Grice
e Carli – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo
italiano. A cura di alberto schiavo Gy giovanni volpe editore
FUTURISMO E FASCISMO. Una fotografia inedita di Marinetti mentre si
esercita al poligona di tiro di Gorizia. Marinetti e Russolo si
erano arruolati volontari nel Battaglione Lombardo Volontari Ciclisti il
3 agosto 1914 per poi combattere da alpini sul Monte Altissimo. In
seguito Marinetti verrà assegnato ad un reparto di autoblindate e poi
servirà nei bombardieri. Sarà tre volte ferito e tre volte decorato al
valore. Tutti i diritti riservati.
Giovanni Volpe Editore in Roma, Via Michele Mercati. FUTURISMO E
FASCISMO a cure di ALBERTO SCHIAVO GIOVANNI VOLPE EDITORE FUTURISMO
CON E SENZA FASCISMO A Giacinto Menotti Serrati allora direitore
del- l’Avanti, che si era recato in Russia per respirare aria
comunista. Lenin affermò: “Voi socialisti non siete dei rivoluzionari. In
Italia ci sono soltanto tre uomini che possono fare la rivoluzione:
Mussolini, Annunzio, Marinetti”. Il povero Menotti, inotridito, ritornò a
Milano precipitosamente. E. quando, paco dapo, un capo scarico con un
magistrale colpo di forbice gli tagliò di netto, per beffario, Ia
veneranda barba, reagì in questo modo: facendo proclamare nella grande
città lombarda lo sciopero generale. I milanesi orripilarono, è il
caso di dirlo, perché si sentirono da quel giorno appesi ai peli
del direttore dell'Avarti EmiLio
SErTIMELLI, Mille giudizi di statisti, scrittori, giornalisti, scienziati,
industriali di Cinquanta Stati sulla personalità e misstone di Mussolini,
Erre, Milano). Quale futurismo? Il futurismo è ormai un fatto
d’esportazione: italiano d'origine pur se si è cercato di farlo passare
per francese e russo poi di acquisizione e di affermazione, è ormai
alla ribalta dell’esperimentazione artistica americana. Segno questo che il
fenomeno è vitale e ancora carico di prospettive, nonostante la storicizzazione
di un avvenimento che fu d'avanguardia. Ma quale avvenimento? Il
manitesto del futurismo fu pubblicato sul parigino Le Figaro. Si tratta di un
manifesto letterario di rinnovamento e di rivoluzione, se vogliamo, della
tradizione classicista e passatista {secondo un termine caro ai futuristi)
dominante. Gli aspetti politici non furono tuttavia estranei
alla sua volontà di rivolgimento letterario ed artistico. Ci sembra
quindi giusto prenderli in considerazione, eftet tuarne un esame. Anzi, è
proprio di questi che ci vogliamo occupare, del loro svolgersi, articolarsi 0,
comunque, manifestarsi nel corso del tempo e della vita del futurismo. Che, in
fondo, ancora oggi è accettato o respinta, condiviso o negletto, approvato
o denigrato a seconda delle posizioni o degli intendimenti politici del
momento. Ma anche è ticonsiderato, tivisto e rivisitato nel suo
complesso, da tutte le parti, vicine e lontane, amiche ed avverse, per la
carica vitale e rinnovatrice che lo anima, suscitatrice di nuovi spiriti
e ancòra, in fondo, moderna. La letteratura esaltò fino ad oggi
l'immobilità pensosa, l'estasi e il sonno , scriveva Marinetti in quel
Mani festo di settanta e più anni fa. Noi vogliamo esaltare il
movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale,
lo schiaffo ed il pugno. E non è già atteggiamento letterario aggressivo ,
ma anche di rinnovamento, questo? Non è, come si suol dire ancora, fare
politica ? Al settimo punto del Manifesto, Marinetti così continuava: Non c'è
più bellezza, se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un
carattere aggressivo può essere un capolavoro. La poesia deve essere
concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a
prostrarsi davanti all’uomo . Per concludere poi con l'undicesimo: Noi
canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa; canteremo
le maree multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne;
canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri incendiati
da violente lune elettriche; le stazioni ingorde, divoratrici di
serpi che fumano; le officine appese alle nuvole. E tutto questo cantava e
diffondeva da Parigi, da uno dei più gloriosi quotidiani della capitale
francese; ma ciononostante...è dall'Italia, che noi lanciamo pel mondo
questo nostro manifesto di violenza travolgente e incendiaria, col quale
fondiamo oggi il “Futurismo”, perché vogliamo liberare questo paese dalla
sua fetida cancrena di professori, d’archeologi, di ciceroni e di
antiquari. Un grido così coinvolgente e totale non può, in fondo, non
trascinare ancora gli osservatori della cultura, A non
invitarli almeno a prendere posizione, poco importa se favorevole o
contraria. Non si può rimanere indifferenti ancora negli Anni Ottanta, non
sentirlo tutt'ora presente nei suoi contenuti prospettici e attuali. Ecco
perché tutti lo hanno ripreso, riconsiderato o riabilitato alla loro dimensione
storica: liberali e comunisti, socialisti e conservatori, cattolici e
radicali, fino alla nuova destra. Anche noi, vorremmo quindi riesaminarlo
a distanza non però per riappropriarcene, ma solo per vedere la sua
origine, il muoversi storico e la collocazione politica nel corso della
sua esistenza, che in fondo, è ancora incerta e anche, in parte,
controversa. Si è parlato d’irrazionalismo filosofico, di decadentismo o
di romanticismo letterario, di surrealismo con evidente errore di collocazione,
di nietschianesimo natural mente, o di bergsonismo ecc. ecc. Ma non sta a
noi questo compito, perché siamo convinti che rutto si potrebbe dite, o
comunque tutto si potrebbe adattare in buona combinazione di purpurie
filosofica, o di pensiero. E invece è il futurismo che vorremmo considerare
nella sua realtà storica, nella sua entità e valenza politica , di
fianco o a distanza di quel fascismo con cui bene o male si è
accompagnato. Anche se ciò non basta certamente per avere un'idea chiara
e precisa della sua effettiva portata e del suo valore storico . Perché il
futurismo va visto sì nel suo tempo, che non è poi tanto passato,
pur se non è più momento dell’oggi; ma va visto anche nella sua
prosecuzione e nella sua proiezione al tempo presente, sia pure per quel che
riguarda la dimensione d’arte ». Il futurismo oggi non è più un
fatto politico, ma è tuttora fatto culturale, e diverse manifestazioni e
pubbli cazioni lo dimostrano ancora. Quando nacque, fu espressione
rivoluzionaria di un paese giovane e nuovo mosso dalla felice conclusione dei
fermenti unitari, i quali è ovviocomportano sempre semi di sconvolgimento
e di rinnovazione. L’Italia di Vittorio Veneto sancità definitivamente ed
epicamente il ciclo dell’unità e segnerà così anche, nel l'immediato
dopoguetra, il momento di temperatura massima del futurismo politico », che
vedremo poi ricadere in seguito completamente a zero. Oggi,
in tempi di riflusso dopo una guerra perduta anche se ormai lontana, il
futurismo risulta meno comprensibile e meno attuale alla nostra capacità d'intendimento
storico. Ma a ben osservare possiamo ancora intravvederlo, per intendere
poi anche meglio il futurismo artistico e letterario, che del tutto
estraneo a quello politico proprio non è. La cultura è un fatto del
presente, ma anche dell’avvenire. Come tale è o dovrebbe essere giovane,
perché vissuta, voluta, creduta e quindi guardata in prospettiva nella
visione dell’oltre, nell'ottica di uno sguardo lontano. Il futurismo si pone in
questo taglio di visuale sull'inizio del secolo, e si focalizza in tale
dimensione. Vuole aprire una nuova strada e vuole porgere un'indicazione,
una proposta. Erano i tempi del progresso, dello sviluppo della
scienza e dell'industria, del nascere della velocità dei nuovi suoni e
dei nuovi rumori, quelli delle scoperte e delle invenzioni, del cinema e
dell'aviazione. Marinetti percepì tutto questo e lo espresse. E fondò il
futurismo, pose le sue basi e cantò la sua prima voce. Nessuno
forse s’aspettava o s'immaginava che potesse riuscire a trovare
ascolto. Marinetti però viveva a Parigi a quel tempo, e seppe
approfittare dei contatti che aveva con la cultura rancese per lanciare
il Manifesto: fu un'occasione, e fu anche un lancio sicuro. Futurismo
e passatismo Esiste ancora oggi
il passatismo », quello di marinettiana memoria. E se è pet questo c'è ancora
il futurismo. Proprio per tale suo aspetto, dunque, il futurismo è ancora
attuale: la decadenza della cultura o il suo invecchiamento, e la sua
inadeguatezza ai tempi; il prevalere per contro dell'accademia, della
pedanteria, del vecchiume cattedratico sono sempre all'ordine del giorno. Il
futurismo, quindi, non ha esaurito il suo compito, ovvero non è riuscito nel
suo intento. E allora dovremo dire che non è morto ed è tuttora attuale.
Ma prima di aprire un'ipotesi di nuovo futurismo », dovremmo
esaminare quello passato, fattosi movimento d'avanguardia, e ormai
da ridefinirsi vera e propria avanguardia storica, solo ed
esclusivamente. Il passatismo può essere oggi solo un fatto
di ritorno », o esser rientrato ad occupare il suo campo d'’origine, ma
il futurismo settanta anni fa aveva già conosciuto quello di allora, tanto da
indicarlo e da definirlo, con una sua caratteristica espressione:
passatismo, appunto. E non si trattava anche allora di una cultura
ripetitiva e monocorde, puntualizzatrice e pedante, noiosa e inattuale?
Allora come oggi: una cultura fuori dal tempo, sterile e ferma. E il
futurismo aveva voluto muoversi a rinnovarla, a darle nuova spinta
vitale. Ecco allora le sue invettive contro l’accademismo o il
professorume, i suoi appelli alla distruzione di musei, archivi,
biblioteche. Si trattava di appelli squisitamente letterari, ma
sono stati presi il più delle volte alla lettera o in senso letterale,
per farne atto d'accusa al futurismo e alla sua anticultura. Leggendo al di là
delle righe, invece, dovremmo capire la portata o la dimensione del
messaggio, rivolto agli uomini più che ai musei e alle accademie, o
almeno a certi uomini capaci di rappresentare solo ed esclusivamente
cultura da museo. Sulla spinta di questo stimolo ideologico », era
fatale che il movimento trovasse più facili accoglienze 0 accostamenti
con le parti politiche d’azione, quelle dell'inter vento prima della
Grande Guerra, e dell’arditismo prima durante e dopo il conflitto. La
guerra veniva ormai intesa sola ed unica igiene del mondo », ed era
logico che i futuristi si accostassero a lei, come ad una forza
capace di debellare ed estirpare il tanto inviso passatismo ». I
futuristi quindi furono interventisti accanto ai nazionalisti (D'Annunzio) ed
ai socialisti di Corridoni e di Mussolini. La ineluttabilità della storia
accosta spesso e volentieri i differenti ». Furono vicini nei comizi,
nelle manifestazioni, nella propaganda per l’intervento. E poi
partirono, praticamente tutti 1 futuristi, volontari per il fronte di una
guerta che avevano inteso e visto aggressiva, purificatrice e moderna.
Una guerra al passo coi tempi, si direbbe oggi, una guerra insomma futurista
». Partì Martinetti e partì Boccioni, partirono Funi e Sitoni, partì
Sant'Elia, che lasciò i suoi 23 anni in trincea sulle colline del Carso. Erano
entrati tutti e cinque compatti in quel glorioso battaglione ciclisti,
che tanto fece patlare di sé, e che Funi rittasse in un famoso quadro.
Anche Boccioni morirà in ospedale a Verona. La vita fu forse la massima
offerta all’igiene di una guetra tanto desiderata. Il
futurismo in quanto fermento rinnovatore di una lotta nazionale che
concluse il Risorgimento, potrebbe essere inteso come un epigono del
Romanticismo. Fu invece di più e di meglio, visto in altra dimensione o
in altro significato. Perché fu avanguardia, anzi il primo veto e proprio
movimento d’avanguardia culturale del nuovo secolo. E l'avvento del fascismo in
senso politico, dimostra in fondo che lo sbocco di tutto quel
rivolgimento innovativo 0 avanguardistico che tutti sentivano e avevano
nel sangue », era diventato una ineluttabile necessità del momento. L’irreggimentazione
del fascismo è un fatto successiva, indipendente dal futurismo. Il
fascismo-regime, per dirla con De Felice, è un'esito autonomo e solitario
di Mussolini e del potere. Il fascismo-movimento invece, sempre per dirla
alla De Felice, no. I) fascismo-movimento è una realtà più complessa,
articolata e multiforme, più sentita e partecipata. Ed in essa entra il
futurismo, che vive il fascismo ma anche lo anima, che Jo vuole in parte, ma
anche lo informa. Il passatismo doveva essere stroncato: e
in un primo momento, con l'avvento di Mussolini, languì. La cultura
subì uno svecchiamento non indifferente ed il fermento del nuovo portò sulla
scena uomini giovani accantonando | vecchioni dell'accademia
libera!socialista. Balla, Carrà, Soffici, Funi, Sironi, Prampolini si
affermarono col vento futurista che stava soffiando. Ed ebbero spazio
nelle mostre, almeno in un primo momento, apertura nei musei, apprezzamento
all’estero, dove vennero accolti, ammirati, imitati. Il futurismo ebbe
una grande forza vitale sua, autonoma e individuale. Senza per questo
imporsi e schiacciare la concorrenza », anzi. I futuristi accettatono nuove
esperienze ed accolsero scambi con avanguardie straniere (come
l'astrattismo), che vol. lero mutuare in reciprocità l’influenze. Il
fascismo fu l’avanguatdia collaterale politica del futurismo, che tuttavia quest'ultimo
cronologicamente precedette e ideologicamente », almeno in parte, ispirò.
La lotta al passatismo divenne così quasi simbolo del fascismo, che si fece
portabandiera del rinnovamento e della nuova rivoluzione nazionale.
I professori », non avendo messaggi originali da contrapporre, rimasero
in disparte. Marinetti divenne accademico d’Italia a fascismo avanzato e,
forse, suo malgrado. Tuttavia usò l'Accademia per promuovere ed appoggiare i suoi
futuristi, per dar loro spazio nelle diverse manifestazioni d’arte e di
cultura. Il filosofo Croce, professore ad honorem », era stato proposto
alla presidenza dell’Accademia, ed era stato proposto da parte fascista, quando
ancora da Napoli applaudiva a Mussolini: ebbe invece più consensi la
presidenza Marconi, lo scienziato, e Croce si ritirò nell’antifascismo, forse
mi litante, della sua incensurata e liberissima Critica. Croce fu passatista
», 0 tortò ad essere tale dopo una parentesi {od un tentativo di
rivolgimento innovativo), che non lo sottrasse tuttavia dalle carte della sua
più o meno immobile filosofia. 3. Futurismo e politica
La comparsa politica del futurismo fu praticamente contemporanea
alla sua nascita «artistica: infatti avvenne in occasione delle elezioni
del 1909, quando Marinetti lanciò il suo Primo Manifesto Politico, che
così si rivolge agli Elettori Futuristi »: Noi Futuristi invochiamo da
tutti i giovani ingegni d’Italia una lotta ad oltranza contro i candidati
che patteggiano coi vecchi e coi preti ». Posizione confermata nel marzo
dello stesso anno in un famoso Discorso ai Triestini tenuto al Politeama
Rossetti, della città giuliana, dove così sottolinea: In politica, stamo
tanto lontani da] socialismo internazionalista e antipatriottico ignobile
esaltazione dei diritti del ventre quanto dal conservatorismo pauroso e
clericale, simboleggiato dalle pantofole e dallo scaldaletto ».
Sono le premesse del famoso anticlericalismo marinettiano, che
sfocerà poco dopo nello svaticanamento tanto predicato per la salvezza
nazionale. Dopo la nascita del futurismo politico, viene fondato il
Partito Nazionalista Italiano, antidemocratico ed antiborghese. Nel 1913 nasce
Lacerba, cui diedero vita a Firenze Soffici e Papini, la rivista che in pratica
divenne ben presto organo ufficiale del futurismo /ato sensu. Sempre nel
1913 sorgeva a Napoli un’altra rivista futurista, diretta da Ferdinando
Russo e intitolata Vele Latina, che si ergeva in un primo tempo a voce di
pasizioni morigerate e tranquille, e poi dal 1915 più spinte nella
mischia dell'intervento. Ancora del ’13, e dell'11 ottobre per
l'esattezza, è la pubblicazione del Programma politico futurista a
firma di Marinetti, Boccioni, Carrà e Russolo, per le elezioni
dello stesso anno. Questo programma vincerà », s'indica al margine inferiore
del foglio, «il programma clerico-moderato-liberale e «il programma
democratico-repubblicana-socialista ». Cosa che poi in realtà non
avvenne. Il 12 dicembre dello stesso anno Marinetti pronunciava un
discorso al Teatro Verdi di Firenze, dove saostiene la volontà di appoggiare
l'impresa libica ed il suo felice compimento. Il discorso viene
immediatamente ripreso e pubblicato da Lacerba, nel numero del 15 dicembre (n.
24, anno I): Si convincano i socialisti che noi rappresentanti della
nuova gioventù artistica italiana combatteremo con tutti i mezzi e senza tregua
i loto vigliacchissimi tentativi... iniziava il discorso; e così concludeva, a
rafforzamento delle sue inconciliabili posizioni: Noi siamo dei
nazionalisti futuristi e perciò ferocemente avversi all’altro grande pericolo
imminente: il clericalismo con tutte le sue propaggini di moralismo reazionasio,
di repressione poliziesca, di professoralismo archeologico e di quetismo
rammollito o affatismo di partito ». Ormai la collocazione del movimento
è quanto mai chiara e inequivocabile. 4. Futuristi e fiorentini. Che
i futuristi fossero milanesi è problema tutto da vedere, anche se è vero
che Marinetti abitava a Milano e che dopo la fondazione del movimento a
Parigi fu a Milano il suo centro di spinta e di irradiazione. Ma i
legami con Firenze furono ben presto agganciati, e determinanti. Scrive
Luciano De Matia: Fsiste un futurismo milanese (con Marinetti e Boccioni in
simbiosi); esiste un primo futurismo fiorentino lacerbiano, che assimila,
elabora in modo nuovo, creativo, le istanze milanesi; esiste un secondo
futurismo fiorentino (la pattuglia azzurra »; i giovani de L'Italia futurista)
psicologico, occultista, predadaista e presurrealista. E potremmo continuate
nelle differenziazioni »”. Ma non è tanto per questo tipo di
differenziazioni che ci interessa il futurismo fiorentino, quanto per la
dimensione politica dei personaggi che vi aderirono, diversa da quella di
Marinetti e degli altri futuristi milanesi o degli altri politici che a
Milano operavano e si muovevano (Boccioni, Sant'Elia, Balla; più tardi poi,
Vecchi e Mussolini). Milano era già città d'avanguardia e alla
guida dell’industrializzazione settentrionale: questo non va
dimenticato. Firenze era ancora passatista », accademica e salottiera;
legata comunque ad una cultura d’indagine e di ! Tuciano De Maria,
Palazzeschi e l'avanguardia, Mondadori, Milano, 1968, 31. riesumazione
di un passato ricco e glorioso, ma ormai ripetitivo e sclerotizzato. Firenze
tuttavia era anche la terra feconda del primo Novecento, delle nuove
riviste, dei tentativi di rivisitazione di una cultura pur sempre nazionale,
e di lancio dell'avanguardia sullo scorcio del nuovo secolo, che andava creato
e costituito, Il Leonardo apre le sue tirature il 4 gennaio 1903, per
chiuderle poi nell'agosto del 1907. Era stato Papini a fondarlo, ma c’era
già anche presente Prezzolini (Giuliano il Sofista). Che poi mise in
piedi La voce nel 1908: uno dei migliori tentativi di collegamento delle forze
intellettuali e di fondazione di un minimo denominatore comune, letterario
e politica {idealismo e sindacalismo socialistico di tipo soreliano).
Papini continuò la collaborazione ». Ma vi furono anche, sulle pagine de La
Voce, Amendola e Sal vemini, Soffici e De Robertis, oltre che il futuro
fondatore de Il Popolo d’Italia e del Fascismo. La Voce chiudeva
però i battenti nel 1912 senza eccessiva eco politica immediata. Papini non
aveva condiviso certe alleanze del suo amico Giuliano il Sofista, come
non condivideva l'intento didascalico e divulgativo della Voce su
qualsiasi argomento artistico e sociale, come anche idealistico ». Si unì a
Soffici di cui condivideva gli atteggiamenti, ed insieme fondarono
Lacerba (il 1° gennaio del 1913, sempre a Firenze). Non si volge chi a
stella è fisso! », portava come motto il Leonardo sotto la testata.
Volendo dare tono battagliero a Lacerbae, Papini forse ancora seguiva le
prospettive d’arte e di cultura del Leonardo. Anche se in una dimensione attiva
che già i leonardiani avevano inteso
fondare nell’utilizzazione del pragmatismo come strumento di potenza ». (In
quegli anni tutti vollero sapere che cosa fosse il pragmatismo »).
Lacerba riprende l’impostazione di battaglia, tipica di Papini, e ritotna
all’orientamento specifico dell’arte. Vedi anche Giovanni Papini,
Pragmatismo, Firenze, Vallecchi, 1927. 14 In questo
contesto è evidente che non poteva mancare l’incontro col futurismo.
La scazzottatura dei futuristi con Soffici e i vociani nel 1911°
non poteva aver contribuito all'incontro? Potrebbe darsi, anche se Papini non
vi aveva partecipato, come Marinetti stesso asserisce in una sua lettera
a Pratella. Sta di fatto che col 15 marzo del 1913, cioè col suo sesto
numero, Lacerba diventa futurista. Con un articolo proprio di Papini dal titolo
Contro il futurismo che dal famosa attacco iniziava così: Il futurismo
italiano ha fatto ridere, urlare e sputare. Vediamo se potesse far pensare».
Segue un passo di Boccioni sul «fondamento plastico della scultura e
pittura futurista». Proprio Boccioni che aveva investito Soffici col suo
celebre pugno, poco più di un anno prima a Firenze. E che continuerà a
pubblicare articoli sul numero del 1° di aprile e su quello del 1°
di agosto e poi sul primo numero del 1914, ecc. Per non parlare di
Carrà, Marinetti, Russolo, Sant'Elia, Auro d'Alba, ecc., che porteranno
continuamente i loro contributi. Il 15 ottobre del ’13 Lacerba
pubblicherà addirittura il citato Programma politico futurista in
occasione delle elezioni generali. Il manifesto politico compare in prima
pagina con tutti i crismi d'appoggio o di affiancamento della rivista.
Papini ne dà un commento più che soddisfacente ». E lo stesso Papini il 1°
dicembre dello stesso anno uscirà poi con un lungo articolo intitolato
Perché son futurista. Sarà l’atto di accettazione definitiva del futurismo,
od il suo accoglimento più completo, e globale ». 1 Su La Voce
Soffici pubblica la sua Ricetta di Ribi Buffone. Vi si elencano gli ingredienti
del neonato futurismo: Un chilo di Verhaeren, 200 gr. di Alfred Jarry,
cento di Laforgue, trenta di Laurent Tailhade, cinque di Viélé Griffin,
un pugno di Morasso..., una presa di Pascoli », aggiungendovi poi una
pila di undici automobili, sette aetoplani, quattro treni, due carghi,
due biciclette, diverse batterie elettriche e qualche candela ardente». Sempre
su La Voce Soffici pubblicherà poi nel ‘10 e nell’11 dei rendiconti
negativi sulle opere futuriste esposte a Venezia e a Milano, per cui sarà
decisa la spedizione punitiva a Firenze da parte dei fuiuristi, Non
molti giorni dopo, il 12 dicembre (lo abbiamo già visto), si tenne al Teatro
Verdi a Firenze una grande serata futurista », di cui riporta il resoconto
sintetico il numero 24 della rivista (del 15 dicembre 1913). Non
molto tempo dopo, però, il 15 febbraio del ’14, appare sul quarto numeto
del nuovo anno I! cerchio si chiude, che avvia inesorabilmente al declino
della collaborazione. Autore ne è ancora una volta Giovanni Papini, che
chiuderà definitivamente il colloquio sull'ultimo numero dell’anno
insieme a Soffici, cofirmatario de Il Futurismo e Lacerba. È l'atto di chiusura
di un periodo »: quello, appunto, del futurismo lacerbiano. Risponderà Boccioni
il 1° di marzo sul numero 5 con Il cerchio non si chiude; ma sono solo
sussulti, e anche sugli ultimi numeri dell'anno della rivista
compariranno solamente i cosidetti canti del cigno ». Il
cerchio era ormai già chiuso. E non molto dopo chiudeva anche Lacerba,
nonostante i suoi ultimi tentativi interventisti di rivivificazione (1915) e le
sue discriminazioni tta futurismo c marinettismo, che ne sarebbe stata la
versione deteriore‘. 1l marinettismo sarebbe pra ticamente già morto
secondo «i fiorentini », mentre il futurismo avrebbe potuto tendere a
mete migliori. Dopo pochi mesi in realtà morirà definitivamente anche
Lacerba. 5. Il futurismo e la guerra Nel 1929
Marinetti ricordava così l’inizio della sua carriera interventista »: Nel
settembre 1914 dutante la battaglia della Marna e in piena neutralità
italiana, noi futuristi organizzammo le due prime dimostrazioni
contro l’Austria e per l'intervento. Bruciammo il 15 settembre nel
Teatro Dal Verme e il 16 settembre in Piazza del 4
Cfr. Palazzeschi, Papini, Soffici, Futurismo e Marmnettismo, in Lacerba,
anno III, n. 7, 14 febbraio 1915, pp. 49-50. Duomo e in Galleria undici
bandiere austriache ». Poco prima di quegli avvenimenti, Mussolini aveva
fondato il suo nuovo quotidiano, I{ Popolo d’Italia. Contemporaneamente,
sotto l'auspicio e il favore di Corridoni, i gruppi rivoluzionari di
sinistra, già pronunciatisi a favore della guerra, si stavano
organizzando per sostenere anch’essi l'intervento. Come ricorda De
Felice, «il 5 ottobre il Fascio Rivoluzionario d'Azione Internazionalista
avrebbe lanciato il suo primo appello ai lavoratori italiani in questo
senso * L'incontro tra futuristi e rivoluzionari di estrema sinistra si
stava verificando e stringendo », anche se già confortato da reciproche
simpatie per le uni. voche posizioni anticlericali ed antiborghesi.
Mussolini scriveva dalla direzione de Il Fopolo d'Italia una lettera a Buzzi,
che riportiamo interamente: Caro Buzzi, Boccioni vi avrà detto se
mai vi avrà parlato di me che tutte le mie simpatie sono anche nel
dominio dell’arte per i novatori e i demolitori: per i “futuristi”.
Inattesa, e perciò gradita, mi giunge la vostra lettera riboccante
di simpatia. È questo uno dei momenti più amari della mia vita. Ma
vincerò. Vincerò. Lo sento. F' necessario. Ho messo nel gioco tutta me
stesso. Credetemi. Vostro Mussolini. L’amarezza gli è data
probabilmente dall’espulsione dal Partito socialista proprio per la
posizione da lui assunta a favore dell'intervento. La conoscenza da parte
di Mussolini, di Boccioni e del movimento d’arte d’avanguardia di
Marinetti, risultava sino a poco tempo fa inesistente. La lettera, unica
del genere, conferma la precedenza del futurismo politico rispetto al
fascismo ancora da sorgere, che poi mutuerà da esso idee, elementi e
programmi. Le simpatie si manifestano per il dominio
dell'arte, al dire di Mussolini, ma non solo; c'è un anche », che
indica chiaramente dell'altro e un'apertura, forse politi ca, possibile
nei confronti degli innovatori e dei demo Renzo De Felice, Mussolini il
Rivoluzionario, Einaudi, Tori. litori », vale a dire per i futuristi. Che
ancora il 9 dicembre di quell’anno organizzano le prime manifestazioni
interventiste all’Università di Roma, sotto la guida di Marinetti, Balla,
Cangiullo e Depero. Qualche mese dopo, nel ’15, le autorità di governo
fermano Marinetti, Cangiullo, Balla e Depero che avevano indetto una
manifestazione interventista un’altra volta a Roma, in Piazza Venezia. È
il primo fermo politico di Marinetti. Siamo quasi alla vigilia della
guerra. Il 12 aprile 1915 si mette in piedi la terza grande
dimostrazione interventista davanti alla Camera dei Deputati. È presente anche
Mussolini e si verifica uno dei maggiori momenti d’incontro tra futuristi
e Mussolini sul terreno dell’intervento. Balla, Corra, Settimelli, Marinetti
e lo stesso Mussolini vengono attestati. Tutti gli sforzi ormai, tutte le
volontà e tutte le energie sono concentrate verso un'unica e suprema meta:
quella della guerra. A Messina esce il nuovo periodico La Balze, e Marinetti
pubblica il manifesto Guerra sole igiene del mondo, mentre il poeta futurista
Auro d'Alba lancia a Milano per le Edizioni Futuriste di Poesia (sostenute da Marinetti) il volume Baionette.
Con l’entrata in guerra nel maggio, a Fitenze Lacerba interrompe come
si è visto le pubblicazioni. Una guerra che avevano tutti quanti, in un
certo senso, preparato con interventi, discorsi, giornali, manifestazioni
e pubblicazioni. Fra questi non va dimenticato il manifesto del
Teatro futurista sintetico, firmato da Martinetti, Corra e Settimelli,
nel quale, fra l’altro, così si legge: Aspettando la nostra grande guerra tanto
invocata noi Futuristi alterniamo la nostra violentissima azione artistica
sulla sensibilità italiana, che vogliamo preparate alla grande ora del
massimo pericolo ». E più avanti: Perché I’Italia impari a decidersi
fulmineamente a slanciarsi, a sostenere ogni sforzo e ogni possibile
sventura non occorrono libri e riviste... La guerta, futurismo
intensificato, ci impone di marciare e di non marcire nelle biblioteche e
nelle sale di lettura. No: crediamo dunque che non si possa oggi
influenzare guerrescamente l'anima italiana, se non mediante il teatro ». E in
effetti, a partire dal gennaio del '15, i futuristi avevano iniziato una
serie di Tournées di teatro futurista interventista per sostenere la necessità
dell’intervento con un mezzo di comunicazione ben più popolare e circolante della
letteratura. Anche la «serata futurista », per esempio, è un
al tro canale o strumento di incoraggiamento dell'intervento. Si tratta
di una sorta di riunione o ritrovo di artisti futuristi, uno dei quali
sollecita gli intervenuti (pubblico) danda uno spunto, e proponendo un tema, o
aggredendo qualche aspetto dell'arte del passato, da cui nasce lo
stimolo alla creazione e alla lotta del nuovo 0 del futuro, e anche lo
stimolo alla guerra che lo conduce sino alle ultime conseguenze. Ma
sentiamo Marinetti come la definisce quando si rivolge agli studenti in un
altro manifesto, di poco precedente a quello teatrale », intitolato Im
quest'anno futurista, rivelto agli studenti italiani e datato 29 novembre
1914. Laddove si esortano i giovani alla guerra così si afferma: «... il
futurismo segnò appunto l’irrompere della guerra nell’arte, col creare
quel fenomeno che è la Serata futurista (efficacissima propaganda di
coraggio). Il futurismo fu la militarizzazione degli artisti novatori. E
la guerra arrivò, come A biamo visto, e per molti versi fu vera e propria
guerra futurista ». In luglio partiva il gruppo più consistente di volontari »:
Marinetti, Boccioni, Russolo, Sant'Elia, Bucci, Carlo Erba e Funi.
Ma ci saranno al fronte anche Carrà e Sironi, fattosi futurista nello stesso
anno, e Piatti e Fortunato Depero. Alla fine dello stesso anno Boccioni,
Russolo, Sant’Elia, Sironi e Piatti, sempre sotto l'egida di Marinetti, firmano
un altro manifesto futurista, quello dell’Orgoglio italiano, con cui si
promettono pugni, schiaffi e fucilate a quelli degli italiani che
avessero manifestato in sé «la più piccola traccia del vecchio pessimismo
imbecille, denigratore e straccione che ha caratterizzato la vecchia
Italia di mediocristi antimilitaristi (tipo Giolitti), di
professori pacifisti (tipo Benedetto Croce, Claudio Treves, Enrico
Ferri, Filippo Turati), di archeologi, di eruditi, di poeti nostalgici. Sant'Elia
muore al fronte, e Boccioni, una settimana dopo, per una caduta da cavallo
durante un'esercitazione militare a Orte. Nasce a Firenze la nuova
rivista L'Italia futurista. Prampolini fonda con Folgore il foglio
d'avanguardia Awvenscoperta. Nel ’17 nasce il periodico Deda, che tanto
dovrà nell’ispirazione al nostro futurismo. I) 18 è ormai l'anno della
vittoria. Depero realizza i suoi nuovi «balli plastici ». Bruno Corra
pubblica a Milano con i tipi dello Studio Editoriale Lombardo Per l'arte della
nuova Italia. Siamo infatti nell’Italia della vittoria. 6. Il
Partito politico futurista Nella nuova realtà del dopoguerra il
futurismo cerca una sua nuova collocazione politica più pacifista »,
se il termine non è nella fattispecie una contraddizione. Ai fasti
dell'intervento e della militarizzazione, succede un nuovo intento
programmatico di realizzazione. La prima espressione di questa volontà è
ancora una volta dovuta a Marinetti che pubblica nel febbraio del ’18 un
Manifesto del Partito politico futurista, l'adesione al quale era
libera ed aperta a tutti coloro che avessero accettato i principî
del suo programma, indipendentemente dalle concezioni dell’arte o dal
consenso all’estetica futurista ». E questo indica una presa di posizione
più ponderata e meno di rottura », almeno in senso sociale.
Il documento esprime, negli intenti, il desiderio di rinnovamento
di quelle fasce del combattentismo inter. ventista, comprese fra i
mussoliniani, i sindacalisti tivoluzionari, i socialisti e i repubblicani di
sinistra, che avrebbero poi dato vita alla formazione dei Fasci di Combattimento,
quelli cui futuristi ed arditi avrebbero infuso la prima linfa vitale. Si
possono considerare punti essenziali del nuovo programma l'estensione del
suffragio universale, comprendente anche le donne, la socializzazione
della terra con assegnazione ai reduci, la tassazione progressiva,
l'abolizione dell'esercito e la sua
professionalizzazione (volontariato), la giustizia gratuita, la
libertà di sciopero e stampa, le otto ore lavorative e Î contratti
collettivi di lavoro, l'assistenza e la previdenza sociale, la tecnicizzazione
clel parlamento e l’introduzione del divorzio. A diffondere le idee del
nuovo partito era destinato il periodico Roma futurista, fondato a Roma da
Marinetti, Mario Carli ed Emilio Settimelli, che vedeva la luce il 20 settembre
1918 e portava come sottotitolo Giornale del Partito politico futurista. Roma
futurista », racconta Marinetti nel suo libro Futurismo e Fascismo (1924)
nacque un mese e mezzo prima dell’armistizio, cioè il 20 settembre 1918,
e portava nel suo primo numero tre scritti importantissimi dei suoi tre
direttori: Mario Carli, Marinetti, Settimelli. Scriveva Settimelli: “Il
Futurismo che fino ad oggi esplicò un programma specialmente artistico,
si propone una integrale azione politica per collaborare a risolvere gli urgenti
problemi nazionali. Coloro che ci accusarono di squilibrio dovranno ricredersi.
I] preconcetto di serietà pedantesca e quietista imposto alla vecchia Italia
dai professori rammolliti, dai preti anti-italiani e dagli affaristi giolittiani,
cercò di svalutare la nostra genialità di giovani audaci e novatori. Ma
la vera Italia non può rimanere e non rimarrà neppure parzialmente nelle
loro mani incapaci. La guerra ha rivelato le vere forze italiane. Sono forze
giovani, violente, antitradizionali e ultra-italiane” ». Il primo
numero di Roma futurista (decadario, poi settimanale) pubblicava il
programma del giornale medesimo ed anche il manifesto di quel Partito Politico
Futurista che si doveva ancora fondare. Partito che, nell’intendimento di
Settimelli, doveva essere più che altro una tendenza psicologica », una fusione
di realtà e di scon(inamento, di praticità e di lirismo », che avrebbe contribuito
a creare un nuovo tipo d'italiano. Ma ecco ancora come si esprime «la
volontà» di fondazione del movimento: Il Partito politico futurista che
noi fondiamo e che orxanizzeremo dopo la guerra, sarà nettamente distinto
dal movimento artistico futurista. Questo continuerà nella sua
opera di svecchiamento e rafforzamento del genio creatore italiano... Potranno
aderire al partito politico futurista tutti gli Italiani, uomini e donne d’ogni
classe e di ogni età... Questo programma politico segna la nascita
del partito politico futurista invocato da tutti gli italiani, che si
battono oggi per una più giovane Italia, liberata dal peso del passato...
». La firma è di Roma futurista, cioè, come si presume, del direttore, o
anzi di tutti i tre direttori. Ecco alcuni punti del
manifesto-programma del partito: 4) Trasformazione del Parlamento mediante
un'equa partecipazione di industriali, di agricoltori, di ingegneri
e di commetcianti al Governo del Paese. Il limite minimo di età per
la deputazione sarà ridotfò a 22 anni. Un minimo di deputati avvocati {sempre
opportunisti) e un minimo di deputati professori (sempre retrogradi)... Abolizione
del Senato... Unica religione, l'Italia di domani... 10)...Svalutazione
della pericolosa e aleatoria industria del forestiero... Difesa dei
consumatori... Svalutazione dei diplomi accademici e incoraggiamento con
premi della iniziativa commerciale e industriale... ». Le
adesioni all'iniziativa si fecero subito sentire da diverse parti: ci
furono vecchi futuristi come Auro d'Alba, Rosai e Rocca, reduci dalla
guerra come Bolzon e Bottai (che avrebbe poi rivestito un ruolo di primo
piano nell'ambito del nuovo regime fascista) e Massimo Bontempelli, secondo il
quale il programma fondamentale del futurismo politico sarebbe stato quello di
sostituire «la giovinezza alla vecchiaia nelle funzioni direttive ». E
non sarebbe stato poco. Sarebbe stato uno dei tentativi, anche se
non del tutto riuscito, dell’insorgente fascismo. Nel dicembre
dello stesso anno 1918, quasi ad esito naturale della formazione del
nuovo partito, poco organizzato e poco «costituito », s'istituirono invece i Fasci
politici futuristi », più attivi e vitali particolarmente in diverse
città dell'Italia centrale e settentrionale, la prima ossatura su cui si
sarebbero appoggiati e sarebbero cresciuti i muovi Fasci di combattimento »,
voluti e promossi da Mussolini quattro mesi dopo. Nel febbraio del '19 i
Fasci futuristi erano già una ventina, tra quelli di Roma (Balla, Carli,
Bottai, d'Alba e Chiti), Milano (Marinetti, Buzzi, Somenzi e Bontempelli),
Firenze (Settimelli, Rosai, Marasco), Perugia (Dottori), Genova (Depero),
Torino (Azari), e poi ancora Bologna, Palermo, Napoli, Fiume, Messina,
Ferrara, Piacenza, Venezia, Taranto, Modena, Stradella, ecc. I futuristi
avevano quindi accolto con entusiasmo l'iniziativa e vi si erano immersi
fino a determinare una prima ossatura: l’organizzazione. E Mussolini a
sua volta aveva visto di buon occhio e seguìto la formazione dei Fasci
politici futuristi, sino a scopri re in essi un punto d'appoggio per la
sua campagna combattentistica ed antisocialista che si concretizzerà
nei suoi Fasci di combattimento (quelli di Piazza San Sepolcro).
Carli, come condirettore di Rowza futurista e dietro spinta di Marinetti
stesso, caldeggiava da tempo, anche dalle colonne del suo nuovo
periodico, l’avvicendamento e l'annessione degli arditi al partito politico,
di cui sul primo numero del giornale si pubblicava il rivoluzionario
programma: era il 20 settembre 1918. Dieci giorni dopo, il 30
settembre 1918, le proposte politiche si fanno più tecniche, più specializzate
», più particolari. Volt firmerà un testo dinamico per dichiarare: Sostituiremo
il Parlamento con le tappresentanze dei sindacati agricolo-industriali ed
operai. La rappresentenza sindacale sarà la base dello “Stato tecnico” futurista
». Ma allora di quale rappresentanza sindacale si ttatrerà e quale sarà
riconosciuta dallo Stato nella sua veste di personalità giuridica? Sono
tutti problemi che già Volt si pone e così, a suo modo, risolve », e
continua: «To credo non si debba tener conto del numero degli
iscritti al sindacato, ma della importanza della funzione economica
che esso esercita nel Paese ». Ed ancora, prosegue ad interrogatsi: Quali
saranno i limiti posti all'esercizio del potere dell'assemblea eletta
mediante la rappresentanza sindacale? La competenza dell'assemblea dovrà
essere limitata alle questioni prevalentemente economiche, che sono del resto
le più importanti in politica. Le questioni di famiglia, di politica
estera, ecc. dovranno esser risolte II! 'EUE vu SS it:
_gLZffkfkzstllEaAaz:F:=+”sx«x:®( '81‘daoiaaiA'.°’°à0‘@e ra in parte mediante il referendum popolare
diretto ed in parte attribuito alla competenza del potere esecutivo
». Gli arditi venivano poi sciolti nel gennaio del ’19 dai
loro reparti di ufficiali, sottufficiali e truppa, perché considerati
provocatori di disordini e di incidenti nella vita civile. L'iniziativa
era stata ovviamente criticata dai diretti interessati come manovta
socialista-giolittiana atta a disconoscere i loro meriti di guerra. Ed
anche Marinetti aveva appoggiato dalle colonne di Roma futurista 1’unificazione
(ira futuristi ed arditi), Alla fine di novembre del ’18 Mario
Carli fondava, a conclusione di questa campagna », l’Associazione
fra gli Arditi d’Italia », che fu un po’ l’altra faccia del Partito
politico futurista. In breve, l'associazione atrivò a raccogliere circa
diecimila iscritti, la maggior parte, forse, degli ex «reparti
militarizzati ». Futurismo e arditismo Ormai anche gli arditi,
nonostante lo scioglimento della loro organizzazione paramilitare, hanno una
consistenza civile ed in certo modo un loro peso politico. Tanto da
poter fondare un loro organo di stampa che prende a uscire a Milano
dall’11 di maggio 1919: il settimanale L’Ardito, edito dall’Associazione
nazionale, e condiretto da Ferruccio Vecchi e, non a caso, da Mario
Carli. Nello stesso periodo altre furono le voci di stampa allineate
su analoghe posizioni: Armando Mazza, per esempio, fondò a Milano I
remici d'Italia, settimanale antibolscevico »; il più importante di
questi giornali minori fu però L’Assalto, pubblicato a Bologna come voce
dell’arditismo, e diretto da Nanni Leone Castelli. Marinetti ed i futuristi
non potevano a questo punto non vedere negli arditi dei nuovi futuristi
politici, così come Mussolini non poteva non vedere in loro dei potenziali
simpatizzanti e alleati. La pronta adesione di molti di essi ai Fasci di combattimento
lo dimostrerà definitivamente. Arditismo e futurismo furono dunque
componenti es dd senziali del nuovo insorgente fascismo.
Almeno dal punto di vista ideologico, o formativo del suo nascere.
Mussolini aveva, per così dire, abiuraro il suo vecchio socialismo e aveva
bisogno di una forza nuova, una forza ideale o di pensiero che gli permettesse
il suo «slancio in avanti ». Il futurismo gliela porgeva già bell'e
pronta, o quasi, mentre il precedente socialismo gli alimentava
certi spunti sociali, in parte, almeno, già presenti nel futurismo.
L'arditismo, ancora, gli comunicava una spinta, una forza di aggressività
e di assalto », che forse gli sarebbe mancata, o non sarebbe stata, senza di
esso, tanto irruente. Il futuro duce partecipava a Milano ad una serata
futurista contro Bissolati, alla Scala, contribuendo in parte al suo siluramento
». C'era anche Marinetti e, forse, non fu un caso, e si trattò di un
incontro importante. II 23 marzo dello stesso anno in una riunione
milanese a Piazza San Sepolcro, presieduta da Ferruccio Vecchi, Marinetti
tenne un discorso alla presenza di Dessy e di altri arditi e futuristi,
per la fondazione dei Fasci di combattimento, decisa da Mussolini. Questi
propose come programma ai nuovi raggruppamenti l'abolizione del Senato,
il suffragio universale, il sindacalismo nazionale, riconascendo «le
rivendicazioni d'ordine materiale e morale agli ex-combattenti e rimproverando al partito
socialista di essere stato nettamente reazionario, assolutamente
conservatore », col negargli così qualsiasi possibilità di mettersi alla
testa di un'azione di rinnovamento e di ricostruzione ». La conclusione
del discorso, antimassimalista ed antitotalitaria, era in fondo quanto mai futurista
». Così terminava il Mussolini: Noi conosciamo soltanto la
dittatura della volontà e dell’intelligenza. Al termine della riunione si
nominava un comitato centrale dei Fasci di combattimento di cui facevano
parte anche Vecchi e Marinetti. Il 1° di aprile Marinetti
venne nominato insieme a Mussolini membro della commissione di lavoro
nazionale per Ia propaganda e la stampa. Ancora in aprile a Milano
nuclei di futuristi, arditi e principianti fascisti assali tu
rono la sede del quotidiano socialista Avanti! Il giorno dopo i fattacci
del 15 aprile, visto il mancato inter vento delle forze dell’ordine nel
prender provvedimenti contro i promotori dell'azione, Vecchi e Marinetti
emisero un proclama agli italiani a nome dei futuristi, degli arditi e
dei fasci: Nella giornata del 15 aprile avevamo assolutamente deciso, con
Mussolini, di non fare alcuna controdimostrazione perché prevedevamo il
conflitto e abbiamo orrore di versare sangue italiano. La nostra controdimostrazione
si formò, spontanea, per invincibile volontà popolare. Fummo costretti a
reagire contro la provocazione premeditata degli imboscati. Col nostro intervento
intendiamo di affermare il diritto assoluto dei quattro milioni di combattenti
vittoriosi, che soli devono dirigere e dirigeranno ad ogni costo la nuova
Italia ». La controdimostrazione si riferisce ad una manifestazione
socialista all'Arena, cui seguì la battaglia di Via Mercanti », dove furono
chiari, secondo i reduci, alcuni momenti di provocazione nei confronti del
combattentismo {da qui, l'assalto all’Avanti!). Sempre
nell'aprile del *19 esce a Milano per i tipi dell’Editore Facchi un volume
politico di Marinetti, forse il suo più importante: si tratta di
Democrazia futurista, che porta come sottotitolo dinamismo politico ». È
una raccolta di articoli apparsi su Roma futurista e che appari ranno sul
nuovo giornale di Vecchi, L’Ardito, generoso sempre di spazio per
Marinetti. Questi definisce il suo concetto democratico in un altro
articolo edito in aprile sempre dall’Ardito: Vogliamo dunque creare una
vera democrazia cosciente e audace che sia la valutazione e
l'esaltazione del numero poiché avrà il maggior numero di individui
geniali. L'Italia rappresenta nel mondo una specie di minoranza
genialissima tutta costituita di individui superiori alla media umana per forza
creatrice, innovatrice, improvvisatrice. Questa democrazia entrerà naturalmente
in competizione con la maggioranza formata dalle altre Nazioni, per le quali il
numero significa invece massa più o meno cieca, cioè democrazia
incosciente ». Certo, si tratta di una nuova cancezione di
democrazia, che con quella tradizionale, anche attuale, non ha
niente a che vedere. È una lotta di democtazie, o una democrazia di
lotta, il che alla fin fine non è poi molto diverso. E’ una vera e
propria concezione dinamica. Che, tanto per tener conto del suo opposto
si mette a confronto, a dire di Marinetti, così: Arturo Labriola
definisce la democrazia "come sentimento dei diritti concreti della massa
sullo Stato e sulla Economia“... Noi intendiamo la democrazia italiana come
massa di individui geniali, divenuta petciò facilmente cosciente del suo
diritto e natural mente plasmatrice del suo divenire statale. La sua
forza è fatta di questo diritto acquisito, moltiplicata dalla sua
quantità valore, meno il peso delle cellule morte (tradi. zione), meno il
peso delle cellule malate (incoscienti, analfabeti). La democtazia italiana è
per noi un corpo umano che bisogna liberare, scatenare, alleggerire per
accelerarne la velocità e centuplicarne il rendimento... ». Come potrebbe
essere più futurista e avanzata questa nuova concezione democratica progressiva
»? Che così, giustamente, si conclude e si definisce: «La democrazia
futurista è ormai pronta ad agire, poiché sente vibrare tutte le
sue cellule vive ». E’ il punto d'arrivo, logico e
conseguenziale, di una concezione d’assalto ». E per la definizione
ulteriore delle posizioni e dei concetti, il 27 aprile 1919 ancora, sulle
pagine di Roma futurista, un testo di Mario Carli (Non chiamatela
reazione) afferma: «Non è per l’ordine, non è in difesa dell’autorità
costituita o della borghesia vile, non è in appoggio alla così detta
“benemerita” che noi ci siamo battuti a Milano, e ci batteremo altrove,
se se ne presenterà l’occasione. Ma è per un'idea, per un principio: è
per l’idea di patria, è per il principio di progresso, che noi crediamo
realizzabile con mezzi e con metodi opposti a muelli dei rivoluzionari russi
». Ciò nonostante Gramsci e Lunaciarsky, al TI Congresso
dell'Internazionale comunista, difendono i futuristi italiani e li considerano
veri e propri rivoluzionari ». E Lenin medesimo dità a Giacinto Menotti
Serrati, che, come direttore dell’Avanti!, si era recato a Mosca a respirare il
nuovo comunismo: «In Italia ci sono soltanto tre uomini che possono fare
la rivoluzione: Mussolini, D'Annunzio e Marinetti ». Mentre a proposito
di questo ultimo, cioè di Marinetti e del suo movimento futurista,
Gramsci così annotava in un suo articolo pubblicato su Ordine nuovo nel
1921: Distruggere, in questo campo, non ha lo stesso significato che nel
campo economico... significa non avere paura della vanità e delle
audacie, non avere paura dei mostri, non credere che il mondo
caschi se un operaio fa errori di grammatica, se una poesia
zoppica, se un quadro assomiglia a un cartellone... I futuristi hanno svolto
questo compito nel campo della cultura borghese... hanno avuto cioè una
concezione nettamente rivoluzionaria ». E continuava a migliore
definizione del concetto:...Quando i socialisti si sarebbero
spaventati al pensiero che bisognava spezzare la macchina del
potere borghese nello Stato e nella fabbrica, i futuristi, nel loro
campo, nel campo della cultura, sono rivoluzionari: in questo campo, come opera
creativa, è probabile che la classe operaia non riuscirà per molto tempo
a far di più di quanto hanno fatto i futuristi! L'11 luglio del '19 Marinetti otteneva
un biglietto d'’invito alla Tribuna di Montecitorio. Andò con Ferruccio
Vecchi, gran capitano, ad aspettare un momento opportuno per l’intervento ».
L'occasione fu data alla fine del discorso di un deputato socialista
(Lucci). Martinetti si sporse e, rivolto a Nitti, gridò: A nome dei Fasci
di Combattimento, dei futuristi, e degli intellettuali, protesto per la
vostra politica e vi urlo: Abbasso Nitti! Morte al Giolittismo! Dichiaro
che non può sussistere il Ministero dei sabotatori della Vittoria, degli
schiaffeggiatori degli ufficiali, un ministero che si difende coi carabinieri
e coi poliziotti!.. Vergognatevi! La gioventù italiana, per bocca
mia, vi urla: Fate schifo! Fate schifo! ». Vecchi ancora inveisce a voce alta
contro Nitti, mentre Marinetti lotta con usceri e carabinieri, come
descrive egli stesso nel suo Futurismo e Fascismo di cinque anni dopo.
L’indomani avrebbe ricevuto da D'Annunzio la presente missiva:
2R Mio caro Marinetti, bravo per il grido di ieri,
coraggioso come ogni vostro atto. Vorrei vedervi. Se potete,
venite. Il vostro Gabriele D'Annunzio. In settembre Carli, con Mino
Somenzi ed altri futuristi, partecipano con D'Annunzio alla presa di
Fiume (11 del mese): vi si recheranno anche Vecchi e Marinetti a
tenere discorsi ai legionari. Anzi, i due personaggi sembra fossero
considerati, a dire di De Felice facinorosi sovversivi o addirittura in qualche
caso bolscevici », per il loro atteggiamento intransigente ed
estremistico.° Tanto che si era detto fossero stati espulsi da Fiume,
mentre erano stati solo richiamati da Paselia, segretario politico
dei Fasci, che aveva bisogno di loro per l'organizzazione, forse, del
primo congresso fascista. All'inizio di ottobre, infatti, Marinetti
partecipa a Firenze al I Congresso dei Fasci di Combattimento dove, dopo
l'intervento di Mussoltni, parla a futuristi, arditi e fascisti sostenendo la
necessità dello svaticanamento »: Noi dobbiamo domandare. volere, imporre »,
dice fra l’altro il capo del futurismo, l’espulsione del papato, o meglio
ancora, per usare un'espressione più precisa, lo “svaticanamento” ».
Nel novembre le elezioni generali vengono condotte a Milano
all'insegna del blocco fascista con lista autonoma di Mussolini, Marinetti
(secondo), Toscanini, Podrecca e Bolzon. Comizi elettorali si tennero a Milano
in Piazza Belgioioso (10 novembre) e in Piazza S. Alessandro e a Monza,
dove parlarono sempre accoppiati Marinetti e Mussolini. Dopo il 16
novembre, giorno delle votazioni, in seguito ad incidenti coi socialisti,
Marinetti, Vecchi e Mussolini furono atrestati sotto l'accusa di
attentato alla sicurezza dello Stato ed organizzazione di bande
armate, come afferma ancora il De Felice. Breton e Aragon,
direttori della rivista Littersture, organizzano a Parisi una manifestazione di
solidarietà a Matinetti: sono i momenti di affermazione del dadaismo e
del muoversi, lento, verso il surrealismo. Renzo De Felice,
Mussolini i! Rivoluzionario, Gli incontri e gli scontri, oltre che gli
incidenti, tra socialisti e futuristi non etano cosa nuova. E la battaglia
di Via Mercanti del 15 aprile fu solamente il punto di arrivo di una
vecchia e lunga polemica. Già negli anni prebellici il futurismo si
era scontrato col socialismo neutralista (Turati), che non poteva
andar d’accordo con un movimento intrinsecamente interventista.
Lacerba, per esempio, entrava nella polemica affiancandosi al futurismo e
pubblicando, il 15 ottobre del ’13, quel famoso Programma politico
futurista, esaminato in precedenza. La postilla di Giovanni Papini non fa altro
che convalidare, sia pure con riserva, la sostanza del programma.
A proposito di socialismo interviene poi nel '14 sempre sv Lacerba,
Ardengo Soffici, affermando nel suo articolo Per la guerra che l’idea che
i socialisti si fanno del mondo è questa: un capitalista borghese e sfruttatore
alle prese con un magro popolano sfruttato. La cultura, le scienze,
le arti, la bellezza, i sentimenti, gli amori, le passioni tutto ciò insomma che fa la vita così
terribilmente complessa, così colorita, così varia, multiforme, incoetcibile non è nulla per loro. Tutto è grigio, e
l'universo intero una specie di ragnatela squallida senza confini né
orizzonti, eterna, in mezzo alla quale un ragno cetca di succhiare
una mosca alla quale Karl Marx ha insegnato che non deve lasciarsi
succhiare ». Sicché, conclude Soffici, i socialisti nemmeno capiscono che si
combatte una guerra per difendere anche, magari, le loro stesse idee, o
il mondo dove l’idea socialista è nata e cresciuta, contro i nemici
medesimi del socialismo e dei socialisti: i tedeschi. Ma questo non ha
nessuna importanza, giacché, ed eccoci alla mentalità di codesto partito,
ogni buon socialista non vede nella guerra, qualunque essa sia, se non
una lotta di capitalisti e banchieri contro capitalisti e banchieri i
quali si servono del proletariato per liquidare le loro partite ».
La polemica continua com'è logico, dopo la guerra. Il primo ad
accenderla è Mario Carli su Roma futurista con un articolo del 13 luglio
1919, che ha un titolo significativo: Partiti d'avanguardia: se tentassimo di
collaborare? Laddove si considera partito d'avanguardia », ovviamente, anche
quello socialista, che tanta parte ha esercitato nella storia d'Italia. Ho
esaminato seriamente l'ipotesi », esordisce Carli, di una collaborazione fra
noi {futuristi, arditi, fascisti, combattenti, ecc.) e i Partiti
cosiddetti d'avanguardia: socialisti ufficiali, riformisti, sindacalisti,
repubblicani... Il terreno comune c’è... E' la lotta contro le attuali
classi dirigenti, grette, incapaci e disoneste, si chia. mino borghesia e
plutoctazia o pescecanismo o parlamen.tarismo... sono una casta che deve cadere
e cadrà », E cadde infatti, come sappiamo, però non certo per merito di
quei socialisti con cui Carli stava cercando di trovate un punto di
contatto, sia pur rendendosi conto che la collaborazione sarebbe stata
difficile per non dire impossibile o, peggio, inutile. Ciò
nonostante Giuseppe Bottai farà eco alla sua tesi con un paio di lunghi
articoli: uno del 9 novembre e l'al. tro del 21 dicembre 1919 entrambi col
titolo Futurismo contro socialismo, il cui succo riesce già evidente. Noi
siamo contro il socialismo », afferma Bottai, perché astrazione filosofica
senza possibilità di contatti vitali. Simbolo che si agifa nel mondo da
secoli, e di cui mai si è trovato, e mai si troverà la formula di
traduzione in positivi sviluppi di masse sociali... Noi siamo contro
l’idea socialista perché sosteniamo la necessità della diseguaglianza...
Siamo contro il socialismo perché idea generatrice di vigliaccheria ».
Ii 14 dicembre sempre del 1919, tuttavia, certo Mannarese, avversario,
pubblica un articolo per espotre l’impossibile intesa fra le due avanguardie, o
l'impossibilità di accordo in unione d’intenti e di lavoro. Il Mannarese sottolinea
l'identità di socialismo e masse proletarie con loro relative e legittime
aspirazioni. Romza futurista non gli ne. sa spazio, ospitandolo
apertamente e liberamente. Ci pensa Bottai a rispondere e confutare
Mannarese col suo secondo articolo preciso ed aggressivo. Il
titolo: Insisto: futurismo contro socialismo; la data, 21 dicembre
dello stesso anno. La posizione polemica si specifica e si
SAI puntualizza: Prima caratteristica del futurismo è questa,
libera, sciolta sfrenata spregiudicatezza: e se il salumaio ci crede oggi
difensore dei suoi salami, delle sue salsicce, poco male! ciò potrà darci
la prova della sua minchioneria, non già infirmare l'esattezza del grido
“futurismo contro socialismo. L’intonazione antibotghese è evidente
e forse si sposa, per così dire, con quella antisocialista, essendo l'una
complementare all'altra, e viceversa. Non si può essere antisocialisti
senza essere antiborghesi, e viceversa non si può essere antiborghesi
senza essere antisocialisti, sembra quasi che dica Giuseppe Bottai, e
l’invettiva contro il salumaio non ha nient'altro che questo sapote...
L'equazione socialismo-proletariato », sostenuta dal Mannarese, è
vacua e falsa, dice Bottai, e bisogna distinguere, perché va da sé, afferma,
che «il socialismo è uno dei tanti sistemi, i quali, da che il mondo è
mondo, si accaniscono sulla disparità di condizioni delle classi ».
Lo esempio dato poi, del fenomeno dell’arditismo, è quanto meno
sufficiente e significativo a smentire una tesi tanto inutile. Infatti, in
parecchi mesi di convivenza con le fiamme nere mi son trovato attorno
solo contadini, operai, lavoratori-proletari! »; e gli arditi non erano certo
socialisti, anzi. Tuttavia l’autore è ben consapevole della portata
economica del socialismo e nello stesso tempo delle esigenze dei ceti
umili o dei proletari, e degli scompensi derivanti da queste esigenze anche per
la loro cattura da parte di un
socialismo ignorante e incapace. L'individuazione dell'errore di
dimensione del sociali smo è evidente, nonostante i successi già
conseguiti. Tanto che, concludeva il Botrai, nel cogliere le possibilità
della formazione di un letale assolutismo, con la postulazione della
differenziazione futuristica da esso, intesa nella diffusione di
programmi e di rimedi economici: Noi siamo per la elevazione del popolo,
e non per l'assolutismo di esso ». Dove il nai », è evidente, si
riferisce ai futuristi ed al loro movimento. Tirando le
somme », alla fine, si postula petsino un programma, quasi, nei rapporti
col socialismo, di cui i 32 punti più interessanti
sono il secondo ed il quarto, cioè l'ultimo. Il secondo postilla una possibile
comunanza di vedute economiche: il che non implica nessuna fusione
»; l'ultimo sostiene e ribadisce, sottolineandolo tutto in maiuscolo: CONTRO
IL SOCIALISMO NON VUOLE DIRE CONTRO IL PROLETARIATO ». La miopia
del socialismo nella considerazione dei futuristi appare evidente e
inequivocabile. E si parla del socialismo dei primi del secolo, quello
storicamente più capace di quanto non lo sia l'attuale, e consono ad una
realtà epocale ad esso, tutto sommato, più favorevole. L’esito del
socialismo italiano, confluito in massima parte nel fascismo, non fa che
confermare l'opinione o l’ipotesi dei futuristi, che avevano saputo
vedere la sua minima portata da inserire, eventualmente, nel panorama di
una prospettiva ben più vasta e diversificata. A Fiume Gabriele
D'Annunzio dà alla luce la sua Carta del Carnaro ». Siamo agli inizi del
’20 e la nuova proclamazione statutaria sarà base fondamentale per la successiva
politica sindacale fascista (si veda la Carta del Lavoro ad esempio). Sempre a
Fiume Mario Carli dirige il nuovo foglio di vita istriama La Testa di
Ferro, sulle cui colonne (la seconda, per l'esattezza, della prima
pagina) ;l 12 settembre esce un riquadro firmato da Marinetti. Che
così commenta la Prima vittoria della quindicesima battaglia, come dice il
titolo della pagina: Nell’applaudite oggi D'Annunzio, liberatore di
Fiume, penso che questo meraviglioso genio riassuntivo della nostra razza,
uscito dalle alcove del Pizcere... dopo aver esplorato le profondità
del la lussuria... ha logicamente... strappato Fiume all’imperialismo
europeo e americano, ed ora deve, seguendo la linea della sua fortuna
inesauribile, logicamente, con genio sempre più rivoluzionario e futurista,
liberare Roma dal Papato e dalla Monarchia, e creare la grande Repubblica Italiana
». Siamo di fronte aul'ittedentismo integrale che i futnristi sostenevano
contro l’irredentismo mutilato di Bissolati, favorevole al Patto di
Londra. Di cui il movimento per contro chiedeva un’estensione », oltre
che una modificazione del Patto di Roma in modo che si potesse favorire
l’inserimento italiano sulla costa dalmata e garantire all'Italia
l'egemonia sull’Adriatico. Il Trattato di Rapallo, poco dopo, dichiarerà
Fiume «città libera ed assegnerà Zara all'Italia. 11 24 e 25 maggio
dello stesso anno si tiene a Milano il IX Congresso dei Fasci di
Combattimento, che segna una svolta del movimento o anche si potrebbe
dire una sua conversione in senso conservatore ». Si assiste ad un
parziale ma consistente ricambio del nucleo dirigente fascista. Solo 10 membri
su 19 del comitato centrale eletto a Fitenze vengono riconfermati: tra
essi Marinetti e Ferruccio Vecchi. Mussolini sostiene un nuovo
indirizzo: l'accordo fra proletariato e borghesia produttiva, tipico di
quel fascismo provinciale che stava prendendo il sopravvento. Marinetti
reagisce confermando la sua intransigenza antimonarchica ed antipontificia. I
Fasci di Combattimento, come riporta ancora il De Felice, avrebbero
dovuto, secondo Marinetti, iniziare una politica decisa in difesa delle
rivendicazioni proletarie, appoggiando e scioperi e agitazioni che siano
fondati o formulati su un principio di giustizia ». Mussolini aveva cercato di
replicare che i Fasci hanno anzi aiutato gli scioperi che avevano un
chiaro contenuto economico », ma aveva sottolineato di non poter
accettare la pregiudiziale antimonarchica e: Quanto al Papato, bisogna
intendersi: il Vaticano rappresenta 400 milioni di uomini sparsi. Io
sono, oggi, completamente al di fuori di ogni religione, ma i problemi
politici sono problemi politici. Racconta lo stesso capo del
futurismo nel suo volume Futurismo e Fascismo pubbli cato quattro anni
dopo, Marinetti e alcuni capi futuristi escono dai Fasci di Combattimento, non
avendo potuto imporre alla maggioranza fascista la loro tendenza
antimonarchica e anticlericale ». Gli altri «capi futuristi» sono Mario Carli e
Neri Nannetti, appena eletto a Milano come membro del comitato centrale
per Firenze. Ferruccio Vecchi si allontanò dai Fasci poco dopo,
anche per la crisi interna che stava attanagliando l’Associazione fra gli
Arditi d’Italia ». La spaccatura risulta evidente all'uscita
dell’opuscalo Al di là del comunismo, pubblicato in agosto da
Marinetti, per giustificazione alle sue dimissioni ed in risposta
allo svuotamento della portata rivoluzionaria, o futurista, dei
Fasci di Combattimento. Al di lè del Comunismo sarà la sua seconda opeta
politica (dopo Democrazia futurista, del ’19), quella più ricca di spunti
e di idee: quella, insomma, sua fondamentale. L'opera è dedicata
sul colophox Ai futuristi francesi, inglesi, spagnoli, russi, ungheresi,
rumeni, giapponesi »: it che esprime già tutto un programma. Fra le sue
tesi, dd esempio queste: Noi futuristi abbiamo stroncato tutte le
ideologie imponendo dovunque la nostra nuova concezione della vita, le nostre
formule d’igiene spirituale, il nostto dinamismo estetico, sociale,
espressione sincera dei nostri temperamenti d’italiani creatori e
rivoluzionari. L'umanità cammina verso l'individualismo anarchico, meta e sogno
di ogni spirito forte. Il Comunismo invece è una vecchia formula
mediocrista, che la stanchezza e la paura della guerra riverniciano oggi
e trasformano in moda spirituale... La storia, la vita e la terra
appartengono agli improvvisatori. Odiamo la caserma militarista
quanto la caserma comunista. Il genio anarchico deride e spacca il
catcere comunista. Fu questo passo a provocare la reazione
dell’Ardito? Che ben presto si fece sentire, a più riprese, per denigrare
il volumetto marinettiano, mentre al contrario La Testa di Ferro ad opera
di un gruppo di futuristi fiumani (e di Mario Carli, ardito a sua volta)
elogiava pubblicamente ed ardentemente il nuovo testo. Bottai, già fututista,
interverrà ben presto (sul n. 35 dell’Ardito) con una «lettera aperta a
F.T. Marinetti per mettere in risalto la sua posizione critica
all’atteggiamento anarchichegpiante dello scritto, inconciliabile con qualunque
espressione di potere, sia pur di tipo tecnico », come quello a suo tempo
proposto dallo stesso padre del futuri smo. L'attacco di Bottai è
senz'altro il più autorevole e i] più significativo.
L'ideologia del fascismo-regime (da parte di un mini stro in
pectore come Bottai) cominciava già a farsi sentire. E si chiudeva, ovviamente,
almeno sul terreno storico della prassi politica, l'ideologia del fascismo-movimento,
quello dell’intransigenza e del fervore mistico, del libertarismo e
dell'avanguardia, dell'anarchismo e dell’antiautoritarismo verso la monarchia
ed il papato. Il possibilismo politico e il realismo tattico per la
conquista del potere subentrano e il fascismo-regime si muove ormai,
anche se lentamente, sotto la guida del suo abile e compromesso
condottiero. A Marinetti non restano che le dimissioni, e dopo il
suo canto del cigno politico (Al di là del comunismo), il ritorno alla
letteratura. 10. La dimensione futurista Nel 1921
esce a Piacenza per i tipi dell'Editore Porta il volume di Francesco
Flora Dal Romanticismo al Futurismo. Il giudizio più interessante è senz’altro
quello di Luigi Russo, che così si esprime al proposito: «Il Flora,
mentre vi grida il superamento sillogistico dell’arte decadente, la guarigione
del suo spirito dal generale futurismo, passa poi egli stesso a fare
troppo rumorosa e compiaciuta mescolanza con quell'arte e con quel futurismo
». Pirandello pubblica nello stesso anno I sei personaggi in cerca d'autore.
Marinetti sostiene che sono ispirati al futurismo e al suo spirito
creatore. Il congresso socialista di Livorno si spacca, e dalla scissione
si forma il neonato partito comunista. A Catania vede la luce la nuova
rivista futurista Heschisch. Nel 1922 il fascismo salirà
definitivamente al potete. Marinetti fonda una nuova rivista, I{
Futurismo, che dirige in prima persona. A Berlino sarà poi tradotta
in edizione tedesca (Der Futurismus), a cura di Ruggero Vasari. Bragaglia
fonda a Roma il Teatro Sperimentale degli Indipendenti, primo teatro stabile
italiano, da Ivi di retto fino al ’36: metterà in scena duecento opere
d'’avanguardia fra quelle di autori italiani e stranieri. A_ Monza si
crea l’Istituto Superiore delle Arti decorative, trasformato poi in Biennale e
dal ’30 definitivamente in Triennale, con sede nel palazzo di Milano (al parco,
arch. Muzio). Mussolini, dopo la marcia su Roma del 28 ottobre, forma il
governo con radicali e liberali, e istituisce il Gran Consiglio del
Fascismo. Prezzolini, come sempre lucidamente, poco prima del grande
ritorno del futurismo al fascismo, metteva ancora una volta in risalto
«come possa l'arte futurista andare d'accordo con il Fascismo italiano,
non si vede. C'è un equivoco, nato da una vicinanza di per. sone,
da un’accidentalità d’incontri, da un ribollire di forze, che ha portato
Marinetti accanto a Mussolini. Ciò andava bene durante il periodo della
rivoluzione. Ciò stona in un periodo di governo. Il Fascismo
italiano non può accettare il programma distruttivo del Futuri smo,
anzi, deve, per la sua logica italiana, restaurare | valori che
contrastano al Futurismo. La disciplina e la gerarchia politica sono
gerarchia e disciplina anche letteraria. Le parole vanno all’aria quando vanno
all'aria le gerarchie politiche. Il Fascismo, se vuole veramente vincere
la sua battaglia, deve ormai considerare come assotbito il Futurismo in quello
che il Futurismo poteva avere di eccitante, e di reprimerlo in tutto
quello che esso consetva ancora di rivoluzionario, di anticlassico,
di indisciplinato dal punto di vista dell’arte (da I/ Secolo, 3
luglio 1923). Nel marzo dello stesso 1923 s'inaugura alla
Galleria Pesaro di Milano una mostra dell'Arte del Novecento ». Si
trattava di un gruppo formatosi alla fine del ’22 intorno alla medesima
galleria milanese, che affiancava la nuova tendenza del regime in senso
conservatote, già sancita dal 2° Congresso Fascista (Milano, maggio
1920). L'animatrice del nuovo movimento Arte del Novecen 37
to» era Margherita Sarfatti. Il gruppo fu accolto, neanche due anni dopo
dalla sua costituzione, alla Biennale veneziana del ’24, e si affermò
definitivamente attraverso due ulteriori mostre: una del '26 al Palazzo
della Permanente a Milano, e l'altra del ’29 alla Galleria Pesaro, sempre
a Milano. I futuristi invece, rimasti esterni al regime e aderenti
ancora, in fondo, all'avanguardia, furono ammessi alla Biennale solo nel ’26, e
fuori dal padiglione italiano additittura. All'inaugurazione della Biennale,
Marinetti si rivolge al Re, a Venezia in visita ufficiale, e gli denuncia
gridando «l’incapacità senile e antitaliana della Direzione, che massacra
i giovani artisti italiani ». L’intervento di Marinetti suscita scandalo.
Tuttavia nello stesso anno 1924 si verifica anche un cetto riavvicinamento tra
futurismo e fascismo, e forse anche tra Marinetti e Mussolini.
L’occasione viene data dall’edizione della terza ed ultima opera politica
del capo futurista, che, come già detto, s'intitola Futurismo e Fascismo, ed
esce a Foligno per i tipi dell'Editore Campitelli. Ancora nello
stesso anno escono diverse altre significative testate, futuriste ma anche
fasciste. Mino Maccari fonda I! Selvaggio (organo del fascismo
strapaesano) ed Enzo Benedetto a Reggio Calabria pubblica il foglio futurista
Originalità, da lui stesso direrto: compaiono fra i suoi collaboratori
Marinetti, Jannelli, Nicastro e Sanzin, Quest'ultimo scrive un saggio su
Marinetti e il futurismo. Gerardo Dottori, altra collaboratore di
Originalità, crea le prime aeropitture, che si affermeranno in seguito
come espressioni del secondo futurismo ». A Milano si tiene
il Primo congresso futurista e Somenzi vi organizza le onoranze nazionali a
Marinetti. Siamo al 23 di novembre 1924, ore 10, al Teatro Dal
Verme di Milano. Mino Somenzi legge il telegramma di Mussolini: Considerami
presente adunata futurista che sintetizza 20 anni di grandi battaglie
artistiche politiche spesso consacrate col sangue. Congresso deve essere
punto di partenza, non punto di arrivo. Credi mia cordiale amicizia e
ammirazione ». Alle 16 parla Marinetti, che conclude i lavori del congresso,
così rivolgendosi all’indirizzo del duce »: «I futuristi italiani, primi
fra i primi interventisti nelle piazze e sui campi di battaglia, e primi
fra i primi diciannovisti più che mai devoti alle idee ed all'arte,
lontani dal politicantismo, dicono al loro vecchio compagno Benito
Mussolini: Con un gesto di forza ormai indispensabile liberati dal
parlamento. Restituisci al Fascismo ed all'Italia Ia meravigliosa anima
diciannovista, disinteressata, ardita, antisocialista, anticlericale,
antimo. narchica. Concedi alla Monarchia soltanto la sua provvisotia
funzione unitaria, rifiutale quella di soffcare o mor. finizzare la più
grande, la più geniale e la più giusta Italia di domani. Non imitare
l’inimitabile Giolitti, imita il Grande Mussolini del diciannove. Pensa
sempre all’Italia immortale ed al Carso divino. Schiaccia l'opposizione
cle. ricale antitaliana di Don Sturzo, l'opposizione socialista
antitaliana di Turati e l'opposizione mediocrista di A’ bertini con una
ferrea dinamica aristocrazia di pensiero armato che soppianti l’attuale
demagogia d’armi senza pensiero. Tu puoi e devi fare ciò, noi dobbiamo
volerlo e lo vogliamo ». Lo vollero, ma non lo realizzarono. La
volontà può essere bella, ardita, ispira ai più alti sensi di giustizia,
anche se non sempre la realizzazione le tiene dietro. Come in questo
caso. Mussolini telegrafa ancora il 1° marzo del ’25 ad un banchetto
romano offerto da Carli e Settimelli a Ma: rinetti: Sono dolente di non
poter intervenire al ban: chetto ofterto a F.T. Marinetti. Ma desidero
che vi giunga la mia fervida adesione che non è espressione formale ma
vivo segno di grandissima simpatia per l’infaticabile e geniale assertore
di Italianità, per il poeta innovatore che mi ha dato la sensazione
dell'oceano e della macchina, per il mio caro vecchio amico delle prime
battaglie fasciste, per il saldato intrepido che ha offerto alla Pa
tria una passione indomita consacrata dal sangue ». Ma. rinetti si era
già trasferito a Roma con Benedetta. La capitale diveniva così anche
centro del futurismo. In que. sta stessa occasione Marinetti dichiarava,
un'altra volta inascoltato: Vi sono in Italia forze che osteggiano
la nostra idea imperiale, combattiamole, non dimenticando però fra
queste la più segreta e la più antitaliana: il Vaticano! ».
Un discorso di Mussolini alla Camera (3 gennaio 1925) dà inizio al
vero fascismo-regime. A Tortino si tiene a Palazzo Madama un'esposizione
nazionale futurista. La tendenza al riavvicinamento ira i due movimenti è
già indicata nella dedica di Futurismo e Fascismo: Al mio caro e
grande amico Benito Mussolini ». Il che dimostra, in fondo, una certa
volontà di non troncare i contatti: ma anche gli scritti raccolti, gli
articoli e le tesi sostenute sono di tipo più che altro conciliativo.
Mussolini vi è definito meraviglioso temperamento futurista »: e
non risuoni però ad adulazione, perché il tentativo di recupero del
futurismo in senso artistico e letterario (o cul turale in senso lato) è
evidente, nonostante l'occasionale dimensione del movimento nell'attività
e nell'impegno politico. Non senza motivo, il volume prende inizio
con queste parole: «Il Futurismo è un grande movimento
antiflosofico e anticulturale di idee, intuiti, istinti, pugni... ». E subito
dopo: Fra le tante definizioni io prediligo quella data dai teosofi: “I
futuristi sono i mistici dell’azione”. Infatti i futuristi hanno
combattuto e combattono il passatismo. Il nuovo regime e la portata
storica di realizzazione di quello che si considera il patrimonio del futurismo
è così giudicato: Vittorio Veneto e l'avvento del Fascismo al potere
costituirono la realizzazione del programma minimo futurista ». Dove
si dimostra in fondo la connessione inscindibile tra futuri. smo e
fascismo, ma nello stesso tempo il distacco, in questa realizzazione minimale
»; comunque la mancanza di coincidenza totale delle entità ideali dei due
blocchi. Questo programma minimo », specifica ancora Marinetti, propugnava
l'orgoglio italiano... la distruzione dell'impero austro-ungarico,
l’eroismo quotidiano, l'amore del pericolo... ». Ma, alla fine, quello
che più conta è che «il Futurismo italiano, tipicamente patriottico,
che ha generato innumerevoli futurismi esteri, non ha nulla a che
fare coi loro atteggiamenti politici, come quello bolscevico del Futurismo
russo, divenuto arte di Stato. Il futurismo italiano fu sempre italiano,
non mai italiano di Stato. Il futurismo », afferma ancora il
nostro, «è un movimento artistico e ideologico. Interviene nelle lotte politiche
soltanto nelle ore di grave pericolo per la Nazione », E un'altra volta a
migliore definizione della posizione concettuale o della sua immagine: Il
Fascismo nato dall'interventismo e dal Futurismo si nutrì di principî
futuristi... Il Fascismo opera politicamente... Il Futurismo opera invece nei
domini infiniti della pura fantasia, può dunque e deve osare osare osare sempre
più temerariamente. Avanguardia della sensibilità artistica italiana, è
necessariamente sempre in anticipo sulla lenta sensibilità delle masse. La
consapevolezza della difficoltà del consenso è più che sentita, ed è
convinzione al tempo stesso che il fascismo sia più capace di farsi accogliere
o di comunicare certe necessità, e certi principî. E la convinzione
implica la coscienza che sia il fascismo ad aver raccolto © mutuato
idee e posizioni dal futurismo, solo ed esclusivamente. Senza che mai sia
avvenuto il contrario. Ed appare evidente, perché non viene mai fatto cenno a
questa seconda ipotesi: che cioè sia stato il futurismo ad attingere al
fascismo. Anche se affiora l’autocritica », l’interrogazione, il domandarsi
sotterraneo della coscienza... Il lettore domanderà: “Ci sono idee
futuriste superate o da scartarsi, oggi?” Nulla da scartare. Le idee
vittoriose tengano fermamente le posizioni conquistate. Per esempio
questo principio: “Noi vogliamo glorificare la guerra, sola igiene del
mondo... le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna”, fu
una pietrata feroce ma necessaria nel pantano letterario di sentimentalismo
dannunziano sulle cui rive singhiozzavano i giovani malati di luna e di donne
fatali. La condanna della decadenza di un romanticismo fiacco e sdolcinato
che ha irretito la realtà della Penisola è quanto mai chiara ed evidente.
E la volontà di scuoterla per una necessità di spirito, per una volontà
di resurrezione, per una coscienza ancora viva di grandezza e di capacità
creativa e rinnovatrice, porta inevitabilmente allo scontro e alla
conflagrazione, quella della guerra, che è guerra di sentimento e di
volontà, prima ancora che di occasione politica. Oggi »,
continua Marinetti, l'Italia è piena di giovani forti e sportivi. Ma molti
purtroppo sacrificano ad una donna la loro volontà di conquista e
l'avventura. Dopo Vittorio Veneto io predicai la necessità per ogni
combattente di diventare un cittadino eroico... Oggi esiste uno Stato fascista
che tutela il diritto individuale. Ma bisogna alimentare ancora lo
spirito del cittadino eroico, amico del pericolo e capace di lotta, poiché
occorretà improvvisare domani gli indispensabili volontari della nuova
guerra. Questa, lo ripeto, è certa, forse vicina. Perciò è sempre vivo il
grido futurista: glorifichiamo la guerra sola igiene del mondo! Il
Futurismo interprete delle forze telluriche, il Futurismo, manometro della
nostra penisola (caldaia bollente!), odia i macchinisti incapaci. Si
palesano tali i culturali d’Italia che verniciati di patriottismo parlano oggi
d’Impero, con un'anima pacifista pronti ad imboscarsi al minimo pericolo. Essi
ignorano che Impero significa guerra. Votrebbeto conquistarlo con
una lezione sulla Roma Imperiale! ». Ecco, ancora, la coscienza di cui
parlavamo prima: quella della curiosità antiquaria di una cultura d’accatto non
più in grado di tenere il passo della storia e di muovere lo spirito
della giovinezza vittoriosa. Marinetti lo coglie e lo esptime in
una testimonianza, ancora una volta, di vita e di speranza, che è vita perché è
speranza del futuro. Noi futuristi parliamo d’Impero convinti e
lieti di batterci domani... Parliamo d’Impero perché è venuto per
l’Italia il momento di prendere le tetre indispensabili. IÎ programma politico
futurista lanciato l’11 ottobre 1913 che propugnava una politica estera
cinica astuta e aggressiva è più che mai di attualità. Le idee vittoriose
tengano fermamente le posizioni conquistate. Le nuove idee si
slancino all'assalto. Marciare non matcite! ». Firmato: F.T.
Marinetti. Il futurismo ha dimostrato di voler procedere sulla
strada del nuovo: il fascismo lo ha accolto ed ha accondisceso, almeno fino a
un certo punto, al suo messaggio. Oltre è stato frenato, forse, non solo
dal borghesismo », ma anche da quel socialismo, che avanti non è mai
stato capace di andare e che di nuovo ha portato solamente vuote
formule e fantasmi. Non così il futurismo, ben aderente al reale, e capace di
ritirarvisi anche, nel caso di inadempienza (o di mancanza di
corrispondenza) della realtà ai suoi messaggi. Marinetti
docet, proprio con quel fascino che aveva voluto, o con cui aveva
marciato, e in cui aveva creduto senza marcire mai, nemmeno nell’auge del
regime, quando avrebbe potuto sedersi sulle comode poltrone di un otmai
«arrivato futurismo di «destra ». Ma il futurismo per Marinetti era e rimaneva
comunque movimento d'avanguardia artistica e culturale, nonostante gli
agganci più 0 meno politici, più o meno di regime, e nonostante
l'amicizia con Mussolini, che poteva anche essere un futurista », ma era e
doveva essere prima di tutto il capo dello Stato e il duce del Fascismo
». E il fascismo aveva preso e doveva tenete ormai una certa linea, molte
volte non gradita, o valida, per il futurismo, ed anzi proprio al
contrario. La gloria di Roma rievocata nel monumentalismo
classicheggiante, il novecentismo ricalcante vuoti modelli di un fasullo
rinnovamento filotradizionale, la riesumazione del mito della storia come copia
di grandezza e novella misura di falsa gloria, erano tutti temi aborriti
da Marinetti proprio perché segni ed indici di passatismo »,
messaggi sterili di una mentalità ferma e statica, incapace di dare
alcunché di vitale all'Italia in movimento. Marinetti era invece, e rimaneva,
anche nel fascismo e nonostante il fascismo, futurista », come lui amava definirsi,
e come lo rimanevano anche altri, non tutti però, anzi forse troppo
pochi. Marinetti, quindi, futurista, e futurista nonostante tutto, fu
forse fascista solo ed esclusivamente per quel che il futurismo poteva
consentirgli di essere. Ma fu anche grande oratore Marinetti, e fu
oratore d’arte, oratore di genio letterario e improvvisatore della
parola, più 0 meno libera o in libertà che fosse. Mussolini fu
oratore politico e parlava, anche, nella ricerca del consenso. Marinetti
invece fu poeta, e parlava per stimolare la curiosità, per muovere
l'incanto dell'espressione. La sua oratoria fu essenzialmente
artistica, il suo discorso fu culturale e poetico. Mussolini forse
in parte la imitò, sempre attenendosi all’oratoria politica e
trasformando il messaggio letterario in presenza ideologica e in colloquio popolare
». Forse qui sta inoltre la differenza fra i due movimenti: il futurismo
avanguardia di rottura e il fascismo sistema di potere. Anche se il primo
l’aveva spinto e sorretto nella sua azione di conquista. Il fascismo è allora
per un suo aspetto futurista, e non invece il contrario. E' la
realizzazione di quel piogramma minimo futurista che abbiamo già
esaminato. E Mussolini si può dire fosse stato anche futurista, o
comunque molto vicino al movimento di Marinetti. E gli era stato anche
amico, o c’era stata una reciproca comunanza di sentimenti, che non esula
dall’amicizia. Ma Mussolini era stato anche socialista, anzi lo era
stato davvero e fino in fondo ». Che fosse anche per questo che i futuristi non
potevano essere completamente fascisti? O non si potevano identificare
completamente nel regime? Almeno i futuristi autentici, quelli più idealisti
». Il futurismo era stato sempre e comunque antisocialista, in modo
integrale, totale come si è visto. E lo era stato dall’inizio
antisocialista, per la sua posizione culturale, per il suo intendimento
antimilitaristico ed antiegualitario, per il suo slancio antipassatista di
svecchiamento. Lo schiaffo ed il pugno, la velocità e
l’aggressione, la lotta e la vittoria erano tutti temi o motivi antisocialisti.
Il fascismo, nonostante tutto, era meno antisocialista. In primo luogo per le
origini del suo capo, per la sua formazione-estrazione, per i suoi
intendimenti di visuale che non si erano spenti del tutto, ma si
erano solo attenuati e modificati: e si erano travasati, anche,
nella novità del futurismo. Comunque, e malgrado questo, il
fascismo rimase e resta agli atti della storia un «movimento di massa
», una realtà sociale », un fenomeno popolare, un sistema del
numero in scala comunitaria e nazionale: questo è acquisito, ed è
incontestabile. E non può essere confutato dagli storici seri. Mussolini
lo volle e lo promosse que. sto popolarismo e, se vogliamo anche, riuscì
lenta. mente e gradatamente ad «imporlo ». Ma non volle mai
l'uguaglianza o il livellamento, e cercò sempre di favo. rire la
distinzione dell’individualismo. Lo stimolo stesso alla competizione nel
campo dell’arte e l’amicizia con l’amico-nemico Marinetti ne sono
garanti. L’amicizia fra i due personaggi non fu esclusivamente un fatto
episodico o della prima ora; fu un fatto profondo e vitale, forse
inalienabile ed assoluto ». E durò, a controprova del vero, fino alla
morte. Quando Marinetti, reduce dalla guerra di Russia per cui si
era arruolato volontario (malgrado i suoi 64 anni), aderiva alla
Repubblica Sociale Italiana dopo i tragici fatti dell’armistizio,
dimostrava sino all'ultimo fede ad un’amicizia e ad un'idea, comunque e
nonostante tutto. Marinetti era partito per la Russia all’insegna della
coerenza, non potendo contraddire il suo messaggio della guerra sola
igiene del mondo ». Messaggio che anche il duce aveva sentito, forse tragicamente e forse
fuori tempo. Ma lo aveva comunque sentito, e l’amicizia con Marinetti
e la sua nomina ad Accademico d'Italia lo dimostra. Quando avrebbe
benissimo potuto bruciarlo ». E aveva anche sentito che il nuovo secolo
richiedeva un cambiamento, che si doveva in qualche modo maturare.
Volle promuoverlo e accelerarlo (da futurista »?), intervenite e spingere
l'avanzata fino all'assurdo. Ne rimase coinvolto e definitivamente inghiottito
». Marinetti si era salvato, e con se stesso aveva salvato la
poesia. La guerra (leggi: politica) non poteva averla distrutta. In
età avanzata era rientrato a vivere brevemente, a lottare fino all’ultimo per
consegnare a Venezia un messaggio, quello vitale e ineliminabile verso il
futuro ». I suoi discepoli lo accolsero come un testamento e qualcuno
lo trasmette ancora per testimonianza. Nonostante la trasmutazione dei
tempi e le difficoltà del presente. Lo documenta ancora per la verità storica e
per la risonanza dell'oggi. E, forse, per un nuovo futuro di domani.
12. Sindacalismo futurista II fascismo aveva creato la Carta
del Lavoro », che ricalcava a sua volta quella ptima espressione
originale di emissione statutaria d’impronta sociale, che era stata
la dannunziana Carta del Carnaro ». Ma già prima i futuristi avevano
inteso una «loro sindacalizzazione in senso artistico, ed avevano ancora
una volta concepito un manifesto. Si tratta del manifesto al governo
fascista del 1° maggio 1923 intitolato I diritti ertistici
propugnati dat futuristi italiani. I diritti rimasero in gran
parte sulla carta, ma l’intenzione era evidente: quella di creare una specie di
carta sindacale per la costituzione dei sindacati artistici futuristi »,
atti alla difesa ed all'assistenza degli artisti eventualmente bisognosi.
Oggi quel poco che offre il sindacalismo dell’arte è dovuto per lo più al
sindacalismo futurista e, in parte, a quello fascista. Ma l'idea del mutuo
soccorso e della solidarietà del lavoro era già presente nella mentalità
futurista, orientata sempre verso giustizia (in questo caso, giustizia
dell’arte). Il proletariato delle rappresentanze artistiche è fatto ben noto,
e non da oggi: non ne furono esenti i futuristi, che anche in
questo senso furono rivoluzionari veri e propri, e cercatono comunque il
rinnovamento. E vollero un’istituzione che li garantisse dalla loro precarietà,
dalle loro difficoltà e dalla loro miseria. La «Banca di Credito»
per artisti fu iniziativa di Marinetti, in seguito approvata e
patrocinata dal duce ». Che così rispose per l’occasione all'amico
futurista: Mio caro Marinetti, approvo cordialmente la tua iniziativa
per la costituzione di una Banca di Credito specialmente per gli
Artisti. Credo che saprai sormontare gli eventuali ostacoli dei soliti
misoneisti. Ad ogni modo questa lettera può servirti di viatico. Ciao,
con amicizia. Mussolini ». Si trattava di una vera € propria forma
di assicurazione del denaro che doveva favorire gli artisti, o soddisfare le
loro necessità. Ma non solo Îa costituzione della Banca di Credito
chiedeva il manifesto del ’23, firmato da Martinetti per la direzione del
movimento-futurista e per tutti i gruppi futuristi italiani ». Si
volevano anche realizzare: 1) Difesa dei giovani artisti italiani
novatori in tutte le manifestazioni artistiche promosse dallo
Stato, dai Comuni e private... 2) Istituti di credito artistico ad
esclusivo beneficio degli artisti creatori italiani [dove si propone
l’apertura d’istituti di credito per la sovvenzione di artisti, manifestazioni
artistiche ed Istituti d'arte. Tali istituti si manterrebbero con la
buona volontà degli aderenti, se privati, o con imposte sui redditi di
guerra, pet esempio, se statali. Le opere d'arte depositate costituirebbero
valorizzazione fruttifera per l’artista medesimo, ecc., n.d.r.]... 8)
Agevolazioni agli artisti [tramite il riconoscimento legale dei diritti
d’autore, la riduzione del 75% della tariffa per i viaggi degli artisti e
il trasporto delle loto opere, l'abolizione delle tasse doganali
nell’importazione ed esportazione delle opere d’atte, il catico
sull’assicuratore delle spese per lettere di cambio o assicurazioni delle
opere d’arte, ecc..., n.d.r.]. Come si vede i futuristi guardavano sì al
futuro, ma stavano ben calati nel presente e cercavano di opetare e di
agire di; presente pet migliorare e per rendete più giusto il
uturo. Col ritorno all’ordine », come si definisce dagli storici
l'affermazione del fascismo e la sua lenta istituzionalizzazione in regime, si
parla anche di modifica del futurismo 0 di suo adeguamento ad una nuova realtà
sistematica e organizzativa, conseguita al periodo rivoluzionario; e si
chiacchiera ancora di «secondo futurismo ». Anche se il futurismo, primo
o secondo che fosse, non ha mai avuto a che fare con
l'istituzionalizzazione del l'arte nell’ordine fascista ». Dice il
critico Enrico Crispolti in un suo saggio, e lo asserisce in modo categorico e
definitivo: In questo senso è politicamente inammissibile e culturalmente
scorretta una liquidazione del Secondo Futurismo in quanto collusivo out
court con il fascismo »’. Ma come si atriva a questa seconda
definizione del movimento? E poi eventualmente alla sua demonizzazione 0 fascistizzazione
in senso politico? Avevamo già visto nel ’24 Gerardo Dottori provare»
le sue prime aeropitture. Nel frattempo i futuristi continuano a
scambiarsi esperienze ed a lavorare intensamente. È ad esporre spesso e
volentieri, anzi velocemente e freneticamente, alla futurista ». Nel 1926
vengono invitati diversi futuristi italiani alla International Exhibition
of Modern Art di New York. Nello stesso anno alla IX Biennale d'Arte di
Reggio Calabria espongono Depero, Tato, Benedetto, Rizzo, Fillia e
Dottori. A_Milano intanto al Palazzo della Permanente si allestisce la
seconda mostra, che abbiamo già visto, del Novecento, ormai in auge e
prossimo ad assurgere ai fasti della glo. ria del potere. C'è anche la
dichiarazione ufficiale del neocostituito Gruppo 7» di architettura, composto
da Terragni, Libera, Frette, Figini, Pollini, Rava e Larco. Nel
1928 i futuristi partecipano finalmente alla XVI Biennale di Venezia. A
Torino, all'Esposizione Nazionale, ? Enrico
Crispolti, Appunti riguardanti i rapporti fra futurismo e fascismo, in
Arte e Fascismo in Italia e Gertania, Feltrinelli, Milano 1974, 54. si
allestisce un padiglione di architettura futurista, con opere di
Sant'Elia, Sartoris, Balla, Fillia, Prampolini e Chiattone.
Nel 1929, 33 futuristi espongono ancora alla Pesa: ro di Milano
(Balla, Farfa, Benedetto, Lepore, Dottori, Marasco, Tato e Prampolini).
Azari pubblica il suo Primo dizionario aereo; Balla, Fillia, Depero,
Marinetti, Tato, Somenzi, Benedetto, Rosso, Prampolini e Dottori lanciano
il famoso Manifesto dell’Aeropittura. Terragni termi. na 2 Como la
costruzione di Novocomum, nuovo edificio residenziale periferico.
Marinetti è ‘accolto il 18 matzo nell'Accademia d’Italia, insieme a Fermi
e Pirandello, su istanza personale di Mussolini. Esce per le
Edizioni di Augustea, Roma-Milano, il volume Marinetti e il Futurismo,
quarta ed ultima espressione di letteratura politica del capo futurista.
L’opera ricalea in termini ancor più encomiastici e «di supporto» il già conciliante
Futuriszzo e fascismo (1924). Il volume esce ancora dedicato Al grande e
caro Benito Mussolini », definito questa volta già nella prima
pagina temperamento esuberante, strapotente, veloce. Non è un
ideologo. Se fosse un ideologo, sarebbe incatenato dalle idee che sono
spesso lente, e dai libri che sono sempre morti. Egli è invece libero,
scatenatissimo. Fu socialista e internazionalista, ma soltanto in teoria.
Rivoluzionario sì, ma pacifista mai ». Il che equivale a dire futurista
». Del socialismo di Mussolini abbiamo già parlato, e della
sua portata teorica, a questo punto effettivamente e praticamente confermata.
Del futurismo fascista di Marinetti si
sono scritti fiumi d’inchiostro e sproloqui di parole. La dimostrazione
più lampante della sua partecipazione estetna al fascismo e della sua continua
difesa del futurismo e delle avanguardie è data dal rifiuto di
onorari e prebende: unica accettazione per contto, quella
dell'Accademia d’Italia, che gli servì poi per difendere il fututismo e per
«lanciarlo meglio in Italia ed all’estero. Nel 1930 Terragni
realizza un monumento a Como su un disegno di Sant'Elia (che era stato
totalmente rielaborato da Prampolini) in occasione delle Onoranze
Nazionali all'architetto futurista Sant'Elia », che viene commentato
anche alla Pesaro di Milano. Marinetti pubblica Futurismo e Novecentismo.
Molti futuristi partecipano alla IV Mostra delle Arti Decorative di Monza
ed alla XVII Biennale di Venezia. Nello stesso anno Ma. rinetti pubblica
a Torino sulla Gazzetta del Popolo i) Manifesto dell’Aeropoesia, che fa eco a
quello dell'Aeropittura del *29. E’ il momento» dello sviluppo aereo e
dell’aeronautica: è giusto che il futurismo si muova nella direzione del
progresso e senta, ritragga e proietti la nuova dimensione aerea dello spazio
verso il futuro. Nel 1931 esce a Roma il nuovo quotidiano L’'Impeto.
Nel 1932 la Galleria Pesaro allestisce una mostra vera e proptia, ed
esclusiva, di aeropittura ». Fortunato Depero ottiene che gli venga
concessa una sala personale alla XVII Biennale veneziana. Prampolini erige
un plastico a ricordo di Marconi a Roma per la Mostra della
Rivoluzione Fascista. La partecipazione futurista è segno della nuova
collaborazione politica. Ciò non toglie che le realizzazioni esprimano
intenti d'avanguardia. L’Istituio Editoriale Italiano pubblica per la prima
volta i Manifesti del Futurismo, in quattro volumi. Fillia fa
uscire il periodico Le Città Nuova e Sartoris il volume sugli Elementi
dell’Architettura funzionale; Terragni comincia la costruzione della Casa
del Fascio di Como. Mino Somenzi fonda il nuovo periodico
Futurismo, definito «settimanale dell’artecrazia italiana ».
Cambierà poi titolo in Atfecrazia. Hitler sale al potere e sconfessa
l’arte moderna (l'espressionismo, nella fattispecie). Vasari organizza con
Marinetti una mostra futurista a Berlino nel tentativo di promuovere, e di far
recepire le avanguardie al nuovo regime. Nel settembre dello stesso anno
il Congresso nazista di Norimberga condannerà al rogo l’arte degenerata
». Esce la rivista Diamo futurista, diretta da Depero; il periodico di
architettura Casebella è invece diretto da Pagano, mentre Bardi e Bontempelli
pubblicano Quadrante. Prampolini progetta una stazione per aeroporto
civile al padiglione futurista della V Triennale di Milano, mentre al
Castello Sforzesco si organizzano le onoranze nazionali a Boccioni, con
la presenza di Paul Klee, Piet Mondrian, Pablo Picasso, Vassily
Kandinsky ed Ezra Pound. Nel 1934 Depero lancia un nuovo
manifesto dell’Aeroplastica, sempre sulla falsariga di quello dell’Aeropittura.
Fillia e Prampolini pubblicano a Torino la nuova rivista Stile futurista, dalle
cui colonne Prampolini attacca Hitler per le posizioni naziste sull’arte
espresse a Norimberga. I futuristi partecipano ancora alla XIX Biennale
di Venezia. Ad Amburgo Ruggero Vasari e Marinetti difendono l'avanguardia in
occasione della mostra Aeropittura futurista italiana », organizzata
appositamente in polemica alle censure naziste. A Lipsia ancora Vasari
pubblica Aeropittura, arte moderna e reazione, che dimostra la voce della
nuova avanguatdia italiama improntata ai progressi aeronautici ed in
polemica contro i soliti passatisti censoti ». Marinetti parte volontario
per la guerra di Etiopia. A Parigi viene organizzata una mostra
futurista. A Roma i futuristi partecipano alla II Quadriennale. Marinetti
pubblica l’Aeropoema del Golfo della Spezia, che ispirerà poi ancora
molti aeropittori. Nel 1936 Prampalini realizza un salone da riunioni per
municipio alla VI Triennale di Milano. I futuristi partecipano alla
XX Biennale di Venezia. Muore Fillia esponente del primo futurismo
». Mussolini proclama l’Impero. La mostra di Monaco attacca e denuncia l’arte
degenerata con esemplificazioni e dimostrazioni ». Viene messa in luce per
contro, o in risalto, l'arte sana nazista. Cominciano le polemiche e le
divisioni di fronti. Il fascismo ufficiale e d'ordine attacca, e nuove violente
polemiche scuotono l'avanguardia. Il Popolo d'Italia e IL Perseo, diretto
da A.F. Della Porta, muovono guerra al futurismo. Quest'ultima rivista
aveva già polemizzato, insieme a Il regime fascista di Farinacci,
con l’architettura razionalista di Bardi e Terragni: Noi siamo
dell’opinione », si legge su Il Perseo del 15 giugno 1937, che il
Fascismo ha tutto da perdere da un’alleanza col Futurismo e sia pure da una
semplice connivenza. Risponde il periodico Artecrazia di Somenzi che
contrattacca in prima persona a sostenere l'avanguardia e il futurismo. Difendo
il Futurismo è la raccolta dei testi di Somenzi pubblicati sulla rivista. Editi
nel '37, sono l’opera più coraggiosa e significativa della polemica per
la lotta dell’avanguardia. Futurismo di destra e futurismo di
sinistra L’avanguardia, del resto, è sempre eterogenea e sfaccettata.
Ecco perché si parla di destra e di sinistra all'interno del futurismo nella fase della maturità
(il cosiddetto secondo futurismo). Destra e sinistra sono termini
abusati e inflazionati », buoni per tutto. Se ne fa spesso uso eccessivo
ed improprio, semplicistico e gratuito. D'altra parte, poiché avviene ancora e
soprattutto oggi, non si vede perché non dovesse avvenire allora,
quando anche si parlava, al tempo, di fascismo di destra e di fascismo di sinistra.
Il centro, almeno nelle avanguardie, non ha tendenze, o ne ha molto pache
e solo per qualche momento. Il centro» ha poche tensioni, pochi impulsi
vitali, di rinnovamento. Il centro », quindi, risulterebbe amorfo,
inutile, privo di idee 0 spirito di catatterizzazione. L’avanguardia allora sta
a destra 0 a sinistra »: non è mai al centro, o almeno è difficile che lo
sia. Il futurismo fu forse un’avanguardia di destra se intendiamo
per destra una certa qual spinta ideale d'impronta bergsoniana o
nietzschiana: poteva però essere anche di sinistra per le sue istanze sociali.
O poteva essere al di là della destra e della «sinistra », per ricalcare
una espressione del pensatore tedesco. Sta di fatto che il futurismo
non fu mai di centro ». Ma se si vuole dar credito a quello che
comunemente si intende otmai per destra », si deve anche accogliere
un futurismo di destra », o rivolto verso destra »: se è vero che a
«destra sta la conservazione, lo spirito borghese, il richiamo all’ordine
ecc. ecc. E se è vero per contro che a sinistra sta la spontaneità o lo
spontaneismo, la sincerità, la schiettezza, l'onestà e quindi anche la
miseria e la rivoluzione »: ecco, allora, esiste anche il futurismo di sinistra
». Com'è possibile? La polemica, anche se non sembra vero, fu
proprio di quegli anni. Comincia Bruno Corra con un fondo di prima pagina su Futurismo, diretto dal
Somenzi, n. 27 del 12 marzo del 1932, anno I e X dell’Era Fascista
». Il titolo è già sintomatico: No: futuristi di destra. Anche se
Corra aveva usato il termine destra con le attenuazioni del caso, affermava che
«l'essenza del Futurismo è e non può non essere rivoluzionaria ». E
ancora, a specificare meglio il concetto: ... Bisogna dire che nel nostro
movimento i termini di sinistra e destra non si oppongono, perdono cioè il loto
significato convenzionale. La mentalità futurista supera il contrasto fra
il sovvettimento e la conservazione, in quanto si libera di continuo in
uno slancio creativo », tanto per la precisione dei termini e la
puntualizzazione del linguaggio. E siccome il linguaggio ci investe di
una sua moralità, ecco che è bene tenerne conto quando ancora il Corra
così sottoli nea: Mi pare che qui si tratti, prima di tutto, di una
questione di moralità. Dare al Fututismo quel che al Fututismo appartiene: e
non truccare il proprio ingegno con un'etichetta di convenienza. Chi si
dichiara avanguardista ma non futurista, sputa nel piatto dove ha mangiato ». E
fin qui è tutto chiaro e conseguenziale. Ma vediamo come ancora il Corra
continua: Poi, lo stabilirci questo principio; che il privilegio di poter
restare nella sfera magnetica del Futurismo pure affermando, nella propria
opera un temperamento realizzatore di destra, debba accordarsi soltanto a
coloro che han dimostrato di sapere essere integralmente futuristi. E
reclamerei il diritto di sedermi a destra, per mio conto, in nome della
mia effettiva collaborazione al Futurismo più rivoluzionario... ».
Insomma, essere stati di sinistra per poter essere poi di destra », o aver
fatto i rivoluzionari in gioventù, per poter pai sedere tranquillamente
sugli scanni del concreto o nella comodità del reale (di quando,
cioè, x si è arrivati »). Può darsi sia vero,
pur se non proprio giusto 0 corretto il ragionamento, ma concreto sì ed anche,
che ci piaccia o meno, realistico. La polemica inizia ed. è un
susseguirsi di botte e risposte. Fra tutte vediamo come replica Paolo
Buzzi su un altro «fondo» di prima pagina dello stesso Futuriswo n. 30,
anno II, del 2 aprile 1933. Il titolo è anche questa volta
emblematico, Estrema sinistra, puntualizzato poi meglio nell’occhiello
»: Non c'è che un futurismo: quello di estrema sinistra. Dove si
sancisce la necessità dell'avanguardia a sinistra », e la «sinistra del
futurismo, l’unica possibile. Questo, e non altro, è il vero futurismo.
Perché dovrei sedermi a destra, proprio io? Mi sembrerebbe di tradire la
causa di Aeroplani, di Ellisse e la Spirale, di Cavalcata delle vertigini...
». E ancora: Questo è futurismo: e di ultra estrema sinistra. Le mie autonomie
sintetiche di anime e di sensi, le mie aeropitture di tipi e di paesaggi,
i miei cosmopolitismi spaziali e i miei intimismi votticosi, stanno per
una intransigenza etico-estetica che costituisce, ormai, la gioia (ed, un
pochino, anche la gloria) della mia lunga carriera di vomo che ha sempre
fatto dell'Arte come il sacerdote celebra messa. Aviatore sempre,
adunque: fante o stradino, non mai ». E conclude poi, con patole un po’
altisonanti e troppo, forse, di effetto: «I giovani, quelli veramente
degni di questo nome primaverile, sanno che al di fuori e al di sopra
d'ogni inevitabile chiasso letterario, la parola “futurismo” risponde
alla sola unica vera “idea forza” che oggi esista nella sfera ideale
del mondo: e che è in grazia di essa, unicamente di essa, se oggi
la Poesia della miracolosa Italia fascista vive e vivrà ». Dove si dimostta
ancota una volta, come se non bastasse, il collegamento tra futurismo e
fascismo, almeno nella loro spinta spontaneistica e rivoluzionaria.
Dobbiamo comunque tenere conto del tempo della pubblicazione di
questi articoli, nel °32 e '33, in pieno ed affermato regime. Ecco,
quindi, anche, il senso di una destra e di una «sinistra », di un
futurismo ancora giovane ed esuberante, e di un altro futurismo per
contro già assiso sugli allori della gloria o sul comodo giaciglio
della meta raggiunta e della calma del riposo. Quando cioè il fascismo,
movimento politico rivoluzionario, eta diventato regime », ed aveva, per così
dire, assunto le sue caratteristiche sembianze (almeno fino a un certo
punto). Perché il futurismo, così come era sotto, in fondo si era
voluto mantenere. AI di là dei tentativi di conglobamento o di «cattura della
sua entità esercitati dal regime o da singole personalità fasciste,
alcune delle quali, magari, erano state futuriste o vicine al futurismo.
Tuttavia era e restava, il futurismo, in fondo, quello di sempre:
solo ed esclusivamente un movimento d'avanguardia. Futurismo ed
ebraismo Innumerevoli differenze separano il popolo russo dal popolo
italiano, oltre a quella tipica che distingue un popolo vinto e un popolo
vincitore. I loro bisogni sono divetsi e opposti. Un popolo vinto sente morire
in sé il suo patriottismo, si rovescia rivoluzionariamente e plagia
la rivoluzione del popolo vicino. Un popolo vincitore come il nostro vuol fare
la sua rivoluzione, come un aeranauta getta la zavorra per salire più in
alto... Non esiste in Italia antisemitismo. Non abbiamo dunque ebrei da
redimere, valutare o seguire », sosteneva Marinetti: e lo diceva nella
sua opera già esaminata A! di là del Comunismo. Lo riportiamo non tanto per
rilevare le diffe renze fra rivoluzione futurista e rivoluzione
bolscevica 0 spirito comunista, quanto per far rilevare quale era
la posizione di Marinetti nei confronti degli ebrei già nel 1920.
Gli ebrei da redimere, valutare o seguire sono evidenti: Marx ed Engels.
Il problema invece si affaccia, come tutti sappiamo, sul volgere del '38
e all'alba del °39. Il Manifesto del Razzismo italiano, quello degli
scienziati del 14 luglio ’38, e la Carta della Razza del 6-7 ottabre dello
stesso anno, cui fanno seguito le leggi razziali del novembre sulla
falsariga dell’antisemitismo tedesco, danno buon gioco alla cultura dell’ordine
», quella più direttamente sostenitrice o affiancatrice del regime.
Secondo Crispolti «il tentativo della cultura legata alla destra
reazionaria fascista di profittare della campagna antisemita per promuovere
un'edizione italiana della operazione nazista dell’“arte degenerata” è un
aspetto notevole dell’azione pubblicistica che precedette e accompagnò quei
provvedimenti. L'azione pubblicistica era condotta da Telesio Interlandi in
prima persona, che attaccava spesso e volentieri Marinetti, il futurismo e le
avanguardie attraverso il suo periodico: dal Quadrivio, setti manale
romano ad impronta razzista, al quotidiano romano Il Tevere, a La difesa della
razza. Oltre a Interlandi si distinguevano Giovanni Preziosi con il
mensile La wite italiana, e Roberto Farinacci con Il regimze fascista,
quotidiano di Cremona. L'arte moderna è un tumore che deve essere
tagliato non che si debba esibire come una gloria nazionale sol
perché piace a Marinetti », aveva affermato I/ Tevere del 24-25 novembre
1938, pubblicando un’antologia di esempi d’arte degenerata italiana.
Quadrivio aveva a sua volta proposto un referendum contro l'arte
moderna considerata in blocco bolscevizzante e giudaica », ma senza
alcun successo. Marinetti rispondeva con una manifestazione
indetta il 3 dicembre 1938 da lui e Somenzi al Teatro delle Atti di
Roma. E Somenzi stesso lo accompagnava con un fondo polemico su Arfecrazia, n.
117 del 3 dicembre, dal titolo Razzismo. Ad esso facevano seguito sul n.
118 dell'11 gennaio 1939 due articoli (Arte e... razzia, e Italianità
dell’arte moderna), ancora in posizione di attacco, aspro e violento.
Quest'ultimo, firmato Artecrazia pottò
a determinare la chiusura stessa del giornale. Non è escluso Crispolti,
Appunti riguardanti 1 rapporti fra futurismo e fascismo che lo avesse
scritto proprio lo stesso Marinetti (con Somenzi). Il pretesto di voler colpire
con l’antigiudaismo l’arte moderna era messo all'indice dell'accusa. Si
dimostra così ancora una volta lo spirito d'avanguardia con cui il futurismo
e i futuristi operavano, sia pur sotto le bandiere del regime, ma in
fondo in opposizione a una cultura d’ordine e di conservazione, priva di spunti
nuovi e originali, o addirittura chiusa ai contatti e alle avanguardie
europei sotto il pretesto dell'antigiudaismo, che non poteva certo
essere aperto a nuove esperienze. Nel 1940 entta in guerra
l’Italia. Marinetti parla Per l’italianità dell’arte e tiene un discorso
al Teatro delle Arti a Roma sulla bellezza aeropoetica della guerra meccanizzata
». Intervengono Radice e Terragni a difendere l’arte moderna. Declatmano
Marinetti, Farfa, Scrivo, Monachesi e Berardi. La rivista Autori e Scrittori
pubblica il manifesto Nuova estetica della guerra. A Genova Mari.
netti parla su «La poesia e la guerra nel Salone dei Professionisti e
degli Artisti, dove si declamano poesie di Mazzotti e Balestreri.
Nel 1941 Renato Di Bosso lancia il nuovo Manifesto
dell’Aerosilografia. Nel 1942 Marinetti pubblica Carto eroi e macchine
della guerra mussoliniana. Poi parte volontario a raggiungere le truppe
italiane in Russia. Rientrerà nel ’43 malato, e già intaccato nella salute.
Mussolini cade il 25 luglio e Marinetti si trasferisce a Venezia,
dopo l'8 settembre. Il fascismo è finito, ma il futurismo ancora
continua. 16. Il futurismo tra ieri e oggi Dopo la
morte di Terragni a Como (1943) per malattia contratta sul fronte russo,
Marinetti aderisce nel 44 alla neo-costituita Repubblica Sociale
Italiana. A_Venezia riceverà gli ultimi futuristi, rimastigli fedeli nonostante
il declino »: Crali (ancora vivente) e Andreoni (recentemente scomparso).
A loro vorrà consegnare il futurismo perché non muoia con lui. Si trasferisce
poi a Cadenabbia sul lago di Como e muore a Bellagio nella notte
fra il 2 e il 3 di dicembre, per crisi cardiaca (i funerali di Stato porteranno
le spoglie a Milano, al Cimitero Monumentale). Postuma a lui e alla fine
del fascismo (repubblicano) si pubblicherà la sua ultima opera, che
così inizia: Salite in autocarro aeropoeti... Si tratta del Quarto d'ora
di poesia della X Mas, in cui l’invocazione all'avanguardia alita uno strano ed
inevitabile senso di morte, violento ed inesorabile. Ma
l'avanguardia è, pare, ineliminabile, tant'è che il futurismo continua
come espressione artistica almeno, anche se ormai non più politica. I suoi
epigoni lo sostengono ancora, «con le parole e con le opere». Crali Primo
Conti a Milano e a Firenze, Sartoris a Losanna, Di Bosso ed Anselmi a
Verona, Enzo Benedetto a Roma portano ancora avanti il suo programma
d'avanguardia. Con parole e con scritti, con opere e con progetti, col
messaggio dell’arte sempre e comunque. I seguaci di Marinetti si rifanno
a lui e sostengono con vivacità e con brio la vitalità di una prospettiva
che si vuole sempre rinnovare. Questo è ancora, malgrado tutto, il
valore attuale del futurismo. Quello di un'avanguardia italiana aperta
alle avanguardie europee, ma avanguardia comunque e valorizzatrice
in ogni caso dell'arte. Che dev'essere libera e moderna, nuova ed
attuale, viva e presente ai suoi tempi. Per questo deve ancora
schiacciare le pastoie dei vecchiumi passatisti », deve smuovere il
conservativo e assalire i fantasmi di prolungamento di polverosi e
sclerotici retaggi. Deve insomma comunque essere avanguardia. Il
messaggio futurista, in questo senso, è ancora attuale. Ce lo dicono
Crali e Benedetto, fra gli altri, con le loto testimonianze. Che ci
aiutano a tivedere la dimensione del futurismo: una dimensione presente in
tanta odierna penuria di originalità nel moderno, presente almeno come
forza dinamica nella prospettiva di migliori, più aperti, e più geniali
futuri. ALBERTO SCHIAVO 58 SOFFICI,
MARINETTI, BOCCIONI, RUSSOLO SANT'ELIA, SIRONI, PIATTI
FUTURISMO E GUERRA SOLA IGIENE DEL MONDO. Ben presto si manifesta
l'interesse dei futuristi per la politica. Nel 1911 Marinetti pubblica
giò un mani festo politica », che sarà la sua prima espressione di
intervento nelle cose pubbliche. «Tyripoli Italiana vuol dire presenza dell’Italia e primato
dell’Italia; vuol dire guerra ed espansione, allargamento del vitalismo
italiano, e vittoria. Il panitalianismo si esprime e si dichiara apertamente,
per la prima volta. L'avanguardia politica deve accompagnare
l'avanguardia artistica. E il primato italiano in arte st deve manifestare
anche in politica, nella forza dell'espansione del genio (al tempo, di
arbizione coloniale). Poco dopo la Libia, è la volta dell'Austria.
L’amore della guerra non può che portare a voler V'intervento. Ci sembra
significativa la penna di Soffici su Lacerba del ‘14, dove si osa dire la
verità e mettere in luce la finzione del moderatismo neutralista (cattolico
o socialista che sia). Il manifesto, dedicato all'orgoglio
italiano », è già un manifesto di guerra. Per questo lo riportiamo
interamente, a dimostrazione della fiducia e dell’ottimismo degli artisti
combattenti, la loro convinzione della forza attiva e dello
funzione battagliera dell’arte PER LA
GUERRA Valvola Essere italiano (mi piace ripeter qui che
adoro il popolo italiano) non è in generale gran fatto entusiasmante, in
questa nostra epoca. Ìn questi ultimissimi tempi, confesserò che per conto mio
mi vergogno un poco di portar questo nome. E’ un sentimento che si è
andato sviluppando leggendo i giornali, e posso anche ammettere che
una tale causa non meriterebbe di produrre un tale effetto; ma i giornali son
tutta la nostra vita ormai e purtroppo. E. dai giornali italiani si alza e si
propaga un tal lezzo d'abbiezione e d’imbecillità che chi ha un po'
di cuore e di spirito non può fare a meno di sentirsene sof.
focato. E' una gara in cui corrispondenti, redattori ordinanati e straordinari,
politicanti e governo fanno del loro meglio per sorpassarsi a vicenda.
Non che siano espliciti nei loro articoli e nei loro comunicati, ma la
bassezza tra spare e offende. Sono reticenze abbiette, raccomandazioni
infami, voltafaccia vergognosi, silenzi più vergognosi anco: ra. Si sente
che il calcolo idiota comanda e regola tutti questi spiriti subalterni.
La guerra? Le mani in mano? Questo enimma terribile non è affrontato a
viso aperto, ma una battaglia vinta o persa lontano detta il tono ed
il catattere (anche tipografico) della notizia, del commento o
della nota ufficiosa. Dà il là all’elucubrazione insulsa del machiavello
rimbastardito. La stampa italiana è opgi come oggi l’indizio della più
ripugnante psicologia e mentalità che possa avere una nazione. Davanti al
mondo che com Tralasciamo i paragrafi: Toccami il naso, Grandezzate, e
Sublimità, che ci sembrano poco significativi dal punto di vista
politico, per riprendere con Socialismo, molta più denso e
pregnante. 61 batte e soffre, accanto a una civiltà
che difende le sue le nostre ricchezze dal sacrilegio di un'orda
senza stotia, noi siamo il leguleio diseredato di viscere, sollecito
della sua trippa mediocre che occhieggia le fortune dei popoli, e
risponde di sbieco o tace aspettando dietro lo schermo della sua
neutralità. Non hanno il coraggio questi figuri di dirla una buona volta
ta verità. Ditelo che siete i più ignobili rappresentanti di un paese che
è miserabile perché non vi calpesta come cimici. Ditelo che vi mancano il
cuore e i testicoli. Ditelo che avete paura. O confessate almeno che
dietro la vostta prudenza c'è la vostra impotenza, la verità che ci
buttano in faccia i nostri alleati quando fra una batosta e l'altra
voglion levarsi il gusto di pigliarci per il bavero. Che cioè l’Italia
non ha quattrini, non ha armi, non ha munizioni e che i suci
magazzini son vuoti come la badia di Spazzavento. E ci sono infine i
socialisti. Io non ho un'esagerata antipatia pet i socialisti. Trovo che
la loro cravatta rossa, il loro sol dell’avvenir, i loro discorsi in
piazza, e generalmente tutto ciò che li caratterizza, così a occhio e
croce, sono un tantino ridicoli; ma le case popolari, l'aumento delle mercedi
operaie e tutto ciò che il proletariato deve loro di miglioramenti per la vita
di tutti i giorni sono cose ottime e sante. Ciò non toglie che una
cosa mi stupisce straordinariamente ogni volta l'intravedo e mi stupirà
in eterno: la loro mentalità. Si rivela spessissimo in questi giorni, e sempre
a proposito della neutralità italiana. I socialisti l'’ammettono, non solo, ma
la vogliono perpetua. Io sono e resto un fautore ogni giorno più convinto
della neutralità per la pace ha dichiarato in un referendum uno di loro.
E voleva forse dire (giacché è difficile immaginare una neutralità per la
guerra) che lui e il suo partito sono per la pace a ogni costo.
Giacché, ed eccoci alla mentalità di codesto partito, ogni buon
socialista non vede nella guerra, qualunque essa sia, 62
se non una lotta di capitalisti e banchieri contro capitalisti e
banchieri i quali si servono del proletariato per liquidare le loro partite.
Ammettiamo che in ogni guerra ci sia un sostrato d'interessi; ma non c'è
altro? Per i socialisti non c'è altro. L'idea che i socialisti si fanno
del mondo è questa: un capitalista borghese e sfruttatore alle
prese con un magro popolano sfruttato. La cultura, le scienze, le arti,
le delicatezze, l’eleganze, i raffinamenti, le filosofie, la bellezza, i
sentimenti, gli amori, le passioni -— tutto ciò insomma che fa la vita
così terribilmente complessa, così colorita, così varia, multiforme,
incoercibile non è nulla per loro. Tutto è grigio, e l’universo intero
una specie di ragnatela squallida senza confini né orizzonti,
eterna, in mezzo alla quale un ragno cerca di succhiare una mosca alla
quale Karl Marx ha insegnato che non deve lasciarsi succhiare.
Così, nella guerra presente, che cosa importa se intere nazioni
difendono una civiltà che è la nostra, le libertà conquistate le idee
stesse dei socialisti contro i nemici che sono gli stessi nemici dei
socialisti? Per i compagni di Filippo Turati non si tratta che della
solita altalena dei capitali sulle povere spalle del popolano e bisogna
astenersi. E parlo espressamente degli ufficiali ex cattedra, giacché
agli altri, a quelli del colloquio coll’emissario tedesco, dobbiamo l’atto
forse più nobile e generoso che si sia compiuto in Italia in quest'ora di
straordinaria bassezza. Il trionfo della merda La
cieca incoscienza dei socialisti ufficiali e l’untuosa malafede dei cattolici
alla Meda (ecco un uomo cui manca indicibilmente l’erre!) si possono
anche capire in un momento come questo, chi consideri la speciale
mentalità di codesti gruppi e la messa in giuoco violenta dei principî e
degli interessi di tutti. I primi, i socialisti, non d'altro
solleciti che di vuote teoriche malamente idealistiche, non possono
vedere nella guerra se non un fatto inquietante, uno di quei fatti
che afferrando tutto l’uomo ne mettono in mato ogni energia vitale
il che è sempre a scapito certo delle ideologie unilaterali, e credono
l’'opporvisi con tutte le loro energie una coerente difesa dell’idea mentre
non si tratta in fondo che di un semplice istinto di conservazione. I secondi,
i cattolici, sanno benissimo che un nostro intervento nel conflitto attuale
favorendo il trionfo di popoli tutt'altro che asserviti alla secolare
imbecillaggine papale, significherebbe un indebolimento considerevole della
loro compagine, e maschetano di prudenza pattiottica il loro
desiderio di vedere ancora l’Italia ribadir con la sua neutralità
incondizionata i vincoli che la fanno setva e complice del bigottismo e
dell’inciviltà eutopea. Contro gli uni e gli altri, se si può usar
del disprezzo, non sarebbe dunque logico indignarsi. Ma c’è una
massa dei nostri connazionali che nessuna collera, nessuna abominazione
potrà mai bollate con l’infamia che merita la sua straordinaria
abbiezione. E' Ja massa oscura, anemica informe degli irresponsabili, dei
disamorati, degli abulici: dei parassiti della società e della vita. Non
vedendo nulla più di là della lora piccola tranquillità presente, del
loro affare meschino, del loro affetto senza energia; rincantucciati nel
loro buco momentaneo al sicuro dalla burrasca che gli sgomenta soltanto a
intravederla nelle corrispondenze del loro mediocre giornale, essi credono che
nulla possa essere più profittevole del prolungare, sia pure a costo di
ogni mortificazione, questo stato d’incolumità ruminativa nell'ombra e in
margine alla storia. Chè se domani la preponderanza in Europa di una
razza di pachidermi violenti, chiusi a ogni luce di vera intelligenza,
conculcherà ogni espressione geniale di vita; se i popoli cui si lega una
comunanza di cultura, di ricordi e di tradizioni, saranno mortificati e
asserviti a un’etica da ingegnere belligero e spia; se le nostre stesse
fortune intellettuali, morali e materiali saranno manomesse e asservite, che
cosa importa a questi miopi sdraiati nella loro flaccidezza quietovivente?
A costoro importa che l’oggi sia senza strepiti e senza pericoli, che il
tran tran dell’esistenza seguiti: felici se l'Italia potrà uscire dal rotto
della cuffia e sia magari verso 64 l'abisso. Così
nessuno si affida con più sicurezza di loro alle decisioni del nostro
governo. Il govetno italiano che fino ad oggi s'è dimostrato come la
quintessenza di questa materia fiscale, perché non d -*ebbe divenirne
anche la stella fatale? L’ospizio degl lidi della Consulta è il
faro naturale di questa marea ».ercoraria che monta. Poi ché essa monta,
trionfando. Ogni giorno che passa nella passività, ogni occasione
perduta, ogni ambizione abdicata, ogni nuova difficoltà creata servono
ottimamente al suo incremento e alla sua propagazione. Siamo già a
buon punto. Dopo aver impedito con tutto il suo peso ripugnante ogni movimento,
questa massa pestifera ha già una voce per dire che muoversi ora è troppo
tardi. Ancora poche settimane e sarà forse vero, e tutti saremo sommersi
per sempre. Amici! Noi abbiamo parlato e scritto: abbiamo propugnato tutto il
calore delle nostre anime per oppotci alla vigliaccheria inaudita di una
bella parte dei nostri concittadini. Credo che il momento di una lotta più
diretta e dura stia per giungere. Le armi della mente e del cuore
stanno per esaurirsi. Bisognerà ricorrere alle altre, se non vogliamo che
l’Italia piombi al livello della più vergognosa fra le nazioni. Un paese
che abbia per scrittori dei Paolieri e la Nazione come giornale
ufficiale. Arvenco SOFFICI [da: Lacerba, n. 18, 15,
settembre 1914; e n. 19, 1° ottobre 1914] L'ORGOGLIO
ITALIANO Il 13 Ottobre, nella prima perlustrazione fatta da me agli
ordini del capitano Monticelli e del sergente Visconti in terreno nemico,
a 6 Km. dalle nostre trincee, fra le alte roccie a picco, nelle boscaglie
e nelle pietraie dell'A] tissimo, dopo esserci incontrati con una
pattuglia austriaca che ci voltò le spalle e fuggì, constatammo con gioia
la superiorità enorme della nostra artiglieria, i cui tiri meravigliosi,
passando su di noi e sul lago, sostenevano la nostra avanzata in Val di
Ledro. Nella seconda perlustrazione fatta da me, dai miei amici
futuristi Boccioni e Sant'Elia e dal pittot Recci, esplorando e
occupando la trincea delle Tre Piante, constatammo con quale gioconda
disinvoltura dei giovani pittori e poeti italiani possano trasformarsi
in audaci, rudi, instacabili alpini. Durante l'avanzata,
l'assalto e la presa di Dosso Casina, compiuta dai Volontari ciclisti lombardi
e da un battaglione di alpini, vedemmo le truppe austriache sgominate
dalla baldanza di pochi italiani diciassettenni e cinquantenni, non
allenati alla guerra in montagna. Dopo aver matciato per 7 giorni in un
foltissimo nebbione, con vestiti quasi estivi malgrado la temperatura di
15 gradi sotto zero, i Volontari ciclisti pernacchiavano allegramente
alle migliaia di sbrapne!s prodigati loro da 5 forti austriaci. I nuovi
raccoglitori di bossoli e di schegge micidiali facevano finalmente
dimenticare gli stupidissimi e sentimentali raccoglitori di edelweiss. Constatammo
che degl'italiani, già operai, impiegati o borghesi sedentarii, sapevano
vincere in astuzia qualsiasi pattuglia di Kazserjigers. Constatammo che
un corpo di 300 valontati ciclisti improvvisati alpini sapeva strategicamente
manovrare su per montagne ignote, con tale abi lità che il nemico si
credette accerchiato da migliaia d’uomini. Constatammo che uno studente
italiano, trasformato in ufficiale, può comandare tutta l'artiglieria d'una
zona e sfondare coi suoi tiri 6 o 7 forti austriaci, scientificamente
preparati alla difesa in 20 o 30 anni. Constatammo come il popolo
italiano, sotto la direzione geniale di Cadorna, abbia saputo improvvisare in
pochi mesi la prima artiglieria dei mondo e vincere di continuo nella più
spaventosa e difficile guerra che sia mai stata combattuta. Singhiozzammo
di gioia all’udire dalla viva voce di 20 o 30 giornalisti esteri, quali
Jean Carrère e Serge Basset, che l'esercito capace di vincere e di
avanzare sul Carso è sicuramente il primo esercito del mondo. Dopo aver
visto il popolo italiano, il più mobile di tutti i popoli », liberarsi
futuristicamente, con una scrollata di spalle, dalla lurida vecchia camicia di
forza giolittiana, vediamo ora nelle vie milanesi fervide di lavoro, come
il popolo italiano, che sembrava avvelenato di pacifismo, sa guardare con
fierezza questa nobile, utile e igienica profusione di sangue italiano.
Tutto questo ci conferma una volta di più che nessun popolo può
uguagliare: il genio creatore del popolo italiano; l'elasticità improvvisatrice
di cui sempre danno prova gl’italiani; la forza, l’agilità e la
resistenza fisica degl'’italiani; l'impeto, la violenza e l’accanimento
con cui gli italiani sanno combattere: la pazienza, il metodo e il calcolo
degl'italiani nel fare una guetra; il firismo e la nobiltà morale
della nazione italiana nel nutrirla di sangue o denaro. ITALIANI!
Voi dovete costruire l'Orgoglio italiano sulla indiscutibile superiorità
del popolo italiano în tutto. Questo orgoglio fu uno dei principii
essenziali dei nostri manifesti futuristi dall’origine del nostto
Movimento, cioè da 6 anni fa, quando primi e soli (mentre
l’irredentismo agonizzava e il partito Nazionalista non era ancora
nato) invocammo violentemente, nei teatri e sulle piazze, la guerra come
unica igiene, unica morale educatrice, unico veloce motore di progresso. Eravamo
allora sicuri di vincere l’Austria e di centuplicare il nostro valote e il
nostro prestigio vincendola. Eravamo soli convinti della prossima
conflagrazione generale, che tutti giudicavano impossibile in nome di due
pseudo-fatalità: lo sciopero delle Banche e lo sciopero dei proletariati.
Eravamo convinti che coll’Inghilterra, la Francia, la Russia, noi dovevamo
utilizzare le nostre inesauribili forze di razza e il nostro genio
improvvisatare, collabo 67 rando allo strangolamento del
teutonismo, fatto di balordaggine medioevale, di preparazione meticolosa e
d’ogni pedanteria professorale. Apparve allora il mio
Monoplan du Pape, visione profetica della nostra vittoriosa guerra contro
l’Austria. Infatti noi soli fummo profetici ed ispirati, perché, più
giovani di tutti, più poeti, più imprudenti, più lontani dalla politica
opporttunistica e quietista, traemmo la visione del futuro dal nostro
temperamento formidabile, e pur constatando intorno a noi la vecchia mediocrità
italiana, credemmo fermamente nell’avvenite grande dell’Italia, semplicemente
perché noi futuristi eravamo Italiani. ITALIANI! Voi dovete
manifestare dovunque questo orgoglio italiano e imporlo in Italia e
all'estero colla parola e colla violenza, come facemmo noi in Francia,
nel Belgio, in Russia, nelle nostre numerose conferenze battagliere.
Merita schiaffi, pugni e fucilate nella schiena l'italiano che non
si manifesta spavaldamente orgoglioso d’essere italiano e convinto che
l'Italia è destinata a dominare il mondo col genio creatore della sua
arte e la potenza del suo esercito impareggiabile. Merita
schiaffi, pugni e fucilate nella schiena l'italiano che manifesta in sé
la più piccola traccia del vecchio pessimismo imbecille, denigratore e
straccione che bha caratterizzata la vecchia Italia ormai sepolta, la vecchia
Italia di mediocristi antimilitari (tipo Giolitti), di professori pacifisti
(tipa Croce, Treves, Ferti, Turati), di archeologhi, di eruditi, di poeti
nostalgici, di conservatori di musei, di albergatori, di topi di
biblioteche e di città morte, tutti neutralisti e vigliacchi, che noi,
primi e soli in Italia, abbiamo denunciati, vilipesi come nemici della
patria, e veramente frustati con abbondanti e continue doccie di sputi.
Merita schiaffi, calci e fucilate nella schiena l’artista o il
pensatore italiano che si nasconde sotto il suo ingegno come fa lo struzzo
sotto le sue penne di lusso e non sa identificare il proprio cotgoglio
coll’orgoglio militare della sua razza. Merita schiaffi, calci e fucilate
nella schiena l’artista o il pensatore italiano che vernicia di scuse la
sua viltà, dimenticando che creazione artistica è sinonimo di eroismo
morale e fisico. Merita schiaffi, calci e fucilare nella schiena l'artista o il
pensatore italiano che, fisicamente valido, dimostrando la più assoluta assenza
di valore umano, si chiude nell’arte come in un sanatorio o in un
lazzaretto di colerosi e non offre la sua vita per ingigantire l’Orgoglio
italiano. Mentre altri futuristi fanno il loro dovere
nell’esercito regolate, noi futuristi volontari del Battaglione
lombardo, dopo essere stati semplici soldati in 6 mesi di guerra,
ed aver preso cogli alpini la posizione austriaca di Dosso Casina,
aspettiamo ansiosamente il piacere di ritornare al fuoco in altri corpi,
poiché siamo più che mai convinti che alle brevi parole devono subito
seguire i pronti, fulminei e decisivi fatti. La sensibilità e l'acume
politico d'avanguardia dei futuristi non
potevano rimanere indifferenti di fronte ai loro avversari 0 alla «controparte dell'avanguardia,
quella socialista. La reciprocità dell'opposizione al potere
liberalborghese, a passatista» per dirla alla Marinetti, era motivo di
accostamento, forse, 0 per lo meno di attenzione da ambo le parti. E
sappiamo dal De Felice che molti proletari o esponenti dei ceti
umili osservavano con attenzione e seguivano il movi mento di Martinetti
con calore di simpatia. Marîo Carli, fra i più sensibili esponenti
certo del futurismo «d'assalto », si accorge della presenza di elementi
comuni nelle avanguardie, e lancia un appello da Roma futurista # 13
/uglio del ’19 nel tentativo forse di un avvicinamento. L'avvertimento
della necessità di rovesciare la classe dirigente corrotta e impreparata
offre una base comune all'intento di collaborazione per il sostegno del
proletariato, operaio od ex combattente che sia. La polemica continua
sulla stessa testata, nel numero del 92 novembre dello stesso anno con un
arti colo di Giuseppe Bottai dal titolo Futurismo contro
Socialismo. L'immpossibilità di collaborazione è già vista dal Bottai con
tutta la sua evidenza, ed è vista per ragioni squisitamente ideologiche,
rifacentesi gi presupposti filosofici del socialismo e del socialismo
italiano, in particolare. Il 14 dicembre ancora del ’19, entra
nella polemica un socialista, certo Moannarese, cui vengono aperte le colonne
di Roma futurista @ fargli sostenere più o meno la stessa tesi di Bottai, anche
se vista da angolazione marxista, dogmatica e inequivoca bile.
L’impossibilità della collaborazione è data dalla ostrattezza del
futurismo secondo Manmarese, e dal suo scarso od insufficientemente
risaltante contenuto sociale, che esula dall'unico e imprescindibile
metodo possibile: quello della lotta di classe. L'ultima battuta è
ancora del Bottai ed esce la settimana dopo, sul numero del 21
dicembre ‘19 dello stesso periodico. La puntualizza zione degli argomenti
e la precisazione dei temi e delle tesi di pensiero son lutte protese a
dimostrare lo sincerità filo-popolare del futurismo e la falsità democratica
del socialismo per cui è quasi necessario essere contro il socialismo, ed
indispensabile, se si ama il popolo italiano, quello dei proletari arditi con
cui anche Bottai aveva combattuto nelle trincee al fronte della
prima guerra. Noi siamo per l'elevazione del popolo, e non per
l'assolutismo demagogico di esto», sottoli neava l'autore, concludendo a
grandi caratteri Contro il socialismo non vuol dire contro il
proletariato ». Ho esaminato seriamente l'ipotesi di una
collaborazione fra noi (futuristi, arditi, fascisti, combattenti, ecc.) e
i Partiti cosiddetti d'avanguardia: socialisti ufficiali, riformisti,
sindacalisti, repubblicani. A parte il fatto che, in realtà, essi
siano assai meno precursori ed audaci di quanto a parale vogliano far credere,
io mi sono preoccupato esclusivamente di cercare il terreno comune nel
quale si possa, noi e loro, associare gli sforzi e marciare d'intesa verso lo
stesso obiettivo. Il terreno comune c'è. Ed è quanto di più nobile
e attraente possa offrirsi a degli spiriti sinceramente amanti del
progresso e della libertà. E' la lotta contro le attuali classi dirigenti,
grette, incapaci e disoneste, si chiamino borghesia o plutocrazia o
pescecanismo o parlamentarismo. Non è possibile lasciar loro più oltre la
potenza del denaro e il potere governativo e amministrativo; sono
una casta che deve cadere e cadrà. E’ questa caduta che noi dobbiamo
affrettare, con tutti i mezzi e con tutte le fotze disponibili.
Or ora, l'esperimento del caro-viveri in tante città d’Italia, ci
ammonisce che di fronte a problemi gravi e pressanti, non c’è odio di
parte né antipatia sentimentale che tenga. Noi possiamo ben dare (e
l'abbiamo data) una valida mano ai pussisti per impedire che il popolo
sia affamato. Non pottebbero i socialisti vedere nel nostro gesto
disinteressato e leale una prova della nostra simpatia per il popolo, si chiami
combattente o si chiami operaio, e riconoscere che la nostra azione
tende, quanto e più forse della loro, ad equiparare le classi
sociali? Esiste un Marifesto del Partito Futurista, ed un
libro di Marinetti dal titolo Democrazia futurista », dove è
condensato quanto di più moderno, di più progredito, di più
spregiudicato, di più audace e rivoluzionario si può oggi pensare nel
campo politico. Ma i partiti pseudo-avanguardisti e pseudo-rivoluzionari
ostentano di ignora. re e manifesto e libro, né mai hanno fatto il più
timido gesto di simpatia o d'interesse verso idee o remperamenti ai
quali dovrebbero sentirsi attratti per istinto! Perché? Eppure noi siamo
libertari quanto gli anarchici, democratici quanto i socialisti, repubblicani
quanto i repubblicani più accesi. Si tratta dunque di mala fede?
Pare di sì, perché, se non fossero in mala fede, costoro dovrebbero
inginocchiarsi davanti a noi e chiamarci come loro capi. Se la loro lotta
politica fosse sincera e convinta (parlo special mente dei pussisti),
dovrebbero ammirate senza riserve il nostro spirito rivoluzionario che,
dopo aver schiantato quella fetida cancrena del passatismo europeo che si
chiamava Impero d’Asburgo e contribuito a umiliare il tracotante militarismo
tedesco, vuole oggi demolire a colpi di bomba i vecchi sistemi, i regimi
decrepiti, i focolai di putredine che costituiscono la grande cloaca
politica italiana. Se fossero in buona fede, dovrebbero riconoscere
che noi soli, uomini di guerra che non ignoriamo il piombo e
l’acciaio laceratore di carni, sapremo, a tempo debito, scatenare e
condurre una rivoluzione, non già dal Quartier Generale di una qualsiasi
Camera del Lavoro, ma alla testa delle moltitudini in marcia.
Se fossero in buona fede, sapete che cosa dovrebbero dire questi
organizzatori di masse a scopi elettorali? Ci direbbero Venite qua,
futuristi, arditi, fascisti, combattenti tutti: voi che siete più rivoluzionati
di noi, più audaci di noi, più liberi di noi, voi che amate il
popolo più sinceramente di noi! Venite qua, uomini d'azione e di
comando: a voi il guidare le masse verso la libertà e la ricchezza! a voi
il rovesciare i vecchi sistemi, i vecchi dogmi e le vecchie tirannidi!
noi ci ritiriamo nei ranghi. Perché non lo fanno?
Perché questi falsi socialisti che scrivono in giornali luridamente
borghesi come Il! Tempo e La Stampa, per ché pagano bene, si sfiatano a
chiamarci reazionari della borghesia, carabinieri più dei carabinieri, a
diffamarci imbecillescamente? Perché hanno respirato di soddisfazione all'avvento
del reazionarissimo gabinetto Nitti e complici? Perché hanno
lanciato dalle colonne dell’Avanti pochi giorni fa, un grido d'amote alla
censura che se n’andava, promettendole di richiamarla con tutti gli onori
non appena il socialismo ufficiale fosse salito al potere? Perché
tentano di far credere ai soldati che gli ufficiali combattenti costituiscono
una casta borghese, quando i soldati ricordano ancora il loro tenentino
che in trincea si adagiava nello stessa fango, mangiava nella
stessa gavetta, correva gli stessi rischi, buscava le stesse ferite, come
ciascuno di loto? Perché non si decidono a riconoscere che la
guerra ha liberato il mondo dall'incubo dell'imperialismo germanico e ha
impresso alle conquiste ideali e materiali dei popoli un ritmo di
fantastica velocità, che, senza di essa, non si sarebbe neppure
sognato? Perché seguitano a confondere guerra rivoluzionaria
con militarismo, socialismo con bolscevismo, popolo con pagliacci
tesserati? Perché combattono gli Arditi, che pure sono usciti
dal popolo, e del popolo rappresentano la parte più vigorosa e
combattiva? Perché si ostinano a ripetere con tediosa
monotonia che la guerra è stata voluta dalla borghesia, attribuendo
dunque a questa classe un vanto che certo non le spetta? Ho
lanciato l’invito. Ho mostrato ai nostti avversari il terreno sul
quale potremmo intenderci, e le pregiudiziali antipatiche che
c’'impediscono un avvicinamento. Sapranno essi spogliarsi di queste
pregiudiziali che sono altrettanti errori gravissimi?
Sapranno a loro volta dirci una patola onesta e schietta di simpatia
disinteressata? Se capiranno che è assurdo e bestiale continuare una
campagna diffamatoria contro una guerra che si è chiusa vittoriosamente e
che, malgrado tutto, ha giovato enormemente al proletariato, se capiranno
che noi pur amando fieramente l'Italia, non abbiamo nulla a che fare con i
nazionalisti reazionari, codini Fb) e clericali, essi ci
tenderanno la mano e ci aiuteranno a spezzare tutte le schiavitù che
ancora ci sovrastano. Dopo, potremo tornare a divorarci, se sarà
necessario. Marro CARLI {da: Roma futurista) Bisogno, ad ogni
sosta, di guardare attorno. Vedere un po' come va la vita, la cui visione
precisa, a volte, si perde nel martellamento sanguigno della lotta. Misurare
i compagni e gli avversari. Riprendere le distanze. Ci teniamo molto, via via
che più si ingarbuglia il fascio di forze e di tendenze del mondo
politico italiano, a rittovare i nostri contorni. Pulirli. Indurirli sì
che si rimbalzi sopra qualunque tentativo di penetrazione impura.
La lotta di partiti, nel suo svolgimento poco netto, si traduce
rispetto a noi futuristi, assertori del predomi. nio della genialità
italiana, in un lavoro di isolamento. Le scorie cadono. La marcia viene
schizzata via dalle contrazioni atletiche della nostra carne sana. Solitudine
splendida. Nella costituzione organica dei vari aggregati di parte
noi siamo il cetvello possente che domina, e comanda alle tre membra
funzioni del tutto subordinate. In questa immagine somatica, il partito
socialista ufficiale rappresenta, rispetto a noi, l'intestino retto, maceratore
e scaricatore d'ogni feccia. Un compito troppo importante, come
bene ha detto l’amico Settimelli, per poterlo disprezzare. Ci
vuole. Solamente è bene che non si dimentichi mai la sua
posizione assolutamente accessoria. La nostra antipatia per il
socialismo in genere, pet il socialismo italiano in particolare, ha delle
ragioni profonde balzanti dall'istinto della nostra razza di cui noi
siamo i rappresentanti più interiori, con tutti i suoi difetti se si vuole, ma
anche con tutte, t44te, le sue doti di energia, di intelligenza, di
ardimento. E distinguiamo ciò che sempre si può giustificare nel quadro
infinito della vita, l'idea, da ciò che, appunto perché nella vita, si ha
il dovere di discutere e di espellere, quando ne arresti il libero
svolgimento. Idee e uomini. Socialismo e socialisti
italiani. Noi siamo contro il socialismo perché astrazione filosofica
senza possibilità di contatti vitali. Simbolo che si agita nel mondo da
secoli, e di cui mai si è trovata, e mai si troverà la formula di
traduzione in positivi sviluppi di masse sociali. Meditazioni di uomini
respinti dalla vita calda e vibrante, per un ingranaggio
disgraziato della loro mente incapace di aderire alla bellezza
appas sionante del mondo. La riforma che l'idee socialiste propugnano,
non nasce da noi, dalla nostra maniera di essere, dalla nostra natura di
uomini, dal nostro modo di riunirci e dividerci. Cala dall'alto, da cieli
metafisici. Ha l’impotenza caratteristica di tutte le religioni meditate,
ragionate, logiche, e non create dallo slancio lirico di un'anima
d'uomo. Marx ed Engels hanno costituito delle sopra realtà
gigantesche che tutti hanno dichiarato magnifiche, ma che nessuno ha
avuto il coraggio di criticare, appunto perché la critica umana non si
può esercitare su delle concezioni prive di umanità. Boris
d’Ysckull, uno di quei mistici slavi capaci di bere ogni miscela più
insipida, ha confessato di non aver mai compreso quasi niente di simili
esposizioni dommatiche, e di essere stato attirato solo per la loro
oscurità affascinante. Chi, italiano, può così rinunziare alla vulcanica
e solate natura da itrigidirsi in questi mondi senz'aria, non può che trovarsi
nell’identica posizione dell’illustre imbecille surricordato. Le prime
utopie della Città, mantenentesi allo studio di immaginose e dilettose; invenzioni
nei primitivi Platone, Tommaso Moro CAMPANELLA (vedasi) passando a peggior
vita nelle scatole craniche dei tedeschi, si sono meccanizzate in modo da
di venire delle cose perfettamente anti-geniali, anti-latine e,
soprattutto anti-italiane. Noi fututisti, che abbiamo violentato il vuoto e sognante
torpore italiano riempiendolo di idealità fatte di vita, intessute di
nervi sensibili, calde di sangue rossissimo, vogliamo una penetrazione a fondo
nel blocco psicologico della nazione: ivi è la direttiva unica delle trasformazioni
che il nostro destino esige. Noi siamo contro l’idea socialista perché
sosteniamo la necessità della diseduguaglianza. Diseduguaglianza di
valori, che bisogna esaltate, lievitare, mantenere ad ogni costo. Un
piano uguale di esistenza, una distribuzione armonica dei beni, una
soppressione assoluta di privilegi ma su questo livellamento di
condizioni materiali l’esplicarsi diverso, individualissimo delle singole
capacità. II socialismo, pretendendo distruggere la molteplicità
innata di un popolo non può, in via logica, che discendere dalla nazione alla
città alla famiglia, dalla famiglia all'individuo, e quindi alla
creazione di tanti individui identici, a stampo, senza differenze di
tipi. Il comunismo, ch'è la forma più in voga, non può tradursi, a meno
di negatsi, che in un monismo esasperante, monotono e inerte. La
Russia ce ne dà la prova: la massa oppone al tentativo di numerazione, che
offre appena una pallida idea, per il carattere più pacato e passivo di
quel popolo, di ciò che avverrebbe da noi. L'Italia è tutta
un magnifico inno di incoerenza, dal l'Alpi alla Sicilia. Follemente
varia. Ogni provincia un mondo. Popolazioni dolci come le sue pianure,
laboriose come i suoi fiumi, divampanti come i suoi vulcani.
Noi non possiamo pensare che tutto ciò si riduca a un uniforme
impasto. Noi futuristi opponiamo la necessità assoluta di un decentramento che
mantenga, esalti, vivifichi fino al culmine ogni caratteristica, ogni
genialità, ogni attitudine delle singole regioni: l’unità italiana
sarà allora una valorizzazione completa di sufta i'Ttalia.Siamo contto il
socialismo perché idea generatrice di vigliaccheria. Della gente che
riuscisse davvero ad attuare la distribuzione economica dello Stato
socialista, dovrebbe basarsi su un concetto di mutualità
cooperativistica. Cooperativa a mutuo soccorso vuol dire la
sicurezza matematica di non rimaner mai al verde quindi abolita
ogni situazione di Jotta, reso campletamente inutile lo sviluppo e il
gusto del rischio. Spatizione di coraggio. Se ciò è immaginabile su
piccola scala, perché gli effetti malefici sarebbero ridotti così al minimo da
essere cancellati dai vantaggi, non si può pensare cosa sarebbe mai
una nazione sottoposta a tale regime, soppressa ogni difficoltà di
cartiera, butocratizzata Ja conquista della vita, scomparso ogni
pericolo, ogni ansia, ogni tensione. Non trovando nulla di vario nei suoi
sirzili, non trovando nulla di divertente nella sua esistenza logica, a
ore, a mansioni fisse, l'uomo socialista finirebbe col rientrare in
sé stesso. Cercare in sé l'interesse che il mondo non gli offre. Alla
forza di diffusione dei popoli geniali, si sostituirebbe quella di
egoismo egocentrico dei popoli cal colatori. Da simili mondi la
generosità fugge taccapricciata, non può distribuire i suoi insegnamenti
di grandezza: è come andare a vendere ombrelli in un paese dove non
piove mai a che serve esser generosi con della gente che è tutto
misurato, tutto il necessario? La morale che tali ambienti possono produtre è
marale di egoismo e di vigliaccheria. Noi opponiamo la morale della
generosità, lucidamente affermata da Balilla Pratella, quotidianamente da
noi vissuta in una dedizione senza calcolo, in una aderenza
spontanea e intellipente alle tramutanti necessità della Patria.
Queste le tre ragioni fondamentali che ci dividono dal socialismo idea:
la astrazione filosofica e inumana della formula, la sua azione di
parificazione monistica, la derivazione logica di antigenerosità = vigliaccheria,
egoismo. Altre ragioni particolari ci sono, che ci porterebbero ad
una disanima troppo lunga ragioni, del resto, che non sono specifiche
della nostra differenza dal socialismo, ma che possono essere anche di
altri partiti. Esempi: l'assurdità della soppressione dello Stato come
potere centrale, la sciocca concezione di una pace eterna, ecc. ecc. I
socialisti italiani. Sono, indubbiamente, dei buoni socialisti
perché hanno già, in pieno regime borghese lo stadio mentale senza calore
e senza colore del socialista di domani. Non sentiamo il bisogno di spenderci
molte parole, né di passarli in rivista uno ad uno. Dirigenti:
dittatura di vomini che hanno la mira precisa di diventare qualche cosa,
un'autorità, una persona importante. Non c'è tra loro neppure un mistico
esaltato che interessi. Calcolatori. Cinici. Seguaci: massa
la cuì concezione più alta è questa: bisogna distruggere il caroviveri.
Gente che cerca di mettersi a posto. Invidia il horghese, quindi ha desiderio
di divenire il borghese. Le loto qualità principali
sono: inintelligenza: non hanno ancora capito che il sociali
smo è diverso da popolo a popolo: commerciale nell'America del Nord,
conservatore in Inghilterra, filosofico in Germania, mistico in Russia.
Non hanno capito che il socialismo in Italia può, caso mai, balzare dalle
nostre istituzioni rurali; inattualità: sano coerenti in una
maniera fantastica, tant'è vero che le idee invecchiano e loto seguitano
ad usarle. Credono d’essere all'avanguardia, e lo sono come il
gambero, il cui traguardo è sempre alle spalle, dietro:
vigliaccheria: oltre la vigliaccheria propria della idea hanno una
viltà tutta propria, personalissima, originale: inutile parlarne: chi
interviene ai comizi elettorali ne sa qualcosa. Il futurismo
è il mondo più lontano dal socialismo. Il futurismo è veramente il senso
di una religione nuova, che si dirige alle anime, agli spiriti, ai
cervelli, e non si interessa del corpo che per fortificarne i
muscoli, farne strumento di agilità audacissime e di voluttà sane. Generato
dal cervello di un attista ha tutta l'umanità di una idea italiana,
sempre profumata di buona terra fertile anche quando si esalti fino ai più puri
orizzonti. Attività poliedrica, il futurismo è lo sfruttamento completo
di tutte le penialità italiane, manuali e cerebrali. Ridarà all'Italia i
suoi magnifici artieri, maestri d'ogni sotta di lavoro, come lo à dato e
lo darà ai suoi artisti più grandi. I suoi vomini non hanno deficienza:
danno la loro vita in una proteiforme attività prodigiosa. Poeti e
soldati, sogno e vigilanza, idea e azione. Non c’è possibilità di
contatto tra la nostra morale e quella socialista, tra i nostri uomini e
i loro. È assurdo ogni pensiero di collaborazione. FUTURISMO CONTRO
SOCIALISMO. SEMPRE A QUALUNQUE COSTO! GiusePPE BOTTAI
{[da: Roma futurista.Noi e i borghesi Non una polemica, ma una
discussione calma e pacata. Polemica no, per non arrivare fino a quella animazione
un po’ acre e impetuosa, che annebbia le idee e deforma la realtà.
Ci tengo, a questa dichiarazione preliminare, perché l'amico
Mannarese, nel suo lucido articolo, pur mantenendosi in una linea di cortese
serenità, devia in puntatine ironiche, che non èànno ragione di essere, se
veramente egli ci vuole aiutare, nella demarcazione esatta della nostra
individualità politica. Trovo ad esempio molto strano, per un
futurista, l'osservarsi che la mia formula (adopto la parola formula, per
attenermi alla dizione dell'amico, per quanto essa abbia un senso storico, che
mi ripugna) abbia potuto ringalluzzir di saverchio, con la sua violenza:
“futurismo contro sociglismo, sempre, a qualungue costo” qualche buon
borghesetto. Questo non mi preoccupa, e direi, anzi non ci preoccupa. Noi
esprimiamo liberamente le nostre idee, le gettiamo nel mondo, tta la
gente; e i casi sono due, come sempre: o la gente non le capisce e allora
non c’è nulla da fare: o le capisce, le approva, ci si interessa, c
le apprezza nel giusto valore, e allora poco ci importa che tale gente
sia proletaria o borghese, destra o sinistra, e, anche, ambidestra.
Noi non sosterremo mai, com'un certo avvocatino di nostra
conoscenza fece in una recente seduta del Fascio di Combattimento romano,
che la guerra ha distrutto agni distinzione tra destra e sinistra; ma non
vogliamo di tali logiche e necessarie e salutari differenziazioni (?)
fare il nostro spaventacchio. Chè, pet questa via, si giunge alla
grossolana affermazione di Adriano Tilgher (Tempo, Piccoli borghesi al bivio):
essere il furore antisocialista degli atditi originato dall’appartenere
costoro, quasi tutti alle classi medie; e pensare che in parecchi mesi di
convivenza con le fiamme nere mi son trovati attorno solo contadini,
operai, lavoratori-proletari! Prima caratteristica del futurismo, è
questa, libera, sciolta sfrenata spregiudicatezza: e se il salumaio ci
crede oggi difensori dei suoi salami, delle sue salsicce, poco male! ciò
potrà darci la prova della sua minchioneria, non già infirmate
l’esattezza del grido futurismo contro socialismo. Socialismo non è
proletariato L’amico Mannarese fa un’identificazione pericolosissima,
e non rispondente alla realtà positiva dei fatti. Egli pone sullo stesso
piano socialismo e proletariato, stabilisce senz'altro questa identità
matematica: socialismo = proletariato. Ciò spiega perché tanto si
accanisca contto la finale del mio articolo. Alle parole contro
socialismo, sempre a qualunque costo è dato il valore di un'affermazione
di questo genere: contro le aspirazioni del popolo, contro i
diritti dei poveri, ecc., ecc... ». Orta, mi ribello assolutamente.
Non in nome mio sol tanto, ma di tutti i futnristi, e anche, di tutti i
nostri amici fascisti. Distinguere bisogna. Una
cosa è quello che l'amico chiama: «/o sforzo violento, l’oscura irresistibile
aspirazione della massa verso un regime di maggior giustizia economica e
un'altra cosa è il socialismo. Le aspirazioni proletatie sono fatto immanente,
istintivo, fatale, non pensato ma sorto da sé, il socialismo è uno dei tanti
sistemi, i quali, da che il mondo è mondo, si accaniscono sulla disparità
di condizioni delle classi. Se io mi pongo contro il
socialismo o contro i socialisti, mi dichiaro contrario ad un sistema
filosofico, giuridico, economico, morale ed ai suoi sostenitori
(filosofi, demagoghi e procaccianti che siano), ma non è detto
ch’io voglia attaccare l’oggetto di tale sistema che è il proletariato. Non
debbo, quindi, rettificare in nulla la mia incriminata frase, ch'era un grido,
un appello conclusivo del mio articolo, limitatosi ad una valutazione di
idee, e non aveva la pretesa d’essere un caposaldo, un domma, un
punto cardinale, ed altri simili paroloni che noi lasciamo agli oratori
da comizio. L'affermazione: Noi non siamo contro il
socialismo, ma contro gli uomini, i metodi e la filosofia socialista del Mannarese è un non-senso, perché appunto:
socialismo è flosofia sostenuta da wormini con determinati metodi.
Quella che il Mannarese chiama sostanza (eh! queste parole che
otribili titi giuocavano, a volte) ossia: la guerra per l'indipendenza
economica dei poveri contro i ricchi non è privativa assoluta del
socialismo, è solo l'obiettivo dei suoi studi, dei suoi tentativi, come
essa fu obbietto della favola di Menenio Agrippa, e delle teorie di
Fenelon, e della scuola di Saint Simon, e del sistema di Grace Baboeuf e
Roberto Qwen, e così pure della filosofia di Marx ed Engels. Anche il
nazionalismo, anche il partito popolare, tutti anno affermazioni
solenni: qui è l'unico infallibile specifico per il dolore del popalo e
io posso essere contro questi modi da cerratani senza mai essere né
contro il popolo né contro le sue sacre e legittime aspirazioni
economiche I programmi economici All'amico Mannarese è forse
sfuggito nel mio articolo questo periodo: Un piano eguale di esistenza,
una distribuzione armonica di beni, una soppressione assoluta di
privilegi ma su questo livellamento di condizioni mateviali l’esplicarsi
diverso, individualissimo delle singole capacità. Qui, evidentemente, si
dice: noi passiamo essere d'accordo nelle finalità economiche del
socialismo ». Quelle tre proposizioni del programma politico futurista di
Matinetti, Carli e Sertimelli, che il Mannarese dice troppo generiche,
anno il merito di poter domani assorbire in sé, senza contrasto,
qualunque ardimento consono allo spirito dei tempi. Hanno un’intenzione
pragmatista, che non deve sfuggite. Il programma di riforme
economiche, lanciato ai popoli come panacèa, è cosa vecchia di tutti i tempi e
di tutte le genti. Ogni scuola politica è per prima cosa inalberata
questa insegna molto attraente. Tutti i programmi ben definiti,
schematizzati, rigidi, anno sempre atteso, con grande pazienza, che le
cose del mando si incanalassero ne’ fossati, canali e zenelle da loro
tracciati, ma le cose del mondo anno dimostrato, a lume di storia,
di procedere per via di approssimazioni successive, le quali
avvengono non già pet magnetizzazione esetcitata cai suddetti programmi, ma per
madificazioni addotte, nel blocco fisiopsicologico di una collettività,
dal sistema di educazione, dalle idee di morale circolanti, dalla
rinnovatasi coscienza giuridico-sociale. Se oggi, per ragioni
ovvie, il problema economico è venuto in primo piano, non bisogna
dimenticare che la parte veramente essenziale di un sistema politico non
è già il disegno di un futura assestamento economico, ma è il
metodo con cui saprà, attraverso uno studio positivo dello stato presente
e dei caratteri permanenti della società in genere (meglio ancora di una data
parte di società) creare tutt'un’atmosfera spirituale intellettuale psicologica,
che renda possibile l’attuazione di quel dato ordinamento economico, che nel
momento è bene limitarsi a definire desiderabile. I
socialisti italiani sanno che il popolo italiano non à neppure iniziata
l'evoluzione sociale che permetta l’avvento, ad esempio, del comunismo. Ora
essi, scavalcando completamente ogni lavoro di educazione, sventagliano
i loro proclami di rivendicazioni economiche. Il popolo risponde, è
naturale: è Bengodi con i suoi meravigliosi panorami. Ma ciò non
significa aver creata una società comunista, come non è fare un signore
aristocratico d'un villanzone qualsiasi il riempirgli le tasche di
denaro. Sotto il punto di vista della potenzialità vera di un partito il
valore di tali programmi è nullo. Hanno un valore pratico di specchietto
per gli allocchi, e se l'amico Mannarese ci avesse detto che, abbondando
gli allocchi, è bene ch’anche noi abbiamo il nostro specchietto,
gli avremmo dato piena ragione. Il nuovo imperialismo Non ci
deve, quindi, affligere di soverchio, la mancanza di formulazioni teoriche, di
programmi economici. Noi futuristi non siamo mai stati assenti quando
questioni positive siano in tal senso nate. Né il trionfo socialista deve
farci perder la resta così da correr subito ai ripari. No. La nostra
posizione è netta, e possiamo guardarci tranquillamente intorno: il germe
della morte del socialismo è appunto localizzato nel suo sistema di rivendicazioni
economiche, aggravato dal fatto di essete così isolato da ogni altra
considerazione d'ordine superiore da divenire il segno folle di un nuovo
imperialismo. Non è possibile nessun contatto tra due sistemi
così opposti come sono quello socialista e quello futurista. È
l’anima differente. È il cervello diverso. Se anche noi
potessimo conglobare per intero nel nostro ordine di idee ogni aspirazione
economica del socialismo, rimarrebbe la differenza profonda, incancellabile
di indole, di origine e di finalità. Noi siamo per l'elevazione del
popolo, e non pet l’assolutismo demagogico di essa. Tirando le somme
E riassumiamo, perché la discussione non rimanga uno sterile
battibecco. L'amico Mannarese m’à offerto il modo di delineare meglio la
nostra situazione innanzi al socialismo: posizione di ostilità per indole
spirituale diversa; possibile comunanza di vedute economiche: il che
non implica nessuna fusione; condivisione di alcune idee (come ad esempio
il divorzio ecc. ecc.) che non sono prerogativa socialista, € che
non possono, quindi, render omogenee due sostanze diverse. CONTRO IL
SOCIALISMO NON VUOL DIRE CONTRO IL PROLETARIATO. BOTTAI [da:
Roma futurista] La lentezza delle democrazie, le pastoie
burocrati che dei procedimenti parlamentari. il vecchiume parolaio dei
barbuti senatori non possono essere ben visti dai futuristi. La velocità,
il dinamismo, la lotta, la competizione, l’azione mal si addicono agli
organismi pingui e sclerotici delle democrazie, quella italiana in
particolare. Già nel 1910 Marinetti lo mette in rilievo ed indica nel suo
manifesto «Contro l'amore e 3 parlamentarismo », sintomo ed espressione
di questa sua antipatia e di guesta sua avversione Persino l'amore e le
donne in senso romantico sono indici e stru menti di rallentamento », e
come tali da evitare tranne che per una loro ben precisa ed organica
funzione vitale. Le donne andrebbero invece bene pei parlamen ti,
dove dovrebbero entrare con le loro chiacchiere e la loro prodigiosa e
altisonante facoltà di falsificazione. Ma non è solo Marinetti a
inveire contro il parla mentarismo: c'è Tavolato che uddirittura bestemmia
contro la democrazia in un suo articolo apparso con questo titolo su
Lacerba del 1° febbraio 1914, ricco di espressione e carico di colore
linguistico e letterario. I 30 dicembre dello stesso anno un altro
futurista, Volt, tuona dalle colonne di Roma fututista: Aboliamo il
parlamento! In sua sostituzione si propongonna le rappresentanze dei
sindacati per la formazione dello «Stato tecnico futurista. E si entra
nel merito della personalità giuridica dei sindacati e della loro forza
rappresentativa in base all'importanza della loro funzione economica. Non
in base numerica, per cui si rientrerebbe nella concezione
democratico-parlamentare. Non più onorevoli quindi sulle assise delle due
camere, ma lavoratori. E sono tutti concetti che ritroveremo nella
concezione corporativa fascista e nella suu Carta del Lavoro
Dopo la guerra Marinetti intervtene su Roma futurista mel maggio del '19
per ribadire la sua.concezione futurista della democrazia », come
s'intitola il suo scritto, che era già apparso um mese prima, più 0 mena
analogo, su L'Ardito. Vi si sostiene la democrazia tipi camente italiana
dei geni: una sorta di minoranze di individui superiori alla media,
destinati a entrare. in competizione con le altre, definite democrazie
incoscienli, come prodotta numerico d’inetti e di sconclusionati». La forza
della nuova democrazia dovrà essere naturdimente violentissima data
l'accelerazione e il ren dimento degli individui geniali. La sua conclusione
sarà logica e conseguenziale: La
democrazia futurista è ormai pronta ad agire, poiché sente vibrare tutte
le sue cellule vive ». L'azione sarà condotta da Mussolini, ma il
presupposto è già comunque e totalmente presente. BESTEMMIA CONTRO LA
DEMOCRAZIA Tre spanne sotto il cervello io nutto un odio, un odio
contro la presunzione del lavoro, un odio contro il puzzo cosciente, un
odio contro l’imbecillita evoluta. Tre spanne sotto il cervello si spenge
ogni polemica. I democretini rinunzino alla discussione. I democretini s’adagino
sopra i loro luoghi comuni, perché il mio piede possa calpestarli. Via,
batbe comiziesche che mi nascondete il sole. Via, mani a ventola e
cravatte a bandiera. Fermati, passo democratico sotto cui trema la terra
offesa. Arrestatevi, lamentele filamentose, voci incristianare, zuccherose
o pepate. Via, spade di legno, trombe sfiatate, via, inesistenti
barricate. Smontate, uomini di paglia, uomini di stoppa uomini di
cartastraccia. Nascondetevi, ceffi di cera, mascheratevi, faccie rinfisecchite,
sparite, ghigne insolenti. Sgonfiate, protobischeri pastori di popolo.
Aria ci vuole, e luce e calore e solidità, o anima mia. Abbasso la democrazia!
Fumano d'orgoglio, le gran fave. Fumano, questi straccioni e stronzoni, questi
mangiasputi e fiutarutti, questi tinconi, questi turabuchi, questi
scotticapidocchi, questi merdaioli, questi caconi, questi galoppini,
questi pagnottisti, questi biasciconi, questi lumaconi, questi minchioni,
questi balordi gonzi e gralli, questi coglioni appuzzoni e cittulli,
questi sussurroni caccoloni, questi satraponi virtuosoni. Già tutto il paese
fuma, smerdata com'è da queste pecore matte. Pulizia, pulizia, pulizia! Abbasso
la democrazia! Bischeri sollevatissimi, bischeri smargiassi,
bischeri ventosi, bischeri girandoloni, bischeri soppiattoni, bischeri
politicanti, bischeri economicizzanti, bischeri vani, bischeri solenni,
bischeri tronfi, bischeri crespi, bischeri cal. losi, bischeri pensosi,
bischeti pacifisti, bischeri leghisti, bischeri classisti, bischeri
marxisti, bischeti riformisti, bischeri collettivisti, bischeri revisionisti,
bischeti comunisti, bischeri credenti, bischeri fetenti, bischeri
ufficiali, bischeri legali, bischeri di cartapecora, bischeri del braccio, bischeri
del cervello, bischeri antilibici, bischeri internazionalisti, bischeri
democratici BISCHERI DI TUTTO IL MONDO UNITEVI! La vostra individualità
non ha importanza. Unitevi! Amalgamatevi! Confondetevi in melma! Anche la
melma dei bischeri, come ogni melma, s'incrosterà. E sotto le croste ci sarà il
gelo della morte. Così sia. Abbasso la democrazia! Accidenti alla
democrazia, impero delle bestie da soma, regno degli schiavi, padronanza dei
servi, supremazia degli impiegati! Democrazia, sostegno degli
sfiaccolati, trionfo dei cimiciosi, glotia dei piattolosi, arma dei brodolosi;
democrazia, orchestra di miasmi, concerto di sputi, convegno di sudori,
sistema di muffe; democrazia, vittoria dei muscoli e disfatta dei nervi,
esautorazione dell’arte e imposizione del mestiere, vita del debole e
agonia del forte; lurida, sudicia, tetra democrazia, cloaca dove affogano
fantasia, ingegno, energia, e tutte le soavità; proterva asineria, fessa
stivaletia: abbasso la democrazia! E rovini Ia mediocrità!
Fuoco al tugurio dei democretini! I democretini è la lanterne! La
libertà soltanto a chi sa cosa farsene, a chi sa viverla. Agli
altri il giogo, la sferza e la schiavitù. EVVIVA LA FORCA, o amici, per la
libertà vostra e per la libertà mia! ABBASSO LA
DEMOCRAZIA. TAVOLATO [da: Lacerba,Firenze] Aboliamo pure
il Parlamento si domandano molîi ma cosa metteremo al suo posto? La
risposta è pronta. Soszituiremo til Parlamento con le rappresentanze dei
sindacati agricoli industriali ed ope rai. La rappresentanza sindacale
sarà la base dello Stato tecnico futurista. AI collegio elettorale,
circoscrizione fittizia ed arbitraria, entità che sembra creata apposta per
l'esercizio del broglio, sostituiremo il sindacato, espressione
organica delle forze economiche che danno effettivamente forma alla
società. AI posto dell’onorevole deputato, demagogo costretto all’accattonaggio
sistematico del voto e feudatario di una nuova feudalità peggiore dell'antica,
manderemo a governare il paese ingegneri, commercianti ed operai, gente
che sa il suo mestiere e conosce i bisogni reali della propria classe.
Invece di un’Assemblea di inttiganti, di chiacchieroni e di incompetenti,
avremo un corpo tecnico adatto allo scopo di dirigere, con conoscenza di
causa, la grande azienda dello Stato. In pratica l'idea della
rappresentanza sindacale si trova di fronte a difficoltà serie ma non
insopportabili. Vati problemi ci si presentano. A quali sindacati
concederà lo Stato la personalità politica? Si tratterà di determinare le
categorie di ptoduttori che avranno diritto a una rappresentanza nel
corpo legislativo. L'iscrizione ai sindacati sarà obbligatoria per
tutti i cittadini? A me sembta che sia più logico lasciare che
esercitino i diritti politici coloro che ne hanno la volontà e
coscienza. Coloro che resteranno volontariamente fuori dei sin.
dacati cortisponderanno in parte alle masse degli astenuti nelle odierne
elezioni a suffragio universale. In base a quale criterio si misurerà il
numero di voti da attribuirsi a ciascuna categoria di sindacati? E’
la questione più scottante. Il criterio più semplice è quello
numerico. Ma così si ricade nell'atomismo individualistico del suffragio
universale. Io credo che non si debba tener conto del numero degli
iscritti al sindacato, ma della importanza della funzione economica che esso
esercita nel Paese. Quindi un sindacato di industriali metallurgici avrà
una rappresentanza eguale a quella di un sindacato di lavoratori del
ferro benché questi ultimi siano molto più numerosi. E ciò perché
l’importanza delle due funzioni si controbilancerà nell'economia
nazionale. L'amico Settimelli dirà che questo è un criterio poco
democratico. Me ne infischio. 4) Quali saranno i limiti posti
all'esercizio del potere dell'assemblea eletta mediante la rappresentanza
sindacale? La competenza dell'assemblea dovrà essere limitata alle
questioni prevalentemente economiche, che sono del resto le più
importanti in politica. Le questioni di famiglia, di politica estera ecc.
dovranno esser risolte in parte mediante il referendum popolare diretto ed in parte attribuite alla
competenza del porere esecutivo. Non ho fatro che accennare le principali
questioni. Invito tutti i giovani futuristi ad inviarmi le loro soluzioni
ai quattro problemi che ho posta, senza avere la pretesa di risolverli
definitivamente. Ma mi sembra che la questione sia matura per lo studio. E poi
per noi futuristi studio deve significare già un principio di esecuzione.È
l’ora di finirla col Parlamento. Abbiamo fatto la guerra senza bisogno
del Parlamento. Senza il Parlamento sapremo fare la pace. E' ora di sbarazzare
l’Italia dalle 508 incompetenze che spadroneggiano a Montecitorio. VOLT
[da: Roma futurista, DEMOCRAZIA FUTURISTA L’orgoglio italiano non deve
essere, non è imperialismo che spera imporre industrie, accaparrare
commerci, inondare di prodotti agricoli. Nai difettiamo di materie prime,
e siamo una potenza di ricchezza agricola mediocre. Il nostro orgoglio
italiano è basato sulla superiorità nostta come quantità enorme di
individui geniali. Vogliamo dunque creare una vera democrazia cosciente e
audace che sia la valutazione e Ja esaltazione del numero poiché
avrà il maggior numero di individui geniali. L’Italia rappresenta nel
mondo una specie di minoranza genialissima tutta costruita di individui
superioti alla media umana per forza creatrice innovatrice improvvisatrice.
Questa democrazia entrerà naturalmente in competizione con la maggioranza
formata dalle altre nazioni, per le quali il numero significa invece
massa più o meno cieca, cioè democrazia incosciente. Su 1000
slavi vi sono due o tre individui. L'ultima fulminea nostra vittoria ha
dimostrato che non vi è gruppo di italiani (20, 30 o 40) che non contenga
almeno 10 o 15 individui capaci di iniziativa e di direttiva
personale Abbiamo ancora da sgombrare e da bonificare le zone morte
dell’analfabetismo. Questo compito molto arduo con un nemico minaccioso alle
porte è oggi compito facile e senza pericoli per la unità e indipendenza
nazionale. Nazione ricca di individui geniali, democrazia intelligentissima.
Quantità di personalità tipiche, massa di tipi unici, democrazia che non
vuole imporsi bancariamente, industrialmente, colonialmente, ma può e
deve dominare il mondo e dirigerlo con la sua maggiore potenzialità
ed altezza di luce. Noi crediamo che l'ora è venuta di
tentare tutte le rivoluzioni per liberare il popolo italiano da tutti i
pesi morti e da tutti i ceppi (matrimonio e famiglia Cattolica soffocatrice,
pedantismo professorale, elettoralismo, mentalità pessimistica, provinciale
mediocrista e quietista). Liberata dal giogo della vecchia famiglia
tradizionale, dal dogma dell'anzianità, l'Italia manifesterà finalmente
la sua potenza di 40 milioni d’individui italiani tutti intelligenti e
capaci di autonomia. Concezione assolutamente apposta alla cretinissima
concezione germanofila che voleva svalutare i 40 milioni di individui
italiani per organizzarli meccanicamente. Su] palcoscenico della razza
italiana dobbiamo mettere in luce 40 milioni di ruoli diversi perché in questa
luce possa perfettamente svolgersi il valore tipico
d'ognuno.(Censura) Noi non abbiamo la nevrastenica pigrizia, la neghittosità,
il misticismo, il boiantismo ideologico, l’ossessione teorificatrice della
Russia. Siamo pieni di senso pratico, di tenacia costruttrice, di
ingeniosità inesauribile, di eroismo bene impiegato. Possiamo dunque dare
tutti i diritti di fare c disfare al numero, alla quantità, alla massa
poiché da noi numero quantità e massa non saranno mai come in Germania e
in Russia numero quantità o massa d’inetti e di sconclusionati, LABRIOLA
(vedasi) definisce la democrazia come sentimento dei diritti concreti della
massa sullo Stato e sulla Economia. Noi futuristi consideriamo la
democrazia non in astratto ma bensì la democrazia italiana ». Parlare di
democrazia in astratto è fare della retorica. Vi sono numerose
democrazie, ogni razza ha la sua democrazia, come ogni razza ba il suo
femminismo. Noi intendiamo la democrazia italiana come massa
di individui geniali, divenuta perciò facilmente cosciente del suo
diritto e naturalmente plasmatrice del suo divenire statale.La sua forza
è fatta di questo diritto acquisito, moltiplicata dalla sua quantità valore,
meno il peso delle cellule malate (incoscienti, analfabeti). La
democrazia italiana è per noi un corpo umano che bisognerà liberare,
scatenare, alleggerire, per accelerarne la velocità e centuplicarne il
rendimento. La democrazia italiana si trova oggi nell'ambiente
più favorevole al suo sviluppo. Ambiente di rivoluzione-guerra nel
quale è costretta a risolvere tutti i suoi casi-problemi insoluti, le cui
soluzioni possono esercitare una influenza sul suo avvenire. Necessità
igienica di continua ginnastica trasformattice, improvvisatrice. Il
governo si allarma oggi nel vedere formarsi innumerevoli associazioni di
combattenti. Se non fosse un governo di miopi reazionari tremanti di
paura accaglierebbe favo. revolmente questo nuovo ritorno di vitalità
italiana. La guerra ha semplicemente svegliate le coscienze di 4
o 5 milioni di italiani che tornano oggi dalla guerra, atricchiti di una
personalità politica. E’ la prima volta nella storia che più di quattro
mi. ltoni di cittadini di una nazione hanno Ja fortuna di subire in
soli 4 anni un'educazione intensiva e completa con lezioni di fuoco, di eroismo
e di morte. Spettacolo meraviglioso di tutto un esercito partito
per la guetra quasi incosciente e ritornato politico e degno
di governare. La democrazia futurista è ormai pronta ad agire, poiché
sente vibrare tutte le sue cellule vive. Naturalmente ha un bisogno
urgente di spalancare le porte e di uscire all’aperto. I) governo si
allarma, reprime e trema, come la nonna leggendaria teme che il
nipotino pigli un raffreddore. Fuori l’aria è frizzante e
salubre. Il sole, spalancato, beve il mare di liquido quasi solido saporito
azzurro, tutto spumante di raggi, tutto da bere fino all'ultimo
sotso. MARINETTI fda: Roma futurista, un SETTIMELLI MARINETTI
FUTURISMO E PRIMO FASCISMO Settimelli commenta il Congresso di
Firenze su 1 nemici d'Italia (settimanale antibolscevico diret to
da Armando Mazza ») del 10 ottobre del 1919. I discorso di Meorinetti al
congresso apparirà su L'Ardito del 26 ottobre dello stesso anno, ma era
già apparso tre giorni prima su I nemici d’Italia (23 ottobre). Del
discorso e della «necessità dello svaticanamento abbiamo già parlato. Ma si postula anche
l'ipotesi di un eccilatorio di giovanissimi capaci di sostituire il
semato dei vecchi, ormai da abolire. Al suo posto un «consi glio
tecnico andrebbe sollecitato e stimolato da gio vani sotto i trent'anni,
a moto continuo Si parla poi di un proletariato dei geniali,
quello degli artisti d’Italia, più o meno a nascosti od esclusi »,
che andrebbero favoriti o promossi da iniziative pub. bliche atte
all'aiuto della loro espressione. L'origine della proposta da parte di
una «mente d'artista ri. sulta evidente. Marinetti è definito, al caso, ardito
della poesia». La definizione è sempre di Settimeth, che sostiene inoltre
Marinetti sia «uscito dal Con gresso in «trinonmio» con Mussolini e
D'Annunzio. quello del dopo Fiume »: un'alleanza politica mei fino
ad allora verificatasi. Ed è ancora Settimelli, a questo proposito, a
inneggiare ai due personaggi (Marinetti e Mussolini) in un suo scritto,
già pubblicato su I nemici d'Italia # 4 set tembre 1919. Lo riportiamo
perché ci sembra significa tivo di un legame e di un rapporto. Non è vero
che l'arte debba essere estranea alla politica, vi si sostiene.
Anzi, è proprio l'artista a darle una sua interpretazione od un suo
connotato, un suo «travestimento », od usa sua immagine fanto più nuova,
quanto più ardimentose ed ardita». Mussolini è stato capace di recepirlo,
e il fascismo è un fenomeno nuovo praprin per questo, e
d'avanguardia. La tesi di Settimelli è tipica del «futurismo delle
origini o classica di un momento rivoluzionario, 0 di rinnovamento. Ma
anche Armando Mazza pubblica un «fondo il 30 Ottobre dello stesso anno
sulla medesima testata (I nemici d'Italia). L'articolo non è firmato, ma è
inserito sotto il titolo a quattro colonne: Fascisti, a noi!, con un
commento alle prospettive elettorali, un trafiletto in commemorazione della
vittoria nella’ ricorrenza annuale, e una colonna intestata: Ciò
che ci divide. Vi si spiegano 1 motivi di disaccordo e distacco da tutte
le altre forze politiche, quelle ew-neu traliste e quelle del
passatisma MUSSOLINI E IL FASCISMO Pensare col proprio cervello
originale, liberare completamente il proprio temperamento, essere gli
annunciatori e i fondatori di una nuova mentalità: sofferenza di tutti
i momenti. Mantenere la provria posizione di avanguardia, è
cosa da giganti. Parteciparvi per qualche tempo è da tutti. À
un certo momento rimani quasi solo: la gran parte degli amici si arrende,
brutta e spregevole nella sua viltà mascherata di scetticismo, oppure non
crede più, sopraffatta dalla vecchia e comoda mentalità. Disertano,
perdono ogni ritegno, ti attaccano. Si vendicano di averli resi sia pure per un anno intelligenti, credono di
poter menomare la saldezza del tuo accizio, ti fanno recedere con i loro
atteggiamenti di commendatoria superiorità: cafoni addomesticati, provinciali
inguaribili. Vivi in un ambiente pericoloso e stancante perché senti
che è creato per l’altra gente »1 mediocre, podagrosa. Ti urti
della continua ostilità. Ti trovi dinanzi ad un avversario senza
spirito, monotono, insistente. Un avversario indegno che ha la
bruttezza goffa del rinoceronte e il rompiscatolismo della zanzara.
Hai delle donne. Tentano di tutto per convincerle a rinsavire e ti
denigrano in mille modi cercando di portarle a qualche mediocre ronzino o
a qualche nobilissimo eunuco lucroso 0 decorativo. Lavori. Il
tuo lavoro ba sempre qualche parte che esorbita. Mai delle amicizie, ti
seguono fino ad nn certo punto. Non possono capirti a fondo.
Sei fatto per un mondo di eroismo, di forza, di bellezza, di temerità. Le
tue grandi ali t’impediscono di camminare come il gabbiano di Baudelaire. (eTe) Tutto
questo è atroce, ma di colpo una vittoria ti ripaga di tutto. Aver
avuto ragione, aver visto lontano, aver costruito un nuovo pezzo della
vita, sia pure un piccolo pezzo, avere anche per un attimo e per un
millimetro contribuito allo allargamento del mondo ti fa vibrare per la
gioia dei vertici. Oggi ho questa gioia e la divido con quei pochi
che da dieci anni lavorano con me alla formazione di un ambiente
intellettuale italiano libero dai professori, dai tradi. zionali, dai
gottosi (non alludo ai seguaci del romanziere Salvator!). E
Ia nostra gioia diviene frenetica quando constatiamo che da un'altra
parte, dalla politica ci veniva incontro un uomo formidabile, nuovo come
noi, libero come noi. E' la gioia dei minatori che s'incontrano
finalmente dopo aver forata la montagna. Un «evviva », una manata di
terra sulle facce ebbre, sopra i sudori riganti e una stretia di
mano che è una prova del cuore e dei garretti. Mentre con Marinetti
e con gli altri amici lavoravamo il campo artistico, dall'altro si
muoveva Mussolini lavorando il campo politico. Ci dovevamo incontrare. Un gigante
questo magnifico Mussolini! Con la forza ma anche col peso di un grande
ingegno, di un'anima vasta, di un temperamento spaccafore, figlio di un
fabbro ferraio si tira su a suon di muscoli, di ingegno e di fegato.
Supera la più massacrante battaglia: quella contro la miseria,
quella che non potrà mai esser capita da chi non l’ha provata. Chi
è nato ricco non potrà mai essere completamente dentro la realtà e non avrà mai
il collaudo delle sue energie. Domina le folle, organizza, sbaraglia
Turati, Treves, Raimondo. Galvanizza il partito socialista. Scoppia la
guerra, capisce che la neutralità sarebbe contro il socialismo €
per il medioevo autocratico. Tenta di persuadere. I mediocri ne
approfittano per liberarsi della sua grandezza. Si forma la
imbecillocrazia dell’Avanzi! Mussolini lascia il partito che rimane
acefalo e si divincola in movimenti balordi e vili. Intanto i piedi
ridono soddisfatti per essersi liberati della testa. Nasce così il Popolo
d'Italia. Il primo quotidiano veramente moderno e veramente italiano. Un
ritrovo di energie vive, spregiudicate, temerarie. Il lievito di
questo buon pane italiano nato dalla guerra. In esso tutti i vivi
si incontrano: Futurismo, Arditismo, D'Annunzio. E' una punta sensibile e
perforante, è l'effervescenza della grande coppia italica, è il primo
nucleo per una Italia nuova. Ma il quotidiano non basta a Mussolini. Uomo
d'azione ha bisogno di concretare, vuol raccogliere ciò che semina
giornalmente. Nasce il fascismo. Fenomeno degno della più grande
ammirazione e del più appassionante esame. Più che un partito è una
mentalità. Non si basa sulla promessa di un certo paradiso futuro, si
muove problematicamente passo per passo alternando transigenza a
intransigenza, idealismo a realtà, arte a pratica concreta. Gli avversari
del Fascismo sono le vecchie anime che marciano solo dietro
promesse iperboliche e utopistiche, che scambiano incoerenza con duttilità, che
non vivono dentro la vita vera e vibrante, ma fra gli schemi arrugginiti
di una mentalità libera. Il Fascismo raccoglie gli italiani più
intelligenti e più moderni con la sua ferrea ossatura di concretamento fasciato
da una atmosfera di sensibilità, di cordialità idealistica, di eleganza e di
colore. Rende possibile la politica anche per i temperamenti più contrari
ad essa. Per esempio gli artisti e gli ironici. L'Italia abbonda di artisti e
di ironici, anzi essi formano la sua parte migliore, intellettual.
mente. Mussolini ha avuto il grande pregio di creare un’atmosfera
politica che non ripugna a questi scelti, a questi migliori. L'intelligenza
disinteressata si allontana dalla politica quando essa s'imperna sulla
falsa promessa di un paradiso certo, sul settarismo, sulla gretteria
animale. Si sta preparando in Italia quella rinascita totale, basata
sull’arte che tra le più feroci ironie e gli scetticismi più assoluti
amnnunciai nella Inchiesta sulla vita italiana. SETTIMELLI (da: 1
nemici d'Italia, Milano, SOGNO UN GOVERNO DI TECNICI, ECCITATO DA
UN'ASSEMBLEA Cari Fascisti! Cari Arditi! V'invito ad acclamare un valoroso
fascista assente, che sarebbe qui con noi se il Governo anti-italiano di
Nitti non l’avesse condannato a tre mesi di fortezza C.,
(Grida unanimi di: Viva Mario Carli! e applausi). Il futurista Mario Carli
è sfuggito alla polizia di Albricci e gode l'atmosfera igienica di Fiume
italiana. Ha brillato così una volta di più l'elasticità veramente futurista
di questo poeta che sa tutti i viaggi più pericolosi dello spirito, le
esplorazioni più sottili della psicologia, i razzi più colorati ed anche
la strategia delle strade in tumulto e il governo delle assemblee
popolari. A Mario Carli, poeta delle Notti filtrate, si deve la
fondazione del Fascio di combattimento romano, e, insieme con Settimelli,
del Partito politico futurista, e del giornale Rome futurista. Egli
capeggiò tutte le dimostrazioni violente per Fiume italiana, per la
Dalmazia italiana e per la difesa della vittoria, contro il bolscevismo
rosso e nero, rinunciatario e nittiano. V'invito a gridare ancora: Viva il futurista
Mario Carli! (Quazione, applausi). Lo svaticanamento. Io approvo
incondizionatamente, in nome del futuri smo e dei futuristi italiani,
tutto il programma dei Fasci di combattimento, che vi è stato esposto dal
mio amico Fabbri. Trovo però in questo programma delle lacune
gravi, sulle quali richiamo tutta la vostra attenzione. Fascisti!
Non c'è maggior pericolo, per l’Italia, del pericolo nero. Il popolo italiano,
che ha saputo osare, volere e compiere l’immane sforzo eroico e vittorioso
della grande guerra, decidendo, con la sua vittoria, la vittoria del
futurismo elastico, geniale, sul passatismo teutonico, cubico e
professorale, fallirebbe alla sua missione se non sapesse energicamente
liberare la bella penisola, agile e palpitante di vita, dalla lue mortale
del papato. Noi dobbiamo domandare, volere, imporre, l'espulsione del
papato, o meglio ancora, per usare una espressione più precisa, lo svaticanamento
». (Applausi, ovazione) L'Eccitatorio. Continuando
nell'analisi del Programma dei Fasci di combattimento, trovo l'abolizione
del Senato, al quale si sostituirebbe un Consiglio nazionale tecnico.
Ebbene: io vi dichiaro che il concetto di tecnicità è
importantissimo, ma non basta. Il Senato rappresenta nella storia dei popoli
un costante ossequio alla saggezza dei vecchi, chiamati intorno al potere per
frenarlo, maturarne i propositi, dirigerne le decisioni. La concezione
del Senato, simile a quella del coro nella tragedia greca, ha
singolarmente appesantito, imbrogliato, buroctatizzato e ritardato il progresso
spirituale e materiale delle razze. I legislatori hanno sempre sognato di
frenare il potere del Governo. Essi ignoravano dunque che potere significa
frenare. Essi ignaravano che un Governo è sempre più o meno un carabiniere.
Nulla di più assurdo che il porre un carabiniere a sorvegliarne un altro.
Mettiamo: gli al fianco, piuttosto, un sovversivo, un rivoltoso, un
eccitante. Ed ecco nata la concezione dell’Eccitatorio, organo animatore,
semplificatore e acceleratore, che in una razza come la nostta, piena di
precoci geniali, sarà Ja miglior difesa della gioventù e la migliore garanzia
del progresso e di alta spiritualità. Io sogno in Italia un Governo di tecnici
eccitato da un’assemblea di giovanissimi, al posto dell’attuale
Parlamento di oratori incompetenti € di dotti invalidi, che si fa
moderare da un Senato di moribondi. Il Consiglio tecnico che
rimpiazzerà il Senato dovrà dunque essere composto di giovanissimi, non
ancora trentenni. Insisto su ciò, poiché in Italia si usa invitare i giovani al
potere e si considera poi virile e giovanissimo un uomo di 55 anni.
Salandra grida: Avanti i giovani! Ma tutti con lui temono i giovani,
mettono in quarantena un quarantenne come un coleroso, un cinquantenne
come un dinamitardo, e considerano un sessantenne come un audace quasi
maturo per il governo d’Italia! Occorre un Eccitatorio di giovanissimi, per
evitare un Consiglio tecnico di vecchi, che dopo aver tenuto inutilizzato
per molto rempo il loro ingegno tecnico non sanno più che tecnicamente
morire. La vita italiana si riduce ancora ad una convivenza
cretina di quadri d'antenati senza autorità e senza prestigio, che spandono
intorno, in una penombra tediosa, pessimisino, pedantismo, austerità
professorale, verbalismo patriottico e polvere di Roma antica, e in mezzo ai
quali si aggira sporca, taccagna, provinciale, brindellona, la servaccia
che fa tutto male, tiene malissimo la casa, non vuo! migliorare nulla,
perde la giornata a verificare i conti di cucina, ha sempre paura di spendere e
di rovinarsi, ed è tronfia perché sa fare una minestra non troppo salata
che costa poco. T quadri d’antenati si chiamano Boselli e Salandra:
la servaccia si chiama Giolitti o Nitti. (Quazione) Contro i
quadri d'antenati e la servaccia, poi propo siamo un eccitatorio di
studenti e di Arditi futuristi. Arditismo. Scuole di coraggio
fisico e patriottismo. Una terza lacuna io trovo nel programma dei
Fasci di combattimento, e riguarda la scuola. L'amico futuri sta
Fabbri ha precisato genialmente la grande e necessa ria riforma completa
della scuola. To credo petò che tutto si potrebbe ottenere, e forse
anche un al di là meraviglioso che superi il tutto sogna. ta, mediante
un'imposizione assolutamente ferrea, dirò meglio feroce, della ginnastica
nelle scuole. Si deve giungere anche presto, oltre che a tutte le
forme d'insegnamento pratico e tecnico, nelle officine e nei campi, alle
scuole viaggianti, 0, per meglio dire, viaggi d'istruzione, e a dei veri
corsi o scuole di coraggio fisico e di patriottismo. Bisogna ogni
giorno, nella giocondità di una vita all'aria aperta, con un predominio
assoluto del giuoco sulla lettura, parlare dell'Italia divina ai ragazzi
italiani, insegnare loro, accanitamente, il coraggio fisico e il disprezzo del
pericolo, e premiare dovunque l'audacia temeraria e l'eroismo.
Le scuole di coraggio fisico e di patriottismo devono rimpiazzare
nelle scuole gli oramai preistorici e troglodi. tici corsi di greco e di
latino. Noi futuristi siamo convinti di preparare così quel
tipo di cittadino eroico che saprà difendersi da sè, veramente capace di libero
pensiero e di libero cazzotto, e che renderà assolutamente inutile
l'esistenza delle polizie, delle questure. dei carabinieri e dei
preti. Ferruccio Vecchi. Il mio amico futurista Mario Carli, capitano
degli Arditi, e il capitano Vecchi, capi dell'Associazione degli Arditi, hanno
sentito come me, nascere dal futurismo e dalla guerra, l'Arditiswo, nuova
sensibilità di patriottismo eroico e rivoluzionario. ]l giornale L'Ardito,
diretto dal capitano Vecchi, il celebre sfasciatore dell’Avanti! è
un forte giornale che si deve consigliare ai giovani italiani.
{Qvazioni) Verrà forse un giorno in cui avremo in Italia
quelle scuole di pericoli che io proponevo dieci anni fa nei primi
manifesti futuristi e che furopo realizzate durante la guerra nelle
esercitazioni quotidiane degli Arditi (avanzata carponi sotto un tiro radente
di mitragliatrici; aspettare senza chiudere gli occhi il passaggio radente di
una trave sospesa sulla testa, ecc.). Il proletariato der geniali
Ed ora voglio colmare un'altra lacuna dei programma, parlandovi del solo
proletariato veramente dimenticato ed oppresso: l'importantissimo proletariato
dei geniali. È indiscutibile che Ia nostra razza supera tutte Je razze per
il numero stragrande di geniali che produce. Nel più piccolo nucleo
italiano, nel più piccolo villaggio, vi sono sempre sette, otto giovani
ventenni che, fremono d’ansia creatrice, pieni di un orgoglio ambizioso
che si manifesta in volumi inediti di versi e in scoppi di eloquenza
sulle piazze, nei comizi politici. Alcuni sono dei veri illusi, ma sono
pochi. Non potrebbero giungere al vero ingegno. Sono però sempre dei
temperamenti a fondo geniale, cioè suscettibili di sviluppo e utilizzabili
per accrescere l’intellettualità geniale di un paese. Il movimento
artistico futurista, da noi iniziato 11 anni fa, aveva precisamente per
scopo di svecchiare brutalmente l'ambiente artistico-letterario, esautorarne e
distruggerne la gerontocrazia, svalutare i criteri e i professori pedanti,
incoraggiare tutti gli slanci temerari dell’ingegno giovanile, per preparare
una atmosfera veramente ossigenata di salute, incoraggiamento ed aiuto a
tutti i giovani geniali d'Italia. Incoraggiarli tutti,
centuplicarne l'orgoglio, aprire davanti a loro tutti i varchi, diminuire
al più presto, così, il numero dei geniali italiani falliti e
stroncati. Il futurismo radunò molti di questi giovani geniali. Fra
di loro, nella vampa futurista, ingigantirono e brilla rono: Boccioni,
Russolo, Buzzi, Balla, Mazza, Sant'Elia, Pratella, Folgore, Cangiullo,
Mario Carli, Funi, Sironi, Chiti, Jannelli, Nannetti, Cantarelli, Rosai,
Baldassari, Galli, Depero, Dudreville, Primo Conti, i geniali creatori
del Teatro Sintetico: Bruno Corra e Settimelli, e i valorosi
scrittori futuristi di Roma futurista, Rocca, Bottai, Federico Pinna, Volt e
Rolzon, altissima bandiera d'’italianità in America. Con
meravigliosa elasticità passando dall'arte all’azione politica, questi giovani
furono con me dovunque nelle nostre primissime dimostrazioni contro l’Austria
durante la battaglia della Marna, in prigione per interventismo e
sui campi di battaglia. Propongo che in ogni città siano costtuiti dei
palazzi che avranno una denominazione sul genere di questa: Mostra
libera dell'ingegno creatore. Tn tali palazzi: Verrà esposta per un mese
un’opera di pittura, scultura, plastica in genere, disegni di
architettura, disegni di macchine, progetti di invenzioni. Verrà eseguita
un’opera musicale, piccola o grande, orchestrale o pianistica di qualsiasi
genere, di qual: siasi forma, di qualsiasi dimensione. Verranno
letti, esposti, declamati poemi, prose, scritti di scienza di ogni
genere, d'ogni forma, d'ogni dimensione. Tutti i cittadini avranno diritto di
esporre gratuitamente. Le opere di qualsiasi genere o valore
apparente anche se apparentemente giudicate assurde, cretine,
pazze, immorali, saranno esposte o lette senza giuria. Con
queste mostre libere e gratuite del genio creatore, noi futuristi ci
opponiamo a un pericolo gravissimo: quel lo di vedere nella marea delle
ideologie che rissano intorne alle formole del comunismo e della dittatura del
prolerariato, il naufragio dello spirito. Difendiamo il cervello! Vi
sono fenomeni dovuti alla stanchezza prodotta dal la guerra, alla manîa
plagiaria, alla miopia provinciale, alla verbosità giornalistica e alla
vigliaccheria conservatrice. Si tenta dovunque di divinizzare il
lavoratore manuale e d'innalzarlo al di sopra del lavoratore
intellettuale, No, italiani: il futurismo politico si opporrà
accanita. mente ad ogni volontà di livellamento. Tutto, tutto sia concesso
al proletariato manuale, salvo il sacrificio dello spirito, del genio,
della gran luce che guida. Alle classi oppresse, ai lavoratori che
stentano, sia sacrificata tutta la plutocrazia parassitaria del
mondo. Voi fascisti interventisti sapete che la nostra
grande guerra rivoluzionaria è stata osata, voluta, imposta e tenacemente
portata alla vittoria finale da una minoranza di intellettuali. Erano i
migliori, i meno tradizionali, i più futuristi. Mentre tutto il popolo
era ancora immerso nella quiete pacifista, essi videro la necessità di
guerra, si separarono brutalmente da altri intellettuali, da quelli
che dello spirito altro non hanno che le qualità negative, pedantesche,
culturali, reazionatie, quietiste. Contro e so: pra il piombo del vecchio
intelletrualismo professorale e vigliacco dei Benedetto Croce e dei
Barzellotti, contro l’intellettualismo cavilloso e avvocatesco dei Treves e dei
Turati, si scagliarono gli spiriti veramente puri, lirici e creatori, per
segnare la via da seguire. Fra questi, Gabriele D'Annunzio, che
volò su Vienna e regalò Fiume all'Italia. Fra questi Benito Mussolini,
il grande Fututista italiano, che impavido nel campo trincerato del suo
Popolo d’Italia ha difeso alle spalle noi combattenti al fronte contro le
ondate dei nemici interni, portando le città italiane dal lurido episodio di
Caporetto alla storia ideale di Vittorio Veneto (Applausi).
Gli artisti faranno finalmente del governo un’arie disinteressata, al posto di
quello che è ora, cioè una pedantesca scienza del furto e della
vigliaccheria. eri Io credo che le istituzioni parlamentari siano
fatalmenre destinate a perire. Credo anche che la politica italiana sia
destinata a un inevitabile fallimento, se non si nutrirà di questa forza
viva: gl’ingegneri creatori d’Italia, sbarazzandosi di queste due malattie
italiane: l'avvocato e il professore. Genio creatore, elasticità
artistica, praticità sintetica, velocità improvvisatrice ed entusiasmo
fulmineo: ecco le belle forze che spiegano la vittoria del 15 giugno sul
Piave e quella di Vittorio Veneto (Applausi). Artisticamente
improvvisando tutto, e con genio creatore, la mia bella autoblindata
dell'ottava Squadriglia al comando del capitano Raby guadava come una
torpediniera i torrenti gontiati. Poi si slanciava giù dalle monta. gne
carniche col tuffo frenetico fulmineo di un pugnale d'Ardito nella
smisurata pancia idropica dell'esercito austriaco disfatto, e schizzava fuori
dalla schiera contro Vienna. Artisticamente, il genio
creatore di D'Annunzio conquistò Fiume italiana. In Fiume italiana,
io provai recentemente il più acuto spasimo di guida della mia vita, nel
gualcire un pacco di corone austriache deprezzate a pochi centesimi dalla
nostra vittoria. Gioia forsennata di stritolare così finalmente il
cuore finanziario, militare, passatista del nemico ereditario, fra
le mie mani ancora frementi della vibrazione della mia mitragliatrice di
Vittorio Veneto! (Ovazione). MARINETTI [da: L’Ardito,
MARINETTI MARIO CARLI MINO SOMENZI SECONDO FUTURISMO E FASCISMO-REGIME ll 1923 è un po' l'anno
di apertura del futurismo dopo la ritirata e il distacco dal fascismo del
II Congresso di Milano al nascente fascismo-regime (secondo la
definizione di De Felice), quello dell’assestamento o dell'e ordine» (che si
consoliderà il 3 gen naio 1925). Marinetti si accosta in un certo senso
al nuovo governo con una richiesta in forma di mani festo al
Governo Fascista» del 1° maggio 1923. Col manifesto e con
l'affermazione di un certo qual futurismo «mussoliniano », 0 nel
sottolineare la realizzazione di un programma minimo futurista da par te
del fascismo, Marinetti cerca di porsi in buona luce e di far accettare
le sue proposte al governo fascista. ll programma fu in linea di massima
approvato da Mussolini. Quel Mussolini che comincerà a venir illustrato e
celebrato anche dai futuristi, forse molte volte in buona fede per
l'effettiva sua vicinanza alle tesi ed al dinamismo tipico di Marinetti e
delle sue teorie. Tuttavia Mario Carli nel '26 pubblica nel suo li
bro Fascisma intransigente wn articolo a suo tempo se questrato e che
risuona echi di sinistri miraggi ». S'intitola Natale senza luce e si riferisce
probabilmente al Natale del ‘21, dopo l'impresa di Fiume cui Carli
aveva ben ardentemente partecipato: si augurava inutilmente il
Carli che l'impresa di Mussolini (la marcia su Roma) continuasse quella
breve esplosione innovatrice della nuova Italia della Vittoria (la marcia
su Ronchi). Ma le «vecchie pance» e le «vecchie barbe» tengono
invece «il canzpo della vita nazionale e «la manovra parla mentare
domina ancora tutto il congegno di governo ». Marinetti sul numero 9 del
2-11-1932 del nuovo Futurismo, esprime aminirazione ed esalta lo spirito
rivoluzionario della Mostra nel decennale della Rivoluzione (svoltasi a Roma).
Intitola Varticolo Stile futurista e vuole commemorare in certo senso uno stile
degli anni d'oro dello spirito interventista e rivaluzionario da
cui è nato il fascismo, quello così detta antemarcia ». Nel 1934 al 1° di
febbraio, sul terzo numero di SunWElia, che è secondo titolo di
Futurismo, generoso tuttavia di perticolare spazio cd attenzione at
problemi dell'architettura, Mino Somenzi intitola un suo pezzo a IT
Duce e il futurismo, e vi sostiene la necessità di Mussolini, come capo
del governo, di non essere né futurista né passatista. Per il superiore
equilibrio sulle parti che la sua posizione richiede. Tuttavia le
simpatie di Mussolini non possono non andare ai futuristi, dice
Somenzi, quali novatori e sostenitori dell'arte d'avanguardia italiana. In
questo sensa i futuristi non possono non guardure a lui come ad un
appoggio e ad un sostegno, come del resto egli medesima più volte si è dimostrato.
E qui forse, in questa tesi, vediamo tutta la posizione ed il carattere
del secondo futurismo ». Ancora sulla stessa testata del 4 aprile ’34, n.
64. un grande intervento centrale di prima pagina su Ventitre marzo
futurfascista, mette in rilievo i caratteri comuni di futurismo e fascismo,
anche quelli per cui molti fascisti non st identificano con i futuristi
ed anzi simmedesimano nel loro contrario essendo dei rimorchiati che non
hanno assorbito lo spirito diciannovi sta e rivoluzionario delle origini
». I DIRITTI ARTISTICI PROPUGNATI DAI FUTURISTI ITALIANI Manifesto
al governo fascista Mio caro Marinetti, approvo cordialmente la
tuu iniziativa per la costituzione di una Banca di Credito
specialmente per gli Artisti. Credo che saprai sormontare gli eventuali
ostacoli dei soliti misoneisti. Ad ogni modo questa lettera può servirti
di viatico. Ciao, con amicizia, MUSSOLINI Vittorio Veneto
e l’avvento del Fascismo al potere costituiscono la realizzazione del programma
minimo futurista lanciato (con un programma massimo non ancora raggiunto) 14
anni or sono da un gruppo di giovani audaci che si opposero con argomenti
persuasivi all'intera Nazione avvilita da un senilismo e da un
mediocrismo paurosi dello straniero. Questo programma minimo
propugnava l’orgoglio italiano, la fiducia illimitata nell’avvenire degli
italiani, la distruzione dell'impero austroungarico, l’eroismo
quotidiano, l’amore del pericolo, la violenza riabilitata come
argomento decisivo, la glorificazione della guerra sola igiene del mondo,
la religione della velocità, della novità, dell’ottimismo e
dell’originalità, l'avvento dei giovani al potere contro lo spirito
parlamentare, burocratico, accademico e pessimista. La nostra influenza in
Italia e nel mondo è stata ed è enorme. Il Futurismo italiano,
tipicamente patriottico, che ha generato innumerevoli futurismi esteri,
non ha nulla a che fare coi loro atteggiamenti politici, come quello
bolscevico del Futurismo russo divenuto arte di Stato. Il Futurismo
è un movimento schiettamente artistico e ideologico. Interviene nelle
lotte politiche soltanto nelle ore di grave pericolo per la
Nazione. Fummo primi fra i primi interventisti; in carcere
per interventismo a Milano durante la Battaglia della Marna; in
carcere con Mussolini nel 1919 a Milano per attentato fascista alla
sicurezza dello Stato e organizzazione di bande armate.Abbiamo creato le
prime associazioni degli Arditi e molti tra i primi Fasci di
combattimento. Divinatori e lontani preparatori della grande Italia
di oggi. Noi futuristi siamo lieti di salutare nel non ancora
quarantenne Presidente del Consiglio un meraviglioso remperamento
futurista. Da futurista, Mussolini ha parlato così ai giornalisti
esteri: Noi siamo un popolo giovane che vuole e deve crea re e
rifiuta d'essere un Sindacato di albergatori e di quardiani di museo. Il nostro
passato artistico è ammirevole. Ma, quanto a me, sarò entrato tutt'al più
due volte in un MIUSCO. Recentemente Mussolini ha pronunciato questo
discorso tipicamente futurista: Il Governo che ho l'onore di
presiedere è Governo di velocità, nel senso che noi abbreviamo tutto ciò
che significa ristagno nella vita nazionale. Una volta la burocrazia si
addormentava sulle pratiche emarginate. Oggi tutto deve procedere con la
massima rapidità. Se tutti procederemo con questo ritmo di forza e di volontà e
di allegrezza, supereremo la crisi, la quale, del resto, è già in parte
superata. lo sono lieto di vedere il risveglio anche di questa Roma che
offre lo spettacolo di officine come questa. lo atfermo che Roma può
diventare centro industriale. 1 romani devono essere i primi a disdegnare
di vivere soltanto sulle loro memorie. Il Colosseo, il Foro romano
sono glorie del passato: ma noi dobbiamo costruire le glorie del presente e del
domani Noi siamo la generazione dei costruttori che col lavoro e con la
disciplina del braccio e intellettuale vogliono raggiungere il
punto estremo, la meta agognata della grandezza della Nazione di
domani, la quale sarà la Nazione di tutti i produttori e non dei
parassiti ». Con Mussolini il Fascismo ha ringiovanito l'Italia.
Spetta a Lui l'aiutarci nel rinnovamento dell’ambiente artistico
ove permangono uomini e cose nefaste. La rivoluzione politica deve
sostenere la rivoluzione artistica, cioè il futurismo e tutte le
avanguardie. DOMANDIAMO: DIFESA DEI GIOVANI ARTISTI ITALIANI
NOVATORI in tutte le manifestazioni artistiche promosse dallo Stato, dai Comuni
e private. Esempi: Alla Biennale di Venezia furono invitati avanguardisti e
futuristi stranieri {Archipenko, Kokoschka, Campendonk), mentre non furono mai
invitati i futuristi italiani (creatori di tutti i futurismi). Bisogna
sradicare questa ignobile antitalianità sistematica! c) Al Teatro
della Scala {che ha la funzione di rivelare, glorificandoli, i nuovi musicisti
italiani) si danno ogni anno due opere di Wagner e nessuna (o quasi
nessuna) di giovani italiani. Si preferiscono cantanti stranieri inferiori
ai nostri, Bisogna sradicare questa ignobile antitalianità sistematica! Il
Teatro di Siracusa non può essere riservato alla gloria dei classici
greci! Domandiamo che, alternativamente alle rappresentazioni delle opere
classiche, si svolga un concorso per un dramma moderno pittoresco adatto
all'aria aperta di un giovane siciliano da premiarsi e incoronarsi solennemente
nel teatro stesso. (Proposte Marinetti, Prampolini, Jannelli, Nicastro,
Carrozza, Russolo, Mario Carli, Depero, Cangiullo, Giuseppe Steiner, Volt,
Somenzi, Azari, Matasco, Dottori, Pannaggi, Tato, Caviglioni, Paladini Raciti,
Mario Shrapnel, Raimondi, G. Etna, Sportino-Bona, Cimino, Soggetti,
Rognoni, Masnata, Mortari, Piero Illari, Rizzo, Soldi, Leskovic, Buzzi,
Casavola, Clerici, Caprile, Scirocco), ISTITUTI DI CREDITO ARTISTICO ad
esclusivo beneficio degli artisti creatori italiani. Come si aprono
delle Banche di credito a favore delia industria e del commercio,
similmente si dovranno creare appositi Istituti che sovvenzionino
manifestazioni artistiche o Istituti d'arte industriale o anticipino
denaro agli artisti per il loro lavoro (manoscritti, quadri, statue,
ecc.) i loto viaggi di isttuzione o di propaganda. Tali
Istituti di credito potranno avere carattere privato (Società anonime per
azioni) o governativo (enti e fondazioni). Nel primo caso la nascita di
tale Istituto è legata alla maggiore o minore buona volontà e
mumero degli aderenti. Nel secondo caso il capitale necessario satebbe
sicuramente e prontamente realizzabile solo che lo Stato decretasse
un'imposta od una ritenuta anche minima, ma estesissima, sui redditi di
guerra, sui patrimoni, ecc., o mediante una sottoscrizione nazionale ad
iniziativa statale. L'Istituto agirebbe poi come una Banca per gli
artisti, accetterebbe depositi di opere d'arte, e in base alla valutazione
reale darebbe sovvenzioni od aprirebbe crediti. L’opera d’arte
giacente costituirebbe un deposito fruttifero per il depositante e per
l’Istituto stesso che promuoverebbe iniziative artistiche, vendite, ecc. Così
l'artista e l'opera d’arte sarebbero valorizzati. Questi
Istituti potrebbero intraprendere concessioni di mutui a favore
d’'industrie artistiche e ottenere l’uso di palazzi per adibirli ad
abitazioni di artisti, d’istituzioni artistiche od aprirvi periodiche mostre.
(Proposta Prampolini, Marinetti, Russolo, Cangiullo, Depero, Settimelli,
Mario Carli, Buzzi, Matasco). DIFESA DELL’ITALIANITÀ.
Italianizzazione obbligatoria immediata degli alberghi (tutte le diciture,
insegne, liste delle vivande, conti, ecc., in lingua italiana), dei
negozi e della corrispondenza commerciale. Mezzi automatici per propagare la
lingua italiana senza spese. (Proposta Marinetti, Russolo, Buzzi,
Folgore, Mario Carli, Settimelli, Depero, Cangiullo, Somenzi, Marasco,
Rognoni. Italianizzazione della nuova architettura contro l'uso
sistematico di plagiare le architetture straniere. Cominciare questa
italianizzazione in tutti gli edifici statali, specialmente nei paesi redenti.
(Proposte Virgilio Marchi, Depeto, Russolo, Buzzi, Somenzi, Azari,
Marasco, Prampolini, Folgore, Volt. Italianizzazione obbligatoria delle
edizioni e dei caratteri tipografici. Proposta Frassinelli, Rampa-Rossi. ABOLIZIONE
DELLE ACCADEMIE, Istituti di Atte e Scuole professionali. Gl’attuali
sistemi d'insegnamento nan corrispondono alle esigenze estetiche
dell'evoluzione dell’arte attraverso i tempi. L'arte non si insegna. Gli
attuali diplomati non sono né tecnici competenti né artisti.
Abolizione delle Accademie di Belle Arti e Professionali senz’altre
sostituzioni. (Proposta Marasco). PROPAGANDA ARTISTICA ITALIANA
ALL'ESTERO mediante un Istituto Nazionale di propaganda artistica all’estero
che tuteli glì interessi artistici ed economici degli artisti italiani.
Questo Istituto dovrà essere diretto da giovani artisti stimati
all’estero e che propugnino con italianità il genio novatore italiano
Avrà commissioni permanenti riguarda ti le varie arti e uffici di
corrispondenza nei principali centri artistici esteri. Agirà mediante
conferenze, concerti, esposizioni e pubblicazioni periodiche di
propaganda. (Proposta Prampolini, Russolo, Buzzi, Volt, Marasco). CONCORSI
LIBERI D'ARTE. Utilizzare una parte del denaro che lo Stato
spende attualmente per l'arte in concorsi di poesia, plastica, architettura,
musica, riservati ai giovani non ancora venticinquenni, da premiarsi mediante
un referendum popolare. (Proposta Balla, Marinetti, Marasco). AFFIDARE
L'ORGANIZZAZIONE DELLE FE. STE NAZIONALI E COMUNALI (cortei, gare
sportive, ecc.) ai gruppi d’artisti d'avanguardia italiani, i quali hanno
ormai provato in modo incontestabile la loro genialità innovatrice, fonte
di quell’ottimismo che è indispensabile alla salute della Patria. (Proposta
Depero, Azari, Marinetti, Marasco). AGEVOLAZIONI AGLI
ARTISTI. Riconoscimento legale da parte del Governo dei diritti
d'autore per gli artisti delle arti plastiche, sul maggior prezzo raggiunto
dalle opere loro, attraverso le vendite successive, mediante una istituzione
simile alla Società degli Autori ». Abolizione delle tariffe doganali
internazionali sia riguardo le importazioni che le esportazioni delle
opere d’arte moderna. (Proposta Prampolini, Depero, Azari, Marasco,
Marinetti, Volt). CONSIGLI TECNICI CONSULTIVI formati da artisti ed
eletti fra artisti con una rappresentanza proporzionale delle tendenze
d'avanguardia. Questi Consigli Tecnici consultivi avranno lo scopo di tutelare
gl’interessi degli artisti nei rapporti con le istituzioni statali,
comunali, private e gli artisti stessi. {Proposta Prampolini, Marasco,
Marinetti, Volt) RAPPRESENTANZA PROPORZIONALE. Le avanguardie
artistiche italiane dovranno essere invitate a partecipare con una
rappresentanza proporzionale a tutte le manifestazioni e cariche
artistiche statali, comunali e private. (Proposta Prampolini, Marasco, Marinetti,
Volt). CONSORZIO INTERNAZIONALE per la tute. la degli interessi
artistici ed economici degli artisti d'avanguardia. Questo Consorzio dovrebbe
proporsi l’accentramento delle migliori istituzioni artistiche di
avanguardia, per la solidarietà, la difesa e la propaganda artistica
ed economica. (Proposta Prampolini, Marasco, Marinetti,
Volt). Per la Direzione del Movimento Futurista e per tutti i Gruppi
Futuristi ltaliani MARINETTI NATALE SENZA LUCE
sequestrato). Chi fu legionario di Fiume non potrà mai dimenticare le
rosse giornate natalizie di quattro anni fa, con le quali si conchiudeva
tragicamente e desolatamente una breve ma non ingloriosa epopea. Il
ricordo ha poi un valore particolare per chi lo avvicini al pensiero
della situazione politica odierna, che ha qualche vaga analogia con
quella che segnò la fine di un generoso sforzo della nuova Italia.
Il sangue fraterno di quelle Cinque Giornate non è stato ben
vendicato. Pareva a molti di noi che la Marcia su Roma dovesse continuare
quella di Ronchi per dare alla nostra grande Patria una nuova fisionomia
di potenza e per vivificarla di un nuovo afflusso di giovinezza. Ma la spinta
rinnovatrice della generazione di Vittorio Veneto si è, ahimé, fiaccata nel
labirinto delle vecchie pance e vecchie barbe che tengono tuttora il
campo della vita nazionale. E sul tempo d’arresto che oggi fa
segnare il passo alle orgogliose avanguardie d'impero, la sagoma
«immortale del cavalier Giolitti si profila come quattro anni fa a rassicurare il mondo
che l’Italia è ancora quella mediocre, umile nazioncella di molte
chiacchiere innacue ma di pochi fatti pericolosi, e che agni tentativo di
virilizzarsi e impennarsi in alati eroismi, è destinato al più pietaso
insuccesso. Sembra a ben considerare i più recenti avvenimenti che il
sogno di una politica più alta, più rettilinea, più forte, sia una
morbosa fantasia di cervelli malati; e che una sola specie di politica
sia possibile: quella che ha nome Giolitti. Vale a dire: quella basata
sull’intrigo, sul compromesso, sulla pattuizione, sull’arte di farsi
ricattare. La manovra parlamentare domina ancora tutto il congegno di
governo. E’ pacifico che non si governa coi parlamenti, poiché essi sono
l’antigoverno per eccellenza: ma è altrettanto pacifico che questo popolo
italiano rabbiosamente ingovernabile non vuol rinunciare al suo
bravo Parlamento, fonte di ogni male, serbatoio di ogni decadenza. Contro
questa massima cloaca nazionale (parlo, s’intende, dell'Istituto, non degli
uomini) il Fascismo è andato a impantanarsi pazzescamente. Il Fascismo ha commesso
questo gravissimo errote iniziale: di non saltare a pié pari il
Parlamento. Viceversa vi si è sentito attratto, ha voluto saggiarne le
delizie, ha voluto conquistare questa quota a colpi di scheda mortificando la
sua anima guerriera quando avrebbe dovuto farla saltare a colpi di
bomba. E certi errori sono troppo gravi perché non si debbano
scontare. Tuttavia, non si potrà negare a noi irriducibili antiparlamentari,
a noi rimasti fuori dell'aula per volontà premeditata, e quindi immuni da
interessi e da schiavitù elettorali, it diritto di tener fede ai principi
per quali s'iniziò la battaglia, e soprattutto alla nostra accesa spiritualità
di italiani #4ovi: nuovi nella mente, nel temperamento, nell’educazione, nella
passione. Anche se tutto crollasse attorno a noi, e il nostro sogno
trilustre, perseguita con appassionata tensione di nervi e di cervello, dovesse
ridursi in polvere di macerie, noi non rinunzieremmo ad essere quelli che fummo
e che siamo: cittadini di una Patria più grande, più eroica, più
possente, più dominatrice. Mai non rinunceremo lo sappiano bene i
nostri nemici alla nostra sete d’impero, alla nostra fiamma di
grandezza, che odia la vita democratica, l’egualitarismo ipocrita, il
pietismo umanitario, l’eunuco calamento di brache. A noi conviene la formula
maschia di Silla, che per disciplinare la repubblica in dissoluzione e
prepararla all'impero, chiedeva tutti i poteri, il controllo sui tribunali
civili e militari, la giurisdizione eccezionale, la legisiazione di gabinetto
da sovrapporre a tutte le leggi anteriori, il diritto di battere moneta, di
convocare il popolo, di sospendere e punire i funzionari dello Stato, e
infine, di mettere fuori della legge i cattivi cittadini. A noi
piace infinitamente Ja salutare ferocia di questo Dittatore-modello, che,
mentre il Senato discute se conferirgli o no la potestà dittatoria, fa
giungere nell'aula il fiero ululato dei seimila prigionieri di Porta
Collina, sgozzati al suo segnale, e che incide sulla tabella i nomi dei
Senatori vetanti contro di lui, per ricordarsene a tempo e luogo.
Il Fascismo è venuto al potere più attraverso la spa da di Silla
che l’oratoria di Cicerone. Perché dimenticarsene? II Fascismo non ha nulla da
sperare da una sua politica di debolezza conciliatrice. I suoi nemici
lo vogliono polverizzato e disperso, e tale lo avranno se si
continuerà a ceder loro in ogni occasione. Dal 10 giugno in poi, si può
dire che l’Italia è stata governata dall'ombra dell’Aventino. Tutto questo è
contro natura, contro storia, contro giustizia. Non sono le ombre che
possano aver diritto al comando, bensì le energie luminose. Quando ci
scrolleremo di dosso tutte le ombre importune che ci soffocano come ali
di corvacci e di vampiri? Mario CARLI [da: Fascismo
intransigente, Bemporad, Firenze] Con la Mostra della Rivoluzione
si risolve finalmente, e in modo favorevole, il grave problema della
militarizzazione della fantasia creatrice mediante temi fissi da imporre agli
artisti. Molti fra i pittori, scultori e architetti, invitati a realizzare
questa Mostra grandiosa, furono indubbiamente turbati dal prestigio di
queste gloriose parole che dominano ormai nella nuova storia d’Italia:
interventismo, Vittorio Veneto, Mussolini, e Popolo d'Italia, Diciannove,
battaglia di via Mercanti e incendio dell’Avanti!, covo di via Paolo da
Cannobio, Casa Rossa, Lodi, Palazzo Accursio, Marcia su Roma. Legati
tradizionalmente ai noti motivi idilliaci cittadinì o rurali, tramonti
melanconici e ritratti statici, questi artisti sentirono subito la necessità di
capovolgere il loro spirito per disegnare nell'aria un tuffo perfetto
nel mare della novità. Da tempo il Futurismo italiano, con il
suo seguito di avanguardie estere più o meno originali, gridava per insegnare
l'invenzione a ogni costo. Quattro mesi fa il Duce, con la sua bella parola
imperiosa e veloce, ordinò che si evitasse il passatismo della palandrana
di Giolitti. Suggestionati poi dal dinamismo aggressivo colorato e
tragico della Rivoluzione, essi abbandonarono la loro staticità e la classicità
placida. Gli architetti incaricati di dare una faccia nuova al vecchio e
brutto Palazzo dell’Esposizione, sentirono l’assurdità di qualsiasi
decorativismo simbolico, floreale, mitologico o grazioso. Le loro prime
linee gettate sulla carta, rizzandosi ascensionalmente, presero lo slancio
aggressivo, guerriero e minaccioso di altissime torri di acciaio o ciminiere
naviganti. A me ricordano simpaticamente i geniali fasci di ascensori
dell'architettura di Antonio Sant'Elia, il grande e compianto padre futurista
dell’architettura moderna. Logicamente andò determinandosi lo stile della
Mostra per virtù della Rivoluzione e del suo ritmo mobile aggressivo. Si
ricorda l’intero profilo d’uno squadrista. Un dettaglio basta. Di
quell’autocarro schiacciato dal peso dei fascisti come un tino stracarico
di giganteschi grappoli neri io ricordo soltanto il mosto rosso a terra e
l’acutissimo odore di benzina. Quindi sintesi, dinamismo e intersecazioni di
piani. Visibilità aggressività giocondità. Questa Mostra della
Rivoluzione, che tutti gli squadristi augurano non effimera ma duratura,
stabilisce la gloria del Fascismo con uno stile rivoluzionario italiano
che ha avuto pet primi maestri Sant'Elia e Boccioni. E’, secondo le
parole di Rossoni dettemi questa mattina, il trionfo dell’arte
futurista. MARINETTI [du: Fuiuriszo, Nel fervore della polemica pro
e contro il Futurismo molti si chiedono: come la pensa il Duce? A questo
in terrogativo i nostri avversari rispondono arbitrariamente come
saremmo ugualmente arbitrari noi volendo asserire l'opposto di ciò che
loro affermano. Per la verità il Duce non può essere dall’una o
dall’altra parte (passatismo © futurismo) ma nella sua specifica qualità
di Capo della Nazione non può essere passatista e futurista nello
stesso tempo. Che Egli prediliga come certuni pretendono correnti
intermedie lo esclude il suo temperamento nemico di tutti gli
oscillamenti e di ogni mezzo termine. Preferisce le posizioni diritte anche le
più azzardate e non è detto quindi che si compiaccia trattenersi ad
ammirare le varie denominazioni che si dànno alla strada nel corso
di così lungo e complicato cammino com'è quello dell'arte. Egli tende
alla meta: L’arte fine a se stessa. Passatismo e Futurismo: due colossi
che se non esistessero Mussolini li avrebbe creati apposta non fosse altro, per
}a gioia patriottica di vedere scaturire dal cozzo di queste
mentalità opposte, nuove faville di luminosa genialità italiana. I
piccoli mondi che rotolano ai margini di questa battaglia sono frammenti
o scorie staccatesi, nell’urto, dal corpo dei titani: hanno una vita
effimera e quelli che precipitando come valanghe trascinano nella loro scia
deboli detriti superficiali, se sopravvivono, sono sempre alimentati dall'atmosfera
incandescente generosa che emana il corpo che li ha creati. Passatismo e
Futurismo rimangono inamovibili l'uno di fronte all'altro: impossibile
conciliare il concetto conservatore tradizionale del primo col
principio rivoluzionario rinnovatore del secondo. Chi sia il più
forte non è facile stabilite: dipende da determinate condizioni
intellettuali e spirituali di tempo. Oggi però in questo secolo fascista più
che le biblioteche e i musei si moltiplicano scuole avanguardiste,
impressioniste, razionaliste, novecentisie, moderniste in genere, tutte volenti
o nolenti generate dal futurismo. Volenti o nolenti: non ha valore
il fatto che molti sconfessano la loto origine. E' fatale; anzi vorremmo
dire storico. Probabilmente tra cinquant’anni il mondo fascistizzato
considererà Mussolini un utopista e ogni nazione vanterà il merito di
avere instaurato per prima il nuovo regime politico. Di queste infamie la
storia è... maestra; solo dopo qualche secolo si rende giustizia alla
verità. Tornando al nostro argomento, è fuori dubbio che Mussolini,
valotizzatore delle gloriose conquiste del passato, sprona i capaci a
superarle sul traguardo del più fulgido domani. Quindi il futurismo rappresenta
infatti quell’eroica generosa pattuglia d’assalto che trascina l’esercito
degli artisti alla conquista del nuovo. Questo fatto in sé eloquente e
inconfondibile, unico nella storia dell’arte, ha rapporti precisi in
campo politico con la gloriosa epopea mussoliniana. L'inesauribile
ottimismo futurista si identifica così con il concetto generoso originale
ardito del fascismo vittorioso. Senza citare fatti e particolari di cui
sono ricchi i nostri ricordi personali, in tema Mussolini e il futurismo basterà
ricordare giacché l'occasione è opportuna queste tre date significative:
Boccioni vi avrà detto che tutte le mie simpatie sono, anche nel
dominio dell’arte, per i novatori e i distruttori e per i futuristi... Mussolini:
presente adunata futurista che sintetizza vent'anni di grandi battaglie
artistiche politiche spesso consacrate col sangue. Congresso deve
essere punto di partenza non punto d'artivo Mussolini Dopo di avere concesso il
suo alto patronato per le onoranze nazionali al futurista Boccioni, Mussolini offre il PRIMO generoso
contributo materiale per il trionfo della grande rassegna dell’arte futurista
italiana. A questo punto, dopo quanto abbiamo detto,
ulteriori considerazioni sono superflue come sarebbe superfluo ricordare
ancora una volta l'influenza patriottica esercitata dal futurismo sulla
gioventù italiana prima durante e dopo la guerra e il fattivo isolato
contributo dei futuristi al fascismo. SOMENZ2I (da: Sant'Elia]
Allorché quindici anni or sono, nel palazzo di Piazza San Sepolcro,
Mussolini gettò le fondamenta di quello edificio colossale che doveva
essere il Fascismo, se nel manipolo degli intervenuti individuò degli
artisti, questi erano soltanto ed esclusivamente artisti futuristi. Appena
creati i Fasci di combattimento, i primi gruppi che cotseto ad ingrossare
le schiere che cominciavano a formarsi furono i gruppi politici
futuristi, prima, e gli arditi di guerra e i legionari fiumani, poi,
sempre per merito esclusivo dei futuristi. Il nostro Movimento diede quindi al
Fascismo un apporto qualitativo e un apporto quantitativo: inoltre diede
alla creazione mussoliniana un conttibuto gigantesco di fede cieca, di
entusiasmo eroico. Vogliamo indagare il perché di questa spontanea simpatia,
di questo irresistibile trasporto del Futurismo verso il Fascismo; il
perché della meravigliosa, totalitaria corrispondenza fra una cemcezione
eminentemente politica ed una concezione eminentemente artistica? Prima
di tutto, troviamo che il Fascismo e il Futurismo hanno alla loro origine dei
germi comuni: l’amore disperato alla propria terra, la necessità di moto
e di azione. Dell’intervento nella grande guerra uno fece il punto
di partenza per la sognata rivalorizzazione della patria; l’altro, lo
sbocco conclusivo di quei fatti e di quelle idee che possono riassumersi nei
tre principii futuristi: Tutti 1 diritti, meno quello di esser vigliacchi
». La parola Italia deve prevalere sulla parola libertà ». La
puerta, sola igiene del mondo », Dalle piazze affollate d'Italia si
passò alle trincee insanguinate d'Italia: interventisti intervenuti: identico
entusiasmo: identici sacrifici: identica volontà di far germogliare il bene
della Patria dal martirio e dalla morte dei suoi figli. E questa è
già molto per dimostrare la straordinaria affinità sentimentale, di
origine e di scopi esistente tra Fascismo e Futurismo. Ma v'è
di più. Infatti, passando dal campo delle concezioni teoretiche a quello delle
espressioni pratiche, noi vediamo il Fascismo disdegnoso di adagiarsi nei
ricordi del passato, ansioso di sciogliersi dai vincoli del
presente, protesa con gli spuardi e con tutte le energie alla conquista
del domani. Avanti, avanti sempre, incita il Duce; raggiunta una mèta,
mille altre se ne profilano: occorre raggiungere anche queste: ogni sosta
è un tradimento: ogni indugio è un delitto. Non sona questi i
principii stessi cui s’informa il Futurismo? E il Futurismo è
tutto azione e vita: nelle sue schiere accoglie la più bella e sana gioventù
d'Italia: gioventù d'anni, ma anche di spiriti. I suoi artisti creano con la
stessa generosità, con lo stesso dispregio di ogni premio e di ogni
riconoscimento, con i quali ! nostri soldati scattavano all’assalto: loro
unico orgoglio, lora unica aspirazione è di poter contribuire a che il
nome d’Italia sempre più alto e sonoro e sempre niù in estensione squilli
nel mondo. E non è Fascismo, questa? Ma non è soltanto
ciò quello che ci spiega come, fatto mai verificatosi nella storia
dell'umanità, una concezione esclusivamente morale ed artistica abbia
potuto così bene assorbire ed assorbirsi in una concezione
esclusivamente politica e sociale Il fatto straordinario che
oggi non può non riempirci di legittima se pur meravigliata
soddisfazione, è questo: un colosso della politica che pensa, agisce,
crea, con la ispirazione e la chiaroveggenza luminosa di un poeta:
un poeta che vive la sua arte come una battaglia politica per la
gloria della Patria sua. Né le due espressioni, fino ad oggi antitetiche,
politica e arte, s'urtano o si contrastano: anzi si può ben dire che esse
hanno così informato di sé medesime le due personalità che concepirle in
diversi atteggiamenti spirituali ci sarebbe impossibile. Come spiegare
questo fatto così nuovo e così fuori del comune, se non riferendoci ad una
forza incoercibile, misteriosa, ma che tuttavia sussiste, a quella forza cioè
che crea in alcuni privilegiati quegli speciali stati d'animo per cui il
Genio, attraverso l'adamantina luminosità di un pensiero superiore, giganteggia
e s’infutura? È indubbiamente questa forza contro la quale noi nulla
possiamo che fa di Mussolini un futurista della stessa tempra di
Marinetti e di Marinetti un fascista, degno seguace di Mussolini. È sempre
questa forza che avvicinando i due crea- tori, avvicina conseguentemente
le loro due creature: è perciò che come non potrebbe comprendersi un
futurismo non fascista così non si potrebbe concepire un fascismo
conservatore e passatista. È perciò ancora che i futuristi e i fascisti,
se veri ambedue, s’intende, non possono distinguersi: l’italiano
nuovo è un miscuglio nel valore che la chimica dì a questa parola di
fascismo e di futurismo: essi costituiscono i due elementi inscindibili e
insostituibili di un tutto organico. Chi ha detto ai nostri
giovani di chiamarsi /uturfascisti? Nessuno: eppure essi, generalmente, così
amano definirsi. Inconscio, spontaneo riconoscimento di una grande verità che
non può discutersi e non si distrugge. Come altrettanto vero è che
i fascisti autentici sono ottimi futuristi. e non potrebbe essere
diversamente data l'essenza dinamica, generosa, novatrice, ottimista
nella quale il Duce vuole plasmati i nuovi italiani. Ma come
avviene, allora, che anche tra i fascisti sono molti i contrati al
Futurismo? Perché molti sono i rimrorchiati che pur vestendo
in camicia nera e ostentando il distintivo, parlando (e purtroppo
parlando solo) fascisticamente e mettendosi sempre in prima fila nei cortei,
han tuttavia conservato l’anima italiana di anteguerra, pavida, gretta,
piccina. Molti altri poi, pur sentendo nel loro intimo tutto
ciò che di bello e di buono ha il Futurismo, per un senso invincibile di
borghesisma, per timore di essere ridicolizzati e per desiderio di essere
tenuti e rispettati quali persone serie, dicono e non dicono, ammettono e
smentiscono, concedono e negano, opportunisti rammolliti, borghesi,
vigliacchi. Ma ciò che prima o poi capiterà a costoro, che
noi sentiamo di odiare profondamente, molta ma molto di più dei
nemici nostri aperti e leali, che almeno rispettiamo, lo ha detto chiaramente
il Duce nel suo recente magnifico discorso all'Assemblea quinquennale.
Per essi non si tratta né di Fascismo né di Futurismo: si tratta di
vigliaccheria, e basta. Non han diritto neppure a chiamarsi italiani.
Né escludiamo da questa ignominiosa schiera quei giovani d'anni che han
conservato intatta l’anima dei bisavoli: che gridano doversi l’arte rinnovare e
si impuntano come muli riottosi dinanzi al futurismo: che accettano
e sì prosternano ad ogni novità che ci proviene d'oltre confine,
anche se figlia di genitori futuristi italiani, e fanno i disdegnosi,
gl’incontentabili, i superuomini verso il nostro movimento che gli
stranieri stessi ammirano come un’altra delle tante glorie italiane.
Anche questi così detti giovani non possono e non potranno mai essere
fascisti sul serio, giacché essi non hanno del Fascismo né compreso né
assimilato quelle caratteristiche di spiccato futurismo che sono il rinnovamento,
la velocità, il dinamismo, il continuo superarsi, la mat cia ininterrotta
verso la perenne conquista. E lo stesso diciamo di quei critici
che si fermano a vivisezionare un'opera d’arte, isolandola dal vasto ambiente
donde essa ttae la sua ragione di vita; che fanno l'anatomia di un nostro
artista senza riflettere che esso è soltanto un membro di un corpo
gigantesco. Essi dimostrano di aver perduto o di non aver mai posseduto
quella somma virtù latina, fascista e futurista insieme, che è la
virtù della sintesi soffocata in loro dalla fredda pesantezza anglo-sassone
dell’analisi. Ma costoro sono i comprimatii, le comparse della nostra vita e
abbiamo di già concesso loro troppo onore di discussione. Su
tutto e su tutti restano le idee: nel campo politico-sociale, l'idea fascista;
nel campo artistico-spirituale. l’idea futurista. Ambedue han
detto al loro mondo una parola non ancorta udita; ambedue hanno tracciato,
ognuna nei propri confini, la via nuova da seguire per giungere alla
salvezza: tanto l’una che l’altra si sono dimostrate possenti dinamo,
generatrici di forza, di fiducia in noi stessi, dì ottimismo. di passione, di
entusiasmo. L'una, nel campo politico, ha raccolto infiniti
proseliti ovunque, e ciò in relazione ai numerosi problemi d’indole
contingente di cui ha trovato o propone le soluzioni; l'altra, nel campo più
ristretto dell'arte, ha egualmente suscitato energie, ridestato gli
addormentati, incitato i pigri, rincuorato i pavidi, persuaso i
dubbiosi. Se qui dovesse attestarsi l’opera vitale sia
dell'una che dell'altra idea, già tutti i diritti esse avrebbero acquistati
per l'imperitura riconoscenza della civiltà. Ma ambedue continuano
nella loro marcia ascensionale: e i critici che affermano essere il Futurismo
superato ci fan lo stesso effetto di quei pochi e sparuti anti. fascisti
che affermano aver il Fascismo esaurito il suo compito. Idee
come queste nostre non possono né sostare, né esaurirsi, né esser
superate: la loro essenza stessa di continua marcia, di continua ascesa, di
continua conquista non lo permette. Un uomo, a idea, una
opera potranno esser superati: ma non l'Uomo, non l’idea, non l’opera.
Ed ora che conclusione trarremo dalla dimostrata identica struttura
spirituale del Fascismo e del Futurismo, dalla dimostrata perfetta
corresponsione fra loro di scopi e d’intenti? La conclusione
è la solita: ripetiamo ancora una volta e confermiamo che il solo artista
capace di riprodurre in tutta la sua ampiezza, in tutta la sua luce e in
tutta la sua gloria la vita nuova dell’Italia di Mussolini è
l'artista futurista e che il Futurismo è la sola espressione d'arte
degna e capace di tramandare ai posteti la vitalità, la potenza, la dinamicità
dell’éra fascista. Questo diritto che noi accampiamo ci proviene da quell'identità
di spirito, di tendenze, di sensibilità che fa del Fascismo e del
Futurismo un unico, perfetto blocco e che nessuna scuola, nessuna
tendenza, nessun'altra forma di arte può vantare E noi
teniama al riconoscimento di questo nostro diritto: non perché ci spingano
meschini interessi o poco nobili ambizioni ma perché, forti di un
infinito amore per la patria nostra e di una dedizione cosciente e
completa di tutta la nostra spiritualità alla sovrumana potenza di un'idea,
al fascino gigantesco di un Genio universale, vo. gliamo che non abbia
soste il cammino trionfale che l’Italia rinnovata sta compiendo verso le sue
più alte mète, sotto il comando romano di Benito Mussolini. FuTURISMO
[da Sant'Elia] La polemica accesasi negli Anni Trenta tra futuristi
rivoluzionari e futuristi sostanziali o di destra, è già espressione di
quel «secondo futurismo», che abbia mo visto e detto essere momento
collaterale del fascismo-regime. O tentativo piuttosto di conservare la
avanguardia nell'ambito di un sistema che come tale era più propenso ad
un suo ordine intrinseco e imprescindibile da mantenere 0 da continuare. In
questo senso il futurismo «di destra», come lo definisce il
sansepolcrista Bruno Corra nel marzo del ‘32 su Futurismo, vorrebbe un po’
essere quello degli arri. vati », di chi si asside sulle comode poltrone
della fine della carriera, pur cercando di mantenere uno Spirito 4
precedente », giovanile e innovatore, che non può essere venuto meno in
chi ha giù combattuto e si è esposto per una causa di rinnovamento. Gli
fa eco Corrado Gawvoni riprendendo il discorso e puntualizzando il
concetto stesso di futurismo, senza che gli si debba o gli si voglia
nulla rubare, come è staio fatto da tutte le parti, e a riconoscergli
invece la sua portata e i suoi risultati. Solo una settimana
dopo ribatte Paolo Buzzi sul numero del 26 marzo sempre di Futurismo con
un violento attacco ai «futuristi di destra e il sostegno 4 un
ritorno alle estrema sinistra », come già dice nel titolo.
L'’avanguardia, in quanto avanguardia e se vuol rimanere avanguardia, non
può che esercitare una funzione di vottura per il rinnovamento ed il
rivolgimeuto del vecchio e del passato. Come tale l'aver guardia non può
che essere e rimanere di estrema sinistra », sC il futurisito si ritiene
ancora uvangaar dia 0 vuole mantenersi e vivere. Resta però forse
una voce isolata quella del Buzzi, rincalzato ancora il 2 aprile,
sul numero della settimana dopo, da Remo Chiti che postula un futurismo
sostanziale in cui tutto si annulla, destra e sinistra, nel momento
stesso in cuni tt futurismo diviene ercativo e vu libera dvi conformismi
e delle convenzioni. Ancora «all'Avanguardia dedicava un quinto
ed ultimo articolo Luciano Folgore, sempre su Futurismo dello
stesso anno (1933). Il futurismo di destra e quello di sinistra st
superano oramai nell'avanguardia che ancora continua e sì muove
nell'avanzata dell'entusiasnio. E l'ottintismo continua in effetti fino al’ultimo,
anche con la fine del fascismo, anche con la morte di Marinetti, anche
con la sconfitta nella guerra sola igiene del mondo », continua ancora
nelle ulti me gencrazioni e nel messaggio dell'ultimo manifesto,
quello del «futurismo-oggi », che vive e crea nel presente. NOI FUTURISTI
DI DESTRA Quando si riunirà in Roma il primo grande congresso dei
futuristi di tutto il mondo, io andrò a sedermi vicino a Buzzi, a Notari, a Folgore, a Govoni ad
un banco dell’estrema destra. Ma esiste dunque, può esistete un Futurismo
di destra? I due termini non fanno a pugni? Un movimento rivoluzionario
può contenere in sé tendenze conservative? E, infine, l’espressione futurista
di destra» non val quanto futurista annacquato e prudente non
s'identifica con l’ambigua parola novecentista »? Mi pare che qui
si tratti, prima di tutto, di una questione di moralità. Dare al Futurismo quel
che al Futuri smo appartiene: e non truccare il proprio ingegno con
una etichetta di convenienza. Chi si dichiara avanguardista ma non
futurista, sputa nel piatto dove ha mangiato. Poi, io stabilirei questo
principio: che il privilegio di poter restare nella sfera magnetica del
Futurismo pure affermando, nella propria opera matura un remperamento
realizzatore di destra debba accordarsi soltanto a coloro che han dimostrato
di saper essere integralmente futuristi. E reclamerei il diritto di sedermi a
destra, per mio conto, in nome della mia effettiva collaborazione al Futurismo
più rivoluzionario: Teatro Sintetico; Cinema futurista; e due opete di
audacissima narrazione fututista (La donna ce duta dal cieln Sam Dunn è
morto). In realtà, fermo restando che l’essenza del Futurismo
è e non può non essere rivoluzionaria, bisogna dire che nel nostro
movimento i termini sinistra e destra non si oppongono, perdono ciaè il
loro significato convenzionale. La mentalità futurista supera il
contrasto fra il sovvertimento e la conservazione, in quanto si libera di
continuo in uno slancio creativa. Perciò un eventuale Congresso futurista
dovrebbe assumere una configurazione non orizzontale ma verticale: fututisti di
cima e futuristi di base, aviazione e fanteria. E soltanto per ragioni di
comodo, io qui mi son servito della parola destra. Ma diciamo
pure i fanti, i pontieri, i costruttori di strade del Futurismo, e avremo
indicato il carattere e spiegato la necessità di questo settore nel nostro
movimento: l'aderenza al terreno pratico. Come l'architettura, come
la decorazione, l’arte narrativa adempie a una funzione in gran
parte pratica: da ciò l'obbligo per essa di equilibrarsi tra il dovere del
rinnovamento artistico e l’imperativo degli scopi vitali ai quali la sua natura
la destina. Un romanzo illeggibile equivale a una casa senza
finestre per vederci o a una stazione dove i treni non possono circolare.
Ora il Futurismo vanta la proptia aderenza al tempo attuale anche nel senso
della praticità. Le case futuriste vogliono essere le più comode: la
struttura delle città futuriste mira ad assicurare i massimi vantaggi alle
moltitudini che devono abitarle. Allo stesso modo il narratore futurista
ambisce di garbare alle folle dei giovani, traendone e in esse
trasfondendo gli ideali tipici del nostro tempo, per via di una tecnica
intonata alla sensibilità moderna, tutta nitidezza brevità sintetismo. Va
da sé che il buon narratore futurista dovrà ogni tanto lasciare la sua
bisogna terrestre, per collaudare ed eccitare nell’ebbrezza di un
volo lirico la propria tempra di novatore. Questa nota veloce non intende di
risolvere l'importante problema al quale si riferisce: ma soltanto di proporre
lo studio ai camerati futuristi. Bruno CorRrA
Sansepolcrista [da: Futurismo -- Con il suo articolo Noi futuristi di
destra uscito nell'ultimo numero di Futurismo, Bruno Corra ha opportunamente
aperto una tempestiva discussione intorno al movimento futurista che,
secondo me, va allargata e approfondita da una serie di perentorie domande argomenti
che, investendone in pieno la vita e la vitalità, richiedono altrettante
risposte urgenti e risolutive, Quali sono le origini e le funzioni
del movimento futurista in Italia. Quanti e quali sono i movimenti
artistici e letterari succedntisi in questi ultimi venti anni in Europa,
che accusano sinceramente una netta derivazione dal Futurismo.
Individuazione dei movimenti artistici e letterari che
rappresentano una deviazione e una contraffazione del Futurismo e dei
movimenti che, o fingendo d’ignorarlo, o ammettendolo furbescamente solo
attraverso la propria attenuazione, continuano a pompargli generoso
sangue e a servirsene di veicolo sull’allegro esempio della comoda
simbiosi di Bernardo l’Eremita. Quali sono Je vere umane ragioni
per cui elementi di primissimo ordine si dispersero e si distaccarono
dal movimento futurista dopo averne fatto parte, o. dopo averne
attraversata l’esperienza (cito alcuni nomi: Palazzeschi e Carrà; Soffici
e Papini). In che cosa consista e came vada intesa il
cosidetto contenuto polemico che, seconda certa critica nostrana,
costituirebbe il peso morto e il punto d'arresto del Fututismo.
Quale fondamento abbia l'accusa spesso rivolta al Fututismo di essere un
movimento difettoso e caduco perché nato senza una dottrina estetica che lo
giustifichi. Espansione influenza e fortune del Futurismo in tutto il mondo e
suo riconoscimento in Italia. Sono tutte domande che hanno bisogno
per una conveniente risposta, di lunghe e minuziose trattazioni. Ed
è più che naturale e logica la irresistibile tendenza dei nostri
connazionali a sbarazzarsene con una sola parola. Questa parola la
conosciamo troppo bene: Marinetti! Ma conosciamo troppo bene anche
il grossolano trucco, Si accarezza Marinetti (fino ad un certo
punto, e il più nascostamente che sia possibile: è bene non compromettersi
troppo!), per negare poi il Futurismo e massacrare i futuristi. Da troppo
tempo si pratica ormai l'iniquo inganno per non sperare che abbia
finalmente a fruttare un risultato vittorioso e definitivo! È il trucco
indegno tentato dagli antifascisti contro il fascismo quando si cercava
di mettere in mora il fascismo proclamando il Mussolinisma, nell’assurda canagliesca
mira di dividerli, per batterli poi con più comada separatamente.
Mussolini anche a quei tempi era trappo Duce per non avvertire la
subdola insidia e sventarla. Marinetti! Chi più di noi l’ha più
fedelmente amato ed ammirato? Per conoscere quali prodigiosi
tesori di amore e di energia egli possieda, bisogna vederlo all'estero.
Bisogna sentire allora con che fuoco egli è capace di affrontare i
pubblici più paurosi per numero e distinzione, più ostili ad ogni cosa
che abbia la nostra impronta di quanto non st creda, e per mentalità, per
gelosia e furore d'inferiorità; bisogna sentirlo dominare a poco a poco
col suo impeto irresistibile gli spiriti o avversi o diffidenti, e,
mentre fa giganteggiare nelle assemblee stipate l’ombra magnanima del
Duce, vederlo a trascinarle all’'entusiasmo e costringerle a riconoscere la
poesia italiana come una cosa caduta dal cielo: bisogna, dico, vedere
quest'Uomo straordinario all’estero, per capire che instancabile
affascinante ambasciatore d'italianità nel mondo noi abbiamo in
lui. Se l’attività di Marinetti presenta una debolezza, questo
avviene proprio in casa nostra. E' una debolezza che è forse il suo più
alto titolo di gloria. E ritorneremo sull'argomento. Ma
approfitrarsene come troppi fanno, è un mostruoso delitto. Che cosa
volete allora?, ci domanderà qualche imprudente con un sorriso allusivo.
No, no, non invidiamo il puzzo di benzina, state tranquilli: a questo
volevate alludere. Ma troppe volte ricevia 136 mo in faccia
la cenciata dell'insolente puzzo di benzina per non sentirci offesi e
disgustati nella nostra rassegnata povertà. La ragione del
nostro malcontento è che da troppo tempo noi andiamo seminando e
falciando per quelli che ci seguono e allegramente raccolgono senza
nemmeno rivolgerci un pensiero di ringraziamento. Amici cari, se ci
fermassimo un po’, se ci voltassimo un pochino indietro anche noi? Se
pensassimo anche noi di raccogliere un pugno di quelle spighe, da
portarcele a casa se non altro per ricordo e testimonianza della
lunga fatica compiuta? Ma se lasciamo ancora correre un poco,
ho paura che ci negheranno anche questo piccolo premio di consolazione; e
se ci destineranno un posto {bontà loro!), questo non sarà che per il
museo, tra le mummie di coloro che st prodigarono e sactificarono per una
fede e un ideale e che Alfredo Panzini già propose di raggruppate in
una sola classifica con la denominazione di collezione di fessi. GovonI
[da: Futwrismo, ESTREMA SINISTRA E
non vorrei altro aggiungere. Le distinzioni, «i punti fermi», Îe categorie
anagrafiche non contano. Si sa che, per taluni, l'età del destino futurista
è passata da un pezzo. Pure, quando la febbre della creazione non è
discesa e, soprattutto, quando il traguardo tremendamente astrale della
proptia Opera non è raggiunto, ci si sente, ogni mattina, l'età magari di
Vittoria, di Ala e di Luce Marinetti...! Questo, e non altro, è il vero
futurismo. Perché dovrei sedermi a destra, proprio io? Mi sembrerebbe di
tradire la causa di Aeroplani », di Ellisse € la Spirale », di Cavalcata
delle vertigini », di Popolo canta così! di Dannazioni e di tutto il mio
Teatro inedito, ma ultra violetto, che ha forse, a suo tempo, spaventato
anche i genii scenici sovversivi di Petrolini e di Bragaglia.
Soprattutto, mi sembrerebbe di tradite le mie Opere fantasticamente
audaci di domani: Beatitudini (affrettati
mio caro Campitelli: perché l'aeroplano-razzo deve partire per le
stelle!). Canto quotidiano », dove vedrete il Poema attimistico del 1932
(la Prora », lo sta stampando); e «Nostra Signora degli Abissi »: dove,
fina] mente, la Motte sarà vinta e le onde cosmiche impasteranno da pari
loro la nuova genesi delle radiazioni interplanetari. Questo è
futurismo: e di ultra estrema sinistra. Le mie anatomie sintetiche
di anime e di sensi, le mie aeropitture di tipi e di paesaggi, i miei
cosmapolitismi spaziali e i miei intimismi vorticosi stanno per una intransigenza
etico estetica che costituisce, ormai, la gioia (ed, un pochino, anche la
gloria) della mia lunga carriera di uomo che ha sempre fatto dell'Arte
come il sacerdote celebra messa. Aviatore sempre, adunque: fante e
stradino, non mai. Lo so che i miei romanzi (appunto perché sempre
ed esclusivamente poemi) non hanno trovato che editori santi, martiri ed
eroi. Ma anche questo è un segno nobile delle cose e degli uomini e degli
eventi. In quanto alle mie opere di Poesia pura, ho avuto la
soddisfazione recente di trovarmele analizzate e comprese e discusse ed
evidentemente quindi amate da una Rivista di giovanissime menti e di
ardentissimi cuori: dico, la Penna dei Ragazzi diretta da Vittorio Mussolini,
edita in Roma. I giovani, quelli veramente degni di questo nome primaverile,
sanno che, al di fuori e al di sopra d’ogni inevitabile chiasso letterario, la
parola futurismo risponde alla solo unica vera «idea forza» che oggi
esista nella sfera ideale del Mondo: e che è in grazia di essa, unicamente
di essa, se oggi la Poesia della miracolosa Italia fascista vive e
vivrà. Naturalmente io dico ai giovani, anche e specie se
138 coronati dal casco d'alluminio in pieno cielo: lavorate
non accontentatevi di quattro parole
intonate all’onomatopea del motore: la Poesia italiana ha ben altri diritti
ed impone ben altri doveri! guardate dalle finestre di Palazzo
Venezia, la Via dell'Impero! e cantate i nuovi Carmi degli Augusti e dei
Consolari », se ne siete capaci! Il Duce vi premierà. BUZZI
[da: Futurismo, FUTURISMO
SOSTANZIALE Non c’è che un futurismo: quello di estrema sinistra », ha
affermato Paolo Buzzi. Ma questa generosa intransigenza che parrebbe
volere ammettere un unico modo di manifestarsi contro la premessa di
Bruno Corra circa il riconoscimento o meno d'un futurismo di destra aderente
al terreno pratico rimane una questione poetica e individuale di fronte
agli argomenti che le terranno dappresso: Il futurismo non è formalista;
non si crea né si lascia creare barriere dalle definizioni; pago della
propria influenza, lontano da ripulse d’ortodossia vendicativa, riconosce per
suo anche quello che è tale sull’altro name. Del resto Corra aveva
scritto: fermo restando che l’essenza del futurismo è e non può non
essere rivoluzionaria, bisogna dire che nel nostro Movimento i termini sinistra
e destra non sì oppongono, perdono cioè il loro significato
convenzionale. La mentalità futurista supera il contrasto fra il
sovvertimento e la conservazione, in quanto si libera di continuo in uno
slancio creativo ». Le centinaia di migliaia di aderenti al Movimento non
si compongono di un solo tipo di futurista. La convinzione può essere
unica; ma l'ispirazione e i temperamenti saranno naturalmente diversi. Così uno
stesso tema, di sentimento futurista, verrà espresso in stili diversi.
Si dovrebbe scartare i meno intensi? Fino a quel punto? E come negarne la
sostanza futurista? 3) La varietà di tipi, che documenta
l’importanza sociale del fenomeno futurista, è assoluta; e va dai
poeti ai militari, dai pittori agli industriali, ecc. Bisogna
presupporne quindi una gradazione di realiz. zatori; gradazione
intimamente connessa alle diverse si. tuazioni ambientali o tecniche in
cui i tipi si trovano. Non si tratta qui di temperamento o di mentalità
più o meno ardenti. Si tratta di concezione e di azione che devono
spesso basarsi sul comune campo pratico dove s'incontrano il numero o la
psicologia, cioè i mezzi materiali negli scambi del pensiero e del lavoro
(p. e, i giornalisti, gl'ingegneri). Io penso che Marinetti,
quando parla nei convegni e alle inaugurazioni, faccia con istintiva
attenuazione della sua anima inquieta del futurismo di destra. Perché
allora è sul terreno pratico. E buon testimone potrebbe esserci Mino
Somenzi stesso, uomo ardito, pittore d'incendi, cervello intransigente,
che pure fu l'organizzatore, modesto e alacre del I. Congresso futurista a
Milano, 1924, riuscendo con l'intelligente accoglienza a dare alla
manifestazione una luce di concordia, rara nelle ancor più rare grandi
adunate di artisti e di caratteri spiccatissimi; Somenzi stesso che fondò
questo giornale indispensabile alle rivendicazioni di conquiste artistiche e
ideali misconosciute ed alla continuazione della tenace opera di
ringiovanimento, ed accolse dopo, con larghezza d'intenti, l'ingegno
d'ogni età e d'ogni fama purché attratto da poli positivi. Dunque,
se si dovesse affermare l'essenza d’un solo futurismo bisognerebbe dire: futurismo
sostanziale », che è poi quello del 1909, di oggi e dell'avvenire: umano,
illimitato, ascendente. Le idee vitali sono al disopra degli stessi uomini
che le divinano e le dettano. Esse formano il tempo », mi.
racolosamente, quasi contro tutte le volontà. Govoni, a seguito della
discussione aperta da Corra, proponeva di riesaminare la posizione
del tuturismo fra le correnti nostrane ed estere. Dei sette quesiti
presentati, una richiamava l’attenzione su l'accusa mossa dal culturalismo
circa una pretesa assenza di dottrina giustificante l'estetica
futurista. Anche il Fascismo fu accusato di assenza di dottrina: e non dai
soli avversari. Quale dottrina, quando la critica ufficiale vede attraverso la
cultura, divenuta una seconda natura? Remo CHITI (da:
Faturismo, n. 30, anno II, 2 aprile 1933] Mi ricordo che Umberto Boccioni
propendeva per un movimento chiuso e voleva che i giovani artisti, i
quali si dichiatavano futuristi e aspitavano ad entrare nel nostro
gruppo, subissero un lungo periodo di quarantena. Secondo Boccioni
non bastava proclamarsi novatore per esserlo, in realtà; non era
sufficiente una adesione più o meno entusiastica per avere ingresso
libero in un movimento che si proponeva di attuare nell'arte e nella vita
un nuovo ordine di cose. Dal suo punto di vista, puramente artistico, il
creatore del dinamismo plastico non aveva torto. Il dono della
originalità non è largito che a pochi. Per superare il già fatto,
mettersi in armonia coi propri tempi e prevedere i lineamenti estetici del
futuro occorre un’intelligenza ardita, geniale e di largo respiro. Ma contro
l’esclusivismo boccioniano insorgeva la vibrante liberalità di Marinetti, che
più futurista di ogni altro intuiva la necessità di creare un clima, di
generalizzare una tendenza, di suscitare una vasta atmosfera spirituale in cui
si dovessero respirare continuamente il senso e il desiderio della
novità. Ecco la ragione profonda del suo proselitismo, della
sua accettazione, quasi incondizionata nel movimento, di tutti quei
giovani e giovanissimi che avessero fede nel futurismo. Tale
generosità non fu e non sarà mai faciloneria. Nel fervore del
diciottenne c'è sempre qualcosa di vivo e di sacro che è impossibile
trascurare. Ognuno di noi sa per esperienza che è la primavera, anche con
le sue intemperanze, la stagione che prepara i germi e i frutti di
domani. E non bisogna aver paura che gli entusiasmi sbolliscano presto. Basta
che la fiaccola timanga accesa e che trascorra di mano in mano agitata e
sollevata continuamente da qualcuno che ha fiducia nell’eterna giovinezza
della nostra arte e della nostra vita. Futurismo di destra?
Futurismo di sinistra? Non credo che sia il caso di parlarne. In quanto alle
benemerenze e al sacrifici, talvolta eroici, dei primi banditori del fututismo
essi appartengono ormai alla storia. L'amico Govoni vorrebbe che i
futuristi della vigilia fossero promossi al grado di santoni e avessero
quel tributo di applausi e di ricompense che essi giustamente meritano. Ma ciò
equivarrebbe a una giubilazione e noi rischieremmo di diventare dei
sopravvissuti. Il piedistallo e l’altare non sono il nostro posto
di combattimento. In prima linea sempre e all'avanguardia ad
ogni costo! Anche a costo di essere eternamente in contrasto con il gusto
del pubblico che è per sua natura ritardatario e accetta soltanto il
futurismo di seconda mano, addomesticato dagli abili profittatori del nostro
movimento. Questo disprezzo del rendiconto e del caso personale,
questa ferma volontà di essere più giovani dei giovani è un segno di
vitalità e quindi di ottimismo. Di quell’ottimismo che molti
pseudo-avanguardisti aborrono perché sono nati con la barba nel cervello, non
hanno avuto mai vent'anni e non arrivano a comprendere che soltanto nell'entusiasmo
assoluto e nella fede cosciente ma senza mezzi termini c'è il lievito di ogni
grandezza futura e d’ogni poesia nuova. Chi ha il torcicollo nostalgico
non può guardare dititto innanzi a sé e andare oltre speditamente.
Chi nega l'ottimismo nega lo slancio vitale che si perpetua nel tempo e
nello spazio perché ricco di speranze istintive e fornito da madre natura
del vero e genvino senso dell'immortalità. Avanti dunque coi
giovani e giovanissimi. Il clima futurista dev’essere sopratttuto un clima
primaverile e acerbo. Luciano FOLGORE [da: Futurismo, Abbiamo
raccolto quattro testimonianze futuriste, è sul futurismo. Una è di
Alberto Sartoris, architetto, una di Tullio Crali, pittore, una di Curto
Belloli, eritico d'arte, e una di Enzo Benedetto, pittore e giornalista. Tre
furono e sono futuristi: il quarto (Carlo Bel. loli) è un esperto,
studioso ed interprete del futurismo. Ci sono sembrati interventi
significativi e ittdispensabili alla puntualizzazione dell'argomento, visto che
si tratta di personaggi viventi, che hanno partecipato al futurismo
e che ancora oggi lo sostengono e cercano di dargli alito o di vivere
futuristicamente a tutt'oggi in un mondo, forse, ricaduto nel passatismo
». Crali con l'aeropittura e la sassintesi ha continuato l'avanguardia,
cui aveva aderito col futurismo che sempre l'aveva sostenuta, al di qua e
al di là del fascismo. Benedetto con un manifesto {Futurismo oggi) e
poi con un foglio periodico «operativo », capace di pro
porci il futurismo di ieri e anche quello di oggi. Sar toris con
un'ottività artistica professionale volta 4 contimuare, anche se in oltre
direzioni n con altri strumenti di vicerca, la prima avanguardia cui aveva
aderito entusiasta. Belloli puntualizza e sancisce criticamente con
la profondità dell’evperto certi. rapporti e certe colleganze », troppo
spesso volutamente dimenticate 0 accantonate. La critica deve essere
seria e intellettual. mente, n «ideologicamente », corretta. E° quello
che abbiamo cercato di fare. Anche con la pubblicazione di questo
testimonianze Carlo Belloli, critico, poeza visuale di
sperimen tazione futurista, e docente nelle università svizzere di
estetica {Basilca) e storia della critica d'arte (Strasburgo). Vive a Milano e
Basilea. È collaboratore de La Martinella di Milano, già del Roma di
Napoli, e della rivista Les Arts di Parigi Organizza come consulente le
mostre di numerose gallerie d'arte di Milano. Benedetto, pittore e
scrittore, futurista da sempre. È nato a Reggio Calabria nel 1905,
vive a Roma, dove ha lo studio e pubblica Futurismo aggi, che esce dal
‘69, bimestralmente, con saggi e ri produzioni di opere futuriste. Fu
anche autore del l'omonimo manifesto nel dopoguerra. ‘Tullio Crali,
pittore futurista e aeropittore. E' nato nel 1910 a Igalo, in Dalmazia.
Vive a Milano dove ha lo studio e il più importante archivio del
futurismo attualmente esistente. Futurista dal '29 e creatore della
camicia anticravatta e della giacca antibavero (nel '33), é firmatario
nel ‘58 del manifesto futurista sulla Sassintesi ». Sarà uno degli ultimi a
vedere Marinetti nel ‘4d, prima della morte, a Venezia e e concordare
can lui la continuità del futurismo dapo la guerra Alberto
Sartoris, architeito e professore dll'Univer sità di Losanna. Futurista e
amico di Terragm e di Le Corbusier, E' nato a Torino nel 1901. Vive a
Cossonay Ville, vicino a Losanna, Aderì al futurismo nel 1920 e nel
‘28 sarà con Prampolini e Fillia nel gruppo torinese. Nel ’36 fonda il
gruppo degli astrattisti a Como, dove collabora con Terragni nel progetto
della città operaia di Rebbio. ('39-40). Sua opera fondamentale è il
li bro Gli elementi dell’architettura funzionale (1932), pilastro
teorico del razionalismo architettonico italiano (introdotto da Le
Corbusier) FUTURISMO-FASCISMO: OSMOSI DI DUE MOVIMENTI
DELL'ITALIA CONTEMPORANEA Dal futurismo confluirono al fascismo, o
viceversa, alcuni letterati e pittori, qualche pensatore, di singolare autonomia
espressiva. È il caso di Mario Carli, Emilio Settimelli ed Armando Mazza
letterati e giornalisti di non trascurabile incidenza che dalla originaria
militanza futurista estrassero dialettica, argomentazioni autonome e
maturazione spirituale, per assumere nel giornalismo fascista più
avanzato ruoli protagonisti. Mario Carli, ufficiale degli
Arditi nella prima guerra mondiale e poi legionario fiumano, fondò con
F.T. Marinetti l'Associazione degli Arditi d’Italia e il periodico Roma
Futurista dalle cui colonne trovarono sistematica divulgazione il teatro
sintetico, le pratiche parolibere dei poeti futuristi e le prime prove
versoliberiste di Giuseppe Bottai che ne fu redattore. In
quel 1919 anche il generale Luigi Capello si avvicinerà ai futuristi per
esporre alcune tavole parolibere di accertata ingegnosità, alla Grande
Esposizione Nazionale Futurista nella galleria centrale d'arte di Palazzo Cova
a Milano, mostra successivamente presentata a Firenze e a Genova.
Mario Carli con la raccolta di versi liberi e parole in libertà
Caproni, pubblicata a Milano nel 1925, precorse l’aeropoesia futurista
degli Anni Trenta. Alla prosa poetica, Carli, aveva dedicato Le
notti filtrate, singolare repertorio lirico pubblicato nel 1918 e ristampato a
Roma, nel 1923 per i tipi di Giorgio Berlutti che dirigerà quella
Libreria del Littorio, editrice di mo: numenti e documenti dell'era
fascista. Il suo debutto di prosatore era avvenuto nel 1909 con un
seguito di novelle, Seduzioni, cui seguirà, nel 1915, il suo primo romanzo,
Retroscena. All’attività letteraria e giornalistica Mario Carli alternerà
quella politica e diplomatica. Nel 1926 pubblicherà a Firenze
Fascismo Intransigente, con prefazione di Roberto Farinacci, che
inaugurerà la tendenza più oltranzista del fascismo. Nel 1925 Carli
era stato nominato Console d’Italia in Brasile, per essere in seguito
trasferito a Porto Alegre nel 1927, anno in cui Bernardo Attolico
assumerà la reggenza dell'Ambasciata d’Italia a Rio de Janeiro. La
tournée brasiliana del fondatore del futurismo a Rio de Janeiro, Porto
Alegre, San Paolo e Santos, nel maggio del 1926, troverà Mario Carli a
fianco di Marinetti per arginare le polemiche causate in Brasile dalla
aperta posizione fascista dell’inventore delle parole in li bertà.
Dalla ribalta dei teatri brasiliani Carli prenderà la parola con
Marinetti ricordando che il fascismo dei-futuristi non aveva impedito di
condurre ricerche nuove nelle arti e nell'estetica alle quali la poetica
futurista aveva aperto liberi orizzonti precisamente influenzando il modernismo
sudamericano. Emilio Settimelli, poeta, scrittore di teatro e
giornalista, aveva debuttato nel gruppo futurista toscano nel 1915 e con
F.T. Marinetti e Bruno Corra aveva curato la prima antologia del Teatro
Sintetico Futurista, edita da Umberto Notati, a Milano in quel medesimo
anno, nella collezione dei Breviari Intellettuali del suo Istituto
Editoriale Italiano. Nel 1917 Settimelli pubblicherà a Firenze
Mascherate e, nel 1918, I capricci della Duchessa Pallore, edito a Milano
dalle Messaggerie Italiane. Settimelli risulta precursote di un periodare
scarno e telegrafico, serrato e dialettico, inttoducendo la pratica di
neologismi sociopolitici che avranno fortuna nel linguaggio governativo e
giornalistico italiano degli Anni Venti e Trenta. Il teatro sintetico di
Settimelli si differenzia da quello degli altri autori futuristi per lucida
imprevedibilità di azioni-stati d’animo simultanei. Nel fascismo anche
Settimelli appartenne alla corrente più revisionista e le sue Sassate,
pubblicate a Roma-Firenze nel 1926 dalla Casa Editrice Italiana, col:
piranno più di un gerarca in posizione moderata e conformista.
Filippo Tommaso Marinetti redigerà nel 1921 con Emilio Settimelli e Mario
Carli il manifesto Che cos'è il Futurismo | Nozioni elementari, dove vengono
considerati futuristi nella politica coloro che amano il progresso dell'Italia
più di loro stessi, quelli che vorranno liberare l'Italia dal papato,
dalla monarchia, dal senato, dal parlamento, dal matrimonio, precorrendo molti,
successivi, propositi del fascismo. Così la volontà di perseguire
un governo tecnico di giovani, senza parlamento, vivificato da un
consiglio eccitatorio di giovanissimi », la determinazione di espropriare
gradualmente tutte le terre incolte e malcoltivate, preparando la
distribuzione della terra ai suoi lavoratori e l'abolizione di ogni forma di parassitisma
burocratico, industriale e capitalistico, diventeranno tipicamente nazionalfasciste
e fasciorepubblicane. Il manifesto considera, poi, futurista nella
vita chi sa dare a tempo un cazzotto e uno schiaffo decisivo », chi
agisce con energia pronta e non esita per vigliaccheria », come chi fra due
decisioni da prendere preferisce la più generosa e la più audace, sempre
che sia legata al maggiore perfezionamento e sviluppo dell'individuo e
della razza... »: medesima l'etica fascista di alcuni anni dopo.
Nel 1922 Emilio Settimelli aveva dedicato un saggio critico
all'opera di Marinetti, edito a Milano con | tipi di Gaetano Facchi, che
può essere considerato il primo tentativo di analizzare la letteratura
marinettiana al di sopra del clamore scandalistico e della propaganda
futurista. Nel 1927 Settimelli pubblicherà a Roma, nelle
Edizioni d'Arte e di Critica, Come combatto che raccoglie i suoi
più polemici scritti apparsi sul quotidiano romano L’Irmpero, diretto con Mario
Carli. Verso la fine degli Anni Trenta, Settimelli, subirà
al. cuni anni di confino di polizia causati dalla sua intransigenza
critica verso alcuni personaggi-chiave del regime. Di Armando
Mazza, che ci fu dato di personalmente conoscere e frequentare, il
futurismo si avvaleva per presentare le prime, contestate, serate
propagandistiche nei teatri della Penisola. Eccellente
declamatore di versi, tonante dicitore di manifesti tecnici futuristi,
Mazza possedeva un fisico atletico di lottatore greco-romano. Marinetti
affidava, quindi, a Mazza la protezione della ribalta dagli attacchi
passatisti, mentre Îa sua voce tonante sovrastava i fischi e il
vociare degli oppositori. Singolare poeta parolibero, Mazza,
sarà il primo ad organizzate un movimento anticomunista, fondando
nel 1919 a Milano, il settimanale politico I wmemzici d'Italia,
organo antimarxista, nazionalista e prefascista. Nel 1918 Mazza aveva
pubblicato dall'editore Gaetano Facchi di Milano 10 Liriche d'Amore,
seguito di altrettanti poemi in versi liberi stampati come cartoline
postali raccolte in contenitore di carta crespata. Queste cartoline
poetiche sono il primo esempio rilevabile e significativo di quella che
negli Anni Settanta verrà definita Ma:l Art, Arte postale », assegnando alla
comunicazione poetica il canale inabituale della spedizione a domicilio
del messaggio estetico. Già nel 1917, Armando Mazza, aveva introdotto
l’uso delle Cartoline Postali di Guerra », edite dallo Stabilimento
Tipografico Taveggia di Milano, di cui Vedetta (cm. 13,7 x 19) resta la
più curiosa ed esteticamente determinante. Ai poemi postali faranno seguito Due
morti. liriche pubblicate nel 1919. Nel 1920 Mazza pubblica
Firmamento / con una spie gazione di F.T. Marinetti sulle Parole in
Libertà, edito a Milana dalle Edizioni Futuriste di Poesia. Si tratta
di una pregevole sequenza di parole in libertà dove la componente
tipovisuale dialettizza le scelte semantiche, talvolta enfatiche ed irruenti
con frequenti ricorsi ad analogie non sempre depurate. Poi Mazza verrà
totalmente assorbito dal giornalismo e dall’attività politica
Sarà direttore di importanti periodici come La grande Italia e di
quotidiani: L'Arena di Verona, I! Giornale di Genova, Il Resto del
Carlino di Bologna. Ricordiamo i grandi occhi azzurri di Armando
Mazza 150 farsi ancora più liquidi e trasparenti
quando ci parlava del Manifesto dell’Antitradizione Futurista dalle righe
del quale Apollinaire gli inviava, nel 1913, fiori, rose », riservando merde ai
conservatori e ai romantici. Mazza aveva frequentato Guglielmo
Apollinaire a Parigi e Grasa Aranba a Rio de Janeiro, Benedetto Croce a
Napoli, ai tempi de La Diana e Giovanni Gentile a Milano, proprio
mentre il filosofo stava orientandosi verso il fascismo. Amicissimo di
Umberto Boccioni, che aveva aiutato nei primi anni del soggiorno
milanese, Mazza, era stato dipinto dal maestro futurista in un esemplare
pastello di rara fattura e di deflagrante cromaticità, che pubblicammo
nel 1977 fra le opere inedite di Boccioni. Sarà Mazza a favorire
l'attitudine di Boccioni per la critica d'arte, presentandolo ad Umberto
Notari, editore del quotidiano, poi settimanale, Gli Avvenimenti dove
il pittore reggerà per qualche tempo la rubrica d'arte. Il fascismo
di Armando Mazza restò sempre moderato e la sua coerenza politica gli
causerà nel dopoguerra 1940-1945 il più completo ostracismo, impedendogli
di continuare la attività giornalistica di cui ebbe profonda nostalgia
sino agli ultimi giorni di vita. Il forzoso silenzio
pubblicistico ricondusse Mazza alla poesia alla quale apporterà non
trascurabili contributi in versi liberi pubblicati, fra il 1948 e il
1959, presso editori inadeguati. Fra i più importanti poeti del futurismo
confluiranno al fascismo, assumendovi incarichi di alta responsabilità, anche
Auro d'Alba (Umberto Bottone) che, a Roma, diventerà capo dell'ufficio
stampa della M.V.S.N. (Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale) e
Paolo Buzzi che, a Milano, assumerà la carica di Segretario Generale
della Deputazione Provinciale. Altri futuristi di minore rilievo, come il
poeta Federico Pinna-Berchet, autore delle Liriche d’Assalto, pubblicate a Roma
nel 1930, il poeta parolibero giuliano Bruno Sambo e Ferruccio
Vecchi, prosatore e capitano degli Arditi, aderiranno al fascismo
svolgendovi ruoli anche decisivi. Sambo diventerà federale di Addis
Abeba, mentre Pinna-Berchet e Vecchi ricopriranno alte cariche
corporative. Così il genovese Bolzon, poeta-pittore futurista dal 1919 e
battagliero giornalista, sarà Sottosegretario alle Colonie nel 1928,
poi Consigliere di Stato e autore, fra il 1920 e il 1930, di saggi
di critica sociale e di teoria fascista pubblicati dalle edizioni Alpes
di Milano. Anche il grande invalido di guerra Giuseppe Steiner,
piacentino, poeta parolibero e autore di quei fondamentali Stati d'Animo
disegnati, editi nel 1923, che precorsero la poesia grafica di Pino
Masnata e la poesia visiva dei giovani
fiorentini negli Anni Sessanta, sarà nominato Consigliere Nazionale
fascista. Dal futurismo si orienteranno verso il fascismo anche il
poeta-aviatore Guido Keller, legionario fiumano e autore del lancio aereo di
un pitale su Montecitorio a monito di Francesco Saverio Nitti, il cagoia
del Natale di sangue fiumano; e la Medaglia d'Oro ferrarese Olao Gaggioli,
poeta parolibero futurista e pluridecorato ufficiale del XXIII Battaglione
di Assalto dei Bersaglieri sul Podgora. Nan va, infine, dimenticato
il giornalista Ernesto Daquanno, poeta parolibero e cofondatore a Milano del periodico
I Principe, organo fascista difensore della Monarchia integrale ». Daquanno,
che nel 1925 aveva pubblicato Now c'è poesia, saggi sul risveglio
dell’artigianato italiano, diventerà nel 1927 capo ufficio stampa
della Federazione Fascista delle Comunità Artigiane. Un riferimento,
poi, al poeta parolibero e autore di teatro sintetico Guglielmo Jannelli,
messinese, che dai «Fasci Futuristi », di cui era stato promotore nel 1918
con Marinetti, passerà ai Fasci di Combattimento Siciliani assumendovi compiti determinanti. Nel 1924
Jannelli pubblichetà a Messina, per i tipi delle Edizioni della Balza
Futurista un polemico saggio dedicato a La crisi del Fascismo in Sicilia,
dedicato in frontespizio A Emilio Settimelli e Mario Carli, miei fratelli nella
avanguardia artistica e politica della nuova Italia e anime capaci di rendere
pienamente la sincerità che mi ha mosso a compiere queste franche pagine
obbiettive. Questo scritto di Jannelli conferma l’esistenza di una
autocritica nell’ambito del fascismo, di una volontà revt con 1acusaro adagio.
«.., oDbDedienza pronta, cieca, aSS0luta. Così Jannelli vede il fascismo nel
1924: «... il fascismo si è rotto in due pezzi: molta della parte
più buona è rimasta bloccata, impedita di agire; e l’altra parte trionfa
esteriormente unita ma intimamente diversa, poco moderna, niente affatto veloce
e qualche volta insi gnificante. Anche Pavolini, poeta, autore
teatrale, regista, critico d’arte e letterario, che si era avvicinato al movimento
di Marinetti attraverso l’opera del pittore futurista fiorentino Primo Conti e
aveva dedicato nel 1924 un saggio monografico al fondatore del futurismo
pet, infine, pubblicare nel 1927, a Bologna per i tipi dello
Zanichelli, quel fondamentale Cubismo Futurismo Impressionisnio, aderirà
al fascismo assumendo importanti incarichi nel diret. torio del partito e
al Ministero della Cultura Popolare. Dal fascismo perverrà, invece, al
futurismo il filosofo Francesco Orestano, Accademico d’Italia, che negli Anni
Trenta dedica al movimento di Marinetti saggi di teoria estetica e di critica
letteraria. Orestano aveva pubblicato nel 1907 quegli importanti Valori
Umani la cui struttura teoretica aveva particolarmente influenzato il giovane
Marinetti. Anche ORANO (vedasi), scrittore, STORICO DELLA FILOSOFIA e
sindacalista sorelliano, che fu Deputato fascista per la Sardegna alla
XXVI legislatura e per la Toscana alla XXVII e al quale venne affidata
nel 1926 la prima cattedra di storia del giornalismo nella facoltà di
Scienze Politiche dell’Università di Perugia, si orienterà verso il
futurismo. Nella raccolta di saggi critici I Contemporanei,
pubblicata a Milano da Mondadori nel 1928, Orano riserverà a Marinetti
una esegesi determinante, del tutta favorevole al futurismo considerato
estetica nuova di apertura internazionale. Dalla pittura futurista si muove,
invece, verso il fascismo Antonio Marasco, senz'altro il più
impegnato e coerente politico fra tutti gli operatori plastici del futurismo.
Calabrese di nascita, Marasco, ebbe parte rilevante nelle squadre d'azione
fasciste di Firenze dove si era trasferito prima ancora di arruolarsi
volontario per la guerra 1915-1918, in cui verrà gravemente colpito da
gas di iprite sul Piave e dopo essere stato promotore con Marinetti dei Fasci
Futuristi. Marasco aveva accompagnato Marinetti nel suo secondo viaggio
in Russia, a Mosca e a Pietroburgo, dove avrà modo di conoscere Velimir
Klebnikow e Wladimir Mavakowsky e di dedicare fisiosintesi di estrema
inventività grafica al medico-pittore Nicolaj Kulbin, al pittore
Nikolaj Burliuk, alla poetessa Elena Guro, al poeta-aviatore Kamensky, al
poeta-scrittore B. Livshits, al musicista A. V. Lurié e al regista Tairow. La
pittura di Ma. rasco presenterà sempre componenti sperimentali, non condizionata
da temi fascisti o da enfasi dell'aviazione militare e civile che, purtroppo,
sviliranno molta parte della neropittura futurista degli Anni Trenta.
Antonia Matasco precorre il cosiddetto astrattismo delineatosi nell’ambito
della milanese Galleria del Milione dei fratelli Ghiringhelli e può essere
considerato uno dei pionieri del costruttivismo e del concretismo
internazionali. Particolarmente affezionati a Marasco avevamo
avuto modo, negli Anni Sessanta, di presentare la sua prima mostra
personale a Milano, di carattere antologico, attraverso la quale il più vasto
pubblico riuscì a scoprire le sue ricerche preastratte e protoconcretiste
realizzate a Firenze fra il 1923 e il 1930 Marasco restò sempre legato al
futurismo e il suo fascismo ebbe coerenza di adesione alla Repubblica
Sociale Italiana dove ricoprì importanti incarichi nella rinnovata
Direzione Generale delle Belle Arti e dei Beni Culturali del Ministero
della Cultura Popolare. Questo magistrale pittore svolse anche attività
di scrittore e di critico d’arte e un suo libro, pubblicato a Firenze,
Parrorami allo Zenit, risulta anticipatore dell’attuale
science-fiction. Nell'ambito del movimento futurista, Marasco, promosse
i Gruppi Futuristi Indipendenti, attivi a Firenze, che rivelarono personaggi
della importanza di Cesare Augusto Poggi, architetto razionalista,
tecnologo del cemento armato e ideatore di singolari costruzioni civili
per la difesa bellica. Quando, nella seconda metà degli Anni Trenta,
s'inasprirà la campagna fascista contro il futurismo, accusato di difendere
l'arte astratta considerata giudea e massonica », Matasco sarà a
fianco di Marinetti per chiarire i termini di indipendenza dell’astrattismo plastico
da ogni motivazione di razza, da qualsivoglia matrice israelitica o muratoria.
Se disponessimo di maggiore spazio per analizzare compiutamente questo
pericoloso momento dei rapporti futurismo-fascismo ne risulterebbe la conferma
di una precisa interdipendenza di propositi e di azione fra i due
movimenti. Il futurismo non condizionò mai le proprie libertà espressive,
i propositi di rinnovamento, di costante evoluzione spirituale, alle esigenze
agiografiche del fascismo che, del resto, non considerò il futurismo come
arte di Stato, riservando questo pericoloso privilegio al movimento del
Novecento, celebrarore di miti romanistici e imperiali, istigarore del
ritorno al neoclassicismo, pur mascherato da un malcompreso
funzionalismo. Antonio Marasco morirà a Firenze, nel 1975, alla soglia
degli ottant'anni. Dopo un Jungo soggiorno romano aveva dipinto,
sino all'ultimo, cromostrutture dinamiche e inoggettive di autonoma
soluzione cinevisuale. Puntualmente ci inviava lettere di accorata italianità,
preziosi appunti di teoria plastica che, un giorno, dovremo pur raccogliere e
pubblicare come contributi fondamentali alla storia del
costruttivismo e del concretismo internazionali. Noi giovanissimi non eravamo
disposti ad anteporre la dogmatica della mistica fascista alle libertà
espressive promosse e favorite dal futurismo, né ci si potrà accusare di aver
posto le nostre prime ricerche futuriste al servizio dell'apologia di
regime. Così le nostre Parole per la Guerra, pubblicate nel marzo
del 1944 dalle edizioni dî Futuristi in Armi, sovvenzionate e dirette da F.T.
Marinetti, non rinviano ai canoni conformisti dell'aeropoesia futurista
di guerra di quegli anni ma anticipano, piuttosto, modalità di poesia concreta
e visuale, come è stato ampiamente rilevato dalla critica
internazionale più obiettiva e attenta. Il nostro poema Bimba /
bomba, del 1943, può essere, infatti, considerato il primo esempio
esistente di poesia concreta a struttura semantica reversibile e a
susseguenza ottica alternata, dove l'uso della parola-chiave è già serialistico.
Il nostro fascismo eta quindi disarticolato dalle pratiche dell’estetica
futurista, proprio come si era verificato per gli iniziatori del
futurismo: F.T. Marinetti, Paolo Buzzi, Armando Mazza, Auro d’Alba, Luciano
Folgore. Infatti anche i nostri Testi-Poemzi Murali, pubblicati nel 1944
dalle Edizioni Etre (Repubblica) con un «collaudo di Martinetti,
piuttosto di risolversi nell'abituale apologia guetresca di quel periodo,
introducono un modo nuovo di poetare inaugurando le problematiche di
quella poesia visuale che, solo negli Anni Cinquanta, troverà
consensi internazionali sino a farsi scuola di poesia avanzata. L’ideologia
politica di Marinetti, le teorie del suo particolare nazionalismo prefascista sono
raccolte in due volumi pubblicati in tempi diversi. Democrazia Futurista, edita
a Milano da Facchi, è la sintesi delle posizioni politiche assunte da Marinetti
nell'immediato dopo-guerra. Vi si ripercorre l'atmosfera in cui nel 1918, dopo
Caporetto, Marinetti fonda i Fasci Politici Fututisti con Bottai, Settimelli,
Carli, Jannelli, Marasco, i pittori Galli,
Balla, Rosai, Depero, il poeta-pittore cremonese Mainardi, lo scrittore Chiti,
il poeta Nicastro, Bontempelli, il chirurgo Masnata, poi Senatore del Regno,
padre del poeta parolibero stradellino Pino Masnata, ai quali aderiSta
settanta intellettuali e uomini di varia estrazione culturale. I
«Fasci Politici Futuristi si trasformeranno, poi, gradualmente in Fasci
di Combattimento confluendo nel. lo squadrismo fascista. Così, quando i
fascisti parteciperanno per Ja prima volta alle elezioni politiche del
1919, rinetti, Piero Bolzon, il poeta-aviatore Giacomo Macchi,
Baseggio e Podrecca. Futurismo e Fascismo, pubblicato da Franco
Campi. telli, editore in Foligno, nel 1924, indica, invece, la personale
interpretazione della dottrina fascista praticata da Marinetti e da molti
artisti futuristi, come dai numerosi affiancatori e propagandisti del
movimento futurista. Con il manifesto L'Impero Italiano / A Mussolini Capo
della Nuova Italia redatto da Marinetti, Carli e Settimelli, il
futurismo, già in quegli anni, istigherà il fascismo alla fondazione
dell'Impero, precorrendo una realtà che, negli Anni Trenta si
concluderà con la conquista dell'Etiopia. Marinetti scriverà
nel 1924: il Fascismo, naro dall’interventismo e dal futurismo si nutrì
di principi futuristi. Una storia parallela dei due movimenti, ancora da scrivere,
dovrà tener conto della mai rinunciata indipendenza futurista che non
condizionò le esigenze di libera ricerca espressiva alla necessità della
politica dominante. Innanzi tutto confesso che sono nato alla vita
sociale prima come fascista e dopo come futurista. Avevo
sedici anni quando, proprio in corti. spondenza del mio compleanno,
sottoscrissi una domanda di ammissione ai Fasci di Combattimento ». La
domanda fu avvallata da due miei amici di maggiore età, come soci
presentatori, i quali compirono coscientemente un piccolo falso alterando di
due anni la mia data di nascita al fine di consentire la mia ammissione
come socio ad ogni effetto. Così diventai a pieno titolo uno dei pochi
iscritti della Sezione di Reggio Calabria dei Fasci di Combattimento »,
che aveva allora sede in una baracchetta per i bagni di mare, in
disuso. Perché questo sedicenne studente del Liceo aveva
ascoltato e risposto ad un richiamo politico certamente pericoloso? A mio
avviso, furono determinanti, l’amore per la Patria, nato dentro durante
fa guerra sull’esempio di un avo materno che ne aveva avuto, forse, di
troppo; l'entusiasmo per la vittoria e la conseguente indignazione
per quanto accadde subito dopo con l’attività dei cosiddetti progressisti del
momento, ostili ai reduci, in contrasto con la spavalderia ed intraprendenza di
questi ultimi. Il mio apptoccio con il Futurismo avvenne,
invece, due anni dopo, con la scoperta di Zang iumb tuumm e
l’incontro con F.T. Marinetti Questo essere prima fascista e poi
futurista, mi sembrò una particolarità personale e la confessai un giotno dopo tantissimi anni a Dessy, e lui mi disse che gli era
accaduto lo stesso benché avesse cinque anni più di me. Comunque è chiaro
che vi fu un rapporto di identità ideale fra queste due forze, anche se
vi furono dissensi spesso di carattere costruttivo, E’ difficile infatti che
possano andare in tandem per lungo tempo movimenti di carattere politico
e movimenti di carattere intellettuale o culturale. Le ragioni mi
sembrano evidenti: un movimento culturale, anche se basa la propria forza
nelle realtà della vita (come il futurismo), ha il suo fulcro nella
idea-base che difende con ortodossia e non è disponibile per transazioni
ideologiche. Il movimento politico, invece, pet propria natura, specie
quando atrivi alla gestione del potere, diviene duttile e transigente al fine
di mantenere è consolidare la proptia forza concreta, allargando la base
dei consensi. Il Futurismo prima della guerra mondiale si caratterizza
artisticamente con l'invenzione dei grandi temi di rinnovamento nei settori di
tutte le arti e, in veste politico-sociale, nell’esaltazione dell’Italia,
fantasticando per questa, una nuova organizzazione anti-demo-liberale ed anticlericale.
Un nuovo mado di vivere. Uno Stato industriale ed agricolo tecnicamente
progredito, che si progettava astrattamente, certamente irrealizzabile.
Qui i tentativi di un’azione politica che non aveva, però, un valido
autonoma sviluppo organizzativo. Come pretenderlo da poeti ed artisti?
Nel tempo in cui Marinetti iniziò il Movimento », le forze che
affermavano di voler realizzare un nuovo sviluppo sociale al fine di un
miglioramento della situazione economica delle classi più disagiate e
trascurate, trovavano una sede formalmente appropriata nelle spinte del sacialismo
deamicisiano; ma tale situazione ebbe durata breve perché questo socialismo si
sviluppò in senso internazionalista apatriottico collettivista
antindividualista e fu sconfitto dagli eventi della prima guetra
mondiale. Tanto è vero che dal suo seno, a guerra conclusa,
prosperarono il comunismo ed altre scissioni e nacque il fascismo. Sono
noti e possono essere facilmente consultati i documenti delle manifestazioni
spiccatamente politiche del movimento futurista che precedettero la
Fondazione dei Fasci di Combattimento ». Intendo rifetirmi al Programma
Politico Futurista dell'11 ottobre 1913, firmato da Marinetti Boccioni Carrà
Russolo, all'azione politica svolta da La Balza Futurista fondata da Di
Giacomo Jannelli e Nicastro del 1915, e dei «Fasci Interventisti
Siciliani », di Roma Futurista e dei relativi gruppi del Partito Politico
Futurista che concretizzava un suo programma nel libro Democrazia
Futurista di Marinetti, eccetera eccetera. Tutte queste forze si concentrarono
nel movimento fascista, sia aderendo direttamente all'assemblea di
fondazione di Piazza San Sepolcro in Milano, sia successivamente anche
per forza d'inerzia. Il fatto è che di solito quando si parla di partecipazione
politica dei futuristi, ci si richiama soltanto al ricordo dell’attività
degli artisti che militarono con la qualificazione di futuristi ». Vale a
dire dei poeti, scrittori, pittori, limitandosi ovviamente ad esaminare il contributo
di coloro che hanno raggiunto maggiore notorietà, trascurando i minori ».
Ma questi ultimi erano in numero stragrande e molto attivi. Senza tenere
inoltre conto che i maggiori spesso presi del tutto da altre attività,
non erano altrettanto validi e disponibili in campo politico. In
verità, il Futurismo di quel tempo è stato un movimento a larga partecipazione
di giovani, di tantissimi giovani. Non tutti poterono ovviamente militare
nel campo dell'Arte e maturare tanta notorietà da essere ricordati anche
oggi. Ma tutti furono politicamente attivi e furono a migliaia i
militanti di futurismo che parteciparono ad episodi fascisti negli anni
precedenti, o appena successivi, alla marcia su Roma. Non credo di
sbagliare se affermo che nelle cosiddette schiere dello squadrismo molte furono
le partecipazioni futuriste. Azione lotta e coraggio erano proposizioni
futuriste. Basta ricordare la prima azione di Marinetti e Ferruccio
Vecchi (16 aprile: Piazza Mercanti Milano) e ricordare i tanti nomi dei
militanti futuristi che ebbero più spicco in campo politico che in quello
dell’arte. Alla fondazione dei Fasci, confluirono nel fiume che
diventò principale, molteplici rivoli di pensiero (come ho già accennato)
movimenti di ogni genere che avevano un minimo comune denominatore nella
volontà di rinnovare in qualche modo l’Italia che, pur vittoriosa nella
guerra, si dimenava in serie difficoltà ed era incapace ad affrontare la
svolta storica che la vittoria aveva aperto. Anche i Fasci Interventisti
Futuristi Siciliani, che avevano preso forza dalla volontà di Jannelli e
Nicastro (il prima con capacità ed intendimenti politici ed il secondo
come letterato e poeta), ma dei quali non si è ancora scritta la storia,
né accertato la reale efficienza, vi aderirono. Come aderì Marinetti con
tanti altri futuristi che risultano elencati nella schiera dei cosiddetti sansepolcristi
». In seguito, quando il fascismo andò al potere, ai futuristi
sembrò che finalmente sarebbero stati realizzati nell’arte gran parte dei
propositi del futurismo. In questa illusione fummo cullati da alcuni
elementi: la impostazione altamente patriottica dei propositi, la
valorizzazione del combattentismo e del volontarismo, l'amore per il
nuovo ed il rischio, il pragmatismo attivo dimostrato immediatamente con
i primi atti di governo, eccetera. Va anche rammentato ai giovani di
oggi, frastornati da affermazioni non rispondenti alla realtà di allora,
che la personalità di Mussolini era molto al di sopra non solo di quella
dei suoi collaboratori politici, ma sovrastava la media dei cervelli
politici di quel periodo. Tanto è vero che furono appunto gli avversari a
votargli subito i pieni poteri che gli consentirono l'avvio della prima
gestione governativa. Questo fatto rilevante, gli consentì di attrarre
dapprima le simpatie collettive ed in seguito a conquistare una
enorme fiducia, non solo da parte dei suoi sostenitori di un tempo, ma
anche da parte di ex avversari e simpa. tizzanti e nei periodi più
floridi perfino dai nemici del sistema politico che egli cercava di
sviluppare. Quando il fascismo s’insediò al governo per
realizzare la rivoluzione {a dire dei fascisti), o perché chiamato
dalla debole monarchia (come dicono gli altri), subì dapprima una
sosta di aggiornamento dovuta alla urgenza de) problemi immediati dalla cui
soluzione dipendeva il recupero dell'ordine econamico e politico. Per questo,
Mussolini non si sbarazzò immediatamente degli avversari che erano
troppi e in gran parte si erano dichiarati disponibili a collaborare per
il meglio, pur costituendo nello stessa tempo zone di resistenza alle
innovazioni Così anche nei fatti dell’Arte ovviamente meno pressanti,
ove non comparvero personalità nuove che avessero seri propositi di
rinnovamento e disponibili a rivoluzionare tutto, come i futuristi. I quali con
a capo Mari. netti e nella quasi totalità si convinsero che la rivoluzione
potesse realizzarsi per pradi anche in Arte. Che la forza del nuovo
potesse penetrare per gradi nelle istituzioni d’Arte e trasfarmarle. Pura
illusione. Illusione giustificata sul momento non solo dal fascino personale
di Mussolini al quale ho già accennato, ma anche da certe sue
caratteristiche gestuali (come la particolare sintetica e precisa
oratotia che andava direttamente allo scopo in modo esplicito) che lo
presentavano come un congeniale capo futurista. Se si aggiunge inoltre
l'amicizia personale fra Mussolini e Marinetti, vicini anche in altre
precedenti azioni politiche, si comprende come il movimento rivoluzionario
rappresentato in arte dal Futurismo, rimase a fianco del Fascismo (esso stesso
ancora tivoluzionario alla basel, anche se in via di adattamento, questo, alle
esigenze immediate dell'esercizio del potere su una nazione che di
rivoluzionari di qualsiasi tipo ne ha avuto per la verità sempre pochi, anche
se gonfiati ad oltranza quando occorre, in tutti i testi di storia antica
e recente. I futuristi costituirono una avanguardia nelle fila del
fascismo e vi rimasero nella quasi totalità. Basta citare i] messaggio
che concluse il Congresso futurista di Milano (L'Impero, 27 novembre
1924): L'ultima riunione del congresso futurista è stata dedicata
all'esame dell'attuale momento politico. Marinetti espose alla numerosa
assemblea una dichiarazione precedentemente elaborata in accordo con i maggiori
futuristi politici, la lettura della dichiarazione fu
entusiasticamente approvata ed acclamata in ogni suo punto. Ecco la
dichiarazione: I futuristi italiani, primi fra i primi interventisti
nella piazza e sui campi di battaglia e primi fra i primi diciannovisti
più che mai devoti alle idee ed all'arte lontani dal politicantismo,
dicono al loro vecchio compagno Benito Mussolini: Primo: con un gesto di
forza ormai indispensabile liberati del parlamento. Secondo: restituisci al fascismo
ed all'Italia la meravigliosa anima diciannovista disinteressata ardita
antisocialista anticlericale antimonarchica. Tetzo: Concedi alla
monarchia soltanto la sua provvisoria funzione unitaria, rifiutale quella di
soffocare e morfinizzare la più grande, più geniale, più giusta
Italia di domani. Quarto:- non imitare l’inimitabile Giolitti, imita il
grande Mussolini. Quinto: Pensa sempre all'Italia immortale ed al Carso divino.
Sesto: Schiaccia la opposizione socialista antitaliana di Turati e
l'opposizione mediocrista di Albertini con una ferrea dinamica aristocrazia
di pensiero. Tu puoi e devi far ciò. Noi dobbiamo volerlo e lo vogliamo. Marinetti
- Capo del Movimento Futurista Italiano. Sono inoltre innumerevoli
le manifestazioni dei futuristi in tanie occasioni, con opere scritti ed anche
con la partecipazione concreta alle guerre di quel periodo.Voglio
ricordare, però, un solo scritto di Fillia (morto nel 1930 e che adesso
cercano di passare per antifascista) il quale in occasione della
Quadriennale di Torino, così scriveva sulla sua rivista Vetrina
Futurista: Bisogna, però, giungere a “convincere” il grosso
pubblico, ingannato a nostro riguardo dalle false inter pretazioni.
Perché il favore organizzativo che oggi ci circonda, non basta: è assurdo
riconoscere il futurismo come manifestazione d'Arte ed ammettere
contemporaneamente le antiche manifestazioni. La vita può avere
individual mente, diverse interpretazioni, ma tutte devono essere inquadrate
in una sola atmsofera sensibile, corrispondente alla vita stessa. Non
voglio con questo negare il diritto di esistenza a intere categorie di
pittori rimasti spititualmente arretrati: ma è necessario preparare il pubblico
alla loro graduale eliminazione dalla vita artistica ufficiale, fino
al riconoscimento del Futurismo “arte di Stato” massimo riconascimento
che lo caratterizzerà nella sua importanza. Purtroppo però le autorità
artistiche avevano il sopravvento favorendo a vele spiegate l’architettura di
Piacentini e gli enormi pupazzi della scultura e pittura novecentista,
effettivamente arte del regime. E noi futuristi interpretavamo le isianze
di rinnovamento dell’arte senza alcun riconoscimento dal Regime che
ritrovava sé stesso nelle manifestazioni novecentiste.
Questo, non mi stanco di ripeterlo, negli Anni Venti. E poi?
Poi nulla. Le vicende, le difficoltà personali, gli entusiasmi e le
depressioni, gli alti e i bassi, il lavoro e la maggiore maturità. Ma non creda
di sbagliare se affermo che noi futuristi vivemmo quel tempo con spirito
indipendente e piena libertà fiduciosi che in fondo avremmo avuto
ragione. Anche se spesso sopportati e negletti dalle autorità artistiche
e subiti obiorto collo quando necessario. Poi andammo all'ultima
guerra, che fu sconvolgente per tutti. To ne vissi scrupolosamente la mia
parte con coerenza. Fui costretto fuori a lungo. Pet un anno di guerra,
ne subii sei di prigionia e non conosco nei particolari ciò che è
avvenuto qui mentre ho già scritto delle mie esperienze. AI ritorno mi
sembrò di sbarcare in un altro mondo al quale non mi sono ancora completamente
assuefatto. Ma ripresi a vivere da zero e nell’aprile del ‘47 cominciai
la mia nuova personale battaglia per il futurismo con la mostra alla Galleria
di Roma inaugurata da Benedetta c dedicata a Marinetti. Continuai
ancora e vado avanti con i futuristi sopravvissuti e con l'appoggio dei giovani
che comprendono e non disdegnano l’idea del futurismo che continua e si
rinnova attraverso le spiccate personalità dei suoi artisti. Crali,
lei è pittore ed è futurista Uno dei pochis. simi, oggi. Crede che il
futurismo sia ancora attuale? SÌ, ma non per merito dei futuristi. Ma ha
una sua attualità perché si è espresso, si è mosso, e ci parla
ancora. Ma non certo per chi ci ha mangiato sopra, per chi non è
mai stato futurista, ed ha espresso solamente necrofilia, vera e propria necrofilia.
Il futurismo di prima, quello per cui lei aderì al movimento, o vi st
convertì, come la investì per così dire, o come la ispirò? Non mi
sono affatto convertito », perché non c'era niente da convertite. Mi sono
trovato di fronte al futurismo come un’anima candida, che non sa e non è
consapevole di nulla. Mi sono ritrovato una simpatia inconscia per alcuni
quadri riprodotti su Il Mazzino illustrato di Napoli. Mi sono piaciuti,
mentre ad un amico mio, che la pensava diversamente da me, non piacevano.
Cominciammo a litigare, e per litigare ad approfondite l’argomenta ecc.
ecc. Così ho cominciato ad essere interessata al futurismo. E sono partito
senza avere una preparazione di mestiere. Ho fatto rutto da solo, senza
imparare a dipingere o disegnare, anche se poi una specie di grillo della
coscienza mi ha suggerito che dovevo imparare a dipingere, sia pure
da solo (anatomia, prospettive, ecc ). L’astratto e il figurativo erano | temi
o le prospettive dominanti. Ho cercato una terza via », che fosse tutta
mia, tutta personale: una ia di mezzo fra il figurativo e l'astratto. Poi
ho lasciato il figurativo per la mia pittura futurista. Credevo di
dover dire ciò che altri non avevano detto. Così mi sono accostata
a Marinetti nel '29, quando gli scrissi per aderire al movi. mento.
L'aeroplano era una macchina nuova, un congegno del futuro, o, per
allora, del futuribile ». E fu una delle realtà che mi diedero più
spunti, più ispirazione (l'Idrovolante italiano, D’ANNUNZIO (vedasi) e il volo
su Vienna, e il campo di atterraggio vicino a Zara, dove io sono nato,
ecc.). Così sono diventato acropittore. E lo sono rimasto, ancora
oggi. Marinetti, invece, per quello che lo frequentò o poté
essergli vicino, come lo considera? Forse l’unico vero futurista, © forse
solo un grande maestro »? No, non lo considero un maestra, perché non
ha mai voluto essere un maestro ». Ci ha sempre stimolato e spinto
a lare, senza mai dire però come dovevamo fare Era contrario ad ogni
gerarchia nel movimento del futuri. smo. E si opponeva sempre a Boccioni
e Prampolini, che volevano imporre la loro pittura. Voleva che ognuno
di noi fosse libero e indipendente. Prampolini invece voleva fare
il caposcuola. Marinetti voleva solo che ognuno fosse se stesso e non ha
creato nessuna scuola. Amava la sua libertà e la sua indipendenza a tal
punto che non poteva imporre insegnamenti. Forse D'Annunzio lo aveva
influenzato in questo senso, nella vita mandana libera, giovane
e spregiudicata. Io lo ricordo e lo ricorderò sempre con riconoscenza.
Quasi come un padre. O come un fratello mapgiore. E come l’unico vero
futurista, come ho sempre de! resto pensato. Gli altri hanno tutti mollato
». Lui è andato avanti fino all'ultimo. L'unico che può personificare il
futurismo è fui, l’unico che non ha rivestito patine di cul: turame
intellettvalistico, come hanno fatto invece molti altri (Soffici, Conti,
Palazzeschi, Papini, ecc.). Amava essere futurista sempre e comunque,
anche nel gusto del contrasto. Amava la luna, e scrisse un manifesto contro il
chiaro di Juna ». Uccidiamo il chiaro di luna », vi si diceva, forse
contro i poeti. Ma non era poeta? Predicava la guerra, anche se non avrebbe
fatto male a nessuno. Amava la madre e la donna in assoluto, e
ciecamente. Ma combatté la donna sul piano ideologico. In questo è
veramente futurista. E lo è solo lui. Gli altri non lo sono mai stati. Il
futurismo di Marinetti che accento o che angolazione aveva particolarmente:
letteraria, artistica, filosofica o piuttosto politica? Politica no,
assolutamente e mai. Filosofica neanche, se non forse in senso attivo, ma
allora senza pensiero ». Il futurismo entra in politica soltanto quando
la patria entra in pericolo », aveva detto Marinetti in un momento
cruciale della nostra storia nazionale. Il manifesto politico del
fuuttismo è conseguenza del fatto che esso sta movimento d'arte e di
vita, e come tale anche di vita politica, tout court. Il manifesto politico è
del ’13. Dopo la fine della guerra l'accostamento agli arditi o al
fenomeno dell’arditismo era inevitabile, e Marinetti si unisce in
vincolo d'amicizia, anche politica, con Mario Carli per esempio (ardito) e con
Mussolini. All’avvento del fascismo e allo accostamento di Mussolini alla
monarchia e alla chiesa Marinetti si stacca. Abbandona il partito e si ritrova
pressoché in miseria, con moglie e figli. Aveva grande ammirazione
ed amicizia per Mussolini, che non credo fosse ricambiata per una certa
forma di invidia-gelosia mussoliniana nei confronti di Marinetti. Il regime gli
offriva incarichi 0 prebende, che continuò a rifiutare. Mussolini arrivò ad
offrirgli la presidenza dell’Associazione dei grandi alberghi italiani,
pro 166 prio a lui che disprezzava l’industria del
forestiero. Accertò solamente, e sollecitato, la segreteria
dell'Associazione Italiana Autori ed Editori, altrimenti forse destinata
al solito arraffone di turno. Tuttavia si tenne sempre in disparte
e non fece mai politica attiva, non partecipò mai direttamente al regime,
che anzi forse osservava contrariato, a parte solo qualche onesta e
sincera manifestazione di simpatia per Mussolini. Si oppose alla presa di
posizione politica di Hitler contro l’arte moderna e d'avanguardia, che si
manifestò e sfociò nella censura e nella repressione dell'arte. E
nella stesso momento organizzò a Berlino una mostra di aeropittura
futurista che creò non pochi problemi e suscitò non poche difficoltà
anche diplomatiche fra i due governi ira liano e tedesco. Oltre che
produrre una situazione difficile e imbarazzante per le posizioni o i
movimenti artistici e intellettuali della Germania dell’epoca. In Italia fu
l’unico in questa occasione a prendere posizione ed esprimersi contra
l’ingerenza politica e l'intervento del regime di Hitler nella cultura e
nell'arte. Ero da Marinetti a Roma: arrivava Marinotui (presidente
della Snia Viscosa) che era stato da Mussolini insieme ad altri consiglieri
regionali del regime. Marinotti si era accinto a raccontate a Marinetti che
tutti i consiglieri avevano relazionato Mussolini e che nessuno aveva
avuto il coraggio di dirgli che le cose andavano male, tranne uno, il
consigliere sardo, che aveva sostenuto la stanchezza della gente, la
maldicenza, il tradimento. Marinetti osservava che non era possibile che non si
sapesse... È Marinotti ribatté che lo si sapeva, ma che non era possibile
dirlo a Mussolini... Il giorno dopo ritornai da lui e mi comunicò che il
consigliere sardo era stato nominato da Mussolini ispettore generale per tutta
l'Italia. Poi si mosse da Venezia e risalì verso la Lombardia, perché non
se la sentiva di starsene in disparte a far l’antifascista »... L'ultimo
suo poemetto in versi, l'ultima sua espressione letteraria s'intitola appunto:
Musica di sentimenti per la X Mas. E vi si dice: Io sono fato di
aeropoesia fuori tempo e spazio ». E' già definizione sintomatica e
totale dell'opera. Ailora, Marinetti fu fascista? E se lo fu, lo fu
fino a che punto? O non lo fu, e fino a che punto non lo fu per essere
futurista? Marinetti è stato sempre e comunque e saprattutto futurista.
Questa è la mia impressione. Perché ha seguito la sua natura e la sua volontà.
E nel suo essere futurista non è mai entrata la faziosità di un genere che entra
in politica ». Non fu mai fazioso. Una volta eravamo a casa sua, in un
gruppo di amici, a parlar di Majakowski e di futurismo russo. Qualcuno
obiettò: Ma Majakowski è un comunista ». Ed egli allora ribatté
immediatamente: Non ha nessuna importanza. Perché Majakowski è
prima di tutto un grande poeta ». Nei suoi rapporti cal fascismo si può
considerare forse il fatto che fosse nato al l’estero, che fosse educato
in Egitto alla cultura francese, spesso pesantemente sprezzante verso
l'Italia. Sentì quindi una specie di aspirazione all’Italia 0, più
ancora, di nostalgia della patria. Poi, volle rivendicare il futurismo
come fatto classicamente e squisitamente italiano. Così s'inimicò
tutta la cricca culturale parigina, ma volle sprovincializzare e dare un
certo orgoglio e una certa autonomia alla cultura italiana. E pensò o vide che
Mussolini potesse essere l'uomo adatto per rifarla, l’Italia, e per darle
una sua nuova base, culturale ed artistica. Senza sapere, alle origini o
senza conoscere, quando era all’estero, ed anche a Parigi, la furbizia,
anche culturale degli Italiani. Lui fu in buona fede. Dal fascismo ebbe
l’Accademia d’Italia (con appannaggio onorario in un momento in cui era anche
in disagi economici), ed ebbe la Biennale di Venezia {come una
riserva indiana »). Il suo è un fascismo di speranza o di desiderio,
nella speranza di poter vedere realizzato il suo futurismo. E' contrario
al Novecento e al classicismo romano alla Piacentini, che Mussolini
invece appoggiava. Forse tutti i regimi, quando si affermano, cercano di
eliminare le avanguardie. Il fascismo non le appoggiò, mentre il nazismo e il
comunismo le stroncarono. Sta di fatto che Marinetti appoggiava Terragni
a Como, e non appoggiò mai Piacentini. Alla Biennale, a Venezia, il
futurismo è stato accettato sì, ma mon con la considerazione che
Marinetti si sarebbe aspettato, e che sarebbe davuta spettare all'unico
movimento d'avanguardia esistente allora in Italia. E invece è stato
accolto sì il futurismo, ma quasi messo in disparte. All'inaugurazione
della mostra, durante il discorso di presentazione, Marinetti si alzò ed
intervenne ad alta voce, presente il Ministro dell'Educazione
Nazionale, lamentando l'ingiustizia per l'esclusione dell'unico
movimento d'avanguardia dell'arte italiana. L'anno dopo Mussolini stesso gli
concesse un padiglione di riserva, che doveva rimanere, ogni anno, a
disposizione dei futuristi (la riserva indiana », già
summenzionata). Mussolini invece, secondo lei, fu futurista?È stato un
politico ed ha appoggiato Marinetti per avere il futurismo dalla sua
parte. Anche se il futurismo aveva contribuito, pure, alla sua formazione.
Che avesse jspirato un regime al ritorno verso l'antica Roma nei
suoi simboli e nei suoi modelli, vuol dire tuttavia che era rimasto fuori
dal futurismo. E allora il fascismo di Mussolini ed il futurismo di
Marinetti non hanno nessun punto in comune? O si possono, secondo lei,
mettere in relazione o in collegamento, e fino a che punto ciò è
possibile? Per Mussolini il fascismo è politica, per Marinetti il
futurismo è poesia. Sono due posizioni completamente diverse. Non si può
quindi parlare di futurismo fascista, nemmeno del primo, quello delle
origini? Finché un movimento politico è in fase rivoluzionaria, le
posizioni della rivoluzione culturale con quelle politiche coincidono;
poi però quando il movimento politico diventa regime si burocratizza, e
allora non può non scontrarsi con la cultura che rimane sempre rivoluzionaria
e che non può assimilare come tale le esigenze politiche di un partito. Ecco
perché esistono punti di contatro o momenti di simbiosi tra affermazioni
marinettiane e fascismo politico dei primi anni, poi rallentati o
rilasciati quando si afferma l’ordine romano », utile al regime, ma
speculare di un passatismo senza mezzi termini, e totale. Marinetti
tollera questa esigenza politica di Mussolini, ma non la condivide od
ammette in campo artistico e culturale. Tuttavia Marinetti era uomo che non
confondeva amicizia ed ideologia: poteva combattere con un amico per
principi ideologici, anche violentemente, senza però intaccare l'amicizia, che
rimaneva sempre e comunque. Resta oggi il futurismo? E resta come
realtà artistica solamente, o anche politica, nella sua dimensione
d’espressione artistica? Senza fascismo, che è finito ovviamente, e da tempo.
Forse resta il futurismo, come tensione di rinnovamento? Sì, il futurismo
resta, credo, nella sua posizione di rinnovamento, o di indicazione nella
creazione di nuove forme, e di nuove idee, o di valori nuovi. Oggi si
contesta per distruggere senza dire quello che si vuole proporre in
sostituzione. Il futurismo aveva invece dato i suoi manifesti. Volle
distruggere, ma propose ciò che voleva ricostruire. Anche oggi, per quel che
resta, il futurismo cerca un suo rinnovamento che si superi
continuamente. Oggi c'è molta saggistica, ma si vede poca poesia. Forse
manca l’entusiasmo, nonostante la grinta. Penso che esista ancora
futurismo oggi, perché esiste ancora temperamento di novità, e di
rinnovamento. Perché esiste ancora una spinta vitale di ossigeno ». E
l'opera deve avere un suo sangue, se si tratta d’opera d’arte. Un sangue
di cui deve vivere, o un sangue per cui possa vivere. É l’ossigeno è un
valore assoluto che resta, non si toglie, perché è ineliminabile.
Anche in bottiglia, nella plastica, rarefatto o alla luce del sole. Il
futurismo è un po’ come l'ossigeno, o l'anima o lo spirito del lavoro e
dell’opera, o della vita: è un po’il suo entusiasmo. [Intervista u cura di
Schiavo] Per quanto riguarda lo svisceramento dei collegamenti fra
Je correnti del futurismo indipendente come movimenro artistico e culturale ed
il fascismo come movimento politico e sociale, particolarmente per quel che si
riferisce al carattere autonomo del futurismo torinese e al
fascismo delle origini, è ovvio che i tapporti intercotsi fra di
loro furono lungi dall’essere quelli di un matrimonio d'amore. Consistettero
specificamente in taciti e necessari accordi immaginati per pater dare
vita a creazioni autentiche che abbisognavano di un ambiente rispettoso
dei motivi di una vera rivoluzione (quella artistica e spirituale
scatenata dal futurismo), in un clima fascista che di rivoluzionario
non ebbe in seguito che la sola etichetta. Il futurismo torinese, nel
tentativo di operare in piena italianità, condivise nelia sua giusta misura
taluni prin cipî che il primo fascismo stabili quando provò a integrarsi
nel campo difficile della moderna civiltà europea. Alla stessa stregua e
per raggiungere gli stessi fini il futurismo piemontese trattò anche con
l’anarchismo e il comunismo idealitario di GRAMSCI (vedasi), sui quali ebbe una
considerevole influenza negli sviluppi dell’architettura. Il senso
altamente novatore di Fillia e la sua molte. plice attività (stupefacente
in una esistenza così breve) per: sonificano le forme coerenti e concrete
dei concetti più originali e più saldi delle imprese del futurismo
torinese. Figura rappresentativa dell’essere istantaneo, Fillia non
temporeggiava mai, viveva come una ruota, partiva come una freccia.
Propugnatore di quel futurismo mistico che per ordinarie ragioni
razionali ed estetiche militava in margine della Chiesa cattolica
apostolica e romana di quel l'epoca, egli affermava con rigare di logica
e con argomentazioni arditissime che la religione ha relazione di somiglianza
con la geometria interna dell’arte. Misteri dottri. nali da ricrearsi
plastiicamente per dare forma concreta ai nuovi concetti della pittura
sacra erano per lui la Trinità, la Redenzione e la Vergine. L’apostolato
di Fillia s'immedesimava con quello del futurismo in cui si cercava una
forza di liberazione, e la trovava in quel movimento, ciecamente. Originati
da una geometria astratta superiore, i suoi dipinti possiedono quella
qualità rara di non essere visà, e perciò non ricavati dal vero, ma di
sorgere senza shavatura alcuna dal proprio io, e come se l'artista non vi
fosse per nulla, per cui aspettavamo ogni sua scoperta con un senso di
impazienza, di ansietà, perché Fillia non cessava di inventare e di portare
sempre più avanti i perfezionamenti pittorici del futurismo. Tuttavia, una
continuità è discernibile nella sua arte che è, innanzitutto, di una
grande purezza, di una grande acconcezza, di una grande serenità. I
colori si oppongono l'uno all'altro e si sovrappongono con curve e frangie di
corallo, macchie di cielo, fantasticherie metafisiche, sogni astrusi. Opera di
contemplativo che accomuna sempre iutto e sempre con estrema dolcezza, e
dalla quale si spande una pace angelica che sembra invalidare,
apparentemente, taluni assiomi violenti della dottrina futurista. Ma è invece
la prova Iampante che il dinamismo di questa scuola italiana non
esclude quello stato di grazia dove i conflitti diventano
preghiere. Si tratta di fermare il nemico per ritrovare Ja quiete, di
combattere ferocemente per amare di un più grande amore. Tale atteggiamento è
proprio l’antitesi del sentimentalismo romantico, dell’ebetismo della
debolezza: esso convoglia l’arte verso quell'alta sfera mitica e visionaria
che invade la mistica futurista. Gl’errori di pensiero che possono
insinuarsi nella mente di un poeta come Fillia, che non può sempre
ridurre tutto al controllo della logica, non vanno interpretati nel
lo stretto senso letterale. Il movimento è irrefrenabile, talvolta
irresistibile, porta oltre la matura e si perde in un mondo di realtà
fantasmagoriche. Nessuna amarezza, nessuna amarezza siatene cetti si
nascondeva in questa libertà concettuale e della riflessione: vi era
troppa gentilezza in questo cuore di pittore e di poeta, troppa felicità
per i suoi amici, perché si possa attribuire un significato ironico alle sue
composizioni sacre come non hanno mancato di fare borghesi indirozzabili
e bolsi dalle maniche troppo lunghe, dalla mente inceppata. Ho buona
speranza per Fillia, per questo artista pensatore che fu anche un provetto
artigiano; non mi rattrista la sua morte prematura. Un suo misterioso paesaggio
dell'ex raccolta Ferrari di Ginevra mi scopre un cimitero e la scala rossa che
lo vincolò in eterno con gli eroi: quello stesso cimitero e quella stessa
scala di Sant'Elia. Distinguo la luna bianca della sua grande dolcezza, e
le cose della terra non reggono, sono rovesciate su loro stesse. Le
pitture religiose di Fillia sono un richiamo allo spirituale puro, degli
abbozzi di Paradiso. S’intende che un tentativo di tal fatta non deve
giungere al disprezzo della cosa creata, dell’Incarmazione: ma non è il
caso di Fillia le cui forme della sua arte si disegnano, si creano
e si distaccano dalla loro causa prima. Tutto il lavoro dell’opera si
riporta ad una giornata ben definita della creazione dove gli uomini non
sono ancora che allo stato di abbozzo, ma dove la macchina respira
già, dove i fantasmi girano secondo una traiettoria circolare, dove
l'arcobaleno annuncia la riconciliazione. Una siffatta pittura è infinitamente
rispettosa, il suo pudore è un perpetuo tremita davanti alla bellezza;
essa sprigiona cdelicatezze insospettate, scrupoli inauditi e nondimeno
una audacia che le viene soffiata dallo spirito. Nonostante il suo atto di fede
nella macchina, Fillia è certamente un pittore spirituale. La bellezza
intrinseca del. le macchine corrispande ad un suo bisogno di
esattezza sovrumana, di perfezione nelle linee e negli spazi. È una
dimostrazione pratica che consente all'uomo di disincagliare la vera vita, di
ricercare quegli elementi universali dell’arte che scaturiscono nei
momenti fecondi ed imperiali delle Nazioni e ne rendono lo spirito
eierno. Per non spappolarsi nella struttura, per non sgretolarsi alla
radice, il futurismo è lui stesso alla ricerca dell'eterno. E’ ben vero che
questa eternità non è sotto i nostri passi, non è dietro di noi, ma
davanti a noi, In questo senso tutti i cristiani dovrebbero essere
futuristi, diceva Fillia, perché meno legati degli altri uomini al
passato e al presente, e più ferventi dell'avvenire. Questo richiamo ad
una tradizione spirituale, questo allenamento {secondo la felice
definizione di Marinetti) non ha nulla di necroforo, non intralcia lo
sviluppo dell'arte ma stimola, spinge in avanti, crea. Non si dimentichi perciò
il contributo molto importante di quella autentica tradizione che serve a
ristabilire l'equilibrio normale. Infatti, all’inizio Je forze novattici
distruggono talvolta, svelano uno sprezzo irragionevole del passato e di
ciò che la vera tradizione conserva pertanto di eternamente vivo. Un
rifiuto non controllato potrebbe anche andare a scapito del
progresso stesso e insabbiare per sempre l'incitamento che motiva
nuove conquiste. Non si negano gli elementi universali dell’arte passata
perché non si possono negare quelli dell’arte nuova. L’opera di Fillia
rivela una tendenza perpetua verso il progresso nel senso più alto della
definizione. Trasformandosi da una pitiura all’altra svolge senza
contraddizioni la sua sincerità primitiva. Un futurista non può dunque
negare la storia della sua opeta e tanto meno quel la del suo movimento:
egli porta il peso di un passato inventato che non può rinnegare senza
distruggersi. Questo passato inventato risale certamente al di là
del futurismo che costituisce una specie di dialettica dello spirito e affre l’unica possibilità capace di abbattere
gli ostacoli. Il fiume precipita giù dalla cascata come se vi prendesse
nascita; in realtà la sorgente è al ghiacciaio. Il futurismo ha radici
italiane ed europee: il tempo aiuta a farle scoprire senza
remissione. Fillia è l'uomo intuitivo di una nuova era. Dalla sua
opera e dai suoi tentativi, come da quelli di Balla, di Boccioni, di
Prampolini, di Diulgheroff e di Benedetto, si stacca un’arte pubblica
universale che l'architettura funzionale rivela, contribuendo efficacemente
alla diffusione delle idee futuriste di Antonio Sant'Elia e degli slanci
del purismo di Le Corbusier. Nell’intento di realizzare ad ogni
costo, Fillia si appoggiò al Regime attraverso gli interventi efficaci di Marinetti.
Però, non ho mai visto Fillia in camicia nera, ne lo sentii mai parlare
di politica nostrana. Parlava solranto dell’Italia che amava. Le due idee
rispecchiano gli scopi e i metodi creativi di quel movimento
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