito e della cultura; e riaffermata la sua convinzione su l’importanza della filosofia cbe, se fatta in mezzo alla vita contempo¬ ranea, (( serve ad animare gli orientamenti pratici del¬ l’azione quotidiana », riconosce cbe c’è un lamento gene¬ rale, in Italia e fuori, perché l’arte e la filosofia sembrano in un periodo di decadenza : « Siamo in im periodo di transizione, siamo in un periodo nel quale, per necessità contingenti, siamo affaticati da problemi di ordine empi¬ rico materiale... D’altra parte, io penso che la grande fiori¬ tura dello spirito non sia lontana: io credo che fra qual¬ che tempo avremo una grande filosofia, ima grande poe¬ sia, una grande arte. I materiali per questo si stanno ela¬ borando proprio mentre noi parliamo ». Quali sono questi materiali che si stanno elaborando, e da cui dovrà sorgere una nuova grande filosofia, secondo il pensiero e le speranze di Mussohni? Comincia di qui la parte più difficoltosa del nostro argomento, perché, mancando accenni più espliciti, dob¬ biamo servirci più d’induzioni che di dimostrazioni. Ci soccorre, tuttavia, una tale abbondanza di documenti che permette di arguire, con sufficiente approssimazione, quale sia la sua intenzione. FILOSOFIA E RELIGIONE NEL PENSIERO DI MUSSOLINI 17 Anzitutto è chiaro che una parte almeno di quei mate¬ riali deve essere costituita da quanto di meglio possono offrire i principali indirizzi del pensiero filosofico con¬ temporaneo. E però la mente corre, in primo luogo, a quelle correnti dipensiero che anche in Italia ebbero grande divulgazione al principio del secolo, e alle quali anche Mussolini, in via diretta o indiretta, deve qualcosa per la formazione della sua mentalità : vogliam dire il con¬ tingentismo, il bergsonismo e il pragmatismo. Abbiamo citato dianzi la sua affermazione di non essere stato mai positivista, ma, nello stesso tempo, ab¬ biamo usato la maggior cautela per non presentarlo, quindi, senz’altro, coirne un idealista. Questo binomio, o dilemma che dir si voglia, vale meglio per la generazione, cresciuta subito dopo, esclusivamente dentro l’atmosfera dell’idea- Jismo italiano. Mussolini s’è formato, in un primo tempo, dentro il clima mentale europeo; e però non è stato mai positivista perché ha compreso subito la vitalità e fecon¬ dità di cpiella critica del positivismo che veniva eseguita, pm* dentro di esso, dagl’indirizzi di pensiero ora ricordati. I risultati principali di quella critica ftuono questi: la realtà del mondo, non più veduta negli schemi intellet¬ tualistici del determinismo scientifico e del pesante grosso¬ lano positivismo, a sfondo materialistico, ma ravvivata dal senso della novità e della creazione, per cui il fenomeno si presenta sempre come qualcosa di singolare; il primato dell’intuizione che meglio di tutte le analisi concettuali coglie l’intimità delle cose e quella vita della coscienza in noi che, sola, ci guida a intendere lo slancio vitale che pervade il mondo della natura; il primato, quindi, anche dell’azione, come pensiero volitivo che realizza in con¬ creto il mondo inserendovi l’evento e il fatto talora decisivo. Non è il luogo, questo, per mettere in rilievo (e d’al¬ tronde appartiene alla cultura filosofica corrente) quanta "vivacità e freschezza di idee fossero contenute in tale mo- Quaderni, IV, 5. 2 18 ARMANDO CARLINI vimento di pensiero, che contribuì come nessun altro mai nella storia delia filosofia a dileguare dalle menti secolari abitudini scolastiche, a render più agile e penetrante Tin- telligenza, a dar vita nuova alla cultura, a far sentire la superiorità dell’azione su un pensiero astrattamente spe¬ culativo. Ma neppure è il caso di indugiarci a mostrare i difetti e le deficienze di quel movimento di pensiero che, pur criticando il positivismo, restava preso nell’orbita dei suoi problemi e del naturalismo in essi dominante. Il contin¬ gentismo ha avuto la sua migliore applicazione nella nuova scienza fisica, che segna il tramonto della vecchia conce¬ zione del determinismo materialistico. Ma fuori di H non potè e non può andare: quando,- già nei fondatori, si provò a ricavare qualche conseguenza d’ordine metafisico, di quelle « verità eterne )) che reggono, non i fenomeni fisici, ma la vita deU’uomo, riuscì ben misera cosa. Ma lo stesso si deve dire del bergsonismo, e molto più del pragmatismo. Quell’intuizionismo conchiudeva in una svalutazione, non solo della scienza, governata esclusivamente da motivi pra¬ tici, ma della stessa vita cosciente, ridotta a un « fluire » evanescente, a cui soltanto la mirabile arte dello scrittore prestava tesori di suggestioni. E che dire di quel vuoto ed e ffim ero pragmatismo, a cui qualcuno ancor oggi tenta di fare buon viso? L’azione per l’azione è come l’arte per l’arte: una frivolezza. L’azione, svuotata del suo contenuto ideale e del pensiero che la illumina e guida, diventa il principio di un volgare e inconchiudente praticismo. Veniamo aU’idealismo italiano. Qui siamo in un am¬ biente del tutto diverso, e in casa nostra, per cui, non soltanto la grandezza della costruzione (che ha posto, d’un tratto, l’Italia in prima linea nel movimento del pensiero filosofico contemporaneo), ma anche carità di patria ci persuade a utilizzare quanto più materiale si può. A noi sembra, infatti, che la mentalità mussohniana abbia assor- FILOSOFIA E RELIGIONE NEL PENSIERO DI MUSSOLINI 19 l»ito, e fatto propria sostanza, ciò che ha di più vera¬ mente originale e duraturo quest’idealismo: Vacuto senso storico dei problemi e la concezione spirituale della vita ( 1). Anche qui, anzi qui a maggior ragione, dobbiamo resi¬ stere alla tentazione di allungare il nostro studio con cita¬ zioni di pensieri e di atteggiamenti mussoliniani, che bal¬ zano alla memoria in folla. I suoi scritti e discorsi, e quegli atteggiamenti rivelatori del suo orientamento mentale così nelle grandi questioni internazionali come nel più mo¬ desto travaglio intorno ai dati della statistica, sono ben vivi e presenti al pensiero e al cuore di ogni italiano, anche se la riflessione comune inclini a trasvolare su i particolari per coglierne e sentirne l’animazione del tutto. Piuttosto, fermiamoei un momento per determinare i limiti entro i quali quei prineipii dell’idealismo trovano un’eco nella mentalità mussoliniana. La questione (ripe¬ tiamo ancora una volta) è oltremodo difficoltosa, perché si tratta di cosa non ancora da lui dichiarata e definita: sì che si corre il rischio di sembrare che si voglia sosti¬ tuirsi a lui nell’interpretazione del suo pensiero, ovvero (peggio che mai) sovrapporgli vedute nostre personali. Noi faremo del nostro meglio per evitare entrambi gli incon¬ venienti. Osiamo, dunque, fissare questi punti, a nostro avviso, di fondamentale divergenza del pensiero mussoliniano da quello idealistico. In primo luogo, la sua lontananza dalla concezione idealistica in quanto questa è ispirata ad un assoluto storicismo che erige metafisicamente la Storia al signifieato e valore dell’Assoluto. Questa metafisica, che si risolve in un « panteismo storico », non è, ci sembra. (1) Come espressione estrema della sua adesione all’idealismo si deb¬ bono considerare le prime pagine dello scritto La dottrina del Fascismo, Su queste, ved. Appendice, III. 20 ARMANDO CARLINI nella convinzione di Mussolini. Il quale, giustamente, per quanto riponga tutta la dignità dell’uomo e della storia nel valore spirituale, ha troppo preciso e sicuro il senso della finitezza deU’umano: del limite che, mentre potenzia il pensiero e l’azione dell’uomo, ne delinea insieme esat¬ tamente i confini. In altri termini, egli ha una concezione più veramente storica della Storia. Ma, appunto per questo, egli si trova ad ugual di¬ stanza da quella specie di « umanismo teologico « che in alcuni idealisti è rimasto come residuo deU’hegelismo. È un idealismo, questo, di carattere fondamentalmente raziona¬ listico. In questo punto. Mussolini, se non c’inganniamo, tradisce il carattere schiettamente cattolico della sua men¬ talità: se un Dio ci ha da essere, se c’è, meglio che sia quello religioso del Cristianesimo, del Cattolicismo. Qui si passa, quindi, ad una considerazione apparentemente op¬ posta alla precedente: l’idealismo è troppo « umanistico )>: il suo razionalismo affievolisce e smorza nell’uomo l’im¬ pulso aUa lotta e al sacrificio, l’anehto del futuro, il senso <( pericoloso » della vita, l’audacia dell’iniziativa e il gusto dell’eroico. Nell’uno come nell’altro caso l’uomo è agito dalla Storia, dallo Spirito Universale, da una « dialettica » che per (( deificarlo )) istrada ogni sua azione e pensiero lungo una legge impersonale che ha la rigidezza del fato (1), e lo spersonalizza. All’i mm anentismo, storico o razionali¬ stico, manca una parola magica: la fede. Se la usa, ne storpia il significato. (1) «La storia non è un itinerario obbligato: la storia è tutta contrasti, è tutta vicende » (Discorsi della rivoluzione, pag. 75). Proprio per questo, poi, essa non può esser lasciata in balìa di se stessa, secondo che vorrebbe la crociana «religione della libertà». Di qui la necessità dello Stato, e degli Stati. FILOSOFIA E RELIGIONE NEL PENSIERO DI MUSSOLINI 21 * * Pronunziare questa parola, tuttavia, è presentare il pro¬ blema più arduo e assillante per l’attuale coscienza contem¬ poranea. Mussolini lo sente, lo dichiara. Ci è venuto, a questo problema, lentamente: « Nella gioventù io non cre¬ devo affatto: avevo inutilmente invocato il nome di Dio » (Ludwig, Colloqui, pag. 224). Nel 1922, invece, già afferma: « Se il Fascismo non fosse una fede, come darebbe lo stoi¬ cismo e il coraggio ai suoi gregari? Solo una fede che ha raggiunto le altitudini religiose, può suggerire le parole uscite dalle labbra ormai esangui di Federico Florio». («Popolo d’Italia», 19 gennaio). «Non si può compiere nulla di grande se non si è in stato di amorosa passione, in stato di misticismo religioso » [Discorso alla Scissa di Milano, 5 ottobre 1922). Fede dell’uomo in se stesso? E fede del fascista nel¬ l’idea stessa del Fascismo? Certamente, anche questo. « Può » — gli domanda Ludwig (pag. 224 di Colloqui) — « un discepo'lo di Machiavelli e di Nietzsche aver fede? ». Mussolini gli risponde: «In se stesso: ciò sarebbe già qualcosa». E in «Gerarchia» [Viatico per il 1926): «Il Fascismo vince e vincerà finché conserverà quest’anima ferocemente unitaria e questa sua religiosa obbedienza, questa sua ascetica disciplina. Fede, dimque, non relativa, ma assoluta ». Ma l’assolutezza di questa fede nell’Idea esclude la fede propriamente religiosa, in Dio, o, piuttosto, la pre¬ suppone? La fede in se stesso, che direbbesi meglio « fidu¬ cia », se non ha da essere mero calcolo delle proprie forze, non potrebbe essere alimentata da una forza supe¬ riore, ossia da una fede schiettamente religiosa? Al filo¬ sofo idealista questo sembra un problema insolubile: o si ha fede nelle proprie forze, egli dice, e si può proce¬ dere all’azione ; ovvero «nelle proprie forze non si ha fede, e allora nasce la sfiducia e l’inattività. Il dilemma, come 22 ARMANDO CARLINI sono tutti i ragionamenti fatti a fil di logica, è troppo semplice: lo spirito umano è molto più sottile e compli¬ cato di ogni dialettica e di ogni logica astratta. Vediamo se dal pensiero di Mussolini possiamo ricavare qpialche luce. Qualche volta egli ha accennato a un processo inte¬ riore come a fonte comune così della politica come del¬ l’arte. Alla prima mostra del Novecento italiano (15 feb¬ braio 1926) disse: «Ieri sera, dopo avere attentamente esaminata la Mostra, alcuni interrogativi hanno inquie¬ tato il mio spirito. Ve li accenno brevemente perché voi ne facciate oggetto di meditazioni necessarie. Primo, quale rapporto intercede tra la politica e l’arte? Quale tra il politico e l’artista? È possibile di stabilire una gerarchia fra queste due manifestazioni dello spirito umano? Che la politica sia un’arte, non v’è dubbio. Non è, certo, una scienza. Nemmeno mero empirismo. È, quindi, un’arte. Anche perché nella politica c’è molto intuito. La creazione politica, come quella artistica, è una elaborazione lenta e una divinazione subitanea. A un certo momento l’artista crea coll’ispirazione, il politico con la decisione. Entrambi lavorano con la materia e con lo spirito. Entrambi inse¬ guono un ideale che li pungola e li trascende » ( 1). Egli prosegue domandandosi se la guerra e il Fascismo abbiano lasciato tracce nell’arte : (( Il volgare direbbe di no perché, salvo il quadro A noi, non c’è nulla che ri¬ cordi e — ohimè! — fotografi gH avvenimenti trascorsi o riproduca le scene delle quali fummo in varia misura spettatori o protagonisti. Eppure il segno degli eventi c’è. Basta saperlo trovare. Questa pittura, questa scultura, diversifica da quella immediatamente precedente in Italia. (1^ Sembra in contraddizione, ma non Io è, la dichiarazione: «Fra tutte le professioni la più affine al mio spirito è quella dell’ingegnere » (Saluto agli elettrotecnici, 25 settembre 1926). FILOSOFIA E RELIGIONE NEL PENSIERO DI MUSSOLINI -23 Ha un suo inconfondibile sigillo. Si vede che è il risul¬ tato di una severa disciplina interiore» (1). Questa « disciplina interiore » è, dunque, un punto di coincidenza della pobtica e dell’arte, e risulta da « un’elaborazione lenta e una divinazione subitanea ». La politica, l’azione, non è (( mero empirismo ». Parlando del Luzzatti, disse : (( Egli aveva navigato per tutti i mari e negli oceani dello scibile umano, senza cadere nelle secche dello scetticismo e della negazione, perché egli credeva fermamente, e la fede è una sicura bussola per ogni viaggio ideale ». Di quale fede si parla qui? Di una fede, non v’ha dub bio, schiettamente religiosa. Nella Vita di Arnaldo si dice; <( Il giornalista diventa scrittore quando si interiorizza, quando comincia a vedere le cose non più sotto l’aspetto cinematico della contingenza, ma in quello della trascen¬ denza; quando piega il capo per riflettere su i problemi originari; quando, come nel caso di Arnaldo, portato da un atroce dolore sulla cima, si sente come liberato dagl’im¬ pacci che lo legavano alla pianura e respira oramai nel¬ l’atmosfera delle cose infinite ed eterne. Il giornalismo del quotidiano finisce e comincia la poesia. Poesia del¬ l’amore e della morte; della speranza e della rassegna¬ zione; della vita terrena e del di là seducente e conso¬ latore » (pag. 61). La precedente (( discipbna interiore » consiste, dun¬ que, in questo (( liberarsi » da ogni esteriorità, vivere <( nell’atmosfera delle cose infinite ed eterne », cercarsi (1) Coloro che ancor oggi seguitano a invocare un’«arte fascista», hanno meditato abbastanza queste parole? Il discorso termina con una con¬ siderazione su l’arte che non ha nulla da invidiare, per finezza e senso d’in¬ teriorità, alle Estetiche oggi più celebrate; «Io guardo e dico: questo marmo, questo quadro mi piace. Perché mi allieta gli occhi, perché mi dà il senso dell’armonia, perché quella creazione vive ed io mi sento vivo in lei, attraverso il brivido che dà la comunione e la conquista della bellezza ». 24 ARMAJ^fDO CARLINI alla radice del proprio essere sino al punto in cui all’a a- spetto cinematico della contingenza » subentra (( quello della trascendenza » (1). Lì la poesia s’incontra con la Religione. L’immagine più divulgata di Mussolini, anche all’estero, è quella di una potente e fiera e intransigente volontà: egli è un « dominatore ». Chi non ricorda il motto : « agli amici, tutto il bene, ai nemici tutto il male possibile » ? (2). I Colloqui del Ludwig hanno ancor più divulgato il senso suo della « solitudine interiore » (3), e il suo acuto pessi¬ mismo intorno agli uomini fatto di compassione e di di¬ sprezzo (4). (1) Trascendenza, ch’è anche (s’intende!) immanente, come senso morale e religioso, aU’uomo. In questo significato si parla ^immanenza nel discorso su La Riforma legislativa (12 maggio 1928, al Senato): «E vengo allo Sta¬ tuto. Bisogna intenderci, onorevoli senatori... Siamo sul terreno dell’archeo¬ logia o della politica? 0, se volete, siamo sul terreno dell’immanenza o su quello della contingenza? Si è mai pensato che una costituzione od uno sta¬ tuto possano essere eterni e non invece temporanei? Immobili e non invece mntevoli?... Di immanente, onorevoli senatori, di eterno, non vi sono che le leggi religiose. Il decalogo, ad esempio, è immanente: dieci articoli che vanno bene per tutti ì popoli, per tutte le altitudini, longitudini e latitudini ». (2) Il Bescson, nella sua opera recente, Les deux soiirces de la morale et de la religion, dice: «Nous n’irons pas jusqu’à dire qu’nn des attributs du chef endormi au fond de nous soit la férocité. Mais il est certain que la nature, massacreuse des individus en méme temps que génératrice des espèces, a dù vouloir le chef impitoyable si elle a prévu des chefs. L’histoire tout entière en témoigne » (pag. 301). Cosi egli ha, in certo modo, spiegato e inquadrato il principio nietzschiano della « volontà di potenza », facen¬ done un principio della vita politica. Cfr. Mussolini in Colloqui: a La ten¬ denza all’imperialismo è ima delle forze elementari della natura umana, appunto come la volontà di potenza » (pag. 63). (3) (( Io non posso avere amici, io non ne ho ». Ludwig gli chiede quando egli si sentì più solo: da giovane, fra i suoi compagni di partito, ovvero oggi ch’è il Duce del Fascismo? «Oggi, disse egli senza esitare. Ma anche prima: in fondo, fui sempre solo » (pag. 217). (4) Vedi specialmente il Preludio al Machiavelli (in «Gerarchia», maggio 1924). Ma, di disprezzo, soltanto, egli dice (Colloqui, pag. 219), l’nn per cento. FILOSOFIA E RELIGIONE NEL PENSIERO DI MUSSOLINI 25 Questo è l’uomo e il mondo guardato da un lato. Ma Mussolini ne eonosce anche un altro : eccolo. « Egli (Ar¬ naldo) fu un buono-, il che non significa debole, poiché la bontà può benissimo conciliarsi con la più grande forza d’animo, col più ferreo compimento del proprio dovere. Essa è il risultato di una visione del mondo, nella quale gli elementi ottimistici superano i pessimistici, poiché la bontà non può essere scettica, ma deve essere credente. Rimanere buoni tutta la vita: questo dà la misura della vera grandezza di un’anima! Rimanere buoni, malgrado tutto. Il buono non si domanda mai se valga la pena: egli pensa che vale sempre la pena. Soccorrere un disgraziato, anche se immeritevole; asciugare una lacrima, anche se impura; dare un sollievo aUa miseria, una speranza alla tristezza, una consolazione alla morte: tutto ciò significa non considerarsi estranei aU’umanità, ma partecipi — carne e ossa — di essa : significa tessere la trama della sim¬ patia, con fili invisibili, ma potenti, i quali legano gli spi¬ riti e li rendono migliori » {Vita di A., pag. 111-112). Siamo, dunque, passati d’tm tratto, da Nietzsche a Tol- stoi? L’apparenza può essere questa, la realtà è tutt’altra. Il principio nietzschiano s’è venuto trasformando nel¬ l’animo e nella mente di Mussolini in un principio d’inte¬ riorità spirituale, che liberando l’uomo da ogni interesse mondano lo innalza per questo stesso sul mondo e gli dà la forza di dominarlo; ma, nello stesso tempo, racco¬ gliendolo nella solitudine di se stesso, gli fa scoprire la sorgente eterna d’ogni valore spirituale, la quale è, in fine, anche, la fonte segreta della sua forza e azione nel mondo (1). Ciò ch’è grande nell’uomo, diceva Zarathustra, è Tesser egli un ponte, non già una mèta. Questa nota « super¬ umanistica )), come superamento del (( mero umanismo », (1) Cfr., 611 questo punto, Appéndice, II. 26 ARMANDO CARLINI è ben rimasta in Mussolini. Così come lo spirito di spre¬ giudicatezza mentale, Tantifilisteismo, rantidemocratismo, l’avversione alla « vita comoda » e l’istinto « guerriero > 1 . Ma egli non può più essere persuaso di quel baccanale dell’Io in cui si risolve l’anticristianesimo del Superuomo e il suo disprezzo per ogni tradizione morale e religiosa dell’umanità (1). Il Titanismo, ancbe senza i fulmini più di nessun Giove, si abbatte e distrugge da se stesso. Per lo spirito eroico non basta la coscienza di possedere in sé il principio creatore della realtà: ci vuole ancbe la co¬ scienza di un principio superiore che dia valore perma¬ nente alla sua azione. Quel dilemma, dunque, posto dal filosofo idealista è falso. Il che non fa meraviglia. Può la filosofia, ossia il pensiero critico, esaurire le ragioni della vita e della fede? Se tale esaurimento riuscisse alla filosofia e alla rifles¬ sione, scomparirebbe, sì, la fede, ma con essa scompari¬ rebbe anche la vita. È misticismo, questo? Si, è misticismo. Fa paura la parola? Fa paura al filosofo illuminista, non ha fatto paura ad un filosofo come Bergson. C’è misticismo e misti¬ cismo, del resto: anzi, innumerevoli misticismi C’è quello buddistico e c’è quello del Nietzsche (ch’è, anch’esso, un misticismo, per quanto opposto all’altro). C’è un misti¬ cismo pagano e un misticismo cristiano: il Bergson ha trovato in questo secondo la fonte autentica della mora¬ lità e della religiosità. C’è un misticismo protestante e c’è un misticismo cattolico: questo secondo è il meno mistico di tutti. Coinè la pensa Mussolini in questo punto? Lasciamo a lui la parola. (( Egli (Arnaldo) era im credente, ma non — com’egli disse nell’ultima conferenza alla Scuola di Mistica fasci¬ sta — credente in un Dio generico che si chiama talvolta (1) iCfr., per questo, Appendice, I. FILOSOFIA E RELIGIONE NEL PENSIERO DI MUSSOLINI 27 per sminuirlo Infinito, Cosmo, Essenza; ma in Dio nostro Signore, Creatore del Cielo e della Terra, e nel suo Fi¬ gliuolo che un giorno premierà nei regni ultraterreni le nostre poche virtù, e perdonerà, speriamo, i molti difetti legati alle vicende della nostra vita terrena » {Vita di A., pag. 114). Questa, la fede di Arnaldo. Quella di Benito segue poco dopo : (( Tutto quello che fu fatto non potrà essere cancel¬ lato, mentre il mio spirito, oramai liberato dalla materia, vivrà, dopo la piccola vita terrena, la vita immortale e universale di Dio » (pag. 117) (1). * * Noi non abbiamo nessun interesse (e neanche compe¬ tenza) a entrare qui in questioni teologiche. Ci basta di aver dimostrato il nostro assunto: che il problema filo- (1) Nei Colloqui del Ludwig, dopo di aver accennato alla possibilità di «una soprannaturale apparizione», aggiunge: «Negli ultimi anni si è in me rinsaldata la fede che vi possa essere una forza divina nell’universo. — Urìstiana? —• Divina, ripete egli con un movimento della mano, che lasciò la mia domanda in aria. Gli uomini possono pregare Dio in molti modi: si deve lasciare assolutamente a ciascuno il proprio modo » (pag. 225). Quella « forza divina nell’universo » non è in arnionia col principio d’inte¬ riorità puramente spirituale da noi precedentemente posto. L’oscillazione spiega anche la sua ammirazione, su tutti i Dialoghi di Platone, per il « sublime » Fedone, la cui prova dell’immortalità dell’anima — dopo di averne esposto acutamente i punti centrali — reputò «incatenante, conso¬ latrice, perfetta... di un’evidenza assoluta » (vedi Nota su l’immortalità del- Panìma, in «Gerarchia», 1927). Così anche l’antitesi cristiana-divina po¬ trebbe far supporre un’incertezza che, certamente, non è nel pensiero di Mussolini. 11 quale s’è espresso altrove diversamente. Parlando Per il set¬ timo annuale della fondazione dei Fasci (28 marzo 1926), disse: «Il sacer¬ dote di quella religione che è dei nostri padri e nella quale crediamo, ha consacrato sessantasette gagliardetti dei vostri gruppi». Negli stessi Col¬ loqui del Ludwig, ritornando su un argomento discusso già in Senato nel discorso per la Conciliazione, è ribadita, sì, la sua opinione che, « se il cri¬ stianesimo non fosse giunto nella Roma imperiale sarebbe rimasto una setta 28 ARMANDO CARLINI sofico e quello religioso sono tra i problemi più vivi nel pensiero e ueU’animo di Mussolini. E crediamo di aver rag¬ giunta una sufficiente prova sia della prima e sia della seconda parte della nostra tesi. Ma, forse, la prova per la prima parte sembrerà rag¬ giunta meglio che per la seconda. Quali germi di pensiero nuovo e originale — si domanderà —, e fecondo di pos¬ sibili sviluppi, sono contenuti in questo — diciam pure così — spiritualismo fascista? La risposta non può esser dubbia: lo spiritualismo mussoliniano è orientato verso un principio di pura inte¬ riorità, in cui trovano la loro coincidenza i problemi in¬ sieme della filosofia e della religione, dell’arte e della vita sociale-politica, della scienza e della storia lunana (1). * * * Arrivati a questo punto, ognuno concederà che, a rigor di termini, avremmo il diritto di fermarci. Il diritto, e ebraica » ; ma, egli dice, « si deve aggiungere che tutto era preparato dalla Provvidenza. Prima l’impero, poi la nascita di Gesù, e finalmente Paolo apinodato a Malta e giunto qui. Sì, certo, così era predestinato da una Prov¬ videnza che dirige tutto » (pag. 176). Forse più caratteristica di tutte è la dichiarazione seguente: «Il cupi» dissolvi non appartiene alla religiosità dei ruraR italiani. Il contadino ita¬ liano non si angustia troppo, per sapere se l’inferno c’è o non c’è. EgU si mette in regola per il caso che ci sia, e basta» [Tempi della rivoluzione fascista, pag. 79). D cupio dissolvi non è, certamente, del misticismo musso¬ liniano : ed è del tutto giusto che tale « religiosità dei rurali è perfetta¬ mente italiana ». La Sarfatti l’ha giudicato bene: «Austero e rude, malgrado i suoi spo¬ radici tentativi di rivolta, è in fondo un cattolico asceta-guerriero » [Dux, pag. 105). (1) Qui non si deve costruire: si dovevano soltanto indicare «i mate- riaU » e « il punto di vista » che, presumibilmente, nel pensiero di Musso- Rni, potranno servire alla filosofia da lui auspicata. Chi desiderasse una prova ulteriore della origiuaRtà e fecondità deRo spiritnaRsmo mnssoR- niano, potrebbe confrontarlo, ad esempio, con queRo deU’ultimo Bergson, il FILOSOFIA E RELIGIONE NEL PENSIERO DI MUSSOLINI 29 forse anche il dovere: ché, quando il filosofo si avventura in campi estranei alla sua scienza, corre sempre il rischio di sbandarsi. È, bensì, vero che la filosofia pervade tutta la vita, tutti i campi della realtà; ma, cosi considerando le cose, il filosofo si trova riportato al livello di ogni uomo, e non sempre, allora, egli può competere con gli altri per ampiezza e ricchezza di vita e di esperienza. Ma lasciamo andare la questione dei diritti e dei do¬ veri. Sta di fatto che questo saggio, per quanto voglia esser modesto, non può terminare qui: non si può trattare del pensiero di Mussolini senza almeno un cenno al suo capolavoro. Il capolavoro di Mussolini è lo Stato fascista, il quale è, bensì, un’opera di creazione politica, ma è tutto permeato di pensiero e di convincimenti, che rive¬ lano, a chi ben consideri, quello stesso atteggiamento filo¬ sofico e religioso che noi abbiamo cercato di ricostruire dianzi sulla base de’ suoi scritti e delle sue dichiarazioni. Noi abbiamo non solo il diritto, ma anche il dovere di aggiungere, si potrebbe dire, la prova sperimentale della tesi esposta precedentemente. In corrispondenza con tale tesi, dunque, noi dovremmo far vedere, in primo luogo, che non può comprendere lo Stato fascista chi si pone da un punto di vista filosofico e religioso diverso da quello del suo creatore; e in secondo luogo, passando al lato positivo, che in tale creazione poli¬ tica agiscono quegli stessi motivi originali di interiorità e senso della trascendenza che noi abbiamo indicati prima come posizione peculiare del suo atteggiamento mentale quale, anch’esso, fa leva sugli stessi principi fondamentali dell’interiorità e della trascendenza. Ma, mentre nel filosofo francese tale interiorità oscilla fra biologismo e psicologismo, essa si pone nell’italiano, passato attraverso l’idealismo, con la possibilità (non vogliamo dir di più) di una determi¬ nazione più pura. E similmente si dica per il Dio bergsoniano. Le differenze si riflettono, poi, anche nella diversità di concepire la funzione dello Stato, tanto dal lato sociale, quanto da quello della storia in generale. 30 ARMANDO CARLINI e spirituale in rispetto a tutti i problemi della realtà e della vita. Come premessa comune a entrambi i lati del problema cbe qui si presenta, bisogna far attenzione a questo fatto: die noi ora passiamo a considerare !’(( uomo » non più nella sua intimità e interiorità, in quella solitudine in cui soltanto Dio gli fa compagnia; ma nella vita sociale e poli¬ tica, dove la sua vita è condizionata dalla vita comune e dal mondo storicamente determinato in cui egli si trova a inserire la sua azione di ogni giorno. La sua intimità e interiorità egli la deve vivere in questo mondo; la sua personalità egli la deve costruire come individualità cbe ha un significato e xm valore essenzialmente sociale; egli ha qui per giudice, non più Dio direttamente, ma il mondo della storia e della civiltà umana. L’uomo del senso comune, ch’è spesso anche l’nomo del buon senso, può trovare motivo di diffidare, anzi di sorri¬ dere, di ogni spiritualismo che non tenga conto di una tale condizionalità : che parli di nn’interiorità che si consuma dentro se stessa senza prodursi nel mondo; quasi che il filosofo e il mistico potessero mai realizzare una spiritua¬ lità pura, incorporea (1). Invece, lo spirito umano ha bi¬ sogno del corpo per realizzarsi, la vita è attaccata a interessi materiali: bisogna far i conti con la materia per realiz¬ zarsi spiritualmente. Non per questo la questione economica non è nna que¬ stione spirituale anch’essa: l’animale non ha nessuna que¬ stione economica da risolvere (già, l’animale non ha pro¬ blemi di nessuna specie). È per l’uomo che il mangiare, il bere, il vestir panni e le altre necessità della vita, si presen- (1) «Le filosofie neospiritualistiche, con quel loro ondeggiare continuo- fra la metafisica e la lirica sono perniciosissime per i piccoU cervelli (ila¬ rità). Le filosofie neospiritualistiche sono come le ostriche: gustosissime al palato... ma bisogna digerirle!... (ilarità) ìì: Mussolini, nel primo discorso parlamentare del 21 giugno 1921 (Discorsi dal banco di deputato, pag. 38). FILOSOFIA E RELIGIONE NEL PENSIERO DI MUSSOLINI 31 tano, non come cose a cui pensa la natura o il caso, ma come risultato della sua libera attività, del suo lavoro e ingegno; è per l’uomo, in quanto la società gli rende possibile la sua vita, che il lavoro è, oltre un diritto, xm dovere: un dovere sociale. Ma, d’altra parte, è pure ovvio che la spiritualità della questione economica esprime soltanto la condizione umana di quella spiritualità più profonda che l’uomo trova nella sua pura interiorità ; e che scambiare la questione eco¬ nomica con la questione morale, come fece il socialismo, è scambiare la condizione con il condizionato, i mezzi con il fine. Chiediamo scusa se la premessa sembrerà un po’ troppo lunga; ma essa era necessaria per spiegare nel modo più breve la nostra insoddisfazione per tutte le teorie fin qui addotte su lo Stato fascista. Preghiamo, con piena sincerità, il lettore di non sospet¬ tare che si abbia noi la pretesa di possedere il segreto di quella teoria. Teniamo estremamente, anzi, a dichiarare che innanzi all’opera di Mussolini ci sentiamo disorientati. Solo vorremmo che anche gli altri confessassero questo diso¬ rientamento. Intorno allo Stato fascista s’è scritto oramai una biblio¬ teca, fra l’Italia e l’estero. E naturale che gli scritti mi¬ gliori siano quelli degli Italiani, tra i quali sono uomini di prim’ordine per cultura, e per intelligenza. E tuttavia avviene qui quel che avviene nei commenti di ogni capolavoro, poniamo della Divina Commedia', c’è qualcosa che, dopo tutte le indagini e i chiarimenti, sfugge. Nella poesia e nell’arte si può dar la colpa alla critica che non arriva mai a tradurre in concetti l’intuizione sen¬ timentale. Qui, nell’opera politica di Mussolini, a noi sem¬ bra che la colpa sia dei teorici che restano al di sotto del punto centrale in cui lavora il suo genio creatore fra pro¬ blemi di azione e di pensiero che costituiscono la sua per¬ sonalità vivente. Facciamo almeno qualche cenno più esplicito. La let- 32 ARMANDO CARLINI teratura su accennata può dividersi in opere di economisti, di giuristi, di politici, di filosofi. I discorsi fatti in generale sono, necessariamente, sem¬ pre un po’ vaghi. Ma noi qui abbiamo un interesse ben determinato, e non abbiamo nessun dovere di allontanarci da esso per entrare nella discussione dei particolari. A co¬ minciare, quindi, dai filosofi, dichiariamo che una filosofia capace di penetrare in ciò che ha di più singolare lo Stato fascista non esiste ancora. I filosofi che ne hanno fin qui parlato (e alludiamo non soltanto agli itahani, ma anche agli stranieri), s’indugiano ancora in posizioni che Musso¬ lini, anzi la storia guardata dal punto di vista fascista, s’è lasciato dietro le spalle. Ad esempio : c’è chi è ricorso allo Hegel per dimostrare ch’egli è il vero precursore della nuova civiltà del mondo inaugurata dal Fascismo. Non c’è bisogno di molta dottrina per far osservare che nel secolo intercorso fra lo Hegel e il Fascismo sono avvenute queste cose fondamentali; la cri¬ tica fatta allo spirituahsmo idealistico-teologico dello Hegel da parte del marxismo da una parte, e del liberalismo dal¬ l’altra; e poi la critica, che già corre per il mondo, del Fascismo contro entrambi questi. Il marxismo ebbe tutte le ragioni di richiamare quello spiritualismo astratto alla base materiale-economica per intendere il concreto mondo storico e agire in esso. Il liberahsmo ebbe altrettanta ra¬ gione di non volerne sapere di quel teologismo, perché quel che a lui premeva era la libertà dell’uomo, e però dell’individuo vero e reale. Oggi il Fascismo ha superato, per parlare lo stesso linguaggio hegeliano, non soltanto l’astrattezza ed erroneità dello hegelismo, ma anche l’an¬ gustia mentale (ch’era una astrattezza ed erroneità op¬ posta) comune al marxismo e al hberalismo. Come ritor¬ nare, dopo questo, a Hegel? Precursore? Ma, allora, rico¬ minciamo da Platone e da Aristotele! QÙRnto inchiostro versato in questi anni per dimo¬ strare che non c’è Hbertà senza autorità; che l’individuo FILOSOFIA E RELIGIONE NEL PENSIERO DI MUSSOLINI 33 s’identifica con lo Stato; che economia etica e politica sono la stessa cosa; che la sovranità dello Stato è un Assoluto che non può ammettere altro Assoluto fuori di sé, ed altret¬ tali filosofemi caratteristici della filosofia hegeliana! La quale risolveva dialetticamente tutti i problemi del mondo e della storia in un processo logico del pensiero che alla fine si poneva come l’Assoluto metafisico, come il vero Dio, e vanificava, così, quelli che sono i concreti problemi del mondo storico e dell’uomo. Noi non intendiamo, con questo, di dire che tanto in¬ chiostro sia stato versato inutilmente. Tutt’altro! È stato del tutto opportuno, per rinfrescare la memoria delle persone colte e per dirozzare la mente degli ignari su quelle che sono le premesse del pensiero contemporaneo e della civiltà moderna. Intendiamo di dire, invece, che quelle argomenta¬ zioni sono fuori fuoco: non colgono il Fascismo nel suo punto vitale. Per cogliere questo sono preferibili le poche meravigliose pagine, che veramente dànno il nuovo « senso dello Stato », contenute nel discorso del Duce all’Assemblea quinquennale del Regime, il 10 marzo 1929 (1). Lo Stato come organismo giuridico, come la nazione stessa organizzata politicamente, come la sostanza etica di un popolo, e altrettali definizioni, colgono la propria na¬ tura dello Stato fascista? Filosofi, giuristi, politici si affa¬ ticano insieme a cercar di adattare le vecchie definizioni al corpo della realtà nuova. C’è un concetto che ritorna fre¬ quentemente in tutte le definizioni : quello della personalità dello Stato, come di una personalità superiore che assorbe, o deve assorbire, quella inferiore degli individui che lo compongono. Ma basta poca riflessione per accorgersi che quello Stato è una formula, una realtà anonima, una per¬ sonalità che è tale soltanto nel senso in cui si parla di (( persona » in giurisprudenza quando si vuol dire di un ente o istituto che ha un riconoscimento dalla legge ed è (1) Son riportate e illustrate in Appendice, V. Quaderni IV, 5. 3 34 ARMANDO CARLINI « soggetto » di diritti. Ossia, è una personalità ehe è il mas¬ simo della impersonalità. La personalità, inveee, dello Stato fascista consiste in questo: che c’è un Capo, una persona¬ lità e volontà in carne e ossa, che governa e dirige tutta la complessa vita statale. Lo Stato come Costituzione, come organismo politico-giuridico con tutti i suoi attributi e le sue forme di sovranità, resta come un presupposto che il Fascismo non ha nessuna intenzione di negare, perché, ap¬ punto, lo presuppone come un dato acquisito dalla coscienza giuridica e politica moderna. Se no, si tornerebbe al tipo delle Signorie, della coincidenza immediata di Stato e Prin¬ cipe (già notata da Mussolini nel suo Preludio al Machia¬ velli) (1). Ma, come Aristotele diceva già sin da allora, che l’ordine e la forza di un esercito li fa sopratutto il buon comandante, così il Fascismo pensa che per uno Stato forte e capace di contar qualcosa nella determinazione della storia mondiale, quel che più conta è la volontà e capacità di chi siede al governo, dirige e determina la via da seguire. In quella volontà si debbono organizzare tutti i voleri, in quella personalità debbono prender corpo tutte le gerar¬ chie, classi e categorie dello Stato, tutte le attività della Nazione. Gerarchie, classi e categorie, le quali collegano il Capo con il resto del corpo politico, sì che, per il tra¬ mite di esse, la personalità dello Stato, espressa in sommo grado dal Capo, arrivi via via sino al popolo e alla massa altrimenti amorfa e sbandata. È questione, dunque, di libertà e di autorità? Certa¬ mente! Ma non in quei termini astratti, non in una dia¬ lettica che per dimostrare troppo non dimostra niente, o può dimostrare ugualmente bene l’opposto. Mussolini non s’è mai indugiato in tali esercitazioni : dichiarando che « la libertà è un mezzo, non un fine » ha risolto la questione perentoriamente. (1) Ved. Appendice, IV. FILOSOFIA E RELIGIONE NEL PENSIERO DI MUSSOLINI 35 Questo è autoritarismo, dispotismo, ecc., ha esclamato e tentato di dimostrare un filosofo liberale, a cui hanno fatto eco altri filosofi e politici stranieri. Strano! Quel filosofo passa la sua vita nella meditazione della Storia, e non s’è ancora accorto che la Storia la fa non l’individuo isolato con la sua astratta libertà, ma l’individuo in quanto volontà e libertà organizzata in quell’organismo spirituale che è lo Stato. Sono gli Stati che decidono del mondo storico-sociale, non gl’individui come tali: così come sono gli eserciti che determinano la vittoria, non i soldiati singolarmente presi (1). « Stato etico )), si dice: e questo, si aggiunge, almeno questo, è pure un concetto di marca schiettamente hege¬ liana. Per cui, dall’altra parte, si protesta: eccoci tornati, col Fascismo, alla (( morale di Stato )), alla « morale go¬ vernativa » : quale aberrazione filosofica e morale ! Se non che, anche qui, non si può raccomandare ab¬ bastanza di non perdersi in queste discussioni, e di at¬ tingere direttamente alla fonte delle parole e del pensiero di Mussolini. Prendiamo un passo : « Né si pensi di negare il carattere morale dello Stato Fascista, perché io mi ver¬ gognerei di parlare da questa tribuna se non sentissi di rappresentare la forza morale e spirituale dello Stato. Che cosa sarebbe lo Stato se non avesse im suo spirito, una sua morale, che è quella che dà la forza alle sue leggi, e per la quale esso riesce a farsi ubbidire dai cittadini? Che cosa sarebbe lo Stato? Una cosa miserevole, davanti alla quale i cittadini avrebbero il diritto della rivolta e del disprezzo. Lo Stato Fascista rivendica in pieno il suo ca¬ rattere di eticità: è Cattolico, ma è Fascista, anzi sopra- (1) «Nella silenziosa coordinazione di tutte le forze agli ordini di uno solo, è il segreto perenne di ogni vittoria » {Tempi della rivoluzione fascista, pag. 166). Non basta, dunque, dire con Tidealismo che il mondo storico è una creazione dell’uomo. Bisogna aggiungere; deU’uomo organiz¬ zato nella società, e in primo luogo in quella forma più potente di società «h’è lo Stato fascisticamente inteso. 36 ARMANDO CARLINI tutto, esclusivamente, essenzialmente Fascista. Il Cattoli- cismo lo integra, e noi lo dichiariamo apertamente, ma nessuno pensi, sotto la specie filosofica o metafisica, di cambiarci le carte in tavola » (1). Vediamo di non cambiargli le carte in tavola. Contro una Chiesa che, movendo dal principio di esclusivo mo¬ nopolio nella direzione delle coscienze, tende a tener per sé, come si dice nel linguaggio scolastico (del tempo in cui si faceva questione fra Papa e Imperatore per il go¬ verno del mondo), tutto (( lo spirituale », e a lasciare allo Stato la sola cura dei beni materiali: contro tale Chiesa Mussolini adduce, di pieno diritto, la rivolta della sua co¬ scienza, del suo senso di Capo di uno Stato moderno, che sa di governare degli uomini liberi e non già un gregge, di guidare un popolo verso un ideale di civiltà e non già di essere un sentplice amministratore di beni, ed afferma il carattere spirituale dello Stato e il fondamento morale che sostiene la sua autorità di Capo. Ma da questo al concetto che risolve il problema mo¬ rale nel problema dello Stato, c’è un molto rispettabile intervallo, anzi xm abisso, che a noi non risulta in alcun modo che Mussolini abbia mai tentato di varcare. Stato unitario, totabtario : tutto nello Stato, per lo Stato, nulla fuori e, sopratutto, nulla contro di esso. E può essere diversamente data la nuova concezione fascista? Come in guerra tutte le forze materiali e spirituali della Nazione vengono organizzate, senza residuo, per la vittoria delle armi; così in pace lo Stato fascista ha bisogno di tutte le forze, fisiche, morali e intellettuali, de’ suoi cit¬ tadini per vincere quella più grande battaglia che deter¬ mina il posto di uno Stato nel mondo e il corso della storia stessa (2). (1) Discorso aUa Camera per Gli accordi del Luterano. (2) « Io considero la politica come una milizia o combattimento « (Tempi della rivoluzione fascista, pag. 147). Il Fascismo non vuole, dentro FILOSOFIA E RELIGIONE NEL PENSIERO DI MUSSOLINI 37 Quindi nulla, di quanto l’individuo può dare, sfugge all’interesse dello Stato fascista: la sua ctdtura, la sua educazione, la sua coscienza morale, la stessa sua coscienza religiosa. Ma questo non implica un « assorbimento » del-- l’individuo nel senso che lo Stato ne succhi e svuoti la per¬ sonalità ! Tutt’altro : lo Stato fascista ha ogni interesse, anzi, a potenziare la personalità fisica e morale dell’individuo, a sollecitarne la libera iniziativa, a trar profitto dalla sua voca¬ zione e dalle sue inclinazioni, e, ove occorra, anche dalle sue ambizioni e dalle legittime aspirazioni al benessere e agli agi materiali. Non, dunque, che sia erronea la così detta identificazione dell’individuo con lo Stato; ma, pre¬ sentata in quella dialettica astratta, non dice nulla di posi¬ tivo, e può condurre, ripetiamo, anche a dire il contrario ( 1). Così, per la questione economica. Stato corporativo, sì, certo : è un caposaldo dello Stato fascista, che qui si lascia di nuovo dietro le spalle il socialismo e il liberalismo insieme. Ma se da questo si vuol dedurre che l’originalità e impor¬ tanza dello Stato fascista sia tutta in questo punto, nell’aver immessa una « coscienza statale » nel giuoco degli interessi lo Stato, la lotta: vuole, anzi, Tarmonia e la collaborazione. Ma nel con¬ fronto con le forze estranee sente che « la vita è un combattimento con¬ tinuo, incessante », da accettare « con grande disinvoltura, con grande co¬ raggio, con la intrepidezza necessaria » {Per il settimo annuale della fon¬ dazione dei fasci, 1926). (1) Non si tratta di mera coincidenza o non coincidenza della volontà deU’individuo con quella dello Stato, ma di un processo che si può ben chiamare di educazione dell’individuo per opera dello Stato fascista : « La politica è l’arte di governare gli uomini, cioè di orientare, utilizzare, edu¬ care le loro passioni, i loro egoismi, i loro interessi in vista di scopi d’or¬ dine generale che trascendono quasi sempre la vita individuale perché si proiettano nel futuro ». L’individuo, infatti, non educato politicamente, «tende a evadere continuamente: tende a disubbidire alle leggi, a non pagare i tributi, a non fare la guerra: pochi sono coloro — eroi o santi — che sacrificano il proprio io sull’altare dello Stato » (Preludio al Ma¬ chiavelli), Sul concetto di Stato fascista come Stato educatore, ved. Appen¬ dice, pag. 55. 38 ABMAWDO CARLINI materiali che governano l’economia di un Paese, c’è l’evi¬ dente pericolo di fare del Fascismo un’antitesi, sì, del comu¬ niSmo e bolscevismo, ma su lo stesso piano. In somma: economia, etica, politica sono, bensì, legate indissolubilmente nello Stato fascista, ma non per questo l’una è la stessa cosa dell’altra. E veniamo, infine, alla tanto dibattuta questione reli¬ giosa. Stato confessionale? No, certo: si è detto e ripetuto. Allora, Stato « superconfessionale » ? Sì, certo, nell’ovvio senso in cui, negandosi che sia confessionale, si vuole pure affermare la sua religiosità. La religiosità, si ha ima grande premura di aggiungere e ripetere a sazietà, « immanente ». Non ha detto il Duce: (( tutto nello Stato, nulla fuori dello Stato »? Ma la conseguenza, al solito, è tratta troppo facilmente, con una argomentazione che, per voler esser troppo pro¬ fonda, resta alla superficie della questione e del pensiero di Mussolini. Il quale non ha mai sognato di fare della reli¬ gione una questione meramente politica. Dal dire che lo Stato fascista ha estremo interesse a coltivare la coscienza religiosa della Nazione; a dire che, quindi, è lo Stato stesso che crea quella coscienza e ne è l’arbitro, ci corre quel solito intervallo o abisso che Mussolini non consta abbia tentato di abolire. Ancora una volta ! Noi non abbiamo nessuna nostra filo¬ sofia da esibire, e non pretendiamo a nessun brevetto di scopritori o interpreti del pensiero mussoliniano. Ci limi¬ tiamo a esibire dei (( materiali » e dei « punti di vista », quali possono essere rigorosamente documentati da fatti e da scritti. E però domandiamo : quella teoria (( immanentistica » è in accordo con ciò che consta del pensiero e dell’azione mus- soliniana? Abbiamo addotto sufficienti documenti in prece¬ denza, e però rispondiamo: non consta, anzi consta il contrario. Diciamo meglio e di più: quel che consta è un’imposta- FILOSOFIA E RELIGIONE NEL PENSIERO DI MUSSOLINI 39 zione del problema politico-religioso in termini del tutto nuovi e fecondi di sviluppi nell’avvenire della coscienza politico-religiosa, non soltanto degli Italiani, ma dell’uomo semplicemente, in universale. C’è un fatto: che lo Stato ha affermato la sua assoluta sovranità nel mondo dello spirito storicamente considerato ; e contemporaneamente la Chiesa ha rinunciato a entrare più nelle questioni interne allo Stato e nelle competizioni, di qualsiasi specie, fra gli Stati. Le due sfere si sono, per la prima volta dacché esistono, delineati e definiti esatta¬ mente, per lo meno in via di diritto, i rispettivi confini. Con questa reciproca delimitazione hanno posto, insieme, il loro preciso rapporto : quindi né assoggettamento della sovranità dell’uno all’altra, né separazione nel senso che l’uno non voglia saper nulla dell’altra. Lo Stato fascista, proprio perché è uno Stato etico, sa che, per parlare in termini bergsoniani, ci sono due fonti, o si dica due punti di vista, della vita mo¬ rale e religiosa dell’uomo, a seconda che questa si consideri nella realtà sociale-politica della storia, ovvero in quella inte¬ riorità dell’uomo e della personalità ch’è la sua spiritua¬ lità pura. Abbiamo spiegato a sufficienza, dianzi, che questi due punti di vista non si escludono, anzi sono vitalmente e indissolubilmente legati. Lo Stato fascista può, dunque, liberamente riconoscere che, fra tutte le religioni esistenti, quella Cattolica è più delle altre consona alla sua mentalità e ai suoi fini: per la spiritualità ch’è alla base del Cristianesimo, e per il senso della vita morale concepita nel Cattolicismo secondo quegli stessi principii di disciplina, di gerarchia, di obbe¬ dienza all’autorità, che sono alla base della concezione politica del Fascismo. Lo Stato ha tutto da guadagnare da questo accordo della coscienza religiosa con la coscienza politica degli Italiani, che pon termine a un dissidio rimasto, secondo 40 ARMANDO CARLINI Fespressione di Mussolini stesso, come una spina confitta nel profondo dell’anima nazionale. Ma la Chiesa non ha da guadagnare di meno; anzi, ha innanzi un programma da realizzare anche più vasto e profondo: liberata dagl’interessi politici, accostarsi sempre di più alle coscienze nella pura interiorità, parlare ad esse un linguaggio più intelhgibile e persuasivo, rinnovare nelle menti e nei cuori i motivi di quella fede che fece la sua grandezza in altri tempi, anzi in ogni tempo. Solo per questa via alla conciliazione fra essa e lo Stato potrà seguire l’altra fra essa e il pensiero moderno (1). (1) Cfr. Appendice, VI. APPENDICE I. SCRITTI GIOVANILI La Sarfatti {Dux, pag. 100) riporta dal giornale repub¬ blicano, « Il pensiero romagnolo », una buona parte di uno studio giovanile di Mussolini su La filosofia della forza, nel quale sono riassunti i motivi della sua ammirazione per il Nietzsche, e insieme quelli del suo dissenso da tale filosofia. I primi si risolvono nella concezione attivistica della vita come creazione di nuovi valori spirituali: « Que¬ sta volontà di potenza, che si esplica nella creazione di nuovi valori morali o artistici o sociali, dà uno scopo alla vita. Creare! Ecco la grande redenzione dai dolori, e il con¬ forto della vita. Il superuomo — ecco la grande creazione nitciana. Quale impulso segreto, quale interna rivolta hanno suggerito al solitario professore di lingue antiche nell’uni¬ versità di Basilea questa superba nozione? Forse il taedium vitae: della vita quale si svolge nelle odierne società civili dove l’irrimediabile mediocrità trionfa. E Nietzsche suona la diana di un prossimo ritorno all’ideale; ma a un ideale diverso fondamentalmente da quelli in cui hanno creduto le generazioni passate ». Che il Nietzsche non abbia esposto sistematicamente la sua filosofia, non importa: « Ciò che v’è di caduco, di sterile, di negativo in tutte le filosofie, è precisamente il sistema: questa costruzione ideale, spesse volte illogica e arbitraria» (1). (1) L’avversione al «sistema », nel senso scolastico di una dottrina chiusa nel cerchio di astratte definizioni e di procedimenti puramente razionali, dà, per lo meno estrinsecamente, il carattere più originale della filosofia con¬ temporanea. 44 ARJNIANDO CARLINI Il punto veramente debole della concezione nitciana è, invece, quello colto sin da allora da Mussolini, là dove posto il principio che « l’istinto di socievolezza è inerente alla natura stessa dell’uomo », onde « non si concepisce un individuo che possa vivere avulso dall’infinita catena degli esseri », nota la contraddizione in cui fatalmente do¬ veva aggrovigliarsi il Nietzsche, il quale (c sentiva la fata¬ lità di questa che potrebbe dirsi legge della solidarietà universale, sì che per uscire dalla contraddizione il super¬ uomo, l’eroe nitciano, dall’interno scatena la sua volontà di potenza aH’esterno... Ma, o il superuomo è unico, e non ubbidisce a leggi; o ammette delle limitazioni al suo arbi¬ trio individuale, e allora rientra nella mandria. Davanti a questo dilemma Nietzsche immagina che la società rovini e crepiti come un gigantesco fuoco d’artificio ». Anche l’anticristianesimo nitciano è veduto nel suo si¬ gnificato più positivo e, in fine, contingente: «Per com¬ prendere questo feroce anticristianesimo nitciano, dobbiamo esaminare alcun poco il mondo interno del Nietzsche. Egli era profondamente antitedesco. La gravità teutonica e il mercantilismo inglese erano ugualmente indigesti all’au¬ tore di Zarathustra. Forse il suo anticristo è l’ultimo por¬ tato di una violenta reazione contro la Germania feudale, pedante, cristiana ». ^ Il volumetto Giovanni Huss, il veridico (Roma, Po- drecca e Galantara, 1913) è una buonissima monografia di carattere schiettamente storico. L’intenzione anticleri¬ cale vi è aggiunta nella Prefazione, e qua e là incidental¬ mente, e in ogni modo non oltrepassa il limite doveroso del rispetto verso il Cristianesimo: verso di questo, anzi, è evidente una sincera simpatia. « Ancora ima volta Huss si difende dall’accusa di eresia. Egli non si proponeva che la purificazione del clero dagli FILOSOFIA E RELIGIONE NEL PENSIERO DI MUSSOLINI 45 elementi che lo demoralizzavano... Stridente antitesi! Mentre i prelati alti e bassi della chiesa non miravano che ad arricchire, e talvolta lasciavano in retaggio ai figli e ai nepoti ricchezze favolose, l’eretico Huss, come il Cristo, null’altro lascia alPinfuori di alcuni poveri indumenti. Huss non aveva solo predicato, ma anche praticato, e come San Francesco d’Assisi aveva sposato coram populo, ma¬ donna Povertà » (pag. 43 seg.). (( Gli eretici parlano in nome del popolo e al popolo. È un ritorno al Vangelo, eh’essi vogliono: un ritorno alla vita povera, ma solidale, delle prime comunità cristiane » (pag. 14). Non cosi, tuttavia, i seguaci di Huss, che (( supe¬ rarono in barbarie la Chiesa di Roma » : essi si ispirarono a Jehova, (( non al mite apostolo di Nazareth » (pag. 76). Ispirazione, dunque, questa dominante nel volumetto su Huss, da riformatore, e però morale, e in fine religiosa. La religiosità, tuttavia, è concepita e sentita al di fuori di ogni dogma: «Cosi [con l’eresia di Huss], la storia della progressiva liberazione del genere umano dai ceppi delle credenze dogmatiche non subisce di secolo in secolo soluzione di continuità )) (pag. 81). il. IL SENSO D’INTERIORITÀ Dal senso vivo d’interiorità (ch’è il senso stesso della individualità e personalità puramente spirituale) deriva, per contrapposto, tanto più vivo quello dell’esteriorità e del do¬ minio meditato della volontà sul mondo in cui l’uomo deve agire. Negli scritti e discorsi di Mussolini si accenna più volte ad un tale senso della vita interiore, ch’è, poi, la fonte prima del problema filosofico e religioso. Già nel 1914, fondando «Il Popolo d’Italia», scriveva: «Non tutti i miei amici d’ieri mi seguiranno; ma molti altri spiriti ribelli si racco¬ glieranno attorno a me. Farò un giornale indipendente, li¬ berissimo, personale, mio. Ne risponderò solo alla mia co¬ scienza e a nessun altro ». E nel 1929 (Su gli Accordi del Laterano », alla Camera) : (( Ecco che io mi son trovato di fronte a una di quelle responsabilità che fanno tremare le vene e i polsi di un uomo. E non potevo chiedere con¬ siglio a chicchessia: solo la mia coscienza mi doveva se¬ gnare la strada attraverso penose, lunghe meditazioni ». Nei momenti più solenni l’uomo si sente solo: solo con se stesso e con Dio ((( Cosi Iddio mi assista nel condurre a termine vittorioso la mia ardua fatica »). Il Barnes {Gli aspetti universali del Fascismo, pag.55), scrive : « È questa l’attitudine di Mussolini innanzi ai pro¬ blemi pratici della vita: una profonda coscienza del bene e del male, un infinito senso di responsabilità... Ne deriva FILOSOFIA E RELIGIONE NEL PENSIERO DI MUSSOLINI 47 una continua autocritica ed un automartirio che, se non fos¬ sero la sua fede, il senso di dovere verso la sua vocazione, il suo coraggio morale, lo spingerebbero verso una vita con¬ templativa. Sant’Ignazio di Loyola, e non Napoleone, è la figura spirituale che può essere compagna a Mussolini ». Tenendo presente quanto abbiamo notato dianzi sul rap¬ porto fra il senso d’interiorità e quello del dominio della volontà sul mondo esteriore, è facile vedere sino a qual punto colga giusto Fosservazione del Barnes (1). (1) Il paragone coglie un aspetto della personalità del Duce che andava messo in rilievo contro chi vede di quella soltanto il lato esteriore, l’atteg- giamento « napoleonico », del conquistatore o dominatore, o meglio, per dirla con parola corrente e più vicina all’idea, del « realizzatore ». Ma quel¬ l’aspetto, separato dall’altro, vien fuori deformato. Il senso d’interiorità è in M. anche la fonte segreta della sua forza di volontà. In conchiusione, M. è una sintesi nuova che assorbe e trasfigura interamente i vecchi termini in contrasto. III. POSITIVISMO, IDEALISMO E SPIRITUALISMO (( Che cosa ci pongono di fronte gli avversari? Niente: delle miserie. Sono ancora in arretrato di 50 anni in fatto di filosofia. Stanno postillando tutte le fantasie dei positi¬ visti : fantasie, dico, poiché come non vi è un uomo più peri¬ coloso del pacifista, così non vi è un ideologo più pericoloso del positivista. Tutto il processo di rinnovazione spirituale delle nuove generazioni è a loro ignoto » [Nel quinto anni¬ versario della fondazione dei Fasci). Idealismo è il termine generale più acconcio a com¬ prendere il movimento della filosofia contemporanea sorto contro il positivismo che aveva dominato la cultura europea nel periodo precedente a quello a cui Mussolini accenna. In quanto antipositivista, il pensiero mussoliniano si può hen definire idealista. Che i fatti non si intendano senza l’attività del pensiero, e che la realtà non si domini senza un principio spirituale, è verità messa in gran luce dal¬ l’idealismo contemporaneo, svoltosi poi in svariate dire¬ zioni. La varietà di queste direzioni dipende, da una parte, dalla diversa valutazione del positivismo criticato; e dal¬ l’altra, dalla diversità di significato del principio spirituale ispiratore. Per la prima parte, la critica più avveduta ha cercato di salvare, nel positivismo, l’esigenza di concretezza, il senso della realtà dell’esperienza lunana (conoscitiva e pratica): l’idealismo è andato d’accordo, qui, col positi¬ vismo nella tendenza contro la metafisica e la logica astratta. FILOSOFIA E RELIGIONE NEL PENSIERO DI MUSSOLINI 49 Per ìa seconda, l’atteggiamento generale dell’idealismo è stato per una rivalutazione dei principii religiosi, di cui l’il¬ luminismo aveva fatto troppo buon mercato : senza di essi, infatti, neppiure s’intende il valore morale della vita e il dovere del sacrificio per gl’ideali che fanno grande l’uomo. Ma, poi, non sempre l’idealismo ha salvato abbastanza, da un lato, il senso di concretezza del mondo dell’esperienza; dall’altro, il senso veramente religioso della vita spirituale. I/idealismo assoluto, in modo particolare, viene oggi cri¬ ticato da entrambi i lati, ed è questa la ragione per cui gli si oppongono, da una parte, correnti di pensiero più vicine ai problemi dell’esperienza e della scienza, e dal¬ l’altra lo schietto spiritualismo. Questi problemi, interni all’idealismo, sono presenti, sia pure germinalmente, anche nel pensiero di Mussolini, sopratutto nelle pagine in cui espone le idee fondamentali della Dottrina del Fascismo, che ora passiamo ad esa¬ minare. * * * (( Come ogni salda concezione politica, il Fascismo è prassi ed è pensiero, azione a cui è immanente una dot¬ trina che, sorgendo da un dato sistema di forze storiche, vi resta inserita-e vi opera dal di dentro. Ha, quindi, una dorma correlativa alle contingenze di luogo e di tempo, ma ha insieme un contenuto ideale che la eleva a formula di verità nella storia superiore del pensiero. Non si agisce spiritualmente nel mondo come volontà umana domina¬ trice di volontà senza un concetto della realtà transeunte e particolare su cui bisogna agire, e della realtà perma¬ nente e universale in cui la prima ha il suo essere e la sua vita. « Non c’è concetto dello Stato che non sia fondamen¬ talmente concetto della vita: filosofia o intuizione, sistema di idee che si svolge in ima costruzione logica, o si rac¬ coglie in una visione o in una fede ». Quaderni IV, 5. 4 . 50 ARMANDO CARLINI [Si noti, nel primo passo, il rapporto posto fra la con¬ tingenza o realtà della storia, in cui vive l’uomo, e U va¬ lore universale del pensiero che la illumina. Ivi si accenna anche all’altro problema del rapporto fra il pensiero e l’azione: o, come meglio si vede nel secondo passo, tra filosofia e fede religiosa. Il pensiero filosofico si svolge, di necessità, in un sistema concettuale; nella fede il pensiero è soltanto intuizione, e diventa, così, principio di vita e di azione]. « Così il Fascismo non s’intenderebbe in molti dei suoi atteggiamenti pratici, come organizzazione di partito, come sistema di educazione, come disciplina, se non si guardasse alla luce del suo modo generale di concepire la vita. Modo spiritualistico. Il mondo per il Fascismo non è questo mondo materiale che appare alla superficie, in cui l’uomo è un individuo separato da tutti gli altri e per sé stante, ed è governato da una legge naturale che istintivamente lo trae a vivere una vita di piacere egoistico e momentaneo. L’uomo del Fascismo è individuo che è nazione e patria, legge mo¬ rale che stringe insieme individui e generazioni in una tra¬ dizione e in una missione che sopprime l’istinto della vita chiusa nel breve giro del piacere per instaurare nel dovere una vita superiore libera da limiti di tempo e di spazio; una vita in cui l’individuo, attraverso l’abnegazione di sé, il sacrifizio dei suoi interessi particolari, la stessa morte, realizza quell’esistenza tutta spirituale in cui è il suo va¬ lore di uomo )). [Il a modo spiritualistico )) di concepire e sentire la vita è qui esposto con tutta chiarezza nelle sue ragioni morali. Non implicherà esso un principio anche di fede religiosa? Come, infatti, richiedere all’individuo l’abnegazione di sé e la rinuncia ai suoi interessi, alla vita stessa, senza una fede trascendente?] (( Dimque, concezione spiritualistica, sorta anch’essa dalla generale reazione del secolo contro il fiacco e mate¬ rialistico positivismo dell’Ottocento. Antipositivistica, ma FILOSOFIA E RELIGIONE NEL PENSIERO DI MUSSOLINI 51 positiva: non scettica, né agnostica, né pessimistica, né passivamente ottimistica, come sono in generale le dot* trine (tutte negative) che pongono il centro della vita fuori dell’uomo, che con la sua libera volontà può e deve crearsi il suo mondo. Il Fascismo vuole l’uomo attivo e impegnato nell’azione con tutte le sue energie: lo vuole virilmente consapevole delle difficoltà che ci sono, e pronto ad affrontarle. Concepisce la vita come lotta, pen¬ sando che spetti all’uomo conquistarsi quella che sia vera¬ mente degna di lui, creando prima di tutto in se stesso lo strumento (fisico, morale, intellettuale) per edificarla. Così per l’individuo singolo, così per la nazione, così per Fumanità. Quindi l’alto valore della cultura in tutte le sue forme (arte, religione, scienza), e l’importanza gran¬ dissima dell’educazione. Questa concezione positiva della vita è, evidentemente, una concezione etica. E investe tutta la realtà, nonché l’attività umana che la signoreggia. Nessuna azione sottratta al giudizio morale; niente al mondo che si possa spogliare del valore che a tutto com¬ pete in ordine ai fini morali. La vita, perciò, quale la concepisce il fascista, è seria, austera, religiosa. Il Fasci¬ smo è una concezione religiosa, in cui l’uomo è veduto nel suo immanente rapporto con una legge superiore, con una volontà obiettiva, che trascende l’individuo partico¬ lare e lo eleva a membro consapevole di una società spi¬ rituale. Chi nella politica religiosa del regime fascista si è fermato a considerazioni di mera opportunità, non ha inteso che il Fascismo, oltre a essere un sistema di go¬ verno, è anche, e prima di tutto, un sistema di pensiero », [Innegabilmente, questo spiritualismo è d’ispirazione schiettamente religiosa. Ma — e questo è un punto di capitale importanza per l’intelligenza della religiosità immanente allo spiritualismo caratteristico della dottrina fascista — non vuole che il senso religioso della vita svi¬ gorisca, o neghi addirittura, l’attività dell’uomo e la sua fede nella propria volontà. Fascismo è, anzi, spirito d’ini- 52 ARMANDO CARLINI ziativa, audacia, senso eroico della vita. Dottrine negative di quest’attivismo, si dice nel passo ora riferito, sono tutte quelle che pongono il centro della vita fuori del¬ l’uomo. Tali, aggiungiamo noi, tutte le forme di panteismo. Il Cristianesimo non è panteismo: e però — salvo in alcune interpretazioni e manifestazioni secondarie — non nega la volontà e l’attività, e può, anzi, rinvigorire il senso morale della vita col dare un valore assoluto anche al dovere di sacrificare la vita stessa per un ideale pura¬ mente umano come quello della Patria. Non si scordi che è proprio del Cristianesimo il concetto della vita come milizia. Il cristiano, infatti, pone, bensì, il suo Dio oltre di sé, trascendente, ma non fuori di sé: lo trova nella più profonda interiorità della sua stessa vita spirituale. Queste considerazioni, da noi aggiunte, non paiono in contrasto con il motivo ispiratore del passo riferito. La loro conformità, anzi, a esso sarà anche più chiara, se si tiene presente che il Fascismo, non solo non è soltanto (( un sistema di governo », ma non è neppure soltanto « un sistema di pensiero » : è anche, come s’è veduto in¬ nanzi, una fede (1)]. (( Il Fascismo è una concezione storica, nella quale l’uomo non è quello che è se non in funzione del pro¬ cesso spirituale a cui concorre, nei gruppo familiare e sociale, nella nazione e nella storia, a cui tutte le nazioni (1) Questo principio della fede basta a differenziare l’agnosticismo reli¬ gioso da quello areligioso di origine positivista. Dio non è, certamente, og¬ getto di conoscenza. Ma non per questo la sua esistenza è ipotetica! Met¬ tiamo qui questa considerazione per chiarire il significato di talune espres¬ sioni di M. in altri scritti. Nello scritto che stiamo esaminando, Dio, infatti, vien definito, a scanso di equivoci, come volontà: oggetto, dunque, di fede, non di conoscenza (intesa, questa, nel senso della scienza). Si badi, però, di non cadere in un altro equivoco su la parola « oggetto » : la volontà non è mai oggetto, e la volontà di Dio, a cui s’ispira l’uomo religioso, vien sentita, amata e. seguita, nella pura interiorità della coscienza, che poi si manifesta nell’azione. FILOSOFIA E RELIGIONE NEL PENSIERO DI MUSSOLINI 53 collaborano. Donde il gran valore della tradizione nelle memorie, nella lingua, nei costumi, nelle norme del vivere sociale. Fuori della storia l’uomo è nulla ». [L’uomo non può vivere la sua vita di azione, e rea¬ lizzare in sé i più alti valori umani, fuori della società, ossia fuori del mondo storico in cui la sua vita si trova, di fatto, inserita. Questo è, evidentemente, il significato della proposizione: «Fuori della storia l’uomo è nulla». Il problema deH’immortalità dell’anima è, qui, fuori causa. E sarebbe, reputiamo, fraintendere il pensiero di Mussolini interpretare queste parole come l’affermazione di un panteismo storico, o di uno storicismo assoluto (1), cbe risolvesse tutto l’uomo, senza residùo, nel mondo della storia]. « Perciò il Fascismo è contro tutte le astrazioni indi¬ vidualistiche, a base materialistica, tipo secolo xviii: ed è contro tutte le utopie e le innovazioni giacobine. Esso non crede possibile la felicità su la terra, e quindi re¬ spinge tutte le concezioni teleologiche per cui a un certo periodo della storia ci sarebbe una sistemazione defini¬ tiva del genere umano. Questo significa mettersi fuori della storia e della vita che è continuo fluire e divenire. Il Fascismo politicamente vuol essere una dottrina reali¬ stica: praticamente, aspira a risolvere solo i problemi che si pongono storicamente da sé, e che da sé trovano o sug¬ geriscono la propria soluzione. Per agire tra gli uomini, come nella natura, bisogna entrare nel processo delia realtà e impadronirsi delle forze in atto ». [Parole d’oro: ricche di senso realistico, del senso positivo della storia e dei problemi, sempre concreti e determinati, che l’uomo d’azione si trova innanzi]. (( Antiindividualistica, la concezione fascista è per lo Stato; ed è per l’individuo in quanto esso coincide con (1) Cfr. quanto si disse a pag. 19. 54 ARMANDO CARLINI lo Stato, coscienza e volontà universale delFuomo nella sua esistenza storica. Il liberalisnio negava lo Stato nel¬ l’interesse deH’individuo particolare: il Fascismo riafferma lo Stato come la realtà vera dell’individuo. E se la libertà dev’ essere l’attributo dell’ uomo reale, e non di quel¬ l’astratto fantoccio a cui pensava il liberalismo, il Fasci¬ smo è per la libertà. È per la sola libertà che possa essere una cosa seria, la libertà dello Stato e dell’individuo nello Stato. Giacché, per il fascista, tutto è nello Stato, e nulla di umano o spirituale esiste, e tanto meno ha valore, fuori dello Stato. In tal senso, il Fascismo è totalitario, e lo Stato fascista, sintesi e unità di ogni valore, inter¬ preta, sviluppa e potenzia tutta la vita del popolo ». [Già a pag. 37, abbiamo chiarito in quale significato, a nostro avviso, va intesa l’eticità dello Stato fascista, e la sua totalitarietà. Non si tratta, dicemmo, di un assorbi¬ mento e svuotamento della personalità spirituale dell’in¬ dividuo! Si tratta, invece, del contributo che l’individuo, col suo lavoro e con la sua cultura, può e deve dare ai fini della vita nazionale, alla potenza materiale e spiri¬ tuale dello Stato. Sarebbe, dunque, anche qui, un frain¬ tendere il pensiero di Mussolini l’allargare il significato dell’affermazione : « nulla di umano o spirituale esiste, e tanto meno ha valore, fuori dello Stato », sino a fargli dire che nello Stato si risolve tutta, senza residuo, la vita spirituale, e che nulla esiste fuori dello Stato. L’esistenza di Dio, per lo meno, fa eccezione (1)]. ^ Lo scritto prosegue con altre riflessioni: sul socia¬ lismo, stri sindacalismo, su la democrazia, ecc. Prendiamo nota di alcuni punti soltanto, che giovano all’intelligenza (1) Questo diciamo in relazione ad una possibile interpretazione diver^ gente, di un «umanismo teologico», secondo quanto si notò a pag. 20. FILOSOFIA E RELIGIONE NEL PENSIERO DI MUSSOLINI 55 della peculiarità dello Stato fascista, da noi precedente- mente accennata, e su la quale torneremo fra poco. Il Fascismo, si dice, è un’idea « che nel popolo si attua quale coscienza e volontà di pochi, anzi di Uno, e quale ideale tende ad attuarsi nella coscienza e volontà di tutti. Di tutti coloro che dalla natura e dalla storia traggono ragione di formare una nazione, avviati sopra la stessa linea di sviluppo e formazione spirituale, come una coscienza e una volontà sola...: moltitudine unifi¬ cata da un’idea, ch’è volontà di esistenza e di potenza: coscienza di sé, personalità ». Nel sentimento nazionale, infatti, si esprime la co¬ scienza e volontà di tutti come una stessa coscienza e una volontà sola. Ma questa medesimezza e unità è ben lontana dal trovare la sua vera e concreta espressione se non interviene lo Stato. Nel sentimento nazionale essa resta — e potrebbe restare per secoli — allo stato poten¬ ziale. È lo Stato che traduce il sentimento nazionale dalla potenza all’atto. È lo Stato che lo attua. E lo attua come volontà ch’è personalità: personalità effettiva, attuale, concreta, del Capo del governo, la cui volontà prende corpo, per mezzo della disciplina, nei gerarchi (1), e giù (1) Gerarchia^, come si sa, è il titolo della rivista da lui fondata nel 1920, Si vegga, ivi. Stato, antistato e fascismo: «Che cosa è lo Stato? Lo Stato vien definito conte Vincamazione giuridica della nazione. La formula è vaga. Lo Stato è anche questo, ma non è soltanto questo. Senza volere elencare tutte le definizioni che del concetto di Stato furono date, nei secoli, dai (Cultori delle scienze politiche — il che sarebbe inutile e prolisso — mi pare che lo Stato possa essere definito come un sistema di gerarchie. Lo Stato è alle sue origini im sistema di gerarchie. Quel giorno in cui un uomo, fra un gruppo di altri uomini, assunse il comando perché era il più forte, il più astuto, il più saggio o il più intelligente, e gli altri per amore o per forza ubbidirono, quel giorno lo Stato nacque e fu un sistema di gerarchie, semplice e rudimentale allora, com’era semplice e rudimentale allora la vita degli uomini agli albori della storia. Il Capo dovè creare necessaria¬ mente un sistema di gerarchie per fare la guerra, per rendere giustizia, per 56 AKMANDO CAKLINI giù sino alia massa popolare. Soltanto in questo modo, a noi sembra, si può parlare della personalità delio Stato: riferendosi allo Stato fascista. Una conferma di questo modo di vedere è data da quanto segue nello scritto di Mussolini, dove dice che (( non è la nazione a generare io Stato, anzi la nazione è creata dallo Stato, che dà al popolo, consapevole della propria unità morale, una volontà, e quindi un’effettiva esistenza ». Il diritto di una nazione — si aggiunge — a questa esistenza, ossia all’indipendenza, deriva « da una coscienza attiva, da una volontà politica in atto e disposta a dimostrare il proprio diritto: cioè, da una sorta di Stato già in fieri ». ^ sic ^ Stato fascista è Stato educatore. Esso (( non si può limitare a semplici funzioni di ordine e tutela, come vo¬ leva il liberalismo ». E non è semplicemente un mecca¬ nismo giuridico, o economico: sia pure come corporati¬ vismo. Lo Stato fascista « è forma e norma interiore, e disciplina di tutta la persona: penetra la volontà come l’intelligenza. Il suo principio, ispirazione centrale del¬ l’umana personalità vivente nella comunità civile, scende nel profondo e si annida nel cuore dell’uotno d’azione come del pensatore, dell’artista come dello scienziato. Il Fascismo, insomma, non è soltanto datore di leggi e fon- amministrare i beni della comunità, per ottenere il pagamento dei tributi, per regolare i rapporti fra l’uomo e il soprannaturale. Ma in tutti i casi lo Stato si estrinseca in un sistema di gerarchie, oggi infinitamente più com¬ plesso, adeguatamente alla vita ch’è più complessa in intensità e in esten¬ sione. Ma perché le gerarchie non siano gerarchie morte, è necessario ch’esse fluiscano in una sintesi: che convergano tutte ad uno scopo a. Questo scopo è, certamente, una volontà comune, ma impersonata soprattutto nel Capo, e via via nei gerarchi da lui dipendenti. FILOSOFIA E RELIGIONE NEL PENSIERO DI MUSSOLINI 57 datore d’istituti, ma educatore e promotore di vita spiri¬ tuale. Vuol rifare uon le forme della vita umana, ma il contenuto, l’uomo, il carattere, la fede. E a questo fine vuole disciplina, e autorità clie scenda addentro negli spi¬ riti, e vi domini incontrastata » (1). (1) Cfr. Per il settimo annuale della fondazione dei Fasci-. «Voglio cor¬ reggere gl’italiani da qualcuno dei loro difetti tradizionali. E li correggerò... Se mi riuscirà, e se riuscirà al Fascismo di sagomare così come io voglio il carattere degli Italiani, state tranquilli e certi e sicuri che quando la ruota del destino passerà a portata delle nostre mani, noi saremo pronti ad afferrarla e a piegarla alla nostra volontà ». E Alle genti della Liguria (1926) diceva: «Noi governiamo il popolo italiano con assoluta purezza d’intenti. Non siamo mossi da stupide vanità e da ridicole ambizioni. Non ci consideriamo i padroni, sibbène gii educatori di questo popolo che merita e avrà un sempre migliore destino ». Il motto mussoliniano « Fare di tutta la propria vita tutto il proprio capolavoro », comprende, dunque, nel suo programma, in quanto uomo di governo, anche quel capolavoro, a cui egli attende assiduamente, di educare « rifare la coscienza del popolo italiano. IV. IL PRELUDIO A MACHIAVELLI Poche pagine, scritte quasi occasionalmente. Egli si preparò con la lettura del Machiavelli, e di alcuni, pochi, scritti su lui ( 1) : « Ho riletto attentamente il Principe e il resto delle opere del grande Segretario, ma mi è man¬ cato tempo e volontà per leggere tutto ciò che si è scritto in Italia e nel mondo su Machiavelli ». Quanto si è scritto su Machiavelli! Si vegga il Vil- lari, la letteratura citata nella celebrata sua opera, e tutto quello che s’è scritto dopo sino a oggi. Il problema del¬ l’interpretazione e valutazione del Principe è ancora un problema aperto: e si fa, sembra, più ardente e attuale ogni giorno. Apparentemente, Mussolini non dice nulla di nuovo, come dichiara egli stesso. Si pone questa domanda : « A quattro secoli di distanza che cosa c’è ancora di vivo nel Principe? ... Il valore del sistema politico del Principe è circoscritto all’epoca in cui fu scritto, quindi necessaria¬ mente limitato e in parte caduco, o non è invece univer¬ sale e attuale? ». La risposta si compone di due parti: la prima constata che, essendo la politica l’arte di governare gli uomini, il suo elemento fondamentale è l’uomo; la se¬ conda stabilisce, con opportune citazioni, (( l’acuto pessimi¬ smo del Machiavelli nei confronti della natiura umana ». (1) Per questa preparazione si veggano i manoscritti diM. esposti alla Mostra della Rivoluzione. FILOSOFIA E RELIGIONE NEL PENSIERO DI MUSSOLINI 9 Per runa e per l’altra parte è facile addurre che quello era stato osservato e detto da altri molti. Si trova già in Aristotele, ad esempio, questo pensiero: che l’uomo di governo («il politico », egli diceva), dovendo procurare il bene dei governati, deve conoscere profondamente la psicologia, perché soltanto così può fare (( i cittadini buoni e obbedienti alle leggi ». E quanto al pessimismo del Machiavelli (che traduce nel campo politico la concezione cristiana della originaria malvagità della natura lunana), altri l’avevano notato. Napoleone l’aveva condiviso in pieno. E tuttavia queste poche pagine, nella loro scheletrica forma, hanno una strana malia: hanno il fascino delle verità semplici ed elementari. Il prof. Casella, deirUniversità di Firenze, ha recen¬ temente curata una edizione nuova, riveduta su codici, del Principe (Libreria d’Italia, Milano, 1929), e in fondo al volume ha posto le interpretazioni di Ugo Foscolo, di Giuseppe Ferrari, di Francesco De Sanctis, di Alfredo Oriani e di Benito Mussolini. Perché mai il valente critico ha sentito bisogno di aggiungere all’eletta schiera (basta il De Sanctis a illu¬ strarla) anche Mussolini? Si potrebbe rispondere che, mentre gli altri si diffon¬ dono su l’aspetto storico, su quello estetico, su quello scientifico o politico nel senso angusto della parola (il F errar! e l’Oriani ne fanno una critica spietata, fuori luogo infine). Mussolini ha lasciato da parte il super¬ fluo (1) e l’incerto, ed ha fissato il punto essenziale del famosissimo trattato. La risposta è giusta, e potrebbe bastare, per chi si contenta di quello che le poche pagine dicono effettiva- (1) Non si vuol comprendere come superfluo l’aspetto storico, né quello estetico: ma sì vuol dire soltanto che l’essenziale, quello intorno a cni tanto ancora si disputa, non è lì. 60 ARMANDO CARLINI mente. Ma, se uno le legge con gli occhi — vorrei dire — di Mussolini, ci trova dentro, in iscorcio, tutto un mondo di pensieri, ignoto agrinterpreti precedenti: ci trova den¬ tro un Machiavelli quale soltanto un uomo come Musso¬ lini poteva vedere, e ha veduto. Un Machiavelli guardato alla luce del nuovo concetto che dello Stato ha il Fa¬ scismo. Mussolini non ha avuto né tempo né voglia di chia¬ rire la differenza fra la dottrina del Machiavelli, così come si presenta nel Principe, e la dottrina fascista. Dif¬ ferenza enorme! abisso incolmabile! Meglio: colmabile con tutta l’esperienza sociale, politica e morale, dei secoli intermedi. Manca, infatti, nel Principe l’esperienza del passaggio dalla politica italiana del tempo delle Signorie a quella europea delle grandi Monarchie nazionali, dei governi assoluti e dei principi riformatori; manca la rivo¬ luzione francese con la rivendicazione dei diritti del¬ l’uomo, e la conseguente rivoluzione liberale ed econo¬ mica attraverso tutto il secolo scorso. Manca, per chi bene intende il valore del termine, tutto il contenuto spiri¬ tuale dello Stato fascista, nettamente. E tuttavia, in questa lontananza di secoli e in questa vuotezza di contenuto dello Stato machiavellico, Musso¬ lini ha pur veduto in fondo al Principe le due sole cose- che lo fanno ancor oggi un monumento di sapienza poli¬ tica incomparabile, per le quali ha resistito alia diversità dei tempi e dei climi mentali, e resisterà ancora. L’una è i’iunanità pura, la laicità, come carattere fondamentale della vita politica e dello Stato moderno ; l’altra è la forma caotica, anarchica, amorale, in cui si presenta Fumanità come massa, come popolo non ancora educato alla vita politica, non ordinato e guidato dallo Stato e da un Go¬ verno ( 1). (1) Nei Colloqui (pag. 131) M. ricorda il motto di HegeL per cui «il popolo è queUa parte della nazione che non sa quello che vuole ». FILOSOFIA E RELIGIONE NEL PENSIERO DI MUSSOLINI 61 Quello che Mussolini sottintende è il contenuto spiri¬ tuale che dà egli stesso allo Stato machiavellico. Quella laicità non ignora il problema religioso (e neppure Machiavelli, in verità, l’ignorava); quel Principe, ch’è Stato e Capo di governo, per quanto trascenda con la sua auto¬ rità la massa, non è estraneo a essa: non è un despota, una volontà arbitraria, che, affidandosi all’astuzia, alla forza 0 al caso, s’impadronisca della massa cittadina e senza scrupolo la maneggi, quasi materia da plasmare per suo solo gusto o interesse particolare. Il Capo è volontà che in sé illumina e potenzia la volontà oscura e fiacca della massa, e personifica nella personalità propria le aspirazioni e le virtù dei migliori che costituiscono la tradizione più degna e viva della nazione. Egli si sente responsabile innanzi a Dio e al mondo intero. Soltanto così lo Stato fascista può diventare ima potenza che s’inse¬ risce nella storia e concorre allo svolgimento della civiltà umana. V. IL SENSO DELLO STATO <( Incontestabile merito del Fascismo è di aver datO' aglTtaliani il senso dello Stato. Tutto quello che abbiamo fatto e che vi ho riassunto, scompare di fronte a ciò che abbiamo fatto creando lo Stato. Per il Fascismo lo Stato non è il guardiano notturno, che si occupa soltanto della sicurezza personale dei cittadini: non è nemmeno un’or¬ ganizzazione a fine puramente materiale, come quello di garantire un certo benessere e una relativa pacifica con¬ vivenza sociale, nel qual caso, a realizzarlo, basterebbe un consiglio di amministrazione; non è nemmeno una creazione di politica pura, senza aderenze con la realtà mutevole e complessa della vita dei singoli e di quella dei popoli. Lo Stato, cosi come il Fascismo lo concepisce e l’attua, è un fatto spirituale e morale, poiché concreta l’organizzazione politica, giuridica, economica della na¬ zione; e tale organizzazione è, nel suo sorgere e nel suo sviluppo, una manifestazione dello spirito. Lo Stato è ga¬ rante della sicurezza interna ed esterna, ma è anche il custode e il trasmettitore dello spirito del popolo così come fu dai secoli elaborato nella lingua, nel costume, nella fede. Lo Stato non è solamente presente, ma è anche passato e, sopra tutto, futuro. È lo Stato che, trascendendo il limite breve delle vite individuali, rappresenta la co¬ scienza immanente della nazione. Le forme in cui gli Stati si esprimono, mutano, ma la necessità rimane. È lo Stato che educa i cittadini alla virtù civile; li rende con- FILOSOFIA E RELIGIONE NEL PENSIERO DI MUSSOLINI 63 sapevoli della loro missione; li sollecita all’unità, armo¬ nizza i loro interessi nella giustizia; tramanda le conqui¬ ste del pensiero nelle scienze, nelle arti, nel diritto, nel¬ l’umana solidarietà; porta gli uomini dalla vita elemen¬ tare delle tribù alla più alta espressione di potenza umana che è l’Impero; affida ai secoli i nomi di coloro che mori¬ rono per la' sua integrità e per ubbidire alle sue leggi; addita come esempio, e raccomanda alle generazioni che verranno, i capitani che lo accrebbero di territorio, o i geni che lo illuminarono di gloria. Quando declina il senso dello Stato e prevalgono le tendenze dissociatrici e cen¬ trifughe degl’individui o dei gruppi, le società nazionali volgono al tramonto ». {All’assemblea quinquennale del Regime, 1929). ^ Abbiamo già notato (pag. 33) che queste parole dànno <( il senso dello Stato », creato dal Fascismo, meglio di tutte le teorie che si attardano ancora nei vecchi schemi della scienza politica. Ora ci domandiamo: che cos’è que¬ sto senso dello Stato che il Fascismo, Mussolini, ha creato nella coscienza degl’italiani, e come s’inserisce nella nostra tradizione politica? È forse un’apparizione casuale, che può esser, quindi, anche effimera? Che non sia tale, credo che basti a dimostrarlo il fatto che Mussolini stesso sente il Fascismo come una con¬ tinuazione e uno sviluppo dell’opera iniziatasi col Risor¬ gimento : (( Il Risorgimento non è stato che l’inizio, poi¬ ché fu l’opera di troppo esigue minoranze ». {Messaggio per Vanno nono ». Il che non porta alla conchiusione che il problema del Fascismo sia lo stesso di quello del Risorgimento : « Io penso che una rivoluzione è rivolu¬ zione solo in quanto affronta e risolve i problemi storici di un popolo. È una rivoluzione il Risorgimento perché affrontò il problema capitale dell’unità e deU’indipen- 64 ARMANDO CARLINI tlenza italiana; rivoluzione è quella fascista che crea il senso dello Stato e risolve, man mano che si presentano, i problemi che il passato le ha lasciato ». (Stt gli Accordi del Laterano, alla Camera). Qui è già indicata la diffe¬ renza: il Risorgimento ebbe per scopo l’indipendenza e l’unità della nazione, e creò lo Stato italiano come affer¬ mazione di tale indipendenza e unità nazionale. Lo Stato, qui, è ancora una forma, un mezzo per un contenuto di¬ verso da essa: non è il problema dello Stato per se stesso. Pure, dopo la costituzione dell’unità nazionale, quando nel 1876 venne la Sinistra al potere, non mancò tra gli uomini della vecchia Destra chi avvertì che lo Stato è qualcosa più di una forma meramente estrinseca, e pose sin d’allora il problema in termini abbastanza vicini a quelli in cui l’ha posto Mussolini. Si vegga, infatti, il volumetto pubblicato dal Gentile col titolo: Francesco Fiorentino: Lo Stato Moderno e le polemiche liberali (De Alberti, Roma, 1924). In esso, a pag. 14 e segg., è riportato il concetto che dello Stato ebbe Silvio Spaventa : « Lo Stato per me è la coscienza direttiva, per cui una nazione sa di essere guidata nelle sue vie, la società si sente si¬ cura nelle sue istituzioni, i cittadini si veggono tutelati negli averi e nelle persone. Nello Stato, adunque, avvi giustizia, difesa, direzione. Questa direzione fa dello Stato quello che è oggi lo Stato moderno: lo Stato, il quale dirige un popolo verso la civiltà; lo Stato, il quale non si restringe solamente a distribuire la giustizia ed a difen¬ dere la società, ma vuole dirigerla per quelle vie che con¬ ducono ai fini più alti dell’umanità ». E lo stesso Spaventa altrove: « Quanto all’autorità e forza dello Stato, ho riflettuto molte volte sopra le accuse e i lamenti che si sono fatti di questa eccessiva forza ed autorità; e mi sono domandato: siamo noi uno Stato forte davvero? Abbiamo fatto l’unità d’Italia: credete che que¬ sta unità sia già forte da resistere agli luti dei secoli? Il Machiavelli diceva che gli Stati nuovi che sono deboli. FILOSOFIA E RELIGIONE NEL PENSIERO DI MUSSOLINI 65 6Ì perdono. Ora la forza e autorità vera degli Stati con¬ siste, oggi più che mai, nel rappresentare veramente ed efficacemente gl’interessi comuni: nel dirigere, come di¬ cevo, la società nelle sue vie, non a prò di questa o quella classe, di questo o quell’uomo, sihbene di tutti. — Voi siete adoratore dello Stato? — Sì, io sono adoratore dello Stato. Quando viviamo in un’epoca, dove tutto si distrugge, poeo o niente si edifica, la fede nella patria e la fede nella solidarietà lunana, la fede in qualche cosa che non sia solamente il nostro miserabile egoismo, questa fede io la credo necessaria e salutare per il mio paese ». Il Fiorentino elabora e svolge ampiamente il concetto spaventiano. « Dirigere non è manomettere, non è violen¬ tare, non è distruggere. Dato uno Stato che sappia e che voglia, è impossibile che non manifesti la sua coscienza; e manifestandola, è impossibile che non comprenda, non unifiehi, non indirizzi la coscienza nazionale pei gloriosi sentieri della civiltà universale. O forse, per ovviare a questa legittima intromissione dello Stato, si vorrebbe che non fosse altro che vuota forma, destituito di auto¬ rità, non avente una finalità propria? — Oggi lo Stato è fatto mezzo all’individuo, come anticamente l’individuo era mezzo allo Stato. La verità consiste nella conciliazione di sì opposte sentenze. Lo Stato tutela ed assicura l’indi¬ viduo, e come tale è mezzo; ma egli esige dagl’individui il sacrificio degli averi, della vita, e qui dimostra e fa va¬ lere la propria finabtà. Di che riluce la varia misura in cui stanno i due termini nel vicendevole rapporto: lo Stato può richiedere il sacrificio dell’indivìduo; ma non viceversa. Onde tra le due esagerazioni, dello Stato an¬ tico e di quello concepito dagli uomini di Manchester, la prima rasenta il vero più della seconda » (pag. 41 e segg.). E anche nel Fiorentino l’idea si anima nel senti¬ mento sino a raggiungere quello che Mussolini chiama il senso dello Stato: (( Che qualcuno, attirato da vecchie, astratte e straniere dottrine, si ostini a negare perfino la Quaderni IV, 5. 66 ARMANDO CARLINI realtà dello Stato; ovvero ne ammetta imo vacuo di ogni attività, privo di ogni efficacia, ciò non mi storna dall’in- vitta fede che ho nel fato della storia, e specialmente della storia nostra. — Dov’è lo Stato? chiedono costoro; chi lo vede? Per le vie non s’incontrano se non individui: lo Stato è una fimzione, una idea astratta. — Poveri a noi, se non fossero reali se non le cose sole che si vedono e si toccano! Neppure la provincia, neppure il comune si vedono: non si vede neppure la vantata libertà degl’in¬ dividui, quella in grazia di cui s’impugna la realtà dello Stato. La libertà, quando si traduce in fatti (ed allora soltanto si vede), non è più libertà, ma forza, semplice forza. Se non restiamo immersi nella stupidità della vita animalesca, lo dobbiamo appunto a questo qualcosa d’in¬ visibile e intangibile, contro cui a torto ci ribelliamo. — Ma non si vede proprio lo Stato? Non si avvertono le sue funzioni? Il contrario è anzi la verità. Oveché ci voltiamo. 10 Stato, quasi atmosfera spirituale, ci accerchia e com¬ penetra: non un atto solo della nostra vita veramente umana gli sfugge, né per questo cessa di esser libero: che libertà non significa arbitrio. La mente dello Stato delibera nel parlamento; il suo criterio giudica nei tribu¬ nali ; la sua volontà si compie nei gabinetti dei ministri ; 11 suo braccio colpisce con la forza dei suoi eserciti. Dai merlati bastioni egli assicura le frontiere delle sue terre, dalla tolda delle sue navi protegge le coste delle sue ma¬ rine. All’ombra della sua bandiera, simbolo della sua po¬ tenza, i cittadini, ovunque essa sventoli, si sentono protetti e sicuri; e quando quella potenza è minacciata, tutti sentono nella coscienza l’offesa di quella minaccia, tutti il bisogno ed il dovere di rintuzzarla: né v’ha sacrificio che arresti quest’impeto generoso e concorde, fosse anche quello della propria persona, È forse una finzione chi fa tutto questo? O non è il più pieno e attuoso ideale? E questo ideale, che accende gli entusiasmi delle moltitudini, guida pure i propositi dell’uomo di Stato » (pag. 46 e segg.). FILOSOFIA E RELIGIONE NEL PENSIERO DI MUSSOLINI 67 Il senso della vita politica, dello Stato, l’Italia l’Iia ere¬ ditato da Roma. Le durissime esperienze durante l’evo medio e moderno — invasioni e predomini di genti stra¬ niere, lotte senza fine fra comuni e signori italiani o fra potenze che venivano qui a decidere le loro questioni per l’egemonia mondiale — hanno raffinato e approfondito quel senso come in nessun altro popolo. Di qui sono usciti in ogni tem,po i primi maestri della storiografia politica, del diritto, delle teorie intorno allo Stato. Il Fa¬ scismo, riprendendo il problema della Destra, riprende il problema della nostra tradizione millenaria più che se¬ colare. Resta, tuttavia, ancora una questione: constatato che, ciò che Mussolini chiama il senso dello Stato, ha un pre¬ cedente prossimo in alcuni pensatori del Risorgimento, — quale, poi, è la differenza tra il senso ch’egli riven¬ dica come creazione propria del fascismo, e quello di tali vecchi liberali? Dopo quanto si è accennato a pag. 33, la nostra risposta non può essere che questa: per quanto quei pensatori si avvicinino al senso fascista dello Stato, questa realtà dello Stato svanisce o in un’affermazione generale della realtà di ogni ideale che stringa gl’individui in una comunità di vita spirituale, ovvero nell’astrattezza della pura forma politica dello Stato: astrattezza, alla quale uomini come lo Spaventa e il Fiorentino si sforzano di dare un’anima e una vita nel loro sentimento profondamente patriottico. Si rileggano i passi addotti. Lo Stato è, per essi, una co¬ scienza direttiva, che ha la realtà stessa del comune e della provincia, salvo che comprende e promuove tutte le forme della vita civile di un popolo e la tutela della sua indi- pendenza. Esso compie tale sua funzione per mezzo dei suoi organi legislativi, esecutivi, giudiziari, militari. È, dun¬ que, lo Stato quale (( organismo giuridico-politico », lo Quaderni IV, 5. 5* 68 ARMANDO CARLINI « Stato Costituzionale », che qui si ha presente. In esso si dovrebbe esprimere quella « volontà comune », che su¬ pera la volontà dei singoli solo perché è cosi definita. Ma tale « comunità » si prestò troppo bene a quella interpre¬ tazione democratica, per la quale, non essendo essa, in realtà, la volontà concreta di nessuno in particolare, e non essendo d’altronde facile constatarla per tutti, potè diven¬ tare la volontà della maggioranza. Che è il baco roditore del liberalismo, anche di quello più tenacemente attac¬ cato all’idea della forza e autorità dello Stato. Di qui, anche, la frigidità di questo Stato. L’individuo lo sente fuori di sé, e ha bisogno infatti di persuadersi di dovergli obbedire. Questo accade sempre che l’autorità si presenti nella forma soltanto di una « legge » : di una legge che non sia ima persona viva, alla quale ci leghi il senti¬ mento di amore e di devozione. L’uomo religioso, che la sa, istintivamente, più lunga del filosofo razionalista, sia pur questi un Emanuele Kant, non ammette un « imperativo categorico », una legge morale, che non sia l’espressione di una volontà superiore, di Dio. E similmente, il fanciullo che non ha bisogno di persuadersi dell’autorità del padre e della madre, perché quell’autorità è per lui cosa viva, la sua stessa vita attuale e condizione del suo avvenire. Il senso dello Stato che il Fascismo, Mussolini, ha creato, e sta creando, è questo sentire nello Stato la forma più alta, più ricca e concreta, della nostra esistenza e per¬ sonalità storicamente determinata in quella famiglia, so¬ cietà, patria o nazione, in cui Dio (altri dica il destino) ci ha fatto nascere. Ognuno a un posto ch’è di comando e insieme di obbedienza. Ognuno con una responsabilità ben determinata: a cominciare da chi dirige tutti gli altri. Mondo di personalità, dove soltanto la persona è legge concreta alla persona. Soltanto in questo modo, l’individuo può dare tutto se stesso, pènsiero e azione, intelligenza e volontà, interessi materiali e spirituali, la stessa vita, per quella che si dice FILOSOFIA E RELIGIONE NEL PENSIERO DI MUSSOLINI 69 (( la causa comune ». Soltanto così, lo Stato si può porre come educatore, nel senso più grandioso della parola: ch’è il senso stesso dello Stato a cui, se non erriamo, va la mente di Mussolini (1). (1) S’intende che questo senso dello Stato trova un’espressione eccezio¬ nalmente persuasiva nella personalità di un Capo di Governo come Mussolini. Ogni altro dovrebbe (oltre le qualità personali che impongono autorità per se stesse) poter dire come lui: «Io ho una vasta esperienza che mi ha reso possibile conoscere la psicologia delle masse, e di avere quasi una sensi¬ bilità tattile e visiva di quello che le masse vogliono, pensano in un deter¬ minato momento » (La funzione storica del sindacalismo fascista, 1926). E però, anche: «Se qualcuno attentasse alla nostra indipendenza o al nostro avvenire, egli non sa ancora a quale temperatura io porterei tutto il popolo italiano! Non sa a quale temperatura io porterei la passione di tutto il popolo italiano, quando fosse insidiata nei suoi sviluppi la Rivoluzione deUe Camicie Nere » (Discorso di Livorno, 1930). E già Nel quinto anni¬ versario della fondazione dei Fasci (1924): «Si dice: voi governate con la forza... Ma la forza è il consenso. Non vi può esser forza se non c’è con¬ senso, e il consenso non esiste se non c’è la forza... Governare significa sentire nel proprio cuore battere il cuore di tutto il popolo ». Governo forte è, dunque, queUo che persuade, ha l’intimo consenso dei governati; ed ha questo consenso perché la sua volontà è forte, s’impone per se stessa, non per una legge anonima, astratta. Qui è esplicitamente definito il senso fascista dello Stato, che non è forte solo perché fa, semplicemente, rispettare la legge. VI. IL PROBLEMA DEL CATTOLICISMO Nella conchiusione del nostro scritto precedente ab¬ biamo accennato all’idea (potremmo dire, Faugurio) che la conciliazione fra lo Stato e la Chiesa, avvenuta per opera di Mussolini, segni il principio, non soltanto di una nuova concezione, veramente religiosa, dello Stato mo¬ derno in generale, ma anche di un possibile rinnovamento della Chiesa Cattolica nel senso di una più generale con¬ ciliazione fra essa e il pensiero moderno. Ma, poiché l’autore di questo scritto può, giustamente, essere in sospetto per la sua provenienza dalla filosofia neo¬ idealistica italiana, che non è ortodossa, è bene, penso, che il lettore senta anche la parola di persona proveniente, in questo punto, dal campo opposto. Ecco, dunque, il Barnes, del quale abbiamo già avuto occasione di citare il volume Gli aspetti universali del Fa¬ scismo, con prefazione di Mussolini, il quale assicura che (( il Barnes è preparato al suo compito: conosce il Fascismo nella sua elaborazione dottrinale e nelle sue realizzazioni pratiche » (pag. 8). Egli non è un filosofo di professione ; ma, poiché di una filosofia non poteva far a meno per il suo argomento, professa di aderire alla filosofia che oggi com¬ batte l’idealismo per un ritorno all’(( incomparabile dot¬ trina )) di S. Tommaso: «Io penso che il neoscolasticismo sia, preso nella sua totalità, la più vitale scuola filosofica dell’Europa odierna, e quella che più di ogni altra sia ca¬ pace di assimilare quanto di veramente importante vi sia FILOSOFIA E RELIGIONE NEL PENSIERO DI MUSSOLINI 7 I nelle altre scuole, contribuendo, cosi, allo sviluppo del progresso filosofico » (pag. 25). E per essere più sicuro di interpretare bene questa dottrina, si è rivolto a un profes¬ sore di teologia dogmatica della Pontificia Università Gre¬ goriana di Roma, il quale lesse il suo manoscritto e lo aiutò « a rendere il testo più accurato nella sua parte filosofica )). Si può, dunque, stare tranquilli. Si noti che il libro del Barnes è stato pubblicato prima della Conciliazione: il che fa onore alla sua perspicacia, come ora diremo. Che dice, dunque, il libro del Barnes? «Esso è stato, in parte, scritto con lo scopo di dimostrare che il Fascismo non è incompatibile con gl’insegnamenti della Chiesa cat¬ tolica, e sopratutto che i principii fondamentali della Chiesa, nei riguardi della natura e finalità di uno Stato, sono interamente e veramente consoni a quelli che ha ab¬ bracciato quel gruppo di fascisti che rappresenta, di fatto, la corrente principale di questo movimento. Questa è, se¬ condo me, l’idea centrale, il fulcro del movimento fa¬ scista: l’assoluto disdegno di ogni materialismo, di ogni teoria naturalistica dello Stato, siano esse del tipo profes¬ sato da Maurras o da Marx o da Hegel, da Rousseau e dagli altri innumerevoli filosofi pullulati non appena la cultura cessò di avere le sue radici nel pensiero cristiano... Io non esagero. Questa è, secondo me, l’origine della Rivoluzione fascista, che può essere generalmente definita una furiosa rivolta contro le varie forme di materialismo che dall'epoca della Rinascenza pagana hanno chiaramente dominato la no¬ stra civiltà » (pag. 14 e segg.). Che il Fascismo, nella sua dottrina, sia contro il mate¬ rialismo, e però sia su una linea dì spiritualismo, non sa¬ remo, certamente, noi a porre in dubbio: ci sono troppe esplicite dichiarazioni, su questo, di Mussolini stesso. Ma che dalla Rinascenza a oggi la filosofia moderna non sia altro che materialismo, è, questo, un paradosso che non ha bisogno di confutazione: si presenta da sé come 72 ARMANDO CARLINI un errore evidente. E sarebbe troppo facile (e perciò vi rinunciamo) ritorcere l’accusa proprio contro la dottrina scolastica, o neoscolastica, dimostrando che, se ce n’è una che sostenga la (( teoria naturalistica dello Stato », è quella. Noi non abbiamo nessun interesse, qui, a metterci in discussione col Barnes per la sua filosofia. Anzi, l’interesse maggiore per noi è proprio il fatto che siamo agli anti¬ podi nel modo di pensare, e tuttavia (e questo è un fatto che ha estremo interesse per tutti) concordiamo nelle con- chiusioni. Dopo, dunque, aver constatata la consonanza dei prin- cipii fondamentali della Chiesa cattolica con i principii fon¬ damentali del Fascismo, il Barnes soggiunge: « Non si deve, per questo, ritenere il Fascismo legato necessariamente al¬ l’ortodossia. Questo oramai è per me chiaro e vi sono molti italiani, fascisti, che rigetterebbero energicamente una si¬ mile affermazione. Con loro, l’intera e forte scuola dei neo¬ idealisti e Gentile ripudierebbero questa teoria. Se io avessi posto questa distinzione avrei meglio chiarito la portata uni¬ versale del Fascismo. Nonostante ciò, io sostengo la mia tesi principale: io rimango convinto che il Fascismo, non solo sarà il mezzo per conciliare il disaccordo tra Chiesa e Stato in Italia; ma farà sì che, sotto il suo sforzo, sia possibile alla Chiesa assimilare la cultura moderna. Io ritengo che le conseguenze del Fascismo saranno tremende nei riguardi della Chiesa. Sono d’opinione che il risorgere dell’ortodossia col Fascismo, affermerà vittoriosa questa tendenza. Lai Chiesa dovrà allora convincersi di non esser più una rocca chiusa, e, nell’assimilare la cultura moderna, dovrà perdere ogni sua diffidenza verso di questa e riassumere, ancora una volta, le direttive della cultura umana moderna » (pag. 17 e seg.). Alla huon’ora! Dunque, le conseguenze del Fascismo sa¬ ranno tremende nei riguardi della Chiesa, perché costrin- FILOSOFIA E RELIGIONE NEL PENSIERO DI MUSSOLINI 73 gerà la Chiesa cattolica a rinnovarsi, a mutare il suo atteg- giumento verso la cultura moderna (1). Possiamo, allora, accettare anche questa conchiusione del Barnes: «Riassumendo, io sostengo che il Fascismo è il principio di una nuova sintesi politica e culturale, in cui. prendendo a paragone un’elissi, la tradizione romana del¬ l’autorità sia politica che ecclesiastica rappresenterà i fuo¬ chi. Questa è una profezia, e solo il tempo potrà dimostrare se io abbia o no ragione » (ivi). Come la pensa il nostro Duce in proposito? Non è troppo azzardato, noi crediamo, di supporre che egli la pensi, per l’appunto, cosi, o in un modo vicino a questo. Lo si può arguire anche dal fatto che — per quanto egli distingua fra credenti e praticanti (« partecipare al culto è affare personale »: Colloqui, pag. 173) — pure non esclude che un fascista possa essere cattolico nel senso più ortodosso. Disse di Michele Bianchi: «Voglio anche ricor¬ dare il modo della sua fine. L’uomo che aveva strenuamente combattuto per un decennio sotto i duri simboli delle verghe e della scure, volle cattolicamente morire nel conforto dei riti e delle speranze, della millenaria religione del popolo italiano » (1930). E di Arnaldo: « Egli era un cattolico con¬ vinto e praticante, ma altrettanto convinto e fermissimo Mi¬ ci) Ripetiamo: la polemica filosofica non c’interessa qui. Ma ognuno vede la contraddizione, in cui cade U Barnes, nel suo giudizio su il pen¬ siero e la, cultura svoltasi dal Rinascimento ai nostri giorni. Quando la Chiesa si sarà rinnovata — egli aggiunge — « cesseranno di esistere le men¬ zogne contenute nel neoidealismo e nel modernismo, e questi sistemi non saranno, in complesso, più ricordati che come sintomi della rivolta, come strumenti del periodo di transizione » (pag. 18). Sino a quel eiomo. dun-qne. sembra che le menzogne del neoidealismo e del modernismo abbiano vnsj loro ragion d’essere e verità degna di molto rispetto. 74 ABMANDO CARLINI lite della Rivoluzione e difensore dei legittimi diritti dello Stato» (Fifa, pag. 58). Il problema, infatti, non è un problema cbe si possa risolvere su la carta: è un problema di fede, oltreché di pensiero; e va vissuto dall’individuo nella sua pura inte¬ riorità, prima ancora che dibattuto fra i due maggiori isti¬ tuti storici quali lo Stato e la Chiesa. INDICE Fimsofia e keugioke nel pensiero di Mussolini Pag. 5 . Appendice : I. Scritti giovanili . ... 43 II. Il senso d’interiorità ... .46 III. Positivismo, idealismo e spiritualismo . .43 IV. Il Preludio a Machiavelli . . 58 V. n senso dello Stato . . .62 VI. Il problema del Caltolicismo . . 70
Tuesday, January 7, 2025
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